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di Proiezioni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** 2. Una spada e un tatuaggio ***
Capitolo 3: *** 3. Inquietudini. Una figura dal passato ***
Capitolo 4: *** 4. Il tempo inizia a passare ***
Capitolo 5: *** 5. Il potere del male ***
Capitolo 6: *** 6. visite e rivelazioni ***



Capitolo 1
*** 1. Come tutto ebbe inizio ***


   
Guida alla storie e ai personaggi.
Il racconto si colloca in un universo alternativo dai toni futuristici e fantasy. Non è stato inserito l'advert di OOC perchè i personaggi tendono, a mio avviso, a rimanere in character. Tuttavia, se notate sottili mutamenti nella loro psicologia, in particolare in quella di Vegeta, è perchè i personaggi vanno solo contestualizzati all’interno di eventi che si svolgono molto diversamente rispetto alla serie canon.  
La storia durerà solo qualche capitolo e sarà sicuramente uno degli ultimi lavori nuovi che proporrò, dopodichè tenderò a rallentare le pubblicazioni a causa del sempre minor tempo a disposizione.
P.S. cercherò di finire ovviamente Codice Genesi nel minor tempo possibile. COMUNICAZIONE per chi non visualizza più il proprio avatar, sulla bacheca è stato segnalato che Tinypic è stato chiuso. Al momento sono state individuate queste alternative: - imagestime.com -postimage.org - funkyimg.com - it.imgbb.com !

Buona lettura!! 






 
Prologo.
Come tutto ebbe inizio.
1.





Un macchinario verticale dalla forma cilindrica e lunga, irradiato da luce azzurra, faceva mostra di sè in una stanza fiocamente illuminata dallo stesso. La strumentazione intermittente e i radar collegati svolgevano il loro lavoro passivamente, senza mai sospendere l'attività di backup e monitoraggio. L'ups anti blackout costantemente collegato emanava un brusio di sottofondo molto basso ma non del tutto impercettibile. Nella stanza troppo piccola per un impianto così imponente, si avvertiva chiaramente il sovraccarico di onde elettromagnetiche che rimbalzava da una parete all'altra, rendendo l'aria elettrostatica e la temperatura più calda rispetto ai tunnel esterni. Sopra alcune criniere selvagge galleggiava un chiacchiericcio stranamente debole, di un piccolo plotone di guerrieri di rango alto, lasciati lì a presidiare le nuove apparecchiature - a detta del principe di inestimabile valore: lui in persona si era disturbato di disporre che ci fosse sempre qualcuno a controllare quegli strumenti il cui logo dalla doppia 'c' non si era mai visto prima del suo ritorno. Vegeta era stato fuori quasi otto anni, a causa di un guasto alla navicella che l'aveva portato alla deriva nella galassia, trascinandolo attraverso un varco temporale ai confini ad ovest, nel sistema solare 340, ed era rientrato pochi mesi prima, accolto con tutte le glorie del caso. Annoiati da quel lavoro statico, i guerrieri ingannavano il tempo giocando a carte nell'assoluto divieto di consumare alcolici.
L'alcool non era ammesso lì dentro - più in generale non era permesso fuori dalle mense per una questione di decoro generale. Al Re non piaceva  avere plotoni poco reattivi che bivaccavano per la base in stato di ubriachezza trascinandosi da un muro all'altro con mollezza, facendo un'inevitabile caciara. Due donne presenti, le chiome disordinate gestite da alcuni fermagli e dei body viola a marchio della casta, alleggerivano la gravosità di quel lavoro noioso, creando un clima meno testosteronico. Uno di loro provò ad allungare una zampa sulla coscia della guerriera più vicina, ottenendo uno schiaffo sul palmo.
"Non ci provare".
"Mi sono solo sgranchito il braccio" commentò l'altro ridendo con il resto della truppa.
Un altro scoprì la mano di poker. "E questo è quanto".
"Vai a farti fottere, ma come fai ad avere sempre le carte migliori? Questo bastardo se le sceglie mentre mischia il mazzo!"
La strumentazione del macchinario all'improvviso emise un bagliore discontinuo. 
"Ehi, che succede?"
"Non so, dovremmo avvisare subito il principe".
"Aspetta un istante, vediamo che succede... Ha detto che aspettava qualcuno. Forse la macchina sta teletrasportando una persona..."
Un rombo sordo precedette l'irradiazione della luce bianca e impenetrabile che attraversò il tubo fino al soffitto, illuminando a giorno la stanza. Dopo alcuni secondi di stupore e curiosità, attraverso il fascio cilindrico di luce si fece spazio una decoltè nera con un tacco a spillo molto affilato, che si posò sul primo gradino dei due, e a seguire uscì una gamba susseguita dall'altra, e infine un corpo sconosciuto oltrepassò il getto luminoso materializzandosi davanti a loro integralmente: si presentò loro, senza che se lo aspettassero, una donna vestita di un tubino blu notte, sobrio e semplice, ma la cui scollatura sottile e profonda faceva intravedere la procacità delle forme che avvolgeva. I capelli e gli occhi chiari come lapislazzuli, al pari dell'abbigliamento, non lasciavano ingannare dalla sua provenienza aliena.
"Accidenti, guarda un pò lì..." fece uno, adocchiandola con interesse.
Quell’ultima si guardò attorno disorientata e si vide squadrare da alcuni energumeni incuriositi che non mancarono di accoglierla con compiacimento. 
"Per tutte le scimmie..."
"Ehi, bellezza, ti sei mica persa..."
Qualcuno rise.  
Gurlok, la chioma lunga e folta e le gote scavate, si sollevò lentamente in piedi, infilandosi il rilevatore per constatare che segnava una forza irrilevante e ridicola.
"E questa chi è...?"
Lei si avvicinò alla truppa sentendosi i loro occhi penetranti addosso. 
"Scusate, posso sapere dov'è Vegeta?" Domandò educatamente, destando clamore e ilarità generale.
"Ho sentito male o questa qui ha chiesto del principe?" 
Un altro ripetè la sua frase con tono irrisorio prima di scoppiare a ridere grassamente. "Scusate, posso sapere dov'è Vegeta?"
Qualcuno gli fece eco ridendo.
"Io la farei passare, sono certo che il principe una sbirciata gliela darà volentieri... Sarà pure un duro ma su questa gli occhi gli ci cadono sicuro!"
Le risate sguaiate continuarono finchè uno le chiese con serietà ritrovata: "Perchè dovremmo dirti dov'è, non lo sai che devi chiedere un'udienza?"
"Un'udienza? Guarda che ho fretta e devo parlargli" fece lei con fare spiccio, sapendo che Vegeta la stava aspettando per la risoluzione di una bega meccanica. Dal tono della voce via radio aveva percepito tutta la sua impazienza.
"E sentiamo di cosa dovete parlare..." continuò Gurlok, sovrastandola in altezza.
Due di loro si guardarono con aria ammiccante.  
"Con una come te..." Continuò il tipo, squadrandola. "Non avrà tanto di cui parlare uno come Vegeta." 
Un generale e divertito chiacchiericcio venne inghiottito nel graduale silenzio che seguì quella battuta. Le ultime due voci che si udirono ridere furono quelle delle due donne sedute vicino ai compagni di armi.
"Mi state facendo perdere tempo..." disse Bulma cercando di non mostrarsi troppo spazientita.
"Ehi" si intromise uno tra quelli seduti, più scettico. "Magari è lei che il principe aspetta davvero..."
"Ma falla finita, se ha bisogno di una prostituta non se la fa mica arrivare dallo spazio!"
Lei si mise una mano sul fianco elargendogli uno sguardo caustico. "Sono sua moglie".
Un silenzio assoluto anticipò l'immediata risata generale che scaturì a seguire la sua affermazione.
“Tu! Sua moglie?!”
“Non mi risulta sia sposato, e poi perchè dovrebbe esserlo con una nullità come te?"  Il soldato dalla lunga chioma la squadrò da capo a piedi, constatando l'evidente differenza di struttura muscolare rispetto la stazza di una saiyan. "Non sei niente male, sia chiaro, una botta te la darei pure io, ma non sei mica una combattente come le nostre donne!"
Le guerriere dietro gli uomini si soffermarono a studiarla notandone una certa fragilità mentre gli altri continuarono a sghignazzare. Bulma non fece neppure in tempo a ribattere che la porta della stanza si aprì bruscamente, e ne comparve dietro il principe. La sua voce spazientita e dura lasciò a tutti intuire il suo pessimo umore e la confidenza che aveva con quella straniera. 
"Bulma! Sei sempre in ritardo ma dov'eri finita?!"
I guerrieri si azzittirono subito nervosamente, alzandosi sull'attenti, e la terrestre si rivolse lui sorridendogli con gentilezza e parlandogli con  un tono confidenziale che palesò a tutti l'esclusività del loro rapporto.
"Scusa, ho fatto più presto che potevo” disse carezzevolmente. “Non arrabbiarti... Mi sono dovuta staccare dal congresso con discrezione, ho visto la tua chiamata mentre ero in piena trattativa."
La sua voce ebbe su Vegeta un effetto calmante come un’iniezione di morfina.
Quando gli fu vicina, il principe squadrò i commilitoni essendosi accorto dell'atteggiamento disfatto della truppa al momento del proprio brusco ingresso.
"Ci sono problemi?" Indagò seccato.
Il più alto in carica, Gurlok, che si era preso la briga di sbeffeggiarla, si sentì in dovere di rispondere per gli altri. “No, maestà, stavamo solo assicurandoci fosse davvero lei la persona che stava aspettando”.
Vegeta, non soddisfatto della sua giustificazione, guardò Bulma negli occhi attendendo da lei spiegazioni ulteriori, e i guerrieri rimasero in attesa della risposta di lei con le chiappe ben strette.
La terrestre si soffermò in particolar modo sull'energumeno dai lunghi capelli, glorificandosi della considerazione di Vegeta. 
"Ma no..." La voce soffice di Bulma conservò una traccia di malignità. "Hai delle guardie molto affidabili, si stavano giusto chiedendo se non fossi una spia assoldata per entrare nel tuo letto ed ucciderti".
Vegeta sembrò stranirsi e la sua espressione si inasprì ulteriormente. 
La guardia dai lunghi capelli abbassò il capo e si affrettò ad aggiungere. "Nessuno ci ha detto che Lei è sposato con una straniera. Volevamo assicurarci fosse il vero ciò che la donna diceva".
Il principe rispose lui con durezza. "Da adesso in avanti lei passerà ovunque, come passo io, senza domande. Il primo che si azzarda a farle da ostacolo se la vedrà con me. Avvisate anche gli altri".
"V-va bene, altezza. Ordine ricevuto" replicò l'altro abbassando il capo con reverenza.
Bulma fece una cosa inaspettata. Gli mise una mano sul braccio con fare molto confidenziale: "Non essere troppo duro. Non gli avevi mica detto che è me che aspettavi."
Lo sguardo esaminativo e duro di Vegeta era rimasto inchiodato alla truppa anche mentre lei lo rabboniva, ma la sensazione percepita da tutti i presenti  fu che lei avesse avuto su di lui un effetto molto calmante.
Quando entrambi furono usciti, non vennero risparmiati commenti su ciò che era appena accaduto:
“Cazzo, avete visto...?”
“Si è calmato subito, non è da lui”.
"Non avrei mai immaginato che potesse sposarsi una tipa così".
"Così come?"
"Così... diversa".
Uno si risedette fiaccamente e riprese le carte in mano. "Ce la siamo visti brutta eh, le devi un favore Gurlok. Se non era per lei adesso stavi già sulla prima navicella in partenza per le province di Okus. E quelle sì che son rogne".
"Vai a spalarla tutta quella merda" commentò divertito un altro, facendo ammorbidire il clima che si era teso.
Era stato quello il primo incontro che la terrestre aveva avuto con quegli uomini grezzi e mastodontici. Da quella circostanza non si era parlato d'altro per giorni interi, di lei, di lui, di loro due, così palesemente diversi in quasi tutto per condividere letto e corona. Per tutti i tunnel della base non si era sentito chiacchierare d'altro. Le donne, assecondando l'impulsiva predisposizione al pettegolezzo, si intrattenevano a discuterne nei bagni, lontano dai corridoi, bramose di squadrare da capo a piedi quella straniera che aveva conquistato l’uomo più potente e temuto del pianeta, finanche partito più ambito tra le guerriere. Non era una donna soldato, non era bruna né aveva gli occhi spenti come opali, ma era una straniera più simile a una Dea, dagli occhi brillanti come biglie azzurre, che riflettevano i colori del suo pianeta di origine. Acqua. Ovunque in lei c’era acqua. I capelli non erano crespi o ingestibili, ma un’ondata di mare caraibico che cadeva sulle sua schiena sottile, flessuosa come la schiena arcuata di un serpente esotico. La voce di loro due era scivolata per le gallerie, alla stregua di un gorgoglio di ruscello, oltre i gradini dei quindici piani, per gli ascensori riservati, e aveva percorso i condotti di ventilazione insinuandosi attraverso le grate, per finire come una cascata sui letti vissuti, e nei bagni dove ci si ristorava tra docce fumanti, esplodendo poi nelle mense affollate nelle quali ci si abbandonava a chiacchiere di corridoio futili e fini a se stesse. E le voci non si erano fermate lì. Avevano oltrepassato i cancelli della caserma a dorso dei terza classe che entravano e uscivano dai piani alti, portando con sè quel vocio inarrestabile che era fluito fuori dalla base, tra gli arbusti secchi del terreno brullo e rosso per dar sapore ai discorsi delle famiglie degli ordini umili che abitavano ai margini della società dove era stato concepito anche  Kakaroth. Quelle chiacchiere concitate erano passate per i mercati dove venditori alieni si fermavano in un via vai incessante, e alla fine il risultato era che le verità si erano arricchite di dettagli sempre più minuziosi e al contempo incerti.
La chiamavano la protetta, perchè era intoccabile. Solo i guerrieri di primo e secondo ordine la riuscivano ad incrociare quando si muoveva all'interno dell'edificio. Fuori non la si era vista, ma solo immaginata. La si vedeva poco da quelle parti, solo nei giorni in cui il satellite Vegeta 3 si avvicinava nel giro dell’orbita e la gravità centrale si attenuava. Nessuno conosceva l’esistenza del pianeta Terra. Era parte del sistemare solare 345 - y, posizionato nelle aree più esterne della galassia, nella parte opposta rispetto alla loro regione spaziale in cui si collocava quella sfera rossa chiamata Vegeta. Quando la gravità si abbassava, lei tornava lì, anche e sicuro per scaldare il letto del suo Re. Ufficialmente svolgeva dei lavori ingegneristici, ma chi l'aveva vista entrare nella camera di Vegeta sapeva che non usciva mai presto.
Nessuno sapeva come si fossero conosciuti nè come un uomo schivo e pericoloso come Vegeta avesse potuto attirare a sé l’essere che più in assoluto avrebbe dovuto temerlo - dato che lo temevano persino loro.
Vegeta era arrivato sulla Terra da essere vulnerabile, durante un sopralluogo nella parte più lontana della galassia, esattamente quando la navicella per un malfunzionamento non aveva più risposto ai comandi nel mezzo di una tempesta di asteroidi che aveva fatto saltare i due uomini della sua scorta. Intercettata da forze gravitazionali e impossibilitata a deviare la rotta, la navicella era finita in un buco nero ed era stata sputata fuori nel sistema solare 340 dove aveva vagato fino a finire nell'orbita del pianeta Terra, che l'aveva attirato come un magnete, e da lì era piombata in un deserto di roccia, vasto e piatto, schiantandosi al suolo con violenza inaudita, proprio nella dropzone della Capsule Corporation. Bulma, che era nell'hangar a sistemare gli alettoni di un ultraleggero, era corsa nella direzione dell'asteroide che aveva alzato nell’impatto polvere e fumo ustionante, e lì vi aveva trovato un uomo ferito e in fin di vita.
"Sta' attenta, non avvicinarti" aveva detto un collega. 
"É un uomo!"
"Forse un militare?"
"Non erano previste esercitazioni in zona e lui non ha la divisa di uno dei dipartimenti militari. Abbiamo l'area di volo libera... Guarda i rottami distrutti..." fece Bulma.
“Ehi, questo tizio ha una coda!” Esclamò il terrestre.
Bulma lo aveva studiato con incredulità. “Quest'uomo non viene dalla Terra..."
Trasportato in città, moribondo e ustionato, curato e sfamato da lei con premura e curiosità... Quando Vegeta aveva ripreso conoscenza, molti giorni a seguire, vicino a sè aveva trovato una donna vulnerabile e gentile dagli occhi di mare. Osservandola a primo acchito, quel giorno terso e sereno e nella luce quasi abbagliante che le vetrate del trentaduesimo piano facevano entrare negli appartamenti, era così bella che gli era sembrata una Dea. Per un attimo aveva persino pensato di essere in paradiso, ma posti per uno come lui in paradiso non potevano essercene, e questo lo aveva messo in conto fin dal principio. Il suo peccato più grande, nonché condanna assoluta, era preferire la gloria del suo impero barbaro e sanguinoso a una vita di altruismo e rispetto verso i più deboli. 
"Dove sono…?" La sua voce dura e l’aria arcigna erano state le prime due cose che aveva rivelato di sé a quella donna curiosa.
"Nella Città dell'Ovest. In casa mia. Io abito in questo grattacielo."
Lui aveva ricordato gli ultimi attimi prima dello schianto e allora aveva sollevato la schiena con uno scatto, ritrovando l'energia perduta nella convalescenza, e aveva scoperto che fuori i vetri c'era una città che brulicava in un assoluto silenzioso. Lassù i suoni erano risucchiati dall’altezza che spetta sempre ai potenti. Anche chi aveva soldi quanti ne aveva Bulma lo era. E poteva dirsi fortunato, nella sfortuna che gli era toccata.
"Come si chiama questo pianeta?" 
"Questa è la Terra. Tu non sei di qui vero?" Lei l'aveva osservato piena di premura. "Come ti chiami?"
“Io devo tornare da dove vengo. Ci sono scienziati qui?”
“Io ti ho chiesto come ti chiami però”.
"Mi chiamo Vegeta, e sono il principe dei saiyan" dichiarò con fierezza. “Adesso rispondimi, donna, ci sono scienziati qui?”
Il tono autoritario della sua domanda non le aveva lasciato dubbi sulla sua regalità. Aveva immediatamente intuito che era uno abituato ad ottenere tutto e subito. Il suo lignaggio evidentemente, glielo permetteva.  
“Io mi chiamo Bulma” fece lei.
“Non mi interessa come ti chiami. Dimmi se ci sono scienziati o sarò peggio per voi. Faccio saltare in aria l’intera città.”
Lei non sembrò spaventarsi.
“Non credo tu sia nella posizione di minacciare, visto che sei arrivato conciato male e ti ho anche curato. Inoltre se non moderi i toni, non ti aiuterò”.
Vegeta rimase sorpreso da quella sua insospettabile fermezza, ma pensò fosse sono una persona avventata e priva della percezione del pericolo.
“Che mi importa del tuo aiuto? Voglio uno scienziato, o ti ripeto che sarà peggio per te e per la popolazione di questo pianeta.”
“Tu devi essere un principe fortunato, oltre che sgarbato, perché io sono una scienziata. Sei caduto nel campo dove collaudiamo i veicoli militari”.
"Tu?" Lui l'aveva analizzata attentamente notando che il vestitino giallo e i capelli legati in una treccia non la facevano certo apparire una donna di intelletto. "Ma non dire idiozie".
"Posso farti vedere i miei laboratori ai piani inferiori, se non mi credi. Ad ogni modo... Non farti fuorviare dal mio fascino. Ti aiuterò se devi tornare a casa, ma solo perchè sono curiosa di sapere da dove vieni, non certo perchè sei simpatico" ammise con un sorrisetto a fior di labbra, lasciandolo di stucco.
Era iniziato tutto da lì. Bulma non sapeva che lui era solito assediare i pianeti su cui atterrava nè sapeva che quello che le era stato riservato, nonostante l'intrattabilità dell'individuo, era un trattamento d’eccezione. La Terra doveva un favore a quella scienziata ricca e nota solo perché si era proposta di aiutare un alieno senza volere nulla in cambio.
Ma lui qualcosa in cambio gliel'aveva data comunque. Le aveva dato un figlio. L'aveva avuta proprio in quella stanza, una sera, mesi dopo, quando lei era rientrata dai piani più bassi alla fine di alcuni incontri commerciali che l'avevano costretta a vestirsi molto elegantemente. Era risalita con umore avvilito e tanta voglia di vederlo. Da quando Vegeta era arrivato lì, sembrava averle scombussolato la vita. Lui parlava poco ed era sempre solitario e accigliato. Passava gran parte del tempo da solo a pensare, se non era sparito da qualche parte. Da quando lei gli aveva comunicato che la scatola nera si era danneggiata nell'impatto e che per costruire una navicella adatta ad un viaggio spaziale ci sarebbero voluti anche anni, lui sembrava essersi avvilito profondamente. Per Vegeta non aveva senso assediare un luogo che gli era ormai utile per sopravvivere, soprattutto sapendo che non era un pianeta che rientrava nel raggio di azione dei saiyan e che ci sarebbero potuti volere anni perchè i suoi lo ritrovassero, ammesso ci fossero riusciti. Proprio mentre pensava al da farsi, Bulma una sera gli si era parata sul ciglio della porta sullo sfondo del corridoio illuminato, vestita di un abitino nero che le lasciava la schiena nuda. Aveva un ciondolo di perla che si poggiava sulla piega del seno ed i capelli erano sciolti e un pò scompigliati. Si era passata la mano tra di essi molte volte mentre saliva, stanca e bramosa di quello straniero così scontroso e schivo, finanche malinconico al punto da farle pietà. Lui l'aveva vista dal riflesso del vetro che aveva fatto schermo sulla città che baluginava più in basso. Si era voltato solo con la testa, senza alzare il sedere dal bordo del letto, e aveva guardato quella fanciulla comparsa alle sue spalle come fosse un regalo per lui.
"Posso entrare?" 
“Se ti dicessi di no entreresti comunque. Ormai ho capito che fai solo quello che dici tu.”
“Forse…” fece lei soddisfatta, compiendo un passo all’interno della camera.
"Che vuoi, donna?"
“Sei mio ospite da mesi e continui a chiamarmi senza pronunciare il mio nome. Mi chiamo Bulma, quante volte devo dirtelo?”
“Che sei venuta a fare, allora,  Bulma?”
Il tono pungente con cui pronunciò il suo nome le fecero intuire l’ ironia tagliente con cui assecondò la sua affermazione.
"Volevo solo vederti... Ti stavo pensando"
I loro occhi si erano incatenati.
“Te ne stai sempre in disparte… Pensavo che ti avrebbe fatto piacere se qualcuno avesse voluto vedere come stavi…”
Lui si era girato a guardare la città brulicare nella notte. “E da quand’è che ti interessa come sto io”.
“Diciamo che da quando sei arrivato sulla Terra, mi interessano molte cose di te”.
"Ah sì?" 
Lei gli si era portata davanti, dando le spalle ai grattacieli e fermandosi davanti una delle principali arterie del traffico che lui stava fissando dall'alto, dove file di fari rossi e bianchi delineavano una metropoli irrequieta e viva, che non trovava sonno. 
"Ti da fastidio se rimango qui...?"
"Per fare cosa?"
"Sei sposato...?"
Lui  si era mostrato perplesso da quella domanda. "No."
"Non hai neppure una fidanzata?"
"Una fidanzata?"
"Sì, come si dice dalle vostre parti? Un'amica..."
"Perchè ti interessa? Ti vuoi divertire?"
"Per sapere come mai hai tanta fretta di tornare... Se è perchè hai anche qualcuno che ti aspetta..."
"Io sono un saiyan d'elite. Mi aspetta il trono, per questo devo tornare" replicò atono.
"Quindi non hai donne che aspettino il tuo rientro..."
"A parte qualche puttana, non ricordo di avere una donna che mi attenda e neppure mi importa. Ma non mi hai ancora detto perchè ti interessa."
"Perchè tu... mi interessi".
Lei si era morsa le labbra e poi gli si era spogliata davanti, facendo scivolare giù il vestito che le aveva accarezzato la pelle fino ai piedi su cui si era ammucchiato informe. 
Lui era sembrato risvegliarsi da uno stato di torpore lungo mesi. L'aveva studiata intensamente, con sguardo serio ma in cui non era mancata la traccia di stupore per quell'inaspettata iniziativa. Quel soggiorno stava prendendo una piega imprevista e piacevole, e poteva ammorbidire la gravosità dell'incubo di non riuscire a tornare da dove era venuto. 
Lei aveva un corpo esile e formoso, che scopriva adesso dagli abiti con coraggio, insieme alla consapevolezza tutta femminile che però non aveva perso, nel luccichio delle iridi chiare e nell’incertezza di non conoscerlo, il timore di un suo rifiuto. Dopo che si era fatta ammirare dai suoi occhi in cui aveva visto materializzarsi un nuovo bisogno tutto sessuale, si era reclinata su di lui dandogli un bacio e percependo la titubanza con cui lui aveva risposto a quel gesto. Troppo orgoglioso per dirle che non sapeva cosa stesse facendo, aveva lasciato con abile mossa tattica che lei lo guidasse. La lingua di Bulma si era fatta spazio nella sua bocca piano, dandogli il tempo di capire, e alla fine lui si era sollevato in piedi, le aveva afferrato la testa rovesciandola indietro ed aveva ripetuto quel contatto nuovo con un impulso primitivo e rude, però sincero e pieno di trasporto. L’ultima cosa che gli era mai venuta in mente quando pensava a una donna era ficcarle la lingua in bocca. Non era un rituale contemplato con le puttane che aveva fatto entrare in camera da letto, però aveva scoperto che non era male, che non era male per niente. Che forse era persino la cosa più intima che avesse mai fatto fino a quel momento, perché Bulma sembrava gli stesse succhiando qualcosa da dentro. Quella terrestre non era una cultura militare come la loro, non soffocava le emozioni gentili ma le viveva liberamente, come stava facendo lei. Vegeta aveva sentito che lasciarsi andare era un pericolo, eppure l'odore di quella donna e il suo modo di toccarlo e di parlargli lo attirava quasi drammaticamente. Aveva pensato che poteva usarla e andare via, ma non aveva potuto prevedere che gli sarebbe sfuggito di mano un qualcosa, proprio ciò che non doveva vacillare, il controllo dei suoi sentimenti, così come gli era stato insegnato a fare fin da bambino. Non c'era controllo in amore. O vincevi o perdevi. O lo vivevi o morivi. Di morte lenta.   
Lei si era staccata senza fiato. “Aspetta, Veget…”
“Sì, però adesso sta un po’ zitta”.
Se l'era trascinata sul materasso e si era rotolato con lei sullo sfondo di quella metropoli piena di luci.  Da quella sera, si erano visti lì tutte le sere a seguire, per settimane, fino a quando lei gli aveva rivelato la gravidanza facendogli paventare una disgrazia. 
“Non ti conviene tenerlo se non vuoi morire. Tu mi servi viva e quello è figlio di un saiyan. Sei troppo debole per portare in grembo mio figlio”.
“Ti sbagli, il medico mi ha detto che è un feto assolutamente normale, le analisi sono perfette, e se avrà la coda gliela taglierò.”
"Non dovresti tagliare la coda di un saiyan, è come amputargli un braccio".
"Ma finchè vivrà qui non posso rischiare che distrugga tutto. Tu sei adulto, e quando c'è la luna piena sai come comportarti per evitare di trasformarti. Lui non lo capirebbe".
Trunks era nato il giorno della festa di Re Furry, quasi come fosse il segno del fato che nascesse il giorno di festa di un Re. Il suo arrivo era stato accolto con diffidenza da Vegeta, il quale di sovente spariva per allenarsi e sembrava non volersi legare a due esseri che considerava quasi subalterni. Per ovviare al problema delle sue assenze, Bulma gli aveva fatto costruire una stanza interrata sotto al grattacielo, perchè si allenasse vicino a loro. Alla fine il tempo era iniziato a passare, e lei aveva continuato a lavorare anche per lui, e Trunks a gattonare, e poi a camminare, e a dimostrare la forza erculea che aveva nelle manine curiose di tutto. Il caso aveva voluto che proprio un pomeriggio in cui era uscita col figlio per alcune visite, la prima volta in quattro anni che il saiyan aveva accettato di uscire con loro, un vecchio sciamano vestito in abiti monastici l’aveva fermata vicino al parco per dirgli che da quel bambino proveniva un’energia soprannaturale. Rispetto a Vegeta, che sapeva controllare il proprio ki, Trunks non era in grado di gestirlo e chi disponeva di poteri spirituali riusciva a sentirne la potenza. Lei aveva fatto finta di non sapere ma il saiyan ne era rimasto molto colpito interiormente. Vegeta aveva ormai archiviato ogni vile aspirazione mirata all’assedio quando aveva compreso che distruggere quel pianeta non aveva senso, perchè in un certo qual modo lei lo stava salvando dall’inevitabile follia di non poter ritornare sul proprio pianeta, alla sua gente e alla sua cultura. Quello che era incominciato come un incubo, stava diventando un placido viaggio verso un nuovo modo di concepire la vita, senza guerra, senza viltà. Il modo in cui Bulma scopava e il suo gioco di lingua erano un rimedio, esattamente come il modo infantile con cui Trunks elargiva i primi sorrisi, e come il modo in cui lei si appoggiava su di lui quando voleva dormirgli vicino, ricordandogli che ce l'avrebbe fatta, che sarebbe riuscita a costruire un mezzo in grado di farlo ritornare da dove era venuto. Lui allora si girava verso di lei e le toccava i capelli.
"Quanto pensi ti ci voglia ancora a creare questo macchinario in grado di teletrasportarmi?"
"Sto facendo del mio meglio... Localizzare il tuo pianeta è difficile non avendo radar di ricezione che lavorino sulla stessa lunghezza d'onda dei miei. Tu non preoccuparti... In qualche modo farò. Il mio progetto prende forma piano piano...Preferisco farti viaggiare in sicurezza. Lo so che tre anni qui non sono pochi, ma abbi fiducia. Anche se vorrei tenerti sempre qui con me non smetterò mai di lavorarci finchè non ti avrò visto sereno".
La sua dolcezza era diventata lentamente una malattia. Vegeta la subiva senza sapere come curarsene. Alla fine aveva compiuto scelte inspiegabili, perchè inspiegabile era scoprire di sapere persino provare dei sentimenti buoni e sinceri, fortissimi come la luce di quel posto, anche se solo rivolti a lei. Se l’era sposata a tre anni dalla nascita del primogenito, quando aveva perso le speranze di tornare.
“Io, Vegeta, prendo in sposa la qui presente Bulma Brief”. L’aveva detto con tono atono, rivolto al tizio incravattato, prima di firmare frettolosamente come aveva fatto anche lei pochi istanti prima. Il signore investito della carica di primo cittadino aveva siglato il matrimonio con un E sia” che era sembrato un verdetto di condanna.

..

Quattro anni a seguire, il macchinario per il teletrasporto aveva preso forma. 
Il re l’aveva conosciuta per primo, quel giorno che lei era arrivata tra lo stupore generale, e scortata da Vegeta si era parata in quel luogo spartano e militare come una creatura esoterica. Il re l’aveva studiata mentre ferma tra le colonne della sala delle udienze, avvolta da una penombra che non imbruniva lo splendore dei suoi capelli, aspettava un segnale del marito.
Era rimasto molto perplesso nel vederla, perché Vegeta non si era mai accompagnato da una donna, per di più straniera.
"Chi è lei?"
"É una scienziata, ed è in grado di costruire qualsiasi cosa io voglia. Mi ha aiutato a ritornare costruendo la macchina del teletrasporto."
“Viene dalla Terra?”
L’altro annuì.
"É molto bella".
"É anche mia moglie".
“Tua moglie?”
Il Re l'aveva scrutata da capo a piedi, non senza trattenere un filo di stupore: la donna che scorgeva poco distante era esile e formosa, e con un livello di energia quasi nullo, per nulla forte e robusta come si addiceva alla donna di un guerriero saiyan, per di più prossimo alla carica reale.
"Ma non va bene come moglie per te, è troppo debole".
"Ha un carattere molto forte, e mi ha dato un figlio altrettanto forte”.
"E come pensi di farla girare qui dentro da sola?"
"Girerà con le sue gambe, sa camminare.”
“Sai a cosa mi riferisco. Creerà scompiglio tra i guerrieri. Guardala.”
“La conosco benissimo. Non mi importa se creerà agitazione, che imparino a stare tutti al proprio posto o inizieranno a saltare parecchie testa anche negli ordini alti” ammise minaccioso.
Re Vegeta conosceva lo sguardo bieco di suo figlio, la sua testa calda e il suo animo indomito che tanto destava ammirazione anche tra i sottoposti. Quando il principe usava quell’atteggiamento era deciso e non ammetteva di essere contraddetto da niente e nessuno, neppure da suo padre che vantava una carica gerarchica più alta. Aveva scelto la sua donna, si era preso una straniera.
“Dovremo convincere il consiglio degli anziani che lei sarà all’altezza del ruolo”.
“Non dovrà governare. Lei non è una saiyan, non le interessa comandare né conquistare nessuno. Lei è una scienziata, te l’ho detto”.
“Sei un testardo, è inutile discutere con te” ammise il Re. “Gli anziani si lamenteranno di questa tua scelta. Dovrò rabbonirli, e dovrai farlo anche tu.”
“Con gli anziani ci parlerò. La mia donna non li riguarda.”
“Questo è vero, ma tu non sei uno qualunque.”
“Io sono il principe. Loro dovranno accettare la mia scelta. Se si sognano di alzare la testa, gliela farò abbassare io in ginocchio.”
“E del suo pianeta? Che ne facciamo?”
“La Terra non ci interessa. Rimane lì dov’è.”
“Da quand’è che sei così clemente? Non eri tu il primo a voler radere al suolo i pianeti per farti grande davanti a Freezer?”
“Freezer non saprà mai dell' esistenza della Terra, finchè qualcuno non glielo dirà.”
“Vuoi tenergli segrete le nostre coalizioni dunque”.
“Non siamo suoi schiavi. Il nostro è un rapporto di lavoro e non potrà renderci sue marionette”.
“Hai ragione su questo, anche se è rischioso mettersi contro di lui. Come intendi procedere?”
“Faremo accordi commerciali coi terrestri. La Terra sarà un ottimo punto di attracco per il passaggio delle nostre navi verso ovest, dove non ci siamo ancora spinti. Il pianeta ha ossigeno e tanta acqua, non ha senso danneggiarlo”.
“E se i terrestri non accettano? Che farai?”
“Quello che ho sempre fatto” replicò facendo affiorare un ghigno a fior di labbra.
“Allora non sei poi così cambiato” fece il Re sollevato dalle sue parole. “Falla avvicinare, presentami tua moglie, voglio vederla da vicino”.
Vegeta si era girato facendole un segno. Bulma si era portata davanti al Re e aveva elargito lui un lieve inchino con le spalle, tanto basta per una donna che non riconosceva la sua autorità ma che non voleva mancar di rispetto a un monarca. Vegeta l’aveva scelta anche per quel suo temperamento fiero, nonostante fosse linguacciuta e sfrontata, perché lei gli occhi non li abbassava mai e si sentiva un prodigio in un mondo dove i geni erano rari e lei poteva permettersi di fissarli dall’alto in basso, rinfacciando loro di essere solo rozzi senza neuroni. Vegeta non aveva mai dimenticato che a conti fatti, Bulma aveva tenuto in scacco anche lui grazie alla sua abilità.
“E così tu saresti la moglie di mio figlio… Come ti chiami?”
“Bulma”.
“Lo sai che qui non funziona come sulla Terra?” Le aveva fatto quella domanda apposta, per vedere come gli avrebbe risposto, se si sarebbe intimorita. Suo figlio non si era intromesso ed era rimasto volutamente a guardare.
“Ovviamente, lo so chi siete”.
“E sai anche che noi viviamo conquistando pianeti come il tuo…”
“So anche questo”.
“E allora perché sposarti con colui che potrebbe sottomettere la tua terra? Non sai che Vegeta stava effettuando dei sopralluoghi per l’avviamento delle prossime conquiste… Non sei così sveglia come dice, se te lo sei sposato.”
“Se suo figlio è qui è perché l’ho salvato io. E' lui che è in debito con me. Se mi avesse ammazzata sarebbe ancora lì, dove voi non siete riusciti neppure a trovarlo. Strano per degli invasori intergalattici non riuscire a intercettare il percorso del proprio principe”.
Re Vegeta aveva elargito al figlio uno sguardo sorpreso. “Ti sei scelto una donna sfrontata, che non si fa scrupolo a mancare di rispetto ad un Re. Spero che tu ne sia consapevole”.
Il principe in risposta aveva sorriso in maniera impercettibile, soddisfatto della dimostrazione di carattere di sua moglie. “Perfettamente, padre”.
Bulma si era fatta valere, e ora come una figura flessuosa e quasi eterea, incedeva per il tunnel fiocamente illuminato che collegava laboratori e secondi ordini. I neon si alternavano creando vuoti di luce, dove l’ombra inghiottiva il corpo per restituirlo al chiarore. Ormai conosceva quei percorsi compiuti più volte e non sembrava temere nessuno lì dentro. Camminava con passo quasi scenico, e si faceva strada lasciandosi alle spalle curiosità e luce come una cometa. Anche di quello si era parlato. Il corpo burroso e formoso era un languido e spudorato richiamo ai piaceri. Gli uomini sembravano palesemente attratti da tali morbidezze tanto rare e insolite nelle donne della loro razza. La sua diversità era una calamita. Non era difficile immaginare perché un uomo come Vegeta, tanto ombroso e burbero da aver sempre lasciato presumere alla scelta di una moglie forte e violenta, si ruzzolasse con una donna che davanti il genio intellettuale anteponeva uno sguardo ammiccante e una fisicità procace, sessuale in una maniera che colpiva come un pugno nello stomaco. L'abito argentato stretto e lungo in seta opaca rimandava dei riverberi ad ogni passo. I capelli arrivavano alle scapole, tutti pari e dritti, la frangia scalata le copriva appena la fronte lateralmente delineando il profilo armonico del suo viso. Uno strano silenzio galleggiava per le vie di quella struttura militare così imponente. Quel pomeriggio, se così lo si poteva definire volendo dare un ordine al tempo su quel pianeta dove non esisteva una distinzione netta tra il giorno e la notte, i guerrieri erano impegnati nei tornei di conferma delle caste. C’era poca gente in giro. Ognuno di loro si batteva sul campo per mettere in mostra le proprie capacità ed essere confermato al proprio livello di appartenenza. Mano a mano che lei avanzava e superava le guardie che facevano la ronda, i loro occhi le si inchiodavano addosso seguendola come laser. Bulma sapeva di essere guardata con interesse, sapeva anche che nelle loro analisi c’era una venatura di sangue, e la cosa le piaceva. Se il peccato di suo marito era l’alterigia, il suo era senza dubbio la vanità.
Al bivio di due gallerie che si biforcavano, lei imboccò il condotto alla destra e si avvicinò ad una sala da cui proveniva un discreto chiacchiericcio. Bulma si apprestò ad attraversarla ignara vi fossero solo maschi al suo interno. Il suo passo leggero e deciso anticipò il suo arrivo con un fischio di uno di loro. Gruppi di saiyan annoiati percepirono il sibilo di avvertimento e si girarono per vederla arrivare.
Al suo ingresso, nella sala calò un silenzio imponente.
"Eccola" disse uno. "Sta arrivando la moglie del principe".
Ogni pesante commento maschile venne ibernato immediatamente.
"Spostati, lasciala passare" fece un guerriero ad un altro che era rimasto imbambolato a squadrarla.
Bulma camminò con passo tranquillo. Non temeva quegli uomini pericolosi. Era la protetta. Intoccabile.
Si voltarono tutti, in blocco come una caserma carica di testosterone che vede passare una donna.
Davanti a lei non volò una mosca. Una parola di troppo e avrebbero pagato un commento sconveniente. Vegeta vicino a lei si poneva come un mastino. Il timore di una reazione di lui aveva a tal punto intimorito i guerrieri che nessuno si azzardava a fare battute cafone in sua presenza. Quando lui le inchiodava gli occhi addosso sembrava prendere forma uno strano bagliore di possesso nel suo sguardo. Era una sensazione sottile,  quasi labile, che gli faceva brillare gli occhi di un’intensità nuova, tutta rivolta a lei.
Pochi rumori fecero eco tra una parete e l’altra mentre lei attraversava la stanza sotto i loro sguardi dai tratti foschi, corpi armati di violenza e visi scavati dalla rabbia, raccontati dalle cicatrici ed esacerbati dalla voglia di lotta che la studiavano come fosse la cosa più fuori luogo lì dentro. Risuonò uno strano silenzio dietro di lei, e quando fu abbastanza lontana si sollevò un mormorio fugace, fatto di sussurri quasi sinistri. In quel luogo tutto era sinistro come i loro volti scolpiti in pietre laviche e ruvide. I saiyan avevano sguardi feroci e grezzi, carichi di aggressività che tracimava dai loro occhi, eppure davanti quella Dea si fermavano. Anche se nessuno ancora riconosceva in Bulma una regina degna dei saiyan, lei riusciva adesso a far trattenere i loro occhi a sé, esattamente come si addice a una regina.  
Bulma uscì imboccando una seconda galleria. Le luci al neon alternate al buio l'accarezzarono lungo il passaggio fino all'ambiente successivo.
Due guardie di ronda la misero a fuoco mentre passava per la palestra vuota.
"Guarda lì chi sta arrivando... La terrestre".
“Sì, l’ho sentita. Sento il suo profumo”.
Lei li oltrepassò quando uno le aprì la porta vicino cui era seduto, con l'omaggio che si farebbe a un monarca. Bulma lo ringraziò con estrema gentilezza, accennando un sorriso.  Quando si fu richiusa la porta alle spalle, uno dei consiglieri che era da poco uscito da dove lei era entrata si sentì subito chiedere:
“Che ne pensi, Gurlok?”
L’altro ci pensò un po’ prima di rispondere.
“Educata, ma troppo vulnerabile”.
La guardia più giovane invece non sembrò concordare col vecchio. “A me non dispiacciono i suoi modi”.
“É troppo raffinata per questo posto”.
“Non ti piace lei, vero?”
“Lei mi piace, e non solo a me, ma non è adatta a comandare un popolo come il nostro. Non riesco davvero a capire come uno come Vegeta si sia fatto impalmare da quella donna. Da quando è rientrato dalla Terra sembra avere un atteggiamento più calmo… E lei sicuro c’entra in tutto questo. E’ come se gli avesse fatto un maleficio su quel pianeta”.
Un maleficio? Guarda che quella è secondo me la donna più adatta a Vegeta. Sarà pure debole ma mica è stupida. E’ una scienziata. Gli costruisce qualsiasi cosa lui voglia, e Vegeta ha sempre cercato di investire su quel tipo di progetti.  Di scienziati ne abbiamo visti passare molti per di qua… E poi ricordiamoci che è lei che gli ha permesso di rientrare qui su Vegeta, a riprendersi il trono, mentre noi lo abbiamo cercato ovunque con insuccesso. Non è cosa da poco".
“Però nessuno di voi tonti ha notato che è a lei che lui chiede sempre l’ultimo consiglio. Persino noi anziani non abbiamo questo potere”.
“Scommetto che nella palestra dov’è passata poco fa avrà scombussolato gli ormoni a tutta la truppa”.
“Mica solo a loro” sghignazzò il più tonto e stempiato. 
"Bada a non farti sentire, idiota. A Vegeta non piace che si parli di lei."
"Non avrei mai detto che fosse così geloso, non è da lui” replicò quello stempiato e seduto. “Mi è sempre sembrato disinteressato alle femmine. Nei bordelli non ce l’ho mai visto”.
“Perché le donne gliele mandavano in camera, imbecille”.
“Si ma comunque non si è mai esposto. Non gli ho mai sentito fare neppure un commento sulle guerriere più interessanti. Se non fosse stata Jinka che si fosse proposta al Re anni fa come sposa di Vegeta, lui neppure l’avrebbe considerata. Una scelta che non ho capito... L'avrei presa io, è una bella donna, forte, anche molto fiera. Mica riesco a capire perchè si sia preso in moglie una donna così debole. Non gli darà mai un figlio forte, e prima o poi qualcuno dovrà succedere a Vegeta. Sarà pure bella, ma in quanto ad energia...”
“Lo credo che Vegeta ha cambiato idea. Ma hai visto la terrestre?" Mosse le mani delineando il profilo dei suoi seni e dei suoi fianchi.  "Con due tette di quella maniera non fa in tempo neppure a spogliarsi che sei già andato a fuoco”.
“Ad ogni modo il suo atteggiamento è cambiato” affermò il più vecchio, zittendo le insignificanti chiacchiere dei due. “E non mi convince”.
Girava voce, ed era una voce piuttosto persistente e accertata, che quella straniera avesse un effetto calmante sul principe. Chi lo aveva conosciuto nel fiore degli anni sapeva che era un uomo autoritario, violento e assolutista. Adesso quella brutalità sembrava essersi attenuata, come se lui fosse tenuto al guinzaglio da lei, e la cosa suscitava clamore e perplessità. Non era mai onorevole farsi influenzare da una donna, i saiyan crescevano con quel credo maschilista.
Bulma fece per salire le scale quando vide un uomo abbandonato in un’infermeria la cui porta era aperta. Capì che apparteneva all'ultima casta per la colorazione della divisa. Le verdi erano indossate dagli uomini dell'ordine più basso che precedeva la servitù. Era così moribondo che le fece pena, esattamente come era accaduto con Vegeta quasi otto anni prima. Si accorse che l’uomo muoveva il capo in maniera inquieta e si avvicinò con circospezione ascoltando due uomini parlargli vicino con tono sprezzante.
“É rientrato dopo mesi e non è riuscito neppure a conquistare quel pianeta insulso”.
“Non saprei, dovremmo sentire suo fratello Radish”.
“Radish è sempre molto deluso dai pochi progressi di suo fratello… ”
Kakaroth biascicò poche parole senza senso mentre i due si allontanarono sotto i suoi occhi confusi, senza prodigarsi in alcuna cura che alleviasse il suo dolore, come se volessero che il destino decidesse per lui. Ma davanti i medesimi occhi, su quello sfondo metallico che vedeva opaco e poco chiaro, si parò una figura eterea, in argento, che si avvicinò lui molto velocemente. Quando gli fu vicina, lui riuscì a vederla meglio e si accorse che era una donna con gli occhi e i capelli mai visti lì, del colore di polvere di turchese e dai riflessi perlati.
“C-chi sei…?”
Bulma si affrettò a prendere l’occorrente dalla cassetta del pronto soccorso. Trovò delle bende e del disinfettante. 
Kakaroth tremava e lei prese a medicarlo senza badare allo sguardo incantato con cui la guardava.
"Come ti chiami?" Gli chiese lei.
"Ka-karoth..."
"Sei ridotto molto male…Cosa ti è successo? Voi saiyan non riuscite a stare lontani dai guai.”
"C-chi sei...? Non... ti ho...mai vista..."
"Sono la moglie di Vegeta".
L'altra ebbe un sussulto. "T-tu? La moglie ...del...principe? Allora è vivo..."
“L’ho trovato su un campo del mio pianeta. La navicella con cui viaggiava si era disintegrata e lui era in fin di vita. Tutti questi anni è stato sul mio pianeta, mentre io costruivo un macchinario per permettergli di tornare”.
Rientrò in camera circa un’ora dopo, trovandola vuota come si era immaginata. Si infilò nella doccia, una grande rientranza nel muro della toilette, e presto la sua sagoma si confuse con i vapori caldi.
“Dove sei stata?" si sentì chiedere d’improvviso da lui, e sobbalzò.
C'era sempre una punta di gelosia in quell'indagine, finanche il senso di protezione che lo dilaniava.
Lei girò il capo e intravide tra la nebbia la figura di Vegeta poggiata al muro, proprio a qualche metro dietro di lei.
“Quando hai finito di esaminare i ragazzi della palestra, ho fatto una puntata nei laboratori per quel discorso…”
“E…?” replicò l'altro, smanioso che ella proseguisse.
“Non ci dovrebbe volere molto perché capisca come hackerare i processori, però è un lavoro più da ingegnere informatico, e dovrei confrontarmi con uno dei miei sulla Terra”.
"Ci hai messo più tempo del previsto a salire" affermò lui con un tono che fu sì indifferente, ma che venne suo malgrado attraversato da una nota di curiosità che lo tradì, mettendo a nudo l'attenzione che nutriva per lei.
"Mi sono fermata a ... curare un ferito".
L'altro si insospettì. "Curare un ferito?"
"Un certo Kakaroth, giaceva abbandonato nell'infermeria... Era in fin di vita".
"Kakaroth il terza classe? Mh, è rientrato a quanto pare, non ne ero stato ancora messo al corrente".
Dopo qualche secondo di silenzio in cui si concesse di studiarla attraverso l'umida nebbiolina, soffermandosi sul sedere rotondo che lei esponeva ai suoi occhi mentre sciacquava i capelli, le parlò con distacco. “Ti devi muovere, lo sai?”
“Perché?” Fece l’altra allungando il collo sotto l’acqua senza guardarlo.
“Abbiamo la navicella diretta a Fruz che ci aspetta. Freezer vuole conoscerti”.
“Conoscermi?” Lei ruotò il capo verso di lui e non mancò di mostrarsi intimorita. “Perché vuole conoscere me?”
“Non lo so, ne farei volentieri a meno, ma prima o poi l’avrebbe saputo, non potevo tenerglielo nascosto altrimenti si sarebbe insospettito”.
“Non puoi dirgli che non sto bene?”
“Non funziona così con lui. Sicuramente vuole tenere sotto controllo la situazione e vedere chi sei, e se sei un potenziale nemico. Lo conosco, quel maledetto…”
“E se mi chiede da dove vengo?”
“Gli diremo che vieni da Virgus, è un lontano pianeta dove viveva una piccola comunità di umani”.
“Perché parli al passato… Che ne è stato di loro?”
Ci fu un attimo di stallo. “Non esistono più.”
“Li avete… distrutti voi?”
L’altro non le rispose, ma la fissò oltre la patina di vapore e Bulma intuì la risposta abbassando lo sguardo.
“Vegeta, io n…”
“Non iniziare. Renditi presentabile e poi vieni con me”.
Lei si accarezzò il capo e sembrò indugiare ancora mentre lui staccava la schiena dal muro per andarsene. “Aspetta. Vieni un attimo. Devo dirti una cosa...”
Vegeta ci pensò un istante prima di assecondare la sua richiesta ed avanzare tra i vapori, e quando le fu abbastanza vicino da scorgere il colore dei suoi occhi maliziosi, si sentì chiedere: “Se scendo così… Pensi che sia presentabile?”
La squadrò da capo a piedi, sinuosa e nuda, e provocante come sempre. Si sentì gelosissimo di lei. “Direi di sì…”

..


Il cupo spettro dell’ombra gravava su un trono freddo e spigoloso di una stanza gravida di oscurità. A cento metri di maiolicato lucido e asettico oltre l'imponente ingresso esagonale come la galleria che lo precedeva, l'egemone dalla testa glabra e dalla pelle di consistenza scivolosa e umida se ne stava seduto comodamente, picchiettando le dita su un bracciolo disseminato di tasti e spie di sicurezza. Freezer era dittatore tanto potente quanto spietato che amava tenere tutto sotto controllo in ogni momento e ovunque fosse, anche mentre stava ricevendo nella sala ed era circondato di guardie leali, che non fidarsi è sempre meglio - diceva.
Un sorrisetto ambiguo rendeva la sua espressione vagamente inquietante mentre metteva a fuoco gli uomini scimmia e la creatura assolutamente insolita che li affiancava: aveva mani e piedi come loro, ma un colore d'occhi assai diverso, come pietre brillanti, capelli di seta e ossa sacrali senza coda. Gli era arrivata voce, una voce che si era incanalata tra luoghi angusti ai confini della galassia dove i saiyan facevano la ronda alle province più ostinate, che il fortissimo principe non solo era tornato, ma adesso era affiancato da una compagna. Freezer aveva disposto che gli venisse presentata, poichè non aveva mai smesso di temere Vegeta. Rispetto gli altri saiyan, il principe non era solo molto forte, ma anche molto acuto e scaltro, e quando era stato dato per morto Freezer l'aveva fatto cercare a lungo solo per poter brindare al suo trapasso. 
Ora, ipocritamente, lo omaggiava.
"Principe Vegeta... Che piacere averti qui con la tua ultima conquista" esordì mellifluo, puntando gli occhi sulla donna. "Fremevo per conoscere la futura regina del tuo popolo bellicoso".
Vegeta non era contento di essersi dovuto presentare con lei, ma rifiutare l'invito sarebbe stata un'imperdonabile scortesia dal punto di vista del tiranno. Se si era presentato con sua moglie, era solo per mettere a tacere ogni sospetto su di lei.
Inclinò leggermente le spalle, tenendo lo sguardo alto e fisso su di lui, quasi a voler dimostrare che chinarsi al potente non era nella sua indole, e neppure riconoscere superiori. 
"Potente Freezer".
"Avvicinatevi" ordinò la lucertola con voce particolarmente tranquilla. 
La scorta dei saiyan teneva sotto controllo i movimenti delle guardie di Freezer, di cui nessuno si era mai davvero fidato. Vegeta si apprestò al trono accompagnato dalla propria donna.
"Mi è dispiaciuto che tu non sia passato a presentarmela prima" ammise Freezer scendendo dal seggio. Si avvicinò loro studiando la donna. Le porse la zampa a tre unghie sotto lo sguardo vigile di Vegeta che studiò l’atteggiamento sospetto del dittatore. Lei allungò la mano con titubanza e l'altro gliela strinse facendola trasalire al tocco gelido. 
"Le voci sulla sua bellezza sono vere a quanto pare" affermò Freezer rivolgendosi alle proprie guardie che vigilavano ai margini della sala, come a voler sottolineare davanti al saiyan che di lei si era parlato parecchio tra di loro.
Vegeta se ne infastidì moltissimo. 
La mancanza di rispetto di Freezer si esternava anche in questi proforma su cui talvolta sorvolava con gusto. Vegeta se n'era visto bene dal far girare voce che ella avesse anche un'intelligenza prodigiosa e aveva tassativamente vietato ai suoi più vicini di parlarne.
"Dunque, da dove viene questa... affascinante creatura?" Indagò infierendo coi complimenti e tenendole ancora la mano. "É molto più debole di te. Mi sarei aspettato una guerriera, al tuo fianco".
"Viene da Virgus, il pianeta dell'acqua".
Lo sguardo di Freezer assunse un’espressione più sospettosa. "Ah..." La studiò attentamente. "E com'è non ero al corrente vi fossero simili bellezze?"
Ruotò gli occhi su Vegeta, il quale rimase impassibile. "Non ve ne erano, difatti. Lei è una delle superstiti."
"E hai pensato bene di sposartela..." aggiunse con un tono che tradì un fastidio latente. "Bene... Sono lieto di conoscerla. Il suo nome."
"Si chiam..."
"Sh, sh, sh, lascia che lo dica lei".
Ci fu un silenzio carico di attesa. Bulma era visibilmente a disagio. La voce conservò una traccia di titubanza quando rispose.
"Mi chiamo Bulma".  
"Bulma. Un nome grazioso, proprio come lei." La lucertola le lasciò la mano e sembrò voler inserire a lei il tarlo del dubbio, o solo inserirlo a Vegeta, del quale non si fidava ed era certo gli nascondesse qualcos'altro.
"Mi chiedo come mai, un uomo come Vegeta, che è sempre stato solito... sterminare... le fanciulle deboli come te, adesso ne abbia presa in moglie una".
Dopo che lo ebbe detto sorrise a entrambi. "Molto bene... Sono lieto di aver conosciuto questa donna che senza dubbio... surclassa in bellezza le donne saiyan che ho visto. Vi auguro una fertile unione, e figli in abbondanza". 
Quando si furono allontanati abbastanza da non essere uditi più da nessuno, mentre imboccavano le rampe di lancio in vetro infrangibile, uno dei saiyan della scorta si accostò a Vegeta.
"Principe, prima o poi Freezer scoprirà che sua moglie non è di Virgus".
Lo sguardo insondabile di Vegeta si fece più torvo del solito. "Non lo scoprirà a meno che qualcuno apra bocca e gli dia fiato a vanvera. Al mio rientro vieterò a tutti di fare riferimenti al suo pianeta di origine".
L'altro annuì abbassando il capo. 
Bulma, turbata e pensierosa, continuò a percepire la mano di Freezer tenere la propria. Era così gelida che aveva irradiato una strana e negativissima sensazione in lei, come se stesse toccando un morto che cammina.
Durante tutto il tragitto di ritorno Vegeta non aprì bocca, e Bulma intuì che dietro il suo nervosismo c'era qualcosa che in lui non aveva ancora mai visto. C'era paura.



Continua…






Avviso: I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©, che ne detengono tutti i diritti. Queste storie non sono state scritte a scopo di lucro.
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Capitolo 2
*** 2. Una spada e un tatuaggio ***


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2. 


 

Il traffico aereo sulla pista di atterraggio venne sospeso per facilitare l'atterraggio del principe e della scorta a quindici minuti dalla stratosfera rossastra di Vegeta. Quando giungeva qualcuno della famiglia reale, in tal caso il principe o suo padre, visto che la Regina era morta molti anni prima e fratelli il Re non ne aveva, o non ne aveva fatti rimanere, le partenze venivano interrotte e gli arrivi dirottati su una seconda pista riservata al rimessaggio e alla manutenzione dei mezzi. Da quando Vegeta era ritornato a risiedere stabilmente sul proprio pianeta, lo scalo secondario era il luogo dove Bulma aveva passato più tempo quando era in visita da lui: studiare le navicelle, le loro scatole nere, i loro meccanismi, era ciò che più le interessava di quel posto. Vegeta le aveva raccontato che i saiyan, all'epoca del suo bisnonno, avevano preso il completo controllo del pianeta espugnando una fiorente città Zufuru a Sud, di cui ormai rimanevano solo macerie. Il corpo celeste originario da cui provenivano i saiyan era Sadala, abbandonato per mancanza di risorse al suo destino. Il loro sviluppo tecnologico, dovuto all'assimilazione della tecnologia degli assediati, era avvenuto dopo che il padre di Freezer, Re Cold, all'epoca giovanissima lucertola che pianificava il proprio impero minuziosamente, aveva proposto a quei guerrieri rissosi e forti di allearsi con lui per avere in cambio generi alimentari e gloria, e soprattutto per ottenere il controllo delle fonti curative amministrate dagli Zufuru, una specie di acque termali che sgorgavano a sud-est di Vegeta, tra alcuni bacini montuosi scavati dal vento e dall'acqua, uno spettacolo naturale a detta di Bulma, seppur arido e disabitato. Li aveva presi da Sadala, gli aveva messo in mano i mezzi di trasporto spaziali istruendoli al loro uso e li aveva sguinzagliati ovunque, e da rozzi combattenti erano divenuti spietati invasori intergalattici. Bulma aveva prelevato e fatto analizzare quell'acqua originario motivo di guerra e interesse, e aveva scoperto che all'interno era disciolto un minerale introvabile sulla Terra ma ben solubile in acqua laddove lo si ricavasse. Però Vegeta le aveva detto che era rarissimo trovarlo e che quando veniva reperito Freezer monopolizzava il suo uso, centralizzandolo a propria esclusiva, altro motivo di insofferenza da parte del consiglio dei saiyan che riteneva essenziale l’uso di quel farmaco naturale, perché i saiyan avevano costante bisogno di cure rapide e rinvigorenti. Da quando le attività vulcaniche di Vegeta erano diminuite, le fonti erano iniziate a scarseggiare e Freezer aveva perso interesse per quel tipo di presidio: grazie alle sue imponenti possibilità e alle grandi conquiste favorite anche dai saiyan stessi, la lucertola aveva preso sotto controllo altri luoghi dove aveva potuto far uso di nuove cure mediche per tonificare il suo vasto e polimorfo esercito.
Bulma aveva appreso quelle notizie con interesse, convenendo che la ferocia dei saiyan era una conseguenza dell'estremo bisogno di risorse di cui non disponevano, motivo per il quale Vegeta non aveva interesse a distruggere la Terra nè tantomeno a dividerla con Freezer.
Discendendo sulla pista, Bulma si perse con lo sguardo tra la caserma imponente riservata ai primi due ordini e il quartiere esterno dei terzi ordini dove un brulicare di persone dava vita a quelle strade polverose e rossastre. Vicino alcuni ambulanti alieni che avevano messo tende e banchi vendendo quanto si trovava nell'universo, alcuni bambini già bollati dal marchio del colore di appartenenza correvano inseguendosi a vicenda. Bulma aveva appreso che anche le guerriere scimmia avevano la propensione ad acquistare gioielli e sciocchezze da donna, e che non erano immuni dalla vanità tutta femminile di imbellettarsi, seppur non eguale a quella delle donne terrestri tutte dedite a condurre una vita di agi e di divertimenti, totalmente lontana da quel bisogno costante di combattimenti.
Bulma cercò di rendere meno gravoso il clima che percepiva in quel momento nella navicella riservata a lei e al marito.
"Vorrei andare a vedere cosa c'è nei mercati" ammise sbirciando oltre la calotta. “Sono curiosa”.
Vegeta non sembrò badarle e lei insistette. "Mi fai andare a visitarli?"
"Mi pare che tu faccia sempre quello che vuoi, alla fine".
Non aveva motivo di vietarglielo, a parte che temeva per la sua sicurezza e lasciarla bivaccare da sola per i quartieri poveri era escluso nella maniera più assoluta. L'avrebbe fatta scortare e avrebbe messo a tacere la sua accesa curiosità.
"Grazie. Ma mi lasci andare da sola?”
"Fuori dalla base non ti è possibile. Non sei in grado di difenderti. Ti rimedio una guardia, però devi coprirti di più il volto. Voglio che ti muovi il più possibile inosservata, soprattutto ora che Freezer ci sta studiando. É pieno di mercanti alieni, e non è escluso che ci siano anche sue spie. Si accorgerebbero subito che non sei una saiyan e per ora è meglio evitare" le disse poco prima di predisporsi all’atterraggio.
I banchi storti e scheletrici, coperti di cianfrusaglie e spezie alimentari ed erbe mediche, se ne stavano in fila tra loro, sotto tendaggi marroni di tessuto grezzo uguali alla mantella che le celava corpo e capo. Specie aliene o saiyan reietti e perdenti se ne stavano lì a commerciare oggetti provenienti dalle parti più disparate della galassia. Dietro di lei, Gurlok, guardia di primo ordine alta quasi due metri, stava al suo passo vegliando come disposto da Vegeta.  Era stata la prima persona che Bulma aveva conosciuto lì, proprio quel saiyan che l’aveva accolta ridendo di lei e che ora la seguiva passo passo in silenzio, con rispetto e riserbo. C'erano diversi saiyan di terzo ordine a bighellonare da quelle parti, compresi molti bambini che si trastullavano tra di loro. Alcune donne di secondo ordine passarono vicino a lei senza badarle, commentando soddisfatte l’ottimo affare e la bellezza di quegli orecchini di bronzo e pietre laviche. Bulma notò un banco dove vendevano oggetti in argento o lega, e ci si fermò incuriosita da una lunga spada. Dietro al banco, seduto su uno sgabello, un uomo molto anziano con la coda monca fumava una specie di pipa e la fissava da dietro le foltissime sopracciglia bianche che gli ricadevano sopra gli occhi coperti di cataratta: aveva la pelle abbronzata, color cappuccino, rugosa e chiaramente ruvida, e lineamenti che si percepivano spigolosi oltre la barba.
Lei lo guardò da dietro il cappuccio e si rese conto di essere studiata con interesse, perché nonostante la distanza, il chiarore dei suoi occhi era ben visibile.
"Scusi, posso vedere questa spada?" Gli domandò all'improvviso.
Lui annuì in silenzio. 
Bulma la prese tra le mani sentendola estremamente pesante e scoprendo che sopra c'erano delle incisioni scritte in una lingua sconosciuta. Gurlok, poco distante, la osservò senza avvicinarsi.
"Da dove viene?" Indagò rivolta al vecchio.
L'altro aprì la bocca lentamente, facendo uscire una nube di fumo che assunse una forma astratta e vaga, e la voce grattò come una vecchia marmitta."La storia dice che sia stata forgiata in Udus, a vent'anni da qui, ai confini con la galassia ad est. Pare appartenesse ad un Re".
"Quanti anni ha? Sembra un oggetto molto antico..."
"Quattrocento almeno".
Bulma pensò che a Trunks sarebbe piaciuta tantissimo. 
"Le incisioni sono confuse, si sa cosa c'è scritto".
"É la lingua degli Uramak" ammise il vecchio, avvicinandosi. Prese la spada per lei e con le mani callose e le unghie sporche di polvere le indicò alcune parole. "Questa significa speranza è virtù,  e quest'altra coraggio. La frase dovrebbe essere, la speranza è la virtù nobile di chi ha coraggio. Un grande Re ha brandito quest'arma e con essa ha vegliato sul patto di pace". 
Bulma ne fu colpita e le sembrò un oggetto interessante oltre che un pezzo di storia di un paese che non avrebbe visto mai. "Mi piace...Quanto costa?"
"Questa vale tanto, nessuno se la può permettere negli ordini bassi".
"Io non sono degli ordini bassi".
"I tuoi occhi mi dicono che sei straniera".
"Quanto vuole allora?"
"700 jin".
"Scherza? Non ne vale, è anche rovinata".
"Vale di più infatti. Ha la sua storia".
Bulma si girò verso la guardia sperando lui avesse delle monete, ma l'altro le fece cenno di essere a secco. "Può darmela sulla fiducia, e tornerò a restituirle i soldi più tardi".
L'altro scosse il capo. "Non si da nulla sulla fiducia qui, ma tu puoi pagarmi comunque..." 
Bulma si risentì immediatamente della sua proposta che intuì sconveniente e poco decorosa. "Come si permette mi scusi? Sono una donna sposata" puntualizzò indispettita, controllando l’altezza del tono.
"In effetti... Gira voce da mesi che il principe abbia preso in moglie una donna dagli occhi azzurri e dai capelli del colore dell'acqua…" le disse il vecchio indicando la ciocca che le usciva dal bavero del cappuccio. “Nessuno l'ha mai vista da queste parti… Ma io potrei essere il primo… Mostrami il tuo viso”.
Bulma ci pensò qualche istante. "Va bene, ma non qui". Fece cenno alla guardia di seguirla sul retro, alzò il tendaggio e quando fu più al sicuro da sguardi indiscreti si scostò il copricapo.  
Lo sguardo del vecchio sembrò illuminarsi. La studiò attentamente, con curiosità e compiacimento, pur se la smorfia delle sue labbra attraversate da una cicatrice rendeva la sua espressione quasi contrita. Si trovò a riflettere sul prezzo che avrebbe avuto una schiava coi suoi lineamenti gentili e con quegli occhi...Il valore sarebbe schizzato molto in alto.
"Le voci per una volta erano vere" ammise.
"Quali voci?" 
"Voci che girano su di lei… Adesso fammi toccare i capelli se vuoi la spada".
Bulma sembrò intimorita dalla mano callosa e sporca che si allungò verso di lei. "Non se ne parla" replicò facendo un passo indietro.
Fu allora che qualcuno che li teneva d’occhio e l’aveva riconosciuta si avvicinò rimanendo oltre il banco. "Kirano! Lasciala stare, quella sarà la tua regina un giorno. Dalle la spada".
Bulma si girò e scorse Kakaroth, il guerriero a cui lei aveva curato al rientro da una missione, probabilmente salvandolo dall'indifferenza dei suoi superiori. Lo riconobbe per via della chioma disordinata e bizzarra tale da apparire quasi finta.
"Nessuno da nulla per nulla" bofonchiò Kirano, contrariato dell’intervento del saiyan di terzo ordine. “E nessuno ti ha interpellato”. 
"Te li pago io" disse Kakaroth.
"Ma se non hai soldi neppure per piangere".
"Ti ricordo che stasera ci sono i tornei di terzo ordine. Potrò ripagarti".
"Sei pieno di debiti per i prestiti, o sbaglio?”
"Sono stati saldati. Avanti, dagliela". 
Kirano porse la spada alla donna. Quando Bulma l'afferrò, lui oppose resistenza nel cedergliela. "Si ricordi chi è mio marito" gli rammentò lei con sguardo calmo e vittorioso.
L'altro ammorbidì la presa sentendosi gli occhi della guardia reale addosso. Proprio quando furono sul punto di uscire da lì, alcune sentinelle di primo ordine raggiunsero Kakaroth e lo accerchiarono. Lei li vide da dietro il banco, celata da alcuni tendaggi.
"Kakaroth, guerriero di infimo livello, sei stato convocato a palazzo".
Bulma si mosse subito al suo seguito. "Dove lo stanno portando?" Indagò rivolgendosi alla guardia che la scortava.
"Probabilmente il Re o il principe l'hanno convocato per un'udienza. I guerrieri che rientrano da perdenti vengono puniti".
"Puniti, come?"
"Vengono obbligati a partecipare ad un duello fino alla morte. Ce ne sono altri che si annoiano nelle prigioni. Li metteranno a combattere tra di loro. Chi vince, ritorna libero".
Bulma dilatò le palpebre con stupore, fermandosi. "Non ero a conoscenza di questa usanza… barbara".
"Questi sono i nostri costumi."
Lei fissò il grosso saiyan alle sue spalle con aria molto seria. “Beh, i costumi si cambiano per scelte mirate al progresso, in genere.” E poi riprese a camminare tenendo tra le mani il suo ultimo acquisto che suo marito, quando fu in camera, studiò con perplessità.
“E che ci devi fare con quel pezzo di metallo?”
“Lo voglio regalare a Trunks, a tuo figlio piacciono molto le spade, non ricordi? Pare che appartenesse ad un Re”.
“Mh… Se lo dici tu” commentò l’altro.
Bulma si sfilò la tunica, rivelandosi vestita di una semplice tuta nera chiusa fino al collo. Vegeta le aveva tassativamente imposto di non indossare nulla di troppo particolare davanti a Freezer, solo per mantenere un profilo basso.
Bloccò Vegeta prima che uscisse. “Dove vai?”
“Ho alcune cose da sbrigare…”
Lei emise un profondo sospiro e il saiyan intuì che qualcosa la turbava.
"Quando mi ha stretto la mano ho avuto una sensazione molto negativa… Devi stare attento Vegeta, lui è pericoloso".
"Mai quanto noi, ricordalo".
"Non fare il presuntuoso. Lo sai a cosa mi riferisco..."
"Hai paura, ma io no" mentì Vegeta, sapendo di averne provata. Aveva avuto paura, e ce l’aveva ancora, che Freezer gli toccasse la sola cosa a cui tenesse davvero, ma per orgoglio non voleva ammetterlo. Tutta la violenza di cui era capace, che aveva perpetrato senza scrupolo, finiva per ondeggiare nella mite risacca delle sue carezze. Sua moglie era l'unica in grado di poter arginare quella violenza. Senza di lei sarebbe tornato spietato, naufrago nella brutalità del proprio mondo che l'aveva partorito in un ventre di fame bellicosa. Era la guerra ad averlo forgiato, l'amore era solo l'ancora che lo teneva ormeggiato in un mare in tempesta perchè non ci finisse annegato dentro, fino alla morte.
Lei gli prese il volto e lo fissò dritto negli occhi. "Tu non hai paura di niente, ma io sì, ho paura di perdere te e non mi vergogno ad ammetterlo... Freezer ha lo sguardo di chi tradisce e tu non sei come lui. Tu sei migliore di lui, Vegeta..." I loro occhi rimasero inchiodati gli uni negli altri. Bulma fu certa di scorgere un bagliore di vita in quelli di lui, come se le sue parole lo colpissero e scuotessero interiormente. "La tua forza è un dono. Tu non devi usarla per servire quel mostro".
Vegeta cercò di giustificare ancora scelte compiute che ormai non era più certo di condividere totalmente.
"Sono nato per fare questo. É il mio destino. Voglio solo la gloria che mi spetta.".
Lei scivolò con le mani sul petto e gli afferrò la maglietta stringendola nei pugni, come se volesse destarlo da quel torpore di frenetica euforia guerriera. "Non è vero. Tu sei nato per fare qualcosa di migliore. Tu sei il migliore, e devi vendere la tua difesa, non la tua ferocia. Avrai comunque la tua gloria, anche se sceglierai di usare la tua forza in maniera diversa. Finchè sei alleato a Freezer lui cercherà di impedirti di essere quello che vuoi... Finchè sei con lui, sarai sotto di lui. Ma se domani userai la tua forza a fin di bene, tu sarai sopra di lui e sopra qualunque Re. I popoli avranno sempre bisogno di qualcuno per difendersi".
"Noi saiyan combattiamo per noi stessi Bulma, tu questo non riesci proprio a capirlo".
"Non è vero. Avete combattuto per Freezer, e lo fate ancora." Lei abbassò lo sguardo d'improvviso, al solo averlo nominato. "Ho avuto una sensazione bruttissima prima... Ho sentito che Freezer mi guardava come se volesse..."
Ebbe paura a dirlo.
Lui incalzò. "Se volesse cosa?" 
"Come se volesse anche me".
Vegeta incassò il colpo, sapendo di avere avuto la medesima e sinistra percezione. 
"Forse dovrei tornare subito sulla Terra... Ma non voglio lasciarti da solo a combatterlo".
"Tu non potresti fare niente" ammise l'altro. "Dovrai tornare sulla Terra, e dovrò passarci pure io per valutare i progressi di Trunks".
"Hai deciso di aspettare ancora per presentarlo a tuo padre, quindi".
"Non voglio che giri voce che abbiamo un figlio, non finchè non avrò tolto di mezzo Freezer".
Non c'era stato un attimo in cui non avesse pensato a Trunks in quei mesi, e a tenerlo al sicuro. Suo figlio sarebbe valso oro e Freezer avrebbe potuto avanzare qualche pretesa per usarlo. La fusione dei due sangui e le ottime condizioni climatiche del pianeta Terra avevano favorito uno sviluppo della sua forza in maniera strepitosa e superiore alla norma. Nessun bambino saiyan aveva la forza di Trunks alla sua  stessa età, neppure Vegeta stesso l'aveva avuta.
Bulma gli prese il viso tra le mani, facendo la cosa che più lo rendeva vulnerabile. Gli parlò a cuore aperto, con dolcezza, sapendo che i complimenti e la devozione erano diventati il suo tallone d'Achille. 
"Ti amo, guerriero". 
“Adesso devo andare” replicò cercando di rimanere lucido e freddo.
“Aspetta… Vai da quel Kakaroth?”
“E tu come fai a saperlo?”
“Ho visto mentre lo prelevavano le guardie. Ero giù a mercato. Ha barattato lui la spada per me. Il vecchio non voleva darmela... ”
Vegeta la osservò con un certo sospetto. “E perché hai accettato che lui te la comprasse?”
“Non ho avuto neppure il tempo di obiettare. E comunque mi sembra una persona gentile”.
“É solo un guerriero di infimo livello”.
“Dovresti rivedere le vostre regole. É sciocco far ammazzare tra di loro due guerrieri, solo per cosa?”
“Questa è la nostra cultura. Il più forte va avanti”.
“Tu hai assaggiato la cultura progressista dei terrestri però, e non mi pare ti abbia fatto così schifo”.
“Non sono un terrestre, Bulma, ricordalo.”
“Ma sei una persona colta... Dovresti elevare il tuo popolo da questo tipo di… barbarie”.
“Al mio popolo piacciono le barbarie, per loro è uno svago vedere i propri uomini combattere fino alla fine. Se non muoiono durante le conquiste con onore, allora lo faranno qui”.
“Veg…”
“Adesso tieni un po’ chiusa la bocca, non ho voglia di stare a sentire i tuoi discorsi progressisti”.
“Non puoi comandarmi e trattarmi come se fossi uno dei tuoi caposquadra, ricordalo” replicò lei portandosi una mano sul fianco.
“Hai la cattiva abitudine di voler sempre dire la tua”.
“Potevi sposarti una muta allora...”
Vegeta non le rispose solo perché sapeva che amava anche quello di lei, anche se detestava essere contraddetto, la amava perché gli ricordava ogni giorno il motivo per cui l’aveva scelta. Adorava il fuoco che lei aveva dentro. Adorava la guerra che lei gli dichiarava, perché era la guerra che lui voleva. Sempre e ovunque.
“Comunque io non voglio che muoia quell’uomo. Con me è stato gentile”.
“Vuoi che gli metta una corona di fiori al collo?” Ironizzò l’altro.
“No.” Bulma gli mise le mani dietro al collo. “Potresti farmi felice però… Come io so far felice te.”
“Non dipende da te. Non è un tribunale che li giudica, è un’usanza”.
“Che può prevedere eccezioni no? Proprio perché non è una legge.”
Lei gli sorrise certa che lo avrebbe convinto, perchè conosceva quella luce tiepida che affiorava nel suo sguardo torvo quando era sul punto di cedere a una sua richiesta. "Avanti, Vegeta... Ti dimostrerò che i vostri metodi a volte non servono e non aiutano i guerrieri a dare il meglio di loro stessi”.
“Ah no? E da quand’è che sei un’esperta motivatrice?”
Lei strusciò il naso contro il suo e gli parlò con voce dolce e sguardo rapito. “Ti ricordi quando sei arrivato da me, poco più di otto anni fa…? Eri così depresso quando ti ho detto che la scatola nera era danneggiata…” 
La sua voce fu un sussurro che lo accarezzò vincendo la sua durezza già lì, con quei modi da dolce ruffiana. Lui deglutì lentamente un nodo di saliva.
“Per un po’ hai persino smesso di allenarti… Sembrava non ne sentissi neppure più lo stimolo. Io lo ricordo bene, sai? Sono stata io a dirti di ricominciare dopo che ho visto cos’eri capace di fare. Mi sembravi sprecato a non fare nulla… Tu sei nato per fare di meglio, e io per essere la tua motivatrice…” gli sorrise ma non fece neppure in tempo a godersi la propria vittoria che sobbalzò spaventata, perchè la mano di lui le si poggiò alla base del collo con un colpo rude e pesante, più simile a uno schiaffo. 
Le dita callose le massaggiarono la pelle con fare avido e minaccioso.
“A volte dimentico… che tu se volessi arriveresti davvero ovunque”.
Lei gli mise la mano sulla sua, stordita da quel tocco bramoso. “É per questo che sono tua moglie…”
“E quindi cosa dovrei farne di Kakaroth?”
“Fallo venire con me. Conosco un luogo dove può allenarsi purchè gli venga tolta la coda. Ho un’amica che vive nelle terre dei dragoni. Lì ci sono uomini che possono aiutarlo a tirare fuori le sue potenzialità. E poi serve un guerriero che faccia presidio sulla Terra  visto che vuoi assorbirla alle province per sfruttarla come ponte verso ovest”.
Vegeta emise una risatina baritonale dalla tonalità irrisoria. “Ma piantala, cosa vuoi che tirino fuori dei bonzi da una nullità come un terza classe?”
“Tu dammi questa possibilità. Non farlo combattere. É stato molto gentile con me, se lo merita un premio no?”
“Tu però sei stata gentile con lui quando lo hai curato. E inoltre tu sei mia moglie, e questo lui lo sa. Pensi che lo abbia fatto senza tornaconto? Qui nessuno fa nulla per nulla.”
“Questo lo appureremo…”
Vegeta si passò lentamente la lingua contro l’arcata superiore dei denti prima di risponderle. “Se ti dicessi di no ti impunteresti fino a esasperarmi… Diamogli questa possibilità e vediamo. Ma se la tua idea è fallimentare… Paghi il conto.”
“E quale sarebbe questo conto?”
“Poi lo deciderò”.
“Non puoi decidere un pegno da pagare a fine scommessa. Non è corretto” obiettò lei vagamente divertita, come vagamente divertito fu lui quando le rispose.
“Non ho mai detto di essere corretto. Sono un mercenario.”


..


Il Re si lasciò andare sulla sedia accompagnando il movimento con un sospiro di stanchezza. Si portò un calice ricolmo di una bevanda scura e amara alla bocca, e bevve lentamente, con fare meditabondo, osservando suo figlio in piedi davanti a lui, poggiato col sedere contro il bordo laterale del tavolo.
“Gli anziani mi hanno chiesto perché non hai voluto che Kakaroth combattesse”.
“Gli ho assegnato un’altra missione” ammise Vegeta.
“Un’altra missione… Mh… Strano, da quand’è che ti importa di quell’umile combattente?”
“A me nulla. Ma ho fatto una scommessa con Bulma”.
“Una scommessa dici?” Il Re corrugò le sopracciglia. “Non ti capisco. Da quand’è che ti prendi gioco delle nostre usanze per accontentare tua moglie?”
“Non è nulla di serio” fece il figlio, non entrando nei dettagli.
“E cosa dovrò dire agli anziani?” Chiese l'altro passandosi la lingua sulle labbra umide e vermiglie. “Non mi sembra il caso di dirgli il motivo che c'è dietro la tua decisione”.
“Non ce bisogno di dirglielo. Ci parlerò io. Kakaroth mi serve e se ne faranno una ragione. Siamo ancora in regime monarchico, non mi risulta che vige una democrazia”.
Suo padre rise e tornando serio aggiunse: “Però il consiglio degli anziani c’è da sempre, questo lo sai, la nostra monarchia si è formata con esso.”
“Il consiglio si piegherà, perché sono il saiyan più forte, e se non si piegheranno da soli, li piegherò io con la forza”.
“Sta’ attento, Vegeta. Gli anziani sono vipere che custodiscono con estremo orgoglio il loro potere consultivo. Non metterteli contro”.
“Ho già Freezer contro. Uno in più, uno in meno non mi cambia nulla”.
“Ricorda che di questi tempi è meglio essere cauti ed evitare diatribe interne. Dobbiamo eliminare un problema alla volta, e io adesso non voglio rogne tutte insieme, che già Freezer ci sta col fiato sul collo per completare le missioni, e ho troppe truppe impiegate a nord-est. Tu sei attaccabrighe proprio come lo era tua madre.”
“Io sono stufo di stare con le mani in mano. Voglio Freezer in ginocchio davanti al trono dei saiyan. E ce lo voglio mettere io”.
“Per tutte le scimmie… Teste calde come te se ne incrociano poche ragazzo mio. Sei più bellicoso di una donna tradita” commentò il padre tornando a bere nuovamente. "Ci vuole ancora un pò di pazienza".
"Ed è proprio quella che sto iniziando a perdere".
"Lo so... Siamo tutti in attesa del momento giusto per ribaltare la situazione" ammise il Re studiando l'espressione torva e irritata del figlio che si ammorbidì leggermente mentre si staccava dal tavolo.
“Faccio tappa sulla Terra stasera”.
“Cosa vai a fare lì?”
“Bulma rientra perchè tra tre giorni la gravità sarà più alta, e poi ha gli affari di famiglia di cui occuparsi. Inoltre deve portare i dati registrati dalla sonda Saya 4 ad uno dei suoi ingegneri informatici,  e sono proprio curioso di sapere cosa le dirà”.
"Cosa sarebbe un ingegnere informatico?"
"Una specie di... strizzacervelli del computer".
“Domani sera però abbiamo i primi ordini in festa, tutti si aspettano che tu ci sia. Sta rientrando il plotone guidato da Jinka.  La tua assenza potrebbe essere vista come una scortesia visto che li hai mandati tu a sedare tutte quelle rivolte su Neo Genesis 2”.
Vegeta non sembrò interessarsene. "Se ne faranno una ragione".
“Lei proprio non ti va giù”.
Il principe capì a chi il padre alludesse. “Cosa intendi?"
"Prima della tua lunga sosta sulla Terra la potevi prendere in moglie e hai sempre temporeggiato, anche quando avete concluso la missione Husar, e non ho mai capito il perchè tu indugiassi tanto."
“Jinka ha un solo difetto, come molte donne qui dentro quando mi vedono”.
“Sarebbe a dire?”
“Mi dicono tutte sempre di sì.”
Suo padre scoppiò a ridere. “Questa è bella. Vuoi dirmi che ti sei preso l’unica donna che ha la faccia tosta di risponderti no?”
Vegeta guardò suo padre dritto negli occhi senza farsi contagiare dalla sua ilarità. Pensò a Bulma, agli anni passati sulla Terra, a quando era stato trattato da lei come una persona assolutamente normale, uno qualunque. La sua incoscienza, finanche una certa dose di insospettabile coraggio, era stata la fonte dell'interesse che aveva scoperto farsi concreto per lei. Aprire gli occhi all'alba con il suo corpo riverso addosso al proprio, col suo odore nelle proprie narici, scorgendo il sole che saliva lentamente tra i grattacieli e attenuava la penombra violacea della notte, non aveva prezzo. A volte, in quel silenzio assoluto che regnava lì in alto, al primissimo mattino mentre la città ancora riposava e si approssimava al risveglio, gli sembrava che ogni anelito di conquista si annientasse inghiottito nello stesso silenzio che assorbiva anche lui. La Terra aveva lo strano e inquietante potere di calmarlo, di rabbonire le sue necessità bellicose piene di furia, o forse era Bulma ad avere quella rara capacità di disarmarlo. Aveva uno strano e autoritario potere nelle mani quando le infilava tra i suoi capelli,  sortiva lo stesso effetto che si ha quando un padrone accarezza il proprio animale poco mansueto e aggressivo. 
Il Re si asciugò le lacrime recuperando contegno. “Tua moglie nonostante quel corpicino deve averne di carattere!”


..



La macchina del teletrasporto impiantata in una stanza in cima al grattacielo, esattamente sulla pista di atterraggio degli elicotteri e sopra il vano ascensori, li fece materializzare uno dopo l'altro sotto il cielo sereno variabile delle cinque di pomeriggio. Al loro arrivo il sole era scivolato dall'altro lato dell'emisfero e discendeva con lentezza pronto a regalar loro un suggestivo tramonto tra i grattacieli. 
Kakaroth si guardò attorno con curiosità, non avendo compreso davvero il motivo per cui gli fosse stato riservato un trattamento di favore. Bulma aveva convenuto che l'indole era selvaggia ma istintivamente votata alla gentilezza, forse perchè talune cose che diceva lo facevano apparire un pò tonto.
"Questa è casa mia" gli disse quando varcarono la porta degli ascensori al quarantaduesimo piano, mentre Vegeta spariva alla ricerca di suo figlio, evitando che Trunks facesse la propria comparsa davanti a Kakaroth. "Mio marito ti ha spiegato il motivo per cui sei stato convocato qui, vero?"
"Non l'ho capito fino in fondo. Mi ha detto che si tratta di una specie di esperimento..."
"Esattamente. Ti è stata data la possibilità di aumentare il tuo potenziale, ma non dovrai fare altro che affidarti ad alcune... persone, diciamo, che sono esperte delle arti marziali" gli spiegò frugando in una borsa alla ricerca della capsula che conteneva l'elicottero.
Kakaroth diresse lo sguardo oltre le vetrate e studiò la metropoli e i grattacieli pieni di slogan che si alzavano poco più avanti, creando una rete urbana molto trafficata. 
Bulma riprese notando come il saiyan fosse interessato a ciò che lo circondava. "Io abito in questa città, in questo grattacielo di quarantasei piani. Appartiene alla mia famiglia che l'ha fatto costruire. Ti accompagnerò da chi si occuperà di te, ma dobbiamo prendere l'elicottero".
"Perchè questo trattamento di favore?"
"Preferivi finire in un torneo a giocarti la vita?"
"In un modo o nell'altro dovrò pur morire, sono un guerriero".
"Ci sarà tempo anche per questo" replicò cercando di non affrontare discorsi deontologici troppo complicati. 
"Sei stata tu a proporlo al principe Vegeta, vero?"
"Proporre cosa?"
"La mia ultima possibilità".
"Cosa te lo fa pensare?" 
"Nessun saiyan avrebbe avuto questo tipo di gentilezza".
Lei gli sorrise appena. "Tu l'hai avuta quando mi hai comprato la spada".
"Ti ho solo ricambiato il favore. Mi hai curato quando stavo morendo, ricordo male?"
Bulma comprese che l'altruismo non era cosa scontata e parte dell'educazione di un saiyan, così come Vegeta le aveva detto con quel nessuno fa nulla per nulla qui, ma la gentilezza che percepiva nel suo sguardo umile le lasciò intuire che poteva esserci del salvabile in Kakaroth. 
"Perchè lo hai fatto?" Si sentì chiedere.
"Da dove vengo io, le persone che hanno bisogno si aiutano e basta a volte" gli spiegò lei con naturalezza. "Non mi aspetto che tu capisca... Mi spiace solo per la tua coda, ma qui non puoi tenerla.  Se non conosci il nostro calendario lunare è rischioso star svegli di notte, e qualche volta anche osservare il cielo di giorno".
L'elicottero arrivò a Paòz dopo aver attraversato una perturbazione passeggera. Bulma ormai era diventata una brava pilota nonostante non fosse tra le più esperte, ma poteva affermare di conoscere bene le macchine che progettava. Quasi sempre si avvaleva di piloti privati che lavoravano per lei, ma in questo caso non voleva far circolare notizie circa i suoi ospiti... 
Kakaroth si osservava attorno incuriosito e affascinato dalla natura incontaminata e verde che si estendeva davanti al suo sguardo a perdita d'occhio. L'aria era leggera e aveva uno strano profumo fresco e balsamico, perchè le catene montuose a ridosso della pianura facevano di sovente arrivare brezze che trascinavano gli odori delle flora che cresceva ad alte altitudini.
"Non sembra male questo posto".
"Essendo poco abitato, l'aria è molto salutare" disse lei camminando verso un agglomerato di casette che non superavano i due piani. Adocchiò una stradina dove alcune insegne commerciali restituivano al venticello il loro ondeggiamento. "Una mia amica ti accompagnerà dal Genio delle Tartarughe, un esperto preparatore di atleti. Se hai bisogno di mangiare qualcosa puoi chiedere a lei, è un'ottima cuoca..."
Bulma entrò dove c'era la piccola targa di una panetteria, facendo oscillare un caccia-spiriti che tintinnò colpito dal movimento rotatorio della porta. "Si può? Permesso..."
Da dietro il balcone si alzò una donna atletica che stava ordinando il piano lavoro. "Bulma!"
"Ciao Chichi! Non ti aspettavi una mia visita, lo so".
"Non dopo due mesi che diciamo di vederci e rimandiamo sempre. "
"Ti chiedo subito scusa se arrivo qui senza avvisarti e senza potermi neppure trattenere. Puoi dedicarmi dieci minuti? Tanto vedo che non hai persone da servire".
"Figurati, tra poco chiudo. Vado in palestra a controllare che Yamcha stia lavorando... Ogni volta che vado lo trovo a flirtare con qualche ragazza a cui fa il personal trainer."
"Ci prova sempre con tutte, quello..." commentò Bulma ricordando quando anni prima ci aveva provato pure con lei, il cui alcool in corpo a causa di qualche bicchiere di troppo l’aveva annebbiata fino a farla finire all’inevitabile limone della serata.
Chichi fece una faccia sorniona. "Ne sai qualcosa anche tu, o sbaglio?" 
L'altra alzò gli occhi al cielo. "Comunque non so come fai a lavorare qui dentro... C'è un profumo delizioso, cos'hai preparato?”
"Ho finito le crostate. Le lascerò raffreddare tutta la notte e domani saranno già mangiabili, te ne do una se vuoi, la porti a tuo figlio"  fece l'altra sgusciando fuori dal bancone e sfilandosi il cappellino fermacapelli. "Allora Bulma, dimmi pure, sono curiosa di sapere il motivo della tua visita, e non so se preoccuparmi".
"Ho da chiederti un piacere e spero tu non mi dica di no. Si tratta di un grosso favore..."
"Sarebbe a dire?"
Bulma direzionò lo sguardo fuori, oltre la vetrata, puntandolo sull'uomo alto e atletico che continuava a guardarsi attorno con aria tranquilla, in apparenza non offensiva. Chichi la imitò e vide un uomo molto piacente fermo  dall'altro lato della strada.
"E quel bell'imbusto chi è?"
"Il grosso favore che devi farmi".


..


Bulma rientrò alla Capsule Corporation con un gran mal di testa. Aveva dimenticato di prendere gli integratori che usava quando si spostava verso città che erano a più di quattro ore di distanza dalla propria, costringendola a ristabilirsi col fuso locale. Anche il teletrasporto non era una passeggiata per il corpo, vista la quantità di energia cui erano sottoposte le cellule per trascinarsi da un luogo all'altro in pochi minuti. Non appena l'ascensore scese dalla pista e si aprì con un trillo sul quarantaduesimo piano, ad aspettarla trovò un entusiasta Trunks. Era stata via solo dieci giorni e gli sembrò che il figlio si fosse persino alzato di un paio di centimetri. 
"Mamma! Non arrivavi più!" 
Il piacere con cui l'accoglieva la remunerava delle fatiche di fare avanti e indietro in un periodo che stava proseguendo da diversi mesi pieno di attività e imprevisti. Per quanto suo padre l'aiutasse nella gestione dell'azienda, le cose da fare erano sempre tante, come gli incontri e i progetti da portare a termine, e come se non fosse bastato sul pianeta Vegeta aveva dell'altro operato da svolgere per suo marito, con le difficoltà di non avere con sè il proprio affidabile e collaborativo staff e strumentazioni che conosceva perfettamente.
Vegeta aveva appena finito di allenarlo e il piccolo appariva felicissimo di essersi ricongiunto con suo padre, figura che costantemente gli mancava da quando si assentava per badare alle missioni affidate ai suoi da Freezer. Il legame tra lui e Trunks era fortissimo nonostante Vegeta fosse solito non esternare il suo affetto con gesti di tenerezza, tuttavia non cessava mai di spronarlo nè di ricordargli di chi fosse figlio.
"Sei tutto sudato..." Commentò Bulma, abbassandosi ad abbracciarlo.
"Non mi sono ancora fatto la doccia".
"E cosa stai aspettando? Va' subito, non ti faccio mica cenare così, e lo stesso vale per tuo padre" aggiunse adocchiando il saiyan che stava arrivando con l'asciugamani sulle spalle.  "Avete la doccia tutta per voi giù, perchè non ne approfittate mai? Se non c'è una donna che si curi di voi vi comportate come selvaggi."
"Ho fame, mamma..."
"La nonna vi cucinerà sicuro qualcosa, le faccio uno squillo giù. Io adesso devo fare una telefonata che non posso assolutamente rimandare, chissà se c'è ancora qualcuno nel reparto tecnico" commentò interrogando l'orologio che segnava quasi l'orario di chiusura delle attività d'ufficio. 
Quando varcò la porta automatica dell’ufficio del reparto informatico ci trovo proprio chi sperava di vedere. Kale la salutò subito a tono alto, con due cuffie in testa e la camicia rimboccata, e cianfrusaglie varie sul tavolo dove lavorava disseminato di una decina di tazzine compostabili vuote di caffè ancora da buttare.
"Ma quanto caffè bevi?!" Fece lei osservando la scrivania dell'uomo. "E come fai a lavorare in mezzo a tutto questo casino?"
“Si può sapere da dove viene questa roba? Hai scoperto mica una nuova civiltà?” Le chiese l'altro eludendo la sua domanda e sventolando i fogli che si era stampato dai dati recuperati nel flop. “Quel simpaticone di tuo marito mi ha detto che me le hai mandate tu e che sono da analizzare immediatamente, senza se e senza ma" aggiunse ripetendo le testuali e perentorie parole dell'uomo. "Te lo dico subito, mi ci vorrà una vita per decodificare questa merda.”
“Ah, bene, quindi non riesci proprio a capirci nulla?” Fece lei avvicinandosi.
“Capirci nulla? Per capire queste scritture mi ci vorrà l’eternità… e forse neppure quella sarà abbastanza.”
“Ma si potrà fare qualcosa…"
"Un miracolo, se fosse possibile".
"Bisogna solo trovare una chiave per decodificare questi codici e crearne uno nuovo col nostro linguaggio, no?”
“Ci ho già pensato, ma è un casino. Ma si può sapere dove l’hai presa questa roba? Anche il computer ne aveva la nausea”.
Lei fece la vaga. “Te lo racconterò se però riesci ad aiutarmi”.
“Lo farei volentieri, se non fosse che tra dieci giorni mi sposo e non posso rimanere in ufficio fino alle dieci di sera” fece l’altro sfilandosi le cuffie.
“Quello che so, è che sono mappe criptate in questo codice informatico... alieno”.
“Mappe aliene dici?”
“Sì, tutti i vari dati dovrebbero corrispondere a punti che definirebbero delle mappature spaziali di una regione mai studiata della galassia, ad ovest”.
L’altro si passò una mano tra i capelli corti e castani, e non trattenne un sospiro scoraggiato. “Senti, domani ne parlo con Sana, lei magari può aiutarmi visto che rientra dalle ferie e sarà più che in forma”.
“Ok, non dimenticartene. Mi raccomando… Ricorda che ti ho assunto perché sei il migliore. Ah, e non impiegarci troppo” gli rammentò uscendo da dove era venuta e lasciando Kale nel caos più totale, a borbottare.
Quattro ore a seguire, alle undici di sera ormai passate, era nel letto con suo figlio a raccontargli del suo ultimo viaggio. Stesa di fianco al bambino, continuava a narrargli come una favola della quantità di pianeti che esisteva fuori il loro sistema solare.
Trunks alzò un dito indicando il soffitto dove c’era la mappa dello spazio conosciuto che teneva appesa sopra la testa, proprio come se fosse un piccolo mercenario. “E il pianeta di papà si trova più su della stella K-8?”
“Oh, molto, è dietro una grande nebulosa”.
“É una nebulosa grigia?”
“No. Ha molti colori, ma predomina il rosso. Quando la vedi ti sembra una specie di dipinto astratto, di quelli che ogni tanto vedi sui libri di scuola” fece lei accarezzandogli la testa e tirandogli indietro la frangetta.
“Ma sulle stelle ci si può salire?”
“Non proprio… Le stelle sono troppo calde per poterci arrivare, perchè a differenza dei pianeti abitabili producono energia tramite fusione nucleare.”
“E quando mi dai anche una mappa del sistema solare dove si trova il pianeta di papà?”
“Appena riuscirò a farle elaborare…” commentò lei accorgendosi che c’era Vegeta sul ciglio della porta, appoggiato ad ascoltarli. Chiuse la conversazione capendo che si era fatto tardi, e dopo aver rimboccato le coperte e dato un bacio al bambino gli disse di addormentarsi. Fece per tirare le tende quando Trunks le chiese di lasciarle aperte.
“Sei sicuro che non ti da fastidio il sole? All’alba lo avrai tutto in camera.”
“Non ho sonno… Provo ad addormentarmi contando tutte le volte che la scritta di quella pubblicità fa illuminare le palline rosse” gli spiegò il bambino indicando il logo di un’azienda di scarpe che svettava sopra un grattacielo più basso.
Bulma gli sorrise. “Va bene, basta che non rimani sveglio. Domani hai scuola”.
“Non posso portare con me la spada vero? Ai miei amici piacerà tantissimo...”
“Assolutamente no! Dove vai girando con una spada… Guarda che non è un giocattolo... Hai promesso di usarla quando sarai più grande.”
La sera inoltrata, le mezza passata e una città trafficata anche di notte, li ritrovò stesi sul letto della loro camera, davanti a puzzle di luci accese e spente. Bulma se ne stava accucciata a pancia in giù, le braccia piegate sotto al petto, il viso rivolto a lui che era steso su un fianco con mollezza. Con le dita ruvide lui le accarezzava la schiena nuda, osservando il tatuaggio del drago. Poi si accorse che all'interno della piccola sfera erano stati aggiunti dei simboli.
"Non avevi queste scritte prima di partire, dieci giorni fa” constatò osservandole, e notando che erano indecifrabili.
“No… Le ho fatte tatuare quando sei andato via”.
“E che significano?”
“Sono delle iniziali… Però non te lo dico”.
L’altro la guardò vagamente sospettoso. “Tutto questo segreto per due lettere?”
Lei allungò il collo e portò il viso verso il suo. “Te lo dirò un'altra volta. Sono iniziali di nomi di persona scritti in lingua Paozziana antica. Il vecchio tatuatore mi ha detto che inserirle nella sfera la trasforma in un amuleto protettivo”.
Vegeta sembrò perplesso. “Se lo dici tu…”
“Tu non ci credi, ma io sono sicura che questo drago esiste. La sfera che mi ha dato mio padre è una delle sette… Le troverò prima o poi, e gli chiederò una giovinezza lunga quanto la tua”.
“Finchè non vedo il radar non ci crederò”.
“Tu non preoccuparti. Ho praticamente finito di elaborare il cip interno…É un lavoro iniziato una vita fa.”
“Quando l’hai progettato?”
“Il primo progetto del radar risale a quando avevo nove anni…"
"Nove?" Vegeta non riuscì a reprimere una lieve nota di stupore all'ennesima rivelazione del suo genio. 
"Sì... Ma poi per molti motivi ho lasciato perdere... Mia madre ha subito un intervento all'utero e non ha più potuto avere più figli, gli studi all'accademia dei bambini prodigio mi hanno molto assorbita perchè mi facevano studiare molto per permettermi di sviluppare il potenziale... Alla fine c’è sempre stato qualcosa che mi ha distratta e non ho mai ultimato il radar...”
"Perchè solo adesso l'hai completato?"
"L'incontro con Freezer mi ha turbata molto... Ho paura di lui. Ho paura che venga qui e distrugga tutto... La mia casa, Trunks..." un lieve tremore da lui percepito le costrinse ad abbassare lo sguardo, che fece scivolare inquieto sul suo petto caldo e ampio, che si sollevava placidamente. 
"Ma sei così sicura che le sfere funzionino? É solo una leggenda..."
"Anche quella del super saiyan lo è... Eppure tu ci credi..." aggiunse fissando i suoi occhi con sguardo dolce. La mano di lui si aprì in silenzio sulla sua schiena e le accarezzò il disegno lentamente, percorrendolo come una stampa su seta. Davanti i suoi occhi azzurri e luminosi si materializzò solo un volto che la offuscò. 
Freezer.

..

 
La lucertola si portò lungo il perimetro vetrato della sala comandi e osservò l’immensità dello spazio in cui galleggiava accompagnato dal fedele e dissoluto esercito. Il suo pianeta di origine, piccolissimo più della metà della Terra e povero di risorse, era lontanissimo da lì. Ormai da anni vagava nel suo vascello, avido e bramoso di potere, come fosse un’anima in pena. Suo padre Re Cold, anima maligna vissuta per quasi centoquaranta anni, aveva messo in piedi i primi eserciti di mercenari corrotti promettendo conquiste a tutti, ed era stato semplice vederli andare a lui come api al miele quando grazie a mezzi illeciti e brutali aveva concretizzato le proprie promesse. Il mercato dei pianeti era fruttato moltissimo e proprio lui aveva avuto l'illuminante idea di rendere parte del proprio esercito anche i rozzi e bellicosi saiyan, migliori in assoluto e forze della natura. Tuttavia, negli ultimi anni della sua vita, aveva rivelato al figlio che doveva ben guardarsi da loro, perchè erano indomiti e troppo fieri per accettare di avere una guida autoritaria che li trattasse alla stregua degli altri eserciti. 
Per Freezer quelle parole erano state un campanello di allarme. I saiyan erano il suo tallone d'Achille, l'unico esercito che non riusciva a controllare mai completamente, nonostante portasse a compimento fedelmente le sue disposizioni. Era riuscito persino a farsi lasciare il piccolo Vegeta da suo padre, anni prima, per tenerlo con sè qualche anno con lo scopo di irretirlo tramite lusinghe e compiti sempre più difficili, bramando ancora per asservirli completamente. Ma crescendo Vegeta aveva mostrato non solo una certa insofferenza verso gli altrui comandi, ma la totale inattitudine a sentirsi parte della sudditanza. Le sue abilità da fuori classe, lo spirito indomito e l'educazione fiera ricevuta lo avevano reso un bambino prodigio e un adolescente sprezzante e bramoso di aumentare il proprio potenziale, portandolo a desiderare di superare Freezer in potenza e facendo a tutti capire che non gli sarebbe stato impossibile riuscirci. E Freezer sapeva che era così, perchè i saiyan miglioravano ad ogni combattimento, come prodigi naturali, assimilando per osmosi nuovi poteri e nuove tecniche. Sostanzialmente, alla fine, aveva capito che eliminare i saiyan rimaneva la scelta più sensata, anche se equivaleva al perdere il migliore esercito di cui disponeva.  
La struttura della base militare ambulante era di smisurata grandezza, disponeva di numerosi ponti di attracco esterni ed interni distribuiti sui centoventi livelli di profondità.  La rimessa interna delle centinaia di navicelle che salivano e discendevano su e giù per la profonda pancia dell'astronave occupava quasi cinquanta livelli di altezza, e dagli ottanta punti di attracco i soldati imboccavano i corridoi esagonali in carbonio lucido superando infine le barriere cariche di ossigeno. Sporgendosi dal parapetto dei ponti, provvisti delle opportune maschere di ossigeno, i soldati potevano vedere l'immensità senza fondo dello spazio. Non pochi ci erano precipitati laggiù, quasi sempre per essere fatti sparire con le prove del loro assassinio. Da giovanissimo Vegeta ci aveva stazionato quasi sei anni terrestri lì dentro e di omicidi ne aveva visti e compiuti senza vergognarsene. D'altronde perchè avrebbe dovuto vergognarsi di far fuori gentaglia mediocre e inetta, e totalmente corrotta. Anche lui da quei ponti ci aveva fatto precipitare qualcuno, l'ultima vittima che rammentava era stata una spia che si era ritrovata a penzolare attaccata alla balaustra, aggrappata ai suoi piedi e scansionata dal suo sguardo spietato. Vegeta gli aveva rotto le ossa delle dita con la suola della scarpa, attendendo poi con l'opportuna lentezza di un sadico torturatore che le mani di quello cedessero facendolo scivolare via.
Se n'era rimasto lì, davanti gli occhi soddisfatti di Freezer, a compiere i suoi atti vili di soldato violento e annoiato, abituato a fare solo quello, conscio di doversi mettere in mostra davanti a tutti quegli spettatori spietati che si valorizzavano con quel tipo di abbiette qualità.  
“Zarbon… Voglio approfondire questa storia riguardante la moglie di Vegeta… Nessuno mi aveva detto che su Virgus ci fossero donne così".
"Da quando vi interessano le umane?"
"Le avremmo potute rivendere come schiave.”
"Non ricordo se ve ne fossero, mi dovete scusare, ma non ho seguito io quella spedizione che risale ad anni fa. A che scopo vi interessa, potente Freezer? ”
“Mi sembra strano, conoscendo quella scimmia violenta, che si sia presa in moglie un’ umana solo per una questione di bellezza”.
“Bella lo è, però”.
“Ovviamente, per essere un'umana credo lo sia molto. Ha una presenza che definirei..."
"Piacevole?"
"Armonica. Non mi disturba guardarla. Vegeta è sempre stato uno schizzinoso d'altronde,avrei dovuto immaginare si sarebbe trattato bene anche in questo caso. Ad ogni modo… Non saprei che farmene di una donna umana. Tu potresti divertiti invece…” insinuò malignamente. “Siete quasi compatibili a livello fisico”.
Zarbon annuì corrispondendo la malignità del suo padrone con un luccichio di sadismo negli occhi. Bulma sarebbe potuta finire nell'elenco di una delle tante umane che avrebbe seviziato per soddisfare i propri appetiti, ma ciò che lo faceva eccitare era che avrebbe potuto farlo sulla donna di Vegeta, del commilitone che più aveva odiato in assoluto durante gli anni passati, quindici anni prima, quando Freezer, di cui Zarbon era assurdamente geloso, aveva prediletto quel bambino preferendoglielo per molto tempo. Re Vegeta gli aveva ceduto il figlio in prestito con lo scopo che quest’ultimo rinforzasse la propria tempra, ma in realtà non aveva ammesso che era stato obbligato a farlo. Ne era venuto su un giovanotto violento e sprezzante di ogni pericolo, forse persino troppo presuntuoso, che però era stato la macchina d’assalto più ingestibile della lucertola bianca, finanche la più attaccabrighe.
“Voglio liberarmi dei saiyan una volta per tutte… Ma per farlo senza perdere troppe risorse, dovrò metterli l’uno contro l’altro. Ho notato che Vegeta era molto presente vicino a quella donna, e non è da lui… Ma voglio indagare a fondo."
"Non mi va proprio a genio l'idea di starmene in mezzo tutte quelle scimmie a fare indagini" lamentò Zarbon.
"Non le hai mai sopportate vero?"
"Se potessi le ucciderei una per una, e il primo sarebbe Vegeta".
 

Continua…

 

 

 

Ricordo un paio di termini ai malintenzionati : © le mie storie sono tutelate dal diritto di autore e registrate abitualmente a mio nome in quanto persona fisica nonchè tutelata giuridicamente. Dunque, avviso chi non ha di meglio da fare che copiare, prendere parti, spacciarle per proprie di pensarci due volte a provare a plagiare o a rubare la farina del mio sacco: non rischiate solo un brutto bannaggio su questo sito, ma rischiate anche in termini legali . Fate attenzione.

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Capitolo 3
*** 3. Inquietudini. Una figura dal passato ***


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© copyright law

Eccoci qui, il capitolo 2 e il 3 sono stati pubblicati contemporaneamente, e son abbastanza sostanziosi... Mi auguro di avere un vostro parere ^^ Riferimenti a scienza, genetica ed eventuali materie matematiche di cui è condita la storia possono risentire di un pò di fantasia, visto che il racconto si colloca a metà tra il genere fantasy e la fantascienza (e anche un pò di inciucio al femminile...) Buona lettura!

 

3.

 

Per il rientro dei quattro plotoni d'elite, che avevano concluso con successo e senza perdite la missione di soppressione delle rivolte su Neo Genesis 2, i soldati investiti di tale carica furono accolti con gloria, omaggiati anche dal  Re che in primis aveva voluto riceverli complimentandosi per l'operato svolto e per il compiaciuto messaggio ricevuto da Freezer tramite il suo portavoce Zarbon. Non che il Re o i saiyan in generale tenessero particolarmente al loro parere,  ma non completare un lavoro per Freezer equivaleva a sanzioni in termini di denaro e di schiavi, e anche gli anziani sapevano che era sempre meglio evitare di mettersi contro  un caino del genere. La sera si sarebbe festeggiato e si sarebbe bevuto fino ad ubriacarsi, come erano soliti fare i guerrieri dopo spossanti e lunghi incarichi che svigorivano corpo e spirito.
Per quella vittoria tanto agognata, Freezer aveva lasciato  uno dei pianeti ricchi di acqua a disposizione completa dei saiyan, ribattezzandolo Fusion, e Vegeta  che sapeva qual’era la posta in gioco, aveva chiesto a Bulma già settimane prima di quella vittoria di verificare la temperatura di solubilità del minerale disciolto nelle fonti miracolose, studiandone la composizione e cercando di capire se fosse riproducibile in laboratorio.
L'assedio di Neo Genesis 2 era stato sfiancante ed era durato oltre due mesi, le comunicazioni poi erano state infrequenti e disturbate dalla lontananza e dalla presenza di raggi gamma che ostacolavano costantemente il flusso di informazioni. Solo nelle ultime due settimane era stato possibile avviare comunicazioni decenti col pianeta Vegeta grazie a Bulma che aveva preso in carica il problema. Il Re era rimasto colpito da quelle sue capacità, e non solo lui, anche alcuni saiyan del consiglio ne avevano scoperto con stupore la doti ingegneristiche.
Vegeta non era ancora rientrato dalla Terra e il padre ne apparve risentito quando gli comunicarono che non era reperibile, visto che sul pianeta della terrestre mancavano due ore all'alba e il saiyan stava ancora dormendo tra le cosce aperte di sua moglie, sopra i suoi seni e con le sue braccia esili attorno alle spalle, in un groviglio di indiscutibile complicità che era seguito al loro caldo amplesso.
"Voglio avere sue notizie entro stasera. Fate in modo di intercettarlo. Non può pensare sempre e solo a migliorare se stesso quando c'è da festeggiare una truppa di rientro" borbottò spazientito mentre camminava vicino uno degli anziani del consiglio. 
Il guerriero che ricevette quell'oneroso compito fu proprio Gurlok, che maledisse il carattere dispotico del monarca sapendo a cosa sarebbe andato in contro se non avesse intercettato il principe per tempo.
"Avessi una donna del genere, me ne starei anche io con lei al posto di festeggiare la truppa" commentò Rugvic mentre Gurlok stringeva la mascella.
"Non fare dell'umorismo. Se non riesco a intercettare Vegeta, il padre è capace di farmi saltare la testa. Lui non ce l'ha più una donna a tenerlo buono e io sono troppo giovane per morire così disonorevolmente".
Un via vai di inservienti stava già disponendo perchè si festeggiasse in una delle palestre più ampie di cui disponeva il piano dei nobili. Donne e uomini saiyan troppo deboli, considerati alla stregua di schiavi, montavano tavoli e disponevano sedie in abbondanza per i quattro plotoni e gli altri guerrieri elitari che sarebbero stati più di duecento, senza contare gli assenti in missione. E sfamare più di duecento bocche saiyan non era un lavoro semplice, perché le pietanze non sarebbero dovute mancare e le cucine avrebbero lavorato fino a notte fonda. Con tutto il vino che sarebbe fluito per così tanti calici, miscelato allo spirito allegro e alla presenza dei plotoni femminili, di casino ce ne sarebbe stato parecchio lì dentro.
Gurlok fu indeciso fino all'ultimo se disturbare o no il principe, mentre la festa già stava imperversando un piano più in basso al suo rumoroso esordio, ma pur di non rischiare la sfuriata del Re decise di provare ad avvisare suo figlio personalmente, rassicurandosi che se Vegeta avesse deciso di infierire contro di lui sarebbe stato almeno sulla Terra, lontano dagli occhi dei suoi pari. Entrò nella macchina del teletrasporto sperando di riuscire nell'impresa e usò le medesime coordinate usate dall'ultimo viaggiatore. Nel giro di pochi minuti, dopo essersi sentito comprimere da una forza terribile che lo portò ad uno stato provvisorio di incoscienza, si materializzò in cima ad un grattacielo e quando uscì dal macchinario mise a fuoco l'interno di una calotta in carbonio sopra la cui porta sbatteva un forte vento. Quando schiuse l’uscio con fare circospetto, difatti, davanti a sè vide lo spettacolo della metropoli più ricca del pianeta Terra, e sul pavimento di cemento un enorme logo disegnato dalla doppia 'c'. Si guardò attorno percependo una fresca e piacevole temperatura della notte appena andata e vide il sole far capolino tra gli accumuli di nuvole temporalesche stantie all'orizzonte, oltre i palazzi attraverso cui i raggi si infiltravano riflettendosi sulle vetrate dei grattacieli in uno spettacolo di ricchezza e benessere. Il lontano rumore del traffico giungeva come un eco confuso, ma più distintamente riuscì ad udire un aereo che passava di là a sei mila piedi di altezza, e il cui lontano rombo ad un orecchio sensibile arrivava ugualmente. Aprì la porta di un piccolo gabbiotto, l’unico punto da cui poter scendere, e imboccò una rampa di scale che attraversava il locale degli ascensori fino all'ultimo piano di servizio. Non gli fu chiaro come orientarsi, ma in suo aiuto trovo un manutentore che alla buon'ora era lì a fare dei controlli sull'impianto antincendio. 
"Salve, ha bisogno?"
Il saiyan lo studiò da capo a piedi con curiosità, registrandone l’energia irrilevante. Quando fu sul punto di dichiararsi, pensò fosse meglio mantenere un profilo più basso. "Sto cercando il pr... Vegeta".
"Vegeta? E chi è?"
Gurlok pensò di provare diversamente usando il nome della moglie di Vegeta. "Bulma?"
"Ma chi la proprietaria della Capsule Corporation? Quella figa spaziale?"
"Descrivila" gli ordinò.
"Beh... Una bella donna, capelli chiari, bel sedere e due tette così" fece con una certa mimica. “E soldi a palate come se non bastasse”.
“Bene, e dov'è?"
"Penso sia negli appartamenti privati, non l'ho vista giù in ufficio…  Faccia così, scenda al quarantaduesimo piano, da qui ci può arrivare." L’uomo pigiò per lui l'ascensore e attese che salisse. 
"Che piano è questo?"
"Questo è il quarantaquattro. É il locale di servizio. Prego" gli disse indicandogli l'ascensore che si apriva. 
Gurlok ci entrò e si sentì inghiottire nel vuoto per pochi secondi, finchè con un trillo l'ascensore non si aprì sul piano luminoso di un appartamento moderno e lussuoso, ma di buon gusto. Tutt’attorno a lui, a parte i muri divisori tra le stanze private, c’erano vetri che permettevano la migliore visuale sulla città. Si guardò attorno nel silenzio più assoluto che regnava, notando che c'era un robot che puliva automaticamente a terra, gironzolando per la stanza, tra il divano e la lampada spenta in design moderno, costata a Bulma un botto di soldi che per lei equivalevano a pochi spicci. Nell'aria leggera e fresca che la ventilazione automatizzata diffondeva per il piano, si respirava una piacevole fragranza, un profumo che proveniva dagli stecchetti di legno di alcuni effusori di essenze sparsi per la casa. Si mosse non rilevando energie pericolose nei paraggi e neppure quella di Vegeta, che l'ultima volta che si era incazzato aveva avuto un impennata energetica tale da aver mandato in tilt i rilevatori di tutti i presenti in sala magna. Si sfilò il rilevatore verde facendo riposare l’occhio destro.
Passò davanti un secondo salotto arredato con gusto minimalista, ma in cui non mancavano foto e suppellettili di vario genere, e alcuni giocattoli per terra riconducibili alla presenza di un bambino. La tecnologia della casa si evinceva da numerosi inserti a muro digitali, nonchè da alcuni ologrammi che venivano sparati sulla parente, riproducenti una trasmissione di cucina che la madre di Bulma aveva abbandonato per andare a valutare l’operato del giardiniere circa le aiuole del piano terra, che perimetravano la base dell’edificio .
Gurlok udì un vocio sommesso man mano che si avvicinava a quella che si rivelò lui una cucina con pareti a vista, molto ampia e luminosa, sulla cui isola centrale mise a fuoco la flessuosa figura di Bulma intenta a parlare a telefono. Aveva solo una vestaglietta sottile addosso, in trama di fantasia tropicale gialla, che la fasciava morbidamente mettendo in evidenza le mammelle piene e i capezzoli turgidi. Una coscia piegata fuoriusciva dai lembi socchiusi e un odore di smalto aveva seguito la laccatura delle unghie come di consueto, rimanendo stantio nell’aria. Aveva il capo piegato sulla spalla a trattenere la cornetta mentre mangiava uno yogurt. Quando si accorse della presenza del saiyan le scivolò a terra il telefono e si abbassò a recuperarlo con la faccia stravolta.
"Scusa devo salutarti, ti richiamo io fra poco". Era andata verso il mastodontico saiyan sistemandosi la vestaglia e appuntandosela bene in vita, celando il possibile e notando che lui aveva le spalle così grosse che a malapena sarebbero passate tra gli stipiti in vetro della porta automatica. Quando il guerriero si avvicinò all'uscio studiandolo, la spia sopra la testa fece scorrere la porta lateralmente e lui ne osservò il movimento. 
Bulma gli fu subito davanti. "Salve..." Si rese conto che anche lui si sentiva a disagio, non solo perchè era per la prima volta che si presentava in un luogo straniero senza imporsi con la minaccia, ma perchè lei era la donna di Vegeta. "Come mai sei arrivato qui? É successo qualcosa su Vegeta?"
Era a dir poco confusa da quella visita, oltre che timorosa di una brutta notizia.
Gorluk si raschiò la voce. "Devo parlare con Vegeta".
"Ma è successo qualcosa?" Fece lei, stringendosi nella vestaglia.
La cosa che più apparve strana all'uomo, era lo stato di assoluta informalità cui non era abituato. Bulma era quasi in deshabillè, scalza, un po’ spettinata, come se si fosse da poco svegliata, e lui era in una casa che in qualche modo apparteneva a Vegeta, ma dove Vegeta non c'entrava niente, almeno considerando il tipo di vita cui era abituato un saiyan.
"É stato convocato da suo padre per il rientro dei plotoni da Neo Genesis 2".
"Vado a chiamartelo, aspetta" fece per uscire quando si sentì in dovere di dargli ospitalità, così come era solita fare con qualunque persona entrasse in casa propria. "Posso offrirti qualcosa da bere mentre aspetti?"
Lui sembrò totalmente spaesato, ma lo sguardo duro e l'atteggiamento composto non tradirono la sua educazione militare. Lei lo intuì. "Avanti non fare complimenti, non conosco nessun saiyan che non sappia dire di no a qualcosa da mettere nello stomaco. Prego, accomodati, avanti..."
Gurlok la seguì in cucina, facendosi spazio a fatica dalla porta. Non si sedette, nonostante lei gli avesse indicato uno sgabello attorno all’isola.  Lei aprì il frigo estraendone un succo di frutta. Glielo servì con gentilezza e gli accostò anche il piatto di frutta che stava sbocconcellando a colazione.
"Serviti pure, se vuoi, io arrivo subito".
Gurlok la vide uscire e la seguì attraverso la parete vetrata della cucina mentre si portava vicino un telefono a muro ed avviava una videochiamata. Bulma disse qualcosa alla figurina che si intravedeva nello schermo, lanciando un'occhiata al saiyan che non stava né mangiando né bevendo, ma che si concentrò poi ad osservare la città alle proprie spalle, che a guardarla da lassù sembrava vivere di vita propria. 
Vegeta risalì dal trainer pochi minuti dopo, mentre Bulma era già andata a infilarsi un jeans e una maglietta per sentirsi più a proprio agio. Quando il principe fece la propria comparsa in cucina, il grosso saiyan stava osservando le macchine e gli aerovolanti che sfrecciavano su più livelli, e le zone verdi che in lontananza perimetravano il centro della città.
"Gurlok". La voce di Vegeta tuonò con durezza, ma non fu alta. Il saiyan si girò subito, genuflettendo appena la schiena. 
"Principe Vegeta..."
"Cos'è successo, perchè sei venuto?" Indagò arcigno, vagamente allarmato.
"Vostro padre ci tiene che voi siate ai festeggiamenti dei rientro dei plotoni da Neo Genesis 2".
Vegeta sembrò insospettirsi. "Ci tiene così tanto che ha mandato te a dirmelo?"
Gurlok sembrò in difficoltà. "Ecco... Principe, vostro padre mi ha praticamente costretto a rintracciarvi, e la sola possibilità che avevo era venire qui e disturbarvi di persona. So di aver fatto cosa, forse, sgradita ma non avevo alternative per soddisfare le richieste del R..."
"Si va bene, ho capito" lo liquidò Vegeta freddamente, portandosi alla bocca la bottiglietta d'acqua e trangugiandola avidamente. "Quindi adesso dammi un motivo per cui dovrei fare quello che dice mio padre? Non lo sa che io non prendo ordini?" 
"Perchè lo domandi a lui" gli fece eco Bulma arrivandogli da dietro.  "Se tuo padre insiste che tu ci sia, dovresti andarci.  Il plotone è andato a battersi anche per te".
Vegeta continuò a guardare Gurlok negli occhi. La frase di Bulma rimbalzò tra di loro nel più completo silenzio. Negli occhi di Vegeta sembrò vibrare una nota di fastidio per quell'osservazione imprevista, fatta tra l'altro davanti un sottoposto che la riteneva a sua volta una subalterna, ma tuttavia Gurlok trovò le parole di lei rispettose e coerenti. Ora capiva, quando si diceva che lei riusciva a rabbonirlo, cosa significasse per Vegeta averla accanto: lei lo rendeva ragionevole e arginava la sua violenza insita e talvolta insensata, quella che suo padre perpetrava anche a danno degli stessi saiyan quando doveva punirli se lo riteneva necessario, soprattutto quando le missioni non andavano a buon fine e si infuriava prevedendo le sanzioni di Freezer. 
Vegeta mosse la lingua in bocca con atteggiamento meditabondo.
"Vado a cambiarmi" dichiarò infine, e Bulma lo seguì per parlargli privatamente. Gurlok percepì che tra di loro ci fu uno scambio pungente di battute lungo il tragitto fino alla camera da letto, come se fossero sul punto di inscenare una discussione che finì in un buco nell'acqua.
Il saiyan rimase lì in attesa, continuando a guardarsi attorno, a respirare l'aria leggera e fresca dell'ambiente, vagamente profumato e accogliente nonostante l'ampiezza delle stanze, circondato da un interessante arredamento tecnologico che confermava lo status alto della famiglia della moglie di Vegeta. Doveva essere molto ricca, quella donna, stando al logo che vedeva comparire in uno spot ripetuto che passava lungo la parete di un palazzo. Vegeta era stato assai fortunato ad essere stato recuperato e salvato da una donna così, per svariati motivi che non tornò ad elencarsi mentalmente. 
Ad un tratto sul ciglio della porta comparve un bambino, canottiera e pantaloncino e scarpe da ginnastica. Era alto poco più di un metro e dieci, aveva i capelli di un'insolita colorazione e uno sguardo familiare ma gentile: quell'ovale del volto e l'espressione appena truce erano lineamenti duri già visti su un altro volto, ma gli occhi chiari e la luminosità irradiata dal suo sguardo appartenevano al bagaglio genetico di qualcun'altro...
Gurlok si sentì analizzato da quel cucciolo terrestre dall'aria particolarmente sveglia. 
"Ciao" si sentì dire educatamente prima di venire ignorato per vedersi preferita una bibita fresca che andò a prendere dal frigo, alzandosi sulle punte. Trunks si sedette sopra lo sgabello e si avvicinò dei cereali chiusi in una scatola di latta. Li versò copiosamente nella ciotolina col suo nome e iniziò a mangiare la pastosa colazione che lo aspettava ad allenamento finito. Mentre masticava, osservando di tanto in tanto l'omone dall'aria minacciosa che aveva davanti, si chiedeva chi fosse. 
"Come ti chiami?" Gli chiese con tono infantile, non arrendendosi al silenzio che gli pervenne in risposta. "Sei un saiyan?"
L'altro sembrò ritrovare una certa fierezza. "Sono un saiyan esatto, e tu, mocciosetto terrestre… Di  chi sei figlio?" 
Si sarebbe mostrato di certo più ossequioso se avesse saputo che non era solo l'erede quello che aveva davanti, ma che era anche così forte da potergli mangiare in testa. 
Il bambino continuò a masticare tranquillamente mentre Gurlok lo studiava con interesse, e questo perchè aveva percepito una strana energia nell'aria da quando quel bimbetto aveva varcato la soglia della stanza, e non era un'energia che riusciva a percepire come ormai faceva Vegeta anche senza il sussidio di un rilevatore, ma era una specie di sorda emanazione elettrostatica, tipica di chi ha una grande potenza. Trunks non riusciva ancora a controllarla e quando si allenava col padre la tirava fuori tutta, e nei minuti a seguire la fine di un allenamento girava per la casa facendo vibrare impercettibilmente le pareti, finchè il ki energetico non si riduceva. 
"Perchè ti interessa?" Fece Trunks con fare furbo.
Gurlok fece per infilarsi il rilevatore che si era appoggiato sotto al collo, oltremodo incuriosito da quel bambino di cui sospettò la paternità, ma proprio quando fu sul punto di apporre la lente sull'occhio entrò Bulma, visibilmente agitata.
"Tesoro, lascia stare questo signore, vieni con me" gli disse subito, arrivandogli da dietro.
"Ma sto mangiando" replicò Trunks. 
Lei gli scostò la tazza con gentilezza. "Continui dopo, vieni con me di là." Poi lo prese in braccio e Bulma cercò di deviare le riflessioni intuibili del saiyan. "Spero che non le abbia dato fastidio. Il figlio di mia sorella è un gran curioso".
Finchè Bulma camminò lungo il perimetro della cucina a vetri lui la vide, ma poi sparì dove iniziava il muro del quale comparve Vegeta, torvo e accigliato. Gurlok filò sull'attenti verso di lui. 
"Altezza, quali ordini?"
"Attendimi lì" gli ordinò indicando col mento l'ingresso degli ascensori. 
Andò da Bulma, che stava affidando a  Trunks un oggetto sferico e piatto. "Tesoro, questo radar devi custodirlo con cautela come ti ho raccomandato ieri. Hai capito?"
"Chi era quel signore, mamma?" Le domandò mentre lei si abbassava alla sua altezza.
"Un saiyan che viene dal pianeta di tuo padre".
"É pericoloso?"
L'altra gli sorrise. "Tu stai diventando molto forte, non devi avere paura di quegli omoni solo perchè sono alti e grossi".
"Io non ho paura di nessuno" ammise il piccolo Trunks, rendendo fiero suo padre.
Nessuno dei due si accorse che il saiyan era oltre la porta scorrevole in legno bianco e che li stava ascoltando.
"Se il papà va di nuovo via quando mi allena? Io voglio diventare forte come lui".
"Lo farà, non ti preoccupare, è solo un periodo un pò complicato" gli fece Bulma. "Adesso ascoltami, mi dovrò assentare qualche ora. Devo seguire tuo padre e tornerò nel pomeriggio inoltrato. Tu starai coi nonni e promettimi che non li farai dannare, il nonno più tardi ha una riunione che seguirà per mio conto, capito?" Il piccolo annuì e lei riprese. "Questo radar serve per trovare delle sfere, te l'ho detto, e non dovrai mai darlo a nessuno che non sia io..."
"Ma sei sicura che esista davvero questo drago? A me sembra solo una favola."
"Nelle favole devi crederci" fece lei.
"É uguale al drago che hai tatuato sulla schiena?"
Bulma gli sorrise. "Più o meno... Un giorno lo verificheremo insieme. Un'ultima cosa... Se dovessi rivedere dei signori vestiti come quello che hai visto poco fa..."
"Con l'armatura di papà?"
"Esatto, non devi dirgli che sei suo figlio, hai capito?"
"Perchè?"
"Perchè tuo padre è una persona importante, e adesso non vuole... coinvolgerti in situazioni particolari, che mettono a rischio la tua sicurezza".
Trunks sembrò non capire e lei si sforzò di rendergli più semplice quella spiegazione. "Trunks, tuo padre ha dei nemici e deve difenderti anche da loro. Ora non vuole che nessuno sappia che sei figlio suo".
"Non è che si vergogna di me?" Domandò dolcemente, e persino Vegeta provò una specie di crampo interiore, un tonfo al petto, un moto di tenerezza per quel suo figlio a cui non esternava mai il proprio affetto perché era troppo preso a trasmettergli l'educazione militare che aveva ricevuto anche lui. Eppure dietro l'orgoglio nascondeva un amore smisurato per lui, una fierezza profonda, un irrazionale desiderio di difenderlo come avrebbe difeso la donna che gliel'aveva dato. La sua Bulma che ora gli parlava piegata davanti a lui, davanti al sole che lo accecava e che delineava i loro contorni dandogli l’aspetto luminoso di due sagome informi. 
"Non dirlo neppure per scherzo! No che non si vergogna di te, anzi... Solo non vuole che vedano quanto sei forte..."
"Ma papà dice che per un saiyan è motivo di orgoglio essere forte".
"Lo è, infatti, ma tu sei ancora piccolo e non sei ancora in grado di difenderti da solo nè di poterlo aiutare nelle sue missioni."
"Io voglio aiutarlo".
"Lo farai quando sarai grande."
Trunks mise un broncio lunghissimo. "Uffa ma quanto ci vuole a crescere?"
"Un pochino, dai..."
"E quando ritorna a casa?" Quella parola fu per Vegeta come un calcio nello stomaco. Per Trunks il suo posto era lì, con loro.  Quel bambino lo vedeva solo come il suo burbero e fiero papà, sempre pronto a dare risposte alle sue curiose domande. 
"Ritornerà presto, starà fuori solo qualche giorno".
"Un giorno quindi potrò andare con lui?"
"Te lo prometto. Ma dovrà passare qualche anno".
Vegeta a quel punto si rivelò loro, comparendo con aria autoritaria tra gli stipiti della porta che scorrette nel controtelaio. "Papà!" Gli sorrise l'altro.
L'uomo fece un cenno a Bulma di lasciarli soli. "Portati qualcosa per il ricevimento. Qualcosa di adeguato a noi saiyan" aggiunse mentre lei usciva. Il bambino attese impaziente che suo padre gli parlasse.
"Trunks, metti in pratica gli allenamenti di stamattina anche quando non ci sono. Ripeti quegli esercizi almeno cento volte al giorno".
"Va bene... Ma quando torni papà?"
"Presto".
Trunks abbassò il capo, rigirandosi il radar tra le manine. "Però non è giusto che vai sempre via..."
"Non frignare. Tornerò" disse con voce calma e aria impenetrabile, ma guardandolo e ascoltando il suono della propria voce si rese conto che Bulma aveva ragione quando gli rimproverava di essere troppo duro. Allora gli mise una mano sul capo, notando la sorpresa del bambino quando lo fece, e gli accarezzò i capelli lisci con lentezza, per la prima volta, e scoprì che erano morbidi e setosi come quelli di sua madre, e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, per non darlo a Freezer, per proteggerlo dal mondo spietato da cui lui era venuto quasi nove anni prima. 
Il posto di Trunks era là, sulla Terra, anche per difenderla. Vegeta voleva che il figlio si salvasse, che non lo seguisse, perchè gliel'avrebbe impedito con ogni mezzo. Voleva che Trunks vivesse libero, libero dalle imposizioni della corona di cui sarebbe stato anche un forte e fiero erede, seppur di sangue misto, e libero dagli accordi vincolanti con Freezer, che potevano risucchiarlo in un baratro di violenza e morte in cui non voleva che suo figlio finisse, perché c’era già lui dentro.
Trunks era luce, proprio come Bulma, lui solo ombra...
Un'ombra venuta da un mondo brutale e barbaro, dove ancora si viveva di prevaricazioni e oppressioni, dove non c'era crescita democratica, ma dove si imponeva tutto con la violenza. Non era del tutto sbagliato ciò che affermava Bulma. Loro potevano sfruttare la loro naturale predisposizione alla guerra per farla a chi voleva invadere, per usarla per fini nobili, ma Vegeta non era del tutto pronto ad accettare un cambiamento del genere, in parte inconcepibile per la sua formazione militare e monarchica. Ma uno strano presentimento gli faceva ricordare le parole di Bulma, di due notti prima. "Freezer vi travolgerà nella sua meschinità. Anche se non capisco perchè vi ostiniate a voler morire in battaglia perchè la considerate la morte più degna per un guerriero, per lui non è così, e lo sai Vegeta... Chi servi come uno schiavo è solo un vigliacco. Lui non ti rispetta come principe, per lui voi saiyan siete solo carne da macello per le sue conquiste, e non vuoi ammetterlo per orgoglio, perchè lo odi. L'ho sentito... Lo sento ogni volta che lo pensi o lo senti nominare che lo odi profondamente, che daresti la vita per vederlo morto, ma io non voglio vedere te morto per lui. Freezer non merita la tua vita, sarebbe la sua soddisfazione più grande che tu possa dargli. Dovete liberarvi di lui, dovete liberare l'universo dalla sua presenza oberante e minacciosa per tutti noi". Vegeta dopo averla ascoltata con profondo coinvolgimento, l'aveva stoppata duramente.
"Noi saiyan non siamo tenuti a combattere per nessuno. Combattiamo per noi stessi e basta. Siamo mercenari, non schiavette."
Bulma lo aveva guardato con rabbia. "Vegeta... Dio o la natura non da a nessuno un dono del genere come la tua forza per vederlo usato contro lo stesso suo creato!" 
Quelle parole lo avevano zittito costringendolo a incassare quel colpo verbale più che sensato. 
"Sarai anche cresciuto con delle idee diverse dalle mie, ma le idee si possono anche cambiare. Vuoi che il tuo popolo venga spazzato via?!"
"Perchè diavolo dovrebbe succedere?! Cosa te lo fa pensare? Non siamo mica incapaci come voi terrestri!"
"Non ho mai affermato che lo siete e bada a come parli di noi terrestri! Dalla mia bocca non è affatto uscita una frase del genere e non provare a mettermi in bocca accuse insensate! Se sei orgoglioso non è colpa mia! Ma per una volta apri gli occhi al posto delle orecchie! Guarda a cosa state andando in contro! Avete il baratro davanti, Vegeta, ci state per finire dentro. Avete plotoni impiegati su più fronti, sui confini più difficili da gestire, e lui continua ad assegnarvi missioni su missioni, spedendovi sempre più lontano e sparpagliandovi... e Freezer non vi ci manda solo perchè siete bravi, ma lo fa perchè vi vuole sterminare lentamente. E se non morirete così lo farà in altra maniera. Ogni volta che i tuoi plotoni rientrano con  successo, per Freezer è un colpo basso! Vi state illudendo se credete che a lui soddisfi il vostro operato. Nessun potente vuole dividere il suo potere con chi è più forte di lui!”
“Grazie per questa bella lezione di politica!” Replicò Vegeta ironicamente, con tono acido.
“Non mi aspetto che tu comprenda o che tu condivida, ma ti voglio solo ricordare che sei ad un passo dalla cazzata più grande. Questo non è solo un caso di orgoglio personale, come tu lo stai rendendo da mesi, se non da anni per inciso, ma un caso di tattica. O voi, o lui". 
Vegeta l'aveva ascoltata muto e arrabbiato. Più lei era andata avanti come un avvocato querelante in pieno processo, più lui si era reso conto che aveva ragione, e allora la rabbia era aumentata non solo perchè odiava sentirsi dire certe cose, ma perchè erano anche tutte vere. Bulma che cercava di fargli aprire gli occhi, più che le orecchie come era solito fare da attento ascoltatore quale era, e mirava solo a salvarlo, rimaneva la combattente più incallita che conoscesse. E mentre l'ascoltava contrariato, era persistita in lui una consapevolezza che non riguardava solo la politica o le valutazioni tattiche, ma lei: Bulma stava conducendo la sua battaglia contro le scelte rischiose della corona con l'arma più micidiale che avesse, quella della ragionevolezza matematica, e quella dell'amore, dandogli la sola cosa che gli era mancata in tutti quegli anni, la devozione smisurata e sincera che solo chi ama può darti, e anche se sentirsi temuto era una sensazione molto potente e appagante, sentirsi amato era ancora peggio. Rimaneva in Vegeta quella sensazione che l'amore fosse una grande minaccia per chi come lui aveva votato la propria vita all’inseguimento della gloria, privandosi di qualsiasi tipo di legame per il semplice fatto di non averne avuto il bisogno, perché essere forti e temuti era il migliore orgasmo dei potenti.


..





La festa iniziò coi soldati già esaltati ed eccitati dalle vivande calde e dal vino. Le lunghe tavolate erano tappezzate di piatti imbanditi riccamente che venivano continuamente portati via e riportati pieni indietro al mittente. Gruppi promiscui di guerrieri che facevano chiasso e confusione occupavano quasi tutta la stanza, lasciando pochi corridoi liberi per il passaggio degli inservienti. Un piccolo gruppetto di giovani donne che stava facendo parecchio casino calamitava a sè molti sguardi interessati. Le guerriere erano tutte vestite coi loro body distintivi che fasciavano i corpi tonici e muscolosi senza lasciare nulla all'immaginazione. Le donne saiyan non indossavano reggiseni o slip, o qualsiasi forma di capo che le costringesse nei movimenti; il body era il loro  capo primario, elastico e comodo, che variava nelle tre colorazioni principali, dal blu al rosa, a differenza della casta. Per quella festa tutte le donne avevano indossato anche orecchini e gioielli poco vistosi che adornavano i loro volti e i loro capelli selvaggi e ingestibili. Jinka arrivò verso le guerriere più caciarone raccontando delle ultime fatiche per sbaragliare la resistenza e proprio mentre si vantava avvicinandosi al gruppo di donne sedute che rideva chiassosamente, si guardò attorno commentando l'assenza del principe, e nella sua affermazione non mancò una punta di risentimento.
"Ti dispiace che non ci sia lui a gratificarti eh..." Fece Monia, sguardo vispo e capello corto, portando un bicchiere semivuoto alle labbra pittate di un colore fluorescente.
Tana le si accasciò mezza ubriaca sulla spalla, senza trattenersi dal ridere. "Vegeta è troppo impegnato a farsi gratificare da quella gracile femminuccia aliena che si è trovato… Che schifo".
"Non è mica brutta, però ogni volta che ho apposto il rilevatore verso di lei mi veniva da riderle in faccia."
"Siete già ubriache" commentò Jinka sedendosi di fronte a Monia e Tana. "State attente a non farvi sentire, che intanto quella femminuccia aliena gode della completa protezione del principe. Non vorrei dover ripartire domani a causa vostra".
"Che c'è ... Hai paura che lui ti senta?" Biascicò Tana. "Tanto mica è qui".
"Non ho paura proprio di niente, io" specificò Jinka. "É solo che dopo due mesi di fatica vorrei riposarmi" ammise seccata, tirando indietro alcune ciocche del disordinato caschetto. "Non sono stata mica a grattarmi come voi due".
Monia si sollevò con modi che promettevano guerra, imbruttendo Jinka dall’alto. "Io non mi sono certo grattata, sta' attenta a quello che dici". Il suo atteggiamento intimidatorio attirò l'attenzione di alcuni guerrieri che si sporsero a curiosare già pronti a godersi la scena. Non era raro assistere a risse anche tra donne nel mentre di una festa.
Jinka si alzò in rimando, pronta ad affrontare l'altra. "Se no che mi fai?"
Tana si sollevò barcollando e si mise tra le due. "Avanti, dobbiamo divertirci mica litigare! E voi fatevi gli affari vostri" gridò rivolta ad alcuni guerrieri curiosi che si erano girati e ridevano. "Monia, perchè non dimostriamo a Jinka che abbiamo coraggio da vendere anche noi... Lei pensa che siccome siamo state di risposo, ci siamo dimenticate come si affrontano le sfide…"
"Ma che vuoi vendere se sei completamente ubriaca".
"Facciamo una scommessa..." propose tornando a scolarsi il fondo del bicchiere.
Le altre guerriere la osservarono con aria perplessa, attendendo la sua proposta da ubriaca.
"Beh?" Incalzò Jinka.
"Ti vado a prendere qualcosa dalla camera del principe" disse con sguardo malizioso e divertito, e gli occhi decisamente vispi e lucidi.
"Questa sta fuori" commentò Monia.
"Che mi porti? I suoi stivali? Ma fammi il piacere" replicò Jinka, ridendo con le altre.
"La verità è che non hai mai mandato giù che Vegeta ti abbia preferito quella terrestre buona solo per farci il brodo" replicò Tana con atteggiamento provocatorio, ormai parlando a vanvera. "Avanti Monia, vieni con me, o hai paura?"
Un’altra tra le commensali si intramise, divertita dalla proposta. “Dai Monia, va' con lei, vediamo se le riesce il colpaccio. Ubriaca com'è scommetto passerà qualche ora nelle celle degli ordini bassi".
Jinka sembrò iniziare a trovare stuzzicante quella situazione. "Va bene Tana, portami qualcosa della terrestre se ti riesce, se però perdi la scommessa mi dovrai dare quegli orecchini d'oro che indossi e… Il bracciale che mi hai soffiato sotto al naso su Avios, pensi mi sia dimenticata di quel piccolo… screzio tra di noi?”
Monia non apparve entusiasta dalla cosa. "Ehi, io non voglio rogne, ci vada qualcun altro con lei".
"Non ti regge, vero?" Fece Jinka. "Tua cugina Tana ha sicuro più coraggio di te".
L'altra non potè rifiutare la sfida. "Vai a farti fottere, Jinka".
Dopo quelle parole cariche di sprezzo, afferrò Tana e la trascinò tra la folla disfatta di guerrieri. 
Sparirono per il corridoio dove qualche guerriero stava intrattenendo dei dibattiti in compagnia lontano dal chiasso, e dove incrociarono una coppia di guerrieri di prossima unione intenti in una chiacchierata confidenziale.
Nessuno badò a loro due. "E adesso come pensi che io mi riesca a infilare nelle camere del principe? C'è sempre qualcuno a sorvegliarle" commentò inacidita Monia, guardando l'amica ubriaca che aveva un’espressione stupida stampata sulla faccia. 
"Distraggo io le guardie" fece l'altra abbassandosi il pezzo di sopra del body e mostrandole i seni piccini e tonici, al cui centro trionfava un capezzolo duro come un sassolino.
"Piantala, copriti o non passeremo più inosservate!" 
Tana rise chiassosamente attirandosi gli spergiuri dell'altra. "Sei totalmente fuori di te!"
Imboccarono la zona riservata alla scorta e ai consiglieri transitandoci con fare vago, per evitare di attirare l'attenzione. La maggioranza dei guerrieri nobili era alla festa, e questo le aiutò a non incrociare i reparti di controllo. Ma proprio quando Monia cantò vittoria, qualcuno le vide intrufolarsi per quei tunnel.
"Ehi, donne! Dove state andando?" La voce di una guardia di ronda arrivò loro come una sferzata di frusta.
"Roan!" Esclamò Tana completamente ubriaca. "Vuoi compagnia? Sei tutto solo mentre gli altri festeggiano..."
Monia la zittì subito scuotendola per un braccio. "Lasciala perdere, si è scolata tutta una brocca di vino da sola".
"Lo vedo..."
"Sto cercando un bagno per farla vomitare".
"E lo cercate nell'ala reale?"
"Sì, colpa mia, ho sbagliato corridoio per seguirla... Dai, che anche io ho urgenza... Avanti, capiscimi..." fece Monia, sperando che lui si mostrasse flessibile.
"Sì, ma evitate di farvi vedere che qui non ci potreste stare, lì in fondo a sinistra. Io non vi ho viste se qualcuno vi chiede qualcosa" affermò andando a farsi un giro per il lato opposto del corridoio.
"Grazie, ti devo un favore..." fece Tania mordendosi le labbra e facendo una smorfia ammiccante.
"Facciamo anche due" replicò il guerriero con aria divertita mentre Monia trascinava via l'amica con atteggiamento spazientito.
Si intromisero furbamente nelle stanze del principe, trovandole spaziose e ordinate. "Però..." commentò Tana con compiacimento, osservando la visuale sulle catene montuose e aride di cui godeva la camera. "Guarda lì che panorama”.
"Tana adesso sta zitta, e aiutami a trovare qualcosa della terrestre".
In risposta l'altra si sedette sul letto stendendoci su la schiena. "Se mi faccio trovare qui a gambe aperte dici che me lo fa un bel regalo?"
Monia continuò a frugare in un armadio tra le tute di Vegeta, ignorandola.
"Secondo te come sono gli uomini terrestri?" Pensò Tana. "Saranno mezze cartucce".
"Probabilmente" commentò Monia tirando fuori da un cassetto una stoffa che altro non era che un foulard utilizzato da Bulma quando la ventilazione interna ai laboratori era troppo alta. Lo odorò e percepì una fragranza agrumata che di certo non apparteneva a Vegeta. "Questo appartiene alla terrestr..."
Un rumore improvviso fuori della porta, prima dell'anticamera, le fece allarmare. "Diavolo sta entrando qualcuno" sibilò Monia, schizzando dietro una rientranza e tirandosi dietro l'amica ubriaca. 
"Sarà la guardia che ci cerca?" Bisbigliò Tana, ritrovando nello stordimento un barlume di ragionevolezza.
"Shh, sta' zitta!" 
Entrarono anticipati dalla voce di lei, Bulma e Vegeta. "Speravo di avere il tempo di testare il radar".
"Lascia stare, concentrati su quella questione delle comunicazioni. Stiamo avendo un sacco di problemi con le nubi di raggi gamma. Ostacolano di continuo la ricezione dei messaggi e non riusciamo a controllare gli spostamenti delle truppe più a est."
"La Via Lattea è un gran problema, te l'ho detto. Dalla Terra le tre nane bianche le monitoravamo già anni e anni fa, prima che tu arrivassi, e le nubi di raggi gamma provengono proprio da quella zona, rendendo tutto più complicato. Le cartine che il tecnico informatico starà cercando di prospettarmi sul grafico risentiranno di questi influssi, e non so quanto saranno attendibili. Stamattina mi ha mandato una email in cui mi diceva che stava già impazzendo e non sapeva se sarebbe riuscito a passare il file leggibile al reparto tecnico".
Vegeta emise un ringhio di disappunto. "Finisce che bisogna sempre aspettare i vostri tempi".
"Miracoli non se ne possono fare" replicò l'altra mentre lui si accorgeva dell'anta aperta dell'armadio.
"L'hai lasciato tu aperto?" Le chiese.
Le due intruse strinsero i denti sperando in meglio.
"Non mi pare" fece lei osservando una sagoma sul letto. "Sarà stata la servitù".
Il saiyan tirò fuori dall'armadio l'armatura da cerimonia, da cui pendeva un drappo rosso. "Dai, vestiti, che dobbiamo scendere. Mio padre mi starà aspettando e non è un tipo troppo paziente".
"Ma dai" gli fece eco Bulma. "Fammi indovinare chi è che gli somiglia..."
Bulma tirò fuori dalla borsa il capo accuratamente piegato che avrebbe indossato. Si sfilò la maglietta e il jeans e si vestì alle spalle del marito. Quando lui si girò e la vide che si legava i capelli in una coda alta, si rese conto che il concetto di sobrio era decisamente lontano da quello che lui aveva a mente. C'era sempre qualcosa di decisamente seducente nel suo modo di vestirsi: Bulma aveva indossato una tuta blu che la fasciava morbidamente, di un tessuto scuro e opaco a cui si intrecciavano dei fili d'argento, e nonostante questa si allacciasse dietro il collo, coprendole il petto, era piuttosto scollata lateralmente e lasciava intravedere appena la succulenta piega dei seni, oltre a consentire la completa visuale della sua schiena nuda dove il tatuaggio del drago faceva bella mostra di sè. Mentre si finiva di allacciare gli stivali sotto al ginocchio, lui si soffermò sul sedere rotondo.
"E meno male che ti avevo detto qualcosa di sobrio" commentò duramente.
"Perchè? Non sto mica male" fece lei finendo di sistemarsi davanti uno specchio. "Non penserai che mi metta una di quelle rozze tute da militare che indossate".
Lo sguardo di Vegeta si infilò sulla scollatura laterale del tessuto che da sotto il cavo ascellare scivolava giù, permettendo di fantasticare su quelle morbide e invitanti forme. Se avesse avuto più tempo forse... Le avrebbe dato una seria ripassata. Bulma si infilò una collana d'orata semplice, realizzata come una semplice placca che rimaneva aperta all'altezza della carotide. Quando si girò gli sorrise. "Trunks era molto dispiaciuto che ti sei dovuto allontanare di nuovo".
"Lo so, ma deve farci l'abitudine".
"Devi capirlo... É solo un bambino e ti è molto legato".
"Questo perchè voi terrestri educate i bambini ad essere troppo dipendenti da un genitore".
"Ma piantala" replicò Bulma con sguardo annoiato. "I bambini si affezionano, non sono mica tutti come lo eri tu che pensavi solo a tirare quattro calci".
Le due donne nascoste cercarono di capire a cosa si riferissero ma Bulma e Vegeta non lo precisarono chiaramente. Tana era ancora rintontita dall'alcool ma Monia era più che vigile e sveglia.
"Sei sicura che sua stato saggio affidargli il radar?"
Lei gli portò le braccia sulle spalle e incrociò le dita delle mani. "Figurati... Trunks si sente importante quando gli affido un compito, e poi non conosce la formula".
"Dove l'hai segnata?"
"Non l'ho segnata da nessuna parte. Ma tu scusa, non sei quello che non ci crede?"
Vegeta fece una smorfia di perplessità. Monia vide le loro sagome distorte attraverso un elmo metallico poggiato su un ripiano, nonchè trofeo di una vecchia battaglia.
"Non dirmi che sei curioso di vedere se il Drago esiste davvero... "
"Non ci credo, ma sarei invece curioso di vedere la tua faccia quando scoprirai che sono solo sei palle di vetro inutili quelle che troverai. Secondo me quella con le due stelle sta bene solo su quel piedistallo che hai in salotto".
"Sei davvero impossibile. Ti ho già raccontato quello che mi ha detto il vecchio eremita anni fa. Quel tale namecciano dal nome Piccolo le nascose volutamente per evitare che qualcuno le trovas..."
"Si lo so, per non farle trovare a nessuno, mi sa tanto di una grande balla e te l'ho già detto".
"Il drago è l'ultima speranza che abbiamo contro Freezer. Se ho ragione io, paghi pegno tu stavolta".
"E sentiamo, quale sarebbe questo pegno?"
Lei si morse la labbra pensando a qualche attività puramente terrestre in cui coinvolgerlo ma le venne da ridere, e un singhiozzo divertito affiorò sulle labbra prima che le fondesse alle sue. Le mani del compagno le scivolarono poco dopo sulla curva dei glutei rotondi, ma lui si staccò con uno sguardo già intorbidito senza approfondire il contatto. "Non farmi iniziare, che poi non mi fermo più".
La voce le uscì affannata e bassa. "La notte scorsa sei stato sfuggente..." mormorò con un pizzico di risentimento.
"Sei tu che sei più accesa del solito" replicò l'altro, aggiungendo quasi rocamente. "A letto stai diventando ingestibile".
"Come se ti dispiacesse... É che negli ultimi tempi ci vediamo di meno... E non sono più abituata a cambiare le toghe del letto con così poca frequenza..."
Gli sorrise con lo sguardo incatenato al suo prima di sentirsi chiamare all'ordine.
"Muoviamoci... o faremo tardi". 
Nello staccare le mani da lei però il saiyan fu lento, e ne fece scivolare una sul suo fianco nudo. "La prossima volta lo decido io cosa devi metterti" aggiunse prima di allontanarsi.
Quando si accomiatarono, le due intruse strisciarono allo scoperto.
"Maledetta te e quando ti sei fatta venire in mente questa fottuta idea di venire nella sua stanza! Ma non avevi detto che era sulla Terra?!"
"Eh io che ne so! Me l'hanno detto, l'ho sentito dire da alcuni guerrieri" bisbigliò Tana. 
"C'è mancato un pelo che si accoppiassero qui...! Hai sentito come si è riscaldata l'aria poco fa?!"
"Non ho capito cosa si sono detti sul finire" biascicò l'altra, ancora brilla. 
"Sul finire neppure io, ma ci stavano sicuro andando vicino".
Tana sembrò euforica. "Chissà la faccia che faranno le altre quando glielo raccontiamo... Sei riuscita almeno a prendere qualcosa?" 
Monia alzò il foulard con sguardo vittorioso. Uscirono con fare losco e ambiguo, attirando l'attenzione di una guardia che le adocchiò camminare dove non dovevano.
"Ehi voi due!"
Le donne scattarono via come saette, sparendo oltre una scala, e quando ritornarono alla festa il principe e sua moglie avevano già fatto il proprio ingresso e preso posto tra i guerrieri, vicino al Re. 
Al loro arrivo si erano sollevati tutti sull'attenti, ma Vegeta era sembrato piuttosto indifferente ai loro omaggi, avendo notato che tutti erano già mezzi ubriachi. Jinka e il gruppo delle sue aveva messo immediatamente gli occhi sulla moglie, facendole una scansione più che opportuna. Bulma era filata alle sue spalle in silenzio, con sguardo tranquillo, senza soffermarsi su nessuno in particolare. Mentre si era spostata dietro Vegeta, dirigendosi alla tavola del consiglio che era più in disparte rispetto ai tavoli centrali, diversi saiyan le avevano osservato la schiena col tatuaggio. Lei era la cosa che più attirava le attenzioni lì dentro, decisamente.
Quando il principe si era seduto al proprio tavolo, i festeggiamenti erano ripresi chiassosamente.
Monia sgattaiolò verso il tavolo trascinandosi Tania dietro, ben mascherate dalla caciara, e le amiche le accolsero con sorpresa.
"Pensavamo vi avessero già messo al gabbio".
"Allora... " Fece Jinka con aria altera, portando alla bocca un piccolo frutto succoso. "Che sapore ha una scommessa persa?"
Tana sfoderò il foulard di Bulma facendoglielo penzolare davanti. "Abbassati di qualche spanna mia cara. Questo appartiene alla tua rivale".
"Ma chi? Quella rammollita?" 
"Siete riuscite ad entrare in camera loro?!" Si intromise un'altra, eccitata. "Che avete visto?!"
Monia anticipò Tana prima che facesse qualche danno, e si sedette al tavolo pieno di succulente pietanze. "C'è mancato poco così che ci beccassero" ammise prendendo una scoscia di carne da un piatto centrale. "E vi dico che c'è mancato poco anche perchè vedessimo altro".
"Non ci credo" fece la più seriosa che affiancava l'altera Jinka, visibilmente infastidita dal sentir parlare della donna di Vegeta.
Tutti sapevano che se lui fosse rientrato come previsto dalla missione Husar da cui non aveva fatto ritorno nove anni prima, avrebbe sicuro sposato lei. Era la migliore.
"Libera di non crederci, ma io non ne sarei stata certo contenta" specificò Monia, masticando. “Non è che mi freghi molto di quello che fa’ Vegeta in camera sua”.
“Beh, io sarei curiosa di vederlo all'attivo" commentò una mentre Tana si alzava dirigendosi verso un guerriero che le faceva cenno di raggiungerlo.
“Dove vai, Tana?”
"Scusatemi ma ho di meglio da fare. Mica esiste solo il principe".
..
 
Bulma declinò le portate offerte visto che neppure un'ora prima aveva finito di fare colazione. Vegeta invece non si tirò indietro e prese a mangiare con appetito. Nonostante nessuno di loro badasse al galateo, il principe era tra quelli che meglio gestiva i modi grezzi. Senza dubbio aveva inciso l'educazione ricevuta, più alta della media, il fatto che fosse talvolta persino schizzinoso e facile al disgusto, e infine la lunga tappa sulla Terra che aveva ulteriormente affinato le buone maniere: si era sentito costretto a moderare determinati atteggiamenti voraci visto che le reazioni infastidite della terrestre lo offendevano, e alla fine aveva imparato a gestire un minimo la voracità che contraddistingueva la propria razza. Tutti i saiyan sembravano perdere il controllo davanti al cibo, incluse le donne. Bulma li trovava disgustosi alla stregua degli uomini primitivi.
Sbocconcellò un grappolo di frutta con fare educato, ascoltando i discorsi dei consiglieri. 
Il Re notò che lei non mangiava e fu curioso di capire se lo facesse perché non le piaceva la cucina. "Ti fa schifo il nostro cibo?"
Lei si affrettò a spiegare il motivo della sua inappetenza per non offendere nessuno. "Sulla Terra era mattina, ho finito di mangiare neppure un'ora fa".
Qualcuno ridacchiò sotto i baffi unti, trovandola bizzarra, Vegeta invece spostò lo sguardo altrove, e si accorse che Jinka, tra le compagne intente a divorare la cena, aveva lo sguardo diretto verso di lui. Gli tornò in mente quando lo aveva accompagnato in missione, l’ultima di nove anni prima per la precisione, sentendosi chiedere se la considerasse valida per dargli un erede. Lui aveva glissato, sapendo che lei lo era.
Bulma non si accorse che Jinka di tanto in tanto fissava Vegeta intento a mangiare, e ascoltò i discorsi dei consiglieri con attenzione, carpendo informazioni di vario genere nel casino generale. Fece un cenno a Vegeta per segnalargli che si sarebbe accesa una sigaretta, assicurandosi non fosse un problema.
Quando il Re si allontanò, qualcuno si sentì più libero di sollevare determinate questioni più che pungenti.
“Principe Vegeta” fece uno tra i più vecchi, sazio e pieno di voglia di affrontare certe tematiche. “Freezer pare che voglia spedire un plotone tra i più bravi su Goldrek, un pianeta molto semplice da mettere sotto controllo. Che ne pensate?”
Vegeta si passò la lingua sulla gengiva, pulendosi la bocca con dell’acqua. “Perché me lo chiedi”.
“Ultimamente siete molto silenzioso in merito” spiegò Gus.
"Freezer sta avanzando troppe richieste. Non siamo mica le sue puttane pronte a soddisfarlo quando vuole lui".
Qualcuno annuì, condividendo a pieno il parere.
"Ma dire di no a Freezer equivale a metterselo contro".
Vegeta bevve un sorso di vino senza rispondere, e Gus si rivolse agli altri.
"Con tutti i plotoni che abbiamo impiegato su più fronti, adesso sarebbe un azzardo contraddirlo".
"Ma non possiamo far sempre e solo il suo comodo" aggiunse un altro, innescando una discussione generale.
"Valuterò al momento della sua formale richiesta" dichiarò Vegeta.
"Qualcuno inizia ad essere stanco di queste continue partenze, molti reclamano il diritto a riposarsi di più. Non siamo macchine".
"Non possiamo far ripartire immediatamente un plotone come quello appena rientrato, tra l'altro per una missione così insulsa" commentò Gus.
"Ma ci sono altri squadroni pronti a soddisfare questa pretesa".
"Freezer sta iniziando ad allargarsi. Siamo mercenari, non prostitute!" Esclamò uno, facendo battere il bicchiere sul tavolo che risentì del colpo e tremò sotto le mani di Bulma.
"Come facciamo a dirgli di no senza innescare una guerra?"
"Perchè non può accettare le nostre scelte?" Si inserì un altro.
"É più saggio accontentarlo" fece Liev. 
"Non sono d'accordo" disse Gus. "Penso che dobbiamo farci valere".
"A che scopo" si intromise un altro. "Noi non siamo come Freezer, abbiamo delle esigenze che deve comprendere".
"A Freezer non frega nulla delle nostre esigenze!"
"Adesso è spuntata addirittura fuori la sua richiesta di impiantare una roccaforte su Vegeta".
"Il suo scopo è unificare i territori, rendendoci parte del suo esercito come forze di elitè" affermò Liev. 
“Non diciamo sciocchezze” affermò inaspettatamente Bulma, come se stesse pensando a voce alta, zittendo i commensali e ottenendo l’attenzione di tutta la tavolata. Alzò la sigaretta fumante tra le mani e cercò di non badare ai loro sguardi. “Freezer secondo me è solo una serpe che vi usa perché gli fate comodo. Mettervi un avamposto in casa gli servirà il giorno che gli remerete contro, e lui vi colpirà comodamente mentre avrete i vostri soldati migliori impiegati su più fronti”.
Rimasero tutti colpiti dal fatto che non solo lei avesse preso parte a una discussione così fuori la sua portata, ma che avesse anche affermato una cosa più che sensata. Vegeta ne fu interiormente fiero.
"Però..." Fece Edgar, compiaciuto. "Ora capiamo come ha fatto a circuire il nostro futuro Re. Tattica non gliene manca a questa terrestre!" Esclamò destando un'ilarità generale da cui Vegeta non si lasciò coinvolgere. Probabilmente se ne imbarazzò ma fu bravo a nasconderlo, tutti però si accorsero che lo sguardo di lui si posò silenziosamente sulla moglie mentre lei portava alle labbra la sigaretta, anche se nessuno capì a cosa stesse pensando.
Qualcuno la studiò con nuovo interesse, ma Gus sembrò rimanerne molto diffidente: l'acume che lei aveva, l'intelligenza che la distingueva, nonostante parlasse poco di quel tipo di questioni totalmente militari, e la sua influenza su Vegeta potevano essere determinanti per mandare a monte piani che sfuggivano anche alla corona.  
"Freezer è nostro alleato" affermò uno di loro duramente, come se volesse farle notare che era fuori strada. “E lei non conosce molte logiche in questa nostra alleanza”.
"Alleato? Mi sfugge il concetto di alleanza visto che tra alleati si ha un rapporto paritario che non comprende la subordinazione."
"E voi principe?" Fece Gus. "Non dite niente? Permettete a una donna straniera di mettere bocca su questioni che non la riguardano?"

"La donna straniera di cui parli è mia moglie" gli ricordò Vegeta freddamente, rimanendo seduto al suo posto con atteggiamento comodo.  
Gus incassò il colpo. Poche parole e chiare, Vegeta era questo, difatti non proferì altro, e qualcuno deviò l'argomento sui successi di Jinka e del suo plotone, finchè l'oggetto della loro conversazione, passando di lì, non fu chiamata a fare presenza e ad allietare i guerrieri con le buone notizie che aveva in serbo.
Vegeta l'ascoltò senza starla a guardare. Diversamente, Bulma era molto attenta a quello che lei stava dicendo e Jinka se ne accorse, come si accorse che quella debole umana non aveva uno sguardo timoroso nè stupido, e provò un profondo fastidio misto a gelosia nel pensare che lei godesse del rispetto di uno come Vegeta, cosa non da poco, ma che forse qualcuno lì dava per scontato. Aveva fatto sempre del proprio meglio per il principe e per guadagnarsi la sua stima, e la colpa del loro allontanamento era di quel vuoto di quasi nove anni in cui lui era rimasto sulla Terra a subire l'influsso di un popolo che non era il suo. Lei doveva averlo davvero stregato. Vegeta era sempre stato sprezzante, scorbutico e facile alla violenza, ora invece parlava con tono più calmo, mostrandosi maggiormente posato nel prendere decisioni, e soprattutto apparendo poco interessato se qualcuno dei suoi migliori guerrieri perdeva miseramente. Una volta ne faceva una questione personale, ora sembrava che pensasse solo a se stesso e che non volesse altro che diventare più forte e battersi con Freezer per confermarlo. 
“Quand’è che fai un figlio, Jinka, il nostro popolo ha bisogno di figli forti, che tengano alto il nome che ci siamo fatti” le disse uno di loro mentre continuava a mangiare.
Jinka sorrise buttandola sullo scherzo. “Io sono esigente, lo sanno tutti, devo trovare ancora un uomo in grado di battermi”.
“Una volta ne avevi trovato uno” commentò a tono basso Liev, alludendo velatamente all'uomo seduto a capotavola che nonostante il casino li sentì e alzò appena gli occhi posandoli finalmente in quelli della saiyan che sembrava non aver smesso di provare interesse per lui.
“É vero” ammise lei con un pizzico di amarezza, rivolgendosi di nuovo a Liev. “Ma a quanto pare c'è chi è stata più fortunata di me. Lo sai come si dice... La fortuna ad alcuni dà troppo”.
Bulma allora intuì che c’era stato qualche precedente tra di loro. Lo lesse nello sguardo freddo che Vegeta elargì alla guerriera e in cui era chiaro ci fosse qualche forma di conto in sospeso, e provò una gelosia terribile, che la mandò in iperventilazione. Nonostante finse di non badare alla cosa, ostentando indifferenza e fiducia, pensare che Vegeta era stato con lei la faceva andare completamente in tilt. Sperò che nessuno notasse come tamburellava le dita contro la base ricurva del calice.  
“Jinka, ci sono guerrieri che si metterebbero in fila per te. Non pensare al passato” disse uno in tono confidenziale. “Piuttosto, fammi venire a vedere le tue amiche, ne ho vista qualcuna che è cresciuta bene!”
Poco dopo che ella si fu allontanata col guerriero, Bulma si alzò. “Con permesso”.
“Dove vai” inquisì Vegeta, accigliato in volto.
“La gravità sta aumentando e inizio a sentirmi stanca” ma l’espressione di lei si era improvvisamente adombrata e Vegeta intuì quale potesse esserne il motivo.
“Mi teletrasporto sulla Terra”.
Vegeta fece per alzarsi ma lei lo stoppò. “Rimani pure, non c’è bisogno. Avrai di meglio da fare qui” aggiunse con sottile allusività.
L’altro non si lasciò toccare da quella frecciatina e si avviò con lei, seguiti da una guardia che Vegeta, ad un tratto, liquidò freddamente. Durante il tragitto Bulma fu cupa e silenziosa. Quando arrivarono alla macchina del teletrasporto, lo guardò intensamente percependo in lui una strana inquietudine.
“Mi avevi detto che non avevi nessuna donna ad aspettarti, otto anni e mezzo fa”.
L’altro si era aspettato un’osservazione a riguardo. “Era la verità. Non mi risulta ne avessi una”.
“Ma avevi una promessa”.
“Non ho mai promesso niente a nessuno io” replicò freddamente l’altro.
“Perché non mi hai mai parlato di lei? Pensavo che il nostro fosse un rapporto basato anche sulla fiducia”.
“É un interrogatorio questo?”
“É curiosità.”
“Lei è parte del passato”.
“Lei è parte della tua vita, allora, non avevi accettato di prenderla come regina?”
“Era la migliore candidata, ma non mi interessava sposarmi al tempo”.
“E ci sei stato a letto?”
“… una volta”.
Bulma sentì un colpo nello stomaco piegarla in due ma evitò di mostrarsi ferita. Le gambe che iniziarono a tremare, la sfiancarono lentamente. Vegeta le aveva celato una verità, e non riusciva a non chiedersi perchè non gliel'avesse detto, perchè le avesse taciuto quella relazione, perchè avesse guardato la saiyan con quello sguardo enigmatico, che sapeva di segreti, e perchè avesse abbassato lo sguardo torvo, lì a tavola, come se nascondesse qualcosa: volle sperare si trattasse solo della classica indifferenza che gli uomini mostravano verso determinati tipi di argomenti molto cari a una donna, quella che l'aveva portato ad omettere quel dettaglio del suo passato, ma le sensazioni a pelle raramente la portavano sulla sponda sbagliata.
“Sei stato poco corretto con lei, allora”.
“Se vuoi me la scopo di nuovo” replicò pungente, non tollerando ramanzine in un momento in cui una strana inquietudine lo stava scuotendo interiormente.
“Evitami il tuo sarcasmo. Ho visto come la guardavi” affermò colma di risentimento.
“Non so cosa tu abbia visto”.
“Uno sguardo significativo, direi”.
“Sinceramente mi sembra assurdo che tu abbia visto qualcosa di significativo nei miei occhi, visto che non c’è nulla tra me e Jinka”.
Il fatto che un altero e un chiuso come Vegeta l'avesse chiamata per nome la infastidì. “Una donna certe cose le legge. Lei ti ha guardato come se ci fosse qualcosa in sospeso tra di voi.”
“Adesso stai delirando” disse lui iniziando a spazientirsi.
Bulma notò che l’argomento lo innervosiva. Il fatto che lui si stesse irritando nel rivangare in un passato forse non così indifferente, la mise ancor più in allarme. Si sentiva come un vaso fratturato che inizia a cedere nei punti deboli, dopo ha incassato i colpi. La fiducia cieca che aveva sempre nutrito per Vegeta stava subendo un duro colpo quella sera. Immaginarlo con una donna che provava per lui ancora qualcosa, e verso cui lui aveva provato qualcosa seppur di labile, ma che comunque rientrava in una forma di interesse, la stava facendo impazzire. Sapendo quanto fosse importante per i saiyan di alto rango avere una donna forte e impavida vicino, percepì un forte senso di inadeguatezza e di sfiducia che scoppiò all’improvviso, dentro di lei, come una molotov. Col solo sguardo con cui vede il cuore, scorse ad un tratto sfumature del volto di Vegeta nuove, che in quel momento si stavano rivelando con maggiore chiarezza.
Non era riuscita a curarlo definitivamente, a lenire le sue inquietudini, a soddisfarlo con ciò che gli aveva dato spontaneamente: amore, appoggio, una casa e poi un mezzo per ritornare. Nulla di tutto ciò lo aveva reso sereno, perché il passato da cui lui era venuto era come l’inferno, gli aveva lasciato segni dentro e lo aveva educato a bruciare il fuoco con altro fuoco, a godere del sangue perché uccidere, togliere la vita facendo paura e usando le maniere forti era come essere un Dio che si avvale del diritto di fare della vita altrui ciò che vuole, e privarlo di quell’autorità era come relegarlo a servo qualunque. Aver rivisto quella donna, o solo aver riaperto alcuni sipari su un passato neppure così lontano, sembrava averlo reso inquieto.
Quando Vegeta rientrò al tavolo dei consiglieri, Jinka era tornata lì vicino e stava prendendo parte ai discorsi con altri guerrieri.
Lui si avvicinò alla tavola, tra altre persone che si aprirono al suo passaggio, e la saiyan lo intercettò nella caciara generale fermandosi davanti a lui. “Non siete cambiato… Siete sempre un grande e bel guerriero.”  Il silenzio di Vegeta e la sua aria torva e poco disposta a farsi lusingare da lei non la trattenerono, e Jinka continuò a parlargli senza indugiare, con la confidenza che era tra loro rimasta pur se gli dava del voi per una mera questione di rispetto. “Da quando siete tornato a casa vostra, mi evitate. Prima della vostra partenza godevo della vostra stima, e penso di potere ancora vantarmene... se non ho fatto in modo di non meritarla più”.
“Non mi risulta di aver detto che non sei una valida guerriera” replicò lui, vagamente seccato dal doversi mettere ad affrontare quelle chiacchiere da donna.
“Cosa vi succede, principe Vegeta?” Quando lui le elargì uno sguardo accigliato e interrogativo, lei ripreso con più coraggio. “Una volta eravate spietato, in tutti i campi" ammise con una punta di malizia. "Adesso cosa vi è preso? Lei vi ha reso un molle forse?”
Lui si sentì un aculeo fastidioso dentro. “A te cosa frega?”
“Quando vi ho visto ritornare sono stata molto contenta, lo ammetto, ma pensavo di avere ancora davanti un saiyan, non un terrestre…”
La voce persino gentile, quasi persuasiva, che lei adoperò, era tutta mirata a colpirlo nel suo risaputo orgoglio. Lo sguardo sospettoso di lui la spronò a continuare. “Vi comportate come uno di loro e neppure ve ne accorgete. Dovreste comportarvi come quello che siete. Uno di noi. Il nostro futuro Re”.
Quelle parole lo spaccarono dentro, perché si fecero spazio con forza nel punto debole della sua indole, dove Bulma non era potuta arrivare a placare le inquietudini che duravano da anni. Vegeta sapeva che in lui c’era ancora un seme maligno pronto a germogliare. Era rimasto lì, dentro di lui, ad attendere una dannata primavera, a renderlo inquieto, quasi infelice, a ricordargli che voleva il sangue di Freezer e non solo. A rammentargli che fare la guerra era bello, che lui non doveva frenarsi com’era successo in quegli ultimi anni, che poteva e voleva sentirsi ancora un violento. Perché era rabbioso e fuori di sé, e aveva bisogno di toccare il fondo dei suoi valori discutibili per capirlo.
La voce di Jinka si fece spazio in lui come una serpe che striscia pericolosamente.
“Io so bene che potete ritornare come siete veramente. É l’influsso di vostra moglie che vi calma troppo. Vi ricordo molto più bramoso di fare la guerra, ora sembrate indugiare, come se aveste paura di riprendere le vostre missioni.” Aggiunse un’ultima mirata lusinga. “Eravate il migliore”.
“Lo sono ancora” affermò lui fieramente, vagamente risentito che lei avesse parlato al passato.
“Non metto in discussione le vostre capacità straordinarie, ma ne sarò certa quando vi vedrò di nuovo essere quello che eravate sul campo di battaglia. Voi siete un saiyan, il principe dei saiyan”.
Per un istante Trunks svanì, e con lui anche Bulma, e tutti quegli ultimi anni trascorsi con loro. C’era solo la sua gloria davanti ai suoi occhi, malsana e avida. C’era la violenza che lo risucchiava, quel ricordo della libertà, di non amare niente e nessuno, di non avere punti deboli e di essere pronto a qualsiasi cosa solo per godersi l’ebbrezza della vittoria, la paura di chi lo temeva e che rimaneva la sensazione che forse lo soddisfaceva al pari di un orgasmo, e gli elogi e il supporto completo della sua gente, compresa quella donna che aveva davanti e che aveva desiderato dargli un figlio come lui, forte e violento, e che ancora lo dichiarava con un certo e sincero dispiacere nel vedersi preferita una straniera senza un briciolo di forza, così diversa da loro.
Jinka capì subito che Vegeta non era ancora del tutto passato dall’altro lato, che una parte di lui era ancora con loro: glielo lesse negli occhi che si raggelarono quando gli ricordò il passato con fierezza e malinconia tutt’altro che disinteressata.
Il male che covava in se stesso prese ad espandersi davanti gli occhi di quella donna che pareva aver riacceso in lui la bestia sopita con quelle parole simili a carezze subdole, che avevano riaperto la via dei ricordi e di antiche e gloriose vittorie dove nessun invaso sopravviveva per poterle raccontare, dove la furia dei saiyan si manifestava rivelando i mercenari per quello che erano. Venduti, violenti, lontani dal valoroso senso cavalleresco che Bulma dava alla parola guerriero, nonostante avesse cercato di inculcarlo in un Vegeta reticente che rigettava ogni forma di altruismo.
Bulma rientrò a casa stravolta. Sua madre la vide correre verso la camera da letto e accasciarsi sul materasso. Aveva gli occhi sbarrati mentre teneva la testa nascosta tra le braccia, pensava a quegli occhi, all'arrivo di quella donna, allo sguardo che si erano scambiati. Vegeta stava per demolire ciò che avevano costruito, stava per obliare i valori che aveva imparato, pronto a tornare come un tempo e a rinnegare ogni forma di amore provato… Se l’era sentito, gliel'aveva letto in faccia, negli occhi gelidi, nella tonalità improvvisamente più distaccata della voce in cui una nota gelida si era intrecciata al nervosismo, lasciandole intuire che quel Vegeta che stava per conoscere era diverso dall'uomo che amava. Jinka era stata il giusto fendente per riaprire la piaga mai del tutto guarita che suo marito aveva dentro.

 
 

Continua...

 

 

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Capitolo 4
*** 4. Il tempo inizia a passare ***


  


4.





Una risata maschile anticipò un movimento lascivo e rotatorio di due corpi nudi e intrecciati. A una notte di ebbrezza carica di fiumi di vino non era insolito che seguisse una veglia di lussuria sfrenata a cui i guerrieri si concedevano per corroborare lo spirito bellicoso prima di affrontare nuove e spossanti incursioni.

"Guarda che devo andare" fece Tana, soffocata dal peso dell'uomo che la seguì nella fuga, rimanendo sopra di lei.

"Puoi rimanere ancora un pò, visto che sei sveglia".

"Ho da fare, e poi non ho ancora smaltito la sbronza. Ho la testa che mi scoppia" ammise lei stordita. 

Conservava il vago ricordo, distorto dalla sonnolenza e dall'indolenza che regala l'alcool, di aver continuato a bere anche dopo aver varcato la soglia di una stanza che non era la propria, e poi c'era quel vuoto fumoso riempito da vaghe immagini di orgiastico piacere sessuale che aveva condiviso con il guerriero e un'altra compagna d'armi. Dal disordine che regnava nella stanza era evidente che avessero fatto un gran casino. Si sentiva la pelle appiccicosa, non ricordando che l'altra donna le aveva versato del mosto fermentato addosso mentre lei era seduta su quel baldo e robusto maschio accesso di avidità sessuale, che era finito a bere il nettare alcolico dai suoi capezzoli.

"Ci penso io a farti passare il mal di testa" replicò l'uomo, prevaricandola con la forza della propria stazza. "Torna qui e non te ne pentirai".

"Guarda che non ci sono solo io qui dentro. Sfogati su Silena". Tana ruotò il capo e adocchiò il corpo nudo dell'altra donna abbandonata al sonno che dava loro la schiena. "Che fa, dorme?"

"E anche sodo... Mentre tu dormivi l'ho fatto divertire parecchio" commentò soddisfatto l'uomo. "Ti sei accasciata ai piedi del letto completamente ubriaca a un certo punto e ti sei addormentata così" continuò ridacchiando.

Tana dilatò le palpebre due volte, cercando di ritrovare maggiore lucidità. "Come ci sono finita di nuovo sul letto?"

"Hai fatto tutto da sola..." Vlados sembrò parecchio divertito nel ricordare che dopo essergli balzata alle spalle, pretendendo le attenzioni che lui stava invece dispensando sul corpo di Silena, alla fine le due donne avevano preso a baciarsi con irrefrenabile lascivia. "Ne hai dette di cose strane... Hai parlato di alcune sfere... Come le hai chiamate? Aspetta...Ah sì, sfere del drago?"

"Sfere del drago?"

"Ti sei vantata di aver fatto incursione nella stanza di Vegeta e di averlo sentito parlare di sfere e di magia" ricordò divertito. "Ce ne hai fatte fare  di risate, eh..."

Tana lo scostò bruscamente. "Ma piantala, chissà che ti ricordi" fece lei prendendo ad infilarsi il body sotto lo  sguardo compiaciuto che lui le posò sui glutei di marmo.

"Guarda che non si starà allenando nessuno questa mattina... Rimani qui".

Lei finì di sistemarsi l'indumento aderente addosso, poi le scarpe, e infine appuntò un fermaglio tra i capelli per tenerli scostati dal volto. "Vlados... La sai una cosa?" Fece lei dirigendosi alla porta.

"Cosa?"  

"Ti ricordavo più dotato".

 

..


La missione iniziò nel peggiore dei modi. Venti dallo spazio, carichi di gas, costrinsero le truppe a indossare delle mascherine antigas che ridussero la lacrimazione degli occhi. Iuris 5, ricca fonte di metalli, era perennemente buio e coperto dalla polvere carbonica delle rocce che si sollevava insieme ai venti dello spazio, trasformando il vento in una specie di tortura fatta di lamette taglienti. La pelle per quanto coriacea subiva la sferzante ondata d'aria lacerandosi sottilmente, taglio dopo taglio, fino a creare ferite che aveano già costretto alcuni guerrieri a ritirarsi nelle navicelle in attesa di un miglioramento meteorologico. Fu aperta, proprio grazie all'ausilio della capsule ideata dal padre di Bulma, una stanza speciale stagna dove alcuni di loro entrarono sfilandosi le mascherine per fare il punto della situazione. Visionata la mappatura del pianeta, fecero il punto della situazione.  

"Principe Vegeta, non potremo attaccare nessuno se il vento non diminuisce. Cosa suggerisce di fare?"

"Dobbiamo prendere meno tempo possibile".

Jinka rimase sola con Vegeta pochi minuti dopo. Gli occhi di lui la evitarono, ma lei li mantenne fissi sul suo volto accigliato. "Mi chiedevo... se non vuoi che ti segua nell'ultima imboscata". 

Gli diede del tu come aveva sempre fatto quando erano rimasti soli in passato. 

"Non ce n'è bisogno" la liquidò l'altro. "Ho già la squadra pronta e tu farai presidio qui".

"Monia mi ha detto che può farlo lei".

"Ho deciso che lo farai tu."

Lei abbassò un pò gli occhi a mandorla facendoli scivolare con incertezza su dei punti imprecisi, e quando si decise a sollevarli di nuovo stavolta incontrò quelli gelidi dell'uomo che aveva avuto nove anni prima. Anche se erano scuri come quelli degli altri saiyan, quelli di Vegeta avevano qualcosa di diverso. Non li ricordava così, forse perchè lui neppure le aveva mai permesso di sondarli, ma in quell'intensità c'era del tormento, come se fosse diviso da qualcosa che lo divorava, l'inconfessata turbolenza di aver amato e di non riuscire ad accettarlo adesso, di non volere che quei sentimenti che aveva scoperto fortissimi e capaci di cambiarlo alterassero la sua vita, rivelandolo diverso da ciò che era sempre stato prima di conoscere Bulma. Era l'interiorità di Vegeta che affiorava. 

"C'è qualcosa di diverso in te".

Vegeta sembrò voler sorvolare sulla cosa. 

"Ho ragione, vero?"

"Non c'è nulla di diverso". La voce di lui fu dura, quasi evasiva

Inconsciamente temette che nei propri occhi Jinka ci potesse vedere Bulma, il suo corpo nudo che abbracciava quello di un amante capace di ferocie assolute che con assolutezza unica si dava a una terrestre inoffensiva, gentile come la luce della luna. Lui sperò che quello che aveva provato per Bulma non affiorasse da un moto ingestibile del suo cuore già nuovamente esiliato. Stava maturando l'idea che doveva mettere da parte lei e Trunks, ci stava pensando di continuo in quelle ultime notti senza luna, spente e cupe come il suo cuore colmo di rabbia, avido di guerra, di gloria, di assolutismo senza traccia di debolezza. 

Ma la debolezza più grande era annidata nel suo petto. Lottava ogni sera cercando di soffocare il ricordo di lei e stava iniziando anche a riuscirci. Bulma e Trunks sarebbero divenuti solo una parentesi, una piccola e piacevole tregua del passato che il tempo avrebbe risucchiato nell'oblio. Prima o poi avrebbe dovuto lasciarla, dimenticando anche il suo pianeta. 

Jinka fece un passo verso di lui e poi provò ad avvicinare il viso al suo. Vegeta l'anticipò facendo un movimento con la testa indietro per mantenerla a fuoco.

"Che vuoi, Jinka?"

Lei celò bene l'amarezza di vedersi respinta. "Voglio che torni come un tempo..."

"Non sono mai cambiato, te lo ripeto".

"Lo sei, in qualche modo che non capisco."

"Quando mi libererò di ogni intralcio... ritornerai a vedere qualcosa di peggiore di ciò che ricordi. Voglio solo la morte di Freezer adesso e distruggerò chiunque e qualunque cosa mi ostacoli."

"E della Terra? Che ne farai?"

Un bagliore fugace, scintilla di vitalità che gli illuminò gli occhi fu risucchiato nella tenebra che li ottenebrò nuovamente. 

"Poi ci penserò". 

"Non dirmi che tua moglie ti rende così debole".

"Non osare insinuarlo" la redarguì infastidito. "Mia moglie non è certo il motivo per cui non ho ancora assediato la Terra" mentì duramente.

Jinka fece leva su quel pò di confidenza che aveva con lui. "Ne sei sicuro?"

"L'unica cosa di cui sono sicuro è che devi stare al tuo posto".

"Beh..." sorrise l'altra, ambiguamente. "Non è colpa mia se non ti ho dimenticato".

Lui ripensò a quando se l'era fatta in maniera frettolosa, alla sua forza fisica, alla stima che in fin dei conti aveva provato per lei avendola ritenuta la migliore candidata a sedere al proprio fianco. Aveva persino pensato di farsi dare un figlio da Jinka, era vero, finchè non lo aveva ricevuto un pò per caso da Bulma. Quest'ultima le aveva soffiato l'uomo per un soffio, e Jinka sembrava esserne più che cosciente. C'era odio negli occhi di quella saiyan ogniqualvolta si parlava di Bulma o la si nominava, e sempre di sfuggita tornava ad affiorare nel suo sguardo ferito l'astio, la gelosia, e la voglia di distruggerla. Voleva riprendersi Vegeta.

"Io ho la memoria lunga, Vegeta, ma tu come tutti gli uomini ce l'hai corta".

"Ma piantala" replicò duramente l'altro.

"Quindi mi stai dicendo che non hai dimenticato di noi due. Ti ricordi che eravamo fatti per stare insieme, che potevamo portare l'impero dei saiyan oltre ogni limite. Con noi due alla guida, nessuno ci avrebbe fermat..."

"Adesso basta" la mise a tacere lui, perentoriamente.

"Come desideri, anche se ti facevo più coraggioso".

"Cosa vuoi dire" si insospettì l'altro, subito pungolato nel suo orgoglio.

"Che non ti basterà mettermi a tacere per fingere che non sia la verità quella che sto dicendo, e lo sai anche tu".

"Ti si è allungata la lingua in questi anni o sbaglio? Ti ricordavo meno invadente, donna".

Lei arretrò rispettosamente. "Forse hai ragione...è che dopo tutti questi anni vissuti in tua assenza, ora non ho voglia di tenermi dentro quello che penso di te. Io credo che tu ti senta solo in debito con quella terrestre solo perchè ti ha aiutato a tornare."

"Io non sento debiti verso nessuno. Sono il principe dei saiyan" specificò subito lui, vagamente irritato.

"Invece io lo penso".

"Devo forse ricordarti chi sono per farti chiudere quella bocca che stai facendo gracchiare?"

"Lo so perfettamente chi sei. Se pensi che io ti consideri solo il principe ti sbagli. Sei stato il mio uomo".

"Non mi risulta ci sia stato abbastanza tempo perchè io lo fossi".

"Per una sola volta".

"Che ormai neppure ricordo" mentì l'altro, cercando di farla tacere.

Lei non se la prese, sapendo che mentiva. "Avevamo un progetto... Sapevi che io ero la migliore che tu potessi avere, non negarlo almeno questo. Sei sparito al momento sbagliato, ma il destino ha scritto che tu tornassi, Vegeta. C'è un motivo se non sei rimasto lì, se hai incontrato quella terrestre che ti ha aiutato. Non ti pare strano che tu ti sia imbattuto subito in una scienziata? Con tutte le persone che abitano la Terra... Pensaci... Io credo che sia stato scritto che tu dovessi tornare e portare il tuo impero al culmine, ma per farlo sai che non puoi farti affiancare da una terrestre, perchè tu hai bisogno di una donna come te che conosce le tue esigenze e il tuo spirito. Lei prima o poi ti sarà di intralcio".

"Jinka, sull'attenti". Il tono duro la fece raddrizzare sulle spalle. Lui la fissò negli occhi brillanti e scuri, carichi di sfida, e scandì le proprio parole lentamente, con durezza. "Vattene adesso".

La saiyan abbassò il capo senza risentirsi del vedersi liquidata così freddamente, anzi, dovette persino contenere il sorriso che affiorò sulle labbra sottili e lucide. Se l'era aspettata una reazione del genere da lui, conosceva Vegeta ed era certa di avergli insinuato dentro il seme del dubbio. Quando uscendo fece aderire la maschera antigas al naso e alla bocca, un ghigno prese forma sotto l'oggetto che allacciò sul volto. Avrebbe ripreso ciò che gli era appartenuto. 



...

 

Le rivelazioni di Tana riguardo la conversazione udita in camera di Vegeta, pur se fatte con la bocca impastata dall'alcool, avevano oltrepassato la soglia della stanza di Vlados a cavallo dei suoi pensieri indiscreti, che però erano rimasti relegati in un angolo della sua mente fin quando non si era presentata l’occasione di raccontarli. Dopo che incontrò il fratello Gurlok nelle docce comuni, insolitamente vuote forse per via dell’orario a cui si erano dati appuntamento, fece la sua comparsa dalle saune il vecchio Gus, vecchio consigliere dall'aria perennemente contrariata, la cui notte era decorsa all'insegna di un mal di testa insopportabile e di  una sudorazione insolita, probabilmente determinata dalla grande quantità di alcool che aveva ingerito ad un'età in cui anche un guerriero saiyan doveva badare a ciò che faceva entrare dalla bocca. Rimasero tutti e tre a parlottare delle scelte tattiche fatte dal plotone di Jinka e del rientro anticipato mentre lo scroscio dell'acqua tiepida ammorbidiva le tensioni muscolari dei volti assonnati  per gli eccessi alcolici della festa, unica occasione in cui era concesso loro di bere fino allo sfinimento. Gus sembrava piuttosto risentito per le scelte adoperate dalla corona, per le fallimentari missioni di due mesi prima, rientrate con insuccesso da Infa e finite con l'esecuzione a freddo dei comandanti, esecuzione avvenuta direttamente in sala magna, davanti al trono di un Re stizzito e in ansia per le penalità che gli avrebbe imposto Freezer. Continuava a dire, approfittando di quel momento di deserto nei bagni comuni, che il Re aveva sbagliato a levare di mezzo i comandati migliori, che era stato troppo spietato e impulsivo, che non si poteva gestire così una situazione di tensione, tuttavia Gurlok rimase ad ascoltarlo facendosi investire dal getto tiepido di acqua amara che risaliva dalle acque nere riciclate secondo un sistema di risparmio inventato più di cento anni prima dagli Zufuru, vista la pochezza delle fonti di acqua che andavano diminuendo già all'epoca. L'espansione e lo spostamento era uno degli obiettivi della corona, che stava per ricevere in premio un pianeta che pareva avesse fonti in abbondanza per sostenere i saiyan ancora per due secoli, e su cui si sarebbe potuto ricreare le fonti termali miracolose nonchè paliativo medico naturale dei guerrieri. 

Vlados si sciacquò la chioma lunga e selvaggia grattandosi la cute con energia, ascoltando le osservazioni vagamente inacidite di Gus e notando che Gurlok sembrava non esserne neppure interessato, perchè sicuramente stava morendo di sonno visto che aveva passato la notte con una conosciuta prostituta che si era fatta un pò tutti, tranne il chiacchierato Vegeta. Le uniche quattro o cinque prostitute con cui di tanto in tanto il principe si era intrattenuto, il tempo di sfogarsi un pò e di abbassare il livello di aggressività determinato da un eccesso di testosterone in circolo nel sangue, avevano parlato di un uomo che non aggrediva nè parlava. Si prendeva il piacere in silenzio, esattamente come se loro fossero solo oggetti da trattare con cautela, e poi le liquidava freddamente, ma mai nessuna aveva lamentato una sua brutalità infondata. Pur non volendolo, la diffidenza da cui era caratterizzato riusciva persino a farlo apprezzare dalle donne, probabilmente perché il silenzio che ne ingenerava era una calamita.  

"Gus..." Il tono scimmiottante di Gurlok rimbalzò tra le pareti delle docce. "Ti sei svegliato con la luna storta stamattina? Non ti sei goduto la festa?"

L'altro intuì che l'osservazione era stata una battuta a cui Vlados rise in rimando, sostenendo l'umorismo del fratello.

"Si vede che Gus non si è divertito. Te lo dico io che ti ci vuole, Gus, una donna... Una bella donna, o due. Nonostante l'età puoi ancora darci dentro".

"Tu hai dato il buon esempio" commentò Gurlok. "Ti ho visto sparire con Tana e Silena, ubriachi fradici che a malapena vi reggevate in piedi".

"Mi ci voleva proprio" ammise l'altro, al cui rientro da Neo Genesis non era mancato appetito in tutti i sensi. "Sesso e cibo solo le migliori medicine di un soldato, altro che fonti miracolose. Sono entrato in camera che ce l'avevo già in mano..."

"Come sta Tana? So che non ha potuto prendere parte alla missione per una frattura al piede" indagò Gus a cui interessava più carpire informazioni di natura politica, che medica. Indagare anche sullo stato delle donne, sia fisico sia sociale, gli permetteva di carpire il morale e le tendenze politiche che si agitavano dietro i paraventi femminili.

"Dice che ci ha messo tre mesi a guarire. Ha pensato bene di scaricarsi su di me. Quella guerriera è pericolosa, va tenuta al guinzaglio, quando non combatte per troppo tempo diventa ingestibile. Lo sapete che mi ha raccontato stanotte? Che ieri si è intrufolata nelle stanze del principe". 

"Non ci credo" disse Gurlok la cui espressione confermò quanto trovasse divertente immaginare quella situazione. "E a che scopo l'ha fatto?"

"Niente, pare che avesse fatto una scommessa con Jinka... Lo sapete che lei non ha mai mandato giù che Vegeta si sia presentato in patria con una moglie straniera. Beh, dice che si è intrufolata lì con Monia e ha recuperato un oggetto, non ho capito cosa, però mentre erano in camera sono rientrati pure Vegeta e sua moglie... Come si chiama..."

Ci pensò e fu anticipato da Gurlok. 

"Bulma". 

"Esatto, lei. Pare che li abbia sentiti parlare di sfere magiche... Di un drago che esaudisce desideri, e di un bambino che ha un radar per trovarle".

"Deve averne buttato giù parecchio di vino" gli fece eco Gurlok, sghignazzando.

Nessuno lì aveva mai visto un drago, ma Gus ricollegò quella parola al tatuaggio di Bulma, al fatto che quando a Vegeta era stato chiesto cosa fosse quel disegno che lei aveva inchiostrato sulla pelle,  lui aveva sbrigativamente risposto che era una figura mitologica frutto della fantasia della popolazione terrestre che credeva nell'esistenza di draghi e spiriti magici. Facendo una rapida somma di riflessioni sospette, convenne che Vegeta doveva essere a conoscenza di fatti esoterici che non aveva voluto rivelare.

"E della Terra che mi dici?" Chiese improvvisamente Gus, rivolgendosi a Gurlok che ci era stato, mentre si allacciava l'asciugamani attorno ai fianchi. "Sei stato tu a intercettare Vegeta, no? Mi hanno detto che sei andato ad avvisarlo personalmente". 

"Ho visto molto poco, ma sembra un pianeta perfetto per la vita. Gravità leggera, aria fresca, cielo molto limpido... Proprio come i capelli della moglie del principe."

"Hai visto la sua dimora?"

"Vive in una grande metropoli, in una costruzione alta almeno ottocentocinquanta piedi..."

"E ti sembra un pianeta rivendibile?"

"Accidenti se lo è" commentò Gurlok. "Secondo me vale molto, però bisognerebbe capire di quante risorse minerarie disponga."

"Stando al fatto che non commerciano con altri popoli alieni, credo sia autosufficiente" disse il vecchio.

"Presumo di sì, ma non ho indagato... Vegeta non lo considera parte dei suoi piani di assedio".

"Vegeta sta sbagliando. Non dovrebbe considerare sua moglie un ostacolo alle sue conquiste. Questo non è un atteggiamento da saiyan, come non è saggio che lui si faccia consigliare e influenzare da una donna che non è una saiyan"  aggiunse calcando sulle ultime parole e lasciando trapelare nel tono tutto il proprio risentimento per una scelta mai condivisa. "Da quand'è che ci siamo inchinati davanti ai nostri sudditi?"

Un silenzio pesante fece eco alle sue parole ammonitive e cariche di tutto il peso della sua anzianità. 

"Beh..." fece Vlados con aria un pò stupida. "Il principe non è una sprovveduto".

"Il principe tiene la testa tra le cosce della sua bella moglie e suo padre non sembra intenzionato a farlo ragionare."

"Non sarai troppo severo Gus? Te la prendi perchè Vegeta da più importanza al parere della moglie che al tuo?" 

"Vlados, tu non hai mai capito un bel niente di strategia, quindi astieniti dal fare commenti stupidi come i tuoi ragionamenti".

"Ehi, Gus, sta attento a quello che dici" gli fece eco Gurlok, in difesa del fratello minore. "Non vorrai attaccare briga con noi solo per i tuoi risentimenti con le scelte dei Vegeta".

"Io sto parlando con tuo fratello".

"Hai detto bene, stai parlando con mio fratello quindi è come se stessi parlando con me. Vegeta non è un'idiota, avrà qualcosa in mente e poi... mi è sembrata più che in grado di fare valutazioni sensate a favore di noi saiyan" affermò Gurlok.

"E tu come fai a saperlo ? Non eri al tavolo con noi..."

"Gus, rilassati, eri a una festa, non a un comizio. La gente parla, c'è chi ha gradito il suo intervento, posso assicurartelo..."

L'espressione contrita dell'altro non mancò di far intuire quanto gli rodesse.  "Sarà stato quella lingua di Edgar che parla sempre a sproposito".

"Comunque se vogliamo parlare francamente, non mi pare che faccia male ai sovrani avere qualcuno che li faccia ragionare di più, visto cos'è successo – come tu stesso ai ricordato poco fa- ai comandati di rientro da Infa - gamma solo perchè qualche figlio di puttana ha pensato bene di aprire bocca e di far partire informazioni che non dovevano partire" affermò duramente Gurlok, riferendosi al fatto che si vociferasse che la loro sconfitta fosse stata causata da qualche spia che aveva fatto bene il suo lavoro. 

"Pensi sia saggio stravolgere le nostre tradizioni, Gurlok?"

"Che vuoi dire?"

"A Kakaroth è stato evitato il torneo degli ultimi, per il capriccio di una... frivola e patetica femmina".

"Dietro quel capriccio ci sarà una ragione" affermò Gurlok, che sapeva che Kakaroth aveva incontrato Bulma al mercato, e le aveva risparmiato le molestie del vecchio venditore di antichità. "Altrimenti Vegeta non l'avrebbe assecondata".

"Io non vi capisco, vi state ammattendo tutti quanti, non ti sembra che il Re e suo figl..."

"Questa non è la sede opportuna dove parlarne, Gus” lo interruppe subito l’altro che sentì dei rumori provenire dal fondo della stanza e intuì l’arrivo di altre persone nei bagni. Il tono si fece più pacato e anche l’altro ne comprese il motivo. “Io non ho voce in capitolo, tu potevi far valere la tua se non fossi stato impegnato a inventarti qualche stronzata da consigliere per impalmare il Re e non dirgli la verità in faccia".

"Sta' attento a come parli, Gurlok" sibilò l’altro.

"Io sto attento a come parlo, ma tu sta’ attento a cosa insinui”.

"So bene che non sei abituato a prendere decisioni” Commentò Gus facendo trapelare tutto l’orgoglio che il suo alto lignaggio gli permetteva di mostrare. "Ma da che parte stai si può sapere?”

"Dalla parte delle decisioni che non spettano a me. Come non spettano a te. Sei tu che stai giocando al gioco delle pedine, Gus. Lo so che non li hai a genio i Vegeta, dopo quello che è successo a tuo cugino Paragas e a suo figlio Broly. Quella donna che tanto critichi potrebbe essere la chiave per risolvere i tuoi problemi. Dovresti rilassarti".

Gus osservò entrambi i suoi interlocutori con sprezzo. "Non so cosa vi sta dicendo la testa, ma pare che quella donna stia creando problemi anche alle vostre zucche vuote" sibilò prima che un trio di guerrieri da poco svegli entrasse al suono di una divertente chiacchierata. I due fratelli li salutarono senza avvicinarsi mentre Gus si ritirava.

“Sembrava quasi risentito con il Re e con il principe” osservò Vlados a tono bassissimo, tamponandosi con l’asciugamani.

“Leva quel quasi” replicò Gurlok a tono basso, che si confuse con le risate degli altri presenti che avevano aperto le docce. “Anche se ce l’ha a morte con loro, la donna non mi pare il problema che lui sta cercando di farci credere. Ti assicuro che ci sono stato a contatto diverse volte ed è una donna tutt’altro che stupida. Sicuramente a livello fisico ha un’energia patetica, e se vogliamo stare a discutere se sia o no la regina saiyan ideale, penso che tutti direbbero di no. Però io non sono contrario alla sua unione con Vegeta, prima di tutto perché chi si fotte il principe non mi riguarda, e poi perché la sua presenza ha un effetto benefico su quella testa calda ”.

“Non ho avuto modo di farci caso, ero su Neo Genesis 2 con Jinka e le altre”.

“Ti assicuro che Vegeta si da parecchio una calmata quando c’è lei a rabbonirlo. Gus teme che quella Bulma capovolga i nostri equilibri, ma io ti dico che la sua presenza sarà di aiuto anche a noi. Se ci fosse stata lei per dirne una, quando sono rientrati i capitani da Infa-gamma, secondo me non ci sarebbe stata alcuna esecuzione.”

“Ma è il Re che li ha levati di mezzo”.

“Appunto. Se ci fosse stata lei, ci sarebbe stato anche il principe, e quando c’è lui il Re gli lascia le decisioni, questo perché Gus ha dimenticato un dettaglio non irrilevante che riguarda il principe…”

“Sarebbe a dire?”

“La sua forza”. Gurlok si sciacquò rudemente la faccia, strofinandosela poi col panno ruvido come carta argentata.  “Chi diavolo la lava questa biancheria? Mi ci potrei grattare la schiena”.

“Dici che il Re teme suo figlio?”

Gurlok si sistemò l’asciugamano dietro al collo. “Temerlo non saprei… è pur sempre suo figlio, e il principe quando vuole è più spietato di suo padre. Ti dimentichi quello che fece dieci anni fa su Kolrbek? Fece fuori Nappa, perché durante lo scontro contro Tarak perse, e lui se la prese sul personale. Vegeta ha bisogno di qualcuno che lo tenga al collare, o può far seri danni come li ha fatti anche il padre. Quell’uomo è sempre stato troppo individualista, ed è una bomba pronta ad esplodere. A me non interessa cosa decide di farne dei popoli che assoggettiamo, mi preoccupa invece cosa può fare contro il nostro.”

“Sì, forse hai ragione, ma Gus è pur sempre parte del consiglio…”

“Gus bada ai suoi affari, come tutti qui dentro. Nessuno fa nulla per nulla in questo posto.” Gurlok si mosse salutando i guerrieri a cui passò accanto.   

Gurlok era sempre più certo che Gus non avesse le mani poi tanto pulite. La politica era un affare sporco, questo si sapeva, ma il doppio gioco faceva più danni di una donna tradita. Continuava a persistere in lui una specie di sensazione strana, come se sospettasse che il vecchio consigliere  stesse muovendo qualcosa per far vacillare la solidità del consiglio. Se qualcuno di loro tramava per spodestare i Vegeta, Gus poteva essere uno tra i migliori attivisti. D’altronde tutti sapevano che non aveva mai digerito la morte di suo cugino. Pareva fossero stati molto legati lui e Pargas, proprio come due fratelli, e chiunque apparteneva alla loro generazione li ricordava come due giovani guerrieri molto uniti. Non era stato mai comprovato, ma non si era escluso che tra quei due ci fosse persino del tenero. A furia di condividere i campi di battaglia e i letti con più donne, sempre insieme, qualcuno aveva messo in giro la maligna voce che fossero persino amanti, sospetto negato da più prostitute che li ricordavano baldanzosi e vogliosi, e anche piuttosto violenti. Pargas poi, aveva saputo della nascita di Broly mentre si stava fottendo due donne in una tenda insieme al cugino, e non aveva mosso un muscolo per andare a vederlo. La deceduta madre di Jinka che era stata con lui in missione aveva raccontato la cosa con indignazione. Dopo che il Re aveva trovato occasione per esiliare lui e il suo giovanissimo figlio, forte quanto Vegeta e sempre lì lì per superarlo, per molto tempo di quei due non si era saputo più niente. Gus, che al tempo non era ancora parte del consiglio, aveva cessato di parlare di suo cugino come se fosse morto. Ad alcuni era sembrato un atteggiamento sospetto, motivo che gli era valso la sfiducia al suo ingresso tra i privilegiati che accerchiavano il re, qualcun altro invece aveva archiviato la questione con una semplice scrollata di spalla, ricordando che le decisioni del re erano indiscutibili direttive che nessuno si permetteva di contestare. Ma Gus non aveva mai smesso di credere che il trono di Vegeta spettasse a Broly, che ormai, dopo anni di esilio su un pianeta aridissimo, era stato dato per morto.

 

..

 

Il computer rimandò sullo schermo una serie di dati alfa numerici che si rifletterono consecutivamente uno dietro l'altro sulla sfera lucida degli occhi. Bulma, intenta nell'analisi dello scorrimento delle informazioni, rosicchiò l’ultima bordatura del filtro della sigaretta su cui aveva lasciato una lieve sbavatura di rossetto, e poi la spense riducendola ad una poltiglia accartocciata. Si passò le dita sugli occhi, massaggiando contemporaneamente le palpebre appesantite e stanche, e sgranchì il collo facendolo ruotare. Il ricordo di Vegeta, della furia con cui un giorno aveva distrutto tutti  i soprammobili della stanza da letto, le passò davanti acuendo le sue inquietudini. Non aveva mai smesso di considerarlo pericoloso, prima di tutto per se stesso. Persino sua madre le aveva chiesto se fosse davvero certa che lui non fosse un individuo pericoloso per la famiglia, ma Bulma lo aveva difeso certa delle sue intuizioni: Vegeta non le avrebbe mai fatto del male fisico, anche se la ferocia con cui era capace di incazzarsi la spaventava e non poteva negarlo. Lui era arroganza, era un'anima belligerante e in pena, e cupo da far paura, ed era quell’inquietudine che gli si annidava negli occhi come un gasolio infiammabile a renderlo così instabile. C'erano episodi di vita familiare difficili, mai dimenticati, in cui Vegeta c’era stato con tutta la sua indifferenza verso lei e loro figlio, apparentemente lontano dall’accettare uno stile di vita così lontano da quello condotto fino al momento del suo impatto sulla Terra, che non era stato un colpo solo fisico ma persino mentale. Forse anche troppo. Non poter ritornare da dov’era venuto, almeno fin quando Bulma non era riuscita a portare a compimento il proprio progetto di supporto, lo aveva mostrato vulnerabile e umano, e le aveva permesso di leggergli dentro una strana e combattuta tristezza del tutto affascinante. Non era disumano come diceva di essere, piuttosto era vivo dentro, vivo anche di emozioni gentili che pareva voler soffocare per dovere più che per volontà propria. Quello che gli avevano insegnato era che una vita senza distruzione era un involucro vuoto che conteneva un animo senza onore: fierezza, controllo dei sentimenti deboli, cinismo, erano i capisaldi con cui forgiare un vero combattente, e Bulma per portarlo sulla retta via aveva ancora una lunga strada da percorrere. Adesso che poi era ritornato a casa sua, sul suo pianeta di origine, accerchiato dalla sua gente e sobillato dai suoi consiglieri, e insidiato dalla sua precedente amante, quella strada che Bulma aveva intuito snodarsi verso il futuro lunga e complessa, ora le appariva una salita piena di ostacoli. Vegeta forse non sarebbe più tornato indietro. Non il suo Vegeta, non l'uomo in cui aveva intravisto più di una debolezza e aveva smosso in lei un moto di compassione accalorata. 

Dopo aver lasciato che la testa reclinata davanti permettesse alla cervicale contratta di distendersi alleviando i crampi muscolari della posizione d'ufficio, i suoi occhi ritornarono allo schermo del pc, ma non la sua mente. Era più di un mese che non aveva sue notizie e stando ai suoi calcoli la gravità su Vegeta doveva essere ritornata più bassa, ma lui non si era presentato a casa. Bulma non si era fatta vedere dopo l'ultimo loro saluto, ma sapeva che se la loro diveniva una guerra d’orgoglio forse lei l’avrebbe persa inevitabilmente.

Non aveva smesso di pensare mai, mai neppure mentre si concentrava sul proprio lavoro, a quella saiyan che fissava suo marito, al loro silente scambio di sguardi, così significativo almeno in apparenza, alla freddezza con cui Vegeta aveva liquidato lei, sua moglie, con un'atteggiamento quasi cupo e seccato. Proprio mentre ripensava a quella loro ultima conversazione che ricordava a memoria, forse sperando inconsciamente di esorcizzarla, ricevette una chiamata dalla madre.

“Dimmi, mamma, ti ho detto che per almeno un’ora non vorrei essere disturbata, sto facendo un lavoro complicato…”

“C’è qui una persona per te”.

Nel petto un sussulto e l'aritmia cardiaca le fece brillare gli occhi. “Vegeta?”

“No, ma qualcuno che viene dal suo pianeta. Gli ho appena offerto un succo di frutta” pigolò Bunny. “E’ davvero un bell'uomo, alto e grosso. Dice di chiamars..." 

Ma neppure finì di dirlo che la telefonata fu chiusa e Bulma corse verso l’ascensore. Quando fu su, molti piani più in alto, Bulma lo incontrò nel salotto ampio. Una pioggia fitta si abbatteva sulle vetrate catturando l'attenzione del saiyan, incuriosito dalla vita di quegli abitanti della stessa specie.

“Eccomi” esordì lei arrivandogli di spalle. "Benvenuto".

L’altro si voltò seriosamente, ma per una frazione di secondo i suoi occhi brillarono nel vederla. Lei era così affascinante che gli faceva sempre uno strano effetto vederla comparire davanti d'improvviso, con l'abbacinante luminescenza che irradiava. “...Vengo a portarti notizie del tuo uomo”.

“Ti ha detto lui di venire?” Indagò subito lei, sperando che fosse così. Nell'attesa della risposta, l'aria centralizzata le procurò un fremito di freddo e la costrinse a strofinarsi il tessuto di cotone che le fasciava le braccia.

“No. Me l’ha detto suo padre, il Re”.

“Ah…” ammise lei, delusa.

“Vegeta è partito in missione due settimane fa. Ora è su Iuris 5”.

Bulma sembro risentita da non averlo saputo prima. Emise un sospiro che fu una specie di sfiato quasi seccato che anticipò le parole vagamente pungenti che le solleticarono  in gola. Sentì la necessità di arrabbiarsi, forse persino di piangere. "E da quand'è che il Re si preoccupa per me?"

"Il Re non si preoccupa per lei" la velocità con cui Gurlok le rispose le lasciò intendere che i saiyan non erano soliti badare a questo tipo di legami e di preoccupazioni. "Posso assicurarle che l'unica cosa che ora vuole è non avere intralci con tutte le missioni in corso".

"O che non intralci la spasimante di mio marito. Dico bene?"

L'altro tacque come fosse stato colto nel segno ma lei non sembrò illividirsi ulteriormente. Recuperò tutta la propria dignità sull'orlo del baratro.

"Bene. Rassicura sua maestà che non verrò a sconvolgere il precario equilibrio della vostra fragile corte" replicò Bulma con sarcasmo. "Non voglio certo che la mia presenza inneschi picchi ingestibili di testosterone" aggiunse incrociando le braccia al petto e continuando. "Potrebbe scatenarsi un caos che solo un esercito di prostitute potrebbe placare".

Bulma notò che lui sembrò quasi sorriderle con gli occhi.

"Cosa c'è su Iuris 5? Materie prime, persone...? " Indagò ancora, con noncuranza, celando come meglio poteva la sua totale contrarietà all'idea di invasioni di quel tipo.

"E' un pianeta ricco di giacimenti di carbonio e credo sia presidiato da alcune forme di vita, ma non lo so per certo. Freezer lo vuole assolutamente".

"Freezer..." Bulma si accese una sigaretta. "Quando rientra il tuo principe?"

Gurlok notò il tono seccato con cui lei aveva volutamente calcato sulle due parole finali della domanda, quasi a voler sottolineare che lei non doveva nulla a Vegeta. 

"Non posso saperlo. Presumo non prima di un mese, ma potrebbero volercene anche due".

"E tu perchè non sei andato?"  

"Io sono di istanza su Vegeta."

"Chi ha preso parte alla missione Iuris 5? Solo i primi ordini?"

"Anche tre plotoni di secondo".

Lei camminò con calma e si avvicinò all'ampia vetrata, osservando giù, oltre la pioggia che scivolava sui vetri. 

"Toglimi una curiosità. E' vero che Jinka doveva diventare la moglie di Vegeta?"

"Era la migliore aspirante che avesse e lo sapevamo tutti".

Bulma fece una smorfia strana che fu una specie di rigurgito del suo malessere interiore. Riuscì comunque a mantenere un atteggiamento vago, come se non fosse infastidita dalla cosa, ma dentro sentiva rimontare una gelosia sorda, esattamente come quello stato di angoscia latente che la stava lesionando lentamente rendendola preda delle sue angosce. D'improvviso si sentì fare una domanda con un tono che assunse un'intonazione quasi irrisoria, di lieve compatimento. 

"Hai paura?"

Lei sembrò cadere dalle nuvole. "Di cosa?"

"Che loro siano insieme in tua assenza."

L'espressione di Bulma si fece seria per non permettergli di sondare i suoi timori di donna. "No che non ho paura. Vegeta è mio marito, non il suo".

"Ma lei è una guerriera saiyan" ammise Gurlok con un ghigno, cercando di metterla in difficoltà.

"E io sono la donna che l'ha salvato e ve l'ha restituito" replicò subito lei, a testa alta, e Gurlok percepì lo spirito battagliero che dietro la gracilità del suo corpo vibrava come uno stendardo teso e colorato di nazionale orgoglio.

"Credo che il principe te ne sia davvero riconoscente" ammise lui inaspettatamente, senza perdere traccia di sfida nello sguardo. "Ma attenta, perchè c'è chi vorrebbe Jinka al tuo posto".

"Magari proprio a partire dal Re" fece Bulma.

Gurlok non le rispose pur sapendo che il Re aveva deciso di tenerla lontana il più possibile in quel momento di missioni, così da non ammorbidire lo spirito di Vegeta in nessun modo. Bulma poteva essere proprio la persona più indicata per gestire la ferocia di Vegeta, e non era l'unico a pensarlo. Gurlok nutriva una strana simpatia per lei, finanche per il primo incontro che aveva suggellato, tra un botta e risposta, l'inizio di una corrispondenza rispettosa, soprattutto dopo che si era visto in qualche modo difeso da lei nonostante l'avesse irrisa davanti ai presenti. Lei era uscita dalla macchina del teletrasporto materializzandosi davanti i suoi occhi scuri come la cosa più succulenta su cui avesse mai posato lo sguardo, neppure fosse una pietanza da mangiare... Gurlok indugiò sulle sue forme burrose e pensò che ci si sarebbe volentieri poggiato sopra, reclinando il capo su di essi come un bambino, con insospettabile tenerezza. Soffocò il pensiero prima di andare oltre, temendo che lei glielo leggesse negli occhi, ma Bulma sembrò averlo intuito e gli sorrise appena, stringendosi nelle spalle infreddolite. 

 


Continua...




Ragazzi\e scusate il grande ritardo ma a causa di un trasloco in atto + casini on work ho dovuto mettere un pò in pausa il mio hobby, anche se ho cercato di portarmi avanti.

Capitolo di transito, lo so, ma cercherò di regalarvene uno decente quanto prima. Datemi il vostro parere! kiss


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Capitolo 5
*** 5. Il potere del male ***


Breve capitolo di supporto al quarto. Buona lettura!
 
 
5.




Due settimane dopo, proprio quando i saiyan iniziarono a divenire irrequieti e pericolosi gli uni per gli altri, il pianeta cessò di sputare fuori gas e si eclissò in uno strano silenzio che rivelò agli esploratori cui Vegeta era a capo una popolazione stanziata in superficie tra numerosi geyser. I guerrieri la ritrovarono stanziata in una vallata particolarmente stretta e chi si accorse del loro arrivo non sembrò badarci. Le rocce plumbee svettavano dal terreno formando dei coni neri con le punte rivolte verso l'alto e il paesaggio era totalmente disadorno di qualsiasi forma di vita anche vegetale. Tanti piccoli esseri incappucciati che oscillavano come bonzi ubriachi ripetevano delle strane nenie compiendo un percorso designato e pieni di religioso fervore. Le nuvole gravide di pioggia acida e l'assenza di luce rendevano quel luogo ancora più cupo ma nonostante l'ombra di cui era gravida l'atmosfera gli occhi di Vegeta furono traditi da un ricordo, per un solo attimo, dal suo cuore che era stato relegato a mera comparsa dietro il suo orgoglio altisonante ma che comunque ancora batteva in un certo qual modo, e che gli fece passare davanti agli occhi una sola immagine, un lampo di luce accecante a cui non concesse tempo, ma in cui comunque affiorò un traditore sguardo, i colori luminosi dei capelli, il calore della vita che esplodeva sul pianeta blu. Bulma era luce. Lui solo ombra. E la frazione di secondo che seguì aveva già offuscato tutto e nei suoi occhi non continuò a perdurare che ombra. Una grotta cupa e umida li accolse abbassando le temperature corporee. Vegeta ordinò al gruppetto di saiyan che lo seguiva di arrestarsi e proseguì da solo, verso il centro della terra. Acuminati spuntoni simili a ghigliottine affilate, monito per chiunque si addentrasse in quei cunicoli tetri e interdetti, scivolavano dal soffitto verso il basso pendendo minacciosamente sulla testa. Vegeta li superò guardingo finchè non raggiunse la misteriosa presenza che sedeva di spalle su un trono di pietra umida. Strani bagliori che rimandava la roccia al luccichio di una fiamma si rifrangevano nella sala circolare, gettando un chiarore spettrale in quel luogo di assoluto silenzio. 

Darbula, fedele guardiano del suo Re, accolse Vegeta con piacere:

"Principe dei saiyan, ti stavamo aspettando".
La sfera magica aveva predetto il suo messianico arrivo.
"Il tuo arrivo tanto atteso è quanto di più lieto per noi".
Vegeta sembrò stranito da quella capacità di preveggenza con cui qualcuno aveva osato spiarlo. "Chi diavolo ve l'ha riferito?"
"Non dubitare dei tuoi uomini. Al grande mago Babidy, nulla è segreto".
"Chi è Babidy?"
"Gli occhi dell'oscurità e la bocca attraverso cui si esprime il male".
"Darbula..." la voce sottile del mago stridette d'improvviso oltre la spalliera del trono. "Lascia che il principe dei saiyan, il potente, venga a me. Voglio conoscerlo".
Alla parola potente, volutamente enfatizzata da un tono che celava machiavelliche intenzioni, Vegeta ebbe un sussulto di fierezza che Babidy si era aspettato. Il peccato più grande di Vegeta d'altronde, oltre ad essere l'orgoglioso che era, aveva il suono di una parola semplice. Vanità. Essere così forte, il migliore o uno tra i migliori, gli procurava un piacere senza eguali. Era la sete di gloria che lo stava per condannare definitivamente, mandando a monte anni di recupero che Bulma gli aveva dedicato, in qualche modo tentando di redimere quell'anima destinata all'inferno di cui si era innamorata follemente.
Vegeta gli si portò di fronte, fiero e indomito, e cupo come una figura dannata. Quando i loro occhi si incrociarono, Babidy vi lesse dentro il male che stava cercando. 
"Principe, che onore incontrarti di persona. Non avrei mai preteso tanto".
"Chi sei?" 
"Il mago Babidy, fedele servitore del male, occhi e orecchie dell'inferno. Ti stavo aspettando principe Vegeta."
"Freezer reclama questo pianeta e sono venuto ad assediarlo".
"So perfettamente cosa reclama Freezer, ma io reclamo molto di più... Forse lui crede che tu lo serva, ma tu non gli sei fedele fino in fondo e io voglio di più. Io voglio te, come parte dei miei fedeli, perchè so che posso darti quello che Freezer non vuole cederti".
"Cosa?"
"Più potere".
Gli occhi di Vegeta furono attraversati da un bagliore sfavillante che li rese quasi invasati. La parola magica era stata pronunciata accarezzando le velleità di un uomo debole e affamato di rivalsa e potere. Vegeta voleva liberarsi dall'oppressore e prenderne il posto e Babidy lo sapeva: glielo leggeva dentro, perchè aveva il potere di vedere a nudo gli animi malvagi. Sapeva che il suo immenso orgoglio era un ostacolo difficile da eludere per impossessarsi di lui, ma era certo di poter riuscire nel proprio intento dacchè era il punto debole di Vegeta, la sua voglia malsana di essere il più potente a renderlo facile alla tentazione. Neppure una donna poteva piegarlo quanto quel desiderio malato.  
"Voglio essere più forte di Freezer e di qualunque altro guerriero vivente."
"Posso aiutarti".
"Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno."
"La fama del tuo orgoglio ti precede. Io ti permetterò di annientare ogni remora trovando la spietatezza che ti serve".
"Mi parli di un lato oscuro?"
"Esattamente. Puoi prendere quello che sto per darti... E anche Freezer ti temerà". Quelle parole furono una scintilla su combustibile. Quando le disse, Vegeta sorrise malignamente e Babidy iniziò a penetrarlo con lo sguardo, viaggiando dentro il suo animo fino a trovare quello che cercava. E quando gli si annidò dentro, Vegeta non era più la stessa persona che aveva varcato la grotta: era un cane da guerra, privo di qualsiasi limite preimposto dalla coscienza e uno strano simbolo si impresse sulla sua fronte. Ora non faceva più parte dell'esercito di Freezer, ma il prezzo per avere quella potenza fu barattato con qualcosa di valore più grande: aver venduto l'anima a Babidy significava avere un posto all'inferno riservato a lui stesso, tra la schiera degli oppressori, e non potersi più redimere. Bulma e Trunks divennero solo un bagliore inghiottito da quell'ombra e sparirono dai suoi cupi orizzonti.
I suoi uomini lo videro uscire dalla grotta così com'era entrato, con la gravida ombra del male che colmava i suoi occhi mentre un ghigno gli piegava le labbra.
Jinka, che non sapeva chi avesse incontrato li sotto, intuì subito un suo cambiamento leggendoglielo in faccia. Gli andò in contro a passo svelto, superando gli uomini, e lo osservò da capo a piedi percependo la sua aura vibrargli contro la pelle. Positiva e fiera di quell'uomo che vedeva, gli sorrise: "Leggo finalmente nei tuoi occhi quello che attendevo con ansia".
Lui, che uscendo dalla grotta non sembrò considerare nessuno tra i presenti fuorchè il nuovo se stesso, ruotò le iridi e le poggiò su di lei come se solo in quel momento la scorgesse. La guardò dritta negli occhi, e fu come se fosse tornato indietro nel tempo: la ricordò essere la migliore candidata per generare il figlio che il casato aspettava, perchè una Bulma, di cui ora pareva neppure ricordarsi, non avrebbe potuto dargli un figlio malato. 
Lei era luce. Lui solo ombra. Babidy era riuscito a oscurare il suo volto e quello di Trunks, a farli inghiottire nelle tenebre, e quando Vegeta ordinò ai soldati di rientrare, e si riallacciò la maschera antigas sul volto, la famiglia che si era costruito era già parte del passato. I due terrestri non avevano più valore per lui.



..
 
Freezer venne a sapere del tradimento di Vegeta alcuni giorni dopo, tramite un informatore inviatogli proprio da Gus. Furioso e fuori di sè, fece fuori tutta la squadra a cui era a capo il soldato che di rientro glielo riferì. Per due giorni nella base si respirò tensione e pericolo, fin quando Zarbon, rientrato tempestivamente per pure casualità, ammorbidì il suo padrone e amante con discorsi carezzevoli, ben felice di poter vedere morto il saiyan di cui era stato sempre geloso. Così ne approfittò per avvelenare il monarca con parole mirate ad acuire la sua rabbia. "Ho sempre considerato quella scimmia un pericolo. Il suo tradimento l'ho atteso e aspettato, Vegeta non merita più nulla, così come il suo stupido popolo".
Il tiranno bianco osservò lo spazio fuori la calotta, pensoso e insondabile.
"Vuoi che lo uccida per te?" incalzò ancora Zarbon.
"Voglio la sua testa" ammise Freezer con tono gelido e calma. "L'ho cresciuto quì, nel ventre di questa base, dandogli la gloria che voleva, e ora lui... Decide di mettermisi contro. Bene. Che sia così allora".
"Puoi distruggerlo facilmente".
"Non ancora. Voglio la mia vendetta, e voglio che sia lenta. Farò fuori  ogni saiyan esistente".
Una guardia oltrepassò la porta automatica e venne portando notizie di un'imminente visita. Freezer dava la schiena all'ingresso e aveva le mani ferme sopra la coda. "Una navicella saiyan sta arrivando. La abbattiamo?"
"E' quel furbo del vecchio" replicò Freezer. "Fatelo passare. Stavo aspettando Gus da molte ore".
"Ma ci sarà da fidarsi?"
"Ovvio che no, ma sono curioso di sapere che notizie mi porta... Il suo odio per i Vegeta sarà la soluzione ai nostri problemi".
"Cosa intendete fare, dunque, potente Freezer?"
"Voglio notizie della moglie di quel bastardo. Voglio sapere chi è veramente e da dove viene di preciso."
"Vi interessa così tanto quella donna per qualche motivo?"
"Se Vegeta ha sancito quest'unione umana con quella nullità, un motivo ci sarà, o pensi che non conosca il piccolo bastardo che ho cresciuto anche io? Vegeta non è solo figlio di suo padre, ma anche il mio."
Zarbon tenne per sè il proprio odio che tracimava dagli occhi. Odiava Vegeta come non aveva mai odiato altri.
"Ti chiedo solo un favore, Freezer, mio signore".
L'altro voltò la testa glabra verso il guerriero dalla chioma verde. "Che chiedi Zarbon?"
"Quando sarà il momento, lascia a me Vegeta".
"Oh, ti prego, vuoi togliermi questo piacere?"
"Voglio condividerlo con voi".
"Vedremo Zarbon, vedremo..." affermò mellifluo, tornando a fissare sempre nella stessa posizione lo spazio che si dispiegava immenso fuori l'enorme oblò. "Va' pure a prendere il vecchio consigliere, e fa arrivare anche del cibo. Un traditore va ricevuto con tutti gli onori che merita, no?"
Zarbon si inchinò leggermente e uscì velocemente. Il mantello che fluttuò alle sue spalle si gonfiò lasciando dietro di sè una pesante scia di profumo di cui il guerriero era solito abbellirsi. Questa sua risaputa vanità gli era spesso valsa anche le irrisioni di Vegeta, che non aveva mancato di dargli della femminuccia in tempi non sospetti, e l'aveva più volte infastidito con i suoi commenti pungenti che ferivano più di quanto potessero le sue mani. 
Freezer raggiunse la spia quando si fu rifocillata. Conosceva i punti deboli della loro razza e voleva bendisporlo a parlare allietando prima la sua pancia. Il saiyan si inchinò devotamente quando egli entrò, preceduto da due guardie e seguito da Zarbon che lo superava in altezza. Freezer congedò tutti tranne il suo amante  e si sedette di fronte al saiyan. 
"Prima di brindare, voglio che tu mi dia buone notizie. Ho ricevuto il tuo messaggio. A quanto pare il principe non ha voluto consegnare alle mie guardie Iuris 5."
"Ho saputo che non l'ha più assediato e ne ignoro il motivo".
"Vuole fare di testa propria a quanto pare".
"Esattamente. Quella testa calda è una bomba che vaga e rischia di colpire tutto ciò che incontra" ammise Gus gravemente.
Freezer ridacchiò. "Vegeta... E' stato il mio miglior guerriero..." Quelle parole evocative irritarono ulteriormente Zarbon che però tacque senza far trapelare alcuna emozione. "L'ho cresciuto quando suo padre me l'ha dato per renderlo più forte, ho reso ricca la sua famiglia, gli ho fatto acquisire più gloria e un nome più grande, ed ora...così mi ricambia, me, Freezer signore potente della galassia. Stupido ingrato! Incede verso la morte e ne va anche fiero".
"Vegeta è un pazzo come suo padre" disse Gus. "Non sente ragioni quando vuole una cosa e non si lascia guidare".
"Il Re dov'è adesso?"
"Il Re è in viaggio tra le province per accertarsi che tutto sia al proprio posto.  Non gli è ancora giunta notizia delle ultime decisioni di suo figlio".
"Come pensi che reagirà?"
"Al Re importa solo di tenere il suo bel culo al proprio posto".
"Voglio altri dettagli però. Se sei venuto solo per dirmi che Vegeta ha tradito, non mi basta. Voglio dettagli sulle attività delle varie province, tutte le truppe di istanza, i loro movimenti..."
"Questi al momento non li so, ma posso cercare di rimediare".
"Ma come, un consigliere che non è al corrente delle scelte militari, che consigliere è?" Affermò la lucertola sospettando che lui non volesse rivelargli la verità. "Potrei farti saltare la testa adesso..."
Gus abbassò il capo umilmente. "Il Re ha taciuto gli ultimi spostamenti a tutti i consiglieri. Suo figlio gli ha vietato di proferire parola."
"Mh..." Freezer emise quel singulto. "C'è lo zampino di quel furbo di suo figlio allora".
"Non solo... Vegeta è suggerito da qualcuno di più pericoloso".
"Chi?" Si insospettì l'altro. 
"Sua moglie."
"Quella donna...? Ma se Vegeta non si fa consigliare mai da nessuno!" Esclamò Freezer quasi divertito.
"Invece lei riesce anche in quello. Voci di corridoio riferiscono che ella può condurlo a delle sfere magiche che esaudiscono i desideri".
L'espressione di Freezer si riempì di sorpresa. "E da chi hai appreso simile stupidaggine?"
"Una donna che li ha spiati l'ha riferito ad un suo compagno di letto, e lui l'ha detto a me. Non posso essere certo che sia vero, vista la quantità di vino che è stata versata il giorno prima, ma posso affermare che non credo sia del tutto falso. La terrestre ha uno strano tatuaggio sulla schiena, pare sia un drago. Il principe Vegeta ha affermato che i terrestri credono in tali figure mitologiche".
"Mh, non so neppure cosa significa ma sono altresì curioso di approfondire questa vicenda".
"Farò tutto ciò che è in mio potere per approfondire, se lo desiderate".
Il silenzio che seguì ampliò quel clima teso e gravido di congetture. Freezer tornò a parlare a Gus dopo aver sorseggiato il suo vino che si fece versare dal servile Zarbon. "E tu cosa vuoi in cambio..." insinuò fissando d'improvviso il vecchio saiyan dritto negli occhi. "Un traditore della patria lo fa sempre per avere qualcosa in ritorno. Voi saiyan non fate nulla per nulla. Siete mercenari, e io lo so bene".
"Ovviamente Freezer. Io voglio che mio cugino Paragas torni dal suo esilio e prenda il suo posto, perchè suo figlio Broly è migliore di Vegeta."
"Addirittura? Non lo sapevo."
"Lo è, e posso provarlo. Ma questo riguarda noi saiyan e io vi chiedo aiuto politico. In cambio avrete il nostro appoggio incondizionato e le vostre province. Noi saremo solo il vostro esercito."
"Vuoi fotterti il posto di Vegeta e darlo a un altro?"
"Lo voglio per me, e per poter essere affiancato dalla mia famiglia che vuole vendetta". 
"Brindiamo a questo accordo allora. Giuri fedeltà a me?"  
"La giuro, potente Freezer." La voce di Gus vibrò profondamente, ricolma e tracimante di odio come il suo calice. "Io voglio vedere i Vegeta cadere. Li voglio vedere bruciare".
Freezer alzò il calice verso il saiyan e annuì mentre un bagliore di perfidia attraversò i suoi occhi color sangue. "E li vedrai cadere Gus. Nel baratro."
 
 
 
 
Continua...

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Capitolo 6
*** 6. visite e rivelazioni ***


So che sono un po' latitante… Chiedo scusa ai miei lettori super carini che mi scrivono ma purtroppo il tempo da dedicare a questo hobby al momento è diminuito. Cercherò di aggiornare anche Codice Genesi, e intanto vi regalo un piccolissimo capitolo di questa storia, portando avanti la trama e l’intreccio che spero di poter continuare in questi giorni, visto che sto cercando di ritagliarmi il tempo per farlo. KISSS

 
 
6.
 
Parte dei saiyan partiti come milizia di supporto al principe, rientrarono alla base esattamente quando Vegeta finì di far saltare in aria due piccoli pianeti controllati dalle truppe di Freezer. Senza cuore e senza interesse per il dolore arrecato, ritrovò l’antico sè stesso, oppressore feroce e spietato, seguito dai fedeli saiyan e da due donne innamorate di lui: una, luce, l’altra, ombra. Esattamente le due parti di sé, in perenne lotta l’una contro l’altra.
Jinka lo seguì ovunque in quel lasso di tempo, su tutti i pianeti a seguire, desiderosa di divenire sua moglie prendendosi il posto che le spettava, e volle combattere al fianco dei suoi fratelli e sorelle razziando con la stessa ferocia di Vegeta, come a volergli dimostrare che erano della stessa pasta, fatti per stare insieme. Riuscì persino a ricevere un complimento dal principe per il lavoro compiuto e fu quanto di più soddisfacente per il suo piccolo ego: quando dalla bocca di Vegeta uscì quel complimento per il suo ottimo lavoro, Jinka si sentì ebbra di gloria e vincente, certa di averlo ormai in pugno. Il suo obiettivo era sempre più vicino, perché finalmente il principe non la osservava più come parte del passato ma come parte del futuro. Bulma era stata sbaragliata. Vegeta stava per divenire suo totalmente, come mai prima.
Ignara di ciò che stava succedendo, Bulma continuava ad attendere un rientro che non avveniva da settimane. Il macchinario del teletrasporto situato sul pianeta Vegeta era stato messo in standby e lei non poteva tornare da lui a sincerarsi stesse bene. Nella sua mente, continuava infatti a persistere il timore Vegeta fosse in pericolo. Non smetteva mai un solo istante di temere per lui… Il suo amore era sincero e vivo, non si era mai scalfito neppure quando aveva scoperto che forse c’era del sospeso tra lui e Jinka, e tantomeno quando aveva scoperto di essere stata tagliata fuori i collegamenti col pianeta Vegeta.
La sua mente era ancora ebbra di quelle bellissime, innumerevoli volte, che aveva dormito su di lui nuda e inerme, mentre Vegeta ancora sveglio guardava fuori le finestre e le toccava la pelle, chiuso in qualche riflessione delle sue. Le sembrava una persona così diversa quella che aveva vissuto lì con la famiglia, che non riusciva a credere avesse abbracciato di nuovo i capisaldi barbari della sua cultura. Ma d’altronde avrebbe dovuto sospettarlo, al posto di sognare come l'irresponsabile che era, perché lui era cresciuto così, a pane e guerra, a bocconi e botte. Dunque aveva scelto, alla fine, di andare via, ma in quella fuga si era portato via il suo cuore, pronto a distruggerlo nel brutale e ferreo palmo.
Fu quando iniziò a escogitare qualcosa per raggiungerlo, nonostante sapesse che poteva rivelarsi un lavoro molto lungo e probabilmente inutile, che ricevette la visita di Gurlok. L’uomo scese dalla cima del palazzo compiendo la strada già fatta una volta, attraverso il locale di servizio degli ascensori a scendere, fino a presentarsi in piena notte nel corridoio di casa dopo aver forzato con la pressione di due dita la maniglia della porta che affacciava sulla scala di emergenza, interdetta al personale degli uffici e dei visitatori: Bulma gli si parò innanzi nella penombra con un cardigan sbottonato, che le copriva appena metà coscia, attirata dai rumori sospetti e interrompendo la lettura in salotto che portava avanti da ora di cena alla sola luce di una lampadina direzionata sul libro. Aveva concentrato pensieri ed energia sullo studio, nelle letture più impegnative, per cercare di non pensare a Vegeta, ai suoi occhi, al suo averle voltato le spalle, dimenticandosi di lei e di ciò che insieme avevano costruito. Bulma lo pensava con una costanza al limite del morboso ed era ossessionata dal suo tocco e dal suo sguardo al pari di quanto lo era Vegeta per la gloria: la verità è che lei aveva conosciuto l'uomo, non il principe o il guerriero, e l'uomo non era come loro... L'uomo che lei amava era timido e schivo, orgoglioso e fiero, ma gentile nel toccarla, fermo nel desiderarla, geloso e a suo modo persino protettivo, e anche se poco avvezzo alle gentilezze e alle dolcezze si lasciava accarezzare ed amare da lei come se ne avesse davvero bisogno. Bulma si era sentita la sua regina ogni volta che lui se l'era tenuta avvinghiata nel letto, in silenzio assoluto.
“Cosa ci fai tu qui?” Gli chiese stupita e appena allarmata.
“Ti porto notizie di tuo marito” esordì subito l’altro, con tono cupo, non senza essersi prima concesso uno sguardo di rapimento sulla sua bellezza esotica. Bulma si era coperta meglio il resto del corpo ma non aveva potuto impedire agli occhi di Gurlok di navigare lungo i dolci pendii del suo petto e del suo ventre teso.
“E’ successo qualcosa? Vegeta sta male?” Si agitò l’altra.
“Sta bene, ma presto annuncerà la rottura dei legami col tuo pianeta e con te”.
Bulma credette di non aver udito bene le sue parole. La voce le uscì spezzata, quasi a fatica. “…Come dici…?”
“Presto prenderà in moglie Jinka, non lo ha ancora ufficializzato ma sappiamo che sarà così. Tuo marito ha dichiarato battaglia a Freezer e siamo sull’orlo di una guerra senza precedenti”.
Bulma si sentì vacillare. Tirando un respiro profondo gli diede le spalle e iniziò a incedere verso la cucina con passo lento. Quei dubbi che l’avevano dilaniata per interi giorni adesso trovavano una risposta: alfine lui aveva scelto la sua promessa, una guerriera, una donna alla sua altezza fisica, e le sembrava impossibile e sconcertante accettarlo. Quando il saiyan le fu dietro, nel seguirla, e le fu abbastanza vicino da farle percepire il proprio respiro profondo, Bulma si accorse che era prossima al pianto. Si portò una mano sulla bocca, trattenne il respiro e il pianto per non apparire patetica ma quando si voltò verso Gurlok gli occhi brillavano di lacrime come diamanti.
“Dunque… Sei venuto a dirmi solo questo?”
“Sono venuto a dirti una cosa ben più importante, che non dovrei”.
“…?”
“Molti di noi temono i Vegeta, perché sono pericolosi per sé stessi e per gli altri”.
“Cosa vuoi dire…?”
“Che tu sei l’unica che può tenere a bada tuo marito. Non c’è mai riuscito nessuno e tutti si sono accorti dall’ascendenza che hai su di lui.”
“Cosa dovrei fare? Vegeta non è un uomo che si lascia comandare da nessuno, neppure da me.”
“E’ vero, ma tu puoi farlo ragionare”.
“Ma non diciamo sciocchezze…” fece Bulma, scuotendo il capo. “Ormai sarà fuori di sé… Non so quanto potrò farlo ragionare, o tornare sulla retta via”.
“Della retta via non mi interessa. Abbiamo grossi problemi a gestire la furia della corona che ci comanda. Re Vegeta è pericoloso per i saiyan stessi, e lo sarà anche suo figlio se continua così.”
“Non capisco, scusa… A cosa ti riferisci con pericoloso”.
“Il Re ha già fatto saltare la testa ai suoi antagonisti, e lo farà ancora”.
“…”
“Il problema riguarda tutti i saiyan che riterrà forti abbastanza da poter contrastare la corona stessa” dichiarò Gurlok non potendo celare l’occhiata truce che fu rischiarata dalle fioche illuminazioni provenienti dai grattacieli che si riflettevano sulla vetrata.
“E’ la monarchia che voi stessi volete…”
“Noi non siamo politici, siamo guerrieri”.
“E io cosa dovrei fare? Se Vegeta ha scelto di tornare a fare quanto di più spregevole ci sia, io cosa posso fare? Non lo conosci?”
“Tu puoi salvarci, devi farlo ragionare.”
“Non posso, non mi ascolterà, e poi come faccio, non mi è più concesso di tornare sul pianeta Vegeta”.
“Non pensavo che ti saresti tirata indietro, sinceramente” ammise cupamente l’altro, scivolando poi sulla piega dei suoi seni appena celati dal cardigan.
“Conosco mio marito e ho sempre saputo che la sua redenzione non era definitiva. Vegeta è sempre stato tormentato e inquieto…E’ un’anima dannata. So benissimo che ha sempre sperato di tornare a combattere così…”
“La situazione è peggiore di quando è partito ed è arrivato qui. E’ come sotto sortilegio… Pare che abbia messo la sua forza e anche la nostra al servizio di un nuovo potente mago degli inferi”.
“Un cosa… Un mago…degli inferi?”
“Babidy, lo stregone del pianeta Bu. Gli ha venduto l’anima per aumentare la propria potenza. Mi è arrivata voce che ormai Vegeta è fuori di sé e combatte come un posseduto.”
Bulma si portò una mano sugli occhi reclinando il capo e rimase così in silenzio.
“Inutile dirti che anche se ci rende onore la sua potenza, ci spaventa tanta ferocia inarrestabile. Anche noi abbiamo dei bisogni, non possiamo solo combattere. Dobbiamo riposarci e ristorarci con le nostre donne”.
Bulma parlò con una certa perplessità.
“Prima mi rigettavate, ritenendomi una terrestre priva di qualità belliche, e ora chiedete il mio aiuto? Scusa ma sono molto dubbiosa e non cred…”
“Io non so cosa sia quello che provi per lui e che lui ha provato per te, ammesso ancora lo provi” la interruppe Gurlok. “Non ho mai provato nulla di simile. Noi veniamo educati a non farci coinvolgere da sentimenti come l’amore, e anche se sappiamo cosa sia, non possiamo provarlo fino al punto di legarci così gli uni agli altri, perché la nostra vita viene regalata alla guerra, e ci piace così. La natura ci ha creato per combattere e morire con onore. La vita da terrestre non è roba adatta a un saiyan, tantomeno ad un Vegeta... Però so che Vegeta ti ha amata, non ne ho dubbi, quello che ha provato per te deve essere stato amore, mi è bastato vedere come ti ha guardata negli occhi più di una volta. Tu lo hai salvato, Bulma. La sua riconoscenza verso di te è la sola chiave che ci permetterà di salvarci. Freezer distruggerà noi e lui, e se non lo farà Freezer, lo farà Babidy. E se non sarà Babidy il nostro assassino, lo sarà il Re prima o poi.”
“Ma come può il Re volere la morte dei suoi stessi sudditi, non capisco”.
“In passato, quando Vegeta era un bambino e lo ero anche io, il Re ha fatto fuori molti saiyan forti che arrivavano troppo vicino al livello di Vegeta o che addirittura rischiavano di superarlo. Broly era uno di loro ed è stato bandito su un pianeta deserto insieme a Paragas, suo padre. Gus, fratello di Paragas, non ha mai smesso di desiderare vendetta per il suo esilio mortale”.
“Ma Gus è uno degli anziani del consiglio del Re…”
“Appunto” sorrise appena l’altro, soddisfatto di averla sconcertata.
Lei si morse le labbra. “Mi stai dicendo che vuoi il mio aiuto?”
“Non solo io, anche se nessuno lo ha ammesso e nessuno sa che sono venuto a parlarti.”
“Ma come potrei contrastare una potenza come quella del vostro Re o di un Freezer o di questo stregone, o di Vegeta stesso se decidess…”
“Vegeta è influenzato dallo stregone, adesso, non ragiona, è fuori di sé. Non rientra da oltre un mese e mezzo e ha già distrutto molte colonie, alcune delle quali di nostro aiuto per i rifornimenti. Una scelta stupida, visto che ha agito per sola gloria e divertimento, senza pensare. Temo che quel Babidy finirà per fargli perdere il cervello e per farlo andare anche a noi. Non sono l’unico ad essere preoccupato, inizia ad esserci agitazione tra i saiyan di istanza alla base. Il Re è troppo impegnato a supportarlo per capire quanto siamo intimoriti da tutta questa storia. Noi vogliamo combattere, ci va bene morire in guerra, ma non siamo carne da macello. Siamo uomini anche noi. Se dobbiamo combattere lo vogliamo fare anche per la nostra gloria, per ingrandire il nostro impero, per godere delle nostre vittorie. Così non ci sentiamo più al sicuro, molti guerrieri stanno convincendo le giovani prole più forti a non esporsi e a coprire la propria forza, ma è difficile gestire un saiyan adulto, figurati un bambino pieno di forza… E’ un lavoro faticoso, spesso impossibile. Nasciamo per questo… Non puoi soffocare la forza di una cosa nata per esserlo”. Silenzio.
“Cosa farai, terrestre?”
Bulma ascoltò tutto il discorso con rapimento. Alla fine cercò di tornare lucida e ragionevole: “Io… Senti…mi piombi a casa all’improvviso, mi dici delle cose che… mi lasciano senza parole, io devo capire cosa sta succedend…”
“Non c’è niente da capire. Bisogna agire. O vuoi vedere il tuo pianeta bruciare? Perché prima o poi, quando Vegeta smetterà di ragionare, arriverà anche qui… e distruggerà tutto, anche tuo figlio.”
“Non abbiamo figli” si affrettò a dire lei.
“Non mentire. Ho visto tuo figlio, ha lo stesso sguardo del padre, anche se il colore è quello... bello dei tuoi occhi…”
Bulma si sentì accarezzare dalle sue parole e ne fu persino lieta.
“Ti sbagli, non è nostro figlio, sono stata sposata prima con un altro” mentì ancora lei.
Gurlok le sorrise, consapevole della sua menzogna.
“Hai modo di tenerti in contatto con me? Farò in modo che al rientro tu possa parlare con Vegeta, anche se sembra non voler ancora tornare.”
“Ma chi ha messo in standby la macchina del teletrasporto?”
“Il Re non vuole che tu torni, ha capito che sei di intralcio. Non ha ancora distrutto la macchina perché teme che Vegeta possa divenire rabbioso e probabilmente non ha ancora capito se può osare fino a questo punto. Ma è questione di tempo… Lo farà”.
“Va bene… Vedrò di inventarmi qualcosa… Intanto ti do dei codici con cui potrai sempre accedere al mio pc da quello installato sulla vostra macchina. Potrai mandarmi dei messaggi, sai come si usa?”
“No. Puoi mostrarmelo?”
“Certamente…Lascia che mi metta qualcosa addosso e salgo con te”.
“Bene” disse lui infine, serissimo.
Lei accennò un vago sorriso, per tentare di coprire il disagio di sentirsi vulnerabile ed emotiva. Inutile negare quanto quelle notizie l'avessero già sconvolta.
Si mosse per andare a vestirsi. “Bene allora…”
 
 
Continua…
 

Avviso: I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©, che ne detengono tutti i diritti. Queste storie non sono state scritte a scopo di lucro.
© copyright law
Ricordo un paio di termini ai malintenzionati : © le mie storie sono tutelate dal diritto di autore
 

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