Assassin's Creed Black Hand

di MrVik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sembra strano sentire parole confortevoli al mattino, nessun morto, nessuna perdita. Come se rendesse l'aria grigiastra della guerra un po più pulita.

Fuori Berlino la situazione sembra essere dalla nostra parte. Il Tenente Kirkman mi ha informato ieri sera che i Nazisti sono alle strette e i soldati stanno cedendo poco alla volta, i nostri Marines si stanno sacrificando in una maniera eccelsa.

Stanno cercando di stanare Hitler dal suo possibile Führerbunker, situato forse ad ovest dal centro storico, forse nel museo storico, forse non esiste. 
Un messaggio dal telegrafo ieri ci ha avvisati del possibile arrivo in gran segreto di Winston Churchill, che il Primo Ministro inglese si stia per incontrare con il suo "Fratello"? Devono seguirlo come un'aquila segue la sua preda, possiamo scoprire finalmente la sua vera posizione. 

La cosa preoccupante é che molti dei miei alleati in città dicono di aver visto il führer in più parti nello stesso momento. Che stregoneria potrà mai essere? Dei sosia? Dei cloni? O qualche stregoneria di quella leggendaria Mela? 
Alcuni soldati alla base sono molto titubanti sulla buona riuscita della missione.

Rileggo spesso l'ultima lettera ricevuta da Holly tre settimane fa, chissà se avrà ricevuto la mia risposta. Mi ha parlato di Chicago, la nostra bella città, sembra avanzare normalmente, ma i riflettori del mondo intero però ora si sono concentrati qui, sulla Grande Guerra. Holly ha paura di non rivedermi, io ho paura di non rivederla. Spero di dargli belle notizie a breve, quanto mi manca.

Il pomeriggio stava dando il benvenuto all'oscurità della sera.
Ma la notizia più importante mi è arrivata dopo qualche ora.
Erano arrivati in tre nella mia stanza. Due uomini e una donna si ergono all'entrata, conosco bene i loro cappucci. "Signor Miles!" 
li guardo avvicinarsi a me con fretta, 
"Signor Miles."
il più alto dei tre continua 
"l'abbiamo presa, lui è morto!" 
e da una sacca ne esce un oggetto tondo che illumina subito tutta la stanza e che illuminerebbe tutta la notte lì fuori. 
É la Mela, il fantomatico oggetto divino, come può un potere così grande essere nelle mie mani? Come ho fatto ad arrivare fino a questo punto, ad ottenere così tanta responsabilità?

Più di 15 anni fa non avrei mai pensato di venire a conoscenza di tutto questo, di un tale potere, dei Templari e degli Assassini.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Chicago, 11 febbraio 1929, così riportava il giornale quella mattina, notizie sulle tasse governative, gente che moriva, rapine qua e là, la criminalità faceva il suo corso quotidiano. Ero sul ciglio della strada aspettando Smith, il mio caro Mentore.


L'uomo che mi ha insegnato tutto ciò che so, mi conosce da quando avevo 6 anni, e dopo la morte di mio padre, ha come preso il suo posto nella mia vita.


Stavo finendo di leggere il giornale e sentii delle grida dal vicoletto di fronte alla mia posizione. Erano grida femminili. Non ci pensai nemmeno una volta e corsi verso quel vicoletto. Scorsi nascosto dietro una cassa, due uomini che aggredivano una indifesa ragazza. 
"Prendete pure la mia borsa ma basta.. Lasciatemi andare.. Vi prego..basta!", 
"Non credere che finisce qui così facilmente brutta sgualdrina" disse uno degli aggressori.


Dovevo intervenire a tutti i costi prima che le facessero del male. Presi così dalla tasca il mio coltello a serramanico, quello che mi aveva regalato Smith al mio diciottesimo compleanno. Mi intrufolai dietro le spalle del tizio alla mia destra e con la massima prontezza gli infilai il coltello lacerando la sua gola. La donna urlò per lo spavento e la sorpresa del mio attacco.

Fui distratto dalla sua caduta, e l'altro criminale mi colpì con un pugno, non caddi, ma fui nuovamente colpito con una una mazza di legno che a quanto pare era lì per terra e non avevo notato nella foga dell'attacco. 
"Brutto topo di fogna, come hai osato uccidere Jackie, te la farò pagare, prima a te, e poi a questa donnaccia da quattro so.." uno sparo. 
La donna urlò di nuovo.


Un foro nel petto dell'uomo si era fatto, e si accasciò subito dopo.
"Devi ancora ampliare la tua vista da chi e cosa ti circonda, Miles" era Smith. Il suo intervento mi aveva, anzi ci, a me e alla donna, salvato dal criminale.

"Smith, scusami ma sono corso in aiuto di questa signorina." spiegai mentre lui aiutava la donna. 
"Vi ringrazio, vi devo la vita.", disse scossa.
"Non si preoccupi signorina, le strade sono pericolose come ben sa, ma il mio amico Miles vi ha saputo ben aiutare." continuò Smith, ricambiai con un sorriso.
Ce ne andammo dal posto e arrivammo sul tetto della palazzina dell'Hotel Johnson.


"Miles, ho parlato con i Maestri, presto prenderanno in considerazione la tua candidatura." disse Smith guardando il traffico sottostante "Davvero? Era ora, mi hai insegnato tutto quello che potevi e ho fatto del mio meglio per farmi notare." gli dissi tutto soddisfatto.

"Non si è mai abbastanza bravi per affrontare la vita Miles, sei bravo e hai talento, ma devi affinare i sensi, diventare un tutt'uno con l'ambiente circostante, dovrai muoverti come un fantasma." spiegò Smith, me lo ripeteva spesso, diventare un fantasma, 
"Hai usato ancora il mio coltello?" mi chiese.
"Si, lo sai che ci tengo a mantenere la tradizione del suo uso" gli spiegai.
"Mi fa piacere, sarà un ottimo compagno per te in futuro, presto farai un salto di qualità Miles, ma prima di ciò abbiamo un compito, infiltrarci in un incontro tra dei criminali di Chicago molto pericolosi tra 3 giorni, compiuta la missione, sarai degno di iniziarti nella Confraternita"
Pensai, tre giorni.
"Ma è a San Valentino..." 
iniziai a pensare, mentre il frastuono delle auto e delle persone che tornavano da lavoro si affievoliva, 
"Non vorresti mandare tutto all'aria per la tua ragazza spero." iniziò a sgridarmi, ma aveva ragione, dovevo vedermi con Holly quella mattina, una giornata all'insegna dell'amore, del nostro amore, ma non potevo rifiutare la mia più grande occasione, non ora.


"Non preoccuparti Smith, ci sarò!" dissi sicuro di me.


"Bene Miles" disse Smith guardandomi soddisfatto, mentre il sole iniziava a diventare di color arancio 
"finita quella giornata, tu diventerai un Assassino!"


"È un po presto per vederti già qui" disse Smith girandosi verso di me.
"Ho un impegno stasera, mi sono anticipato" gli spiegai.
"Miles, domani abbiamo un importante missione, i Maestri confidano molto non solo su di me, ma anche su di te, sperano tu sia alquanto pronto a intraprendere questo cammino" iniziò Smith accendendosi una sigaretta, "Dimmi, ti ricordi della vicenda dei fratelli Callaghan?"


I Fratelli Callaghan. Due criminali a capo di una piccola banda di teppisti che terrorizzavano il mio quartiere sin da quando ero piccolo.


"Si, perché?" gli chiesi a riguardo, "Quando li ho uccisi, ricordi quale fu il movente?", la mia mente iniziò a ricordare. 
Sangue ovunque, un mio amico, Vincent, fu la loro vittima quel giorno, "Si, ero corso in aiuto di Vincent, quelli dei Callaghan lo stavano massacrando." mi ero mosso dalla voglia di aiutare una persona in difficoltà, un amico. "Bene, Vincent non ce la fece. Tu riusciti a buttare a terra un paio di loro ma stavi per soccombere anche tu, e solo per cosa?", "Perché non avevo aspettato il tuo segnale per attaccare" dissi a Smith. Ero scattato con il solo scopo di salvare Vincent, accecato dalla rabbia. 

"Bene, se io non fossi arrivato ad aiutarti, saresti morto. E lo stesso vale per l'altro giorno. Hai fatto una cosa giusta aiutando quella donna, te lo concedo, ma Miles, devi saper scegliere bene il tuo obiettivo, focalizzando la preda come fa un'aquila" spiegò Smith, continuando a fumare.
"Tu ci credi, vero?" dissi al mio maestro "L'occhio dell'Aquila, questo sesto senso che l'uomo può ottenere".

Smith mandò fuori del fumo e mi guardò, "Non un semplice sesto senso e non chiunque lo può avere. Miles ti conosco da anni, ti ho visto crescere, combattere, cadere e rialzare. Te ne ho parlato perché credo molto in te, e credo che tu possa svilupparlo un giorno. Ogni Assassino che si rispetti lo dovrebbe avere." finì facendo uscire altro fumo dalla sua bocca gettando via la sigaretta.

"Ed è per questo che oggi voglio darti una cosa" Smith estrasse dalla sua giacca una pistola.

"Smith ma questa è la tua pistola",
"La mia 38. Special mi ha accompagnato in molte avventure, da domani accompagnerà te, Miles"


Era un revolver abbastanza piccolo ma molto elegante, l'avevo più volte visto in azione ma non ho mai avuto la possibilità di toccarlo. 
"Non ho parole, grazie Smith" dissi mentre la guardavo con gli occhi di un bambino davanti ad un nuovo giocattolo. 
"Ma dimmi Smith, l'hai lucidata apposta prima di darmela?" gli chiesi, già sapendo la sua risposta 
"Beh si, non potevo farci brutta figura!" scoppiammo a ridere.


La luna stava comparendo in cielo.

"Ora vai Miles e goditi questa serata con la tua ragazza", mi disse sorridendo.
"Ma come fai a saperlo?" gli risposi un po imbarazzato.
"Ti conosco bene, Miles."


Ci salutammo e andai verso il locale dove un momento dopo vidi quella ragazza che mi aveva fatto innamorare a prima vista tempo addietro.


I suoi capelli rossi spiccavano nello scuro centro di Chicago. Aveva un cappotto chiaro che gli scendeva fino alle gambe. Il suo volto era ben coperto da una sciarpa, chiara anch'essa. Era un mio regalo di quando ci siamo messi insieme, gli era affezionata.


"Ci hai messo meno tempo con Smith questa volta o é una mia impressione?" mi disse appena visto.
"Non potevo ritardare questa volta amore mio." le dissi abbracciandola.
L'aria circostante era addolcita dal suo profumo dolce e delicato di vaniglia.
"Sei stupenda stasera Holly" mi complimentai con lei. 
"Anche tu, biondino" mi disse Holly, che mi chiamava sempre volentieri con questo nomignolo.


Alzai l'indice "Giusto! Ho una cosa per te" le portai al viso una rosa rossa. 
Lei rispose con un sorriso a trentadue denti, 
"Tu, io.." prese una piccola pausa, ancora presa dal sorridere
"Ti amo idiota." e mi baciò.


Passammo il resto della serata nel ristorante di Jameson, dove cenammo e più tardi l'accompagnai sotto casa dove lei mi salutò con il suo solito 
"A presto mio caro Signor Miles".


Una volta chiusa la sua porta, mi arrampicai fino al tetto del suo palazzo. Avevo un certo timore, forse paura. Cosa sarebbe successo il giorno dopo, in quel giorno di San Valentino. Mi sentivo pronto però, per cambiare me stesso e io mio destino.


Guardai verso la notte e mi gettati nel vuoto. 

"Al Capone oggi dinanzi alla Giuria Federale, Bugs Moran incentiva il mercato degli alcolici nei locali in periferia!"


La voce squillante del ragazzo dei giornali echeggiava per tutto l'isolato, mentre il cingolare delle monete ai suoi piedi continuava come un fiume di montagna.

Era il giorno, quel giorno.

Non avevo dormito molto dall'ansia della prova, ma ero nervoso e pronto allo stesso momento.


Guardai per qualche altro minuto il ragazzo dei giornali riempirsi le tasche con aria soddisfatta per le monete appena guadagnate, quando un'auto si fermò dinanzi a me.


Una stupenda Lincoln nera si era posta sul ciglio della strada, era un'auto molto lussuosa, una chicca di quei tempi. I finestrini scuri mi impedivano di guardare dentro quello splendore su quattro ruote.
Ma proprio in quel momento il finestrino del lato conducente si abbassò rivelandomi uno Smith alquanto elegante alla guida.


"Buongiorno signor Miles, vuoi salire?" mi sorrise mentre il solito fumo di sigaretta usciva dall'auto.
"Cavoli Smith! Sei diventato ricco in una notte?" gli chiesi salendo e chiudendo la portiera dell'auto.
"Beh ho una mia auto, ma non è di certo questa bella puledra, è stata una gentile concessione di un amico per oggi, dobbiamo sembrare il più possibile simili a dei gangster" iniziò a spiegare Smith. Aveva un'aria alquanto seria anche se mi pareva felice, forse era il fatto di trovarsi nell'auto dei suoi sogni.


Ci avviammo verso la nostra destinazione, un parco isolato nel centro della città.

"Dobbiamo infiltrarci in un incontro tra gli uomini di Bugs Moran e un'altra gang, purtroppo non sono venuto a conoscenza di chi saranno gli altri uomini, ma noi saremo sotto falsa copertura e ci crederanno uomini di Moran" mi spiegò Smith, 
"Bugs Moran? L'irlandese! Uno dei capi del giro degli alcolici di tutta Chicago, perché agli Assassini serve questo incontro? Dobbiamo aprire un bar o un ristorante?"
iniziai a riderci su ma fui subito ammonito dal mio maestro, "Frena il tuo sarcasmo ragazzo." un silenzio piombò nell'auto.


L'aria di tabacco mischiato all'essenza di pino dell'auto diventò d'un tratto pesante.
"Bugs Moran e le altre famiglie di Chicago stanno complottando contro la libertà delle persone di tutta la città, noi, gli Assassini, dobbiamo garantire la libertà, la pace, ed eliminare ogni forma di criminalità che ci si presenta davanti, se non conosci nemmeno queste cose, mio caro Miles, non diventarai mai un Assassino."


L'auto si fermò al semaforo. 
I nostri sguardi si incrociarono, fuoriosi, e quindi parlai, "Conosco i pericoli di questo mondo, conosco come affrontarli, sono nato e cresciuto in queste strade, e ho visto morire persone a me care davanti ai miei occhi, se oggi sono qui, Smith, è perche diventerò un Assassino." 
lo guardai negli occhi con tutta la mia rabbia, che si placò quando mi disse
"Questo è il Miles che conosco".


Arrivammo nel posto dell'incontro, due uomini ci stavano aspettando, erano due loschi figuri, alti e minacciosi, avevano due lunghi cappotti scuri, uno di loro aveva una sciarpa a coprire il volto.


" Miles, aspetta qui in auto, aspetta il mio segnale, se succede qualcosa, per scendere dall'auto, solo se ti chiamo esci, intesi?" mi spiegò Smith, 
"intesi, tranquillo" lo rassicurai, "Hai la mia pistola, il mio vecchio coltello e tutta l'esperienza che ho potuto darti e mi aspe...",
" Non sarà come per Vincent, questa volta aspetterò te." 
lo interruppi, sapendo già cosa dire. Infatti Smith mi guardò soddisfatto e deciso, aprì la portiera e mi disse prima di scendere 
"Mi sa che sei davvero cresciuto abbastanza Miles".


Smith si avviò verso gli uomini che stavano appostati davanti una porta, lo accolsero come uno di loro, li conosceva sicuramente dato che era sotto copertura da parecchio tempo.


Passarono diversi minuti quando si aprì la porta, dove ne uscì un uomo molto elegante di mezza età. Lo riconobbi e quasi non ci credevo, era Bugs Moran in persona. Non avevo mai visto un boss criminale da vicino prima d'ora.

Smith lo salutò e iniziarono a parlare. Passarono ancora una decina di minuti, stavo iniziando a pensare che l'incontro non ci sarebbe stato, quando due auto arrivarono all'improvviso sul posto.


Erano poliziotti.

"Fermi che nessuno si muova!" urlò uno degli agenti.
Smith si mise il cappuccio del suo cappotto per cercare di non farsi riconoscere.


Furono controllati e disarmati. Dopo un breve dialogo li portarono in auto. Mi gettai subito al volante della Lincoln, non mi avevano visto dato che ero molto distante da loro.


Accesi l'auto e iniziai a seguire le auto. Smith si trovava nell'auto davanti con Bugs Moran mentre gli altri due nell'auto più vicina a me.


Guidai per oltre 10 minuti, ci eravamo spostati dal centro, andando verso la periferia fuori città. Molto strano pensai, il distretto principale si trovava da tutt'altra parte.


Arrivammo vicino ad un parcheggio, dove si trovavano ben poche auto.
Gli agenti portarono Smith, Moran e gli altri due in un garage.


Dopo pochi secondi accostai e parcheggiai la Lincoln dall'altra parte della strada, sgattaiolando fuori al luogo dove erano tutti riuniti.
Mi arrampicai sul muro, trovando un posto che dava sul garage, da li potevo sorvegliare la situazione.


"E così credevate veramente di avere il monopolio dell'alcool qui a Chicago" uno degli agenti stava parlando davanti a Smith e gli altri, che intanto erano stati messi in ginocchio. 
"Brutto bastardo irlandese, il controllo ora è di Scarface, uccideteli." 
Moran si congelò al suono di quelle parole, dovevo intervenire.


Ma lo fece Smith. Scagliò di lato Moran, buttandosi dietro un ammasso di casse, mentre gli agenti iniziarono a sparare con dei mitragliatori. 
Non persi un attimo e mi gettai dietro uno di loro, presi il coltello di Smith e lo uccisi trattenendogli le urla coprendo la sua bocca, mentre la gola gli era stata aperta.


Ci fu scompiglio mentre entrarono altri due uomini, probabilmente alleati degli agenti. Smith balzò dal nulla facendo scattere la sua lama celata, il suo asso nella manica, che fece subito una vittima.


Ma due agenti lo videro, e iniziarono a sparare, fu colto di sorpresa e venne colpito.


Urlai correndo verso di lui, dove quei due agenti lo stavano per uccidere ma ci fu un crollo di un macchinario appeso al soffitto, caddi a terra svenendo dall'impatto.


Silenzio, mi alzai ancora stordito, mentre il rumore di auto che sgommavano fuori mi fece riprendere. Stavano scappando. Corsi verso la porta quando vidi dei cadaveri davanti a me, erano due agenti, i due uomini di Moran, e Smith, ancora ansimante ma vivo.


"Smith! Cazzo, Smith!" urlai correndo verso di lui. Era pieno di sangue, il suo volto coperto dal cappuccio, che gli tolsi, oltre alla ferita da proiettile era stato colpito da scaglie dopo la caduta del macchinario. Mi accovacciai accanto a lui e lo presi in braccio.


Mi guardò, 
"Miles, figliolo.." disse debolmente  
"Devi... Devi seguirla... Segui la luce... Lei.. Lei ti guiderà sempre" i suoi occhi che un attimo prima mi fissavano, si spensero.


"Smith... Hey Smith, forza non andare! FORZA!" ma non ebbi risposta.


Il mondo mi era crollato addosso.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Iniziò a piovere.

L'acqua scendeva dal cielo come le mie lacrime. Tra le mie braccia avevo il corpo freddo e immobile di Smith. L'uomo che mi aveva salvato e cresciuto finora, ora mi abbandonava nel peggiore dei momenti.

Il rumore della pioggia si faceva man mano più forte, quando il rumore di un'automobile si avvicinò al garage. Erano tornati? Chi poteva mai essere, pensavo tra me e me.

Mi nascosi dietro un muro, vicino a me avevo una piccola finestra che dava sulla strada. Un'auto molto simile alla Lincoln di Smith era parcheggiata fuori.

Si aprì la porta.
Entrarono due uomini con lunghi cappotti impermeabili, iniziarono a girovagare all'ingresso. Cosa cercavano?

"Oh no, Smith." disse uno degli uomini. "Jeremy, il nostro fratello è morto". Un altro uomo, molto alto e incappucciato, si avvicinò al corpo di Smith e vi si inginocchiò accanto. " Requiescat in Pace" mormorò.

"E tu chi saresti?" venni preso alle spalle, un altro uomo si era avvicinato dietro di me. "Lasciami immediatamente, chi siete? Lasciate in pace Smith!" urlai mentre venivo portato al cospetto dell'uomo incappucciato. "Ah, così sei tu" disse mentre si alzava dal corpo di Smith. "Portatelo via" ordinò guardandomi negli occhi.

"Ehi, cosa vol..." buio.

Non so cosa volevano questi uomini da me, da Smith, ma mi trovavo sicuramente in un bel guaio. Mi avevano incappucciato e messo nel bagagliaio della loro auto. Mi mancava l'aria.

Non sentì più nulla per circa di 10 minuti finché non mi ripresero da quel buio profondo. Camminavo scortato da due uomini. All'inizio salì delle scale, avevo il presentimento di trovarmi in una grande struttura, spaziosa e fredda.

La luce tornò nei miei occhi.

Ero in una vecchia chiesa, lo capì dalle varie opere cristiane nella sala dove mi trovavo. Ero solo, come fantasmi le persone che mi avevano portato qui erano scomparse.

Nell'aria potevo sentire un leggero odore di incenso delle varie candele che illuminavano l'ambiente.

"Smith mi ha raccontato tutto di te, giovane Miles" l'uomo incappucciato si era palesato davanti a me. Non sapevo cosa fare o dire, l'unica domanda che mi rimbombava nella testa era sapere chi fosse quell'uomo.

"Oggi ti ritrovi qui per rinascere, dalle ceneri dell'uomo che ti ha cresciuto e formato finora, diventerai un nuovo essere." prese un calice e me lo pose.

"Nell'oscurità della notte agirai secondo un'unica legge, nella luce del mondo servirai per un unico credo" presi il calice e bevvi.

Mentre posavo il calice, l'uomo prese qualcos'altro. Era un oggetto posato su di un cuscino di seta. 
Altri uomini incappucciati arrivarono accanto a noi.

"Da ora ogni cosa che conoscevi di questo mondo cambierà, ogni tua azione e ogni tuo pensiero determineranno il tuo destino" l'oggetto mi venne messo al braccio sinistro, era un bracciale. 
Il mio cuore iniziò a battere molto velocemente, la mia mente iniziò a viaggiare da se, sapevo cosa stava accadendo, e il culmine arrivò a queste parole.

"Ricorderai per sempre: Nulla è reale, tutto è Lecito. Ora alzati, Assassino."

Mi rialzai, ero scosso da ciò che mi era appena capitato.

Ero diventato ciò che volevo essere, un Assassino.
Ho pagato caro questo avvenimento, la vita di una persona a me cara era stata presa per aprirmi un futuro, una nuova strada da percorrere.

Feci la conoscenza dei maestri Assassini della Gilda.

Jeremy O'Brian, il Mentore. Un uomo di mezz'età, il suo sguardo emanava saggezza e determinazione come pochi.

Carl Newgate, un giovane assassino, molto talentuoso e furbo, era l'uomo che mi aveva preso alle spalle nel garage, sa nascondersi bene a quanto pare.

Harold Stonewood, era uno dei veterani della gilda. Lo capì dalla sua espressione cupa, i fili di barba bianchi, ma sopratutto da un'ampia cicatrice sul volto.

E infine conobbi Julia Simmons, era una delle giovani apprendiste assassine, proprio come me, la vedevo un po in soggezione dal rito, forse anch'essa era da poco stata iniziata nella gilda.

Dopo una visita alla gilda nella chiesa, riconobbi che eravamo nella Saint Patrick Church, una delle chiese più antiche di Chicago. Riferimenti Romani e Celtici adornavano mura e statue, tutto intorno a me era così affascinante. 
Dopotutto ero cresciuto con uno Smith che mi aveva insegnato molto sull'arte e la letteratura in generale, ora capisco perché ne era affascinato anche lui.

Entrammo in una cripta sotto la chiesa, l'aria si fece diversa, più fresca ma pesante. Muri adornati da fiaccole, stendardi e statue degli Assassini, un numero notevole spade e archi. Pensai che questa fosse la base centrale della Gilda.
"Questa, giovane assassino, è la sacra cripta degli antichi Assassini coloniali. Fu fondata nel secolo scorso, e molti Assassini celebri hanno fatto visita a questo luogo." mi raccontò Jeremy.

Notai una cosa. "C'è una tomba qui" esclamai. 
"Si è la tomba del nativo Ohonte:Ónenya uno degli Assassini più importanti nella storia americana, nonché pioniere della Guerra di Secessione, la leggenda vuole che fosse un diretto discendente di Connor, leggendario Assassino che unificò gli Stati Uniti d'America e fece rinascere la nostra Confraternita."

Udì la storia come fa un bambino con una fiaba di eroici avvenimenti. Avevo dinanzi a me una tomba di un leggendario guerriero americano.

Dopo aver analizzato la cripta tornai con gli altri in chiesa, da li andai fuori.

Pioveva ancora, il cielo non smetteva ancora di bagnare la terra.

Tornai verso casa, la strada non era molta da fare, ero nello stretto vialetto dove i miei ricordi ora facevano male.

"Hey, amore." una fievole voce che riconobbi subito mi aveva chiamato. 
Venni abbracciato da una Holly in lacrime.
"L'ho saputo poco fa, non voglio crederci, era come un padre, io.." "Tranquilla, ora è in un posto migliore" cercai di rassicurarla anche se ero a pezzi.

Mi strinse più forte a sé, le nostre lacrime si incontrarono.
Ora restava solo una cosa d'importante nella mia vita. Lei.

E così iniziò quel giorno, sotto uno scuro ombrello, accanto alla mia Holly, davamo un ultimo saluto ad un nostro caro compagno. Smith era stato un padre, un amico, e un ottimo maestro di vita e delle arti degli Assassini.

 

La bara era di un nocciola chiaro. Era elegante quanto lui lo era stato in vita.

 

Al funerale vi erano presenti oltre noi, alcuni membri della Gilda che riconobbi, e quelli che ricordo fossero dei parenti di Smith.

 

Scendeva ancora la pioggia quel giorno, così come gli anni successivi.

 

Passarono due anni da allora. La "Strage di San Valentino" era diventata un simbolo nella criminalità organizzata, un segno indelebile dalla mia mente. 

Ero da solo con Holly di fronte alla tomba di Smith, un fascio di fiori posava vicino la lapide.

"Il tempo sembra scorrere così veloce quando una persona non c'è più" mi disse mentre si stringeva al mio braccio. "È stato un esempio per me, ed è grazie a lui che sono cambiato, ora riposa in pace fratello." diedi un saluto e ci avviammo verso la nostra auto.

 

In tutto quel tempo gli Assassini avevano dato la caccia a dei criminali con contatti nei Templari, Bugs Morgan era scomparso da allora, Al Capone comandava ancora con il pugno di ferro i traffici illegali, e restava ancora una spina nel fianco della Confraternita e per il Proibizionismo che continuava ad essere il problema che il popolo voleva risolvere.

 

Arrivò la sera e mi trovavo alla Gilda.

"Sei arrivato tardi come al solito, Miles!" Carl mi accolse col suo bel caratterino di sua abitudine. "Jeremy mi ha detto che abbiamo una pista su cui indagare, di cosa si tratta Carl?" gli chiesi, "Julia e Harold hanno scoperto di un incontro oggi tra i maggiori boss criminali di Chicago e non. Dobbiamo trovare un modo di entrare e capire i loro intenti." mi spiegò Carl. 

"Roba che scotta. Dobbiamo muoverci e andare subito, dove lo terranno?", "Alla villa di Capone, e sarà molto sorvegliata".

 

Dopo anni avevamo la possibilità di scoprire i piani criminali che non facevano altro che fomentare i traffici illegali e rallentare il governo nelle soluzioni al Proibizionismo.

 

Io e Carl ci avviammo nella mia auto. La villa di "Scarface" era in una zona distante dalla nostra Gilda. Mentre guidavo i miei ricordi andavano ancora a due anni prima, il mandante della Strage era stato proprio Scarface Al Capone, ed era mio compito vendicarmi di ciò.

 

Dopo un bel viaggio in auto, arrivammo alla tanto lussuosa quanto sorvegliata villa di Al Capone. 

"È praticamente un forte inespugnabile" osservò Carl. Infatti non vedavamo modi di entrare. "Ehi aspetta!" notai qualcosa, un furgone di catering sulla fiancata destra del cancello. "Lì, il furgone del catering, possiamo intrufolarci nella brigata dei camerieri ed entrare senza problemi." proposi. "Ottima idea Miles, vediamo di prenderci quelle braghe da servi"

 

Ci intrufolammo dietro al furgone, con delle forcine Carl aprì il retro e trovammo delle divise che ci infilammo.

 

"E voi da dove diavolo uscite?" ci chiese una guardia all'entrata, mentre agitava il suo mitragliatore Thompson verso di noi.

"Ehm, gentile signore, ci hanno fatto controllare se tutto era stato scaricato per il servizio. Non vorremmo peccare di qualità nel buff...", "ho capito, ho capito, andate dentro e non fatevi più vedere qui." disse l'uomo e sgattaiolammo all'interno della villa. 

Avevamo avuto molta fortuna nell'entrare, ora dovevamo trovare il meeting segreto.

 

Ci dividemmo. Carl rimase al piano inferiore, si mise a girare con un vassoio di bicchieri pieni di Champagne. Era bravo lì in mezzo. Iniziai a pensare che in passato aveva lavorato in qualche locale.

 

Al piano superiore c'erano delle guardie vicino ad una porta chiusa in fondo.

 

"Sicuramente i vostri uomini non sono alquanto buoni nel compiere certe azioni" I miei sospetti si fecero fondati, Al Capone in persona accompagnato da uomini in pelliccie e giacche vistose entrava proprio da quella porta nella stanza.

 

Mi avviai di soppiatto in un corridoio, scorsi una porta che dava laterlamente nella stanza del meeting. C'era una guardia che fumava all'esterno.

 

Pensai ad un modo per farlo avvicinare. Avevo dei tappi di sughero nella mia giacca da cameriere. Ne lanciai uno vicino ad un mobile nella stanza. Cadde un bicchiere, rompendosi. 

"Oh merda, non ci voleva. Sonny mi ucciderà se lo scopre" l'uomo si avviò nel raccogliere i cocci, cercando di nasconderli.

Pensai di ucciderlo in un primo momento, ma mentre mi avvicinavo silenziosamente, riflettei sul fatto che mi sarei sporcato di sangue, dando nell'occhio in seguito. Presi un posacenere che aveva accanto e lo colpii dietro la testa. L'uomo cadde subito a terra privo di sensi. Lo nascosi dietro un divano e mi avviai alla porta semiaperta, dove potevo seguire il meeting. Uomini di classe sedevano in una dozzina di sedie, accanto ad un tavolo stracolmo di cibo e bevande.

 

"Il proibizionismo è diventato la nostra arma più forte, il denaro e l'occupazione vacillano, ci rendono tutto più semplice" conobbi il volto dell'uomo che stava parlando, Henry Ford. Uno dei più ricchi imprenditori americani di quei tempi e secondo le fonti degli Assassini, era membro dell'ordine Templare. Cosa ci faceva lì, e perché complottava con dei criminali, mi chiedevo.

 

"Signor Ford è sempre molto bello sentire le sue notizie" Al Capone iniziò a parlare "l'Ordine sta traendo molti benifici dal suo lavoro. Ed è proprio per questo che oggi ho voluto fare questo incontro. Io, Alphonse Capone, mi proclamo Capo della criminalità di tutta Chicago e presto lo sarò di tutto lo stato!" 

si alzò un uomo anziano "Cosa stai farneticando? Credi che restiamo qui a guardare te che fai i tuoi sporchi affari senza darci un pro..", si bloccò, sembrava essere pietrificato "Ehi cosa vi succede?" chiese un uomo accanto all'anziano. 

Quest'ultimo prese una forchetta e lentamente se la infilzò nel collo da solo, il sangue che schizzava fuori con lo sgomento degli altri. Ero senza parole.

 

Quell'uomo anziano si era appena ucciso da solo. Che diavoleria era mai accaduta.

 

"Come potete vedere" parlò Capone, "Oggi, mi proclamo Capo della criminalità, sono in possesso di un oggetto che voi dell'Ordine Templare eravate alla ricerca. La Mela dell'Eden!"

 

Una luce dorata piombò nella stanza. Un oggetto che sembrava non di questo mondo era in mano a quel criminale.

 

"Il signor Edison qui presente si occuperà di studiare questo nostro piccolo tesoro, e ci permetterà di avere qualsiasi cosa" un uomo avanti con l'età si fece avanti, era proprio Thomas Alva Edison in persona. Anche lui si rivelò essere un Templare.

 

Al Capone poi si rivolse a tutti con l'oggetto puntato verso di loro

"Con questa, io sarò il più potente, con questa i Templari regneranno ancora e..." 

Un fiume di sangue sgorgava sul tavolo mentre molti uomini giacevano morti sulle loro sedie

"...sarà sempre pace!"

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Correvo via, avevo assistito ad una scena macabra e immonda, scesi al piano inferiore dove presi Carl e lo portai fuori.

"Ehi idiota, stavo conoscendo una bella tipa lì e proprio ora che.." "Non c'è tempo, la situazione è gravissima, dobbiamo informare subito il Mentore"

Arrivammo di corsa al cancello principale dove c'erano le due guardie armate, che come ci avevano avvisato poco prima, non avrebbero più voluto vederci. "Ottimo, e non ci vedranno" pensai.

Io e Carl ci appostammo dietro di loro, uno sguardo e le nostre lame scattarono. 
Il sangue delle loro gole ci sporcarono le giacche vistosamente bianche di un rosso acceso.

Entrammo nell'auto.
"Cosa diavolo è successo Miles?" mi chiese Carl mentre si sfilava la giacca insanguinata.
"Al Capone, i Templari e i boss della malavita, stanno muovendo tutto per far impoverire il popolo. Gente come Henry Ford sta aiutando quei criminali" spiegai al mio amico.
"Ford? Uno degli uomini più ricchi del paese, facile che avesse agganci con l'Ordine" disse Carl "E c'è di più" continuai "Thomas Edison in persona sta lavorando con loro, e sono in possesso di un Frutto dell'Eden" Carl mi guardava incredulo, "Ho visto con i miei occhi morire persone lì presenti solo con la forza del pensiero di quel criminale."

Arrivammo alla gilda e spiegai il tutto a Jeremy.
"Così Edison sta lavorando con la Mela dell'Eden, dopotutto è un uomo brillante, sicuramente i Templari sanno cosa fare con uno come lui." spiegò il nostro Mentore.

"Cosa dovremmo fare Jeremy?" chiese Carl.
"Ora, tutto ciò che dovremmo fare sono delle ricerche, che ci serviranno per stanare Edison e prendere la Mela, non sarà facile lo so, ma affido a voi due questo arduo compito, Assassini."

Jeremy ci portò nella sua stanza. Ci mostrò un grande tabellone, dove vi erano nomi e foto dei nostri obiettivi.

In cima comparivano i nomi di Al Capone con il soprannome "Scarface" ed Henry Ford con il soprannome de "Il fabbricatore".
Gli Assassini li consideravano delle figure pericolose e due dei principali fautori del Proibizionismo.
Più sotto c'era proprio il nome di Thomas Edison, soprannominato "L'illuminato".

Fu lì che Jeremy piantò un pugnale sulla foto di Edison.
"Presto, l'uomo che chiamano l'illuminato cesserà di esistere"  prese qualcosa da uno scrigno accanto alla sua scrivania, era una piuma bianca.

"E con questa, la macchierete del sangue di Thomas Alva Edison, membro dell'Ordine dei Templari e nemico della nostra Confraternita"

"Sarà fatto, Mentore" colsi la piuma tra le mie mani.

Dovevamo partire per il New Jersey la mattina seguente, là avremmo trovato un nostro confratello ad aspettarci.

"Cosa? Il New Jersey? Parti così all'improvviso senza preavviso?"
Holly era dispiaciuta ed arrabbiata allo stesso tempo.

"Amore ascolta, è un viaggio di lavoro, abbiamo una conferenza e degli incontri lavorativi in città durante questi giorni, è importante.." purtroppo la mia vera vita andava ancora nascosta a lei, per il suo bene, sopratutto che ora stavamo per andare a vivere insieme.

"Una settimana, senza te. Lo sai che mi aspetto un regalino al tuo ritorno" mi sorrise con i suoi splendidi occhi.
"Beh, credo che da quelle parti vendano del buonissimo cioccolato, forse riesco a prenderne un po del più finissimo per la mia amata" gli dissi abbracciandola. 
"Ecco perché ti adoro" mi disse stringendosi a me e baciandomi.

Sembrava tutto tranquillo quella notte, Chicago era stranamente silenziosa. 
Guardavo l'orizzonte notturno e dentro di me, mi sentivo pronto ad affrontare il mio primo obiettivo, il mio primo vero contratto da Assassino.

Partimmo con un treno espresso di mattina, la fresca aria mischiata alla rosea alba ci accompagnava nel viaggio verso New Jersey.

 

Carl era visivamente stanco e si addormentò durante il tragitto.

Pensavo ad Holly mentre guardavo fuori dal finestrino, l'avevo lasciata lì con un bacio mentre dormiva.

 

Trascorsi le seguenti 3 ore di viaggio tra scali, sigarette e giornali, il tutto mentre quel poveretto di Carl continuava a dormire finché non lo svegliai poco prima di arrivare a destinazione.

 

"Ma cos'hai fatto ieri sera invece di riposare idiota?" gli chiesi mentre lui cercava di fare mente locale.

"In realtà ieri sono stato al bar di James accanto casa mia e.." "E sei stato lì fino a stamattina" completai la sua spiegazione.

"Eri in ansia Carl?" gli chiesi.

"Ero in ansia, si" disse lui alzandosi dal suo posto.

Eravamo arrivati nel grigio New Jersey.

"Ah, me lo sarei aspettato più colorato" fece la mia stessa osservazione.

"Carl, quindi chi è questo contatto di Jeremy?" chiesi guardandomi tra la folla di persone nella stazione.

"Beh, a quanto pare dobbiamo trovare un certo Trevor Jefferson"

"Trevor? Jefferson? Quel pazzoide?" un barbone che era seduto accanto a noi di cui avevamo ignorato l'esistenza fino a quel momento parlò.

"Pazzoide? Lo conoscete?" chiesi all'uomo.

"Cavolo si, eccolo! Quel dannato attaccabrighe!" e ci indicò verso uno spiazzale nella stazione dove c'era in corso una zuffa.

 

"E questo è per i soldi che mi devi da un mese stronzo!"

 

Quello che sembrava un galeotto appena uscito di prigione, veniva pestato da quello che ci sembrò essere il nostro contatto.

 

"Ehi, Trevor Jefferson!" urlai.

 

Si girò di scatto. Una coppola da ragazzo dei giornali, un cappottino nero di seconda mano con varie toppe ricucite, e uno sguardo da chi spesse volte cerca rogne.

 

"Mi hai chiamato?" si avviò verso di noi molto nervoso "Chi sei? Ne vuoi un po an..." feci scattare la mia lama verso la sua gola.

"Ma che diavolo! Siete voi?" disse Trevor guardando la punta della lama quasi conficcata dentro il suo collo.

 

"Non mi piacciono le persone che attaccano briga. Comprometti tutto ciò che fai." gli dissi facendo rientrare la lama nascosta nel bracciale.

"Confratelli, chiedo venia, da queste parti o sei duro o non hai vita facile, siamo nel New Jersey dopotutto" esclamò Trevor mentre si sistemava.

 

"Trevor, il nostro Mentore ci ha detto che puoi aiutarci a trovare Edison da queste parti" iniziò a parlare Carl.

 

"Si, secondo alcune mie fonti, il vecchio si trova qui, nascosto in una vecchia fabbrica di periferia a compiere i suoi folli esperimenti." 

Spiegò Trevor.

"Bene, hai già un piano su come ucciderlo?" gli chiesi.

"Certamente, andiamo da me, da lì vi mostrerò cosa fare"

 

Passammo la giornata in città, Trevor ci avrebbe ospitato per tutta la durata dell'operazione.

 

"Quindi ricapitoliamo, dobbiamo entrare nello stabilimento dalle fogne?" chiese Carl alquanto dubbioso.

"Si, non darete nell'occhio, vi troverò delle tute da lavoro che utilizzerete quel giorno." disse Trevor.

 

Aveva una mappatura della fabbrica dove si nascondeva il lboratorio di Edison, nei sotterranei.

 

"Bene, aspettiamo due giorni per agire e altri due giorni per lasciare la città, così non daremo nell'occhio per i nostri spostamenti." spiegai ai due. Doveva essere un'operazione veloce e inosservata. Dovevamo sembrare dei fantasmi.

 

Passammo i due giorni seguenti in giro per la città nella quale per la maggior parte del tempo dovevamo subirci il carattere alquanto discutibile di Trevor, infatti io e Carl sventammo delle risse con degli strozzini nei locali del posto.

 

Era la notte prima di quel giorno, e come mio solito mi arrampicai fino al tetto del palazzo. La scura città di New Jersey si ergeva dinanzi a me, un nuovo giorno stava sorgendo, il giorno in cui avrei ucciso il mio primo obiettivo Templare.

"Non vorrei essere pessimista, ma siamo siamo nella merda letteralmente." esclamai dopo che ci addentrammo nei condotti fognari.

Camminavamo in corridoi pieni di liquidi e odori terrificanti.

 

"Ma quel Trevor..." disse Carl mentre inzuppava gli stivali in un liquido che solo Dio sapeva cosa fosse "perché non è venuto anche lui qui?"

"È di sopra, è appostato davanti allo stabilimento in caso di rinforzi." spiegai. 

Avevo pensato ad ogni evenienza per il completamento della missione.

Continuavamo ad avanzare nelle viscere di quei condotti. Intanto iniziavo ad avere la nausea, che data la circostanza, si aggrovigliava nello stomaco insieme all'ansia dell'operazione.

 

Trevor ci aveva fornito una mappatura delle fogne collegate al laboratorio in cui dovevamo entrare. 

Dovevamo sfruttare la pausa pranzo dei lavoratori per crearci un'infiltrazione senza troppi ostacoli nel cammino.

 

Dopo alcuni giri arrivammo al tombino che stavamo cercando.

"Ok, ci siamo. Che ore sono, Carl?"

chiesi poggiando le mani sul portello.

"13:36, se tutto va bene sono in pausa, e abbiamo circa 15 minuti a disposizione"

 

Spinsi il tombino lentamente, aguzzai lo sguardo in cerca di possibili presenze estranee.

Nessun piede che si muoveva, solo macchinari vari sparsi qua e là.

"Andiamo!" corremmo fuori in cerca di riparo. Eravamo nella zona lavaggio e stoccaggio, e come previsto, non c'era nessuno in giro per la pausa pranzo.

 

La mappa mostrava che il laboratorio di Edison si trovava al centro dello stabilimento sotterraneo. 

Come ombre, ci muovevamo dietro angoli e macchinari, senza destare sospetti.

 

Ammetto che l'ansia mi stava facendo sua preda, il rischio dell'operazione era alto.

 

"Aspetta, c'è qualcuno!" ci fermammo. Due lavoratori che discutevano ci bloccavano la strada.

"Li uccidiamo? Dobbiamo passare per di là." disse Carl.

"Sei impazzito? Trattenere la lama dalla carne degli innocenti, non scordare mai il codice" imprecai contro di lui.

"Giusto, chiedo venia, ma come facciamo allora?" mi chiese.

Pensai e alzai lo sguardo. 

Sopra di noi c'erano delle travi che passavano sopra tutto il perimetro.

"Carl, dobbiamo arrampicarci su queste travi, da lì ci faremo strada più facilmente, evitando così possibili ostacoli" spiegai al mio compagno.

"D'accordo, ma facciamo attenzione a non spappolarci di sotto" disse sorridendo mentre si apprestava a salire sulla trave.

 

L'idea fu buona. Facendo attenzione col nostro equilibrio ci muovevamo molto facilmente sulle travi. Infatti oltre a quei due lavoratori c'erano anche altre persone ancora in giro per lo stabilimento.

 

Infine dopo lunghe travi e condotti da oltrepassare arrivammo al centro dello stabilimento, il luogo dove era situato il laboratorio di Edison.

 

"Interessante, secondo i calcoli la possibilità di fuoriuscita della sostanza dall'oggetto è ai minimi conosciuti" lo sentivo borbottare tra le sue scartoffie e vari oggetti meccanici.

 

"Dov'è la mela?" mi chiedevo. 

"Carl, il nostro obiettivo è da solo qui dentro, mi serve che ti posizioni di fronte al laboratorio, e in caso di problemi, procedi nella fuga".

 

"Certo, ma vedi di non fallire, non voglio lasciarti solo se va tutto a monte " disse Carl.

"Andrà tutto OK, ora va!" gli ordinai.

Mentre Carl si metteva nella sua postazione io mi appostai pian piano su di una grata che si affacciava sul laboratorio. Un'ottima opportunità di assassinio dall'alto.

 

Meditai per l'attimo giusto, i miei sensi erano tutti in fibrillazione.

La mia mano e la mia lama erano pronte a colpire.

Carl dalla sua postazione mi fece un cenno.

Edison si mosse, e si avviò in un punto proprio sotto al mio.

 

Feci scattare la lama e saltai.

 

"Ma cosa?"

 

Sangue.

 

"Ah, sei tu, Assassino" Edison iniziò a parlare mentre il suo camice iniziava a diventare sempre più rosso.

"Bravo, cercavi la Mela vero? Mi dispiace ma non è più qui" 

"Cosa? Stai mentendo in punto di morte vecchio!" gli urlai contro.

"Ti sbagli, l'Ordine era preparato ad una vostra mossa, e io da vecchio che ormai sono, stavo aspettando solo l'arrivo della mia morte, la mia vita è stata ricca di conoscenza oltre ogni limite, e dopo aver visto il potere di quell'oggetto, ho capito che il mio cammino era solo una mera illusione" si accasciò mentre emanava i suoi ultimi respiri. 

"Ti ringrazio... ma non avrete mai la Mela... spero che almeno i miei cari...mi rivedranno... dopo questo."

 

Morì.

 

Mi accovacciai accanto a quel corpo privo di vita e presi la piuma, facendola riempire del sangue della mia  vittima.

 

Fu lì che recitai quelle parole,

"Requiescat in Pace".

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


"La vita ci insegna che il fallimento è il più grande dei maestri. Fallire ci fa porre nuovi obiettivi, fallire ci rende forti per affrontare ulteriori ostacoli, fallire ci mostra la strada per la vittoria. Il nostro Credo è nato da un fallimento, Bayek di Siwa ci ha insegnati che perdere qualcosa di importante nella propria vita ci spiana la strada verso un nuovo orizzonte. Come i testi narrano, Bayek ha fallito come padre per suo figlio, ma grazie a questo è diventato il padre di tutti gli Assassini.
Ed è per questo che oggi vi rinnovo la mia benedizione Assassini, per il nostro Credo, per il nostro Codice e per le vittorie che verranno"
 
Furono queste le parole del nostro Mentore Jeremy.
Eravamo tornati a casa vittoriosi, ma con ancora tanti ostacoli da superare, altri Templari da togliere di mezzo.
Andai nella stanza di Jeremy, indossava il suo solito cappotto verde scuro, il cappuccio riverso dietro le sue spalle, il suo volto riflessivo.
 
"Belle parole Mentore, quali episodi del tuo passato le hanno fatto tornare alla luce?" chiesi curioso.
"Mio giovane Assassino, tempo fa ho fallito anch'io, come persona, come amico, come soldato, come Assassino" iniziò a spiegare, "Soldato?" dissi, "Esattamente. Provengo dalla lontana Irlanda, circa una ventina d'anni fa, quand'ero più giovane, ho combattuto nella Guerra Civile del mio paese, un conflitto che mi ha portato via tutto, famiglia, amici, amore, ma ho trovato la forza nel Credo degli Assassini, e ho combattuto per la libertà delle persone a me care. Ed è per questo, giovane Miles, che confido in te e gli altri Assassini per liberare questa città dall'oppressione." si spostò per andare verso la cripta, "ora scusami, ho da fare, salute e pace confratello."
 
Si avviò nelle buie scale della cripta lasciandomi in mille pensieri su ciò che avevo appreso dal suo racconto.
 
Si fece tardi e andai verso casa. Aprendo la porta sentivo la radio cantare qualche dolce melodia Jazz.
La casa era semibuia, erano accese poche luci, il tutto mi sembrava molto rilassante.
 
"Sei qui! Amore mio!"
 
Un abbraccio morbido e forte mi accolse prima che la porta dietro di me si chiudesse.
Era lei, la mia dea, i suoi capelli rossi risplendevano anche nella poca luminosità della stanza.
 
"Holly, amore, mi sei mancata"
La stringevo a me.
 
"Non vorrei dimenticarmi, ecco una cosa per te come promesso" 
Presi una scatola di cioccolata dalla mia borsa, vedevo la faccia di Holly diventare sempre più sorridente.
 
"Sai che aspettavo più questa cosa che te, vero?" prese la scatola guardandomi con fare scherzoso.
 
Passammo la serata tranquilla a casa.
Quella tranquillità continuò per molto tempo. Io ed Holly vivevamo insieme stabilmente.
Intanto le spie degli Assassini stavano lavorando alla ricerca della Mela e a chi fosse passata di mano nelle fila dei Templari.
 
Passarono mesi, ed arrivò l'anno 1932. La città era in continuo subbuglio con le sempre più numerose manifestazioni contro le decisioni del governo e il continuo aumentare del Proibizionismo.
 
Era un giorno freddo di Ottobre, io ed Holly camminavamo per le strade della città.
 
"Hey amore guarda quanto è stupendo quel cappotto" Holly mi fece notare un cappotto lungo molto ben curato in esposizione.
Mi ricordava molto un cappotto classico da uomo d'affari, e Holly da tempo cercava di farmi comprare un vestito elegante.
Continuavamo ad esaminarlo quando una voce ci fece girare.
 
"Al Capone in prigione! La giuria condanna il boss ad unici anni di carcere e lo multa di ben 50.000 dollari! Venite e leggete tutte le notizie a riguardo!" lo strillone urlava delle parole che mi scioccarono.
 
"Ha avuto ciò che si meritava quel criminale schifoso" disse Holly.
Io ero pietrificato.
L'idea di vedere marcire Al Capone in galera era un'ottima prospettiva per toglierlo di mezzo al momento, anche se era un maggior sospettato dagli Assassini come possessore della Mela. 
Mi chiedevo cosa sarebbe successo da quel momento.
 
"Dai amore entriamo e prendiamo quel cappotto" Holly mi trascinò con sé nel negozio.
 
Era davvero bello quel cappotto.
Un colore grigio chiaro con delle leggere strisce più scure, varie ricuciture a rilievo sulle spalle che davano un impatto elegante nella zona busto, e inoltre aveva un cappuccio che si attaccava per i momenti di pioggia e i tempi invernali. Perfetto per usarlo in qualche occasione con gli Assassini pensai tra me e me.
Lo prendemmo e ci avviammo alla cassa.
 
"Ah, stavo pensando di acquistare io questo bel cappotto, avete un ottimo gusto e un raffinato occhio per le cose eleganti, se posso permettermi" un uomo molto alto e dalla postura assai corretta si avvicinò a noi.
"La ringrazio, è molto gentile" disse Holly sorridendo.
 
"Lei è un uomo molto fortunato. Se posso presentarmi, sono Francis Scott Fitzgerald, piacere di fare la vostra conoscenza"
 
"Fitzgerald? Lei è lo scrittore del Grande Gatsby?" chiese Holly incredula.
 
"Esattamente cara, sono arrivato qui da poco, purtroppo mia moglie non sta tanto bene e sto viaggiando da solo per cercare ispirazioni per una mia nuova opera, e purtroppo Chicago ultimamente sta passando un brutto periodo, voglio raccontare una storia che sia in grado di intenerire e rendere forte allo stesso momento il lettore" iniziò a spiegare Fitzgerald.
 
"È un vero piacere signor Fitzgerald, io sono Holly, e lui, il fortunato, è il mio fidanzato." Holly ci presentò all'uomo.
Lo guardai curioso, sembrava un uomo molto intellettuale e ricco di conoscenze e sapienza, strano dalla sua età non tanto avanzata.
 
Gli strinsi la mano e mi presentai.
 
"Molto piacere di conoscerla signor Fitzgerald, io sono Miles, Adam Miles."
 
Passò altro tempo.
 
Io e Holly conoscemmo meglio Francis Scott Fitzgerald. Era un uomo che aveva combattuto molti problemi nella sua vita, e che continuava ad affrontarne altri. Ci raccontò di sua moglie, Zelda, dei suoi problemi che avevano spinto Francis a viaggiare lontano da lei nella speranza di trovare altre ispirazioni per le sue opere.
 
Holly era sempre più contenta di partecipare alle serate da caffè letterario organizzate da Francis. Eravamo anche stati invitati in un club di lettori dell'epoca, il Lost Generation Club. Un posto dove ci si poteva trovare tra artisti e scrittori e si parlava di musica, di poesie, dei problemi della popolazione e dell'oppressione del Proibizionismo.
 
Per quanto potevano essere molto interessanti queste cose, la mia mente si concentrava sempre sulla Confraternita. 
La Mela era passata di mano, gli indiziati restavano pochi ma nessuno aveva prove concrete su chi attaccare, e quindi si perdeva ulteriore tempo prezioso.
 
Ormai era arrivato anche l'anno 1933. Le cose sembravano essere sempre più in una fase di stallo. Questo finché la popolazione stessa non diede uno scossone alla situazione.
 
Numerose folle di manifestanti emergevano sempre di più nelle strade. Cartelli con scritto "We Want Beer" si innalzavano dalla folla per dare il loro disappunto sui problemi del Proibizionismo.
 
Presto si fece largo la notizia che il nuovo presidente Roosevelt stava per scrivere il nuovo emendamento che avrebbe risolto finalmente quel problema.
 
Ero presente con Carl e Jeremy al discorso d'insediamento del presidente Roosevelt a Washington il 4 Marzo 1933, un'immensa folla di americani si presentava dinanzi all'uomo che avrebbe rivoluzionato il paese. 
Non scorderò mai le sue parole al discorso:
 
" la sola cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa, l'irragionevole ingiustificato terrore senza nome che paralizza gli sforzi necessari a convertire la ritirata in progresso"
 
Furono frasi molto significative, sia per i lavoratori, sia per le persone povere, sia per i ricchi imprenditori, e in fondo anche per me e la Confraternita.
 
Era una sera di metà Marzo, per le strade di Chicago, una delle solite manifestazioni riempiva le strade. 
Ero di perlustrazione nella zona in cui Holly stava facendo delle compere. Di solito la guardavo camminare per ore e ore dai tetti, mi faceva sentire una sorta di suo angelo custode, e poi, quando mi prendeva un regalo, lo sapevo anche in anticipo.
 
Holly passò la strada, sicuramente per avviarsi verso casa, e attraversando si mischiò tra le persone della manifestazione. Dovetti cambiare la mia postazione perché non la vedevo più.
 
Saltai su vari tetti, ma non la vidi più. 
"Ma dov'è?" pensavo.
 
Mentre la mia preoccupazione saliva, decisi di meditare sulla situazione.
 
Ricordavo l'addestramento fatto con Smith anni prima. Ricordavo le sue parole sull'esistenza di quel senso speciale.
 
Chiusi i miei occhi, trattenni il fiato e affinai tutti i sensi.
Sentivo l'aria fresca scorrere verso di me.
Sentivo le auto nel traffico giornaliero.
Sentivo le urla "Stop al Proibire" dei manifestati.
 
"Dove vuoi andare eh? Dammi i tuoi soldi!"
"Aaaaaah!"
Scorsi un urlo.
E la vidi.
Holly era in un vicolo, una scorciatoia verso casa. Ma non era sola. Due uomini, due criminali la stavano per aggredire.
 
Diventai cieco dalla furia. Correvo più veloce che potevo sui tetti per raggiungere la mia amata in pericolo.
 
"Andate via brutti criminali di merda! Non vi darò nulla!"
La sentivo urlare.
 
"Hey! Abbiamo una tipa combattiva!" vidi uno dei criminali cacciare un coltello.
 
Arrivai sopra di loro.
 
La mia lama scattò.
Saltai e mi buttai dietro le loro spalle. La mia lama colpì ai fianchi del criminale armato, dove il ferro lacerò tutte le sue membra.
 
L'altro criminale non fu tanto svelto. Cercò di prendere la sua pistola ma fui più veloce.
 
Presi il coltello di Smith e glielo lanciai dritto nell'occhio destro.
 
Le urla di dolore del criminale si placarono quando la mia lama colpì la sua gola, uccidendolo.
 
Era finita.
 
Guardai i due corpi lacerati dei criminali immobili per un attimo. Vidi un simbolo sulle giacche dei due criminali, era un corvo rossiccio, e sembrava appartenere a qualche organizzazione.
Poi il mio sguardo si rivolse alla povera ragazza tremolante di fronte a me.
 
Holly era senza parole, scossa. 
Cercai di andare via velocemente, sperando che il cappuccio non mi avesse fatto riconoscere.
 
"Adam?"
 
Il mio cuore si fermò.
 
"Adam sei tu?" ripeté ancora.
Io fermo, mi girai.
"Adam... Ma... Ma cosa hai fatto?"
Più mi avvicinavo a lei e più vedevo la paura che infestava i suoi bellissimi occhi.
 
"Holly, amore mio... Ti devo delle spiegazioni"
 
Presi le sue fredde e tremolanti mani tra le mie insanguinate.
Lei mi guardò.
 
"Holly, tutto ciò che hai visto è orribile, ma l'ho fatto per salvarti la vita."
 
Lei continuava a tremare.
I suoi occhi straripavano di lacrime.
Ma le sue labbra dissero le più brutte parole che io abbia mai sentito.
 
"Ti prego vattene via...Tu... Tu non sei Adam...tu sei un mostro!"
 
Ero pietrificato. La mia più grande paura mise il mio cuore in una morsa. 
Avevo dinanzi la donna che amavo impaurita, spaventata, da me.
Aveva scoperto la mia vera natura, la mia vera vita, il mio vero destino.
 
"Holly, amore mio. Alzati e torniamo a casa."
 
Si fece trasportare per un po, mentre continuava a tremare. Avevo strani presentimenti come se qualcuno ci seguisse ancora. La manifestazione era passata, il traffico era tornato normale.
 
Camminammo per qualche minuto, siccome casa nostra non era tanto distante. Ma Holly si fermò.
 
"Era un giorno di Dicembre, circa 8 anni fa. Un ragazzino compieva il suo compleanno in un locale trasandato del quartiere, era quasi del tutto solo. Vi erano due amici e quello che sembrava suo padre. Riconobbi quel ragazzo, mi aveva aiutato più volte con i bulletti del nostro quartiere." Holly iniziò a spiegare una storia che ben conoscevo.
 
"Andai da lui. Sembrò diventare molto più felice alla mia vista. Mi sedetti accanto a lui, parlammo un po, era simpatico, un buon ragazzo, semplice, e poi lui mi offrì il pezzo di torta più grande e pieno di cioccolata che ci fosse. Passammo tutta la serata insieme, e d'allora, non l'ho mai più lasciato. Ed eravamo proprio qui, Adam."
 
Ero spiazzato, i nostri ricordi insieme iniziavano lì, eravamo proprio di fronte al locale dove io ed Holly iniziammo a conoscerci.
 
Riflettei su cosa dire e le presi le mani.
 
"Holly, luce della mia vita. So che ti sembrerà strano, ma devi ascolatarmi. Quello che hai visto stasera è una cosa terribile, ma quelle persone erano dei criminali, e io ho fatto tutto questo per te, devi sapere che Smith, lui, mi ha insegnato molte cose in questi anni, lui come me faceva parte di in gruppo segreto e antico, che mira a salvare il mondo da queste persone pericolose. Holly io..." mi fermai sospirando "Io faccio parte di questo gruppo chiamato Confraternita degli Assassini."
 
I suoi occhi si spalancarono
"Adam ma cosa stai dicendo? Che storia è mai questa?"
 
"Holly, amore aspetta. Gli Assassini esistono da più di 2000 anni, esistono in tutto il mondo, persone che hanno fatto la storia ne facevano parte o li conoscevano, vogliono solo proteggere il mondo, e io il mio, voglio proteggere te."
 
Holly mi guardò con il volto pieno di lacrime. 
"Adam, promettimi che non farai stupidaggini, voglio che ogni tuo segreto mi sia detto. Fallo per noi."
 
La strinsi a me.
 
Passarono giorni. Avevo raccontato tutto alla mia amata. Di Smith, degli Assassini, dei Templari, e della situazione attuale che avvolgeva la nostra città e il mondo intero.
 
Ero sorpreso dal fatto che aveva accettato, anche se duramente in cuor suo, il fatto che avessi ucciso delle persone, ma, a detta sua, a fin di bene.
 
Le nostre vite tornarono normali.
 
Ero appena arrivato alla chiesa della nostra gilda quando vidi Il Maestro Harold e Julia borbottare di fronte la porta con il giornale ancora fresco di stampa.
"Hey gente, che succede?" chiesi curioso.
"Miles, a quanto pare una nuova organizzazione criminale sta facendo passi da gigante! Rubano persone, rapinano negozi e a quanto pare hanno a che fare con un nostro obiettivo Templare!"
Iniziò a spiegare Harold.
 
"Non si tratta di Al Capone dalla prigione allora?" gli risposi
"No, non è lui!" intervenne Julia
"Si tratta di una banda che si veste con dei vestiti e simboli di un corvo rossiccio"
 
"Un corvo rossiccio? Ora che ci penso ho visto dei teppisti con una giacca con un simbolo simile, ed erano quelli che hanno attaccato Holly" iniziai a pensare e connettere le due cose.
 
"Miles, bisogna che scovi questi criminali, interroga uno di loro e vedi che riesci a scoprire, ti consiglio di incominciare ora e nelle zone del tuo quartiere" mi spiegò il Maestro Harold.
 
"Certo, sarà fatto! Salute e pace Assassini".
 
Li salutai e mi misi in auto.
 
Girovagai per tutti i tetti del mio quartiere. Passai ore ad osservare le persone e il traffico in cerca di qualcuno che corrispondesse ai sospetti criminali.
 
Vidi però una persona di mia conoscenza per le strade. I suoi capelli rossi erano fuoco nel fievole ardere del sole che tramontava.
 
"Non dirmi che ti sei dimenticata di comprare qualcosa per cena!"
 
"Adam! Mi hai fatto prendere uno spavento! Quante volte te lo devo ripetere!"
 
Mi misi a ridere, ero piombato sul muro dove Holly stava camminando.
 
"Non tardare idiota. Ti aspetto per cena" iniziò a fare la mamma come di suo solito.
 
"Oh beh... In realtà sto cercando di trovare dei criminali, che fanno parte della stessa banda che ti hanno aggredita l'altra volta. Spero di finire in fretta."
 
"Adam Miles! Non ti permettere di uccidere o di farti uccidere questa volta! Giuro che resterai a digiuno per il resto della tua vita" e come al solito si innervosì.
 
"Tranquilla amore mio, sarò come un ladro gentiluomo. Chiederò solo un paio di cose e..." 
"Aiuto!!!"
Spari. Urla.
 
"Che cosa succede?" Holly si girò di scatto.
"Diavolo. Proviene dal negozio Logans!"
 
"Adam, amore mio stai attento."
"Tranquilla, sono armato, ora scappa via Holly!"
E corsi verso il negozio.
 
Era in corso una rapina.
 
"Fate largo o vi uccido tutti!"
Uno dei criminali uscì armato di mitragliatore e insieme ad altri uomini iniziarono a scappare verso le loro auto.
 
Erano vestiti di un colore rosso, e avevano bandane sul volto con il disegno di un corvo. Erano proprio ciò che stavo cercando. 
La mia auto era proprio dall'altra parte della strada.
 
Iniziai l'inseguimento. La banda aveva due auto. Dovevo mettere fuoristrada una delle due per facilitarmi l'operazione.
 
Per mia fortuna avevo una Lincoln molto resistente e veloce allo stesso tempo.
 
Notai che prendevano le stesse strade, il traffico era intenso, e pensavo stessero scappando verso il loro covo.
 
Mi avvicinai a piena velocità all'auto più vicina a me e la spintonai molto forte.
L'auto sobbalzò senza spostarsi molto. I teppisti all'interno si accorsero di me.
 
Infatti iniziarono a sparare dall'auto.
Dovetti girare molte volte tra le auto nel traffico, per schivare la traiettoria dei colpi e abbassare la testa.
Non mi arresi facilmente.
 
Eravamo sul corso principale, una strada molto lunga, dove sfruttai la velocità per spintonare ancora l'auto nemica. 
Questa volta funzionò.
 
Vidi l'auto strisciare fuori strada che andò a sbattere contro altre auto parcheggiate
 
"Fuori una!" urlai, mentre altri colpi d'arma da fuoco inizarono a crepare il finestrino dell'auto.
 
L'altra auto stava aumentando la velocità. Dentro notai solo due persone. L'autista e uno dei teppisti che sparavano.
 
Pensai ad una follia, eravamo quasi alla fine della strada, dove ci aspettava una curva.
 
Mi avvicinai sempre più veloce all'auto dal lato del guidatore in modo da eludere per qualche secondo l'uomo armato al suo fianco. Dopo un istante girai di nuovo dall'altro lato e li sorpassai.
Feci poi rallentare l'auto e aprii la porta del mio lato guidatore.
 
Saltai.
 
"Cosa cazzo è successo! Dov'è andato a finire quel bastardo!"
Li sentivo urlare. 
Ero riuscito a saltare sopra la loro auto. Dovevo agire in fretta.
 
"È sopra di noi, sparalo!"
 
La mia lama scattò.
Vidi il sangue schizzare e l'auto andò subito fuori strada. Saltai giù giusto in tempo per vedere l'auto schiantata in una fermata dell'autobus.
 
Mi avvicinai subito all'auto. Presi l'uomo che aveva cercato di spararmi fino a pochi secondi prima. Era ancora vivo per fortuna.
 
Lo presi e lo portai in un vicoletto lì accanto.
 
Le persone iniziavano a scappare dalla paura dell'incidente.
 
"Chi diavolo sei? Cosa vuole la tua banda? Chi vi comanda?"
Iniziai a scuotere il criminale.
 
Mi guardò con aria di sfida.
"Tu, Assassino. Non potrai mai fermarla. Il Corvo Cremisi vi punirà tutti."
 
E chiuse gli occhi.
 
Era morto.
 
"Il Corvo Cremisi?" era il nome della banda pensai, ma mi stavo sbagliando, qualcosa di più grande si nascondeva dietro questa storia.
 
"È andato di qua, fate presto!"
 
"Fermati immediatamente!"
 
Non ebbi il tempo di muovermi che mi vidi puntato delle pistole addosso.
 
"Non muoverti, Polizia di Chicago, ti dichiaro in arresto!"
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Congelato, immobile.
La Polizia di Chicago era arrivata in un battibaleno sul luogo dello schianto.
Diversi agenti accorsi mi avevano accerchiato puntandomi le pistole contro.
Non potevo fare nulla, ero braccato.
 
"Alza le mani lentamente e non fare scherzi, o ti riempiamo di piombo." 
Uno degli agenti si fece avanti.
 
Iniziò a perquisirmi.
 
"Che razza di criminale sei? Sei armato fino ai denti!"
 
"Non toccarlo, lasciatemi stare!"
Stava per prendere il mio coltello.
 
Un pugno nei fianchi mi fece piegare davanti all'agente.
"A quanto pare abbiamo un tipo combattivo qui!" esclamò il poliziotto mentre se la rideva con i suoi colleghi.
 
"Stai cercando di metterti nei guai ragazzo?" 
Mi chiese l'agente. Vidi il suo distintivo.
Si chiamava Stuart J. Montano, e sembrava tutt'altro che un poliziotto.
 
"Sai, questo coltello mi ricorda molto quello di un tizio che conoscevo tanti anni fa, poi però è morto, si era ficcato in una brutta situazione" iniziò a parlare, facendosi più vicino al mio viso.
"Proprio come stai facendo tu, ragazzo."
 
Mi s'incendiarono gli occhi. 
Montano parlava di Smith, ne ero certo.
Conosceva il mio vecchio Mentore e sicuramente sapeva degli eventi del Massacro di San Valentino.
 
"Chi sei tu? Un'agente corrotto dalla Mafia?" 
Chiesi infuriato.
 
Mi arrivò un altro pugno.
 
"Brutto bastardo! Come osi rivolgerti così ad un pubblico ufficiale? Ti ammazzo se provi solo a ripeterlo"
 
"Stuart, questo qui potrebbe sapere troppo."
 
Uno degli altri agenti, un tipo alto e biondo si avvicinò a noi.
 
"Dici che appartiene anche lui a quegli smidollati? Vediamo un momento." 
Mi bloccarono e fecero vedere il mio guanto con la lama celata.
 
"Hai una lama nascosta. Mi sa che sei nella merda, mio caro assassino."
 
Montano prese il coltello.
 
"Tenetelo fermo. Donovan, Moore, controllate che nessun curioso venga qui."
 
Ero sicuro che volesse uccidermi.
Sarei dovuto morire con la lama del mio Mentore, un oggetto a cui tenevo, che stava per togliermi la vita.
 
"Salutami il tuo amico Smith dall'altra parte."
 
Il coltello partì.
 
Cercai con tutta la forza di smuovermi.
Fui colpito in faccia.
La lama mi aveva preso alla bocca. Sentivo le labbra bruciare e urlai dal dolore.
 
Gli altri agenti erano inciampati ed ero libero.
 
"Miles!"
 
Un esplosione di fumo mi investì.
Sentivo colpi e gemiti nella confusione creatosi.
Vidi il mio coltello a terra e cercai di prenderlo scappando.
 
Dopo alcuni secondi mi accorsi di ciò che era successo, mentre il fumo si dissolveva.
Scorsi due figure incappucciate, e il corpo di Montano e i due agenti a terra.
 
"Hai fatto un bel casino questa volta, Adam."
 
Harold e Julia erano arrivati in mio aiuto, mettendo fuori combattimento gli agenti.
 
"Hey, cosa succede?"
 
"Harold ci sono altri due agenti lì." gli dissi mentre la mia bocca continuava a sanguinare.
 
"Cosa diavolo è successo! Fermi tut..."
 
Come un fulmine, una figura incappucciata scese dal cielo uccidendo i due agenti con una doppia lama celata conficcata nelle loro gole.
 
I corpi dei due agenti caddero morti al suolo.
 
"Stuart Montano, un poliziotto corrotto dalla malavita di Chicago. Faceva parte del piano del Massacro di San Valentino."
 
Jeremy si mostrò a noi con il suo lungo cappotto verde scuro. 
Si tolse la bandana a coprire il viso e si avvicinò a noi.
 
"Adam, abbiamo sentito del tuo bel viaggio in auto di poco fa. Spero avrai delle spiegazioni da dare."
Mi disse mentre si avvicinava a Montano.
 
"Jeremy, ha una brutta ferita, andiamo alla Cripta e poi..."
"Certo Julia. Ma prima, finiamo questa cosa."
 
Jeremy girò il corpo ancora vivo di Montano.
 
"No. Vi prego non fatemi del male. Mi pagavano soltanto per dare informazioni e..."
 
Sangue. La lama di Jeremy si era conficcata nella gola di Montano.
 
"Requiescat in Pace."
 
Il nostro Mentore prese una piuma dal suo cappotto, e la fece impregnare del sangue della sua vittima.
 
"Ora, Confratelli, lasciamo questo posto al più presto."
 
Scappammo fino alla cripta. Sentivamo sirene di auto della polizia ovunque. La notizia di quella strage era arrivata subito all'orecchio di tutti.
 
Dopo alcune ore, alla Cripta, Julia mi chiuse la ferita con alcuni punti di sutura.
La ferita sul labbro era davvero larga, ma lei era davvero brava nel medicare.
 
"E così, il Corvo Cremisi centra in tutto questo. Rapimenti, corruzione e tanto altro.
Bisogna capire chi è questa persona, dove si trova, e sopratutto se ha la Mela."
 
Jeremy stava riepilogando la spiegazione di ciò che avevo scoperto.
La donna chiamata Corvo Cremisi era stata una figura alquanto oscura e misteriosa per molto tempo. 
Dopo la morte di Edison probabilmente ha avuto più potere dai Templari, e per questo decidemmo di mettere il Corvo Cremisi come prossimo obiettivo.
 
"Jeremy, Harold, Julia. Vi ringrazio per l'aiuto di oggi. Sarei rimasto ucciso senza di voi."
Ringraziai i miei confratelli.
 
"Dovere! Anche se hai fatto un giro in auto troppo movimentato per tutta la città, hai scoperto informazioni utili e grazie a te abbiamo tolto di mezzo uno degli agenti corrotti più fastidiosi." mi spiegò Harold.
 
"E non dimenticare che hai vendicato Smith. Come hai sentito, Montano centrava nella storia della strage."
Spiegò Jeremy.
 
"Vi ringrazio ancora di cuore, salute e pace."
 
Salutai e andai via.
 
"Adam! Cos'hai fatto al tuo viso?" 
Holly mi vide rientrare per cena. I punti di sutura erano visibili e la sua reazione era scontata.
 
Spiegai l'accaduto e tutto ciò che avevo scoperto.
 
"E quindi da una parte ho vendicato Smith, e presto anche tutti coloro che ti hanno fatto del male Holly."
 
"Adam. Amore mio, promettimi una cosa." mi disse guardandomi con i suoi splendidi occhi
"Promettimi che una volta conclusa questa storia, ti libererai di tutto questo, niente più Assassini, niente più morti, niente più sofferenze."
 
Le presi la mano.
 
"Si amore, sarà una battaglia ardua fino alla fine. Ma ti prometto, un giorno tutto questo sarà solo un lontano ricordo."
 

Era una notte come le altre nelle scure strade di Chicago. Come di mio solito ero appollaiato sul tetto di un palazzo aspettando che i criminali del Corvo Cremisi compissero una delle loro scorribande.
 
"Serata tranquilla, Adam?"
 
"Harold, da quanto tempo sei qui?"
 
Harold Stonewood, il veterano della nostra gilda, mi aveva sorpreso con il suo arrivo improvviso. 
 
"A cosa pensi Adam?"
Mi domandò.
"È tutto così confuso, il governo sta ponendo fine al Proibizionismo, ma la gente si rivolta ancora per le strade, la criminalità aumenta, e ci ritroviamo con la polizia corrotta" iniziai a spiegare.
 
"Si, questa città, e il paese tutto, stanno passando un brutto periodo. Ma Adam, che cosa ti turba personalmente?"
 
Mi guardò, capendo che era una domanda forte per me.
 
"Ho paura Harold. Ho paura per la mia ragazza, ho paura di non poter combattere i Templari, ho paura di fallire, e gettare gli Assassini in un oblio."
 
"La paura ci rende più forti, Jeremy ce ne ha parlato tante volte. Adam, sono più di 25 anni che sono devoto alla causa degli Assassini, nella mia vita ho perso molte cose e persone a cui tenevo. Ma col tempo, combattendo le mie paure e i miei timori, ho avuto la possibilità di riavere qualcosa, una famiglia, e una bellissima bambina."
Spiegò Harold.
 
"Judith? Come sta tua figlia?"
 
"Cresce, sempre di più, e più tempo passa più cresce la mia responsabilità. Adam quello che voglio dirti è che tu sei ancora giovane, hai una persona al tuo fianco che ti ama e hai degli amici che contano su di te. Fa di queste cose la tua forza."
 
"Grazie Harold, sono davvero delle belle parole"
 
"Di nulla giovane Miles, ora vai a bere qualcosa, offro io per stasera."
 
Harold mi diede il cambio della ronda. E andai verso un bar lì vicino.
 
"Signor Miles! Adam, da quanto tempo!"
Un uomo dall'aria molto familiare si avvicinò.
"Signor Fitzgerald, che piacere rivederla!"
 
"Fa una passeggiata? Vorrei invitarla al Club, stasera c'è una serata Jazz e pensavo vorreste parteciparvi."
Mi spiegò con il suo fare gentile.
 
"Certo, mi farebbe piacere" 
Gli dissi, e vidi il suo volto fermo diventare sorridente.
"Allora andiamo, potremmo perderci lo spettacolo"
 
Ci avviammo verso il locale dove il Lost Generation Club teneva i suoi incontri.
 
Entrammo, e fui investito da un'aria leggera che sapeva di tabacco e profumi vari.
 
"Ah, finalmente ci siamo, io vado a bere un goccio"
Fitzgerald andò verso il bancone, dove incontrò subito dei suoi amici scrittori.
 
"Gertrude! Ernest! Compagni di mille avventure, cosa ci fate qui a Chicago?"
Fitzgerald scattò verso di loro.
"Scott, mio caro amico, siamo arrivati da poco dalla Francia, abbiamo una rappresentazione in città, e speravamo di incontrare qualche vecchio volto come il tuo proprio qui." l'uomo iniziò a parlare, era di bella presenza, giacca classica e maglione a collo alto.
 
"Certo che se voi due ora iniziate ad ubriacarvi e cantare ancora note portoghesi vi sbatto fuori come quella volta a Lisbona"
Si introdusse nel discorso la loro amica, sembrava un maschiaccio di mezza età, capelli corti, sguardo forte e vestiti casual.
 
"Tranquilla mia cara, stasera puoi tenerti Papa quanto vuoi! Ah, ma dove sono le mie buone maniere."
Fitzgerald mi avvicinò a loro.
"Lui è il signor Adam Miles, un mio caro amico, purtroppo stasera è senza la sua signora, Holly, sono abituali del Club."
 
Vidi i loro volti studiarmi, come per capire cosa avrei saputo fare nella vita per essere nel Club.
 
"Piacere sono Adam Miles"
Porsi la mano, stretta subito dall'uomo.
 
"Piacere mio Adam, io sono Ernest, Ernest Miller Hemingway."
Dinanzi a me avevo uno dei più famosi scrittori contemporanei, uomo molto conosciuto nel mondo e nel campo artistico.
 
"Il signor Hemingway? Quale onore, ma allora lei è..."
 
"Si, Gertrude Stein, piacere mio Adam."
Lei era una delle donne più rivoluzionarie che il mondo conoscesse. Aveva una relazione pubblica da anni con una donna, era una grande scrittrice, e il suo ritratto fatto da Picasso in persona ne faceva di lei una leggenda.
 
"Sono davvero onorato di fare la vostra conoscenza, signori."
Pensavo ad Holly come mi avrebbe invidiato in quel momento.
 
Iniziammo a parlare insieme di arte, letteratura, politica e sport. Come per quando conobbi Fitzgerald, anche Hemingway e Stein erano persone molto garbate e disponibili.
 
Dopo molti discorsi e bicchieri di alcool andati, vidi sul palco salire l'annunciatore col microfono.
 
"Signore e signori, un grande applauso alla star di stasera, Robert Johnson!"
 
Con qualche applauso salí sul palco un uomo di colore, trasandato, con una feretra appoggiata di lato sulla sua testa. Posò una borsa accanto allo sgabello, si sedette, e accordò la chitarra.
 
Iniziò a suonare e quello che uscì dallo strumento fu qualcosa di indimenticabile.
La musica prodotta da quel musicista era impressionante, note forti che esprimevano mille sensazioni. 
Ad un certo punto pensai che non fosse solo sul palco dal bravura, ma sbagliavo.
 
"Robert Johnson, viene chiamato il chitarrista del Diavolo, si dice che ha venduto l'anima per diventare così bravo."
Una donna affascinante mi si avvicinò. Capelli neri, lunghi, vestito scuro lungo, e uno sguardo molto misterioso di cui rimasi colpito.
 
"Vi ho visto così interessato nell'ascoltare la musica, mi sono permessa di lasciarvi qualche curiosità" continuò a parlare.
 
"Davvero si dice tutto questo in giro di Robert Johnson?" chiesi alla donna.
 
"Si, ci sono così tante cose che le persone dicono. Sono un'amante del mistero e dell'ignoto, sa. Dopotutto lasci che mi presenti, mi chiamo Lucy." mi diede la mano.
"Io sono Adam, piacere di conoscerla."
 
"Adam Miles? Ho sentito parlare già di lei, sa."
Mi disse sorridendo appena.
"Come scusi? Come fa a conoscermi?"
 
"Come ho già detto, amo il mistero, e lei signor Miles, è un uomo molto misterioso non è vero?"
 
Se ne andò, lasciandomi un biglietto.
Rimasi fermo immobile nei miei pensieri, mentre vedevo la donna andare via lentamente con il sottofondo musicale di Robert Johnson.
 
Lessi il biglietto, c'erano dei numeri strani con la scritta "Ti Aspetto" e sotto un disegno di un corvo cremisi.
"Qualcosa la turba, Signor Miles?"
Sentivo le voci di Fitzgerald e gli altri chiedere cosa avessi.
 
Corsi fuori dal locale. La cercavo, scorsi molte teste, troppe, ma era scomparsa.
Ero rimasto solo tra mille pensieri, sconvolto, in un fiume di persone che defluiva nella serata di Chicago.
 
Tornai dentro e mi riaccomodai al tavolo con gli altri.
"Adam, cosa l'è successo?"
Mi chiese Hemingway.
 
"Pensavo di aver visto una persona."
"Quella signorina dai gusti molto affinati con il suo aspetto esteriore, che però sembra essere poco raccomandabile?"
Chiese la signora Stein.
 
"Ah, oddio amici miei, state parlando della Strega?"
Fitzgerald si alzò dalla sua poltrona.
"La strega? La conoscete?" gli chiesi all'istante.
 
"Certo Adam. Quella strega ci odia, odia ogni forma di arte a cui il Lost Generation si attiene, se fosse per lei ci avrebbe cancellato da subito!"
Spiegò Fitzgerald.
 
Mi rialzai.
 
"Dovete scusarmi, miei carissimi amici, ma devo lasciarvi." dissi ai presenti.
"Oh Adam, proprio ora che Johnson sta suonando Crossroad? Vi perderete lo spettacolo, mio caro."
Mi disse Hemingway mentre mi fece notare che Robert Johnson suonava un'altra formidabile sinfonia con la sua chitarra.
 
Salutai i presenti e scappai tra le strade rigettandomi nel fiume di persone.
Passavo velocemente tra la folla, pensando a quanto successo poco prima.
Il Corvo Cremisi mi stava per tenere un trappola, qualcosa stava per succedere, e dovevo scoprire cosa volesse da me. Pensavo al contenuto di quel biglietto, la sua firma, quei numeri.
Dovevo scoprire a cosa corrispondevano.
 
Arrivai alla Gilda, dove vi erano presenti solo Carl e Julia.
"Hey Miles!" Julia mi salutò.
"Salve ragazzi, mi serve un aiuto, abbastanza veloce."
Chiesi ai miei amici.
 
"Certo dicci tutto Adam."
Disse Carl.
"Devo sapere se dei numeri corrispondano a delle coordinate in città o da qualche parte del paese."
 
"Dei numeri? A cosa ti serve saperlo?" chiese Julia.
Non volevo coinvolgere i miei compagni in una trappola del Corvo Cremisi, dovevo mentire per il loro bene.
 
"A quanto pare dei criminali usano questi numeri per segnalare i loro spostamenti o incontri segreti, potrei indagare su questa cosa se mi aiutate."
 
Inventai una scusa molto generica, dopotutto ero di solito essere l'assassino con più ronde contro i criminali negli ultimi tempi, e avrebbero pensato che riguardasse il mio compito.
 
"Ah si, certamente Miles, dammi i numeri, vediamo cosa riusciamo a vedere sulla mappa."
Julia fece un cenno per farsi dare i numeri.
Scrissi su un foglio i numeri, senza mostrare il biglietto del Corvo Cremisi.
 
Rimasi ad aspettare che Julia e Carl trovassero una giusta corrispondenza con i calcoli.
 
Girovagando nell'attesa entrai nella stanza di Jeremy. Era semibuia, ma la vidi lo stesso, il contenitore delle piume. Mi avvicinai alla cassa, pensando se quello che stavo facendo fosse la cosa giusta. Aprì il bauletto e presi una piuma dal suo interno.
Stavo rischiando la mia vita cercando una persona che mi avrebbe sicuramente teso una trappola, pensavo ad Holly, pensavo se l'avrei rivista dopo questa storia. Ma il Corvo Cremisi era un mio obiettivo, un obiettivo degli Assassini, è quella "Strega" andava fermata, e uccisa.
 
"Miles? Adam, dove sei?" sentivo Julia chiamarmi ed uscii dalla stanza di Jeremy.
Ritornai nel salone principale.
 
"Eccoti! Abbiamo buone notizie." mi disse Julia sorridendomi.
"A quanto pare questi numeri porterebbero in una zona appesa fuori città, precisamente in un vecchio cimitero. Se la fortuna ti assiste, potresti trovarti sulla via giusta."
Mi spiegò Carl.
 
"Grazie mille, spero di trovare qualcosa lì giù."
"Ti serve una mano con questa storia?"
Mi chiesero, ma dovetti rifiutare.
"No, grazie, andrò soltanto a fare un sopralluogo, a presto, compagni."
"Salute e pace, Adam."
 
Corsi verso casa, dovevo prendere la mia auto, che era stata riparata da poco dopo l'inseguimento con i criminali del Croco Cremisi. Il punto segnatomi sulla mappa era molto distante da fare a piedi, e l'auto mi avrebbe fatto risparmiare tempo.
 
Arrivai a casa, i negozi avevano chiuso da un pezzo siccome erano circa le 23:30.
Pensai alla mia dolce Holly.
 
Mi arrampicai fino alla finestra della nostra stanza.
Lei era lì, la vedevo dormire, il suo viso era illuminato dalla fievole luce accanto al letto.
Ero angosciato, nel vedere l'amore della mia vita, pensando che se fosse andato storto qualcosa con il Corvo Cremisi quella notte, forse era l'ultima volta che la vedevo.
Presi dei fiori da un albero di fronte alla finestra e li posai sul piccolo balconicino.
Mi girai per dare un ultimo sguardo dentro la finestra ma lei era lì, davanti a me.
"Amore mio." aprì la finestra.
"Holly, non volevo svegliarti... Ti ho portato una cosa per darti la buonanotte."
Gli porsi i fiori e lei mi baciò.
Strinsi la sua fronte verso la mia e gli dissi.
"Dormi ora amore mio, ci vediamo domani mattina."
Lei mi vide saltare giù con dei petali di fiori che scendevano dalle sue mani.
 
Accesi l'auto, dando un ultimo sguardo ad Holly, che mi fece un cenno, e partii verso la mia destinazione.
 
Dopo alcuni minuti mi ritrovai fuori città, verso questo cimitero, che raggiunsi su di una collinetta.
Il posto era come spiegato dai miei compagni, tetro e apparentemente abbandonato.
Entrai nella Chiesa del cimitero, venni oltrepassato da brividi, sentivo di non essere solo nella struttura. Stranamente vidi delle candele accese accanto all'altare, e misi la mano pronta sulla pistola.
 
"Infine sei venuto."
 
Mi girai di scatto estraendo la pistola.
"Calmatevi Signor Miles, non voglio nuocerla in nessun modo, voglio solo parlarle." 
Era lei, Lucy, il Corvo Cremisi.
 
"Mi dovreste spiegare il motivo di farvi seguire fino a qui, signorina Lucy"
Chiesi abbassando lentamente la pistola, ma senza rinfoderarla.
 
"Siete stato molto scaltro a trovarmi, dopotutto avete fatto un'ottima ricerca, decimando man mano anche i miei sottoposti, ma come ben saprà, non basta questo per fermare i Templari." iniziò a camminare.
 
"Lo so, ma i vostri sottoposti stavano per uccidere una persona a me cara, e avete reso questa cosa non più una cosa tra Assassini e Templari."
Spiegai mentre seguivo il Corvo Cremisi brandendo la mia pistola.
 
"Una questione personale allora? Capisco. Mi scuso in anticipo per aver causato problemi ai suoi cari ma, voi avete ucciso molti uomini che lavoravano con me, ma mi lasci che le mostri una cosa."
 
"Dove mi porta?" chiesi alla donna.
"Le mostro, la cripta della mia famiglia."
Ed entrammo in un lungo corridoio buio, adornato solo da qualche fiaccola e lampada, dove in fondo vi era una grande stanza in pietra.
 
"Eccoci. Qui e dove risiedono i resti del mio più grande antenato." disse Lucy, mentre ammiravo l'accuratezza di tanti dettagli sui muri. Quadri di battaglie navali, stendardi con le classiche croci Templari.
 
"Vedo che l'intera sua famiglia era devota alla causa Templare."
Chiesi alla donna.
 
"Certo, la maggior parte ne faceva parte. Ora signor Adam Miles, vorrei farvi capire la nostra giusta causa."
Iniziò a parlare ma la interruppi
"No, i Templari cercano solo il potere con i mezzi più crudeli e meschini che ci siano, siete un pericolo per la popolazione."
Urali.
"Vi sbagliate! L'Ordine Templare protegge il popolo, noi cerchiamo un potere per generare la pace nel mondo, così che tutti possano vivere bene."
 
"Certo, avendo al suo servizio dei criminali."
 
"Criminali? E voi cosa siete? Uccidete, lei anche lo ha fatto, Signor Miles, questo rende anche lei un criminale."
 
Rimasi in silenzio, aveva ragione.
 
"Il vostro caro Mentore, Jeremiah, non fa altro che parlare di libertà e giustizia, senza pensare all'ordine, alla disciplina e ad eliminare il caos."
Lucy continuò a parlare mentre prese un anello e me lo porse.
 
"Ci pensi ora, lei vuole la pace quanto noi, si unisca ai Cavalieri Templari, e guidi anche lei il mondo verso il futuro Signor Miles."
Si avvicinò a me, ma la mia risposta fu chiara.
 
"Tolga immediatamente quell'anello e insieme alle vostre folli idee davanti a me."
 
Lucy mi guardò prima pensierosa e poi disgustata.
 
"Sapevo che non potevo farvelo capire con le buone, Adam, ma a questo punto dovrò passare ad altro."
 
Dal buio scorsi 3 figure avvicinarsi, degli uomini coperti con una tunica imbottita e con dei simboli Templari su di essa.
 
"In nome dell'Ordine Templare e del mio antenato, Shay Patrick Cormac, io dichiaro la tua morte, Assassino"
 
 
 

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