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di _xhiLauren_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Breve appunto ***
Capitolo 2: *** La partenza ***
Capitolo 3: *** Telecamere nascoste ***



Capitolo 1
*** Breve appunto ***


Prima di lasciarti alla lettura ci tenevo a precisare delle piccole cose. La storia prende spunto da un'altra serie televisiva esistente, 3%. La trovate su netflix ed è un genere che per certi versi si avvicina a The 100. Quello che troverai nei prossimi capitoli non è una copia della serie (3%). Potresti guardare 3% e trovare certamente dei riferimenti ma le situazioni qui saranno diverse, così come le dinamiche, l'intreccio, il finale (che devo ancora ben definire ma niente panico, ogni cosa a suo tempo). Non voglio anticiparti nulla e ti lascio tra pochissimo alla lettura però, prima, voglio dirti un'altra cosa. ho scritto tante storie ma è la prima volta che pubblico e che decido di metterci un certo impegno. Ti lascio carta bianca, puoi farmi notare se ci sono errori, incongruenze, parti poco chiare o che si potrebbero scrivere meglio... sbizzarrisciti insomma. Sono aperta ai consigli e alle critiche e il tuo parere mi aiuterà senz'altro a migliorare. Io ho pronta solo la trama e la scaletta, tutto il resto devo ancora scriverlo. E se ci sarà anche solo un lettore, qui, seduto, che avrà voglia e desiderio che la storia vada avanti, allora sarò più che felice di assecondarlo. Ti lascio alla lettura, questa volta per davvero.

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Capitolo 2
*** La partenza ***


Cambiare si può. Il luogo dove poter vivere la vostra vita perfetta esiste. Siate il vostro cambiamento, parte tutto da voi. Ve lo meritate e ciò che desiderate più di ogni altra cosa vi aspetta dall'altra parte. Compiuti i venti anni le porte dell'Arca si apriranno e con esse la vostra possibilità di gratificare gli anni di lavoro e sacrificio che hanno preceduto questo momento. Varcate le soglie sarete voi a determinare il vostro destino. L'Arca e l'intera equipe vi aspettano e vi augurano buon viaggio. Che possa ciascuno di voi diventare ciò per che desidera diventare. Che possa ciascuno di voi ottenere ciò che merita.
 
Lo lesse due volte. Poi ancora e ancora. Si soffermava su ogni parola, cercava di studiarne il tono e l'intenzione. Se l'aveva scritto uno di loro dietro quelle quattro righe si nascondeva una logica che doveva necessariamente conoscere. Quella logica doveva diventare la sua logica e se non voleva sbagliare doveva ripetersela a mente più e più volte. Mettere a tacere la sua voce e i suoi pensieri e pensare come loro. Sarebbe stata spudorata. Spudorata e falsa. Quello era il cortometraggio per cui si era tanto preparata e la sua doveva essere una recitazione da oscar. Nessun passo falso. Trasparenza zero. Fidarsi mai, di nessuno. Respirare, riflettere e poi rispondere. Respirare riflettere e poi...
''Sei già sveglia? LO SAPEVO!''
Clarke sussultò per lo spavento.
''Scusa, non volevo spaventarti, scusami ''
Si girò in direzione della voce. Una testa sbucava dalla porta semichiusa della sua camera e due occhi scuri e frenetici la stavano scrutando.
''Ciao Shana'', salutò.
''Ciao. E scusami. C'era la porta d'ingresso aperta e ho bussato ma non rispondeva nessuno così sono salita. Pensavo di trovarti già pronta, anche se effettivamente è un po' presto.'' disse ridendo.
Clarke scosse la testa e non poté fare a meno di ricambiare il sorriso.
''No, hai fatto bene a passare. Se non fossi passata mi sarei sicuramente dimenticata e avrei sicuramente trascorso la giornata come se fosse un giorno qualunque''
''Ha ha, sei divertente. Pensavo che il tuo buon umorismo se la prendesse comoda e si svegliasse dopo le dodici e invece.. ''
Clarke ridacchio e alzò gli occhi al cielo.
''Non pensare che io sia sveglia, disse mentre prendeva dei vestiti dalla sedia, perché non è così''.

Entrò in bagno e si guardò allo specchio. Prese una ciocca di capelli e la portò al naso per sentirne l'odore. Pensavo peggio, disse a bassa voce a se stessa. Si sfilò i vestiti e aprì il rubinetto. Un filo sottile d'acqua iniziò a scorrere. Con le mani a conca, aspettava di accumularne un po' per poi portarla al viso. Fece lo stesso con le braccia, poi con il resto del corpo.
''Ti sentivo farfugliare. Sarai agitata. Io lo sono. Tu sei agitata?''
Continuò a bagnarsi, se così si può dire. L'acqua gelida le pizzicava il corpo. Uscì dal bagno indossando una variante dei vestiti che usava per dormire. Stessa taglia, stesso tessuto ruvido, ma di un colore diverso.
''Un pò lo sono, si'', rispose.
Ma per ragioni che non possono essere dette ad alta voce, pensò.
Clarke fece cenno all'amica di seguirla con la testa, uscì dalla camera e si diresse al piano di sotto.
''Vuoi mangiare qualcosa?''
''Assolutamente no. Ho lo stomaco chiuso, non riuscirei''
Clarke tirò fuori dall'armadietto una brioche. L'addentò.
''E' così deliziosa che non sa di niente'' disse scherzando.
''Presto mangeremo cibo vero. E avremo un letto vero, e dei vestiti morbidi di un materiale non irritante, e chissà quali stregonerie ultraspaziali tra le mani. T'immagini? Abbiamo aspettato così tanto.. credevo non arrivasse più questo giorno. E adesso.. Ci siamo. Ho quasi paura'' Shana gesticolava mentre lasciava fuoriuscire il suo entusiasmo.
''Quasi?''
''Di non passare, si. Quasi, perché passeremo. Siamo persone oneste, siamo sempre state oneste, nonostante tutto. Noi rientreremo in quella percentuale, l'Arca lo sa. Sa che ce lo meritiamo. Governa la giustizia dall'altra parte giusto? Premiano la gente per bene e noi lo siamo. Passeremo''

Shana recita bene la sua parte. Il suo entusiasmo e le sue parole sono quelle di chi ci crede. Una fedele sostenitrice del processo e dell'Arca, ecco il personaggio che devo interpretare. Ecco come lo devo interpretare. Non varcano la soglia gli scettici, giusto? Non avrebbe senso se fosse così. O forse arrivati dall'altra parte ti inculcano ciò che gli fa comodo... Come dei giocattoli in serie saremo sfornati, uguali, tutti, uno ad uno. Se nessuno pensa davvero con la propria testa e tutti appoggiano ciò che a loro fa comodo si ottiene la città perfetta, giusto?

''..o faremo tardi. Clarke, mi stai ascoltando?''
Clarke alzò lo sguardo.
''Scusa, non stavo ascoltando. Sono pronta comunque. Andiamo e parliamo strada facendo, va bene?''
Shana annuì e le due uscirono lasciandosi la casa alla spalle.

La città è divisa, per motivi convenzionali, in distretti. Non ci sono mura o confini tra un distretto e l'altro, essa appare come un'unica grande città, laddove grande è un eufemismo. Non ci sono reali differenze tra un distretto e l'altro, di nessuna natura. Siamo gli altri, tutti quanti, indistintamente. Se vogliamo vederla su questo piano allora anche questo è un lato del globo dove regna giustizia. Non c'è chi è più ricco di altri, l'assistenza sanitaria è semi assente per tutti, non ci sono ladri o truffatori perché non c'è niente da rubare. O meglio, i delinquenti ci sono. Ma rubano per sopravvivere, questo quindi non li arricchisce ma li aiuta a superare la giornata, il che ha un non che di nobile. Qui c'è giustizia perché qui la miseria non attua distinzioni. E poi c'è l'Arca.

''Sei un po' distratta. Sei sicura che vada tutto bene?'' Shana frenò i pensieri di Clarke.
''Credo di si. Sarà l'agitazione''
Ma non è l'agitazione.
''Ehi, numerosi come sempre. Guarda''

C'erano altri ragazzi per strada. Oltrepassarono una famiglia che in lacrime abbracciava il figlio. Clarke pensò a sua mamma.
Ogni trenta giorni questo spettacolo si ripeteva. Centinaia di ragazzi salutavano le proprie famiglie e le strade si riempivano di giovani in marcia. Per coloro che abitavano al distretto numero uno il viaggio durava una manciata di minuti. Clarke abitava al diciannovesimo ma con un passo sostenuto in poco più di un'ora sarebbe arrivata a destinazione. Lo sapeva perché quel tragitto lo aveva già fatto e sapeva anche cosa l'aspettava una volta giunta ai piedi della Montagna. Le era capitato diverse volte di mettersi in viaggio per andare a curiosare.

Ogni candidato aveva un chip identificativo sottocutaneo inserito dietro la nuca. Qualche giorno prima dell'evento erano chiamati per effettuare l'iscrizione al processo e se non c'erano irregolarità a fine visita tornavi a casa con un piccolo segnetto per niente dolorante. Questo, aveva pensato Clarke, era solo un piccolissimo assaggio di ciò che la loro medicina era in grado di fare. La gente muore per il dolore post intervento dalle nostre parti e dalle loro sono in grado di inserire un aggeggio estraneo nel corpo con un invasività pari a zero. Ma a ognuno spetta ciò che si merita, giusto?

Arrivati all'ingresso, che non era ancora l'ingresso dell'Arca ma quello che ti permetteva di andare oltre la Montagna, il gruppo di viaggiatori si divide in file. Per ogni fila una via d'accesso. Ad attenderti un grosso monitor e un controllore in divisa. Questo accoglie con un sorriso e punta come da procedura un sensore nel punto dove è stato inserito il chip.
''Buongiorno Candidato, si identifichi per favore'' disse, sempre seguendo la procedura.

Si schiarì la gola, ''Clarke Griffin''.
Seguì un bip e sullo schermo comparve il suo volto e i suoi dati. Una cornice verde si accese sul monitor e seguì un suono simile a quello emesso dal sensore. Il controllare, senza mai smettere di sorridere, le porse una sacca, le augurò buon viaggio e la invitò ad oltrepassare le porte che si aprirono al suo segnale. Tutto ciò che sapeva finiva lì. Si guardò attorno, era ancora all'aria aperta. Imitò gli altri ragazzi e curiosò anche lei dentro la sacca. C'era una borraccia d'acqua e delle barrette. Carino da parte loro.
''Clarke! Hai visto? Non siamo neanche arrivati e già ci viziano'' Shana la raggiunse.
''E' buonissima cazzo ''
Clarke rise.
''Io le conserverei per dopo. Ci aspetta una lunga scalata'' disse guardando davanti a se ''e chissà per quanto dovremmo camminare''
''Infatti..'' disse Shana con la bocca piena ''Volevo solo assaggiarle. Adesso le metto via. Tu va avanti e non ridere. Giuro che assaporo solo un altro boccone e poi le metto via''.
Clarke scosse la testa.
''Non ti darò le mie quando mi supplicherai di farlo perché la fame ti divora'' le urlò con tono scherzoso dandole le spalle.
''Ei! Fai già squadra da sola?''
''Mors tua vita mea'' scherzò Clarke allungando il passo.
''Fanculo Griffin. Ti infastidirò per tutto il tempo. Sarà il mio essere logorroica la tua punizione per averlo anche solo pensato. E' inutile che corri, posso infastidirti anche da qui!''

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Camminarono tanto, ma non seppero dire quanti chilometri percorsero in totale. Capirono di essere arrivati quando un'enorme struttura metallica scintillò davanti ai loro occhi.
E' l'Arca? Chiese qualcuno. Non è l'Arca. Qui svolgeremo le nostre prove e se e solo se le supereremo andremo dall'altra parte. Voi sapete che tipo di prove saranno? Sono sicura che la ragazza che ci sta venendo incontro ce lo dirà molto presto.

''Benvenuti candidati. Prego,da questa parte''
Clarke e Shana si lanciarono uno sguardo.
''Venite avanti, fate spazio anche agli altri, così che tutti possano sentire. Ecco, così. Quella che vedete alle mie spalle è la struttura dove alloggerete per i prossimi giorni e dove svolgerete quelli che noi chiamiamo test. Non allarmatevi, vi verrà spiegato di volta in volta in cosa consistono. Sono stata incaricata di accogliervi ma non c'è molto altro da dire, lo vedrete con i vostri occhi. E, in ogni caso, la mia è solo un accoglienza formale perché vi sarà nuovamente dato il benvenuto dai nostri direttori. Mi sembrate alquanto stanchi. Seguitemi. Avrete un'ora a disposizione per ricaricarvi prima del vostro colloquio. Da questa parte''

''Colloquio?'' bisbigliò Shana.
Clarke alzò le spalle e ricambiò lo sguardo interrogativo. Seguirono la donna e si avvicinarono all'ingresso della struttura. Con una chiave magnetica aprì la porta e fece loro cenno di entrare. Clarke osservava ogni cosa scrupolosamente. La porta non aveva maniglie, neanche all'interno, e la sola cosa che l'apriva era una specie di tessera elettronica che di certo non veniva distribuita a ciascun partecipante. Non si entra o esce a piacimento a quanto pare.
Entrarono in una sala medio grande completamente spoglia. In fondo alla stanza una decina di porte. La donna ordinò di entrare uno per volta e Clarke e Shana aspettarono il loro turno.
Avevano mille domande ma rimasero in silenzio. Dovevano solo pazientare, il tempo avrebbe dato presto loro delle risposte.

Fu il turno di un ragazzo, scomparve oltre la porta ma Clarke non riuscì a vedere cosa c'era all'interno. Subito dopo sarebbe toccato a lei. Aspettò un paio di minuti poi un bottone si illuminò e divenne verde.
Si voltò per guardare Shana e lei ricambiò con un sorriso di incoraggiamento. Clarke schiacciò il pulsante, la porta si aprì e scomparve anche lei. Si ritrovò al buio. Durò solo pochi secondi, poi si accese una luce.

Era in una stanza quadrata molto piccola. Da una delle pareti uscì automaticamente quello che sembrava un cassetto. Clarke si guardò attorno. Nel cassetto un cartoncino colorato sul quale erano disegnati degli abiti, sotto, in corsivo, la scritta depositare qui. Sul soffitto un asta metallica. Una doccia? Clarke si sfilò i vestiti, un po' titubante. Li infilò nel cassetto ed ebbe la conferma di aver fatto la cosa giusta perché questo iniziò a ritirarsi fino a scomparire.

Da quello che doveva essere un erogatore iniziò a scendere dell'acqua. Era calda. Sentì il corpo rilassarsi sotto il getto e pensò che piacevole non era abbastanza per descrivere la sensazione. Quando l'acqua smise di scorrere si aprì una porta che si richiuse non appena Clarke la oltrepassò. Si ritrovò in un'altra stanza, identica alla precedente. C'era però un tavolino dove trovò un asciugamano e una strana capsula in metallo della lunghezza di un braccio. L'aprì e trovò al suo interno dei vestiti. Li accarezzò per sentirne il tessuto e sorrise al tocco. Shana aveva ragione.

Li indossò, schiacciò il bottone sulla porta, la porta si aprì e si ritrovò in un'altra stanza. Questa volta però non era da sola, vi erano radunati anche altri candidati. Venne loro incontro un uomo e li salutò cordialmente. Si presentò e chiese se andava tutto bene perché se così fosse avrebbero immediatamente proseguito con il colloquio, in caso contrario invece avrebbero potuto aspettare qualche minuto e prendere fiato.

''Di che si tratta?'' chiese un ragazzo.
''Vi verranno fatte delle domande, nulla di preoccupate'' si limitò a spiegare l'uomo in divisa.
Clarke guardò prima i candidati uno per uno ma non trovò il volto familiare che cercava, così decise di proseguire. L'uomo li portò in quelle che dovevano essere delle postazioni. Erano una quindicina, forse di più, ben distanziate tra la loro. Prese posto in quella più vicina e fu accolta da un uomo, forse sulla cinquantina? Portava anche lui l'uniforme contrassegnata da un simbolo che immaginò fosse quello dell'Arca. Fece ondeggiare la sua mano a mezz'aria e uno schermo si materializzò tra loro. Carino, pensò.

Iniziarono a scorrere dei dati leggibili solo per il suo interlocutore.
''Clarke Griffin, è corretto?'' chiese l'uomo senza distogliere lo sguardo dalle scritte.
''Si, sono io''
Una domanda futile, il suo volto e i suoi dati personali erano registrati e nelle loro mani. Sapevano chi era perché lo schermo glielo suggeriva, non avrebbe potuto essere qualcun altro.
''Perfetto'' disse l'uomo e fece ondeggiare ancora una volta la sua mano. Le scritte scomparvero. Adesso i suoi occhi erano concentrati su di lei.
''Avrai molte domande''
Clarke sorrise debolmente.
L'uomo continuava a fissarla intensamente, in silenzio. Si sentì profondamente in soggezione. Capì che non era un affermazione.
''Immagino di si''disse titubante.
''Immagini?''
Clarke annuì.
L'uomo non sembrò soddisfatto. Ancora i suoi occhi penetranti fissi su di lei. Non capiva. Era la prima volta che si trovava in una situazione del genere ma pensò che se l'obiettivo era instaurare una dialogo l'approccio iniziale non era proprio dei migliori e la conversazione sarebbe morta di li a poco.

''Lo immagini perché hai dedotto dalla mia domanda che io volessi questo da te, o hai davvero delle domande?''
Clarke lo studiò attentamente. Gli occhi, l'espressione, la postura. Ma non c'era niente che lo tradisse, era impassibile. Fece l'unica cosa che si era esercitata a fare. Si prese del tempo per riflettere e respirò profondamente.

''Ho delle domande'' disse. ''E' anche questo un test?'' chiese.
L'uomo piegò la testa a destra e a sinistra ''Si e no''.
Probabilmente lo era. Altrimenti perché non passare direttamente alle prove vere e proprie? Perché perdere tempo interrogando un centinaio di ragazzi? Di certo non per conoscerli. Lo sguardo di Clarke fu attirato da un numero lampeggiante sullo schermo. La loro conversazione era cronometrata. Non aveva altre ipotesi e doveva scegliere in fretta la strada da percorrere. Si raddrizzò sulla sedia e cercò di assumere una postura rilassata. Se aveva ragione le serviva tempo per capire cosa voleva il suo esaminatore.
''E' solo una formalità'' disse l'uomo annoiato. ''Le farò delle domande e le chiedo di rispondere sinceramente. Cominciamo?''
Clarke annuì.
''Che idea ti sei fatta dell'Arca?''
''Credo.. sia una ricostruzione della nostra Città. Ma qualitativamente migliore'' si affrettò a chiarire ''E credo.. che nasca per dare agli abitanti un luogo esente da ciò che di negativo esiste ''
''Ma perché l'Arca? Perché non migliorare una città già esistente invece di crearne una nuova?''
Già. Perché, Clarke?
''Perché si opera una selezione da ciò che non è perfetto.. per dar vita a qualcosa che lo sarà sin da subito. Che dovrà poi, più semplicemente, solo essere ampliato''
''Dar vita a qualcosa da zero quindi, una sorta di rinascita'' disse l'uomo inclinando lievemente la testa.
''Si'' rispose con sicurezza Clarke.
''E di cosa ti occupavi in Città?''
''Facevo il medico. Li affiancavo più che altro''
Sua mamma era un medico, lei.. stava ancora imparando.

La sua risposta deve averlo stupito ''Fantastico'' esclamò.
''Allora chissà se un domani non affiancherai uno dei nostri''
''Mi piacerebbe molto'' rispose Clarke sforzandosi di sfoderare un sorriso che sembrasse sincero.
''Bene.. Allora ti faccio un'altra domanda. Non ci sono molti medici in Città, giusto? Non pensi che la tua lontananza possa essere un danno?''
''Sicuramente degli altri..''
''Certo certo'' la fermò l'uomo ''Ma.. non è ingiusto il fatto che noi siamo numericamente superiori? Per non parlare delle apparecchiature e del fatto che sottraiamo periodicamente giovani che potrebbero apprendere questo mestiere o, come nel tuo caso, che lo stavano apprendendo''.

Clarke si irrigidì. Che diamine di domanda era?
''No, non penso che sia un danno ''
''Ma così è troppo facile, è troppo semplice. Voglio un ragionamento da parte sua e non una risposta secca''.

Non sapeva cosa dire.
Pensa Clarke, dannazione, pensa. L'uomo sospirò pesantemente. Fece per aprire la bocca, come se stesse per parlare ma non fece in tempo, qualcosa attirò la loro attenzione. ''No, la prego '' stava urlando un ragazzo ''la prego mi dia un'altra possibilità'' Proveniva da una delle postazione. Clarke si girò in direzione del frastuono.

''Mi faccia un'altra domanda, la prego! Me ne faccia un'altra, vedrà che risponderò correttamente, la prego!''
Vide due uomini irrompere nella stanza e avvicinarsi alla scrivania. Il ragazzo continuava ad urlare. Era bruno, magrolino, e adesso non più seduto ma sospeso a mezz'aria. I due uomini lo stavano sollevando per trascinarlo via. Il ragazzo agitava le braccia, scalciava, urlava di essere lasciato stare. Poco dopo venne accompagnato fuori. Clarke deglutì. Il suo interlocutore, invece, si comportò come se nulla fosse. Quella scena non doveva essere nuova.
''Ipoteticamente parlando'' disse costringendola a voltarsi ''non pensi sia ingiusto privare una parte della popolazione delle tue doti?''
Clarke si passò una mano fra i capelli, si bagnò le labbra e fissò l'angolo della scrivania per concentrarsi meglio.

Qual'era la risposta giusta? Quale doveva scegliere, cosa doveva dire? Cosa diamine voleva sentirsi dire? E se avesse scelto la risposta sbagliata? Non aveva alternative, doveva buttarsi. Cominciava a percepire il fastidio dell'altro. Così scelse e cercò di apparire più naturale e convincente possibile.

''Non vedo distinzioni'' iniziò ''Non.. non siamo forse tutti cittadini di questo mondo? Presterei comunque il mio servizio al popolo. Che io sia qui o da un'altra parte, che differenza fa?''
L'uomo la guardò intensamente. I dubbi o la paura di aver detto la cosa sbagliata non ebbero il tempo di farsi strada tra i suoi pensieri perché ricevette un sorriso in risposta. L'uomo in divisa agitò una mano a mezz'aria e lo schermo si illuminò. Inserì rapidamente dei dati, Clarke era troppo tesa per capire cosa stesse facendo.

''Questo mi basta per capire che lei è adatta a raggiungerci dall'altra parte. Può seguire la mia collega, l'accompagnerà nella sua camera'' picchiettò ancora una volta sulla sua tastiera invisibile ''Le auguro buona fortuna. Non vediamo l'ora di conoscere le sue abilità''
Clarke sentiva i muscoli ancora tesi. Ringraziò e con grande sforzo si alzò dalla sedia, come se non avesse il pieno controllo delle gambe. Sentì risuonare nelle orecchie la voce di sua madre.

Sarai sottoposta a test di ogni genere, devi essere pronta. Nessuno dei nostri è mai stato dall'altra parte quindi non posso dirti con certezza cosa troverai. Sta attenta. Devi entrare nell'ottica che tutto è calcolato nei minimi dettagli là dentro. Tutto è studiato, tutto ha una scopo. Qualunque sia la situazione che ti si presenterà davanti, non agire d'istinto ma prendi un respiro e guardati attorno. Chi c'è con me? Che cosa vogliono? Cosa vogliono che faccia? Come vogliono che mi comporti? Pensa. Pensa come penserebbero loro, rifletti e sta attenta. E quando avrai tra le mani la risposta.. agisci.

Quel dialogo, quelle.. domande un po' ambigue l'avevano lasciata perplessa. Ma adesso doveva tornare a concentrarsi. Qualunque cosa fosse, l'aveva superata, ce l'aveva fatta. Doveva ora solo trovare la lucidità e la calma per affrontare ciò che ancora l'attendeva.
Questo.. questo era solo l'inizio.

Note d'autore: Fine del primo capitolo, prendi fiato. Sono sei pagine di word, forse sono un pò troppe? Probabilmente anche gli altri capitoli avranno più o meno questa lunghezza, ancora non so. Che ne pensi? Ho volutamente omesso delle parti, vorrei che non fossero inzialmente chiare le intenzioni di Clarke. Sui manuali di scrittura c'è scritto che bisogna creare suspense e allora io... Comunque le scoprirai nel prossimo capitolo che spero di rilasciare entro un paio di giorni, massimo due. La parte più difficile da scrivere è stata l'ultima, il dialogo con l'esaminatore. Clarke è la protagonista e si sa, il protagonista deve farcela. Ma metterla in difficoltà e allo stesso tempo pianificare come sarebbe riuscita a cavarsela.. è stato strano. Non so neanche se sono riuscita nell'intento. Il problema è che ci saranno continuamente situazioni che la metteranno in difficoltà.. Sono buona e ti svelo in anticipo che nel prossimo capitolo farà il suo ingresso Murphy. Vedrai, vedrai, i manuali dicono che non devo dirti nulla, proprio niente di niente, mi spiace. Spero di trovarti nei commenti.
Buon fine settimana, Mar

 

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Capitolo 3
*** Telecamere nascoste ***


Una donna in divisa era già pronta per accompagnarla. Le mostrò come arrivare alla sala comune, un luogo di ritrovo che, le spiegò, avrebbe dovuto raggiungere a breve per assistere al discorso di accoglienza tenuto dai dirigenti del processo. Clarke la seguiva osservando l’ambiente circostante con meticolosa attenzione. Pensò che i cartelli segnaletici posti alla fine di ogni incrocio erano l’unica cosa che impediva a quell’edificio di assomigliare interamente ad un labirinto.


‘’Prosegua da questa parte’’ disse indicando il corridoio.
‘’Tenga, queste sono sue. Qui è segnato il numero della sua camera, dovrebbe essere l’ultima in fondo ’’
Fece scivolare il mazzo di chiavi sul palmo della sua mano. Clarke ringraziò. Con l’aria di chi non aveva affatto tempo da perdere la donna salutò frettolosamente e si allontanò. Si ritrovò da sola.
Un lungo corridoio si estendeva davanti ai suoi occhi. Sia a destra che a sinistra, ben distanziate le une dalle altre, una fila di porte. Immaginò che dovessero essere le camere degli altri concorrenti. Seguì le indicazioni ricevute, attraversò il corridoio, e si fermò di fronte all’ultima porta. Sopra di essa un cartellino riportava lo stesso numero presente sul suo mazzo di chiavi. Quarantotto. La chiave girò due volte nella toppa poi la porta si aprì.

Clarke non poté fare a meno di sorridere, incredula, quando i suoi occhi percorsero la stanza. Un letto, un comodino, un armadio, un altro comodino più alto e robusto del primo, uno specchio ottagonale. Alla sua sinistra una porta che portava al bagno, anch’esso semplicemente arredato. Non la sorpresero le dimensioni ma l’eleganza dell’arredamento. Entrò lasciando la porta aperta alle sue spalle per curiosare. Si avvicinò allo specchio. Non ne aveva mai visto uno così. Le venne in mente l’unico specchio che aveva in casa, giallastro a causa degli aloni e spizzicato agli angoli e decisamente molto, molto più piccolo. Si avvicinò all’armadio e lo accarezzò con la punta delle dita. Era di legno, come la spalliera del letto, ma di un colore più scuro. Rendeva l’ambiente più.. serio. Aprì una delle ante e un profumo dolciastro le pizzicò il naso. Nella parte inferiore c’erano un paio di magliette, simili a quella che stava indossando. In alto a destra era raffigurato il simbolo dell’Arca. Appesi nella parte superiori una paio di pantaloni elastici e delle giacche dello stesso colore e tessuto. Una divisa, pensò Clarke. Dovevano avere soldi da spendere se acquistare, gestire e mantenere un edificio così grande non costituiva un problema. E non era l’unico nelle loro mani perché quello, quello era solo il luogo dove avrebbero svolto le loro prove. L’Arca, l’isola dove sarebbero stati trasferiti se e solo se avessero superato tutti i test, era sicuramente di portata maggiore. Come erano arrivati a quel punto?

Era nota la leggenda dei due padri fondatori, i primi che ebbero l’idea e progettarono l’Arca. Giravano un mucchio di dicerie sul loro conto, alcune vere altre meno. Si dice che fossero diversi, speciali. Che la loro unicità non fosse casuale, e soprattutto non acquisibile. Che fossero per natura superiori e che se le cose andarono come andarono era perché non poteva essere altrimenti. Li chiamavano Natblida, dal sangue nero. Il loro progetto iniziale consisteva nel dare vita ad un ambiente interamente abitato da esseri puri, perfetti, laddove pure e perfette sarebbero state anche le strutture, le condizioni di vita, i principi e valori. Un luogo che doveva essere necessariamente il più lontano possibile dal mondo imperfetto già esistente. I padri fondatori diedero il via a questo progetto, che passò poi in mano ai loro successori che lo perfezionarono, per poi passare ancora in mano ad altri successori che lo ampliarono e così via. Ogni generazione apportava pian piano delle modifiche e si giunse col tempo all’attuazione di una delle più importanti e maggiormente discusse, la creazione di un programma di selezione che consentisse anche agli impuri di accedere al mondo perfetto. Gira un’altra leggenda a proposito di questo ma è difficile dire cosa sia vero e cosa no. È stata per molto tempo taciuta e, probabilmente, determinate parti sono state censurate per evitare lo scandalo.

Quello che si dice è che ci fu un soggetto, proveniente dalla Terra e quindi dal mondo dei non perfetti, che pur essendo nato al di fuori dell’Arca era un Natblida, esattamente come loro. Si dice che egli dapprima fu un loro oppositore e che poi, ma qui la storia giunge sfortunatamente a spezzoni, entrò a far parte della loro squadra e che molto tempo dopo in qualità di dirigente diede vita a quello che oggi prende il nome di processo. C’erano, come in tutte le storie, delle incongruenze. Perché lasciare più della metà della popolazione a morire di fame? Perché negare ad alcuni il passaggio all’altro lato?
Ci pensi e ci ripensi ma determinate domande rimangono silenti,senza risposta.

Le vennero in mente le parole di sua madre. ‘’Non puoi fare diversamente da come stabilito da chi ha in mano il potere. Il mondo ha preso questa forma e la manterrà finche loro decideranno che è conveniente mantenerla’’. Conveniente per loro, chiaramente. Riconosceva che sua mamma aveva ragione ma non si dava pace, come chi piega la testa perché costretto e in silenzio disapprova.

Stava per stendersi nel letto per lasciare che i suoi pensieri prendessero il sopravvento ma una voce proveniente dal corridoio attirò la sua attenzione. Se l’udito non l’aveva ingannata quella doveva essere una voce familiare. Si affacciò fuori dalla porta della stanza. Riconobbe la chioma riccia e i movimenti un po’ goffi dell’amica intenta a litigare con la serratura della porta. Le venne spontaneo sorridere.
‘’Shana!’’ La sua voce riecheggiò nel corridoio.
‘’Clarke, dio finalmente’’ Shana non le diede il tempo di rispondere, le si fiondò addosso stringendola in un abbraccio.
Clarke ricambiò affettuosamente la stretta. Quando si staccarono Shana fece per dire qualcosa. Il sorriso radioso e gli occhi espressivi lasciavano trapelare il suo entusiasmo. Poi si arrestò di colpo. Cambiò espressione e divenne seria.
‘’Non mi hai aspettata’’ disse con tono severo schiaffeggiando la spalla di Clarke.
‘’Credevo di trovarti dopo che ci hanno messo a nuovo. Ti ho cercata prima del colloquio ma non c’eri!’’

Aveva l’abitudine di gesticolare mentre parlava, soprattutto quando era agitata o doveva esprimere il suo disappunto. Questo e il fatto che si stesse sforzando di apparire imbronciata la rendevano ancora più buffa. Clarke non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
‘’Perdonami, avrei voluto farlo. Anch’io ti ho cercato e non sapendo se fossi già sotto esame o no ho deciso di proseguire’’
‘’Esame? Dici che era un esame?’’
‘’Non so, aveva tutta l’aria di esserlo. Ho sentito le lamentele di un ragazzo. Non so cosa sia successo esattamente ma credo sia stato eliminato. Continuava a ripetere di volere un’altra possibilità o qualcosa del genere’’
Shana sgranò gli occhi.
‘’Davvero? Assurdo.. perché eliminarlo, poi? Era richiesta la tua opinione, non erano domande che prevedevano risposte giuste o sbagliate’’
‘’Non so..’’
‘’Strano. Davvero strano. Se è davvero come dici sono contenta di aver fatto il colloquio ignara di tutto. Se mi avessero detto che rischiavo l’eliminazione mi sarei agitata più di quanto già non lo fossi. Ma tu sei già entrata in camera?’’
Clarke fece cenno di si con la testa.
‘’Perché io non riesco, forse le chiavi sono difettose’’
‘’Fa vedere’’ disse Clarke prendendole.
Le inserì nella serratura e provò a girare senza riuscirci. Provò un paio di volte cambiando ora l’inclinazione ora il verso della chiave ottenendo lo stesso risultato.

Un ticchettio ritmico e regolare si fece sempre più forte e una voce femminile giunse alle loro spalle.
‘’Qualche problema? Lasciate che vi aiuti’’ disse.
Shana la ringraziò e le spiegò la situazione. Le fece vedere le chiavi, provarono ad inserirle per vedere quale fosse il problema. La donna allora disse che doveva esserci stato un errore e che se ne sarebbe occupata subito. Portò un telefono all’orecchio e fece cenno di avere un attimo di pazienza.
Mentre attendeva in linea Clarke non poté fare a meno di guardarsi intorno. Osservò le pareti del corridoio, poi scrutò il soffitto. Non c’era nessuna strana sporgenza, nessun occhio elettronico puntato su di loro. Le luci a led erano le uniche a sporgere ma forse.. La donna si fece passare un collega e spiegò il problema. Aspettarono un paio di minuti poi un uomo venne in loro soccorso.
‘’Deve essere la chiave sbagliata’’, disse. Ne tirò fuori dalla tasca un'altra e la provò. Questa volta la porta si aprì dopo un clic. Prese quelle difettose e consegnò a Shana le nuove. I due spiegarono che chi gliele aveva consegnata aveva fatto sicuramente confusione e che se avessero avuto altri problemi non avrebbero dovuto esitare a chiamarli.

‘’Chiamarli?’’ disse Clarke non appena furono nuovamente sole. Shana entrò in camera e la invitò a fare lo stesso.
‘’Perché? Cazzo finalmente’’ disse gettandosi sul materasso.
Clarke chiuse la porta ma questo non la fece sentire più sicura.
‘’Perché nessuno li ha chiamati!’’ Clarke abbassò il tono della voce ‘’Stavamo parlando in corridoio ed evidentemente erano in ascolto ‘’
‘’L’edificio è controllato. Non ci vedo nulla di strano se c’è qualcuno appostato in ogni angolo ’’
‘’Non.. non è qualcuno. Secondo me c’era qualcosa che ci ascoltava. Ci saranno dei registratori nascosti o delle telecamere’’
Shana si tirò su.
‘’Beh.. anche questo. Non è poi così strano. È strano?’’
Clarke non sembrava convinta.
‘’Non lo so’’ disse.
‘’Sono successe.. delle cose gli anni passati. Avranno preso dei provvedimenti e aumentato la sicurezza’’
Già. Questo complicava le cose, pensò Clarke. Aveva una buona memoria e questo l’avrebbe aiutata ad orientarsi in quel posto. Il fatto che la struttura fosse labirintica costituiva un problema arginabile. Il vero problema era.. come aggirarsi nella struttura senza essere vista? Questo non lo avevano calcolato. Avrebbe dovuto apportare delle modifiche al piano, probabilmente ci sarebbe voluto più tempo del previsto. Questo complicava le cose, questo complicava decisamente le cose.

Si massaggiò le tempie e prese un respiro profondo. Andare in panico non era la soluzione. Doveva fare ordine tra i suoi pensieri e mettere a tacere quella vocina che gli diceva che si era immischiata in qualcosa di troppo grande per la sua portata. Cercò di scacciare i cattivi pensieri, doveva trovarne uno buono a cui aggrapparsi. Si fece strada spontaneamente, o forse la trovò, o forse era sempre stata lì e non se ne era accorta, un pensiero, un idea. Pensò che era sufficientemente addestrata. Aveva affrontato imprevisti di ogni genere, si era cacciava in situazioni che sembravano sentieri senza via d’uscita. Ma lei la via d’uscita l’aveva sempre trovata. Doveva focalizzare la sua attenzione solo su ciò che poteva controllare. Doveva fare affidamento sulla sua capacità valutativa. Ecco quello che avrebbe fatto: avrebbe preso una decisione solo dopo aver preso attentamente in esame molteplici possibilità.

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Arrivò l’ora di recarsi alla sala comune. Quando Clarke e Shana arrivarono la trovarono già piena. Erano tutti intenti a parlare, forse si raccontavano l’esperienza appena vissuta, forse si chiedevo cosa avrebbero dovuto affrontare. Il chiacchiericcio aumentò quando irruppero nella sala quattro uomini rigorosamente in divisa. Clarke spostava la testa da una parte all’altra per riuscire a vederli. Indossavano abiti diversi rispetto a quelli che avevano visto indossare fin’ora. Questi erano decisamente più cerimoniosi, a testimoniare il fatto che non erano semplici controllori ma uomini che rivestivano un gradino più alto.

L’attenzione di Clarke fu attirata dall’uomo che per ultimo prese posto al centro della sala che adesso stava prendendo la parola. A differenza degli altri indossava una lunga toga che gli scendeva fin sotto le scarpe. Dall’orecchio, perfettamente visibile data l’assenza di capelli, partiva uno strano tatuaggio fatto di segni e simboli che però non riusciva ben a distinguere.
‘’Candidati. A breve il centoquattresimo processo avrà inizio ‘’
Calò il silenzio in sala. Tutti gli occhi erano puntati su di lui.
‘’Ma non è solo il centoquattresimo, è il vostro processo. Io non mi dilungherò con inutili convenevoli, questo non è compito mio. Sarà colei che è attualmente a capo di questo grande progetto, se così vogliamo chiamarlo, che spenderà qualche parola a riguardo. E sarà..’’ fece una pausa e col braccio teso indicò la porta dalla quale poco prima erano entrati. Sorrise, ma Clarke non riuscì a vedere a chi. ‘’..anche quest’anno’’ un ragazzo più alto di lei le copriva completamente la visuale. ‘’..Lexa’’ concluse.

‘’Grazie, Titus ’’
Questa volta era una voce femminile a parlare. Ne scorse il profilo ma fu un attimo. La sua figura scomparve oltre le teste dei candidati non appena raggiunse il centro della sala.
‘’Prima di ogni altra cosa, benvenuti. Non ufficialmente ma.. Quello che pensate sia un traguardo lontanissimo è in realtà più vicino di quel che credete’’
‘’Scusa’’ bisbigliò Clarke.
Ma non ricevette alcuna risposta. Picchiettò allora sulla spalla del ragazzo per richiamare la sua attenzione.
‘’Che vuoi?’’ sbottò quello voltandosi. Posò i suoi occhi verdastri su quelli cerulei della bionda.
‘’Potresti spostarti? Non riesco a vedere niente’’ provò gentilmente Clarke.
Il ragazzo sbuffò e tornò a girarsi, senza muoversi di un centimetro.
Clarke strabuzzò gli occhi.
‘’Puoi spostarti?’’ chiese, un po’ più forte, pensando che non l’avesse sentita.
‘’Non è un problema mio se non vedi’’ rispose secco continuando a darle le spalle.

Il ragazzo accanto, che aveva sentito tutto, guardò Clarke come per dirle che vuoi farci, e si spostò leggermente di lato. In questo modo la sua visuale sarebbe migliorata un pochino. Clarke lo ringraziò. Adesso la vedeva, per metà, ma la vedeva. Indossava anche lei degli abiti seri, neri, e per niente comodi, a giudicare dai suoi movimenti.
‘’Sono stata anch’io, come voi, dall’altra parte della sala. Ho dovuto affrontare e superare anch’io il processo, e so cosa significa. Non vi dirò che sarà facile perché non sono un ipocrita’’ Titus e Lexa si scambiarono un rapido sguardo ‘’Ma i test, e le prove, esistono per una ragione e dietro ad essi c’è un meccanismo che ha una logica. Saranno prese in esame le vostre abilità. Fisiche e mentali. Vi sarà chiesto di mettere alla prova i vostri limiti. Ma chi ha fiducia in se stesso non perde mai di vista la meta e supera qualsiasi ostacolo. Tenetelo bene a mente e fatene il vostro punto di forza. Non è il test che deciderà le vostre sorti. Siete voi, che con le vostre azioni, determinate ciò che siete e soprattutto chi sarete. Siate il 3% che alla fine di tutto potrà dire di avercela fatta. Siete voi a scegliere se rientrerete o meno in quella percentuale. Che possiate guidare voi stessi verso la giusta strada. Adesso'' fece una breve paura e cercò lo sguardo dei suo colleghi ''non voglio dilungarmi oltre. Seguite i miei collaboratori, riceverete istruzioni per il primo test. Titus, coordinati tu’’
Questo le rivolse un cenno d’assenso.
Gli occhi dei candidati guizzavano tra le due figure. Lexa disse qualcosa a bassa voce, uno degli uomini in divisa piegò la testa per annuire e le fece cenno di andare. Clarke la seguì con lo sguardo finché non la vide uscire.
La sala si riempì novamente di voci e chiacchiere.

Note: Ho sfornato il secondo capitolo e ho quasi pronto il terzo ma prima di pubblicarlo voglio essere sicura di averlo scritto decentemente. Questo lo considero, insieme al primo, abbastanza introduttivo. Sarà a partire dal prossimo che si entrerà un po' di più nel vivo della storia.

Provate a indovinare chi è il ragazzo dagli occhi verdastri e dall'atteggiamento arrogante? Mu? Murp? Poprio lui, esatto. Compare di sfuggita ma avrà un ruolo più rilevante nel prossimo capitolo. Devo insomma affrettarmi a scriverlo. Anche perché è nel prossimo che si capiranno finalmente le intenzioni di Clarke. Studia sempre l'ambiente circostante, sembra criticare il processo ed il suo meccanismo... E' chiaro che è lì per una ragone ben precisa. Chi ha sbirciato la trama di 3% avrà sicuramente capito. E chi ha capito avrà un piccolo spoiler in privato u.u 

Mi sono dimenticata di dirvi nel capitolo precedente che Shana è un personaggio inventato. E' un'amica di Clarke e capirete più avanti perché non ho scelto Raven o Octavia o qualcun altro per questo ruolo. 
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Buona serata, Mar

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