Storie semiserie di amori improbabili

di Ninfea Blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il cavaliere e la dama misteriosa ***
Capitolo 2: *** Anime gemelle o anime nere? ***
Capitolo 3: *** La ballata dell'amore corrisposto ***
Capitolo 4: *** Dejà-vu ***
Capitolo 5: *** Il segreto del principe ***
Capitolo 6: *** La vera storia della nascita di Rosalie ***
Capitolo 7: *** L'amica immaginaria ***
Capitolo 8: *** Una donna forte per Victor ***
Capitolo 9: *** Alain incontra qualcuno a Palazzo Jarjayes ***
Capitolo 10: *** Un amore infelice per Fersen ***



Capitolo 1
*** Il cavaliere e la dama misteriosa ***


Il cavaliere e la dama misteriosa



C'era una volta un cavaliere nero che rubava ai ricchi per dare ai poveri.
Questo novello Robin Hood svaligiava le case e i palazzi dei nobili signori di Versailles, e in una delle sue scorribande notturne, incontrò una strana dama dall'aria misteriosa che invece di denunciarlo per furto, come sarebbe stato normale, decise di seguirlo nell'impresa, anzi, fargli da apripista nei suoi bagordi e dargli manforte.

Anche lei odiava i nobili, soprattutto certi personaggi che infestavano la corte come pidocchi; duchi pedofili, nobilastri viscidi che sparavano allegramente nella schiena di poveri bambini, dame di corte intriganti e ruffiane, favorite che tramavano nell'ombra e contribuivano ad aumentare il debito pubblico del paese... oltre un marpione svedese, soggetto insopportabile, tornato troppo presto dall'America.

"Vi aiuterò nelle vostre nobili imprese. Lasciate fare a me, e ruberete indisturbato." Disse al cavaliere, che mai si sarebbe aspettato tanta fortuna e collaborazione.

C'era quella donna soldato che gli stava alle costole; pur senza invito, interveniva a rompergli le uova nel paniere a tutte le feste dove lui faceva la sua comparsa, bevendo qualche calice di vino a sbaffo, e spaventando le dame sciocche, che svenivano appena lo vedevano penzolare da un lampadario, come Tarzan (personaggio che neppure potevano conoscere perchè non era stato neppure ancora inventato dal suo autore).

Così, la misteriosa dama che non usciva mai alla luce del sole, - e il cavaliere pensò con lieve sarcasmo, che fosse per paura di rovinarsi l'incarnato pallidissimo, - gli preparò una lista di ricconi fannulloni, braccia strappate all'agricoltura e ad altri lavori manuali, la Scarlett's List con i nomi di tutti quelli e quelle che le stavano antipatici...

Era davvero un numero considerevole di soggetti fastidiosi.

C'era un certo De Guise, un quarantenne fidanzato con una fanciullina di appena undic'anni, il Duca di Germaine e quello D'Orleans, due loschi figuri col pallino del regicidio, e poi la nota e arrogante Contessa di Polignac, che le stava sulle scatole più di tutti gli altri... e pure un certo Fersen, noto donnaiolo che entrava e usciva dai letti di tutte le nibildonne di Versailles... e su questo punto, pensò il novello Robin, meglio non indagare.

Ogni notte, il cavaliere nero, dopo che la misteriosa dama era passata, e aveva lasciato porte e finestre aperte, lui entrava tranquillo nella stanza delle sue vittime per derubarle, senza che loro si accorgessero di nulla, talmente addormentate da sembrare morte...

E il dubbio gli venne, quando una sera, sopraggiungendo troppo presto, trovò la misteriosa dama china sul collo del nobilastro di turno.
"Che state facendo?" Chiese perplesso.
"Mi sto assicurando che dorma..." gli rispose quella, con fare innocente, prima di volar fuori dalla finestra.

Era addirittura più abile di lui a scivolare come un'ombra lungo i muri, osservò sorpreso e ammirato.

Andarono avanti così per un po'; insieme, diventarono i paladini del popolo oppresso, e il cavaliere era sempre più affascinato dalla misteriosa dama.

"Siamo davvero una bella coppia... - le disse entusiasta, dopo l'ennesimo colpo portato a segno - perché non ci mettiamo insieme? Pensate a quello che potremmo fare, noi due. Jeanne e Nicholas a confronto, sarebbero dei dilettanti."

La dama misteriosa, che in realtà amava un altro uomo, che però era innamorato non corrisposto di quella donna soldato che dava la caccia al cavaliere, decise di sacrificarsi in nome dell' amore.

"Avete proprio ragione. Noi dobbiamo stare insieme... Così eviterete di sposare un salice piangente... e un bravo ragazzo non perderà l'uso dell'occhio sinistro per mano vostra."


 
****
 

Ecco il primo di questi miei deliri, in chiave un poco fantasy.
Spero di avervi fatto un po' sorridere.
Scarlett è il nome di un personaggio di un mio racconto, ma è anche il nickname che ho assunto su un altro sito...

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Capitolo 2
*** Anime gemelle o anime nere? ***


Anime gemelle o anime nere? 
 
Jeanne e Sant Just, due anime nere.
Anzi due anime gemelle nere!!
 
Sant Just, in compagnia di quel simpaticone di Robespierre, vede Jeanne al processo per lo scandalo della collana.
Immediato il colpo di fulmine; la donna dalla lunga chioma corvina è di una bellezza peccaminosa, e un tipo oscuro come lui, non sa resistere a quelle come lei.

Con quel visino delicato che si ritrova, sembra un effeminato, - non so come, qualcuna lo ha fatto finire a letto con André… Sacrilegio!* - ma gli piacciono le donne, soprattutto quelle sanguigne e provocanti.

Lo sente a pelle che loro due sono simili; feroce come una pantera, lo sguardo che brilla sinistro come quello di un felino, fiera e spregiudicata, ha sputato veleno contro la regina in un modo che lo ha tutto esaltato.

S' innamora perdutamente di lei.

Robespierre, da bravo misogino, se ne accorge per come la guarda, ma l’incorruttibile rivoluzionario non gradisce. Forse è anche segretamente geloso; l’angelo della morte affascina anche lui, che della morte farà il suo mestiere.

Dove lo trova un altro spirito affine, con cui condividere gli stessi interessi sanguinari?

Sant just non è uno che si cura di queste cose, lui prende ciò che vuole, e adesso vuole Jeanne.

Questa donna è colei che cercavo da tutta la vita, e potrebbe abbracciare la mia causa, pensa tutto infervorato.

La fa evadere di prigione - tipo fuga da Alcatraz - la porta al convento abbandonato dove la fa sua, alla faccia del marito Nicholas, un idiota che perfino lei non sopportava più; per quello, lo ha spedito in Inghilterra con i diamanti rubati, per levarselo dai piedi.
 
Il convento sconsacrato è un luogo perfetto per due anime nere, che diventa teatro della loro lussuria. Lo fanno ovunque, come due demoni posseduti sull’altare, e Jeanne deve ammettere che l’amate è decisamente migliore del marito a letto.

Lui vorrebbe farlo perfino davanti alla statua della Beata Vergine Maria, tanto la rivoluzione non ha bisogno di santi - solo di martiri - ma Jeanne dimostra di avere un insospettato senso del pudore.
O è timor di Dio?
Jeanne può rubare, uccidere, mentire e ingannare, fottere cardinali e sovrani senza battere ciglio, ma non se la sente di offendere la Madre di Gesù.

“Maria Santissima, mi sento benissimo questa sera!”
Urla con una bottiglia in mano, e trascina l’amante blasfemo in un altro angolo del convento, e lì, danno libero sfogo alla loro depravazione.
L’idillio però non dura molto, perché a Jeanne, della causa rivoluzionaria non gliene può fregar di meno, il suo sogno era fare la bella vita a corte.
Le luccicano gli occhi avidi al solo pensiero, e sogna cascate di diamanti, oro e gioielli pioverle sulla testa.
Anche al fanatico Sant Just brilla lo sguardo, ma per altri motivi.
 “Se mi seguirai, andremo lontano. La Francia sarà nostra e molte teste cadranno.”
Mai frase fu più profetica.
Lei scrive le sue memorie, dissolute e devastanti per la reputazione della sovrana di Francia, ma di seguire Sant Just non se ne parla.
La verità è che se lei fosse arrivata a corte, avrebbe preso il posto della contessa di Polignac; lei, la regina l’avrebbe spolpata fino all’osso.
Altro che madame deficit!
Il cardinale era un idiota, ma la regina era un’ingenua, due fessacchiotti che lei si sarebbe messa in tasca come monete false, da usare a suo piacimento.
Oh, quanto si sarebbe divertita.

All'angelo della morte non sta molto bene.
Il sogno ingordo di Jeanne non gli piace; la Francia non ha bisogno di un’altra parassita. Ne avrà abbastanza di quelli come lui.

Meglio levarla di mezzo subito, pensa… tanto gli è già passata la cotta.

Tenta di accopparla con un pugnale.
Il solito stiletto, comodo e pratico, che va bene in tutte le stagioni, anche quella del terrore.
Nella colluttazione la ferisce, ma Jeanne graffia, morde e soffia come una gatta furiosa, e lui scivola e va a sbattere il muso contro uno spigolo e ci resta secco.
 
A questo punto, Jeanne è stanca e ha deciso di fermarsi, pentendosi di aver tradito il marito… chi lascia la strada vecchia per la nuova...
 
*****
 
Il delirio dei deliri; questi due sono terribili, voi che dite?
(*) Riferimento a una ff di genere yaoi - che di solito non leggo - presente su un altro sito. Grazie per il vostro entusiasmo.

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Capitolo 3
*** La ballata dell'amore corrisposto ***


La ballata dell’amore corrisposto
 
 
Lo chiamavano il fedele André, metteva l’amore per la sua donna sopra ogni cosa…
 
Neo arruolato tra i Soldati della Guardia, sempre sconsolato per il suo amore sofferto, un giorno André vede Diane in caserma, quando la fanciulla va a trovare il fratello.
Lui come altri, si chiede come faccia quel bestione di Alain, ad avere come sorella, una ragazza tanto fine e graziosa.
Possibile che siano figli della stessa madre? Si domanda qualche buontempone tra i soldati, che di certo, non teme le reazioni di rappresaglia del bestione.
Una bellezza diversa da quella di Oscar, più discreta e modesta, ma dolce e affascinante.
Perfino lui, non riesce a restare indifferente, anche se il suo cuore batte per Oscar.

Sa che tanti dei suoi commilitoni sono innamorati della bella e dolce Diane, ma non hanno speranza di poterla corteggiare, pena le ritorsioni violente del fratello, pronto a spellarli vivi, se osassero solo guardare la sua dolce sorellina.
Se per sbaglio la toccassero, sarebbero morti.

“Solo a te, André, concederei di fidanzarti con Diane; sei un bel ragazzo, educato, istruito e pure gentile. Non mi dispiacerebbe averti per cognato. Se mai, chissà quando in questa vita, decidessi di rinunciare al nostro biondo comandante, fammi un fischio.”

In effetti, André aveva iniziato a valutare la cosa, ma con altri scopi, che però non poteva rivelare all’amico soldato, pena il rischio di ritrovarsi con la mascella rotta.
Per amore, si è disposti a qualunque cosa, e lui le aveva già provate tutte.
Cosa aveva da perdere? Nulla.
Un altro rischio calcolato.
Tanto, un occhio lo aveva già perso, qualche dente in meno non sarebbe stato un grosso problema.
 
Oh, Diane è molto carina, magari riesco a far ingelosire quella gelida valchiria del mio comandante! Ha due occhi stupendi, e i capelli sembrano fili di seta, la sua bellezza farebbe invidia alle dame di Versailles…
 
Pensa con un moto di speranza, e forse un pizzico di paura.

Alain acconsente, ma pone condizioni molto severe. André si domanda se non si sta scavando la fossa da solo, mazzo di fiori già compreso nel prezzo del suo funerale.

“Se lei accetta la tua corte, tu la sposi. Ma devi giurami che non la lascerai mai, né per il comandante Oscar, né per altre donne, altrimenti ti impicco con le mie mani, e questa volta non la scamperesti, come è accaduto a Sant Antoine, capito?”

Alain in effetti, sa essere molto convincente.

Così, André la avvicina e la corteggia - con il permesso di Alain in carta bollata controfirmata, con clausole, postille e penali per mancato adempimento del dovere coniugale - e contro ogni previsione, ma con gran felicità di sua nonna che non ci sperava più, s'innamora di lei, che lo ricambia con slancio sincero.

In realtà, già fidanzata in segreto all’insaputa del fratello, la fanciulla decide di lasciare il promesso sposo per lui; André, pur con un occhio in meno, è decisamente più bello del bietolone - non svedese - che lei aveva per moroso.

Il sedotto e abbandonato vorrebbe togliersi la vita per disperazione – ragazzo, pensa se ti toccava sposare Rosalie…

Così, Diane evita il suicidio e finalmente André scopre l'amore corrisposto – questo sconosciuto – e cosa fondamentale, evita di finire impiccato dal cognato.
 
Oscar, che si sveglia sempre tardi, non la prende molto bene...
 
****
 
Blasfemia lo so, non potrebbe mai accadere, penso che sia la storia più surreale e impossibile di tutta questa raccolta, ai confini dell’altro mondo…
Vedrò di farmi perdonare.
Come sempre, grazie.
 
 

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Capitolo 4
*** Dejà-vu ***


Déjà-vu
 
 
 
Al gran ballo di Versailles, uno degli ultimi di un’epoca al tramonto, prima che i cancelli dorati della reggia chiudano per assalto di virus rivoluzionari, il bel conte scandinavo incontra una dama misteriosa.

Una contessa di un paese straniero... dicono che viene dall’Europa dell’est, ma senza il muro di Berlino.

Non vuole che si sappia il suo nome.
Sarà Le Chevalier D’Eon, in incognito…

Fersen ha un déjà-vu…
 
Gli sembra di aver già vissuto un momento simile, ma fatica a ricordare: le febbri che ha avuto subito dopo la fine della guerra in America, hanno minato la sua memoria a breve termine, già compromessa da ereditarietà genetica.
 
La bellissima e altera signora gli ricorda tanto qualcuno, i capelli biondi, l'espressione, gli occhi...
Soprattutto gli occhi, un fuoco dove si accende la battaglia... o la sete, dipende.
Fersen la guarda con maggior attenzione; uno sguardo inquietante e ipnotico, lo cattura.
Dimentica persino la sua amata Maria Antonietta, che in quel momento ha altro a cui pensare; alla cerimonia d’apertura degli Stati Generali nessuno la omaggia di un applauso, il principino malato, l’erede al trono è innamorato di una donna soldato troppo vecchia per lui.
Insomma, Maria Antonietta ha ben ragione di essere preoccupata, se il figlio di appena otto anni, s’ innamora di una che potrebbe essere sua madre, che in una storia diversa da questa, scritta non so da chi, potrebbe diventare la futura regina di Francia.


È quasi certo che governerebbe meglio dell’attuale sovrana, né svuoterebbe i forzieri reali per far costruire ameni villaggi campestri, dove mettere caprette, galline e deliziosi anatroccoli, - manco fosse Haidi - ma evitiamo eccessivi voli pindarici e restiamo al ballo presente.
 
Il conte svedese, rapito da quelle iridi… celesti forse, ma non ne è sicuro… hanno una sfumatura strana…  balla con lei tutta la sera.
La misteriosa contessa lo trascina nel vortice della danza, praticamente lo guida lei, come fosse un cavaliere, e danzando... danzando... escono dal salone e arrivano alla fontana nel parco della reggia.
 
Un altro déjà-vu, questa volta, da parte della contessa…

È già stata sul bordo di quella fontana, e ricorda fin troppo bene che piangeva.

Non è bello far piangere una signora, soprattutto se la signora se la lega al dito.
 
Al conte gira la testa, si sente mancare le forze, vorrebbe scivolare sul bordo della fontana, ma lei lo trattiene, lo avvince tra le braccia più forti di quelle di un uomo...
 
E finalmente, sempre troppo tardi, lui la riconosce...
Errare è umano, ma perseverare è diabolico. Oppure è da Fersen.
 
“Non posso crederci... non è possibile... ma voi siete...” sussurra, quasi senza fiato e poca fantasia, perché si ripete sempre.
 
“Sì, sono io, Hans. Il vostro 'migliore amico'. – E la contessa sottolinea con perfida ironia quella definizione. - Sono qui per la mia vendetta; il mio André, il mio migliore amico, l'uomo della mia vita, che io amavo è morto a Parigi, sotto l'assalto della folla, e voi mi avete impedito di salvarlo, bloccandomi in quel vicolo. Non potrò mai perdonarvi.”
 
E la bella vampira - che non è le Chevalier D’Eon, lo avrete capito - cala sulla gola del conte.
 
Sta per morderlo, ma si blocca all’improvviso, sentendosi osservata.
 
In realtà, André non è morto - su, smettetela di piangere - e impedisce lo scempio appena in tempo.
 
Aveva visto tutta la scena, nascosto tra gli invitati al gran ballo, e aveva seguito la strana coppia fin lì.

Se l’era anche un po’ goduta, alla faccia di Fersen.
La fermo, o la lascio fare?
Un dubbio amletico lo aveva colto.
 
Lasciala fare, così ci liberiamo di questa palla al piede, una volta per tutte, direbbe l’autrice che sta scrivendo questa raccolta di follia delirante, dopo essersi fumata, non si sa bene cosa...

Chi l’ha visto, e se l’hai visto, non lo dire…
Alla fine, aveva prevalso il suo lato buono. Di certo, più buono dell’autrice.
 
“Fermati Oscar, rifodera i canini e non fare pazzie.”

Per la sorpresa, la contessa molla Fersen a terra come un sacco di patate, prima di volare con gioia come una donna innamorata, tra le braccia del suo André, per fortuna vivo e con la vista che farebbe invidia a quella di un’aquila.
 
****
 
 
No, Oscar e Fersen non riesco a metterli insieme neppure per scherzo... restiamo nel campo del semiserio… Vi è piaciuta questa insolita versione del ballo?
Perdonatemi la pazzia di aver fatto Oscar versione vampiro…
Come sempre, grazie per aver risparmiato i pomodori.

Due note sul racconto precedente 'Anime gemelle o anime nere?'; fa velatamente riferimento a una fiction presente su un altro sito, di genere yaoi che io non leggo quasi mai.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Il segreto del principe ***


Il segreto del principe

 
 
La storia che state per leggere è un crossover, per ora l’unico di questa raccolta; penso che il personaggio sia conosciuto ai più, ma vi rimando alle mie note in fondo. Buona lettura.

 
***
 
 
La principessa Maria Antonietta sbadigliava dalla noia: la petulante madame Noailles le stava ricordando le severe - pallose - regole dell’etichetta, in previsione dell’imminente visita di un importante ospite straniero.
“Vostra Altezza, l’incontro col principe che avverrà tra due giorni è molto importante. Si tratta di una visita per rafforzare i rapporti tra la Francia e il regno di Silverland, e il vostro comportamento Altezza, quale futura regina di Francia, dovrà essere ineccepibile.”
Maria Antonietta, imperterrita continuava a sbadigliare, infischiandosene di quello che le diceva la dama di compagnia – di cui avrebbe fatto volentieri a meno – non prestando alcuna attenzione agli ammorbanti ammonimenti della nobildonna.
Pensava solo al prossimo ballo in maschera e a giocare a moscacieca con le dame nel giardino, eventualmente quale vestito indossare per far morire d’invidia la contessa Du Barry.
Trovava oltremodo divertenti le fughe precipitose della contessa in preda al furore, che al suo passaggio tra sale e corridoi di palazzo, buttava giù busti e statue di marmo come fossero birilli; ispirata come un’artista della burla, la capricciosa principessa stava pensando di inventare il gioco ‘Butta giù la Du Barry’, così alla contessa sarebbero saltati i nervi del tutto, con gran pena per Luigi XV.
Il povero reuccio, per nascondersi e sfuggire alle insistenti lamentele della sua amante, avrebbe dovuto trasferirsi alla corte dell’austera Maria Teresa, che da brava bigotta attenta alla morale e al buoncostume, lo avrebbe fatto sorvegliare a vista, neanche fosse stato recluso in un convento di clausura.

Maria Antonietta, per fingere di prestare ascolto alla guardiana dell’etichetta, le stava chiedendo che aspetto avesse il principe in visita a Versailles, particolare che le interessava più di tutto il resto.
“Mi hanno detto che il principe Zaffiro ha circa la vostra età ed è un bel giovanotto moro dall’aspetto delicato, con gli occhi azzurri, provetto cavaliere di gran fascino e portamento, coraggioso e ardimentoso.”
Accidenti che descrizione accattivante!
All’improvviso, la principessa sgranò i grandi occhioni celesti e si fece attenta; i giovani le interessavano più dei vecchi parrucconi di Versailles, che a suo dire puzzavano di stantio, evitava per quanto poteva e prendeva in giro senza ritegno, con gran disappunto di Madama Etichetta, e questo principe Zaffiro – il nome di pietra preziosa la faceva un po’ sorridere – se era giovane e bello, magari non sarebbe stato così noioso come temeva.

Arrivò il giorno tanto atteso dell’incontro.

Tutta Versailles era bardata a festa e Maria Antonietta era bardata pure lei in pompa magna, per far colpo sul bel principe, o almeno sperava fosse tale, non avendolo mai visto prima.
Il principe Zaffiro fece il suo ingresso solenne nella Sala degli Specchi con tutti gli onori del caso. Re Luigi XV, la principessa Maria Antonietta e il suo goffo e pingue consorte, attendevano insieme ai loro dignitari all’estremità della grande sala.
Tutti gli occhi dei cortigiani erano puntati con curiosità sul giovane principe, un ragazzo magro dal passo sicuro ed elegante, mantello e spada al fianco, con gli occhi scintillanti e i riccioli scuri, neri come il carbone – sporco e troppo plebeo – neri come le ali di un corvo, definizione più nobile.

Maria Antonietta estasiata come e più della prima volta che aveva visto Oscar, seguì il giovane principe con lo sguardo, affascinata e rapita da tanta avvenenza.
Il giovanotto era più bello di quanto avesse immaginato.

Lanciò un’occhiata sconsolata al timido Luigi accanto a lei, e non poté evitare una smorfia di disappunto, rammaricandosi che le fosse toccato in sorte un tipo tanto anonimo.
Perché non poteva avere per marito, un bel ragazzo come quel principe Zaffiro, che sventolando il grande cappello piumato, la stava salutando con un profondo inchino, in quell’istante?!
“Sono il principe Zaffiro, del regno di Silverland. Sono felice di fare la vostra conoscenza Altezza Reale, e spero che tra i nostri regni possa fiorire una solida amicizia.”

Fantastico!

Era anche simpatico, gentile e aveva un sorriso disarmante; Maria Antonietta batté le mani entusiasta, e nell’impeto del momento, con supremo orrore della Contessa Etichetta, si lanciò verso il principe afferrandogli le mani, che erano forti, ma morbide e affusolate come quelle di una ragazza.

Le parve evidente che il bel Zaffiro curava molto il suo aspetto e faceva buon uso di cosmetici.
 
Anche il Capitano Oscar e André, stavano assistendo alla scena, ed entrambi, André in particolare, avevano notato qualcosa di… ambiguo.
Un po’ per deformazione professionale, a lui certi dettagli, anche se minimi, non sfuggivano.
 
Nelle settimane seguenti, la Delfina fece amicizia con il giovane principe, e come Oscar ebbe modo di notare, non si preoccupò affatto di nascondere la sua evidente simpatia che aveva tutte le sembianze di una vera e propria infatuazione.

L’impetuoso, impulsivo, giovane cuore di Maria Antonietta iniziava a palpitare d’ amore per il bel principe Zaffiro.

Non crediate che la principessa abbia tradito la memoria del conte di Fersen; semplicemente lo svedese non è ancora comparso sulla scena francese.
Sarà da qualche parte in Europa a studiare Epicuro, o farà educazione sessuale guardando i mosaici porno degli antichi romani, non è dato sapere, e per chi scrive è l’ultimo dei pensieri.

Oscar, come al solito, verso la principessa era più apprensiva di una madre coi suoi figli. Naturalmente André se n’era accorto, come pure di altre cose.
“La principessa è una persona troppo limpida nei sentimenti: si sta innamorando del principe Zaffiro, e anche lui pare avere simpatia per lei. Mi piace il principe, mi sembra una persona corretta, ma è un tipo strano…”

Ad André veniva un po’ da ridere per i timori dell’amica; era sorprendente, ma neppure così tanto, che non avesse capito nulla.
La prese in giro, in maniera bonaria.
“È curioso sai, che tu non abbia riconosciuto chi è come te: vedi Oscar, in realtà, il principe Zaffiro è una principessa… ed è anche piuttosto carina…” rivelò tranquillo, gustandosi divertito la reazione di lei, che lo guardava come se fosse diventato pazzo.
André doveva avere in testa una gran confusione sessuale, se scambiava gli uomini per donne, e Oscar si trovò a pensare che la loro costante vicinanza, gli facesse più male che bene.
Ribaltò del tutto il proprio pensiero, dubitando di sé stessa e del suo spirito d’osservazione, quando Zaffiro in persona, le confidò in via riservata il suo clamoroso segreto.
La nostra Oscar aveva sempre pensato di esser unica al mondo.
“Vi prego, madamigella Oscar, dite alla principessa Maria Antonietta che mi dispiace non averle detto la verità; chiedo a lei come a voi, in nome della nostra amicizia, di mantenere il segreto sulla mia identità, per il bene del regno di Silverland.”

Fu grande la delusione della Delfina di Francia.
Eppure, se si innamorava e si sentiva attratta da donne che si vestivano da uomo, c’era forse un motivo.
Così, Maria Antonietta si convinse seriamente di avere tendenze saffiche, finché un anno dopo a Parigi, per disgrazia prima sua, poi di Oscar e André, incontrò il famigerato conte svedese; non era travestito da donna, ma s’innamorò di lui al primo sguardo.

La futura regina di Francia sospettò di essere bisessuale…

Meglio non dirlo a madame Noailles.
 
****
 
 
Un crossover che mi ha stuzzicata, per una storia forse meno assurda di altre.
‘La principessa Zaffiro’, eroina che ha certamente ispirato la figura della nostra Oscar, manga di Osamu Tezuka, che sto pensando di recuperare; è stato trasposto anche in anime, un ricordo piacevole della mia infanzia.
Come sempre, grazie.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** La vera storia della nascita di Rosalie ***


La vera storia della nascita di Rosalie

 
 
Volete sapere la vera storia della nascita di Rosalie? Ve la racconto io.
Non è quella che ci ha tramandato mamma Ikeda, no.
Le cose sono andate decisamente in un altro modo.
Visto la simpatia di cui gode la fanciulla, ribattezzata salice piangente, per la propensione fastidiosa al pianto, - c’è chi si chiede come abbia fatto Oscar a sopportarla per anni - qualcuna tra voi dirà di no, ma per amore della verità, ho deciso di sollevare questo velo scandaloso.

La madre, quella str… ehm, nobildonna che si chiama Martin Gabriel, è nota a tutti; all’epoca dei fatti era ancora una candida quindicenne, - se mai lo è stata - non ancora fidanzata con il conte di Polignac, né aveva messo le sue grinfie sull’ingenua, annoiata Regina di Francia.
La Polastron, così si chiamava all’epoca, - nome che è già tutto un programma - aveva messo gli occhi su uno dei partiti migliori e più blasonati di Francia.

La ragazzina, in virtù dei suoi occhi viola ammaliatori – la nostra contessina assomigliava a Liz Taylor – aveva già quelle particolari attitudini che avrebbe sviluppato in sommo grado con la maturità, dopo il matrimonio con quel tontolone del conte di Polignac; intrigo, manipolazione, raggiro e circonvenzione d’incapace, indubbia capacità di trarre profitto dalla generosità degli imbecilli, erano talenti innati in lei.

Impara l’arte dell’adulazione e usala, le diceva la madre, da cui la figlioletta aveva preso tutte le migliori qualità.

Solo che la polla non aveva messo gli occhi su un pollo, come aveva sperato in un primo momento, tutt’altro; piuttosto, aveva puntato un rapace, che dell’intrigo con delitto perfetto avrebbe fatto la sua arte negli anni futuri, al punto che avrebbe potuto insegnarle i segreti del mestiere.

Volete sapere chi era questo nobile galantuomo?

Sì…?

Perfetto, ma lasciate che vi dia qualche indizio su di lui, prima di svelarvi il suo nome. Ebbene, il giovanotto in questione era un venticinquenne dal fascino ambiguo e oscuro, con un numero imprecisato di amanti di cui si stancava nello spazio di qualche settimana… ed era un membro della famiglia reale!

In linea di sangue, se fossero morti tutti gli eredi diretti alla successione, figli e nipoti compresi, il nostro uomo era ed è di fatto, un potenziale erede alla Corona di Francia, cosa cui ambisce da quando era nella culla - ma senza il fioretto.

Non sorprenderebbe se la scaltra giovinetta, avesse messo nel conto anche questa possibilità, quando ebbe l’ardire di avvicinarlo, con la speranza di diventare una futura Pompadour, duchessa, o meglio ancora una regina – e se la rivoluzione avesse ghigliottinato lei, non sarebbe dispiaciuto a nessuno.

Invece, le cronache vogliono che la Jolanda Martina Gabriella sia morta esule di crepacuore, ma in pochi ci credono.

L’incontro tra i due avvenne a Parigi, in occasione di una visita che fece con i genitori alla residenza della famiglia del ragazzo. In effetti, il tentativo dei Polastron era far fidanzare la figlioletta con la famiglia ducale, insomma buon sangue non mente.

Ebbene, costui era il giovane Luis Philippe D’Orleans, il cugino di Luigi Augusto, il futuro Re di Francia.

Sì, avete capito bene.

Si trattava di quella carogna viscida del giovane Duca D’Orleans.

Lui è il vero padre della nostra piagnona Rosalie; si spiega così il motivo di tanto cordoglio, bisogna capirla.
Che disgrazia di genitori che le è capitata in sorte, uno peggio dell’altro; piangerei anch’io se mi ritrovassi per madre una venditrice di figlie e per padre, un potenziale serial killer, ma torniamo alla vicenda della nascita di Rosalie.

Joland Martine Gabrielle manifestò la sua disponibilità senza usare il suo repertorio di soprano, e Philippe, che non aveva i problemi fisici del cugino, ne approfittò per sedurre la Pollastron e se la portò a letto.

Iniziò così la loro turbolenta relazione segreta.

Joland era davvero innamorata, il suo cuore bruciava d’amore e desiderio – corpo, cuore, anima e moneta - per questo giovane, che giurava di ricambiare i suoi sentimenti, e diceva di volerla sposare.

Ora, pensare a d’Orleans che giura eterno amore a chicchessia è inverosimile quanto Maria Antonietta innamorata folle del Cardinale di Rouen.
Naturalmente erano tutte balle, ma la polla ci cascò con tutte le scarpe, i fiocchi e la crinolina.

Il giovane duca non ci pensava nemmeno a convolare a nozze, preferendo restare uccel di bosco e divertirsi passando di fiore in fiore.
Inoltre, insieme al suo compare di merende il Duca di Germaine, - che già faceva il tiro al bersaglio con gli straccioni di Parigi - era ed è un frequentatore di bordelli d’alto bordo abituale.

L’idea di sposare D’Orléans mandò la contessina al settimo cielo, convinta di essersi sistemata per la vita.
Non avrò mai problemi di soldi, pensava tutta contenta, con gli occhi che le brillavano d’euforia. Aveva fatto i conti senza quella serpe del duca.

La relazione andò avanti per un po’ di tempo, i due giovani si lasciarono travolgere dalla passione amorosa, finché Joland non si accorse di essere incinta.
E qui, la maschera di innamorato di Philippe cadde definitivamente: quando lei, angosciata per il possibile scandalo si appellò alle sue false promesse, lui rivelò il gran cialtrone che era.
“Non posso essere sicuro che sia mio figlio, quello che portate in grembo, per questo non ho nessuna intenzione di sposarvi. Liberatevene o fate quel che volete, non m’interessa.”

Tipico di un vero gentiluomo, eh?

A nulla servirono i pianti disperati e supplichevoli della giovane arrivista: D’Orléans non era di cuore tenero come Maria Antonietta, a cui quelle stesse lacrime da grande attrice di teatro, avrebbero fatto aprire i cordoni della borsa.

Il duca stanco di lei, troncò e non volle più vederla.

Bisogna dire che questa gatta morta – ma definirla così è un insulto al mio gatto, molto più simpatico di lei - non si meritava niente altro.

La bimba illegittima – la nostra piagnona Rosalie, lei sì, che si meritava qualcosa di più… e in fondo, non le andrà poi tanto male – fu affidata alle cure di un’altra povera disgraziata, una cameriera alle dipendenze di un altro nobile, una certa Nicole Lamorielle, che aveva già una bocca da sfamare, pure quella illegittima e futura sciagura per madre, sorella e quanti avranno a che fare con lei, regina compresa.
 
È passato qualche anno, la Contessa di Polignac è diventata meno polla e ha fatto una gran carriera a corte, diventando la favorita della regina Maria Antonietta.
Con l’esperienza dell’età ha messo a frutto le sue arti e da brava ruffiana, ha ottenuto onori e incarichi per i suoi parenti, tutti ministri di qualcosa; la Regina per lei, ha inventato i ministeri su misura, la conta dei cigni del parco, o quello della sartoria reale.

Le entrate, ma di più le uscite vanno giustificate in qualche maniera, no?

Quando capita che a Versailles, lo sguardo della contessa incroci quello del subdolo cugino del Re, i due degni compari si guardano come fossero cane e gatto, ma da bravi falsoni ipocriti, si sorridono a trentadue denti e fingono di non essersi mai conosciuti.

Segretamente, ancora si domandano cosa avrebbero potuto fare insieme, se fossero rimasti alleati e amanti. Un’ occasione perduta e una disgrazia in meno.
Per la disperazione, perfino Rosalie si sarebbe suicidata, idea che farebbe esultare le detrattrici della piagnona.
Avrebbero puntato al potere e al trono, e la contessa avrebbe dato la figlioletta Charlotte in sposa al primo sovrano depravato disponibile, fosse stato pure un tagliatore di teste come Enrico VIII d’ Inghilterra.

Di tutta questa storia, la cosa davvero incredibile, che suscita sconcerto e meraviglia è un’altra; come da queste due serpi velenose, sia venuta fuori una fanciulla dolce come Rosalie è un vero mistero.

È proprio vero che dal letame nascono i fiori… o i salici piangenti.
 
 
****
 
Altro delirio, altra coppia improbabile, ma neppure poi tanto; una cosa in comune, di sicuro hanno questi due personaggi, l’ambizione verso il potere e il raggiungimento dei loro interessi personali. Assurda pure la nascita di Rosalie da due così.
Non è un racconto molto in tema pasquale, non saprei neppure quale potrebbe essere tra quelli proposti qui, ma è un modo per augurarvi una Pasqua serena, e una bella Pasquetta… a casa.
Auguri e grazie, come sempre.

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Capitolo 7
*** L'amica immaginaria ***


L’ amica immaginaria

 
 
Il principino Joseph era stanco di stare a letto.
Era ancora più stanco di essere malaticcio e debole; i medici con quelle loro parrucche grigie e polverose, parlavano una lingua astrusa che lui non capiva, e che nessuno gli spiegava.

Carie vertebrale, così chiamavano la sua malattia.

La carie era quella cosa nera che veniva ai denti, e Joseph non avrebbe mai immaginato che la carie venisse anche in altre parti del corpo.
Lui era il figlio del Re di Francia; l’erede al trono non si ammalava come gli altri bambini, che prendevano malattie più banali, come gli orecchioni, la varicella o il raffreddore.

La sua era una malattia più importante, era una malattia da nobili!

Nell’immobilità del suo lettino decorato di preziosi pizzi e vezzosi fiocchi, scatenava la sua galoppante fantasia di bambino, e immaginava le ossa del suo corpo annerite come i denti guasti.
Forse aveva mangiato troppe caramelle e bignè alla panna. La nutrice lo rimproverava sempre per quello.
Pensò che per guarire, doveva solo smettere di mangiare dolci, quelli che la sua nobilissima madre, la bella regina di Francia, gli concedeva con più abbondanza da quando si era ammalato.

Anche stare male aveva i suoi vantaggi, dopotutto.
 
Ancora meno capiva perché quella malattia lo obbligasse a restare a letto come un invalido.
Come tutti i bambini della sua età, voleva correre nel giardino della reggia, inseguire le libellule, catturare le farfalle, - tendenza presa dalla madre che da ragazzina si divertiva nello stesso modo - e giocare a palla con un amico.
Magari, andare a cavallo con la bellissima madamigella Oscar, il biondo ex-comandante delle Guardie Reali.

Lui di amici non ne aveva molti, anzi, non ne aveva affatto; solo una sorella maggiore vanesia e assai viziata, interessata solo alle sue bambole – che non assomigliavano neppure a Oscar - con cui non giocava mai e un fratello più piccolo che lo adorava.
E aveva un amore che gli riempiva il suo piccolo e giovane cuore: il biondo ardimentoso comandante citato sopra.
Era bella madamigella Oscar.

Era bella anche se indossava l’uniforme militare. - Lui non poteva saperlo, ma André aveva pensato la stessa cosa infinite volte. - Era talmente bella, che come una fata delle fiabe, aveva invaso i suoi pensieri di bambino, e la sognava di notte, correre veloce con i capelli al vento, in groppa al suo cavallo bianco.

Il principino aveva fretta di crescere per una sola ragione.
“Aspettatemi, quando sarò grande e robusto, io vi sposerò, madamigella; avete la promessa del Futuro Re di Francia.”

Era stata una dichiarazione solenne, in piena regola, e Oscar, fosse vissuta altri cent’anni, non avrebbe mai trovato un pretendente altrettanto serio… eccetto André, è ovvio.
Ma sì, mettiamoci anche Girodelle.
Ne ha lasciati di cuori infranti la nostra Oscar! A tutti un bel due di picche…
Chissà quelli che non sappiamo, per non parlare di quelle dame con gli occhi a cuoricino che per anni, hanno creduto davvero che fosse un uomo.
Ma torniamo al nostro tenero principino.

Joseph stava indugiando nei suoi pensieri di bambino innamorato, quando si accorse della ragazzina che lo stava osservando, nascosta dietro la tenda della sua camera.
Ne fu sorpreso, era sicuro di non averla mai vista prima.
Ma chi l’aveva fatta entrare? E perché era lì, di fronte a lui? Stava giocando a nascondino con qualcuno?
Dall’aspetto sembrava più grande, doveva avere solo pochi anni più di lui; gli occhi erano grandi e azzurri e i capelli, lisci e biondi, un po’ scarmigliati, scendevano oltre la schiena.
Appuntata al petto acerbo, una superba rosa bianca.

Non aveva l’aria di una cameriera; indossava un vestito di seta, elegante come quelli da sera che portava sua madre, però sembrava sciupato, sporco in più punti.

La ragazzina doveva aver giocato per ore nell’ erba per ridursi così, una cosa che lui non faceva da tanto tempo. Era scivolata oltre la tenda e si era avvicinata al suo letto. Il principino notò che aveva una scarpetta sola, l’altra doveva averla persa in giardino.
“Capisco che vi piaccia, ma non potete sposare madamigella Oscar…” obbiettò la ragazzina, e ne aveva di ragioni.

Insomma, Oscar viene già considerata un’icona gay, un’assurdità se pensiamo che nella sua vita s’innamora di due uomini, - uno di troppo - non sia mai che qualche zelante ottuso censore, preoccupato dello sviluppo socio-culturale dei giovani virgulti, accusi la nostra eroina di ammiccare alla pedofilia. (*)

La fanciulla aveva parlato all’improvviso, tanto che Joseph ebbe un sussulto. Come si permetteva questa strana sconosciuta di dire una cosa simile a lui, il futuro Re di Francia?
Che confidenze che si prendeva.
La guardò meglio, sporgendosi un poco sul cuscino e notò il grosso livido violaceo che aveva vicino alla tempia. Offendeva i bei lineamenti ancora un po' infantili e si chiese come se lo fosse fatto.
Lei parve leggergli nel pensiero.
“Sono caduta dal tetto…”

Che risposta assurda, quella ragazzina era una bugiarda spudorata. Un petalo della rosa che aveva appuntata al petto cadde sulle lenzuola e sparì nel bianco.
“Vi fa male?” Chiese il principe, sinceramente preoccupato per quella misteriosa creatura che adesso gli sorrideva con aria serena.
“No, non più. Sapete Altezza, anche a me piace Oscar, ne fui innamorata: è buona, gentile e affascinante, ma è troppo grande per voi. Come amica del cuore, non potrei andarvi bene io?”
Joseph sgranò gli occhi e si aprì in un largo sorriso, mentre la fanciulla proseguiva con la sua curiosa richiesta.
“Potremmo giocare sempre insieme… conosco un giardino meraviglioso, e lì, potremo correre felici a perdifiato. Sono certa che vi piacerebbe, è pieno di farfalle colorate che riempiono il cielo e luci gentili. E potremo anche andare a cavallo tra le stelle…”
E Joseph vide quella strana ragazzina battere le mani con autentico entusiasmo. Come poteva esistere un giardino più bello e meraviglioso di quello della sua casa, la reggia di Versailles?
O stava raccontando un’altra bugia, oppure era pazza.
Caddero altri petali della rosa.
In fondo, gli era simpatica e per quanto fosse un po’ bizzarra, gli piaceva. Perché non assecondarla nelle sue strane fantasie?
“Va bene. Allora, vi prometto che quando starò meglio e potrò alzarmi da questo letto, verrò con voi. Siete contenta?”
“Sì, molto. Vi ringrazio, principe.”
A quel punto, la strana ragazzina lo salutò e tornò verso la tenda dove era apparsa poco prima.
“Andate già via? Siete appena arrivata…”
Ne fu rattristato. Per un istante, lei si voltò a guardarlo, prima di sparire dietro la pesante tenda della sua camera.
“Non posso restare a lungo, ma non siate triste; ora siamo buoni amici, e vi prometto che tornerò presto a trovarvi…”
La tenda oscillò un secondo, si sentì un fruscio come le pieghe di un ventaglio che si apriva, poi tutto fu immobilità e silenzio.

Il principe restò solo per pochi minuti, un po’ sorpreso ed emozionato.

La porta della camera si aprì: entrò la governante con un vassoio su cui c’erano un bicchiere pieno di latte e un piatto di biscotti.
Avrebbe voluto dividerli con la sua strana amica.
La donna appoggiò tutto sul tavolino accanto, prima di rivolgersi al principe con le solite frasi di circostanza. Restò stupita quando Joseph le raccontò con eccitazione del suo strano incontro, e si allarmò quando il bambino le chiese di avvicinarsi alla tenda per verificare che la sua amica fosse ancora lì.

“Altezza, non c’è nessuno dietro la tenda, vedete? – Disse la governante, spostando un lembo di tessuto, sperando che si calmasse. - Forse avete fatto un sogno e vi siete spaventato. Bevete il vostro latte, vi sentirete meglio.”
Quindi, la saggia donna volse lo sguardo a terra, accanto alla tenda.
“Qualcuno ha cambiato i fiori; faccio togliere questi petali di rose dal pavimento.”
Il principe Joseph, con quella consapevolezza che possono avere solo i bambini, sapeva che non era stato un sogno.
La sua curiosa amica immaginaria esisteva e sarebbe tornata a trovarlo, e lo avrebbe portato con sé, a giocare felice nel suo bel giardino incantato pieno di luce e fiori profumati.
 
*****
 
Qui sono scivolata di nuovo nel fantasy.
Scrivere un racconto divertente che vede protagonista il povero principe Joseph è veramente difficile, se non quasi impossibile. Troppo triste e tragica la sua storia, anche se nella sua disgrazia è stato più fortunato dei suoi famigliari.
È venuto fuori un racconto più malinconico, ma spero almeno un po’ venato di leggerezza. Avete capito chi è la misteriosa ragazzina, vero?
 
(*) Per le censure, a parte quelle ignobili attuate a suo tempo dalle reti Mediaset, qui ho preso spunto da certe dichiarazioni che lessi, in merito all'anime di Sailor Moon, che in verità non ho mai visto; secondo qualche teoria delirante dovrebbe deviare le inclinazioni sessuali dei più giovani.

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Capitolo 8
*** Una donna forte per Victor ***


Una donna forte per Victor
 

 
Victor de Girodelle, consumato uomo di mondo – ma solo quello aristocratico di cui faceva parte - credeva di essere avvezzo a tutto, immune a qualsiasi turbamento; soprattutto, pensava che la sua segreta ammirazione per Oscar, non potesse essere offuscata da niente.
Invece, erano bastati due grandi occhi azzurri, limpidi come un lago di montagna a far traballare tutte le sue certezze.

Il suo temporale emotivo l’aveva sorpreso e travolto a corte, forse in un paio di occasioni, sempre accompagnata da madamigella Oscar.
La prima volta che aveva visto il colonnello delle Guardie Reali presentarsi a corte in compagnia di una fanciulla sconosciuta, era rimasto notevolmente spiazzato.
Più che altro era stato il ruolo di Oscar, per lui inconsueto, a turbarlo.
Tutrice della giovane parente, così si era definita a chi chiedeva notizie della frequentazione a Palazzo Jarhayes, di quella fanciulla.
Una giovane timida e delicata, bionda con due occhi azzurri, luminosi come il cielo estivo, dove parevano riflettersi tutte le mille luci del giorno, pronti a offuscarsi di sdegno e rabbia impensabili in un simile sguardo innocente.

Girava voce che la gentile e tanto onesta fanciulla, in preda ad un raptus convulso, avesse preso a ventagliate violente le guance della viziata, antipatica – anche a lui – contessina di Polignac, rampolla arrogante di quella sanguisuga della madre, che si era attaccata alle tasche della regina Maria Antonietta.

Tutto gli era stato raccontato da un’amica, vecchia fiamma presente al fattaccio; l’aneddoto lo aveva talmente divertito che Girodelle si trovò a provare un moto di autentica simpatia per questa temeraria parente di madamigella Oscar, che aveva osato offendere un tale personaggio.

Il gesto poteva essere considerato volgare e di cattivo gusto, ma lui non riusciva a considerarlo tale; piuttosto, gli pareva l’indizio di un carattere deciso, pronto al contrattacco. Insomma, il sangue non mente, e la fanciulla pareva una degna parente del colonnello Oscar, e Victor si sentiva affascinato dalle donne forti, come dimostrava la sua ammirazione per il biondo colonnello delle Guardie Reali.

Tutto ciò che riguardava quella ragazza, aveva iniziato a suscitare il suo interesse e curiosità, convinto che si trattasse di una giovane molto diversa dalle solite damine svenevoli e maliziosette che infestavano la corte in cerca dei migliori partiti da accalappiare.
Ne sapeva qualcosa, lui; aveva già dovuto schivare con abilità consumata, acrobazie, tatto e diplomazia, varie giovani e meno giovani pretendenti, alcune decisamente attempate anche per lui.
Pratica divertente, giocare a fare il rubacuori, almeno all’inizio, ma a lungo andare seccante.
Dopo Oscar, si disse, non poteva esserci soggetto più interessante da conoscere, e magari corteggiare.
Fu proprio quest’ultimo pensiero a mandarlo in ambasce, come se avesse dovuto chiedere la mano alla figlia del suo diretto comandante. In effetti, era un po’ quella la situazione.

Così eviterà di dichiararsi ad Oscar per ricevere uno spietato due di picche.
Ma come fare ad avvicinare la fanciulla, e soprattutto, come presentarsi a Oscar? Con che intenzioni? Come convincerla della propria buona fede?
Avvicinarla era l’ultimo dei problemi, poteva farlo a corte, magari approfittando proprio della presenza sulla scena di Oscar.
E così fece il risoluto Victor.
In occasione di un gran ballo a Versailles, dove per fortuna non aveva fatto la sua comparsa l’odiosa contessa di Polignac – altrimenti, altro che ventagli, sarebbero volati i coltelli, tutti in direzione della contessa – Girodelle avvicinò la delicata fanciulla, accompagnata come sempre da madamigella Oscar.
“Comandante, scusate il mio ardire, vorrei avere l’onore di essere presentato alla vostra deliziosa protetta.”
“Ma certo tenente Girodelle. Questa fanciulla si chiama Rosalie Lamorielle, e vi ringrazio per l’interesse che le dimostrate.”
Così Victor e Rosalie ballarono insieme tutta la serata, scatenando l’invidia e la curiosità di tutte le pretendenti del bel conte Di Girodelle, che per la prima volta dimostrava un palese interesse verso una ragazza che non aveva neppure cercato di civettare con lui.

Nelle settimane successive, a qualsiasi ballo Rosalie mettesse piede, scatenava sempre la gelosia di chi la vedeva comparire ora con Oscar, ora con Girodelle.
Invidia a cui Rosalie opponeva sempre una decisa e battagliera opposizione, armata del suo minaccioso ventaglio, con cui zittiva immediatamente qualunque cattiveria sul nascere.
“Incredibile! Questa contadinotta rissosa si prende sempre i partiti migliori! Quale sarà il suo segreto?” fu l’ennesimo commento maligno della piccola Polignac, che badò bene di non farsi udire dalla lanciatrice di ventagli, appurato che non sbagliava mai un colpo.
Di sicuro, avrebbe avuto la carriera assicurata in un circo. Semmai un giorno, avesse dovuto lasciare Palazzo Jarjayes, avrebbe trovato di che sopravvivere dignitosamente.
Nell’ordine, aveva già colpito e affondato pretendenti di Oscar, sia maschi che femmine, dame pettegole e bugiarde che la calunniavano dicendola invaghita della sua generosa benefattrice, damine varie che ronzavano intorno al tenente belli capelli.
Tante erano le dame a corte, che avrebbero avuto bisogno di una sventagliata sul muso, ma Rosalie per rispetto di Oscar e amore di Girodelle, qualche volta si tratteneva dall’esternare il suo caratterino collerico. Piangeva soltanto, quando qualcuno chiedeva di sua madre; in quel caso, ovunque fosse, di fronte a chiunque, esplodeva in un pianto isterico e imbarazzante che metteva in fuga il malcapitato di turno.
Era anche un modo per sbarazzarsi di certi pretendenti indesiderati, infatti qualche volta piangeva a comando, ma non ditelo in giro.
Era incredibile quanto piangesse in certe circostanze, non c’era verso di consolarla; smetteva di colpo solo se qualcuno la derideva definendola piagnona o salice piangente, allora esplodeva la collera a cui seguiva il lancio dell’arma contundente, o qualunque altra cosa fosse a portata di mano, una bambola, un busto di marmo di Luigi XV, un vaso di fiori (la Du Barry insegna).
A corte ormai era stata indetta perfino una lotteria e scommettevano su chi sarebbe stato il futuro bersaglio della piccola Rosalie: quello più quotato era quel fetente del Duca di Germaine. Rosalie quando per caso incontrava il nobilastro lungo i corridoi di palazzo, ripensava al piccolo Pierre colpito a morte, e le prudevano le mani.
Girodelle, ormai innamorato di questa fanciulla dolce eppure energica, prese a frequentare la dimora di Oscar, come pretendente della sua protetta; quando scoprì che la giovane aveva anche imparato l’arte della scherma, con fervente entusiasmo si offrì di allenarsi con lei, comprendendo finalmente cosa provava André quotidianamente.
Solo che Rosalie non era Oscar; con la spada non era brava come col ventaglio, quindi Victor vinceva facile, il che era un toccasana per il suo orgoglio maschile, ma da vero gentiluomo, non le faceva mai pesare la cosa.
Fu in una di queste occasioni, dopo l’ennesimo gioioso duello, in cui Rosalie finiva sempre a mollo nella fontana, che il tenente finalmente si dichiarò.
“Rosalie, io vorrei misurarmi con voi per il resto dei miei giorni. Volete concedermi la vostra mano e diventare mia moglie? Pensate a quanti duelli potremmo fare insieme, e state tranquilla: per amor vostro mi lascerei sconfiggere.”
Così Rosalie e Victor si fidanzarono, mentre Oscar poté tirare un sospiro di sollievo; oltre ad evitare l’imbarazzo di rifiutare un uomo a cui avrebbe dato ordini per molti anni ancora, Rosalie avrebbe smesso di allenarsi per sfidare a colpi di ventaglio (quello che usano i guerrieri ninja) la madre degenere che l’aveva concepita - con il Duca D’Orleans, ricordate?
 
E Bernard?
 
Beh, lui dovrà mettersi l’anima in pace, in fondo gli abbiamo evitato una grana; per lui c’è sempre Diane, sicuramente piange di meno, non lancia ventagli, né nasconde coltelli sotto le gonne. Dovrà solo stare attento a non far incavolare il fratello. Uomo avvisato.
 

*****

 
Ecco qui, un’altra delle mie storie assurde. Scusate l’enorme ritardo, ma proprio non ne volevo sapere di scrivere.
Come sempre spero di avervi divertito almeno un po’. Un saluto a tutti.

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Capitolo 9
*** Alain incontra qualcuno a Palazzo Jarjayes ***


9 - Alain incontra qualcuno a Palazzo Jarjayes
 

 
 
Alain non era abituato a frequentare i palazzi dei nobili, né tantomeno i loro giardini, ma vi si trovò costretto, dovendo aspettare il suo comandante.
Era strano che madamigella Oscar non lo avesse potuto ricevere; non era solita far aspettare i suoi uomini, chissà cosa diavolo la stava trattenendo.
Doveva essere qualche bizzarria da nobile; in fondo, per quanto fosse diversa, era un’aristocratica anche lei.
Alain preferì non interrogarsi troppo, consapevole che le donne, nobili o contadine che fossero, facevano sempre aspettare, una massima che evidentemente valeva anche per il suo comandante, sperò solo di non doverlo fare a lungo.
Doveva passare il tempo in qualche modo, quindi decise di concedersi due passi all’esterno della villa, nel giardino sul retro.
Non c’era nessuno in giro in quel momento e lui poteva permettersi di curiosare un po’ nei paraggi. Un’occasione come quella, quando gli ricapitava?! Alla prima occhiata, tra fontane di marmo e siepi di bosso che delimitavano lo spazio, emise un gran fischio di approvazione e compiacimento. Era tutto ben curato e tenuto, si aspettava di trovarci pure i cigni, i pavoni e le anatre, chissà se poteva prenderne una da vendere al mercato nero! Tanto, se lo prendevano, poi interveniva lei! Già immaginava la sua faccia di disappunto.
Quanto ci avrebbe guadagnato! O magari, fare arrosto uno di quei volatili, sarebbe stata una leccornia. Il pavone in salmì in effetti non lo aveva mai mangiato, chissà se gli aristocratici erano bizzarri anche in questo.

Accidenti André, allora è qui che sei cresciuto!? Pensò ammirato, infilandosi le mani in tasca e guardandosi attorno. -  Decisamente meglio dei bassifondi di Parigi. Lì, al massimo ci trovi piccioni e topi.

E lui sapeva di certi poveracci che si erano mangiati anche quelli.
Si inoltrò lungo uno dei vialetti che portavano in prossimità di un roseto, percorse un breve tratto immerso nel verde del luogo, tra il profumo delle rose che aleggiava nell’aria. Non erano fiori che si vedevano abitualmente a Parigi, e perfino Alain ne ammirò la bellezza.
Stava osservando le rose lungo la siepe, quando si accorse della presenza della ragazza.
Non si era proprio aspettato di incontrare qualcuno, meno che mai di genere femminile, e mentalmente si diede dell’idiota.
Che scocciatura.
Adesso avrebbe dovuto anche giustificare la sua presenza di fronte ad una perfetta sconosciuta che avanzava tranquilla nella sua direzione.
Lì, quello fuori posto era lui, un soldataccio sudato e sporco in mezzo alle rose di un giardino.
Era certo che si sarebbe spaventata. Avrebbe strillato come una ossessa e si sarebbe data alla fuga.
Già si prefigurava la scena.
 
La fanciulla chissà chi era.
La giovane sembrava assorta nella contemplazione estatica dei nobili fiori; presto si accorse della sua presenza, e la sua reazione fu quanto di più inatteso Alain potesse aspettarsi.
La ragazza si aprì in un sorriso raggiante, come se avesse visto un amico di vecchia data e lo raggiunse quasi correndo.
“Siete un soldato agli ordini di Oscar, non è vero? Un soldato della Guardia come André! – Esclamò rimirandolo da capo a piedi. - Sembrate uno di quei tagliagole descritti in certi romanzi d’avventure!”

Alain non rispose, ma si limitò a fissarla stranito e circospetto.
Era la creatura più bizzarra che avesse mai incontrato in vita sua: una massa impressionante di riccioli rossi più simile alla criniera selvaggia di un leone, le scendeva sulle spalle minute, in un contrasto curioso, mentre sul volto pallido e rotondo, cosparso di un mare di efelidi brillavano due occhi furbi e sorprendentemente svegli, che avevano il colore del sottobosco. (Insomma, immaginatevi Anna dai capelli rossi, adulta e senza le trecce, con una zazzera di capelli tipo Sister Act.)
“Esatto, sono agli ordini del comandante Oscar, il mio nome è Alain. Per servirvi.” Si decise, infine, quasi motteggiandola, esibendosi in una specie di inchino che aveva qualcosa d'irriverente.
“Come siete alto, Alain… - dicendolo, la strana ragazza si era alzata sulle punte dei piedini e aveva sporto la mano verso l’alto come se volesse misurare l’altezza dell’uomo. - Impressionante anche la vostra stazza. Sembrate più grosso di André… e lui non è uno smilzo.”
Ma che faceva quella tipa? Gli prendeva le misure? Veramente strane queste nobili, pensò Alain, vagamente divertito dalla situazione, mentre si chiedeva chi fosse la misteriosa creatura, apparsa dal nulla di fronte a lui.
La fanciulla lo guardava senza il minimo imbarazzo, e aveva portato le mani dietro la schiena. Sembrava più curiosa di una scimmia.
“Bene Alain, io mi chiamo Loulou De la Rolancy; sono la nipote di Madamigella Oscar. Magari André vi ha parlato di me…”
Veramente no, pensò Alain, ma non lo disse.
Lei aveva sorriso di nuovo, come se si aspettasse la sua reazione, di fronte a quella rivelazione sorprendente.
Per un attimo, lui si chiese se non lo stesse prendendo in giro. Per essere la nipote di Oscar, non gli ricordava per nulla il suo biondo comandante, aveva tutta l’aria di un folletto con quell’aria impertinente che la distingueva; chissà, forse era la svitata della famiglia, sicuramente un soggetto originale, pensò, piegando le labbra in uno sorrisetto strafottente.
Che età poteva avere? Forse era coetanea di sua sorella Diane. Magari un paio d’anni in più.
“Se state aspettando mia zia, ne avrete ancora per molto: sta posando per il suo ritratto.” Rivelò la fanciulla con aria maliziosa.
“Posso aspettare…” rispose secco, ormai convinto che la strana tipa lo stesse prendendo per i fondelli. Il comandante non poteva farlo aspettare per un banale ritratto. Doveva esserci qualcosa di più serio, ma quella ragazzina dai capelli a cespuglio non poteva saperlo.
“Come volete. Allora, mentre aspettate mia zia, mi farete compagnia. Siete amico di André, vero? È da tanto che non lo vedo, sapete? Oh, quanto vorrei poterlo incontrare. Credete che potrei venire a trovarlo in caserma?”
Per un istante, Alain immaginò quella bizzarra ragazza fare il suo ingresso in caserma e generare scompiglio; neppure la scoperta del vero sesso del comandante era stata tanto sconvolgente.
Nella mente vedeva le facce stralunate dei suoi compagni, e immaginava i commenti più audaci che l’avrebbero fatta diventare più rossa di quel che già era… o forse no?
“Scusate signorina, ma la caserma non è un luogo adatto ad una fanciulla delicata come voi. – l’apostrofò Alain in tono serio, cercando quasi di metterle paura, impresa che sembrava non troppo semplice. - Il vostro fidanzato non credo che sarebbe contento di sapervi in un posto simile…”
Lei non parve impressionata dal tono saccente del soldato.
“Oh, ma io non ho un fidanzato, non ancora almeno…” puntualizzò Loulou, con ostentazione.
Eppure sembrava in età da marito; doveva essere una creatura così bizzarra che nessuno la voleva in moglie, e ad Alain venne quasi da ridere, ma si trattenne. Non voleva rischiare di offenderla, ignorando le conseguenze. Magari era più suscettibile di un orso appena uscito dal letargo.
“Non vi hanno ancora trovato un marito? Eppure a vostro modo siete graziosa, anche se siete un po’ strana… non scoraggiatevi, troverete qualcuno anche voi…” bofonchiò Alain, senza troppa cura. E lei lo sorprese di nuovo.
“Non sposerò mai un uomo imposto dai miei genitori, ho già rifiutato diversi pretendenti. Erano tutti così noiosi e ottusi. Io sono come mia zia e non mi scoraggio affatto. Io mi sposerò per amore, e sapete chi è l’uomo che vorrei diventasse mio marito?”
Ma perché lui avrebbe dovuto saperlo! Alain per un momento ebbe paura d’indovinarlo…

Beh, amico mio, chiunque tu sia, con le donne non sei per nulla fortunato…                                                                                      

“Non saprei… uno come voi?” Azzardò.
“Vi sembro così ordinaria?”
“No, in effetti…” Capricciosa, magari.
“Ebbene, André è il mio uomo ideale da portare all’altare.”
Questa volta fu Alain a restituirle un sorrisetto malizioso e allusivo.
“Beh, capisco che vi piaccia; André è un bel giovanotto, un potenziale rubacuori, ma credo sia troppo vecchio per voi, madamigella. E non sarebbe l’unico problema…”
“Oh, lo so già, André è sempre stato innamorato di mia zia. – E mosse la mano con noncuranza, come a voler minimizzare. - Ma io non demordo; lo adoravo già da bambina, e la differenza d’età o di classe non mi spaventa. Secondo voi, Alain, potrei conquistarlo?”
“No, direi di no…”
“Oh, diamine, perché mai dite così? Non sono abbastanza carina?” Esclamò un po’ indispettita, esibendo un broncio adorabile e birichino.
“L’avete detto voi, poco fa: André è innamorato di Oscar. E lui è uno di quelli che portano i paraocchi come i cavalli, e se ve lo dico io, potete crederci. Sceglietevi un altro marito, tra i nobili che conoscete ci sarà qualcuno alla vostra altezza…”
“Come se fosse semplice; non ci sono tanti uomini interessanti sulla piazza…”
Doveva darle ragione, tra i nobili perfino lui aveva trovato una pletora di molluschi senza spina dorsale.
“Voi però siete simpatico e possedete un fascino un po’ ruvido, immagino che non siate abituato a sentirvelo dire…”
Questa volta Alain rise di gusto.
“Sono abituato a molto peggio, e voi certo, non incontrate spesso tipi come me.” Le rispose indicando sé stesso con il pollice.
“Questo è vero…- Parve riflettere qualche istante, poi incrociò le braccia di fronte a lui. -  Io vi piaccio, Alain?”
La domanda lo spiazzò; quella ragazzina cespuglio sapeva essere sorprendente quanto i suoi capelli; diretta e sfacciata, avrebbe dato filo da torcere a chiunque. Si chiese come facesse il comandante ad interagire con lei, doveva essere una bella lotta, chissà se andavano d’accordo zia e nipote. Non poteva immaginare due personalità più diverse.
“In che senso?”
“Come donna intendo; io vi piaccio? Mi trovate attraente? Vi autorizzo ad essere sincero, ma non offensivo.”
“Non lo sarei mai… Come vi ho detto, vi trovo graziosa, ma non siete il mio tipo. Sono abituato ad un altro genere di donna…”
“Scommetto che frequentate le prostitute, eh?” Ammiccò Loulou, lanciandogli un’occhiata d’intesa, ma senza mostrarsi scandalizzata.
“Anche le locandiere, le contadine, e la moglie di un mugnaio… siete un bel tipetto, voi, a fare certe domande. Vi hanno educata in maniera strana, come vostra zia del resto… - strane usanze aristocratiche, penso Alain. – O questa stramberia è una vostra caratteristica?”
Loulou si mise a ridere.
“Siete uno spasso, Alain. Mi trovate meno attraente di questo tipo di donne?”
“Siete troppo magra, - disse il soldato, grattandosi il mento - dovete mettere un po’ di ciccia nei punti giusti, agli uomini piace.”
Loulou, un po’ sconsolata, si portò le mani sul petto.
“Dovrei mettere dei fazzoletti nel corsetto, dite? – ma subito, lasciò cadere le braccia, e lanciò ad Alain la sua incredibile richiesta. – Sentite Alain, vorrei concedervi l’onore di baciarmi.”
“Eh?”
“Non ho mai baciato un soldato, e mi piacerebbe provare. Vi andrebbe di darmi un bacio?”
“Avete mai baciato un uomo, ragazzina?”
“Una volta ho baciato mio cugino, un mio coetaneo.”
“Non è la stessa cosa…”
“Voi mi piacete Alain, e io vorrei provare a baciarvi. Vi costa così tanto?”
“A me no, ma voi siete sicura di volere un bacio da me? Credevo vi piacesse André… non vi facevo così volubile.”
“È vero, ma lui... Ho provato a chiedergli un bacio, ma non ne ha voluto sapere…”

André, amico mio, sei proprio un santo… o un idiota.

“Forse se vi baciassi, mi toglierei lui dalla testa, ed è un’esperienza che vorrei provare a fare con voi, Alain.”
In effetti, come scusa non faceva una piega.
In fondo, Alain non aveva nulla da perdere e la cosa poteva rivelarsi piacevole. Tanto valeva accontentare il capriccio di quella stravagante ragazzina, che adesso gli faceva molta tenerezza.
Non poteva esserne sicuro, ma forse, un capriccio non era.
Lei era di fronte a lui, piena di qualche aspettativa; nonostante l’innocente malizia che ostentava, ora le gote pervase da rossore tradivano il suo lieve turbamento.
Lui le cinse la vita – era davvero sottile, tanto che temette di spezzarla – e l’avvicinò a sé, accostando le loro labbra. Per fortuna, quella mattina si era sbarbato. Appena prima di posare la bocca sulla sua, si fermò un istante.
“Volete un bacio passionale?” le chiese in un sussurro.
Lei avvertì un brivido, e lo invitò con un , a cogliere il momento.
Alain cercò di essere dolce e appassionato, voleva che le restasse un bel ricordo di quello che era probabilmente un primo bacio; le accarezzò le labbra e si lasciò accarezzare, mentre Loulou si dimostrò curiosa, vivace, tenera e intraprendente. La ragazzina imparava in fretta.
Quando la lasciò andare, lei scivolò a qualche passo da lui, toccandosi le labbra gonfie con la punta delle dita.
Gli sorrise.
“Alain siete davvero bravo; baciate benissimo. – Poi arrossì vistosamente, e distolse lo sguardo. La frase che aggiunge, Alain non se la sarebbe mai aspettata. - Dovete essere bravo anche a fare tutto il resto…”
Lui piegò le labbra in una smorfia ironica, portando le mani avanti.
“Le lezioni sono finite, madamigella.”
A quel punto, Loulou si voltò in direzione opposta e in uno svolazzo di seta rosa pallido, corse via. Guardò solo un momento indietro, poi alzò una mano per salutarlo con l’ultimo sorriso. Lui era immobile, accanto alla bordatura delle rose, e la osservava con le mani in tasca.
“Arrivederci, Alain! È stato bello incontrarvi, non vi dimenticherò!”
 
Addio ragazzina, è stato bello anche per me… sposa un brav’uomo, mi raccomando.
 

*****

 
Di questo delirio che ne pensate? Non so bene come io abbia partorito questa idea bizzarra. Forse è stata la visione di questa immagine a ispirarmi.

https://www.pinterest.it/pin/746823550702874481/
Loulou de La Rolancy è la nipote di Oscar, figlia della sorella maggiore Hortense, un personaggio che si trova nelle storie gotiche della Ikeda, disegnate con un tratto che a me personalmente non piace troppo; in realtà si tratta di una bambina, vivace, intelligente e piuttosto sveglia, ma qui l’ho immaginata adolescente. Per il finale, per un momento avevo pensato a uno scambio breve di battute tra Alain e Oscar sulla nipote, poi ho cambiato idea e ho lasciato quell'unico pensiero di Alain a chiudere la storia. Un saluto a tutti.
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Un amore infelice per Fersen ***


Un amore infelice per Fersen

 

Per la serie, non tutte le sfighe toccano ad André.
 
 
Il conte di Fersen, nel suo gran tour europeo, tra la Germania, Torino e Napoli, aveva visitato tanti luoghi diversi, imparato diverse lingue e conosciuto presto le gioie dell’amore spirituale e carnale… più carnale a voler ben guardare.
Purtroppo non si era perso nel Regno Sabaudo e neppure in quello delle Due Sicilie come sperava chi scrive, ma era tornato verso il regno di Francia per terminare i suoi studi, e interrompere la quiete – si fa per dire - dei giorni di Maria Antonietta, Oscar, André, Luigi e Girodelle, che non lo faceva vedere, ma non aveva simpatia per lo straniero venuto dal freddo della Svezia.

Sappiamo tutti che il conte s’innamorò al primo sguardo della Delfina di Francia, e lei altrettanto s’innamorò di lui; sappiamo che il nobile svedese faceva strage di cuori tra le dame di palazzo, che gli mandavano lettere d’amore profumate alla lavanda per invitarlo nelle loro alcove.

André invece, - e io pure - gli avrebbe mandato un sacchetto con del repellente per tenerlo lontano da Palazzo Jarjayes.

Lui, che professava l’amore e il sesso libero, non si tirava mai indietro; sappiamo che da vero figlio di… emh, dei fiori, rispettava alla lettera il precetto “fate l’amore con il sapore”, anche se la sua massima preferita era “fate l’amore e non la guerra”, la coerenza fatta a persona visto che deciderà di andare a combattere in America.
Nonostante tanti successi, sparsi a tutte le latitudini e longitudini del pianeta, quello che in pochi sanno è che anche il conte ha fatto esperienza di un amore non corrisposto, e pure non consumato.
 
E che credevate? Che tutte le donne cadessero ai suoi piedi?
Non è assolutamente così.
E sapete chi fu il primo e solo testimone privilegiato di tale insuccesso del nobile svedese?
L’unico che avrebbe potuto scoprirlo e tenere tutto per sé.

Colui che avrebbe diritto di esultare con un po’ di maligna soddisfazione e pensare “in fondo, non siete il dio dell’amore romantico, ma un uomo che prende il due di picche come tutti gli altri comuni mortali”, ossia, il nostro discreto André.

Il conte frequentava la villa del suo amore segreto abitualmente; fu così che André, il gossiparo più affascinante di Versailles, nonché il più informato, scoprì i clamorosi retroscena della frequentazione di Palazzo Jarjayes.

L’amicizia con Oscar, in parte vera, era una scusa, ma non era per duellare con il capitano delle guardie reali, che Fersen frequentava il salotto della sua amica soldato.
Oh, no, lui voleva incontrare un’altra persona, una donna conosciuta a corte e piuttosto nota nell’ambiente, per ovvi motivi, essendo la santa donna che aveva sposato quel pazzo, fanatico dell’onore che era il generale Jarjayes e messo al mondo quella creatura meravigliosa che è Oscar.

Siete sorprese? Scandalizzate?

Il conte ‘fate l’amore con il sapore’ non si è mai fatto problemi sull’età, sapete?
Inoltre, ha la massima fiducia nel detto “gallina vecchia fa buon brodo”, che applica fin dalle prime esperienze amorose alla sua educazione sentimentale; la sua prima volta è stata con un’amica di sua madre… non ditelo però a Madame Von Fersen, convinta di avere un figlio irreprensibile, e un’amica tutta casa e chiesa.
Le donne, da bravo casanova, lui le ama tutte; giovani, mature, sposate, vedove, prostitute, suore di clausura, principesse, imperatrici e regine (una in particolare).
Le uniche che non considera sono le donne soldato; quelle come Oscar, appunto. Gli confondono le idee, facendolo dubitare delle sue naturali inclinazioni da vero maschio dominante, mentre si tormenta sul motivo per cui Dio le abbia fatte nascere donne…

Lo so io: per permettere a lui di sparare certe castronerie.

Ma di Oscar ce n’è una sola, e per fortuna, Fersen non la considera neppure una donna. Che delicatezza, eh?
D'altronde stiamo parlando di Fersen, l’uomo più sveglio dell’emisfero boreale.

Così, il nostro bel conte ha preso a considerare sua madre, Madame Jarjayes. Ancora prima di incontrarla, si è invaghito della sua nobile bellezza muliebre, dopo averla vista ritratta in un quadro, posto nel salotto della villa.
Amore a prima vista. Folgorato come San Paolo sulla via di Damasco.

Quando si dice, gli strani casi della vita; il quadro della signora prima era appeso nella camera di Oscar (vi ricordate quello che contempla madamigella nella prima puntata dell’anime? Proprio quello!) e in tali circostanze Fersen non avrebbe mai potuto vederlo, non avendo libero accesso alla stanza privata di Oscar (e vorrei ben vedere! Per fare cosa, poi? Nel santuario della rosa bianca di Versailles, solo André può entrare.)

Così, un pomeriggio, Fersen si è presentato a Palazzo come l’idraulico di una nota pubblicità.

“Buonaseeeraa.” (Cit.)

Al saluto, André ha cambiato espressione.

Con la scusa di attendere Oscar di ritorno da Versailles, si è fermato a prendere un tè nel salotto di Palazzo Jarjayes, in compagnia di Madame Marguerite, che da brava padrona di casa, voleva conversare e conoscere meglio uno dei pochi amici della figlia che le sia capitato di incontrare, di fatto l’unico che lei abbia, se escludiamo André.
Anche per Madame Marguerite quella era una novità; era conscia che l’ultimogenita non avesse mai legato con nessun appartenente alla sua casta, ma solo con il nipote della sua governante, e questa asocialità di Oscar verso i giovani aristocratici come lei, un po’ la preoccupava.

E di pomeriggi a prendere il tè, ne erano seguiti molti altri, tra il conte e Marguerite, e lui si era ritrovato invaghito e suggestionato dalla sua dolcezza e delicatezza d’animo, dalle attenzioni che aveva per la figlia soldato e le parole di rispetto per il marito.

“Mi fa davvero piacere che Oscar abbia un amico sincero come voi. André è un caro ragazzo, ma penso che sia importante per mia figlia avere amicizie nell’ambito della sua cerchia, tra coloro che sono come lei. Temevo che non sarebbe mai successo. Vi prego di essere un buon amico per mia figlia.”

“Voi siete davvero una madre dolcissima per Oscar; siete una donna stupenda, il generale vostro marito, è un uomo fortunato ad avervi al suo fianco. Ah, io potrei innamorarmi di una donna come voi, sapete?”

Madame Jarjayes sorrideva con aria bonaria, dietro il suo ventaglio, e con la classe che le era propria, smorzava i facili entusiasmi del giovane straniero, giudicandolo un po’ facilone, ma tutto sommato non una cattiva persona.

“Ma cosa dite? Vi piace scherzare, vero? Potrei essere vostra madre…”

“Vi adorerei come madre, come moglie, come compagna di vita. Siete il mio ideale di donna, madame. E siete bellissima: avete il fascino della saggezza e dell’esperienza…” esclamava con impeto, trattenendole le mani, mentre la contessa cercava di sottrarsi ai suoi assalti.

“Ora smettetela con tali sciocchezze; ci sono tante giovinette che farebbero più al caso vostro, conte di Fersen. Sono certa che un giorno troverete una moglie degna di voi.”
 
In effetti, Madame Jarjayes, di fronte a certi approcci e complimenti tanto diretti del giovanotto, iniziò a pensare che ci fosse del vero dietro i pettegolezzi che riguardavano il conte, definito da qualcuno come un uomo un po’ troppo disinvolto col gentil sesso.
Così la signora, un poco preoccupata per le insistenze del conte, che le faceva regali quasi ogni giorno, fiori, letture, essenze rare e preziose, perfino qualche gioiello che lei rifiutava, confidò alla governante, la nonna di André, il disagio che le creava ricevere simili attenzioni da un uomo, sì di bell’aspetto e di nobili natali, ma tanto giovane che poteva essere suo figlio.
Guai se il generale lo fosse venuto a sapere, o peggio ancora sua figlia Oscar, sempre così inflessibile e integerrima. Già la vedeva estrarre la spada per sfidarlo a duello e farlo a fette, immaginava perfino le parole.

“Come osate? Il vostro atteggiamento libertino lo giudico un grave affronto alla mia nobile madre. E io che vi credevo diverso dagli altri nobili! Difendetevi, laverò l’onore di mia madre col vostro sangue!”

Come da copione, André si sarebbe messo in mezzo per fermarla dall’accoppare il libertino, salvo poi pentirsene dopo qualche anno. (nda. André, ogni tanto, va a gossipare da un'altra parte.)
 
Un giorno, il nostro conte-idraulico, si presentò a Palazzo, recando l’ennesimo regalo, pensato per l’oggetto dei suoi desideri, che non aveva nessuna intenzione di concedersi; si trattava di un pregiato profumo, fatto produrre da un inquietante profumiere di Parigi… (il serial killer del romanzo di Suskind ossessionato dalle donne coi capelli rossi. A parziale beneficio di Fersen, lui non ha letto il romanzo, dunque non immaginava il disastro in cui ha rischiato di cacciarsi, ma la legge non ammette ignoranza… e a Fersen non si perdona nulla.)
 
Gli avevano assicurato che si trattava di un potente afrodisiaco; la sua innamorata gli sarebbe caduta tra le braccia, senza opporre la minima resistenza. Insomma, una roba da querela.
Anche il conte ogni tanto aveva bisogno di questi mezzucci; mantenere la sua reputazione di ‘idraulico’ latin lover era dura, il Viagra non era stato ancora inventato e il rischio di brutte figure era molto alto, la sua immagine ‘social’ a Versailles sarebbe stata danneggiata.

L’incontro amoroso non ci fu; invece, trovò ad accoglierlo la nonna di André, armata di mestolo, messa in allarme dalle preoccupazioni della padrona di casa, molto in imbarazzo per quelle attenzioni non richieste.
“Giovanotto, smettetela di venire qui, per importunare la mia signora! – disse minacciosa, brandendo l’attrezzo da cucina come un bastone – Siete fortunato se non avviso il padrone, altrimenti vi avrebbe dato lui una bella lezione. E adesso, andatevene!”

“Vi prego, volevo solo porgere i miei omaggi a Madame Jarjayes, ho portato anche un piccolo presente per lei, non c’è nulla di male in questo; sono un buon amico di Oscar e il capitano non avrebbe nulla da obiettare alle mie gentilezze.” Di questo, André non era troppo convinto.

“Siete uno screanzato! Se non ve ne andate subito, giuro che vi picchio!” urlò ancora, la iraconda nonnina. Andrè era con lei e cercava di trattenerla (ma non troppo, in realtà avrebbe voluto liberarla come un rottweiler).

“Nonna calmati. Sono certo che il conte non ha cattive intenzioni, e tu non puoi accogliere un ospite in questa maniera.”

“Sta facendo il cascamorto con la signora, è intollerabile. Che vergogna! Andrè, mandalo via, altrimenti non rispondo di me.”

Così, André fu ben contento a prendere le redini della situazione, e con diplomazia, convinse il conte ad andarsene col suo due di bastoni nella schiena. Fersen non si dette per vinto; credendo di trovare in André un alleato, gli infilò in tasca la sua piccola strategia di conquista, o per restare in tema di carte, asso nella manica.

“Andrè, siamo uomini di mondo. Fate avere a madame questa boccetta di profumo e ditele che verrò a trovarla in un altro momento.” E lasciò Palazzo Jarjayes.

André non diede mai il profumo alla madre di Oscar, se ne dimenticò completamente fino a sera, quando togliendosi la giacca, qualcosa finì a terra rompendosi, spargendo il suo contenuto, un liquido trasparente un po’ oleoso. André lo toccò con le dita, ma non avvertì alcun odore particolare, poi raccolse i pezzi di vetro e parte del liquido gli bagnò le mani, ma non se ne preoccupò.
 
Mezzora più tardi, nella stanza di Oscar successe qualcosa di meraviglioso e incredibile; era andato da lei per portarle la cioccolata, la sua bevanda preferita.
Aveva posato il vassoio sul piccolo tavolo della camera, e Oscar si era avvicinata per prendere la tazza… ma la sua mano aveva cambiato traiettoria, e si era infilata tra i suoi capelli con una carezza… poi gli aveva slacciato il nastro di velluto del codino…
“Che capelli morbidi che hai, André…” Colto di sorpresa, il nostro attendente preferito, non capì più nulla.

Non ricorda come, si era ritrovato sul letto con lei addosso, le loro bocche che si inseguivano e le mani che andavano oltre…
Poi, oltre non posso andare, altrimenti, questo delirio folle, diventerebbe un hentai. Sappiate solo che Oscar e Andrè hanno passato una notte indimenticabile, dandosi alla pazza gioia; che sia merito dell’afrodisiaco, della cioccolata o dell’asso di cuori, non è dato sapere.
 
Fersen tornò di nuovo a cercare la madre di Oscar, ma Marguerite si rifiutò più volte di riceverlo; esasperata, gli fece avere un piccolo biglietto dove, con delicatezza, lo esortava a dimenticarla.
Tale madre, tale figlia quando darà il due di picche a Girodelle.
Fersen si arrese, ma conserva quel biglietto ancora adesso, come un tesoro prezioso.
Del due di picche del conte ne ha goduto solo André, con somma gioia.
 
 
 
****
 
Dopo tanto tempo che non scrivo, torno su EFP per mettere una fine a questa raccolta di deliri, scritti per divertimento in un momento particolare. A questo raccontino, potrebbe seguirne ancora uno conclusivo, con altri due personaggi, vedremo cosa riuscirà a partorire la mia fantasia malata.
Non prendeteli troppo sul serio, questi sono amori inverosimili, storielle che vogliono far sorridere; qui, a prendere in giro Fersen mi sono proprio divertita, non me ne vogliano le sue ammiratrici.
 
"Il profumo" è un bellissimo romanzo di Patrick Suskind, che vi consiglio di leggere, ambientato nel '700

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