Di fantasmi, streghe e cuori che battono

di LuxBlack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


N/A: Questa fanfic è stata originariamente concepita oltre 10 anni fa. I personaggi erano gli stessi ma la trama era fasulla, quindi ho lasciato perdere. Solo molti anni dopo ci ho ripensato e ho riscritto un plot più solido e sensato. Quando ci viene l'illuminazione... :)
Come ho detto nell'intro, avevo scritto la storia in inglese, e ora voglio 'autotradurmi' e pubblicarla in italiano.
Spero vi piaccia.

DI FANTASMI, STREGHE, E CUORI CHE BATTONO


Prologo

I tuoni rombavano, riverberando attraverso il bosco, fino alla volta del cielo plumbeo di Sleepy Hollow. Le radici insanguinate dell'Albero dei Morti si spalancarono, preparando uno spettrale abbraccio per la coppia a cavallo del gigantesco destriero nero.

Mary Archer, vedova Van Tassel, non riusciva a capire cosa pulsasse più dolorosamente: la sua testa, il suo cuore, o le sue labbra, che sanguinavano copiosamente dopo essere state quasi strappate via da quel demone.

Ci era così vicina. Così vicina! Ancora un po', e una vita di dolore, rancore, e odio puro avrebbe trovato riscatto in una vendetta servita fredda.

Ma il destino aveva altri piani per lei, pensava mentre si aggrappava al Cavaliere dell'Assia per non cadere di nuovo dal cavallo. E adesso, tutto quello a cui riusciva a pensare era l'orripilante apertura che si avvicinava sempre di più, minacciando un'eternità di abusi da parte di uno psicopatico con denti affilati, eccellenti abilità di spadaccino e pessimo carattere.

L'Assiano si sentiva più potente che mai. Tagliare teste e bere la paura delle sue vittime non era niente di paragonabile all'immortalità. Mentre correva verso l'albero infernale che era stato la porta della sua dimora negli ultimi vent'anni, per la prima volta si sentì completamente libero, e si ritrovò a godersi l'invulnerabilità.

La strega che l'aveva usato stava urlando con la bocca sanguinante accanto a lui; sembrava un fiore bianco e velenoso, screziato con il nero delle spire del suo vestito e il rosso del suo sangue. Così bella e così letale. Oh, ma lei non poteva fargli più niente. Ora toccava a lui.

Nell'istante in cui Temerario saltò nelle radici infernali, l'oscura fantasia dell'Assiano fu interrotta dalla più atroce, pungente, lancinante ondata di dolore che avesse mai provato; colpì il suo intero corpo, ma decisamente iniziò e finì nel petto. La sensazione più vicina a cui poteva paragonare quel dolore erano fuoco e ghiaccio iniettati insieme dentro di lui, scorrendo nelle sue vene vuote e facendolo brillare di un'accecante luce bianca. Questo è tutto ciò che vide prima che il mondo dei viventi scomparve.

Tre giovani osservavano l'incredibile scena con un misto di orrore e incanto: Ichabod Crane, un giovane investigatore di New York, la figliastra di Mary, Katrina Van Tassel, e l'orfano quattordicenne Jonathan Masbath Jr. La macabra avventura che avevano vissuto stava giungendo alla sua fine a pieno galoppo, in groppa a Temerario, lanciandosi verso le fauci rosso scuro di quell'albero contorto. Quando il destriero nero fu a mezz'aria tra il terreno di foglie morte e le orrende radici, un fortissimo colpo di fulmine si abbatté sul demoniaco trio.

I tre giovani eroi poterono giurare di aver visto il Cavaliere e il suo cavallo diventare scheletri brillanti di luce bianca per un secondo, prima di tornare nere ombre di morte ed essere inghiottiti dall'Albero.

E in un orrido parto invertito, le tre creature infernali si spinsero con violenza nell'utero sanguinante.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


New York City, Novembre 1799

“Un... cavaliere senza testa, dite...”

Il Borgomastro e l'Alto Commissario si scambiarono un'occhiata fugace ma significativa. L'agente Ichabod Crane era senza speranza.

Senza dubbio, il giovane agente era sveglio e promettente, e la sua accuratezza e dedizione al suo lavoro erano degne di lode, ma le sue idee erano spesso inconsistenti.

Lo scorso mese egli aveva vivacemente protestato contro i metodi di punizione, asserendo quanto fossero “medievali” e inflitti a caso, e che la risoluzione dei crimini richiedeva cervello e aggiornamento scientifico.

Oltre al grande fastidio per la mancanza di rispetto di Crane verso le autorità della legge, i suoi superiori non avevano idea di come andare incontro alle sue richieste. New York era una città di sessantamila anime, e la sua posizione, che favoriva scambi commerciali e umani con l'Europa, ne aumentava il potenziale economico e imprenditoriale nella giovane e indipendente America. La vita quotidiana era sempre più caotica, e i problemi da seguire erano tanti. Più erano le persone, più i crimini. Come potevano applicare le più avanzate tecniche scientifiche per smascherare e acciuffare ogni singolo ladro e borseggiatore?

Eppure, dovevano ammettere che Crane non aveva tutti i torti; quindi, per farlo giocare a fare lo scienziato e allo stesso tempo metterlo alla prova, gli avevano assegnato quel dannato caso di decapitazioni a Sleepy Hollow, su nelle Hudson Highlands.

E il giovane agente era tornato diverso. Per prima cosa, l'eterno solitario Ichabod Crane non era solo: era accompagnato da una leggiadra fanciulla e da un adolescente, entrambi ex abitanti di Sleepy Hollow, ed entrambi rimasti orfani nella carneficina che era avvenuta in quel maledetto villaggio di zucconi superstiziosi. I due sfortunati giovani erano ora seduti accanto a Crane nel tribunale della città, pronti e disposti a sostenerlo come testimoni.

Poi, negli occhi di Crane c'era una strana fiducia, come se una macchia nera fosse stata cancellata dai suoi pensieri.

E adesso, l'agente stava facendo il suo dovere con diligenza, presentando un'accurata relazione degli eventi verificatisi a Hollow.

Molti dei quali superavano i limiti dell'assurdo.

Sembrava che l'inflessibile razionalità di Ichabod Crane fosse stata violentemente scossa, considerato ciò di cui stava parlando. E mentre parlava, disegnava. Aveva chiesto dei fogli di grande formato e aveva cominciato a disegnare su uno di essi.

“Precisamente, signore. L'esecutore degli omicidi. Un'orribile apparizione vestita di nero, al galoppo su un cavallo nero, che mozzava teste con precisione chirurgica lasciando sui colli una ferita cauterizzata. Come se la lama della sua spada fosse arroventata.”

Ichabod mostrò ai suoi superiori il primo disegno, che ritraeva una demoniaca creatura senza testa su un cavallo nero, spada in mano e mantello che gli volava dietro come spaventose ali nere frastagliate.

Il Borgomastro esaminò il disegno e sospirò, profondamente perplesso. Poi si rivolse a Crane in tono severo.

“Vi prendete gioco di me con queste sciocchezze, Crane? Mi aspettavo che avreste messo in pratica le vostre idee avanzate sulla risoluzione dei crimini e dimostrato qualcosa di reale e concreto a quella comunità timorata di Dio. Senza offesa,” aggiunse educatamente, guardando Katrina e Jonathan.

“Ho reagito più o meno allo stesso modo appena arrivato a Hollow, signore,” disse Ichabod con voce gentile ma ferma. “Finché non ho visto il Cavaliere io stesso... mentre tagliava la testa a un Magistrato, a pochi metri da me.” Gli occhi scuri e profondi di Ichabod penetrarono in quelli scettici del Borgomastro. Giurò di aver visto un minuscolo barlume di disagio nel viso austero del vecchio.

“Tuttavia,” continuò Ichabod in modo teatrale, “come avevo presagito sin dall'inizio, il mandante era qualcuno in carne e ossa. Questa intuizione divenne certezza dopo aver più di una volta notato che il Cavaliere non uccideva a caso, a meno che non venisse apertamente sfidato. Le vittime erano scelte con cura.”

Ichabod si sedette e preparò un secondo foglio per un nuovo disegno, mentre andava avanti con il suo resoconto.

“Un collegamento tra ogni vittima fu ciò che mi permise di giungere alle mie conclusioni. Era un complotto di morte, volto alla conquista di una cospicua eredità; di conseguenza, esso consisteva nell'eliminazione di ogni erede, erede apparente, e testimone che si trovasse tra l'assassino e il tesoro. I quattro notabili erano coinvolti, e coprirono il colpevole finché la paura non li tradì... condannandoli a morte. Ma non è al Cavaliere che mi riferisco: mi sono ritrovato faccia a faccia con quella creatura, e sono sopravvissuto.”

“Potete procurarci una prova di tale complotto? Un testamento, un certificato...?” chiese l'Alto Commissario.

Ichabod smise di disegnare, e ripensò a quel triste giorno in cui Katrina aveva bruciato i preziosi documenti per salvare suo padre. Quanto si erano sbagliati. La sentì sospirare accanto a lui, sopraffatta dal senso di colpa. Le strinse la mano.

“Temo non sia possibile, signore. I documenti che avevo raccolto andarono a fuoco in un mulino a vento, durante un disperato tentativo di salvarci dai due assassini. La signorina Van Tassel e il giovane Masbath, qui con me oggi, possono testimoniare tutto, in quanto mi hanno assistito durante l'intera indagine, mettendo in pericolo le loro stesse vite.”

L'Alto Commissario sbuffò in modo accusatorio. “Proseguite.”

“Quel che è peggio in questa oscura vicenda, è che questi innocenti seduti davanti a voi avevano l'assassino in persona, l'istigatore di tutti quegli omicidi, nella loro stessa casa.”

Il Borgomastro e l'Alto Commissario si sporsero in avanti, l'attenzione al massimo.

Ichabod strinse i denti, furioso ai ricordi. Disegnava più veloce e con più vigore. Quando terminò, mostrò il secondo disegno.

Le due autorità della legge fissarono il ritratto di una splendida donna bionda, neanche trentenne. Nell'immagine non c'era niente che facesse pensare a una squilibrata, eccetto il teschio dai denti appuntiti che aveva in mano.

“Mary Archer, vedova di Baltus Van Tassel. Quindi, matrigna di Miss Katrina,” I superiori guardarono Ichabod con occhi spalancati. Per quanto improbabile, la questione era chiaramente accattivante. Dopo una pausa, Ichabod continuò. “La signora si rivelò un'esperta praticante di stregoneria. Quando era solo una bambina, la sua famiglia fu sfrattata ed esclusa dalla comunità di Sleepy Hollow, quindi lei pianificò la vendetta con aiuto sovrannaturale.”

Ichabod prese un terzo foglio, e disegnò velocemente un altro viso.

“Rimaste orfane e affamate, nell'inverno del 1779 le due piccole Archer incrociarono la strada di un mercenario assiano che era divenuto famigerato per la sua ineguagliata ferocia. Il suo metodo di esecuzione preferito era la decapitazione, e sapeva maneggiare spada e ascia come nessun altro.”

Quando Ichabod mostrò l'ultimo disegno, il Borgomastro sussultò. Vi era ritratto un uomo mortalmente pallido, fra i trenta e i quaranta, con una chioma di capelli corvini disordinati e occhi chiari e spiritati. Ma il dettaglio più terrificante era la sua bocca, dalla quale facevano capolino due file di denti appuntiti. Le fauci di uno squalo.

“Io... credo di ricordare quest'uomo...” disse il Borgomastro, quasi a se stesso.

“È possibile,” disse Ichabod. “Come ho detto, negli anni Settanta egli era piuttosto conosciuto nell'area di New York e nei dintorni. Mary Archer, che avrà avuto non più di sei anni, vide la decapitazione e la sepoltura dell'assiano da parte dei rivoluzionari americani. Sapendo dove scavare, ella strinse un patto con Lucifero; crescendo, acquisì i poteri della magia nera, rubò la testa mozzata e riportò il cadavere decapitato in vita per ottenere la sua vendetta.”

“Agente Crane,” disse il Borgomastro, guardando Ichabod dritto negli occhi. “Credete davvero in ciò che state dicendo? Siete davvero certo che l'assassino era un fantasma richiamato in vita da una strega? Pensavo foste un uomo di scienza.”

L'Alto Commissario ghignò. Ma Ichabod ricambiò i loro sguardi con aria di sfida.

“Signori. Sappiamo tutti che questa corte ha processato e condannato una certa quantità di cosiddetti maghi, streghe e stregoni. Io credo ancora fermamente nella scienza e nella ragione, ma credo anche in ciò che vedo. E io ho visto questo Cavaliere senza testa, signori. Ho lottato con lui. Sono stato capace di ritrarre il suo viso perché ne ho visto la carne riformarsi sul teschio, vena per vena, muscolo per muscolo. L'ho visto venire fuori dalle radici sanguinanti di un enorme albero morto, rivelatosi il passaggio verso un'altra dimensione. E alla fine, l'ho visto scomparire con Lady Archer nello stesso passaggio, dopo che l'incantesimo è stato spezzato.”

Dopo una pausa di silenzio scettico, improvvisamente intervenne Katrina, alzandosi in piedi.

“Perdonate l'intrusione, signori. So di parlare senza essere stata interrogata, ma come testimone, ciò che ho da dirvi potrebbe essere di grande importanza per questa corte. Vi do la mia parola che l'agente Ichabod Crane ha condotto la sua indagine senza mai, mai venir meno ai suoi criteri di razionalità. Anche dopo aver visto il Cavaliere con i propri occhi, egli non ha mai lasciato che la sua mente fosse traviata dall'esistenza di un mondo di spiriti. Perché un mondo di spiriti esiste, signori. Può manifestarsi nel nostro mondo vivente se un'anima non ha pace e se una porta viene aperta, il che è essenzialmente quanto avvenuto a Hollow. Sono consapevole che tutto ciò possa suonarvi incredibile, o persino blasfemo. Ma vi posso assicurare che anche questo sottomondo ha le sue leggi e i suoi criteri. Ichabod l'ha capito e affrontato, rischiando la propria vita, con un coraggio che raramente si può riscontrare. Credetemi, signori: avere Ichabod Crane al vostro servizio è un privilegio che non dovreste mai sottovalutare.”

I due uomini anziani furono colpiti dalla fierezza e dall'onestà della ragazza. Sapevano che c'erano famiglie ricche a Sleepy Hollow, e la ragazza era chiaramente ben educata e istruita, ma di solito si aspettavano che chiunque provenisse da un luogo così arretrato, ricco o povero, fosse poco più che un bifolco.

Miss Katrina non era niente del genere. Decisamente.

Il Borgomastro annuì e abbozzò un mezzo sorriso. “Grazie, signorina Van Tassel,” disse educatamente. Poi tornò a esaminare i tre disegni realizzati da Ichabod.

Un ex macellaio di guerra trasformato in fantasma e controllato da una strega vendicativa. Che storia fantastica.

“Avete affermato di aver visto i due assassini scomparire completamente... in un albero che sanguinava, giusto?”

I tre giovani annuirono.

“E siete sicuri che il... sortilegio sia stato inequivocabilmente spezzato...”

“Sì, signore,” disse Jonathan, con un leggero inchino. “Il Cavaliere ha ricevuto indietro la sua testa dall'agente Crane in persona. Era tutto ciò che lo teneva sotto il potere di Lady Archer.”

Il Borgomastro guardò fuori, ai primi fiocchi di neve, pensando al “mondo dello spirito”. Poi sospirò, e tornò a rivolgersi ai tre giovani.

“Bene. Li avete visti scomparire nel passaggio verso una dimensione parallela. A questo punto, non c'è di fatto nessuna ragione di procedere con questo caso, che appare risolto. Tuttavia, stando agli eventi da voi narrati, gli assassini che avete affrontato sono persone molto astute e pericolose, e le circostanze in cui sono scomparsi sono – voi capirete – alquanto assurde e incredibili: dopotutto, nulla ci assicura che ciò che sia potuto entrare in quel... altro mondo, o qualunque cosa sia, non ne possa uscire di nuovo. Pertanto, ho deciso di prendere le dovute precauzioni: una taglia a tempo indeterminato sull'Assiano e sulla signora Archer. Quattromila dollari, non di più. Il tempo passa, la gente dimentica. Siamo in una città in continua crescita, e questa rimane una storia oscura da un villaggio isolato. Con ciò, spero che vi sentirete meglio. Ora, tornate nel mondo reale, agente Crane. La seduta è tolta.”

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Un violento spruzzo d'acqua ghiacciata in faccia la svegliò.

Mary ansimava, in bocca il sapore del sangue, e si accorse non solo che aveva dolore in punti del suo corpo che neanche sapeva esistessero, ma anche che non riusciva bene a muoversi.

Aveva la vista sfocata, ma sforzandosi di girare la testa e guardarsi attorno, cominciò lentamente a distinguere l'ambiente circostante.

La volta sopra di lei, se si poteva chiamare cielo, era simile al cielo nebbioso di Sleepy Hollow, ma aveva una brutta tinta rossastra. Un'enorme falce scintillante vi bruciava come metallo arroventato; doveva essere la versione distorta di una sfera celeste, ma non era chiaro se si trattasse di un sole, di una luna o di qualche altro astro.

Riconobbe le forme scure e contorte dei rami di un familiare albero nodoso che torreggiava capovolto sopra di lei. L'Albero dei Morti. E lei giaceva ai suoi piedi, appoggiata ad esso in una scomoda posizione semidistesa. Allora si trovava ancora a Hollow! Ma presto si accorse che qualcosa non quadrava.

In realtà, niente quadrava affatto.

Scorse le forme sinistre di altri alberi contorti. Un bosco. Poi udì un orribile, assordante rumore che sembrava quasi lo sgradevole strillo di una cornacchia. Prima di chiedersi cosa mai potesse essere, si sentì il cuore fermarsi nel petto alla vista di una gigantesca creatura alata che volava sopra di lei per appollaiarsi sull'Albero, a poca distanza da lei.

Fu solo quando vide le fattezze della cosa che Mary trovò la voce per urlare di puro terrore. La creatura aveva enormi ali nere fatte di piume irregolari e frastagliate, che non avevano niente di soffice e leggero; ma ciò che fece urlare Mary era il fatto che la cosa aveva un corpo umano femminile, nudo eccetto per uno straccio nero che le ricopriva il basso ventre, e sedeva su un ramo in maniera sgraziata, a metà tra un avvoltoio e una prostituta. La pelle aveva il colore pallido e giallastro dei cadaveri; sia le mani che i piedi avevano dita lunghe e ricurve che terminavano in artigli neri. Neri erano anche i lunghi capelli incolti, la punta del naso curvo, le labbra, e le occhiaie intorno agli ardenti occhi rossi, che guardavano giù verso Mary con un miscuglio di bramosia e divertimento.

“Che graziosa creatura, ja?” Una profonda e rauca voce maschile giunse da qualche parte vicino a lei.

La frase fu pronunciata con un forte accento. Le R erano gutturali. Tedesco. Proprio in quel momento, una massa di capelli neri arruffati apparve davanti agli occhi di Mary, poi un viso pallido e spigoloso, occhi azzurro ghiaccio e il sorriso di un animale selvatico.

Il suo ex Tenebroso Vendicatore, ora il suo Tenebroso Torturatore.

E non era solo. Altre creature alate, maschi e femmine, comparvero dietro di lui, alcune in volo, altre camminando come dinosauri, tutte che ridevano e gracchiavano, suoni che non avevano assolutamente niente di umano, e nemmeno di animalesco. Demoni. Alcuni si posero in cerchio attorno a lei, altri raggiunsero la compagna sui rami dell'Albero, come un grottesco pubblico pronto per un disgustoso spettacolo.

Mary mandò segnali al suo corpo dolorante e raccolse le restanti forze per tentare di muoversi. Con un po' di buona fortuna sarebbe riuscita a strisciare via da quell'incubo. In un secondo, ricordò tutte le volte nella sua vita in cui si era sentita male: febbre, disturbi gastrici, emicrania, polmonite, tosse squassante... Erano tutte carezze paragonate a come si sentiva ora.

Notò che gran parte del dolore veniva dal suo braccio sinistro. Sentiva che era stato teso in modo innaturale, tirando forte la carne e i muscoli, e pensò che presto le ossa avrebbero ceduto e si sarebbero rotte, strappando via vene e nervi come corde di arpa che vengono tagliate e scattano arricciandosi in direzioni opposte. Lentamente, così il dolore sarebbe stato insopportabile.

Le ci volle una buona dose di coraggio per guardarsi il braccio, e ancora di più nello scoprire che la mano era incastrata nelle radici sanguinanti dell'Albero; sembravano serpenti dalla pelle ruvida che le masticavano l'avambraccio fino a metà. Gemendo, cercò di strattonare il braccio per liberarsi, ma ogni strattone mandava un'impennata di dolore su tutto il corpo; visto che non riusciva a sentirsi la mano, cominciò a pensare che forse avrebbe potuto non esserci più.

“Tranquilla, bambola. La tua mano è ancora là, dall'altra parte,” disse l'Assiano, come leggendole nel pensiero. Trank-villa. “A proposito, il tuo bacio è focoso, davvero.”

Supportato dall'orrifica esultanza dei demoni, cominciò a camminarle intorno, come una pantera intorno a una preda morente. La mano guantata le accarezzò il collo, poi scese sul suo seno, e poi sul ventre. Non vi era traccia di dolcezza nel suo tocco. Poi, veloce come il fulmine, trasse la spada. Al suono acuto della lama che tagliava l'aria, Mary trasalì, quasi sicura che stavolta il colpo di grazia era per la sua testa.

“Se desideri tanto liberarti, posso aiutare,” disse l'Assiano, divertito dalla sua paura.

Appena sentì la lama toccarle l'avambraccio, Mary urlò. “No! Non OSARE, bestia!”

L'Assiano rise, una strana risata metallica di chi non era abituato a ridere molto in vita. Se non per pura cattiveria, forse. I demoni risero con lui, le orrende voci che echeggiavano sinistre.

Fece scorrere la spada lungo il collo di lei, tormentandola, poi si sporse in avanti verso il suo viso, appoggiando il naso alla sua guancia. La lama minacciosa la immobilizzava.

“Perché non dovrei tagliarti la testa lentamente, segandoti il collo?”, ringhiò lui, bramoso. “Dopotutto, sono morto per causa tua, malvagia piccola peste.”

“Non avevi speranze! Entrambi i lati dell'Atlantico ti volevano morto, e chiami me malvagia!” Mary ansimò rabbiosa.

L'Assiano la gelò con lo sguardo. “Avresti potuto nascondermi invece di spezzare quel ramo! Avrei potuto aiutare te e tua sorella con quei bastardi stupratori dei Van Garrett!”

Mary stava per gridargli contro, ma le parole di lui l'agghiacciarono. Il suo viso furioso improvvisamente si trasformò in quello di una bambina spaventata, e sentì le lacrime pungerle gli occhi. “Come lo sai?” disse con un filo di voce.

I demoni smisero di ridacchiare, ma restarono lì a circondare lei e il Cavaliere, che allontanò lentamente la spada dal collo di lei.

La prima arpia che era venuta verso di lei intervenne dal ramo. “Questo è l'Inferno, Mary,” disse. Era un coro distorto di voci femminee sensuali e vibranti, che giungevano insieme dalla stessa gola. “Sappiamo cosa è successo. Sappiamo che dopo la morte del tuo paparino, il vecchio Peter Van Garrett violentò tua madre più di una volta, in cambio di cibo, e cercò anche di mettere le mani su di te. Sappiamo quanto era malato quel vecchio porco. E quei puritani dei Van Tassel non furono molto più gentili: non mostrarono alcuna pietà verso due bimbe innocenti. Ma tu sei stata brava, piccola Mary. Sei stata furrrbaaa.” L'ultima parola venne fuori come un lungo respiro rauco.

Con le lacrime che le scorrevano sul viso, Mary guardò l'Assiano, gli occhi furibondi. “Dopo tutte le umiliazioni e i maltrattamenti che ho sopportato quando ero solo una bambina, ti aspettavi che mi fidassi di un altro adulto? E non un adulto qualsiasi! Uno straniero – un soldato assiano! Il più famigerato di tutti! Che diavolo avrei dovuto fare?”

Lui fece scattare la lama sotto il mento di Mary, minaccioso. “Io ero solo uno straniero in terra straniera. Non avevo niente a che fare con tutto questo.”

Mary era sicura che stavolta le avrebbe finalmente tagliato la testa. Si fissarono con aria di sfida, gli occhi azzurri brillanti di lui che penetravano in quelli cerulei di lei.

All'improvviso, quel mondo tetro diventò bianco. Una campana suonò. Un raggio di pura luce bianca, fatta della più fine polvere di stelle, si riversò nell'Inferno.

I demoni iniziarono a innervosirsi, come se fossero spaventati ma troppo curiosi per scappare. Mary usò la mano libera per schermarsi gli occhi, mentre l'Assiano fissò la luce, ipnotizzato.

Da quella luce abbagliante emerse un'altra figura alata che volava verso di loro, ma questa aveva una forma diversa, armoniosa. Quando si avvicinò, si rivelò essere un Angelo vestito di bianco. Non era né maschio né femmina, ma la sua bellezza superava i più bei lineamenti di entrambi i sessi. I demoni fecero largo quando atterrò, leggero come una piuma. Fluttuò proprio davanti all'Assiano, che lo fissava incantato.

“Gott im Himmel!” disse il Cavaliere con voce debole.

“Quasi. Sono solo un messaggero,” disse l'Angelo, sorridendo gentile. La sua voce era come un milione di campanelli che tintinnavano una melodia.

Posò una mano linda sul petto del Cavaliere, che anche attraverso l'armatura poté sentirne il tocco di seta... insieme a qualcos'altro, che palpitava delicatamente ma senza sosta.

“Ascoltalo...” disse l'Angelo con voce dolce e seria. “È il battito del tuo cuore, Christoph Schiller. Hai quasi dimenticato il tuo stesso nome: eri conosciuto come il Diavolo Nero, e non vedevi l'ora di spargere l'Inferno sulla Terra. Hai persino cercato di tramutare te stesso in un demone. Ma il mio Maestro sa che è il risultato di una vita di dolore, e nella Sua infinita pietà, ha mandato il colpo di fulmine che ti ha ridato la vita, dandoti una seconda possibilità. Grazie a Ichabod Crane, non sei più schiavo della stregoneria. Ora, se è rimasta un po' di saggezza nel tuo cuore annerito, sta a te creare armi più forti della tua spada e della tua ascia, per sostenerti nell'imminente continuazione della tua vita.”

Quando l'Angelo rimosse la mano dal cuore dell'Assiano, sia Mary che il pubblico di demoni assistettero a una scena quanto mai bizzarra: vedere quel grottesco uragano di morte spaventato come un cucciolo, con gli occhioni azzurri velati di lacrime e tremante come se stesse gelando non era qualcosa che si vedeva ogni giorno.

“Mary Archer.” Fu strappata via dai pensieri quando il suo nome risuonò come il rintocco di una campana d'oro; l'Angelo le si avvicinò con grazia, si chinò su di lei e le asciugò le lacrime, la sua mano un fazzoletto leggero sulle sue guance in stridente contrasto con il suo corpo dolorante. “La tua anima appartiene a Satana, per tua stessa scelta. Ora stai provando la sofferenza: non appena l'Oscura Consolatrice verrà per te, un'eternità di indescrivibili supplizi ti aspetta, dato il tuo precoce patto con Lucifero. Tuttavia, il dono supremo della Vita non ti ha ancora abbandonata. Sei ancora giovane, hai ancora tanto tempo. I tuoi peccati sono grandi, come quelli di Chris, e grande dovrà essere la svolta nel corso delle vostre vite. Non sarà affatto facile, ma tu sai bene che il più bello dei diamanti si trova sepolto e incastonato nella pietra più ruvida. Questo percorso difficile, o la dannazione eterna.”

Appena queste parole furono pronunciate, l'Angelo brillò e la sua sagoma si offuscò, svanendo nella luce bianca; prima di perdere i sensi, l'ultima cosa che Mary e Christoph videro fu l'accecante luce paradisiaca, che per un attimo inghiottì l'Inferno, le arpie e i demoni.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Temerario dava degli insistenti colpetti alla testa di Chris, sbuffando contrariato. Il bellissimo stallone nero stava cercando disperatamente di svegliare il suo padrone, che sembrava godersi l'incoscienza più del dovuto, vista l'espressione pacifica che rimpiazzava il suo solito cipiglio.

Alla fine il cavallo perse la pazienza, e sbatté il grosso muso contro la guancia di Chris: il colpo corrispose a un pugno in faccia ben inflitto. Chris aprì gli occhi, confuso, e la prima cosa che incontrò fu lo sguardo del suo vecchio amico.

“Ehi,” biascicò. “L'ultima volta eri tu a terra, e io che ti accarezzavo. Piano.”

Quando si mise a sedere, notò che il suo corpo era leggermente debole, e la sua testa – la sua testa ritrovata – girava. Strano, visto che era un fantasma. Un fantasma?

Si guardò attorno: l'Albero era lì... il cielo plumbeo... l'aria freddissima... E tutto ciò che lo circondava sembrava urlargli che si trovava nei Boschi Occidentali di Sleepy Hollow.

In un attimo, tutto quanto era appena accaduto gli tornò di corsa alla memoria: la sua testa ripristinata, il suo ritorno all'Inferno, il suo cuore che aveva ripreso a battere, l'Angelo e le sue arcane parole, Mary Archer. Mary Archer... Dov'era quell'astuto demonietto?

La individuò subito vicino le radici, china su qualcosa mentre muoveva in fretta le braccia. Appena lo sentì alzarsi, si volse verso di lui.

“Dormito bene, spaventoso Cavaliere? Sembravi un fanciullino,” cinguettò col suo familiare sarcasmo, e subito riprese ciò che stava facendo.

Chris le si avvicinò, e notò una sacca di velluto blu scuro orlata d'oro che giaceva aperta accanto a lei; Mary stava scavando una buca nel terreno usando una pala molto piccola. Quando la lama colpì qualcosa di duro, lei bisbigliò un eccitato “Sì!” e ripose la paletta. Infilò entrambe le mani nella buca e ne cavò un forziere.

“Buon Natale, piccola Mary,” sorrise a se stessa, aprendo il forziere e rivelando un cospicuo tesoro: monete d'oro, gioielli, gemme, e una pila di fogli di carta.

“Cosa vorresti farne? Se rammenti quell'Angelo, forse dovresti tenere a bada la tua avidità,” le disse Chris.

Mary si alzò e lo fulminò con lo sguardo. “Non fare il puritano con me, Diavolo Nero. Non sei nella posizione per farlo. Pensi che questo sia l'intero lascito dei Van Tassel? Ne è solo una piccola parte, aggiunta ad altre cosette che ho preso da persone 'rispettabili' che le hanno rubate a loro volta. Sai, in caso il mio sortilegio fallisse o i miei piani andassero male. E per tua informazione,” continuò, cercando invano di sollevare il pesante forziere, “credo proprio che ne avrò bisogno per ricominciare, visto che non ho idea di cosa fare.”

Vedendo che non ce l'avrebbe mai fatta a muovere quel forziere, e che il suo corpo era ancora indebolito dal recente viaggio all'Inferno, Chris alzò gli occhi al cielo, sollevò il forziere senza la minima fatica e lo legò sulla schiena di Temerario.

“Lascia che ti aiuti con questo,” borbottò. “Non andrai molto lontano da sola. Ah, la tua casa è vuota. Mentre eri incosciente all'Inferno, Ichabod Crane, Katrina e il giovane Masbath si sono trasferiti in città.”

“Quanto tempo sono rimasta incosciente allora?”

“Tre giorni terrestri, ma a te sono sembrate poche ore. Il tempo è irregolare all'Inferno.”

Mary era disorientata. Non era sicura di potersi fidare di lui, considerato chi era. Ma al momento erano entrambi nella stessa incredibile situazione, e non erano intenzionati a rovinarsi la nuova possibilità di vita facendosi la guerra a vicenda; quindi, Mary decise che l'odiosa insolenza che era solita indossare come scudo in un mondo crudele non l'avrebbe condotta da nessuna parte, e che avrebbe fatto meglio a iniziare col piede giusto e usare le buone maniere.

“Io... immagino di aver bisogno di aiuto,” sospirò. “Grazie, Cavaliere.”

“Il mio nome è Christoph, non Cavaliere, e nemmeno Assiano,” le disse lui, aiutandola a salire su Temerario.

***

Cavalcarono in silenzio. Chris teneva Mary per la vita formosa avvolta nel corsetto, e cercò di non muovere le dita. Stanca di tenere le mani in grembo, Mary cominciò ad accarezzare la criniera nerissima di Temerario.

“Mi dispiace per tutto questo peso, tesoro,” disse al cavallo. Poi si rivolse a Chris. “Il tuo destriero è così bello. Già mi manca la mia.”

“Oh, quindi esiste una ridicola particella di cuore da qualche parte dentro di te!” disse lui, divertito.

“Senti chi parla. Io ho sentimenti per la flora e la fauna, perché sono pure, incontaminate,” disse lei seria.

Chris rimase colpito dalle sue parole. E anche un po' amareggiato: se le cose fossero andate diversamente, lei avrebbe potuto essere un qualche tipo di strega bianca, come Katrina.

Raggiunsero i piedi della piccola altura da cui il maniero Van Tassel sorvegliava Sleepy Hollow. Mary notò con sollievo che le stalle erano vuote e la casa era buia, eccetto per la capanna del guardiano notturno. Di solito, anche durante la notte il maniero non era completamente buio, c'era sempre qualche candela che baluginava qua e là.

“Bene,” bisbigliò Mary, poi frugò nella sua borsa di velluto e ne trasse una chiave, che diede a Chris. “Faresti meglio a liberarti di quel cencioso mantello. Mentre io parlo col guardiano, tu entri. Gli dirò che siamo i parenti della defunta signora e siamo venuti a prendere le sue cose.”

“Perché dovrei entrare? È casa tua.”

“Devi essere matto a voler andartene in giro per Hollow dopo quanto è successo. Non sei più un fantasma, amico. Potrebbero spararti addosso. Ti darò una stanza nel maniero. Dobbiamo dormire sulle nostre decisioni.”

La sua intraprendenza non smetteva mai di sorprenderlo.

E mentre Chris si intrufolava nelle stalle e poi nella casa, lei andò a parlare con il guardiano spacciandosi per Miranda Preston, l'inconsolabile gemella della compianta Lady Van Tassel, giunta con suo... ehm... marito per piangere l'amata sorella e raccogliere i suoi averi. L'uomo ovviamente bevve ogni parola della storiella e accettò volentieri le monete che gli furono offerte.

Il maniero sembrava così strano senza persone dentro; era gelido e fosco. Mary fece un giro per l'intera casa, accendendo candele lungo il percorso. Notò che soltanto gli oggetti di Katrina mancavano, mentre il resto della casa era così come l'aveva lasciata. Dovevano aver fatto i bagagli ed essere scappati via senza pensarci due volte. Benone.

Al piano di sotto, Chris aveva acceso un grande fuoco; lei bollì dell'acqua per le vasche. Per fortuna, il maniero aveva stanze da bagno separate per gli uomini e per le donne. Mary bruciò delle erbe aromatiche e profumò le vasche con dei petali, poi mostrò a Chris la sua stanza e gli disse di sentirsi libero di dare un'occhiata in giro per indumenti puliti.

Una volta solo, Chris si tolse le armi, i guanti, il pettorale, gli stivali e i vestiti, e si guardò il corpo mortalmente pallido. Era un reticolato di cicatrici che una volta era stato benedetto con la buona salute, poi ferito, pugnalato, decapitato, resuscitato a metà, ricostituito e resuscitato di nuovo; una grossa ferita risaltava dal suo fianco, e lui ricordò il dolore acuto della carne lacerata e delle costole rotte. In uno specchio, si guardò il viso rinato, le cui bizzarre fattezze lo facevano sembrare senza età, nonostante tutto: sulla pelle liscia e bianca non era mai cresciuta la barba, ma ciò era compensato dalla stramba, folta chioma nera sulla sua testa; notò che i suoi occhi avevano ripreso l'originario colore blu mare, ma ciò che davvero gli ricordava la realtà del suo innaturale passato era la spessa cicatrice in rilievo intorno al suo collo. Sospirò ed entrò nella vasca, immergendo la testa sott'acqua per lavar via anche i pensieri.

Nel bagno delle signore, Mary si spogliò davanti al grande specchio. Notò con sollievo che il vestito dalle spire nere – uno dei suoi preferiti – non si era rovinato irreparabilmente. In compenso, il suo corpo era cosparso di lividi; quando Chris l'aveva baciata con la delicatezza di uno squalo, i suoi dannati denti avevano procurato dei tagli su entrambe le labbra, che adesso erano gonfie, mentre l'avambraccio sinistro aveva un grosso ematoma nerastro. Si curò le ferite con un balsamo speciale, scivolò nella vasca e immerse i capelli nel tepore piacevole, cercando di lenire il corpo e la mente.

Dopo un'ora buona, si incontrarono in cucina e prepararono una cena veloce. Fortunatamente era rimasta una gran quantità di cibo. Chris lanciò occhiate furtive a Mary: quegli abiti superbi e vaporosi che era solita indossare erano stati finalmente sostituiti da una semplice vestaglia di seta verde chiaro, e la sofisticata acconciatura era diventata un'unica larga treccia. Nessuno, neanche tra un milione di anni, avrebbe detto che era una strega maligna e vendicativa: sembrava molto più giovane, la sua espressione aveva perso la solita alterigia, e Chris non poté fare a meno di ricordare la bambina vestita di rosa che aveva incontrato in quei fatidici boschi.

Gli posò davanti un bel bicchiere di brandy. “Dimmi, hai per caso un debole per il nero?” gli disse. Questa volta, invece del solito sarcasmo velenoso, il suo tono era molto simile a una cordialità genuina.

“È così evidente?” disse lui sorridendo. Tra tutti gli abiti maschili conservati nei ricchi armadi del maniero – che includevano gli indumenti del defunto Baltus, più gli abiti ereditati da Peter e Dirk Van Garrett – Chris era riuscito a pescare dei pantaloni neri e una camicia nera; però era strano vederlo senza la sua caratteristica uniforme. Il nero e i colori scuri sicuramente gli si addicevano, ma qualsiasi cosa indossasse aveva sempre un'immagine peculiare.

Restarono seduti, le loro menti piene di domande senza risposta, i cuori pieni di angoscia, le anime piene di paura. Finché il sonno non si fece sentire, e ciascuno dei due si diresse verso la propria camera.

***

Dopo alcune ore di sonno leggermente inquieto, Chris aprì gli occhi. La stanza era immersa nella luce lattea della luna, e tutto era perfettamente immobile e tranquillo, come l'illustrazione di un libro di favole...

Eccetto per la spettrale figura bianca in piedi accanto al suo letto, che lo fissava.

Del tutto sveglio, Chris sobbalzò e di scatto trasse un pugnale da sotto il cuscino.

“Gah! Mary!... Mi hai quasi fatto fermare il cuore,” disse senza fiato, mettendo via il pugnale.

Avvolta in nient'altro che un lenzuolo bianco, i capelli biondo cenere sciolti, e il colorito ancora più pallido nella luce lunare, Mary sembrava eterea. L'espressione nei suoi occhi era uno strano miscuglio di desiderio e indicibile tristezza.

“Stai... bene?” farfugliò lui, confuso e – doveva ammetterlo – eccitato.

Lei non rispose. Invece, lasciò cadere il lenzuolo, rivelandosi del tutto, e lentamente gli salì sopra.

Alla vista e al tocco di una donna così strana, ultraterrena, bellissima, Chris era ovviamente più che pronto, sebbene ancora scioccato.

Fu intenso, appassionato, disperato. Nessuno dei due riusciva a credere che stesse accadendo davvero.

Dopo l'estasi, e dopo una pausa per riprendere fiato e conoscenza, Mary scese dal letto frettolosamente, afferrò il lenzuolo per coprirsi e andò alla porta.

“Te ne vai?” disse lui, ancora un po' senza fiato.

Lei si voltò a guardarlo, gli occhi pieni di lacrime.

“Perdonami,” sussurrò. Poi uscì, sotto gli occhi di un Assiano molto confuso.

Lui si lasciò cadere all'indietro sui cuscini, e sospirò. “Frauen! Enigmi avvolti nel mistero!”

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Chris si svegliò nella luce pallida e nebbiosa che era così ricorrente a Sleepy Hollow. Quel luogo sembrava essere avvolto in un velo spesso e permanente, sia in senso letterale che figurato.

Si gettò sul viso e sul corpo dell'acqua fresca e profumata per svegliarsi del tutto, poi indossò camicia e pantaloni, dato che aveva dormito solo con l'intimo e con le calze, seppellendosi sotto le coperte pesanti. La notte era stata calda, a un certo punto persino bollente...

L'avevano fatto davvero?

Il Cavaliere non sapeva come agire. Si sentiva piuttosto teso e a disagio... E non perché se ne fosse pentito o non gli fosse piaciuto – anzi! – ma perché non aveva idea di come si sarebbe comportata Mary. Era stato con alcune donne nella sua vita precedente, ma fino alla scorsa notte non aveva mai visto una tale passione e una tale tristezza insieme. Le aveva sentite irradiarsi dalla carne di Mary mentre le sue mani erano su di lei; era stato come se avessero cercato di instillarsi l'un l'altro un nuovo soffio vitale, dopo tutto ciò che avevano passato.

Un odore dolce risvegliò i neuroni nel suo stomaco, e scese di sotto.

Mary aveva appena preparato una deliziosa colazione. Contro le sue aspettative, gli sorrise.

“Buongiorno. Spero tu abbia dormito bene.” Chris si sentì lievemente sollevato nel vederla di buonumore, oltre che di bell'aspetto. Nonostante il perenne pallore, appariva rinvigorita; i capelli erano sciolti tranne che per una larga treccia che le incorniciava il capo come una coroncina medievale. Indossava un vestito grigio chiaro orlato di nero, ma le gonne erano più semplici e sgonfie.

Chris stava per essere diretto e dirle che aveva sì dormito bene, ma che avrebbe preferito che lei fosse rimasta a letto con lui. Invece le rispose che aveva dormito bene, grazie.

“Ti vedo bene questa mattina,” le disse.

“Oh, buono a sapersi. Perché ho milioni di pensieri che mi tormentano,” disse lei, sorseggiando il tè.

Dopo aver finito la colazione in silenzio, Chris fece un bel respiro e le disse dei suoi piani.

“Devo tornare in Hessen. Ho pensato di partire oggi stesso per New York, dove prenderò la prima nave per l'Europa.”

Anche questa volta Mary andò contro le sue aspettative. Sorrise incoraggiante.

“È la cosa più saggia da fare. Ma come sai se la tua casa, i tuoi amici, i tuoi parenti, sono ancora lì dopo vent'anni?”

“Non lo so, infatti,” rispose lui. “Quando sono partito avevo la casa dei miei genitori a Wiesbaden, e mio padre aveva delle terre, ma non ero io a occuparmene. Devono pensare che io sia morto, il che non è lontano dal vero. Quindi, nein. Non so cosa troverò. Andrò all'avventura,” aggiunse sorridendo come un ragazzino che sogna di fare l'esploratore.

Mary ammirava il coraggio con cui lui si dirigeva verso l'ignoto, senza pensare troppo alle conseguenze. Era uno spirito libero. Si rese conto di non sapere niente di quest'uomo, chi era veramente e com'era la sua madrepatria... E non era facile definirlo: era diventato tristemente noto come uno psicopatico assetato di sangue e, allo stesso tempo, era capace di comportarsi normalmente, tutt'altro che la belva feroce con cui veniva identificato. Sospettò che qualcosa di spiacevole avesse segnato la sua vita, a giudicare da questa strana personalità divisa che aveva.

Ma non c'era tempo di pensare a cose che non la riguardavano. Doveva aiutarlo.

“Avrai bisogno di documenti e abiti nuovi,” disse lei, alzandosi e pronta a darsi da fare. “Puoi portare via tutti gli oggetti maschili che vuoi, non mi serviranno.”

“Benissimo, grazie,” disse lui. “Ma... uh... documenti nuovi? Tutto quello che ho sono delle carte di identità e denaro dal governo inglese, in una tasca nascosta nella sella di Temerario. Mi sono meravigliato di ritrovarli ancora là...”

Mary aggrottò le sopracciglia, pensierosa. Poi, alzò lo sguardo verso di lui con un sorriso birichino.

“Posso dare un'occhiata alle tue carte?”

*

Mary sedeva alla scrivania della biblioteca, penna in mano, circondata da calamaio, ceralacca, timbri, e tanti fogli. Quando Chris tornò di sotto, Mary quasi sobbalzò sulla sedia. La leggendaria, lacera uniforme nera e rosso scuro dell'ex Cavaliere senza testa era stata sostituita da una nuovissima redingote in velluto nero orlata d'oro; ovviamente, anche stivali, pantaloni, camicia e gilet erano neri, ma questa volta lui era diverso. Elegante. Aveva persino fatto un misero tentativo di pettinarsi i capelli.

“Quei Van Garrett vestivano come due giullari,” disse, infastidito. “Ho persino trovato una giacca rosa là dentro. Credevo che il rosa fosse per le bambine.”

Mary lo stava fissando con occhi spalancati. “Be', salve... Vampiro Maestro.”

Benché illogico per le circostanze, scoppiarono entrambi a ridere.

“Hai davvero un debole per il nero, caro Cavaliere,” disse lei divertita; poi si ricompose. “Dunque. Per prima cosa, i tuoi vecchi documenti e soldi erano ancora lì perché, quando tu e Temerario siete tornati in vita, i vostri resti mortali – uniforme, armi, sella – sono stati ripristinati.”

“Oh. Gut.”

“Poi, ti ho preparato dei nuovi documenti. Un'identità quasi nuova. Accomodati, ti piacerà.”

Lui si sedette velocemente di fronte a lei, il suo viso una maschera di curiosità.

“Il tuo nome è ancora Christoph Schiller, ma non sei tu. Sei tuo figlio. Non ti aspetterai mica di tornare in Assia dopo vent'anni senza che nessuno noti che non sei invecchiato di un giorno, vero? Sei nato qui, a Sleepy Hollow, nel 1776, quindi sei più giovane di me. Ecco il certificato di nascita,” gli passò un foglio. “Il nome di tua madre non è falso. Chloe Van Winkle era un'amica di mia madre, un'altra povera emarginata; fingiamo che l'Assiano l'abbia sposata in segreto. Ecco il certificato di matrimonio. Hai studiato a New York con insegnanti tedeschi. Ma questo è il dessert,” Mary dispiegò un foglio molto largo. “Un testamento, in cui l'Assiano lascia ogni suo possedimento in Assia – case, terre, servitù – a suo figlio. Con questo potrai riprenderti tutto ciò che apparteneva alla tua famiglia, qualunque cosa sia accaduta nel frattempo.”

Stavolta fu lui a fissarla con occhi spalancati. Lei sorrise trionfante.

“Oh, ultimo ma non da meno,” aggiunse. “Tutti questi documenti sono firmati e timbrati da Philipse e Hardenbrook. Credo di aver eseguito un buon lavoro di copiatura. Tutto ciò che ti occorre ora è una carrozza.”

“Sei davvero una strega, Mary Archer,” disse lui, stavolta in ammirazione.

*

Più tardi, una carrozza arrivò al maniero. Mentre il cocchiere caricava i bagagli di Chris e legava Temerario insieme ai suoi due cavalli, Chris e Mary erano l'uno di fronte all'altra, inquieti. La loro vicenda era decisamente irreale: lei l'aveva fatto ammazzare, l'aveva reso un fantasma assassino, ma alla fine eccolo lì, di nuovo vivo. Era stata data a entrambi una seconda possibilità, e invece di uccidersi a vicenda, avevano appena iniziato a conoscersi. Avevano persino fatto l'amore, perdio! E adesso, sapevano che avrebbero potuto non rivedersi mai più; qualsiasi persona razionale e sana di mente sarebbe volentieri fuggita da una fiaba così grottesca, preferendo la sicurezza di un mondo vero e convenzionale con situazioni reali e sensate. Ma loro due andavano contro ogni logica. Niente aveva senso, nemmeno questa terribile sensazione di perdita che entrambi provavano.

“Bene, Chris... È stato breve ma piacevole. Ti auguro il meglio per il tuo viaggio di ritorno a casa,” disse lei sincera, guardandolo negli occhi.

Lui le prese le mani nelle sue. La strega che gli aveva fatto così tanto. Male e bene insieme.

“Vieni con me,” disse d'impulso. Poi, più distaccato, “Voglio dire... se lo desideri.”

Mary fu colta alla sprovvista. Andare con lui? Dall'altra parte del mondo? E che diavolo erano quelle dannate lacrime che le pungevano gli occhi?

“Oh Dio... Chris, sei stato gentile con me da quando siamo tornati dall'Inferno, e non lo meritavo... Ma venire in un Paese completamente diverso, senza saperne nulla... Senza sapere nulla di te... Dopotutto, ci conosciamo appena... Io... io ho bisogno di pensarci su. Ho bisogno di pensare a tante cose della mia vita disastrosa.”

Chris cercò di calmarla, nonostante la lieve delusione.

“No no, non piangere. Non è da te. Io capisco; ma potremo tenerci in contatto, se lo vorrai.”

“Certo che lo voglio. Ci siamo dentro insieme.”

“Allora promettimi che, a meno che accada qualcosa di male, tu resterai qui. Non appena arrivo a casa, ti scriverò, così saprai di certo dove trovarmi.”

“D'accordo. Lo prometto. Ricorda di scrivere a Miranda Preston.”

Chris le tirò su le mani e le baciò. Ancora una volta, lei lo colse di sorpresa e lo abbracciò forte, come un vecchio amico. Lui ricambiò l'abbraccio e la baciò sulla guancia.

“Addio, piccola strega. Abbi cura di te, e non cacciarti nei guai mentre sono via.”

“Addio, mio Tenebroso Vendicatore. Aspetterò la tua lettera, e farai meglio a non deludermi.”

*

New York City Docks

Ichabod Crane stava facendo una tranquilla passeggiata da solo. Finalmente la sua vita stava ricominciando, e anche se la sua mente razionale era stata perennemente segnata dalle vicende di Hollow, quel luogo maledetto gli aveva dato due doni inestimabili che rispondevano ai nomi di Katrina Van Tassel e Jonathan Masbath Jr.

La costante presenza di Jonathan al suo fianco aveva mostrato a Ichabod qualcosa che non aveva mai conosciuto e in cui non aveva mai creduto davvero, qualcosa che la gente chiamava amicizia. Quel ragazzo era venuto da lui spontaneamente, lo stesso giorno in cui suo padre era stato ucciso e sepolto, e aveva offerto a Ichabod un aiuto valido e completamente gratuito. Jonathan aveva bisogno di lui tanto quanto lui aveva bisogno di Jonathan, il quale era ora stato ufficialmente assunto come suo assistente.

E soprattutto, c'era Katrina, la ragazza che gli aveva baciato la guancia senza sapere chi fosse e che aspetto avesse, che lo aveva salvato dalla morte con quegli arcani poteri di magia bianca che lui aveva erroneamente liquidato come sciocchezze. E adesso, Ichabod ripensò a quel librino di incantesimi benevoli che lei gli aveva donato la notte del suo arrivo a Hollow; nel frattempo, giocherellava con un anellino d'oro che aveva un piccolo cuore cesellato. Quella sera, avrebbe raccolto tutto il suo coraggio e avrebbe chiesto Katrina in sposa. Anche se si erano conosciuti solo una settimana prima, era come se si fossero aspettati tutta la vita; nel giro di pochi giorni, avevano imparato tutto ciò che c'era da sapere l'uno dell'altro, compresi i segreti più oscuri; si erano persino dimostrati pronti a salvare l'uno la vita dell'altro anche a costo della propria. Quindi, perché aspettare? Ripose l'anello in una scatolina a forma di cuore e la mise in tasca.

Appena alzò lo sguardo, gli si prosciugò il sangue dal volto.

A pochi metri da lui, un uomo vestito di nero con un cavallo nero camminavano verso i moli, dove un grande vascello sarebbe salpato per l'Europa in venti minuti.

L'uomo era molto elegante, ma c'era una peculiarità familiare, un'inconfondibile aura di oscurità, di ferocia... di oltretomba. Ichabod vide ogni movimento come se il tempo avesse cominciato a scorrere lento: lo sconosciuto si voltò verso l'agente, e da sotto il cappello nero a tesa larga perforò lo sguardo di Ichabod con un paio di occhi blu mare; un sorriso sornione fu abbozzato sul viso mortalmente pallido, scoprendo appena le punte dei denti affilati.

“Danke, Herr Crane.”

Poi, il tempo riprese a scorrere normalmente. Cavaliere e cavallo salirono sulla nave.

La frase in tedesco fu l'ultima cosa che Ichabod udì, e comprese, prima di svenire.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Ichabod non aveva ancora detto a nessuno del suo incontro con l'Assiano.

In realtà, stava lottando per far giungere i suoi occhi e il suo cervello a un accordo, e convincersi una volta per tutte che l'uomo che aveva visto fosse davvero l'Assiano.

Ma come poteva essere?

Quell'uomo terrificante era già morto quando Ichabod l'aveva visto per la prima volta, senza testa; era già morto quando l'avevano visto attaccarsi il teschio al collo e assistito alla sua faccia che si rigenerava lentamente, strato dopo strato; e anche quando fu di nuovo completo e scomparve nell'Albero – all'Inferno, forse – era morto. Morto.

Ichabod aveva già avuto difficoltà a credere nella sua esistenza; quando poi l'aveva visto ed era stato costretto ad accettare il fatto che un uomo morto fosse risorto dalla tomba, aveva fatto del suo meglio per applicare lo stesso il suo metodo di ragionamento, con la certezza che anche una situazione così improbabile debba aver avuto le sue cause scatenanti, le quali, una volta comprese, avrebbero potuto condurre alle conseguenze. Era abbastanza ovvio.

Ed era stato proprio così.

Anche il misterioso mondo dello spirito aveva i suoi cicli, le sue cause e i suoi effetti. La differenza di base dal mondo dei viventi era che il mondo spirituale aveva molte, molte più possibilità. Più erano le possibilità, più le ipotesi. Ecco perché era così naturale dire che 'tutto poteva succedere in quel mondo'; di sicuro, l'esploratore di tale mondo doveva essere sempre preparato.

Quindi, Ichabod aveva svolto un intelligente lavoro di investigazione a Sleepy Hollow e aveva avuto ragione: il fantasma non era apparso a tagliare teste senza motivo; era stato convocato per uno scopo preciso, e la chiave per controllarlo era proprio l'ubicazione dell'intelletto – la testa. Una volta riavuta la testa, il 'lavoro' del Cavaliere nel mondo vivente era terminato e lui era tornato all'Inferno, o dovunque sia andato, portando con sé la sua convocatrice.

Ed era qui che un mucchio di punti interrogativi bruciavano la mente di Ichabod. Se la missione del Cavaliere sulla Terra era conclusa, cosa faceva in carne e ossa e vestiti nuovi ai moli di New York?

Prima di perdere i sensi, Ichabod aveva chiaramente sentito l'Assiano ringraziarlo, poi l'aveva visto salire a bordo della nave per l'Europa. Ora, era molto probabile che avesse ringraziato Ichabod per avergli restituito la testa, liberandolo. Non c'è di che. Soprattutto in quanto stavi per decapitare Katrina.

Poi, i fantasmi avevano accesso al mondo vivente solo attraverso passaggi specifici che potevano essere aperti tramite formule magiche. Quindi perché mai un fantasma dovrebbe salire su una nave? E soprattutto, come e perché era uscito dall'Albero ancora una volta?

La spiegazione più logica era che il fantasma del terribile tedesco fosse stato in qualche modo richiamato dall'aldilà da una persona viva, molto probabilmente per un'altra missione, il che lo rendeva un vendicatore invincibile molto ricercato, giusto in caso si serbi rancore contro qualcuno e gli si voglia distruggere l'intera linea di eredi senza sporcarsi le manine di sangue.

Non impossibile come spiegazione... ma troppo facile. Troppo affrettata.

Dopotutto, è col dannato mondo degli spiriti che abbiamo a che fare, agente Crane.

Ma forse... se invece di essere richiamato... il Cavaliere fosse stato rimandato dalla tomba?

*

“Era lui, Katrina. Ne sono sicuro come sono sicuro che ti sto guardando adesso.”

Ichabod era seduto sul divano nella sala principale del suo piccolo appartamento di Midtown New York. Katrina gli aveva preparato una tisana rilassante, e ora sedeva su una poltrona di fronte a lui.

Era passata una settimana dal giorno in cui Ichabod si era imbattuto nell'Assiano. Ma quel giorno si era costretto a scacciare temporaneamente quell'episodio per occuparsi di una questione molto più importante: fare la proposta di matrimonio a Katrina. C'era voluta una forte pacca di incoraggiamento dietro la schiena da parte di Jonathan, ma alla fine era riuscito a fare la sua proposta e a darle l'anello; quando ebbe finito era ormai impallidito notevolmente, ma i baci caldi di Katrina gli avevano subito fatto tornare in viso il colore della vita. Si erano sposati poco dopo.

Tuttavia, l'ombra scura di preoccupazione che incupiva gli occhi dell'agente non sfuggì a Katrina; quella sera si fece avanti e chiese a Ichabod cosa lo tormentasse.

E stavolta, fu Katrina a impallidire alla descrizione del Cavaliere.

“Mi chiedo cosa gli permetta di camminare ancora su questa Terra...” disse, quasi a se stessa. “Credevo fosse in pace... per così dire.”

“Un'anima così nera non può mai trovare pace,” commentò cupo Ichabod.

“Hai detto che stava salendo a bordo di un vascello... Sei sicuro che quel vascello fosse diretto in Europa?”

“Sì. Ho sentito tante lingue e accenti passando di là, e poi ho chiesto a un ufficiale.”

“Sta tornando in Assia. Non c'è altra spiegazione. Per quale altro motivo dovrebbe andare in Europa?” disse Jonathan, seduto sul divano accanto a Ichabod con una bella tazza di cioccolata calda.

“È questo il punto,” disse Ichabod. “È morto. La sua casa dovrebbe essere l'oltretomba, non più l'Assia.”

“L'oltretomba l'ha risputato fuori,” disse Jonathan.

“È quel che ho pensato,” Ichabod finì la sua tisana e affondò il viso tra le mani, stanco e confuso. “Quell'uomo non sembra destinato a morire e restare morto. Ma perché?”

“Le ragioni possono essere tante,” disse Katrina. “Di solito, quando qualcuno torna, è perché la sua morte è stata ingiusta e l'anima non riesce ad accettarla... o perché è stato chiamato. Le anime dei defunti possono apparire in modi diversi: tangibili, come il Cavaliere, o evanescenti; possono portare i segni della morte, come una ferita o una mutilazione, o apparire sereni e rigenerati. Dipende da come vogliono essere percepiti. Ma, qualunque sia il motivo per cui vengono e qualsiasi forma assumano, una cosa è certa: devono passare attraverso un portale. E qualcuno con i poteri deve aiutarli. Deve riceverli.”

*

Più tardi quella notte, Katrina si infilò nel letto accanto a Ichabod, che appoggiò il viso nella curva del suo collo.

“Sono perplesso, mia cara,” mormorò. “Ho fatto del mio meglio per proteggerci, e quel mostro è ancora tra noi, vivo e vegeto.”

“Shhh. Smettila di tormentarti,” sussurrò lei. “Dimentichi la cosa più importante. Se il Cavaliere avesse voluto farti del male, niente glielo avrebbe impedito. Ma non l'ha fatto, perché non ne aveva motivo. Ti deve la vita, in verità.”

“Forse mi ha ringraziato per avergli permesso di seminare altro terrore... Ma era l'unico modo per salvarci,” disse Ichabod, demoralizzato.

“In ogni caso, abbiamo fatto mettere una taglia su di loro, ricordi? E... controllerò il mio libro di incantesimi per ulteriori protezioni. Ha funzionato a Sleepy Hollow.”

Ichabod ricordò lo strano disegno che Katrina aveva realizzato sotto il suo letto, il disegno che aveva impedito a Lady Van Tassel di scatenare il Cavaliere contro di lui; dopotutto, lui era lo sgradito agente che aveva scoperto la congiura. E aveva scioccamente creduto che quello scudo magico disegnato in gesso rosa fosse il Malocchio. Lui aveva giurato di proteggerla sempre, ma in realtà era stata Katrina ad aver protetto lui da un mondo che non ancora riusciva del tutto a comprendere.

Finalmente le sorrise, rassicurato. Con la grazia di un gatto, Katrina scivolò su di lui e gli tenne le mani ferme sul cuscino. In un istante, Ichabod si sentì andare a fuoco.

“Prima che tu mi ritenga sconveniente, sto cercando di renderti felice, agente Crane,” bisbigliò, sensuale. “Come posso mandare via quello sguardo tetro?”

Si baciarono, e Katrina gli diede il miglior sollievo che una moglie sa dare.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Wiesbaden, Contea di Nassau-Usingen, Assia, Sacro Romano Impero delle Nazioni Germaniche

Chris era rimasto completamente immobile e respirando appena per dieci buoni minuti fuori dai cancelli della residenza Schiller.

La sua casa di famiglia non era cambiata molto in tutti quegli anni, eccetto per il giardino che sembrava piuttosto trascurato, anche sotto la spolverata di neve recente. Era strano, lui ricordava che sua madre era molto esigente per l'aspetto del giardino, indipendentemente dalla stagione.

Sua madre... Suo padre... Come avrebbero reagito nel rivederlo? Ce l'avrebbe fatta a passare per suo figlio? E soprattutto, erano tutti ancora lì?

Temerario, che desiderava paglia e un buon riposo, gli diede una spinta per farlo riprendere.

In quel momento, un giovane venne ai cancelli. “Posso aiutarvi, Herr?”

Chris non lo riconobbe, ovviamente. Il giovane poteva avere non più di diciott'anni.

“Il mio nome è Christoph Schiller. Sono il nipote dei Baroni.”

Nell'udire quel nome, il giovane mutò colore in volto e spalancò gli occhi.

“Oh Gott sei Dank!” esclamò, aprendo i cancelli e inchinandosi davanti a Chris, che non amava essere riverito e tirò su il giovane per le spalle gentilmente.

“Chi sei, ragazzo?”

Proprio in quell'istante, una voce femminile chiamò dalla porta d'ingresso. “Chi è, Otto?”

Il cuore di Chris cominciò a battere veloce quando una donna bassa e pienotta prossima ai cinquanta venne verso di loro. I suoi capelli castani erano raccolti in una crocchia, e i suoi occhi verde oliva erano vivi e penetranti. La trascuratezza e il duro lavoro di una vita non avevano danneggiato la sua bellezza naturale. Quando raggiunse Otto e guardò meglio Chris, si fermò di colpo.

“Inga...” sussurrò Chris. Notò che la donna era impallidita e aveva iniziato a tremare, quindi lui si ricompose subito. “Ehm, voi dovete essere Frau Inga Berger... Io sono il figlio di Christoph. Sono appena giunto dall'America per incontrare i miei nonni.”

La donna, Inga, era stata la primissima amica d'infanzia di Chris. Era nata un paio d'anni prima di lui, nella stessa casa. Era la figlia di Gudrun, la precedente governante, ma loro erano sempre rimasti molto amici infischiandosene delle differenze sociali. Si conoscevano come i palmi delle proprie mani. Inga era forte, padrona di sé, estremamente efficiente e fidata. Chris l'aveva vista piangere solo due volte in tutta la sua vita: il giorno in cui era partito per l'America, e adesso. Quasi si sentì lui stesso le lacrime agli occhi nel vedere quella fortezza di donna invecchiata e turbata.

“Vi prego, Frau, mi date un dispiacere se piangete...” le disse, cercando di calmarla.

Inga gli prese il volto tra le mani e lo strinse in un abbraccio. “Non chiamarmi Frau, riccio di mare. Pensi che non ti riconosca? Dimmi solo com'è possibile,” disse lei singhiozzando.

Riccio di mare. Inga lo chiamava così da quando era molto piccolo, per via della sua ribelle chioma nera.

Commosso, Chris ricambiò l'abbraccio, e le bisbigliò all'orecchio, “Shhh. Se mi fai entrare, ti spiego tutto.”

*

La casa era esattamente come la ricordava. Pareti bianche, tende rosso sangue e mobilia scura barocca. I divani e le poltrone nell'ampio salotto erano in damasco rosso, e i camini erano in ghisa ornata. Le pareti facevano mostra di dipinti e di una notevole collezione di spade: daghe romane, sciabole dell'Europa Orientale, katane asiatiche e scimitarre mediorientali.

La sua casa. Una casa adatta a lui.

E poi, lo stemma di famiglia, la leggendaria ascia da guerra barbarica che lui aveva fatto realizzare anche sui guanti della sua uniforme.

“Mentre ti riposi, io preparo la cena,” disse Inga. “Il... padrone dovrebbe rincasare stasera tardi o domani. È andato fuori città.”

“Intendi mio padre?”

Gli occhi verdi di Inga si riempirono nuovamente di lacrime. “Seguimi in cucina.”

Mentre cucinava, Inga raccontò a Chris della terribile tragedia che aveva estirpato quel ramo della famiglia Schiller da Wiesbaden.

“I tuoi genitori morirono dodici anni fa. Si ammalarono e morirono in pochi giorni. Non abbiamo mai capito cosa fosse stato. E tu... tu non sei mai tornato. Il tuo esercito ti aveva dato per disperso, perché nessuno di loro ti aveva più visto dal Settantanove e la tua morte non fu mai confermata. Nel frattempo, i tuoi genitori si misero nei guai, e dopo la loro morte questa casa, le terre in campagna, e tutti gli operai – compresa me e la mia famiglia – diventammo proprietà di Martin Bormann, il giudice.”

“Bormann!” tuonò Chris. “Il nostro amministratore!”

“Già,” disse lei, cupa. “Ha giocato sporco, ci scommetterei la testa. Gli Schiller non avevano più eredi, quindi fu un lavoretto facile per lui prendersi tutto. E adesso, questa casa è diventata un bordello: Bormann si diverte con feste, alcol, oppio, e prostitute sia femmine che maschi. Gli operai sono costantemente vessati e sfruttati per ogni minimo capriccio. La vita è un incubo qui, Chris. Strangolerei volentieri quel Bormann e poi lo riporterei in vita solo per poterlo strangolare ancora e ancora.”

Chris non si accorse che stava stringendo il tavolo con entrambe le mani finché non sentì il legno cedere sotto la sua morsa di ferro.

“Molti Assiani non tornarono mai dall'America,” continuò Inga. “Furono anni orribili. Ma io non ho mai perso la speranza. Sapevo che eri troppo forte per essere sconfitto... ed eccoti qui.”

Quando Inga finì di cucinare, chiamò suo marito, Benno Schuster, e il loro figlio Otto, il ragazzo che Chris aveva incontrato ai cancelli.

La famigliola iniziò a darsi da fare per servire a Chris la cena in sala, ma lui insistette perché cenassero tutti insieme in cucina. Non aveva mai consumato un pasto così piacevole in tutta la sua vita. Quando mangiava con i suoi genitori, erano soliti sedersi distanti tra loro e parlavano di rado. I suoi non erano esattamente la mamma e il papà affettuosi, e Chris era sempre stato molto solo, il che non fece affatto bene alla sua salute psichica. E adesso, seduto con gli umili Schuster al piccolo tavolo della cucina, mangiando, bevendo e chiacchierando come se nessuno di loro avesse un pensiero al mondo, per la prima volta in vita sua Chris non si sentì un mostro. Si sentì un bambino circondato da una famiglia che lo amava.

Sapeva di poter affidare la sua stessa vita a quelle meravigliose persone, quindi raccontò loro ogni cosa della sua assurda, incredibile esperienza a Sleepy Hollow. Lo ascoltarono assorti, e trasalirono quando lui scoprì la spessa cicatrice che aveva sul collo.

“So che è difficile da credere,” concluse Chris. “Ma Inga sa che sono io, e che ho la stessa identica faccia che avevo quando lasciai l'Assia, nel marzo del 1776.”

Aveva ragione. Inga lo conosceva troppo bene: di certo non stava delirando.

“Tu... tu sei tornato dalla tomba...” disse lei con un filo di voce. “Neanche la morte ha potuto sconfiggerti.”

“Quindi c'è eccome un dannato Inferno laggiù,” disse Benno.

“E streghe, e angeli, e demoni!” aggiunse Otto, eccitato come un bambino.

Chris sorrise, poi tornò serio. “Dovete promettermi che nessuno, nessuno mai, verrà a sapere di tutto questo. Neanche gli altri operai. Tra l'altro, non so chi vi crederebbe. Per la cronaca, io sono mio figlio.”

“Sarò decapitato e maledetto per l'eternità se lo dico a un'anima,” disse Benno, facendosi una croce sul cuore.

“Non lo dirò a nessuno,” promise Otto.

“Sai che puoi fidarti di me,” disse infine Inga.

“Benissimo,” disse Chris. “Ora, avete detto che Bormann rientrerà stasera o domani, giusto? Perché ho una sorpresa per lui.”

E nei suoi occhi baluginò la furia omicida.

*

Il giudice Martin Bormann tornò nella sua nuova casa dopo mezzanotte. Ah, i vecchi Schiller. Avrebbero dovuto stare più attenti alla gente con cui trattavano – e che avevano cercato di fregare. Inoltre, era stata una benedizione dal cielo che il loro unico figlio Christoph aveva scelto di andare a farsi ammazzare nel Nuovo Mondo.

Perché Martin Borman era dannatamente sicuro che, dopo oltre ventitré anni, quel folle bastardo fosse morto. Altrimenti, tutto sarebbe stato molto più difficile: Christoph era maledettamente sveglio, e raggirarlo era impossibile. Avrebbe ereditato tutte le ricchezze dei suoi vecchi e nessuno sarebbe stato in grado di portargliele via.

Per di più, il tizio era forte come un toro, aveva riflessi formidabili, ed era incredibilmente abile con ogni tipo di arma. Bormann l'aveva visto tramortire un intero gruppo di teppisti col solo ausilio di un bastone.

Ma c'era qualcos'altro che Christoph aveva, qualcosa che Bormann doveva suo malgrado ammettere di aver sempre temuto...

Christoph Schiller era completamente pazzo.

Ora, il furbo giudice non sapeva perché il giovane Schiller era apparso nei suoi pensieri dal nulla. Non sapeva nemmeno perché sentì all'improvviso questa gelida fitta di paura nel petto, e non gli piacque. Dannazione, Christoph era morto! Da tanti anni! Stupide paure irrazionali!

“Buonasera, Herr Bormann,” dal salotto giunse una voce maschile profonda e leggermente rauca.

Bormann trasalì e fece un passo indietro. “Chi diavolo è?” disse con voce tremante.

“Il diavolo, appunto. A cui appartieni.”

Dall'uscio del salotto, Bormann scorse dietro una poltrona a schienale alto un braccio avvolto in velluto nero terminante in una mano maschile color alabastro, che teneva un bicchiere di vino. Poi, lo sconosciuto vuotò il bicchiere e lo posò su un tavolino.

“Se è un qualche tipo di scherzo hai sbagliato persona, amico,” disse Bormann, cercando miseramente di suonare minaccioso.

Senza rispondergli, l'uomo si alzò lentamente dalla poltrona. Quando si voltò, Bormann sentì di nuovo la fitta di paura di poco prima, solo cinquanta volte più forte.

Non poteva essere vero.

Christoph era vivo. E non era invecchiato. Non c'erano più dubbi: quell'uomo non era una creatura di questa Terra.

“Rilassati, Herr Bormann,” disse, avanzando verso il giudice. “Non sono colui che pensi... Ma sono la sua stessa carne, lo stesso sangue... e brutto carattere.”

Bormann non sapeva se guardare gli occhi dell'uomo, i suoi denti affilati, o la sua spada. “Sei suo figlio...”

“Esatto. Ho già inviato un messaggio al Principe. Gli piacerà la tua faccia dopo che avrà visto il testamento di mio padre. Ma ora... è tempo di confessarsi.”

Chris sguainò la spada e la puntò sotto il mento di Bormann. Il giudice sentì l'acciaio mortale pungergli la pelle. Un minuscolo movimento, e addio alla sua gola.

“Che cos'hai fatto ai Baroni?”

“Niente!” piagnucolò Bormann. “Sono morti di malattia!”

Chris spinse la lama un po' più in profondità, e il giudice sentì la trachea stringerglisi. Un rivoletto di sangue gli scese sulla cravatta bianca. Il giudice scoppiò in lacrime.

“Io... ho fatto avvelenare il loro vino. Qualcosa a effetto lento, per evitare sospetti. Ecco, ho detto la verità! Ti prego, non uccidermi!”

Chris sentì l'ondata di potere attraversargli l'intero corpo, alimentata dalla paura del giudice. Solo un movimento fulmineo del braccio e avrebbe tagliato Bormann in due. Iniziò a vedere il familiare schermo rosso di brama omicida davanti agli occhi, e il respiro gli si fece corto, divenendo una serie di bassi ringhi.

armi più forti della tua spada e della tua ascia...

All'improvviso, Chris ricordò l'Angelo. No. Non poteva. Se avesse ucciso Bormann, il sangue sarebbe tornato sulle sue mani, e la sua anima sarebbe tornata nera. Aveva solo una possibilità.

“Smettila di piangere, patetico figlio di puttana,” ringhiò Chris. “Ho fatto chiamare le guardie. Morirai in prigione, come un verme.”

*

Wiesbaden, 8 dicembre 1799

Cara Mary,

come promesso, ti scrivo dalla mia vecchia Assia.

È stato molto strano tornare qui, ed è ancora più strano se ricordo l'oscuro stato d'animo in cui mi trovavo quando lasciai la mia casa per combattere in America. Spero di potertene parlare personalmente, un giorno.

Appena arrivato, sono stato molto felice di ritrovare i miei cari amici, che rifiuto di chiamare servi anche se lavorano per me. Ho scoperto che i miei genitori sono stati assassinati dodici anni fa, e che la mia casa e le mie terre erano state confiscate; ma grazie al tuo prezioso aiuto col testamento, ho riottenuto tutto facilmente. Avevi ragione, e la tua astuzia non smetterà mai di stupirmi.

Per la prima volta, mi sento responsabile per la mia casa, le mie terre e le persone che vi lavorano; solo ora sto vedendo che i miei genitori hanno commesso tanti errori negli anni. In verità, hanno fatto un terribile disastro, e ne hanno pagato un prezzo altissimo. E adesso, devo assolutamente rimettere tutto in ordine. Ho sempre vissuto confinato nella mia mente, con l'odio che sentivo per il mondo, la solitudine, l'ipocrisia. Forse è stata l'influenza di quell'Angelo, ma ho aperto gli occhi per scoprire che ci sono persone che hanno bisogno di me; spero che questa consapevolezza dia un nuovo significato alla mia vita sanguinosa.

Ma basta parlare di me. Come va a Hollow? Non mi piace quella gente, e neanche a te, ma sapendo quanto tu sia ingegnosa, non dovrei preoccuparmi troppo. Che tu abbia deciso di stabilirti là, o da qualsiasi altra parte, o con chiunque, la mia offerta resta in piedi. Se mai avessi bisogno di me, sai dove trovarmi.

Ti auguro ogni bene.

Chris

P.S. Se quella notte cercavi il mio perdono, ce l'hai. Non me ne pentirò.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Wiesbaden, marzo 1800

Era occorsa una considerevole quantità di tempo, pazienza e denaro, ma alla fine Chris era riuscito a lavare via la scia di problemi lasciata dai suoi genitori corrotti e irresponsabili. I defunti Baroni Schiller si erano alleati con il giudice Bormann e altre grottesche figure dell'aristocrazia assiana, a spese delle decine di operai al loro servizio – e infine a loro stesse spese.

Lo sfruttamento di quella gente era stato del tutto disumano per intere generazioni, e Chris era stato praticamente costretto a scendere a fondo della questione: con grande orrore, aveva scoperto che alcuni dei suoi operai si erano prematuramente ammalati, altri erano invalidi; le lunghe ore di duro lavoro non avevano risparmiato nemmeno i bambini e gli anziani; molte donne avevano sofferto aborti o dato alla luce figli disabili, e molte altre erano morte di parto. Le ragazze, e a volte anche i ragazzi e i bambini, erano spesso molestati dai ripugnanti proprietari terrieri che passavano di là, e non avevano la forza o il coraggio di reagire. Tutte quelle persone lavoravano troppo, mangiavano troppo poco e vivevano in terribili condizioni igieniche. E, ultimo ma non da meno, erano state ferite nella loro dignità.

Chris era furioso, ma anche sopraffatto dalla vergogna: fino ad ora, tutto ciò di cui si era occupato era la propria mente malata, che urlava il bisogno di scatenare la sua furia interiore contro il mondo, mentre tutta quella gente, invisibile nonostante la sua costante presenza, stava davvero passando l'inferno.

Quindi, Chris dedicò tutto il suo tempo a un completo ripristino di terre e persone. Per prima cosa, aumentò i salari degli operai; poi, si assicurò che si nutrissero adeguatamente, e fece ripulire e riassettare i loro alloggi. Vietò ai bambini, alle donne gravide, agli anziani e agli invalidi di lavorare, fornendo regolari visite mediche e levatrici per i parti – aveva scoperto che Inga, dopo una serie di aborti, era quasi morta nel dare alla luce Otto senza alcun aiuto.

Organizzò una bonifica delle sue terre, asserendo giustamente che migliorare la qualità di vita degli operai avrebbe condotto a un miglior risultato del loro lavoro. Alcuni giorni dopo il suo arrivo, aveva organizzato un incontro con tutti i suoi operai, annunciando che avrebbe avuto luogo una radicale rottura col passato, e che intendeva porre rimedio alle decadi di sfruttamento e oppressione che avevano sofferto sotto i suoi antenati. Li incoraggiò a fidarsi di lui, così che lui potesse fidarsi di loro.

Con grande stupore degli operai, nelle tenute Schiller iniziò un'era completamente nuova. Chris era consapevole che le sue idee fossero troppo avanzate per quei tempi, e che non avrebbe trovato nessun sostegno da parte degli altri proprietari tedeschi; era infatti pronto anche alle ostilità aperte, poiché sapeva che in questo mondo imperfetto essere diversi non ci rende speciali, ci rende pericolosi.

Ciononostante, lui se ne infischiava. Intendeva muoversi in quella direzione finché non sarebbe morto una volta per tutte.

Ora che aveva cominciato la sua nuova vita nel migliore dei modi e con le azioni più nobili, l'unico pensiero che lo rabbuiava riguardava Mary Archer.

Erano trascorsi mesi, e la lettera che le aveva mandato prima di Natale non aveva mai ricevuto risposta. Cosa le era accaduto? Si era forse messa nei guai? O si era stabilita in un nuovo posto con un nuovo uomo?

E soprattutto, perché gli importava?

*

Finora Chris non aveva ricevuto molte visite. C'erano meno di tremila abitanti nella città di Wiesbaden, e le poche persone che erano venute a trovarlo erano state spinte dalla curiosità di conoscere il 'tenebroso Schiller d'America'. Per fortuna, Chris aveva cercato di apparire un po' meno spaventoso arrotondando le punte dei suoi denti, ma il risultato era ugualmente bizzarro poiché tra i denti erano rimasti enormi spazi vuoti. Era persino stato invitato a incontrare il Principe di Nassau-Usingen, il quale, dopo una veloce occhiataccia ai denti separati di Chris, aveva espresso piacere genuino nel fare la sua conoscenza. Prima di congedarsi, il Principe l'aveva preso in disparte e gli aveva consigliato di fare una chiacchierata con un certo Hans Schmidt, che avrebbe potuto fare miracoli per i suoi denti.

“Chris, hai una visita,” disse Inga dall'uscio della biblioteca.

Chris aggrottò le sopracciglia. “Chi è?”

“Forse vorrai vedere tu stesso, sembra interessante,” disse lei sorridendo.

“Ah, Inga, quanto ti diverti a tenermi sulle spine, ja?” rispose lui ricambiando il sorriso. Ridacchiarono, poi Chris si diresse verso il salotto.

Se qualcuno come Inga diceva che qualcosa era 'interessante', allora lo era davvero. Quando entrò nel salotto, scorse una figura femminile vestita di viola, che ammirava la sua collezione di spade; la sconosciuta gli dava le spalle, e un largo cappello le nascondeva i capelli.

“Buonasera, Frau...?” disse lui, incerto.

Quando la donna si voltò e lo guardò con un largo sorriso, Chris si sentì mancare.

“Parla inglese, mio Tenebroso Vendicatore.”

“Mary!”

“In persona,” cinguettò lei, divertita di averlo sorpreso. “In realtà dovrei dire in persona... e mezzo.”

Si volse completamente verso di lui e gli si avvicinò. Chris sentì le forze abbandonarlo, come se il suo intero corpo fosse stato prosciugato dal sangue e le sue ossa fossero diventate polvere.

Perché quello che vide sul ventre di Mary Archer era un rigonfiamento dolce ma inconfondibile.

“Siediti,” disse lei. “Torna in te, e lascia gli svenimenti a gente come Ichabod Crane.”

Era una buona idea, quindi lui si lasciò cadere sul divano, mentre Mary si accomodò sulla poltrona, di fronte a lui. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. La sua espressione era simile a quella che aveva quando era apparso loro l'Angelo.

“Veniamo al punto, Chris. Posso parlare liberamente? O sei con qualcuno?”

Rispose alle due domande rispettivamente annuendo e scuotendo la testa, senza mutare l'espressione scioccata. Questo fece sorridere Mary.

“Il cucciolo è tuo,” disse lei, calma e serena. “Quella notte a Hollow... tu eri vivo di nuovo, e il tuo seme ha fatto presa. Ma prima che cominci a preoccuparti delle responsabilità, lascia che ti dica che non hai nessun dovere verso di me. Sai, stregoneria e vendetta a parte, la vita mi ha insegnato l'arte di arrangiarmi. Me la sono sempre cavata da sola, perché non ho mai avuto altra scelta. All'inizio pensai di tenere segreta tutta questa faccenda, magari dare il bambino a persone belle con le anime pure, e iniziare una nuova vita da qualche altra parte. Nel frattempo, ho sempre voluto visitare la vecchia Europa! Ho persino pensato di trasferirmi a Londra, e lavorare come infermiera ed erborista, cose che so fare molto bene.”

Vide che Chris stava ancora lottando per riprendersi dallo shock. Lo capì, e cercò di trasmettergli la sua serenità, desiderando tanto di potergli leggere nel pensiero.

“Avrei potuto mentirti,” continuò, il suo sorriso che svaniva. “Avrei potuto tenerti all'oscuro di questa gravidanza, e lasciare che entrambi fossimo liberi di vivere le nostre vite. È solo che... sentivo che non era giusto. Pensavo che dovessi saperlo. Ancora non sono certa di aver fatto la cosa giusta, ma decisamente non sono pronta per un'altra vita fondata sulle menzogne. Ecco perché sono venuta qui.”

Rimasero seduti in silenzio per lunghi, inquieti minuti. Due assassini dai cuori neri e spietati, ora preoccupati e confusi per via di un bambino non ancora nato. Il loro bambino.

Infine, come se avesse di colpo ritrovato forza e raziocinio, Chris si ricompose.

“Nein,” disse.

“No cosa?”

“Non ho intenzione di tirarmi indietro. Avremo un bambino. Dopo tutto ciò che ho fatto in questi mesi, non perderò la mia possibilità di redenzione rinnegando mio figlio. Per quanto riguarda noi due, capiremo cosa fare. Non voglio farti sentire legata a me, anche se le convenzioni sono severe. Ma il bambino non soffrirà di una famiglia disfunzionale.”

Mary era sbalordita. Quell'uomo era tutto fuorché un mostro.

“Allora cosa suggerisci di fare?”

“Per prima cosa, ti consiglio vivamente di partorire qui in Hessen. Sei stata già abbastanza folle da intraprendere un viaggio così lungo mentre sei gravida! Quindi, ora ti riposi. Dopo la nascita... vedremo. Potresti andare a Londra, se lo desideri. Portare il bambino con te se vuoi crescerlo da sola. Ma io sono il padre, e intendo garantire il mio supporto per sempre. Qualunque cosa tu faccia, io sarò sempre presente per il bambino.”

Mary non credeva alle sue orecchie. Lei era di sicuro una donna brillante e ingegnosa, ma lui era molto più di tutto questo; mentre Mary era solita muoversi nell'ombra, conquistando ciò che voleva pezzo per pezzo, Chris era solito irrompere dalla porta d'ingresso e lottare per prendersi tutto in una volta. Era pronto a tutto pur di rispettare la libertà di lei e, allo stesso tempo, essere un buon padre. Solo ora Mary vide chiaramente quanto fosse virtuoso, quanto fosse valoroso questo strano uomo. Poteva affrontare il mondo intero a testa alta; poteva anche essere conosciuto come una creatura infernale, ma di certo il suo coraggio era quello di un dio.

E questa consapevolezza smosse con violenza le corde di quell'organo di pietra che le batteva in petto.

Tese le mani verso di lui, e lui le prese, inginocchiandosi davanti a lei e chiudendo la distanza tra loro.

“Ho fatto la cosa giusta. Volevo rivederti comunque.”

“Credevo ti fossi dimenticata di me.”

“Come avrei potuto? Sei inciampato nella mia vita quando avevo sei anni, e da allora sei stato una presenza costante.”

“Ne sono lieto.”

A Mary fu immediatamente offerto un infuso rilassante, e fu presentata agli Schuster. Inga fece del suo meglio per dissimulare la gioia di avere un'altra donna in casa, e pregò il Signore di far che questa nuova presenza femminile fosse migliore delle precedenti. Poi, Chris mostrò a Mary l'intera casa, e la lasciò scegliere la stanza che preferiva; non fu facile, perché le stanze erano tutte bellissime. Mary fu anche piacevolmente colpita da Inga, Benno e Otto Schuster: più che i suoi subalterni, erano una famiglia per Chris, e l'aiutarono a sistemarsi con la cortesia di buoni ospiti piuttosto che con la remissività dei servi.

Quando andò a letto, Mary non poteva credere a quanto stava accadendo. Solo pochi mesi prima, il suo sanguinoso complotto a Sleepy Hollow era stato smascherato, gettandola tra le fauci dell'Inferno. Allora, Chris era solo un raccapricciante spettro senza nome e senza testa.

E adesso, eccola nell'Assia del Cavaliere, nell'ambiente confortevole della sua casa natale... e con il suo bambino dentro di lei. Che storia folle.

In una stanza vicina, Chris pensava le stesse cose. Se qualcuno, nel lontano 1779, gli avesse detto che un'orfanella di sei anni avrebbe causato la sua morte e la sua resurrezione senza testa per poi essere coinvolta con lui in un misterioso disegno divino, avrebbe riso selvaggiamente e tagliato la testa a quel qualcuno.

E ora era di nuovo a casa sua, vivo... e non riusciva più a pensare a Mary come alla strega che l'aveva usato. Adesso la vedeva come una donna che aveva sofferto, che aveva causato sofferenza, e che stava combattendo per ricominciare... col suo bambino dentro di lei.

Una strega e un guerriero, legati dalla magia nera, dal sangue, e dall'omicidio. Ora legati da una nuova vita.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Quando era la sua signora del male, Mary – come chiunque altro – tendeva spontaneamente ad associare il Cavaliere all'Inferno, alla violenza, al sangue e all'orrore totale. Anche quando era ancora vivo, il Cavaliere dell'Assia era stato inconsciamente marchiato come essere ultraterreno, tanto letale quanto sfuggente, un essere senz'alcuna identità umana eccetto per la sua origine assiana; e nemmeno la sua nazionalità aiutava a dargli qualche sorta di spessore biografico: per i neonati Americani, la parola 'Assiano' era inestricabilmente legata a un feroce soldato pagato per ucciderli.

L'Assiano che Mary conosceva era sempre stato l'ultimo concetto che si potesse collegare alla bellezza, all'armonia e alla pace.

Non si sarebbe mai aspettata che, in realtà, il luogo di nascita dell'Assiano era una splendida, prospera città sulla sponda del fiume Reno, una città che sin dai tempi dell'Antica Roma era famosa per le sue sorgenti termali; in generale, lo stile e la qualità di vita preannunciavano che sarebbe presto diventata una delle città più importanti delle Nazioni Germaniche.

E fu proprio in questo ambiente salutare che Mary portò avanti la sua gravidanza. Fece amicizia con alcune deliziose signore tedesche, distinguendosi presto per il suo savoir-faire nelle erbe mediche, nel giardinaggio, e nella gestione domestica. Ma la sua compagnia più preziosa era a casa: per la primissima volta in vita sua aveva trovato una vera amica in Inga, ma anche in altre donne e ragazze che lavoravano nelle proprietà Schiller; nonostante i tempi, queste nuove inestimabili conoscenze avevano condotto Mary, che non aveva certo dimenticato le proprie umili origini, a riconsiderare le proprie idee su servi e padroni, un sistema che sembrava non applicarsi a casa di Chris e che secondo lei non sarebbe durato per sempre.

Quanto a Chris, non voleva assolutamente stare seduto sul proprio didietro e vivere di rendita; quindi, grazie anche ai suggerimenti del Principe, divenne un addestratore di spada per giovani e cadetti militari. Ciò che voleva dimostrare ai suoi giovani allievi, tuttavia, non era come diventare macchine per uccidere; aiutandoli a sviluppare i riflessi e a maneggiare un potenziale strumento di morte, insegnava l'autocontrollo ai più forti e l'autostima ai più deboli. Il suo scopo non era tanto l'allenamento fisico, quanto piuttosto un allenamento psicologico. Questo approccio fece presto di Chris un mito: quasi tutta la popolazione maschile di Wiesbaden e dintorni voleva diventare come lui.

Benché incapaci di evitare i pettegolezzi, Mary e Chris erano riusciti a evitare lo scandalo fingendo pubblicamente di essere sposati, mentre di fatto vivevano nella stessa casa come amici. La loro relazione era pacifica, ma piuttosto distaccata, poiché entrambi stavano ancora cercando di riscoprire se stessi dopo lunghi anni di dannazione. Ad ogni modo, sapevano di poter sempre contare l'uno sull'altro; sapevano che il bambino li avrebbe sempre tenuti legati in un modo o nell'altro. Stavano cercando la redenzione, ma ancora non sapevano se e quando si sarebbero cercati a vicenda.

*

Chris aveva pensato ai consigli del Principe riguardo ai suoi denti; tuttavia, fu molto sorpreso nello scoprire che l'Hans Schmidt che gli era stato raccomandato non era un dottore in medicina, né un chirurgo, e nemmeno un mago. Il tizio era un orafo. Ma Chris era curioso di vedere cosa sarebbe successo e seguì le indicazioni del Principe.

“Buongiorno, Herr. Come posso aiutarvi?” Chris fu accolto da un buffo ometto con occhialini rotondi, capelli brizzolati e basette arruffate.

“Buongiorno. Herr Hans Schmidt?”

“Al vostro servizio.”

“Bene, uhm... Mi hanno detto che potete fare miracoli per i denti.”

Il sorriso di Schmidt svanì leggermente.

“Io sono un orafo, mein Herr. Posso vedere se ho dei denti d'oro.”

Chris si guardò attorno per assicurarsi che fossero soli nella bottega, poi si avvicinò a Schmidt e abbassò la voce.

“D'accordo, forse voi non potete aiutarmi, Hans Schmidt. Ma di sicuro der Hersteller può.”

A questo punto il sorriso di Schmidt svanì del tutto.

“Chi vi ha menzionato der Hersteller?” chiese a Chris, con una punta di inquietudine nella voce.

“Il Principe di Nassau-Usingen,” rispose Chris, poi lasciò cadere un sacchetto di velluto pieno di monete sul bancone davanti all'orafo. “Ora, per i miei denti...?”

“Seguitemi nel retro.”

Era più interessante di quanto Chris avesse sospettato. Hans Schmidt era segretamente conosciuto come der Hersteller, il Fabbricante, per le sue attività di alchimista. Tuttavia, il retro della sua bottega non lo tradì, poiché appariva come niente più che un laboratorio e magazzino. Chris immaginò che gli strumenti, le pozioni, i metalli e i gioielli compromettenti si trovassero ben nascosti in qualche stanza segreta a casa di Schmidt.

“Perdonatemi,” disse Chris. “Ma se il Principe sa che siete un alchimista, come mai avete bisogno di nascondervi?”

“Eh. Avrò anche i favori del Principe, ma non della Chiesa,” disse Schmidt, rassegnato. “È più sicuro se me ne sto buono. Ma fatemi vedere il problema. Aprite, prego.”

Chris fece come gli fu detto, e Schmidt esaminò i suoi denti maltrattati.

“Molto bene,” disse infine l'orafo-alchimista. “I denti danneggiati che necessitano di trattamento sono gli otto incisivi. Farò un calco della vostra bocca e riempirò le imperfezioni con frammenti di denti umani. In una parola, ricostruzione. Siete troppo giovane per portare una dentiera, e io non desidero estrarvi i denti originali. I nuovi frammenti verranno fissati e cementati con una speciale resina di mia creazione. Neanche un pugno sulla mascella li romperà.”

Chris dovette soffocare l'impulso di abbracciare Hans Schmidt. Sorrise, soddisfatto.

“Grandioso.”

*

Alcuni giorni dopo, Chris uscì molto presto la mattina, senza dire a nessuno dove stava andando. Disse solo che sarebbe tornato nel pomeriggio.

Mary sperava che non si fosse cacciato in qualche guaio; ma fu molto imbarazzata nel ritrovarsi a sperare anche che non stesse vedendo una donna. Perdio, cosa le importava?

Si preparò un tè rinfrescante con dei biscotti, e osservò il suo corpo cambiato. Lo stesso corpo che aveva sofferto la fame e le malattie, che era poi sbocciato nello splendido, formoso oggetto del desiderio di più di un uomo, che aveva persino assaggiato le pene dell'Inferno, stava ora ospitando una nuova, piccola vita. Il suo ventre era cresciuto in una sfera quasi perfetta, e il suo seno era aumentato di un paio di misure; visto che non poteva assolutamente indossare un corsetto per contenerlo, i suoi abiti erano allacciati o abbottonati solo in petto, poi ricadevano in gonne larghe e comode. Nel complesso l'immagine era del tutto sensuale, e non sfuggì all'occhio di Chris.

Quando la porta si aprì e Chris entrò, Mary si sentì sollevata, ma la sorpresa doveva ancora arrivare.

“Oh, bentornato,” disse lei. “Va tutto bene?”

Quando lui le si avvicinò, lei si sorprese ancora una volta a cercare profumo femminile o tracce simili. Dannazione.

“Ja,” disse lui. “Sembro diverso?”

Mary intensificò l'ispezione, ma Chris era sempre il solito vecchio Cavaliere dell'Assia.

“Adesso che me lo dici dev'esserci qualcosa di diverso,” insinuò lei.

Chris non riuscì più a trattenersi e sorrise come un bambino pestifero.

“I tuoi denti!”

Le famigerate, agghiaccianti zanne affilate che avevano contribuito a rendere l'Assiano così terrificante erano state restaurate in denti bianchi normali, belli e sani. Avevano ancora dei piccoli spazi, ma lei immaginò che dovessero far parte della sua dentatura originale, perché si adattavano bene al suo aspetto peculiare. Ora, quel sorriso demoniaco era diventato un sorriso più umano.

“Come hai fatto...” iniziò a dire lei, ma lui le posò un dito sulle labbra.

“Un alchimista, raccomandatomi in segreto dal Principe,” disse lui. “Come sta il cucciolo?”

“Sta bene,” disse Mary sorridendo. “A volte si muove, ed è così strano... ma mi piace.”

Chris le guardò il ventre senza toccarlo. Non l'aveva mai toccato e lei non l'aveva mai invitato a farlo. Mary notò che i suoi occhi si incupirono e il suo sorriso ricostruito svanì.

Gli mise una mano sotto il mento e gli sollevò lo sguardo.

“Qualunque cosa sia, se vuoi parlarne, sono qui.”

Mary rimosse la mano e Chris si voltò, guardando fuori dalla finestra, al sole che tramontava. Dopotutto, lui stesso le aveva scritto nella lettera che gliene avrebbe parlato un giorno. Di lui. Del suo lato oscuro.

Lei si sedette sulla sedia morbida della sala da pranzo. Chris andò alla finestra, continuando a guardare fuori.

“Come sai, i miei genitori erano ricchi. Franz e Fredrica. Gente raffinata con l'anima di fango. Ebbero soltanto me, e furono soddisfatti di aver avuto un maschio. Fui allevato nella bambagia, ma non tanto nell'affetto, soprattutto dopo che scoprirono che non ero esattamente il signorino che speravano. Ero timido, silenzioso, cupo, irascibile, ma sincero. Tutto ciò che vedevo intorno a me era quello che odiavo di più: l'ipocrisia. Io ero un libro aperto, circondato da gente che trascorreva gran parte della vita a esercitarsi su come mentire nei modi migliori. Divenni presto incline al sadismo. Ma a differenza di tanta gente con questo problema, non mi sfogavo sugli animali: mi sfogavo sulle persone. Mentre tutti cercavano di fregare gli altri alle spalle, io volevo affrontarli faccia a faccia, ferirli apertamente. Ovviamente non avevo molti amici. Le mie uniche compagnie erano Inga, alcuni operai, e le mie armi. L'amicizia non è da dare per scontata nel mondo dell'aristocrazia.”

Mary conosceva quei sentimenti. Potere, ipocrisia, bugie. Tante bugie. Lei dovette usare quegli stessi strumenti per sconfiggere i suoi nemici. Rivoltar loro contro le loro stesse armi. Finché non c'era più distinzione tra giusto e sbagliato.

“Quando avevo vent'anni,” proseguì Chris, “i miei mi combinarono un matrimonio con una ragazza che non conoscevo. Protestai, ma fu inutile. Mio padre cercò di rallegrarmi dicendomi che avrei potuto avere tutte le donne che volevo anche se ero sposato. Era disgustoso, e glielo dissi in faccia. Tuttavia, contro le nostre aspettative, quando conobbi la mia futura sposa, ci piacemmo. La ragazza era molto carina, il suo nome era Julia. Immaginai che dovesse sentirsi come mi sentivo io, in procinto di sposare un perfetto sconosciuto. Invece, mi sorrise. Cominciai a pensare che forse le cose avrebbero preso la piega giusta. Sposai Julia, solo per scoprire che era superficiale, sottomessa con me e sgradevole con gli operai. La tipica aristocratica, che indossava la maschera occasionale. Ma quello che non sapevo era che Julia si era davvero innamorata di me, e ce la stava mettendo tutta per diventare una persona migliore così da piacermi. Dietro la vacuità e il falso decoro che le era stato insegnato per tutta la vita, era molto sensibile, e amava le arti. Nel profondo, era simile a me, solo meno forte e troppo insicura per essere diretta. Io ero troppo recluso nella mia mente oscura per accorgermene e interessarmene. Avevo troppo odio represso. Poi, un giorno, Julia mi disse che era incinta; non la presi bene, non ero pronto a essere padre. Non in quel mondo, non io. Julia non era abituata a sfogarsi, a liberare i suoi sentimenti; le giovani aristocratiche devono sempre compiacere e obbedire ai loro mariti. Anche se sono dei pazzi bastardi. Soffrire in silenzio da brava moglie la condusse presto a un esaurimento nervoso; una notte, svenne sulla scalinata, cadde, e si ruppe l'osso del collo, morendo insieme al nostro bambino.”

Con gli occhi pieni di lacrime, Mary si posò d'istinto le mani sul ventre. Ora tutto era chiaro. Ecco perché Chris era così determinato a dare a questo bambino la sua stessa vita, se necessario.

“Avevo appena perso la mia unica speranza di felicità... ed era tutta colpa mia,” disse lui, con voce piatta ma piena di strazio. “Avrei potuto amare Julia. Lei aveva fatto del suo meglio per piacermi, per strapparmi anche solo un sorriso, e io ho distrutto tutto. Una vita di solitudine e ipocrisia aveva appena toccato il fondo con il dolore e la colpa. Tutto il caos che avevo dentro divenne furia incontrollabile e sete di sangue. Non volevo più fare del male: volevo uccidere. Avevo perso il poco rispetto che provavo per la vita umana, e volevo vederla volare via, in un urlo, in un gorgoglio di sangue, in un colpo della mia spada. L'occasione si presentò quando il governo inglese iniziò a reclutare mercenari assiani da mandare in America. Non mi disturbai neanche a capire quale parte fosse giusta per me; tutto ciò che mi importava era uccidere ciecamente. Ero risoluto a distinguermi dagli altri assiani in uniforme, aspetto, e soprattutto ferocia. Il resto... è storia contemporanea.”

Terminò con un sospiro tremante. Mary si alzò, gli andò vicino, e gli prese dolcemente una mano.

“Sai quale fu il mio ultimo pensiero prima che mi decapitassero?” disse lui, stringendole la mano. “Pensai che, in fondo, solo la Morte mi avrebbe dato la pace. L'Angelo l'aveva chiamata l'Oscura Consolatrice, ricordi? Credo possa esserlo davvero.”

“Non ci sarà mai un rimedio per quello che ti ho fatto,” disse lei, sopraffatta dal senso di colpa. “Avevi ragione: tu non avevi niente a che fare con i miei problemi. Io, invece, ti ho preso la vita.”

Lui si voltò a guardarla con un sorriso triste. “È vero. Ma nonostante tutto, ti sono grato: se non mi avessi richiamato dalla tomba, non avrei avuto altre possibilità che l'Inferno. Ora, entrambi abbiamo una possibilità.”

Non erano nati mostri; erano stati resi tali dalla società e dalle sue assurde dinamiche. Le loro strade si erano incrociate al di là del tempo e dello spazio. L'Europa e l'America, un soldato e una bambina, l'Inferno e la Terra. Le loro strade si erano incrociate in una dimensione mitica.

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


La gentile, piacevole brezza serale di agosto era una gioia per i sensi. Chris stava facendo la sua solita passeggiata nel vasto, lussureggiante giardino di retro, ogni tanto alzando lo sguardo verso il cielo stellato e avvistando una stella cadente. Ricordò il cielo infuocato dell'Inferno, e si chiese se quella sfera di gioielli irraggiungibili sopra di lui fosse il Paradiso o qualcosa di reale e terreno, appartenente alla Natura. Perché la sua esperienza da fantasma gli aveva insegnato che i confini tra questo mondo e i regni oltremondani potevano essere molto, molto sfocati. L'unica costante nel suo strano viaggio era stata Mary, e lui non poté fare a meno di rivolgere i pensieri a quella donna unica; bella, intelligente, indipendente, e allo stesso tempo così fragile... Mary era tutto, un prisma di luci diverse sotto una corazza mortale che lei si era creata per salvaguardarsi. E ora, quella corazza stava venendo via.

Chris tornò verso la sua residenza. Le finestre erano state aperte per arieggiare la bella casa; l'ampia veranda che si affacciava sul giardino di retro era stata illuminata con torce profumate, creando un effetto magico, romantico. Seduta su un divanetto a godersi l'aria notturna, Mary si accarezzava la pancia di nove mesi, canticchiando a bocca chiusa una ninnananna; sapeva che non aveva alcun senso, ma niente che le fosse accaduto aveva mai davvero avuto senso. Questo la fece sorridere, ma i sentimenti conflittuali che stavano distruggendo con successo la dura pietra di odio nel suo cuore risultarono in lacrime che le velarono la vista. Continuò a canticchiare, lasciando cadere le lacrime silenziose: mai e poi mai avrebbe abbandonato questo bambino, finché era viva, e anche dopo sarebbe stata la sua guardiana invisibile.

il più bello dei diamanti si trova sepolto e incastonato nella pietra più ruvida...

Era questo? Il bambino era forse una parte essenziale di questo strano disegno celeste? Era un mezzo o un fine? Non ne era ancora certa; e al momento neanche le importava. I suoi pensieri erano tutti per il bambino... e per l'uomo che senza saperlo gli aveva dato la vita dentro di lei.

Chris udì il canto sommesso di Mary, e si diresse lentamente verso la veranda. Le guance di Mary erano rigate di lacrime, ma il suo volto era sereno; i capelli biondo cenere erano completamente sciolti, e con la pelle d'avorio e la camicia da notte bianca, sembrava una fata della Luna.

Il cuore gli batté all'impazzata quando Mary alzò lo sguardo e gli sorrise. Tese una mano verso di lui, e quando lui la prese, lei lo attirò verso lo spazio accanto a lei. Lui cercò di mantenere il respiro regolare quando lei gli posò la mano sul ventre gonfio, premendola delicatamente su un fianco: un minuscolo colpetto gli rispose subito. Il diabolico Cavaliere dell'Assia, forse l'uomo più letale al mondo, dovette raccogliere tutto il suo coraggio per chinarsi su Mary e appoggiare la testa sul suo ventre, come se cercasse di sentire la voce del bambino da una dimensione prenatale.

Non c'era bisogno di parole. Le parole non potevano descrivere le emozioni che entrambi provavano. Lei stava ancora tenendo la mano di Chris sul suo fianco, e con la mano libera gli accarezzò i morbidi capelli arruffati, le sue dita bianche che scomparivano tra le ciocche nere di lui, come una colomba e un corvo che intrecciano le piume delle loro ali. Chris si alzò lentamente per guardarla; la sua mano si spostò dal fianco al viso di lei, e le loro labbra si incontrarono. Non c'era niente dell'ultimo sanguinoso bacio che le aveva quasi strappato via la bocca, mesi prima, a Hollow; questo fu lungo, lento, sensuale, ardente di amore. Nessuno dei due l'aveva mai provato prima, ed entrambi si chiesero come diavolo avessero fatto a vivere senza.

“Ich liebe dich, Hexe,” sussurrò Chris, le parole che bruciavano. “Da morire.”

“Spero che lo pensi davvero, demone,” rispose lei, sorridendo contro le sue labbra. “Per me è lo stesso.”

Trascorsero la notte insieme nella camera da letto padronale, dicendosi tutto ciò che dovevano dirsi con i baci, finché non si addormentarono l'una nelle braccia dell'altro, le gambe intrecciate, i cuori neri divenuti uno solo.

*

Chris e Mary ebbero un matrimonio privato alcuni giorni dopo, con gli Schuster come testimoni. Per entrambi, fu la seconda volta all'altare, ma il primo e unico matrimonio d'amore. Lui era vestito di nero, lei di bianco. Un corvo e una colomba. La luna nuova e la luna piena. Qualunque cosa facessero, erano sempre circondati da quell'aura ultraterrena.

A circa tremilaottocentoquaranta miglia di distanza, a New York City, Katrina Van Tassel Crane ebbe le doglie con due settimane d'anticipo; ma il maschietto che diede alla luce, Timothy John Crane, era sano e bellissimo. Per una volta, Ichabod Crane sembrò dimenticarsi di svenire, poiché era troppo impegnato ad ammirare il miracolo che lui e Katrina avevano appena fatto.

*

Due notti dopo le nozze, Chris fu svegliato da un gemito seguito da un sussulto. Accanto a lui, Mary aveva gli occhi spalancati, e respirava a fatica. Era ora.

“Scheiβe!” ringhiò lui. “Chiamo Inga e il dottore.”

Meno di un minuto dopo, Inga apparve al fianco di Mary e le prese il viso tra le mani. “Shhh, stai calma, mia cara,” disse dolcemente. “Vediamo.”

Inga sollevò la camicia da notte di Mary e le sfilò l'intimo di seta: era ancora asciutto, quindi Mary non aveva ancora rotto le acque, ma la dilatazione era già larga; Inga fece appena in tempo a mettere delle spesse lenzuola sotto di lei, che le acque sgorgarono fuori. Erano limpide, il che era un buon segno di salute. Il travaglio era cominciato.

Chris divenne così pallido che sembrava che sarebbe presto diventato trasparente.

“Chris,” disse Inga. “È meglio che aspetti fuori. Potrebbe volerci un po'.”

Lui annuì lentamente, poi si chinò su Mary. “Vado ad aspettare fuori, meine Liebe. Sii forte.”

“Farò del mio meglio... Ahi!... mio Tenebroso... Vendicatore,” ansimò lei. Si scambiarono un bacio veloce, poi Chris uscì, e raggiunse Benno e Otto nel corridoio. Arrivò il dottore per assistere Mary.

Il travaglio durò il resto della notte e parte del mattino successivo. Fu doloroso. Dolore puro. A Mary parve di trovarsi in uno spazio vuoto, da sola con il dolore, e l'unica arma che aveva per combatterlo era la respirazione; Inga e il dottore l'avevano istruita su come respirare in modo corretto, e ciò le fu vagamente d'aiuto. Sentì il suo corpo venire frantumato, torturato, lacerato; ma paradossalmente, tutto questo dolore intensificò il suo amore per il bambino. Erano come due mani innamorate che si tengono a vicenda, stringendo la presa prima di lasciarsi andare.

Intorno alle nove del mattino, Mary era esausta, e aveva perso molto sangue. Aveva affrontato le lunghe ore di travaglio con il solito autocontrollo, facendo del suo meglio per non gridare, e adesso si sentiva la testa leggera e non del tutto cosciente. La vista le si appannò, e strane macchie apparvero, mutarono e scomparvero davanti ai suoi occhi. Inga continuava a incoraggiarla a spingere, massaggiandole le cosce con vigore.

All'improvviso, la stanza svanì. Una grossa macchia nera apparve dal nulla; prese lentamente forma... Due enormi ali nere... Rigogliosi capelli neri, che incorniciavano un viso bianchissimo... Una figura femminile... Labbra rosso sangue, che le sorridevano senza traccia di cattiveria.

Oh no...

L'Oscura Consolatrice. La Morte.

Parlò, la sua voce un meraviglioso coro di mezzosoprani. “Non cedere. Un'ultima spinta. La Sibilla sta arrivando.”

E scomparve in una nuvola nera e luccicante.

In una frazione di secondo, Mary si chiese: sto per morire? Il mio bambino sta per morire? Stiamo entrambi per morire? Era questo il piano? Un'orribile punizione?

Il dolore e la paura si sovrapposero. Mary chiuse gli occhi e urlò a pieni polmoni, spingendo finalmente la creatura fuori dal suo corpo. Poi, il dolore svanì.

Riaprì gli occhi...

E lei era là.

Una bambina sana, perfetta, che riempiva l'aria con i suoi primi strilli.

Mary rise e pianse contemporaneamente. Inga la ripulì e cambiò le lenzuola, mentre il dottore lavò ed esaminò la bambina, poi diede a Mary alcune istruzioni sul post-partum e andò via.

Chris fu chiamato a entrare, e si sentì il cuore sciogliersi alla vista della bimba accoccolata tra la braccia della madre.

“Riccio di mare, guarda cos'hai fatto.” Inga, commossa, lo abbracciò, poi Mary e Chris furono lasciati soli.

Persino dopo un travaglio lungo e straziante, Mary appariva eterea e serena. Chris si sedette accanto a lei sul letto. Il demone e la strega, tornati dall'Inferno con l'arcano avviso di un'enorme svolta nelle loro vite. La svolta si trovava tra di loro, avvolta in un candido pannolino e in un piccolo lenzuolo color pesca.

Sia il dolore che l'Oscura Consolatrice erano stati immediatamente dimenticati, rimpiazzati dall'amore e dall'adorazione per la piccolina. Ma per un secondo, Mary ricordò alcune parole da un lontano angolo della sua mente, curiosamente incapace di ricordare chi le avesse pronunciate.

La Sibilla sta arrivando.

Il diamante incastonato nella pietra ruvida.

La bambina fu chiamata Sibyl Julia Schiller.

 


N/A: Mi sono fermata qui. Il resto della storia, fino all'epilogo, esiste in bozze, ma deve ancora essere scritto per bene. A differenza di molti altri scrittori di fanfic, ho cercato di vedere sia il Cavaliere che la strega nella loro dimensione psichica: ho voluto evidenziare che a ridurli così – soprattutto per quanto riguarda lui – sia stata una catena di tanti piccoli eventi che li abbiano segnati psicologicamente più che fisicamente, perché in fondo un “cattivo” può non necessariamente nascere dalla nuda e cruda violenza fisica, dalla miseria, o da un singolo trauma, ma anche da una serie di fatti e processi che vanno a scavare in una condizione mentale già instabile, creando così il “mostro”. Detto in soldoni, uno può impazzire e incrudelire anche senza un motivo forte e immediato, e all'interno della stessa persona possono convivere più sfaccettature.

Comunque. Finora è stato tutto molto zuccheroso per i nostri due villains. È andato tutto troppo bene. Ma l'Angelo aveva detto che non sarebbe stata una passeggiata, e infatti, non lo sarà ;)

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 

“Di solito, quando qualcuno torna, è perché la sua morte è stata ingiusta e l'anima non riesce ad accettarla... o perché è stato chiamato. Le anime dei defunti possono apparire in modi diversi: tangibili, come il Cavaliere, o evanescenti; possono portare i segni della morte, come una ferita o una mutilazione, o apparire sereni e rigenerati. Dipende da come vogliono essere percepiti. Ma, qualunque sia il motivo per cui vengono e qualsiasi forma assumano, una cosa è certa: devono passare attraverso un portale. E qualcuno con i poteri deve aiutarli. Deve riceverli.” - Katrina Van Tassel

 

Wiesbaden, 1816

Il nuovo secolo aveva iniziato ad apportare dei cambiamenti enormi e irreversibili, nel mondo, in Europa, e nelle vite delle singole persone. La Rivoluzione Francese e il Terrore avevano lasciato strascichi indimenticabili, poi era arrivato un ometto di nome Napoleone, le cui manie di grandezza erano inversamente proporzionali alla sua statura. Il progresso scientifico e tecnologico faceva passi da gigante, le città diventavano metropoli, la vita quotidiana diventava sempre più frenetica.

Dal mondo arcaico e senza tempo delle fiabe, delle dame e dei cavalieri, dei re e dei fuorilegge, delle fate, delle streghe e dei draghi, si stava passando a un mondo nevrotico, in cui il tempo era tutto e non bastava mai, un mondo in cui si lavorava, si produceva, si consumava e si moriva.

I vecchi giochi di potere mutavano forma, ma c'erano sempre. I privilegiati mantenevano i loro privilegi e gli sfortunati le loro sfortune. Eppure, il popolo stava cominciando a uscire dall'invisibilità e dalla subalternità, divenendo a poco a poco un'entità fiera di far sentire la propria voce di forza motrice della società.

In questo nuovo quadro, la magia e le forze dell'occulto erano ormai passate in secondo piano. La ragione aveva soppiantato la superstizione, la realtà aveva soffocato il sogno, il fumo spesso nascondeva le stelle.

Una rosa bianca aveva aperto i petali nel giardino della residenza Schiller. Un paio di occhi azzurri come un cielo terso la guardavano incantati, e sottili dita nivee la sfioravano. Un viso di porcellana si avvicinò al fiore, e ne inalò il profumo.

“Sibyl!”

All'interno della casa, Mary Archer Schiller aveva appena aperto una scatola di velluto blu che custodiva una parure di brillanti e zaffiri, con forme che ricordavano le onde marine.

Chissà se le piaceranno, si chiese Mary. Spesso e volentieri, la sua giovane creatura non sembrava mostrare interesse per gli oggetti sfarzosi.

Un rumore di passi nel corridoio. Mary alzò lo sguardo, e il suo sorriso svanì in un'espressione di disappunto e rassegnazione.

“Tesoro, il tuo povero vestito. E guarda quei capelli. Vieni qui.”

Le si avvicinò una giovane fresca come la rosa bianca di cui aveva poco fa inalato il profumo. Non era molto alta, ma le gentili curve che arrotondavano appena il corpo snello ne bilanciavano la figura; la pelle lunare faceva contrasto con la chioma di capelli corvini che, intolleranti della treccia, ne erano sfuggiti in ciocche ribelli. Sul viso ovale, sotto un piccolo naso lievemente affilato, un paio di labbra del colore dei fiori di castagno erano piegate in un sorrisetto nervoso; a illuminare lo sguardo, due grandi occhi azzurri come un cielo sempre terso, e due sopracciglia sottili ma perfettamente arcuate.

Il suo vestito rosa carne era macchiato di erba e terriccio, e visto che non era riuscita a nasconderlo, la ragazza teneva entrambe le braccia dietro la schiena cercando di nascondere alla madre almeno l'altra cosa.

“Tempesta è diventata veloce,” disse con una punta di orgoglio.

“Non dare la colpa al tuo cavallo,” rispose Mary. “Ma tu sei sudata! E che cos'hai là dietro?”

“Niente,” disse lei, troppo in fretta. Indietreggiò. “Torno subito, mamma. Ho bisogno di un bel bagno, e...”

In quel momento, entrò Chris. In sedici anni, l'aspetto bizzarro del leggendario Cavaliere non era cambiato molto; sembrava sempre non avere età, se non per le venature argentee nei capelli nerissimi e arruffati. Aveva il solito fascino ipnotico a cui Mary non aveva resistito. Quando vide sua figlia sorrise, scoprendo i denti ricostruiti e sempre un po' separati.

“Com'è andata la tua giornata, kleine Walküre?” le chiese. Sibyl parlava solitamente in tedesco con suo padre e in inglese con sua madre. Chris e Mary si erano sempre assicurati che la loro figlia imparasse a parlare e a scrivere in entrambe le lingue, mentre Mary, sin dal suo arrivo in Assia, aveva insegnato l'inglese ai domestici e alla maggior parte degli operai.

“Tre centri di fila,” disse Sibyl con un largo sorriso. “Non uno, non due, ma tre.”

“Sei proprio mia figlia,” disse lui, raggiante.

Mary, che non parlava molto il tedesco ma lo capiva bene, si alzò e si mise tra il marito e la figlia, guardando quest'ultima dritto negli occhi.

“Tre centri, Sibyl?”

Sibyl le sfoderò il sorriso più innocente, ma Mary non distolse lo sguardo. La ragazza sapeva che non avrebbe avuto senso dire bugie alla madre, perciò sospirò e riportò avanti le braccia candide che aveva tenuto dietro la schiena. Erano avvolte in fasce di cuoio per proteggere la pelle da schegge e calli. Nella mano destra reggeva un'ascia. Era più piccola e più leggera della famigerata ascia paterna, ma altrettanto affilata.

Mary spalancò gli occhi e si voltò di scatto verso Chris. “Hai regalato un'ascia a tua figlia?”

“E che sarà mai! La ragazza deve imparare a difendersi,” disse lui, come se la cosa fosse ovvia.

“Difendersi da cosa, Chris? Da un leone?”

Padre e figlia si scambiarono un'occhiata complice. Erano l'uno lo specchio dell'altra.

“D'accordo, me l'avete fatta, voi due,” disse Mary. “Andate a lavarvi, altrimenti non vi permetterò di sedervi a tavola.”

Chris e Sibyl si allontanarono ridacchiando, e Mary restò da sola con Inga. La storica domestica degli Schiller era ormai sessantenne, ma sempre la solita fortezza umana. In casa era assistita dalla nuora Bridget, giovane moglie di Otto, e da altre ragazze che si davano i turni. Mary, che aveva a cuore queste persone come una famiglia vera, collaborava costantemente con loro.

“Sibyl fa corse folli a cavallo, e ora ha preso l'abitudine di avventurarsi nei boschi ed esercitarsi a 'far roteare' l'ascia, come dicono loro,” disse a Inga. Mary non aveva molta simpatia per le armi. In particolare, per le asce. E con una buona ragione: quei letali strumenti le ricordavano ogni giorno il suo sanguinoso passato, e nelle familiari lame curve rivedeva gli occhi spenti delle teste che aveva mozzato e che aveva fatto mozzare. Sapeva che per Chris e Sibyl era completamente diverso: Chris aveva sempre avuto una passione per le armi, specialmente quelle da taglio, e poi esse facevano ancora parte del suo lavoro da addestratore di cavalieri e spadaccini. Sibyl, invece, aveva preso a usarle come mero intrattenimento, e mai contro esseri viventi, per i quali la ragazza nutriva profondo rispetto.

“Buon sangue non mente,” disse Inga, ridendo. “Ma stai tranquilla, cara. Sibyl è una dolce fanciulla: giocare con un'ascia non la farà incrudelire. Al contrario di come fu per suo padre, lei è circondata dal più sincero affetto. Non c'è niente che la faccia rabbuiare.”

“È vero,” concordò Mary. “A parte gli incubi e... quelle apparizioni.”

Lei e Inga si guardarono, preoccupate. “Come ti è parsa questa mattina? Secondo te è riuscita a dormire ultimamente?” chiese Mary.

“Beh, le occhiaie sono scomparse, gli occhi appaiono sgonfi, e c'è del colore sulle labbra e sulle guance,” mormorò Inga, che cercava di vedere il bicchiere mezzo pieno in gran parte delle situazioni.

“Io non ci penso neanche a imbottirla di intrugli che la rendano incosciente,” disse Mary, risoluta. “Le assicurerebbero anche il riposo notturno, ma la terrebbero spenta, disorientata e spossata durante il giorno.”

“Magari è anche per questo che corre a cavallo e si allena con l'ascia,” disse Inga. “Vuole sgombrare la mente ed esaurire le energie.”

“Ma non può continuare così.” Inga avvertì lo sgomento nella voce di Mary. Commossa, le prese le mani, da madre a madre.

“Mary, Sibyl è forte. Più di quanto creda lei stessa, e più di quanto lo crediate voi. Non c'è nulla che la spaventi, e anche quando ciò è accaduto, lei non ha mai ceduto alla paura. Non si è mai arresa, mai lasciata andare al buio della mente. È un fuoco sempre vivo e acceso. Dentro di lei c'è una guerriera. La tua anima e quella di Chris sono unite in lei, non dimenticarlo. Imparerà a comprendere questa cosa, e nessuno come lei saprà gestirla.”

Mary, la spietata ex Lady Van Tassel, strega crudele e vendicativa, assassina a sangue freddo che aveva soffocato ogni ombra di affetto finché non aveva incontrato l'Angelo, sentì il cuore stringersi per l'amata figliuola. Con gli occhi velati di lacrime, strinse l'anziana domestica in un abbraccio.

“Se tu non esistessi, mia cara Inga, dovrebbero inventarti,” le disse.

Contrariamente alle magre aspettative di Mary, Sibyl gioì per la parure di brillanti e zaffiri che sua madre aveva fatto realizzare da una vecchia conoscenza di nome Hans Schmidt. Le gemme si intonavano al viso di porcellana e agli occhi azzurri della ragazza, facendola risplendere come una stella.

Sibyl aveva del tutto cambiato le vite dei suoi genitori. Era ovviamente all'oscuro del loro raccapricciante passato; tutto ciò che sapeva era che sua madre era americana, di New York, e suo padre l'aveva conosciuta durante un soggiorno, portandola poi con sé in Assia. Una storiella molto romantica. La giovane ignorava l'esistenza di Sleepy Hollow, ed era fortemente scettica riguardo all'esistenza dell'aldilà. Credeva in qualcosa di superiore all'umana natura, in una forza che muoveva le altre, e credeva che la vita terrena significasse qualcosa di più di un mero intervallo dalla culla alla tomba, ma si concedeva il beneficio del dubbio. Era del resto solo una ragazza, che non aveva desiderio di arrovellarsi su cose che non le era dato comprendere.

Stregoneria, fantasmi e sortilegi erano niente più che favole per Sibyl.

Ma c'erano quelle visioni... e quegli incubi...

Non sapeva come definirlo. Una seconda vista? Un terzo occhio? Un sesto senso? Una percezione extra-sensoriale?

Sibyl percepiva cose che nessun altro avrebbe mai potuto percepire; senza capire come e perché, poteva letteralmente vederci chiaro. Un raggio di luna nel buio totale, un pezzetto di materia nel vuoto, un sospiro nel silenzio, qualcosa al posto del nulla.

Era benedetta e maledetta insieme, con il dono della chiaroveggenza.

I fenomeni erano iniziati anni prima, quando era ancora una bambina. Avvertiva presenze, sensazioni, emozioni... Tutte sconosciute, e tutte negative. A volte esse prendevano forma, assumendo sembianze di esseri umani... La costante era la pena. Erano tutte presenze sofferenti, che lei non riusciva né a collocare nel tempo e nello spazio, né tantomeno a capire. Si manifestavano a lei dopo il crepuscolo, con cadenza irregolare, ma era nella dimensione onirica che queste entità la tormentavano maggiormente: uomini, donne e bambini, feriti, mutilati, piangenti o urlanti... Molti di loro apparivano senza testa sul collo, ma stretta fra le loro mani... e nei loro occhi c'era sempre il terrore. Le notti insonni di Sibyl erano ormai innumerevoli.

La ragazza, tuttavia, non sembrava arrendersi, proprio come aveva detto Inga. Le presenze la spaventavano molto, non c'era dubbio, ma lei non era mai impazzita. La sua mente razionale non ne veniva mai intaccata. Lei riceveva quelle visioni, e aspettava. Non sapeva cosa aspettava esattamente, non sapeva perché. Forse aspettava solo di riuscire a capire.

 

 

 

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