Gocce di vita

di ParoleNelCuore02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bentornato a casa, Danna ***
Capitolo 2: *** A stasera ***
Capitolo 3: *** Tra mariti gelosi, castelli di sabbia e amorevoli salvataggi ***
Capitolo 4: *** Torte e marionette ***



Capitolo 1
*** Bentornato a casa, Danna ***


Bentornato a casa, Danna


Un correre frenetico ruppe il silenzio che fino a pochi minuti prima aveva avvolto l'intera casa. L'uomo sorrise, sapendo cosa sarebbe successo di lì a poco. Continuò a leggere il giornale che aveva in mano, cercando di finire l'articolo in fretta, consapevole che appena la porta si sarebbe aperta, non avrebbe più avuto tempo per una singola parola. 
«Papà Dei! Papà Dei!» urlò una vocina che l'uomo conosceva bene. 
A quell'urletto carico di euforia, seguì lo spalancarsi della porta della cucina e l'ingresso di un uragano biondo che lo travolse...letteralmente. 
L'uomo si aggrappò al tavolo per evitare di cadere dalla sedia, mentre con l'altro braccio circondava quel corpicino che lo stava stritolando. 
«Ehi! Piano, tigre!» la rimproverò scherzosamente «Dov'è tuo fratello?» chiese una volta riuscito a farle allentare la presa, lasciandole un buffetto sul naso.
«Sta arrivando! L'ho seminato vicino alle scale.» rispose sorridendo. 
Poco dopo un altro urletto si aggiunse alle risate della bambina: «Papà Tei! Papà Tei!».
Un bimbo superò la porta della cucina, traballando sul passo malfermo dei sui tre anni. 
Dietro di lui comparve un ciuffo di capelli rossi e degli occhi cremisi. 
Se possibile lo sguardo di Deidara si illuminò ancora di più. 
Sorrise a suo marito, prima di tornare a guardare il bimbo che si stava avvicinando alla sua sedia. 
Deidara lo acciuffò poco prima che cadesse. 
«Ciao, Funghetto.» lo salutò prendendolo in braccio, usando quel soprannome che gli aveva affibbiato la sorella appena nato. 
«Papà Tei!» urlò ancora il bimbo, prima di buttare le braccia al collo del biondo. 
«Papà Dei! Sai che oggi a scuola sono stata davvero brava...» intervenne la bambina che iniziò a saltellare attorno al tavolo raccontando quello che aveva fatto durante la giornata. 
«Ehi! Anch'io sono stato blavo!» affermò subito il fratellino, seguendo a ruota l'esempio della sorella che stava ancora descrivendo come la maestra le avesse fatto i complimenti durante la lezione di matematica. 
Il risultato fu un caos infernale: tra la bimba che saltellava intorno al tavolo e il piccolo che rimbalzava allegro sulle sue gambe, non si riusciva a capire nulla. 
Eppure Deidara non smetteva di sorridere. 
Erano i suoi bambini, i suoi figli. 
Guardò Chiara che si era fermata, sostituendo i salti con un gesticolare frenetico che, lo sapeva, aveva preso tutto da lui. Ricordò il momento in cui si era mossa per la prima volta dentro di lui, scalciando così forte da farlo svegliare, a quel calcio ne erano seguiti molti altri fino a quel giorno di luglio di sei anni prima: il momento in cui l'aveva stretta per la prima volta tra le braccia, quando era stato veramente certo della sua esistenza, quando aveva visto per la prima volta quei capelli biondissimi, come i suoi, e quegli occhi cremisi, identici a quelli del suo amore che gli sedeva accanto.
Quel fagottino era stata un terremoto fin da subito, tenendoli svegli quasi ogni notte. Stranamente, però, quel vulcano biondo si era come sopito quando, tre anni dopo, le era stato messo in braccio un ammasso di coperte che piangeva. Chiara l'aveva guardato come si guardano solo poche cose, quelle preziose che vorresti solo stringere e proteggere, e aveva fatto scontrare i suoi occhi scuri con quelli celesti del fratellino. Il bimbo aveva smesso di piangere e aveva allungato un manina ad afferrare una ciocca di capelli della sorella. La bambina aveva fatto una smorfia quando glieli aveva tirati e aveva subito sostituito il suo indice a quei ciuffi chiari.
In quel momento, Mattia aveva sorriso per la prima volta nella sua vita. Chiara, allora, si era abbassata e gli aveva lasciato un bacio sulla fronte, sussurrando «Ciao, Funghetto.».
«Coraggio, pesti!» disse una voce che distolse Deidara dai sui ricordi «Venite a fare merenda. Ed evitate di uccidermi papà Dei, per favore: ho ancora bisogno di lui.» borbottò suo marito, riuscendo a dirottare le energia di quei due verso un altro obbiettivo: merenda! 
Sasori si diresse verso gli armadietti della cucina rovistando un po'. «Che ne dite di una cioccolata calda?» chiese mostrando la confezione con il preparato in polvere. 
Subito partirono delle grida di approvazione. 
«Bene, allora intanto che voi due andate a togliervi i giubbini e a lavarvi le mani, io preparo la cioccolata, ok?». 
Subito Chiara prese il fratellino per mano, iniziando a dirigersi verso la porta, ma poco prima di uscire il bimbo si voltò con un ditino in bocca. 
«Papà Saso...?».
«Uhm...sì, piccolo?» gli chiese il rosso piegandosi sulle ginocchia per arrivare al suo livello «Che c'è?». 
«Beh...nella mia...» balbettò il piccolo «...nella mia ci meddi tando datte, pel favole?» concluse diventando rosso come un peperone e guardando per terra. 
Chiara scoppiò a ridere, perché, in effetti, il suo fratellino era davvero buffo quando si vergognava a dire qualcosa...con quelle guanciotte rosse e gli occhietti timidi era davvero un amore! 
Sasori sorrise a suo figlio. «Certo, piccolo» gli disse scompigliandogli i capelli rossi come i suoi «Tanto latte e tanto zucchero, va bene? Adesso però, vai con tua sorella a lavarti le mani, altrimenti la cioccolata si raffredda!».
«Gassie, papà Saso!» il bimbo annuì sorridendo e seguì la sorella verso il piano di sopra, inciampando su un paio di gradini, sempre sorretto dalla mano di Chiara. 
Quando scomparvero dalla sua vista, il rosso tornò verso i fornelli, iniziando a scaldare il latte. 
Ad un tratto sentì una stretta calda avvolgergli i fianchi e due labbra che gli baciava il collo. 
«E così io "ti servo ancora", eh?» soffiò la "voce", richiamando le parole dette da lui stesso poco prima. Quel respiro caldo gli mandò brividi di piacere lungo tutta la spina dorsale. 
«Tsk! Ovvio!» rispose con noncuranza «Altrimenti chi mi aiuta a tenere a bada quelle pesti?». 
Seppur la voce di suo marito sembrasse indifferente, Deidara non poté fare a meno di notare come invece il corpo dell'altro si stesse adattando perfettamente al suo, rilassandosi contro il suo petto. 
Il biondo gli prese i fianchi e lentamente lo voltò verso di lui, con una mano gli accarezzo una guancia per poi appoggiare le labbra su quelle dolci e rosse che lo avevano fatto innamorare. «Bentornato a casa, Danna» soffiò. 
Malgrado fossero passati anni, non aveva mai smesso di chiamarlo con quell'appellativo che gli era stato quasi imposto. Non gli importava se questo identificasse Sasori come una sorta di "padrone" per lui. Quando Deidara aveva pronunciato quel "sì", aveva scelto di appartenere per sempre a quell'uomo che gli aveva rubato il cuore e, sì: Sasori era il suo padrone, perché Deidara apparteneva a lui e a nessun altro..."finché morte non ci separi".




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Capitolo 2
*** A stasera ***


A stasera


Un colpo di tosse.
Deidara spalancò gli occhi. Un altro colpo di tosse.
A grandi passi l'uomo attraversò il corridoio fino alla porta azzurra vicino alle scale.
In silenzio la aprì e si avvicinò al lettino di legno. Abbassò una delle protezioni laterali e accarezzò il bambino.
«Mattia, tesoro, svegliati.» sussurrò.
Da sotto le coperte arrivò un mugolio e Deidara si specchiò in due occhi identici ai suoi, lucidi di febbre.
«Papà...» mormorò Mattia ancora assonnato «Papà Te...i?».
Il bimbo scostò le coperta e si stropicciò un occhietto con il pugno chiuso, rivelando due guanciotte rosse di febbre. Deidara sorrise e schioccò un bacio sulla fronte di suo figlio per misurargli la temperatura.
«Sì, tesoro.» gli rispose accarezzandogli i capelli. «Ti ho sentito tossire. Mi dici cosa ti fa male, Funghetto?».
Il bambino indicò la gola con un ditino «...e ho anche tanto fleddo, papà».
«Tranquillo piccolo, adesso misuriamo la febbre e poi ti do la medicina, va bene?».
Mattia annuì, raggomitolandosi di nuovo sotto le coperte.
Deidara si diresse veloce verso il bagno, armandosi di termometro e sciroppo. Andò anche in cucina e scaldò un po' di latte e lo mischiò con un cucchiaino di miele per il mal di gola.
Mentre stava per tornare da Mattia, sentì un rumore provenire della stanza di Chiara.
«Papà...» sussurrò la bimba, aprendo la porta con in mano il suo orsacchiotto bianco di peluches «...che succede?».
«Niente, tesoro.» le rispose dandole un bacio «Tuo fratello ha un po' di febbre. Perché non vai a dormire nel lettone? Così tranquillizzi papà se si sveglia, va bene?».
«Ok...» disse Chiara con uno sbadiglio, mentre si strofinava l'occhio assonnato con il pugnetto chiuso.
Il biondo le accarezzò una guancia e lei gli sorrise, avviandosi verso la camera dei suoi genitori.
Entrato nella stanza di Mattia, Deidara scostò un poco le coperte del lettino.
«Tesoro, tirati su, così misuriamo la febbre.»
Il bimbo si mosse ed aprì gli occhi e con un colpo di tosse si mise seduto. Deidara gli sbottonò un poco il pigiamino e poi gli appoggiò il termometro sotto il braccio.
«Feddo!» brontolò il piccolo.
«Bevi questo adesso, Funghetto. Così la gola non ti fa più male.» «Cos'è, papi? Datte?» chiese il piccolo guardando sospettoso il biberon e poi il suo papà.
«Sì, piccolo. Latte con il miele» disse intenerito al bimbo.
«Mele?» chiese curioso il bimbo, spalancando gli occhioni.
«È un segreto che conoscono solo le mamme e i papà:» rispose l'uomo con fare solenne «è una pappa magica che cura tutti i bimbi e uccide tutti quei mostriciattolo che fanno venire la tosse.» concluse facendo il solletico sul pancino di Mattia. Il bambino ridacchiò felice e prese il biberon.
«Allola devo bele tutto, così poi passa. Giusto, papà Tei?».
«Esatto, amore» disse accarezzandogli i capelli.
Il bambino cominciò a bere, ma il padre lo fermò per togliergli il termometro. Il display segnava un bel 38.8°.
Prima di riconsegnare il biberon al piccolo, prese un cucchiaio di sciroppo e glielo fece bere. Fortunatamente Mattia non aveva mai dato problemi nel prendere le medicine e anche quella volta non protestò.
Una volta finito di bere, il latte fece il suo effetto ed il piccolo cominciò a sbadigliare.
Deidara lo aiutò a tornare sotto le coperte e gli diede un bacio sulla fronte, senza dimenticarsi di mettergli accanto Teddy, l'orsacchiotto marrone di peluches, identico a quello della sorella.
«Adesso fai un po' di nanna, amore. Papà torna dopo e ti porta ancora il latte con il miele. Sogni d'oro.».
Nel chiudere la porta sentì qualcuno postargli un bacio sul collo e le mani sui fianchi.
«Come sta?» chiese Sasori. Deidara si abbandonò tra quelle braccia famigliari, stanco per le poche ore di sonno e per la preoccupazione accumulata.
«38.8° ed ha mal di gola. Gli ho dato lo sciroppo per la febbre e latte e miele per le gola. Adesso dorme, ma fortunatamente sembra solo una banale influenza.» rispose con un sospiro.
«Ehi...vieni qui.» Sasori lo girò e lo avvolse tra le braccia depositandogli un leggero bacio sulla tempia «Adesso vai a dormire. Ci penso io.».
Deidara si strusciò ancora un po' sul collo di suo marito -giusto perché poteva- e poi si avviò verso camera sua dove trovò una nuvola di capelli biondi che aveva invaso completamente il suo posto.
Scrollò le spalle con un sorriso e si avviò verso l'altro lato del letto. Affondò la testa nel cuscino di Sasori e si addormentò cullato dal profumo dell'uomo che amava.

Tre giorni dopo il termometro segnava 36.5° e Mattia aveva smesso di tossire per tre quarti della notte.
Quando quella mattina Deidara fece bere l'ultimo biberon di latte e miele a suo figlio, notò che il rossore sulle guance era sparito e la fronte era fresca come una rosa.
Per sicurezza gli diede un buffetto sul naso e lo fece riposare ancora per quel giorno.
Prima che Mattia si riaddormentasse, però, un uragano biondo invase il suo campo visivo e il bimbo ridacchiò felice di vedere la sorella.
«Ciao, Funghetto.» disse Chiara «È passata la febbre?».
La bambina passò le dita tra i capelli rossi del piccolo che sopirò contento delle attenzioni.
«Shi...» sussurrò. Cullato dalle carezze della sorella, il piccolo si addormentò tranquillo.
Deidara guardò i suoi due figli intenerito dalla scena, finché Mattia non fece un verso nel sonno. Allora portò fuori la figlia e la aiutò prepararsi per la scuola.
«Pronta?» chiese Sasori dalla porta.
«Sì, papà, possiamo andare. Ciao, papà Dei!» concluse schioccando un bacio sulla guancia del biondo.
Il rosso si avvicinò al marito e gli sfiorò le labbra. «A stasera. Torno per cena.»
Durante la giornata Deidara si trovò a sorridere, pensando alla frase di Sasori: era un altro dei loro piccoli riti, rassicurarsi sul fatto che, malgrado le ore passate lontane, sarebbero sempre tornati l'uno dall'altro.

Per la prima volta dopo giorni, furono di nuovo in quattro a cena quella sera e, una volta tanto, la ricomparsa delle chiacchiere di Mattia non dispiacque a nessuno. Sasori aiutò Chiara a tagliare la carne, mentre Deidara imboccava il più piccolo e, se il rosso strinse un po' troppo forte le posate quando sua figlia iniziò a raccontare di un certo Boruto, suo compagno di classe, a nessuno è dato saperlo, giusto?.
Messi a letto le piccole pesti, i genitori si fermarono nel corridoio. «Sono felice che Mattia stia meglio. Sei stato una mamma eccezionale!» lo prese dolcemente in giro Sasori.
Deidara gli rivolse un sorriso stanco. «Eh, già...» soffiò con un filo di voce. Il più grande guardò suo marito: la pelle più pallida del solito, le labbra troppo chiare e quel velo di stanchezza negli occhi azzurri, praticamente invisibile ad un estraneo, ma a lui ormai non avrebbe più potuto nascondere nulla.
Infilò una mano sotto il ciuffo biondo e gli toccò la fronte.
«Ma tu scotti!» esclamò preoccupato.
Deidara alzò le spalle «Mattia deve avermi passato un po' di febbre, ma non è niente, non preoccuparti.» non finì di parlare che le sue gambe cedettero.
Sasori lo afferrò prima che cadesse e lo prese in braccio.
«Tranquillo, Amore, lascia che mi prenda cura io di te, adesso.». Con passo leggero si avviò verso la loro camera .
L'altro, troppo debole per qualsiasi cosa, affondò la testa nel petto di suo marito, gongolando internamente per quel dolce nomignolo che lo fece addormentare col sorriso sulle labbra.




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Capitolo 3
*** Tra mariti gelosi, castelli di sabbia e amorevoli salvataggi ***


Tra mariti gelosi, castelli di sabbia e amorevoli salvataggi


Un venticello leggero risvegliò Sasori dal torpore del sonno. L'aria fresca del mattino soffiava dalla finestra della camera, lasciata aperta la sera prima per rinfrescare l'ambiente.
Il rosso sbatté piano le palpebre per riuscire a mettere a fuoco lo spazio circostante. Appena la sua vista registrò lo spettacolo meraviglioso che gli stava di fronte, a pochi centimetri dal suo viso, non poté fare a meno di sorridere: suo marito era sdraiato accanto a lui, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta.
L'uomo accarezzò piano quei fili biondi, beandosi della visione angelica del viso di Deidara. Sasori amava quei momenti: quelli in cui poteva vedere l'altro così...spensierato, con quell'innocenza fanciullesca dipinta sul volto che spesso, durante il giorno, veniva oscurata da preoccupazioni e doveri.
C'era una cosa, però, che il rosso amava ancora di più del volto di suo marito ed era una cosa di cui iniziava a sentire una terribile mancanza. Per rimediare si sporse leggermente e depositò il fantasma di un bacio su quelle labbra rosse terribilmente invitanti.
«Buongiorno, Amore» bisbigliò.
Il biondo si mosse e Sasori poté finalmente tuffarsi nel suo personale pezzo di cielo e tornare a respirare. E quando Deidara sorrise, quel cielo brillò, per poi oscurarsi un momento per permettergli di ricambiare il bacio.
«Buongiorno a te» sussurrò, ma solo dopo che il sapore delle labbra di Sasori era tornato a colmare le sue.
L'altro continuò ad accarezzargli i capelli, mentre Deidara si stringeva a lui, beandosi del silenzio e della pace che regnava in casa nelle prime ore del giorno.
«MARE! MARE! MARE!» urlò una vocetta eccitata.
Pace e silenzio? Come non detto.
Una chioma bionda comparve dalla porta e saltò sul lettone, continuando ad urlettare a raffica quell'unica parola.
Deidara provò a nascondersi sotto le coperte, per sfuggire a quella peste, mentre Sasori ridacchiava cercando di tirarlo fuori e contemporaneamente di non far cadere sua figlia dal letto.
Poco dopo un'altra piccola peste si unì alla sorella. «Male!» esclamò Mattia, con quel suo modo adorabile di pronunciare la r.
Il piccolo provò anche lui a salire sul materasso, con decisamente poco successo, quindi Deidara fu costretto ad uscire dal suo rifugio per aiutarlo.
A quel punto il lettone era stato invaso da due bimbi scatenati che pretendevano la loro giornata in spiaggia con davvero mooolta poca insistenza.
Il biondo guardò il marito con un broncio -che Sasori definì adorabile- per la sessione di coccole appena persa e il rosso non poté fare altro che baciarlo con un sorriso e dirottare i bambini in un'altra stanza con la scusa di: «Andiamo a prendere i costumi!».


Una piacevole brezza marina soffiava tra gli ombrelloni, dando sollievo ai poveri bagnanti che rischiavano di sciogliersi sotto il sole estivo.
Sasori sbuffò, scrollando l'asciugamano dalla sabbia che si era accumulata sopra.
«Dannata sabbia...» borbottò.
Qualcuno si avvicinò da dietro e gli prese la salvietta dalla mani.
«Così finisci per buttarti tutta la sabbia addosso.» lo riprese dolcemente Deidara.
Il biondo si mise col vento alle spalle e scrollò il telo, stendendolo poi sulla sdraio. Avevano preso un ombrellone in prima fila, per poter controllare meglio i bambini che giocavano a riva.
La giornata era bella, con un cielo senza nuvole; solo il mare era un po' mosso, increspato da qualche onda.
«Mi potresti spalmare la crema sulla schiena, per favore.» gli chiese Deidara «Se non metto un po' si protezione rischio di diventare un'aragosta....».
«Bleah, no!» gli rispose Sasori disgustato «Se ti metto le crema poi mi rimane appiccicata tutta la sabbia.» concluse irremovibile, mentre si sdraiava all'ombra.
Deidara rimase senza parole per un momento, non aspettandosi quella reazione, ma poi sul suo viso comparve un sorriso pericoloso che, per sua sfortuna, Sasori non vide.
«Sai,» cominciò il biondo con finto disinteresse «hai ragione: la sabbia è proprio fastidiosa, però a me la crema serve davvero...» fece una pausa ad affetto, sbirciando di sottecchi suo marito, per studiarne la reazione. «Forse dovrei chiedere a qual bagnino laggiù...» continuò. Sasori a quel punto si irrigidì. «Dopotutto il suo compito è proteggermi, giusto?» chiese retorico il biondo, continuando la sua farsa «E a me il sole fa proprio male... Sì, credo che andrò da lui a farmi mettere la crema.».
Il biondo a quel punto frugò nella sacca alla ricerca del tubetto, ma non fece a tempo a tirarlo fuori che una ferrea presa glielo strappò di mano.
«Dà qua.» disse Sasori perentorio «Quel bagnino non sarà neppure in grado di allacciarsi le scarpe. Meglio che faccia io.».
Deidara allora si morse il labbro per nascondere il sorriso vittorioso che gli stava nascendo.
Il rosso iniziò a spalmare la crema con un leggero massaggio, senza però smettere di borbottare insulti rivolti al povero ignaro bagnino.
A quel punto Deidara non riuscì più a trattenersi e ridacchiò sommessamente, per poi voltarsi a guardare suo marito con occhi pieni di Ti amo.
«Amore,» disse il biondo «perché non ti giri a guardare il nostro bagnino.» lo invitò.
Con riluttanza, Sasori si voltò e sgranò gli occhi: la postazione di avvistamento era occupata da... una ragazza. Sì, carina, ma decisamente non il genere di Deidara.
«Quindi...tu...cosa?» balbettò confuso, tornando a guardare il biondo.
Deidara ridacchiò, per poi voltarsi del tutto e sedersi sulla sdraio senza mai staccare gli occhi dalle iridi cremisi di suo marito.
«Amore, tu sei il mio mondo.» esordì serio «Tu e quelle due creature siete tutta la mia vita e l'unico uomo di cui puoi essere geloso è Mattia.» concluse osservando con un sorriso il figlio che raccoglieva conchiglie sul bagnasciuga.
Sasori lo fissò un momento, per poi fiondarsi sulle sue labbra, spinto dal solo bisogno di annullare le distanze.


«Credi sia il caso di richiamare i bambini?» mormorò Deidara con il naso affondato nella maglietta di Sasori che stava usando come cuscino.
Il rosso si tirò a sedere e portò gli occhiali da sole sulla testa. Guardò per qualche minuto Chiara e Mattia che riempivano un secchiello di sabbia per fare l'ultima torre del loro castello.
«Nah, mancano ancora le mura. Credo che la fortezza sarà pronta all'assalto del "gigante Mattia" solo tra una mezz'oretta.».
Deidara lo affiancò, osservando la costruzione di sabbia con un pizzico di orgoglio. «Tu dici?» chiese pensieroso il biondo, immaginandosi suo figlio saltare felice sulle rovine di quel povero castello. Dopodiché sorrise guardando il marito. «Sono bellissimi, vero?» - «Sì, lo sono» confermò Sasori, perdendosi in quei piccoli pezzi di cielo che brillavano di gioia.


A Mattia era piaciuta tanto quella giornata al mare: aveva fatto il bagno con papà Saso, mangiato il ghiacciolo che gli aveva comprato papà Tei e raccolto tante conchiglie con Chiara.
Poi aveva iniziato a fare il castello di sabbia con lei, ma lui era piccolo, quindi la aiutava solo a fare le torri e a mettere le conchiglie.
Adesso lei stava facendo il fiume che gira sempre intorno ai castelli e Mattia non capisce perché non se ne va da qualche altra parte: a lui fa sempre male la testa quando fa il girotondo. Boh!
Guarda nel setaccio, ma le conchiglie e i sassolini colorati sono finiti, perché li ha già messi tutti sulle torri e quindi si sta annoiando.
Ad un tratto vede l'annaffiatoio rosso lì vicino, così decide che se Chiara fa il fiume, lui può metterci l'acqua!
Prende il giocattolo e corre verso la riva. Quando l'acqua gli arriva alle ginocchia si abbassa per poterne prendere un po', ma le onde muovono tutta la sabbia e l'acqua è tutta scura. Lui vuole che il suo fiume sia azzurro, non marrone!
Mattia si guarda intorno e vede che poco più avanti, giusto due o tre passi, l'acqua è tutta blu e azzurra. Il bimbo batte le mani felice, perché quello è proprio il colore che vuole che abbia il suo fiume.
Un passo. Due passi. Tre pas... Ma dov'è la sabbia?

Il fondale sparisce e l'acqua diventa troppo alta per lui che non sa ancora nuotare.
E così, con un urletto terrorizzato, Mattia cade e affonda in quel blu che sembra infinito.


Un urlo. Un urlo che conosceva fin troppo bene. Un urlo che ricollegò a capelli cremisi e a due occhi identici ai suoi.
Poi un nome. «MATTIA!» gridò Chiara terrorizzata.
Deidara sentì le sue gambe muoversi prima ancora di aver dato il comando al cervello. Arrivò accanto a sua figlia e la prese per le spalle.
«Chiara, dov'è tuo fratello?» le chiese cercando di essere il più tranquillo possibile per non spaventarla ulteriormente. Sasori era accanto a lui.
La bambina pianse indicando l'acqua e disse qualcosa sull'annaffiatoio e il fossato del castello di sabbia.
Sasori posò una mano sul braccio del marito e gli rivolse uno sguardo carico di andrà tutto bene... te lo riporto... stai tranquillo.
Durò un attimo e poi corse, tuffandosi nella buca dove avevano visto sparire Mattia.
Deidara osservò ogni centimetro della superficie dell'acqua, mentre stringeva a sé Chiara, come se avesse paura di vedere svanire anche lei. I secondi sembravano non passare mai.
Cinque... dieci... quindici...
E poi due teste rispuntarono. Sasori teneva in braccio Mattia che non voleva saperne di aprire gli occhi.
Corse verso la spiaggia e lo depositò sul bagnasciuga. Deidara gli fece appoggiare la testa sulle sue ginocchia e gli accarezzò i capelli gocciolanti, mentre guardava Sasori che sorrise per tranquillizzarlo.
«Ehi, Fagiolino...» sussurrò Chiara, seduta lì accanto. Il bimbo aprì gli occhi tossendo e sputando un po' d'acqua. Quando si mise a sedere si guardò intorno, per poi buttarsi in lacrime tra le braccia di papà Dei che lo strinse forte.
«Shh, amore.» lo cullò Deidara «È tutto finito. Shh...». Quando il bambino si smise di singhiozzare, lo fece staccare dal suo collo e lo guardò: le guance erano rosse e gli occhietti gonfi di lacrime. Gli diede un bacino sul naso. «Ehi Funghetto, perché non dai un bacio a papà Saso che ti è venuto a prendere?» gli propose.
Il bimbo si staccò dal collo del papà, per poi fiondarsi su quello dell'altro e riempirlo di baci. Chiara lo avvolse come un salame nell'asciugamano e lo abbracciò forte forte.
«Torniamo a casa, va bene?» suggerì Deidara, mentre si incamminava verso l'ombrellone. Lui stesso rivestì Mattia e poi lo prese in braccio, deciso a non mollarlo più.



Deidara era in piedi, al buio, lo sguardo fisso verso quel lettino dove, infagottato nelle coperte, dormiva una della cose più importanti della sua vita. Gli tremavano le mani e nella sua testa vedeva solo una distesa d'acqua che inghiottiva suo figlio per sempre.
Poi un tocco gli fece spalancare gli occhi. Delle dita gli sfiorarono il braccio e si intrecciarono alle sue. La mano smise di tremare e il suo intero corpo cedette.
Come un automa si fece guidare fuori da quella stanza e poi nel corridoio, fino alla camera matrimoniale. La porta si chiuse alle sue spalle e lui si abbandonò completamente a Sasori che lo inglobò tra le sue braccia. Rimasero così, con Deidara che tremava e Sasori che gli accarezzava i capelli, le labbra poggiate contro la sua fronte.
«È al sicuro, amore, tranquillo.» sussurrò Sasori «Niente potrà mai fargli del male. È al sicuro...Siete al sicuro.» e detto questo, suggellò il tutto con un bacio carico di tutti i sentimenti di quella giornata e di tante promesse per il futuro.
Solo a quel punto Deidara si tranquillizzò. Si mise a letto e appoggiò la testa sul petto di suo marito ascoltando il battito regolare che risuonava sotto la pelle.
Sicuro che, finché quel cuore avesse continuato a battere, niente avrebbe potuto toccare la loro piccola e bellissima famiglia.




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Capitolo 4
*** Torte e marionette ***


Torte e marionette


Agosto.
A casa di Sasori e Deidara significava una sola cosa: due torte e una ventina di bambini urlanti per il giardino.
Da un paio d’anni, avevano preso l’abitudine di festeggiare il compleanno dei due figli lo stesso giorno: Chiara era nata il 31 luglio e Mattia il 2 settembre, quindi, per mediare, la festa si svolgeva sempre a metà agosto.
Quell'anno le cose si sarebbero complicate, visto che Mattia era entrato all'asilo e Chiara aveva cominciato a seguire un corso di arte dopo la scuola, il che significava una lista infinita di nomi tra cui scegliere. Alla fine erano riusciti a selezionare un numero sufficiente di piccoli invitati per far contenti entrambi i figli, ma ancora nei limiti del gestibile. Fortunatamente molti genitori sarebbero stati presenti, soprattutto quelli dei bimbi dell’età di Mattia, il che toglieva molto lavoro ai due poveri padroni di casa.
Spediti gli inviti e ottenute le conferme da parte di tutti, arrivò il fatidico giorno.
Inutile dire che alle 10 del mattino la casa era già un caos tra decorazioni da posizionare e panini da farcire.
Le due pesti correvano per il giardino lanciandosi palloncini pieni d’acqua, mentre Deidara tentava invano di tenerli d’occhio e guarnire le due torte contemporaneamente. All'ennesimo scoppio che gli fece perdere la concentrazione, posò la sac à poche piena di panna montata e spalancò la porta finestra che dava sul loro giardino privato.
«Sentiamo:» urlò per farsi sentire dai due bambini «chi è che vuole restare in camera sua durante tutta la festa?» domandò con una punta di rimprovero e le mani posate sui fianchi.
I due ammutolirono: Chiara nascose il palloncino che aveva ancora in mano con fare colpevole e Mattia mise un broncio contrariato.
Deidara s’impietosì e si abbassò sulle gambe per essere alla loro altezza.
«Facciamo che mi aiutate a preparare i muffin finché non arriva papà Saso, d’accordo?».
I due bimbi s’illuminarono. La maggiore depositò il palloncino nel secchio accanto alla portafinestra e poi seguì il fratello fin dentro casa, arrampicandosi su uno degli sgabelli che circondavano l’isola della cucina. Il biondo mise Mattia sul seggiolone ed iniziò a predisporre gli ingredienti.


Sasori li trovò così quando rientrò, un paio d’ore dopo: sporchi di farina e chiazzati di cioccolato; i ripiani della cucina colmi di vassoi carichi di dolci e salatini.
«Bentornato a casa, Danna.» gli sussurrò suo marito prima di baciarlo. Il maggiore rispose al bacio, approfittandone anche per leccare via una macchia di cioccolato all'angolo della bocca dell’altro.
«Ma che buoni questi muffin!» mugugnò con enfasi staccandosi e prendendo in braccio il figlio più piccolo che gli si era attaccato alle gambe. Gli fece il solletico e lui ridacchiò, poi Sasori rivolse la sua attenzione agli innumerevoli stuzzichini che avevano invaso la cucina.
«Ma quante cose buone...» commentò tentando di prendere un rotolino al prosciutto con la mano libera. Chiara si attaccò al braccio del padre come una scimmia, protestando con una risata: «No, papà! Sono per la festa.» disse mentre il fratellino le dava man forte cercando di trattenere il genitore. Deidara arrivò in soccorso del marito, recuperando la figlia prima che rompesse un braccio al padre.
«Bambini,» li richiamò «perché non dite cosa deve fare papà, visto che noi abbiamo cucinato...».
«Mettere le decorazioni!» esclamarono in coro i due.
Sasori sbiancò: «Tutte da solo?».
Silenzio. I due bimbi si guardarono complici per un istante, poi si voltarono verso il più piccolo dei loro papà che fece loro un sorriso e assentì.
Sasori ancora immobile per la brutta notizia.
«No, ti aiutiamo anche noi!» esclamarono ancora i piccoli, che poi abbracciarono di corsa il povero padre che si mise a ridere con loro per il pericolo scampato.


Alle 15:30 il giardino era stato allestito con festoni, ghirlande, palloncini e un enorme striscione che recitava “Buon compleanno a Chiara e Mattia!”. Sotto il portico avevano attaccato altro palloncini e disposto due grosse tavolate con cibi e bevande. Ora dovevano solo far vestire i bambini e impedire loro di rubare patatine prima dell’arrivo degli invitati.
Alle 15:55 Chiara indossava il vestitino viola che le avevano regalato il giorno del suo compleanno e aveva i capelli legati in una treccia che, Deidara lo sperava ardentemente, le avrebbe tenuto a bada la nuvola di capelli per tutto il pomeriggio; Mattia, invece aveva addosso dei calzoncini corti di un adorabile verde pastello e una maglietta bianca col colletto -gli avevano comprato anche le bretelline, ma non c’era stato verso di fargliele mettere-.
Alle 16:00 arrivarono i primi invitati e la festa cominciò.
Tra giochi, musica e cibo, i bambini si divertirono tutto il pomeriggio. Deidara faceva avanti e indietro dalla cucina per portare vassoi carichi di cose da mangiare, mentre Sasori dirigeva i giochi a squadre dei più grandi.
Dopo “nascondino”, “ruba bandiera” e una decina di partite a “Strega comanda colore”, decisero di fare una pausa per spegnere le candeline ed aprire i regali.
Con la luce del tramonto a tinteggiare l’atmosfera di un tenue bagliore aranciato, bambini e genitori si spostarono tutti sotto il porticato. I due festeggiati si sedettero a capotavola, circondati dai loro amichetti. Sulle note di “Tanti auguri a te”, Sasori uscì dalla cucina con un’enorme torta al cioccolato guarnita di panna montata tinta di verde. Deidara, invece, ne teneva una alla frutta con fiorellini viola e sbuffi spolverati di rosa. Un piccolo 4 sulla torta del piccolo, un 7 zuccheroso su quella della bambina.
Foto di rito, candeline spente e poi una serie di piattini di carta che iniziarono a viaggiare tra gli invitati. Chili di tovaglioli per pulire i bambini e una macchia di cioccolato sulla magliettina bianca di Mattia. Deidara lo guardò con finto rimprovero, poi gli diede un buffetto sul naso e lo fece tornare a giocare.
Sasori guardò la scena con un sorriso, poi però fu distratto da qualcosa che lo pietrificò: sua figlia, la sua bambina, era stata portata dietro il ciliegio da un suo compagno di classe. Da soli. Il rosso si mosse come un automa verso il suo obbiettivo.
«Sasuke Uchiha!» ringhiò a denti stretti una volta raggiunto il moro.
L’uomo si limitò a fissarlo, laconico come sempre, con un bicchiere di aranciata tra le mani.
Il padrone di casa indicò l’albero incriminato dietro cui si vedeva chiaramente Boruto fin troppo vicino alla sua bambina.
«Vedi di tenere a bada tuo figlio.» emise. L'Uchiha si limitò ad un «Tsk!» scocciato.
Poco distante, due biondi di loro conoscenza stavano animatamente sghignazzando tra loro nel vedere i rispettivi mariti ringhiarsi contro.
Deidara, però, si fermò nell'istante in cui vide zampettare la figlia verso il padre. «Papà Saso,» la sentì dire «mi metteresti il braccialetto che mi ha regalato Boruto.» chiese porgendo all'uomo un piccolo cinturino di fili intrecciati. L’uomo sorrise osservando il marito con gli occhi lucidi aiutare la figlia.
«L’hai fatto tu?» chiese a Boruto che aveva raggiunto il padre. Il bambino annuì, imbarazzato.
«Digli che ti ha insegnato nonna Tsunade.» gli suggerì Naruto con un sorriso incoraggiante.
Il piccolo si nascose il visino tra le manine, poi scostò un paio di ditina da cui spuntò un occhietto timido.
«Mi ha aiutato la nonna e mi ha insegnato ad intrecciare i fili.» mormorò, la voce attutita dalle mani che ancora lo coprivano.
Deidara gli scompigliò i capelli: «Ti ringrazio, tesoro: a Chiara è piaciuto molto.» gli sorrise, indicando la figlia che stava andando a mostrare il braccialetto a tutti i suoi amichetti.
Il bimbo divenne ancora più rosso e si nascose contro il grembo del padre dietro di lui. I due uomini risero della reazione innocente. Poi Boruto corse via, per tornare a giocare e Deidara si sentì afferrare per i fianchi e premere contro un corpo che conosceva fin troppo bene.
Di fronte a lui, Sasuke stava tirando a sé Naruto mentre ringhiava contro Sasori. I due biondi alzarono gli occhi al cielo e l'Uzumaki trascinò via il moro dirottandolo verso una delle panche da un lato del portico per chiacchierare con gli altri genitori.
Deidara si voltò verso il marito: «Geloso?» gli chiese con un sorriso sghembo.
Sasori mugugnò qualcosa a denti stretti e il biondo lo fissò di sottecchi, al che il rosso sospirò e cedette: «Non basta che mandino il figlio a traviare la mia bambina, pure te dovevano puntare!».
Il più piccolo rise all'adorabile broncio dell’altro e glielo baciò via.
«Facciamo che ora vai a prendere le tue marionette per lo spettacolo e io stasera ti ricordo perché voglio e vorrò sempre solo te.». Glielo sussurrò in un orecchio, gli lasciò un bacio poco più sotto, sul collo, e si allontanò sculettando per andare ad allestire il teatrino.
Sasori dovette concentrarsi su come far funzionare i suoi polmoni per alcuni istanti, prima di riuscire a mandare ossigeno sufficiente al cervello per riconnettere un paio di neuroni. Poi, finalmente, si mosse.


Lo spettacolo con le marionette fu un successo come ogni anno: Sasori aveva un’abilità incredibile nel maneggiare i fili, anche se il suo rimaneva più che altro un hobby. Principesse e cavalieri si alternarono a pop-star ed astronauti attraverso fondali da sogno dipinti da Deidara nei mesi precedenti.
Alla fine, i bambini applaudirono entusiasti e Sasori regalò ad ognuno di loro un personaggio che aveva costruito personalmente per animare la storia.


Era ormai ora di cena quando gli ultimi invitati se ne andarono. Boruto rivolse un timido “Ciao” a Chiara prima di raggiungere i papà sul cancello e sparire oltre la siepe che costeggiava il giardino.
Deidara si affrettò a radunare gli avanzi e a metterli in contenitori da riporre in frigorifero. Dopodiché raggiunse la sua famiglia al piano di sopra, dove trovò Mattia che zampettava per il corridoio con solo delle mutandine celesti addosso. Lo prese al volo, prima che si scontrasse contro le sue gambe e camminò fino alla cameretta di Chiara.
Superata la porta trovò il marito che stava aiutando la figlia ad indossare i pantaloncini del pigiama, mentre lei non la finiva di travolgerlo con una valanga di parole sulla festa e i giochi che aveva fatto.
Mattia scalciò tra le braccia del padre che fu costretto a metterlo giù. Il bimbo ne approfittò per arrampicarsi sul letto della sorella e parlare a raffica saltellando sul materasso.
Sasori rivolse al marito uno sguardo esasperato. Deidara rise: non ne avrebbe mai avuto abbastanza di quei momenti.
«Chi vuole vedere un film sul lettone?» propose alla fine.
Le due pesti urlettarono approvazioni.
«Prima, però, mettere pigiama e lavare i denti!» li ammonì l’altro papà.
I due annuirono ubbidienti e 15 minuti dopo erano tutti e quattro sul lettone, intenti a vedere il logo della Disney che riempiva lo schermo, i due papà ai lati e i bambini al centro. Il condizionatore acceso per garantire una temperatura sopportabile nella stanza.
Dopo aver cantato tutti insieme “Puoi volar”, i più piccoli iniziarono ad accusare i primi segni di stanchezza, finché la ninna nanna di Wendy non lo mise definitivamente k.o..
Deidara accarezzò i capelli di entrambi e poi si specchiò negli occhi cremisi del marito.
«Buonanotte.» gli sussurrò Sasori, mentre i titoli di coda illuminavano la stanza con bagliori variopinti.
Il biondo sorrise, stanco per la giornata, e mimò con le labbra un “Sogni d’oro”, poi chiuse gli occhi. Sasori spense la tv e li abbracciò tutti e tre, poi, anche lui cedette al sonno.
E per quanto riguarda la proposta che Deidara gli aveva sussurrato quel pomeriggio? Quel momento fu più che sufficiente: loro due e i loro bambini.

Non avrebbero voluto nulla di diverso neppure tra un migliaio di anni.



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