Grace and Rain - Zack (Isaac Foster x Reader)

di Nope1233
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia ***
Capitolo 2: *** Unione ***
Capitolo 3: *** Soluzione ***
Capitolo 4: *** Speranza ***
Capitolo 5: *** Forza ***
Capitolo 6: *** Realtà ***
Capitolo 7: *** Partenza ***
Capitolo 8: *** Lontano ***
Capitolo 9: *** Paura ***
Capitolo 10: *** Fuga ***
Capitolo 11: *** Respiro ***
Capitolo 12: *** Pace ***
Capitolo 13: *** Discesa ***



Capitolo 1
*** Pioggia ***


T/N's POV

 

Compresi che era ormai mezzanotte quando udii il pendolo annunciare l'ora dal piano inferiore mentre io, seduta in un angolo tra lo sporco della stanza, osservavo la pioggia cadere oltre la finestra. Non sapevo quantificare quanti giorni erano passati dal mio arrivo in quella casa, ma i pasti che mi erano stati dati dai due proprietari di quella specie di orfanotrofio si potevano contare sulle dita di una mano. Il pensiero che più mi offuscava la mente era riguardo a quanto avessi fame, ma non potevo fare più di tanto purtroppo; entrare anche di nascosto in cucina era assolutamente fuori discussione.

Avevo anche tentato più volte la fuga, ovviamente senza successo e ci avevo guadagnato solo violente percosse da quelli che avrei dovuto chiamare nuovi genitori. Dicevano che i miei zii stavano tentando di tenermi lontana da casa pagando loro una somma fissa ogni mese, cosa che i parenti dei ragazzi che erano finiti in quel posto prima di me non avevano fatto. Mi chiedevo perchè i miei famigliari non avessero dato ordine ai due direttori dell'orfanotrofio di uccidermi direttamente e non riuscivo mai a trovare una risposta soddisfacente.

Persa come ero nei miei pensieri, per poco non mi accorsi della porta di ingresso che veniva aperta e richiusa violentemente seguito da un chiacchiericcio di quelli che riconobbi come la coppia che gestiva l'orfanotrofio, ma udii benissimo oltre ai loro altri passi molto più leggeri.

Iniziarono a salire le scale che conducevano alla soffitta impolverata dove mi trovavo e rimasi immobile al mio posto voltando unicamente lo sguardo nella loro direzione.

Un bambino, che ad occhio e croce aveva la mia stessa età, venne spintonato dall'uomo e cadde rovinosamente a terra. La prima cosa che mi colpì fu il suo corpo: l'interezza della sua pelle era coperta di bende e venni subito incuriosita da questo elemento più che particolare.

"Fate i bravi, voi due. Non voglio sentire un fiato." disse l'uomo con tono seccato prima di scendere nuovamente le scale e sparire al piano inferiore.

Cadde il silenzio e riuscii ad udire dei leggerissimi singhiozzi provenire dal corpo del ragazzino ancora tremante riverso sul pavimento freddo. Mi avvicinai a lui lentamente non volendo spaventarlo e per quegli interminabili secondi parve non accorgersi di me. Gli sfiorai la spalla ed il bambino si ritrasse scattando seduto ed avvicinando la schiena al muro mentre un forte terrore gli segnava il volto.

"Ehy..." dissi cercando di usare il tono più rassicurante possibile. "Va tutto bene. Non voglio farti del male. Come ti chiami?"

I suoi occhi scesero lungo tutto il mio corpo, probabilmente per assicurarsi che quello che avevo appena detto fosse vero, poi con mio enorme piacere notai che con il passare dei secondi il suo respiro si stava man mano regolarizzando.

"I-Isaac...Mi chiamo Isaac." disse asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

"Io sono T/N. Mi dispiace davvero molto che tu sia finito qui."

Il bambino non rispose e pensai che fosse meglio lasciargli il suo spazio, così mi rimisi a sedere al mio posto e tornai ad osservare oltre la finestra.

Passarono svariati minuti mentre saltuariamente buttavo l'occhio verso Isaac per vedere come stesse e notai che sul suo viso prendeva forma un'espressione sempre più seria, come se avesse preso consapevolezza di quello che stava succedendo e della sua impotenza al riguardo.

Entrambi trasalimmo quando udimmo chiaramente la porta del piano inferiore aprirsi ed il bambino scattò in piedi allontanandosi dalle scale e posizionandosi al mio fianco.

Non udimmo parola, solo un tonfo dovuto a qualcosa che cadeva a terra dall'altra parte della stanza e la porta chiudersi nuovamente.

Sapevo cosa voleva dire quel suono e mi avvicinai alla zona dove si era sentito il rumore per controllare. Un pezzo di pane poggiava sulle assi del pavimento e lo raccolsi avvicinandomi al ragazzo.

"Temo che questa sia la nostra cena." dissi.

Gli occhi di Isaac passarono più volte tra i miei e il pezzo di pane e compresi immediatamente quello che il suo sguardo voleva trasmettermi. Strappai un angolino della pagnotta e porsi al bambino la restante parte.

"Tieni, è tutto per te." dissi sforzando un sorriso. "A me basta questo."

Isaac non se lo fece ripetere due volte e mi strappò il pane di mano per poi darmi le spalle ed iniziare a divorarlo selvaggiamente, pareva che anche lui non mangiasse da giorni. Tornai a sedermi a terra e deglutii il mio misero pasto mentre osservavo quel bambino così sofferente ingurgitare la restante parte della pagnotta.

Passarono i giorni e riuscii man mano a conoscere meglio quel bambino tanto pragmatico, potrei osare dicendo che diventammo addirittura amici. Escluso il giorno del suo arrivo, io e Isaac dividemmo equamente il cibo ed iniziammo a dormire uno di fianco all'altro per scaldarci durante le freddi notti in quella soffitta. Ad entrambi toccarono i lavori più ingrati in quelle lunghe giornate; tagliare la legna, tirare a lucido i pavimenti, il bagno ed ordinare ogni angolo della casa e del magazzino. Se venivamo scoperti a non lavorare, a lamentarci o anche solo a parlare tra noi venivamo immediatamente percossi e riportati all'ordine.

Man mano che il tempo passava, sentivo che dentro di me stavano iniziando a dissolversi un'infinità di sentimenti e ricordi che erano riusciti a tenermi in vita fino a quel giorno e me ne preoccupai. Non volevo farmi inghiottire da quell'oscurità invadente che, ogni volta che arrivavo sul punto di piangere, mi gridava che non importava, che dovevo lasciar andare ogni tipo di sentire in modo da poter continuare quanto meno a respirare. Ma non era quello che volevo, sapevo che la vita poteva essere molto più di quello.

Vivere in quella casa era un incubo, ma la sofferenza più grande era essere costretta ad osservare quel bambino così gracile dover subire tanta violenza. Ogni volta che veniva usato, umiliato e picchiato era come se qualcosa dentro di lui si spezzasse sparendo nel nulla; non potevo che soffrirne per questo.

Durante una di quelle lunghe giornate avevo guadagnato una profonda ferita sulla fronte dopo essere stata spintonata contro lo spigolo di un mobile da colei che avrei dovuto chiamare madre dopo che si era accorta che non avevo pulito a dovere un angolo del bagno. Avevo subito provato a rimediare al mio errore ma la donna non era comunque riuscita a perdonarmi e venni sbattuta nella soffitta senza aver modo di mangiare l'unico pasto decente che ci era stato promesso quella stessa mattina.

Piansi tanto, non tanto per il dolore fisico ma per quello dovuto all'umiliazione e all'impotenza. Non avevo idea di come gestire quella situazione, nè tanto meno di come uscirne.

Dopo parecchi minuti udii la porta aprirsi e dei passi leggeri salire le scale. Mi asciugai le lacrime in fretta e furia e, una volta alzato lo sguardo, vidi Isaac osservarmi con aria apatica fermo all'inizio dei gradini e con un secchio d'acqua stretto tra le mani.

"E-Ehy!" dissi ostentando un sorriso. "N-Non hanno picchiato anche te, vero?"

Il bambino non proferì parola e si avvicinò a me per poi inginocchiarsi a terra. Mise poi le mani in tasca e ne tirò fuori una manciata di biscotti mezzi sbriciolati porgendomeli.

"E' tutto quello che sono riuscito a rubare." disse a testa bassa. "Ti chiedo scusa..."

"C-Cosa stai dicendo...? E'...E' un gesto bellissimo. Grazie, Isaac. Ma credo dovremmo dividerceli, non trovi?"

"No. Mi hanno dato da mangiare una manciata di riso. Sono a posto." concluse aprendomi a forza le mani e riversandoci i biscotti.

"S-Sicuro?"

"Si..." sospirò iniziando a rimuovere un capo delle bende dal suo polso.

"Cosa stai facendo? Ti hanno fatto del male?" domandai preoccupata da quel gesto che non gli avevo mai visto fare.

"Mangia." ordinò con un tono particolarmente amorevole mentre continuava a rimuovere i bendaggi intorno al suo braccio segnato da gravi ustioni.

Eseguii timidamente il suo ordine e lo osservai per cercare di capire cosa stesse per fare. Una volta che guadagnò alcuni centimetri di stoffa bianca dal suo polso la strappò con i denti, poi riversò dell'acqua in una ciotola e ci lavò le bende. 

Tenendo la mano a conca, mi versai sulla lingua quello che rimaneva delle ultime briciole di biscotti e Isaac si avvicinò ancora di più per poi tirare fuori le bende dall'acqua e strizzarle con forza. Rimasi sorpresa ed un piccolo brivido di dolore mi percorse la spina dorsale quando il bambino pose i bendaggi umidi sopra la mia ferita sulla fronte e pian piano mi cinse la testa in una medicazione quasi perfetta.

"I-Isaac..." biascicai. "N-Non dovevi..."

"Non voglio che stai male. E' brutto vederti piangere." rispose abbassando lo sguardo.

Un qualche tipo di interruttore scattò nel mio petto arrivando a stringermi la gola fino a farmi mancare il respiro.

"I-...Isaac..." sussurrai non riuscendo ad impedire alle lacrime di rigarmi il volto.

Fu talmente istintivo da terrorizzarmi e rilassarmi allo stesso tempo: posai la testa sul suo petto senza pensarci troppo iniziando a piangere a dirotto tentando comunque di limitare il rumore temendo di essere ripresa dai gestori dell'orfanotrofio. 

"S-Scusami...Scusami tanto..." singhiozzai.

Il ragazzino si irrigidì, ma poi abbassò la testa e lo sentii espirare contro i miei capelli.

"Non preoccuparti." disse con tono pacato. "Sei sempre stata buona con me."

Solo in quel momento mi resi conto che fino ad allora avevo provato un forte senso di solitudine e per la prima volta da quando avevo messo piede in quella casa avevo dato il via libera alle lacrime e al dolore che mi portavo dentro. Allo stesso tempo era rasserenata dalla presenza di Isaac e realizzai che non ero più sola a combattere contro quei demoni.

Insieme ci saremmo liberati da quell'incubo, ne ero più che certa.

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Capitolo 2
*** Unione ***


T/N's POV

 

Isaac attese infiniti minuti prima che io riuscissi a sfogarmi completamente e solo quando alzai la testa dal suo petto si mise in piedi per andare a gettare silenziosamente fuori dalla finestra l'acqua in cui aveva lavato le bende. Mi asciugai il viso umido dal pianto e bevvi un sorso d'acqua dal secchio dato il deserto che sentivo di avere sulle labbra.

Il bambino nel frattempo si sdraiò nell'area del pavimento adibita a letto, dove solo uno spesso strato di fogli di giornale divideva i nostri corpi dall'umido delle assi di legno e si coprì con la nostra unica coperta. Io feci lo stesso ed Isaac mi diede le spalle non proferendo parola.

"Grazie..." dissi osservando il soffitto. "Grazie di tutto."

Il bambino si strinse nelle spalle ma rimase fedele al suo silenzio. Sospirai e cominciai a sperare di riuscire a prendere sonno il prima possibile in modo da poter dimenticare quella pessima giornata.

"T/N?" mi chiamò Isaac.

"Si?"

"Tu...Tu conosci qualche storia?" 

Mi intenerii per quella domanda dove finalmente riuscivo ad intravedere quel bambino dimostrare la sua vera età. Eravamo stati costretti a crescere troppo in fretta.

"Uhm...Vediamo un pò..." sospirai mettendomi seduta e cercando di ripescare nella mia memoria qualcosa che potesse essere utile allo scopo. Non venendomi in mente nulla decisi di improvvisare. "Si! Ne ho una! Vuoi che te la racconti?"

"Se ti va..." rispose continuando a darmi le spalle.

"Allora. Questa storia parla di un ragazzo mooolto particolare! Quando era piccolo era davvero un frignone, sai? La sua famiglia era davvero molto ricca, ma aveva paura di tutto e tutti e veniva preso in giro dagli abitanti del paese che gli facevano una marea di scherzi. Il bambino non era contento di essere così pauroso, ma non poteva farci nulla, era più forte di lui! Al confine del paese si trovava un bosco magico dove si diceva che vivessero una marea di bestie fatate ed un giorno uno di quegli esseri gli fece visita. Gli disse che se il bambino gli avesse donato una moneta d'oro appartenente alla sua famiglia lo avrebbe reso super coraggioso ed invincibile."

"Come si chiamava il bambino?" domandò Isaac.

Non mi aspettavo una domanda del genere e, dato che stavo inventando tutto di sana pianta, dissi il primo nome che mi venne in mente.

"Z-Zack. Si chiamava Zack!" risposi. "Ma se non ti piace possiamo chiamarlo in un altro modo!"

"No, mi piace. Vai pure avanti." 

"O-Ok..." dissi per poi schiarirmi la voce. "Il piccolo Zack allora pensò che fosse un patto più che fattibile. In fondo cos'è una moneta in cambio del coraggio e della forza? Così accettò. Senza farsi vedere prese una moneta dai risparmi dei genitori e la portò all'essere fatato che però, appena prese il pezzo d'oro tra le dita, fece uno strano ghigno inquietante e scoppiò a ridere. Disse al bambino che aveva creduto così facilmente alla sua bugia che non riusciva a crederci nemmeno lui e Zack si sentì umiliato e preso in giro. Cercò di riprendere la moneta, ma il demone rapì l'anima dei suoi genitori e fuggì nel bosco lasciando il bambino nella più completa disperazione."

Lanciai un'occhiata ad Isaac credendo che si fosse addormentato, ma poco dopo lo vidi voltarsi verso di me con aria interrogativa, così ripresi a parlare. 

"Ehm...Dato che era ancora piccolo, Zack non sapeva come fare e tentò di chiedere aiuto agli altri abitanti del villaggio che però gli diedero del bugiardo e gli addossarono la colpa della morte dei suoi genitori. Fu in quel momento che il bambino si rese conto di quanto le bugie fossero davvero orrende quando superavano il limite di non ritorno e solo quando i soldi ed il cibo in casa finirono iniziò a vagare per il paese elemosinando dato che nessuno voleva nemmeno dargli un lavoro. Il piccolo Zack non si era mai sentito così solo ed era stata tutta colpa di una stupida bugia e della sua ingenuità. Gli anni passarono e dentro di lui iniziò a nascere un forte desiderio di vendetta."

Isaac si mise seduto e protese la testa nella mia direzione come se fosse parecchio interessato al mio racconto. Ne fui felice ed ero decisa a dare un degno finale a quella storia.

"Allora iniziò ad allenarsi duramente e divenne un ottimo spadaccino, ma che dico, il migliore! Così quando crebbe abbastanza e si sentii finalmente pronto partì alla volta del bosco fatato alla ricerca del demone che gli aveva rovinato la vita. Ma non sapeva ancora che la strada sarebbe stata lunga e piena di imprevisti ed infatti dovette battersi con tutta la forza che aveva per sconfiggere i sudditi del cattivo che gli ostacolavano la strada. Anche il suo carattere cambiò e man mano che proseguiva nel suo percorso iniziò a non aver paura di niente affrontando ogni ostacolo con un enorme sorriso rabbioso sulle labbra. Tutto il bosco lo conosceva per la fama che si era costruito in quei combattimenti e lo temeva parecchio! Infatti quando giunse finalmente al cospetto del demone anche lui nel suo profondo aveva paura di Zack. Infatti cercò di convincere il ragazzo dicendo che alla fine aveva ottenuto quello che voleva, era diventato forte e coraggioso e quindi aveva mantenuto la sua promessa. Ma Zack sapeva bene che non era stato grazie al demone che aveva guadagnato la sua forza, ma era stato lui stesso a scegliere la strada da intraprendere. Se lui non avesse scelto di essere forte non sarebbe cambiato nulla e così, alla fine del combattimento contro il demone, mentre quest'ultimo era a terra invocando pietà, le ultime parole che udì dalle labbra del bambino ormai cresciuto a cui aveva osato mentire furono -odio le bugie-. Dopo di che Zack lo trafisse da parte a parte con la sua spada. Il ragazzo non tornò più al villaggio, ma iniziò a vagare per il mondo sconfiggendo ogni demone che si parava sulla sua strada e che osava mentirgli così divenne il più famoso e coraggioso spadaccino della sua epoca mentre il suo nome veniva tramandato dai racconti di tutto il mondo."

Mi resi conto che era una storia parecchio banale e che probabilmente aveva annoiato Isaac. Mi voltai nella sua direzione e notai subito i suoi occhi ancora ben aperti su di me mentre la sua testa viaggiava chiaramente altrove.

"Isaac? Tutto bene?" lo chiamai muovendo una mano nella sua direzione ed il bambino si risvegliò dalla sua trance.

"Nessuno mi aveva mai raccontato una storia." disse abbassando il volto e nascondendolo dietro alle ginocchia che finora aveva stretto contro il petto. "E'...E' una bella sensazione."

"Capisco cosa intendi." sorrisi.

"Posso farti una domanda, T/N?"

"Certamente."

"Come si riconosce un demone?" domandò alzando la testa ed osservandomi con aria apatica.

"Ehm...I mostri e i demoni non esistono, Isaac."

"Ne sei sicura?"

In quel momento nei suoi occhi non riuscivo a vedere niente. Non un emozione, non un barlume di luce neanche celato in profondità.

"Beh, anche se esistessero noi dobbiamo essere come Zack." dissi portando un pugno al petto e imitando una forzata espressione impavida. "E dobbiamo superare ogni ostacolo come farebbe lui, cioè senza avere paura."

Il bambino perse qualche secondo ad osservarmi per poi abbassare lo sguardo e coricarsi sotto alla coperta.

"Giusto..." mormorò.

Mi sdraiai anche io e rimasi ad osservare la sua schiena per qualche istante. Mi era sembrato parecchio fragile in quel momento e avrei voluto abbracciarlo per farlo sentire al sicuro, ma mi trattenni; nei giorni appena trascorsi avevo capito che non amava particolarmente il contatto fisico.

"Buonanotte, Isaac." dissi.

"Notte..."

Così chiusi gli occhi e senza che me ne accorgessi mi addormentai riuscendo a dimenticare almeno per qualche ora quella terribile e eterna giornata.

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Capitolo 3
*** Soluzione ***


ISAAC FOSTER's POV

 

Aprii gli occhi data la forte luce proveniente dall'unica finestra presente in quella polverosa soffitta e la prima cosa che udii furono dei lievi colpi tosse provenire da T/N, così mi voltai nella sua direzione per vedere come stesse.

Notai subito che il suo volto era particolarmente arrossato ed leggero strato di sudore le imperlava il viso. Mi stranii del fatto che potesse avere caldo, l'estate era già passata da un pezzo e in quella soffitta di notte faceva tanto freddo da far condensare il respiro.

Piegai la testa di lato mentre pensavo alla possibile causa e la chiamai per svegliarla ma non ottenni risposta. Le toccai una spalla e dissi nuovamente il suo nome, ma non accennò ad aprire gli occhi. 

Iniziai a preoccuparmi. Lei era l'unica persona su cui facevo affidamento, l'unico mio appiglio nella mia pessima situazione. Quando riuscivo ad essere totalmente onesto con me stesso mi rendevo conto che l'incontro con lei era stata l'unica cosa bella da quando avevo avuto la maledizione di nascere. Non riuscivo ad immaginare come sarei stato in quella dannata casa senza di lei. 

"Svegliatevi! Si torna a lavoro, vi voglio di sotto entro cinque minuti!" gridò l'uomo bussando con forza dal piano inferiore.

Mi inginocchiai iniziando a scuotere T/N con forza continuando a chiamarla e fortunatamente poco dopo la vidi aprire gli occhi vitrei per poi posarli su di me.

"Isaac...Che succede?" mormorò.

"Il tizio ha detto di alzarci. Va...Va tutto bene?"

"C-Certo..." disse mettendosi seduta e mostrandomi un sorriso forzato.

Qualcosa dentro di me mi informò che stava mentendo, non stava andando tutto bene.

"Perchè mi dici le bugie?" domandai.

La bambina trasalii e si passò una mano tra i capelli.

"H-Hai ragione...In effetti non mi sento molto bene." rispose. "Ma posso comunque lavorare, non preoccuparti."

"Sicura?"

"Certo! Stai tranquillo." concluse alzandosi e mostrandomi quel suo solito sorriso di circostanza.

"Va bene..." sospirai.

Dopo esserci alzati bevemmo entrambi un pò d'acqua dal secchio e ci dirigemmo al piano inferiore per le prime consegne della giornata. Quando la donna ci si parò davanti, notai subito che i suoi occhi caddero sulla medicazione che avevo fatto a T/N la sera prima ma fortunatamente non disse nulla al riguardo.

Ci ordinarono di andare a finire il lavoro con la catasta di legna ed eseguimmo l'ordine dirigendoci al magazzino a testa bassa. Io tagliavo i ceppi mentre T/N li metteva al loro posto sulla piramide già ordinata all'interno del capanno. 

La bambina era stranamente taciturna e me ne stupii dato che di solito una qualche frase d'incoraggiamento me la diceva sempre e, nonostante non le avessi mai risposto, mi accorsi che mi mancavano parecchio. La mattinata passò in fretta e dato che eravamo stati veloci e che con assoluta certezza avremmo finito il nostro compito entro la giornata, venimmo premiati con una manciata di riso in bianco. Mangiammo entrambi con foga per poi essere rimandati subito a lavoro, ma mentre ci dirigevamo verso al capanno notai che T/N ansimava parecchio.

"Va...Va tutto bene?" domandai.

"S-Si...Tranquillo." rispose afferrando dei ceppi rimasti a terra ed iniziando a portarli nel magazzino.

Era strana. Non l'avevo mai vista così apatica e rimasi ad osservarla mentre entrava nel capanno. Sospirai e mi voltai per riprendere il mio lavoro ma sentii un forte tonfo alle mie spalle. 

Riportato lo sguardo su T/N, la vidi a terra circondata dai ceppi che fino a pochi secondi prima stava tenendo tra le braccia ed un fortissimo brivido mi percorse la schiena. Corsi nella sua direzione e la voltai chiamandola e scuotendola con forza, ma non riuscii a svegliarla. 

Gridai il suo nome con tutto il fiato che avevo in corpo e così tante volte che i due tizi della casa corsero a controllare cosa stesse succedendo. L'uomo mi afferrò per una spalla e mi spinse lontano da T/N per poi soffermarsi a guardarla.

"Cosa è successo?" domandò furiosa la donna.

"C-Credo che non si senta bene!" gridai spaventato.

"Tutte scuse." sorrise malevolo l'uomo. "Lo fa solo per non lavorare."

"N-No! Non è così!"sbottai cercando di riavvicinarmi a T/N, ma venni nuovamente spintonato e caddi a terra.

L'uomo, che puzzava tremendamente di alcool, iniziò a colpirla con forti schiaffi per farla svegliare mentre io venivo trattenuto dalla donna e non potevo fare altro che sentirmi impotente. Vedere quella bambina così buona con me riversa sul pavimento costretta a subire le violenze di quell'uomo schifoso mi dava il volta stomaco e cercai di dimenarmi il più possibile per liberarmi ed allontanarlo da lei, ma ogni mio tentativo fu vano.

Nel frattempo T/N aprì gli occhi e cercò di scansarsi dalle percosse dell'uomo che però non accennava a lasciarla andare.

"Direi che è abbastanza." disse la donna alle mie spalle e finalmente la bambina riuscì a liberarsi per poi cercare di allontanarsi strisciando mentre ansimava e si contorceva per il dolore. "Isaac, porta T/N di sopra a sdraiarsi e poi torna a finire il lavoro. Subito."

Corsi da T/N e cinsi un suo braccio intorno al mio collo per aiutarla a camminare per poi accompagnarla alla soffitta. Vedere il suo volto stretto dal dolore mi donò una forte fitta al cuore e nella mia testa mille pensieri presero il sopravvento.

Era giusto che tutto questo accadesse? Lei era una bambina così buona, perchè avrebbe dovuto meritarsi tutto questo? Ma soprattutto, potevo io fare qualcosa per liberare sia me che lei da questo problema? Percepivo chiaramente che il mio pensiero aveva dei limiti, come se la risposta giusta si trovasse dall'altro lato di un muro che non potevo superare in quel preciso istante nonostante lo volessi fin nel profondo.

Giungemmo in soffitta ed aiutai T/N a sdraiarsi e, alzando lo sguardo verso la finestra, notai che il cielo stava cominciando a rannuvolarsi. 

"G-Grazie..." mormorò la bambina portando la mia attenzione su di lei.

"Mi avevi detto che andava tutto bene." dissi. "Perchè continui a dirmi bugie?"

"Ci sono...Ci sono bugie e bugie, Isaac. Non volevo farti preoccupare. Ti chiedo scusa." 

"Ma a me puoi dirlo...Voglio che tu mi dica la verità, quindi non mentirmi più. Neanche su queste cose."

"V-Va bene..." biascicò.

"Di cosa hai bisogno per stare bene?" domandai sperando di trovare una soluzione alla mia portata.

"Medicine, ma non credo che i due te le daranno tanto facilmente." 

"Non preoccuparti di questo." conclusi alzandomi. "Riposati." 

Uscii dalla stanza e mi diressi verso il capanno per concludere il lavoro mentre il cielo diventava man mano sempre più grigio e una leggera brezza muoveva la chioma degli alberi intorno alla casa.

Per tutto il pomeriggio la mia mente vagò alla ricerca di un modo di ottenere le medicine per T/N, ma non giunsi a nessuna risposta soddisfacente. Mi maledii per questo, soprattutto perchè non riuscivo a fare a meno di sentirmi uno stupido.

Giunse la sera e venni chiamato in cucina per svolgere l'ultimo compito della giornata. Avrei dovuto scavare una buca in giardino e seppellire un sacco nero abbastanza pesante di cui non conoscevo il contenuto. Iniziai a scavare davanti alla finestra che dava sul salotto sotto l'occhio vigile della donna che però dopo qualche minuto se ne andò, probabilmente per il freddo pungente di quella sera. Scavai per infiniti minuti quando con mia sorpresa la punta della vanga andò a colpire qualcosa di duro nascosto sotto al terreno. Non riuscii subito ad identificarlo, ma osservando meglio scoprii che si trattava di un teschio umano. Capii quello che era successo ai predecessori miei e di T/N e, non so bene perchè, ma non ne rimasi colpito. 

Quando però realizzai che se non avessi fatto qualcosa quelle ossa sarebbero potute essere le sue un brivido mi percorse la schiena. Non doveva succedere.

I due adulti andarono a dormire e spensero le luci del salotto, così entrai all'interno della casa. Ad ogni mio passo sporcavo il pavimento di fango ed in quel momento la cosa non mi importava: l'immagine di T/N senza vita mi perseguitava e la mia impotenza al riguardo mi feriva sempre di più ogni secondo che passava. Sentivo però di essere tremendamente vicino alla soluzione finale ed i miei occhi vagarono per il salotto alla ricerca della risposta alle mie domande. Durante i giorni precedenti avevo visto l'uomo guardare qualcosa di strano in televisione, un qualcosa che mi aveva particolarmente incuriosito. Così la accesi e premetti il pulsante sul registratore come avevo visto fare un sacco di volte dal gestore della casa.

Una scena strana mi comparve davanti agli occhi: un'uomo ed una donna isolati in un bosco che non udirono in tempo l'avvicinarsi di un uomo con indosso un lungo cappotto ed un cappello. L'uomo poi li uccise entrambi con un coltello ed un grande schizzo di sangue si vide chiaramente dentro lo schermo.

Mi affascinò all'istante e tutti i pezzi andarono al loro posto con una semplicità estrema. Finalmente avevo superato quel maledetto limite e la soluzione mi parve più che chiara. Sapevo quello che dovevo fare.

Raccolsi un grande coltello dalla cucina, mi diressi nella stanza dove dormivano i due padroni di casa ed alzai l'arma sopra le loro teste.

Li uccisi. Martoriai i loro corpi infinite volte mentre grandi schizzi di sangue sporcavano la stanza. Era piacevole, tremendamente piacevole. Come liberarsi da un peso enorme che fino a quel momento mi aveva gravato sulle spalle e tutto il mondo intorno a me sparì lasciando che la mia mente si concentrasse sulla meravigliosa sensazione che stavo provando.

 

Proprio come Zack, il protagonista della storia di T/N, avevo scelto di essere forte, ero cresciuto e avevo affrontato i miei demoni vincendo con un grande e rabbioso sorriso sulle labbra.

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Capitolo 4
*** Speranza ***


T/N's POV

 

Quando aprii gli occhi mi accorsi che era ormai notte fonda mentre il forte scrosciare della pioggia picchiettava contro la finestra. Provai a mettermi seduta ma una fortissima fitta mi trapassò il cervello così mi ritrovai a massaggiarmi il viso e la fronte per cercare di placare in parte il dolore, ma fu completamente vano.

Mi accorsi che anche le guance mi facevano male al tocco e mi ricordai degli schiaffi che mi aveva dato l'uomo nel capanno per farmi svegliare. Era strano che Isaac non fosse con me e provai a chiamarlo ma la mia voce uscì dalla mia gola più flebile del previsto. Temevo che gli avessero fatto del male o peggio ed era l'ultima cosa che desideravo; non potevo perdere il mio unico appiglio, un passo falso e sarei precipitata senza di lui.

Provai ad alzarmi per andare a cercarlo, ma una fortissima nausea insieme ad un giramento di testa mi fecero cadere e mi ritrovai inginocchiata a terra ansante.

"I-Isaac...Is-...Isaac!" tentai di chiamarlo più volte ma non ebbi successo. 

Una paura tremenda mi assalì. Non volevo credere che potesse essere morto come i bambini che erano finiti in questo buco prima di lui e che avevo dovuto seppellire con le mie stesse mani. Io avevo il dovere di proteggerlo.

Con il cuore in gola tentai nuovamente di alzarmi, ma due mani si posarono sulle mie spalle riportandomi a terra. Alzai lo sguardo e tutte le mie paure si volatilizzarono.

Nonostante il buio lo riconobbi. Isaac era di fronte a me, ma percepii subito che addosso aveva un odore diverso dal solito, molto più acre e pungente. 

"S-Stai bene!" sorrisi ed abbracciandolo. "Ero così preoccupata!"

Quando poggiai la guancia contro la sua percepii qualcosa di umido e leggermente appiccicoso sporcarmi anche i vestiti ma per colpa del buio non riuscii a capire di cosa si trattasse. 

Sentii il bambino spostare qualcosa di metallico così lo liberai dall'abbraccio per dargli spazio e mi mise una scatola tra le mani.

"C-Cos'è?" domandai.

"Sono medicine. Ho preso tutto quello che ho trovato."

"Oh davvero? E come le hai ottenute?"

In quell'istante un lampo squarciò il cielo ed illuminò la stanza mostrandomi qualcosa che avrei preferito non vedere.

Isaac, che ancora mi osservava con occhi vuoti, era coperto di sangue e mi accorsi che aveva sporcato anche i miei vestiti e la mia guancia durante l'abbraccio. Scattai all'indietro allontanandomi da lui e facendo cadere la scatola che si aprì liberando il suo contenuto.

"I-Isaac...C-Cosa hai fatto?" domandai con la voce tremante.

"Ho risolto ogni nostro problema. Ora sono coraggioso." rispose.

"L-Li hai uccisi...?"

"Si." fu la risposta secca del bambino che in quel momento pareva non provare alcuna emozione.

Dopo di che si alzò e provò ad avvicinarsi a me ma io d'istinto mi ritrassi ancora di più finchè non toccai il muro con la schiena: era da parecchio che non provavo così tanta paura. Nel frattempo Isaac aveva raccolto le medicine cadute a terra e tentò nuovamente di venirmi vicino. Temetti che avrebbe potuto fare del male anche a me, ma cercai il più possibile di rimanere calma.

Il bambino si inginocchiò posando la scatola al mio fianco e passò un dito sul bendaggio che ancora mi cingeva la fronte per poi sfilarmelo con attenzione. Un rivolo di sangue scese dalla ferita che purtroppo si era riaperta ed Isaac prese delle garze nuove dalla scatola e, dopo avermi ripulito il taglio, iniziò a medicarlo nuovamente.

"Sai un cosa, T/N?" domandò mentre i suoi occhi erano ancora concentrati sulla medicazione. "Sono riuscito a capire tutto, e pensare che bastava così poco."

"C-Che intendi?"

"Bastava che diventassi come Zack." disse chiudendo il bendaggio e tornando a fissarmi dritto negli occhi.

"N-Non capisco..." 

"Lui ha scelto di reagire ed io ho fatto lo stesso. Mi bastava sapere come fare e mi è anche piaciuto, è bello essere forti."

"Cioè...Ti è piaciuto ucciderli?"

"Si...Molto."

Calò il silenzio dove ogni fibra del mio corpo mi implorava di alzarmi e correre il più lontano possibile ma allo stesso tempo ero bloccata da una qualche forza superiore e non riuscii a muovermi. Isaac provò a sfiorarmi le dita ma io le ritrassi d'istinto. Parve stupito di quel gesto ed allungò il braccio di scatto per afferrarmi la mano.

"Zack uccideva chi mentiva e tu hai detto che non lo farai mai più." disse a testa bassa portandosi la mano libera sulla fronte. "Non voglio farti del male e mai lo farò, T/N. Lo prometto. Sei l'unica cosa bella che mi sia mai successa e sono certo che se tu te ne andassi io perderei la testa. Io voglio proteggerti, te l'ho detto che odio vederti soffrire."

Non so bene perchè ma arrossii per quelle parole rassicuranti e mi decisi di credergli fino in fondo, ma sperai con tutto il cuore che non avrebbe mai più dovuto uccidere in vita sua. Quei due se lo meritavano, questo è certo, ma l'omicidio lascia tracce invisibili e profonde su chi lo commette e non volevo questo per un bambino come lui.

"Va bene, Isaac. Ma mi prometti che non lo farai più? Intendo di uccidere qualcuno..."

"Non posso." ammise a testa bassa.

"Eh?"

"Mi è piaciuto tanto, T/N. Anzi se potessi lo rifarei anche ora." 

Deglutii a vuoto. Era una situazione davvero troppo strana e non avevo la più pallida idea di come gestirla.

"V-Va bene...Allora facciamo così." dissi raccogliendo un barattolo contenente un antipiretico. "Prendo queste medicine e ci facciamo una bella dormita così domani con calma decidiamo il da farsi." 

"Ho portato anche delle cose da mangiare." continuò porgendomi una borsa a tracolla al cui interno si trovavano pane, formaggio e svariati altri cibi.

"Sei stato bravissimo!" dissi sforzando un sorriso ed iniziando a distribuire la prima cena decente dal nostro arrivo in quella casa. "Grazie mille!"

Per la prima volta riuscii a vedere sul volto del ragazzo un accenno di sorriso mentre masticava con foga la pagnotta che gli avevo appena dato e rimasi imbambolata a fissarlo. Nonostante ciò che aveva appena fatto mi sembrava sereno e non potevo biasimarlo. Riuscivo ad immaginare come si sentisse, doveva sentirsi come liberato da un peso enorme e poco importava delle vite che aveva dovuto sacrificare. La cosa che stonava di più era che un bambino della sua età avrebbe dovuto giocare con i suoi coetanei e divertirsi mentre Isaac nella sua vita non aveva visto altro che dolore e questa poteva essere una delle possibili conseguenze. Mi si strinse il cuore a quel pensiero e mi ritrovai sul punto di piangere, stretta com'ero nei miei sentimenti contrastanti.

"Non mangi?" chiese il bambino alzando lo sguardo su di me.

"S-Si, certo che si!" sorrisi addentando la mia pagnotta.

Forse ero ancora in tempo. Forse potevo ancora aiutarlo prima che toccasse il fondo, o quanto meno, quella era la mia speranza più grande in quel momento dove mi sentivo l'essere vivente più fragile dell'universo.

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Capitolo 5
*** Forza ***


T/N's POV

 

Quella stessa notte dormire era fuori discussione.

Ogni fibra del mio corpo era completamente in allerta e mi implorava di alzarmi ed andarmene lasciando Isaac al suo destino. Mi spaventava parecchio quello che aveva fatto e nonostante sapessi quanto quei due meritassero la morte per tutto il dolore che avevano causato, in quel bambino ancora coperto di sangue che dormiva al mio fianco non vedevo nemmeno un accenno di rimorso. 

Mi aveva anche detto che gli era piaciuto, cosa sarebbe successo se ce ne fossimo andati? Avrebbe ucciso ancora? Sapevo bene, per quanto detestassi ammetterlo, che la risposta era più che ovvia. Non avevo perso il desiderio di aiutarlo, ma ogni secondo che passava mi convincevo sempre di più di quanto la mia fosse una speranza vana.

Gli volevo un bene infinito e non volevo per lui una vita piena di morte e sangue, ma se era quello che lui desiderava chi ero io per reprimerlo? O forse amare una persona vuol dire fare ciò che è meglio per lei anche impedendogli di essere se stessa? Queste e altre mille domande mi frullavano in testa ed ogni volta che mi convincevo di aver trovato una risposta adeguata un altro quesito giungeva per distruggere le mie certezze. L'unica cosa su cui non transigevo era il mio desiderio di stargli vicino, ormai eravamo legati in un maniera particolare, difficile da descrivere a parole.

Lasciai che i miei occhi vagassero sul suo corpo coperto di bende e sangue, sui suoi capelli neri e sui suoi occhi chiusi così incredibilmente sereni e rilassati. Tutto ciò era in totale contrapposizione con l'immagine dei due corpi senza vita al piano di sotto e mi ritrovai nuovamente a dover dar peso a solo un piatto della bilancia, non avendo la forza e la maturità per capire quale fosse quello giusto.

Qualcosa dentro di me stava uscendo dai binari dandomi la sensazione di perdere il controllo ed un peso giunse di punto in bianco sul mio petto facendomi mancare il respiro. Cominciai ad ansimare e la mia vista iniziò ad offuscarsi mentre la mia testa mi mostrò immagini inquietanti dove la morte ne faceva da padrona. Mi mancò il respiro, il miei muscoli si tesero come corde di violino e sentii i miei occhi riempirsi di lacrime non riuscendo a fermarle. Piansi a dirotto ma cercai quanto meno di trattenere le urla che mi pregavano di uscire arginandole nella mia gola. Non avevo idea di quello che stava succedendo, ma senza ombra di dubbio si trattava della sensazione peggiore che avessi mai provato; ero convinta di essere sul punto di morire.

Ero a testa bassa e nascondevo il viso tra le mani pregando che quel mostro intento a mangiarmi dall'interno mi lasciasse in pace almeno i secondi necessari per riprendere fiato quando due braccia mi cinsero in una delicata stretta.

Alzai di scatto la testa e mi ritrovai premuta contro il petto di Isaac intento ad abbracciarmi. Fu piacevole, un barlume di luce nell'oscurità in cui mi ero persa.

"I-Isaac..." mormorai, ma il bambino non rispose continuando ad abbracciarmi.

Per me fu come un via libera e ripresi a piangere con il solo desiderio di sfogare tutto quello che portavo dentro e per tutto il tempo il bambino non accennò a lasciarmi, nemmeno per un istante. Al mio animo martoriato parvero ore, ma non riuscii a quantificare esattamente quanti minuti passarono fin quando finalmente le mie lacrime iniziarono a fermarsi  e i miei occhi si fecero man mano più pesanti fino a farmi completamente addormentare stretta tra le braccia di Isaac.

 

Quando aprii gli occhi il giorno seguente la prima cosa che sentii furono dei piccoli crampi che mi percorrevano ogni parte del corpo probabilmente dovuti all'orrenda sensazione della notte precedente. Poi alzai lo sguardo e solo allora mi accorsi di trovarmi ancora chiusa nell'abbraccio di Isaac che dormiva con il suo viso sereno a pochi centimetri dal mio. Mi sentivo rilassata, come se quello che era successo poche ore prima fosse stato solo un' orrenda nuvola nera che aveva aleggiato sulla mia testa per qualche minuto per poi volatilizzarsi nel nulla.

Così, circondata dalla pace più totale, ebbi modo di osservare meglio quel bambino tanto strano quanto affascinante. Lasciai liberi i miei occhi di vagare su di lui mentre il forte sentore di sangue rappreso risaliva dalle narici fin nel mio cervello ma riuscii anche a percepire qualcos'altro. Nonostante lo sporco, Isaac aveva sempre avuto un profumo particolare addosso, un qualcosa che avevo imparato a riconoscere come solo e soltanto suo. E lì mi resi conto che sotto l'odore acre di sangue che lo sporcava in superficie Isaac c'era ancora. Era sempre lui, il bambino che mi era stato accanto nel buio di quella soffitta e che per me aveva fatto di tutto.

Nonostante il sangue e lo sporco che aveva addosso era sempre bello guardarlo, non riuscivo a non pensarci. 

D'istinto alzai una mano e con delicatezza spostai la ciocca di capelli che aveva davanti agli occhi per poter osservare meglio il suo viso, ma con mia sorpresa Isaac si svegliò lanciandomi un' occhiata torva e stringendo le mie dita fra le sue allontanandole dal suo volto.

"S-Scusami!" dissi cercando di giustificarmi. "N-Non volevo fare nulla di strano! I-Io..."

Poi accadde qualcosa di inaspettato.

Isaac riportò la mia mano sulla sua guancia per poi chiudere gli occhi come se fosse intento a godere del suo calore ed io rimasi interdetta non capendo cosa potesse voler dire quel gesto.

"Mi piace..." sospirò vedendo che non accennavo a muovermi. "Non mi era mai successo prima. E'...E' bello..."

"D-Dici sul serio?" domandai.

"Si..."

Come un cane randagio che aveva conosciuto solo violenza senza mai ricevere una carezza, Isaac aveva reagito senza pensare. Lui di me si fidava completamente. Sentii una stretta al cuore e mi intenerii per quella visione per poi riprendere ad accarezzare la sua guancia con movimenti delicati sempre con la mano di Isaac sopra la mia che lentamente scivolò fin sul mio braccio. Dopo di che passai ad accarezzargli i capelli e sul suo volto spuntò un meraviglioso accenno di sorriso. 

Questo era quello che volevo vedere ogni santo giorno della mia vita, senza eccezioni.

Ci riaddormentammo entrambi, complice la stanchezza accumulata dei giorni precedenti, ma qualche ora dopo il pendolo del piano inferiore ci svegliò annunciando il mezzogiorno e facendoci alzare.

Dopo aver bevuto qualche sorso d'acqua dal secchio ed aver mangiato quello che rimaneva del cibo portato da Isaac la sera prima, il bambino mi osservò con aria interrogativa.

"Cosa facciamo ora?" domandò.

"Credo che sia meglio che ce ne andiamo. Potrebbe arrivare qualcuno e saremmo in guai seri."

"Perchè?"

"Perchè se qualcuno scoprisse i due cadaveri finiremmo in qualche altro orfanotrofio o peggio." sospirai.

"Ma loro erano cattivi..."

"Lo so...Ma per gli adulti esiste solo il bianco e il nero, non capirebbero. Uccidere qualcuno non è...non è una cosa bella."

"Ma loro..." insistette Isaac abbassando lo sguardo.

"Capisco cosa provi, ma per il mondo là fuori è sbagliato e questo non possiamo cambiarlo."

"Non riesco a capire..."

"Ora pensiamo ad andarcene, è la cosa più importante." sforzai un sorriso.

"Va bene..."

Scendemmo al piano di sotto, ci lavammo e solo dopo esserci cambiati i vestiti raccolsi dalla cucina quello che potevamo portarci dietro chiudendo il tutto in degli zaini trovati in giro. 

Portai le provviste alla porta d' ingresso e chiamai Isaac informandolo che eravamo pronti ad andare ma non ottenni risposta. Lo cercai per tutta la casa senza successo finchè non giunsi davanti alla camera dei due gestori dell'orfanotrofio.

Mi irrigidii quando vidi la quantità immensa di sangue che sporcava la stanza e fortunatamente i due corpi erano celati dalla penombra; ero sicura che non avrei resistito alla loro vista. Isaac era davanti al letto ed osservava i cadaveri con aria assente.

"I-Isaac?" lo chiamai ed il bambino posò lo sguardo su di me. "E' meglio se andiamo ora."

"Si..." sospirò per poi abbassarsi e raccogliere da terra un coltello da cucina anch'esso sporco di sangue, probabilmente l'arma del delitto. 

Dopo di che uscì dalla stanza ed io lo seguii con il solo desiderio di eliminare per sempre dalla mia memoria quella terribile scena e la puzza che emanava. Ritrovai Isaac alla porta d'ingresso mentre infilava il coltello in uno zaino e se lo metteva in spalla.

"Dove andiamo?" chiese.

"Non lo so." ammisi afferrando il secondo zaino. "Ma troveremo un posto in cui stare."

"E rimarremo insieme, vero?"

Posai gli occhi su di lui e lessi nel suo sguardo una profonda insicurezza celata dietro al suo viso insofferente.

"Certo, questo senza ombra di dubbio." sorrisi per rassicurarlo.

"Allora va bene." disse iniziando a camminare verso gli alberi che circondavano la casa.

Anche a me non serviva altro. La sua presenza sarebbe bastata affinchè tutto andasse bene ed ogni frammento senza luogo a cui tornare avrebbe trovato finalmente una casa.

 

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Capitolo 6
*** Realtà ***


T/N's POV

 

Quella orrenda stanza umida era illuminata soltanto da un piccolo fuoco acceso in una pentola malandata e regnava il silenzio interrotto ogni tanto dallo crepitio delle fiamme. 

Presi la coperta mentre sedevo sull'unico materasso della stanza, rigorosamente buttato a terra, e me la cinsi intorno alle spalle per tentare di scaldarmi; l'estate era ormai finita da un pò e l'aria iniziava a raffreddarsi appena calava la sera. 

Erano ormai passati otto anni dagli eventi che avevano segnato per sempre la vita mia e di Isaac ed eravamo riusciti a sopravvivere ad una miriade di inverni freddi nascosti agli occhi della gente comune. Non avevamo mai chiesto aiuto a nessuno ed avevamo vissuto nello sporco dei bassifondi lottando per rimanere vivi, soprattutto i primi anni. Da qualche mese avevamo trovato una casa abbandonata poco fuori da una città e abitavamo nelle sue fondamenta per nasconderci alla vista dei passanti. 

Nonostante ci fossi abituata, più crescevo e più quella vita mi stava stretta e dei fortissimi desideri riguardo ad un'esistenza normale mi tormentavano notte dopo notte. Vedevo la gente della città tornare a casa quando cominciava a farsi buio mentre io dovevo accontentarmi di una cantina sporca, fredda e tremendamente umida. Allo stesso tempo non avevo intenzione di abbandonare Isaac dopo la promessa di otto anni prima; era come fossimo parte dello stesso corpo e avrei sicuramente sofferto la sua mancanza. Ci eravamo presi cura l'uno dell'altro e col passare del tempo avevo notato in lui un profondo cambiamento caratteriale. Era diventato più insofferente e cinico, ma purtroppo la sua ossessione per la morte non era mutata andando a peggiorare negli anni; non ero riuscita ad impedirlo. Avrei potuto denunciarlo, ma così facendo avrei tradito la sua fiducia e non lo avrei protetto, se non da se stesso.

Mi domandavo spesso se quello che provavo per lui fosse qualcosa di più di un' amicizia o di un semplice bisogno della sua presenza e non riuscivo a trovare una risposta ai miei dubbi per quanto mi sforzassi. Sapevo però che in fondo il suo cuore era buono ed ero certa che non mi avrebbe mai torto un capello, sperando che la sua necessità di uccidere non peggiorasse al punto di diventare ingestibile.

Udii dei passi provenire dal piano di sopra e scattai in piedi afferrando una spranga di ferro. Non era la prima volta che qualcuno entrava di notte nel nostro rifugio ed ero pronta ad ogni evenienza. 

"T/N, sono io." disse quella che riconobbi essere la voce di Isaac e posai la spranga per poi risedermi sul materasso.

Quando finalmente il ragazzo comparve in fondo alle scale notai che zoppicava leggermente ed era coperto di sangue mentre nel frattempo portava con sè un sacchetto di plastica pieno di quello che sembrava essere una spesa.

"Ti sei fatto male?" domandai.

"Nah, era buio e sono inciampato. Domani sarò come nuovo." disse avvicinandosi.

"Chiaro." sospirai spostando il mio sguardo sulle fiamme ed osservando il fumo uscire da una grata posizionata sul soffitto.

Il ragazzo si sfilò la felpa coperta di sangue e posò il sacchetto davanti alle mie gambe.

"Ho portato da mangiare." annunciò sedendosi al mio fianco ed iniziando a sfilarsi gli stivali.

"E dove lo avresti preso?"

"EH?! Ma che importanza ha?" sbottò lanciandomi un'occhiata furiosa.

"Hai ucciso qualcuno che usciva dal supermercato?" domandai apatica iniziando a posare a terra la spesa.

"Ma cosa ti importa?!"

"A me interessa."

"E sticazzi, allora!" gridò afferrandomi la maglia all'altezza della spalla e portando il suo viso a pochi centimetri dal mio. "Hai detto che non vuoi averci niente a che fare con 'ste cose e allora che cazzo chiedi?! Tu devi solo pensare a restare viva ed io porto da mangiare! Questi erano i patti!"

"Si, hai ragione. Scusami." dissi aprendo una confezione di pasta pronta da mangiare e mettendomi a cercare una forchetta tra le nostre cose accanto al materasso.

Isaac rimase interdetto per qualche secondo per poi portarsi una mano sulla fronte sospirando.

"Che palle,T/N. Perchè non..." biascicò, ma io lo interruppi porgendogli il contenitore con la pasta dopo aver trovato la forchetta.

"Questa è quella che ti piace, giusto?" dissi. "Mangiala tu."

Il ragazzo prese il recipiente e dopo un altro lungo sospiro iniziò a mangiare. Io mi adeguai con delle scatolette di tonno e dei piselli che misi sul fuoco per qualche minuto per poi finalmente mettermi a mangiare anche io. Calò il silenzio mentre entrambi ci rifocillavamo con l'unico pasto della giornata ed il fuoco illuminava i nostri corpi dandoci un pò di calore.

A pasto concluso, Isaac lanciò il contenitore vuoto in un angolo della stanza e la forchetta tra le nostre cose mentre io ero ancora intenta a mangiare.

"Il resto della roba ce la teniamo da parte così finalmente domani mattina potremmo mettere qualcosa sotto i denti." dissi indicando il sacchetto.  "A te va bene o..."

"Mi dici che hai?" sospirò il ragazzo poggiando la schiena al muro e portando le mani dietro la testa.

"Eh? Cosa dovrei avere?" domandai dopo aver ingerito un boccone della mia cena.

"E che ne so. In questi giorni sembri completamente persa."

Non era mai stato un ragazzo con una forte empatia e non mi stupii del fatto che non fosse riuscito nemmeno ad intuire alla lontana una possibile motivazione.

"Va tutto bene. Non preoccuparti." dissi per poi concludere la mia cena e posare la forchetta con il resto della roba. Avrei lavato tutto il giorno seguente.

"Bah." sbottò non convinto il ragazzo scivolando di lato alle mie spalle e sdraiandosi sul materasso cingendomi la vita con un braccio. "Sono stanco morto."

Mi piaceva quel suo modo di avere un contatto fisico con me, non troppo diretto ma assolutamente intimo.

"Lo capisco. Ora dormiamo." sforzai un sorriso.

"Ah, T/N..." mugugnò con il volto contro il cuscino. "Dobbiamo andare via da qui."

"Ti hanno visto?" chiesi liberandomi della sua stretta e sdraiandomi al suo fianco per poterlo osservare direttamente.

"Non lo so. Ma preferisco non rischiare."

"E dove vorresti andare?" 

"Che cazzo ne so io." sbuffò facendo passare un braccio sotto al mio collo e portandomi a sè fino a farmi aderire al suo petto. "Da qualunque altra parte. Cerchiamo un altro posto come al solito."

"Va bene..." sospirai.

Il calore del suo corpo mi avvolse subito e ricambiai il suo abbraccio; soprattutto d'inverno era comune che dormissimo in quella posizione in modo da scaldarci il più possibile. Ero abituata a quel contatto, ma ogni santa volta il mio cuore accelerava comunque non dandomi pace.

Calò il silenzio rotto solo dal crepitio del fuoco e, dopo aver alzato leggermente lo sguardo, scoprii il ragazzo intento ad osservare con aria seria qualcosa di indefinito dall'altra parte della stanza.

"Isaac? Va tutto b..."

"Non vuoi andartene, vero?" chiese interrompendo la mia domanda e sentii un tuffo al cuore.

Pensai che allora era molto più empatico di quello che credevo, ma non mi aveva mai dato modo di pensarlo prima di quel momento.

"No, Isaac. Non voglio andare da nessuna parte." risposi abbassando lo sguardo e premendo la fronte contro il suo petto caldo.

"Va bene...Mi fido." sospirò piegando la testa ed appoggiando le labbra ai miei capelli per scaldarsi il viso freddo con il suo stesso respiro. "Buonanotte, allora."

"Notte..."

Un'altro giorno era giunto al termine e per l'ennesima volta forzavo i miei pensieri a rimanere fermi per evitarmi quelli che avevo imparato a chiamare attacchi di panico che purtroppo, dopo quella volta nell'orfanotrofio, non mi avevano più abbandonato. La stessa presenza di Isaac a volte non era abbastanza per far si che si placassero, ma lui era sempre rimasto al mio fianco e ricordarmelo mi aiutava. Riuscii così a dimenticare almeno per un pò i ricordi scomodi e ad addormentarmi rimandando per l'ennesima volta in quegli anni l'idea della quantità immensa di sangue sulla felpa di Isaac al giorno seguente.

 

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Capitolo 7
*** Partenza ***


T/N's POV

 

La mattina seguente, aprii lentamente gli occhi notando che non mi ero mossa dalle braccia di Isaac, e portai lo sguardo su di lui scoprendolo ancora addormentato. Era davvero meraviglioso osservarlo in quell'espressione così vulnerabile in cui pareva essere una persona completamente diversa rispetto al ragazzo rude e per nulla empatico che ero abituata a vedere. Sembrava tornare il bambino indifeso che avevo avuto modo di conoscere anni prima e scaturiva in me un grande senso di protezione.

"Che diavolo fai?" biascicò Isaac aprendo leggermente gli occhi ed osservandomi alzando in sopracciglio.

"N-Niente, perché?" chiesi arrossendo per l'imbarazzo di essere stata scoperta ad osservarlo.

"Come vuoi." sbuffò liberandomi dal suo abbraccio e mettendosi a sedere.

Lo imitai, e rimasi immobile a guardarlo mentre si stiracchiava per tentare di far tornare attivi i suoi muscoli rattrappiti dal freddo accumulato durante la notte.

"Allora dove andiamo?" chiesi.

"Non ne ho idea." sospirò mettendosi in piedi. "Mangiamo qualcosa e poi ci penseremo."

"Va bene..."

Mentre spiluccavamo quello che rimaneva della spesa di Isaac della sera precedente, ebbi modo di percepire l'odore che mi portavo addosso: puzzavo tremendamente.

Isaac mi vide mentre ero intenta a cercare di capire da dove arrivasse di preciso, e diede  un morso al suo pezzo di pane con fare stizzito.

"Che c'è?" chiese.

"Niente di che... Puzzo parecchio. Credo siano quasi due settimane che non mi lavo decentemente."

"Mpf." sbuffò. "A me non sembra."

"Forse perché ormai abbiamo addosso lo stesso odore?"

Gli occhi concentrati del ragazzo rimasero immobili su di me per qualche secondo, come se stesse cercando di comunicarmi i suoi pensieri tramite lo sguardo.

"E questo sarebbe un problema per te?" domandò con tono monocorde alzando un sopracciglio.

Mi stupii di quella domanda particolarmente strana e mi soffermai a fissarlo domandando a me stessa cosa intendesse di preciso.

"In che senso?" chiesi di rimando.

"Lascia perdere." sbuffò mettendosi in piedi e gettando il suo pezzo di pane tra le poche cibarie rimaste. "So che c'è un paese non molto lontano da qui. Forse potremo trovare un buon posto in cui fermarci."

"Va bene..."

Raccogliemmo i nostri pochi effetti personali negli zaini che ci portavamo dietro dai tempi della nostra fuga dall'orfanotrofio e poco dopo ci ritrovammo a salire le scale per uscire da quella cantina umida. Come al solito, Isaac camminava davanti a me avendo sempre avuto il desiderio di controllare per primo la strada in modo da poter reagire subito in caso di pericolo, mentre a me non rimaneva che osservarlo muovere la testa da un lato all'altro sotto al suo cappuccio grigio.

In cima alla gradinata, che aveva sbocco su un grande salone completamente vuoto e abbandonato, Isaac si fermò cercando di osservare l'ambiente circostante.

"Libero." disse. "Andiamo."

Attraversammo la villa ed uscimmo finalmente nell'area verde circostante completamente abbandonata a se stessa in cui la natura senza controllo ne faceva da padrona. Le lunghe fronde degli alberi per poco non nascondevano il cielo e i cespugli di rovi erano praticamente invalicabili senza la certezza di ferirsi in un qualche modo. Appena mettemmo piede su un piccolo sentiero lastricato quasi invisibile data la vegetazione, Isaac tese un braccio nella mia direzione fermando la mia camminata e si portò un dito alle labbra per farmi segno di tacere.

Tesi le orecchie per cercare di cogliere qualche rumore sospetto e poco dopo riuscii ad udire un leggero vociare in lontananza seguito da alcuni passi veloci. Sembravano voci di uomini ed il cuore abbandonò il mio petto per arrivarmi fino in gola togliendomi il respiro: il rischio che ci avessero trovato era parecchio alto a giudicare dalle parole del ragazzo della sera prima e dalla sua espressione preoccupata di quel momento. Non ci era mai successo di trovarci così vicini ad essere scoperti e la cosa mi allarmò non poco.

Fortunatamente, ci accorgemmo in tempo di alcune figure che sbucavano da degli alberi poco lontani ed Isaac portò immediatamente una mano sulla mia spalla per farmi inginocchiare a terra, in modo che il grande cespuglio che che si trovava davanti a noi avrebbe potuto nasconderci.

Uomini con indosso divise da poliziotti si muovevano veloci ma assurdamente silenziosi in direzione della villa e tutti i miei muscoli ormai congelati iniziarono a provocarmi dolore per la tensione. Il mio stomaco non era da meno e, mentre deglutivo a vuoto, percepii una forte nausea invadermi le membra.

"Che facciamo?" sussurrai avvicinando il volto al ragazzo per ridurre al minimo ogni possibile rumore.

Sul volto di Isaac regnava un'espressione contrita, come se nel suo animo si stesse svolgendo un grande conflitto la cui soluzione pareva troppo complessa per essere raggiunta in quei pochi istanti di tensione. Poco dopo, parve decidersi e, dopo avermi lanciato un occhiata torva, posò a terra lo zaino per poi sfilarsi la felpa.

"Mettila. Chiudi completamente la cerniera e nascondi testa e capelli nel cappuccio." disse porgendomela. "Sbrigati."

Non me lo feci ripetere due volte ed afferrai la felpa indossandola e facendo come mi aveva ordinato. Nel frattempo, Isaac riprese lo zaino sulle spalle e, non appena fui completamente dentro al calore del suo indumento, mi fece cenno di seguirlo.

A testa bassa, ci muovemmo lenti tra il verde incolto del giardino, ma purtroppo non fare completamente rumore era a dir poco impossibile. Dall'interno della villa non si udiva alcun tipo di suono e la cosa incrementò ancora di più la mia ansia.

Con passo lento e respiro controllato, giungemmo finalmente al limitare degli alberi per poter raggiungere il buco nella rete da cui eravamo entrati la prima volta. Isaac mi fece cenno di passare per prima e mi misi a carponi per potervi accedere.

"Ehy, voi!" gridò una voce in lontananza alle nostre spalle. "Polizia, vi ordino di fermarvi!"

"Muovi il culo, avanti!" sbottò Isaac dandomi una spinta e superai il foro nella rete lasciandomi cadere nel piccolo canale di scolo dall'altro lato.

"Fermi, ho detto!" incalzò la guardia.

Isaac attraversò anche lui lo stretto passaggio mentre riuscivo ad udire i passi del poliziotto in avvicinamento.

"Forza, corri!" sbraitò il ragazzo afferrandomi un braccio ed iniziando a correre nella boscaglia che circondava l'area della villa.

Dei forti spari risuonarono nell'aria e la mia paura incrementò all'inverosimile. Corremmo a perdifiato ma, dopo pochi metri, un proiettile colpí la spalla di Isaac ed il ragazzo inciampò cadendo a terra per il dolore.

"Oh mio dio, stai bene?!" chiesi inginocchiandomi al suo fianco.

"Si, cazzo, si!" gridò rimettendosi in piedi ed afferrandomi il braccio. "Non fermarti, cazzo!"

Riprendemmo a correre e con la coda dell'occhio notai che alcuni poliziotti avevano superato il buco nella rete e ci stavano inseguendo puntandoci le pistole addosso. Fortunatamente, proprio in quell'istante facemmo il nostro ingresso in una boscaglia molto più fitta e sparimmo tra gli alberi lontani dalla vista dei nostri inseguitori.

Non seppi quantificare per quanti minuti corremmo, ma tentai il più possibile di resistere alla dolorosa supplica dei miei muscoli di fermarmi grazie alla scarica di adrenalina che avevo in corpo. Lanciavo spesso occhiate ad Isaac per controllare come stesse e anche per lui sembrava che la scarica di tensione fosse l'unica cosa che lo facesse continuare a correre.

Attraversammo prati, campi coltivati ed altre vaste boscaglie prima che sia io che Isaac rallentammo il passo inginocchiandoci a terra per riprendere fiato. Fu difficile tornare a respirare normalmente e la cosa ci rubò altri lunghi ed interminabili minuti.

"Come è messa la..." dissi portando una mano verso la sua ferita, ma il ragazzo allontanò il mio braccio teso con un gesto stizzito.

"Troviamo un posto per nasconderci, prima. Poi ne riparliamo." sbuffò raddrizzando la schiena e riprendendo lentamente a camminare.

"Va bene..."

La situazione si era complicata ad una velocità impressionante, ma fortunatamente eravamo riusciti a fuggire. Mentre seguivo Isaac a passo lento, una marea di pensieri tornarono a torturarmi.

Quella non era la vita che volevo per me, né tanto meno per Isaac. Ero consapevole però, che era stato lui a scegliere quella strada lastricata di sangue lasciando che i suoi malsani istinti prendessero il sopravvento, ma allo stesso tempo, non riuscivo a smettere di pensare che io non avevo mai preso una scelta del genere per me stessa. Non volevo allontanarmi da lui ma una piccola voce egoistica in me, mi implorava di lasciar perdere e di proseguire per la mia strada.

Ero giunta in un momento della mia vita in cui scegliere era fondamentale, ma incredibilmente complesso. Quella scelta avrebbe potuto svoltare completamente il mio percorso e non avevo la più pallida idea di come muovermi, né tanto meno di cosa pensare. 

 

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Capitolo 8
*** Lontano ***


T/N's POV

 

Quando finalmente giungemmo in un posto riparato e lontano da occhi indiscreti tra dei fitti alberi, ci fermammo a prendere fiato gettando a terra i nostri zaini fin troppo pesanti. 

Isaac si accasciò a terra stringendo tra le dita i lunghi fili d'erba di quel'area incolta mentre con l'altra si stringeva la spalla sanguinante. Mi inginocchiai al suo fianco e cercai di stimare i danni che poteva comportare quella profonda ferita d'arma da fuoco. 

"Posso dare un'occhiata adesso?" chiesi.

Il ragazzo non rispose e, dopo avermi lanciato un'occhiata di disappunto, tolse la mano dalla ferita per darmi modo di osservarla. Fortunatamente, il proiettile lo aveva colpito di striscio perforandogli il muscolo e grazie al foro d'uscita compresi che fortunatamente non avrei dovuto estrarre alcun proiettile. 

"Dobbiamo lavare la ferita." dissi seria aprendo lo zaino per estrarre una bottiglietta d'acqua. "Lascia che..."

"No." sbottò stizzito tentando di mettersi in piedi. "Tienila per te, io starò bene."

"Isaac...Per favore, siediti."

"D-Dobbiamo muoverci."

Stava cercando di alzarsi mentre i suoi muscoli tremavano visibilmente e mi diede l'impressione che stesse tentando di sforzarsi per chissà quale motivo. Mi posizionai davanti a lui e, facendo peso sulla sua spalla sana, lo obbligai a sedersi a terra.

"C-Che cazzo fai...?" biascicò. 

"Smetti di fare il bambino." sospirai. "Prima mi dai la possibilità di fare questa cosa e prima possiamo andare."

"Tks." sbuffò, e compresi che quello era il suo solito modo di fare stizzito già visto in discorsi analoghi. 

Presi il piccolo kit di pronto soccorso e pulii la ferita di Isaac. Strinsi il bendaggio più forte che riuscii nonostante le minacce di morte del ragazzo di fronte al dolore che gli stavo provocando, ma lo ignorai concludendo il mio lavoro.

"Ecco fatto." dissi rimettendo la nostra poca attrezzatura al suo posto per poi porgere una mano al ragazzo per aiutarlo a mettersi in piedi. "Ora possiamo andare." 

Dopo la sua ennesima occhiata contrita, Isaac accettò il mio gesto. Ci rimettemmo gli zaini in spalla e ci muovemmo a passo lento verso una probabile destinazione; una qualunque che avrebbe potuto ospitarci almeno per quella notte.

Dopo qualche ora di completo vagare, scovammo una vecchia stalla abbandonato nascosta tra le campagne a pochi chilometri dal paese e decidemmo di pernottare lì. Non avremmo potuto accendere il fuoco dato l'alto rischio di essere scoperti e sperai che quella notte sarebbe stata meno fredda della precedente. Gettammo a terra un telo di plastica che ci avrebbe fatto da isolante, e posai al di sopra le due coperte che ci portavamo dietro da lunghi anni. Costrinsi poi Isaac a sdraiarsi per potersi riposare e raccolsi il mio ricambio di vestiti puliti che lavavo ciclicamente.

"Vado in paese." annunciai. "So che abbiamo pochi soldi ma cercherò di recuperare qualcosa da mangiare per i prossimi giorni, così non saremmo più costretti a fermarci."

"T/N..." mi chiamò Isaac a testa bassa, ed io mi voltai verso di lui con aria interrogativa. "Perchè ti fidi tanto di me?"

"C-Che domanda è?"

"Non abbiamo un piano, non abbiamo niente di niente."

Usò un tono parecchio malinconico, come se fosse totalmente abbattuto da quella situazione. Non lo avevo sentito spesso parlare in quel modo, e questo mi diede ancora più sospetti che ci fosse qualcosa sotto.

"Penseremo a qualcosa allora. Nel frattempo è meglio stare pronti." sorrisi per tentare di incoraggiarlo, ma non ottenni risposta.

Isaac rimase in silenzio continuando a scrutare la terra battuta che costituiva il pavimento di quella piccola stalla in disuso. 

"Non ha senso..." biascicò portandosi una mano sul viso per poi sbottare tirando un pugno a terra. "NON HA SENSO, CAZZO!"

"Isaac, non gridare. Non è proprio il momento."

"TU." ringhiò ancora alzandosi e venendomi incontro, fermandosi solo quando riuscii a sentire il suo pesante respiro scontrarsi con forza sulla mia faccia. "PERCHE' CAZZO NON HAI PAURA DI ME? PERCHE' CAZZO RIMANI QUI CON ME? NON HA SENSO!"

"Mi dici che ti prende?" chiesi alzando un sopracciglio con aria apatica. 

"VUOI DIRMI CHE DOPO QUELLO CHE E' SUCCESSO VUOI ANCORA STARMI ATTACCATA AL CULO?" gridò afferrandomi le spalle ed avvicinando ancora di più il suo volto al mio. "TI RENDI CONTO DI COSA COMPORTA?"

"Se vuoi che me ne vada, basta dirlo."

Isaac parve essere punto sul vivo perchè, dopo avermi osservato per qualche secondo con gli occhi sbarrati, allentò lentamente la presa fino a lasciar cadere le braccia lungo il suo corpo ed il suo sguardo scese fino a terra.

"E' che..." biascicò poco dopo. "Non capisco perché ti ostini a volermi aiutare. So di essere stupido e non riesco proprio ad arrivarci."

Posai con delicatezza una mano sul suo petto all'altezza del suo cuore e lo sguardo del ragazzo si alzò fino ad incontrare il mio.

"Io non ti sto aiutando, ci stiamo sostenendo a vicenda è diverso." sorrisi. "Se non volessi rimanere con te, me ne sarei già andata molto tempo fa. Sono felice così."

"Mi stai dicendo la verità? Sai che odio i bugiardi." chiese con occhi seri scrutandomi fin nel profondo e stringendo la mia mano che ancora poggiava sul suo petto nella sua.

"Certamente." sorrisi di nuovo tentando di essere il più rassicurante possibile.

"Va bene." sospirò poco dopo lasciando andare la presa, dopo di che si voltò e tornò a sedersi sulle coperte nell'angolo della stanza.

"Allora io vado." dissi uscendo dalla stalla. "Fai attenzione, mi raccomando!"

Non ottenni risposta e mi diressi a passi svelti verso un angolo del bosco adatto per cambiarmi. Trovai un piccolo ruscello e mi lavai per togliermi di dosso lo sporco di parecchi giorni. Fu un toccasana per la mia salute mentale e mi districai i capelli con le dita non avendo un pettine a portata.

Mentre indossavo i vestiti puliti, la mia mente mi giocò un brutto scherzo. Mi vidi in una grande casa mentre io, avvolta negli asciugamani dopo un lungo bagno caldo, mi apprestavo ad accendere la televisione per staccare il cervello da una probabile lunga giornata lavorativa. Senza che me accorgessi, delle grosse lacrime iniziarono a rigarmi il viso ed appoggiai la schiena ad un albero per sorreggermi.

Avevo mentito. 

Avevo mentito ad Isaac con una faccia di bronzo che non credevo di possedere. Non ero felice di dover lottare tra la vita e la morte ogni giorno e vedere la persona a cui tenevo di più al mondo sfogare i suoi istinti più oscuri senza che potessi intervenire era a dir poco disarmante ed opprimente. Conoscevo quel ragazzo fin troppo bene per sapere che se lo avesse scoperto non si sarebbe risparmiato, nemmeno con me, la persona che a detta sua lo aveva salvato nel suo periodo più buio. Mi trovavo ad essere ancora più confusa ed incerta sui miei prossimi passi e non riuscivo a comprendere cosa mi impedisse in quella maniera così forte e prepotente di allontanarmi da lui. Era un qualcosa di profondo che non ero mai riuscita ad assimilare a dovere e che mai avevo capito completamente. Nonostante da fuori potesse essere la cosa più naturale dell'universo, ci misi qualche minuto ad assimilare e comprendere. Era come se per la prima volta fossi stata messa davanti all'evidenza ed il bivio che tanto avevo sperato di non incontrare si palesò come un fulmine a ciel sereno. 

In quell'istante, una pesante domanda si fece largo nella mia mente togliendomi il respiro: ci si può innamorare di una persona senza sapere cosa sia il vero amore? Senza conoscerne l'autentico significato? Scandii nella mia mente ogni possibile indizio e maledii la mia infanzia fatta solo di sopravvivenza e giorni interi trascorsi a fuggire o a tentare di rimediare del cibo che mi aveva impedito fino ad allora di osservare la mia situazione con gli occhi di una ragazza della mia età. Avevo sempre considerato il rapporto tra me e Isaac come qualcosa di unico, ma non lo avevo mai inquadrato perfettamente. Ero davvero innamorata di lui o la mia era solo paura? Temevo o amavo quel ragazzo con cui avevo condiviso ogni istante della mia vita fino a quel momento?

Ero disarmata di fronte a quel possibile sentimento a me sconosciuto e, in tutta onestà, temevo ogni possibile risposta.

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Capitolo 9
*** Paura ***


ISAAC's POV

 

T/N si era allontanata ormai da alcune ore e la mia invasiva mente iniziò a vagare fin troppo lontana dalla realtà. Avevo la tremenda e continua sensazione che non fosse per nulla felice con me e la cosa non poteva fare a meno di darmi da pensare. Da alcuni giorni a questa parte l'avevo vista sempre più distante, emotivamente parlando, e il solo pensiero mi mandava nel panico nonostante non fossi in grado di identificarne il motivo preciso. Non riuscivo a fare a meno di sentirmi un completo idiota. 

Parecchie volte avevo chiesto a me stesso il motivo per cui lei bloccasse ogni mio istinto violento e non ero mai giunto ad una conclusione soddisfacente. Anche solo immaginare T/N coperta di sangue e morente a terra mi dava la sensazione di sprofondare nel nulla, perdendo le poche briciole di umanità che mi erano rimaste. Avevo avuto modo di osservare tante persone morire sotto ai miei stessi occhi, ma a lei non doveva accadere. A tutti gli altri sì, ma non a lei. 

Quella ragazza era troppo per la vita che stavamo facendo, troppo per la fame che era costretta a patire e troppo anche per uno come me. Allo stesso tempo, il pensiero di vederla andare via per sempre mi impediva di respirare correttamente, ed anche in questo non riuscivo a capirne il motivo. Eravamo stati l'ancora di salvezza l'uno dell'altro durante i lunghi anni passati insieme e abituarmi alla sua assenza sarebbe stata un' impresa non da poco. Anche quando si allontanava poche ore per andare a recuperare da mangiare, lei mi mancava. Mi mancava moltissimo e, per quanto mi sforzassi, non riuscivo proprio a comprendere cosa fosse quella strana sensazione che mi pizzicava nel profondo, e la sentivo soprattutto quando ero in sua compagnia o quando la stringevo tra le braccia durante quelle lunghe notti invernali. Una cosa comune quando eravamo piccoli, ma che crescendo aveva assunto completamente un altro significato, fin troppo difficile da decifrare per uno stupido come me.

"Sono tornata!"

Mi voltai in direzione dell'ingresso e mi accorsi che ero talmente immerso nei miei pensieri da non accorgermi dell'arrivo di T/N.

"Sono riuscita a recuperare qualcosa a lunga scadenza." continuò posando a terra uno dei sacchetti ed iniziando ad estrarre lo scatolame al suo interno. "E in più..."

Alzai lo sguardo su di lei data la pausa nella sua frase, e la vidi mentre estraeva due birre mostrandomele con un grande sorriso. 

"Buon compleanno a noi, Isaac!" 

"EH?! E' oggi?!" sbottai.

"Esattamente!" rispose sedendosi accanto a me sulle coperte e porgendomi la birra. "E' stata una fortuna che proprio oggi sia andata in paese. Entrando in un alimentari ho visto il calendario e voilà, è proprio oggi il nostro compleanno!"

Dato che nessuno di noi aveva memoria della data in cui era nato, avevamo deciso di comune accordo di celebrare un compleanno in comune, lo stesso giorno in cui eravamo fuggiti dall'orfanotrofio; lo stesso giorno in cui avevo ucciso le mie prime vittime. In un modo o nell'altro, per entrambi era stato il giorno della nostra rinascita.

"E come pensi di aprirle, si può sapere?" sbuffai stizzito alzando un sopracciglio. 

"Uh, giusto!" rise la ragazza afferrando la bottiglia dalla mia mano per poi alzarsi ed avvicinarsi ad uno dei davanzali. 

Grazie ad una piastrella sporgente, T/N aprì le birre con un colpo secco facendo saltare il tappo, dopo di che, tornò a sedersi davanti a me.

"Ecco qui!" sorrise porgendomi una delle bottiglie.

"Ti vedo molto più allegra rispetto a qualche ora fa. Cosa è successo?" chiesi con fare annoiato afferrando la birra.

"Assolutamente nulla!" rise di nuovo, e notai qualche linea di rossore sul suo volto. "Sono solo contenta, tutto qui."

"Come vuoi."

"Allora a noi!" disse alzando la bottiglia al cielo. "E ai nostri nove anni passati insieme!"

"Tsk." sospirai ricambiando il suo brindisi, per poi bere un lungo sorso di birra in contemporanea con la ragazza. 

Mentre sorseggiavo quella bevanda particolarmente amara, posai per qualche istante gli occhi su di lei. 

Che era tremendamente bella lo avevo sempre saputo, ma da qualche tempo, il suo corpo mi trasmetteva sensazioni completamente differenti, lontane dai normali pensieri riguardanti un legame amichevole di due bambini. Era un qualcosa di più intimo e, nonostante la forte complicità che ci aveva sempre unito, andava anche oltre a quello. Non riuscivo davvero a capire e la cosa mi infastidiva non poco.

"Che c'è?" chiese T/N piegando la testa di lato con aria interrogativa allontanando la birra dalle labbra.

"AAH! NIENTE. Fatti i cazzi tuoi." sbottai dandole le spalle e sentendomi le guance particolarmente calde. Mi sentivo un idiota. 

La sentii ridere ad un volume più che pacato, come se si stesse trattenendo, e voltai lo sguardo verso di lei. Il mio cuore accelerò per un istante. Era una sensazione simile a quando affondavo il coltello tra le membra delle mie vittime, ma il sentimento di pace che mi trasmetteva era un qualcosa di completamente diverso. Erano ormai mesi che provavo queste sensazioni quando la guardavo sorridere ed ero giunto al limite; non ce la facevo più a non riuscire a capire cosa mi stesse succedendo. 

In quell'istante però, un ricordo affiorò nella mia mente. Era risalente a qualche mese dopo dalla nostra fuga dall'orfanotrofio e T/N aveva trovato un libro impolverato in una delle case vuote in cui eravamo soliti riposare. In quel periodo, ero un bambino affamato di storie da cui volevo apprendere il più possibile e le avevo chiesto di leggermelo. Non ho mai memorizzato il titolo e nemmeno mi importava, ma parlava di una storia d'amore ambientata in tempi abbastanza antichi, non so bene quali. Ricordo che da bambino ne ero rimasto alquanto affascinato. Mi stupiva l'idea di un qualcosa che legasse a tal punto due persone da renderle inseparabili, come se necessitassero l'uno della presenza dell'altro. Avevo completamente scordato quel libro prima di quel momento, l'unico mio ricordo che riguardava la parola 'amore'.

"Isaac?" mi chiamò T/N schioccandomi due dita davanti agli occhi e ritornai alla realtà dal vasto fiume di pensieri in cui ero capitato. "Tutto bene?"

"Certo." sbuffai bevendo un altro sorso di birra.

Trascorremmo le ore seguenti a parlare del più e del meno e, guardando oltre l'ingresso, notai che stava iniziando a farsi man mano sempre più buio. Mi alzai in piedi e percepii chiaramente quanto il mio corpo non fosse abituato all'alcool, nemmeno alla piccola quantità che avevo ingerito. Avevo un leggero giramento di testa ma riuscivo comunque a muovermi e a pensare lucidamente. Non avevo mai amato l'alcool in generale, ma per una volta all'anno era uno sforzo più che fattibile. Presi alcune assi di legno posate in angolo sotto lo sguardo attento di T/N e le posai davanti alla porta per impedire l'accesso ai piccoli animali, onde evitare che ci infastidissero durante il sonno. Afferrai poi una scatoletta di carne in scatola e la lanciai alla ragazza.

"Mangiamo adesso." dissi inginocchiandomi dando le spalle a T/N ed afferrando un'altra latta contenente del tonno di bassa lega. "Così andiamo a dormire presto e..."

Due braccia esili mi strinsero la vita di punto in bianco e trasalii voltando di scatto la testa verso la mia schiena. T/N era lì e mi stava abbracciando con la stessa forza di quando aveva uno dei suoi attacchi di panico. L'istinto mi ordinò di allontanarla immediatamente, ma mi imposi sulla parte irrazionale di me e rimasi immobile.

"Che hai?" chiesi.

La ragazza non rispose e la sua stretta sulla mia vita si fece ancora più forte.

"T/N?"

Nulla. Non pronunciò una parola neanche per sbaglio ed iniziai a preoccuparmi. Una delle poche cose che non era mai cambiata negli anni, era che detestavo vederla piangere. Quando le mie vittime piangevano e si contorcevano nella disperazione mi divertivo e mi davano ancora più desiderio di farle a pezzi, ma non T/N. Sentivo che se fosse crollata lei, sarei crollato anche io. 

Posai una mano sul suo braccio che ancora mi stringeva a sé e le accarezzai la pelle con movimenti lenti delle dita; non sapevo mai bene come gestire quelle situazioni rimarcando la mia certezza di essere un incapace. 

"Scusami..." mormorò poco dopo staccandosi dalla mia schiena. 

"Non importa." risposi, mentre una delle tante voci dentro di me mi pregava di indagare più a fondo riguardo a quel suo gesto, ma scelsi di ignorarla.

La ragazza tornò a sedersi sulle coperte nell'angolo della stanza ed aprì la sua scatoletta di carne iniziando a mangiare. Dopo un lungo sospiro, mi rialzai e mi sedetti accanto a lei. Mangiammo nel più completo silenzio e quando la luce del sole sparì completamente, per fortuna venne rimpiazzata da quella di una grande luna che illuminava la sterpaglia secca che circondava la stalla abbandonata. 

A pasto concluso, lasciammo le scatolette vuote in un angolo e ci sdraiammo facendoci spazio tra le coperte. Con mia grande sorpresa, T/N mi diede le spalle, una cosa che non era mai successa in tutti quei lunghi anni. 

"Buonanotte." biascicò.

"EH NO!" sbottai mettendomi a sedere di scatto ed afferrandole una spalla costringendola a voltarsi. "Mi dici che cazzo hai?!"

La ragazza sgranò gli occhi su di me per poi sforzare un grande sorriso, palesemente falso.

"Va tutto bene, Isaac. Dico davvero." disse, ed il quel momento non ci vidi più.

Mi stava mentendo.

Mi misi a cavalcioni su di lei e cinsi entrambe le guance in una mano per costringerla a guardarmi mentre avvicinavo il mio viso al suo con fare minaccioso. Vidi T/N arrossire ed anche io per un istante sentii le guance scaldarsi, ma scossi la testa per liberarmi da alcuni pensieri che iniziarono a tormentarmi, riprendendo poi ad osservarla con occhi seri.

"Ora tu mi dici che hai, o giuro che ti faccio male sul serio." dissi.

"I-Isaac, dico davvero non..."

"NON MENTIRMI, CAZZO! Sai che odio i bugiardi!"

La ragazza trasalii ed i suoi occhi si fecero sempre più vitrei, come se fosse sul punto di piangere. Quella visione mi fece calmare; forse avevo esagerato.

"T/N, avanti. Parla. Voglio solo cap..."

Mi interruppi quando vidi la ragazza forzare la mia presa sulla sua guancia e, quando si liberò, raddrizzò la schiena ed infilò le braccia al di sotto della mia felpa aperta, cingendomi nuovamente la vita in un abbraccio e posando il viso sulla mia pancia. Mi irrigidii e non avevo la più pallida idea di come comportarmi. Il nostro rapporto era sempre stato ad un certo livello di intimità, e non riuscivo a capire il perché la mia mente catalogasse quel contatto come un qualcosa  di strano, fin troppo diverso dal solito.

"Perdonami...Perdonami davvero." mormorò iniziando a piangere e bagnando le bende che mi circondavano la vita. 

"Cosa hai fatto?" sospirai.

In quell'istante, trasalimmo entrambi udendo dei lievi rumori di passi provenire dall'esterno della stalla ed io scattai in piedi afferrando il coltello che tenevo sempre a portata di fianco al nostro giaciglio improvvisato.

"Rimani qui." sussurrai. "Nasconditi sotto le coperte e non uscire per nessun motivo."

La ragazza annuì e fece come le avevo ordinato, mentre io mi avviai a passo felpato verso la finestra per controllare la situazione. 

"POLIZIA!" gridò qualcuno al di fuori della stalla ed una forte luce venne puntata verso l'ingresso del nostro nascondiglio. "VENITE FUORI CON LE MANI IN ALTO!"

Più che per me, ero preoccupato per T/N. Nonostante lei non avesse mai fatto del male a nessuno, se ci avessero catturato sarebbe finita comunque in prigione per essere stata mia complice, o almeno era quello che lei stessa mi aveva detto. 

Non avrei permesso a nessuno di toccarla, nemmeno con un dito.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Fuga ***


T/N's POV

 

Grida.

Forti spari seguiti da urla strazianti di dolore.

Fu tutto quello che riuscii ad udire al di sotto delle pesanti coperte dove mi ero nascosta mentre un profondo terrore mi invase le membra togliendomi il respiro. Non mi accorsi di quanto la mano che stavo trattenendo sulla mia bocca cingesse con forza la pelle al di sotto che, in contesti normali, mi avrebbe causato un dolore non indifferente. I miei muscoli erano tesi e tremanti, pronti a scattare in caso di fuga, quando la mancanza d'aria si fece molto più opprimente, tanto da provocarmi una forte nausea. In tutti gli anni passati insieme, non avevamo mai dovuto affrontare la polizia direttamente, o quanto meno non quando io ero presente. Isaac non mi raccontava mai cosa succedeva durante le sue notti passate in città e tanto meno io ne volevo saperne nulla al riguardo. 

In quell'istante, tutto il dolore e l'incertezza che avevo covato fino ad allora esplose ferendomi come una vera e propria lama all'altezza dello stomaco. Non c'entravo nulla con quella situazione; io non dovevo trovarmi lì. Iniziai a piangere ormai colma ed esausta di quei sentimenti contrastanti che mi ero portata dentro fino a quel momento, ma tentai di mantenere il mio tono più basso possibile. 

Avevo bisogno di Isaac. Sapevo bene che poteva apparire un controsenso, ma in quel momento di estrema fragilità, la sua presenza sarebbe bastata a calmarmi. 

Nel giro di pochi minuti, i rumori all'esterno della casa si placarono completamente lasciando il buio che mi circondava nel più completo silenzio. Non ebbi immediatamente il coraggio di uscire dal mio nascondiglio per poter andare a controllare che Isaac stesse bene e attesi lunghi secondi prima di trovare la forza di sollevare leggermente i lembi della coperta ed osservare cosa mi circondasse. Il faretto che avevano puntato contro la stalla era ancora lì, e mi impediva di vedere con chiarezza oltre l'ingresso. Deglutii e mi alzai lentamente evitando di fare rumore. Mi avvicinai all'uscita e quello che vidi mi fece gelare il sangue.

I corpi di cinque poliziotti giacevano a terra privi di vita e le loro membra erano sparse sull'erba mentre una forte puzza di morte giunse fin nelle mie narici. Quando i miei occhi si abituarono alla forte luce, finalmente lo vidi. 

Isaac era chino su uno degli uomini senza vita esattamente davanti al faretto e, quando si accorse della mia presenza, si mise in piedi voltandosi su di me. Non riuscivo a vedere la sua espressione dato il contrasto della sua figura contro la forte luce ma notai il suo respiro accelerato condensare nell'aria gelida di quella notte. Il ragazzo aprì le braccia mentre il lungo coltello che teneva tra le mani lasciava lentamente cadere delle grosse gocce di sangue.

"Ho risolto il problema." disse con un sorriso piegando leggermente la testa all'indietro. "Ora dimmi, cosa stavi dicendo?"

"Ehm...Pensiamo ad andarcene prima. Potrebbero arrivarne altri." dissi tentando di rimanere il più calma possibile.

"SE ARRIVANO AMMAZZERO' ANCHE LORO!" gridò. "Adesso parla!"

"Ecco...Io..."

"Hai avvisato tu la polizia, non è vero? VUOI LIBERARTI DI ME, NON E' COSI'?"

Trasalii e tutti i miei muscoli si tesero all'inverosimile davanti a quelle parole così severe e lontane dal mio modo di essere. Sembrava completamente un'altra persona. 

"A-ASSOLUTAMENTE NO! Come puoi pensare che faccia una cosa del genere? Isaac, ti rendi conto di cosa..."

"Allora parla. Non accetto bugie." disse iniziando ad avvicinarsi a passo lento ed io mi allontanai d'istinto ad ogni metro che percorreva nella mia direzione, finché non poggiai la schiena al ruvido muro esterno della stalla.

"I-Isaac, p-parliamone con calma..."

"SONO CALMO!" gridò liberando una nuvola di respiro caldo nell'aria ed afferrandomi con forza una spalla. "PARLA, CAZZO!"

"Io..."

"PARLA!"

Raggiunsi il limite. 

La persona che avevo davanti agli occhi non era l'Isaac che avevo imparato a conoscere negli anni e quella sensazione mi provocò una lieve repulsione nei suoi confronti, probabilmente dovuta alla paura. Non erano il tipo di emozioni che volevo provare nella mia vita e mi spaventarono terribilmente.

"Ho capito." mormorò con una lieve risata abbassando lo sguardo a terra. "Tu mi hai mentito. Non sei affatto felice con me."

"Non è stare con te il problema!" sbottai con le lacrime agli occhi. "E'...E' questa vita. La mancanza di cibo, il freddo... E vivo con l'ansia perenne che ti venga fatto del male e che queste tue fissazioni verso l'omicidio ti portino dove non potrai più tornare indietro!"

Isaac scoppiò in una risata fragorosa, ai limiti dell'inquietante, per poi nascondere il viso dietro ad una mano. 

"Quindi...mi hai mentito?" biascicò.

"Non era mia intenzione! Ti ricordi cosa ti avevo detto quando eravamo piccoli? Ci sono bugie e bugie, ed è vero, io non sono felice in questa situazione, ma voglio continuare a stare con te, Isaac! E' l'unica cosa che mi interessa!"

"Mi hai mentito...Mi hai mentito..." mormorò rabbioso mentre si tratteneva la testa con entrambe le mani. 

"Isaac, ti prego, ascoltami!" dissi con la voce spezzata dal pianto posando una mano sulla sua spalla, ma il ragazzo si scansò immediatamente mantenendo lo sguardo rivolto verso terra.

"Scappa." biascicò a denti stretti.

"Eh? Cosa intendi con..."

"SCAPPA, CAZZO!"

Continuai ad osservarlo incredula da quelle parole che mai gli avevo sentito pronunciare. Mi aveva promesso che non mi avrebbe mai fatto del male, quindi cosa aveva intenzione di fare?

"T-Ti prego, T/N..." mormorò osservandomi attraverso un solo occhio nascosto tra le dita della mano. "Ti prego...Corri il più lontano possibile, io non..."

Il quel suo breve sguardo ero riuscita a rivedere il vero Isaac, quello ormai soffocato da quell'essere rabbioso che aveva preso il suo posto. Potevo intuire quello che stava per accadere e scelsi di fare come mi chiedeva il ragazzo.

Iniziai a correre alla cieca facendomi largo tra la vegetazione quando, poco dopo, udii una fragorosa risata provenire dalle mie spalle. Continuai a correre con tutta l'energia che avevo in corpo fin quando sentii dei veloci passi in avvicinamento nella mia direzione mentre quell'inquietante risata non accennava a placarsi. 

In quei pochi istanti però, in mezzo alle mille domande che non accennavano a darmi pace, la mia mente mi riportò al giorno in cui io e quel piccolo bambino coperto di bende eravamo fuggiti dall'orfanotrofio. Isaac mi aveva chiesto se saremmo stati per sempre insieme ed io non avevo esitato un attimo nel confermare le sue parole. Ero arrivata al punto di mentirgli senza che ce ne fosse stato un effettivo bisogno e avevo infranto una parte del nostro silenzioso patto di complicità. Non lo avrei fatto mai più in vita mia e mai avrei scelto di abbandonare Isaac, tanto meno quando aveva più bisogno di me.

Rallentai il mio passo fino a fermarmi e mi voltai giusto in tempo per vedere Isaac avventarsi su di me facendomi cadere a terra, ma quando il suo coltello giunse a pochi centimetri da mio petto, il ragazzo si bloccò completamente. 

Il tempo parve fermarsi di colpo e calò il silenzio rotto solo dal nostro pesante ansimare. Poco dopo, osservai il ragazzo ancora a cavalcioni su di me mentre allontanava il coltello dal mio petto lanciandolo il più lontano possibile tra la boscaglia al nostro fianco. Si cinse la testa tra le mani mentre i suoi muscoli iniziarono a tremare visibilmente, come per trattenere un possibile demone intento a prendere possesso del suo corpo.

Gli lasciai il tempo necessario per calmarsi e poco dopo lasciò cadere entrambe le braccia lungo il corpo.

"Perché..." mormorò. "Perché ti sei fermata?"

"Perché lasciarti solo non è mai stata un opzione." dissi con aria apatica, decisa a far arrivare il concetto. "Non era mi intenzione mentirti ieri, volevo solamente rassicurarti."

"Ma..."

"Ci sono bugie e bugie. Devi riuscire a comprendere questo concetto."

"MA HO APPENA CERCATO DI AMMAZZARTI!" sbraitò afferrandomi per il colletto della felpa e tirandomi verso il suo viso. "E TUTTO QUELLO CHE SAI DIRE E' QUESTA SEQUELA DI STRONZATE?!"

"Volevi uccidermi davvero?"

Isaac si bloccò all'istante e le sue braccia ripresero a tremare quando lasciò la presa e portò entrambe le mani sul suo viso.

"N-No...No, T/N. No."

"Allora va tutto bene." dissi posando una mano su una delle sue. "Siamo insieme. E' tutto quello che conta." 

Vidi il ragazzo stringersi nelle spalle e parve essere sul punto di piangere. I miei sospetti vennero confermati quando udii dei leggeri singhiozzi provenire da al di sotto delle sue dita.

"Perdonami...Perdonami." mormorò.

Quella visione mi strinse il cuore. Erano ormai anni che non vedevo Isaac piangere, segno che quella situazione lo aveva particolarmente provato. Mi misi seduta e, dopo aver posato una mano trai suoi capelli, accompagnai delicatamente la sua testa fino all'incavo del mio collo. Il ragazzo non si scansò ed accolse il mio gesto. Il forte fetore di sangue proveniente dai suoi abiti mi circondò, ma in quel momento non mi importava affatto.

"Non sei affatto un bugiardo. Sapevo che non mi avresti fatto alcun male." dissi.

"T-Tu...Sei una perfetta idiota."

"Lo so, Isaac." sospirai. "Lo so."

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Capitolo 11
*** Respiro ***


ISAAC's POV

 

Riuscimmo giusto in tempo a recuperare i nostri pochi oggetti all'interno della stalla pochi minuti prima che giungesse la seconda pattuglia di polizia. Eravamo intenti a risalire una collina poco lontana quando vedemmo i lampeggianti delle auto accostare a pochi metri dal nostro precedente rifugio e sentii T/N tirare un sospiro di sollievo dopo essersi fermata ad osservare la scena.

"Muovi il culo." dissi stizzito. "Non perdiamo tempo."

"Certo, scusami." sorrise la ragazza.

Mi chiedevo come potesse essere così di buon umore dopo quello che era appena successo, ma scelsi di tornare su quei pensieri in un secondo momento.

Nonostante la grande luna sulle nostre teste, riuscimmo a sfuggire agli occhi della polizia e camminammo per tutta la notte per cercare di allontanarci il più possibile. Dopo alcune ore, voltai lo sguardo in direzione di T/N e notai quanto fosse stanca quando la vidi intenta a sforzarsi di mantenere gli occhi aperti ed un passo regolare, mentre io percepivo chiaramente ancora tutta l'adrenalina dovuta all'omicidio dei poliziotti.

"Troviamo un posto per riposare." dissi fermando il mio passo e voltandomi verso la ragazza alle mie spalle.

"N-No..." mormorò sbadigliando. "Posso continuare."

"Scordatelo. Vieni con me."

Pochi metri più avanti, trovammo un anfratto tra alcune rocce che avrebbe potuto ripararci da occhi indiscreti per qualche ora grazie ai cespugli che ne nascondevano l'accesso e, dopo aver posato gli zaini a terra, tirai fuori unicamente la coperta e il telo di plastica. Nonostante le lamentele di T/N, sistemai il giaciglio improvvisato e mi sedetti facendo poi cenno alla ragazza di avvicinarsi.

"Per queste poche ore andrà più che bene. Io non dormirò, tu pensa a riposare." dissi.

"M-Ma Isaac..."

"Fai come dico. Non posso pensare di trascinare in giro il tuo culo stanco per tutta la notte. Prima ti riposi e prima riprendiamo a camminare." sbuffai posando la schiena alla roccia.

La ragazza mi osservò con occhi dubbiosi per qualche secondo per poi prendere posto davanti a me. Tirò su la coperta per coprirsi il più possibile ed io tesi una mano nella sua direzione.

"Vieni qui. Fa un freddo assurdo e se ti ammali è un casino."

"Va bene..."

T/N fece quanto le avevo ordinato e si posizionò tra le mie gambe per poi posare la guancia sul mio petto. Senza che potessi controllarlo, il mio cuore accelerò all'istante, e deglutii a vuoto cercando di calmarmi. Il corpo della ragazza era ghiacciato, ma dopo pochi secondi, finalmente riuscimmo nell'intento di scaldarsi a vicenda. Infatti T/N si addormentò immediatamente tra le mie braccia mentre il suo respiro scaldava sempre di più il mio petto. Afferrai la coperta e la posizionai meglio sulle spalle di T/N in modo che potesse scaldarsi al meglio.

Le emozioni che mi ero riservato di provare quando lei sarebbe stata al sicuro, mi colpirono come un fulmine a ciel sereno. Ormai quello che provavo ogni volta che la guardavo sorridere era diventato talmente ingestibile da innervosirmi non poco ed era un qualcosa a cui avevo cercato di dare un nome molto tempo prima, un qualcosa a cui avevo iniziato a pensare ogni qual volta che la osservavo dormire tra le mie braccia durante quelle lunghe notti invernali. Sembrava talmente vulnerabile da darmi una forza che non credevo di possedere, desideroso di proteggerla da quel mondo tremendo che tanto odiavo, esattamente come aveva fatto lei con me. In più, quando poche ore prima ero stato ad un passo da ucciderla, qualcosa dentro di me mi aveva bloccato spegnendo la rabbia che mi aveva causato la scoperta della sua bugia.

Lei non era solo la mia ancora di salvezza, ma soprattutto l'unica persona al mondo che per me aveva diritto di vivere. Tutto il resto del pianeta poteva volatilizzarsi nel nulla e non mi sarebbe importato, ma senza di lei, ero certo che avrei finito per perdermi definitivamente. Ero ormai giunto alla bellissima e tremenda consapevolezza che quella strana cosa chiamata amore aveva colpito anche me e, nonostante il mio corpo sapesse esattamente cosa fare quando osservavo le sue labbra socchiuse mentre T/N dormiva serena contro il mio petto, la mia mente era persa chissà dove alla ricerca di un buon motivo per lasciarmi trascinare da quelle nuove e scomode sensazioni.

Speravo, in un modo o nell'altro, di trovare la risposta.

 

 

T/N's  POV

 

"T/N?"

Aprii gli occhi osservandomi intorno e, una volta alzato lo sguardo ed incrociato quello di Isaac, ripresi contatto con la realtà. Il mio naso era completamente gelato, ma grazie al calore del ragazzo, non stavo soffrendo più di tanto il freddo.

"Sono passate due ore. È meglio muoversi." disse il ragazzo.

"Va bene." sorrisi, nonostante il sonno ancora incastrato negli occhi.

Riprendemmo il nostro vagare mentre una grande luna spiccava ancora sulle nostre teste. Probabilmente in contesti normali l'avrei ammirata completamente persa nella forte luce che emanava, ma non in quel momento. Quella stessa e bellissima luce ci rivelava facilmente agli occhi dei nostri inseguitori e se ci avessero trovati, non osavo immaginare quello che sarebbe potuto accadere. In lontananza si udiva il suono di sirene indistinte e questo preoccupò entrambi dato che accelerammo immediatamente il passo. Evitammo completamente le strade e fummo costretti a farci largo tra la fitta boscaglia incolta di rovi e arbusti sempreverdi che ci trovammo davanti.

Durante le lunghe ore che seguirono, nessuno dei due disse una parola anche per poter prestare attenzione ai suoni e a ciò che ci circondava. Il sole stava iniziando a sorgere quando, in lontananza, scorgemmo un piccolo paesino con giusto un paio di lampioni ad illuminarne la strada principale; dovevamo assolutamente trovare un buon posto in cui nasconderci.

Superato il paesino, camminammo per un altra mezz'ora in mezzo alla boscaglia prima di riuscire a sentire il suono dello scorrere di un torrente. Avevamo finito le scorte d'acqua qualche ora prima ed eravamo entrambi assetati per la lunga camminata. Seguimmo quell'invitante suono fino a giungere al piccolo fiume dopo aver superato una serie di rovi alti poco meno di un metro: fortunatamente avevamo addosso abiti invernali e superammo l'ostacolo senza problemi.

Scendemmo fino a riva e raccogliemmo immediatamente dell'acqua all'interno delle nostre bottiglie in previsione di farla bollire il prima possibile. Ne approfittai anche per sciacquarmi la faccia dato l'intorpidimento del mio corpo e della mia mente dovuto alla mancanza di sonno e, quando alzai la testa verso il sole nascente per cercare di scaldarmi con i primi raggi, notai, dall'altro lato della riva nascosta tra gli alberi, una piccola finestra che dall'usura incisa sulle sue tapparelle, mi fece intuire che si potesse trattare di una casa abbandonata.

"Isaac, guarda là." dissi indicando la mia nuova scoperta. "Potrebbe esserci una casa disabitata." 

"Andiamo a controllare, allora. Ho un sonno assurdo."

"Concordo. Muoviamoci!" risi iniziando a guadare il fiume con un grande sorriso sulle labbra. 

Probabilmente da lì a poco avremmo riposato sul serio e, dopo tutto quello che avevamo passato, ce lo meritavamo davvero.

 

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Capitolo 12
*** Pace ***


T/N's POV

 

Dopo quella orribile notte, eravamo riusciti a recuperare le nostre cose fuggendo prima dell'arrivo della seconda pattuglia di polizia per poi rifugiarci nei boschi circostanti e, nei giorni successivi, ci eravamo mossi in continuazione alla ricerca di un buon posto in cui fermarci per qualche tempo in modo da recuperare le forze. Dopo poco più di una settimana di cammino, eravamo riusciti a trovare una villa abbandonata ben nascosta all'occhio di eventuali passanti, collocata in un bosco distante mezzora dal primo paese in cui vivevano solo pochi anziani. Era come se avessimo vinto alla lotteria dato che all'interno si trovava una stufa e addirittura un letto matrimoniale che provvedemmo a rendere utilizzabile grazie a lunghi lavaggi e alle nostre coperte. Il fuoco andava acceso solo e soltanto di notte, in modo che il fumo che fuoriusciva dal camino non fosse visibile oltre al bosco, ma fortunatamente le giornate stavano iniziando a scaldarsi per l'arrivo della primavera. Ci eravamo adattati, e finalmente potevamo tirare un sospiro di sollievo.

Con il trascorrere dei giorni, mi ero soffermata spesso a ragionare sui miei sentimenti ed ero riuscita a renderli molto più comprensibili e chiari. Nonostante ogni ostacolo, insieme ad Isaac stavo bene e, per quanto desiderassi scoprire come poteva essere una vita normale, non avevo alcuna intenzione di abbandonarlo. Eravamo ormai legati in maniera indissolubile e non volevo rinunciare a quel rapporto simbiotico e intimo che contraddistingueva la nostra coppia. Quando avevo realizzato il mio innamoramento per lui, tutto quello che mi circondava era divenuto talmente semplice da farmi sentire un idiota nel non essere riuscita a capirlo prima e, non so bene perché, la concretizzazione di quel sentimento aveva sciolto ogni tipo di nodo presente nel mio animo. 

Nonostante fosse mattina inoltrata, Isaac dormiva ancora al mio fianco ed era un ottimo segno. Stava a significare che anche lui si sentiva molto più rilassato in quel nuovo nascondiglio e non potevo che esserne contenta. Ero seduta sul letto ad osservare oltre la finestra dagli infissi usurati quando, voltando lo sguardo su di lui, scoprii che il ragazzo mi stava osservando con occhi stanchi ed assonnati, ma appena mi notò, mi diede le spalle girando il corpo dall'altra parte. 

"Buongiorno, Isaac." sorrisi.

"Tsk." lo sentì sbuffare stringendosi nelle spalle.

Grazie alla temperatura accettabile della stanza, Isaac aveva dormito senza la sua solita felpa e miei occhi caddero sulle bende sporche che gli circondavano la schiena e la vita: erano settimane che non ci lavavamo decentemente, né tanto meno che riuscivamo a pulire a fondo i nostri abiti.

"Oggi sembra che farà più caldo dei giorni scorsi. E se andassimo a lavarci al fiume?" chiesi, ma non ottenni alcuna risposta.

Mi avvicinai a lui e, con fare scherzoso, posai la testa sul suo braccio disteso sopra al suo corpo per poterlo osservare in volto. I suoi occhi erano tesi in un'espressione di disappunto, e fece di tutto per ignorarmi.

"Isaaac?" lo chiamai. 

"AAAH! Lasciami stare."

"Ok, ok, scusa." sospirai alzandomi dal letto. "Allora vado da sola."

Erano ormai alcuni giorni che il ragazzo sembrava essere molto sulle sue, come se ci fosse qualcosa che lo turbasse particolarmente. Da quando eravamo arrivati in quella casa, non si era nemmeno più allontanato per le sue solite uscite serali atte a sfogare la sua malsana ossessione, e la cosa mi aveva dato da pensare. Tendenzialmente, Isaac si relazionava con me in una maniera unica per via del rapporto che avevamo coltivato negli anni, ma il suo distacco di quei giorni mi faceva temere il peggio. Avevo paura che si fosse stufato di portarsi appresso una come me che involontariamente poneva dei limiti ai suoi macabri desideri ed era l'ultima cosa che volevo. Ero innamorata di lui e perderlo, nonostante mi avrebbe permesso di vivere una vita tranquilla, mi feriva terribilmente.

Iniziai a raccogliere il sapone, un ricambio da poter indossare mentre i miei attuali vestiti si sarebbero asciugati, il pettine ed il nostro unico asciugamano, prima di dirigermi verso l'ingresso della stanza.

"Allora io vado." sorrisi superando la porta. "Se hai bisogno di qualcosa chiamami!"

"Chi avrebbe bisogno di te, idiota?" 

"Ahah! Come vuoi, Isaac! A dopo!" risi chiudendo la porta malandata mentre il ragazzo ancora mi dava le spalle.

Scesi le scale a passo veloce, estremamente contenta per l'imminente bagno e mi diressi verso il fiume che costeggiava l'area verde intorno alla villa. Discesi con semplicità fino al letto del fiume e posai il necessario per lavarmi su uno dei massi. Fortunatamente quella giornata era parecchio calda per il periodo in cui ci trovavamo e lo presi quasi come un segno del destino. In più, mi sentivo parecchio di buon umore e non sapevo nemmeno il perché, ma avevo tutte le intenzioni di godermi appieno il momento. 

Mi inginocchiai e sfiorai l'acqua del fiume non rimanendo affatto sorpresa nello scoprire che fosse alquanto fredda rispetto al sole caldo che mi batteva sulla testa ma, essendoci abituata, la cosa non fece calare il mio entusiasmo. 

Mi sfilai la maglia ed i pantaloni rimanendo in intimo e mi apprestai a lavare i miei abiti per poi stenderli ad asciugare su una roccia sotto i raggi diretti del sole. Dopo di che, presi il pettine e mi sedetti su uno dei massi per farlo scorrere tra i capelli in modo da rendere più semplice il loro lavaggio. Nel frattempo mi persi ad osservare la natura incontaminata che mi circondava e per poco non udii un lieve suono di passi alle mie spalle.

"Isaac?" lo notai voltandomi. "Avevi detto che..."

"SI', SI'! Lo so che ho detto." sbottò stizzito scendendo anche lui sulla riva del fiume e posizionandosi al mio fianco. "Piuttosto tu, ti pare il caso di..."

"Sono felice che sia venuto anche tu!" dissi mettendomi in piedi e rivolgendogli un grande sorriso. "Forza, vieni con me!"

Misi i piedi in acqua e dovetti attendere qualche secondo prima che il mio corpo si abituasse a quella bassa temperatura, dopo di che mi posizionai al centro del piccolo torrente di campagna chiamando Isaac con un lieve cenno della mano. Il ragazzo mi osservò per qualche secondo con aria apatica, quasi di disappunto, e mi parve di vedere un suo sopracciglio tremare leggermente. Dopo un lungo sospiro mi seguì in acqua e si posizionò di fronte a me.

"Lascia che ti aiuti con le bende, così possiamo lavare anche quelle." sorrisi.

"Faccio da solo." sbuffò dandomi le spalle ed iniziando a provare a recuperare il capo delle bende sulla sua bassa schiena, fallendo miseramente.

Si esibì in alcune torsioni improbabili mentre tentava di afferrarne il capo ed io trattenni una lieve risata dovuta all'ironia del momento. Mi avvicinai ed afferrai l'inizio dei bendaggi, mentre il ragazzo irrigidì la schiena voltando lo sguardo nella mia direzione.

"Che cazz...!"

"Lascia che ci pensi io." sorrisi.

Isaac mi osservò pensieroso per qualche secondo per poi riportare lo sguardo di fronte a sé e liberando un lungo sospiro.

"Come vuoi."

Le bende di Isaac avevano inizio in sei punti specifici del suo corpo ed era capitato molto spesso che lo aiutassi a toglierle, ma il difficile era quando dovevo riavvolgerlo in quegli infiniti metri di tessuto, ormai talmente usurati che spesso mi si spezzavano tra le dita.

"Dovremmo recuperare dei bendaggi nuovi." dissi afferrando il capo delle bende all'altezza della vita ed iniziando a sfilarle.

"Ci penseremo poi." sbuffò.

"Sicuro. Pensavo di andare a prendere qualcosa in paese domani. Stiamo iniziando a finire le scorte."

"E' meglio di no." 

"E perché mai?" chiesi afferrandogli le spalle costringendolo a voltarsi nella mia direzione per facilitarmi la rimozione delle bende. "Non mi hanno visto in faccia quella notte."

"Non importa. Meglio non rischiare." sospirò con tono monocorde.

"Come vuoi, allora."

Continuai a sfilare le bende del ragazzo con il sorriso sulle labbra mentre gli occhi di Isaac non smisero per un istante di osservarmi con aria dubbiosa.

"Sei parecchio di buon umore oggi." commentò alzando un sopracciglio. "C'è un motivo?"

"Niente di specifico!" sorrisi raggomitolando la prima sezione di bendaggi che aveva rivelato il torso magro e segnato dalle ustioni di Isaac. "Mi sento felice e basta."

Lanciai il gomitolo sulla riva cingendo poi le braccia intorno al collo del ragazzo per cercare il capo della benda che gli nascondeva il viso.

"Sul serio non hai paura di me dopo quello che ho fatto?" chiese di punto in bianco. "Sii onesta."

Alzai lo sguardo su di lui e nei suoi occhi lessi una profonda insicurezza; un qualcosa che era davvero difficile da vedere in Isaac. 

"Assolutamente no. Te lo giuro." risposi iniziando a srotolare le bende intorno al suo collo, ma Isaac bloccò subito il mio polso lasciando che la mia mano posasse sulla sua spalla.

Iniziò ad avvicinarsi ed io mi irrigidii all'istante sentendo le guance avvampare per l'estrema vicinanza. Nonostante le ustioni che gli percorrevano il corpo, non riuscivo a fare a meno di trovarlo assurdamente bello.

"L'altra notte ho rischiato di ferirti, e a quello non ci sarebbe stato rimedio. Ti rendi conto della situazione in cui ti trovi? Io..." mormorò con un tono particolarmente serio. "Io non voglio farti del male, lo capisci, vero?"

Sul momento, quel ragazzo era la cosa più vulnerabile che avessi mai visto in tutta la mia vita e la mia mente tornò al ricordo del piccolo bambino sofferente ed affamato in quella soffitta lugubre che avevo intenzione di proteggere ad ogni costo.

"E' per questo che sei così distaccato in questi giorni?" sorrisi.

"EH?! Che stai dicendo?" sbottò, e notai qualche linea di rossore sulle sue guance.

"Beh, mi sembri pensieroso. Qualcosa non va?"

"N-No. Va tutto assurdamente bene." disse a denti stretti avvicinando il suo volto al mio. "Quindi smettila di sorridere come una deficiente e..."

Non riuscii più a trattenermi. 

Isaac si irrigidì nell'esatto istante in cui posai le mie labbra sulle sue espirando profondamente e cinsi la sua nuca in una delicata stretta per poterlo trattenere contro il mio viso. Fece qualche passo indietro, ma io ero decisa a far continuare quel bacio rubato mentre i suoi occhi si sbarrarono su di me incerti sul da farsi. Le sue mani mi afferrarono le spalle come se fosse intenzionato ad allontanarmi spaventato dal mio gesto ma, dopo un piccolo tentativo di resistenza, sentii le sue dita allentare la presa ed il ragazzo riportò le braccia lungo il suo corpo. Mi presi qualche altro secondo non percependo altre reazioni da parte sua per poi, dopo aver raccolto tutto il mio coraggio, distaccare le nostre labbra per poterlo osservare. 

Il petto di Isaac si alzava ed abbassava velocemente e, nonostante fossimo cresciuti insieme, non riuscii a decifrare l'espressione che troneggiava sul suo volto. Era incerta, quasi spaventata, come se non avesse idea di come comportarsi davanti al mio gesto.

"Scusami..." mormorai abbassando lo sguardo. "Non sono riuscita a..."

"No, no, no. Aspetta." mi interruppe, costringendomi a riportare gli occhi su di lui. "Non è che... possiamo rifarlo?"

Trasalii davanti a quelle parole ed il mio cuore si strinse per l'estrema tenerezza con cui mi aveva posto quella domanda.

"C-Certamente." sorrisi.

In quel momento, Isaac iniziò ad avvicinarsi mentre i suoi occhi mi scrutavano con attenzione nel tentativo di cogliere un qualche mio movimento improvviso e mi diede l'impressione di trovarmi davanti ad un bambino alle prese con il suo primo bacio. Gli lasciai tutto il tempo necessario per avvicinarsi e, quando le nostre labbra furono sul punto di sfiorarsi, il ragazzo si fermò come se avesse intenzione di osservare al meglio il mio volto visto da così vicino, mentre il suo respiro caldo mi accarezzava le guance. Poi, con estrema timidezza, finalmente mi baciò e percepii chiaramente quanto le sue labbra fossero tese e rigide mentre premevano contro le mie. Lentamente, lasciai che le mie mani scivolassero sulle sue braccia per prepararlo al contatto che avevo intenzione di donargli e, non appena compresi di avere campo libero, posai le dita sulle sue guance per accarezzarle. Quello parve bastare per rilassare Isaac che strinse le mie dita tra le sue espirando con forza contro il mio viso e, con mio enorme piacere, chiuse gli occhi. 

Era il primo bacio in assoluto per entrambi e fui convinta di riuscire a percepire il cuore di Isaac risuonare con forza attraverso il suo petto nonostante la distanza tra i nostri corpi. Rimanemmo immobili, godendo delle meravigliose sensazioni che quel primo ed intimo incontro tra le nostre labbra ci stava trasmettendo e poco dopo, con estrema lentezza, ci allontanammo. Eravamo entrambi ansanti, ma mentre io gli rivolgevo un sorriso intenerito, Isaac deviò lo sguardo come se fosse particolarmente imbarazzato.

Sembrava essere il momento di pace perfetto che tanto avevo atteso da quando avevo realizzato dei miei sentimenti, ma un suono improvviso di passi fin troppo veloci diretti nella nostra direzione attraverso la fitta boscaglia dall'altra parte del fiume ci fece trasalire. Senza pensarci un secondo, raccogliemmo i miei vestiti ancora bagnati, l'asciugamano e le bende del ragazzo per poi risalire la riva e fiondarci all'interno della casa. 

Corremmo nella nostra stanza al piano di sopra ed il ragazzo afferrò subito il coltello posizionandosi al di sotto della finestra che dava sul cortile per controllare se qualcuno si stesse avvicinando. Io invece mi limitai a nascondermi sotto il letto come avevamo precedentemente pianificato al nostro arrivo in quella casa.

Il cuore mi martellava nel petto e temetti che i miei peggiori incubi si stessero nuovamente avverando costringendoci a privarci di quel meraviglioso nascondiglio scovato con tanta fatica. Dopo quella parentesi di pace assoluta fuori dalla vita che avevamo affrontato fino a quel momento, la realtà mi ripiombò addosso stringendomi lo stomaco in una morsa. 

Non so cosa avrei dato per potermi isolare completamente in quel momento perfetto avvenuto in mezzo a quel piccolo torrente, lontano da occhi indiscreti e dal grigiore della nostra esistenza da eterni fuggitivi. 

 

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Capitolo 13
*** Discesa ***


T/N's POV
 

Grazie allo scricchiolio dei detriti presenti al piano inferiore, udimmo chiaramente alcuni passi fare il loro ingresso nella casa abbandonata. Grazie ad altri suoni ben specifici, riuscii a comprendere che la persona appena arrivata aveva con sé un cane e la cosa mi preoccupò non poco. Se avesse fiutato la nostra presenza avrebbe potuto scoprirci con una semplicità estrema costringendo Isaac ad uccidere l'intruso per evitare che il nostro nascondiglio venisse meno. Allo stesso tempo, la morte improvvisa di una persona nei boschi avrebbe comportato ulteriori ricerche da parte delle forze dell'ordine ed il risultato sarebbe stato il medesimo. 

Colui che si rivelò essere un uomo fischiò richiamando il cane ma, grazie al rumore ben chiaro di una veloce zampettata lungo le scale che conducevano alla nostra stanza, capii che si stava dirigendo verso di noi. Mi si gelò il sangue, ma ebbi la forza di uscire quanto bastava dal mio nascondiglio per ordinare ad Isaac di venire anche lui sotto al letto e lo scoprii pronto ad attaccare qualunque essere vivente sarebbe comparso dalla porta della stanza. Sporsi la testa e con veloci gesti della mano gli feci intuire quello che volevo che facesse e, nonostante sembrasse parecchio indeciso sul da farsi, alla fine si fidò di me e si nascose anche lui sotto al letto. 

Nell'esatto istante in cui Isaac scivolò al mio fianco, il cane fece la sua comparsa sull'uscio iniziando ad annusare ogni angolo della stanza ed i nostri oggetti sparsi. Isaac mosse la mano che stringeva il coltello pronto ad attaccare, ma lo trattenni afferrandogli il polso. Non tardò ad arrivare l'occhiata di disappunto del ragazzo, ma tentai in ogni modo di comunicargli i miei pensieri in merito solo tramite lo sguardo. Anche la morte stessa del cane avrebbe comportato dei problemi e non era quello che ci serviva al momento. 

Il cane iniziò a dirigersi verso il letto annusando il pavimento e Isaac tentò di sforzare la mia mano per potersi muovere, ma in quell'esatto istante l'uomo gridò dal piano inferiore.

"Torna qui! Di sopra è tutto diroccato!" urlò seguito da un fischio più forte degli altri che l'animale prese come un ordine assoluto ed uscì scodinzolando dalla stanza lasciandoci soli.

Tirai un sospiro di sollievo scoprendo quanto i miei muscoli fossero tesi solamente quando si rilassarono ed il mio cuore aveva raggiunto frequenze cardiache a cui sarei dovuta essere abituata, ma in quei lunghi anni non avevo ancora imparato a tranquillizzare il mio corpo come avrei dovuto. 

Rimanemmo sotto al letto per lunghissimi minuti, anche dopo che sentimmo l'uomo uscire dall'abitazione, restando immobili in attesa che anche la natura intorno la casa fosse il più silenziosa possibile. 

Quando il mondo sembrò tornare alla normalità, Isaac annuì rivolgendomi un'espressione sicura di sé e, lentamente, scivolò fuori dal letto. 

"Non muoverti." disse prima di alzarsi.

Lo vidi lanciare un'occhiata oltre la finestra per poi muoversi a passo felpato verso l'uscio della camera. Diede uno sguardo veloce lungo il corridoio per assicurarsi che non ci fosse nessuno e lo vidi compiere un primo passo verso l'esterno della stanza.

"N-No, Isaac!" lo chiamai con voce strozzata per tentare di fare più silenzio possibile, ma il ragazzo mi ignorò proseguendo finché non lo vidi sparire nel corridoio.

Non udii altro che i suoi passi scendere lenti lungo le scale smuovendo lievemente i piccoli detriti, dopo di che il silenzio totale. 

Speravo dal più profondo del cuore che avesse compreso i rischi nel uccidere quell'uomo ed il suo cane e pregai il cielo che non si trovassero più nell'area della villa abbandonata. Trascorsero parecchi minuti mentre una forte ansia mi rapì dall'interno e sentii lo stomaco stringersi all'inverosimile con il passare dei secondi. Quando fui convinta di aver raggiunto il mio limite di sopportazione, iniziai a scivolare fuori dal mio nascondiglio e quando mi ritrovai con solo il busto oltre il bordo dal letto, udii dei passi accanto alla porta.

Alzai lo sguardo e scoprii Isaac fare il suo ingresso nella stanza sospirando vedendomi in quella posizione e, una volta davanti a me, si inginocchiò per darmi un buffetto sulla fronte con due dita.

"Cosa c'è di difficile da capire nella frase 'non muoverti da qui'?" sbuffò alzando un sopracciglio.

"M-Mi stavo preoccupando, scusa. Va...Va tutto bene?"

"Sì, se ne sono andati." disse porgendomi la mano per aiutarmi a mettermi in piedi. "Aveva un fucile con sé, credo fosse un semplice cacciatore."

"Meglio così." sospirai alzandomi e provando a togliermi la polvere di dosso dato che per la foga del momento mi ero sdraiata sotto al letto ancora in intimo. Sarei dovuta tornare al fiume per lavarmi. 

Notai gli occhi di Isaac scivolare per qualche istante lungo il mio corpo, ma deviò lo sguardo non appena alzai la testa nella sua direzione. Lo trovavo di una tenerezza infinita.

"Allora...Cosa facciamo?" chiesi.

"C-Che intendi?" domandò a sua volta con un tono particolarmente imbarazzato.

"Uhm?" mormorai piegando la testa di lato con aria dubbiosa. "Intendo... Rimaniamo qui o ci spostiamo ancora?"

"Ah. Ok." sospirò dandomi le spalle. "Non ci ha visto, ma...potrebbe tornare. Direi di rimanere qui, ma facciamo più attenzione nei prossimi giorni."

"D'accordo." sorrisi. 

Scegliemmo di aspettare qualche ora prima di dirigerci al fiume per lavarci nuovamente e solo in quel momento mi accorsi dell'assenza del pettine che avevo portato con me quando ero scesa al corso d'acqua prima dell'arrivo del cacciatore. Lo avevo dimenticato sulla riva e non riuscii più a trovarlo da nessuna parte con mio enorme disappunto. Era stato il primo regalo che mi aveva fatto Isaac a seguito della nostra fuga dall'orfanotrofio dopo che lo aveva recuperato in una casa in cui avevamo rubato del cibo e lo avevo conservato gelosamente fino ad allora. Purtroppo però, nella foga del momento non avevo avuto il tempo di pensarci ed era definitivamente sparito nel nulla. Isaac mi disse di non badarci troppo dato che, a detta sua, era solo un comune pettine ma ignorava completamente il legame affettivo che avevo con esso.

Quando tornammo nella nostra camera, Isaac si sedette sul letto passandosi l'asciugamano tra i capelli ed in quel momento mi cadde l'occhio sul ragazzo che mi stava dando le spalle perdendomi ad osservare le ustioni presenti sul suo intero corpo. Alcuni anni fa mi aveva raccontato l'avvenimento che aveva segnato la sua infanzia e la sua pelle in maniera permanente e mi ero ritrovata a pensare quanto fosse ingiusto il mondo per aver rovinato per sempre l'esistenza di un bambino che, se le cose fossero andate in maniera diversa, probabilmente non sarebbe finito ad avere certe malsane necessità.

Le bende che avevamo raccolto dalla riva del fiume durante la nostra fuga improvvisa si erano ormai asciugate e le raccolsi dal tavolo inginocchiandomi sul letto alle spalle del ragazzo. 

"Vuoi che ti aiuto a rimetterle?" chiesi, ed Isaac si voltò nella mia direzione facendo scivolare l'asciugamano dai suoi capelli e portandolo sul materasso al suo fianco.

Il tempo parve fermarsi mentre mi perdevo nei suoi occhi che in quell'istante mi osservavano con aria seria e deglutii a vuoto provando nuovamente il fortissimo desiderio di baciarlo per riportare la mente a quel momento di pace di poche ore prima.  

Non ci fu bisogno che mi muovessi dato che fu il ragazzo ad avvicinare lentamente il suo viso al mio e sentii i muscoli del mio corpo tendersi all'inverosimile. Quel ragazzo mi piaceva davvero moltissimo. Quando però le sue labbra furono a pochi centimetri dalle mie, Isaac si fermò e cinse entrambe le mie guance tra le dita di una mano osservandomi con occhi attenti.

"C-Che cosa fai?" chiesi con un mezzo sorriso.

"A te...A te è piaciuta la cosa di prima?" 

"Intendi il bacio? Certo che sì. Perché...a te no?" domandai sentendo una morsa stringermi lo stomaco temendo la sua possibile risposta.

Tutta la mia tensione si allentò quando in quel preciso istante, il ragazzo posò le sue labbra sulle mie espirando con forza contro il mio viso per poi allontanarsi poco dopo. 

"Sì, è piaciuto anche a me." ammise liberandomi dalla sua presa. "Ma...Ora che succede? Cioè, cambierà qualcosa?"

"No, perché dovrebbe?" sorrisi. "Ora non siamo più solo amici, ma una coppia!"

"E quindi...cosa cambia da prima?"

"Beh, in effetti non sarà molto diverso." sospirai pensierosa. "Ma va bene così!"

Lo abbracciai con forza ed Isaac, colto alla sprovvista, cercò di liberarsi dalla mia stretta ma ogni suo tentativo fu vano. Quando riuscì a divincolarsi, Isaac mi afferrò i polsi e mi spinse sul letto per allontanare le mie mani dai suoi fianchi inchiodandole al materasso poco sopra la mia testa mentre il ragazzo si posizionò a cavalcioni su di me ed i suoi occhi mi scrutarono con attenzione.

"Smetti di fare l'idiota." sbuffò alzando un sopracciglio. "Ogni tanto ti prendono questi momenti e sei a dir poco fastid..."

Lo interruppi quando lo baciai dopo aver liberato i polsi dalla sua stretta per poi sorreggermi sui gomiti giungendo all'altezza del suo viso. Dopo aver trattenuto il respiro per un breve istante, il ragazzo espirò con delicatezza contro le mie guance e la sua mano giunse tra i miei capelli. Poco dopo però, Isaac si allontanò ed io non riuscii a trattenere un grande sorriso dovuto alla serenità del momento, ma il ragazzo mi diede un altro buffetto sulla fronte.

"Non credere di cavartela così." disse. "Non è che adesso ogni volta che fai qualche cazzata ti basterà fare questa cosa per cavartela." 

"Agli ordini, capo!" sorrisi.

"Sei..." mormorò con un ghigno infastidito avvicinando nuovamente le sue labbra alle mie. "Sei davvero un idiota." 

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