IL CILIEGIO DELLA NOTTE

di AlessandRusso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** MOTO RETTILINEO UNIFORME ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Si nascose dentro ad un cespuglio posto davanti alla finestra per ammirare la sua bella.

Ella aveva capelli rossastri e occhi verdi come olive.

Ne era follemente innamorato.

Il suo sguardo lo incantava.

Ogni vestito che ella indossava era cornice di un'opera meravigliosa.

Il suo viso, pallido e scarno, la faceva sembrare la Luna nell'oscurità della notte.

Ella aveva intuito che qualcuno la stava osservando: era sempre stata sensibile ai rumori.

Immaginò quindi che fosse una spia dal regno dell'Est, il regno di Thiew.

Si pavoneggió ancora un po'.

Poi uscì da quella casetta, che tanto invitante non era.

Si guardò in giro.

"Razza di elfo incapace, io ti sento. Ti troverò a momenti"- disse lei con tono minaccioso.

Lui non capì e continuò ad osservarla con occhi innamorati.

Se ne rese conto solo quando venne preso per un orecchio.

"E allora che ci fai qui? Stai per caso spiando il mio lavoro? Non riuscirete voi, a vincere la battaglia"- se ne uscì la donna.

L'uomo allora si fece più rosso di una ciliegia matura.

"Assolutamente no, io sto dalla vostra parte!"- rispose l'uomo con il cuore a mille.

"E quindi chi saresti?" - chiese la donna.

"Beh sono Pison. Uno dei più celebri incubisti, cara Sorcie"- rispose l'uomo fingendo di essere tranquillo.

La donna era conosciuta per essere una delle migliori fattucchiere dell'intero regno.

"Eccellente! Eccellente!"- disse la donna accarezzando i capelli.

"Allora vieni dentro, mi servirai per molte cose!"- aggiunse.

L'uomo sapeva benissimo che così avrebbe compromesso la sua vita e quella del suo regno, Thiew.

Ma, come dicono le creature del AltroMondo, al cuor non si comanda.

Una volta entrati, la donna cominciò ad illustrargli un libro con diversi disegni.

"Queste sono le tattiche per vincere la battaglia tra i due regni. Vinceremo noi, ne sono sicura"- affermó la donna.

"Oh, senz'altro!"- disse l'uomo.

"Sai che sei proprio carino?"- gli disse allora a quel punto la donna.

Non si sa con precisione cosa successe successivamente.

La storia tramandata narra che in quei giorni ci fu una notte di forte passione tra i due e che nacque un figlio.

Si racconta che poi qualcosa sia andato storto tra i due e che la situazione precipitò.

Non voglio continuare questa storia, miei cari lettori, altrimenti ci perderemmo in troppe chiacchere.

Cambiamo discorso.

Essere o non essere, il dubbio amletico è...oh suvvia, troverò qualche storia più interessante da raccontarvi.

Oh ecco...vi racconto la storia di un simpatico ragazzo!

Un certo Eric.

 

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Capitolo 2
*** MOTO RETTILINEO UNIFORME ***


Era un pomeriggio primaverile. I ciliegi erano in fiore. Alla finestra di una grande palazzina vi era affacciato un ragazzo adolescente. Stava studiando una di quelle materie difficili del AltroMondo. Fisica forse. Assorto nei suoi pensieri, osservava le persone che passeggiavano sulla strada sottostante. "Eric, la signorina Elven è venuta a trovarci"- urlò suo madre dal salotto. Alzando gli occhi al cielo, chiuse il libro e uscì dalla camera. La signora Elven suonò il citofono. La signora Elven era una cara amica d'infanzia di sua madre che, fin da quando era piccolo, portava sempre dei carinissimi souvenirs provenienti da ogni viaggio che faceva. Ogni volta ritrovarla era un piacere, ma in quel momento non fu così. Era una donna ben tenuta, dai capelli biondi raccolti ordinatamente da una rosa bianca. I ciuffi le coprivano le orecchie e aveva dei grandi occhi azzurri. "Buon pomeriggio ragazzi, sono tornata da un viaggio lungo e faticoso dal Messico e anche questa volta Eric, arricchirai la tua mensola di un nuovo souvenir"- disse la Elven. Si trattò di un cactus con un sombrero in testa, era così carino che quasi Eric si dimenticò di dover studiare. Si sedette e cercò di non ascoltare i noiosi e lunghi discorsi tra donne. Trangugiò una tazza di tè caldo osservando il nuovo souvenir. Ci fu qualcosa di strano però. Il buffo occhio del cactus di quel souvenir sembrò osservarlo. Lo so, è una cosa strana, ma la pupilla quasi seguiva i suoi movimenti. Deglutì dall'ansia. L'oggetto pareva una telecamera di sorveglianza. E passò così le ultime due ore. Quando finalmente la signorina Elven si alzò, capì che era arrivato il momento di tornare al moto rettilineo uniforme. La signorina Elven li salutò dolcemente è uscí dalla porta. "Dammi subito quell'affare"- disse la mamma. "Cosa?Che affare intendi?"- chiese. "Quel souvenir, dammelo subito!"- urlò. "Ma perchè? È molto carino, mi piace!"- disse. "Voglio quel souvenir subito!"- replicò la madre. Eric, prima di porgere quel souvenir alla madre, le fece una domanda. "Perché sembra mi stia osservando?"- chiese. "Non c'è tempo per le spiegazioni adesso"- rispose la donna prendendo l'oggetto. Eric non aprì bocca e andò in camera, progettando il modo in cui prendere quel souvenir. La mamma lo chiuse rapidamente in un cassetto a chiave e mise la chiave nella tasca di un cappotto. A notte fonda, Eric si alzò furtivamente e si avvicinò all'attaccapanni dove vi era il cappotto. Una volta messa la mano in entrambe le tasche, capì che lì non c'era. Essa si era come smaterializzata. Ma il cassetto davanti, quello che conteneva il souvenir, brillava di una luce verde intensa. Improvvisamente esso si aprì suscitando un'enorme incredulità in Eric, che dovette stropicciarsi gli occhi più volte prima di capire che non stava sognando. Prese allora tra le mani quel souvenir. "Eric dove sei? Ti sento!"- urlò la madre nonostante la tarda ora. Sorrise. Sua mamma diceva che aveva una certa sensibilità con i rumori. Dopotutto... aveva ragione! "Nulla, cercavo il mio braccialetto portafortuna"- rispose Eric. Tornò in camera e lo ripose sulla mensola dei souvenir. Tra cui un troll anti-sfortuna e una bellissima principessa danese dai capelli argentei. Aveva ragione: quell'oggetto lo stava osservando. Decise di non badare a quello che stava accadendo. Spense le luci e si mise a letto. Durante la notte però si sveglió di soprassalto a causa di alcuni bisbigli e mormorii all'interno della stanza. "Non possono essere i souvenir! Gli oggetti non parlano!" - pensó, convincendosi fosse solo un'allucinazione causata dalla stanchezza. Fu quasi sicuro di aver sentito parlare il troll anti-fortuna e la principessa danese. Accese le luci. Gli oggetti erano immobili. Si convinse ancora di più che dormire sarebbe stata la cosa migliore. Una volta sdraiato però, una luce intensa e verde si insinuò nella stanza. Un grande turbine verde risucchiava mano a mano oggetti della stanza. Eric non ci poteva credere Il troll e la principessa furono risucchiati. "I miei souvenir preferiti!" - pensó. Numerosi oggetti sulla mensola furono risucchiati. Eric non seppe cosa fare. Il turbine si avvicinó sempre di più. Decise istantaneamente di uscire dalla stanza e chiudere la porta a chiave. Quando però si avvicinò alla porta, precedentemente spalancata, essa si chiuse. Cercó di uscire invano: era bloccato. Non riuscì nemmeno ad urlare dalla paura che quel turbine lo risucchió e nessuno si accorse di nulla. La madre stava nella sua stanza e guardava un album di vecchie foto. Strano, dato la sua sensibilità ai rumori, non avesse sentito il caos della stanza di Eric. Il cane Ted dormiva nella cuccia. Il vicinato non aveva sentito nulla. La notte procedeva. Strano che la madre di Eric fosse sveglia a quell'ora! Io, cari lettori, sarei già crollato dal sonno! Guardava intensamente una fotografia. Era la foto di suo marito, Eric aveva perso suo padre all'età di 2 anni. Lo conosceva dalle foto, ma non lo ricordava. Sorcie, la madre di Eric, scoppió in un mare di lacrime alla vista di quella foto. Tanto tempo prima aveva perso il suo amante ed ora, badava ad un adolescente di quattordici anni tutta sola. Ma passiamo ad Eric. Egli percepì una sensazione di vuoto assoluto. Si sentiva come in una bolla, ignaro di ciò che gli stava accadendo. Qualche volta, percepiva dei piccoli brividi attraversare la nuca. Quando finalmente quella situazione si concluse, cadde. Aprì a malapena gli occhi. L'unica cosa che riuscì a vedere fu un ombra distinta che andava avanti e indietro. "No, non si è fatto poi così male, è ancora intero"- disse l'ombra. Riuscì ad aprire gli occhi e a quel punto vide bene. L'ombra davanti a lui corrispondeva a quella del troll anti-sfortuna della sua mensola. Quando riuscí a recuperare la vista, riuscì a vederlo bene. Era come se quell'oggetto fosse in realtà una persona in carne ed ossa. Egli parlava con una ragazza dalle orecchie appuntite che assomigliava tanto a quella principessa danese che aveva sulla mensola. Svenne.

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