Intoccabile di Proiezioni (/viewuser.php?uid=30970)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** 2. Una spada e un tatuaggio ***
Capitolo 3: *** 3. Inquietudini. Una figura dal passato ***
Capitolo 4: *** 4. Il tempo inizia a passare ***
Capitolo 5: *** 5. Il potere del male ***
Capitolo 6: *** 6. visite e rivelazioni ***
Capitolo 1 *** 1. Come tutto ebbe inizio ***
Guida
alla storie e ai personaggi.
Il
racconto si colloca in un universo
alternativo dai toni futuristici e fantasy. Non è stato
inserito l'advert di
OOC perchè i personaggi tendono, a mio avviso, a rimanere in
character.
Tuttavia, se notate sottili mutamenti nella loro psicologia, in
particolare in
quella di Vegeta, è perchè i personaggi vanno
solo contestualizzati all’interno
di eventi che si svolgono molto diversamente rispetto alla serie
canon.
La
storia
durerà solo qualche capitolo e sarà
sicuramente uno degli ultimi
lavori nuovi che proporrò, dopodichè
tenderò a rallentare le pubblicazioni a
causa del
sempre minor tempo a disposizione.
P.S. cercherò di finire ovviamente Codice Genesi nel minor
tempo possibile. COMUNICAZIONE per chi non visualizza più il proprio avatar, sulla bacheca è stato segnalato che Tinypic è stato chiuso. Al momento sono state individuate queste alternative: - imagestime.com -postimage.org - funkyimg.com - it.imgbb.com !
Buona
lettura!!
Prologo.
Come
tutto ebbe inizio.
1.
Un
macchinario verticale dalla forma
cilindrica e lunga, irradiato da luce azzurra, faceva mostra di
sè in una
stanza fiocamente illuminata dallo stesso. La strumentazione
intermittente e i
radar collegati svolgevano il loro lavoro passivamente, senza mai
sospendere
l'attività di backup e monitoraggio. L'ups anti blackout
costantemente
collegato emanava un brusio di sottofondo molto basso ma non del tutto
impercettibile. Nella stanza troppo piccola per un impianto
così imponente, si
avvertiva chiaramente il sovraccarico di onde elettromagnetiche che
rimbalzava
da una parete all'altra, rendendo l'aria elettrostatica e la
temperatura più
calda rispetto ai tunnel esterni. Sopra alcune criniere selvagge
galleggiava un
chiacchiericcio stranamente debole, di un piccolo plotone di guerrieri
di rango
alto, lasciati lì a presidiare le nuove apparecchiature - a
detta del principe
di inestimabile valore: lui in persona si era disturbato di disporre
che ci
fosse sempre qualcuno a controllare quegli strumenti il cui logo dalla
doppia 'c'
non si era mai visto prima del suo ritorno. Vegeta era stato fuori
quasi otto
anni, a causa di un guasto alla navicella che l'aveva portato alla
deriva nella
galassia, trascinandolo attraverso un varco temporale ai confini ad
ovest, nel
sistema solare 340, ed era rientrato pochi mesi prima, accolto con
tutte le glorie
del caso. Annoiati da quel lavoro statico, i guerrieri
ingannavano il
tempo giocando a carte nell'assoluto divieto di consumare alcolici.
L'alcool
non era ammesso lì dentro - più
in generale non era permesso fuori dalle mense per una questione di
decoro
generale. Al Re non piaceva avere plotoni poco reattivi che
bivaccavano
per la base in stato di ubriachezza trascinandosi da un muro all'altro
con
mollezza, facendo un'inevitabile caciara. Due donne presenti, le chiome
disordinate gestite da alcuni fermagli e dei body viola a marchio della
casta, alleggerivano
la gravosità di quel lavoro noioso, creando un clima meno
testosteronico. Uno
di loro provò ad allungare una zampa sulla coscia della
guerriera più vicina,
ottenendo uno schiaffo sul palmo.
"Non
ci provare".
"Mi
sono solo sgranchito il braccio"
commentò l'altro ridendo con il resto della truppa.
Un
altro scoprì la mano di poker. "E
questo è quanto".
"Vai
a farti fottere, ma come fai ad
avere sempre le carte migliori? Questo bastardo se le sceglie mentre
mischia il
mazzo!"
La
strumentazione del macchinario
all'improvviso emise un bagliore discontinuo.
"Ehi,
che succede?"
"Non
so, dovremmo avvisare subito il
principe".
"Aspetta
un istante, vediamo che
succede... Ha detto che aspettava qualcuno. Forse la macchina sta
teletrasportando una persona..."
Un
rombo sordo precedette l'irradiazione
della luce bianca e impenetrabile che attraversò il tubo
fino al soffitto,
illuminando a giorno la stanza. Dopo alcuni secondi di stupore e
curiosità,
attraverso il fascio cilindrico di luce si fece spazio una
decoltè nera con un
tacco a spillo molto affilato, che si posò sul primo gradino
dei due, e a
seguire uscì una gamba susseguita dall'altra, e infine un
corpo sconosciuto
oltrepassò il getto luminoso materializzandosi davanti a
loro integralmente: si
presentò loro, senza che se lo aspettassero, una
donna vestita di un
tubino blu notte, sobrio e semplice, ma la cui scollatura sottile e
profonda
faceva intravedere la procacità delle forme che avvolgeva. I
capelli e gli occhi
chiari come lapislazzuli, al pari dell'abbigliamento, non lasciavano
ingannare
dalla sua provenienza aliena.
"Accidenti,
guarda
un pò lì..." fece uno, adocchiandola con
interesse.
Quell’ultima
si guardò attorno
disorientata e si vide squadrare da alcuni energumeni incuriositi che
non
mancarono di accoglierla con compiacimento.
"Per
tutte le scimmie..."
"Ehi,
bellezza, ti sei mica
persa..."
Qualcuno
rise.
Gurlok, la chioma lunga e folta e
le gote scavate, si sollevò lentamente in piedi, infilandosi
il rilevatore per
constatare che
segnava una forza
irrilevante e ridicola.
"E
questa chi è...?"
Lei
si avvicinò alla truppa sentendosi i
loro occhi penetranti addosso.
"Scusate,
posso sapere dov'è
Vegeta?" Domandò
educatamente, destando clamore e ilarità
generale.
"Ho
sentito male o questa qui ha
chiesto del principe?"
Un
altro ripetè la sua frase con tono
irrisorio prima di scoppiare a ridere grassamente. "Scusate,
posso
sapere dov'è Vegeta?"
Qualcuno
gli fece eco ridendo.
"Io
la farei passare, sono certo che
il principe una sbirciata gliela darà volentieri...
Sarà pure un duro ma su
questa gli occhi gli ci cadono sicuro!"
Le
risate sguaiate continuarono finchè uno
le chiese con serietà ritrovata: "Perchè dovremmo
dirti dov'è, non lo sai
che devi chiedere un'udienza?"
"Un'udienza?
Guarda che ho fretta e
devo parlargli" fece lei con fare spiccio, sapendo che Vegeta la stava
aspettando per la risoluzione di una bega meccanica. Dal tono della
voce via
radio aveva percepito tutta la sua impazienza.
"E
sentiamo di cosa dovete
parlare..." continuò Gurlok, sovrastandola in altezza.
Due
di loro si guardarono con aria
ammiccante.
"Con
una come te..." Continuò il
tipo, squadrandola. "Non avrà tanto di cui parlare uno come
Vegeta."
Un
generale e divertito chiacchiericcio
venne inghiottito nel graduale silenzio che seguì quella
battuta. Le ultime due
voci che si udirono ridere furono quelle delle due donne sedute vicino
ai
compagni di armi.
"Mi
state facendo perdere
tempo..." disse Bulma cercando di non mostrarsi troppo spazientita.
"Ehi"
si intromise uno tra
quelli seduti, più scettico. "Magari è lei che il
principe aspetta
davvero..."
"Ma
falla finita, se ha bisogno di
una prostituta non se la fa mica arrivare dallo spazio!"
Lei
si mise una mano sul
fianco elargendogli uno sguardo caustico. "Sono
sua moglie".
Un
silenzio assoluto
anticipò l'immediata risata generale che scaturì
a seguire la sua affermazione.
“Tu!
Sua moglie?!”
“Non
mi risulta sia sposato, e poi perchè
dovrebbe esserlo con una nullità come te?" Il
soldato dalla lunga
chioma la squadrò da capo a piedi, constatando l'evidente
differenza di
struttura muscolare rispetto la stazza di una saiyan. "Non sei niente
male, sia chiaro, una botta te la darei pure io, ma non sei mica una
combattente come le nostre donne!"
Le
guerriere dietro gli
uomini si soffermarono a studiarla notandone una certa
fragilità mentre gli
altri continuarono a
sghignazzare. Bulma non fece
neppure in tempo a ribattere che la porta della stanza si
aprì bruscamente, e
ne comparve dietro il principe. La sua voce spazientita e dura
lasciò a tutti
intuire il suo pessimo umore e la confidenza che aveva con quella
straniera.
"Bulma!
Sei sempre in ritardo ma
dov'eri finita?!"
I
guerrieri si azzittirono subito
nervosamente, alzandosi sull'attenti, e la terrestre si
rivolse lui
sorridendogli con gentilezza e parlandogli con un tono
confidenziale che
palesò a tutti l'esclusività del loro rapporto.
"Scusa,
ho fatto più presto che
potevo” disse carezzevolmente. “Non arrabbiarti...
Mi sono dovuta staccare dal
congresso con discrezione, ho visto la tua chiamata mentre ero in piena
trattativa."
La
sua voce ebbe su Vegeta un effetto
calmante come un’iniezione di morfina.
Quando
gli fu vicina, il principe squadrò
i commilitoni essendosi accorto dell'atteggiamento disfatto della
truppa al
momento del proprio brusco ingresso.
"Ci
sono problemi?" Indagò
seccato.
Il
più alto in carica, Gurlok, che si era preso la
briga di sbeffeggiarla, si sentì in dovere di rispondere per
gli altri. “No,
maestà, stavamo solo assicurandoci fosse davvero lei la
persona che stava
aspettando”.
Vegeta,
non soddisfatto della sua
giustificazione, guardò Bulma negli occhi attendendo da lei
spiegazioni
ulteriori, e i guerrieri rimasero in attesa della risposta di lei con
le
chiappe ben strette.
La
terrestre si soffermò in particolar
modo sull'energumeno dai lunghi capelli, glorificandosi della
considerazione di
Vegeta.
"Ma
no..." La voce soffice di
Bulma conservò una traccia di malignità. "Hai
delle guardie molto
affidabili, si stavano giusto chiedendo se non fossi una spia assoldata
per
entrare nel tuo letto ed ucciderti".
Vegeta
sembrò stranirsi e la sua
espressione si inasprì ulteriormente.
La
guardia dai lunghi capelli abbassò il
capo e si affrettò ad aggiungere. "Nessuno ci ha detto che
Lei è sposato
con una straniera. Volevamo assicurarci fosse il vero ciò
che la donna
diceva".
Il
principe rispose lui con durezza.
"Da adesso in avanti lei passerà ovunque, come passo io,
senza
domande. Il
primo che si azzarda a farle da
ostacolo se la vedrà con me. Avvisate anche gli
altri".
"V-va
bene, altezza. Ordine
ricevuto" replicò l'altro abbassando il capo con reverenza.
Bulma
fece una cosa inaspettata. Gli mise
una mano sul braccio con fare molto confidenziale: "Non essere troppo
duro. Non gli avevi mica detto che è me che aspettavi."
Lo
sguardo esaminativo e duro di Vegeta
era rimasto inchiodato alla truppa anche mentre lei lo rabboniva, ma la
sensazione percepita da tutti i presenti fu che lei avesse
avuto su di
lui un effetto molto calmante.
Quando
entrambi furono usciti, non vennero
risparmiati commenti su ciò che era appena accaduto:
“Cazzo,
avete visto...?”
“Si
è calmato subito, non è da lui”.
"Non
avrei mai immaginato che potesse
sposarsi una tipa così".
"Così
come?"
"Così...
diversa".
Uno
si risedette fiaccamente e riprese le
carte in mano. "Ce la siamo visti brutta eh, le devi un favore Gurlok.
Se
non era per lei adesso stavi già sulla prima navicella in
partenza per le
province di Okus. E quelle sì che son rogne".
"Vai
a spalarla tutta quella
merda" commentò divertito un altro, facendo ammorbidire il
clima che si
era teso.
Era
stato quello il primo incontro che la
terrestre aveva avuto con quegli uomini grezzi e mastodontici. Da
quella
circostanza non si era parlato d'altro per giorni interi, di lei, di
lui, di
loro due, così palesemente diversi in quasi tutto per
condividere letto e
corona. Per tutti i tunnel della base non si era sentito chiacchierare
d'altro.
Le donne, assecondando l'impulsiva predisposizione al pettegolezzo, si
intrattenevano a discuterne nei bagni, lontano dai corridoi, bramose di
squadrare da capo a piedi quella straniera che aveva conquistato
l’uomo più
potente e temuto del pianeta, finanche partito più ambito
tra le
guerriere. Non
era una donna soldato, non
era bruna né aveva gli occhi spenti come opali, ma era una
straniera più simile
a una Dea, dagli occhi brillanti come biglie azzurre, che riflettevano
i colori
del suo pianeta di origine. Acqua. Ovunque in lei c’era
acqua. I capelli non
erano crespi o ingestibili, ma un’ondata di mare caraibico
che cadeva sulle sua
schiena sottile, flessuosa come la schiena arcuata di un serpente
esotico. La voce di loro due era scivolata per le
gallerie, alla
stregua di un gorgoglio di ruscello, oltre i gradini dei quindici
piani, per
gli ascensori riservati, e aveva percorso i condotti di ventilazione
insinuandosi attraverso le grate, per finire come una cascata sui letti
vissuti, e nei bagni dove ci si ristorava tra docce fumanti, esplodendo
poi
nelle mense affollate nelle quali ci si abbandonava a chiacchiere di
corridoio
futili e fini a se stesse. E le voci non si erano fermate
lì. Avevano
oltrepassato i cancelli della caserma a dorso dei terza classe che
entravano e
uscivano dai piani alti, portando con sè quel vocio
inarrestabile che era
fluito fuori dalla base, tra gli arbusti secchi del terreno brullo e
rosso per
dar sapore ai discorsi delle famiglie degli ordini umili che abitavano
ai
margini della società dove era stato concepito
anche Kakaroth. Quelle
chiacchiere concitate erano passate per i mercati dove venditori alieni
si
fermavano in un via vai incessante, e alla fine il risultato era che le
verità
si erano arricchite di dettagli sempre più minuziosi e al
contempo incerti.
La
chiamavano la
protetta, perchè era intoccabile. Solo
i guerrieri di primo e secondo
ordine la riuscivano ad incrociare quando si muoveva all'interno
dell'edificio.
Fuori non la si era vista, ma solo immaginata. La
si vedeva poco da quelle parti, solo nei
giorni in cui il satellite Vegeta 3 si avvicinava nel giro
dell’orbita e la
gravità centrale si attenuava. Nessuno conosceva
l’esistenza del pianeta Terra.
Era parte del sistemare solare 345 - y, posizionato nelle aree
più esterne
della galassia, nella parte opposta rispetto alla loro regione spaziale
in cui
si collocava quella sfera rossa chiamata Vegeta. Quando la
gravità si
abbassava, lei tornava lì, anche e sicuro per scaldare il
letto del suo Re.
Ufficialmente svolgeva dei lavori ingegneristici, ma chi l'aveva vista
entrare
nella camera di Vegeta sapeva che non usciva mai presto.
Nessuno
sapeva come si fossero conosciuti nè come un uomo schivo e
pericoloso come
Vegeta avesse potuto attirare a sé l’essere che
più in assoluto avrebbe dovuto
temerlo - dato che lo temevano persino loro.
Vegeta
era arrivato sulla Terra da essere vulnerabile, durante un sopralluogo
nella
parte più lontana della galassia, esattamente quando la
navicella per un
malfunzionamento non aveva più risposto ai comandi nel mezzo
di una tempesta di
asteroidi che aveva fatto saltare i due uomini della sua scorta.
Intercettata
da forze gravitazionali e impossibilitata a deviare la rotta, la
navicella era
finita in un buco nero ed era stata sputata fuori nel sistema solare
340 dove
aveva vagato fino a finire nell'orbita del pianeta Terra, che l'aveva
attirato
come un magnete, e da lì era piombata in un deserto di
roccia, vasto e piatto,
schiantandosi al suolo con violenza inaudita, proprio nella dropzone
della
Capsule Corporation. Bulma, che era nell'hangar a sistemare gli
alettoni di un
ultraleggero, era corsa nella direzione dell'asteroide che aveva alzato
nell’impatto polvere e fumo ustionante, e lì vi
aveva trovato un uomo ferito e
in fin di vita.
"Sta'
attenta, non avvicinarti" aveva detto un collega.
"É
un uomo!"
"Forse
un militare?"
"Non
erano previste esercitazioni in zona e lui non ha la divisa di uno dei
dipartimenti militari. Abbiamo l'area di volo libera... Guarda i
rottami
distrutti..." fece Bulma.
“Ehi,
questo tizio ha una coda!” Esclamò il terrestre.
Bulma
lo aveva studiato con incredulità. “Quest'uomo non
viene dalla Terra..."
Trasportato
in città, moribondo e ustionato, curato e sfamato da lei con
premura e
curiosità... Quando Vegeta aveva ripreso conoscenza, molti
giorni a seguire,
vicino a sè aveva trovato una donna vulnerabile e gentile
dagli occhi di mare.
Osservandola a primo acchito, quel giorno terso e sereno e nella luce
quasi
abbagliante che le vetrate del trentaduesimo piano facevano entrare
negli
appartamenti, era così bella che gli era sembrata una Dea.
Per un attimo aveva
persino pensato di essere in paradiso, ma posti per uno come lui in
paradiso
non potevano essercene, e questo lo aveva messo in conto fin dal
principio. Il
suo peccato più grande, nonché condanna assoluta,
era preferire la gloria del
suo impero barbaro e sanguinoso a una vita di altruismo e rispetto
verso i più
deboli.
"Dove
sono…?" La sua voce dura e l’aria arcigna erano
state le prime due cose
che aveva rivelato di sé a quella donna curiosa.
"Nella
Città dell'Ovest. In casa mia. Io abito in questo
grattacielo."
Lui
aveva ricordato gli ultimi attimi prima dello schianto e allora aveva
sollevato
la schiena con uno scatto, ritrovando l'energia perduta nella
convalescenza, e
aveva scoperto che fuori i vetri c'era una città che
brulicava in un assoluto
silenzioso. Lassù i suoni erano risucchiati
dall’altezza che spetta sempre ai
potenti. Anche chi aveva soldi quanti ne aveva Bulma lo era. E poteva
dirsi
fortunato, nella sfortuna che gli era toccata.
"Come
si chiama questo pianeta?"
"Questa
è la Terra. Tu non sei di qui vero?" Lei l'aveva osservato
piena di
premura. "Come ti chiami?"
“Io
devo tornare da dove vengo. Ci sono scienziati qui?”
“Io
ti
ho chiesto come ti chiami però”.
"Mi
chiamo Vegeta, e sono il principe dei saiyan" dichiarò con
fierezza.
“Adesso rispondimi, donna, ci sono scienziati qui?”
Il
tono
autoritario della sua domanda non le aveva lasciato dubbi sulla sua
regalità.
Aveva immediatamente intuito che era uno abituato ad ottenere tutto e
subito.
Il suo lignaggio evidentemente, glielo permetteva.
“Io
mi
chiamo Bulma” fece lei.
“Non
mi
interessa come ti chiami. Dimmi se ci sono scienziati o sarò
peggio per voi.
Faccio saltare in aria l’intera città.”
Lei
non
sembrò spaventarsi.
“Non
credo tu sia nella posizione di minacciare, visto che sei arrivato
conciato
male e ti ho anche curato. Inoltre se non moderi i toni, non ti
aiuterò”.
Vegeta
rimase sorpreso da quella sua insospettabile fermezza, ma
pensò fosse sono una
persona avventata e priva della percezione del pericolo.
“Che
mi
importa del tuo aiuto? Voglio uno scienziato, o ti ripeto che
sarà peggio per
te e per la popolazione di questo pianeta.”
“Tu
devi essere un principe fortunato, oltre che sgarbato,
perché io sono una
scienziata. Sei caduto nel campo dove collaudiamo i veicoli
militari”.
"Tu?"
Lui l'aveva analizzata attentamente notando che il vestitino giallo e i
capelli
legati in una treccia non la facevano certo apparire una donna di
intelletto.
"Ma non dire idiozie".
"Posso
farti vedere i miei laboratori ai piani inferiori, se non mi credi. Ad
ogni
modo... Non farti fuorviare dal mio fascino. Ti aiuterò se
devi tornare a casa,
ma solo perchè sono curiosa di sapere da dove vieni, non
certo perchè sei
simpatico" ammise con un sorrisetto a fior di labbra, lasciandolo di
stucco.
Era
iniziato tutto da lì. Bulma
non sapeva che
lui era solito assediare i pianeti su cui atterrava nè
sapeva che quello che le
era stato riservato, nonostante l'intrattabilità
dell'individuo, era un
trattamento d’eccezione. La Terra doveva un favore a quella
scienziata ricca e
nota solo perché si era proposta di
aiutare un alieno senza volere
nulla in cambio.
Ma
lui
qualcosa in cambio gliel'aveva data comunque. Le aveva dato un figlio.
L'aveva
avuta proprio in quella stanza, una sera, mesi dopo, quando lei era
rientrata
dai piani più bassi alla fine di alcuni incontri commerciali
che l'avevano
costretta a vestirsi molto elegantemente. Era
risalita con umore avvilito e tanta voglia di vederlo. Da quando Vegeta
era
arrivato lì, sembrava averle scombussolato la vita. Lui
parlava poco ed era
sempre solitario e accigliato. Passava gran parte del tempo da solo a
pensare,
se non era sparito da qualche parte. Da quando lei gli aveva comunicato
che la
scatola nera si era danneggiata nell'impatto e che per costruire una
navicella
adatta ad un viaggio spaziale ci sarebbero voluti anche anni, lui
sembrava
essersi avvilito profondamente. Per Vegeta non aveva senso assediare un
luogo
che gli era ormai utile per sopravvivere, soprattutto sapendo che non
era un
pianeta che rientrava nel raggio di azione dei saiyan e che ci
sarebbero potuti
volere anni perchè i suoi lo ritrovassero, ammesso ci
fossero riusciti. Proprio
mentre pensava al da farsi, Bulma una sera gli si era
parata sul ciglio
della porta sullo sfondo del corridoio illuminato, vestita di un
abitino nero che
le lasciava la schiena nuda. Aveva un ciondolo di perla che si poggiava
sulla
piega del seno ed i capelli erano sciolti e un pò
scompigliati. Si era passata
la mano tra di essi molte volte mentre saliva, stanca e bramosa di
quello
straniero così scontroso e schivo, finanche malinconico al
punto da farle
pietà. Lui l'aveva vista dal riflesso del vetro che aveva
fatto schermo sulla
città che baluginava più in basso. Si era voltato
solo con la
testa, senza alzare il sedere dal bordo del letto, e aveva guardato quella fanciulla comparsa alle sue spalle come
fosse un
regalo per lui.
"Posso
entrare?"
“Se
ti
dicessi di no entreresti comunque. Ormai ho capito che fai solo quello
che dici
tu.”
“Forse…”
fece lei soddisfatta, compiendo un passo all’interno della
camera.
"Che
vuoi, donna?"
“Sei
mio
ospite da mesi e continui a chiamarmi senza pronunciare il mio nome. Mi
chiamo
Bulma, quante volte devo dirtelo?”
“Che
sei venuta a fare, allora, Bulma?”
Il
tono
pungente con cui pronunciò il suo nome le fecero intuire
l’ ironia tagliente
con cui assecondò la sua affermazione.
"Volevo
solo vederti... Ti stavo pensando"
I
loro
occhi si erano incatenati.
“Te
ne
stai sempre in disparte… Pensavo che ti avrebbe fatto
piacere se qualcuno
avesse voluto vedere come stavi…”
Lui
si
era girato a guardare la città brulicare nella notte.
“E da quand’è che ti
interessa come sto io”.
“Diciamo
che da quando sei arrivato sulla Terra, mi interessano molte cose di
te”.
"Ah
sì?"
Lei
gli
si era portata davanti, dando le spalle ai grattacieli e fermandosi
davanti una
delle principali arterie del traffico che lui stava fissando dall'alto,
dove
file di fari rossi e bianchi delineavano una metropoli irrequieta e
viva, che
non trovava sonno.
"Ti
da fastidio se rimango qui...?"
"Per
fare cosa?"
"Sei
sposato...?"
Lui
si era mostrato perplesso da quella domanda. "No."
"Non
hai neppure una fidanzata?"
"Una
fidanzata?"
"Sì,
come si dice dalle vostre parti? Un'amica..."
"Perchè
ti interessa? Ti vuoi divertire?"
"Per
sapere come mai hai tanta fretta di tornare... Se è
perchè hai anche qualcuno
che ti aspetta..."
"Io
sono un saiyan d'elite. Mi aspetta il trono, per questo devo tornare"
replicò atono.
"Quindi
non hai donne che aspettino il tuo rientro..."
"A
parte qualche puttana, non ricordo di avere una donna che mi attenda e neppure mi importa.
Ma non
mi hai ancora detto perchè ti
interessa."
"Perchè
tu... mi interessi".
Lei
si
era morsa le labbra e poi gli si era spogliata davanti,
facendo scivolare
giù il vestito che le aveva accarezzato la pelle fino ai
piedi su cui si era
ammucchiato informe.
Lui
era
sembrato risvegliarsi da uno stato di torpore lungo mesi. L'aveva
studiata
intensamente, con sguardo serio ma in cui non era mancata la traccia di
stupore
per quell'inaspettata iniziativa. Quel soggiorno stava prendendo una
piega
imprevista e piacevole, e poteva ammorbidire la gravosità
dell'incubo di non
riuscire a tornare da dove era venuto.
Lei
aveva un corpo esile e formoso, che scopriva adesso dagli abiti con coraggio, insieme alla
consapevolezza tutta femminile che però non aveva perso, nel
luccichio delle
iridi chiare e nell’incertezza di non conoscerlo, il timore
di un suo rifiuto.
Dopo che si era fatta ammirare dai suoi occhi in cui aveva visto
materializzarsi un nuovo bisogno tutto sessuale, si era reclinata su di
lui
dandogli un bacio e percependo la titubanza con cui lui aveva risposto
a quel
gesto. Troppo orgoglioso per dirle che non sapeva cosa stesse facendo,
aveva
lasciato con abile mossa tattica che lei lo guidasse. La lingua di
Bulma si era
fatta spazio nella sua bocca piano, dandogli il tempo di capire, e alla
fine
lui si era sollevato in piedi, le aveva afferrato la testa
rovesciandola
indietro ed aveva ripetuto quel contatto nuovo con un impulso primitivo
e rude,
però sincero e pieno di trasporto. L’ultima
cosa
che gli era mai venuta in mente quando pensava a una donna era ficcarle
la
lingua in bocca. Non era un rituale contemplato con le puttane che
aveva fatto
entrare in camera da letto, però aveva scoperto che non era
male, che non era
male per niente. Che forse era persino la cosa più intima
che avesse mai fatto
fino a quel momento, perché Bulma sembrava gli stesse
succhiando qualcosa da
dentro. Quella terrestre non era una cultura militare come la loro, non soffocava
le
emozioni gentili ma le viveva liberamente, come stava facendo lei. Vegeta aveva sentito che lasciarsi andare era un pericolo, eppure l'odore di quella donna e il suo modo di toccarlo e di parlargli lo attirava quasi drammaticamente. Aveva pensato che poteva usarla e andare via, ma non aveva potuto prevedere che gli sarebbe sfuggito di mano un qualcosa, proprio ciò che non doveva vacillare, il controllo dei suoi sentimenti, così come gli era stato insegnato a fare fin da bambino. Non c'era controllo in amore. O vincevi o perdevi. O lo vivevi o morivi. Di morte lenta.
Lei
si era staccata senza fiato. “Aspetta,
Veget…”
“Sì,
però adesso sta un po’ zitta”.
Se
l'era trascinata sul materasso e si era rotolato con lei sullo sfondo
di quella
metropoli piena di luci. Da quella sera, si erano visti
lì tutte le sere
a seguire, per settimane, fino a quando lei gli aveva rivelato la
gravidanza
facendogli paventare una disgrazia.
“Non
ti
conviene tenerlo se non vuoi morire. Tu mi servi viva e quello
è figlio di un
saiyan. Sei troppo debole per portare in grembo mio figlio”.
“Ti
sbagli, il medico mi ha detto che è un feto assolutamente
normale, le analisi
sono perfette, e se avrà la coda gliela
taglierò.”
"Non
dovresti tagliare la coda di un saiyan, è come amputargli un
braccio".
"Ma
finchè vivrà qui non posso rischiare che
distrugga tutto. Tu sei adulto, e quando
c'è la luna piena sai come comportarti per evitare di
trasformarti. Lui non lo
capirebbe".
Trunks
era nato il giorno della festa di Re Furry, quasi come fosse il segno del fato che nascesse il giorno di festa di un Re. Il suo arrivo era stato
accolto con
diffidenza da Vegeta, il quale di sovente spariva per allenarsi e
sembrava non
volersi legare a due esseri che considerava quasi subalterni. Per
ovviare al
problema delle sue assenze, Bulma gli aveva fatto costruire una stanza
interrata sotto al grattacielo, perchè si allenasse vicino a
loro. Alla fine il
tempo era iniziato a passare, e lei aveva continuato a lavorare anche
per lui,
e Trunks a gattonare, e poi a camminare, e a dimostrare la forza
erculea che
aveva nelle manine curiose di tutto. Il caso aveva voluto che proprio
un
pomeriggio in cui era uscita col figlio per alcune visite, la prima
volta in
quattro anni che il saiyan aveva accettato di uscire con loro, un
vecchio
sciamano vestito in abiti monastici l’aveva fermata vicino al
parco per dirgli
che da quel bambino proveniva un’energia soprannaturale.
Rispetto a Vegeta, che
sapeva controllare il proprio ki, Trunks non era in
grado di gestirlo e
chi disponeva di poteri spirituali riusciva a sentirne la potenza. Lei
aveva
fatto finta di non sapere ma il saiyan ne era rimasto molto colpito
interiormente. Vegeta aveva ormai archiviato ogni vile aspirazione
mirata
all’assedio quando aveva compreso che distruggere quel
pianeta non aveva senso,
perchè in un certo qual modo lei lo stava
salvando dall’inevitabile follia
di non poter ritornare sul proprio pianeta, alla sua gente e alla sua
cultura.
Quello che era incominciato come un incubo, stava diventando un placido
viaggio
verso un nuovo modo di concepire la vita, senza guerra, senza
viltà. Il modo in
cui Bulma scopava e il suo gioco di lingua erano un rimedio,
esattamente come il
modo infantile con cui Trunks elargiva i primi sorrisi, e come il modo
in cui
lei si appoggiava su di lui quando voleva dormirgli vicino,
ricordandogli che
ce l'avrebbe fatta, che sarebbe riuscita a costruire un mezzo in grado
di farlo
ritornare da dove era venuto. Lui allora si girava verso di lei e le
toccava i
capelli.
"Quanto
pensi ti ci voglia ancora a creare questo macchinario in grado di
teletrasportarmi?"
"Sto
facendo del mio meglio... Localizzare il tuo pianeta è
difficile non avendo
radar di ricezione che lavorino sulla stessa lunghezza d'onda dei miei.
Tu non
preoccuparti... In qualche modo farò. Il mio progetto prende
forma piano piano...Preferisco
farti viaggiare in sicurezza. Lo so che tre anni qui non sono pochi, ma
abbi
fiducia. Anche se vorrei tenerti sempre qui con me non
smetterò mai di
lavorarci finchè non ti avrò visto sereno".
La
sua
dolcezza era diventata lentamente una malattia. Vegeta la subiva senza
sapere
come curarsene. Alla fine aveva compiuto scelte inspiegabili,
perchè inspiegabile
era scoprire di sapere persino provare dei sentimenti buoni e sinceri,
fortissimi come la luce di quel posto, anche se solo rivolti a
lei. Se
l’era sposata a tre anni dalla nascita del
primogenito, quando aveva perso le speranze di tornare.
“Io,
Vegeta, prendo in sposa la qui presente Bulma Brief”.
L’aveva detto con tono
atono, rivolto al tizio incravattato, prima di firmare frettolosamente
come
aveva fatto anche lei pochi istanti prima. Il signore investito della
carica di
primo cittadino aveva siglato il matrimonio con un “E
sia” che era sembrato un verdetto di condanna.
..
Quattro
anni a seguire, il macchinario per il teletrasporto aveva preso
forma.
Il
re l’aveva conosciuta per primo, quel
giorno che lei era arrivata tra lo stupore generale, e scortata da
Vegeta si
era parata in quel luogo spartano e militare come una creatura
esoterica. Il re
l’aveva studiata mentre ferma tra le colonne della sala delle
udienze, avvolta
da una penombra che non imbruniva lo splendore dei suoi capelli,
aspettava un
segnale del marito.
Era
rimasto molto perplesso nel vederla,
perché Vegeta non si era mai accompagnato da una donna, per
di più straniera.
"Chi
è lei?"
"É
una scienziata, ed è in grado di
costruire qualsiasi cosa io voglia. Mi ha aiutato a ritornare
costruendo la
macchina del teletrasporto."
“Viene
dalla Terra?”
L’altro
annuì.
"É
molto bella".
"É
anche mia moglie".
“Tua
moglie?”
Il
Re l'aveva scrutata da capo a piedi,
non senza trattenere un filo di stupore: la donna che scorgeva poco
distante era
esile e formosa, e con un livello di energia quasi nullo, per nulla
forte e
robusta come si addiceva alla donna di un guerriero saiyan, per di
più prossimo
alla carica reale.
"Ma
non va bene come moglie per te, è
troppo debole".
"Ha
un carattere molto forte, e mi ha
dato un figlio altrettanto forte”.
"E
come pensi di farla girare qui
dentro da sola?"
"Girerà
con le sue gambe, sa
camminare.”
“Sai
a cosa mi riferisco. Creerà
scompiglio tra i guerrieri. Guardala.”
“La
conosco benissimo. Non mi importa se
creerà agitazione, che imparino a stare tutti al proprio
posto o inizieranno a
saltare parecchie testa anche negli ordini alti” ammise
minaccioso.
Re
Vegeta conosceva lo sguardo bieco di
suo figlio, la sua testa calda e il suo animo indomito che tanto
destava
ammirazione anche tra i sottoposti. Quando il principe usava
quell’atteggiamento era deciso e non ammetteva di essere
contraddetto da niente
e nessuno, neppure da suo padre che vantava una carica gerarchica
più alta.
Aveva scelto la sua donna, si era preso una straniera.
“Dovremo
convincere il consiglio degli
anziani che lei sarà all’altezza del
ruolo”.
“Non
dovrà governare. Lei non è una
saiyan, non le interessa comandare né conquistare nessuno.
Lei è una
scienziata, te l’ho detto”.
“Sei
un testardo, è inutile discutere con
te” ammise il Re. “Gli anziani si lamenteranno di
questa tua scelta. Dovrò
rabbonirli, e dovrai farlo anche tu.”
“Con
gli anziani ci parlerò. La mia donna
non li riguarda.”
“Questo
è vero, ma tu non sei uno
qualunque.”
“Io
sono il principe. Loro dovranno
accettare la mia scelta. Se si sognano di alzare la testa, gliela
farò
abbassare io in ginocchio.”
“E
del suo pianeta? Che ne facciamo?”
“La
Terra non ci interessa. Rimane lì
dov’è.”
“Da
quand’è che sei così clemente? Non eri
tu il primo a voler radere al suolo i pianeti per farti grande davanti
a
Freezer?”
“Freezer
non saprà mai dell' esistenza
della Terra, finchè qualcuno non glielo
dirà.”
“Vuoi
tenergli segrete le nostre
coalizioni dunque”.
“Non
siamo suoi schiavi. Il nostro è un
rapporto di lavoro e non potrà renderci sue
marionette”.
“Hai
ragione su questo, anche se è
rischioso mettersi contro di lui. Come intendi procedere?”
“Faremo
accordi commerciali coi terrestri.
La Terra sarà un ottimo punto di attracco per il passaggio
delle nostre navi verso
ovest, dove non ci siamo ancora spinti. Il pianeta ha ossigeno e tanta
acqua,
non ha senso danneggiarlo”.
“E
se i terrestri non accettano? Che
farai?”
“Quello
che ho sempre fatto” replicò
facendo affiorare un ghigno a fior di labbra.
“Allora
non sei poi così cambiato” fece il
Re sollevato dalle sue parole. “Falla avvicinare, presentami
tua moglie, voglio
vederla da vicino”.
Vegeta
si era girato facendole un segno.
Bulma si era portata davanti al Re e aveva elargito lui un lieve
inchino con le
spalle, tanto basta per una donna che non riconosceva la sua
autorità ma che
non voleva mancar di rispetto a un monarca. Vegeta l’aveva
scelta anche per
quel suo temperamento fiero, nonostante fosse linguacciuta e sfrontata,
perché
lei gli occhi non li abbassava mai e si sentiva un prodigio in un mondo
dove i
geni erano rari e lei poteva permettersi di fissarli
dall’alto in basso,
rinfacciando loro di essere solo rozzi senza neuroni. Vegeta non aveva
mai
dimenticato che a conti fatti, Bulma aveva tenuto in scacco anche lui
grazie
alla sua abilità.
“E
così tu saresti la moglie di mio
figlio… Come ti chiami?”
“Bulma”.
“Lo
sai che qui non funziona come sulla
Terra?” Le aveva fatto quella domanda apposta, per vedere
come gli avrebbe
risposto, se si sarebbe intimorita. Suo figlio non si era intromesso ed
era
rimasto volutamente a guardare.
“Ovviamente,
lo so chi siete”.
“E
sai anche che noi viviamo conquistando
pianeti come il tuo…”
“So
anche questo”.
“E
allora perché sposarti con colui che potrebbe
sottomettere la tua terra? Non sai che Vegeta stava effettuando dei
sopralluoghi
per l’avviamento delle prossime conquiste… Non sei
così sveglia come dice, se
te lo sei sposato.”
“Se
suo figlio è qui è perché
l’ho salvato
io. E' lui che è in debito con me. Se mi avesse ammazzata
sarebbe ancora lì,
dove voi non siete riusciti neppure a trovarlo. Strano per
degli invasori
intergalattici non riuscire a intercettare il percorso del proprio
principe”.
Re
Vegeta aveva elargito al figlio uno
sguardo sorpreso. “Ti sei scelto una donna sfrontata, che non
si fa scrupolo a
mancare di rispetto ad un Re. Spero che tu ne sia
consapevole”.
Il
principe in risposta aveva sorriso in
maniera impercettibile, soddisfatto della dimostrazione di carattere di
sua
moglie. “Perfettamente, padre”.
Bulma
si era fatta valere, e ora come una
figura flessuosa e quasi eterea, incedeva per il
tunnel fiocamente illuminato che collegava laboratori e secondi ordini.
I neon
si alternavano creando vuoti di luce, dove l’ombra
inghiottiva il corpo per
restituirlo al chiarore. Ormai conosceva quei percorsi compiuti
più volte e non
sembrava temere nessuno lì dentro. Camminava
con passo quasi
scenico, e si faceva strada lasciandosi alle spalle
curiosità e luce come una
cometa. Anche di quello si era parlato. Il corpo burroso e formoso era
un
languido e spudorato richiamo ai piaceri. Gli uomini sembravano
palesemente
attratti da tali morbidezze tanto rare e insolite nelle donne della
loro razza.
La sua diversità era una calamita. Non era difficile
immaginare perché un uomo
come Vegeta, tanto ombroso e burbero da aver sempre lasciato presumere
alla
scelta di una moglie forte e violenta, si ruzzolasse con una donna che
davanti
il genio intellettuale anteponeva uno sguardo ammiccante e una
fisicità
procace, sessuale in una maniera che colpiva come un pugno nello
stomaco.
L'abito argentato stretto e lungo in seta opaca rimandava dei riverberi
ad ogni
passo. I capelli arrivavano alle scapole, tutti pari e dritti, la
frangia
scalata le copriva appena la fronte lateralmente delineando il profilo
armonico
del suo viso. Uno strano silenzio galleggiava per le vie di quella
struttura
militare così imponente. Quel pomeriggio, se così
lo si poteva definire volendo
dare un ordine al tempo su quel pianeta dove non esisteva una
distinzione netta
tra il giorno e la notte, i guerrieri erano impegnati nei tornei di
conferma
delle caste. C’era poca gente in giro. Ognuno di loro si
batteva sul campo per
mettere in mostra le proprie capacità ed essere confermato
al proprio livello
di appartenenza. Mano a mano che lei avanzava e superava le guardie che
facevano
la ronda, i loro occhi le si inchiodavano addosso seguendola come
laser. Bulma
sapeva di essere guardata con interesse, sapeva anche che nelle loro
analisi
c’era una venatura di sangue, e la cosa le piaceva. Se il
peccato di suo marito
era l’alterigia, il suo era senza dubbio la vanità.
Al
bivio di due gallerie che si
biforcavano, lei imboccò il condotto alla destra e si
avvicinò ad una sala da
cui proveniva un discreto chiacchiericcio. Bulma si apprestò
ad attraversarla
ignara vi fossero solo maschi al suo interno. Il suo passo leggero e
deciso
anticipò il suo arrivo con un fischio di uno di loro. Gruppi
di saiyan annoiati
percepirono il sibilo di avvertimento e si girarono per vederla
arrivare.
Al
suo ingresso, nella sala calò un
silenzio imponente.
"Eccola"
disse uno. "Sta
arrivando la moglie del principe".
Ogni
pesante commento maschile venne
ibernato immediatamente.
"Spostati,
lasciala passare"
fece un guerriero ad un altro che era rimasto imbambolato a squadrarla.
Bulma
camminò con passo tranquillo. Non
temeva quegli uomini pericolosi. Era la protetta. Intoccabile.
Si
voltarono tutti, in blocco come una
caserma carica di testosterone che vede passare una donna.
Davanti
a lei non volò una mosca. Una
parola di troppo e avrebbero pagato un commento sconveniente. Vegeta
vicino a
lei si poneva come un mastino. Il timore di una reazione di lui aveva a
tal
punto intimorito i guerrieri che nessuno si
azzardava a fare battute cafone in sua presenza. Quando
lui le
inchiodava gli occhi addosso sembrava prendere forma uno strano
bagliore di
possesso nel suo sguardo. Era una sensazione sottile, quasi
labile, che
gli faceva brillare gli occhi di un’intensità
nuova, tutta rivolta a lei.
Pochi
rumori fecero eco tra una parete e
l’altra mentre lei attraversava la stanza sotto i loro
sguardi dai tratti
foschi, corpi armati di
violenza e visi
scavati dalla rabbia, raccontati dalle cicatrici
ed esacerbati dalla voglia di lotta che la studiavano come fosse la
cosa più fuori luogo lì dentro. Risuonò
uno strano silenzio dietro di
lei, e quando fu abbastanza lontana si sollevò un mormorio
fugace, fatto di
sussurri quasi sinistri. In quel luogo tutto era sinistro come i loro
volti
scolpiti in pietre laviche e ruvide. I saiyan avevano sguardi feroci e
grezzi,
carichi di aggressività che tracimava dai loro occhi, eppure
davanti quella Dea si fermavano. Anche se nessuno ancora riconosceva in Bulma
una regina degna dei
saiyan, lei riusciva adesso a far trattenere i loro occhi a
sé, esattamente
come si addice a una regina.
Bulma
uscì imboccando una seconda
galleria. Le luci al neon alternate al buio l'accarezzarono lungo il
passaggio
fino all'ambiente successivo.
Due
guardie di ronda la misero a fuoco
mentre passava per la palestra vuota.
"Guarda
lì chi sta arrivando... La
terrestre".
“Sì,
l’ho sentita. Sento il suo profumo”.
Lei
li oltrepassò quando uno
le aprì la porta vicino cui era seduto, con l'omaggio che si farebbe a un
monarca. Bulma lo
ringraziò con estrema gentilezza, accennando un sorriso.
Quando
si fu richiusa la porta alle spalle, uno dei consiglieri che era da
poco uscito
da dove lei era entrata si sentì subito chiedere:
“Che
ne pensi, Gurlok?”
L’altro
ci pensò un po’ prima di
rispondere.
“Educata,
ma troppo vulnerabile”.
La guardia più giovane
invece non sembrò concordare col vecchio. “A
me non dispiacciono i suoi modi”.
“É
troppo raffinata per questo posto”.
“Non
ti piace lei, vero?”
“Lei
mi piace, e non solo a me, ma non
è adatta a comandare un popolo come il nostro. Non
riesco davvero a capire come uno come Vegeta si sia fatto impalmare da
quella
donna. Da quando è rientrato dalla Terra sembra
avere un atteggiamento più
calmo… E lei sicuro c’entra in tutto questo.
E’ come se gli avesse fatto un
maleficio su quel pianeta”.
“Un
maleficio? Guarda che quella è secondo me la donna
più adatta a Vegeta. Sarà
pure debole ma mica è stupida. E’ una scienziata.
Gli costruisce qualsiasi cosa
lui voglia, e Vegeta ha sempre cercato di investire su quel tipo di
progetti. Di scienziati ne abbiamo visti passare
molti per di qua… E
poi ricordiamoci che è lei che gli ha permesso di rientrare
qui su Vegeta, a
riprendersi il trono, mentre noi lo abbiamo cercato ovunque con
insuccesso. Non
è cosa da poco".
“Però
nessuno di voi tonti ha notato che è
a lei che lui chiede sempre l’ultimo consiglio. Persino noi
anziani non abbiamo
questo potere”.
“Scommetto
che nella palestra dov’è
passata poco fa avrà scombussolato gli ormoni a tutta la
truppa”.
“Mica
solo a loro” sghignazzò il più tonto
e stempiato.
"Bada
a non farti sentire, idiota. A
Vegeta non piace che si parli di lei."
"Non
avrei mai detto che fosse così
geloso, non è da lui” replicò quello stempiato e seduto.
“Mi è sempre sembrato
disinteressato alle femmine. Nei bordelli non ce l’ho mai
visto”.
“Perché
le donne gliele mandavano in
camera, imbecille”.
“Si
ma comunque non si è mai esposto. Non gli ho mai sentito fare neppure un commento sulle guerriere più interessanti. Se non fosse stata Jinka che si
fosse proposta al Re anni fa come sposa di Vegeta, lui neppure
l’avrebbe
considerata. Una scelta che non ho capito... L'avrei presa io, è una bella donna,
forte, anche molto fiera. Mica riesco a capire perchè si sia preso in moglie una donna così debole. Non gli darà mai un figlio forte, e prima o poi qualcuno dovrà succedere a Vegeta. Sarà pure bella, ma in quanto ad energia...”
“Lo
credo che Vegeta ha cambiato idea. Ma
hai visto la terrestre?" Mosse
le mani
delineando il profilo dei suoi seni e dei suoi fianchi. "Con
due tette di quella maniera non fa in tempo neppure a spogliarsi che sei già andato a fuoco”.
“Ad
ogni modo il suo atteggiamento è
cambiato” affermò il più vecchio,
zittendo le insignificanti chiacchiere dei
due. “E non mi convince”.
Girava
voce, ed era una voce piuttosto
persistente e accertata, che quella straniera avesse un effetto
calmante sul
principe. Chi lo aveva conosciuto nel fiore degli anni sapeva che era
un uomo
autoritario, violento e assolutista. Adesso quella brutalità sembrava essersi attenuata, come se lui fosse tenuto al
guinzaglio
da lei, e la cosa suscitava clamore e perplessità. Non era mai onorevole farsi influenzare da una donna, i saiyan crescevano con quel credo maschilista.
Bulma
fece per salire le scale quando vide un
uomo abbandonato in un’infermeria la cui porta era
aperta. Capì che apparteneva all'ultima casta per la
colorazione della divisa.
Le verdi erano indossate dagli uomini dell'ordine più basso che precedeva la servitù. Era così moribondo che le fece pena, esattamente come era accaduto con Vegeta quasi otto anni prima.
Si accorse che l’uomo muoveva il capo in maniera inquieta e
si avvicinò con
circospezione ascoltando due uomini parlargli vicino con tono
sprezzante.
“É
rientrato dopo mesi e non è riuscito neppure a conquistare
quel pianeta
insulso”.
“Non
saprei, dovremmo sentire suo fratello Radish”.
“Radish
è sempre molto deluso dai pochi progressi di suo
fratello… ”
Kakaroth
biascicò poche parole senza senso mentre i due si
allontanarono sotto i suoi
occhi confusi, senza prodigarsi in alcuna cura che alleviasse il suo dolore, come se volessero che il destino decidesse per lui. Ma davanti i medesimi occhi, su quello sfondo metallico che
vedeva
opaco e poco chiaro, si parò una figura eterea, in argento,
che si avvicinò lui
molto velocemente. Quando gli fu vicina, lui riuscì a
vederla meglio e si
accorse che era una donna con gli occhi e i capelli mai visti
lì, del colore di polvere di turchese e dai riflessi perlati.
“C-chi
sei…?”
Bulma
si affrettò a prendere l’occorrente dalla cassetta
del pronto soccorso. Trovò
delle bende e del disinfettante.
Kakaroth
tremava e lei prese a medicarlo senza badare allo sguardo incantato con
cui la
guardava.
"Come
ti chiami?" Gli chiese lei.
"Ka-karoth..."
"Sei
ridotto molto male…Cosa ti è successo? Voi saiyan non
riuscite a stare lontani dai guai.”
"C-chi
sei...? Non... ti ho...mai vista..."
"Sono
la moglie di Vegeta".
L'altra
ebbe un sussulto. "T-tu? La moglie ...del...principe? Allora
è
vivo..."
“L’ho
trovato su un campo del mio pianeta. La navicella con cui viaggiava si
era disintegrata e lui era in fin di vita. Tutti questi anni
è stato sul mio
pianeta, mentre io costruivo un macchinario per permettergli di
tornare”.
Rientrò
in camera circa un’ora dopo, trovandola vuota come si era
immaginata. Si infilò
nella doccia, una grande rientranza nel muro della toilette, e presto
la sua
sagoma si confuse con i vapori caldi.
“Dove
sei stata?" si sentì chiedere
d’improvviso da lui, e sobbalzò.
C'era
sempre una punta di gelosia in
quell'indagine, finanche il senso di protezione che lo dilaniava.
Lei
girò il capo e intravide tra la nebbia la figura di
Vegeta poggiata al muro, proprio a qualche metro dietro di lei.
“Quando
hai finito di esaminare i ragazzi
della palestra, ho fatto una puntata nei laboratori per quel
discorso…”
“E…?” replicò l'altro, smanioso che ella proseguisse.
“Non
ci dovrebbe volere molto perché
capisca come hackerare i processori, però è un
lavoro più da ingegnere
informatico, e dovrei confrontarmi con uno dei miei sulla
Terra”.
"Ci
hai messo più tempo del previsto
a salire" affermò lui con un tono che fu sì indifferente, ma che venne suo malgrado attraversato da una nota di curiosità che lo tradì, mettendo a nudo l'attenzione che nutriva per lei.
"Mi
sono fermata a ... curare un
ferito".
L'altro
si insospettì. "Curare un
ferito?"
"Un
certo Kakaroth, giaceva
abbandonato nell'infermeria... Era in fin di vita".
"Kakaroth
il terza classe? Mh, è
rientrato a quanto pare, non ne ero stato ancora messo al corrente".
Dopo
qualche secondo di silenzio in cui si
concesse di studiarla attraverso l'umida nebbiolina, soffermandosi sul sedere rotondo
che lei
esponeva ai suoi occhi mentre sciacquava i capelli, le parlò
con distacco. “Ti
devi muovere, lo sai?”
“Perché?”
Fece l’altra allungando il collo
sotto l’acqua senza guardarlo.
“Abbiamo
la navicella diretta a Fruz che
ci aspetta. Freezer vuole conoscerti”.
“Conoscermi?”
Lei ruotò il capo verso di
lui e non mancò di mostrarsi intimorita.
“Perché vuole conoscere me?”
“Non
lo so, ne farei volentieri a meno, ma
prima o poi l’avrebbe saputo, non potevo tenerglielo nascosto
altrimenti si
sarebbe insospettito”.
“Non
puoi dirgli che non sto bene?”
“Non
funziona così con lui. Sicuramente
vuole tenere sotto controllo la situazione e vedere chi sei, e se sei
un
potenziale nemico. Lo conosco, quel maledetto…”
“E
se mi chiede da dove vengo?”
“Gli
diremo che vieni da Virgus, è un
lontano pianeta dove viveva una piccola comunità di
umani”.
“Perché
parli al passato… Che ne è stato
di loro?”
Ci
fu un attimo di stallo. “Non esistono
più.”
“Li
avete… distrutti voi?”
L’altro
non le rispose, ma la fissò oltre
la patina di vapore e Bulma intuì la risposta abbassando lo
sguardo.
“Vegeta,
io n…”
“Non
iniziare. Renditi presentabile e poi
vieni con me”.
Lei
si accarezzò il capo e sembrò
indugiare ancora mentre lui staccava la schiena dal muro per andarsene.
“Aspetta. Vieni un attimo. Devo dirti una cosa...”
Vegeta
ci pensò un istante prima di assecondare la sua richiesta ed
avanzare tra i vapori, e quando le fu abbastanza vicino da
scorgere il
colore dei suoi occhi maliziosi, si sentì chiedere: “Se
scendo così… Pensi che sia
presentabile?”
La
squadrò da capo a piedi, sinuosa e
nuda, e provocante come sempre. Si sentì gelosissimo di lei.
“Direi di sì…”
..
Il
cupo spettro dell’ombra gravava su un
trono freddo e spigoloso di una stanza gravida di oscurità.
A cento metri di
maiolicato lucido e asettico oltre l'imponente ingresso esagonale come
la galleria che lo precedeva, l'egemone dalla testa
glabra e dalla pelle di consistenza scivolosa e umida se ne stava
seduto
comodamente, picchiettando le dita su un bracciolo disseminato di tasti
e spie
di sicurezza. Freezer era dittatore tanto potente quanto spietato che
amava
tenere tutto sotto controllo in ogni momento e ovunque fosse, anche
mentre
stava ricevendo nella sala ed era circondato di guardie leali, che non
fidarsi
è sempre meglio - diceva.
Un
sorrisetto ambiguo rendeva la sua
espressione vagamente inquietante mentre metteva a fuoco gli uomini
scimmia e
la creatura assolutamente insolita che li affiancava: aveva mani e
piedi come
loro, ma un colore d'occhi assai diverso, come pietre brillanti,
capelli di
seta e ossa sacrali senza coda. Gli era arrivata voce, una voce che si
era
incanalata tra luoghi angusti ai confini della galassia dove i saiyan
facevano
la ronda alle province più ostinate, che il fortissimo
principe non solo era
tornato, ma adesso era affiancato da una compagna. Freezer aveva
disposto che
gli venisse presentata, poichè non aveva mai smesso di
temere Vegeta. Rispetto
gli altri saiyan, il principe non era solo molto forte, ma anche molto
acuto e
scaltro, e quando era stato dato per morto Freezer l'aveva fatto
cercare a lungo
solo per poter brindare al suo trapasso.
Ora,
ipocritamente, lo omaggiava.
"Principe
Vegeta... Che piacere
averti qui con la tua ultima conquista" esordì mellifluo,
puntando gli
occhi sulla donna. "Fremevo per conoscere la futura regina del tuo
popolo
bellicoso".
Vegeta
non era contento di essersi dovuto
presentare con lei, ma rifiutare l'invito sarebbe stata
un'imperdonabile
scortesia dal punto di vista del tiranno. Se si era presentato con sua
moglie,
era solo per mettere a tacere ogni sospetto su di lei.
Inclinò
leggermente le spalle, tenendo lo
sguardo alto e fisso su di lui, quasi a voler dimostrare che chinarsi
al
potente non era nella sua indole, e neppure riconoscere
superiori.
"Potente
Freezer".
"Avvicinatevi"
ordinò la
lucertola con voce particolarmente tranquilla.
La
scorta dei saiyan teneva sotto
controllo i movimenti delle guardie di Freezer, di cui nessuno si era
mai
davvero fidato. Vegeta si apprestò al trono accompagnato
dalla propria donna.
"Mi
è dispiaciuto che tu non sia
passato a presentarmela prima" ammise Freezer scendendo dal seggio. Si
avvicinò loro studiando la donna. Le porse la zampa a tre
unghie sotto lo
sguardo vigile di Vegeta che studiò
l’atteggiamento sospetto del dittatore. Lei
allungò la mano con titubanza e l'altro gliela strinse
facendola trasalire al
tocco gelido.
"Le
voci sulla sua bellezza sono vere
a quanto pare" affermò Freezer rivolgendosi alle proprie guardie che
vigilavano
ai margini della sala, come a voler sottolineare davanti al saiyan che di lei si era
parlato
parecchio tra di loro.
Vegeta
se ne infastidì moltissimo.
La
mancanza di rispetto di Freezer si
esternava anche in questi proforma su cui talvolta sorvolava con gusto.
Vegeta
se n'era visto bene dal far girare voce che ella avesse anche un'intelligenza
prodigiosa e aveva tassativamente
vietato ai suoi più vicini di parlarne.
"Dunque,
da dove
viene questa... affascinante creatura?" Indagò infierendo
coi complimenti
e tenendole ancora la mano. "É molto più debole
di te. Mi sarei aspettato
una guerriera, al tuo fianco".
"Viene
da Virgus, il
pianeta dell'acqua".
Lo
sguardo di Freezer
assunse un’espressione più sospettosa. "Ah..." La
studiò attentamente.
"E com'è non ero al corrente vi fossero simili bellezze?"
Ruotò
gli occhi su
Vegeta, il quale rimase impassibile. "Non ve ne erano, difatti. Lei
è una
delle superstiti."
"E
hai pensato bene
di sposartela..." aggiunse con un tono che tradì un fastidio
latente.
"Bene... Sono lieto di conoscerla. Il suo nome."
"Si
chiam..."
"Sh,
sh, sh, lascia
che lo dica lei".
Ci
fu un silenzio carico
di attesa. Bulma era visibilmente a disagio. La voce
conservò una traccia
di titubanza quando rispose.
"Mi
chiamo
Bulma".
"Bulma.
Un nome grazioso,
proprio come lei." La lucertola le lasciò la mano e
sembrò voler inserire
a lei il tarlo del dubbio, o solo inserirlo a Vegeta, del quale non si
fidava
ed era certo gli nascondesse qualcos'altro.
"Mi
chiedo come mai,
un uomo come Vegeta, che è sempre stato solito...
sterminare... le fanciulle
deboli come te, adesso ne abbia presa in moglie una".
Dopo
che lo ebbe detto
sorrise a entrambi. "Molto bene... Sono lieto di aver conosciuto questa
donna che senza dubbio... surclassa in bellezza le donne saiyan che ho
visto.
Vi auguro una fertile unione, e figli in abbondanza".
Quando
si furono
allontanati abbastanza da non essere uditi più da nessuno,
mentre imboccavano
le rampe di lancio in vetro infrangibile, uno dei saiyan della scorta
si
accostò a Vegeta.
"Principe,
prima o
poi Freezer scoprirà che sua moglie non è di
Virgus".
Lo
sguardo insondabile di
Vegeta si fece più torvo del solito. "Non lo
scoprirà a meno che qualcuno
apra bocca e gli dia fiato a vanvera. Al mio rientro vieterò
a tutti di fare
riferimenti al suo pianeta di origine".
L'altro
annuì abbassando
il capo.
Bulma,
turbata e
pensierosa, continuò a percepire la mano di Freezer tenere
la propria. Era così
gelida che aveva irradiato una strana e negativissima sensazione in
lei, come
se stesse toccando un morto che cammina.
Durante
tutto il tragitto
di ritorno Vegeta non aprì bocca, e Bulma intuì
che dietro il suo nervosismo
c'era qualcosa che in lui non aveva ancora mai visto. C'era paura.
Continua…
Avviso: I
personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di
Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e
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storie non sono state scritte a scopo di lucro.
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Capitolo 2 *** 2. Una spada e un tatuaggio ***
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2.
Il
traffico aereo sulla pista di atterraggio venne sospeso per facilitare
l'atterraggio del principe e della scorta a quindici minuti dalla
stratosfera
rossastra di Vegeta. Quando giungeva qualcuno della famiglia reale, in
tal caso
il principe o suo padre, visto che la Regina era morta molti anni prima
e
fratelli il Re non ne aveva, o non ne aveva fatti rimanere, le partenze
venivano interrotte e gli arrivi dirottati su una seconda pista
riservata al
rimessaggio e alla manutenzione dei mezzi. Da quando Vegeta era
ritornato a
risiedere stabilmente sul proprio pianeta, lo scalo secondario era il
luogo
dove Bulma aveva passato più tempo quando era in visita da
lui: studiare le
navicelle, le loro scatole nere, i loro meccanismi, era ciò
che più le interessava
di quel posto. Vegeta le aveva raccontato che i saiyan, all'epoca del
suo
bisnonno, avevano preso il completo controllo del pianeta espugnando
una
fiorente città Zufuru a Sud, di cui ormai rimanevano solo
macerie. Il
corpo celeste originario da cui provenivano i
saiyan era Sadala, abbandonato per mancanza di risorse al suo
destino. Il
loro sviluppo tecnologico, dovuto all'assimilazione della tecnologia
degli
assediati, era avvenuto dopo che il padre di Freezer, Re Cold,
all'epoca
giovanissima lucertola che pianificava il proprio impero
minuziosamente, aveva
proposto a quei guerrieri rissosi e forti di allearsi con lui per avere
in
cambio generi alimentari e gloria, e soprattutto per ottenere il
controllo
delle fonti curative amministrate dagli Zufuru, una specie di acque
termali che
sgorgavano a sud-est di Vegeta, tra alcuni bacini montuosi scavati dal
vento e
dall'acqua, uno spettacolo naturale a detta di Bulma, seppur arido e
disabitato. Li aveva presi da Sadala, gli aveva messo in mano i mezzi
di
trasporto spaziali istruendoli al loro uso e li aveva sguinzagliati
ovunque, e
da rozzi combattenti erano divenuti spietati invasori intergalattici.
Bulma
aveva prelevato e fatto analizzare quell'acqua originario motivo di
guerra e
interesse, e aveva scoperto che all'interno era disciolto un minerale
introvabile sulla Terra ma ben solubile in acqua laddove lo si
ricavasse. Però
Vegeta le aveva detto che era rarissimo trovarlo e che quando veniva
reperito
Freezer monopolizzava il suo uso, centralizzandolo a propria esclusiva,
altro
motivo di insofferenza da parte del consiglio dei saiyan che riteneva
essenziale l’uso di quel farmaco naturale, perché
i saiyan avevano costante
bisogno di cure rapide e rinvigorenti. Da quando le attività
vulcaniche di
Vegeta erano diminuite, le fonti erano iniziate a scarseggiare e
Freezer aveva
perso interesse per quel tipo di presidio: grazie alle sue imponenti
possibilità e alle grandi conquiste favorite anche dai
saiyan stessi, la
lucertola aveva preso sotto controllo altri luoghi dove aveva potuto
far uso di
nuove cure mediche per tonificare il suo vasto e polimorfo esercito.
Bulma
aveva appreso quelle notizie con interesse, convenendo che la ferocia
dei
saiyan era una conseguenza dell'estremo bisogno di risorse di cui non
disponevano,
motivo per il quale Vegeta non aveva interesse a distruggere la Terra
nè
tantomeno a dividerla con Freezer.
Discendendo
sulla pista, Bulma si perse con lo sguardo tra la caserma imponente
riservata
ai primi due ordini e il quartiere esterno dei terzi ordini dove un
brulicare
di persone dava vita a quelle strade polverose e rossastre. Vicino
alcuni
ambulanti alieni che avevano messo tende e banchi vendendo quanto si
trovava
nell'universo, alcuni bambini già bollati dal marchio del
colore di appartenenza
correvano inseguendosi a vicenda. Bulma aveva appreso che anche le
guerriere
scimmia avevano la propensione ad acquistare gioielli e sciocchezze da
donna, e
che non erano immuni dalla vanità tutta femminile di
imbellettarsi, seppur non
eguale a quella delle donne terrestri tutte dedite a condurre una vita
di agi e
di divertimenti, totalmente lontana da quel bisogno costante di
combattimenti.
Bulma
cercò di rendere meno gravoso il clima che percepiva in quel
momento nella
navicella riservata a lei e al marito.
"Vorrei
andare a vedere cosa c'è nei mercati" ammise sbirciando
oltre la
calotta. “Sono curiosa”.
Vegeta
non sembrò badarle e lei insistette. "Mi fai andare a visitarli?"
"Mi
pare che tu faccia sempre quello che vuoi, alla fine".
Non
aveva motivo di vietarglielo, a parte che temeva per la sua
sicurezza e
lasciarla bivaccare da sola per i quartieri poveri era escluso nella maniera più assoluta. L'avrebbe fatta scortare e avrebbe messo a tacere la sua accesa curiosità.
"Grazie. Ma mi lasci andare da
sola?”
"Fuori
dalla base non ti è possibile. Non sei in grado di difenderti. Ti
rimedio
una guardia, però devi coprirti di più il volto. Voglio
che ti muovi il più possibile
inosservata, soprattutto ora che Freezer ci sta studiando. É
pieno di mercanti
alieni, e non è escluso che ci siano anche sue spie. Si
accorgerebbero subito
che non sei una saiyan e per ora è meglio evitare" le disse poco prima di
predisporsi
all’atterraggio.
I
banchi storti e scheletrici, coperti di cianfrusaglie e spezie
alimentari ed
erbe mediche, se ne stavano in fila tra loro, sotto tendaggi marroni di
tessuto
grezzo uguali alla mantella che le celava corpo e capo. Specie aliene o saiyan reietti e perdenti se ne stavano
lì a
commerciare oggetti provenienti dalle parti più disparate
della galassia.
Dietro di lei, Gurlok, guardia di primo ordine alta quasi due metri,
stava al
suo passo vegliando come disposto da Vegeta. Era stata la
prima persona
che Bulma aveva conosciuto lì, proprio quel saiyan che
l’aveva accolta ridendo di lei e che ora la seguiva passo passo in silenzio, con rispetto e
riserbo. C'erano
diversi saiyan di terzo ordine a bighellonare da quelle parti, compresi
molti
bambini che si trastullavano tra di loro. Alcune donne di secondo
ordine
passarono vicino a lei senza badarle, commentando soddisfatte l’ottimo
affare e
la bellezza di quegli orecchini di bronzo e pietre laviche. Bulma
notò un banco
dove vendevano oggetti in argento o lega, e ci si fermò
incuriosita da una
lunga spada. Dietro al banco, seduto su uno sgabello, un uomo molto
anziano con
la coda monca fumava una specie di pipa e la fissava da dietro le
foltissime sopracciglia bianche che gli ricadevano sopra gli occhi
coperti di
cataratta: aveva la pelle abbronzata, color cappuccino, rugosa e
chiaramente
ruvida, e lineamenti che si percepivano spigolosi oltre la barba.
Lei
lo
guardò da dietro il cappuccio e si rese conto di essere
studiata con interesse,
perché nonostante la distanza, il chiarore dei suoi occhi
era ben visibile.
"Scusi,
posso vedere questa spada?" Gli domandò all'improvviso.
Lui
annuì in silenzio.
Bulma
la prese tra le mani sentendola estremamente pesante e scoprendo che
sopra
c'erano delle incisioni scritte in una lingua sconosciuta. Gurlok, poco
distante, la osservò senza avvicinarsi.
"Da
dove viene?" Indagò rivolta al vecchio.
L'altro
aprì la bocca lentamente, facendo uscire una nube di fumo
che assunse una forma
astratta e vaga, e la voce grattò come una vecchia
marmitta."La
storia dice che sia stata forgiata in Udus, a vent'anni da qui, ai
confini con
la galassia ad est. Pare appartenesse ad un Re".
"Quanti
anni ha? Sembra un oggetto molto antico..."
"Quattrocento
almeno".
Bulma
pensò che a Trunks sarebbe piaciuta tantissimo.
"Le
incisioni sono confuse, si sa cosa c'è scritto".
"É
la lingua degli Uramak" ammise il
vecchio, avvicinandosi. Prese la spada per lei e con le mani callose e
le
unghie sporche di polvere le indicò alcune parole. "Questa
significa speranza
è virtù, e
quest'altra coraggio. La frase dovrebbe
essere, la speranza è la virtù
nobile di chi ha coraggio. Un grande Re
ha brandito quest'arma e con essa ha vegliato sul patto di pace".
Bulma
ne fu colpita e le sembrò un oggetto interessante oltre che
un pezzo di storia
di un paese che non avrebbe visto mai. "Mi piace...Quanto
costa?"
"Questa
vale tanto, nessuno se la può permettere negli ordini bassi".
"Io
non sono degli ordini bassi".
"I
tuoi occhi mi dicono che sei straniera".
"Quanto
vuole allora?"
"700
jin".
"Scherza?
Non ne vale, è anche rovinata".
"Vale
di più infatti. Ha la sua storia".
Bulma
si girò verso la guardia sperando lui avesse delle monete,
ma l'altro le fece
cenno di essere a secco. "Può darmela sulla fiducia, e
tornerò a
restituirle i soldi più tardi".
L'altro
scosse il capo. "Non si da nulla sulla fiducia qui, ma tu puoi pagarmi
comunque..."
Bulma
si risentì immediatamente della sua proposta che
intuì sconveniente e poco
decorosa. "Come si permette mi scusi? Sono una donna sposata"
puntualizzò indispettita, controllando l’altezza del tono.
"In effetti... Gira
voce da mesi che il principe abbia preso in moglie una donna dagli
occhi
azzurri e dai capelli del colore dell'acqua…" le disse il vecchio indicando la ciocca che le usciva dal bavero del cappuccio.
“Nessuno l'ha mai vista da queste parti… Ma io
potrei essere il primo… Mostrami
il tuo viso”.
Bulma
ci pensò qualche istante. "Va bene, ma non qui". Fece cenno
alla
guardia di seguirla sul retro, alzò il tendaggio e quando fu
più al sicuro da
sguardi indiscreti si scostò il
copricapo.
Lo
sguardo del vecchio sembrò illuminarsi. La studiò
attentamente, con curiosità e compiacimento, pur se
la smorfia delle sue labbra attraversate da una cicatrice rendeva la
sua
espressione quasi contrita. Si trovò a riflettere sul prezzo che avrebbe avuto una schiava coi suoi
lineamenti gentili e con quegli occhi...Il valore sarebbe schizzato molto in alto.
"Le voci
per una volta erano vere" ammise.
"Quali
voci?"
"Voci
che girano su di lei… Adesso fammi toccare i capelli se vuoi
la spada".
Bulma
sembrò intimorita dalla mano callosa e sporca che si
allungò verso di lei.
"Non se ne parla" replicò facendo un passo indietro.
Fu
allora che qualcuno che li teneva d’occhio e
l’aveva riconosciuta si avvicinò
rimanendo oltre il banco. "Kirano! Lasciala stare, quella
sarà la tua
regina un giorno. Dalle la spada".
Bulma
si girò e scorse Kakaroth, il guerriero a cui lei aveva
curato al rientro da una missione, probabilmente salvandolo dall'indifferenza dei suoi superiori. Lo riconobbe per
via della
chioma disordinata e bizzarra tale da apparire quasi finta.
"Nessuno
da nulla per nulla" bofonchiò Kirano, contrariato
dell’intervento del
saiyan di terzo ordine. “E nessuno ti ha
interpellato”.
"Te
li pago io" disse Kakaroth.
"Ma
se non hai soldi neppure per piangere".
"Ti
ricordo che stasera ci sono i tornei di terzo ordine. Potrò
ripagarti".
"Sei
pieno di debiti per i prestiti, o sbaglio?”
"Sono
stati saldati. Avanti, dagliela".
Kirano
porse la spada alla donna. Quando Bulma l'afferrò, lui
oppose resistenza nel
cedergliela. "Si ricordi chi è mio marito" gli
rammentò lei con
sguardo calmo e vittorioso.
L'altro
ammorbidì la presa sentendosi gli occhi della guardia reale
addosso. Proprio
quando furono sul punto di uscire da lì, alcune sentinelle
di primo ordine
raggiunsero Kakaroth e lo accerchiarono. Lei li vide da dietro il
banco, celata
da alcuni tendaggi.
"Kakaroth,
guerriero di infimo livello, sei stato convocato a palazzo".
Bulma
si mosse subito al suo seguito. "Dove lo stanno portando?"
Indagò
rivolgendosi alla guardia che la scortava.
"Probabilmente
il Re o il principe l'hanno convocato per un'udienza. I guerrieri che
rientrano
da perdenti vengono puniti".
"Puniti,
come?"
"Vengono
obbligati a partecipare ad un duello fino alla morte. Ce ne sono altri
che si
annoiano nelle prigioni. Li metteranno a combattere tra di loro. Chi
vince,
ritorna libero".
Bulma
dilatò le palpebre con stupore, fermandosi. "Non ero a
conoscenza di
questa usanza… barbara".
"Questi
sono i nostri costumi."
Lei
fissò il grosso saiyan alle sue spalle con aria molto seria.
“Beh, i costumi si
cambiano per scelte mirate al progresso, in genere.” E poi
riprese a camminare
tenendo tra le mani il suo ultimo acquisto che suo marito, quando fu in
camera,
studiò con perplessità.
“E
che
ci devi fare con quel pezzo di metallo?”
“Lo
voglio regalare a Trunks, a tuo figlio piacciono molto le spade, non
ricordi?
Pare che appartenesse ad un Re”.
“Mh…
Se
lo dici tu” commentò l’altro.
Bulma
si sfilò la tunica, rivelandosi vestita di una semplice tuta
nera chiusa fino
al collo. Vegeta le aveva tassativamente imposto di non indossare nulla
di
troppo particolare davanti a Freezer, solo per mantenere un profilo
basso.
Bloccò Vegeta prima che uscisse. “Dove
vai?”
“Ho
alcune cose da sbrigare…”
Lei
emise un profondo sospiro e il saiyan intuì che qualcosa la
turbava.
"Quando
mi ha stretto la mano ho avuto una sensazione molto
negativa… Devi stare
attento Vegeta, lui è pericoloso".
"Mai
quanto noi, ricordalo".
"Non
fare il presuntuoso. Lo sai a cosa mi riferisco..."
"Hai
paura, ma io no" mentì Vegeta, sapendo di averne provata.
Aveva avuto
paura, e ce l’aveva ancora, che Freezer gli toccasse la sola
cosa a cui tenesse
davvero, ma per orgoglio non voleva ammetterlo. Tutta la violenza di
cui era
capace, che aveva perpetrato senza scrupolo, finiva per ondeggiare
nella mite
risacca delle sue carezze. Sua moglie era l'unica in grado di poter
arginare
quella violenza. Senza di lei sarebbe tornato spietato, naufrago nella
brutalità del proprio mondo che l'aveva partorito in un
ventre di fame bellicosa.
Era la guerra ad averlo forgiato, l'amore era solo l'ancora che lo
teneva
ormeggiato in un mare in tempesta perchè non ci finisse
annegato dentro, fino
alla morte.
Lei
gli
prese il volto e lo fissò dritto negli occhi. "Tu non hai
paura di niente,
ma io sì, ho paura di perdere te e non mi vergogno ad
ammetterlo... Freezer ha
lo sguardo di chi tradisce e tu non sei come lui. Tu sei migliore di
lui,
Vegeta..." I loro occhi rimasero inchiodati gli uni negli
altri. Bulma fu certa di scorgere un bagliore di vita in
quelli di lui,
come se le sue parole lo colpissero e scuotessero
interiormente. "La
tua forza è un dono. Tu non devi usarla per
servire quel mostro".
Vegeta
cercò di giustificare ancora scelte compiute che ormai non
era più certo di
condividere totalmente.
"Sono
nato per fare questo. É il mio destino. Voglio solo la
gloria che mi
spetta.".
Lei
scivolò con le mani sul petto e gli afferrò la
maglietta stringendola nei
pugni, come se volesse destarlo da quel torpore di frenetica euforia
guerriera.
"Non è vero. Tu sei nato per fare qualcosa di migliore. Tu
sei il
migliore, e devi vendere la tua difesa, non la tua ferocia. Avrai
comunque la
tua gloria, anche se sceglierai di usare la tua forza in maniera
diversa.
Finchè sei alleato a Freezer lui cercherà di
impedirti di essere quello che
vuoi... Finchè sei con lui, sarai sotto di lui. Ma se domani
userai la tua
forza a fin di bene, tu sarai sopra di lui e sopra qualunque Re. I
popoli
avranno sempre bisogno di qualcuno per difendersi".
"Noi
saiyan combattiamo per noi stessi Bulma, tu questo non riesci proprio a
capirlo".
"Non
è vero. Avete combattuto per Freezer, e lo fate
ancora." Lei abbassò
lo sguardo d'improvviso, al solo averlo nominato. "Ho avuto una
sensazione
bruttissima prima... Ho sentito che Freezer mi guardava come se
volesse..."
Ebbe
paura a dirlo.
Lui
incalzò. "Se volesse cosa?"
"Come
se volesse anche me".
Vegeta
incassò il colpo, sapendo di avere avuto la medesima e
sinistra
percezione.
"Forse
dovrei tornare subito sulla Terra... Ma non voglio lasciarti da solo a
combatterlo".
"Tu
non potresti fare niente" ammise l'altro. "Dovrai tornare sulla
Terra, e dovrò passarci pure io per valutare i progressi di
Trunks".
"Hai
deciso di aspettare ancora per presentarlo a tuo padre, quindi".
"Non
voglio che giri voce che abbiamo un figlio, non finchè non
avrò tolto di mezzo
Freezer".
Non
c'era stato un attimo in cui non avesse pensato a Trunks in quei mesi,
e a
tenerlo al sicuro. Suo figlio sarebbe valso oro e Freezer avrebbe
potuto
avanzare qualche pretesa per usarlo. La fusione dei due sangui e le
ottime
condizioni climatiche del pianeta Terra avevano favorito uno sviluppo
della sua
forza in maniera strepitosa e superiore alla norma. Nessun bambino
saiyan aveva
la forza di Trunks alla sua stessa età, neppure
Vegeta stesso l'aveva
avuta.
Bulma
gli prese il viso tra le mani, facendo la cosa che
più lo rendeva
vulnerabile. Gli parlò a cuore aperto, con dolcezza, sapendo che i complimenti e la devozione erano diventati il suo
tallone
d'Achille.
"Ti
amo, guerriero".
“Adesso
devo andare” replicò cercando di rimanere lucido e
freddo.
“Aspetta…
Vai da quel Kakaroth?”
“E
tu
come fai a saperlo?”
“Ho
visto mentre lo prelevavano le guardie. Ero giù a mercato.
Ha barattato lui la
spada per me. Il vecchio non voleva darmela... ”
Vegeta
la osservò con un certo sospetto. “E
perché hai accettato che lui te la
comprasse?”
“Non
ho
avuto neppure il tempo di obiettare. E comunque mi sembra una persona
gentile”.
“É
solo
un guerriero di infimo livello”.
“Dovresti
rivedere le vostre regole. É sciocco far ammazzare tra di
loro due guerrieri,
solo per cosa?”
“Questa
è la nostra cultura. Il più forte va
avanti”.
“Tu
hai
assaggiato la cultura progressista dei terrestri però, e non
mi pare ti abbia
fatto così schifo”.
“Non
sono un terrestre, Bulma, ricordalo.”
“Ma
sei
una persona colta... Dovresti elevare il tuo popolo da questo tipo
di…
barbarie”.
“Al
mio
popolo piacciono le barbarie, per loro è uno svago vedere i
propri uomini
combattere fino alla fine. Se non muoiono durante le conquiste con
onore,
allora lo faranno qui”.
“Veg…”
“Adesso
tieni un po’ chiusa la bocca, non ho voglia di stare a
sentire i tuoi discorsi
progressisti”.
“Non
puoi comandarmi e trattarmi come se fossi uno dei tuoi caposquadra,
ricordalo”
replicò lei portandosi una mano sul fianco.
“Hai
la
cattiva abitudine di voler sempre dire la tua”.
“Potevi
sposarti una muta allora...”
Vegeta
non le rispose solo perché sapeva che amava anche quello di
lei, anche se
detestava essere contraddetto, la amava perché gli ricordava
ogni giorno il
motivo per cui l’aveva scelta. Adorava il fuoco che lei aveva
dentro. Adorava
la guerra che lei gli dichiarava, perché era la guerra che
lui voleva. Sempre e
ovunque.
“Comunque
io non voglio che muoia quell’uomo. Con me è stato
gentile”.
“Vuoi
che gli metta una corona di fiori al collo?”
Ironizzò l’altro.
“No.”
Bulma gli mise le mani dietro al collo. “Potresti farmi
felice però… Come io so
far felice te.”
“Non
dipende da te. Non è un tribunale che li giudica,
è un’usanza”.
“Che
può prevedere eccezioni no? Proprio perché non
è una legge.”
Lei
gli
sorrise certa che lo avrebbe convinto,
perchè
conosceva quella luce tiepida che affiorava nel suo sguardo torvo quando era sul punto di cedere a una sua richiesta. "Avanti, Vegeta... Ti dimostrerò che i vostri
metodi a volte non servono e non
aiutano i guerrieri a dare il meglio di loro stessi”.
“Ah
no?
E da quand’è che sei un’esperta
motivatrice?”
Lei
strusciò il naso contro il suo e gli parlò con
voce dolce e sguardo rapito. “Ti
ricordi quando sei arrivato da me, poco più di otto anni
fa…? Eri così depresso
quando ti ho detto che la scatola nera era
danneggiata…”
La
sua
voce fu un sussurro che lo accarezzò vincendo la sua durezza
già lì, con quei
modi da dolce ruffiana. Lui deglutì lentamente un nodo di
saliva.
“Per
un
po’ hai persino smesso di allenarti… Sembrava non
ne sentissi neppure più lo
stimolo. Io lo ricordo bene, sai? Sono stata io a dirti di ricominciare
dopo
che ho visto cos’eri capace di fare. Mi sembravi sprecato a
non fare nulla… Tu
sei nato per fare di meglio, e io per essere la tua
motivatrice…” gli sorrise
ma non fece neppure in tempo a godersi la propria vittoria che
sobbalzò
spaventata, perchè la mano di lui le si poggiò
alla base del collo con un colpo
rude e pesante, più simile a uno schiaffo.
Le
dita
callose le massaggiarono la pelle con fare avido e minaccioso.
“A
volte dimentico… che tu se volessi arriveresti davvero
ovunque”.
Lei
gli
mise la mano sulla sua, stordita da quel tocco bramoso.
“É per questo che sono
tua moglie…”
“E
quindi cosa dovrei farne di Kakaroth?”
“Fallo
venire con me. Conosco un luogo dove può allenarsi
purchè gli venga tolta la
coda. Ho un’amica che vive nelle terre dei dragoni.
Lì ci sono uomini che
possono aiutarlo a tirare fuori le sue potenzialità. E poi
serve un guerriero
che faccia presidio sulla Terra visto che vuoi assorbirla
alle province
per sfruttarla come ponte verso ovest”.
Vegeta
emise una risatina baritonale dalla tonalità irrisoria.
“Ma piantala, cosa vuoi
che tirino fuori dei bonzi da una nullità come un terza
classe?”
“Tu
dammi questa possibilità. Non farlo combattere. É
stato molto gentile con me,
se lo merita un premio no?”
“Tu
però sei stata gentile con lui quando lo hai curato. E
inoltre tu sei mia
moglie, e questo lui lo sa. Pensi che lo abbia fatto senza tornaconto?
Qui
nessuno fa nulla per nulla.”
“Questo
lo appureremo…”
Vegeta
si passò lentamente la lingua contro l’arcata
superiore dei denti prima di
risponderle. “Se ti dicessi di no ti impunteresti fino a
esasperarmi… Diamogli
questa possibilità e vediamo. Ma se la tua idea è
fallimentare… Paghi il
conto.”
“E
quale sarebbe questo conto?”
“Poi
lo
deciderò”.
“Non
puoi decidere un pegno da pagare a fine scommessa. Non è
corretto” obiettò lei
vagamente divertita, come vagamente divertito fu lui quando le rispose.
“Non
ho
mai detto di essere corretto. Sono un mercenario.”
..
Il
Re
si lasciò andare sulla sedia accompagnando il movimento con
un sospiro di
stanchezza. Si portò un calice ricolmo di una bevanda scura
e amara alla bocca,
e bevve lentamente, con fare meditabondo, osservando suo figlio in
piedi
davanti a lui, poggiato col sedere contro il bordo laterale del tavolo.
“Gli
anziani mi hanno chiesto perché non hai voluto che Kakaroth
combattesse”.
“Gli
ho
assegnato un’altra missione” ammise Vegeta.
“Un’altra
missione… Mh… Strano, da
quand’è che ti importa di quell’umile
combattente?”
“A
me
nulla. Ma ho fatto una scommessa con Bulma”.
“Una
scommessa dici?” Il Re corrugò le sopracciglia.
“Non ti capisco. Da quand’è che
ti prendi gioco delle nostre usanze per accontentare tua
moglie?”
“Non
è
nulla di serio” fece il figlio, non entrando nei dettagli.
“E
cosa
dovrò dire agli anziani?” Chiese l'altro
passandosi la lingua sulle labbra
umide e vermiglie. “Non mi sembra il caso di dirgli il motivo
che c'è dietro la
tua decisione”.
“Non
ce
bisogno di dirglielo. Ci parlerò io. Kakaroth mi serve e se
ne faranno una
ragione. Siamo ancora in regime monarchico, non mi risulta che vige una
democrazia”.
Suo
padre rise e tornando serio aggiunse: “Però il
consiglio degli anziani c’è da
sempre, questo lo sai, la nostra monarchia si è formata con
esso.”
“Il
consiglio si piegherà, perché sono il saiyan
più forte, e se non si piegheranno
da soli, li piegherò io con la forza”.
“Sta’
attento, Vegeta. Gli anziani sono vipere che custodiscono con estremo
orgoglio
il loro potere consultivo. Non metterteli contro”.
“Ho
già
Freezer contro. Uno in più, uno in meno non mi cambia
nulla”.
“Ricorda
che di questi tempi è meglio essere cauti ed evitare
diatribe interne. Dobbiamo
eliminare un problema alla volta, e io adesso non voglio rogne tutte
insieme,
che già Freezer ci sta col fiato sul collo per completare le
missioni, e ho
troppe truppe impiegate a nord-est. Tu sei attaccabrighe proprio come
lo era
tua madre.”
“Io
sono stufo di stare con le mani in mano. Voglio Freezer in ginocchio
davanti al
trono dei saiyan. E ce lo voglio mettere io”.
“Per
tutte le scimmie… Teste calde come te se ne incrociano poche
ragazzo mio. Sei
più bellicoso di una donna tradita”
commentò il padre tornando a bere
nuovamente. "Ci vuole ancora un pò di pazienza".
"Ed
è proprio quella che sto iniziando a perdere".
"Lo
so... Siamo tutti in attesa del momento giusto per ribaltare la
situazione" ammise il Re studiando l'espressione torva e irritata del
figlio che si ammorbidì leggermente mentre si staccava dal
tavolo.
“Faccio
tappa sulla Terra stasera”.
“Cosa
vai a fare lì?”
“Bulma
rientra perchè tra tre giorni la gravità
sarà più alta, e poi ha gli affari di
famiglia di cui occuparsi. Inoltre deve portare i dati registrati dalla
sonda
Saya 4 ad uno dei suoi ingegneri informatici, e sono proprio
curioso di
sapere cosa le dirà”.
"Cosa
sarebbe un ingegnere informatico?"
"Una
specie di... strizzacervelli del computer".
“Domani
sera però abbiamo i primi ordini in festa, tutti si
aspettano che tu ci sia.
Sta rientrando il plotone guidato da Jinka. La tua assenza
potrebbe
essere vista come una scortesia visto che li hai mandati tu a sedare
tutte
quelle rivolte su Neo Genesis 2”.
Vegeta
non sembrò interessarsene. "Se ne faranno una ragione".
“Lei
proprio non ti va giù”.
Il
principe capì a chi il padre
alludesse. “Cosa intendi?"
"Prima
della tua lunga sosta sulla Terra la potevi prendere in moglie e hai
sempre
temporeggiato, anche quando avete concluso la missione Husar, e non ho
mai
capito il perchè tu indugiassi tanto."
“Jinka
ha un solo difetto, come molte donne qui dentro quando mi
vedono”.
“Sarebbe
a dire?”
“Mi
dicono tutte sempre di sì.”
Suo
padre scoppiò a ridere. “Questa è
bella. Vuoi dirmi che ti sei preso l’unica donna
che ha la faccia tosta di risponderti no?”
Vegeta
guardò suo padre dritto negli occhi senza farsi contagiare
dalla sua ilarità.
Pensò a Bulma, agli anni passati sulla Terra, a quando era
stato trattato da
lei come una persona assolutamente normale, uno qualunque. La sua
incoscienza,
finanche una certa dose di insospettabile coraggio, era stata la fonte
dell'interesse che aveva scoperto farsi concreto per lei. Aprire gli
occhi
all'alba con il suo corpo riverso addosso al proprio, col suo odore
nelle proprie
narici, scorgendo il sole che saliva lentamente tra i grattacieli e
attenuava
la penombra violacea della notte, non aveva prezzo. A volte, in quel
silenzio
assoluto che regnava lì in alto, al primissimo mattino
mentre la città ancora
riposava e si approssimava al risveglio, gli sembrava che ogni anelito
di
conquista si annientasse inghiottito nello stesso silenzio che
assorbiva anche
lui. La Terra aveva lo strano e inquietante potere di calmarlo, di
rabbonire le
sue necessità bellicose piene di furia, o forse era Bulma ad
avere quella rara
capacità di disarmarlo. Aveva uno strano e autoritario
potere nelle mani quando
le infilava tra i suoi capelli, sortiva lo stesso effetto che
si ha
quando un padrone accarezza il proprio animale poco mansueto e
aggressivo.
Il
Re
si asciugò le lacrime recuperando contegno. “Tua
moglie nonostante quel
corpicino deve averne di carattere!”
..
La
macchina del teletrasporto impiantata in una stanza in cima al
grattacielo,
esattamente sulla pista di atterraggio degli elicotteri e sopra il vano
ascensori, li fece materializzare uno dopo l'altro sotto il cielo
sereno
variabile delle cinque di pomeriggio. Al loro arrivo il sole era
scivolato
dall'altro lato dell'emisfero e discendeva con lentezza pronto a
regalar loro
un suggestivo tramonto tra i grattacieli.
Kakaroth
si guardò attorno con curiosità, non avendo
compreso davvero il motivo per cui
gli fosse stato riservato un trattamento di favore. Bulma aveva
convenuto che
l'indole era selvaggia ma istintivamente votata alla gentilezza, forse
perchè
talune cose che diceva lo facevano apparire un pò tonto.
"Questa
è casa mia" gli disse quando varcarono la porta degli
ascensori al
quarantaduesimo piano, mentre Vegeta spariva alla ricerca di suo
figlio,
evitando che Trunks facesse la propria comparsa davanti a Kakaroth.
"Mio
marito ti ha spiegato il motivo per cui sei stato convocato qui, vero?"
"Non
l'ho capito fino in fondo. Mi ha detto che si tratta di una specie di
esperimento..."
"Esattamente.
Ti è stata data la possibilità di aumentare il
tuo potenziale, ma non dovrai
fare altro che affidarti ad alcune... persone, diciamo, che sono
esperte delle
arti marziali" gli spiegò frugando in una borsa alla ricerca
della capsula
che conteneva l'elicottero.
Kakaroth
diresse lo sguardo oltre le vetrate e studiò la metropoli e
i grattacieli pieni
di slogan che si alzavano poco più avanti, creando una rete
urbana molto
trafficata.
Bulma
riprese notando come il saiyan fosse interessato a ciò che
lo circondava.
"Io abito in questa città, in questo grattacielo di
quarantasei piani.
Appartiene alla mia famiglia che l'ha fatto costruire. Ti
accompagnerò da chi
si occuperà di te, ma dobbiamo prendere l'elicottero".
"Perchè
questo trattamento di favore?"
"Preferivi
finire in un torneo a giocarti la vita?"
"In
un modo o nell'altro dovrò pur morire, sono un guerriero".
"Ci
sarà tempo anche per questo" replicò cercando di
non affrontare discorsi
deontologici troppo complicati.
"Sei
stata tu a proporlo al principe Vegeta, vero?"
"Proporre
cosa?"
"La
mia ultima possibilità".
"Cosa
te lo fa pensare?"
"Nessun
saiyan avrebbe avuto questo tipo di gentilezza".
Lei
gli
sorrise appena. "Tu l'hai avuta quando mi hai comprato la spada".
"Ti
ho solo ricambiato il favore. Mi hai curato quando stavo morendo,
ricordo
male?"
Bulma
comprese che l'altruismo non era cosa scontata e parte dell'educazione
di un
saiyan, così come Vegeta le aveva detto con quel nessuno
fa nulla per
nulla qui, ma la gentilezza che percepiva nel suo sguardo
umile le lasciò
intuire che poteva esserci del salvabile in Kakaroth.
"Perchè
lo hai fatto?" Si sentì chiedere.
"Da
dove vengo io, le persone che hanno bisogno si aiutano e basta a volte"
gli spiegò lei con naturalezza. "Non
mi
aspetto che tu capisca... Mi spiace solo per la
tua coda, ma qui
non puoi tenerla. Se non conosci il nostro calendario lunare
è rischioso
star svegli di notte, e qualche volta anche osservare il cielo di
giorno".
L'elicottero
arrivò a Paòz dopo aver attraversato una
perturbazione passeggera. Bulma ormai
era diventata una brava pilota nonostante non fosse tra le
più esperte, ma
poteva affermare di conoscere bene le macchine che progettava. Quasi
sempre si
avvaleva di piloti privati che lavoravano per lei, ma in questo caso
non voleva
far circolare notizie circa i suoi ospiti...
Kakaroth
si osservava attorno incuriosito e affascinato dalla natura
incontaminata e
verde che si estendeva davanti al suo sguardo a perdita d'occhio.
L'aria era
leggera e aveva uno strano profumo fresco e balsamico,
perchè le catene
montuose a ridosso della pianura facevano di sovente arrivare brezze
che
trascinavano gli odori delle flora che cresceva ad alte altitudini.
"Non
sembra male questo posto".
"Essendo
poco abitato, l'aria è molto salutare" disse lei camminando
verso un
agglomerato di casette che non superavano i due piani.
Adocchiò una stradina
dove alcune insegne commerciali restituivano al venticello il loro
ondeggiamento. "Una mia amica ti accompagnerà dal Genio
delle Tartarughe,
un esperto preparatore di atleti. Se hai bisogno di mangiare qualcosa
puoi
chiedere a lei, è un'ottima cuoca..."
Bulma
entrò dove c'era la piccola targa di una panetteria, facendo
oscillare un
caccia-spiriti che tintinnò colpito dal movimento rotatorio
della porta.
"Si può? Permesso..."
Da
dietro il balcone si alzò una donna atletica che stava
ordinando il piano
lavoro. "Bulma!"
"Ciao
Chichi! Non ti aspettavi una mia visita, lo so".
"Non
dopo due mesi che diciamo di vederci e rimandiamo sempre. "
"Ti
chiedo subito scusa se arrivo qui senza avvisarti e senza potermi
neppure
trattenere. Puoi dedicarmi dieci minuti? Tanto vedo che non hai persone
da
servire".
"Figurati,
tra poco chiudo. Vado in palestra a controllare che Yamcha stia
lavorando...
Ogni volta che vado lo trovo a flirtare con qualche ragazza a cui fa il
personal trainer."
"Ci
prova sempre con tutte, quello..." commentò Bulma ricordando
quando anni
prima ci aveva provato pure con lei, il cui alcool in corpo a causa di
qualche
bicchiere di troppo l’aveva annebbiata fino a farla finire
all’inevitabile limone
della serata.
Chichi
fece una faccia sorniona. "Ne sai qualcosa anche tu, o
sbaglio?"
L'altra
alzò gli occhi al cielo. "Comunque non so come fai a
lavorare qui
dentro... C'è un profumo delizioso, cos'hai
preparato?”
"Ho
finito le crostate. Le lascerò raffreddare tutta la notte e
domani saranno già
mangiabili, te ne do una se vuoi, la porti a tuo
figlio" fece
l'altra sgusciando fuori dal bancone e sfilandosi il cappellino
fermacapelli.
"Allora Bulma, dimmi pure, sono curiosa di sapere il motivo della tua
visita, e non so se preoccuparmi".
"Ho
da chiederti un piacere e spero tu non mi dica di no. Si tratta di
un grosso favore..."
"Sarebbe
a dire?"
Bulma
direzionò lo sguardo fuori, oltre la vetrata, puntandolo
sull'uomo alto e
atletico che continuava a guardarsi attorno con aria tranquilla, in
apparenza
non offensiva. Chichi la imitò e vide un uomo molto piacente
fermo
dall'altro lato della strada.
"E
quel bell'imbusto chi è?"
"Il
grosso favore che devi farmi".
..
Bulma
rientrò alla Capsule Corporation con un gran mal di testa.
Aveva dimenticato di
prendere gli integratori che usava quando si spostava verso
città che erano a
più di quattro ore di distanza dalla propria, costringendola
a ristabilirsi col
fuso locale. Anche il teletrasporto non era una passeggiata per il
corpo, vista
la quantità di energia cui erano sottoposte le cellule per
trascinarsi da un
luogo all'altro in pochi minuti. Non appena l'ascensore scese dalla
pista e si
aprì con un trillo sul quarantaduesimo piano, ad aspettarla
trovò un entusiasta
Trunks. Era
stata via solo dieci giorni e
gli sembrò che il figlio si fosse persino alzato di un paio
di
centimetri.
"Mamma!
Non arrivavi più!"
Il
piacere con cui l'accoglieva la remunerava delle fatiche di fare avanti
e
indietro in un periodo che stava proseguendo da diversi mesi pieno di
attività
e imprevisti. Per quanto suo padre l'aiutasse nella gestione
dell'azienda, le
cose da fare erano sempre tante, come gli incontri e i progetti da
portare a
termine, e come se non fosse bastato sul pianeta Vegeta aveva
dell'altro
operato da svolgere per suo marito, con le difficoltà di non
avere con sè il
proprio affidabile e collaborativo staff e strumentazioni che conosceva
perfettamente.
Vegeta
aveva appena finito di allenarlo e il piccolo appariva felicissimo di
essersi
ricongiunto con suo padre, figura che costantemente gli mancava da
quando si
assentava per badare alle missioni affidate ai suoi da Freezer. Il
legame tra
lui e Trunks era fortissimo nonostante Vegeta fosse solito non
esternare il suo
affetto con gesti di tenerezza, tuttavia non cessava mai di spronarlo
nè di
ricordargli di chi fosse figlio.
"Sei
tutto sudato..." Commentò Bulma, abbassandosi ad
abbracciarlo.
"Non
mi sono ancora fatto la doccia".
"E
cosa stai aspettando? Va' subito, non ti faccio mica cenare
così, e lo stesso
vale per tuo padre" aggiunse adocchiando il saiyan che stava arrivando
con
l'asciugamani sulle spalle. "Avete la doccia tutta per voi
giù,
perchè non ne approfittate mai? Se non c'è una
donna che si curi di voi vi
comportate come selvaggi."
"Ho
fame, mamma..."
"La
nonna vi cucinerà sicuro qualcosa, le faccio uno squillo
giù. Io adesso devo
fare una telefonata che non posso assolutamente rimandare,
chissà se c'è ancora
qualcuno nel reparto tecnico" commentò interrogando
l'orologio che segnava
quasi l'orario di chiusura delle attività
d'ufficio.
Quando
varcò la porta automatica dell’ufficio del reparto
informatico ci trovo proprio
chi sperava di vedere. Kale la salutò subito a tono alto,
con due cuffie in
testa e la camicia rimboccata, e cianfrusaglie varie sul tavolo dove
lavorava
disseminato di una decina di tazzine compostabili vuote di
caffè ancora da
buttare.
"Ma
quanto caffè bevi?!" Fece lei osservando la scrivania
dell'uomo. "E
come fai a lavorare in mezzo a tutto questo casino?"
“Si
può
sapere da dove viene questa roba? Hai scoperto mica una nuova
civiltà?” Le
chiese l'altro eludendo la sua domanda e sventolando i fogli che si era
stampato dai dati recuperati nel flop. “Quel simpaticone di tuo marito mi ha detto che me
le hai mandate tu
e che sono da analizzare immediatamente, senza se e senza ma" aggiunse
ripetendo le testuali e perentorie parole dell'uomo. "Te lo dico
subito,
mi ci vorrà una vita per decodificare questa
merda.”
“Ah,
bene, quindi non riesci proprio a capirci nulla?” Fece lei
avvicinandosi.
“Capirci
nulla? Per capire queste scritture mi ci vorrà
l’eternità… e forse neppure
quella sarà abbastanza.”
“Ma
si
potrà fare qualcosa…"
"Un
miracolo, se fosse possibile".
"Bisogna
solo trovare una chiave per decodificare questi codici e crearne uno
nuovo col
nostro linguaggio, no?”
“Ci
ho
già pensato, ma è un casino. Ma si può
sapere dove l’hai presa questa roba?
Anche il computer ne aveva la nausea”.
Lei
fece la vaga. “Te lo racconterò se però
riesci ad aiutarmi”.
“Lo
farei volentieri, se non fosse che tra dieci giorni mi sposo e non
posso
rimanere in ufficio fino alle dieci di sera” fece
l’altro sfilandosi le cuffie.
“Quello
che so, è che sono mappe criptate in questo codice
informatico... alieno”.
“Mappe
aliene dici?”
“Sì,
tutti i vari dati dovrebbero corrispondere a punti che definirebbero
delle
mappature spaziali di una regione mai studiata della galassia, ad
ovest”.
L’altro
si passò una mano tra i capelli corti e castani, e non
trattenne un sospiro
scoraggiato. “Senti, domani ne parlo con Sana, lei magari
può aiutarmi visto
che rientra dalle ferie e sarà più che in
forma”.
“Ok,
non dimenticartene. Mi raccomando… Ricorda che ti ho assunto
perché sei il
migliore. Ah, e non impiegarci troppo” gli
rammentò uscendo da dove era venuta
e lasciando Kale nel caos più totale, a borbottare.
Quattro
ore a seguire, alle undici di sera ormai passate, era nel letto con suo
figlio
a raccontargli del suo ultimo viaggio. Stesa di fianco al bambino,
continuava a
narrargli come una favola della quantità di pianeti che
esisteva fuori il loro
sistema solare.
Trunks
alzò un dito indicando il soffitto dove c’era la
mappa dello spazio conosciuto
che teneva appesa sopra la testa, proprio come se fosse un piccolo
mercenario.
“E il pianeta di papà si trova più su
della stella K-8?”
“Oh,
molto, è dietro una grande nebulosa”.
“É
una
nebulosa grigia?”
“No.
Ha
molti colori, ma predomina il rosso. Quando la vedi ti sembra una
specie di dipinto
astratto, di quelli che ogni tanto vedi sui libri di scuola”
fece lei
accarezzandogli la testa e tirandogli indietro la frangetta.
“Ma
sulle stelle ci si può salire?”
“Non
proprio… Le stelle sono troppo calde per poterci arrivare,
perchè a differenza
dei pianeti abitabili producono energia tramite fusione
nucleare.”
“E
quando mi dai anche una mappa del sistema solare dove si trova il
pianeta di
papà?”
“Appena
riuscirò a farle elaborare…”
commentò lei accorgendosi che c’era Vegeta sul
ciglio della porta, appoggiato ad ascoltarli. Chiuse la conversazione
capendo
che si era fatto tardi, e dopo aver rimboccato le coperte e dato un
bacio al
bambino gli disse di addormentarsi. Fece per tirare le tende quando
Trunks le
chiese di lasciarle aperte.
“Sei
sicuro che non ti da fastidio il sole? All’alba lo avrai
tutto in camera.”
“Non
ho
sonno… Provo ad addormentarmi contando tutte le volte che la
scritta di quella
pubblicità fa illuminare le palline rosse” gli
spiegò il bambino indicando il
logo di un’azienda di scarpe che svettava sopra un
grattacielo più basso.
Bulma
gli sorrise. “Va bene, basta che non rimani sveglio. Domani
hai scuola”.
“Non
posso portare con me la spada vero? Ai miei amici piacerà
tantissimo...”
“Assolutamente
no! Dove vai girando con una spada… Guarda che non
è un giocattolo... Hai
promesso di usarla quando sarai più grande.”
La
sera
inoltrata, le mezza passata e una città trafficata anche di
notte, li ritrovò
stesi sul letto della loro camera, davanti a puzzle di luci accese e
spente.
Bulma se ne stava accucciata a pancia in giù, le braccia
piegate sotto al
petto, il viso rivolto a lui che era steso su un fianco con mollezza.
Con le
dita ruvide lui le accarezzava la schiena nuda, osservando il tatuaggio
del
drago. Poi si accorse che all'interno della piccola sfera erano stati
aggiunti
dei simboli.
"Non
avevi queste scritte prima di partire, dieci giorni fa”
constatò osservandole,
e notando che erano indecifrabili.
“No…
Le
ho fatte tatuare quando sei andato via”.
“E
che
significano?”
“Sono
delle iniziali… Però non te lo dico”.
L’altro
la guardò vagamente sospettoso. “Tutto questo
segreto per due lettere?”
Lei
allungò il collo e portò il viso verso il suo.
“Te lo dirò un'altra volta. Sono
iniziali di nomi di persona scritti in lingua Paozziana antica. Il
vecchio
tatuatore mi ha detto che inserirle nella sfera la trasforma in un
amuleto
protettivo”.
Vegeta
sembrò perplesso. “Se lo dici
tu…”
“Tu
non
ci credi, ma io sono sicura che questo drago esiste. La sfera che mi ha
dato
mio padre è una delle sette… Le
troverò prima o poi, e gli chiederò una
giovinezza lunga quanto la tua”.
“Finchè
non vedo il radar non ci crederò”.
“Tu
non
preoccuparti. Ho praticamente finito di elaborare il cip
interno…É un lavoro
iniziato una vita fa.”
“Quando
l’hai progettato?”
“Il
primo progetto del radar risale a quando avevo nove anni…"
"Nove?"
Vegeta non riuscì a reprimere una lieve nota di stupore
all'ennesima
rivelazione del suo genio.
"Sì...
Ma poi per molti motivi ho lasciato perdere... Mia madre ha subito un
intervento
all'utero e non ha più potuto avere più figli,
gli studi all'accademia dei
bambini prodigio mi hanno molto assorbita perchè mi facevano
studiare molto per
permettermi di sviluppare il potenziale... Alla fine
c’è sempre stato qualcosa
che mi ha distratta e non ho mai ultimato il radar...”
"Perchè
solo adesso l'hai completato?"
"L'incontro
con Freezer mi ha turbata molto... Ho paura di lui. Ho paura che venga
qui e
distrugga tutto... La mia casa, Trunks..." un lieve tremore da lui
percepito le costrinse ad abbassare lo sguardo, che fece scivolare inquieto sul suo petto caldo e ampio, che si sollevava placidamente.
"Ma
sei così sicura che le sfere funzionino? É solo
una leggenda..."
"Anche
quella del super saiyan lo è... Eppure tu ci
credi..." aggiunse
fissando i suoi occhi con sguardo dolce. La mano di lui si
aprì in silenzio
sulla sua schiena e le accarezzò il disegno lentamente,
percorrendolo come una
stampa su seta. Davanti i suoi occhi azzurri e luminosi si
materializzò solo un
volto che la offuscò.
Freezer.
..
La
lucertola si portò lungo il perimetro vetrato della sala
comandi e osservò
l’immensità dello spazio in cui galleggiava
accompagnato dal fedele e dissoluto
esercito. Il suo pianeta di origine, piccolissimo più della
metà della Terra e
povero di risorse, era lontanissimo da lì. Ormai
da anni vagava nel suo vascello, avido e bramoso di potere, come fosse
un’anima
in pena. Suo padre Re Cold, anima maligna vissuta per quasi
centoquaranta anni,
aveva messo in piedi i primi eserciti di mercenari corrotti promettendo
conquiste a tutti, ed era stato semplice vederli andare a lui come api
al miele
quando grazie a mezzi illeciti e brutali aveva concretizzato le proprie
promesse. Il mercato dei pianeti era fruttato moltissimo e proprio lui
aveva
avuto l'illuminante idea di rendere parte del proprio esercito anche i
rozzi e
bellicosi saiyan, migliori in assoluto e forze della natura. Tuttavia,
negli
ultimi anni della sua vita, aveva rivelato al figlio che doveva ben
guardarsi
da loro, perchè erano indomiti e troppo fieri per accettare
di avere una guida
autoritaria che li trattasse alla stregua degli altri
eserciti.
Per
Freezer quelle parole erano state un campanello di allarme. I saiyan
erano il suo tallone d'Achille, l'unico esercito che non riusciva a
controllare
mai completamente, nonostante portasse a compimento fedelmente le sue
disposizioni. Era riuscito persino a farsi lasciare il piccolo Vegeta
da suo
padre, anni prima, per tenerlo con sè qualche anno con lo
scopo di irretirlo
tramite lusinghe e compiti sempre più difficili, bramando
ancora per asservirli
completamente. Ma crescendo Vegeta aveva mostrato non solo una certa
insofferenza verso gli altrui comandi, ma la totale inattitudine a
sentirsi
parte della sudditanza. Le sue abilità da fuori classe, lo
spirito indomito e
l'educazione fiera ricevuta lo avevano reso un bambino prodigio e un
adolescente sprezzante e bramoso di aumentare il proprio potenziale,
portandolo
a desiderare di superare Freezer in potenza e facendo a tutti capire
che non
gli sarebbe stato impossibile riuscirci. E Freezer sapeva che era
così, perchè
i saiyan miglioravano ad ogni combattimento, come prodigi naturali,
assimilando
per osmosi nuovi poteri e nuove tecniche. Sostanzialmente, alla fine,
aveva
capito che eliminare i saiyan rimaneva la scelta più
sensata, anche se
equivaleva al perdere il migliore esercito di cui
disponeva.
La
struttura della base militare ambulante era di smisurata grandezza,
disponeva di numerosi ponti di attracco esterni ed interni distribuiti
sui
centoventi livelli di profondità. La
rimessa interna delle centinaia di navicelle che salivano e
discendevano su e
giù per la profonda pancia dell'astronave occupava quasi
cinquanta livelli di
altezza, e dagli ottanta punti di attracco i soldati imboccavano i
corridoi
esagonali in carbonio lucido superando infine le barriere cariche di
ossigeno.
Sporgendosi dal parapetto dei ponti, provvisti delle opportune maschere
di
ossigeno, i soldati potevano vedere l'immensità senza fondo
dello spazio. Non
pochi ci erano precipitati laggiù, quasi sempre per essere
fatti sparire con le
prove del loro assassinio. Da giovanissimo Vegeta ci aveva stazionato
quasi sei
anni terrestri lì dentro e di omicidi ne aveva visti e
compiuti senza
vergognarsene. D'altronde perchè avrebbe dovuto vergognarsi
di far fuori
gentaglia mediocre e inetta, e totalmente corrotta. Anche lui da quei ponti ci aveva fatto
precipitare qualcuno, l'ultima vittima che rammentava era stata una
spia che si era ritrovata a penzolare attaccata alla balaustra, aggrappata ai suoi piedi e scansionata dal suo sguardo spietato. Vegeta gli aveva rotto le ossa delle dita con la suola della scarpa, attendendo poi con l'opportuna lentezza di un sadico torturatore
che le
mani di quello cedessero facendolo scivolare via.
Se
n'era rimasto lì, davanti gli occhi soddisfatti di Freezer,
a compiere i suoi
atti vili di soldato violento e annoiato, abituato a fare solo quello,
conscio
di doversi mettere in mostra davanti a tutti quegli spettatori spietati
che si
valorizzavano con quel tipo di abbiette
qualità.
“Zarbon…
Voglio approfondire questa storia riguardante la moglie di
Vegeta… Nessuno mi
aveva detto che su Virgus ci fossero donne così".
"Da
quando vi interessano le umane?"
"Le
avremmo potute rivendere come schiave.”
"Non
ricordo se ve ne fossero, mi dovete scusare, ma non ho seguito io
quella
spedizione che risale ad anni fa. A che scopo vi interessa,
potente
Freezer? ”
“Mi
sembra strano, conoscendo quella scimmia violenta, che si sia presa in
moglie
un’ umana solo per una questione di bellezza”.
“Bella
lo è, però”.
“Ovviamente,
per essere un'umana credo lo sia molto. Ha una presenza che
definirei..."
"Piacevole?"
"Armonica.
Non mi disturba guardarla. Vegeta è sempre stato
uno schizzinoso
d'altronde,avrei dovuto immaginare si sarebbe trattato bene anche in
questo
caso. Ad ogni modo… Non saprei che farmene di una donna
umana. Tu potresti
divertiti invece…” insinuò
malignamente. “Siete quasi compatibili a livello
fisico”.
Zarbon
annuì corrispondendo la malignità del suo padrone
con un luccichio di sadismo
negli occhi. Bulma sarebbe potuta finire nell'elenco di una delle tante
umane
che avrebbe seviziato per soddisfare i propri appetiti, ma
ciò che lo faceva
eccitare era che avrebbe potuto farlo sulla donna di Vegeta, del
commilitone
che più aveva odiato in assoluto durante gli anni passati,
quindici anni prima,
quando Freezer, di cui Zarbon era assurdamente geloso, aveva prediletto
quel
bambino preferendoglielo per molto tempo. Re Vegeta gli aveva ceduto il
figlio
in prestito con lo scopo che quest’ultimo rinforzasse la
propria tempra, ma in
realtà non aveva ammesso che era stato obbligato a farlo. Ne
era venuto su un
giovanotto violento e sprezzante di ogni pericolo, forse persino troppo
presuntuoso, che però era stato la macchina
d’assalto più ingestibile della
lucertola bianca, finanche la più attaccabrighe.
“Voglio
liberarmi dei saiyan una volta per tutte… Ma per farlo senza
perdere troppe
risorse, dovrò metterli l’uno contro
l’altro. Ho notato che Vegeta era molto
presente vicino a quella donna, e non è da lui…
Ma voglio indagare a
fondo."
"Non
mi va proprio a genio l'idea di starmene in mezzo tutte quelle scimmie
a fare
indagini" lamentò Zarbon.
"Non
le hai mai sopportate vero?"
"Se
potessi le ucciderei una per una, e il primo sarebbe Vegeta".
Continua…
Ricordo
un paio di termini ai
malintenzionati : © le
mie storie sono
tutelate dal diritto di autore e registrate abitualmente a mio nome in
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Capitolo 3 *** 3. Inquietudini. Una figura dal passato ***
Avviso: I
personaggi
usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball
sono di proprietà
di Akira Toriyama© e Toei Animation©, che ne
detengono tutti i diritti. Queste
storie non sono state scritte a scopo di lucro.
© copyright
law
Eccoci
qui, il capitolo 2 e il 3 sono stati pubblicati contemporaneamente, e
son abbastanza sostanziosi... Mi auguro di avere un vostro parere ^^
Riferimenti a scienza, genetica ed eventuali materie matematiche di cui
è condita la storia possono risentire di un pò di
fantasia, visto che il racconto si colloca a metà tra il
genere fantasy e la fantascienza (e anche un pò di inciucio
al femminile...) Buona lettura!
3.
Per
il
rientro dei quattro plotoni d'elite, che avevano concluso con successo
e senza
perdite la missione di soppressione delle rivolte su Neo Genesis 2, i
soldati
investiti di tale carica furono accolti con gloria, omaggiati anche dal Re che in primis aveva
voluto riceverli
complimentandosi per l'operato svolto e per il compiaciuto messaggio
ricevuto
da Freezer tramite il suo portavoce Zarbon. Non che il Re o i saiyan in
generale tenessero particolarmente al loro parere, ma
non completare un lavoro per Freezer
equivaleva a sanzioni in termini di denaro e di schiavi, e anche gli
anziani
sapevano che era sempre meglio evitare di mettersi contro un
caino del
genere. La
sera si sarebbe festeggiato e si
sarebbe bevuto fino ad ubriacarsi, come erano soliti fare i guerrieri
dopo
spossanti e lunghi incarichi che svigorivano corpo e spirito.
Per
quella vittoria tanto agognata, Freezer aveva lasciato uno
dei
pianeti ricchi di acqua a disposizione completa dei saiyan,
ribattezzandolo
Fusion, e Vegeta che
sapeva qual’era la
posta in gioco, aveva chiesto a Bulma già settimane prima di
quella vittoria di
verificare la temperatura di solubilità del minerale
disciolto nelle fonti
miracolose, studiandone la composizione e cercando di capire se fosse
riproducibile in laboratorio.
L'assedio
di Neo Genesis 2 era stato sfiancante ed era durato oltre due mesi, le
comunicazioni
poi erano state infrequenti e disturbate dalla lontananza e dalla
presenza di
raggi gamma che ostacolavano costantemente il flusso di informazioni.
Solo
nelle ultime due settimane era stato possibile avviare comunicazioni
decenti
col pianeta Vegeta grazie a Bulma che aveva preso in carica il
problema. Il Re
era rimasto colpito da quelle sue capacità, e non solo lui,
anche alcuni saiyan
del consiglio ne avevano scoperto con stupore la doti ingegneristiche.
Vegeta
non era ancora rientrato dalla Terra e il padre ne apparve risentito
quando gli
comunicarono che non era reperibile, visto che sul pianeta della
terrestre mancavano
due ore all'alba e il saiyan stava ancora dormendo tra le cosce aperte
di sua
moglie, sopra i suoi seni e con le sue braccia esili attorno alle
spalle, in un
groviglio di indiscutibile complicità che era seguito al
loro caldo amplesso.
"Voglio
avere sue notizie entro stasera. Fate in modo di intercettarlo. Non
può pensare
sempre e solo a migliorare se stesso quando c'è da
festeggiare una truppa di
rientro" borbottò spazientito mentre camminava vicino uno
degli anziani
del consiglio.
Il
guerriero che ricevette quell'oneroso compito fu proprio Gurlok, che
maledisse
il carattere dispotico del monarca sapendo a cosa sarebbe andato in contro se
non
avesse intercettato il principe per tempo.
"Avessi
una donna del genere, me ne starei anche io con lei al posto di
festeggiare la
truppa" commentò Rugvic mentre Gurlok stringeva la mascella.
"Non
fare dell'umorismo. Se non riesco a intercettare Vegeta, il padre
è capace di
farmi saltare la testa. Lui non ce l'ha più una donna a
tenerlo buono e io sono
troppo giovane per morire così disonorevolmente".
Un
via
vai di inservienti stava già disponendo perchè si
festeggiasse in una delle
palestre più ampie di cui disponeva il piano dei nobili.
Donne e uomini saiyan
troppo deboli, considerati alla stregua di schiavi, montavano tavoli e
disponevano sedie in abbondanza per i quattro plotoni e gli altri
guerrieri
elitari che sarebbero stati più di duecento, senza contare
gli assenti in
missione. E sfamare più di duecento bocche saiyan non era un
lavoro semplice,
perché le pietanze non sarebbero dovute mancare e le cucine
avrebbero lavorato
fino a notte fonda. Con tutto il vino che sarebbe fluito per
così tanti calici,
miscelato allo spirito allegro e alla presenza dei plotoni femminili,
di casino
ce ne sarebbe stato parecchio lì dentro.
Gurlok
fu indeciso fino all'ultimo se disturbare o no il principe, mentre la
festa già
stava imperversando un piano più in basso al suo rumoroso
esordio, ma pur di
non rischiare la sfuriata del Re decise di provare ad avvisare suo
figlio
personalmente, rassicurandosi che se Vegeta avesse deciso di infierire
contro di
lui sarebbe stato almeno sulla Terra, lontano dagli occhi dei suoi pari. Entrò nella macchina del teletrasporto sperando di riuscire nell'impresa e
usò le medesime
coordinate usate dall'ultimo viaggiatore. Nel giro
di pochi
minuti, dopo essersi sentito comprimere da una forza terribile che lo
portò ad
uno stato provvisorio di incoscienza, si materializzò in
cima ad un grattacielo
e quando uscì dal macchinario mise a fuoco
l'interno di una calotta in
carbonio sopra la cui porta sbatteva un forte vento. Quando schiuse
l’uscio con fare
circospetto, difatti, davanti a sè vide lo spettacolo della
metropoli più ricca
del pianeta Terra, e sul pavimento di cemento un enorme logo disegnato
dalla doppia
'c'. Si guardò attorno percependo una fresca e piacevole
temperatura della notte appena andata e vide il sole far capolino
tra gli
accumuli di nuvole temporalesche stantie all'orizzonte, oltre i palazzi
attraverso cui i
raggi si infiltravano riflettendosi sulle vetrate dei grattacieli in
uno
spettacolo di ricchezza e benessere. Il lontano rumore del traffico
giungeva
come un eco confuso, ma più distintamente riuscì
ad udire un aereo che passava
di là a sei mila piedi di altezza, e il cui lontano rombo ad
un orecchio
sensibile arrivava ugualmente. Aprì la porta di un piccolo
gabbiotto, l’unico
punto da cui poter scendere, e imboccò una rampa di scale
che attraversava il
locale degli ascensori fino all'ultimo piano di servizio. Non gli fu
chiaro
come orientarsi, ma in suo aiuto trovo un manutentore che alla buon'ora
era lì
a fare dei controlli sull'impianto antincendio.
"Salve,
ha bisogno?"
Il
saiyan lo studiò da capo a piedi con curiosità,
registrandone l’energia irrilevante.
Quando fu sul punto di dichiararsi, pensò fosse meglio
mantenere un profilo più
basso. "Sto cercando il pr... Vegeta".
"Vegeta?
E chi è?"
Gurlok
pensò di provare diversamente usando il nome della moglie di
Vegeta. "Bulma?"
"Ma
chi la proprietaria della Capsule Corporation? Quella figa spaziale?"
"Descrivila"
gli ordinò.
"Beh...
Una bella donna, capelli chiari, bel sedere e due tette
così" fece con una
certa mimica. “E soldi a palate come se non
bastasse”.
“Bene,
e dov'è?"
"Penso
sia negli appartamenti privati, non l'ho vista giù in
ufficio… Faccia
così, scenda al quarantaduesimo piano,
da qui ci può arrivare." L’uomo pigiò
per lui l'ascensore e attese che
salisse.
"Che
piano è questo?"
"Questo
è il quarantaquattro. É il locale di servizio.
Prego" gli disse
indicandogli l'ascensore che si apriva.
Gurlok
ci entrò e si sentì inghiottire nel vuoto per
pochi secondi, finchè con un
trillo l'ascensore non si aprì sul piano luminoso di un
appartamento moderno e
lussuoso, ma di buon gusto. Tutt’attorno a lui, a parte i
muri divisori tra le
stanze private, c’erano vetri che permettevano la migliore
visuale sulla città.
Si guardò attorno nel silenzio più assoluto che
regnava, notando che c'era un
robot che puliva automaticamente a terra, gironzolando per la stanza,
tra il
divano e la lampada spenta in design moderno, costata a Bulma un botto
di soldi
che per lei equivalevano a pochi spicci. Nell'aria leggera e fresca che
la
ventilazione automatizzata diffondeva per il piano, si respirava una
piacevole
fragranza, un profumo che proveniva dagli stecchetti di legno di alcuni
effusori
di essenze sparsi per la casa. Si mosse non rilevando energie
pericolose nei
paraggi e neppure quella di Vegeta, che l'ultima volta che si era
incazzato
aveva avuto un impennata energetica tale da aver mandato in tilt i
rilevatori
di tutti i presenti in sala magna. Si sfilò il
rilevatore verde facendo
riposare l’occhio destro.
Passò
davanti un secondo salotto arredato con gusto minimalista, ma in cui
non
mancavano foto e suppellettili di vario genere, e alcuni giocattoli per
terra
riconducibili alla presenza di un bambino. La tecnologia della casa si
evinceva
da numerosi inserti a muro digitali, nonchè da alcuni
ologrammi che venivano
sparati sulla parente, riproducenti una trasmissione di cucina che la
madre di
Bulma aveva abbandonato per andare a valutare l’operato del
giardiniere circa
le aiuole del piano terra, che perimetravano la base
dell’edificio .
Gurlok
udì
un vocio sommesso man mano che si avvicinava a quella che si
rivelò lui una
cucina con pareti a vista, molto ampia e luminosa, sulla cui isola
centrale
mise a fuoco la flessuosa figura di Bulma intenta a parlare a telefono.
Aveva
solo una vestaglietta sottile addosso, in trama di fantasia tropicale
gialla,
che la fasciava morbidamente mettendo in evidenza le mammelle piene e i
capezzoli turgidi. Una coscia piegata fuoriusciva dai lembi socchiusi e
un
odore di smalto aveva seguito la laccatura delle unghie come di
consueto,
rimanendo stantio nell’aria. Aveva il capo piegato sulla
spalla a trattenere la
cornetta mentre mangiava uno yogurt. Quando si accorse della presenza
del
saiyan le scivolò a terra il telefono e si
abbassò a recuperarlo con la faccia
stravolta.
"Scusa
devo salutarti, ti richiamo io fra poco". Era andata verso il
mastodontico
saiyan sistemandosi la vestaglia e appuntandosela bene in vita, celando
il
possibile e notando che lui aveva le spalle così grosse che a
malapena sarebbero passate tra
gli stipiti in vetro della porta automatica. Quando il guerriero si
avvicinò
all'uscio studiandolo, la spia sopra la testa fece scorrere la porta
lateralmente e lui ne osservò il movimento.
Bulma
gli fu subito davanti. "Salve..." Si rese conto che anche lui si
sentiva a disagio, non solo perchè era per la prima volta
che si presentava in
un luogo straniero senza imporsi con la minaccia, ma perchè
lei era la donna di
Vegeta. "Come mai sei arrivato qui? É successo qualcosa su
Vegeta?"
Era
a
dir poco confusa da quella visita, oltre che timorosa di una brutta
notizia.
Gorluk
si raschiò la voce. "Devo parlare con Vegeta".
"Ma
è successo qualcosa?" Fece lei, stringendosi nella vestaglia.
La
cosa
che più apparve strana all'uomo, era lo stato di assoluta
informalità cui non era
abituato. Bulma era quasi in deshabillè, scalza, un
po’ spettinata, come se si
fosse da poco svegliata, e lui era in una casa che in qualche modo apparteneva a Vegeta, ma dove Vegeta non
c'entrava
niente, almeno considerando il tipo di vita cui era abituato un saiyan.
"É
stato convocato da suo padre per il rientro dei plotoni da Neo Genesis
2".
"Vado
a chiamartelo, aspetta" fece per uscire quando si sentì in
dovere di
dargli ospitalità, così come era solita fare con
qualunque persona entrasse in
casa propria. "Posso offrirti qualcosa da bere mentre aspetti?"
Lui
sembrò totalmente spaesato, ma lo sguardo duro e
l'atteggiamento composto non
tradirono la sua educazione militare. Lei lo intuì. "Avanti
non fare
complimenti, non conosco nessun saiyan che non sappia dire di no a
qualcosa da
mettere nello stomaco. Prego, accomodati, avanti..."
Gurlok
la seguì in cucina, facendosi spazio a fatica dalla porta.
Non si sedette,
nonostante lei gli avesse indicato uno sgabello attorno
all’isola. Lei
aprì il frigo estraendone un succo di frutta. Glielo
servì con gentilezza e gli
accostò anche il piatto di frutta che stava sbocconcellando
a colazione.
"Serviti
pure, se vuoi, io arrivo subito".
Gurlok
la vide uscire e la seguì attraverso la parete vetrata della
cucina mentre si
portava vicino un telefono a muro ed avviava una videochiamata. Bulma
disse
qualcosa alla figurina che si intravedeva nello schermo, lanciando
un'occhiata
al saiyan che non stava né mangiando né bevendo,
ma che si concentrò poi ad
osservare la città alle proprie spalle, che a guardarla da
lassù sembrava
vivere di vita propria.
Vegeta
risalì dal trainer pochi minuti dopo, mentre Bulma era
già andata a infilarsi
un jeans e una maglietta per sentirsi più a proprio agio.
Quando il principe
fece la propria comparsa in cucina, il grosso saiyan stava osservando
le
macchine e gli aerovolanti che sfrecciavano su più livelli,
e le zone verdi che
in lontananza perimetravano il centro della città.
"Gurlok".
La voce di Vegeta tuonò con durezza, ma non fu alta. Il
saiyan si girò subito,
genuflettendo appena la schiena.
"Principe
Vegeta..."
"Cos'è
successo, perchè sei venuto?" Indagò arcigno,
vagamente allarmato.
"Vostro
padre ci tiene che voi siate ai festeggiamenti dei rientro dei plotoni
da Neo
Genesis 2".
Vegeta
sembrò insospettirsi. "Ci tiene così tanto che ha
mandato te a
dirmelo?"
Gurlok
sembrò in difficoltà. "Ecco... Principe, vostro
padre mi ha praticamente
costretto a rintracciarvi, e la sola possibilità che avevo
era venire qui e
disturbarvi di persona. So di aver fatto cosa, forse, sgradita ma non
avevo
alternative per soddisfare le richieste del R..."
"Si
va bene, ho capito" lo liquidò Vegeta freddamente,
portandosi alla bocca
la bottiglietta d'acqua e trangugiandola avidamente. "Quindi adesso
dammi
un motivo per cui dovrei fare quello che dice mio padre? Non lo sa che
io non
prendo ordini?"
"Perchè
lo domandi a lui" gli fece eco Bulma arrivandogli da dietro.
"Se tuo padre insiste che tu ci sia, dovresti andarci. Il
plotone è
andato a battersi anche per te".
Vegeta
continuò a guardare Gurlok negli occhi. La frase di Bulma
rimbalzò tra di loro
nel più completo silenzio. Negli occhi di Vegeta
sembrò vibrare una nota di
fastidio per quell'osservazione imprevista, fatta tra l'altro davanti
un
sottoposto che la riteneva a sua volta una subalterna, ma tuttavia
Gurlok trovò
le parole di lei rispettose e coerenti. Ora capiva, quando si diceva
che lei
riusciva a rabbonirlo, cosa significasse per Vegeta averla accanto: lei
lo
rendeva ragionevole e arginava la sua violenza insita e talvolta
insensata,
quella che suo padre perpetrava anche a danno degli stessi saiyan
quando doveva
punirli se lo riteneva necessario, soprattutto quando le missioni non
andavano
a buon fine e si infuriava prevedendo le sanzioni di Freezer.
Vegeta
mosse la lingua in bocca con atteggiamento meditabondo.
"Vado
a cambiarmi" dichiarò infine, e Bulma lo seguì
per parlargli privatamente.
Gurlok percepì che tra di loro ci fu uno scambio pungente di
battute lungo il
tragitto fino alla camera da letto, come se fossero sul punto di
inscenare una
discussione che finì in un buco nell'acqua.
Il
saiyan rimase lì in attesa, continuando a guardarsi attorno,
a respirare l'aria
leggera e fresca dell'ambiente, vagamente profumato e accogliente
nonostante
l'ampiezza delle stanze, circondato da un interessante arredamento
tecnologico
che confermava lo status alto della famiglia della moglie di
Vegeta. Doveva essere molto ricca, quella donna, stando al
logo che vedeva
comparire in uno spot ripetuto che passava lungo la parete di un
palazzo.
Vegeta era stato assai fortunato ad essere stato recuperato e salvato
da una
donna così, per svariati motivi che non tornò ad
elencarsi mentalmente.
Ad
un
tratto sul ciglio della porta comparve un bambino, canottiera e
pantaloncino e
scarpe da ginnastica. Era alto poco più di un metro e dieci,
aveva i capelli di
un'insolita colorazione e uno sguardo familiare ma gentile: quell'ovale
del
volto e l'espressione appena truce erano lineamenti duri già
visti su un altro
volto, ma gli occhi chiari e la luminosità irradiata dal suo
sguardo appartenevano
al bagaglio genetico di qualcun'altro...
Gurlok
si
sentì analizzato da quel cucciolo terrestre dall'aria
particolarmente
sveglia.
"Ciao"
si sentì dire educatamente prima di venire ignorato per
vedersi preferita una
bibita fresca che andò a prendere dal frigo, alzandosi sulle
punte. Trunks si
sedette sopra lo sgabello e si avvicinò dei cereali
chiusi in una scatola
di latta. Li versò copiosamente nella ciotolina col suo nome
e iniziò a
mangiare la pastosa colazione che lo aspettava ad allenamento finito.
Mentre
masticava, osservando di tanto in tanto l'omone dall'aria minacciosa
che aveva
davanti, si chiedeva chi fosse.
"Come
ti chiami?" Gli chiese con tono infantile, non arrendendosi al silenzio che gli pervenne in risposta.
"Sei un saiyan?"
L'altro
sembrò ritrovare una certa fierezza. "Sono un saiyan esatto,
e tu,
mocciosetto terrestre… Di
chi sei
figlio?"
Si
sarebbe mostrato di certo più ossequioso se avesse saputo
che non era solo
l'erede quello che aveva davanti, ma che era anche così
forte da potergli
mangiare in testa.
Il
bambino continuò a masticare tranquillamente mentre Gurlok
lo studiava con
interesse, e questo perchè aveva percepito una strana
energia nell'aria da
quando quel bimbetto aveva varcato la soglia della stanza, e non era
un'energia
che riusciva a percepire come ormai faceva Vegeta anche senza il
sussidio di un
rilevatore, ma era una specie di sorda emanazione elettrostatica,
tipica di chi
ha una grande potenza. Trunks non riusciva ancora a controllarla e
quando si
allenava col padre la tirava fuori tutta, e nei minuti a seguire la
fine di un allenamento
girava per la casa facendo vibrare impercettibilmente le pareti,
finchè il ki
energetico non si riduceva.
"Perchè
ti interessa?" Fece Trunks con fare furbo.
Gurlok
fece per infilarsi il rilevatore che si era appoggiato sotto al collo,
oltremodo incuriosito da quel bambino di cui sospettò la paternità, ma proprio quando fu sul punto di apporre la
lente sull'occhio
entrò Bulma, visibilmente agitata.
"Tesoro,
lascia stare questo signore, vieni con me" gli disse subito,
arrivandogli
da dietro.
"Ma
sto mangiando" replicò Trunks.
Lei
gli
scostò la tazza con gentilezza. "Continui dopo, vieni con me
di là."
Poi lo prese in braccio e Bulma cercò di deviare
le riflessioni
intuibili del saiyan. "Spero che non le abbia dato fastidio. Il figlio
di
mia sorella è un gran curioso".
Finchè
Bulma
camminò lungo il perimetro della cucina a vetri lui la vide,
ma poi sparì dove
iniziava il muro del quale comparve Vegeta, torvo e accigliato. Gurlok
filò
sull'attenti verso di lui.
"Altezza,
quali ordini?"
"Attendimi
lì" gli ordinò indicando col mento l'ingresso
degli ascensori.
Andò
da
Bulma, che stava affidando a Trunks un oggetto sferico e
piatto.
"Tesoro, questo radar devi custodirlo con cautela come ti ho
raccomandato
ieri. Hai capito?"
"Chi
era quel signore, mamma?" Le domandò mentre lei si abbassava
alla sua
altezza.
"Un
saiyan che viene dal pianeta di tuo padre".
"É
pericoloso?"
L'altra
gli sorrise. "Tu stai diventando molto forte, non devi avere paura di
quegli omoni solo perchè sono alti e grossi".
"Io
non ho paura di nessuno" ammise il piccolo Trunks, rendendo fiero suo
padre.
Nessuno
dei due si accorse che il saiyan era oltre la porta scorrevole in legno
bianco e
che li stava ascoltando.
"Se
il papà va di nuovo via quando mi allena? Io voglio
diventare forte come
lui".
"Lo
farà, non ti preoccupare, è solo un periodo un
pò complicato" gli fece
Bulma. "Adesso ascoltami, mi dovrò assentare qualche ora.
Devo seguire tuo
padre e tornerò nel pomeriggio inoltrato. Tu starai coi
nonni e promettimi che
non li farai dannare, il nonno più tardi ha una riunione che
seguirà per mio
conto, capito?" Il piccolo annuì e lei riprese. "Questo
radar serve
per trovare delle sfere, te l'ho detto, e non dovrai mai darlo a
nessuno che
non sia io..."
"Ma
sei sicura che esista davvero questo drago? A me sembra solo una
favola."
"Nelle
favole devi crederci" fece lei.
"É
uguale al drago che hai tatuato sulla schiena?"
Bulma
gli sorrise. "Più o meno... Un giorno lo verificheremo
insieme. Un'ultima
cosa... Se dovessi rivedere dei signori vestiti come quello che hai
visto poco
fa..."
"Con
l'armatura di papà?"
"Esatto,
non devi dirgli che sei suo figlio, hai capito?"
"Perchè?"
"Perchè
tuo padre è una persona importante, e adesso non vuole...
coinvolgerti in
situazioni particolari, che mettono a rischio la tua sicurezza".
Trunks
sembrò non capire e lei si sforzò di rendergli
più semplice quella spiegazione.
"Trunks, tuo padre ha dei nemici e deve difenderti anche da loro. Ora
non
vuole che nessuno sappia che sei figlio suo".
"Non
è che si vergogna di me?" Domandò dolcemente, e
persino Vegeta provò una
specie di crampo interiore, un tonfo al petto, un moto di tenerezza per
quel
suo figlio a cui non esternava mai il proprio affetto perché
era troppo preso a
trasmettergli l'educazione militare che aveva ricevuto anche lui.
Eppure dietro
l'orgoglio nascondeva un amore smisurato per lui, una fierezza
profonda, un
irrazionale desiderio di difenderlo come avrebbe difeso la donna che
gliel'aveva dato. La sua Bulma che ora gli parlava piegata davanti a
lui,
davanti al sole che lo accecava e che delineava i loro contorni
dandogli
l’aspetto luminoso di due sagome informi.
"Non
dirlo neppure per scherzo! No che non si vergogna di te, anzi... Solo
non vuole
che vedano quanto sei forte..."
"Ma
papà dice che per un saiyan è motivo di orgoglio
essere forte".
"Lo
è, infatti, ma tu sei ancora piccolo e non sei ancora in
grado di difenderti da
solo nè di poterlo aiutare nelle sue missioni."
"Io
voglio aiutarlo".
"Lo
farai quando sarai grande."
Trunks
mise un broncio lunghissimo. "Uffa ma quanto ci vuole a crescere?"
"Un
pochino, dai..."
"E
quando ritorna a casa?" Quella parola fu
per Vegeta come un
calcio nello stomaco. Per Trunks il suo posto era lì, con
loro. Quel
bambino lo vedeva solo come il suo burbero e fiero papà,
sempre pronto a dare
risposte alle sue curiose domande.
"Ritornerà
presto, starà fuori solo qualche giorno".
"Un
giorno quindi potrò andare con lui?"
"Te
lo prometto. Ma dovrà passare qualche anno".
Vegeta
a quel punto si rivelò loro, comparendo con aria autoritaria
tra gli stipiti
della porta che scorrette nel controtelaio. "Papà!" Gli
sorrise
l'altro.
L'uomo
fece un cenno a Bulma di lasciarli soli. "Portati qualcosa per il
ricevimento. Qualcosa di adeguato a noi saiyan" aggiunse mentre lei
usciva. Il bambino attese impaziente che suo padre gli
parlasse.
"Trunks,
metti in pratica gli allenamenti di stamattina anche quando non ci
sono. Ripeti
quegli esercizi almeno cento volte al giorno".
"Va
bene... Ma quando torni papà?"
"Presto".
Trunks
abbassò il capo, rigirandosi il radar tra le manine.
"Però non è giusto
che vai sempre via..."
"Non
frignare. Tornerò" disse con voce calma e aria
impenetrabile, ma
guardandolo e ascoltando il suono della propria voce si rese conto che
Bulma
aveva ragione quando gli rimproverava di essere troppo duro. Allora gli
mise
una mano sul capo, notando la sorpresa del bambino quando lo fece, e
gli
accarezzò i capelli lisci con lentezza, per la prima volta,
e scoprì che erano
morbidi e setosi come quelli di sua madre, e che avrebbe fatto
qualsiasi cosa
per lui, per non darlo a Freezer, per proteggerlo dal mondo spietato da
cui lui
era venuto quasi nove anni prima.
Il
posto di Trunks era là, sulla Terra, anche per difenderla.
Vegeta voleva che il
figlio si salvasse, che non lo seguisse, perchè
gliel'avrebbe impedito con ogni
mezzo. Voleva che Trunks vivesse libero, libero dalle imposizioni della
corona
di cui sarebbe stato anche un forte e fiero erede, seppur di sangue
misto, e
libero dagli accordi vincolanti con Freezer, che potevano risucchiarlo
in un
baratro di violenza e morte in cui non voleva che suo figlio finisse,
perché
c’era già lui dentro.
Trunks
era luce, proprio come Bulma, lui solo ombra...
Un'ombra
venuta da un mondo brutale e barbaro, dove ancora si viveva di
prevaricazioni e
oppressioni, dove non c'era crescita democratica, ma dove si imponeva
tutto con
la violenza. Non era del tutto sbagliato ciò che affermava
Bulma. Loro potevano
sfruttare la loro naturale predisposizione alla guerra per farla a chi
voleva
invadere, per usarla per fini nobili, ma Vegeta non era del tutto
pronto ad
accettare un cambiamento del genere, in parte inconcepibile per la sua
formazione militare e monarchica. Ma uno strano presentimento gli
faceva
ricordare le parole di Bulma, di due notti prima. "Freezer vi
travolgerà
nella sua meschinità. Anche se non capisco perchè
vi ostiniate a voler morire
in battaglia perchè la considerate la morte più
degna per un guerriero, per lui
non è così, e lo sai Vegeta... Chi servi come uno
schiavo è solo un vigliacco.
Lui non ti rispetta come principe, per lui voi saiyan siete solo carne
da
macello per le sue conquiste, e non vuoi ammetterlo per orgoglio,
perchè lo
odi. L'ho sentito... Lo sento ogni volta che lo pensi o lo senti
nominare che
lo odi profondamente, che daresti la vita per vederlo morto, ma io non
voglio
vedere te morto per
lui.
Freezer non merita la tua vita, sarebbe la sua soddisfazione
più grande che tu
possa dargli. Dovete liberarvi di lui, dovete liberare l'universo dalla
sua
presenza oberante e minacciosa per tutti noi". Vegeta dopo averla
ascoltata con profondo coinvolgimento, l'aveva stoppata duramente.
"Noi
saiyan non siamo tenuti a combattere per nessuno. Combattiamo per noi
stessi e
basta. Siamo mercenari, non schiavette."
Bulma
lo aveva guardato con rabbia. "Vegeta... Dio o la natura non da a nessuno un dono del genere come la tua forza per vederlo
usato
contro lo stesso suo creato!"
Quelle
parole lo avevano zittito costringendolo a incassare quel colpo verbale
più che
sensato.
"Sarai
anche cresciuto con delle idee diverse dalle mie, ma le idee si possono
anche
cambiare. Vuoi che il tuo popolo venga spazzato via?!"
"Perchè
diavolo dovrebbe succedere?! Cosa te lo fa pensare? Non siamo mica
incapaci
come voi terrestri!"
"Non
ho mai affermato che lo siete e bada a come parli di noi terrestri!
Dalla mia
bocca non è affatto uscita una frase del genere e non
provare a mettermi in
bocca accuse insensate! Se sei orgoglioso non è colpa mia!
Ma per una volta
apri gli occhi al posto delle orecchie! Guarda a cosa state andando in
contro!
Avete il baratro davanti, Vegeta, ci state per finire dentro. Avete
plotoni
impiegati su più fronti, sui confini più
difficili da gestire, e lui continua
ad assegnarvi missioni su missioni, spedendovi sempre più
lontano e
sparpagliandovi... e Freezer non vi ci manda solo perchè
siete bravi, ma lo fa
perchè vi vuole sterminare lentamente. E se non morirete
così lo farà in altra
maniera. Ogni volta che i tuoi plotoni rientrano con
successo, per
Freezer è un colpo basso! Vi state illudendo se credete che
a lui soddisfi il
vostro operato. Nessun potente vuole dividere il suo potere con chi
è più forte
di lui!”
“Grazie
per questa bella lezione di politica!” Replicò
Vegeta ironicamente, con tono
acido.
“Non
mi
aspetto che tu comprenda o che tu condivida, ma ti voglio solo
ricordare che
sei ad un passo dalla cazzata più grande. Questo non
è solo un caso di orgoglio
personale, come tu lo stai rendendo da mesi, se non da anni per inciso,
ma un
caso di tattica. O voi, o lui".
Vegeta
l'aveva ascoltata muto e arrabbiato. Più lei era andata
avanti come un avvocato
querelante in pieno processo, più lui si era reso conto che
aveva ragione, e allora la rabbia era aumentata non solo perchè odiava
sentirsi dire certe
cose, ma perchè erano anche tutte vere. Bulma che cercava
di fargli aprire
gli occhi, più che le orecchie come era solito fare da
attento ascoltatore
quale era, e mirava solo a salvarlo, rimaneva la combattente più incallita che conoscesse. E mentre l'ascoltava contrariato, era persistita in lui una consapevolezza che non riguardava solo la politica o le valutazioni
tattiche, ma
lei: Bulma stava conducendo la sua battaglia contro le scelte rischiose della corona con l'arma
più
micidiale che avesse, quella della ragionevolezza matematica, e quella dell'amore, dandogli la sola cosa che gli era mancata in tutti
quegli
anni, la devozione smisurata e sincera che solo chi ama può
darti, e anche se
sentirsi temuto era una sensazione molto potente e appagante, sentirsi
amato
era ancora peggio. Rimaneva in Vegeta quella sensazione che l'amore fosse una
grande minaccia
per chi come lui aveva votato la propria vita
all’inseguimento della gloria,
privandosi di qualsiasi tipo di legame per il semplice fatto di non
averne
avuto il bisogno, perché essere forti e temuti era il
migliore orgasmo dei
potenti.
..
La
festa iniziò coi soldati già esaltati ed eccitati
dalle vivande calde e dal
vino. Le lunghe tavolate erano tappezzate di piatti imbanditi
riccamente che
venivano continuamente portati via e riportati pieni indietro al
mittente.
Gruppi promiscui di guerrieri che facevano chiasso e confusione
occupavano
quasi tutta la stanza, lasciando pochi corridoi liberi per il passaggio
degli
inservienti. Un piccolo gruppetto di giovani donne che stava facendo parecchio casino calamitava a sè molti sguardi interessati. Le guerriere erano tutte vestite coi loro body distintivi che fasciavano i corpi tonici e muscolosi senza lasciare nulla
all'immaginazione. Le donne saiyan non indossavano reggiseni o slip, o
qualsiasi forma di capo che le costringesse nei movimenti; il body era
il
loro capo primario, elastico e comodo, che variava nelle tre
colorazioni
principali, dal blu al rosa, a differenza della casta. Per
quella festa tutte le
donne avevano indossato anche orecchini e gioielli poco vistosi che adornavano i
loro volti
e i loro capelli selvaggi e ingestibili. Jinka arrivò verso le guerriere più caciarone
raccontando delle ultime
fatiche per sbaragliare la resistenza e proprio mentre si vantava
avvicinandosi
al gruppo di donne sedute che rideva
chiassosamente, si guardò attorno
commentando l'assenza del principe, e nella sua affermazione non
mancò una
punta di risentimento.
"Ti
dispiace che non ci sia lui a gratificarti eh..." Fece Monia, sguardo
vispo e capello corto, portando un bicchiere semivuoto alle labbra
pittate di
un colore fluorescente.
Tana
le
si accasciò mezza ubriaca sulla spalla, senza trattenersi
dal ridere.
"Vegeta è troppo impegnato a farsi gratificare da quella
gracile
femminuccia aliena che si è trovato… Che schifo".
"Non
è mica brutta, però ogni volta che ho apposto il
rilevatore verso di lei mi veniva
da riderle in faccia."
"Siete
già ubriache" commentò Jinka sedendosi di fronte
a Monia e Tana.
"State attente a non farvi sentire, che intanto quella femminuccia
aliena
gode della completa protezione del principe. Non vorrei dover ripartire
domani
a causa vostra".
"Che
c'è ... Hai paura che lui ti senta?" Biascicò
Tana. "Tanto mica è
qui".
"Non
ho paura proprio di niente, io" specificò Jinka.
"É solo che dopo due
mesi di fatica vorrei riposarmi" ammise seccata, tirando indietro
alcune
ciocche del disordinato caschetto. "Non sono stata mica a grattarmi
come
voi due".
Monia
si sollevò con modi che promettevano guerra, imbruttendo Jinka
dall’alto.
"Io non mi sono certo grattata, sta' attenta a quello che dici". Il suo atteggiamento intimidatorio attirò l'attenzione di alcuni guerrieri che
si sporsero a curiosare
già pronti a godersi la
scena. Non era raro assistere a risse anche tra donne nel mentre di una festa.
Jinka
si alzò in rimando, pronta ad affrontare l'altra. "Se no che mi fai?"
Tana
si
sollevò barcollando e si mise tra le due. "Avanti, dobbiamo
divertirci
mica litigare! E voi fatevi gli affari vostri" gridò rivolta
ad alcuni
guerrieri curiosi che si erano girati e ridevano. "Monia,
perchè non
dimostriamo a Jinka che abbiamo coraggio da vendere anche noi... Lei
pensa che
siccome siamo state di risposo, ci siamo dimenticate come si affrontano
le
sfide…"
"Ma
che vuoi vendere se sei completamente ubriaca".
"Facciamo
una scommessa..." propose tornando a scolarsi il fondo del bicchiere.
Le
altre guerriere la osservarono con aria perplessa, attendendo la sua
proposta da
ubriaca.
"Beh?"
Incalzò Jinka.
"Ti
vado a prendere qualcosa dalla camera del principe" disse con sguardo
malizioso e divertito, e gli occhi decisamente vispi e lucidi.
"Questa
sta fuori" commentò Monia.
"Che
mi porti? I suoi stivali? Ma fammi il piacere" replicò
Jinka, ridendo con
le altre.
"La
verità è che non hai mai mandato giù
che Vegeta ti abbia preferito quella
terrestre buona solo per farci il brodo" replicò Tana con
atteggiamento
provocatorio, ormai parlando a vanvera. "Avanti Monia, vieni con me, o
hai
paura?"
Un’altra
tra le commensali si intramise, divertita dalla proposta.
“Dai Monia, va' con
lei, vediamo se le riesce il colpaccio. Ubriaca com'è
scommetto passerà qualche
ora nelle celle degli ordini bassi".
Jinka
sembrò iniziare a trovare stuzzicante quella situazione. "Va
bene Tana, portami
qualcosa della terrestre se ti riesce, se però perdi la
scommessa mi dovrai
dare quegli orecchini d'oro che indossi e… Il bracciale che
mi hai soffiato
sotto al naso su Avios, pensi mi sia dimenticata di quel
piccolo… screzio tra
di noi?”
Monia
non apparve entusiasta dalla cosa. "Ehi, io non voglio rogne, ci vada
qualcun altro con lei".
"Non
ti regge, vero?" Fece Jinka. "Tua cugina Tana ha sicuro più
coraggio
di te".
L'altra
non potè rifiutare la sfida. "Vai a farti fottere, Jinka".
Dopo
quelle parole cariche di sprezzo, afferrò Tana e la
trascinò tra la folla
disfatta di guerrieri.
Sparirono
per il corridoio dove qualche guerriero stava intrattenendo dei
dibattiti in
compagnia lontano dal chiasso, e dove incrociarono una coppia di
guerrieri di
prossima unione intenti in una chiacchierata confidenziale.
Nessuno
badò a loro due. "E adesso come pensi che io mi riesca a
infilare nelle
camere del principe? C'è sempre qualcuno a sorvegliarle"
commentò inacidita
Monia, guardando l'amica ubriaca che aveva un’espressione
stupida stampata
sulla faccia.
"Distraggo
io le guardie" fece l'altra abbassandosi il pezzo di sopra del body e
mostrandole i seni piccini e tonici, al cui centro trionfava un
capezzolo duro
come un sassolino.
"Piantala,
copriti o non passeremo più inosservate!"
Tana
rise chiassosamente attirandosi gli spergiuri dell'altra. "Sei
totalmente fuori di te!"
Imboccarono
la zona riservata alla scorta e ai consiglieri transitandoci con fare
vago, per
evitare di attirare l'attenzione. La maggioranza dei guerrieri nobili
era alla
festa, e questo le aiutò a non incrociare i reparti di
controllo. Ma proprio
quando Monia cantò vittoria, qualcuno le vide intrufolarsi
per quei tunnel.
"Ehi,
donne! Dove state andando?" La voce di una guardia di ronda arrivò loro come una sferzata di frusta.
"Roan!"
Esclamò Tana completamente ubriaca. "Vuoi compagnia? Sei
tutto solo mentre
gli altri festeggiano..."
Monia
la zittì subito scuotendola per un braccio. "Lasciala
perdere, si è
scolata tutta una brocca di vino da sola".
"Lo
vedo..."
"Sto
cercando un bagno per farla vomitare".
"E
lo cercate nell'ala reale?"
"Sì,
colpa mia, ho sbagliato corridoio per seguirla... Dai, che anche io ho
urgenza... Avanti, capiscimi..." fece Monia, sperando che lui si
mostrasse
flessibile.
"Sì,
ma evitate di farvi vedere che qui non ci potreste stare, lì
in fondo a
sinistra. Io non vi ho viste se qualcuno vi chiede qualcosa"
affermò
andando a farsi un giro per il lato opposto del corridoio.
"Grazie,
ti devo un favore..." fece Tania mordendosi le labbra e facendo una
smorfia ammiccante.
"Facciamo
anche due" replicò il guerriero con aria divertita mentre
Monia trascinava
via l'amica con atteggiamento spazientito.
Si
intromisero furbamente nelle stanze del principe, trovandole spaziose e
ordinate.
"Però..." commentò Tana con compiacimento,
osservando la visuale
sulle catene montuose e aride di cui godeva la camera. "Guarda
lì che
panorama”.
"Tana
adesso sta zitta, e aiutami a trovare qualcosa della terrestre".
In
risposta l'altra si sedette sul letto stendendoci su la schiena. "Se mi
faccio trovare qui a gambe aperte dici che me lo fa un bel regalo?"
Monia
continuò a frugare in un armadio tra le tute di Vegeta,
ignorandola.
"Secondo
te come sono gli uomini terrestri?" Pensò Tana. "Saranno
mezze
cartucce".
"Probabilmente"
commentò Monia tirando fuori da un cassetto una stoffa che
altro non era che un
foulard utilizzato da Bulma quando la ventilazione interna ai
laboratori era
troppo alta. Lo odorò e percepì una fragranza
agrumata che di certo non
apparteneva a Vegeta. "Questo appartiene alla terrestr..."
Un
rumore improvviso fuori della porta, prima dell'anticamera, le fece
allarmare.
"Diavolo sta entrando qualcuno" sibilò Monia, schizzando
dietro una
rientranza e tirandosi dietro l'amica ubriaca.
"Sarà
la guardia che ci cerca?" Bisbigliò Tana, ritrovando nello
stordimento un
barlume di ragionevolezza.
"Shh,
sta' zitta!"
Entrarono
anticipati dalla voce di lei, Bulma e Vegeta. "Speravo di avere il
tempo
di testare il radar".
"Lascia
stare, concentrati su quella questione delle comunicazioni. Stiamo
avendo un
sacco di problemi con le nubi di raggi gamma. Ostacolano di continuo la
ricezione dei messaggi e non riusciamo a controllare gli spostamenti
delle
truppe più a est."
"La
Via Lattea è un gran problema, te l'ho detto. Dalla Terra le
tre nane bianche
le monitoravamo già anni e anni fa, prima che tu arrivassi,
e le nubi di raggi
gamma provengono proprio da quella zona, rendendo tutto più
complicato. Le
cartine che il tecnico informatico starà cercando di
prospettarmi sul grafico
risentiranno di questi influssi, e non so quanto saranno attendibili.
Stamattina mi ha mandato una email in cui mi diceva che stava
già impazzendo e
non sapeva se sarebbe riuscito a passare il file leggibile al reparto
tecnico".
Vegeta
emise un ringhio di disappunto. "Finisce che bisogna sempre aspettare i
vostri tempi".
"Miracoli
non se ne possono fare" replicò l'altra mentre lui si
accorgeva dell'anta
aperta dell'armadio.
"L'hai
lasciato tu aperto?" Le chiese.
Le
due
intruse strinsero i denti sperando in meglio.
"Non
mi pare" fece lei osservando una sagoma sul letto. "Sarà
stata la
servitù".
Il
saiyan tirò fuori dall'armadio l'armatura da cerimonia, da
cui pendeva un
drappo rosso. "Dai, vestiti, che dobbiamo scendere. Mio padre mi
starà
aspettando e non è un tipo troppo paziente".
"Ma
dai" gli fece eco Bulma. "Fammi indovinare chi è che gli
somiglia..."
Bulma
tirò fuori dalla borsa il capo accuratamente piegato che
avrebbe indossato. Si
sfilò la maglietta e il jeans e si vestì alle
spalle del marito. Quando lui si
girò e la vide che si legava i capelli in una coda alta, si
rese conto che il
concetto di sobrio era decisamente lontano da quello che lui aveva a
mente.
C'era sempre qualcosa di decisamente seducente nel suo modo di
vestirsi: Bulma
aveva indossato una tuta blu che la fasciava morbidamente, di un
tessuto scuro
e opaco a cui si intrecciavano dei fili d'argento, e nonostante questa
si
allacciasse dietro il collo, coprendole il petto, era piuttosto
scollata
lateralmente e lasciava intravedere appena la succulenta piega dei seni, oltre a consentire la completa visuale della sua schiena nuda dove il tatuaggio del drago faceva bella mostra di sè. Mentre si finiva di allacciare gli stivali sotto al
ginocchio,
lui si soffermò sul sedere rotondo.
"E
meno male che ti avevo detto qualcosa di sobrio" commentò
duramente.
"Perchè?
Non sto mica male" fece lei finendo di sistemarsi davanti uno specchio.
"Non penserai che mi metta una di quelle rozze tute da militare che
indossate".
Lo
sguardo di Vegeta si infilò sulla scollatura laterale del
tessuto che da sotto
il cavo ascellare scivolava giù, permettendo di fantasticare
su quelle morbide
e invitanti forme. Se avesse avuto più tempo forse... Le
avrebbe dato una seria
ripassata. Bulma si infilò una collana d'orata semplice,
realizzata come una
semplice placca che rimaneva aperta all'altezza della carotide. Quando
si girò
gli sorrise. "Trunks era molto dispiaciuto che ti sei dovuto
allontanare
di nuovo".
"Lo
so, ma deve farci l'abitudine".
"Devi
capirlo... É solo un bambino e ti è molto legato".
"Questo
perchè voi terrestri educate i bambini ad essere troppo
dipendenti da un
genitore".
"Ma
piantala" replicò Bulma con sguardo annoiato. "I bambini si
affezionano, non sono mica tutti come lo eri tu che pensavi solo a
tirare
quattro calci".
Le
due
donne nascoste cercarono di capire a cosa si riferissero ma Bulma e
Vegeta non
lo precisarono chiaramente. Tana era ancora rintontita dall'alcool ma
Monia era
più che vigile e sveglia.
"Sei
sicura che sua stato saggio affidargli il radar?"
Lei
gli
portò le braccia sulle spalle e incrociò le dita
delle mani. "Figurati...
Trunks si sente importante quando gli affido un compito, e poi non
conosce la
formula".
"Dove
l'hai segnata?"
"Non
l'ho segnata da nessuna parte. Ma tu scusa, non sei quello che non ci
crede?"
Vegeta
fece una smorfia di perplessità. Monia vide le loro sagome
distorte attraverso
un elmo metallico poggiato su un ripiano, nonchè trofeo di
una vecchia
battaglia.
"Non
dirmi che sei curioso di vedere se il Drago esiste davvero... "
"Non
ci credo, ma sarei invece curioso di vedere la tua faccia quando
scoprirai che
sono solo sei palle di vetro inutili quelle che troverai. Secondo me
quella con
le due stelle sta bene solo su quel piedistallo che hai in salotto".
"Sei
davvero impossibile. Ti ho già raccontato quello che mi ha
detto il vecchio
eremita anni fa. Quel tale namecciano dal nome Piccolo le nascose
volutamente
per evitare che qualcuno le trovas..."
"Si
lo so, per non farle trovare a nessuno, mi sa tanto di una grande balla
e te
l'ho già detto".
"Il
drago è l'ultima speranza che abbiamo contro Freezer. Se ho
ragione io, paghi
pegno tu stavolta".
"E
sentiamo, quale sarebbe questo pegno?"
Lei
si
morse la labbra pensando a qualche attività puramente
terrestre in cui
coinvolgerlo ma le venne da ridere, e un singhiozzo divertito
affiorò sulle
labbra prima che le fondesse alle sue. Le mani del compagno le
scivolarono poco
dopo sulla curva dei glutei rotondi, ma lui si staccò con
uno sguardo già
intorbidito senza approfondire il contatto. "Non farmi iniziare, che
poi
non mi fermo più".
La
voce
le uscì affannata e bassa. "La notte scorsa sei stato
sfuggente..."
mormorò con un pizzico di risentimento.
"Sei
tu che sei più accesa del solito" replicò
l'altro, aggiungendo quasi
rocamente. "A letto stai diventando ingestibile".
"Come
se ti dispiacesse... É che negli ultimi tempi ci vediamo di
meno... E non sono
più abituata a cambiare le toghe del letto con
così poca frequenza..."
Gli
sorrise con lo sguardo incatenato al suo prima di sentirsi chiamare
all'ordine.
"Muoviamoci...
o faremo tardi".
Nello
staccare le mani da lei però il saiyan fu lento, e ne fece
scivolare una sul
suo fianco nudo. "La prossima volta lo decido io cosa devi metterti"
aggiunse prima di allontanarsi.
Quando
si accomiatarono, le due intruse strisciarono allo scoperto.
"Maledetta
te e quando ti sei fatta venire in mente questa fottuta idea di venire
nella
sua stanza! Ma non avevi detto che era sulla Terra?!"
"Eh
io che ne so! Me l'hanno detto, l'ho sentito dire da alcuni guerrieri"
bisbigliò Tana.
"C'è
mancato un pelo che si accoppiassero qui...! Hai sentito come si
è riscaldata
l'aria poco fa?!"
"Non
ho capito cosa si sono detti sul finire" biascicò l'altra,
ancora
brilla.
"Sul
finire neppure io, ma ci stavano sicuro andando vicino".
Tana
sembrò euforica. "Chissà la faccia che faranno le
altre quando glielo
raccontiamo... Sei riuscita almeno a prendere qualcosa?"
Monia
alzò
il foulard con sguardo vittorioso. Uscirono con fare losco e ambiguo,
attirando
l'attenzione di una guardia che le adocchiò camminare dove
non dovevano.
"Ehi
voi due!"
Le
donne
scattarono via come saette, sparendo oltre una scala, e quando
ritornarono alla
festa il principe e sua moglie avevano già fatto il proprio
ingresso e preso
posto tra i guerrieri, vicino al Re.
Al
loro
arrivo si erano sollevati tutti sull'attenti, ma Vegeta era sembrato
piuttosto indifferente ai loro omaggi, avendo notato che tutti erano
già mezzi
ubriachi. Jinka e il gruppo delle sue aveva messo immediatamente gli
occhi
sulla moglie, facendole una scansione più che opportuna.
Bulma era filata alle
sue spalle in silenzio, con sguardo tranquillo, senza soffermarsi su
nessuno in
particolare. Mentre si era spostata dietro Vegeta, dirigendosi alla
tavola del
consiglio che era più in disparte rispetto ai tavoli
centrali, diversi saiyan
le avevano osservato la schiena col tatuaggio. Lei era la cosa che
più attirava
le attenzioni lì dentro, decisamente.
Quando
il principe si era seduto al proprio tavolo, i festeggiamenti erano
ripresi
chiassosamente.
Monia
sgattaiolò verso il tavolo trascinandosi Tania dietro, ben
mascherate dalla
caciara, e le amiche le accolsero con sorpresa.
"Pensavamo
vi avessero già messo al gabbio".
"Allora...
" Fece Jinka con aria altera, portando alla bocca un piccolo frutto
succoso. "Che sapore ha una scommessa persa?"
Tana
sfoderò il foulard di Bulma facendoglielo penzolare davanti.
"Abbassati di
qualche spanna mia cara. Questo appartiene alla tua rivale".
"Ma
chi? Quella rammollita?"
"Siete
riuscite ad entrare in camera loro?!" Si intromise un'altra, eccitata.
"Che avete visto?!"
Monia
anticipò Tana prima che facesse qualche danno, e si sedette
al tavolo pieno di
succulente pietanze. "C'è mancato poco così che
ci beccassero" ammise
prendendo una scoscia di carne da un piatto centrale. "E vi dico che
c'è
mancato poco anche perchè vedessimo altro".
"Non
ci credo" fece la più seriosa che affiancava l'altera Jinka,
visibilmente
infastidita dal sentir parlare della donna di Vegeta.
Tutti
sapevano che se lui fosse rientrato come previsto dalla missione Husar
da cui
non aveva fatto ritorno nove anni prima, avrebbe sicuro sposato lei.
Era la
migliore.
"Libera
di non crederci, ma io non ne sarei stata certo contenta"
specificò Monia,
masticando. “Non è che mi freghi molto di quello
che fa’ Vegeta in camera sua”.
“Beh,
io sarei curiosa di vederlo all'attivo" commentò una mentre
Tana si alzava
dirigendosi verso un guerriero che le faceva cenno di raggiungerlo.
“Dove
vai, Tana?”
"Scusatemi
ma ho di meglio da fare. Mica esiste solo il principe".
..
Bulma
declinò le portate offerte visto che neppure un'ora prima
aveva finito di fare
colazione. Vegeta invece non si tirò indietro e prese a mangiare con appetito. Nonostante nessuno di loro badasse al galateo, il principe
era tra quelli che meglio gestiva i modi grezzi. Senza dubbio aveva inciso l'educazione ricevuta, più alta della media, il fatto che fosse talvolta persino schizzinoso e facile al disgusto, e infine la lunga tappa sulla Terra che aveva ulteriormente
affinato le buone maniere: si era sentito costretto a moderare
determinati atteggiamenti voraci visto che le reazioni infastidite della terrestre lo
offendevano, e alla fine aveva imparato a gestire un minimo la voracità che contraddistingueva la propria razza.
Tutti i saiyan sembravano perdere il controllo davanti al cibo, incluse
le
donne. Bulma li trovava disgustosi alla stregua degli uomini primitivi.
Sbocconcellò
un grappolo di frutta con fare educato, ascoltando i discorsi dei
consiglieri.
Il
Re
notò che lei non mangiava e fu curioso di capire se lo
facesse perché non le
piaceva la cucina. "Ti fa schifo il nostro cibo?"
Lei
si
affrettò a spiegare il motivo della sua inappetenza per non
offendere nessuno.
"Sulla Terra era mattina, ho finito di mangiare neppure un'ora fa".
Qualcuno
ridacchiò sotto i baffi unti, trovandola bizzarra, Vegeta invece spostò lo sguardo altrove, e si
accorse che Jinka, tra le compagne intente a divorare la cena,
aveva lo sguardo diretto verso di lui. Gli tornò in mente quando lo aveva accompagnato in
missione, l’ultima
di nove anni prima per la precisione, sentendosi chiedere se la
considerasse
valida per dargli un erede. Lui aveva glissato, sapendo che lei lo era.
Bulma
non
si accorse che Jinka di tanto in tanto fissava Vegeta intento a
mangiare, e
ascoltò i discorsi dei consiglieri con attenzione, carpendo
informazioni di
vario genere nel casino generale. Fece un cenno a Vegeta per segnalargli che si sarebbe accesa una sigaretta, assicurandosi non fosse un problema.
Quando
il Re si allontanò, qualcuno si sentì
più libero di sollevare determinate
questioni più che pungenti.
“Principe
Vegeta” fece uno tra i più vecchi, sazio e pieno
di voglia di affrontare certe
tematiche. “Freezer pare che voglia spedire un plotone tra i
più bravi su
Goldrek, un pianeta molto semplice da mettere sotto controllo. Che ne
pensate?”
Vegeta
si passò la lingua sulla gengiva, pulendosi la bocca con
dell’acqua. “Perché me
lo chiedi”.
“Ultimamente
siete molto silenzioso in merito” spiegò Gus.
"Freezer
sta avanzando troppe richieste. Non siamo mica le sue puttane pronte a
soddisfarlo quando vuole lui".
Qualcuno
annuì, condividendo a pieno il parere.
"Ma
dire di no a Freezer equivale a metterselo contro".
Vegeta
bevve un sorso di vino senza rispondere, e Gus si rivolse agli altri.
"Con
tutti i plotoni che abbiamo impiegato su più fronti, adesso
sarebbe un azzardo
contraddirlo".
"Ma
non possiamo far sempre e solo il suo comodo" aggiunse un altro,
innescando una discussione generale.
"Valuterò
al momento della sua formale richiesta" dichiarò Vegeta.
"Qualcuno
inizia ad essere stanco di queste continue partenze, molti reclamano il
diritto
a riposarsi di più. Non siamo macchine".
"Non
possiamo far ripartire immediatamente un plotone come quello appena
rientrato,
tra l'altro per una missione così insulsa"
commentò Gus.
"Ma
ci sono altri squadroni pronti a soddisfare questa pretesa".
"Freezer
sta iniziando ad allargarsi. Siamo mercenari, non prostitute!"
Esclamò
uno, facendo battere il bicchiere sul tavolo che risentì del
colpo e tremò
sotto le mani di Bulma.
"Come
facciamo a dirgli di no senza innescare una guerra?"
"Perchè
non può accettare le nostre scelte?" Si inserì un
altro.
"É
più saggio accontentarlo" fece Liev.
"Non
sono d'accordo" disse Gus. "Penso che dobbiamo farci valere".
"A
che scopo" si intromise un altro. "Noi non siamo come Freezer, abbiamo
delle esigenze che deve comprendere".
"A
Freezer non frega nulla delle nostre esigenze!"
"Adesso
è spuntata addirittura fuori la sua richiesta di impiantare
una roccaforte su
Vegeta".
"Il
suo scopo è unificare i territori, rendendoci parte del suo
esercito come forze
di elitè" affermò Liev.
“Non
diciamo sciocchezze” affermò inaspettatamente
Bulma, come se stesse pensando a
voce alta, zittendo i commensali e ottenendo l’attenzione di
tutta la tavolata.
Alzò la sigaretta fumante tra le mani e cercò di
non badare ai loro sguardi.
“Freezer secondo me è solo una serpe
che vi usa perché gli fate
comodo. Mettervi un avamposto in casa gli servirà il giorno
che gli remerete
contro, e lui vi colpirà comodamente mentre avrete i vostri
soldati migliori
impiegati su più fronti”.
Rimasero
tutti colpiti dal fatto che non solo lei avesse preso parte a una
discussione
così fuori la sua portata, ma che avesse anche affermato una
cosa più che
sensata. Vegeta ne fu interiormente fiero.
"Però..."
Fece Edgar, compiaciuto. "Ora capiamo come ha fatto a circuire il
nostro
futuro Re. Tattica non gliene manca a questa terrestre!"
Esclamò destando
un'ilarità generale da cui Vegeta non si lasciò
coinvolgere. Probabilmente se
ne imbarazzò ma fu bravo a nasconderlo, tutti
però si accorsero che lo sguardo
di lui si posò silenziosamente sulla moglie mentre lei portava alle
labbra la
sigaretta, anche se nessuno capì a cosa stesse pensando.
Qualcuno
la studiò con nuovo interesse, ma Gus sembrò rimanerne molto diffidente: l'acume che lei
aveva, l'intelligenza che la distingueva, nonostante parlasse poco di
quel tipo
di questioni totalmente militari, e la sua influenza su Vegeta potevano
essere
determinanti per mandare a monte piani che sfuggivano anche alla
corona.
"Freezer
è nostro alleato" affermò uno di loro duramente,
come se volesse farle
notare che era fuori strada. “E lei non conosce molte logiche
in questa nostra
alleanza”.
"Alleato?
Mi sfugge il concetto di alleanza visto che tra alleati si ha un
rapporto
paritario che non comprende la subordinazione."
"E
voi principe?" Fece Gus. "Non dite
niente? Permettete a una donna straniera di mettere bocca su questioni
che non
la riguardano?"
"La
donna straniera di cui parli è mia moglie" gli
ricordò Vegeta freddamente,
rimanendo seduto al suo posto con atteggiamento
comodo.
Gus
incassò il colpo. Poche parole e chiare, Vegeta era questo,
difatti non proferì
altro, e qualcuno deviò l'argomento sui successi di Jinka e
del suo plotone,
finchè l'oggetto della loro conversazione, passando di lì, non fu chiamata a fare
presenza e ad allietare i
guerrieri con le buone notizie che aveva in serbo.
Vegeta
l'ascoltò senza starla a guardare. Diversamente, Bulma era
molto attenta a
quello che lei stava dicendo e Jinka se ne
accorse, come si accorse che quella debole umana non aveva uno sguardo timoroso nè stupido, e provò un profondo fastidio misto a gelosia nel pensare che lei godesse del rispetto di uno come Vegeta, cosa non da poco, ma che forse qualcuno lì dava per scontato. Aveva fatto sempre del proprio
meglio per il principe e per
guadagnarsi la sua stima, e la colpa del loro allontanamento era di quel vuoto di quasi nove
anni in cui
lui era rimasto sulla Terra a subire l'influsso di un popolo che non
era il
suo. Lei doveva averlo davvero stregato. Vegeta era sempre stato
sprezzante,
scorbutico e facile alla violenza, ora invece parlava con tono
più calmo,
mostrandosi maggiormente posato nel prendere decisioni, e soprattutto
apparendo
poco interessato se qualcuno dei suoi migliori guerrieri perdeva
miseramente.
Una volta ne faceva una questione personale, ora sembrava che pensasse
solo a
se stesso e che non volesse altro che diventare più forte e
battersi con
Freezer per confermarlo.
“Quand’è
che fai un figlio, Jinka, il nostro popolo ha bisogno di figli forti,
che
tengano alto il nome che ci siamo fatti” le disse uno di loro
mentre continuava a mangiare.
Jinka
sorrise buttandola sullo scherzo. “Io sono esigente, lo sanno tutti, devo
trovare ancora un uomo in
grado di battermi”.
“Una volta ne avevi trovato uno” commentò a tono basso Liev, alludendo velatamente all'uomo
seduto a capotavola che nonostante il casino li sentì e
alzò appena gli occhi posandoli finalmente in quelli della saiyan che sembrava non
aver smesso di
provare interesse per lui.
“É
vero” ammise lei con un pizzico di amarezza, rivolgendosi di nuovo a Liev. “Ma a
quanto pare c'è chi è stata più fortunata di me. Lo sai come si dice... La fortuna ad alcuni dà troppo”.
Bulma
allora intuì che c’era stato qualche precedente
tra di loro. Lo lesse nello
sguardo freddo che Vegeta elargì alla guerriera e in cui era
chiaro ci fosse
qualche forma di conto in sospeso, e provò una gelosia
terribile, che la mandò
in iperventilazione. Nonostante finse di non badare alla cosa,
ostentando
indifferenza e fiducia, pensare che Vegeta era stato con lei la faceva andare
completamente in tilt. Sperò che nessuno notasse come tamburellava
le dita contro la base ricurva del calice.
“Jinka,
ci sono guerrieri che si metterebbero in fila per te. Non pensare al
passato”
disse uno in tono confidenziale. “Piuttosto, fammi venire a
vedere le tue
amiche, ne ho vista qualcuna che è cresciuta bene!”
Poco
dopo che ella si fu allontanata col guerriero, Bulma si alzò.
“Con permesso”.
“Dove
vai” inquisì Vegeta, accigliato in volto.
“La gravità
sta aumentando e inizio a
sentirmi stanca” ma l’espressione di lei si era
improvvisamente adombrata e Vegeta
intuì quale potesse esserne il motivo.
“Mi
teletrasporto
sulla Terra”.
Vegeta
fece per alzarsi ma lei lo stoppò. “Rimani pure,
non c’è bisogno. Avrai di
meglio da fare qui” aggiunse con sottile
allusività.
L’altro
non si lasciò toccare da quella frecciatina e si
avviò con lei, seguiti da una
guardia che Vegeta, ad un tratto, liquidò freddamente.
Durante il tragitto
Bulma fu cupa e silenziosa. Quando arrivarono alla macchina del
teletrasporto,
lo guardò intensamente percependo in lui una strana
inquietudine.
“Mi
avevi detto che non avevi nessuna donna ad aspettarti, otto anni e
mezzo fa”.
L’altro
si era aspettato un’osservazione a riguardo. “Era
la verità. Non mi risulta ne
avessi una”.
“Ma
avevi una promessa”.
“Non
ho
mai promesso niente a nessuno io” replicò
freddamente l’altro.
“Perché
non mi hai mai parlato di lei? Pensavo che il nostro fosse un rapporto
basato anche
sulla fiducia”.
“É
un
interrogatorio questo?”
“É
curiosità.”
“Lei
è
parte del passato”.
“Lei
è
parte della tua vita, allora, non avevi accettato di prenderla come
regina?”
“Era
la
migliore candidata, ma non mi interessava sposarmi al tempo”.
“E
ci
sei stato a letto?”
“…
una
volta”.
Bulma
sentì un colpo nello stomaco piegarla in due ma
evitò di mostrarsi ferita. Le gambe che iniziarono a tremare, la sfiancarono lentamente. Vegeta le aveva celato
una
verità, e non riusciva a non chiedersi perchè non gliel'avesse detto, perchè le avesse taciuto quella relazione, perchè avesse guardato la saiyan con quello sguardo enigmatico, che sapeva di segreti, e perchè avesse abbassato lo sguardo torvo, lì a tavola, come se nascondesse qualcosa: volle sperare si
trattasse solo della classica
indifferenza che gli uomini mostravano verso determinati tipi di argomenti
molto
cari a una donna, quella che l'aveva portato ad omettere quel dettaglio del suo passato, ma le sensazioni a pelle raramente la portavano sulla sponda sbagliata.
“Sei
stato poco corretto con lei, allora”.
“Se
vuoi me la scopo di nuovo” replicò pungente, non
tollerando ramanzine in un
momento in cui una strana inquietudine lo stava scuotendo interiormente.
“Evitami
il tuo sarcasmo. Ho visto come la guardavi”
affermò colma di risentimento.
“Non
so
cosa tu abbia visto”.
“Uno
sguardo significativo, direi”.
“Sinceramente
mi sembra assurdo che tu abbia visto qualcosa di significativo nei miei
occhi,
visto che non c’è nulla tra me e Jinka”.
Il fatto che un altero e un chiuso come Vegeta l'avesse chiamata per nome la infastidì. “Una
donna certe cose le legge. Lei ti ha guardato come se ci fosse qualcosa in sospeso
tra di
voi.”
“Adesso
stai delirando” disse lui iniziando a spazientirsi.
Bulma
notò che l’argomento lo innervosiva. Il fatto che lui
si stesse irritando nel rivangare in un passato forse non così indifferente, la
mise ancor più in allarme. Si sentiva come un vaso
fratturato che inizia a
cedere nei punti deboli, dopo ha incassato i colpi. La fiducia cieca che aveva sempre nutrito per
Vegeta
stava subendo un duro colpo quella sera. Immaginarlo con una donna che
provava
per lui ancora qualcosa, e verso cui lui aveva provato qualcosa seppur
di labile,
ma che comunque rientrava in una forma di interesse, la stava facendo
impazzire. Sapendo quanto fosse importante per i saiyan di alto rango
avere una
donna forte e impavida vicino, percepì un forte senso di
inadeguatezza e di
sfiducia che scoppiò all’improvviso, dentro di
lei, come una molotov. Col solo
sguardo con cui vede il cuore, scorse ad un tratto sfumature del volto
di
Vegeta nuove, che in quel momento si stavano rivelando con maggiore
chiarezza.
Non
era
riuscita a curarlo definitivamente, a lenire le sue inquietudini, a
soddisfarlo
con ciò che gli aveva dato spontaneamente: amore, appoggio,
una casa e poi un
mezzo per ritornare. Nulla di tutto ciò lo aveva reso
sereno, perché il passato
da cui lui era venuto era come l’inferno, gli aveva lasciato
segni dentro e lo
aveva educato a bruciare il fuoco con altro fuoco, a godere del sangue
perché
uccidere, togliere la vita facendo paura e usando le maniere forti era
come
essere un Dio che si avvale del diritto di fare della vita altrui
ciò che
vuole, e privarlo di quell’autorità era come
relegarlo a servo qualunque. Aver
rivisto quella donna, o solo aver riaperto alcuni sipari su un passato
neppure
così lontano, sembrava averlo reso inquieto.
Quando
Vegeta
rientrò al tavolo dei consiglieri, Jinka era tornata
lì vicino e stava
prendendo parte ai discorsi con altri guerrieri.
Lui si avvicinò alla tavola, tra altre persone che si
aprirono al suo passaggio, e
la saiyan lo intercettò nella caciara generale fermandosi
davanti a lui. “Non
siete cambiato… Siete sempre un grande e bel
guerriero.” Il
silenzio di Vegeta e la sua aria torva e
poco disposta a farsi lusingare da lei non la trattenerono, e Jinka
continuò a
parlargli senza indugiare, con la confidenza che era tra loro rimasta
pur se gli
dava del voi per una mera questione di rispetto.
“Da quando siete
tornato a casa vostra, mi evitate. Prima della
vostra
partenza godevo della vostra stima, e penso di potere ancora
vantarmene... se non ho fatto in modo di non meritarla più”.
“Non
mi
risulta di aver detto che non sei una valida guerriera”
replicò lui, vagamente
seccato dal doversi mettere ad affrontare quelle chiacchiere da donna.
“Cosa
vi succede, principe Vegeta?” Quando lui le elargì
uno sguardo accigliato e
interrogativo, lei ripreso con più coraggio. “Una
volta eravate spietato, in tutti i campi" ammise con una punta di malizia. "Adesso cosa vi è preso? Lei vi ha reso un molle
forse?”
Lui
si
sentì un aculeo fastidioso dentro. “A te cosa
frega?”
“Quando
vi ho visto ritornare sono stata molto contenta, lo ammetto, ma pensavo
di avere
ancora davanti un saiyan, non un terrestre…”
La
voce
persino gentile, quasi persuasiva, che lei adoperò, era
tutta mirata a colpirlo
nel suo risaputo orgoglio. Lo sguardo sospettoso di lui la
spronò a continuare.
“Vi comportate come uno di loro e neppure ve ne accorgete.
Dovreste comportarvi
come quello che siete. Uno di noi. Il nostro futuro Re”.
Quelle
parole lo spaccarono dentro, perché si fecero spazio con
forza nel punto
debole della sua indole, dove Bulma non era potuta arrivare a placare le inquietudini che duravano da anni.
Vegeta sapeva che in lui c’era ancora un seme maligno pronto
a germogliare. Era
rimasto lì, dentro di lui, ad attendere una dannata primavera, a renderlo inquieto,
quasi infelice, a
ricordargli che voleva il sangue di Freezer e non solo. A rammentargli
che fare
la guerra era bello, che lui non doveva frenarsi com’era
successo in quegli
ultimi anni, che poteva e voleva sentirsi ancora un violento.
Perché era
rabbioso e fuori di sé, e aveva bisogno di toccare il fondo
dei suoi valori
discutibili per capirlo.
La
voce
di Jinka si fece spazio in lui come una serpe che striscia
pericolosamente.
“Io
so
bene che potete ritornare come siete veramente. É
l’influsso di vostra moglie che
vi calma troppo. Vi ricordo molto più bramoso di
fare la guerra, ora
sembrate indugiare, come se aveste paura di riprendere le vostre
missioni.”
Aggiunse un’ultima mirata lusinga. “Eravate il
migliore”.
“Lo
sono ancora” affermò lui fieramente, vagamente
risentito che lei avesse parlato al
passato.
“Non
metto in discussione le vostre capacità straordinarie, ma ne
sarò certa quando
vi vedrò di nuovo essere quello che eravate sul campo di
battaglia. Voi siete un saiyan, il principe dei saiyan”.
Per
un
istante Trunks svanì, e con lui anche Bulma, e tutti quegli
ultimi anni
trascorsi con loro. C’era solo la sua gloria davanti ai suoi
occhi, malsana e
avida. C’era la violenza che lo risucchiava, quel ricordo
della libertà, di non
amare niente e nessuno, di non avere punti deboli e di essere pronto a
qualsiasi cosa solo per godersi l’ebbrezza della vittoria, la
paura di chi lo
temeva e che rimaneva la sensazione che forse lo soddisfaceva al pari
di un
orgasmo, e gli elogi e il supporto completo della sua gente, compresa
quella
donna che aveva davanti e che aveva desiderato dargli un figlio come
lui, forte
e violento, e che ancora lo dichiarava con un certo e sincero
dispiacere nel
vedersi preferita una straniera senza un briciolo di forza,
così diversa da
loro.
Jinka
capì subito che Vegeta non era ancora del tutto passato
dall’altro lato, che
una parte di lui era ancora con loro: glielo lesse negli occhi che si
raggelarono quando gli ricordò il passato con fierezza e
malinconia tutt’altro
che disinteressata.
Il
male
che covava in se stesso prese ad espandersi davanti gli occhi di quella
donna
che pareva aver riacceso in lui la bestia sopita con quelle parole
simili a
carezze subdole, che avevano riaperto la via dei ricordi e di antiche e
gloriose vittorie dove nessun invaso sopravviveva per poterle
raccontare, dove
la furia dei saiyan si manifestava rivelando i mercenari per quello che
erano.
Venduti, violenti, lontani dal valoroso senso cavalleresco che Bulma
dava alla
parola guerriero, nonostante avesse cercato di inculcarlo in un Vegeta
reticente che rigettava ogni forma di altruismo.
Bulma
rientrò a casa stravolta. Sua madre la vide correre verso la
camera da letto e
accasciarsi sul materasso. Aveva gli occhi sbarrati mentre teneva la testa nascosta tra le braccia, pensava a quegli occhi, all'arrivo di quella donna, allo sguardo che si erano scambiati. Vegeta stava per
demolire ciò che avevano costruito, stava per obliare i valori che aveva imparato, pronto a tornare come un tempo e a
rinnegare
ogni forma di amore provato… Se l’era sentito, gliel'aveva letto in faccia, negli occhi gelidi, nella tonalità improvvisamente più distaccata della voce in cui una nota gelida si era intrecciata al nervosismo, lasciandole intuire che quel Vegeta che stava per conoscere era diverso dall'uomo che amava. Jinka era stata il giusto
fendente per riaprire la piaga mai del tutto guarita che suo marito
aveva
dentro.
Continua...
Ricordo
un paio di termini ai
malintenzionati : © le
mie storie sono
tutelate dal diritto di autore e registrate abitualmente a mio nome in
quanto
persona fisica nonchè tutelata giuridicamente.
Dunque, avviso chi non
ha di meglio da fare che copiare, prendere parti, spacciarle per proprie di
pensarci due volte a provare a plagiare o a rubare la farina del mio
sacco: non rischiate solo un
brutto bannaggio su questo sito,
ma rischiate anche in termini legali .
Fate attenzione.
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Capitolo 4 *** 4. Il tempo inizia a passare ***
4.
Una
risata maschile anticipò un movimento lascivo e rotatorio di
due corpi nudi e intrecciati. A una notte di ebbrezza carica di fiumi
di vino non
era insolito che seguisse una veglia di lussuria
sfrenata a cui i guerrieri si concedevano per corroborare lo
spirito bellicoso prima di affrontare nuove e spossanti incursioni.
"Guarda
che devo andare" fece Tana, soffocata dal peso dell'uomo che la
seguì nella fuga, rimanendo sopra di lei.
"Puoi
rimanere ancora un pò, visto che sei sveglia".
"Ho
da fare, e poi non ho ancora smaltito la sbronza. Ho la testa che mi
scoppia" ammise lei stordita.
Conservava
il vago ricordo, distorto dalla sonnolenza e dall'indolenza che regala
l'alcool, di aver continuato a bere anche dopo aver varcato la
soglia di una stanza che non era la propria, e poi c'era quel vuoto
fumoso riempito da vaghe immagini di orgiastico piacere sessuale che
aveva condiviso con il guerriero e un'altra compagna d'armi. Dal
disordine che regnava nella stanza era evidente che avessero fatto un
gran casino. Si sentiva la pelle appiccicosa, non ricordando che
l'altra donna le aveva versato del mosto fermentato addosso mentre lei
era seduta su quel baldo e robusto maschio accesso di
avidità sessuale, che era finito a bere il nettare alcolico
dai suoi capezzoli.
"Ci
penso io a farti passare il mal di testa" replicò l'uomo,
prevaricandola con la forza della propria stazza. "Torna qui e non te
ne pentirai".
"Guarda
che non ci sono solo io qui dentro. Sfogati
su Silena". Tana ruotò il capo e
adocchiò il corpo nudo dell'altra donna abbandonata al sonno
che dava loro la schiena. "Che fa, dorme?"
"E
anche sodo... Mentre tu dormivi l'ho fatto divertire parecchio"
commentò soddisfatto l'uomo. "Ti sei accasciata ai piedi del
letto completamente ubriaca a un certo punto e ti sei addormentata
così" continuò ridacchiando.
Tana
dilatò le palpebre due volte, cercando di ritrovare maggiore
lucidità. "Come ci sono finita di nuovo sul letto?"
"Hai
fatto tutto da sola..." Vlados sembrò parecchio divertito
nel ricordare che dopo essergli balzata alle spalle, pretendendo le
attenzioni che lui stava invece dispensando sul corpo di Silena, alla
fine le due donne avevano preso a baciarsi con irrefrenabile lascivia.
"Ne hai dette di cose strane... Hai parlato di alcune sfere... Come le
hai chiamate? Aspetta...Ah sì, sfere del drago?"
"Sfere
del drago?"
"Ti
sei vantata di aver fatto incursione nella stanza di Vegeta e di averlo
sentito parlare di sfere e di magia" ricordò divertito. "Ce
ne hai fatte fare di risate, eh..."
Tana
lo scostò bruscamente. "Ma piantala, chissà che
ti ricordi" fece lei prendendo ad infilarsi il body sotto lo
sguardo compiaciuto che lui le posò sui glutei di marmo.
"Guarda
che non si starà allenando nessuno questa mattina... Rimani
qui".
Lei
finì di sistemarsi l'indumento aderente addosso, poi le
scarpe, e infine appuntò un fermaglio tra i capelli per
tenerli scostati dal volto. "Vlados... La sai una cosa?" Fece lei
dirigendosi alla porta.
"Cosa?"
"Ti
ricordavo più dotato".
..
La
missione iniziò nel peggiore dei modi. Venti dallo spazio,
carichi di gas, costrinsero le truppe a indossare delle mascherine
antigas che ridussero la lacrimazione degli occhi. Iuris 5, ricca fonte
di metalli, era perennemente buio e coperto dalla polvere carbonica
delle rocce che si sollevava insieme ai venti dello spazio,
trasformando il vento in una specie di tortura fatta di lamette
taglienti. La pelle per quanto coriacea subiva la sferzante ondata
d'aria lacerandosi sottilmente, taglio dopo taglio, fino a creare
ferite che aveano già costretto alcuni guerrieri a ritirarsi
nelle navicelle in attesa di un miglioramento meteorologico. Fu aperta,
proprio grazie all'ausilio della capsule ideata dal padre di Bulma, una
stanza speciale stagna dove alcuni di loro entrarono sfilandosi le
mascherine per fare il punto della situazione. Visionata la mappatura
del pianeta, fecero il punto della situazione.
"Principe
Vegeta, non potremo attaccare nessuno se il vento non diminuisce. Cosa
suggerisce di fare?"
"Dobbiamo
prendere meno tempo possibile".
Jinka
rimase sola con Vegeta pochi minuti dopo. Gli occhi di lui la
evitarono, ma lei li mantenne fissi sul suo volto accigliato. "Mi
chiedevo... se non vuoi che ti segua nell'ultima imboscata".
Gli
diede del tu come
aveva sempre fatto quando erano rimasti soli in passato.
"Non
ce n'è bisogno" la liquidò l'altro. "Ho
già la squadra pronta e tu farai presidio qui".
"Monia
mi ha detto che può farlo lei".
"Ho
deciso che lo farai tu."
Lei
abbassò un pò gli occhi a mandorla facendoli
scivolare con incertezza su dei punti imprecisi, e quando si decise a
sollevarli di nuovo stavolta incontrò quelli gelidi
dell'uomo che aveva avuto nove anni prima. Anche se erano scuri come
quelli degli altri saiyan, quelli di Vegeta avevano qualcosa di
diverso. Non li ricordava così, forse perchè lui
neppure le aveva mai permesso di sondarli, ma in
quell'intensità c'era del tormento, come se fosse diviso da
qualcosa che lo divorava, l'inconfessata turbolenza di aver amato e di
non riuscire ad accettarlo adesso, di non volere che quei sentimenti
che aveva scoperto fortissimi e capaci di cambiarlo alterassero la sua
vita, rivelandolo diverso da ciò che era sempre stato prima
di conoscere Bulma. Era l'interiorità di Vegeta che
affiorava.
"C'è
qualcosa di diverso in te".
Vegeta
sembrò voler sorvolare sulla cosa.
"Ho
ragione, vero?"
"Non
c'è nulla di diverso". La voce di lui fu dura, quasi evasiva.
Inconsciamente
temette che nei propri occhi Jinka ci potesse vedere Bulma, il suo corpo nudo che
abbracciava quello di un amante capace di ferocie assolute che con
assolutezza unica si dava a una terrestre inoffensiva, gentile come la
luce della luna. Lui sperò che quello che aveva provato per
Bulma non affiorasse da un moto ingestibile del suo cuore
già nuovamente esiliato. Stava maturando l'idea che
doveva mettere da parte lei e Trunks, ci stava pensando di continuo in quelle ultime notti senza luna, spente e
cupe come il suo cuore colmo di rabbia, avido di guerra, di gloria, di
assolutismo senza traccia di debolezza.
Ma
la debolezza più grande era annidata nel suo petto. Lottava
ogni sera cercando di soffocare il ricordo di lei e
stava iniziando anche a riuscirci. Bulma e Trunks sarebbero divenuti
solo una parentesi, una piccola e piacevole tregua del passato che il
tempo avrebbe risucchiato nell'oblio. Prima o poi avrebbe dovuto
lasciarla, dimenticando anche il suo pianeta.
Jinka
fece un passo verso di lui e poi provò ad avvicinare il viso
al suo. Vegeta l'anticipò facendo un movimento con la testa
indietro per mantenerla a fuoco.
"Che
vuoi, Jinka?"
Lei
celò bene l'amarezza di vedersi respinta. "Voglio che torni
come un tempo..."
"Non
sono mai cambiato, te lo ripeto".
"Lo
sei, in qualche modo che non capisco."
"Quando
mi libererò di ogni intralcio... ritornerai a vedere
qualcosa di peggiore di ciò che ricordi. Voglio solo la
morte di Freezer adesso e distruggerò chiunque e qualunque
cosa mi ostacoli."
"E
della Terra? Che ne farai?"
Un
bagliore fugace, scintilla di vitalità che gli illuminò gli occhi fu risucchiato
nella tenebra che li ottenebrò nuovamente.
"Poi
ci penserò".
"Non dirmi che tua moglie ti rende così
debole".
"Non osare insinuarlo" la redarguì
infastidito. "Mia moglie non è certo il motivo per cui non
ho ancora assediato la Terra" mentì duramente.
Jinka fece leva su quel pò di confidenza
che aveva con lui. "Ne sei sicuro?"
"L'unica cosa di cui sono sicuro è che
devi stare al tuo posto".
"Beh..." sorrise l'altra, ambiguamente. "Non è colpa mia se non ti ho
dimenticato".
Lui
ripensò a quando se l'era fatta in maniera frettolosa, alla sua forza fisica, alla
stima che in fin dei conti aveva provato per lei avendola ritenuta la migliore
candidata a sedere al proprio fianco. Aveva persino pensato di farsi dare un figlio da Jinka, era vero,
finchè non lo aveva ricevuto un pò per caso da Bulma. Quest'ultima le aveva
soffiato l'uomo per un soffio, e Jinka sembrava esserne più
che cosciente. C'era odio negli occhi di quella saiyan ogniqualvolta si
parlava di Bulma o la si nominava, e sempre di sfuggita tornava ad
affiorare nel suo sguardo ferito l'astio, la gelosia, e la voglia di
distruggerla. Voleva riprendersi Vegeta.
"Io
ho la memoria lunga, Vegeta, ma tu come tutti gli uomini ce l'hai
corta".
"Ma piantala" replicò duramente l'altro.
"Quindi
mi stai dicendo che non hai dimenticato di noi due. Ti ricordi che eravamo fatti per stare
insieme, che potevamo portare l'impero dei saiyan oltre ogni limite.
Con noi due alla guida, nessuno ci avrebbe fermat..."
"Adesso
basta" la mise a tacere lui, perentoriamente.
"Come
desideri, anche se ti facevo più coraggioso".
"Cosa
vuoi dire" si insospettì l'altro, subito pungolato nel suo orgoglio.
"Che
non ti basterà mettermi a tacere per fingere che non sia la
verità quella che sto dicendo, e lo sai anche tu".
"Ti
si è allungata la lingua in questi anni o sbaglio? Ti
ricordavo meno invadente, donna".
Lei arretrò rispettosamente. "Forse hai ragione...è che dopo tutti questi anni vissuti in tua assenza, ora non ho voglia di tenermi dentro quello che penso di te. Io credo che tu ti senta solo in debito con quella terrestre solo
perchè ti ha aiutato a tornare."
"Io non sento debiti verso nessuno. Sono il principe dei saiyan"
specificò subito lui, vagamente irritato.
"Invece io lo penso".
"Devo forse ricordarti chi sono per farti
chiudere quella bocca che stai facendo gracchiare?"
"Lo so perfettamente chi sei. Se pensi che io ti consideri
solo il principe ti sbagli. Sei stato il mio uomo".
"Non mi risulta ci sia stato abbastanza tempo perchè io lo fossi".
"Per una sola volta".
"Che ormai neppure ricordo" mentì l'altro, cercando di farla tacere.
Lei non se la prese, sapendo che mentiva. "Avevamo un progetto... Sapevi che io ero la migliore che tu potessi avere, non negarlo almeno questo. Sei sparito al momento sbagliato, ma il destino ha scritto che tu tornassi, Vegeta.
C'è un motivo se non sei rimasto lì, se hai
incontrato quella terrestre che ti ha aiutato. Non ti pare strano che
tu ti sia imbattuto subito in una scienziata? Con tutte le persone che
abitano la Terra... Pensaci... Io credo che sia stato scritto che tu
dovessi tornare e portare il tuo impero al culmine, ma per farlo sai che non puoi farti affiancare da una terrestre, perchè tu hai
bisogno di una donna come te che conosce le tue esigenze e il tuo
spirito. Lei prima o poi ti sarà di intralcio".
"Jinka, sull'attenti". Il tono duro la fece
raddrizzare sulle spalle. Lui la fissò negli occhi brillanti e scuri, carichi di sfida, e scandì le proprio parole lentamente, con durezza. "Vattene adesso".
La saiyan abbassò il capo senza
risentirsi del vedersi liquidata così freddamente, anzi,
dovette persino contenere il sorriso che affiorò sulle
labbra sottili e lucide. Se l'era aspettata una reazione del genere da lui,
conosceva Vegeta ed era certa di avergli insinuato dentro
il seme del dubbio. Quando uscendo fece aderire la
maschera antigas al naso e alla bocca, un ghigno prese forma sotto l'oggetto che
allacciò sul volto. Avrebbe ripreso ciò che gli era
appartenuto.
...
Le
rivelazioni di Tana riguardo la conversazione udita in camera di
Vegeta, pur se fatte con la bocca impastata dall'alcool, avevano
oltrepassato la soglia della stanza di Vlados a cavallo dei suoi
pensieri indiscreti, che però erano rimasti relegati in un
angolo della sua mente fin quando non si era presentata
l’occasione di raccontarli. Dopo che incontrò il
fratello Gurlok nelle docce comuni, insolitamente vuote forse per via
dell’orario a cui si erano dati appuntamento, fece la sua
comparsa dalle saune il vecchio Gus, vecchio consigliere dall'aria
perennemente contrariata, la cui notte era decorsa all'insegna di un
mal di testa insopportabile e di una sudorazione insolita,
probabilmente determinata dalla grande quantità di alcool
che aveva ingerito ad un'età in cui anche un guerriero
saiyan doveva badare a ciò che faceva entrare dalla bocca.
Rimasero tutti e tre a parlottare delle scelte tattiche fatte dal
plotone di Jinka e del rientro anticipato mentre lo scroscio dell'acqua
tiepida ammorbidiva le tensioni muscolari dei volti assonnati per
gli eccessi alcolici della festa, unica occasione in cui era concesso
loro di bere fino allo sfinimento. Gus sembrava piuttosto risentito per
le scelte adoperate dalla corona, per le fallimentari missioni di due
mesi prima, rientrate con insuccesso da Infa e finite con l'esecuzione
a freddo dei comandanti, esecuzione avvenuta direttamente in sala
magna, davanti al trono di un Re stizzito e in ansia per le
penalità che gli avrebbe imposto Freezer. Continuava a dire,
approfittando di quel momento di deserto nei bagni comuni, che il Re
aveva sbagliato a levare di mezzo i comandati migliori, che era stato
troppo spietato e impulsivo, che non si poteva gestire così
una situazione di tensione, tuttavia Gurlok rimase ad ascoltarlo
facendosi investire dal getto tiepido di acqua amara che risaliva dalle
acque nere riciclate secondo un sistema di risparmio inventato
più di cento anni prima dagli Zufuru, vista la pochezza
delle fonti di acqua che andavano diminuendo già all'epoca.
L'espansione e lo spostamento era uno degli obiettivi della corona, che
stava per ricevere in premio un pianeta che pareva avesse fonti in
abbondanza per sostenere i saiyan ancora per due secoli, e su cui si
sarebbe potuto ricreare le fonti termali miracolose nonchè
paliativo medico naturale dei guerrieri.
Vlados
si sciacquò la chioma lunga e selvaggia grattandosi la cute
con energia, ascoltando le osservazioni vagamente inacidite di Gus e
notando che Gurlok sembrava non esserne neppure interessato,
perchè sicuramente stava morendo di sonno visto che aveva
passato la notte con una conosciuta prostituta che si era fatta un
pò tutti, tranne il chiacchierato Vegeta. Le uniche quattro
o cinque prostitute con cui di tanto in tanto il principe si era
intrattenuto, il tempo di sfogarsi un pò e di abbassare il
livello di aggressività determinato da un eccesso di
testosterone in circolo nel sangue, avevano parlato di un uomo che non
aggrediva nè parlava. Si prendeva il piacere in silenzio,
esattamente come se loro fossero solo oggetti da trattare con cautela,
e poi le liquidava freddamente, ma mai nessuna aveva lamentato una sua
brutalità infondata. Pur non volendolo, la diffidenza da cui
era caratterizzato riusciva persino a farlo apprezzare dalle donne,
probabilmente perché il silenzio che ne ingenerava era una
calamita.
"Gus..." Il
tono scimmiottante di Gurlok rimbalzò tra le pareti delle
docce. "Ti sei svegliato con la luna storta stamattina? Non ti sei
goduto la festa?"
L'altro
intuì che l'osservazione era stata una battuta a cui Vlados
rise in rimando, sostenendo l'umorismo del fratello.
"Si
vede che Gus non si è divertito. Te lo dico io che ti ci
vuole, Gus, una donna... Una bella donna, o due. Nonostante
l'età puoi ancora darci dentro".
"Tu
hai dato il buon esempio" commentò Gurlok. "Ti ho visto
sparire con Tana e Silena, ubriachi fradici che a malapena vi reggevate
in piedi".
"Mi
ci voleva proprio" ammise l'altro, al cui rientro da Neo Genesis non
era mancato appetito in tutti i sensi. "Sesso e cibo solo le migliori
medicine di un soldato, altro che fonti miracolose. Sono entrato in
camera che ce l'avevo già in mano..."
"Come
sta Tana? So che non ha potuto prendere parte alla missione per una
frattura al piede" indagò Gus a cui interessava
più carpire informazioni di natura politica, che medica.
Indagare anche sullo stato delle donne, sia fisico sia sociale, gli
permetteva di carpire il morale e le tendenze politiche che si
agitavano dietro i paraventi femminili.
"Dice
che ci ha messo tre mesi a guarire. Ha pensato bene di scaricarsi su di
me. Quella guerriera è pericolosa, va tenuta al guinzaglio,
quando non combatte per troppo tempo diventa ingestibile. Lo sapete che
mi ha raccontato stanotte? Che ieri si è intrufolata nelle
stanze del principe".
"Non
ci credo" disse Gurlok la cui espressione confermò quanto
trovasse divertente immaginare quella situazione. "E a che scopo l'ha
fatto?"
"Niente,
pare che avesse fatto una scommessa con Jinka... Lo sapete che lei non
ha mai mandato giù che Vegeta si sia presentato in patria
con una moglie straniera. Beh, dice che si è intrufolata
lì con Monia e ha recuperato un oggetto, non ho capito cosa,
però mentre erano in camera sono rientrati pure Vegeta e sua
moglie... Come si chiama..."
Ci
pensò e fu anticipato da Gurlok.
"Bulma".
"Esatto,
lei. Pare che li abbia sentiti parlare di sfere magiche... Di un drago
che esaudisce desideri, e di un bambino che ha un radar per trovarle".
"Deve
averne buttato giù parecchio di vino" gli fece eco Gurlok,
sghignazzando.
Nessuno
lì aveva mai visto un drago, ma Gus ricollegò
quella parola al tatuaggio di Bulma, al fatto che quando a Vegeta era
stato chiesto cosa fosse quel disegno che lei aveva inchiostrato sulla
pelle, lui aveva sbrigativamente risposto che era una figura
mitologica frutto della fantasia della popolazione terrestre che
credeva nell'esistenza di draghi e spiriti magici. Facendo una rapida
somma di riflessioni sospette, convenne che Vegeta doveva essere a
conoscenza di fatti esoterici che non aveva voluto rivelare.
"E
della Terra che mi dici?" Chiese improvvisamente Gus, rivolgendosi a
Gurlok che ci era stato, mentre si allacciava l'asciugamani attorno ai
fianchi. "Sei stato tu a intercettare Vegeta, no? Mi hanno detto che
sei andato ad avvisarlo personalmente".
"Ho
visto molto poco, ma sembra un pianeta perfetto per la vita.
Gravità leggera, aria fresca, cielo molto limpido... Proprio
come i capelli della moglie del principe."
"Hai
visto la sua dimora?"
"Vive
in una grande metropoli, in una costruzione alta almeno
ottocentocinquanta piedi..."
"E
ti sembra un pianeta rivendibile?"
"Accidenti
se lo è" commentò Gurlok. "Secondo me vale molto,
però bisognerebbe capire di quante risorse minerarie
disponga."
"Stando
al fatto che non commerciano con altri popoli alieni, credo sia
autosufficiente" disse il vecchio.
"Presumo
di sì, ma non ho indagato... Vegeta non lo considera parte
dei suoi piani di assedio".
"Vegeta
sta sbagliando. Non dovrebbe considerare sua moglie un ostacolo alle
sue conquiste. Questo non è un atteggiamento da saiyan, come
non è saggio che lui si faccia consigliare e
influenzare da
una donna che non è una saiyan" aggiunse
calcando sulle ultime parole e lasciando trapelare nel tono tutto il
proprio risentimento per una scelta mai condivisa. "Da
quand'è che ci siamo inchinati davanti ai nostri sudditi?"
Un
silenzio pesante fece eco alle sue parole ammonitive e cariche di tutto
il peso della sua anzianità.
"Beh..."
fece Vlados con aria un pò stupida. "Il principe non
è una sprovveduto".
"Il
principe tiene la testa tra le cosce della sua bella moglie e suo padre
non sembra intenzionato a farlo ragionare."
"Non
sarai troppo severo Gus? Te la prendi perchè Vegeta da
più importanza al parere della moglie che al tuo?"
"Vlados,
tu non hai mai capito un bel niente di strategia, quindi astieniti dal
fare commenti stupidi come i tuoi ragionamenti".
"Ehi,
Gus, sta attento a quello che dici" gli fece eco Gurlok, in difesa del
fratello minore. "Non vorrai attaccare briga con noi solo per i tuoi
risentimenti con le scelte dei Vegeta".
"Io
sto parlando con tuo fratello".
"Hai
detto bene, stai parlando con mio fratello quindi è come se
stessi parlando con me. Vegeta non è un'idiota,
avrà qualcosa in mente e poi... mi è sembrata
più che in grado di fare valutazioni sensate a favore di noi
saiyan" affermò Gurlok.
"E
tu come fai a saperlo ? Non eri al tavolo con noi..."
"Gus,
rilassati, eri a una festa, non a un comizio. La gente parla,
c'è chi ha gradito il suo intervento, posso assicurartelo..."
L'espressione
contrita dell'altro non mancò di far intuire quanto gli
rodesse. "Sarà stato quella lingua di Edgar che
parla sempre a sproposito".
"Comunque
se vogliamo parlare francamente, non mi pare che faccia male ai sovrani
avere qualcuno che li faccia ragionare di più, visto
cos'è successo – come tu stesso ai ricordato poco
fa- ai
comandati di rientro da Infa - gamma solo perchè qualche
figlio di puttana ha pensato bene di aprire bocca e di far partire
informazioni che non dovevano partire" affermò duramente
Gurlok, riferendosi al fatto che si vociferasse che la loro sconfitta
fosse stata causata da qualche spia che aveva fatto bene il suo
lavoro.
"Pensi
sia saggio stravolgere le nostre tradizioni, Gurlok?"
"Che
vuoi dire?"
"A
Kakaroth è stato evitato il torneo degli ultimi, per il
capriccio di una... frivola e patetica femmina".
"Dietro
quel capriccio ci sarà una ragione" affermò
Gurlok, che sapeva che Kakaroth aveva incontrato Bulma al mercato, e le
aveva risparmiato le molestie del vecchio venditore di
antichità. "Altrimenti Vegeta non l'avrebbe assecondata".
"Io
non vi capisco, vi state ammattendo tutti quanti, non ti sembra che il
Re e suo figl..."
"Questa
non è la sede opportuna dove parlarne, Gus” lo
interruppe subito l’altro che sentì dei rumori
provenire dal fondo della stanza e intuì l’arrivo
di altre persone nei bagni. Il tono si fece più pacato e
anche l’altro ne comprese il motivo. “Io non ho
voce in capitolo, tu potevi far valere la tua se non fossi stato
impegnato a inventarti qualche stronzata da consigliere per impalmare
il Re e non dirgli la verità in faccia".
"Sta'
attento a come parli, Gurlok" sibilò l’altro.
"Io
sto attento a come parlo, ma tu sta’ attento a cosa
insinui”.
"So
bene che non sei abituato a prendere decisioni”
Commentò Gus facendo trapelare tutto l’orgoglio
che il suo alto lignaggio gli permetteva di mostrare. "Ma da che parte
stai si può sapere?”
"Dalla
parte delle decisioni che non spettano a me. Come non spettano a te.
Sei tu che stai giocando al gioco delle pedine, Gus. Lo so che non li
hai a genio i Vegeta, dopo quello che è successo a tuo
cugino Paragas e a suo figlio Broly. Quella donna che tanto critichi
potrebbe essere la chiave per risolvere i tuoi problemi. Dovresti
rilassarti".
Gus
osservò entrambi i suoi interlocutori con sprezzo. "Non so
cosa vi sta dicendo la testa, ma pare che quella donna stia creando
problemi anche alle vostre zucche vuote" sibilò prima che un
trio di guerrieri da poco svegli entrasse al suono di una divertente
chiacchierata. I due fratelli li salutarono senza avvicinarsi mentre Gus si ritirava.
“Sembrava
quasi risentito con il Re e con il principe”
osservò Vlados a tono bassissimo, tamponandosi con
l’asciugamani.
“Leva
quel quasi” replicò Gurlok a tono basso, che si
confuse con le risate degli altri presenti che avevano aperto le docce.
“Anche se ce l’ha a morte con loro, la donna non mi
pare il problema che lui sta cercando di farci credere. Ti assicuro che
ci sono stato a contatto diverse volte ed è una donna
tutt’altro che stupida. Sicuramente a livello fisico ha
un’energia patetica, e se vogliamo stare a discutere se sia o
no la regina saiyan ideale, penso che tutti direbbero di no.
Però io non sono contrario alla sua unione con Vegeta, prima
di tutto perché chi si fotte il principe non mi riguarda, e
poi perché la sua presenza ha un effetto benefico su quella
testa calda ”.
“Non
ho avuto modo di farci caso, ero su Neo Genesis 2 con Jinka e le
altre”.
“Ti
assicuro che Vegeta si da parecchio una calmata quando
c’è lei a rabbonirlo. Gus teme che quella Bulma
capovolga i nostri equilibri, ma io ti dico che la sua presenza
sarà di aiuto anche a noi. Se ci fosse stata lei per dirne
una, quando sono rientrati i capitani da Infa-gamma, secondo me non ci
sarebbe stata alcuna esecuzione.”
“Ma
è il Re che li ha levati di mezzo”.
“Appunto.
Se ci fosse stata lei, ci sarebbe stato anche il principe, e quando
c’è lui il Re gli lascia le decisioni, questo
perché Gus ha dimenticato un dettaglio non irrilevante che
riguarda il principe…”
“Sarebbe
a dire?”
“La
sua forza”. Gurlok si sciacquò rudemente la
faccia, strofinandosela poi col panno ruvido come carta
argentata. “Chi diavolo la lava questa
biancheria? Mi ci potrei grattare la schiena”.
“Dici
che il Re teme suo figlio?”
Gurlok
si sistemò l’asciugamano dietro al collo.
“Temerlo non saprei… è pur sempre suo
figlio, e il principe quando vuole è più spietato
di suo padre. Ti dimentichi quello che fece dieci anni fa su Kolrbek?
Fece fuori Nappa, perché durante lo scontro contro Tarak
perse, e lui se la prese sul personale. Vegeta ha bisogno di qualcuno
che lo tenga al collare, o può far seri danni come li ha
fatti anche il padre. Quell’uomo è sempre stato
troppo individualista, ed è una bomba pronta ad esplodere. A
me non interessa cosa decide di farne dei popoli che assoggettiamo, mi
preoccupa invece cosa può fare contro il nostro.”
“Sì,
forse hai ragione, ma Gus è pur sempre parte del
consiglio…”
“Gus
bada ai suoi affari, come tutti qui dentro. Nessuno fa nulla per nulla
in questo posto.” Gurlok si mosse salutando i guerrieri a cui
passò accanto.
Gurlok
era sempre più certo che Gus non avesse le mani poi tanto
pulite. La politica era un affare sporco, questo si sapeva, ma il
doppio gioco faceva più danni di una donna tradita.
Continuava a persistere in lui una specie di sensazione strana, come se
sospettasse che il vecchio consigliere stesse
muovendo qualcosa per far vacillare la solidità del
consiglio. Se qualcuno di loro tramava per spodestare i Vegeta, Gus
poteva essere uno tra i migliori attivisti. D’altronde tutti
sapevano che non aveva mai digerito la morte di suo cugino. Pareva
fossero stati molto legati lui e Pargas, proprio come due fratelli, e
chiunque apparteneva alla loro generazione li ricordava come due
giovani guerrieri molto uniti. Non era stato mai comprovato, ma non si
era escluso che tra quei due ci fosse persino del tenero. A furia di
condividere i campi di battaglia e i letti con più donne,
sempre insieme, qualcuno aveva messo in giro la maligna voce che
fossero persino amanti, sospetto negato da più prostitute
che li ricordavano baldanzosi e vogliosi, e anche piuttosto violenti.
Pargas poi, aveva saputo della nascita di Broly mentre si stava
fottendo due donne in una tenda insieme al cugino, e non aveva mosso un
muscolo per andare a vederlo. La deceduta madre di Jinka che era stata
con lui in missione aveva raccontato la cosa con
indignazione. Dopo che il Re aveva trovato
occasione per esiliare lui e il suo giovanissimo figlio,
forte quanto Vegeta e sempre lì lì per superarlo,
per molto tempo di quei due non si era saputo più niente.
Gus, che al tempo non era ancora parte del consiglio, aveva cessato di
parlare di suo cugino come se fosse morto. Ad alcuni era sembrato un
atteggiamento sospetto, motivo che gli era valso la sfiducia al suo
ingresso tra i privilegiati che accerchiavano il
re, qualcun altro invece aveva archiviato la questione con una semplice
scrollata di spalla, ricordando che le decisioni del re erano
indiscutibili direttive che nessuno si permetteva di contestare. Ma Gus
non aveva mai smesso di credere che il trono di Vegeta spettasse a
Broly, che ormai, dopo anni di esilio su un pianeta aridissimo, era
stato dato per morto.
..
Il
computer rimandò sullo schermo una serie di dati alfa
numerici che si rifletterono consecutivamente uno dietro l'altro sulla
sfera lucida degli occhi. Bulma, intenta nell'analisi dello scorrimento
delle informazioni, rosicchiò l’ultima bordatura
del filtro della sigaretta su cui aveva lasciato una lieve sbavatura di
rossetto, e poi la spense riducendola ad una poltiglia accartocciata.
Si passò le dita sugli occhi, massaggiando
contemporaneamente le palpebre appesantite e stanche, e
sgranchì il collo facendolo ruotare. Il
ricordo di Vegeta, della furia con cui un giorno aveva distrutto
tutti i soprammobili della stanza da letto, le
passò davanti acuendo le sue inquietudini. Non aveva mai
smesso di considerarlo pericoloso, prima di tutto per se stesso.
Persino sua madre le aveva chiesto se fosse davvero certa che lui non fosse un
individuo pericoloso per la famiglia, ma Bulma lo aveva difeso certa delle
sue intuizioni: Vegeta non le avrebbe mai fatto del male fisico, anche se la
ferocia con cui era capace di incazzarsi la spaventava e non poteva
negarlo. Lui era arroganza, era un'anima belligerante e in pena, e cupo da far paura, ed era quell’inquietudine che gli si
annidava negli occhi come un gasolio infiammabile a renderlo
così instabile. C'erano episodi di vita familiare difficili,
mai dimenticati, in cui Vegeta c’era stato con tutta la sua
indifferenza verso lei e loro figlio, apparentemente lontano
dall’accettare uno stile di vita così lontano da
quello condotto fino al momento del suo impatto sulla Terra, che non
era stato un colpo solo fisico ma persino mentale. Forse anche troppo.
Non poter ritornare da dov’era venuto, almeno fin quando
Bulma non era riuscita a portare a compimento il proprio progetto di
supporto, lo aveva mostrato vulnerabile e umano, e le aveva permesso di leggergli dentro una strana e combattuta
tristezza del tutto affascinante. Non era disumano come diceva di essere, piuttosto
era vivo dentro, vivo anche di emozioni gentili che pareva
voler soffocare per dovere più che per volontà
propria. Quello che gli avevano insegnato era che una vita senza distruzione era un involucro vuoto che
conteneva un animo senza onore: fierezza, controllo dei sentimenti deboli, cinismo,
erano i capisaldi con cui forgiare un vero combattente, e Bulma per
portarlo sulla retta via aveva ancora una lunga strada da percorrere.
Adesso che poi era ritornato a casa sua, sul suo pianeta di origine,
accerchiato dalla sua gente e sobillato dai suoi consiglieri, e
insidiato dalla sua precedente amante, quella strada che Bulma aveva
intuito snodarsi verso il futuro lunga e complessa, ora le appariva una
salita piena di ostacoli. Vegeta forse non sarebbe più
tornato indietro. Non il suo Vegeta, non l'uomo in cui aveva intravisto
più di una debolezza e aveva smosso in lei un moto di
compassione accalorata.
Dopo
aver lasciato che la testa reclinata davanti permettesse alla cervicale
contratta di distendersi alleviando i crampi muscolari della posizione
d'ufficio, i suoi occhi ritornarono allo schermo del pc, ma non la sua
mente. Era più di un mese che non aveva sue notizie e stando
ai suoi calcoli la gravità su Vegeta doveva essere ritornata
più bassa, ma lui non si era presentato a casa. Bulma non si
era fatta vedere dopo l'ultimo loro saluto, ma sapeva che se la loro
diveniva una guerra d’orgoglio forse lei l’avrebbe
persa inevitabilmente.
Non
aveva smesso di pensare mai, mai neppure mentre si concentrava sul
proprio lavoro, a quella saiyan che fissava suo marito, al loro silente
scambio di sguardi, così significativo almeno in apparenza,
alla freddezza con cui Vegeta aveva liquidato lei, sua moglie, con
un'atteggiamento quasi cupo e seccato. Proprio mentre ripensava a
quella loro ultima conversazione che ricordava a memoria, forse
sperando inconsciamente di esorcizzarla, ricevette una chiamata dalla
madre.
“Dimmi,
mamma, ti ho detto che per almeno un’ora non vorrei essere
disturbata, sto facendo un lavoro complicato…”
“C’è
qui una persona per te”.
Nel
petto un sussulto e l'aritmia cardiaca le fece brillare gli occhi.
“Vegeta?”
“No,
ma qualcuno che viene dal suo pianeta. Gli ho appena offerto un succo
di frutta” pigolò Bunny. “E’
davvero un bell'uomo, alto e grosso. Dice di chiamars..."
Ma
neppure finì di dirlo che la telefonata fu chiusa e Bulma
corse verso l’ascensore. Quando
fu su, molti piani più in alto, Bulma lo incontrò
nel salotto ampio. Una pioggia fitta si abbatteva sulle vetrate
catturando l'attenzione del saiyan, incuriosito dalla vita di quegli
abitanti della stessa specie.
“Eccomi”
esordì lei arrivandogli di spalle. "Benvenuto".
L’altro
si voltò seriosamente, ma per una frazione di secondo i suoi
occhi brillarono nel vederla. Lei era così affascinante che
gli faceva sempre uno strano effetto vederla comparire davanti
d'improvviso, con l'abbacinante luminescenza che irradiava.
“...Vengo a portarti notizie del tuo uomo”.
“Ti
ha detto lui di venire?” Indagò subito lei,
sperando che fosse così. Nell'attesa della risposta, l'aria centralizzata le procurò un fremito di freddo e la costrinse a strofinarsi il tessuto di cotone che le fasciava le braccia.
“No.
Me l’ha detto suo padre, il Re”.
“Ah…”
ammise lei, delusa.
“Vegeta
è partito in missione due settimane fa. Ora è su
Iuris 5”.
Bulma
sembro risentita da non averlo saputo prima. Emise un sospiro che fu
una specie di sfiato quasi seccato che anticipò le parole
vagamente pungenti che le solleticarono in gola.
Sentì la necessità di arrabbiarsi, forse persino
di piangere. "E da quand'è che il Re si preoccupa per me?"
"Il
Re non si preoccupa per lei" la velocità con cui Gurlok le
rispose le lasciò intendere che i saiyan non erano soliti
badare a questo tipo di legami e di preoccupazioni. "Posso assicurarle
che l'unica cosa che ora vuole è non avere intralci con
tutte le missioni in corso".
"O
che non intralci la spasimante di mio marito. Dico bene?"
L'altro
tacque come fosse stato colto nel segno ma lei non sembrò
illividirsi ulteriormente. Recuperò tutta la propria
dignità sull'orlo del baratro.
"Bene.
Rassicura sua maestà che non verrò a sconvolgere
il precario equilibrio della vostra fragile corte"
replicò Bulma con sarcasmo. "Non
voglio certo che la mia presenza inneschi picchi ingestibili di
testosterone" aggiunse incrociando le braccia al petto e continuando.
"Potrebbe scatenarsi un caos che solo un esercito di prostitute
potrebbe placare".
Bulma
notò che lui sembrò quasi sorriderle con gli
occhi.
"Cosa
c'è su Iuris
5? Materie prime, persone...? " Indagò ancora, con
noncuranza, celando come meglio poteva la sua totale
contrarietà all'idea di invasioni di quel tipo.
"E'
un pianeta ricco di giacimenti di carbonio e credo sia presidiato da
alcune forme di vita, ma non lo so per certo. Freezer lo vuole
assolutamente".
"Freezer..."
Bulma si accese una sigaretta. "Quando rientra il tuo principe?"
Gurlok
notò il tono seccato con cui lei aveva volutamente calcato
sulle due parole finali della domanda, quasi a voler sottolineare che
lei non doveva nulla a Vegeta.
"Non
posso saperlo. Presumo non prima di un mese, ma potrebbero volercene
anche due".
"E
tu perchè non sei andato?"
"Io
sono di istanza su Vegeta."
"Chi
ha preso parte alla missione Iuris 5? Solo i primi ordini?"
"Anche
tre plotoni di secondo".
Lei
camminò con calma e si avvicinò all'ampia
vetrata, osservando giù, oltre la pioggia che scivolava sui
vetri.
"Toglimi
una curiosità. E' vero che Jinka doveva diventare la moglie di Vegeta?"
"Era la
migliore aspirante che avesse e lo sapevamo tutti".
Bulma
fece una smorfia strana che fu una specie di rigurgito del suo
malessere interiore. Riuscì comunque a mantenere un
atteggiamento vago, come se non fosse infastidita dalla cosa, ma dentro
sentiva rimontare una gelosia sorda, esattamente come quello stato di
angoscia latente che la stava lesionando lentamente rendendola preda
delle sue angosce. D'improvviso si sentì fare una domanda
con un tono che assunse un'intonazione quasi irrisoria, di lieve
compatimento.
"Hai
paura?"
Lei
sembrò cadere dalle nuvole. "Di cosa?"
"Che
loro siano insieme in tua assenza."
L'espressione
di Bulma si fece seria per non permettergli di sondare i suoi timori di
donna. "No che non ho paura. Vegeta è mio marito, non il
suo".
"Ma
lei è una guerriera saiyan" ammise Gurlok con un ghigno,
cercando di metterla in difficoltà.
"E
io sono la donna che l'ha salvato e ve l'ha restituito"
replicò subito lei, a testa alta, e Gurlok
percepì lo spirito battagliero che dietro la
gracilità del suo corpo vibrava come uno stendardo teso e
colorato di nazionale orgoglio.
"Credo
che il principe te ne sia davvero riconoscente" ammise lui
inaspettatamente, senza perdere traccia di sfida nello sguardo. "Ma
attenta, perchè c'è chi vorrebbe Jinka al tuo
posto".
"Magari
proprio a partire dal Re" fece Bulma.
Gurlok
non le rispose pur sapendo che il Re aveva deciso di tenerla lontana il
più possibile in quel momento di missioni, così
da non ammorbidire lo spirito di Vegeta in nessun modo. Bulma
poteva essere proprio la persona più indicata per gestire la
ferocia di Vegeta, e non era l'unico a pensarlo. Gurlok
nutriva una strana simpatia per lei, finanche per il primo incontro che
aveva suggellato, tra un botta e risposta, l'inizio di una
corrispondenza rispettosa, soprattutto dopo che si era visto in qualche
modo difeso da lei nonostante l'avesse irrisa davanti ai presenti. Lei
era uscita dalla macchina del teletrasporto materializzandosi davanti i
suoi occhi scuri come la cosa più succulenta su cui avesse mai
posato lo sguardo, neppure fosse una pietanza da mangiare... Gurlok
indugiò sulle sue forme burrose e pensò che ci si
sarebbe volentieri poggiato sopra, reclinando il capo su di essi come
un bambino, con insospettabile tenerezza. Soffocò il
pensiero prima di andare oltre, temendo che lei glielo leggesse negli
occhi, ma Bulma sembrò averlo intuito e gli sorrise appena, stringendosi nelle spalle infreddolite.
Continua...
Ragazzi\e scusate il
grande ritardo ma a causa di un trasloco in atto + casini on work ho
dovuto mettere un pò in pausa il mio hobby, anche se ho
cercato di portarmi avanti.
Capitolo di transito, lo
so, ma cercherò di regalarvene uno decente quanto prima.
Datemi il vostro parere! kiss
|
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Capitolo 5 *** 5. Il potere del male ***
Breve
capitolo di supporto al quarto. Buona lettura!
5.
Due
settimane dopo, proprio quando i saiyan
iniziarono a divenire irrequieti e pericolosi gli uni per gli altri, il
pianeta
cessò di sputare fuori gas e si eclissò in uno
strano silenzio che rivelò agli
esploratori cui Vegeta era a capo una popolazione stanziata in
superficie tra
numerosi geyser. I guerrieri la ritrovarono stanziata in una vallata
particolarmente stretta e chi si accorse del loro arrivo non
sembrò badarci. Le
rocce plumbee svettavano dal terreno formando dei coni neri con le
punte
rivolte verso l'alto e il paesaggio era totalmente disadorno di
qualsiasi forma
di vita anche vegetale. Tanti piccoli esseri incappucciati che
oscillavano come
bonzi ubriachi ripetevano delle strane nenie compiendo un percorso
designato e
pieni di religioso fervore. Le nuvole gravide di pioggia acida e
l'assenza di
luce rendevano quel luogo ancora più cupo ma nonostante
l'ombra di cui era gravida
l'atmosfera gli occhi di Vegeta furono traditi da un ricordo, per un
solo
attimo, dal suo cuore che era stato relegato a mera comparsa dietro il
suo
orgoglio altisonante ma che comunque ancora batteva in un certo qual
modo, e
che gli fece passare davanti agli occhi una sola immagine, un lampo di
luce
accecante a cui non concesse tempo, ma in cui comunque
affiorò un traditore
sguardo, i colori luminosi dei capelli, il calore della vita che
esplodeva sul
pianeta blu. Bulma era luce. Lui solo ombra. E la frazione di secondo
che seguì
aveva già offuscato tutto e nei suoi occhi non
continuò a perdurare che ombra.
Una grotta cupa e umida li accolse abbassando le temperature corporee.
Vegeta
ordinò al gruppetto di saiyan che lo seguiva di arrestarsi e
proseguì da solo,
verso il centro della terra. Acuminati spuntoni simili a ghigliottine
affilate,
monito per chiunque si addentrasse in quei cunicoli tetri e
interdetti, scivolavano dal soffitto verso il basso pendendo
minacciosamente sulla testa. Vegeta li superò guardingo
finchè non raggiunse la
misteriosa presenza che sedeva di spalle su un trono di pietra umida.
Strani
bagliori che rimandava la roccia al luccichio di una fiamma si
rifrangevano
nella sala circolare, gettando un chiarore spettrale in quel luogo di
assoluto
silenzio.
Darbula,
fedele guardiano
del suo Re, accolse Vegeta con piacere:
"Principe
dei
saiyan, ti stavamo aspettando".
La
sfera magica aveva
predetto il suo messianico arrivo.
"Il
tuo arrivo tanto
atteso è quanto di più lieto per noi".
Vegeta
sembrò stranito da quella capacità
di preveggenza con cui qualcuno aveva osato spiarlo. "Chi diavolo ve
l'ha
riferito?"
"Non
dubitare dei tuoi uomini. Al
grande mago Babidy, nulla è segreto".
"Chi
è Babidy?"
"Gli
occhi dell'oscurità e la bocca
attraverso cui si esprime il male".
"Darbula..."
la voce sottile del
mago stridette
d'improvviso oltre la spalliera del
trono. "Lascia che il principe dei saiyan, il potente,
venga a me.
Voglio conoscerlo".
Alla
parola potente,
volutamente enfatizzata da un tono che celava machiavelliche
intenzioni, Vegeta
ebbe un sussulto di fierezza che Babidy si era aspettato. Il peccato
più grande
di Vegeta d'altronde, oltre ad essere l'orgoglioso che era, aveva il
suono di
una parola semplice. Vanità. Essere così forte, il
migliore o uno tra i
migliori, gli procurava un piacere senza eguali. Era la sete di gloria che lo stava per condannare
definitivamente,
mandando a monte anni di recupero che Bulma gli aveva dedicato, in
qualche modo
tentando di redimere quell'anima destinata all'inferno di cui si era
innamorata
follemente.
Vegeta
gli si portò di fronte, fiero e
indomito, e cupo come una figura dannata. Quando i loro occhi si
incrociarono,
Babidy vi lesse dentro il male che stava cercando.
"Principe,
che onore incontrarti di
persona. Non avrei mai preteso tanto".
"Chi
sei?"
"Il
mago Babidy, fedele servitore del
male, occhi e orecchie dell'inferno. Ti stavo aspettando principe
Vegeta."
"Freezer
reclama questo pianeta e
sono venuto ad assediarlo".
"So
perfettamente cosa reclama
Freezer, ma io reclamo molto di più... Forse lui crede che
tu lo serva, ma tu
non gli sei fedele fino in fondo e io voglio di più. Io
voglio te, come parte
dei miei fedeli, perchè so che posso darti quello che
Freezer non vuole
cederti".
"Cosa?"
"Più
potere".
Gli
occhi di Vegeta furono attraversati da
un bagliore sfavillante che li rese quasi invasati. La parola magica
era stata
pronunciata accarezzando le velleità di un uomo debole e
affamato di rivalsa e potere.
Vegeta voleva liberarsi dall'oppressore e prenderne il posto e Babidy
lo
sapeva: glielo leggeva dentro, perchè aveva il potere di
vedere a nudo gli
animi malvagi. Sapeva che il suo immenso orgoglio era un ostacolo
difficile da
eludere per impossessarsi di lui, ma era certo di poter riuscire nel
proprio
intento dacchè era il punto debole di Vegeta, la sua voglia
malsana di essere
il più potente a renderlo facile alla tentazione. Neppure
una donna poteva
piegarlo quanto quel desiderio malato.
"Voglio
essere più forte di Freezer e
di qualunque altro guerriero vivente."
"Posso
aiutarti".
"Non
ho bisogno dell'aiuto di
nessuno."
"La
fama del tuo orgoglio ti precede.
Io ti permetterò di annientare ogni remora trovando la
spietatezza che ti
serve".
"Mi
parli di un lato oscuro?"
"Esattamente.
Puoi prendere quello
che sto per darti... E anche Freezer ti temerà". Quelle
parole furono una
scintilla su combustibile. Quando le disse, Vegeta sorrise malignamente
e
Babidy iniziò a penetrarlo con lo sguardo, viaggiando dentro
il suo animo fino
a trovare quello che cercava. E quando gli si annidò dentro,
Vegeta non era più
la stessa persona che aveva varcato la grotta: era un cane da guerra,
privo di
qualsiasi limite preimposto dalla coscienza e uno strano simbolo si
impresse
sulla sua fronte. Ora non faceva più parte dell'esercito di
Freezer, ma il
prezzo per avere quella potenza fu barattato con qualcosa di valore
più grande:
aver venduto l'anima a Babidy significava avere un posto all'inferno
riservato
a lui stesso, tra la schiera degli oppressori, e non potersi
più redimere.
Bulma e Trunks divennero solo un bagliore inghiottito da quell'ombra e
sparirono dai suoi cupi orizzonti.
I
suoi uomini lo videro uscire dalla
grotta così com'era entrato, con la gravida ombra del male
che colmava i suoi
occhi mentre un ghigno gli piegava le labbra.
Jinka,
che non sapeva chi avesse incontrato li sotto, intuì subito
un suo cambiamento
leggendoglielo in faccia. Gli andò in contro a
passo svelto, superando gli
uomini, e lo osservò da capo a piedi percependo la sua aura
vibrargli contro la
pelle. Positiva e fiera di quell'uomo che vedeva, gli sorrise: "Leggo
finalmente nei tuoi occhi quello che attendevo con ansia".
Lui,
che uscendo dalla grotta non sembrò
considerare nessuno tra i presenti fuorchè il nuovo se
stesso, ruotò le iridi e
le poggiò su di lei come se solo in quel momento la
scorgesse. La guardò dritta
negli occhi, e fu come se fosse tornato indietro nel tempo: la
ricordò essere
la migliore candidata per generare il figlio che il casato aspettava,
perchè
una Bulma, di cui ora pareva neppure ricordarsi, non avrebbe potuto
dargli un
figlio malato.
Lei
era luce. Lui solo ombra. Babidy
era riuscito a oscurare il suo volto e quello di Trunks, a
farli inghiottire nelle tenebre, e quando Vegeta ordinò ai
soldati di
rientrare, e si riallacciò la maschera antigas sul volto, la
famiglia che si
era costruito era già parte del passato. I due terrestri non avevano più valore per
lui.
..
Freezer
venne a sapere del tradimento di
Vegeta alcuni giorni dopo, tramite un informatore inviatogli proprio da
Gus.
Furioso e fuori di sè, fece fuori tutta la squadra a cui era
a capo il soldato
che di rientro glielo riferì. Per due giorni nella base si
respirò tensione e
pericolo, fin quando Zarbon, rientrato tempestivamente per pure
casualità,
ammorbidì il suo padrone e amante con discorsi carezzevoli,
ben felice di poter
vedere morto il saiyan di cui era stato sempre geloso.
Così ne approfittò
per avvelenare il monarca con parole mirate ad acuire la sua rabbia.
"Ho
sempre considerato quella scimmia un pericolo. Il suo tradimento l'ho
atteso e
aspettato, Vegeta non merita più nulla, così come
il suo stupido popolo".
Il
tiranno bianco osservò lo spazio fuori
la calotta, pensoso e insondabile.
"Vuoi
che lo uccida per te?"
incalzò ancora Zarbon.
"Voglio
la sua testa" ammise
Freezer con tono gelido e calma. "L'ho cresciuto quì, nel
ventre di questa
base, dandogli la gloria che voleva, e ora lui... Decide di mettermisi
contro.
Bene. Che sia così allora".
"Puoi
distruggerlo facilmente".
"Non
ancora. Voglio la mia vendetta,
e voglio che sia lenta. Farò fuori ogni saiyan
esistente".
Una
guardia oltrepassò la porta automatica
e venne portando notizie di un'imminente visita. Freezer dava la
schiena
all'ingresso e aveva le mani ferme sopra la coda. "Una navicella saiyan
sta arrivando. La abbattiamo?"
"E'
quel furbo del vecchio"
replicò Freezer. "Fatelo passare. Stavo aspettando Gus da
molte ore".
"Ma
ci sarà da fidarsi?"
"Ovvio
che no, ma sono curioso di
sapere che notizie mi porta... Il suo odio per i Vegeta sarà
la soluzione ai
nostri problemi".
"Cosa
intendete fare, dunque, potente
Freezer?"
"Voglio
notizie della moglie di quel
bastardo. Voglio sapere chi è veramente e da dove viene di
preciso."
"Vi
interessa così tanto quella donna
per qualche motivo?"
"Se
Vegeta ha sancito quest'unione
umana con quella nullità, un motivo ci sarà, o
pensi che non conosca il piccolo
bastardo che ho cresciuto anche io? Vegeta non è solo figlio
di suo padre, ma
anche il mio."
Zarbon
tenne per sè il proprio odio che
tracimava dagli occhi. Odiava Vegeta come non aveva mai odiato altri.
"Ti
chiedo solo un favore, Freezer,
mio signore".
L'altro
voltò la testa glabra verso il
guerriero dalla chioma verde. "Che chiedi Zarbon?"
"Quando
sarà il momento, lascia a me
Vegeta".
"Oh,
ti prego, vuoi togliermi questo
piacere?"
"Voglio
condividerlo con voi".
"Vedremo
Zarbon, vedremo..."
affermò mellifluo, tornando a fissare sempre nella stessa
posizione lo spazio
che si dispiegava immenso fuori l'enorme oblò. "Va' pure a
prendere il
vecchio consigliere, e fa arrivare anche del cibo. Un traditore va
ricevuto con
tutti gli onori che merita, no?"
Zarbon
si inchinò leggermente e uscì
velocemente. Il mantello che fluttuò alle sue spalle si
gonfiò lasciando dietro
di sè una pesante scia di profumo di cui il guerriero era
solito abbellirsi.
Questa sua risaputa vanità gli era spesso valsa anche le
irrisioni di Vegeta,
che non aveva mancato di dargli della femminuccia in tempi non
sospetti, e
l'aveva più volte infastidito con i suoi commenti pungenti
che ferivano più di
quanto potessero le sue mani.
Freezer
raggiunse la spia quando si fu
rifocillata. Conosceva i punti deboli della loro razza e voleva
bendisporlo a
parlare allietando prima la sua pancia. Il saiyan si inchinò
devotamente quando
egli entrò, preceduto da due guardie e seguito da Zarbon che
lo superava in
altezza. Freezer congedò tutti tranne il suo
amante e si sedette di
fronte al saiyan.
"Prima
di brindare, voglio che tu mi
dia buone notizie. Ho ricevuto il tuo messaggio. A quanto pare il
principe non
ha voluto consegnare alle mie guardie Iuris 5."
"Ho
saputo che non l'ha più assediato
e ne ignoro il motivo".
"Vuole
fare di testa propria a quanto
pare".
"Esattamente.
Quella testa calda è
una bomba che vaga e rischia di colpire tutto ciò che
incontra" ammise Gus
gravemente.
Freezer
ridacchiò. "Vegeta... E'
stato il mio miglior guerriero..." Quelle parole evocative irritarono
ulteriormente Zarbon che però tacque senza far trapelare
alcuna emozione.
"L'ho cresciuto quando suo padre me l'ha dato per renderlo
più forte, ho
reso ricca la sua famiglia, gli ho fatto acquisire più
gloria e un nome più
grande, ed ora...così mi ricambia, me, Freezer signore
potente della galassia.
Stupido ingrato! Incede verso la morte e ne va anche fiero".
"Vegeta
è un pazzo come suo
padre" disse Gus. "Non sente ragioni quando vuole una cosa e non si
lascia guidare".
"Il
Re dov'è adesso?"
"Il
Re è in viaggio tra le province
per accertarsi che tutto sia al proprio posto. Non gli
è ancora giunta
notizia delle ultime decisioni di suo figlio".
"Come
pensi che reagirà?"
"Al
Re importa solo di tenere il suo
bel culo al proprio posto".
"Voglio
altri dettagli però. Se sei
venuto solo per dirmi che Vegeta ha tradito, non mi basta. Voglio
dettagli
sulle attività delle varie province, tutte le truppe di
istanza, i loro
movimenti..."
"Questi
al momento non li so, ma
posso cercare di rimediare".
"Ma
come, un consigliere che non è al
corrente delle scelte militari, che consigliere è?"
Affermò la lucertola
sospettando che lui non volesse rivelargli la verità.
"Potrei farti
saltare la testa adesso..."
Gus
abbassò il capo umilmente. "Il Re
ha taciuto gli ultimi spostamenti a tutti i consiglieri. Suo figlio gli
ha
vietato di proferire parola."
"Mh..."
Freezer emise quel
singulto. "C'è lo zampino di quel furbo di suo figlio
allora".
"Non
solo... Vegeta è suggerito da
qualcuno di più pericoloso".
"Chi?"
Si insospettì
l'altro.
"Sua
moglie."
"Quella
donna...? Ma se Vegeta non si
fa consigliare mai da nessuno!" Esclamò Freezer quasi
divertito.
"Invece
lei riesce anche in quello.
Voci di corridoio riferiscono che ella può condurlo a delle
sfere magiche che
esaudiscono i desideri".
L'espressione
di Freezer si riempì di
sorpresa. "E da chi hai appreso simile stupidaggine?"
"Una
donna che li ha spiati l'ha
riferito ad un suo compagno di letto, e lui l'ha detto a me. Non posso
essere
certo che sia vero, vista la quantità di vino che
è stata versata il giorno
prima, ma posso affermare che non credo sia del tutto falso. La
terrestre ha
uno strano tatuaggio sulla schiena, pare sia un drago. Il principe
Vegeta ha
affermato che i terrestri credono in tali figure mitologiche".
"Mh,
non so neppure cosa significa ma
sono altresì curioso di approfondire questa vicenda".
"Farò
tutto ciò che è in mio potere
per approfondire, se lo desiderate".
Il
silenzio che seguì ampliò quel clima
teso e gravido di congetture. Freezer
tornò a parlare a Gus
dopo aver sorseggiato il suo vino che si fece versare dal servile
Zarbon.
"E tu cosa vuoi in cambio..." insinuò fissando d'improvviso
il
vecchio saiyan dritto negli occhi. "Un traditore della patria lo fa
sempre
per avere qualcosa in ritorno. Voi saiyan non fate nulla per nulla.
Siete
mercenari, e io lo so bene".
"Ovviamente
Freezer. Io voglio che
mio cugino Paragas torni dal suo esilio e prenda il suo posto,
perchè suo
figlio Broly è migliore di Vegeta."
"Addirittura?
Non lo sapevo."
"Lo
è, e posso provarlo. Ma questo
riguarda noi saiyan e io vi chiedo aiuto politico. In cambio avrete il
nostro
appoggio incondizionato e le vostre province. Noi saremo solo il vostro
esercito."
"Vuoi
fotterti il posto di Vegeta e
darlo a un altro?"
"Lo
voglio per me, e per poter essere
affiancato dalla mia famiglia che vuole vendetta".
"Brindiamo
a questo accordo allora. Giuri fedeltà a
me?"
"La
giuro, potente Freezer." La
voce di Gus vibrò profondamente, ricolma e tracimante di
odio come il suo
calice. "Io voglio vedere i Vegeta cadere. Li voglio vedere
bruciare".
Freezer
alzò il calice verso il saiyan e
annuì mentre un bagliore di perfidia attraversò i
suoi occhi color sangue.
"E li vedrai cadere Gus. Nel baratro."
Continua...
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Capitolo 6 *** 6. visite e rivelazioni ***
So
che sono un po' latitante… Chiedo scusa ai miei lettori
super carini che mi scrivono ma purtroppo il tempo da dedicare a questo
hobby al momento è diminuito. Cercherò
di aggiornare anche Codice Genesi, e intanto vi regalo un piccolissimo
capitolo di
questa storia, portando avanti la trama e l’intreccio che
spero di poter continuare in questi giorni, visto che sto cercando di
ritagliarmi il tempo per farlo. KISSS
6.
Parte
dei saiyan partiti
come milizia di supporto al principe, rientrarono alla base esattamente
quando
Vegeta finì di far saltare in aria due piccoli pianeti
controllati dalle truppe
di Freezer. Senza cuore e senza interesse per il dolore arrecato,
ritrovò l’antico
sè stesso, oppressore feroce e spietato, seguito dai fedeli
saiyan e da due
donne innamorate di lui: una, luce, l’altra, ombra.
Esattamente le due parti di
sé, in perenne lotta l’una contro
l’altra.
Jinka
lo seguì ovunque in
quel lasso di tempo, su tutti i pianeti a seguire, desiderosa di
divenire sua
moglie prendendosi il posto che le spettava, e volle combattere al
fianco dei
suoi fratelli e sorelle razziando con la stessa ferocia di Vegeta, come
a
volergli dimostrare che erano della stessa pasta, fatti per stare
insieme. Riuscì
persino a ricevere un complimento dal principe per il lavoro compiuto e
fu
quanto di più soddisfacente per il suo piccolo ego: quando
dalla bocca di Vegeta
uscì quel complimento per il suo ottimo lavoro, Jinka si
sentì ebbra di gloria
e vincente, certa di averlo ormai in pugno. Il suo obiettivo era sempre
più
vicino, perché finalmente il principe non la osservava
più come parte del
passato ma come parte del futuro. Bulma era stata sbaragliata. Vegeta
stava per
divenire suo totalmente, come mai prima.
Ignara
di ciò che stava
succedendo, Bulma continuava ad attendere un rientro che non avveniva
da
settimane. Il macchinario del teletrasporto situato sul pianeta Vegeta
era stato
messo in standby e lei non poteva tornare da lui a sincerarsi stesse
bene.
Nella sua mente, continuava infatti a persistere il timore Vegeta fosse
in
pericolo. Non smetteva mai un solo istante di temere per
lui… Il suo amore era
sincero e vivo, non si era mai scalfito neppure quando aveva scoperto
che forse
c’era del sospeso tra lui e Jinka, e tantomeno quando aveva
scoperto di essere
stata tagliata fuori i collegamenti col pianeta Vegeta.
La
sua mente era ancora
ebbra di quelle bellissime, innumerevoli volte, che aveva dormito su di
lui
nuda e inerme, mentre Vegeta ancora sveglio guardava fuori le
finestre e
le toccava la pelle, chiuso in qualche riflessione delle sue. Le sembrava una persona così diversa
quella che aveva
vissuto lì con la famiglia, che non riusciva a credere avesse abbracciato di nuovo
i
capisaldi barbari della sua cultura. Ma d’altronde avrebbe
dovuto sospettarlo,
al posto di sognare come l'irresponsabile che era, perché lui era cresciuto
così, a pane e guerra, a bocconi e
botte. Dunque aveva scelto, alla fine, di andare via, ma in quella fuga si era portato via il suo cuore, pronto a distruggerlo nel brutale e ferreo palmo.
Fu
quando iniziò a
escogitare qualcosa per raggiungerlo, nonostante sapesse che poteva
rivelarsi
un lavoro molto lungo e probabilmente inutile, che ricevette la visita di
Gurlok. L’uomo
scese dalla cima del palazzo compiendo la strada già fatta
una volta,
attraverso il locale di servizio degli ascensori a
scendere, fino a presentarsi in piena notte nel
corridoio di casa dopo aver forzato con la pressione di due dita la
maniglia
della porta che affacciava sulla scala di emergenza, interdetta al
personale
degli uffici e dei visitatori: Bulma gli si parò innanzi
nella penombra con un
cardigan sbottonato, che le copriva appena metà coscia,
attirata dai rumori
sospetti e interrompendo la lettura in salotto che portava avanti da
ora di
cena alla sola luce di una lampadina direzionata sul libro. Aveva
concentrato pensieri
ed energia sullo studio, nelle letture più impegnative, per
cercare di non pensare
a Vegeta, ai suoi occhi, al suo averle voltato le spalle,
dimenticandosi di lei e di ciò che insieme avevano costruito. Bulma lo pensava con una costanza al limite del
morboso ed era ossessionata
dal suo tocco e dal suo sguardo al pari di quanto lo era Vegeta per la
gloria: la verità è che lei aveva conosciuto l'uomo, non il principe o il guerriero, e l'uomo non era come loro... L'uomo che lei amava era timido e schivo, orgoglioso e fiero, ma gentile nel toccarla, fermo nel desiderarla, geloso e a suo modo persino protettivo, e anche se poco avvezzo alle gentilezze e alle dolcezze si lasciava accarezzare ed amare da lei come se ne avesse davvero bisogno. Bulma si era sentita la sua regina ogni volta che lui se l'era tenuta avvinghiata nel letto, in silenzio assoluto.
“Cosa
ci fai tu qui?”
Gli chiese stupita e appena allarmata.
“Ti
porto notizie di tuo
marito” esordì subito l’altro, con tono
cupo, non senza essersi prima concesso
uno sguardo di rapimento sulla sua bellezza esotica. Bulma si era
coperta
meglio il resto del corpo ma non aveva potuto impedire agli occhi di
Gurlok di navigare
lungo i dolci pendii del suo petto e del suo ventre teso.
“E’
successo qualcosa? Vegeta
sta male?” Si agitò l’altra.
“Sta
bene, ma presto
annuncerà la rottura dei legami col tuo pianeta e con
te”.
Bulma
credette di non
aver udito bene le sue parole. La voce le uscì spezzata,
quasi a fatica. “…Come
dici…?”
“Presto
prenderà in
moglie Jinka, non lo ha ancora ufficializzato ma sappiamo che
sarà così. Tuo
marito ha dichiarato battaglia a Freezer e siamo sull’orlo di
una guerra senza
precedenti”.
Bulma
si sentì
vacillare. Tirando un respiro profondo gli diede le spalle e
iniziò a incedere
verso la cucina con passo lento. Quei dubbi che l’avevano
dilaniata per interi
giorni adesso trovavano una risposta: alfine lui aveva scelto la sua
promessa,
una guerriera, una donna alla sua altezza fisica, e le sembrava
impossibile e
sconcertante accettarlo. Quando il saiyan le fu dietro, nel seguirla, e
le fu
abbastanza vicino da farle percepire il proprio respiro profondo, Bulma
si
accorse che era prossima al pianto. Si portò una mano sulla
bocca, trattenne il
respiro e il pianto per non apparire patetica ma quando si
voltò verso Gurlok
gli occhi brillavano di lacrime come diamanti.
“Dunque…
Sei venuto a
dirmi solo questo?”
“Sono
venuto a dirti una
cosa ben più importante, che non dovrei”.
“…?”
“Molti
di noi temono i
Vegeta, perché sono pericolosi per sé stessi e
per gli altri”.
“Cosa
vuoi dire…?”
“Che
tu sei l’unica che può
tenere a bada tuo marito. Non c’è mai riuscito
nessuno e tutti si sono accorti
dall’ascendenza che hai su di lui.”
“Cosa
dovrei fare?
Vegeta non è un uomo che si lascia comandare da nessuno,
neppure da me.”
“E’
vero, ma tu puoi farlo
ragionare”.
“Ma
non diciamo
sciocchezze…” fece Bulma, scuotendo il capo.
“Ormai sarà fuori di sé… Non
so quanto
potrò farlo ragionare, o tornare sulla retta via”.
“Della
retta via non mi
interessa. Abbiamo grossi problemi a gestire la furia della corona che
ci
comanda. Re Vegeta è pericoloso per i saiyan stessi, e lo
sarà anche suo figlio
se continua così.”
“Non
capisco, scusa… A
cosa ti riferisci con pericoloso”.
“Il
Re ha già fatto
saltare la testa ai suoi antagonisti, e lo farà
ancora”.
“…”
“Il
problema riguarda
tutti i saiyan che riterrà forti abbastanza da poter
contrastare la corona
stessa” dichiarò Gurlok non potendo celare
l’occhiata truce che fu rischiarata
dalle fioche illuminazioni provenienti dai grattacieli che si
riflettevano
sulla vetrata.
“E’
la monarchia che voi
stessi volete…”
“Noi
non siamo politici,
siamo guerrieri”.
“E
io cosa dovrei fare? Se
Vegeta ha scelto di tornare a fare quanto di più spregevole
ci sia, io cosa
posso fare? Non lo conosci?”
“Tu
puoi salvarci, devi
farlo ragionare.”
“Non
posso, non mi ascolterà,
e poi come faccio, non mi è più concesso di
tornare sul pianeta Vegeta”.
“Non
pensavo che ti
saresti tirata indietro, sinceramente” ammise cupamente
l’altro, scivolando poi
sulla piega dei suoi seni appena celati dal cardigan.
“Conosco
mio marito e ho
sempre saputo che la sua redenzione non era definitiva. Vegeta
è sempre stato tormentato
e inquieto…E’ un’anima dannata. So
benissimo che ha sempre sperato di tornare a
combattere così…”
“La
situazione è peggiore
di quando è partito ed è arrivato qui.
E’ come sotto sortilegio… Pare che abbia
messo la sua forza e anche la nostra al servizio di un nuovo potente
mago degli
inferi”.
“Un
cosa… Un mago…degli
inferi?”
“Babidy,
lo stregone del
pianeta Bu. Gli ha venduto l’anima per aumentare la propria
potenza. Mi è
arrivata voce che ormai Vegeta è fuori di sé e
combatte come un posseduto.”
Bulma
si portò una mano
sugli occhi reclinando il capo e rimase così in silenzio.
“Inutile
dirti che anche
se ci rende onore la sua potenza, ci spaventa tanta ferocia
inarrestabile.
Anche noi abbiamo dei bisogni, non possiamo solo combattere. Dobbiamo
riposarci
e ristorarci con le nostre donne”.
Bulma
parlò con una certa
perplessità.
“Prima
mi rigettavate,
ritenendomi una terrestre priva di qualità belliche, e ora
chiedete il mio
aiuto? Scusa ma sono molto dubbiosa e non cred…”
“Io
non so cosa sia quello
che provi per lui e che lui ha provato per te, ammesso ancora lo
provi” la
interruppe Gurlok. “Non ho mai provato nulla di simile. Noi
veniamo educati a
non farci coinvolgere da sentimenti come l’amore, e anche se
sappiamo cosa sia,
non possiamo provarlo fino al punto di legarci così gli uni
agli altri, perché la
nostra vita viene regalata alla guerra, e ci piace così. La
natura ci ha creato
per combattere e morire con onore. La vita da terrestre non
è roba adatta a un
saiyan, tantomeno ad un Vegeta... Però so che Vegeta ti ha
amata, non ne ho
dubbi, quello che ha provato per te deve essere stato amore, mi
è bastato vedere
come ti ha guardata negli occhi più di una volta. Tu lo hai
salvato, Bulma. La
sua riconoscenza verso di te è la sola chiave che ci
permetterà di salvarci.
Freezer distruggerà noi e lui, e se non lo farà
Freezer, lo farà Babidy. E se non
sarà Babidy il nostro assassino, lo sarà il Re
prima o poi.”
“Ma
come può il Re
volere la morte dei suoi stessi sudditi, non capisco”.
“In
passato, quando
Vegeta era un bambino e lo ero anche io, il Re ha fatto fuori molti
saiyan
forti che arrivavano troppo vicino al livello di Vegeta o che
addirittura
rischiavano di superarlo. Broly era uno di loro ed è stato
bandito su un
pianeta deserto insieme a Paragas, suo padre. Gus, fratello di Paragas,
non ha mai
smesso di desiderare vendetta per il suo esilio mortale”.
“Ma
Gus è uno degli
anziani del consiglio del Re…”
“Appunto”
sorrise appena
l’altro, soddisfatto di averla sconcertata.
Lei
si morse le labbra. “Mi
stai dicendo che vuoi il mio aiuto?”
“Non
solo io, anche se
nessuno lo ha ammesso e nessuno sa che sono venuto a
parlarti.”
“Ma
come potrei
contrastare una potenza come quella del vostro Re o di un Freezer o di
questo
stregone, o di Vegeta stesso se decidess…”
“Vegeta
è influenzato
dallo stregone, adesso, non ragiona, è fuori di
sé. Non rientra da oltre un
mese e mezzo e ha già distrutto molte colonie, alcune delle
quali di nostro
aiuto per i rifornimenti. Una scelta stupida, visto che ha agito per
sola gloria
e divertimento, senza pensare. Temo che quel Babidy finirà
per fargli perdere
il cervello e per farlo andare anche a noi. Non sono l’unico
ad essere
preoccupato, inizia ad esserci agitazione tra i saiyan di istanza alla
base. Il
Re è troppo impegnato a supportarlo per capire quanto siamo
intimoriti da tutta
questa storia. Noi vogliamo combattere, ci va bene morire in guerra, ma
non
siamo carne da macello. Siamo uomini anche noi. Se dobbiamo combattere
lo
vogliamo fare anche per la nostra gloria, per ingrandire il nostro
impero, per
godere delle nostre vittorie. Così non ci sentiamo
più al sicuro, molti
guerrieri stanno convincendo le giovani prole più forti a
non esporsi e a
coprire la propria forza, ma è difficile gestire un saiyan
adulto, figurati un
bambino pieno di forza… E’ un lavoro faticoso, spesso impossibile.
Nasciamo per questo… Non puoi soffocare la forza di una cosa
nata per esserlo”. Silenzio.
“Cosa
farai, terrestre?”
Bulma
ascoltò tutto il
discorso con rapimento. Alla fine cercò di tornare lucida e
ragionevole: “Io… Senti…mi
piombi a casa all’improvviso, mi dici delle cose
che… mi lasciano senza parole,
io devo capire cosa sta succedend…”
“Non
c’è niente da
capire. Bisogna agire. O vuoi vedere il tuo pianeta bruciare?
Perché prima o
poi, quando Vegeta smetterà di ragionare,
arriverà anche qui… e distruggerà
tutto, anche tuo figlio.”
“Non
abbiamo figli” si
affrettò a dire lei.
“Non
mentire. Ho visto
tuo figlio, ha lo stesso sguardo del padre, anche se il colore è
quello... bello
dei tuoi occhi…”
Bulma
si sentì accarezzare
dalle sue parole e ne fu persino lieta.
“Ti
sbagli, non è nostro
figlio, sono stata sposata prima con un altro”
mentì ancora lei.
Gurlok
le sorrise,
consapevole della sua menzogna.
“Hai
modo di tenerti in
contatto con me? Farò in modo che al rientro tu possa
parlare con Vegeta, anche
se sembra non voler ancora tornare.”
“Ma
chi ha messo in
standby la macchina del teletrasporto?”
“Il
Re non vuole che tu
torni, ha capito che sei di intralcio. Non ha ancora distrutto la
macchina perché
teme che Vegeta possa divenire rabbioso e probabilmente non ha ancora
capito se
può osare fino a questo punto. Ma è questione di
tempo… Lo farà”.
“Va
bene… Vedrò di inventarmi
qualcosa… Intanto ti do dei codici con cui potrai sempre
accedere al mio pc da
quello installato sulla vostra macchina. Potrai mandarmi dei messaggi,
sai come
si usa?”
“No.
Puoi mostrarmelo?”
“Certamente…Lascia
che
mi metta qualcosa addosso e salgo con te”.
“Bene”
disse lui infine,
serissimo.
Lei
accennò un vago
sorriso, per tentare di coprire il disagio di sentirsi vulnerabile ed
emotiva. Inutile
negare quanto quelle notizie l'avessero già sconvolta.
Si
mosse per andare a
vestirsi. “Bene allora…”
Continua…
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