Il Cavaliere e la Strega

di Pol1709
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lungo la via ***
Capitolo 2: *** La Signora del castello ***
Capitolo 3: *** Un Regno senza un Re ***
Capitolo 4: *** L'incantesimo di Fata Morgana ***
Capitolo 5: *** Il prezzo del potere ***
Capitolo 6: *** La dea della guerra ***
Capitolo 7: *** La Grande Regina ***
Capitolo 8: *** Le nebbie di Avalon ***
Capitolo 9: *** Il Cavaliere e la Strega ***
Capitolo 10: *** Rex Quondam Rexque Futurus ***
Capitolo 11: *** Normandia ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Lungo la via ***


PROLOGO – Altrove
 
Incespicò di nuovo. Si appoggiò con una mano all’umida parete della grotta per non cadere, si rimise dritta e poi si pulì sul suo vestito rosso fuoco. In effetti, si disse, le sue scarpe fatte per percorrere i corridoi dei castelli non andavano bene per camminare in quel luogo, così come di certo non era appropriato il suo abito lungo di colore cremisi.
Vide la sua meta finale a qualche metro di fronte a lei, una colonna di pietra con una grezza vasca semisferica sopra, illuminata dall’alto da un’apertura sul soffitto della caverna. Il raggio che illuminava l’antico manufatto creava una strana atmosfera mistica e magica e capì il perché del rito in quel luogo. Si avvicinò e poggiò le mani sui lati della vasca. Guardò dentro, vide il suo riflesso nell’acqua limpida, il suo bel volto ovale, i suoi occhi verdi come gli smeraldi e i suoi capelli rossi come fiamma, identici all’abito che indossava.
Era bella, lo sapeva, non aveva nemmeno una lentiggine, cosa che invece contraddistingueva quelli che possedevano il suo colore di capelli. La sua pelle era candida e liscia, morbida, anche se aveva superato i quarant’anni ed era vicina ai cinquanta, ma il suo fisico era asciutto e tonico, merito di certo delle lunghe cavalcate che era solita fare. I suoi fianchi erano stretti e le sue natiche sode, una cosa che attirava inevitabilmente gli uomini di ogni età, compresi i ragazzini e nessuno avrebbe mai detto che aveva avuto quattro gravidanze. Strinse le labbra: erano cinque le gravidanze che lei aveva portato a termine.
Sentì dei rumori strascicati venire dal buio. Si guardò attorno e poi abbassò di nuovo gli occhi sull’acqua. Fece tamburellare le dita delle mani sui lati della vasca – Avanti sorella! Ti sto aspettando! –
Dal buio emerse una figura umana. Era una donna. Lo si vedeva dalle forme evidenziate da uno stretto corsetto nero a manica lunga, indossava dei pantaloni in pelle dello stesso colore, stretti ed inguainati in alti stivali neri fino alle ginocchia. Neri i suoi abiti e neri i suoi capelli, lunghi fino a metà della schiena e che incorniciavano un volto molto bello dagli zigomi cesellati, ma pallido, bianco in modo innaturale. L’unico elemento che stonava era una corona in metallo che portava attorno al capo, larga circa in centimetro e che si allargava sulla fronte a formare una croce a braccia uguali racchiusa in un cerchio, il simbolo della croce celtica.
La donna dai capelli rossi strinse le labbra “L’eredità dell’Antico Popolo! Pelle cadaverica e capelli neri! Di tutte noi solo lei ha avuto questo dono…E questa maledizione” pensò – Porti simboli cristiani adesso? -
L’altra la guardò negli occhi con delle pupille grigie e fredde; alzò le braccia e poggiò le mani, anch’esse bianche cadaveriche, su quelle dell’altra ai lati della vasca. La rossa sentì un brivido dal polso al braccio e fino al collo. La donna in nero sorrise, snudando dei denti bianchissimi con dei canini stranamente appuntiti. “Si lima ancora i denti. Come quando eravamo bambine!” pensò l’altra distogliendo lo sguardo.
La donna in nero strinse le mani della sorella – Lo porto perché è il simbolo del nostro popolo e i cristiani mi lasciano in pace. Loro non sottovalutano il potere dei simboli, sorella e nemmeno io. Sei pronta? –
La rossa strinse le labbra – Lo sai che non possiedo i tuoi poteri. A cosa ti servo in questa fetida caverna? E non potevamo comunque farlo nel castello, magari di fronte al camino e con un bicchiere di buon vino della Gallia? –
La donna in nero piegò leggermente la testa – Ci sono luoghi che hanno un potere speciale, sorella. Questa caverna è uno di quelli. L’intero mondo è attraversato da invisibili linee di energia che non sono percepibili a occhio nudo dai non iniziati ai misteri. Questa piccola vasca è stata costruita in un’epoca antichissima, più antica dei nostri progenitori e dell’Antico Popolo e proprio sull’incrocio di due di quelle correnti: una benefica ed una malvagia. Il luogo ideale per un incantesimo. Inoltre mi servi in quanto tu, come sangue del mio sangue, puoi incanalare il mio potere ed amplificarlo –
La rossa annuì – E allora fallo! Fallo! Per gli dei dell’Annwn! –
La donna in nero chiuse gli occhi e abbassò la testa, mormorò delle parole che l’altra non capì e l’acqua si increspò leggermente. La rossa si guardò attorno e capì che non si trovavano più nella caverna, ma in un altro luogo, sospeso oltre il tempo e lo spazio. La donna in nero spalancò gli occhi – La vedi? Vedi colei che cerchiamo? –
La rossa abbassò lo sguardo, vide nell’acqua una strada con degli alberi ai lati e due figure sfocate. Socchiuse gli occhi e si avvicinò alla superficie, si trattava di due cavalieri. Una delle figure gli apparve più chiara e più vicina. Dopo qualche istante si raddrizzò – Dev’essere un errore! Quello che vedo è un uomo, indossa degli strani abiti, ma sono senza dubbio quelli di un    uomo –
La donna in nero sorrise – Anch’io ho sempre indossato abiti da uomo, sorella! Colei che cerchiamo si trova nel nord della Gallia, una terra che lei e chi l’accompagna chiamano Francia, vanno verso ovest, verso una terra chiamata Normandia, proprio di fronte alla Britannia ed è un segno…Una donna in abiti da uomo, che si comporta come un uomo e che ha un nome da uomo –
La rossa inarcò le sopracciglia – Come facciamo a sapere che è proprio lei, sorella? Anche tu indossi abiti da uomo e noi non possiamo assolutamente sbagliare –
La donna in nero strinse le labbra e chiuse gli occhi – Sento…Vuole essere un uomo, è di nobile stirpe, cavalca alla testa di un esercito…E’ lei, sorella, E’ lei! –
L’altra deglutì – Come dici tu! E…Del suo compagno? Cosa ne facciamo? –
La donna in nero aprì gli occhi, sollevò una mano e l’aprì sopra l’acqua del bacile di pietra – Lo scudiero…Anche lui ci serve –
La rossa sorrise – Meno male! Sembra carino –
 
 
 
LUNGO LA VIA
 
Il cavallo si fermò di colpo sollevando gli zoccoli anteriori. Oscar de Jarjayes sorrise e gli batté la mano sul fianco – Bel lavoro! E bella cavalcata amico mio! Siamo riusciti a battere André ancora una volta – disse e si guardò indietro. La strada era deserta.
Sospirò, guardò di nuovo avanti e accarezzò ancora l’animale. Essere il comandante della Guardia Reale e amica intima della regina Maria Antonietta dava dei privilegi e, tra questi quello che gli piaceva di più e l’unico che usava, era quello di poter prendere dei permessi con scarso anticipo. Lei e il suo attendente, nonché migliore amico André Grandier, nipote della Governante del palazzo dei suoi avi a Versailles, avrebbero passato i prossimi giorni visitando le proprietà della sua famiglia in Normandia.
Avrebbe preferito andare nell’altro feudo dei de Jarjayes, nei pressi della città di Arras, vicino al confine con il Belgio e i territori germanici, dove c’erano campi coltivati baciati dal sole, stalle piene di armenti e una popolazione gentile ed accogliente.
Nel Nord-Ovest della Francia, invece, non aveva mai trovato nulla di simile. Antiche e tenebrose leggende sulle antiche pietre conficcate nel suolo che venivano chiamate menhirs si mescolavano a vecchi rituali pagani che, invano, la Chiesa aveva cercato di estirpare e la popolazione non era certo socievole. Le proprietà della sua famiglia, poi, si riducevano a quella che suo padre si ostinava a chiamare villa, ma che in realtà era una grande costruzione ad un piano a forma di “U” la cui parte abitabile era solo quella centrale, mentre ai lati si trovavano stalle e magazzini. I campi venivano gestiti da dei fittavoli del piccolo paese di Sainte Marie du Mont, anche se l’abitazione si trovava più a est, in una località denominata la Madeleine, circondata da un pugno di piccole case che ospitavano il personale al servizio dei de Jarjayes.
Non le era mai piaciuta quella residenza, troppo isolata e troppo piccola per lei, poi, ogni volta che ci andava, faceva di sogni strani, non incubi, ma si vedeva sulla spiaggia mentre uomini vestiti di grigio e con un buffo elmo a paiolo rovesciato in testa correvano accanto e lei e nere navi occupavano l’orizzonte. Gli uomini grigi urlavano in una lingua che non era il francese, ma sembrava tedesco: “Sie kommen!” – Arrivano! – e chi stava arrivando dal mare con le navi? A quel punto si svegliava madida di sudore, tremando e senza nemmeno sapere il perché.
La cosa positiva era che quei sogni si manifestavano raramente, ma l’unica vera bella attività che faceva in Normandia era andare a cavalcare con André sulla spiaggia, grande e lunga, per ore e ore senza pensare ad altro. E non vedeva l’ora di farlo! Quei pochi giorni gli sarebbero serviti per ricaricarsi e tornare poi al suo posto, a fianco della frivola Regina nella speranza di poterla aiutare a migliorare e a diventare quella grande sovrana che la Francia meritava e desiderava ardentemente. Le guerre continue al mondo intero del Re Sole Luigi XIV e il regno incolore di Luigi XV avevano posto le basi per una situazione sociale esplosiva in tutta la Nazione e il popolo, compresa la Nobiltà ed il Clero, si aspettava grandi cose dal nuovo Re e dalla nuova Regina.
Oscar, persa in quei pensieri, sbuffò e si guardò di nuovo indietro, André non si vedeva ancora “Ma tu guarda! Mi propone una gara e poi non si preoccupa nemmeno di starmi dietro!”. Si girò e notò con sorpresa che, al lato della strada, c’era una figura che stava venendo verso di lei a piedi.
Spronò il cavallo al trotto e si avvicinò. Era una donna, si appoggiava ad un bastone, indossava un abito liso e che, una volta, doveva essere stato di un bianco splendente. Il suo volto era quello di una persona di una certa età, ma non chiaramente definibile, forse oltre i cinquant’anni e i suoi capelli biondi striati di bianco erano raccolti in una lunga treccia che gli cadeva sulla schiena.
La donna sollevò lo sguardo e posò due occhi azzurri su di lei – Buongiorno bel cavaliere! –
Oscar sorrise e si piegò in avanti – Buongiorno a voi! Perdonatemi, è molto distante il bivio per Carentan? Io e il mio amico vorremmo passarci la notte e poi procedere verso Nord –
La donna si appoggiò al suo bastone e sorrise – Il bivio non è lontano, ma la città si! Una raccomandazione bel cavaliere, prendete la strada di destra, è più lunga, ma più sicura. L’altra passa per il bosco, è un luogo buio, grande, dove si può perdere la via e anche la mente…Alle volte –
Oscar continuò a sorridere e si raddrizzò sulla sella – Lo terremo a mente gentile signora – disse e mise mano alla tasca interna della giacca per cercare una moneta.
La donna sollevò una mano – Non serve bel cavaliere. Solo rammentate chi siete e, quando vi sentirete sola, rammentate anche a quello in cui credete –
Oscar aggrottò la fronte, era così abituata ad essere presa per un uomo che si era turbata nell’essere definita al femminile da quella donna. Del resto stava indossando i suoi abiti civili: una lunga giacca marrone, pantaloni e stivali dello stesso colore e un gilet verde senza alcun disegno che copriva una semplice camicia bianca. L’unica cosa che spiccava nel suo abbigliamento erano i suoi lunghi capelli biondo oro. In quel momento sentì chiamare il suo nome. Si girò e vide André che arrivava a rotta di collo lungo la strada. Lei strinse le labbra – Sciocco! Non riuscirà a fermare il cavallo in tempo – disse piano e si spostò di lato.
In effetti André e la sua cavalcatura frenarono malamente e l’animale rischiò di scivolare con il suo cavaliere. La bestia si impennò e poi le apparve davanti il suo amico sorridente – Che bella cavalcata! Sei sempre più veloce di me, ma mi sono divertito –
Oscar sospirò – Contento tu! Hai rischiato di investire me e la donna qui presente –
André spalancò gli occhi e si guardò attorno – Quale donna? –
Oscar si girò verso il ciglio, nel punto in cui si era fermata la donna, ma non vide nessuno. Volse lo sguardo da ogni lato, girò il cavallo, ma non vide anima viva.
André si avvicinò – Di un po'…Non è che hai anche un po' di liquore nei tuoi bagagli e che hai cominciato a bere senza di me? –
Lei alzò un braccio e gli diede una botta in testa – Non dire cavolate! Qui c’era una donna! E ci ho pure parlato. Mi ha detto di prendere la strada di destra al bivio di Carentan –
André si piegò in avanti e si massaggiò la testa – E allora era lei a non sapere quello che diceva! Tutti sanno che la strada più corta passa per il bosco ed è solo un breve tratto per poi arrivare alla città. Se prendessimo l’altra via dovremmo farci un sacco di noiosi campi coltivati per arrivare a sera inoltrata…E il mio stomaco non potrebbe resistere –
Oscar strinse le labbra e poi sorrise – E allora salviamo il tuo stomaco –
Proseguirono al trotto e dopo un’ora arrivarono al bivio. André si mise a sinistra e indicò la strada che si inoltrava nel bosco – Il mio stomaco mi attira là Oscar…Dovresti aiutarmi o non so come potrà reagire…Potrebbe anche decidere di uscire dalla mia pancia per andare a Carentan da solo –
Lei sbuffò leggermente. Sentì freddo sulla nuca e sentì la spasmodica sensazione di gettarsi al galoppo a destra. Deglutì, era il comandante della Guardia Reale, era un soldato, era un uomo e doveva comportarsi come tale – Andiamo a sinistra –
André annuì – Alla buon’ora! –
 
Altrove
La donna dai capelli rossi si strinse nella sua lunga pelliccia e guardò sua sorella, immobile in piedi sul ciglio della scogliera. L’altra indossava i suoi abiti neri e solamente una lunga tunica in pelle nera, leggera, senza maniche e aperta sul davanti.
L’orizzonte era grigio, carico di nubi di tempesta e nel mare si sollevavano alte onde; l’acqua colpiva la roccia con furia e l’acqua si alzava fin oltre la testa della donna in nero. Quest’ultima sorrise verso il mare in tempesta – Le leggende dicono che io sono nata con un tempo del genere! Che io ho creato la tempesta! Che io sono la tempesta! – gridò e alzò le braccia. Non era la prima volta che la donna dai capelli rossi vedeva la sorella compiere dei rituali magici, ma, come in ogni occasione, non poteva fare a meno di rabbrividire.
In un attimo l’acqua delle onde che si infrangevano sulle rocce si fermò, tutto apparve rallentato e pesante, persino l’aria si fece rarefatta. La donna in nero spalancò gli occhi – Che venga da me! – urlò contro il cielo.
La donna dai capelli rossi guardò l’orizzonte plumbeo, giganteschi lampi solcarono il cielo, improvvisamente uno di loro colpì la terra proprio di fronte alla donna in nero che non indietreggiò. Fu un attimo e poi le cose intorno a loro ricominciarono a muoversi: il vento soffiò e il mare continuò a infrangersi sugli scogli.
La donna in nero, ansimante, si girò verso la sorella. Sorrise mostrando i suoi canini appuntiti – E’ qui! –
 
Oscar faticò a tenere le redini. Il suo cavallo si stava imbizzarrendo e continuava ad alzare gli zoccoli anteriori. Il cielo, perlomeno quello che poteva vedere attraverso gli alti alberi, era diventato improvvisamente grigio e nero e tutt’intorno a lei soffiava un forte vento. Anche André faticava a trattenere la sua cavalcatura. Si girò verso Oscar – Com’è possibile? Un attimo prima c’era il sole! –
Lei tirò di nuovo le redini – Non lo so! Ma ci penseremo dopo! Sta per arrivare una tempesta e dobbiamo assolutamente trovare un riparo –
André si sforzò di sorridere – Certo! Muoviamoci però! –
Improvvisamente un gigantesco fulmine squarciò il cielo e si abbatté accanto a loro. Il cavallo di Oscar si alzò sulle zampe posteriori nitrendo, senza che lei potesse fare nulla. Cadde sul freddo terreno di schiena e rimase per un attimo senza fiato. L’ultima cosa che vide fu il cielo nero con i lampi che si susseguivano senza sosta. Chiuse gli occhi e sentì delle gocce di fresca acqua sul viso. Sentì la voce di André, cosa stava dicendo? La stava chiamando? Non ne era certa e poi fu il buio.
 
Stava correndo ormai da molto tempo. I suoi inseguitori non erano più dietro di lei e si fermò solo di fronte all’alta quercia al limitare del bosco e, accanto al suo possente tronco, si inginocchiò. Abbracciò l’albero con le sue manine da bambina sentendone la forza antica e si mise a piangere.
Sapeva che non doveva piangere, suo padre l’avrebbe punita, lei doveva essere forte come un uomo. Stava cercando solo degli amici, ma quei bambini erano così cattivi! Quando aveva mostrato loro quello che sapeva fare erano come impazziti, si erano messi a urlare e poi alcuni di loro avevano preso delle pietre e gliele avevano scagliate contro: Strega! Strega! Avevano gridato e avevano cominciato ad inseguirla. Perché? Le serve di sua madre la evitavano, le loro bambine non la chiamavano mai per i giochi, persino le guardie abbassavano lo sguardo quando passava. Dalla finestra della sua stanza guardava invidiosa i fanciulli rincorrersi nel cortile, ma quando scendeva per chiedere di giocare, loro sparivano. Sentiva le loro risate dietro i barili e dietro i sacchi e i suoi occhietti si riempivano di lacrime. Perché? Quando il potere si era manifestato aveva creduto di poterli impressionare e, magari, che l’avrebbero invitata ai loro giochi. Ma non era mai successo. Avevano paura, di lei.
Avrebbe voluto parlare con qualcuno, confidare il suo dolore, ma a chi? Sua madre non aveva mai tempo per lei ed era così bella e così piena di corteggiatori…Non suo padre: “Hai il sangue dell’Antico Popolo! Avresti dovuto essere esposta appena nata e morire! Solo perché hai una parte del mio sangue sei ancora viva” gli diceva sempre. Nemmeno sulle sue sorelle poteva fare affidamento. Una era frivola e vezzosa e chissà perché solo i maschi le si avvicinavano e l’altra, con molti più anni di lei, era lontana, a studiare, le avevano detto e non l’aveva mai conosciuta, quella ragazza sulla quale si raccontavano meraviglie e che sarebbe diventata la Dama del Lago, la grande sacerdotessa dell’isola sacra dell’Antica Religione a Glastonbury, presso il Tor di Avalon.
Sentì che il potere dell’albero l’aveva calmata. Inspirò a fondo e poi lasciò il tronco restando in ginocchio. Guardò a terra un fiore, era così bello. Gli piacevano tanto i fiori. Strinse le labbra “Che senso ha continuare così? Non mi amano? E allora che mi temano! Mi hanno chiamato mostro!” pensò e si passò la lingua sui denti superiori “I mostri hanno le zanne!”.
Alzò un bracciò e mise il palmo della mano di fronte al fiore. Sentì il potere scorrere dentro di lei e vide la pianta sussultare, piegarsi, avvizzire lentamente e poi appassire del tutto cadendo a terra. Lei sorrise debolmente, era stata un’inutile crudeltà, lo sapeva, ma necessaria se doveva estirpare ogni sentimento dal suo cuore. Si alzò, si guardò attorno e vide le lontane mura del castello.
Tirò su con il naso e decise che non avrebbe più pianto per il dolore causato dagli altri. No! Sarebbe stata lei a causare dolore, se era quello che volevano. Se doveva restare sola sarebbe rimasta sola, contro il mondo intero, contro la sua famiglia e le sue sorelle. Giurò che non sarebbe più scappata, che non si sarebbe più piegata. Strega, e quello sarebbe diventata.
 
Oscar sussultò e riaprì gli occhi. Tossì violentemente e cercò, invano, di mettersi a sedere. André gli fu subito accanto – Non muoverti. Hai fatto una brutta caduta ed è un miracolo che non ti sei rotta qualcosa –
Lei sbatté le palpebre, le cime degli alberi erano circondate da un vapore bianco e denso: - Nebbia! Ma non stava per arrivare un uragano? Quanto ho dormito? E che sogno assurdo ho fatto…Ero una bambina davanti a una quercia…Ma… –
Lui sospirò – Quando sei andata a terra i fulmini e i lampi si sono placati improvvisamente ed è arrivata la nebbia. Non si vede il cielo e non so nemmeno che ora possa essere, ma di sicuro quando arriverà la notte noi non dovremo più essere qui –
Oscar deglutì e spostò la testa a destra e a sinistra – Non sento nulla –
André sorrise – Sei diventata anche sorda? –
Lei tentennò – No! Non sento nulla! I rumori della foresta…Non si sente nulla –
Lui aggrottò la fronte – Adesso che mi ci fai pensare…In effetti è strano, ma non troppo. Con il diluvio che si preannunciava probabilmente tutti gli animali si sono nascosti –
Oscar annuì, anche se poco convinta – Aiutami ad alzarmi – disse e si sollevò lentamente aiutandosi con il gomito.
André la prese delicatamente e le circondò la vita. Lei gli circondò le spalle e poi lo guardò, aggrottò la fronte – Che cos’hai? –
Lui tentennò – Nulla…Nulla…Proviamo a camminare – disse solo.
Come poteva spiegarle l’effetto che il suo corpo così vicino gli faceva? Ormai da molto tempo aveva cominciato a guardare la sua amica d’infanzia con altri occhi e a fare pensieri che non si addicevano ad un servitore dei de Jarjayes. Ma non poteva evitarlo. Sentiva il profumo dei suoi capelli così vicini e desiderò, con impeto, di accarezzarli e di baciarli.
Oscar strinse le labbra – Sarebbe meglio muoversi entro oggi! – disse con impazienza.
Lui scrollò il capo, annuì ed iniziarono ad avanzare. Le gambe non gli facevano male, ma la testa di Oscar girava vorticosamente. Chiuse gli occhi e li riaprì. Andava meglio. Dopo qualche passo lei si accorse di una cosa: - Dove sono i cavalli? Sono           scappati? –
Lui annuì stringendola – Si! Quelle bestie infernali se la sono data a gambe levate e ci hanno lasciato qui. Letteralmente in mezzo al nulla –
Seguirono quella che sembrava la strada per un tempo indefinito, la nebbia era così fitta che non vedevano nemmeno gli alberi ai bordi della carreggiata. André sospirò – Non ho mai visto una cosa del genere. E non so nemmeno quanto potremo andare avanti con te in queste condizioni –
Oscar strinse le labbra e si divincolò da lui e provò a fare qualche passo da sola. Incespicò, ma non cadde. Si girò verso di lui e sorrise – Ecco cosa vuol dire essere un soldato, André! Stammi dietro se puoi –
Lui sorrise e annuì – Come vuoi tu, mio comandante –
Il nulla. A parte il terreno sotto i loro piedi non riuscivano a vedere altro. A parte loro stessi, ovviamente. Oscar si fermò e guardò verso l’alto e vide solo la nebbia – Eppure è chiara e quindi è giorno. Ma quanto tempo è passato? E dove siamo? –
André si grattò la nuca – Sinceramente…Non ne ho idea! Secondo me dovremmo attrezzarci a passare qui la notte e aspettare che questa nebbia si alzi –
Oscar annuì – Forse hai ragione…Però… - disse e si guardò attorno, poi alzò il braccio e indicò qualcosa – Laggiù! –
Lui si avvicinò e socchiuse gli occhi. C’era una fioca luce in lontananza, sorrise – Può essere una casa, una locanda…Del cibo insomma e potrebbero anche avere i nostri cavalli –
Si guardarono e sorrisero – Allora andiamo! – disse solo lei.
 
Non era una casa. Non era una locanda. Era l’ingresso di un vero e proprio castello. Oscar rimase a bocca aperta a guardare il ponte levatoio abbassato ed il portone aperto illuminato dalla luce delle torce. André guardò a destra e a sinistra, ma vide solo grigie mura di pietra. Lei deglutì – Non ci posso credere. Un castello. Un vecchio castello in mezzo al bosco e da quando veniamo in Normandia non ce ne siamo mai accorti –
André aggrottò la fronte – Potrebbe essere la recinzione di una villa –
Oscar tentennò – No…Non credo – disse solo.
In quel momento, dal portone uscirono delle figure. Oscar, istintivamente, mise mano al fianco cercando la spada e maledicendosi di non averla tenuta con se. André socchiuse gli occhi: erano uomini, grandi e grossi, con degli abiti neri e uno strano elmo in testa. Uno di loro, un vecchio dalla barba incolta e bianca, si avvicinò – Venite! – disse e fece un cenno verso l’ingresso.
Oscar deglutì di nuovo, guardò il portone che, con le torri laterali illuminate dalle torce, sembrava la bocca di un drago. Un altro uomo parlò, in uno strano idioma gutturale e il vecchio si avvicinò ancora – Venite! – ripeté come se fosse quella l’unica parola che conoscesse nella loro lingua.
Oscar si guardò indietro. C’era solo la nebbia e stava cominciando a calare la luce. Strinse le labbra e guardò André. Lui si avvicinò – Possiamo andarcene…Ma dove? –
Lei annuì – Hai visto i loro abiti? –
André si girò – E…Quindi? –
Oscar gli prese il braccio – Abiti in pelle…Stivali…Hanno pezzi di armatura…Armatura…Addosso. E le loro spade…Non sono come quelle che usiamo noi –
Lui abbassò gli occhi, in effetti qualcuno di loro aveva al fianco delle spade; non erano gli spadini usati dalle guardie di palazzo e si, l’elsa e la guardia non erano lavorate e le lame sembravano dritte, larghe e massicce: - In effetti fanno paura –
Oscar tentennò – No…Cioè si….Ma sembrano di foggia molto antica –
Un altro uomo emise dei versi e il gruppo si avvicinò ancora. Oscar alzò il mento – Vi ringrazio. Portateci dai vostri padroni per cortesia –
Il vecchio annuì, fece un cenno e gli altri si spostarono di lato. André sospirò – Speriamo di non sbagliarci –
Lei fece un passo avanti – Resta con me – disse solo.
Entrarono nel cortile del castello e videro altri uomini che avevano addosso gli stessi abiti di quelli che li avevano accolti. Il luogo era illuminato da alti bracieri ardenti in metallo e lei respirò di sollievo vedendo anche qualche donna e ragazza passare con cesti di vimini vuoti. Una di loro passò accanto ad André e gli sorrise. Oscar la fissò in malo modo, senza nemmeno sapere il perché.
Sentirono tossire e si girarono verso una scalinata in pietra. In cima videro una figura che stava scendendo piano. Era una donna, indossava una pelliccia marrone e aveva dei lunghi capelli rossi come il fuoco: - Benvenuti nel castello di mia sorella, bei cavalieri, quando gli uomini hanno trovato due cavalli bardati e con dei bagagli abbiamo temuto il peggio –
Oscar si rilassò completamente e chinò la testa – Vi ringrazio, mia signora, io… - disse, ma l’altra la fermò con un gesto – Non adesso…La cena è pronta. Seguitemi –
André inarcò le sopracciglia e si avvicinò a Oscar – La cena ci aspetta. Siamo fortunati –
Lei annuì e si sentì ancora a disagio – Troppo! –
Seguirono la donna dai capelli rossi in cima alle scale ed entrarono in un salone dal pavimento in legno e con un grande camino accesso accanto ad un tavolo rettangolare apparecchiato, due posti a capotavola e due posti vicini su uno dei lati lunghi. Oscar si guardò attorno, la luce arrivava dal camino e dalle torce alle pareti, ma trovò la sala spoglia, persino il camino, pur nella sua imponenza, sembrava scavato rozzamente, sopra di esso notò uno stendardo, completamente bianco con il disegno di un uccello nero: – Un corvo – disse piano.
La donna sorrise – Lo stemma di mia sorella, il mio è un grifone rosso in campo nero. Ma accomodatevi, vi prego – disse e si tolse la pelliccia. Oscar inarcò le sopracciglia: indossava un abito attillato di colore rosso acceso che evidenziava un corpo snello e tonico, le spalle erano parzialmente scoperte e l’unica decorazione dell’abito era una striscia verde attorno alla vita con dei motivi dorati a forma di spirale.
Era rimasta sorpresa non tanto dal fisico della donna, ma dal vestito. Se era una nobile non seguiva certo la moda parigina e anche i suoi capelli rossi erano fiamme vive lasciate libere con solamente un cerchietto dorato che gli cingeva la fronte. Quello era l’unico gioiello che indossava, a parte una collana che gli stringeva il collo con dei fili d’oro attorcigliati chiusa con un semplicissimo gancio.
Dove aveva già visto quell’abito e quelli delle donne in cortile? Si passò una mano sul mento, si vantava di ricordare tutto e il non sapere la rendeva nervosa. Ripassò in mente volti e nomi a decine, manifesti, abiti, quelli di sua madre, della Regina, persino libri. Aggrottò la fronte, perché gli venivano in mente i libri? Poi ebbe l’intuizione: aveva visto degli abiti simili in vecchi tomi nella biblioteca di suo padre, raffigurati nelle miniature di secoli prima.
La donna era rimasta in piedi accanto alla tavola, con la luce del camino che illuminava i suoi capelli come una torcia. Sorrise e allungò la mano – Sedetevi cavalieri – disse e si accomodò in uno dei posti a capotavola.
Oscar e André si accomodarono vicini nei posti del lato lungo, di fronte alla luce del camino. Lei notò che i piatti erano in metallo e che non c’erano posate, ma solo un coltello affilato che poteva essere anche considerato come un pugnale e i bicchieri non erano in fine cristallo come quelli della sua casa, ma erano calici di metallo. Non c’erano bottiglie di vino o d’acqua, ma caraffe di terracotta.
La donna dai capelli rossi fece un cenno con la mano – Servitevi pure da bere mentre aspettiamo mia sorella. Non mi ricordo più da che zona della Gallia viene il vino, ma è molto buono –
Oscar rimase interdetta. Perché quella donna aveva usato il termine Gallia? Era il nome antico della Francia, ma che ormai nessuno più usava. Cercò di sorridere amabilmente – Un corvo nero in campo bianco…Un grifone rosso in campo nero…Non ricordo alcun casato francese con questi simboli –
La donna sospirò – Perdonatemi! Sono mortificata! E’ che questa nebbia avvolgente mi fa impazzire alle volte…Io e mia sorella veniamo dalla Britannia. Sono la Regina di Lothian e delle isole Orcadi, il mio nome è Morgause –
Oscar rimase a bocca aperta – Morg…Morgause…Quindi devo chiamarvi Lady Morgause…E’ un piacere conoscervi e vi ringraziamo ancora per averci accolto nel vostro castello – disse e si alzò inchinandosi profondamente. Con la punta del piede colpì leggermente André che fece come lei. – Il mio nome è Oscar François de Jarjayes, comandante della Guardia Reale di Sua Maestà Re Luigi XVI e questi è il mio attendente André Grandier –
Morgause sorrise di nuovo e posò i suoi occhi verdi come smeraldi sull’uomo, si passò la lingua sulle labbra e si versò del vino   - Non servono tutti questi ringraziamenti. E voi, Andrè…Di cosa si occupa un attendente, di preciso? –
Oscar e Andrè si risedettero, lui sorrise – Vogliate perdonarmi, Lady Morgause, io non sono un nobile, il mio compito è servire il casato dei de Jarjayes e il comandante Oscar –
Morgause inarcò le sopracciglia – Oh! Non siete quindi un cavaliere? Ma allora…Se dovete servire, il vostro compito è quello di uno scudiero –
Andrè strinse le labbra – Immagino di si, Lady Morgause –
Oscar aggrottò la fronte, cosa stava accadendo? Il castello sembrava uscito da un passato remoto, con mura di roccia rozze e un fossato con ponte levatoio. Aveva visto i castelli della Loira, costruiti più di quattrocento anni prima, nel periodo della Guerra dei Cent’anni, francesi ed inglesi, ma nessuno somigliava a quel posto. Gli uomini che li avevano accolti indossavano armature e spade che non avrebbero stonato un una collezione di armi antiche e le donne, come questa Morgause, indossavano abiti che lei aveva visto solo in vecchi libri medioevali.
Morgause si versò del vino e prese li calice in mano – Ma veniamo a voi…Dite…E non offendetevi…Ma…Siete una donna, non è vero? –
Oscar si irrigidì, non era certo la prima volta che glielo chiedevano, ma il fatto che fosse quella donna a chiederglielo, la mise a disagio. Cercò di sorridere – Lo sono, Mia Signora. Mio padre voleva un maschio ed un erede e, quando sono nata io, mi ha chiamato come un uomo e mi ha educato come tale –
Morgause alzò il mento, quasi in segno di trionfo, ma proprio in quel momento i battenti di una grande porta si aprirono ed entrarono due uomini; si misero di lato ed apparve un’altra figura. Oscar la guardò affascinata ed intimorita al tempo stesso. Neri erano i suoi abiti di foggia maschile, neri i suoi stivali, neri e lisci i suoi lunghi capelli e nera la sua tunica senza maniche aperta sul davanti. Sul capo portava una semplice corona di metallo che, sulla fronte, formava una croce a bracci uguali racchiusa in un cerchio, al fianco portava una spada. Non come quella degli armigeri che li avevano accolti, ma più bella: il manico era in legno nero con cerchi d’argento e la guardia in metallo scintillante; il pomolo era un uccello ad ali spiegate e il fodero era dello stesso colore dei suoi abiti. Quello che più aveva colpito Oscar, però, era l’aspetto della donna: la pelle del volto e delle mani era pallida, bianca lattea, cadaverica; il suo viso sembrava quello di una statua classica e i suoi occhi erano grigi e freddi.
Morgause batté le mani – Sorella! Ti stavamo aspettando –
La donna in nero si avvicinò con le braccia leggermente aperte e le dita delle mani piegate come artigli. Come un rapace pronto a colpire, pensò Oscar. Si alzò di nuovo seguita da Andrè e si inchinarono verso di lei – Mia signora. Grazie dell’ospitalità e di aver recuperato i nostri cavalli. Sono Oscar François de Jarjayes, comandante della Guardia Reale di Sua Maestà Re Luigi XVI di Francia e questi è il mio attendente André Grandier –
L’altra li guardò con i suoi occhi grigi e alzò una mano – Sedetevi per favore – disse con una voce bassa e roca, si slacciò il cinturone con la spada e appoggiò l’arma sulla mensola del camino, di fronte al suo stemma e poi si accomodò nell’altro posto si capotavola. Oscar e Andrè si sedettero e la donna in nero socchiuse gli occhi – Immagino che mia sorella Morgause si sia già presentata – disse prendendo il calice di fronte a lei per riempirlo di vino rosso e poi svuotarlo d’un fiato. Lo appoggiò sul tavolo e schioccò le dita – Volker! Fai portare il cibo! – disse all’uomo con la barba bianca ed incolta che li aveva accolti sul ponte levatoio e poi si rivolse di nuovo ai suoi ospiti – La cena arriverà subito, spero vi piaccia il cinghiale al sangue come a me è piaciuto cacciarlo e ucciderlo –
Toccò il calice di fronte a lei e ne accarezzò il bordo, sospirò e rimase in silenzio. Oscar si chiese a cosa mai stesse pensando e poi la donna, improvvisamente, sorrise snudando dei canini stranamente appuntiti – La nebbia fa brutti scherzi. Fa perdere non solo la strada, ma anche la concezione del tempo e persino dello spazio. Tanto che viene da credere di vivere in un mondo a parte, fatato, si potrebbe dire. Benvenuti nel mio castello! Io sono la Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles, il mio nome è Morgana! –
 

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Capitolo 2
*** La Signora del castello ***


Degli uomini portarono un grande vassoio in metallo con sopra dei pezzi di cinghiale arrostito con erbe aromatiche e contorno di salsa alle mele. Lo appoggiarono in mezza alla tavola e, a seguire, arrivarono delle serve portando altre caraffe con acqua, vino e birra e cesti con pane caldo.
Una ragazza porse a Oscar e André degli stracci che, immaginò lei, servissero come tovaglioli e ne ebbe la conferma vedendo Morgana che staccava con il pugnale un grosso pezzo carne portandoselo alla bocca con le mani e poi pulendosi. Morgause tagliò qualche pezzettino di cinghiale e rimase appoggiata languidamente allo schienale con il calice in mano, guardando André.
Oscar aggrottò la fronte, era molto strano che delle nobildonne inglesi non usassero le posate. I nobili d’oltremanica che aveva conosciuto a Versailles erano, anzi, piuttosto pignoli sull’etichetta.
Scrollò le spalle, dopotutto erano in campagna e non alla reggia. Sorrise e si pulì la bocca: – Lady Morgana…Perdonatemi, ma sono curiosa di sapere il nome del vostro casato –
Morgana guardò il suo stemma sopra il camino e poi Oscar – I nostri antenati sono Duchi di Cornovaglia da generazioni, fin da quando Roma abbandonò la Britannia…Quando nostro padre…E’ morto, abbiamo preso il cognome del nostro patrigno: Pendragon. Il suo stemma era un vessillo rosso bordato d’oro con un drago ad ali spiegate, che poi è stato ereditato da nostro fratello…Fratellastro, a dire il vero – disse e fece una smorfia nel pronunciare le ultime parole.
André aggrottò la fronte e Oscar sbatté le palpebre – Io…Non credo di conoscere nemmeno quel casato –
Morgause sospirò e sorrise – Sono casati molto antichi. Comunque…Nostro padre ha avuto tre figlie femmine, la maggiore di noi, Viviana, ha preso…I voti…Io mi sono sposata al Nord e Morgana è rimasta in Cornovaglia come Duchessa –
Morgana annuì – Fino a quando anch’io mi sono sposata in Galles –
Oscar rimase interdetta, stranamente non immaginava quella donna come una moglie e non poteva certo immaginare il tipo di uomo che aveva come marito. Pensò che si trattava, sicuramente, di un matrimonio combinato, come sempre accadeva con la nobiltà. “E come non accadrà con me!” pensò. Andrè sorrise di nuovo – Allora potremo conoscere il padrone di casa prima o poi? –
Morgana sorrise con l’angolo della bocca e prese il calice – Temo di no! Mio marito è morto molto tempo fa…Non ne faccio una tragedia, era molto più vecchio di me: lui mi ha sposato per entrare nella mia famiglia e io l’ho sposato per il suo titolo in Galles. In effetti non abbiamo nemmeno consumato. Per quello che riguarda Morgause…Beh! Anche suo marito ha lasciato questo mondo – disse e bevve un sorso di vino.
La Regina di Lothian fece un gesto con la mano – Oh! Lot non è mai stato un granché…In nessun campo – disse solo.
Oscar e André si guardarono e lei lesse nei anche nei suoi occhi lo sconcerto. Nemmeno Madame Du Barry, che pure veniva dagli strati più bassi del popolo, aveva mai parlato con una tale schiettezza della sua famiglia.
Oscar, però, si limitò a sorridere – Voi dunque siete inglesi di famiglia cattolica? Vostra sorella è badessa di un convento che si trova qui in Francia? –
Morgause scrollò le spalle – Diciamo che ha una confraternita di donne al suo comando –
Oscar annuì non capendo e decise di spostare l’argomento sulla politica più recente – Ho sentito che Re Giorgio III sta spostando molte truppe nelle colonie americane, perlopiù mercenari tedeschi in aiuto alle forze regolari. E’ quindi vero che laggiù c’è aria di rivolta contro la corona? Avete degli interessi anche oltremare? –
Morgana socchiuse gli occhi – Mai avuto interessi in altre parti che non siano nella Britannia, ovviamente –
Oscar si sentì a disagio, la notizia di un’imminente ribellione delle colonie inglesi in Nord America era sulla bocca di tutta Europa.
Morgause prese il suo calice e bevve un sorso – Lo sai, sorella, che il bel cavaliere biondo qui presente è una donna? Una bellissima donna a cui il padre ha dato un nome da uomo! Non è singolare? –
Morgana staccò un nuovo pezzo di carne e se la mise nel piatto, si pulì le mani con lo straccio – Una donna…Perdonate l’entusiasmo fuori luogo di mia sorella, immagino capiate che qui non passa molta gente e qualunque cosa modifichi le nostre monotone giornate è visto da lei come una festa… - appoggiò un gomito sul tavolo e la indicò con un dito – Eppure, Oscar, in una lingua antica, quella dei Sassoni, se non sbaglio, questo nome si pronuncia Oskar, con la “k” e significa “Guerriero di Dio”, oppure può essere tradotto come…”La lancia di Dio”…Non è vero? –
Oscar aggrottò la fronte – Se per Sassoni voi intendete i popoli germanici, si, è vero…Come dicevo a vostra sorella prima che arrivaste, mio padre ha sempre voluto un maschio, ma ha avuto solo figlie femmine e mi ha allevato come sue erede –
Fu Morgause che si piegò in avanti – Un nome da uomo…E avete detto che comandate la Guardia Reale del vostro Re, quindi siete un cavaliere! –
Oscar si girò e annuì – Sono nobile di nascita, come mio padre e mia madre prima di me. Sono il comandante della Guardia Reale e guardia personale della Regina Maria Antonietta –
Morgana rimase a bocca aperta – Un momento! Volete dire…Che oltre ad essere un cavaliere siete anche…Il campione della vostra Regina? –
Oscar annuì, non capendo il motivo delle strane domande delle due donne. Non era la prima volta che discuteva della sua situazione di ufficiale e gentildonna della corte e, solitamente, trovava la cosa alquanto fastidiosa visto che, ogni volta, seguivano gridolini e risatine di ammirazione e curiosità di dame curiose e pettegole e uomini annoiati. Ma, come aveva già potuto notare, quelle donne non si potevano paragonare alle dame di Versailles e i loro sguardi verso di lei le sembravano sempre più quelli di due lupi famelici. Si pulì la bocca di nuovo, anche se non aveva messo in bocca nulla e fu André a salvarla: - Perdonate Lady Morgana, ma anche voi vestite come un uomo e avete detto che il cinghiale lo avete cacciato voi –
La donna in nero si passò la lingua sulle labbra con gli occhi fissi su Oscar – Mio padre…Mio padre non mi ha mai amata! Non ha mai amato nessuna di noi, a dire il vero, ma per me ha sempre avuto un…Diciamo…Odio particolare…Del resto le donne servono a stringere alleanze e null’altro. E’ stato molto…Soddisfacente, per me, imparare l’arte della guerra e della caccia rendendomi indipendente da ogni uomo e, lo ammetto, provo sempre un brivido di piacere quando mi siedo sul suo scranno di Duca –
Oscar aggrottò la fronte e non si trattenne – La vostra visione, se permettete, Lady Morgana, è troppo pessimistica –
L’altra scrollò le spalle – Credete? L’unica cosa che ricordo del Duca mio padre è che mi diceva che non avrei mai dovuto nascere…Non che di Morgause gli importasse poco di più ma il mio…Aspetto particolare…Non mi ha mai aiutato, né con gli uomini e né con le donne e allora ho deciso di essere quello che loro volevano che fossi…Un mostro! – disse e snudò i suoi canini appuntiti. Prese il calice e bevve un altro sorso di vino – Ma io ho scelto il mio destino…Lady Oscar…Invece voi…Se non ho capito male è stato vostro padre a scegliere, non aveva un erede maschio? E allora se lo è inventato! Uomini! Il più delle volte sono inutili, ma in alcuni casi possono anche essere dannosi! –
Oscar si alzò di scatto facendo cadere la sedia all’indietro e sobbalzare Morgause e André. Guardò Morgana con occhi di fuoco    - Siamo nel vostro castello Lady Morgana! Io so quali sono le regole dell’ospitalità, ma credo che voi le abbiate dimenticate! Non lascerò insultare me e la mia famiglia impunemente! Vi ringrazio per averci accolto, ma vi chiedo di darci i cavalli, i bagagli e di lasciarci partire per Carentan adesso! –
Morgause sorrise debolmente e guardò Morgana. Quest’ultima socchiuse gli occhi, studiando la bella donna bionda in piedi di fronte a lei. La donna in nero appoggiò il calice e si alzò, poi si chinò leggermente – Vogliate perdonarmi se vi ho offesa Lady Oscar. Purtroppo passando gran parte del tempo da sola dimentico spesso le regole del buon vivere. Mi rendo conto che la mia, diciamo, esuberanza nel parlare, può urtare le persone, ma non era mia intenzione offendervi. Non potete lasciare il castello adesso, la nebbia in questa stagione è come un mondo bianco inaccessibile. Vi prego di approfittare ancora della mia         ospitalità –
Oscar rimase di sasso per il repentino cambiamento della donna. Annuì e raddrizzò la sedia – Accetto le vostre scuse Lady Morgana…Ma vorrei che usaste il termine “Lord” quando vi rivolgete a me –
Morgana guardò per un attimo sua sorella e poi di nuovo Oscar e annuì sorridendo – Ma certo…Lord Oscar –
André inarcò le sopracciglia – Credo di parlare anche nome del comandante Oscar: possiamo chiedere il permesso di ritirarci per la notte? –
Morgana sorrise con l’angolo della bocca – Ma certo…Perdonateci se vi abbiamo tediato con le nostre chiacchiere – disse e battè le mani due volte. La porta si aprì ed apparvero due serve. La padrona del castello alzò un braccio – Cara e Gerda vi accompagneranno ai vostri alloggi…André…Lord Oscar –
Oscar e André si inchinarono alle due donne e poi lasciarono la sala seguendo le serve.
 
Una volta usciti e rimaste sole, Morgause si alzò lentamente, fiancheggiò il tavolo e arrivò da sua sorella. Con un gesto leggiadro e giovanile fece un piccolo salto all’indietro e si sedette sulla tavola, accavallò le gambe e sorrise – Un cavaliere della Gallia…Il cui nome è “la lancia di Dio”…Un campione di una regina…Ed è una donna…Sorella mia, davvero…Come hai fatto a trovare una persona così…Perfetta? -
Morgana si sedette pesantemente sulla sedia, mise le mani sui braccioli e sospirò guardando il soffitto – In effetti…E’ perfetta… E anche lo scudiero…E’ un’arma perfetta per noi –
Morgause prese il calice della sorella e bevve un sorso di vino – E perché mai? –
L’altra la guardò con compatimento – Non ti sei accorta di nulla? Eppure non credo che serva la magia per vedere che quell’uomo prova un sentimento molto forte per quella donna…Quando sono insieme…C’è un’energia…La posso percepire chiaramente… E quello che è buffo è che nemmeno…Lady…Oscar…Se ne rende conto, ma sta iniziando a provare gli stessi sentimenti –
Morgause socchiuse gli occhi e sospirò – Gli uomini amano le donne…E quella, anche se si veste da uomo, è una bella donna! E’ alta, slanciata, ha un carattere fiero ed impetuoso e se combatte anche bene, credo che persino nostro fratello l’avrebbe ammessa tra i suoi cavalieri…Una donna come quella avrebbe rovinato molti cuori a corte e la cosa divertente, per dirla con parole tue, è che non si rende nemmeno conto dell’effetto che fa sulle persone –
Morgana sospirò di nuovo – Io non parlo di una semplice attrazione fisica, ma di un qualcosa di molto più profondo…Una…Una sorta di magia…Morgause –
L’altra bevve un altro sorso – So cosa intendi, anche se non l’ho mai provato…Tu…Invece…Hai mentito a Lady Oscar –
La donna in nero strinse le labbra – E’ stato molto tempo fa…E sono stata io a rovinare tutto…E’ proprio perché, anche solo per un istante, ho visto quel potere, che posso riconoscerlo e stai pur certa che lei farà di tutto per lui –
Morgause appoggiò il calice, sorrise e socchiuse gli occhi maliziosa, toccò la gamba della sorella leggermente con un piede            - Quando si è alzata di colpo…Ho creduto che l’avresti incenerita! E’ stato divertente vederti chiedere scusa –
Morgana sorrise – Lieta di averti divertito, sorella… - disse piegandosi verso di lei – Ma ti garantisco che è stata la prima e l’ultima volta! –
La donna in rosso scese con grazia dal tavolo – Quindi…Quando agiamo? –
L’altra si alzò – Lasciamoli riposare e domattina…Partiremo! – disse e prese il volto della sorella tra le mani – Viviana pagherà! Pagherà per quello che ti ha fatto! – avvicinò il viso al suo e mise la fronte sulla sua – Per quello che…Ci ha…Fatto! –
Morgause annuì – E così sia sorella! Pagherà per tutto! E Merlino con lei! –
L’altra la lasciò si avviò alla porta, fece un gesto con la mano – Merlino ormai è vecchio e rimbambito…Non è mai stato lui il problema…Ma nostra sorella…E’ un altro discorso che affronteremo quando saremo di fronte a lei – disse e fu colta da dei colpi di tosse violenta. Barcollò e si appoggiò allo stipite della porta.
Morgause fece un passo verso di lei – Sorella…Stai bene? –
Morgana si passò una mano sulla bocca, la guardò e la strinse a pugno – Sto bene! E starò bene! –
 
André e Oscar percorsero il corridoio di pietra fianco a fianco, seguiti dalle serve. Lui strinse le labbra – Lo sai dove siamo, vero Oscar? –
Lei sorrise debolmente – Sulla strada per Carentan? Ospiti di due simpatiche nobildonne inglesi? –
Lui sospirò – Si! Nella dimora di due amabili nobildonne inglesi! Anche se, devo dire, non me le immaginavo così! Dicono che bevono sempre il thé e che offrono dolci e panini…A noi sono toccate la Regina del Galles e di Loreal…Lotus…Ma ti sembra… -
Una delle serve tossì di proposito – Sua Grazia Lady Morgana è Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles, sua sorella Lady Morgause è Regina di Lothian e delle Orcadi –
André si girò – Parlate bene la nostra lingua –
L’altra serva sorrise – Voi parlate la nostra, adesso –
Oscar aggrottò la fronte e tentennò – Beh! Sarà un argomento di cui discutere con l’ambasciatore inglese a Versailles –
André sospirò di nuovo e si avvicinò a lei – Non credo che servirà a qualcosa. Probabilmente verrai a conoscenza di un patto segreto e che Re Giorgio paga profumatamente il nostro Sovrano per tenere quelle donne lontane dalla…Come hanno detto? Britannia –
Arrivarono a due porte, una di fronte all’altra. La serva di nome Gerda incrociò le mani in grembo – La stanza a destra è per il vostro scudiero, quella a sinistra per voi -
André aggrottò la fronte – Attendente! Io sono un attendente. Nel senso che attendo…I suoi ordini –
Le ragazze non batterono ciglio e Oscar strinse le labbra – Ti ringrazio! André… - disse e si avvicinò a lui – Credo sia meglio non dormire molto stanotte e domattina, nebbia o non nebbia, partiremo per Carentan e la Normandia – sussurrò.
Lui annuì – Puoi scommetterci –
Gerda la fece entrare nella stanza. Le pareti erano in blocchi di pietra, e un piccolo camino acceso provvedeva al riscaldamento. Oscar notò che, sul pavimento, c’erano i suoi bagagli recuperati dal cavallo. Guardò la ragazza – Molto bene! Posso farti alcune domande? –
La ragazza annuì sgranando gli occhi. Oscar sorrise – Che…Che tipo di donne sono le tue padrone? –
L’altra rimase per un attimo in silenzio – Sua Grazia Lady Morgana è la mia padrona…Sua Grazia Lady Morgause viene dal Lothian ed è ospite della sorella dopo che il Re l’ha bandita da là –
Oscar inarcò un sopracciglio incuriosita – Ah! E come mai Re Giorgio l’ha bandita dai suoi possedimenti? –
Gerda inclinò la testa di lato – Non so perché il Grande Re l’ha esiliata – disse e si avvicinò guardandosi intorno – Sembra che siano stati i suoi figli a consigliare il Re, Sir Galvano e i suoi fratelli: Sir Agravain, Sir Gaheris e Sir Gareth…Lei è venuta qui con il suo seguito e il suo ultimogenito –
Oscar aggrottò la fronte, quattro figli e un ultimogenito facevano la bellezza di cinque gravidanze. Il fisico di quella donna non le dimostrava minimamente, era asciutto e tonico e la sua pelle liscia e fresca, tanto che avrebbe potuto far innamorare di sé torme di uomini e persino di ragazzi. Tentennò – E…Lady Morgana…Il suo aspetto…Da cosa dipende…E’ una malattia? Ho sentito di persone dalla pelle e dai capelli completamente bianchi, Sua Grazia si tinge i suoi? Sono neri come i suoi abiti...In…In un modo innaturale –
Gerda strinse le labbra – No. E’ il sangue dell’Antico Popolo –
Oscar annuì – L’Antico Popolo…Si, certo…Ti ringrazio -
La ragazza indicò il camino – L’acqua calda è accanto al caminetto e il pitale sotto il letto. Le auguro un buon riposo – disse ed uscì.
Oscar andò verso la porta, girò la chiave e si appoggiò per un attimo con la testa sul legno “Dove siamo capitati! Qualunque cosa accada, domani andremo via da qui! Ad ogni costo!” pensò, andò a ispezionare i suoi bagagli. Erano due borse di pelle e la sua spada era appoggiata ad una sedia. Strinse le labbra e si tolse la giacca, controllò una tasca interna sentendosi sollevata nel trovare l’oggetto che si era portata dietro sempre al suo posto. Poi si levò il gilet e la camicia per togliere la fascia che le stringeva il seno. Si rilassò quando i fermi si allentarono e sorrise debolmente. Era una tortura, ma necessaria. Un soldato non poteva certo portare corpetti in pizzo e le sartorie militari non prevedevano uniformi femminili. Si lavò con l’acqua piacevolmente tiepida e si rimise la camicia. Si stese nel letto e lo trovò comodo. Mise le braccia dietro la testa e incrociò le caviglie. La luce fioca del camino era l’unica cosa che illuminava la stanza ed era piacevole, quasi ipnotico vedere il gioco delle ombre sul soffitto. Il sonno arrivò quasi subito.
 
Guardò fuori dalla finestra. Le ragazze giocavano con una palla di stracci oppure si raggruppavano a parlare, generalmente di maschi. Dopo aver giurato di non avere più paura e di restare da sola, se necessario, il suo intero mondo era cambiato.
Dopo qualche giorno suo padre era partito per la guerra. E non era solo una schermaglia con gli scorridori Sassoni che sempre più si avvicinavano alle loro coste. Stava andando a combattere contro il Grande Re di Britannia, ovvero il nuovo Grande Re che lui non riconosceva come tale.
Lo aveva visto partire in sella al suo destriero nero, alla testa dei suoi uomini e lo aveva visto tornare adagiato su un carro, senza vita, con il corpo crivellato dalle frecce. A dietro di lui c’era il Grande Re in persona con i suoi uomini e, al suo fianco, il suo primo consigliere: quell’individuo strano, un po' prete cristiano e un po'…Qualcos’altro che rispondeva al nome di Merlino. Lo aveva già visto altre due volte: un vecchio alto e curvo con una lunga barba bianca candida e, cosa che lei giudicava piuttosto inquietante, il suo aspetto era sempre identico. La prima occasione era stata quando era arrivato al castello per prendere e accompagnare sua sorella maggiore al santuario dell’Isola delle Mele di Glastonbury dove sarebbe stata istruita alle vie dell’Antica Religione, la seconda quando lei era venuta a trovare la sua famiglia e ad annunciare che sarebbe diventata la somma sacerdotessa, assumendo il titolo di Dama del Lago. Aveva sentito dire da suo padre che quello che veniva chiamato lago era solamente una enorme palude, percorribile in barca. Una pianura malsana in cui, non si sapeva bene il perché, c’era una comunità di frati e suore cristiane e, presso una grande altura artificiale, quello che veniva chiamato il Tor, costruita da chissà chi e chissà quando, c’erano gli adepti degli antichi dei. In effetti si era più volte chiesta come quei due gruppi potessero vivere a stretto contatto tra di loro.
Ma la terza volta che aveva visto Merlino era arrivato con il Grande Re in personae e lei, sua sorella Morgause e sua madre Igraine erano state scortate o, per meglio dire, portate nella corte. Ricordava gli occhi avidi del Re che guardavano la vedova del Duca di Cornovaglia e sua madre che non aveva nemmeno degnato di uno sguardo il corpo del defunto marito, ma che sorrideva lasciva al suo nuovo padrone che di nome faceva Uther Pendragon.
Uther era sceso da cavallo e si era avvicinato alla donna, gli aveva girato intorno grattandosi il mento con una mano e poi aveva sorriso – E’ come mi avevi detto Merlino…Bellissima… - disse e si mise di fronte a lei – Igraine! Il Duca di Cornovaglia è morto e tu sei mia come preda di guerra, con le tue figlie – aggiunse e poi passò a vedere le altre sue “conquiste”.
Vide Morgause e sorrise, forse chiedendosi a chi l’avrebbe data in moglie e poi passò a lei e fece una smorfia – Il sangue dell’Antico Popolo! Per alcuni è una maledizione! Dimmi Merlino, cosa dobbiamo fare di lei? –
Merlino posò lo sguardo su di lei ammiccando – E’ una fortuna Mio Re…L’Antica Religione è ancora seguita da molta gente –
Uther la guardò, ancora indeciso se tenerla con se o ucciderla sul posto. Sorrise e guardò Igraine – Sarà il mio dono di nozze per te…La piccola strega vivrà –
Dopo aver sposato Igraine e dopo aver consumato le nozze, lasciarono il castello per un altro, più grande, a Caerleon, dove lei e sua sorella diventarono principesse. Su indicazione delle loro madre, la nuova Grande Regina, assunsero il cognome del Grande Re in modo da essere destinate e sposare altri Re, per favorire nuove alleanze. Sua sorella era già stata promessa ad uno dei più potenti alleati di Uther, Re Lot di Lothian e delle Orcadi, ma lei no. Non che non fosse un buon partito, ma il suo aspetto e le storie che si raccontavano su di lei non ispiravano code di pretendenti.
Era felice così, ma una parte di lei, come sempre, ne soffriva. Nemmeno da figlia di Re la volevano! Durante un banchetto si era avvicinata al patrigno, aveva imitato, per quanto possibile, i modi vezzosi di sua sorella e gli aveva chiesto di essere allenata come un soldato, ad usare la spada, la lancia e ad andare a cavallo come un uomo. Lui aveva riso, da ubriaco, aveva scrollato le spalle e aveva detto di si: “La piccola strega vuole diventare un soldato! Ah! Ah! Ah! E che sia! Alla prima ferita scapperà a gambe levate a cucire con le altre donne”.
Invece non era stato così. Era stata ferita, picchiata, umiliata, ma non si era mai arresa e, salvo rare occasioni, indossava solo abiti maschili. Poi, dopo appena un anno dal matrimonio di sua madre con Uther, nacque suo fratello. Un esserino rosso che piangeva sempre, che mangiava, vomitava, mangiava, defecava e dormiva, mangiava e poi piangeva di nuovo.
Anche in quel momento stava piangendo. Sentì sua madre chiamarla dall’altra stanza. Entrò e la trovò in piedi, davanti a un grande specchio di bronzo, regalo di Uther, con due serve mentre si agghindava per un qualche torneo di quel giorno. Accanto al letto nuziale, nella culla, suo fratello piangeva. La Grande Regina fece un cenno con la mano “Occupati tu del piccolo” disse. Lei sospirò e si avvicinò al lettino. Com’era possibile che sua madre avesse completamente cancellato suo padre? E sua sorella maggiore, la Dama del Lago, era anche lei figlia del Duca di Cornovaglia, perché non aveva fatto nulla? E quell’esserino immondo che Uther celebrava come suo erede e futuro Grande Re, perché piangeva sempre facendole venire il mal di testa? E se lo avesse eliminato? Forse sua madre non se ne sarebbe nemmeno accorta e lei sarebbe stata molto meglio. Allungò la mano come un artiglio pallido, sarebbe bastata poca pressione e il suo piccolo collo si sarebbe spezzato. Sorrise snudando i suoi canini appuntiti; aveva cominciato a limarseli dopo aver giurato che sarebbe stata lei a fare paura. Improvvisamente il bambino smise di piangere e sorrise, poi rise divertito allungando le piccole braccia verso di lei. Ritirò la mano vergognandosi, sentì le lacrime agli occhi, ma si sforzò di non piangere. Il piccolo faceva sempre così con lei, lui non aveva paura dei suoi denti appuntiti, stranamente li trovava divertenti, lui la voleva e la cercava. Lui le voleva bene. Avvicinò il suo volto a quello del fratello sorridente e gli diede un piccolo bacio sulla punta del nasino: “Mi dispiace! Non volevo farti del male, ma non piangere più per nostra madre, io sarò sempre con te, mio piccolo Artù
 
Oscar si svegliò di soprassalto e si mise seduta sul letto. Si passò una mano sulla faccia e tentennò “Non vedo l’ora di essere sulla spiaggia a cavalcare in santa pace” pensò e si mise in piedi. Indossò di nuova la fascia per il seno, la camicia, il gilet e la giacca e andò alla finestra. Aprì i battenti in legno e rimase a bocca aperta. La nebbia era scomparsa e, al suo posto, c’era una luce pallida e un cielo plumbeo. Strinse le labbra – Il clima ideale della Normandia, ma se non altro possiamo andarcene – disse piano, ma sentì anche un odore particolare. Aspirò con il naso e sentì l’aria salmastra. Guardò verso il basso e vide il cortile con i bracieri spenti e nemmeno una persona. Ovunque fosse quel castello, si disse, non era lontano dalla costa e, quindi, Carentan non poteva essere lontana.
Allacciò la sua spada al fianco, aprì la porta e si guardò a destra e a sinistra, non c’era nessuno nemmeno lì. Bussò alla porta di fronte – André! Coraggio! Dobbiamo andare via e salutare Lady Morgana e Lady Morgause –
Non ottenne risposta, e allora bussò più forte – Dannato dormiglione! André! Svegliati, accidenti a te! – gridò, ma lui non rispose.
Oscar serrò le mascelle, tutto quel silenzio la stava facendo impazzire, afferrò la maniglia e la porta si aprì. Strinse le labbra ed entrò. La stanza era vuota ed il letto intatto. Forse aveva sbagliato porta, uscì, ma era proprio di fronte alla sua e non potevano esserci errori.
Mise mano all’elsa della spada e cercò di tranquillizzarsi: André era sicuramente uscito prima e non l’aveva svegliata e, in quel momento, si trovava nella sala da pranzo del castello a fare una qualche colazione inglese in compagnia delle nobildonne. Al solo pensiero del suo amico da solo con Morgause che lo guardava con occhi languidi, come la sera prima, si sentì, senza nemmeno sapere il perché, ribollire il sangue.
Percorse il corridoio a lunghi passi cercando di ricordare da dove erano arrivati ieri sera e si trovò davanti alla grande porta della sala. Di fianco, come di guardia, c’era il vecchio con la barba incolta che si inchinò.
Oscar notò che aveva una corta ascia legata alla cintura. Il fatto che non avesse visto delle armi da fuoco nel castello non significava, ovviamente, che non ci fossero, ma gli abitanti di quella strana costruzione sembravano prediligere spade e lance.
Lei strinse le labbra – Buongiorno! Avete visto il mio attendente? –
L’uomo si raddrizzò, si girò ed aprì i battenti. Oscar vide quello che più aveva temuto: nella sala c’erano Lady Morgause nella sua pelliccia, Lady Morgana, nei suoi lugubri abiti neri, seduta su un grande scranno di legno con le mani appoggiate sulla guardia della sua spada nera di e, poco in disparte, André circondato da alcuni uomini armati di lancia.
Oscar deglutì e cercò di sorridere – Buongiorno Mie Signore! Vi prego di perdonare il ritardo per la colazione, ma ieri ho avuto una giornata pesante. Aspettavate me? –
Morgause sollevò una mano e si coprì il sorriso con il dorso – Incantevole! –
Morgana socchiuse gli occhi e strinse la presa delle mani sulla spada – Come un vero cavaliere! –
Oscar vide con la coda dell’occhio che l’uomo anziano aveva impugnato la sua ascia e allora, con un rapido scatto, sguainò la sua lama e lo attaccò disarmandolo e facendolo cadere all’indietro. Gli uomini armati accanto ad André si irrigidirono e lui sorrise   - Ben fatto Oscar! – disse e si lanciò verso uno degli altri uomini.
Morgana sbuffò, alzò un avambraccio e André cadde all’indietro, come colpito da una forza invisibile. La Duchessa di Cornovaglia si alzò lentamente appoggiando la sua spada allo scranno e fece qualche passo verso Oscar – Ben svegliata Lady Oscar, spero che il clima della Cornovaglia ti abbia conciliato il sonno –
Oscar si mise in posizione di difesa e aggrottò la fronte, la Cornovaglia era territorio inglese e non si trovava certo in Normadia, gonfiò il petto – In nome di Sua Maestà Luigi XVI di Francia vi ordino di liberare André e di lasciarci andare –
Morgana sospirò e si avvicinò ancora a lei – Non so chi sia questo Re Luigi, come non so chi sia il Re Giorgio di cui parlavi ieri sera –
Oscar sentì un rivolo di sudore sulla tempia e si mise in posizione di difesa – Sono il comandante della Guardia Reale, se non rientrerò un intero reggimento verrà a cercarmi –
Morgause rise di nuovo – No! Non credo che arriveranno qui a Tintagel –
Oscar strinse le labbra – Quindi questo è il nome del castello! Siamo vicini a Carentan? –
La Duchessa tentennò – No…Siamo nei miei domini Lady Oscar, il castello di Tintagel sulle coste settentrionali della Cornovaglia, nel Regno di Britannia –
Oscar sorrise con l’angolo della bocca – Certo…Un’ultima cosa, Lady Morgana: vi avevo detto di chiamarmi “Lord”! – disse e si gettò verso di lei.
Morgana non estrasse la sua spada, alzò un braccio e Oscar si bloccò all’istante. Rimase a bocca aperta e vide la donna in nero sospirare: – Certe cose non cambiano mai! – disse e piegò le dita della mano.
Oscar sentì il braccio che impugnava la spada muoversi e piegarsi verso di lei, fino a che la lama si fermò sotto il suo mento, all’altezza della gola.
Morgana si avvicinò ancora e mise il suo volto a pochi centimetri da quello dell’altra – Forse adesso inizi a capire con chi hai a che fare, Lady Oscar, non farci perdere altro tempo o, te lo giuro, ti farò tagliare la testa del tuo scudiero! –
André che aveva visto la scena, si gettò verso di loro, ma venne bloccato dagli armigeri. Morgause, con un rapido gesto, lasciò cadere la pelliccia, rivelando abiti maschili: pantaloni in cuoio rosso con stivali dello stesso colore e giacca dello stesso materiale rinforzata con delle placche di metallo sulle spalle, unite da una catenella sul petto. Portava solamente il cerchio dorato sui suoi capelli di fiamma e al suo fianco pendeva una piccola spada ricurva.
Si avvicinò alla sorella e ad Oscar, si mise al fianco di quest’ultima – Non vogliamo farvi del male…Se non ne saremo costrette, ovviamente –
Oscar strinse l’elsa della sua spada e cercò di allontanarla dalla sua gola, ma inutilmente. Fece una smorfia – Chi sei tu!? – sibilò a Morgana; quest’ultima strinse le labbra – Chi sono io? La Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles! Mi hanno chiamato in molti modi: sorella, moglie, uno solo mi ha chiamato anche…Amore…Ma tutti mi hanno chiamata strega! E questo, alla fine, sono diventata – disse e rilassò le dita.
Oscar cadde in ginocchio e lasciò cadere la spada. Respirò affannosamente e guardò André che, impercettibilmente, scosse la testa, sconsigliandole di lottare ancora. Guardò ancora Morgana – Non vi conosciamo e non vi abbiamo fatto nulla –
La donna in nero piegò la testa verso il basso e sorrise – No…Ma io conosco te, Lady Oscar: oltrepassando le barriere del tempo e dello spazio cercavo una persona che potesse avere tutte le caratteristiche che ci servono: un cavaliere della Gallia, il campione di una regina e… - sorrise – Sei una donna…E il tuo nome…Ricorda quello di una lancia…Oh! Sei tu colei che cerchiamo -
Oscar tentennò sconsolata – Siete pazze! Non ho la minima idea di cosa stiate dicendo! Lasciateci andare! –
Morgause piegò le ginocchia e appoggiò le braccia sulle cosce, mettendo il proprio volto all’altezza di quello di Oscar: - Mia sorella ha cercato una persona come te nelle pieghe del tempo…E quando ti ha trovata ti ha portato da noi…Tu sola puoi spezzare l’incantesimo che ci impedisce di attraversare la nebbia –
Oscar strinse le palpebre e tentennò di nuovo – Siete…Siete due pazze! Parlate di Gallia…Di cavalieri…Di incantesimi…Quello che state dicendo non ha nessun senso! –
Morgause alzò lo sguardo verso la sorella. Morgana piegò le ginocchia e prese il mento di Oscar con una mano – Ascoltami bene! Non è difficile! Tu dovrai fare solo quello che noi ti diremo e, credimi, non sarà nulla di immorale bel cavaliere, poi, te lo giuro, potrai tornare dal tuo Re, dalla tua Regina…E dal tuo scudiero…E da chiunque altro vorrai – disse e schioccò le dita.
Gli armigeri presero le braccia di André e gliele piegarono facendolo gemere. Morgana accarezzò la guancia di Oscar – Serve che ti dica cosa succederà altrimenti? –
Oscar scrollò la testa per evitare il contatto con la mano della donna, sorrise con l’angolo della bocca – Posso almeno alzarmi? –
Morgause si raddrizzò, come Morgana. Oscar chiuse per un attimo gli occhi e poi balzò verso l’alto, verso la donna in nero mettendo una mano all’interno della giacca.
Morgana cadde a terra sorpresa dall’attacco e, quando fu con la schiena sul pavimento non vide alcuna lama o il volto di Oscar, ma solo un punto nero. Oscar, con un ginocchio a terra e l’altro piede saldamente poggiato sul pavimento, costrinse la Duchessa di Cornovaglia a restare a terra. Sorrise e tirò il cane della sua pistola ad avancarica, rallegrandosi di averla portata con se. Adesso era lei in vantaggio, anche se aveva a disposizione un solo colpo.
La donna in nero aggrottò la fronte – Ma cosa… - disse e guardò Oscar – Cosa è questo arnese che impugni? –
Oscar sorrise – Lo sai benissimo cos’è! Ti atteggi a strega, ma sono sicuro che c’è una spiegazione per quello che mi hai fatto fare…Tutte queste storie su cavalieri e incantesimi…Credevi che sarebbe stato così facile sconfiggermi? –
In quel momento sentì una presa sul braccio, girò lo sguardo e vide Morgause. Due uomini corsero verso di loro e la bloccarono facendole cadere l’arma. Oscar fece una smorfia di dolore, ma non per il male fisico. Lo fece pensando alla stupidità che aveva dimostrato nel non aver considerato Morgause pericolosa e per aver perso anche l’ultima speranza che avevano lei e André di fuggire.
Morgana fu aiutata a rialzarsi dal vecchio Volker, poi si piegò verso la pistola e la prese in mano delicatamente. Morgause lasciò Oscar con i soldati e si avvicinò – Cos’è questo? –
Morgana scrollò le spalle – Non ne ho idea…In effetti io ho solo trovato la persona che corrispondeva alle caratteristiche che cercavamo, ma non ho pensato a che tipo di armi potessero avere oltre alle spade. Sono stata stupida! Lo ammetto! Alle volte il mio potere mi fa dimenticare che la tecnologia fa passi da gigante nel corso dei secoli, anche se, in verità, non ho la minima idea di come funzioni questa…Arma…E che danni faccia – disse e si avvicinò alla spada di Oscar – Ma non mi importa – aggiunse, prese l’arma e fece roteare la lama in aria un paio di volte. Morgause strinse le labbra – Non sembra solida, per me non riuscirebbe a scalfire nemmeno uno scudo –
La donna in nero studiò l’elsa per qualche istante e poi guardò la sorella – Non l’abbiamo vista combattere, ma è l’arma di un cavaliere – disse e guardò André; andò da lui – La tua padrona è combattiva e sa essere pericolosa – disse e allungò la mano prendendogli la gola – Tu invece, di questa coppia, sei quello riflessivo, non che tu non voglia combattere, lo so, ma sei curioso di sapere cosa sta effettivamente succedendo…Hai perlomeno capito che non siete più in Gallia? –
André strinse le labbra – Notevole Lady Morgana, Ma ho solo capito che siamo vostri prigionieri e che siamo tenuti in ostaggio. Il comandante Oscar de Jarjayes è un personaggio molto importante ed è amica personale della Regina di Francia…Io ci penserei due volte prima di minacciala…Tuttavia…Voi siete in vantaggio. Se facciamo quello che volete, ci libererete? –
Morgana annuì – L’ho detto e avete la mia parola, quella della Duchessa di Cornovaglia e della Regina del Galles –
Oscar tentò di liberarsi dalla presa degli uomini – Stupidaggini! Prendi la tua spada e affrontami! Strega! –
La donna in nero sorrise, lasciò André e si girò verso di lei – Ah! Alla buon’ora…Stai cominciando a capire, finalmente, con chi hai a che fare! - disse e tornò a guardare André – Ve lo ripeto: avete la mia parola! -
André aggrottò la fronte – Io sono un attendente…Oh! Lasciamo perdere…Oscar… - disse e la guardò stringendo le labbra e inarcando le sopracciglia. Oscar capì con uno sguardo che André voleva aspettare un altro momento più opportuno per tentare la fuga e chiuse per un attimo le palpebre per fare in modo che lui capisse che era d’accordo. Sbuffò soffiando dalle narici come un toro e guardò Morgana con occhi iniettati di sangue – La pagherai, strega! Lo giuro sul mio onore! Ma…Faremo quello che volete –
Morgana sollevò la mano con la pistola – Bene! Non mi aspettavo certo che avessi detto subito di si, Lady Oscar, nemmeno che avessi capito subito dove ti trovavi e, sinceramente, nemmeno che tu fossi così…Così combattiva! E’ un bene! Sei la persona giusta! – disse e fece un cenno agli uomini che la trattenevano e la lasciarono.
Oscar face un passo avanti, guardando Morgause e Morgana, ma poi respirò a fondo – Cosa mai dobbiamo fare? –
La donna in nero prese la spada di Oscar per la lama e gliela porse – Un momento, cavaliere, anche io ho la tua parola? –
Oscar fece un altro respiro profondo – Avete la mia parola di comandante della Guardia Reale e di nobile di Francia – disse, prese la spada e la rinfoderò – Avreste potuto chiedere il nostro aiuto ieri sera a cena! –
Morgause sorrise – E ci avreste aiutato di vostra spontanea volontà? –
Oscar si sistemò la spada al fianco e la guardò – Ovviamente no! Ma vi stupirebbe sapere quello che posso fare, Lady Morgause! E sarebbe stato cortese prima chiedere! Posso avere anche la…L’altro oggetto? –
Morgana socchiuse gli occhi e guardò ancora una volta la pistola – Non so cosa sia capace di face quest’arma, per adesso no, ma hai la tua spada, cavaliere…E hai il tuo scudiero – disse e guardò il vecchio con l’ascia – Volker! Prepariamoci a lasciare        Tintagel –
Il vecchio si batté il pugno sul petto e chinò leggermente la testa. Oscar aggrottò la fronte – Un momento! Lasciare il castello? Per dove? –
Morgana sorrise con i suoi strani e sinistri canini appuntiti – A spezzare l’incantesimo, Lady Oscar…Andiamo a trovare la nostra cara sorella Viviana…Andiamo ad Avalon! –

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Capitolo 3
*** Un Regno senza un Re ***


Si appoggiò alla parete per non cadere. Aveva bevuto troppo e aveva festeggiato troppo e non era ancora finita! La grande battaglia contro i Sassoni era stata vinta. Re Vortigern aveva radunato un esercito imponente che era sbarcato sulle coste della Britannia, ma a Mount Badon avevano trovato i Britanni guidati dal giovane erede di Uther Pendragon ed erano stati sconfitti, di più: polverizzati. Anche lei era presente, formalmente al comando degli uomini della Cornovaglia, ma di fatto nelle retrovie dell’esercito. Eppure non avrebbe avuto paura di confrontarsi con il nemico. Sapeva usare la spada, la lancia, sapeva cavalcare, ma gli altri comandanti avevano deciso di relegarla dietro. E non senza qualche risata di scherno. Ma, nonostante tutto, anche lei aveva il diritto di festeggiare e aveva festeggiato.
La sua famiglia era stata divisa: Viviana era la Dama del Lago; Morgause aveva lasciato Caerleon appena adolescente per sposarsi al Nord e Artù, non appena fu in grado di camminare, fu mandato da uno dei più fedeli servitori di Uther, un certo Hector, che lo avrebbe educato secondo le regole romane. Lei, invece, era rimasta al castello. Era diventata un’abile spadaccina e una provetta cavallerizza, ma ancora non c’erano proposte di matrimonio. A corte la chiamavano con un termine diverso da “strega”, usando un più raffinato “fata”, ma che non ne cambiava il senso dispregiativo. Uther, su suggerimento di Igraine, la spedì di nuovo in Cornovaglia, a Tintagel, come Duchessa al posto di suo padre.
Una volta insediata si era impegnata, anche se giovanissima, nell’arte del governo e aveva trovato l’aiuto del ciambellano del Duca, Volker, un sassone fatto prigioniero e poi passato dalla parte dei Britanni. Aveva fatto costruire nuove fortificazioni, aveva difeso i villaggi dagli scorridori sassoni e mantenuto la pace, ma il popolo aveva paura di lei. Aveva paura del suo aspetto, delle voci che incontrollate si levavano, che era una strega. Che la chiamassero così lo poteva anche capire e cercava sempre di mantenere il controllo ogni volta che se lo sentiva dire. Che alcuni la chiamassero anche prostituta o meretrice lo trovava profondamente ingiusto e terribilmente ironico visto che non aveva avuto mai alcun amante e che non aveva mai conosciuto l’amore di un ragazzo o di una ragazza.
Tuttavia, quando era arrivata con il suo seguito a Caerleon, aveva visto per la prima volta dopo anni sua sorella Viviana nelle vesti della somma sacerdotessa: era bellissima, con capelli biondi come l’oro che brillavano al sole e nelle sue vesti bianche candide. Al suo fianco c’era il consigliere del Re, Merlino, chiamato il Mago, verso il quale lei provava una atavica antipatia. Se non odio. Lui aveva portato via Viviana e sempre lui aveva condotto Uther a uccidere suo padre e a prendere in moglie sua madre.
Viviana e Merlino avevano condotto Artù al rituale della spada nella roccia in cui il giovane Re, alla presenza dei grandi nobili, aveva estratto la spada sacra di Avalon incastrata tra due rocce in modo da simboleggiare idealmente la Madre Terra che dava al Re l’arma per difenderla dagli invasori. Si disse che la Dama del Lago ed il Mago non brillavano certo per la fantasia, ma per il popolo andava talmente bene che aveva sentito dire un giro un’idiozia secondo la quale Artù l’aveva estratta da una vera roccia.
Tra i nobili non aveva visto sua sorella Morgause, del resto erano tutti uomini e tutti guardavano lei, l’unica donna, per di più con l’aspetto dell’Antico Popolo, con un misto di noia e ribrezzo. Per la prima volta aveva visto suo cognato Lot, Re di Lothian e delle Orcadi e non gli era piaciuto. Era un uomo massiccio, dal collo taurino e dagli occhi piccoli e malvagi. Accanto a lui c’erano i suoi nipoti, i figli che il Re del Lothian aveva fatto sfornare, quasi uno dietro l’altro, a sua sorella. Stava bene? Era cambiata? Le gravidanze avevano inciso sul suo bell’aspetto? Avrebbe dovuto aspettare la fine della battaglia per saperlo.
E la battaglia era finalmente finita. Con una vittoria e Lot aveva aperto il suo castello per i festeggiamenti. “A Viviana la gloria, a Morgause il piacere e a me il dolore” pensò amaramente, ma per quella sera non importava. Si passò una mano sul volto cercando di schiarire la vista e vide che quel corridoio era un vicolo cieco. Il trambusto della festa era lontano e non sapeva in che parte del castello era finita. Il palazzo di Lot era più grande di Tintagel, quasi come Caerleon.
Passò davanti a una porta e sentì dei gemiti. Sorrise e sospirò “I sussurri degli amanti! Ma qualcuno amerà mai me? La strega?” si disse e appoggiò un orecchio, ma non sentì più nulla.
In quel momento la porta si aprì e ne uscì una figura femminile, perlomeno doveva essere una donna con quei lunghi e folti capelli rossi come fiamma. La donna la guardò per un attimo sgranando gli occhi e sorrise – Sorella! Sei qui –
Lei sbatté le palpebre per riacquistare un po' di lucidità e riconobbe il bel volto di sua sorella Morgause. Era cresciuta e molto. Ed era bella. Era diventata una donna e una madre e no, le quattro gravidanze non avevano inciso minimamente sul suo fisico e lo vedeva chiaramente visto che era nuda sotto una semplice pelliccia. Si trovarono immediatamente una nelle braccia dell’altra. Morgause le prese il volto tra le mani – Dei dell’Annwn! Come sei cresciuta! La mia sorellina ha combattuto? –
Lei le prese una mano e sospirò, la guardò per un attimo – No…Non me lo hanno permesso – disse e guardò all’interno della stanza e vide un corpo steso a terra accanto a una lampada; sorrise – Vedo che non perdi tempo! Tuo marito è di sotto a bere con gli altri re e tu sei qui a intrattenere le truppe? – disse e rise sommessamente.
Morgause divenne seria – No! No, sorella. Se sono qui è per ordine degli dei –
Lei aggrottò la fronte, accidenti al vino! Si disse: - Cosa…Cosa stai dicendo…Dalla Cornovaglia ho sentito che collezioni amanti come nostra madre collezionava le collane –
L’altra annuì – E’ vero! Ma dopo la battaglia nostra sorella Viviana è venuta da me…Ha detto che io partorirò il nuovo Grande Re di Britannia! Con quell’uomo –
Lei guardò di nuovo dentro la stanza e poi di nuovo sua sorella – Sei ubriaca? –
Morgause la prese per le braccia – Oh! No, sorella. Non so chi sia quest’uomo, mi è stato indicato da Viviana in persona come un grande eroe, ma con lui io oggi ho generato il futuro di questa Nazione! – disse e la lasciò, poi fece qualche passo indietro      – Vado da mio…Marito…Ci rivedremo sorella e ricorda…Io sono la madre di un Re! – disse e se ne andò.
Lei rimase per un attimo interdetta e poi sorrise, poi rise e guardò dentro la stanza – Si! Da adesso l’adulterio si chiama… Salviamo la Nazione…Ahahaha… –
Si girò per andarsene, ma, dopo qualche passo, si fermò: era risaputo che Lot era un uomo tremendamente vendicativo. Che sua moglie avesse degli amanti poteva anche capirlo, ma che avesse commesso l’adulterio proprio sotto il naso suo e degli altri re e di suo fratello Artù, non poteva essere certo lasciato impunito. Sapeva che Morgause, in un modo o nell’altro, se la sarebbe cavata, dopotutto era la sorella del Grande Re, ma quell’uomo, chiunque fosse, una volta trovato, sarebbe stato fatto a pezzi. Si disse che non erano affari suoi, ancora due passi e poi…Tornò indietro maledicendosi. Entrò e diede un piccolo calcio a quel corpo steso. Era giovane per davvero. Quanti anni poteva avere? Di certo una decina meno di Morgause e solo qualcuno meno di lei. Si piegò per girarlo e poi si ritrasse di scatto verso il muro, improvvisamente lucida nei pensieri e nelle azioni.
Morgause non lo poteva riconoscere e nemmeno ricordarsi di lui, visto che lo aveva lasciato che era poco più di un neonato, ma lei si, lo aveva visto proprio prima della battaglia. Quel volto e quei capelli castani erano inconfondibili: la persona stesa nuda sul pavimento con un sorrisetto idiota stampato in volto era Artù, il loro fratello Artù.
Lei piegò le ginocchia e cominciò a piangere. Era suo fratello, il suo fratellino, quello che coccolava quando la loro madre, non aveva tempo per lui e quello che rideva dei suoi denti appuntiti quando tutti gli altri ne avevano paura. Si gettò su di lui e lo scosse, sentì un grugnito e allora gli diede una forte sberla.
Lui aprì gli occhi e sorrise – Ciao! E tu chi sei? Mi dispiace, ma amo la donna dai capelli rossi…Dov’è? –
Lei gli diede un’altra sberla e lui si mise seduto – Ahio! Ma cosa… -
Lei, con gli occhi gonfi di lacrime, lo fissò – Cosa…Cosa hai fatto…Cosa avete fatto! –
Lui scrollò la testa e ridivenne lucido – Il tuo volto, i tuoi denti…Tu…Sorella…Mi ricordo di te…Oh! Morgana! Sorella mia! Quanto mi sei mancata! Ho sempre desiderato venire da te in Cornovaglia, ma non me lo hanno mai permesso, ma ora che sono il Re resteremo sempre insieme, per la Britannia! - disse e l’abbracciò. Lei si sciolse per un attimo tra le sue braccia, come quando lo prendeva in braccio da piccolo e poi lo allontanò prendendolo per le spalle – Cosa hai fatto! Lo sai chi era quella donna? –
Lui sorrise debolmente – No…E’ venuta da me al banchetto…Poi ci siamo trovati qui…Non…E’ stata la mia prima volta sorella mia. Io la amo –
Lei abbassò la testa e singhiozzò – Idiota…Idiota che non sei altro…E maledetta anche lei…Che non ti ha riconosciuto…Era tua sorella…Quella era Morgause –
Lui impallidì e scosse la testa – No…Non può essere…Morgause…Mia sorella…Non… -
Lei alzò la testa e tirò su con il naso – Adesso ascolta: il marito di nostra sorella è uno dei tuoi più importanti alleati e ha fama di essere un uomo molto vendicativo…Se viene a sapere quello che è successo l’intero Regno andrà a ferro e fuoco, lo capisci? –
Artù annuì; lei si alzò e andò alla porta. Non c’era nessuno e si sentivano i suoi del banchetto lontani. Si girò – La via è libera, ma devi sbrigarti a tornare di sotto e, anche se difficile, fai finta di nulla e evita, evita Morgause –
Lui finì di vestirsi e la raggiunse con gli occhi pieni di lacrime – Sorella…Sul mio onore…Io non lo sapevo…Io… - disse e l’abbracciò di nuovo –
Lei lo strinse a se, poi gli diede un bacio sulla guancia – Va…Vai –
Lo vide allontanarsi e poi si appoggiò con la schiena al muro. Guardò il soffitto. Come era potuto accadere? Fratello e sorella che giacevano insieme era un abominio! Viviana. Di sua sorella Viviana era la colpa. Lei aveva convinto Morgause con le sue farneticazioni sul concepimento di un Re. E se fosse nato per davvero un bambino da quella unione? Aveva sentito che in un lontano paese del Sud, oltre il Mare Mediterraneo, dove le tombe dei sovrani erano montagne colossali di pietra nel deserto, era una cosa normale l’unione di consanguinei, per preservare la stirpe regnante. Perse in quei pensieri folli sentì qualcosa in gola, si mise una mano allo stomaco, si piegò in avanti e vomitò.
 
Oscar raddrizzò la testa. Si era appisolata sul fianco del cavallo e non gli era mai successo. Batté una mano sul collo dell’animale e sorrise tristemente. Le visioni che regolarmente stava avendo da quando si erano persi nel bosco si erano fatte più vivide e la protagonista non poteva che essere Morgana. Passò una mano sul fianco dell’animale e pensò a quello che aveva appena visto: era reale? Oppure si trattava di un altro trucco di quella strega? Morgause che aveva giaciuto con il fratello, era mai possibile? Si guardò attorno. Il cortile del castello era pieno di cavalli e uomini armati. Sopra tutti loro sventolavano gli stendardi del corvo nero e del grifone rosso, le bandiere di Morgana e della Regina di Lothian.
Quello che era successo nel salone l’aveva provata. Indubbiamente la Signora del castello possedeva dei poteri che andavano oltre l’immaginazione, ma che si trovassero in un altro tempo Oscar non lo poteva credere; non lo voleva credere. Avrebbe voluto parlarne con André, ma le loro ospiti li tenevano a debita distanza l’uno dall’altra e, chissà perché, nel vedere il suo amico all’altro capo del cortile con accanto la Regina di Lothian nella sua armatura rossa, gli faceva venire i crampi allo stomaco.
Sentì dei rumori di zoccoli dietro di lei, si girò e vide Morgana in sella ad un grande destriero nero. Oscar sorrise e alzò lo sguardo   - Lady Morgana –
Morgana sorrise mostrando i suoi canini appuntiti – Ammiro la tua calma, Lady Oscar. Un’altra dote degna di un cavaliere – disse e si piegò in avanti – Siamo pronti a partire. Muoviamoci! – aggiunse, mosse i talloni e il cavallo si allontanò al trotto.
Oscar strinse le labbra guardandola allontanarsi con i suoi capelli neri ondeggiare al ritmo dell’andatura del cavallo. Mise un piede sulla staffa e poi montò in sella. Si guardò attorno e vide che anche André era a cavallo, con accanto Morgause sopra un cavallo dal pelo rossiccio. Strinse il pugno e poi tentennò “Hanno una sfrenata fantasia nello scegliere i colori queste due donne…La dama rossa e la dama nera…E non riesco ad immaginare come potrà mai essere la terza sorella…” pensò.
Morgana alzò un braccio – Al mio fianco Lady Oscar! Non vorrei che ti sentissi troppo sola! –
Oscar strinse le labbra e poi la raggiunse. La Duchessa sorrise – Avanti! – gridò e il ponte levatoio cadde in avanti con un tonfo.
Oscar e Morgana uscirono al trotto seguiti da un gruppo di cavalieri armati di lancia e scudo, poi da Morgause e André e altri cavalieri. Oscar si guardò attorno, non vide la foresta di Carentan, ma solo una stretta strada sterrata che costeggiava una scogliera. Guardò verso l’alto, il cielo era sempre plumbeo.
I cavalli presero il passo ed avanzarono lentamente. Oscar si girò e vide le mura del castello allontanarsi, poi guardò avanti. Doveva trovare ogni sorta di punto di riferimento in modo da sapere dove effettivamente si trovavano. In Normandia? Non c’erano scogliere come quella che stavano costeggiando, ma lunghe e larghe spiagge di sabbia fine.
Morgana sorrise – Non preoccuparti! Mia sorella si prenderà amorevolmente cura del tuo scudiero –
Proprio in quel momento si sentì la risata di Morgause provenire dietro. Oscar respirò a fondo – Lo posso sentire! Dove andiamo e quanto durerà il nostro viaggio? –
L’altra scrollò le spalle – Andiamo a Glastonbury, dove ci sono una comunità di frati e di suore cristiani e…La comunità di mia sorella maggiore Viviana, dove siamo diretti. Da qui a la ci sono circa centotrenta miglia. Ma è solo per la prima parte, poi, ovviamente, toccherà a te –
Oscar annuì – Di preciso, cosa dovrei fare? E come mai questo bel reparto di cavalleria che ci accompagna? Ho notato che non hanno armi da fuoco –
Morgana strinse le redini – Quanto sei curiosa! Primo: quello che dovrai fare te lo dirò una volta al Lago…Secondo: la Britannia adesso è senza un Re e gli invasori sassoni stanno tornando. Dovremo fare molta attenzione, anche se la strada per l’Abbazia è di solito sicura. Terzo: quando ci accamperemo avrai tutto il fuoco che vorrai per scaldarti e mangiare –
Oscar sospirò – Il Lago? –
Morgana sorrise – Non è un vero lago, certo, è una grande palude, percorribile con barche e i cui canali formano quelle che si possono chiamare isole –
L’altra strinse le labbra – Molto romantico! Vostra sorella è quindi a capo di una confraternita? Non è cristiana? Cosa mai ha fatto a te e a tua sorella? –
Morgana si girò a guardarla e sbuffò – Mia sorella è a capo di una confraternita sull’Isola delle Mele, chiamata anche Avalon… No…Non è cristiana e nemmeno io e Morgause…Nostra madre ci ha consacrato all’Antica Religione durante i riti di Samhain (n.d.a.: antica festività celtica della notte tra 31 Ottobre e 1 Novembre, oggi conosciuta come Halloween)…Per l’ultimo punto: non sono affari tuoi! Ci porterai da lei e tu e il tuo scudiero…Attendente o quello che è…Tornerete da dove siete venuti…Hai avuto la mia parola! –
Oscar fece un gesto con la mano – Dico solo che sarebbe più semplice se sapessi effettivamente quello che mi aspetta in questo… Lago…E anche tu hai avuto la mia parola! –
La Duchessa socchiuse gli occhi e alzò un avambraccio con il palmo della mano verso l’alto. Oscar si sentì improvvisamente a disagio, come se qualcosa premesse sulla sua gola rendendogli difficile il respiro. Si portò una mano al colletto della camicia e lo allentò, ma la pressione sulla gola non si attenuò. Vide che le dita della mano di Morgana si stavano stringendo piano e lei sentì l’aria mancare dai polmoni a poco a poco. Cercò di urlare e si piegò in avanti sul collo del cavallo. Morgana rilassò le dita e lei respirò di nuovo.
La Duchessa sorrise di nuovo mostrando i suoi canini appuntiti – Sei curiosa…E’ una qualità che di solito apprezzo, ma non sono un tipo paziente, Lady Oscar…Ho detto che saprai tutto a tempo debito e così sarà! – disse e prese dalla sacca della sella un oggetto. Oscar vide la sua pistola. L’altra la soppesò e poi, con un gesto rapido, la fece volare in aria, oltre la scogliera.
Oscar guardò impotente l’arma danzare in aria e poi cadere. Morgana sospirò – Non ti servirà quell’arma. Un cavaliere ha bisogno solo della sua spada –
Oscar sorrise – Bene! Se non vuoi usare i tuoi trucchi possiamo anche vedere qui ed ora chi di noi due vincerebbe un duello –
La Duchessa fece un gesto con la mano – Lo vincerei io…Ma adesso non ne ho voglia, Lady Oscar – disse e diede un colpo di tosse. Si coprì la bocca con la mano e poi la strinse a pugno. Oscar strinse le labbra – Qualcosa che non va? –
L’altra alzò il mento – Nulla che ti riguardi! – disse solo e poi rimase in silenzio.
 
Dopo lunghissimi istanti Morgana allungò il braccio davanti a se – Il villaggio di Boscastle. Ci passeremo attraverso –
Oscar sospirò di sollievo. Finalmente avrebbe visto un villaggio inglese con le sue belle case in fila una dietro all’altra, ordinate, con il tetto spiovente in legno, con una via principale brulicante di vita e l’immancabile “pub” dove sicuramente avrebbe trovato dei soldati inglesi dall’inconfondibile giubba rossa che gli avrebbero detto dov’erano e, soprattutto, in che tempo si trovavano e poi avrebbero internato le due donne e liberato loro.
Invece, quello che doveva essere un tipico e ridente villaggio inglese si rivelò un raggruppamento di capanne di legno e fango essiccato. La gente arrivò a vederli passare e Oscar si portò una mano alla bocca: c’erano bambini nudi che camminavano nel fango e negli escrementi, vecchi dagli abiti lerci che alzavano le mani verso di loro con dei lamenti, donne in lacrime e uomini. Uomini in abiti di pelle che inveivano. “Strega!” gridò qualcuno.
Oscar guardò Morgana, ma la Duchessa manteneva lo sguardo dritto di fronte a sé.
Hai ucciso tuo fratello! Strega!
Hai lasciato il Regno senza un Re. Maledetta!
Il tuo essere immondo ha tradito il nostro buon Re! Che tu sia dannata!
Oscar notò che la mascella inferiore di Morgana stava tremando, se di rabbia o di sofferenza, non poteva saperlo. La donna in nero girò leggermente la testa – Volker! Date tutti i viveri che potete a questa gente –
Il vecchio, dietro di lei, chinò la testa e batté il pugno sul petto – Si Mia Signora! Vostra Grazia…Permetteteci di punire quei bifolchi! –
Morgana strinse le redini – No! – disse solo.
Oscar guardò di nuovo la Duchessa – Cos’è…Cos’è successo al Re? –
L’altra sospirò – C’è stata una grande battaglia, a Camlann, il nostro Re ha combattuto contro un traditore…Una persona di cui lui si fidava…Ma che lo ha ingannato come una serpe in seno –
Oscar socchiuse gli occhi – E immagino che il Re sia morto –
Morgana tentennò – Il traditore è morto. A quanto ne so il Re è solo rimasto ferito –
Oscar pensò alle visioni che la stavano assalendo ogni volta che chiudeva gli occhi – Il Re…E’ tuo fratello, vero? –
Morgana la guardò e lei si mise istintivamente una mano alla gola, pur non sentendo alcuna pressione. La donna in nero sorrise debolmente – Era mio fratello…Mio e di Morgause…Avevamo la stessa madre, a dire il vero, ma padri diversi. Eppure io e lui eravamo molto uniti, da piccoli, il che non l’ho mai capito: io venivo evitata da tutti e lui, invece, era benvoluto da chiunque. A parte quando piangeva, da neonato, allora ero io che dovevo provvedere a lui, mentre nostra madre provava vestiti e Morgause passava il tempo a rincorrere e farsi rincorrere dai ragazzini –
Oscar sorrise e fu certa di vedere per un attimo una scintilla di colore in quegli occhi freddi, di certo non immaginava quella lugubre donna paludata di nero come una bambina a modo che si prendeva cura del fratellino. Morgana strinse le labbra e aggrottò la fronte – Cosa c’è adesso! –
L’altra scrollò le spalle – Oh! Nulla di nulla, Lady Morgana –
 
Proseguirono in silenzio. Si fermarono a pranzare sempre in silenzio e poi ripresero il cammino, senza incontrare anima viva, fino al limitare di una foresta. Morgana alzò un braccio – Fermiamoci qui! – ordinò.
Dopo qualche istante gli uomini si diedero da fare per creare un vero e proprio accampamento. Oscar passeggiò tranquillamente tra di loro, libera, ma sicura di essere sorvegliata, discretamente, da qualcuno. Vide da lontano Morgana parlare con sua sorella Morgause. Sorrise e si appoggiò con la schiena ad un albero. Si mise a braccia conserte e sollevò il ginocchio poggiando la pianta del piede sul legno. Batté due colpi e, dopo qualche istante, ne sentì altri due dall’altro capo dell’albero.
Oscar sospirò – Spero che il viaggio sia stato piacevole –
Sentì André ridere sommessamente – Si! A parte quel villaggio…Morgause è una brillante conversatrice –
Oscar girò la testa di scatto – Morgause! – disse sforzandosi di non gridare – Vi chiamate già per nome? –
André aggrottò la fronte – Beh! Cerco di avere più informazioni che posso…E tu e la dama in nero, invece? –
Oscar sbuffò e si massaggiò la gola – Morgana, al contrario della sorella, evidentemente, non ama intrattenere i suoi ospiti. Hai idea di dove siamo? –
André socchiuse gli occhi – Temo che, per qualche motivo, ci troviamo in Britannia. In Inghilterra, voglio dire, ma questo lo hai già pensato, non è vero? –
Lei annuì – Si, questo lo credo anch’io…Devono averci drogato a cena, poi portato al di la del mare –
Lui sospirò – Un piano complesso. Per rapire il comandante delle Guardie Reali del Re di Francia hanno messo su una bella messa in scena…Ho chiesto a Morgause quale dovrebbe essere il tuo ruolo in tutto questo, ma non me lo ha voluto dire –
Oscar strinse i pugni – Perché Morgause… - disse il nome quasi sputandolo – E Morgana…Stanno giocando…Probabilmente non sono nemmeno i loro nomi reali…Hai visto armi da fuoco? –
Lui appoggiò una mano sull’albero – No! E immagino nemmeno tu…Hai detto che è un gioco? Che tipo di gioco può mai essere questo che prevede vecchi castelli e villaggi di fango e cavalieri…E…Te? –
Oscar strinse le labbra – Quello di due nobildonne annoiate che vogliono vivere nel mondo degli antichi cavalieri…E quando arriveremo dalla terza sorella immagino che troveremo un castello con un’altra dama con vestiti di un qualche altro colore in cui mi faranno gareggiare in un torneo come quelli di una volta…Con lancia e armatura… -
André annuì di nuovo – Può essere…Ma… Hai provato tu stessa e sulla tua pelle i poteri di Morgana. E tutto mi sembra quella donna, ma non certo una nobildonna annoiata come quelle che vediamo a Versailles…E poi hai dato la tua parola che le avresti         aiutate –
Oscar sospirò e, per un attimo, sentì ancora una presa alla gola – Morgana ha detto che non sarà nulla di immorale o di malvagio…E, entro questi limiti, farò quello che vogliono, in caso contrario il mio giuramento non varrà nulla…Ti rendi conto anche tu che non possono farci attraversare tutta l’Inghilterra senza che nessuno si accorga di questo corteo di armigeri…E quando, finalmente, troveremo, una città inglese con un reparto di soldati inglesi ti assicuro che sarò l’unico francese in Europa felice di vedere quelle giubbe rosse –
André respirò a fondo – E se ti sbagliassi Oscar…La nebbia, il castello…I poteri di Morgana…Ti ha minacciato con il tuo stesso braccio e la tua stessa spada…E se…Fossimo stati davvero portati oltre il tempo e lo spazio? –
Oscar si raddrizzò, avrebbe voluto parlare ad André delle sue visioni sul passato di Morgana, soprattutto dell’ultima che era quella più disturbante, ma non poteva farlo con gli occhi di tutti puntati addosso. Si pulì le mani - Quando vedremo un normale villaggio inglese…E lo vedremo, André, mi dovrai delle scuse…Per adesso divertiti…Con Morgause – disse e ne andò.
 
Morgause si appoggiò con la spalla ad un albero. Morgana fece lo stesso dall’altra parte della pianta. La Regina di Lothian sorrise e prese la borraccia – E’ davvero prudente farli parlare tra di loro? –
Morgana annuì – Sono così prevedibili. Ma cosa vuoi che facciano? Vengono da un mondo più moderno del nostro, è vero, ma non sanno i pericoli che dovrebbero affrontare qui…In un Regno senza un Re –
L’altra sospirò – Un mondo, il loro, interessante…Quel Re Giorgio di cui parlavano…Lady Oscar ha detto che ha mandato delle truppe oltremare…Immagino in Irlanda…Vuol dire forse che la Britannia, in futuro, conquisterà quell’isola? –
Morgana scrollò le spalle – L’Irlanda…A cosa mai ci servono l’Irlanda e gli irlandesi? –
L’altra strinse le labbra – Eppure…Aspetta…Non era forse irlandese quella…La moglie di quell’uomo che nostro fratello ha mandato a sostituirti come Duca di Cornovaglia…Marco si chiamava…Eheheheh…Ricordo che lui ha mandato suo figlio dai capi tribù irlandesi per accompagnare in Crnovaglia una delle loro figlie e prendersela in sposa…Aveva i capelli rossi… –
Morgana sorrise di nuovo – Ah…Si…Il Duca Marco, come si faceva chiamare e Tristano era il nome di suo figlio che ha accompagnato la sposa del padre dall’Irlanda…Solo che poi il giovane e la ragazza, durante il viaggio, si sono innamorati…Ahahahah…E Marco è impazzito e li ha uccisi entrambi…Isotta! Ecco quale era il nome dell’irlandese! Mai fidarsi delle irlandesi –
Morgause portò alle labbra la borraccia – Mai fidarsi delle donne dai capelli rossi, sorella! – disse e bevve, ma subito sputò a terra il liquido – Ma cos… -
Morgana sbuffò – E’ vino della Britannia…Credevi che portassimo l’ottimo vino della Gallia? Questo ci servirà nel caso dovessimo disinfettare delle ferite –
Morgause si pulì la bocca – Uffa! Chi credi che incontreremo? Qualche sbandato dell’esercito di nostro fratello? –
L’altra si raddrizzò – Forse…Ma da quando non c’è più un Re sono ricominciati anche gli sbarchi dei sassoni –
La Regina di Lothian socchiuse gli occhi – Non ci metteranno molto a capire che possono prendere questa terra un regno alla volta –
Morgana sorrise – Oh…Lo sanno già…Ma dopo la batosta che hanno preso anni fa a Monte Badon sono diventati prudenti…Per qualche tempo manderanno solo dei gruppi di guerrieri…Nulla di che, razzie, stupri, distruzione dei villaggi costieri…Arriveranno anche fino all’entroterra e quando saranno davvero sicuri di poter prendere la Britannia, sbarcheranno in forze –
L’altra strinse le labbra – E come lo sai? –
La donna in nero scrollò le spalle – E’ quello che farei io! Ma ora non lasciamo troppo soli i nostri ospiti –
Morgause strinse le labbra – Al villaggio…Sono stati ingiusti con te. Non è colpa tua quello che è successo –
Morgana respirò a fondo – Non è nulla. Alla fine, sorella, ci si fa l’abitudine, anche ad essere disprezzati. Una volta ho pensato: “A Viviana la gloria, a Morgause il piacere e a me il dolore” –
L’altra tentennò – E’ ingiusto anche questo, sorella –
La donna in nero annuì – Ma così, purtroppo, è sempre stato…Piuttosto…Di cosa avete parlato tu e lo scudiero? –
Morgause tentennò – Oh! Ha raccontato di come ha passato la sua vita accanto a quella donna, fin da quando erano bambini…Di come sono cresciuti insieme…Di come è il suo scudiero, il suo confidente, il suo amico…Ogni parola riguarda lei…Ogni suo pensiero è per lei…E’ forse questo l’amore, sorella? –
Morgana annuì – Dedicarsi a una persona con tutto il proprio corpo e la propria anima? Desiderare la sua felicità in ogni momento? Si, lo è… – disse e fu colta da uno spasmo con tosse. Si piegò in avanti e si appoggiò all’albero. Morgause la prese per le spalle – Sorella…Cosa ti succede? –
L’altra si guardò la mano e la strinse a pugno – No…Nulla…Nulla… - disse e guardò Oscar che si era seduta accanto al fuoco di un bivacco con le gambe incrociate.
 
All’alba andò a grandi passi verso il padiglione della Dama del Lago. Non aveva dormito e la testa le doleva, per il vino e per la rabbia. C’erano pochi uomini di guardia e nessuno osò fermare una donna in abiti neri da uomo, con una spada al fianco e con l’aspetto dell’Antico Popolo.
Scostò il lembo della tenda e li vide: Merlino era seduto su una piccola sedia in legno e sorseggiava qualcosa da una ciotola di legno e poi vide Viviana. Era meravigliosa nei suoi abiti bianchi, candidi, che sembravano rifulgere insieme con i suoi capelli biondi come l’oro. Pensò che non era mai stata così vicina a sua sorella in tanti anni.
Merlino abbassò la ciotola – Ihihihihihih…La piccola strega è arrabbiata! –
Lei lo guardò e snudò i suoi canini appuntiti – Taci, vecchio! –
Viviana alzò il mento – Il tuo aspetto…Hai il sangue dell’Antico Popolo…Deduco che sei mia sorella minore, la Duchessa di Cornovaglia. Cosa ti porta qui vestita come un ragazzo di stalla? –
Lei gli puntò un dito contro – Mi porta la rabbia! Cosa hai fatto? Cosa hai fatto a Morgause e ad Artù? Come hai anche solo potuto pensare un simile abominio? –
Viviana socchiuse gli occhi e piegò la testa – Oh! E cosa mai avrei fatto? –
Lei la guardò esterrefatta – Hai detto a Morgause che avrebbe partorito il nuovo Re e l’hai mandata a letto con Artù…Con nostro fratello! Per gli dei dell’Annwn! Ti rendi conto di cosa hai fatto? –
Merlino rise di nuovo – Ihihihihihihih…Lo sa…Lo sa…La Dama del Lago lo sa… -
Lei mise mano all’elsa della spada – Taci! O ti taglierò io la lingua –
Viviana fece un passo avanti verso di lei – Osi minacciare Merlino di Britannia? –
Lei mise mano alla spada, ma una presenza dietro di lei la fermò. – Adesso basta! – disse una voce maschile.
Si girarono e videro Artù. Morgana chinò la testa e anche Viviana si inchinò. Il Re avanzò e si rivolse alla Dama del Lago – Io e te, sorella, dovremo parlare molto a lungo di quanto è successo –
Merlino si alzò e gettò la ciotola – Ihihihihihihihih…La Dama del Lago non discute…Lei ordina…Non deve nulla nemmeno al Grande Re –
Morgana digrignò i denti – Maledetto! – disse e poi guardò Viviana – Ha fatto morire nostro padre…Non è vero? E tu non hai fatto nulla! E adesso questa crudeltà a nostra sorella e a nostro fratello! Come hai potuto strega maledetta! –
Viviana strinse le labbra – Nostro padre è morto per il suo tradimento…E nostra sorella e nostro fratello…Quello che hanno fatto lo hanno fatto per un bene superiore…Tu invece, piccola strega, ti sei mai soffermata a pensare che forse il nostro compito verso questa Terra è ben più alto e nobile di quello che sembra? E che il sacrificio, anche quello estremo della vita, è solo una parte di quel dovere? – disse e gli puntò un dito contro - Nemmeno tu puoi osare parlarmi così, sorella! –
Si gettò verso la sacerdotessa, ma due braccia forti la trattennero. Artù strinse le labbra nel lottare con la sorella, guardò Viviana   - La discussione è rimandata, Dama del Lago – disse e la portò fuori mentre si dimenava.
Una volta all’aperto lei lanciò la sua furia su di lui tempestandogli il petto di pugni – Perché…Perché…E perché tu non l’hai passata a fil di spada? Perché! – disse e si fermò di colpo, poi si abbandonò nelle sue braccia piangendo.
Artù le accarezzò la nuca – Lei…Lei è la Dama del Lago…Nemmeno un Re può opporsi… -
Lei singhiozzò – Ma…Morgause…Nostra sorella…Che ne sarà di lei? –
Artù sorrise debolmente – Io proteggerò sempre nostra sorella…Promettimi che lo farai anche tu –
Lei tirò su con il naso – Si! Te lo prometto… -
Lui sospirò – E…Ironia della sorte, adesso i miei consiglieri mi dicono che devo trovare una moglie…Ci sono già decine di pretendenti per me…Anche se…Porterò sempre nel cuore la mia prima esperienza e il mio primo amore –
Lei si staccò da lui – Lot…Se Lot scopre quello che è successo diventerà tuo nemico…Devi avere un alleato forte…Ho sentito che Re Leodegrance di Cameliard ha una figlia che dovrebbe avere la tua età, si chiama Ginevra –
Artù sorrise – Sorella…Mi stai proponendo un matrimonio? –
Lei fece un gesto con la mano – Ti sto proponendo un’alleanza! Leodegrance ha un forte esercito, prendi sua figlia e prendi i suoi soldati –
Lui annuì – Grazie…Sorella…Qualunque cosa accada…Non dimenticare mai che io ci sarò sempre per te –
Lei sorrise mostrando i canini appuntiti e anche Artù rise – Si! Ahahah…Quanto mi è mancato il tuo bel sorriso! –
 
Oscar si svegliò di soprassalto. Sbatté le palpebre e si guardò attorno. Il fuoco si stava spegnendo e stava facendo buio. Un’altra visione su Morgana e la sua famiglia. Quindi aveva visto la misteriosa Viviana che aveva ingannato Morgause e loro fratello, ma perché? Era stato davvero necessario un imbroglio così atroce? Ed era veramente nato un bambino da quella squallida unione? Rivide la donna in bianco nella sua mente e poi tentennò “La dama in nero, la dama in rosso e la dama in bianco…Pffff…Sono capitata in un racconto di quart’ordine!” pensò e, improvvisamente, vide André con due armigeri ai fianchi. Aggrottò la fronte, dove lo stavano portando? Poi, vedendo che si dirigevano verso una tenda di uno sgargiante colore rosso, capì subito da chi avevano avuto l’ordine le guardie. Sputò a terra e strinse le dita sull’elsa della spada fino a farsi venire le nocche bianche.
 
I soldati lo lasciarono davanti all’ingresso della tenda, André strinse le labbra ed entrò. Fu travolto da un profumo strano e pungente, un incenso profumato che non aveva mai sentito. Vide delle pellicce sul pavimento e, comodamente adagiata sopra, la Regina di Lothian. La donna indossava la piccola corona dorata e la sua collana. E null’altro. Le sue nudità erano coperte solamente da una veste rossa quasi trasparente che poco o nulla lasciava all’immaginazione.
Morgause allungò la mano – Siediti pure André…Vuoi del vino? Oggi è stata una giornata lunga –
André si sedette a gambe incrociate di fronte a lei e provò un brivido lungo la schiena. La donna si distese languidamente e sorrise giocando con i suoi capelli rosso fuoco – Dunque…Mi stavi raccontando di te stamattina…Quali sono le precise mansioni di…Cosa sei? –
André deglutì – Un…Un attendente – disse con un tono piuttosto acuto e si schiarì la voce – Un attendente! – ripeté.
Morgause prese un calice di metallo e sorseggiò il liquido, poi sorrise e si passò la lingua sulle labbra: – Ma prego…Continua pure…Voglio sapere tutto di cosa fa…Uno come te –
Lui respirò a fondo – Io…Io provvedo affinché Oscar, Mademoiselle...Lady…Il conte…Oscar…Ecco…Io…Devo provvedere a che non le manchi nulla…Devo eseguire i suoi ordini, tenere pulite e funzionanti le sue armi, i suoi abiti… -
Morgause fece una smorfia – Mmmm…Davvero interessante…E anche oggi sei riuscito a parlare tutto il giorno di lei…Dei suoi capelli che ondeggiano al vento quando cavalca…Dei suoi vestiti…Della sua spada che dev’essere affilata almeno una volta al giorno…Del suo cavallo…Non ho ancora capito: sei uno schiavo oppure no? –
Lui inarcò le sopracciglia – Io…No…Non sono uno schiavo…Faccio… -
Lei appoggiò il calice – Semplicemente tutto quello che dice e vuole…Va bene – disse e si alzò mettendosi sulle ginocchia. Si piegò verso di lui e sorrise – E di me…Cosa ne pensi? –
André sentì una goccia di sudore sulla fronte – Er…Io…Voi siete una bellissima donna, Lady Morgause –
Lei inarcò un sopracciglio – Ah! Questo volevo sentire… - disse e avvicinò la sua bocca a quelle di lui.
In quel momento sentirono i lembi della tenda aprirsi. Morgause ringhiò – Chi osa! – disse e poi rimase di sasso nel vedere sua sorella in piedi, che torreggiava sopra di loro con le sue vesti nere e con la spada allacciata al fianco. Morgana sorrise e piegò la testa di lato – Disturbo? –
La Regina di Lothian sospirò – Io…Lo scudiero mi stava informando sulle qualità del nostro cavaliere-donna –
La Duchessa di Cornovaglia fece un passo avanti – Mmmm…E ti sei messa comoda per sentirlo meglio…Immagino…Tu… - disse schioccando le dita rivolta ad André – Vattene scudiero –
Lui si alzò, in cuor suo grato alla donna in nero – Io sono un…Un… -
Morgana socchiuse gli occhi – Un attendente…Lo so…E allora attendi quello che ti pare fuori di qui! E non disturbarci…Io e mia sorella saremo impegnate –
 
André uscì dalla tenda quasi correndo e, per poco, non andò addosso ad una persona. Sgranò gli occhi e vide Oscar, in piedi di fronte a lui, con le braccia conserte e con i suoi occhi azzurri puntati addosso. Lui deglutì – Oscar…Io…Stai… -
Lei strinse le labbra – Io sto bene…Immagino che anche tu ti sia ripreso dalla fatica adesso –
André sentì la gola improvvisamente secca e una disperata voglia di andarsene da qual posto. Alzò le braccia – Oscar…Ti giuro che… -
Lei si avvicinò – Devi aver fatto una buonissima impressione con Lady Morgause oggi…Migliore di quanto mi hai detto! L’arrivo della strega deve essere stato una forte delusione –
Lui sentì il sudore colargli sulle tempie e sulla schiena – Io e Morgause…Voglio dire…Io e Lady Morgause non abbiamo…Lei… Voleva…Era nuda…No…Voglio dire…Non era proprio nuda…Ma…Quasi… -
Oscar sospirò e piegò le dita attorno all’elsa della spada facendo scricchiolare le ossa – Va a dormire…Scudiero! – disse e se ne andò. André si passò una mano sulla fronte e allargò le braccia guardando il cielo.
 
Morgana si slacciò il cinturone con la spada, lo mise a terra e si sedette di fronte a Morgause, quest’ultima si stese sulle pellicce e sospirò – E’ così carino…E così innamorato di quella donna… -
L’altra sospirò – E così hai deciso di premiarlo…Sorella mia, credo di averti detto mille volte che questo…Non è l’amore – disse e bevve un sorso dal calice di Morgause. Fece una smorfia – Ma è acqua! –
L’altra scrollò le spalle – Il vino della Britannia è pessimo! –
Morgana rovesciò il contenuto del calice sul pavimento della tenda e poi prese una piccola fiasca dalla cintura. Versò il contenuto nel calice e poi lo porse alla sorella. Morgause bevve e sorrise – Vino della Gallia…Grazie! –
Morgana si piegò su un gomito e la guardò negli occhi. L’altra sbuffò – Per gli dei dell’Annwn Morgana! Volevo solo divertirmi… Rilassarmi…Insomma…Lo facevo anche per lui… -
L’altra sorrise mostrando i suoi canini appuntiti – Quindi dovrebbe ringraziarti? –
Morgause sospirò e giocherellò con il calice tra le mani – Lo sai…Ho conosciuto molti uomini…Ma mai l’amore! Solo una volta… Quando Viviana prese me e nostro fratello in trappola…Oh! Lo so che è un abominio! Per noi come per i cristiani…Ma quella sensazione di…Essere desiderata…Di essere davvero amata da qualcuno…Non l’ho mai più provata…Pur nella colpa, nella vergogna e nella desolazione…E’ stata un’esperienza di cui non mi vergogno, anche se per me non è stata la felicità, ma una lenta e triste agonia ed è stato brutto anche non vederci più –
Morgana respirò a fondo – Non potevate vedervi…Anche lui provava le stesse cose per te…Sei stata la sua prima…Esperienza e forse Viviana contava su questo quando…Quando vi ha ingannato…E lei lo sapeva che anche questa è una forma di magia. Lui rimane sempre legato a te –
L’altra tentennò, persa nei suoi pensieri – Ho avuto quattro figli con il Re di Lothian. Mi sono stati levati tutti appena sono nati. Forse ho preso in braccio solo il mio primogenito Galvano, per qualche istante. Lot diceva che gli uomini devono crescere come uomini, non con le femmine, quelle devono imparare a dominarle –
La Duchessa si stese di schiena e sbuffò – Era un animale! E hai fatto bene a ucciderlo! –
Morgause rabbrividì – Il mio quinto figlio… - disse e si portò una mano alla bocca.
Morgana aggrottò la fronte e girò la testa verso di lei. La Regina di Lothian stava piangendo – Il mio quinto figlio…E’ l’unico che ho allevato…Ed è stato un disastro! – disse e si mise a singhiozzare.
Morgana si raddrizzò e la prese tra le braccia. Morgause la strinse – Ci ho provato Morgana! Gli dei sanno se ci ho provato! E’ stata tutta colpa mia…Tutta colpa mia! E’ stato il mio unico amore ed è stato tradito per colpa mia! –
L’altra la prese per le spalle – No! – disse quasi gridando – No! – ripeté più piano – La colpa è solo di Viviana…Di tutto! Non scordarlo mai e quando saremo di fronte a lei…Pagherà! Pagherà tutto! – disse e fu colta da un attacco di tosse. Si piegò in avanti e mise una mano sulla bocca; la allontanò e poi deglutì.
Morgause rimase a bocca aperta nel vedere il palmo di sua sorella – Morgana…Ma cosa… -
La donna in nero sorrise debolmente – La magia…La magia ha sempre un prezzo sorella mia…E io lo sto pagando. Ma non preoccuparti. Sarò pronta quando arriveremo al convento –
Morgause aggrottò la fronte – Convento? E cosa andiamo a fare dai cristiani di Glastonbury? Scommetto che ci ucciderebbero all’istante –
Morgana si pulì la bocca con il dorso della mano – Oh! Può essere…Ma per usare la nostra “Lancia di Dio” dobbiamo avere i mezzi per attraversare il Lago –
L’altra tentennò – E quindi? –
La donna in nero sospirò – Tu non la hai mai conosciuta…Ed è tempo che vi incontriate. Prima di avere la nostra giusta vendetta andremo a trovare la nostra cara cognata Ginevra –

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Capitolo 4
*** L'incantesimo di Fata Morgana ***


Guardò la piccola pianta cresciuta sulle mura del castello. Allungò la mano e sentì il potere attraversargli il braccio. La piantina sussultò, poi si piegò ed avvizzì. Sospirò, come sempre era una crudeltà inutile.
Abbassò la testa per un attimo e poi guardò di nuovo l’orizzonte. Dopo la sfuriata con Viviana era tornata a Tintagel e non aveva partecipato nemmeno alle nozze di Artù con la figlia di Laodegrance, Ginevra. Gliel’avevano descritta come una bella donna, alta e bionda, con due occhi azzurri come il cielo terso. Le informazioni che le arrivano li, in capo al mondo, erano sempre in ritardo, ma le avevano dato un’idea ben precisa di cosa stesse accadendo nel Regno.
Dopo il matrimonio Artù aveva fatto ricostruire l’antica fortezza romana di Camelot e ne aveva fatto il suo castello. Nella grande sala dove gli antichi romani facevano inginocchiare i capi sottomessi della Britannia aveva messo il regalo di nozze del padre di Ginevra, una grande tavola rotonda in cui solo il Re, i suoi cavalieri e le loro famiglie potevano sedersi.
Morgause era rimasta incinta. Si diceva che, dopo la battaglia del Monte Badon, la Regina di Lothian e delle Orcadi, fosse fuggita dal castello del marito e nessuno sapesse dove fosse. Nove mesi dopo era giunta la notizia che Re Lot aveva ordinato di uccidere tutti i neonati del suo regno. Era rimasta di sasso nell’apprendere quella notizia. Non aveva avuto mariti o amanti e non era rimasta mai incinta, ma non poteva pensare di far del male a delle creaturine innocenti. L’unica cosa che potesse giustificare una simile crudeltà era che suo cognato aveva scoperto chi era il vero padre del nascituro di Morgause.
Poco dopo quei tragici avvenimenti Lot morì. E riapparve Morgause che si sedette sul trono del defunto marito e iniziò a regnare da sola. Si diceva che il corpo del sovrano era stato trovato nudo, castrato e senza occhi e che invece di essere posto su una pira funebre era stato gettato in pasto ai cani.
I quattro figli di Morgause, cresciuti dal defunto Lot, erano invece andati dal loro zio Artù alla corte di Camelot. Specialmente il primogenito, Galvano, aveva pregato il Grande Re di esautorare la madre e di esiliarla dal Lothian e dalle Isole Orcadi con il suo figlio ultimogenito, evidentemente sopravvissuto al massacro ordinato da Lot. Poteva solo immaginare i pensieri di Artù in quell’occasione: combattuto tra l’amore per la sua prima vera esperienza (e suo figlio) e i suoi nipoti che portavano con loro un nutrito esercito e la loro promessa di fedeltà assoluta.
Ma Artù aveva scelto il potere. Aveva ordinato l’esilio di Morgause. E dove mai avrebbe potuto andare la Regina di Lothian? Alla corte di Camelot con suo fratello? Impossibile. Anche se i seguaci dell’Antica Religione avessero accettato il figlio avuto da una relazione con sua sorella i cristiani non lo avrebbero mai fatto. E stavano diventando molto numerosi e molto potenti. Si diceva che lo stesso Artù stesse diventando cristiano.
Sarebbe andata da Viviana? Quella stessa donna che l’aveva ingannata e l’aveva costretta a giacere con il suo stesso fratello? Scese lentamente le scale e attraversò il cortile. Andò verso una porta in legno, l’aprì e si trovò a picco sulla scogliera. Scese delle scale rozzamente intagliate nella roccia ed arrivò ad una piccola spiaggia di sabbia scura. Avanzò ancora, verso un promontorio e l’ingresso, poco visibile, di una caverna. Entrò, quasi inciampò sulle rocce viscide ed arrivò davanti ad una colonna di pietra sulla cui sommità era presente una vasca dalla forma rozzamente circolare illuminata da un raggio di luce che proveniva da un foro sul soffitto.
Appoggiò le mani sui lati della vasca e poggiò lo sguardo sull’acqua. Socchiuse gli occhi e vide sua sorella Morgause che cavalcava alla testa del suo piccolo seguito. Avevano raggiunto il Sud, avevano passato il cerchio delle grandi pietre vicino al villaggio di Salisbury. Si erano tenuti a distanza dal Lago di Glastonbury e da Avalon, il dominio di Viviana e procedevano verso Ovest. Verso la Cornovaglia. Verso di lei.
 
Il ponte levatoio si abbassò e la Regina di Lothian, in sella ad un cavallo dal pelo rosso, entrò a Tintagel in testa al suo seguito. Lei l’aveva attesa e, quando scese dalla sella, si abbracciarono e si tennero strette. Sospirò – Parlerò con nostro fratello. Non può esiliarti dal tuo Regno –
Morgause annuì e la guardò negli occhi – Nostro fratello è cresciuto con la legge romana, che privilegia i figli maschi di Lot e non le femmine. E sta diventando un cristiano e anche loro ammettono solo i figli maschi alla successione. Ma, nonostante tutto, mi ha lasciato la scelta: restare e combattere contro i miei figli…O andare via. Mi ha offerto altri castelli ed altri domini, persino un posto alla sua corte, ma non ho accettato –
Lei annuì – Hai avuto un figlio…Il quinto…E sei bella come il giorno che hai lasciato Tintagel per sposarti. E Lot… -
Morgause sorrise in modo sinistro, tanto da farle persino paura: - Lot è morto come meritava, sorella. Nostro fratello ha anche giurato che avrebbe accolto il mio ultimo figlio tra i suoi cavalieri, secondo il rango che gli spetta, anche se non potrà mai riconoscerlo –
Lei aggrottò la fronte – E adesso dov’è? –
Morgause si spostò e lei, in mezzo agli uomini e alle donne di Lothian, vide un bambino in piedi, immobile, che la stava fissando. Provò un brivido lungo la schiena. I suoi capelli erano neri, come i suoi ed anche la pelle era come la sua, pallida in modo innaturale. “Il sangue dell’Antico Popolo!” pensò e si avvicinò a lui. C’era qualcosa che non gli piaceva in quel bambino ed era strano, finalmente aveva incontrato una persona come lei, ma gli occhi chiari di lui erano freddi, più glaciali di quelli di suo padre il Duca, di Uther e anche di Re Lot. Il bambino si inchinò e poi la guardò – Cara zia…E’ un piacere essere al tuo cospetto! Il mio nome è Mordred –
 
Oscar si svegliò di colpo. Si era addormentata appoggiata ad un albero ed era tutta intirizzita. Si alzò e si stiracchiò. Si guardò attorno e vide che gli uomini stavano smontando l’accampamento.
Morgana si avvicinò a lei con le mani dietro la schiena – Ben svegliata, Lady Oscar, c’è qualcosa che ti turba? –
Oscar strinse le labbra. Doveva forse spiegare a quella donna che stava avendo dei sogni che gli stavano raccontando la sua vita? Fece un profondo inchino agitando una mano in aria – Vi ringrazio della sveglia, Lady Morgana, ho per caso tempo di fare colazione? –
L’altra socchiuse gli occhi – Quello che ti pare…Lardo, pancetta e forse un po' della selvaggina di ieri sera…Da bere c’è della birra di malto, il vino della Britannia è pessimo e quel poco della Gallia che abbiamo se lo beve mia sorella –
Oscar annuì – Bene…E’ possibile avere della cioccolata? –
Morgana aggrottò la fronte – Cioc…Ciocco…Cosa? E cosa sarebbe? –
Oscar sospirò, in fondo sperava di farla cadere in un semplice trucco: se avesse ammesso di conoscere la cioccolata avrebbe anche ammesso che non si trovavano in un remoto passato. Sorrise – Nulla, Lady Morgana – disse e se ne andò.
Passò accanto a due soldati – Salve! E’ possibile che uno di voi prenda un fucile e vada a caccia di selvaggina fresca? –
I due uomini si guardarono con le fronti aggrottate. Uno di loro tentennò – Cosa è…Un fucile –
Oscar sbuffò e se ne andò senza rispondere. Si avvicinò al suo cavallo e iniziò a preparalo per il viaggio. – Oscar – si sentì chiamare e riconobbe la voce di André. Si girò e strinse le labbra – Dormito bene? –
Lui si massaggiò la nuca con la mano – Buongiorno anche a te. Ci tengo a dirti che tra me e…La Regina rossa, non è successo nulla ieri sera –
Lei tornò a stringere le cinghie della sella – Non devi giustificarti con me, André – disse, ma il cuore cominciò a martellarle il petto al solo pensiero che anche quel giorno lui lo avrebbe passato accanto a Morgause e a quello che sarebbe potuto succedere nella tenda rossa, anche perché aveva visto l’arrivo di Morgana e poi la rapida uscita di André.
Lui sospirò – No…Lo so…Ma…Ci tenevo a fartelo sapere lo stesso –
Oscar si girò di nuovo – Bene…Ma oggi tieni gli occhi e le orecchie aperte, proveremo a scappare da questo assurdo corteo medioevale –
André aggrottò la fronte e si avvicinò a lei – Cos…Fuggire? E per andare dove? –
Lei gli mise una mano sul braccio – Fuggire magari no, ho dato la mia parola che le avrei aiutate, per adesso…Ma voglio…Voglio solo vedere che siamo ancora nella nostra epoca e non in un mondo antico –
André tentennò – Oscar…Capisco quello che vuoi dire, ma credo sia meglio aspettare di essere a questo…Lago…E capire chi sia questa Viviana che tanto cercano –
Oscar si avvicinò – Io…Da quando è iniziata quest’avventura, continuo ad avere dei sogni, ogni volta che mi addormento…Io credo…Temo di sapere cosa ha fatto Viviana e perché loro vogliono vendicarsi –
Lui aggrottò la fronte – E…Cosa mai è successo? –
Lei gli strinse il braccio – Non è questo il momento, ma io voglio…Devo sapere che non siamo in un altro mondo, André. Dimmi che sarai con me –
André sorrise e gli prese la mano – Sempre! Sempre, Lady Oscar –
Lei gli diede un pugno diretto sul petto – Non tu! La strega malefica si…Ma non tu! –
 
Morgana montò in sella e raggiunse Oscar in testa al gruppo. La Duchessa la guardò – Non hai fatto colazione –
L’altra scrollò le spalle – Cercherò di resistere –
Morgana socchiuse gli occhi – Come vuoi. Ma non mangeremo per qualche ora – disse, alzò il braccio e la colonna si mise in marcia.
Oscar sorrise – Parlami di questa Viviana…Di che colore si veste lei? – disse anche se già conosceva la risposta.
Morgana aggrottò la fronte e si girò a guardarla, poi sorrise – Se tutto va come deve andare tu nemmeno ci sarai quando la incontreremo. Ma…direi il bianco –
L’altra annuì – Il nero, il rosso ed il bianco…Ho letto da qualche parte che in Oriente credono che questi sono i colori di cui è fatto il mondo intero, strano, non trovi? –
Morgana scrollò le spalle – Non lo so…Quello che so è che il bianco di cui sono fatte le sue vesti dovrebbe simboleggiare la purezza, la bontà e l’umiltà…Tutte cose che mia sorella, credimi, non possiede –
Oscar si grattò il mento – E che invece tu, la dama nera, possiedi in abbondanza –
Morgana strinse le redini – Credi di offendermi? Il nero è il mio colore, è quello dei miei capelli, quello che fa risaltare il colore della mia pelle e che più rappresenta la mia anima: non ho mai avuto bisogno di nessuno, sono sempre stata sola e sempre lo sarò –
Oscar aggrottò la fronte, osservò la sua interlocutrice e poi sorrise – Adesso ho capito –
La Duchessa di Cornovaglia sbuffò – Ah! Meno male! E cosa hai capito? –
Oscar respirò a fondo – Il nero dei tuoi capelli e dei tuoi abiti fa da contrasto con il bianco della tua pelle…All’esterno la gente vede il nero, ma all’interno c’è il bianco…Il male ed il bene… -
L’altra aggrottò la fronte incuriosita e Oscar continuò: - In te c’è il male, ma anche il bene –
Morgana sorrise – In ogni persona c’è il male ed il bene…Alle volte siamo malvagi e alle volte siamo buoni…Alcuni sono sempre malvagi ed altri sono sempre buoni…E raramente c’è un equilibrio perfetto…Ci serve un cavaliere e scopriamo che sei un filosofo? –
Oscar guardò la strada, sorpresa ed allo stesso tempo sollevata dal suo pensiero che, unito alle visioni sulla vita di Morgana, gli stava dando una nuova visione della donna che aveva al fianco. Girò la testa verso il retro della colonna, stranamente era da quando erano partiti che non sentiva le risate di Morgause.
 
André si girò di nuovo, cautamente, verso la Regina di Lothian. Da quando erano partiti non gli aveva rivolto la parola e non poteva fare a meno di fissarla. Non era certo vestita, anzi, svestita, come la sera prima; indossava la sua armatura di cuoio rosso. Eppure il maschio che era in André non poteva non essere attratto dalla bellezza di quella donna e dai suoi capelli rossi come una fiamma che brillavano al sole del mattino.
Lei sorrise debolmente – Dovevi pensarci ieri sera, scudiero, adesso non mi sembra il caso di fare quello a cui stai pensando –
André deglutì – Lady Morgause, sul mio onore… -
Morgause fece un gesto con la mano – Oh! L’onore…Per favore. Ho conosciuto molti uomini che hanno cominciato la frase con “sul mio onore”…Del tuo onore non mi importa nulla! Mi hai annoiato a morte raccontando la vita con quella… - disse indicando un punto avanti a se – E hai pure cercato di strapparmi delle informazioni in modo molto goffo. Divertente, ma goffo. Ma adesso facciamo un gioco: tu dici una cosa a me e io dico una cosa a te…Così il tuo…Onore…Sarà salvo? –
Lui annuì e Morgause sorrise di nuovo – Avanti allora: perché sei il suo scudiero? –
André prese un profondo respiro – I miei genitori sono morti quando ero piccolo e sono andato a vivere con mia nonna, che era al servizio della famiglia Jarjayes. Il padrone, il generale del Jarjayes, ha acconsentito solo se fossi diventato amico di sua figlia minore, Oscar, che doveva crescere come un maschio e che doveva avere, quindi, un esempio, di maschio. E sono diventato il suo…Attendente…E devo sempre stare con lei –
Morgause inarcò le sopracciglia – E per fare diventare la figlia un uomo…Ha messo un uomo al suo fianco…Ah! Morgana aveva ragione al castello, alcuni uomini possono davvero essere dannosi! –
André sorrise – Perché andiamo da vostra sorella Viviana? –
Lei scrollò le spalle e sorrise divertita – Troppo diretto, caro il mio scudiero, troppo…Il gioco delle informazioni è come essere a letto…Bisogna scoprirsi a poco a poco…E’ più eccitante! –
Lui sbuffò – Voi non avete…I poteri di vostra sorella? –
Lei tentennò – No. Non ho nessuno potere in verità…Solo lei e Viviana hanno questa…Forza. E ammetto di averci provato anch’io a muovere le cose e…Si…Mi sarebbe piaciuto anche gettare gli uomini a terra con un semplice gesto…Bene! Adesso dimmi tu: lei…Che tipo di uomo è diventato? –
André strinse le labbra. Definire Oscar? Si poteva in qualche modo definire? – Credo…Anzi, sono certo che ha fatto di tutto per nascondere la propria natura, proprio come voleva suo padre e ci è riuscita molto bene. Ma che adesso…Voglio dire, in questo periodo della sua vita, si stia rendendo conto che certe pulsioni non possono più essere sopite…Non fraintendetemi, è un ottimo soldato, con la spada è imbattibile e a lei si rivolge sempre la Regina Maria Antonietta…Ma… -
Morgause aggrottò la fronte – Ma? –
Lui abbassò lo sguardo – Io…Vedo che è un tipo di uomo che molti vorrebbero essere: con senso dell’onore, senso del dovere, è giusto e retto, come un antico cavaliere, devoto, che si getta nella lotta con tutto l’ardore possibile…Ma vorrei che anche la donna che è in lei potesse uscire e vivere…Lo vorrei tanto –
Morgause strinse le labbra, lo guardò e gli mise una mano sul braccio – Prima o poi succederà…E avrà bisogno del suo amico. Una rosa rimane sempre una rosa…E una rosa non sarà mai un lillà –
André trasalì e alzò lo sguardo incontrando il volto sorridente della Regina di Lothian – E’…E’ una frase molto bella, Lady Morgause –
Rimasero per un attimo in silenzio, poi André sorrise – Cos’è questo lago a cui stiamo andando? –
L’altra lo guardò – Non è un vero e proprio lago, è una grande palude percorribile con le barche. Ci sono numerose isole tra cui quella in cui i cristiani hanno costruito la loro Chiesa e i loro conventi e l’Isola delle Mele, chiamata anche Avalon…Dove risiede nostra sorella Viviana e dove noi siamo diretti –
André aggrottò la fronte – E questa…Avalon…Cos’è? –
Morgause sorrise – Ah! Scudiero…Sono due le domande…Adesso… - disse, ma si bloccò perché la colonna si era fermata. Aggrottò la fronte – Cosa accidenti succede? Soldati! –
Uno degli uomini si girò – Lady Morgana ha dato l’ordine di fermarci, ma non riusciamo a vedere il perché –
Morgause serrò le mascelle e strinse le redini – Seguimi – disse ad André e piantò i talloni nei fianchi del cavallo.
 
Arrivarono in cima alla colonna, accanto a Morgana e Oscar e videro il perché della fermata. Sul bordo della strada c’era un carro. Il cavallo, ancora attaccato al timone era steso a terra con una profonda ferita nel collo. Il conducente era riverso in avanti e aveva una freccia che gli spuntava dalla schiena. Quella che doveva essere la sua compagna giaceva invece in mezzo alla strada, con gli abiti strappati, seminuda e con uno squarcio alla gola, come un ghigno perverso.
Morgana e Oscar erano già scese dalla sella e furono imitate da Morgause e André. Lui si avvicinò a Oscar e vide il suo volto pallido quasi come quello della Duchessa di Cornovaglia. Morgause si guardò attorno – Cosa è mai accaduto? –
Morgana strinse le labbra – Briganti, ma di solito quelli non hanno questa ferocia – disse indicando la donna in mezzo alla strada – E’ opera degli scorridori sassoni –
Morgause mise mano all’elsa della sua spada – Che siano ancora qui? –
La Duchessa piegò la testa di lato – E chi lo sa…Con il nostro Regno senza un Re…Possono anche sentirsi così sicuri da non fuggire. Non preoccuparti, noi siamo un gruppo troppo numeroso –
Morgause si piegò sulla donna e allungò una mano sul collo, vicino alla ferita – Una croce…Erano cristiani –
Morgana annuì – E allora li seppelliremo con i riti dei cristiani. Volker! – disse e schioccò le dita. Il vecchio e alcuni cavalieri scesero dalle selle e si avvicinarono.
Oscar sentì lo stomaco in subbuglio. Pur essendo un soldato addestrato, non aveva mai partecipato a una battaglia. Non era certo così sciocca da credere che una guerra fosse una parata di divise candide e uno sventolare di bandiere colorate, come si vedeva nei dipinti, ma quello spettacolo la metteva a disagio. Si allentò il colletto della camicia e si avvicinò al carro, le alte sponde non permettevano di vedere dentro, nemmeno dal cavallo. Vide che la sponda posteriore era abbassata e guardò all’interno. Si ritrasse subito appoggiandosi con la schiena al mezzo. André si avvicinò, gli mise una mano sulla spalla e poi guardò anche lui e, come lei, distolse lo sguardo subito.
Oscar si piegò e mise le mani sulle ginocchia – I…Bambini…Due bambini…Uccisi…E una bambina…Anche di lei hanno fatto scempio – disse piano.
Morgana aggrottò la fronte, si avvicinò e guardò dentro il carro. Sospirò – Purtroppo non possiamo fare nulla per loro, se non seppellirli con i loro genitori –
Oscar guardò Volker e i soldati alzare il corpo della donna e si sentì triste, si raddrizzò e aprì la bocca, per dirgli di fare piano, ma del resto era tutto inutile. Poi strinse i pugni e guardò Morgana.
La Duchessa, per un attimo, si spaventò, gli occhi di Oscar erano carichi di odio: - Cosa ti succede, Lady Oscar? –
Oscar fece una smorfia – Strega! Per il tuo gioco infame hai ucciso queste persone e…I bambini! – disse puntandogli un dito contro.
Morgause aggrottò la fronte – Cosa stai dicendo? Credi che sia opera nostra? –
Oscar tentennò – No! Credo che sia opera sua! – disse indicando sempre Morgana – Ci hai trascinati in questo gioco perverso degli antichi cavalieri e non hai esitato a sacrificare queste persone per renderlo il più reale possibile, non è vero? –
Morgana serrò le mascelle e piegò le dita delle sue bianche mani – Davvero credi questo? Credi che li abbia uccisi io? Sei patetica, Lady Oscar! Non osare minacciarmi o proverai davvero cosa vuol dire mettersi contro una strega! –
André rimase impietrito, come Morgause. Oscar si avvicinò – Non ti minaccio, strega! – disse e la colpì con un pugno di traverso che la mandò contro il carro e la fece crollare a terra.
Oscar sorrise e guardò André – Ai cavalli! Andiamo! – disse e andò verso l’animale. André la seguì mentre Morgause si piegò sulla sorella a terra. Gli altri montarono in sella e Oscar spinse con un calcio uno degli armigeri che si stava avvicinando mandandolo a terra e poi partì a rotta di collo verso la foresta.
Morgause girò Morgana e vide che aveva il labbro inferiore spaccato e sanguinante – Sorella…Ma… -
Morgana la scostò e si rialzò sorreggendosi sul carro – Dann…Dannazione! Stupida lei a fuggire…E ancora più stupida io ad averglielo permesso! –
Morgause si girò – Inseguiteli! –
La donna in nero alzò un braccio – No! – disse e tornò al suo cavallo. Montò in sella e si pulì la bocca sporca di sangue con l’avambraccio. Guardò sua sorella – Basto io per loro! Tu rimani con gli uomini. Volker! – gridò e il vecchio si avvicinò – Voglio che vi accampiate qui vicino e che mi aspettiate –
Morgause tentennò – Come speri di trovarli e di farli tornare? –
Morgana sorrise con un ghigno – Ho i miei metodi sorella! – disse solo e piantò i talloni sui fianchi del cavallo che partì al galoppo.
 
Oscar si guardò indietro, ma vide solo André. Nessuno li stava inseguendo. Ma non importava, il fatto che non li vedesse non significava nulla. Si piegò sull’animale e lo spronò ancora.
Raggiunsero una radura e Oscar si fermò tirando le redini e facendo impennare il cavallo. André la raggiunse e si guardò attorno, sorrise – Ah! Non ci credo! L’hai colpita quella strega! –
Oscar smontò dalla sella, imitata da lui e si abbracciarono. Lei si scostò e sorrise – Oh! E’ stato bellissimo…Finalmente…Pow! – disse e agitò un pugno in aria – Ed è caduta, quella strega! –
André sospirò – Bene…E…Adesso? –
Oscar mise le mani ai fianchi – Adesso…Troviamo un villaggio e le giubbe rosse inglesi…E poi ti dimostrerò che siamo ancora nella nostra epoca –
Lui aggrottò la fronte – Credi…Credi davvero che abbiano fatto uccidere quelle persone? Non mi sembrava proprio una cosa preparata –
Oscar guardò per un attimo a terra e poi lui negli occhi – E cosa credi che sia successo? Che ci siano…Come li ha chiamati…Scorridori sassoni che vagano per l’Inghilterra? –
Lui si guardò attorno – Può anche essere che siamo…In un’altra epoca…Oscar: è il secondo giorno che vaghiamo per questo posto e le uniche persone che abbiamo visto sono quelle di quel villaggio e quelle persone morte…Non ci sono strade, non ci sono punti di riferimento…A quest’ora, se fosse un inganno, si sarebbero già tradite e, se non loro, perlomeno i soldati lo avrebbero fatto. E credi per davvero che possiamo fare tutte queste miglia senza mai vedere qualche inglese della…Della nostra epoca? –
Lei si avvicinò a lui – Tu lo credi…Non è vero? Credi a quelle…Tu credi a Morgause –
André tentennò – Ma che dici! Il fatto non è credere o meno a Morgause…O a Morgana…Il fatto è che ci siamo trovati in un castello fuori dal mondo e fuori dal nostro tempo…E ancora non sappiamo dove…E quando… -
Oscar fece una smorfia – Dovevo immaginarmelo! E’ bastato che quella donna ti facesse vedere un po' delle sue grazie e sei cascato nel loro gioco –
André tentennò di nuovo – Io… - cominciò, ma guardò dietro di lei e rimase impietrito. Oscar si girò e digrignò i denti mettendo mano all’elsa della spada.
Di fronte a loro c’era Morgana, in sella al suo cavallo nero, con la bocca sporca di sangue e con un sorriso malefico. La donna in nero smontò dalla sella e avanzò a grandi passi verso di loro, con le braccia leggermente aperte e le dita delle mani ricurve, tanto che a Oscar ricordò la prima volta che l’aveva vista, come un rapace pronto a prendere il volo: – Davvero…Davvero Lady Oscar? Credevi di fuggire? E per andare dove? Come ti ho detto questo non è il tuo mondo –
Oscar sorrise con l’angolo della bocca – Questo lo hai sempre detto tu! E abbiamo visto solo quello che tu hai voluto farci vedere, compresi quei poveretti uccisi –
Morgana ebbe un attimo di esitazione, poi sospirò – Credi quello che vuoi – disse solo “E alla fine ci si abitua anche ad essere sempre incolpati e ad essere sempre disprezzati!” pensò – Ma hai un compito da svolgere e lo hai giurato – aggiunse.
L’altra avvicinò la mano all'elsa della spada – Diciamo che voglio dimostrare ad André che ho ragione e che non siamo in un altro mondo. E visto quello che avete fatto a quella famiglia…Il nostro patto può ritenersi annullato. Estrai la spada e combatti lealmente –
Morgana strinse le labbra, allungò un braccio e Oscar sentì la sua spada uscire dal fodero, la vide volare in aria per finire poi nella mano della Duchessa di Cornovaglia. La donna in nero sorrise – Oh! Ma guarda, ho vinto io! – disse e piegò l’avambraccio della mano libera con il palmo della mano verso l’alto. E cominciò a stringere le dita.
Oscar si portò istintivamente una mano alla gola, ma non sentì nulla. Accanto a lei André mise un ginocchio a terra tenendosi il collo con entrambe le mani – Os…Oscar… -
Lei gli fu subito accanto, gli allentò la camicia, ma senza risultato. Presa dal panico gli prese il volto – André… Guardami…Guardami…Non ti lascio – disse appoggiando la testa sulla sua. Sentiva l’amico annaspare cercando di riempire i polmoni d’aria. Guardò Morgana – Lascialo! –
Morgana sorrise mostrando i suoi canini appuntiti – E perché mai? A noi servi tu, Lady Oscar…Lui è solo uno scudiero…Che importanza può avere per te? – disse e strinse ancora di più le dita.
André gemette e si piegò in avanti. Oscar lo strinse, impotente nel vederlo morire senza fiato, gli accarezzò la testa e sentì delle lacrime scendere dagli occhi – Ti prego…Ti prego…Non fargli del male... – Si girò verso di lei – Farò quello che vuoi! Lascialo! Maledetta strega! –
Morgana abbassò il braccio e rilassò le dita. Respirò a fondo e barcollò avvicinandosi a loro – Bene…E adesso… - disse, ma venne interrotta da un lugubre suono. Alzarono lo sguardo guardandosi intorno. André si massaggiò il collo – Cosa…Cosa è –
Morgana strinse le labbra – I sassoni…Sono qui! – disse e si inginocchiò a terra, appoggiò il fondoschiena sui talloni e le mani sulle cosce – Non muovetevi da qui – aggiunse e chiuse gli occhi.
Oscar e André si guardarono per un attimo. Lei sentì una vibrazione nell’aria e, piano piano, cominciò a vedere tutto leggermente sfocato intorno a lei. Tutto tranne André, Morgana e i cavalli. Improvvisamente nella radura entrò un gruppo di cavalieri. Non si trattava degli uomini di Morgana, quelli erano diversi. Le loro selle erano bordate di pelliccia e, cosa che Oscar notò con terrore, ad esse erano appese delle teste umane dalla pelle essiccata. I cavalieri indossavano abiti di pelle, ma non come quelli che avevano visto finora, quelli sembravano più rozzi; avevano i capelli lunghi adornati da delle trecce ed avevano il volto dipinto a strisce nere. Il loro aspetto era terribile a vedersi, come terribili apparivano le loro armi, lunghe e pesanti spade a lama larga e asce ricurve.
Oscar si piegò piano a prendere la sua spada che Morgana aveva lasciato cadere in terra. I cavalieri si avvicinarono a loro, ma sembrava che non li vedessero. Si fermarono proprio a pochi passi ed era impossibile che non si accorgessero di chi avevano di fronte. Uno dei cavalieri si rivolse ad un altro – Sei sicuro di aver sentito dei rumori Haral? –
L’altro cavaliere agitò la sua ascia da guerra – Si, Mio Signore. E sono certo che venivano da qui –
Il capo si guardò attorno con gli occhi socchiusi – Strano…Eppure… - disse e guardò nella direzione di Oscar. Lei lo guardò stringendo la mano sulla spada, pronta a colpire, ma l’uomo non si mosse e si girò verso un altro cavaliere – Dolff! Raduna gli uomini. Rientriamo verso la costa –
Haral abbassò l’arma – Mio Signore, la razzia di un villaggio e il massacro di quella famiglia sulla strada non ci hanno fruttato molto, gli uomini vogliono di più –
Il capo strinse le redini – I miei uomini faranno quello che io ordino, Haral! Hai qualche dubbio in proposito? –
L’altro tentennò e piegò la testa in avanti. Il capo annuì – In quanto al bottino, non c’è alcuna fretta adesso che il maledetto Artù e i suoi cavalieri non ci sono più. Noi torneremo in questa terra, è solo questione di tempo e ce la prenderemo, che questi bifolchi di Britannia lo vogliano, oppure no! Dolff! –
Dolff annuì e prese dalla sella uno strano strumento che si portò alla bocca. Oscar notò che era un corno di un qualche animale. L’uomo soffiò e ne uscì di nuovo il lugubre suono che avevano sentito prima dell’arrivo dei cavalieri.
Passarono accanto a loro, a pochi metri da loro, ma non li videro e se ne andarono dalla radura. Dopo qualche istante Oscar cominciò a rivedere tutto più chiaro. André si passò una mano sui capelli e sospirò – Accidenti! Cosa è successo…Perché non ci hanno visto? Eppure erano di fronte a noi –
Oscar tentennò e guardò Morgana, ancora inginocchiata a terra. Si piegò in avanti – Mor…Lady Morgana – disse piano e allungò un braccio. Improvvisamente la donna in nero fu presa da uno spasmo di tosse e cadde in avanti. Fu sorretta da Oscar che la tenne e vide che aveva del sangue fresco che gli colava dalla bocca: - André! Presto! Aiutami –
In un lampo lui gli fu accanto e prese Morgana, ormai svenuta. La sollevò tra le braccia, sospirò e guardò Oscar – E…E adesso? Cosa facciamo? –
Oscar strinse i pugni e si guardò attorno – Adesso…Prendiamo i cavalli –
 
Morgause estrasse la sua spada e ne guardò la lama, poi la rimise nel fodero. Avrebbe voluto gettarsi all’inseguimento di quei due con sua sorella e non restare al sicuro con i soldati. Si maledisse da sola. Perché lei, unica di tre sorelle, non possedeva alcun potere speciale? Di Viviana aveva ben pochi ricordi, era stata portata via ad Avalon che lei era piccola, ma si ricordava di quando Morgana si era resa conto di avere il potere. Lo aveva fatto per caso, mentre voleva aiutare la figlia storpia di una serva a prendere un vaso su una mensola. Lei aveva agitato le manine e aveva fatto scendere l’oggetto lentamente. Probabilmente, nella mente di sua sorella, quello sarebbe dovuto bastare per farsi amica la bambina ed era stata per davvero una gentilezza. Invece, da quell’episodio era stato un susseguirsi di “strega!” urlato in ogni dove.
Sorrise tra sé, di certo bisognava dare atto a sua sorella che, tra le sue doti, spiccava senza dubbio la caparbietà. Non si era mai arresa nel cercare amici e amiche, ma era stato tutto inutile. Poi, da quando loro padre, il Duca, era morto si erano separate. Fino alla notizia del matrimonio imposto con il Re di Lothian e delle Orcadi, fino a quella sera fatale durante i festeggiamenti per la vittoria di Monte Badon.
Strinse i pugni. Il matrimonio con Lot era stato un disastro. Aveva sperato che almeno l’amore dei suoi figli potesse mitigare lo sconforto, ma Galvano, Agravain, Gareth e Gaheris le erano stati portati via e li aveva rivisti ormai grandi, come una brutta copia del loro padre. Nemmeno i suoi molti amanti avevano mai riempito il vuoto nella sua vita e della grande vittoria contro i sassoni non sapeva che farsene. Poi era venuta Viviana da lei, sua sorella, la Dama del Lago. Le aveva detto che avrebbe partorito il nuovo Grande Re della Britannia e che lo avrebbe generato con un grande eroe. Gli aveva indicato un bel ragazzo dai capelli castani tra gli ospiti della festa per la vittoria. Era giovane, con un delizioso sorriso ed era bastato poco per irretirlo.
Chiuse gli occhi: la sensazione che aveva provato con lui era stata immensa e totalizzante. Una cosa che non aveva mai più provato con nessun uomo. E quando Morgana le aveva detto chi era si era sentita morire dentro. Aveva sperato di non essere rimasta incinta e, quando lo aveva saputo, aveva pensato di abortire. Poi aveva deciso di tenere il suo bambino e lo aveva difeso anche contro l’ira di Lot. Aveva avuto un maschio, quello che era il primo erede del Grande Re e che finalmente avrebbe allevato lei da sola. Eppure…
Persa in quei pensieri non si accorse del vecchio Volker che si avvicinava. L’uomo si inchinò – Vostra Grazia…La Duchessa è tornata –
Morgause inarcò le sopracciglia e guardò verso i soldati, vide la donna del futuro in sella al suo cavallo, accompagnata dal suo scudiero che portava davanti a se sulla sella anche una figura nera. Corse verso di loro e li vide scendere.
André prese delicatamente tra le braccia Morgana che era ancora svenuta. Morgause vide il sangue sul volto della sorella e, furibonda, estrasse la sua spada – Cosa gli avete fatto! –
Oscar sospirò – Abbiamo… Abbiamo trovato…I..Sassoni…Lei ci ha salvato –
Morgause lasciò cadere la spada e andò accanto a sua sorella. Gli accarezzò la fronte e guardò André – Portala alla sua tenda –
Adagiarono Morgana su un giaciglio di pelli e poi rimasero attorno a lei. Morgause gli passò una mano sulla fronte gli tolse delicatamente la corona con la croce celtica dalla fronte e gli pulì la bocca sporca di sangue con un fazzoletto. Guardò l’uomo e poi la donna – Ha fatto un incantesimo? –
Oscar deglutì, guardò per un attimo André e poi ancora la Regina di Lothian – Io…Credo di si. Erano arrivati…I sassoni…E poi: è stato strano, io ho visto le immagini leggermente sfocate e loro…Loro non ci hanno visto e se ne sono andati…E’ stato come… Come un miraggio! –
Morgause sospirò – Si è indebolita. La sua magia è forte, ma non può fare incantesimi in tutti i luoghi…Come si è indebolita quando vi ha fatto arrivare qui –
Oscar aggrottò la fronte – In…Indebolita? Io ho visto questa donna piegare il mio braccio e minacciarmi con la mia stessa spada e ha quasi soffocato me e André solo con un gesto delle dita! –
Lui si passò una mano sulla gola – E non è stata una bella sensazione –
La Regina di Lothian strinse le labbra – Non lo può fare ovunque. Purtroppo il suo potere è limitato…Anche se lei non lo fa sapere e tutti la temono, ci sono delle zone…E’ difficile da spiegare: ci sono delle zone in cui il suo potere, come quello di nostra sorella Viviana, può manifestarsi liberamente, ma sono molto poche e delimitate, come il suo castello, il cerchio di pietre del villaggio di Salisbury e…E Avalon, dove siamo diretti. Lei può usare la magia anche al di fuori di queste…Aree…Ma quando lo fa, la magia chiede un prezzo e lei si indebolisce e più l'incantesimo è forte e più rischia di…Di morire. L’incanto che vi ha portato qui, dal vostro tempo, anche se lo fatto a Tintagel, l’ha debilitata: sta tossendo sangue da quando siamo partiti –
Improvvisamente Morgana si scosse e allungò una mano prendendo il braccio della sorella – Continua pure Morgause… Continua pure a dire tutti i miei segreti a questi due – disse piano e tossì.
Oscar strinse le labbra e si avvicinò mettendogli una mano sulla fronte – Come ti senti? –
L’altra sbuffò – Come se avessi combattuto contro tutta l’armata sassone – disse e si alzò appoggiandosi su un gomito – E come mai non ve ne siete andati? –
Oscar sorrise debolmente – La tentazione di abbandonarti, Lady Morgana, è stata molto forte. Ma così facendo non avremmo potuto ringraziarti per averci salvato la vita. Oh! Perché tu lo sappia…Quegli uomini hanno confessato di aver razziato un villaggio e di aver ucciso la famiglia lungo la strada –
Morgana si piegò in avanti – E’ quello che ti avevo detto io! Ma, no! La nostra Lady Oscar non ha voluto credermi –
Oscar avvicinò il suo volto a quello di lei – Credere di essere in un altro tempo e in un altro luogo? Al posto mio cosa avresti fatto? –
Morgana sorrise – Oh! Per prima cosa sarei riuscita a fuggire! E poi…Poi mi sarei accorta di non essere più nel mio tempo –
Oscar scrollò le spalle – Perdonami, se da dove vengo io non possiamo muovere le cose con…Con la magia! E adesso scopriamo pure che puoi farlo solo in determinate zone? A pena di soffrire fino alla morte? Non sono un’esperta, ma non mi sembra granché utile come potere –
Morgana si piegò ancora in avanti avvicinando il suo volto a quello di Oscar, allungò il braccio, la sua corona volò in aria. La prese e se la mise in testa – Ti sembra inutile? –
Oscar sbuffò – Una volta ho visto un uomo che faceva uscire una colomba da un cappello…E una moneta dal naso di una dama di corte…Tu potresti farlo? –
Morgana sussultò – Una colomba da un cappello? Potrei farlo anche con una gallina intera… -
Sentirono una voce maschile gridare: - Ehi! –
Si girarono e videro André e Morgause che le guardavano a bocca aperta: - Che vuoi! – dissero insieme.
Lui tentennò – State litigando come due bambine! -
Oscar sospirò e strinse le labbra – Hai promesso che ci avresti rimandato in Normandia –
Morgana agitò una mano – E lo farò! Quando saremo ad Avalon i miei poteri saranno amplificati. Sotto terra sono presenti delle correnti di energia, sia positiva che negativa. A volte capita che queste si incrocino, come a Tintagel, al cerchio di pietre o anche ad Avalon. Sotto l’isola passano decine di queste correnti terrestri e i miei poteri saranno amplificati più che al mio castello e anche dalla presenza di mia sorella, il sangue del mio sangue. Vi farò tornare immediatamente in quel mondo assurdo dal quale provenite! Con la tua Regina…E quel Re Giorgio che manderà soldati in Irlanda…Tu hai promesso di aiutarci –
Oscar annuì – Sarebbe molto più semplice sapere cosa, esattamente, dovrei fare –
Morgana sospirò – Perché…E’ meglio che tu lo scopra quando saremo a Glastonbury e ormai non credo che manchi molto –
Oscar sorrise sprezzante – Ancora con questa Glastonbury! Non mi muoverò più senza sapere il motivo per cui avere sfidato le leggi del tempo e dello spazio! –
Morgana abbassò la testa – Io…Devi capire una cosa Lady Oscar. Fino a poco tempo fa Avalon era si nascosta nelle nebbie del Lago, ma io…E quelli come me, potevano comunque arrivarci. Dopo la battaglia che ha visto la Britannia perdere il suo Grande Re il passaggio…E’ stato chiuso definitivamente e per aprirlo ci serve un cavaliere che al tempo stesso provenga dalla Gallia, che sia il campione di una Regina e che…Non sia al tempo stesso un cavaliere…Che sia una donna…Come te “Lancia di Dio” –
Oscar strinse le labbra – Non mi avete detto nulla! Ve lo ripeto, perché proprio io, un cavaliere della Gallia e campione di una Regina? –
Morgana la guardò e gli puntò il dito contro – Perché tu porti il suo nome! Il nome di colui che ha chiuso con un incantesimo l’accesso per Avalon dopo la battaglia di Camlann in cui nostro fratello Artù ha perso il suo Regno. E’ giunto dal Nord della Gallia, è diventato il più forte dei cavalieri della tavola rotonda di Camelot ed è stato nominato campione della Grande Regina Ginevra –
Morgause annuì – Anche lui portava la lancia nel suo nome…Era il migliore e il più grande dei cavalieri della Britannia e ha maledetto il Lago in modo che mai nessuno, né mia sorella o quelli come lei e mai nemmeno un cavaliere come lui, possa attraversarlo per andare ad Avalon…Ma tu, oltre ad avere le sue…Peculiarità…Sei una donna…E riteniamo che tu possa spezzare l’incantesimo e farci arrivare sull’isola –
Oscar rimase interdetta – La lancia nel suo nome…E quale…Come si chiamava? –
Morgana sorrise – La lancia non era così nascosta nel suo nome come nel tuo caso. In Gallia lo chiamavano dardo o lancia degli elfi…Qui era conosciuto come Lancillotto –

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Capitolo 5
*** Il prezzo del potere ***


Quello che più la infastidiva delle cerimonie cristiane, oltre alla durata, era la rigida disposizione in cui dovevano mettersi i nobili all’interno della chiesa. In prima fila il Grande Re e la Grande Regina, a seguire i loro parenti stretti, in ordine di decrescente importanza. Il Re e la Regina non avevano figli, la Regina, poi, non aveva nemmeno fratelli o sorelle. Il Re, di sorelle ne aveva ben tre, ma la Dama del Lago, con Merlino, non sarebbe mai venuta a celebrare la Pasqua cristiana, Morgause si era esiliata da sola a Tintagel e quindi l’onore, come pure l’onere della seconda fila spettava a lei. Si era dovuta sorbire l’infinita omelia del Vescovo Patrizio, un cristiano venuto dall’Irlanda, che non lesinava nella descrizione delle punizioni divine per i peccatori. E quando parlava di peccati, il suo sguardo era sempre fisso su di lei. Ma, come sempre, anche quella tortura finiva. E ne iniziava un’altra: il corteo reale dalla cattedrale al castello del Re per il banchetto offerto dal sovrano in cui chiunque, anche i più umili, per quel giorno avevano un pasto caldo. Quell’usanza, fortemente voluta da Artù, attirava centinaia di persone e i soldati della guarnigione di Camelot facevano fatica a gestirli.
Anche il corteo, come la Messa, aveva le stesse regole: il Re e la Regina davanti a tutti, i parenti in ordine decrescente di importanza dietro, con un’unica eccezione. In terza posizione, con i figli della Regina Morgause, nipoti del Re, c’era anche un altro cavaliere, bellissimo e invincibile, che si era subito guadagnato una grande posizione. Si chiamava Lancillotto, veniva dal Nord della Gallia e si era imposto subito come un campione, tanto che lo stesso Artù lo aveva fatto cavaliere della sua tavola rotonda e proclamato protettore della Regina Ginevra.
Tra i figli di Morgause, poco più indietro, c’era anche Mordred. Si era addestrato a Tintagel e, una volta avuta l’età per diventare cavaliere, era partito per Camelot a chiedere a quello che tutti consideravano suo zio di accettarlo nell’ordine della tavola rotonda. I suoi fratellastri lo evitavano, non riconoscendolo a tutti gli effetti come parente. Inoltre c’era il non trascurabile fatto che l’ultimogenito della Regina di Lothian portava nell’aspetto l’eredità dell’Antico Popolo, come lei e la gente di Camelot, come quella del resto del Regno e una buona parte della nobiltà, vedendoli insieme, aveva cominciato a dire che era suo figlio. All’inizio aveva trovato la cosa divertente. Poi, di fronte agli sguardi obliqui, alle risatine alle spalle e ai silenzi improvvisi quando entrava in una stanza; aveva dovuto ricredersi. E quello, unito alle dicerie su di lei e sul suo aspetto lugubre e sinistro, faceva si che il caro popolo della Britannia, come ogni anno, al corteo pasquale, riversava tutto l’odio su di lei.
Lungo la strada era impossibile non notarla  e gli epiteti non si risparmiavano: “Maledetta!” normale; “Sgualdrina!” ingiusto e sbagliato; “Meretrice” urka, che finezza! “Demonio!” eh!? Quello era nuovo! Forse suggerito dal Vescovo. Si massaggiò gli occhi con pollice e indice – Ma dov’è il mio preferito? Perché non me lo dicono? – disse piano. “Strega!” sentì e sorrise: - Ah! Finalmente! Un classico senza tempo! –
Artù rise sommessamente e Ginevra gli strinse la mano – Non dovresti ridere così, marito, dovresti far arrestare i bifolchi che insultano tua sorella! –
Lei scrollò le spalle, Ginevra non parlava certo così perché l’amava, ma perché era il suo ruolo di Regina. Sorrise – Dopotutto è un bene Mia Regina. Se insultano me non pensano alle tasse di mio fratello –
Ginevra sbuffò – Sei la sorella del Re! Sangue del suo sangue. Se insultano te è come se insultassero lui. Un simile atteggiamento non può essere accettato…Se tu fossi una cugina, potrei anche lasciar correre –
Lei inarcò le sopracciglia e Artù sospirò – Avanti mie gentili signore! Siete le donne più in vista di questo corteo e lo sarete anche al pranzo. Però, sorella, sono davvero preoccupato per te. Noto che non ti importa dell’odio aperto che la gente ti dimostra e questo, sotto certi aspetti, ti fa onore, ma…Il popolo è spaventato dal tuo aspetto e da quello che sente dire di te…Non ti metti mai abiti femminili e porti sempre la spada al fianco…Io…Non hai mai pensato di sposarti? –
Lei sbatté le palpebre incredula – No, fratello! E tu hai mai pensato che potrei colpirti con la spada che porto al fianco? –
Ginevra si girò rossa di rabbia – Come osi parlare così al tuo Re? –
Lei sbuffò – Sto parlando a mio fratello! Ogni anno per la festività della Pasqua vengo qui e devo sorbirmi le cerimonie cristiane quando sei tu l’unico cristiano della nostra famiglia e adesso mi parli di matrimonio? Come se lo sposarsi fosse la cura ad ogni male? E a quale di questi nobili damerini e debosciati vorresti darmi in sposa? Perché lo sai bene che qualunque uomo tu mi presenterai lo farò a fette…E dopo toccherà a te –
Artù sospirò di nuovo – Calma, sorella. So benissimo che non posso importi nulla. Se vorrai sposarti sarai tu a scegliere il fortunato che passerà la vita con te. E questo, sorella mia, è un privilegio che non tutti hanno avuto, nemmeno io – disse attirandosi uno sguardo rude di Ginevra.
 
Sbuffò. La sala della tavola rotonda era piena all’inverosimile, dai nobili minori al popolo e persino di mendicanti. La grande tavola, simbolo di Camelot e del Regno di Artù, si trovava su una pedana di legno ed era occupata dai cavalieri e dalle loro dame o compagne. L’unica parte dove si poteva stare comodi e larghi era dove era seduta lei, visto che nessuno voleva stargli accanto. Appoggiò il mento sulla mano e diede una rapida occhiata all’intorno: suo nipote Galvano stava bevendo senza ritegno direttamente dalla caraffa del vino; gli altri suoi nipoti figli di Lot avevano già dato fondo a vino e birra e ridevano sguaiatamente con delle serve in braccio. Mordred era più discreto; nonostante avesse il retaggio dell’Antico Popolo non si poteva certo dire che fosse un brutto uomo. E sembrava anche che possedesse un notevole fascino visto che stava parlottando abbracciato a una bella ragazza. Bevve un sorso di vino e si leccò le labbra. Artù non aveva badato a spese, quella bevanda non veniva dalla Gallia, ma dalle terre più a Sud, quelle dei romani. Suo fratello stava mangiando tranquillamente conversando con un altro uomo che non aveva mai visto e Ginevra sorseggiava il buon vino lanciando languide e furtive occhiate verso il suo campione Lancillotto, che peraltro sembrava che ricambiasse le attenzioni della Grande Regina. Lei tentennò leggermente: Ginevra non aveva avuto figli, ma Artù non l’aveva ripudiata e gli aveva lasciato quel bel cavaliere gallico come campione e protettore. Sospirò, non avrebbe mai capito gli uomini! “Tanto gentile e tanto onesta pare…” pensò e improvvisamente sentì una presenza accanto a sé, si girò aggrottando la fronte e vide un cavaliere che sorrise e si inchinò a lei – Mia Signora. Vedo che non avete un accompagnatore…Posso osare di chiedere il permesso di sedermi? –
Lei strinse le labbra – Fate pure…Mio fratello si vanta che questo è un Regno libero - disse. Lui si sedette e sorrise di nuovo piegandosi verso di lei – Permettetemi…Sono Accolon, figlio di Re Uriens del Galles –
Lei sorrise, si ricordava di Uriens, il vecchissimo Re del Galles. Praticamente era il decano dei nobili, era stato compagno d’armi di suo padre il Duca, di Uther e di Re Lot. Doveva avere un’ottantina danni ed erano molto rari gli uomini che arrivavano a quell’età: – E tu sai già io chi sono…Quindi... –
Accolon si versò da bere – Oh! Lo so bene. Sono un cavaliere di Camelot, ma vi vedo raramente a Corte, il vostro aspetto non passa inosservato –
Lei socchiuse gli occhi e mise mano all’elsa della spada – Ragazzo…Accolon…Il tuo fine è forse offendermi? Non hai sentito come mi chiama il popolo? -
Lui mise una mano sul cuore – Mia Signora, perdonatemi. Non intendevo in alcun modo offendervi e il popolo…Il popolo alle volte è una bestia senza cervello…Poi tutta questa storia dei cani e dei gatti… -
Lei aggrottò la fronte – Cani e gatti? –
Accolon annuì – Spariscono…Molta gente si è lamentata che i cani e i gatti stanno sparendo. Danno la colpa alla magia anche se, ovviamente, credo che si tratti di una malattia degli animali –
Lei provò un brivido lungo la schiena – Anche…Anche in Cornovaglia, anni fa, abbiamo avuto lo stesso problema. I cani e i gatti di Tintagel sparivano…Poi hanno cominciato a sparire alcune ragazze figlie di contadini…Ti lascio immaginare a chi il caro popolo ha dato la colpa – disse e sorseggiò il vino. Una delle ragazze era stata trovata, in un fosso, senza vita. Avevano portato il corpo al castello per farglielo vedere. Chiunque l’avesse uccisa ne aveva fatto scempio con una ferocia animalesca. Sentì un altro brivido e bevve ancora.
Accolon sorrise di nuovo – I cani si ammalano…Prima di morire assaliscono le fanciulle che badano ai campi e agli animali… Triste, ma purtroppo normale –
Lei si rilassò, si guardò attorno e vide gli altri che si divertivano allegri “E va bene” si disse “Per una volta cerchiamo di stare bene!” – Parlami di te Accolon… -
 
Oscar si mise seduta, ci mise un attimo per realizzare che era in una tenda e si massaggiò le tempie. Le visioni si stavano facendo più intricate, ma gli stavano anche descrivendo tutta la vita di Morgana. Si alzò, si stiracchiò ed uscì. Poco fuori, seduto su un tronco, vide André con un piatto in mano che sorrideva – Buongiorno! –
Lei aggrottò la fronte e lui le porse il piatto – Pancetta stagionata…E abbiamo anche birra di malto. Non ci credevo, ma è molto buona –
Oscar si sedette accanto a lui e guardò i soldati che sistemavano l’accampamento. Lo guardò – Adesso devo raccontarti i miei sogni, così almeno cercheremo di capire insieme qualcosa –
Lui bevve un sorso di birra da un bicchiere di legno e annuì – Avanti, racconta –
Oscar spiegò tutte le visioni che l’avevano accompagnata fino a quel punto per filo e per segno, interrotta solo da André per qualche domanda o precisazione. Alla fine lui sospirò – E’ la vita di Morgana, senza dubbio. La domanda non è tanto perché solo tu riesci a vederla, ma come questo può aiutarci –
Oscar scrollò le spalle – Temo che dovremo andare fino a questa Avalon e finire quello che è stato iniziato…Il punto, André, che non è chiaro è il perché stiamo andando la –
Lui aggrottò la fronte e lei annuì – Viviana ha preso in trappola Morgause e posso comprendere il suo desiderio di vendetta, ma nei miei sogni sono passati anni senza che lei abbia fatto nulla e nemmeno Morgana. No, c’è dell’altro André, loro vogliono andare ad Avalon per un altro motivo ben definito –
Lui scrollò le spalle – Morgana ha detto che sotto Avalon ci sono decine di correnti terresti che si incrociano. Non ho la minima idea di cosa siano, ma se queste amplificano i suoi poteri, si può anche capire perché ci vuole andare –
Oscar si grattò il mento con pollice e indice – No…Da quello che ho capito ci poteva andare in qualunque momento. Perché proprio adesso? Perché hanno aspettato che questo cavaliere, Lancillotto, chiudesse il passaggio per l’isola e non hanno agito prima? E poi…E questa è la cosa più importante, perché questo passaggio è stato chiuso? –
André sospirò – In effetti ci sono molte domande di cui non sappiamo la risposta. Dovresti sognare più spesso –
Oscar strinse le labbra, gli prese il bicchiere con la birra e lo bevve d’un fiato. Lui aggrottò la fronte – Ma cosa fai? –
Lei sorrise, si alzò e prese una caraffa, ne controllò il contenuto e bevve un grande sorso, poi guardò André – I miei sogni. Possono dirci cosa veramente cercano Morgana e Morgause a Avalon, ma per sognare devo dormire e per dormire…Quando bevo mi viene sempre sonno –
André si alzò – Vuoi ubriacarti per dormire? Di tutte le idee balzane che hai avuto, questa è la più sciocca! –
Lei bevve un altro lungo sorso e poi lo guardò – Ne hai una migliore? –
Lui tacque e inarcò le sopracciglia – In effetti, no – disse solo.
Oscar gettò il contenitore vuoto a terra e prese un’altra caraffa e bevve, poi barcollò e mise una mano sul braccio dell’amico – Morgana E’ stanca…Come ha detto Morgsc…Morga…Morgause…Non può usare la magia dappertutto – disse e si massaggiò gli occhi – E’ proprio forte questa birra! Uh! Qui non vanno per il sottile! – aggiunse e rise sommessamente; fece qualche passo e bevve ancora fino a quando il contenitore fu vuoto e poi lo lasciò cadere. Il mondo attorno a lei cominciò lentamente a girare; guardò André sorridendo – E non ti preoccupare…An…André…Io ti proteggerò…Perché tu…Perché tu…Perché tu sei lo scudiero…Il mio scudiero…Il…Mio…Scudiero… - disse, si mise una mano sulla fronte e cadde in avanti.
André la prese e la tenne stretta al petto. Sentì un sommesso ronfare e tentennò – Bene! Adesso sappiamo che questa birra di malto non la reggi – disse e sorrise - E io proteggerò te, perché tu sei il mio cavaliere – aggiunse; la portò nella tenda e la fece adagiare su un giaciglio di pelliccia. Le scostò una ciocca bionda dalla faccia e sorrise e si beò della visione del suo dolce viso addormentato “E’ bellissima” pensò e gli accarezzò dolcemente la guancia – Che tu possa sognare, Oscar –
 
Alla fine del banchetto il mondo ritornava come era sempre stato anche se, solo per un giorno, nobili e popolo avevano mangiato insieme. Lei, quale sorella del Re, aveva il privilegio di dormire, con il suo seguito, nel castello mentre gli altri nobili avevano eretto dei padiglioni a ridosso delle mura. Aveva bevuto e si era divertita. Divertita come mai aveva fatto non solo a Camelot, ma in tutta la sua vita. Accanto a lei c’era Accolon che l’accompagnava e che la teneva per un braccio. Arrivarono al corridoio che portava alle sue stanze e si misero una di fronte all’altro. Lui le prese le mani – Io…Sono stato molto bene con voi stasera –
Lei annuì – Anch’io, bel cavaliere –
Accolon si portò una delle sue mani alla bocca – Mi concedete un ultimo bacio? –
Lei annuì – Le mie mani sono tutte vostre, cavaliere – disse ridendo.
Ma lui, con una mossa repentina, l’attirò a sé e poggiò le sue labbra sulla sua bocca. Lei ci mise un attimo per rendersi conto di cosa stava succedendo. Non aveva mai provato una simile sensazione. Si disse che lo avrebbe scaraventato sul muro, ma il suo corpo rispose in modo differente: le sue braccia lo cinsero e dischiuse le labbra. Era quello un bacio? Quello che tutte le donne, tranne lei, bramavano? E capiva, finalmente, il perché. Sentì qualcosa dentro sciogliersi; improvvisamente le sue vesti le sembrarono ingombranti e desiderò di potersene liberare, di gettare lontano la sua spada e di non togliere mai le labbra da quella bocca avida che la stava baciando con passione. Ma alla fine fu lei che cedette e si ritirò.
Barcollarono e lei si appoggiò con la schiena alla parete, sorrise e guardò il volto di lui, i suoi occhi. Non vide altro che amore e speranza. Sentì che, dopotutto, lui era sincero, sentì che con quell’uomo avrebbe potuto avere una vita vera e non una squallida imitazione di esistenza vestendo lugubri vesti nere e odiata da tutti. Anche lei aveva il diritto amare e di essere amata.
Appoggiò la testa sul suo petto e sospirò accarezzandogli le braccia. Lui le accarezzò il capo e poi mise un ginocchio terra. Lei lo guardò senza capire, ma Accolon sorrise – Mia Signora! Io sono solo uno dei figli di mio padre, non ho terra, non ho castelli, ma da quando vi ho vista non ho pensato ad altri che a voi. Anche io sono nato e cresciuto nell’Antica Religione, sono il vostro     servo – disse e chinò la testa.
Lei rimase impietrita. Era arrivata a Camelot solo per onorare l’invito di suo fratello e, in un solo giorno, aveva avuto il suo primo bacio e la sua prima dichiarazione d’amore. Accolon la guardò sorpreso – Mia Signora…Credo di meritare una vostra risposta…Vi assicuro che i miei sentimenti sono sinceri –
Lei annuì e gli mise una mano sulla spalla – Alzati bel cavaliere! Avrai presto la mia risposta –
Lui si alzò, le prese le mani e le baciò – Non fatemi attendere, Mia Signora. Aspetterò con ansia le vostre parole –
Lei sorrise e lo abbracciò, poi lo vide sparire nel corridoio. Quando fu certa di non essere vista, allargò le braccia sorridendo e cominciò a roteare su sé stessa, come quando, da bambine, lei e sua sorella giocavano nel cortile di Tintagel. Era quello, dunque, l’amore? La sensazione di avere il cuore che sembra voler uscire dal petto e la voglia di gridare contro il mondo? Si appoggiò con le mani al muro e con il respiro affannoso. Eppure…
Non aveva più l’età per quelle cose. Non le aveva mai provate, era vero, ma si disse che non poteva innamorarsi come una ragazzina. Non lei, non la Duchessa di Cornovaglia. Da piccola l’aveva giurato, che non avrebbe più avuto bisogno di niente e di nessuno. Strinse i pugni: Artù voleva che si sposasse? Bene! Accolon le aveva dato una bella idea. Si raddrizzò, si sistemò le vesti e si diresse verso le sue stanze.
Volker era stato chiamato in fretta e aveva dovuto lasciare una simpatica cuoca per raggiungere la sua padrona. Si disse che ogni volta che la Duchessa aveva un’alzata d’ingegno c’era solo di che preoccuparsi; si sistemò gli abiti ed entrò nella stanza dove la trovò china su di un tavolo di legno di quercia. Lei schioccò le dita – Avvicinati Volker. Guarda – disse e si scostò facendo vedere una mappa del Sud della Britannia.
Lui sbatté le palpebre – Mia Signora…Io… -
Lei annuì – Noi siamo la Cornovaglia – disse e indicò Tintagel – Oltre il cerchio di pietre che sorge nei pressi del villaggio di Salisbury e oltre Glastonbury, il dominio di Viviana…In poche parole: in capo al mondo. E’ ora di espandere i nostri domini –
Volker aggrottò la fronte – E a chi volete fare la guerra, Mia Signora? Non sarebbe più semplice chiedere terre e titoli a vostro fratello? –
Lei sorrise debolmente – Volker…Io non parlo di guerra. Io parlo di matrimonio – disse e indicò un altro punto poco più a Nord. Lui tentennò – Il Galles? Re Uriens, per quanto vecchio, sembra ancora eterno…E’ vero che il suo primogenito è morto in battaglia e gli altri sono qui a Camelot come cavalieri e non hanno la voglia e le qualità per regnare, ma troverà di certo qualcuno che lo sostituirà –
Lei annuì – Si: me! La Duchessa di Cornovaglia e sorella del Re che sposerà quel vecchio e prenderà il comando del Galles! Una terra dove i cristiani ancora non comandano e dove potrò regnare come una vera Regina –
Volker rimase a bocca aperta – E…Mia Signora…Dovrete perlomeno parlare con vostro fratello…Siete certa che vi permetterà di sposarvi con lui? –
Lei sorrise e gli mise una mano sulla spalla – Oh! Si! E adesso vado a dirglielo –
 
Artù la ricevette nella sua camera personale, quella che divideva con sua moglie. Lui, in piedi accanto al camino, indossava una vestaglia scarlatta e lei era seduta su uno scranno di legno, indossava una vestaglia azzurra e aveva lasciato i suoi lunghi capelli biondi sciolti e tirati all’indietro.
Fu la Regina a parlare – Dicci pure Duchessa di Cornovaglia! Siamo al tuo servizio! –
Lei socchiuse gli occhi ignorando la pungente ironia nella voce dell’altra e si inchinò – Maestà! Chiedo licenza di parlare –
Artù sbuffò e si avvicinò, la prese per le spalle – Sorella! Non chiamarmi mai in modo così formale. Per te sono sempre tuo fratello Artù. Dimmi…Cosa succede? –
Lei annuì – Ti chiedo il permesso di sposarmi –
Ginevra si portò una mano alla bocca per nascondere la sorpresa – Cosa?! Tu?! La Fata che si sposa? –
Artù la fulminò con uno sguardo e poi guardò di nuovo sua sorella – Mi fa piacere. E con chi vorresti sposarti? Con il cavaliere che era con te al pranzo? Mi pare che si chiami Accolon. Non ha terre o titoli, ma mi hanno detto che è un degnissimo cavaliere, onesto e buono e possiamo sempre rimediare –
Lei tentennò e sorrise debolmente – No. Non con lui. Con suo padre, Re Uriens del Galles –
Ginevra si alzò di scatto – Uriens…E’ vecchio e debole! Già adesso non sanno se riuscirà a tornare in Galles da qui –
Lei la guardò – Meglio…Non dovrò adempiere ai miei doveri di moglie. E sarò Regina! –
Artù di morse il labbro inferiore – Sorella, avrei preferito che almeno tu ti sposassi per amore…Ma se è questo che vuoi. Manderò subito un messaggio a Uriens anche se non vedo perché mai debba rifiutare. So che sognava da anni di imparentare la sua famiglia con la nostra – disse e l’abbracciò.
Lei lo strinse, gli accarezzò la spalla, come gli piaceva quando era piccolo, poi si lasciarono. Lei si inchinò e sorrise – Ti ringrazio fratello…Mia Regina – disse e uscì.
Artù si sedette su un altro scranno e sorrise tristemente – E anche lei si sposa. Lo sai? Lei è stata il primo ricordo felice della mia vita. Non ho mai compreso perché la gente la odia –
Ginevra lo guardò – La odia perché è repellente! Lo sai cosa hai fatto? –
Lui aggrottò la fronte – Faccio sposare mia sorella. Quella sorella che mi dicevi che non avrebbe mai preso marito e che mi darà una salda e forte alleanza con il Galles –
Lei tentennò – Un covo di pagani! Secondo il Vescovo Patrizio in Galles si accendono ancora i fuochi di Beltaine (n.d.a.: antica festa celtica che cade attorno al 1° Maggio e festeggia l’inizio della Primavera) e il popolo di quelle terre, approfittando della demenza senile di Uriens, attacca i cristiani. Senza contate che l’altra tua sorella, Morgause, comanda sul Lothian e sulle isole Orcadi –
Artù sorrise debolmente e provò una fitta allo stomaco al solo pensiero della sorella con cui, suo malgrado, aveva avuto la sua prima esperienza da uomo: - Galvano è il Re di Lothian e delle Orcadi –
Ginevra allargò le braccia – Galvano non ha mai visto il suo Regno! Se ne sta qui a bere e a gozzovigliare. E ha muscoli anche nella testa! I suoi fratelli sono dei fanfaroni buoni a nulla che passano il tempo a sollazzarsi con domestiche e contadine! E l’ultimo della cucciolata, quel Mordred, ha lo stesso aspetto di Morgana e una luce negli occhi…Che mette i brividi! Il popolo del Lothian acclama ancora Morgause come Regina! Lo sai benissimo, ma non fai nulla perché lei… - disse, ma fu interrotta da un gesto di lui – Non è stata colpa sua! E’ stata Viviana a prenderci in trappola! Te l’ho detto perché ti amo e rispetto i tuoi consigli, non certo perché tu me lo rinfacci in ogni occasione –
Ginevra sospirò – Oh! Certo! Hai proprio delle belle sorelle! La grande Viviana, la Dama del Lago, che comanda quel covo di pagani di Avalon e che ti ha fatto giacere con tua sorella…Non si fa vedere da molto tempo, come Merlino, quel fantomatico Mago che tutti danno per rimbambito! E quest’ultima…A sentire tutti è una strega della peggior specie…Il suo aspetto spaventa chiunque e non capisco come ha fatto sir Accolon anche solo a starle accanto! E ti ha giocato! –
Artù aggrottò la fronte, ma lei gli puntò il dito contro – Ragiona! Morgause ha di fatto il controllo del Lothian e delle Orcadi, quindi del Nord, Viviana comanda da Avalon tutti gli adepti dell’Antica Religione e adesso lei. Oltre alla Cornovaglia avrà il controllo del Galles perché nessuno dei figli di Uriens è riconosciuto come Re dal suo popolo e lui è troppo vecchio! Da adesso quasi metà del tuo Regno e del tuo popolo è sotto il controllo delle tue sorelle! –
Lui gonfiò il petto – Il Regno è sotto il mio controllo, moglie, non dimenticarlo. Anche le mie sorelle mi devono obbedienza e ci sono cose che nemmeno la Dama del Lago può osare. Sarebbe tutto più semplice se avessimo un erede, ma non lo abbiamo! – disse e subito si pentì delle sue parole. Ginevra strinse le labbra, da anni cercava di dare un figlio al Re, ma senza risultato. Si avvicinò a lui – So benissimo che sono qui solo ed esclusivamente per il tuo amore, mio Re e Mio Signore. Ma so anche che tu hai un figlio: Mordred, anche se generato da un abominio, è pur sempre il sangue del tuo sangue Artù, anche se tutti lo credono tuo nipote. Adesso è arrivato il momento di scegliere chi dovrà governare la Britannia dopo di te –
 
Oscar si svegliò con la testa che le doleva. Si mise seduta a fatica e vide André con un sorriso beffardo stampato sulle labbra – Ben svegliata! Spero che tu abbia riposato bene, perché la strega nera non ha preso bene il fatto che tu ti sia ubriacata –
Lei sbuffò e in quel momento i lembi della tenda si aprirono e comparve Morgana. La donna la guardò e inarcò un sopracciglio - Quando mi hanno detto che ti eri ubriacata non ho voluto crederci…Adesso scopriamo pure che non reggi un po' di birra! –
Oscar si alzò lentamente sorretta da André. Scosse la testa nel vedere due Morgana e poi sorrise – E tu come stai? –
Morgana si sorprese nel sentire quella domanda – Io…Sto decisamente meglio…Siamo pronti per partire. Muovetevi – disse e uscì.
André aggrottò la fronte – Allora? Hai sognato di lei? –
Oscar annuì – Oh, si! Non è quello che volevo sapere, ma di certo sappiamo che anche la strega è stata innamorata –
Lui sorrise – Davvero? Voglio dire…Non mi sembra una donna che si strugge per amore –
Lei tentennò – E non lo è! Ha fatto una scelta. Tra il potere e l’amore…Ha scelto il potere –
 
Poco dopo il gruppo si mise di nuovo in marcia, solo che questa volta, in testa alla colonna, dietro Morgana e Oscar, c’erano Morgause e André.
Oscar si piegò in avanti e si riprese subito. Il passo del cavallo era monotono e decisamente inadatto per i postumi di una sbornia. Il suo stomaco reclamava vendetta con forti rumori. Morgana sorrise, ma non disse nulla.
Andrè si piegò verso la Duchessa – Perché una tavola rotonda? Voglio dire: perché vostro fratello ha voluto avere una tavola rotonda come simbolo del suo potere? –
Morgana strinse le labbra – Non l’ha voluta. Gli è stata data come dono di nozze quando ha sposato la figlia di Re Leodegrance di Cameliard, Ginevra. Poi ha pensato che era bello che il Re e i suoi cavalieri potessero sedersi senza che nessuno avesse un posto di supremazia –
Andrè rimase sorpreso – Senza un posto di supremazia…Tutti uguali gli uni agli altri –
Morgause scrollò le spalle – Lui era sempre il Re e quando si alzavano da quella tavola i suoi cavalieri lo sapevano, come lo sapevano anche prima di sedervisi –
Andrè decise di non lasciar perdere – Eppure…Era un’idea. Un governo di uomini uguali con decisioni prese insieme e non da un uomo solo –
Morgana aggrottò la fronte – Prendere le decisioni insieme? Un Re ha i suoi consiglieri, ma le decisioni sono prese da lui e da lui soltanto. Artù discuteva, questo è vero, chiedeva sempre ai suoi cavalieri le loro opinioni su molte cose e, per i miei gusti, alle volte lo faceva pure troppo –
Lui sospirò – Eppure…Un mondo in cui tutti sono liberi ed uguali, con leggi che non privilegiano alcune classi a discapito di altre…In questo modo un popolo potrebbe anche scegliere da solo come amministrarsi –
Morgause aggrottò la fronte e poi rise – Ahahahahahah…Un popolo che sceglie di governarsi da solo? Ma quando mai un popolo c’è mai riuscito? Ahahahahah…E chi fa le leggi? Chi amministra la giustizia? –
Andrè strinse le labbra – Il popolo può votare i suoi rappresentanti chiedendogli di formulare delle leggi giuste e di creare un governo, non credete che sia possibile? –
Morgause si piegò in avanti – Ahahahahah…Mio caro André…Sei veramente spassoso! –
Rise anche Morgana – Ahahahahah…Nostro fratello si è messo allo stesso livello dei suoi nobili, è vero e aveva una visione particolare anche del suo popolo: gli piaceva essere considerato un sovrano giusto e pretendeva che i suoi cavalieri giurassero di difendere i deboli e gli oppressi. Ha creato persino un codice per questo –
Morgause annuì – Il codice della cavalleria! Ma pensa te! Tutti i suoi cavalieri erano tenuti a rispettarlo –
Morgana sospirò – Mio fratello è sempre stato un sognatore: ha sempre desiderato un mondo migliore per tutti e, a onore del vero, ha cercato in tutti i modi di realizzarlo…Ma quello che dici tu, André, un popolo che sceglie chi deve governarlo…Non ha senso. E poi? Cancelliamo anche la nobiltà? Ahahahahah…Ridicolo! –
Andrè, sconfortato, guardò la schiena di Oscar davanti a lui, ma lei taceva. Poi guardò di nuovo Morgana – Nelle terre d’oltremare, nel nostro mondo, vogliono creare proprio un paese così, dove tutti sono uguali e dove tutti hanno diritto di esprimersi sul tipo di governo –
Morgause rise sommessamente – Si, oltremare…Gli irlandesi non sono famosi per essere un popolo di furbi –
Lui aggrottò la fronte – Non dico in Irlanda, dico oltremare, oltre l’Oceano…Nella nostra epoca, in una terra lontana, stanno per fare una guerra per liberarsi dalla tirannia di un Re –
Oscar alzò la testa – André! – disse quasi gridando.
Morgana scrollò le spalle, tirò le redini facendo rallentare il suo cavallo e si mise di fianco ad André: - Un Re non viene scelto, un Re viene mandato dagli dei e solo un altro Re può succedergli o può deporlo. Un Re, come ogni nobile, non è una figura come gli altri, ma è superiore, per nascita e condizione e proprio perché è superiore a lui spetta il comando, il fare le leggi e, in ultima analisi, proteggere il suo popolo, anche e soprattutto da sé stesso. Un’assemblea come quella che tu descrivi non prenderebbe mai alcuna decisione per il semplice fatto che non tutti sarebbero d’accordo e questo genererebbe confusione tra la gente che voterebbe fanfaroni che promettono e promettono senza mai fare nulla! E che autorità avrebbe un governante uscito da una simile assemblea? Pari a zero! Hai mai provato a convincere due persone? Facile. Dieci? Difficile. Mille? Impossibile. Il tuo caro popolo è una belante pecora che aspetta l’ordine del pastore e quando decide di ribellarsi lo fa come una belva ignorante che segue solo l’istinto e che, in fondo, brama solo che il padrone tiri la catena che ha al collo –
André, però, decise di non arrendersi – E quando un Re abusa della sua condizione e del suo potere…Quando un Re calpesta le regole del buon senso e sfrutta il popolo che, secondo voi, deve guidare…E’ forse lecito ribellarsi? –
Oscar si girò – Adesso basta! Cosa stai dicendo? – disse con voce alterata. Morgause piegò le labbra in una smorfia – Un Re è un Re e come ogni nobile non deve essere amato, perché altrimenti il suo popolo approfitta di lui. Non deve essere odiato, altrimenti al popolo può venire la balzana idea di sostituirlo, come fanno i tuoi amici oltremare. Un Re deve essere temuto! – (n.d.a.: citazione da “Il Principe” di N. Machiavelli).
Morgana annuì – Altrimenti c’è sempre il vecchio e buon metodo del mettere alcune teste su una picca! –
Morgause rise sommessamente e André tacque definitivamente. Morgana spronò il cavallo che si riallineò a quello di Oscar. Quest’ultima strinse le labbra e si toccò lo stomaco, ma non per la sbornia. Aveva sentito anche lei i discorsi che i rappresentati delle colonie americane facevano alla Corte di Francia per avere l’alleanza della Corona. Parlavano di libertà, di giustizia e, soprattutto, di uguaglianza. Di certo i ministri del Re avrebbero fornito armi e soldati non per quei concetti, ma solo per colpire gli interessi inglesi in America. Ma quelle parole…Anche a lei scaldavano il cuore. Suo padre l’aveva educata nella fedeltà assoluta al Re e alla Patria, ma anche all’onore e al sacrificio. Ma che onore c’era nello sfruttare la povera gente per mantenere una schiera di nobili a giocare in un immenso e lussuoso palazzo? Se lo chiedeva spesso. Guardò Morgana e Morgause: loro erano un prodotto del medioevo, fiere di appartenere alla casta nobiliare e non gli passava nemmeno per la testa che il popolo potesse mettere in discussione i loro ordini. Povero André! Discutere con quelle donne di politica era tempo perso. Però, se in America un pugno di coloni fosse riuscito a sconfiggere i reggimenti inglesi e avesse dimostrato che, si, un popolo poteva governarsi da solo senza un Re…Allora era possibile che altri popoli potessero farlo…Libertà, giustizia, uguaglianza…Il mondo come una grande tavola rotonda. No, si disse, Morgana sbagliava nel giudicare l’idea e i sogni del fratello e questo le fece provare subito una strana e grande simpatia per quel sovrano del passato.
I suoi pensieri furono interrotti dalla tosse di Morgana che si guardò la mano e strinse il pugno. Oscar aggrottò la fronte, ma l’altra fece un gesto in aria – Non è nulla. Appena arriveremo a Avalon la mia salute migliorerà –
André strinse le labbra – Cos’è di preciso Avalon, Lady Morgana? –
Lei sospirò – E’ il luogo più sacro per l’Antica Religione. Ne sappiamo molto poco a dire il vero. Solo i sacerdoti e le sacerdotesse ne conoscono tutta la storia, ma fin dai tempi antichi è stato abitato da una confraternita di sacerdotesse –
Oscar inarcò le sopracciglia – Oh! Quindi non ci sono uomini? –
Morgause sorrise – Naaa…Sarebbe un posto troppo brutto…E noioso. Hanno degli uomini al loro servizio, ovviamente. E poi, oltre alla somma sacerdotessa, la Dama del Lago, c’è anche Merlino –
André aggrottò la fronte – E chi è Merlino? –
Morgana strinse le labbra – Lo chiamano Mago. Anche se non gli ho mai visto fare alcuna magia quando stava alla Corte di mio fratello. Poi è letteralmente sparito, scomparso nel nulla –
Morgause guardò André, si puntò un indice sulla tempia e lo fece girare un paio di volte – Dicono che gli è partito il cervello! Per la vecchiaia! E non faccio fatica a crederlo visto che dicono che abbia più di un secolo –
Oscar sorrise – Più di un secolo? Sembra incredibile! –
Morgana annuì – Più di qualche secolo, dicono. C’è in giro una leggenda secondo la quale lui viene dalla vostra terra, la Gallia, da una regione chiamata Armorica, dove ha creato una pozione che dava una forza prodigiosa agli abitanti di un villaggio che lottava strenuamente contro le legioni di Cesare – (n.d.a.: citazione)
Oscar aggrottò la fronte – Quel…Cesare? –
Morgana sorrise – Quel Cesare! Ma sono solo leggende. Da quando l’aquila di Roma ha lasciato la Britannia lui è comparso. E’ stato consigliere dei Re di Britannia, anche se a Corte l’ho visto raramente e quando lo vedevo parlava sempre di un certo…Valt…Volt…Walt…e di una cosa strana…Una cosa di nome “film”, avete mai sentito una parola simile? – (n.d.a.: citazione)
Morgause ripeté il gesto con l’indice sulla tempia – Era completamente andato! –
Oscar si accarezzò distrattamente la manica della giacca – E’ stato lui a portare vostra sorella Viviana ad Avalon ed è sempre stato lui che ha accompagnato il vostro patrigno Uther al castello quando ha ucciso vostro padre, se non sbaglio –
Morgana si irrigidì, tirò le redini e il suo cavallo si fermò. Fu imitata ben presto da tutta la colonna in movimento. Girò il cavallo verso Oscar e si piegò in avanti verso di lei – E tu come lo sai! – disse. Oscar sentì la gola arida. Gli occhi di Morgana la stavano letteralmente trafiggendo. La Duchessa alzò l’avambraccio della mano destra con il palmo verso l’alto e le dita piegate – A che gioco stai giocando, Lady Oscar? –
Fu André che la salvò: - Ha delle visioni! –
Morgana si girò verso di lui e poi verso Oscar – Visioni? Che tipo di visioni? –
Oscar aggrottò la fronte, alzò un braccio e indicò il naso di Morgana. Quest’ultima se lo toccò e poi vide che la mano era macchiata di sangue fresco che gli stava colando. Si coprì con l’avambraccio e si pulì frettolosamente vergognandosi di mostrare la propria debolezza. Oscar sorrise stancamente – Ogni volta che chiudo gli occhi vedo la tua vita, Lady Morgana, non so da cosa dipenda e nemmeno perché solo io posso farlo –
L'altra strinse le mascelle, tirò le redini facendo indietreggiare il cavallo e guardò sua sorella – Vado avanti a controllare la strada! – disse e spronò il cavallo al galoppo. Morgause la vide correre via e poi guardò Oscar – La sua vita? Ma cosa…Cosa hai visto? –
L’altra sospirò e poi si girò verso André – Vado a dare una mano a Lady Morgana – disse e anche lei si gettò al galoppo lungo la strada.
Morgause sospirò e guardò André che sorrise. Lei tentennò – Una cosa hanno in comune…Una testardaggine decisamente irritante! –
Lui scrollò le spalle – Benvenuta nel mio mondo, Lady Morgause! –
 
Oscar galoppò per qualche istante e poi la vide, in sella al suo cavallo nero, sulla cima di un’altura. La raggiunse al trotto e si fermò di fianco a lei; fu allora che vide, lontano, sull’orizzonte, una linea bianca, un grande banco di nebbia e, al di sopra di essa, ne fuoriusciva la forma di una gigantesca collina verde. Morgana prese un fazzoletto da una manica e si pulì il naso – Il Tor. La collina del Tor di Glastonbury. Avalon è là sotto e al tempo stesso è al di fuori di questo mondo –
Oscar aggrottò la fronte – Siamo arrivati, dunque –
Morgana annuì – Immagino che tu veda la mia vita perché, quando ti ho chiamato qui, le nostre menti si sono collegate per un attimo. Cosa…Cosa hai visto? –
L’altra strinse le labbra – Te da piccola, quando hai deciso di lottare contro il mondo. Quando hai cercato di difendere tua sorella e tuo fratello da Viviana e…Quando, tra l’amore e il potere, hai scelto il potere –
Morgana sussultò e si tenne una mano sulla bocca. Oscar tentennò – E perché tu non vedi la mia, di vita? –
L’altra sospirò – Oh! Io ti ho vista, Lady Oscar. Quando ho cercato nelle pieghe del tempo e dello spazio una figura come Lancillotto, ma al tempo stesso non come lui. Mi sei comparsa davanti con un abito rosso, che ti inginocchiavi davanti a una donna bella e dai capelli biondi che immagino sia la tua Regina. E ho sentito che il tuo animo era quello di un cavaliere che tanto sarebbe piaciuto a mio fratello. Immagino che tu, anche come donna, avresti avuto un posto a quella tavola rotonda! Per il resto…La magia non è una scienza esatta! –
Oscar sorrise debolmente, poi sospirò – Perché siamo qui Morgana? Una vendetta contro tua sorella Viviana mi sembra tardiva. A meno che, certo, io debba vedere ancora qualcosa di importante nella tua vita. Il fatto che la Dama del Lago sia stata tagliata fuori dal mondo non ti sembra una punizione sufficiente per qualunque cosa abbia fatto? –
Morgana la guardò negli occhi: - Hai sorelle o fratelli più piccoli, Lady Oscar? –
Oscar rimase interdetta – Ho molte sorelle, tutte più grandi di me –
Morgana guardò di nuovo l’orizzonte – Io ero la più piccola e poi è nato lui…Lo odiavo, non faceva altro che mangiare e piangere, ma poi… -
Oscar sorrise di nuovo – Lui ti voleva bene. L’ho visto! Lui rideva dei tuoi denti limati –
Morgana la guardò sorpresa, poi sorrise – Si! E’ vero. Ero io che mi curavo di lui mentre nostra madre cambiava vestiti e collane e Morgause pensava ai ragazzi. E lui mi cercava…Gli piaceva stare con me…E mai nessuno lo aveva fatto – si portò un pugno al petto – Avrei dato la vita per lui! E anche dopo, quando fummo separati e quando lo rividi da Re di Britannia il mio affetto per lui non è mai cambiato. Ma dopo che ho messo sulla testa la corona di Regina del Galles è successa una cosa…Artù ha creduto che io lo avessi tradito e questo, per me, è stato l’insulto peggiore che abbia mai avuto: non l’essere chiamata strega, non l’essere oggetto dell’odio e del disprezzo della gente, a quello ci si abitua, ma a causa della nostra incomprensione lui ha riposto la sua fiducia su chi non la meritava. Ha nominato suo erede il figlio suo e di Morgause, Mordred. Era suo figlio, il suo sangue e credeva che questo bastasse a farlo amare da lui, ma si sbagliava. Mordred era cattivo, aveva un animo malvagio e crudele; il fatto di essere riconosciuto da suo padre non gli bastava. Lui voleva prendere il potere con la forza. Ha fatto di tutto per tradire Artù e sedersi sul maledetto trono. Ha cominciato a raccogliere seguaci e ha messo insieme un esercito; a Camlann si sono affrontati, l’esercito del padre e quello del figlio e pure loro, padre e figlio, si sono scontrati, spada contro spada e il padre ha ucciso il figlio –
Oscar rimase a bocca aperta e Morgana continuò – Artù, però, non morì. Le ferite inflitte da Mordred erano molto gravi e allora il suo cavaliere più forte e più fedele, Lancillotto, lo ha portato qui. Era certo che a Avalon Viviana lo avrebbe protetto – disse e fece un sorriso sprezzante – Proprio quella strega che aveva fatto generare Mordred, ma Lancillotto, ovviamente, non poteva saperlo. Prima di prendere la barca e andare all’isola con Artù morente, ha preso la spada di mio fratello e ha lanciato un incantesimo: mai nessun cavaliere, nemmeno uno come lui, avrebbe attraversato le nebbie per disturbare il riposo del Re…E così Avalon è sparita dal mondo –
Oscar tentennò, incapace di comprendere appieno quel mondo di magia e incantesimi – E…Quindi…Cosa vuoi effettivamente da Viviana? –
Morgana agitò una mano – Non capisci? Il Re, mio fratello, è ancora vivo! E’ la, sull’isola sacra, dietro le nebbie, negli artigli di Viviana e di quel pazzo di Merlino. Ma noi ora possiamo liberarlo! Con un cavaliere come Lancillotto, ma al tempo stesso non come lui, visto che sei una donna. Tu ci aprirai le nebbie e noi andremo da Viviana e la costringeremo a liberare Artù! E la Britannia avrà di nuovo il suo Re –

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Capitolo 6
*** La dea della guerra ***


Come aveva previsto Re Uriens fu lieto di prendere in moglie la sorella del Grande Re. Sorpreso, ma lieto. Il matrimonio fu mai consumato. A lei, ovviamente, non importava e se mai Uriens avesse provato ad avvicinarsi e a far valere il suo diritto di marito, se ne sarebbe pentito amaramente. Il Galles l’accolse e l’accettò subito come Regina e lei prese saldamente in mano le redini del potere iniziando quello che avrebbe ricordato come il periodo migliore della sua vita ed anche uno di quelli più felici. La popolazione era, per la maggior parte, devota ancora all’Antica Religione, proprio come lei e per la prima volta si sentiva rispettata e benvoluta dal suo popolo mentre a Tintagel Morgause, nominata reggente della Cornovaglia in suo nome, governava con l’aiuto di Volker. Nonostante la soddisfazione e gli onori che gli venivano tributati, sapeva che c’era ancora qualcosa che gli agitava l’animo e sapeva anche che, prima o poi, quel qualcosa sarebbe arrivato a chiederle il conto con il bel viso di Accolon, il figlio di suo marito.
 
E così fu: dopo circa un anno dalla sua incoronazione Accolon tornò in Galles e il momento che aveva temuto arrivò. Decise di ricevere il figlio di Uriens nelle sue stanze, senza nessuno presente. Si disse che un incontro privato era il minimo che doveva concedergli. Era dal momento della sua dichiarazione nei corridoi della Corte di Camelot che non lo vedeva e non era stato presente nemmeno al matrimonio.
Aspettò il suo ingresso con paura e senso si angoscia: soprattutto, cosa avrebbe fatto rivedendola? Lui le avrebbe rinfacciato la sua proposta che aveva fatto in ginocchio e semplicemente le avrebbe sputato addosso il suo odio, come del resto facevano tutti? La porta si aprì e lui entrò. Lei vide il suo bel volto e distolse lo sguardo, incapace di sostenere i suoi occhi.
Lui fece qualche passo avanti e mise un ginocchio a terra – Mia Regina e madre…Ti porgo i miei omaggi –
Lei sorrise debolmente – Non sono tua madre e puoi fare a meno di inginocchiarti davanti a me –
Accolon la guardò si alzò – E come dovrei chiamare la mia…Matrigna? La moglie del mio vecchio padre? –
Lei cercò di non cogliere la sua sottile e perfida ironia e si avvicinò a lui – Chiamami con il mio nome –
Lui annuì – Non posso, Mia Regina. Ti debbo confessare che, prima di venire qui, sono andato a trovare mio padre e sta bene…Nonostante la sua età. Mi hanno detto che la sua nuova sposa pensa a tutto, compresa l’attività di governo –
Lei alzò il mento – Qualcuno deve farlo! Tuo padre è vecchio e non ha figli che possono governare il Galles. Nemmeno tu che hai scelto di vivere alla Corte di Camelot –
Accolon scrollò le spalle – E quindi immagino di doverti ringraziare! Ringraziarti per aver sollevato il mio vecchio genitore dalle incombenze del Regno. Una vera gentilezza la tua –
Lei strinse i pugni – Sei ingiusto! E non devo giustificare la mia decisione con te –
Lui si avvicinò ancora di un passo – Eppure, Mia Signora, credevo che tra noi ci fosse qualcosa che andava oltre la semplice cortesia e l’amicizia –
Lei strinse le labbra – E quel qualcosa c’è ancora, sir Accolon…Quel giorno passato con te è stato uno dei più felici della mia vita, se non il più felice…E…Si…Ho veramente pensato e creduto che forse avrei potuto passare la mia vita con te. Ma era solo un’illusione Accolon e lo sapevi anche tu –
Lui si avvicinò di più – No! No Mia Signora, io invece ero sicuro che noi potessimo avere un futuro assieme – disse e la prese per le braccia, avvicinò il suo volto a quello di lei e posò le sue labbra sulle sue.
Lei inizialmente rispose al suo bacio, ma poi gli mise una mano sul petto e lo scostò – No! Adesso basta! – disse, ma lui la baciò di nuovo e lei fece una smorfia - Ho detto di no! – disse con voce alterata e, con un gesto, lo fece volare all’indietro fino a farlo sbattere con la schiena sulla parete opposta.
Lei si pulì la bocca con l’avambraccio – Adesso basta sir Accolon! La tua udienza è finita! –
Lui si raddrizzò e la guardò con occhi fiammeggianti: - Quello che dicono di te è vero! –
Lei aggrottò la fronte, ma lui sorrise sinistramente – Dicono che sei una strega! Che non puoi amare perché non hai un cuore! Che hai avuto mille amanti! E dicono anche che sir Mordred, quello strano cavaliere che è nelle grazie di Artù, non sia tuo nipote, ma che sia tuo figlio…E non solo! Dicono che sia anche figlio del Re…Che hai usato le tue arti nere per giacere con tuo fratello Artù! –
Lei si senti colpita al cuore e si portò una mano al petto. Come potevano anche solo pensare una cosa del genere? Lei giacere con il fratello che aveva accudito fin da piccolo? Per un attimo rivide il neonato nella culla e risentì la voce di sua madre Igraine: “Occupati tu del piccolo!”. Strinse i pugni – Come osi! – disse alzando l’avambraccio con il palmo rivolto vero l’alto. Lui si avvicinò di nuovo a lei – Lo hai fatto per ricattarlo, non è vero? E’ per combattere lui che hai sposato quel vecchio derelitto di mio padre e hai preso il controllo del Galles? E’ per questo che hai respinto il mio amore? –
Lei tentennò – Cosa stai dicendo!? Io ho scelto da sola di essere quello che sono, senza bisogno di nessuno! –
Lui si avventò su di lei e a prese per il collo costringendola al muro. Strinse la presa e avvicinò il suo volto a quello di lei – Ti ho chiesto se lo hai fatto per combatterlo! –
Lei digrignò i denti, mostrando i canini appuntiti come un cane ringhiante – Lasciami! Non voglio farti del male Accolon, non voglio, ma lo farò se non mi lasci subito –
Lui strinse le labbra – Che razza di donna! E’ da più di un anno che ci penso. Sono convinto che tu vuoi il trono di tuo fratello e vuoi regnare sulla Britannia. Mi hai stregato, maledetta fattucchiera! Per l’amore che provo per te farò quello che vuoi…Lo sai che sono il tuo servo – disse e si inginocchiò a terra tenendogli le mani.
Lei scansò la sua presa e si massaggiò la gola – Sei un povero pazzo! Per l’amore che anche io ho provato per te mi dimenticherò quello che è successo in questa stanza! –
Lui alzò lo sguardo – Se lo vuoi, Mia Regina, ti dimostrerò il mio amore infinito e ti darò io stesso il trono: combatterò contro il mio stesso Re in tuo nome –
Lei gli diede uno schiaffo – Adesso basta! Vattene da qui sir Accolon –
Lui chinò la testa e si alzò lentamente, poi andò alla porta, l’aprì e si girò – Sono il tuo servo fedele, Mia Regina – disse e sparì.
Lei rimase impietrita per un attimo e poi andò barcollando ad appoggiare i palmi sul tavolo. Dunque sapevano che Artù aveva giaciuto con sua sorella solo che, come al solito, era lei che veniva incolpata persino di quell’abominio e senza nemmeno la scusa dell’inganno di Viviana. Sentì un conato di vomito in gola e tentennò. Avrebbe dovuto far arrestare Accolon e tenerlo in cella per il suo bene, ma poi scacciò quel pensiero. Era un cavaliere della tavola rotonda e non avrebbe mai attentato alla vita del Grande Re. Si ricompose e decise che avrebbe cenato con lui quella sera, davanti a tutta la Corte del Galles. Ma quello stesso giorno fu informata che Accolon aveva lasciato il castello poco dopo l’incontro con lei e, in cuor suo, ne fu lieta e sollevata anche se, una parte del suo essere, non poté fare a meno di pensare con un brivido alle sue sinistre parole.
 
Passarono i giorni e le settimane; lei era sempre impegnata nel governo del Galles e in quel momento si trovava nei suoi appartamenti a leggere alcuni dispacci sulla ripresa degli sbarchi dei sassoni sulle coste. Improvvisamente entrò uno dei consiglieri di Uriens. L’uomo si inchinò profondamente e poi la guardò accorata – Mia Signora. Abbiamo appena ricevuto un messaggio…Dal campo di vostro fratello impegnato nelle manovre di addestramento delle truppe…Io… -
Lei agitò una mano impaziente – Vieni al punto –
Lui annuì – Sir...Sir Accolon ha attentato alla vita del Re e quest’ultimo lo ha ucciso –
Lei si alzò di scatto – Cosa!!? – disse incredula e poi si risedette prendendosi la testa tra le mani. Accolon, quell’Accolon che per primo e unico l’aveva tenuta tra le braccia e l’aveva fatta, anche se solo per un attimo, felice come una ragazzina, era morto. Sentì gli occhi lucidi e guardò ancora il consigliere che stava tremando – Mia…Mia Signora…Dicono che sir Accolon sia stato catturato dopo aver tentato di uccidete vostro fratello il Re e, quando Sua Maestà lo ha interrogato, ha cominciato a urlare che lo fatto per amor vostro, per dare a voi il trono e che voi siete la vera e unica Regina di Britannia –
Lei lo fissò incredula – E’…E’ impossibile…Mio fratello non può credere che io… -
Il consigliere si avvicinò al tavolo – Mia Signora! Ho parlato a lungo con chi ha portato la notizia ed è persona degna della massima fiducia. Sir Accolon ha sempre dichiarato di aver agito in vostro nome. Il nostro messaggero ha detto che il Re ha cominciato a urlare come un pazzo contro di voi e lo ha decapitato con la sua spada. E poi ha ordinato di arrestarvi –
Lei tentennò – Cosa…Non…Non può essere! – disse e si sentì mancare. Come era possibile? Lui, suo fratello Artù, l’unica persona che l’aveva sempre trattata con rispetto e con affetto, come poteva credere che Accolon avesse agito su suo ordine ed in suo nome? Poi pensò al pranzo di Pasqua in cui tutta la Corte l’aveva vista a fare coppia con lui e poi aveva sposato suo padre per prendere il trono del Galles. Il consigliere si avvicinò ancora – Mia Signora…Il Re…I cavalieri della guardia del Re…Stanno venendo qui con l’ordine di prendervi! –
Lei alzò il mento – No! Non è possibile! Parlerò con mio fratello e gli spiegherò ogni cosa –
L’altro annuì e chinò il capo – Mia Signora…Dicono che il Re è impazzito dalla rabbia. Come farete a parlare con lui? –
Lei si alzò – Gli andrò incontro, ecco come! –
 
Il gruppo dei cavalieri si fermò su un’altura. Da lontano si poteva vedere l’esercito che si stava avvicinando. Il suo capitano si avvicinò – Mia Signora! Portano la bandiera del drago: sono gli uomini del Re –
Lei strinse le redini – Mandate dei messaggeri! Che dicano che veniamo in pace e che facciano vedere bene le mie insegne! –
Subito due cavalieri andarono al galoppo verso le truppe che si stavano avvicinando portando il vessillo bianco con il corvo nero. Lei aggrottò la fronte, i cavalieri del Re non accennavano a rallentare. I suoi uomini rimanevano fermi sul terreno fino a quando…Gli altri gli passarono letteralmente sopra al galoppo, gettando a terra il suo vessillo. Si piegò sul collo dell’animale e si sforzò di trattenere le lacrime. Sapeva che quell’esercito non si sarebbe mai fermato fino a che lei non sarebbe stata prigioniera, oppure morta.
Sentì una voce lontana, il suo capitano stava urlando – Mia Signora! Non possiamo sconfiggerli! Dobbiamo fuggire –
Fuggire? E fuggire dove? Nemmeno il suo potere poteva battere tutti quegli uomini. Si raddrizzò e si mise a pensare velocemente  - Andiamo a Sud…Verso Sud…Al grande cerchio di pietre che sorge vicino a Salisbury – disse e spronò il cavallo al galoppo seguita dagli altri.
 
Galopparono veloci, inseguiti senza sosta dagli uomini del Re e alla fine arrivarono alla pianura con il cerchio di pietre o meglio, quello che restava di un imponente monumento in pietra costituito dai resti di due cerchi concentrici edificati innalzando grossi blocchi di pietra squadrata. Nessuno sapeva quando e perché era stato costruito, ma era uno dei pochi posti in cui scorrevano forti le correnti di energia della terra che alimentavano i suoi poteri e le grosse pietre conficcate verticalmente ne amplificavano la portata. In quel luogo avrebbe potuto spazzare via con un gesto quell’esercito di cavalieri che li inseguiva, ma non poteva e non voleva farlo. L’unica cosa che voleva era parlare con suo fratello.
Scesero dai cavalli e lei andò verso uno degli immensi blocchi. Appoggiò una mano sulla fredda pietra e sentì dentro di lei scorrere l’energia. Si girò, piegò le gambe, appoggiò il fondoschiena sui talloni e posò le mani sulle ginocchia – Qualunque cosa vediate non muovetevi! – ordinò ai suoi uomini e poi chiuse gli occhi.
I cavalieri del Re arrivarono e circondarono il complesso dei megaliti, ma non trovarono nessuno. Uno di loro, con una corona d’oro in testa, si fermò di fronte a una delle grandi pietre. Lei riusciva a vederlo attraverso l’incantesimo che era riuscita a creare e che rendeva lei e i suoi uomini invisibili ai loro occhi: era suo fratello Artù, dal volto adirato e rosso di rabbia. Il Re si guardò attorno ed estrasse la spada – Dove sei! – gridò e poi si alzò sulle staffe – Ti ho sempre voluto bene! Ti ho sempre amato sorella! E tu hai mandato quell’infame a uccidermi! – disse e gonfiò il petto – Strega! – urlò – Che tu sia maledetta! –
Lei sentì le lacrime scorrergli sul viso. Per un attimo pensò di togliere l’incantesimo e di andare verso di lui, ma quello sguardo… Quella voce…E soprattutto quella parola lanciata come una freccia dritta al suo cuore: “strega”, detta da lui era come una ferita data da più di mille spade.
Artù e il suo piccolo esercito se ne andarono senza nemmeno vederli e, dopo qualche istante, la magia finì e lei e il suo seguito si ritrovarono da soli in mezzo alle mute pietre. Il suo capitano le venne vicino e si piegò su di lei – Mia Signora! Mia Signora! Dobbiamo andare…Dobbiamo…Scappare. Possiamo tornare in Galles, dove saremo al sicuro –
Lei rimase immobile. Al sicuro? C’era un solo posto al mondo in cui poteva sentirsi al sicuro. La sua casa, la sua vera casa, il suo rifugio, il suo nido. Guardò l’uomo e tentennò – No. Andiamo a Ovest. Andiamo a Tintagel –
 
Oscar ebbe un sussulto. Si era assopita sul cavallo e si era svegliata di soprassalto perché aveva sentito un lugubre suono nell’aria. Si guardò attorno e vide Morgana, Morgause e Andrè che facevano lo stesso. In un attimo si rese conto che quella sinistra nota l’aveva già sentita: era il corno dei guerrieri sassoni. Lontano, sull’orizzonte, videro una lunga linea nera di cavalieri che urlava sguaiatamente agitando in aria spade ed asce.
 
Haral si avvicinò al suo capo – Congratulazioni Mio Signore! Avete avuto una buona intuizione nel proseguire verso Glastonbury, altrimenti non avremmo mai trovato quel convoglio –
L’altro sorrise – Lo so! In effetti c’era qualcosa di strano in quella radura, come se qualcuno ci stesse osservando. Ma guarda: un corteo come quello non è certo di scorta a dei contadini pezzenti. Ci sono dei ricchi signori lì e noi potremo chiedere un lauto riscatto – disse e girò il cavallo verso gli altri uomini – E se ci sono delle belle nobildonne gli mostreremo la leggendaria ospitalità dei sassoni…Più e più volte – aggiunse e rise imitato dagli altri.
 
Morgana estrasse la spada e spronò in avanti il cavallo – Uomini di Cornovaglia! Schierarsi in riga! Lance pronte! – urlò.
Oscar, senza pensare, estrasse la sua spada e si girò – André! Proteggi Lady Morgause – disse e raggiunse Morgana. André portò la mano istintivamente alla cintura, ma non trovò alcuna spada. Morgause si avvicinò a lui e sorrise – Oh! Vorrà dire che io proteggerò te – disse ed estrasse la sua spada, poi guardò lo schieramento sassone – E non preoccuparti. Quando inizierà la battaglia di armi abbandonate ne troverai a cataste –
 
Il capo dei sassoni spinse il cavallo al trotto davanti ai suoi uomini schierati – Uomini! Guerrieri! Oggi il grande padre degli dei, Odino, ci ha dato uno dono immenso e io, Wulfan, figlio di Oder, farò dei sacrifici in suo nome. Oggi renderemo onore ai nostri antenati…O li raggiungeremo nel Valhalla! Siate il martello di Thor…Siate il flagello di Loki…Avanti! – gridò e si lanciò verso il nemico agitando in aria la sua spada, seguito immediatamente dai suoi guerrieri urlanti mentre il corno lanciava ancora la sua sinistra nota.
 
Oscar strinse l’elsa della spada. La mano gli tremava, ma non per la paura, questo lo sapeva; era l’eccitazione, quella che si provava prima di uno scontro campale. Morgana spinse i talloni sui fianchi del cavallo e lo spronò al galoppo davanti allo schieramento dei suoi uomini. Le sembrò calma e fiera, come sempre aveva immaginato un generale che guarda le sue truppe prima di un attacco. La Duchessa tirò le redini e il cavallo si bloccò alzando le zampe anteriori, alzò la spada e indicò i sassoni – Uomini di Cornovaglia! I cani invasori che da anni infestano le nostre coste e le nostre terre sono qui davanti a voi! Tutti avete perso un padre, un figlio, un parente a causa loro! Fate in modo che maledicano questa terra che hanno osato invadere! Che il sommo Dagda, padre degli dei, vegli su di noi! Che Lugh, il dio sole, guidi le nostre lance e le nostre spade sui loro cuori! E che il corvo di Morrigan, dea invincibile della guerra, sia al nostro fianco e li faccia sprofondare negli abissi dell’Annwn! Avanti! – gridò; puntò la spada verso il nemico e avanzò.
I cavalieri, con le lance nella mano destra e gli scudi nella sinistra, stretti l’uno all’altro, partirono al passo, poi passarono al trotto e poi al galoppo. Dopo qualche istante, come un sol uomo, abbassarono le lance. Oscar galoppò al loro fianco con la sua spada puntata verso il nemico e ammirò l’imponenza di quella formazione che sembrava un muro irto di punte; poi guardò l’orda che aveva di fronte: aveva letto pagine e pagine di libri, poesie e saggi su cosa provava un soldato nell’andare all’attacco: ai genitori, all’amata, alla famiglia, persino all’inutilità della guerra. L’unica sensazione che lei aveva in quel momento, invece, era che voleva restare viva e che avrebbe fatto qualunque cosa per restarci. Il suo pensiero andò ad André nelle retrovie con Morgause. La stava seguendo anche se disarmato? Ma certo che lo stava facendo! Sapeva che lui non l’avrebbe mai abbandonata, che le sue spalle erano sicure. Sorrise tra sé “Il mio scudiero…Il mio scudiero non mi lascerà mai!” pensò. Davanti a lei, però, man mano che i due schieramenti si avvicinavano, poteva vedere chiaramente contro chi avrebbe combattuto: erano demoni urlanti usciti dall’inferno, con i volti dipinti di nero e con spade e asce pronte a farla a pezzi.
Dopo secondi che a lei sembrarono infiniti le due parti, finalmente, si scontrarono con uno schianto. I cavalieri di Morgana ebbero la meglio gettando a terra la maggior parte degli avversari con le loro lunghe lance. Oscar si scontrò con un soldato sassone e lo fece volare all’indietro dalla sella colpendolo al volto con la spada. Vide arrivare un altro cavaliere e si scambiarono dei colpi incrociando le lame all’altezza del volto. Oscar poteva sentire chiaramente l’alito pestilenziale del sassone e sentiva il braccio cedergli. I suoi muscoli, per quanto allenati, non potevano essere pari a quelli dell’uomo. Lui sorrise crudelmente mentre lentamente e inesorabilmente aveva la meglio. Lei girò il polso e colpì al volto l’uomo con il paramano dell’elsa. Lui si distrasse per un attimo e lei approfittò per assestargli un colpo al fianco facendolo cadere da cavallo.
Sorrise felice, ma si sentì prendere per un piede e trascinare a terra. Cadde a faccia in giù, si girò subito annaspando e cercando con la mano la sua spada, ma vide un altro sassone, un uomo enorme dal cranio pelato e dalla barba bionda a trecce che torreggiava sopra di lei. L’uomo prese l’elsa della spada a due mani e la sollevò sopra la testa per vibrare il colpo finale. Oscar rimase impietrita: “Questa è dunque la conclusione della vita di Oscar François de Jarjayes, comandante della Guardia Reale e nobile di Francia? Che tutto debba finire così? Che la mia esistenza, con le sue tristezze e le sue gioie, sia stata vissuta solo per arrivare a giacere qui, nel fango di una terra lontana e fuori dal tempo e dallo spazio? Dio onnipotente e misericordioso, dammi il coraggio di resistere al dolore e alla sofferenza. Accetta il mio sacrificio, proteggi il mio André e restituiscilo a sua nonna che l’attende con speranza” pensò, ma vide che l’uomo sussultò, lasciò cadere la sua arma e cadde in ginocchio e poi a terra. Lei lo fissò senza capire e poi vide André. Il suo André che brandiva una grossa ascia sassone. Lui sorrise – Lady Morgause aveva ragione! Adesso di armi a disposizione ce ne sono tante – disse e gli porse la mano. Lei sorrise, felice non tanto di avere salva la vita, ma di vedere che lui era sano e salvo. Trovò la sua spada, la prese e accettò la mano di André. Una volta in piedi i loro volti furono vicini, come mai lo erano stati, nemmeno nei loro giocosi duelli nel giardino di Palazzo Jarjayes. Lui, ebbro dell’eccitazione dello scontro intorno a loro, provò l’impellente e furioso desiderio di baciarla sulle labbra con ardore. Lei fissò i suoi occhi e strinse ancora la sua mano che ancora la sorreggeva. Dischiuse le labbra e, improvvisamente, lo scostò di lato; roteò la spada e abbatté un guerriero sassone che si stava avventando su di loro urlando.
André, ancora sconvolto da quello che aveva provato poco prima, si raddrizzò e si guardò attorno – Oscar! Stiamo vincendo! Stiamo vincendo! – gridò indicando il centro del campo di battaglia.
Lei alzò la spada e sorrise ansimando, poi il suo sguardo venne catturato dalla visione di Morgana. Era difficile non distinguerla in mezzo al campo di battaglia con le sue vesti nere e la sua pelle pallida. La dama nera era smontata di sella per combattere a piedi e aveva abbattuto due sassoni quando, d’improvviso, si trovò davanti il loro capo in persona. Anche lui aveva lasciato la sua cavalcatura per combattere e torreggiava di tutta la testa sui suoi uomini. Il suo aiutante, Haral, si scagliò contro Morgana, ma venne abbattuto da un fendente della nera spada della Duchessa. Il capo sassone, allora, alzò la spada sopra la testa e la calò su di lei che si spostò di lato. L’uomo fece una smorfia e lanciò un fendente laterale. Morgana lo evitò rotolando a terra per poi risollevarsi e rimettersi in posizione prendendo l’arma a due mani. La donna rispose con un altro fendente che ferì al braccio l’uomo. Wulfan ruggì di dolore, ma sollevò ancora la spada sopra il suo capo e solo allora Morgana si piegò in avanti e lo colpì allo stomaco. Il sassone fece un’espressione sorpresa e lei spinse ancora la lama nelle sue carni fino all’elsa. Wulfan, pallido come un cencio, cercò di prenderla per il collo, ma lei mosse i polsi torcendo la lama e facendolo gemere, poi la estrasse con un colpo solo. L’uomo cadde in ginocchio tenendosi una mano sulla pancia e solo allora Morgana alzò la sua arma in aria e la calò sul collo dell’avversario.
Oscar era rimasta a bocca aperta nel vedere quella scena. La sua educazione militare le fece ammirare come non mai Morgana. Vide la donna prendere la testa del sassone per i capelli e lanciarla verso gli altri urlando. Dopo qualche istante si sentirono le sinistre note del corno. Erano tre lunghi richiami consecutivi e stavano sicuramente ad indicare la ritirata. Oscar vide i sassoni superstiti fuggire via a cavallo o a piedi lasciando a terra i morti e i feriti. Si sentì improvvisamente spossata e desiderò solo appoggiarsi a qualcosa. Non si udiva più il clangore del metallo, ma solo il lamento dei moribondi e il nitrito dei cavalli feriti nello scontro. Sentì di nuovo la presenza di André al suo fianco, gli appoggiò una mano sulla spalla – Dunque è questa…Questa è una vera battaglia – disse piano.
Lui strinse le labbra e si guardò attorno – Eppure non mi sento un eroe…Ma solo un sopravvissuto –
Oscar sorrise mestamente, era stata addestrata fin da piccola a quello. Suo padre l’aveva cresciuta preparandola agli scontri all’arma bianca e solo allora realizzò che quella era stata la sua prima battaglia. Ma dov’era la gloria? E dov’era il campo di battaglia inondato di sole con uomini in uniformi splendenti che andavano alla morte sorridendo? Tentennò: – Morgana…Ha ucciso il loro capo…E’… - disse e sentì una presenza al suo fianco: – Ha reso onore al suo nome! – disse Morgause. Anche lei aveva la spada e il volto sporchi di sangue: - Lei porta il nome della dea della guerra: Morrigan. Il corvo è il suo animale sacro e la luna è il suo simbolo splendente –
Oscar guardò la Regina di Lothian e capì il perché Morgana aveva scelto un corvo come suo stemma. Il corvo indicava anche il colore dei suoi capelli e delle sue vesti, lo sfondo bianco rappresentava la sua pelle candida e la luna, l’elemento femminile per eccellenza. Vide La Duchessa che si aggirava sul campo con la spada e il viso sporchi di sangue e snudando i suoi canini appuntiti, come una belva appena sfamata e si disse che, se mai l’antica dea della guerra fosse scesa tra i mortali, avrebbe avuto quel volto. Sollevò la sua arma e vide la lama sporca di sangue. Si passò una mano sulle guance e sentì che anche il suo viso era sporco. Si allontanò da André di qualche passo e si guardò di nuovo attorno vedendo fango e sangue. Poi arrivarono i corvi che si posarono sui corpi dei caduti e allora lei capì anche perché quelli erano gli animali sacri alla dea della guerra. Si girò e trovò André, sempre lui, sempre e solo lui accanto a lei, la sua ombra protettrice che mai l’abbandonava. Lo abbracciò di slancio e affondò il viso nel suo petto, come, da piccola, faceva con la sua governante quando era triste.
Lui restò per un attimo sorpreso e poi le mise una mano sulla spalla. Morgana rinfoderò la spada e si avvicinò a loro, guardò con la fronte aggrottata Oscar avvinghiata a André e poi si rivolse a sua sorella – Hanno capito che questa terra non cadrà presto nelle loro mani. Dovremo seppellire i nostri caduti –
Morgause annuì – E dei loro? Che ne facciamo? –
L’altra fece una smorfia – Non mi importa! Che restino pure a marcire qui e a concimare la terra di Britannia! –
Oscar si ricompose e lasciò André – E i…I nostri feriti? –
Morgana la fissò – Li porteremo con noi, ovviamente. Ci penseranno le suore del monastero a prendersi cura di loro –
Oscar aggrottò la fronte – Monastero? Suore? Io credevo che fossimo diretti a questa fantomatica Avalon –
La Duchessa annuì – Si! Ma per attraversare il lago ci servono delle barche e attualmente solo i frati e le suore dei monasteri di Glastonbury ne possiedono. E poi dobbiamo fare il punto della situazione con nostra cognata Ginevra che è la Badessa –
André inarcò un sopracciglio – La Badessa? Volete dire che la moglie del Re, dopo la sua morte, si è fatta monaca? –
Morgause sorrise debolmente e mise nel fodero la sua arma – Non proprio. La Grande Regina Ginevra si è fatta monaca prima della battaglia in cui nostro fratello è stato ferito. Del resto è una cosa che ti può succedere quando mezza Corte ti trova a letto con il tuo amante. Lei e il cavaliere fedifrago sono fuggiti e direi che stato naturale che abbia chiesto rifugio al monastero –
Oscar restò bocca aperta e sbatté le palpebre – Il suo…Amante? –
Morgana sorrise e si avvicinò a lei – Si! La Grande Regina ha svergognato il Re davanti a tutta la Corte. Secondo l’usanza nostro fratello avrebbe anche potuto ucciderli sul posto…Ma suppongo che non l’abbia fatto non tanto per l’amore di Ginevra, quanto per l’amicizia con quello che era il suo amante…Ah! Dalla Gallia arriva il buon vino e gli amanti migliori, almeno così dicono… Ginevra andava a letto con il primo cavaliere della tavola rotonda e suo campione e difensore personale: Lancillotto –
Oscar aggrottò la fronte – Un momento! Mi hai detto che lui è rimasto sempre fedele al Re e che ha combattuto al suo fianco nella sua ultima battaglia –
La Duchessa annuì – Ed è vero! – disse e guardò per un attimo André – Io non li capirò mai gli uomini! Ha tradito il suo amico e Re portandosi a letto la Regina e poi…Durante la fuga ha abbandonato Ginevra che si è fatta monaca e lui è scappato. Per poi tornare sul campo di battaglia quando il Re ha avuto bisogno di lui. Quando il sovrano è stato ferito lo ha portato a Avalon e ha lanciato l’incantesimo – disse e puntò l’indice verso Oscar – Quell’incantesimo che tu spezzerai! –
Oscar che, fin dalla sua fallita fuga con André, aveva provato a capire quel mondo, tentennò perplessa – Quindi anche questo Lancillotto possedeva dei poteri…Magici –
Morgana annuì sorridendo – Acuta! In effetti anch’io sono arrivata alla stessa conclusione e forse nemmeno lui se ne rendeva conto. L’energia di Avalon e i suoi poteri, latenti o meno che fossero, hanno fatto in modo che l’isola sparisse dal mondo –
Oscar socchiuse gli occhi. Avrebbe dovuto parlare con André di quello che aveva visto in sogno e soprattutto del motivo per cui Artù aveva ripudiato Morgana, ma la Duchessa si era già allontanata da loro e si stava rivolgendo ai suoi uomini: – Siete stati magnifici oggi! Avete onorato i nostri dei e mi avete resa orgogliosa di essere la vostra Duchessa. Preparate i feriti per il trasporto e partiamo –
Morgause sorrise maliziosamente e si avvicinò ad André – Se vuoi sapere tutto di Lancillotto e Ginevra puoi venire da me stanotte. Non credo che al monastero avranno da ridire…Le monache cristiane sanno essere discrete –
Oscar strinse le labbra e soffiò dalle narici – Non può, Lady Morgause, il mio scud…Attendente…Deve pulire la mia spada, occuparsi del mio cavallo e…Fare tutto quello che mi verrà in mente poi –
Morgause sospirò e appoggiò una mano sul petto di André – Che peccato! – disse e se ne andò.
André deglutì e l’osservò andare via – Quella donna, per un uomo, è più pericolosa di Morgana e di tutta la sua magia –
Oscar lo guardò con occhi glaciali – Preparati! Andiamo in un monastero –
Caricarono i feriti sui cavalli, i più gravi vennero adagiati su delle barelle improvvisate trainate e si mossero. Entrarono nel muro di nebbia che circondava Glastonbury e a Oscar ricordò quando lei e André si erano smarriti in Normandia ed erano arrivati al castello di Morgana e Morgause. Si vedeva ben poco e lei era stanca; stanca e spossata dalla battaglia e l’andatura del cavallo al passo era così monotona e, per certi versi, rilassante che chiuse gli occhi per un attimo.
 
Pioveva. Una pioggia fitta e fredda. Il ponte levatoio si abbassò con un tonfo e lei e il suo seguito entrarono nel cortile. Volker si avvicinò al suo cavallo e prese le redini inchinandosi. Lei scese lentamente e lo guardò – Fai in modo che i miei uomini del Galles abbiano cibo, riposo, un cavallo fresco e un compenso…Che tornino alle loro case, se vogliono – disse solo e si avviò alla scala che portava al salone del piano di sopra.
Lasciò che i suoi abiti bagnati lasciassero una scia d’acqua sul pavimento e si sedette al tavolo. Il camino era acceso e scoppiettava allegramente. Troppo allegramente. Cosa mai era successo? Aveva finalmente avuto la soddisfazione di essere al comando di un paese che l’amava e la rispettava e poi…Lei aveva amato Accolon, per un attimo era stata persino disposta a condividere la vita con lui ed era impazzito. Aveva attentato alla vita del Re invocando il suo nome e, cosa più atroce, suo fratello il Re gli aveva creduto condannandola come traditrice. Cosa sarebbe accaduto? Artù sarebbe arrivato con il suo esercito a mettere Tintagel sotto assedio? Doveva radunare le truppe? Doveva inviare dei messaggi a suo fratello? E soprattutto: perché sempre e solo lei doveva soffrire? Viviana viveva in un dolce isolamento a Avalon e Morgause se ne stava tranquilla al castello intrattenendo frotte di amanti, come si diceva persino in Galles. Strinse i pugni. Sarebbe mai finita la sua maledizione? Che male aveva fatto agli dei o persino al Dio cristiano?
Sentì la porta aprirsi. Solo una persona, in tutto il castello, poteva osare disturbarla e strinse le mascelle dalla rabbia. La Regina di Lothian si avvicinò a lei, indossava un abito scarlatto molto semplice con un monile d’oro al collo: - Sorella! Abbiamo saputo quello che è successo…Io…Io non credo che tu abbia tradito il Re nostro fratello…Immagino che vorrai subito inviare un messaggero a Camelot –
Lei sospirò e alzò il mento, piegò il palmo della mano destra verso l’alto e strinse le dita. Morgause si portò lentamente le mani al collo e cominciò ad annaspare – Io…Sorella…Ma… -
Lei si girò a guardarla – Tu…Immagini…Immagini come ci si possa sentire per tutta la vita reietti e disprezzati? Immagini come ci si possa sentire quando tutto quello che ti circonda ti crolla addosso? Immagini cosa significhi vedere una persona che amavi e con cui potevi passare la vita tradirti portandoti via tutto? No! Non lo puoi immaginare sorella! Perché tu, come Viviana, non hai mai amato! – disse e si alzò di scatto gettandosi su di lei.
Rotolarono a terra e lei fu sopra Morgause a cavalcioni e le prese il collo tra le mani cominciando a stringere – Hai sposato quell’essere immondo di Lot, hai partorito quattro perfetti idioti e l’unico figlio decente lo hai fatto con tuo fratello, cambi amanti come se nulla fosse anche qui, sotto il tetto dove siamo cresciute…Ma tu immagini! Tu immagini come ci si senta ad essere… Me! –
Morgause spostò la testa e allungò la mano afferrando il suo collo, la graffiò e lei gemette. La Regina di Lothian ne approfittò per girarsi e scivolare via. Lei le prese il colletto del vestito e tirò spezzando la collana e strappando l’abito sulla schiena. Morgause arrivò gattonando alla parete e vi si appoggiò con una spalla prendendosi le ginocchia tra le braccia. Lei si alzò tenendo in mano parte dell’abito rosso della sorella e si avvicinò minacciosamente. Morgause la guardò tremante con gli occhi lucidi, ma, quando lei fu abbastanza vicina, si fermò. Lo strappo aveva denudato la schiena della Regina di Lothian, mostrando i segni di lunghe e profonde cicatrici. Lei lasciò cadere i resti del vestito e si avvicinò lentamente – Sorella…Ma cosa… -
Morgause tirò su con il naso – Hai detto che non posso immaginare…Io so cosa significa la sofferenza! Lot…L’uomo che è diventato mio marito…Era un mostro: a lui piaceva farmi soffrire, fin dalla prima notte. Mi frustava a sangue ogni volta che voleva prendermi e ogni figlio che mi ha fatto generare è stato il frutto di uno stupro, almeno credevo che crescendoli avrei lenito le mie ferite…Ma me li ha tolti per allevarli come una copia di sé stesso. No! quelli che hai visto non sono i miei figli! Quando sono giaciuta con Artù, nostro fratello, ho provato un sentimento strano…Lui era gentile e buono con me, abbiamo riso…E’ stato…bello! Credo che in ogni amante che trovo io cerco di ritrovare quell’esperienza. E poi…Mordred…E’ anche peggio dei suoi fratelli! –
Lei si inginocchiò accanto a lei e le mise una mano sulla spalla – Non può essere peggio! A Corte dicono che è un bravo cavaliere, è riverito secondo il suo rango e Artù lo tiene in grande considerazione. Ed è figlio tuo, quello che tu hai cresciuto –
Morgause si girò a guardarla con gli occhi colmi di lacrime – No…Lui è il peggiore sorella…Credimi…Come con i cani e i gatti –
Lei inarcò le sopracciglia e provò lo stesso brivido alla schiena di quando aveva parlato con Accolon la prima volta a Corte della sparizione di cani e gatti e ragazze giovani a Tintagel e di cani e gatti a Camelot. Lui aveva liquidato tutto come un’epidemia, anche se lei aveva sempre temuto che sotto ci fosse dell’altro.
Morgause annuì – E’ stato lui…Fin da piccolo era strano…Catturava i gatti e i cani e…Li…Li mutilava…Apriva i loro corpi…Li torturava…Gli faceva cose indicibili…E poi, quando è cresciuto, è passato alle ragazze –
Lei ricordò quando, tempo fa, gli fu mostrato il corpo di una giovane delle campagne di Tintagel, mutilato in modo orribile, vittima di una furia selvaggia che lei aveva attribuito a degli animali feroci. Ripensandoci, si rese conto che, dopotutto, lei voleva veramente credere che fosse stato l’attacco di un animale e non la furia di un essere umano. Morgause sospirò – Ho cercato di educarlo come un cavaliere, al rispetto a all’onore…E persino alla bontà…Ma…Lui è sempre stato cattivo…Non ti ho mai detto nulla perché avevo paura che ci cacciassi da qui, credevo che crescendo sarebbe cambiato…Finché uccideva gli animali, mi sono detta, poteva sfogare la sua furia, per una madre che lo ha portato in grembo resta sempre il suo bambino…Ma quando ha iniziato a uccidere quelle povere ragazzine…Ho minacciato di fermarlo in qualunque modo e lui è andato a Camelot per chiedere a suo zio…A suo padre…Di farlo cavaliere. Anzi, molto probabilmente ha ricattato Artù per avere il posto alla tavola rotonda –
Lei si sedette pesantemente accanto a lei appoggiando la schiena alla parete e le venne in mente la giovane ragazza che aveva visto con lui al pranzo di Pasqua – Non ha mai smesso…Nemmeno la…Ha cercato di nascondere la sua natura uccidendo i cani e i gatti di Camelot, ma temo che sia passato anche alle ragazzine – disse piano.
Morgause sospirò, si girò e appoggiò la schiena alla parete. Tirò su con il naso e le prese una mano – Posso non immaginare cosa si provi a essere te, ma ci sono stati dei momenti in cui ho voluto essere te! Di tutte noi, sorella, sei tu la più forte. E non per i poteri che hai: sei un guerriero, sei una regina, hai fatto tutto con le tue mani senza mai arrenderti, senza mai tentennare e non ti importa se tutti gli altri ti detestano –
Lei sorrise mestamente, appoggiò la testa su quella della sorella e le prese la mano di lei tra le sue – All’odio ti ci puoi abituare…Anche se ti scava nel cuore e ti fa male, sorella mia, molto male. Eppure io volevo solo un amico, solo qualcuno con cui essere me stessa. Una persona sola mi ha dato affetto e rispetto –
Morgause sorrise – Artù! Me lo ricordo. Vi invidiavo quando vi vedevo assieme –
Lei aggrottò la fronte – Cosa!? Tu che invidiavi me? Tutte le ragazzette volevano giocare con te e anche i maschi ti stavano addosso come le api sul miele –
La Regina di Lothian strinse le labbra – Ai maschi interessa una cosa sola e quando l’hanno avuta, credimi, smettono di essere interessanti e le altre ragazze o donne…Non ho mai legato con nessuna di loro, ma vedevo te che accudivi quel marmocchio e lui che agitava le manine cercandoti e rideva persino dei tuoi orribili denti! E se devo essere sincera invidio anche i tuoi capelli lisci. I miei sono pieni di riccioli e per pettinarli soffro! Per gli dei dell’Annwn, hai visto come mi stanno quando piove? –
Lei rise sommessamente – Ecco quello che mi piace di te Morgause: vedi il vero problema in ogni situazione! –
Morgause sospirò – Che ne sarà di noi? Dovremmo andare a Nord? Possiamo raggiungere le Orcadi e la il mio nome vale ancora qualcosa –
Lei tentennò – No! La nostra casa è Tintagel! Che Artù venga pure qui se ne ha voglia e parleremo con lui. E’ anni che non vede la madre del suo unico figlio e, quando arriverà, fosse anche con un esercito in armi, almeno ci potremo discutere –
L’altra tirò su con il naso – Nostro fratello è solo. Viviana resta a Avalon e Merlino dicono che sia pazzo…E adesso è a Camelot con un mostro che lui chiama figlio –
 
Oscar riaprì gli occhi sentendo un rumore nelle orecchie. Per un attimo pensò che fossero tornati i guerrieri sassoni, ma quello che udiva era un suono che anche lei conosceva bene, quelle delle campane. Morgana la guardò e sorrise debolmente – Siamo arrivati al monastero di Glastonbury, quello delle monache, ovviamente – disse e si piegò verso di lei – Arriverà il momento in cui dovrai dirmi cosa hai effettivamente visto su di me –
Arrivarono davanti a un grande portone in legno. Morgana fece avanzare il suo cavallo, si aprì una piccola feritoia ed apparve un volto. La Duchessa alzò il mento – Sono Morgana, Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles. Siamo qui per parlare con la vostra Badessa –
Il volto socchiuse gli occhi – Voi chi? –
L’altra sospirò – Io e mia sorella, Lady Morgause, Regina di Lothian e delle isole Orcadi. Ci siamo scontrati con i sassoni venendo qui e con noi ci sono dei feriti –
La feritoia si chiuse e, dopo attimi che parvero interminabili, si riaprì di nuovo: - Il vostro seguito può accamparsi qui, al di fuori delle mura. Voi e i feriti potete entrare – disse la voce. L’apertura si richiuse e, poco tempo dopo, il portone si aprì con un cigolio che a Oscar fece venire i brividi.
Lei, Morgana, Morgause, André e il gruppo degli uomini feriti nello scontro entrarono nel cortile del monastero. Alcuni inservienti presero i loro cavalli e gli indicarono la porta della foresteria dove un’anziana suora li attendeva. Oscar vide che altre suore si prendevano cura degli uomini di Morgana portandoli verso un’altra porta che doveva essere l’infermeria del monastero.
La Duchessa di Cornovaglia si avvicinò alla suora – Vi ringrazio per la cortesia che ci dimostrate. Spero che nostra cognata, la vostra Badessa Ginevra, figlia di Leodegrance di Cameliard e moglie del Grande Re Artù di Britannia sia in buona salute –
La donna sorrise debolmente – Qui noi la conosciamo solo come Ginevra, nostra Madre e guida sicura del monastero. E si, sta bene – disse e guardò André – E lui? –
Morgana sospirò – E’…Lo scudiero della donna bionda. Vengono dalla Gallia –
L’altra socchiuse gli occhi – Lo scudiero di una donna? Dalla Gallia…E per quale motivo volete vedere la Badessa? –
In quel momento si sentì un urlo terribile che squarciò l’atmosfera. Oscar si guardò attorno apprensiva – Era…Era l’urlo di una donna! –
La suora sospirò di nuovo – Sorella Agata – disse agitando una mano – Ve lo ripeto: perché volete vedere la Badessa? –
Morgana strinse le labbra – Abbiamo un messaggio urgente per lei e per lei soltanto –
La vecchia sorrise – Io non conosco i tuoi compagni, ma conosco te, Lady Morgana. La tua fama ti precede. Il Regno è senza un Re e tutti ci hanno messo in guardia dalla strega nera della Cornovaglia! Non temiamo le tue arti malvage qui nella casa del Signore. Quindi dicci perché tu e gli empi dei che servi siete qui –
Morgana sbuffò, fece una smorfia snudando i suoi canini appuntiti e alzò l’avambraccio con il palmo della mano rivolto verso l’alto. Oscar la bloccò mettendole una mano sulla spalla e sorrise alla suora. Fece un solenne segno della croce e mise un ginocchio a terra – Sorella! Sia lodato il Signore! Benedite me e i miei compagni di viaggio – disse e diede un leggero colpo di tosse.
Andrè si inginocchio facendosi il segno della croce e Morgause, aggrottando la fronte, piegò le gambe imitandoli, pur senza segnarsi come i cristiani. La suora sollevò una mano sopra la fronte di Oscar e mormorò qualcosa, poi guardò ancora Morgana che restava in piedi. La donna in nero sorrise debolmente – Io sono empia! –
La vecchia aprì la bocca, ma in quel momento arrivò a passo veloce una giovane suora che si avvicinò e sussurrò qualcosa all’orecchio della consorella. L’altra annuì – La Badessa vuole vedervi, seguitemi di qua prego – disse e indicò il portone.
Morgana alzò lo sguardo verso gli edifici del monastero – Ci stava guardando – disse piano. Oscar si rialzò imitata dagli altri e sorrise debolmente – E quindi vuole vederci –
Entrarono nella foresteria e passarono nel chiostro. La vecchia si girò – Attendete qui – disse e se ne andò.
Morgause si guardò attorno – Le architetture cristiane sono sempre così…Cupe –
Morgana inarcò un sopracciglio – Di solito si, ma questa parte del monastero, con il giardino quadrato e il pozzo in mezzo, però, la trovo rilassante – disse e guardò Oscar che sorrideva. Aggrottò le sopracciglia – Che hai? –
Oscar scrollò le spalle – La tua fama ti precede sempre, Lady Morgana, avresti veramente usato la magia contro quella suora? –
L’altra si avvicinò – Oh! Certo! Non permetterò che una zitella inacidita ci impedisca di andare a Avalon –
Oscar socchiuse gli occhi – Io invece penso che sia strano che ci voglia vedere…Non tanto te, Lady Morgana, quanto Lady Morgause…So cosa è successo tra lei e vostro fratello e so anche che Ginevra ne è al corrente –
Morgana inarcò un sopracciglio – Quindi lo sai – disse e sorrise – E adesso vedremo cosa farà Ginevra –
Si sentì un altro atroce urlo di donna nell’aria. Morgause si guardò attorno e mise la mano sull’elsa della spada – Dei dell’Annwn! Cosa succede in questo posto? –
Oscar sospirò, guardò per un attimo André e poi andò verso il muretto che delimitava il giardino del chiostro. Con un balzo elegante vi si sedette e appoggiò la schiena su una delle colonne. Sollevò il ginocchio e vi mise le mani sopra. Appoggiò la testa e guardò il pozzo dalle pareti in rozza pietra. In effetti, si disse, anche lei trovava quel posto rilassante. Ovviamente il monastero sarebbe stato un posto più tranquillo senza le urla acute di sorella Agata.

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Capitolo 7
*** La Grande Regina ***


Morgause appoggiò una mano sullo schienale del grande scranno di legno che era appartenuto a suo padre. Sua sorella, invece, ci era seduta sopra con le mani sull’elsa della spada che teneva dritta davanti a sé. Il messaggero del Re doveva vedere che lei era la sola e unica Duchessa di Cornovaglia. Soprattutto quel particolare messaggero che Artù aveva invitato.
Si sentirono dei passi pesanti sul pavimento di legno, la grande porta a due ante si aprì e l’uomo entrò nel salone. Fece qualche passo verso di loro e si inchinò profondamente. La Duchessa sorrise debolmente e strinse le mani sul manico della spada – Le cerimonie non ti si addicono, sir Mordred, specialmente se sono platealmente finte –
Lui si raddrizzò, sorrise e si avvicinò ancora allo scranno – Madre, cara zia…E’ un piacere vedere che state bene! Sei stata fortunata a sfuggire all’esercito del Re, zia, fortunata…O abile. Ma non ci sono poi molti cerchi di pietre antiche che possono sempre salvarti qui in Britannia –
Lei sorrise forzatamente snudando i suoi denti limati. Morgause sospirò – Ben arrivato, figlio mio, che notizie di porti dalla Corte? Nostro fratello vuole parlare con sua sorella, la Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles? –
Lui fece un gesto con la mano e si levò il mantello facendolo cadere a terra. Mise una mano dietro la schiena e fece un gesto in aria con l’altra. La Duchessa alzò il mento: “Sta recitando! E’ venuto qui per una recita in piena regola…E se la sta godendo!” pensò. Mordred sorrise di nuovo – Sua Maestà il Re non vuole parlare con la mia riverita zia. E nemmeno con te, madre. In effetti lui pensa che tu sia d’accordo con la Duchessa e vogliate spodestarlo. Del resto, come dargli torto? E’ da anni che non ti fai vedere da lui…Adesso che ci penso…E’ quasi quanto la mia età! E poi, improvvisamente chiedi udienza per perorare la causa di una traditrice? – concluse con una finta occhiataccia a Morgause.
La Duchessa sbuffò e strinse le mani sull’elsa della spada – Arriva al punto, nipote, perché sei qui? –
Lui divenne di colpo serio – Il Grande Re ti destituisce dal titolo di Regina del Galles e dal controllo della Cornovaglia. Mi manda a dirti che il Galles è di nuovo nelle salde e soprattutto vecchie mani di Re Uriens e affida la Cornovaglia a Marco, il nuovo Duca, un uomo di Londinuim che è stato educato alla legge romana e che prenderà possesso della vecchia fortezza romana di Isca Dumnoniorum (n.d.a. corrispondente all’attuale Exeter) –
Lei inarcò un sopracciglio – Isca Dumnoniorum? E’ a Sud di qui ed è al confine della Cornovaglia! Non c’è nessuna fortezza laggiù, ma solo le rovine di un vecchio avamposto commerciale romano. Il centro della Cornovaglia è qui a Tintagel –
Mordred strinse le labbra – Oh! Lo so, ma non credo che il nuovo Duca sia tanto stupido da venire qui a chiedere di farti da parte, zia. Ho saputo che sta cercando l’appoggiò delle tribù irlandesi per rafforzare il suo esercito e che manderà suo figlio Tristano, un cavaliere della tavola rotonda, a prendere e portare qui la figlia di un capo clan per sposarla, visto che è vedovo. Mi pare che lei si chiami Isotta e dicono che sia molto bella. Anche se Marco non lo è…Ma questa è un’altra storia –
La Duchessa si alzò tenendo la spada in una mano –Nostro padre, tuo nonno, ha combattuto per anni anche contro gli irlandesi che venivano sulle nostre coste a razziare e a rapire fanciulle…E questo…Idiota…Ce li vuole portare qui? Quindi adesso abbiamo i sassoni che ci minacciano da Est e da Sud e gli irlandesi da Ovest? –
Lui si strinse nelle spalle – Ho detto che è stato educato alla legge romana, non che sia intelligente! –
Morgause strinse le mascelle – Ho sentito che anche tu sei diventato cristiano, figlio, è mai possibile? –
Lui strinse le labbra – Non esserne stupita, madre, io ammiro i cristiani –
La Duchessa lo guardò meravigliata – Tu che ammiri i cristiani? E perché mai? Hai forse deciso di farti monaco? –
Mordred la guardò con disprezzo – Non dire idiozie! Io ammiro la loro caparbietà, la loro dedizione fanatica alla religione e, soprattutto, la loro volontà di imporla, fosse anche con la forza. Il Vescovo Patrizio ha schiacciato l’Antica Religione in Irlanda, la terra dalla quale proviene e ha deciso che farà lo stesso anche qui in Britannia. Ha chiamato preti dalla Gallia, dall’Iberia e dalle terre italiche e andranno a convertire chiunque non la pensi come loro. Il popolo dovrà scegliere tra due alternative – disse e sguainò la spada, poi la prese per la lama – Dovrà scegliere tra questa… - e indicò il manico con la guardia che, insieme alla lama, formava una croce – O questa! – aggiunse rovesciando l’arma impugnandola per l’elsa e indicando la parte tagliente – Per il resto, cosa vuoi che ti dica: Camelot val bene una Messa! – (n.d.a.: citazione della celebre frase di Enrico di Navarra, protestante, che per diventare Re di Francia si convertì al cattolicesimo dicendo: Parigi val bene una Messa)
Morgause si portò una mano alla bocca – Non è possibile. E questo Vescovo Patrizio come pretende di far obbedire il popolo? I cristiani non hanno un esercito –
Lui sorrise di nuovo e rimise la spada nel fodero – Diciamo che il Vescovo, con il mio forte aiuto, ovviamente, ha convinto il Re a far arrivare qui due tribù sassoni convertite al cristianesimo –
La Duchessa rimase impietrita – Due…I sassoni in Britannia! – disse e poi, una rivelazione la colse – Non sono qui per i cristiani! Sono qui per te! Stai formando un esercito! –
Morgause tentennò – Non è possibile! Nostro fratello non può volere questo! E tu, poi, definirti cristiano…E’ ridicolo! –
Lui sospirò e sorrise – E perché no? Ho fatto ammenda per i miei peccati! Porto i segni dell’appartenenza all’Antico Popolo, proprio come mia zia. Ho detto al Vescovo se il loro dio poteva perdonarmi se mi pentivo sinceramente e se avessi agito in suo nome, anche perché dovevo espiare il peccato di mia madre…Perlomeno quella che crede che sia mia madre – disse con un sorriso malvagio.
Morgause, a bocca aperta, si avvicinò a lui – Cosa vuoi dire? Io sono tua madre! –
Mordred guardò sua zia e lei capì, si sedette pesantemente sul suo scranno – Hai i segni dell’Antico Popolo, come me, la pelle candida e i capelli neri: A Corte i pettegolezzi dicevano che io ero sua madre…Che avevo usato la mia magia per sedurre…Per sedurre mio fratello – disse con un nodo in gola.
Lui annuì – Esatto zia! – disse e guardò Morgause – L’ho fatto perché lei eri l’unica di cui Artù si fidava: la sua sorellina con il sorriso strano che lo faceva tanto sorridere – disse in tono canzonatorio – Mia cara zia, avresti potuto sederti a quella tavola rotonda in qualsiasi momento come campione e consigliere del Re: sei un guerriero indomito con dei poteri che vanno oltre l’immaginazione e, che tu ci creda o no, c’era anche gente che ti ammirava…E hai fatto rovinare tutto a quell’idiota di Accolon del Galles…Adesso che tutti credono che tu abbia usato le tue arti magiche con tuo fratello, tutti ti odiano e ti detestano…Più di prima perlomeno! E tu madre…Tu non hai mai capito il dono che ti ha fatto Viviana! Quando ti ha mandato da Artù non ti ha preso in trappola, ma ti ha dato un potere immenso! Sei stata la prima donna di Artù e anche questa è magia: una magia antica quanto il mondo! In tutte le donne lui ha sempre cercato il tuo volto e ti amava e, per certi versi, sono convinto che ti ami ancora! Potevi essere tu la vera Regina di questo Regno. Oppure credi che sia un caso che la Regina Ginevra non abbia mai avuto figli? Non li ha avuti perché la magia di Viviana che lo ha legato a te non permette ad Artù di averne altri: io e solo io sono l’erede del Grande Re di Britannia. E’ anche per questo che ho dovuto togliere di mezzo Ginevra –
La Duchessa aggrottò la fronte – Cosa hai fatto!? –
Mordred alzò il mento – Se Artù non può avere figli, non è detto che Ginevra non possa…E sospetto che il Re abbia messo quel cavaliere, Lancillotto, accanto alla sua Regina proprio per concepire un erede. La loro relazione era sulla bocca di tutti e Artù non ha mai fatto nulla! Allora ho dovuto agire io: una sera si sono incontrati in una stanza del castello, ma non sapevano che c’ero io e tutta la Corte ad aspettarli…E a svergognarli! Artù ha dovuto, a malincuore, esiliarli. So che lei è al monastero di Glastonbury dove ha preso i voti ed è già Badessa, come si addice a una ex regina…E Lancillotto è sparito, ma non importa. Il Grande Re mi ha nominato suo erede! Sei felice, madre!? – disse rivolto a Morgause.
Lei strinse le labbra – Sarei più felice se tu fossi un uomo gentile e onesto, come tuo padre! –
Lui sbuffò – Va bene! Vedo che la solitudine vi ha inacidito – disse e prese il suo mantello da terra. La Duchessa alzò   l’avambraccio – E sei venuto fino a qui solo per comunicarci questo? Che sei l’erede del Re? A che ti serve un esercito di sassoni allora? –
Mordred toccò l’elsa della sua spada e la guardò con occhi talmente gelidi da farle provare un brivido: - Il popolo di Britannia non rispetterà mai un Re che non abbia preso il potere con la forza. Per essere temuto io devo abbattere mio padre e sostituirmi a lui. E’ inevitabile –
La Duchessa fece un passo avanti – Tu…Miserabile! Lo sai che posso stritolare il tuo collo a morte? –
Lui sorrise di nuovo – Lo so! Ma so che non lo farai, zia. Perché altrimenti tuo fratello Artù verrà qui e vi ucciderà all’istante e, cosa più importante: non saprà mai che voi siete sempre state dalla sua parte – disse e se ne andò.
Poco dopo Morgause piegò la testa e poi la rialzò di scatto – Dobbiamo avvertire Artù! Andrò io a parlare con lui –
L’altra tentennò – Dopo tanti anni…Non ti crederà mai. Quel maledetto gli ha avvelenato il cuore e la mente. Dobbiamo attendere sorella…Attendere e agire –
Morgause la guardò – Attendere? Non lo hai sentito? –
La Duchessa annuì – Si! Si crede furbo, ma è una sua debolezza…Manderemo delle spie a Camelot e quando inizierà la battaglia, saremo al fianco di nostro fratello – disse e andò da lei, la prese per le braccia e le appoggiò la fronte sulla sua – E quando saremo di nuovo riuniti ci vendicheremo anche di Viviana che ha voluto questo! –
 
Oscar si svegliò dal sogno mentre qualcuno le scuoteva il braccio. Abbassò lo sguardo e vide la bianca mano di Morgana. La Duchessa di Cornovaglia strinse le labbra in una smorfia – Immagino che tu abbia sognato! Che cosa hai visto! – disse e non era una domanda.
Oscar sospirò e scese dal muretto del chiostro – Ho visto il vostro nemico, Lady Morgana – disse e guardò Morgause – E Vostro figlio, Lady Morgause –
Morgause la fissò e poi fece un sorriso triste – Come ti dobbiamo sembrare tristi e comiche in quei tuoi sogni –
Oscar deglutì – Al contrario! Siete due persone che hanno sofferto e che, nonostante tutto, hanno fatto di tutto per salvare questo Regno –
Morgana le si parò davanti – Non venire a giudicarci, tu… - disse, ma Morgause la interruppe mettendogli una mano sulla spalla e guardò Oscar sorridendo – Ti abbiamo rapito, costretta a seguirci e ti faremo spezzare un incantesimo…Eppure sento che, alla fine, sei tu che vuoi farlo per davvero, Lady Oscar. E se davvero hai anche solo visto un pezzo delle nostre vite capisci perché anche noi dobbiamo farlo: Artù, che noi possiamo chiamare Re, fratello…Amore…Ha costruito qualcosa che va ben oltre un semplice regno qui in Britannia: la sua tavola rotonda… – disse guardando André – Gli ideali della cavalleria… - disse guardando Oscar - Rimarranno anche dopo di lui, ma lui è vivo…Oltre le nebbie del Lago…E deve tornare a regnare! –
Oscar guardò Morgana e fece un passo verso di lei – Ho visto la tua vita fino a quando quel…Mordred – disse quasi sputando quel nome; anche se non l’aveva mai conosciuto lo detestava ugualmente – Quel Mordred, dicevo, è venuto a dirvi che avrebbe spodestato suo padre…Perché lo fai, Morgana? Avresti potuto vivere nel tuo castello lasciando che i sassoni sottomettessero quel popolo che ti ha sempre detestata e tuo fratello che non ha nemmeno provato a chiederti una spiegazione, ma ti ha rinnegato senza rimorso –
Lei alzò l’avambraccio con il palmo della mano verso l’alto e piegò le dita, ma poi si rilassò e sorrise debolmente: - Quando ci siamo messi a parlare di politica, prima dell’attacco dei sassoni, ho tralasciato una cosa – disse e guardò Andrè, poi di nuovo Oscar – Ho detto al tuo scud…Atten…Al tuo André…Che noi nobili siamo superiori al popolo, per nascita e per diritto divino – disse e piantò di nuovo i suoi occhi su André – Ma la nostra condizione elevata non ci permette solo di trastullarci e oziare, ma ci pone dei doveri che non hanno eguali sulla terra: governare un popolo, anche se disprezzati, è uno di quelli e morire, se necessario, con loro e prima di loro è un altro – si puntò un dito al petto – Ho visto garzoni di stalla gettarsi all’attacco armati solo di un secchio e uomini in armatura fuggire al primo accenno di battaglia…Essere nobili viene innanzitutto dal cuore e dall’anima. Ho sempre pregato i miei dei di darmi la forza di fare fino in fondo il mio dovere, sia come Duchessa che come Regina, anche se ho avuto mille ragioni per lasciare questa balorda terra al suo destino, ma se mio fratello, che tanto ha dato a questo Regno, è ancora vivo io lo salverò…E non importa se lui non vorrà parlarmi…Lui è il Re! Il nostro Re! Il mio Re! Mio fratello! – guardò di nuovo Oscar – E per questo non ho esitato a chiamarti dagli abissi del tempo e dello spazio, come non esiterò a schiacciare mia sorella Viviana e chiunque oserà impedirmi di restituire Artù al suo popolo! –
In quel momento sentirono dei passi e, da lontano, videro tre suore avvicinarsi. Quelle ai lati avevano un’aria giovane e dimessa, ma quella al centro procedeva a testa alta e con lo sguardo fiero. I loro abiti erano uguali, ma Oscar capì subito chi di loro era stata la Grande Regina di Britannia. André si piegò verso di lei – Hai notato, Oscar? – sussurrò.
Lei aggrottò la fronte – Cosa? – disse piano.
André strinse le labbra – Lady Morgana…Da quando siamo arrivati qui non ha avuto più attacchi di tosse…Strano, vero? –
Oscar aprì la bocca, ma la Badessa si stava mettendo di fronte a Morgana. La Duchessa portò il pugno al petto e chinò la testa - Lady Ginevra. E’ un piacere rivederti –
Dopo qualche istante la Badessa diede uno schiaffo a Morgana che risuonò tra le mura del chiostro e che le fece girare la testa. Ginevra strinse le labbra – La Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles…Ne hai di coraggio a far vedere la tua faccia tra queste sacre mura! – disse e sputò in terra davanti a lei. Poi si mosse e andò davanti a Morgause, sorrise – Capelli rossi come fiamma…Pelle candida e liscia…Occhi come smeraldi…Lady Morgause, immagino. Tuo fratello Artù ti descriveva sempre così… Con più passione, certo, ma ho sempre creduto che lui fosse ancora innamorato di te…E forse è per quello che ha sempre cercato di aiutare quel…Il tuo…Vostro figlio Mordred. Non ci siamo mai conosciute, cognata, ma so tutto di te –
Morgause chinò la testa – Mia Regina! –
Lo sguardo di Ginevra e i suoi glaciali occhi azzurri passarono su Oscar e André. Andò di fronte a loro, aggrottò la fronte girò la testa verso Morgana. L’altra annuì - Sono qui per spezzare l’incantesimo che non ci permette di attraversare il Lago e andare a Avalon –
Ginevra girò ancora la testa verso Oscar e André, inarcò un sopracciglio e poi girò ancora il volto verso Morgana. Quest’ultima soffiò dalle narici – La donna…E’ un cavaliere come Lancillotto e il suo nome significa “Lancia di Dio”…Ed è una donna… Spezzerà l’incantesimo e… - disse, ma venne interrotta da un gesto di Ginevra che stava fissando Oscar.
Si avvicinò a lei – Che strani abiti…Non li ho mai visti prima, da dove venite? –
Oscar deglutì e mise un ginocchio a terra, imitata da André, poi alzò la testa – Regina Ginevra. Mi chiamo Oscar François de Jarjayes, comandante delle…Beh! Veniamo…Dalla Gallia –
Ginevra fece un cenno e si rialzarono. Lo sguardo della Badessa andò su André – E tu? –
Lui si irrigidì – Io mi chiamo André, Vostra Maestà e sono l’atten…Lo scudiero –
Lei annuì – Oh! Certo… - disse e poi si rivolse a Morgana – Quindi questi dovrebbero aprirti la strada per Avalon…E poi? –
Morgana si avvicinò – Poi prenderò mio fratello, tuo marito, il nostro Re e lo riporteremo al suo popolo –
Ginevra sorrise – Ma certo! Che ci vuole! Tu forse non sei al corrente di tutto quello che è successo dopo che il tuo amante ha cercato di uccidere Artù –
Morgana strinse i pugni – Non era il mio amante e non ha agito in mio nome! –
Ginevra sorrise sprezzante – Sottigliezze! Quell’uomo ha attaccato il Re urlando il tuo nome e Artù è andato su tutte le furie! Sembrava impazzito, tanto che ha radunato un esercito per venirti a prendere. Di tutti i tradimenti che ha mai dovuto subire quello tuo…O quello che credeva tuo…Gli ha spezzato il cuore! E tu speri che, se mai lo troverai, lui si possa fidare di te? –
Oscar strinse le labbra – Tutte voi lo avete tradito! – disse ad alta voce e le altre donne si girarono a guardarla.
André deglutì e gli si avvicinò – Senti! Queste sono tre regine e una di loro è una strega che ci può soffocare solo muovendo le dita! Non credo che sia saggio mettercele contro…Più di quello che già sono! – sussurrò.
Oscar lo guardò con la fronte aggrottata e poi si rivolse alle donne: - Si! Tutte voi lo avete tradito! – guardò Morgause – Tu lo hai abbandonato quando forse aveva bisogno di te – guardò Morgana – Tu hai pensato al potere e di certo hai voluto bene a tuo fratello, ma non gli hai mai parlato…E intendo parlare come due persone e non come Re e…Qualunque cosa tu sia! – guardò Ginevra – E voi, Vostra Grazia, avete tradito il Re con il suo amico e vostro primo cavaliere, questo Lancillotto che porta la lancia nel suo nome, come me…Parlare di onore di fedeltà non mi sembra adeguato. Se devo portarvi a questa Avalon, ditemi solo dov’è la strada e poi sistemate una volta per tutte le questioni che avete in sospeso –
Ginevra sorrise – Divertente questa donna cavaliere – disse e si avvicinò a lei fissandola con i suoi occhi azzurri – Cos’abbiamo in sospeso? Detesto la strega! Come ho detto ad Artù più volte, è repellente! E in quanto alla sua diletta sorella qui presente…Lo sai che il numero dei suoi amanti è leggendario persino tra i sassoni? E mio marito il Re non smetteva un attimo di parlare di lei…Morgause qua…Morgause la…Morgause mi ha dato un figlio! E lo sai quale figlio ha generato questa…Meretrice? – disse e Morgause si irrigidì – Siete ingiusta! Non è stata colpa nostra! Viviana ci ha preso in trappola –
La Badessa strinse le labbra e continuò a guardare Oscar, poi si mise le mani sul ventre – Ho cercato di dare un erede al mio Re, ma senza riuscirci, solo per vedere quell’essere malefico di Mordred avvicinarsi al trono. Oh! Abbiamo cercato in ogni modo di avvertire Artù del pericolo che correva, io e Lancillotto, il suo migliore amico, ma inutilmente…Noi vedevamo il male, ma lui vedeva solo suo figlio. Alla fine, però, una Regina deve essere una Regina e ho comunicato a mio marito che avrei provato a generare un figlio con un altro uomo, ma che sarebbe stato nostro figlio e nostro soltanto. Scelsi Lancillotto perché era lui il più vicino a noi e perché era fedele ad Artù –
Oscar rimase sorpresa – Ma è..E’… -
Ginevra sorrise sprezzante – Un abominio? Forse peggio che portarsi a letto la sorella che non vedeva da anni e metterla incinta? Artù acconsentì e di certo avrei concepito un erede. Ho sempre sospettato che Viviana non ha solo accoppiato Morgause e Artù, ma ha anche fatto in modo che lui non potesse concepire più altri eredi, ma quel…Quel Mordred non solo ci ha scoperti a letto e sarebbe stato anche comico! Lo ha fatto portandosi dietro la Corte intera e forzando la mano ad Artù che non poteva certa fare finta di niente! Anche se fosse nato un erede i nobili di Britannia non avrebbero mai accettato un bastardo come principe e avrebbero perso il rispetto del loro Re ridicolizzandolo. Fu costretto a bandirci da Camelot –
Ginevra socchiuse gli occhi – Oh! Lancillotto poi mi portò qui dove non ebbi altra scelta che prendere i voti e vedere il mio Regno cadere nelle mani di Mordred, ma a quel degno nipote di strega non bastava nemmeno essere nominato erede al trono. Ha accusato sua zia Morgana di essere la sua vera madre e di aver usato la sua magia con Artù per giacere con lui…E se la conosci anche una piccola parte di quanto la conosco io, sai benissimo che non è mai stata nelle simpatie di nessuno e quella diceria l’ha fatta odiare ancora più di quello che già era e lui ha persino finto di farsi cristiano con quel fanatico irlandese del Vescovo Patrizio fingendo di pentirsi e fomentando i cristiani contro gli adoratori dell’Antica Religione…Ma nemmeno quello era abbastanza…Ha fatto arrivare due intere tribù di sassoni a ingigantire le file del suo esercito per schiacciare Artù e prendere il potere con la forza in modo da essere l’unico padrone di Britannia –
André annuì a bocca aperta – E poi…? - sussurrò. Oscar lo guardò per un attimo sorpresa, ma Ginevra si mise di fronte a lui – E poi? Poi quel…Quel gran…A Camlann il suo esercito di traditori e sassoni si è scontrato con quello di Artù e il Re ha vinto! Ha vinto e ha ucciso il traditore! Ma è rimasto gravemente ferito e Lancillotto, il suo fedele amico, lo ha portato a Avalon per pretendere dalla Dama del Lago che lo curasse e per proteggerlo ha lanciato un incantesimo per bloccare ogni accesso! E non sono mai tornati da la! – disse e indicò un punto indefinito oltre il chiostro.
Si girò verso Morgana – E tu dov’eri? Artù pensava anche a te…La sua sorellina…E quando ha avuto bisogno di te non c’eri! –
Morgana fece una smorfia, evidentemente piccata dall’osservazione: - Io e Morgause siamo arrivate a Camlann troppo tardi. Abbiamo solo potuto vedere il corpo di Mordred e abbiamo tentato di seguire Lancillotto e Artù fino a qui e fino a Avalon, ma senza riuscirci –
Oscar strinse le labbra – Non avete provato altre volte ad arrivare a questa isola? –
In quel momento si sentì un altro urlo nell’aria. Ginevra sorrise – Al momento giusto…Suor Una: vai di sotto e avvisa di far tacere suor Agata. In quanto a voi, adesso è ora di cena…Venite! – disse e si avviò lungo il corridoio dal quale era arrivata. Iniziarono a seguirla, ma l’altra suora, si mise di fronte a André – Scherzi, scudiero? Questo è un sacro monastero e non è il tuo posto. Seguimi, ti daremo una cella alla foresteria –
André guardò per un attimo Oscar che annuì lievemente e poi seguì le altre.
 
Oscar, Morgana e Morgause cenarono con le altre suore nel grande refettorio del monastero. Oscar si portò alla bocca il cucchiaio in legno pieno di una minestra chiara e saporita. Una suora stava leggendo un passo dei vangeli in latino, lingua che lei, peraltro, conosceva molto bene. Accanto a lei Morgana, seduta tra lei e Morgause, girava distrattamente con il cucchiaio il suo pasto. Lo gettò nella minestra e si rivolse a sua sorella – A noi questa brodaglia e lei se ne sta laggiù a mangiare cibo vero? –
Oscar guardò la pedana dove la Badessa stava dietro a un tavolo rettangolare con altre suore. Ginevra era comodamente seduta su una grande sedia con dei cuscini in raso azzurro e davanti a lei aveva pezzi di carne, pane bianco, frutta e il calice in metallo riccamente decorato che aveva davanti non doveva di certo contenere acqua.
Morgause scrollò le spalle – Lei è la Badessa. Del resto cosa credevi: che gli piacesse invitare la sorella e amante di suo marito e la strega della Cornovaglia? – disse sorridendo.
Morgana si piegò verso di lei – Ridi pure! Ma dovevamo già essere a Avalon e questa… - disse indicando Oscar – Sarebbe già tornata nel suo balordo Regno di…Gallia –
Oscar sorrise – Oh! Con quello che ho visto non credo che un giorno in più o in meno farà differenza. Piuttosto…Sapete come dovremo fare? –
Morgana si girò verso di lei – Lo saprai quando saremo al Lago! –
Un’anziana suora si alzò – Adesso basta! Questo è un luogo sacro e di preghiera. Andatevene voi e i vostri luridi sortilegi! –
Morgana socchiuse gli occhi e soffiò dalle narici, cercò di alzarsi, ma Morgause e Oscar le misero immediatamente una mano sulle spalle trattenendola.
Ginevra sorrise e prese il calice – La Duchessa di Cornovaglia ha qualcosa da dire? Non è felice di essere qui? –
Morgana gettò a terra il suo piatto e si alzò, poi si avviò verso la porta. Notò che alcune suore la guardavano e si piegò verso di loro digrignando i denti e spaventandole. Sorrise e poi uscì dalla sala.
Morgause si alzò seguendola e Oscar rimase da sola. Si guardò attorno per un attimo e poi riprese a mangiare. Ginevra si alzò dal suo tavolo e la raggiunse. Oscar si alzò e chinò la testa. La Badessa sorrise – Credo che le vostre compagne desiderino riposare, ma io voglio parlare con voi. Raggiungetemi nei miei appartamenti. Suor Dora vi accompagnerà. Oscar annuì – Vostra Grazia! – disse solo e la vide uscire.
 
Poco dopo una suora portò Oscar agli alloggi della Badessa. La sua accompagnatrice bussò, attese l’ordine di Ginevra e poi aprì la grande porta di legno.
Oscar entrò e trovò una grande sala illuminata da alcune lampade. Alle pareti erano appesi dei grandi arazzi, alcuni con rappresentazioni di battaglia, ma altri con immagini di uomini e donne in atteggiamenti amorosi. Notò un grande letto a baldacchino con delle coperte azzurre e dei teli dello stesso colore sulle colonne e sul cappello. A terra c’erano dei morbidi tappeti e Ginevra era seduta su una sedia con braccioli a un grande tavolo di legno sul quale c’erano diversi rotoli bianchi e lei ne stava proprio leggendo uno. Accanto a sé teneva due calici e una caraffa. Non indossava il velo e i suoi capelli lunghi e biondi erano pettinati all’indietro. Oscar si avvicinò e notò le sue gambe accavallate che lasciavano intravedere delle scarpe di raso e non i classici sandali delle suore. Pensò che quella non era certo la cella di una suora, ma di una vera ex Regina abituata al lusso.
Oscar posò un ginocchio a terra e chinò il capo. Ginevra la guardò con un lieve sorriso e gli fece cenno di alzarsi – Non sono più la Grande Regina di Britannia, cavaliere. Stavo leggendo…Le Bucoliche di Virgilio…La quarta egloga. Le conoscete, per caso? –
Oscar si rialzò e inarcò un sopracciglio – Quella che profetizza l’arrivo di un bambino divino e che molti hanno identificato con Gesù di Nazareth. Anch’io leggo Virgilio, Mia Signora, non credevo che qui aveste una copia delle sue opere –
Ginevra si appoggiò allo schienale – I romani avevano una biblioteca molto fornita a Londinium. Ambrosius, il predecessore del padre di Artù, Re Uther, non sapeva che farsene e ne ha distribuito il contenuto alle casate di Britannia. Mio padre ha fatto in modo che i cristiani mi insegnassero e leggere e scrivere. Ma sedetevi, ve ne prego –
Oscar si sedette su uno sgabello e aggrottò la fronte – Voi non siete cristiana? –
Ginevra sorrise debolmente – Ovviamente lo sono, essendo la Badessa di questo monastero. I cristiani stanno lentamente conquistando questo paese e il continente. Sembra che il Vescovo di Roma debba diventare una sorta di somma autorità cristiana, come il pontefice massimo dei pagani…Vogliate perdonarmi! Alle volte dimentico le regole dell’ospitalità – disse, versò un liquido scuro in un calice e glielo porse.
Oscar lo prese e ne odorò il contenuto, era sicuramente vino e ne bevve un sorso. Chiuse gli occhi e sentì in bocca una sinfonia di sapori indescrivibile; era come trovarsi in una terra assolata in riva al mare e non nell’umida Britannia.
Ginevra sorrise – Ottimo, ne convenite? Non è certo l’intruglio britannico o quello gallico che Morgana sicuramente ha a Tintagel. E questo non viene nemmeno dalle terre dei romani, ma più a sud, proprio in quello che loro chiamano “Mare Nostrum”, il Mare di Mezzo o Mediterraneo…Da un’isola di forma triangolare che chiamano proprio Trinacria –
Oscar sorrise e bevve un altro sorso – Da dove vengo io la chiamano Sicilia –
Ginevra sorrise di nuovo – Si…Ci…Lia…Sicilia…Un bel nome. Giustappunto cavaliere, da dove venite, di preciso? –
Oscar deglutì – Ecco…Ve lo potrei dire, Vostra Grazia, ma temo di non sapere in che epoca siamo di preciso, ma io vengo dalla Francia, quella che voi chiamate Gallia e sono il comandante della Guardia Reale e guardia personale della Regina –
Ginevra si piegò in avanti – Avanti cavaliere! Mi state dicendo che veramente Morgana vi ha prelevato da qualche luogo nelle pieghe del tempo e dello spazio, come dice lei? –
L’altra sospirò – Temo che sia vero, Mia Signora. Io sono nata nell’anno di grazia 1755 dopo la nascita di Nostro Signore e, da quello che ho capito noi siamo qui, in questa Britannia, che i posteri chiameranno Inghilterra, poco dopo la caduta del grande Impero Romano –
La Badessa sorrise di nuovo – Ah! Quindi la strega è riuscita a farvi viaggiare nel tempo? A Tintagel? E come si chiamerà questa terra…Inghilterra? Vi aspettate che io creda a queste scemenze? –
Oscar sospirò – Non ci credevo nemmeno io. Sembra che i poteri di Morgana funzionino bene solo in determinate zone, Tintagel, per l’appunto, Avalon e un certo cerchio di pietre vicino a un villaggio che si chiama Salos…Solsbur… -
Ginevra annuì – Salisbury! Quel vecchio cerchio di pietre nel mezzo del nulla! Nessuno ha mai capito perché lo abbiano costruito e credo che in futuro lo demoliranno. I poteri di Morgana sono qualcosa di indefinito, nemmeno mio marito il Re li conosceva appieno e sono quasi certa che nemmeno lei si renda conto di quello che può o non può fare. Ma se è vero che è riuscita a sovvertire le leggi del tempo, non voglio immaginare cosa farà a sua sorella Viviana. Riguardo a questo viaggio attraverso le epoche, cavaliere della Gallia, non voglio entrare nel merito, ma, come avete di certo capito, voi dovete spezzare l’incantesimo di Lancillotto per entrare a Avalon. La strega e la meretrice vi hanno per caso detto come fare? –
Oscar sorrise – Sappiamo tutte e due chi è la strega, se per meretrice intendete Lady Morgause, posso solo dirvi che questo viaggio nel tempo mi ha fatto vedere anche parte della loro vita. Più che una manipolatrice, mi sembra una vittima delle circostanze -
Ginevra sospirò – Non scherzavo quando dicevo che il numero dei suoi amanti è conosciuto…E temuto…Anche dai sassoni. In effetti Lady Morgause, si dice, quando si tratta di affari…Di letto…Non si esime dagli slanci sociali, visto che non fa distinzione tra le classi –
Oscar strinse le labbra in un sorriso tirato – Vostra Grazia, perché sono qui? –
Ginevra inarcò un sopracciglio – Oh! Molto diretta! Come un vero cavaliere! Quando la battaglia di Camlann è finita Lancillotto è venuto qui a chiedere il mio aiuto per salvare il Re. Le sue ferite erano troppo profonde, anche per noi suore e per i monaci. Sono stata io che gli ho consigliato di portarlo a Avalon, dall’unica sua sorella non squilibrata –
Oscar annuì – Se togliamo che lo ha fatto andare a letto con l’altra sua sorella, immagino che abbiate avuto le vostre ragioni –
La Badessa alzò il mento – Concesso! L’unica altra persona che poteva curarlo con la magia era Morgana, ma la Duchessa di Cornovaglia era troppo lontana e Avalon così vicina. Una volta guarito Artù avrebbe dovuto ripresentarsi al suo popolo e continuare a guidarlo, ma, secondo alcuni, Lancillotto ha chiuso ogni accesso all’isola con un incantesimo. Stranamente non mi sono mai accorta che anche lui possedesse quel tipo di potere –
Oscar aggrottò la fronte – Avete detto: secondo alcuni. Quindi questo incantesimo…Nessuno lo ha visto lanciare? –
Ginevra aggrottò la fronte – La magia, cavaliere, non è una scienza esatta – disse e si piegò verso di lei – Morgana e Morgause sono arrivate con i loro uomini quando la battaglia era finita e hanno seguito le tracce di Lancillotto e Artù fino a qui. Ma quando Morgana ha provato a entrare a Avalon non c’è riuscita. Un membro della scorta che aveva accompagnato il Re e il suo primo cavaliere, un certo Parsifal, ci ha riportato le parole di Lancillotto…Ma…Artù e Lancillotto avrebbero già dovuto tornare qui…Ho inviato molte suore a cercare una strada, anche via terra, per Avalon, ma senza risultato –
Oscar bevve un altro sorso di vino e aggrottò la fronte – Via terra? Ma Avalon non è un’isola? –
La Badessa scrollò le spalle – Questo non è un lago vero e proprio, è una palude e fino a qualche decennio fa i cristiani e i pagani vivevano in pace e armonia e l’isola sacra era sempre perfettamente visibile. Poi sono arrivate le nebbie e Avalon si è vista sempre più di rado se non quando la Dama del Lago o Merlino ne uscivano, fino a scomparire del tutto con l’incantesimo di Lancillotto. Nessuna delle suore che ho inviato è mai tornata! Tranne una! –
Oscar si morse il labbro inferiore – Sorella Agata! – disse con un’intuizione.
Ginevra batté una mano sul tavolo – Si! " Scendere agli inferi è facile: la porta di Dite è aperta notte e giorno; ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo, qui sta il difficile, qui la vera fatica“ (n.d.a.: citazione di Virgilio) Povera sorella Agata! L’abbiamo trovata sulla riva con i suoi abiti a pezzi. Cosa le sia successo non lo sappiamo e, temo, non lo sapremo mai. La dobbiamo tenere rinchiusa nei sotterranei. Completamente nuda perché gli abiti se li strappa e dobbiamo anche raderle la testa perché i capelli se li strappa. Ha perso l’uso della parola e l’unico suono che riesce ad emettere è l’urlo che avete sentito e continuate a sentire –
Oscar finì il vino con un sorso e poi appoggiò il calice sul tavolo – "Se non posso muovere i celesti, smuoverò gli Inferi" (n.d.a.: citazione di Virgilio) –
Ginevra sorrise contenta – Finalmente! In tutto questo Regno una persona con cui posso parlare! Suor Agata faceva parte dell’ultimo gruppo che ho mandato. Immagino che tutti gli altri si siano persi nelle nebbie –
Oscar aggrottò la fronte – Persi…Nelle nebbie? –
La Badessa annuì – Alcune delle nostre più antiche leggende parlano di Avalon non come un’isola, ma come di una cosa viva. Quella terra si protegge da sola, per dirla in modo semplice e se nessuno riesce ad arrivarci, vuol dire che quel mondo ha deciso di togliersi da questa dimensione. E’ per questo che ho molte perplessità su di voi. Oh! Non sul fatto che voi veniate dall’anno di grazia…Quale? 1755? –
Oscar la guardò a bocca aperta – Io sono nata nel 1755, ma quando…Quando sono arrivata qui era il 1775 –
Ginevra strinse le labbra – Si, ma non mi riferivo a quello, ma al fatto che possiate cancellare l’incantesimo: si, venite dalla Gallia, avete la lancia nel nome, siete un cavaliere, campione di una regina e siete una donna…Quindi siete come Lancillotto, ma il vostro essere donna vi rende…Non come lui. Vi rendete conto, cavaliere, che questa è una illazione di Morgana? Direi di più, una forzatura? Voi possedete la magia della strega nera per caso? –
Oscar strinse i pugni – Io non possiedo alcuna magia, ma Lady Morgana è convinta… -
Ginevra fece un gesto con la mano – Morgana è convinta! Il potere di Morgana è grande, come dimostra il fatto che, se mai è vero, vi ha portato qui dal vostro futuro, ma se nemmeno lei riesce ad aprire le nebbie, evidentemente c’è un potere ancora più grande all’opera, non credete? –
Oscar deglutì. In tutto il tempo passato con Morgana e Morgause e, persino dopo aver saputo il motivo della sua chiamata, non gli aveva nemmeno sfiorato il dubbio che lei non potesse fare quello che loro chiedevano. Non per André o meglio, anche per lui, ma soprattutto per orgoglio personale: un cavaliere, la “Lancia di Dio” e il fatto che solo lei avrebbe potuto spezzare un incantesimo a aprire la strada per una terra leggendaria.
Ginevra si piegò verso di lei – Continuate a non capire, cavaliere. Io non credo che Lancillotto possedesse dei poteri magici. La Dama del Lago e Merlino non si facevano vedere da molto tempo e questo mi fa sospettare che a Avalon sia successo qualcosa e che, una volta arrivato Artù, l’isola abbia deciso di sparire dal mondo –
Oscar sorrise, ma il suo era un sorriso molto tirato – Andiamo, Vostra Grazia! Questo vorrebbe dire che davvero quella terra è… E’ viva e in grado di prendere decisioni autonome…Voi avete detto che è solo una leggenda! –
L’altra sospirò – Le leggende nascono, generalmente, da una verità. E’ un bel dilemma! Che immagino risolverete domattina! E sono curiosa anch’io di vedere se riuscirete o no in questa impresa! Posso fare qualcosa per voi, cavaliere? Potrebbe essere l’ultima notte che passate viva –
Oscar respirò a fondo – Con il vostro permesso, Vostra Grazia – disse, prese la caraffa e si versò del vino, poi lo bevve d’un fiato – In effetti, c’è una cosa che devo chiedervi –
 
In un’altra parte del monastero, in una cella con due brande, Morgause, seduta su una di esse, si tolse la corazza pettorale della sua armatura in cuoio rosso. Sospirò – Finalmente! E’ incredibile come questo indumento riduca il seno di una donna! E’ snervante! –
Di fronte a lei Morgana stava camminando avanti e indietro facendo svolazzare le sue vesti nere come le ali di un grande uccello:  - Come sempre, Morgause, tu vedi il vero problema in ogni occasione! Dov’è Lady Oscar? –
L’altra aggrottò la fronte – E’ con Ginevra, così ci hanno detto, sorella –
Morgana sollevò i pugni – Con Ginevra! Che cosa mai vorrà dirgli? Cercherà di dissuaderla dallo spezzare l’incantesimo? –
Morgause la guardò perplessa – E perché mai? Lady Oscar e André sanno che è l’unico modo per tornare nella loro epoca. Perché tu li farai tornare nella loro epoca…Vero, sorella? –
L’altra fece un gesto con la mano continuando a camminare – Ma si! Ma si! –
Morgause socchiuse gli occhi – Io…Ho notato che la tua tosse è passata…Strano, vero? –
Morgana si fermò e la guardò in un modo che le fece venire i brividi, ma la Duchessa di Cornovaglia sorrise – Si! In effetti l’ho notato anch’io – disse e si guardò le mani – Mi sento più forte! Più…Viva! Siamo vicini all’isola sacra e i miei poteri lo sentono – aggiunse e sollevò una mano. La luce della lanterna tremolò leggermente. Morgause impallidì nel vedere la faccia della sorella illuminata dalla luce fioca: stava sorridendo, con un ghigno che snudava i suoi canini appuntiti e i suoi occhi chiari parevano brillare di una strana e sinistra luce gialla. Per un attimo, solo per un attimo, alla Regina di Lothian sembrò che sul muro, al posto dell’ombra della sorella proiettata dalla lampada, ci fosse la figura di un uccello, un grande e maestoso corvo nero.
 
Andrè era stato messo nella foresteria del monastero. Si era tolto la giacca e stava per togliersi la camicia, quando sentì bussare alla porta. Perplesso andò ad aprire e si vide davanti Oscar.
Lei entrò seguita da Ginevra. André osservò la Badessa che era senza velo e con dei lunghi capelli biondi tirati all’indietro. La donna sorrise – E’ desiderio di Lady Oscar dormire con te, scudiero. Di certo ogni donna ha le sue esigenze e, alla vigilia di una missione così importante, perché impedirvelo? – disse e guardò il petto di André che si vedeva dalla scollatura della camicia; sorrise – Avete un buon gusto, Lady Oscar. Oh! Un’ultima cosa – aggiunse e la guardò – Se mai arriverete a Avalon, Lancillotto ha portato con sé, oltre che mio marito, anche la spada del Re. E un’arma molto antica che è sempre appartenuta ai Grandi Re di Britannia. Se mai la vedeste, vi prego di portarla qui al monastero in modo che io e le mie sorelle possiamo conservarla –
Oscar chinò la testa – Come desiderate, Vostra Grazia –
André fece lo stesso e la donna uscì. Oscar guardò André e si prese le braccia con le mani – Mi scuso con te. Ma non avevo voglia di passare la notte in compagnia di Morgana o Morgause, ma con un amico. Quindi ho fatto una richiesta alla Badessa che, evidentemente, ha frainteso le mie intenzioni –
Lui deglutì. Scusarsi? Il cuore aveva iniziato a martellargli il petto, proprio come dopo averla salvata durante la battaglia contro i sassoni. Avrebbe voluto abbracciarla, baciarla e, sinceramente, avrebbe voluto possederla. Ma, quando lei pronunciò la parola amico, si rese anche conto che gli sarebbe servita una doccia gelata e quindi inspirò profondamente – Come desideri, Oscar. Ci faremo compagnia, quindi – disse e guardò la stanza che era un piccolo cubicolo di pietra con un letto solo addossato alla parete.
Lui la guardò e strinse le labbra – Quindi…Io mi accomoderò su questo freddo, ma accogliente pavimento di pietra –
Lei sorrise e gli passò accanto – Chiuditi la camicia – disse e lui si affrettò a nascondere il petto.
Osca si sdraiò e incrociò le mani dietro la nuca guardando il soffitto e i giochi di luce prodotti dalla lampada che illuminava il locale. André si sdraiò a terra e poggiò la testa sulla sua giacca arrotolata. Lei strinse le labbra – Com’è? –
Lui si girò di poco – Comodissimo! Davvero! –
Lei sorrise – André…Tu sai chi era il mio antenato: Guillaume Leopold Henry de Jarjayes? –
André aggrottò la fronte – Il capostipite della tua famiglia – sorrise – Mia nonna mi ha fatto imparare la storia della famiglia de Jarjayes: Guillaume, l’eroe di Béziers e di Carcassonne, due città del Sud della Francia. Era successo durante una sorta di crociata, se non mi sbaglio –
Lei annuì – Si! La crociata contro gli eretici albigesi, o catari, che rifiutavano la materia in nome dello spirito, aborrivano la guerra e le ricchezze e, per questo, furono osteggiati dalla Chiesa, ma non dal popolo, che li amava proprio perché professavano la pace e la misericordia senza ricchezze o divisioni sociali. Il mio antenato era l’aiutante di campo del comandante dei crociati, Simon, Signore di Monfort e Conte di Leicester. Anche mio padre mi ha fatto imparare a memoria la storia di famiglia. Nel 1209 i crociati assediarono Béziers e, quando i cittadini si rifiutarono di consegnare gli eretici catari, decisero di attaccare. Simon di Monfort, la notte prima dell’attacco, mandò il mio antenato Guillaume dall’inviato del Papa a dirgli che dentro la città c’erano anche tanti fedeli cristiani e come avrebbero potuto riconoscere gli eretici – disse e sorrise, poi sospirò – La risposta fu molto semplice: “Uccideteli tutti! Dio saprà riconoscere i suoi!” (n.d.a.: storico) E così fecero! Uccisero ventimila persone, uomini, donne, vecchi, bambini, eretici e cristiani…Il Signore di Monfort premiò il mio antenato, che da solo aveva ucciso oltre cento persone, con dei possedimenti nel Nord della Francia. Proprio in Normandia. Nel corso degli anni la mia famiglia acquisì anche il feudo di Arras e, quelle terre di fronte alle isole britanniche che hanno visto crescere i primi de Jarjaye, sono state quasi dimenticate. Non ci avevo mai pensato, André, ma la mia famiglia ha fatto fortuna con la distruzione e il massacro di una città…E’ triste, non è vero? –
Lui aggrottò la fronte – Cosa ti succede, Oscar? –
Lei tentennò – Un pensiero. Solo un pensiero. Forse perché siamo stati trascinati in un’epoca in cui la forza bruta e la violenza la fanno da padrone. Una forza e una violenza che hanno permesso a me di essere un nobile, esattamente come è successo alle altre casate francesi, come pure per i Borboni che governano la Francia e la Spagna e gli Asburgo in Austria, fino agli Zar di Russia. E mi chiedo, André, perché la mia famiglia? Forse una delle famiglie di Béziers avrebbe potuto diventare nobile, oppure regnare in Francia e senza nemmeno usare la violenza. Se penso a quello che ci sta succedendo…Quello che ho visto non tanto della vita di Morgana, ma di questo Re che tutti vorrebbero salvare da quest’isola sacra…Lui ha cercato di agire per il bene del suo Regno, magari sbagliando e fidandosi delle persone sbagliate…Ma credeva in un mondo giusto, André, giusto come la sua tavola rotonda –
Lui sorrise – Anche a me piace la tavola rotonda. Immagina, Oscar, un mondo di eguali –
Lei sorrise debolmente e si girò verso di lui appoggiandosi su un gomito – Non esiste un mondo così, André, non è mai esistito e mai esisterà e persino Artù si è dovuto arrendere a questo –
André scrollò le spalle e sorrise – Lo so, ma vale la pena di lottare per crearlo. Credo che anche gli albigesi sapessero che, alla fine, sarebbero tutti morti, ma, come hai detto tu, loro credevano in un mondo migliore senza ricchezze o distinzioni sociali e hanno pagato con la vita. Certo! Non esiste un mondo in cui tutti sono buoni ed eguali agli altri, ma possiamo provare a renderlo tale ogni giorno con le nostre azioni, come ha fatto il Re di questo Regno –
Oscar lo guardò negli occhi e sorrise, poi si girò verso il muro – Adesso dormiamo. Domattina, costi quel che costi, andrò in quel lago e aprirò le nebbie verso Avalon –
 

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Capitolo 8
*** Le nebbie di Avalon ***


Aveva cavalcato veloce, con i suoi uomini e sua sorella Morgause. La battaglia che Mordred aveva voluto scatenare contro suo padre Artù era finalmente iniziata, a Camlann, vicino a un fiume. Ma quando arrivarono trovarono solo i resti dei due eserciti. Lo scontro si era già concluso.
Individuarono il vessillo rosso del drago e si diressero in quella direzione. Sentirono le urla acute dei feriti e le preghiere dei preti cristiani. Morgause vide una figura familiare seduta su una roccia, accanto a una tenda e con la testa bassa. Fermò il suo cavallo rosso di fronte a lui – Galvano! Alzati! –
L’uomo si scosse e alzò la testa, aveva la faccia sporca e si passo una mano sul volto – Madre! Madre…Siete qui –
Morgause smontò dalla sella e andò di fronte a lui – Galvano! Dove sono i tuoi fratelli? Mi auguro che abbiate combattuto per difendere il vostro Re –
Lui annuì – Si madre! Tutti noi abbiamo combattuto per il Re nostro zio! E abbiamo vinto! L’esercito di quel traditore è stato battuto, annientato, ma…Mio fratello Gareth è ferito e…Madre…Agravain e Gaheris sono morti durante la battaglia –
Morgause chiuse gli occhi e abbassò la testa. Galvano tirò su con il naso – Madre! Che ne sarà del Regno adesso? –
Sua madre lo guardò con occhi freddi – Siete voi cavalieri della tavola rotonda che dovete difendere il Regno! –
Galvano, con gli occhi lucidi, tentennò – Madre! So che per colpa nostra sei stata esiliata dal Lothian, ma ti prego… – balbettò, ma fu interrotto da uno schiaffo. Morgause strinse le labbra – Finiscila! Non comportarti come quello sciocco di tuo padre! Hai dei doveri come cavaliere e principe di Lothian e delle Isole Orcadi, non scordarlo mai…Comportati da uomo! – disse e poi lo abbracciò. Lui si mise a piangere sulla spalla della madre e rispose al suo abbraccio. Lei gli diede un bacio sulla guancia e gli accarezzò la testa – Adesso prenditi cura di tuo fratello –
Lui la guardò esterrefatto – Non resti con noi? –
Morgause sorrise debolmente – No, figlio mio, io ho ancora qualcosa da fare e…Il destino tuo e dei tuoi fratelli, non è uguale al mio –
Galvano guardò la figura dietro sua madre, una lugubre donna in abiti e capelli neri sopra un grande cavallo dello stesso colore. Poi guardò ancora sua madre – Salvate il Re! – disse solo.
La Duchessa di Cornovaglia aggrottò la fronte – Il Re è vivo? Che ne è di Mordred? –
Galvano strinse le labbra – Il traditore è laggiù – disse indicando un lontano palo su cui era legato il corpo immobile e piegato di un uomo dai capelli neri e che indossava ancora un’armatura. Sopra di lui sventolava un vessillo a brandelli che, una volta, aveva raffigurato il profilo della testa di un lupo. Galvano tirò su con il naso – Abbiamo legato il suo corpo e il suo vessillo la, in modo che tutti possano vederlo. E’ stato il Re nostro zio a ucciderlo con la sua spada, dopo un furioso combattimento, ma Sua Maestà è rimasto ferito gravemente ed è stato portato via dal suo primo cavaliere –
Morgause aggrottò la fronte – Avevamo sentito che Lancillotto e Artù avevano litigato a causa della Regina Ginevra –
Lui annuì – E’ vero, ma il primo cavaliere è comparso al nostro fianco durante la battaglia e ci ha spronato fino alla vittoria –
Morgause si girò verso sua sorella, quest’ultima annuì – Se è gravemente ferito può averlo portato solo in un posto: a Avalon, da Viviana –
Galvano guardò ancora sua madre e tentennò – Perdonaci, madre –
Lei annuì e gli mise una mano sulla spalla – Galvano…Sii quel cavaliere che non è mai stato tuo padre – disse e salì in sella. Guardò il corpo senza vita di Mordred appeso al palo, poi si volse verso sua sorella – Andiamo dal Re! –
 
Ma arrivarono tardi anche a Glastonbury. Nella zona dalla quale una volta si poteva vedere l’isola di Avalon c’era una pesante cappa di nebbia, bianca e densa. Lei scese da cavallo seguita da Morgause e si avvicinò a un gruppo di cavalieri che stava riposando sulla riva della palude che tutti chiamavano lago. Alla sua vista gran parte degli uomini in armatura scapparono, ma solo uno si avvicinò a loro. Morgause lo guardò – Cerchiamo il Re. Siamo le sue sorelle –
L’uomo si grattò il naso – Mi chiamo Parsifal, Mia Signora, sono l’aiutante di sir Lancillotto –
La Duchessa di Cornovaglia si mise accanto a lui – Dove sono! Dov’è il Re! –
L’uomo la guardò per un attimo e poi fece due passi indietro – Mia Signora! Per favore! Io sono solo un’aiutante…Vi prego – disse e si mise in ginocchio congiungendo le mani – Vi prego…Non trasformatemi in un ratto o…In un altro animale –
Lei aggrottò la fronte, guardò Morgause e poi di nuovo Parsifal – Non intendo trasformare nessuno, per oggi. Dove sono Lancillotto e il Re? –
Parsifal indicò l’acqua e le nebbie – Hanno preso una barca e sono andati a Avalon –
Lei andò sulla riva, proprio di fronte alla nebbia e alzò il braccio destro. Aggrottò la fronte e digrignò i denti e, dopo qualche istante, abbassò la mano. Mise un ginocchio a terra e Morgause le fu subito accanto; la girò e vide che le stava colando del sangue dal naso.
Parsifal si alzò – Sir Lancillotto ha adagiato il corpo del sovrano sulla barca, poi ha preso la spada del Re, l’ha brandita e sollevata verso l’alto dicendo che “Mai nessun cavaliere, nemmeno uno come me, potrà mai attraversare le sacre nebbie per disturbare il legittimo Re di Britannia” –
Morgause guardò sua sorella e quest’ultima tossì – Non…Non riesco a vedere Avalon…Un incantesimo! Il maledetto Lancillotto ha lanciato un incantesimo e io non riesco a spezzarlo –
Morgause le accarezzò la testa e guardò la nebbia – Quindi è troppo tardi. Viviana e Artù sono a Avalon e noi non possiamo fare nulla –
Lei le prese il braccio e lo strinse – Mai! Non lascerò che nostro fratello resti là. Lui è il Re! – disse e si alzò, avanzò barcollando verso l’acqua e vi entrò fino alle ginocchia. Si pulì il sangue dal volto con l’avambraccio e poi fece una smorfia – Mi senti Viviana?! Io verrò da te! Io verrò da te! – urlò con quanto fiato aveva in gola.
 
Oscar aprì gli occhi, si sollevò sui gomiti e poi si mise seduta. Finalmente stava arrivando alla fine dei ricordi di Morgana ed era arrivata proprio lì, sulla riva del lago. La luce del giorno stava filtrando dalla finestra, si girò e vide André steso a terra. Lui, come se sentisse che lei era sveglia, aprì gli occhi e sorrise, si alzò, ma si mise una mano sulla schiena – Oh! Mi stavo abituando a questo pavimento, ancora qualche ora e mi sarebbe sembrato morbido –
Lei sorrise e si mise seduta sulla branda – E’ il momento, André. Andiamo a Avalon e finiamo questa storia una volta per tutte –
Lui si mise in piedi e piegò la schiena – Si…Permettimi un attimo di risistemare le mie ossa e poi andremo dove vorrai –
In quel momento sentirono bussare alla porta. André andò ad aprire e vide la Badessa in persona che stava sorridendo                         – Cavaliere…Scudiero…Spero che abbiate passato una bella notte – disse maliziosa, poi il suo sguardo passò su Oscar – La strega e la dama rossa vi attendono cavaliere, sembra che sia arrivato il momento di andare a Avalon –
Oscar si alzò, si sistemò la giacca e si legò la spada al fianco. Ginevra socchiuse gli occhi – Che strana spada…L’avevo notata anche ieri. Viene sempre dal vostro mondo? –
Oscar annuì – E’ la mia spada, Vostra Grazia –
L’altra strinse le labbra – Allora andiamo, non facciamo aspettare Lady Morgause e Lady Morgana –
 
Oscar e André, accompagnati da Ginevra e da altre due suore, arrivarono nel cortile, ma trovarono solo Morgause ad attenderli. La Regina di Lothian si avvicinò a loro – Ben arrivati – disse e guardò André – Dormito bene? La Reverenda Badessa mi ha detto che non avete voluto passare la notte sa soli –
Oscar sospirò e giudicò inutile spiegare a quella donna che aveva unicamente parlato e dormito perché lei non voleva passare la notte da sola. E quindi che pensasse a quello che voleva: – Non vedo Lady Morgana – disse.
Morgause annuì – Mia sorella ha dato alcune disposizioni al suo ciambellano Volker: se non torneremo da Avalon entro tre giorni lui e i suoi uomini potranno tornare a Tintagel. Io ho già congedato i miei uomini di Lothian, non aveva senso tenerli ancora in queste terre – disse e indicò una piccola porta sul lato delle mura – Di là andremo nella stessa zona in cui Lancillotto si è imbarcato con Artù per Avalon –
Arrivarono alla porta e Ginevra toccò un braccio di Oscar – Avete pensato a quello che ci siamo dette ieri? Volete rinunciare? –
Oscar la guardò – “Il lupo non si preoccupa del numero delle pecore”! (n.d.a.: citazione di Virgilio) –
La Badessa sorrise con l’angolo della bocca, allungò il braccio e indicò un punto indefinito nelle nebbie – Spero davvero che possiate trovare solo pecore laggiù. Io non proseguirò oltre. Buona fortuna cavaliere –
Oscar annuì e seguì André e Morgause lungo il sentiero. Non aveva la minima intenzione di lasciarli per troppo tempo da soli.
Dopo qualche minuto arrivarono in una radura. Non si vedeva l’acqua, ma solo un muro bianco e Morgana, sulla riva, di spalle, che guardava qualcosa oltre la bianca cortina. Oscar si avvicinò e notò che la Duchessa di Cornovaglia aveva assunto una strana posizione: le gambe leggermente divaricate, le braccia distanti dal busto e le dita piegate, come pronta a scattare all’attacco, come la prima volta che l’aveva vista a Tintagel; “Come un nero rapace pronto a colpire” pensò e, per un attimo, vide la sua figura trasformarsi in un grande uccello nero ad ali spiegate, un grande e maestoso corvo nero. La visione durò pochi istanti e si chiese se anche Morgause e André se ne erano accorti. Si girò, ma la Regina di Lothian era impassibile, André la guardò e il suo sguardo preoccupato le diede la conferma che anche lui aveva visto qualcosa.
Morgana allargò ancora le braccia e alzò il mento. Oscar si avvicinò a lei e vide che aveva gli occhi chiusi quando, improvvisamente, li spalancò – La sento…Non è come l’ultima volta che sono stata qui inseguendo Lancillotto e mio fratello – disse e guardò Oscar – Adesso mi sta chiamando…E’ l’isola che mi sta chiamando – inspirò a fondo – Oh! Che sensazione! E’ come se tutti i miei sensi fossero più acuti che mai, riesco a sentire il cuore delle rane, il movimento dei pesci sotto l’acqua, la carezza dell’aria…E quando sarò sulle sponde di Avalon…L’energia della Terra scorrerà dentro di me! – disse e abbassò le braccia.
L’altra strinse le labbra – E come dovrò aprire il passaggio? –
Morgana girò la testa e la guardò. Oscar si ritrasse, gli occhi dell’altra emanavano una strana luce fredda. La Duchessa sorrise in modo strano – Lancillotto è andato con una barca nel lago e credo che a noi tocchi la medesima esperienza –
Oscar strinse le labbra – Credi!? Dopo tutto quello che mi hai detto…Tu credi!? –
Morgana si girò e la guardò frontalmente – Cos’hai Lady Oscar…Vuoi tirarti indietro? – disse e alzò l’avambraccio destro con il palmo verso l’alto. André, poco più indietro, si portò le mani al collo. Oscar inspirò profondamente e per un istante, solo per un istante, vide una grande ombra nera dietro Morgana, di nuovo e ancora il grande corvo nero.
Morgana fece una smorfia e strinse le dita – Dobbiamo andare nel lago per spezzare l’incantesimo –
André mise un ginocchio a terra e Morgause si piegò su di lui – Morgana! Ha detto che lo farà! Per gli dei dell’Annwn! Lascialo! Che stai facendo? –
La Duchessa abbassò il braccio, André respirò di nuovo e Morgause gli mise una mano sulla spalla. Oscar deglutì e strinse la mano sull’elsa della spada. Morgana si avvicinò a lei e portò il suo volto a pochi centimetri dall’altra – Come ti ho detto, Lady Oscar, la magia non è una scienza esatta e adesso andiamo su una di quelle barche… - disse indicando due natanti adagiati sulla riva - …E andiamo a Avalon! –
Oscar strinse le labbra – Io andrò da sola –
Morgana inarcò un sopracciglio, ma fu André che parlò alzandosi di scatto – Cosa!? Cosa stai dicendo? Io vengo con te! –
Oscar tentennò continuando a guardare Morgana – La magia non è una scienza esatta…E, se per caso tu ti sbagliassi, io mi perderei nelle nebbie, oppure tornerei come suor Agata, rinchiusa in una cella del monastero e urlando. Io andrò ad aprire la strada e, se per caso non dovessi farcela…Dovrai rimandare André a casa, dove lo aspetta sua nonna –
André si avvicinò a lei e la prese per le spalle – Non esiste proprio! Non funziona così Oscar! Io sono il tuo attendente, il tuo amico…E qui mi hanno promosso tuo scudiero – disse ridendo nervosamente – E non mi sono fatto quasi soffocare un’infinità di volte per vederti perire in un nebbioso lago inglese…Ovunque tu vada…Io vengo con te –
Le sorrise stancamente e gli mise una mano sul braccio – Lo so che sei il mio amico…E sei un buon amico, lo dico davvero. Il mio unico amico, a dire la verità. Ma sono anche il tuo comandante, non dimenticarlo…E io ti ordino di aspettare qui e, se non riuscissi a spezzare l’incantesimo, Lady Morgana ti riporterà indietro, nel nostro mondo – disse e guardò la Duchessa. L’altra sospirò e batté lentamente le mani – Ma bene! E’ una bella giornata e ci stiamo tutti divertendo…Se tu non aprirai la strada per Avalon sarà inutile provarci ancora, me ne rendo conto. Permetteremo al tuo…Attendente…Di piangere fino a Tintagel; magari mia sorella lo consolerà…E poi lo rimanderò da dove è arrivato. E adesso vai! – disse indicando la nebbia.
André sospirò – Oscar… - disse stringendo la presa sulle sue braccia. Lei sorrise di nuovo e gli diede un bacio sulla guancia sorprendendolo – Grazie di tutto André, quando sarai di nuovo a Versailles, proteggi la Regina – disse, si allontanò da lui e si avvicinò a una delle barche. La spinse in acqua e ci salì sopra.
Diede un’ultima occhiata a André, poi prese i remi e iniziò a remare allontanandosi dalla riva. Dopo qualche istante l’unica cosa che vide fu Morgana, una nera figura sulla riva circondata dalla nebbia. Smise di remare e lasciò che la barca scivolasse sull’acqua fino a che fu circondata solo dal bianco ovattato delle nebbie. Si girò e si portò a prua guardando in avanti. Deglutì “E adesso, Oscar? Com’era quella fiaba orientale?” – Apriti sesamo – disse alzando la voce. Sorrise e abbassò la testa. Si guardò attorno e vide solo il bianco della nebbia. Guardò l’acqua placida e sospirò – Voglio andare a Avalon! – disse a voce alta, ma non accadde nulla. Chiuse gli occhi per un attimo e poi li riaprì, alzò la testa – Io sono Oscar François de Jarjayes, cavaliere…Della Gallia…Chiedo…Chiedo il permesso di entrare a Avalon – disse con un tono più basso, ma nulla mutò.
Si piegò sulla prua sconfortata e il suo pensiero andò a André, che finalmente sarebbe tornato da sua nonna. Poi pensò alla giovane Maria Antonietta e pregò che il futuro le serbasse solo gioie nel guidare quella grande nazione che era la Francia e pregò anche per suo padre e la sua famiglia. L’ultimo suo pensiero andò a sé stessa e si augurò di morire velocemente e di non finire in una cella del monastero di Glastonbury, nuda e pazza.
Sentì la barca ondeggiare lentamente. Alzò la testa e vide che la nebbia si stava muovendo, stava praticamente roteando intorno a lei. Piano, poi sempre più veloce fino a che si aprì di colpo e lei, per proteggersi gli occhi da quella luce abbagliante, si coprì con l’avambraccio.
 
Lei e sua sorella Morgause erano rientrate a Tintagel dopo aver inutilmente tentato di entrare a Avalon. Aveva rimuginato lungo tutta la strada su cosa fare: trovare un cavaliere come Lancillotto poteva anche essere semplice, ma non uno come lui… Cosa mai voleva significare?
Sua sorella passava le giornate a dar fondo alla sua riserva di vino della Gallia, cercando, per quanto poteva, di dimenticare tutto, ma non lei. Lei non avrebbe mai dimenticato e avrebbe provato a raggiungere Artù con tutta sé stessa. Non dormiva e mangiava quel tanto che bastava per reggersi in piedi nella frenesia di trovare una soluzione e, in una nuvolosa giornata, così tipica in Britannia, prese una decisione: avrebbe sfidato le leggi del tempo e dello spazio. Tintagel era la sua casa, il suo nido, uno dei pochi luoghi in cui poteva usare i suoi poteri senza debilitare il suo fisico, ma un incantesimo come quello e il successivo per portare la giusta persona da lei, aveva un prezzo e il suo corpo l’avrebbe pagato.
Giudicò un equo compenso la perdita di un po' della sua essenza vitale e, del resto, il Regno aspettava il suo Re e di lei, in ultima analisi, il popolo di Britannia non aveva mai saputo che farsene. Chiamò il suo ciambellano Volker, scesero lo stretto sentiero che scendeva al mare dal castello, percorsero la scura piaggia e arrivarono sotto al promontorio dove, nascosta dalle rocce ed accessibile a seconda delle maree, si apriva una caverna. Volker le fece strada con una torcia fino a quando arrivarono ad una colonna di pietra che sorreggeva una vasca semisferica rozzamente intagliata ed illuminata da una luce che filtrava dall’alto; una delle ultime vestigia che l’Antico Popolo aveva lasciato in Britannia. Appoggiò le mani ai lati della vasca e fissò l’acqua al suo interno. Inspirò profondamente e si concentrò cercando la persona più adatta, in ogni luogo dello spazio e del tempo, per spezzare l’incantesimo.
Vide immagini e immagini, scene di quelle che sembravano battaglie, strani mezzi che si muovevano senza cavalli; cavalli di metallo; navi volanti; immense navi che solcavano i mari e, alla fine un grande palazzo. Piegò la testa di lato, era sicura che fosse in Gallia, ma che castello era quello? Così grande, ma non certo funzionale per una difesa efficace: non aveva stretti corridoi, ma grandi stanze e saloni, non c’era un ponte levatoio, né un fossato, ma delle fontane come quelle romane che aveva visto da piccola a Londinium, ma più grandi e c’era un immenso parco e una giovane donna in abiti strani e dai capelli biondi che chiamavano Regina. E, di fronte alla Regina, una figura vestita di rosso che si inginocchiava. Si piegò in avanti per vedere meglio: l’immagine si fissò sulla figura in ginocchio, dai lunghi capelli biondi e dallo sguardo fiero. Strinse le mani sulle pareti della vasca e si permise un piccolo sorriso. Era quella la persona giusta? Era senza dubbio un nobile, un cavaliere e, in un’intuizione, capì che non era un uomo, ma una donna in abiti maschili.
Emise un gemito di gioia, era come Lancillotto, si trovava in Gallia, serviva una Regina ed era una donna. Quindi era un cavaliere come Lancillotto, ma al tempo stesso non lo era perché non era un uomo. L’immagine si perse nell’acqua e lei ebbe uno spasmo di tosse che si sforzò di contenere. Si! Quella persona avrebbe spezzato l’incantesimo se l’avesse portata lì, veniva da un futuro lontano e l’incantesimo per portarla attraverso le nebbie del tempo le avrebbe tolto una gran quantità di energia, ma, per aumentare ulteriormente la portata dei suoi poteri, le serviva un tramite, il sangue del suo sangue. Si girò verso Volker – Vai a chiamare mia sorella e digli di venire qui! Subito! –
L’uomo chinò la testa – Si, Mia Signora – disse e lui se ne andò lasciandola da sola con la sola luce che filtrava dal soffitto. Fece qualche passo indietro, nell’oscurità, aspettando Morgause per sapere in che luogo del futuro avrebbe potuto prelevare quella donna cavaliere e finalmente avrebbe regolato, una volta per tutte, i conti con sua sorella Viviana. E si. Si permise anche di sorridere di nuovo.
 
Oscar spalancò gli occhi e vide un cielo terso illuminato dai raggi del sole. Finalmente era arrivata alla conclusione della storia di Morgana. Il resto, di come lei e André si erano persi nel bosco di Carentan e si erano ritrovati nel castello della strega e tutto quello che ne era seguito, apparteneva ormai alla storia.
Era stesa di schiena, si sollevò lentamente sorreggendosi sui gomiti e vide, di lato, la barca arenata su una riva ciottolosa. Strinse la mano destra e prese un sasso, lo sollevò e poi lo lasciò cadere sorridendo. Si sdraiò di nuovo e chiuse gli occhi felice – Sono arrivata! E sono un cavaliere! – disse piano. Inspirò profondamente e si sorprese nel sentire persino il canto degli uccellini. Si alzò seduta e si girò, guardò avanti a sé e rimase impietrita. Di fronte a lei, in quella spiaggia sassosa, a pochi metri, c’era un uomo in armatura completa, con tanto di elmo e celata abbassata che gli copriva il volto. Era in ginocchio, con il fondoschiena appoggiato ai talloni e con le mani guantate sulla guardia di una spada conficcata con la lama nel terreno.
Oscar aggrottò la fronte, l’uomo non si mosse nemmeno quando lei si alzò e mise la mano sull’elsa della sua spada. Si avvicinò cautamente, ma non notò nessun movimento. Allungò la mano destra vicino all’elmo, sollevò lentamente la celata e trovò le due orbite vuote di un volto in decomposizione che la fissavano. Ritrasse la mano e la celata calò con un secco rumore metallico. Le mani sulla spada si abbassarono lungo i fianchi del cadavere e il corpo cadde sul lato destro.
Oscar osservò per un attimo la spada rimasta conficcata nel terreno e poi osservò il corpo piegato. Il guerriero morto aveva una spada nel fodero legata al fianco sinistro e quello poteva significare una cosa sola: - Lancillotto…E’ lui…E quella nel terreno è la spada di Artù – disse piano. Guardò di nuovo tristemente il corpo a terra e poi si girò a guardare il lago. C’era solo un muro di nebbia, ma su Avalon splendeva il sole. Cosa doveva fare? Aspettare Morgana, André e Morgause? Guardò ancora il corpo steso e perlomeno seppe cosa fare in quel momento.
Dopo un po' di tempo finì di sistemare l’ultima pietra sul tumulo di Lancillotto; sospirò, giunse le mani in grembo e disse una breve preghiera. Guardò di nuovo la spada rimasta conficcata verticalmente a terra e si avvicinò. Aggrottò la fronte, il metallo era molto strano, con riflessi dorati e, visto da vicino, sembrava emanare una spettrale luce propria. Visto lo stato di conservazione del corpo anche la lama avrebbe dovuto presentare i segni del tempo. Passò un dito sul tagliente e si rese conto, con sorpresa, che era perfettamente affilato. Si raddrizzò e strinse le labbra. Appoggiò una mano sull’elsa della sua spada che, considerata l’epoca medioevale in cui si trovava, era un’arma molto più moderna, robusta ed affidabile di qualunque lama di quel mondo. Eppure…C’era qualcosa in quella particolare spada che l’attirava. Sospirò, piegò la mano destra e impugnò il manico. Sentì un formicolio al braccio, ma era una sensazione piacevole. Tese i muscoli aspettandosi di tirare con forza per estrarla dalle pietre della spiaggia, ma, incredibilmente, sembrava che la spada stessa, di sua volontà, scivolasse per farsi estrarre e, dopo pochi istanti, la alzò verso il cielo. La guardò ancora più da vicino e rimase esterrefatta. L’elsa non era fatta di parti mobili composte, come qualsiasi spada normale, ma era un tutt’uno con la lama, fatta dello stesso metallo, come se fosse stata forgiata in un unico blocco e poi lavorata il che, per lei, era totalmente sbagliato in quanto una simile arma non avrebbe mai assorbito bene i colpi degli avversari. Ma, per qualche motivo, sentì che quell’arma non osservava le normali regole della fisica. Avvicinò l’elsa ai suoi occhi e notò che, sulla guardia, c’erano delle lettere in orizzontale. Socchiuse gli occhi e si avvicinò ancora per leggere i caratteri – C…A…L…I…B…U…R – girò la spada e vide che c’erano due lettere anche dall’altro lato – E…X… -
Aggrottò la fronte – Calibur…Ex…Calibur…Ex…Calibur…Excalibur –
 
Sull’altra riva del lago, Morgause, seduta a terra a gambe incrociate e con la schiena appoggiata ad una roccia, stava intrecciando una piccola corona di fili d’erba. André, che dalla partenza di Oscar era rimasto in piedi camminando avanti e indietro come una belva in gabbia, si avvicinò e si sedette su un’altra roccia vicina. Morgause sorrise e gli mostrò il suo lavoro – Me lo ha insegnato mia madre. Avrei voluto insegnarlo anch’io a mia figlia…Se mai avessi avuto una figlia – disse, ma abbassò le mani vedendo lo sguardo sconfortato di lui – Non ti preoccupare…Generalmente Morgana è un tipo impulsivo…Tra le tante cose che è…Ma quando si tratta di magia, sa quello che fa…Se lei dice che Lady Oscar può spezzare l’incantesimo, allora così sarà – aggiunse.
Lui sospirò e si sedette a terra accanto a lei prendendosi le ginocchia tra le braccia. Lei sospirò, appoggiò a terra la corona di fili d’erba, allungo le gambe incrociando le caviglie e lo guardò – Devi focalizzare la situazione: il problema non è il problema…Il problema è come ti poni tu rispetto al problema. Capisci quale è il problema? (n.d.a.: citazione dal film I Pirati dei Caraibi – La maledizione della Prima Luna) –
Lui inarcò le sopracciglia e annuì – No…Lady Morgause –
Lei sospirò – Il problema…Vabbé! Lasciamo perdere! Il punto è che non puoi sempre difendere la tua Oscar, ho visto quello che è successo durante la battaglia contro i sassoni, ma lei è andata nelle nebbie proprio per proteggere te e devi accettarlo –
Lui strinse le labbra – E se non tornasse…Io…Cosa sarei io senza di lei? Cos’è il sole senza la luna o il cielo senza stelle? –
Lei gonfiò le guance e sbuffò – Mmmm…Siamo a questo punto…Te lo ripeto: è andata da sola per proteggerti, te ne rendi conto? Se tu gli vuoi bene devi avere fiducia in lei e devi lasciargli fare quello che ritiene giusto…Anche se è una stupidaggine, ma basta che tu sia sempre presente al suo fianco…Per gioire dei suoi successi e piangere con lei dei suoi insuccessi. Se non sbaglio avevamo già fatto un discorso simile un po' di tempo fa – disse e riprese la coroncina di erba.
André sorrise debolmente – E’ vero Lady Morgause – disse e guardò la corona – Immagino che siate stata una buona madre anche con i vostri figli maschi –
Lei divenne seria, strinse la corona e, improvvisamente, la strappò e ne gettò i pezzi a terra. André rimase interdetto – Non era mia intenzione offendervi –
Lei si passò il dorso della mano sull’occhio destro – Io…Non ho educato i miei figli…E l’unico di loro con cui sono stata una madre si è rivelato un…Oh! Non voglio nemmeno dirlo! Ginevra aveva ragione, lo sai? – disse guardandolo.
Lui aggrottò la fronte e lei sorrise tristemente – Il numero dei miei amanti è talmente numeroso che potrei formare un esercito vero e proprio…Fanti, cavalieri…Tutti…Compresi gli scudieri…Si è trattato di sesso…Puro e semplice…Liberatorio per certi versi…Se capisci cosa intendo –
André annuì – Capisco benissimo quello che intendete dire, Lady Morgause –
Lei aggrottò la fronte – Sei uno sfacciato! – sorrise – Io mi illudevo che fosse solo una questione puramente carnale. La verità era ed è che cercavo e cerco il volto di una persona che mi ami…Non per un puro piacere temporaneo…E l’ho trovata molti anni fa, in un giovane ospite del castello di mio marito. Mia sorella Viviana me lo aveva indicato dicendo che con lui avrei generato non un re, ma il Re di Britannia, colui che avrebbe finalmente portato la pace e l’armonia in questa terra…Ed era mio fratello, anche se in quel momento non lo sapevo…Beh! Mi sono detta molte volte che, dopotutto, era il mio fratellastro…Ma è stato solo un inutile palliativo…E quanto devo sembrarti oscena, oltre che ridicola –
Lui allungò le gambe – Io non vi giudico Lady Morgause. L’amore ha molte facce e, purtroppo, non possiamo scegliere di amare, solo amarlo. E questo può portare alla felicità più completa –
Lei strinse le labbra – O a una lenta e triste agonia! – disse e si piegò verso di lui. André rimase interdetto con la faccia di lei a pochi centimetri dal suo volto. Lei si morse il labbro inferiore – Non possiedo la magia delle mie sorelle, ma so che il sesso può far dimenticare le cose brutte, mio caro scudiero –
Lui aprì piano la bocca, non era insensibile al fascino femminile e molte donne, comprese alcune nobildonne di Versailles, gli avevano lasciato intendere che a loro piaceva; in tutti i sensi. Ma la donna che aveva di fronte era un vero e proprio fuoco dirompente di vitalità, così differente da sua sorella Morgana che era tetra e lugubre. E il volto di Morgause sembrava circondato dalle fiamme dei suoi capelli rossi, il suo volto era un pezzo di alabastro cesellato da un artista e i suoi occhi due smeraldi incastonati. Lui deglutì e guardò le labbra di lei dischiuse e si immaginò quel corpo magnifico, che lui aveva solo intravisto qualche giorno prima, completamente nudo su delle lenzuola rosso fuoco. Chiuse gli occhi per un attimo e vide il volto sorridente di Oscar, la sua Oscar che si trovava al di là di quel lago infernale persa nelle nebbie. Si ritrasse – Di certo è liberatorio e fa dimenticare le cose, Lady Morgause, ma ve ne siete accorta anche voi…E’ solo un’illusione e alla fine ci resta solo il rammarico e la disperazione di quello che abbiamo fatto –
Lei lo guardò a bocca aperta e si ritrasse. Appoggiò di nuovo la schiena alla roccia e aggrottò la fronte guardandolo attentamente – André…Ma perché mia sorella non ti ha portato qui molto prima? Lo sai che se continui a fare il saggio verrà il momento che dovrai fuggire da me? Letteralmente, temo –
Lui sorrise stancamente – Felice di esservi utile, Mia Signora –
Morgause guardò Morgana, sempre ferma in piedi sulla riva e ridivenne seria – La invidio…L’ho sempre invidiata, così forte, così indipendente…Non ha mai avuto bisogno di nessuno…Così fredda e così determinata –
André socchiuse gli occhi e si massaggiò la gola – Se non avesse quel vizio di strangolarmi ogni volta che è nervosa… –
Lei annuì – Si…A parte quello…E moltissime altre cose…Sarebbe una persona gradevole –
Morgana aveva gli occhi chiusi e aspettava. Aspettava un segnale con tutti i sensi in allerta e poi, finalmente, sentì qualcosa, un formicolio alla base della nuca, una sensazione piacevole. Nello stesso momento in cui Oscar, a Avalon, estraeva la spada Excalibur dalla riva pietrosa, lei spalancò gli occhi e sorrise – Ci siamo! – gridò.
Morgause e André si guardarono e si alzarono. Morgana si girò verso di loro e si avvicinò – La strada è aperta, Lady Oscar è riuscita a spezzare l’incantesimo –
André si avvicinò a lei – Ne siete certa Lady Morgana? –
Lei lo guardò e fece una smorfia – Ne sono più che certa! Prendi la barca e mettila in acqua –
André non si mise a discutere, se non altro per la felicità di rivedere Oscar e per tornare, finalmente, a casa. Andò alla barca e la spinse verso l’acqua. Nello stesso istante Morgause si avvicinò a sua sorella – E’ davvero arrivata a Avalon? –
Morgana annuì e sorrise con un ghigno – E’ arrivata! E ha aperto la strada per noi sorella! Nulla potrà fermarci adesso! – disse e gli mise una mano sul braccio. Poi andò verso André e la barca e ci salì sopra mettendosi a prua. Morgause si sedette a poppa e André, sospirando, salì a bordo, prese i remi e iniziò a remare verso le nebbie e verso il centro del lago. Dopo qualche colpo di remo sbuffò – Con tutto il rispetto, Lady Morgana, ma con tutti i poteri che avete perché devo remare? –
Sentì qualcosa che si appoggiava sulla sua spalla destra e vide una mano pallida; dall’altro lato vide con la coda dell’occhio il volto cadaverico di Morgana che sorrideva in modo strano – Ti stai forse lamentando, scudiero? –
Lui deglutì – Io…No, Mia Signora…Ma…Quanto dovremo remare? –
La mano di Morgana si strinse sulla sua spalla – Quanto serve, mio caro amico gallico e ora muoviti! – disse e si allontanò da lui. Morgause si piegò in avanti – Vedilo come un esercizio fisico, del resto anche la tua Lady Oscar lo ha fatto –
André sbuffò leggermente – Si…Ma lei non aveva due…Ospiti –
 
A Avalon, sulla spiaggia pietrosa, Oscar roteò la spada Excalibur in aria. La trovava piacevole da maneggiare, nonostante la sua strana struttura e, anzi, la sentiva come un naturale prolungamento del suo braccio. Guardò ancora una volta l’acqua e la bianca nebbia e poi verso l’isola: la spiaggia finiva e iniziava un piccolo sentiero che si inoltrava in un bosco. Sentì la spada fremere leggermente nella sua mano e strinse le labbra. Nel momento in cui André avrebbe messo piede su quella costa avrebbe chiesto a Morgana di rimandarli nel loro mondo. Eppure…C’era qualcosa che la chiamava laggiù, oltre il bosco. Alzò la testa e vide di nuovo il cielo terso e sentì ancora il canto degli uccelli. Sospirò, decise che qualche passo verso l’interno di quella terra incantata non avrebbe ritardato di molto il ritorno suo e del suo amico e si mosse verso il sentiero.
Oscar si guardò attorno, ma non c’era proprio nulla di strano in quel posto. Proseguì per qualche istante e poi capitò in una radura erbosa che dava su una grande pozza d’acqua e su una piccola cascata. Sorrise e si avvicinò all’acqua, mise un ginocchio a terra, allungò una mano nella pozza e bevve. L’acqua era buona, ma, improvvisamente, si ritrasse trovandosi seduta sul suolo: l’acqua della cascata era diventata improvvisamente rossa e si stava espandendo, come un grande rivolo di sangue, nel resto del piccolo bacino, fino a lambirne le rive. Oscar avvicinò di nuovo la mano nell’acqua rossa e poi l’alzò sentendo nel palmo delle pietruzze – Ferro! – disse piano – Ci dev’essere una vena di minerali ferrosi che ogni tanto vengono portati in superficie dall’acqua – aggiunse e si rialzò. Rimase per un attimo a osservare quello strano fenomeno quando sentì un rumore.
Strinse Excalibur nella mano e sentì di nuovo lo stesso rumore, secco, sordo e molto forte, non certo di una persona che si avvicina furtivamente. Istintivamente andò dalla parte opposta dall’origine del suono e si nascose dietro un albero. Aspettò per un attimo e sentì lo stesso rumore, ma più forte e poi, improvvisamente, dagli alberi uscì una strana figura: era un vecchio, indubbiamente, dai capelli bianchi spettinati e dalla barba altrettanto candida, ma lunga e non curata. Indossava una tunica azzurra che teneva con le mani sopra le caviglie e ai piedi non portava alcuna calzatura. Il vecchio sorrise vedendo la macchia rossa nell’acqua e si avvicinò saltellando - Hockety Pockety Wockety Wack Abra Cabra Dabra Da…Se ciascun si stringerà…Il posto a tutto si troverà (n.d.a.: citazione dal film “La Spada nella Roccia” di Walt Disney) – disse e si inginocchiò prendendo il liquido con due mani e poi gettandolo in aria ridendo.
Oscar piegò la testa di lato. Inizialmente aveva creduto che il vecchio fosse un trucco di Morgana, poi pensò che, più probabilmente, doveva trattarsi di un incantesimo della fantomatica Viviana, ma osservandolo meglio si rese conto che quel vecchio pazzo non poteva essere di certo creato da una strega, o maga, o qualunque cosa fossero Morgana e sua sorella. Improvvisamente la colse un’intuizione ripensando a quello che aveva sentito nel suo viaggio da Tintagel: - Merlino! – disse ad alta voce e subito se ne pentì.
Il vecchio si girò verso la sua posizione, ma sorrise – Vieni avanti bel cavaliere! Fatti vedere! –
Oscar si spostò piano e si avvicinò cautamente all’uomo tenendo saldamente in mano Excalibur. Il vecchio si raddrizzò, alzò le mani all’altezza del petto, allargò le dita e si toccò i polpastrelli. Sorrise e la guardò dall’alto in basso. Lei notò che il suo sguardo non appariva cattivo, ma era solo curioso. L’uomo annuì – Vediamo…Giacca…Pantaloni…Stivali…Quella spada al fianco… Mmmm…Moderna per quest’epoca…Mmmm…Europa…Francia…Diciottesimo secolo –
Osca spalancò la bocca dalla sorpresa e, per un attimo, pensò di abbracciare quel vecchio – Voi…Voi sapete da dove vengo? – disse con le lacrime agli occhi.
Lui annuì di nuovo – Certo che lo so! – disse e si avvicinò a lei, socchiuse un occhio e spalancò l’altro osservandola – Io ho visto molte cose sai? Nella nebbia…Tutto qui intorno è nebbia e la nebbia è magica, fatata, fa apparire il mondo come non è e quello che non è…Lo porta nel mondo…Chiaro? –
Oscar tentennò lentamente, ripensò per un attimo a quello che le aveva detto Morgana sulla nebbia la prima volta che si erano viste, durante la cena nel salone del castello di Tintagel. Guardò di nuovo il vecchio – No! Ma…Come fate a sapere da dove arrivo? –
L’uomo mosse le labbra dentro e fuori la bocca un paio di volte, poi sorrise – Io so molte cose. Ho viaggiato molto e ho visto cose a cui nessuno, purtroppo crede…Una volta mi piaceva la Francia…La Gallia…Io vengo da lì, lo sai? Facevo la pozione della forza per un villaggio che resisteva alle legioni di Roma, poi, quando il grassone e lo smilzo hanno lasciato questo mondo (n.d.a.: citazione) sono venuto in Britannia…Ma anche qui c’erano i romani…Quando le aquile di Roma hanno lasciato questa terra mi hanno voluto come consigliere dei Re…Ma ero vecchio, troppo vecchio…E io volevo solo riposare…E ho iniziato a viaggiare nelle nebbie, per conoscere altri tempi e altri luoghi. Vieni da Parigi? Ho conosciuto Nicolas laggiù. Un vero e proprio simpaticone! Ossessionato dalle pietre a dire il vero… -
Oscar socchiuse gli occhi – Nicolas? Ma…Conoscete Parigi? –
Lui sorrise di nuovo – Ma si! Nicolas Flamel (n.d.a.: personaggio storico – 1330-1418 considerato l‘unico alchimista che creò la pietra filosofale)…Io l’ho aiutato con la sua pietra…Grecale…Fiscale…Filosofale…Non mi ricordo! Parigi era bellissima al tramonto estivo…Poi sono tornato nelle nebbie e ho conosciuto John…Il caro John Dee (n.d.a.: personaggio storico – 1527-1608 matematico, geografo, astronomo, astrologo con la passione per l’occultismo, considerato il “mago” di corte della Regina Elisabetta I), mi piaceva tanto parlare con lui, ma non con quel suo sodale, quel Kelley…Edward Kelley (n.d.a.: personaggio storico – 1555-1597 medium inglese tenuto in gran conto da John Dee, ma considerato a posteriori un ciarlatano)…Un individuo decisamente rozzo e privo di talento…E poi ho detto basta con queste stupidaggini di pozioni, incantesimi e pietre magiche…Ho trovato un altro amico in Walt, il caro Walt Disney che vive al di la del mare (n.d.a.: creatore di Mickey Mouse – Topolino – 1901-1966 e autore del lungometraggio animato “La spada nella Roccia” (1963) basato sulla leggenda di Re Artù) e gli ho raccontato tutto del periodo in cui ci troviamo adesso…Artù…Avalon…Lo ha trovato interessante…Ma alla fine torno sempre qui, in quella che considero la mia patria…Adesso ho una nuova amica…Nel lontano, lontano, lontano, lontano, lontano, lontano, lontano…Lontano Oriente…Ogni tanto la vado a trovare…E’ una scrittrice…Solo che lei i libri li disegna…Chiaro, vero? Ha tanto bisogno di un personaggio nuovo, un uomo di sesso femminile, secondo lei…Mi spiego? Ma voi siete una donna…Non è vero? Così donna da essere uomo e con quella spadona in mano…Un giorno le racconterò la vostra storia, con il vostro permesso, si intende…Si chiama Tuoko…Kyoko…Ryoko (n.d.a.: per l’”amica” di Merlino si intende Ryoko Ikeda)…Quei nomi orientali non mi entrano in testa! –
Oscar ascoltò a bocca aperta il discorso dell’uomo e poi si passò una mano sulla faccia. Tentennò e sospirò – Voi…Siete Merlino, vero? –
Lui sorrise, fece una giravolta e le puntò il dito contro – Si! Si! E’ il mio nome…Mi considerano un mago, sapete? –
Oscar si avvicinò a lui – Nelle nebbie…Avete detto che viaggiate nelle nebbie…E’ mai possibile che si possa viaggiare nel tempo con esse? –
Il vecchio sorrise – Ma certo…Basta saperlo fare…E un giorno me ne andrò anche da qui e andrò alle Hawaii a prendere il sole tutto il giorno –
Oscar aggrottò la fronte – Dove? Ma…Questa è Avalon? Artù…Il Re di Britannia…E’ qui? –
Lui sorrise di nuovo e avvicinò il suo volto a quello di lei – Il Re…E’ qui…Colui che fu Re e che sarà Re…Sta riposando…In attesa di riprendere il trono –
Oscar sorrise felice e gli mise la mano libera sul braccio – Portatemi da lui! Ve ne prego – disse, ma con la coda dell’occhio vide una figura seminascosta tra gli alberi. Girò lo sguardo e vide una ragazza in pantaloni di pelle marroni alti fino all’ombelico e con il seno coperto da una fascia dello stesso materiale dei calzoni. Dal fisico e dal volto, dipinto a strisce blu sulle guance, dimostrava di avere al massimo dai tredici ai quindici anni. I suoi capelli scuri erano tirati all’indietro e legati dietro la nuca in una coda, ma nessuna di queste cose preoccupò Oscar; la cosa che la spaventò era che la giovane teneva in mano un arco con una freccia incoccata e puntata su di lei.
La ragazza sorrise debolmente – Chi sei tu, che hai spezzato l’incantesimo di sir Lancillotto? –
Oscar si mise subito in posizione difensiva impugnando Excalibur – Il mio nome è Oscar François de Jarjayes e sono qui per vedere Lady Viviana –
La giovane notò la spada nelle sue mani e abbassò l’arco – Come hai fatto a togliere la spada dalle mani di Lancillotto e ad estrarla dal terreno? Ci abbiamo provato molte volte, ma senza alcun risultato –
Oscar sorrise debolmente – Una cosa alla volta. Come ti chiami? –
La ragazza mise la freccia nella faretra che portava sulla schiena e si avvicinò a lei – Il mio nome è Nimue e sono venuta a cercare Merlino. Se ne va in giro e si perde nelle nebbie che circondano l’isola…Poi improvvisamente torna e parla di cose senza senso. Non mi meraviglia che sia impazzito a poco a poco –
Oscar abbassò la lama e annuì – Ho sentito! – disse, ma, in effetti, nello sproloquio del vecchio aveva sentito chiaramente i nomi del francese Nicolas Flamel, famoso a Parigi per essere considerato un esperto di arti occulte e pure il nome di John Dee, un altro personaggio legato alle scienze misteriose; uomini vissuti secoli prima che lei nascesse, ma di cui aveva sentito parlare ampiamente. Considerò che la nebbia, probabilmente, non faceva impazzire le persone, ma, in qualche modo, le faceva viaggiare nel tempo ed era stato quest’ultimo fenomeno che aveva fatto impazzire suor Agata, poi rientrata senza il senno e rinchiusa al monastero; quindi gli altri che erano spariti alla ricerca di Avalon avevano viaggiato in varie epoche storiche e in vari luoghi del mondo. Guardò di nuovo Merlino che, incurante di lei e di Nimue, era tornato a raccogliere l’acqua con le mani e a gettarla in aria. Nimue si avvicinò a lui e lo prese per un braccio – Aventi Merlino, dobbiamo tornare. La Dama del Lago ti attende –
Lui fece una smorfia e sbuffò, ma Oscar si avvicinò a loro – Io…Lord Merlino…Posso accompagnarvi? Anch’io cerco la Dama del Lago –
Nimue la guardò – Ovviamente tu devi venire con noi! E’ da molto tempo che Lady Viviana aspetta che qualcuno spezzi l’incantesimo – disse e aiutò Merlino ad alzarsi – E adesso andiamo! –
Oscar seguì Nimue e Merlino lungo un altro sentiero nel bosco e arrivarono in un’altra radura. Dalla parte opposta c’era una parete di roccia spoglia su cui si apriva un’alta fenditura, larga abbastanza da permettere il passaggio di due uomini. Tutt’intorno a loro si avvicinarono altre persone. Oscar notò che erano tutte donne, di ogni età, dalle vecchie che si muovevano con un bastone, alle donne, ragazze e persino bambine. Notò che alcune avevano gli occhi allungati, come quelli di alcuni ambasciatori della lontana Cina che aveva visto a Versailles, mentre alcune altre avevano la pelle scura tipica degli africani. Tutte, indistintamente, si avvicinavano a lei indicando la spada Excalibur che teneva in mano. Si rivolse a Nimue – Credevo che qui ci fossero anche uomini –
La ragazza scrollò le spalle – C’erano. Ma da quando sir Lancillotto ha letteralmente chiuso l’isola al resto del mondo sono tutti andati nelle nebbie per cercare una via d’uscita. E non hanno fatto più ritorno – disse e lasciò il braccio di Merlino che se ne andò saltellando.
Oscar deglutì e sentì la spada vibrare leggermente quando lei e la giovane attraversarono la fenditura. Percorsero un breve corridoio illuminato da delle aperture sul soffitto e poi sbucarono in una grande sala circolare. Oscar alzò lo sguardo e vide il cielo azzurro; si guardò attorno e vide delle colonne bianche decorate da stendardi su cui campeggiavano delle spirali dorate e, nel lato opposto, vide un trono bianco e, accanto al sedile, una piccola colonna in pietra bianca su cui poggiava una vasca semisferica rozzamente intagliata e una donna in abiti candidi in piedi lì accanto. Oscar si avvicinò e riconobbe le fattezze di quella figura: i biondi capelli lunghi agghindati in una lunga treccia gettata dietro la schiena: - Voi…Eravate voi! Eravate sulla strada per Carentan quando tutto questo è iniziato! –
La donna si girò e fece un debole sorriso – Ero io, bel cavaliere e, credetemi, sono lieta di vedere che state bene. Ho cercato di avvisarvi e di farvi prendere un’altra strada…Ma…Purtroppo siete qui. E vuol dire che anche le mie sorelle sono qui –
Nimue rimase a bocca aperta, prese una freccia e incoccò l’arco puntandolo su Oscar – Tu! Hai portato la rovina qui a Avalon! –
Oscar aggrottò la fronte e guardò ancora la donna in bianco – Lady Morgause e Lady Morgana sono qui per loro fratello Artù, per riportarlo sul trono di Britannia –
La Dama del Lago si avvicinò a lei e fece un cenno a Nimue che abbassò, controvoglia, l’arco. La donna si mise a pochi passi da Oscar – Il mio nome è Viviana e immagino che le mie sorelle ti abbiano raccontato qualcosa di me, quindi è inutile che ci presentiamo, Lady Oscar, visto che anch’io sapevo chi tu fossi ben prima che Morgana usasse il suo incantesimo per portarti tra di noi. Dovrò spiegarti esattamente quello che sta accadendo, però… - disse e si rivolse a Nimue – Sta arrivando la nostra nemica! Di a tutte di fuggire e nascondersi –
La giovane mise un ginocchio a terra – Mia Signora! Io resterò con te! Non permetterò che ti venga fatto del male –
Viviana sospirò – Il confine tra il puro coraggio e la stolta stupidità, mia cara Nimue, è fin troppo labile e tu non potresti mai fermare quello che sta arrivando –
Oscar passo lo sguardo dalla ragazza a Viviana e si avvicinò a quest’ultima – Morgana è qui per Artù – ripeté.
Viviana piegò le labbra in un altro sorriso triste – Morgana non mi spaventa, bel cavaliere. E non metto nemmeno in dubbio che lei sia venuta qui per cercare di riportare il Re sul trono. Di tutte noi, lei è sempre stata la più affezionata ad Artù. Ma è anche vero che colei che sta arrivando ha solo l’aspetto e le fattezze di mia sorella ed è un’avversaria ben più temibile della Fata di Cornovaglia – disse e guardò la spada Excalibur nella mano di Oscar; il suo sorriso si illuminò – Avalon, tramite la sua spada sacra, ha già scelto il suo difensore e toccherà a te affrontare la dea della guerra e il suo corvo nero –
 
Nell’istante in cui Oscar seguiva Nimue e Merlino per andare da Viviana; in mezzo del lago André smise di remare e si guardò attorno vedendo solo il bianco della nebbia. A prua Morgana allungò il braccio davanti a sé e la nebbia, come ad un comando preciso, si mosse in cerchio, vorticando sempre di più fino a quando tutti loro furono avvolti da una luce bianca abbagliante.
André si svegliò di soprassalto e si mise subito seduto. Si guardò attorno, vide una spiaggia sassosa e un’altra barca, quella che aveva usato Oscar. Alzò gli occhi e se li schermò con la mano per proteggersi dalla luce del sole. Accanto a lui Morgause si mise in ginocchio e sorrise – Siamo a Avalon! Siamo a Avalon! Finalmente! – disse e si alzò. André la imitò e guardò a destra e a sinistra cercando Oscar. Il suo sguardo cadde su un tumolo fatto con i sassi che somigliava sinistramente a una sepoltura. Deglutì cercando di scacciare dalle mente l’idea che lì sotto ci fosse la sua amica e guardò Morgana. La donna in abiti neri se ne stava in piedi sulla spiaggia con le braccia aperte e il volto al cielo.
Morgause si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla – La vostra missione, André, quella tua e di Lady Oscar, è finita. Tornerete a casa quando mia sorella… - disse guardando Morgana, ma rimase a bocca aperta vedendola immobile in quella posizione innaturale.
Improvvisamente i sassi cominciarono a tremare leggermente. André impallidì vedendo che Morgana si stava sollevando lentamente da terra e, quando fu a circa tre metri di altezza, la vide chiaramente trasformarsi in un grande e possente uccello nero con le ali aperte: un gigantesco corvo nero. Guardò Morgause e capì che anche lei stava vedendo la stessa cosa e vide anche che un rivolo di sudore stava scendendo sulla tempia della Regina di Lothian.
Dopo qualche istante il corpo di Morgana si abbassò lentamente fino a quando poggiò di nuovo i piedi sulla spiaggia. Abbassò le mani, aprì gli occhi e André notò che le sue iridi, da chiare che erano, si erano fatte completamente nere, come pure la pupilla e tutto il globo oculare. Morgause si avvicinò cautamente – Sorella…Sorella mia…Va tutto bene? –
L’altra girò la testa per guardarla, alzò una mano e se la fissò, come se la vedesse per la prima volta – Si… - disse piano – I miei poteri sono forti…L’energia dell’isola sacra è immensa…Sento la forza degli elementi scorrere nelle mie vene – disse e strinse la mano a pugno – Nulla potrà fermarmi, da adesso in poi – aggiunse e guardò Andrè. Si sollevò ancora da terra di decina di centimetri, galleggiò nella sua direzione e gli atterrò davanti. Sorrise con un ghigno che snudò i suoi canini aguzzi e che fece letteralmente gelare il sangue di André. Lei piegò la testa in avanti – Non posso fare a meno di notare che Lady Oscar qui non c’è…L’incantesimo è spezzato e quindi anche lei è arrivata sull’isola. Probabilmente adesso è con Viviana e se si metterà in mezzo non avrò pietà di lei. Ma visto l’aiuto che ci hai dato voglio essere generosa. E’ l’ultima occasione per te, scudiero, vuoi tornare nel tuo mondo e nella tua epoca? – disse e portò la sua bocca accanto all’orecchio di lui – Posso farti la cortesia di toglierti la memoria e di cambiarla. Per te lei non sarà mai esistita. Immagina…Niente più pene o sofferenze nel vedere la tua amata così vicina e così irraggiungibile…Potrai amare un’altra donna, forse migliore per te e con cui costruire una famiglia e vivere sereno…Allora, cosa ne dici? –
André deglutì, la sola vicinanza di quella donna, di quella cosa, lo faceva rabbrividire, ma si sforzò di guardare quei pozzi neri senza fondo che erano i suoi occhi – Non me ne andrò ma da qui senza Oscar –
Morgana sorrise, alzò una mano e gli accarezzò lentamente la guancia – Lo immaginavo! Oh! L’amore…Così bello, così puro e così prevedibilmente noioso – disse e si allontanò da lui. Si fermò di fronte al tumolo di sassi e sorrise con un ghigno – Ah! Mio caro Lancillotto…Dove ti ha condotto l’amore e la fedeltà al tuo Re – disse e si avviò lungo il sentiero.
Morgause si portò una mano alla bocca – Dei dell’Annwn! Cos’è accaduto? – chiese, ma non si aspettò una risposta da André. Quest’ultimo strinse le labbra, Oscar non era lì e quindi, per trovarla gli restava una sola cosa da fare. Respirò a fondo e seguì Morgana.

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Capitolo 9
*** Il Cavaliere e la Strega ***


Oscar si avvicinò a Viviana – Il campione di Avalon? –
L’altra strinse le labbra, fece un cenno con la mano e Nimue si rialzò. La Dama del Lago socchiuse guardò Oscar – Morgana ti ha raccontato di come sono diventata la somma sacerdotessa di Avalon? –
Oscar aggrottò la fronte – Ho visto parte della sua vita in sogno e da quello che ho capito è stato Merlino che vi ha scelto per diventare la Dama del Lago –
L’altra si sorrise tristemente – Non è andata in questo modo…O meglio…Questo è quello che sa Morgana! Lei porta su di sé i segni dell’Antico Popolo: pelle bianca come il gesso e capelli neri come la notte. Erano le caratteristiche di una razza umana particolare che arrivò qui in Britannia secoli e secoli addietro. La loro storia si perde nella leggenda, ma sappiamo che abitavano in una grande terra al di la del mare. Non l’Irlanda, ovviamente e nemmeno il grande continente oltre l’oceano, ma in una grande isola che loro chiamavano Atlantide e che sprofondò nel mare –
Oscar rimase a bocca aperta – Atlantide? –
Viviana annuì – Atlantide! La loro terra. I loro sacerdoti arrivarono qui, a Avalon e ne fecero il centro del loro culto, quello che noi chiamiamo l’Antica Religione e che arrivò ad espandersi anche sul continente. Con il passare del tempo le caratteristiche fisiche di quella razza si fusero con quelle degli indigeni, fino a sparire. Ma quando un bambino o una bambina nasceva presentando quelle particolari qualità veniva considerato un dono degli dei –
Oscar sentì Excalibur fremere – Ma…Morgana ha detto che era considerata una maledizione –
Viviana sorrise di nuovo tristemente – Con l’arrivo dei romani prima e dei cristiani poi lo divenne. Per i romani fu una questione politica: Ogni bambino o bambina che veniva considerato un inviato degli dei era un pericolo perché poteva unire le tribù della Britannia contro di loro e quindi inviarono spie e informatori in ogni angolo del loro impero e, quando questi trovavano qualcuno con la pelle bianca e i capelli neri, lo uccidevano. Per i cristiani è una questione di fede: se il popolo vede un inviato degli dei poi non può inginocchiarsi davanti alla croce che simboleggia il Cristo. Pur non uccidendo i rappresentanti dell’Antico Popolo hanno iniziato a mettere in giro la voce che si trattasse di esseri maledetti –
Oscar aggrottò la fronte – Anche i vostri genitori lo hanno creduto –
L’altra inspirò a fondo – In realtà no. Il Duca Gorlois di Cornovaglia, mio padre e mia madre Igraine erano i rappresentanti di due grandi e antiche famiglie della Britannia e si erano uniti proprio nella speranza di generare un figlio, o una figlia, con l’aspetto dell’Antico Popolo. Io fui la primogenita, dopo qualche anno ci riprovarono e nacque Morgause e, alla fine, nacque una bambina bianca e dai capelli neri. Il Duca fece convocare subito Merlino di Britannia per l’imposizione del nome e per farla decretare come erede di Avalon e somma sacerdotessa –
Oscar socchiuse gli occhi – Un momento! Mi state dicendo che era Morgana quella destinata a diventare la Dama del Lago e non voi…E poi…Hanno chiamato quel…Merlino? Quello che gira qui attorno farneticando di cose senza senso? –
Viviana annuì – Non era così a quel tempo! Anche Merlino è un erede dell’Antico Popolo, anche se non ne porta i segni fisici. Lui dispone di un potere che solo la casta sacerdotale di quella razza aveva…Quella che noi oggi chiamiamo magia. Quando lo vidi per la prima volta era alto e vigoroso, come una quercia e il suo sguardo non era perso nelle nebbie, ma fiero e acuto. Era venuto per la mia sorellina e io, come primogenita, ero lì presente con i miei genitori. Appena Merlino vide la piccola impallidì e si ritrasse dalla culla con il viso sconvolto. I miei genitori rimasero molto sorpresi e lui gli disse che si, la neonata portava i segni dell’Antico Popolo e possedeva anche il potere dei loro sacerdoti, la magia. E disse anche in quel corpicino c’era un potere che andava oltre ogni immaginazione. In lei si era incarnato uno spirito, quello della dea della guerra, che gli antichi chiamavano Morrigan. La dea ha due facce: una buona, fedele, combattiva, gentile con i deboli e spietata con i malvagi...Come ogni cavaliere degno di questo nome. Ma c’è anche un altro volto, quello rappresentato dal suo animale sacro, il corvo ed è un volto spietato, bramoso di potere, crudele e vendicativo, in una sola parola: malvagio –
Oscar rimase a bocca aperta, ma non interruppe Viviana che continuò il racconto - Merlino disse che non poteva diventare la Dama del Lago. Che era troppo pericoloso portarla a Avalon; che la i suoi poteri sarebbero stati pressoché illimitati e c’era il pericolo che la sua parte oscura emergesse mettendo in pericolo non solo la Britannia, ma il mondo intero –
Oscar tentennò – Era solo una bambina! Come poteva mai sapere Merlino che sarebbe diventata malvagia? –
L’altra scrollò le spalle – Non lo sapeva…Sarebbe potuta diventare la più grande e potente somma sacerdotessa mai avuta, oppure usare il suo potere per dominare e conquistare tutti gli altri dando indicibili sofferenze. Lui non se la sentì di imporre una scelta così grave sulle spalle di quella bambina, ma gli diede il nome della dea, Morrigan, per l’appunto o Morgana, come l’hanno sempre chiamata tutti. Mio padre non ne fu contento, non aveva un figlio maschio e credeva che una delle sue figlie potesse diventare la Signora di Avalon e aumentare il suo potere e il suo prestigio; prese la sua spada e si lanciò contro la culla; mia sorella sarebbe stata fatta a pezzi se io non mi fossi intromessa tra la lama e lei. Supplicai i miei genitori e Merlino di lasciarla vivere e mi proposi io come Dama del Lago. Possedevo anch’io dei poteri magici, non certo forti come quelli di Merlino e mai nemmeno paragonabili a quelli di Morgana, ma gli dissi che mi sarei impegnata e sacrificata, se solo la mia sorellina avesse potuto vivere la sua piccola vita. Ricordo che Merlino si avvicinò a me, mi sorrise e mi mise una mano sulla testa. Annuì e disse ai miei genitori che io sarei diventata la nuova Dama del Lago. E quel giorno stesso lasciai Tintagel –
Viviana chiuse gli occhi per un attimo – L’isola mi ha accettata e mi sono impegnata molto per diventare una sacerdotessa –
Oscar si passò una mano sul mento – Da quello che dite sembra che quest’isola abbia una sua volontà –
L’altra annuì – Non certo come la intendiamo noi, ma Avalon vive. Ho passato un periodo molto felice qui, le altre sacerdotesse erano gentili e non ho mai sentito la mancanza di casa mia. Tuttavia, quando fui pronta a prendere il mio posto sul trono bianco, le cose hanno cominciato a cambiare rapidamente. Mio padre, il Duca di Cornovaglia, deluso da Merlino e con una figlia in casa sulla quale pendeva una maledizione, decise di sfruttare la mia posizione come Dama del Lago per diventare il nuovo Grande Re di Britannia, ma quando Re Ambrosius, che non aveva avuto figli, scelse Uther Pendragon come successore lui gli mosse guerra e finì per essere ucciso –
Oscar annuì, era proprio quello che aveva visto in una delle visioni che l’accompagnavano da quando era iniziata quella strana avventura: – Il padre di Artù – disse piano.
Viviana sorrise – Io fui informata da Merlino solo dopo la battaglia nella quale morì mio padre. Uther, nel frattempo, aveva raggiunto Tintagel e aveva deciso di sposare mia madre per farne la nuova Grande Regina e nacque mio fratello Artù. Per anni lui è stato allevato lontano dalla corte di suo padre, protetto da Merlino, ma, quando Uther è morto e lui è salito al trono gli eventi sono precipitati un’altra volta. Uther era quello che era come uomo e credimi, non era un granché, ma di certo era un grande guerriero e un eccellente stratega. Alla sua morte i nostri nemici cominciarono a guardare con occhi famelici la Britannia. Uno di loro, Vortigern, si proclamò Re e radunò una buona parte delle tribù sassoni sotto il suo comando, fece costruire decine di navi e si preparò ad assalirci e conquistarci in un colpo solo. Avevamo sempre confidato sul fatto che, essendo la Britannia una grande isola, fossimo relativamente al sicuro, ma non in quel caso. Le legioni di Roma non ci potevano più aiutare e, del resto, avevano abbandonato definitivamente questa terra molti anni addietro per non farvi più ritorno e la stessa Roma era caduta saccheggiata dai nemici. E le nostre speranze erano affidate al giovane Artù. Come se non bastasse anche Merlino aveva cominciato a dare segni di squilibrio, si perdeva nelle nebbie che circondano Avalon sempre più di frequente e ritornava sempre più strano e parlando di cose senza senso come i…Film…Del suo amico Walt. La responsabilità di consigliare il Re ricadde su di me e quello che accadde poi fu un vero e proprio miracolo: a Monte Badon gli eserciti della Britannia non solo sconfissero quelli dei sassoni, li annientarono! I sopravvissuti tornarono nelle loro terre oltre il mare sconfitti e per tutti gli anni del regno di Artù fummo in pace. Era stata una fortuna, ma sapevo anche che non poteva durare. Ci sarebbero voluti anni, ma i sassoni avrebbero radunato un’altra armata. So che vi siete scontrati con una loro banda arrivando a Glastonbury, ma quelli erano solo esploratori e saccheggiatori. I loro guerrieri sono un’altra cosa e prima o poi sarebbero tornati. A noi serviva non un re, ma una stirpe di re capace di difendere la Britannia da ogni pericolo e per sempre –
Oscar capì quello che Viviana stava per dire – Una stirpe di re…E so cosa avete fatto! –
Viviana strinse le labbra – Ho fatto quello che andava fatto! Ho legato la magia del sesso con quella del sangue. Solo mia sorella Morgause era in grado di generare un simile incantesimo. Lei è una madre…Ha una forza che io e Morgana non abbiamo, quella di generare la vita e aveva già avuto quattro figli maschi. Il risultato con Artù, purtroppo, non è stato come me l’aspettavo –
Oscar strinse nella mano l’elsa di Excalibur fino a farsi male e la spada, come dotata di vita sua, fremette ancora – Non è stato come ve lo aspettavate? Erano fratello e sorella e quello che ne è nato è stato un mostro! –
L’altra alzò il mento – Vuoi sapere se ne sono pentita? Si! Mille e mille volte mi sono pentita, ma l’ho ho fatto per il bene della Britannia e di tutto il suo popolo –
Oscar strinse le labbra e soffiò dalle narici come un toro. Fece un passo avanti e, con la mano libera, prese la tunica di Viviana e l’attirò a sé, facendo sobbalzare Nimue. Oscar tentennò – E vi sembra una giustificazione accettabile? E poi? E poi, Dama del Lago? Avete fatto accoppiare vostro fratello e vostra sorella come animali. Morgause è rimasta sola con un figlio che nessuno voleva e che tutti consideravano un abominio e l’unica che l’ha accolta è stata Morgana. E Morgana…Quando tutti l’hanno odiata e disprezzata per i suoi poteri e per il suo aspetto dove eravate? Quando Mordred ha ingannato tutto e tutti per prendere il potere la Dama del Lago cosa ha fatto? E quando vostro fratello ha dovuto combattere contro il suo stesso figlio…Voi eravate sempre qui! Voi siete solo una vigliacca! – gridò.
Nimue si portò una mano alla bocca sorpresa, ma Viviana sorrise di nuovo stancamente – Si! Hai ragione! Mi sono isolata dal mondo per paura…Quando ho capito che razza di mostro era diventato Mordred ho avuto paura di prendere altre decisioni…Paura…Mentre le mie sorelle e mio fratello soffrivano io ho preferito rimanere qui. Anche se ho visto tutto – disse e indicò la colonna con la vasca accanto al trono – E’ uno strumento dell’Antico Popolo, anche a Tintagel ce n’è uno ed è con quello che Morgana è riuscita a individuarti nelle pieghe del tempo e dello spazio. Quando Lancillotto ha portato qui Artù il Re stava soffrendo e non solo per le ferite inferte da Mordred che erano molto profonde, ma anche e soprattutto per essere stato tradito da tutti coloro che amava: sua sorella Morgause che era stato il suo primo infelice amore e che, in fondo non aveva mai smesso di amare dopo quella prima notte; suo figlio che si era rivelato un essere immondo; sua moglie Ginevra e anche il suo primo cavaliere che si erano fatti deridere da tutta la Corte, ma, più di tutti, nel delirio chiamava sua sorella Morgana e posso immaginarne il motivo…E’ stata per lui come una madre da piccolo e quando sono cresciuti lei ha cercato di stargli vicino più di tutti –
Oscar la lasciò – Adesso dove si trova il Re? –
Viviana sospirò – Come ti ho detto, le sue ferite sono molto gravi e deve riposare e rigenerarsi per riprendere il posto che gli spetta. Lancillotto ha deciso di sacrificare la sua vita per sigillare Avalon al mondo. Ha preso la spada del Re, quella che tu porti in mano adesso, l’ha conficcata nel terreno ed è rimasto lì a fare la guardia…Fino alla morte, fino a quando l’isola stessa ha accettato il suo sacrificio. Morgana ha avuto una buona intuizione quando ha cercato un cavaliere come Lancillotto, ma al tempo stesso non come lui e ha trovato te, una donna, con la lancia nel nome e campione di una Regina…Io ho provato ad avvertirti, ma con i miei poteri limitati sono riuscita solo a mandare per pochi istanti una proiezione di me stessa sulla strada che stavi percorrendo e tentare di non farti andare per il bosco, dove i poteri di mia sorella sarebbero stati più forti…Ha sacrificato una parte della sua essenza vitale per portarti qui e trovare Artù –
Oscar inarcò un sopracciglio – Adesso la via per Avalon è aperta –
Viviana sospirò di nuovo – Si! E’ aperta! Volevo impedire a lei di portarti qui perché sapevo che, una volta messo piede sull’isola la parte oscura dello spirito che la possiede avrebbe potuto prendere il sopravvento e il corvo di Morrigan guidare le sue azioni.
Ed è quello che è successo. Morgana è arrivata qui con Morgause e un altro uomo e i suoi occhi sono completamente neri, il segno che il corvo di Morrigan ha preso il suo posto e sta guidando le sue azioni. Non dirmi che non ha notato nulla di strano in lei da quando siete arrivati a Glastonbury –
Oscar deglutì e ripensò al loro arrivo al monastero. In effetti era da quel momento che Morgana aveva iniziato a cambiare. Ed era da quel momento che aveva iniziato a vedere l’ombra di un grande uccello nero su di lei.
Viviana inspirò profondamente – Nimue…Guarda nella vasca e vedi dove si trova mia sorella per favore –
La ragazza andò alla colonna e guardò dentro la vasca. Il suo volto impallidì e guardò verso Oscar e Viviana – La dama nera sta arrivando –
Oscar aggrottò la fronte – E non possiamo fare nulla per fermarla? –
Viviana la guardò – Noi no! Ormai è solo Avalon che può decidere di fermarla e ha scelto il suo campione – disse e indicò Excalibur. Oscar sollevò l’arma – Io…Ma come… -
Viviana allungò un braccio verso l’arma – Questa spada è l’unico oggetto sacro che l’Antico Popolo ha portato da Atlantide. La è stata forgiata non con il metallo estratto dal ventre della terra, ma da quello venuto dalle stelle, caduto con una pietra dal cielo all’alba dei tempi. L’arma non aveva mai lasciato Avalon, ma io la diedi a mio fratello nel giorno che assunse il comando della Britannia per combattere Vortigern e il suo esercito invasore ed è una delle due sacre reliquie che abbiamo qui. La spada, come Avalon, possiede un’anima propria e, proprio come l’isola, ti ha scelto come suo possessore. Sei tu che dovrai combattere il corvo della dea della guerra –
Oscar strabuzzò gli occhi – Un momento! Combattere? Contro Morgana? E’ quella che ha strangolato me e il mio amico André solo muovendo le mani e, se è vero che adesso dispone di altri poteri più grandi…Come posso fermarla? –
Viviana annuì – Te lo ripeto: l’isola ti ha scelto, evidentemente hai delle qualità, cavaliere, che nemmeno tu conosci –
Nimue arrivò da loro e impugnò il suo arco – Sono qui! – disse e andò verso l’uscita. Viviana strinse le labbra – E ora è il momento di incontrare le mie sorelle – disse solo e seguì la ragazza.
Oscar le vide uscire dal salone, rimase per un attimo interdetta, poi impugnò la spada con entrambe le mani: “Un cavaliere, un eroe, colei che salverà questa terra…E sono io!” pensò e poi, senza nemmeno rendersene conto, un sorriso le salì alle labbra “E mio padre non è nemmeno qui a vedermi!
 
La bambina si stese a terra e guardò il piccolo fiore sbocciato. Tutte le altre, comprese le sue piccole amiche, erano andate a nascondersi, ma lei non ne aveva capito il motivo. “Sta arrivando” ripetevano e chi stava arrivando? La giornata era bella e il sole splendeva, come sempre a Avalon, non per nulla veniva chiamata anche l’isola delle mele e solo quel nome evocava verdi prati e sole in quantità.
Si spostò una ciocca dei suoi capelli biondi come l’oro e, improvvisamente, persa nell’ammirazione del fiore, si accorse della punta di un nero stivale di fronte a lei. Alzò lo sguardo e vide solo l’oscurità: neri gli stivali, neri i pantaloni e nere le vesti e i capelli di quella strana figura. Solo le mani e il viso erano di un bianco candido in modo innaturale. La donna, poi aveva gli occhi incredibilmente tutti neri, indossava una corona con lo stemma della croce celtica sulla fronte e sorrideva. Sorrideva in un modo che non le piaceva mostrando dei canini stranamente appuntiti.
La bambina si ritrasse di colpo sedendosi sui talloni – Signora! Non farmi del male! –
Un’altra figura uscì dalle spalle della donna in nero, la piccola vide che indossava una strana armatura di cuoio rosso fuoco, come i suoi capelli. Morgause mise un ginocchio a terra e si piegò su di lei – Non temere piccola! Non ti faremo niente. Vero Morgana? – disse girando il viso verso la nera figura.
Morgana piegò la testa di lato – Oh! No! Assolutamente nulla! – disse continuando a sorridere stranamente e piegando le dita delle mani come se fossero artigli.
La bambina si portò le manine agli occhi – Non Fatemi del male! – ripeté. Morgause sporse il labbro inferiore e alzò l’indice della mano destra – Cosa temi? Che forse…Ti pugnaliamo? – disse e punzecchiò il pancino della piccola. La bambina rimase per un attimo sorpresa e poi sorrise. Morgause le accarezzò la testa – Come sei bella piccolina…Come ti chiami? Io sono Morgause e lei è mia sorella Morgana e, più dietro ancora, André…Lui viene da molto lontano…E’ un attendente –
La bambina aggrottò la fronte – Io sono Glynne. Ma che cos’è un attendente? –
Morgause sospirò – Lui…E’ venuto qui con una signora bionda, ma l’abbiamo persa –
Glynne sbatté le piccole palpebre – Una signora bionda con due spade è arrivata con Nimue e Merlino –
Morgana piegò la bocca in un ringhio e si piegò verso Glynne. Avvicinò il suo volto a quello della bambina – E dove sono adesso, mia piccola cara? –
La bambina si ritrasse e Morgause la circondò con un braccio – Morgana! La stai spaventando! Dei dell’Annwn! Un po' di grazia, che diamine! – disse e sollevò la piccola tenendola in braccio. La cullò e poi gli sorrise – Sai dirci dov’è adesso la nostra           amica? – disse piano. Glynne tirò su con il naso e annuì – Sono con la Dama del Lago –
Morgana sorrise – Bene! – disse e andò avanti. Glynne aggrottò la piccola fronte – Che cos’ha la signora? –
André sospirò – Vorrei saperlo anch’io –
Morgause attirò a sé la bambina che appoggiò la testa sulla sua spalla e poi guardò André – C’è qualcosa che non va. Non l’ho mai vista in quelle condizioni e quegli occhi neri…E’ come se fosse… -
André annuì – Posseduta. Da quando siamo arrivati al monastero vostra sorella è decisamente cambiata…Non che prima fosse amabile, ma adesso… -
Morgause continuò ad accarezzare la testolina della piccola – E’ vero. Hai visto anche tu la figura del grande corvo nero? –
Lui annuì – Ho visto anche che volava a una certa distanza da terra. Non che la cosa mi stupisca con tutto quello che le ho visto fare. Ma cosa è o cosa rappresenta il corvo? –
L’altra sospirò – Morrigan…La dea della guerra che le ha dato il nome. Il corvo è il suo uccello sacro e rappresenta la sua anima oscura –
Lui aggrottò la fronte – Anche le dee hanno un’anima oscura? –
Morgause aggrottò la fronte – Ma certo! La dea è forte, coraggiosa, nobile e altruista e questo è il volto che di solito mostra al mondo e in combattimento…Poi c’è un’altra dea, una oscura rappresentata dal corvo che banchetta con i cadaveri dei nemici uccisi in battaglia: crudele, feroce, vendicativa e assetata di potere –
André aggrottò la fronte – Dee dalla doppia personalità…Andiamo Lady Morgause…Non vi sembra un po' strano? –
Morgause sospirò – Sei un cristiano, vero André? Per voi ogni cosa che non venga dalla bocca dei vostri preti è strana! Tutto bene o tutto male e nessuna via di mezzo. Forse è per questo che tu e Lady Oscar non riuscivate a credere ai poteri di Morgana. La dea ha due facce, due volti, due anime e temo che mia sorella, in questo momento, sia preda dell’anima più nera di Morrigan e proprio qui dove i suoi poteri sono più forti, qui dove la dea voleva che fosse –
André sbatté le palpebre perplesso, poi mise una mano sul braccio di Morgause – Ma allora…Se lei è così…E Oscar è laggiù… Dobbiamo muoverci – disse e fece per andare avanti, ma lei lo fermò – Qualunque cosa accada, André, quella non è mia sorella, non quella che ho sempre conosciuto e che anche tu hai visto a Tintagel. Ha molti difetti, lo ammetto, ma possiede anche un cuore nobile. Se le cose si metteranno male e temo che si metteranno proprio male quando Morrigan e Viviana si scontreranno, tu e Oscar fuggite –
Lui tentennò – E dove dovremmo fuggire Lady Morgause? Ci avete portato un mondo che non è il nostro con la promessa di farci tornare indietro e ora…Dovremmo fuggire? Alle volte è meglio cadere combattendo che scappare –
Morgause sospirò e accarezzò la bambina che, nel frattempo, si era addormentata – Se Morrigan dovesse vincere…Se la parte oscura della dea dovesse vincere…Non oso pensare a quello che accadrebbe…A noi e a nostro fratello che è ancora qui sull’isola…Cosa sei disposto a fare per salvare la tua Signora? –
André strinse le labbra – Tutto quello che serve, per salvare Oscar –
 
Oscar seguì Viviana e Nimue all’aperto e, da lontano, vide arrivare la nera figura di Morgana. La Duchessa di Cornovaglia aveva un ghigno malefico in volto e avanzava tenendo le mani leggermente aperte e le bianche dita piegate come artigli. Per un attimo Oscar vide delle grandi ali nere dietro di lei, ma vide anche André e Morgause che teneva in braccio una bambina.
Nimue prese una freccia dalla sua faretra e incoccò l’arco – Lasciate stare quella bambina! Lei non c’entra nulla –
Morgause toccò delicatamente Glynne e la svegliò, poi la posò a terra. La piccola si stropicciò gli occhi – Siamo già arrivati? – disse sbadigliando.
Morgause sorrise debolmente, mise un ginocchio a terra e le mani sulle spalle della piccola – Corri Glynne…Corri e vai a nasconderti –
La bambina guardò la nera figura di Morgana e poi di nuovo l’altra – Tornerai, bella signora? –
Morgause annuì e sorrise – Ma certo…Vai adesso…Corri! –
Glynne corse via verso gli alberi, dove sapeva che anche tutte le altre si erano nascoste. Morgause si rialzò e guardò la donna in bianco con i capelli biondi – Viviana! – chiamò.
André corse da Oscar e l’avrebbe anche abbracciata, ma vide che aveva la sua spada al fianco e un’altra arma in mano. Lui sorrise   - Wow! Stai bene! Non mi sarei mai perdonato se tu… -
Lei sorrise e alzò Excalibur – Oh! Per stare bene sto bene, e ho pure trovato la spada del Re. E temo, Andrè, che adesso siamo alla resa dei conti – disse e indicò le tre sorelle.
 
Viviana guardò Morgause – Sorella! E’ un piacere vedere che stai bene –
L’altra la guardò sprezzante – Non certo grazie a te…Sorella! Avalon è di nuovo aperta al mondo, dove si trova il Re? –
Viviana strinse le labbra e posò gli occhi su Morgana – Te lo direi più che volentieri, sorella mia, ma colei che ti sei portata dietro non è la nostra sorellina, ma Morrigan in persona e Avalon non tratta con le dee malvage –
Morgana sorrise di nuovo e posò i suoi neri occhi su Viviana – Sorella! La Dama del Lago! Viviana! Finalmente ci incontriamo, dopo tanti anni – disse e sollevò gli avambracci – Ora sarai tu a inginocchiarti davanti a me! –
Morgause deglutì e si mise tra le sue sorelle. Si rivolse a Viviana – Dicci dove si trova nostro fratello! Il Regno ha di nuovo bisogno del suo Re –
Viviana strinse le labbra – Il Re è al sicuro qui sull’isola e non lo consegnerò mai alla dea della guerra –
Morgana avanzò continuando a sorridere – Davvero? E dimmi, sorella…Come mi fermerai? Anzi…A dire il vero non credo abbia più importanza dove si trova il Re –
Oscar aggrottò la fronte – Ci siamo… - disse piano. Morgause la guardò sconcertata – Cosa stai dicendo!? Abbiamo trovato la “Lancia di Dio” per aprire le nebbie di Avalon…Hai rinunciato a una parte della tua essenza vitale per portarla qui e per liberare nostro fratello…Per ridare alla Britannia il suo Re –
Morgana guardò Morgause e allargò le braccia – Colei che possiede questo involucro lo ha fatto, ma io non sono lei – disse e si guardò le bianche mani compiaciuta, poi guardò di nuovo Morgause e Viviana – Io sono Mohrag…Il grande corvo di Morrigan, dea della guerra…Questo corpo assorbe il potere dell’isola sacra e perché mai dovrei dividerlo con il vostro…Re…O con voi? Posso dominare la Britannia e il mondo intero da qui – disse e fece un sorriso maligno.
Morgause estrasse la sua spada e prese l’elsa con due mani – Tu sei Morgana, Duchessa di Cornovaglia, Regina del Galles e mia sorella. Non ti permetterò mai di fare del male al Re –
Nimue, rimasta accanto a Viviana, strinse le mascelle e lasciò andare la sua freccia verso Morgana. La donna si girò verso di lei e il dardo si fermò a pochi centimetri da suo viso. Nimue scagliò un’altra freccia, poi ancora un’altra, ma tutte si fermarono in aria di fronte alla strega. Morgana sorrise divertita – Tu non sei una persona intelligente, vero? – disse, alzò l’avambraccio e la ragazza volò letteralmente all’indietro andando a terra.
Viviana avanzò lentamente – Morgana…Sorella…So che sei ancora lì dentro…Non lasciare che la dea ti possieda in questo modo e cerca di tornare in te –
Morgana sorrise beffardamente – E credi che lei lo voglia? Ho vissuto per anni in questo corpo e ho visto cosa le è successo… E’ stata odiata da quando è venuta al mondo, senza amici e senza amori…Ancora adesso il popolo di Britannia che, nonostante tutto lei ha sempre cercato di proteggere, la considera una strega e la vera madre di quell’essere malefico che hai voluto far generare ad Artù e a questa…Inutile prostituta…In quanto a te, Viviana, hai solo saputo nasconderti per tutta la tua vita, hai preso un posto che non era il tuo e adesso credi, seriamente, di poter fermare me? Di poter fermare Morrigan? –
Morgause avvampò e si gettò su lei alzando la spada, ma la mossa di Morgana fu più rapida, allungò la mano e le prese il collo stringendo. La Regina di Lothian lasciò cadere la sua arma e si portò le mani al collo in un disperato tentativo di liberarsi. Morgana fece di nuovo un sorriso sinistro e l’alzò da terra – Il tuo unico dono è quello di fare figli…Sei solo una giumenta e credi davvero di farmi paura? Tu? – disse e strinse la presa al collo. Morgause scalciò cercando di sfuggire alla presa della sorella, ma il suo volto stava ormai diventando cianotico.
 
Oscar avvicinò la sua spalla a quella di Andrè, si guardarono e lui posò la mano sull’elsa della moderna spada ancora legata al fianco di lei e la sfilò lentamente dal fodero.
Morgana vide il gesto con la coda dell’occhio. Con un rapido movimento del braccio gettò Morgause di lato. Lei cadde a terra e Viviana corse ad inginocchiarsi al suo fianco. La strega si girò verso Oscar e André, quando i suoi occhi neri si posarono sulla spada Excalibur inarcò le sopracciglia e si passò la lingua sulle labbra, come una belva che sta per sfamarsi. Sorrise e li guardò entrambi - Bene! Eccoli qui…La donna che si crede un cavaliere e lo scudiero – disse e allungò il braccio – Quella che hai in mano è la spada del Re, la riconosco, la sacra lama di Avalon…Dammela…E tornerete nel vostro mondo e nel vostro tempo –
Viviana alzò la testa di Morgause priva di sensi e guardò Oscar – Noooo! – gridò – La spada appartiene al difensore di Avalon ed è l’unica cosa che possa sconfiggere Morrigan! Se gliela consegni ci condanni tutti! –
Morgana sorrise ancora con un ghigno malefico – E allora? A te che importa donna della Gallia? Tu e il tuo scudiero nascerete tra secoli e secoli e quindi? Cosa mai hanno fatto per te loro… - disse e indicò Viviana e Morgause - …E questo involucro che sto indossando? – disse indicando se stessa – Ti hanno rapita e costretta a venire qui e vorresti anche morire per loro? Dammi quella spada! –
Oscar strinse le labbra – Lascia che ti faccia una sola domanda Lady Morgana…O comunque vuoi chiamarti, dea della guerra: Cosa farai una volta avuta quest’arma? –
Morgana annuì – Farò quello che avrebbe dovuto fare il loro sciocco fratello! Costringerò il popolo di questa terra all’obbedienza a me! E poi toccherà a un’altra terra e a un’altra ancora, fino a che tutte le terre del mondo saranno finite! –
Oscar strinse l’elsa di Excalibur che, come se avesse sentito le parole della strega, stava fremendo: - In te ho visto anche un animo nobile e gentile Morgana. Tu sei la Duchessa di Cornovaglia e Regina del Galles, sei la sorella del Re e sei venuta qui non per conquistare, ma per liberare tuo fratello e restituirlo al suo popolo. So che hai sofferto nella tua vita e so anche dell’incomprensione tra te e Artù, ma sconfiggi il corvo e ritrova te stessa –
Morgana smise di sorridere e si strinse nelle spalle. Le sue braccia tremarono e, per un attimo, i suoi occhi si schiarirono, ma ridivennero subito neri come la notte. Allargò le braccia, alzò il volto al cielo e urlò – Nooooooo! –
Poi guardò Oscar e piegò le labbra in una smorfia – Lei è mia adesso! – disse e allungò il braccio. André si mise istintivamente la mano alla gola, ma non sentì alcuna pressione. Oscar aggrottò la fronte e guardò Viviana, quest’ultima rispose al suo sguardo e annuì dandole conferma della sua intuizione.
Oscar guardò André – La spada…La spada annulla i poteri di Morgana! –
André sorrise debolmente – La spada è una e noi siamo in due…Lo sai cosa vuol dire? –
Lei annuì – Che la dobbiamo combattere insieme. Fianco a fianco. Come sempre –
Lui gonfiò il petto – Insieme! Come sempre –
Morgana ringhiò e abbassò il braccio, poi sguainò la sua nera spada e avanzò verso di loro – Non mi serve la magia per prendere ciò che è mio di diritto! Ho cercato di essere generosa con voi ed ecco il risultato…Tradimento! Volete combattere insieme!? E allora anche morirete insieme! –
Oscar strinse le labbra – Ma va all’inferno! – sibilò e si gettò su di lei seguita da André.
Oscar e André attaccarono insieme, ma Morgana parò i loro colpi con facilità e poi rispose con fendenti precisi e potenti. Oscar scansò il colpo, Excalibur la difendeva dalla magia, ma per battere la strega doveva usare tutte le sue abilità di spadaccina. E anche André era in difficoltà mentre Morgana non dava segni di cedimento.
Morgana si accanì con una serie di colpi su André e poi parò un attacco di Oscar. I contendenti si spostarono sul terreno lanciandosi colpi. André vide con la coda dell’occhio una grossa roccia accanto a loro e poi guardò Oscar e la chiamò.
Lei parò l’ennesimo colpo di Morgana e lo guardò – Sono un attimo impegnata! – disse e scansò un fendente. Lui indicò la roccia. Si avvicinò a Morgana incalzandola, gli bloccò un braccio, alzò il ginocchio e colpì la strega con un calcio allontanandola da loro, poi prese Oscar per mano e la condusse dietro la roccia.
André appoggiò la schiena sulla pietra e scivolò in basso fino a sedersi a terra e ansimò. Oscar mise un ginocchio a terra e rimase accanto a lui, si trovava nelle sue e sorrise. Strinse l’elsa di Excalibur e lo guardò negli occhi – Non sta andando bene…Nemmeno in due –
Lui scrollò le spalle – E’ la dea della guerra. Credevi che sarebbe stato facile? –
Lei sorrise di nuovo – In fondo…Si…Credevo di sconfiggere quella strega malefica – disse e avvicinò il suo volto a quello di lui. Improvvisamente, senza alcun preavviso, gli diede un rapido baciò sulla bocca. Lui non ebbe nemmeno il tempo di sorprendersi e la guardò con occhi sbarrati. Oscar sorrise di nuovo – E’ l’eccitazione. Come dopo la battaglia con i sassoni! Oh! Mi sento anch’io come la dea della guerra…E se periremo per mano di quella creatura infernale, almeno lo faremo insieme, mio André, come sempre –
Lui arrossì violentemente al sentire le sue parole, avvicinò di nuovo il volto a quello di lei, le loro labbra si sfiorarono, ma all’improvviso tuonò la voce di Morgana: - Credevo che fosse un combattimento! Non un gioco a nascondino! Te lo dico per l’ultima volta, Lady Oscar, dammi quella spada e tu e lo scudiero tornerete nel vostro mondo, altrimenti, per gli dei dell’Annwn, vi toglierò il cuore dal petto e lo darò in pasto ai cani! –
André sospirò e guardò Oscar negli occhi, perdendosi nel loro azzurro – Lo sai cosa dobbiamo fare, non è vero? –
Lei inarcò le sopracciglia e lui annuì – Non serve combattere in due frontalmente, è troppo forte. Dobbiamo prenderla dai due lati –
Lei aprì la bocca sorpresa – Non è possibile! La spada del Re ci protegge dalla magia, ma se ci allontaniamo, lei potrà… –
André gli mise una mano sulla bocca – E allora è meglio che quell’arma resti a te. Se siamo veloci. Se siamo precisi. La possiamo sconfiggere – disse e impugnò la sua spada – E quest’arma è meravigliosa, non sarà magica come quella che porti, ma è più moderna dello spadone che ha lei, più resistente e l’affilo io stesso ogni santo giorno per il mio cavaliere –
Lei sorrise – Il mio scudiero…Il mio André! Allora…Andiamo! –
Morgana strinse le labbra, sbuffò e alzò le braccia – Adesso basta! – urlò e la roccia che nascondeva Oscar e André iniziò a sollevarsi. In quello stesso momento loro uscirono correndo con le armi in pugno, uno da un lato e lei dall’altro. La strega parve sorpresa da quella manovra, ma poi concentrò il suo nero sguardo su André.
Morgana era posseduta dal corvo di Morrigan, ma il corvo è e resta, nonostante tutto, un animale. E ogni animale predatore, tra due possibili obiettivi, predilige istintivamente quello più debole.
Oscar era protetta da Excalibur e quindi la strega si gettò su André con un ghigno malefico.
Tuttavia il corvo, come qualunque animale, non mette mai in conto di passare da predatore a preda, specialmente quando i predatori in caccia sono due.
André parò un suo colpo di lato e Oscar ne approfittò per colpirla di striscio al braccio facendola gemere.
Il corvo preso in trappola, come ogni animale, attacca all’impazzata e senza alcuna logica, per poi essere finito dai due predatori.
Morgana si concentrò su Oscar che parò un violento colpo, ma André la ferì all’altro braccio con la punta della sua arma. Ancora una volta Morgana si girò verso di lui, ma fu Oscar a colpirla ancora. La strega lanciò un urlo terribile e poi lasciò cadere la spada a terra e fu André ad approfittarne colpendola ad una gamba con un lungo taglio e facendola inginocchiare di fronte a Oscar.
Lui sorrise e guardò la sua compagna che a sua volta sorrideva, gli gettò la sua spada, lei la prese al volo e incrociò la lama di Excalibur e della sua spada sotto la gola di Morgana in una ics mortale.
Morgana ansimò a testa bassa, in ginocchio a terra e con le mani lungo i fianchi, con i lunghi capelli neri che cadevano in avanti nascondendola. Ebbe un sussulto e poi sollevò il capo inspirando l’aria. Oscar vide che i suoi occhi non erano più completamente neri, ma erano tornati chiari. La Duchessa di Cornovaglia si guardò attorno con occhi sbarrati, come se si fosse svegliata da un incubo e poi alzò lo sguardo su Oscar – Io…Io…Mia…Mia sorella. Sta bene? Ditemi che sta bene –
Oscar si girò verso Viviana, inginocchiata a terra accanto a Morgause. La Dama del Lago alzò la testa della sorella e poi annuì verso di loro. Oscar guardò Morgana – Sta bene –
L’altra sospirò e poi delle lacrime cominciarono a scenderle dalle guance – E alla fine è sempre e solo colpa mia! Quell’essere tornerà…Tornerà da me e mi offuscherà di nuovo la mente…Fallo! –
Oscar aggrottò la fronte, ma Morgana la fissò con occhi gelidi – Fallo! Uccidimi! Non è quello che vogliono tutti? Libererò il mondo dalla mia presenza e chissà…Forse anche mio fratello starà molto meglio – disse con un sorriso forzato e appoggiò la gola sulle lame incrociate.
Oscar rimase di sasso. Aveva combattuto contro i sassoni, aveva ucciso, ma quella era una battaglia. Uccidere una persona a sangue freddo, però, era una cosa totalmente diversa. Guardò André, ma anche lui era rimasto sconcertato.
Morgana ebbe un sussulto – Muoviti! Accidenti a te! Il mio coraggio non può durare in eterno! –
Oscar chiuse gli occhi per un attimo, poi li aprì e fissò la donna ai suoi piedi – Non c’è stata scelta –
L’altra alzò lo sguardo e aggrottò la fronte, ma Oscar sorrise debolmente – Non ti hanno fatto scegliere. Tu dovevi diventare la Dama del Lago –
Morgana aggrottò la fronte – Che stai dicendo? Io? La Dama del Lago? Sei per caso impazzita? –
Oscar tentennò – Me lo ha detto tua sorella Viviana. Quando sei nata eri destinata a essere la…Qualsiasi cosa sia quella che comanda questo posto…Merlino era stato chiamato per te, ma disse che in te c’erano due anime, quelle della dea della guerra, una buona e una cattiva. E abbiamo visto tutti come sei quando diventi cattiva –
André aggrottò la fronte – Invece quando è buona… -
Oscar lo guardò per un attimo facendo una smorfia e poi puntò di nuovo gli occhi su Morgana – Il punto è che non se la sono sentita di portarti qui sapendo del pericolo che la tua parte cattiva potesse, un giorno, prendere il sopravvento e tua sorella si è sacrificata per salvarti la vita…Hanno preso una possibilità per giustificare una certezza –
Morgana sbatté le palpebre – Viviana…Mi ha salvata? Ma come… -
Oscar strinse le labbra – Tuo padre, quando Merlino ha rifiutato di portarti a Avalon, voleva ucciderti e lei ha preso il tuo posto –
Morgana strinse i pugni – Mio padre…Mio padre non mi ha mai amato…Come nessun’altro del resto. E Merlino aveva visto giusto! Quando ho messo piede sull’isola il corvo di Morrigan si è impossessato di me…E ho quasi ucciso mia sorella! –
Oscar sospirò – Adesso sai la verità! E sai contro cosa devi combattere. Se vuoi vivere devi essere tu stessa a combattere quel maledetto corvo. Devi scegliere Morgana! Se il bene o il male! Come ti ho detto durante il viaggio che ci ha portato qui: in te c’è del bene ed è la parte più forte del tuo essere –
Morgana aggrottò la fronte e Oscar scostò le lame dalla sua gola, mosse la mano che teneva Excalibur e la girò prendendola per la lama. Viviana, sempre inginocchiata accanto a sua sorella Morgause svenuta, intuì cosa stava per accadere e allungò un braccio – Noooo! Non dargli la spada! – gridò.
Anche André allungò il braccio, ma ormai Oscar stava porgendo l’elsa della spada a Morgana. Quest’ultima, con esitazione la prese. L’arma sembrò illuminarsi. Morgana si alzò in piedi e cominciò a tremare. I suoi occhi divennero per un attimo completamente neri e le sue labbra si piegarono in un sorriso malefico, poi i globi oculari ridivennero chiari e guardò Oscar con una faccia supplichevole, come se chiedesse aiuto. L’altra gettò a terra la spada che gli aveva tirato André, andò verso di lei e l’abbracciò. La tenne stretta e chiuse gli occhi.
 
Oscar aprì gli occhi e vide un soffitto a volta con immagini variopinte e stucchi dorati. Una parete era quasi interamente coperta da specchi e l’altra era formata da grandi vetrate. Riconobbe subito quel posto, del resto ci lavorava e ci viveva ogni giorno con André al servizio dei reali di Francia: era la grande Galleria degli Specchi del primo piano del corpo centrale della reggia di Versailles. Si guardò e vide che indossava la sua divisa rossa di comandante della Guardia Reale. Sorrise ammirando le proprie maniche di raso – Sono tornata! – disse solo, ma notò che c’era qualcosa di strano. La reggia era sempre piena di funzionari, ministri, nobili o semplici turisti in visita, ma li solo lei era presente. Si girò verso la porta che dava nel Salone della Pace, ma non c’era nessuno, poi si volse verso l’ingresso che invece portava al Salone della Guerra, nella parte opposta, ma anche di là era deserto. Andò alla vetrata che dava sui giardini della reggia, facendo riecheggiare il solo rumore dei tacchi dei suoi stivali, ma vide solo una bianca e densa nebbia. Sospirò – Ho capito! Adesso sono all’interno della mia stessa mente! – disse piano – E la mia mente ha la forma di questo salone! Fantastico! Non c’è che dire! – aggiunse allargando le braccia e facendole ricadere lungo i fianchi.
Improvvisamente sentì un pianto sommesso. Si girò e vide, sulla parete opposta, accanto alla grande porta che dava nella Stanza del Re, una figura umana seduta a terra, con a schiena appoggiata al muro, le ginocchia tra le mani e la testa bassa con dei capelli lunghi e neri che ricadevano sulle gambe. Oscar si avvicinò lentamente, le mani bianche come il gesso di quel corpo piangente gli fecero capire che era Morgana. Ma non era la maga che li aveva portati in un mondo lontano dal loro, quella davanti a lei era poco più di una bambina e poco meno di una ragazza.
Si sentì un battito d’ali. Oscar alzò lo sguardò e vide un grande uccello nero che svolazzava per il salone, poi, improvvisamente, andò ad appollaiarsi su un alto candeliere dorato accanto a Morgana.
Oscar lo guardò stringendo le labbra e il corvo allargò le ali facendo il suo lugubre verso; gli occhi parvero accendersi di una luce maligna e a lei parve persino che il suo nero becco si fosse piegato in un ghigno beffardo.
Oscar cercò di ignorare l’animale, mise un ginocchio a terra e toccò leggermente le mani della piccola – Come…Come stai? –
L’altra ebbe un sussulto e alzò la testa. Il suo viso bianco come la neve era rigato dalle lacrime – Dov’è il castello? Dove mi avete portata? Non fatemi del male… - supplicò e a Oscar si strinse il cuore, soprattutto pensando a come aveva sempre visto Morgana: una figura granitica che agiva senza incertezze, un riferimento non solo per sua sorella Morgause, ma anche per i soldati al suo comando. Sospirò e gli prese una mano – Io mi chiamo Oscar, il mio nome significa “Lancia di Dio” –
La piccola tirò su con il naso – Che buffo nome! Io mi chiamo Morgana…Mi hanno chiamato come la dea della guerra –
Oscar annuì – Nessuno ti farà del male, desidero solo che tu torni a casa –
Morgana abbassò lo sguardo – A casa…A casa non ho nessuno…I miei genitori non mi vogliono, le mie sorelle maggiori mi evitano e gli altri bambini… - disse stringendo gli occhi versando calde lacrime – Mi odiano! Io voglio giocare con loro, ma mi evitano, mi deridono e…Quando uso il potere…Per fare del bene…Mi dicono che sono una strega, mi lanciano addosso delle pietre…Mi fanno male…Tanto male – disse e piegò di nuovo la testa.
Il corvo gracchiò spalancando le ali e Morgana sollevò la testa con un sorriso – Ma lui è mio amico…Il mio unico amico! Lui non mi giudica, anzi, mi sprona a usare il potere…Anche contro i bambini cattivi –
Oscar le strinse la mano – Non ascoltarlo Morgana. Tu non sei cattiva…Hai subito molti torti, ma la vendetta non è la soluzione per i tuoi mali –
Morgana le scostò la mano con un gesto di rabbia – E allora cosa vuoi da me? Se non posso vendicarmi di chi mi ferisce cosa mi rimane? Solo l’odio e il disprezzo…Io ho le tenebre nel cuore! Solo gli abissi dell’Annwn possono essere paragonati a come mi sento! – disse e si alzò facendo indietreggiare Oscar che si trovò seduta sul pavimento.
La piccola snudò i denti, dai quali spiccavano i canini appuntiti, in un ringhio. Il corvo gracchiò di nuovo, si levò in volo e poi atterrò sulla spalla di Morgana; spalancò le ali ed emise un altro verso contro Oscar. Morgana inarcò la schiena – Se non mi amano…Allora gli darò tutti i motivi del mondo per odiarmi! – disse e i suoi occhi divennero completamente neri.
Oscar si piegò verso di lei – Eppure hai conosciuto l’amore…Accolon, ti ha amato. Era pronto a passare la vita con te…E poi…Non dimenticare tuo fratello Artù –
La piccola Morgana si irrigidì e i suoi occhi tornarono ad essere chiari. Il Corvo si alzò dalla sua spalla e cominciò a volteggiare sopra le loro teste. Oscar sorrise – Si! Tuo fratello…Il tuo fratellino…Artù –
Morgana tentennò e sentirono dei rumori. Si girarono e videro un bambino, un paffuto bambino dai capelli castani che avanzava su due gambe con le manine tese e un sorriso smagliante. Morgana rimase a bocca aperta e sorrise – Mio fratello! – disse, si inginocchiò e aprì le braccia. Il bambino corse verso di lei facendo degli strani versi: “M’gana! M’gana!”.
Morgana spalancò gli occhi e pianse, ma Oscar capì che erano lacrime di gioia. La piccola la guardò e prese tra le braccia il bambino – Il mio nome! Io sono stata la prima parola del mio fratellino! Sono stata io la prima cosa bella della sua vita! – disse e lo strinse a sé cullandolo.
In quel momento il corvo smise di volteggiare e si gettò su Morgana e Artù con i suoi artigli, ma Oscar le coprì. Le zampe lacerarono l’uniforme e ferirono la schiena di Oscar. Poi l’uccello usò il becco provocando altre ferite. Oscar strinse le braccia sui piccoli e strinse le mascelle – Solo tu puoi mandarlo via Morgana –
Morgana, spaventata, strinse Artù, strizzò le palpebre e appoggiò una mano sul braccio di Oscar. Quest’ultima si abbassò per proteggerli ancora, ma l’attacco cessò. Oscar alzò cautamente la testa e non vide più il corvo, come se fosse sparito. Si alzò e guardò Morgana e Artù. Lei sorrise e si asciugò le lacrime con il dorso della mano – Grazie! – disse solo tirando su con il naso. Oscar sorrise e si toccò la ferita sul braccio provocata dall’uccello. Guardò la vetrata, vide che le finestre si stavano lentamente aprendo permettendo alla bianca nebbia di entrare e di avvolgere il pavimento e le pareti facendoli sparire poco a poco; avvolse anche Morgana e Artù; lei alzò un braccio e agitò la mano – Grazie! Lady Oscar! –
 
Oscar sentì il peso di Morgana su di sé. Vide gli alberi e il prato di Avalon. Erano uscite dalla sua mente ed erano tornate sull’isola. Morgana abbassò le braccia e lasciò cadere Excalibur a terra. Oscar si girò e guardò André che le guardava a sua volta con il volto pallido e la bocca aperta.
Oscar sentì Morgana muovere un braccio che gli cinse la schiena e sentì una voce flebile all’orecchio – Gra…Grazie –
André si avvicinò e aiutò Oscar a sostenere Morgana. La Duchessa di Cornovaglia inspirò a fondo appoggiandosi a loro e sorrise debolmente – Grazie…Grazie Lady Oscar – disse piano; guardò le sue sorelle, si divincolò da Oscar e André e, zoppicando, si diresse verso le altre.
Oscar si girò verso André – Eravamo nella mia mente stavolta. Nella Galleria degli Specchi, il salone delle feste di Versailles…Ed ero con lei da piccola…E il corvo…Artù…Ma…Voi cosa avete visto? –
André aggrottò la fronte – Quando l’hai abbracciata siete state avvolte da un fumo nero come la pece e, sopra di voi, ha preso la forma di un uccello nero con le ali aperte…Ha emesso un urlo allucinante, poi i suoi occhi hanno cominciato a brillare di una luce rossa abbagliante e poi…Poi è volato verso l’alto e siete riapparse –
Oscar sorrise, ma André alzò il mento – Eravate nella tua mente? E la tua mente è il grande salone delle feste di Versailles? Ma davvero? –
Lei sospirò e lo colpì al braccio – Ma sta zitto! – disse e guardò le tre sorelle finalmente riunite. Morgana si fermò in piedi davanti a loro; Viviana, che stava ancora reggendo la testa di Morgause, la guardò.
Morgana sorrise debolmente – Viviana…Finalmente –
Viviana strinse le labbra – Morgana… - cominciò, ma la testa di Morgause si mosse e lei aprì gli occhi. Guardò in alto, vide gli occhi chiari di Morgana e un lieve sorriso gli salì alle labbra – Sorella…Allora sei di nuovo in te –
Morgana cadde in ginocchio accanto a lei e gli accarezzò la testa – Mi dispiace tanto sorella…Per quello che ho fatto e per quello che ho detto –
Morgause le prese la mano e sorrise si nuovo – Sei di nuovo con noi sorella – disse e poi guardò Viviana – Siamo di nuovo insieme –
Viviana, con le lacrime agli occhi, sorrise – Si sorella mia…Sorelle mie…Siamo di nuovo insieme –
Morgana sospirò e alzò il braccio di lato. Excalibur sussultò, si alzò da terra e volò nella mano della Duchessa di Cornovaglia. Viviana rimase a bocca aperta e chinò la testa – La Dama del Lago…La spada ha riconosciuto un nuovo possessore –
In quel momento anche la giovane Nimue, tenendosi la testa con una mano, si avvicinò – Mia Signora… - disse rivolgendosi a Viviana, ma quest’ultima la prese per i pantaloni e la tirò giù a terra fino a farla inginocchiare – Porta rispetto alla Dama del Lago! L’unica e vera Dama del Lago è tornata a Avalon –
Nimue aggrottò la fronte e guardò Morgana, quest’ultima, con fatica si alzò e guardò Viviana: - Hai preso il mio posto per salvarmi la vita, sorella e non potrò mai sdebitarmi per questo –
Viviana annuì debolmente e Morgana strinse le labbra – Ma questo non cancella quello hai fatto a nostra sorella Morgause e a nostro fratello Artù, avresti dovuto sapere che la magia del sesso e del sangue è profondamente instabile. Lo stesso Mordred non è da odiare, ma solo da compatire perché frutto di eventi che hanno influito profondamente sulla sua vita e sulla sua anima. Viviana: hai preferito restare qui a nasconderti quando gli eventi che tu stessa hai innescato sono andati fuori controllo e questo è il più grande crimine che hai compiuto –
Le guance di Viviana cominciarono a rigarsi di lacrime – Ho avuto paura! Paura di non essere all’altezza…Di non essere alla tua altezza Morgana! Lo so che sono una vigliacca! Come so che dovrei chiedere mille volte il vostro perdono e che voi dovreste mille volte rifiutarmelo! Sono pronta a pagare per tutto il male che ho causato – disse e piegò la testa.
Morgause la guardò – Avresti dovuto venire da noi sorella. Noi tre insieme avremmo potuto salvare Artù –
Viviana le accarezzò il viso e sorrise tra le lacrime – La mia sorellina – disse e poi guardò Morgana – Le mie sorelle… -
Morgana prese Excalibur per la lama, accanto all’elsa e poi la mostrò a Viviana – La spada non mi appartiene. La spada è quella del Grande Re. E adesso è ora che il Re torni sul trono di Britannia –

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Capitolo 10
*** Rex Quondam Rexque Futurus ***


Viviana annuì – Come vuoi, sorella. Vi porterò dal Re –
Oscar prese la mano di André e lo guardò sorridendo – Hai sentito? Finalmente conosceremo Artù –
Lui aggrottò la fronte, lo sguardo di Oscar era felice come mai l’aveva vista e, si disse, sarebbe stato inutile ricordargli che avrebbero dovuto anche chiedere alle tre dame di farli tornare al loro mondo.
Viviana sospirò – Sei ferita, Morgana, devi farti medicare –
L’altra tentennò – Mi riposerò solo quando avrò visto il Re –
Viviana accarezzò la guancia di Morgause – E lei? –
Morgause si guardò attorno e i suoi occhi si posarono su André – Oh! Non c’è alcun problema! Abbiamo il nostro attendente che può portarmi in braccio…Non è vero André? –
André arrossì, guardò Oscar che era passata dal sorriso di felicità ad uno di malcelata rabbia e probabilmente, pensò lui, con una punta di furia omicida verso la Regina di Lothian. Viviana si rivolse a Nimue – Chiama le altre e digli che il pericolo è passato. E che cerchino Merlino –
La ragazza annuì, si alzò e andò verso gli alberi.
 
Poco dopo Viviana, Morgana e Oscar si diressero verso un’altra parte del bosco. Dietro di loro c’era André che portava in braccio Morgause. La donna in rosso sorrise divertita – Si sta davvero bene qui! E che braccia forti! Non mi meraviglia che tu abbia sconfitto il corvo di Morrigan –
Oscar roteò gli occhi verso l’alto – Non vorrei offendervi, Vostra Grazia, ma c’ero anch’io sul campo di battaglia –
Morgause strinse le labbra – Oh! Si! Lo so Lady Oscar, ma le braccia di André sono così comode… - disse e appoggiò la testa sulla sua spalla sospirando e chiudendo gli occhi.
Oscar sbuffò e appoggiò la mano sull’elsa della sua spada che aveva raccolto da terra e rimesso nel suo fodero. La strinse forte e guardò Morgana. La donna non aveva mai aperto bocca da quando avevano iniziato quell’ennesimo viaggio. Portava la spada Excalibur appoggiata sui palmi delle mani, come se dovesse offrirla in dono a qualcuno. Si accorse di essere osservata e sorrise – Non essere gelosa di mia sorella, Lady Oscar, a lei piace quel tipo di corteggiamento –
Oscar aggrottò la fronte – Se non ho capito male, gli piace anche qualcos’altro! –
Morgana rise divertita – Ahahahah…E’ vero! – disse solo e poi abbassò la testa – Hai protetto me e mio fratello in quello strano palazzo. Posso chiederti cosa rappresenta? –
Lei la guardò sorpresa – Beh! E’ il palazzo della mia Regina. Una parte del palazzo in cui dimorano i reali di Francia –
Morgana aggrottò la fronte – E la tua mente era quindi…Il palazzo dove lavori? Davvero? –
Oscar strinse le labbra – Ma perché sembra a tutti strano? – disse e si chiuse in un ostinato mutismo ricordando peraltro che anche lei stessa, in quella visione onirica, era rimasta perplessa. Tuttavia sapeva benissimo il motivo del suo nervosismo. Era il fatto che prima o poi avrebbe dovuto affrontare un discorso molto serio con André. Quell’avventura aveva messo a nudo molte cose del loro rapporto e quel piccolo bacio, sebbene dato nell’eccitazione di uno scontro mortale, le aveva riempito la testa di una miriade di domande.
Girò lentamente la testa e vide con la coda dell’occhio André impegnato a portare Morgause che, probabilmente, di suo non pesava molto, ma la sua armatura, anche se in cuoio, doveva pesare parecchio. Lui cosa stava pensando? Cos’era lei per lui? Non sapeva molto della sua vita privata, dove andava e con chi si vedeva nelle pur rare occasioni in cui non era al suo servizio? Aveva già una persona con cui era legato sentimentalmente? Rimase sorpresa di quanto poco, effettivamente, sapesse del suo migliore amico, anzi, del suo unico vero amico. Guardò di nuovo Morgana. Se anche lei avesse avuto un compagno come André nella sua vita molto probabilmente il corvo della dea della guerra non sarebbe mai riuscito a farsi strada nel suo animo tormentato. Ma il dubbio più forte che aveva era un altro: quali erano i suoi sentimenti verso di lui? Perché lo aveva chiamato “mio André”? Era suo amico, di più, un compagno d’armi, un confidente e…Cosa stava mai diventando per lei?
Persa in quelle considerazioni Oscar non si accorse della figura luminosa che gli stava letteralmente svolazzando sulla testa. André aggrottò la fronte – Oscar… - disse solo. Lei si girò e notò non solo la figura in movimento sopra di lei, ma anche altre che si stavano avvicinando e loro.
Morgause sorrise e allungò una mano, come per accarezzare quelle figure. Oscar girò su sé stessa senza capire cosa stava succedendo quando, improvvisamente, la figura si fermò davanti a lei e solo allora la vide bene: aveva delle grandi ali come quelle di una farfalla, ma il corpo era quello di una minuscola donna, lo si capiva molto bene dai lineamenti, era lungo circa venti centimetri con delle piccole orecchie a punta e due occhi e una bocca che sembravano delle linee nere. L’essere luminoso portò una manina alla bocca, come per nascondere un sorriso e volò via.
Oscar sorrise e guardò l’esserino volare in alto con i suoi simili. André e Morgause, a bocca aperta li guardavano estasiati. Viviana strinse le labbra – Sono fate! Loro, insieme ai folletti, gnomi e leprecauni sono il piccolo popolo di Avalon. Tutto quello che resta dei primi e antichi abitanti del mondo, ancora prima che gli uomini cominciassero a camminare sulla terra.
Oscar tentennò – E cosa gli è accaduto? –
Viviana sorrise debolmente – Gli uomini! Li hanno cacciati e uccisi in ogni epoca e quelli che vedete adesso sono tra gli ultimi della loro specie –
Il sorriso svanì dal viso di Oscar, allungò una mano verso gli esseri fatati, ma loro sfrecciarono lontano. Guardò Morgana che era rimasta impassibile, anche perché stava guardando oltre gli alberi: il bosco era terminato e si apriva una grande radura verde. Quando vi entrarono Oscar vide una gigantesca struttura di forma circolare costituita da un muro perimetrale di pietre bianche sormontato da una collina verde. Morgana rimase sconvolta da quella visione, come Morgause che volle scendere dalle braccia di André. Morgana impugnò Excalibur e si rivolse a Viviana con uno sguardo torvo – Cosa significa? Questo è un Mound (n.d.a.: tumolo, tomba a corridoio celtica). perché Artù si trova qui? -
Oscar aggrottò la fronte – E che cos’è un Mound? –
Morgause si mise al suo fianco con il volto tirato – E’ una tomba! Ecco che cos’è! Viviana ci ha mentito! Se nostro fratello è li dentro vuol dire che è morto –
Viviana sospirò – Non vi ho mentito! E quella non è una tomba, ma il luogo dove è custodita l’altra sacra reliquia di Avalon, oltre a Excalibur. Nostro fratello li riposa…Seguitemi, ve ne prego – disse e si avviò verso l’ingresso. Oscar sentì un’oppressione sul capo quando passò sotto l’architrave che segnava il passaggio per quella collina artificiale. Percorsero un corridoio fatto di lastre di pietra e arrivarono a una camera a forma di croce. Stranamente l’interno era illuminato a giorno, anche se Oscar non sapeva dire da dove arrivasse la luce. Di fronte a loro c’era un grande sarcofago in marmo bianco, candido come la neve con sul lato una grande scritta a caratteri latini. Oscar si avvicinò e lesse: - R…E…X…Rex QuondamRexque Futurus…Si può tradurre come…Fu Re e sarà Re… -
Morgana, con le lacrime agli occhi, guardò Viviana – Cosa hai fatto! –
L’altra giunse le mani – Quando Lancillotto portò qui Artù il Re era mortalmente ferito. Ma non erano solo le ferite fisiche a farlo soffrire. Aveva patito molto come la perdita del suo primo amore… - disse e indicò Morgause – Il non aver mai avuto figli, il tradimento scoperto di sua moglie e del suo migliore amico, l’aver ucciso di sua mano il proprio figlio e…Morgana, quello che credeva il tuo tradimento. Come ho detto a Lady Oscar l’ultima parola che ha detto è stato il tuo nome. Lui, semplicemente, non voleva più vivere e il suo corpo si rifiutava di spegnersi. Ma la Britannia non poteva restare senza un Re e allora l’ho portato qui, nel luogo più antico e magico di Avalon. Lui qui riposa, rigenerandosi poco a poco fino a quando sarà di nuovo pronto a prendere il posto che gli spetta di diritto. Noi non possediamo un alfabeto come quello dei cristiani e allora ho fatto incidere quelle parole in latino per indicare che lui è stato Re per una volta e che sarà Re in eterno –
Oscar si avvicinò al sarcofago – Come è possibile che qui dentro lui si stia rigenerando? – chiese e notò, su un lato del coperchio, uno strano oggetto. Si avvicinò e vide che era una ciotola in legno, sembrava molto vecchia ed era divorata dai tarli. Esattamente come Excalibur anche quell’oggetto sembrava brillare di una luce propria. Come attratta da una forza invisibile Oscar allungò la mano e sfiorò il bordo della coppa.
 
Oscar respirò a fatica. Si trovava all’aperto, ma dove? Nella mente di Morgana? Di nuovo nella sua testa? Il terreno su cui poggiava i piedi era scosceso, brullo e pietroso, sotto di lei poteva vedere una grande città circondata da alte mura. Che cos’era? A prima vista non riconobbe alcuno stile architettonico medioevale e nemmeno della sua epoca.
Si guardò attorno e capì che era su una collina, c’era un forte vento caldo e la temperatura era di molto superiore a quella a cui era abituata, persino d’estate. C’erano delle persone accanto a lei, uomini barbuti che indossavano strane tuniche e turbanti e donne dal capo velato. Si girò ancora e vide un soldato. Ma non era un guerriero medioevale come quelli di Morgana e nemmeno un guerriero sassone. Ai piedi indossava dei sandali, con la mano sinistra imbracciava un alto scudo rettangolare con un bordo in metallo Dall’umbone centrale partivano elementi stilizzati a forma di frecce e lampi che si allargavano verso il bordo. Nell’altra mano portava una fine lancia, ma quello che fece trasalire Oscar, oltre alla corazza con un gonnellino lungo fino alle ginocchia, fu l’elmo che portava. Quel tipo di elmo lo aveva visto molte volte in quadri, dipinti e raffigurazioni di libri, soprattutto di arte sacra. Quello che aveva davanti era un legionario romano.
Guardò verso la cima della collina e vide tre grandi croci. Quelle laterali terminavano con una “T” in cima e c’erano inchiodati i corpi di due uomini che lanciavano versi agonizzanti. Quella al centro era diversa: il palo centrale era più alto perché qualcuno aveva affisso una targa sopra la testa del condannato. Oscar si avvicinò per osservare meglio e vide che l’uomo al centro, inchiodato sulla croce, aveva il corpo smunto e lacerato da quelle che erano state delle frustate, il suo petto era ferito e stava sgorgando del sangue. La sua testa era reclinata in avanti e in capo portava una specie di corona fatta di spine. Oscar deglutì e alzò lo sguardo per leggere cosa ci fosse scritto nella targa sopra la sua testa. Socchiuse gli occhi e vide quattro lettere di colore rosso: I…N…R…I.
Rimase a bocca aperta e, sconvolta da quella visione, si inginocchio sul terreno pietroso e sentì che dai suoi occhi sgorgavano calde lacrime. Poi vide. Vide un vecchio che indossava una tunica scura che portava in mano la ciotola di legno e l’innalzava verso l’uomo sulla croce.
 
Oscar si appoggiò al sarcofago per non crollare a terra. Respirò a fondo e si rese conto che era di nuovo all’interno del Mound con gli altri. André gli fu subito accanto – Oscar…Cosa ti succede – disse piano.
Lui lo guardò con gli occhi colmi di lacrime, si appoggiò al suo corpo e guardò Viviana – Cosa…Cosa è quell’oggetto? –
Viviana sospirò – Secoli fa a Glastonbury arrivarono degli stranieri, dei profughi in fuga dalle autorità romane. Venivano dall’oriente, da una città chiamata Gerusalemme. Li guidava un vecchio che si chiamava Giuseppe ed era nato in un posto chiamato Arimatea. Adoravano lo stesso Cristo dei cristiani e vissero in pace con noi. Quando Giuseppe morì donò, in segno di pace e di amicizia, a Avalon la sua reliquia più preziosa, la coppa che lo stesso Cristo aveva usato in quella che i suoi credenti chiamano Ultima Cena e che aveva raccolto il suo sangue quando fu ucciso dai romani. L’isola sacra accettò il dono e la coppa diventò, con Excalibur, una delle nostre sacre reliquie. Questo era il luogo in cui la spada e la coppa erano custodite e quindi si, non è una tomba –
Oscar strinse la giacca di André con le lacrime che gli rigavano le guance – Giuseppe…Giuseppe di Arimatea…La coppa dell’Ultima Cena… - disse e si staccò da lui. Indicò la ciotola guardando di nuovo Viviana – Volte dirmi che…Che quello è… -
Viviana sorrise debolmente – E’ il calice del figlio di un falegname della Giudea. Quando Avalon l’ha accettata come sacra reliquia ha manifestato il suo potere. So che i cristiani ritengono che possa donare la vita eterna, ma sinceramente non credo che possa farlo. Può guarire dal male, questo è vero, ma lo fa lentamente, molto lentamente ed è per questo motivo che ho portato Artù qui: l’influenza della stessa Avalon e quella del calice guariranno nostro fratello…Ci vorranno anni…Secoli…Sinceramente non lo so, ma accadrà! –
Morgause si avvicinò al sarcofago e lo sfiorò – Riposa fratello mio, mio amore –
Morgana sospirò, appoggiò Excalibur sul coperchio e si batté il pugno sul petto – Adesso anche l’altra reliquia è al suo posto e qui resteranno, fino a quando tornerà il Re – disse e si inginocchiò.
 
Uscirono dalla tomba, tutti, tranne Morgana. All’aperto furono accolti dalla luce abbagliante del sole. Morgause si sedette a terra con una gamba piegata rimanendo in silenzio. Viviana appoggiò la schiena alla parete del complesso e Oscar raccontò ad André dell’incredibile visione che aveva avuto. Anche lui rimase sconvolto, ma non disse nulla e, del resto, cosa mai avrebbe potuto dire? Oscar, dal canto suo, fece qualche passo accanto alla collina artificiale e poi guardò l’ingresso, dentro c’era ancora Morgana e decise di andare da lei.
La trovò seduta a terra, con le gambe incrociate e con una mano appoggiata delicatamente al sarcofago. Oscar si avvicinò lentamente – Mi sarebbe piaciuto conoscerlo –
Morgana sorrise debolmente – A lui sarebbe piaciuto conoscere te. Dico davvero. Ti avrebbe dato un posto in quella sua tavola rotonda e ti avrebbe fatto imparare quel suo strano codice dei cavalieri –
Oscar si avvicinò ancora e mise una mano sul coperchio – Il codice della cavalleria…Nei secoli ispirerà migliaia di giovani a grandi imprese…Come ha ispirato me: difendere i deboli e gli oppressi, punire i malvagi…Sono concetti che non hanno tempo e non spariranno mai –
Morgana annuì – Il mio nome…Sono state le sue prime parole. Me le ero dimenticate! M’gana, mi chiamava. E il mio nome sono state anche le sue ultime parole – disse e si asciugò l’occhio con il dorso della mano - Il mio più grande rammarico è di non avergli mai detto quanto gli volevo bene. Che non l’ho mai tradito e che…Oh! Ma lui tornerà! E io sarò qui per lui –
Oscar aggrottò la fronte – Viviana ha detto che forse occorreranno secoli –
L’altra la guardò – Non importa! Con i miei poteri, amplificati dall’isola, non solo chiuderò Avalon al mondo, ma la toglierò dal normale scorrere del tempo, fino a quando il Re sarà pronto a prendere il suo posto – disse e, a fatica, si alzò. Sorrise – Il tuo André ha una bella mira! La gamba mi fa ancora male –
Oscar sorrise debolmente, ma Morgana, seria in volto, si mise di fronte a lei – Ti ho rapita. Costretta a seguirmi e hai dovuto anche subire le sciocchezze di mia sorella Morgause con André…E mi hai salvata ugualmente! – disse e l’abbracciò di slancio.
Oscar, sorpresa, rispose all’abbraccio. Dopo qualche istante Morgana la lasciò e le mise le mani sulle spalle – Il momento, amica mia, è arrivato. E’ tempo per te di tornare nel tuo mondo per servire la tua Regina –
Oscar sorrise, ma era un sorriso velato di tristezza. Morgana aggrottò la fronte, ma poi sorrise – Cos’è? Alla fine ti siamo diventate anche simpatiche? –
Oscar si asciugò gli occhi – No! Cioè…Si…Ma non è quello…E’ che…Qui in questo posto…Ecco…Ho un insetto in un occhio… Capita… -
Morgana socchiuse gli occhi – Capisco! Tu sei un nobile cavaliere e la ricompensa maggiore è la gloria! Ma c’è una cosa che posso fare per il tuo André – disse, lasciò Oscar, si girò e prese Excalibur dal coperchio del sarcofago – Perdonami fratello, te la restituisco subito –
 
Oscar uscì alla luce del sole, seguita da Morgana che impugnava di nuovo Excalibur – André! – disse quest’ultima.
Morgause e Viviana si alzarono e lui si avvicinò – Ditemi, Lady Morgana –
Lei strinse le labbra – Ho ringraziato Lady Oscar e non lo farò mai abbastanza, ma non mi stavo dimenticando di te. Devo dire, scudiero della Gallia, che ti sei comportato in modo esemplare: sei sempre stato accanto al tuo cavaliere, lo hai consigliato, lo hai protetto e hai combattuto al suo fianco, resistendo contro due vecchie streghe della Britannia –
Morgause si accigliò – Ehi! – gridò, ma Morgana continuò – E contro la dea della guerra e…Io in particolare ho perso il conto di quante volte ho cercato di strangolarti…E quindi desidero che tu abbia un premio! In ginocchio! –
André aggrottò la fronte, guardò per un attimo Oscar che annuì. Lui mise un ginocchio a terra di fronte a Morgana e lei sorrise alzando la spada – Io, Morgana Pendragon, Duchessa di Cornovaglia, Regina del Galles, Dama del Lago di Avalon, sorella del Grande Re di Britannia, che agisce in suo nome e per suo conto… - disse e poi appoggiò il piatto della lama sulla spalla di André – Possa il tuo braccio proteggere i deboli e gli oppressi e salvare gli innocenti – poi appoggiò la spada sull’altra spalla – Possa la tua ira abbattere i malvagi – disse e poi appoggiò Excalibur sulla sua testa – Servi con onore e fedeltà il tuo Re e il tuo Regno…Alzati! Cavaliere! Sir André di Avalon! –
André, intontito, alzò la testa e Oscar applaudì, seguita da Morgause e da Viviana. Lui si alzò da terra e guardò ancora Morgana; lei sospirò – Questa cerimonia è poca cosa, cavaliere, ma credimi, avere questo titolo come lo hai ricevuto tu oggi è l’onore più grande che posso farti –
André portò una mano allo stomaco e fece un inchino – L’onore è mio, Lady Morgana –
Oscar andò la lui e lo abbracciò. Lui la strinse e sospirò. Rimasero legati tra di loro per alcuni istanti e poi Morgana guardò il cielo – Abbiamo passato la giornata. Domattina, amici miei, ritornerete nel vostro mondo –
 
Morgana rimise Excalibur sopra il sarcofago di Artù e poi lei e gli altri tornarono indietro. Quando arrivarono all’altra radura trovarono Nimue con le altre donne che li stavano attendendo. Quando li videro passare si inchinarono profondamente al passaggio di Morgana. Lei, Viviana e Morgause entrarono nella parete di roccia che segnava l’ingresso del palazzo della Dama del Lago. Oscar, invece, rimase all’esterno accanto ad André. Passarono lunghi istanti in silenzio, poi lei lo guardò, lui rispose al suo sguardo e sorrise – Dimmi pure cos’hai, Oscar –
Lei aprì la bocca, era arrivato il momento dell’azione più pericolosa e coraggiosa che lei potesse fare: parlare finalmente dell’evoluzione del loro rapporto. Deglutì a vuoto un paio di volte, attese ancora per istanti che parevano infiniti e poi aprì la bocca, ma fu interrotta da un colpo di tosse. Si girò e vide la giovane Nimue. La ragazza sorrise – Lady Viviana mi ha mandato a cercarvi perché le sue sorelle chiedono di voi, Lady Oscar. Riguardo a voi…Sir André…Vi prego di seguire le mie consorelle che vi aiuteranno per la cena di stasera –
Oscar, con tristezza, lasciò André ad altre due giovani donne in tunica bianca e seguì Nimue. La giovane la condusse all’interno della parete rocciosa e la fece entrare in un locale illuminato da una tenue luce bianca. Il pavimento era in marmo e, in centro, c’era una grande vasca piena di acqua fumante. Nella vasca vide Morgause, immersa fino al collo, con la testa appoggiata al bordo e con i sui capelli di fiamma gettati all’indietro. La Regina di Lothian sorrise – I romani…La loro invenzione migliore sono senza dubbio le thermae! Oltre al vino ovviamente! Lo sai sorella? Una cosa che mi manca delle terre del nord? Il liquore che gli Highlanders ricavano dalla fermentazione del latte di giumenta. E’ ottimo! –
La voce di Morgana riecheggiò nella sala – Fermentazione di latte di cavalla…Oh! Immagino che sia proprio buono! –
Oscar girò lo sguardo e vide, con sorpresa, che Morgana era seduta su una panca, aveva tolto i suoi lugubri abiti neri, indossava solo una tunica scura aperta sui lati e poggiava la sua gamba nuda sul piano con il ginocchio piegato. Sulla coscia aveva il segno di un lungo taglio poco profondo ed era evidentemente il punto dove era caduto il colpo di André; notò anche delle piccole ferite sulle braccia, dove invece erano andati a finire i suoi di colpi. Ma c’erano anche altri segni, più vecchi, cicatrici di vecchi scontri e di vecchie battaglie.
La Duchessa di Cornovaglia si alzò e si tolse la tunica restando completamente nuda. Oscar osservò quel corpo bianco come il gesso e notò che, al di la dello strano colore della pelle, aveva un fisico asciutto e tonico, senza un filo di grasso, con fianchi stretti, addominali scolpiti e un seno sodo; lei si tolse la corona dalla testa e l’appoggiò sulla panca, poi mosse le sue lunghe e bianche gambe; passò accanto a Oscar e scese i gradini che portavano all’acqua fumante. Si stese in avanti e si immerse completamente per poi riemergere con i lunghi e lisci capelli neri tirati all’indietro. Si passò le mani sulla faccia e poi andò ad appoggiarsi vicino a Morgause. Guardò Oscar – E tu che aspetti? –
Oscar trasalì quando sentì una mano sui suoi abiti, era Nimue che le stava togliendo la giacca. Rimase per un attimo interdetta e poi guardò Morgana – Ma…Devo venire anch’io? –
Morgause aggrottò la fronte – No! Ci piace che qualcuno ci guardi! Ma certo che devi venire anche tu! Credevamo che ti facesse piacere un buon bagno dopo quello che abbiamo passato e in questi ultimi giorni non abbiamo avuto il tempo di riposare, di curare la nostra igiene personale…E di bere del buon vino! Mia sorella ha avuto la brillante idea di portare vino della Britannia per il viaggio da Tintagel a qui! Vino della Britannia! Bah! I Britanni sanno fare molte cose: combattere, costruire navi robuste, mangiare…Ma il vino… –
Oscar lasciò che la ragazza le togliesse la giacca, poi si slacciò il cinturone con la spada e si tolse la camicia. Nimue aggrottò la fronte vedendo le fasce che stringevano il suo petto e allora Oscar armeggiò con i fermi in metallo e le sciolse. Si coprì il seno con le braccia e rimase ferma. Morgana aggrottò la fronte, si spostò per mettersi di fronte a lei, incrociò le braccia sul bordo della vasca e sorrise – Non ti manca qualcosa? – disse e indicò i pantaloni e gli stivali.
Oscar, imbarazzata e rossa in volto, si levò gli stivali con l’aiuto di Nimue e poi i pantaloni. Il suo primo istinto fu quello di nascondere la sua nudità in mezzo alle gambe, ma poi decise di incrociare di nuovo le braccia sul petto, fece qualche passo verso la vasca, scese i gradini e si immerse completamente sott’acqua. L’acqua calda era come un abbraccio, come il riparo delle braccia della nonna di André dalla quale andava a rifugiarsi quando era triste, spaventata, oppure quando suo padre la rimproverava. Gonfiò le guance e riemerse tirandosi i capelli all’indietro.
Morgause sbuffò – Alla buon’ora! Adesso rilassati…Goditi il tepore dell’acqua e lascia che tutto quello che questo corvo nero di Cornovaglia ti ha fatto vada via –
Morgana aggrottò la fronte – In ogni caso credo di aver sofferto più io! – disse e risero tutte e tre.
Morgause sospirò, allungò una gamba e mosse la superficie con le dita del piede – E quindi, Lady Oscar, domattina tornerai nel tuo mondo…Hai lasciato un amore struggente laggiù? –
Oscar trasalì e guardò la Regina di Lothian. In effetti non sapeva cosa dire. Prima di quell’avventura aveva provato un sentimento strano verso il conte svedese Hans Axel Von Fersen che era entrato nelle grazie e, si vociferava, anche nei vestiti di Maria Antonietta. Ma poi erano successe troppe cose in così breve tempo: la consapevolezza di essere in un altro mondo e in un altro tempo, la sua prima battaglia, la voglia di abbracciare André, la voglia di baciarlo; un bacio dato durante un duello, ma a cui lei ne avrebbe volentieri fatto seguire altri e ben più profondi; il tutto unito alla rivelazione che il Re di quelle terre si stava rigenerando con la Sacra Coppa erano state troppo anche per lei. Si mise una mano sulla fronte e tentennò.
Morgana si accarezzò un braccio – Oh! Morgause, di pure a Lady Oscar il tuo discutibile concetto di amore –
Oscar aggrottò la fronte e Morgause, sospirando si spostò e si mise accanto a lei. Oscar sentì un profumo inebriante venire dalla sua pelle bianca. La Regina di Lothian sorrise guardandola negli occhi – Oh! Lascia perdere mia sorella! L’amore, per me, è una sensazione fisica. Hai presente quando sei affamata e non hai da mangiare? Quando trovi l’amore sei sazia e stai bene! –
Oscar guardò Morgana che roteò gli occhi verso l’alto, poi si volse ancora verso Morgause, socchiuse gli occhi – Io non credo che l’amore sia così…Semplice. A molte persone fa persino paura – disse – Vicino a casa mia i contadini dei dintorni narrano spesso la storia di un contadino che aveva un cane e gli era affezionatissimo. Un giorno il cane prese, chissà come, dei vermi nell’intestino. I suoi amici gli dissero che il cane sarebbe morto e che allora sarebbe stato meglio abbatterlo. Ma lui non si arrese, una sera prese l’animale, lo mise disteso su un tavolo e gli infilò un dito nel didietro… -
Morgause la guardò perplessa e si girò per un attimo verso Morgana che ascoltava con la fronte aggrottata, ma Oscar continuò – Il contadino ci mise tutta la notte, ma gli tirò fuori i vermi…Uno a uno! Tutti! Il cane visse più del contadino…Direi che questo è amore! –
Morgause annuì e non disse nulla. Morgana inarcò le sopracciglia e sorrise – Ahahahahah…E brava Lady Oscar! – disse e si mosse in avanti – Lo sai? Tu non sei la persona di pietra che alle volte fingi di essere, ma è anche vero che sarebbe una bestemmia bella e buona definirti sentimentale! – disse e scivolò nell’acqua con grazia e poi salì i gradini della vasca per uscirne gocciolando (n.d.a.: il presente dialogo è tratto dal film “Innamorati Cronici” con Meg Ryan).
Oscar aggrottò la fronte e la guardò – Ho detto qualcosa che ti ha offesa? –
La Duchessa di Cornovaglia prese un telo da una panca e avvolse il proprio corpo – No! Non è nulla Lady Oscar. In quell’angolo c’è uno specchio e ci sono degli abiti puliti, se volete metterli fate pure. Io preferisco i miei soliti vestiti – disse e si mosse verso un altro punto della sala.
Morgause la osservò per un momento e poi guardò Oscar sorridendo – Ma certo che mi metto degli abiti puliti, non ce la facevo più in quell’armatura – disse e si mosse per uscire dall’acqua. Oscar osservò il suo fisico: come quello di sua sorella era snello e sinuoso, il seno era più grande di quello di Morgana e, pensò, anche del suo. La pelle era senza imperfezioni, escludendo le cicatrici sulla schiena, coperte a malapena dalla cascata di fuoco dei suoi capelli. Aveva visto quei segni in uno dei suoi sogni, erano stati fatti dal defunto marito di Morgause, Re Lot, ma non toglievano nulla alla bellezza di quella donna e senza contare che aveva avuto ben cinque gravidanze.
Anche Morgause prese un telo e si avvolse in esso – Tu non vieni? – disse a Oscar e lei sospirò, si mosse e salì i gradini coprendosi di nuovo il seno con le braccia conserte. Morgause aggrottò la fronte e le passò un altro telo. Oscar andò alla panca dove c’erano dei vestiti e vide che erano tutti femminili. Si sarebbe trovata a suo agio meglio con i suoi consueti abiti o, meglio ancora, con la sua uniforme, ma, in un angolo della sua mente, gli era balenata persino l’idea di vestirsi come una donna. E non sapeva nemmeno lei il perché, anzi, in cuor suo lo sapeva benissimo, lo voleva fare per André. In quei pochi giorni la sua concezione del mondo, come quella del tempo, era cambiata radicalmente: aveva cominciato ad avere dei dubbi sulla stessa società della sua epoca, sulla rigida divisione in classi sociali, sull’origine della fortuna della sua famiglia e, soprattutto, sui suoi sentimenti verso il suo amico. Aveva letto da qualche parte che c’era sempre stata una stretta correlazione tra sesso e violenza e solo così poteva spiegare la strana voglia di abbracciare André e di baciarlo dopo la battaglia e persino durante il combattimento con Morrigan. Eppure avrebbe voluto essere con lui anche in quel momento, accarezzare le sue braccia, il suo petto e baciare di nuovo quelle labbra e non riusciva a pensare ad altro. Tuttavia si rendeva conto che c’era un non trascurabile problema: se si fossero trovati a casa sua ci avrebbe pensato Marie, la nonna di André e sua tata e governante, ad agghindarla e a truccarla come una donna, ma lei non c’era e non aveva la minima idea di come indossare quell’abito. E anche se l’avesse avuta, cosa mai avrebbe dovuto dire? O fare? In cuor suo aveva sempre guardato con ammirazione le dame di Versailles che indossavano abiti simili ad impalcature, con acconciature complicate e che civettavano con grazia appollaiate su scarpe a tacco talmente alto da sembrare un trespolo. Anche loro, in fondo, indossavano una uniforme e aveva visto donne su tacchi alti fare cose che nemmeno uomini scalzi avrebbero potuto fare. E quelle donne ammiccavano, sorridevano, ridevano e rispondevano con arguzia alle domande dei loro pretendenti. E lei? Di cosa avrebbe parlato? Di come bilanciare una spada? Di come mirare usando un fucile e calcolando mentalmente la distanza? Di che tipo di sella usare al variare delle stagioni?
Guardò Morgana che finiva di indossare i suoi lunghi stivali neri. Si alzò indossò anche la sua tunica lunga senza maniche e si allacciò il cinturone con la spada. Guardò le altre – Ho finito…Muovetevi! Non fateci aspettare – disse ed uscì facendo svolazzare le sue vesti.
Oscar strinse le labbra “Come le ali di un corvo! Beh! Come dice il proverbio: il lupo perde il pelo, ma non il vizio” pensò e si rese conto di invidiarla: una donna che non aveva paura degli uomini e che non ne aveva bisogno, fiera, intelligente e potente, anche senza la magia. E invidiò anche sua sorella Morgause, che passava dalle armature agli abiti femminili come se nulla fosse, di una bellezza sfolgorante sia in abito lungo con la gonna o con una spada in mano e di cui anche André era rimasto abbagliato. E lei? Cosa mai era lei? Un uomo nato, per il capriccio del destino, in un corpo di donna o una donna che avrebbe voluto essere un uomo? Era così difficile essere sé stessa, ma, soprattutto, si chiese, chi era mai Oscar de Jarjayes?
Sentì una mano sulla spalla, trasalì e vide il bel volto ovale di Morgause. La Regina di Lothian sorrise – Lascia perdere mia sorella! Dovresti aver capito che, posseduta da una dea cattiva o meno, lei…E’ lei! E nulla di più! Una strega nera che muove le cose con la magiaaaa… - disse e agitò le dita delle mani davanti al suo volto.
Oscar sorrise debolmente e Morgause sospirò – Quello che hai detto prima…E’ stato molto bello. No…Non certo la visione del contadino che mette il dito nel…Lasciamo perdere! Ma la tua concezione di amore…Un sacrificio continuo per chi si ama! Tu sei una donna di ferro, Lady Oscar e sei anche sentimentale ed è per colpa tua che questa serata sarà un vero spreco! –
Oscar aggrottò la fronte, ma l’altra fece in gesto vago con la mano in aria – Avanti! Su quest’isola sacra siamo tutte donne e c’è un solo uomo…E lui avrà occhi solo per te! Ma ti pare possibile? Ti ho osservata, sai? Tu non hai nemmeno idea dell’effetto che fai alle persone! –
Oscar si accigliò – Il vostro fine è offendermi? –
Morgause trasalì – Cosa!? No! Dei dell’Annwn! Che caratterino voi della Gallia! – disse e avvicinò il suo volto – Tu non ti rendi proprio conto…Di quanto sei bella! –
Oscar si strinse nel telo. Lei bella? Poteva essere una persona piacente, ammise con sé stessa. E stava maledettamente bene in uniforme, non poteva negarlo, ma bella? Possibile? – Anche voi e vostra sorella siete belle donne –
Morgause sospirò – Io si! Ma lascia perdere quell’arpia! Sai perché lei non ci ha detto che tipo di concezione ha dell’amore? Perché lei ha solo in testa il dovere e ad esso ha sacrificato tutto! Se avesse seguito il suo cuore con il bell’Accolon del Galles lei a Artù non sarebbero mai arrivati ad arrabbiarsi e forse, dico forse, sarebbe riuscita a salvarlo da Mordred e avrebbe avuto una vita normale e non preda di una entità sanguinaria a forma di corvo! E no, nemmeno lei comprende l’effetto che provoca negli altri, ma è troppo tardi. A furia di indossare quei tenebrosi abiti neri e di limarsi i denti non può più uscire dal personaggio che si è creata –
Oscar annuì e ricordò nella prima delle sue visioni: una bambina in lacrime accanto a un albero che decideva di essere il mostro che tutti volevano che fosse, non dissimile dalla ragazzina che aveva visto nella sua mente quando l’aveva aiutata a sconfiggere il corvo di Morrigan. Morgause le accarezzò la guancia – Tu non dovresti fare il suo stesso errore. L’amore arriva quando meno te lo aspetti e, credimi, io l’ho cercato a lungo! Anche se ha sempre avuto il volto di mio fratello e questo è sbagliato, oltre che perverso, sotto ogni aspetto. Il punto è: se sir André prova un sentimento per te e tu lo ricambi…Non lasciare che nulla si frapponga tra di voi. Fai chiarezza nel tuo cuore e seguilo! Quello batte sempre, ogni momento della tua vita e non ti tradirà mai! Ma adesso…Vuoi mettere uno di questi vestiti? Io ne prendo uno rosso, ovviamente. E tu? –
Oscar inarcò le sopracciglia, c’erano vestiti di molti colori: uno rosso? Troppo simile a quello di Morgause e a lei stava bene con i suoi capelli di fiamma. Uno verde? Non gli piaceva quel colore. Uno azzurro? Si poteva intonare con i suoi capelli biondi, ma era scontato. Nero? Troppo lugubre e certe cose era meglio lasciarle a Morgana. Sorrise e prese finalmente il primo abito da donna che avrebbe indossato. Morgause aggrottò la fronte – Ne sei sicura? Con il fisico che ti ritrovi e quella cascata bionda in testa ci sarebbero altri mille colori che ti starebbero bene! –
Oscar annuì soddisfatta e l’altra sospirò – E va bene! Facciamo di te la Signora di Avalon! –
 
Morgana entrò nel grande salone a cielo aperto. Viviana la osservò avvicinarsi a lei: con i suoi abiti neri, con le braccia leggermente allargate e le dita delle bianche mani piegate come gli artigli di un rapace pronto a colpire. “Il corvo non è mai andato via da lei! Può tenerlo sopito, ma fino a quando?” pensò. Le altre donne guardarono la Duchessa di Cornovaglia con un misto di sospetto e timore, ma si inchinarono. Viviana si avvicinò a lei – Sorella! – disse solo a denti stretti. Morgana piegò le labbra in una smorfia – Tu! Cercavo proprio te, sorella! Dobbiamo discutere di molte cose –
Viviana annuì – Sei tu la Dama del Lago. La vera Dama del Lago, adesso –
Morgana sorrise e si avvicinò a lei – Troppo facile, sorella! Tu hai preso questo posto. Oh! Certo! Mi hai salvato la vita quando ero piccola, ma per cosa? Per condannarmi a un’esistenza di disprezzo? – si avvicinò ancora – Tu volevi essere la Dama del Lago, ma quando ti sei accorta che era un ruolo troppo impegnativo, hai fatto come sempre fai, sorella. Sei fuggita dalle tue responsabilità e l’ultima volta che ci siamo parlate è stata quando hai preso in trappola Artù e Morgause –
Viviana sospirò – E quindi, adesso, cosa vorresti fare? –
Morgana sbuffò – Sono venuta qui per liberare nostro fratello ed eventualmente cavarti gli occhi! Ma è anche vero che stai proteggendo Artù, il vero Re di Britannia che giace in un limbo qui sull’isola…Quindi immagino che tu sia utile a Avalon –
Viviana sorrise di nuovo – Bontà tua, sorella! E di quella donna con lo scudiero che hai fatto cavaliere…Che vuoi farne? –
Morgana prese un calice dal tavolo accanto a loro e lo vuotò d’un fiato – Meglio del vino della Gallia! Cosa intendo fare di Lady Oscar e di sir André? Sono in debito con loro e domattina saliremo sul Tor e li rimanderò da dove sono venuti –
Viviana strinse le labbra – E’ proprio di questo che devo parlare con te. Non possiedo i tuoi poteri, sorella, ma la magia scorre anche dentro di me. Certe cose le posso vedere e sai benissimo che… - disse, ma furono interrotte da una presenza accanto a loro. André sorrise e fece un inchino – Mie Signore! –
Morgana sorrise e chinò la testa – Sir André! Vedo che hai deciso finalmente di vestirti bene! – disse osservando gli abiti britannici che lui aveva indossato, una tunica marrone con dei pantaloni in pelle e stivali dello stesso colore; una alta cintura alla vita e una collana d’oro al collo. Allungò la mano bianca e lui la prese e fece un elegante baciamano. Viviana strinse le labbra – Ben arrivato, sir André. Spero che sia stato tutto di vostro gradimento – disse porgendo anche lei il braccio.
Lui annuì e baciò la sua mano – Vi ringrazio, Lady Viviana, ma non vedo Oscar… - disse e proprio in quel momento sentì che le altre donne erano ammutolite e le vide guardare tutte in una sola direzione. Si girò anche lui e rimase a bocca aperta nel vedere Morgause in uno sfolgorante abito rosso fuoco, ma ancora di più nel vedere la donna che era al suo fianco: indossava un abito bianco senza maniche e dei sandali bassi ai piedi, i suoi capelli biondi erano tirati all’indietro in una cascata d’oro e sulla fronte portava un cerchio dorato che si intonava alla stretta collana che portava al collo e al bracciale sul braccio sinistro.
André aprì la bocca, riconobbe quel bel volto, quegli occhi azzurri come il cielo e qui capelli che splendevano come il sole d’Estate – Oscar… - sussurrò. Morgause si avvicinò sorridendo – Sir André! Che piacere vederti con i nostri abiti – disse e prese un calice dal tavolo, bevve e sospirò – Dei dell’Annwn! Finalmente del buon vino –
Oscar fece qualche passo rigido in avanti. Ma perché le altre donne la guardavano e sussurravano tra di loro? E perché André aveva quella faccia da pesce lesso? Era forse vestita male? Tutti i discorsi di Morgause erano stati una presa in giro? Si sentì talmente stupida! Di certo sembrava come uno spaventapasseri con un abito da sera. Sentì le guance arrossire, ma qualcuno si avvicinò a lei. Era André che la guardava con occhi che luccicavano. Lui si inginocchiò – Mia Signora! –
Lei sentì un nodo alla gola, ma sorrise – Cavaliere…André – disse solo e allungò la mano come aveva visto fare mille volte dalle dame di Versailles. Lui la prese e la baciò, poi si alzò e continuò a tenerla per mano.
Morgause bevve un altro sorso di vino – L’ho detto che è uno spreco! Il solo uomo presente ha occhi solo per una donna! Non è maledettamente giusto! –
Morgana sospirò, incrociò le mani dietro la schiena e se ne andò. Morgause aggrottò la fronte – Che ha adesso? –
Viviana strinse le labbra, guardò Oscar e André e poi Morgause – Abbiamo un problema, sorella! –
 
Oscar si sedette su un cuscino con André accanto e prese un calice di vino. Aggrottò la fronte vedendo un piatto con sopra quello che sembrava un insaccato aperto con un lungo taglio e con l’interno fumante esposto. Sembrava un’invitante salsiccia e ne prese un po', se lo portò alle labbra e sorrise – Assaggialo André. E’ ottimo –
Lui ne prese un pezzo e l’assaggiò, inarcò le sopracciglia – In effetti è molto buono –
Ne mangiarono molto altro e sentirono una voce dietro di loro – Mi fa piacere che vi piaccia! Non credevo che anche qui al Sud si mangiasse. E’ un piatto tipico del Nord, nel Lothian e nella Orcadi lo mangiano spesso, anche se io non l’ho mai nemmeno assaggiato – disse Morgause bevendo un sorso di vino. Oscar annuì – E’ molto buono! E’ una sorta di salsiccia molto grande, ma il ripieno, per quanto gustoso, non riesco a individuarlo, la carne ha una strana consistenza –
Morgause strinse le labbra – Lo chiamano Haggis. Quando uccidono una pecora ne estraggono lo stomaco, poi ci mettono dentro le interiora, cuore, polmoni e fegato, il tutto condito con grasso di rognone, cipolla, farina d’avena e spezie. Lo stomaco ripieno poi viene bollito per almeno tre ore. Il mio defunto marito, Lot, ne andava matto, come pure i miei figli…Bah! Vado a cercare mia sorella, perdonatemi – disse e se ne andò (n.d.a.: l’Haggis è il piatto nazionale scozzese).
Oscar era impallidita alle sole parole “interiora” e “pecora”. Si portò una mano alla bocca ingoiando con uno sforzo l’ultimo pezzo di Haggis. Appoggiò tremando il calice di vino e guardò André – Vado a prendere un po' d’aria –
Lui annuì – Se permetti, ti accompagno –
Uscirono all’aperto e Oscar respirò a pieni polmoni cercando di dimenticare gli ingredienti di quel cibo. Guardò verso l’alto e vide un cielo stellato. André si avvicinò e guardò in alto anche lui – Com’è possibile che al di fuori di quest’isola ci sia un banco di nebbia e qui abbiamo sempre avuto il sole? –
Oscar sospirò – Beh! Per quello che ne sappiamo…Morgana direbbe che la magia non è una scienza esatta! Da quello che ho capito quest’isola è come una cosa viva. Sembra che pensi ed agisca in modo molto autonomo –
Lui aggrottò la fronte – E che ne sarà di Lady Viviana? Lady Morgana e Lady Morgause sembravano decise a vendicarsi –
Oscar strinse le labbra – Lei è la custode del Re di questo Regno anche se… - disse e si strinse nelle spalle come se avesse freddo e, del resto, non era abituata a portare un abito senza maniche. Lui annuì e le cinse le spalle con un braccio – L’ho pensato anch’io. Eppure…Se noi veniamo dal futuro, dal loro futuro e non abbiamo avuto notizia del risveglio del Re…Non vorrebbe forse dire che… -
Oscar si strinse a lui – Sinceramente non lo so! E’ una cosa difficile anche solo da credere che in quella collina artificiale ci sia un corpo in un sarcofago con la…La Sacra Coppa…Che lo sta rigenerando, ma con tutto quello che abbiamo visto qui…Tuttavia…André… - disse e guardò i suoi occhi. Lui sorrise e l’abbracciò. Lei si perse nei suoi occhi e gli appoggiò la testa sul petto. Sentì il suo core battere regolarmente e poi rialzò il viso. Lui si abbassò e le loro labbra si incontrarono. Non c’erano battaglie, streghe sanguinarie o magie oscure; c’erano solo loro, Oscar e André, una donna e un uomo. Le loro labbra si schiusero e le loro lingue si incontrarono. Oscar aveva provato una sensazione simile nella mente di Morgana, quando Accolon l’aveva baciata a Camelot, ma quello che aveva sentito non era nulla rispetto a quello che provava in quel momento. Un tempo, forse secoli prima, pensò, aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai perso tempo con i baci e con tutte quelle cose di cui parlavano le ragazze e le donne, ma lì, con il suo André che la teneva tra le braccia desiderò che quel momento non avesse mai fine e, difatti fu lui che si ritirò per primo.
Lei sorrise e lui deglutì con il viso rosso – Oh! Oscar…Non sai da quanto tempo… - disse, ma il dito di lei di traverso sulle labbra lo fece tacere. Sospirò: - E’ stato bellissimo! André…Domani torneremo al nostro tempo, alle nostre vite … -
André la guardò ferito – Cosa vuoi dire Oscar…Che quello che abbiamo fatto non conta nulla? –
Lei sorrise e tentennò – No! Sciocco! Abbiamo partecipato alla nostra prima battaglia, abbiamo combattuto una dea malefica, Morgana ti ha fatto cavaliere con la spada del Grande Re della Britannia che giace in coma mentre la più grande reliquia della cristianità lo sta guarendo dalle ferite…Senza contare che io..Io…Mi sono vestita da donna! Per te! E tu…Dannato sciocco…Credi che non conti nulla? –
Anche lui sorrise, l’abbracciò, l’alzò di peso e si mise a girare su se stesso ridendo. Anche lei rise felice e allargò le braccia facendo finta di volare.
 
Morgana, nascosta dalla penombra accanto all’ingresso, sospirò. Morgause si avvicinò a lei e sorrise – E questo…E’ l’amore –
Morgana si girò verso di lei e poi tornò a guardare Oscar e André. Viviana emerse dall’oscurità e si mise di fianco a lei – E abbiamo un problema –
Morgause sospirò di nuovo – L’unico problema che hai, sorella, è che non hai fatto assolutamente nulla per salvare il Regno! Se nostro fratello, se il Re, giace in quella tomba, la colpa è solo tua –
Morgana abbassò la testa – Basta! – disse, ma non con astio, poi anche lei sospirò – Viviana ha sbagliato! E quello che ti ha fatto non ha alcuna scusa, sorella, ma ha anche salvato nostro fratello dalla morte offrendo la sacra reliquia per aiutarlo. Quello che sta dicendo nostra sorella è…Che ho mentito a Lady Oscar e a sir André –
Morgause si portò una mano alla bocca – Non hai intenzione di riportarli nel loro tempo? –
L’altra aggrottò la fronte e la guardò – Ma certo che lo farò! Ho mentito su un altro punto: lei ha visto la mia vita e io ho detto che, invece, non potevo vedere la sua…Ma non è vero. Ho visto tutta la sua vita, non solo fino al punto in cui lei si è incontrata con noi, ma anche oltre…Fino alla sua morte –
Morgause aggrottò la fronte e guardò Viviana – Tu lo sapevi? –
L’altra alzò il mento – Non ho i poteri di nostra sorella, questo è vero, ma certe cose le posso vedere anch’io e so benissimo che viaggiare nel tempo e nello spazio ha delle conseguenze –
La Regina di Lothian strinse i pugni – Quel vecchio pazzo di Merlino lo fa continuamente con le nebbie di Avalon…E solo gli dei sanno come! –
Morgana mise le mani dietro la schiena e le incrociò – Merlino sa come fare! E anche lui ha fatto lo stesso errore con coloro che ha visitato nel futuro. Hai mai lanciato un sasso nell’acqua, Morgause? Non è assolutamente come se tu lo lanciassi in terra, non avviene un tonfo secco, ma la pietra affonda nel liquido creando dei cerchi concentrici che si allargano sulla superficie, sempre più grandi…E così sono i viaggi nel tempo: alterare un evento ne modifica molti altri a catena. Lady Oscar morirà guidando l’assalto a un grande castello e il suo André morirà il giorno prima…E solo pochi giorni prima ancora avrebbero dovuto scoprire di amarsi veramente–
Morgause aggrottò la fronte e guardò Oscar e André abbracciati all’aperto – Ma loro si amano ora! –
Morgana annuì tristemente – Lo vedo! E non va bene! Il loro ritorno in quelle…Condizioni…Potrebbe creare delle lacerazioni nel tempo e cambiare la storia. Non solo quella del loro paese: nella nazione che loro chiamano Francia accadrà un avvenimento che cambierà il mondo intero, una vera e propria Rivoluzione che si propagherà in tutto il mondo e di cui lei, con il suo gesto e con il suo sacrificio, sarà parte integrante. Ricordi il discorso che abbiamo fatto con André venendo qui, sulla politica e sul ruolo della nobiltà? Quell’avvenimento modificherà l’assetto stesso del potere come noi lo conosciamo. Ma…Se si amassero ora lei potrebbe anche non guidare più l’attacco al grande castello della mia visione, potrebbe preferire la vita del suo uomo…O della famiglia avuta con quell’uomo e qulle scelte, anche se fatte inconsapevolmente, potrebbero vanificare tutto. E quello che c’è in gioco non sono solo le loro vite, ma quelle di una nazione e di un continente intero –
Morgause si avvicinò a sua sorella – Sono semplici illazioni, sorella! Quella che tu hai descritto è solo una delle infinite possibilità che potrebbero accadere. Tu…Noi li abbiamo portati qui! Hanno rispettato l’accordo. Hanno fatto tutto quello che gli abbiamo detto di fare…Con la costante minaccia di essere strangolati da te! Ti hanno portato in salvo quando potevano lasciarti a terra a morire ed è inutile che ti dica chi ti ha realmente salvato dalla possessione di Morrigan…Ma il punto è, sorella, tu cosa intendi fare? –
Viviana strinse le labbra – Il mondo è più importante di loro! –
Morgause la guardò con odio – Taci! Non hai fatto nulla fino ad ora! E adesso ti viene in mente di fare la saggia? – disse e guardò di nuovo Morgana, ma quest’ultima si era girata rivolgendosi all’altra sorella – Dov’è Merlino? –
Viviana annuì – Abbiamo fatto quello che volevi. Le mie sacerdotesse lo hanno accompagnato nelle sue stanze e non lo fanno uscire –
Morgana socchiuse gli occhi – Che non esca più! Se la sua mente vacilla non possiamo permettere che vaghi in lungo e in largo nel tempo! – disse e si portò una mano alla bocca. Sapeva che si stava comportando proprio come Merlino il giorno in cui era venuto a Tintagel per lei. Il Mago non l’aveva scelta come Dama del Lago per la possibilità che la parte oscura della dea prendesse il sopravvento e quello, purtroppo, era accaduto anni dopo. Solo l’intervento di Oscar, con André, l’aveva salvata e non solo: Oscar aveva avuto talmente fiducia in lei da dargli Excalibur in mano e aiutarla a sconfiggere il corvo di Morrigan. Dentro di sé Morgana sapeva che poteva fidarsi di lei, il suo senso dell’onore e del dovere l’avrebbero portata, con il suo André, sotto a quel nero castello dove avrebbe incontrato il suo destino ultimo. Era stato straziante vederla in abiti blu cadere all’indietro, come spinta da una forza oscura, i suoi capelli biondi ondeggiare e il suo bel viso insanguinato. Così come era stato straziante vedere André steso in una cassa senza vita. Ma poteva rischiare? In quel momento si sentì, per la prima volta, più vicina a sua sorella Viviana che a Morgause. Capiva il tormento che aveva provato sua sorella maggiore nel prendere le decisioni che avrebbero cambiato la vita della Britannia intera, ma in quel momento si stava parlando del mondo intero e desiderò proprio isolarsi e ritirarsi dal mondo. Ma anche lei, come Oscar e al contrario di Viviana, nonostante tutto, possedeva un alto senso del dovere. Sospirò di nuovo - Adesso andiamo a dormire. Domattina saliremo sul sacro Tor e daremo a Lady Oscar e a sir André quello che gli spetta – disse e si allontanò lentamente verso l’interno.
Morgause la guardò andarsene, aprì la bocca, ma non disse nulla.
 
Oscar e André rientrarono nelle viscere della collina e chiesero ad una sacerdotessa dai capelli fulvi di accompagnarli alle loro stanze. La ragazza li portò in un corridoio e gli indicò due porte, poi si allontanò.
André prese si nuovo tra le braccia Oscar e poi le diede un bacio sulla fronte. Lei sorrise, arrossì e abbassò la testa – André…Io… Volevo chiederti…Ti piacerebbe passare la notte…Con me? –
Lui deglutì guardandola e il suo cuore cominciò a battergli nel petto all’impazzata – Io…Ma certo…Oscar, se questo è quello che tu vuoi –
Lei annuì – Lo voglio…Ma… - disse e lo guardò negli occhi – Io voglio stare con te…Ma non…Nel senso che forse tu intendi. Io non voglio forzare questa nostra relazione che sta…Che è nata. Io…Io credo che sia meglio procedere con cautela…Almeno per adesso –
Lui aggrottò la fronte, ma poi sorrise – Procedere con cautela…Voi militari sapete di certo come raffreddare gli animi –
Oscar serrò il pugno e gli diede un piccolo colpo sullo stomaco – Sei anche tu un cavaliere. Sir André di Avalon –
André fece finta di piegarsi in due dal dolore – Ouch! Avete sconfitto un cavaliere! Una dolce damigella che ha battuto un prode guerriero! Che vergogna! Che onta! Che… – disse e lei rise – Ahahahahah…Che sciocco! Adesso basta! E’ tempo di dormire, domani torniamo a casa! –
Entrarono nella stanza e si stesero sul piccolo letto, una accanto all’altro, guardandosi negli occhi. Lui le scostò una ciocca bionda dalla fronte – E’ il momento più bello della mia vita! –
Lei sorrise – Addirittura! Mmmm…Cercheremo di migliorare allora –
André sorrise tristemente – Quando saremo di nuovo in Francia, nella nostra Francia, io non sarò più un cavaliere e tu tornerai ad essere il comandante della Guardia Reale e amica della Regina. Questa nostra…Relazione…Resisterà? Io so che farò di tutto perché ciò avvenga, ma anche tu devi dirmelo –
Lei si avvicinò ulteriormente e gli diede un piccolo bacio sulle labbra e gli prese la mano – Lo farò André. Come ho dato la mia parola a Morgana ora la do a te! Qualunque avversità l’affronteremo come abbiamo affrontato la dea della guerra, fianco a fianco, spalla a spalla…E vinceremo! –
Lui strinse la sua mano e la baciò – Così sia! – disse solo, poi rise sommessamente. Oscar aggrottò la fronte – Cos’hai? –
André inspirò a fondo e la guardò negli occhi – Il nostro primo vero bacio…Lo abbiamo dato con in bocca il sapore di quella schifezza di cibo…Stomaco di pecora ripieno…Bleah! –
Oscar sorrise – E che ripieno…Polmoni, cuore…Bleah! – disse e si strinse ancora di più a lui.
 
L’indomani mattina le due sacerdotesse incaricate di accompagnarli alla base della grande collina artificiale chiamata Tor di Avalon andarono a svegliarli e li trovarono ancora abbracciati a letto. Oscar e André si alzarono, si rimisero i loro vestiti, quelli di quando erano stati portati in quel mondo e, poco dopo, sempre scortati dalle sacerdotesse, uscirono dal palazzo e furono condotti alla base della grande collina dove già c’erano le tre sorelle ad attenderli.
Oscar strinse l’elsa della sua spada legata al fianco e guardò le tre donne: la dama bianca, la dama rossa e la dama nera. Bianco, rosso e nero, i colori sacri della tradizione. Iniziarono la salita lungo un sentiero sterrato e lei, con la mano libera, cercò quella di André e la trovò, calda e sicura, come sempre. Si sorrisero mentre stavano ormai arrivano alla cima dell’altura. Oscar si guardò attorno e rimase senza fiato: il sole era ormai già sorto e illuminava la vallata sottostante. Poteva vedere Avalon baciata dal sole, le acque della palude che veniva chiamata comunemente “il Lago” e la bianca nebbia che circondava Glastonbury con lo svettare di due campanili. Sentì il suono ovattato delle campane delle chiese cristiane arrivare da lontano e poi guardò di nuovo le tre donne. Morgana, come Morgause, non aveva aperto bocca e trovò la cosa strana, specialmente per la Regina di Lothian che quella mattina non aveva degnato di uno sguardo nemmeno André, colui che era stato il suo obiettivo, nemmeno malcelato, in quei giorni. Il volto di Viviana, la maggiore delle tre, era invece una maschera di pietra, ma l’espressione della Duchessa di Cornovaglia era indefinibile, come se un velo di tristezza si fosse posato su di lei. Oscar immaginò che, tutto sommato, anche lei si fosse abituata a loro e fosse triste per la loro partenza. Provò un piccolo brivido gelido lungo la schiena, ma non gli diede peso. Stavano tornando nella loro epoca, nel loro mondo. E si stavano amando. Il sentimento che era cresciuto in quei giorni convulsi si stava radicando in lei: “Perché l’amore porta alla felicità più completa! Questo è l’amore! E lo difenderò da tutto e tutti” pensò. Cercò gli occhi di lui e trovò la conferma dei suoi pensieri. Si girò verso le tre sorelle e le vide di fronte a loro in riga, con Morgana al centro.
Morgause si morse il labbro inferiore e guardò verso il basso; Morgana sorrise debolmente – E’ il momento, cavalieri…Io… Grazie…Grazie infinite per quello che avete fatto – disse debolmente. Alzò gli avambracci e le sue sorelle le presero le mani. Oscar sentì il suo cuore accelerare e si strinse ad André. Ma cos’era quella strana luce negli occhi di Morgana? Perché le sembrava di vedere addirittura una lacrima scendere da uno dei suoi occhi?
Morgana alzò le braccia sue e delle sue sorelle, guardò Oscar e quest’ultima rimase senza fiato quando vide chiaramente la bocca della Duchessa di Cornovaglia aprirsi e dire lentamente ed inesorabilmente: - Mi dispiace! Mi dispiace tanto! –
Oscar aprì la bocca per gridare e si gettò verso le tre donne allungando una mano, ma era troppo tardi. Tutto intorno a loro parve rallentare, fino quasi a fermarsi. Oscar vide persino un’ape ferma in volo, cercò di gridare, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Poi tutto cominciò a sparire lentamente, divenne bianco, di un colore abbagliante che venne improvvisamente sostituito dal nero dell’oblio.

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Capitolo 11
*** Normandia ***


Oscar aprì la bocca e i suoi polmoni si riempirono d’aria. Era distesa e si mise subito seduta facendo cadere una coperta sulle sue gambe. Si portò una mano al petto e si guardò intorno. Alberi. C’erano molti alberi e lei era distesa a terra su una coperta grigia. Alzò lo sguardo e vide, tra le cime delle piante, il cielo azzurro e terso.
L’ultima cosa che ricordava era Morgana che diceva “Mi dispiace!”. Aveva capito che c’era qualcosa che non stava andando bene e aveva cercato di fermare il rito delle tre sorelle, ma poi si era fatto tutto buio. Qual era il rito? Con Morgana c’era anche sua sorella, la Regina di Lothian, ma l’altra chi era? Oscar non riusciva a focalizzarla. A poca distanza da lei c’erano i resti di un fuoco e, ancora più in là, calmi e tranquilli, il cavallo suo e quello di André.
André! La sua mente andò subito a lui. Si alzò velocemente e si guardò attorno. Il suo respiro si fece affannoso: - André – provò a chiamare, ma non ebbe risposta – André! – disse a voce ancora più alta e lui non rispose. Strinse i pugni – Andréeeee! – gridò e, finalmente, sentì la sua voce: - Eccomi! Che diamine! Sto arrivando! Cercavo un po' di legna per il fuoco, ma vedo che sei già sveglia e in piedi –
Oscar si girò e lo vide arrivare sorridendo con una catasta di rami in mano. Lei sorrise, gli andò incontro e lo abbracciò facendo cadere i rami. Lui, sorpreso, sorrise e rispose al suo abbraccio – Anch’io sono contento di vederti! Certo che hai proprio dormito a lungo! –
Lei si staccò da lui e lo guardò – Oh! Quando ho sentito le parole di Morgana…Ho creduto…Ho pensato…Che non ci avrebbe mai rimandati nel nostro mondo –
André aggrottò la fronte – Morgana? E chi è Morgana? –
Oscar rimase a bocca aperta e inarcò un sopracciglio – Cos…Come…Come sarebbe a dire…Chi è Morgana…André… - disse e si allontanò da lui. André cercò di sorridere – Probabilmente hai fatto un brutto sogno –
Lei tentennò – Non ricordi? Quando ci siamo persi nel bosco…La tempesta…Il castello di Morgana e di sua sorella… - disse e cercò di ricordare il nome della dama rossa, ma non ci riuscì.
André si avvicinò e la prese per le spalle – Ascolta Oscar. Abbiamo preso la strada del bosco per arrivare a Carentan, ma all’improvviso è arrivata una tempesta. Piuttosto anomala, lo so, ma ha spaventato i nostri cavalli che ci hanno disarcionati. Poi, improvvisamente come è venuta, la tempesta è passata e i nostri bravi cavalli sono ritornati…Ma tu eri a terra svenuta e allora ho preferito lasciarti qui tranquilla a riposare facendoti la guardia –
Oscar aprì la bocca, ma non riuscì ad emettere alcun suono, si staccò di nuovo da lui e si guardò attorno. Gli alberi cominciarono a vorticare e dovette appoggiarsi a uno di essi. André si avvicinò – Oscar! Mi fai paura! Deve essere stato proprio un brutto sogno, ma adesso siamo qui, in Normandia, sulla strada per la villa della tua famiglia –
Oscar alzò una mano per fermarlo – No! E’ solo un attimo! Devo prendere solo un po' di forza, per favore, lasciami sola – disse e si allontanò. Dopo qualche passo si appoggiò con la schiena ad un albero e si lasciò scivolare giù fino a sedersi a terra. Prese le ginocchia tra le braccia e si sforzò di pensare: sulla strada per Carentan si erano persi e, dopo la tempesta, si erano ritrovati nel castello di Morgana e di sua sorella, una donna che vestiva sempre di rosso e di cui lei, chissà perché, non ricordava il nome. Invece si ricordava il viaggio verso l’isola sacra, Avalon! Rammentava quel nome. Ricordava una battaglia contro altri guerrieri. Morgana li aveva chiamati sassoni. Un monastero sulle rive nebbiose di una palude che veniva chiamata impropriamente lago. Una donna dai capelli biondi abbigliata in una veste bianca, un mostro nero con immense ali che si scagliava contro di lei, una tomba, il Re che giaceva non morto, ma solo in attesa di rigenerarsi, una coppa di legno, un uomo in ginocchio con davanti una figura nera che brandiva una spada, un cavaliere e un bacio. Si passò le dita sulle labbra e sentì il ricordo vivido di un bacio. Chi aveva baciato? Strinse le palpebre e dall’oscurità emerse, per un attimo, il volto di André. Spalancò gli occhi e cominciò a versare calde lacrime. Li richiuse, ma vide solo il buio. Eppure quella sensazione meravigliosa non se ne era andata: un bacio, un abito bianco e una vasca di acqua fumante. Sentì la testa scoppiare e si rannicchiò di lato. Ma doveva ricordare! Doveva!
Si alzò lentamente e raggiunse André. Lui, chino sui resti del fuoco, si alzò e la guardò – Oscar! Hai una faccia stravolta! Forse devi riposare ancora –
Lei tentennò – No! No…Anzi…Abbiamo perso troppo tempo. Andiamo –
Lui aggrottò la fronte – Ne sei sicura? Hai una faccia… -
Oscar lo guardò dritto negli occhi “Perché provo la sensazione di abbracciarlo?” pensò e scrollò la testa - Ho detto andiamo! Ci fermeremo a Carentan per mangiare qualcosa – disse solo e andò al suo cavallo. Le briglie, i finimenti e la sella erano a posto, come pure i suoi bagagli. Aggrottò la fronte e mise la mano nella tasca interna della giacca. La sua pistola non c’era più. Si guardò di nuovo attorno, ma non la vide, forse le era caduta e l’aveva presa André, ma in quel momento non aveva voglia né di parlargli e né di cercare l’arma.
 
Arrivarono alla cittadina per l’ora di cena e trovarono alloggio in una piccola, ma accogliente locanda. André sorrise a una graziosa cameriera e si sedette al tavolo con due boccali di birra. Uno lo mise di fronte a Oscar, ma lei si era fatta portare carta, penna e calamaio e stava scrivendo forsennatamente sul foglio. Lei guardò il boccale, lo prese e se lo portò alla bocca; assaggiò appena la bevanda e poi lo rimise sul tavolo – Non è come il vino della Gallia… - disse solo.
André sospirò. Durante il viaggio dal bosco a Carentan Oscar aveva parlato di cose strane e senza senso, ma le più riguardavano una certa Morgana di cui ripeteva ossessivamente il nome. Vagheggiava di strani discorsi sulla nebbia e su di un’isola in una palude. E di tre donne, una vestita di nero, una di rosso e una di bianco. Più che un sogno, pensò André, doveva essere stato un incubo vero e proprio! Poi lei aveva deciso di mettersi a scrivere e quando gli aveva chiesto di chi o cosa stava scrivendo l’aveva guardato sorpresa dicendo solo: “Non voglio dimenticare tutto!”. Bevve un sorso di birra e guardò il vaso al centro del tavolo nel quale una rosa bianca stava lentamente ed inesorabilmente rinsecchendo. Aggrottò la fronte “Una rosa resta sempre una rosa…” chissà perché gli venne in mente quella frase “…E una rosa non sarà mai un lillà”. Dove l’aveva sentita? Chiuse gli occhi e se li massaggiò con pollice e indice, ma non riuscì a focalizzare il momento in cui aveva udito quelle parole. Improvvisamente sentì una voce sopra di lui: - Signore! –
Alzò lo sguardo e vide la cameriera. Era giovane, aveva un volto rotondo e pieno di lentiggini, ma i suoi capelli raccolti in una crocchia erano rossi come il fuoco. Lui la fissò: dove aveva già visto quei capelli? Ma quelli che lui ricordava non erano raccolti, erano liberi come fiamme vive e chi li portava aveva la pelle bianca e liscia e due occhi come smeraldi. Ebbe la visione di un corpo femminile perfetto e nudo, nascosto a malapena da un velo rosso sottile e ne fu affascinato.
Dopo qualche istante sentì un tonfo e sobbalzò. Era la mano di Oscar che era calata sul tavolo. Lei sorrise – Chiudi la bocca André! Stai sbavando su questo bel tavolo! –
La cameriera sorrise nascondendosi la bocca con la mano e arrossì – Desiderate qualcos’altro signori? –
Oscar sorrise di nuovo e la guardò – Quello che vuole il mio amico non credo che sia compreso nelle vostre offerte, ma io sono a posto –
André, in evidente imbarazzo, si limitò a tentennare e la cameriera, sorridendo, se ne andò. Oscar sospirò, appoggiò lo stilo e prese il boccale di birra – Ti lascio con i tuoi pensieri – disse e si alzò.
Lui sospirò e si prese la testa tra le mani. Cosa mai era successo? Perché aveva fatto quei pensieri? Eppure sapeva che il suo unico e proibito desiderio era la sua bionda amica, ma il suo comportamento a dir poco eccentrico dopo quella breve tempesta nel bosco l’aveva resa strana. La sentiva distante e spaesata e anche lui in certi momenti, come con la cameriera, provava le stesse sensazioni. Perché aveva sempre in mente una donna dai capelli rossi? Passò in rassegna tutte le donne che conosceva, comprese le bambine e le anziane, ma non ce n’era nessuna con i capelli di quel colore. Sospirò e bevve ancora della birra.
 
Oscar alzò lo sguardo, la locanda era carina e pulita e si mangiava bene. Il bere non era un granché, si disse, ma si era voluta fermare lì per un altro motivo, il nome: “Les brouillards” le nebbie. Ebbe un capogiro e si toccò la fronte con la mano: “La nebbia fa brutti scherzi, fa perdere non solo la strada, ma anche la concezione del tempo e persino dello spazio; tanto che viene da credere di vivere in un mondo a parte, fatato, si potrebbe dire”. Chi aveva parlato? E perché le era venuta voglia di carne di cinghiale? Appoggiò il gomito sulla mensola del grande camino spento e guardò verso un gruppo di avventori. Uno di loro era in piedi facendo una sorta di comizio con tutti gli altri intorno. Lo guardò bene, doveva avere all’incirca una cinquantina d’anni e oltre. Indossava degli abiti lisi che una volta dovevano avere dei colori sgargianti e aveva un ventre enorme che fuoriusciva da dei pantaloni marroni che, pensò lei, avrebbero potuto restare in piedi da soli. A completare il quadro l’uomo indossava un vecchio cappello a tricorno che una volta doveva essere stato di un rosso accesso con i resti sbrindellati di una piuma bianca. Quello che l’aveva incuriosita, però, era la sua voce; parlava un francese fluente, ma con uno spiccato accento inglese.
L’uomo alzò il braccio – Ve lo giuro, amici miei francesi! Ve lo giuro! Io facevo parte della ciurma del capitano Flint e lo conoscevo bene quel pirata! Comandava la peggiore accozzaglia di canaglie mai vista e con lui al comando, con Billy Bones come nostromo e, feccia della feccia, il terribile Long John Silver come quartiermastro, eravamo il terrore dei mari (n.d.a.: il capitano Flint, Billy Bones e Long John Silver sono personaggi del libro “l’isola del tesoro” e sono contemporanei di Oscar e André). Da Nassau a Tortuga a Cuba e a Cancun abbordavamo ogni genere di navi, inglesi e spagnole e niente e nessuno poteva fermarci – disse e bevve un lungo sorso dal suo boccale.
Un altro uomo sorrise – Ehi! Vecchio! Come mai non fai più il pirata? –
Lui si pulì la bocca con il dorso della mano – Perché non si può più fare l’onesto mestiere del pirata! Adesso laggiù è pieno di navi da guerra! Perché ai coloni delle americhe è venuto in mente di ribellarsi alla Corona! Che il diavolo se li porti! Spero che la disciplina e il piombo dell’esercito di Re Giorgio gli facciano passare tutte quelle velleità assurde e si possa tornare ad abbordare in pace! – disse e tutti risero e applaudirono.
L’uomo fece un teatrale inchino e si spostò verso un tavolo. Si sedette e subito notò una persona in piedi di fronte a lui. Oscar sorrise e gli appoggiò davanti un boccale di birra, poi anche lei si sedette proprio davanti a lui. L’uomo sorrise debolmente rivelando una fila di denti marroni – A cosa devo l’onore caro fanciullo? –
Lei strinse le labbra – Interessante il vostro discorso. Se non sbaglio Flint e la sua ciurma hanno assaltato decine di navi, inglesi e spagnole per lo più…Ma anche vascelli francesi –
Lui socchiuse gli occhi, abbassò una mano e si grattò il ventre prominente, ma Oscar vide all’interno della sua giacca il riflesso dell’elsa di un pugnale. L’uomo sorrise – Anche francesi, si –
Oscar annuì – Da dove venite, signor…? –
L’uomo si alzò, prese il suo lercio capello, se lo levò e fece un altro inchino teatrale – Capitano Bailey…Capitano John Bailey! Al tuo servizio! –
L’uomo si sedette di nuovo – Io invece non ho capito il tuo di nome…Anzi! Non lo hai nemmeno detto! – disse ammiccando.
Oscar annuì – Oscar de Jarjayes! Voi da dove venite capitano Bailey? –
Lui bevve un lungo sorso di birra e poi appoggiò il boccale sul tavolo con un tonfo – Da Plymouth…Quasi qua di fronte –
Lei socchiuse gli occhi e si passò il dorso della mano sotto il mento – Carentan non è un porto di mare. Non un porto commerciale comunque. Cosa porta qui nell’entroterra un membro dell’equipaggio di Flint? Forse…Contrabbando? – disse e sorrise. La perdita delle colonie del Nord America nella guerra contro inglesi e indiani aveva ridotto di molto i viaggi delle navi francesi; il Sud America era quasi totalmente in mano a spagnoli e portoghesi e le merci esotiche, come quelle adatte per preparare la sua amata cioccolata, arrivavano a costare prezzi altissimi. Oppure ci si poteva affidare, per l’appunto, al contrabbando delle navi pirata che assaltavano i mercantili spagnoli e ne rivendevano il carico.
L’uomo sospirò – Qual è il tuo fine, giovanotto? –
Lei scrollò le spalle – Nulla…Curiosità! Voi venite da Plymouth…Conoscete le leggende della vostra terra? –
Il capitano Bailey la guardò in modo strano – Di che leggende stiamo parlando? –
Oscar si piegò verso di lui – Se vi dicessi il nome…Tintagel… -
Lui piegò le labbra ed emise un debole fischio – Tintagel? Tin-Ta-Gel? Quel buco di posto lassù in Cornovaglia? L’unica cosa che hanno sono le rovine di un vecchissimo e lugubre castello a picco sulla scogliera. Dicono che secoli prima ci abitava una vera e propria strega. Non una di quelle finte che viaggiano su una scopa o danzano con il diavolo allo spuntare della luna piena, ma una di quelle cattive! Una di quelle che possono ucciderti con un solo gesto della mano –
Oscar si portò istintivamente una mano alla gola sentendo, per un attimo, una pressione sul collo. Sorrise debolmente e mise sul tavolo due monete d’argento – Cominci pure a raccontare…Capitano –
 
Il giorno dopo Oscar e André raggiunsero la località de La Madeleine, dove si trovava la casa della famiglia de Jarjayes. La costruzione, un fabbricato ad un solo piano a forma di ferro di cavallo, veniva chiamata impropriamente villa anche se non era nemmeno paragonabile al palazzo di famiglia a Versailles o all’altro di Arras. La parte centrale era quella abitata, su un lato c’erano i magazzini e una piccola cappella e sull’altro le stalle e le rimesse per le carrozze. Fondamentalmente era una casa per la villeggiatura e nulla di più anche se la fortuna della nobile famiglia de Jarjayes era iniziata proprio in quelle terre.
La sera stava calando e André, alla luce di una lampada a olio, stava strigliando il suo cavallo all’aperto. Sorrise e passò la spazzola sul dorso dell’animale dandogli una carezza sul collo. Si girò e vide che la finestra dello studio era ancora accesa. Appena arrivati Oscar non aveva voluto sentire ragioni e si era rinchiusa in quella stanza. Voleva copiare i suoi appunti scritti di furia, in maniera febbrile e ossessiva. Lui non riusciva a capire cosa mai era successo in quel bosco nei pressi di Carentan, ma da quel momento Oscar non sembrava più sé stessa. E ad alimentare le sue ossessioni si erano aggiunte anche le ciarlatanerie di quel sedicente capitano pirata nella locanda. Oscar aveva preso appunti mentre quel beone inglese vagheggiava di streghe nere, di re non morti, ma solo addormentati in attesa di tornare a prendere il trono, di regine, di cavalieri e di battaglie. Lei glieli aveva fatti leggere quegli appunti, ma non ci aveva capito molto. Scosse il capo, si massaggiò la fronte e sospirò. Cosa mai poteva significare? Aveva pensato di chiedere aiuto a Oscar, ma quando gli aveva chiesto, di nuovo, perché stava scrivendo delle sue visioni, la risposta fu: “La magia non è una scienza esatta”. E cosa mai volesse dire quella frase sibillina non lo sapeva. Sospirò di nuovo e guardò ancora la finestra dello studio illuminata.
 
Oscar scrisse un’ultima riga e poi appoggiò lo stilo. Si massaggiò gli occhi con pollice e indice e sospirò. Ricordare era sempre più difficile. Aveva trovato un quaderno nero e ne aveva approfittato per trascrivere tutto quello che aveva scritto alla locanda e quello che aveva appreso dallo strano capitano di mare inglese. E doveva fare presto. Stava dimenticando anche i piccoli frammenti che era riuscita faticosamente a ricostruire: chi era la dama nera? Aveva scritto il suo nome: Morgana. Chi era la dama rossa? Ricordava le sue fattezze, ma non il suo nome. E la dama bianca? Oscar l’associava a un’isola, ma non un’isola nel vero senso del termine e il suo nome era Avalon. Aveva la visione di una palude nebbiosa che, chissà perché, lei chiamava “Lago”. Un corridoio di pietra, un sarcofago, una coppa e un uomo in ginocchio davanti a una donna con una spada in mano. Oscar non sapeva chi era lui, ma sapeva che per lui provava un sentimento forte. Lo sentiva nell’anima e nel cuore. Aveva lottato con la sua mente per focalizzare il volto di quell’uomo, ma non c’era stato nulla da fare. Si passò le dita sulle labbra “Mi ha baciato! Mi ha baciato e di quei baci non ero mai sazia! Volevo passare la vita intera nelle sue braccia. Oh! Lo so! Lo so! Il mio cavaliere! Il mio solo ed unico cavaliere!”. Abbassò la testa con le lacrime agli occhi “Com’è possibile dimenticare un sentimento come questo? Com’è possibile dimenticare qualcosa che ti trafigge le viscere, che ti fa stare male, che ti fa piangere anche se non lo vorresti? Perché? Strega maledetta! La colpa è tua!” pensò e vide nella sua mente un volto pallido e triste con le labbra che si muovevano appena dicendo: “Mi dispiace! Mi dispiace tanto!”.
Alzò la testa e guardò davanti a sé, sopra il camino era appesa la grande testa impagliata di un cervo con le sue maestose corna che, probabilmente, suo padre aveva cacciato in quei luoghi anni e anni prima. Sulla mensola c’era un’altra figura, della quale non si era mai accorta: un grande corvo nero impagliato. Perché un corvo? Si disse e provò un brivido lungo la schiena. Sembrava che l’animale la stesse fissando e, per un attimo, per un singolo attimo, forse ingannata dalle ombre create della lampada, le sembrò di aver visto le sue ali morte aprirsi e allargarsi.
Tentennò e si appoggiò pesantemente allo schienale della poltrona. “Il mio cavaliere! Il mio cavaliere! Chi mai sarà?” pensò ancora una volta, guardò il soffitto e sentì una tristezza infinita. In quel momento sentì un rumore, un tonfo. Qualcosa era caduto dalla libreria. Lei si alzò, si avvicinò e vide due volumi a terra. Li prese e li osservò: uno era l’Eneide di Virgilio. Sorrise, leggere il sommo poeta latino gli era sempre piaciuto. Era quasi come bere un bicchiere di buon vino alla conclusione di una giornata faticosa. Aprì una pagina a caso e lesse “A ciascuno è destinato il suo giorno. Breve e inesorabile è per tutti il tempo della vita, ma la virtù, per mezzo delle azioni, può prolungarla con la fama” (n.d.a.: citazione di Virgilio). Si sentì improvvisamente meglio e guardò l’altro libro. Aggrottò la fronte: “Le morte d’Arthur” di sir Thomas Malory. Aprì le prime pagine e lesse una frase “Accadde ai tempi di Uther Pendragon, quando era Re di tutta l’Inghilterra. C’era un potente Duca in Cornovaglia che aveva combattuto contro di lui per lungo tempo. E il Duca si chiamava Duca di Tintagel…” (n.d.a.: incipit dell’opera di Malory). Oscar rimise al suo posto l’Eneide e tenne l’altro libro. Si sedette di nuovo, aprì il volume di fronte a sé e cominciò a leggere.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


EPILOGO 1 – Regno di Francia, XVIII secolo d. C. anno 1776
Gli ufficiali in riga si misero sull’attenti. Il generale François Augustin Reynier Conte de Jarjayes scese lentamente dalla carrozza. Aggrottò la fronte e guardò verso l’alto, il cielo era plumbeo e faceva freddo. Si strinse nel mantello e guardò l’ingresso del palazzo dei suoi avi a Versailles. Dopo tanto tempo era tornato a casa per qualche giorno e poi sarebbe ripartito di nuovo per Metz. Quel buco di posto lo odiava! così lontano dalla civiltà e così pieno di lorenesi che insistevano a parlare quella cacofonia gutturale che era la lingua tedesca e così ingrati da non rendersi conto di quanto fossero fortunati a restare sotto il controllo della Corona Francese.
Il generale avanzò veloce verso il portone alzando distrattamente il braccio verso gli ufficiali. Uno di loro piegò la testa verso quello al suo fianco – Ma è vero che il comandante ha una figlia che ha educato come un uomo e che fa il soldato? – sussurrò.
L’altro fece una smorfia – Ma tu da dove vieni? Dalla Corsica forse? Tutti sanno che il generale ha voluto che la sua ultimogenita fosse educata come un uomo, gli ha dato un nome da uomo e ne ha fatto un soldato! E adesso comanda la Guardia Reale a Corte ed è amica personale della Regina. Quindi, quando saremo a cena, vedi di tenere la bocca ben chiusa e di non fare commenti fuori luogo! –
Il generale de Jarjayes entrò, vide due cameriere inchinarsi, ma non le degnò di alcun saluto. Si tolse il mantello e lo lasciò cadere a terra, così come il capello, appoggiò una mano all’elsa della spada e avanzò verso la governante Marie, la nonna di André.
L’anziana donna fece un inchino mentre le cameriere si piegavano a raccogliere gli indumenti del generale. Lui sbuffò – E finalmente sono di nuovo nel mondo civile! Gli ufficiali che mi accompagnano saranno alloggiati qui a palazzo, provvedi pure. Mio figlio dov’è? –
Marie strinse le labbra provando una fitta allo stomaco ogni volta che il padrone definiva Oscar al maschile, ma persino lei, davanti al padrone, doveva adeguarsi. Lo guardò negli occhi – E’ nello studio. Vado a chiamarlo, ma vi ho preparato del cognac riscaldato nella sala da pranzo. Sta arrivando un brutto inverno –
Il generale annuì e andò verso la sala. Aprì i battenti della porta e si fermò sulla soglia interdetto. Piegò la testa da un lato e poi dall’altro – Marie! – chiamò con voce alterata.
La donna, con le mani in grembo, arrivò. Lui indicò la sala – Cos’è…Questo! –
Marie rimase interdetta, poi guardò il generale – E’…E’ stata…E’ stato vostro figlio che ha voluto metterla –
Il generale fece una smorfia – Chiamala! Adesso! – ringhiò, ma non ce ne fu bisogno. Oscar, seguita da André, entrò nella sala e sorrise – Padre! Siete arrivato finalmente! Immagino che siate felice di essere di nuovo in Francia –
Lui fece un gesto con la mano – Cos’è quella! –
Oscar sbatté le palpebre e fece qualche passo in avanti. Accarezzò il grande tavolo e sorrise – E’ una tavola, padre. Una tavola rotonda –
Il generale fece un’altra smorfia – Lo vedo che è rotonda! Ma perché!? –
Lei lo guardò e scrollò le spalle – L’ho voluta per fare in modo che ovunque ci si sieda nessuno possa avere una posizione di supremazia e che si possa discutere in pace tra pari –
Suo padre inarcò le sopracciglia, si gratto la fronte con un dito e sospirò – Quindi…Io stasera cenerò qui con i miei ufficiali subalterni…E io, nobile e pari di Francia, comandante supremo dell’armata di occupazione della Lorena…Io che ho messo la bandiera del nostro casato e quella gloriosa dei re di Francia sul castello di Metz…Io dovrei discutere…Da pari a pari…Con loro? Toglila subito! –
Oscar rimase a bocca aperta, ma suo padre si avvicinò a lei – E già che ci siamo, figlio…Tua madre mi scrive che quando non sei a Corte passi il tuo tempo a leggere…Cosa? Un libro scritto secoli fa da un…Un inglese! Un bevitore di birra calda e thè che parla di dame, cavalieri, magie e stupidaggini simili? Ti rendi minimamente conto che i coloni americani hanno dichiarato l’indipendenza dall’Inghilterra a Luglio di quest’anno e che la Francia manderà armi navi e soldati per aiutarli contro i maledetti britannici? Hai mai pensato che così ci vendicheremo delle colonie che ci hanno tolto decenni fa? E tu te ne stai qui a leggere invece di essere al fianco dei sovrani –
Oscar strinse le labbra, sarebbe stato inutile precisargli che erano i ministri a preparare la spedizione in America e non il Re e men che meno la Regina che passava il tempo a giocare nel grande parco della reggia. Inspirò profondamente – Padre. In quell’occasione abbiamo mandato i nostri alleati indiani a sterminare le famiglie dei coloni inglesi sui confini. Abbiamo attaccato le tribù loro alleate sterminando interi villaggi o vendendogli addirittura pelli di animale infettate con il vaiolo…Forse abbiamo meritato di perdere quella guerra! –
Il generale divenne rosso di rabbia e gli mollò un ceffone. Oscar barcollò, ma non cadde, si appoggiò alla tavola e lo guardò di nuovo negli occhi. Lui digrignò i denti – Faccio finta di non aver sentito! Il tuo compito è difendere la Corona e non discutere le sue decisioni, specialmente su come condurre una guerra! Adesso fa togliere questa cosa da qui e falla sostituire con un altro tavolo! E che sia rettangolare e che la mia sedia sia al posto di capotavola! Adesso! – disse e si avviò verso l’uscita della sala.
André era rimasto di sasso quando il generale aveva colpito sua figlia. Avrebbe voluto fare un balzo in avanti, prenderlo per il bavero dell’uniforme e metterlo contro il muro minacciandolo di morte se solo avesse riprovato a mettere le mani addosso a Oscar. Invece si fece di lato e chinò la testa al passaggio del padrone senza dire nulla. Guardò Oscar, ma lei sorrideva e accarezzava la tavola rotonda. Lo guardò, si toccò la guancia arrossata e annuì – Non importa André. Non importa che adesso sparisca in una cantina. Anche se per poco, questa tavola è esistita e ha testimoniato che ci può essere un mondo migliore, fatto di libertà, uguaglianza e fraternità –
Lui annuì e sorrise – Si Oscar. Hai ragione…Come sempre! –
Lei continuò ad accarezzare la superficie del tavolo “Il mio cavaliere! Colui che mi ha baciata! Il mio cavaliere si sarebbe seduto qui con me! Oh! Ti troverò bel cavaliere! Ti troverò alla fine del giorno e ci baceremo ancora!” pensò.
 
Anni dopo Oscar François de Jarjayes credette di aver trovato il suo misterioso cavaliere nello svedese Conte Hans Axel Von Fersen. Per lui decise di vestirsi da donna, come sentiva di aver già fatto per il suo cavaliere, chissà quando e chissà dove, con un lungo abito bianco. Ma si accorse, suo malgrado, di essersi sbagliata.
Anni dopo ancora Oscar trovò, finalmente, il suo misterioso cavaliere nel suo amico e compagno di sempre: André Grandier. Purtroppo il loro amore, che avrebbe potuto essere davvero completo e travolgente, durò come la fiamma di una candela nel vento. André morì il tredici di Luglio dell’anno 1789, tra le braccia della sua amata e giurandogli fino all’ultimo respiro il suo amore infinito. Lei morì il giorno dopo, guidando un gruppo di soldati che si erano uniti ai rivoluzionari all’assalto di un nero castello, usando dei cannoni rubati agli arsenali militari. Il castello portava il nome di “Bastiglia” e Oscar, colpita al petto da una raffica dei fucilieri difensori, morì pochi istanti prima che il comandante De Launay desse ordine di alzare la bandiera bianca. Era il quattordici di Luglio dell’anno 1789.
 
EPILOGO 2 – Britannia, VI secolo d. C. circa
Morgana fissò la nebbia del lago dalla riva pietrosa di Avalon. Incrociò le mani dietro la schiena e socchiuse gli occhi – Sai una cosa Viviana? Io so per certo…E non mi serve la magia per saperlo, che se e quando qualcuno scriverà questa storia…E qualcuno lo farà…Io verrò sempre considerata come la cattiva e tu come la buona –
Viviana sorrise debolmente – Hai sempre in te una vena tragica, sorella! –
Morgause, accanto a Viviana, aggrottò la fronte – E io? –
Morgana sorrise – Tu? – disse e si girò a guardarla – Tu sei il personaggio secondario che nel mezzo della storia viene fatto morire perché non si sa come farlo andare avanti –
La Regina di Lothian strinse le labbra e si rabbuiò – Grazie tante! –
Morgana guardò per un attimo il tumulo di pietra costruito da Oscar e che vegliava sulle spoglie di Lancillotto. Si sentì tirare le vesti, abbassò lo sguardo e vide la piccola Glynne che la guardava con i suoi occhioni splendenti. Si abbassò e la bambina sospirò – Grazie Signora! Grazie di non averci uccise tutte! –
Lei aggrottò la fronte – Figurati! E’…E’ stato un piacere! – disse sentendosi oltremodo ridicola. La bambina allungò il braccio e le porse un piccolo fiore, una margherita che stava appassendo. La bambina sospirò di nuovo – Non sapevo quando dartelo Signora e sta morendo –
Morgana strinse le labbra in un debole sorriso. Poi aprì il palmo della mano e lo mise davanti al fiore. Aveva sempre fatto morire le piante, ma volle provare a fare il contrario. Il fiore ebbe un sussulto e improvvisamente si raddrizzò ritornando bello come appena colto. Il viso di Glynne si illuminò e si gettò su di lei abbracciandola. Morgana rimase sorpresa, ma poi rispose al suo abbraccio. La tenne stretta e chiuse gli occhi. Era così tenera e fragile. Come aveva potuto anche solo pensare di permettere al corvo di Morrigan di farle del male?
Morgause sorrise e piegò la testa di lato – Cos’hai agli occhi sorella? Qualche insetto? Non dirmi che la strega nera si sta commuovendo –
Morgana spalancò gli occhi e Glynne la lasciò per andare da Morgause che la prese in braccio e la tenne stretta a sé. La Duchessa di Cornovaglia si alzò e si passò l’avambraccio sugli occhi- Questa maledetta nebbia! – disse e guardò Viviana – Che ne è di Merlino? –
Viviana sospirò – Il Mago è ancora nelle sue stanze. Non credo si renda nemmeno conto di quello che è successo, ma non preoccuparti, non lasceremo più che attraversi le nebbie…Piuttosto…Tu ora sei la Dama del Lago e il tuo posto è a Avalon –
Morgana la fissò – Il posto della Dama del Lago è tra il suo popolo! Oh! Un giorno tornerò qui sorelle mie e saremo di nuovo riunite e attenderemo che il Re nostro fratello si svegli dal suo sonno –
Viviana abbassò la testa – Sarai una Signora del Lago migliore di me sorella. Che gli dei veglino su di te –
Morgana si avvicinò alle sue sorelle, mise una mano sul braccio di Viviana – Sarai la custode dell’isola sacra! La mia magia la cancellerà dal tempo e dallo spazio ancora una volta e per sempre. La manderò in un limbo dove il tempo non eserciterà più il suo potere e dove potremo attendere che nostro fratello si svegli. Solo io potrò raggiungervi e che gli dei siano con voi – disse e poi guardò Morgause. La sorella che aveva passato con lei gran parte della sua vita aveva deciso di fermarsi a Avalon. Aveva cominciato a insegnare a leggere e scrivere alle bambine e aveva scoperto che era molto portata per stare con i piccoli: era paziente, dolce e comprensiva, tanto che Morgana si era chiesta cosa sarebbe successo se, invece di figli maschi, avesse avuto delle figlie femmine.
Morgause tirò su con il naso e strinse Glynne. Con il braccio libero attirò a sé Morgana e le baciò la fronte – Grazie di tutto sorella mia. Torna da noi! Sbaraglia i tuoi nemici, senza pietà, come sempre hai fatto – disse con gli occhi lucidi. Morgana annuì sorridendo, inspirò profondamente e guardò entrambe le sue sorelle. Improvvisamente apparve la giovane Nimue, abbigliata con pantaloni e giacca in pelle e con una grande sacca sulla schiena. La ragazza sorrise passandogli accanto e poi gettò il suo bagaglio all’interno della barca che lei avrebbe dovuto usare per tornare a Glastonbury.
Morgana aggrottò la fronte e la fissò – E tu che stai facendo? –
Nimue sorrise, si mise di fronte a lei e chinò il capo – Io vengo con voi Vostra Grazia –
L’altra rimase a bocca aperta e sollevò l’avambraccio destro – Mi auguro che tu stia scherzando! –
Viviana si avvicinò a lei – No. Non sta scherzando – disse e mise una mano sulla spalla della sorella – Di noi solo tu tornerai nel mondo ed è giusto così. Sei tu la più capace, la più abile e la più combattiva. Adesso anche nostra sorella Morgause resterà qui e, ti chiedo di prendere con te Nimue e di allevarla nel mondo al di fuori di Avalon visto che lei non ha mai conosciuto altro –
La giovane mise un ginocchio a terra e guardò Morgana con i suoi occhi da cerbiatta – Non vi deluderò Vostra Grazia, so tirare con l’arco, ho imparato i rudimenti del combattimento con la spada e so andare a cavallo –
Morgana strinse le labbra – Quando chiuderò l’accesso di Avalon per sempre solo io avrò il potere di farvi ritorno. Questo significa che il tempo sull’isola resterà immutato e tu invecchierai nel mondo esterno. Sei sicura di volere questo? –
La ragazza annuì vigorosamente – A cosa serve una vita eternamente giovane se non viene vissuta? –
La Duchessa di Cornovaglia sospirò e sorrise – E allora prepara la barca alla partenza. Torniamo a Tintagel – disse e si girò verso Viviana e Morgause e portò il pugno destro al petto – Lunga vita al Re! –
Le altre sorrisero – Lunga vita al Re! – risposero insieme.
 
La barca, sotto i colpi di remo di Nimue, si allontanò dalla riva di Avalon. Morgana rimase a guardare Viviana e Morgause fino a quando la nebbia le fece sparire dalla sua vista. Si mise a gambe incrociate e appoggiò il mento sui pugni. Quando aveva rimandato indietro Oscar e André aveva fatto in modo che la loro memoria del periodo trascorso con loro fosse cancellata. Ma Oscar aveva intuito che qualcosa non andava e, all’ultimo istante, aveva cercato di fermare il rito, ma era troppo tardi.
Morgause aveva pianto quando erano spariti dalla loro vista e anche Viviana, che li aveva appena conosciuti, si era rattristita. Ma lei era quella che era rimasta più dispiaciuta: invidiava Oscar, la sua forza, la sua bellezza, la sua abilità e gli invidiava il suo amico fraterno che si era trasformato in amore, un sentimento che lei non aveva mai provato, ad eccezione di un fugace attimo con sir Accolon e che, comunque, aveva avuto un esito disastroso. La donna della Gallia aveva avuto fiducia in lei, gli aveva dato Excalibur senza esitazione e l’aveva accolta nella sua mente, un salone di un immenso palazzo arredato in modo a dir poco stravagante, ma l’aveva liberata dal corvo della dea e lei, come ricompensa, non aveva fatto nulla di meglio che cancellare il ricordo dell’amore appena sbocciato. Chiuse gli occhi per un attimo. Oscar e André si sarebbero di nuovo innamorati, lo aveva visto, ma la loro vita insieme sarebbe stata troppo breve. Si disse che aveva fatto la cosa giusta, ma allora perché da quel momento non poteva evitare di pensare a loro? Avrebbe potuto restare al sicuro ad Avalon, ben presto la tempesta si sarebbe scatenata sulla Britannia: la potenza di Roma non li avrebbe più aiutati e i sassoni sarebbero arrivati sicuramente a ondate conquistando Regno dopo Regno e castello dopo castello. La sua magia non sarebbe servita a nulla e le rimaneva solo una cosa da fare, restare al suo posto e cercare di salvare quante più persone possibile prima di sparire definitivamente ed attendere, con le sue sorelle, il ritorno del Re nell’isola sacra. Prima di partire era andata a trovare Merlino, confinato in una stanza del palazzo di Viviana. Il vecchio era ormai completamente rincitrullito, ma c’era ancora una sua capacità che le poteva essere utile. Aveva messo la sua bianca mano sulla sua testa e aveva assorbito dalla sua mente il modo di viaggiare nelle nebbie spostandosi nel tempo e nello spazio. Lei non lo avrebbe sicuramente usato per parlare con quel Walt di cui lui cianciava sempre, ma era un’abilità che di certo avrebbe sfruttato.
Nimue smise di remare – Mia Signora…Credo che sia il momento –
Morgana aprì gli occhi e vide solo il bianco della nebbia intorno a loro. Si alzò lentamente facendo ondeggiare la barca e rimase ferma in piedi: “Io sono Morgana. Sono la Duchessa di Cornovaglia, la Regina del Galles, la Dama del Lago, la sorella di Re Artù. Non mi importa se i posteri diranno che sono stata malvagia e crudele. Non è mai stato così; io sono io e tanto basta! E ci rivedremo sorelle mie e fratello mio, ci rivedremo alla fine del giorno, quando l’ultima battaglia sarà combattuta, ci rivedremo quando tornerò da voi senza gloria, senza titoli e senza insegne, ci rivedremo come persone per vivere, infine, quello che rimane delle nostre vite. Dei dei miei antenati e anche tu, Dio cristiano, vegliate su Lady Oscar e sir André, perché è grazie a loro che adesso tutto si è compiuto. E così sia!” pensò. Allargò le braccia e la nebbia iniziò lentamente a muoversi in circolo.
 
I sassoni conquistarono la Britannia arrivando a ondate successive, ma anche il loro dominio terminò con la battaglia di Hastings, nel 1066 d. C., quando furono sconfitti dai normanni di Guglielmo di Normandia.
Nelle opere che generarono il cosiddetto ciclo arturiano Morgana, la sorella di Re Artù, appare sempre come sua antagonista e, con l’andare del tempo, ha assunto il ruolo di cattivo per antonomasia. Viviana o comunque la Dama del Lago, è invece sempre considerata un personaggio positivo. Morgause, pur essendo la madre del traditore Mordred e di sir Galvano, viene relegata a personaggio secondario, anche lei antagonista del fratello Artù e spesso confusa con la stessa Morgana. Nell’opera di T. Malory muore per mano di uno dei suoi figli che la sorprende a letto con uno dei suoi amanti.
 
EPILOGO 3 – Gran Bretagna, XXI secolo d. C. anno 2020
Il furgone bianco si fermò nel parcheggio del Camelot Castle Hotel della cittadina di Tintagel. Una donna in tailleur grigio con scarpe a tacco alto ne scese e si stiracchiò. La giornalista inviata Adriana Bruni della RAI Radio Televisione Italiana guardò l’edificio che, perlomeno nelle intenzioni, doveva essere la copia di un castello medioevale. Attese che il suo cameraman e il suo assistente fossero pronti, tirò fuori il suo pass e si avviò verso l’ingresso.
Salutò con una mano i colleghi italiani di Mediaset che si stavano ancora preparando, vide i colossali autoarticolati degli americani della Fox e della CBS ed entrò. L’interno era decisamente elegante, mostrò il suo pass e fu invitata a salire al primo piano. Salì le scale, passò accanto a una riproduzione della celebre tavola rotonda conservata alla Winchester Castel Great Hall ed entrò nella sala congressi. La stanza, per quanto ampia, era piena all’inverosimile di giornalisti. Vide il suo collega Albert Finlay della BBC e alzò una mano per salutarlo. Lui la vide e gli fece cenno di sedersi accanto a lui.
Adriana sorrise all’uomo e si sedette – Grazie per avermi tenuto un posto. Non avrei mai creduto che ci fosse tanta gente, soprattutto per il fatto che non si sa ancora con cosa abbiamo a che fare –
Albert scrollò le spalle – Il professor Fischer del Cornwall College di Crantock è una delle massime autorità mondiali su Re Artù e su tutte le opere che riguardano il ciclo arturiano. Se lui dice che vale la pena di essere qui vuol dire che c’è in ballo qualcosa di veramente straordinario –
Adriana guardò il fondo della sala e vide, dietro a un tavolo, un uomo anziano con una lunga barba grigia e bianca, quasi stempiato in un elegante abito grigio e, accanto a lui c’era una bella donna sulla trentina, con lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri che indossava un completo maschile a pantaloni e giacca blu con una camicia bianca. La giornalista sorrise – Però! Ha una bella assistente! –
Albert aggrottò la fronte e sorrise – No…Quella è una professoressa del dipartimento di scienze storiche del Collège de France di Parigi. Si chiama Oscar François de Jarjayes –
Adriana aggrottò la fronte e lo guardò stralunata, poi sorrise – Ah! Per un attimo credevo che parlassi dell’eroina della Bastiglia. Immagino che sia quella sua pseudo discendente che ha cambiato nome per pubblicizzare le sue opere sulla Rivoluzione Francese e una sua prossima revisione di “Una spada al servizi della Francia”, la biografia della vera Oscar scritta più di duecento anni fa dal suo contemporaneo e giornalista Bernard Chatelet –
Albert annuì – In realtà è una discendente della baronessa Josephine Emilie Anne de Jarjayes de La Mothe-Chandeniers che era la sorella maggiore della più famosa Oscar. Ha cambiato il suo nome in onore alla sua pro pro pro pro pro…Zia a cui peraltro somiglia moltissimo, specialmente se compari il suo aspetto con il famoso quadro di Oscar in armatura a cavallo conservato al Louvre ed è una delle massime esperte di storia francese del XVIII secolo –
Adriana fece una smorfia – Sarà…Ma in molti dicono che ha cambiato nome solo per dare slancio alla sua carriera letteraria…Tuttavia…Cosa hanno a che fare un luminare sui miti arturiani e una esperta di storia del XVIII secolo? –
L’altro sospirò – Non ne ho la minima idea – disse solo.
Il quel momento l’anziano professore si alzò e prese un microfono – Signori e signore…Benvenuti in Cornovaglia. Sono il professor Anthony Fischer, docente di storia e letteratura medioevale del Cornwall College. Siete qui in rappresentanza delle più grandi emittenti televisive mondiali per la presentazione di un ritrovamento avvenuto a poca distanza da qui, proprio accanto alle rovine del castello di Tintagel. Durante i lavori per la sistemazione del Coast Path, proprio qui dietro l’hotel. Era l’antica via costiera che partiva dall’entrata principale del complesso del castello e andava a Ovest a congiungersi con la strada commerciale che portava i mercanti e i pellegrini all’abbazia di Glastonbury. I lavori hanno interessato anche il rinforzo della parete di scogliera a Ovest della spiaggia chiamata Tintagel Heaven e che guarda la famosa Merlin’s Cave del promontorio. Tra le rocce, in quella che si è rivelata una sacca formata presumibilmente da un crollo o addirittura nascosta da qualcuno, è stato trovato un oggetto molto particolare – disse e prese un telecomando dal tavolo. Schiacciò un paio di bottoni e sulla parete alle sue spalle comparve uno schermo piatto che si illuminò e mostrò le immagini di alcuni oggetti. I due più grandi erano un’asta di metallo quasi completamente corrosa e quella che sembrava un elemento di legno. I giornalisti cominciarono a rumoreggiare non capendo cosa fosse e il professo Fischer sorrise e rialzò la mano – Calma signori…Calma…Arriveremo al dunque tra un attimo. Considerata la posizione vicina al castello di Tintagel l’amministrazione del complesso ci ha subito chiamato per sapere con cosa avessero a che fare e, lo ammetto, io e i miei assistenti non sapevamo che pesci pigliare. Come sapete il castello di Tintagel è antichissimo. Ci sono testimonianze di fortificazioni che risalgono all’epoca romano-britannica e, successivamente, è stato legato indissolubilmente al mito arturiano visto che, secondo la tradizione, qui Artù è stato concepito e qui regnava la sua nemica mortale nonché sua sorella, la Fata Morgana. Capite bene quindi l’imbarazzo mio e del mio staff con l’evidente difficoltà a identificare quell’oggetto misterioso considerata l’elevata erosione provocata dall’aria salmastra, seppur mitigata dalla protezione che le rocce, casualmente o no, gli avevano fornito. Gli elementi in legno hanno fornito la base per la datazione con il carbonio 14 e risale all’incirca alla seconda metà del sesto secolo dopo Cristo, proprio l’epoca in cui si ritiene siano ambientate le vicende di Re Artù e dei suoi cavalieri. Abbiamo mandato quindi le fotografie dei resti ad ogni dipartimento di storia delle maggiori università europee in cerca di aiuto…E solo uno ci ha risposto dandoci finalmente la risposta all’enigma…Ma cedo la parola alla professoressa de Jarjayes, del dipartimento di scienze storiche del Collège de France di Parigi –
La donna si alzò e sorrise alla platea, prese il microfono e aprì la bocca – Buongiorno a tutti! Sono la professoressa Oscar François de Jarjayes, del Collège de France. La nostra direzione ci ha mandato le fotografie che vedete. Io non mi sono mai occupata di oggetti con una datazione così antica, visto che io sono un’esperta di storia del XVIII secolo, ma un po' per curiosità e un po' per stimolo, decisi di dare un’occhiata lo stesso e i risultati sono stati sorprendenti – disse, prese il telecomando e i pezzi dell’oggetto apparvero più vicini; schiacciò un altro bottone e si unirono formando una sorta di lettera “L” rovesciata a destra. Oscar sorrise di nuovo e guardò i giornalisti – E questa è la ricostruzione finale! – disse e schiacciò un bottone.
I giornalisti cominciarono a rumoreggiare, alcuni si piegarono in avanti increduli e altri tentennarono: quella che avevano davanti era l’immagine di una pistola, di una vecchia pistola ad avancarica. Adriana si alzò in piedi – Un momento! Un momento! Quindi, se non ho capito male…Ci state dicendo che quel…Quella…Pistola…E’ stata datata al sesto secolo, quindi millecinquecento anni fa e che sarebbe un’arma che invece dovrebbe avere…Del XVIII secolo…Più di duecento anni? –
Il brusio in sala si fece più forte e il professor Fischer alzò entrambe le mani, ma invano. Un corpulento giornalista della Reuters si alzò – Quindi abbiamo a che fare con un cosiddetto Oopart!? –
Oscar annuì – Ha perfettamente ragione! Si tratta sostanzialmente di un Oopart, che sta per out of place artifact, manufatto fuori posto, troppo moderno per il periodo storico in cui è datato. Un po' come le pile di Bagdad o il meccanismo di Antikythera in Grecia. Vi renderete subito conto delle possibili implicazioni del rinvenimento di un’arma da fuoco, sia pure ad avancarica in un’epoca in cui si combatteva con spada e lancia. Ma non è ancora finita! – disse sollevando un indice come un abile conferenziere che tiene in serbo il meglio alla fine. Fischer sorrise, si alzò, le andò vicino e avvicinò la bocca al microfono – Si poteva pensare che la pistola fosse la creazione di un’unica mente geniale dell’epoca, una persona che ha scoperto il potere della polvere da sparo e che ha creato un’arma spaventosa, perlomeno per quel particolare periodo storico. Ma non è così! –
Oscar annuì – Su quello che rimane della canna abbiamo avuto la fortuna di trovare un marchio di fabbrica. Un piccolo giglio con una coroncina e tre piccole stelle sopra che sta ad indicare il vecchio Arsenal Militaire de Chateaufort in Francia, che produceva le armi che equipaggiavano la Guardia Reale nella seconda metà del XVIII secolo e persino l’indicazione dell’anno di produzione: il 1772. Possiamo dire, quindi, che questa è una pistola francese in uso alla Guardia Reale del XVIII secolo e che è stata smarrita, o nascosta, nel VI secolo –
Il brusio si stava ormai facendo confusione. Un giornalista dai lineamenti orientali, un cinese della CCTV, si alzò – Una pistola francese del XVIII secolo smarrita nel VI secolo? Vi aspettate che vi crediamo? –
Una giornalista della Fox allargò le braccia – Professoressa de Jarjayes…O cosiddetta tale…Voi siete famosa per aver rubato il nome della vostra celebre antenata! Il tutto per far pubblicità ai vostri libri…Vorrebbe forse dire che un’arma che anche la vera ed unica Oscar de Jarjayes potrebbe aver impugnato è finita nell’epoca di Re Artù? Direi che Mark Twain ha già scritto una favola del genere (n.d.a.: il libro “Un Americano alla Corte di Re Artù” di M. Twain). E poi cosa farete? Ci mostrerete la tomba del perduto André? Ci direte che lui riposa in attesa di amare ancora la sua Oscar? Vi posso già dire che sono sepolti insieme ad Arras, in Francia! –
Oscar strinse il microfono fino a far diventare bianche le nocche della mano. Fu Fischer che venne in suo aiuto – Signori! Noi ci siamo attenuti a tutti i protocolli universitari nelle analisi e la prova del carbonio 14 sulle parti in legno della pistola che sono ancora integre sono state ripetute quattro volte in quattro laboratori differenti e tutti e quattro, ripeto: tutti e quattro confermano il periodo storico. Inoltre abbiamo fatto delle fotografie dettagliate del marchio e dell’anno di fabbricazione. I reperti originali sono a disposizione di chiunque voglia verificarli nella cassaforte del Cornwall College nella cittadina di Crantock –
La giornalista della Fox sbuffò e uscì dalla sala, altri cominciarono a fare chiamate con il cellulare, altri si misero a ridere e altri ancora rimasero fermi al loro posto guardandosi intorno spaesati.
 
Dopo un’ora abbondante i giornalisti lasciarono la sala e il professo Fischer e la professoressa de Jarjayes rimasero da soli. Oscar si sedette sconsolata e aprì una bottiglietta d’acqua. Ne bevve un sorso desiderando che fosse del cognac.
Anthony si appoggiò alla scrivania e mise le mani in tasca – Dopotutto è andata bene! –
Lei lo guardò sorpresa – Bene!? Ma tu c’eri Anthony? Hai visto cosa è successo? –
Lui socchiuse gli occhi – Si! Ho visto una donna che diceva schiettamente quello che abbiamo trovato: una pistola del XVIII secolo che, all’esame del carbonio 14, risulta essere stata smarrita o nascosta nel VI secolo…Andiamo Oscar…Mettiti nei loro panni: tu lo crederesti mai possibile? –
Lei sospirò – E allora perché lo abbiamo annunciato in pompa magna? –
Il professore si rialzò – Perché era la cosa giusta da fare! Io…Io non so perché quel tipo di arma sia finita a Tintagel in quel periodo, ma c’è…Quel marchio e l’anno di fabbricazione sono prove inconfutabili! Ed è solo grazie a te che tutto è stato possibile amica mia –
Oscar annuì. Si ricordava ancora quando il direttore del suo dipartimento aveva convocato lei e i suoi colleghi mostrandogli le fotografie dell’oggetto ritrovato sulla scogliera di Tintagel. A lei non importava e, proprio per caso, gli aveva dato un’occhiata. Non l’aveva mai detto a nessuno, ma quando aveva posato gli occhi sui resti della pistola si era sentita irrigidire, come in trance e aveva avuto una sorta di visione ad occhi aperti: una bianca mano che teneva una vecchia pistola ad avancarica, la maneggiava come se non sapesse come usarla, l’agitava e poi la gettava in aria e cadeva…Cadeva sullo sfondo di un cielo plumbeo e precipitava da una scogliera mentre lei la guardava impotente.
Aveva lasciato tutto quello che stava facendo e si era recata subito in Gran Bretagna, a Crantock, dove aveva conosciuto il professor Fischer e dove, dopo un’attenta analisi al microscopio elettronico di quello che restava della canna, aveva trovato il marchio dell’arsenale di Chateaufort e l’anno di fabbricazione, attirandosi l’ammirazione dei suoi colleghi inglesi.
Il professor Fischer sorrise debolmente – E questo è un altro degli innumerevoli misteri collegati a Re Artù…Ah! Ho sentito che ti fermi qui all’hotel e che poi vai a Londra. Credevo che rientrassi a Parigi –
Lei si scosse e sorrise – No…Questa è stata una bella e misteriosa parentesi, ma devo continuare il mio lavoro. Sto preparando una revisione completa della biografia della mia illustre antenata partendo dalla rielaborazione dell’opera del suo contemporaneo, il giornalista Bernard Chatelet. Ho fatto diverse aggiunte e ho colmato molte lacune ed imprecisioni, ma quello che scriverò è un capitolo tutto nuovo su un periodo che Bernard ha completamente tralasciato; credo perché, pur essendo egli amico di Oscar e di André, non lo ha mai saputo –
Anthony si avvicinò curioso – E che fonti hai? –
Oscar inspirò profondamente – Il caso mi ha aiutato. Ho ricevuto una mail al mio indirizzo al Collège de France da un inglese, di Londra…Un certo dottor Andrew Great. Poi l’ho sentito telefonicamente, anche se non abbiamo usato skype o face time. Anche lui è uno storico, ma lavora per una società privata che ha acquistato l’edificio di un vecchio archivio della city. Tutti documenti che appartenevano al Foreign Office, ma privi di interesse politico o militare, non secretati e destinati al macero, ma che prima dovevano essere catalogati per scoprire se c’era qualcosa di interessante e lui ha trovato un vecchio rapporto su un viaggio in Inghilterra della mia antenata –
Lui inarcò le sopracciglia – Il Foreign Office? Stiamo parlando dei servizi segreti? La tua antenata era stata spiata dai servizi segreti inglesi? –
Lei annuì – Perché quella faccia? Oscar era comandante della Guardia Reale e amica intima di Maria Antonietta e questo ne faceva una figura non solo potente, ma anche influente e quindi degna di attenzione da parte degli agenti segreti stranieri. Il rapporto risale ai primi anni ottanta del XVIII secolo, il 1782 per l’esattezza. In quell’anno Oscar lasciò il comando della Guardia Reale e si ritirò per un certo periodo di tempo nella proprietà della sua famiglia in Normandia, ma, per una volta, senza il fidato André con lei. Ebbene: sembra che Oscar si sia imbarcata a Cherbourg e abbia raggiunto il porto di Plymouth. Da lì è andata poi a Tintagel, a Glastonbury e a Stonehenge, vicino a Salisbury –
Anthony si avvicinò a lei – Tintagel…Glastonbury…Accidenti! Sembra il viaggio di un appassionato di Re Artù…O di un cavaliere alla ricerca del Santo Graal. Glastonbury è considerato un luogo sacro per i cristiani perché, secondo la tradizione, è lì che Giuseppe d’Arimatea e i suoi compagni hanno portato e nascosto il Graal…E per i celti visto che ci sono prove che ci fosse una comunità di sacerdoti e sacerdotesse…Ed è considerata come la sede più accreditata della mitica isola di Avalon…E Stonehenge…Quel luogo non aveva a quell’epoca la fama che ha adesso e non è legato ai miti arturiani. Ma perché mai è andata anche là –
Oscar sorrise di nuovo – Ah! Amico mio! E’ proprio questo il punto! Il dottor Great mi ha anticipato che quello che ha in mano è un semplice resoconto di un viaggio turistico. Gli agenti inglesi che hanno seguito Oscar non hanno notato nulla di strano, ma intendo leggere quel documento e poi ripercorrere a ritroso il viaggio di Oscar. C’è da notare che lei, nella sua epoca, ha sempre preferito la verde Arras, l’altro feudo della famiglia de Jarjayes, alla Normandia e del resto è là che i suoi amici hanno sepolto lei e André. Quella del 1782 è stata l’ultima volta che si è recata laggiù e la volta prima è stata nel 1775, quando aveva solo vent’anni ed era stata da poco nominata comandante delle Guardie Reali, proprio alla vigilia della Rivoluzione Americana e c’era andata con André. Proprio in quell’occasione sembra che abbia cominciato a leggere l’opera di Malory su Re Artù e che abbia fatto infuriare suo padre mettendo una bella tavola rotonda nella sala da pranzo di Palazzo Jarjayes a Versailles –
Il professore sorrise – Addirittura! Oscar de Jarjayes appassionata di Re Artù? –
Oscar annuì e si alzò – E’ un punto della vita della mia antenata che intendo approfondire. Ma resta il fatto che quando è tornata dalla Normandia nel 1775 si è appassionata al ciclo arturiano e solo così si può spiegare il suo viaggio in Inghilterra nel 1782. Ho visitato la casa dei de Jarjayes nella località di La Madeleine in Normandia, ma non sono riuscita a fare della analisi approfondite anche perché è stata trasformata in un piccolo museo dedicato a Oscar e allo sbarco…Quel luogo è proprio a ridosso di Utah Beach, la prima spiaggia ad essere stata presa d’assalto dalle truppe americane all’alba del sei Giugno 1944 e prima ancora, nel 1942, era stata l’alloggio per un reparto delle SS, i pretoriani del partito nazista. Ho chiesto di sapere di che gruppo facessero parte all’Archivio Militare di Berlino e, sulla base delle poche e frammentarie informazioni che hanno a disposizione, dalla Germania mi hanno risposto che si trattava di uomini della Divisione Ahnenerbe –
Anthony rimase a bocca aperta – La Ahnenerbe? Intendi quel particolare reparto delle SS che studiava, tra le altre cose, i misteri archeologici e paranormali? Come quelli che hanno ispirato i film di Indiana Jones? –
Oscar annuì di nuovo – Agli ordini diretti del Reichsfuhrer Himmler…Cosa ci facessero quegli uomini lì non posso nemmeno immaginarlo, ma, come vedi, la mia antenata, ieri come oggi, continua a far parlare di sé – disse e prese la sua valigetta porta computer – Dopotutto hai ragione! E’ stato bello Anthony! Adesso sarai sotto attacco per i resti della pistola, ma sono certo che te la caverai. Io adesso ne approfitto per visitare le rovine del castello della Fata Morgana – aggiunse e gli porse la mano.
Lui la strinse con calore – Il piacere è stato mio, collega. Auguri per la tua cerca –
 
Era passato mezzogiorno e Oscar non aveva mangiato. Non che ne avesse voglia. Dopo la conferenza stampa si era sentita spossata e svuotata da ogni forza. Aveva messo in conto il fatto di essere criticata, di nuovo, per il suo nome, come ormai facevano quasi quotidianamente i media francesi, ma era stata più dura di quello che si aspettasse.
Aveva sempre avuto una passione particolare per la sorella della sua antenata Josephine. La famiglia de Jarjayes si era completamente estinta, ma lei, fin da piccola aveva voluto fare ricerche per conoscere appieno la sua storia. Come la sua illustre zia non vestiva quasi mai da donna, ma solo con pantaloni, camicie e giacche di foggia maschile. Aveva avuto i suoi fidanzatini al liceo e si era messa un bell’abito con scarpe a tacco a spillo alla festa di maturità e per la laurea, più che altro che fare un piacere a sua madre e a sua nonna. Aveva ancora delle sporadiche relazioni con esponenti dell’altro sesso, ma la cosa finiva dopo un paio di appuntamenti e chi o cosa mai cercasse in un uomo non lo sapeva nemmeno lei.
Quando si era dedicata anima e corpo alla vera Oscar aveva deciso di cambiare il suo nome. Lo aveva fatto per rispetto alla sua antenata, in suo onore e senza pensare alle conseguenze di quel gesto. Sua nonna era scoppiata in lacrime dicendo che un nome da uomo non andava bene per una “bambina” così bella e sua madre, pur rispettando la sua decisione, aveva obiettato dicendo: “E’ stata coraggiosa e sfortunata, lo ammetto! Ma ha tradito la sua famiglia e ha combattuto contro di essa! Non dimenticarlo mai!”. La lotta legale per il cambio del nome era stata difficile, ma con l’aiuto della sua migliore amica Jeanne, principessa del foro di Parigi e sua agente letteraria ufficiale, ce l’aveva fatta. Nella sua gioia, però, non aveva messo in conto che i media tutti l’avrebbero attaccata accusandola di sfruttare il nome della sua illustre zia per promuovere le sue opere: testi interessanti sulla Francia della seconda metà del XVIII secolo e in particolare sulla Rivoluzione Francese. Alcuni di essi erano addirittura usati come testi scolastici, ma lei stessa sapeva che erano ben poca cosa rispetto a quella che sarebbe diventata la sua opera omnia, la rivisitazione, l’aggiornamento e l’ampliamento della biografia della sua antenata partendo dal libro di Bernard Chatelet. Proprio lavorando a quello si era imbattuta nella strana quanto imprevista passione di Oscar per Re Artù. In fondo poteva anche essere una cosa normale: in Francia era nato il ciclo del cosiddetto “Amor Cortese” che narrava le gesta d’amore di dame e cavalieri, ispirate dalla storia di Lancillotto e Ginevra. Leggendo di quelle la vera Oscar, forse, avrebbe approfondito la materia riguardante Re Artù e, probabilmente, era rimasta affascinata dalla figura del Re che si sacrifica per la sua terra e il suo popolo con la sua spada Excalibur in pugno. E, sorridendo, aveva immaginato come Oscar potesse vedere la Contessa di Polignac allo stesso modo in cui i cavalieri della tavola rotonda avrebbero guardato la Fata Morgana, cioè come una strega potente e pericolosa.
Nella sua suite si cambiò velocemente gli abiti indossando dei vestiti più comodi, jeans, scarpe da trekking, un maglione a collo alto e una giacca a vento. Prese il suo zaino da viaggio e scese verso l’ingresso. Decise di andarsene dall’uscita posteriore, verso il mare. Si strinse nelle spalle e guardò il cielo, era plumbeo, come sempre l’aveva visto in Gran Bretagna. Strinse le labbra e sospirò “Che bel clima! Non c’è che dire! Eppure la Normandia e pure Parigi non sono così distanti…E come mai qui il tempo è sempre brutto?” pensò. Raggiunse il Coast Path e passò accanto alla scogliera dove era stata trovata la pistola. In verità anche lei era rimasta sconvolta: cosa ci faceva una pistola del XVIII secolo, francese per di più, nelle rovine di un vecchio castello inglese del VI secolo? Beh! Toccava a Anthony e a tutto il Cornwall College trovare la risposta.
Si diresse verso il castello; lesse il cartello “Kastell Dintagell” scritto nella lingua locale e si diresse subito verso il terrapieno che dava sulla spiaggia e sulla Merlin’s Cave, la grotta in cui, secondo la leggenda, aveva vissuto il Mago Merlino e che aveva accudito Artù da piccolo.
Si chiese se anche la sua antenata, nel suo viaggio a Tintagel, si era fermata lì oppure era andata a visitare la grotta. Vide che c’era già qualcuno alla balaustra di legno e sospirò, avrebbe voluto essere da sola. Gli piaceva restare con se stessa e con i suoi pensieri. Si avvicinò e aggrottò la fronte, la figura, vista di spalle, era longilinea, quasi filiforme, aveva dei lunghi capelli neri, indossava degli abiti maschili, pantaloni e giacca completamente neri, aveva le mani dietro la schiena e tra le dita teneva un volume che, pensò lei, doveva essere una guida turistica.
Oscar si avvicinò, sorrise debolmente guardando la figura e vide che era una donna, lo si capiva dalla curva del seno, portava degli occhiali scuri e aveva la pelle del viso bianca, candida in un modo innaturale. Strinse le labbra – Buongiorno! – disse.
La donna in nero sospirò e guardò sulla scogliera, verso le rovine – Era un bel castello! – disse piano.
Oscar sorrise – Bello…Secondo alcune ricostruzioni doveva essere maniero di roccia a strapiombo sulla scogliera, di notte, durante i temporali, illuminato dai lampi, doveva sembrare per davvero il posto ideale per una strega…Ma…Perdonatemi. Sono venuta qui per vedere la caverna di Merlino e vi disturbo con il mio chiacchiericcio –
L’altra sospirò di nuovo – La caverna di Merlino…Si…Che bel nome! Non mi state disturbando affatto. Voi alloggiate all’hotel Camelot? Vi ho vista nonostante tutta quella confusione di giornalisti e vi ho riconosciuta, Miss de Jarjayes – disse e gli fece vedere il libro che portava. Oscar sorrise – Oh! Quel libro…Era da tanto che non lo vedevo –
Era una copia di un suo vecchio e primo testo sulla vera Oscar dal titolo “La donna e il soldato” basato sugli ultimi anni di vita della sua antenata. La donna in nero aprì la copertina e mostrò la sua fotografia sorridente sopra la trama.
Oscar mise le mani in tasca – Mi fa piacere che se ne trovino ancora delle copie! Ero una scrittrice alle prime armi e sinceramente non credevo che lo avrebbero tradotto in inglese –
L’altra strinse le labbra e aprì il testo su una pagina con la fotografia di un quadro, una donna bionda in armatura che impugnava la sua spada su un cavallo bianco impennato – La somiglianza tra voi e lei è innegabile ed è assoluta, Miss de Jarjayes, siete identiche. La dea della guerra…Un nome strano per questo dipinto –
Oscar aggrottò la fronte – In effetti…Gli è stato dato dalla stessa Oscar, a quanto ne so –
La donna in nero indicò con un dito bianco come il gesso una piccola figura in alto a sinistra sullo sfondo, un uccello scuro appoggiato su un ramo – Credo che questo sia un corvo –
Oscar avvicinò lo sguardo alla figura, quella era una piccola fotografia e quando aveva visto l’originale, conservato al museo del Louvre, non aveva notato quel particolare. Scrollò le spalle – Si…Credo che potrebbe anche essere un corvo –
L’altra sorrise debolmente – Ritengo che sia un corvo perché è l’animale sacro dell’antica dea celtica della guerra, Morrigan, forse la vostra antenata ha voluto inserirlo in suo onore –
Oscar la guardò, lei era una storica degli usi e costumi del XVIII secolo e sapeva poco o nulla di dei o dee celtici, ma l’associazione con il nome del dipinto e quello strano uccello nero era interessante. La donna sorrise – Oh! Perdonate! Alle volte non mi rendo conto di parlare troppo. Credo che tornerò in albergo, sta per alzarsi la nebbia e domani devo andare a Glastonbury –
Oscar si guardò attorno, il mare era calmo e, a parte il cielo nuvoloso, non c’erano segni che la nebbia si sarebbe alzata. Guardò di nuovo la donna – Andate a Glastonbury? Anch’io devo recarmi là…Ci andate in gita o per lavoro? –
L’altra si strinse nelle spalle – Sia l’una che l’altro…Mia sorella Vivian gestisce un Bed & Breakfast di fronte al complesso del Chalice Well (n.d.a.: pozzo del calice, dove, secondo la tradizione, è nascosto il Santo Graal) e all’inizio del sentiero che sale alla collina del Tor. E’ una posizione privilegiata che dà sempre molto lavoro. L’altra mia sorella, Margaery, lavora al Jumping Johns Nursery di Glastonbury, nella sezione femminile, gli è sempre piaciuto insegnare alle femminucce…Oh! Mi deve perdonare Miss de Jarjayes, il mio nome è Morgan…Morgan Drakehead – disse, si levò gli occhiali scuri rivelando due occhi chiari e le porse la mano. Oscar gliela strinse e aggrottò la fronte – Oscar François de Jarjayes – disse solo; “Morgan…Come Morgana…Come la Fata Morgana” pensò.
Morgan inarcò un sopracciglio – Si! Posso sentire chiaramente quello che state pensando. Mi chiamo proprio come la Fata Morgana…Ma mi mancano i suoi poteri magici – disse e alzò l’avambraccio muovendo le dita della mano. Oscar sorrise, ma provò la strana sensazione di portarsi la mano al collo sentendo una pressione – Ah…E…Quindi siete tre sorelle… -
Morgan strinse le labbra – C’è anche nostro fratello. Ma lui è in coma da moltissimi anni. So che è una cosa crudele e che altri lo avrebbero già liberato dal peso di quella vita, ma noi non abbiamo mai perso la speranza di poterlo riabbracciare –
Oscar aprì la bocca – Oh! Mi dispiace immensamente –
L’altra scrollò le spalle – Un giorno si risveglierà! E riprenderà il posto che gli spetta! Perdonatemi, ma non ho mai avuto la fortuna di incontrare uno dei miei autori preferiti…Posso invitarvi a cena? All’hotel stasera hanno un delizioso cinghiale, lo servono con una salsa di mele tradizionale e lo innaffiano con del buon vino della Francia – disse e si piegò verso di lei – Il che è una fortuna…Il vino inglese, credetemi, è pessimo! –
Oscar sorrise, di solito non dava confidenza agli estranei, ma quella strana donna, per qualche motivo, gli piaceva – Va bene Miss Drakehead. Che ne direbbe se andiamo a vedere la grotta adesso? Magari troviamo anche il Mago Merlino! –
Morgan allungò un braccio e chinò la testa mostrando la strada – Dopo di voi – disse e la vide passargli accanto e scendere lungo il sentiero verso la spiaggia. Si rimise gli occhiali scuri e sorrise, snudando dei canini che qualcuno avrebbe trovato stranamente appuntiti: - Tra poco si alzerà la nebbia…E la nebbia fa brutti scherzi, fa perdere non solo la strada, ma anche la concezione del tempo e persino dello spazio; tanto che viene da credere di vivere in un mondo a parte, fatato, si potrebbe dire…Lady Oscar – sussurrò e la seguì.
 
FINE
 
 
Note conclusive:
Personaggi dell’anime/manga Lady Oscar: Oscar François de Jarjayes, André Grandier, Josephine de Jarjayes (solo nominata), Marie, nonna di André.
Personaggi del ciclo arturiano: Morgana, Morgause, Viviana, Nimue, Re Artù, Ginevra, Lancillotto, Mordred, Galvano, Agravain, Gareth, Gaheris, Parsifal, Accolon, Re Uriens del Galles, Re Lot di Lothian e delle isole Orcadi, Uther Pendragon, Re Ambrosius.
Personaggi reali citati: Re Giorgio III d’Inghilterra, Re Luigi XVI di Francia, Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, Contessa Marie-Jeanne Bécu Du Barry, Conte generale François Augustin Reynier de Jarjayes (Ehhh…Questo è esistito per davvero), Contessa Yolande Martine Gabrielle de Polastron de Polignac, Gaio Giulio Cesare, Nicolas Flamel, John Dee, Edward Kelley, Walt Disney, Ryoko Ikeda.
Personaggi inventati: Volker, Cara, Gerda, Haral, Wulfan, suor Agata, Glynne, Guillaume de Jarjayes, John Bailey, Adriana Bruni, Albert Finlay, professor Anthony Fischer.
Altri personaggi citati: capitano Flint, Billy Bones, Long John Silver (personaggi del romanzo “L’isola del Tesoro”).
Luoghi reali citati: Carentan, Sainte Marie du Mont, La Madeleine, Utah Beach, Cherbourg, Parigi, Versailles, Chateaufort, Tintagel, Boscastle, Glastonbury, Stonehenge, Salisbury, Galles, Crantock.
Luoghi d’invenzione: Caerleon, Camelot, Camlann, Avalon, Palazzo Jarjayes.
Un ringraziamento particolare a Wikipedia per le nozioni storiche e a Google Maps per la geografia. Mi scuso se ho inserito dei luoghi moderni all’epoca di Artù. Per quello che riguarda Glastonbury la cosiddetta “Fonte del Sangue” o “Fonte Rossa” che deve il suo nome ai minerali ferrosi presenti nel sottosuolo e che danno alle acque, a intervalli regolari, un colorito rossastro, è stata da me messa ad Avalon, ma si può ammirare ancora oggi nel complesso del “Chalice Well” (pozzo del calice), proprio accanto alla colossale collina di probabile formazione artificiale (è a forma di piramide irregolare) del Tor
Nell’universo di Lady Oscar la storia si svolge nell’anno 1775; nell’universo del ciclo arturiano l’azione si svolge nella seconda metà del VI secolo dopo Cristo. Mi scuso con quanti, approssimatisi alla lettura, credevano o speravano in una rilettura dei miti arturiani in chiave “oscariana”, ma la mia storia si svolge dopo la battaglia di Camlann, dopo la sconfitta del traditore Mordred, il ferimento del Re e il suo ritiro nell’isola di Avalon per rigenerarsi e svegliarsi un giorno per riprendere il suo posto.
Mi sono avvicinato al ciclo arturiano quando ho visto, per la prima volta il film “Excalibur” (1981) e poi ho letto il meraviglioso libro “Le nebbie di Avalon” dell’autrice inglese M. Z. Bradley che narra la saga da un punto di vista tutto femminile e con protagonista assoluta colei che è sempre stata considerata il “supercattivo”: la Fata Morgana. Mi hanno appassionato anche i fumetti della collana “Martin Mystère” (Bonelli Editore) che si sono occupati in più episodi dei molti misteri riguardanti il ciclo arturiano, in particolar modo quelli correlati al Santo Graal, il calice che Cristo usò durante l’Ultima Cena. Il personaggio di Morgana è, a mio avviso, il più interessante di tutto il ciclo arturiano, il simbolo di una donna indipendente e potente, il prototipo della moderna donna in carriera che riesce a spaventare gli uomini e forse, proprio per questo, relegata a ruolo di villain. La “mia” Morgana non è fondamentalmente cattiva, è un personaggio tormentato, disprezzata, odiata, ma sempre fedele a sé stessa e al suo codice d’onore che le impone, nonostante tutto, di cercare in ogni modo di salvare il suo paese e il Re suo fratello e in questo somiglia molto a Oscar.
La domanda che qualcuno (forse più di qualcuno) può porsi è: cosa c’entra Oscar con Re Artù? Nulla…E tutto. Anche Oscar è un cavaliere senza macchia e senza paura che lotta contro le ingiustizie, proprio come i cavalieri della tavola rotonda. Noi (io e i miei colleghi scrittori per passione e non) quando scriviamo non poniamo limiti alla fantasia. Io personalmente riesco e vedere Oscar combattere con una spada laser o pilotare un caccia X contro la Death Star inseguita da Darth Vader; posso vederla cavalcare un drago a Westeros, sconfiggere il conte Dracula in Transilvania, fronteggiare Achab sul ponte della Pequod mentre stanno cacciando Moby Dick oppure imbarcarsi sulla Hispaniola con Jim Hawkins e Long John Silver alla ricerca del tesoro del capitano Flint e sempre con il suo André al suo fianco. Nello specifico ho voluto riunire due figure femminili che mi hanno sempre affascinato: Oscar e Morgana, “vicine di casa” in quanto francese l’una e inglese l’altra, separate da secoli di storia, ma così simili nello spirito fiero e indipendente.
Dal punto di vista moderno, se Oscar e André e tutti i personaggi dell’anime e del manga non hanno avuto la fortuna di aver avuto una trasposizione cinematografica, se si esclude il film del 1979 che non ha di certo avuto successo e che pure ho visto, ma che non vale la pena di ricordare. Diverso è il discorso per quello che riguarda i personaggi della saga arturiana. Posso ricordare la prima Morgana (cattiva) che mi ha affascinato, interpretata dal Premio Oscar (!) Helen Mirren in “Excalibur”; quella triste e tutt’altro che cattiva di Julianne Margoulies nella miniserie “Le nebbie di Avalon”; quella in cerca di vendetta dell’irlandese Katie McGrath nella serie “Merlin” e quella crudele, perfida e assetata di potere della francese Eva Green nella serie “Camelot”.
Curiosità 1: l’attuale Duchessa di Cornovaglia è Camilla Shand (precedentemente Parker-Bowles), consorte di Charles Philip Arthur George Mountbatten-Windsor, erede al trono di Gran Bretagna e Principe di Galles.
Curiosità 2: mi è venuta in mente proprio mentre scrivevo quest’ultimo capitolo. La prima sigla italiana dell’anime “Lady Oscar” è stata cantata dal gruppo conosciuto come i “Cavalieri del Re” che deve il suo nome al fatto di aver cantato la loro prima sigla di un cartone animato per la serie “La spada di King Arthur” che narra per l’appunto delle gesta di Re Artù e dei suoi cavalieri.
 
GRAZIE
A tutti coloro che hanno avuto la pazienza e la benevolenza di leggere la mia storia.

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