Il Bivio tra Luce e Tenebra

di violetmoon888
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita ***
Capitolo 2: *** Sotterfugi ***
Capitolo 3: *** Attese ***
Capitolo 4: *** Fuori ***
Capitolo 5: *** Un'altra prospettiva ***
Capitolo 6: *** Maleficio ***
Capitolo 7: *** La Città d'Argento ***
Capitolo 8: *** Boston ***
Capitolo 9: *** Incubi ***
Capitolo 10: *** Rifugio ***
Capitolo 11: *** Demoni ***
Capitolo 12: *** Senza peccato ***
Capitolo 13: *** Alleanze ***
Capitolo 14: *** Il Limbo ***
Capitolo 15: *** Acqua ***
Capitolo 16: *** Questioni di sangue ***
Capitolo 17: *** Shock ***
Capitolo 18: *** Sussurri ***
Capitolo 19: *** Il Moth ***
Capitolo 20: *** Scelte ***
Capitolo 21: *** La figlia perduta ***
Capitolo 22: *** Domande ***
Capitolo 23: *** Segreti ***
Capitolo 24: *** La Profezia ***
Capitolo 25: *** Compromesso ***
Capitolo 26: *** Cadere ***
Capitolo 27: *** Giù ***
Capitolo 28: *** Nervi tesi ***
Capitolo 29: *** La Regina degli Inferi ***



Capitolo 1
*** Una vita ***


CIAO A TUTTI! HO DECISO DI PORTARE AVANTI UNA STORIA CHE MI AVEVA DECISAMENTE ISPIRATO E CHE CREDO SIA PIACIUTA MOLTO. APPROFITTO DI QUESTO PERIODO DI VACANZA E TEMPO LIBERO PER SCRIVERE E AGGIORNARE IN MANIERA CONTINUATIVA. LE VICENDE CHE HO MESSO SU CARTA ATTINGONO ALLA MIA BIZZARA VERVE FANTASTICA E AL PATRIMONIO DI LETTURE NERD CHE TUTTI AMIAMO . SUCCEDERANNO COSE BIZZARRE, COLPI DI SCENA CHE VI FARANNO INCURIOSIRE O STORCERE IL NASO, CHI PUO' SAPERLO?  DETTO CIO', BUONA LETTURA, SPERO VI PIACCIA.




POV ALICE


Non riuscivo a capire, non riuscivo proprio a capire come fosse possibile. La mia vita era cambiata in quelle poche settimane. Lo shock, era chiaro che lo stato di adrenalina e confusione impediva agli altri di parlare. Sentivo il respiro di Jasper accelerare. Mi stringeva ancora la mano. Immobile io fissavo il cielo, quel bagliore bluastro che quell’angelo aveva lasciato. Restammo tutti pietrificati come statue per qualche minuto. Poi fui io a sbloccarmi. Guardai Jasper, lo sentivo, provava una sensazione nuova, era spiazzato e mi fissava trasognato. Lo scossi leggermente e mi lasciò la mano si voltò verso gli altri, mi girai anch’io. Carlisle, il più lontano da noi fece qualche passo e sillabò un i-n-c-r-e-d-i-b-i-l-e.
“E’ possibile davvero?” Esmee gli si avvicinò, Bella venne ad abbracciarmi con troppa foga, io non capivo, non sapevo cosa fare. Mi lasciai abbracciare, chiusi gli occhi, cos’altro sarebbe potuto accadere?
“Alice, tutto bene?” Edward si accigliò, non riuscivo a pensare, tutto era così confuso.
“Si, io, continua a girarmi la testa” Jasper mi cinse da dietro, sentivo le sue mani gelide quasi tremanti, avevo ricacciato indietro le ali, non me ne ero neppure accorta. Ora qualcosa cominciavo a percepirla, era panico.
“Dobbiamo tornare a casa” sentenziò Carlisle, agitato, anzi quasi timoroso.
“Prima che qualcuno ci veda” aggiunse Edward. Cominciarono tutti a scendere, Jasper mi prese di nuovo la mano, lo trattenni.
“Jasper, io” non sapevo cosa dire, mi lasciò la mano, allora anche lui aveva timore, anche lui non sapeva cosa pensare seppur avvertivo quella scintilla di gioia, di calore per quello che era successo. Muovendomi in un millisecondo lo strinsi a me, dio, un figlio, io non ci avevo mai pensato, ero terrorizzata, affondai il viso nel suo maglione, volevo solo lui, sentire lui, il morbido dei suoi indumenti, la sua pelle liscia, il suo odore.
“Dobbiamo andare” disse accarezzandomi i capelli. Perché non potevamo restare lì da soli su quel tetto nel Montana e basta, perché? Lentamente ci avviammo alle macchine e durante il viaggio di ritorno restai appoggiata alla sua spalla con gli occhi chiusi, volevo sparire. Probabilmente pensarono che dormissi. Carlisle cominciò a sussurrare dal posto di guida, Edward gli era affianco, io e Jasper avevamo occupato i 3 sedili posteriori.
“Come dovrei fare…” non lo disse a nessuno in particolare ma Jasper si irrigidì e mi strinse  di più a sè ma con delicatezza.
“E’ impossibile saperlo con certezza” questa volta si rivolse ad Edward,
“Jasper, non so se potrò essere d’aiuto questa volta” avevo capito, parlavano del feto, di come sarebbe stato possibile accertarne l’effettiva esistenza. Una vita dentro il mio corpo, sono un vampiro, come posso essere incinta?
“I vampiri non possono insomma…” Edward ammiccò,
“Lei è di più” sussurrò Jasper impaziente,
“Proverò con qualsiasi cosa, vedremo se riusciremo a capirci qualcosa prima che quella creatura tornerà a manifestarsi”. Una brusca frenata mi fece sobbalzare, aprì gli occhi,
“Siamo arrivati tesoro” sorrisi fiaccamente a Jasper e mi fiondai sul divano di casa,Edward mi sorrise e si sedette sulla poltrona. Carlisle e gli altri erano saliti di sopra, Jasper indeciso tornò da me.
“Lo sappiamo che hai sentito” disse Edward, Jasper annuì parandosi in piedi davanti a me,
“Cosa ne pensi Alice?” mi chiese mio fratello, Jasper non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso, un misto di ansia e di eccitazione.
“Io non lo so, non credo sia possibile, ma non lo so…”
“Io credo a quella creatura” Edward asserì fiero,
“Ma se prima…” ero confusa,
“Credere però non basta per Carlisle” sviò il discorso,
“Non capisco…” dissi esausta,
“Alice, vuole verificare se davvero tu sia incinta” Jasper si abbassò e mi sorrise massaggiandomi la schiena,
“Oh, certo, devo andare di sopra quindi” Jasper ti amo avrei voluto dire, Jasper cosa ci succederà ora avrei voluto dire, non riuscivo a sostenere il suo sguardo, lui voleva che fosse vero, io non potevo ancora capire cosa volessi. Mi alzai e vidi i riflessi delle mie iridi azzurre nella cristalliera di fronte, la paura forse era forte quanto la rabbia, quanto l’amore. Cercai di calmarmi, il blu a poco a poco si affievolì. In una falcata fui in cima alle scale. Carlisle ed Esmee sussurravano tra loro tenendosi per mano, Bella accarezzò il lettino rivestito di carta velata pensierosa.  Simultaneamente mi guardarono, impalata in cima alle scale.
“Alice, possiamo provarci ma non ti prometto nulla” Carlisle mi mise una mano sulla spalla preoccupato, Jasper salì, nel mentre io mi spostai sul lettino inquieta. Carlisle aprì gli armadi di quercia e tirò fuori una sorta di ecografo, un aggeggio tondo e una siringa. Jasper mi fu accanto, la paura stava per prendere il sopravvento.
“ Allora, facciamo tutti un bel respiro.” Si sgranichì nervoso,
“La creatura ha detto che sei incinta” mi fece un cenno e mi stesi sbottonando i jeans,
“E’ una situazione del tutto nuova, come quella di Renesmee, ma alla fine siamo riusciti a cavarcela” Jasper rabbrividì,
“Carlisle, Bella è quasi morta, pensi che Alice sia in pericolo?” chiese e mi guardò intensamente,
“Non lo so, ne so quanto voi, ma Alice è una vampira, e un angelo, ed è la più forte fra noi” sospirai, la creatura, così l’aveva definita Carlisle, ma era mia madre, si sarebbe fatta viva. Lei poteva, doveva darmi delle risposte. Rabbia. Ero furiosa con lei ora.
“Alice” Jasper mi posò una mano sulla spalla e osservai i miei occhi iridescenti, fiamme bluastre.
“proviamo con gli ultrasuoni” era freddo, e fastidioso, chiusi gli occhi pensando a Jasper e al nostro primo incontro, quel ricordo era la mia quiete. L’avevo trovato quel giorno, non sarebbe andato più via. Senza accorgermene cercai la sua mano con la mia.
“Sono qui” mi sussurrò all’orecchio,
“La nostra pelle, è troppo spessa, non vedo nulla” disse Carlsile, poi afferrò il robusto ago da 10 cm,
“Che…”Jasper mi abbassò la camicia,
“Jasper, non accadrà nulla, è un’amniocentesi” disse.
“Hey Jazz, va tutto bene, devo farlo…” si scostò dubbioso, l’ago penetrò nella mia pelle, il dolore era accettabile in fondo. Carlisle ebbe un sussultò.
“Sento qualcosa…” conficcò più a fondo,
“Ahhh” non era come il dolore alla schiena, era meno intenso, ma comunque forte adesso, non riuscivo a trattenermi, Jasper fremeva.
“Si, c’è, un feto si!” esclamò con entusiasmo, gridolini da parte di Bella ed Esme si diffusero in tutta la stanza. Jasper restò di sasso come me.
“Carlisle! P-u-oi” stava per succedere qualcosa, di nuovo, no! Un bagliore azzurro ci accecò tutti e la siringa fu scaraventata a 4 metri di distanza. Mi alzai e scattai all’indietro, avevo perso di nuovo il controllo.
“Che succede?” Edward ci raggiunse perplesso,
“Scusami Carlisle, non so cosa”
“Incredibile” Jasper si avvicinò e mi abbracciò prima ancora che potessi pensare di fargli del male e trattenerlo. Mi scoppiava la testa. Una giornata infinita.
 “E’ così, allora” mi sciolsi dall’abbraccio di Jasper,
“Aspetto un bambino” pronunciando tali parole spostai lo sguardo sul pavimento, cominciai a scrutare il futuro, mi voltai e saettai giù dalla finestra. Corsi veloce, volevo cacciare, distruggere qualcosa, quella creatura, mia madre aveva cambiato tutto e non si era degnata di dirmi nulla. Troppi cambiamenti, troppi. Volevo sparire.
 
 
 
POV JASPER
Non la seguii. Era scioccata, più di me. Era scappata, di nuovo. Esmee mi strattonò,
“Jasper, che aspetti, va da lei, è terrorizzata” Bella tornò giù, Edward allontanò Esme,
“Deve restare un po' sola, sono troppe emozioni da digerire in un giorno” io annuì, volevo seguirla ma la sua reazione, cosa avrei potuto dirle, non avevo idea di cosa significasse essere padre. E poi il bambino cosa sarebbe stato? Com’ era possibile.
“Jasper, non crollare anche tu ok?” Edward mi tirò a sé mentre Carlisle recuperò qualche libro dalla sua collezione di mitologia e cominciò a sfogliarli freneticamente.
“Lo so, è una cosa sconvolgente, posso capire almeno questa parte di quello che sta accadendo ad Alice, devi starle vicino, è sconvolgente ma bellissimo, lei lo sa” mi passai una mano tra i capelli esausto.
“Non credo sia quello che vuole, non sembra felice” svuotato di ogni energia avrei voluto dormire come lei e Renesmee e gli umani.
“Non dire sciocchezze, ha solo paura, ha bisogno di te, non commettere il mio stesso errore, non lasciarla sola.” No questo non l’avrei mai fatto. Salì nella nostra stanza pensieroso.
“Alice, sei qui” dissi sorpreso,  i suoi occhi azzurri si illuminarono appena mi videro,
“Non sei andata via” era seduta sul letto, il riflesso della luna ne illuminava metà sagoma, restai incantato a osservarla,
“Vieni qui” disse incerta e picchiettò sul copriletto, avvertivo paura e tristezza . Non mi guardava negli occhi.
“Alice Cullen guardami” le sollevai delicatamente il viso,
“Mi dispiace” mi alzai all’improvviso e lo dissi arrabbiato,
“Cosa?”
“Non credevo che l’idea di avere un figlio da me ti riducesse in questo stato” la stavo ferendo, le parole uscirono incontrollatamente,
“Che dici Jasper!” abbassò di nuovo lo sguardo,
“Hai paura e provi rabbia e sei infelice!” scattò anche lei corrucciata e mi spinse contro la parete, la sua forza era strabiliante.
“Non sono infelice, io si sono arrabbiata, puoi immaginarlo, scoprire dopo un secolo chi io sia e da qualcuno che non può aiutarmi, si sono terrorizzata per me, per il… bambino, per te” premeva entrambe le mani sulle mie scapole e mi teneva inchiodato al muro. Sospirò indietreggiando.
“Jasper non ho mai pensato ad avere un figlio ma come puoi credere che questo mi renda infelice!” mi guardava con quegli occhi fiammeggianti.
“Alice, io non riuscivo a capire, ci sono così tante emozioni che mutano all’istante dentro di te e io ne sono sopraffatto” l’abbracciai e la condussi a letto.
“Non devi avere paura per te, né per me né per il bambino, io ti proteggerò, sempre” si calmò,
“Perdonami”  stesa accanto a me fece per avvicinare il suo volto al mio per baciarmi,
“Se loro dovessero scoprirlo io non voglio perderti” si riferiva ai Volturi, raggelai.
“Non mi perderai” lei mi afferrò la mano e l’ avvicinò al suo grembo, gli occhi incandescenti, non c’era bisogno di aggiungere altro.
 
 
 
POV Alice
Dormii a lungo quella notte, non mi accorsi che il sole fosse ormai già alto, quando riaprii gli occhi erano le 11 del mattino, Jasper entrò nella stanza dopo 2 battiti di ciglia.
“Buon giorno” aprì la finestra per lasciare entrare l’aria fredda di Forks in pieno autunno, mi stropicciai gli occhi e mi diressi alla cabina-armadio. Lilla, oggi era necessario un colore tenue e rilassante. Saltellai agilmente davanti allo specchio, non pensai agli occhi, mi concentrai sul tessuto leggero e la svasatura del vestito. Jasper mi abbracciò da dietro e mi diede un bacio sul collo. Ridacchiai, fissai le nostre sagome allo specchio, le nostre sagome che combaciavano perfettamente. I suoi occhi, oro colato, scrutavano i miei capelli corvini, arruffati per il sonno. I miei occhi, neri come la pece. Mi portai la mano alla gola. Avevo una sete pazzesca.
“Dovresti andare a caccia” osservò Jasper, annuì e mi avvicinai alla finestra,
“Hey” mi ero bloccata, Carlisle voleva andare a Denali, voleva che Eleazer lo aiutasse a reperire delle informazioni sulla mia condizione. Jasper, sarebbe andato con loro.
“Carlisle, ti sta cercando” mi guardò preoccupato,
“Vuole andare in Alaska, per cercare notizie su di me, beh…su di noi” era strano abituarsi all’idea che qualcosa vivesse dentro di me, ma era piacevolmente bizzarro, risi senza motivo, al che Jasper si rilassò e venne ad abbracciarmi.
“Okay, sarò di ritorno stanotte” saltai giù dalla finestra con un salto all’indietro,
“Jasper!” esclamai irritata ma divertita,
“Cosa c’è?” continuai a fissarlo,
“Ah, oltre ad Edward lo chiederò anche a Jacob!” sgattaiolò via,
“So badare  a me stessa! Sono la più forte ricordi!?” un ringhio compiaciuto mi arrivò dal basso.
“Bene” dissi a me stessa, avevo la gola in fiamme, respirai, lentamente le ali si dischiusero in un fruscio accompagnate dal sibilo della stoffa in pezzi.
“Ah, accidenti…rovinerò tutti i vestiti” bisognava trovare una soluzione anche per quello, mi sentivo nuovamente leggera, libera. Avere le ali dischiuse era così piacevole, trattenerle era davvero difficile. Le sbattei energicamente e mi sollevai a 4 metri da terra. Annusai l’aria. Un gruppo di alci a sud. Che strano non ero affatto concentrata sulla caccia benché avessi così tanta voglia di sangue, ripensai alla giornata di ieri, a quella creatura, a Jasper, a Billy, alle loro voci, alle loro reazioni. Anche Eleazer lo saprà e tutti i nostri cugini di Denali. Non era rischioso? Billy aveva detto di mantenere il segreto. Scossi la testa. Basta. Dovevo bere. Mi fiondai a capo fitto sul grosso maschio e in pochi secondi l’ardore sparì. Mi sedetti in cima ad una roccia che sporgeva lì vicino, le ali mi attorniavano candide e fiere. Non mi ero mai sentita così completa. Quello che ero. Forse doveva andare davvero così.
“Chi c’è!” ringhiai ad un cespuglio, avvertivo l’odore di un lupo, ma nulla di familiare, apparve, era grosso, grigio pezzato di nero. L’istinto di attaccare quell’estraneo era troppo forte. Scattai verso di lui, lo sollevai  per il collo e lo scaraventai a terra. Mugolò per il dolore. Ferma. No. Non poteva essere un lupo dei branchi, avrei riconosciuto l’odore. Ululò. Vattene Alice. Dovevo andarmene. Un licantropo sconosciuto mi aveva vista. No. Ritrassi le ali di colpo, a che sarebbe servito? Vattene, cominciai a correre prima che arrivasse qualcun altro.
 
 
 
POV Edward
“Dai tesoro! Fai provare me!”
“No” Renesmee, ostinata continuava ad armeggiare con lo smartphone che Emmett le aveva regalato. Non ero mai stato d’accordo.
“Ecco, risolto, era un virus” mi guardò fiera lanciandomi l’oggetto. Tutta sua madre.
“La zia Alice avrà un bambino allora!” cominciò a saltellare nel porticato,
“E tu come fai a saperlo diavoletto!” ridacchiò,
“Me l’ha detto..emm…la mamma” l’afferrai dubbioso,
“Va bene, vi ho sentiti parlare stanotte a casa!” dimenticavo quanto i suoi sensi fossero sensibili,
“Papà posso vedere Jacob! Perché non è ancora arrivato!”
“Papà”
“Aspetta qui” Alice, era stata attaccata da un lupo, come? Mi fiondai nella sua direzione, dopo pochi minuti ci incontrammo, correva spaventata,
“Edward, accidenti” si guardò attorno inquieta,
“Perché un lupo del branco ti ha attaccato?” ero basito,
“Zia Alice stai bene?” Renesmee le cinse la vita, Alice affondò le mani nei suoi boccoli rossicci e le sorrise, annuì,
“Tu non ascolti mai vero?” la piccola mi fece una linguaccia.
“Non era un lupo del branco”
“Cosa?”
“Non era un lupo del branco” abbracciò Renesmee,
“Dobbiamo vedere Billy” altri problemi in vista.
 
 
 
POV Alice
“Jasper e Carlisle sono già partiti?” chiesi titubante, Edward correva affianco a me,
“Io credo che siano all’ospedale, non li vedi?”
“Li vedo già in Alaska” un licantropo di un altro branco mi aveva attaccata.
Corremmo più in fretta che potemmo, nell’aria c’era un odore strano, intenso, percepii la presenza di molti lupi, non riuscivamo a vederli però. Con ampie falcate superai di netto Edward, era più lento del solito, cominciò a frenarsi, sempre di più finché si arrestò completamente.
“Edward che hai?” urlai già lontana centinaia di metri, lo raggiunsi. Scrutava intorno a sé,
“Sono ovunque” se non tutti, la maggior parte del branco cominciò ad avvicinarsi scendendo dalla montagna. Distinguevo Jacob e una lupa grigia, Leah. Solo loro due si avvicinarono di più, gli altri si guardavano l’un l'altro agitati, le orecchie abbassate, qualcuno sfoderava gli enormi canini.
“Alice tu…” anche Edward sembrava agitato,
“Cosa?”
“Hai attaccato Seth” Seth? Impossibile non era Seth, non aveva il suo odore, l’avrei capito, quel lupo era un estraneo, voleva attaccarmi.
“Sei sicura?” mi chiese,
“Io…” non poteva essere altrimenti.
 
 
 
POV Edward
I loro pensieri erano vividi e riassumevano tutti la medesima cosa, Alice aveva attaccato Seth. Giungemmo a casa di Billy con i lupi alle calcagna, tenevano d’occhio Alice intimoriti, credevano che avrebbe potuto far del male sul serio. Non riusciva a controllarsi completamente. Era passato un mese o due dalla trasformazione, era difficile lo sapevo.
“Alice!” Billy era tranquillo, lievemente estasiato, non sapeva del bambino, Alice sembrò leggermi nel pensiero e mi lanciò un’occhiataccia.
“Billy non avvicinarti” Leah si era trasformata e sfrecciò davanti ad Alice parandosi tra lei e Billy, Alice si irrigidì, nei suoi pensieri vedevo un lupo grigio e nero che la fissava, in effetti non sembrava Seth ma l’odore era impossibile da nascondere.
“Leah spostati” nessun singulto,
“Leah!” Jacob la richiamò mi sfiorò una spalla e guardò Alice accigliato,
“Lei è pericolosa” pronunziò quelle parole arrabbiata e spaventata al tempo stesso,
“Leah non aveva capito che fosse Seth” tentai,
“Certo, insomma se i suoi sensi sono così acuti dovrebbe percepire l’odore di qualcosa che conosce da chilometri!”
“LEAH SPOSTATI!” la voce tonante di Billy riecheggiò tra gli alberi, finalmente Leah andò via, gli altri lupi erano tutti nei dintorni pronti a scattare in caso di necessità.
“Avvicinati pure Alice” non si mosse,
“Ha ragione Billy, a quanto pare non ho ancora il controllo” lui scosse la testa,
“ E’ così” mi accostai ad Alice sfiorandole il braccio, avrei voluto fare qualcosa ma eravamo tutti con le mani legate.
“Io stavo cacciando ed è comparso un lupo chiazzato di nero, non era Seth, cioè non lo avevo riconosciuto e poi lui…” si fermò,
“Seth era sporco di fango quando Leah e Sam lo hanno trovato…” disse Billy
“Eri nel bel mezzo della caccia, l’odore è stato camuffato e ti sei sentita minacciata” aggiunse, non mi era chiaro però, Seth nella sua mente l’aveva attaccata,
“Seth non ti ha attaccato Alice” ripetei,
“Sono confusa, è stato come se non potessi fermarmi, l’istinto di attaccare era troppo forte…mi dispiace” cominciò a fare avanti e indietro.
“Tranquilla Alice, è l’angelo che vuole proteggerti” restammo di sasso, lui sapeva?
“La vampira e l’angelo, le due parti di te sono in conflitto, devi imparare a farle lavorare insieme, capisci?” Alice tornò a respirare,
“Alice penso che dovr…” gli occhi le si illuminarono di blu, mi bloccai, meglio non farla arrabbiare.
“Tornare a casa, Billy, non possiamo fare qualcosa per il controllo?” sospettoso Billy girò le ruote della sedia e si allontanò sul porticato,
“Solo lei sa come acquisire il controllo”
POV Alice
Afferrai Edward per un braccio e lo sbattei con forza contro il tronco del pino alla nostra sinistra, ridacchiò leggermente ansimante,
“Glielo avresti detto!” mi fissava imbambolato, lo lasciai, provai a rilassarmi, il colore dei miei occhi provocava uno strano effetto sugli altri.
“Grazie a lui abbiamo scoperto chi sei, forse avrebbe potuto dirci di più” ringhiai,
“Perché credi che Carlisle non l’abbia fatto e sia andato in Alaska? Se lo sapessero i Volturi, hanno sentinelle ovunque, sarebbe la fine” mi portai una mano sulla fronte, non avevo avuto alcuna visione su di loro da mesi.
“Ma anche Denali potrebbero esserci spie” cominciò,
“Non dirà nulla. Dirà ad Eleazer solo di procurargli del materiale per una ricerca” dissi,Edward annuì, annusai l’aria, eravamo quasi a casa ma c’era ancora odore di licantropo nei dintorni. Non vedevo l’ora di librarmi di nuovo in cielo, era stata una mattinata pesante volevo solo salire in alto e che la testa eliminasse ogni pensiero. Giunti sul porticato mi fermai e chiusi gli occhi, era difficile aprirle quand’ero calma, rilassata, dopo 30 secondi uno scroscio e finalmente libera. Aprii gli occhi, con un movimento fulmineo le sgranchì. Sorrisi ad Edward e le contemplai insieme a lui, sfiorai con le dita i bordi morbidi, non emettevano quella luce azzurognola, non erano totalmente bianche, stavano cambiando, dalle scapole erano di un azzurro intenso che sfumava nel bianco alle punte. Guardai il vetro della porta scorrevole, gli occhi di un sottile ceruleo quasi impercepibile,
“ Credo che la tonalità cambi con le emozioni, prima eri rabbiosa ed erano fiamme blu notte” Edward si avvicinò, lo fermai con la mano.
“Attento, ora che mi sollevo la forza d’urto non è piacevole” tirai indietro le ali pronte a spalancarsi,
“Alice” Edward mi afferrò la mano, lo guardai interrogativa,
“Credo che sia il bambino, hai attaccato Seth perché lui si sentiva minacciato”.
 
 
POV Jasper
“Alice” era seduta sul bordo della porta-finestra, percepivo stanchezza e una sottile inquietudine, mi avvicinai e sedetti accanto a lei, era notte fonda, l’aria gelida strattonava le tende color avorio.
“Edward te l ha detto” affermò con quella sua voce cristallina, le presi la mano,
“Non è stata colpa tua” sospirò e alzò lo sguardo alla luna,
“La cosa mi sfuggirà di mano prima o poi e farò del male a qualcuno” disse con insolita calma,
“Jasper” si voltò verso di me e mi passò una mano sulla guancia,
“Voglio provare una cosa, ti fidi?” le sorrisi ammaliato,
“Certo che mi fido” le presi la mano e la baciai, ridacchiò e quello che accadde dopo mi stupì completamente. Mi tirò a sè alzandosi e spalancò le ali. In pochi secondi fummo in alto, nel blu della notte, mi stringeva  senza fatica. Sbattè nuovamente le ali e ci trovammo ad un’ altezza vertiginosa, le cime degli alberi facevano capolino da dense nubi grigiastre, il battito era lento ma costante quasi simile a quello di un cuore umano. Stupefatto mi guardai attorno e poi guardai lei, calma, felice, l’iridescenza tenue degli occhi azzurri.
“Allora come ti sembra?” non riuscivo ad aprire bocca, lei rise e mille cristalli attraversarono lo spazio aereo echeggiando sino alle montagne.
“E’ incredibile, sicura di riuscire a reggermi?” mi guardò in segno di sfida, avvolse più stretto il braccio in torno al mio fianco e virò bruscamente verso il basso, a mala pena distinguevo gli oggetti per quanto fosse veloce, l’aria gelida le scompigliava i capelli corvini, concentrata eseguiva giri e piroette, fletteva le ali come un falco, avvertivo quella leggerezza quella libertà che il suo corpo esternava. Mi sentì come lei. Ad un tratto rallentò il ritmo.
“Non so se siamo ancora negli Stati Uniti”. SI abbassò e scorgemmo un paesaggio completamente innevato e più freddo, annusai l’aria.
“Forse  siamo arrivati in Alaska” dissi sorpreso di quanto rapidamente avessimo superato i confini.
“Che c’è?” si era fermata, batteva di nuovo le ali in fretta per tenerci sollevati, un’espressione interrogativa sul volto,
“Non senti quest’odore?” chiese, fui sull’allerta, fiutai di nuovo l’aria ma non avevo sentito nulla, da quell’altezza non riuscivo a distinguere granchè, il vento che soffiava era stracolmo di odori.
“D’accordo, torniamo indietro” disse rilassata, mi diede un bacio sulla guancia e scattò fulminea.
 
POV Alice
Atterai vicino ad una spelonca enorme, mai vista nel nostro territorio, sgranchì le ali, era stato più faticoso del previsto portare anche Jasper, ero esausta ma non volevo darlo a vedere.
“Siamo ancora lontani!” esclamò entrando nella grotta, era ricoperta di muschio bianco, e la temperatura all’interno era molto più calda, sottili stalattiti ne ricoprivano la volta, era davvero spettacolare.
“Okay” gli feci un cenno pronta a partire, mi bloccò,
“Sei stanca, restiamo qui per qualche ora.” Sedette sul muschio. Incerta mi avvicinai chiudendo le enormi ali. Non parlammo per qualche minuto, avevo intensione di chiedergli cosa mai avesse scoperto Carlisle ma c’era qualcosa di strano. Gli presi la mano. Una sensazione davvero forte.
“E’ stato incredibile” disse sorridendo, quei denti bianchi e perfetti, quella bocca, avrei desiderato solo baciarlo, sentì le ali fremere.
“Alice?” aveva poggiato la mano sulla mia spalla, ero troppo assorta non me ne ero neanche resa conto, continuava a sorridere, certamente avvertiva cosa sentissi, scossi la testa.
“Tutto bene?” spostò la mano carezzandomi lo zigomo sino al collo,
“Si, credo…Jasper, Carlisle ha scoperto qualcosa?” si alzò pensieroso,
“No nulla che possa aiutarci, e soprattutto nulla riguardo il bambino” Edward gli aveva illustrato la sua teoria?
“Edward ti ha detto cosa pensa del bambino?” guardai automaticamente in basso, Jasper sembrò preoccuparsi, scattò verso di me e incerto appoggiò la mano destra sul mio ventre
“Hey è tutto okay” gli presi la mano e la portai alle labbra, aspirai quel profumo, mi venne la pelle d’oca. Passò 1 minuto, Jasper aspettava che parlassi.
“Si.. crede che io abbia attaccato Seth perché lui sta cercando di proteggermi” mi allontanai,
“Proteggerti?” Jasper mi seguì,
“Vedi, forse per questo non riesco ad avere il controllo, nonostante siano passati mesi, i licantropi sono una minaccia per me, è come se lo sapesse”.
“Billy lo sa?” domandò ,
“Jazz, non deve saperlo nessuno oltre alla nostra famiglia, nessuno…”lo presi per la giacca e lo bloccai contro la parete,
“Non voglio mettere in pericolo nessuno” intrecciò le sue mani alle mie, vedevo il riflesso più intenso delle mie pupille nelle sue, cominciai a baciarlo, freneticamente, ecco quella sensazione, io lo desideravo, come mai sino ad ora, volevo sentire tutto, il suo tocco, il suo odore, i suoi baci, lui dentro di me. Gli strappai la camicia, e cominciai a slacciargli la cinta. In attimo fummo sul muschio bianco completamente nudi, sentivo le sue mani cercare i miei seni, quella sensazione era così potente, quasi ci stessimo per fondere in un unico individuo, spalancai le ali che illuminarono di blu la grotta.
 
“Riesci a vederlo?” eravamo abbracciati l’uno all’altra quasi col fiato corto, mi scostai per guardarlo negli occhi,
“No, non lo vedo, non credo riuscirò a vederlo, è come per i lupi e per Renesmee, credo” annuì pensieroso,
“E’ quasi l’alba, siamo rimasti qui più a lungo del previsto direi” sfoderai un sorriso a 32 denti e mi avvicinai a pochi centimetri dal suo orecchio,
“Potremmo restare ancora un po’ o per sempre” sussurrai persuasiva, cominciai a mordergli l’orecchio,
“Alice, così non vale tu…” lo zittii con un bacio e feci scivolare la mano sino al suo inguine, il telefono squillò, mi bloccai,
“Edward, vuole parlarci…” Jasper scattò in piedi e cominciò a vestirsi, spalancai le ali e lo tirai a me,
“Tesoro sembra urgente” non lo ascoltavo, il suo odore, non riuscivo a resistere, a smettere di pensarci, a baciargli il petto,
“Alice” le ali divennero più luminose e calde, potevo sentirlo,
“Alice!” cosa stavo facendo? L’avevo bloccato, contro la parete con forza straordinaria, avevo sfoderato i canini, mi catapultai dalla parte opposta, ansimante,
“Jasper scusami non so cosa mi è preso…” ero terrorizzata, corse verso di me,
“Sta calma, non è successo nulla” mi abbracciò,
“Sei congelata, su vestiti” rinfoderai le ali e in un attimo fui vestita e fuori dalla grotta,
“Alice, non è successo nulla” disse deciso,
“Ho perso il controllo, ho perso il controllo con te” gli occhi mi bruciavano, una lacrima d’argento mi scivolò lungo la guancia,
“Torniamo a casa, okay?” era agitato anche lui, lo nascondeva bene però,
“Tu non mi stavi attaccando, forse non è il bambino, sono io Jasper” si passò una mano sulla fronte,
“Andrà tutto bene…Alice fidati di me tu ora” fece per abbracciarmi di nuovo, avrei voluto fermarlo ma non osavo muovere un muscolo, mi prese le braccia e mi guardò intensamente,
“Tu non mi farai del male”.
 
 
POV Jasper
L’aria gelida del mattino cominciò ad intiepidirsi, gli odori del bosco si miscelavano nella luce dell’alba, i licantropi erano arrivati sin lì, strano, adesso il loro territorio era più vasto, più lupi, con la trasformazione di Alice, più lupi. La sentivo appena avanti a me quasi non toccava terra mentre correva il più velocemente possibile. Pochi minuti e saremmo arrivati. Edward aveva detto che c’erano novità, di tornare subito, di non allarmarsi. Il bambino, era chiaramente lui ad avere quest’ effetto su di lei, voleva negare che fosse così, che lei fosse la sola causa, ma quei comportamenti non erano certo dissociabili dalla gravidanza, nessuno poteva saggiarne gli effetti, un concepimento unico nella storia probabilmente. Chi poteva dirlo. Si sentiva in colpa. Era stata una notte indimenticabile. Non aveva mai provato un desiderio così forte. E in verità neanch’ io. Rivedevo ancora l’immagine di lei che mi teneva inchiodato alla parete e mi baciava il petto, gli occhi una fiamma e poi mi aveva guardato negli occhi, i canini, un sottile ringhio. Non sapevo cosa intendesse fare, avvertivo solo quel desiderio così forte. La raggiunsi, stava rallentando, si fermò. Un’espressione di ghiaccio sul volto. Aveva forse visto quello che Edward intendeva dirci. Non feci in tempo a chiederglielo che Edward mi corse incontro, eravamo vicini al porticato.
“Eccovi finalmente!” mi diede una pacca sulla spalla un po’ agitato, lesse nelle nostre menti gli ultimi avvenimenti,  non disse nulla però. Imbarazzo.
“Allora come sapete che ce ne sono altri?” disse Alice visibilmente irritata,
“Entriamo…” sorpassò Edward e si fiondò in casa.
“Altri come lei?” chiesi sorpreso,
“Si, Carlisle ha contattato i Ticuna, come i Quiliete conoscono gli angeli, come i vampiri qualche volta scendevano sulla Terra per unirsi ai mortali ma il caso di Alice è un shock anche per loro…” lo bloccai,
“Aspetta Edward, tu sai cos’è successo questa notte…” ridacchiò imbarazzato,
“Si…a volte preferirei che foste tutti come Bella…”
“Il bambino ha quest’effetto su di lei…è più aggressiva…”
“Si, concordo” disse e si fermò sulla soglia,
“Non credo avesse acquisito ancora completamente il controllo, e ora questo l’ha destabilizzata. Credo che ci vorrà molto tempo. Dovremo tenerla d’occhio.” Girò la maniglia,
 “I Ticuna non hanno mai udito di una Nephilim trasformata in vampiro…” Carlisle era al centro della sala, Bella Alice Esme e gli altri seduti,
“Nephilim?” Alice si alzò e si parò davanti a Carlisle, mi guardò intensamente e per un secondo gli occhi le si illuminarono,
“Si, gli umani figli di angeli” si scostò, ed io le presi la mano, Carlisle sorrise fissando i due zaffiri,
“Mi hanno detto che i nephilim scoprono di essere tali in momenti diversi della loro vita, non c’è quantitativamente un numero di anni che ne definisce il processo di trasformazione, come per Renesme, possono anche restare umani fino ad 80 anni” proseguì,
“Certo.” Alice mi lasciò la mano, sospirò e avvertì profonda tristezza,
“Quando mi hanno rinchiusa, quando ho perso la memoria dopo essere stata morsa, ho perso la mia identità, non ricordavo chi fossi da umana, non potevo trasformarmi, è stato il recupero dei ricordi ad innescare tutto questo”
“Esatto…” tirai Alice a me,
 “Carlisle prima che tu continui, io e Jasper crediamo che la gravidanza stia amplificando le capacità di Alice, nonché le sue emozioni” esordì  Edward , non che fossi al corrente in merito al primo punto nominato, ma era così dopotutto,
“Ragazzi non è colpa del bambino, sono io a non avere il controllo”
“No Alice tesoro…non è una colpa, la gravidanza ha degli effetti, su ogni creatura, nel tuo caso potremmo sorprenderci, ma non c’è nulla da temere..” disse Carlisle,
“Non corre pericoli vero?” l’abbracciai dalle spalle, sorridendo mi scoccò un bacio sulla guancia, restò a pochi centimetri dal mio volto a contemplarmi per 40 secondi, Bella tossicchiò,
“Già, questa ne è una prova…” aggiunse Edward,
“EH?” Alice sembrò ritornare in sé,
“Beh, il tuo amore per Jasper, sotto ogni punto di vista è amplificato, non credi?” imbarazzata distolse lo sguardo ridendo,
“SI credo di si…” risi anch’io,
“Ma anche l’aggressività, e la forza, e le tue visioni?” divenne nuovamente di ghiaccio,
“Si, vedo tutto…. ma…”
“Non vedi le decisioni dei Volturi?” chiese Edward sorpreso
“Da quando mi sono trasformata…”
“Potrebbero avere qualcuno come Bella…” disse Carlisle,
“L’unica spiegazione che concordi con l’amplificazione del tuo potere… uno scudo mentale talmente forte da rederli invisibili…” deglutii,
“E pericolosi…” aggiunse Esmee timorosa,
“Si ma, congetturare in questo modo non aiuta Alice, e comunque non sanno nulla…ora la gravidanza ti sta potenziando, dovrai dirmi ogni cambiamento che avverti…” fece una pausa,
“La storia dei Ticuna non finisce qui… loro mi hanno messo in guardia su un consiglio, una sorta di consesso di angeli anziani” spalancammo gli occhi,
“Non chiedetemi dove siano e cosa facciano, non lo sanno, ma mi confermano la loro effettiva esistenza.”
“Ce ne sono altri…” sussurrò Alice inquieta,
“Sono contrari alla presenza dei Nephilim nel loro mondo…e in quello degli umani…”
“Bene, un altro gruppo di Volturi che prenderà di mira Alice” sbottò nervosa Bella, Edward la guardò corrucciato,
“Non possiamo dirlo, finchè non si manifesteranno non sapremo quale sia la loro intenzione, Alice è una creatura unica, neanchè per loro sarà facile digerire la notizia…” Alice si girò verso di me e mi s fece accanto poggiandomi la testa sul petto, era spaventata,
“Non ti toccheranno” le sussurrai all’orecchio,
“La donna…mia madre… non si è fatta viva…” disse con rabbia, gli occhi ancora due zaffiri,
“Lo farà,per ora questo sappiamo, dovremo imparare a convivere con le novità…” sorrise agli altri e dichiarò sciolta la riunione.
 
POV Bella
“Jasper!” si stava dirigendo verso la foresta lo chiamai sperando che mi sentisse nonostante fossi già sul portico. Si voltò e mi aspettò.
“Alice dov’è?” chiesi titubante,
“Credo sia a caccia, ‘è uscita stamattina presto, intendevo raggiungerla” annuì pensierosa,
“Sto bene” anticipai la sua domanda benchè stesse avvertendo la mia agitazione.
“E’ arrivata mia madre, e voleva venire qui” uno sguardò perplesso gli fece corrugare la fronte,
“Appunto, volevo portare Alice con me per farla desistere e distrarla.” Sorrise divertito,
“Charlie non ha detto nulla riguardo la tua guarigione?” chiese,
“No, ha promesso, e sono nervosa come ben sai, più di quanto non lo fossi l’anno scorso, le madri capiscono tutto, è…impressionante.”
“Andrà bene, Alice ti aiuterà” annuì leggermente più calma e tornai indietro, non riuscii ad arrivare sulla veranda, un forte turbinio d’aria accompagnato dalla scia odorosa di Alice smosse l’intero circondario. Era lei. Corsi felice della sua tempestività, l’aveva di sicuro già visto. Il mio buon umore mutò all’istante.
“Alice che succede?” Jasper preoccupato tentava di cingerle la vita, lei era appoggiata ad un tronco la mano destra sulla corteccia, la sinistra su una tempia, le ali tese, in pochi millisecondi Edward ci raggiunse, io ero impietrita e mi tenevo a distanza,
“Jasper, Alice, cosa sono?” Jasper lo guardò interrogativo, Alice finalmente si voltò, sembrava esausta,
“Non vedo più nulla, è stato… così all’improvviso…” si calmò e richiuse le ali, prese la mano di Jasper e gli sorrise incerta,
“Va tutto bene , scusate… stavo tornando qui dopo aver cacciato e mentre ero in volo ho iniziato a d avere strane visioni, non ho identificato il luogo o chi..cosa…fosse… c’era molta luce, e poi persone, umani forse, e sangue…qualcuno di noi, erano dei flash, non ho capito nulla. Non riuscivo a concentrarmi stavo per sbatter e contro una roccia, non avvertivo più nulla…è stato…” rabbrividì, Edward pensieroso ripercorreva quei pensieri confusi, Jasper ancor più confuso l’abbracciò preoccupato,
“Andiamo dentro Alice, meglio riposare” dissi io e le porsi un braccio,
“Bella, dovremmo andare da tua madre” disse più rilassata, sorrisi nervosa, non era una buona idea dopotutto,
“Oh certo…” sembrò leggermi nel pensiero,
“Non vorrei che scoprisse tutto, non ci basterebbe l’eternità per rispondere alle sue domande” risi e contagiai anche Alice, Edward e Jasper dietro di noi sussurravano ancora preoccupati,
“E poi pensa se…” cominciò lei ma si bloccò all’improvviso, smise di parlare e si pietrificò, la bocca semiaperta in un’  espressione di sofferenza, lo sguardo vitreo e assente, eravamo sulle scale, sembrò perdere l’equilibrio e si appoggiò alla ringhiera incurvandosi leggermente. Jasper alzò lo sguardo e le fu accanto in un millesimo di secondo. Edward mi fece scostare e mi abbracciò da dietro concentrato e pietrificato quanto lei.
“Che cosa ha visto?” nessuno sembrava aver il coraggio di rispondere.

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Capitolo 2
*** Sotterfugi ***


POV Alice
Era stata colpa mia, come avevo potuto permetterlo, maledizione, non vedevo ancora chiaramente ma sarebbero venuti qui, sapevano ormai sapevano, avrebbero fatto di tutto, Aro avrebbe fatto di tutto per portarmi in Italia.
“Alice, di qualcosa Alice?” Jasper mi strattonava leggermente, tentai di tornare alla realtà ma mi balenavano davanti agli occhi immagini confuse, Jane ed Alec a casa nostra, poi quella fetida mano che leggeva i miei pensieri, il loro stupore, la loro paura, poi solo oscurità, e di nuovo quelle strane figure e bagliori di poc’anzi, poi uno sconosciuto, no!
“No no no…” mi raddrizzai afferrando la camicia di Jasper e poggiando la testa sul suo petto,
“ Chiamo Carlisle e gli altri” Edward saettò via, Bella lo fissò sbalordita,
“Dio Alice che succede?” Jasper si scostò per guardami negli occhi,
“Mi dispiace Jazz, mi ha vista, è stata colpa mia, è andato da loro…” sembrò capire,
“Una spia di Aro… verranno qui per vederla” Edward confabulava con Carlisle uscendo dalla veranda,
“Aro? Chi ti ha vista Alice?” Bella era visibilmente sconcertata, respirai a fondo,
“Poco prima, quando vi ho detto delle strane visoni e del fatto che non riuscivo a percepire più nulla, un vampiro, quel vampiro che ha informato Aro proprio ora, mi ha vista, e io non mi sono accorta di nulla!” saltai giù e cominciai a camminare avanti e indietro freneticamente,
“Edward spiegaci” Bella si volse implorante al marito, non ero più in grado di articolare un suono, vedevo e scorgevo mille scenari futuri, e tutte le possibilità sembravano portare ad un unico esito, mi si strinse un nodo alla gola, vedere di nuovo Jasper venirmi strappato via e la mia famiglia, non potevo tollerarlo di nuovo, poi quei bagliori e…
“Alice…” a metà racconto Edward mi fissò stranito,
“Cos’era quella parte…quella stanza…”
“Nulla…è tutto confuso….” Rigettai quella visione.
“Non possiamo convocare di nuovo tutti i clan vero?” chiese Bella,
“Non ce ne sarà bisogno, non è stata infranta nessuna legge e questa volta non ci sono fraitendimenti” disse Carlisle,
“Non gli importerà della legge, non perdoneranno mai quello che è successo nella radura, e di certo non ci risparmieranno una seconda volta…” continuò lei,
“Bella calmati” Jasper saettò verso di me, mi bloccò tra le braccia,
“Andiamo via Alice” sul volto impresso il terrore che potesse capitarci qualcosa, il suo viso, quello sguardo supplicante mi fecero rinsavire, cominciai a respirare regolarmente,
“Non possiamo Jazz…” gli sfiorai la guancia con la mano,
“Se andranno via Aro penserà che c’è dell’altro capite, li inseguiranno per sempre, non ci sarà mai un attimo di tregua, nè un posto sicuro” aggiunse Edward,
“Ma se verranno qui, Alice…” Jasper mi strinse forte la mano,
“TI porterà via, se Aro voleva che ti unissi a loro prima, ora…ci uccideranno per averti…” tremò con  la voce,
“Che scelta dobbiamo fare, cosa vedi Alice?” Bella ci si avvicinò smarrita,
“Non vedo oltre, se scapperemo ci troveranno, se restiamo qui, giungeranno lui Jane Alec e 2 guardie… poi non capisco, li rivedo in Italia, ma io non sono con loro” Carlisle si rilassò,
“Senza tutta la guardia” Edward sembrò corrucciarsi di più,
“E’ strano…” disse,
“Non possono ucciderci e portarla via, tutti i nostri amici si rivolteranno loro contro, sarebbe la fine per loro…” Carlisle sembrava convinto,
“Se Aro saprà del bambino mi ucciderà o peggio” dissi con voce incolore e a sguardo basso, Jasper si lasciò sfuggire un ringhio, restammo in silenzio per un po’, la situazione era in stallo. Entrammo dentro e mi sedetti sul divano del soggiorno, ero senza energie, Carlisle in piedi vagliava le possibilità,
“Non potete fuggire, ma come possiamo nascondere la gravidanza ad Aro, le leggerà nel pensiero vedrà ogni cosa, non possiamo impedirlo…” Esmee gli massaggiava la schiena e mi guardava sofferente,
Jasper inquieto, ancora all’esterno fissava il vuoto,
“Non vedo una soluzione Edward…” stavo per sprofondare nello sconforto, vidi nel vetro della cristalliera i miei occhi blu fiammeggiare,
“Aspettate…” Bella si alzò con foga dalla sedia,
“Posso evitare che Aro percepisca i ricordi e i pensieri sul bambino con il mio scudo!” gli occhi di Edward si illuminarono,
“E’ possibile?” Jasper entrò impietrito, cominciai a scrutare di nuovo il futuro,
“Si… se alla radura riuscivo a schermarvi da Jane” mi alzai fiduciosa,
 “Ma Bella non l’hai mai fatto…I poteri telepatici di Aro sono diversi da quelli di Edward, lui usa il contatto fisico…se dovessi fallire” Carlisle si portò una mano alla testa,
“Fra quanto arriveranno?” chiese Bella impaziente,
“La neve è scomparsa, fra qualche settimana, non prima…” guardai Jasper sollevata, non sembrava convinto di tale possibilità,
“Mi eserciterò, 24 ore su 24 se sarà necessario. Alice funzionerà….è l’unica strada…”
“E credete che se Aro non saprà del bambino lascerà il suo proposito?” chiese Esmee incerta,
“No, certo. Ma dovrà elaborare un piano, e se vorrà attaccarci saremo pronti, avremo tempo.” Aggiunse Edward soddisfatto,
“Bene…” sussurrai, forse avrebbe funzionato, c’era una possibilità,
“Vediamoci al lago tra mezz’ora e cominciamo…” proferii, Bella saettò via da Renesmee,
“Io avviso i Quileute di stare lontani per le prossime settimane” disse Edward, Carlisle annuì, stavo per andare a cambiarmi dato che avevo i vestiti stracciati e pieni di fango quando Jasper mi afferrò da dietro,
“Vieni, devo parlarti” uscimmo in veranda, il sole era già alto e il legno del portico era inondato di mille cristalli di luce, la nostra pelle splendeva, Jasper si appoggiò davanti a sé sulla ringhiera e si passò nervoso una mano tra i capelli,
“Alice, ripensaci, mi sembra troppo rischioso, per te per il bambino e per gli altri…andiamo via…” mi prese il viso tra le mani e mi baciò la fronte, le lacrime mi ottenebrarono la vista, le trattenni,
“Non possiamo Jasper, ci prenderanno” corrugò la fronte,
“Saremmo sempre in vantaggio grazie alle tue visioni, se finiremo dall’altra parte del mondo e se dovremo scappare per l’eternità non mi importa, voglio che tu sopravviva, voglio che restiamo insieme”
“Non capisci Jazz…” mi scostai combattuta,
“Scoprirebbero perché siamo scappati… scoprirebbero questo…” mi portai una mano sul ventre,
“Non ti vedrei mai più, non mi vedresti mai più…non voglio vederti di nuovo...non…ti prego…” senza accorgermene cominciai a tremare e lacrime argentee mi scorrevano sino alla gola, Jasper mi prese tra le braccia e mi fece sedere, stringevo tra le dita i suoi capelli biondi e smossi, premevo la fronte sulla sua guancia,
“Va tutto bene, sono qui… non succederà Alice te lo prometto…” restammo in quella posizione per diversi minuti, poi mi sollevai per guardarlo negli occhi,
“Bella ce la farà, fidati di me… dobbiamo restare.” Mi sorrise e mi guardò intensamente, vedevo i miei occhi blu riflessi nei suoi.
 
 
“Jasper…”
“Si?”
“Credo sia meglio per Bella non avere troppi spettatori” dissi sincera, non volevo che avesse troppa pressione e non riuscissimo a conseguire lo scopo,
“D’accordo” disse titubante, stavamo andando al lago, Bella ed Edward erano già lì, mio fratello era necessario per verificare, nonostante effettivamente Aro avrebbe letto con più profondità i miei pensieri.
“Ci vediamo stasera allora” mi lasciò la mano baciandola fugacemente e sorridendo inquieto.
“Okay…” dissi alla sua scia in lontananza, con pochi balzi arrivai vicino alla sponda,
“Cominciamo” proferii con troppo entusiasmo, Bella guardò indecisa Edward, poi me e si fece coraggio,
“Posso farcela” disse a sé stessa,
“Alice?” sardonico Edward si sedette nell’erba alta e mi osservava,
“Alice?”
“Cosa? Sto pensando intensamente al bambino!” ridacchiò,
“Devi trasformarti… i Volturi non ti vorranno certo vedere così” proferii,
“Ma così ho più controllo lo sai” non parlò, capii, era questo il punto, Bella doveva celare i miei pensieri e io in presenza di Aro avrei dovuto darle una mano senza farlo insospettire, dovevo esercitarmi parimerito, controllarmi anche da angelo,
“Okay…” respirai a fondo e distesi i muscoli, con un fruscio le immense ali blu comparvero a farmi ombra, le distesi con energia e sentì il desiderio di sollevarmi, lo feci per qualche secondo destando ancora la meraviglia di Bella e di mio fratello,
“Sono pronta” sorrisi,
“Bene, Bella tesoro, adesso comincia facendole semplicemente da scudo…” Bella annuì, chiuse per pochi secondi gli occhi per concentrarsi, pensai a raffica all’insieme degli avvenimenti degli ultimi due mesi,
“Nulla” sentenziò soddisfatto Edward,
“Ora arriva il difficile” Bella fece qualche passo indietro e con mia sorpresa mi voltò le spalle,
“Così riesco a concentrami meglio, Alice mi abbagli con le tue ali, sei un incanto non riesco a mettere a fuoco” sorrisi maliziosamente, l’effetto che avevo sugli altri era sempre sorprendente.
“Ora Alice pensa il più intensamente possibile alla tua nuova vita, alle ali, a Jasper, al bambino….e tu Bella pensa come lei, cerca di figurarti quelle immagini e bloccale” Chiusi gli occhi anch’io e feci come aveva detto, ripensai al dolore, ai mutamenti del mio corpo, a quelle strane sensazioni, agli occhi e alle lacrime, alla mia forza, alla libertà del volo, ai loro volti stupiti, ai Quileute e, a quella creatura, mia madre, alla sua immensa figura, a Jasper, al suo profumo, alla sua pelle, alla grotta…indugiai su quel ricordo ed ebbi un brivido di piacere. Poi tornai indietro, alla confusione, alla consapevolezza di essere incinta, all’immagine di me e Jasper nella stanza, alle nostre mani intrecciate sul mio ventre … Aprii gli occhi mentre continuavo a pensare più flebilmente, Bella era contratta e immobile, sulla fronte una leggera increspatura, dubbioso Edward mi fissava.
“Basta così” Bella in disaccordo lo fulminò con lo sguardo,
“Percepisco ancora quasi del tutto i suoi pensieri sul bambino…” sospirai,
“E anche altri dettagli…” sorrise, lo fulminai anch’io con lo sguardo, alzò gli occhi al celo divertito,
“Non c’è nulla di divertente, dobbiamo riprovare finchè non funziona…” Bella mi si avvicinò e mi prese la mano,
“Forse dovrei concentrami anche su qualcos’altro, di totalmente diverso…” dissi,
“Aspetta, forse ho capito…” Edward tornò serio e si mise in piedi, raggiungendoci mi sfiorò l’ala che scattò automaticamente all’indietro, allungò una mano per carezzare le piume e lo lasciai fare,
“Rilassati Alice, sei troppo tesa…”
“Sai che ora con il bambino mi è più difficile sopprimere l’istinto protettivo…” Bella mi strinse la mano,
“Ce la faremo…”
“Okay …Edward, dicevi?” staccò lo sguardo imbambolato dalla mia ala e continuò,
“Rilassa la mente e lascia fluire qualsiasi cosa ti passi per la testa, non concentrarti sul bambino su di noi  su Jasper, immagina di essere sola e di lasciar correre i pensieri fissando il lago…tu Bella fa come prima, blocca la tua mente sul pensiero della gravidanza e su tutto ciò che ne consegue…proviamo”.
“Ecco…si....bene…. è confuso, Aro potrà ancora percepirlo ma ci stiamo avvicinando, sta quasi scomparendo…” un sorriso mi illuminò il volto, Bella saltò addosso ad Edward e lo baciò sul collo,
“Forza a lavoro…prova ancora e ancora…” ridacchiò,
“Hey Alice !?” con uno slancio fulmineo mi ero alzata in volo ed ero atterrata sulla cima di un enorme pino a 20 metri d’altezza,
“Aumentiamo le distanze Bella! Così con Aro e me vicina ti sarà più semplice!” vidi Bella annuire entusiasta, il sole faceva capolino dalle montagne e la nebbia si stava diffondendo nello spazio circostante, era già quasi il tramonto, il tempo si beffava di tutti.
 
 
Pov Jasper
E dunque il giorno era arrivato, due settimane volate in un batter d’occhio, Alice sembrava abbastanza sicura, era pronta, io non lo ero affatto. Non riusciva a vedere cosa Aro avrebbe fatto durante la visita. Un altro scudo e questa volta nelle mani sbagliate. Ero nei pressi della riserva per assicurami che nessuno dei lupi fosse in zona, l’alba spuntava appena, il cielo era di un violaceo angosciante. Alice era già in piedi, non aveva chiuso occhio, l’attesa era snervante. Controllata l’ultima insenatura del pendio saettai immediatamente verso casa, tagliai metà percorso scalando la montagna. In pochi minuti raggiunsi il cortile e mi ritrovai in cima alle scale, mi fermai e respirai a fondo, erano tutti in piena attività, nonostante non ci fosse altro da fare se non attendere, Esmee e Carlisle rassettavano il soggiorno, Bella stava parlando al telefono con Reneesme, Edward si muoveva avanti e indietro. Entrai, l’adrenalina che già mi scorreva nelle vene si amplificò a contatto con quel ribobolo di emozioni. Edward mi fece un cenno. Mi fermai accanto a lui vicino la libreria, avvertii i passi leggeri di Alice che comparve in cima alle scale, mi guardò intensamente e sospirò a sua volta. Indossava un paio di jeans molto chiari e una maglietta rosa cipria con delle svasature a palloncino, cominciava a notarsi un rigonfiamento, bisognava curare tutti i dettagli. Quando apparve tutti smisero di fare ciò che stavano facendo.
“Alice, è oggi vero?” quella di Carlisle non era una domanda, lei annuì e scendendo l’ultimo gradino tirò a sé Bella,
“Okay Bella, non c’è  più tempo  per provare, ce la farai…” Bella deglutì nervosa,
“Saranno qui fra poche ore…ho visto che si imbarcavano” disse lei,
“Vuoi dire che…”
“In aereo, un jet privato a quanto pare…” l’espressione di disgusto  sulla faccia di Alice rifletteva le nostre, i Volturi di nuovo qui, una maledizione.
“Dobbiamo aspettare allora, non hai visto altro che possa esserci utile?” avanzò Edward,
“No, è così subdolo, mi fa vedere ciò che lui vuole che veda” tutti annuimmo, nessuno sembrava schiodarsi dal proprio posto, volevo restare solo con Alice, Edward capì e battendo le mani, interrompendo bruscamente il silenzio, si guadagnò un ‘ occhiataccia da Alice, già tesa come una corda di violino,
“Non serve a nulla starcene qui come statue, su sgomberiamo” finalmente Alice mi si avvicinò e mi diede un bacio delicato sul collo,
“Andiamo in veranda, devo prendere un po’ d’aria” annuì,
“Allora…” esordì io lisciando con le dita il legno di ciliegio dell’impalcatura dove lei si era appoggiata,
“Non c’è davvero nulla che possa aiutarci, è un’incognita?” dissi,
“Purtroppo è così, mi sento inutile, come se tutta questa “me” amplificata non potesse essere di alcun supporto” le misi le mani intorno alla vita e l’attirai a me,
“Hai paura?” continuai a guardarla negli occhi,
“Si Jazz, cavolo se ne ho, non so quello che ci accadrà” mi passò una mano sul petto, lo sguardo vitreo, tentava ancora di frugare nella testa di Aro,
“Va bene così, ho paura anch’io…ma ce la caveremo” le sorrisi,
“Buona idea quella della maglietta…” feci scivolare le dita sino al piccolo rigonfiamento, spandendo il tessuto della maglietta,
“Sta crescendo…inizio a sentirlo...intendo lo sento muoversi” la sua risata cristallina riecheggiò nell’aria, ecco l’ unica gioia di quella giornata, la strinsi più forte, i nostri volti si sfioravano quasi, la baciai.
 
Pov Alice
“Eccoli” mi alzai di scatto, io e Jasper eravamo rimasti seduti in veranda a parlare per 2 ore, sentii Edward chiamarci dal piano di sotto, uno scambio di sguardi e saettammo in soggiorno,
“Sento i suoi pensieri, fra pochi minuti arriveranno, me lo sta permettendo, non capisco a che gioco stia giocando…” ci disse e Bella alzò gli occhi al cielo,
“Ci penseremo dopo che se ne saranno andati” Carlisle annuì,
“Forse avremmo dovuto far tornare Rosalie ed Emmett…” osservò Jasper, gli tenevo la mano, stava cercando di tenere tutti calmi, gli costava un certo sforzo a causa della sua agitazione,
“Hey…” lo trassi in disparte,
“Mi hai detto che sarebbe andato tutto bene, devi crederci Jazz, dobbiamo restare calmi…” lo abbracciai cercando di assaporare ogni attimo, sarebbe potuto accadere di tutto.
“Ragazzi” Ci spostammo tutti in giardino,
“ Bella tu resterai a sinistra dietro ad Edward, così potrai concentrarti meglio e non dare nell’occhio, Alice tu al centro io e Jasper ai tuoi lati ed Esme e Jacob dietro di lui, Edward tu dietro di me…” Jacob? Cosa?
“Carlisle! I lupi dovevano restarne fuori…” ero confusa,
“Si ma, Jacob doveva sapere del loro arrivo…” ammiccò con lo sguardo, non gli aveva detto nulla del bambino allora,
“E poi se le cose dovessero ”
“Non andrà così” ringhiò Jasper,
“I lupi sono nostri alleati, se ci sarà uno scontro…”
“okay va bene, ora basta congetture, mi sto innervosendo” sbottai ,un gran numero di visioni folleggiava da stamattina nella mia testa. Jacob giunse appena in tempo. In formazione oramai avremmo dovuto aspettare ancora pochissimo. Sentivo Edward sussurrare a Jasper di stare calmo e di non agire in maniera impulsiva. Ecco, il loro odore, trasportato dalla brezza, il calpestio del prato divenne sempre più insistente. Aro, Jane, 2 guardie e…un umano? Ci guardammo tutti esterrefatti, ma…aspetta…non era…
“Cullen!” il sogghigno sulla faccia di Aro rivelava che aveva ottenuto l’effetto da lui desiderato, squadrò fugacemente tutti e poi si fermò su di me e Bella, col solito sguardo carico di desiderio.
“Alice, cara Alice…” fece per avvicinarsi, cercavo di non guardare Jasper negli occhi, cercai di mantenere uno sguardo inespressivo su di lui, dovevo stare calma, se avessi perso il controllo sarebbe stata la fine,
“Non possiamo dire che la tua visita sia una sorpresa per noi” disse Carlisle avvicinandosi fino a sfiorarmi, le due guardie cominciarono a indispettirsi, due grossi armadi in tunica grigia.
“beh…” Aro indietreggiò,
“Non smetti mai di stupirmi Calisle, non smetti mai di stupirmi tu Alice…” Sorrise oltremisura,
“Non potevo crederci, la mia fonte, si beffeggiava di me? Invece no, ovvio che no… questa cosa supera la mia immaginazione, le mie conoscenze millenarie, così Carlisle non puoi biasimarmi se sono venuto a verificare di persona…” Carlisle rise sardonico,
“Non sareste mai tornati in Italia …vero Bella?” allungò il collo per vederla, le sfuggì un ringhio,
“Peccato, avrei voluto salutare Renesmee e presentarle…oh…ma che sciocco” si voltò divertito, dietro a Jane apparve un ragazzino dai folti capelli scuri, sentivo il suo cuore pulsare, ma osservandolo bene era un mezzosangue!
“Non vi ho presentato Kyle!” lo fece avvicinare, sembrava un umano di 13-14 anni.
“Non posso crederci, lui ha uno scudo!” Edward abbandonò la sua posizione, Jasper gli rivolse un’occhiataccia,
“Già…ma ora tralasciamo i convenevoli, voglio vedere Alice, cosa sei? Chi sei tu?” chiusi gli occhi per qualche secondo, feci cenno agli altri di scostarsi indietro,
“ Non posso rispondere a nessuna delle due domande, ma te lo mostrerò” tolsi la giacca e la gettai sul prato, richiusi gli occhi e li tenni chiusi finchè lo schiocco fu seguito dalle ali che si distendevano nell’aria. Tutti quegli sguardi proiettati su di me, un silenzio da tomba. Aro era quasi a bocca aperta, anche Jane si era avvicinata perdendo la sua compostezza. La luce del sole, era pieno mezzogiorno, mi avvolgeva completamente e i mille cristalli della mia pelle si riflettevano sulle ali screziate di azzurro.
“Non…so…cosa….dire…” l’impulso di avvicinarsi per Aro era fortissimo, lo avvertivo,
“E’ impossibile…tu sei un angelo” Carlisle si schiarì la voce per rompere quell’atmosfera di estasi collettiva,
“Una mezzosangue anche lei a quanto pare, trasformata in vampiro” precisò,
“Se potessero vederti i miei fratelli, il tuo dono, c’era qualcosa di speciale in te, l ho sempre saputo e ora questo….non hai idea di quanto tu possa essere potente mia cara…” sentivo Jasper fremere alla mia sinistra, seminascosto dalla mia ala, Aro continuava a fissarmi quasi fossi una visione, un fantasma, l’essere più bello che avesse mai visto e Jasper avvertiva il suo ossessivo desiderio di possedermi, amplificato ora più che mai.
“Jane guarda, non è incredibile!” cominciò a ridere odiosamente, poi tornò serio,
“Posso?” nel chiederlo si era già avvicinato e impaziente aveva proteso un braccio, Jasper non riuscì a trattenersi gli bloccò la mano fulminandolo con lo sguardo, seccato da quell’interruzione volse gli occhi al cielo,
“Tranquilli…” disse rivolto agli energumeni, guardai Jasper che non scollava gli occhi rabbiosi da Aro,
“Va bene Jasper” mi guardò per qualche secondo preoccupato, poi si scostò, ad Aro non sfuggì nulla, poi allungò la mano, non respirai, cominciò a carezzarmi le piume, cercai di non ritrarre le ali per quanto l’istinto mi dicesse il contrario, fortunatamente non indugiò molto dopo averne saggiata la consistenza,
“I tuoi occhi” sussurrò concentrandosi sul mio volto, tentai di distogliere lo sguardo, immaginavo due zaffiri incandescenti a causa delle forti emozioni,
“Mutano il colore a seconda di ciò che provo…più la sensazione è forte più aumenta l’intensità del blu…” spiegai con voce ferma,
“Affascinante…chissà perché….voglio conoscere ogni minimo dettaglio” spostò lo sguardo sulla mia mano, Bella ora tocca a te pensai, dovevo liberare la mente… restò incollato e pietrificato dalla mia mano per diversi minuti, io lo fissavo dritto negli occhi ,poi lasciò di colpo la presa, esterrefatto.  
“Accidenti” si allontanò ma prima notai che insistette con lo sguardo su Jasper,
“Vogliate scusarmi, devo fare una telefonata, pochi minuti…” tutti e 5 si allontanarono di 300 metri, tornai a respirare, ritrassi le ali, tutti mi attorniarono,
“Ragazzi, credo di avercela fatta…” disse Bella sussurrando più pacatamente possibile,
“Alice, quel ragazzino ha perso il controllo dello scudo quando ti ha vista, le tue ali lo hanno scioccato, sono riuscito a leggere i  pensieri di Aro mentre scrutava i tuoi, non ha visto i ricordi del bambino…”  mi piegai portando le mani sulle ginocchia tirando un immenso sospiro,
“Chi sta chiamando? Caius e Marcus?” chiese Esmee,
“Probabilmente…c’è però un’altra cosa che mi preoccupa…” Carlisle ancora teso guardava Aro in lontananza,
“Parla Edward”disse,
“Ha visto il vostro legame Alice…” sapevo a cosa si riferiva,
“Ha visto come il tuo potere si potenzia quando sei con Jasper“ Jasper mi prese la mano,
“Che vuoi dire? Perché ha importanza?” Jasper mi tirò a sé,
“Jasper è il tuo punto debole Alice, userà questa cosa a suo vantaggio, capisci?” certo che capivo, non potevo celare quello che provavo per lui, rabbrividì, non doveva accadergli nulla per colpa mia, ebbi una fitta al cuore.
 “Sta tornando…” sussurrò Bella, ritornammo alle nostre posizioni,
“Ai miei fratelli sarebbe cosa gradita se ci faceste una visita in futuro” ammiccò a Carlisle,
“Non succederà” l’avevo pensato ma le parole mi uscirono prima che potessi fermarle, lo dissi quasi ringhiando, il volto di Aro non subì alcun mutamento, lieto ed elettrizzato continuava a guardarmi negli occhi,
“Sai…Alice, potrei essere d’aiuto, insomma, potrei scoprire cosa sei in grado di fare e dove sono gli altri” un brivido mi corse lungo la schiena,
“Questa storia non mi piace, è una faccenda pericolosa, delle creature forti come noi e immortali, forse addirittura più potenti di noi…” si rivolse ai suoi,
“Alice” Jasper mi si avvicinò, stavo tremando e non riuscivo più a trattenere le ali,
“Cosa c’è?” vedevo il riflesso dei miei occhi infuocati nei suoi, stavo perdendo di nuovo il controllo,
“Fermo!” Aro si stava avvicinando di nuovo,
“state lontani, non si controlla bene…hai visto anche tu Aro…”Carlisle fece cenno agli altri di allontanarsi, Aro annuì estasiato,
“Si, mi chiedo quali altri poteri possa avere…” con la mano sinistra fece un segnale alle due guardie che saettarono verso di me, senza che me ne rendessi conto mi sollevai da terra e dalle mi ali si propagò un ondata di energia che scaraventò tutti a terra” la risata snervante di Aro riecheggiava sino a me, mi allontanai un bel po’ e tornai a terra,
“Non adesso, ti prego” mi posai una mano sulla pancia, potevano ucciderci tutti, se mi avessero considerata pericolosa.
“Fermo Jasper!” sentivo ringhi e corpi che cozzavano l’uno sull’altro, mi fiondai alla casa di corsa ritraendo di forza le ali,
“Basta!” esclamai ma era già finita prima di cominciare, Jasper aveva lottato con le guardie mentre Edward e Carlisle tentavano di separarli, Aro e Jane irritati erano in disparte, Bella e Jacob li tenevano d’occhio. SI bloccarono tutti, fui io a pararmi tra Jasper e le guardie che indietreggiarono intimoriti.
“Mi dispiace, ti avevo avvertito Aro” dissi in segno di sfida,
“Perché diavolo l’hai fatto?” Jacob che fino ad allora era rimasto silente si portò avanti a pochi centimetri da Aro, lo fissammo attoniti,
“Carlisle tieni il tuo cane da guardia a bada!” Carlisle afferrò Jacob per un braccio,
“Sta indietro Jacob, non peggioriamo la situazione” Edward e io ci scambiammo qualche sguardo, entrambi non vedevamo nulla, il ragazzo ce lo impediva,
“Carlisle, devi ammettere che la situazione è ingestibile per voi” cominciò Aro calmo,
“Qualcuno potrebbe vedere Alice, un vampiro, un umano o peggio…” Jasper mi tirò dietro di lui,
“Nessuno scoprirà nulla” disse irritato,
“Ah davvero? Beh, quando uno dei miei ti ha vista, non te ne sei neppure accorta” saettò verso Jasper e mi fissò intensamente,
“Sei una bomba ad orologeria e nessuno sa quando esploderai…” abbassai lo sguardo,
“E’ difficile anche per me…non so come comportarmi, voi Cullen, rendete tutto così complicato… l’alleanza con i Licantropi, vi mescolate con gli umani ed ecco spuntare una mezzosangue…e adesso questo… “ a mano a mano che procedeva la calma fu sostituita da un incontenibile entusiasmo,
“Come credi che reagirebbero i vampiri se sapessero di te, del pericolo che corriamo?”
“Smettila Aro, non c’è nessun pericolo! Non sappiamo dove siano altri angeli ne’ quanti siano…” Carlisle era impaziente, sarebbero mai andati via?
“Nessun pericolo! Oh Carlisle, non puoi essere così sciocco, hai di fronte un potere incommensurabile e neppure te ne accorgi…volevo verificare quanto controllo avesse, e beh abbiamo visto com’è andata…” cominciò a camminare avanti e indietro,
“Lo chiedo di nuovo a te Alice, vieni con me, non ti piacerebbe avere delle risposte, scoprire da dove vieni, scoprire cosa se in grado di fare e dove sono gli altri? Io posso aiutarti e tu devi proteggerci tutti. Non sappiamo cosa vogliono queste creature….se la tua trasformazione è avvenuta adesso, ci sarà stato un motivo…” afferrai la mano di Jasper e la strinsi forte,
“Non verrò con te, Aro, nessuno può aiutarmi…” Jasper mi guardò corrucciato, ma era così, mi preparai al peggio, forse mi avrebbe fatta uccidere all’istante, o forse avrebbe ucciso Jasper per punirmi, ma noi eravamo in superiorità numerica e i lupi…
“Andiamo via allora…sono sicuro che presto cambierai idea…” sorrise beffardo, Jane alzò gli occhi al cielo e sparirono in un lampo.
 
Pov Jasper
“Woh! E’ un allucinazione o sono andati davvero via così!?” Jacob ridacchiava,
“Si…” Carlisle dubbioso rientrò in casa,
“Va tutto bene Alice?” Jasper mi prese entrambe le mani e mi sollevò il mento, avevo gli occhi lucidi,
“Te l’ho detto che non sarebbe accaduto nulla…stiamo tutti bene, è finita” lo baciai per un attimo, mi sentivo completamente a pezzi,
“Sei distrutta, vediamo cosa hanno da dire gli altri e poi vai a letto okay?” annuì.
 
 
POV ALICE
Una situazione davvero irreale. Nonostante fossi distrutta ero ancora decisamente tesa, nonostante il sospiro di sollievo avevo bisogno d’ossigeno. Jasper entrò tenendomi per mano e mi fece sedere sulla prima sedia in soggiorno.
“E’ stato bizzarro” cominciò Carlsile,
“Non è proprio l’aggettivo che avrei utilizzato ma rende l’idea.” Edward si massaggiò la fronte irrequieto.
“Non si fermeranno qui vero?” Bella mi si avvicinò e mi posò due mani sulle spalle, io restavo in silenzio, era sorprendente quanto avessi sonno, sarei crollata da un momento all’altro,
“No, certo, ma sarà un bel grattacapo per Aro, non può rivelare ad altri vampiri la natura di Alice, né può catturarla o portarci in Italia, desisterà prima o poi, capirà che non tutto il potere e non tutte le persone possono essere piegate. Ora andiamo tutti a rilassarci, sono stati i 50 minuti più lunghi degli ultimi decenni” tutti sorrisero sollevati,
“Si” mi rianimai all’idea di salire nella mia stanza e buttarmi sul letto. Lentamente mi avvicinai alle scale,
“Io ed Edward andiamo alla riserva per rassicurare Billy” disse Jasper dirigendosi verso la porta,
“Okay, ti aspetto su” sospirai più rilassata. Una volta giunta in camera mia tentai di far passare la stanchezza buttandomi nella cabina-armadio. Tuttavia dopo aver rovistato fra le tante camicie mi venne un capogiro,
“Accidenti…” in automatico mi voltai per vedere l’immagine di me riflessa allo specchio rettangolare, le mie iridi erano di un blu accecante.
“Devo dormire, solo qualche minuto” non mi spogliai neppure ed affondai il viso tra le piume del cuscino, persi conoscenza in pochi secondi…
“J-Jazz?” avvertivo il suo tocco delicato, mi stava accarezzando i capelli e sotto la guancia percepivo il tessuto della sua camicia, mi aveva sollevata ed ero appoggiata al suo petto, non mi ero accorta di nulla,
“Continua a dormire” mi disse in un sussurro,
“Sei già qui…” avevo la lingua impastata e un sapore amarissimo in bocca,
“Beh, sono passate 2 ore” ridacchiò, mi era sembrato di aver chiuso gli occhi da 5 minuti, aprì definitivamente gli occhi e tentai di sollevarmi,
“Ohh, dannazione…” Jasper interrogativo si sporse per guardarmi in faccia,
“Alice, cos’hai?” a quanto pare il colore dei miei occhi non era cambiato,
“Non capisco, mi gira tutto, non riesco a stare sollevata…” una forte sensazione di nausea mi bloccò,
“Forza su distenditi, è stato troppo stressante oggi per te e il bambino” preoccupato si alzò da letto e radunò un paio di cuscini,
“Jasper c’è qualcosa che non…” mi portai entrambe le mani allo stomaco, un dolore lancinante mi tolse il fiato,
 
POV Jasper
“Carlisle!” sangue, sangue ovunque, aveva  ricacciato tutto il sangue,
“Sta tranquilla tesoro, sono qui…” annuiva cercando di dissimulare il dolore che avvertiva,
“Che succede?” quasi immediatamente Edward e Carlisle furono di sopra, i loro volti attoniti, Carlisle scostò le lenzuola sporche e la fece sedere,
“Cosa senti Alice?” le passò una mano sulla fronte,
“Mi sento debole, come se dovessi svenire da un momento all’altro e prima una fitta tremenda all’altezza dello stomaco, ho la vista annebbiata e questa raffica di visioni….non…non aiuta…” disse quasi ansimante,
“Portiamola giù” mi rivolse uno sguardo e la presi subito in braccio, mi fondai nello studio e l’adagiai sul lettino, non scollavo gli occhi dai suoi blu incandescente,
“Sta sudando freddo, Carlisle che succede?” Edward le venne vicino e le prese una mano,
“Stava bene, stavamo parlando e poi…” respirai a fondo, non era il momento di lasciarsi prendere dal panico, non con lei in quelle condizioni, Carlisle allestì l’ecografo e le iniettò una piccola dose di morfina per il dolore, le alzò la maglietta e mi guardò preoccupato,
“Non….è….il bambino, vero?” Alice strascicava le parole, mi si formò un nodo alla gola, Carlisle non disse nulla per qualche minuto continuando ad armeggiare con l’ecografo,
“Sta bene…” grazie al cielo,
“Con mia sorpresa, ora che è più grande riesco a captarlo con l’ecografo…” ripiegato sul lettino sino a sfiorarle la fronte le strinsi la mano libera,
“E’ stata la prima cosa a cui ho pensato, sembravano tutti i sintomi di un”
“Aborto” finì Edward a bassa voce, la morfina aveva fatto effetto, Alice era in dormi-veglia.
“Cosa le sta succedendo?” Carlisle si massaggiò le tempie,
“E’ strano, strano davvero… non è stata ferita, non ha ingerito nulla di…” si fermò,
“Devo visitarla” mi allontanai dal lettino e gli feci spazio, le controllò le spalle e gli occhi, l’incandescenza del blu era sempre più intensa, poi passò ad ogni parte del corpo, per trovare qualche indizio, ma in fondo non potevamo supporre granchè, insomma lei era una creatura unica, qualsiasi cosa avesse non avremmo potuto fare nulla.
“O mio dio” Carlisle spalancò gli occhi, in pochi secondi prese dei tamponi e li strusciò sulla mano destra poi avvicinò un microscopio,
“Non ci posso credere…” io fissavo Edward sconvolto quanto lui,
“Parla Carlisle!” ringhiai quasi,
“Belladonna” sedette sul tavolo della scrivania,
“Vuoi dire…” annuì,
“Credevo si fosse estinta da secoli quell’erbaccia” mi fiondai da Alice,
“E’ stato Aro! Quel mostro, quando le ha preso la mano! La pelle l ha assoribta…” diedi un pugno così forte al muro che abbattei 10 cm di cemento,
“Qual è l’antidoto, ci deve essere una soluzione!” Alice non sembrava capire o sentirci,
“Era tutto calcolato, siamo costretti ad andare in Italia, non posso credere che si sia spinto così in basso” Italia? Era impazzito, se avessi visto Aro un’altra volta gli avrei staccato la testa a morsi,
“Jasper l’antidoto della belladonna è raro non so come produrlo e non possiamo reperirlo qui…” Edward mi strattonò con energia, un tremito di rabbia percorreva tutto il mio corpo,
“Potrebbe essere troppo tardi!” mi liberai dalla presa,
“No Jasper, ora calmati, sai bene che la belladonna uccide in pochi minuti…lei è molto più forte e solo una parte di lei è stata avvelenata, ci serve la cura, che Aro possiede, non l’avrebbe uccisa, ha calcolato tutto, sopravviverà se ci rechiamo subito a Volterra” disse calmo,
“Anche se è quello che vuole è l’unica scelta…” Edward spalancò la porta dello studio e cominciò a pigiare i tasti del cellulare,
“Avviso Bella, non riuscirò a farla desistere, andremo noi 4, Esme deve restare qui” Carlisle annuì,
“Jasper…” la voce flebile di Alice arrivò dal lettino,
“Sono qui…” tentai di mantenere la voce morbida e rilassata, era lucida,
“Il suo corpo brucia in fretta la morfina” osservò Carlisle, poi ammiccò verso di me, dovevamo dirglielo, indugiai,
“no no, se l’avessi visto, se non ci fosse stato quello scudo…” sapeva tutto, fece per alzarsi,
“Hey, sta giù… non c’era modo di prevederlo, loro hanno uno scudo fortissimo…” Carlisle stava per farle un’ altra iniezione,
“No…” la guardai supplicante,
“Alice, la belladonna, lo sai ti brucerà dentro, peggio della trasformazione…” era madida di sudore,
“Lo so, ma il bambino...” Lo sguardo si fece assente, si bloccò su un punto fisso vicino alla parete,
“Cosa vedi? E’ in pericolo? lo vedi?” battè lentamente le palpebre, Edward ritornò dubbioso,
“E’ tutto confuso” disse, Alice annuì,
“Jazz, dobbiamo andare” si sollevò dal lettino,
“Chiamo per un volo privato, il modo più veloce per raggiungere l’Italia in poche ore, non deve vederla nessuno in questo stato…” appoggiandosi a me riuscì a farla alzare,
“Ma Carlisle sta a malapena in piedi…” Edward la sosteneva dall’altro braccio,
“Più aspettiamo e…peggio sarà.” Disse lei con la voce roca,
“Non posso vederti un secondo di più così, Edward metti in moto l’auto, di a Bella di raggiungerci all’aeroporto” la presi in braccio,
“Okay, abbiamo un jet, partiamo subito!” Carlisle ed Edward scattarono fuori,
“Giuro che se ti accade qualcosa io lo uccido” la tenni stretta premendo il mento sulla sua fronte,
“Non ti perderò Alice”
 
POV ALICE
Non so come ma arrivammo sull’aereo, era ormai calato il sole e i due piloti non fecero domande anzi non uscirono neppure per controllare quali e quanti passeggeri ci fossero sul jet di media grandezza ma decisamente lussuoso, seppure avessi la vista leggermente obnubilata scorgevo i tessuti rossi della moquette e delle pareti e i sedili erano rivestiti in pelle, mi trascinai con Jasper che mi sorreggeva su quello più vicino all’ala, gli effetti del veleno cominciavano ad essere più evidenti, lentamente stava distruggendo ogni cellula del mio corpo, riuscivo a stento a sentire le gambe e il bruciore all’altezza del petto era sempre più forte.
“Vada pure” ordinò Carlisle all’altoparlante vicino alla cabina, ci separava uno sportello insonorizzato,
“Sta tranquilla Alice, fra poche ore sarà tutto finito” Bella seduta dietro di me mi sussurrava all’orecchio, non smettevo di guardare Jasper, non avevo neanche più la forza di parlare, captavo i bisbigli di Edward e Carlisle senza riuscire a capire cosa stessero dicendo, Jasper appoggiato al sedile di fianco il mio continuava a carezzarmi la guancia, nonostante tutto mi sentivo tranquilla, stava cercando di infondermi benessere emotivo per lo meno, vedevo i suoi occhi oro colato perdersi nel fuoco bluastro dei miei, i nostri nasi quasi si toccavano, sarei rimasta in quella posizione per sempre, stavo per chiudere gli occhi sopraffatta dalla stanchezza quando Carlisle si avvicinò,
“Cosa c’è?” chiese Jasper leggermente irritato,
“Altra morfina?” chiese indicando il borsone sigillato di Carlisle,
“No” con uno scatto si aprì  e una folata di ottimo profumo fece scattare tutti e 5, mi ridestai completamente,
“Deve recuperare un po’ di forze” asserì Edward invitando Jasper a scostarsi,
“Alice, devi nutrirti” Carlisle voleva che bevessi del sangue… umano, scossi la testa,
“Se lo rigettasse come prima?” Jasper tornò a sedersi,
“E’ senza energie, ha sete, mi sembra evidente” Carlsile tirò fuori due sacche di AB +.
“ Non sappiamo…” mi schiarii la voce e mi misi seduta,
“Che effetto….potrebbe avere..su…di me” Jasper mi sfiorò il braccio,
“No Carlisle, non ha mai assaggiato sangue umano!” sorprendentemente Edward lo sollevò sbattendolo contro la parete, era irrequieto, forse più di tutti, sapevo che stava frugando tra i miei pensieri e tutte quelle visioni confuse e quelle che gli stavo volutamente celando, lo stavano facendo impazzire,
“Se non lo facciamo, morirà!” Bella intervenne per separarli,
“Hey Edward, che ti prende, basta ragazzi!”
“D’accordo” Jasper mi guardò sofferente, rivolse ad Edward un’occhiataccia,
“Jasper?” Carlisle versò il sangue in due bicchieri,
“Tutto bene” nonostante avesse il volto contratto e non respirasse non voleva allontanarsi da me, tremante afferrai il bicchiere e cominciai a bere avidamente, non avevo mai provato una sensazione simile, così dolce e dissetante e più ne bevevo più ne desideravo, un sapore unico, vuotai i due bicchieri in pochi secondi, i canini scoperti,
“Ancora…” mi sentivo meglio , Carlisle si tirò indietro,
“Ancora Carlisle!” mi alzai di scatto e ruppi la cintura,
“Basta così Alice…” Carlisle allontanò il borsone ed Edward e Bella gli si pararono davanti, Jasper si frappose tra me e loro. Ora l’odore dei due piloti era così forte, non ci avevo badato affatto prima.
“Alice mantieni il controllo” Jasper mi pose entrambe le mani sulle spalle, fissavo ipnotizzata il borsone e poi il portellone, gli occhi mi saettavano da una parte all’altra,
“I suoi occhi…” Bella si innervosì,
“Alice, Alice, guardami!” i ruoli si erano invertiti, ora Jasper doveva aiutarmi, lo guardai, bastò un secondo e le sue mani decise a bloccarmi, rinfoderai i canini e respirai a fondo,
“Si…io sto bene, scusate” mi abbracciò, ritornai in me, decisamente spaventata,
“E questa è superata Alice, sarebbe stato quasi impossibile fermarsi per ognuno di noi dopo aver bevuto del sangue umano, e tu non l’avevi mai fatto. Sei stata brava” tutti si rilassarono, la cosa non mi confortò molto,
“Come ti senti?” mi chiese Jasper facendomi sedere,
“Va un po’ meglio” e davvero mi sentii meglio. Purtroppo l’effetto svanì dopo un paio d’ore e mi sentì peggio di prima.
 
 
POV Jasper
“Tieni duro tesoro, ci siamo quasi” saettavamo noncuranti e in pieno giorno nella campagna romana, non m’importava che qualcuno ci vedesse, Alice non aveva più tempo.
“ Volterra!” asserì Bella, portavo Alice tra le braccia, il veleno l’aveva completamente paralizzata, gli occhi assenti. Entrammo nella basilica e con mia sorpresa Aro ci venne incontro sguarnito con solo il ragazzino, mi sarebbe bastato un secondo per ucciderlo,
“Jasper, non facciamo follie” Edward fece cenno a tutti di fermarsi, Aro sembrava sollevato nel vedere Alice ancora viva,
“Presto venite” disse con voce roca, Carlisle lo fulminò con lo sguardo ma ora bisognava iniettarle l’antidoto, in fretta, ci condusse nella sala dei troni dove c ‘era un tavolo di mogano libero,
“Adagiala qui ” comparvero Caius e Marcus che si avvicinarono intimoriti, si scostarono appena videro  le sue iridi blu, riusciva a stento a muovere la testa, non capiva cose le stesse succedendo intorno, Aro si fece consegnare dal ragazzino un’enorme siringa,
“Andrà tutto bene Alice” le dissi avvicinandomi a pochi centimetri dal suo orecchio e le baciai la fronte, speravo che funzionasse e che il bambino non avesse risentito del veleno, doveva funzionare.
“Se non sopravvive io ti uccido” ringhiai ad Aro mentre le iniettava un liquido biancastro nel braccio, aspettammo immobili per circa 20 minuti, un’eternità, sobbalzò d’ un tratto tossendo e ansimando per qualche secondo,
“Alice? Alice?” mi prese la mano, riusciva a muoversi,
“Jazz, sto….bene…” disse con fiato corto, il bagliore blu era scomparso, aveva funzionato, Carlisle , Edward e Bella tornarono a respirare, i Volturi si allontanarono confabulando tra loro.
“Non farmi mai più una cosa del genere, credevo di averti perduta!” si sollevò finchè si mise in piedi e mi abbracciò con foga,
“Ti amo” mi disse, la scostai da me e le diedi un bacio quasi dimenticando dove fossimo, fu lei a capire che ci stavano guardando tutti, si ricompose immediatamente e mi si parò davanti. Aro a passi lenti ci squadrò uno per uno, cercavo disperatamente un modo per fuggire via, c’erano poche guardie nella sala ma ovviamente il palazzo ne era disseminato.  Voleva attirarci qui per ucciderci tutti e catturare Alice? L’ipotesi era alquanto plausibile, non poteva finire così non dopo tutto quello che avevamo passato.
“Avresti potuto ucciderla Aro” disse severo Carlisle,
“Si, era…un rischio” guardò in faccia i fratelli,
“Si può sapere cosa vuoi da me? Lasciaci in pace!” la voce di Alice era quasi tonante, avvertivo la rabbia crescere in lei ogni secondo di più, Caius la fulminò con lo sguardo, si alzò dallo scranno e saettò verso Aro,
“Lasciarvi in pace! Voi Cullen siete una piaga, avete infranto un’innumerevole serie di regole, guardati, cosa sei? Un mostro!” mi trattenni a stento dal saltargli addosso,
“Fratello!” Aro lo tirò indietro calmo,
“Smettiamola vi prego, è così seccante, rivelati per ciò che sei” bonfichiò Marcus stranamente reattivo, tornò ad avvicinarsi, Alice guardò Carlisle ed Edward che annuirono, non potevamo davvero fare nulla, eravamo in trappola, ma se non fossimo venuti Alice sarebbe morta non c’era scelta e ora non c’era soluzione. Avevamo trascinato anche Bella, non avrebbe più rivisto sua figlia, e il resto della nostra famiglia, che disastro. Alice si portò al centro della sala, mi voltai verso Edward, si era appena ripresa sarebbe riuscita a trasformarsi? Fece cenno di si. E difatti pochi secondi dopo spalancò le ali screziate d’azzurro, i suoi occhi in lieve tonalità questa volta. Marcus cominciò  a girarle intorno sconcertato ma felice, anche Caius pur nella sua stizza non poteva evitare di provare un certo benessere nel vederla, era invitabile.
“Lo dicevo fratelli, era uno spettacolo da non perdersi” batté le mani,
“C’è di più” asserì Marcus, mi paralizzai, stessa reazione di Alice che portò tesa le ali indietro,
“Sento un legame, impressionate, così intenso, mai avvertito prima d’ora” Edward si illuminò preoccupato,
“Parla di voi due Jasper” mi sussurrò,
“Tu” e mi indicò,
“Oh si, Jasper giusto? Certo è la sua compagna” disse Aro entusiasta,
“Vieni accanto a lei” Alice non si voltò, capii che se avessero visto l’effetto che avevo su di lei non ne sarebbe derivato nulla di buono,
“Non te lo sto chiedendo” due guardie mi trascinarono fino ad Alice, mi guardò per un secondo e le lampeggiarono li occhi,
“Come pensavo” inaspettatamente Marcus si piazzò a pochi centimetri da noi e ci congiunse le mani, gli occhi di Alice assunsero un colore sempre più intenso e le ali si irradiarono flebilmente di luce,
“Straordinario” Aro cominciava a irritarmi davvero, Carlisle si mosse in avanti,
“Bene, ora che la vostra curiosità è stata soddisfatta, noi andremmo via” non avrebbe mai funzionato.
“Andare via? Mio caro amico non è proprio….possibile” un moto d’ira mai avvertito da quel vampiro si propagò per tutta la stanza, un suo cenno e fui atterrato dalle due guardie dietro di me, Alice non riuscì appena a muoversi che Caius e Marcus l’avevano bloccata contro il muro, tentava di sbattere le ali ma era ancora troppo debole, Alec e Jane bloccavano l ‘altra entrata e una guardia strinse Bella per il collo onde evitare che utilizzasse il suo scudo, Edward e Carlisle erano immobili,
“A che gioco stai giocando Aro? Vuoi ucciderci tutti senza una ragione? Scatenerai una guerra!” Carlisle era esasperato.
“Alice!” tentai di liberarmi ma con due energumeni di quella stazza non avrei potuto averla vinta, Aro ridacchiando si fiondò su Alice,
“I tuoi occhi sono incandescenti mia cara! Scommetto che sei furiosa e terrorizzata, ma non vuoi collaborare, non mi lasci altra scelta” Alice emise un ringhio terrificante,
“Lasciatemi!”
“Se le fai del male troverò il modo di spedirti all’ inferno cane!” riuscì a sbattere una guardia a terra ma non servì  a molto, dall’ ingresso un’ orda di cappe nere avevano invaso la stanza,
“Spero per voi Cullen che non mi abbiate nascosto nulla” le prese di forza la mano,
“NO!”
 
 
POV ALICE
Seppure non avessi previsto quanto sarebbe accaduto per l’azione del mezzosangue, l’ amara constatazione che quello fosse l’unico esito possibile mi fece raggelare il sangue, ritrassi le ali sfinita, Aro restò ipnotizzato dalla mia mano, il bambino era in pericolo adesso, era tutta colpa mia. Si ridestò stringendomi ancora la mano, gli occhi spalancati per lo shock,
“Ma, questo è, questo è impossibile” farfugliò,
“Cosa c’è fratello?” oramai non opponevo più resistenza, Caius e Marcus mi bloccavano appena, Aro li fissò attonito, mi lasciò la mano e lentamente la lasciò scivolare in basso, mi divincolai,
“Tenetela ferma!” disse agitato e pieno di adrenalina, premette la mano sul mio ventre, alzai gli occhi al cielo, non mi capacitavo che ci fosse accaduta una cosa del genere,
“Lo sento!” Marcus aveva compreso, prese un’ampia boccata d’aria,
“Aspetti un bambino…” sussurrò attonito, Caius mi lasciò,
“E’ una creatura così complessa e potente, e porta in grembo un essere altrettanto unico” quello sguardo pieno di smania continuava a fissare il mio ventre,
“Questo non stravolge i miei piani…anzi” fece un cenno alle cappe nere,
“Portateli via….di Alice mi occupo io” guardai Jasper ansimare per la rabbia, tentò di liberarsi con ogni mezzo possibile,
“NO no no! Alice!”
“Via ho detto!” se avessero fatto del male alla mia famiglia io li avrei uccisi tutti, mi infiammai di rabbia e spalancai di colpo le ali scaraventando via Marcus, mi alzai in volo pronta a fiondarmi contro l’enorme portone in ferro, radunai quel briciolo di forza che mi restava, sentì un forte bruciore,
“Cosa!” precipitai a terra con un tonfo, qualcosa mi aveva colpita
“Ottima mira!” la voce di Aro era distorta, cominciò a girarmi la testa, poi l’oscurità.
 
 
Concentrati Alice, su, andiamo riprenditi, mi girava ancora tutto, non riuscivo a capire dove fossi, era buio pesto, ero appoggiata ad una parete di cemento, non potevo ancora mettermi in piedi, all’improvviso una luce accecante mi investì in pieno, fortissime lampade al neon, ero in una stanza. Una cella enorme in effetti,  una sola parete di cemento e tutte le altre costellate di sbarre cilindriche,
“Jasper!” mi fiondai in fondo alla stanza, Jasper e gli altri erano proprio di fronte a me.
“Sta attenta!” troppo tardi, mi ero già lanciata sulle sbarre, un dolore incandescente alle mani,
“Ma cosa” mi tirai indietro,
“E’ argento” non ci avrebbe tenuto a bada con questi trucchi,
“Non possiamo uscire da qui, siamo bloccati”Edward saettava da una parte all’altra della loro cella,
“Tutto bene? Che cosa ti hanno fatto?” Jasper mi fissava intensamente negli occhi,
“Si, io…” mi sembrava passato appena un attimo, non sapevo cosa mi avessero fatto,
“Va tutto bene” cercai di sorridergli malgrado le circostanze,
“Siamo tutti svegli vedo!” Aro accompagnato dal ragazzino irruppe nei sotterranei,
“Cosa stai facendo Aro? Lasciaci andare o il resto della nostra famiglia aizzerà tutti contro di voi se non ci libererete” Caarlisle tentò di piegare le sbarre,
“Sta calmo, non ho intenzione di tenervi qui per sempre, ma ecco, senza di voi Alice non avrà motivo per fare ciò che le chiedo” sogghignò, mi si raggelò il sangue,
“Dimmi dove sono gli altri e quanti siete!” si avvicinò sin quasi a sfiorarmi il viso,
“Non so nulla, l hai letto anche nei miei pensieri!” sbottai,
“Come faccio a sapere che tu non me li stia celando, non conosco i tuoi poteri e a quanto pare nemmeno tu….” Sorrise,
“Ora mia cara la questione è semplice, io voglio questo potere…” ringhiai,
“E dovrò sottoporti ad una piccola e poco invasiva pratica medica” mise la mano tra le sbarre e mi afferrò per un braccio,
“Non osare!” Jasper si lanciò sulle sbarre tentando di resistere il più possibile,
“E se non lo farai, li ucciderò uno ad uno, e lascerò per ultimo la cosa a cui tieni di più al mondo, la cosa che ora è parte di te, che grazie a lui cresce dentro di te, come potresti continuare ad esistere sapendo che per colpa tua lui…” mi scrollai dalla presa, ero impotente, non vedevo nulla, non potevo fare nulla, non potevo permettere che uccidesse Jasper e tutti loro,
“D’accordo…” Jasper si pietrificò,
“State tranquilli, voglio solo un po’ del suo sangue” Carlisle restò di stucco,
“Aro non puoi sapere che effetto avrà su di te…” provò,
“Certo ma, mi renderà più potente…” fece un cenno e una guardia portò un grosso sacco nero, qualcosa si agitava dentro,
“No” all’indietro ritornai alla parete di cemento, trattieni il fiato Alice, concentrati guadagna tempo,
“Fermo, non puoi farlo davvero!” Carlisle era disperato, l’avrei uccisa, non riuscivo a resistere, avevo assaggiato del sangue umano e nelle mie condizioni non sarei riuscita a controllarmi.
“Deve essere al 100% altrimenti sarà vano” l’umana fu gettata nella mia cella, la guardia le fece diversi tagli sulle braccia,
“Alice vieni qui!” Jasper mi fece avvicinare e tentò di trattenermi,
“Oddio, è così forte….Carlisle, non resisterò a lungo, vidi negli occhi di Jasper i miei fiammeggiare di blu, la gola ardeva come carbone, la donna bendata piangeva e si dibatteva tentando di slegare i polsi, il sangue colava sul pavimento, passarono diversi minuti, Aro attendeva godendosi lo spettacolo,
“Alice guarda me e basta, puoi farcela, pensa a noi, pensa al bambino, tu non ucciderai nessuno!” fremevo, Jasper mi teneva sollevato il mento, mi feci scivolare giù tremante,
“Ora basta” Aro entrò nella cella e con un coltello puntò dritto allo stomaco della ragazza,
“N-non ce la….faccio” era in fin di vita e più sangue scorreva più la mia sete cresceva, scaraventai Aro lontano e mi lanciai sull’umana a canini scoperti,
“Alice!” le voci di Bella Edward Carlisle e Jasper mi invocarono all’unisono, le miei labbra sfioravano quasi il suo collo quando incrociai lo sguardo della donna morente, i miei bruschi movimenti le avevano fatto cadere la benda, tutto all’improvvisò si bloccò, provai una sensazione di profondo dolore, mi portai una mano al petto era come se un lupo lo stesse dilaniando, fissai le sue pupille e vidi il blu dei miei occhi divenire un tenue celeste, lacrime argentee mi rigavano le gote, l’ardore della sete era svanito, l’istinto di uccidere sopito, volevo solo salvarla, appoggiai automaticamente le mani sul suo sterno e chiusi gli occhi. Una sensazione di calore si profuse dalle mie mani, avvertivo l’intensa luce  che emanavano anche con gli occhi serrati. Quando li riaprì con mia sorpresa la donna aveva smesso di sanguinare, le ferite erano scomparse e nonostante fosse svenuta era viva, mi alzai lentamente e mi girai sconvolta verso la mia famiglia, Aro esterrefatto sorrideva in maniera abnorme, d’un tratto mi sentii come svuotata e mi lasciai cadere a terra esausta,
“Alice?” rivolsi il capo a Jasper, stavo bene, la mia energia era evaporata però, l’avevo donata a quella donna,
“Incredibile, il vampiro, è stato sopraffatto dall’angelo……se solo tu…” Aro si inginocchiò accanto a me e mi passò una mano sulla guancia,
“Se solo tu non opponessi resistenza, se neutralizzassi completamente la tua parte di vampiro assumeresti una tale forza, quali altre capacità!” scoccò le dita,
“Portatela nella stanza da letto di Jane… deve riposare poi procederemo” non opposi alcuna resistenza, Jasper  invano protestò vivamente, sorretta tra le braccia di una guardia chiusi gli occhi.
 
 
POV Japer
“Dobbiamo trovare un modo peer uscire” che razza di incubo, non un attimo di pace, di tranquillità per goderci quella felicità, quella felicità meritata.
“Vuole il suo sangue? Come, Carlisle mi dici come cavolo può?” una tregua, ne avevo bisogno sarei esploso prima o poi, volevo solo prenderla e fuggire via, rintracciare una landa desolata, il deserto, l’artico e stare lì con lei almeno per un decennio in pace e lontano da tutti,
“Ha reso possibile tutto questo, di certo troverà il modo, sta sperimentando, cose di cui neppure intuiamo lo scopo…” Carlisle provò a toccare le sbarre,
“Ci deve essere un modo!” Edward si alzò, era seduto accanto a Bella e le teneva la mano,
“Jasper fermo, non possiamo uscire di qui, non possiamo aiutarla”, ringhiai,
“Questo non mi è di alcun aiuto!” mi fiondai di nuovo sulla parete di sbarre, l’argento mi ustionò la pelle per qualche secondo,
“Non la ucciderà, vuole il suo potere e non può ucciderla e comunque non dopo aver saputo del bambino” restammo in silenzio per diverse ore, l’attesa mi consumava a poco a poco,
“Hey!” il ragazzo sbilenco e cupo di nome Kyle spuntò all’improvviso e si avvicinò alla cella,
“Cosa vuoi?!” lo afferrai per la collottola attraverso le sbarre e resistetti il più a lungo possibile,
“Fermo, io, io voglio aiutarvi!” Edward mi poggiò una mano sulla spalla e lo lasciai andare,
“Ho le chiavi, posso farvi uscire ma non di più…” Bella si rianimò all’istante,
“Perché?” chiese Carlisle,
“Aro…è…un mostro, mi ha preso, e sono condannato a vivere qui per sempre, non mi ucciderà, ha bisogno di me, e io non posso andarmene, non ho nessuno, ma non voglio che qualcun altro si unisca ai Volturi contro la propria volontà…” percepii il forte disgusto nelle sue emozioni e un terrore così amplificato che mi fece raggelare,
“Andiamo allora” annuì distaccato, Bella sussurrò un grazie,
“Sento i suoi pensieri, nella camera di Jane….non ci sono guardie, sa badare a se stessa, non con Bella però” Edward l’ abbracciò. Fummo estremamente fortunati, c’erano poche guardie tra noi e il primo piano e riuscimmo ad atterrarle il più silenziosamente possibile, cominciai ad avvertire la scia di Alice. Avevamo un piccolissimo vantaggio ma se qualcuno avesse dato l’allarme saremmo tutti morti. L’immensa porta a ghirigori dorati era alta 3 metri, all’interno i fulminei movimenti di Jane che saettava da una parte all’altra, poi il respiro più affannoso di Alice,
“Non c’è nessun altro” sussurrò Edward, mi fece un cenno, la porta non poteva essere distrutta o avrebbe attirato l’attenzione, fugacemente entrammo, Bella dietro me ed Edward già pronta con lo scudo, mio fratello si fiondò su Jane sigillandole la bocca, Carlisle restò di guardia all’ingresso. La stanza era enorme, tappetti color cremisi e tende noir alle pareti che si affacciavano sull’immenso giardino, un letto a 2 piazze invadeva il centro della stanza, non mi soffermai su altri dettagli. Alice era lì, accasciata sopra le coperte, gli occhi chiusi la bocca semiaperta, il viso lievemente contratto, il respiro accelerato, una delle maniche della camicia era arrotolata, avvicinandomi lentamente intravidi tre fori contornati di rosso mogano, mi chinai verso di lei e la sollevai delicatamente,
“Cosa…Jasp” le misi un dito sulle labbra, dovevamo fare in fretta,
“Ti porto io, su, sbrighiamoci” guardai Carlisle decisamente irrequieto,
“N-no” era debole potevo percepirlo, ma era viva, stava bene, questo era l’importante,
“Tu vieni con noi” sussurrò furioso Edward al mostriciattolo biondo,
“Jasper fermiamoci…” continuando a correre la guardai, gli occhi vitrei e assenti,
“Sta tranquilla, usciremo di qui” nessuna reazione, inerte continuava a fissare il vuoto, rallentai, le sue emozioni cominciavano ad emergere con forza, mi stavano sopraffacendo, dolore e paura,
“Jasper, veloce!” Bella rallentò a sua volta per spronarmi,
“Fermi!” la stridula voce di Aro fece il resto, restammo impietriti, ce l’avevamo quasi fatta non era possibile, gli altri si posero in semicerchio davanti a me, Alice ritornò al presente, riuscii a mettersi in piedi ed avanzò verso Aro, non potei fermarla,
“Lasciali andare….è me che vuoi” disse decisa,
“No!” Bella si avvicinò a lei e la tirò indietro,
“Non credevate che fosse possibile uscire dal mio castello senza il mio assenso? E tu Alice non crederai che li lasci andare dopo questo?” uno sciame di cappucci grigi invase l’intero corridoio,
“E’ la fine” sussurrò monocorde Carlisle,
“Hai condannato a morte la tua famiglia” disse stizzito Aro, le guardie bloccarono tutti noi tranne Alice, nessuno osava avvicinarglisi, gli occhi le si erano infiammati di blu, si voltò verso di me,
“Uccideteli tutti” Alice scattò verso di me e rivolse un’occhiata feroce alle due guardie che mi bloccavano da dietro, io tentavo di divincolarmi,
“Ma si, lasciamo che gli dica addio, sarà orribile per te Alice, perdere l’amore della tua vita, il padre di tuo figlio…” ringhiai spaventosamente con quanta forza avevo in gola, le guardie mi lasciarono, Alice si gettò tra le mie braccia, ogni cellula del mio corpo mi imponeva di tenerla stretta di restare a contatto con lei, un senso di immenso vuoto mi si formò all’altezza dello stomaco, non avevo paura di morire, ma, non volevo lasciarla, non volevo che affrontasse un dolore così lancinante non volevo che fosse nelle mani di Aro. Difficilmente la allontanai di qualche centimetro per osservarla un’ultima volta, la sua perfetta simmetria i capelli arruffati, il viso perlaceo e bellissimo, le labbra tremanti, gli occhi in fiamme, prima che potessi fare altro mi circondò il collo con entrambe le braccia e mi baciò fugacemente, premendo quelle labbra rosate e sottili contro le mie, stringendo tra le dita i capelli alla base del collo e piangendo, appoggiò la fronte alla mia incapace di guardarmi, poi alzò lo sguardo, un’ enigma, restai incantato, felice nonostante tutto, si avvicinò al mio orecchio,
“Perdonami Jasper”
“Alice io ti” una luce bianca e accecante ottenebrò tutti i miei sensi, non l’avvertivo più tra le mie braccia non vedevo nulla ne udivo. Cosa stava accadendo? Dov’era? E gli altri? I Volturi?. Una folata d’aria gelida, mi sentì sollevato e poi sbattuto a terra violentemente.
 
 
 
 
“Jasper! Riprenditi!” Carlisle mi scuoteva freneticamente, ero a terra, ero fuori da?
“Hai perso i sensi, tutti noi in realtà, non c’è tempo andiamo prima che ci raggiungano!” Mi alzai disorientato, Edward sosteneva Bella ancora parecchio intontita,
“Come?” un piccolo bosco di betulle ci circondava, le mura fuligginose di Volterra a un miglio da noi, scorgevo dei frammenti in lontananza tra la nebbia,
“Alice? Dov’è Alice?” Edward trafelato mi tirò per la camicia,
“Jasper dobbiamo andare!” Carlisle era già saettato verso la strada,
“Senti, lei ha fatto qualcosa, ci ha fatto uscire, una volta arrivati all’aeroporto non ci seguiranno più, siamo salvi, ma dobbiamo sbrigarci” Bella annuì spossata,
“Cosa ? Non possiamo abbandonarla coi Volturi” erano corsi via, li raggiunsi,
“Non capisci Jasper, non è più lì!” mi bloccai, stavo impazzendo,
“Credimi non so cosa diavolo sia successo ma non è più lì, non so dove sia, ma l ha fatto per farci scappare e ora non possiamo restare qui a parlare, dobbiamo MUOVERCI!” quell’urlo mi svegliò completamente, l’istinto mi diceva di fidarmi della situazione e di lei, non sapere dove fosse mi dilaniava, ma dovevamo lasciare Volterra,
“Va bene va bene andiamo!”

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Capitolo 3
*** Attese ***


PUBBLICO OGGI UN ALTRO CAPITOLO,  HO INTENZIONE DI FARNE USCIRE 2 O 3 A SETTIMANA MA NE APPROFITTO OGGI DATO CHE SARO' IN VIAGGIO PER I PROSSIMI 4 GIORNI. BUONA LETTURA! LE COSE SI FARANNO SEMPRE PIU' COMPLICATE ;)





POV Jasper
Per 2 giorni avevo vagato in tutto il continente in cerca di lei, tornati a Forks, nei pressi della casa non vi era alcuna traccia, negli stati Uniti nessuna traccia, nulla, sembrava scomparsa nel nulla. Io non avevo visto granchè, le ero di fronte, Edward mi aveva detto di averla vista spalancare le ali ed una luce bianca irradiarsi dal soffitto della cupola e poi il vuoto, la sensazione di essere sbalzati fuori, non sapevamo neppure cosa fosse accaduto ai Volturi. Mi logoravo all’idea che le fosse successo qualcosa. E se non fosse più tornata? Se non potesse più farlo, non potevo vivere senza di lei. Cosa avrei fatto? Mi lasciai cadere sul letto della nostra camera, le lenzuola sporche di sangue ancora lì, le tirai via con rabbia e le appallottolai lanciandole in fondo alla stanza.
“Jasper?Posso?” Bella si materializzò davanti alla porta, annuì cercando di ricompormi, si sedette accanto a me nervosa,
“Sono quasi sull’orlo dell’isteria come puoi ben percepire”  disse e cominciò a lisciare il materasso,
“Dobbiamo fare qualcosa” mi alzai di scatto e cominciai a fare avanti e indietro corrucciato, non riuscii a dire nulla, Edward era già saettato nella stanza,
“Bella…” la tirò sull’uscio con fare ammonitore,
“Tesoro, non peggioriamo la situazione, non sappiamo cosa fare, Jasper è già abbastanza sconvolto” mi fermai, chiaramente sentivo tutto anche se sussurrava impercettibilmente,
“Devo prendere un po’ d’aria” sgattaiolai fuori,
“Capisco quello che prova, quando ho creduto di averti perso è…” Di forza non ascoltai le ultime parole. Lei non era perduta.
 



 
 
POV Alice
“Non resisto così a lungo” sfinita lasciai cadere le braccia lungo i fianchi, l’accumulo di energia blu si dissolse in pochi millisecondi.
“Fra qualche ora riproviamo, devi imparare tutto ciò che puoi sui tuoi poteri, ti serviranno” il magnifico angelo, mia madre, agilmente svolazzava da una parte all’altra dell’immenso soffitto se così potevo definirlo, di quell’enorme palazzo sospeso nell’etere dove mi aveva condotta. Un luogo incredibile, una struttura priva di pareti e di un tetto, perfettamente arredata, enorme, accogliente, e invisibile, così aveva detto ai sensi di qualunque creatura. Nebbia e nuvole biancastre. Mi stiracchiai sul triclinio coi drappi dorati in quella sala enorme riempita da innumerevoli divanetti e seggi. Cercai di fissare il vuoto e di non pensare, non avevo visioni lì dentro, ero tagliata fuori dal mondo. E in fondo sarebbe stato meno terribile, li hai salvati Alice, mi ripetevo da due giorni. Li avevo lasciati però. Sarebbero morti, Jasper, mi si strinse un nodo alla gola. Lei mi aveva dato un ultimatum, salvarli e fuggire con lei. Gli angeli non potevano modificare il corso degli eventi ma lei lo aveva fatto, era intervenuta per me e adesso dovevamo nasconderci. Loro sapevano, avevano visto tutto, troppe creature sapevano della mia esistenza. Avrei messo in pericolo tutti quelli che amavo.
“Alice, tesoro devi rimetterti in forze” atterrò dinanzi a me con un bicchiere colmo di un liquido dorato,
“No, io sto bene” non sentivo il desiderio di sangue né di altro,
“Il bambino ha bisogno di nutrirsi” disse preoccupata, mi voltai dall’altra parte,
“Percepisco quello che provi…ti manca…tremendamente” strinsi con forza la stoffa del divanetto,
“Vuoi vederlo?” a quelle parole scattai in piedi,
“Cosa?” potevo uscire, ma aveva detto finché la gravidanza…
“Vieni con me” mi sorrise, la seguii titubante   e allo stesso tempo un calore confortante invase il mio corpo. Mi condusse attraverso una porticina di vetro che incredibilmente non avevo mai notato, sembrava comparsa dal nulla, la stanza era rivestita da pareti in pietra, una grotta perfettamente levigata, una strana luminescenza violacea proveniva dal fondo. Dietro di lei ad ali schiuse non vedevo granché, le ritrasse quasi leggendomi nel pensiero. Sorridendo appoggiò le mani su quello che sembrava un fonte battesimale, di quelli marmorei che si trovano nelle cattedrali, l’acqua era violacea.
“Cosa significa?” scettica mi guardai intorno, non c’era nient’altro, credevo che sarei potuta tornare,
“L’unico modo per vedere la tua famiglia, senza che loro lo sappiano” fece cenno di avvicinarmi,
“Ora devi guardaci dentro, immergi il viso” mi sembrava una cosa folle ma feci ciò che diceva, dopo quanto avevo visto e fatto nulla mi sembrava impossibile, dapprima avvertii un certo bruciore intorno agli occhi e dal violaceo la luce si fece accecante, chiusi gli occhi. Persi per qualche istante la cognizione del tempo e dello spazio. Riaprii gli occhi e mi ritrovai sul tetto leggermente inclinato di casa Cullen, non avvertivo ancora suoni od odori e la vista mi si era offuscata, un’ombra aveva fatto un balzo dalla finestra al secondo piano, indietreggiai leggermente e mi voltai indietro stropicciandomi gli occhi, cominciavo a mettere a fuoco, due voci provenivano dal basso, si, erano Bella ed Edward,
“Capisco quello che prova, quando ho creduto di averti perso è stato devastante”stavo per balzare da loro ma mi bloccai, Jasper, un intonso profumo di viola mi calmò all’istante, mi voltai, era lì, seduto vicino allo sbocco del comignolo,
“Jasper!” scattai verso di lui, mi fermai ad un metro di distanza, non poteva vedermi e sentirmi, no, volevo che mi vedesse che mi ascoltasse, tremante mi inginocchiai di fronte a lui, aveva il viso contratto in un’espressione sofferente, guardava fisso dinanzi a sé, poi in basso, la mano destra sotto il mento, provai ad appoggiargli una mano sul ginocchio, credevo che così facendo la sua immagine svanisse, invece sentivo la stoffa del pantalone e la sua pelle, era così reale,
“Jasper io…” cosa dire, non avrebbe potuto sentirmi, con uno scatto afferrò con la destra un ciuffo di capelli biondi che gli ricadevano dinanzi al viso e lo strinse portandolo all’indietro, affondò la testa tra le ginocchia, perché ripeteva perché, mi sentii così male,ero impotente,
“Mi…. Mi dispiace….Io dovevo…” fugacemente gli bacia la testa, non potevo più vederlo in quelle condizioni, le lacrime mi scorrevano a fiotti desiderai solo andarmene e in pochi istanti fui di nuovo nella grotta.
Il volto era bagnato, più per le lacrime che per il resto, mia madre mi guardava preoccupata, le diedi le spalle per cercare di calmarmi,
“Alice, perdonami, credevo che ti avrebbe fatto stare meglio…” mi pose una mano sulla spalla, mi ritrassi,
“Alice…”
“E’….è la cosa più difficile che abbia mai fatto… perché l’ho fatto? Perché l’ho lasciato?” con gli occhi in fiamme due zaffiri blu mi si parò di fronte afferrandomi decisa,
“Era necessario” la guardai negli occhi, un senso di pace forzatamente tentava di scacciare ogni altra sensazione, respirai lasciando che agisse,
“Brava così, non fa bene agitarsi per il bambino” annuì, mi lasciò,
“Potrà mai perdonarmi?” chiesi più a me stessa che a lei,
“Tesoro, certo che lo farà…. Non ho mai percepito un amore così intenso come il vostro, e ho vissuto innumerevoli epoche…” mi passò una mano sulla guancia, con l’altra indugiò sul piccolo rigonfiamento,
“E poi una parte di lui è dentro di te”
 
 
 
 
 
 
POV Jasper
“No davvero” Renesmee continuava a saltellarmi intorno, eravamo a casa di Charlie, era il suo terzo compleanno, anche se sembrava a tutti gli effetti una bambina di 11-12 anni adesso.
“Devi dirmi cos’è!” insistette, Bella ridacchiava, Edward suo padre e Jacob smistavano i regali attorno al tavolo, sopra vi era adagiata una torta a 3 piani, rosa confetto con buffoli di rose e carta argentata, palloncini viola riflettevano la luce del sole irraggiando tutta la stanza, Carlisle ed Esmee erano in ritardo, Rosalie era appena arrivata,
“Vieni qui tesoro! Fatti abbracciare!” Renesmee spostò per qualche minuto l’attenzione da me a lei, mi volatilizzai vicino alla finestra, aveva preso la BMW di Edward, nessuno toccava l’auto di Alice da mesi.
“Lei avrebbe organizzato una festa di compleanno magnifica” mi sussurrò Bella rammaricata, sospirai, era uno di quei giorni in cui non riuscivo a smettere di pensare a lei, non avevamo trovato nulla né ricevuto alcuna notizia.
“Zio  Jasper non è giusto! Il mio compleanno è oggi, perché devo aspettare” cominciò a strattonarmi il maglione, le sorrisi e mi chinai alla sua altezza sussurrandole all’orecchio, un’esplosione di adrenalina si propagò dal suo corpicino, mi abbracciò,
“Fa finta che sia una sorpresa!” dissi alla sua scia già proiettata nell’altra stanza, Bella la guardò divertita,
“Oh Ed…” saettò vicino a lui, eravamo i soli in soggiorno, continuai a concentrarmi su ciò che vedevo al di là della finestra, alberi, foschia, il terriccio incrostato sulle strade di Forks. Decisi di tornare alla festa ma cambiai idea all’istante quando vidi Edward e Bella baciarsi fugacemente e percepii quel calore che da tempo non provavo. In pochi secondi fui fuori dalla casa. Andai a caccia, sino a star male, per riempire almeno un po’ il vuoto, era il tramonto ormai e mi ritrovai come quasi tutte le sere a fissare il lago dalla roccia sporgente antistante casa nostra. Avevo stralciato l’ennesimo maglione. Lo tolsi via, la temperatura era quasi calda, di certo gradevole per un essere umano. Restai con la camicia. La sfera rossiccia cominciò ad affondare nelle acque immobili. C’era sempre un qualcosa di sorprendente. Il perpetuo annullarsi e rigenerarsi di quella stella, i colori poi, la quiete. Mi sedetti sulla sporgenza e aspirai l’aria intrisa di odori. A volte avevo la sensazione di sentire la sua scia, ma era tutto nella mia testa. Avevo il maglione ancora tra le mani, lo gettai alle mie spalle noncurante.
“Hai sempre odiato i maglioni” sorrisi inconsciamente per 1 secondo prima di realizzare che quella voce era reale, flebile ma chiara, dietro di me, con le dita strinsi il muschio che cresceva sulla roccia, raggelai,
“Jasper” un fruscio come di velo sul marmo, dei passi leggeri, mi voltai di scatto, era lei, Alice, mi ero messo in piedi, non percepivo più il mio corpo , aveva strappato la mia coscienza che ora gravitava verso di lei, per una frazione di tempo la osservai ammaliato, le ali erano dispiegate ma portate all’indietro, gli occhi emettevano un sottile luccichio azzurro, non riusciva a contenere il sorriso, indossava un vestito alla greca, bianco una piccola fascia in vita, cadeva largo ma era impossibile nascondere la sua condizione ormai, abbassò lo sguardo continuando a sorridere e carezzandosi istintivamente il pancione,
“Alice!” mi fiondai su di lei e l’abbracciai incredulo, la strinsi più che potevo affondando la faccia nei suoi capelli corvini, le stringevo le spalle, la vita, ogni cosa, era reale, era con me, poi cominciammo a baciarci, le sue labbra, il suo odore, mi era mancata terribilmente, dopo un bel po’ ci staccammo l’uno dall’ altra.
“Non mi capacito….sei qui” l’abbracciai di nuovo più dolcemente, forse avevo esagerato, non volevo fare male al bambino,
“Lo so, lo so Jasper…” mi prese la mano, non smettevamo di guardarci negli occhi,
“Devo raccontarti tutto, devo spiegare…” le portai un dito sulle labbra,
“Tesoro lo so che è stato per salvarci…” Annuì scurendosi in volto,
“Vieni non abbiamo molto tempo…” avanzò stringendomi la mano, la lasciai impietrito,
“Alice, vuoi andartene di nuovo” affermai più che porle una domanda, perché?
“Devo andare, devo tornare da lei… è necessario…ma voglio spiegarti tutto, raggiungiamo gli altri, saprai ogni cosa Jazz…” disse implorante, quella gioia immensa, l’averla rivista e baciata dopo quei 5 mesi mi circolava ancora nelle vene ma adesso ero arrabbiato e terrorizzato, saettai dalla parte opposta della roccia a qualche metro dinanzi a lei, le voltai le spalle.
“Allora…è…meglio che tu vada…” dissi freddo, non mossi un muscolo, sentii la profonda voragine che le si aprì nel petto, restammo immobili per 30 secondi, l’aria colma di tensione, poi si voltò guardando il cielo, stese le ali, pronta a spiccare il volo, le presi la mano tirandola a me,
“No” richiuse con una certa fatica le ali, l’abbracciai da dietro,
“Non andare, non volevo dirlo davvero, mi dispiace” le circondai il vestito leggero con le braccia sino ad abbracciare il feto, percepivo la sua pelle sotto gli strati invisibili della stoffa,
“Guardami Alice” piegò il collo di lato per guardarmi, le guance solcate la due righe splendenti, mi si gettò al collo tremante, il senso di colpa cominciò a divorarmi, come avevo potuto dirle una cosa del genere, la feci sedere sul muschio tra le mie braccia.
“Mi dispiace, Alice mi dispiace, non volevo farti soffrire…” la baciai una infinità di volte sulla fronte, si calmò. Si portò le mani alle tempie  spazzando poi via le tracce di lacrime. Mi passò una mano tra i capelli appoggiando a occhi chiusi la fronte contro il mio viso,
“Credevo che non mi avresti mai perdonata” sussurrò,
“Cosa? Non devi nemmeno pensarlo, io ti amo Alice, qualunque cosa succeda ti amerò sempre” accennò un sorriso, le presi il viso tra le mani.
“Vederti dopo così tanto, non mi sono mai separato da te così a lungo, non volevo perderti di nuovo e il solo pensiero che tu debba andare via mi…” mi strinse la mano sulla gamba,  
“Credimi Jazz, è lo stesso per me…” mi baciò delicatamente,
“Sono qui adesso, per spiegarvi tutto, l’ho fatto per noi, per il bambino, non sono, non siamo al sicuro, e neppure tu e gli altri” mi abbracciò incredula, lo percepivo, anche lei era stupefatta, era qui tra le mie braccia finalmente,
“Non voglio perderti, non ce la faccio Jasper, senza di te non ce la posso fare, sono venuta qui…” si staccò forzatamente alzandosi in piedi,
“Sono venuta qui perché stavo esplodendo, avevo bisogno di te, di vederti e…” le presi le mani sorridendo,
“Lei non lo sa, per questo non ho molto tempo e devi sapere cose che i Volturi non sanno che nessuno sa…ne va della nostra sopravvivenza” l’azzurro degli occhi si amplificò, capii che era necessario sbrigarsi anche se avrei   voluto passare tutta la notte con lei, tenerla stretta, e parlare.
“Andiamo allora” fu lei a trattenermi,
“No aspetta, non è quello che…vogliamo” saettò giù al lago la seguii all’istante,
“Voglio passare il tempo che mi resta con te Jazz, non voglio altr….ti dirò ogni cosa e gli altri sapranno da te…” si era stesa sul prato, le fui accanto in un attimo,
“E’ cresciuto così tanto” le poggiai incerto la mano sulla pancia, mise la mano sopra la mia, i mille campanellini della sua risata riecheggiarono tra gli abeti,
“Non prenderti gioco di me, non vorrei farti male” sorrise commossa,
“Se l’unica persona che non può farmi del male…”
 
 



 
POV Jasper
Per qualche ora restammo a discorrere di tutto ciò che le era accaduto, stentavo a credere alla realtà che ci circondava che davvero controllava il mondo. Se qualcun altro, non la mia Alice, se qualcun altro mi avesse parlato di un’altra dimensione, di abitazioni fluttuanti, di luce e di energia l’avrei creduto folle.  Ma non era così, noi eravamo ciechi, più ciechi degli umani forse. Era rimasta lì a dominare e scoprire il suo potere, “Incredibile Jazz, non avevo idea di cosa potessi fare e di quanto velocemente potessi apprendere” e poi aveva fatto scivolare le mani lontano dalle mie, sospese a mezz’ aria e aveva chiuso gli occhi e aveva creato, si creato tre figure, io lei e il bambino abbracciati quasi vivi, fatti di particelle azzurre, “Energia, tutto intorno esiste perché è energia, e gli angeli possono plasmarla e crearne di nuova”. Mentre avanzavo verso casa ripensavo a questo e agli ultimi minuti, presto l’avrei rivista ma separarsi era stato comunque difficile. “Presto tutto questo finirà, non potranno ucciderlo una volta nato non glielo permetterebbe” a questo corrucciai la fronte, a chi si riferiva? Ma non ebbi il tempo di chiederglielo, mi baciò fugacemente e una luce bianca l’aveva già portata via. Edward, sentii la sua agitazione avvicinarsi sempre di più,
“Jasper!” mi invocò ancora lontano, sorrisi beato in volto, a mano a mano che frugava nei miei pensieri rallentava,
“Voglio tutti i dettagli” proferii mentre salimmo le scale, annuì, Bella e Carlisle aprirono la vetrata,
“Che succede?” chiese lei preoccupata,
“Alice…” annunciò Edward, l’emozione che provava era ambigua, felice ma allo stesso tempo confuso, nessuno di noi capiva bene cosa stesse succedendo,
“Sta-  sta bene?” Bella gli afferrò la mano,
“Si, lei sta bene…è…” mi sedetti sul sofà, l’adrenalina mi circolava ancora nelle vene,
“E’ molto incinta” Edward diede una pacca sulla spalla a Carlisle, Bella sorrise,
“Ragazzi ma dov’è, non vedo l’ora di riabbrac…” io ed Edward incrociammo lo sguardo,
“E’ andata via, ma  tornerà… vi devo spiegare, vi sembrerà incredibile” e passai quasi tutta la notte a parlare con loro e a stupirmi e confondermi per ogni mia parola proprio come loro, Carlisle si mostrò decisamente turbato, c’era tutto un altro mondo di cui ignoravamo l’esistenza.
“ Chi non permetterà...insomma” chiese Bella alla fine,
“Non ha potuto chiederglielo” mi anticipò Edward, poi osservò bene sua moglie, corrugò la fronte e scosse la testa sorridendo nervosa,
“Cosa c’è Bella?” scosse di nuovo la testa,
“Parla, sai che non posso leggerti nel pensiero…” le solleticò il collo,
“Dai Ed…” si alzò in piedi fissandolo maliziosamente, poi guardò noi,
“Non può essere, beh, Dio giusto?” non sapevamo cosa dire,
“ Non sarebbe etico, farle del male finché è incinta , fare del male al bambino, è pur sempre una vita, e neanche dopo… mi sembra assurdo” Carlisle si schiarì la voce,
“E cosa fin ora non lo è stato” il solo pensiero che qualcuno le facesse del male e così a mio figlio mi fece rabbrividire, doveva esserci questo consiglio degli anziani  di cui parlava l’angelo dietro questo e basta,
“O forse non sa della sua esistenza!” Edward si illuminò,
“Supponendo che esista davvero, e io credo di si, se non sapesse che Alice sia incinta e solo quando sarà nato, insomma non permetterebbe mai che un innocente venisse ucciso” ero dubbioso,
“Ma se è onnipresente non dovrebbe sapere già tutto, e poi non è propriamente così pacifico e comprensivo come molte culture descrivono!” Carisle schioccò le dita,
“Mmm…noi siamo vampiri non siamo esseri umani, tuttalpiù dovremmo essere dalla parte opposta, ed Alice è una creatura unica, è un caso a sé, non possiamo ridurre tutto al bene e al male con lei, io sono convinto che siano altri angeli a darle la caccia” era altamente possibile,
“Loro non vogliono che un mezzo sangue imbratti la loro perfetta esistenza, capite, il nuovo, il diverso spaventa qualsiasi essere dotato di raziocinio, è questa la ragione, hanno paura di lei, di quello che cresce dentro di lei, del suo potere”.
 




 
 
POV ALICE
L’aria era gelida, piccoli sbuffi si creavano nell’aria ad ogni mio respiro, avevo avvertito uno strano odore appena passato il portale.
“Mamma ?” la chiamai mentre dal corridoio di adamante mi dirigevo nel grande salotto, ora avrei dovuto spiegarle, sapeva già, forse lo sapeva già in precedenza ma non mi aveva fermata, perché?
“C’è nessuno?” alzai il tono di voce, le candele erano tutte spente, l’odore acre era più forte, ad ali tese svolazzai fino al soffitto, decine di metri più su…nulla.
“Senti mi…mi dispiace ma dovevo farlo…” percepivo la sua presenza, era strano,
“Sei qui?” la porticina di vetro era leggermente aperta, ritrassi le ali e camminai verso la grotta, cominciai ad agitarmi, c’era qualcosa che non andava, mi tremò la mano mentre giravo il piccolo pomello d’oro, mi fermai un secondo e appoggiai la mano sulla pancia, non riuscivo a rilassarmi, le pareti violacee della grotta trasudavano rugiada, l’aria ancora più fredda, il fonte battesimale era rovesciato, una mano marmorea semi-aperta era adagiata sul pavimento dietro di esso,
“Oddio!” saettai verso di lei, supina fissava il soffitto, a stento riusciva a respirare, l’odore acre veniva da lei, un ampio squarcio nel petto e un fiotto di sangue quasi nero, leggermente bluastro, premetti con tutte e due le mani sulla ferita,
“Cosa- cosa è successo?” mi tremava la voce,
“S-sono stati…ci…” le sollevai il capo, l’emorragia non si fermava,
“Ci hanno trovate…devi andare via…” le stringevo una mano,
“Okay…okay… ti porto da Carlisle, troverà un modo per curarti, ci riesce sempre…” scosse la testa, la guardai negli occhi supplicante, le lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso e sul suo in simultanea,
“Dimmi cosa posso fare per aiutarti…ti prego” mi appoggiò un dito sulle labbra,
“Devi tornare a casa, pensa al bambino, proteggilo sempre” ansimò, le strinsi più forte la mano,
“Mi dispiace…avrei…avrei voluto passare più tempo con te…” Svuotata di ogni energia e sofferente appoggiai la testa alla sua spalla,
“Voglio farti vedere una cosa, appoggia la mano sul mio petto” obbedii tremante,
 “Jasper…” ero a casa nostra, in soggiorno, Jasper a 2 metri davanti a me di spalle, ridacchiava e sussurrava a qualcuno, mi avvicinai, voltandosi mi sorrise e aveva tra le braccia un bambino di 2 o 3 anni, con una folta capigliatura nera e due occhioni azzurri, dolcissimi, “Ecco la mamma!” il bimbo allargò le paffute manine e mosse qualche passo verso di me.
“Lui” scioccata mi portai le mani in grembo,
“E’ una possibilità, se farai di tutto per proteggere quelli che ami… è il tuo futuro”
“Mamma? No no, ti prego, ho bisogno di…non posso farcela da sola…” restai accanto a lei per diversi minuti a fissare il soffitto con quel corpo immobile, sembravamo così felici, era stato bellissimo, volevo che fosse quello il presente.
“Devo andare!” dissi scattando in piedi,
“Pagheranno per quello che hanno fatto”.
 




 
 
 
POV EDWARD
Il potere, possibile che tutto ruotasse sempre intorno al potere? I pensieri di Jasper erano vividi, ripensava all’ultima volta che l’aveva vista costantemente, sarebbero passati altri 4 mesi, sembrava la durata di una gravidanza umana. Il dopo mi preoccupava, Alice forse aveva riposto troppa fiducia in lei. Era oramai l’alba, il sole faceva capolino tra le montagne scoscese, l’aria cominciava a riscaldarsi. Avevo sete, mi diressi a 20 km da Forks, avevo sufficiente energia per attraversare l’intero continente, eravamo rimasti seduti a parlare tutta la notte. Velocemente tramortii un giovane puma, goffo, inesperto, e saziai la mia sete. Pensai di tornare indietro quando un odore familiare mi bloccò. Corsi velocemente, un forte vento proveniva da sud-ovest, poi il frangersi dei rami più alti e un tonfo. Mi fermai davanti ad una massa di piume azzurre e bianche, realizzai in un centesimo di secondo.
“Alice!?” sollevò leggermente le ali e potei guardarla in viso, sembrava sorpresa di vedermi e sollevata, guardinga lanciò un paio di occhiate al cielo, provò a mettersi in piedi ma traballò, la sostenni dalla spalla, ritrasse le ali sporche di fango e mi sorrise, aveva il vestito tracciato, potevo vedere un tratto di pelle marmorea del grembo, una leggera contusione,
“Ma sei ferita, presto, andiamo da Carlisle” gli occhi le divennero vitrei per qualche secondo,
“Grazie al cielo, non ci seguiranno” la guardai confusa,
“Chi? Alice come mai sei…” i pensieri di lei si focalizzarono sugli ultimi avvenimenti, sua madre, il sangue, l’inseguimento, la caduta.
“Torniamo a casa, non sono più al sicuro lì” si scostò da me, corse per qualche kilometro era più lenta, si fermò.
“Sei troppo stanca” ansimava,
“Hey hey” feci in tempo a sorreggerla, stava perdendo le forze, la presi tra le braccia, inspiegabilmente era leggera come una piuma nonostante la gravidanza avanzata,
“Grazie…” sussurrò chiudendo gli occhi,
“Mostriciattolo dovrai ricambiarmi il favore” sorrise esausta.
 
 
 




POV Alice
Avevo perso conoscenza per diversi minuti, comunque mi sentivo molto debole e avevo la vista annebbiata, avevo volato per tutta la notta e oltre la dimensione, era stata la cosa più faticosa che avessi mai fatto. Edward forzò correndo più veloce che poteva, a metà tragitto aveva chiamato Carlisle e informato gli altri, arrivati sul portico avvertii la presenza di Jasper ed Esme e Carlisle, Jasper saettò davanti ad Edward, i suoi occhi balenarono lungo tutto il mio corpo, dovevo essere ridotta uno schifo perché il suo sguardo raggelò,
“Sto bene, non è niente” feci cenno ad Edward di mettermi giù, lui e Jasper avevano le braccia tese pronte a sorreggermi, mi appoggiai a Jasper che mi scoccò un bacio sulla fronte,
“Vieni Alice…” disse Carlisle, Esme mi passò una mano sulla spalla angosciata ma felice di vedermi, arrancai con l’aiuto di Jasper fino al lettino nel suo studio. La luce della lampada da sala operatoria mi accecò, lampi vermigli del cielo, ecco cosa mi balenava in testa, quella schiera di angeli che davano la caccia a me , il terrore di non riuscire sfuggirgli, lassù. Mi mancò il fiato.
“E’…” provai a raccontare, Jasper mi guardava turbato e interrogativo a pochi centimetri da me,
“E’ stato orribile, mi hanno dato la caccia, volevano ucciderci… hanno distrutto il posto in cui ero nascosta, hanno…distrutto tutto…e poi mi hanno trovata, quasi all’istante, non so se sono al sicuro qui ma non sapevo dove altro andare” Carlisle mi massaggiò la gamba mentre sfoderava ecografo e strumenti vari.
“ Tranquilla Alice, non agitarti, noi ti proteggeremo” annuì guardando Jasper sempre più ansioso,
“Credevo che lei ti avrebbe tenuta al sicuro… qualche altro mese” mi sussurrò confuso, gli presi la mano, non sapevo cosa dire,
“Come sta il bambino?” non avevo battuto così forte a terra, da quel punto di vista mi sentivo come sempre, stava bene, non per colpa mia…non…
“Sta bene” tirai un sospiro di sollievo, aveva auscultato il suo cuoricino velocissimo più di quello di Renesmee, poi prese l’ecografo,
“E tu, sei ridotta male, come ti senti?” Jasper mi accarezzò le guance,
“Sono più forte di quanto tu creda” dissi a voce roca sorridendo, mi baciò, nonostante tutto ero felice di essere di nuovo insieme a lui, mi sentivo più forte, completa con lui.
“Ragazzi” Carlisle sussurrava quasi,
“Eccolo qui” io e Jasper ci voltammo simultaneamente allo schermo anche Edward ed Esmee si avvicinarono,
“E’…perfetto” disse Jasper a voce tremante, una sagoma di neonato sullo schermo grigio, muoveva le manine come se cercasse di afferrare qualcosa, una lacrima di gioia mi solcò il viso,
“Guardate è un maschietto” Esmee indicò un punto sullo schermo,
“Si” Jasper mi guardò felice,
“Direi che quella ridotta peggio sei tu Alice, una piccola contusione che non ha provocato danni, ma tu hai bisogno di assoluto riposo per qualche giorno” mi sollevai dal lettino, Jasper mi massaggiò la schiena,
“Non le farò muovere un muscolo” proferii baciandomi la nuca, guardai Edward supplicante,
“Poi penseremo al da farsi, c’è ancora tempo” disse, eppure sentivo di non averne ancora molto.
 
Stordita aprii gli occhi, la luce del sole filtrava impercettibilmente dalla saracinesca del balcone, tastai il letto in cerca di Jasper, ero sola. Mi aggrappai al cuscino sprofondando la faccia al suo interno, non volevo schiodarmi da lì, avrei dormito in eterno, ma di sicuro era passata qualche ora e bisognava pensare a cosa fare. Mi sollevai dal materasso, mi sentivo goffa e lenta, sembrava che portassi dentro una palla da bowling, sorrisi all’idea così buffa. Seduta sulla sponda del letto massaggiai la pancia ancora un po’ indolenzita, a quanto pare mi ero cambiata? Non indossavo più la veste lacera e piena di fango ma un ampio maglione, il maglione di Jasper, mi portai le maniche alle narici e aspirai profondamente il suo profumo. Lentamente mi misi in piedi e andai a sciacquarmi il viso, avevo bisogno di una bella doccia.
Libera finalmente da quella sensazione di sporco e dall’odore della paura più energica sistemai le lenzuola, ero ancora in accappatoio, mi servivano abiti nuovi, più larghi. Corrugai la fronte, per il momento rimisi il maglione di Jasper e un paio di shorts. Spalancai il balcone lasciando che l’aria frizzantina contribuisse a darmi un altro po’ di energia. Sentii avvicinarsi qualcuno dalle scale, lo scricchiolio della porta,
“Buon giorno!” Jasper sembrava sorpreso che fossi fuori dal letto, mi avvicinai a lui, aveva in mano un bicchiere di sangue sigillato,
“No tranquilla, non è umano…ma è meglio che tu non ti affatichi con la caccia” me lo offrii e io lo fulminai con lo sguardo, avevo una sete, in pochi secondi recuperai a pieno le forze,
“Sono incinta non paralitica” gli feci l’occhiolino, mi parai di fronte allo specchio rettangolare questa volta senza alcuna sorpresa o sobbalzo, osservai la mia sagoma perfettamente longilinea se non fosse per l’evidente pancione che cresceva a vista d’occhio, Jasper mi cinse i fianchi da dietro baciandomi il collo,
“E così tu lo sapevi” lo guardai interrogativa,
“Che è un maschio” avrei tanto voluto dirgli della visione, ma era solo una possibilità, la mia vita e quella del bambino sarebbero potute finire da un momento all’altro, scossi il capo cecando di apparire spensierata e gli morsi un labbro,
“Alice Cullen” mi spostò un ciuffo di capelli ancora bagnato, fissavamo la coppia felice e fuori dal mondo dello specchio,
“Presto saremo genitori” non potei fare a meno di condividere l’entusiasmo che la sua aurea emanava, la mia risata cristallina si propagò in tutta la stanza,
“Posso?” non avevo sentito Bella bussare, Jasper andò alla porta facendola entrare,
“Stavo giusto andando via…” mi guardò intensamente, non avrebbe voluto lasciarmi sola per un secondo. Bella si fiondò ad abbracciarmi, mostrando estrema attenzione, era ancora molto forte, ma potevo resistere a cose ben peggiori, oramai lo sapevo,
“Non posso credere che tu sia qui finalmente!” mi teneva entrambe le mani sorridendo a 32 denti,
“Mi sei mancata Bella!” ci sedemmo sul letto, avevo forse una marea di cose da raccontare ma non sapevo da dove riannodare i fili,
“Scusami se non sono venuta prima” disse dispiaciuta,
“Prima?” ero confusa,
“Si beh… sono passati 2 giorni” spalancai gli occhi,
“Ho dormito per due, due giorni?! Mi sembravano passate poche ore!” scoppiammo a ridere,
“E’ normale credo, quando aspettavo Renesmee avevo un insopprimibile stanchezza addosso e poi dopo quello che hai passato” disse, le strinsi la mano, un alone di preoccupazione mi investii in pieno,
“Cosa c’è Alice, mi sembri turbata…”
“Credo di essere terrorizzata all’idea che possa succedere qualcosa al bambino e a me quando…beh…quando sarà il momento” Bella sorrise malinconica,
“Alice sarebbe bizzarro se tu non avessi questo terrore, credimi tutte le donne temono di non riuscire a sopportare il dolore quando” la fermai,
“Non è questo, l’idea di perdere questa parte di me, perderei Jasper e me stessa, me lo sento” mi zittii abbracciandomi forte,
“Tu sei la più forte fra noi, il tuo bambino starà bene te lo prometto!” mi disse afferrandomi le braccia con convinzione, poi si alzò,
“Ora! Prima di riportarti alla luce! Devi farmi vedere cosa hai scoperto, i tuoi poteri! Voglio sapere tutto!” cercò di infondermi sicurezza e carica, d’accordo le avrei spiegato tutto.
 
 


 
POV Jasper
“Edward!” lui e Carlisle armati di computer e una miriade di fogli discutevano animosamente su dove fosse saggio portare Alice,
“Allora, cosa pensi sia meglio fare?” chiesi distaccandolo da Carlisle, non mi andava di coinvolgere tutti e mettere altri in pericolo, sarei stato in grado di prendermi cura di lei,
“E’ complicato, non credo ci sia un posto qui sulla terra invisibile per loro o per lui” Esme raggiunse Carlisle rivolgendomi un sguardo amorevole e carezzando una spalla di Edward,
“Ma Carlisle ha un’idea che credo funzionerà…” si allontanò da me   facendo cenno a Carlisle, era combattuto, non parlò,
“Come sta Alice?” chiese Esmee stranita da quel silenzio di tomba,
“Meglio, si è alzata e si è nutrita, sta parlando con Bella…” non volevo essere scortese con Esmee ma era come se Carlisle ed Edward non volessero dirmi il loro piano,
“Carlisle?” scrollò le spalle,
“E va bene, non ti piacerà affatto ma è la strada più sicura” smise di smistare i fogli,
“Alice dovrebbe portare a termine la gravidanza alla riserva” stupito guardai Edward che annuì serioso, ero confuso e lievemente irritato, non mi sembrava un buon piano, Billy non sapeva che fosse incinta e poi lasciarla con orde di giovani lupi,
“Sarà al sicuro lì” Edward interruppe il mio flusso di pensieri,
“E se l’attaccassero, insomma, Alice intimorisce molto i lupi, hai visto Leah, o se lei, se lei attaccasse uno di loro per istinto di protezione, ci sarebbero guai” Esme sembrava d’accordo con me,
“I lupi non dovranno entrare in contatto con lei, di Jacob e Billy possiamo fidarci” non ero convinto,
“Jasper, gli angeli conoscono il nostro territorio, potrebbero trovarla in qualsiasi parte del mondo, conoscono i vampiri, il nostro odore, lì sarebbe se non invisibile camuffata, perché mai dovrebbero pensare che dei vampiri siano alleati dei licantropi, che sia nascosta lì” Esmee gli prese la mano,
“Credo che abbiate entrambi ragione, Billy potrebbe non gradire il fatto che lo avete tenuto all’oscuro di tutto questo” disse guardandomi,
“SI, dobbiamo chiedere se sia disposto ad ospitare Alice, come che sia, è la mossa più intelligente” sentenziò Edward,
“Certo potreste spostarvi da un lungo all’altro per rendere difficile la caccia ma…sarebbe stressante e stancante per Alice” aveva ragione,
“D’accordo” affermai nervoso,
“Ad una condizione… resterò anch’io alla riserva” Edward sorrise,
“Jasper non sappiamo se Billy accetterebbe” Edward mi pose una mano sulla spalla,
“Non la lascerà sola neppure un esercito lo smuoverebbe” lo spintonai scherzosamente,
“O così, o nulla”
 
 
 
POV Alice
Ci stavamo dirigendo alla riserva, Bella mia aveva procurato alcuni abiti pre-maman , ora indossavo un vestito traspirante rosso cremisi, leggermente scollato, non troppo aderente e pieghettato, faceva la sua bella figura celando lievemente la pancia, Jasper mi teneva per mano, corremmo lentamente e fummo lì in 5 minuti, ero nervosa, Carlisle ed Edward erano davanti a noi, non riuscivo a vedere come avrebbe reagito Billy, troppi lupi, osservavano ogni nostra mossa, Jasper percepiva la mia agitazione e cercava di infondermi sicurezza,
“Sono sicuro che ci aiuterà” mi sussurrò, trovammo Billy sul porticato, le ruote cigolanti avanzavano verso di noi. Feci avanzare di qualche passo Jasper davanti a me celandomi dietro la sua sagoma, Edward e Carlisle erano andati a salutarlo, tra tutti quei volti lui cercava di vedere me,
“C’è una cosa che ti abbiamo nascosto” dissi prima di avanzare, mi feci coraggio e mi mostrai a 3 paia di occhi sbalorditi, c’erano anche Jacob e Leah. Billy ci fissò ad uno ad uno, non sembrava offeso o arrabbiato, poi cautamente guardò Jacob che lo spinse avanti verso di me, gli altri si scostarono, allungò la mano all’altezza del mio ventre, e mi guardò, annuì, posò con inaspettata delicatezza la vecchia mano rugosa sulla stoffa rossa e aspettò qualche secondo, avvertii il bambino muoversi e scalciare con impeto, mi fece quasi sobbalzare, Jasper mi fissò preoccupato,
“E’ in salute direi” Billy sorrise,
“Una sorpresa…strabiliante direi… un miracolo…o hai qualche spiegazione Carlisle?”lo  punzecchiò,
“Credo di aver abbandonato la scienza da un bel po’” disse guardandomi e sorridendo,
“Mi stavo preoccupando, nessuno di voi si faceva più vivo e Jacob mi ha solo accennato una visita dei volturi…” Edward si schiarì la voce,
“Ne sono successe tante, ti diremo tutto, in fondo è giusto che tu sappia, ma siamo qui perché Alice non è al sicuro, solo la riserva può proteggerla finché non nascerà il bambino… ci chiedevamo se potessi ospitare lei e Jasper per qualche mese…è chiedere davvero molto ma ti spiegherò tutto con calma, deve venire qui subito o scopriranno dove si trova” Billy rifletté qualche secondo, di certo non gli era chiaro il perché di questa urgenza,
“Sarà un onore proteggerti Alice” sorrise, tirai un sospiro di sollievo, Jasper lo ringraziò e venne ad abbracciarmi,
“Ora però, voglio tutta la storia”.
 
 
 
POV Jasper
Dopo qualche settimana passata nel cottage perfettamente allestito per due persone l’attesa cominciava a logorarmi. Lasciavamo la casa solo per la caccia, anch’essa nella riserva, non permettevo ad Alice di inseguire le prede, era troppo rischioso per lei. Avvertivo la sensazione che aveva di sentirsi leggermente in trappola, pochi mesi e avremmo avuto la nostra vita così mi ripeteva. Lui non lo permetterebbe, forse Carlisle aveva interpretato bene. Eppure non sapevamo neppure cosa fosse il bambino, se con Alice gli Angeli avevano reagito in quel modo figurarsi con il piccolo. Era quasi il tramonto, un corpulento lupo grigiastro mi osservava dall’altra parte del lago, non lo riconoscevo, dopo la battaglia dopo tutto quel tempo i giovani continuavano a trasformassi, quasi avvertissero una qualche minaccia. Appoggiato alla ringhiera di legno del porticato ci rimuginavo su, facendo scricchiolare le assi del pavimento.
“A cosa pensi?” il tocco delle mani di Alice mi fece sobbalzare, mi abbracciò da dietro, il pancione gli impediva di appoggiare il petto alla mia schiena.
“Nulla” mi girai e le sorrisi,
“Hai fame?” ci pensò un secondo e poi scosse la testa,
“Facciamo una passeggiata?” proposi,
“D’accordo, mi cambio un secondo” tornò in casa, la seguii fino in camera, si era tolta la maglietta aderente, incrociò il mio sguardo, percepii un certo imbarazzo, si voltò a seno scoperto dall’altra parte,
“Non è un bello spettacolo” disse ridacchiando, mi parai davanti a lei,
“Voglio guardarti…sei bellissima” dissi allargandole le braccia per vederla,
“Sono una balena vorrai dire” si guardò il ventre carezzandolo,
“Sei un miracolo” mi inginocchiai davanti al suo grembo e lo baciai, un leggero tremolio di piacere le attraversò il corpo,
“Dici che può sentirci?” mi guardò stupita di quella domanda,
“Io… non ci avevo mai pensato…” si incupii , mise una maglia di lana e sedette sul letto,
“Non ci ho mai pensato…Jasper non credo di essere una buona madre” disse d’un fiato,
“Che dici…” l’affiancai abbracciandola,
“Sarai perfetta, non siamo ancora genitori ma credo che sia naturale” mi diede un tenero bacio sulla guancia,
“Dovremmo pensare anche a un nome” aggiunsi,
“Che nome ti piacerebbe?” Alice rise perché mi rivolgevo al bambino come se fosse lì presente, beh in un certo senso,
“Tua madre si prende gioco di me, tu andrai sempre in suo favore è così?”
“Jazz, non farmi ridere” le si illuminarono gli occhi, mi prese la mano e l’appoggiò sul grembo,
“Senti” il bambino scalciava con forza,
“Vacci piano!” era forte e sano, quello contava per ora,
“E’ un guerriero, come te” mi prese il viso fra le mani e mi baciò passionalmente, mi sbottonò la camicia e vagò con la mano sul mio petto,
“Anche….tu….dovresti andarci piano…” mi staccai da lei a fatica,
“SI” disse ricomponendosi,
“Non possiamo, io non so se” si alzò annuendo,
“Quando sarà in una culla, prosciugherò tutte le tue energie” disse,
“L’ ho detto davvero” si coprì la faccia con le mani,
“Si” ridemmo senza contenerci,
“Andiamo a passeggiare” disse maliziosa,
“Andiamo”.



 

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Capitolo 4
*** Fuori ***


POV ALICE

4 mesi erano trascorsi in un battito di ciglia, sorprendente ma vero. All’iniziale noia e irritazione per tutto quello che era accaduto si sostituì un clima più gradevole, almeno quando ero con Jasper, quando Bella Edward o Carlisle venivano a farmi visita. Non mi ero mossa dalla riserva per tutto il tempo e più si avvicinava il termine della gravidanza più Jasper premeva affinché evitassi di uscire.  Era forse più in ansia di me, a volte mi guardava come fossi una bomba ad orologeria. Il ventre era cresciuto e non riuscivo a vedermi i piedi, ultimamente cominciavo a sentire una spossatezza continua e mi addormentavo come un sasso. Anche Billy era venuto a trovarmi eccitato all’idea che il bambino venisse al mondo. Volevo che nascesse ma ero terrorizzata, non riuscivo ad immaginare cosa avrei fatto, cosa avremmo fatto , non vedevo nulla.
“Alice sei qui?” ero semi-distesa sul divano Edward e Jasper fecero capolino dalla cucina del cottage,
“Si” dissi alle loro sagome che mi si erano già parate davanti,
“Come ti senti oggi?” mi chiese Jasper inginocchiandosi e massaggiandomi il pancione,
“Una balena spiaggiata” e stiracchiai le gambe, Edward ridacchiò, lo fulminai con lo sguardo, mi misi seduta, lentamente ed Edward si sedette sul bracciolo arruffandomi i capelli,
“Edward ti prego!” gli afferrai con vigore un polso e sentii un flebile gemito,
“Potrei ancora batterti” dissi sicura,
“Non lo metto in dubbio” mollai la presa e lui emise un sottile ringhio, Jasper si alzò in piedi e andò  a prendere il cellulare, per qualche minuto rimasi a fissare il verde petrolio del prato fuori dalla finestra, quando Jasper tornò fissò negli occhi Edward per una frazione di secondo, non mi sfuggì nulla,
“Dovete dirmi qualcosa?” mi sollevai dal divano, con equilibrio precario, Edward mi prese per mano,
“Fra qualche giorno torniamo a casa” disse Jasper sereno, una notizia che non mi provocò il benessere sperato, 1 settimana prima Carlisle aveva voluto fare un’ecografia e mi aveva detto che avrebbe portato il necessario alla riserva e che era tutto nella norma,
“C’è qualcosa che non va?” mi portai automaticamente le mani in grembo, Jasper si avvicinò prendendomi le spalle,
 “Carlisle crede sia la cosa migliore, non può trasferire la sala medica qui, e poi anticipare di qualche giorno , ormai dovremmo esserci” Edward si lanciò sul divano, respirai,
“Okay…” feci per andare di sopra, avevo voglia di stendermi ma una strana sensazione mi bloccò,
“Jasper…chiama Carlisle!” Edward balzò verso di me, mi voltai nello stesso istante, un lago sul parquet ai miei piedi,
“Credo che sia…ora”  alzai lo sguardo e incrociai quello di Jasper.
 
 
 
POV Jasper
“Okay va bene ” riattaccai in fretta e tornai in soggiorno, il viso di Alice era cambiato, da felice ed elettrizzato ora era contratto in un’espressione di dolore, Edward le massaggiava la schiena da dietro il sofà,
“Carlisle ha detto di portarla a casa adesso” le presi la mano,
“D’accordo” disse con voce tremante,
“Datemi solo un second…” chiuse gli occhi e serrò i pugni, provava molto dolore,
“Non fa male…sto bene” respirò a fondo, la mia faccia doveva essere un tantino sconvolta, si alzò la sostenni cingendole la vita e le baciai la fronte,
“Aspetta Jasper….io” si piegò quasi in due dal dolore e un enorme bagliore blu si effuse per un secondo dal suo corpo, una vibrazione che come un’onda sismica si propagò per km.
“Accidenti” sussurrò Edward intontito,
“HEy” sentivo Alice cedere, stava per perdere conoscenza,
“Forza Alice, sono qui…” aspettai qualche secondo e cominciammo ad avvicinarci alla porta, ma qualcosa andò storto. Un altro bagliore ci accecò tutti all’istante, fui sbalzato lontano da Alice e vidi una sagoma nera afferrarla, in pochi millesimi vidi due minute ali nerastre e un tizio con un coltello, lo affondò nel basso ventre,
“Fermo !” fu così rapido, Alice gli bloccò il polso e lo guardò dritto negli occhi, le pupille ardevano di blu, percepii un certo disagio nell’altro angelo o qualsiasi cosa fosse, poi sparii, mi ritrovai ad afferrare il nulla davanti ad Alice inginocchiata a terra, perdeva molto sangue, la presi tra le braccia ringhiando.
“Edward la macchina!” non c’era tempo per capire cosa fosse successo, il bimbo era in pericolo.
Carlisle che certo si aspettava un arrivo così rapido aveva già allestito tutto, non fece domande per un po’ pur notando la ferita ma mi aiutò a posizionarla sul lettino e  a levarle i vestiti mettendole un camice alla buona,
“Continua a premere sulla ferita Edward” Bella trafelata assisteva alla scena,
“Come? Cosa?” la tensione divorava anche me, Alice era semi-lucida, le stringevo la mano e non smettevo di guardare i due zaffiri blu,
“Dovrò fare un cesario, non c’è tempo….Jasper falla restare sveglia, meglio che non perda conoscenza….Bella ci sono 3 sacche di 0- nella cella frigo!” dava ordini e afferrò il bisturi ed altri strumenti, feci un respiro, il panico cominciava a emergere con prepotenza,
“Alice hey, va tutto bene, resta con me, parlami okay” annui cercando di reagire,
“Non è….come te lo….aspettavi” riuscii a dire,
“E’ sempre imprevedibile per noi eh?” cercai di distrarla e le baciai le labbra esangui, il forte odore del suo sangue mi turava le narici, era un profumo delizioso a stento riuscivo a restare concentrato,
“Non sento dolore…è…stra…no” voltò il capo per guardare cosa le succedeva intorno,
“E’ la morfina tesoro, presto sarà tutto finito e vedrai nostro figlio…mi sorrise…” continuai a parlare per 10 minuti, era sempre più debole, poi emise un lamento soffocato, mi allarmai,
“Jasper” Carlisle mi chiamò ad agio, spostai dopo tutto quel tempo l’attenzione da Alice, aveva tra le braccia un paffuto bambino dai capelli neri e radi, le manine torcevano il lenzuolo e piangeva confuso, senza accorgermene gravitai verso di lui, Carlisle me lo pose sorridendo ma concentrato, indietreggiai per osservarlo meglio, dischiuse appena gli occhi di un azzurro tenue e bellissimo, era lo specchio di Alice, mi avvinai a lei, Bella ansiosa le teneva l’altra mano,
“O dio che amore!” baciò Alice sulla guancia, leggermente più lucida Alice mi cercò e allungò una mano, mi posi alla sua altezza facendole vedere il bambino,
“E’…bellissimo” sussurrò commossa, una lacrima argentea le solcò il viso, lo prese tra le braccia e gli occhi le sfavillarono,
“Ciao meraviglia…” lo cullava dolcemente, guardava me poi il piccolo, poi di nuovo me emanando una gioia indescrivibile,
“Jasper prendi il bambino” la voce tesa di Carlisle ruppe quel clima idillico, in allarme feci quanto mi diceva, Alice cominciò a perdere lucidità, Bella ed Esme lo portarono via, concentrai di nuovo la mia attenzione su Alice, intontita le seguiva con lo sguardo,
“Che succede?” chiese Edward,
“Non riesco a fermare l’emorragia, perde troppo sangue!”
“Aid…” ad occhi chiusi mugolava qualcosa…
“Aid…..en” non capivamo,
“Alice no! Carlisle fa qualcosa” non si era arreso ma non riusciva a trovare il modo, era svenuta. No non poteva finire così.
 
 
 
 
 
POV Alice
Distrutta cominciai di nuovo a percepire il mio corpo, percepii un sottile lenzuolo ricoprirmi sino al collo e una superficie più ampia del lettino da ospedale, tastai con la mano il materasso, aprii gli occhi di scatto, dov’ero? All’istante Jasper apparve nella stanza, si ero in camera nostra. Allungai la mano verso il basso, il ventre quasi piatto,
“Cosa, cos’è successo, dov’è il bambino?” mi sollevai dal letto nonostante la debolezza e i capogiri,
“Non alzarti, va tutto bene, hai perso molto sangue, sei svenuta, è passato 1 giorno, il bambino sta bene, Aiden sta bene” mi illuminai,
“Aiden?”
“Ripetevi questo prima di svenire, deve pur significare qualcosa” mi sorrise sedendomi accanto e massaggiandomi la schiena, poi mi abbracciò,
“E’ andata… bene” disse sospirando ma nervoso,
“Dov’è? Voglio vederlo” dissi
“Resta qui” mi passò una mano sulla guancia e chiamò Carlisle, incrociando lo sguardo di quella piccola creaturina mi sentii subito meglio,
“Come stai Alice?” mi chiese Carlisle porgendomelo tra le braccia, gli risposi che tutto sommato stavo recuperando le forze, non riuscivo a smettere di guardare quegli occhioni blu, e poi così all’improvviso mi sovvenne quell’angelo nero, mi aveva colpita, strinsi il piccolo,
“Non sappiamo chi sia” disse Edward arrivato con Carlisle, Bella si agguacciò da dietro per sorridermi,
“Lo scoprirò” dissi furente, Jasper mi passò una mano sulla spalla,
“Jasper mi dispiace ma è la copia spiccicata di Alice” disse Bella sedendosi dall’altra parte del letto,
“E’ bellissimo infatti” staccai lo sguardo da Aiden per guardare Jasper, un’ aurea di pace aleggiava sul suo volto, Carisle tossicchiò ,
“E’ da ieri che cerchiamo di capire come nutrirlo” disse serio,
“ Non accetta sangue” aggiunse mio fratello, lo sapevo cosa desiderasse, all’istante in cui lo pensai fu naturale, il seno mi doleva, sorrisi abbassando lo sguardo,
“Ohh…certo…credo dovremmo uscire” fece cenno a Carlisle,
“Questo è interessante” disse Carlisle uscendo, Bella non sapeva se seguirli ma poi vinta dalla curiosità cominciò a fissarmi interrogativa come Jasper, non dissi nulla ma sbottonai la camicia che avevo addosso, il neonato si aggrappò con forza, era una sensazione stranissima ma piacevole,
“Come gli umani” sussurrò Bella estasiata, Jasper contemplava la scena carezzando i radi capelli neri del bambino,
“Credo sia sazio” assonnato il bambino chiuse i pugni e sembrò sorridermi, aveva uno sguardo così intelligente, vidi che c’era una culla in fondo alla stanza, di legno di ciliegio, perfetta, sorrisi a Jasper e lo adagiai lì, Bella silenziosamente scese al piano di sotto,
“Sembra così fragile, non vorrei allontanarmi mai” Jasper mi cinse da dietro baciandomi sul collo,
“Lo so…ma è al sicuro con noi” mi voltai, provava qualcosa di enigmatico, lo baciai dolcemente.
 
 
 
 
POV Alice
“Dov’ è Aiden?” Jasper era appena entrato dalla finestra dopo una serata di caccia, ci alternavamo per non lasciare solo il bambino nonostante ci fosse sempre qualcuno in casa. Nessuno parlava dell’ essere che mi aveva piantato un coltello nel ventre, Carlisle insisteva sul fatto che non fosse stato mandato dagli anziani.
“Ho chiesto a Bella ed Edward di portarlo a casa di Charlie per un po’” sembrava allarmato, gli andai vicino ponendogli una mano sulla guancia,
“Non possiamo nasconderci per sempre” gli dissi, annuì, era lui a celarmi qualcosa, lo avvertivo, ma cosa? E poi non volevo rovinare il momento e quello che sarebbe successo, sorrisi scostandomi leggermente, sfilai il vestito azzurro, Jasper sgranò gli occhi, avevo un completo di pizzo nero, mi afferrò in un secondo cominciando a baciarmi,
“Direi che era l’effetto in cui avevo sperato” ridacchiò continuando a cingermi i fianchi, incollato a me,
“Mi sei mancata” fremetti di piacere e gli stracciai letteralmente la t-shirt, era passato quasi un anno da quando non stavamo insieme, lo spinsi sul letto e si sfilò i pantaloni, lo stesso desiderio che avevo avvertito nella grotta contribuì a farmi perdere ogni freno, non controllavo più nulla, nuda sopra di lui cominciai  con un ritmo alquanto accelerato, le mani intrecciate nelle sue, gli occhi fissi sul suo volto, avvertiva tutto ciò che provavo e questo amplificava il suo  piacere, dopo appena qualche minuto mi trovai appiccicata alla parete, fortunatamente non c’era nessuno in casa, mi reggeva dalle natiche al colmo dell’eccitazione, non avevo mai fatto sesso in quel modo ne provato così tanto piacere, con un certo sforzo Jasper si fermò per qualche secondo, ansimavo quasi,
“Vuoi che…” lo fermai stringendo ancora di più le gambe intorno alle sue anche,
“Non fermarti” provavo una sensazione così intensa che sembrava quasi dolorosa, aveva il timore che la ferita non fosse guarita che fosse presto. Riprese baciandomi il collo e affondando la testa tra i miei seni. Continuammo per tutta la notte, mai stanchi, mai sazi. Poi albeggiò.
Avvolta nelle lenzuola bianchissime ero appoggiata contro di lui, di spalle, credeva dormissi e mi accarezzava i capelli impercettibilmente. Mi stiracchiai e avvertii un certo movimento, nonostante fossero passati solo 10 minuti.Ridacchiai, mi scostò venendo sopra di me,
“Alice Cullen ti prendi gioco di me?”,mi soffiò sul viso per scostare i ciuffi di capelli ribelli, gli sorrisi innocente,
“ Vorrei tenerti in questo letto per sempre” cominciò a baciarmi dolcemente sulla fronte, anch’io lo desideravo, quando eravamo insieme, quando ci perdevamo l’uno nell’altra tutto sembrava lontano e invisibile. Ogni problema ogni preoccupazione. Si sollevò e feci altrettanto, ci ponemmo l’uno di fronte all’altra abbracciati.
“Ti amo” dissi contemplando quei riccioli dorati e la cicatrice che correva lungo il sopracciglio,
“Non so come…” si fece serio e abbassò lo sguardo, preoccupata gli sollevai il viso,
“Quello che provo per te, si amplifica ogni giorno di più, non so come sia possibile…Alice io non riesco a stare senza di te, non riesco a esistere senza di te” lo abbracciai con quanta forza avevo, in quelle parole c’era la soffocante paura che qualcosa ci dividesse,
“Non resterai mai senza di me” gli sussurrai, mi baciò di nuovo intensamente e avremmo continuato davvero all’infinito se solo il rumore dell’auto di Bella non ci avesse distratto,
“Aiden” sussurrammo all’unisono sorridendo,
“Dobbiamo andare” disse baciandomi un’ ultima volta e alzandosi facendo scivolare via il lenzuolo, lo osservai gettando il lenzuolo a mia volta,
“Aliceee” disse canzonandomi,
“Non ho detto nulla” non servivano parole,
“Lo stai pensando” rise cercando di individuare i box in mezzo alla stanza semi distrutta, mi alzai, li aveva trovati e si era seduto sul letto, mi sedetti su di lui passandogli le dita sulla schiena prima che potesse fare altro,
“Penso solo che…” e ammiccai verso il basso,
“…ma forse è abbastanza…” gli mordicchiai l’orecchio e scattai divertita verso la cabina-armadio, il tempo di dirlo e fu subito con me, mi sollevò appoggiandomi bruscamente sul divanetto viola, un brivido mi corse sino alla nuca,
“Con te non è mai abbastanza” .
 
 
 
 
POV Alice
Aiden cresceva ad un ritmo eguale rispetto agli umani , la cosa non ci turbava a seguito dell’esperienza di Reenesme, era unico e nonostante non riuscissi a prevedere il suo futuro ero speranzosa che come lei avrebbe raggiunto la maturità e vissuto con noi per sempre. Erano passati 9 mesi dalla sua nascita, già aveva cominciato a sillabare le prime parole ed era di una intelligenza strabiliante. La somiglianza che aveva con me era impossibile da non notarsi, Jasper diceva che inarcava le sopracciglia come me quando ero corrucciata, tutti lo amavano, Billy era estasiato e Jacob aveva cominciato ad accennare la verità al resto del  branco. Non ci eravamo spostati da Forks, non potevamo rischiare. Quella sera io e Jasper eravamo stati a Jacksonville con Edward e Bella, un’uscita da umani a 4, cinema e negozi, Carlisle aveva detto che ci servivano distrazioni dopo quanto accaduto e poi avremmo rivisto Aiden in poche ore.
“C’è uno strano odore nell’aria non trovate?” disse Bella mentre eravamo a pochi chilometri da casa, camminavamo quasi, era una notte limpida e fresca, Jasper scosse la testa, ma anche io avvertivo qualcosa,
“Reenesme sarebbe potuta venire” disse Edward lamentoso,
“Tesoro gli adolescenti… non resterà tua per sempre” lo canzonò,
“Fino a prova contraria io ho 17 anni e tu 19” Bella gli tiro un pugno giocoso,
“Alice tu che ne pensi?” mi resi conto della domanda dopo qualche secondo, mi balenavano strane visioni in testa, luci bagliori, stralci di ali, nulla di buono. Edward mi fissò preoccupato, Jasper abbracciato a me mi scosse leggermente,
“Alice?” sfarfallai gli occhi,
“Si, sono d’accordo…con…Bella” aspirai a fondo lo strano odore,
“Merda…” in pochi attimi spalancai le ali e mi fiondai in cielo urlando agli altri,
“Aiden, sono loro! Correte!” cercai di essere il più veloce possibile, ma era troppo tardi, un bagliore biancastro sulla trapunta blu del cielo, volai verso la luce, scorgevo il braccino di mio figlio allungarsi verso il basso e i gemiti, troppo tardi, l’onda d’urto si propagò quando tentai di entrare nel varco e mi scaraventò contro gli alberi, Jasper era saettato dentro con gli altri, furiosa mi levai sbattendo con vigore le ali e tornai indietro. La casa era quasi a pezzi, scioccata ritrassi le ali ed entrai, Esmee era a terra, svenuta, Carlisle la stava prendendo tra le braccia, Emmet e Rosalie sconvolti, non potevano averlo preso, dovevano lasciarci in pace, una volta nato, loro…
“Che diavolo è successo?” Jasper confuso andò in cerca di Aiden, non muovevo un muscolo, ero paralizzata,
“Dov’è Aiden??” Edward e Carlisle tenevano gli occhi bassi, Bella lo strattonò,
“Lo hanno preso” disse Carlisle in un sussurro, Jasper si passò una mano tra i capelli nervoso,
“Abbiamo cercato di…” Si interruppe, Esmee cominciava a riprendersi,
“Alice…” Bella mi prese una mano… il tempo sembrava essersi congelato e vedevo tutto al rallenty, scossi la testa,
“Che succede…perché l’hanno preso? Non dovevano, non dovevano…. Ormai è nato, non hanno potuto evitarlo, non possono, fargli…” Mi ritrovai Jasper avvinghiata a me, le mie emozioni mi stavano sopraffacendo un’ondata dopo la paralisi, tremavo e vidi il riflesso blu dei miei occhi in un coccio di vetro a terra.
“Troveremo una soluzione” disse Edward, lo fulminai,
“Perché?” non riuscivo a capire,
“Non…” Jasper mi lasciò e fece per andare fuori, poi si bloccò, tra tutti ci fu uno scambio di sguardi collettivo, loro sapevano.
“Cosa…cosa sapete?” tentai di ricompormi,
“Siedi Alice” disse Edward,
“No, parlate!” una furia incontrollabile stava traboccando,
“Okay… calma… quando Aiden è venuto al mondo, ricordi di aver perso conoscenza? Perdevi troppo sangue, non riuscivo a fermare l’emorragia, ti avremmo perduta. Aiden stava bene ma tu… Poi, poi sono arrivati gli anziani, sono apparsi dal nulla come ora, Jasper li ha supplicati di fare qualcosa , di salvarti, erano venuti per il bambino ma quando ti hanno vista hanno scelto di salvarti e hanno detto che Aiden avrebbe avuto bisogno di loro, che era in pericolo e che sarebbero tornati per proteggerlo…nessuno di noi sapeva quando…o che intendevano portarlo via…” Ascoltai le parole di Carlisle,ero sconvolta,
“Loro volevano ucciderci, come potete solo pensare che…” Cominciai a muovermi freneticamente per la stanza, Jasper mi osservava inerte,
“Alice io non credo che siano loro il nemico, altrimenti perché salvarti!” Edward mi afferrò per un braccio, lo spintonai e non controllando la potenza lo sbattei contro il muro,
“Perché non mi avete detto nulla?” occhi bassi,
“Jasper!” scattai verso di lui, non riusciva a proferir parola, non mi guardava, era a pezzi,
“Tu lo sapevi, sapevi che l’avrebbero portato via da me!!!” cominciai a colpirlo con pugni sul petto, non tentava di evitarli di bloccarmi, Edward mi afferrò di nuovo da dietro, mi liberai e andai fino alla vetrata del balcone,
“Alice abbiamo sbagliato ma” mi voltai di scatto allungando la mano quasi per bloccare le sue parole con quel gesto, all’istante un vaso ancora integro sulla mensola ridotta a metà volò schiantandosi sulla parete opposta, tutti fissarono lo sguardo su di me,
“Aspetta Alice!” gridò Edward alla mia scia, ma ormai mi ero già volatilizzata. Avvertivo qualcosa amplificarsi dentro di me, la rabbia ma non solo, quel potere non era al pieno della sua essenza, potevo fare molto di più, l’avrei trovato.
Per giorni volai intorno all’area in cui erano spariti gli anziani portando via Aiden. Cercavo un modo per entrare, cercavo di aprire un varco, lei me lo aveva mostrato, ma non l’avevo mai fatto. Ritentai più e più volte finché non ebbi più le forze. Lenta planai al suolo. Jasper mi osservava da giorni dal tetto della casa, non osava avvicinarmisi, nessuno di loro, percepiva ancora bene il mio risentimento e che non era il momento di parlarmi.  A terra ritrassi le ali e mi inginocchiai stracciando i fili d’erba secchi,
“Non farlo Alice!” mi voltai di scatto, Jasper mi tendeva le mani spaventato, guardava un punto indistinto dietro di me, indietreggiò, mi girai dall’altra parte.
“Di cosa parli?” si gettò a terra, in un attimo il bosco scomparve e ci trovammo in una stanza con un parquet rossastro e tende nere, sgranai gli occhi quando mi vidi davanti un’altra me accovacciata su Jasper,
“Questa non sei tu, Alice ti prego” lei gli portò le mani alla gola, un bagliore blu si sprigionò dalla pelle,
“Che fai? Ferma!” non mi sentivano, no non era reale, una visione, non mi rendevo conto, chiusi gli occhi con forza,
“Non è reale…” ripetei un paio di volte e mi ritrovai di nuovo sul prato,
“Non è ancora reale” scattai all’indietro, un angelo dalla folta barba rossiccia si era volatilizzato dal nulla, le ali imperiose, enormi e bianche, una tonaca candida e dorata.
“Chi sei? Che- che significa?” indietreggiai di qualche passo,
“Le tue visioni sono… sempre più intense” scrollai il capo,
“No no no… quello non è il futuro, io non farei mai del male a Jasper, voi, è vostra la colpa” ero agitata e desiderosa di attaccarlo ma un istinto mi frenava,
“Nostra?”
“Voi , dov’è Aiden?  volete separarci, indebolirci, perché? Volete uccidermi, che aspettate fatelo!” ringhiai, l’angelo alzò una mano e un’onda di energia invisibile si propagò per l’intera foresta, mi sentii più spossata di quanto non lo fossi già,
“Calmati…” disse con tono gentile ma autorevole,
“Noi non possiamo controllare i tuoi poteri, né tantomeno te…” respirai,
“L’abbiamo spiegato alla tua famiglia, ci sono forze che cercano da secoli di ostacolarci, Aiden non è al sicuro, Alice, tu non puoi proteggerlo da loro né da te stessa” impallidii, ero confusa,
“Cosa stai… voi volevate ucciderlo, l’angelo che mi ha…” mi interruppe,
“Non l’abbiamo mandato noi, non abbiamo mai avuto intenzione di ucciderti, noi volevamo studiarti, capire cosa fossi e cosa stessi, stai…diventando, il piccolo Aiden è unico come te, vogliamo tenerlo a sicuro da loro, il demone era un sicario” mi sfiorò un braccio, subito fui investita da una sensazione di tranquillità,
“Chi sono loro?”
“Demoni, i nephilim sono sempre stati in pericolo, i vampiri non patteggiano per nessuno molti non sanno neppure che esistiamo, ma tu…tu sei un’anomalia e loro vogliono te per poi arrivare ad Aiden probabilmente” restai di sasso, altri nemici, altri angeli,
“Non lo sono più” a quanto pare riusciva a leggermi nel pensiero,
“Io devo proteggere mio figlio, perché dovrebbe essere al sicuro con voi? Perché dovrei credere a quello che hai detto?” sospirò,
“Devi avere fede” mi prese una mano,
“Hai detto che devi proteggerlo anche da…da me” mi sentii un nodo in gola, batté flebilmente le ali e fummo sbalzati via, a poco a poco i miei occhi si abituarono alla luminosità intensa di quel luogo, se così potrei definirlo,
“Aiden!” vedevo mio figlio su una sorta di piumone argentato disteso a terra in una dimensione bianca , nebulosa, inconsistente, non riuscivo a muovermi, mi teneva ancora una mano,
“Questo è il suo limbo…nessuno può vederci o trovarci qui” mi sovvennero le parole di mia madre, deglutii
“poi lo porterò tra gli altri angeli quando avrò la certezza che tu non cercherai di fare nulla di insensato ” aggiunse,
“ Mi dispiace che tu debba fare questo ma se non vuoi credermi devo dimostrartelo… ti lascerò la mano ma tu avvicinati con cautela” appena fui libera camminai lentamente verso di lui, appena mi riconobbe cominciò a chiamarmi sorridendo, raggelai, il solo pensiero di fargli del male, mi fermai un secondo, era suggestione, l’angelo cercava di ingannarmi, eppure in fondo sentivo che qualcosa non andava, mi accovacciai davanti a lui, tendeva le braccine, vidi i miei occhi fiammeggiare nel blu dei suoi,
“Sono qui” dissi con voce soffocata, tremante avvicinai  le dita al suo fianco, appena lo sfiorai un bagliore blu si propagò e fummo scaraventati in direzioni opposte quasi fossimo due fili elettrici entrati in corto, terrorizzata non toccai neppure terra che mi fiondai da lui ma l’angelo lo aveva afferrato prima che potesse farsi male, mi bloccai,
“Cosa…Perché?” scosse la testa,
“Il pugnale era avvelenato…magia nera, molto potente… non sappiamo come annullare questo maleficio, se provi a toccarlo o fare altro, lo ferirai o peggio ucciderai…” una voragine mi si aprii al centro del petto, l’angelo adagiò Aiden sulla coperta e tornò da me,
“Non perdere la speranza… vogliamo aiutarti, proteggervi…capisci? Non so perché prima d’ora tu abbia sempre potuto toccarlo, abbracciarlo, forse il maleficio sta cominciando a fare effetto  perché i tuoi poteri si stanno amplificando, potresti diventare anche più potente di loro…devi dargli la caccia, trovare il demone, noi non possiamo interferire sulla terra, capisci?” annui incerta, essendo totalmente sconvolta, la visione, io potevo far del male a quelli che amavo,
“Ora va, e ricorda” mi lasciò
“Chi sei…” persi conoscenza per qualche secondo e mi ritrovai stesa sul prato, dei passi si avvicinavano velocemente, non volevo aprire gli occhi, sentii il tocco di Jasper sulla mia guancia, spaventata aprii gli occhi e lo respinsi via, ansimavo,
“Tutto ok, hey, sono io” Edward dietro di lui fissava il cielo, stava per scoppiare un temporale,
“ Edward, puoi lasciarci 2 minuti da soli” dissi monocorde, lui obbedii, mi sollevai, non sapevo da dove iniziare, gli raccontai tutto confusamente e di getto, ero agitata e afflitta,
“Non capisco, cosa c’è che non va in me…” mi portai entrambe le mani al volto, Jasper mi strinse a sé, avevo abbassato la guardia, tentai di divincolarmi,
“No Jasper no…” mi strinse ancora più forte,
“Smettila, non mi farai del male… non c’è nulla che non vada in te, sono gli altri ad essere folli e orribili per farti questo” smisi di fare resistenza e mi abbandonai al suo abbraccio,
“Non posso toccare e abbracciare nostro figlio, non so come fare, come trovarli” avevo la voce rotta e rauca, mi sollevò il viso,
“Troveremo un modo, come abbiamo sempre fatto, Alice lo so che ora ti sembra impossibile ma un giorno non ci sarà più nessuno a farci del male e ti…” si fermò lasciandomi,
“Non è la vita che avresti voluto, non ti sto rendendo felice” disse sofferente,
“No” loro volevano dividerci, non potevo permetterlo,
“Non è colpa tua, o mia… io sono felice con te, non potrei mai desiderare una vita senza te…ed Aiden, tutto quello che ci è capitato, non cambia quello che provo per te…anzi…l ‘hai detto tu ricordi, questo…è sempre più forte” gli presi una mano,
“E’ solo tremendamente difficile” mi tenne il viso tra le mani, ci guardammo negli occhi,
“E anche la sola idea di ferire Aiden, gli altri, te…di non poterti più toccare e…” mi baciò avvolgendomi stretta,
“Non succederà, non lo permetterò”
 
 
POV Jasper
“Non ne ho proprio idea” disse Alice Rivolta a Carlisle, stavamo studiando un piano per rintracciare i demoni, e il punto era che non c’era un punto da dove iniziare.
“Non possono fare proprio nulla per aiutarci, dirci come?” provò Bella, Alice scosse il capo,
“Ha detto che il pugnale aveva qualcosa di… avvelenato, Carlisle puoi tentare di capire cosa?” chiesi io,
“Tentare si, ma se è magia o qualcos’altro non so quanto possa capirci” Alice mi strinse la mano, eravamo tutti nel salone della casa, una situazione del tutto nuova ma il deja vu era affrontarla tutti. Carlisle dichiarò che nonostante bisognasse fare qualcosa era tutto in stallo, forse avremmo dovuto aspettare che Alice avesse una visione o che uno di quegli esseri si manifestasse, in fondo era lei che volevano, e AIden?  Ognuno uscì teso dalla stanza e cominciò a rimuginare su quanto accaduto, Carlisle fece cenno ad Alice  di seguirlo.
“Posso prelevare il tuo sangue e vedere cosa ci sia di anomalo, ma tu stessa sei un’anomalia” disse sorridendo Carlisle mentre Alice sedeva sulla poltroncina del suo studio davanti alla scrivania e lui preparava la siringa, io restavo dietro di lei appoggiandole le mani sulla spalla, Alice sospirò ridacchiando nervosa, la guardammo interrogativi,
“E’ proprio quello che mi ha detto lui, che sono un’anomalia” Carlisle le prelevò il sangue rosso scuro e volle controllare la ferita, erano passati mesi ed era rimasto un piccolo segmento nero,
“Beh è quasi guarita, e non ci sono infezioni” disse certo. Ci congedò pensieroso, non avevo la minima voglia di restare inerte, neanche Alice pensò fosse la mossa giusta restarsene ad aspettare quindi decidemmo di andare alla baita nella riserva, dov’era apparso l’angelo.
“Forse avrò una visione o troveremo qualche indizio” disse lei, sfrecciavamo l’uno di fianco all’altro tra gli abeti, era buio ormai, i lupi allarmanti sciamavano intorno a noi, Jacob ci venne incontro in forma umana,
“Che succede ragazzi?” Alice mi guardò poi prese dolcemente Jacob per il braccio,
“Hanno preso AIden ,Jacob dobbiamo parlare con Billy” un lampo azzurro le balenò negli occhi neri, la faccia di Jacob si tramutò in pietra e annuì. Aspettammo Billy alla baita, ci avrebbe messo un po' prima di raggiungerci, Alice cauta si avvicinò al divano, io la tenevo tra le braccia e quel cane era spuntato dal nulla e poi sangue e sangue.
“Jazz” mi sussurrò dolcemente, mi ero bloccato sull’uscio ,
“E’ strano…pensare a quello che è successo…” disse massaggiando il bracciolo del divano,
“E’ stato così fulmineo, ricordo solo un bagliore nerastro, due ali da corvo e poi…”
“Lo so”
“Non ricordo neanche il viso di quel bastardo”sospirò,
“Io l ho visto bene, l’ho guardato negli occhi, aveva una piccola cicatrice sul labbro, capelli neri come la pece, un ciuffo davanti all’occhio sinistro, le mani tremavano, gli occhi scuri, c’era molto odio ma appena gli ho toccato il polso e l’ho staccato da me è successo qualcosa…come se …”
“Non sapesse cosa fare” Billy le finì la frase, era apparso nel corridoio con Jacob a spingere la sedia a rotelle,
“Si” Alice si staccò da me e gli andò incontro,
“Tu sai qualcosa su di loro?” amareggiato Billy fece cenno di no,
“Per fortuna i miei antenati hanno avuto a che fare solo con angeli buoni” sorrise ad Alice,  lei continuò a vagare per la casa, tutti eravamo in attesa,
“Nulla…le mie visioni amplificate non sono poi così…” si aggrappò al marmo del piano da lavoro della cucina, Jacob si fece avanti confuso, gli occhi le si illuminarono d’azzurro, la mano quasi tremava, le pupille estremamente dilatate,
“Vedo, cunicoli….forse sotterranei…una metro…la metro di Jacksonville, c’è un passaggio, li vedo!” alzò il tono della voce,
“Sono 5…o forse 6, c’è anche lui… la ragazza ci serve viva” imitò con voce monocorde,
“Funzionerà…deve” gemette e si portò una mano alla tempia,
“Hey” mi avvicinai preoccupato,
“Sono degli stralci ora…è come se qualcosa mi….impedisse” sembrò tornare al presente, guardò un punto indistinto della stanza, spalancò le ali senza alcun motivo e dalle mani sprigionò un’onda d’energia, finimmo tutti sballottati sul pavimento la credenza di vetro andò in frantumi, spaventata Alice raccolse le ali dietro di sé,
“Non non l’avete visto…era qui…” mi alzai velocemente e aiutai Jacob con Billy,
“Sto bene…” disse lui osservando la faccia preoccupata di Alice,
“Scusate ma…non”
“Non c’era nessuno” disse Jacob nervoso, Alice si passò una mano tra i capelli e saettò sulla veranda,
“Incredibile, hai visto che potenza” disse Billy scioccato,
“Alice?” ritrasse le ali appena avvertii il tocco della mia mano sulle piume,
“Abbiamo scoperto dove potrebbero essere…è una buona notizia” dissi,
“Si…è… li troveremo” stringeva con le dita il passamano,
“C’è qualcos’altro?” sembrava nascondere qualcosa, aveva visto altro,
“Non riesco a distinguere cos’è reale o meno, hai visto” si appoggiò di spalle alla ringhiera, mi guardava preoccupata,
“E’ il tuo potere”
“Jasper, se facessi qualche follia” lo disse sottovoce, non voleva che Billy e Jacob ci sentissero,
“E’ già successo” aggiunse, non ebbi il tempo di chiedere cosa,
“Se cominciassi a comportarmi in modo.se non riuscissi a controllarmi e diventassi pericolosa, prometti che mi fermerai” stavo per replicare ma mi afferrò decisa per le spalle,
“Promettilo Jasper!”
“Te lo prometto” mi abbracciò, avvertivo un po’ di sollievo e paura, tentai di infonderle quanta più calma possibile,
“Ragazzi” poi Jacob ci chiamò,
“Carlisle è qui”.
 
 
 
POV Alice
Carlisle ci aspettava all’ingresso, appena ci vide fece per allontanarsi ed avvicinarsi al lago, incerti io e Jasper ci accostammo a lui.
“No Carisle” Jasper tossicchiò, a volte dimenticavo che nessun’altro già sapeva cosa stesse accadendo o casa sarebbe accaduto, a volte mi sembrava che presente e futuro si confondessero, solo il passato non mi era così chiaro, avevo avuto qualche visione ed era stato certo terrificante ma utile, non sarei mai diventata quello che ero senza quei ricordi, ed erano solo stralci della mia vita da umana.
“Poco fa abbiamo ricevuto una missiva dai Volturi” spiegò Carlisle,
“Cosa vogliono ancora?” sbottò Jasper protendendosi protettivo verso di me,
“Carlisle…” sapevo cosa pensasse e cosa intendesse fare, ma non vedevo oltre lo scudo che Aro aveva,
“Tu cosa vedi se noi dovessimo” i miei occhi scattarono verso il basso, qualcosa riuscivo a scorgere, dei lettini…umani, la faccia sogghignante di Aro, no non mi convinceva,
“Ora non c’è più lei ad aiutarmi” dissi con un nodo alla gola,
“Cosa dice la lettera?” chiesi, sfilò la lettera dalla tasca posteriore e me la porse, era carta in filigrana, era stato spezzato il loro sigillo in cera rossa.
Famiglia Cullen, ci sconcerta molto quanto accaduto al nostro ultimo incontro, conosciamo adesso il vero pericolo, forze più grandi ci minacciano, un potere più forte potrebbe mettere fine alla nostra razza, non c’è differenza tra bene e male, noi siamo vampiri non siamo loro. E Loro sono la minaccia. Certo non è oramai oscuro l’ardente desiderio che tu ti unisca a noi Alice. Tuttavia vi proponiamo una tregua, collaborare per capire come combatterli. Accettate il nostro aiuto, noi chiediamo sommessamente il vostro, Alice cara tu sei la chiave, ma sei perduta, celata a te stessa, sappiamo come aiutarti, ignoriamo per quali circostanze sia stata prodotta una creatura così potente, incantevole e pura ma potremmo capirlo. Non chiediamo fiducia, tutti gli altri clan sono stati avvisati della Loro esistenza e della vostra possibile visita. A presto.
 
Aro
 
“Non mi fido” disse Jasper che aveva letto la lettera con me,
“Solo un pazzo si fiderebbe” disse Carlisle
“O una persona disperata” poi aggiunse,
“Ho visto dove si nascondono, non ci serve il loro aiuto, andremo a cercarli stanotte” sentenziai richiudendo bruscamente la lettera e lasciandola cadere a terra. Carlisle incerto la raccolse, mi ero già diretta in direzione della casa, Edward ed Emmett dovevano venire con noi,
“Come faremo a battere 5 o 6 angeli, forse ce ne saranno di più!” Emmett era preoccupato davvero, non sembrava più lui,
“Facciamo così paura?” tentai di smorzare la tensione, Edward mi si avvicinò,
“Alice io credo che tu abbia anche la capacità di spostare oggetti col pensiero, e se fossero come te avrei paura anche con un esercito” mi sfiorò un braccio,
“Ma per volere te o ucciderti o usarti, qualsiasi cosa vogliano è evidente che loro abbiano meno potere , il che ci conforta poco però” non capivo dove volesse arrivare,
“Se prendono te, Aiden è…” no, io sarei andata,
“Io devo venire, devo capire cosa sta succedendo” al chè nessun’altro tentò di fermarmi, Jasper ed Edward si scambiarono una rapida occhiata,
“Emmett?” si strofinò le mani,
“D’accordo, basta che prendiamo qualcuno a calci!” ecco quello era lo spirito,
“Vengo con voi!” Bella  dall’esterno aveva capito quanto bastava alias la nostra sortita esterna da esplorazione, prima che arrivasse in soggiorno le andai incontro,
“No Bella, ci sono troppi rischi, Renesmee ha bisogno di te” fosse per me sarei andata da sola, tuttavia erano in troppi, una missione suicidio, mi serviva un po’ d’aiuto,
“Anche Aiden ha bisogno della sua mamma” mi disse avvicinandosi all’orecchio, mi venne un tuffo al cuore,
“Noi lo riprenderemo, insieme” aggiunse. Spiegai agli altri il luogo che avevo individuato nelle mie visioni, era a Jacksonville, un tunnel della metro, doveva esserci un passaggio o qualcosa del genere, lì tenevano delle riunioni forse,
“Strisce rosse, lungo il muro” non era stata una visione molto dettagliata,
“Credo sia la linea A2” disse Edward,
“CI sono stato, non sarà difficile”
“Partiamo subito, 5 minuti alle macchine” Esmee e Carlisle assicurarono qualcosa a Bella ed  Edward, Rosalie baciò fugacemente Emmett, dissi a Jasper di seguirmi un attimo di sopra.
“Tu…hai complottato con Edward” dissi sardonica spingendolo a sedere sulla sponda del letto, sorrise e abbassò lo sguardo,
“Ci ho provato” disse, mi sedetti a cavalcioni su di lui,
“Non mi serve protezione” dissi sfoderando i canini, lo dissi con troppo entusiasmo forse, Jasper mi fissò intensamente,
“Lo so…ma è più forte di me” lo baciai sulla fronte e scattai di sotto, era tempo di andare.
 
 
POV Jasper
Arrivammo in città in appena un’ora e mezza, a velocità umana ci dirigemmo nervosi alla metro, camminare e camuffarsi tra la folla era l’unico modo, nascondevamo il nostro odore, probabilmente li avremmo colti di sorpresa. Gli odori delle gallerie gremite di gente mi stordivano quasi, effetto che percepii anche in Bella nonostante il suo incredibile autocontrollo e in Emmett sin troppo teso. Edward ed Alice davanti a noi aprivano la schiera, Edward sussurrava delle risposte, lei taceva, chissà a cosa stesse pensando. Era oramai pieno autunno, il vento gelido creava correnti d’aria nel sottosuolo, profumo di corpi caldi ed ogni sorta di rifiuto. Una donna che scendeva dalle scale mobili arrivò come un treno non vedendo Alice, lei si scostò agilmente già protendendo la mano, le evitò una bella caduta,
“MI scusi” disse la donna, paffuta e biondiccia, sulla 50ina, confusa si guardò intorno, le buste ricolme che aveva tra le mani erano sull’asfalto, Bella le raccolse lentamente e gliele porse.
“Emmett” lo urtai con un pugno, ora stava iniziando a irritarmi, un fascio di nervi,
“Ti rendi conto che avresti staccato la testa a quella vecchietta” dissi ironizzando,
“Sta zitto, sono solo pronto ad ogni evenienza” questa cosa ci turbava tutti.
“Ecco l’A2” un cartello indicava di scendere al livello 3. Non c’era molta folla per fortuna, setacciamo ogni angolo, alla fine scendemmo sui binari appena fu possibile volatilizzarsi,
“Dovremmo esserci…” disse Alice, poi si bloccò, una linea blu sormontava quella rossa incrociando un altro tunnel,
“Che strano….era qui” Edward fece un balzò e cominciò a tastare l’ultimo muro dirimpetto ai binari,
“Nulla” Alice lo raggiunse,
“Aspetta….non sentite…l’odore” e in effetti una quasi impercettibile scia trasudava dalla parete,  Alice poggiò la mano sul grigio cemento e chiuse gli occhi, attendemmo diversi minuti, poi staccò la mano,
“Non percepisco energia, credevo funzionasse” mi venne vicino e mi prese la mano mesta,
“Guardate” in pochi secondi la parete cedette sgretolandosi, ecco i cunicoli. VI entrammo più sicuri, era come nella visione di Alice, mi preparavo ad affrontare quei demoni, forse più forti ma non m’importava; zigzagando al buio arrivammo in una stanza priva di qualsiasi cosa furchè un tavolo di ferro e due sedie. Nessuna presenza. Ci guardammo interrogativi sul da farsi.
“Che strano” Bella fece per esaminare il tavolo, Alice guardinga si concentrò e chiuse gli occhi, sentivamo un odore bizzarro, non del tutto sgradevole, molto intenso, il soffitto era indistinguibile, come se quella stanza fosse un pozzo. Alice ebbe un sussulto. Due ombre scure si calarono spargendo polvere dal tetto, Alice istintivamente si protese verso di loro, la luminescenza blu delle sue ali illuminò la stanza grigia, uno dei demoni l’afferrò sbattendola al muro l’altro scese su di noi, eravamo tesi per scattare ma appena muovemmo un filo d’aria un tonfo metallico ci abbatté a terra.
“In trappola topolini” la voce del demone uscì acuta e fastidiosa, le grosse ali nerastre battevano sollevando polvere, Emmett si scagliò contro le sbarre di quella gabbia gigante,
“Argento?” Edward lo aiutò a rialzarsi, furioso lanciai un ringhio verso la sagoma in alto, non capivo cosa stesse facendo, teneva Alice inchiodata al muro, scorgevo solo un nembo di blu e nero,
“E’…”
“Non toccarle Bella” della polvere nerastra era cosparsa sull’argento, belladonna.
“Codardi! Fateci uscire!” gli urlai contro, quello davanti a noi si avvicinò, potei guardarlo in faccia, un ghigno irritante sulla faccia smunta e pallida, capelli lunghi grigiastri ricadevano sulle spalle, occhi rossi.
“In trappola topolini” ripetè, poi si voltò e si alzò in volo, in una falcata raggiunse l’altro,
“Merda!” non potevamo fare nulla, non potevamo aiutarla, ed era lì a pochi metri da me, Edward tentò di nuovo di forzare le sbarre, ascoltavamo impotenti i rumori della lotta, poi, silenzio per 1 millisecondo e un’ onda blu si propagò per la stanza, proprio come alla baita, i due demoni furono scaraventati storditi in fondo alle pareti, un lampo blu ed Alice era davanti alla gabbia, gli occhi zaffiro incandescenti, la fronte perlacea corrugata, un sottile graffio sulla guancia, le ali luminose e tese, mi guardò negli occhi sollevata poi afferrò due sbarre tentando di fendere il metallo e allargarle, a contatto con la sua pelle si sentì un sibilo, come per noi la pelle bruciava, strinse i denti, la belladonna aveva effetto su di lei, sul vampiro,
“Forza Alice” io ed Edward provammo a darle una mano ma era impossibile per noi sfiorarle, dannazione, ma Alice ci era riuscita, dolorante ci fece cenno di uscire,
“Andiamo via, subito” ansimò Bella, Emmett si bloccò, quei due cominciavano a rialzarsi,
“Emmett!” Edward lo strattonò, Alice ci venne davanti ad ali spalancate,
“C’è di più in questo posto, non sono solo loro a poterci uccidere, andate ora” scattò verso quello con i capelli grigi, l’altro in piedi afferrò qualcosa ,
“Nooo” Alice non fece in tempo, una striscia appuntita e ondulata a mò di saetta ci raggiunse e affondò dritta nella gamba di Edward che ringhiò crollando a terra,
“Hatifas via, ci sta chiamando” Alice lo teneva per il collo sconvolta, lui le spari tra le mani come polvere, erano evaporati, guardai lei confuso, Bella era piegata in due su Edward, Alice ritrasse le ali e ci raggiunse. Sembrava una saetta di pietra o marmo, non riuscivamo a tirala via Edward gemeva,
“Ci provo” Alice riuscì con facilità ad estrarla, chissà di che materiale era fatta,
“Mi dispiace, non doveva andare così, appena ho visto cosa sarebbe successo sono apparsi” mentre parlava Emmett sollevò Edward e con Bella lo aiutarono a camminare, uscimmo ad uno ad uno dai cunicoli per quanto erano stretti, quando finalmente apparvero le rotaie tirai un sospiro di sollievo, tirai a me Alice e la strinsi forte,
“Dobbiamo sbrigarci!” disse Bella tonante mentre si affrettavano alla scala mobile,
“Jazz andiamo” Alice si staccò tirandomi per il braccio, la bloccai, avvertivo il suo profondo senso di colpa, le presi la mano e contrasse le labbra in un’espressione di dolore,
“Sei ferita” scrollò il capo,
“Edward è ferito, muoviamoci” aveva delle abrasioni sui polsi e sulla mano destra, come se un umano avesse poggiato la mano su un ferro incandescente,
“Non è stata colpa tua” dissi mentre raggiungevamo gli altri, non reagì, vidi che una lacrima sottile le sfuggì solcando la guancia. Eravamo in superficie.

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Capitolo 5
*** Un'altra prospettiva ***


POV Alice

“Non ho mai visto qualcosa che potesse avere quest’effetto su di noi” Carlisle palpava con attenzione la gamba sinistra di Edward, dopo aver estratto quell’affare i piccoli cristalli marmorei della sua pelle erano schizzati da tutte le parti, si stava rimarginando lentamente ed era estremamente rossa, se lo avesse colpito più a fondo l’avrebbe staccata.
“Tranquilla Bella è solo un graffio” Edward dissimulava ma era chiaro a Jasper che soffrisse molto, lanciò un’occhiata a Carlisle e poi a me,
“Sta guarendo, però è meglio che tu stia seduto per ora okay? Non sappiamo che effetti può avere questa sostanza, è chiaro che può ferirci e che tu sia stato fortunato dopotutto” Edward sorrise contrito, era semi-disteso sul divano, Bella sul bracciolo gli avvolgeva un braccio intorno alle spalle, Carlisle ed Esme chini sulla coscia, Jasper era in piedi di fronte a lui, io me ne stavo indietro, sotto la volta dell’ingresso, non sapevo cosa dire o fare.
“In quanti erano?” chiese Esme,
“Solo due ma…”
“Ci hanno teso un’ imboscata,  ci hanno intrappolati con l’argento, Alice li ha affrontati da sola” continuò Edward per Jasper, Carlisle si voltò verso di me, feci qualche passo verso di loro.
“Non ne avevo idea, la visione che ho avuto alla baita era poco chiara, e poi poco prima che attaccassero ho visto quello che avrebbero fatto, ma eravamo già lì, in quella stanza, non posso sapere quanto prima vedrò e cosa, lo sapete” ero leggermente alterata, con me stessa più che altro,
“Non devi giustificarti Alice, quello che hai visto è stato prezioso, abbiamo trovato uno dei loro nascondigli” aggiunse Edward, Jasper mi osservava, sapeva bene anche quanto soffrissi per l’attacco ad Edward,
“Certo ma, ora cambieranno, non so è come…” mi accovacciai davanti a Carlisle guardando la ferita da vicino,
“Se fossero sempre una mossa avanti” sillabai,
“Possono prevedere il futuro?” Bella deglutii,
“No, non credo…” commentò Carlisle,
“Io penso che giochino d’astuzia, sanno quello che puoi fare, forse anche meglio di te, questo li avvantaggia, sapevano di essere in grado di trovarti” Jasper sedette sul divano pensieroso,
“Già, me lo chiedo anch’io” guardammo interrogativi Edward,
“ Tutti noi abbiamo notato che si sono volatilizzati nel nulla” Bella annuì nervosa,
“Avrebbero potuto ucciderti, Alice, poi l’altro demone ha fermato tutto e sono spariti” disse Jasper protendendosi verso di me,
“Si, ma mi vogliono viva per trovare…Aiden” ogni volta che pronunciavo quel nome un nodo mi si formava in gola, sentivo enormemente la sua mancanza,
“Noi eravamo in trappola, potevano portarti con loro” osservò Edward,
“Stanno aspettando...” Era così ovvio, l’anziano mi aveva avvertita,
“Aspettare cosa?” chiesero quasi all’unisono gli altri, Edward si scurì in volto vagliando la mia ipotesi,
“Che il veleno faccia effetto” dissi monocorde guardandoli uno ad uno, tentai di bloccare il ricordo della visione di me e Jasper che avevo avuto prima dell’angelo ma era troppo tardi, implorai col pensiero Edward di non dire nulla e nel mentre chiesi a Carlisle dei risultati.
“Nulla, o meglio tracce di una sostanza sconosciuta che non posso identificare, né potrebbe il laboratorio dell’area 51, nè gli umani né tanto meno noi conosciamo il loro mondo” Jasper strinse i pugni,
“La scienza non può fare nulla” mi alzai e presi la mia decisione,
“Carlisle scrivi ad Aro che fra pochi giorni sarò in Italia” dissi decisa, Jasper scattò in piedi parandomisi davanti,
“Che dici Alice?” sussurrò, lo guardai fiduciosa negli occhi,
“Non credo sia una cosa solo pensabile Alice!” Bella corrugò la fronte, Jasper annuì,
“Non vi sto chiedendo di venire con me… abbiamo già rischiato…più di una volta” presi la mano di Jasper,
“Non voglio che qualcun altro si faccia male…andrò da sola” Carlisle andò a recuperare la lettera dal cestino dei rifiuti, la rilesse,
“Vogliono capire cosa sono loro e cos’è Alice, vogliono sapere cosa è in grado di fare, affermano di poterlo fare” Bella gli prese combattuta la lettera di mano,
“Non possiamo fidarci della sua parola, ci ha ingannati più di una volta” disse,
“Avviseremo noi stessi i clan prima di andare” Carlisle mi appoggiava,
“Io andrò” rimarcai,
“Non se ne parla” Jasper mi tirò indietro, mi liberai dalla presa e andai di fianco a Carlisle,
“Ti terrà prigioniera, ti dissanguerà, ti userà o peggio ti ucciderà quando scoprirà che hai più potere di tutti loro e che non può controllarti” Jasper era sbigottito e incredulo che volessi sul serio cercare aiuto da loro,
“Non lo faranno” dissi turbata,
“Come puoi saperlo? Hanno uno scudo, non sappiamo cosa ti farà o come intende…aiutarti…non hai visto cosa avrebbero fatto ad Edward, non puoi vedere cosa ne sarà di Aiden, rischiare e andare lì per nessuna certezza…”
“Jasper…” Edward lo fulminò con lo sguardo, quelle parole mi facevano male, e soprattutto perché era Jasper a parlare, ingoiai il rospo non reagendo,
“Ho deciso” forse l’unico modo per andare da sola era farlo arrabbiare così l’avrei tenuto al sicuro, scattai fuori e balzai sul tetto, era necessario, mi servivano più risposte, mia madre non mi aveva rivelato nulla su di lei e sulla mia nascita in quei mesi, conoscevo cosa gli angeli erano in grado di fare ma pochissimo di cosa potevo io, cosa facevano i demoni, cosa volevano, controllavo a stento i poteri, a stento li comprendevo, dovevo farlo.
“Parliamo per favore” Jasper si avvicinò e si piegò su di me, ero seduta a gambe incrociate,
“Non volevo dire…”
“Hai ragione, a quanto pare tutto questo potere  è dentro di me ma non posso proteggere quelli che amo” lo guardai con gli occhi lucidi,
“Non è vero” chiusi gli occhi per trovare il coraggio di ferirlo,
“Andiamo…è quello che pensi, che pensate tutti voi, vi ho trascinato io in questa storia, io andrò a risolverla, non voglio il tuo aiuto Jasper” tentai di mantenere il volto impassibile,
“Ho detto quelle cose perché sono terrorizzato all’idea che possa accaderti qualcosa, lo sai” non parlai,
“Sono bravo a gestire le emozioni degli altri ma le mie” gli voltai le spalle,
“Non ti lascerò andare” mi disse,
“Non puoi fermarmi”
“Alice” saltai giù dal tetto, mi seguii,
“Alice per favore” aveva la voce strozzata, mi fermai, non potevo guardarlo negli occhi, stavo per dire una cosa assurda,
“Forse è meglio allontanarsi per un po', devo capire cosa fare e schiarirmi le idee” smisi di respirare e Jasper fece altrettanto,
“Non è quello che senti” era vero, come potevo mentire con quello che provavo per lui, così lasciai fluire tutta la rabbia possibile e il dolore che i Volturi, gli anziani e quei demoni mi avevano procurato mi voltai e scattai verso di lui inchiodandolo a un albero, fissai i suoi occhi ambrati scorgendo il bagliore dei miei,
“Jasper lasciami sola!” mi credeva, sentiva quanto fossi arrabbiata e avevo solo lui davanti, spostò lo sguardo dal mio viso a terra, spalancai le ali e volai via il più in fretta possibile, un peso insopprimibile sul cuore, le lacrime mi offuscavano la vista, era la seconda volta che andavo via, per tenerlo al sicuro, ma a che prezzo, spezzargli il cuore e spezzare il mio, catalizzai il dolore, dovevo trovare chi aveva orchestrato tutto questo e fermarlo.
 Attraversare in volo l’atlantico ed arrivare in Italia era fattibilissimo data l’energia che avevo incrementata dalla rabbia e dalla determinazione. La pioggia mi colse a metà strada, sferzavo controvento incurante dei turbinii dell’acqua, non vedevo nulla, seguivo il fiuto e l’ istinto, il lampeggiare del cielo era continuo, sarebbe stato meglio forse farsela a nuoto, ma non m’importava volevo soltanto arrivare alla meta. Le ali zuppe erano pesanti, le battevo con quanta più forza potessi e la loro luminescenza azzurra squarciava il buio della notte. Arrivai 1 ora prima dell’alba, il cielo coperto dai nembi plumbei cominciava a frammentarsi, la luce soffusa ingrigiva le nubi nerastre. Atterrai sulla cupola della chiesa madre di Volterra. Sfondai con poca grazia il condotto dell’aria e mi ritrovai nel salone grande, colsi Aro e Marcus completamente di sorpresa, probabilmente si aspettavano che venissimo insieme o che non venissi affatto. Sbattei più volte le ali per scuotermi dalla pioggia poi le distesi, avevo un’espressione di ghiaccio sul volto, Marcus percepiva quanto li odiassi e mi odiassi per essere andata lì, per aver bisogno del loro aiuto. Non volevo mostrarmi debole, le ali mi davano forza e sicurezza.
“Alice cara, non hai idea di quanto ci conforta vederti” non dissi una parola, guardandomi intorno, non aveva chiamato le guardie, avrei potuto ucciderli entrambi in quel momento, pensare solo a tutto quello che…ma qualcosa mi bloccò,
“Loro...”  sillabai,Aro si avvicinò curioso, avevo appena visto Edward Carlisle Bella e Jasper prendere un aereo,
“Mi sorprende che tu sia sola” mi ricomposi,
“Stanno arrivando… volevo che avessimo un colloquio da soli” dissi decisa, ammiccai verso Marcus che con mia sorpresa lasciò la stanza all’istante. Aro non smetteva di contemplarmi ispezionando da ogni angolazione le due ali screziate d’azzurro, ampie e luminose. Con un battito stornai la sua attenzione facendogli quasi perdere l’equilibrio. Sospirò.
“Cosa vuoi adesso?” era evidente che il solo motivo per cui intendeva aiutarmi era acquisire più potere,
“Voglio delle risposte…proprio come te” disse stupito,
“Tuo figlio, posso vederlo?” spostò lo sguardo sulla mia mano, ringhiai, non doveva sapere cosa fosse successo, più Aro sapeva più la situazione peggiorava,
“Non puoi, come fai a sapere degli anziani e dei demoni?” andò a sedersi sul bordo della scrivania vicino ai troni, c’era un mucchio di scartoffie sull’intera superficie,
“Ho le mie fonti…e dopo la comparsa di quell’essere qui… sai i libri non smettono mai di stupirci…e dopo aver visto te…” non mi convinceva,
“Non mi fido, so cosa vuoi davvero, che mi unisca a voi o distruggermi, e se davvero vuoi sopravvivere nel mondo che si è appena rivelato ti serve il mio aiuto” nervoso scattò verso di me,
“Tu sei fondamentale…l’ho scritto nella lettera” era a pochi centimetri dal mio viso, quel vampiro mi disgustava,
“Non voglio la tua fiducia, io voglio difendere la nostra razza, e…non potrei mai distruggere te, sei la creatura più potente che ci sia” con occhi folli mi accarezzò la guancia. Non potei più resistere, lo afferrai per il collo e ci alzammo sino al soffitto della cupola, lo sbattei violentemente sulla parete e mostrai i canini,
“Prova solo a pensare di fare del male alla mia famiglia e io ti ucciderò, prova solo a pensare di catturarci o imprigionarci di nuovo e io ti ucciderò, prova solo a pensare di ingannarmi e io ti ucciderò, se ciò che hai detto è falso e non mi sarai d’aiuto io ti ucciderò” tentò di liberarsi quasi soffocando, mollai la presa e con un tonfo atterrò sul marmo freddo, alzò lo sguardo e vidi chiaramente  la collera ma anche la paura nei suoi occhi.
Dopo la nostra conversazione mi condusse in una sala che non avevo mai visto prima, un ambiente arioso e luminoso, c’erano dei lettini con degli strani macchinari accanto, una serie di computer con una scrivania sulla sinistra, la situazione non mi piaceva. Mi bloccai sull’uscio.
“Devi permettermi di aiutarti” disse,
“L’ultima volta che sono stata su un lettino mi hai prelevato del sangue, e non so ancora cosa ne è stato” scattai verso una delle macchine,
“Ho provato a berlo…ma ahimè tranne una frenesia incontrollabile perché credimi non ho mai assaggiato del sangue così buono, così vivificante… tranne questo non c’è stato altro effetto…” lo guardai disgustata,
“In che modo vorresti aiutarmi?” sfiorai il metallo argenteo di quello che sembrava un conta-battiti,
“Ti darò i tuoi ricordi…devi sapere chi sei e da dove vieni” deglutii,
“Lo so che hai avuto delle visioni sul tuo passato che hanno innescato beh, la tua reale trasformazione… ma ora immagina di poter accedere con questa macchina a tutta la tua memoria, e rivivere i tuoi ricordi in maniera più intensa e reale di quanto accada con le visioni, sarà come una specie di realtà alternativa, ti sembrerà di essere fisicamente lì, e vivrai tutto in 1° persona, non come una spettatrice, magari potresti vedere al di là degli stessi ricordi” parlò sicuro ed eccitato,
“L’hai già sperimentato?” era una follia…sapevo che avrebbe potuto mentirmi, ma essere sola in quella situazione mi rendeva titubante,
“Certo che si, o non ti avrei fatta venire fin qui” battè le mani e altri vampiri con camici si avvicinarono al computer, respirai…
“Okay…facciamolo”
 
 
 
 
 
 
POV Jasper
Arrivammo il più in fretta possibile a Volterra, avevo una sensazione terribile, era da sola, e non avevo potuto fermarla. Prendemmo l’entrata laterale della basilica, Marcus era lì ad accoglierci, il viso smorto e indifferente come sempre, due guardie nerborute erano a 3 passi da lui,
“Vi stavamo aspettando” si voltò senza dire altro, lo seguimmo,
“Lei è con Aro….e…” mi sussurrò Edward, poi fece una faccia confusa, ero allarmato,
“Non le sta facendo del male” mi rassicurò. Giungemmo in una sala enorme con vetrate ampie alle pareti, con la massima forza di volontà non scattai verso di lei appena la vidi sdraiata sul lettino, con una flebo attaccata vicino a un congegno che emetteva fastidiosi beep. Aro accanto a lei aveva appoggiato una mano sulla sua spalla. Potevo avvertire l’ossessione che provava per lei, il modo in cui la guardava…Carlisle mi tirò leggermente indietro, senza accorgermene ero sul punto di attaccare,
“Eccovi finalmente… mi sembrava impossibile che abbandonaste Alice, oppure…” si parò davanti a Carlisle,
“Oppure non riuscite ad accettare che sia voluta andare via senza voi…e per me” ringhiai,
“Niente giochetti Aro, cos’è questo?” mi rivolse una lunga occhiata poi rispose a Carlisle,
“E’ una dispositivo neuronale di ultima generazione, anni di lavoro ben spesi, una sostanza chimica molto forte, quasi una tossina in effetti, accuratamente resa innocua dai miei scienziati, rilascia una scarica nel cervello ed è in grado di mostrarci i ricordi più remoti, oscuri, rimossi di un individuo, umano o vampiro che sia” lo guardammo stupiti,
“Vuoi che ricordi tutto?” lui annuì,
“Con le nostre percezioni, vi sembrerà di vivere quella realtà, è incredibile” rise fastidiosamente,
“Ci?” Bella lo fulminò con lo sguardo,
“Se siete curiosi, potete assistere, potete entrare nella mente di Alice e vivere quello che sta vivendo…ma ci sono solo 3 collegamenti” guardai Carlisle,
“Andremo io Jasper e Edward” non voleva che Aro frugasse ancora più intensamente dentro di lei, e Bella avrebbe li sorvegliati,
“D’accordo” disse senza riserve, molto strano. Ci accomodammo sui 3 lettini intorno ad Alice, mi misi in quello accanto al suo, prendendole la mano, speravo potesse percepirmi,
“Non può sentire nulla, è priva di sensi” Aro ci attaccò le flebo con maniacale delicatezza,
“Solo una cosa… questo…” e allargò le braccia,
“Non è uno scherzo…scienza e antiche conoscenze rendono la macchina estremamente potente…vi sembrerà tutto reale… ma qualunque cosa vediate, qualsiasi cosa Alice faccia o subisca, non potrete interferire, ne va della sua incolumità, i ricordi non possono essere alterati o la persona non sarà più la stessa, voi sarete entità in un certo senso fisiche in grado di modificare quella realtà, non fate sciocchezze, il passato non può essere cambiato” prima che potessi dire o pensare altro un senso di torpore mi investii, guardai gli altri, stesso effetto, e poi la sala sparì.
Cominciai ad abituarmi lentamente alle luci soffuse della stanza, era bizzarro ma avvertivo un formicolio in tutto il corpo e vertigini, percepivo altre presenze intorno a me. Mi sentii dopo 30 secondi buoni afferrare un braccio, mi voltai di scatto, era Edward, i suoi occhi esprimevano la mia stessa confusione. Battei ripetutamente le palpebre, non era una stanza, eravamo in mezzo ad un lungo corridoio, una porta in fondo a pochi metri da noi, rosso mogano, maniglia di ottone, il nome di un medico inciso in alto. Una serie di infermiere ci passò davanti noncuranti, indossavano grembiuli rosati e cuffie bianche, osservai le luci al neon lungo le pareti, c’erano poche porte in quel corridoio.
“Non credo possano vederci” sicuro Carlisle avanzò verso di noi, era sbucato dal nulla, toccai il muro, potevo avvertire la vernice incrostata, il puzzo dei medicinali, il profumo di rosa di una delle donne, era tutto reale.
“E’ incredibile” Edward si avvicinò alla porta in fondo e la tastò,
“Credo sia qui che dovremmo entrare” sembrava non esserci nessuno, nessuna voce, nessun cuore che batteva, entrammo quasi all’unisono. Il cambio di luce ci folgorò per un millisecondo, quanto bastava per poter udire due voci distinte, l’aroma di caffè vecchio e il fumo di una pipa. Uno studio molto ampio, una scrivania verniciata con tanto di lampada e china, due poltrone per i pazienti, una libreria colma, un divanetto ,una finestra larga che dava su di un cortile. Un tizio fumava la pipa, un vecchio pelato e macilento con un camice, occhi che parevano due fessure. L’altro dottore era seduto alla scrivania e guardava curioso la piccola figura che aveva davanti, capelli nero corvino, un camice malandato, le mani che premevano la stoffa della poltrona verde, la osservai bene, la linea del collo marmorea e sinuosa, poi respirai a fondo, una calda ondata mi investii in pieno, nonostante l’odore intenso del suo sangue potevo riconoscere qualcosa di estremamente familiare, era Alice, la mia Alice ancora umana. Scattai di fianco al dottore per guardarla in faccia. Nessuno dei presenti ci notò, eravamo spettri invisibili. Era proprio lei. Mi chinai sulla scrivania. Le guance irrorate da un lieve rossore, gli occhi di ghiaccio, un grigio tendente all’azzurro, guardava il legno smorto della scrivania, un lieve livore sotto le palpebre, non sembrava in salute.
“Alice…” le agitai una mano davanti al viso, neppure lei poteva vederci,
“Sta vivendo l’esperienza in 1a persona, non sa che siamo con lei” curioso Carlisle cominciò a perlustrare l‘ambiente e gli oggetti e  i libri dagli scaffali, Edward attento a non sfiorare nessuno si accovacciò davanti ad Alice,
“James aveva ragione” mi fissò,
“Il suo sangue è…” non c’era bisogno di parole,
“Mai sentito un odore così buono” aggiunse, era vero, a stento riuscivo a non pensarci.
“Allora la paziente è…” il dottore alla scrivania cominciò a parlare, lo guardai con più attenzione; era molto più giovane dell’altro, sulla 30ina, indossava pantaloni cremisi, camicia e cravatta sotto il camice, un paio di occhiali che gli davano un’aria da intellettuale, capelli marroni e ben pettinati, nessun accenno di barba, il viso perfettamente liscio. L’anziano sbuffò del fumo e si girò.
“Mary Alice Brandon, 19 anni, per ora il solito caso di schizofrenia femminile anche se il padre è sicuro che ci sia il decorso di una grave malattia mentale” parlò monocorde e quasi annoiato, il dottore annotò il tutto su un taccuino. Mi concentrai su di lui, non sentivo l’odore né il battito del suo cuore.
“Non è umano” dissi sicuro, Carlisle smise frugare in giro e si avvicinò. Lui alzò gli occhi e tolse gli occhiali, due iridi ambrate fissarono Alice. Incredibile, un vampiro, vegetariano come noi. Un medico come Carlisle, certo era un manicomio ma tutti quegli odori e il sangue riusciva a sopportarli.
“Mary Alice, lei cosa mi dice?” attendemmo qualche minuto, taceva.
“Non sprecare tempo, dopo una tremenda sfuriata è come andata in catalessi, chiamo l’infermiera e …” lui bloccò l’anziano medico con la mano,
“Voglio parlarle, è il mio lavoro” disse sardonico,
“David David, invecchierai qui dentro come me…” ridacchiò e lasciò lo studio.
“Se non parla dovremo davvero rimandare questa conoscenza a domani” Alice alzò lo sguardo, carico di rabbia, potevo addirittura avvertire le sue emozioni, magari Edward sentiva i suoi pensieri, scosse la testa.
“Non dovrei essere qui” la sua voce, era sempre la stessa, lievemente più roca, nonostante la situazione era sempre bellissima, da umana, era un angelo anche da umana.
“Mi spieghi il perché allora” quel tale era stoico come una roccia,
“L’ho…” Alice fece un respiro profondo,
“A che serve” sussurrò quasi,
“Ho detto tutto ai suoi colleghi, non mi credono” una lacrima le scivolò sulla guancia,
“Ci provi” una nota di gentilezza uscì dalla voce burbera del dottore,
“Mio…padre…ha ucciso mia madre…e aveva intenzione di uccidere me, sono scappata, sono andata alla polizia, ma lui mi ha trovata, ha insinuato che fossi pazza e mi ha fatta portare…qui…” cercava di tenere a bada il dolore, anche il dottore capì quanto fosse sconvolta,
“Ha assistito all’omicidio di sua madre?”  chiese lui,
“Si, cioè no…non proprio…io” Alice si alzò di scatto e si parò davanti alla finestra, cominciava a piovere, il cielo era violaceo, il dottore la lasciò fare. Mi avvicinai a lei, l’istinto di toccarla e abbracciarla era davvero forte, ma non potevo, non sapevamo cosa sarebbe successo.
“Io ho visto che sarebbe successo…e così è stato… io ho delle visioni” disse al suo riflesso nel vetro, il dottore corrugò la fronte,
“Credi di prevedere il futuro” affermò stupito,
“Io non lo credo, è così…” sbatté decisa le mani sul tavolo e lo fissò in segno di sfida, era afflitta e furiosa, non sopportava che suo padre le avesse fatto questo, non sopportava la morte di sua madre.
“Presto il dottor Wickleman mi farà avere i documenti, le testimonianze di suo padre e dei poliziotti, saprò tutto del suo caso e potrò aiutarla” le fece cenno di sedersi,
“No no, lei deve ascoltare me, le racconteranno un mucchio di bugie, deve credermi, non sono pazza, deve aiutarmi” si alzò e la prese per le spalle con delicatezza, a quel contatto Alice rabbrividì com’era ovvio, lui si deconcentrò per un attimo, allora il suo sangue aveva effetto anche su di lui, aprì la porta,
“Emma!” una paffuta infermiera all’istante rispose alla chiamata,
“Mary Alice, lei ti accompagnerà nella tua stanza” Alice indietreggiò,
“Domani parleremo, quando sarai più riposata e lucida…” sconfitta e persa Alice si lasciò prelevare dalla donna,
“Solo Alice” disse mentre usciva,
“Mi chiami Alice” disse al pavimento.
Di nuovo quella sensazione, neanche il tempo di digerire cosa era successo e fummo sballottati da un’altra parte, l’edificio era sempre lo stesso, sempre l’ospedale ma adesso eravamo in una zona pienamente illuminata, le pareti erano azzurre, delle colonne spiccavano in un ampio spazio centrale che univa più corridoi, c’erano alberelli in piccoli vasi e quadri ovunque,
“E’ la sua stanza” disse Edward, una piccola finestra di vetro, mi avvicinai alla porta 3847, Alice era seduta su un lettino minuscolo, le ginocchia portate contro il petto, singhiozzava,
“Perché non si apre!” la porta era bloccata. Carlisle mi poggiò una mano sulla spalla,
“Non decidiamo noi cosa vedere” disse, poggiai una mano sul vetro, era una situazione difficile, e vederlo, sapere in questo modo cosa le era accaduto, percepirlo come lei, era terribile.
“Un vampiro qui… sarà stato lui a trasformarla…” congetturò Edward, io non le staccavo gli occhi di dosso,
“Forse, questo posto, mi sento così disorientato, voi no?” annuimmo,
“Jasper, è terribile quello che le è successo, e non credo che le cose miglioreranno, sei sicuro di voler vedere?” Edward era preoccupato,
“Devo sapere quello che le hanno fatto, non può portare questo peso da sola” annuì. L’improvviso calpestio di tacchi e suole ci allarmò, un brusio di voci invase quell’ala del reparto, due loschi figuri in camice spingevano una barella di ferro, un’infermiera anziana e imbellettata camminava svelta davanti a loro. Ci scostammo.
“Si è questa la paziente” aprì con una chiave arrugginita la porta, Alice sussultò,
“E’ l’ora della terapia!” raffrenò all’istante le lacrime, non fece resistenza mentre i due energumeni la sollevavano per metterla sul lettino. Per un momento sembrò vederci, ma forse fissava intensamente solo la porta a cui ero appoggiato. Li seguimmo.
“Andiamo tesoro, non è certo la prima volta” Alice tremava, la portarono in ascensore e poi due piani più giù. Il dottor Wickleman l’aspettava. Aprii un’altra stanza e fece andar via i due ragazzi. L’infermiera aiutò Alice a cambiare lettino. Era una stanza piena di macchinari, sedie e lettini sparsi nell’intera superficie, con delle cinghie di cuoio l’assicurò al letto e le legò le mani, avvicinò un macchinario movibile con una serie di manovelle, una specie di tachimetro, prese un paio di cuffie ovattate e le bagnò in una scodella di ferro, sapevo cosa stava accadendo, non potevo crederci.
“NO!” scattai verso l’infermiera ma Edward riuscì a fermarmi, mi tratteneva da dietro, tentai di divincolarmi ma Carlisle lo aiutò.
“Per favore…” Alice implorò tremante la donna, lei sospirò, il dottore scosse il capo seduto su uno sgabello, continuando a fumare la sua pipa. La donna le infilò un pezzo di legno in bocca,
“Non vorremmo rovinare questo splendido sorriso, è per il tuo bene Alice” lei chiuse gli occhi.
“Lasciatemi!” ringhiai, la donna lanciò un’occhiata al dottore che annuì, fece scattare la manopola. Nonostante avesse la bocca ostruita le urla di Alice si propagarono in tutto lo spazio, erano strazianti, acute e il dolore che provava mi penetrò fino alle ossa, caddi in ginocchio, impotente fissavo il suo corpo scosso da violenti tremiti,
“Devo aiutarla, guardatela!” ero disperato,
“Jasper, se fai qualcosa potresti ucciderla, vuoi ucciderla?” Edward mi girò di forza il viso, cercava di essere forte ma le urla di Alice colpivano anche lui nel profondo. Smisi di opporre resistenza. Le urla cessarono, affannosamente Alice aprii gli occhi.
“Aumenta” disse quell’uomo sadico, la donna ebbe un attimo d’esitazione.
“Sei sorda? Aumenta ho detto” non potevo restare lì a guardare, tremante spalancai la porta e mi buttai fuori da lì, le urla più forti di lei mi trafissero la schiena come un pugnale, mi passai una mano sul viso, Edward uscii con me. Mi pose una mano sopra la spalla, alzai lo sguardo e lo vidi. Il vampiro era lì immobile davanti al vetro della sala, guardava Alice immobile. Confuso guardava, poi avvertii sofferenza. Strinse i pugni e continuò a camminare.
“Che mostri” Carlisle seguì Alice distesa sulla barella con lo sguardo, la stavano riportando indietro,
“Che succede?” nel mentre lo chiesi ci bloccammo, una nuvola di vapore si materializzò e ci investì in pieno, per pochi secondi persi la cognizione dello spazio. Ci ritrovammo nella stessa sala di poc’anzi, o meglio il luogo era lo stesso ma l’aspetto del posto era cambiato, la stanza era sempre azzurra e si diramavano sempre i corridoi ma c’erano dei divanetti, un televisore e delle sedie, un tavolo da ping pong e altri tavolini con riviste e vasi di fiori morenti. Poi un cumolo di gente dai contorni sfocati cominciò a materializzarsi. Donne in vestaglie grigie, facce smunte e malate, infermieri ad ogni imboccatura dei corridoi. Alcune ragazze guardavano il televisore sulle sedie, una vecchietta dondolava su e giù con la testa su di uno dei divani rossi, altre due giocavano a ping pong, fui sorpreso di vedere un uomo in quella zona che non fosse un medico. Sbucò dal corridoio d’ingresso, portava sottobraccio una graziosa signora vestita di rosso con tanto di cappello e pochette, una bambina si tuffò su una delle poltrone davanti ad una ragazza robusta, sembrava assente. Erano vestiti con abiti costosi. Guardai Edward e Carlisle confuso. Poi vidi Alice finalmente, sospettosa avanzò fino al televisore, aveva la stessa vestaglia monocromatica delle altre pazienti, sorrise ad una ragazza biondiccia che trangugiava freneticamente le unghie, poi sedette.
“Margaret cara come ti senti oggi?” la donna in rosso parlò con voce squillante, il marito le picchiettò sul ginocchio titubante, erano gli unici a parlare, nel silenzio abissale interrotto solo dal brusio del televisore e dalla pallina che batteva sul tavolo.
“Andate via!” disse la ragazza continuando a fissare il vuoto, la bambina si guardava in giro ed era ammaliata dai lampadari di ottone, lampadari d’epoca, torreggianti ad un’altezza di 3 metri. A quanto pare era una specie di sala svago quella, e per le visite di famiglia. Rabbrividii.
“Deve essere avanti nel tempo, questa stanza era completamente spoglia” disse Edward,
“Dite che servirà davvero?” Carlisle mi osservò interrogativo, la coppia continuava a vociare inutilmente con la ragazza,
“Insomma, ricordare tutto …come potrà aiutarci a trovare i demoni e a salvare Aiden?” in verità pensavo al tormento che avrebbe provato dopo aver vissuto la sua vita in manicomio, non era minimamente immaginabile una cosa del genere, e questo avrebbe portato via un pezzo di lei, non ero sicuro che fosse la cosa giusta da fare.
“Jasper, Aro è convinto che possa risalire molto più indietro, e vedere da dove viene e perché è successo, e non potrà farlo se non ricorda i suoi ultimi momenti da umana, non può capire chi è e cosa può fare senza il passato” una strana luce albergava negli occhi di Carlisle. Spostai lo sguardo sul gruppo al televisore, una sedia strusciò bruscamente contro il marmo, Alice si era alzata di scatto e puntava dritta sulla coppia di coniugi, un’espressione contrita sul volto,
“Alzati Fiona! Via da lì” due infermieri la bloccarono mentre tentò di correre dalla bambina, si divincolò, la madre bloccò con un braccio la bambina sulla poltrona,
“Chi è? Come fa a sapere il suo nome?” disse,
“Che succede?” Il vampiro attraversò lentamente il corridoio guardò Alice e si sostituì ad uno degli infermieri per trattenerla,
“Lasciatemi, non capite, deve spostarsi!” un secondo dopo un tonfo agghiacciante invase la stanza, rivoli di sangue rosso scorrevano sul marmo bianco, le urla della madre quasi foravano i timpani, il lampadario era crollato addosso alla bambina con le trecce, una bambina forse di appena 6 anni. Le donne tutt’intorno si misero a gridare e si dispersero da tutte le parti.
“Nooo!” l’infermiere lasciò Alice che cadde in ginocchio stringendo ancora il camice del dottore, lui smise di respirare e noi facemmo altrettanto, l’odore del sangue era fortissimo, fissò sconvolto Alice poi tutti gli infermieri in zona accorsero e li separarono,
“Che hai fatto ferma!” lui si allontanò di qualche passo, si passò la mano sulla fronte e si ricompose, Alice non emise nessun gemito, immobile si lasciò sballottare da una parte e dall’altra, percepivo il senso di colpa che la divorava,
“No fermi, portatela nella sua stanza, qui, mi occupo io della situazione, Glandis chiama la polizia, è stato un tragico incidente”.
Vedemmo le lancette dell’orologio da polso di Carlisle slittare in avanti di qualche ora. Le persone e l’ambiente divenne sfocato, quasi come se fosse in movimento, a poco a poco la stanza si svuotò, scomparve il cadavere e il sangue fu pulito, restava del nastro giallo intorno all’area e il pavimento bagnato. Mi voltai appena udii le nocche marmoree del vampiro che battevano sulla porta di Alice. Lui non attese risposta ed entrò. Era chiaro che fosse un gesto di cortesia dato che lei non poteva aprire dall’interno. Anche noi ci muovemmo all’interno, come delle ombre. Alice non si mosse dalla seggiola corrosa della piccola scrivania, il vampiro, David, era visibilmente scosso.
“Tu puoi davvero vedere il futuro” più che una domanda era una constatazione, gli occhi grigio-azzurri di Alice vagarono sul pavimento e annuì.
“Ma questo è… è incredibile, hai un dono” Alice lo inchiodò con lo sguardo arrabbiata, si alzò dalla sedia e traballante si avvicinò a lui in piedi, a pochi centimetri dal suo viso, il vampiro smise di respirare.
“E’ una condanna, non hai idea di cosa comporti vedere” poi le si illuminò il viso,
“Quindi mi credi davvero! Bene aiutami ad uscire da quest’incubo” il vampiro si allontanò da lei,
“Non posso farlo” l’espressione di Alice si congelò,
“Vorrei esserti utile ma, far evadere una paziente ora li insospettirebbe e non posso rischiare che capiscano cosa …” si fermò a stento, era nervoso, Alice lo rendeva confuso potevo percepirlo, lei si accosciò sul lettino interrogativa,
“Però, posso rendere tutto questo meno…” ci pensò,
“sgradevole” disse mordendosi la lingua, aveva visto l’elettroshock, non aveva fatto nulla, sentii la rabbia montarmi dentro,
“Forse posso aiutarti a controllare la tua capacità, non ne so molto ma mi piacerebbe aiutarti almeno in questo modo” le si avvicinò accostando la sedia di fronte al letto,
“Puoi farle scomparire?” gli chiese implorante e gli appoggiò una mano minuta e pallida sulla manica, lui la guardò negli occhi, non riusciva a distogliere lo sguardo,
“Perché mai?” ritrasse le mani e spostò il viso imbarazzato,
“Puoi conoscere tutto quello che accadrà, hai idea di quanto sia potente il tuo dono, potresti aiutare tantissime persone” la sua voce divenne un sussurro,
“Non posso uscire di qui, cosa dici?” il vampiro deglutii,
“Ho detto che non posso farti scappare ora ma” si alzò e protese le mani per frenare la speranza che dilatava le pupille di Alice,
“Ci vorrà tempo” Alice sospirò ma non riuscii a trattenere un sorriso,
“In ogni caso il prezzo di queste visioni è troppo alto, voglio che scompaiano” fu lui a prenderle la mano questa volta,
“C’è qualcosa di davvero speciale in te, devi accettarlo” lei restò a fissarlo stupita ma prima che potesse dire qualcosa lui era già scomparso richiudendo la porta.
“E’ innamorato di lei” dissi sorpreso quando uscimmo anche noi,
“Era” sottolineò Edward, del resto c’era qualcosa in Alice che anche da umana o forse di più per qualsiasi vampiro a renderla speciale, irresistibile.
“Credo che volesse davvero aiutarla ma che James abbia rovinato tutto” aggiunse Carlisle,
“Oppure lui ha perso il controllo e l’ha morsa” dissi io, Edward scosse la testa,
“L’hai detto tu Jasper, se l’amava non le avrebbe mai fatto del male” Guardai Alice dalla piccola finestra vetro.
 
“Eccoti finalmente” eravamo stati ri-proiettati nello studio del vampiro, la voce vellutata di lui si propagò nella stanza, Alice era appena entrata, indossava questa volta un maglione rosso rintoppato e un pantalone scuro,
“Prepariamo il piano di fuga oggi?” disse lei entusiasta, lui scosse la testa divertito,
“Il mio ci vorrà tempo non alludeva a 4 giorni” lei sedette sulla poltrona verde, sospirò,
“lo so, non prenderai ancora per molto una decisione” lui alzò un sopracciglio curioso.
“Bene, iniziamo a testare cosa puoi fare” gli lanciò alla sprovvista una palla da baseball bucherellata, lo guardò interrogativo,
“Cosa vedi?” lei rise nervosa,
“Non è così che funziona, non va a comando” roteò tra le mani la palla,
“Provaci soltanto” incerta Alice chiuse gli occhi, per 1 minuto buono si paralizzò, schiuse le palpebre delicatamente,
“E?”
“C’era un bambino, lanciava la palla a un uomo anziano, camicia azzurra sbottonata, scarpe sporche di fango, si parlavano, sei molto bravo , la mamma sarà contenta” sconcertata strinse la stoffa della poltrona,
“Beh, esatto, la palla appartiene a Frankly, un bimbetto paffuto goffo nel baseball ho dimesso suo nonno l’altro ieri” annotò qualcosa su un taccuino,
“Questa è più difficile” le porse un nastro blu di seta, Alice lo afferrò colpita, un secondo e fissò contrita il vuoto davanti a sé, un altro secondo e si alzò lasciando che il nastro fluttuasse sulla moquette grigia, una lacrima le solcò la guancia,
“Cosa c’è cosa hai visto?” David le prese per le spalle, lei si divincolò,
“Non voglio più farlo” lui le lasciò spazio e aspettò che si calmasse,
“Wendy, puoi fare qualcosa per lei?”
“Oh, io non credevo che sarebbe successo così presto” non capivamo,
“Ho visto” cominciò Alice senza che lui disse nulla,
“lei felice, su un’ altalena in un parco di fronte l’oceano, rideva e poi, poi lei in un letto d’ospedale e aveva una miriade di flebo attaccate ed era calva, qualcuno le teneva la mano e le stava dicendo addio” più lacrime rigarono il suo volto, il vampiro scattò a velocità spiccata verso di lei, non se ne accorse, aveva la vista offuscata, lui l’abbracciò, distrutta Alice si lasciò stringere.
“Mi dispiace, per oggi basta così” lei si ricompose quel tanto per poterlo guardare senza arrossire,
“Non voglio che tu soffra per gli altri, è già dura così” sorrise sbilenco e poggiò una mano sul pomello di ottone,
“Perché sei gentile con me, perché fai questo?” lui non sapeva cosa rispondere, sorrise e alzò le spalle.
Edward cominciò a gemere, la gamba gli pulsava, anche se i nostri corpi non erano realmente lì avvertivo la fitta dolorosa del polpaccio. Ci stavamo di nuovo muovendo, e non era un semplice movimento, di nuovo una luce sfocata e i confini dello spazio dissolversi e la sensazione di stordimento, solo tutto amplificato. Carlisle era chino su Edward piegato su di un ginocchio, io gli poggiavo una mano sulla spalla cercando di tenerlo fermo e di sorreggermi allo stesso tempo. 
“Siamo fuori” disse Carlisle alla brezza carica di particelle d’erba appena tagliata. Ma non eravamo fuori, il tutto ricominciava a ricostruirsi, eravamo in una casa, davanti all’ingresso spalancato del portico, una bambina di 7 anni trotterellava verso di noi, sorridente e spedita, aveva tra le mani un mazzo di petunie rosa e indossava della morbida seta bianca. I capelli lunghi e neri le ricadevano sulle spalle, potevo vedere bene i due occhioni grigi screziati di azzurro, un cerchietto rosso evitava che ciuffi scomposti le andassero davanti al viso.
“Sta attenta Alice, potresti inciampare!” Una voce la seguiva da dietro e comparve all’orizzonte, una donna alta e magra cercava di aumentare l’andatura per venirle dietro, ma la piccola era già schizzata all’interno. La guardai rapito e la seguimmo. Portò i fiori ad una poltrona verdastra in un soggiorno spazioso e rivestito di parquet. L’uomo si voltò sentendo i passi ticchettanti sul legno, aveva un aspetto austero, due paia di baffi sottili,  uno sguardo penetrante, i capelli impomatati e indossava giacca e cravatta. Afferrò i fiori con la sinistra libera, con l’altra mano reggeva una pipa.
“Per te padre” disse Alice, sorrise timidamente, lui guardò  i piccoli petali rosati e incurvò leggermente gli zigomi.
“Ma guarda, il tuo vestito è pieno di terra” commentò alzandosi e squadrandola dalla testa ai piedi, la donna arrivò in quel momento e lanciò al marito un’occhiataccia.
“Falla cambiare” disse ancora più freddo,
“I Nicolson ci aspettano fra mezz’ora” sbuffò due nuvole di fumo e si avviò all’esterno. La bambina fissò il pavimento triste, quando l’uomo si fu allontanato la donna si abbassò a suo livello e le prese il mento tra le dita. Mi avvicinai per osservarla meglio, aveva un taglio corto e lucidi boccoli castani che le incorniciavano il viso, gli occhi di un nocciola caldo e le labbra carnose e rosate, era molto bella ma non aveva alcuna somiglianza con Alice.
“Mamma non ci voglio andare” disse lei in un sussurrò, la madre sospirò e le prese la mano conducendola   alla scalinata.
“Edward va tutto bene?” eravamo tutti e tre confusi ed eravamo stati rapiti da quella scena finchè Carlisle parlò, mio fratello si appoggiò al muro,
“Va…meglio” disse, eravamo andati indietro, molto indietro nel tempo e non eravamo più all’ospedale.
“I ricordi non sono lineari, come i pensieri” mi disse Edward, Carlisle ci fece cenno di salire di sopra. Alice era seduta sul lettone di soffice piume e la madre smistava l’armadio per trovare un altro vestito.
“Che ne dici di questo rosso? Col tuo cerchietto è perfetto !” lei era entusiasta e per un attimo una luce speciale attraversò gli occhioni grigi della bambina. Poi però scosse la testa.
“Tesoro, fallo per me, fra qualche ora saremo a casa te lo prometto” le infilò il vestito pur tra rimostranze, era curioso vedere Alice umana, e da piccola, mi sentivo stordito eppure capivo il privilegio che ci era toccato, poter entrare nella mente di qualcuno, la sua, poter viaggiare nel tempo.
“Mamma aspetta” lei stava già infilando il mondo in una piccola pochette dorata, il suo vestito era composto, un tubino beige e dei guanti di velluto, una sottile collana di perle e orecchini,
“Lo zio Al… voglio restare qui” si piantonò a terra a gambe incrociate, la madre sembrò allarmata,
“Cosa dici? Cosa c’entra Al?” lei si mordicchiò nervosa un labbro, la donna si chinò carezzandole la guancia,
“Puoi dirmi tutto Alice…” silenzio,
“Sono ancora le tue visioni vero?” non sembrava sorpresa, né irritata ma solo vivamente preoccupata,
“Ho visto lo zio Al che diventava pallido e blu, ho visto che non riusciva a respirare e papà cercava di aiutarlo, poi tanta paura e grida ” Alice si portò entrambe le mani alle orecchie, lei la prese tra le braccia, andrà tutto bene le diceva.
“Basta così!” l’uomo in giacca e cravatta, suo padre, apparve sulla soglia, aveva ancora i fiori stramazzati in mano, li buttò bruscamente sul comodino.
“Jenna non incoraggiarla! Smetti di frignare e va di sotto!” battè una mano sullo stipite della porta, Alice scattò in piedi furiosa e corse giù,
“Robert, perché le fai questo?” alla moglie sfuggì un tremito,
“Sta zitta, è mia figlia, so cosa è meglio per lei, questa storia del futuro deve finire con le buone o con le cattive” lei passò spintonandolo offesa.
Uscimmo tra il verde rugiadoso delle colline del Mississippi, la macchina si allontanò in poco tempo, attendemmo, non accadde nulla però. Una leggera brezza si intensificò e il cielo si offuscò di grigio per un attimo.
“E’ cambiato” sembrava approssimarsi il tramonto, dei singhiozzi soffocati giungevano da dietro il giardino, in fretta raggiungemmo l’origine, Alice, la Alice dicianovenne umana era seduta su un sasso eroso dall’acqua, aveva la pelle d’oca i capelli raccolti in una lunga coda nera e piangeva. Qualcuno mi spintonò all’improvviso,
“Jasper attento!” Carlisle mi tirò allarmato, la ragazza apparsa all’improvviso si fermò e si voltò a guardarci stranita, fissava il nulla davanti a sé,
“CI vede?” Edward scosse la testa, dopo qualche secondo tornò a concentrarsi su Alice, indossava una vestaglia azzurrina e i capelli ramati e ondulati erano scossi dal vento,
“Va via Cynthia!” era sua sorella, sgranammo gli occhi, quando Alice aveva visto Cynthia nei suoi ricordi questi ultimi erano bei ricordi, ma non sembrava più così. La ragazza aveva forse 13 anni ma era alta quasi quanto Alice.
“Ti prego, entra, sta per piovere” e in effetti il cielo cominciò a ingrigirsi di nembi sempre di più,
“Lo so” disse lei, Cynthia le andò vicino,
“Voglio aiutarti” le posò una mano sulla spalla, lei si scostò,
“Io dovevo aiutarla” mugolò Alice, scattò in piedi,
“E’ stato un incidente non potevi fare nulla” Alice la guardò allontanandosi di qualche passo,
“E’ stato nostro padre, non capisci, sta con lei a cena mentre…. Sono passati solo 2 giorni dalla sua morte” le parole di Alice erano cariche di veleno,
“No no, smettila con questa storia, non c’era nessuno con la mamma, nessuno ha visto com’è andata e i poliziotti hanno detto che è stato un incidente!” Alice si passò una mano sulla fronte,
“Io so com’è andata” sussurrò Alice,
“Quando lui sarà qui parlerete e si chiarirà tutto” Cynthia cominciò a lacrimare,
“No sorellina” Alice sciolse la sua corazza e andò ad abbracciarla,
“Non dire niente a nostro padre, me ne occuperò io, dovevo aiutarla, per te, non volevo che perdessi lei, non volevo” Cynthia ricambiò l’abbraccio, la sorella la guardò confusa, i suoi occhioni nocciola erano intimoriti dalla ragazza dai capelli corvini e gli occhi profondi quanto una palude, si sciolse dall’abbraccio, le strinse la mano senza sapere perché, aveva una sensazione strana.
“Va dentro, ti raggiungo” lei così fece ed Alice continuò a fissarla finchè la sua sagoma sparì nel buio.
Carlisle attirò la nostra attenzione sul sibilio della luce al neon che stava andando in corto, di nuovo quelle pareti trasudanti muffa e puzzo di medicine, di nuovo le porte laccate di rosso delle stanze e i numeri incisi in nero, di nuovo l’ospedale. Il dottor David, il vampiro, si mosse speditamente verso la stanza di Alice , si udivano le rotelle metalliche  strusciare contro il marmo bianco, la barella vuota aveva appena svoltato l’angolo, titubante entrò nella stanza. Chiuse quasi in modo fulmineo la porta, facendola sbattere, facemmo appena in tempo ad entrare con lui. Alice era stesa sul letto, era pallida e dalla fronte scendevano gocce perlacee di sudore, era incosciente.
“Alice, mi senti?” il medico percepì all’istante che qualcosa non andava,
“Hai la febbre alta” sussurrò, poi le sfiorò con le nocche una guancia, Alice aprì impercettibilmente gli occhi,
“Devi restare sveglia” accanto al letto c’era un catino con dell’acqua e delle pezze sgualcite.
“Wickleman mi aveva detto che la terapia era finita” soffocò un ringhio a stento,
“D- dove mi trovo?” Alice alzò faticosamente la mano sinistra e a tentoni trovò il suo braccio, strinse il camice.
“Sei nella tua stanza, tranquilla non permetterò che ti facciano ancora del male” lei sembrò non resistere più, chiuse gli occhi,
“Hey, hey, resta sveglia, parlami di Cynthia Alice” Alice mugolò qualcosa,
“Chi è Cynthia?”  tutti quegli elettroshock le stavano cancellando la memoria e presto l’avrebbero uccisa. Il dottore chiamò due infermiere e le fece restare con Alice, furibondo si scagliò giù dalle scale. Lo seguimmo, con nostro stupore ritrovammo Alice,
“Jasper fermo!” era a terra e il suo corpo grondava sangue, era ferita, intensi boati provenivano da non molto lontano, eravamo nel piano interrato, tubi oblunghi correvano sopra le nostre teste, nessuna porta, solo corridoi a zigzag che si dipartivano da entrambi i lati. C’era una lotta, chiaramente una lotta, volevo aiutare Alice ma non potevo. Dopo qualche minuto i boati cessarono, vi fu un attimo infinito di silenzio totale, poi un fruscio e il vampiro apparve, si fermò di scatto a 2 metri da lei, il viso contrito il respiro serrato, non voleva ucciderla, si chinò su di lei e le sollevò il collo,
“Mi dispiace tanto, non c’è altro modo, non posso lasciarti morire, loro stanno arrivando, devo tentare di fermarli, ma devo salvare anche te” riuscì a darle un bacio appena sfiorato sulle labbra, Alice era semicosciente,
“Ricorda chi sei, Alice” le diede un morso sul collo marmoreo e poi scattò subito all’indietro, Alice perse definitivamente conoscenza. Anche noi ci sentimmo come storditi, una luce abbagliante ci investi tutti, immagini sfocate ci vorticavano intorno, riuscii a cogliere qualche squarcio. DI nuovo suo padre e sua madre, un cesto con un fagotto dentro, un biglietto, l’espressione raggelata dell’uomo, una bambina.
“Jasper! Svegliati!” mi sollevai di scatto dal lettino, il che mi provocò un effettivo capogiro, Edward e Carlisle erano già in piedi, Aro mi fissava curioso,
“Cosa… Dove?” vagai con lo sguardo in cerca di Alice, era ancora stesa sul suo lettino, non era cosciente. Mi lanciai su di lei e le accarezzai il viso,
“Perché non si sveglia?” chiese Edward mostrando i denti,
“C’è ancora altro da vedere, ma credo che a voi sia precluso, sta a lei scoprire da dove viene e qual è lo scopo di tutto questo” Carlisle annuì titubante, l’ultima cosa che avevamo visto era probabilmente l’inizio, aveva sbloccato ricordi impossibili da avere e forse molto di più.
“Ora dobbiamo solo aspettare” proferii Aro.
Alice aprii gli occhi all’improvviso, due zaffiri blu che scrutarono per pochi secondi l’immensa cupola che ci sovrastava, poi prese un’ampia boccata d’aria come se fosse stata in apnea e scattò a sedersi sul lettino. Io Edward Carlisle Aro e perfino Marcus le stavamo intorno, senza accorgersene spalancò le ali e la forza d’urto ci fece arretrare sensibilmente, era parecchio turbata, ci guardò per un secondo e con un battito attraversò l’intera sala uscendo da una porta-finestra che dava su una terrazza in pietra. La seguii prima che qualcuno potesse dire qualcosa, appoggiata al parapetto di marmo bianco era protesa in avanti, le ali così immense da farle da strascico, non emettevano alcun bagliore. Mi bloccai a pochi centimetri da lei, non sapevo cosa dirle, e ultimamente mi capitava spesso, gli eventi accaduti erano al di là della mia comprensione. Le sfiorai le piume ed ebbe un leggero sussulto, si voltò, la luminosità degli occhi non era diminuita, fu lei a prendermi la mano, la strinse e mi guardò negli occhi tentando di restare calma e impassibile a di spetto della sofferenza che bruciava dentro e potevo percepirla.
“Alice io…” fece un sorriso forzato,
“Jazz, sto bene, sapevo che non sarebbe stato… piacevole” abbassò gli occhi al pavimento grigio,
“Non puoi nascondermi le tue emozioni…” la tirai a me con forza e l’abbracciai cingendola dalla vita, le ali non ci erano d’intralcio, sembravamo incastrarci perfettamente l’uno nell’altra. Sentii una lacrima calda ricadere sulla mia spalla, a poco a poco si lasciò andare,
“E’ stato orribile, non posso credere che lui mi abbia fatto una cosa del genere che abbia ucciso sua moglie” la voce era quasi un sussurro e le lacrime scorrevano copiose come un fiume in piena mentre lei parlava,
“Mi dispiace, noi eravamo lì con te ma non potevi vederci” si pietrificò, si staccò da me e mi prese il viso tra le mani,
“Avete, hai visto tutto, Jazz, io non capisco come?”
“Eravamo lì, ma non potevamo intervenire, c’era il rischio di farti del male” i ricordi dell’elettroshock, delle sue grida mi risuonarono nella testa,
“Non dovevi vederlo” sbattè le ali nervosa,
“Non potevi portare questo fardello da sola” mi riavvicinai e lei richiuse le ali,
“Ho sentito le tue grida e visto qui mostri ridurti in fin di vita… essere lì di fronte a te ed essere impotente, non avevo provato mai nulla del genere” ebbi un tremito alla mano, Alice si ri-fiondò a stringermi e mi baciò sul collo,
“Mi dispiace, non dovevate venire” insistette lei,
“Non pensarlo, ho commesso troppe volte questo errore, non ti lascerò agire da sola, che ti piaccia o no” la baciai,
“Ho capito molte cose, so cosa è successo a mia madre e chi dobbiamo cercare” si asciugò le lacrime,
“Cosa hai visto? Ad un certo punto non ci è stato possibile continuare e ci siamo svegliati prima di te” Alice mi guardò sollevata,
“Jasper” il tono divenne cupo e serioso, lo stesso tono che aveva quando una terribile visone era appena arrivata,
“Devi fidarti di me non posso dirvi nulla” stavo per ribattere ma mi bloccò con un bacio dolce e delicato, indugiò fronte a fronte, sentivo il suo respiro caldo e fruttato sulle labbra,
“Devo proteggervi…” aveva una valida ragione per non dirci nulla, ma volevo sapere, indugiò guardandomi serrata negli occhi, annuì alla fine, Alice sapeva, lei avrebbe salvato Aiden e se mantenerci all’oscuro era necessario, l’avrei accettato.
“Okay” le carezzai i capelli, sospirò carica di tutte le nuove e mozioni e i nuovi ricordi che le si riproponevano in testa,
 “Non permetterò che accada ancora” mi strinse la mano, non sapevo a cosa si riferisse ma la sua caparbietà mi avrebbe convinto anche a salire sino alla luna, aprii le ali, di nuovo luminose e ci portò al centro della stanza. Tutti la guardarono curiosi e abbattuti, tutti sapevano cosa era successo alla Alice umana, le iridi rosse di Aro scattarono verso le ali.
“Mia cara, ci addolora immensamente che tu abbia dovuto rivivere tutto questo una seconda volta” disse sogghignando,
“Grazie per questo…aiuto…ora io e la mia famiglia dovremo congedarci” Edward scosse il capo sorpreso,
“Cosa?” Alice gli si avvicinò,
“Non obbligo nessuno a venire” lui la fissò, poi sorrise,
“Nemmeno se mi staccassero la testa e la bruciassero rinuncerei a seguirti sorella” la abbracciò e così fecero Carlisle e Bella provando una sincera sofferenza per quanto era accaduto.
“Dove andrete?” chiese Aro seccato che Alice l’avesse liquidato così,
“Un viaggio nell’Ade” disse lei sicura,
“S-c-o-n-c-e-r-t-a-n-t-e” sillabò Aro sorridendo malizioso.

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Capitolo 6
*** Maleficio ***


POV JASPER

CI lasciarono andare senza fare altre domande. Non proferimmo parola finché non fummo fuori dal cancello principale immersi nel piccolo giardino di cipressi, la tenuta del castello di Volterra. Alice camminava a passo svelto , quasi fremeva di impazienza, Edward fu il primo a fermarsi, Bella si avvinghiò intorno al suo braccio preoccupata. A poco a poco la stasi coinvolse tutti tranne lei, era così presa, stava forse già scrutando il futuro e non si accorse che ci eravamo fermati. La chiamai.
“Hai detto che dovremmo andare nell’Ade, cioè l’in…ferno?” Bella strinse ancora più forte il braccio di Edward, l’espressione sul volto di Alice era sicura.
“Si, in qualsiasi modo lo si voglia chiamare è laggiù che andremo…andrò” si corresse,
“Non vi chiedo di venire con me, Bella l’ho già detto avete fatto già tanto” Bella lasciò Edward e le si avvicinò,
“No, Alice, noi verremo, è solo come dire…”
“Una meta poco desiderabile” finii Carlisle sorridendo e sfiorando Alice sull’ altro braccio,
“Perché lì?” chiese Edward, poi la guardò corrucciato,
“Se non posso dirvi tutto dovrete avere fiducia…è l’unico modo, c’è un demone che è  responsabile di quanto mi è successo fin ora, posso dirvi solo questo” Edward e Carlisle annuirono, Alice saettò fuori dal giardino. Si guardò attorno con circospezione e poi indicò le due auto grigio metallizzato parcheggiate dirimpetto ai cancelli svettanti che circondavano la tenuta.
“Credo che una basti, siamo in cinque” ammiccò Carlisle, saltammo dentro ed Edward si mise al volante con Carlisle di fianco, Alice fra me e Bella guardinga controllava di continuo i finestrini,
“Non ci seguiranno” la rassicurò Edward mettendo in moto,
“Dove dovremmo andare, cerco una copia della divina commedia o sapete dirmi dov’è l’entrata degli inferi?” Bella ticchettava le dita sulle ginocchia nervosamente e ci fissò uno ad uno, Alice le pose dolcemente una mano sulla spalla,
“Io so dove andare…” dall’altro lato le afferrai la mano, non credevo che avremmo fatto  una cosa così folle.
“Castel Sant’Angelo” disse,
“Beh, non sono mai stato a Roma, sarà interessante” il rombò del motore ci assordò per un secondo e partimmo, ci aspettavano poco più di 3 ore di viaggio e saremmo arrivati.
 




 
POV Alice

Nebbia bluastra e fuoco, caldo incessante fuoco, fumo asfissiante, un odore acre, respinsi quasi un conato di vomito, mi appoggiai al parapetto di pietra del ponte e cercai di riprendermi. Jasper si avvicinò perplesso.
“Hey, tutto bene?” respirai e mi voltai cercando di sorridere, le visioni mi davano il tormento, non riuscivo a vedere se avrebbe funzionato, se dopo averlo fatto avrei riavuto Aiden.
“Si, non sarà facile” lasciai scivolare la mano sulla sua giacca sbottonata carezzandone la pelle,
“Castel Sant’Angelo, imponente, ha una delle storie più interessanti a mio parere” Carlisle ammirava estasiato i bastioni di roccia e la struttura circolare del castello, il fiume scorreva placido e nerastro sotto di noi, era sera, le luci dei lampioni si riflettevano nell’acqua, le arcate dei numerosi ponti che varcavano i confini del paesaggio avevano tremiti impercettibili nello specchio d’acqua. A Nord la cupola di San Pietro era ben visibile e poco prima le statue prominenti raffiguranti Grazie, divinità greche e angeli. Un angelo dorato svettava sul terrazzo del castello, enorme e fiero.
“Dovremmo aspettare la chiusura” osservò Edward ammiccando all’orda di turisti che ci passava davanti.
“Non c’è tempo, dobbiamo andare ora, non ci noteranno, ho visto la strada, è un passaggio molto angusto e difficile da trovare, anche per i custodi” ci avvicinammo all’ entrata e una giovane studentessa affiancata da una guardia ci concesse di entrare.
“Fra mezz’ora siete pregati di uscire, manca poco alla chiusura” Bella sfoderò un sorriso a 32 denti che stordì per un secondo la guardia, io credevo di ostentare una certa tranquillità ma a quanto pare avevo un’espressione granitica perché avvertii una certa soggezione negli umani a mano a mano che avanzavamo nello stretto corridoio circolare. Era stato progettato appositamente, doveva disorientare i nemici, sembrava di muoversi ed essere sempre nello stesso punto, il dislivello aumentava appena percettibilmente ma io imboccai una piccola scala a chiocciola di pietra che portava in basso e gli altri mi seguirono.
“E’ una cripta?” difficile a dirsi esattamente, spoglie mura grigie circondavano un’ angusta stanza, senza finestre o altre entrate, una sagoma circolare era visibile a stento sotto la spessa coltre di polvere, era un vecchio pozzo oramai sigillato, mi chinai e poggiai la mano a terra sulla superficie grigiastra,
“Non c’è nulla, sei sicura sia qui Alice?” mi chiese Bella, certo che ne ero sicura, potevo sentirlo chiaramente, il lezzo pungente di anime perdute, dannate, urlanti. Annuii senza voltarmi, sapevo che gli occhi di tutti erano puntati su di me in attesa che facessi qualcosa o dicessi qualcosa; in realtà non fu semplice ammettere a me stessa che non avevo idea alcuna sul da farsi. Avevo visto dove, avevo visto chi era il responsabile, ma l’entrare né tanto meno uscire mi era chiaro. Feci un respiro, volevo solo che tutto finisse bene, riprendere Aiden e stare con Jasper, salvare la famiglia, tutti loro. Chiusi gli occhi e lasciai che tutta l’energia fluisse dentro di me sino al braccio destro, sino alla mano poggiata sulla nuda pietra fredda, avvertii un calore improvviso e un flash di luce prima di riaprire gli occhi e constatare che ci fosse una via d’uscita, o d’entrata. La pietra rotonda si era come dischiusa e il vuoto buio e lamentoso di estendeva sotto di noi. Un varco abbastanza grande per il passaggio di più persone alla volta. Mi voltai sbalordita e incrociai lo sguardo di Jasper. Mi fu accanto e si chinò per studiare l’apertura.
“Bene ci tocca saltare” Edward in un secondo ci superò e senza esitazione si lanciò nel vuoto,
“Edward!” Bella trafelata si scagliò verso di me,
“Dobbiamo saltare” dissi sicura, si calmò, annui, si baciò l’anello e andò anche lei, poi Carlisle fu il terzo. Jasper mi afferrò la mano, ci fissammo intensamente per non so quanto, perdermi in quelle iridi dorate era così appagante, avrei voluto dimenticare tutto e continuare a vagare dentro di lui in eterno.
“Insieme” l’oscurità ci avvolse.
La caduta fu insolitamente breve, una sensazione di spietata leggerezza e poi la gravità, il peso dei corpi ancora più pressante laggiù. Non era il posto per un angelo, potevo percepire la mia forza indebolirsi ogni secondo di più. Ci ritrovammo in uno spazio apparentemente adimensionale, oscurità e una fitta nebbia biancastra. Ci serrammo in cerchio tesi, tutto poteva essere pericoloso. Carlisle ci sfiorò tutti per assicurarsi che fossimo davvero lì.
“Dove siamo?” la voce di Edward fu seguita da un cupo rimbombo, cominciai a distinguere quelle che sembravano alte pareti di pietra nera,
“Sentite?” Jasper indicò il nulla davanti a noi, chiusi gli occhi e mi concentrai, si era…acqua.
“Acqua” mi fiondai in direzione del suono, Jasper tentò di trattenermi ma ero già arrivata al lago melmoso, nero come il resto, sembrava estendersi all’infinito, come le pareti, come quel luogo bizzarro.
“Alice non toccare l’acqua” Carlisle era nervoso,
“Non siamo soli” non riuscivo ad avere visioni laggiù, come se qualcosa mi bloccasse, come se fosse un’altra realtà; però avvertii prima di tutto un’altra presenza. Ringhiai alla nebbia, mi portai davanti agli altri pronta ad attaccare e a spalancare le ali, aveva mandato qualcuno, mi aspettava molto probabilmente. Un bruciore convulso mi partì dal ventre, il veleno stava salendo.
“Non dovreste essere qui” una voce rauca ma tonante arrivò dall’acqua,
“Chi sei?” domandò Jasper tirandomi indietro,
“Non dovreste essere qui” rispose la voce,
“Mostrati!” Carlisle si accovacciò sulla riva quasi sfiorando l’acqua. Una sagoma cominciò a profilarsi in lontananza, scivolava spedita sull’acqua. Una sagoma nera. A poco a poco riuscimmo a distinguere una barca di legno rosso e l’individuo rinsecchito e incappucciato. Sgranammo gli occhi.
“Caronte, il traghettatore di anime” sussurrò Edward estasiato,
 “Non dovreste essere qui” ci ripetè il traghettatore a pochi centimetri da me e Jasper.
“Dobbiamo passare” ammiccò Carlisle alzandosi,
“Tornate dopo la morte” il remo dell’ossuto individuo premette con forza sul fondo e la barca cominciò di nuovo ad allontanarsi,
“Aspetta!” la mia voce lo bloccò, guadai a dispetto del pericolo per pochi passi il lago e gli afferrai la manica, fu costretto a guardarmi negli occhi e anch’io potei vedere i suoi neri e vuoti, restai a fissarlo finché in quella oscurità profonda non vidi un baluginio di azzurro.
“Dobbiamo passare” ripetei , ritrasse il braccio stupito e continuò a guardarmi,
“Così sia allora angelo”
 
 




 
POV Jasper
La barca di legno ammuffito scivolava lenta nel buio pesto, le piccole particelle di acqua si depositavano sulla nostra pelle provocando piccoli luccichii. Nonostante sembrasse poco più grande di una gondola c’era spazio per tutti, nessuno di noi si avvicinò troppo al traghettatore. Non riuscivo a capire cosa fosse, non aveva un cuore che batteva né sembrava respirare, non era un vampiro, non sembrava neppure un fantasma o un demone. Sentivo la mano di Alice tesa nella mia, eravamo seduti a due a due , Carlisle era il più vicino alla prua. A poco a poco il buio lasciò spazio a qualcos’altro, vapori caldi provenivano dal basso, una luce soffusa e rossiccia cominciò a diffondersi ovunque.
“ Ma è…impossibile” Bella si era sporta in avanti per guardare sotto di noi, Edward la incatenava con braccio, sapevo cosa provava, si sentiva impotente laggiù, non potevamo proteggerle laggiù. Bella non vide il proprio riflesso marmoreo nell’acqua, non c’era più l’acqua, la barca scivolava nella sottile foschia, sotto di noi si estendeva una voragine di pietra rossa senza fine, dalle pareti fiamme roventi si levavano verso il cielo, più in lontananza svettavano  ncora rocce simili ad edifici incavati sotto-terra- sembrava una città incenerita. E tra tutto all’orizzonte era appena percepibile il contorno di un castello completamente nero, sembrava fatto di ossidiana nera e rifletteva la luce rossastra di quel mondo,
“Cosa sono?” Alice indicò sopra le nostre teste, il traghettatore sospirò pensoso, soffiava vento caldo, e il vento trasportava un fiume di oggetti, fotografie sbiadite, orologi da polso, palloncini, un fiocco, una macchina da scrivere, uno specchio, biglie, guanti da neve,
“La discarica della miseria umana” disse atono il vecchio ammiccando ai vortici di cose che fluttuavano in mezzo a noi, migliaia di desideri, rimpianti, sogni perduti. Alice allungò una mano e prese un vecchio orologio tascabile arrugginito, lo trattenne un secondo e poi lo lasciò fluttuare con gli altri. Mentre avanzavamo grida esasperate si propagavano dalle fiamme,
“L’inferno esiste Carlisle, è qui che finiscono le anime dannate” disse Edward teso, La barca cominciò a scendere verso il basso ma di poco, difatti ci fermò dinanzi ad un’incavatura nella roccia rossa, un enorme portone alto 4 metri in bronzo ne ricopriva la parete.
“Non posso andare oltre” scendemmo in sincrono e restammo impietriti a fissare la voragine sotto di noi.
“Dobbiamo andare avanti” Alice si avvicinò alla porta, tastandola,
“Jasper a te ha detto dove diamine stiamo andando?” Bella mi sussurrò lontano dagli altri quasi trascinandomi a margine della sporgenza,
“No… dobbiamo avere fiducia in lei, so che non vuole dirlo per tenerci al sicuro” lei sospirò,
“Lo so che hai paura, non doveva andare così, è stato un anno…” non avrei saputo trovare le parole adatte per definirlo,
“Andiamo ragazzi!” Edward ci richiamò. L’enorme portone si era spalancato,
“Come l’avete?” Alice mi sorrise,
“Mi è bastato toccarlo” Edward ridacchiò, Carlisle scosse la testa, era forse il più nervoso di tutti. Quello che ci ritrovammo davanti fu un enorme labirinto, un labirinto assemblato con la nera ossidiana del palazzo, mura alte, troppo alte,
“Ma che diavolo?” Edward provò a balzare,
“Alice puoi vedere fino a dove arrivano?”  Carlisle la bloccò prima che potesse provare ad aprire le ali,
“Aspetta, non credo che questo sia un posto per un angelo, se dovessero capire che sei qui…” Alice annuì,
“Credo che già lo sappiano ma non vedo nulla qui, meglio non rischiare” Carlisle si portò in testa al gruppo,
“Dovremmo fare alla vecchia maniera, non dividiamoci, cercare un’uscita in gruppo è la cosa migliore, anche se ci vorrà più tempo” fummo d’accordo e cominciammo a correre, tentammo ogni strada possibile ma quel labirinto era una trappola, neppure un vampiro poteva uscire.
“E’ strano”Edward fece cenno di fermarci,
“Deve esserci un’uscita” dissi più che convinto, chiunque governasse quel posto amava giocare con le persone ed era subdolo. Col passare del tempo rallentammo il passo e ci riducemmo a camminare a velocità umana. Io ed Alice ci distanziammo leggermente dagli altri, volevo parlare,
“Tutto bene?” da quando eravamo andati via da Volterra non avevamo più parlato di quello che era successo, di quello che tutti avevamo visto dentro di lei.
“Si, sto bene credo” sul viso aveva un’espressione contrita,
“Hey” si fermò, chiuse gli occhi portandosi una mano sullo sterno,
“Ti fa male? Ragazzi aspettate!” si riprese in pochi secondi,
“No sto bene, dobbiamo continuare” scattò verso gli altri ma la bloccai afferrando la camicia di seta blu,
“Fa vedere”
“Jazz” mi sorrise tentando di dissimulare,
“Tesoro, fa vedere” sospirando sbottonò la camicia,
“Oh Alice” gli altri si erano avvicinati, Bella deglutii non pronunciando altro, le ramificazioni nerastre e in rilievo si erano diffuse dalla cicatrice del ventre sino alla gabbia toracica, Carlisle la tastò con delicatezza, Alice sussultò,
“Dobbiamo fare in fretta…”
“Sei sicura che sia l’unico modo?” le chiesi mentre continuavamo a camminare, mi abbracciò,
“Fermerò tutto questo te l’ho detto, fidati di me, non vi accadrà nulla” la scostai per guardarla negli occhi,
“Vi? Cosa intendi?”,
“Jasper io ti amo, non voglio perderti, non voglio che qualcos’altro ci divida, ma se per salvare te e Aiden e la nostra famiglia servirà un sacrificio io…” mi stava spaventando,
“Non capisco, Alice cosa vuoi fare ?” era combattuta, voleva dirmelo ma qualcosa la tratteneva, si asciugò gli occhi e continuò a camminare, avevamo perso di vista gli altri,
“Alice aspetta” mi parai davanti a lei,
“Nessuno deve sacrificarsi” insistetti,
“Non voglio perderti di nuovo” mi morsi un labbro per averlo detto, ma era quello che sentivo, il timore di vederla andare via di nuovo.
 
 
Passarono delle ore probabilmente, ma non potevo dirlo con certezza, continuavamo a girare intorno, un zigzagante giro in tondo. Stavamo per perdere la speranza finchè Alice si fermò.
“Aspettate, ho capito” si voltò bruscamente verso di noi, gli occhi le scintillavano, eravamo al punto di partenza la grossa porta di bronzo dietro di noi,
“Cosa hai capito?” Bella si massaggiò le tempie, eravamo tutti spaesati,
“L’uscita, l’abbiamo avuta sempre davanti agli occhi!” esclamò lei, il viso di Edward si illuminò,
“La porta” gettai uno sguardo confuso all’ingresso,
“Non c’è nulla da quella parte, siamo entrati da lì” dissi, Alice mi scoccò un sorriso preoccupato,
“Sembra impossibile, ed è quello a spaventarmi, venite” toccò la porta ed essa si aprì come prima,
“Inquietante” commentò Carlisle, la sporgenza e la voragine erano sparite, ora c’era un'unica direzione, marmo grigio e buio, una stanza enorme. Che fosse un trucco subdolo o pura follia l’essenziale era uscire da quel posto e in fretta. Muovemmo incerti qualche passo quando Edward davanti a tutti si bloccò, allargò le braccia e indietreggiò facendo da scudo a Bella e urlando di restare indietro.
“Edward! Sta calmo, cosa c’è?” Bella lo fece voltare e tentò di calmarlo, i suoi occhi scuri erano spalancati e tremava,
“Tesoro che hai?” Alice guardava dinanzi a sé concentrata, io e Carlisle lanciammo occhiate sospettose tutt’intorno, non c’era nulla e nessuno.
“Ma come non lo vedete? E’ ovunque, dobbiamo andarcene!” afferrò Bella per la mano e la tirò nuovamente verso la porta,
“Alice cosa succede?” le chiesi, lei smise di fissare la stanza e perfettamente calma e andò verso Edward,
“No Alice dobbiamo andare via, il fuoco, ci brucerà tutti” mio fratello sembrava aver perso la testa,
“Non c’è nulla Edward, nulla va a fuoco in questa stanza” tentò Carlisle perplesso, Alice si parò davanti ad Edward facendo segno a Bella di scostarsi, poi strinse la mano tremante di Edward e sbarrò gli occhi, Edward smise di provare agitazione sostituita da un crescente terrore che lo paralizzava, anche Alice provò in simultanea la stessa cosa, le iridi le si colorarono di azzurro, insieme cominciarono a lanciare occhiate convulse da tutte le parti.
“Che succede?” chiese Bella nervosamente, Alice la guardò costringendo Edward a fare lo stesso,
“Le fiamme, le vedo, lingue di fuoco avvolgono tutto lo spazio davanti a noi, si levano alte fino al cielo, non c’è fine, non c’è via d’uscita” disse con voce strozzata,
“Bruceremo” sillabò Edward, Alice lo strattonò e si accostò a pochi centimetri dal suo viso,
“Edward non è reale, sei al sicuro, Bella è al sicuro, non è reale” Edward continuò a guardarsi intorno,
“Concentrati su di me, è un illusione, lui vuole fermarci, guardami” la mano di Alice emanò una luce appena percepibile, Edward si rilassò, sbattè le palpebre e la guardò confuso.
“Ma cosa mi è preso” Alice gli sorrise e guardò noi,
“Tu vedevi quello che vedeva lui? Come ci sei riuscita?” domandò Carlisle,
“Non lo so, non so cosa ho fatto ad essere onesti” abbassò lo sguardo, mi avvicinai e le alzai il mento,
“Chi vuole fermarci?” lei mi prese la mano e la baciò, scosse la testa,
“Sfrutta le nostre paure per intrappolarci qui” Bella si avvicinò ad Edward e lo abbracciò,
“Le fiamme, tu hai ancora paura per la mia anima, che possa finire qui, dove abbiamo sentito le urla” gli sussurrò,
“Si” rispose lui,
“Non accadrà, a nessuno di noi, e saremmo dei folli a non avere comunque paura, adesso andiamo” sentenziò Alice. Attraversammo la stanza di marmo nero e ci ritrovammo all’aperto, o almeno sembrava esserci un cielo punteggiato di flebili stelle sopra di noi e tutt’intorno pareti di roccia che zigzagavano in varie direzioni, si udiva dell’acqua scorrere o scrosci improvvisi, c’erano piccoli rivoli e cascate e molta nebbia. Cominciava a mutare la temperatura di quell’ambiente, da caldo diveniva sempre più freddo, un freddo secco e pungente che dava quasi i brividi anche a noi. Arrivammo in un punto in cui l’acqua di un ruscello si accumulava in modo da formare un lago di medie dimensioni dalla superfice trasudava nebbia sottile e si udivano lamenti soffocati.
“Li sentite?” si li sentivamo tutti, il suono della voce di Edward si prolungò in una eco. I lamenti cominciarono a prendere corpo nell’aria, fiacche ombre biancastre, anime in pena. Alice si avvicinò sino a sfiorare l’acqua, noi restammo indietro, qualcosa ci bloccava,
“Alice non ti avvicinare” le dissi, non riuscivo ad andare oltre, ad arrivare alla riva del lago, né io né gli altri, eravamo a pochi metri da lei. Una delle ombre fantasma si palesò davanti ad Alice cominciando ad assumere tratti umani, a differenza delle altre non vagava sulla superficie del lago ma annaspava al suo interno nel tentativo di tenersi a galla. I contorni del volto si fecero sempre più chiari, una sottile sagoma, capelli neri e baffi aguzzi, un vestito corroso ma elegante, un sorriso beffardo anche nella sofferenza, era lui, suo padre.
“No, tu non sei reale” Alice cominciò a tremare,
“Sono reale, per lo meno quaggiù” suo padre stava letteralmente annegando nel tentativo di parlare,
“E’ questo quello che meriti, per aver ucciso nostra madre” disse lei con voce tagliente,
“Tua…” bonfichiò in cerca di aria,
“Colpa tua, e dell’angelo, colpa mia per essere stato così sciocco, sei un mostro” i pugni di Alice si serrarono, Carlisle tentò di abbattere la barriera invisibile che ci bloccava,
“Mary Alice, non rispondi, Mary Alice? Oh mia cara, menti a te stessa, sono io la tua vera paura, e lo sarò sempre…anche dalla morte” Alice scattò in avanti e afferrò il padre per la collottola tirandolo fuori dall’acqua, ora l’entità sembrava essere completamente umana, Alice carica di rabbia gli avvolse entrambe le mani attorno al collo gli occhi fiammeggianti di blu.
“Alice fermati! E’ quello che vuole! Lui è già morto, sta scontando la sua colpa!” Carlisle battè contro la barriera invisibile, lei sembrava non udirci,
“S-sei….”il padre si dimenava in cerca d’aria,
“un mostro” Alice strinse più forte, dalle mani cominciò a formarsi un bagliore arancione, le stava accadendo qualcosa, le ramificazioni del veleno erano arrivate sino alla nuca, le vedevo chiaramente nerastre e in rilievo,
“Tu l’ hai uccisa, hai fatto questo a Cynthia e a me! Come hai potuto! Nonostante quello che lei sapeva come!” qualsiasi cosa sarebbe successa se non si fosse fermata sarebbe stata irreversibile. Mi fiondai con tutta l’energia che potevo, quasi disperato e riuscì a raggiungerla. La cinsi per le spalle, la tenni stretta,
“Alice, fermati! Non devi farlo, è quello che vuole” Alice si paralizzò continuando a fissare l’uomo morente,
“Io-io non ce la faccio” le mani cominciarono a tremarle,
“Si che ce la fai, sono qui con te, lascialo andare”
“Non posso”
“Lascialo andare Alice” mollò la presa spingendosi indietro e facendo perdere l’equilibrio anche a me, si strinse a me con forza, sofferente. Tutto sparì all’istante, suo padre, il lago, i lamenti.
“Mi dispiace”  eravamo perplessi.
“Va tutto bene…tutto bene”. Continuammo a camminare, non capivo dove stessimo andando o cosa Alice avrebbe sperato di trovare, cosa avrebbe potuto aiutarci.
“E’ qui…lo sento” Si fermò davanti ad una delle pareti di pietra, Carlisle ed Edward si misero in guardia, Alice avvicinò la mano al muro, senza toccarlo,
“Ora devo proseguire da sola” ci fece un cenno con la mano,
“Cosa? Siamo arrivati fin qui, non andrai da sola” dissi alterato,
“Jasper, devo farlo da sola voi mi fermereste, aspettate qui” Edward sgranò gli occhi, ora evidentemente lei gli aveva permesso di leggerle nel pensiero,
“Cosa succede?” ma non potemmo fermarla, si slanciò contro la parete e ne fu come assorbita.
 







POV Alice
<> a tentoni cercai di mettere a fuoco la stanza in cui ero piombata, sentivo odore di fumo, un camino ampio e di pietra in fondo emanava un odore acre, e c’erano tappeti rossi e tende verdognole, libri ammassati su vecchi tavoli, una scrivania nera e una poltrona di pelle, non c’era soffitto, non c‘erano porte o finestre. Lui era lì, ad aspettarmi, in piedi affianco alla poltrona ne accarezzava i bordi. Due scrosci d’ali mi fecero sobbalzare, dal nulla mi si pararono di fronte due demoni. Un energumeno biondiccio e l’altro di esile corporatura, capelli neri e testa abbassata. Potevo batterli ed arrivare a lui. Tenevo lo sguardo fisso sul vecchio demone.
“Calma ragazzi… mi aspettavo questa visita presto o tardi, lasciatela avvicinare” si accomodò sulla poltrona e mostrò un sorriso beffardo i denti perfettamente bianchi, accecanti, in contrasto con la pelle emaciata e incolore e la barba cadente, del resto aveva un fisico asciutto che mostrava ancora forza, la forza di un assassino. Respirai a fondo, poi scattai dinanzi alla scrivania, dispiegai le enormi ali blu e lo guardai negli occhi rossastri,
“Allora sai che sono qui per ucciderti” i due demoni balzarono per fermarmi ma sprigionai un’ondata di energia e scagliandoli brutalmente a terra.
“Accidenti, che grinta ragazza mia… e dimmi perché mai vorresti uccidermi?” non mosse un muscolo continuando a sorridere, più aspettavo più la sua presenza era insopportabile,
“Lo sai bene” smise di sorridere e si alzò,
“Non so come tu faccia a saperlo… ma era l’unico modo, doveva accadere altrimenti non saresti qui oggi” battè la mano sulla scrivania, ridacchiò nervoso,
“Si sono qui” gli saltai addosso e lo schiacciai contro il muro bloccandolo per le spalle,
“Di fronte a te pronta ad eliminarti non di fianco pronta a proteggerti, qualcosa è andato storto non credi?” lui scosse la testa e mi spintonò aprendo un paio di ali grige, prese quota nel buio,
“Zarak va via!” il demone più grosso si era ripreso e pronto ad attaccare,
“NO, sparite, me ne occupo io” i due demoni si volatilizzarono, con un battito d’ali fui alla sua altezza.
“Era da mesi che aspettavo questo momento, vedere la mia creatura e quello che è in grado di fare” ringhiai e tirai un brusco fendente con l’ala destra, sangue nero gli colò lungo tutta la guancia, mi afferrò per il collo e mi lanciò contro la parete, era forte, forse più forte di me ma non avevo alternative. La lotta fu cruenta e lunga, non potevo cedere e il demone non sembrava essere disposto a morire. I miei poteri erano alimentati dalla rabbia e potevo percepire come lui ne fosse terrorizzato ed eccitato allo stesso tempo. Il tonfo dei corpi e delle ali riempiva tutto lo spazio attorno a noi, riuscì a morderlo sul collo e a piantonarlo a terra, mi ci volle tutta la forza possibile per tenerlo giù mi aiutai con il peso delle ali, grondava sangue da tutte le ferite che gli avevo procurato,
“A quanto pare mi hai battuto” soffocò una risata, scorgevo il riflesso incandescente dei miei occhi nei suoi, mi guardai attorno e vidi un pugnale istoriato d’argento sulla scrivania, lo afferrai e lo puntai al cuore di Zarak,
“Tu, non lo farai, non hai il coraggio di uccidermi, sei debole Alice, lo sei sempre stata” provò a sollevarsi, gli strinsi il collo e ringhiai,
“Hai distrutto la mia vita, tu meriti la morte” affondai la lama nel suo petto e fu una sensazione quasi nauseante, un fiotto di sangue gli uscii dalla bocca, smise di fare resistenza, quegli occhi di fuoco mi fissarono ancora per qualche secondo poi divennero vitrei, e non sentii più nulla, né il suo cuore accelerato battere ne il puzzo che emanava , ne il sangue scorrergli nelle vene. Mi sollevai dal corpo in fretta e intontita.
“E’ finita…” sussurrai a me stessa.
“Non credo tesoro” una voce femminile mi fece voltare, una donna vestita di pelle con un’enorme katana cautamente mi puntava la spada contro, poi apparvero altre 2  paia di ali nere. Mi appoggiai alla scrivania, avevo le vertigini e un intenso calore che partiva dallo sterno.
“Non capisco… cosa” allentai la camicia e potei constatare come le ramificazioni del veleno erano arrivate sino al cuore e sembrava pulsassero. Ritrassi le ali sfinita, stavo per perdere i sensi.
“Prendetela!” disse la ragazza, dovevo raggiungere gli altri, ma non riuscivo a muovermi, mi accasciai a terra e chiusi gli occhi.
 
 






 
POV Jasper
La parete l’aveva assorbita, io ed Edward cercavamo di abbatterla da diversi minuti ma invano, era assurdo, non sapevamo neppure perché ci avesse portato lì, ci avrebbe aiutato a salvare Aiden ma perché voleva farlo da sola, lei non era sola. Persi la speranza di poterla raggiungere in quel modo. Picchiai col pungo contro una roccia che spuntava dal pavimento.
“Ci deve essere un modo” Edward continuava a tastare il muro,
“Non c’è modo se non vuole farvi entrare” una voce vicinissima, e si materializzò un demone ad ali spiegate, indietreggiammo sulla difensiva a canini scoperti, mi ci volle qualche secondo per capire chi fosse, non l’avevo visto in faccia prima di allora ma la descrizione di Alice e l’istinto mi bastarono. Gli saltai alla gola e lo premetti spalle al muro.
“Adesso ti uccido” Carlisle mi poggiò una mano sulla spalla,
“Posso aiutarvi” richiuse le ali e potei inchiodarlo alla parete con più facilità,
“Aiutarci?” Bella lo guardava inorridita,
“Hai cercato di ucciderla!” roteai il braccio per spezzarglielo,
“Sentite… stanno arrivando…se non venite con me, morirete tutti e non potrete salvare nessuno” Carlisle mi premette sulla spalla,
“Jasper ho una brutta sensazione” guardò Edward,
“Dice la verità” titubante lo lasciai andare,
“Vi porto fuori” spalancò le ali,
“No no, devi farci entrare, dobbiamo andare da lei” si bloccò un secondo come in ascolto di qualcosa,
“Non c’è tempo” chiuse gli occhi e ci trovammo sbalzati all’aperto, in un vicolo dietro il castello, il bagliore delle luci dei lampioni del ponte arrivava sino a lì.
“Come?” Bella si strinse ad Edward palpandosi lo stomaco, eravamo tutti intontiti.
“Materializzarsi è sempre strano la prima volta” il demone guardingo osservava la strada.
“Ti avevo detto di portarci da lei!” ringhiai andandogli incontro,
“Non è possibile!” ribeccò alzando il tono, Edward mi venne accanto,
“Perché ci hai portati qui, perché vuoi aiutarci?” ma non ci stava aiutando, poteva essere una trappola,
“Se non l’avessi fatto Zarak vi avrebbe fatto catturare e sareste morti, sempre che lui…” riflettè,
“L’ha ucciso, era questo il suo piano” Edward si portò una mano tra i capelli, lo guardai interrogativo,
“Zarak ha scagliato il maleficio sulla lama che ha ferito Alice, e l’unico modo per spezzarlo è uccidere il mandante” spiegò,
“Se l’ha ucciso…” precisò poi il demone,
“Io non dubito che abbia la forza per farlo ma in ogni caso l’avranno catturata” ma perché non ce lo aveva detto,
“Temeva che l’avremmo fermata, che avremmo cercato un altro modo” avrei ucciso chiunque per lei e uccidere un demone perché avrei dovuto impedirglielo,
“Deve esserci di più” dissi.
“Rispondi alla seconda domanda, perché ci aiuti se sei stato inviato per uccidere il bambino e ferirla prima ancora che nascesse?” ripetei. Lui abbassò lo sguardo, era giovane, dimostrava forse 17 anni, i capelli neri gli ricadevano sulla fronte e aveva due occhi scuri e profondi, una piccola cicatrice sul labbro, pallido e avvenente come un vampiro.
“Io credevo fosse necessario per la nostra salvezza ma mi sbagliavo, lei è il pericolo, non il bambino…e se i nostri capi decidono di usare il suo potere…sarà guerra.” Ero confuso,
“Come ti chiami?” chiese Carlisle calmo,
“Sean”
“Okay, Sean, devi spiegarci nel dettaglio cosa sta succedendo” annuì ma prima volle condurci in un posto più appartato così raggiungemmo una cantina a pochi passi dal vicolo.
“Perché sarebbe lei il pericolo?” non mi fidavo di quel demone ma mi fidavo di Edward e di Carlisle, Sean rise passandosi una mano sul viso,
“Lei ha delle capacità straordinarie, come umana, come vampira e come angelo. Vedere nel futuro è rischioso e travalica la stessa provvidenza di Dio, essere una nephilim trasformata in vampiro sovverte qualsiasi regola che loro hanno creato, intendo gli anziani. Alice non è come noi altri. I suoi poteri sono illimitati perché lei è una creatura unica, mai esistita, può fare cose e sentire cose che neppure immaginereste. Potrebbe distruggere involontariamente uno dei nostri mondi. Finchè non saprà quanto è in grado di fare e finchè non potrà controllarsi sarà sempre una minaccia e probabilmente lo sarebbe lo stesso in caso contrario. Per questo le danno la caccia, gli angeli e i demoni, vogliono utilizzarla come arma prima che gestisca il suo potere.” Sospirò,
“Vogliono usarla come arma?” Bella deglutii,
“La guerra non è mai finita, il male e il bene, sono stanco di questa lotta, stanco di trovarmi nel mezzo, io sono un caduto che ha scelto la terra e il male, ed Alice mi ha risvegliato, ho fatto la scelta sbagliata. Vorrei che lo scontro finisse, l ho sempre voluto, ma se ora dovesse concludersi sarà la fine per l’umanità e per la Terra. I demoni hanno Alice e Balthazar, il fratello di Zarak, vorrà annientare il Paradiso con il suo aiuto” quella cantina sembrava rimpicciolirsi sempre di più, era terribile e insensato,
“Alice non lo farebbe mai” aggiunse titubante Bella.
“Voi non conoscete Balthazar, la obbligherà con qualsiasi mezzo, finchè è in mano loro…”
“Allora aiutaci a liberarla! Non posso restare qui” scosse la testa,
“Non capite, devo agire da solo e in fretta, finchè non sospettano di me”gli afferrai il braccio,
“Sono io a sospettare di te, perché dovremmo crederti, perché sei cambiato, sei un angelo ora?”
“Jasper ha detto la verità” ribadii Edward,
“Mi dispiace,  non dovevo eseguire quell’ordine, mi potrai uccidere se ti farà sentire meglio ma ora sono la vostra unica scelta” si divincolò,
“ Vuoi liberarla di nascosto e poi?” domandò Carlisle,
“La porterò da voi, in America e dovrete chiedere l’aiuto degli anziani” fece per uscire,
“Aspetta, loro non ci aiuteranno, ci abbiamo già provato” disse Bella inseguendolo,
“Prima Alice era una questione personale per loro, ora tocca tutti quanti, demoni vampiri umani , tutti e tre i mondi, non hanno scelta” la situazione era un disastro.
“Fermo” era già in procinto di spalancare le ali, pioveva a dirotto, io ed Edward uscimmo con lui,
“Come ti ha fatto cambiare idea?” chiesi, le gocce d’acqua ci colavano giù dalla fronte,
“Quando… quando ho premuto il pugnale contro di lei, mi ha afferrato il polso e mi ha guardato dritto negli occhi, e in quelle iridi azzurre e calde che mi fissavano ho visto tutto, cos’ero e cosa sarei potuto essere, non so come spiegarlo, non avevo mai visto nulla del genere”.
 
 






POV Alice

Un odore penetrante di bruciato mi ottenebrava i sensi, prima di aprire gli occhi premetti le mani contro la superficie cui ero appoggiata, stoffa rigida e liscia, ero su un letto o su un divano, gradualmente schiusi le palpebre. La prima cosa che vidi fu la sagoma di due ali nere, il demone dai capelli biondo pallido mi fissava, contrasse un sorriso e allungò due dita a sfiorarmi la guancia,
“E’ molto carina” sussurrò roco e fece scivolare le dita lungo la spalla sino alla scollatura, il mio cervello ordinò al braccio destro di scattare e staccargli la mano ma era come se i muscoli non obbedissero, mi sentivo distrutta come se mi fosse passato un treno sopra. Mille puntini neri apparvero e il demone fu scaraventato via.
“Lucas idiota, va di guardia” era anziano,  o almeno così sembrava, i capelli radi e bianchi la faccia leggermente rugosa e punteggiata da macchie, da lui proveniva la puzza di bruciato.
“Sta tranquilla Alice, nessuno ti torcerà un capello, sei troppo preziosa” tentai di sollevarmi, il demone era in piedi davanti a me perfettamente immobile, ero su una specie di triclinio rosso punteggiato da ramificazioni dorate, non era la stessa stanza di prima, questa era più ampia, calda, tende rosso mogano coprivano le pareti, da un lato una lasciava intravedere di scorcio una finestra, ero fuori? Ero in superficie? Confusa tentai di ricapitolare cos’era accaduto, avevo lottato avevo ucciso Zarak, il demone che aveva avvelenato il pugnale, doveva essere finita.
“Capisco che tu sia decisamente confusa e stanca ma ti riprenderai in fretta” allungò una mano per farmi sedere, mi vennero i brividi,
“Cosa mi avete fatto?” qualcuno mi aveva cambiato i vestiti, indossavo leggins di pelle e una specie di top intrecciato anch’esso di pelle nera. Il demone non rispose. Dopo pochi minuti sentii le energie accrescersi, mi guardai intorno in cerca di una possibile via di fuga, il biondiccio era parato davanti ad una porta a due ante di legno scuro e in fondo alla stanza c’era la donna che mi aveva preso, anche lei vestita come me. Potevo sfondare le finestre e volare via ma come potevo essere certa che fosse l’esterno? Poteva essere un altro trucco, un’altra trappola. Avevo un brutto presentimento,
“Siamo ancora qui” sussurrai, di fatti non vedevo nulla, allora dovevo affrontarli e andare a cercare Jasper e gli altri, se li avessero catturati o peggio? Mi salì un nodo alla gola. Mi alzai spintonando il vecchio e dischiusi le ali, o almeno tentai di farlo, mai come allora era stato così doloroso e difficile, era come se non volessero uscire, riuscii a tenerle aperte per qualche secondo poi si ritrassero, mi piegai in due per il dolore.
“Sei ancora troppo debole” disse lui,
“Non puoi scappare da qui” aggiunse la donna con voce sibilante,
“Clara ha ragione, non pensarci nemmeno piccola” ringhiai inchiodandomi alla parete,
“Cosa volete?” avevo una strana sensazione di de-ja vu, come se fossi già stata in quella stanza,
“ E’ giusto che tu sappia quello che stai per fare, anche se sapere non cambierà le cose” il demone andò ad accomodarsi su una poltrona accanto ad una libreria piena di polvere e papiri.
“Balthazar non troviamo Sean” disse il biondiccio, lui agitò una mano infastidito.
“Dicevo? Ah si… Alice Cullen tu distruggerai il paradiso per noi” era assurdo, non riuscii a trattenere una risata nervosa,
“Vedi, gli anziani sono al potere da troppi millenni, e per noi e per Lucifero starsene qui a girarsi i pollici tra le anime dannate sta diventando decisamente…noioso. Mi ringrazierà alla fine, quando saprà. E’ l’ora di dar vita a un nuovo ordine delle cose, il male sostituirà il bene e la Terra avrà un nuovo signore finalmente…e tu ci aiuterai” battè le mani,
“Non farò mai una cosa del genere” dissi trattenendo i pugni,
“Lo farai, ormai sei quasi totalmente sotto il mio controllo” fece cenno alla donna che gli portò un sacchetto di velluto nero, sgranai gli occhi, vi estrasse un cuore, un cuore al cui interno pulsava una luce blu intensa ma era contornato da venature nerastre, associai in fretta la cosa. Mi portai una mano al petto,
“No no, come è…” lui rise,
“Possibile? Dopo quello che hai visto e fatto? Quando il tuo cuore sarà completamente oscuro allora assolverai al tuo compito…” mi accasciai a terra, le tende rosse sembravano soffocare la stanza, ecco il perché di quella sensazione, la mia visione, io avevo attaccato Jasper e stavo per…
“No non può essere, io l’ho ucciso”
“Si e mio fratello non sarà morto in vano…oh ma credevi? Sul serio credevi che uccidendolo il veleno non avrebbe più fatto effetto?  Forse per altri incantesimi si ma per questo è l’esatto contrario, lui voleva che ti macchiassi il cuore uccidendo, e uccidere un demone così potente, hai solo accelerato il processo, questo veleno non uccide ma serve per trasmutare l’anima…e io renderò le cose ancora più veloci.” Mi si avvicinò inginocchiandosi a pochi centimetri dal mio viso
“Anche se mi costringessi, non saprei come arrivare in Paradiso né tantomeno come distruggerlo, il tuo piano è folle!” ringhiai con quanta rabbia mi premeva in gola, scosse il capo,
“Tu non hai idea di cosa sei in grado di fare”.
 
Credevo che fossero passati almeno due giorni, non potevo dirlo con certezza dato che in quella stanza priva di soffitto non vi era alcuna luce furché quella delle candele e delle lampade. Mi avevano bloccato con delle enormi catene d’argento, le braccia incollate alla parete, quella parete da cui non mi ero mossa da quando mi avevano catturato. Non capivo né potevo prevedere quale fosse il piano folle di Balthazar, tenermi prigioniera fino a quando? Spesso mi lasciavano da sola. Pur avendo recuperato le forze non riuscivo a spezzarle e liberarmi, aveva fatto qualcosa a quel metallo, non era semplicemente argento, era incantato. Il bruciore era sopportabile ma mi indeboliva e non mi nutrivo da quasi una settimana. La donna, scoprii il suo nome dopo molto tempo Clara era un caduto passato dalla parte di Lucifero, ma non tutti i caduti erano demoni, alcuni passavano le loro vite eterne sulla terra, nascondendosi e fingendo di essere umani, così venivano al mondo la maggior parte dei nephilim. Clara era alquanto impaziente e seccata all’idea di farmi da cane da guardia, il maschio dai capelli biondi era viscido, avrei tanto voluto dargli una lezione. Da sola pensavo e ripensavo a quanto era accaduto, era stata una pessima idea venire quaggiù eppure mi sembrava l’unica soluzione. Forse se avessi detto tutto a Jasper e agli altri mi avrebbero fermata, se…
“Sveglia!” il tonfo della porta mi fece trasalire, tenevo gli occhi chiusi ma di dormire non se ne parlava, ero troppo tesa e sofferente per quello. Il biondo era seguito da Clara e Balthazar. Avvertivo la presenza di altre due persone, i cuori dei demoni pulsavano veloci quanto il mio e quanto quello degli angeli, ma c’era un altro cuore che batteva lentamente quasi a stento.
“Sei davvero pallida Alice, e i tuoi occhi, quasi neri come la pece…” Balthazar cominciò a camminare platealmente lungo la stanza,
“Credo che tu abbia necessità di nutrirti, o non ci saresti di nessun aiuto” annusai l’aria, un odore dolce e caldo mi fece sussultare, le catene tintinnarono violentemente,
“No, ti prego” non potevo farcela, non di nuovo, non c’era Jasper ad aiutarmi a mantenere il controllo, non mi nutrivo da troppo, ero stremata. Un energumeno pieno di cicatrici avanzò, portava tra le braccia una donna dai capelli bruni e ondulati, molto giovane, indossava un vestito lilla e corto lurido di sangue fresco, scorreva lungo le maniche sino a ricadere sul pavimento, anche le mani del demone erano lerce di rosso.
“E’ incredibile quanto lentamente si possa morire con dei piccoli tagli ai polsi” chiusi gli occhi e smisi di respirare,
“Liberala” Lucas si avvicinò, ma non aprii gli occhi, li tenevo serrati, chiavi di ottone, sangue, le chiavi stridevano e le pesanti catene caddero al suolo, libera, sangue, il mio cervello non sembrava sintonizzarsi su altro.
“Non lo farò, devo andare via” ero libera, potevo scappare, no non potevo, se avessi aperto gli occhi o se avessi mosso un muscolo mi sarei fiondata sulla ragazza e l’avrei uccisa.
“Ti sto facendo un grande favore, non puoi restare ancora a lungo senza nutrirti, e lei è incosciente oramai non sentirà nulla, è già morta in pratica che tu beva o no il suo sangue…quindi” Balthazar si inginocchiò davanti a me e mi prese il viso tra le mani stringendolo,
“Hai il suo cuore, ordinaglielo” il demone scattò verso il biondo e lo prese per il collo,
“Quanto puoi essere inetto, deve essere lei a volerlo, prendere una vita innocente oscurerà ancora di più il cuore, ma deve farlo volontariamente” aprii gli occhi, l’ultima volta che avevo assaggiato del sangue umano era sul jet diretto in Italia mentre mi contorcevo a causa della belladonna e bere quel sangue era stato indescrivibile, la frenesia cui era seguita terribile, se l’avessi fatto avrei perso completamente il controllo.
“Non potrai resistere a lungo” mi copri la bocca con la mano, automaticamente i canini erano saltati fuori e non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla donna. Passò un po’ di tempo.
“Ora basta, non ho tutto il giorno” Bathazar strappò dalla guardia la donna trascinandola al suolo per i capelli e creando una striscia rossa sul marmo grigio, si fermò gettandomela di fronte, ero schiacciata contro la parete, per 1 secondo il tempo sembrò fermarsi e vidi tutto al rallentatore, il corpo della donna sobbalzare per il brusco contatto con il pavimento, la mano del demone rinsecchito che lasciava i capelli, i sorrisi beffardi dei demoni e le loro ali nere, il lento scorrere del sangue dalle vene dei polsi, poi fissai la porta di legno scuro spalancata a 10 metri da me, potevo scegliere solo in quel secondo ma il vampiro scelse per me, scelse per l’angelo e le saltai alla gola.
E fui di nuovo in catene, mi lasciai trascinare in fondo alla stanza e legare nuovamente, l’eccitazione e il brio che avevo provato assaggiando quel sangue si erano dissolti a sete placata, ora mi sentivo vuota, forte così tanto che avrei potuto rompere con facilità le catene incantate e avrei potuto uccidere tutte le guardie, ma vuota,  non mi ero fermata, non riuscivo a controllarmi ancora, nonostante tutto quello che mi era successo non avevo il controllo, oppure proprio per quello. A che pro fuggire, lui mi aveva sotto scacco, e adesso che avevo preso una vita innocente, non si tornava più indietro, avevo deluso Carlisle e Jasper e la mia famiglia. Aiden. Il visino paffuto e gli occhioni blu mi fissavano sconsolati, non potevo neppure abbracciare mio figlio.
“Alice…” un sussurro roco galleggiò nell’aria sino alle catene, non alzai la testa, non mossi un muscolo, un’ ombra scura si formò grazie alla luce delle candele, si avvicinò scivolando sul pavimento,
“Cosa vuoi” sussurrai impercettibilmente,
“Sono qui per liberarti…” era un trucco del demone, voleva liberarmi per far del male ancora, e se mi avesse usata contro la mia famiglia? Non potevo permetterlo,
“Va via!” scossi le catene per attirare l’attenzione, continuavo a fissare la moquette rossa,
“Fa silenzio, non capisci” cominciò ad armeggiare con le catene, sentii il tintinnio delle chiavi,
“Mi manda la tua famiglia, Jasper” la visione mi balenò in testa per tormentarmi, perché non c’era nessun demone a sorvegliarmi, a fermarlo.
“Non devi! Vattene!” raccolsi le braccia e chiusi gli occhi, propagai un’onda d’energia che lo fece sbalzare dall’altra parte della stanza, finalmente i grossi energumeni apparvero,
“Va via…via” tenni gli occhi serrati finché non furono tutti spariti.
 
 
 

 
POV Jasper

La nebbia gelida si allontanava dalla pineta e circondava la casa interamente, l’aria era stagnante, presagio di un temporale, camminare freneticamente sul porticato non mi dava pace, ascoltare il mormorio di voci nel salotto non mi dava pace, restare al buio nella nostra stanza non mi dava pace, e correre via e lontano non mi dava pace. Eravamo a Forks da tre giorni e del demone nessuna notizia. Non sarei rimasto ad aspettare ancora a lungo ma Edward faceva pressione sulla veridicità di quanto il demone sapeva e aveva intenzione di fare. Bella era sofferente quanto me, non si fidava di lui, non voleva starsene con le mani in mano. Esmee e gli altri che erano rimasti a casa erano sempre più attoniti e confusi, non era semplice spiegare cosa fosse successo e cosa avremmo dovuto attendere. Reneesme assillò Edward per un giorno intero e alla fine riuscì a farsi raccontare tutta la storia, Bella non voleva spaventarla, in fondo adesso era ancora una ragazzina di 12 anni e anche lei sapeva quanto stesse soffrendo la zia Alice e che Aiden non sarebbe tornato ancora per molto tempo.
“Jasper, devi andare a caccia” la voce di Bella si avvicinò ad ogni sillaba. Ero appoggiato alla ringhiera di legno e lo stesso fece anche lei sospirando.
“ I Volturi ci hanno mandato un’altra lettera…Carlisle li ha informati, possiamo contare sul loro aiuto” Bella fremeva dalla voglia di agire, la cosa più angustiante è che non sapevamo come diavolo trovarla se il demone non fosse più tornato,
“Collaboriamo con i Volturi a quanto pare…” aggiunse lei con sarcasmo.
“Già” continuai a fissare il nulla davanti a me, senza di lei mi mancava un pezzo, e non era il solito clichè, non riuscivo a sentirmi interamente me stesso, avevo bisogno di lei come l’ossigeno per un umano.
“Jasper…” le emozioni di Bella erano confuse e impasse, nel tentativo di trasmettermi calma e positività accumulava tutto il negativo.
“Si devo cacciare o morirò di inedia” mi sollevai dalla ringhiera,
“Alice tornerà, lei lo fa sempre” mi afferrò un braccio,
“Ho una brutta sensazione” ci sedemmo a terra, parlare con Bella di Alice era molto semplice, lei era sua sorella ormai e capiva come mi sentivo.
“Ogni volta che ci ritroviamo e siamo felici per un po’ ci piomba addosso un altro disastro… sono quasi due anni… solo attimi di tregua” Bella annuì,
“Sai a volte penso che sia colpa mia… almeno in parte”
“Che vuoi dire?” Bella si accigliò,
“Se lei non fosse mai stata incinta…” solo pensarlo mi procurò un nodo alla gola,
“Jasper, Aiden è la cosa più bella che potesse mai capitarvi” disse lei quasi alterata,
“Si lo so, non fraintendere, io amo mio figlio, avere con lei una famiglia, non avrei mai sperato così tanto, ma da quando Aiden è con noi lei… se la contendono come se fosse un trofeo , come cani e un pezzo di manzo!” mi alzai in piedi,
“Aiden è intrappolato con gli anziani, Alice è prigioniera di chissà quale demone! Capisci perché vorrei che tutto questo non fosse mai successo, che lei non fosse mai diventata un angelo!” respirai a fondo, avevo bisogno di quello sfogo, anche se in cuor mio sapevo che non era giusto pensarlo.
“Lo so, ti senti impotente, inutile…. Non possiamo fare niente da qui… ma lei è un angelo, lo è sempre stata, e riuscirà a uscire da questa situazione perché ti ama e vuole rivedere Aiden,” mi abbracciò,
“Non posso perderla”
“Non succederà” scattò verso l’interno e feci altrettanto, incrociammo Edward,
“E’ tornato da solo” un battito stremato d’ali e un tonfo sul tetto confermarono le parole di Edward, ci fiondammo tutti fuori,
“Wao” Reneesme contemplò rapita le ali nere di Sean,
“Dov’è Alice, cosa è successo?” il demone era ferito, e questo non era incoraggiante, quel poco di calma che le parole di Bella mi avevano trasmesso svanì, ringhiai,
“Mi hanno scoperto… ma non è un problema” strinsi il pugno, di male in peggio,
“Sono certo che Balthazar presto la porterà qui” Edward sgranò gli occhi,
“Reneesme Bella e voi altri andate… dobbiamo parlare da soli” mi guardò e poi guardò Sean, Bella annuì incerta.
“Edward?” eravamo rimasti soli, in mezzo alla foresta,il vento ululava gelido,
“Dillo anche a loro” incrociò le braccia,
“Credo di aver capito come indurrà Alice a distruggere il paradiso” un gemito di dolore lo interruppe per qualche secondo,
“C’era odore di sangue fresco, hanno tentato di nascondere le tracce ma l ho sentito. Sangue umano, e anche su di lei, le hanno fatto bere del sangue umano, forse ha anche ucciso” scossi la testa,
“Non lo farebbe mai, anche Aro ci ha provato con una donna sanguinante e lei l ha curata, ha resistito” Sean ridacchiò nervoso,
“Mi dispiace amico ma hai torto, non si nutriva da quanto? Ha il cuore avvelenato di oscurità, è in catene, suo figlio le è stato portato via, non può vedere te né tutti voi, ha ucciso un demone, Balthazar l’ha spezzata, farà tutto quello che lui le chiederà” appoggiandosi su di un tronco fece rientrare le ali contuse,
“Perché dici che la porterà qui?” chiese Carlisle teso,
“ C’è qualcos altro” il demone guardò Edward,
“Lui crede che le abbia strappato il cuore, che possa controllarla in questo modo” stapparle il cuore, cosa?
“Non lo aveva con sé”
“Le ha strappato il cuore dal petto e lo tiene con sé? Ma è assurdo” stavo per crollare,
“si…il punto è che credo le stia facendo fare cose terribili che annulleranno ogni traccia di bene nel suo cuore, solo in questo modo sarà pronta per distruggerli” avevo capito dove voleva arrivare.
“Vuole portarla qui per costringerla a farci del male” CArlisle rabbrividì,
“No no…Alice è più forte, si fermerà, non potrebbe mai attaccarci” nessuno di noi era convinto. Se l’avesse costretta con tutto il suo potere ci avrebbe schiacciato come mosche e il suo potere era instabile e lei non riusciva a controllarlo. Ma Alice mi amava non mi avrebbe mai fatto del male. Ma non potei non pensare all’episodio della grotta quando si era trasformata da poco e in piena eccitazione aveva sfoderato i canini e stava per mordere.
“No no” ricacciai quel pensiero,
“Alice tornerà e noi ce la riprenderemo”.
 
 




 
POV Alice
“Mi sembra che tu stia meglio… credo sia il momento di farti prendere una boccata d’aria” quello che temevo, quel pazzo voleva usarmi come arma. Avevo dentro una tale rabbia che avrei potuto abbattere una foresta intera, e avrei voluto annientare me stessa per quello che avevo fatto per quella vita che avevo preso, era stata mia la scelta, provavo una vergogna dilaniante.
“Perché quella faccia, ti farà bene, sgranchirti le ali, usare il tuo potere…” due demoni che non avevo mai visto apparvero ai due lati e mi tolsero le catene,
“Alzati ora” come se potessi opporre resistenza, aveva il mio cuore e a quanto pare poteva farmi fare ciò che voleva.
“Raggiungeremo in volo la tua amata Forks e credo ci sarà un grande pubblico ad aspettarci.” Deglutii faticosamente.
 




 
POV Jasper
“Jasper mi sembra una follia!” Carlisle tentava di dissuadermi da ore ma oramai avevo deciso, ero stanco di aspettare,
“Se non agiamo ora, potrebbe andare a finire male” Sean il demone ci scrutava tutti corrucciato dal fondo del salotto, Esmee e Rosalie si fidavano forse meno di me, ma non avevamo scelta, lui poteva condurci da loro, ci serviva soltanto un esercito.
“Li abbiamo convinti una volta e ora che la posta in gioco supera qualsiasi cosa ci aiuteranno” Edward mi appoggiava in pieno, dai pensieri del demone doveva aver visto quanto fosse grave la situazione. Così approfittando della consapevolezza ormai raggiunta dagli altri clan grazie alle lettere dei Volturi demmo un appuntamento alla radura per le principali famiglie. Il clan Denali ci raggiunse in poche ore e il giorno dopo arrivarono da Londra e dalla Danimarca, poi dal Brasile e dal Messico, dal Canada e dal resto dell’America, anche gli egiziani vollero esserci. Fu complicato rispondere alle miriadi di questioni che quasi ognuno ci sottoponeva. Non era facile da digerire tutto quello che stava accadendo, la paura dell’ignoto era corrosiva e pericolosa. Oltre la pineta, nella radura dove 2 anni prima avevamo quasi affrontato i Volturi si creò un vasto gruppo. Carlisle si portò al centro pronto a spiegare il piano.
“Grazie per essere venuti, e devo aggiungere in maniera così tempestiva, so che molti di voi non hanno ancora le idee chiare e che per molti sarà dura accettare quello che io e la mia famiglia siamo intenzionati a fare. I Volturi non hanno risposto al nostro appello, com’era prevedibile non vogliono esporsi…” una serie di mormorii fece fermare Carlisle,
“Ma… ci hanno aiutato a capire, e hanno aiutato Alice. La realtà è questa, noi e i licantropi non siamo gli unici esseri sovrannaturali in questo mondo, non siamo gli unici immortali, non abbiamo tutto il potere, gli angeli e i demoni influenzano le nostre vite da quando una di noi, un vampiro ha scoperto di essere…di più” Harriet macilento e corrucciato alzò il braccio,
“Esatto Carlisle, prima che qualcuno del tuo clan non stuzzicasse questi esseri non avevamo alcun timore o problema” trattenni a stento un ringhio, la faccia sogghignante dell’irlandese si illuminò alla luce del sole, il fratello gli diede un colpo sulla spalla,
“Alice non ha nessuna colpa… è una vittima, e presto lo saremo tutti se non uniamo le forze e anticipiamo il piano di questo Balthazar” mormorii di approvazione dilagarono nell’aria,
“I demoni hanno preso Alice e vogliono usarla come arma per annientare il paradiso, se dovessero riuscirci la terra sarà il campo di battaglia, e se i demoni non tollerano la presenza degli angeli, perché pensate che ci lasceranno vivere?” Zafrina timidamente avanzò a piedi nudi sulla neve di qualche metro si guardò attorno poi fissò Carlisle,
“Carlisle io ti rispetto, sei un caro amico ma perché dovremmo combattere per una guerra che non è nostra? Proteggere gli angeli? Noi siamo dannati, siamo esseri dannati, non ci accetteranno mai” altri mormorii di approvazione, toccava a me parlare, non era quello il motivo per cui chiedevamo il loro aiuto, Carlisle non avrebbe mai calcato troppo la mano, il prezzo era alto, ma il prezzo che avrebbe pagato Alice lo sarebbe stato di più, saltai sulla roccia antistante il gruppo attirando l’attenzione,
“Ascoltate, quello che vi chiediamo, quello che vi chiedo non è di combattere per gli angeli o per i demoni, per i Volturi o chicchessia, molti di voi non mi conoscono ma conoscete Carlisle e lui farebbe di tutto per la famiglia, come credo che ognuno di voi farebbe per le proprie, Alice Cullen è la mia famiglia, è la nostra famiglia che ci è stata strappata via, è in pericolo, sta soffrendo e posso percepirlo ovunque lei si trovi, lei ci ha salvati, tutti noi, due anni fa in questo stesso luogo, senza la sua visione i Volturi avrebbero attaccato e le perdite innumerevoli, abbiamo un debito con lei…. E se nella vita avete avuto la fortuna di incontrare una persona cui siete legati in maniera tale che tentare di spiegarlo sarebbe vano, una persona che è parte di te, che sa e sente quello che sei e che fai, senza la quale non potreste più continuare a vivere mi capirete, vi chiedo di lottare per la mia famiglia, per me e per Alice” un silenzio leggero invase tutta la radura, mi bloccai in quella posizione per un attimo teso,
“Combatterò”
“Combatteremo”
“Contate su di noi”
“E noi”
“Per Alice”
“Si”
“Distruggiamoli”
“Combatteremo” la sinfonia di propagò, era fatta, ci avrebbero aiutato, saltai giù ed Edward mi venne incontro sorridendo,
“Gran bel discorso” distolsi lo sguardo imbarazzato,
“Okay, non c’è tem...” l’aria agitata da rombi improvvisi assunse un odore saturo di cenere bruciata, tutti alzammo la testa in sincrono, flash nerastri si propagarono tra le nubi grige e presto lo sciabordio di ali che battevano fece piegare le cime degli alberi,
“Sono qui, ci hanno trovati” la voce di Bella era spezzata, una 30ina di demoni ci osservava dall’alto, tutti giovani e vestiti di pelle e cuoio nero, tranne un demone con un’apertura alare più piccola, ali ingrigite e lacere, era vecchio, il volto cadente e i capelli bianchi radi, gli occhi grigi, atterrò su una roccia imponente dall’altra parte della radura e guardò stupito verso di noi, eravamo almeno una 80ina. In vantaggio.
“E’ il momento, possiamo batterli” esclamò Edward , tutti erano pronti, dovevano avvicinarsi di più o atterrare e li avremmo presi, ma i demoni rimasero ad un’altezza vertiginosa, formavano una sorta di barriera nera di piume, poi al segnale impercettibile del vecchio cambiarono formazione e lasciarono uno spazio vuoto al centro. Le nuvole furono irradiate da una luce bluastra e due enormi ali azzurre fendettero l’aria, era Alice, vestita di pelle nera, le spalle e la schiena scoperte, un corpetto si intrecciava dietro le costole a formare un intreccio in cui la pelle marmorea rifulgeva, gli occhi erano carichi di azzurrò, ci guardò fugacemente e atterrò vicino al vecchio.
“Alice!” urlò Bella e lei si voltò nella sua direzione, era libera, il demone aveva detto che lui la controllava ma se fosse volata da noi, sarebbe stato tutto semplice,
“Vieni qui!” sorda a quelle parole fissò il vuoto, il vecchio le prese la mano e la baciò,
“Ora mia cara vediamo quello che sai fare… uccidili” tra noi percepii puro terrore, e lo stavo provando anche io. Alice si sollevò e poi atterrò perfettamente al centro della radura piantando i piedi a terra e la mano destra stringeva il terriccio umido. Sollevò appena lo sguardo e un’ ondata di energia ci mise ko per qualche secondo, lei cominciò a vorticare tra i vampiri e i demoni che stavano attaccando in picchiata. Stordito come tutti intravedevo i flash luminosi delle sue ali nel caos. Mi alzai e feci per scattare in avanti ma Edward mi bloccò da dietro,
“Jasper vuoi farti uccidere” nessun vampiro si avvicinava ad Alice, attaccavano i demoni, non volevano farle del male o più probabilmente ne avevano paura, Zafrina trafelata ci raggiunse, Alice sollevava i vampiri e li scaraventava lontano quasi fossero sacchi di farina, usava anche il fuoco, incandescenti fiamme bluastre che avevano invaso le erbacce e gli alberi, e i corpi bruciavano,
“Carlisle hai detto che era prigioniera, perché ci attacca?” Carlisle provò a rassicurarla, non era lei, c’era un maleficio, il veleno.
“Non mi farà del male, devo solo parlarci, dobbiamo fermarla!” Bella ci raggiunse, o per lo meno tentò di farlo, Alice era sopra di noi a mezz’aria, alle sue spalle infuriava la lotta con i demoni, potevamo fermarla, era da sola e noi in 5 a pochi metri, ma prima che potessi pensare altro Bella emise un rantolo soffocato, si portò le mani alla gola, Edward le fu vicino in un istante,
“Tesoro che hai? Bella?” lei manteneva lo sguardo fisso su Alice, silenzio, solo il battito regolare delle sue ali, aveva un braccio sollevato e la mano stringeva il nulla, capii,
“Alice lasciala!” gridò Edward, la mano le tremava, Alice era ancora lì che lottava contro il mostro che le era stato messo dentro, ma era lì.
“Alice…” saltai sulla roccia alla sua altezza, spostò lo sguardo su di me, Carlisle le saltò addosso e qualsiasi cosa stesse facendo telepaticamente si interruppe, rotolarono a terra, si alzò ringhiando poi una eco lontana ripetè il suo nome, le ali nerastre erano di nuovo in cielo,
“Siamo in troppi, si ritirano” sussurrò Carlisle,
“Aspetta, ti prego” anche Alice si alzò in volo prima che potessi toccarla, parlarci, salvarla, quasi troppo lontana nel cielo si voltò a guardarmi, gli occhi cerulei caldi e intensi e una lacrima che le solcava la guancia.
 
 




 
POV Alice
Era tutto offuscato, come se tutto ciò che sentissi, il mondo esterno ad esempio, era  un pallido eco di quello che era stato una volta, il verde spento della pineta, il quasi invisibile contorno delle nuvole, l’aria pregna di odori, volavo, chissà dove, ero io ma non percepivo più nulla, il mio corpo stanco e carico di energia allo stesso tempo, altre figure volavano intorno a me, una più vicina di tutte, avevo un legame, nel profondo sapevo che era così, ma chi ero diventata, non riuscivo a svegliarmi, un incubo nero e ovattato, eppure avevo udito voci familiari che mi chiamavano, il viso di Jasper l’avevo visto davvero, o forse era solo un’illusione, una sua illusione, i pensieri si confondevano, i ricordi sembravano annullarsi, ma io ero là dentro, dentro quel guscio che sembrava muoversi automaticamente e gridavo, gridavo nel silenzioso sciabordare delle ali contro il cielo, gridavo a occhi chiusi ma nessuno vedeva, nessuno ascoltava.
 
 



 
 
POV Edward
Il successivo arrivo dei volturi era stato immediato, sin troppo, nessuno si fidava di loro e mai nessuno si sarebbe fidato, le loro intenzioni avevano sempre un secondo fine; ma la notizia che i demoni avevano attaccato direttamente senza un apparente motivo li aveva sconcertati. Quando Aro aveva saputo del… cambiamento di Alice la totale euforia, neppure tentava di nascondere l’ossessivo desiderio di lei, dei suoi poteri, di quello che era stata in grado di fare, la sua mente era un mistero. Carlisle li stava guidando nella radura e Bella ed Esmee col mio aiuto avevano rabbonito gli altri vampiri, non era Alice, la nostra Alice non era stata qui. Ci vollero spiegazioni esaurienti. La minaccia sarebbe arrivata con un impatto ancora più violento e non ce la saremmo cavati così facilmente. Eravamo tutti all’aperto, tornati tutti, tutti vivi, ma Jasper non era tornato con noi o almeno i suoi pensieri vagavano lontano, avrebbe potuto smarrirsi ma Alice doveva essere salvata. Era seduto immobile sul secondo gradino della scala d’ingresso. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui. Jasper non era affatto logorroico il che rendeva sospettose o intimorite le persone che non lo conoscevano, i suoi pensieri erano limpidi e ricchi, potevo leggergli dentro ed era difficile parlare in quel momento. Rivedeva Alice e l’attacco, nessuno di noi poteva pensare ad altro, la luce dei suoi occhi era forte ma sembravano quasi vuoti. “E’ ancora lì” pensò, annuì e mi passai le mani sui jeans logori di terra,
“Troveremo un modo, deve tornare da noi” dissi poggiandogli una mano sulla spalla,
“Perché le fanno questo Edward? Perché proprio a noi?” non sapevo cosa rispondere, era come se un’aura negativa si fosse abbattuta sulla nostra famiglia da 2 anni ormai.
“Non credo ci sia un perché, ma bisogna continuare a provarci” si alzò stringendo i pugni,
“Provarci… io… non vedo Aiden da mesi ormai, e lei…è…” il dolore era forte, e come non sarebbe potuto esserlo, lo abbracciai,
“Lo so Jasper, ma Alice ha bisogno di noi, di te.”
 
Carlisle guidò Aro sino in soggiorno, li aspettavamo, Aro era venuto da solo, una prova di coraggio, venire tra quanti desideravano solo la sua morte, dimostrare la sua fiducia in quel modo era una mossa astuta ma non così astuta,
“Abbiamo lasciato andare gli altri” Jasper lo fissò interrogativo,
“Diffonderanno la voce, tutti i clan in tutto il mondo sapranno quello che sta accadendo, che è accaduto oggi e verranno qui per combattere, ma prima dobbiamo sapere quando succederà” Bella mi tirò a sé e mi parlò ad alta voce facendo in modo che tutti sentissero, Esmee e Jacob erano seduti sui divanetti bianchi, gli altri in piedi,
“Credevo che la priorità fosse Alice, stiamo sbagliando tutto, combattere non è la soluzione” le carezzai i capelli,
“Mia cara ripeto, dobbiamo sapere quando succederà e dove, Alice ci serve” a Jasper non piacquero quelle parole avanzò rapido lungo il parquet e gli fu addosso, lo sollevò dalla tunica e lo inchiodò al muro,
“Credi che solo perché tu l’abbia aiutata a recuperare la memoria sia tutto dimenticato? Tutto il male che le hai fatto, meriteresti di morire qui, adesso, meriteresti 100 volte di essere bruciato vivo, non devi pronunciare il suo nome con la tua fetida bocca, parli di lei come se fosse un oggetto, un arma, un bottino, non sei diverso da loro, non abbiamo bisogno del tuo aiuto!” il muro di cemento cominciò a cedere, Carlisle lo tirò per le spalle, Jasper mollò la presa e si fiondò fuori senza aggiungere altro. Aro lanciò un’ occhiata indecifrabile alla sua scia, si sollevò leggermente e spazzò via la polvere del muro dalla tunica sistemandosela, poi avanzò fino al tavolo di vetro e appoggiò entrambe le mani al tavolo,
“Sono venuto fin qui, da solo, non si trattano così gli ospiti Carlisle” Bella emise un sottile ringhio le presi la mano sussurrandole all’orecchio,
“Perdona Jasper, è molto difficile per lui, ne ha passate tante” Bella era carica di rabbia,
“E una buona dose di tormenti è stata provocata da voi!”
“Bella” mi lanciò uno sguardo intenso, Aro certo non avrebbe mosso un muscolo ora, ma ogni parola andava soppesata, i Volturi erano necessari, come potere e autorità.
“No lei…ha ragione, non posso dire di essere innocente, capisco e anche Marcus l’ha subito percepito il legame che li lega, l’amore resterà sempre la forza più distruttiva che possa esistere” quasi amareggiato si accomodò su una sedia,
“E Carlisle mi ha detto che trattengono il bambino, è una situazione complicata” Bella gli si avvicinò  sin quasi a sfiorargli il viso,
“Una forza distruttiva? Aro tu… tu hai mai provato amore? No io non credo” poi andò alla finestra,
Fu rapido, e confusionario, il tempo necessario a placare l’animo di Jasper e ad accettare la collaborazione con i volturi che tutte le persone presenti in soggiorno, Jasper, Bella Aro Carlisle ed io fummo sballottati da tuniche nere di nuovo laggiù. Reagire in alcun modo, appena percepii l’odore acre di cenere bruciata e dolciastro delle loro scie che un bruciore dilaniante mi indebolì, avevamo tutti catene strette intorno ai polsi e agganciate e pali di legno sollevati verso la parete di tende nerastre. L’argento bruciava, fissavo preoccupato il viso contratto di Bella, imprigionata di fianco a me, poi Carlisle e Jasper che non smetteva di dimenarsi. Il demone anziano e dagli occhi languidi, Balthazar si avvicinò a noi con fare serafico, 
“Aro!” gridai contro la sagoma del vampiro schiacciato contro la parete ma libero, due demoni gli furono subitaneamente accanto, anche se avesse voluto…
“ Ci sono tutti, o almeno quanti bastano per un monito a tutta la loro razza e per guardare cosa farà Alice” Jasper emanò un ringhio prolungato, il demone lo fissò accigliato,
“Spero che materializzarsi non comporti problematiche alla vostra tempra, ma indebolire i vampiri non è poi così facile” carezzò una ad una le nostre catene,
“Non potete liberarvi” ad ogni tentativo il marchio sulla pelle era sempre più infuocato, altre guardie comparvero vicino all’uscio di legno scuro, Aro a disagio in quella situazione, privo di appoggio, dei suoi preziosi dotati cercò di mantenere un atteggiamento composto e saccente,
“Perché sono qui, non mi hai legato” Balthazar non lo degnò neppure di rispondendogli il che fece infuriare ulteriormente Aro,
“Conosco le vostre leggi, e a quanto pare tu e i tuoi fratelli siete la forma più vicina ad un vertice di potere, voglio che col rispetto dovuto tra capi di fazioni… avverse…” ed indugiò su quella parola quasi cambiandola all’ultimo,
“Tu guardi cosa farà l’angelo più potente mai esistito” il volto di quell’ uomo era indecifrabile, la voce calma e vellutata, i pensieri saldi e fissi, fece aprire la porta.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
Alice entrò nella stanza lentamente ma con andatura sicura e sguardo fisso, proiettato nel vuoto, gli occhi giallo ocra quasi riflettevano  una sfumatura di fuoco, le ali portate all’indietro spente ma sempre maestose le facevano da strascico. Indossava lo stesso corpetto di pelle della scorsa sera, era la stessa eppure percepivo qualcosa di strano, i suoi pensieri semplicemente…non c’erano. Un sibilo costante nella sua testa come un televisore in corto. Balthazar le fece cenno di avvicinarsi, lei scattò improvvisa e si parò davanti Aro rimasto senza fiato.
“Non credo sarebbe saggio uccidere te, ma Alice tesoro prendigli la mano e stupiscilo” in automatico Alice afferrò con forza il palmo macilento di Aro e lo pietrificò per 1 minuto abbondante. Aro sbattè le palpebre ripetutamente, non riuscivo a vedere cosa gli avesse mostrato, che Alice potesse impedirmelo adesso? Il vampiro indietreggiò sensibilmente. Guardai Carlisle e poi Jasper, irretiti quanto me non sapevano cosa fare, Jasper continuava a fissare Alice, ma lei sembrava non essersi nemmeno accorta che fossimo fisicamente lì, incatenati.
“Ora devi uccidere…vediamo…oh si certo il biondo lì in fondo, uccidilo!” Balthazar entusiasta si materializzò dietro Jasper e lo liberò dalle catene.
 
 
 



 
POV Jasper

“E ora, combatti vampiro!” con una nota di disgusto mi spintonò in avanti, traballai per qualche secondo ancora indebolito dalla belladonna sulle catene, tornato in me vidi Alice scattare verso di me e afferrarmi per il collo, la lasciai fare facendomi inchiodare al muro di pietra,
“Alice, sono io Jasper!” fissavo quegli occhi luminosi ma vuoti, sembrava non vedere nulla davanti a sé, le presi il polso, non percepiva nulla, si alzò in volo e mi scagliò violentemente a terra, era molto più forte di tutti noi, se non si fosse fermata mi avrebbe fatto a pezzi.
“Non combatterò con lei” sputai a terra, ai piedi del demone carico di odio,
“Beh, mio caro, che tu combatta o no morirai lo stesso, tanto vale morire con onore, se la ami dovresti ucciderla, oramai non può essere più come prima, l’oscurità fa parte di lei” ringhiai preparando un pugno ma Alice mi intercettò e si frappose tra noi,
“Alice basta, non vuoi davvero farlo, Jasper! Tuo Figlio! Cerca di ricordare!” le parole di Bella caddero a vuoto, lei si lanciò di nuovo verso di me con più ferocia. Evitai i fendenti e tentai di scansarla, non volevo ferirla ma era così potente che neanche avrei potuto sfiorarla.
“Alice, fermati” sussurrai quasi annaspando, doveva esserci un modo, mi morse il collo, una fitta lancinante mi fece cadere all’indietro, le tende nere dietro di me mi offuscarono la vista,
“Alice basta…” mi fu addosso e spalancò le ali celandomi agli altri, era davvero la fine, se avessi potuto avrei pianto, la sola idea di perdere tutto mi paralizzò, non avrei più rivisto Aiden ne lei, sarei scomparso e basta non avrei più provato nulla, Alice mi posò quasi delicatamente una mano sul petto fissandomi dritto negli occhi, una luce bluastra e calda cominciò a pervadermi, faceva male, molto.
“T-ti amo Alice, ti…amerò…sempre” la luce aumentò di intensità e la mano cominciò a tremarle, tentai di superare la perdita di conoscenza che sarebbe arrivata di lì a poco e mi sollevai per vederla meglio, un’ impercettibile lacrima partì dall’angolo dell’occhio destro. Dovevo baciarla, un’ultima volta.







 
POV Alice

L’ambiente ovattato cominciò a sgranarsi, il contatto caldo e familiare con quelle labbra mi bloccò ma poi non riuscì a fare altro che ricambiare quel bacio, il sibilio scomparve e vidi tutto, vidi lui, ritrassi la mano dal suo torace, era ancora sollevato verso di me a pochi centimetri dalle mie labbra, resosi conto che mi ero fermata e che riuscivo a vederlo mi cinse i fianchi e lo abbracciai, un ondata di luce si propagò da quel contatto e mi sentii finalmente libera, avvertii le ramificazioni del veleno sbiadire fino ad annullarsi, le ali illuminarsi di blu e così le mie iridi fisse nelle sue. La mia visione non si era avverata sino in fondo. Jasper mi aveva salvato.
“Mio Dio Alice” lo strinsi forte ansimando, stavo per ucciderlo, stavo per…
“Il bacio…” sillabò Balthazar, ritrassi le ali disgustata al suono di quella voce, presi Jasper per mano e lo sollevai parandomi davanti a lui, Bella Carlisle e anche Aro erano lì, li scrutai confusa ma non mi deconcentrai da lui,
“Hai spezzato l ‘incantesimo, non l’avevo mai visto fare” lanciò un’ occhiata alle due guardie ma prima che potessero muoversi li misi fuori gioco, non c’era una spiegazione, con un solo movimento della mano, avevo tutto quel potere, amplificato e sapevo cosa fare, portare in salvo la mia famiglia. Balthazar apparve per la prima volta indeciso sul da farsi, mi avvicinai alle catene e le feci scomparire,  Bella mi abbracciò e così gli altri,
“E’ finita, lasciaci andare” Carlisle afferrò Aro per un braccio,
“Ho un’ultima carta da giocare” afferrò un sacchetto di cuoio nero ed estrasse un cuore perfettamente azzurro e palpitante, mi portai una mano al petto,
“Non hai più il controllo” sibilò Jasper ma lui rise,
“Si, tu hai… spezzato il sortilegio, voi anzi, nonostante tu non abbia il cuore, devo ammettere che un amore così intenso non credevo fosse possibile…” stavamo per fiondarci su di lui quando strinse il pugno, una fitta improvvisa bastò a farmi capitolare a terrà, Jasper mi afferrò prima che battessi la testa, emisi un rantolo soffocato cercando di controllare il dolore,
“Non posso controllarti, ma posso ucciderti adesso, non… un altro passo”
 
 
 
 
 
POV Jasper

Il volto di Alice era una maschera di dolore, non urlava, stringeva i denti e ansimava, fissai Carlisle che bloccò Edward con la spalla, fissammo tutti le dita del demone strette attorno al cuore,
“Bene, vi ho convinti vedo” Bella ringhiò e si abbassò per stringere la mano ad Alice,
“Riesci a muoverti?” si portò una mano al petto scuotendo la testa,
“D’accordo, va via, non ti seguiremo, ora lascia il cuore” disse Carlisle calmo, Balthazar emise una risata stridula,
“Credete che abbia paura di voi, o di morire? Nono io” cominciò a camminare avanti e indietro facevo scudo ad Alice col mio corpo,
“Il mio piano è fallito, ma lei, si, ho paura di lei” e puntò in dito tremante su Alice, stringendo di più con la destra il cuore,uno spasmo si propagò dal suo corpo,
“ Lei non deve vivere, se si mettesse contro di noi sarebbe la fine” prese il cuore con tutte e due le mani e lo strinse sempre di più sino a trafiggerlo con le unghie nerastre, Alice si contorse scattai verso il demone ma era crollato a terra, Sean si era materializzato dal nulla e gli aveva tagliato la gola prendendo delicatamente il cuore, gettò uno strano pugnale ricurvo a terra, impregnato di sangue scuro.
“Presto” sussurrò e si accovacciò su Alice,
“Che stai?” sollevai leggermente Alice, era quasi incosciente, Edward ammiccò convinto,
“Ora lo rimetto dentro” tastò incerto il petto di Alice verso sinistra e energicamente le premette il cuore contro, era strabiliante si era propriamente amalgamato al suo corpo in un breve fascio di luce.
“Alice?” era svenuta completamente,
“Dobbiamo uscire da qui” il demone si alzò inquieto, ma Alice non si svegliava,
“Non sta funzionando perché non reagisce?” gli afferrai un braccio, mi scrollò seccato e andò a chiudere la possente porta di legno,
“Ora afferratevi l’un l’altro e non interrompete il contatto, vi porto fuori” obbedimmo, la sola speranza di uscire da lì ci animò, presi Alice tra le braccia,
“Bene, non l ho mai fatto con così tante persone…” respirò e chiuse gli occhi.
 
 




 
POV Sean
Portai i vampiri fuori, nello stesso vicolo di Castel Sant’ Angelo, materializzarsi in America era impossibile con tutto quel carico, mi venne un capogiro all’aperto, troppo carico, mi appoggiai al muro. Il vampiro biondo, Jasper aveva sfondato la porta della cantina e fece cenno agli altri di entrare,
“Carlisle, sta bene?” sentii, Balthazar aveva commesso un grave errore, ucciderla non era la soluzione e neppure usarla come arma.
“Tu, aiutala!” la compagna dell’altro vampiro di cui mi sfuggiva il nome venne a pregarmi, non potevo fare altro, le avevo restituito il cuore, era pulito l’avevo visto, avrebbe dovuto riprendersi,
“Non posso fare altro, ho ucciso Batlhazar, vi ho portati fuori , devo andare prima che scoprano tutto” la vampira mi afferrò disperata un braccio,
“Ti ringraziamo, ci hai salvati, ma sarà stato invano se Alice morirà, se hai voluto aiutarci deve esserci una ragione, per favore!” gli occhi le erano diventati vitrei, sarei dovuto volare via, volevo farlo, eppure…
“E’ incosciente, non capisco, il cuore era guarito” osservai avvicinandomi a lei, il suo compagno le teneva la mano massaggiandola, la scrutai attentamente, era molto pallida, troppo anche per una vampiro, sotto gli occhi una leggera striscia nera come delle occhiaie, aveva l’affanno, tremava, presi il coltello d’argento che avevo in tasca,
“Che vuoi fare?” chiese lui strappandomelo di mano,
“Forse ho capito cosa c’è che non va” ammiccai con lo sguardò e mi lasciò il coltello, feci una piccola incisione sul braccio, il sangue non uscii, come temevo,
“Che significa?” chiese il dottore incerto,
“Congelata” dissi, mi guardavano interrogativi,
“Le ha gelato il cuore prima che lo uccidessi, ha conficcato troppo a fondo le unghie e…” la ragazza si portò le mani al viso.
“Cosa si può fare? Quanto tempo abbiamo?” chiese,
“Giorni credo”
“Jasper!” il vampiro biondo mi aveva bloccato contro il muro, di nuovo,
“Fa qualcosa adesso!” non avevo la più pallida idea di cosa fare non avevo mai fatto un incantesimo di congelamento,
“Jasper, non sa come fare” disse quello di nome Edward, mi lasciò disperato e andò vicino ad Alice.
“Lui no ma…” il dottore si illuminò,
“Loro potrebbero… l’hanno già fatto una volta” Jasper le carezzava i capelli,
“Gli anziani” si rilassò leggermente,
“Si tu, devi portarla da loro, ti prego” il dottore mi passò una mano sulla spalla,
“Puoi salvarla”
 




 
POV Jasper
Il corpo di Alice continuava ad essere scosso da forti tremolii, le labbra erano divenute di un violaceo pallido, più indugiavamo e meno tempo rimaneva. L’idea però di affidarla a lui mi innervosiva, ci aveva aiutati più volte, ci aveva fatti uscire ma se continuava ad affermare che i poteri di Alice erano un problema e non aveva negato che fosse lei il pericolo e non Aiden. Se l’avesse portata via o peggio lasciata morire? Edward scosse la testa. Il demone ci fissava sbalordito, era un piano folle.
“Non posso portarla da loro, non mi è consentito accedere” ci voltò le spalle,
“Mente” sussurrò Edward, Carlisle si passò una mano sul volto,
“Ascolta Sean, noi ci fidiamo di te” lo guardai torvo,
“Non ti è permesso andare lassù ma non implica che tu non sia in grado di farlo, giusto?” Sean si voltò,
“Se dovessero scoprirlo i capi o peggio se gli anziani mi catturassero e uccidessero lei, è troppo folle” mi allontanai da Alice e mi avvicinai a Carlisle, allora non voleva ucciderla,
“E’ folle forse ma è l’unico modo per salvarla, non fermarti adesso, se lo stai facendo è perché questa è la cosa giusta” Edward annuì,
“ Jasper ha ragione, non ci sono etichette, anche noi siamo vampiri ma non deve essere per forza tutto bianco o tutto nero” Sean ci riflettè per qualche minuto, il tempo correva.
“E va bene, ma se non vorranno aiutarla non potrò fare altro” annuimmo in sincrono e andai a prendere Alice distesa supina e tremante sul tavolo, sempre incosciente,
“Andrà tutto bene tesoro, tornerai da me e ci riprenderemo Aiden, abbiamo battuto i demoni, non arrenderti ok?” premetti le labbra indugiando sulla fronte gelida e la presi tra le braccia, indossava ancora la tuta di pelle aderente. Uscimmo fuori e il demone spalancò le ali nere fissando pensieroso il cielo ingrigito dalle nuvole, era notte. Mi guardò e aprii le braccia poi guardò Alice, a disagio, gliela porsi e avvertii un’ emozione ben precisa che lui provava a contatto con lei, attrazione, corrugai la fronte ma non c’era tempo per quello, Alice andava salvata.
 
 
 




POV Sean
Ma perché mi trovavo sempre in situazioni così complicate, era assurdo, era stata la scelta, anzi la mia non scelta ad avvicinarmi al baratro e ai demoni, a legarmi a Balthazar. Distruggere il paradiso, che idea malsana e inattuabile, che ne sarebbe stato della terra? E degli uomini, e dei vampiri. Avevo vissuto innumerevoli vite, quel tanto sufficiente a capire che ciò che lui aveva creato era unico e seppur strano e imprevedibile non poteva finire. Fidarsi dei demoni era stato un errore, ma adesso ero uno di loro. Volare di notte non era un problema, c’era un'unica direzione in cui andare ed Alice era leggera. Gli spasmi erano passati ma era molto più fredda, accelerai, era un piano stupido ma se non l’avessi fatto mi avrebbero ucciso davvero.
“Mi dispiace, non volevo uccidere il tuo bambino, né…te” le sussurrai ma non credevo potesse sentirmi, ci avvicinammo al passaggio, invocare l’entrata non era difficile, il problema era uscirne vivi, mai un demone in millenni aveva osato tornare. Varcata la soglia una luce bianca ci investii in pieno, portai avanti le ali per schermarmi e come mi aspettavo due guardie in armatura dorata e ali bianche mi attorniarono, stupiti più che furiosi, la lunga passerella di marmo si inerpicava in alto sino alla Città di Luce, molto più grande di quanto ricordassi e molto più elevata. Per un 100aio di metri solo marmo e luce e una sottile nebbia bianca, poi si intravedevano gli edifici, i templi i cordoni di strade, le nuvole e ali che saettavano ovunque.
“Sei folle a venire qui ragazzo?” quelle guardie erano più anziane di me, di molti millenni, schermando la luce ed Alice ero intontito. Non avevo un piano. Andare lì e chiedere di guarirla. Chiedere? Chiusi gli occhi per un attimo, mi avrebbero sicuro ucciso.
“Sei sordo, demone?” i due si lanciarono un’ occhiata nervosa,
“Sono qui per lei” spalancai le ali e la mostrai, i due impallidirono,
“Ezechiele avvisa gli anziani” l’angelo scattò all’istante, l’ altra guardia mi fece cenno di seguirlo in volo. Arrivammo in un attimo sulla cima del monte Sophistes , dove si riuniva il consiglio, l’unica struttura che somigliava ad una montagna ingrigita con un tempio all’aperto enorme, 2 volte più ampio del Partenone, non mi era stato mai concesso entrarvi prima della caduta.
“Aspetta qui chiaro?” disse lui nervoso e si addentrò tra il labirinto di colonne, ero davanti all’altare centrale, sbuffi di mirra e ambrosia si propagavano nello spazio, troppo dolciastro, guardai lei, il respiro appena udibile, anche in quelle condizioni era così…
“Sean giusto?” il capo con la barba di un ramato molto intenso atterrò di fronte a noi, mi squadrò in un attimo concentrandosi su di lei,
“Cosa?” alzai gli occhi al cielo, come se non sapesse,
“L’avete visto, Balthazar l’ha avvelenata, congelamento, io non posso farci nulla ma voi potreste salvarla” mi fece cenno di porla sull altare,
“Si abbiamo visto, sai bene che non possiamo interferire, abbiamo infranto questa regola sin troppe volte negli ultimi anni” abbassò lo sguardo, Leandra e Fidelis planarono fra noi e l altare, due angeli bellissimi dai riccioli dorati, create come gemelle,
“E’ lei la ragazza?” Lenadra si avvicinò stupita e le carezzò i capelli,
“Portatela via, che fai Michele? Se Lui scoprisse…” un anziano nerboruto e lievemente calvo borbottò camminando in fondo alla stanza,
“E questo qui! Ora anche i demoni in Città, Dio mio perdonaci…” si avvicinò ad Alice,
“E’ già morta, non possiamo intervenire, ora basta, se Lui la volesse viva lo sarebbe” si morse subito la lingua,
“Cafius cosa dici, i Suoi disegni non includono l’intervento diretto” scosse la testa,
“Pertanto nulla ci dà il diritto di intervenire” mi fissò corrucciato,
“FIdelis, chiama le guardie, rispediscilo nel buco di fuoco che chiama casa” Michele  battè un pugno sull’altare di marmo, l’urto riecheggiò nel tempio senza soffitto.
“Devo pensare” deglutii a fatica, ero sul filo del rasoio,
“Loro vogliono che la salviate, lei ha spezzato il sortilegio Oscuro, non era mai successo, Balthazar avrebbe distrutto la Città coi suoi poteri se lei non si fosse…svegliata…” dissi sicuro.
“E’ incredibile”
“Sconcertante” dissero le due,
“Si lo so” Michele respirò a fondo,
“La sua famiglia, l’abbiamo fatto una volta Michele, possiamo aiutarla” disse speranzosa FIdelis,
“Cafius ha ragione, non dovremmo più interferire ma…” si avvicinò all’altare di marmo lucido,
“Da quanto un maleficio non veniva spezzato dal vero amore, è un legame così raro, non possiamo permettere che si spezzi, noi proteggiamo il bene” aggiunse Leandra,
“Non ascoltarle” Cafius si avvicinò a sua volta,
“C’è troppo potenziale in lei per di più, i suoi poteri…”
“Potrebbero essere la nostra fine” si intromise Cafius,
“O la nostra…salvezza” Michele battè le mani, gli altri anziani si materializzarono all’istante,
“No!” Michele lo ignorò,
“Presto toglile i vestiti e bruciali, ogni secondo che passa è pericoloso” 9 anziani circondarono l’altare, non vedevo più Alice tra le stole bianche e le ali abbaglianti. Formule in una lingua che non ricordavo più oramai, chissà se avrebbe funzionato.

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Capitolo 7
*** La Città d'Argento ***


POV Alice

Un torpore tremendo invadeva ogni cellula del mio corpo, non sapevo dove fossi o con chi fossi, non ricordavo cosa stesse succedendo, uno strano calore mi pervase per un po' all’altezza del petto, provai ad aprire gli occhi ma era come sei i muscoli non obbedissero ai miei comandi, mi sentì sollevare e poi riporre tra le braccia di qualcun altro, era Jasper, gli altri sensi erano come ottenebrati, avverti una stoffa morbida sulla pelle, aria, c’era molto vento, persi di nuovo conoscenza.
“E’ viva?” non riuscivo a restare sveglia, eravamo a terra, l’odore del prato appena tagliato era forte,
“Perché è nuda? Portiamola dentro” fui sballottata ancora da qualcun altro.
Ora cominciava ad essere tutto più chiaro, sentivo a pieno il mio corpo, mi stavo svegliando adesso, aperti gli occhi vidi per 1 minuto buono tutto offuscato, una porta con finestrella di vetro, appendiabiti, pareti bianche, lo schermo accanto a me emanava una serie di bip fastidiosi, il lenzuolo e il lettino su cui ero distesa, poi girai il capo a sinistra e misi a fuoco, la mano, qualcuno mi stringeva la mano, Jasper, un calore piacevole mi rese più vigile, sorreggeva la fronte e i capelli biondi con la mano, lo sguardo assente proiettato sul lettino bianco, gli strinsi a mia volta le dita, alzò lo sguardo e incontrò i miei occhi assonnati, l’espressione sul suo volto si rilassò all’istante, un sorriso incontenibile balenò sul viso.
“Hey” sussurrò piano con voce rotta,
“Hey” mugolai, sembrava che avessi le corde vocali spezzate, mi schairii la voce, Jasper mi baciò a lungo la fronte e una lacrima calda mi scese in automatico sulla guancia, la fermò con le dita,
“Sei..qui” dissi continuando a guardarlo, mi prese la mano portandosela alle labbra e massaggiandola,
“Certo che sono qui, non c’è altro posto in cui vorrei stare” sospirò,
“Come ti senti?” mi guardai nuovamente attorno, eravamo in un ospedale, l’ospedale di Forks, avvertii la presenza di Carlisle e Bella nel corridoio e di un’ umana, ero a casa.
“Jasper, c-cosa è successo?” visioni e ricordi o forse gli uni confusi agli altri cominciarono a balenarmi in testa, mi portai la mano alla tempia e notai che un misuratore mi stringeva l’indice, avevo un gran mal di testa, Jasper avvertii la mia confusione,
“Sta tranquilla, Alice sei al sicuro, tesoro, sei al sicuro” mi strinse di più la mano,
“Cosa ricordi?” mi concentrai,
“Io..noi avevamo spezzato il maleficio…Bathazar però aveva il mio cuore” mi fermai auscultando il cuore e i bip del monitor,
“Ha tentato di uccidermi, poi ricordo solo dolore e il nulla, sensazioni ma non credo fossero reali” provai a sollevarmi, un capogiro mi fece desistere,
“Resta giù ne hai passate tante” mi baciò dolcemente,
“Balthazar ti aveva avvelenato il cuore, un incantesimo più potente, ti avremmo persa se non” poi si bloccò, gli presi la mano preoccupata,
“Se Sean non avesse ucciso il vecchio e non ti avesse portata dagli anziani” disse Carlisle entrando con Bella, digerì la notizia per qualche secondo,
“Gli anziani? Chi è Sean?” Jasper si irrigidì, Carlisle venne a controllarmi il polso e mi passò una luce accecante sulle iridi, Bella si sedette ai piedi del letto sfiorandomi sollevata una gamba,
“E’ un demone, ma ci è stato di grande aiuto, quando ti hanno catturata ci ha portati fuori dall’Ade e poi ha cercato di liberarti ma l’hanno preso, pensavamo che fosse finita quando Balthazar ha stretto il tuo cuore invece lui lo ha ucciso e ha accettato di portarti dagli angeli, loro ti hanno guarita presumo ma non so come” disse scoraggiato, guardai Jasper che annuì,
“Sollevati lentamente” disse Carlisle, riuscì  in qualche minuto a mettermi seduta senza vertigini, Jasper mi sedette accanto e mi circondò con un braccio stringendomi a sé,
“ Sembra tutto nella norma, ti ci vorrà un po' per rimetterti, considerando lo stress che il tuo fisico ha dovuto subire” annuì esausta, perché mai un demone avrebbe dovuto aiutarmi? Ero stata in Paradiso allora, e gli anziani mi avevano salvato una seconda volta, eppure mi tenevano lontana da …
“Aiden” sussurrai, strattonai Jasper,
“Il maleficio è spezzato, posso toccarlo, lo lasceranno tornare giusto?” nella mia voce una sottile nota di disperazione. Ma se era davvero così perché non era ancora qui?
“Devo parlare con questo Sean… è ancora qui, ha detto cosa è successo con gli anziani?” provai ad alzarmi,
“Aspetta Alice, dovresti riposare” Jasper mi trattenne sul lettino preoccupato, Carlisle scosse la testa,
“Edward ha letto nella sua mente, sembra che non ci sia nulla di rilevante, non hanno accennato ad Aiden e lui non è un tipo loquace, è ancora qui, di fuori starà per andarsene però” allora dovevo parlarci, doveva mostrarmi come aprire il portale, sarei andata io a riprendermi Aiden, se non avevano accennato a lui e non era ancora qui tra le mie braccia ora che non potevo fargli del male il problema non erano i miei poteri ma io, volevano un ostaggio per evitare che distruggessi volontariamente il loro mondo. Mi alzai e Jasper mi fece d’appoggio, indossavo un camice da ospedale che copriva lo stretto necessario, avvertivo ancora freddo e non avevo energie, piano ci incamminammo verso l’uscita secondaria dietro l’ospedale che apriva su un parcheggio all’aperto semi-deserto. Edward e il demone di spalle fissavano il bosco antistante, non parlavano. Jasper rallentò i passi fino a fermarsi,
“Che c’è?” chiesi allarmata, lui lanciò un’occhiata fugace a Carlisle,
“Alice so che è difficile ma cerca di mantenere la calma ok? Sean è” non terminò la frase che entrambi saettarono verso di noi, Edward davanti si scostò per farmi vedere il demone,
“Devi essere Sean, io sono Ali…” cercai di modulare la voce nonostante avessi poco fiato e un sapore amarognolo in bocca ma mi bloccai, quel ragazzo aveva un’ aria sin troppo familiare, in automatico mi portai la mano al ventre a sinistra dove avevo l’impercettibile segno della cicatrice, quel volto i capelli neri e scomposti la cicatrice,
“Tu” serrai la mascella, un moto di rabbia invase il mio corpo stremato riaccendendo un po' di vigore, Jasper mi posò una mano sulla spalla, continuai a fissare il demone che impaziente evitava di guardarmi negli occhi, dovevano ardere di blu. Per un istante provai l’impulso di ucciderlo e il demone cominciò a tossicchiare portandosi una mano alla gola,
“Alice, tesoro, mantieni il controllo, lui ci ha aiutati” Jasper mi prese la mano cercando di tirarmi indietro,
“M-mi disp…iace” Bella deglutii sonoramente e si avvicinò a Sean supplicandomi con lo sguardo, ma nell’istante in cui avevo desiderato ucciderlo mi ritornò il buon senso, volevo solo spaventarlo, distolsi lo sguardò e mi lasciai portare indietro da Jasper, chiusi gli occhi assai intontita cercando di riprendermi, farlo aveva prosciugato quel poco di forza che mi restava,
“Va tutto bene, tranquillo” mi abbracciò guardando il demone che boccheggiò e si rialzò, andai piano verso di lui,
“Hai cercato di uccidermi e di uccidere il mio bambino, e perché?” dissi esausta con voce quasi impercettibile, lui restò di sasso, non sapeva cosa dire.
 
 




 
POV Jasper

Il demone si passò una mano tra i capelli, ciondolando coi piedi, Alice aspettava una risposta, ora di nuovo calma o forse sin troppo debole per reagire ancora,
“Ascolta Alice, ho sbagliato, mi era stato detto che era l’unico modo, che il bambino avrebbe distrutto il nostro mondo, che era pericoloso, io ho eseguito gli ordini, credevo fosse la cosa migliore per me.” Si fermò
“Ma?” continuò Alice confusa,
“ Ma uccidere non è mai la cosa migliore, io ero un angelo, come te, dopo la caduta ho fatto una scelta sbagliata, Balthazar mi ha incantato, e grazie a te me ne sono reso conto, non vedevo un angelo da molto tempo, e tu sei molto di più, quando mi hai fissata con quegli occhi azzurri e caldi è stato come ritornare lassù, io non volevo uccidere un bambino né tantomeno un angelo” guardò in basso, avvertii vergogna e rabbia.
“L’ho detto anche a loro, il pericolo non è il bambino” guardò me,
“Sono io il pericolo…” anche Alice abbassò lo sguardo afflitta,
“Anche gli anziani hanno paura di te, e non senza ragione, tu puoi fare cose incredibili” Alice incrociò le braccia e andò ad appoggiarsi ad una jeep parcheggiata,
“Ho un potere enorme e potrei distruggere tutto si lo so, me lo dicono…continuamente…tutti”
“Si ma… questo può essere un bene adesso, ora che hai spezzato i malefici di Balthazar e hai dimostrato agli anziani che non vuoi distruggere il Paradiso, probabilmente  ti lasceranno in pace” Sean cercò approvazione, mi avvicinai ad Alice, aveva lo sguardo vitreo e si era irrigidita, stava avendo una visione,
“Oppure i tuoi amici demoni le potrebbero dare la caccia per vendicare il vostro capo” Bella era agitata,
“Io me ne assumerò la colpa, in fondo sono stato io, non mi prenderanno tranquilli”
“Alice?” dopo qualche secondo tornò al presente, un crogiolo di emozioni le esplose dentro, mi prese la mano e corremmo lontano dagli altri, mi accorsi che le lacrime le ricadevano sul volto,
“Cosa hai visto?” parlò in fretta,
“Aiden, giocava sulle altalene in un parco, con noi” si coprii il viso con le mani singhiozzando, l’abbracciai confuso,
“Alice cosa c’è che non va, significa che sarà con noi, che andrà tutto bene” si calmò e mi prese il viso tra le mani,
“Non capisci Jasper, era più grande, molto più grande, significa che gli anziani potrebbero tenerlo con loro per anni, sono passati mesi, io non ce la faccio più devo riportarlo a casa” capii la sua frustrazione e certo neanche io avrei aspettato ancora.
“Troveremo una soluzione, te lo prometto” la strinsi forte, dopo qualche minuto mi accorsi che tremava,
“Andiamo dentro, devi stenderti”
“Jasper” le si illuminarono gli occhi mentre ritornavamo dagli altri,
“Ascoltami, so cosa fare”.
 






 
POV Sean
Quei vampiri erano bizzarri, nel mezzo tra bene e male, volevano solo proteggersi l’ un l’altro e vivere la propria vita. Avevo temuto che lei mi avrebbe ucciso, io almeno prima di allora non avrei esitato se qualcuno avesse tentato di farmi del male. Si era allontanata all’improvviso con il vampiro biondo.
“Cercherà di uccidermi ancora?” chiesi al fratello, lui sorrise,
“No, voleva solo terrorizzarti per fartela pagare” disse ridendo,
“Beh ci è riuscita” Bella andò ad abbracciarlo,
“Ha visto qualcosa?” domandò,
“Si” sussurrò lui tornando serio, il dottore guardava freneticamente l’orologio, era chiaro che dovesse rientrare, oramai potevo andarmene, l’avevo portata dagli anziani, il mio debito era saldato, avevo la coscienza apposto, dovevo liberarmi degli scagnozzi di Balthazar,
“D’accordo, allora io andrei ora” schiusi le ali e mi voltai verso il bosco,
“Aspetta!” la voce dolce e acuta dell’ angelo vibrò nel silenzio della notte, mi venne vicino e mi afferrò per 1 secondo delicatamente il braccio, mi voltai sorpreso,
“Scusami per la mia reazione, non ti ho ringraziata, hai tenuto al sicuro la mia famiglia e mi hai portato da loro, e potevi andartene e basta, grazie davvero” la guardai negli occhi flebilmente contornati di blu, annuii imbarazzato,
“Non andare adesso, sarai stanco anche tu, so quanto sia faticoso trasportare un’ altra persona e poi fin lassù” esitai,
“Resta una notte a casa nostra per riprendere fiato, potrai andartene domani” continuò lei dopo una breve pausa e mi sorrise, restai di sasso, non era nei miei piani, in fondo volevano solo essere gentili e ospitarmi. Titubante accettai.
“Bene, ora andiamo a casa” il dottore ci invitò a sposarci nell’ospedale per uscire dall’ingresso dov’erano parcheggiate le loro auto. Il vampiro biondo Jasper prese in braccio Alice e la accomodò sul sedile posteriore di una BMV nera e sedette dall’altro lato, io mi misi davanti con Edward, era strano, non salivo in macchina da una vita, il mondo degli umani era sempre più strano sempre più proiettato in avanti. Il viaggio non durò molto, nessuno parlava, guardai discreto loro due, erano davvero così innamorati, non avevo mai visto una devozione come la loro, lui la guardava in  modo così intenso, sembrava che percepisse e vedesse ciò che vedeva lei, le accarezzava i capelli e la teneva stretta continuando a contemplarla e lei semi-cosciente con la testa appoggiata al suo petto aveva un’ espressione appagata, felice. Poi lei intrecciò la sua mano a quella di lui, aprii gli occhi e si guardarono per una frazione di secondo, un’occhiata fugace e criptica, ritornando poi alle posizioni originarie. Qualsiasi cosa avessero fatto o pensato, uno sguardo reciproco e si erano capiti l’un l’altro.
 








POV Japer

Avevo cacciato solo per qualche ora poco prima dell’alba, ero rimasto con lei tutta la notte a osservarla dormire, un profondo e sereno sonno, era esausta, sfinita, avevamo parlato per un po' e poi era crollata, non mi piaceva il suo piano, ora che era di  nuovo con me non volevo che rischiasse ancora la vita. Col la testa e il fianco contro il mio si accoccolò stringendomi, “quanto mi sei mancato” mi aveva detto e io l’avevo baciata dolcemente, “ti amo”, una pace assoluta ci pervadeva.
“Alice?” il letto era disfatto e vuoto, saltai dalla finestra nella stanza, non c’era,  scesi in soggiorno, Carlisle ed Esmee stavano cucinando dei pancakes per Nessie appollaiata sul bracciolo del divano e con un sorriso a 32 denti, quando mi vide si avvicinò rapidamente e mi abbracciò senza alcuna ragione, non potei fare a meno di sorridere e ricambiare la stretta, anche se per qualche istante mi invase un senso di amarezza, avrei voluto che Aiden fosse qui.
“Dov’è?” chiesi e Carlisle mi indicò il porticato, Edward e Bella non erano in casa, probabilmente erano adnati a rassicurare Billy e Charlie, non ci vedevano da una settimana.
“Sta parlando con Sean” aggiunse lui mentre mi dirigevo all’ entrata. Mi fermai, a quanto pare non potevo più bloccare il suo progetto, sorrisi nervoso,
“Okay, andrò a cercare Edward” forse con un po’ di rinforzi l’avrei dissuasa.
 
 
 







 
POV Alice

Sean se ne stava impalato sulla cima delle scale a fissare il cielo, aspettai qualche minuto prima di avvicinarmi, vedevo la sua reazione negativa in ogni possibile futuro, qualsiasi approccio tentassi, dovevo convincerlo ad aiutarmi, a quanto pare far leva sui sensi di colpa era l’unica strada. Non volevo che sentisse ancora la mia rabbia, in fondo aveva salvato tutti, mi morsi un labbro pensierosa. Di certo si era accorto di me, stavo prendendo tempo e restare lì a fissarlo non era un buon inizio. Aspirai a fondo l’aria pungente del mattino. Mi sentivo quasi completamente in forze, Carlisle la sera prima mi aveva dato del sangue umano per accelerare il processo di guarigione.
“Sean?” dissi a pochi passi la lui, si voltò inquieto, era un ragazzo strano, poco incline a conversare e cupo, stranamente aveva molto in comune con Jasper, un passato tormentato, una scelta sbagliata. Cercai di essere serena e rassicurante.
“Si…” e continuò a fissare il cielo, era evidente che desiderasse partire,
“Tutto ok? Non hai una bella cera” aveva il viso pallido e due occhiaie profonde, gli occhi spenti,
“E’ che non dormo da giorni, e il viaggio di ieri, è stata una settimana sfiancante” accennò un sorriso rivolgendomi lo sguardo,
“Non quanto la tua però” disse, ammiccai,
“Hai fame? In realtà non so di cosa o se voi vi nutrite” dissi confusa,
“Si beh, il cibo da umani non è male, e si abbiamo bisogno di nutrirci di tanto in tanto” appoggiò le braccia alla ringhiera, indossava jeans scuri e una felpa sin troppo larga, probabilmente sottratta a qualcuno per eliminare l’ odore dai suoi vestiti.
“Carlisle sta cucinando per Renesmee, quindi…” annuì restando fermo,
“ Siete davvero bizzarri” sussurrò, risi curiosa,
“Perché lo pensi?” un raggio di sole attraversò la cappa di nebbia illuminando il portico e abbagliandomi per qualche secondo, mi spostai all’ombra, il demone mi guardava stupito,
“Rimettiti al sole” forse non aveva mai visto un vampiro,
“Pazzesco” la nostra pelle riluceva ed era una meraviglia per chiunque ci vedesse,
“Ho già visto vampiri in passato, ma un clan che non uccide e che convive come una famiglia è singolare” si passò una mano tra i capelli sbadigliando,
“Si, è una cosa rara, anche se tutti vorrebbero una famiglia credo” Sean si incupì impercettibilmente,
“E tu sei bizzarro come demone” ridacchiò,
“Scusami?” scattò e dischiuse le ali allargandole, tra la luce che vi filtrava il nero cupo si ricoprì di sottili venature rossastre, poi le richiuse,
“Non hai un aspetto terrificante, sei un angelo, come me” scosse la testa sorridendo,
“Non sono come te, nessuno è come te” avvertii una nota di dolcezza,
“Ascolta” pregavo che reagisse bene,
“So che vuoi andare via il prima possibile ma devi aiutarmi solo un’altra volta” indietreggiò impercettibilmente,
“Gli anziani hanno ancora mio figlio” gli poggiai una mano sul braccio, non si ritrasse ma si irrigidì,
“L’ho detto al dottore, non farò altro, non posso rischiare che mi prendano, mi ucciderebbero questa volta” scossi la testa,
“Non sarai da solo, verrò con te, noi lo riporteremo a casa” incrociò le braccia sbalordito,
“E tu vorresti combattere da sola contro gli anziani? E’ un suicidio” stava per andare via ma mi parai davanti a lui con fare minaccioso,
“Vuoi costringermi, soffocarmi?” era proprio quello che volevo evitare, respirai a fondo per calmare i nervi e gli lasciai spazio,
“Io non voglio combatterli, voglio solo parlargli e salvare Aiden, ma non so come tornare in Paradiso, devi mostrarmi come si fa” battè un pugno sulla ringhiera,
“Ma non capisci che se pensassi solo a disobbedire avranno il movente per eliminarti, sarai pericolosa anche per loro” si era un rischio, potevano vendicarsi ma dovevo farlo, ero stanca di aspettare e se ci fossero voluti anni come nella mia visione…
“Andrò da sola se hai paura, insegnami solo ad aprire il varco” restò di sasso,
“Io non ho paura” disse offeso,
“Allora aiutami” saettò in fondo alle scale,
“Io me ne vado” strinsi i pugni,
“Me lo devi, lo devi a Aiden, hai salvato sua madre ma hai tentato di ucciderlo, se vuoi il mio perdono devi salvare mio figlio” si bloccò, il sole era più alto, feci qualche passo verso di lui,
“Incredibile, voi Cullen, voi…tu” l’avevo in pugno,
“Perché non lo chiedi al tuo vampiro, non mi sembra abbia fatto molto, eh?” questo era troppo, lo afferrai per il collo e lo spinsi contro il tronco di una quercia,
“Non osare pensarlo, se Jasper avesse potuto avrebbe fatto qualsiasi cosa per liberarlo” ringhiai sonoramente, alzò le braccia ansimando,
“E va bene, mi dispiace, ho detto una sciocchezza” le iridi mi ardevano, scorgevo il riflesso nelle sue, lo lasciai andare,
“Hai un piano?” chiese massaggiandosi la spalla,
“Si” dissi fredda,
“Prima mangio, poi ascolto il tuo piano e valuterò se aiutarti non mi farà uccidere” si scrollò di dosso gli aghi di pino e si avvicinò alla scala, sospirai, Jasper non approvava ma avrei ripreso Aiden e saremmo stati di nuovo insieme.
 
 
 
 




POV Sean

Il tavolo del soggiorno era abbastanza grande per almeno 8 persone, eppure avevo la certezza che tutto l’arredamento fosse lì per simulare una normalissima abitazione multifamiglia. Era una casa enorme, una piccola villetta nella periferia di Forks, vicina alla foresta, una copertura perfetta. La compagna del dottore mi aveva servito dei pancakes con mirtilli e sciroppo, e una ragazzina mangiava con me, Renesmee, che nome bizzarro, anche lei era un ibrido, il pulsare accelerato del cuore lo confermava. Mi fissava curiosa ma non diceva nulla, vuotai il piatto in pochi minuti, bevvi un sorso di latte e mi sentii meglio. Ora il problema sussisteva nel decidere di lasciarli o fare quello che mi aveva chiesto Alice. Il vampiro biondo, Jasper entrò da retro della casa e si fermò nel corridoio lanciandomi un’occhiata incerta, Alice attraversò la porta finestra della sala quasi nello stesso momento e in una falcata lo raggiunse, gli prese la mano e sussurrò qualcosa che non riuscii a capire poi sparirono in un’altra stanza.
 
 




 
POV Jasper

“Non credo sia una buona idea Alice” poco combattivo tentai di nuovo ma oramai aveva deciso,
“Edward la pensa come me” lei corrugò la fronte sorridendomi,
“Jasper… farò di tutto per riportarlo qui, non mi importa dei rischi, e non dovrebbe importare neppure a te, tu sei suo padre” mi appoggiai al bracciolo del divano rosso nello studio di Carlisle,
“Non voglio perdere nessuno dei due, ma sei la persona più testarda che conosco, ci ho provato, promettimi solo che se si metterà male tornerai da me, non fare l’eroina, non un’altra volta, se dovesse capit…” scattò verso di me e mi appoggiò le dita sulle labbra abbracciandomi,
“Te lo prometto” aprii la porta,
“Ora andiamo a parlare con lui”
Edward e Bella erano tornati giusto in tempo, Billy non era troppo tranquillo e voleva vedere Sean per parlarci, ma non c’era tempo. Il demone aveva mangiato e ora se ne stava impettito davanti la porta-finestra. Renesmee venne ad abbracciare Alice, non l’aveva più vista da quando eravamo scesi laggiù,
“Zia Alice, mi sei mancata” Alice la sollevò un istante, era molto più alta adesso,
“Anche tu Ness, tra poco tornerà tutto alla normalità” e gli lanciò un’occhiata intensa, Renesmee prese il capotto e andò alla riserva.  Carlisle ed Esmee erano seduti al tavolo di vetro del soggiorno.
“D’accordo, Sean hai pensato a quello che ho detto?” disse lei richiamando la sua attenzione, Sean si voltò pensieroso,
“Qual è il tuo piano?” disse avvicinandosi al tavolo, Alice sospirò,
“Attraversiamo il varco, ci confondiamo tra gli angeli e arriviamo ad Aiden” lui la guardò sconcertata e anche noi in effetti,
“Questa non è una strategia, non sai dove sia ne come sia Lassù, non hai un  piano” disse lui sicuro, Alice ci sorrise radiosa, Edward ridacchiò, capii anche io,
“Cosa?” Carlisle battè una mano sul tavolo,
“Beh Sean, illuminaci” il demone ci guardò confusi,
“Vedi il mio piano era convincerti ad accettare di aiutarmi, io ho visto che sai come entrare e conosci la Città di Luce, vedo il futuro non dimenticarlo, sarai tu a dirmi come ingannarli e so che immagini dove possano tenere Aiden” Sean fece un’espressione a metà tra il compiacimento e lo sconcerto.
“Okay, vi farò vedere, devi prestarmi un po' di energia però” Alice lo guardò interrogativa poi comprese che si riferiva ai suoi poteri,
“L’ho fatto molto tempo fa, non so se” lui si schiarì la voce,
“Sai farlo, in confronto a quello che hai fatto nella radura è un giochetto” lei respirò e aprì gli occhi contornati da un alone di azzurrò, allungo le mani sul tavolo, un’espressione di mera concentrazione, dopo pochi secondi una luce calda e azzurra si effuse dalle mani e assunse le conformazione di particelle minuscole e agitate, il demone le sfiorò e queste presero la forma di una piantina tridimensionale. Restammo tutti a bocca aperta compresa Alice quando Sean ebbe finito.
“Incredibile” Carlisle passò la mano sulla città e le particelle cambiarono forma al passaggio di altra materia per poi ricomporsi come fosse acqua o un ologramma. Sean cominciò a descrivere le componenti di quella città immensa, gli angeli e gli arcangeli che vi abitavano, le sedi di controllo per le guardie, il tempio e la montagna rifugio degli anziani, e il Palazzo dei Sussurri, periferico, quasi invisibile per quanto piccolo tra quella massa di edifici sospesi s mezz’aria o fissati a terra al marmo bianco. Lì probabilmente Aiden era protetto da due anziane, le stesse che avevano convito un certo Michele a salvare Alice per la seconda volta.
“Potremmo entrare da sud, qui dal deucalione passare per il campo e arriveremmo al Palazzo, ci basterà trovare un paio di tonache bianche, le anime le indossano, niente ali o ci scoprirebbero, andremo a piedi” Alice ascoltava attenta,
“Non credo si aspettino che tu tenti una cosa così folle, quindi mettere fuori gioco due angeli non sarà un problema, forse due guardie potrebbero controllare l’ingresso principale, l’importante è che non ci scoprano gli anziani” Carlisle e tutti del resto erano rapiti ed entusiasti di scoprire un altro mondo, solo io avevo una brutta sensazione e mi innervosiva quanto ancora non sapevamo.
“E se entrassimo da dietro, da questa, è una pineta no?” chiese Alice,
“Dove, qui?” lei indicò poggiando la mano sulla struttura nello stesso istante in cui lo fece il demone, che indugiò troppo a lungo prima di ritrarre la mano, anche Edward l’aveva notato e mi lanciò un’occhiata divertita, io non lo ero affatto.
“okay, ora abbiamo un piano, partiamo stasera, saremo di ritorno prima dell’alba se tutto va bene” la città di energia svanii e gli altri lasciarono il salotto, Sean indugiò ma gli lanciai un’ occhiata torva. Alice si gettò sul divano sospirando,
“Ci siamo allora” era elettrizzata e spaventata allo stesso tempo, mi sistemai sul bracciolo,
“Cosa c’è Jasper?” mi afferrò la mano intrecciandola tra le dita, mi fissò intensamente,
“Andrà tutto bene” disse dolcemente,
“Non è questo…” mi alzai in piedi di scatto,
“Lui non mi piace, non mi fido” Alice mi osservò seria poi sorrise in modo irresistibile, mi cinse i fianchi premendo il busto contro il mio,
“Non ti piace” mi fece eco continuando a sorridere,
“Si, cioè chi ci dice che non ti lascerà lì, o potrebbe tradirti e consegnarti a loro”
“Mmm… non ti piace” ripetè,
“Alice, ti guarda in un modo, lo sento bene” rise impercettibilmente abbassando lo sguardo imbarazzata poi tornò a guardarmi avvicinando il viso,
“Sei geloso?” scrollai le spalle irritato,
“Geloso di lui, ma ti prego” feci per spostarmi ma mi teneva inchiodato a lei, mi prese il viso tra le mani,
“Jasper Hale, tu sei il mio vero e unico amore, non potrei amare nessun altro” lo sapevo ovvio ma sentirlo da lei mi procurò una gioia incontenibile, l’abbracciai baciandola con passione.
 
 




 
POV Sean

Le ore passarono lentamente, molto lentamente, e poi finalmente calò il buio. Dalla soffitta della casa dove avevo trascorso balzai in giardino, Alice e il resto della famiglia erano già lì, avevo perlustrato da cima a fondo il territorio dei Cullen, davvero ampio sino ai confini col Canada e ricco di fauna e di sentieri impercorribili per gli umani, un posto perfetto. Mi tenni a distanza mentre parlavano.
“Fa attenzione” Bella la strinse forte con gli occhi lucidi, la compagna ed il dottore fecero lo stesso, il compagno le prese entrambe le mani e la fissò dritto negli occhi senza dire nulla, poi lei avanzò verso di me,
“Andiamo” esordi tesa ma impettita, spalancammo le ali e ci alzammo in volo. Le nubi grigie da pioggia assorbivano il pallido bagliore della luna tinteggiando il cielo scuro e con poche stelle, era molto veloce, quasi troppo anche per me, mi sollevai di quota, lei fece altrettanto e con poca fatica, allora accelerai piroettando tra le correnti d’aria cercando si seminarla, non la scorgevo più dietro di me quindi mi fermai sbattendo energicamente le ali per tenermi sollevato, voltandomi indietro avevo la corrente contro, un lampo azzurro mi abbagliò e scattai indietro, sogghignando continuò a volarmi davanti, era più veloce di me, non potevo obiettare, rallentò il ritmo e riuscì a volarle di fianco, il viso lievemente rosato per l’aria fredda e i capelli corvini che piroettavano all’indietro per il vento, aveva un’espressione beata,
“E’ da settimane che non volo…beh almeno non cosciamente” mi disse aumentando il tono della voce,
“E’ dura nascondere ciò che siamo” dissi, mi guardò incerta,
“Ecco fermiamoci qui” era il punto che avevo usato per aprire il portale il giorno precedente, il bagliore delle sue ali azzurre era sempre più intenso e anche i suoi occhi, infiammati, bene pensai, la giusta dose di energia per aprire il varco.
“Ora aprirai il portale… sei un angelo quindi ci riuscirai devi solo immaginare di aprire una porta o un cancello, come preferisci” alzò gli occhi al cielo divertita,
“Sul serio?” annuì impassibile,
“Si sul serio” chiuse gli occhi cercando di visualizzare quello che le avevo detto, non avevo mai visto delle ali così, piume intatte e morbide, di diversa intensità di colore dal blu chiaro in cima e poi azzurro e quasi bianco alle estremità, e quegli occhi, c’era un mondo in quegli occhi.
“Sean?” tornai concentrato, non avevo fatto caso alla sua domanda,
“Adesso che faccio allora?”
“Protendi la mano come se volessi aprirla e canalizza tutta l’energia che hai nella mano” lo fece e funzionò, il varco si aprii in pochi secondi, uno squarcio di luce bianca nella trapunta del cielo e come uno specchio d’acqua dall’altra parte tremolava uno spazio di marmo bianco contornato da edifici. Entrammo.
 
 




 
POV Alice

Varcata la soglia mi sentii immediatamente come svuotata e mi fermai poggiando le braccia sulle ginocchia semi-piegata. Sean mi precedeva di poco,
“Tranquilla” disse serafico,
“E’ normale, aprire un portale ti prosciuga, devi abituarti a questa dimensione, qualche minuto e andrà meglio” mi fece cenno e ci posizionammo dietro un muretto di marmo, la strada anch’essa bianca e di pietra si irradiava all’infinito e una fitta nebbia bianca consentiva di vedere solo le cime degli edifici in lontananza. I due muri alti una 50ina di centimetri costeggiavano entrambi i lati della strada, annusai l’aria, avvertivo odore di erba bagnata e corteccia, la nebbia nascondeva probabilmente una specie di foresta,
“Ritrai le ali, così non ci noteranno, ora è notte fonda nessuno passa per la strada laterale, almeno nessun angelo” ero confusa, io vedevo un'unica strada, quella da cui eravamo sbucati ed era ampia e ben visibile,
“Io non capisco ci sono altre strade ma” si grattò la testa,
“E’ difficile da spiegare, ma non potevo aprire un varco diretto sulla città, sono passato di qui quasi inosservato l’altra volta, è una strada quasi sconosciuta, la vedi cosi chiaramene e vedi solo questa perché il varco era intriso dei miei ricordi” ero ancora più confusa,
“E non ci sono guardie?” scosse la testa,
“Per ora, gli angeli sono in assemblea a quest’ ora, incontreremo qualche anima, ma non diranno nulla o almeno non subito, qui non accade mai nulla di pericoloso o di non previsto” iniziavo a sentirmi di nuovo bene,
“Ok muoviamoci” percorremmo la strada a passo d’uomo, a mano a mano sentivo che ci avvicinavamo sempre più a mio figlio, fremevo dal desiderio di riabbracciarlo. A metà strada una donna anziana e con indosso una toga bianca e lunga oltre il ginocchio apparve dalla fitta nebbia, allarmata guardai Sean che le sorrideva, era un sorriso simulato certo ma era la prima volta che mi soffermai a guardarlo meglio, i tratti incupiti e stanchi svanirono.
“Percepisco il tuo smarrimento cara” disse la donna prima rivolgendo un cenno a entrambi,
“SI, noi siamo appena arrivati, è tutto un po’ strano” la donna squadrò i nostri vestiti, io indossavo un pantalone nero e una camicia rosa antico, Sean i pantaloni e la felpa larga di chissà chi. Rise un po’ stranita.
“Capisco capisco, provai la stessa cosa, perdonate la mia curiosità ma sono morta nel 1812 e sono sempre bizzarri i vestiti delle anime di questo secolo” spalancai gli occhi e Sean mi diede una leggera gomitata,
“Oh certo, si figuri” cercai di apparire tranquilla e sorridente,
“Buona permanenza allora” la donna svanì, Sean accelerò il passo, magari voleva evitare altri incontri di quella natura,
“Hey aspetta, spiegami cosa diavolo è successo, quella signora era una mortale?” Sean annuì pensieroso,
“Cioè le anime beate, conservano il proprio corpo e vivono qui?”
“Vedi il corpo è solo una proiezione, non sono fatti di materia, solo gli angeli qui sono viventi” rimuginai,
“Da dove è apparsa, siamo su questa strada che ha una sola direzione!” ridacchiò,
“Te l ho detto che era complicato, questa città non è come quelle sulla terra, i beati interagiscono tra loro percependo le affinità, okay cercherò di essere più chiaro, i beati pensali come rette parallele che vanno in unica direzione, molteplici infinite rette parallele, e ora immagina un alone che ognuna di esse crea, un alone di luce, la luce fa si che si percepiscano l’una con l’altra e più la luce è intensa più le linee si confondono l’una con l’altra sino a formare un solo piano” mi illuminai,
“E’ come se fossero tutte un'unica anima” Sean annuì colpito,
“SI esatto”
“Quindi sentono tutto, conoscono la vita passata di tutti, e interagiscono senza vedersi o toccarsi, è sorprendente, ma non capisco come ci abbia trovato” ammisi,
“Beh noi siamo un’ interferenza, e come un computer basta che un solo pixel cambi forma e il sistema si accorge che c’è qualcosa che non va, ma i nostri vestiti fanno credere che siamo anime appena arrivate, non lo comunicheranno subito agli angeli” guardai i contorni degli edifici,
“Ma se le anime non vivono lì giacchè non sono propriamente entità fisiche chi?” si fermò,
“Non è ovvio? Gli angeli ci vivono”
 
 
 



 
POV Sean

Arrivammo in città, e subito portai Alice nello spogliatoio del solarium, il primo edificio nei quartieri più bassi, il vapore delle saune ci evitò incontri inopportuni. Gli armadietti bianchi come il resto del circondario erano privi di maniglie o fessure,
“Che vuoi fare qui?” Alice si guardava attorno preoccupata, ma tranne alcune anime di passaggio non c’era nessuno.
“Dobbiamo indossare delle toghe o vestiti, così ci scopriranno subito” Alice annuì inquieta,
“Sei sicuro, dovremmo spacciarci per anime?” scossi la testa,
“Siamo vivi, i nostri cuori accelerati e l’odore non si può camuffare, dobbiamo passare per angeli, cioè per angeli del paradiso, niente ali però, andremo al tempio a piedi” mi tolsi la felpa,
“SI ok ok, ho capito niente ali, non serve che tu me lo ripeta, hey ma che” si girò imbarazzata dall’altra parte, mi ero tolto anche i pantaloni, poi mi resi conto,
“Scusami, per secoli ho visto solo facce maschili, e sgradevoli” ridacchiò,
“Ma dove li prendiamo i vestiti, questi armadietti sono, sigillati” le presi la mano facendola voltare e la adagiai sulla superficie bianca,
“Come pensavo” l’armadietto si aprii con un leggero click, indossai la tonaca bianca con badatura dorata, Alice ne aprii gli altri in cerca di un abito che potesse andarle giusto,
“E’ perché sono metà angelo?” afferrò una toga stretta in vita alla greca, poi mi fissò ammiccando,
“Oh certo” mi voltai lasciandola spogliare, ripensai al giorno precedente, quando era incosciente l’avevo tenuta tra le mie braccia nuda, sentii il fuoco salirmi sulle gote. Ma che diavolo mi prendeva ora.
“Si, inganni il sistema, dato che non possono capire cosa sei a pieno e giacchè sei vampira e sei stata umana e ora anche angelo.”, dei passi cominciarono ad avvicinarsi,
“Andiamo” mi disse e uscimmo dal solarium,
“Camminare fino a quella montagna, a passo umano? Ci vorrà troppo, ho detto che domattina saremmo tornati” riflettei qualche secondo,
“Forse c’è un altro modo, i tunnel” ci avvicinammo al retrobottega di Lucius, era tutto uguale, come se migliaia di anni non fossero passati, da piccolo andavo sempre a prendere il nettare li. Il più dolce della città.
“Wao” Alice contemplava le stradine zigzaganti e gli angeli che svolazzavano da un piano all’altro degli edifici a cielo aperto istallati a più livelli, c’era vita, molta vita, eppure una calma disarmante, flebili mormorii e il rumore del vento tra le foglie, qualche risata.
“Sotto il ponte che collega la città alla foresta ci sono i tunnel, è raccolta energia e si collegano direttamente al tempio, passiamo di lì evitando il percorso più lungo per la foresta” fu d’accordo e ci avvicinammo al ponte.
 
 




 
 
POV Alice

Dopo un’ora percorsa a velocità massima finalmente la luce, uscimmo dal tubo di avorio dove particelle di luce biancastra fluttuavano nel buio e il tempio fu a poche centinaia di metri, c’erano un giardino ben curato e ricco di fontane panchine e colonnati prima del tempio, voci indistinte si fecero sempre più chiare a mano a mano che ci avvicinavamo. Gruppi di angeli camminavano o volavano in direzione contraria al tempio,
“Merda, devono aver spostato qui la riunione, però mi sembra già finita” si bloccò incerto,
“E’ un bene o un male che sia finita?” mi guardò sospettoso,
“E’ un bene perché usciti tutti potremmo andare da Aiden, un male perché potrebbero sapere del nostro arrivo” deglutii, nulla mi avrebbe fermato, andai avanti e dopo una leggera esitazione anche lui mi seguì,  alcuni angeli chiacchieravano seduti su panchine, altri in piedi vicino alle colonne, tutti giovani, bellissimi e con occhi ambrati, emanavano una leggera luce bianca anche ad ali chiuse. Un angelo anziano con due enormi ali dorate passò dalle scale alla fontana a noi più vicina, Sean mi sfiorò la mano irrigidito,
“Vieni qui” ci parammo dietro una colonna ma l’anziano scortato da due angeli in armatura veniva proprio nella nostra direzione e cercare di nascondersi l’avrebbe insospettito, Sean si guardò intorno poi sospirò,
“Scusa ma devo farlo” non capivo cosa intendesse finchè si avvicinò incastrandomi contro la colonna e cingendomi il fianco  mi baciò. Mi baciò ad occhi chiusi e intensamente, finchè il gruppo vedendoci non fu passato oltre, mi scostai in imbarazzo, avevo tenuto gli occhi fissi su di lui e una strana sensazione di piacere e rabbia mi aveva invaso, non dissi nulla, lo aveva fatto per distrarli, ora bisognava pensare ad Aiden.
Riuscimmo ad eludere gli ultimi angeli che uscirono dal tempio e entrammo da un accesso laterale. Non vedevo il futuro da lì, non sapevo cosa sarebbe accaduto ma se non fossimo riusciti a riportarlo indietro probabilmente gli anziani non ce lo avrebbero lasciato più vedere. Il tempio, uno spazio semi-circolare aperto era adiacente ad un edificio, un piccolo castello in pietra,
“Via libera” Sean davanti a me fece cenno di proseguire e ci inerpicammo sulle scale arrivando una piccola torre, sfondai la porta pregando che nessuno sentisse. La stanza era ampia e tappezzata di tende di seta bianca, candelabri e scaffali colmi di libri con tavoli annessi ne riempivano lo spazio, era una sorta di biblioteca. Annusai l’aria.
“Dobbiamo solo cercare, l’edificio non è grandissimo, sarà in una di queste stanze” disse lui, evitava il contatto visivo e sembrava irritato, il castello sembrava deserto, dopo la 5° stanza vuota un profumo familiare mi investì in pieno, da sud, cannella e viole, era lui, mio figlio era qui. Scattai in direzione dell’odore, bloccandomi a pochi centimetri da una porta di legno rosso non del tutto chiusa. Tremante avvicinai la mano alla maniglia ma Sean mi tirò indietro,
“Che fai?” sussurrai impaziente,
“C’è qualcosa che non va, è troppo semplice” si guardò attorno con aria circospetta, non gli prestai attenzione, il desiderio di rivederlo e riabbracciarlo era troppo forte, spalancai la prima anta, gli occhioni blu di Aiden si rivolsero in direzione dello stridore della porta confusi, era tra le braccia di una donna velata di bianco, comprese chi era la figura slanciata e dai capelli corvini e scompigliati e sorrise, mi lanciai verso di lui col cuore colmo di gioia. La donna inebetita non sapeva cosa fare, tentò di indietreggiare ma vedendo Sean si bloccò, mi porse con un’espressione di ghiaccio il bambino,
“Aiden, tesoro sono io, è la mamma” lo avvolsi in un abbraccio, mi sentii bene, finalmente bene dopo settimane,
“Ma…mma” disse con voce limpida, lacrime di gioia mi solcavano le guance, mi soffermai a guardarlo tenendolo sempre tra le braccia, era in buona salute, era cresciuto, non mi aveva visto per mesi, eppure sembrava perfettamente conscio della situazione, era sorprendentemente intelligente. Sean si avvicinò preoccupato,
“Chi è?” Aiden si ritrasse spaventato,
“Tutto ok tesoro, ora andiamo via, a casa” uscimmo dalla stanza e ci fiondammo sulle scale uscendo nel cortile del tempio.
“No…” sussurrai impercettibilmente, 5 guardie armate di bizzarre spade ritorte e gli anziani erano lì ad aspettarci, probabilmente sapevano tutto dall’inizio, Sean aveva ragione, strinsi più forte a me Aiden.  Sean spalancò le ali e si frappose tra noi e loro.
“Demone, fatti da parte!” urlò una guardia piena d’ira. Cercavo con lo sguardo l’angelo dalla barba rossiccia che mi aveva avvisato del maleficio ma non era lì, c’erano 4 angeli con toghe diverse e ali dorate. Non erano tutti gli anziani.
“Alice lascia qui tuo figlio per favore” parlò una donna che mosse qualche passo verso Sean tendendo la mano, sfiorò Sean con la mano e lui intontito si fece da parte, due contro tutti loro, un suicidio. Cercavo con lo sguardo ogni via di fuga, sapevo che per Aiden sarebbe stato traumatico un altro distacco. Un crogiolo di forti emozioni cominciò a sopraffarmi.
“Perché? Cosa vi aspettate che faccia, sono sua madre, non può stare lontano da me” le lacrime premevano per uscire ma tentai di assumere un’espressione furiosa,
“Certo sei sua madre, ma lo facciamo per il suo bene e il tuo, devi imparare ad assumere il controllo totale” aveva parlato un angelo anziano, chiusi gli occhi respirando, un tremito mi scosse tutto il corpo, Sean si avvicinò,
“Prendi Aiden” mi guardò confuso,
“Prendilo!” lo prese in braccio, Aiden spaventato cominciò a piangere, sentii l’energia amplificarsi dentro di me dischiusi le ali calde e luminose,
“Basta menzogne, voi avete il terrore che possa distruggere questo posto da un momento all’altro e tenere mio figlio come ostaggio è la vostra unica garanzia!” strinsi i pugni, le colonne del tempio cominciarono a vibrare e così le panchine e le statue, l’acqua nelle fontane e gli alberi,
“Cosa sta facendo” la donna indietreggiò, l’angelo anziano fece cenno alle guardie che rinfoderarono le armi,
“Beh non sbagliate, ora come ora sento il forte impulso di fare a pezzi tutto” il marmo delle colonne si frantumò in minuscole particelle e così il terreno vorticò in aria e l’acqua scivolò via dalle fontane, tutto si mescolò nel caos, poi bloccai quanto stava accadendo, e tutto si fermò a mezz’aria, sospeso, li guardai uno ad uno, erano sconvolti compreso Sean,
“Michele” la donna gli tirò un braccio, l’anziano con la barba rossiccia apparve nel medesimo istante in cui la donna pronunciò il suo nome.
“Adesso lasciateci andare immediatamente e non osate tornare nella mia vita o crollerà tutto, moriremo tutti qui” sbattei le ali alzandomi a mezz’aria,
“Michele , cosa facciamo” l’angelo fece indietreggiare tutti,
“Va bene, va bene, ora sta calma” accelerai il processo, i boati si amplificarono,
“Vi lasciamo andare fermati ti prego!” disse la donna terrorizzata, Michele la fulminò con lo sguardo,
“Okay, si ora basta, andate!” atterrai rilassando le mani e chiudendo gli occhi, tutto si ricompose, presi Aiden scuotendo Sean ancora irretito. Ci alzammo in volo senza voltarci. Avevo appena fatto l’impossibile.
 
Eravamo usciti dal varco, stringevo Aiden sulla mia spalla infreddolito, si era camato, la brezza fredda gli scompigliava i capelli neri, gli ricadevano quasi sul collo, era passato così tanto tempo, mi sembrava impossibile che fosse salvo oramai. Sean volava dietro di me lentamente, lanciai un’occhiata, guardava in basso, fisso, chissà a cosa stava pensando, avevo fatto paura anche a lui, e in verità anche a me stessa. Scacciai quel pensiero, non volevo rovinare tutto, ora ero felice, completa, e quando Jasper ci avrebbe rivisti. Cominciava ad albeggiare, il cielo rosato si liberava dalla foschia della notte, sentii più vicina la foresta di Forks, tentavo di rallentare e non andare in picchiata per non spaventare Aiden, ma poi notai che era completamente a suo agio a quell’altezza, anzi stava sonnecchiando. Avvistai il verde del pigneto, mi fermai a mezz’aria e altrettanto fece Sean, guardò in su circospetto,
“Ce l’hai fatta davvero” disse guardandomi in maniera criptica, appoggiai il mento alla testa capelluta di Aiden,
“Avevi dubbi?” dissi sorridendo, ricambiò fugacemente poi voltò le spalle,
“Meglio che vada” ma non si mosse, era ovvio voleva dirmi qualcosa,
“Dovresti restare, gli altri vorranno ringraziarti ancora” senza rispondermi planò giù in fretta.
“Dov’è Alice?” l’eco della voce di Jasper mi fece accelerare, avvertii i loro odori, Jasper Bella Edward Esmee Carlisle Jacob, tutti intorno al porticato ad aspettarci, atterrai al centro portando le ali davanti al corpo schermando Aiden, Jasper mi guardò sollevato, dischiusi piano le ali luminose per l’emozione e mostrai Aiden, il sollievo si trasmutò in gioia e commozione, Jasper si slanciò verso di noi e ci abbracciò. Una mano intorno al mio fianco un'altra intorno ad Aiden,
“Hey campione, finalmente sei tornato” gli carezzò la guancia paffuta e gli baciò la fronte, Aiden completamente vigile, agitò le braccia entusiasta, un lacrima argentea mi rigò il volto, ero in estasi in quel momento, non vedevo altro se non loro e quel momento; poi Jasper mi baciò intensamente, e poi Bella Esmee Edward, tutti vennero a vedere Aiden e a prenderlo in braccio, anche Jacob si trastullò, l’unico in disparte era Sean che contemplava la scena da un angolo, fu Jasper a notarlo per primo, gli si avvicinò prendendomi per mano,
“Grazie… davvero” gli pose una mano sulla spalla, Sean imbarazzato sorrise scrollando le spalle,
“Beh, ha fatto quasi tutto lei” ammiccò ad Edward che ci stava raggiungendo, i ridolini di Aiden mi scaldavano il cuore, Bella ed Esmee lo adoravano,
“E’…” Edward esaminò i miei pensieri, tentai di sminuire ma il ricordo era così vivido nella mia mente, e avevo fatto una cosa assurda,
“Ti racconterò tutto” dissi a Jasper stringendomi al suo braccio,
“Bene ora è meglio che vada a sistemare delle faccende, sul serio, se mi tratterrete ancora in ostaggio o in un’altra missione di salvataggio Lucifero verrà a prendermi di persona” Edward scoppiò a ridere,
“Okay, addio demone” disse e anche Carlisle lo salutò, guardò me e Jasper indietreggiando,
“Allora, Alice, è stato un piacere” avevo la sensazione che non si sarebbe più fatto vivo.
“Entriamo!” annunciò Bella con Aiden in braccio.

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Capitolo 8
*** Boston ***


Christine Kraford agitata sventolava una mano a mezz’aria per creare un po’ di brezza nella calura estiva, l’aria era umida e pesante e forse ancora più ribollente a causa del cielo ricoperto di nubi e l’aria stagnante. Da lì, dalla finestra ampia che dava sul cortile della scuola osservare i bambini giocare le dava un brio insolito. Era il primo incarico di ruolo che le assegnavano, non era più tanto giovane ma ce l’aveva fatta. Mancavano 10 minuti alla fine della ricreazione, presto avrebbe conosciuto gli alunni della 2F, lanciò uno sguardo rapido dietro di sé pe controllare che fosse tutto in ordine sulla cattedra e tra i banchi, perfetto, la Abygeil School era un edificio  moderno e immenso, 6 piani che ospitavano le materne e le elementari, tre ascensori per piano e 10 porte di servizio, la sicurezza prima di tutto. Quando Cristine era arrivata si era quasi perduta alla ricerca della presidenza. Avanzò verso la cattedra per sedersi, il tallieur nero era un po' sgualcito,
“Oh” abbassando la testa non aveva sentito entrare una donna,
“Salve” disse lei, aveva un aspetto fantastico, Christine provò una punta d’invidia per quella giovane donna dai capelli biondi e riccioluti e gli occhi di un verde tenue,
“Sono Phoebe Mills, insegno religione da quest’ anno” sorrise in modo ammaliante, Christine si sforzò di fare altrettanto,
“Christine Kraford” tentò di nascondere l’evidente accentò britannico,
“Non è di queste parti vero?” disse la donna,
“In realtà mi sono trasferita a Boston da 8 anni, ma la mia dizione non è andata perduta” Phoebe si accomodò sulla cattedra,
“E’ un bene, adoro gli inglesi” accavallò le gambe sinuose e perfette, una pelle liscissima e lievemente abbronzata, quasi dorata.
“Io invece sono appena arrivata, ed è il mio primo anno da insegnate” una novellina, eppure aveva una chiara sicurezza,
“In un certo senso anch’ io” non aggiunse altro giacchè la campanella suonò e i bambini cominciarono ad entrare in classe, qualcuno accompagnato dai genitori. Phoebe non accennò ad andarsene, Christine riflettè ripesando all’orario, era la sua ora quella.
“Oh mi hanno detto che dovrò assistere alle tue lezioni per qualche settimana” Christine annuì incerta,
“Bene bambini, sediamoci ok?” stava per dirigersi verso la porta per chiuderla quando vide due sagome all’entrata, un bambino minuto dai capelli neri folti, vestito alla perfezione, una camicetta e dei pantaloni ben stirati, la cosa che la colpì  furono due occhioni di un azzurro intenso, poi guardò la madre accovacciata su di lui, gli sussurrava qualcosa, anche lei era bellissima, capelli corvini, occhi ambrati e pelle marmorea, indossava un vestito da sogno, Christine guardò Phoebe che si avvicinò curiosa,
“Quella è Alice Cullen” disse,
“La conosci credevo fossi nuova?” lei indietreggiò abbassando la voce,
“Si ma ho lavorato qualche mese fa in segreteria e l ho vista, è una donna davvero singolare” Christine si sporse per guardare ancora, Alice le sembrava una ragazza troppo giovane per avere un bambino di 7 anni, però doveva ammettere che suscitava un certo fascino,
“Quanti anni avrà,  al massimo 25? E’ una ragazza madre?” Phoebe scrollò la testa,
“Non credo, ho sentito dire che è sposata, il marito lavora alla Columbia University, assistente del professor Giliam Deborsh” Christine restò basita,
“E lei?”
“Credo sia una designer e organizza anche eventi” le sorrise mogia,
“Beh c’è chi ha tutto e chi a 37 anni ottiene il suo primo incarico di ruolo a scuola” Phoebe rise e lei fece altrettanto. Forse sarebbero diventate amiche in fondo. Il bambino chiuse la porta dietro di sé e sedette all’unico banco libero al centro dell’aula.
 
 



 
POV ALICE

“Sono in ritardo” guardavo ossessivamente l’orologio da polso sottile e leggero, la mano destra sul volante la sinistra a tamburellare sul poggia-mano, c’era un traffico incredibile, sempre, gli umani andavano sempre tutti alla stessa ora in un unico posto, o almeno così sembrava, non potevo farci nulla, altri 15 minuti e avrei subito l’ennesima predica del signor Rush. Sistemai lo specchietto retrovisore e diedi un’occhiata fugace al viso, tutto perfetto, il colore ambrato degli occhi si era opacizzato, presto avrei avuto bisogno di bere. Dopo 12 minuti esatti fui davanti alla WWdesigners, parcheggiai alla buona e presi l’ascensore, così lento e snervante, abituarsi alla loro velocità era stata una sfida e in 5 anni avevo ancora momenti di impazienza seriale. Certo a Forks lo facevamo, ma si trattava di fingere per poche ore al giorno, qui invece, sempre.
“Cullen, ma che piacere incontrarsi qui” Frank Dowson, il capo reparto mi studiò al solito soffermandosi su diverse zone della mia gonna alta e avvitata e sul top bianco, al solito lo ignorai,
“Te la sei scampata per qualche minuto, Rush non è ancora arrivato” sogghignò, l’ascensore fece un’altra fermata al 5° piano, Olly, una paffuta segretaria alle risorse umane barcollò nello spazioso cubo di metallo, aveva una miriade di scartoffie tra le braccia.
“Olly ci hai interrotto” disse Frank irritato,
“Oh tesoro, neppure se girassi in tutù 3 volte intorno all’edificio avresti qualche possibilità con lei” mi fece l’occhiolino, Frank ci riflettè su,
“Se lo facessi tu…” alzai gli occhi al cielo divertita,
“Fammi pensare, no, proprio no” Olly sospirò, finalmente arrivammo all’8°. Scattai il più in fretta possibile, qualche ora e sarei tornata a casa. Era un giorno diverso e stressante, oggi avevo mandato Aiden alle elementari.
“E’ sposata, quando lo capirai” sentii sussurrare Olly,
“Si ma è così…” poi senti un tonfo, probabilmente Olly gli aveva tirato un pugno.


 
Christine ascoltò soddisfatta la fine della quinta ora, i bambini erano liberi di andare, era stato un buon inizio e con sua sorpresa Phoebe aveva ascoltato la sua lezione di matematica come il resto della classe. I piccoli erano adorabili e già aveva inquadrato le diverse personalità, i timidi e gli sfacciati, i piccoli futuri nerd e i pigroni, Alex  e Hannah, Jody, Ralph, Andy, Sofie, e poi c’era Aiden, quel ragazzino l’aveva colpita sin da subito. Era molto taciturno, nulla di sconvolgente, aveva detto di essere nuovo nella classe alla presentazione e di provenire da Forks, mai sentita quella città. Sembrava molto perspicace, osservava e ascoltava attento le mie parole e i commenti degli altri o le loro domande. Gli occhi blu scrutavano ogni dettaglio, nelle due pause che aveva fatto però non si era avvicinato a nessuno, neppure ai timidi in fondo all’aula che iniziavano a fare i primi passi. Rimasto seduto al suo posto era attirato da un'unica cosa, il giardino, forse desiderava giocare in cortile.
“Domani potrai giocarci di nuovo” gli aveva sussurrato Christine all’orecchio passandogli accanto, lui aveva sorriso e quasi avesse capito cosa  avrebbe voluto che facesse era andato a parlare con Sophie e Alex. Era compiaciuta e leggermente turbata, strano come il suo comportamento fosse mutato in pochi istanti. Seguendo il flusso e arrivando all’entrata molti genitori erano venuti a recuperare i bambini e lei si aspettava di vedere la madre ma al contrario vide un uomo, alto e ben vestito, con un lungo cappotto di camoscio, capelli biondi e arruffati, espressione lievemente contratta, si rilassò guardando in direzione di Aiden, era l’unico genitore che non si era immerso nella folla per cercare il figlio, come i pinguini imperatore al ritorno dalla pesca fanno con i loro piccoli, vicino al cancello rimaneva immobile, sorrise al bambino che accelerò il passo andando verso di lui e lo abbracciò, poi svanirono voltando l’angolo.
 
 



 
 
POV ALICE

Esausta mentalmente più che fisicamente salii lentamente le scale sino al 5° piano, il solito odore di tabacco e the dei corridoi mi turarono le narici. Era un condominio spazioso e futuristico, il parquet di legno scuro era una caratteristica di tutti gli appartamenti, la soffice moquette grigia dei piani era spolverata una volta al giorno, l’ascensore era cigolante ma funzionava, soprattutto utilissimo per i Dankan al 9° piano, una coppia di vecchietti adorabili, avevo imparato molto in 5 anni, avevo la sensazione di conoscere quasi tutti gli inquilini. Il nostro di appartamento era ampio, 1 area cucina e soggiorno, 3 camere da letto e 2 bagni, probabilmente uno tra i più costosi che affacciava con un’ampia vetrata al centro di Boston. Carlisle aveva suggerito che mescolarsi tra tanti umani in una città enorme avrebbe fatto la differenza. E le cose funzionavano bene. Osservai il tappetino beige istoriato con un candido benvenuto in corsivo. Cercai le chiavi nella borsa nera. Per Jasper era stata dura all’inizio, tutte quelle persone, quegli odori e quel cumulo di emozioni, era stato forte però, e anche a me avevano destabilizzato le visioni, i primi tempi mi ottenebravano i sensi in qualsiasi momento, migliaia di combinazioni di futuri possibili che si intrecciavano da persona a persona, e io vedevo tutto, vedevo quei legami. Voci soffuse mi giunsero quando chiusi con delicatezza la porta. Erano in soggiorno, Aiden trangugiava un toast al formaggio seduto al tavolo ridacchiando e Jasper gli era di fronte appoggiato contro il marmo nero, Aiden mangiava cibo umano come Nessie stranamente e anche il sangue andava bene, ma preferiva il gusto del primo; erano le 20, di già. Appena avvertì la mia presenza si voltò, sorridendo. Gettai la borsa e il cappotto sul divano,
“Lo so è tardi, non hai idea di quanto ci fosse da fare” baciai Jasper e mi fiondai su Aiden,
“Mamma! Daii” tentò di schermare i miei baci ridendo,
“Allora com’è andato il primo giorno?” Jasper avvertiva quanto fossi nervosa, Aiden era rilassato e allegro,
“Stavamo giusto parlando di questo, vero campione?” Jasper ritirò il piatto vuoto di AIden,
“Si, sono tutti gentili, anche la maestra, e poi ho un’amica” mi rilassai,
“Oh, davvero? La mamma deve essere gelosa?” Aiden saltò giù dallo sgabello,
“Hey” corse via ridendo,
“La favola mamma! Dopo ti racconto” e sparii in bagno, scossi il capo felice, a volte era più testardo di Jasper.
“Non sono io quello testardo” mi cinse da dietro appoggiando il mento sulla mia clavicola,
“Ah no?” alzai la testa sfiorandogli le labbra, a volte sembrava leggermi nel pensiero,
“Mamma!” eravamo rimasti in quella posizione per 5 minuti buoni,
“La favola, il mio lascia-passare per sapere tutto quello che ha fatto oggi” mi sorrise lasciandomi andare,  avrei tanto voluto vedere sempre il futuro di Aiden, ma anche lui era unico e non mi era possibile molto spesso.
 




 
 
POV JASPER

Dischiusi leggermente la porta di Aiden e vidi Alice china su di lui con un libro arancione chiuso, entrambi sul lettino, accoccolati l’uno all’altra, Alice gli spostava i ciuffetti di capelli neri dalla fronte mentre lui bisbigliava qualcosa, la luce della lampada era soffusa e rifletteva le piccole stelle fosforescenti attaccate al soffitto. Mi appoggiai allo stipite osservando e provando un forte benessere, non potevo desiderare altro dalla vita.
“Dai ti prego, fa la magia ti prego!” esclamò Aiden più forte, Alice alzò gli occhi al cielo divertita e gli solleticò il collo,
“Va bene pulce” chiuse gli occhi per un istante e lì riaprii, un tenue azzurrò le colorò le iridi, poi agitò leggermente la mano sinistra a mezz’aria e particelle di energia blu cominciarono a formarsi, presto tre figure danzavano davanti al lettino di Aiden, quasi pattinassero su ghiaccio, due sagome più grandi e una più piccola, avevano i nostri lineamenti. Aiden battè le mani entusiasta sollevandosi dal lettino. Le tre figure si tenevano vicine poi si fermarono e l’immagine svanii in un abbraccio di luce.  
 





POV ALICE

Dopo una decina di minuti uscii dalla stanza di Aiden, si era addormentato, Jasper aveva acceso la tv e aveva impostato un volume decisamente alto per noi ma perfetto per un umano, anche a casa dovevamo stare attenti. Mi defilai nel bagno più grande per togliermi i vestiti e indossare qualcosa di più comodo, non ero mai stata una tipa da tuta o pigiama in casa, ma adesso ne sentivo la necessità, comodità e riposo almeno per qualche ora. Indossai un leggins nero e un top rosa, mi lavai i denti osservandomi allo specchio, cominciavo ad avvertire un certo malessere e un bruciore all’altezza delle spalle. Di nuovo, ogni volta che usavo i miei poteri le ali premevano per uscire. Il riflesso blu delle mie iridi non svaniva. Aspettai qualche minuto. Piccole gocce di sangue caddero sul lavabo bianco.
 





 
POV JASPER

Fissavo disinteressato lo schermo piatto del televisore, più attento ad ascoltare la lite dei Finly fuori, erano proprio bizzarri gli umani, litigare per un parcheggio. Sentii il fruscio della porta d’ingresso.
“Alice?” mi alzai dal divano sbirciando nella stanza di Aiden, luci spente e dormiva beato, notai la luce soffusa sotto la porta del bagno; Alice si era cambiata e sembrava passato un uragano, sorrisi, tuttavia mi allarmai scorgendo tre minuscole gocce di sangue che disegnavano strisce sottili verso il centro del lavandino. Sapevo dov’era andata. Chiusi lentamente la porta d’ingresso per non svegliare Aiden e afferrai le chiavi, presi le scale arrivai al 10° piano dell’edificio, una scala a chiocciola portava sul tetto. Era fredda quella notte, il vento sferzava violento contro le antenne che oscillavano emettendo un sibilo, il terrazzo era ampio, quadrangolare e privo di ringhiere o impalcature, solo freddo cemento, antenne e l’impianto di riscaldamento dell’edificio che emetteva una leggera foschia grigia. Alice era all’estremità del parapetto, per qualche secondo rimasi immobile ad ammirarla, le ali azzurre erano completamente dispiegate ai lati come se le stesse stiracchiando; era da tempo che non lo faceva. Mi avvicinai piano. Le sfiorai un’ala morbidissima, lei la spostò con naturalezza e le fui accanto.
“Tutto bene?” sospirò guardando verso il basso, gli occhi le ardevano, le presi la mano, le ali fremettero,
“Jazz” rise nervosa lasciandola,
“Sai l’effetto che…” mi avvicinai ancora di più e le cinsi i fianchi,
“Jazz, non è una buona idea, è sempre più difficile trattenermi, lascia che torni” scossi la testa ponendole un dito sulle labbra,
“Non devi nasconderti anche da me” l’abbracciai e una luce soffusa illuminò il cemento opaco.
 
 




 
 
POV ALICE

Tornammo giù dopo un quarto d’ora, Aiden dormiva ancora come un angioletto, era stato difficile richiudere le ali, e doloroso, barcollavo quasi arrivati alla porta di casa; Jasper mi prese un braccio tenendomi sollevata, mi portò nella nostra camera da letto, ero stremata.
“Alice stai sanguinando” le cicatrici facevano male, Jasper posò la mano sopra la maglietta e sussultai,
“Fa vedere” mi alzai di scatto, non volevo che si preoccupasse,
“Alice” ero troppo stanca per oppormi, tirai via la maglietta, Jasper impallidì per un istante, andai allo specchio e in effetti c’era molto sangue che usciva dalle fessure ma stava già diminuendo, lo sforzo di rimetterle dentro, Jasper svanii e ritornò in un lampo con ovatta e garze.
“Vieni qui” mi sedetti a gambe incrociate sul bordo del letto a seni scoperti mentre lui mi medicava la ferita, nonostante fosse così delicato al minimo sfiorare sembrava che mille aghi mi si conficcassero nella pelle.
“Mi dispiace Ali” gli strinsi l’altra mano,
“Tranquillo, non fa male” cercai di sorridergli,
“Lo sento il tuo dolore” mi baciò la fronte e srotolò le garze,
“Dovevo farlo, lo sai ogni volta che uso i poteri ne avverto la necessità, ma stavolta…ahi…” finito mi massaggiò la parte bassa della schiena,
“Forse è perché non lo fai spesso… non ti fa bene, dovresti anche volare” mi voltai pensierosa,
“Jazz, se non ci hanno mai trovati fin ora è perché ho tenuta nascosa la mia natura angelica, per questo lo faccio” annui serio,
“Lo so, ma vederti sanguinare” gli sfiorai con le dita il ciuffo di capelli biondi sulla fronte,
“Così puoi medicarmi e prenderti cura di me” si protese per baciarmi,
“O forse è una scusa per farmi togliere la maglietta” lo spinsi via, divertito mi guardò desideroso, misi una felpa e mi buttai sul letto abbracciando il cuscino,
“Vieni qui” dissi e si distese accanto a me, un altro giorno era passato, e noi eravamo salvi.




POV Jasper
 
Erano le 8 ed avevo pochi minuti per evitare il traffico, Alice apparve dallo stretto corridoio del salotto con capotto e borsa alla mano. Aiden assonato ma pronto finì di allacciarsi le scarpe,
“Hai preso il libro di storia?” annuì mettendosi lo zaino in spalla,
“Da un bacio alla mamma” gli scoccò un bacio sulla guancia e virò verso di me,
“Aspetta Alice!” stava per richiudersi la porta dietro quando scattò a velocità sovrumana e mi baciò dolcemente,
“Alicee” Aiden rise,
“Cos’altro ho dimenticato?” adocchiai il frigo, alzò gli occhi al cielo,
“La mamma perde colpi, tu che ne dici?” Aiden scrollò le spalle e mi fissò divertito con quegli occhi profondi e blu,
“Jasper, non provocarmi” ripose il bicchiere vuoto sulla mensola, piccole gocce di sangue gravitavano ancora intorno all’imboccatura. Dovevamo nutrirci costantemente stando così tanto a contatto con gli umani. Fortunatamente Carlisle ci spediva intere scorte di sangue senza destare sospetti.
“Okay, ora vado, ci vediamo stasera” mi baciò la mano e lisciò la guancia di Aiden.
“Okay ometto, si va a scuola anche oggi” dovevo accompagnarlo ed essere dal professore in meno di 30 minuti. Mi rassegnai all’impossibilità della tempistica. Lasciai Aiden davanti all’ingresso e portai la BMW al campus di Boston. In fondo era divertente fare il professore e tra l’altro nella mia posizione di assistente di un rinomato veterano incutevo timore e stupore negli studenti, perché a dirla tutta ero giovane per essere un assistente e sin troppo bravo per essere un assistente. Entrai nell’atrio a sud ovest, quello meno affollato, quella città era enorme e le università contenevano migliaia di studenti, era stato difficile all’inizio, ed in seguito forse di più, ma col tempo, dopo 5 anni le cose andavano bene, riuscivo quasi a ignorare del tutto l’odore degli umani quando non entravano in contatto diretto con me, certo tranne il piccolo incidente di due anni prima. Ma era stato inevitabile aveva detto Alice, e comunque nessuno si era fatto male del tutto e cosa più importante nessuno ci aveva scoperti.
“Professer Hale, salve” una studentessa in iperventilazione a causa dei riscaldamenti portati al massimo mi sfiorò la spalla, mi voltai,
“Si, mi dica” la ragazza aveva un cumulo di libri tra le braccia e probabilmente il borsone altrettanto pieno,
“Non credo si ricordi di me, Jane Allet, corso 7, biomeccanica” mi sforzai di ricordare ma non prestavo troppa attenzione agli studenti, più familiarizzavo più era difficile controllarmi,
“No, scusami” passai al tu perché avvertivo una forte ansia, gli umani provavano delle emozioni amplificate, a volte mi stordivano completamente, le feci anche un sorriso, e si imbarazzò incantandosi per un attimo ma si calmò,
“Sto per discutere la tesi e volevo chiederle se potesse farmi da relatore ecco” dovevo rifiutare educatamente,
“Jasper diamine, dove ti eri cacciato?” Robb Fisher, ortodonzia, un tipo robusto ed espansivo, fin troppo, ma affabile ci interruppe bruscamente, lanciò un’ occhiataccia alla ragazza che si defilò,
“Non è carino Robb” socializzare con i colleghi era automatico, in fondo 5 giorni a settimana e per 8 ore ero lì.
“Sei in ritardo” cominciò a camminare euforico facendomi segno di seguirlo, imboccammo il corridoio C e salimmo al 1° piano, stavamo andando nella sala congressi?
“Si” mi guardai l’orologio, la lezione iniziava fra 10 minuti,
“Devo andare in laboratorio o McFinnley mi uccide” Robb aveva 40 anni, ed era di ruolo, un sorrisetto bonario e due occhi grigi che riflettevano la capigliatura brizzolata gli conferivano un’ aria un po’ cupa ma conoscendolo era l’esatto opposto, sospirò fermandosi,
“E’ da McFinnley che stiamo andando, riunione speciale, e non immagini per cosa” arrivammo all’ampia porta vetrata. Guardai Robb ammiccando,
“Beh, dimmelo” quella strana eccitazione ritornò,
“Anticipa il galà quest’anno, a stasera!” fantastico, Alice non l’avrebbe presa bene.





 
“Christine?” Phoebe arrivò col suo perfetto outfit, i capelli riccioluti e biondo fragola ben raccolti e con quei suoi occhi verdi penetranti. Christine era appoggiata alla ringhiera e osservava gli studenti ai piani sottostanti correre inciampare spintonarsi o chiacchierare immobili intralciando la strada agli altri.
“Devo presentarti una persona” solo allora Christine alzò lo sguardo stanco e tentò di obnubilare la mela morsicata che aveva nella destra, una arcigna signora di mezz’età, con un tallieur grigio era accanto a Phoebe e osservava l’edificio sprezzante,
“Lei è Miss Doudile, sarà la supplente di Geordy per 3 o 4 mesi” la povera Geordy si era rotta una gamba la scorsa settimana, era caduta da cavallo. La donna la fissò indifferente e allungò una mano ossuta e ricoperta di macchie,
“Piacere, Cristal?” Christine si sforzò di sorridere,
“Christine” disse con voce squillante, la donna fece spallucce e si aggiustò una ciocca spiovente di capelli color fango portati a caschetto.
“Se volete scusarmi, i bambini mi aspettano” si defilò.
“Wao” Phoebe rise e si copri le orecchie al suono della campanella stridula,
“Kevan voleva che te la presentassi, è una tipa strana” andarono nella 2F per l’ora di religione,
“ Mai quanto te” disse Christine. Con loro sorpresa Miss Doudile era lì, immobile in un angolo a fissare i bambini,
“Scusate, devo aver sbagliato classe” fece per andarsene ma Phoebe la bloccò per un braccio, Christine guardò stupita l’amica, il volto le si era contratto per la rabbia,
“Lo lasci” la donna aveva semi-nascosto un bambino dietro la gonna, guardò Phoebe con aria di sfida ma poi si portò la mano sinistra al petto con aria innocente,
“Dove voleva portarlo?” intervenne Christine per smorzare la tensione, il piccolo AIden restò tra loro tre indeciso sul da farsi, Phoebe si protese verso di lui e gli accarezzò una guancia sorridendo,
“Tutto okay Aiden, torna pure al tuo posto” Miss Doudile cambiò totalmente atteggiamento ma si rivolse alla sola Christine,
“Scusami Cristal, mi avevano detto che questo bambino doveva essere nella mia classe, mi avranno dato una lista sbagliata” sorrise e si recò verso la porta. Una donna alquanto bizzarra.



 
 
 
 
POV ALICE

Non amavo gli imprevisti, non li avevo mai vissuti né mai capiti sino in fondo finchè non ero diventata quella che ero, quella che sarei sempre dovuta essere, un angelo. Con gli altri e i demoni e poi con Aiden non vedevo le cose chiare e in verità essendo anche Aiden unico non riuscivo a focalizzare mai totalmente il suo futuro, ed era spaventoso non sapere. Adesso ci si mettevano anche gli umani, tutte quelle vite collegate le une alle altre da fili invisibili, tutte quelle visioni che mi si accavallavano in testa, un caotico sciabordio di flash e sussurri, e il cambio di programma di McFinley non lo avevo previsto. Non salutai neppure Josh, il portiere, e mi fiondai subito all’appartamento, erano le 4 di pomeriggio, mi ero defilata dall’ufficio subito dopo la chiamata di Jasper. Non poggiai la mano sul pomello d’ottone che Jasper mi aveva immediatamente aperto, si era appoggiato allo stipite della porta,
“Non funzionano gli occhi dolci” dissi cercando di essere arrabbiata, ovviamente lui non poteva farci nulla ma aveva accettato quel cambio di programma con troppa serenità, mi afferrò la mano mentre impettita mi dirigevo in cucina e mi avvinghiò a sé, si soffiò via un ciuffo di capelli dal viso,
“Nemmeno così?” mi sussurrò all’orecchio baciandolo dolcemente, un fremito mi corse lungo la schiena,
“No” ma non potevo resistergli, da quando ci eravamo trasferiti a Boston restare separati per così tante ore al giorno era una tortura.
“Andrà tutto bene Alice” mi disse mentre cominciai a cercare i numeri delle babysitter nel cassettone di marmo,
“Non ci sono” dissi smettendo di rovistare,
“Oh, hai già visto” sospirai vagliando le possibilità quando all’improvviso mi si illuminarono gli occhi,
“La tua idea …d’accordo” Jasper mi guardò confuso,
“Edward e Bella, sono andati a Jacksonville da sua madre, c’è anche Renesmee con loro, potrebbero essere qui in 2 ore e badare a Aiden mentre noi andiamo a quella stupida festa” Jasper sorrise,
“Bene, li chiamo…Alice? Tutto ok?” avevo una strana sensazione, in fondo era solo una serata di beneficenza e dovevamo andarci, tra gli umani, non poteva accadere nulla, Jasper aveva il controllo, ed io…
“Qualcosa non va?” scossi il capo, non avevo visto nulla di strano, ero solo persa nei miei pensieri,
“Solo non vorrei coinvolgere Bella ed Edward nei nostri problemi” 5 anni fa era stato un inferno per la famiglia, Jasper mi prese le mani,
“Hey, cancella qualsiasi cosa si avvicini al senso di colpa, è passato ormai, ho vissuto gli anni più belli della mia vita da quando sono con te, e ora che mi hai dato Aiden è tutto ancora più meraviglioso, qualsiasi cosa accadrà l’affronteremo insieme” lo abbracciai intensamente, sentiva l’angoscia che provavo apparentemente senza ragione, non riuscivo a scrollarmi di dosso l’idea che quella serata improvvisa fosse uno sbaglio, ma il tocco di Jasper mi tranquillizzò.
“Vedrai Bella ti farà rimpiangere di non averla “coinvolta” più spesso, è passato almeno un anno e mezzo da quando le hai permesso di venire”
“Già” sospirai, mi mancava, tutti loro.
 




 
POV JASPER

Avevo ripotato Aiden a casa un paio d’ore dopo. Fuori pioveva a dirotto, una pioggia densa e pesante che dava fastidio anche a noi. Cominciavo a sentire gli effetti della sete, prima del ricevimento dovevo essere pronto, un bicchiere poteva scheggiarsi, qualcuno ferirsi, scivolare e battere la testa, un incendio o peggio. Fermai il flusso dei pensieri mentre salivamo le scale, no Alice avrebbe visto, se c’era qualcosa che non andava mi avrebbe fatto uscire di lì.
“La zia Bella e lo zio Edward?” domandò Aiden e sentii crescere la sua eccitazione,
“Proprio così” dopo che Alice tornò dal paradiso con nostro figlio in braccio non osavo allontanarmi mai troppo a lungo da loro, la sola ipotesu di perderli ancora mi toglieva il fiato; eravamo rimasti con gli altri per 1 anno, poi il piano di trasferirci a Boston e confoderci tra gli umaniper depistare ogni altro angelo o demone che intendeva perseverare in quella follia.
“Mi ricordo papà” era così intelligente e le sue intuizioni… a volte credevo che leggesse nel pensiero o che stesse sviluppando il dono di Alice, ma effettivamente non aveva poteri psichici, non ancora per lo meno.
“Ne ero sicuro”  sentivo dalle sue emozioni che ricordava e che provava affetto sincero nei loro confronti, arrivammo alla porta.
“E sai una cosa, credo verrà anche Renesmee, vedrai quanto è diventata grande” gli diedi un buffetto sulla guancia, sorrise.
“Siamo a casa” sussurrai impercettibilmente, Alice ci aveva sentiti e apparve dal corridoio già perfettamente pronta. Feci scivolare via lentamente la sciarpa mentre la contemplavo, era così bella, aveva scelto un vestito avvitato color cremisi con dei ricami floreali dorati sulle maniche trasparenti. Mi sorrise.
“Sei un incanto” gli fui in un secondo di fronte e le presi le mani, Aiden si tuffò in mezzo a noi,
“Papà non sei geloso? La mamma è troppo carina, tutti le correranno dietro alla festa” i mille campanellini della risata di Alice si diffusero in tutta la stanza.
“Ma io ho occhi soltanto per due uomini nella mia vita” gli baciò i folti capelli neri,
“Ora va a mettere il pigiama” rimasti soli l’attesa cominciava a farsi sentire.
“Saranno qui fra 20 minuti” il suo sguardo si perse nel vuoto per un attimo, il volto corrucciato,
“Che c’è?” andò allo specchio rettangolare dell’ armadio a muro del soggiorno, cominciando ad osservarsi e ad aggiustare l’abito.
“Edward ci dirà che dovremmo tornare a Forks quest’estate” mi avvicinai rilassato, le cinsi la vita da dietro baciandole il collo sinuoso e marmoreo,
“Beh, non mi sembra una cattiva idea, mi manca Forks, e a Aiden farà bene, un po’ di natura incontaminata, l’oceano, la nostra casa” Alice annuì guardando i nostri riflessi allo specchio, percepivo il suo timore, Boston era stata una bolla protettiva per Aiden.
“Si, hai ragione, credo.” Appoggiai il mento sulla sua clavicola muovendo due dita lungo la sua schiena, si rilassò completamente,
“Andrà bene stasera, sarà noioso come tutti gli anni” sorrise stringendosi a me.
Le scie di Edward e Bella cominciammo a percepirle quando il rombo della BMW placcata in nero di Edward si spense del tutto. Jasper aveva indossato nel frattempo uno smoking  elegante che gli calzava a puntino, soddisfatta gli sistemai ciuffi biondi ribelli che ricadevano insistentemente in basso. Aiden guardava un cartone nella sua stanza, il vocio del piccolo televisore era un sottofondo piacevole. Presto bussarono alla porta, fu Jasper a precipitarsi ad aprire, per un istante provai timore, cosa avrei detto a Bella e a mio fratello? Come avrei giustificato il fatto di non essermi fatta via da quasi 2 anni. Quei pensieri si affievolirono quando Bella entrò, trovandosi davanti Jasper, gli sorrise estasiata e lo abbracciò baciandolo sulla guancia, Edward entrò dopo di lei e tirò a sé Jasper scoccandogli due pacche sulla schiena, ma Bella venne velocemente verso di me e mi abbracciò con una tale calorosità da farmi venire le lacrime agli occhi.
“Alice mi sei mancata!” disse stringendomi sempre di più, feci altrettanto, ero così felice e allo stesso tempo lacerata dalla consapevolezza di aver fatto passare così tanto.
“Lo so Bella, anche tu, non immagini” Edward e Jasper si avvicinarono, Edward allungò il braccio per arruffarmi i capelli ma bloccai la sua mano a mezz’aria,
“Edward! Non fare l’idiota” lo canzonò Bella lasciandomi andare sicchè Edward potè abbracciarmi come si deve, <> pensai automaticamente e lui scosse la testa,
“Siamo qui, è questo che conta” Jasper sondò le emozioni ma il clima di adrenalina soffocava ogni barlume di negatività; ci spostammo in soggiorno e ci accomodammo sui due divani, sedetti accanto a Bella cingendole il fianco con un braccio.
“So che avete questa cena ma ragazzi dovete raccontarci tutto quello che è successo negli ultimi mesi” mi guardò intensamente,
“SI Bella te lo devo, comunque niente di esaltante”
“La vita da umani è piacevole in effetti, anche se mentalmente stressante” aggiunse Jasper, Edward ridacchiò,
“Come va col controllo?” Edward toccò un tasto un po’ dolente ma Jasper non lo diede a vedere,
“Nessun altro incidente, me la sto cavando” solo allora realizzai che Renesmee non era entrata con loro,
“Dov’è Nessie?” Bella mi picchiettò sul ginocchio, non aveva ancora accettato di buon grado quel soprannome,
“A casa” disse lei stupita,
“Perché Alice?” io avevo sentito l’odore di un mezzosangue,
“No credevo, mi sono sbagliata, ci sono molti odori, troppi qui”
“Zia Bella e zio Edward!” Aiden comparve silenzioso dalla cucina, in pigiama, Edward si alzò e lui gli corse incontro salendogli in braccio, era eccezionale come il suo affetto non fosse stato scalfito dalla distanza e dal tempo,
“Accidenti, se sei cresciuto e sei pesante!” Edward fece finta di cedere e solleticò Aiden rimettendolo giù,
“Un bacio, vieni qui!” Bella gli prese il visino tra le mani soffermandosi a guardare i due grandi occhi blu,
“Più cresce più ti somiglia Alice, è straordinario” Jasper venne a sedersi accanto a me sorridendo,
“Mamma mamma posso far vedere a zia Bella il regalo che ho comprato a Renesmee?” Bella si illuminò curiosa, annuì, Aiden era davvero un bambino dolce.
“Allora Alice” Edward tornò a sedersi di fronte a noi mentre Bella ed Aiden sparirono in corridoio,
“Ancora nulla?” sapevo cosa intendesse dire, Aiden non aveva sviluppato nessuna capacità psichica, non era veloce o forte come Renesmee alla sua età, lui era diverso.
“Capisco, ci vorrà tempo, comunque nessuno può sapere cosa accadrà, volevo solo portare un aggiornamento a Carlisle” Jasper mi prese la mano,
“Parla dei poteri di Aiden” si  rilassò, Jasper voleva credere che rimanesse  un bambino  per sempre.
“Cosa succede a Forks?” chiese,
“Oh nulla, in effetti proprio nulla, I Cullen penso che fra un po di anni si trasferiranno, beh, ci trasferiremo, io e Bella pensavamo di venire a stare a Boston” Jasper notò l’impennata del mio nervosismo,
“Qui? Edward può essere pericoloso, lo sai bene fosse per me…” lui la ignorò entusiasta,
“Potremmo affittare il monolocale accanto al vostro” deglutii, certo avere la famiglia più vicina avrebbe giovato a tutti e anche a Aiden, ma l’idea di esporci mi paralizzava.
“E’ tardi” annunciò Jasper per smorzare la conversazione anche se in effetti era l’ora giusta per andar via, un quarto alle 19.
“Edward ha ragione, avremo tutta la notte per parlare, lasciali andare” disse Bella tornando dalla stanza di Aiden, Edward guardò Jasper di sottecchi ma sorrise, non sarebbe finita lì, ecco ciò  che pensava, una caratteristica comune della nostra famiglia era la testardaggine.
“Sei uno schianto” disse Bella abbracciandomi per la 30esima volta e guardando il vestito color cremisi, stava migliorando in fatto di moda ma ogni cosa che indossavo o le facevo indossare le sembrava perfetta, anche se era così in realtà. Sorrisi compiaciuta. Prendemmo i cappotti e ci fiondammo fuori dall’appartamento.
“Ciao teosoro!” esclamai richiudendo la porta, la voce flebile di Aiden risuonò per le scale.
 
“Nulla degno di nota?” Jasper mi scosse leggermente la spalla, eravamo in auto, nella sua mercedes grigia, la porche era troppo appariscente e avrebbe attirato l’attenzione. Stavo cercando di vedere, cercando per la precisione, troppi  umani, troppi particolari irrilevanti, e noi al centro di quel caos, gli eventi ci scivolavano addosso ma non vedevo nulla con chiarezza. Niente di negativo però, né sangue né uccisoni né incidenti, per lo meno.
“Direi di no” dissi, lasciai scivolare la mano vicino al cambio e Jasper l’afferrò stringendola tenendo gli occhi sulla strada. Arrivammo al galà, una mera ostentazione di baldanza di un vecchio e rinomato accademico anche se si trattava di una vera e propria raccolta-fondi per la ricerca delle staminali. La sala era ampia e moderna, tavoli di vetro con un ricco buffet circondavano l’intero perimetro, tende color avorio e un pavimento di marmo lucido nonché il soffitto bianco creavano una luce intensa, sembrava pieno giorno. L’ambiente non era spoglio, statue e composizioni floreali dorate e cremisi si alternavano e una piccola fontana in marmo al centro stillava acqua multicolore grazie ai led al suo interno, due putti erano appoggiati ai bordi e si proiettavano all’interno della fontana ove un piccolo obelisco ingrigito di allungava per 3 metri. Ogni anno il professore sceglieva un posto diverso, e dovevo ammettere che aveva buon gusto. Jasper e io ci presentammo al cerimoniere che diede una fugace occhiata alla lista degli invitati e ci lasciò entrare nella sala. Diversi camerieri svolazzavano in giro tra gli ospiti con vassoi tintinnanti di champagne. Prendemmo le nostre due coppe di scena.
“Ahh, ci sono proprio tutti” sussurrò Jasper sconsolato, tra gli ospiti agghindati a dovere e superbi vi erano molte facce note anche a me. Caroline Woof , un’arpia arcigna e vendicativa, direttrice della biblioteca di  fisica; Joel Krimmel ingegnere altezzosa e minimalista, Alfred Roote un leccapiedi assistente del professore ma mai apprezzato quanto Jasper. E poi orde di anziani decrepiti chirurghi e accademici imbellettati e bramosi di ascoltare il discorso iniziale.
“Jasper Hale!” un vocione bonario giunse dalla nostra sinistra, io e Jasper ci voltammo in sincrono, ecco la faccia asciutta e austera di quell’uomo mi era nuova, le sue fattezze burbere contrastavano col tono di voce affabile. L’espressione di Jasper si allargò in un sorriso e gli strinse la mano, poi indietreggiò parandosi di fianco a me, i piccoli occhi grigi dell’uomo di posarono su di me attenti,
“E lei deve essere Alice” sorpresa che conoscesse il mio nome gli sorrisi,
“Onorato di conoscerla” disse baciandomi la mano, guardai Jasper curiosa,
“Sono Robb, Jasper non ti ha parlato di me? Posso darti del tu?” annui,
“In verità si, ma non ti avevo mai visto alle cene degli anni passati” l’uomo si scrollò le spalle,
“Fatalmente indisposto ogni anno, ma questa volta voglio proprio godermela” spostò lo sguardo su un pelato che armeggiava con le tartine al foigroi.
“Alice, sei un angelo, Jasper parla di te in un modo, non ho mai visto un uomo così innamorato” se avessi potuto arrossire in quel momento l’avrei fatto, Jasper ridacchiò colpendo con un leggero pugno la spalla di Robb.
“Sono fortunata” dissi ammirando il viso marmoreo di Jasper e perdendomi per qualche secondo,
“Di sicuro lo siete entrambi, e so che avete un figlio?” non sapevo il perché ma sentivo che di quell’uomo ci si poteva fidare.
“Si ha quasi sette anni” l’uomo sospirò,
“Voi siete giovani, godetevi questi momenti il più a lungo possibile, tutto svanisce in un battito di ciglia” sorrise mesto e si congedò. Il rettore fece il suo ingresso in scena con aria sin troppo compiaciuta, indossava un frak molto datato ma sfoggiava una tale padronanza di sé e una tale eleganza da destare l’ammirazione dei presenti in sala, Jasper sospirò,
“Devo assistere il professore prima che incappi in qualche figuraccia non ricordando i nomi del rettore e di tutta l’amministrazione” mi lisciò la mano e si allontanò. Tutti gli anni il compito di Jasper era quello, essere efficiente e carismatico, certo il suo potere rendeva irresistibile fare conversazione con lui, il professore era un uomo colto e perspicace e sentiva che c’era qualcosa di speciale in Jasper e ne aveva paura in un certo senso. Mi avvicinai ai tavoli di cristallo ove era allestita ogni sorta di vettovaglia; ostriche e caviale, altro vino e chamapagne, crostini con varietà di creme e patè, piccoli sformati, insalate, tartare, e poi frutta di ogni tipologia e profiteroles al cioccolato bianco e fondente. Presi un piattino riponendovi qualche antipasto. L’odore invitante che mi turava le narici era un altro però, un uomo in desabigliè con un enorme sorriso stampato in faccia era proteso verso il tavolo frapponendosi davanti a me cercando di agguantare una tartina al salmone. Era giovane, atletico e aveva un ottimo odore. Per fortuna avevamo bevuto doppia razione quella sera.
“Non sanno più cosa inventarsi! Insomma roba già vista questa” fece un gesto plateale indicando le portate, eravamo gli unici vicino a quel tavolo, e in realtà il tavolo a pochi metri da noi contava innumerevoli avanzi di tartine al salmone.
“Sono Luke Evans, dipartimento di manegement B2” gli strinsi la mano, sorridendo a mia volta,
“Alice Cullen” sorrisi e l’uomo bevve una lunga sorsata di vino senza staccarmi gli occhi di dosso,
“Lei è nuovo, non l’ ho mai visto a queste serate, eppure gli invitati sono immancabilmente gli stessi e così pochi” la sala era immensa ma c’erano poco più di 80 persone, 80 ricchissime persone.
“Si ecco, sono stato assunto quest’anno, ma ti prego dammi del tu” annuì, avevo il piattino di antipasti in mano ed ero vicino al buffet, Luke mangiava, così dovetti fare altrettanto per non dare nell’occhio. Era strano e spiacevole ingerire del cibo ma anche a Forks in caso di necessità eravamo costretti a farlo, lo stare male per un po’ dopo era spiacevole.
“Allora, sei da sola? Che dici se ci allontaniamo da questi boriosi ricconi e andiamo in terrazzo?” sorrisi, sorrisi perché sentii i passi veloci di Jasper attraversare la sala e il tocco della sua mano sul fianco, mi cinse la vita stringendomi a sé con forza, il messaggio era chiaro, lei è mia. Alzai gli occhi per guardarlo, fissava Luke divertito e allo stesso tempo incredulo che ci stesse provando con me mentre lui era a pochi passi.
“Tesoro non mi presenti il tuo amico?” feci le presentazioni e soffocai a stento una risata, Luke era terrorizzato, si defilò in pochi secondi affermando di avere un’accompagnatrice che lo attendeva. Jasper mi roteò in modo che gli stessi di fronte, cominciammo una gara di sguardi,
“Era affascinante” dissi canzonandolo, mi tirò a sé premendo sulla mia schiena,
“Mmm davvero?” avvicinò le labbra al mio orecchio,
“Adesso dovrò dargli la caccia” gli afferrai la cravatta,
“Gli umani ci trovano irresistibili, non posso farci nulla” ridacchiò, gli strinsi il nodo, mi afferrò di colpo la mano baciandola delicatamente,
“Tu sei irresistibile mi sorprende che tutti quelli che respirano qui dentro non ci abbiano provato” lo baciai fugacemente,
“Sta zitto”
Passarono pochi minuti e Jasper fu richiamato da una voce burbera e roca, il professore era tornato, ci sorrise e mi fece qualche domanda di cortesia. Jasper doveva seguirlo per intrattenere alcuni avvocati, lo guardai comprensiva. La sala era ampia e una piccola porta in fondo dava ad un salotto angusto che promanava un forte odore di moquette disinfettata, lo avvertivo da lì, si erano appartati in quella stanza. Stanca di vedere cibo e nauseata da quello che ero stata costretta a ingerire decisi di allontanarmi e mi fermai vicino alla fontana di marmo grigio. Torme di galantuomini e dame si accalcavano da ogni lato ma riuscii a ritagliarmi un angolino vuoto e lontano di qualche metro da loro. Avevo mal di testa, stralci di visioni ogni tanto mi obnubilarono la vista, nulla di chiaro, nulla che potesse avere un qualche significato. Riconoscevo sporadicamente dei vestiti e dei volti guardandomi attorno, frammenti di futuro di sconosciuti. Non vedevo l’ora di tornare a casa, amavo i galà, quando io e Jasper vivevamo a Philadelphia, quando gli umani lasciavano le feste o ne rimanevano così pochi da non costituire un problema ci infiltravamo e ci godevamo la musica e le sale addobbate. Ma stasera avevo una sensazione spiacevole, sin dall’inizio.
“E’ affasciante” mi voltai piano in direzione della voce, un uomo alto vestito interamente di nero mi scrutava attento appoggiato al margine della fontana, si avvicinò, i capelli perfettamente lisci e lunghi fino alle spalle, tirati indietro con un fermaglio, di un castano molto intenso, aveva un odore bizzarro, non così gradevole. Il cuore pulsava veloce, si allargò il colletto della camicia.
“Mi scusi?” dissi continuando a osservarlo, lui corrugò appena le labbra in un sorriso, aveva gli occhi scuri e la carnagione olivastra. Un volto irridente che metteva a disagio.
“E’ affascinante guardarli, tutti ingessati in luridi completi da migliaia di dollari, vagano riempendosi di cibo e alcol da un lato all’altro di questa stanza” posò il calice colmo di champagne,
“Senza uno scopo, o meglio si illudono di averlo, di avere il controllo, ma non è così, sono creature inferiori, perché le ha create, bella domanda, scommetto che te lo sei chiesta anche tu” si avvicinò così tanto da arrivare a sfiorarmi il viso, un profondo disagio invadette il mio corpo, fui paralizzata, la persona che mi stava di fronte, non era una persona.
“Loro non sanno, non sanno nulla, e lui li vuole così, ma credimi è meglio sapere una verità scomoda, loro non sanno quello che gli accadrà” continuò a guardarmi negli occhi, la sua voce era vellutata e morbida, avvicinò le labbra al mio orecchio, un brivido di disgusto mi attraversò impercettibilmente,
“E tu lo sai Alice che cosa accadrà?” immobile, la stanza, il vociare, tutta quella massa di corpi caldi sparirono per me, buio e paura e quel demone che mi stava davanti ancora proteso verso di me, smisi di respirare, smisi di pensare, la mano destra appoggiata al bordo della fontana si serrò automaticamente, un forte scroscio e avverti la pietra sgretolarsi tra le mie dita, sussultai,
“Rilassati tesoro” mi sussurrò ancora all’orecchio, respirava piano, sentivo il suo respiro sul collo poi si tirò indietro,
“Non vorrai dare spettacolo di fronte a tutti questi umani” riprese il calice e ne bevve un sorso poi lo spezzò in due scagliando i resti sul tavolo, nessuno sembrò accorgersene, mi fece cenno di guardare nel vetro della finestra alla nostra sinistra, abbassai subito lo sguardo, le iridi baluginavano di azzurro.
“Uccidere tutti questi inutili esseri, questo allieterebbe la serata…ma non sono qui per questo” cercai di ricompormi, aprii la mano lasciando cadere la polvere del marmo a terra.
“Perché sei qui?” dissi monocorde, mi sembrava di osservarmi da fuori, una me che restava lì immobile a mantenere il controllo e una me che saettava da tutte le parti in cerca di Jasper per scappare.
“Oh dovevo trovarti, e direi di esserci riuscito” battè le mani sorridendo,
“Non seguirmi” mi guardò intensamente poi si voltò, avrei voluto fermarlo, saltargli addosso, seguirlo, ma non avevo metabolizzato la situazione. Mi appoggiai al marmo tornando a respirare. Jasper. Dovevo trovarlo. Aiden. Bisognava tornare a casa e …e…fare qualcosa. Ma prima bisognava andare da lui, proteggerlo. Sapevano, sapevano dov’era la mia famiglia. Muoviti Alice. Lo sciabordio delle voci e la musica soffusa tornò a investirmi come un’onda. Mi imposi di camminare piano, osservavo con foga tutti, puntai al salotto. C’era molta più gente dovetti spintonare per farmi largo, poi lo vidi, Jasper mi stava venendo incontro confuso ma anche consapevole, sapeva che c’era una creatura sovrannaturale oltre noi e percepiva quanto fossi sconvolta. Mi fermai a pochi passi da lui e lui fece altrettanto, pochi secondi e comprese. Scattò verso di me e mi prese per mano conducendomi all’uscita d’emergenza che dava su una scala di ferro. L’aria fredda della sera fece circolare il sangue, cominciai a pensare lucidamente.
“Ci hanno trovati” dissi portandomi una mano alla tempia, non avevo visto il demone, avevo solo quella sensazione, ma non avevo previsto nulla,
“Come?” Jasper appoggiò le mani alla ringhiera guardando di sotto,
“Non lo so, non ho visto…nulla” neanche se ci avessero spiati o quando lo avevano scoperto, perché tutto questo potere e non riuscivo a vedere una cosa di fondamentale importanza.
“D’accordo, lo troverò e …”
“Jazz, dobbiamo tornare da Aiden ” gli presi entrambi i polsi e li strinsi forse con troppa forza, provavo una rabbia dirompente, perché non avevo fatto nulla, non avevo previsto nulla, il nulla, mi sentivo così impotente.
“Va bene… Alice non preoccuparti, prima o poi sarebbe potuto succedere”  lo lasciai portandomi una mano sul viso,
“No no, se solo l’avessi visto, se non fossimo venuti stasera, io lo sentivo ma non avrei mai immaginato che.…” cominciai a vagare in quel piccolo pianerottolo quadrato, Jasper mi bloccò tra le braccia,
“Hey hey, non è colpa tua… non  puoi vedere ogni cosa, tesoro ce la caveremo, ora andiamo a casa dobbiamo avvertire gli altri” distolsi lo sguardo da lui per scrutare il futuro, Edward e Carlisle ci avrebbero dissuaso, ma il loro piano non mi convinceva. Jasper mi carezzò la guancia riportandomi al presente. Sospirai e lo abbracciai,
“Sono terrorizzata” dissi in un sussurro, Jasper si irrigidì, sapevo che sentiva ciò che provavo, volevo emanare controllo e fiducia ma proprio non ci riuscivo. Mi strinse più forte.
“Anch’io Alice, anch’io.”





POV JASPER

In una mezz’oretta fummo a casa, era stato frustrante muoverci con l’auto ma non c’era altro modo, una città con troppi umani ed era presto, da poco erano scoccate le 23, c’era troppa gente in strada, certo correre sarebbe stato meglio. Alice si fiondò su per le scale facendo un sorriso smorzato al portiere, la seguii con meno fretta, ero un po’ destabilizzato da quanto era accaduto, e il terrore che provava lei si aggiungeva al mio, ci avrebbero dato di nuovo la caccia? Dopo 5 anni di pace assoluta? Edward aprii la porta, aveva recepito tutto dai nostri pensieri, e il viso pallido e confuso ci studiò per qualche secondo,
“Alice, Jasper, entrate, che è successo?” eravamo tutti e tre lì a lanciarci sguardi, una discussione silente, Bella tirò Edward per una mano,
“No Edward” disse Alice saettando verso il tavolo del soggiorno e sbattendo i pugni,
“Cosa?” chiesi allarmato,
“Chiamo Carlisle, serve protezione per tutti e tre adesso” certo che bisognava chiamare Carlisle, ci serviva un piano razionale.
“NO” Alice strinse il legno di mogano del tavolo provocando una piccola ammaccatura,
“Un demone ha trovato Alice e Jasper al galà, li ha minacciati, non sono più al sicuro qui” spiegò Edward a Bella, lei pose una mano sul braccio di Alice,
“Hey stai bene?” Alice si era come congelata da diversi secondi, sul viso un’espressione contratta, si portò la mano libera all’altezza dello stomaco,
“Scusate” corse in bagno chiudendosi la porta alle spalle, non feci in tempo ad entrare,
“Cos’ha?” bussai delicatamente alla porta, speravo che mi aprisse, non sopportavo vederla stare male e lei lo sapeva, quindi cercava di evitarmi ogni cosa spiacevole da quando anni prima avevamo sopportato l’inferno.
“Sto…bene Jazz” sussurrò con voce soffocata, stava rigettando il cibo che era stata costretta ad ingerire al gala, non era mai piacevole,
“Ohh..” Edward annuì ed estrasse uno smartphone dalla tasca interna della giacca,
“Che fai Ed?” compose un numero,
“ Ti ha detto di non chiamarlo” continuò Bella, lui la ignorò e andò all’ingresso, Bella alzò gli occhi al cielo e venne accanto a me, appoggiata all’altro stipite della porta. Aspettammo in quella posizione per 10 minuti, mentre il vocio della voce di Edward giungeva quasi indistinguibile, non si avvertivano più rumori dal bagno, era evidente che Alice volesse scrutare il futuro in silenzio e da sola. Le emozioni di Bella erano incostanti, non sapeva cosa pensare, l’idea che si ripetesse tutto di nuovo la angosciava ma la speranza che fosse soltanto un contrattempo da eliminare infondeva un certo ottimismo. Alice aprii ila porta lentamente, Bella assicuratasi che fosse tutta intera ci lanciò un’occhiata imbarazzata e raggiunse Edward,
“Va meglio?” sussurrai, alzò lo sguardo e sembrava esausta, due aloni scuri si erano formati sotto agli occhi, appoggiò la testa contro la mia spalla e l’abbracciai.
“Andrà tutto bene”
 




 
POV Alice

Carlisle si presento alla nostra porta in meno di 3 ore, Aiden dormiva  per nulla scalfito dal mio turbamento, anche se percepiva chiaramente che qualcosa non andava cercava di restare sereno e di essere rassicurante, seppur non riuscisse a manipolare le emozioni come Jasper era molto empatico e sorprendentemente stoico. Bella ed Edward erano sul piccolo balcone a contemplare il traffico, andai ad aprire prima che suonassero il campanello, Jasper restò immobile appoggiato al divano. Carlisle non appena scostai la porta poggiò la valigia a terra e mi abbracciò, erano 5 anni che non lo vedevamo, mi strinse calorosamente e sospirò, Edward gli aveva raccontato tutto nonostante il mio dissenso. Esmee strinse il braccio del marito e si fece largo per rivolgermi un abbraccio ancor più caloroso, non potei fare a meno di sorridere, aveva un profumo dolcissimo e una sottile blusa rosso ciliegia.
“Finalmente, sembra passato un secolo” le strinsi la mano consapevole, lasciare Forks per tutto quel tempo era stato difficile ma necessario. Anche i miei fratelli rientrarono, ora potevamo fare il punto della situazione.
“Dammi le valige” Edward posò i due bagagli ai piedi del soppalco dello stretto corridoio, Esmee osservò la stanza curiosa e soddisfatta dell’arredamento, avevo avuto una buona maestra.
“Allora, accomodiamoci, avremo molto di cui parlare” annuii indicando a tutti il soggiorno, ci sedemmo intorno al tavolo di marmo, Jasper sedette accanto a me sulla sinistra, Carlisle a capo tavola, tutti gli altri intorno, mi si formò un nodo in gola, un de ja vu perenne, quante battaglie erano seguite ad una riunione come quella!
“Carlisle prima che tu” mi interruppi, avevo detto quelle parole di getto, il pensiero non aveva ancora attecchito e non sapevo cosa volessi, ma di certo non volevo coinvolgere di nuovo tutta la mia famiglia, Jasper capii subito e mi strinse la mano da sotto il tavolo,
“Sono felice che voi siate qui, ma non voglio assolutamente mettere in pericolo nessun’altro, elaboriamo una strategia ma nessuno di voi deve essere direttamente coinvolto” Edward scosse il capo, Bella Esmee e Carlisle mi fissarono concentrati, Jasper cominciò a fare movimenti circolari sulla mia mano.
“Alice, finchè non conosciamo l’entità del problema è impossibile stabilire chi o cosa debba esser coinvolto, l’hai mai visto prima di oggi?” il cigolio stridulo di una porta ci fece voltare simultaneamente, il fruscio di piccoli passi sul parquet di legno si fecero sempre più vicini, Aiden si era svegliato.
“Tesoro, dovresti dormire” avanzai di qualche passo, Aiden perfettamente sveglio e adorabile con quel pigiamino azzurro contornato da nuvole bianche strabuzzò gli occhi vedendo così tanta  gente in casa, soffermò i grandi occhi blu sui due sconosciuti, Esmee e Carlisle, non li vedeva da 5 anni, dubitavo che si ricordasse ancora di loro. Esmee scattò in piedi forse con troppa foga ma Aiden non si spaventò, al contrario avanzò di qualche passo, gli avevamo parlato di tutto, della casa di Forks, della famiglia, dei lupi.
“Ciao” disse articolando ogni lettera con una vocina vispa e dolce,
“Ma ciao Aiden, io sono Esmee e lui è Carlisle” Aiden ci riflettè poi contrasse i muscoli in un pieno sorriso e allungò la mano per stringere quella di Esmee e quella di Carlsile,
“Che gentiluomo” scherzò lui,
“Non ti ricordi di noi vero?” lui si avvicinò ancora di più a Carlisle per studiarlo meglio, Jasper ridacchiò divertito, gli rivolse un’occhiata complice,
“ si, so chi siete” Carlisle era conquistato, era cosi intelligente ed era impossibile non amarlo, lo prese tra le braccia e lo mise cavalcioni,
“La mamma ti ha detto che sono un dottore?” Aiden annui mordendosi la manica del pigiama,
“E dimmi, ti fanno paura i dottori?” Aiden rise,
“No no, non ho paura di niente” disse convinto, avrei tanto voluto che non avesse dovuto temere nulla.
“Ahahaha bene, molto bene, ora sei sveglio e invece a quest’ora i bravi bambini dormono” Aiden si allarmò, poi Carlisle gli sussurrò all’orecchio,
“Ma sta tranquillo, io terrò occupata la mamma, così non ti dirà nulla, ma devi farmi un favore” Aiden ridacchiò,
“Vi sento” dissi canzonatoria, Aiden mi lanciò uno sguardo furtivo dall’altra parte del tavolo, Jasper si alzò in piedi e mi massaggiò le spalle,
“Puoi scoprire le spalle Aiden voglio farti una piccola visita di controllo” Aiden lo guardò divertito poi guardò me,
“Okay” dissi, Carlisle era preoccupato in merito ai possibili poteri che Aiden avrebbe sviluppato e cosa più importante si chiedeva se avesse avuto le ali come me, ma AIden era unico e diverso da me, nonostante fossimo così simili. Gli fui accanto subito, Carlisle prese la borsa e tirò fuori qualche strumento, scoprendogli la schiena non notò alcun segno di cicatrici o fessure sulle spalle, poi gli controllò ogni parametro.
“Sano come un pesce” Sollevai Aiden e lo baciai sulla guancia,
“D’accordo furbacchione, è notte fonda, ritorniamo a letto”
“Mamma” Aiden si scoprii il faccino, gli avevo rimboccato le coperte sino alla bocca, lisciai le coperte del materasso e sedetti accanto a lui,
“Che c’è tesoro?” mi guardò intensamente,
“Deve succedere una cosa brutta?” mi si formò un nodo alla gola, Aiden era un bambino sorprendentemente intelligente, aveva capito che qualcosa non andava, tutta quella gente in casa, la famiglia che avevamo tenuto lontano altrimenti gli uomini cattivi ci avrebbero dato la caccia, sapeva tutto in fondo o per lo meno quanto bastava.
“No piccolo mio va tutto bene, loro sono qui per precauzione, ci proteggiamo a vicenda giusto?” annuì guardando la porta,
“Non voglio che tu sia preoccupata per me mamma, io sono forte” gli carezzai i capelli,
“Lo so, ma sarò sempre preoccupata per te, sono tua madre” si tirò su e mi prese la mano tra le sue piccole e minute,
“Ti proteggerò io” era cosi dolce, mi passai una mano sugli occhi prima che perdessi qualche lacrima, lo afferrai facendogli il soletico,
“O ma non potrai sfuggire a me pulce eh eh ?”  rise di cuore, avrei voluto fissare quel momento per l’eternità.
 
Il mattino arrivò in fretta, alla fine la decisione presa era un empasse, Edward e gli altri sarebbero rimasti nei paraggi per controllare i nostri posti di lavoro e la zona, in attesa che il demone o i suoi compagni si facessero vedere, io e Jasper non dovevamo destare sospetti e continuare con le nostre vite a Boston. Aiden doveva andare a scuola come sempre. A quella richiesta di Carlisle sbarrai gli occhi. Lasciare Aiden da solo in un posto così affollato e pieno di umani, chi lo avrebbe protetto? Ma era questo il punto, un demone non avrebbe mai attaccato Aiden con così tanti umani come spettatori, la scuola era il posto più sicuro paradossalmente, bisognava che solo andare a prendere Aiden all’interno e non lasciare che si allontanasse in zone appartate. Infilai la giacca pronta a uscire, Bella mi lanciò la borsa, le avrei fatto visitare l’ufficio e chissà forse avremmo convito il direttore ad assumerla in prova per 1 mesetto. Erano le 6 del mattino Aiden dormiva ancora beato, Jasper era andato a fare rifornimento di sangue.
“Ti abituerai a berlo dalle boccette” dissi a Bella che si era bloccata davanti al frigo,
“Niente caccia allora” disse sconsolata,
“Niente caccia” scendemmo le scale e il portiere guardò malizioso il completo attillato di Bella prima di aprire il cancello.
“Devo farti i miei complimenti Bella”  mi fissò curiosa,
“I tuoi gusti per la moda sono migliorati davvero molto” mi diede una gomitata e salimmo in auto,
“Andiamo, non vorrai farmi perdere il colloquio”



POV JASPER
 
“Sono 100 litri, credo ci stiano in macchina, ti servirà un frigo più grande” il contatto di Carlisle, un uomo grassoccio e basso con un orribile parrucchino in testa color cioccolato contava i mazzetti di banconote tra le mani più e più volte, era appoggiato in scarno equilibrio alla portiera della mia macchina. Non avevo mai preso la consegna di persona, di solito mandava un fattorino di fiducia direttamente al parcheggio del palazzo. Carlisle aveva insistito che andassimo a prelevare di persona, essendo un carico maggiore questa volta.
“Possiamo andare” sentenziò Carlisle quando l’omuncolo cominciò a drizzarsi e fare qualche passo lontano da noi,
“E’ un piacere fare affari con voi, anche se” Carlisle mi rivolse un’occhiata condiscendente,
“Non capirò mai a cosa diavolo vi serva tutto questo sangue di povere bestie maciullate” la voce acuta si assottigliava ad ogni passo, Carlisle non rispose, misi in moto. Il sole cominciava a fare capolino, i vetri erano perfettamente oscuranti, lui era piuttosto sorpreso di quanto la città fosse vitale già a quell’ora, oramai la nostra famiglia era a Forks da tanto, mai così a lungo ci eravamo fermati nello stesso posto, era tutto diverso. Carlisle estrasse un cellullare dalla tasca dei pantaloni e inviò un messaggio pensieroso. La strada era libera, nessun ingorgo.
“Esmee ed Edward hanno trovato un appartamento niente male a pochi isolati” annuì continuando a guardare la strada, Carlisle era rilassato o almeno simulava bene, il suo fare serafico e la sua stoicità erano ammirevoli, ma tutti eravamo spaventati all’idea di passare di nuovo tutto quello che era accaduto anni prima.
“Alice?”
“E’ andata via presto con Bella, pensa di farle ottenere un posto all’azienda” dissi,
“Bene” Carlisle giochellerò per un po’ con lo sbocco dell’aria condizionata.
“Come sta?” chiese titubante,
“Io, non so con certezza” Alice da quando aveva visto il demone, e dopo quanto gli aveva detto, era nervosa e preoccupata, sembrava sicura e controllata però, eppure percepivo la sua maschera, non avrebbe retto da sola, per questo c’eravamo tutti noi,
“E’ stata dura vivere qui?”
“All’inizio molto…ma Alice mi ha aiutato con gli umani, come sempre…ed è andato tutto liscio, siamo felici qui, è una vita con Aiden… tutto sembrava normale…anche se” mi morsi un labbro,
“Anche se ?” Carlisle mi guardò intensamente,
“Deve nascondersi … e non solo come vampiro, anche come angelo, non può essere libera qui, lo sento quanto soffre, e lo fa per noi, per renderci invisibili…” sospirai,
“ Cerca di non usare i poteri e di non aprire le ali, ma dopo settimane deve farlo, è come…”
“Un bisogno fisico”
“Si esatto, e poi le fa male, le cicatrici sanguinano e devo medicarla ogni volta”
“Mi dispiace Jasper” Carlisle mi pose una mano sulla spalla,
“Vorrei solo che la lasciassero in pace” eravamo arrivati, spensi il motore, la penombra del garage inghiottì la macchina,
“Faremo il possibile, non succederà di nuovo” speravo tanto che avesse ragione.






POV ALICE
 
Presto fu subito sera, il colloquio di Bella era durato qualche ora, le avevo consigliato di visitare il centro insieme ad Esmee, in fondo il direttore le aveva concesso il periodo di prova ma a partire dal mattino seguente, era inutile che stesse in ufficio ad aspettarmi. Aiden era a scuola, al sicuro secondo gli altri, io cercavo di calmare i nervi ma non vedevo l’ora di ritornare a casa per verificare che fosse tutto okay. Avevo visto Jasper e Carlisle fare una ronda intorno al quartiere ed Edward controllava i dintorni della scuola, se fosse andato storto qualcosa lo avrei subito intercettato. La signora Jekins si avvicinò alla mia scrivania perfettamente tirata a lucido, appoggiò una pila di documenti con non curanza e si lisciò il tallier.
“Leggili tutti, domani pomeriggio siamo in riunione” non mi  diede il tempo di obiettare, girò i tacchi e si affrettò all’ascensore. Guardai l’ orologio da polso, erano le 18 15, sarei dovuta essere a casa, feci un respiro profondo. Un umano avrebbe impiegato almeno tutta la notta per leggere quei fascicoli, ma potevo farcela per le 20.
“Alice andiamo?” ero all’ultimo codice di bilancio quando una voce roca e profonda, quella di Frank mi fece sobbalzare, mi ero concentrata a tal punto da non sentire il suo goffo strascichio di piedi.
“Scusami?” una marea di persone si stava fiondando per le scale e in ascensore,
“Perché vanno via solo adesso?” dissi confusa alzandomi e prendendo cappotto e borsa,
“Ma come, non hai ricevuto la mail, aperitivo al Moe’s con i capi prima della riunione di domani” mi afferrò un braccio, non aveva mai mostrato quella confidenza anche se ci conoscevamo da 2 anni, si ritrasse a contatto con la mia pelle fredda.
“Adesso?” fissai l’orologio irritata,
“SI se non vuoi che ti licenzi” si affrettò anche lui,
“Ma non posso, mi aspettano a casa” scrollò le spalle e continuò a farmi cenni frenetici con la mano,
“E va bene” dissi seccata, mi sarei trattenuta solo pochi minuti. Il locale era angusto e maleodorante per via di tutte quelle persone, sostanzialmente l’intero 5 e 6 piano si erano rintanati a bere nel piccolo bar, tutti quegli odori, corpi sudaticci e sangue caldo; smisi di respirare, così era più semplice, ma trattenere il fiato dava sempre un certo fastidio, salutai il direttore e afferrai il primo cocktail che vidi, dopodicché uscii sul pianerottolo. L’aria fredda e odorosa di tabacco fu un toccasana, meglio dell’odore di tutti quegli umani, Una coppia era affacciata alla ringhiera e un ubriaco faceva avanti e indietro in precario equilibrio. Guardai il liquido rosato del bicchiere, al pensiero del cibo che avevo dovuto ricacciare la sera prima mi venne un po’ di nausea. Una donna seduta in un angolo, alquanto bella parlava al telefono, staccò e mi osservò per qualche minuto. Le 21, provai a mandare un messaggio a Jasper ma non c’era linea.
“E’ uno schifo, dovresti uscire dalla porta d’emergenza, lì prende” la donna mi si avvicinò, aveva la carnagione scura e due occhi verdi molto luminosi, onde castane e lucide le ricadevano fino alle spalle, ammirai il suo vestito caramello molto elegante.
“Maize” fece un piccolo inchino giacchè aveva due cocktails in mano, di un azzurro intensissimo,
“Alice” quella donna era molto carismatica, avevo le narici turate dall’odore di tutti quegli umani, e il suo odore era invitante come quello degli altri, o almeno così sembrava.
“Ma cos’è quella roba?” fece un cenno al mio bicchiere, gravitò verso un tavolino di ferro sistemato alla buona nel piccolo spazio, la seguii,
“Vino? O ponch? Ti prego non puoi bere quella roba, la mia serata è andata uno schifo, il mio ragazzo mi ha piantata qui, e gli avevo anche preso da bere” posò i bicchieri sul tavolo, ci sedemmo,
“Ma che sto facendo” dissi ad alta voce,
“Serataccia anche per te?” bevve un sorso del suo drink,
“ Dovrei essere a casa, mio marito mi aspetta” mi guardò sorpresa,
“Accidenti, hai un marito, non si direbbe, sembri più giovane di me” le sorrisi, probabilmente la donna aveva 30 anni e io ne dimostravo una 20ina.
“Tu non vuoi tornare a casa” mi fissò intensamente,
“Lo sento, e sono brava sai, vuoi fuggire da qualcosa e c’è qualcosa che ti trattiene, a volte è meglio evitare un problema che affrontarlo” bevve altre due ampie sorsate,
“Io non saprei”
“Oh, sono cinica lo so, beh il mio ragazzo è appena fuggito e l ho giudicato, ma già ne ho adocchiato un altro” indicò la coppia,
“Cinica eh?” azzardai una risata, stavo cominciando a rilassarmi, quell’umana era bizzarra ma era picevole ascoltarla e non pensare alla situazione.
“Non lasciarmi bere da sola dai” ammiccò al bicchiere che mi aveva parato di fronte.
“No io, non posso” sorrise estasiata,
“Vorrei essere come te, sei bellissima, una di quelle bellezze retrò ” ammiccò di nuovo al bicchiere,
“Dai un angelo azzurro non ti farà male” sorpresa afferrai il bicchiere,
“Angelo azzurro?” lei annuì, per un istante dimenticai di essere Alice Cullen, di essere una mezza vampira e un angelo, di non poter bere, mi sentivo in sintonia con quella donna, e volevo solo lasciarmi andare. Cominciai a bere.





POV Jasper
 
“E’ quasi l’una!” nervoso marciavo a grandi passi da un lato all’altro della stanza, Edward corrucciato pigiava i tasti del telefono, lo avvicinava all’orecchio, lo allontanava, lo avvicinava di nuovo. Bella e Carlisle stavano perlustrando il quartiere non c’era traccia di lei, io ed Edward eravamo rimasti con Aiden, per proteggerlo, se lei era sparita, se era sparita di nuovo, Aiden era in pericolo più che mai.
“Non è sparita” disse Edward gettando il telefono sul divano,
“Doveva tornare alle 9, non mi ha chiamato, c’è qualcosa che non va” non ne potevo più di aspettare, sarei andato a cercarla, ma poteva essere ovunque, in quelle ore poteva essere ovunque, da qualche parte bisognava pur iniziare. I passi leggeri di Carlisle e Bella frusciarono per le scale, i loro volti afflitti, nulla.
“Al diavolo, io vado” Edward mi tirò per il braccio,
“Andrò io in città, devi restare con Aiden, Alice non vorrebbe che lo lasciassi solo” trattenni il fiato, c’erano tutti loro a proteggerlo, ma contro i demoni, erano così forti, se fosse successo qualcosa a Aiden mentre non c’ero non me lo sarei mai perdonato.
“D’accordo” dissi forzato, e rassegnato all’idea di non poter fare molto.
“Comincerò dall’ufficio, l’ultimo posto in cui sappiamo che è stata”
 



 
 
POV EDWARD

L’edificio era praticamente vuoto eccetto che per la presenza di qualche segretaria e del portinaio, il puzzo di inchiostro e pelle imbastita mi turava le narici, la scia di Alice era flebile, ma di certo era stata lì qualche ora prima. Il suo ufficio era al 5° piano, decisi di recarmi lì, presi l’ascensore per non dare nell’occhio, quasi nessun umano avrebbe fatto le scale a 00 per salire fin lassù, prima che le porte di acciaio lucido si chiudessero una mano sudaticcia si frappose. Un uomo alto e biodiccio con giacca alla mano e valigetta semi aperta entrò.
“Vai al quinto amico? Okay, si, ci vado anche io ho scordato il portafoglio, ci sono più di 500 dollari” si asciugò il sudore della fronte. La corsa fu breve sicchè notai che la postazione dell’uomo era a pochi metri da quella di Alice. Magari la conosceva.
“Scusami” l’uomo stava per dirigersi nuovamente all’ascensore, si voltò leggermente infastidito, aveva fretta,
“Conosci Alice Cullen? Lavora qui” il volto dell’uomo fu sorpreso e poi compiaciuto, << cavoli deve essere questo il maritino, beh non è migliore di me>> pensava, repressi una smorfia.
“Si la conosco, la conoscono tutti qui” falsò un sorriso,
“Sai dov’è andata dopo aver finito il turno?” <> forse quell’uomo aveva un po’ a cuore Alice,
“Sono suo fratello” dissi placidamente,
“Non risponde alle mie chiamate e siamo preoccupati” << non ci ha mai detto di avere un fratello>> sospettoso mi squadrò,
“Beh, di sicuro è andata al Moe’s è dietro l’angolo, il direttore ha invitato tutti, ci sono stato  e credo di averla vista, ma sono tornato per questo” e sventolò il portafoglio ammiccando all’ascensore,
“Allora scendi? Ho fretta amico” disse impaziente, sospirai, quell’uomo era alquanto fastidioso, << prima o poi tua sorella farà sesso con me amico>> alzai gli occhi al cielo, trattenni un sorriso pensando a quale atroce fine avrebbe avuto se Jasper l’avesse sentito, poi tornai serio, era meglio trovarla prima che accadesse qualcosa.
Il locale era affollato ma intercettai subito l’odore di Alice, e i suoi pensieri, mi bloccai, più che pensieri era un crogiolo confuso di parole e immagini, la sua testa sembrava essere totalmente destabilizzata. Preoccupato mi affrettai scostando corpi e rovesciandomi dei bicchieri addosso. L’avevo trovata. Ma era una cosa folle. Sulle prime pensai che stesse scherzando. Alice era salita su un tavolino e attorniata da molti ragazzi si muoveva sinuosamente strisciando contro una specie di palo per la lap dance, aveva un bicchiere semi-vuoto nella mano destra.
“Alice!” mi sbloccai afferrandole un lembo del tubino cremisi,
“Che stai facendo?” mi guardò confusa poi mi riconobbe e sorrise, allontanò con uno strattone la mano e scese, ma barcollò finendo dritta contro un uomo grassoccio in cravatta semi-calvo che l’afferrò per la vita e le palpò il sedere, lei sorrideva stralunata,
“Okay ora basta” la tirai con forza, 5 o sei di quei ragazzi si alzarono,
“Ma che problema hai, la signora vuole stare qui con noi” soffocai un ringhio, non potevo far del male a tutti quegli umani,
“Fratellino, è tutto ok, sono miei amici, tutto ok” era incredibile, si comportava come se, come se fosse ubriaca, la voce era strana e acuta,
“Andiamo via Alice” lei mi barcollò addossò, chiuse gli occhi,
“Ma restiamo” un tizio le afferrò il polso,
“Lasciala qui, avremo cura di lei” non potei più trattenermi, quei pensieri viscidi erano insopportabili, afferrai la mano dell ‘uomo e la voltai a sinistra, un crack e il polso era rotto, cacciò un urlo profondo, gli altri irretiti indietreggiarono. Trascinai Alice fuori dal locale, opponeva ancora una certa resistenza,
“Lasciami Edward!” all’aria fresca sembrò prendere un po’ di lucidità,
“Dobbiamo andare a casa prima che ti veda qualcuno” le pupille erano di un azzurro accecante.
“Casa, certo casa” si guardò attorno stranita,
“Ma dove?” non c’era tempo, la macchina era poco lontana,
“Insomma Alice che ti è preso eravamo preoccupati” la ficcai letteralmente sul sedile,
“Jasper ti aspetta”nulla, era come assente.
 



 
POV Jasper

Attaccai il telefono sollevato, Bella e Carlisle tirarono un sospiro di sollievo, senti il rombo della BMW di Edward,
“Dov’è stata tutto questo tempo?” si chiedeva Bella, ma non avevo chiesto nulla ad Edward, stava bene, temevo già il peggio. La sua risata, a tratti soffocata giungeva dal pian terreno, andai a chiudere la porta della stanza di Aiden, non volevo che si svegliasse per tutto il trambusto della serata. Edward aprii piano la porta tenendo ferma Alice dietro di sé, ci guardò sconvolto e incredulo, fissò Bella per qualche secondo, poi Alice lo spintonò ed entrò in casa, socchiuse gli occhi per le luci accese, stava barcollando, mi avvicinai per porle un braccio, che diavolo era successo?
“Alice, stai bene?” le sollevai il viso con una mano, continuava a socchiudere gli occhi infastidita,
“Jasper?” non mi aveva riconosciuto? Mi scostò con forza, barcollai all’indietro,
“SI si sto bene, sto bene” incespicò fino al divano cadendo a peso morto, quando aveva parlato un’ondata sgradevole di alcol e dio sa solo cosa si propagò nella stanza, guardai Carisle irretito,
“Edward che le prende?” Bella lo tirò a sé preoccupata, Carlisle scattò verso Alice, le afferrò il polso controllando il battito, poi le afferrò il viso, oppose resistenza,
“Che fai, smett…” sembrava illanguidirsi, smise di farfugliare,
“Che hai fatto Alice? Quanto hai bevuto?” scosse il capo, tastandole anche l’addome. Ero, non credevo, si era ubriacata? Era possibile? E perché mai? Mentre noi credevamo che fosse stata catturata o peggio? Cominciai a provare una rabbia e uno sconforto tali da voler uscire da quella stanza.
“Cos’ ha ?” chiese Bella timorosa,
“E’ ubriaca, ha ingerito molto, credo davvero molto alcol per ridursi così, considerando che bruciamo tutto velocemente e lei ancora di più, starà davvero uno schifo domani” si alzò, Edward aprì la porta d’ingresso,
“Credo sia meglio andare via, vi lasciamo un po’ da soli” Bella si defilò corrucciata e Carlisle mi rivolse un’ occhiata di incoraggiamento,
“Cerca di tenerla buona” mi pose una mano sulla spalla. Ora eravamo soli. Dovevo parlare, capire perché non ci avesse avvisati. Mi avvicinai, restando sempre in piedi.
“Alice?” credevo si fosse addormentata ma aprii subito gli occhi, si portò una mano alla testa, e si guardò intorno,
“Dove sono tutti?” si alzò di scatto e sembrò sul punto di svenire, l’afferrai prontamente, mi circondò il collo con le braccia,
“Jasper, non mi reggo in piedi” rise, non c’era nulla di divertente,
“Forza ti porto a letto” tentai di spostarla ma mi bloccò, sempre avvinghiata a me,
“Perché a letto e non qui?” gli occhi erano luminescenti, mi abbagliavano quasi, sentivo quel cumulo di emozioni contrastanti, era inebriata dall’alcol e voleva me, mi baciò con foga,
“No Alice” tentai di schermarla,
“Alice basta…Alice smettila!” la scostai ma non credevo di smuoverla così tanto, cadde all’indietro reggendosi allo stipite della cucina, un lampo di furia le attraversò gli occhi, non volevo farle del male, ma ne stava facendo a me, ridursi in quel modo e fare finta di nulla,
“Ma che ti prende?!” urlò, le feci cenno di abbassare la voce, Aiden non doveva vederci litigare,
“Cosa prende a me? Non sono io ad essere sparito per ore, ad aver bevuto litri di alcol e a non degnare di una spiegazione nessuno!” battei un pugno sul tavolo, Alice si sollevò dal tavolo fissando la mia mano, poi lo sguardo divenne vitreo,
“Io non so cosa… non lo so” avanzò vicino allo specchio rettangolare dell’entrata osservandosi,
“Che hai fatto per tutto questo tempo, potevi contattarmi in qualche modo, potevi evitare di? Insomma ti sembra questo il modo di affrontare la situazione, fuggendo? Credevamo fossi in pericolo, credevo di averti persa di nuovo” dissi al suo riflesso, mi dava le spalle, una lacrima le scivolò sulla guancia,
“Io non ricordo che cosa ho fatto, mi… mi dispiace” sembrava essere tornata completamente in sé, ma come non ricordava, mi nascondeva qualcos’altro, ero così arrabbiato, così furioso perché potevo perderla e lo avevo creduto, me lo aveva fatto credere e ora non sapeva dirmi nulla.
“ Non mentirmi Alice, che ti è successo? Dobbiamo proteggere AIden e tu vai ad ubriacarti, che diamine ti è successo?” si voltò serrando i pugni, gli occhi le brillavano, quella poca lucidità era di nuovo scomparsa, scattò verso di me inchiodandomi 2 centimetri dentro la parete, mi teneva per le spalle, era furiosa, rossa in viso e le lacrime le sgorgavano sulle guance,
“Dobbiamo? Tu non puoi proteggerlo, Tu non sei in grado di farlo, non riuscirai mai a fermarli, sono più forti, nessuno di voi è d’aiuto, a stento io… io devo proteggere tutti e tu non puoi proteggere neppure me, non puoi fare nulla, sei impotente… sono io, dipende tutto da me lo vuoi capire, sono sola …” si scostò sfiancata e sembrò davvero non riuscire a respirare, cosa avevo fatto, tutte quelle emozioni mi travolsero come una valanga,
“Non ci riuscirò mai, mai, non finirà mai” sussurrò a sé stessa, la mia mano gravitò spontaneamente verso di lei, volevo allentare quel dolore che stava lacerando anche me,
“No!” indietreggiò smarrita,
“Lasciami in pace adesso!” saettò nella camera da letto sbattendo la porta.

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Capitolo 9
*** Incubi ***


POV JASPER

“Papa’?” la porta della stanza di Aiden si dischiuse piano, strabuzzandosi gli occhi usci alla luce fioca della lampada del corridoio, guardò in direzione della porta bianca a due ante che Alice aveva appena sbattuto,
“Che è  successo, ho sentito gridare?” mi ricomposi, tentai di farlo, Aiden non doveva soffrire per quella situazione, era ancora innocente, era solo un bambino.
“Nulla ometto, va tutto bene, torniamo a letto?” assonnato mi guardò dubbioso,
“Papà, mi stai dicendo una bugia” disse serio, gli andai incontro e mi abbassai accarezzandogli i capelli,
“Non ti sto mentendo, non è successo nulla di grave, la mamma sta poco bene, ma domattina tornerà quella di prima, non devi preoccuparti d’accordo?” annuì pensieroso,
“Posso dormire con lei?” mi si strinse il cuore, non doveva vederla in quel modo,
“No tesoro, capisci, la mamma ha bisogno di riposare, da sola, le farà bene” Aiden mi prese la mano,
“Tu sei preoccupato?” mi chiese fissandomi con quei grandi occhioni blu,
“Si” lo dissi senza pensare, a volte era come se Aiden leggesse nel pensiero, o sentisse quello che gli altri provavano, come me,
“Voglio dire, è normale, io amo tua madre, sarò sempre preoccupato per lei, e per te” Aiden sorrise,
“E’ quello che dice lei” lo condussi di nuovo a letto, gli rimboccai le coperte e sistemai il cuscino, le stelle del soffitto brillavano flebilmente, stavo per andare via ma Aiden mi chiamò,
“Papà, non devi preoccuparti, sarò io a proteggerla” non sembrava la voce di un bambino quella, era più di una convinzione. Non sapevo cosa rispondere così annui e serrai la porta. Ancora scosso per la discussione con Alice aspettai qualche ora immobile sul bracciolo del divano a pensare. Poi mi decisi, dovevo controllare che stesse bene. Appoggiai incerto la mano sul pomello di ottone, con un lieve scricchiolio la porta si aprii. Non l’aveva chiusa a chiave. Mi fermai 1 secondo sull’uscio. Uno stivale intralciava il passaggio insieme alla borsa, gettate sul tappeto, Alice aveva tentato di spogliarsi o fare qualsiasi altra cosa ma era crollata a faccia in giù sul letto, un respiro leggero ma chiaro inondava il silenzio. Le andai vicino e le sfilai l’altra scarpa, la sollevai quel tanto per metterla sotto le coperte e abbassai le tende. Non volevo svegliarla, dormiva come un sasso. Mi inginocchiai davanti a lei e rimasi ad osservarla. Era così appagante vederla in pace, ora non provava nulla. Mi avevano ferito le sue parole, e soprattutto giacchè c’era la verità, io non potevo proteggerla, non potevo proteggere la mia famiglia e questo mi faceva sentire anche peggio. Sospirai portandomi una mano alla fronte, potevamo solo continuare a fuggire. Alice ebbe come uno spasmo, allungò il braccio sinistro e afferrò con forza un lembo del lenzuolo, l’espressione rilassata del viso si contrasse, forse stava sognando, le appoggiai la mano sulla sua, qualche attimo e si rilassò.
“Perdonami se non sono abbastanza forte”.







POV ALICE
 
Ero sveglia, intorpidita dal calore che promanava il mio corpo appoggiato al materasso ma sveglia, aprii gli occhi, fissai le pieghe del lenzuolo bianco e i sottili aloni bianchi del cuscino, non volevo alzarmi, ciò avrebbe comportato affrontare la situazione, ed era una situazione difficile, portare Aiden a scuola e sorridergli e rassicurarlo, andava tutto bene, parlare con Jasper, esatto. Sorprendentemente ricordavo quello che ci eravamo detti, quello che avevo fatto e cosa gli avevo urlato, non l’avevo dimenticato,  eppure c’era un vuoto assoluto da quando ero stata in quel bar. Mi feci forza e mi sollevai dalle coperte. <> quanto aveva ragione Carlisle, era come se mi fossi lanciata dal 20esimo piano, come se un camion mi avesse investito 3 volte, ero distrutta, il mal di testa era quasi insopportabile, le tempie battevano come tamburi, avevo un sapore amarognolo in bocca e la lingua impastata. Jasper mi aveva messo sotto le coperte, ero ancora vestita. Mi spogliai in fretta e misi la vestaglia lilla. Andai nel piccolo bagno che avevamo in camera e diedi un’occhiata fugace allo specchio. Che faccia. Sciacquare il viso non funzionò granchè. Avevo una sete pazzesca. Ma che ora era? Dalla cucina sentivo mormorii, Jasper aveva svegliato Aiden allora era tardi. Si le 8. Battei rumorosamente la sveglia sul comodino, le voci si acquietarono per un istante. Aprii la porta bianca e stordita dalla luce avanzai carponi fino in cucina. Mi sentii stringere le gambe,
“Stai meglio mamma?” Aiden sorrideva, già pronto e con lo zaino in spalla, 
“Si pulce, dammi 5 minuti” gli carezzai la testa,
“Lo porto io a scuola” Jasper stava rassettando il tavolo, anche lui in giacca e cravatta, allacciò l’orologio, mi lanciò un’occhiata fugace, non risposi,
“Oggi ho la verifica di scienze” disse Aiden contrariato avvicinandosi all’ingresso,
“Andrà benissimo, non temere” mi avvicinai al bancone della cucina e sfiorai la camicia di Jasper con il braccio, sapevo che era arrabbiato con me, avevo detto una cosa orribile. Indaffarato o forse voleva sembrarlo non mi badò, saettò verso il frigo e prese una fiala di sangue che mi pose davanti con due pasticche rotonde,
“Carlisle ha detto che ti aiuterà con il mal di testa” disse monocorde,
“Forza Aiden o faremo tardi, lo so che ti piacerebbe” si rivolse a lui con entusiasmo,
“Ci vediamo dopo?” tentai di dirgli, stava per chiudere la porta, mi guardò e annuì pensieroso.
Presi le pillole e bevvi altre 2 fiale di sangue, strano che avessi tutto quel bisogno di sangue, un po’ funzionarono mi sentivo in condizioni più accettabili, di andare a lavoro non ne avevo la forza e la voglia. Mi buttai sul divano dopo essermi vestita e  aver sistemato la casa. Ero stanca. Dopo due ore di tv, fissando la tv giacchè il pensiero ricadeva sempre sugli ultimi avvenimenti suonò il campanello. Per fortuna. Andai ad aprire, sapevo che fosse Bella, avevo appena visto la nostra discussione, mi avrebbe fatto bene. Indossava un maglione colo cipria e dei jeans aderenti. Mi abbracciò e mi squadrò per bene.
“Come ti senti?” la tirai verso il divano sollevata.
“Meglio, sono felice che tu sai qui Bells” mi sorrise, ma in quel sorriso c’era un che di angoscioso e allarmato,
“Sto bene Bella, è tutto ok” mi strinse la stoffa del braccio ammiccando,
“Vorrai sentire anche tu una spiegazione” abbassò gli occhi,
“No, io, capisco perché l hai fatto, questa situazione è molto stressante, e non puoi gestirla da sola” sospirai,
“Credimi Bella non volevo, insomma…” mi alzai di scatto portandomi una mano alle tempie,
“Ubriacarmi o quello che è” annuì,
“Io no ricordo assolutamente nulla, dopo che ho bevuto quel drink ho un vuoto fino a quando Edward…”
“Ti ha trovata… si mi ha raccontato” anche Bella era confusa e di certo si era posta molte domande,
“Forse l’alcol ha avuto un effetto amplificato su di te… ma quello che ti è successo è proprio come per gli umani, una sbronza, per questo non ricordi nulla” fece cenno di sedermi,
“Beh” cominciai massaggiando i cuscini del divano di pelle,
“Purtroppo ricordo le ultime ore di ieri” Bella aspettò che continuassi,
“Non ero davvero in me e ho discusso con Jasper, era arrabbiato, insomma si vi ho messo in allarme…voleva sapere perché l’avessi fatto e cosa avevo fatto” Bella mi pose una mano sulla gamba,
“Ma se non lo ricordi non farne un problema, Edward mi ha detto che…beh…ballavi e c’erano dei cafoni che ti guardavano ma hey, è del tutto normale, l’alcol fa fare stupidaggini e sei stata via per poche ore” questo non poteva giustificare quello che avevo detto,
“Non è questo, cioè, c’è dell’altro, ho detto… ho urlato a Jasper cose davvero meschine” provavo vergogna e dolore, non volevo farlo. Bella allora notò i segni nella parete sprofondata di qualche centimetro,
“Tu hai…”
“Non controllavo evidentemente la mia forza…” mi accasciai sullo schienale,
“Cosa gli hai detto?” sospirai,
“Gli ho detto che lui non mi avrebbe mai protetta, che non sarebbe riuscito a tenere al sicuro Aiden, perché era incapace, perché loro sono più forti e solo a me spetta il compito di fermarli e che… non ho nessuno che possa aiutarmi davvero” Bella abbassò lo sguardo,
“Non dovevo dirlo, sono una persona orribile” mi strinse forte la mano,
“Non pensarlo nemmeno, eri fuori di te, anche se c’è un fondo di verità in quello che hai detto, noi non siamo come te, ma ti stiamo aiutando Alice” la tirai a me per abbracciarla,
“lo so Bella, mi dispiace, so quanto rischiate per me, scusami”
“Non c’è niente da perdonare, vedrai Jasper capirà” sapevo che mi avrebbe perdonata ma ciò non cambiava quello che avevo detto e che avrebbe per sempre ricordato,
“E’ davvero ferito, io non so” mi si era formato un nodo in gola,
“Jasper ti ama, sente il tuo sconforto per quello che hai fatto, dagli un po’ di tempo, quando tornerà ci parlerai” si, dovevamo parlare. Volevo che mi ascoltasse ora che ero lucida.
“Fra poco arriverà Carlisle” dissi quando una visione interruppe il flusso dei miei pensieri,
“Per controllare che stia bene” Bella respirò a fondo,
“Beh credo che oggi salterò la mia ronda, che ne dici di un po’ di shopping dopo?” spalancai gli occhi,
“Adesso? Con quel demone che ci tiene sotto scacco” Bella portò la testa indietro,
“Sorellina, non sa cosa significhi sfidare i Cullen, e poi, dobbiamo rilassarci un po’”
Ci dirigemmo al centro di Boston, col passare delle ore cominciai a sentirmi sempre meglio, non ero al pieno delle forze, ma camminare a velocità umana e girare negozi non era un compito arduo per me. Bella sembrava davvero apprezzare la città, e mostrava un sincero interesse per quello che le mostravo.
“Attenta Bella potresti diventare una patita dello shopping come me” mai sorella reggeva delicatamente due bustoni Victoria Secret’s , ridacchiò,
“Ho ancora molta strada da fare” controllò l’orologio,
“Quasi 3 ore, il tempo va troppo in fretta” la guardai interrogativa,
“Carlisle” mi morsi un labbro, non lo avevamo aspettato, non aveva trovato nessuno in casa,
“Passiamo dal suo studio, sarà lì” l’immagine dello studio di Carlisle mi si palesò davanti, ce l’avevano fatta, Carlisle era riuscito ad acquisire un piccolo studio medico nelle vicinanze della zona est, dove era il nostro condominio.
“Si e poi vai a lavoro Bella, non voglio che ti licenzino, sei appena stata assunta” annuì forzatamente,
“Presto sarà il weekend e potremmo dedicare un po’ più di tempo a noi stesse, forse allontanarvi un po’ da qui vi farà bene” magari era una buona idea. Carlisle non fu sorpreso della nostra visita. Tolse il camice bianco che indossava per abitudine e sistemò i finti occhiali tondi, oggetto di scena sulla scrivania di mogano. L’ufficio era ampio e luminoso, delle spesse saracinesche venivano calate in presenza di umani, la porta dava ad un piccolo corridoio, solo 2 piani, entrambi di Carlisle. La finestra affacciava su di una zona residenziale piuttosto tranquilla e tinteggiata di spazi verdi, ci era passata molte volte.
“Vedo che stai meglio di quanto mi aspettassi” indagatore Carlsile mi trascinò su una sedia e mi puntò una forte luce in faccia,
“Provi un qualche malessere?” ci riflettei, in quel momento mi sentivo piuttosto bene, eccetto che per la sete, nonostante avessi bevuto due fiale sembrava persistere,
“No, stamani ero completamente intontita ma le pillole mi hanno aiutata molto, grazie” pigiò la torcia per spegnere la luce, mi tastò in fretta la gola e il polso.
“Credo che sia stata un’ ubriacatura molto forte, ma hai recuperato molto più in fretta degli umani, il giorno dopo è un giorno di totale sofferenza a letto” Bella sbruffò ridacchiando,
“Si era sbronza Carlisle, ora la finiamo” lui annuì sorridendo. Una sonora vibrazione mi fece sussultare, estrassi il telefono dalla tasca.
“E’ la scuola” dissi prima che chiedessero, strano, non mi avevano mai chiamata sul cellulare.
<> chiese una voce squillante di donna,
“Si, cos’è successo?” chiesi allarmata, non potevo vedere Aiden, smisi di respirare,
<< Si tranquillizzi, suo figlio sta bene, ma, c’è stato un piccolo screzio in cui è stato coinvolto, un suo compagno di classe si è ferito, dovrebbe venire qui se non è un problema>> la voce attese qualche secondo,
<< Signora Cullen?>> tornai a respirare,
“Si arrivo subito” riposi in fretta il telefono in borsa e afferrai la giacca,
“Cosa?” Bella mi seguì alla porta,
“C’è stato un incidente, devo andare, tutto ok, avviso io Jasper mentre vado, tu va a lavoro okay?” incerta mi baciò la guancia e tornò dentro da Carlisle.
Arrivai a scuola in fretta, mi baluginò in testa l’immagine di  alcuni bambini che attorniavano due figure. Erano spaventati. Una donna magra e dai morbidi capelli ricci biondo fragola mi aspettava all’imbocco del corridoio.
“Alice?” mi fermai appena in tempo, stavo già saettando verso la 5° F.
“Salve,sono Phoebe, una delle insegnanti di quest’anno, sa non abbiamo avuto ancora occasione di fare un incontro con i genitori” le strinsi la mano cercando di rimanere calma e mostrarmi cordiale,
“Signora Cullen! Venga” un’ altra insegnante apparve dalla porta della classe,
“Aiden è dentro con Randy e c’è anche la madre, e la piccola Camille” prima di entrare l’altra donna mi bloccò con il braccio,
“Le spiego in breve, suo figlio e Rendy avranno avuto un piccolo litigio, e purtroppo Rendy è scivolato torcendosi il polso, Camille ha assistito alla scena, ci sono solo loro in classe, ho mandato gli altri bambini in cortile. La madre crede che sia colpa di AIden, ma credo che si possa risolvere tutto civilmente, in fondo è stata solo una lite fra bambini. Annuì, pensierosa, Aiden era così gentile e riflessivo, non avrebbe fatto a botte senza un valido motivo. Con mia sorpresa all’interno c’era anche un'altra donna una maestra arcigna dai capelli color fango e gli occhi nascosti da spessi occhiali, quasi due fessure, era accanto ad un bambino grassoccio e rosso in viso, gli scendeva ancora qualche lacrima, la madre in talier violaceo le era accanto e gli teneva la mano, Aiden e Camille ad occhi bassi erano dall’altra parte della stanza, andai subito da Aiden per accertarmi che stesse bene.
“Signora Cullen, suo figlio sta bene, dovrebbe insegnargli le buone maniere” disse la maestra,la fulminai con lo sguardo,
“E’ stato un incidente vero Cristine?” Phoebe si affrettò ad entrare,
“Il ragazzo dice che è stato lui a ferirlo, senza motivo” continuò lei, la madre taceva, irritata dalla situazione,
“Si, mi ha afferrato il polso e me l’ha rotto” in effetti il polso del ragazzo era viola e gonfio,
“Camille?” Phoebe si avvicinò e le parlò con dolcezza, Aiden muto mi lanciava occhiate di pieno sconforto,
“Va tutto bene, non preoccuparti” la bambina, graziosa e minuta avanzò un po’ verso l’altra maestra,
“Non l’ha fatto apposta, si sono azzuffati, uno sull altro, deve essere caduto sulla mano Randy, ora posso…posso andare?” disse supplicante,
“Ma certo cara” Phoebe e Cristine si volsero in direzione della collega vittoriose,
“No è lui! E’ un mostro!” quelle parole furono una fitta al cuore, presi la mano di Aiden automaticamente, nessuno poteva osare definire mio figlio così, serrai l’altro pugno, Phoebe sorpresa mi guardò intensamente e mi si parò davanti quasi per nascondermi alla vista delle altre,
“Randy, cosa dici? E va bene, basta così, comunque sia avvenuto devo portarti all’ospedale e l’assicurazione coprirà i danni” la madre trascinò via il figlio,
“E lei, stia più attenta a suo figlio, meglio che non si avvicini a Randy” disse irritata e sbattè la porta. L’arcigna signora la seguì seccata e la questione sembrò finire lì. Lasciai un secondo AIden con Phoebe mentre contattavo Jasper per spiegargli l’accaduto. Partì la segreteria.
“Jazz, sono a scuola, Aiden ha avuto un incidente con un altro bambino, no non preoccuparti sta bene, credo che lui abbia ferito un ragazzo, gli ha spezzato il polso, sono preoccupata credo che le sue capacità comincino a manifestarsi. Vediamoci allo studio di Carisle. Ti ” il beep mi impedì di continuare. Ti amo. Pensai.





POV JASPER

Di stare tranquillo non se ne parlava, Aiden ha fatto cosa? Era questo il primo pensiero che mi venne in mente. No AIden non avrebbe ferito un bambino senza ragione. Mollai la lezione a metà ora e mi precepitai nei giardini, dovevo prendere l’auto e arrivare nella parte nord della città.
“Dove pensi di andare amico?” Robb trafelato cercò di raggiungermi, stavo correndo,
“Affari di famiglia urgenti, coprimi okay?” senza attendere che rispondesse mi defilai. Probabilmente per l’eccesso di velocità e tutte le norme che avevo infranto mi avrebbero revocato la patente, ma dovevo assicurarmi che fosse tutto apposto. L’ufficio di Carlisle era al 2° piano di un modesto edificio accanto ad un quartiere residenziale abitato da numerose famiglie. La macchina di Alice era parcheggiata sul davanti. A grandi passi percorsi la scalinata e bussai alla porta. Mi aprii Carlisle, era lì con Bella che mi salutò con un cenno, lo studio era ampio, con divani di pelle rossa, moquette e un ampia scrivania di mogano, ampie finestre e pareti vellutate. Alice era appoggiata al bracciolo del divano a braccia incrociate, aveva l’aria assorta. Quando si accorse della mia presenza ebbe un sussulto. La guardai per qualche attimo, ero ancora arrabbiato, non sapevo come comportarmi, quello che aveva detto era la verità e me ne vergognavo.
“Dov’è?” chiesi,
“In bagno” rispose lei in un sussurro, qualche istante dopo Aiden apparve dal corridoio,
“Papà!” corse ad abbracciarmi, stava bene, fui sollevato. Carlsile mi lanciò un’ occhiata ammiccando. Presi Aiden in braccio e lo sistemai sulla poltrona di fronte la scrivania, Alice mi fu accanto,
“Allora piccolo, ti va di raccontarci cosa è successo?” mi piegai alla sua altezza, guardò in basso e poi si mordicchiò il labbro,
“Va tutto bene, puoi dirci tutto tesoro” Alice gli prese una mano, Bella e Carlisle rimanevano a distanza,
“Stavamo giocando in cortile, c’erano tanti altri bambini, io e Camille eravamo vicino all’altalena” fece una pausa,
“Non vi arrabbierete vero?” dicemmo un sorpreso no in sincrono, Aiden non era mai stato un bambino difficile, non lo sgridavamo quasi mai. Ora era spaventato, sentivo la sua paura. Io ed Alice ci scambiammo un veloce sguardo preoccupato.
“Randy è venuto come una furia, spesso se la prende con i più piccoli e con le ragazze, ma sono solo parole, invece questa volta Camille gli ha tenuto testa e lui ha reagito cominciando a spingerla e l’aveva presa per il collo, io volevo solo che smettesse… così…io gli ho…afferrato la mano…e l ho spinto via… si è sentito come un crack e l ho subito lasciato” qualche lacrima cominciò a rigargli le guance, mi sollevai dalla poltrona, ecco il motivo, stava proteggendo la bambina.
“Hey, Aiden, non piangere hai fatto la cosa giusta, lo so che è stato brutto non avere il controllo, non volevi fare male a quel bambino lo so” Alice lo tirò a sé e l’abbracciò,
“Ma come ho fatto mamma? Sono come te? Ho anche io la magia?” gli occhioni blu erano lucidi,
“Può darsi amore mio, la cosa importante è che gli altri non lo sappiano, devi solo imparare a gestire questa forza, tutti ci riescono, andrà bene okay?” Aiden annuì incerto,
“Aiden coraggio, voglio un bel sorriso adesso, devi essere fiero perché hai protetto un umana, e che ne dici di una sfida, vediamo se mi batti a braccio di ferro ?” intervenne Carlisle , Aiden scese dal lettino e riconquistò un po’ di serenità,
“Io battere te?” disse sorpreso,
“Beh, vediamo” raggiunse Carlisle,  Bella li seguì nella sala visite, io ed Alice restammo soli.
“Che ne pensano gli umani?” le chiesi continuando a fissare la poltrona,
“Nessuno ha visto nulla, e dicono sia stata una zuffa, che si sia fatto male cadendo, nessuno crederà mai che un bambino possa avere una forza tale da…”
“Ho capito” la interruppi brusco, stemmo in silenzio per un po’, Alice camminò per la stanza dandomi le spalle,
“Ora dobbiamo tenerlo d’occhio, nel caso manifestasse qualche altra capacità, nessuno deve scoprirlo” si voltò, lo sguardo assente.
“Si” disse continuando a fissare il vuoto, poi scattò verso di me, mi fissò intensamente e mi prese dolcemente la mano tra le sue,
“Dobbiamo parlare Jazz” non potei fare a meno di chiudere impercettibilmente le dita intorno alle sue per qualche secondo, ma mi faceva male. Le lasciai la mano.
“Devo tornare a lezione” dissi evasivo ma guardandola negli occhi,
“Ma, Jasper!” mi richiusi la porta alle spalle, sospirando amareggiato.






POV ALICE
 
“Non capisco, non ha più forza di un umano di 7 anni” Carlisle si massaggiava il mento insoddisfatto, Bella aveva portato AIden a comprare i waffles alla pasticceria dietro l’angolo. Andai alla finestra osservando le poche macchine che tranquilli procedevano verso il centro della città, era passata l’ora di punta ed era pomeriggio inoltrato.
“E’ come se la forza e al velocità del vampiro insieme alle tue altre doti amplificate si fossero annullate in Aiden, come se dalla vostra unione ci fosse stato un sovraccarico, il che lo rende in apparenza del tutto simile ad un umano” non lo stavo ascoltando fino in fondo, i miei pensieri vagavano da AIden a quella donna arcigna che lo guardava in un modo così odioso, al bambino che lo aveva definito mostro, oh quanto avrei voluto che fosse stato semplicemente un bambino, ma in fondo quello che era successo era una prova di quello che sentivo, mio figlio era speciale.
“Alice?” mi voltai sospirando,
“Allora come si spiega quello che è successo, Carlisle ha rotto il polso a quel ragazzino” Carlisle annuì,
“Lo so, è strano, se è una caratteristica fisica non va e viene come s…” si interruppe fissando il vuoto, tossicchiai dopo qualche secondo,
“E’ a livello psichico, certo, vedi la sua forza è stata amplificata da una situazione di stress, di pericolo, è questo, o è l’ipotesi più plausibile” annuì lentamente,
“Deve imparare a  gestirlo, ci riuscirà, è solo ancora così piccolo, vedi reneesme non lo so è diversa ovviamente, ma ci è nata con le sue capacità, sembra che Aiden invece cominci a mostrarle solo ora” Carlisle si alzò e mi venne accanto, mi pose una mano sulla spalla,
“E’ difficile, ma come hai detto ci riuscirà, ora dobbiamo solo evitare che succeda davanti agli umani e resteremo vigili fino al necessario, se vedi qualsiasi cosa che riguardi il demone, anche una cosa che ti sembra insignificante, devi dircelo” il telefono dello studio emise un beep,
“La Morris sulla 3” esordì una voce di donna metallizzata. A quanto pare Carlisle era già riuscito a farsi dei clienti.
“Grazie Carlisle” mi congedai. Il sole spendeva, il sole a Boston era raro, ma gli umani così indaffaranti non notavano il luccichio della nostra pelle bastava coprirsi il più possibile e camminare velocemente.
“Mamma, è davvero buono!” Aiden saltellò lungo il marciapiede, con Bella alle calcagna. Un rivolo di caramello gli colava sul mento.
“Immagino” sorrisi a Bella per tranquillizzarla.
“Ne parliamo dopo” le dissi mentre ci dirigevamo alla macchina,
“Non dovevi essere a lavoro?” fece spallucce innocente,
“SI ora vado, immaginavo che saresti venuta qui, volevo accertarmi che fosse tutto ok, ci sentiamo più tardi allora, ciao Aiden” lo baciò sulla guancia.
“Che facciamo mamma?” aprii la portiera e ci riflettei su,  Aiden sbadigliò,
“Hey, hai voglia di andare all’allenamento oggi?” mi disse un sincero no guardandomi negli occhi,
“Però se vuoi vado lo stesso” aggiunse, sorrisi mesta,
“Tesoro, oggi è stata una giornata no, vero? Che ne dici se noleggiamo un film e prendo del popcorn così ci accoccoliamo entrambi sul divano?” mi strinse la giacca annuendo velocemente. Misi in moto, AIden era visibilmente stanco, un po’ di riposo gli avrebbe fatto bene.






POV JASPER
 
Il rettore mi aveva trattenuto anche troppo, volevo tornare a casa, Alice voleva parlarmi e prima o poi avremmo dovuto affrontare quella discussione. Mi sentii alquanto immaturo per il mio comportamento, eppure non riuscivo a scrollarmi di dosso quella sensazione. Non mi sentivo abbastanza, forse non mi ero mai sentito all’altezza di quella nuova situazione, di un figlio, e da quando lo aveva detto anche lei, ere peggio, molto peggio. Lentamente salii le scale del condominio e indugiai davanti alla porta prima di entrare, osservando il tappeto istoriato sotto i miei piedi. Un leggero respiro, regolare proveniva dalla stanzetta di Aiden, erano le 21 ed era già crollato. Posai piano le mie cose sul tavolo. Sul divano erano avvinghiate l’una all’altra due coperte di pail. E la tv era accesa seppur senza volume. La spensi. Ascoltai. Un respiro più veloce, quasi accelerato invece era in direzione della nostra stanza, lasciai giacca e cravatta disordinatamente sul divano, la porta era appena socchiusa. Anche Alice dormiva, di già, era strano, o quella situazione stava diventando fin troppo stressante; potevo capirlo. Riflettei se entrare o meno, nel mentre i suoi respiri divennero più concitati, quasi dei lamenti, aprii la porta. Si contorceva tra le lenzuola e stringeva con foga il materasso, i lamenti divennero delle vere e proprie urla, chiusi in fretta la porta e le andai vicino. Uno spasmo le fece scagliare la lampada del comodino a terra in mille pezzi. Tentai di bloccarle le braccia, chiamandola piano per farla svegliare.
“Alice, alice, svegliati” mi strinse il braccio così forte, ancora incosciente che dovetti trattenere un gemito, poi gridai il suo nome più forte scuotendola. Aprii gli occhi di scatto, era madida di sudore, era terrorizzata, tremava, qualsiasi cosa stesse sognando sentivo che era qualcosa di orribile. Si sollevò quasi tentando di indietreggiare, mi guardò e si guardò attorno focalizzando dove si trovava. Il respiro ancora accelerato.
“Hey, sono io, tranquilla” le passai una mano sulla fronte asciugandola,ribolliva,
“E..ra… un sogno” prese ampie boccate d’aria, continuai a tenerle la mano sulla fronte finchè non si calmò del tutto, mi scostai leggermente restando seduto sul letto, si raccolse le ginocchia al petto, appoggiando la testa contro il muro e chiudendo gli occhi.
“Solo un sogno” ripetei, un incubo molto probabilmente, non ne aveva mai fatti e non mi era mai sembrata così spaventata, ma non volevo chiederglielo.
“Sto bene, sto bene” disse riaprendo gli occhi. Annui osservandola e mi alzai in procinto di andarmene,
“Aspetta Jasp…” aveva la voce tremante e continuava a sudare freddo, qualsiasi cosa avesse sognando era troppo, anche per lei. Mi venne una fitta al cuore.
“Ti prego resta” ammiccò all’altro alto del letto.
“Non c’è bisogno di parlare ma rimani per un po’… io…ho paura” disse quasi sorpresa, per lasciarla in quelle condizioni, da sola, mi sarei dovuto appellare a tutto il mio rancore ma non potevo, non volevo, l’amavo troppo. Senza dire nulla mi stesi accanto a lei, lei fece lo stesso, appoggiando la testa sul cuscino, ci separavano ben 20 cm di materasso ma mi afferrò ugualmente la mano e chiuse gli occhi, la strinse forte, così forte che non avrei potuto oppormi, aveva bisogno di calore.







POV ALICE
 
Passarono 5 giorni, e nulla cambiò, il demone non si palesava, Aiden non sembrò mostrare più segni di capacità sovra-umane, Carlisle ed Edward fecero alcune ricerche, noi altri controllavamo sempre la città, nessuna creatura soprannaturale tranne noi. Con Jasper le cose erano in stallo, da quella sera non avevamo più cercato di parlare di cosa fosse effettivamente successo quella notte; tutta la nostra attenzione era concentrata su Aiden. Si ci parlavamo ma in fondo era come se ci fosse un sottile velo a dividerci, mi mancava, la sintonia delle nostre menti era disturbata, eppure sentivo che come me soffriva, che come me cercava un contatto. Quella mattina toccava a me portare Aiden a scuola, Jasper uscii presto con Carlisle ed Edward per fare di nuovo rifornimento, era lo stress, ma la mia sete aumentava ogni giorno di più, ed era meglio essere prudenti. Aiden pronto balzò giù dalla sedia sorseggiando l’ultimo goccio di latte.
“Andiamo!” disse guardando preoccupato l’orologio del salone,
“Non faremo tardi”
“Mamma?” mi portai le mani alla gola, ero in piedi davanti al bancone della cucina, indietreggiai barcollando, una tunica nera premeva contro il mio corpo, due mani rugose mi stringevano il collo, la parete di cemento era fredda, potevo sentirlo anche sopra i vestiti. Un odore acre. Mi guardai attorno, luci al neon e auto, molte auto in quello spazio chiuso. Presi ampie boccate d’aria sfarfallando gli occhi.
“Mamma che c’è?” Aiden spaventato mi scuoteva il braccio, tentai di ricompormi, era stata una visione molto intensa, ne avevo poche ultimamente ma sempre troppo forti, non riuscivo a distinguerle dalla realtà a volte.
“Era una visione” dissi, sorrisi forzatamente ad Aiden, qualcuno stava tentando di uccidermi, quell’odore, era un demone, forse lo stesso della festa. Deglutii afferrando la borsa,
“Ma mamma, voglio sapere, stai bene?” sospirai, era dura ma non volevo spaventarlo, era solo un bambino.
“Si tesoro, non è niente” scendemmo fino alla macchina parcheggiata di fronte il condominio.  Guidai assente fino al parcheggio della scuola, quella visione era stata così reale, rivedevo quelle immagini in continuazione, tentando di capire dove fosse quel posto, chi fosse quella persona, non vedevo il volto, ma l’odore era chiaro. Dovevo avvisare gli altri. Eravamo fermi da diversi minuti. Che quella visione fosse collocata agli incubi che avevo avuto in quei giorni. Incubi, molto più intensi, e spaventosi, tanti in molti mi aggredivano ma nemmeno lì distinguevo granchè, ma sapevo era un sogno, perché c’era Jasper lì con me abbattuto e che mi fissava mentre tutti cercavano di bloccarmi a terra,  e poi ero in una stanza, priva di pareti, era un illusione, ma ciò che avevo visto in quel momento da cosciente era la realtà, era il futuro.
“Ho una brutta sensazione mamma, restiamo insieme oggi, ti prego” la voce incerta di Aiden interruppe il flusso dei miei pensieri.
“Aiden, guardami, non è nulla, risolverò tutto, tu devi andare a scuola, è un giorno normale questo, d’accordo, coraggio, lo so che è dura per te.” Mio figlio annuì e uscì mogio dalla macchina. Frustrata misi in moto e guidai in fretta sino al parco, mandai un messaggio a tutti, dovevamo incontrarci alla luce del sole, in luogo affollato, non ci avrebbero attaccato mai con gli umani presenti. Tutti arrivarono in pochi minuti. Bella agghindata a dovere aveva persuaso Josh a lasciarla andare, quanto convincente poteva essere un vampiro nessuno lo avrebbe mai capito. Edward, Carlisle e Jasper stavano andando giusto in ufficio una volta scaricate le fiale.
“E’ lui allora” disse Edward mentre a grandi passi si avvicinavano sull’erba appena tagliata. C’era odore di terriccio umido. Una serie di occhiate confuse mi fecero alzare, era seduta in terra con la schiena appoggiata ad una quercia, non m’ importava di sporcare i vestiti, volevo solo concentrami.
“Non ne sono sicura… ho avuto una visione a casa, poco precisa, c’era questa figura vestita di nero che mi schiacciava contro una parete e tentava di soffocarmi, di certo non era umana e aveva l’odore dei demoni, quindi per logica potrebbe essere quello che ci ha trovati al galà.” Il volto di Jasper mutò in ghiaccio.
“Dove? E Quando?” chiese Bella,
“Era un luogo chiuso, c’erano delle auto parcheggiate, luci al neon, credo un parcheggio sotterraneo, ma non ne ho mai visti come quello, almeno non dove di solito lascio la macchina.” Sospirai,
“Non so quando accadrà, non ho elementi sufficienti per dirlo” mi appoggiai al tronco,
“Eri da sola?” Jasper si guardò attorno circospetto,
“Non ci attaccherebbero qui, in pieno giorno” rassicurò Edward,
“Si, di questo sono sicura, ero da sola e…” la visione, un’altra visione, o la stessa, più lunga, di nuovo quelle mani attorno al collo, io che mi dimenavo, ora scorgevo anche le piume nere delle sue ali espandersi e il fruscio. Ma non ce la facevo a resistere, era come se perdessi i sensi, poi mi vidi dall’esterno, accasciata, mi lasciava, non mi svegliavo.
“Alice?” Carlisle mi teneva sollevata, ero quasi piegata in due, metabolizzai lentamente,
“La stessa visione?” Bella mi prese la mano, si, non potevo dirgli che non, che non ce l’avrei fatta.
“Il futuro può sempre cambiare” disse Edward che aveva visto tutto nella mia mente,
“Va bene, ora sorvegliamo con più attenzione la città, dobbiamo trovarlo prima che arrivi ad Alice, non può nascondersi a lungo se è fra gli umani” << Edward non dire nulla, non voglio peggiorare la situazione>> Carlisle e Bella si allontanarono. Non parlai, non mi capacitavo, non poteva finire così, <>, Edward abbassò la testa e seguì gli altri. Jasper mi si avvicinò il più possibile, mi lasciai cadere appoggiandomi di nuovo all’albero, lui si accovacciò di fronte a me.
“Hai visto qualcos’altro non è così?” mi guardò intensamente negli occhi, dovetti interrompere il contatto visivo, non riuscivo a sostenere il suo sguardo,
“No” dissi fissando il cielo, quasi opaco, sfocato a causa dell’aria umida che preannunciava pioggia.
“Devi dirmelo” si alzò schermandomi dal sole, trattenni una lacrima. Spostai lo sguardo sul prato.
“Sai che ti dico, sono stanco di capire, a quanto pare non sono in grado” lo lasciai andare, lo avevo deluso ancora. E se non fossi riuscita ad evitare quel futuro lo avrei lasciato di nuovo.






POV JASPER
 
Tornai alla BMV nera di Edward parcheggiata lungo il vialetto. Mi stava aspettando. Leggendomi la mente fece una smorfia contrariata, mi gettai velocemente sul sedile posteriore, non avevo voglia di sentire una sua ramanzina. Carlisle era già seduto davanti, fissava corrucciato la strada. La notizia che l’attacco era imminente lo aveva turbato.
“Dovremmo chiamare Rosalie ed Emmett, o far venire Jacob, ci serve tutto l’aiuto possibile.” Disse una volta che imboccammo la superstrada per il centro di Boston.
“Noi 5 con Alice possiamo battere un demone, è meglio che restino a Forks, a proteggere Renesmee Charlie e quanti sono coinvolti con la nostra famiglia” ormai erano con noi da 1 mese, e ad Edward mancava sua figlia, aveva lasciato che la nostalgia lo invadesse per un attimo.
“SI, questa storia finirà, dobbiamo ucciderlo, non c’è altro modo” sussurrai. Carlisle scese e andò dritto all’appartamento che lui ed Esmee avevano preso, Edward mi fece cenno di passare davanti.
“Fino a quando continuerai così?” mi disse, con tono più preoccupato che canzonatorio, <>.
“E’ questo il problema, devi parlare, devi discutere con Alice, chiarite” accesi la radio,
“Questa poi” smise di parlare, e il sottofondo sin troppo assordante della stazione33 invase l’abitacolo per 10 minuti, la strada era trafficata. Edward con uno scatto pigiò il bottone d’arresto. Clacsonò 2 volte. Era frustrante per noi vampiri girare in auto a 10 km orari.
“Non c’è nulla da chiarire, anzi è stato fin troppo chiaro” non volevo parlarne ma ne avevo bisogno e questo Edward lo sapeva. Non volevo comportarmi in quel modo ma non riuscivo ad accettare quella serata.
“Jasper, so cos’ha detto, i suoi pensieri erano limpidi, è stato scorretto dirlo ma se ne pente da allora, ogni giorno ne soffre e lo sai anche tu” si lo sapevo, ma non sapevo cosa dirle. <> pensare era più semplice.
“Non è la verità, tu l hai sempre protetta e continuerai a farlo” superò una fila di macchine e guadagnò un ritmo stabile.
“Non è abbastanza, quello che ho fatto finora è nascondermi, qui in questa città, ci siamo nascosti da loro, non li abbiamo affrontati perché la verità è che solo Alice può battere i demoni, noi forse in 5 potremmo rallentarne uno” Edward annuì pensieroso.
“Va bene, siamo più deboli, e allora? Essere deboli impedisce ad un umano di fare da scudo ai propri figli durante un incendio o ad una donna di gettarsi davanti ad una pistola pur di salvare l’uomo che ama? E’ la la debolezza che ci rende forti, ricordalo” riflettei su quelle parole.
“Non puoi trattarla così da 1 settimana perché ha sbagliato, devi perdonarla, devi starle vicino con quello ch potrebbe accadere…” si fermò titubante,
“Lo sapevo, ha visto qualcosa di diverso vero?” Edward mantenne gli occhi fissi sulla strada,
“Si, ma non succederà”.
 
 Alice era in soggiorno, l’avevo raggiunta un oretta dopo, come Carlisle le aveva suggerito era rimasta in casa, non sapevamo quando la visione si sarebbe realizzata ma era meglio che ri-controllassimo meglio la città, non poteva nascondersi sotto il nostro naso. La trovai seduta a gambe incrociate sul divano abbracciata ad un cuscino e con gli occhi chiusi, era appoggiata allo schienale, mi fermai davanti a lei, credevo dormisse giacchè non aprii subito gli occhi, ma stava scrutando nel futuro.
“Non è cambiato nulla?” chiesi con tono affabile, quasi si stupì, dopo la maniera in cui avevo reagito al parco. Scosse la testa fissando il pavimento. Era ovvio che lei ed Edward mi nascondessero qualcosa. Ma non potevo sapere finchè non avrebbero deciso di dirmelo. Sospirai frustrato e andai in camera da letto. Armeggiai coni vestiti della cabina armadio, dovevo andare in banca per il deposito dell’associazione Alfac del rettore. Mi vestii con molta calma, come se desiderassi che Alice venisse da me, Edward la rendeva semplice, perdonala e parlate, ma adesso era passato troppo tempo, 1 settimana era troppo senza di lei, senza comunicare realmente e adesso era lei che doveva perdonare me. Non sapevo come avrebbe reagito. Ma Alice restò in soggiorno, senza fare il minimo rumore. Presi la valigetta, e osservai l’orologio da polso, ero in effettivo ritardo.
“Cavolo, Aiden!” fu allora che comparve appoggiandosi allo stipite della porta,
“Ci penso io, va pure” Scattò nell’altra stanza prendendo il cappotto,
“Credevo fosse più sicuro restare qui” dissi,
“Il futuro non si può evitare, ormai l’ho imparato, non importa cosa farò, si possono percorrere strade diverse o agire diversamente ma il cambiamento non presuppone un punto di arrivo differente” gli occhi furono coperti da un velo sottile per qualche istante, poi batté le palpebre e scivolò lungo le scale lasciandomi solo con quella frase enigmatica sospesa nell’aria.
 
 
 
 
POV ALICE

Erano le 14, Aiden sarebbe uscito da scuola a minuti, moltissime auto erano parcheggiate lungo la strada, lateralmente, mi fermai proprio davanti l’ingresso col motore acceso. Solo qualche minuto e l’avrei portato a casa. La campanella emise un trillo acuto e prolungato, qualche secondo di quiete e poi a ondate i bambini si riversarono giù per le scale, molti genitori erano in piedi ad aspettare, nel cortile, gridolini di gioia e risate si propagavano nell’aria. Attesi, Aiden non usciva ancora. Un paio di auto mi clacsonarono irritate, poi un vigile che indossava un accecante giubbotto giallo mi si avvicinò. Abbassai il finestrino.
“Signora, non può sostare qui” aveva ragione ma era tutto pieno,
“D’accordo” picchiettò di nuovo il finestrino,
“Giri a destra alla prima, c’è il posteggio coperto della scuola” ringraziai l’uomo, ci riflettei un secondo, se Aiden non era ancora uscito di sicuro era in classe, avrei parcheggiato lì sotto e sarei andato a prenderlo. Il telefono mi squillò, era Jasper, spensi il motore dell’auto e osservai lo schermo, scesi e presi la borsa continuando a fissarlo, non mi guardai neppure intorno, seguii la salita che portava al cortile e lasciai partire la segreteria.
“Alice, sono ancora in banca, ci metterò un bel po’, a quanto pare c’è uno sciopero, a più tardi” sospirai,
“Signora Cullen, che piacere!”Phoebe mi abbracciò, non l’aveva mai fatto, un po’ spaventata giacchè non l’avevo sentita arrivare sorrisi impacciata, un’umana che si muoveva quasi impercettibilmente e odorava di buono, davvero.
“Aiden sta scendendo aiutava Camille con lo zaino che le si era scucito, sono così carini” non potei frenare l’immagine di Aiden che difendeva quella piccola bambina e ne feriva un altro, c’è un non so che di dolceamaro in tutto ciò. Anche Christine ci raggiunse affannata, portava un carico di quaderni e libri tra le braccia, poi arrivò Aiden dietro di lei, leggiadro e veloce.
“Mamma?” mi abbracciò sorpreso,
“Speravo venissi tu” gli arruffai i capelli pensierosa.
“Maestra credo che lo zaino non vada bene più, lo dice lei alla mamma di Camille?” Aiden picchiettò la gonna di Phoebe che lo guardava ma era come assorta in qualche altro pensiero, non rispose per qualche secondo, poi guardandosi attorno annuì,
“Certo” visibilmente innervositasi afferrò il cellulare
“Devo scappare, a domani Christine” e mi fece un cenno.
“E’ matta, non farci caso ma è adorabile” Aiden si incamminò verso l’ingresso,
“Oh no tesoro, da sotto, ci scusi dovremmo proprio andare anche noi” anche Christine si congedò; presi Aiden per mano e scendemmo verso il parcheggio, sporadiche luci giallognole illuminavano flebilmente quel posto. Aiden mi strinse più forte la mano. Non gli piaceva il buio.
“Allora, pulce, come mai speravi che venissi io?” dissi per distrarlo,
“Così” mi fermai e mi accovacciai di fronte a lui, eravamo a pochi metri dalla macchina,
“Aiden Hale, dimmi la verità” gli sorrisi pizzicandogli il mento,
“Papà mi sembra triste ultimamente e arrabbiato” afferrò l’estremità della T-shirt e cominciò ad arrotolarla,
“E’ per quello che è successo con Camille?” gli afferrai le spalle,
“No tesoro, no, vedi papà è arrabbiato con me, gli ho detto una cosa brutta” mi fissò con quegli occhioni blu,
“Gli hai chiesto scusa?” gli sorrisi,
“Ci sto provando” ammisi, con mio figlio, nonostante fosse ancora un bambino, sentivo di poter parlare liberamente e lui avrebbe sempre capito.
“Scommetto che quando non sarà più arrabbiato tornerete a sbaciucchiarvi peggio di prima” lo afferrai facendogli il solletico,
“Piccolo diavoletto, la sai lunga” rise di cuore. Lo abbracciai e aspirai il profumo dolce della sua pelle.
“Su andiamo” aprii la portiera, Aiden restava inchiodato davanti a me, lo sguardo fisso dietro le mie spalle, non eravamo soli. Aspirai un odore di bruciato e marcio. No. Voltandomi avevo già la risposta. Un uomo vestito con una tunica nera, alto, tornito, scuro di pelle, quasi calvo e con un barba nera e riccioluta che gli incorniciava il volto, era giovane, era un demone.
“Aiden sali in macchina, adesso!” Aiden si sbloccò e obbedì subito, chiuse le portiere della macchina. Respirai per accettare la situazione, mi guardai attorno, le auto, le luci al neon, la parete che avevo di fronte, era la stessa. Se solo non fossi stata così presa dai miei pensieri. Lo avrei capito. Ma non era tardi, potevo ancora cambiare le cose, non qui, non ora, non davanti a mio figlio, non mi avrebbe uccisa.
“Che cosa vuoi?” dissi nella maniera più aggressiva possibile, strinsi i pugni, sentivo le ali fremere dentro di me.
“Te” sussurrò con voce quasi serpentina e spalancò un paio di ali nere, ampie e muscolose. Chiusi gli occhi e il fruscio setoso delle mie ali mi provocò una lieve fitta di dolore, ma poi mi senti bene, davvero bene e forte, potevo farcela. L’area fu inondata dal blu intenso delle mie ali, ora distinguevo meglio l’uomo, aveva una sottile cintura di cuoio intorno al pantalone, a torace scoperto mostrava i segni di alcune cicatrici, dalla cintura spuntava una scure e un pugnale. Non avrebbe toccato mio figlio, non finchè avrei continuato a respirare. Balzammo l’uno contro l’altra all’unisono, il soffitto era alto solo 3 metri, nessun vantaggio nel volo, riuscii ad evitare i suoi colpi possenti e a sferzarne qualcuno, ma la verità era che non combattevo da troppo tempo, non usavo quasi mai i miei poteri, li avevo inibiti per troppo tempo. Tentai di creare un’ onda d’energia, delle scosse elettriche o qualsiasi cosa per tramortirlo, ma il contatto fisico mi impediva di concentrarmi, non mi riusciva, non così, non mentre evitavo e colpivo e sentivo i suoi colpi. Stavo perdendo. I pungi e i calci, sulla schiena e sul ventre, le ali erano armi, taglienti e veloci, riuscii a farlo sanguinare, ma lui era più forte. Quasi sorpreso ridacchiò distanziandosi di 1 metro. Ripresi fiato piegata sulle ginocchia.
“Mi aspettavo di più” disse, una voce roca e profonda. Poi scattò in avanti e mi afferrò per il collo. Mi sbatté violentemente contro la parete. Cercai di opporre resistenza ma mi mancava il respiro, come svuotate le ali si afflosciarono dietro di me, perdendo luce. La mia visione si stava avverando. I rumori cominciarono ad essere confusi. Chiusi gli occhi per qualche secondo.
“Bene bene, cosa sei tu, un altro angelo” il demone allentò leggermente la presa, il briciolo di speranza che quelle parole mi suscitarono svanì immediatamente quando vidi Aiden a pochi passi dal demone, col le lacrime agli occhi.
“Lasciala andare!!!” urlò quasi furioso, il demone ridacchiò stringendo di più.
“Ai…den… sca.p..pa va via” tentai di dire, mi appellai a tutte le mie forze, ma sentivo lentamente la vita scivolarmi via.
“No! Lasciala ora!” il demone tornò ad allentare la presa,
“Un mocciosetto, vuoi morire anche tu?” afferrai il braccio del demone e gli affondai le unghie nella carne.
“Non lo salverai tesoro” emisi qualche rantolo soffocato, Aiden scattò rapido verso il demone e gli pose la mano sul braccio, una luce accecante mi costrinse a chiudere gli occhi, mi sentii cadere, e la pressione sulla gola spari, un tonfo assordante.
“Mamma, alzati, mamma, dobbiamo andarcene!” il freddo pavimento di cemento aveva un odore nauseabondo, ero forse morta? Sentire la voce di AIden era un tormento,e il suo tocco, aprii forzatamente gli occhi.
“Aiden!” lo afferrai stringendolo, soffocandolo quasi,
“Stai bene ? stai bene?” mi afferrò i polsi,
“Dobbiamo andare” si alzò esortandomi a fare altrettanto. Richiusi le ali e mi resi conto di quello che era successo. Il demone era accasciato a terra, incosciente, una bruciatura nerastra circondava il suo corpo. Collegai tutto. Aiden era stato lui. Mio figlio mi aveva salvata.
 






 
POV JASPER
 
“Cosa dici? Adesso!?” riattaccai il telefono mentre Edward stava ancora parlando, in mezzo alla hall affollata della banca, il vociare delle persone, indaffarate e di corsa si annullò, la visione di Alice si era avverata e con lei c’era pure Aiden, corsi immediatamente alla macchina, il beep del cellulare mi fece trasalire, aprii la portiera e osservai lo schermo, erano all’ufficio di Carlisle. Così in fretta, e nel parcheggio della scuola, la visione di Alice era confusa e neppure lei aveva capito dove fosse quel posto, ed Aiden non era con lei, che le nostre azioni avessero peggiorato il futuro? Avevamo messo in pericolo anche lui. Arrivai il più in fretta possibile. Al primo piano non c’era nessuno.
“Il signor Carlisle è nel seminterrato” disse una voce di donna da un cubicolo vicino l’ingresso; l’unico modo per accedervi era un montacarichi/ascensore, li tenevamo le scorte di sangue e parte dell’attrezzatura che Carlisle aveva portato da Forks. Uno spazioso garage con 2 stanze, un piccolo studio e tutto il deposito, qualche vecchio divano scucito e un tavolo con delle sedie riempivano il poco spazio rimanente. Aprii le porte dell’ascensore e cercai Alice, era appoggiata al tavolo, la raggiunsi e l’abbracciai innanzitutto,
“Stai bene?” le chiesi stringendola sollevato, sorpresa ma felice ricambiò l’abbraccio, fu un abbraccio fugace, mi guardai attorno,
“E’ con Carlisle nello studio…” stava per proseguire ma andai subito da lui,
“Hey” Aiden, perfettamente calmo si lasciava controllare da Carlisle,
“Papà”gli afferrai la manina,
“Neanche un graffio, sei stato eccezionale Aiden” guardai Carlisle confuso,
“Ora rilassati un po' con la Tv mentre parlo con tuo padre, vieni Jasper” ritornammo dagli altri, Edward ed Esmee si sussurravano qualcosa, Bella cingeva Alice con le braccia, le luci erano quasi soffuse ma avvicinandomi a loro notai  le ferite di Alice, prima nella foga del momento non l’avevo guardata bene.
“Ti ha ferito” aveva un graffio sulla guancia, usciva ancora del sangue e segni da strozzatura rossi e lividi sul collo,
“Non è niente” disse lei massaggiandosi il collo,
“Jasper, il demone l’ha attaccata nel parcheggio sotterraneo, era da solo, maschio, giovane, molto forte, carnagione scura e barba, non lo abbiamo mai visto, una pedina di sicuro manovrata da un qualche superiore” un altro Aro, un altro Balthazar con chissà quali pretese.
“Alice era ancora troppo debole per affrontarlo, non usa i suoi poteri da anni, non sul serio, e lui l’ ha quasi sopraffatta se non fosse stato per Aiden” continuò Edward, mi voltai verso Alice,
“Mi ha inchiodata alla parete e tentava di soffocarmi, non riuscivo a reagire, credevo…credevo che sarei morta” Bella a fianco a lei le prese la mano,
“Poi Aiden, è sceso dalla macchina, gli avevo detto di restare nascosto, ma è sceso, a pochi passi dal demone, quello che ricordo è che l’ha semplicemente toccato e come se avesse propagato molta energia da quel contatto lo ha scagliato lontano a terra facendogli perdere conoscenza, così siamo venuti qui” restai di sasso, la proteggerò io, così mi aveva detto una notte, ed era davvero in grado di farlo; nonostante fosse solo un bambino.
“Mamma, papà, sono davvero a pezzi, torniamo a casa?” titubante Aiden si avvicinò al gruppo,
“Certo tesoro, qualche minuto e andiamo via” disse Alice, Edward mi prese da parte,
“Io e Carlisle andiamo a caccia del demone, ma dubito sia ancora nei paraggi dopo quello che è successo, porta Aiden ed Alice a casa e non perderli di vista, va bene? Domani all’alba lasciamo la città. Non è stata una buona idea restare”.
 
 




 
 
POV ALICE

Jasper mise Aiden a letto, ero ricoperta di tracce di sangue, mio e del demone, prima di dormire un po' volevo fare un bagno. Aprii l’acqua della vasca e mi spogliai davanti allo specchio, il mio corpo era martoriato da lividi, sulle spalle accanto alle cicatrici e sulla coscia destra, di sicuro avevo qualche costola incrinata, passai la mano piano ma sussultai dal dolore. Spostai di nuovo lo sguardo sullo specchio, Jasper era dietro di me e mi stava guardando, afferrai in fretta un asciugamano, lui batté un pugno sulla porta e si diresse verso la porta.
“Io lo uccido” disse a denti stretti, lo afferrai per un braccio con l’asciugamano addosso, non doveva fare sciocchezze, non potevo permettere che gli accadesse qualcosa,
“No Jasper, resta qui… resta a casa” si voltò e mi passò una mano sulla guancia,
“Sto bene Jazz” lasciò cadere la mano con gli occhi lucidi,
“Non è vero…” sussurrò per non farsi sentire da Aiden,
“Guarda come ti ha ridotta, sei quasi morta, ed io non ero lì a proteg…” abbassò lo sguardo,
“Vado a prendere un po' d’aria” disse e camminò lentamente verso il balcone.
Feci scivolare qualche sale da bagno in acqua e mi immersi completamente, fu un sollievo l’acqua calda, ero tutta indolenzita. Chiusi gli occhi appoggiando la testa contro il bordo superiore della vasca e mi lasciai andare al sonno.
In un attimo mi ritrovai nuovamente in quell’incubo, una camera da letto, tende nere, poca luce, qualcuno mi teneva incappucciata, poi mi scopriva il volto, cercavo di muovermi ma mi tenevano stretta, non vedevo nessun volto, era come se nel sogno mi sforzassi di vedere ma le facce erano sfocate. Erano in tanti, tante ombre, e poi come ogni volta mi scagliavano sul letto e uno di loro mi veniva addosso, Jasper , lo intravedevo vicino alla porta, lo sguardo infranto, era lì a guardare con disagio. E poi a quell’immagine si sovrappose il demone che poco prima aveva tentato di uccidermi, la sua pelle scura che premeva contro la mia, le mani intorno al collo. Non riuscivo a respirare. Solo un sogno, era solo un sogno. Chiusi gli occhi, dovevo svegliarmi, ma era tutto così reale, la pressione delle dita sul collo era insopportabile. Provai a gridare ma la mia bocca non emetteva alcun suono. Mi sembrava di galleggiare quasi. Il mio corpo era agitato da tremiti convulsi, poi mi sentii afferrare dall’alto.

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Capitolo 10
*** Rifugio ***


POV JASPER

La tirai fuori dall’acqua il più in fretta possibile, non respirava, e per sollevarla dovetti impiegare una certa forza, era come se qualcosa la tenesse inchiodata al fondo della vasca. Non appena il viso attraversò la superficie dell’acqua aprii gli occhi prendendo ampie boccate d’aria;
“Alice, va tutto bene, calmati adesso, sono qui” il corpo era come attraversato da scariche elettriche, si aggrappò a me, tremante, annaspando, cercando di evitare il contatto con l’acqua, quasi fosse doloroso. La sollevai completamente e l’adagiai sul tappeto, feci scivolarle addosso l’asciugamano che aveva appoggiato al lavandino. Mi teneva stretta la maglietta, mi abbracciò, i respiri accelerati.
“Sei al sicuro Alice, shhh” tremava come una foglia, appoggiai il mento sulla sua fronte continuando ad accarezzarle i capelli bagnati. Dopo qualche minuto smise di tremare. Era di nuovo quel sogno. Stavolta però mi aveva spaventato, non ne era mai stata così presa. Mi scostai per guardarla in faccia e nello stesso momento lei sollevò la testa.
“Meglio?” annuì, una lacrima argentea le solcò una guancia,
“Mi dispiace Jazz, mi dispiace, non dovevo parlarti così, non dovevo” strinse ancora di più tra le dita il lembo della mia maglia, era straziante vederla così, non potevo continuare a colpevolizzarla.
“A me dispiace, mi sono comportato da idiota, ti ho ignorata per giorni, come un bambino” le presi la mano,
“Ti ho detto delle cose che non penso davvero” si avvicinò a pochi centimetri dal mio volto,
“Jasper non lo penso davvero” le spostai una ciocca di capelli fradici,
“Mi sono arrabbiato perché c’è un fondo di verità in quello che hai detto, e odio sentirmi vulnerabile, lo sai” abbassò lo sguardo,
“Ho bisogno di te, Aiden ha bisogno di te, senza te io non ce la faccio, non respiro, non” la fermai, prendendole il viso tra le mani e baciandola intensamente, le sue labbra, l’odore della sua pelle a contatto con la mia, il respiro che gravitava verso i miei polmoni, mi era tutto terribilmente mancato.
“Io non ti lascerò mai, capito, non importa quanto potenti siano loro, io non ti lascerò mai affrontarli da sola” le sussurrai poggiando la fronte contro la sua.



 
 
 
POV ALICE

La sensazione di freddo era quasi sparita, eppure tremavo impercettibilmente, Jasper mi prese fra le braccia e mi portò in camera da letto, mi adagiò sul letto e cominciò a smistare nei cassetti. Presi due grossi cuscini e li sistemai in modo da potermi appoggiare senza distendermi completamente. Ascoltai attenta i rumori della casa, nulla furchè noi, ero sollevata di non aver svegliato Aiden, non mi aveva mai vista in quello stato. Jasper si avvicinò sedendosi sul bordo del letto, aveva preso delle creme e del mercurio.
“Meglio medicare le ferite, va bene?” gli presi la mano e annuì dolcemente, sentivo che le cose fra noi sarebbero tornate come prima, mi girai di schiena e tolsi l’asciugamano,  mise del mercurio poi sul graffio della guancia,
“Questa dovrebbe alleviare il dolore”  prese una crema vischiosa che mi spalmò attorno al collo, poi toccò alla gabbia toracica, c’erano delle costole incrinate, faceva male e sembrava anche peggio di quanto fosse, al di sotto del seno sinistro e lungo tutto il lato c’era un ematoma bluastro e viola. Carlisle aveva detto che in qualche giorno sarebbe sparito, le costole sarebbero guarite da sole. Jasper indugiò con la crema fra le dita, sentivo quanto fosse straziato per quelle ferite, gli sollevai il mento,
“Guariranno, è meno grave di quello che sembra, non ho nulla di rotto” cominciò a massaggiare la crema delicatamente, ma per quanto facesse piano chiusi gli occhi contraendo le labbra per il dolore,
“Ho quasi fatto” mi posò l’altra mano sulla gamba,
“Domani andremo via, non vi troveranno Alice, te lo prometto, non permetterò che ti accada più una cosa del genere” spalmò ciò che rimaneva della crema sotto il mio seno, il tocco delle sue dita mi fece fremere, dopo quella giornata così intensa e tesa, dopo quell’incubo volevo rilassarmi, volevo stringerlo tra le braccia, volevo un contatto. Misi la mano sopra la sua e la guidai più in alto per carezzarmi entrambi i seni. Lì distesa e nuda sul letto, benché ricoperta di lividi, non potei non eccitare Jasper, mi tirò a sé dolcemente baciandomi sulle labbra, poi sul collo poi scendendo sempre più giù. Desiderosa gli strappai la camicia e mi sedetti sopra di lui facendogli scivolare i pantaloni. Ed in un attimo era dentro di me, e mi sentivo galleggiare nell’aria, lontana da tutti i problemi, lontana dal tempo e dallo spazio, solo noi due, l’uno nell’altra. I nostri respiri accelerati si mescolarono e i gemiti di piacere e il contatto della nostra pelle , quella connessione così potente, dimenticai chi fossi, e a mano a mano che il ritmo aumentava mi sollevavo sempre di più finchè l’esplosione finale fece evaporare ogni mia energia, poi quiete.  Jasper mi strinse forte le natiche e si abbandonò sul mio petto, ed io portai la testa all’indietro. Restammo così immobili per diversi minuti, lui ancora dentro di me. Un solo corpo, una sola anima. Si appoggiò al cuscino.
“ Come ho fatto a starti lontano per 1 settimana” disse appagato, gli feci scivolare due dita sul petto,
“ Jasper, io ti amo” dissi seria, si sollevò e mi accarezzò la guancia,
“Ti amo anch’io Alice Cullen, rimaniamo qui, così, per sempre” sorrisi baciandolo sulla fronte.
“Vorrei potesse essere così, lo vorrei tanto.”





 
 
 
POV JASPER

Restammo sul letto a lungo, desiderosi che quella notte non finisse mai oppure che finisse presto per trovarci altrove, liberi e felici. Alice appoggiata sul lato non segnato dal livore mi abbracciava il petto. Passavo le dita a ritmo regolare fra le ciocche dei suoi capelli, sentivo il suo corpo rilassarsi, cadere quasi in uno stato di torpore.
“Stai cercando di mettermi fuori gioco?” disse sollevandosi per guardarmi in faccia,
“Dovresti riposare, prima dell’alba.” Sospirando si lasciò cadere di nuovo,
“Sai potremmo comprare un’isola, una di quelle così piccole, sperdute, lontane dagli umani, una di quelle dal nome impronunciabile dall’altra pare del mondo, pensa come saremmo felici ed Aiden potrebbe crescere in un’ambiente incontaminato, cacciare con noi…” dissi, ma non potevamo isolarci dal mondo,
“Domani ci penseremo, è ancora oggi, giusto?” si avvicinò al mio viso e mi scoccò un morbido bacio sulle labbra.
“Giusto” era stanca, lo percepivo, dopo quella battaglia e la nostra “attività”, era spossata. Continuai a massaggiarle la testa e si addormentò in fretta. L’aria della stanza era calda, aprii leggermente il balcone per far entrare la brezza, infilai un paio di pantaloni e rimasi ad ammirarla per qualche istante. Il corpo marmoreo, perfetto, bellissima seppur piena di ferite, un moto di rabbia mi attraversò nuovamente. Doveva pagarla chiunque fosse stato. Ma per il momento non avrei agito da solo e senza pensare, glielo avevo promesso. Carezzandole la linea sinuosa della schiena le adagiai il lenzuolo fresco color avorio sulla pelle, lasciandole scoperte le spalle e il volto, appoggiava la testa ad un cuscino di piume, sembrava quasi che lo abbracciasse.
“Buona notte amore mio, niente incubi stavolta” le sussurrai all’orecchio. Appoggiai le ante della porta, era mezzanotte, domattina dovevamo dire ad Aiden che ce ne saremmo andati. Presi in silenzio tutto il possibile dall’armadio e le valige, le portai in soggiorno, cominciando a sistemare, non c’era molto tempo. Circa mezz’ora dopo sentii lo scricchiolio della porta, era la porta di Aiden, nel suo pigiama azzurro abbracciato ad un coniglio grigio di pezza si stropicciò gli occhi e venne verso il divano dove avevo posato le valigie.
“Che succede?” chiese sbadigliando,
“Non volevo svegliarti ometto” lo presi in braccio e andai verso il balcone,
“Ce ne andiamo papà?” era triste, e ancora un po’ scosso anche se non lo dava a vedere, nonostante Alice affermasse che avesse il mio carattere intravedevo la sua forza di volontà e la sua introversione.
“Si, all’alba piccolo, ascolta… quello che è successo oggi a te e alla mamma non deve ripetersi più, ma qui non siete al sicuro, quegli uomini malvagi torneranno se non partiamo capito?” Aiden annuì, i racconti che aveva ascoltato da noi qualche anno fa, su mostri malvagi che però avevamo sconfitto, su altri che erano come la mamma , da racconti erano divenuti realtà. Quanto poteva sopportare un bambino? Ma lui non era un bambino come gli altri, era molto di più.
“Come sta la mamma?” probabilmente ripensò agli attimi dell’attacco, forse parlarne gli avrebbe fatto bene,
“Riposa, non preoccuparti per lei, le hai salvato la vita” lo abbracciai, divenne più teso,
“Hey” lo posai giù accovacciandomi davanti a lui,
“Vuoi raccontarmi com’è andata, sai a volte tenersi tutto dentro non fa bene” mi guardò per qualche secondo con quegli occhi profondi e blu,
“Noi stavamo per salire in macchina…uno dei cattivi è arrivato così dal nulla, la mamma mi ha detto di chiudermi dentro e io l’ho fatto, ho fatto come diceva…ma” si fermò abbassando lo sguardo, gli strinsi un braccio con la mano,
“Aveva brutte ali nere, oscuravano la luce delle lampade, ali non come quelle della mamma, io vedevo che lottavano, l’aveva presa e spinta contro il muro, non le vedevo il viso ma le ali perdevano sempre più luce…. Sono uscito dalla macchina  e non riusciva a respirare così mi sono avvicinato, e ho detto lasciala! Lasciala andare! Ma niente, così l’ho toccato, e…” parlava affannosamente e due lacrime cominciarono a rigargli il volto, gli afferrai la testolina e lo abbracciai forte,
“Non piangere, lo so è stato brutto ma ora è passato, Aiden devi essere orgoglioso di te, hai salvato la mamma, neppure io avrei potuto, sei stato un eroe, eh?” si asciugò le lacrime con i polsi, un bambino aveva visto sua madre essere aggredita, picchiata e quasi uccisa, al solo pensiero un brivido mi corse lungo la schiena.
“Si ma, io non voglio fare del male alle persone” compresi la sua preoccupazione, il potere che si stava manifestando era difficile da accettare, Alice lo avrebbe capito ancora di più.
“Non farai del male a nessuno, ma quel mostro vi ha attaccato, difendersi non è fare del male Aiden” annuì,
“Sei preoccupato che possa accadere con gli umani, come con Ralph?” si mordicchiò un labbro,
“Abbi fiducia, ci vuole solo allenamento, domani la mamma ti racconterà quanto sia stata dura anche per lei riuscire a capire i suoi poteri e controllarsi” fece un sospiro più rilassato. Erano quasi le 2.
“Posso dormire con la mamma?” gli presi la mano e ci avvicinammo alla porta bianca, Aiden sgattaiolò silenzioso fino al materasso ma il cambiamento di pressione sulla stoffa svegliò comunque Alice che in dormi-veglia aprii gli occhi, si trovò di fronte il viso di Aiden che sorrideva, sollevò il braccio e gli arruffò i capelli,
“Tesoro, cosa fai sveglio?” Aiden ridacchiò e poggiò la testa sul cuscino a cui lei era ancora avvinghiata, mi avvicinai anch’io sedendomi tra loro,
“Dormo qui” sentenziò Aiden, Alice sorrise,
“Colpa mia, ho fatto troppo rumore” presi la mano di Alice, ad Aiden non sfuggì nulla, gli si illuminarono gli occhi,
“Non sei più arrabbiato?” chiese speranzoso, non volevo che Aiden ci vedesse litigare, ma in quella settimana mi ero comportato con una tale freddezza che l’avrebbe notato in ogni caso, Alice spostò lo sguardo su di me, un misto di calore e gelo l’avvolse, ancora inebriata dall’unione di poco prima.
“Tuo padre a volte è davvero un idiota” dissi, Alice sorrise e mi tirò a sé, le baciai dolcemente le labbra, AIden ridacchiò lasciandosi sfuggire un’espressione di imbarazzo come tutti i bambini che vedono i genitori baciarsi.
“E poi come si fa ad essere arrabbiati con lei?” dissi solleticandolo,
“Non si può” replicò lui saltandomi addosso,
“Piano tigre” lo bloccai tra le braccia, Alice si sollevò e mi cinse le spalle, quanto erano appaganti e pieni di gioia quei momenti, le due persone più importati della mia vita, al sicuro tra le mie braccia,
“Non si può” dissi incrociando lo sguardo di lei.




 
 
 
POV ALICE

Alle 5 del mattino mi alzai, ero nervosa, tra un’ora ce ne saremmo andati, la vita da umani che ci eravamo costruiti qui per copertura seppur non perfetta mi piaceva, ed Aiden aveva appena cominciato la scuola, sarebbe stata dura per lui cambiare ambiente, si era affezionato a Boston lo sapevo. Ma non potevo metterlo in pericolo ancora, fuggire? Questo stavamo facendo, mia madre ci avrebbe trovato un posto sicuro se solo fosse stata ancora in vita, oppure avrebbe pensato che fossi una vigliacca, la Alice che era andata in Paradiso che aveva sfidato gli anziani e che aveva avuto il potere di distruggere quasi quel mondo pur di riavere salvo suo figlio era solo una vocina nella mia testa. Nascondersi non bastava, non ero così.
“A cosa pensi?” Jasper mi sorprese abbracciandomi da dietro facendo attenzione alle ferite,
“Non basterà allontanarsi da qui” dissi continuando a guardare la foschia odorosa del primo mattino, il suono di qualche ambulanza e delle auto già invadeva le strade.
“Lo so” Jasper mi fece roteare verso di lui,
“Non abbiamo un piano migliore per adesso, ma qui non si può restare” mi massaggiò una spalla,
“Si, è così” mi portai una mano al volto,
“Che mi succede Jasper?” avevo bisogno di sfogare i miei timori,
“Che vuoi dire?” chiese allarmato,
“Per te sono sempre la stessa, non trovi che mi sia, un po’ persa qui?” corrugò la fronte,
“Ti senti persa?” sedette sul bracciolo del divano, camminavo inquieta avanti e indietro sul tappeto del soggiorno,
“Non saprei, è come se fossi priva di energia, quel demone, 5 anni fa lo avrei ucciso in un istante, invece adesso mio figlio di quasi 7 anni è stato capace di batterlo mentre io…” mi venne un nodo alla gola, Jasper rimaneva in silenzio,
“Ho ucciso Balthazar, il mio cuore è stato avvelenato, ho combattuto contro di voi, contro decine di vampiri senza battere ciglio, sono quasi morta, più volte, e sono andata in Paradiso, stavo quasi per annientarlo, dov’è finito tutto quel potere, dov’è finito? Mi sento impotente, capisci? Non posso proteggervi, e ho detto che tu non potevi farlo, ma io che sono un angelo non mi sento in grado, come posso chiederlo a te ?” Jasper si alzò e mi strinse a sé, era un crollo quello, l’aggressione, i sogni, la partenza, tutto mi aveva turbata.
“Alice, io vedo la stessa persona di 5 anni fa, la stessa persona di 50 anni fa, la stessa persona che mi aspettava in quella bettola di Philadelphia e che mi ha fatto innamorare, tu sei Alice, e nulla potrà cambiare questo” affondai la faccia nel suo maglione cremisi aspirandone il profumo,
“Non sei debole, io credo che inibire così a lungo la tua natura non ti abbia fatto bene, non usi quasi mai i tuoi poteri e sono anni che non voli, anni, ma quello che hai fatto rendendoti più vulnerabile è stato solo per proteggerci, PROTEGGERCI, capito? Tu lo fai sempre, non solo combattendo” sollevai la testa per guardarlo, aveva un’espressione serena,
“E se non dovessi recuperare quel potere? Se non ci riuscissi?” intrecciò la mano nella mia,
“Ci riuscirai, tu sei un angelo, l’angelo più potente che esista probabilmente, quando capiremo come batterli definitivamente nulla potrà impedirti di esserlo, dobbiamo pazientare solo un po’” annuì, Jasper tentava di infondermi quanto calore possibile, dovevo essere forte e positiva per loro,
“SI, credo che allontanarmi da tutti questi umani mi aiuterà”.
L’alba arrivò presto, Carlisle ed Edward arrivarono appena scoccò l’ora, caricarono i bagagli e definirono il programma per il viaggio, io andai nella nostra stanza per svegliare Aiden. Dormiva beato nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato la notte precedente, col lenzuolo bianco sin sopra la testa, il coniglietto era caduto a terra, lo raccolsi e lo adagiai sul materasso, gli scoprii il viso, il respiro leggero e caldo era il suono più dolce che potessi sentire in quella circostanza. Gli passai una mano sulla fronte liscia e perlacea. I fitti capelli neri la ricoprivano con una frangia folta, ogni volta che mi fermavo ad osservalo, ogni volta che qualcuno ci guardava dichiarando la nostra somiglianza una parte del mio cuore traboccava di gioia, Aiden era uno specchio, e vi vedevo il mio riflesso, una parte di me era lì. Aiden aprii piano gli occhi, un blu intenso e quasi nero al buio, mi guardò placidamente,
“Dormito bene pulce?” gli solleticai i piedi, annuì sorridendo,
“Mi devo alzare?” disse protestando, gli baciai la fronte,
“E’ ora di partire tesoro” il sonno gli scivolò addosso e si sollevò attento, scese dal letto e cominciò a vestirsi, avevo messo i suoi abiti sulla sedia dirimpetto il letto.
“Dov’è che andiamo mamma?” sedetti sul bordo del materasso incrociando le gambe,
“Non lo so, devi chiederlo a papà, sai meno la mamma sa più difficilmente gli uomini malvagi ci seguiranno” Carlisle ed Edward ritenevano che fosse più prudente, c’era come una connessione fra tutti noi, fra le creature celesti. Non potevo spiegarlo.
“Non voglio che ti facciano di nuovo del male” Aiden finì di allacciarsi la scarpa.
“Vieni qui” si avvicinò e lo presi sulle ginocchia,
“Nessuno mi farà del male, e neppure a te, la nostra famiglia è qui per aiutarci” lo abbracciai per qualche secondo,
“Mamma, un giorno mi porterai con te in volo come quando ero più piccolo?” disse continuando ad abbracciarmi, risi,
“Certo tesoro, ti porterò più su di qualunque aereo, tra le nuvole” elettrizzato Aiden si staccò dall’abbraccio e mi guardò estasiato,
“ mamma, ti brillano gli occhi” sorpresa guardai il mio riflesso nello specchio sopra la cassettiera, un azzurro intenso che non vedevo da tanto mi colorò le iridi.
“Aiden sai quanto la mamma ti vuole bene vero?” mi prese la mano,
“Certo che lo so, ma io di più mamma” era un bambino meraviglioso.
Un debole scalpitio alla porta segnalò l’arrivo degli altri, Edward e Jasper portano via i bagagli di tutti, avremmo viaggiato con la BMV di Edward e l’auto di Jasper. Carlisle Esmee e Bella salirono nella prima. Presi Aiden per mano e ci avvicinammo al parcheggio all’aperto del palazzo, Edward aveva già messo in moto,
“Sara’ un lungo viaggio” affermai aprendo la portiera per far entrare Aiden, Jasper mi passò una mano sulla spalla e si mise a sedere davanti.
“Mamma devi avvisare la scuola!” esclamò Aiden mentre lasciavamo il quartiere, il rombo silenzioso dell’altra auto era quasi impercettibile dietro di noi. Mi balenarono in testa le immagini di Phoebe e dell’altra insegnante preoccupate di non vedere Aiden a scuola. Non ci avevo affatto pensato.
“Si le vedo fin troppo preoccupate, meglio tranquillizzarle” afferrai il telefono nella borsa di pelle nera e digitai il numero di Phoebe, me l’aveva lasciato dopo l’incidente a scuola. Edward concentrato mi rivolgeva occhiate confuse, le visioni ogni tanto si affollavano in testa, squarci troppo rapidi e fugaci per scorgerci qualcosa.
“Edward smettila di frugare nella mia testa” sorrise ammiccando a Jasper, il telefono bussava ancora,
“Alice?” la voce squillante della donna sembrava come sollevata,
“Si, scusi se la disturbo così presto, volevo che sapesse che per questioni di famiglia ci stiamo trasferendo, Aiden non frequenterà più la scuola di Boston” guardai Aiden, a quelle parole si intristii, gli carezzai la guancia,
“Capisco, provvederò io a tutte le pratiche, se mi dice il suo nuovo indirizzo potrei mandargliele” indugiai, Jasper si voltò scuotendo il capo, la verità era che non sapevo neppure dove stessimo andando.
“Non si preoccupi” sentii la donna sospirare profondamente,
“D’accordo, a Nord c’è ancora la neve comunque” staccò bruscamente la chiamata. Aiden spalancò gli occhioni,
“Che?” Jasper si grattò la fronte, Edward fece spallucce, quella donna era bizzarra.
“La gente è folle piccolo, gli umani soprattutto” disse Edward rivolgendosi ad Aiden, lui non convinto si accoccolò a me e chiuse gli occhi, aveva dormito poco quella notte.
“Resisti piccolo mio, andrà bene” gli sussurrai sfiorandogli il piccolo orecchio rosato.
Dopo 300 km era arrivato il momento di fare una pausa, i vampiri non riescono a resistere senza attività troppo a lungo, certo si poteva restare immobili per ore intere, ciò però non implicava che lo si volesse. Aiden era il meno sofferente di tutti, aveva dormito durante quelle 4 ore. Io non azzardavo a farlo non volevo avere un incubo mentre Edward era lì. Certo lo sapeva, i miei pensieri tornavano spesso a quelle scene, non mi chiedeva nulla, aveva compreso che non fosse una visione. L’auto di Carlisle rallentò imboccando la corsia d’uscita dell’autostrada, il terreno selciato grattava contro le ruote. Ci ritrovammo in un ampio piazzale pieno di terriccio e una strada a stento visibile, di fronte c’era un autogrill malandato.
“Questo posto mi ricorda molto l’Arizona” disse Bella raggiungendo la nostra macchina, Aiden saltellò fuori incantato dal paesaggio montuoso.
“Suggerisco di fermarci qui, Aiden deve mangiare qualcosa” io e Jasper annuimmo all’unisono.
“Hey, entriamo io e Bella con lui, ci sono troppi umani” Jasper aveva dimenticato la sua dose con tutto quello che era successo, aveva pensato solo alle mie,
“Okay, andremo a perlustrare qui vicino, anche se dubito che in pieno giorno ci siano animali da cacciare” guardò fisso l’orizzonte, Edward lo prese per le spalle,
“Prudenza Ed” brontolai e richiamai Aiden. L’interno dell’edificio era in condizioni più decenti, un piccolo fastfood e una zona market, molti turisti accaldati e sudaticci si aggiravano guardando distrattamente la merce, qualcuno mangiava panini e patatine. Bella si avvicinò al bancone per ordinare, io ed Aiden ci sistemammo in un tavolino con divanetti di pelle rossi, la moquette era pulita e odorosa di detergente.
“Mamma nemmeno io posso sapere dove andiamo?” mi chiese Aiden impaziente,
“Tesoro, credo che nemmeno loro sappiano dove arriveremo alla fine, l’importante è aver lasciato Boston per adesso” si intristii,
“Hey, sarai felice, e sai perche’?” Aiden ci pensò su, poi scosse la testa aggrottando la fronte,
“Perché finche saremo insieme non avremo bisogno d’altro” il suo faccino si illuminò in un ampio sorriso.
“Aiden, tua madre mi ucciderà ma non c’è altro nel menù” Bella adagiò sul tavolo un vassoio con un cheeseburger e delle patatine, un bicchiere di cola e due frullati per noi di scena. Aiden guardò il cibo affamato.
“Dopo quello che ha passato se lo merita” sussurrai a Bella. Lei sedette accanto ad Aiden e lo guardò pensierosa,
“Bella, mi dispiace, lo so quanto ti manca Nessie, ora posso capirlo” lei scosse la testa,
“Si mi manca, ma la rivedrò presto, lei non è in pericolo, e ha Jacob, non vorrebbe che vi lasciassimo soli” mi afferrò la mano.
“Allora, vedo che non avete deciso ancora nulla, non guardarmi così, alla fine lo vedrò, l’importante era non saperlo a Boston e che Aiden non lo sappia, se si connettessero a lui” parlavo con tono quasi impercettibile, Aiden era troppo impegnato a mangiare per ascoltarmi.
“No, francamente Carlisle mi sembra un po’ disorientato” e chi non lo era.
“Volevo chiederti se poi hai chiarito con…Alice?” l’aria sollevata dalla mano di Bella non smosse i miei occhi fissi e vuoti, mi ci volle qualche secondo, ancor meno per reagire, ma era troppo tardi,
“Bella, dobbiamo uscire” la cameriera, una donna afroamericana sulla 30ina inciampò in quell’istante lasciando i piatti frantumarsi al suolo, una scheggia di vetro si conficco nel polpaccio di un uomo grassoccio che divorava il suo dessert. L’alone rosso del sangue gli colò lungo la caviglia, emise un rantolo soffocato. Le narici mi si turarono del caldo e delizioso aroma. Stavo per alzarmi ma restai inchiodata al tavolo a fissare l’uomo. Avvertivo la calma di Bella, ma io, non ci riuscivo, avevo troppa sete.
“Alice, è un taglio, Alice….” contrassi le dita, cercai di smettere di respirare,
“I tuoi occhi Alice” spostai lo sguardo su Bella, era concentrata ma spaventata, anche Aiden si bloccò percependo la mia sete. Bella si alzò mi prese di forza, si dovevo uscire.
“Aiden torno subito” disse e mi spintonò fino all’uscita, presi ampie boccate d’aria, mi piegai in due rilassandomi,
“Se non ci fossi stata tu io…” mi poggiò una mano sulla spalla,
“Stai bene?” annuì,
“Stanno tornando, manda Carlisle, deve medicare quell’uomo, torno dentro da Aiden okay? Lo tranquillizzo” dopo pochi minuti gli altri mi raggiunsero, l’espressione distesa di Edward si contrasse e anche Jasper si irrigidì, percepiva l’odore del sangue   la mia paura.
“Carlisle prendi due fiale, Alice ne ha bisogno” Carlisle mi rivolse uno sguardò e capii,
“C’è un uomo ferito” sillabai mandando giù il liquido,
“Andiamo a vedere Edward” mi allontanai dal sole sino al distributore di benzina, Jasper si avvicinò, mi appoggiai alla parete di cemento.
“Non so cosa diavolo mi prende, ultimamente non riesco a controllare la sete” sconsolata picchiai un pugno sul muro che si sgretolò. Jasper appoggiò il gomito alla parete, chinandosi verso di me,
“ E’ questa situazione, lo stress, e dopo che ti hanno quasi uccisa, devi riprenderti, hai bisogno di energia” scossi il capo,
“Aiden mi ha visto, ha visto quasi il mostro uscire fuori, ero una vampira desiderosa di uccidere e basta” mi afferrò l’incavo del collo con delicatezza,
“Aiden sa chi sei, non arrovellarti Alice, è solo un periodaccio.” non aspettò una risposta ma mi baciò dolcemente.
Più tardi verso il tramonto decidemmo di restare per una notte in un motel, nessuno ci aveva seguito fin ora ma era probabile che i demoni non volessero rivelarsi giacché viaggiavamo di giorno ed in strade sempre trafficate. Aiden aveva bisogno di riposarsi, erano passate 8 ore, Edward ci convinse a farci un'altra giornata di viaggio l’indomani. Il trucco di non sapere dove stessimo andando non funzionò per molto, ebbi subito una visione del paesaggio, della neve quasi sciolta di marzo, della villetta in pietra immensa, del clan Denali. Alaska. Lì Jasper concordava avremmo avuto l’appoggio dei vampiri a noi più vicini, ci si poteva fidare. I demoni non potevano sapere di quel posto, o forse si. Non mi importava, ero sicura che l’unica soluzione non era scappare ma distruggerli una volta per tutte. Bisognava però circondare Aiden di persone che lo avrebbero protetto, mentre io avrei combattuto.
“Un po’ squallido” Bella si grattò la nuca prendendo la manina di Aiden, Edward ridacchiò,
“Va benissimo” dissi io, un posto decadente, pieno di umani, intonso del loro odore, dovevo solo bere un’altra fiala di sangue. Jasper e Carlisle parcheggiarono le auto a poche centinaia di metri in un garage adibito all’uso. Prendemmo io e Bella due stanze comunicanti, al piano superiore Carlisle ed Esmee. Eravamo in pieno deserto del Colorado, nessun bosco o foresta in cui cacciare. In fondo era solo una notte, gli altri avrebbero ingannato il tempo in qualche modo, anche io sentivo di aver bisogno di qualche ora di  sonno, ma il solo pensiero di addormentarmi mi turbava, non volevo rifare quell’incubo. Ne avevo parlato con Carlisle, ma più che parlarne non si poteva fare altro, erano le mie paure a quanto pare, era quel pericolo che turbava la mia mente.
“Ho lasciato le altre valigie in macchina, solo un cambio per noi ed Aiden e lo spazzolino, Jasper ci raggiunse spalancando la porta della nostra stanza, entrammo. Aiden si tuffò sul letto contento, c’era un ampio letto matrimoniale, due comodini, tende verdastre come il resto della tappezzeria, uno specchio ampio di fronte al letto e una cassettiera, una piccola finestra incrostata di ruggine, ma per il resto era pulito, l’aria era decisamente viziata. Spalancai innanzitutto la finestra e controllai che il minuscolo bagno incavato accanto alla parete principale fosse accettabile.
“Okay” dissi sconsolata
“Mamma non c’è la tv” Aiden ispezionò la stanza, aveva una macchia di ketchap sui pantaloni e la camicetta bianca sgualcita,
“Tesoro non ci serve la tv, ti racconto una storia, è già ora per te di dormire” Aiden ci rimuginò occhieggiando suo padre come se potesse far apparire un televisore dal nulla, Jasper lo guardò severo e divertito al tempo stesso.
“Va bene” Aiden si tolse i vestiti e li appallottolò,
“Li ho sporcati” me li porse,
“Non fa niente, ecco il tuo pigiama, va a lavarti i denti” in fretta Aiden si defilò in bagno, sistemai i nostri vestiti e poggiai la valigia sulla cassettiera, Jasper si affacciò alla finestra con circospezione,
“Non c’è nessuno” gli dissi abbracciandolo da dietro, portò la testa all’indietro sfiorandomi la fronte,
“Anche tu hai bisogno di un po’ di riposo” mi passò due dita sotto le palpebre, scattai allo specchio, si avevo un aspetto orribile, cercai di sistemarmi i capelli che schizzavano da tutte le parti, ma il volto era scavato e le occhiaie evidenti come se non bevessi da settimane.
“Si mi farà bene…” Aiden tornò e ci sistemammo sul letto, io e Jasper ai lati e lui avvinghiato a me al centro,
“Vediamo, Jazz cosa posso inventare questa volta” Aiden arricciò il naso,
“Non voglio una favola, una storia vera!” sorrisi, con Aiden al sicuro tra le mie braccia mi sentivo completa, fissai intensamente i suoi occhi blu e poi i riccioli biondi di Jasper, la curva del collo teso appoggiato alla mano destra, le sue labbra il taglio degli occhi dorati,
“Non ti ho mai raccontato come ho conosciuto tuo padre” affermai sorpresa, era stato uno dei giorni più felici della mia vita pari a quando tenni Aiden tra le braccia per la prima volta. Jasper abbassò lo sguardo su Aiden arruffandogli i capelli.
“Voglio sapere, la storia mamma!” mi afferrò la maglietta,
“Okay okay” Jasper mi sorrise.


 
 
 
POV JASPER

La luna era sorta a est e illuminava lievemente la stanza immersa nell’oscurità, pensai di chiudere le saracinesche, però forse avrei svegliato Aiden con tutto quel rumore, avevano chiuso gli occhi da pochi minuti ma il ritmico e lento respiro di Alice mi suggeriva che stesse dormendo, Aiden era abbracciato a lei, la testa appoggiata sul suo petto, la sollevò ben sveglio,
“Papà” sussurrò, ero andato alla finestra, mi avvicinai accovacciandomi dalla sua parte,
“Cosa c’è ometto?” appoggiò la testa su Alice continuando a parlarmi.
“Ma perché la mamma non ricordava nulla della sua vita?” Aiden era intelligente ma non potevamo raccontargli delle torture subite da Alice e del manicomio, era solo un bambino.
“Anche gli umani possono essere crudeli, la mamma era speciale e questo loro proprio non riuscivano a capirlo, le hanno fatto del male, ma la mamma è sempre stata più forte” annuì pensieroso,
“Ora torna a dormire, un altro giorno e saremo arrivati” chiuse gli occhi, feci per alzarmi di nuovo,
“Papà” Aiden si staccò momentaneamente da Alice,
“Ma se la mamma ti amava prima di conoscerti come hai capito che anche tu l’amavi?” sorpreso mi sedetti sul letto e guardai Alice,
“E’ difficile da spiegare, lo sapevo, fin dal primo istante, ma all’inizio ero confuso, non accettavo quel sentimento così forte per una persona che neppure conoscevo, ma non mi ci è voluto molto per capirlo, la tua mamma è una parte di me, darei tutto per lei, l’amore è qualcosa di cui non puoi fare a meno, ti guarisce, ti fa respirare, quando sarai più grande lo capirai, ora su chiudi gli occhi e sogni d’oro piccolo”.
Poche ore dopo ero al balcone striminzito della stanza, nel silenzio tombale della notte percepii subito i movimenti concitati di Alice sotto le lenzuola, Aiden continuava a dormire ignaro poggiando sempre la testa sul suo petto, ma i sussulti di Alice lo fecero scivolare lentamente di lato, era di sicuro il solito incubo. Durante le soste ne aveva parlato  con Carlisle ma finchè erano solo sogni e non visioni non c’era da temere, Alice aveva sospirato , era una sciocca a dar peso a quei sogni, si diceva, era solo la paura che si manifestava nel subconscio, un timore per me ed Aiden giustificabile, ma tutto ciò mi parve strano, Alice sognava certo, da quanto era diventata un angelo, ed era uno degli aspetti che più mi affascinavano, la capacità di sognare; tuttavia incubi di tale impatto non li aveva mai vissuti. Mi avvicinai cauto e presi Aiden in braccio, notai goccioline di sudore sospese sulla fronte di Alice, come se non vi fosse gravità attorno a lei, gli occhi roteavano da una parte e dall’altra sotto le palpebre. Mi fermai di fronte alla porta che dava sulla stanza comunicante di Bella ed Edward, avvertivo i loro respiri calmi, e il fruscio delle pagine di un libro. Bussai impercettibilmente, Edward aprii subito la porta, studiò nei miei pensieri la situazione e mi fece cenno di poggiare Aiden sul loro letto matrimoniale, Bella ripose il libro sul comodino e mi guardò preoccupata, intanto si avvicinò e rimboccò le coperte a Aiden.
“Alice ha uno di quegli incubi” spiegò Edward a bassa voce,
“Di solito urla, è scossa da tremiti, non voglio che lui si spaventi vedendola così” Bella annuì,
“Se serve sono qui” Edward richiuse la porta e io mi avvicinai di nuovo a lei. Contorceva con le mani la coperta, ero indeciso se svegliarla subito o aspettare, non sapevo cosa fosse peggiore, ma effettivamente era meglio tirarla subito fuori da quell’incubo, prima che esplodesse il dolore. La scossi leggermente, ebbe come un momento di totale paralisi, smise di respirare, poi aprii di scatto gli occhi boccheggiando.
“Tranquilla” gli occhi erano di nuovo azzurri, si mise a sedere, tentando di rilassarsi, le massaggiai la schiena con la mano seduto vicino a lei sul materasso,
“Aiden dorme nella stanza accanto” dissi,
“Si…giusto…non ci avevo pensato” i quadri appesi sulle 4 pareti, scabre nature morte cominciarono a traballare, così come il soffitto, Alice chiuse gli occhi,
“Scusami non so perché” le posai una mano sulle sue che stringevano le coperte,
“Jazz, devo allontanarmi” si alzò lentamente, sospirai,
“Puoi controllarti anche con me” scosse la testa guardandosi attorno, le pareti tremavano ancora,
“Il mio potere si amplifica con te” mi lanciò un’occhiata enigmatica e profonda, compresi che questo la meravigliava e turbava al tempo stesso. Un quadro cadde rumorosamente a terra, Edward irruppe nella stanza, Alice si voltò nella sua direzione e i tremori cessarono.
“Tutto ok?” Edward avanzò poggiandole una mano sulla spalla, Alice si chinò raccogliendo la giacca gettata su letto, indossava degli shorts e una canotta.
“Prendiamo una boccata d’aria” disse Alice fissando la porta, ancora in bilico tra sogno e realtà, non capivo se l’invito fosse rivolto solo a me o a entrambi ma poi dallo sguardo di Edward capii che voleva parlare con suo fratello.
“Io vado a controllare AIden” sentenziai, superai Alice verso la porta a sinistra e le sfiorai con le dita la mano, lei le strinse debolmente e poi sospirò.



 
 
POV EDWARD

Uscimmo dallo stretto corridoio che affacciava all’esterno del motel, le porte di legno simmetriche costeggiavano l’edificio tutto intorno, una scala di ferro dava sull’ immenso spiazzale deserto, polvere e pungente odore di umidità. Il deserto di notte dava una certa inquietudine. Alice avanzò il più lontano possibile dalle mura dell’edificio, pensai volesse andare alle macchine, poi si arrestò tra il garage coperto e la  vastità della pianura. Mi arrestai anche io in attesa che parlasse, scorgevo le scene del suo incubo nei pensieri, non tentava di rigettarle era solo stupita.
“Questa volta era diverso” le parole appena sussurrate rimbombarono nel buio,
“Raccontami” dissi parandomi di fronte per guardarla negli occhi, non distolse lo sguardo, era consapevole di quanto fossi sintonizzato con la sua mente, sapevo tutto ma non potevo cogliere la complessità di ciò che aveva sognato, come non potevo scorgere le sue visioni a pieno. Il cervello di Alice era troppo complesso, troppo mutevole, inafferrabile.
“Mi trovavo in quella stanza, moquette nera e piena di polvere, tende altrettanto scure, avvertivo il tessuto della coperta sotto di me, il materasso duro come la pietra. Spostavo lo sguardo rapidamente da tutte le parti, frustrata del fatto che non riuscissi a muovermi. Era come se fluttuassi e allo stesso tempo fossi inchiodata e schiacciata sul letto. La vista mi si offuscava ed era intermittente. Ma lo sapevo che c’erano i demoni nella stanza, la loro puzza mi turava le narici. E poi la pressione sul collo di qualcuno, le ali nere e vellutate. Fu solo qualche istante però, qualcuno aveva spintonato quel corpo liberandomi del peso, l’aveva però sostituito, era più leggero, sentivo la pressione, ma non vedevo nulla furchè quelle ali e la pelle olivastra. Ero spaventata ma per lo più confusa. All’improvviso decisi di spostare la mia attenzione sulla porta, non avevo mai notato ci fosse una porta, una porta vecchia e consunta. Ma sulla soglia c’era qualcuno che conoscevo, cercai disperatamente di stabilizzare la vista, mettevo a fuoco e i lineamenti di Jasper erano sempre più palesi, sembrava scrutarmi dall’alto, gli occhi dorati pieni di dissenso e dolore, cercai di parlare ma la mia bocca si contrasse senza emettere suono. Provavo disgusto e paura di me stessa” smettendo di parlare strinse a sè la giacca e abbassò lo sguardo. Attese che dicessi qualcosa ma non sapevo come essere d’aiuto. Puntò di nuovo gli occhi velati di una sottile patina azzurra sul mio viso, c’era profonda tristezza in quell’azzurro vitreo.
“E’ un sogno terribile” ammisi, lei tentò di accennare un sorriso rassegnato,
“Non capisco perché continuo a farlo, quasi ogni notte, e a volte è così terrificante che mi sveglio urlando e in preda al panico” calciò esausta un ciottolo che volò fino a sparire nell’oscurità,
“E questa volta c’era anche Jasper” sottolineai,
“La seconda volta” disse,
“So cosa pensi” aggiunse, sorrisi, l’intuito ovviamente era dettato dalla capacità di prevedere il futuro,
“E sai cosa sto per dire” Alice era turbata per quello che le era accaduto, non avere il controllo e volutamente, bere alcolici senza sapere quale effetto avrebbero avuto su di lei e non ricordare assolutamente nulla di ciò che aveva fatto in quelle ore l’aveva spiazzata al risveglio. Inoltre non il fatto di aver rischiato la vita in quel parcheggio ma che suo figlio avrebbe potuto assistere alla sua morte l’aveva sconvolta, il solo constatare quella possibilità mi fece rabbrividire. Pensai a Renesmee, al suo viso contrarsi in un’espressione di dolore se mi fosse accaduto qualcosa.
“ E’ la paura di perdere le persone a cui tieni e il senso di colpa” dissi nervosamente,
“Non devo avere paura, devo essere forte, loro contano su di me” fissò di nuovo il vuoto,
“Non voglio che Jasper mi guardi in quel modo” parlò come se fosse stato tutto reale, scossi la testa,
“Non era una visione, non accadrà, quando smetterai di colpevolizzarti per  tutto quello che è successo, avrai pace” mi pentii di essere stato troppo diretto, Alice corrugò la fronte, un lampo di rabbia le attraversò gli occhi ma svanì in pochi istanti, mi prese il braccio appoggiando la testa alla mia spalla,
“Come faccio a non sentirmi in colpa Ed?” non trovai nulla che potesse confortarla,
“Credo che ci poniamo sempre come responsabili, anche quando le cose sono fuori dal nostro controllo, le mie parole sono sbagliate, non bisogna smettere di provare colpa, bisogna forse accettarla e riporla in un angolo sperduto della nostra anima” un silenzio di consapevolezza accarezzato solo dal fruscio del vento caldo dissipò tutta l’angoscia della notte, e ci sentimmo più leggeri.
 
 
POV ALICE
Il viaggio come previsto durò altri 2 giorni quando finalmente raggiungemmo Denali in Alaska. Una sosta che aveva colpito Aiden era stata quella a Hidemouth, una piccola cittadina che affacciava sull’oceano, era la prima volta nella sua vita che lo vedeva, e di certo l’emozione fu grande, i suoi occhi blu baluginavano stupiti dall’azzurro chiaro del cielo a quello più intenso dell’acqua. Sorrisi al ricordo dei suoi piedi nudi veloci sulla sabbia e quella risata acuta e cristallina come la mia. Denali era una piccola città, frequentata da molti turisti, sicchè era improbabile che gli abitanti del posto notassero la presenza stabile del clan anche per decenni. La neve ostinata ricopriva le cime dei tetti e la montagna nonostante fosse primavera inoltrata, sulle strade si trasformava in lastre di ghiaccio traslucido e in poltiglia giallastra. L’aria era buona, molto più gradevole di quella inquinata di Boston, più pulita e meno umida di quella di Forks. Abbandonammo presto il centro assediato da umani infreddoliti con ampi cappotti di pelliccia che rincorrevano negozi e cafè, era quasi mezzogiorno, e ci dirigemmo fuori città, a pochi chilometri sorgeva la villetta del clan. Aiden eccitato la vista della neve non riusciva a contenersi.
“Quando scendiamo?” Jasper paziente gli scompigliò i capelli lasciando il volante per qualche istante e indicò la piccola foresta di aceri che segnalavano l’arrivo.
“Che belli” Aiden aprii il finestrino e si sporse per osservare, gli aceri avevano foglie rosso sangue vividissime, rigogliose e i fusti bianchi quasi cerulei. La villa, quasi interamente in pietra e legno era enorme, molto più capiente di casa Cullen. Eleazer, Carmen e Tania erano lì, gli altri in viaggio e non sarebbero tornati per  5 mesi. C’erano 7 camere da letto libere delle 10 totali, 2 ampi soggiorni, una cucina e due verande antiche di un fascino surreale. Mi piaceva quel riparo isolato e comunque vicino alla civiltà. Sorrisi uscendo dalla macchina, era stata una buona decisione. Jasper scese facendo cenno all’altra auto di parcheggiare. Tutti e tre ci aspettavano davanti il vialetto di ciottoli e cipressi, appena ci videro avanzarono lentamente e poi con più decisione, li aspettammo, davanti a tutti c’ero io con Aiden davanti alle gambe, lo cingevo da dietro;
“Alice Cullen” Carmen si avvicinò entusiasta e mi abbracciò, poi abbassò lo sguardo curioso su Aiden, timido lui mi strinse le mani,
“Ciao piccolo, piacere di conoscerti” l’insicurezza di Aiden svanì  e allungò la manina rosea stringendo energicamente quella di Carmen, Jasper mi si affiancò, tutti si salutarono, Eleazer era impaziente di concentrarsi su Aiden, mentre parlava con Carlisle non smetteva di guardarci, la cosa mi mise lievemente in soggezione, non lo conoscevo molto bene, non aveva avuto spazio per entrare in contatto con Aiden tra tutti quei corpi; decisi di avvicinarmi e trascinai Aiden per la mano.
“Ciao Aiden” era sorpreso e eccitato all’idea di conoscerlo, un bambino, nato da un vampiro e da un angelo, da un angelo per metà almeno, cos’era e cosa sarebbe divenuto?
“E così hai uno scudo attivo!” esclamò a gran voce, tutti fecero silenzio,
“Che vuoi dire?” Jasper poggiò una mano sulla spalla di Aiden guardandomi confuso, Eleazer poteva percepire i poteri sovrannaturali.
“E’ come lo scudo mentale di Bella, ma attivo, ossia come una arma d’attacco, per difendere attaccando, percepisco come un energia che si sprigiona sbalzando via i nemici” Carlisle si illuminò,
“Ma certo, si attiva quando persone a cui Aiden tiene sono in pericolo” ci rimuginai qualche secondo, Aiden sollevò il viso verso di me,
“La bambina, e poi io, tesoro tu non fai del male, proteggi capito?” mi sorrise,
“Alice mi fa piacere vedervi” Eleazer si protese per baciarmi una guancia ma al contatto si bloccò e indietreggiò quasi di scatto, ebbe come un capogiro,
“Cosa c’è?” Carmen gli fu subito accanto, lui visibilmente spaventato si appoggiò ad un cipresso,
“Aiden vieni, esploriamo la casa” Bella portò Aiden con Esmee all’interno, anche Tania pur curiosa le seguii. L’atmosfera divenne tesa, Jasper che percepiva chiaramente le emozioni di Eleazer mi strinse un braccio. Edward sussurrò qualcosa nell’orecchio di Carlisle,
“Nulla, solo…” il suo viso si rilassò, o per lo meno tentò di apparire tale,
“Quando siamo venuti in vostro aiuto nella radura e tu ci hai attaccati ho visto quello che hai fatto, ma ora che ti ho incontrato, ora ho sentito quello che sarai in grado di fare Alice Cullen, ed è sconvolgente”.
Entrammo nell’ampia villa e sistemammo i bagagli, Aiden occupò la stanza da letto più grande e vicina a quella mia e di Jasper. Estasiato confrontava la grandezza della casa, il panorama, gli spazi, Boston era angusta e di certo non offriva foreste o radure né tanto meno l’Oceano. Eleazar parlava con Carlisle mentre io Bella e Tania smistavamo vestiti e oggetti, nonostante la morte di Irina fosse avvenuta appena 7 anni prima, Tania era allegra e cordiale.
“Potete rimanere tutto il tempo che volete, è bello vedere qualche viso diverso da quei due” Eleazer gli fece una linguaccia,
“Finalmente potremo cacciare” Jasper ed Edward salirono dalle scale che portavano al garage. Si restare per tutto il tempo che volevamo, ma, c’era un ma, mi ero stancata di scappare, se fossero venuti, se ci avessero scovati anche in Alaska sarei dovuta essere abbastanza forte per fermarli. Mi serviva tempo e un luogo lontano dagli occhi indiscreti degli umani per poter essere libera.
“Eleazer è un’idea fantastica!” Edward guardò lui e poi me, distolsi lo sguardo dalla valigia,
“Ho contattato Benjamin, arriverà domani” sorrise affabilmente e sparì in cucina,
“Scommetto che Aiden è affamato” sussurrò ma mio figlio lo sentii e si catapultò dal piano superiore sino in cucina,
“Benjamin?” io e Bella avevamo la stessa espressione confusa,
“Oh” lui mi avrebbe aiutata coi poteri, cercai di non vedere, ma non era così semplice, il futuro si stendeva e fletteva in maniera vorticosa e si dilatava, cambiava, sospirai.
“ Mi aiuterà a controllare” feci un ampio gesto con le mani sul mio corpo, Bella annuì seria, Jasper annuì pensieroso.
Eleazer si dimostrò essere un cuoco provetto, Aiden trangugiò quasi tutto, insieme discutemmo animatamente in soggiorno, scoprimmo che il nomade che Kate aveva conosciuto a casa Cullen era divenuto il suo compagno ed erano in viaggio, felici. Denali era una città ben fornita, e c’erano 2 scuole pubbliche, Aiden non poteva restare a casa tutto il giorno, in nostra assenza in mezzo agli umani era protetto. Presto arrivarono Jacob e Renesmee. Un’ ondata di giubilio ci travolse tutti, la strinsi forte, erano 2 anni che non la vedevo, dimostrava 14 anni ormai. Aiden timidamente la salutò ma bastarono 15 minuti e non si staccò da lei un minuto. Bella ed Edward sembravano completi adesso, li capivo, quei mesi lontano da mio figlio mi avevano distrutto, e ora che avevamo condiviso 6 anni di vita insieme sarebbe stato devastante, scacciai subito quel pensiero. Parlammo fino a tardi finchè la frequenza degli sbadigli di Aiden mi fece capire che era ora di metterlo a dormire.
“Ci penso io” sussurrai nell’orecchio a Jasper seduto accanto a me, presi Aiden per mano e lo condussi nella camera, dipinta di un bordeux gradevole, la moquette era beige,morbida e immacolata, l’immenso letto colmo di cuscini di piume, accesi l’abajour.
“Ti piace?” Aiden annuì energicamente,
“Sai mamma…” si infilò sotto le coperte mettendosi il pigiama,
“non volevo andarmene da Boston” si fermò aspettando una mia reazione, annuì carezzandogli una guancia morbida e perlacea,
“Ma mi piace qui, molto di più, possiamo restare per sempre?” supplicò con quegli occhi blu notte, sorrisi,
“Tesoro qualunque cosa tu voglia” gli bacia la fronte e spensi la luce.
Jasper mi raggiunse poco dopo, ero sulla veranda seduta al tavolinetto di pietra, mi sollevò avvinghiandomi a sé,
“Soddisfatta della giornata?” lo strinsi appoggiando il viso sul petto ampio e profumato,
“Si, avete scelto il posto giusto” appoggiò il mento sui miei capelli,
“Benjamin?” chiese, Jasper non riusciva a fidarsi mai completamente di altri al di fuori della famiglia, ma la mia preoccupazione non era che ci tradisse o che non volesse aiutarci fino in fondo,
“Ci possiamo fidare, anche lui è…beh” non trovavo le parole, mi sollevai per guardarlo,
“Speciale” completò lui carezzandomi la guancia con quella cura e devozione che io avevo mostrato ad Aiden poco prima,
“Si… forse riuscirà a capire come incanalare la mia energia, solo che” sospirai,
“Cosa?” Jasper mi prese la mano,
“Non vorrei coinvolgere altre persone, non voglio che corrano pericoli per me, di…nuovo” strinsi forte le sue dita, lui si rilassò abbracciandomi e trasmettendomi energia positiva.
“Se lo fanno è perché capiscono quanto tu ne valga la pena” quelle parole mi scaldavano il cuore, un calore diffuso sino alla punta delle dita.



 
 
 
POV JASPER

Benjamin arrivò il giorno seguente radioso nel suo capotto di flanella beige; non vedeva l’ora di conoscere meglio Alice, non c’era alla radura il giorno in cui lei e i demoni ci avevano attaccato ma c’era stato quando I Volturi erano venuti per Renesmee, aveva rischiato per la nostra famiglia ed era pronto a farlo ancora ne ero immensamente grato eppure più vampiri sapevano di Alice più era pericoloso, non solo i demoni, anche quelli della nostra specie potevano rivoltarglisi contro. Lei era potente, diversa e pericolosa, non tutti avrebbero capito quanto fosse straordinaria o forse avrebbero mutato lo stupore in paura.
“Carlsile, amico mio!” Appena fuori dall’ingresso sentii i corpi dei due stringersi in un energico abbraccio, Alice scese le scale lentamente, indossava un paio di jeans aderenti e un top nero che faceva risaltare i riflessi dei capelli corvini. Ci guardammo a lungo, poi aprii la porta.
“Ricordi Jasper?” Benjamin mi strinse la mano senza timore, non potè evitare di adocchiare le mie cicatrici con un po’ di sconcerto ma era rilassato, mi scostai per lasciar avvicinare Alice.
“Ciao Benjamin, ti ringrazio per essere venuto, davvero” sorrise e Benjamin un po’ imbarazzato ricambiò, le baciò la mano e la squadrò da cima a fondo interrogativo ma non disse nulla, voleva vedere l’angelo ma aveva difronte una vampira con il nostro odore e gli occhi ambrati.
“Un nobile gesto” disse Carlisle mentre ci avviamo nel cortile dal lato della foresta di aceri e della pineta,
“Sciocchezze, tutti l’avrebbero fatto” Alice camminava di fianco a me tenendomi la mano,
“No, non tutti” sussurrò sporgendosi per guardare l’egiziano,
“Mi piace L’Alaska, è incontaminato, puro, e ricco di vita…solo che gli umani non vogliono proprio capirlo, la città è sempre in agguato” presto arrivammo in un piccolo spazio circolare circondato dagli aceri e con due laghetti agli estremi, era abbastanza spazioso.
“Credo che qui si possa lavorare” acconsentì Benjiamin ispezionando il luogo.
“Okay, vuoi cacciare Ben, il viaggio deve essere stato lungo?” lui annuì, Carlisle lo prese amichevolmente per un braccio.
“Aspetta” Alice ci lanciò un’occhiata enigmatica, ma avevo capito,
“Carlisle lo aspettiamo alla pineta” dissi e andai a baciarle la fronte prima di saettare via.



 
 
POV ALICE

“Vuoi cominciare adesso?” questo vampiro, più vecchio di me, eppure dai tratti più infantili dei miei mi osservava attento eppure così gioioso,
“No, dovresti fare un giro, cacciare e vedere tutti, possiamo fare al tramonto…solo” sospirai, perché dovevo provare sempre sconcerto nel mostrarmi, ero lì per essere libera. Alzai lo sguardo decisa e in un fruscio spalancai le ali. Contrassi leggermente il labbro, era stato doloroso ma presto non lo sarebbe stato più. Un calore piacevole mi salì lungo la schiena, spalancai le ali quanto più potei e le portai in avanti per sgranchirle, un leggero bagliore si riflettè sull’erba corta della radura. Mi guardai entrambe le ali, felice, mi sentivo meglio, reprimerle era stata la cosa più difficile che avessi mai fatto ed ora ero di nuovo me stessa. Per un momento dimenticai di non essere sola e che volevo mostrarmi a Benjiamin. Lo osservai trattenendo il respiro, differenti ma sempre forti erano state le reazioni di chi mi aveva vista. Edward e Jasper le trovavano a volte divertenti, lo stupore durava giorni per alcuni, beh non era facile accettare una cosa del genere. Benjiamin aveva la bocca semi aperta e gli occhi spalancati, ma non era un’espressione di terrore ne’ di stupore, era come se stesse tentando di razionalizzare quello che vedeva ma poi lo stupore arrivò, l’estasi come una scossa elettrica e non serviva il potere di Jasper per percepirlo. Mi girò attorno lentamente, carpendo con le iridi scure ogni dettaglio della mia figura. Al terzo giro non potei resistere, mi schiari la voce trattenendo un sorriso, la sua reazione era stata positiva.
“Scus…sami è solo che…è incredibile” Annui strusciando il piede destro sull’erba,
“Lo so” si fermò,
“Carlisle me l’aveva detto e descritto così bene…ma…vederlo di persona…per Iside! Sei una dea” incrociai le braccia ridendo.
“No Benjiamin, non sono poi così potente” lui scosse il capo a sua volta,
“Nella mia cultura ogni essere alato è sacro, e una donna lo è ancora di più” protese la mano incantato per toccare le piume, annui cercando di rimanere impassibile,
“Come Iside?” il contatto era strano, nessuno mi sfiorava le ali da mesi, ma piacevole,
“Si, come lei”.
Benjiamin conobbe anche Aiden, stupefatto della possibilità che avevo di avere figli ci ringraziò fino alla noia di averlo coinvolto in quella situazione. Jasper molto più tranquillo aveva stemperato quella morsa di agitazione che lo intrappolava da settimane. I miei incubi, anzi il mio incubo andava a intermittenza, alcune notti dormivo così profondamente da non avere nessuna visione o sogno a volte non riuscivo a chiudere occhio e nelle notti restanti si riproponeva il sogno. Preferivo non dormire, il sonno mi aiutava a recuperare le energie quando usavo i poteri, ma la mia metà da vampira poteva benissimo farne a meno. Forse essere circondata dalla mia famiglia e da amici mi stava aiutando, o forse no, la sete, l’intensa sete che non placavo per più di 2 giorni non ne comprendevo la causa. Per 1 settimana Benjiamin si allenò con me, lui riusciva a padroneggiare i 4 elementi, era formidabile, intendeva aiutarmi con quelli, l’energia poteva essere catalizzata in qualsiasi cosa, acqua terra, aria e fuoco. Il fuoco riuscivo a crearlo, fiamme blu iridescenti e Benjiamin ne era estasiato. Puoi creare, io posso solo utilizzare, se mi trovassi in una stanza di cemento non potrei smuovere un granello di polvere. Diceva. Il fuoco era semplice da gestire, così come l’aria, l’aria era forse l’elemento più congeniale ad un angelo, ero fatta per volare per sentire le correnti per appoggiarmi ad esse per catalizzare l’energia. Anche tutto ciò che era parte della terra, rocce, alberi, suolo.  Benjiamin mi insegnò a sentire, a percepire quanto fosse vivo il nostro mondo, non immobile e inerte. Squarciare il suolo, far alzare dal nulla una parete di roccia, controllare un rampicante, riuscii a farlo, sorprendendo tutti, non avrei mai potuto immaginare che fosse possibile per me. L’acqua, forse non sarei mai riuscita a controllarla, figurarsi crearla, era complicato e non facevo progressi. Quella mattina  Aiden era andato a scuola accompagnato da Bella per il suo secondo primo giorno, io ero con Ben nella foresta di aceri di fronte ai due laghetti. L’aria satura di umidità e di profumo del sottobosco. A piedi nudi e calzoni arrotolati eravamo entrati nell’acqua fredda. Il sole attraversava le foglie rosse evidenziandone le venature più scure, con sorpresa avvertii due odori familiari, Jasper e Jacob stavano venendo nella nostra direzione. Gli altri mi avevano sempre lasciata sola con Ben, per lui era fondamentale non avere distrazioni, energie di altri corpi a deconcentrarmi, ero io a mostrargli entusiasta quali progressi avevo fatto.
“Forse sono di passaggio” dissi, Benjiamin ad occhi chiusi e perfettamente immobile sorrise,
“No Alice, gli ho detto io di raggiungerci” sollevò la mano sinistra delicatamente e l’acqua come attratta da un magnete vorticò sinuosamente in alto fermandosi tra le sue dita e continuando a scorrere in su.
“Perché?” con JAconb e Renesmee non vedevo nulla da giorni.
“Per l’acqua, ti serve più energia, voglio provare una cosa” Jasper e Jacob si avvicinarono curiosi, Benjiamin si voltò verso di lui lasciando fluire il nastro d’acqua all’indietro.
“Aspetta, prova tu Alice” annui sconsolata, mi concentrai in ogni modo ma non ne voleva sapere di sollevarsi, neppure una gocciolina.
“ Frustrante, che l’acqua ti freghi così” Jacob rise appoggiandosi al tronco di un acero, gli lanciai un occhiataccia e un ramo scattò in avanti a schiaffeggiargli il viso, Jasper soffocò una risata, Jacob divertito si trasformò.
“Che fai Jake?” Jasper curioso lanciò uno sguardo a Benjiamin,
“Espediente numero 1, voglio che Jacob tenti di affogarti nel lago” sorpresa corrugai la fronte,
“Ma non potrebbe atterrare Alice, lo fermerebbe in cento modi” Jasper diede uno spintone scherzoso al lupo che ribattè con una testata ringhiando.
“Cento modi tranne uno” sospirai, avevo capito.
“Non usare la tua forza fisica, e neppure tutti gli altri poteri, non devi allontanarlo con ondate di energia o telepaticamente, non usare il fuoco, non schiudere le ali, ci stiamo concentrando sull’acqua e forse un contatto violento con essa potrà farti acquisire il controllo” Jasper tornò serio,
“Solo se vuoi farlo” mi disse avvicinandosi,
“Si, devo spingere al massimo” mi fecero spazio e Jacob prendendo la rincorsa mi si fiondò addosso, immobile caddi in acqua, le sue zampe mi premevano il petto e le gambe, continuai a respirare, doveva essere brutale, se avessi trattenuto il respiro quel peso l’avrei sopportato per ore. L’acqua era un po' torbida, mossi le mani per sentire la corrente, percepivo che c’era potere, riuscii a separarla tentando di rendere asciutto il mio spazio, più passavano i secondi più acqua respiravo e diventava difficile,
“Ce l’hai quasi fatta” la voce ovattata di Jasper, ne scorgevo la sagoma protesa su Jacob, ma non ce la facevo, dopo 20 minuti Jacob mi lasciò. Tossendo mi rimisi in piedi, avevo gli occhi arrossati e i brividi. Jasper mi aiutò a uscire pulendomi dal fango in viso,
“Tutto bene, una bella bevuta” respirai ampiamente,
“Proviamo la seconda opzione” Benjiamin mi portò di nuovo a riva, mi disse di chiudere gli occhi e basta, poi avverti dei passi e il toccò della mano di Jasper nella mia, calda e asciutta.
“Tieni gli occhi chiusi” disse Benjiamin dietro di noi,
“Jasper amplifica il tuo potere, non me lo so spiegare, ma l’amore è energia come qualsiasi cosa e tu hai la capacità di catalizzare anche questa forza, Jasper ti rende più forte, ma è anche ciò che ti rende più vulnerabile, come l’amore per tuo figlio Alice, purtroppo c’è sempre un prezzo” deglutii, era così, Jasper mi strinse la mano,
“Ma oggi è la tua forza, devi solo mantenere il contatto e lasciar fluire quello che provi adesso, la sintonia che avete è perfetta” lo feci, e non sentii altro,
“Alice, è incredibile” aprii gli occhi, una colonna immensa d’acqua, al centro del lago, alta 10 metri voriticava verso l’alto rendendo l’azione di Benjiamin un trucchetto banale. Sgranai gli occhi e guardai Jasper,  Ben e Jacob si allontanarono piano. Non dovevo fare alcuno sforzo per mantenere la colonna stabile, Jasper mi prese anche l’altra mano,
“Puoi fare ogni cosa, è come se tutto fosse connesso con te, e…non capisco perché io? Tu sei straordinaria e stai con me, non sono nulla in confronto a tutto questo, mi sento sopraffatto ed estasiato, non so spiegartelo Alice” gli cinsi il collo con le braccia,
“Io non sarei quello che sono senza di te, devi capirlo Jazz”
“Ma no Alice, saresti la stessa anche senza di me, sono fortunato ad essere il solo a poterti baciare e condividere una vita con te” scossi il capo,
“Jasper io posso farlo perché ci sei tu, questo potere sarebbe un fardello insostenibile se non avessi te ed Aiden, non lo capisci l’amore è l’energia più potente e solo con te posso sentirlo” lo baciai dolcemente.
 
Il ritmo della nostra vita era ormai scandito da una certa quotidianità, da quasi un mese, Carlisle aveva ottenuto una cattedra all’università pubblica e Jasper era il suo assistente. Bella ed Esmee lavoravano nella ditta di design e organizzazione di eventi di Kate. Edward occupava il suo tempo con Reneesmee e Jacob visitando l’intero Alaska e spesso portavano Aiden con loro, la scuola andava bene per fortuna. Quanto a me, ero impegnata tutti i giorni ad allenarmi con Benjiamin, la cosa mi stremava e di sera non vedevo l’ora di buttarmi sul letto o sul divano, anche lui era provato sebbene avessimo una tale forza. Ma era chiaro queste capacità avevano un prezzo, la stanchezza era sopportabile, anche le visioni, vedere il futuro mi destabilizzava sempre. La conoscenza ha un prezzo. Quella sera però mi sentivo particolarmente in forma. Decisi di volare, mi calmava i nervi, era un bisogno che avevo represso troppo a lungo, era l’unico modo per sentirsi libera e invincibile. Dissi a Jasper che l’avrei raggiunto per la mezzanotte. Non mi andava di cacciare nonostante la mia sete fosse ancora estremamente amplificata, probabilmente per la fatica di rafforzare i poteri. Volevo solo volare nella notte. Indossai un vestito leggero color vinaccia con sottili strisce di seta ai bordi, rilucevano alla luce della luna quasi piena. Il cielo però era plumbeo, gonfio di nubi cariche d’acqua. Aprii l’ampia balconata e in poche falcate mi librai sopra la cappa grigia. Molti odori si mescolavano nell’aria e non avevo ancora imparato a distinguerli bene. Benjiamin mi diceva sempre che 7 anni sono un soffio di vento per la nostra vita immortale e che molte cose le avrei imparate con il tempo e che altre sarebbero cambiate in me, forse avrei potuto fare cose ora impensabili o forse no. Incertezza. Sospirai spalcando le ali parallele e lasciandomi trasportare dalla corrente. Non mi piaceva l’incertezza, ma nessuna visione mi rivelava il futuro di li a 20 anni o più. Il futuro vicino o lontanissimo lo vedevo ma decideva lui quando mostrarsi, era un po' frustrante, sorrisi nervosa guardando in basso. Lassù tutto era quiete, solo l’eco di tuoni lontani e i lamenti del vento. Ma ecco un odore che mi arrivò da sinistra, aspirai a pieni polmoni, aspirai anche l’umidità, gli umori del sottobosco che vorticavano tra le correnti e il sale dell’oceano sotto di me. Non capivo chi ma sapevo cosa, era un demone. Subito un senso fu allertato dall’ altro, delle ali battevano e non erano le mie. Vidi delle ali nere tentare di trascinarmi giù e frammenti di lotta.
“No” sussurrai fermandomi a mezz’aria. La quotidianità stava per infrangersi di nuovo. Un respiro. Se fosse stato uno solo in realtà sarebbe stata una situazione favorevole. Si mi sentivo di nuovo forte, come lì in paradiso in procinto di distruggere tutto col solo pensiero, non debole e trattenuta come in quel parcheggio a Boston, l’angelo poteva agire e salvarmi. E non solo, potevo catturarlo e insieme agli altri interrogarlo per affrontarli una volta per tutte, o affrontare Lui. IN fondo a questo mi stavo preparando. Farla finita. Virai bruscamente a destra. Lo sentivo vicino. Lasciai perdere il naso, troppi odori nell’aria. Dovevo dar retta all’udito e alle correnti d’aria. L’avrei sorpreso io. Mantenni un volo lento e costante per qualche centinaio di metri poi saettai in alto e mi lasciai cadere in picchiata, l’aria fredda mi gelò il viso. Il grigiore e la condensa delle nuvole non dava visuale, lui continuava a seguire i miei movimenti ma non attaccava ancora. Zigzgai sopra e sotto la coltre di nubi finchè non sentii più le sue ali.
“Dove sei?” ero frustrata, non si vedeva nulla, qualcosa mi sfiorò la caviglia dal basso, ecco l’occasione, lo lasciai fare buttandomi di peso su di lui, era abbastanza minuto, gli vedevo le spalle,  tentò di scansarsi, allargai le mani e un turbinio d’aria lo scalzò contro una parete di roccia. Mantenni i battiti lenti, dovevo controllarmi. Lo tirai indietro scagliandolo di nuovo nel cielo, si teneva le mani davanti al viso che sanguinava, tornai all’attacco per colpirlo ma fece una cosa inaspettata, si avvinghiò a me, non potevamo volare , precipitammo a lungo fino a colpire il suolo con un tonfo. La spalla mi doleva, sbattei le palpebre ero stordita. Sentivo un peso tenermi giù.
“Ferma!” tentai di graffiare quell’ombra dalle ali nere.
“Alice ferma, accidenti!” la sagoma si avvicinò sin quasi a sfiorarmi il viso che finalmente fu illuminato da un sottile fascio di luce.
“Sean?” dissi a metà fra stupore e sollievo rilassando i muscoli,
“Sei impazzito, potevamo ucciderci” mi guardai attorno, un albero era crollato con noi nella caduta. Il demone era ancora su di me ma mi lasciò andare i polsi.
“Che ne dici di?” colse il mio sguardo divertito e imbarazzato, si scostò in fretta.
“Si, scusa” rassettò la camicia nera e i jeans sporchi di terra, il mio vestito aveva uno squarcio sul fianco, alzai gli occhi al cielo contrariata.
“E guarda che sei tu che mi avresti ucciso” osservò l’ambiente.
“E’ stato difficile trovarti, voi Cullen sapete come far sparire le vostre tracce” era da 5 anni che non lo vedevo, credevo non sarebbe più tornato dopo quanto accaduto, se era qui doveva essere accaduto qualcos’altro di grave.
“Che ci fai qui? Perché volevi trovarmi?” si appoggiò sul tronco spezzato flettendo il collo e le braccia, la ferita sulla testa rigettava ancora un po’ di sangue, i capelli erano più lunghi e tirati all’indietro con n elastico, gli occhi scuri come la notte ma attenti, aveva un colorito meno pallido e più sano.
“Sono qui perché volevo trovarti e….” cercò delle foglie per tamponare il sangue, stracciai un lembo del vestito e mi avvicinai,
“Mi dispiace” gli asciugai delicatamente la ferita tenendogli sollevato il viso con l’altra mano, mi guardava negli occhi,
“Io ti ho rovinato il vestito, siamo pari” sorrisi, gettai la stoffa lontano, sospirò alzandosi,
“Volevo trovarti prima di loro, Maze mi ha detto che Helena vuole catturarti, è la figlia di Balthazar e cerca vendetta, inoltre i demoni non desistono dal volerti usare contro gli anziani” un brivido mi corse lungo la schiena, c’era da aspettarselo.
“Sanno che siamo andati nella Città di Luce” ammiccò verso l’alto,
“E sanno che stavo mandando tutto in pezzi” strinsi i pugni,
“E’ la conferma che davvero puoi distruggerli, e il demone di Boston era un leccapiedi di Helena” rimuginai,
“CI hanno messo 5 anni per trovarmi e anche tu…perché non subito, perché ora?” Sean si appoggiò nuovamente al tronco,
“Hai represso cosi a lungo la tua natura tra gli umani che era impossibile sentire il tuo odore, o connettersi alla tua parte angelica. Ma non potevi continuare ….e ora non lo stai più facendo.” C’era un tono interrogativo in quell’ultima frase.
“Volevo che mi trovassero per affrontarli di nuovo e definitivamente”,
“Capisco perché volevi uccidermi” ridacchiò, feci un’ espressione seria,
“Ascolta, se ti ho trovato io qui, potrebbero arrivare a breve”  annuii, bisognava premunirsi ma non capivo perché volesse aiutarmi ancora.
“Chi è Maze, come sai del loro piano tu?” c’era qualcosa, non riuscivo a fidarmi completamente eppure aveva fatto tanto per me, una sconosciuta.
“Non è importante, io ho vissuto tra gli umani come un caduto, ma ero sempre in contatto con qualcuno di loro e appena ho saputo che ti davano di nuovo la caccia, dovevo trovarti” era così deciso e preoccupato al tempo stesso. Quella sincera preoccupazione per me mi destabilizzava.
“ Hai voluto mettermi in guardia, Sean, ti ringrazio, ma dopo tutti i casini che ti ho causato perché vuoi aiutarmi ancora ?”a quella domanda non sapeva cosa rispondere, restò a fissarmi per un po’.
“ Lo confesso, non ne ho idea, sento solo che devo farlo” richiuse le ali e avanzò nella foresta.

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Capitolo 11
*** Demoni ***


POV ALICE

Ritrassi anche io le ali e camminammo nella foresta in direzione della casa, eravamo a qualche chilometro di distanza, se Sean aveva ragione presto sarebbe arrivata questa Helena, e chissà quanti altri, non ero spaventata o per lo meno la rabbia e il desiderio di libertà scacciavano il timore, ero molto più potente di loro, molto più potente di quanto pensassi, li avrei uccisi.
“E’ piuttosto freddo qui” notai che Sean tremava sensibilmente,
“Tu lo avverti?” sorrise bieco,
“Gli angeli sanguinano, sentono dolore, mangiano, e avvertono freddo e caldo, il nostro cuore batte forte” mi afferrò il polso pigiando la vena,
“Tu sei…strana” mi fece ridere il modo in cui lo disse,
“Solo perché sono mezza vampira e mezza angelo, bevo sangue, mi batte il cuore, sono immortale, posso dormire, essere ferita, controllare gli elementi della natura, vedere il futuro e chissà cos’altro? Nah non direi” feci uno scatto davanti.
“Non sottovalutare i demoni” disse serio,
“No, certo…potresti dirmi qualcosa di più su di loro?” Sean annui e rallentò il passo.
“Beh, c’è una sorta di gerarchia come nella Città d’argento, l’unica differenza è che i capi non interagiscono o si coalizzano tra loro e questo per te è un vantaggio, Lucifero come per lassù non bada troppo a la continua guerra tra sotto e sopra, in realtà ha cose più importanti a cui pensare…”
“E questa Helena è una dei capi?”
“Si, morto il padre, è giovane, avrà forse 100 anni ma Balthazar non aveva altri figli, è scaltra arrogante e assetata di potere; ha con se’ una schiera di 20 sottoposti, non credo coinvolgerà altri, ma è pericolosa…lei” si bloccò perso in qualche pensiero,
“Lei conosce la magia, sa sfruttarla come il padre, e mi fa paura per questo, vedi i demoni possono materializzarsi da un posto ad un altro, hanno forza ma non hanno abilità psichiche, nessun angelo ce l’ha in effetti, tranne te” mi guardò compiaciuto.
“Ma la magia si può usare, molti stregoni sono al servizio dei demoni, e gli umani sono subdoli” annuì sospirando.
“Sean io non so nulla di te però” mi fermai corrugando la fronte, volevo sapere chi fosse quell’angelo caduto che  aveva tentato di uccidermi e poi mi aveva salvato la vita in più occasioni.
“Che vuoi dire?” incrociò le braccia,
“Da dove vieni? Qual è il tuo passato, chi sei tu…” si passò una mano sui capelli,
“Niente di interessante” aveva una corazza impenetrabile, ma l’avrei scalfita, se con Jasper ci ero riuscita e lui aveva avuto un passato tremendo, potevo aiutare anche lui.
“D’accordo” saettai più avanti incitandolo a muoversi,
“Facciamo così, io ti racconto qualcosa di me oggi, e tu dovrai dirmi qualcosa del tuo passato un’altra volta” sospirò,
“Mmm, è un modo gentile di costringermi” fece spallucce. Gli raccontai della mia vita da umana, di quello che avevo ricordato 7 anni fa, del manicomio, di tutto quello che mi avevano fatto, Sean ascoltava rapito.
“C’era un vampiro, un dottore che tentò di proteggermi” il viso di David, pallido e dagli occhi dorati mi si plasmò davanti, anche lui mi aveva salvata, mi amava ed era morto per me, un brivido mi fece scacciare il pensiero.
“Il tuo compagno, il biondo?” chiese lui,
“Non lui” sorrisi giacchè quella parte della storia assumeva una piega di gran lunga felice,
“Vidi Jasper appena trasformata, la prima visione, vedevo il suo presente, come stesse soffrendo la sua vita in pezzi e sentivo qualcosa dentro di me…ma non era compassione…era come se quelle cose le stessero facendo a me, era come se lui fosse una parte di me…” mi fermai, Sean aveva distolto lo sguardo imbarazzato,
“Scusa quando comincio coi ricordi…” tornò a guardarmi,
“No, figurati…è solo che non ho mai visto una persona che provi una cosa così forte” gli sorrisi, spero tu possa provarlo Sean un giorno, pensai. Gli descrissi i nostri viaggi e i Cllen, l’arrivo di Bella, I Volturi, poi il selciato di pietre si aprii davanti a noi.
 




POV JASPER
 
“Non è sola” sussurrò Edward sospettoso, mi sollevai di scatto lasciando Jacob e Renesmee seduti sul tappeto enorme dirimpetto il camino della sala, era quasi l’una del mattino, Aiden dormiva da ore. Annusai l’aria che debolmente passava da uno spiraglio della porta-finestra. Un odore di bruciato e acre mi allarmò.
“Uno di loro” dissi mentre Edward e Carlisle simultaneamente seguivano il mio stesso movimento fuori dal vialetto. Esmee Bella  ed Eleazer si incollarono alla finestra. Alice avanzò per prima alle luci del vialetto, mi rivolse una occhiata rilassata ma anche un po’ stupita. Poi accanto a lei si avvicinò un ragazzo magro ma muscoloso con abiti scuri e capelli neri. Mi ci volle qualche secondo per riconoscerlo.
“Sean?” Carlisle ed Edward tirarono un sospiro di sollievo, si avvicinarono per stringergli la mano, perché era tornato? Certo non per una visita di cortesia, dopo tutti quegli anni. Era nervoso, non amava l’attenzione e il contatto con gli altri. Sorrisi mentalmente, avevamo qualcosa in comune. E l’altra cosa era Alice, era venuto per lei, questo era certo. Sospirai tentando di apparire cordiale, e avvicinandomi notai che aveva una ferita arrossata alla testa da cui cominciò a colare di nuovo sangue, i vestiti sporchi di terra, anche Alice era conciata male. SI spostò verso di me prendendomi la mano. Le sfiorai un lembo cadente del vestito interrogativo.
“Credevo che mi stesse attaccando, e l ‘ho attaccato e come conseguenza siamo precipitati” appoggiò la testa alla mia spalla soffocando una risata. Guardai il demone, era ridotto male.
“Ti ha quasi ucciso insomma” Edward le lanciò un’ occhiataccia.
“Vieni dentro Sean, se permetti voglio mettere qualche punto o sanguinerai dappertutto” riluttante annuì e ci spostammo dentro casa.
“Tu stai bene?” sussurrai all’orecchio di Alice mentre entravamo, si fermò sulla soglia girandosi,
“Si Jazz, ora vi spiegherà quello che ha detto a me…” mi guardò preoccupata.
“Okay” dissi strofinandole la mano. Sean ci disse ogni cosa, come ci aveva trovato, le intenzioni di questa Helena, ma non avevamo i dettagli del suo piano, era tutto molto vago, la cosa non mi piaceva.
“E non sai che magia potrebbe usare per avere la meglio? Quando verrà, in quanti sono, insomma il suo piano?” Eleazer era seriamente preoccupato,
“No amico, forse sono 20 al suo servizio, ma io non scendo negli Inferi da anni, queste informazioni le ho avute da un’amica fidata, non so altro…ma mi sembrava giusto avvisarvi e aiutare” Edward mi lanciò un’occhiata enigmatica,
“Vuoi aiutarci?” chiese Bella sorpresa, non attese risposta.
“Va bene…faremo delle ronde come a Boston, tu ed Alice potete sorvegliare dall’alto, noi controlleremo lo stato a turni… siamo in tanti e Alice ha recuperato le forze, ce la faremo” disse deciso Carlisle.
“Ora fatemi ricucire questo disastro” Sean andò a sedere nell’angolo della cucina con Carlisle, Alice andò con loro, gli altri lasciarono la casa per andare a caccia mentre io ed Edward restammo in salotto guardando la cucina.
“Dice la verità, è tutto quello che sa” mi prevenne Edward appoggiandosi alla libreria, di spalle alla cucina,
“Si…ma ti fidi?” non mi piaceva quel demone,
“Beh si, insomma dopo quello che ha fatto, ci ha tirati fuori dall’inferno, ha cercato di liberare Alice, ha ucciso  Balthazar e ha portato Alice in paradiso infrangendo chissà quale legge dell’universo…” si voltò a guardarlo, dissimulava il dolore dei punti senza anestesia, Alice parlava vivacemente con Carlisle e lui non le scollava gli occhi di dosso.
“Ho capito si, non serve l’elenco di tutte le sue prodezze” Edward ridacchiò canzonandomi,
“Smettila” gli tirai un pugno forse troppo forte giacchè tutti e tre si voltarono, Alice indugiò più a lungo per poi tornare all’attenzione di Carlisle e Sean.
“Fratello credo che tu sia geloso” aggrottai la fronte, io non ero geloso di Alice, non lo ero mai stato, noi ci amavamo e  nessuno…
“Mr Nessuno è fortemente attratto da lei” soffocai un ringhio,
“Dillo di nuovo e vado li a staccargli la testa” ammiccò,
“Per questo, è tornato per lei” riflettei,
“Hey Jasper” Edward tornò serio poggiandomi una mano sulla spalla,
“Non è un nemico, potrebbe aiutarci davvero a concludere questa vicenda, se prova qualcosa per Alice non puoi farci nulla ma lei ama te… tranquillo, l’ho sperimentato con Jacob” si grattò la testa a quel pensiero, un leggero fastidio aleggiò nella sua tranquillità.
“Bella l’ha baciato…non mi conforti Ed….” ridacchiò,
“Si, e poi ha capito che amava me…Tu cerca solo di non ucciderlo”
Il mattino seguente anche Aiden conobbe l’ospite inatteso, dicevamo tutto al piccolo, certo non quei particolari che avrebbero potuto turbarlo ma il contesto della situazione gli era chiaro ed Aiden aveva una forte empatia, capiva quando qualcosa non andava.
“Un angelo anche tu? Come la mamma?” gli occhi gli si erano illuminati, Sean guardò Alice come se non sapesse come comportarsi, forse erano secoli che non interagiva con un bambino di 7 anni.
“SI, diciamo di si” rispose in fretta,
“E puoi volare?” Sean annuì fiero,
“Okay AIden, è ora che Bella ti accompagni a scuola” Aiden sospirò, Sean era davvero turbato non capivo il perché, sgattaiolò fuori prima che potessi pensare di parlargli. Di giorno Alice continuava ad allenarsi con Benjiamin ma lasciava qualche ora libera per fare la ronda con il demone in volo. DI sera ci rilassavamo con gli altri e poi finalmente potevo stare solo con lei. Anche Aiden vedeva Alice solo dopo cena. E notavo che cominciava a stancarsi di tutta quella folla, era passata un’altra settimana, e la villa seppur enorme era gremita di persone. Decisi che una sera avrei portato lui ed Alice in spiaggia per un pic-nic solo noi tre. Avrei solo dovuto convincere Alice.
“Jazz” perso nei pensieri mi ridestai quando apparve in cima alle scale, avevo lasciato la porta aperta in sua attesa.
“Finalmente” dissi, tirandola per la mano dentro e chiudendo forse con troppo entusiasmo la porta,
“Mmm…non sono ancora convinta al 100%”ovviamente aveva visto; sedette sul letto a gambe incrociate, pensierosa.
“Andiamo, cosa può persuaderti?” mi inginocchiai davanti a letto e la guardai afflitto,
“Così non vale Jazz” la sua risata cristallina sferzò il silenzio della casa immobile, nessuno doveva essere al nostro piano.
“Se non fosse sicuro?” tornai serio, le presi i gomiti,
“Tesoro, Aiden ha bisogno di una serata diversa, e di stare con la sua mamma lontano da questa casetta nel bosco… sarà sicuro” mi prese il viso tra le mani,
“Okay, va bene” strofinò la fronte contro la mia, si alzò e cominciò a togliere gli abiti impolverati e umidi per l’aria fredda.
“Com’è andata oggi?” davanti all’ampio specchio a tre ante osservò attenta la sua figura semi-nuda, poi si girò di profilo,
“Alice?” crucciata si voltò a guardarmi,
“Cosa c’è?” scosse il capo,
“Nulla, nulla… non vedevo l’ora di togliermi questi vestiti” in reggiseno e mutandine andò a chiudere le tende,
“Posso condividere il tuo desiderio” da dietro la cinsi aiutandola a spostare la tenda, l’abajour era accesa, le nostre sagome ondeggiavano sul tessuto. Senti gli zigomi di Alice contrarsi in un sorriso.
“Non avevo dubbi… ma…voglio fare una doccia” mi staccai da lei e sedetti sul letto divertito,
“Non metterci troppo” Alice andò in bagno e accese tutte le luci, dopo pochi secondi uscii completamente nuda, la pelle marmorea luccicava quasi alla luce della lampada, negli occhi una leggera sfumatura di azzurro.
“Cosa stai aspettando?” eccitazione ed adrenalina mi salirono in circolo. Stare lontano da lei per tutto il giorno come a Boston era snervante, e la desideravo.
Li sotto l’acqua fresca che lambiva piano i nostri corpi intrecciati tutti i problemi, tutta la nostra vita sembrava fermarsi e condensarsi in quell’unico momento. Se Alice era stata in Paradiso per me era quello il paradiso e non avrei desiderato altro, la donna che amavo, quando ero dentro di lei non mi capacitavo che potesse esistere una cosa così, e che la provassi con lei. Appagati eravamo seduti schiena contro al muro, Alice col viso sul mio grembo,
“A che pensi?” mi chiese ad occhi chiusi,
“A quanto sono felice” aprii gli occhi adesso di un azzurro intenso, alzò il braccio per afferrarmi i capelli e sollevandosi mi baciò con passione.
“Senti?” si interruppe, si sentivo, c’era trambusto adesso in casa.
“Meglio che chiuda a chiave, non vorrei che quel diavoletto di Aiden o renesmee entrino” mi sollevai e scattai alla porta. Un odore buono ma allo stesso tempo acre mi turò le narici. Sangue.
“Jazz, v-vieni” tornai in bagno, il tono allarmato di Alice mi fece capire, da lì…il sangue. In accappatoio si appoggiava al lavello, sofferente in volto, una piccola chiazza ai suoi piedi, il sangue le colava tra le gambe,
“Ma cosa…” calma mi prese la mano,
“Va a chiamare Carlisle Jazz”



 
POV ALICE

Tentai di pulire il pavimento e misi un asciugamano per tamponarmi, tolsi le lenzuola buone e misi una vecchia coperta sul letto, poi mi adagiai. Era strano…insomma… il cuore mi batteva più accelerato… perchè sanguinavo? Carlisle entrò come un treno, sin troppo allarmato da Jasper forse.
“Alice, eccomi…” ero un po’ agitata ma tutto-sommato mi sentivo bene.
“Fammi vedere” nonostante Calisle avesse fatto nascere Aiden e mi avesse visitata così tante volte , distolsi lo sguardo comunque imbarazzata, incrociai quello di Jasper, che tentò di infondere a tutti e due calma.
“Okay, una piccola emorragia…ma non hai perso molto sangue” prese la sonda e il monitor portatile,
“Cosa stavi facendo prima che accadesse” guardai Carlisle,
“Capisco” tentò di soffocare il sorriso,
“E’ come se l’utero…” Sussurrò, poi cominciò a scrutare lo schermo sempre più attento,
“Carisle cosa vedi?” mi sollevai, la sua faccia era troppo strana, paura e poi entusiasmo. Mi fece coprire e si alzò, prese una siringa e mi prelevò del sangue.
“Voglio essere prima sicuro” disse, mi sollevai dal letto irritata, Jasper si parò di fronte a Carlisle,
“DI cosa?” posò la valigetta,
“Okay…un bel respiro…Alice credo che tu sia di nuovo incinta” Jasper indietreggiò e mi guardò. L’ilarità coinvolse anche Carlisle. Strinsi la coperta. Ecco la mia sete, la mia aggressività …e mi sentivo così gonfia. Ma non doveva succedere! Entrambi capirono che non ero affatto entusiasta e anche Jasper mutò umore all’istante. Capiva perché. Noi l’avevamo deciso insieme. Non avere altri bambini se fosse stato possibile ancora. Non con tutto quello che stava accadendo. No. Non potevo coinvolgere un’altra persona a me cara, se avessero dato la caccia anche a questo bambino. No.
“Devo fare delle analisi” Jasper mi sedette accanto e mi prese la mano, mi passai la mano sul viso,
“Ma come Carlisle, abbiamo preso ogni precauzione che ci hai detto” lui si grattò il capo,
“Sicuri? Ogni Volta?” io e Jasper ci congelammo e pensammo in sincrono alla stessa cosa. Quella sera, prima di partire, quando avevo avuto l’incubo in vasca e non ci parlavamo quasi, e poi avevamo fatto sesso, e così presi avevamo dimenticato tutto. Sospirai crollando all’indietro.
“E il sangue?” Carlisle abbassò la voce,
“Ecco, da quello che ho visto ma dovrò visitarla con più accuratezza, la placenta di questo feto è molto più debole… e lo sfregamento ha provocato una piccola emorragia” Jasper sbiancò,
“Non ci sono complicanze, certo Alice se ti capita ancora dovrai dirmelo subito, e dovreste fare più attenzione.” Si avvicinò alla porta,
“Carlisle, non dirlo ancora a nessuno” annui e chiuse la porta. Jasper mi si sdraiò accanto.
“Hey Alice… guardami” gli occhi mi si erano offuscati, non dovevo piangere, ma anche gli ormoni cominciavano a farsi sentire.
“ E’ più di un mese…non me ne ero resa conto” gli carezzai la guancia,
“Tesoro, so che non era previsto, noi non volevamo che accadesse ma…” mi prese la mano.
“Lo so…” cosa fare adesso… ormai una vita cresceva dentro di me. Eppure sentivo che era sbagliato.
“Dovremo stare attenti sul serio… è colpa mia se” mi avvicinai al suo viso,
“Come potevamo saperlo, Jazz… sto bene”mi abbracciò.
 

La mattina seguente mi svegliai con una gran sete, andai prima in camera di Aiden, era da poco l’alba, sonnecchiava alla luce della volta di stelle che illuminava debolmente la stanza dal soffitto. Mi accoccolai nell’ampio letto accanto a lui carezzandogli i capelli. Come avrebbe reagito Aiden sapendo che… sospirò profondamente e sembrò svegliarsi, rimasi immobile, non volevo interrompere l’oblio del sonno o magari un mondo di fantasia in cui era immerso. Tornò a respirare ritmicamente. Se non volevo dirlo agli altri giacchè era presto non c’era motivo di scombussolare Aiden. Ma Edward, come nascondere un pensiero così, anche con Bella presente. Mi scostai dal letto e uscì nel corridoio del primo piano. La villa era a tre piani e Sean era al nostro stesso piano ma dalla parte antistante la foresta, non credevo potesse sentirci o vedere me e Jasper o la stanza di Aiden. Tuttavia mentre camminavo persa nei pensieri al buio me lo trovai di fronte all’improvviso. Sussultai.
“Non volevo spaventarti” sussurrò cercando l’interruttore della luce,
“Figurati, ero distratta” stava venendo nella nostra direzione o forse era un po’ disorientato.
“Dove stai andando?” un click e la luce arancione del corridoio mi offuscò per 1 millisecondo la vista. Indossava dei vestiti puliti, Esme doveva aver provveduto, io non ci avevo pensato.
“Cercavo la sala da pranzo, sono giorni che non mangio e ne avrei bisogno” lo accompagnai, avrei cacciato anche io innanzitutto. Edward stava leggendo un giornale in salotto e Carlisle aveva appena acceso la tv a muro.
“Buongiorno” disse Sean un po’ roco, guardai Edward dritto negli occhi, non dirlo Ed, non so ancora che fare. Edward restò immobile dissimulando la forte emozione, poi corrugò la fronte. Non doveva succedere.
“Vado a caccia” dissi sonoramente e mi defilai nella foresta.
 
Un puma, un orso e una cerva mi saziarono a stento. Irritata aprii le ali e mi lasciai sollevare dalla brezza mattutina. Il sole caldo creò piccoli diamanti sulla mia pelle, il cielo era privo di nubi, di un azzurro intenso. Battei le ali e raggiunsi un’altura sopraelevata, a gambe incrociate restai lì a fissare il panorama. BEnjiamin mi stava aspettando. Capii, una cosa scontata in realtà. Potevo combattere ed essere forte finchè la gravidanza non sarebbe progredita. Poi sarei stata solo un peso.
“Dovete venire, adesso” strinsi frustrata le piume dell’ala destra.
“Mamma, vorrei che tu fossi qui” sussurrai, un sibilio improvviso mi fece voltare di scatto,
“Merda…potevo” Sean schivò un mio fendente,
“Uccidermi? Dobbiamo smetterla di incontrarci in questo modo” si avvicinò all’estremità del pendio,
“Perché ti sei materializzato?” richiusi le ali e sedetti nell’identica posizione di prima, volevo pensare, e da sola forse avrei potuto vedere qualcosa, con Jacob e Reneesme sembrava impossibile.
“Vuoi che ci trovino in fretta, ti ho sentito, entro in connessione con tutti loro smaterializzandomi, ma perché vuoi affrontarli subito?” mi fidavo di Sean ma neppure lui doveva sapere. Se gli altri demoni lo avessero scoperto e se gli anziani…
“Alice? Tutto ok?” mi sventolò una mano davanti al viso, sedette anche lui,
“Puoi insegnarlo a me?” elusi la sua domanda,
“E’ l’ultima cosa che dovresti fare, gli anziani, gli altri angeli potrebbero trovarti subito e tu vuoi nasconderti anche da loro dico bene?” sospirai,
“Non voglio più nascondermi ma… devo affrontare un problema alla volta, e che gli anziani si intromettano ancora non è quello che voglio” una cornacchia gracchiò in lontananza,
“Ci tieni molto alla tua famiglia” disse lui sorpreso.
“Certamente” Sean tirò un sasso con energia,
“Io non ho mai conosciuto mia madre” lo osservai sorpresa, voleva parlarmi del suo passato.
“Il nostro patto no? Ti dirò qualcosa” gli sorrisi,
“Non mi manca, a differenza di quello che provi tu, ho sentito si” abbassai lo sguardo, pensare a lei era sempre così difficile.
“Mio padre era un demone così oscuro, Lucifero tolse di mezzo lui e i suoi fratelli quando avevo 8 anni, erano troppo ambiziosi, e tramavano di cacciarlo via dal trono” Sean era così rilassato e sereno nel raccontarlo, gestiva i suoi sentimenti in modo strano, a volte sembrava indifferente ed apatico in tutto e altre così emotivo.
“Ho trascorso 200 anni a servire i capi, e  ho fatto cose ….” Esitò,
“Di cui non vado fiero… ho ucciso Alice Cullen, molti angeli e molti umani…ma non era vita quella, non me ne sono reso conto finchè non ti ho incontrato, finchè non ho cercato di uccidere te e il bambino” ecco qualcosa, era pentito davvero pentito, scrutò il cielo nervoso.
“Perché? Cosa ti ho fatto?” posò di nuovo lo sguardo su di me trasognato,
“Mi hai svegliato” non sapevo cosa dire, Sean aveva un effetto strano su di me, eravamo connessi da qualcosa fin dal primo momento, quando gli avevo stretto il polso estraendo il coltello maledetto, ma non riuscivo a capire se fosse stata una cosa positiva o negativa.
“Sei solo? Non hai nessuno che…” tornò a fissare il cielo,
“ Ho molti amici se così vogliamo definirli ma nessuno è mai riuscito a capirmi davvero” annui,
“E chi è Mazekin?”uno scintillio di rabbia e si alzò in piedi,
“Non chiedermi di lei Cullen” era lei ad averlo avvisato, dovevo sapere, era arrabbiato.
“D’accordo” Sean mi sorrise inaspettatamente,
“Per oggi d’accordo, ma voglio sapere di più” mi alzai a mia volta,
“Vado da Ben… a stasera Sean” mi afferrò delicatamente il braccio mentre andavo via,
“Alice io…” mi lasciò improvvisamente il braccio smaterializzandosi.
 
 



 
POV JASPER

Il vialetto di pietra contornato dagli aceri era umido quella mattina, ero da solo, Edward poco prima era venuto a cercarmi, voleva sapere di più. Gli avevo spiegato tutto. Nonostante quella situazione, nonostante Alice fosse adesso in serio pericolo, nonostante un esercito di demoni sarebbe potuto spuntare da un momento all’altro ero felice. Un’altra vita. Aiden era stato il nostro miracolo e adesso un altro figlio. Aspirai a pieni polmoni l’aria satura di odori.
“Jasper” una voce flebile e inconsistente mi invocò da dietro l’acero più grosso. Mi alzai di scatto. Il vento non smuoveva neppure una foglia, nulla.
“Vieni qui” la voce sembrava una eco lontana, andai nella direzione di quel sussurro e dopo 100 metri fui dinanzi all’acero. Le foglie rosso sangue erano tutte ben attaccate ai rami nonostante fosse quasi dicembre. La corteccia marmorea trasudava linfa dorata.
“Cosa vuoi?” non c’era nessuno, che fosse stato un demone, mi preparai saettando con lo sguardo da ogni parte, poi una luce accecante mi abbagliò facendomi indietreggiare, e un odore di cannella mi stordii.
“Jasper, devi ascoltarmi, c’è poco tempo” la luce si dissipò e una sagoma snella mi si profilò davanti, era una donna, o meglio un angelo dalle ali bianco-dorate, piccole e sottili a differenza di quelle di Alice ma molto luminose. Lei aveva una stola bianca e un girocollo di bronzo, bracciali tintinnanti e dei capelli ricci biondo fragola. Occhi di un grigio perlaceo.
“Chi sei tu?” l’angelo mi intimò di abbassare la voce, era uno degli anziani? Cosa voleva, come ci avevano trovati, Alice, era qui per lei? No, non l’avrebbero toccata.
“Non sono qui per intervenire, svuota la mente e ascolta bene” una calma disarmante mi invase nonostante non volessi ascoltarla, non volessi restare lì fermo.
“Loro stanno arrivando, fra poche settimane, Jasper, useranno voi per arrivare ad Alice, e non devono appropriarsi del bambino” loro sapevano già.
“Lo so, come lo sanno i demoni, è questo che vogliono, e non deve accadere, il bambino non è quello che sembra, non doveva accadere, metterà in pericolo la madre…” l’angelo protese la mano dietro di sé spaventata, ma non c’era nulla che potessi vedere,
“Cosa? Perché dici questo? Il bambino ?” spaventata tornò a fissarmi,
“Sanno che sono qui.” Richiuse le ali e mi afferrò il braccio quasi avvinghiandomi a sè, sentivo il respiro fruttato sulle guance,
“E’ un errore Jasper, devi proteggerla, dovete trovare un modo, il bambino non deve cadere in mano loro,  non so come dirtelo ma se venisse alla luce…. Ora va, avvisa gli altri…”
“ Ma…farnetichi, cosa vuol dire, gli anziani? Sei una di loro? cos’ha che non va il bambino? Dimmelo”una forza invisibile sembrò trascinarla via.
“Io non posso… lo saprai a tempo debito…Io mi… mi chiamo Phoebe” disse in uno spasmo, la luce tornò ad amplificarsi, mi coprii il viso,
“E non fidarti di Sean”.
Restai come pietrificato per qualche istante, cercavo di elaborare la situazione, ma a stento credevo a quello che miei occhi avevano visto in maniera tangibile, il bambino aveva qualcosa che spaventava quell’angelo e Sean, ci stava tradendo, stava conducendo qui i demoni? DI chi dovevo fidarmi davvero. Nessuno di loro, nessuna di quelle creature, angeli e demoni tramavano sempre qualcosa, tutti impegnati a salvaguardare se stessi o ad agire per i propri fini. Alice ed Aiden, il piccolo che portava in grembo,dovevo occuparmi di loro e solo della mia famiglia potevo fidarmi. Mi lanciai verso la casa, Edward e Carlisle mi avrebbero consigliato come sempre, ma se la cosa più sicura mi sembrava lasciare anche Denali, fuggire ancora, per Alice non sarebbe stato lo stesso, lei  voleva restare e lottare. Un vociare sonoro veniva dalla casa. Vidi Sean dalla porta vetro e tra le altre sagome Alice pensierosa, quasi assente mentre vagava con lo sguardo in cerca del futuro. Mentre mi apprestai a salire i numerosi grandini di pietra, Edward aprii la porta di scatto forzandola troppo e provocando un’acuto stridore che fece scivolare tutti in un silenzio definitivo.
“Sean sa che l’angelo è stato qui” Esme Bella, Jacob anche Reneesme , Eleazer e Carmen, Tania era anche loro li impazienti.
“Che ti ha detto Jazz ?” Alice ridestatasi mi venne incontro inquieta, mi afferrò decisa la mano,
“Che stanno arrivando…che sono qui per il bambino…”Alice mi diede una stretta forte lanciandomi uno sguardo di pietra.
“Il bambino? Aiden?” fu Carmen a parlare. Edward di qualcosa. Pensai. Avevo completamente rimosso che gli altri non sapevano. Mi scorrevano davanti agli occhi ancora gli istanti di poco fa, i riccioli della donna, i suoi occhi grigi così affranti, la luce, quelle parole, così strane.
“Ragazzi, io e Carlisle dovremmo parlare con Jasper ed Alice, dateci un po’ di tempo e sapremo cosa fare” Reneesme sorrise al padre e guidò per la mano Jacob e Bella, riluttanti tutti lasciarono l’atrio di Ingresso e sparirono nei corridoi della vasta villa.
“Anche tu Sean” disse Alice, ma il demone si era pietrificato a sua volta, con un’espressione di sconforto sul viso.
“Andiamo in soggiorno” disse Carlisle, facendoci un cenno, lentamente feci qualche passo nella sua direzione,
“Aspetta, non parlava del ragazzino… lei, Alice aspetti un altro bambino è così?” Alice si passò una mano sulla fronte annuendo,
“Sean ora dovresti lasciarci parlare” Edward con fare deciso si parò tra lui ed Alice,
“No aspetta, aspetta, non posso crederci, non doveva accadere, loro ci riusciranno allora… non deve andare cosi” spintonò quasi Edward e afferrò Alice per un braccio,
“Sta calmo!” lo afferrai per la camicia nera e lo feci indietreggiare, Alice dietro di  me, tesa e confusa si frappose in mezzo a tutti e tre,
“Fermi, Sean che ti prende? Qual è il problema?” il demone spalancò le ali, percepivo un’ ira crescente proprio nei confronti di Alice, ma perché?
“Cosa non mi stai dicendo?” aggiunse Alice spaventata,
“Non c’è niente da dire…” uscì via spiccando il volo.
 
 
 
 
POV ALICE

Carlisle accese il fuoco nel camino, la stanza era gelida e piccole goccioline di umidità trasudavano dai vetri delle finestre. Non capivo perché Sean avesse reagito così, ma ora era importante mettere al sicuro Aiden e gli altri prima che li avessi affrontati.
“Vogliono il bambino, è chiaro questo allora” Carlisle si bloccò riflettendo, sedevo immersa nel divanetto con la testa appoggiata allo schienale, mi doleva molto. Jasper mi scrutava preoccupato.
“C’era da aspettarselo, questa volta non sono gli anziani ma i demoni a volere un neonato”dissi sottovoce e ad occhi chiusi.
“Jasper di loro cosa ti ha detto l ‘angelo” Edward sedette accanto a me, mi sollevai, Sean lo aveva percepito così chiaramente, mi stava parlando e si era bloccato a metà frase, ci aveva smaterializzati a casa, sapeva che era passato poco più che un istante ma che l’angelo non c era già più. Ma se un angelo era sceso qui sulla terra, doveva essere importante. E Jasper , Ed aveva detto che aveva parlato a Jasper.
“Si” Jasper si schiarì la voce,
“Era una donna, ha detto di chiamarsi Phoebe” quel nome…
“Aveva capelli ricci e biondi, occhi grigi e una voce quasi infantile?” posai una mano sul ginocchio di Edward, sentii nella mia mente a cosa mi riferivo, Jasper annuì.
“Era a Boston, una delle maestre di Aiden…ci stavano spiando…”
“O proteggendo”aggiunse Carlisle,
“Alice, so che nessuno di loro è dalla nostra parte …ma…loro non posso agire contro di te, non ti farebbero del male, ti hanno salvato” oggettivamente era cosi,
“Lo so…” dissi,
“Questa Phoebe mi sembrava davvero terrorizzata, io credo che gli altri anziani non volessero interferire, o per lo meno qualcuno la stava riportando indietro, lei mi ha detto che i demoni arriveranno a breve, potrebbe essere fra 1 ora come fra giorni. Mi ha detto che vogliono impadronirsi del bambino. Volevano una parte di me, del mio potere giacchè era evidente che il loro tentativo di controllarmi era fallito? Jasper lanciò un’occhiata intensa ad Edward,
“C’è dell’ altro Jazz?” mi alzai,
“No Alice” disse Edward,
“Jazz, guardami, cos’altro ti ha detto?” gli presi il viso fra le mani, era combattuto, non voleva che sapessi,
“ Di non fidarsi di Sean…e… che il bambino ti metterà in pericolo, che non doveva accadere, non capisco era come se fosse terrorizzata dal fatto che tu sia incinta” non doveva accadere, anche Sean l’aveva detto. Mi portai una mano in grembo.
“Perché, non capisco, il bambino mi metterà in pericolo?” il mal di testa era insopportabile, tornai a sedermi massaggiandomi le tempie.
“Alice ora la cosa importante è far allontanare da qui Aiden e gli altri, tu cosa vuoi fare?” Jasper mi guardò speranzoso, voleva che fuggissi con lui ed Aiden che trovassimo quell’ isola sperduta su cui essere felici, lontano da loro, da questa guerra infinita, ma io dovevo chiudere questa storia, per lui, per Aiden, per…
“Combatterò” dissi,
“Prima che la gravidanza non mi permetta più di farlo…” mi alzai, mi colsero le vertigini,
“Alice, va bene, ora vieni a stenderti, sei così stremata” Jasper mi porse un braccio,
“Si, hai ragione, devo dormire Jazz”.
Il mattino seguente un forte senso di malessere rallentava ogni mio movimento e pensiero, Jasper venne a svegliarmi poco dopo le 8, con lui c’era anche Aiden, aveva capito che qualcosa non andava e venne ad accoccolarsi accanto a me.
“Carlisle dice che dovremmo farlo partire oggi con Jacob ed Esmee per Forks, anche Bella andrà con loro” mi sollevai poggiandomi dietro la schiena un cuscino, la gola mi ardeva. Aiden si sollevò dal mio grembo e afferrò il braccio di Jasper,
“No papà io voglio restare qui” sospirai, passai la mano sulle spalle di Aiden con movimenti circolari,
“Tesoro, i cattivi stanno arrivando e non è sicuro per voi rimanere” Aiden fece uno scatto e scese dal letto,
“Non me ne vado” disse crucciato, evitando il mio sguardo, mi sorprese la sua reazione, aveva accettato con serenità il cambiamento da Boston, ma forse era proprio questo il punto, cambiare ancora dopo pochi mesi, era solo un bambino, si era ambientato qui, gli piaceva.
“ Dovresti parlargli Alice, solo tu puoi convincerlo, è testardo come me ricordi?” Jasper mi sfiorò la mano,
“Si , lo capisco, ama questa casa e questo ambiente, i boschi, l aria pulita, una cittadina tranquilla” la mia voce divenne ad un tratto roca,
“Ho davvero sete, meglio che vada a caccia prima” mi alzai, ogni muscolo del corpo mi doleva,
“Non hai una bella cera” Jasper spalancò la saracinesca, la luce del sole mi investii in pieno, chiusi gli occhi per il fastidio, Jasper mi si parò davanti scrutandomi attentamente,
“Non mi sento molto bene ma sarà solo stress” mi avvicinai allo specchio, avevo uno strano pallore, e gli occhi ambrati quasi tendenti all’arancio.
“No, c’è qualcosa… andiamo da Carlisle” afferrai bruscamente Jasper,
“Non c’è tempo per questo, devo prepararmi ad affrontarli” ma perché mi stava capitando proprio adesso mentre loro stavano per attaccare,
“Hey Alice” mi accasciai sul bordo del letto, Jasper allungò una mano per frenare una lacrima,
“Dovevate andare via tutti e io li avrei uccisi, avrei finito questa storia e finalmente saremmo stati liberi” Jasper mi abbracciò,
“Non lo so cosa mi succede, il tempismo è catastrofico, non posso stare male ora” tentai di sciogliermi dall’abbraccio,
“Alice adesso andiamo da Carlisle e vediamo cosa dice, può darsi che sia qualcosa di passeggero e prima che arrivino sarà passato okay?” annui rassegnata. Carlisle mi visitò e analizzò anche il mio sangue nell’immediato.
“E’ la gravidanza” sentenziò, quasi sgretolai la fiala di sangue, la terza che avevo ingerito, tra le mani, eravamo in cucina.
“Perché lo pensi?” chiese Edward preoccupato, Jasper accanto alla finestra inspirò profondamente,
“I valori sono anomali, come per una donna incinta, ma il tuo sangue ha perso vigore, il feto assorbe più di quanto tu possa dare, è strano ma con Aiden è stato diverso, questo bambino ha più esigenze ma è anche più debole, come la placenta per quelle perdite. Credo che la febbre e i dolori siano causati da un indebolimento del sistema immunitario. Posso darti delle vitamine e dovrai nutrirti sempre di più, ma non so se starai meglio per la durata della gravidanza, oramai sei nel secondo mese” Jasper ebbe un sussulto,
“ Il bambino metterà in pericolo la madre” sussurrò Edward impercettibilmente, Jasper lo fulminò con lo sguardo, avevo perso un passaggio,
“Cosa?” CArlisle mi si avvicinò cingendomi per le spalle,
“Alice, l’angelo sapeva che sarebbe stata una gravidanza difficile a quanto pare, e in queste condizioni sei un bersaglio facile per i demoni, dobbiamo lasciare tutti questo posto” avanzai arrabbiata fino alla porta, volevo uscire, spalancare le ali e schiarirmi le idee ma il mio corpo non obbediva.
“No io, devo combattere” erano stupide quelle parole, lo sapevo, non ero in condizioni e non potevo farci nulla. Odiavo gli imprevisti, odiavo non sapere cosa sarebbe successo , che le cose non andassero come avevo previsto.
“Alice” Jasper era affranto quanto me, ma non me l’avrebbe lasciato fare, era stato chiaro,
“Alice hai” Carlisle mi fece cenno sul naso, mi portai le dita in viso, stavo perdendo sangue dal naso, le vertigini ricominciarono, mi sedetti a terra aggrappandomi al piano cucina prima di svenire. Jasper mi fu accanto in 1 secondo.
“Va bene, facciamola stendere” disse Carlisle, le orecchie cominciarono a fischiarmi,
“Alice, tranquilla, sono qui” non ero spaventata, ero incapace di accettare quello che mi stava accandendo e la rabbia mi teneva sveglia. Mi portarono sul divano tenendomi sollevata la testa e inondandomi con fazzoletti per il sangue. Ma la piccola emorragia si fermò presto.
“Va meglio” cercai di dissimulare, in realtà non era cambiato nulla, se la gravidanza mi stava facendo ammalare le parole dell angelo e di Sean erano vere, non doveva accadere, ma non capivo cosa fosse diverso, perché con AIden era andato tutto liscio.
“Sean sa qualcosa” afferrai la mano di Jasper,
“Si Alice, hai ragione, vado a cercarlo, ci deve una spiegazione e forse sa come potremmo aiutarti, ma dobbiamo muoverci se si stanno avvicinando” Edward parlò e frenò Jasper che si stava alzando,
“Resta con lei, ci penso io” svanii mentre Carlisle andò a recuperare qualche medicina.
“ Il bambino, Jazz se sto male io anche lui” le vertigini erano passate, ora vedevo con lucidità Jasper seduto sul pavimento e proteso su di me, lo guardai in quegli occhi color miele, mi pose un dito sulle labbra,
“Non devi avere altre preoccupazioni, il piccolo se la caverà” mi baciò smorzando qualsiasi cosa stessi per dire.
 



 
POV SEAN

“Maze, andiamo, raggiungimi!” l’eco della mia voce graffiata risuonò per 2 volte; nel buio della notte riuscivo a scorgere a stento i riflessi scuri delle rocce che spuntavano dalla grotta. Ore, mi aveva fatto aspettare ore, se non fosse venuta sarei stato costretto a scendere lì, dopo 5 anni tornare, e non lo volevo. Il vento gelido dell’Alaska spirava sibilando tra le pareti, era quasi inverno e la neve già cadeva copiosa. Erano tutti nei paraggi, potevo avvertirlo, ero ancora come loro, connesso a loro, ma non attaccavano ancora, la domanda era per quale motivo, cosa stavano aspettando.
“Carino…” uno sciabordio frammisto alla sua voce suadente,
“Bel posticino Sean, troppo freddo per i miei standard però” Mazeekin vestiva di pelle nera, ogni sua curva era marcata dai tessuti attillati e la pelle ambrata si confondeva con buio. Spiegò le piccole ali nere e poi le rinfoderò.
“Sono ore che ti aspetto, credevo non saresti venuta” alzò gli occhi al cielo,
“Mmm…sono qui intorno, come iene affamate… è solo questione di tempo prima che riducano il tuo angelo a tanti piccoli pezzettini” ero stanco, nervoso, e lei era insopportabile ormai, l’afferrai per il collo e la schiacciai al muro,
“Dammi quello che ti ho chiesto Mazeekin!” gli occhi le si infiammarono di rosso, mi cacciò indietro,
“Non osare essere impudente con me ragazzino! Non dopo quello che hai fatto!” sfoderò un piccolo coltello seghettato, era una lama infernale, l’unico acciaio che poteva ferirci o ucciderci. Respirai. Non potevo commettere errori.
“Maze, se non mi dai le fiale, sarà tutto inutile” dissi pacato, mi fissò ancora accigliata,
“Ti ho detto tutto quello che sapevo perché per me sei ancora qualcuno ragazzino, sei fuggito dall’Inferno per restartene da solo con gli umani e dopo 5 anni mi hai contattata e non ho fatto domande… te le ho portate le maledette fiale, ma adesso dimmi, perché vuoi aiutarla?” rinfoderò il coltello,
“Per lo stesso motivo per cui tu aiuti me… non voglio che scoppi una guerra tra sopra e sotto” cominciò a camminare avanti e indietro ridacchiando, poi scattò verso di me stringendomi i fianchi,
“Non è questo il motivo… tu provi qualcosa per lei, è così? Guardami negli occhi Sean! ” Maze era così selvaggia e passionale e per questo ero stato totalmente incantato da lei negli Inferi, era stato bello, ma era solo sesso per lei e io seppure provassi qualcosa, quel sentimento era morto da tempo. Era sorpresa anzi indignata che potessi desiderare un’altra. Un angelo per di più.
“No” dissi convinto,
“Bugiardo… ecco….me ne vado” e sparì. Le sillabe di quel bugiardo risuonarono ancora e ancora nella grotta. Non avevo rivelato tutto ai vampiri; ma non credevo sarebbero arrivati a tanto, non sapevo come l’avessero…contaminata…o quando. Ma ciò che era necessario era salvarle la vita ed impedire alla figlia di Balthazar di arrivare al bambino. Uscii dalla grotta e fui investito in pieno dal gelo della notte, tentai di far aderire il più possibile la giacca a vento alla mia pelle ma brividi intermittenti mi facevano sobbalzare come piccole scosse elettriche. Camminai qualche centinaio di metri e sentii una scia dolciastra, era un vampiro, uno di loro ovvio. Mi fermai in attesa che sbucasse dalla foresta. Edward con gli occhi neri e spenti avanzò teso guardandosi intorno.
“Sei da solo?” chiese quasi in un sussurro, annuì, infagottandomi ancora di più nella giacca, la neve si stava mescolando alle folate di vento.
“Sento un altro odore” probabilmente sentiva ancora Maze,
“Sono solo” avanzò afferrandomi bruscamente un braccio,
“Dove te ne sei andato, sono 3 giorni che ti cerco” non mossi un muscolo,
“Dovevo procurarmi una cosa per Alice, ora andiamo, non c’è molto tempo” mi tenne fermo,
“Sean se non mi dici ora cosa sai lo dovrai dire agli altri e ti costringeranno, anche con la forza” mi guardò intensamente.
“Dirò ad Alice quello che so, non spetta a voi sapere” stava cercando di leggermi nel pensiero, ma il mio unico pensiero era dettato dall’insopportabile percezione del freddo e dal mio desiderio di muovermi e arrivare alla villa il più in fretta possibile.
“D’accordo”.



 
POV JASPER

Carlisle stava facendo iniezioni di liquidi e vitamine da giorni, ma Alice non sembrava dare cenni di miglioramento. Aveva la febbre sempre abbastanza alta, dolori e vertigini, riusciva a stare in movimento per poche ore poi necessitava di dormire a lungo, molto a lungo, le mancava ogni tipo di energia. Era turbata e seccata da come il suo corpo stesse reagendo, e anche il suo spirito era fiacco. Aiden voleva starle accanto quasi sempre da 3 giorni, appena tornato da scuola gli si accovacciava accanto gli portava da bere, non volevo che vedesse sua madre in quello stato ma era impossibile nasconderglielo. Sarebbero dovuti partire il giorno precedente, avevamo ritardato la partenza in attesa che Alice si riprendesse ma non succedeva.
“Papà, si è svegliata” Aiden mi fece cenno di raggiungerli al divano del soggiorno, Alice schiuse gli occhi, appena mise a fuoco il viso di Aiden sorrise,
“Pulce, che ci fai ancora sveglio, e mezzanotte” Aiden strofinò il naso contro il suo,
“Volevo darti la buonanotte” Alice si sollevò mettendosi a sedere, scostai Aiden per farle spazio,
“Alice? Cosa vedi” si era bloccata corrugando la fronte,
“Ha una cura, credo… starò meglio” Carlisle e Bella si avvicinarono,
“Cosa? Chi ?” qualche istante dopo dei passi conosciuti si avvicinarono al cancello,
“Edward! E il demone!” Bella si affacciò esclamando, mi alzai anch’io, Edward e Sean entrarono scrollandosi la neve di dosso, tirai Edward a me e parlai ad alta voce, non mi importava che mi sentisse,
“Non mi fido, l’angelo ha detto chiaramente che…”
“Può far riprendere Alice” mi interruppe Edward, Sean mi ignorò avanzando verso Carlisle e porgendogli 2 fiale contenenti un liquido bianco.
“Tu hai la medicina per la mamma? La farà stare bene vero?” Aiden fece qualche passò titubante fissando con gli occhioni blu la sagoma in nero di fronte a lui, speranzoso. Sean si tolse il cappotto e si piegò alla sua altezza,
“Si Aiden, la tua mamma guarirà” Aiden sorrise e lui gli allungò una mano sulla spalla, mi avvicinai seccato,
“Aiden, va a letto adesso” obbedii scoccando prima un bacio sulla guancia ad Alice.
“Cosa c’è nelle fiale?” chiese Carlisle esaminandole,
“Non ne ho idea, ma mi sono state date dalla stessa persona che mi ha avvisato dei demoni, mi fido se dice che potrà farla stare meglio” Carlisle dubbioso mi scrutò interrogativo,
“Lei non prende nulla se non ci dici cosa le sta succedendo!” Alice si alzò incerta e mi afferrò una mano,
“Jazz, ti prego, funzionerà, l ho visto…non mi accadrà nulla se Carlisle me la inietta ora, prima che…” gemette, l’aiutai a sedersi, mi implorò con lo sguardo,
“Posso solo dirvi che in qualche modo i demoni l’hanno indebolita, quando o attraverso cosa non chiedetemelo ma sta male perché loro la vogliono debole per prendere il bambino” Carlisle prese una siringa e le iniettò il liquido nel braccio sinistro.
“Vedremo..” disse Carlisle titubante,
“Grazie Sean… dopo parliamo in privato…devi dirmi…” cominciava a perdere conoscenza,
“Non preoccupatevi farà effetto” disse lui, Alice avvinghiò la mano nella mia e si addormentò.



POV ALICE

Un vociare confuso cominciò a stimolare i miei sensi, ero ancora sul divano, sentivo le piume del cuscino soffice contro le guance, aprii gli occhi lentamente per farli abituare alla luce del giorno.
“Riesci a sentirmi, sei sveglia ?” la voce di Jasper divenne più distinta, Sean gli faceva da eco,
“Si” erano entrambi protesi verso di me,Carlisle si fece largo tra i due, aiutò a sollevarmi, e mi pose una mano sulla fronte,
“Non ha più febbre…” mi sentivo bene, come se non mi fosse mai accaduto nulla, quei dolori e la stanchezza, era tutto passato,
“Come ti senti?” chiese Jasper,
“Credo bene, si sto bene” Carlisle confuso guardò Sean,
“E’ rimasta qualche goccia di quel liquido, voglio capire cos’è” andò via,
“Alice abbiamo confermato ad Aiden la partenza, non l’ha presa molto bene” perfettamente vigile mi alzai e mi sgranchii le gambe,
“Quando partono?” Sean si allontanò silenzioso,
“Adesso” sbarrai gli occhi,
“Jazz ma?” Edward ci raggiunse in soggiorno,
“Alice meglio adesso, abbiamo aspettato anche troppo, potrebbero venire da un momento all’altro” stava accadendo tutto troppo in fretta, ma che Aiden dovesse andare a Forks con gli altri era già stato deciso da tempo, raccimolai il senso della ragione e annuì.
“Ti aspetta di fuori, con Bella e gli altri”disse Jasper,  dovevano andare via anche loro, Edward devo parlare con Jasper,
“Io e Carlisle andiamo avanti” Jasper mi si avvicinò abbracciandomi,
“Per fortuna ha funzionato” gli sorrisi mesta,
“Jazz, dovete andare anche voi, Carlisle ed Edward faranno quello che fai tu” corrugò la fronte,poi scosse la testa,
“Jazz, ho recuperato le forze grazie a…qualsiasi cosa fosse quella fiala, posso batterli, ma non posso proteggere anche voi allo stesso tempo e non voglio che qualcuno si faccia male o peggio” deglutii, Jasper mi prese il viso tra le mano, uno sguardo perso ma combattivo mi trafiggeva,
“Non ti lascio Alice, non dobbiamo separarci” abbassai lo sguardo, era l’ultima carta che potevo giocare per farlo allontanare dallo scontro.
“Aiden ha bisogno di uno di noi, devi proteggere lui” Jasper esitò per un istante ma poi mi sorrise placido,
“Aiden sarà al sicuro, loro vogliono te” mi pose una mano sul grembo, appoggiai la mia sulla sua, sospirai preoccupata,
“E scordati che Edward e Carlisle ti permettano di combattere da sola, non dovrai preoccuparti di noi, tu sprigiona tutta la tua forza  e noi saremo il piano B” mi abbracciò nuovamente più a lungo.
Uscimmo fuori, Bella Jacob Reneesme ed Esmee  erano tutti in piedi poco distanti dalla mercedes di Edward, Bella mi venne incontro e mi strinse forte a sè,
“Fa attenzione, ti voglio bene Alice” ricambiai l’abbraccio, c’era qualcosa di greve nell’aria, come se un evento terribile stesse per accadere. Salutai tutti, Esmee sussurrò qualcosa a Carlisle baciandolo teneramente. Poi vidi finalmente Aiden, nascosto dietro tutti gli altri, a testa bassa, con il suo enorme zainetto sulle spalle. Mi si strinse il cuore. Sentivo quanto soffrisse ad andarsene. Gli altri ci lasciarono spazio, anche Jasper. Mi accovacciai alla sua altezza. Cercava di ignorarmi.
“Aiden, tesoro?” gli sollevai il mento, i suoi occhioni blu saettavano da tutte le parti per evitare di incrociare il mio sguardo. Mi faceva male che fosse arrabbiato con me. Tuttavia in quei mesi non gli avevo dedicato troppe attenzioni, presa dall’ allenamento, dalla storia dei demoni, da Sean. Mi sentivo in colpa. E ora per lui ero una madre severa e ingiusta che oltre a passare poco tempo con lui voleva mandarlo via.
“Lo so che vuoi restare, lo so bene ma credimi non è sicuro qui” nessuna reazione,
“ Molti di quegli esseri malvagi vogliono farci del male, verranno qui, ma tu non devi preoccuparti con la zia Bella a Forks non ti accadrà nulla. Noi ci rivedremo presto e poi potremo tornare qui o dovunque tu voglia” cominciò a sfregare il bottone della sua camicetta.
“Voglio solo proteggerti piccolo mio” si tolse sospirando lo zaino pesante dalle spalle, poi alzò lo sguardo su di me, per la prima volta vidi in quegli occhi sempre curiosi e sereni una profonda consapevolezza.
“Io posso proteggere te mamma” mi sollevai di scatto cercando di non dare a vedere le lacrime che forzavano per uscire. Mi sistemai i vestiti dissimulando.
“Aiden non spetta a te proteggermi” lo dissi con durezza, faceva male ogni parola. Lui corrugò la fronte e abbassò lo sguardo ferito. Si voltò e cominciò a correre in direzione della macchina.
“Aspetta!” dissi con voce strozzata e tremante, non volevo lasciarlo così, non se stavo rischiando la vita, non se sarebbe andata male, non poteva ricordarmi così. Lui si bloccò senza voltarsi, scattai nella sua direzione, lo voltai e lo abbracciai forte, stringendo i folti capelli neri tra le dita e aspirando il suo profumo di cannella. Ricambiò. Tratteneva i singhiozzi lo sapevo. Poi si scostò rapidamente e senza guardarmi entrò nell’auto già in moto, Bella al volante mi lanciò un’ occhiata triste. Ecco erano andati.
“Devo parlare con Sean, dov’è finito?” chiesi rientrando in casa, Jasper ed Edward stavano parlando di ricognizioni, Carlisle mi venne accanto e mi pose una mano sulla spalla,
“E’ nella foresta, non vuole dirci in alcun modo cosa ti stava succedendo, ma ad essere sinceri non credo lo sappia nemmeno” annui, non seguitemi Edward, mio fratello annui e guardò Jasper, uscii dal retro sicuro che Jasper non mi avrebbe dato retta e che fra un po’ sarebbe venuto a cercarmi. Schiusi le ali e nell’aria intercettai subito l’odore di Sean,aspirai l’aria fresca del mattino, mi sentivo in forze e volare mi dava come sempre maggiore sicurezza. In una piccola radura circondata da grano secco trovai Sean, la brina aveva formato una patina bianca su tutta la vegetazione, si stava lisciando le piume delle ali in attesa, guardava dritto l’orizzonte.
“Sono felice che tu stia bene” disse senza voltarsi, atterrai delicatamente,
“Non posso dirti quello che non so” aggiunse subito dopo, soppesai le mie domande, era ovvio volevo sapere che cosa mi avesse fatto stare male, se avevano fatto qualcosa al bambino in qualche modo, cos’era quel fluido bianco eppure qualcos’altro mi traeva in dubbio.
“Perchè hai reagito in quel modo?” si voltò interrogativo,
“Che vuoi dire?” era stato come sconvolto, furioso per il fatto che aspettassi un altro bambino per quei minuti prima di andarsene.
“Quando hai capito che ero incinta, eri…molto turbato, cosa sai Sean?” tornò a voltarsi irritato,
“Non so nulla di più Alice, non so cosa ti hanno fatto o cosa hanno fatto al tuo bambino per farti stare male, so solo che lo vogliono e che non devono averlo o scoppierà la guerra” mi avvicinai e gli sfiorai il braccio, non volevo minacciarlo o accusarlo, volevo solo capire. Cercai di modulare la voce con pacatezza.
“Intendi fra angeli e demoni? Perché devo essere sempre io a pagarne le conseguenze?” la mia voce si affievolì con quel pensiero, Sean si voltò a guardarmi e rimase in silenzio abbassando lo sguardo,
“Non succederà, farò il possibile” tornò a guardarmi,
“Ascolta Alice io mi fido molto di Maze, la detesto così tanto che a volte vorrei staccarle la testa ma …non ho mai conosciuto nessuno di più leale, lei mi ha detto che ti stavano cercando 5 anni fa, nonostante l’avessi abbandonata insieme ai miei compagni agli inferi,  lei mi ha detto che volevano corromperti di nuovo ma non potevo immaginare che c’entrasse un altro bambino , per questo ero così sconvolto, se l’avessi saputo avrei potuto avvisarti” fece una pausa, evitarlo, come se fosse possibile, il destino muoveva i fili.
“ E’ possibile che lei sappia altro ma se non me lo dice lo fa per….tenermi fuori dai guai. E’ grazie al suo antidoto che stai bene. La sola cosa certa è che vogliono arrivare al tuo bambino perché sanno che tu sei troppo potente per essere soggiogata e usata come arma, e non so cosa credono di ottenere da un neonato che deve ancora venire al mondo ma non la otterranno” strinse i denti e tornò a fissare il cielo. Sean non voleva lottare contro gli angeli, ero convinta che forse il suo desiderio represso era quello di tornare in paradiso, ricordavo come fosse estasiato e malinconico quando andammo alla Città di Luce. Lui era davvero un caduto e voleva solo tornare.
“Non so come ringraziarti per quello che fai…” gli presi la mano stringendola tra le mie, aveva una pelle così calda e liscia. Quel contatto lo sorprese, sentii il suo cuore accelerare. Compresi l’effetto che gli facevo e lasciai la presa.
“Alice, voglio che tu sappia una cosa però…” passi veloci si avvicinavano, era Jasper, avrei riconosciuto la sua andatura furtiva e leggera e il profumo di viola ovunque. Sean deglutii e fece qualche passo indietro, Jasper avanzò tra le sterpaglie di grano sino al centro della radura. Era contrariato, si lo sentivo, non voleva che stessi da sola con Sean dopo quello che l’angelo aveva detto.
“Tutto bene?” mi sussurrò tirandomi a sé e squadrando Sean,
“Si Jazz, tranquillo…torniamo indietro” mi incamminai in direzione della casa ma non mi seguii, mi voltai indietro,
“Ti raggiungo, voglio parlare anch’io con lui” saettai di nuovo nella sua direzione,
“Jazz vuole solo aiutare” gli dissi pacata,
“Devo solo fargli qualche domanda, non preoccuparti” .



POV SEAN

Il vampiro biondo cominciò a fissarmi senza parlare per qualche minuto, Alice era andata via non entusiasta all’idea. Mi stava esaminando, misi le mani in tasca e feci qualche passo guardando il circondario.
“Allora amico cosa vuoi chiedermi” dissi neutro, quel vampiro incuteva un certo timore, capivo perché gli umani non si sentissero a loro agio con alcuni di loro, era poco espansivo e così stoico, almeno in mia presenza, mentre con gli altri della sua famiglia dissimulava quell’ atteggiamento, provava affetto per loro, e con lei, quando li vedevo insieme, solo lei riusciva a farlo ridere, il calore si effondeva subito tra loro, mi faceva rabbia, si, mi faceva rabbia vederla con lui..
“Non riesco a fidarmi di te Sean, anche se tu l’hai portata in paradiso e sei tornato con lei per Aiden, anche se adesso ci stai aiutando” lo guardai accigliato, c’ era un tono sorpreso nelle sue parole.
“Non so cosa dirti” dissi confuso,
“Prova a spiegarmi il perché, perché dopo tutto questo non mi fido?” respirai profondamente,
“Se non ti fidi è un tuo problema” non capivo dove volesse arrivare, Jasper mantenendo sempre la stessa compostezza incrociò le braccia,
“Su questo hai ragione, è un problema, e lo è perché quell’ angelo mi ha detto di non avere a che fare con te, e quindi dovrei tenerti lontano da Alice” contrassi involontariamente un pugno, il vampiro se ne accorse subito, dovevo restare calmo, essere cacciato era l’ultima cosa che volevo, Alice doveva sapere cosa io, insomma dovevo finire il discorso che due volte avevano interrotto.
“Per esperienza non dovresti dare ascolto alle parole degli anziani” dissi il più garbatamente possibile. Non parlò. Quei silenzi intermittenti mi mettevano agitazione.
“Vedi è difficile credere a qualcuno se costantemente si intromette e distrugge la tua vita” in quelle parole percepii forte rabbia nonostante il tono della sua voce restasse calmo e freddo.
“Che cosa le hanno fatto i tuoi amici per farla stare male?” ancora, perché non accettavano il fatto che fossi ignaro tanto quanto loro.
“Non lo so, l ho detto anche a lei, non so nulla, se l’avessi saputo l’avrei avvisata o li avrei fermati evitando di chiamare MAzekiin dagli Inferi, una seccatura per me ” dissi quasi esasperato, Jasper riflette’,
“D’accordo” non capivo se mi credesse,
“Angeli e demoni, volete solo distruggervi l’un l’altro, noi siamo solo pedine, non vi importa nulla di noi” continuò,
“Questo è falso, io non sono come loro, non generalizzare, io non combatto per nessuno, non aspiro al potere o alla gloria, mi importa solo di …” mi fermai bruscamente,
“Ti importa di Alice” disse guardandomi negli occhi, non potevo essere codardo, sostenni il suo sguardo enigmatico.
“Si, e continuo ad aiutarvi perché vivo qui sulla terra e non voglio una guerra, e non ti chiedo di fidarti di me ma solo di lasciare che aiuti lei a combatterli” Jasper si passò una mano tra i capelli biondi, aveva molte cicatrici sulle braccia ma il viso era perfetto, di certo da umano aveva degli occhi smeraldo o magari azzurri, come tutti i vampiri era avvenente ma non capivo perché fosse così innamorata di lui.
“ Credo, anzi sappiamo benissimo entrambi che l’unico motivo per cui lo stai facendo è perché provi qualcosa per lei” mi spiazzò, come poteva sapere che provassi qualcosa per lei,neppure io sapevo bene cosa, nascondevo al meglio quello sentivo o almeno credevo.
“Non è così” dissi automaticamente, ma neppure i fusti di grano essiccato mi avrebbero creduto, Jasper sorrise, ma era un sorriso di mera irritazione,
“Ascolta, “amico”, io ho la capacità di avvertire cosa provano gli altri, sento le emozioni che provi quando sei vicino a lei, o quando pensi a lei, anche adesso” disse quasi sofferente. Deglutii.
“In ogni caso non posso certo cambiare quello che provi, o a che cosa miri davvero, ma ti avviso demone” gli occhi gli fiammeggiarono, mi afferrò per un braccio e lo strinse, restai bloccato da quel furore così controllato,
“ Lei è la mia ragione di vita, prova a farle del male o a ferirla in altro modo ,che tu stia facendo il doppio gioco o no, e io ti uccido” mi lasciò andare bruscamente. Abbassai lo sguardo e indietreggiai.
“Sei stato chiaro” dissi nervoso e spalancai le ali.

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Capitolo 12
*** Senza peccato ***


POV JASPER

Tornai indietro, Alice mi aspettava in casa, aveva visto ciò che avevo detto a Sean, mi venne incontro, mi prese la mano e mi abbracciò. Edward e Carlisle in soggiorno avevano acceso il camino e aspettavano, tutti aspettavamo che accadesse qualcosa. Alice mi portò in un angolo della stanza.
“Jazz, sono felice che tu non l’abbia mandato via, è molto…confuso…ma ci aiuterà e io credo di potere aiutare lui” mi guardò speranzosa,
“Come?”
“Credo che il suo desiderio più grande sia di tornare in Paradiso” era un’idea folle, come poteva farlo tornare lassù, era un demone, gli angeli non lo avrebbero mai accettato e poi non era quello che voleva adesso, in questo momento.
“Desidera qualcos’altro Alice” lei distolse lo sguardo imbarazzata, poi si bloccò, le pupille si dilatarono e le iridi si illuminarono d’azzurro, una visione. Carlisle ed Edward accorsero subito. Aspettammo qualche secondo e poi Alice tornò al presente. Paura, decisione, adrenalina, di nuovo paura, poi sicurezza sul suo viso.
“Allora?” chiese Carlisle impaziente,
“Stanno arrivando, a momenti saranno qui, lotteremo nel parco degli aceri, sono in tanti…” fece una pausa,
“Quanti sono?” chiesi, serrai i pugni concentrato,
“Una ventina” il demone l’aveva detto,
“Posso fermarli, ce la farò, nessuno di voi verrà ferito…” soffermò lo sguardo su di me,
“Porremo fine a questa storia, Edward Carlisle mettetevi a Nord, riuscirete a sopraffarne 3 nel buio, Jazz tu con Sean a Est” scattammo tutti all’unisono. Ma Alice mi afferrò il braccio prima che mettessi piede oltre la soglia.
“ Jazz, non cercare di proteggermi, hey, hai capito?” lo disse quasi arrabbiata, appoggiai la mia mano sulla sua che stringeva forte il lembo del maglione.
“D’accordo si, Alice…” spostai la mano intorno al suo viso,
“Hai detto che nessuno di noi verrà ferito ma tu…” sorrise,
“No Jazz, non mi prenderanno, tranquillo” mi baciò delicatamente sulle labbra, spalancò le fulgide ali azzurre e si sollevò nel buio della notte.
Ci eravamo schierati come Alice aveva suggerito, Carlisle e Edward aspettavano all’entrata a Nord del parco, io ero con Sean dietro l’enorme acero da cui era apparsa l’angelo. Sentivo Alice sopra di noi, sopra la villa, il lento e ritmico battere delle ali per tenersi sollevata. Sean sgranchii le folte ali nere e annusò l’aria. Il vento era lieve ma pungente, la brina stava già comparendo sulla corteccia degli alberi e sul prato ben curato, nonostante fossero appena le due del pomeriggio. Tra tutti c’era molta tensione, cercai di rimanere calmo, Alice li aveva visti attaccare e aveva detto che sarebbe andata bene. Aiden era al sicuro a Forks, non lo avrebbero sfiorato. Bisognava uccidere quei demoni e finalmente saremmo stati liberi o almeno ci speravo, con tutto me stesso desideravo che nessun altro avrebbe tentato di avvicinarsi ad Alice. Sean non disse una parola per mezz’ora, forse avevo esagerato con lui, la sua ostilità nei miei confronti era palese, l’avvertivo con chiarezza ma non che io provassi qualcosa di dissimile per lui. Tuttavia bisognava collaborare, per lei per la famiglia.
“Andrà  bene” dissi a voce alta perché mi sentisse, era andato nella direzione opposta, si voltò, non aveva paura ma era nervoso. Forse combattere contro i suoi lo destabilizzava. Un forte boato attraversò il cielo, il cielo grigiastro dell’Alaska, ombre nere si materializzarono in alto. Vidi Alice saettare contro 3 di loro, un lampo azzurro e precipitarono tramortiti al suolo, come Alice aveva previsto erano una ventina, ma non giunsero tutti nello stesso tempo, Alice era rapida e riusciva a sbarazzarsi di chi solcava il cielo il pochi attimi e nonostante fossero così numerosi non ne era mai sopraffatta. Con le mani richiamava il vento e l’acqua del lago sotto di lei, li frastornava e li spingeva in picchiata. Due demoni apparvero direttamente a terra per noi, saettai rapido e gli spezzai le ali come Sean mi aveva detto. Le ali, colpisci le ali, e’ il dolore più forte che possano provare. Il demone emise un rantolo soffocato tra le mie braccia, tentò di reagire ma gli torsi il collo in un attimo. Sean lottava contro l'altro. Vidi Edward e Carlisle in lontananza schiacciarne contro il suolo altri 2. Ma era Alice l’obiettivo, contro di lei si scagliavano secondo dopo secondo. E li respingeva tutti.





 
 
POV ALICE

Mi sentivo così forte, l’adrenalina mi scorreva nelle vene, la luminescenza delle ali e dei miei occhi era così forte che potevo percepirne il calore. Ero un faro, e così doveva essere, come una lanterna che attira le falene, dovevano venire da me. Uno ad uno, persi il conto, li respinsi tutti. Mi abbassai di quota per controllare gli altri. Sean era un grande aiuto per me e per loro. Tutto come doveva andare.
“Sei morta angelo!” la voce burbera di un albino dagli occhi iniettati di sangue mi diede la nausea, senza muovere un muscolo lo trafissi con lo sguardo, il ghigno che aveva in faccia si trasmutò in un’espressione di dolore, soffocava, si portò le mani al collo. Dovevo mantenere il contatto visivo. Ancora qualche istante. Il tonfo del suo corpo cadendo riecheggiò nello spazio nonostante la confusione, suoni di lotta e sciabordio di ali. Non vedevo lei,la figlia di Balthazar, non ancora. Ma sarebbe arrivata presto. Un demone stava per balzare su Jasper e Sean mentre altri due li attaccavano, protesi le mani e due radici di spessa sequoia lo scaraventarono a 100 metri. Jasper mi rivolse un’occhiata ammirata. Altri due si materializzarono su di me, atterrai in fretta e mi accovacciai al suolo propagando un’ondata di energia che tramortii tutti. Jasper  Carlisle ed Edward si riunirono al centro del Parco a pochi metri da me. Erano tutti morti. Avvertii Sean planare lentamente su di noi.
“E’ finita?” chiese Carlisle col fiato corto, aveva qualche ferita da taglio come gli altri, usavano lame infernali i demoni. Ma no non era finita. Non ancora. Due figure incappucciate si materializzarono  tra me e gli altri. Lunghi mantelli grigi, il volto era nascosto e a stento visibile, floscio e pallido. Erano a piedi nudi e impugnavano nella sinistra un bastone ritorto ed eroso dalla muffa. Li sollevarono impercettibilmente e un alone trasparente si propagò in altezza e lunghezza. Stavano creando una barriera. Li guardai contrariata, non potevano usare la magia per fermarmi, la magia era parte di me adesso. Respirai a fondo, dovevo concentrarmi. Feci cenno agli altri di non intervenire. Mi avvicinai ai due stregoni. Sollevai la mano e toccai delicatamente il muro invisibile. Come un contatto elettrico in corto la mia mano sprigionò elettricità, era doloroso ma potevo farcela flettei la mano come per cercare un punto di rottura, la barriera cedeva, posi anche l’altra mano, e spinsi, spinsi finchè come vetro si infranse emanando un bagliore. Le due figure indietreggiarono di qualche centimetro.
“Tutto qui?” chiesi, una voce rispose, era lei,si materializzò alle spalle degli altri,
“Ah ragazza quanta arroganza” Carlisle Edward e Jasper si voltarono per attaccare, le balzarono addosso in sincrono ma lei era già sparita in un nembo di particelle nere.
“Dove ‘è andata?” Edward nervoso mi fece un cenno,
“Non un altro passo, e tu gioia non muovere un muscolo o sei morto” il demone era apparso alle spalle di Jasper, non lo aveva immobilizzato o ferito ma gli puntava un pugnale verdastro sul collo e gli aveva afferrato la mano che stava per colpirla. Con un gesto repentino lo fece avanzare vicino ai due stregoni, di fronte a me.
“Alice vale anche per te, prova a fare qualsiasi cosa che non ti dico e prima che tu possa soffocarmi o scaraventarmi via, prima che i tuoi amici mi saltino a dosso o prima che il biondo qui tenti di reagire, gli bucherò il collo e non potrai fare nulla per salvarlo” strinsi i pugni, dovevo restare calma, tutto sarebbe andato come previsto. Jasper paralizzato mi guardava confuso.
“Chi sei e cosa vuoi?” lei sghignazzò,
“Sono Eleonor, la figlia del demone che è stato assassinato senza riguardo, hai idea di quello che hai fatto? Lui era il capo, temuto e rispettato, Lucifero lo adorava… hai iniziato tu questa guerra” scossi la testa,
“Io non ho iniziato proprio nulla”
“Tu non dovresti neanche esistere, sei un abominio, bene e male non possono coesistere dentro di te” Jasper ringhiò tentando di muoversi,
“Sta calmo tu! Vuoi morire davanti a lei?” Eleonor aveva una folta chioma bionda e scompigliata, occhi folli e un vestito di pelle grigio. Premeva il pugnale così forte che temevo avrebbe forato il collo di Jasper da un momento all’altro.
“Ora tu angelo, farai la brava, Ajar, Joel procedete, lasciali fare o lo uccido! Così saprai anche cosa voglio, dico sul serio!” la sua voce era roca e frenetica, annuì.
“No Alice” mi avvicinai ai due anziani ,
“Jazz andrà tutto bene” dissi guardandolo negli occhi, doveva solo avere fiducia, stava andando tutto come doveva andare. Gli stregoni lasciarono i bastoni che si mantennero perfettamente in piedi, Edward e Carisle sussurravano inquieti. Le loro vecchie mani ossute si protesero verso di me, sul mio ventre e cominciarono a mormorare parole in una strana lingua. Qualsiasi cosa stessero facendo mi sentivo sempre più debole, la vista mi si era offuscata giacchè sembrava che la mia sagoma si stesse sgranando tra le loro mani e sentivo un flusso di energia che usciva dal mio corpo. Adesso pensai, ora Sean! Una luce bianca e calda si frappose immediatamente tra me e il resto dello spazio, ne fui come risucchiata, confusa tentai di mantenere gli occhi aperti poi qualcuno mi cinse la vita, ma persi conoscenza.
 






POV JASPER

Alice era sparita, avvolta in un fascio di luce bianca e seguita da un ombra scura, dalla sagoma di Sean, che il demone avesse fatto qualcosa per portarla via? Eppure non potevo non correlare la cosa all’apparizione di Phoebe, sembrava accaduta la stessa cosa. Eleonor mi strinse il polso frustrata, premendo ancora sulla mia gola.
“Kataras menixos!” urlò e 4 demoni si materializzarono dietro Edward e Carsile, mi lasciò andare spintonandomi all’indietro. Fummo subito accerchiati. La donna si avvicinò ai due stregoni e continuò a confabulare in quell’ oscuro idioma. Edward, sono stati loro non è così? Mio fratello annui.
“Bene! Sarete miei ospiti finché il vostro angelo non tornerà a salvarvi” i 4 energumeni ci afferrarono per le spalle,
“Anzi rendiamo le cose ancora più semplici, questa villetta sembra il posto più adatto per aspettare, così saprà dove trovarci”i demoni ci spinsero dentro casa, Eleonor ci seguiva ma i due incappucciati rimasero fuori a recitare formule e a gesticolare come forsennati.
“Tu sai cosa è successo?” Carlisle preoccupato tentò di divincolarsi,
“Quei bastardi con l’aureola sono intervenuti di nuovo! E bravi a rompere le vostre stesse fottute regole” era fuori di sé, cominciò a camminare nervosamente per il soggiorno,
“Si si accomodatevi” gentilmente fummo messi a sedere sull’ampio divano.
“Era mia! FInchè voi non l’avete portata via, e chissà dove, non è giusto, la Terra è nostro dominio!” parlava rivolta verso il soffitto. Edward dobbiamo trovare il modo di fuggire da questa pazza, dove li avranno portati gli anziani?



 
 
 
 
POV SEAN

Ripresi in fretta conoscenza, era tardo pomeriggio e il sole iniziava a tramontare, i riflessi dorati rilucevano sull’acqua. Tentai di sollevarmi dalla sabbia bagnata ma un peso sul petto me lo impediva, sbattei le palpebre per cercare di focalizzare meglio. Ciocche di capelli corvini occultavano il suo volto marmoreo, Alice era sdraiata su di me incosciente, bagnata , sentivo i nostri vestiti fradici gocciolare. L’isola, è li che gli angeli avevano voluto portarla. La maledetta isola. L’echeggiare delle onde era l’unico suono udibile. Non c’erano animali, non più per lo meno, né altre persone, il vento appena percepibile. Le scostai un ciuffo di capelli dal viso. Respirava. Ed era così bella. Il mio corpo fremeva nel sentirla così a stretto contatto. Sospirai. Le sue mani appoggiate al mio petto cominciarono a contrarsi. Si stava svegliando.
“Alice? Mi senti?” non mi mossi di un centimetro ma le poggiai una mano sulla fronte. Aprii gli occhi confusa. Mugolò un si. Poi si sollevò e mi guardò ancor più confusa.
“Sean, cosa?” gli occhi dovevano abituarsi a quella luce che seppur soffusa era diversa. Provò a scostarsi, ma non aveva forza, lo immaginavo il passaggio era stato troppo rapido. Si gettò di lato, di fianco a me supina. Il cielo sopra di noi era limpido, giallo e arancione. Ci volle qualche minuto per riprenderci.
“Questa è sabbia e …l’oceano, dove siamo?” mi guardò e strinse nella destra una manciata di granelli, mi misi a sedere, i muscoli mi dolevano.
“Sull’isola” si sollevò anche lei flettendo la schiena,
“Quella luce, sono stati loro è così? Ci hanno portati su una maledetta isola” prima che potessi spiegarle spalancò le ali e spiccò il volo. Non capiva. Non potevamo lasciare quel posto. Raccolsi quel poco di energia e feci altrettanto tenendomi a debita distanza dal confine. Alice volò sempre più in alto e lontano finchè la barriera la scaraventò indietro. Cadde sulla spiaggia.
“Ma che cosa? Un incantesimo?” si massaggiò una spalla, ritrasse le ali e mi raggiunse vicino all’ingresso della foresta.
“E’ una barriera, non puoi attraversarla, sei intrappolata qui” si passò una mano sul volto, era agitata, molto agitata.
“Sean, che vuol dire, siamo intrappolati?” scossi la testa,
“Questa non è un isola, è l isola, credo che gli umani lo chiamino il paradiso terrestre, ti dice qualcosa?” si appoggiò al tronco di una palma. Ridacchiò nervosa.
“Okay, ci hanno portati in questo posto, per?” non capiva quanto fosse importante, quanto fosse importante per loro proteggerla.
“Per tenerti lontana da Eleonor e i demoni” gli occhi le si infiammarono di azzurro,
“Fantastico, grazie! Continuate a tenermi lontano dalla mia famiglia!” mi afferrò un braccio,
“Come andiamo via? Loro hanno bisogno di me, quella pazza li tiene in ostaggio di sicuro” non poteva andarsene e io non avevo idea di come si potesse superare la barriera. Mi accovacciai e le afferrai la caviglia, eravamo bagnati e a piedi nudi.
“Che stai facendo?” le sollevai il jeans, come pensavo,
“Guarda questa catena, è il tuo vincolo, non puoi lasciare l isola in nessun modo” mi scostò e spezzò la sottile catena d’argento in due, la catena si saldò un secondo dopo.
“E’ inutile” si guardò attorno frustrata,
“CI deve essere un modo, un’uscita, se ispezioniamo il bosco, insomma” l’afferrai per le spalle,
“Cerca di calmarti Alice, non c’è un modo” si divincolò spintonandomi, andai a sbattere con la schiena contro una roccia.
“Io lo troverò” mi fulminò con lo sguardo e saettò via.



 
 
 
POV ALICE

Tentai di valicare quella barriera, raggiunsi ogni punto dell’isola, cercai in volo e nella foresta, a riva, in acqua. Non c’era nessuno accesso ne riuscivo a infrangere la barriera con la mia magia. Fuoco o elettricità, pura energia, misi ogni granello di forza che avevo ma niente da fare. Non sapevo quanto tempo fosse passato, era buio già da un po’, forse qualche ora o era gia’ sorto il sole di nuovo? Il tempo era strano lì. Sfiancata mi trascinai sino alle rocce aguzze protese verso l’oceano. L’acqua baluginava di bianco alla luce della luna. Sean si avvicinò a passi lenti e incerti. Ero così stremata tanto da non riuscire nemmeno a provare rabbia. Sedette accanto a me.
“Credo sia il momento adatto per dire te lo avevo detto” sussurrai continuando a fissare l’acqua, lui sospirò,
“Mi dispiace” mi voltai a guardarlo, anche lui era stanco, come se quel posto prosciugasse le sue energie, il volto era più scavato e gli occhi erano opachi.
“Tutto bene?” distolse lo sguardo,
“ Devo spiegare alcune cose Alice” annuì pronta a sentire qualsiasi cosa oramai,
“Io non dovrei essere qui, loro volevano portare solo te ma quando ho capito che stavano aprendo un portale, non so cosa avessi in testa ma sono entrato anche io” fece una pausa,
“L’isola non mi vuole qui…per questo sto perdendo le forze” compresi, lui si stava indebolendo perché un demone non poteva essere ammesso nel paradiso terrestre.
“Non possono farti andare via? Non voglio che ti accada qualcosa per colpa mia” sorrise, un sorriso stanco ma così felice,
“E’ proprio cio’ che vogliono, che io ti lasci sola, io posso andarmene da qui, non è me che trattengono, non ho catene, potrei volare via anche adesso da questa dimensione ma non lo farò” ero confusa,
“Aspetta…ma perché non l’hai detto subito? Se puoi andare , puoi trovarli e dirgli che io…” era inutile sapevo benissimo che Sean era da solo e non forte abbastanza per battere gli stregoni ed Eleonor anche se avevamo ucciso gli altri, dovevo liberarli io.
“Va via comunque, non restare a marcire qui, puoi vivere tra gli umani e dimenticare questa storia” e io non avrei più visto la mia famiglia, mio figlio e Jasper. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Mi copri il viso.
“Non ti lascio da sola Alice” poggiò la sua mano sulla mia, ritrassi la mano ma la verità è che ero tremendamente frustrata e triste, gli angeli mi avevano portato via da tutto ciò a cui tenevo e mi sentivo così impotente e volevo solo che qualcuno mi abbracciasse. Le lacrime solcarono le mie guance, Sean le raffrenò con le dita incerto, mi accostai a lui e poggiai la testa sulla sua clavicola e piansi, lui mi circondò con le braccia e lasciò che continuassi finchè finì ogni lacrima.
 
 
“Il tempo qui è diverso” parlai e il suono della mia voce era come amplificato, non c’era alcun suono, solo il battito accelerato dei nostri cuori i nostri respiri, il rombo delle onde contro gli scogli. Il sole era tramontato di nuovo, 2 giorni, a fissare l’acqua ad aspettare. Sean a pochi metri da me era seduto sulla sabbia, stanco.
“Il tempo non esiste qui, è tutta un illusione, lì fuori potrebbe essere passata qualche ora o qualche settimana” questo non mi aiutava affatto. Gli anziani volevano tutelare loro stessi tenendomi sull’isola, ma il nostro piano avrebbe funzionato, Sean stava per materializzarsi accanto ad Eleonor e l’avrebbe disarmata e noi avremmo finito quella storia. Ma si erano intromessi, ancora e ancora.
“ Io devo andarmene! Non potete tenermi qui e fino a quando? Che razza di piano è il vostro? Lei non la smetterà finchè non ci affronteremo” urlai con quanto fiato avevo in gola, il cielo limpido non diede alcun segno, ero arrabbiata,constantemente, la presenza di Sean era ancora più frustrante, lui stava male perché mi aveva seguita.
“Non vi degnate di parlarmi! Non potete farmi restare per sempre…vi prego” mi accasciai sulle ginocchia nella sabbia anche io. Tutto inutile. Aiden, forse ce l’aveva ancora con me. Avrei tanto voluto stringerlo a me, guardare i suoi occhioni blu, e Jasper, gli avevo promesso che sarebbe andato tutto bene e gli avevo mentito invece.
“Alice… devo mangiare qualcosa” Sean mi porse una mano, dovevo aiutarlo, per quanto potesse valere,
“Vogliono che me ne vada, ma sono troppo orgogliosi per venire qui e cacciarmi a calci…o cosa più probabile hanno paura di te” sorrise dando un morso alla mela, la quarta che mangiava, sembrò recuperare energia e spirito.
“Sono dei codardi” Sean ci rimugino’,
“Sei importante non vuoi proprio capirlo” alzai gli occhi al cielo,
“Se contassi qualcosa per loro mi lascerebbero salvare la mia famiglia o la aiuterebbero” sperare che avessero portato anche loro in salvo era inutile.
“Non posso fare nulla, mi sento inutile non puo’ andare avanti così, questo è peggio dell’Inferno” Sean si incupii,
“Posso assicurarti che questo è mille volte meglio dell’Inferno, almeno per me” guardai i suoi occhi neri scavati dalla stanchezza,
“Ma se stai morendo, siamo qui da soli e questo posto ti sta consumando” si sollevò dal tronco,
“Non m’importa, io sto bene se ci sei tu” quell’affermazione mi colse alla sprovvista, non sapevo cosa dire.
“S” Si avvicinò e mi prese la mano,
“Non dire nulla, non c’è bisogno di parlare” mi strinse la mano e poggiò l’altra sulla mia guancia, i suoi occhi quasi brillavano e lo sentivo quanto desiderasse baciarmi, ed io… mi sentivo così male, non volevo questo, non sarebbe finita bene. C’era una connessione fra noi ma…distruttiva. Mi ritrassi e abbassai lo sguardo.
“Non posso…” indietreggiò anche lui,
“Perché non accetti quello che provi” disse quasi irritato,
“Io non provo nulla” dissi,
“Non è così”
“Amo Jasper più della mia vita” e mille pugnali mi si conficcavano nel cuore al solo pensiero che gli fosse accaduto qualcosa,
“Questo lo so…lo vedo… ma questo non implica che tu non sia attratta da me” disse lui sicuro, io ero confusa, forse si lui mi attraeva, c’era qualcosa ma non volevo che scegliesse per me.
“No” dissi fredda sperando che la cosa sarebbe finita lì, lo avevo ferito ed era arrabbiato.
“Sai forse c’è un modo per lasciare questo inferno…. Devi commettere un peccato così grave che l’isola non sopporterà e ti manderà via all’istante” disse poi scattò verso di me e mi spintonò bruscamente, afferrò il coltello di lama infernale che aveva nella cintola,
“Cosa vuoi dire? Che stai facendo Sean?” voleva attaccarmi,
“Un azione per cui la colpa che sentirai sarà tale che questo posto non ti accetterà piu’” prima che potessi assimilare quelle parole mi afferrò e mi trattenne a terra, reagì sollevandolo e bloccandolo contro un albero robusto di cedro, il tronco scricchiolava; ora mia aveva fatto proprio infuriare. Le mie iridi azzurre baluginavano nei suoi occhi scuri, non aveva paura, la sua rabbia si dissipava. Prese il coltello e me lo spinse nella mano che gli tenevo sulla gola.
“Forza fallo, e sarai libera” sgranai gli occhi,
“Uccidimi” allentai la presa, era questo che voleva, era disposto a morire per me. Un peccato così grande, la colpa, ma no non potevo ucciderlo così, non ero un’assassina. Lo lasciai e mi portai una mano sul viso.
“Non posso farlo Sean, è una follia” furioso gettò la lama nel terriccio,
“Tanto a breve morirò lo stesso, che ti importa di me? Hai la soluzione” quel demone che aveva rischiato così tanto per aiutarci era lì di fronte a me, arrabbiato e pieno di tristezza perché gli avevo spezzato il cuore. Perché  si era innamorato della persona sbagliata. Una colpa così grande e l’isola mi avrebbe cacciata. Guardai la catena d’argento, una fitta allo stomaco. Dovevo fare una cosa di cui mi sarei pentita forse per il resto della vita.
“Che ti prende?” con le lacrime agli occhi mi avvicinai a Sean e lo baciai, intensamente, con rabbia.
 




 
 
 
POV SEAN

Accadde tutto così in fretta, quel bacio, lo volevo, lo desideravo fin dal primo momento, fin da quando mi aveva guardato con paura e confusione con le iridi illuminate d’azzurro, un universo quegli occhi. Le avvolsi le braccia attorno alla vita e continuai a baciarla a non respirare. La portai lentamente sull’erba appena velata dalla brina della notte. Passai a baciarle il collo slanciato e marmoreo e le sbottonai la camicia, non mi aveva fermato, lo voleva anche lei, nonostante aspettasse il bambino di un altro, nonostante tutto. Mi slacciai i pantaloni, senza neppure spogliarmi completamente, ero così felice ed eccitato che stesse accadendo. Ero dentro di lei, obbligai le mie pulsazioni a diminuire, mi fermai, volevo percepire ogni cosa, ogni istante, lei non mi stava guardando ma non potè evitarlo, c’era il caos nei suoi occhi, ma anche il desiderio. Le accarezzai il viso. Piccole gocce di sudore colavano dalla sua fronte. Ricominciai , veloce e più veloce. Spalancai le ali al colmo dell’eccitazione, non volevo finisse ma venni in fretta. Appagato mi appoggiai al suo seno e poi di lato sull’erba con fiato corto.
 





 
POV Alice

Il cielo si illuminò di un violaceo opaco e la barriera invisibile si infranse all’istante. Aveva funzionato. Sean beato se ne rese conto dopo qualche minuto. Non riuscivo ad alzarmi o a parlare. Lo avevo fatto, lo avevo fatto davvero. Avevo tradito la sua fiducia e la colpa, mi sentivo una persona orribile e aveva funzionato. Mi costrinsi a sollevarmi, mi tirai su i pantaloni e abbottonai la camicia.
“E’ distrutta” sussurrai impercettibilmente; anche Sean si mise a sedere e guardò il cielo, poi me, lo aveva capito, forse lo aveva capito sin dall’inizio. Si alzò.
“ E’ per questo che l’hai fatto” disse freddo, tutto il calore e quella gioia di poco prima svanirono in un soffio.
“ Forse mi sbagliavo su di te….sei meschina ed egoista come tutti noi” avrei voluto rimpicciolirmi e sparire,
“Devo salvare la mia famiglia Sean” dissi con voce rotta, spalancai le ali e con due falcate il più in fretta possibile superai la barriera. Come avrei potuto spiegarlo a Jasper, non mi avrebbe più guardata come prima, e se non fosse riuscito a perdonarmi? Avrebbe capito la mia intenzione? La testa mi scoppiava. Dovevo pensare a salvarli. E basta.
“Aspetta!” mi fermai di colpo, Sean mi stava seguendo, mi raggiunse fiaccato,
“ Materializziamoci, faremo piu’ in fretta” era arrabbiato ma perché lo stava facendo,
“Ti ho fatto una promessa, e l ho detto anche a loro, manterrò la mia parola” mi porse la mano, la strinsi incerta. Lo avevo ferito ancora di più, l’avevo usato, si era così.
“Mi dispiace Sean, non dovevo coinvolgerti, non volevo farti soffrire” scosse il capo e vidi un accenno di sorriso,
“ Fa male…molto…ma sento anche calore, così tanto calore …un calore che non avevo mai provato ” mi guardò negli occhi e mi abbracciò, sentii un formicolio crescente quasi doloroso, e un sibilo. Il parco di aceri.


 
 
POV JASPER

“Jasper è qui” Edward cercò di sussurrare impercettibilmente, Eleonor e i suoi sgherri erano poco distanti in cucina a confabulare.
“Qual è il suo piano?” tentai di guardare nello squarcio tra le tende della porta-vetro ma la condensa e la poca visuale non bastavano.
“E’ arrabbiata, molto. Vedrai” Carlisle richiamò l’attenzione dei 4,
“Lasciateci andare e non vi accadrà nulla” ELeonor saettò verso di lui e gli accarezzò i capelli,
“Dolcezza non me ne vado a mani vuote” un tonfo prolungato si propagò dal giardino, i 3 demoni corsero a vedere,
“E’ qui” disse il demone a denti stretti,
“Gli stregoni! Che non crepino o io uccido voi a mani nude” disse in direzione dei 3 energumeni, dei lampi di luce altri rumori sordi seguirono il tonfo. ELeonor era nervosa, anzi cominciava ad avere paura.
“FInchè ho voi sotto scacco non potrà fermarmi” afferrò i due pugnali dalla cintola e si mise dietro di me. Alice spalancò la porta d’ingresso, aveva i vestiti sporchi di terra e sangue ma era splendida, le ali iridescenti occuparono tutto lo spazio, gli occhi le ardevano, serrò i pugni incrociando lo sguardo di Eleonor. Lei aspettò qualche secondo, i demoni non tornavano, era chiaro che lei era in minoranza adesso. Provai a divincolarmi dalle catene e così fecero gli altri ma erano incantate.
“Se fai un passo ammazzo questi due e poi lascio per ultimo il biondino” sentii la lama fredda sulla clavicola, Alice non si scompose continuando a fissarla con rabbia.
“Non accadrà” sussurrò, una ventata d’aria fuligginosa alle spalle e Eleonor fu scaraventata contro la parete, Sean le aveva preso i coltelli smaterializzandosi, Alice ci venne incontro, spezzò le catene fintanto che lei restò priva di sensi per il colpo,
“Tutto bene?” avevo i polsi erosi dal ferro, mi afferrò le mani, annuì tranquillo e sollevato, estremamente sollevato,
“Ragazzo, contro la tua stessa razza!” Eleonor si sollevò e riservò lo stesso trattamento a Sean che precipitò in fondo alla stanza, ma Alice la inchiodò di nuovo alla parete premendole le mani sulla gola, le dita promanavano energia , la pelle del demone scricchiolava come se fosse ferro incandescente.
“Alice” Carlisle non sopportava che usassimo violenza più del necessario, oramai avevamo vinto ma capivo Alice e sentivo quanto fosse arrabbiata, non contro Eleonor in particolare ma contro tutto quel mondo che ci aveva tartassati per tutti questi anni.
“ Perché non dovrei ucciderla… dopo tutto questo” il demone si contorceva nel tentativo di respirare,
“Dov..eva…essere…mio” farfugliò, Alice allentò la presa,
“Cosa dici?” lei sorrise beffarda,
“Sei così aggressiva… cresce dentro di te” tentò di avvicinare la mano al suo grembo,
“Un demone cresce dentro di te” Alice la lasciò andare, lei caracollò inginocchio tossendo,
“Che vuoi dire! Tu sai , parla!” mi guardò sogghignando,
“Non sei tu il padre biondino mi dispiace” Alice sbiancò… le diede uno strattone,
“ Ti hanno drogata a Boston, ricordi la festa in quella bettola? Un’avvenente bruna molto persuasiva con due drink? Per la mia Maze non e’ stato difficile. Ti abbiamo portata in uno squallido motel degli umani a pochi passi da li, ci servivi tu, ci serviva una madre, tu aspetti un bambino che ha sangue di demone, e sai ironia del fato, è stato lui, abbiamo approfittato del vostro legame… il nostro Sean è stato a mettere il suo seme dentro di te” non poteva essere, il mio cervello stava compiendo uno sforzo enorme per elaborare quelle parole, Alice non si era ubriacata intenzionalmente, l’avevano ingannata per abusare di lei. E Sean. Sentivo l’esplosione arrivare, non potevo controllarmi.
“Tu menti!” disse Sean con voce tremante,
“Ah certo! Eppure ti era piaciuto! Questo piccolo doveva essere mio! Quanto potere col tuo sangue l’avrei allevato per distruggerli!” poggiò una mano sul ventre di Alice che si era come congelata. Edward e Carlisle l’allontanarono bloccandola, increduli, scioccati anche loro. Sean preoccupato mi guardò.
“TI uccido!”
 
 
 
 
POV ALICE

Il sogno che si ripeteva da mesi. Il mio inconscio cercava di avvisarmi, lo ricordavo quello che mi avevano fatto. Mi sembrava di essere in catalessi, i suoni erano ovattati, il tempo immobile. Avevo la nausea, il mero disgusto per quello che avevano fatto. Stavo per sentirmi male. Barcollai indietreggiando e mi voltai. Jasper era chino su Sean e non la smetteva di tirargli pugni sul viso. Sentivo le ossa rompersi e l’odore del suo sangue, Sean non sembrava reagire.
“Tu l’ hai violentata!” l’avrebbe ucciso.
“Edward” Carlisle stava per intervenire ma Edward gli lanciò un occhiata che lo fece desistere, come in trance mi avvicinai alla donna.
“ Perché” dissi con voce smorzata, lei stupita che non la capissi che non capissi che diavolo stavano facendo tutti loro alzò gli occhi al cielo, poi con un movimento fulmineo affondò nel mio ventre una lama minuta ma tagliente che aveva nascosto nel petto.
“Se io non posso averlo nemmeno tu lo avrai” bruciore e torpore mi colpirono all’istante, sangue scuro mi sgorgò dalla ferita, mi accasciai a terra, Edward e Carlisle la lasciarono per prendermi e lei si materializzò ridendo aspramente. Sentivo il tonfo dei colpi di Jasper in lontananza.
“Tieni premuto Edward, dobbiamo fermare l’emorragia…ora la portiamo di sopra” sentii le mani di Edward farmi ancora più male,
“Jasper!” urlò lui con voce tonante.
 
 
Il letto era ruvido e odorava di cenere, gli occhi proprio non riuscivo a tenerli aperti completamente, avevo le vertigini, la stanza scura con spessi tendaggi roteava da una parte all’altra. Due ali scure il suo corpo su di me. No, non poteva essere, di nuovo, no. Fu come perdere conoscenza ma in realtà mi stavo svegliando. Strinsi il lenzuolo, dischiusi incerta gli occhi, come se non volessi vedere o sapere. Il beep ritmico di un monitor. Odore di candele.
“Alice, tranquilla” Jasper mi tratteneva dolcemente ma con decisione premendo sulle mie spalle, mi ero sollevata di scatto in cerca di aria. Mi appoggiai al cuscino. Mi sentivo debole e avevo dolore. Mi portai una mano alla pancia.
“Che cosa è successo?” Jasper afferrò uno sgabello e sedette massaggiandomi la mano,
“Eleonor e…Sean sono fuggiti” serrò la mascella, non potevo credere che Sean sapesse, che mi avesse ingannata sino a quel momento. Dopo che io… volevo sparire, mi sentivo così impotente.
“Ti ha colpita, ricordi?” Jasper fece scivolare la mano sul lenzuolo all’altezza della ferita, annuì, quei minuti erano stati così confusi. Jasper abbassò lo sguardo,
“Alice hai perso il bambino” disse d’un fiato, poi tornò a guardarmi sondando le mie emozioni. Non riuscivo a capire cosa stessi provando. Quei mostri avevano giocato con il mio corpo, quel bambino cosa sarebbe divenuto, mi avrebbe uccisa, lo avrebbero ucciso gli angeli. Era mio figlio, era un’arma creata da loro con l’inganno e la violenza.
“Carlisle ha fatto il possibile ma la lama era entrata troppo in profondità e…”
“Lo so” mi distesi nel lettino e mi girai di fianco voltandogli le spalle, due lacrime mi scivolarono sulle guance, non volevo che mi vedesse in quello stato, erano lacrime di pura e profonda rabbia.
“ Mi dispiace per quello che ti hanno fatto, Alice io… lo uccido” mi voltai e gli afferrai la mano,
“Jasper” capii, capii che lo stavo implorando col pensiero di non fare cenni di quello che era successo, avrei voluto perdere la memoria, cancellare l’umiliazione l’annullamento che avevo provato quando Eleonor aveva aperto bocca. 
“Riposa adesso” mi baciò la fronte a lungo e lascio’ la stanza.
Erano passati 3 giorni, sembravo un guscio vuoto, mi aggiravo lungo i corridoi e le stanze, interagivo con gli altri ma solo di riflesso. Cercavo di svuotare la mente, di non pensare e nulla, cercavo di eliminare ogni emozione. Non volevo sentire più dolore e il prezzo era non sentire nulla. Presto Aiden sarebbe tornato a Denali. Il pensiero di ri-abbracciarlo mi confortava . E poi Jasper, lui mi lasciava spazio e io lo amavo per questo ma a volte non riuscivo neppure a sostenere il suo sguardo, dopo quello che gli avevo fatto e che non gli avevo ancora detto. Davanti allo specchio mi stirai gli zigomi stanca, fissavo le due iridi ambrate , cercando chissà quale risposte, lo facevo sempre, mi rilassava di solito ma quella sera non riuscivo a non pensare. Un leggero colpo sulla porta mi fece trasalire.
“Entra Edward” mio fratello sapeva, sapeva cosa avevo fatto per scappare dall’isola, aveva visto nei miei pensieri ahimè ogni dettaglio. Mentre ero in remissione non mi aveva chiesto nulla, ora era pronto a discuterne.
“Alice, sai perché sono qui” sedette sul bordo del materasso, sospirai sempre rivolta allo specchio,
“Non mi va di parlarne” mi fiondai nella cabina armadio. Edward indispettito mi seguii.
“Prima o poi dovrai affrontare la situazione, Jasper ha il diritto di sapere” mi bloccai immersa tra i tessuti e mi voltai di scatto verso di lui,
“Questo lo so Edward” dissi a metà tra rabbia e sconforto.
“Non è facile, non è una cosa facile da dire, o da accettare… sto aspettando perché….” Edward mi prese le braccia dolcemente,
“Perché hai paura della sua reazione… Alice ti capisco” scossi la testa, l’ambiente stretto della cabina mi stava soffocando, tornammo in camera da letto,
“Tu non sei andato a letto con un’altra, come puoi capire Ed?” sussurrai sedendo abbattuta sulla sedia di feltro dirimpetto lo specchio,
“Capisco il senso di colpa, e l ho provato credimi, tante volte…” incrociò le braccia mettendosi davanti a me,
“ L’hai fatto per venire a salvarci, quella pazza ci avrebbe ucciso… posso solo immaginare la forza di volontà che hai avuto per farlo” le mie iridi si illuminarono d’azzurro,
“Sai Edward, è vero ho paura che Jasper non riesca a perdonarmi, ma ho anche paura di me stessa…perché io ero attratta da Sean, provavo qualcosa per lui…e questo mi fa sentire anche peggio, mi fa sentire una persona orribile” Edward scosse la testa mi prese la mano e mi fece alzare.
“ Le emozioni sono difficili da capire sorellina, ma so per certo che tu ami Jasper e lui ama te da un secolo,  un amore che…non c’è nulla che possa indebolirlo”
“Certo che lo amo, questo non potrà mai cambiare” mi abbracciò,
“Alice si arrabbierà e si sentirà ferito, molto, per quello che hai fatto ma poi riuscirà a capire il perché e non riuscirà a stare lontano da te, fidati” mi sciolsi dall’abbraccio e asciugai una lacrima che mi sgorgò sul viso.
“D’accordo glielo dirò stasera”.


Dopo esserci ritrovati in soggiorno verso la mezzanotte, tutti condividevano qualche esperienza passata o aneddoto, per essere cortesi e socializzare, Jasper fu il primo ad allontanarsi nella veranda interna alla villa, quella con i tavolinetti di pietra e la piccola sagoma rettangolare del giardino tempestato di calle bianche. Lo seguii piano, non riuscivo ad elaborare un discorso ordinato e convincente nella mia testa. Convincere, si volevo ancora convincere me stessa per non sentirmi in colpa. Era in piedi a fissare la piccola distesa bianca di fiori, luminosi nella notte. Sedetti sullo sgabello in pietra grigia e nera. Mi guardò e sorrise.
“Jazz, devo dirti una cosa” fu subito allarmato dal mio tono greve e sforzato, e poi percepiva la mia tensione la mia paura, il mio sconforto. Pensava che fossi ancora scioccata per quello che mi avevano fatto per il bambino, e lo ero ma ora avevo il terrore di poter perdere anche lui.
“Ti ascolto Alice” sedette anche lui accostando la sedia e poggiandomi una mano sul ginocchio, un gesto così caldo e piacevole.
“Ecco…non so da dove iniziare” sorrisi nervosa, molto nervosa, poi sospirai, Jasper si irrigidì,
“Non ti ho detto come sono fuggita dal paradiso terrestre” annuì attento,
“Vedi gli anziani avevano fatto in modo che non potessi lasciare l’isola creando un vincolo, una catena d’argento mi avvolgeva la caviglia ed era infrangibile, ho provato in tutti i modi a distruggerla. Ho vagato per quel posto cercando un’uscita, per raggiungervi, ma una barriera non me lo permetteva. E’ passata qualche ora ma lì erano 3 giorni che tentavo di fuggire. Sean…” indugiai, la mia voce tremava e Jasper si perse un attimo nei suoi pensieri, lo odiava, lo sentivo, lo capivo, ma adesso avrebbe odiato anche me.
“Loro non avevano previsto che mi seguisse, un demone non può entrare nel paradiso terrestre. Jasper lui mi ha detto che l’unica soluzione era commettere un’azione così orribile per la quale avrei provato un profondo senso di colpa, ed è la colpa che condanna tutti a non avere accesso al paradiso. Così mi ha suggerito di ucciderlo perché lì sarebbe morto comunque o loro lo avrebbero ucciso e non voleva lasciarmi sull’isola” Jasper aggrottò la fronte stupito,
“Ma tu non l’hai ucciso…” osservò,
“No” dissi, dovevo parlare, era difficile, avrei spezzato il cuore anche a lui. Ero un disastro.
“E allora come?” attese che rispondessi.
“ Noi siamo…siamo stati insieme” riuscii a guardarlo negli occhi mio malgrado, e vidi nelle sue iridi ambrate tre stati d’animo, confusione – dolore – rabbia. Si alzò di scatto e avanzò calpestando alcuni fiori, si passo una mano sul viso.
“Cosa?” si fermò,
“Aspetta, siete stati insieme? Vuoi dire che….che tu hai fatto… con lui? E’ impossibile….tu” ecco non riuscivo più a guardarlo, provavo così tanto rimorso e vergogna che avrei desiderato sparire, mi rimpicciolivo sempre e sempre più.
“Non ci posso credere” mi sollevai e cercai di blandire il suo via vai,
“Jazz dovevo farlo, non sarei mai tornata altrimenti e voi sareste morti, la colpa che ho provato, che sto provando mi sta consumando” gli afferrai il braccio, mi guardava ma c’era come un velo sui suoi occhi,
“Dovevi…. Alice tu potevi scegliere!” ritrassi la mano,
“Non potevo ucciderlo” l’aria era come sospesa, ci fu silenzio per diversi minuti,
“Tu provi qualcosa per lui” disse in un sussurro,
“Io avevo delle sensazioni è vero, ma credimi Jazz ora non potrei mai…non voglio rivederlo mai più per quello che mi ha fatto, che ci ha fatto” Jasper scosse il capo,
“Io non so cosa pensare…” cominciò a correre verso il bosco, lo seguii disperata,
“Alice lasciami solo” mi fermai, era girato di spalle,
“Jazz, mi dispiace… non so come rimediare, se solo tu capissi le mie intenzioni” si voltò con un ringhio che mi trafisse il petto,
“Alice tu hai fatto sesso con un altro… dovevamo essere gli unici l’uno per l’altra!” si sfiorò la fede, non volevo piangere e a stento trattenni le lacrime.  
“Ho bisogno di riflettere” e scivolò via nell’oscurità.


Restai immobile a fissare il nulla per diversi minuti. Non sapevo cosa fare adesso, Eleonor era fuggita, non potevo ritrovarla, o meglio la cosa avrebbe richiesto molto tempo. La odiavo, li odiavo per quello che avevano osato farmi. Volevo vendetta si ma più di ogni altra cosa volevo l’appoggio di Jasper, lo volevo al mio fianco e volevo rivedere Aiden. Quel pensiero mi risollevò, ecco la cosa che dovevo fare era tornare da mio figlio o farlo venire a Denali, avrei dovuto parlarne con Jasper però. Era un circolo vizioso, non potevo prendere decisioni senza di lui. E lui forse non mi avrebbe più voluta. Avevo tradito al sua fiducia. Saettai in casa, Edward era seduto al piano con le mani sospese sui tasti. Mi guardò, colse i miei pensieri, com’era andata, abbassò di nuovo lo sguardo sui tasti sospirando. Andai nella camera da letto, presi il cellulare gettato tra le coperte e composi il numero.
“Casa Cullen, dica pure” la voce di Esmee era morbida e dolce, aspettai qualche secondo prima di parlare,
“Esmee, sono Alice” Carlisle le aveva detto cos’era successo, anche lei aveva perso il suo bambino ma per me era diverso, quel bambino mi era stato dato con violenza e perderlo era stato una liberazione. Strinsi le lenzuola, quel pensiero era brutto ma non riuscivo a immaginare come sarebbe stato difficile se fosse venuto al mondo.
“Tesoro, come stai?” dissi che andava tutto bene in fondo, che non doveva preoccuparsi, che le cose erano complicate ma che ce la stavamo mettendo tutta.
“Aiden è in casa? Vorrei parlargli” non lo sentivo da quasi una settimana, costretto ad andare via, a Forks, era ferito quando ci eravamo salutati. Probabilmente era ancora arrabbiato.
“Ecco, non è qui adesso, è con Bella a fare una passeggiata” Esmee non voleva che stessi male anche per lui,
“Non vuole parlarmi è cosi?” dissi triste e vuota, più che mai avevo bisogno di sentire la voce calda e vellutata di Aiden , di immaginare il suo profumo, di stringerlo a me.
“Alice gli serve tempo, sono sicura che quando ti rivedrà gli scivolerà tutto addosso, senti ma tornerete qui o resterete in Alaska?” andai alla finestra, Jasper chissà quando sarebbe tornato, cosa avrebbe deciso.
“Non lo so…non ho nessuna certezza adesso”.

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Capitolo 13
*** Alleanze ***


POV ALICE

Passò qualche giorno prima che Jasper ritornasse, Edward aveva detto a Bella cos era accaduto e lei si era precipitata a Denali pur dicendo di volersi solo assicurare che stessi bene. Kate Eleazer e Carmen non facevano domande per loro potevamo restare fin quando lo avessimo voluto. Vidi Jasper tornare e andare a parlare con Edward, voleva sfogarsi ed ogni parola che avrebbe pronunciato, nella mia visione, scavava dentro di me una voragine sempre più profonda. Aspettai che accadesse e poi andai a caccia. Bevvi avidamente fino ad avere la nausea, lo stress era tanto e dovevo sfogare la tensione in qualche modo. Bella quella sera mi corse incontro, un misto di rassegnazione e preoccupazione sul suo volto.
“Jasper sta andando a Forks da Aiden” tornare lì non mi sembrava la mossa più prudente per noi,
“Non mi parla da giorni, ma qui si tratta anche di Aiden” dissi nervosa,
“Alice “ Bella mi frenò per un braccio,
“ Non m importa, Aiden è anche mio figlio, vuole evitarmi per il resto del nostro tempo, bene, ma Aiden non c’entra nulla e se restasse a Forks, sarebbe pericoloso” Bella annuì lasciandomi; che Jasper non volesse parlarmi e che avesse deciso di andarsene era….era… la reazione più giusta ma non l accettavo. Prima di entrare in casa restai fuori a respirare profondamente, non volevo litigare ancora né creare un altro muro. Salutai con un cenno gli altri e salii di sopra. Lo strascichio delle cerniere sul tessuto della valigia mi mise i brividi. Bussai appena. Il rumore si fermò.
“Possiamo parlare?” dissi entrando, Jasper restò a fissare la valigia ancora chinato e poi si sollevò,
“Per favore” incrociò le braccia, evitava di guardarmi,
“Bella mi ha detto che vai a Forks” annuì,
“Io… credevo che avremmo fatto tornare Aiden qui, è più sicuro” sospirò aprendo la finestra, una folata di vento gli spostò i capelli biondi, il suo profumo vagò in tutta la stanza, avrei voluto afferrare quei ciuffi morbidi e stringerlo.
“Nessun posto è sicuro, Aiden ne ha passate troppe, cambiare di nuovo, è troppo per lui, mi occuperò io di lui” sedetti sul letto, che dolore comprendere che non mi voleva con lui, chiusi per un secondo gli occhi e sapevo che in quel momento mi stava guardando e stava sentendo.
“Io voglio stare con lui” dissi con voce rotta,
“ non ti impedirò di vederlo, non voglio questo, ma i demoni torneranno”
“E chi mi sta vicino soffre in qualche modo” sussurrai consapevole,
“Aiden ha bisogno di tranquillità” un’ondata di rabbia, di rabbia verso i demoni e gli angeli e mia madre e Sean e me stessa mi attraversò calda e dolorosa,
“Io sono sua madre, ha bisogno di me” gli occhi mi fiammeggiavano Jasper restò irretito per un attimo, mi ero sollevata, i quadri cominciarono a tremolare sulle pareti, Indietreggiai voltandomi, dovevo calmarmi. Jasper afferrò la valigia.
“No ti prego Jazz…mi dispiace…” mi passò inevitabilmente vicino e ci sfiorammo, sulla soglia, gli afferrai un braccio, fu quasi congelato al contatto, mi fissò la mano, soffriva forse più di me nel mantenere quel comportamento, compresi che dovevo lasciare che si allontanasse, gli rendevo tutto più difficile in quel modo e nonostante tutte le cellule del mio corpo mi spingessero a trattenerlo, mollai la presa appoggiandomi stanca di tutto allo stipite della porta.
Il giorno stesso Jasper partii, bramavo dalla voglia di rivedere Aiden e non potei aspettare più di altre 24 ore. Dovevo trascorrere qualche ora con lui e sarei stata meglio. Il mio fisico si era ripreso in fretta dalla ferita, nonostante si fosse trattata di una lama infernale. Sean mi aveva spiegato che era semplice acciaio ma incantato con formule e glifi tra i più antichi e oscuri, per questo era in grado di ferire le creature soprannaturali. E nonostante avessi perso un bambino. E nonostante ricordare quello che era successo e il viso del demone che l’aveva provocato e di come mi avesse ingannata mi faceva ribollire il sangue, io mi ero ripresa. Lo speravo. Bella venne insieme a me, voleva sostenermi e ultimamente mi seguiva come un’ombra. Tornare a Forks fu una boccata d’aria in ogni caso, tutti i problemi e il caos non sfioravano la piccola cittadina di montagna. E rivedere la casa, la mia casa per tanto, tantissimo tempo, mi riempì di adrenalina. Tempi andati, passati ma così limpidi nella mia testa, quando le preoccupazioni erano per la scuola e gli umani, quando i vampiri erano la cosa più strana che potesse esistere. Il piccolo cuore accelerato di Aiden lo avvertivo da fuori. Stava scendendo in veranda con Esmee, lo teneva per mano. Nonostante fossero passate appena due settimane mi era mancato più di quanto potessi realizzare, nel momento in cui ascoltai i battiti del suo cuore e annusai il suo profumo e vidi i folti capelli che quasi gli cadevano sulle spalle e gli occhi blu oceano. Jasper restò appoggiato ad un pilastro del porticato semi-nascosto, era uscito per vedermi, o per non proiettare il nostro allontanamento su Aiden, ma lui era un bambino attentissimo e avrebbe capito di certo; gli lanciai un’occhiata fugace ma mi concentrai intensamente su Aiden. Non riuscivo a contenere il sorriso sulle mie labbra. Lui mi guardava serioso. Era ancora arrabbiato. Quando fu abbastanza vicino mi accovacciai e lo strinsi forte, più forte che potei, ricambiò flebilmente l’abbraccio.
“Tesoro, mi sei mancato tanto” gli accarezzai la guancia, cercava di evitare il mio sguardo, proprio come a Denali.
“Aiden, piccolo sono qui ora, parlami” scosse il capo,
“No, va via” e scatto a velocità impressionante all’interno, Edward che stava uscendo lo scansò per poco, ero scioccata, per quelle parole e per il fatto che le sue capacità da vampiro si stessero manifestando. Esmee mi poggio’ una mano sulla spalla. Mi disse di entrare e parlammo, Edward e Bella si unirono per aggiornarsi sugli ultimi avvenimenti, Jasper era corso dietro ad Aiden.
 



 
POV JASPER

Raggiunsi Aiden nella sua camera, a sera inoltrata, era supino sul letto a fissare il soffitto, avvinghiato ad un cuscino e nervoso. Sedetti sulla sponda del letto sospirando.
“Cosa ci eravamo detti?” gli poggiai una mano sul ginocchio, si voltò dall’altra parte,
“Aiden lo so che sei arrabbiato per questa situazione ma la mamma ha bisogno di te” era come se Aiden percepisse che qualcosa non andava fra noi e che questa volta era qualcosa di grave. Pensare ad Alice era doloroso e non volevo vederla ma avevo visto e sentito il suo cuore incrinarsi quando l’avevo allontanata, quando avevo preso la valigia e ora che suo figlio non voleva rivolgerle la parola. Un ammasso di crepe su quel cuore strano e miracoloso. Scacciai via l’immagine di lei.
“ Non mi hai ascoltato e nemmeno tu, dovevo restare con voi” si voltò, mi fissò in attesa,
“Si” era la verità,
“Ma era troppo pericoloso, lo abbiamo fatto per proteggerti e ora siamo tornati Aiden, è finita. E’ inutile serbare rancore adesso. Non ti manca la mamma?” quelle parole mi risuonavano in testa, giacchè era la stessa cosa che stavo facendo io. Aiden restò in silenzio per qualche minuto, poi annui e una piccola lacrima gli rigò la guancia.
“Si, tanto…. D’accordo vado da lei” la sua rabbia si spense come se avessi gettato un secchio d’acqua. Era buono e non riusciva a far soffrire Alice, avrei desiderato riuscire a perdonare anche io così. Piano camminando sulla moquette andò alla stanza che un tempo fu mia e di Alice, Esmee le aveva detto che non la usavo e poteva restare lì per stanotte. E poi. Non sapevo cosa avrebbe fatto. Ma dalla nostra conversazione aveva compreso che dovevo stare lontano da lei e con Aiden qui a Forks. Aiden entrò furtivo senza bussare, lasciò uno spiraglio sufficientemente largo e potei guardare. Alice era seduta sulla poltroncina di fronte allo specchio rettangolare, si guardava, gli occhi cupi e spenti. Appena avverti la presenza di Aiden si voltò sorpresa. Lui sedette a gambe incrociate sul bordo del materasso mordicchiandosi il labbro.
“Scusa mamma” Alice si inginocchiò davanti a lui, aveva una camicia da notte color ocra, riluceva alla luce delle candele. Gli prese il viso tra le mani e  lo asciugò perché lei non si era trattenuta e Aiden di riflesso non potè evitare di seguire le sue lacrime.
“Non volevo renderti così triste” Alice lo abbracciò dondolandosi,
“Ma no Aiden, io sono felice, troppo felice di stare con te, per questo…” Sedette accanto a lui sistemandolo in braccio,
“Sono una sciocca” lui rise e appoggiò la testa al suo seno,
“Mi sei mancata anche tu” lei gli carezzò i capelli.
“ Aiden, però… io…io non posso stare sempre qui… “ lui si scostò guardandola perplesso, lei non sapeva cosa dire, forse sarei dovuto entrare e aiutarla ma nostro figlio la fisso’ per qualche secondo e comprese quanto fosse difficile per lei stargli lontano e che era costretta, perché e perché fossi io non lo capiva ma non poteva incolpare Alice.
“ Ma ci vedremo?” lei indietreggiò flettendosi sul letto e accoccolandosi con lui,
“Certo, verrò tutti i fine settimana e passeremo tutto il giorno insieme” lo baciò,
“Che ne dici se ti leggo una storia, come un tempo, si pulce?” entusiasta Aiden annui saltando sul materasso lei fece fluttuare un libro dalla mensola sino alle sue mani sotto lo sguardo estasiato di Aiden.
“Bene…comiciamo”.



 
 
POV ALICE

Era trascorso quasi un mese, facevo le mie visite sporadiche a mio figlio e passavo del tempo col lui, era poco almeno mi sembrava sempre così poco tempo ma almeno potevo vederlo. Se le acque si fossero calmate abbastanza forse Jasper avrebbe permesso che venisse a stare con me a Denali per un po’.
“Alice non lo farà, lo vedi chiaramente” Edward mi fece sobbalzare, persa nei miei pensieri, seduta sulla panchina del bosco di aceri non l’avevo sentito arrivare.
“Ti prego Ed lascia che i pensieri vaghino senza sosta nella mia mente senza che qualcuno vi frughi” sedette accanto a me con le mani in tasca. Faceva ancora freddo, anzi il freddo di gennaio era estremamente pungente, la neve era sparsa ovunque e il ghiaccio ricopriva i gradini di pietra, le panchine e il selciato nonostante Kate avesse gettato molto sale. Aveva molta cura del suo giardino.
“Io credo che il tempo risolverà le cose” disse serafico, respirai a fondo, io ed Edward litigavamo spesso ma sempre per gioco, in fondo lui era l’unico che potesse capire, almeno un po’, cosa comportasse vedere e sentire cose continuamente, senza tregua. Ma adesso non riusciva a capirmi. Io non volevo tempo, di quello ne avevo, in abbondanza, infinito. Io volevo….volevo….fare qualcosa.
“Alice non puoi fare nulla, sorellina, ti serve pace” mi prese sotto-braccio,
“No Edward, sono così inquieta… Io ho bisogno di uno scopo, e voglio capire perché mi è successo tutto questo” abbassò lo sguardo,
“Quello che hanno fatto i demoni, è stato mostruoso, Alice… lo so bene, tu vuoi delle risposte ma cercare vendetta non ti aiuterà, io l’ ho sperimentato e uccidere per desiderio non colmerà il vuoto che hai dentro” mi sollevai di scatto arrabbiata,
“Loro hanno fatto del male a me e alla mia famiglia, in questi anni ci hanno tormentati e spiati, sono stata ferita, rapita, avvelenata…..stupr….Edward…. ho perso un bambino e Jasper… non venirmi a dire cosa non posso fare” mio fratello si passò una mano sul viso, non sapeva cosa dire, e il fatto è che non c’erano parole.
“Sono stata inerte per troppo tempo, dovevo cercarli da subito…” feci qualche passo verso l’acero più grande, la corteccia bianco latte e le foglie color mogano. Appoggiai una mano sul tronco, le sporgenze irruvidite assumevano quasi la forma di un volto umano.
“ Anche se ci volesse molto tempo, io li troverò” Edward si avvicinò,
“Alice, so che non vuoi il nostro aiuto, so che è una cosa che devi fare da sola, ma pensaci, se ci volessero mesi e mesi o anni” continuai ad accarezzare la corteccia.
“Non m’importa quanto tempo ci vorrà” mi voltai, aveva uno sguardo sofferente, voleva così tanto che trovassi pace che le cose si risolvessero e che fossi felice,
“E Jasper, Aiden?” ogni volta che pensavo a Jasper era come se spilli accuminati penetrassero il mio cuore,
“Andrò sempre a trovare Aiden, Edward sta tranquillo non sparirò… lui è al sicuro a Forks con Jasper e sa cosa non va, non gli fa bene vederci così…siamo i suoi genitori eppure non l ho mai sentito così distante e freddo come ora… non so neppure se riuscirà a perdonarmi, ma io lo amo e se starà meglio senza di me…io…” le lacrime cominciarono a sgorgare senza controllo, Edward di riflesso mi abbracciò,
“Oh Alice, mi dispiace vorrei poter fare qualcosa… ti voglio bene sorellina e mi addolora vederti in questo stato ma sono fiducioso che andrà tutto bene nonostante ora sembri tutto nel caos”.
 
Andai nella foresta per sgranchirmi le ali, gli umani non potevano vedermi a quell’altezza, leggeri ululati riempivano il silenzio, era quasi il tramonto e il cielo arancione era caldo e confortante. Potevo mettere in pausa la mia vita lassù, volare era sempre appagante, ogni volta sembrava la prima.  La mia mente si fletteva e svuotava in pochi attimi. Poi ritornando a terra con la gravità a premere erano anche i pensieri. Annusai l’aria, qualche caribù pascolava nei dintorni. Ma non avevo sete. Massaggiai le ali calde e vigorose, me le avvolsi intorno a mo’ di coperta. Che silenzio, anche da giù circondata dagli abeti torreggianti era piacevole, nonostante la gravità. Stavo per spiccare di nuovo il volo quando un sibilio seguito da una vocina appena accennata pronunziò il mio nome. Mi voltai in allarme, semi-nascosta dal grosso tronco le ali bianche dell’angelo rifulgevano nel verde e ramato della foresta. La mia reazione fu istintiva, prima che potessi pensare le mie mani si protesero in avanti e una folata di vento la scaraventò a terra davanti a me, strinsi le dita, il volto grazioso e rosato di lei si contrasse, si portò le mani alla gola, strinse con forza i riccioli alla base, ansimava, soffocava. Le ali sbattevano impotenti.
“N-no A…Alice aspetta…” quegli occhi grandi e dorati mi supplicavano. Le parole di Edward mi risuonarono in testa. Non ero un’assassina, non così, senza alcun motivo. Abbassai il braccio e indietreggiai non perdendola d’occhio. Lei prese fiato boccheggiando, ancora accasciata a terra mi guardò stupita.
“Alice…sono Phoebe…” disse massaggiandosi la gola,
“Lo so chi sei… cosa vuoi? Ti hanno mandata gli anziani?” si tirò su esausta. Notai chiaramente che non indossava una tunica o una veste ma degli abiti da mortale, dei jeans e una camicia rosa cipria. Strano.
“Cosa? No, non mi ha mandata nessuno… io non ricevo ordini da loro, almeno non più” flettè le ali e le ritrasse,
“Sta tranquilla non ti farò del male….beh non che ne sia in grado…i tuoi poteri sono davvero…” la interruppi, non volevo ascoltarla, non volevo parlare.
“Devo andare” mi sollevai in volo, a pochi metri da terra,
“Io so cosa vuoi fare, Alice, posso aiutarti” tornai a terra,
“Sei arrabbiata con me?” mi stava davvero chiedendo questo, cosa aveva in mente? Scesi a terra con un tonfo, ritrassi anche io le ali.
“Sono stanca delle vostre intromissioni, vuoi portarmi da qualche parte o vuoi che faccia qualcosa per te?” scosse il capo costernata.
“Ascolta, io so che gli anziani ti hanno fatta soffrire, so quanto siano egoisti tutti loro, si proteggono invocando il Bene Superiore che è nelle loro mani, si giustificano e non agiscono quando invece dovrebbero. Io sono stata cacciata dal Paradiso, sono una caduta, non sono più al loro servizio” annuì sospettosa,
“Non capisco, non hai risposto alla mia domanda, cosa vuoi da me?” sospirò,
“Ti ho risposto Alice, so come aiutarti, tu vuoi rintracciare Eleonor e gli altri, per fare giustizia, e io voglio aiutarti” scossi il capo,
“No no, come fai a sapere….anzi no non dirmelo, non voglio avere nulla a che fare con te, che tu sia un angelo o non più….è una cosa che farò da sola” cominciai a camminare. Mi seguiva.
“Va via per favore, non costringermi a …” impettita mi si affiancò,
“Alice, io sono dalla tua parte, sono stata io ad avvisare Jasper” mi bloccai sentendo il suo nome,
“Si e non hai fatto niente per fermarli e per evitare che gli anziani mi prendessero…” abbassò lo sguardo,
“Mi dispiace, davvero, non ne avevo il potere, avrei tanto voluto” mi pose una mano sulla spalla, il contatto con un angelo era sempre così confortante e appagante, mi scostai però,
“Lo so cosa stai passando” risi nervosa,
“Tu non hai idea di quello che sto passando” sospirando cominciò ad avanzare, era molto agitata,
“Mi sono espressa male forse, voglio dire che posso capire almeno un po’ come ti senti. Alice io sono una protettrice o angelo custode come provano a definirmi gli umani. Il mio compito è stato da sempre proteggerli, siamo tanti e in ogni dove e ci è concesso di scendere tra i mortali e confonderci fra loro per controllare la situazione, per sorvegliare questo mondo.” Ero perplessa, ma aveva destato la mia curiosità non la interruppi e ascoltai attenta.
“Ho lavorato a stretto contatto con gli anziani per molti secoli, li tenevo aggiornati su quello che accadeva nel sottomondo, le guerre e i danni che l’uomo procurava ma anche la loro intelligenza, le loro creazioni, i loro pregi. La mia vita era appagante e ricca di esperienze, mi piacevano gli umani. Ma non potevo prevedere quello che mi accadde. Un giorno ero in mezzo alla folla sgusciante di New York, su delle strisce pedonali e camminavo assimilando tutti i rumori del traffico, tutta quella vita e quei rimbombi, guardavo ciascun volto che mi passava frettolosamente davanti con letizia, erano tutti meravigliosi a modo loro e tutti diversi ma provavo  per loro lo stesso identico affetto. Eppure all’improvviso un volto mi travolse come un treno. Un ragazzo dai morbidi capelli ramati e gli occhi verdi, con sprazzi di lentiggini sulle guance mi urtò le spalle. Mi chiese scusa e restò a fissarmi imbarazzato. Era un mortale che mi aveva fatto qualcosa, io non riuscivo a dire una parola, sentivo il cuore in gola, le gambe deboli ed ero così felice. Ho amato quel mortale Alice, e lui amava me. Non gli ho mai detto chi fossi in realtà. Potevo vederlo e passare del tempo con lui senza destare troppi sospetti giacché il mio compito era sorvegliare gli umani… sono stati i 6 mesi più belli della mia vita. Si chiamava Erik.” Smise di parlare. Sorrideva ma mestamente. Gli occhi ambrati vagavano verso l’alto.
“E cosa è gli è successo, gli anziani ti hanno scoperto?” sedette su una roccia a gambe incrociate,
“No, un giorno Erik stava andando a lavoro e fu investito da un autobus… non c’era nulla da fare ed io non avevo abbastanza potere per guarirlo. Sono stata a vagare sulla terra come un fantasma per settimane…Poi sono tornata dagli anziani e ho confessato quello che avevo fatto. Innamorarsi di un mortale, quale abominio…ma giacché l’avevo rivelato mi imposero per 200 anni di restare in paradiso come punizione e poi la mia vita  ritornò quella di sempre. Ma non mi sono mai ripresa da quella perdita, io credo fosse vero amore sul serio.” Ero davvero dispiaciuta per quello che le era successo ma non capivo,
“Mi dispiace Phoebe…ma non vedo cosa possa centrare con me questo…” mi guardò in maniera enigmatica,
“  Io…quando ho visto chi fosse Alice Cullen e cosa era in grado di fare, quando ho visto la creatura unica che loro cosi aborriscono e tuo figlio un essere altrettanto unico, diverso, ho capito che dovevo scegliere, ero stata una codarda a pentirmi di aver provato amore per un mortale ma adesso dovevo agire, sono venuta a Boston per vegliare su te ed Aiden ma non per loro tornaconto, glielo fatto credere, ho avvisato Jasper ribellandomi a loro perché ti stavano abbandonando di nuovo, e poi basta non potevo continuare a stare con un piede in due scarpe. Quindi sono caduta…ed eccomi qui Alice. Lascia che ti aiuti” una lacrima mi solcò la guancia, la frenai con il dorso della mano, ero colpita e scioccata dalla sua storia.
Tornammo a ritroso dalla foresta fino alla villa del clan Denali, Presentai Phoebe agli altri e a Bella, era rimasta con me, ma adesso era necessario che anche lei andasse a Forks così mi sarei dedicata alla mia ricerca senza mettere in pericolo nessuno. Mentre Eleazer e Carmen affascinati rivolgevano ogni sorta di domanda all’ospite, Bella mi circondò le spalle e mi condusse nel corridoio adiacente.
“Alice un angelo? TI fidi davvero di lei?” cercai di infonderle la mia stessa calma,
“Bella non mi farà del male, è sincera…mi ha raccontato una cosa molto personale e so che dice la verità.” annuì rilassandosi.
“Okay, ma Alice mi raccomando non stare via a lungo, contattaci, vieni a trovarmi… mi sei mancata per due anni interi e adesso mi sembra di non aver passato insieme abbastanza tempo “ l’abbracciai calorosamente,
“Bella Bella, non sto andando via per sempre, sono ricerche ce ne vorrà prima di trovarli… e so badare a me stessa, sta tranquilla” mi baciò la guancia. Tornai da Phoebe, ero impaziente, gli altri probabilmente lo percepirono e andarono via . Phoebe entusiasta cominciò a commentare ogni dettaglio della casa e delle persone che vi abitavano, era sempre gioiosa sino alla nausea e logorroica ed entusiasta più di me, più di quanto lo fosse stata la Alice vampira folle e organizzatrice di feste. A volte mi mancava quella spensieratezza.
“Phoebe, scusa se ti interrompo ma non dovremmo andare?” sorrise più tranquilla,
“Alice, devo insegnarti una cosa fondamentale prima” sedette sul divano appoggiandosi allo schienale,
“Ho la schiena a pezzi, come fai a tenere le ali dentro così a lungo…” chiuse gli occhi,
“Mi costa un certo sforzo…” fece cenno di sedermi, e mi pose due mani sulle ginocchia,
“Ti mostrerò come smaterializzarti” spalancai gli occhi, era proprio quello che avevo chiesto a… a Sean. Un modo efficace per raggiungere qualsiasi luogo o piano astrale in pochi secondi.
“Si! Ti prego” mi sollevai di scatto,
“Okay okay, frena l’entusiasmo, sarà complicato…e per qualche tempo riuscirai a farlo solo in luoghi circoscritti che conosci, ci vorranno anni prima che…” la fermai,
“Anni?”annuì,
“Non penserai di riuscire ad arrivare oggi negli Inferi o in Paradiso? In effetti però non saprei, tu sei diversa, sei solo per metà angelo, non so nemmeno se puoi effettivamente farlo…” le presi la mano e la condussi fuori.
“Basta supposizioni, facciamolo”  uscimmo e Phoebe spalancò le ali sollevata e io feci altrettanto, chiusi gli occhi per far scorrere tutta l’energia. Ero così carica di adrenalina rabbia e dolore.
“Sei raggiante… il tuo potere scaturisce dalle emozioni come per noi angeli, è un’arma a doppio taglio questa” mi accarezzò le piume sfiorandomi con le sue, era una sensazione stupenda,
“Ora… pensa al punto della foresta dove ci siamo incontrate poche ore fa…pensaci intensamente” d’accordo, fin qui era semplice.
“Visualizzalo nella tua mente… i colori delle foglie ricoperte dalla brina, la neve sulle cime degli alberi, l’odore di terra bagnata, le foglie in quale esatto ordine erano sotto i nostri piedi, il fruscio del vento… si e ora immagina di fare un passo verso quel luogo” sentii come un calore all’altezza della nuca e come se la gravità mi torcesse e separasse a brandelli. Ma non era così terribile, era un formicolio. Poi un ronzio mi turò le orecchie, credevo di stare sul punto di perdere i sensi. Pochi secondi e tornai in me. Caracollai a terra in ginocchio, avevo la nausea.
“Beh, se resisti non vomitando vai alla grande, quasi nessuno riesce a tenersi la cena nello stomaco” Phoebe ridacchiava.
“O cielo… sarà così tutte le volte?” mi aiutò ad alzarmi,
“No, solo le prime volte, andrà sempre meglio…sei stata brava” era esattamente il punto previsto. In volo ci avrei messo 1 ora… e correndo anche più. Pochi secondi invece adesso.
“Forza, le prime volte devono susseguirsi rapidamente…ora pensa ad un luogo che ti è familiare, del tuo passato, anche lontano nel tempo. Deve avere un legame forte con te altrimenti sarà più difficile. Un posto in cui hai provato una forte emozione, positiva si.” Chiusi gli occhi, ci riflettei… dove portarla se non proprio lì.
“Va meglio vero?” il mio stomaco non la pensava allo stesso modo ma annuì,
“Alice!” Phoebe si guardò attorno circospetta, per fortuna era notte fonda e nessuno ci aveva viste apparire nel parco all’improvviso. Era incredibile, ero di nuovo lì, a Philadelphia, nel parco cittadino a est. Aspirai l’aria a pieni polmoni, non sembrava cambiato di una virgola in ottant’anni.
“Cosa? Mi hai detto tu di farlo” si rilassò,
“Si scusa, dovevo dirti possibilmente un posto lontano da occhi indiscreti, per fortuna è notte fonda. Un ubriacone passò sotto di noi. Mi appoggiai al ponte di legno che dava sul laghetto ormai ridotto a un flebile ruscello. I ciliegi avevano foglie marroni e rossicce, qualche traccia di neve era visibile  sull’erba, da lontano si udiva l’eco del traffico urbano. La luna faceva capolino tra le nuvole quasi piena.
“ Siamo in altro Stato, non credevo ce l’avresti fatta al primo tentativo, continui a sorprendermi Alice! Anche se credo che questo luogo sia connesso a te molto intensamente” Phoebe curiosa indagò in giro.
“Dove siamo?” chiese poi,
“Philadelphia” corrugò la fronte,
“E’ la città in cui io e Jasper ci siamo conosciuti…e questo parco è dove mi ha baciata per la prima volta” sorrisi beata ma quello spiraglio di gioia si sopì tornando al presente.
“Capisco, fra un po’ torniamo indietro, intanto vorresti raccontarmelo? Sempre se lo desideri” in fondo non c’era nulla di male nel condividere un ricordo così bello con un angelo, con questa ragazza che mi stava aiutando davvero. Iniziammo a passeggiare lungo il viale.
“Dopo esserci conosciuti in una locanda, beh lì lo stavo aspettando da…anni” Phoebe strabuzzò gli occhi,
“Anni, accidenti” le sorrisi, la gente faticava a credere che realmente mi fossi recata ogni giorno alla stessa ora in quel bar, sapevo che sarebbe successo ma non quando precisamente e dovevo farlo, speravo che ci fosse qualcuno ad aspettarmi ed era stato così alla fine.
“Si ecco, da quel momento siamo rimasti in città per qualche settimana, l’abbiamo girata di notte in lungo e in largo e parlavamo, tanto, beh dovevamo raccontarci tutto capito, era come se non avessimo mai parlato con qualcuno per davvero. Sentivo di potergli dire qualsiasi cosa e lui era così rapito e interessato per ogni parola che pronunciassi. Andammo avanti così per giorni, e il tempo era sempre così poco. Mi sembrava un sogno o un’altra visione che lui fosse lì, non puoi immaginare il mio entusiasmo, non so come non sia fuggito da me in quei mesi” risi all’idea,
“Ero innamorata, dal primo momento in cui lo vidi…” Phoebe mi pose un braccio intorno alla vita,
“E lui?” ridacchiai,
“Beh, io ero Alice, ero folle e strana, insomma vedevo il futuro, ed ero piombata nella sua vita così, e seppure fossimo due estranei io avevo visto delle cose, la nostra vita, mi sentivo già a casa con lui. Jasper sentiva lo stesso, lo percepivo ma ci ha messo un po' a lasciarsi andare completamente, vedi era stato appena tradito da una donna che credeva di amare, una donna che lo aveva semplicemente utilizzato per la sete di potere e che poi aveva cercato di ucciderlo. E inoltre non voleva ferirmi, credeva di essere una persona orribile…” ripensare a come fosse turbato in quel periodo aveva ancora effetto su di me.
“In ogni caso, ti stavo raccontando del parco. Ci arrivammo per caso, era tarda sera come adesso, c’era solo qualche ubriaco in giro e degli adolescenti che scorrazzavano da un pub all’altro. Stavo parlando delle oche canadesi, di come migrassero in questo laghetto ogni anno, avevo spiegato a Jasper che negli anni avevo divorato libri e libri, ora che potevo volevo conoscere tutto, mi affascinava qualsiasi argomento e lui era entusiasta nel poter condividere una passione per la conoscenza come la mia. Arrivammo a questo ponte, si sentivano i grilli, una sinfonia stridula e penetrante lo ricordo bene. “Perché sorridi?” chiesi imbarazzata, mi guardava mentre ero appoggiata alla ringhiera da lì, a pochi metri, “Perché solo tu puoi rendere così affascinante un discorso sulla migrazione delle oche” ringhiai divertita. Restammo a guardarci per qualche secondo, i grilli a turarci le orecchie. Lui si avvicinò e mi prese la mano che ciondolava al mio fianco, la strinse così delicatamente, sorpresa gli sorrisi. “Tu potresti parlarmi di qualsiasi cosa, non smetterei mai di ascoltare la tua voce” una vampata di calore mi salii sino alla nuca. Mi accarezzò la guancia, stava per farlo lo sapevo, e mi sentivo il cuore esplodere nonostante fosse freddo ed immobile. Fu perfetto. Il mio primo bacio. Le nostre labbra e i nostri respiri che si mescolavano, abbracciati, era vero e stava accadendo nel presente. Stavo provando un’emozione che non credevo esistesse.” Phoebe mi guardava con un’espressione rapita.
“Scusami…mi lascio trascinare” sorrise guardando le foglie rossicce che svolazzavano sul legno del ponte,
“No è stato davvero intenso il tuo ricordo…” mi scostai tornando indietro, era bello si ma doloroso adesso.
“Okay, ora?” Phoebe tornò concentrata,
“Ora andiamo a Londra” okay Londra,
“Perché proprio Londra?” fece spallucce,
“Ho scelto a caso, ma è in un altro continente vediamo se ci riesci o se ci vorrà più tempo” sospirai,
“Posso farcela”.

 
Provai la smaterializzazione molte e molte volte in 2 settimane e Phoebe mi aveva portato anche giù negli inferi in quel labirinto che avevo visitato se non due volte e che era impossibile da attraversare da soli. Cambiava. Era frustrante quando Phoebe me l’ aveva detto, i livelli e le costruzioni, i luoghi mutavano ad ogni accesso, era così che funzionava per annientare i visitatori non graditi, per confondere le anime dei dannati. L’angelo mi confidò che forse non saremmo mai riusciti a trovare Eleonor e i suoi se loro non l’avessero voluto. Con Balthazar era stata sempre una trappola, lui voleva che arrivassi a lui, che uccidessi il fratello tutto finalizzato a trasformare me. Ma ora nessuno voleva essere trovato a quanto pareva e i primi tentativi furono vani. Lei mi disse che mi avrebbe aiutata anche se ci fosse voluto 1 secolo. Era una buona amica e anche Bella cominciava ad aprirsi con lei. Le avevo raccontato la sua storia, era colpita e affascinata da questa realtà e mi costò fatica eluderla dal seguirci. Era tornata stabilmente a Forks per fortuna. Con Aiden le cose procedevano bene, i weekend li passavo sempre con lui, e i suoi poteri da vampiro erano ormai evidenti, per quanto riguardava la sua abilità di protezione ne aveva terrore a volte e non bastavano le mie parole a consolarlo, gli era capitato un'altra volta con un bidello che aveva tentato di abusare di una giovane insegnante, era stato al posto sbagliato al momento sbagliato o forse l’esatto opposto giacché aveva aiutato la ragazza. Il bidello aveva riportato gravi ustioni al braccio, ma non ricordava cos’era successo, e la ragazza non parlava. Per fortuna.
“Aiden so che ti fa paura tesoro ma è una parte di te…imparerai ad accettarlo” gli dissi un giorno mentre passeggiavamo in centro, indossava un cappotto beige e i guanti,
“Mamma non voglio” mi chinai su di lui prendendolo per le spalle e guardandolo negli occhi,
“Tu sei il bambino più dolce e buono che possa esistere non farai mai del male a degli innocenti, questo lo so di certo” sospirò e mi abbracciò. Ero preoccupata, gli umani l’avrebbero capito che qualcosa non andava se non si fosse controllato. Ne avevo discusso con Carlisle ed Edward e anche Jasper era presente, ma nessuno sapeva cosa fare, non potevamo chiudere Aiden a casa e ritirarlo da scuola. Jasper ne parlò spesso con lui, cercava un modo per aiutarlo ed era frustrato. Non mi rivolgeva oramai più la parola, e ogni volta che lo scorgevo o ne sentivo l’odore una voce dentro di me gridava di fare qualcosa, di parlargli di cercare un contatto. Ma ero ferma, paralizzata dalla paura. Quel pomeriggio io e Phoebe ritornammo laggiù, l’aria era molto più calda e odorosa di zolfo, procedevamo attraverso una serie di corridoi di pietra lavica.
“Questo posto puzza sempre di più non trovi?” ero sovrappensiero, non le badai,
“Alice?” mi bloccai, stava arrivando qualcosa, l’odore di bruciato era sempre più vicino,
“Phoebe preparati” spalancai le ali che emisero lampi di luce sulla nera roccia, piccoli puntini grigiastri e una figura snella e sinuosa si palesò, era un demone, le balzai addosso bloccandola sul pavimento,
“Accidenti, angelo, hai gli artigli a quanto pare” non reagiva, sembrava divertita anzi,
“Chi sei?” Phoebe si protese per guardala meglio, era sola,
“Levati di dosso e ne discutiamo” premetti ancora di più il ginocchio sul suo stomaco, emise un rantolo soffocato,
“Okay ma così non riesco a …parlare” allentai la pressione,
“Sono Maze e vi ho portato quello che state cercando” quel nome, non mi era nuovo, mi alzai di scatto,
“Alice cosa fai, tienila ferma, potrebbe attaccarci con i suoi” feci indietreggiare Phoebe mettendomi tra loro,
“Aspetta, io so chi sei” era la donna del bar…ed era la stessa… lui me ne aveva parlato, l’informatrice, una sua amica,
“Forse, beh Alice puoi avere la tua vendetta adesso” batté le mani ridendo, era di carnagione scura e aveva curve mozzafiato, dei capelli castani ondulati lunghi e occhi color cioccolato, vestiva di pelle e portava una katana e diverse scuri attaccate alla cintola, dei tacchi vertiginosi, qualcos’altro si smaterializzò in quei cubicoli. Due ali nere semi distrutte e un corpo avvolto su sè stesso in catene, riconobbi il viso smunto ma liscio e avvenente, i capelli seppur insozzati dal fango e i suoi occhi, era Sean. Non sapevo come reagire e la totale confusione mi rese la testa pesante e il tempo rallentò, era lì davanti , lui che aveva osato abusare di me e mi aveva mentito. Alla fine la rabbia ebbe la meglio. Lo sollevai con una mano e lo piantonai contro il muro, la parete cedette di qualche centimetro.
“Cavoli, ora mi diverto” Maze soddisfatta applaudì lentamente, sentivo la tensione di Phoebe a distanza, non sapeva se fermarmi o lasciar perdere. Sean era confuso, e ora anche sofferente perché gli stringevo la trachea più forte che potevo. Vagava con lo sguardo ma poi si focalizzò su di me e mi riconobbe, fu quasi un sollievo per lui, questo mi fece ribollire ancora di più il sangue e gli mostrai i canini.
“Alice sei sicura di volerlo uccidere?” Phoebe mi pose delicatamente una mano sulla spalla, io sentivo solo che dovevo farlo, per me e per Jasper.
“Per quanto possa farmi piacere che questo traditore bruci tra le fiamme degli inferi…devi sapere la verità…” Maze sospirò languida,
“Lui non ti ha stuprata o almeno non consapevolmente, hanno drogato anche lui… io avevo drogato solo te, non sapevo perché, ne sapevo di lui…” cosa? Lasciai andare Sean. Questo non mi aiutava, anzi mi sentivo ancora peggio, perché se era vero allora Sean non mi aveva mentito ed era finito così perché mi aveva aiutata e avevano usato anche lui per i loro scopi. Mi tornò la nausea.
“Non ti credo, come faccio a crederti” fece spallucce,
“Fa come vuoi, perché dovrei mentire per salvargli la vita, questo verme mi ha abbandonata, tutti i suoi fratelli perché doveva seguire te, cosa avrai di così speciale… ha tradito me…che gli ho dato tutto…uccidilo pure se vuoi non ti fermerò” Sean massaggiandosi la gola acquistò più lucidità,
“Alice…” forzatamente lo guardai in faccia,
“Non posso farlo…perché? Perché diamine l’hai portato da me?” una traccia di sconforto apparve sul suo volto divertito,
“L’hanno rinchiuso qui a marcire per ordine di Lucifero…e a lui va bene, ma non posso vederlo così, quando ho capito che stavate venendo qui regolarmente sono andata a prenderlo, fatelo uscire di qui…non voglio rivederlo più” lei lo amava? o lo aveva amato.
“Sai bene cosa si prova adesso ad amare qualcuno che non ti vuole Alice” non c’era scherno stavolta nella sua voce ma dolore. Annuì stringendo un pugno. Phoebe aiutò Sean a rialzarsi.
“Dove mi portate?” gli presi il viso tra le mani scuotendolo,
“Sean , hey, cerca di riprenderti, dobbiamo uscire…” dissi seria.
Una volta fuori sentii come un peso, un peso che mi teneva inchiodata al terreno, il fatto che Sean fosse drogato come me non giustificava la cosa, ma era diverso, perché lui non ricordava nulla e dovevo credergli giacché mi era successa la stessa cosa. Ci eravamo smaterializzati nuovamente in Alaska nella fredda foresta ricoperta di neve.
“Io vado alla casa… ti aspetto lì” disse Phoebe visibilmente turbata per quanto era accaduto, anche a lei i piani perversi dei demoni davano il volta-stomaco. Sean richiuse le ali lacerate nonostante il dolore e aspirò a pieni polmoni l’aria fredda, prese una manciata di neve fresca e si pulì il viso. Non sapevo cosa dirgli o cosa fare. Ora era libero poteva andarsene.
“Grazie Alice” disse lui in un sussurro guardandosi attorno, si riprese… non risposi,
“Maze mi ha detto che dai la caccia ad Eleonor, hai scoperto qualcosa?” la rabbia mi ribolli di nuovo nelle vene,
“ Cosa…Sean perché mai dovrei dirtelo? Cosa vuoi da me?” confuso socchiuse leggermente la bocca,
“Sei arrabbiata lo capisco, ma ora sai che io non ne sapevo nulla come te… mi credi?” annuì forzatamente,
“Questo non cambia quello che è successo” si portò una mano alla testa, la sua calma scomparve,
“Alice ne sono consapevole, credi che non mi senta un verme che non stia da schifo per quello che ti ho fatto? Anche se ero un vegetale in quel momento anche se non capivo nulla, mi sento una merda per quello che è successo…” la sua voce tremava, un silenzio cupo e greve per diversi minuti. Immobili sotto le sferzate del vento ci guardavamo senza parlare, poi Sean aprii le ali e cercò di volare via ma riuscì solo a raggiungere la cima di una montagna li vicino e a ripararsi sotto una mezza spelonca. Era sincero e soffriva era chiaro, avrei dovuto lasciarlo solo, andarmene e basta, ma anche lui aveva un conto in sospeso con i demoni ed era coinvolto con me, certo che lo era. Lo raggiunsi, si era seduto massaggiandosi le ali ferite. Sedetti accanto a lui e titubante sfiorai le piume, non si ritrasse al contatto, mi concentrai, un alone bianco si effuse dalle mie mani e le ferite guarirono.
“Perché eri in catene?” ritrasse le ali e sorrise sardonico,
“Volevo punirmi per quello che avevo fatto così sono tornato da Lucifero e lui mi ha dato quello che volevo” fissai il paesaggio languido sotto di noi,
“ Io non ti ho chiesto come ti senti…” abbassai lo sguardo e portai la mano alla seconda cicatrice sul mio ventre,
“L’ho perso” dissi flebilmente,
 “Eleonor pagherà, ti giuro che morirà nel modo più lento e doloroso possibile” lo disse con un tono che avrebbe spaventato chiunque.
“Non volevo coinvolgerti in tutto…questo” mi portai le mani al viso, ero distrutta e impaziente di tutto,
“Alice non mi hai coinvolto tu, sono stati quei bastardi a usarmi come…un burattino… ci hanno trattato come topi da laboratorio” strinse la roccia che si scheggiò stridendo,
“ Ma se non mi avessi mai conosciuta” sospirò,
“Io lo sentivo che c’era qualcosa che non andava… dall’inizio…” sapeva che mi riferivo alla gravidanza,
“Si… anche io dovevo capirlo, ho fatto dei sogni, ma ora ho compreso che si trattava di ricordi annebbiati” anche lui aveva fatto sogni simili ai miei allora.
“Vedi io credevo che fossero solo sogni, insomma i miei desideri repressi, non c’era nulla di sbagliato, credevo…” per lui erano belli, due persone che facevano sesso, ma per me erano incubi, per mesi il mio subconscio aveva cercato di avvisarmi ma io ero cieca.
“Volevo ucciderti non sai per quante settimane ho pensato di venire a prenderti” dissi spontaneamente, Sean mi guardò negli occhi rilassato adesso,
“ Beh, il fatto che tu stai utilizzando il tempo passato mi consola” si mise a gambe incrociate,
“Perché sei fuggito e non sei rimasto a spiegare?” mi fissò sorpreso,
“Il tuo vampiro mi stava spaccando la faccia, ho avuto quelle ferite per 1 settimana prima che iniziassero a guarire, se non mi fossi smaterializzato mi avrebbe ucciso” disse, non so se fosse terrore il suo o un leggero senso di ammirazione per Jasper. Sean notò che quell’immagine aveva fatto crollare la tranquillità che si era creata.
“Lui sa che sei con me?” mi passai una mano tra i capelli chiudendo gli occhi non potevo lasciarmi andare,
“No, Jasper è furioso con me, gli ho detto quello che è successo sull’isola” scacciai subito una lacrima ribelle che mi sfiorava la guancia, Sean sospirò,
“Capisco” tamburellò con le dita sulle sue ginocchia,
“ Ma devo essere sincero il fatto che ti stia lontano mi fa sentire bene° sorrise spintonandomi leggermente, lo fulminai con lo sguardo, voleva distrarmi facendomi arrabbiare, capiva quanto stessi male, sapeva che io amavo Jasper,
“ Ho incasinato tutto” fece spallucce,
“Non importa, è la tua vita puoi fare tutti i casini che vuoi” poggiò la sua mano sulla mia,
“Sean…” poi mi carezzò la guancia,
“Non capisci io… non posso stare con te…” abbassò la mano,
“L’ho capito Alice… ma io non posso farci nulla, non riesco a starti lontano”.
 
 



 
POV JASPER

Aiden era di nuovo in ritardo, ultimamente lo faceva di proposito, tutto pur di trascorrere meno tempo a scuola, e non perché odiasse studiare o perché non avesse amicizie, ma aveva il terrore di fare del male agli umani. In mia presenza restava calmo, e cercavo di farlo sentire meglio col mio potere eppure non potevo aiutarlo a capire come controllarsi, forse Alice avrebbe potuto se solo ci avesse provato di più, aveva anche saltato l’ultimo weekend, tutto per la sua caccia ai demoni. Io ero d’accordo, era giusto che volesse vendetta, dopo quello che le avevano fatto, una rabbia dolorosa mi rimontava dentro solo a pensarci. E quanto, quanto avrei voluto ucciderli io, ma ero fermo. Bloccato da mesi ormai, una barriera di ghiaccio divideva me ed Alice e quella barriera l’avevo creata io, ne ero consapevole ma non riuscivo a scioglierla, per quanto ci provassi.
“Ecco” Aiden mogio scese le scale col suo zaino più grosso di lui e la divisa ben stirata,
“Finalmente” gli arruffai i capelli, salimmo in auto, la scuola elementare di Forks era molto più piccola di quella di Boston o Denali, ma a lui piaceva, non si era mai lamentato degli spostamenti e dei cambiamenti ma era ovvio che dovesse avere stabilità, un bambino non poteva tollerare tutto questo ancora a lungo.
“Oggi Scott porta il suo modellino di shuttle per il progetto di scienze” gli sorrisi,
“Non batterà mai quello che stiamo preparando per la prossima settimana” Aiden ridacchiò,
“E come si chiama quella bambina con le trecce bionde, Kate, o Katrine?” mi diede un pugno con molta forza sulla gamba,
“Smettila papà, non mi piace” alzai le mani in segno di resa, lo stuzzicavo da giorni da quando quella ragazzina gli aveva baciato la guancia all’incontro con gli altri genitori.
“Però è carina…” fece una linguaccia,
“No le ragazze sono strane… non ne voglio sapere” ne avremmo parlato fra qualche anno, alla sua prima cotta, innamorarsi di qualcuno era devastante ma straordinario, il viso di Alice mi offuscò i pensieri.
“Papà? Mi stavi ascoltando” Aiden richiamò la mia attenzione, eravamo arrivati, accostai l’auto al marciapiede antistante la scuola.
“Per quanto ancora la mamma non starà con noi?” una greve tristezza era sospesa fra me e lui,
“Non lo so piccolo…” mi guardò accigliato,
“Le vuoi bene giusto?” gli occhi gli si illuminarono,
“Ma certo, io non potrei mai smettere di volerle bene” Aiden scese piano dall’auto pensieroso,
“Non capisco perché deve stare via allora…” chiuse lo sportello e mi voltò le spalle,
“E’ complicato Aiden” dissi abbassando il finestrino, fece qualche passo e si voltò,
“No, non lo è” disse e mi fece spallucce.
 
 
 
 
 
POV ALICE
 
“Quindi ali ammaccate si unisce a noi?” guardai Phoebe di sottecchi,
“Non è carino riccioli d’oro” alzai gli occhi al cielo,
“Smettetela, questa collaborazione è solo a fini pratici, vogliamo tutti la stessa cosa. Giustizia. Sean la vuole anche per sé e non se ne andrà mai , neanche se lo costringessi” divertito Sean si buttò sul divano dell’immenso soggiorno,
“Ahh mi era mancata la comodità degli umani” Phoebe era ancora tesa,
“Dove sono i vampiri, e Bella?” la presi da parte,
“Sono via per qualche mese e Bella è tornata a Forks, tranquilla, sta venendo Edward, dovrò informarlo e domani facciamo la prima sortita con Sean, deve guarire al 100 %, una buona dormita su un materasso lo aiuterà” lei annui,
“Va bene, ma non mi piaci e non ti azzardare a provocarmi demone” seria uscii in giardino,
“Accidenti angeli e demoni si odiano più dei vampiri e licantropi?” Sean sedette dritto,
“Mmm…credo che il livello d’odio sia lo stesso…” Edward, stava già arrivando, sospirai stanca, mi erano passate davanti le immagini del suo discorso.
“Che c’è?” feci cenno a Sean di alzarsi,
“Mio fratello sta arrivando, dovrò spiegargli tutto, puoi usare una delle camere da letto per riposare…” si alzò e annuì svanendo in corridoio.
 
 
 
POV EDWARD
 
“Alice non ho un buon presentimento” di nuovo , questa situazione si stava ripetendo troppe volte, e con Sean non finiva mai bene.
“Ho capito e ho letto i suoi pensieri, si dice il vero, è stato drogato ma … non riesco a fidarmi completamente, era sempre invischiato nei loro affari, sapeva che stavano tramando qualcosa contro di te ma non ci ha detto tutto, e le mezze verità sono peggiori delle menzogne” Alice si appoggiò alla ringhiera afflitta,
“Lo so Edward, sto male e continuo a stare male, a volte lo guardo, mi fa paura e vorrei solo che sparisse perché è successa una cosa assurda, ho ancora quegli incubi… però lo sai quanto me che è consapevole di quello che ha fatto e si logora da quel giorno …come me per…comunque sia non vuole andarsene e io non ho il diritto di negargli la caccia….è coinvolto quanto me e forse potrebbe essere decisivo per trovarli” era sua la scelta, oggettivamente non era un problema che li cercassero insieme, ma pensavo a lei e a Jasper e questo avrebbe reso più difficile le cose.
“A Jasper non piacerà affatto” un lampo di rabbia e dolore colorò le sue iridi di azzurro,
“Non mi parla da mesi, io ci sto provando Edward… ma chiedergli scusa 1000 volte non funzionerà, lui mi odia” non era vero, lui l’amava ma era un idiota nel gestire le proprie emozioni. Ironia del suo potere.
“No Alice, lui ti ama e ti perdonerà” Alice scosse il capo,
“Ed, diglielo pure se vuoi ma ho deciso, Sean ci è necessario” Andai da Jasper il giorno stesso, la reazione che ebbe superò le mie attese, credevo che avrebbe dato di matto ma dopo una sfuriata di 5 minuti si acquietò mestamente.
“ Non posso impedirle nulla, ma se solo lui prova a sfiorarla o se solo ci pensa tu mi aiuterai a staccargli la testa chiaro?” annuì,
“Jasper devi parlarle …” scattò via, non avevo affrontato l’argomento perché volevo fargli spazio ma ora che c’era Sean di mezzo le cose avrebbero preso una brutta piega,
“Con lui di mezzo le cose sono sempre andate male, pericoli mortali, veleno, ipnosi…e se non le stai vicino Jasper, se non ha te chi potrà salvarla questa volta” Jasper continuò a camminare impettito.
“E’ lei che ci salva sempre tutti, l ‘hai scordato?” mi bloccai,
“Si ma perché ha te… perché combatte per te e vive per te… e per Aiden…ma vi sta perdendo entrambi”
 



 
POV ALICE

Passammo altri 5 giorni a vagare per gli inferi con Sean al nostro fianco. Lui faceva il possibile ma di trovare Eleonor non se ne parlava, era invisibile, oppure non lasciava tracce, ma tutti lasciano tracce e non è possibile nascondersi del tutto, l’avevo capito a mie spese. Avevamo affrontato qualche gruppo bellicoso ma alla fine nessuno tentava di ostacolarci, nemmeno a Lucifero importava che invadessimo il suo territorio. Era strano. Tutto questo era cominciato per avere me, o un’ arma contro il paradiso ed adesso laggiù sembrava non importare più a nessuno. Forse Edward aveva ragione, la vendetta non avrebbe cancellato il passato, forse loro volevano lasciarmi in pace …ma… ma se quel demone avesse tentato di nuovo, non potevo avere la certezza che voleva restare nascosta o scappare da me. E se stesse macchinando qualcosa, non dormivo quasi mai, non riuscivo a starmene tranquilla. Phoebe lo percepiva bene, e per fortuna c’era lei tra me e Sean, giacche’ anche lui non era prettamente stabile e continuava a provare delle emozioni forti per me. Alla fine dell’ennesima caccia inutile eravamo nella veranda della villa Denali, la primavera si stava manifestando ormai, il freddo gelido della notte era piu’ sopportabile. Io e Phoebe eravamo sedute sulla panchina di pietra antistante il parco di aceri.
“Te l’ho detto che ci sarebbe voluto tempo” disse calma,
“Lo so Phoebe, io sono impaziente pero’, sono passati mesi… e non abbiamo neanche una traccia o un indizio” sospirò guardando il cielo,
“Ho capito” Sean si smaterializzò davanti a noi facendoci sobbalzare,
“ Sean!” Phoebe mi lanciò unì occhiataccia, in quelle settimane non riusciva a simpatizzare per nulla con lui,
“ Non fare quella faccia contrariata, ho capito cosa ci sfugge” attenta appoggiai una mano sul ginocchio dell’angelo,
“Sarebbe?” disse lei irritata,
“Non riusciamo a trovarli all’inferno neanche avendo gli accessi ad ogni sezione grazie a me e non riuscivo a spiegarmelo…” eccitato Sean si muoveva freneticamente avanti e indietro,
“Perché forse tu sei un incapace…Alice che ho detto? Mi sembra ovvio quale sia il problema qui” lo canzonò, lui la ignorò e mi guardò intensamente,
“Stiamo cercando nel posto sbagliato” ero confusa,
“Ma se non sono negli inferi e neppure sulla Terra, insomma se fossero in questo mondo lo avvertiresti tu….” Annuì,
“Sono in un’altra dimensione Alice…io credo, anzi mi sembra l’unica ipotesi plausibile, che siano nel Limbo” ci stavo riflettendo, Phoebe scattò in piedi, nervosa anzi impanicata, non l’avevo mai vista così,
“Hey cosa ti prende?” respirò a fondo,
“No no levatelo dalla testa demone, lei non ci va ne’ io mettero’ piede in quel posto” non capivo, io ci ero stata nel limbo, gli anziani avevano portato Aiden lì quando aveva appena 2 anni per tenerlo al sicuro, era un luogo inaccessibile ma privo di pericoli,
“Fa come vuoi Phoebe ma sai bene che io non posso entrare lì , serve il consenso degli anziani quindi solo voi due potete cercarli lì” mi alzai anche io,
“Cioe’ il loro permesso, dovrei andare a chiedergli il favore di lasciarmi entrare? Ma come , mi detestano, stavo per distruggere il paradiso…” Phoebe esasperata mi afferrò bruscamente il braccio e mi allontanò da Sean di qualche metro,
“Phoebe perché sei così agitata? Hai paura degli anziani? Ma se è l’unico modo per tro…” mi prese il viso tra le mani,
“Alice tu non capisci, quel posto non è il limbo che Michele ti ha mostrato, quel posto non esiste più, era stato creato a bella posta per tuo figlio ma il vero Limbo, il limbo delle anime mortali è un luogo infido, vuoto, angosciante, tutte le anime intrappolate e sospese tra i due mondi, tra inferno e paradiso vagano disperate in quel labirinto, è impossibile entrarci e ritrovare la via d’uscita. E’ impossibile non impazzire. Se entri lì non ricorderai più nulla, chi sei, la tua vita, i tuoi cari…” quelle parole mi spiazzarono, non volevo mollare però, non così vicina alla fine di questa storia.
“Capisco… non devi venire con me, andrò da sola” lei scosse il capo,
“Forse non ti è chiaro a cosa vai incontro” mi allontanai da lei e andai verso Sean,
“Phoebe non ho scelta… devo chiudere questa storia, qui mi sento un guscio vuoto… devo chiudere questa storia per far sentire sicura la mia famiglia e per liberarmi da questo odio e da questa umiliazione che mi tiene sveglia la notte…non posso lasciar perdere” Sean di fianco a me si irrigidì, Phoebe si portò la mano nei riccioli biondi scuotendoli e borbottò,
“Non ho mai conosciuto nessuno più caparbio di te… d’accordo se vuoi fare questa follia non ti fermerò ma lascia che ti accompagni dagli anziani e devi promettermi che lo dirai alla tua famiglia, cos’ hai intenzione di fare, chiaro?” annuì incerta, forse Jasper avrebbe tentato di fermarmi, forse ero io a sperarlo? Che male faceva il solo pensare a lui, pensare di non poterlo vedere e abbracciare e sentire il suo profumo e la sua voce….pensare che forse entrando li avrei scordato ogni cosa, ma come, lui era parte della mia anima, l’unica sicurezza che avevo era lui, il dolore e la gioia che avevo provato per lui non sarebbe mai scomparso.
“Okay…quindi torneremo nelle Città d’Argento…quando?” Phoebe riflettè,
“Dopodomani, è il giorno migliore il venerdì, il consiglio si riunisce…” Sean stava per congedarsi ma lo trattenni,
“Alice quando li avrai trovati portali da me….li torturerò lentamente finchè imploreranno di morire e lascerò che tu lo faccia”era arrabbiato, forse più di me,
“Va bene, però devi farmi un favore Sean… dopodomani quando andrò in paradiso devi andare a Forks e restare nei paraggi, per Aiden e …la mia famiglia, se loro volessero fermarmi trattenendomi, devi proteggerli…non posso sapere cosa accadrà lassù” titubante annuì, sapeva che fosse la cosa giusta anche se significava proteggere Jasper o comunque essere nella stessa città. Era così complicato.
 
 
L’aria era densa, appesantita dalle nuvole cariche di pioggia, il cielo plumbeo e scuro, le ali bianche di Phoebe gettavano luce in quelle tenebre, le mie erano quasi grigie in quel pallore, spente, non ero entusiasta di tornare li. Non ero entusiasta di nulla da settimane. Senza di lui mancava qualcosa, qualcosa dentro di me. Il vento freddo del pomeriggio tardo era quasi una frusta sul viso, ad occhi socchiusi Phoebe disse che eravamo alla quota giusta. Con un movimento sinuoso delle mani aprii il varco tra le due dimensioni. Entrammo. Essere risucchiati era quasi meno spiacevole della materializzazione. Riuscii a mantenere l’equilibrio questa volta, anche se la nausea non potei evitarla. Eravamo all’imbocco della strada lastricata di marmo bianco, proprio come con Sean. Mi guardai intorno, la nebbia bianca cominciava a  diradarsi a mano a mano che procedevamo, qualche anima tranquilla ci passava di lato, le nostre ali parlavano chiaro, eravamo angeli, era quello il nostro posto. Phoebe visibilmente tesa aveva indossato un vestito di seta verde, dei sandali alla greca e alcuni pendenti d’oro. Mi obbligò a mettere un vestito azzurro che avevo preso a Boston, a maniche lunghe e svasate di raso,
“Ci siamo quasi” le torri della città facevano capolino in lontananza,
“Sei sicura che non ti puniranno o peggio Phoebe?” ero preoccupata che potessero imprigionarla o ucciderla per aver lasciato il Paradiso, per l’aiuto che mi stava dando, già troppi si erano sacrificati per la mia causa.
“Alice sta tranquilla, il libero arbitrio è un cardine fondamentale del sistema, io ho fatto una scelta, non possono costringermi a fare nulla” respirai a fondo e sondai i possibili approcci, quello docile non era vagliabile, dovevo essere decisa e fredda, dovevo avere l’accesso al Limbo. Risate cristalline e svolazzi di ali divennero sempre più rumorosi, la città era così quieta ma allo stesso tempo ricca di vita. Restai a fissare gli edifici altissimi e tutti gli angeli e le anime che vi si intrattenevano. C’erano alberghi e ristoranti, negozi, tutto quello che era sulla terra ma semplicemente nessuno vi dormiva o mangiava o comprava abiti, era tutto assurdo ma bellissimo.
“Prendiamo la scorciatoia per la foresta, Sean me l’aveva mostrata, così arriveremo in poche ore al tempio” Phoebe scosse la testa, mi prese la mano e ci smaterializzammo nella sala ovale del tempio, la sala circondata da colonne adornate di oro massiccio e senza soffitto, il tempio alla greca perfettamente simmetrico che si affacciava al cortile,
“Potevamo smaterializzarci da subito” sussurrai stranita,
“Scusa, volevo vedere la città prima” annuì, doveva mancarle quel posto, era stata la sua casa per centinaia di anni. Due angeli con lunghe picche di bronzo e armature ben lucide atterrarono a pochi metri da noi con fare minaccioso, erano alti e ben prestanti, scuri di pelle e nervosi.
“Non vi muovete, Michele sta arrivando” distesi le ali per incutere timore, la tensione aveva preso il controllo, sentivo il calore e la luce che emanavano, l’Anziano apparve dopo pochi minuti accompagnato da altri due angeli.
“Quello è suo fratello Ezechiele e lei è Selene, sta attenta lei è telepatica” scrutai bene tutti e tre che avanzavano lenti, troppo, come se volessero spazientirci, le ampie ali bianche e dorate erano enormi, 2 volte le mie, quasi ipnotiche.
“Alice Cullen, è un piacere rivederti” disse Michele con affabilità, mi sorrise bonario, il suo viso era così rilassato, la barba rossiccia e gli occhi piccoli e grigi rilucevano. Il fratello era bruno e minuto, i suoi occhi irrequieti vagavano su tutta la mia figura. Selene invece fissava Phoebe e poi il pavimento quasi che non volesse leggerci nel pensiero ma non poteva fare altrimenti. Forse erano amiche.
“Non posso dire lo stesso” dissi spontaneamente ma priva di rabbia, Michele sospirò continuando a mantenere il sorriso.
“Mi stupisce che siate insieme, Phoebe” l’angelo raccolse coraggio, mi si affiancò e mi prese una mano,
“Sono qui per lei, Michele sai bene perché sono andata via” i muscoli del collo le si contrassero, Ezechiele alzò gli occhi al cielo,
“Sta zitta Phoebe, tu non devi metterci più piede qui!” era aggressivo, le puntò un dito contro avvicinandosi, le due guardie si lanciarono un’occhiata fugace ma poi Michele lo tirò sempre calmo da parte e gli sussurrò qualcosa che non distinsi, Phoebe ritrasse le ali, anche loro lo fecero ma io non ci riuscivo, un cumulo di emozioni mi impediva di farlo.
“Ezechiele ci tiene molto a Phoebe Alice, non dargli peso, ma dimmi perché sei qui” ora dovevo fare la mia richiesta, senza giri di parole o infiocchettare la cosa.
“Ho bisogno che mi permettiate di varcare il Limbo per rintracciare i demoni che mi stanno dando la caccia e porre fine a questa faccenda” Selene tirò Michele per la tonaca bianca, i suoi occhi sottili e grandi, orientali e la sua pelle olivastra si scolorirono,
“Tu vuoi andare lì… per ucciderli?” ostentava sempre quella pace, avrei voluto scattare e sbatterlo al suolo perché era rimasto a guardare e poi mi aveva rapita quando la mia famiglia aveva più bisogno di me,
“Esatto, voglio giustizia” scosse il capo,
“E’ vendetta” feci spallucce,
“Andare lì potrebbe implicare la perdita di tutto quello a cui sei legata a questo mondo lo sai?” annuì,
“E’ un rischio che devo correre” Ezechiele dubbioso si avvicinò così tanto sfiorandomi le ali con le dita, lo fissai infastidita, i miei occhi azzurri illuminavano i suoi neri come la notte,
“Sei disposta a perdere te stessa in quel dimenticatoio pur di proteggere la tua famiglia…ammirevole” respirai a fondo e ritrassi le ali, dovevo controllarmi,
“Non posso accogliere la tua richiesta” sentenziò Michele, strinsi un pugno,
“Come fai a sapere del resto che sono lì?” chiese Selene,
“E’ l’unico posto dove non ho cercato, ne sono certa, è lì che si nascondono…voi” il pavimento cominciò a vibrare,
“ Michele, se continua a venire qui lo distruggerà questo posto prima o poi” Ezechiele afferrò una delle lance delle guardie e me la puntò contro,
“Ora basta, lasciateci, aspettate fuori, voglio parlare con lei da solo” disse con voce tonante, senza un fiato tutti uscirono, mi ero voltata, a volte non riuscivo a contenere tutta l’energia che era dentro di me, chiusi gli occhi, li tenni serrati anche quando Michele mi pose entrambe le mani sulle spalle e una sensazione di calma e conforto mi scivolò addosso.
“Tranquilla Alice nessuno ti farà del male qui…” lasciò la presa e mi voltai, mi sorrideva ancora,
“Accetta la mia richiesta, me lo dovete , dopo tutto quello che ho passato” sospirò,
“Proprio per tutto quello che hai passato Alice, proprio per questo, torna a casa, Eleonor non ti attaccherà più, sa che ti proteggiamo noi” la loro non era protezione.
“Proteggermi? Voi mi state annientando a poco a poco! Non ce la faccio più, le vostre intromissioni volte a tutelarmi mi fanno solo del male e nuocciono alla mia famiglia, a mio figlio…” Michele era confuso,
“Dov’era la vostra protezione quando mi hanno rapita e stuprata con l’inganno, dov’era quando quella pazza ha cercato di uccidere Edward Carlisle e Jasper, voi mi avete teletrasportata in quella lurida isola in mezzo all’oceano, questo lo definite proteggermi? Mi avete messo in una teca di vetro solo perché temevate che lei avesse il potere, non vi importa della mia vita o delle persone a cui tengo…” lui sembrò intristito da quelle parole e si passò una mano sul volto,
“Sono una specie di trofeo o non saprei, sono un esperimento che volete tenere sotto controllo, o avete così tanta paura che possa distruggervi?” non me ne ero resa conto ma stavo piangendo, cercai di ricompormi, Michele mi abbracciò, ero basita ma non opposi resistenza le sensazioni che promanava erano così piacevoli che esausta ne fui vinta.
“Alice presto capirai perché sei così importante, tu sei speciale, sei la nostra salvezza e la nostra distruzione, capisci? Non abbiamo paura di te ma di quello che è dentro di te, ma non vogliamo frenarti o annientarti. Vogliamo aiutare ma non ci è possibile interferire sempre e nessuno può vedere cosa pensano o fanno i demoni, mi dispiace non averti protetta a Boston” gli strinsi la tonaca,
“Ho fatto una cosa orribile sull’Isola ed è anche colpa vostra” si scostò,
“SI è vero… ascolta va bene… ti farò avere l’unanimità del consiglio per il Limbo ma se deciderai di entrarci non potremo portarti via questa volta, sarai da sola” sorpresa che avesse mutato parere mi asciugai gli occhi e mi ricomposi.
“Va bene” sono già sola, pensai. Mi voltai per uscire dal tempio.
 
Uscita dal tempio raggiunsi in fretta Phoebe, una calca di angeli curiosa circondava l’intera zona,
“Allora?” annuì impaziente di andarmene da quel posto, aprimmo le ali e ci alzammo in volo, non potei non notare l’occhiata enigmatica e inquietante che mi lanciò l’anziano Ezechiele, tutti loro mi nascondevano dell’altro ma forse non l’avrei e non l’avrei voluto scoprire mai. Planammo in direzione di Forks, avevo l’impellente bisogno di vedere Aiden, avrebbero potuto tenermi lì, lontana dai demoni ma non sapevo per quale grazia avevano accettato di collaborare.
“Alice, aspetta senti” distratta dai miei pensieri capii solo allora cosa intendesse, tonfi sordi e odore di sangue provenivano dal basso, che Sean fosse stato attaccato dagli aguzzini di Eleonor? In picchiata scesi il più veloce possibile. Sean era caduto all’indietro con fiotti di sangue che gli sgorgavano dalle narici ma si era subito rialzato e come un ariete si era buttato di testa contro il petto dell’altro…ma l’altro era Jasper. Mi fermai a mezz’aria incredula, Phoebe poco sopra di me, stavano lottando!? Non avevo intenzione che finisse così. Anche Jasper aveva delle ferite alle braccia, notai che Sean impugnava due falcette seghettate in entrambe le mani, erano alla pari ma Jasper riuscì a sopraffarlo da dietro ad un certo punto, teneva strette le ali, poi fece una torsione brusca e lo scroscio che esse produssero rompendosi mi fecero accapponare la pelle…

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Capitolo 14
*** Il Limbo ***


POV ALICE

“Fermi! Ma che state facendo!?” ancora in alto allargai entrambe le braccia e due violenti fiotti di vento li separarono di alcuni metri, atterrai al centro con le ali tese. Sean tentava di soffocare i rantoli di dolore mentre era semi-accasciato sul terreno con le ali inerti e sanguinanti.

Jasper come se si fosse svegliato da un incubo mi guardava teso, ancora fumante per l ‘ adrenalina. Si sollevò e scattò nella direzione opposta voltandomi le spalle. Un magnete mi imponeva di seguirlo di parlargli ma prima mi assicurai che Sean stesse bene, Phoebe si accucciò su di lui e cominciò a guarirlo,
“Vai, lui sta bene” Ritrassi le ali e seguii Jasper, anche le mie emozioni erano contrastanti, ero arrabbiata si che avesse agito in quel modo ma preoccupata per il medesimo motivo e triste infinitamente triste perché ne ero io la causa e andava sempre peggio per lui.
“Jasper, Jasper, vuoi fermarti, per favore…” si bloccò e poi si voltò lentamente, leggevo sul suo volto il senso di colpa per quello che aveva fatto, lui non era così, sapeva di non esserlo.
“Che cosa volevi fare? Perché l’hai attaccato?” si portò una mano sul viso e soffocò una risata nervosa,
“Alice, lui era qui a Forks, dopo tutto quello che è successo mi chiedi il perché? Non voglio che si avvicini ad Aiden o a nessuno di noi… ma tu lo lasci venire qui…”
“Per proteggere te ed Aiden… Jazz, lascia che ti spieghi” scosse il capo,
“No ascolta, io sono andata in Paradiso per chiedere agli anziani il permesso di entrare in un luogo dove i demoni si nascondono e ho detto a Sean di sorvegliare la zona in mia assenza, non volevo che vi incontraste o che … accadesse” ero esausta, stanca di tutta quella situazione, mi sedetti portandomi le ginocchia al petto appoggiata al tronco di una quercia. Jasper a braccia incrociate mi osservava,
“ Sean non ha colpa” dissi,
“Alice come fai a stargli vicino dopo quello che ha fatto, come fai solo a pensare di stargli vicino, che fosse drogato o meno l’ha fatto e … tu stai con lui” per la stanchezza, la tensione, una molla scattò dentro di me, mi sollevai scattando verso di lui a pochi centimetri dal sul volto, sentivo le pupille bruciare e dilatarsi,
“Pensi che non lo sappia, io faccio ogni notte lo stesso incubo da mesi…Jasper… e lo sai… sono consapevole di quello che è accaduto in quella stanza, ora so che è reale so che lui mi ha…pur non volendo farlo e ogni volta che lo guardo o che mi passa accanto per un secondo il mio cervello dimentica che anche lui è una vittima e vedo solo il corpo che mi teneva inchiodata al letto e il dolore e ho paura… ma poi vedo un ragazzo con l’anima a pezzi tanto quanto la mia… non è giusto punirlo non è giusto aggredirlo …non è lui il vero responsabile” Jasper spiazzato per quelle parole e per la rabbia con cui le avevo pronunziate respirò a fondo e arretrò di qualche centimetro, respirai anche io e tornai alla mia posizione contro il tronco,
“Se vuoi prendertela con qualcuno, fallo con me…” dissi in un sussurro,
“Non potrei mai farti del male” la sua voce si incrinò,
“Io te ne ho fatto… coraggio colpiscimi!” lo spintonai, non dormivo da giorni e non sopportavo di averlo li e di non poterlo toccare, mi prese per le spalle piano, lo sentiva,
“Alice, smettila…” ci guardammo per un secondo e potei percepire qualcosa, finalmente potevo sentire che non mi odiava, mi staccai imbarazzata,
“Scusa, non so cosa mi prende… sono…stanca…” lui annuì,
“Io…ho esagerato, non dovevo ridurlo in quel modo… non volevo davvero farlo ma qualcosa è scattato, il solo pensiero che …mi fa…impazzire” lo capivo, e come non poteva essere altrimenti, abbassai lo sguardo.
“Ora è meglio che torni a casa” no non volevo che andasse, chissà quando avremmo parlato di nuovo, Jasper avvertii esattamente cosa pensavo era combattuto ma non ancora pronto a perdonarmi, non era corretto farlo soffrire ulteriormente,
“D’accordo” dissi annuendo e cercando di cogliere un ultimo stralcio di calore nei suoi occhi.

Tornai lentamente da Phoebe e Sean, ero come svuotata da quella giornata e desideravo solo buttarmi fra le lenzuola e dormire ma dovevo assicurarmi che lui non fosse ferito gravemente. Era appoggiato ad una roccia Phoebe gli teneva premuto sul naso un fazzoletto di stoffa intriso di sangue, sentii il rantolo soffocato di Sean per rimettere le ali dentro.
“Sean mi dispiace per quello che è successo” mi guardò stordito ma mi sorrise,
“Un ala lussata ci metterà 1 settimana per guarire completamente e l’altra è rotta, ci vorra’ forse un mese o due” sentenziò Phoebe allontanandosi e spalancandole ali.
“Ci vediamo dopo” disse e sparii.
“Di al tuo vampiro di colpire più forte la prossima volta per spezzarmi anche l’altra ala” disse ironico, scossi la testa e aiutai a sollevarlo,
“Il sangue si è fermato finalmente” scagliò a terra il fazzoletto infastidito,
“Era fuori di sé, non è da lui agire in questo modo” Sean mi strinse la spalla da cui lo sostenevo,
“Io non volevo reagire, non mi ha dato neanche il tempo per spiegare” annuì,
“ Ti vuole proteggere, lo capisco credimi” spinse la fronte contro la mia ma mi scostai irrequieta,
“Non dirmi nulla, lo so… scusa, a volte non riesco a controllarmi” e starmi vicino non gli era affatto di aiuto.
 
 


 
POV JASPER
 
A passi lenti e pesanti mi avvicinai sempre di più a casa Cullen, Edward mi aspettava, sentivo la sua scia di preoccupazione da chilometri, aveva capito le miei intenzioni quando avevamo avvertito la presenza di Sean, aveva provato a fermarmi, ma la mia espressione di rabbia e dolore lo aveva fatto desistere. Tentava di farmi ragionare, voleva che io ed Alice tornassimo insieme, come prima…ma… ma io non riuscivo a capire me stesso. Una sagoma bianca attraversò il cielo, mi fermai ascoltando, era silenziosa, un’ombra bianca. Atterrò con la leggerezza di una piuma davanti a me e ritrasse le ali screziate d’oro. Phoebe, la giovane maestra di Boston, l’angelo che mi aveva avvertito su Sean, su i demoni, e che ora stava aiutando direttamente Alice, era strana, ma sempre cordiale. Non sapevo cosa volesse nè cosa dire.
“Ciao Jasper” cominciò lei, si toccò nervosamente i riccioli biondi,
“ Se cerchi Alice credo sia andata a nord” sospiro’,
“Veramente cercavo te” incrociò le braccia cupa,
“Facciamo due passi” aggiunse, non ero in vena di parlare, tanto meno con una sconosciuta ma sembrava davvero irrequieta e mi implorò con gli occhi verdognoli. Acconsentì e ci muovemmo lungo un selciato di pietra tra i pini spioventi.
“Il demone, sta bene?” sembrò sorpresa di quella domanda, mi scrutò attenta sondando le mie emozioni,
“Direi di si, l’hai ridotto male ma si riprenderà” calciò un ciottolo che ruzzolò fino ad un ruscello,
“ Credevo che l’avresti fatto a pezzi” sorrisi perché anche lei sorrideva per smorzare la tensione,
“L’avrei fatto se Alice non ci avesse separati…non sta a genio nemmeno a te o sbaglio?” fece spallucce,
“Siamo nemici per natura… ma in teoria dovrei esserlo anche con voi vampiri e in parte con lei” già e anche io ero l’esatto opposto di una parte di lei.
“Credo che tu non voglia parlare di antiche inimicizie, cosa vuoi da me Phoebe?” dubbiosa mi si parò davanti,
“Va bene, sarò diretta, tu ed Alice non potete restare separati” la guardai interrogativa,
“Niente enigmi questa volta, cosa vuoi dire?”  sospirò,
“Voglio semplicemente dire che dovreste tornare insieme, smetterla con questa agghiacciante barriera che vi siete creati” quell’angelo aveva un gran coraggio a dare consigli, giacchè lei e la sua gente avevano fatto tutto il possibile per tenerci lontani.
“Ascolta, non voglio essere brusco con una …come te… ma per colpa tua e dei tuoi capi sono successe cose che non possono essere cancellate e non posso tollerare che tu venga a dirmi come dovrei reagire, tu non mi conosci, non sai niente di me o di Alice… non sai niente” accelerai il passo sicuro che se ne sarebbe andata ma continuò a camminare accanto a me.
“Hai ragione non vi conosco bene, ma sto imparando a conoscere Alice in questi mesi e ho compreso quanto sia speciale finalmente, ho capito perché loro vogliono tutelarla e perché ne hanno così terrore, ho percepito quanto stia soffrendo, ogni singolo giorno che è lontana da te il suo cuore si indurisce sempre di più, ogni volta che viene fuori il tuo nome o basta un pensiero e i suoi occhi brillano e poi si velano di lacrime, lei ha bisogno di te Jasper” quelle parole erano sincere e provava un affetto complesso e profondo per Alice, lo sentivo chiaramente, mi fermai, quelle parole mi facevano male,
“Lo so, lo so cosa sente, cosa sta provando perché per me è la stessa cosa Phoebe ma io non posso farci nulla” l’angelo mutò completamente atteggiamento, la calma frammista a preoccupazione che la colmavano svanì e si infuriò camminando su e giù.
“Io proprio non riesco a capirvi, ho vissuto per secoli e ho provato anche io l’amore, credo di averlo provato per un umano che mi è stato portato via che è morto e non potrò più rivedere, pensi di essere l’unico ad essersi innamorato di qualcuno che è diverso da te e con cui non dovresti stare? Io vedo l’anima di quell’umano anzi la vedevo ogni singolo giorno in Paradiso ma gli anziani gli hanno cancellato la memoria  così lui non ricorda nulla di me, e mi passa davanti e mi fa un cenno e io vorrei cavarmi il cuore dal petto perché lui è li, la sua anima è li e potrei parlarci ma mi è precluso, devo stargli lontana devo stare in silenzio. E fa male, davvero.” Ero sconcertato dalla sua storia, doveva essere terribile,
“E voi due, tu, tu che hai qui per un tempo indefinito l’amore della tua vita, e non credo di aver mai visto un sentimento così vero e intenso tra due creature, ce l hai qui vicino a te, le stai consapevolmente lontano per una tua decisione.” Scosse la testa,
“Ma…” mi bloccò afferrandomi per il collo della camicia,
“So che ti ha ferito, so che ha fatto una cosa sbagliata e il tempo forse potrà annebbiarla ma mai cancellarla e questo lei lo sa, il suo senso di colpa glielo rammenterà sempre, lo so, eppure non so cosa darei per riabbracciare Erik, preferirei che mi conficcasse un pugnale nel cuore cento volte se questo implicasse lo stargli vicino” mi lasciò, mi sentivo un’idiota, ero davvero così orgoglioso, l’avrei tormentata per quanto ancora?
“Oggi siamo andate in Paradiso” si calmo’,
“SI me l’ha accennato” dissi,
“Non credo ti abbia detto del Limbo, è lì che vuole andare, per cercare i demoni ma credimi Jasper potrebbe non uscire mai più da quel posto, è un luogo in cui ci si perde facilmente e potrebbe dimenticare te ed Aiden, capisci, io ho cercato di farla desistere ma solo tu puoi convincerla probabilmente” cosa? Questo non me lo aveva detto, Alice però non mi avrebbe ascoltato dopo il mio comportamento e come darle torto,
“Puoi ancora fermarla, ma devi perdonarla prima, se l’ami “
“Certo che la amo, più di qualsiasi cosa al mondo” sorrise mesta,
“E allora sbrigati, tutto potrebbe mutare di nuovo Jasper” e si smaterializzò.
 
Quella sera restai a fissare la parete sopra il letto per ore, dovevo sbloccarmi, dovevo fare il primo passo e perdonare quello che era successo e sperare che lei potesse accettare le mie scuse. Mi arrovellai sino ad avere la testa pesante come piombo. E poi capì che dovevo solo andarle vicino e dirglielo. Mi sentivo così furioso con me stesso. Era vero avevo perso tempo prezioso, tempo buttato via senza di lei. In quei mesi mi ero sentito un’ombra, non provavo più nulla senza di lei. Ma ora era il momento di voltare pagina e di essere felice, di non soffrire.
All’alba mi cambiai i vestiti e indossai la giacca di feltro grigia, dovevo trovarla. Mi addentrai di poco nella foresta e ritrovai Phoebe seduta tra i rami a strappare nervosa piccoli germogli verdi. Appena mi vide le sue emozioni mutarono, una strana luce le aleggiò negli occhi grigi.
“Bene, ti porto da lei” senza che potessi dire nulla saltò giù e mi afferrò stretto un gomito, poi mi sentii come catapultato all’indietro, non sentivo più né braccia né gambe, era tutto un vorticare confuso, passarono alcuni secondi senza che vedessi distintamente nulla e poi sentii l’erba appena tagliata e coperta di brina sulla faccia e sui vestiti. L’angelo torreggiava in piedi e mi tese una mano. Incredulo mi sollevai e mi guardai attorno. Non eravamo più nella foresta o in Alaska, eravamo in un parco cittadino. Una forte nausea compromise quello che stavo per dire.
“Qualche minuto e dovresti stare bene… l’avevi già provata la materializzazione no? Alice mi ha detto che Sean vi aveva tirati fuori così dall’ inferno in Italia…” cominciò a parlare ininterrottamente, al nome del demone sussultai ma stavo aspettando che le vertigini finissero.
“Si, sto bene…ma dove siamo?” mi guardai attorno e capii, quel parco, quel preciso parco di pochi ettari, gli alberi di ciliegio ormai secchi, l’aria odorosa di erba e cannella della pasticceria Dodge and Co...Philadelphia.
“Alice è venuta qui…” dissi sorpreso, aveva ritrovato il nostro posto, la città dove ci eravamo conosciuti, dove mi stava aspettando.
“E’ vicino al ponte di sicuro… forza va da lei, e cerca di convincerla a lasciar perdere il Limbo” detto questo si smaterializzò sollevando spruzzi di terriccio ed erba. Respirai profondamente e camminai verso il ponte di legno. Pochi umani si aggiravano nella penombra del mattino, ed erano per lo più vecchietti con giornale e caffè. Lei era appoggiata alla ringhiera, guardava il riflesso del suo volto nello specchio d’acqua.
 



 
 
 
POV ALICE

Domani, salutare Aiden, dirgli che sarei tornata e che sarebbe andato tutto bene, riuscire a vedere Jasper anche per pochi secondi mi sarebbe bastato, e poi arrivare al limbo. Ecco il piano. Il futuro era confuso però non capivo cosa sarebbe successo e la mia mente era troppo affollata da visioni di ogni cosa possibile. Sospirai e una nuvoletta di vapore si sollevò nell’aria gelida. Mi scostai dalla ringhiera e arretrai di qualche passo, sarei rimasta su quel ponte per sempre, pur di non tornare alla realtà dei fatti. Ma dovevo. Che strano, oltre agli umori del terriccio c’era un odore diverso, come di viole. Non poteva essere. Eppure… qualcosa mi sfiorò la mano sinistra che penzolava sul ponte, la strinse. Mi voltai. Era Jasper, davvero era lui. Ero così presa dalla mia testa che non lo avevo sentito arrivare. Mi guardò negli occhi senza distogliere lo sguardo come non faceva da mesi, c’era calore nei suoi occhi ma anche paura, molta paura. Io mi sentivo… bene, finalmente mi sentivo bene…e tutto sembrava perdere quella pesantezza opprimente. Spostai lo sguardo sulla sua mano, sorpresa, lui la lasciò. Fece qualche passo avanti e fissò il lago.
“Alice io voglio parlarti” mi avvicinai anch’io alla ringhiera,
“Ti ascolto” dissi pacata, la speranza che mi avesse perdonata si stava affievolendo, insomma come poteva farlo sul serio dopo quello che… chiusi gli occhi, dovevo accettare le conseguenze delle mie azioni qualsiasi cosa mi avrebbe detto, anche se significava lasciarmi. Mi si bloccò il respiro al solo pensiero, perché ingannare me stessa? Io non potevo vivere senza di lui, non potevo… Jasper stava sondando le mie emozioni e si rese conto delle palpitazioni che avevo.
“ Quello che è successo sull’isola mi ha reso furioso e triste, inerte… per questo non riuscivo a parlare con te… con nessuno…” i miei battiti aumentarono,
“ Ma la cosa peggiore del fatto che tu sia stata con un altro è che l’hai fatto per salvare noi…me…” soffriva nel dire quelle parole, sospirò,
“ Jazz io…” mi prese di nuovo la mano, non riuscivo a guardarlo, non adesso ma me la strinse e la massaggiò,
“Lasciami finire…  mi sento male perché quella cosa che io considero peggiore in realtà è stato un atto altruista… e io non riuscivo a capirlo…” lo guardai, avevo gli occhi lucidi e un cumolo di emozioni confuse mi balenò in testa.
“ Io dovevo capirti, dovevo capire perché l’avevi fatto sin dall’inizio, per quanto sia sbagliato per quanto non si possa cancellare tu hai fatto la cosa giusta…e ti è costato molto, lo so… lo sentivo l ho sempre sentito ma volevo essere cieco e non vedere e di pietra per non sentire te e quello che provavi… mi dispiace” ero così sopraffatta dalla gioia che mi stesse dicendo quelle parole che non riuscivo ad articolare una frase.
“ No tu…non…chiedere scusa…a me… Jasper è stata colpa mia, e non sai quanto mi sia pentita e non posso permettere che tu chieda scusa, ti ho fatto del male… non chiedermi scusa” mi si incrinò la voce, Jasper non ci pensò e mi attirò a sé abbracciandomi, quel contatto così piacevole o se mi era mancato, lo strinsi più forte che potevo aspirai a fondo il suo odore, chissà se avrei potuto farlo ancora.
“ Alice ti ho lasciata sola, quando il senso di colpa ti stava divorando e avevi appena perso un bambino… e ti avevano… devo chiederti scusa…” due lacrime mi scivolarono silenziosamente sul volto mentre mi accarezzava i capelli,
“ Tu ne avevi  il diritto…” mi tirò indietro e mi tenne stretta quasi con rabbia,
“No io dovevo restarti vicino” mi accarezzò la guancia,
“ Jazz, ti rigrazio per quello che hai detto, ora qualsiasi cosa farai io l’accetterò…” continuai a guardarlo, ora era confuso,
“Cosa vuoi dire?” tirai su col naso e incrociai le braccia affranta,
“ Se non vuoi più vedermi io…lo…capirò” dissi in un sussurro mentre mi si spezzava il cuore,
“Alice, no io non potrei mai…. ” cose se fossi stata in un sogno tornai perfettamente lucida,
“Tu non vuoi lasciarmi?” Jasper sorpreso si passò una mano sul volto, si riavvicinò cingendomi a sé,
“Come può passarti per la testa quest’idea…” Mi asciugò le lacrime, anche lui era molto provato e gli tremava la voce,
“E’ che io non riesco a perdonarmi… e non vedo come tu possa farlo…io” poggiai la mia mano sulla sua impressa sulla mia guancia,
“ Tu devi perdonarti per me e per Aiden…. Alice io ti amo non posso stare senza di te…e come mi ha detto una persona saggia preferirei che mi infilzassi il cuore 1000 volte pur di averti vicina…” una gioia improvvisa mi mozzò il fiato, mi sorrise, uno di quei sorrisi che ti scalda il cuore e non potei fare a meno di riflettere quel sorriso e poi lo baciai, lentamente e con passione e mi sentii di nuovo me stessa.
 





 
POV JASPER
 
“Voglio mostrarti una cosa” mi disse e uscimmo dal parco in fretta, il sole faceva capolino tra le nuvole e cercammo di camminare il più possibile all’ombra per evitare gli sguardi curiosi degli umani. Camminammo per circa 1 ora, Alice non voleva smaterializzarsi ovunque mi stesse conducendo e gliene ero grato, era una sensazione spiacevolissima. Parlammo a lungo, di tutto e quei mesi di silenzio sembrarono dissiparsi. Mi era mancato così tanto il suono della sua voce e sentirla ridere, avvertire la sua gioia, da quanto, troppo tempo.
“CI siamo quasi” a Philadelphia quasi tutto mi era familiare, e anche il sentiero di periferia che stavamo percorrendo tra un boschetto di betulle. Avevo capito dove eravamo arrivati.
“Non ci posso credere, è ancora qui…in piedi..” sbalordito fissai il piccolo cottage in legno di pino scuro, il porticato era oramai eroso dalle termiti ma il tetto era intatto e anche la sua architettura nel complesso, il caminetto in pietra coperto di leggera fuliggine dimenticata. Alice si avvicinò all’ingresso soddisfatta.
“Non ci abita nessuno…sono giorni che ci torno…è cambiato certo ma alcuni particolari sono identici Jazz…” mi prese per mano e mi condusse alla porta, la maniglia d’ottone era arrugginita. Dentro però Alice aveva ripulito tutto, non c’era polvere, né muffa, un tappetto di pelo era stato srotolato accanto al camino e le mensole della cucina erano perfettamente in ordine così come i cuscini dei divanetti di stoffa rossa. Le finestre erano cristalline e le mura tappezzate di quadri psichedelici, poi notai diverse tele e secchi di vernice vuota accalcate in un angolo.
“Deve averci vissuto un qualche artista o collezionista direi…” molte cose erano diverse ma quelle tende, il tappeto e la camera, la camera da letto era identica, nessuna modifica del più recente proprietario.
“Baldacchino con tende di velluto rosse e guarda lo stesso carrion malandato e lo specchio!” sospirando Alice si tuffò nel piumone ben rassettato da lei.
“E’ incredibile, in 80 anni potevano buttarlo giù questo posto” alzai il coperchio del carrion e una leggera ninna nanna gracchiò nella stanza. Il nostro rifugio ecco cos’era stato quel luogo. Il nostro posto quando vivemmo per qualche anno a Philadelphia, lontano dalla città e da occhi indiscreti quanto bastava per me che non riuscivo a controllare la sete, vicino ad un boschetto per cacciare gli animali. Era perfetto.
“Già” si tolse la giacca e la adagiò sulla sedia dirimpetto il comodino,
“Quante volte sei stata qui?” sedetti accanto a lei e le scostai un ciuffo di capelli corvini dal viso,
“ 5 o 6 volte negli ultimi giorni, avevo bisogno di riflettere” annuì, forse era il momento di chiederle del Limbo e di seguire il consiglio di Phoebe ma eravamo noi due nel nostro rifugio e desideravo baciarla e stare con lei. Era lì che avevo visto il paradiso per la prima volta, li avevamo fatto l’amore e avevo capito che era l’unica donna della mia vita. Alice colse subito i miei pensieri e mi gettò le braccia al collo. Cominciammo a baciarci affamati, con ardore, mi era mancato il contatto con il suo corpo, il suo odore, guardarla, era splendida, bellissima. La spogliai con frenesia, la luce del giorno invadeva la stanza e faceva rifulgere i nostri corpi nudi. Eravamo uniti finalmente, una sola persona, mentre i nostri gemiti e respiri si confondevano. Continuavamo a guardarci. Le iridi di Alice si colorarono di un tenue azzurro ed avverti insieme alla gioia all’eccitazione al calore anche qualcosa di diverso, un alone di paura. I quadri delle pareti cominciarono a vibrare, lei distolse lo sguardo. Rallentai fino a fermarmi. Forse non dovevamo farlo, forse era ancora traumatizzata per il bambino e per il demone.
“Alice vuoi che smetta?” tornò a guardarmi, una lacrima le solcò la guancia ma strinse più forte le cosce intorno alle mie natiche e prese il mio viso tra le mani,
“No Jazz, niente dovrà separarci ancora…niente” i suoi occhi scintillarono ancora di più ma le pareti smisero di vibrare. Avrei voluto che il tempo si fermasse.
 
 



 
POV ALICE

Aprii gli occhi lentamente, era buio, di già? Io e Jasper eravamo rimasti nel cottage così a lungo? Sorrisi soddisfatta mentre mi stiracchiavo avvolta nel lenzuolo bianco e profumato. Tastai il materasso, non era lì. Una brezza gelida si insinuava dalla finestra semi aperta. La chiusi e scrutai all’esterno, il boschetto di betulle era fitto e scuro e sembrava così stranamente vicino, quasi che le fronde degli alberi volessero entrare in casa. Presi una vestaglia rossa appoggiata alla sedia.
“Jasper?” nessuna risposta, la casa emanava un odore acree e di bruciato. Non mi sentivo affatto tranquilla, svelta arrivai al piano principale e …
“E’ vuota, ma cosa…” le tende, i quadri, il tappetto il fuoco, era tutto sparito. La porta si spalancò all’improvviso facendomi trasalire, una sagoma incappucciata di nero avanzava lentamente, tentai di spalancare le ali, di muovermi di reagire ma ero come paralizzata dalla paura… dove era Jasper?
“Aiden!” esclamai senza motivo come se mi aspettassi che mio figlio fosse li, la sagoma avanzò e la porta si chiuse con un tonfo. Tolse il cappuccio e una fluente chioma nera le ricadde sulle spalle.
“M-mamma” interruppi i miei respiri affannosi,
“Che succede? Tu sei …viva?” l’angelo, la donna che era stata mia madre almeno per  alcuni mesi aveva il viso pallido e smunto ma gli occhi azzurri luminosi e un sorriso quieto. Mi prese per le spalle e mi abbracciò.
“Tesoro mio, non ho molto tempo… devo impedirti di fare qualcosa di stupido” ero così scioccata, la sua voce era come ovattata.
“No non sono viva, io sono nel Limbo, e tu devi ascoltarmi, non venire laggiù te ne prego, se verrai non rivedrai più tuo figlio né Jasper né gli altri…promettimelo Alice” mi strinse così forte per le spalle che sentii dolore,
“Aspetta, aspetta cosa? Perché tu sei lì?” il suo sguardo divenne vitreo e poi non sentii più le sue unghie arpionarmi le spalle e il suo respiro, la sua sagoma stava svanendo,
“No no no…non andare…”




 
 
POV JASPER

Mi ero  quasi appisolato anche io ma l’ansimare di Alice mi ridestò, era appoggiata al mio petto e dormiva beata quando si sollevò perfettamente lucida con fiato corto. Tastò il mio petto per assicurarsi che fossi lì davvero e si guardò intorno.
“Era un sogno…” sussurrò afflitta,
“Hey, va tutto bene?” mi sollevai mettendole un braccio intorno alla vita,
“Io…ho…sognato mia madre…non l’avevo mai sognata prima” sospirò, si accoccolò contro di me disegnando figure invisibili sulla mia pelle,
“Ti va di parlarne” le carezzai i capelli preoccupato. Mi raccontò tutti i dettagli e le poche parole che sua madre le aveva detto. L’ammonimento di Phoebe mi sembrò più opportuno che mai.
“ Alice non credo fosse solo un sogno” dissi baciandole la nuca, si sollevò per guardarmi,
“Lo so… lei è davvero bloccata nel limbo…” provava dolore molto dolore, mi aveva parlato di quell ‘angelo, di sua madre e di come fosse stata affettuosa con lei mentre la nascondeva  quando era incinta ed era morta per proteggerla.
“Io credevo che l’anima di un angelo finisse a prescindere con quelle del Paradiso, perché è nel limbo?” non sapevo cosa dirle per confortarla. Mi abbracciò sofferente,
“Alice ci sarà una spiegazione, forse Phoebe” scattò a sedere,
“Oddio, lei non vuole farmi andare nel Limbo, perché sa!” una vena di rabbia e adrenalina come una scossa le entrò in circolo,
“Tua madre o Phoebe?” non la seguivo più,
“Phoebe! E certo anche mia madre perché non vuole che corra rischi ma Phoebe…”
“Anche lei vuole proteggerti, è sincera, l ho avvertito il suo affetto per te…” lei annuì,
“Lo so Jazz, non è questo, lei sapeva che mia madre era lì, per forza ma non me l ha detto e non vuole che vada a parlarle, mi stanno tenendo all’oscuro di qualcosa…” e lei voleva sapere anche se ciò implicasse l’unica cosa che le avevano sconsigliato, andare in quel posto. Ci vestimmo in fretta e spegnemmo il fuoco, Alice stava prendendo il cappotto, era quasi mezzogiorno. Uscimmo al sole e mi voltai a guardare quel piccolo angolo di paradiso ancora una volta. Accelerai e presi per mano Alice trattenendola.
“Alice…” lo sapeva cosa stessi per dire, mi strinse la mano,
“Jazz lo so cosa pensi, e credimi io vorrei ignorare questa storia ma non ci riesco” mi guardò supplicante, non volevo costringerla a fare nulla, non adesso che eravamo riusciti a perdonarci.
“ Niente deve separarci di nuovo, lo hai detto tu” l’attirai a me,  era combattuta, molto,
“Si è così…” mi afferrò l’orlo del colletto stringendolo tra le dita,
“ Tu devi farlo lo capisco… ” appoggiò la fronte alla mia ad occhi chiusi,
 “Grazie, per tutto questo, io non ti rendo le cose semplici ma ti amo e ti prometto che non mi accadrà nulla”




 
POV SEAN

Phoebe era tesa, aspettava qualcosa, impaziente ciondolava avanti e indietro nel cortile della villetta di pietra di Denali. Mi stava innervosendo giacchè non voleva dirmi cosa diavolo stessimo aspettando.
“Senti io me ne vado se non mi dici…” mi lanciò un’occhiata furente,
“Sta zitto, devo concentrarmi…” alzai gli occhi al cielo, passarono altri 10 minuti.
“Sean sto aspettando che Alice mi chiami” si degnò di parlare finalmente,
“Spero che lui l’abbia fatta ragionare, per favore, deve essere così” ancora tentava ancora di distoglierla dalla nostra vendetta. Non capivo quella donna se voleva davvero aiutarla doveva permetterglielo. Lui… si riferiva al vampiro? Ma se non le rivolgeva la parola…
“Ecco…andiamo Sean, prendimi la mano” la guardai confusa,
“Io? Non ti aiuterò nel tuo vano tentativo di farle cambiare idea” incrociai le braccia irritato,
“O cielo non so se cambierà idea e certo non voglio il tuo aiuto ma se vorrà andare nel limbo le servirai tu” mi prese di forza, io non potevo smaterializzarmi con le ali in quelle condizioni o avrei rotto anche l’altra. Comparimmo in un boschetto umido molto più caldo dell’Alaska.

Eravamo a 30 metri da loro. Da lei e dal vampiro… no… erano insieme e lui le poggiava un braccio sul fianco guardando accigliato nella nostra direzione. Il mio umore era drasticamente peggiorato adesso. Saettarono verso di noi. Phoebe era in brodo di giuggiole per la riuscita del suo piano. Niente Limbo allora. La abbracciò e scoccò un’occhiata maliziosa a Jasper. Io me ne stavo qualche passo indietro ad osservare un picchio scalfire la superficie di un tronco. Ma Alice si avvicinò lo stesso,
“Sean, devo parlare a entrambi” cercai di mantenere un atteggiamento tranquillo nonostante fremessi di rabbia giacchè lui era tornato da lei. E Jasper lo percepiva chiaramente, si irrigidì.
“Phoebe devi mostrarmi qual è l’accesso” disse lei tranquilla,
“Cosa?” la faccia di Phoebe si contrasse in un’espressione buffa, cercava di esse arcigna ma con quei lineamenti perfetti e delicati e gli occhi rotondi e dolci proprio non ci riusciva. Un pizzico di soddisfazione stornò per un attimo le mie emozioni.
“Per il limbo Phoebe, ora torniamo a Forks, devo parlare gli altri e con mio figlio e poi partirò” Phoebe fissò lei poi Jasper poi di nuovo lei.
“Ma io credevo che tu…”Jasper alzò le spalle poi guardò Alice come se avesse visto la luce per la prima volta, la guardava sempre in un quel modo, e adesso potevo capirlo anche io.
“ Nessuno può farle cambiare idea… credimi…” lei ricambiò lo sguardo dolcemente.
“ E Va bene… ma ti ho avvertita…io non conosco l’ubicazione dei portali ma Sean si e ce ne deve essere uno in America” tutti spostarono l’attenzione su di me, tossichiai,
“Si, in Arizona… so dov’è tu e Pheobe potete smaterializzarci lì, penserò io intensamente al luogo, dovrebbe funzionare lo stesso” dissi ad Alice.
“Bene, ora torniamo da Aiden” afferrò la mano di Jasper e Phoebe fece lo stesso con me contrariata più che mai.
 



 
 
 
POV JASPER

Aiden era accoccolato tra due cuscini e leggeva un fumetto sugli x men, appena avvertì la nostra presenza sorpreso scattò a sedere a gambe incrociate. Alice mi stava davanti, richiusi la porta, nella penombra della stanza una luce azzurognola rendeva le nostre sagome ancora più pallide. La sorpresa di Aiden mutò in ansia immediatamente,
“Che succede?” disse impaziente, vederci insieme e non era il solito weekend di visita di Alice ma un martedì pomeriggio doveva significare che qualcosa stava per accadere, Aiden era molto attento e aveva affrontato situazioni scomode da quando  era nato. Ma questa volta almeno avevamo una buona notizia, essere di nuovo insieme.
“Tesoro non allarmarti, va tutto bene…” mi avvicinai ad Alice per vedere Aiden in viso e le presi la mano, eravamo davanti al suo letto, lui scrutò pensieroso me e poi le nostre dita intrecciate e poi un sorriso bianco e caloroso si allargò sul suo volto. Scostò via le coperta e si alzò sul materasso per abbracciarci, da sopra i suoi capelli neri e arruffati Alice mi guardò stringendolo con tutto il calore possibile.
“Mamma?”
“Si piccolo mio?” Aden titubante soppesò i suoi pensieri,
“ Forks è una città molto bella e tranquilla, qui ho fatto amicizia in pochissimo tempo e poi c’è Renesmee e i nonni e ….” Alice sorrise ponendogli un dito sulle labbra sottili,
“Aiden possiamo fare tutto quello che vuoi e se ti piace vivere qui sarà solo un bene per noi restare vicini alla famiglia, nessuno proverà più a farci del male te lo prometto” Aiden raggiante entusiasta come non lo vedevo da settimane fece un cenno di vittoria e si buttò nel letto all’indietro, afferrò il fumetto e continuò assorto la sua lettura, Alice stava per ricominciare a parlare ma si trattenne,
“Aiden dobbiamo dirti una cosa” iniziai incoraggiandola, dirgli che Alice sarebbe dovuta stare via ancora per un po’ era difficile dopo la speranza che gli avevamo dato che tutto sarebbe stato normale d’ora in poi.
“Ma possiamo parlarne domani, continua a leggere pulce” mi trascinò fuori e chiuse la porta, si appoggiò al muro irrequieta,
“Alice dovremmo dirglielo” dissi pacato,
“Jazz, io non credo sia una buona idea, ne ha già passate tante, due trasferimenti, l‘attacco nel parcheggio, la nostra separazione, ha solo 7 anni non può continuare così” lei aveva ragione, dirgli che sua madre sarebbe andata in una dimensione da cui era difficile far ritorno non era la promessa di tranquillità che gli avevamo fatto e che gli serviva.
“ Hai ragione…” avrei voluto chiederle un’ultima volta di non andare di farlo per Aiden,  ma non era giusto, anche se lo desideravo così tanto che non facesse nulla.
“Domani tornerò e andrà tutto bene Jazz, io posso farcela” la sovrastai contro il muro e la baciai con passione, a stento riuscii a staccarmi,
“ Tu puoi fare qualsiasi cosa lo so”dissi ammirato e spaventato e arrabbiato per quello che sarebbe potuto accadere.
 
 



 
POV SEAN

Non capisco perché debbano venire anche i vampiri. Pensai aspettandoli nel cortile, le foglie rosso sangue degli aceri rilucevano dei bagliori bassi del tramonto. L’aria era fredda, e piena di pollini.
“I vampiri potrebbero aiutare quando Alice uscirà con Eleonor e i suoi cani da guardia” disse Edward che era uscito prima degli altri. Lo guardai accigliato, non era gradevole che qualcuno frugasse nella tua mente. Chiaramente con l ala spezzata non avevo molta forza quindi Edward aveva ragione ma io e il vampiro biondo nello stesso spazio vitale, non era una buona idea dati i trascorsi. Edward sorrise nervoso. Alice Phoebe e Jasper uscirono a ruota raggiungendoci.
“Okay, Sean Edward prendetemi la mano, Alice tu qui a destra e Jasper si lì” formammo un cerchio abbastanza ampio e lontano dagli alberi per evitare di scaraventare qualcosa in aria,
“Chiudete gli occhi e restate calmi” facile a dirsi ma Alice mi stringeva la mano e quel contatto fece aumentare i miei battiti.
“Sean pensa intensamente al portale,io ed Alice faremo il resto,questa è una smateliarizzazione condivisa quindi non interrompete il contatto fisico o solo dio sa dove finiremo” tutti si irrigidirono. Arizona 44 nord 58 sud, Arizona 44 nord 58 sud, Arizona 44 nord 58 sud. Ripetei mentalmente finchè non capii che ci stavamo muovendo. Atterrammo bruscamente sul suolo polveroso del deserto. Phoebe ebbe l’eleganza di cadere perfettamente eretta mentre noi altri ruzzolammo a terra. CI scrollammo la polvere rossastra di dosso.
“Dove siamo?” disse Alice riparandosi gli occhi dal sole basso e rovente,
“Arizona” risposi e la mia voce seppur bassa risuonò nello spazio vuoto, Edward sfrecciò avanti e indietro per esplorare il territorio, confuso mi afferrò per un braccio,
“Siamo in pieno deserto, non ci sono edifici o esseri umani per chilometri, dov’è il portale?” scettico , lui come tutti dopo quello che avevo fatto.
“Non pensavo questo” disse subito preoccupato, si dopo quello che ho fatto ad Alice ma non dimentichiamo che l ho … e che ha perso un bambino per colpa mia…. Dallo stringermi il braccio con irruenza Edward passò a darmi una pacca sulla schiena.
“Non tormentarti, è passato, ora dobbiamo concentrarci” sussurrò impercettibilmente in modo che potessi udirlo soltanto io.
“Beh?” Phoebe aveva gli occhi puntati su di me impaziente, Alice e Jasper che stavano sussurrando anche loro l’uno rivolta all’altro fecero ugualmente attenzione.
“Da questa parte, pochi metri e lo troveremo” Balthazar mi aveva spesso affidato il noioso compito di sorvegliare quello stupido arco di pietra nel bel mezzo del nulla per punirmi. Era un lavoro infinito e terribilmente frustrante. La guardia durava intere settimane e non c’era nulla da fare, solo fissare la pietra e sperare che qualche sciocco intendesse varcarla, ma in 100 anni nessuno ci aveva mai provato. Camminammo si e no per 10 minuti poi feci cenno agli altri di fermarsi. Il paesaggio era il medesimo e alla vista non c’era nulla se non rocce e sabbia e montagne, oramai il sole era sparito all’orizzonte, il cielo era limpido e stellato e la luna semi piena quindi c’era abbastanza luce naturale per vedere. Mi accovacciai sulla sabbia e disegnai la runa per rendere visibile anche a loro il portale. Il sottile velo di protezione si ripiegò nell’aria come se fosse l’increspatura di uno stagno e la porta apparve. Antichi simboli magici ed effigi erano istoriati sulla superficie dell’ arco, alto 3 metri, dall’altra parte continuava il deserto. Jasper con gesto protettivo fece indietreggiare Alice, insieme al portale era apparso anche un demone semi addormentato sulla sua lancia, le ali ingrigite accasciate dietro di lui. Si destò all’improvviso e ci fissò lucido. L’occhio di vetro fisso e vuoto l'altro di un verde accesso scrutò uno ad uno gli estranei, poi si soffermò su di me.
“Sean, brutto bastardo allora le voci sono vere!” si fece una risata e venne ad abbracciarmi energicamente, mi scostati e feci cenno agli altri di avvicinarsi,
“Ma guarda un po’ due vampiri, un angelo…e… tu cosa sei?” Jasper non gradì molto il tono che il vecchio Morthy aveva utilizzato ringhiò minacciosamente, Alice gli scoccò un’ occhiata placida e si avvicinò al demone, spalancò le ali azzurre e luminose e lo guardò decisa.
“Beh… non ho parole, in 2000 anni non ho mai visto nessuno come te, mezzo angelo e mezzo vampiro, incredibile” indietreggiò e mi fissò stranito,
“Quali voci circolano su di me negli inferi?” tornò al suo ghigno divertito,
“ Di te che sei passato dall’altra parte, eh ?” si lisciò la barba riccioluta e nera come la pece.
“Io non mi schiero, sono un caduto, come lei” ed indicò ancora Phoebe visibilmente colpita dalla monumentalità del portale e dalla magia che promanava.
“ Dobbiamo passare” disse Edward impaziente ad un tratto, Morthy rise divertito,
“ Questo non è proprio ammissibile” poi i suoi occhi o meglio il suo occhio ancora vitale divenne furente, spalancò le ali e si piazzò a pochi centimetri dal portale, con la lancia puntata su di noi, Alice mi lanciò un occhiata,
“Andiamo Morthy in nome della vecchia amicizia, quante volte ho montato la guardia con te!” scosse il capo,
“Dovresti saperlo Sean, il mio compito di guardiano è questo e in 1000 anni non ho mai permesso a nessuno di varcare questa soglia” prima che potessi ribattere un cumulo di rocce sovrastò il cielo e Morthy non fece in tempo a sollevare la testa che gli ricaddero addosso, Alice abbassò il braccio e ritirò le ali,
“Non abbiamo tempo, forza cerchiamo di capire come entrare”
“Ma l’hai ucciso?” Morthy era stato una sorta di mentore per me, non era una fine molto degna quella,
“No è solo svenuto” disse Edward tirando fuori Morthy dal cumulo di rocce, Alice era prettamente concentrata a leggere le iscrizioni, Jasper aiutò Edward a nascondere il corpo tra i roveri. Mi avvicinai ad Alice e le bloccai una mano che frenetica cercava una leva, come un bozzo da pigiare.
“Alice non devi fare nulla, gli anziani ti hanno dato il permesso di varcarlo, devi sono passare” sospirò, e mi sorrise ma distolsi lo sguardo corrucciato. Phoebe ed Edward si avvicinarono e la abbracciarono,
“Se si fa troppo pericoloso torna subito indietro, il varco non resterà aperto a lungo, chiaro? O rimarrai intrappolata” disse Phoebe parlando con voce tremante, Alice annuì. Avanzò fino a sfiorare col viso la roccia, indietreggiammo e Jasper le prese la mano, lei si voltò, si guardarono intensamente,
“Torna da me” gli sentii sussurrare. Alice fece un passo in avanti e la sua sagoma attraversò la superfice fluida del portale, era nel Limbo adesso.




POV ALICE

Concentrati Alice. Dovevo trovare Eleonor e portarla fuori, potevo farcela. Nelle vene mi scorreva adrenalina ed ero pronta ad affrontarla, desideravo che soffrisse e pagasse per quello che ci aveva fatto. Pensai solo a questo ad occhi chiusi mentre attraversavo l’arco di pietra, era come immergersi nell’acqua quando per qualche secondo aria e acqua coesistono e avverti quel passaggio di stato, quel confine tra i due mondi. Ed eccomi lì, ma non mi sentivo galleggiare o fluttuare leggera, anzi ovunque fossi non avevo mai percepito una gravità così pesante. Le scarpe mi scricchiolavano sul terreno polveroso, non rosso come quello del deserto ma di un grigio spento. Non era notte lì, e neppur giorno ma una luce plumbea filtrava dall’alto dalla densa nebbia che rendeva impossibile vedere l’orizzonte. Non c’erano alberi o qualsiasi altra forma di vita, solo rocce, di tutte le forme e misure a contornare la piana polverosa. Aguzzai la vista, forse dall’alto avrei avuto una panoramica migliore, a fatica schiusi le ali che illuminarono lo spazio a pochi metri da me e mi sollevai di qualche metro. Ma più in alto andavo più i contorni sfumati di quel luogo svanivano. No volare mi avrebbe disorientata ancora di più. Cominciai a correre per esaminare ogni angolo. Phoebe e Sean avevano detto che nel Limbo si aggiravano anime perdute, anime che non avevano fede in nulla, che non riuscivano ad andare avanti o lì perché punite. Ma io non incrociavo nessuno, passando e ripassando nei medesimi punti o almeno mi sembrava. Le rocce aguzze vicino a quella grotta le avevo già superate e poi era così strano c’erano delle montagne molto lontane ne vedevo le cime nella nebbia ma per quanto corressi non riuscivo a raggiungerle. A seguito dell’ennesimo giro a vuoto mi fermai e sedetti accanto a quello che doveva essere uno stagno ma pietrificato. Non avevo istruzioni. Ne un piano per trovare il demone. Eppure credevo che una traccia, il suo odore l’avrei percepito, ma ero sola, completamente sola. Fissai la luce più calda che proveniva dal portale aperto. No no potevo arrendermi di già. Quanto tempo fosse passato non aveva importanza, dovevo trovarla. Camminai a velocità umana calciando i ciottoli rotondi dei sentieri, mi sentivo sempre più apatica, quel posto riusciva a fiaccare davvero lo spirito. Poi ebbi un’ illuminazione. Ricordai il racconto di Phoebe e dell’umano che amava, lei aveva detto che gli anziani gli avevano fatto qualcos , che non riusciva a ricordarsi di lei pur avendola davanti , di non riuscire neppure a vederla mentre erano nello stesso posto in Paradiso! Forse nel Limbo accadeva lo stesso, le anime vagavano sperdute e non potevano trovarsi l’un l’altra ma era la punizione non implicava certo che fossero sole davvero. Mi stava accadendo lo stesso, mi sentivo sperduta anche io.
“Devo concentrarmi sulla realtà, io non appartengo a questo posto, sono viva…” e pensai a quanto avevo di più caro al mondo, Aiden e Jasper, la mia famiglia e gli amici, Jacob Sean e i lupi, Charlie e gli umani, me stessa, viva e ciò che ero in grado di fare. Un sibilo di vento nell’aria immobile mi deconcentrò, mi voltai di scatto, la nebbia c’era ancora ma sembrava meno fitta, mi scostai in fretta. Due donne in abiti lerci mi scivolarono addosso, sagome semi-trasparenti come fantasmi, anime… Non si resero conto della mia presenza o di essere insieme e neppure gli altri spiriti che sentivo adesso chiaramente intorno a me e sopra di me. Aveva funzionato. Aspirai a fondo l ‘aria. Non c’erano odori in particolare e questo fu un bene giacché riuscì facilmente ad intercettare la scia di bruciato di Eleonor. Scattai seguendo la traccia. Riuscii finalmente ad avvicinarmi ai piedi di quelle montagne che oscuravano di per sé la poca luce. Un uomo con un cilindro bucherellato era seduto a terra a gambe incrociate, lo sguardo vuoto.
“Sta bene?” ma non mi vedeva né mi sentiva come tutti. Che triste destino. Rabbrividi. Se anche mia madre era lì stava soffrendo molto. Lo sciabordare del vento divenne più impetuoso e mi parve di udire quasi un tuono. L’odore di Eleonor finiva lì, doveva essere lì per forza. Mi accucciai all’ombra e attesi. Passò qualche minuto e qualcosa mi afferrò la caviglia trascinandomi a terra.
“Tu!” il viso di ELeonor, olivastro e tirato in un’espressione di rabbia mi fissava dall’alto. Mi misi in piedi, trattenendomi con tutte le mie forze per non ucciderla in quello stesso istante. I capelli ondulati e biondi le ricadevano ben oltre le spalle. Estrasse due scuri infernali molto piccole ma ben affilate dalla cinta di pelle. Indossava un top nero e dei pantaloni rosso fuoco anneriti dalla fuliggine.
“E’ tempo di pagare per quello che hai fatto” contrassi i pugni e spalancai le ali, ardenti per la mia rabbia, lei sempre tesa strinse le lame, di sicuro non sarebbe venuta con me senza combattere. Poi alzò un coltello sollevando l’altro braccio disegnò una striscia sul polso, premette ma non usciva sangue né c’era alcun segno. Butto a terra le lame contrariata e mi sorrise beffarda.
“Che significa?” dissi in un ringhio sonoro,
“Qui non possiamo ferirci o ucciderci l’un l’altra, non siamo nel mondo dei vivi e neppure in quello dei morti” ero confusa,
“Capisci angelo, per questo mondo anche io e te siamo fantasmi e non possiamo nuocere a nessuno, nemmeno a noi stesse” detto questo mi saltò addosso, schivai l’assalto e la inchiodai a terra stingendole il collo. Premetti più forte che potevo ma dopo pochi secondi cominciò a tremarmi la mano, era come se stringessi burro,
“Vis…to” la sollevai e la sbattei contro una roccia colpendola in faccia con un pugno, mugolò ridacchiando,
“E va bene Alice, se proprio vuoi sfogarti un po’” sputò a terra senza il minimo graffio sulla guancia e passò all’attacco, ci colpimmo a vicenda svariate volte, ruzzolammo a terra, sgretolammo cumuli di rocce, i tonfi dei nostri corpi echeggiavano nello spazio, faceva male ma nessuna ferita, come se non fosse mai successo nulla. Esauste entrambe smettemmo prendendo fiato.
“Non serva che ti uccida qui, tu verrai con me fuori di qui” respirando affannosamente piegata in due mi rivolse uno sguardo enigmatico,
“La tua caparbietà continua a sorprendermi” sollevai la mano, l’avrei stordita o bloccata in qualche modo, con i miei poteri avrei potuto trascinarla via,
“Ah ah” battè le mani, non riuscivo a fare nulla, né a smuoverla, né a controllare gli elementi, era quel mondo a impedirmelo.
“ Cosa ti aspettavi, tu giochi secondo le loro regole” frustrata la afferrai per un braccio e la trascinai,
“Non ci pensare” ora basta, la mia furia stava per implodere, l’afferrai e la lanciai lontano in direzione della porta,
“Ti trascinerò a calci se servirà” dolorante si rimise in piedi,
“Ascolta Alice”
“ Sta zitta, non voglio parlare con te, non voglio sentire il suono della tua voce” il suo volto preoccupato tornò al solito furore,
“Ragazza , sciocca ragazza, non ti rendi conto di quello che sei destinata a fare! Noi noi volevamo solo darti una spinta ma tu non vuoi proprio capirlo… se solo avessi preso quel bambino che ti cresceva dentro l’avrei fatto io, l’avrei fatto io a quest ora MA TU HAI ROVINATO TUTTO, tu mi hai portato via mio padre e adesso l’unica possibilità di compiacere il mio signore” una vena pulsava prepotente sul suo collo, la sua voce era tonante e quasi estatica. Ero così scioccata che pensai solo a soffocare quelle parole e un briciolo di potere sembrò palesarsi perché in un rantolo smise di parlare e si piegò sulle ginocchia non capace di respirare mi concentrai con tutta me stessa, era difficile ma forse ci stavo riuscendo lo stesso.
“Non osare dare la colpa a me, non osare parlare del bambino… voi mi avete usata come un incubatrice, sempre per acquisire POTERE, ma a cosa diamine può servire a te o al tuo signore se siete  da soli e non amati da nessuno…che senso può avere” gli occhi neri del demone mi fissavano ancora furenti. L’avrei uccisa se un boato, un ruggito dal cielo non avesse totalmente dissolto la mia concentrazione. Le anime intorno a noi pur non vedendo nulla si agitarono e ognuna da sola correva a perdifiato scappando. Eleonor si rimise in piedi ora rilassata.
“ Non mi sono nascosta qui da te Alice Cullen, io volevo che venissi a cercarmi così oggi mia cara tu morirai!” un vuoto allo stomaco e una bruttissima sensazione mi paralizzarono, il sibilio del vento si fece più penetrante, qualcosa si stava muovendo sopra di noi, nel cielo,
“Giochi secondo le loro regole, beh nessuno può proteggerti qui… sei tu ad essere sola” strinse una collana con una pietra rugosa e diventò della stessa consistenza semi trasparente delle altre anime.
“Il guardiano si occuperà di te…” dettò ciò sparì correndo insieme alle altre anime. Confusa allargai le ali il più possibile per cercare di vedere chi stesse arrivando. Una sagoma serpentina e scura si profilò sulle nuvole e poi calò giù a velocità impressionante, mi alzai in volo per evitare che mi finisse addosso, la creatura con uno scattò si lanciò al mio inseguimento. Non vedevo nulla, mi fermai e decisi di affrontarla. Mi voltai per vederla. Un…un drago… nero con due zampe anteriori e il corpo da serpente, sembrava cosparso di petrolio che colava e aveva due occhi enormi, bianchi, vuoti come quel luogo. Il guardiano ruggì impetuosamente e si scagliò contro di me.
 
 


POV JASPER

Era passata qualche ora, non riuscivo proprio a rilassarmi. E il mio nervosismo stava mandando Phoebe ancora più in paranoia, potevo sentirlo. Edward era teso ma ben concentrato e il demone sembrava pietrificato da ore nella stessa posizione, seduto su un traliccio di tronco separato da noi a fissare il terreno.
“Deve tornare il varco si sta già esaurendo” le lanciai uno sguardo di ghiaccio.
“State calmi, le serve tempo ma ce la farà” feci un respiro profondo, Edward aveva ragione era inutile allarmarsi prima del tempo, regalai un po’ di serenità anche a Phoebe. Il telefono di Edward squillò, era Bella.
“ Cosa? Quando… oh Bella, e lei come sta…ok…si…no no vengo a vedere” le emozioni di Edward erano contrastanti, paura controllo, calma e tensione.
“Niente di cui preoccuparsi, Renesmee’ si è ferita per colpa di un giovane lupo del branco che ha perso il controllo mentre Jacob era un attimo via…sta bene Jasper ma voglio andare a controllare” annuì, certo era sua figlia,
“Phoebe puoi materializzarci lì, ci vorranno pochi minuti e poi ritorniamo” l’angelo titubante mi scrutò,
“Si andate, se tornasse vi chiamerò e verrete subito” io e Sean avremmo potuto soggiogare qualche demone con l’aiuto di Alice ma più numerosi eravamo meglio era. Ciò che mi preoccupava di più era restare da solo con Sean anche se per poco tempo. Sospirai, se rimaneva lì nel suo angolo finchè non fossero tornati nulla sarebbe andato storto. E invece… invece il demone appena Phoebe sparì con Edward si alzò dal suo tronco e avanzò verso di me corrucciato. Era molto arrabbiato, ferito e impaziente. Incrociai le braccia, non volevo fargli del male anche se quell’impulso era forte. Aveva preso Alice con la violenza e ed era stato con lei, il solo pensiero mi rivoltava lo stomaco.
“ Non credevo che l’avresti perdonata” disse all’improvviso con grande controllo, nel momento in cui mi aveva rivolto la parola la sua rabbia sembrava svanita, restava lo sconforto e l impazienza. Ero interdetto.
“ Non ti riguarda demone” dissi stringendo un pugno,
“Voglio…voglio solo parlare” alzò le mani indietreggiando,
“ Non c’è nulla di cui parlare, non ti riguarda” dissi freddo,
“Si che mi riguarda, tu sai cosa provo per lei” gli si incrinò la voce, seppur desiderassi staccargli la testa in quell’istante una parte di me provava compassione ed empatia. Ricacciai quel pensiero.
“Io l’ho perdonata perché per quanto avesse sbagliato l’ha fatto per salvarci e il suo senso di colpa l’aveva logorata, e non potevo continuare a ferirla….perché la amo, non posso vivere…senza di lei” dissi pacato, anche la mia rabbia era svanita e mi sentivo come privo di energia. Sean guardò intensamente il terreno.
“ Si tu la ami davvero molto” disse ammirato,
“Mi dispiace avervi messo in questa situazione” gli costò molto, davvero molto dirlo, era orgoglioso e introverso ma era sincero. Si voltò.
“Credevo che…anzi speravo… che se tu l’avessi lasciata io avrei potuto avere una possibilità… ma lei non mi ama, prova qualcosa  credo…si, sente un legame con me…ma non è lo stesso che con te… non lo sarà mai…” tornò a guardarmi, si aspettava che reagissi che provassi a colpirlo forse, era teso e in attesa.
“Non ti colpirò se è questo che vuoi…lo sento il tuo di senso di colpa per quello che le hai fatto”dissi calmo,
“ Lei non mi perdonerà mai… e questa cosa mi distrugge” gli occhi si coprirono di un velo di lacrime, strinse il pugno e tornò al suo tronco calciando e rompendo a metà una roccia.
“Non lasciare che questa cosa ti tormenti, va avanti, Alice ti ha già perdonato, l’ho ha detto a me, non ti giudica, hanno usato anche te “ non credevo alle mie parole ma in fondo dovevo dirglielo, poteva meritare il mio odio ma non credere di essere odiato da Alice. Lui annuì poco convinto.
“ Grazie, amico…”
“Non sono tuo amico…” ma Sean sorrise bieco,
“ Strano ma vero, siamo legati anche io e te perché siamo legati a lei” scossi la testa,
“Non ti uccido solo per lei, perché la ferirebbe” dissi serio ma lui rise, ero stupito e sconcertato da quello strano ragazzo.
“ E’ incredibile, faresti qualsiasi cosa per lei” disse fissando l’orizzonte trasognato,
“ Esatto, ma non provocarmi” dissi ora divertito dai suoi sbalzi d’umore,
“ Per carità nessuno mi aveva mai spezzato un’ala” mi grattai la testa,
“Si, mi dispiace per la tua ala …ho perso il controllo” fece spallucce,
“Tranquillo...credo di essermelo meritato”.
 
 



POV ALICE

Mi avrebbe uccisa, di sicuro, allora doveva finire in quel modo. Senza i miei poteri e senza il minimo senso dell’orientamento e senza l’aiuto di nessuno non potevo batterlo e fuggire all’infinito non era una buona soluzione. Io avrei potuto continuare ancora per molto e anche quell’essere non dava segni di cedimento. Mi sentivo frustrata perché forse il mio cieco desiderio di vendetta era sbagliato e mi aveva trascinato in quella situazione, e per cosa? Magari Eleonor sarebbe rimasta lì per sempre ad aspettarmi senza accorgersi di quanto tempo passasse, non era già quella una giusta punizione? Mi sentii stupida, avrei dovuto dar retta a Phoebe e Jasper e mia madre. I sibilii del drago mi turavano le orecchie, tutte le anime continuavano a scappare terrorizzate ma quel mostro inseguiva solo me. Virai appena in tempo intercettando la sua coda che aveva scagliato a mò di frusta. Mi decisi a colpirlo, almeno dovevo provarci, dovevo farlo per le persone che amavo e a cui avevo promesso il mio ritorno. Con tutta la forza possibile mi lanciai sul suo dorso sorprendendolo in picchiata ma fu come attraversare uno specchio d’acqua e mi ritrovai a 30 metri sotto di lui. Dovevo battere un essere incorporeo che non potevo ferire.
“ E va bene, coraggio vieni a prendermi!” gridai disperata, cercai di concentrarmi su Aiden e Jasper per cercare conforto, era finita ormai. Il vento mi fischiava nelle orecchie, avvertivo il drago scagliarsi a tutta velocità su di me, il suo enorme muso sempre più vicino…
“Fermo!!! “una voce tonante eruppe lì a mezz’aria e tutto sembrò come congelarsi, aprii gli occhi sbalordita, una delle anime grigie era protesa davanti a me a pochi centimetri dalla creatura e aveva una mano sollevata per bloccarlo, anche tutti gli altri spiriti interruppero la loro folle corsa e la fissarono, riuscivano a vederla,
“ Lei no” riprese la voce più pacatamente, le palpebre nere del drago sfarfallarono un paio di volte poi alzò il collo serpentino e sbuffò volando in alto finché non scomparve alla vista. Solo il mio frenetico battere le ali rompeva il silenzio che era calato. Ero priva di forze ormai, planai in bassò e caddi bruscamente sul terreno ritraendo le ali. Ero ancora viva. L’anima fluttuò giù leggera era scalza e indossava una tonaca bianca, mi sollevai da terra. Il sollievo si tramutò in completo stupore, era lei.
“Alice, stai bene?” senza pensarci mi tuffai ad abbracciarla ma fu come stringere il fumo tra le mani, indietreggiai. Era frustrante davvero, era lì con me ma non potevo toccarla.
“Sei tu…” lei annuì sorridendo,
“Mamma, cos…cos’era quella cosa?” le chiesi tremante,
“E’ il guardiano…vieni facciamo due passi così posso spiegare” camminammo lungo il sentiero di pietra che conduceva alle montagne.

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Capitolo 15
*** Acqua ***


Mi osservò per parecchi secondi, come se volesse colmare quella distanza dimensionale che ci aveva separate scrutando con attenzione ogni mia fattezza. Il viso turbato, gli occhi luminosi, le labbra contratte, i capelli scompigliati. Poi continuò a parlare.
“Protegge il Limbo, non è una creatura malvagia, fa solo quello per cui è nato, come Cerbero protegge una delle entrate degli Inferi… lo chiamiamo il Moth… nessuno può uscire o entrare in questo posto e lui se ne assicura, non è molto cordiale soprattutto con gli intrusi. Vedi Alice molte anime cercano da millenni una via di fuga, ma è impossibile per chi è morto attraversare i portali invece per chi vive ancora…”  si soffermò a guardarmi di nuovo come per assicurarsi che fossi davvero lì e che fossi ancora viva.
“Ti dava la caccia perché sei l’unico essere vivente qui dentro” scossi la testa,
“Anche Eleonor è qui e forse anche i suoi servitori” lei sorpresa si grattò il mento, era incredibile quanto sembrasse reale, anche se la sua figura era semi trasparente e grigia, i tratti del viso le rughe sulle mani, i suoi capelli lunghi e neri.
“Probabilmente ha utilizzato qualche incantesimo di occultamento” riflettè,
“ Vuole uccidermi adesso, beh non che prima non vi avesse provato ma mi ha attirata qui perché il… Moth …mi uccidesse… “ mi poggiò una mano sulla spalla ma avvertii solo una brezza fredda,
“Per questo hai cercato di avvisarmi… e io non ti ho dato retta, scusami mamma” mi fermai un attimo, avevo bisogno di sedermi, era strano, ma la mia energia veniva come prosciugata con passare del tempo.
“Tesoro lo sapevo, il Limbo sta consumando la tua energia vitale, devi uscire di qui, adesso o resterai intrappolata” mi sollevai cercando di mantenermi lucida, c’erano molte altre domande che dovevo farle, non potevo andarmene ora.
“Come, come hai fermato il drago? “ mi sorrise stanca,
“Beh sarò anche morta ma sono un angelo assai potente e lui deve obbedire alle creature superiori” disse fiera,
“A tal proposito, perché sei qui? Non dovresti essere in paradiso con gli altri, non capisco tu sei un angelo appunto!” distolse subito lo sguardo dai miei occhi colmi di lacrime e soppesò cosa dire.
“Non funziona sempre così, è una punizione questa per me, non so se resterò qui per sempre o se Lui un giorno mi farà tornare” non capivo, punizione? Forse per colpa mia, perché mi aveva nascosto agli anziani?
“No non può essere, non perché hai cercato di aiutarmi, sei morta per cercare di proteggermi!” ero arrabbiata e profondamente angosciata, era colpa mia.
“Tesoro, non è per quello che ho fatto per te…tu non…non è a causa tua” era reticente eppure sentivo che voleva dirmi qualcosa. Con un tonfo qualcosa si palesò tra la nebbia e noi a pochi metri, poi altre figure incappucciate ci attorniarono, demoni…Eleonor….
“ Tuo padre…lui è all’inferno” disse lei,
“Si io l’ho visto, è stato punito per quello che ci ha fatto…” Forse era per aver avuto un figlio da un mortale, ma c’erano migliaia di nephilim al mondo. Lei si guardò attorno impaziente poi i demoni ci saltarono addosso, riuscii con facilità a scansarli, non potevano ferirmi.
“Prendi…” mia madre mi  tirò giù e mi diede una boccetta di vetro con un liquido nero all’interno,
“Cos’è?” Eleonor era a pochi metri e mi fissò accigliata,
“Esci dal portale e versala sulla pietra dell’arco, lo chiuderà per sempre e loro resteranno qui bloccati, io li distraggo…va!” mi scostò bruscamente e si lanciò a tutta forza su Eleonor passandole attraverso ma facendola barcollare all’indietro, a fatica aprii le ali. Non potevo lasciarla sola in quel posto e con loro. Fissai la boccetta, la luce fioca del portale in lontananza…
“Alice vattene! Ti prego!” spiccai il volo non voltandomi ma fissando l’unica luce calda di quel posto e mi lanciai a tutta velocità nell’apertura che si stava rimpicciolendo sempre più.

 Uscire fu come respirare finalmente dopo essere stati in apnea fin quasi a collassare, appena varcai il portale ritrovai le forze. Stringevo nel pugno la piccola boccetta per paura di perderla o che si rompesse. Un bagliore accecante e fui a contatto con la sabbia calda dell’Arizona. Non pensai ma vuotai automaticamente il liquido viscoso sull’arco di pietra senza neppure guardarmi attorno. Da subito le pietre tremolarono e si sgretolarono rilasciando una piccola ondata di energia che mi fece barcollare all’indietro, mi sentii afferrare da dietro. Tesa mi voltai, era Jasper,
“Oh Jazz!” gli fiondai le braccia al collo e lo strinsi forte, cercò di infondermi tutta la calma e il calore possibile. Respirai a fondo il suo profumo, per gran parte del tempo avevo temuto che non l’avrei più rivisto. Dopo 1 minuto buono mi scostai, Jasper mi ispezionò controllando che stessi bene.
“Ti fa male?” mi sfiorò la fronte e mi ritrassi al contatto, faceva male, osservai la sua mano coperta di una sottile striscia di sangue. Sean avanzò verso di noi. Gli altri però non c’erano. Mi resi conto di aver male ovunque. Era chiaro non c’erano effetti in quel mondo ma tutti i colpi e i pugni che avevo dato e ricevuto ora si palesavano.
“Si..no…sto bene” oltre alla ferita alla testa avevo un livore sulla spalla e sul braccio sinistro.
“Cosa è successo al portale?” chiese Sean raccogliendo i frammenti di pietra dal terreno.
“Distrutto… lei me l’ha fatto fare, così Eleonor e i suoi resteranno bloccati” dissi appoggiata a Jasper, Edward e Phoebe si smaterializzarono, i loro volti preoccupatissimi quando mi videro piena di lividi,
“Cosa è successo?” Phoebe mi tirò a sé controllandomi ma Edward carpì dai nostri pensieri quello che era appena successo. Spiegai a Phoebe e agli altri cosa mi aveva detto mia madre, del guardiano del Limbo, del piano di Eleonor per attirarmi lì.
“Alice, l’avevo detto, era troppo pericoloso, guarda come ti hanno ridotta” corrugai la fronte,
 “Quindi un angelo è nel limbo, questo è davvero strano” osservò Sean che si teneva  a distanza,
“Non spetta a te giudicare come gli anziani smistano le anime, ricevono ordini precisi dall’alto” disse irritata. Edward e Jasper si lanciarono un’occhiata. Ma anche io diffidavo da sempre, non di Phoebe ma delle regole degli angeli e delle loro decisioni.
“ No Sean ha ragione Phoebe, se hanno deciso di tenerla bloccata lì ci deve essere una ragione e lei stava tentando di dirmela ma in verità non ha detto nulla che già sapessi…” sconsolata le rivolsi uno sguardo intenso, lei sapeva qualcosa, poi guardai Edward che scosse la testa. Non riusciva a leggere i pensieri di Phoebe, in realtà non ci avevo mai badato ma forse gli angeli avevano uno scudo mentale come quello di Bella.
“ Non sei tu la causa” disse lei secca, le stesse parole di mia madre poi afferrò Sean ed  Edward,
“Torniamo a Forks… hai bisogno di riposare Alice….è finita oramai, goditi la pace…” mi sorrise sincera. Sparirono. Sospirai. Jasper mi prese la mano preoccupato ma immensamente felice che fossi sana e salva e che fosse tutto finito.
Gli sorrisi e ci smaterializzamo.

Mi costò le mie ultime energie anche perché ci ritrovammo in camera nostra. Avrei desiderato dormire 100 anni. Mi buttai a capofitto sul letto e gemetti ridacchiando giacchè i lividi facevano male e inoltre mi sanguinava ancora la fronte, Jasper andò in bagno e tornò in un istante con un asciugamano bagnato e mi pulì la ferita.
“Accidenti ho macchiato il cuscino” lui sorrise,
“ Ho perso il conto di quante volte hai tamponato o curato le mie ferite” dissi prendendogli l’altra mano mentre seduto accanto a me mi appoggiava il panno sulla fronte, mi strinse le dita,
“ Solo perché sarei un medico irresistibile” gli colpi il petto con un pugno.
“Ecco ha smesso di sanguinare” posò l’asciugamano nel cestino e mi accarezzò la guancia,
“Il mio sangue che effetto ti fa…non me lo sono mai chiesta…” osservai sorpresa, anche lui era sorpreso di quella mia domanda e sorrise guardandomi intensamente,
“Il tuo sangue è diverso da quello umano, si ha un profumo davvero buono ma è come se ci fosse una forza che lo rende intoccabile, capisci come se non potessi neppure pensare di berlo e succede lo stesso agli altri, l’ ho chiesto ad Edward e a Carlisle, credo che nessun vampiro possa o almeno che non debba uccidere o mordere un angelo” si aveva senso. Mi passai una mano sul viso, ero esausta e dovevo avere un aspetto tremendo.
“Sei bellissima” disse Jasper leggendomi nel pensiero,
“Come se fossi precipitata dal 30esimo piano di un grattacielo” mi accucciai sul cuscino, anche Jasper si distese sollevandosi su un braccio e mi baciò la fronte,
“Ti lascio dormire”
“Aspetta” volevo raccontargli tutto nei minimi dettagli, tutto quello che avevo provato stando lì.
“ Si vedi era come essere dentro uno stagno di palude, tutto era confuso e non riuscivo ad orientarmi, non c’era molta luce ne aria ne alcun suono… e le anime sono completamente sole, a migliaia ma non si accorgono di essere con le altre, e vagano senza sosta e senza meta, è un destino davvero orribile, forse peggiore dell’inferno…” rabbrividì, Jasper disteso di fronte a me mi sfiorò un braccio,
“ Mi dispiace che tua madre sia lì” annuì, e io non potevo tirarla fuori,
“Qualsiasi cosa abbia fatto, non lo merita” una lacrima scivolò sul cuscino bianco, Jasper si avvicinò e mi strinse a sè, il calore, la pressione del suo corpo contro il mio mi davano una gioia immensa.
“Non mi sembra vero poterti toccare ancora … “ e gli spiegai cosa avevo pensato quando il drago stava per uccidermi e lo avrebbe fatto se non ci fosse stata lei.
“ Tu sei qui adesso e io sono qui con te… importa solo questo” naso contro naso  ci sfiorammo, si stare insieme era il dono più prezioso.

 
Il mattino seguente mi alzai presto ma piena di energia. Rassettai le lenzuola, Jasper era di sotto e parlava animatamente con gli altri, Edward e Carlisle volevano saperne di più sulla dimensione che avevo visitato erano avidi di curiosità. Andai nel bagno e mi feci una rapida doccia fredda. I muscoli erano ancora indolenziti ma i lividi sul braccio erano già guariti e anche il taglio sulla fronte era quasi del tutto sparito, solo una sottile striscia rossa si intravedeva, cercai di coprirla con i capelli. I miei occhi erano di un tenue azzurro, mi concentrai e ritornarono al solito ambra-dorato. Non c’era più motivo di stare all’erta ormai. Indossai un vestito rosso mogano e dei leggins neri e scesi di sotto. Volevo parlare con Sean, vedermi uscire da sola senza Eleonor e distruggere l’unica via d’accesso per raggiungerla l’aveva lasciato interdetto. Era arrabbiato, anzi furioso con lei e gli altri demoni per quello che avevano fatto e il suo desiderio di vendetta era ancora lì. Dovevo aiutarlo a lasciar perdere, anche io avevo desiderato ucciderla così tante volte, ma sarebbe rimasta lì bloccata per sempre e quella non era vendetta, era giustizia.
“Mamma!” Aiden sbucò davanti alle scale raggiante, era domenica e non c’era scuola, ancora in pigiama saltellava davanti a me, mi afferrò le gambe vi si avvinghiò bloccandomi.
“ Accidenti che presa!” gli feci il solletico, mi lasciò andare, la sua forza era quasi pari a quella di Reneesme, ed era molto veloce, ora avrebbe dovuto fare uno sforzo in più per mantenere il controllo con gli umani, per mano lo portai dagli altri in soggiorno, lui corse incontro a Jasper che lo sollevò e lo tenne per il bacino come un sacco mentre lui ridacchiava. Era da tanto che non provavo quel benessere nel vederli insieme felici.
“Alice, Jasper ci stava raccontando…” ma Edward diede un colpo appena in tempo a Carlsle, Aiden non doveva sapere nulla, era andato tutto liscio e gli avevamo risparmiato un bel po' dell’angoscia dell’attesa. Jasper sempre issandolo sulle sue spalle lo portò in cucina per la colazione.
“Scusami, credevo lo sapesse” sussurrò Carlisle, aspettò che la porta della cucina fosse ben chiusa e continuò,
“Del Moth, di quel drago, è incredibile… e non riuscivi a ferirlo giusto, di cosa era fatto?” a Carlisle affascinava tantissimo la nuova realtà che ci era stata rivelata e ne era grato, era grato a me perché dopo 500 anni riusciva ancora a sorprendersi,
“Io non saprei, non aveva scaglie o squame, era come se fosse ricoperto di petrolio o comunque di un liquido viscoso, ma la cosa strana era che toccandolo non sentivi nulla, pelle o altro, era incorporeo , ma la sua coda spinata l ho sentita eccome…” mi sorrise bieco,
“Vorrei fare delle ricerche, magari ci sono creature mitologiche che esistono tuttora e Phoebe potrebbe confermare qualche mia teoria, di sicuro è lei a saperne di più” Pheobe! Dov’era finita? Forse con Sean… ma io avevo dato per scontato che lui fosse rimasto, magari era già andato via.
“Phoebe è tornata a Boston per confermare la sua permanenza alla scuola elementare, dice di essersi trovata così bene lì, vorrebbe iniziare una nuova vita con gli umani ora che le acque si sono calmate, tornerà a trovarci presto ha detto” mi disse Edward, annuì leggermente interdetta. Non aveva aspettato questa mattina, di sicuro non voleva che la pressassi per via di mia madre. Carlisle si defilò entusiasta per il suo progetto della domenica nel suo ufficio.
“Lui è nel bosco, sento i suoi pensieri, non è lontano, ti sta aspettando” mi arruffò i capelli e raggiunse Jasper in cucina.



 
 
POV SEAN

Era finita allora. Ma non doveva andare così. Calciai una grossa pietra che sprofondò nella corteccia di un abete li vicino. Volevo vederla soffrire e scongiurare pietà per la sua vita ma Alice aveva deciso per tutti e due. L’unico motivo per cui non me ne ero ancora andato era lei, certo che era lei, dovevo salutarla e vederla per un’ultima volta. Il fruscio delle foglie mi destò dai miei pensieri, il profumo della sua scia era piacevolissimo, rose ed erba appena tagliata. Rallentò e avanzò a velocità umana.
“Sean” pronunciò il mio nome titubante, stava cercando di identificare le mie emozioni, non potei fare a meno di sorridere, ma poi ricordai perché fossi arrabbiato fino a pochi minuti prima.
“Alice” dissi freddo,
“Credevo fossi andato via” disse,
“Non è facile smaterializzarsi con un’ala spezzata…” dissi irritato, lei tacque,
“Ma certo, tu non vedi l’ora che me vada, ormai sono di troppo…” mi guardò, gli occhi dilatati e un lampo azzurro li fece cambiare colore,
“Non è vero, non voglio che tu te ne vada” sembrava sincera, ma restare per me non aveva senso,
“Andrò in qualche bettola per umani finché potrò tornare a volare o smaterializzarmi, credo che entro 1 mese guarirò” si avvicinò,
“Puoi restare qui, in città, Carlisle ti potrebbe trovare un lavoro nel frattempo e Forks è tranquilla, nessuno farà domande” non era una cattiva idea, almeno potevo contare sui vampiri se qualche demone si fosse fatto vivo, ma restare e vedere lei era una tortura.
“Perché hai distrutto il portale?” chiesi all’improvviso cambiando argomento, lei distolse lo sguardo confusa,
“Che vuoi dire? Se non l’avessi fatto lei…” non continuò,
“Lei sarebbe uscita con te e noi l’avremmo sistemata” mi rivolse uno sguardo confuso,
“No Sean non capisci, lei non voleva uscire, mi avrebbe bloccata lì finché il varco non si fosse chiuso, il suo piano era che il guardiano mi uccidesse te l ho detto, e mia madre non poteva tenerlo a bada per sempre” lei aveva ragione, ma era frustrante.
“So bene che volevi ucciderla…ma credimi è stato meglio così” non lo accettavo.
“No Alice, lei doveva pagare per come ci ha ridotti, per quello che ti ha fatto! Dovevo entrarci io lì dentro!” sbottai furioso avanzando minaccioso verso di lei, si concentrò e senza alzare un muscolo mi ritrovai inchiodato all’albero già danneggiato di prima, mantenne il contatto visivo, erano incredibili i suoi poteri telepatici, ed erano le sue emozioni a farli scaturire, adesso era arrabbiata anche lei.
“ Non potevi, è andata in questo modo…” distolse lo sguardo e ricaddi a terra,
“So come ti senti, credimi anche io volevo vendetta ma… non saremmo stati migliori di lei se l’avessimo torturata…” mi sollevai stizzito,
“ Migliori…io non lo sono già, non sono migliore di lei , sono un demone, sono malvagio e uccidere è ciò che mi riesce meglio…” ma mi pentii subito di averlo detto, Alice tornò a guardarmi, ma questa volta sembrava affranta, scattò verso di me e mi afferrò bruscamente un braccio, ma c’era calore nei suoi occhi azzurri e determinazione,
“Tu non sei malvagio Sean, io lo sento, la tua anima è solo tormentata” mi scostai anche se avrei voluto abbracciarla e stringerla a me come sull’isola, tutto mi era sembrato possibile laggiù. Sospirai.
“Spero che tu abbia ragione…” sussurrai,
 “ Phoebe è partita” dissi giacchè il silenzio era diventato troppo strano,
“Si Edward me l’ ha detto, credo che sappia qualcosa che non vuole dirci Sean, e credo che col tempo si fiderà abbastanza per dircelo” le scoccai un occhiata divertita,
“Quando la smetterà di darmi dell’idiota” un gruppo di cervi galoppò a pochi metri da noi, Alice distolse per qualche secondo l’attenzione da me, ma poi decise che la caccia poteva aspettare.
“Allora tu e il biondo siete di nuovo insieme…” constatai, mi infastidiva ovviamente, molto, eppure Jasper era molto simile a me e non era affatto male, non potevo crederci lo pensavo sul serio.
“Si… io “ al pensiero di lui non potè fare a meno di illuminarsi, non sapeva cosa dire,
“Sta tranquilla, un po’ me lo aspettavo” dissi rassegnato,
“Forse chiederti di restare è da egoista, ho sbagliato a dirtelo…” scossi la testa,
“Beh, finchè la mia ala non guarisce…e poi non so dove altro andare e non ho denaro da umani…se l’offerta è ancora valida” Alice sorrise con calore,
“Bene, si bene allora, lo dico a Carlisle” fece dietro front e saettò in direzione della casa.





POV ALICE

Nelle settimane successive tutto scorreva tranquillamente, a Forks finalmente dopo 5 anni potemmo riprendere la nostra vita e adesso con noi c’era anche Aiden. Rosalie lo adorava, quel senso di sconforto che aveva provato quando seppe che ero incinta e per i primi mesi ogni tanto riaffiorava ma non se ne accorgeva ne lo faceva perché provava risentimento verso di me. Potevo capirlo, lei avrebbe tanto voluto avere dei bambini, la possibilità che gli era stata negata quando Carlisle l’aveva trasformata salvandola era il suo più grande rimpianto. E che a me pur essendo per metà vampira era successo l’aveva spiazzata. Io non avrei mai creduto e neppure avevo mai avuto il desiderio di avere figli, Aiden era stato completamente e perfettamente inaspettato, un miracolo. Qualcuno che non avrei mai immaginato e che era qui. Io e Jasper avevamo creato qualcosa di davvero speciale insieme. E ora Rosalie lo portava al parco e cercava di passare molto tempo insieme a lui, come tutti del resto ed in particolare Reneesme, perché lui era adorabile, bellissimo buono e intelligente, ci sorprendeva ogni giorno di più. La sua crescita continuava a procedere a ritmo eguale. Carlisle non capiva come mai non si sviluppasse veloce quanto i mezzi vampiri. L’importante per me e Jasper era che fosse sano e felice. Finalmente passammo insieme giornate stupende, in piena libertà adesso.  A Boston bisognava stare sempre attenti, c’erano troppi umani e situazioni che potevano degenerare soprattutto per Jasper e la sua sete. A Forks e nei dintorni potevamo essere di nuovo noi stessi e neppure Aiden doveva nascondere le sue capacità, almeno in famiglia.
“Guardalo com’è veloce” ammiccò Jasper in direzione di Aiden, eravamo andati a fare un pic-nick addentrandoci nella foresta, su una collina abbastanza elevata e circondata da frumento selvatico, le spighe arrivavano quasi alla nuca di Aiden che saettava nell’erba inseguendo Reneesme che era venuta con noi. Si divertivano un mondo. Nessie oramai dimostrava 13 anni, slanciata e più magra di prima. Adorava Aiden e lo chiamava scherzosamente fratellino.
“Si,davvero rapido” dissi e Jasper avvertii una nota di preoccupazione nella mia voce.
“E’ un bambino perspicace, sa che con nessun umano deve farlo” annui, Jasper aprii i cestini ed estrasse degli invitanti tramezzini al formaggio e prosciutto, delle bibite e molti dolciumi che Sue Cleawather aveva consegnato a Reneesme quella mattina.
“Ragazzi! Il pranzo!” esclamò alzandosi e guardando le sagome a stento visibili in lontananza, 1 minuto e saettarono felici verso di noi, era una splendida giornata di sole, il tepore della primavera cominciava a palesarsi, oramai Marzo era vicino. Aiden sedette a gambe incrociate sull’ampia coperta rossa e bianca  e afferrò affamato due panini, Renesmee fece altrettanto, stappando una coca cola. I capelli ramati di Nessie rilucevano al sole ma era la nostra pelle ad emettere quel radioso luccichio che tanto affascinava gli umani. Né la pelle di Renesmee ne quella di Aiden creavano quest effetto nonostante lui fosse vampiro almeno per  due terzi.
“ Aiden mi ha quasi sfinita” disse lei ammiccando e sorridendo ad Aiden, lui alzò le spalle innocente e le sputacchiò un po’ di panino addosso, Jaspe rise,
“Aiden…” dissi canzonatoria ma Renesmee lo spintonò affettuosamente,
“Non l’ho fatto apposta” disse con un ampio sorriso, gli occhi blu scintillavano, Jasper lo tirò giù e gli fece il solletico,
“Ma sentilo, l ‘impostore!” presto passarono ai muffin e alla sacker fatta in casa, parlammo con leggerezza e serenità di questioni banali. Era bello essere spensierati e godersi il sole.
“Mamma, possiamo nuotare nel lago?” disse Aiden alzandosi impaziente, c’era un piccolo laghetto al di sotto della collina, guardai Jasper e acconsentimmo insieme, non c’erano lupi in quella parte della foresta ne umani che li avrebbero visti.
“Ma non vi allontanate troppo” disse Jasper. Mi stesi sulla coperta togliendomi le scarpe e mettendo i piedi nell’erba fresca, aspirai a pieni polmoni l’aria pulita. Indossavo un vestitino di cotone a balze acqua marina, Jasper seduto accanto a me scrutò il cielo, era fantastico poterlo guardare alla luce del sole. I piccoli cristalli creavano figure danzanti sulla sua camicia.
“ Mi era davvero mancato questo posto” dissi ad occhi chiusi mentre il sole mi scaldava il viso, Jasper si frappose facendomi ombra, schiusi gli occhi, era chino su di me, con le ami appoggiate alla coperta vicino ai miei fianchi,
“Mi era mancato vederti così rilassata” sorrisi e lo attirai a me, mi baciò delicatamente sulla fronte e poi sulle labbra, sollevò la testa e restò a guardarmi, vicinissimimo
“Che c’è?” dissi dopo qualche minuto divertita e gli accarezzai il viso,
“ Niente, voglio testare quanto riesci a resistere senza baciarmi se ti sto così vicino” arrivò quasi a sfiorarmi le labbra, vicinissimo,
“Sai bene che perderesti tu questa scommessa” dissi compiaciuta,
“Non avevo parlato di scommesse ma va bene accetto la sfida”mi sollevai spintonandolo indietro,
“Non ho parlato di sfida….ma d’accordo” fulminea mi gettai su di lui,
“Cosa? Così non vale” gli  sfiorai il naso, fissai il mio riflesso nelle sue iridi dorate mentre mi accarezzava i capelli, poi guardò verso la coperta,
“Credo che si sia impigliato un insetto dietro il colletto” infastidito mosse il collo, mi avvicinai di più per vedere flettendo il viso e lui sollevò il suo, inevitabilmente le nostre labbra collisero.
“Ah, visto?” premetti con le mani sul suo petto,
“Cosa, tu hai barato!” gli mordicchiai l’orecchio,
“Ahia” mi sorrise,
“ E’ una scommessa stupida” annuì e mi strinse il bacino, poi cominciò a baciarmi con passione, invertii i ruoli girandomi sulla coperta e vagando con le mani su tutto il mio corpo,
“Jazz..” sussurrai mentre mi baciava dappertutto,
“I bambini potrebbero tornare o sentirci” si fermò difficilmente, i capelli biondi arruffati,
“ Va bene” si buttò di lato, divertita tornai su di lui,
“Questo non aiuta” disse ammiccando verso il basso e sentivo a cosa alludeva,
“ Non riuscirei mai a resisterti” disse con occhi lucenti,
“Lo so” risi buttando indietro la testa. Restammo lì a fissare il cielo di un blu cobalto per parecchi minuti, il vento scoteva le cime secche delle spighe e qualche passerotto fischiettava a intervalli regolari aspettando la risposta dei suoi simili. C’era odore di erba e terra e i profumi del sottobosco che rinasceva con la primavera. Qualche lepre zampettava spaventata e sentivo il sbuffare ansioso dei cervi in lontananza. E l’acqua, qualcuno si era tuffato. Mi sollevai,
“Andiamo a vedere cosa stanno combinando?” proposi a Jasper che si alzò all’istante. Non che ci fossero pericoli per loro ma il mio istinto di protezione per Aiden era sempre molto forte e non credevo si sarebbe esaurito col passare del tempo. Nessuno si era tuffato in realtà, stavano tirando dei grossi massi facendo a gara su quale arrivasse più lontano. Jasper si pavoneggiò facendolo arrivare dritto sulla sponda opposta a 300 metri di distanza.
“ Ottimo lancio” disse Reenesme applaudendo, Aiden spintonò Jasper ridendo,
“Non vale però” mi fecero cenno di provare ma ebbi un idea migliore.
“Allontanatevi un attimo dalla riva!” dissi, tutti sei fecero dietro di me incuriositi. Bene, potevo farcela. Concentrati Alice. Allungai entrambe le braccia e tese le allargai puntandole verso l’acqua scura e piatta. Tremavo leggermente. Mi costava un certo sforzo, era l’elemento più difficile da controllare e Benjiam ci riusciva con una tale facilità. Chiusi gli occhi.
“Wao! Vieni Nessie..wao mamma!” Sentii passi frettolosi e schiudendo le palpebre vidi due immense colonne d’acqua che si ergevano ai lati rendendo perfettamente asciutto il letto del lago al centro. Sorrisi a Aiden. Entrambi si erano fiondati al centro del lago mentre Jasper restava immobile dietro di me. Continuai a mantenere la tensione. Aiden sfiorò le pareti d’acqua con le dita. Era come se fossero bloccate dalla gravità ma tutto al loro interno rifluiva normalmente e si potevano scorgere pesci, alghe e una tartaruga che incuriosita annusò la mano di lui e si lasciò accarezzare.
“Okay, tornate qui ragazzi” era difficile mantenere il controllo così a lungo. Saettarono subito verso di noi e l’acqua ricadde rumorosamente giù creando onde schiumose e poi appiattendosi di nuovo. Aiden mi si avvinghiò alla vita mentre mi voltavo, Jasper mi fissava colpito.
“ Cavolo, ma come ci riesci zia?” ci incamminammo di nuovo verso la foresta in direzione della casa. Ormai era quasi il tramonto. Renesmee camminava di fianco a me mentre Jasper ed Aiden erano più avanti.
“ Vorrei poterlo spiegare ma credo sia impossibile” le sorrisi placidamente, Nessie era avida di informazioni, non le avevamo detto molto sugli angeli o sugli altri mondi o su quello che ero in grado di fare realmente, non perché non potesse capire o fosse troppo per lei, ma non doveva essere coinvolta troppo né sapere troppo, sarebbe stata un bersaglio come AIden e non potevo permetterlo.
“Ricordi Benjiamin no? Ecco io e lui abbiamo questo potere sugli elementi, riusciamo a controllarli” annuì pensierosa.
“Lui però non è come te” osservò,
“Ce ne sono altri come te ?” le posi il braccio intorno alla spalla,
“Ci sono altri si, simili a me, ce ne sono di malvagi e di buoni come per i vampiri” mi strinse la mano che le avevo poggiato sul braccio,
“Vorrei saperne di più. Papà non mi dice mai nulla, non mi ha detto cosa è successo a Denali o a Boston” sospirai guardandola negli occhi,
“ Nessie tesoro Edward fa la cosa giusta, non vogliamo tenerti all’oscuro senza ragione, è per proteggerti, sia te che Aiden che tutti gli altri. Quando sarai più grande ti dirò ogni cosa” ci pensò su e poi la sua espressione corrucciata si distese.
“D’accordo per ora” le scompiglia i capelli, era testarda come Bella.

 
Io ed Aiden arrivammo per primi a casa, Carlisle ed Esmee ci salutarono dalla finestra dello studio. Aiden stava per lanciarsi da loro ma lo afferrai per le spalle sollevandolo da terra per lo slancio,
“Papà…” cercò di divincolarsi,
“Devi fare prima un bel bagno” sospirò rassegnato, voleva raccontare la splendida giornata che aveva appena trascorso, il suo umore era più colorato della cabina armadio di Alice. Andò alla scalinata del piano superiore poi si fermò.
“Papà, ho deciso di fare nuoto, a scuola quasi tutta la mia classe l’ha scelto, posso vero? La piscina è dietro la centrale di Forks”  mi colse di sorpresa quella domanda…perché proprio il nuoto? C’erano tante altre attività extracurricolari. Alice ci raggiunse spalancando la porta a vetri.
“Certo che puoi pulce” disse tranquilla, le lanciai un’occhiata di dissenso,
“Oppure potresti provare il calcetto? A Boston eri davvero bravo, c’è anche il signor Rootche, uno spasso avevi detto” Aiden ciondolò con un piede a mezz’aria sul primo gradino.
“Mmm… si…ma credo che sceglierò comunque la piscina” mi rivolse uno sguardo dubbioso e salì in fretta le scale. Alice mi scrutò con attenzione.
“A 7 anni pretendono già attività dopo scuola, insomma non sono ancora piccoli? Io gli umani non li capsico” dissimulai la mia irritazione,
“ Andrà in piscina perché ci sono i suoi migliori amici, quel Jeff Bronsky e il ragazzino lentigginoso Ron” si incamminò verso il soggiorno e sedette sulla poltrona aprendo la raccolta di poesie di Colridge, che stava leggendo, dal tavolino.
“Non dovrebbe lasciarsi condizionare nelle sue decisioni” incrociai le braccia, Alice alzò gli occhi dal libro divertita,
“Condizionare? Ha solo 7 anni Jazz, vuole stare con i suoi amici, ed è solo un’attività pomeridiana” si certo, ma proprio il nuoto. Restai in silenzio e guardai dalla finestra ma Alice mi conosceva troppo bene e sapeva che qualcosa non andava. Lasciò cadere il libro sul tavolino e prima che atterrasse sul vetro mi abbracciò da dietro.
“Cosa c’è?” sospirai,
“La piscina, l’unica di Forks, dietro la centrale di polizia” dissi seccato, aspettò qualche secondo e poi capii, si allontanò giocherellando con la copertina sformata del libro.
“E’ Sean il problema…” osservò mesta. Esatto. Era sempre lì. In mezzo alle nostre vite da quando eravamo tornati da Boston.
“So che il fatto che sia ancora qui a Forks…ti…metta a disagio ma è solo una cosa temporanea” disse lei calma,
“Lo spero” non volevo discutere ma parlare del demone era sempre difficile dopo tutto quello che era successo. Ricacciai il pensiero.
“Anche se lavora lì non potrebbe succedere nulla a Aiden anzi potrebbe sorvegliarlo” aggiunse speranzosa, carpendo i miei pensieri, scossi il capo,
“Io non voglio che si avvicini ad Aiden, non dopo quello che ha fatto” il mio tono di voce fu più pungente del previsto, Alice raggelò, mi schiarii la voce,
“Voglio dire che ho timore che i demoni tornino a cercarlo, per questo deve stargli alla larga” Alice rifletté poi mi venne di nuovo vicino poggiandomi una mano sull’avambraccio,
“Anche io ho il timore che possano attaccare di nuovo ma Jazz…” mi strinse delicatamente la pelle,
“Non possiamo vivere nella paura…Aiden merita di essere felice e di fare ciò che vuole, e se intende nuotare io non glielo impedirò… a Forks siamo al sicuro, non sarebbe giusto negargli questa cosa” lei aveva ragione era chiaro. Ma non mi andava giù che mio figlio socializzasse con Sean. Non potevo tenerlo lontano da lei anche se fremevo ogni volta che le si avvicinava perché lei si sentiva comunque legata a lui … ma almeno con Aiden.
“ Va bene…che vada in piscina allora” dissi freddo. Alice abbassò lo sguardo e sospirò,
“ Con lui però cerca di essere più accondiscendente” ripose il libro nella libreria,
“ Oh si, fremerò dall’entusiasmo…” dissi sarcastico e le bloccai la strada stava lasciando la stanza,
“Jazz, non discutiamo…” disse con amarezza, la lasciai passare,
“Alice” non volevo comportarmi così, ma era più forte di me, ero preoccupato per lei per mio figlio, non sopportavo che potesse succedere ancora qualcosa per colpa di Sean, io lo odiavo, anche se non era del tutto corretto odiarlo, lo sapevo.
“No…” Alice intercettò il mio sguardo di scuse,
“Sono io che vi ho messi in questa situazione…è colpa mia se …. vorreste solo uccidervi l’un l’altro” disse a fatica, mi avvicinai e le presi la mano, non volevo si sentisse così…
“Non dirlo… ti prometto che cercherò di essere più…ehm… gentile nei suoi confronti” a quanto pare lo dissi in modo così strascicato quel gentile che Alice sorrise ridacchiando, mi abbracciò.
“Grazie Jazz, so quanto ti costa…” ricambiai l’abbraccio stringendola con calore.  


Due giorni dopo e da 1 settimana Aiden aveva cominciato gli allenamenti di nuoto, erano le 6 del pomeriggio e toccava a me passare e prendere lui e gli altri due bambini che avrebbero dormito qui. Edward era timoroso che qualcosa andasse storto ma tutti riuscivamo a gestire la sete e avrei previsto se qualcosa non andava. Esmee si mostrò molto entusiasta, giacchè voleva sperimentare qualche ricetta per i bambini. Presi la borsa e le chiavi della macchina e passai in cucina. Carlisle ed Edward osservavano Esmee muoversi tra i fornelli con occhi divertiti e ogni tanto buttavano distrattamente lo sguardo sulla tv da parete che dava il tg.
“Avete visto Bella?” Edward scrollò le spalle,
“Forse è ancora da Charlie perché?” Esmee afferrò appena in tempo un pomodorino che era sgusciato via dal tagliere,
“Voleva dare un’occhiata al centro… beh non posso far aspettare i ragazzi” lasciai la borsa sul tavolo e andai a prendere il capotto dall’appendi abiti, una notizia appena sussurrata colse la mia attenzione durante il tragitto. << Il corpo di Judy Mills è stato ritrovato  alle 2 del mattino nella vasca del suo appartamento a Phoenix, l’autopsia ha confermato che è morta per dissanguamento anche se non c’era traccia di sangue nell’appartamento>> ritornai a prendere la borsa e mi fermai a guardare lo schermo. << La scientifica non esclude che l’assassino abbia prosciugato la vittima, sul corpo sono presenti due fori da cui potrebbero essere stati introdotti tubicini per il salasso mortale, che si tratti di uno psicopatico? Vi terremo aggiornati>> Carlisle scosse la testa,
“Non si è sbarazzato del corpo… ne ha coperto le sue tracce, beh spero per lui  che capisca cosa voglia dire non esporsi” disse Edward sardonico,
la giornalista in tubino nero mostrò la foto della donna, sulla 40ina ma ancora molto attraente, volto abbronzato, capelli castani e occhi azzurri.
“Si sarà visto al tg e capirà come fare” aggiunse Carlisle cambiando canale, adocchiai l’orologio, stavo facendo tardi,
“Io scappo, a fra poco” afferrai la borsa e mi precipitai all’auto.





POV SEAN
 
Stringevo con forza il manico del moccio e lo torcevo per far colare tutta l’acqua, un leggero pizzicore mi prese alla spalla sinistra. Sorrisi fra me e me, l’ala era quasi del tutto guarita, pochi giorni e sarei potuto volare via. Il pavimento giallo e azzurro del centro natatorio era imbrattato di orme di piccoli piedi e di alcune più grosse, di bianchi aloni di cloro e di tanto in tanto qualche sputo. Sorrisi nuovamente  pensando alla reazione di Maze se mi avesse visto. Il tuttofare di una piscina per umani e ora stavo anche lavando il pavimento. Ma in fondo non potevo lamentarmi, ero stato io ad accettare, I Cullen volevano che lavorassi nell’ospedale con il dottore o alla centrale di polizia, ma non ero bravo con gli umani, quel compito evitava al massimo i contatti tranne che con gli allievi che ogni tanto provavano a parlarmi, li incuriosivo e intimorivo al tempo stesso ma era Aiden a dare man forte ai compagni. Sicchè il martedi e venerdì pomeriggio alla fine dell’allenamento portava qualche suo amico a fare conversazione mentre io sistemavo le vasche e in attesa che Alice o qualcun altro passasse a prenderli. I bambini mi piacevano, o per lo meno più degli adulti, non erano ancora vittime dei problemi e dello stress della vita, della routine, non sciamavano come formiche per lavorare e basta come tutti gli umani che avevo visto, ne erano così ottusi come gli altri. Certo i due ragazzini che stavano sempre intorno ad Aiden capivano che lui avesse qualcosa di strano, era molto veloce nel nuoto e non si stancava mai. Quanto a me, mi lanciavano occhiate di pura curiosità, mi ero inventato di essere un veterano di guerra che aveva una brutta ferita alla schiena ed era stato congedato. Il bambino con i capelli rossi, Ron non l’aveva bevuta << impossibile sei troppo giovane>> Aiden rideva sotto i baffi. Il figlio di Alice era il suo riflesso, stessi zigomi, stesso naso, i capelli e quegli occhi, blu e luminosi come i suoi. Del vampiro forse aveva preso il carattere e quella sua a volte fastidiosa capacità di avvertire le emozioni degli altri. Comunque era un tipetto in gamba e mi piaceva. Adocchiai l’orologio da polso, erano quasi le 19. La maggior parte dei bambini era andata via e anche gli istruttori, restava una signora dai capelli rossicci e ricci, probabilmente la madre di pel di carota che lo aspettava a bordo piscina e poi Aiden e qualche altro bambino negli spogliatoi. C’erano 4 vasche, tutte profonde 5 metri e utilizzate a turno dagli abitanti di Forks. Aiden e Ron sguazzavano nella piscina più grande. Alice aveva chiamato al cellulare poco prima e aveva detto ad Aiden che ritardava e poteva godersi più a lungo il bagno ma il centro chiudeva fra mezz’ora, doveva sbrigarsi. Eliminai l’ultima macchia di cloro e sedetti su una panchina a bordo vasca.
“Scommetto che non riesci!” Ron schizzò così forte Aiden che l’acqua colpi anche l’istruttore capo vicino all’entrata, gli lanciò un’occhiataccia. Aiden fece una capriola all’indietro perfetta e poi tornò in superfice fiero. La donna parlava animosamente con l’istruttore, si scostò di pochi centimetri e vidi una bambina di 3 o 4 anni nascosta dietro la sua gonna. Bevvi avidamente l’acqua, quel cloro mi disidratava a starci ore ed ore. La piccola prese coraggio soprattutto spinta dalle risate dei due ragazzini in acqua e si avvicinò. Il beep del mio telefono mi fece quasi trasalire. <> ma Alice aveva insistito, era più facile mettersi in contatto aveva detto. 10 minuti e sarebbe stata lì. Un forte splash mi schizzò i vestiti. Stavo per rimproverare Aiden ma lui e Ron erano immobili, un po’ straniti e fissavano la spuma che si era sollevata dall’acqua proprio al centro della vasca. Aiden si precipitò sott’acqua. Mi guardai intorno, la bambina!
“Lily! O cielo ma…aiutatela non sa nuotare!” la donna si avvicinò a bordo vasca strepitando, mi alzai ma non ero nel panico, Aiden l’avrebbe riportata a galla, era bravo a nuotare e veloce, l’istruttore capo era anziano e non poteva gettarsi in acqua per via pacemaker , imbambolato all’ingresso aspettava. I secondi passavano ma nessuno emergeva. Con forse troppa velocità scattai verso la donna tirandola indietro.
“Oddio oddio! Ma cosa fa il bambino, la sta facendo affogare!” Mi tolsi la maglietta pronto a tuffarmi, a pochi metri sotto di noi Aiden si agitava convulsamente, la bambina era svenuta e galleggiava ma lui le teneva stretto il polpaccio trattenendola, mi buttai. Aiden parlava, uralva qualcosa mentre continuava a divincolarsi, ma non c’era nulla lì sotto. Gli staccai di forza la mano dalla bambina e la presi in braccio, poi lo afferrai per la maglietta e lo tirai su. Mi guardò sconvolto sino in superficie.
“Lily, oddio chiamate un’ambulanza!” l’istruttore e un paramedico della piscina si avvicinarono, gli porsi la bambina e cercai di allontanarmi con Aiden,
“Hey stai bene? Che ti è preso là sotto” tremava dal freddo, in silenzio, lo adagiai su una panchina e andai a prendere un asciugamano.
“E’ viva!” senti l’istruttore gridare sollevato all’altro lato della vasca.


 
 
 
 
POV ALICE

“Merda!” suonai il clacson freneticamente, mancavano pochi isolati e sarei arrivata. Avevo appena avuto una visione terribile. Sean tirava fuori dalla piscina Aiden che…che sembrava stesse affogando. Mi vennero i brividi. Cosa era successo? Non dovevo fare tardi. <> mi ripetei cercando di calmare i nervi. L’altra auto ripartì seccata dal mi continuo suonare, era verde. Curvai pericolosamente la porche e parcheggiai alla buona davanti il centro. Non chiusi neppure a chiave l’auto, dovevo assicurarmi che stesse bene. Entrai di corsa. La divisa fluorescente del paramedico riluceva nella penombra dell’edificio, quasi tutte le luci erano state abbassate. Sean era in piedi e un uomo grassoccio cercava di calmare una donna dai capelli rossi seduta accanto ad una bambina piccolissima su una barella con cuscini. Mi avvicinai, il paramedico si scostò leggermente, ecco Aiden, seduto sulla panchina con un asciugamano bianco  sulle spalle, scosso da leggeri tremiti,
“Aiden!” mi inginocchiai per stringerlo, il paramedico riusci a togliere appena in tempo lo stetoscopio dal suo petto. Era bagnato e freddo come il ghiaccio.
“Tesoro, tutto okay?” gli lisciai le guance guardandolo bene, non aveva ferite, non aveva battuto la testa.
“Lei  è la madre?” il paramedico era molto giovane, non più di 30 anni, alto magro e con una folta barba biondiccia, era teso ma concentrato. Mi alzai.
“Si, Alice Cullen” lanciai un’occhiata fugace a Sean, anche lui ancora un po’ teso.
“Suo figlio sta bene, ha bevuto un bel po’, non quanto la piccola Lily però” mi indicò la bambina sulla barella. Indietreggiò sussurrando, non voleva che Aiden sentisse,
“Fossi in lei lo porterei da uno specialista però, nonostante lo spavento il suo cuore batte troppo, troppo velocemente, potrebbe essere una tachicardia congenita” mi si era bloccato il respiro per un attimo ma poi tornai calma. Il cuore di Aiden batteva in fretta come quello di Nessie, nessun dottore se non Carlisle lo aveva visitato prima, doveva apparire strano.
“Tutto bene ometto, solo un bello spavento” fece l’occhiolino a Aiden che non ricambiò affatto. Poi andò via. Mi avvicinai di nuovo a Aiden sedendomi accanto a lui e prendendogli la mano.
“Uno spavento dice! Sa signor Crouch io le faccio causa, nessun bagnino per la miseria! Mia figlia poteva restarci! Oh Ronald finalmente, su! Lily può alzarsi credo adesso, la riportiamo a casa al caldo” un ragazzino con i capelli rossi uscii vestito dagli spogliatoi, era Ron il migliore amico di Aiden. La donna prese la bambina in braccio e impettita avanzò verso l’uscita.
“Non so cosa sia preso a suo figlio ma aiutare qualcuno non significa farlo affogare più in fretta, se non ci fosse stato questo giovanotto! Grazie” sbottò fermandosi davanti a me ed Aiden  e ammiccando a Sean e poi si defilò, Ron modulò uno scusa con le labbra ad Aiden.
“Cosa? Che intendeva?” mi rivolsi a Sean e a Aiden,
“Ignori Sofia, deve sempre colpevolizzare qualcuno mia nipote” l’uomo grassoccio si avvicinò a noi,
“Un crampo io dico, il ragazzo si è subito precipitato per aiutare Lily ma poi non riusciva a risalire, un crampo capita…ma è filato tutto liscio, lo porti a casa, una bella cioccolata calda dovrebbe aiutare” anche lui uscii. Guardai Sean più confusa di prima.
“Si voglio andare a casa!” disse Aiden alzandosi bruscamente e dirigendosi allo spogliatoio. Io e Sean lo seguimmo aspettando fuori che si vestisse.
“Mi spieghi Sean? Ho visto qualcosa nella mia visione, Aiden che affogava… e tu che lo tiravi fuori” Sean sospirò,
“Quella bambina si era avvicinata a bordo vasca, la madre non la sorvegliava e neppure io le stavo prestando attenzione, quindi è caduta. Aiden e l’altro bambino erano in acqua, ha capito subito che fosse in pericolo e si è immerso per aiutarla…” aspettai che continuasse, abbassò la voce,
“ Aiden è bravo a nuotare, l’avrebbe riportata su immediatamente con la sua forza ma  passavano i secondi e non succedeva così mi sono buttato io… Aiden tratteneva la piccola per la gamba e si contorceva nell’acqua come se qualcosa gli impedisse di risalire, ma non c’era nulla… io non credo che fosse un crampo, era terrorizzato” mi si raggelò il sangue nelle vene, Aiden uscii accigliato, evidentemente aveva sentito Sean. Volevo portarlo a casa tranquillamente e poi con Carlisle e Jasper gli avremmo parlato. Raggiungemmo la macchina, accesi il motore e avvisai Jasper per telefono di quello che era successo, o di una parte almeno, dovevamo parlare di persona. Presto arrivammo a casa.
“Oh no, Jasper” come un treno Jasper uscì di casa, il volto accigliato per la rabbia, Sean fu il primo a scendere seguito da Aiden, 
“Cosa hai fatto!” inchiodò Sean alla macchina, Edward aveva letto i miei pensieri nel tragitto vicino casa ma avevano capito male, Sean altrettanto furioso gli arpionò il braccio, Aiden confuso indietreggiò, scattai verso Jasper tirandolo indietro,
“No Jazz…aspetta…calmi!” Aiden sembrava assente, lo sguardo vuoto, stava ripercorrendo quello che era successo coi pensieri, ma cosa era successo precisamente?
“Ho salvato tuo figlio, prego non ce di che “ Sean si scrollò dalla macchina seccato e indietreggiò,
“Alice di cosa parla?” sospirai per mantenere la calma, Edward e Carlisle ci raggiunsero, Edward prese Aiden per mano,
“Ora lo spiego, possiamo non ucciderci e andare tutti dentro” il mio tono di voce doveva averli convinti giacchè sbollirono all’istante. Entrammo in soggiorno, Aiden si buttò sul divano mesto.
“Stai bene?” Jasper lo prese per le spalle controllando che fosse tutto apposto, lui annuì, Carlisle preoccupato volle comunque controllarlo.
“Si sta bene” ma tutta quell’attenzione stava innervosendo Aiden,
“Carlisle, Sean, andiamo in cucina” disse Edward e li condusse via nonostante Carlisle volesse sapere da Aiden tutto nei minimi dettagli. Io e Jasper ci guardammo.
“Pulce, ti va di raccontarci com’è andata?” dissi il più dolcemente possibile, Aiden sembrò tornare perfettamente lucido ma una terribile paura lo investì, riprese a tremare,
“hey, va tutto bene, è passato, sei al sicuro qui” Jasper riuscii a farlo calmare col suo potere e prendendolo sulle ginocchia, sedetti accanto a lui sul divano.
“Io non so bene cosa ho visto… ero sott’acqua, volevo solo aiutare la sorella di Ron, l’avevo presa e poi qualcosa mi ha afferrato da sotto, era come una nebbia scura, nera,si avvolgeva tutto intorno a me e faceva male, non riuscivo più a risalire…mi bloccava le gambe…e…” si bloccò, scattò in piedi,
“Tesoro, sta calmo, puoi parlare con noi” gli presi la mano, ma Aiden indietreggio scuotendo la testa,
“Okay va bene, forse è troppo per stasera…” cercai di abbracciarlo, pur controvoglia Aiden si lasciò stringere,
“Voglio andare a letto” evitò il mio sguardo,
“Si ok…” si sciolse dalla stretta e saettò per le scale. Jasper si alzò, anche lui era sconvolto dal racconto di Aiden.


 
 
 
POV JASPER

“Una sostanza nera che lo bloccava?” Carlisle era incredulo, ma il demone era forse il più scettico di tutti, eravamo tutti intorno al tavolo della cucina, a fare congetture. Alice era seduta e Bella le avvolgeva un braccio attorno al suo, Edward guardava dubbioso Sean,
“Sean di agli altri cosa hai visto” disse Edward sedendo sul tavolo di marmo, gli occhi furono tutti puntati su di lui,
“Nulla… non c’era nulla in acqua …che lo trattenesse …” Alice si sollevò arrabbiata,
“Aiden non sta mentendo…sa cosa ha visto” lo scatto di Alice ci ammutolì tutti, Sean era reticente,
“Non sto dicendo questo” scrollò le spalle,
“Però lo pensi” aggiunse Edward riflettendo,
“Vi ho detto cosa ho visto…ora devo andare…” nessuno lo fermò neppure Alice che ora con occhi vitrei cercava di scorgere il futuro.
“Cosa pensi Carlisle?” dissi calmo, ma dentro mi turbinava la stessa agitazione di Alice.
“Neppure Sean sta mentendo… non so cosa pensare onestamente, forse Aiden si è sentito male e ha visto qualcosa che non c’era effettivamente, può succedere in situazioni di forte stress” Alice battè i pugni sul tavolo,
“Andiamo Carlisle! Non era un crampo alla gamba, e Aiden ne ha passate di peggio che nuotare in una piscina, non era un’allucinazione, non diciamo sciocchezze, qualcosa lo ha attaccato…” poi respirò, le andai vicino poggiandole le mani sulle spalle, doveva tranquillizzarsi.
“Scusa Carlisle” disse poi,
“Tranquilla… proverò a cercare qualcosa in biblioteca e voi potreste contattare Phoebe forse ne sa più di noi… l’importante è che Aiden sia al sicuro adesso” le sorrise e tutti lo seguirono lasciando la cucina, Alice si poggiò al tavolo chiudendo gli occhi.
“Ma che mi prende” le circondai la vita con le braccia,
“Vuoi proteggerlo” aprii gli occhi guardandomi intensamente,
“Mi comporto da sciocca” le posi un dito sulle labbra,
“Ti comporti da madre” feci qualche passo,
“Vedrai che domani sarà disposto a parlarne di nuovo, era ancora sotto shock” dissi,
“Si… era davvero turbato, ora vado a rimboccargli le coperte” disse Alice sollevandosi dal tavolo, poi si bloccò,
“Hey, Alice” due lacrime gli scivolarono sulle guance,
“Scusami…è che… gli altri non capiscono… insomma negare che abbia visto davvero qualcosa, che non sia reale e che sia tutto nella sua testa, sentirselo dire io so cosa significhi, non voglio che ci passi anche lui” era chiaro, Alice per le cose che vedeva, per le sue visioni era stata rinchiusa in quell’ orribile manicomio. L’abbracciai stretta, non volevo che quella ferita si riaprisse.
“Non succederà mai… Aiden è con noi, noi gli daremo sempre il nostro appoggio”.
 
Il giorno seguente Aiden si alzò presto, troppo presto persino per la scuola, erano le 6 e 30 quando sentii i passi felpati scendere le scale e avvicinarsi alla cucina. Alice dormiva. Ancora vestita, appoggiata al cuscino stringendone la stoffa bianca nella mano sinistra come se dovesse tenersi stretta. Decisi di non svegliarla e scesi di sotto. La casa era in completo silenzio, gli altri dovevano essere andati a caccia di notte. Bella ed Edward di sicuro erano nella casetta con Reneesme ancora profondamente quieta nel mondo dei sogni. La serenità però non era uno stato d’animo che Aiden provava da ieri, dall’incidente in piscina. Mi avvicinai impercettibilmente alla parete per vedere cosa stesse facendo. Nel suo pigiama a pois blu aveva preso un bicchiere di latte e lo beveva avidamente. I suoi sensi oramai potenziati gli fecero avvertire la mia presenza e fissò il muro nella mia direzione. Mi feci coraggio perché era difficile capire cosa avesse passato e avanzai tranquillo.
“Mattiniero…” commentai prendendo una padella per preparagli le uova, mi comportai normalmente, Aiden aveva il mio stesso carattere, se qualcosa non andava forzarlo a parlare era inutile.
“ Ne avevo abbastanza di dormire” disse un po’ irritato, continuai a preparare uova e pancetta e il profumo di cibo sembrò rilassarlo.
“Qualche incubo?” chiesi dopo il 4 boccone, deglutii, scosse la testa,
“No, mi sono addormentato subitissimo, ero stanco, molto stanco… e non ho sognato nulla” sembrava sollevato, qualsiasi cosa avesse visto almeno non aveva invaso i suoi sogni.
“Bene…finisci le uova e dato che…” adocchiai l’orologio,
“Mancano 2 ore per la scuola, potremmo fare una passeggiata fino alla spiaggia della riserva…che dici?” la prospettiva dell’aria fresca e dell’oceano cominciavano a produrre un po’ di energia positiva in lui. Il fruscio della vestaglia di Alice sulle scale lo fece trasalire, lei apparve fulminea in cucina con un ampio sorriso sul volto. I capelli corvini in disordine e sparati da tutte le parti, ancora un po’ assonnata ma vigile.
“Buon giorno” guardò sia me che Aiden, lo baciò sulla fronte e poi baciò me fugacemente sulle labbra.
“Di cosa stavate parlando?” sedette su uno sgabello guardando intensamente Aiden, l’umore di Aiden precipitò di nuovo vertiginosamente, rabbuiato tornò a fissare il piatto quasi vuoto,
“Pensavamo di passeggiare alla riserva prima di andare a scuola” dissi io,
“Un ottima idea” disse Alice con troppo entusiasmo, ma voleva solamente risollevare Aiden, lui finì le ultime briciole di pancetta e ripose il piatto nel lavabo.
“Vado a prendere la giacca” disse rivolto a me e saettò di sopra.
“Vado a vestirmi anche io datemi…” fece per alzarsi ma ricadde abbattuta sullo sgabello, le andai vicino massaggiandole le spalle,
“Tesoro, lascia che ci parli io… tu eri lì subito dopo che è successo e parlare con te forse è troppo per lui” si alzò,
“Ma io… posso capirlo. Nessuno può capirlo più di me, se ha visto qualcosa che nessun altro poteva vedere” le presi la mano,
“Lo so Alice…” mi guardò per qualche secondo poi sospirò.
“Va bene, andate voi due alla riserva”.
 
 
 

 
POV SEAN

Tentai per la 4° volta di aprire le ali e per l’ennesima volta, lo sforzo non valeva la candela.
“Dannazione!” sbottai furioso verso il cielo, non era ancora guarita tanto da permettermi di volare via. Ancora 1 altra settimana Sean e sarai libero mi ripetevo. Il dolore alle spalle era tornato a causa degli sforzi, piccole goccioline di sudore mi imperlavano la fronte, andai verso il ruscello striminzito e mi lavai la faccia. Phoebe aveva ragione almeno 2 mesi per l’ala spezzata. Non era male Forks, almeno non c’erano troppi umani e c’era la foresta, fredda e incontaminata. E poi c’erano i Cullen, e beh, con loro non ci si annoiava di certo. Non riuscivo ancora a capire se il loro incontro fosse stata una cosa positiva o  negativa per me, e in particolare il ruolo che Alice aveva nella mia vita. Seppur fosse tremendamente frustrante vederla insieme a Jasper, vedere quanto fossero felici insieme almeno potevo vederla e parlarci e sfiorarla a volte, avere un contatto.
“Sean” trasalii, non l’avevo sentita arrivare col rumore del ruscello e i miei pensieri in subbuglio.
“Oh, ciao Alice, mi hai spaventato” ero a petto nudo per facilitare lo sforzo ma non era servito a molto, guardai in giro per cercare la maglietta,
“Scusa…”mi disse, infilai la T-Shirt, era umida e odorava di terriccio bagnato.
“Cosa stavi facendo? Non credo ci sia abbastanza acqua per fare un bagno” ammiccò verso il piccolo rivolo del ruscello che scorreva verso sud. Le sorrisi.
“Cercavo di schiudere le ali per fare qualche prova di volo…ma è ancora presto direi” sgranchì il collo e le spalle indolenzite. Annuì pensierosa. Erano quasi le 8 e il sole faceva capolino tra la nebbia. La pelle di Alice era a tratti investita da qualche flebile raggio e si illuminava come un diamante. SI appoggiò al tronco di un albero mogia.
“Tutto bene?” le chiesi, aveva un’aria così preoccupata,
“Non lo so” disse in un sussurro,
“E’ per Aiden, come sta? Vi ha detto altro?” incrociò le braccia,
“ Lui è restio a parlare… Jasper l’ha accompagnato, forse riuscirà a capire cosa sta provando” il vampiro poteva sentire le emozioni degli altri, non sarebbe stato un problema per lui.
“Ma il punto è…capire cosa ha visto” annuì lentamente, io non avevo visto nulla nell’acqua e la scorsa sera Alice mi aveva aggredito come se insinuassi che Aiden non avesse detto il vero, ma chi ero io per negare che fosse la verità. Me ne ero andato un po’ offeso dal suo comportamento ma fino ad ora non ci avevo più pensato, non riuscivo proprio ad avercela con lei a lungo.
“Io non lo so proprio Alice, vorrei esserti d’aiuto” fece qualche passo,
“Ho chiamato Phoebe prima, lei non ha mai sentito parlare di ….esseri di fumo nero o beh… creature  che abbiano mai aggredito nell’acqua qualcuno nel nostro mondo…lei dice che forse Aiden potrebbe avere il mio stesso dono” a quelle parole sembrò bloccarsi, afflitta,
“ Cosa intendi?” ancora fissando il vuoto mi rispose,
“Predire il futuro…forse ha visto qualcosa ma era una visione e…beh a volte è difficile capire cosa è reale quando ne hai una, mi è successo” non era un’ipotesi così assurda,
“Si beh, mi sembra molto probabile, sei sua madre e gli avrai trasmesso qualche capacità angelica…” Alice però non sembrava affatto rincuorata da questo,
“ Ha visto qualcosa di spiacevole, e se ha la mia stessa capacità…io non voglio che veda il futuro, è un fardello troppo pesante, è solo un bambino” e su questo sbagliava, Aiden non era un bambino come tutti, era una creatura unica proprio come lei. Ma non risposi.
“Io credo…per quanto valga la mia opinione in tutto questo… che dobbiate solo tenerlo d’occhio se capitasse ancora ma senza temere il peggio… i demoni vi lasceranno in pace ormai e anche gli anziani… finchè vivrai la tua vita lontano dal nostro mondo nessuno ti cercherà” dissi sicuro, anche se a Boston l’avevano trovata ma ora i demoni sapevano che gli anziani l’avrebbero protetta p almeno che avrebbero protetto i loro interessi e Alice rientrava in quelli. Ma comunque meno contatti aveva con angeli o demoni che fossero meno rischiava.
“Si forse tu hai ragione…”provai un po’ di amarezza però, non volevo che le nostre vite fossero separate per sempre. Ma era giusto così. Potevo capire che desiderasse la pace e per le persone che amava la sicurezza. Anche per questo dovevo andarmene, i demoni non dovevano sapere di me a Forks, presto o tardi li avrei condotti qui con la mia presenza.
“ La settimana prossima me ne andrò” sentenziai voltandole le spalle,
“Oh, si d’accordo…” ci fu silenzio per alcuni minuti pensai che se ne fosse andata, ma poi mi fu vicino sin quasi a sfiorarmi il braccio,
“ Sono molte le cose che rimpiango da quando ho scoperto di essere per metà angelo…. Ma… non rimpiango di aver scoperto chi sono, di aver avuto Aiden… di aver conosciuto mia madre… e persone come Phoebe e come te Sean… ti ringrazio per questo” sorrisi mentalmente,
“ Beh devi ammettere che senza di noi la tua vita sarebbe rimasta troppo noiosa” ridacchiò e mi spintonò.
“Sappi però che…tuo figlio non è solo un bambino…c’è sangue angelico nelle sue vene e può superare ogni cosa…” la guardai e lei ne era consapevole in fondo.


 
 
POV ALICE

Verso mezzogiorno Jasper ritornò, ero irritata, non capivo perché ci avesse messo così tanto a tornare; tuttavia c’era stata un’emergenza all’ospedale e Carlisle aveva bisogno d’aiuto per scaricare le nuove apparecchiature che andavano a sostituire quelle usurate da 12 anni. Andammo in soggiorno, Edward stava leggendo il giornale seduto sul divano, analizzò i nostri pensieri fugacemente e tornò a concentrarsi sul giornale, allora Jasper non aveva cavato nullo da Aiden.
“ D’accordo, dobbiamo solo assicurarci che stia bene… se non vorrà parlarne più non possiamo obbligarlo” dissi frustrata, Jasper mi guardò comprensiva.
“Martedì vuole tornare in piscina, non è più spaventato Alice, è solo confuso” annuì più rincuorata. Se Aiden avesse visto davvero qualcosa nel futuro quella visione si sarebbe ripetuta se fosse stata connessa nel profondo con lui, io lo sapevo. E se non risuccedeva allora, non c’era motivo di allarmarsi.
La settimana della partenza di Sean l’aria nella casa era un po’ mogia, tutti i Cullen si erano affezionati al  giovane demone, ne aveva passate tante e ce ne aveva fatte passare tante, eppure negli ultimi 170 giorni aveva fatto parte della nostra quotidianità. Per Jasper il fatto che lui se ne andasse gli dava un certo sollievo, non potevo negare che avesse ragione, per me era lo stesso e mi sentivo in colpa per quello. Io e Sean avevamo un legame bizzarro, visto tutto quello che ci era successo, nel profondo, ma forte e la sua presenza per me era sempre destabilizzante quindi vederlo andare via avrebbe sbiadito quei ricordi dell’ultimo anno che volevo cancellare. Eppure gli volevo bene e una parte di me desiderava che rimanesse. Era quasi il tramonto ed Aiden aveva appena fatto un bagno veloce ed era sceso in cortile ancora inumidito, con i capelli gocciolanti al vento. Carlisle Esmee Bella e gli altri lo avevo salutato già da prima. Io Aiden Edward e Jasper eravamo andati con lui in cortile. Jasper era appoggiato più lontano sulla veranda in cima alle scale. Aiden mi teneva per mano, anche lui era triste. Difatti grazie al suo aiuto Sean aveva preso confidenza con gli altri umani e con i ragazzini che si allenavano in piscina, ed erano diventati amici. L’innocenza degli occhi di AIden lo facevano sentire bene, la persona di una volta, l’angelo che era stato… così mi aveva detto una sera Sean in piscina. Aveva un borsone nero con i suoi pochi vestiti, lo lasciò cadere sull’erba soffice a pochi metri da noi, era di spalle e fissava il disco dorato sparire tra le montagne. Indossava una giacca di pelle color mogano dei jeans scuri e una t-shirt grigia. Trattenne il fiato e lasciò scrosciare le ali. Con un suono secco uscirono dalle due fessure, Sean si chinò leggermente per lo sforzo e tornò a respirare. I palchi di ali nere, ampie e lucenti coprirono gli ultimi raggi del sole, le spiegò completamente poi si girò radioso. Capivo cosa si provasse a trattenere le ali per mesi e mesi, l’avevo fatto a Boston e riaprirle dopo tanto tempo era doloroso ma estremamente liberatorio. Aiden mi strattonò , di nuovo allegro. Era molto piccolo quando aveva visto le ali di Sean su in paradiso e forse non lo ricordava neppure. Edward si avvicinò a Sean e gli strinse calorosamente la mano poggiando l’altra sulla sua spalla,
“Tieniti fuori dai guai” gli senti sussurrare, lui sillabò un grazie accennando un sorriso, prima che potessi pensare di muovermi Aiden mollò la mia mano e si lanciò energicamente su di lui, Sean sorpreso e a disagio lo prese comunque in braccio, mi voltai per un istante verso Jasper, si era irrigidito e guardava la scena con la mascella serrata, Sean rimise giù Aiden che gli tastò curioso le piume,
“ Sembrano le ali di un corvo” gli sorrise esplorando con i grandi occhi blu il suo corpo, mi avvicinai a loro,
“Tornerai a trovarci?” aggiunse lui speranzoso, Sean lo guardò incerto poi fissò me,
“ Quando ne avrà la possibilità” dissi io prima che parlasse, ma entrambi sapevamo che per tenere lontano gli altri demoni era essenziale che non facesse più ritorno,
“Bene…” Sean raccolse il borsone, ormai il cielo stava divenendo di un grigio scuro,
“Ce la fai a volare?” Sean roteò le scapole e annuì,
“ Alice, grazie per avermi concesso di restare e per la tua…ehm…amicizia” guardò a terra,
“In un’altra vita forse ci incontreremo ancora” restò a guardarmi, poi tese una mano ma io mi protesi e lo abbracciai, inizialmente si irrigidii ma poi mi strinse forte e aspirò a piene narici l’odore dei miei capelli, quando indietreggiai il suo viso pallido era avvampato di rosso. Fece qualche passo veloce e poi si alzò in volo sollevando una corrente d’aria che asciugò i capelli umidi di Aiden.

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Capitolo 16
*** Questioni di sangue ***


POV ALICE

Trascorsero tre mesi, sostanzialmente tranquilli, nessun demone o vampiro si paleso’ in zona e non ebbi neanche visioni significative, ben presto la primavera lascio’ spazio ad un’ estate insolitamente calda a Forks e poi ad un autunno mite. Il tempo passava e tutto era tornato normale, vivere a Forks era esattamente come lo ricordavo, l’unica differenza era che non potevamo più fingere di essere liceali,  Bella lavorava come economista nell’azienda MarckZueigg a Phoenix, Edward assisteva Carlisle come medico e nessuno era sorpreso che un altro Cullen seguisse la strada del padre. Jasper e io ci eravamo presi una pausa da ogni occupazione e trascorrevamo il tempo insieme e con Aiden quando rientrava da scuola o da nuoto, oramai gli avevamo mostrato ogni angolo della riserva e del Canada, In poche ore potevamo fargli visitare numerosi siti, Aiden era entusiasta, avido di conoscere e osservare cose sempre nuove. Le sue abilità di vampiro si erano ormai manifestate del tutto, ed era rapido e forte come un mezzo sangue, crescendo a giudizio di Jasper sarebbe diventato come un vampiro. Fatta eccezione per il cuore che batteva veloce quasi fosse un colibri e il sangue che gli scorreva nelle vene, che lo rendeva più caldo e diverso da un vampiro comune. E poi c’erano i suoi espressivi occhi di una tonalità blu oceano e il fatto che avesse qualcosa dei nephilim dentro di lui.
“Mamma!” lui e Jasper mi avevano superata da un pezzo, ritornai alla realtà, ogni pensiero mi scivolò via, intorno a me l odore dell erba e del terriccio umido, il sole aranciato che stava scomparendo dietro le montagne e il corpicino di Aiden che agitava le braccia incitandomi a seguirlo, stavamo tornando a casa.
“Vi stavo dando un po’ di vantaggio” feci l’occhiolino a Jasper, indietreggiai da lor per assicurarmi che ci fosse spazio e spalancai le ali, i colori caldi del tramonto si mescolarono al leggero sfavillio azzurro delle piume. Jasper mi sorrse e sfiorò con le dita un lembo dell’ala.
“ Ci vediamo a casa” scattò e spari tra le fronde. Guardai Aiden, estasiato e con un sorriso così marcato che avrebbe potuto abbagliare un faro.
“Forza salta su…” mi voltai piegandomi leggermente, Aiden si piazzò[LS1]  nell’ incavo tra le clavicole, tra le due ali, mi circondò il collo con le braccia e la vita con le gambe, distesi lei ali. Spiccai il volo rapidamente, e con energia mi portai al di sopra delle nuvole. Lui adorava volare, ogni volta che ne aveva l’opportunità mi chiedeva di farlo. La prima volta che con consapevolezza aveva compreso che quelle fossero le nuvole e che il vento era impetuoso ma piacevole sul viso e quanto liberi ci si potesse sentire ero la persona più felice del mondo, la sua sincera e innocente gioia mi scaldava il cuore. Non aveva mai avuto paura, e quindi piroettavo, mi lanciavo in picchiata e viravo come un falco, l’adrenalina aveva sempre la meglio sulla paura per lui. Trasportarlo non mi richiedeva nessuno sforzo, era molto più leggero di un vampiro adulto, e riusciva a tenersi sulla schiena perfettamente.
“Mamma, ma quello è uno stormo di fenicotteri!” indicò con l’indice un punto lontano a sud, aguzzai la vista, si era una macchia rosa piumata che veniva verso di noi. Mi voltai a guardarlo, i capelli neri arruffati gli schizzavano da tutte le parti.
“Avviciniamoci” mi strinse la spalla, ridacchiai,
“va bene… “ seppur i volatili si spaventarono vedendo la mia sagoma mantennero compatta la formazione, planai piano sotto di loro così che Aiden potesse vederle da vicino, poi girai su me stessa assecondando la corrente, Aiden rapito dallo spettacolo non comprese subito il mio intento e si aggrappo più forte ritrovandosi ad essere capovolto ma lo afferrai dolcemente e lo strinsi al petto prima che potesse ritrovarsi a faccia in giù, volavo sotto le pance piumate dei fenicotteri supina, guardando i loro piedi palmati, Aiden disteso su di me, come su un giaciglio,
“Wao, mamma, è meraviglioso” gli baciai la nuca.


 
 
 
POV JASPER
 
“ Edward, hai finito il turno?” mio fratello annuì scrocchiandosi busto e collo,
“Ah si… che tormento starsene seduti o ingobbiti nelle sale , coi pazienti, gli umani dovrebbero fare più movimento” stava rientrando ora, quindi salimmo insieme le scale della veranda e arrivammo in soggiorno, anche Carlisle con mia sorpresa era a casa e aveva trasformato il tavolo da pranzo di scena in un mosaico di mappe, fogli, pergamene e libri dalla foggia diversa, antichi  e scritti a mano, appena stamapati, in bianco e nero e a colori, con miniature e foto.
“Non è un ossessione” Edward commentò sarcastico ciò che avevo pensato. Carisle alzò gli occhi da una lente d’ ingrandimento enorme da chirurgo proiettata su un sillabario celtico.
“Ho parlato con uno stregone di Chapel Stear, dalla Scozia…” esordì lui,
“Credo di aver capito cosa fossero quei tirsi che impugnavano i due incappucciati quella volta…”mi portai una mano alla fronte, non finì la frase perché si perse nei suoi pensieri e annotò qualcosa su un taccuino. Le voci di Alice e Aiden risuonavano dall’ingresso.
“Ad Alice non piacerà” dissi alzando le mani e sistemandomi sulla poltrona antistante il tavolo, Edward sorrise, Carisle contemplò un po’ preoccupato il tavolo di mogano non più visibile sotto l ammasso di fogli. DiI solito teneva tutto nel suo ufficio ma forse la scrivania non poteva più contenere tutto o voleva  che Alice lo vedesse . Da quando Alice si era trasformata Carlisle aveva fatto numerose ricerche per conto proprio cercando di scoprire tutto il possibile sulle nuove creature con cui avevamo a che fare. Quando poi altri vampiri cominciarono a sapere di Alice e degli angeli e quando poi anche i Volturi e tutta la nostra comunità allora cerco di coinvolgere i suoi amici più fidati per estendere le sue conoscenze sul mondo nascosto..cosi lo chiamava. Stava allestendo una sorta di enciclopedia di tutte le creature sovrannaturali e dei loro poteri, di avvistamenti o avvenimenti , che altri vampiri o umani o chiunque volesse parlarne, accaduti. Aveva reperito informazioni sugli angeli e i demoni, sui lupi mannari, sui nephilim, sui mezzi vampiri, sulle streghe e i maghi, su animali mitologici che a quanto pareva non erano propriamente leggenda, sulle forze e le energie che si palesavano nel nostro mondo. Ma Alice era se non contraria comunque non incline al suo stesso entusiasmo. Per lei era difficile volerne sapere di più, sembrava che più cose sapesse meno chiare esse fossero e che le risposte alle sue stesse domande generassero altri quesiti. Come per sua madre e quanto era successo nel limbo.
“Jazz, ti cercavo…” il sorriso caldo si spense sul suo volto entrando nella stanza,
“ Alice, volevo parlarti” disse Carlisle speranzoso, Edward osservòo Alice leggendo i suoi pensieri, lei annuì cercando di simulare serenità, non aveva parlato molto con Carisle o Edward o me della città  di Luce o del paradiso, del Limbo, degli anziani. O meglio ci aveva detto quanto necessario e per sfogo per lo più ma quando Carisle la pregava di tornare sui dettagli, di descrivere ogni cosa, anche ogni sensazione, non voleva.
“ Lo stregone che oggi mi ha spiegato la funzione dei tirsi rituali  ha detto una cosa che mi ha sconcertato in effetti…” il suo tono era preoccupato,
“Cosa ti ha detto?” io ed Edward ci avvicinammo al tavolo,
“ Che a differenza dei suoi simili non disdegnava aiutare i vampiri perché in fondo condividevamo lo stesso sangue…” Alice rifletté è su quelle parole, poi sospirò,
“ In che senso?” chiesi io,
“Credo di saperelo, Phoebe mi ha parlato anche di questo… scusa Carlisle avrei dovuto dirtelo per le tue ricerche, anzi credo sia essenziale saperlo… lei mi ha raccontato dei nephilim  e anche dei demoni, sapeva davvero molte cose su di loro… e anche Sean”,
“ Ogni creatura… considerata malvagia o pericolosa ha sangue demoniaco” eravamo sconcertati,
“I vampiri, i licantropi, i lupi mannari, i demoni per l’appunto” Carilisle fece spazio tra i fogli e fece emergere il libro in pergamena che stava redigendo a mano e che avrebbe poi scannerizzato e diffuso tra i vari clan, tutti dovevano sapere quanto più possibile del nuovo mondo.
“Abbiamo lo stesso sangue dei demoni, è questo che vuoi dire?” Edward fece un’espressione di disgusto,
“ Non totalmente, il primo vampiro era un umano che ha stretto un accordo con Lucifero… e il sangue è stato contaminato dal suo, un patto di sangue, capite? Tutti i vampiri hanno tracce di quel sangue e così i lupi” Carlisle assenti mentre scriveva sul libro,
“ Si ha senso, siamo creature dannate in fondo…” Carisle sospese il calamo a mezz’aria,
“ Per questo siamo riusciti ad entrare ed ad uscire dagli inferi…” riflettè Edward, lo shock iniziale passò, anche se non fisicamente nelle fibre del nostro corpo marmoreo c’era quella traccia,
Qquesta è una cosa che non avrei voluto sapere in effetti..” disse Edward, Alice lo guardò apprensivo ma lui subito dopo sorrise,
“Lucifero…perdonami Alice ma lui era un angelo, non dovrebbe avere sangue puro?” Alice scosse il capo,
“ Era un angelo, la caduta, la ribellione ha cancellato ogni traccia di purezza, il suo sangue da allora si contamino’ e cosi il sangue degli angeli caduti che lo seguirono… per questo nessun demone può accedere o tornare al Paradiso, un angelo può scegliere di essere imparziale  e vivere tra i due mondi e mantenere così le sue  caratteristiche , la sua purezza, ma i demoni non possono tornare indietro…” eravamo rapiti dalle sue parole,
“ Anche gli stregoni allora…” Carisle annotò che tutte le creature anche i mezzo sangue avevano sangue demoniaco, anche sulla scheda riguardante Nessie e i mezzi vampiri.
“Pheobe ti ha rivelato molte cose…” guardò Alice al settimo cielo ma Carlisle era abile quasi quanto me a recepire le emozioni altrui, sembrò riporre via calamo e libro ma poi esitò,
“ Quindi tu … questo è incredibile..” sfoglio’ di nuovo freneticamente le pagine, Edward colse la sua illuminazione e incrocio’ le braccia accigliato. Arrivò alla pagina che mostrava un disegno simmetrico di un angelo somigliante molto ad Alice, il volto anonimo ma le ali screziate d’azzurro, sempre nella classificazione dei mezzo-sangue, origine sconosciuta, caratteristiche: per metà vampiro e  per metà angelo, capacità: forza e velocità sovrumane, preveggenza, controllo degli elementi, telecinesi… c’erano dei puntini sospensivi e un post scriptum che indicava come ci fosse un solo esemplare di quella creatura, Alice, seppur Carlisle non avesse scritto nome e cognome. Aggiunse tra le caratteristiche, sangue demoniaco e angelico condividono lo stesso corpo, nessun’ altra creatura ha quest’anomalia.
“Anomalia?” chiesi brusco, non approvavo affatto che parlasse di Alice come di un esperimento scientifico, lei mi pose una mano sul braccio che era scattato sul tavolo,
“Scusa Jasper, ma è linguaggio tecnico, mi sembra il modo più adatto per fornire informazioni” lo guardai accigliato,
“Perché ti sorprende tanto?” chiese Alice che sembrava sorpresa quanto noi,
“ Io non avevo mai pensato…” poi la sua espressione si spense e fu presa da un bruciante sconforto,
“Alice cosa c’è?” la scossi leggermente,
“Carisle, tu  hai ragione…è una cosa impossibile questa…anche per un mondo folle come questo” lui annuì.
“ Hai anche tu sangue demoniaco beh perché sei una vampira in parte…e allora?” anche Edward muto’ espressione, ero l’unico a non capire?
“Jasper, è la sola creatura per quanto ne sappiamo che condivide entrambe le caratteristiche di angeli e demoni, è come se esistesse una creatura sia vampiro che licantropo, è un anomalia, e il fatto che Alice abbia due tipi diversi di sangue e che sia viva , ancora viva perché sono sostanze opposte per forza di causa…è straordinario…” guardai Alice, mi afferrò la mano,
“ Jazz una come me non dovrebbe essere possibile…” certo si sapevo quanto fosse straordinaria, l avevo sempre saputo,
“Il punto è che … se lo yin e lo yang si uniscono…” guardai Edward
“Segui la mia metafora…. Se due forze opposte si uniscono e non si annullano…. Diventano la cosa più
potente che ci sia… Alice è davvero la creatura più potente che ci sia… per questo i demoni bramano il suo sangue, per questo gli angeli la temono” era la prova di cio’ che avevamo sempre saputo,
“Per questo vogliono ucciderti o controllarti…” aggiunsi sussurrando, Alice era un fascio di nervi,
“Si”.
 
 


 
 
POV SEAN
 
Fuori pioveva. Quella pioggia fastidiosa di primavera che raffredda tutto, e che ti fa pensare che si ancora tardi per la bella stagione e per ricominciare. Avevo il cappuccio tirato sulla testa ma continuava a scivolarmi dietro mentre minuscole goccioline d’acqua si insinuavano dietro al collo e poi giù in fondo alla schiena. Il freddo, non mi ci ero ancor abituato. E questo era nulla  rispetto alla foresta gelida dell’Alaska. Mancava qualche centinaio di metri e sarei arrivato al cancello di casa. Il sacco di carta che conteneva verdura fresca e una bottiglia di latte era altrettanto zuppo. Sospirai profondamente. Al cibo non avevo mai dovuto provvedere, ed era una seccatura tremenda. E poi l’ombrello. Detroit era una città sporca e caotica ma sporca e caotica quanto bastava per confondersi tra gli umani e riuscire a passare inosservati, e cercare di vivere per quanto fosse possibile. Era stata una gran fortuna trovare l’appartamento del numero 12 di Caine street ed era stata una fortuna ancora più grande trovare Jordan come coinquilino. Il cancello di ferro arrugginito mi fu davanti, ci stavo quasi andando a sbattere per quanto ero piegato per evitare che la pioggia mi cadesse sul volto e negli occhi. Girai la chiave nella serratura che scattò cigolando. Mi avviai sulle scale di ferro esterne. Jordan mi stava aspettando e moriva di fame, aveva passato tutta la notte sbronzo a vomitare l’anima. Non reggeva l’alcol ma non era un cattivo ragazzo, era un umano goffo  ma davvero carino almeno così la pensavano le ragazze che uscivano ed entravano dal nostro appartamento a frotte e che lo trovavano irresistibilmente dolce e impacciato e  poi ci provavano anche con me, ero strano e affascinante e questo gli piaceva. Dopo aver rigettato tutto aveva una gran fame ed ero uscito per comprare qualcosa. Ormai era passato un anno e mi trovavo a mio agio con lui, certo non potevo rivelargli chi fossi davvero ma in fondo Jordan sapeva che nascondevo qualcosa. Era un buon amico.
“Hey J, c’era solo verdura al mercato, dovrai accontentarti” borbottai divertito mentre mi feci largo tra mucchi di vestiti sparsi nello spazio cucina. Era piccola come il resto , un bilocale miniamale ma confortevole. Silenzio. Non c’era mai silenzio con lui, era esasperatamente logorroico.
“Jordan? Non sei svenuto di nuovo?” mi bloccai, l’odore di bruciato fin troppo familiare rallentò il tempo e le mie funzioni vitali, qualcuno di loro mi aveva trovato ed era nell’appartamento. Qualcosa di vetro si frantumò a terra seguito da un mugolio soffocato. Scattai veloce verso la stanza di Jordan.
“Ah bene bene, guarda chi si unisce alla festa” Hazel, maledetto, tratteneva il ragazzo contro il muro con una mano a sigillargli la bocca irsuta di barba  e l’altra che impugnava una lama sul suo fegato, gli occhi nocciola di Jordan piroettavano da me all’invasore, ansimava e i capelli ricci e folti erano impregnati di sudore.
“Lascialo andare… parliamone” il demone si fece una roca risata, fissava ancora il ragazzo, divertito, indossava degli abiti di pelle consunti e aveva delle ferite da scottatura sul volto, strisce di carne carbonizzata che gli attraversavano guance e fronte, gli occhi scuri profondi come pozze fangose, era calvo.
“ Vedo che non hai imparato caro Sean, stare in mezzo a loro non ti salverà” stavo valutando se lanciarmi addosso a Hazel, se l’avessi fatto abbastanza in fretta distraendolo e facendolo parlare forse avrei potuto evitare che uccidesse Jordan. Un sibilo e un crack e si materializzò un altro demone dietro di me e poi un altro al fianco di Jordan. Due gemelli, bassi e magri dai capelli biondicci.
“L’hai trovato! Perfetto, andiamo via , il puzzo di questo tugurio è insopportabile” sputò sulla moquette. Non potevo atterrarli tutti e tre. Dovevo cambiare strategia.
“D’accordo, mi avete trovato, ora farò quello che volete ma libera il ragazzo Hazel” cercai di essere calmo ma deciso, Hazel lasciò la bocca di Jordan e lo spintonò traballante davanti a sé. Lui si massaggiò il fianco e mi pose le mani sulle braccia.
“Che diavolo succede? Chi chi…sono questi?” mi guardò però sollevato nella paura, almeno eravamo in due in quella situazione e non era da solo ma il sollievo spari dai suoi occhi un attimo dopo e anche Jjordan svanii, solo dsue occhi ormai vuoti mi fissavano e il suo corpo si accasciò sotto di me, Hazel sfilò la lunga spada di adamas dalla sua schiena.
“No!” mi accovacciai su di lui, ma era morto. Strinsi i pugni e colpi più forte che potei ma altre 4 braccia mi bloccarono.
“Ora tu vieni con noi!” il respiro putrescente di Hazel mi fece venire la nausea.


Ci smaterializzamo negli Inferi. I gemelli di cui ignoravo i nomi mi posero delle catene sui polsi, catene incantate, dolorosamente caustiche. La pelle mi ribolliva e già si alzavano diverse vesciche. Tornare laggiù di nuovo, credevo che questa volta sarei riuscito a starvi lontano. Credevo davvero che col tempo vivere tra gli umani sarebbe stato il paradiso. Già 6 anni prima ero fuggito e poi ci ero tornato per punirmi, per quello che avevo fatto a lei, e poi di nuovo fuori ma sembrava che quel luogo mi reclamasse ogni volta. Di sicuro mi stavano portando nelle segrete, a marcire come l’ultima volta avevo voluto. Mi si formò un nodo alla gola, forse me lo meritavo dopotutto. Il calore trasudava dalle pareti ma era piacevole, più della pioggia o del freddo. L’atmosfera cupa e rossastra dei fuochi delle anime in pena e l’odore di bruciato erano casa un tempo. Sotto di noi si estendevano i molteplici livelli e il labirinto per gli intrusi. Il livello più in basso era costituito da prigioni in adamas, celle granitiche per demoni ribelli e traditori. E una cella aveva inciso a chiare lettere il mio nome da molto. Scendemmo le scale vorticose tra i livelli ma non arrivammo fino in fondo, all’ennesima rampa di scale Hazel virò a destra di fronte il palazzo di Lucifero. L’immensa costruzione di ebano nera mi era familiare, ci passavo sempre durante le ronde ma non ero  mai stato convocato, e lì si entrava solo se il signore oscuro lo voleva.
“Dove mi state portando?” formulai la domanda pur conoscendo già la risposta, eppure Lucifero mi aveva sbattuto in cella senza mostrarsi o altro l’ultima volta. Probabilmente ero la vergogna più grande di tutti i suoi adepti, l’aver collaborato con gli angeli sino a inseguire e voler uccidere i miei stessi simili. Ma il crimine di Balthazar nemmeno mi aveva fruttato un incontro col capo. Cosa mai potevo aver fatto di peggio?
“Lucifero ti ha convocato” disse brusco uno dei gemelli dietro di me,
“Forse vuole ucciderti di persona finalmente” sogghignò l’altro. Entrammo nell’ immenso atrio, il pavimento a scacchiera bianco e nero sembrava estendersi all’infinito tanto ampia era la stanza, il soffitto ovviamente non si vedeva nonostante si biforcasse una scala in marmo molto lunga ai piani superiori. Il lampadario di cristallo emetteva l’unico bagliore di luce nella stanza tetra. Voci soffuse e melliflue provenivano dalla porta immediatamente antistante. Hazel l’aprii senza bussare o annunziarsi ma in effetti era la porta di legno che si era spalancata da sola. Subito si fermò facendo segno ai miei due aguzzini di fare altrettanto e si inchinò. Automaticamente abbassai la testa anche io. Scarne figure incappucciate e vecchie, molto vecchie, erano sedute su palchi di legno lateralmente, i mantelli neri di velluto che nascondevano ogni fattezza. Quei demoni erano i Superiori, entità molto antiche di 10 000 o più anni. Ed io nei miei 300 anni ero un bambinetto a confronto. La loro pelle era grigiastra a cadente, le bocche orrendamente cucite e impossibilitate ad aprirsi, gli occhi rossi. Ma non erano terrificanti, non quanto la figura che sopraelevata sedeva su un trono nero e tempestato di rubini, Lucifero. Si protese verso di noi.
“Mio signore, ho portato il giovane Sherwood” disse Hazel con voce tremante, fui liberato dalle catene. Lucifero si alzò e avanzò verso di me. Ad essere terrificante non era un aspetto da mostro, non erano fauci o zanne, testa caprina. Ad incutere un timore tremendo era la sua disarmante bellezza. Lucifero, la stella del mattino, l’angelo caduto, il primo di una lunga serie. Non lo avevo mai visto così da vicino. I capelli biondi tirati indietro, il volto squadrato e con un accenno di barba, gli occhi neri come la pece, sembrava avesse poco più di 30 anni, a petto nudo, muscoloso e prominente, una spada di adamas in cinta e le ali, le ali più grandi e forti che si potessero immaginare. Ali un tempo candide come la neve e adesso scure come quelle di un corvo.
“Sean Sherwood…finalmente al mio cospetto” non volevo piegarmi, non era più il mio signore, io avevo scelto l’imparzialità ormai. Hazel mi colpi con la lancia sugli stinchi costringendomi a inginocchiarmi.
“Suvvia Hazel, che modi… Sean ha fatto la sua scelta, non mi appartiene più” mi rialzai, un bocciolo di speranza mi mozzò il fiato,
“Non chiedi la mia vita?” Lucifero scosse il capo,
“Al contrario, voglio persuaderti ad accettare un incarico “ allargò le braccia scuotendo le ali,
“Io non capisco… ho scelto…” l’altra cosa spaventosa di Lucifero insieme al fascino era la follia, il suo umore cambiava in pochi secondi.
“ Hai scelto… sudici mortali, di vivere nell’ombra, lontano dai tuoi fratelli!” sbottò e ritrasse le ali, bisognava soppesare ogni parola,
“ TI sto offrendo  la possibilità di redimerti…e tutto sarà perdonato ai miei occhi, tuo padre era stato un mio grande servitore ma ha peccato di arroganza…mi ha sfidato ed è finita molto male per lui…sono sicuro che non commetterai lo stesso errore” disse poi calmo e mi guardò intensamente, il viola sfavillò nei suoi occhi neri come fiamma. Che fare? Se non avessi accettato di tornare mi avrebbe ucciso.
“Cosa vuoi che faccia?” dissi arrabbiato, forse la morte era preferibile. Mi afferrò la faccia arpionandola tra le dita,
“ Devi portarmi il bambino…” le vene del collo gli pulsavano per l’eccitazione,
“CHI? Non capisco?” mi spintonò indietro ridendo,
“ Il figlio di Alice Cullen… devi portarlo da me, vivo. Ne ho necessità.” Il pavimento di marmo sembrò crollarmi sotto i piedi. Il diavolo in persona voleva strappare ad Alice la cosa più importante che avesse mai avuto.
“Sei l’unico che può riuscirci, loro si fidano di te… ti sei avvicinato al bambino tante volte…” la platea dei demoni silenti si alzò battendo gli scettri,
“ Perché? Cosa vuoi farci? Quel bambino è a tutti gli effetti un vampiro, non ha valore” tentai,
“ Non ti è dato saperlo… “ disse con voce tonante.
“Alice Cullen, non riusciremo mai a portarla dalla nostra parte, ma il ragazzino forse mi sarà altrettanto utile!” un altro boato di scettri assentii,
“Non lo farò mai, uccidimi se vuoi, non m’ importa” Luciferò zittii tutti,
“Si che lo farai Sean Sherwood e sai perché ?”  smisi di respirare,
“ Perché se non lo fai Alice Cullen morirà e so quanto è importante per te”.

Potevo udire ancora la risata sbeffeggiante di Lucifero  mentre mi riportavano tra i corridoi bui delle celle di adamas, mi ritrovai quindi in uno spazio angusto e granitico, le sbarre di adamas scintillante e duro come il diamante, era un metallo scuro color petrolio perfetto per realizzare le lame infernali e pericoloso per tutte le creature. Amareggiato mi appoggiai alla parete fino a crollare seduto, sarebbe stato meglio venire direttamente in cella senza incontrare il diavolo, sarebbe stato meglio marcire lì o morire piuttosto che obbedirgli.
“Resterai qui per un po’ cosi che tu possa rimuginare sull’offerta del signore oscuro” disse Hazel accostando il volto sfigurato pericolosamente alle sbarre.
“Non puo’ ucciderla, sta bleffando” dissi di getto e sollevato a quella stessa idea,
“La proteggono gli angeli…non lo permetteranno” Hazel guardò i gemelli e un ampio sorriso raggiunse le estremità degli squarci sul volto.
“Davvero? Io credo, anzi ne sono certo, se lei rimanesse uccisa Lucifero farebbe un favore anche a loro” sputò un grumo di saliva mista a muco sul pavimento e si allontanarono nell’ombra. Fissai l’oscurità del corridoio per qualche minuto, non riuscivo a pensare., Poi l’inquietudine mi sopraffò. Hazel aveva torto? Il dubbio si insinuò come la brezza fredda su un corpo già tremante. Eppure poteva essere vero. Gli anziani  le avevano detto che era loro compito proteggere le creature celesti e lei lo era, eppure era diversa da loro, da qualsiasi cosa fosse mai esistita e avevano anche ammesso di temerla e di aver tentato di controllarla per salvaguardarsi. Se Alice fosse morta loro non avrebbero più  avuto di che preoccuparsi, e inoltre non sarebbero intervenuti se la cosa non avesse toccato i loro interessi  o la Terra. Ma di sicuro nei piani di Lucifero c’era qualcosa di più che puro tornaconto personale, e avrebbe toccato anche loro. Oppure era solo un folle desiderio di Lucifero, fare del male ad un angelo potente quanto lui? Spaventava anche lui? No c’era altro. Non l’avrebbe uccisa.  Potevo avvisare i Cullen, fingere di aiutarlo e ingannarlo almeno quel tanto per avvertirli? E poi? Alice era forte e i vampiri l’avrebbero aiutata ma neppure lei poteva battere il signore dei demoni…. Dovevo scegliere… come potevo scegliere? Sacrificare Aiden, un bambino, il suo bambino, non mi avrebbe mai più perdonato, io non mi sarei  più perdonato e mi avrebbe eliminato sul serio questa volta… anche se per salvarla, non lo avrebbe mai accettato o capito. Ma d’altro canto non riuscivo a concepire che lei potesse morire a causa mia.  L’aria calda della cella cominciò ad opprimermi. Non c’era soluzione alcuna.



 
POV ALICE
“ Mamma? Svegliatiii…” frastornata tentai di ritornare alla realtà, al caldo piumino arancione, al letto ad una piazza su cui ero stesa accanto ad Aiden, alla volta di stelle sopra di noi che avevo simulato, al libro di storie che ancora stringevo tra le dita e al viso pallido di Aiden che sorrideva a gambe incrociate guardandomi dall’alto. Mi sollevai.
“Non me ne sono resa conto, mi sono addormentata…” lui si accoccolò contro di me e prese il libro tra le mani,
“Eravamo al punto in cui Brucaliffo rivela ad Alice dove si trova” sussurrò estasiato,
“Aspetta un secondo ma anche tu ti eri addormentato?” Aiden innocente scosse la testa,
“ Mmm…” presi il libro tra le mani e voltai una pagina, stavo facendo un sogno strano, ero in alto, volavo ad ali spiegate verso le nuvole rese dorate dal sole al tramonto, poi una luce molto forte mi spingeva a fermarmi e scorgevo a stento la sagoma di un angelo che volava in picchiata verso il basso.
“Si va bene, avevo sonno anche io ma ora sono sveglio, continuiamo la storia?” mi guardò supplicante, stavo per annuire quando di sbieco vidi che la sveglia segnava la mezzanotte passata.
“E’ tardi Aiden, domani hai scuola! No  niente broncio…su sotto le coperte” scalciando mi obbedii, lo rimboccai fino al mento e lo baciai sulla fronte, il contatto con la sua pelle morbida mi rilassò ancora di più. Con un movimento della mano feci sparire i puntini luminosi e le nebulose dalla stanza sicchè fu buio pesto e in silenzio uscii sul corridoio. Sbadigliai. Ero stanca. Scesi le scale quel tanto per rimettere apposto la copia di Alice nel Paese delle Meraviglie e tornai su. Aiden adorava quel libro e la storia della ragazzina brillante e confusa alla ricerca di sé stessa. Una volta ingenuamente mi chiese se fossi io la Alice del libro o se il suo creatore si era ispirato a me. In effetti la storia di  quella Alice collideva con la mia, c’erano molte similitudini. Una visionaria, una ragazza speciale con doti non comuni e con uno scopo più grande. E soprattutto trasformata alla fine della storia. Jasper mi aspettava sul balcone della nostra stanza. Era una serata calda e serena. Mi avvicinai alla ringhiera accanto a lui anche se avrei preferito buttarmi sul letto e continuare a dormire.
“ Ci hai messo un bel po, avrete finito il libro” disse scherzoso,
“No, mi sono addormentata con AiIden” appoggiai la testa al suo braccio lui piegò il mento e mi baciò i capelli.
“ Tutto bene?” Jasper avvertiva chiaramente un po della mia inquietudine.
“ Si, non saprei, ho una strana sensazione” continuò a strusciare il mento sulla mia testa cingendomi il fianco,
“ Hai fatto di nuovo quel sogno?” chiese lui preoccupato, sospirai accarezzandogli la guancia,
“Non è una visione, o un mio ricordo, me ne rendo conto , è davvero solo un sogno e nemmeno brutto direi… vedo semplicemente un altro angelo nel cielo ma non mi nota neppure, è lontano” Jasper tornò a fissare l’orizzonte,
“E poi non lo faccio sempre…sarà qualche notte in queste settimane… “ si rilassò,
“Si, non c’è niente di strano” dissi tranquilla.
“ Lo credo anche io” era una notte così calma e tutto sembrava sospeso nell’aria.

 
Una sera stavamo cacciando nella foresta, io Jasper insieme a Bella Edward e Carlisle, Reneesme e Jacob ci seguivano correndo tra gli alberi. Non facevamo cacce collettive da tempo ed era stato un po’ come tornare a quando davamo la caccia a Victoria o guerreggiavamo per il territorio coi lupi. Era adrenalinico e appagante. Una volta saziata la sete di tutti rallentammo la corsa sin quasi a camminare, i nostri passi felpati a stento udibili sul terriccio fresco.
“Bella vorrebbe che Reneesme si iscrivesse al liceo fuori contea non a quello di Forks” disse Edward, lei gli tirò una gomitata sulle costole.
“ Edward non mi farai cambiare idea chiedendo appoggio ai tuoi fratelli” scattò verso di me e mi circondò con il braccio,
“Perché mia sorella…” e sottolineò scherzosa la parola “Mi appoggia” le strinsi la mano.
“Si Ed, capisco Bella, Nessie non ha mai frequentato la scuola, e qui a Forks i ragazzi si conoscono tutti, non l’hanno mai percepita come compagna, potrebbe essere difficile e sanno tutti che è la nipotina dei Cullen, hanno giàa strane idee su come sia spuntata, meglio che vada alla Finnegan, è a pochi chilometri e potrà partire da zero come tutti” Edward annui pensieroso ma non convinto. Bella andò a scoccargli un bacio sulle labbra. Jasper e Carlisle stavano discutendo animatamente sul disboscamento che gli umani stavano praticando in quegli ettari, fra 50 anni il nostro territorio di caccia si sarebbe ridotto ad ¼ ed era preoccupante. Jacob e Reneesme con un tonfo ci raggiunsero.
“ Quand’è che potrà venire anche Aiden?” mi disse muovendosi leggiadra sino al salice che stavo osservando.
“ Credo sia ancora troppo piccolo per cacciare…” mi sorrise e scattò saltando a cavalcioni su Edward. Il vento scuoteva sensibilmente la chioma spiovente dell’albero. Le poche tracce di sangue rimaste del branco di cervi che avevamo appena cacciato permeavano ancora le correnti d aria. La notte era limpida e un cielo stellato cominciava ad aprirsi sulla foresta.
“Ragazzi, cos’era?” ci voltammo simultaneamente verso Bella che aveva indicato un punto nel cielo blu notte, il flash appena percepibile di una sagoma l’avevamo visto tutti. Jacob annusò l’aria ringhiando. Era un odore forte, un animale…
“La’” fu Jasper a scattare verso est, vidi chiaramente una zampa a mezz’aria, ma non era un cervo. Accadde tutto molto in fretta, Reenesme fu sballottata contro un albero da quella creatura che si palesò in tutta la sua magnificenza. Aveva due grosse ali grigie screziate di marrone , un becco affilato e due artigli e poi un corpo da stallone , altri due zoccoli e una coda spumosa e argentata. Era agitato, a mezz’aria continuava a scalpitare restando sospeso, raschiando l’aria con gli artigli e flettendo le ali, emanava versi striduli come un falco. La prima reazione di tutti fu di completa paralisi, poi Edward prese Reenesme tra le braccia e la pose sul lupo, non era ferita solo sconcertata.
“Sembra proprio…un ippogrifo!” la voce di Carlisle uscii tremula e acuta, quella creatura era spaventosa eppure magnifica, ero come ipnotizzata, il mio sguardo vagava su ogni sua fattezza.
“Blocchiamolo” Jasper ed Edward gli saltarono addosso cercando di atterrarlo, riuscirono a tirarlo giù ma a stento a tenerlo fermo, Edward tenne le ali all’indietro e Jasper gli zoccoli,  gli artigli non erano comuni giacchè lasciavano solchi profondi sulla loro pelle marmorea. Lo stridore dell’animale era così forte che Bella si coprii le orecchie e mi guardò supplicante, Carlisle era ancora sbalordito ma poi cerco di aiutarli.
“Basta adesso, lasciatelo!” gridai per superare il verso dell’ippogrifo, l’animale tacque e smise di divincolarsi, Edward e Jasper si lanciarono un’occhiata fugace e si allontanarono in fretta. L’ippogrifo gracchiò rauco e indietreggio ad ali spiegate ma non prese il volo, continuava fissarci uno ad uno. Era solo spaventato. Jasper mi prese dolcemente un braccio e mi tirò indietro,
“ Non è prudente lasciarlo libero, è pericoloso e non solo per gli umani” Edward annuì massaggiandosi la spalla.
“Edward torna indietro e chiama Emmett, ci servirà il suo aiuto per portarlo” disse nostro padre, Bella abbraccio Nessie spaventata,
“Carlisle” cominciò Jasper,
“Non lo uccideremo, è insomma, una creatura mitologica in carne ed ossa, forse l’unico esemplare, dobbiamo studiarlo e …” l’ippogrifo grattò il terreno impaziente, le voci lo irritavano.
“Non c’è bisogno di spostarlo con la forza” dissi piano, eravamo a 5 metri di distanza, cominciai ad avanzare lentamente,
“Alice, Alice, cosa vuoi fare? Torna qui!” mi sussurrò Jasper alle spalle agitato,
“Fidatevi…” non sapevo cosa stessi facendo o perché, ma percepivo chiaramente il terrore di quella creatura, quanto si sentisse solo e quanto necessitasse di aiuto. A circa 2 metri da lui mi fermai. L’ippogrifo cominciò quindi a fissare solo me, stranito ma non indietreggiò, allargò di più le ali con fare minaccioso. Ma io non avevo paura, sapevo che non mi avrebbe fatto del male. Ripresi a muovermi impercettibilmente e ad un metro da lui protesi la mano fermandomi di nuovo. Il silenzio tutt’intorno era assordante, la mia famiglia era col fiato sospeso. Ora vedevo chiaramente i dettagli di quella creatura, il volto da falco, le piume definite intorno alla testa e alle ali, gli occhi da gatto di un verde smeraldo, il becco schioccò due volte, portò le ali indietro rilassato e fece un passò in avanti. La mano mi tremava, ero incredula per quello che stavo facendo. Cauto l’animale avvicinò la testa piumata alla mia mano e potei accarezzarlo, allargò le pupille nere e scorsi il riflesso dei miei occhi azzurri che brillavano. Le piume erano calde, chiuse gli occhi respirando placidamente. Sentii tutti tirare un sospiro di sollievo.
“Visto, non è pericoloso, era solo terrorizzato” sussurrai sbalordita, Carlisle provò ad avvicinarsi cautamente ma quando fu abbastanza vicino a me l’ippogriffo si agitò,
“Va tutto bene, calmo” mi spostai di fianco per accarezzargli il dorso e schermai Carlisle, anche gli altri si fecero più vicini. Ma l’ippogrifo non sembrava fidarsi.
“Sei incredibile Alice” disse lui  passandosi la mano sul volto, Jasper mi guardava ipnotizzato poi un fruscio seguito da un croc e si materializzò un angelo dalle ali dorate. Una folta chioma di riccioli rosati e un viso tondo e sorridente. Phoebe.
“Scusate, il piano era che arrivassi prima dell’ippogrifo ma sono stata trattenuta…caspita se è veloce” l’ippogrifo si impennò ma si calmò subito vedendo Phoebe, lei ritrasse le ali,
“Phoebe?!” ero a bocca aperta, non si era fata sentire da un anno. Venne ad abbracciare me poi Jasper poi strinse la mano a tutti sorridendo.
“ Nessun preavviso lo so… beh avete fatto conoscenza vedo… che strano Alice tu gli piaci, l’hai calmato, è straordinario!” adocchiò più volte me e l’ippogrifo, gli diede un buffetto sul muso e gli pose una catena argentata intorno al collo a mò di guinzaglio.
“Cosa sta succedendo?” le chiesi, lei tirò la catena e il bizzarro cavallo cominciò a camminare al passoò al suo fianco nella foresta,
“Andiamo a casa vostra e vi spiegherò tutto”.

Giunti nei pressi della casa Phoebe gettò con un movimento ampio la catena verso terra ed essa si arpionò al terreno erboso come fosse dotata di un puntale. La catena si tese ma poi tornò ad assecondare i movimenti dell’ippogrifo che non era per nulla turbato.
“Sei sicura che regga?” chiese Bella titubante mentre faceva cenno a Nessie di entrare subito in casa. Lei annui e ci seguii su per le scale. L’ippogrifo si accoccolò al suolo allargando le ali a mò di coperta.
“Deve essere stanca per il viaggio” commentò lei sedendosi sul sofà del salotto.
“E’ una femmina?” gli occhi di Carlisle emisero un luccichio,
“Si, ed è anche gravida. Ho trovato questo esemplare nella riserva naturale a 10 km da Melbourne, è stato molto insolito che fosse lì, gli Ippogrifi prediligono un clima freddo e i pochi esemplari ancora in vita si trovano nelle steppe della Scozia.” Phoebe ne parlava come se avesse appena scovato un procione nel giardino.
“Ce ne sono altri?” Bella ed Edward si fissarono ansiosi mentre Carlisle non riusciva a contenere l’entusiasmo,
“ Signor Cullen lei doveva immaginarlo, Alice durante la nostra ultima telefonata, che mio malgrado risale a molti mesi fa, mi ha accennato adell’enciclopedia che sta scrivendo…” Carlisle annuì,
“Si , ma ti prego dammi del tu… per le creature di questo tipo, io …era solo teoria la mia…” bonfichio’,
“Già, beh ora ha..hai la pratica a disposizione, dovrete occuparvi di lei per qualche settimana mentre io risolvo questo problema…” affermò sicura, mi sollevai dal bracciolo del divano così in fretta che temetti di saltarle addosso,
“Cosa? No, Phoebe, perché non hai portato l’ippogrifo in Inghilterra allora se viene da lì!” ero molto irritata, non perché non volessi aiutare Phoebe o per quella creatura in sé, ma aiutarla avrebbe comportato interagire nuovamente con quella realtà da cui volevo tenermi lontana.
“Non posso portarla li, è fuggita da lì, sentite ci sono stregoni e demoni che cacciano le creature magiche solo per acquisire più potere, dei cacciatori avranno decimato il suo branco, avrà girato mezzo mondo prima di imbattersi in me. Devo trovare quei cacciatori e respingerli, minacciarli, trovare un accordo se necessario.” Era seriamente provata.
“ Aveva una zampa ferita, l’ho trovata per caso e dovevo aiutarla, sono un angelo, è la nostra natura non potevo restare indifferente” Phoebe mi lanciò un’occhiata con un misto di compassione e disappunto, mi stava giudicando, per le mie scelte, per il mio comportamento.
“E perché credi che qui sia al sicuro, potrebbero venire qui quei cacciatori” disse Jasper calmo,
“No, ne sono sicura, non si avvicineranno al vostro territorio o a quello dei lupi, i cacciatori agiscono singolarmente e sarebbero in svantaggio, per quanto sia prezioso un ippogrifo non rischierebbero la vita” si alzò anche lei,
“ L’ho portata qui perché confido nel vostro aiuto, e perché Alice pensavo di essere tua amica”
“Ma certo lo sei!” la interruppi e le afferrai un braccio, non volevo ferire i suoi sentimenti,
“D’accordo, se è per poche settimane lo faremo” guardai tutti, assentirono. CI spostammo in giardino, l’ippogrifo scattò in piedi nuovamente nervosa vedendo intorno così tante persone.
“L’ho chiamata Grigiapiuma” disse divertita,
“Ora, è un animale fiero, orgoglioso, astuto e molto, ripeto molto perspicace, ha capito subito dove intendevo portarla , ha percepito la presenza di un altro angelo” Phoebe mi prese per mano e mi fece avanzare a pochi centimetri dall’ippogrifo, era due volte più grande di uno stallone e bellissima. Le carezzai il dorso.
“Vedi si fida di te… per voi sarà più complicato essere accettati, ha paura dei vampiri, dei licantropi, degli umani, tutti predatori, capite?” Jasper Carlisle Edward e Bella annuirono interessati.
“ Il becco e gli artigli sono usati nelle pozioni, le ali valgono molto denaro…il suo sangue è forse più gradevole di quello umano…ma soprattutto contiene delle proprietà magiche, se un vampiro lo bevesse sarebbe pervaso da un’energia incontrollabile, è pericolosa questa cosa, crea frenesia, dipendenza…” staccai la mano dall’ippogrifo, mi concentrai sul suo odore, in effetti era una fragranza unica.
“ Pe i primi giorni nutritela voi, dato che è incinta è affamata, così guadagnerete un po’ di fiducia…poi potrete slegarla e resterà nel territorio comunque, finchè verrò a prenderla” Carlisle si fece avanti,
“Alice… aiutalo” Phoebe si allontanò dall’ippogrifo,
“Oh va bene…” mi avvicinai a Carlisle,
“Proviamo così, seguimi e mettimi le mani sulle spalle, così capirà che non fai male a me e neppure a lei” Grigiapiuma schioccò il becco ma non arretrò, allungai la mano e come prima assecondò il mio gesto sfiorandola con la testa,
“Porta la mano sulla mia…lentamente Carlisle…” le dita di Carisle indugiarono sulla mia pelle e poi toccarono il becco e la fronte dell’ippogrifo che chiuse gli occhi rilassato.
“Bene…” un ampio sorriso illuminò il volto di Carlisle, lo percepivo, era come toccare qualcosa di sacro, di puro.
“DI cosa si nutre?” chiese Jasper,
“Piccoli mammiferi, tassi, lepri, volpi… nella vostra foresta riuscirete a procurarveli…” si bloccò un secondo,
“Certo, quasi dimenticavo, allontanatevi per favore” io e Carlisle tornammo dagli altri,
“ Transmuto te aliquem animalum” Phoebe proununziò le parole in latino ad alta voce e con le mani alzate, un sottile velo trasparente si effuse a mo’ di cupola davanti la creatura e poi svanì.
“Incantesimo di camuffamento, così se qualche umano fosse nei paraggi vedrebbe solo un grosso alano incatenato” ero colpita.
“Bene, ora devo andare…” spalancò le ali.
“Aspetta, posso parlarti un secondo…” guardai Jasper, volevo parlare da sola, lui capii e andò dentro insieme agli altri. Le ali dorate e tese di Phoebe rientrarono.
“Certo Alice, dimmi pure” non sapevo come dirglielo, ma Phoebe era perspicace quanto l’ippogrifo, quanto il potere empatico di Jasper,
“La mia visita ti ha turbata, lo capisco” mi passò un braccio sulla spalla,
“Non fraintendermi, sono felice di vederti…ma ho come la sensazione che tu non sia qui solo per l’ippogrifo” Phoebe mi guardò interrogativa,
“Come?, Nno ti giuro, mi serviva il tuo supporto per proteggerla non c’è altro, ma perché hai visto qualcosa?” il suo tono tranquillo si incrinò,
“No no… non è per una visione” lei sospirò,
“Io credo che il tuo ardente impulso di tenerti lontana da tutto ti stia mettendo in conflitto con te stessa” disse,
“ Che vuoi dire?”,
“Alice, piombo qui, con una creatura magica, e tu sei di nuovo catapultata nel mio mondo, non è questo  che pensi forse?” annuì incrociando le braccia,
“Ma questo è anche il tuo mondo, e una parte di te lo sa , lo accetta, ma l’altra parte fatica a crederlo, e non va bene Alice” ora il suo tono era severo,
“ Io lo faccio per proteggere la mia famiglia, Jasper ed Aiden, voglio tenermene lontana per questo motivo, credevo mi capissi, mi appoggiassi” indietreggiai, una vento impetuoso cominciava a flettere l’aria ed io ne ero la causa, me ne stavo accorgendo, feci un respiro,
“Non forzare il controllo, i tuoi poteri sono influenzati dalle emozioni, se provi rabbia non trattenerla” mi passai una mano tra i capelli, il vento cessò,
“Alice io lo so che li ami, e che non vuoi metterli in pericolo ma frenare te stessa non ti fa bene e a Boston l’hai già sperimentato” disse dolcemente,
“Si, me ne rendo conto…ma dagli angeli e dai demoni ho solo ricevuto traumi e sofferenza…” lei scosse il capo,
“ Nessuno può negare che tu abbia sofferto pene inimmaginabili, è vero ti hanno controllata e rapita, quasi uccisa e messo in pericolo i tuoi cari, ma hai scoperto la tua vera identità, il tuo passato, hai avuto  un figlio, Aiden, hai capito quanto sia prezioso il legame tra te e Jasper, hai compreso il bene che puoi fare per i mortali… Alice non è stato tutto una catastrofe” si era così, dovevo riconoscerlo.
“Tu hai ragione, ma non capisco, cosa vuoi che faccia, anche tu vivi qui lontano dal Paradiso”
“Alice io ho scelto di cadere per aiutare te e per vivere e aiutare i mortali senza il loro controllo, è vero gli anziani mi hanno delusa ma non quello che io sono e che rappresento, io continuo la mia missione, non capisci, non esiste il loro mondo  il vostro o quello degli umani, è tutto connesso, e noi dobbiamo mantenere l’equilibrio. Io voglio che tu mi aiuti con Grigiapiuma e che tu ne sia contenta, appagata di fare il bene e voglio poter contare su di te se in futuro ci sarà bisogno del tuo aiuto” mi prese le mani supplicante,
“Ma si, certo Phoebe, io ti aiuterò sempre come tu hai fatto per me, siamo amiche, voglio che tu  sia certa di questo, siamo amiche” lei mi abbracciò,
“ Spero che la tua lotta interiore si plachi Alice, spero che un giorno vedrai la bellezza di quello che sei, di quello che gli angeli fanno…” aprii le ali e spiccò il volo.


Ad Aiden e Renesmee non era concesso avvicinarsi a Grigiapiuma per i  primi giorni e comunque Jasper era del parere di Edward e Bella, era meglio che ci fosse sempre qualcuno di noi con loro. Ci sarebbe voluto un po’ ma anche gli altri avrebbero compreso che non fosse pericolosa per noi. Dopo 4 giorni le togliemmo la catena e fu grata di potersi librare sulla foresta. L’incantesimo occultante di Phoebe aveva successo giacchè Charlie era sembrato molto sorpreso dell’alano grigio che avevamo in giardino. Una sera ero andata a caccia per conto mio e mi ero fermata in riva al lago, a riflettere. Avevo pensato molto alle parole di Phoebeell’angelo, consigli di un’amica, e lei aveva ragione, io facevo parte di quella realtà e una parte di me continuava a volerne essere parte nonostante tutto. E quindi avrei voluto vedere gli anziani e chiedergli di mia madre, capire perché fosse nel limbo e cosa voleva dirmi, e volevo saperne di più, su chi o cosa ci fosse al di sopra degli angeli, sul perché i demoni riuscissero ad arrivare sulla terra. Insomma avevo la sensazione di aver scoperto così tanto ma di essere comunque al punto di partenza. Un battito poderoso d’ali e una scia scura annunciarono l’arrivo dell’ ippogrifo,  atterrò sollevando nugoli di foglie secche davanti alla riva, a pochi metri da me. Bevve un generoso sorso d’acqua e si accucciò di fianco a me.
“Anche tu ti chiederai perché ti danno la caccia, non è così?” le accarezzai il manto piumato sul collo, l’ippogrifo mi guardò negli occhi placidamente, era assurdo ma sembrava che riuscisse a capirmi o per lo meno che captasse il senso di quello che stavo dicendo.
“Non c’è nulla di male nel nascondersi sai, lo fai per il tuo piccolo” attenta le passai una mano sul dorso e poi sul ventre, era grosso e prominente, sorrisi automaticamente, essere madre era doloroso, imprevedibile ma anche la cosa più straordinaria che potesse mai capitare.
“Ti capisco” lei schioccò il becco due volte e chiuse gli occhi assonnata.

 

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Capitolo 17
*** Shock ***


POV ALICE

Il lunedì successivo ero con Jasper Aiden Bella  Edward e Renesmee a Port Angeles, avevamo fatto acquisti per l’estate e portato i ragazzi a prendere un gelato in una delle pasticcerie considerata la migliore della contea. Era uno di quei giorni di pace e allegria che contagiava tutto e tutti. Alle 23 decidemmo che fosse meglio tornare a Forks, era comunque più di un’ ora di macchina ed Aiden cominciava a sbadigliare di frequente. Diretti al parcheggio nei pressi della villa comunale incrociammo alcuni umani che correvano trafelati nella nostra direzione.
“Chiamate la polizia! Stanno aggredendo un uomo, laggiù dietro l’angolo, presto!” la donna che urlava smanicata si avvinghiò ad un venditore ambulante di fiori e l’uomo che le corse dietro si precipitò nel bar lì  vicino. Senza pensarci due volte mi fiondai nella direzione opposta e cercai l’angolo della presunta aggressione, l’odore di sangue rappreso inondò le mie narici,
“Fermi!” due uomini incappucciati stavano pestando una terza persona violentemente, avevano anche dei coltelli. Mi guardai attorno, non c’erano umani che potessero vedermi. Scattai verso di loro ma non servi a molto, si smaterializzarono in pochi istanti, e avertii l’odore familiare di zolfo bruciato e le piccole particelle di cenere nera quando svanirono, affondai le unghie nel vuoto e persi l’equilibrio sino a cadere sul corpo che grondava sangue, aveva ferite aperte sulla spalla e sotto la costola, e molti lividi… e …era Sean. Mi ritrassi spaventata. Lui? Qui? Il mio cervello elaborò che lui, si, era davvero lì, steso sul pavimento e che ,si, erano appena svaniti due demoni che lo avevano ridotto in quello stato. La voce di Jasper mi fece acquisire di nuovo il controllo.
“Alice, che succede?” lui ed Edward si avvicinarono, Bella era rimasta con i ragazzi. Sean boccheggiava ma era quasi del tutto incosciente, come se mi fossi appena svegliata premetti con forza le mani sulle ferite.
“E’ Sean, chi l’ha ridotto così?” Edward si strappò la camicia tentando di fasciarlo, l’espressione di Jasper era indecifrabile.
“Due demoni, non sono ferite da coltello normali…devo smaterializzarlo da Carlisle, all’ospedale, o morirà dissanguato” fui scossa da un tremito. Jasper si sollevò,
“D’accordo, Edward noi due torneremo il più in fretta possibile, Bella può prendere la macchina e i bambini…” si giusto, non potevo smaterializzarli tutti, non lo avevo mai fatto da sola.  In fretta tornarono indietro. Appoggiai la mano tremante sulle spalle di Sean.Feci un respiro. Pochi secondi e mi ritrovai con lui appoggiato alla mia schiena nel corridoio deserto del 3° piano, c’erano barelle vuote in una stanza rivestita di teli trasparenti e vecchie apparecchiature, era una stanza usata come deposito, ma lì di sicuro non ci sarebbe stato personale medico. A fatica trascinai Sean sul lettino più vicino e cercai delle garze.
“Resisti Sean…” una strana sensazione di freddo non mi si scollava di dosso, quelli che erano pochi minuti mi sembravano ore, sembrava che Carlisle non arrivasse mai, e nonostante provassi a fermare l’ emorragie non ci riuscivo, lame infernali, non c’era modo di curarlo, lo sapevo.
“Alice! Sono qui!” la vista di Carlisle un po’ mi rincuorò, non ero sola, non sarebbe stata solo colpa mia se lui fosse…fosse morto. Carlisle aveva dei punti di sutura e iniettò a Sean diverse fiale di liquidi trasparenti.
“Non so se funzionerà, ho portato anche dello 0 negativo per la trasfusione, ma prima dobbiamo fermare il sangue… l’acitilfosfsoforo dovrebbe stimolare le piastrine a chiudere le ferite, gli sto dando la quantità massima” le garze che avevo utilizzato erano già zuppe, passò del tempo. Carlisle crucciato controllava i segni vitali , poi mise ossigeno e un conta battiti a Sean.
“ Non si fermano… Alice… se provassi tu” Sean era completamente svenuto adesso, il suo volto era pallido, pallido come non mai e gli occhi anneriti, era freddo come noi.
“Provare…a…” Carlisle mi scostò da Sean e mi prese per le spalle,
“Ti abbiamo visto farlo, con quell’umana, a Volterra, quando Aro cercava di fartela uccidere, sanguinava copiosamente e tu l’hai guarita, toccandola…” era diverso però, e non avevo nessuna idea di quello che stessi facendo.
“Queste sono ferite inguaribili, lame dell’Inferno, non so come fare” ma se Sean fosse morto sotto i miei occhi non me lo sarei perdonata.
“Ok…va bene…” mi avvicinai a lui e protesi le dita tremanti sul suo petto nudo, feci un respiro, forse non dovevo neppure pensare di farlo dovevo solo farlo, fare in modo che stesse bene. Chiusi gli occhi. Sentii calore, scorrermi dalla nuca sino alle braccia e alla punta delle dita, e poi nulla. La sensazione si spense.
“E’ troppo debole… sta morendo…” Carlisle aveva forse il volto più affranto del mio, ma poi capii cosa poteva funzionare.
“Jasper!” Carlisle fissava Sean, indugiò, aveva sentito bene?
“Cosa?”
“hai il cellulare, chiamalo! Deve venire qui, con lui, posso farcela, i miei poteri sono più forti se c’è lui.” Carlisle non esitò e si allontanò. Presi la mano di Sean. Potevo farcela.
 
 


POV JASPER
 
“ Arrivo, più in fretta che posso si” riattaccai , Bella ed Aiden mi fissavano attoniti in cortile, Aiden era irritato, anzi arrabbiato, nessuno voleva dirgli cosa stesse accadendo e si era fiondato in giardino appena aveva sentito me ed Edward arrivare.
“Aiden torna in casa. Tornerò presto” il mio tono severo e teso non lo fece desistere,
“Forza Aiden” Bella lo tirò dolcemente per un braccio.
“Andiamo ..” se Alice aveva bisogno di me per salvare il demone non potevo negarle il mio aiuto, nonostante fossi destabilizzato dal ritorno, dal fatto che continuasse a tornare. Ma che morisse e che noi vi contribuissimo, no, non era quello che volevo, nonostante il mio rancore verso di lui, no. Neanche 10 minuti e fummo al piano deposito dell’ospedale, Alice mi venne incontro, la maglietta intrisa di sangue, e mi abbracciò,
“Grazie Jazz, dobbiamo fare in fretta” mi trascinò per la mano, Edward ci seguì perplesso. La stanza era squallida e colma di umidità. Sean era disteso su un lettino che di bianco aveva solo il cuscino ormai. L’odore del suo sangue era fastidiosissimo. Non sembrava ancora in vita. Respirava appena nella maschera d’ossigeno. Alice avanzò e protese le mani su di lui.
“Alice puoi farcela” Carlisle andò dall’altro lato della branda e incrociò le braccia. Lei chiuse gli occhi e assunse un’espressione concentratissima. Un alone di luce bianca si effuse dalle mani e inondò il corpo di Sean, ma era una luce debole e intermittente ed Alice tremava. Automaticamente mi avvicinai e le posi una mano sulla spalla, lei inspirò profondamente e poi la luce si fece sempre più intensa e potevo avvertire il calore sulla sua spalla che si irradiava in tutto il corpo. Il sangue smise di colare, anzi sembrò come risucchiato dalle ferite che si rimarginavano ogni secondo di più. Alice interruppe bruscamente il contatto e barcollò all’indietro, la ressi dalle spalle.
“Il polso è molto più forte e guardate, le ferite sono chiuse…incredibile, lo hai salvato” Edward ammirò con Carlisle ciò che aveva fatto lei. E l’aria della stanza si fece meno tesa e finalmente serena. Carlisle aprii le finestre per l’odore e tolse le lenzuola irrorate di sangue. Alice a passo incerto uscii in corridoio, la seguii, si buttò a peso morto su una delle sedie di plastica blu. Mi sedetti accanto a lei. Era stremata.
“Ti senti bene?” con la testa appoggiata al muro e gli occhi chiusi annuì,
“Si, è come se fossi prosciugata però” accennò un sorriso e mi prese la mano, passandosi l’altra sulle palpebre calate,
“Senza di te non ce l’avrei mai fatta” compresi, nel momento in cui entravamo in contatto e usava i suoi poteri questi si amplificavano.
“Ce l’avresti fatta comunque” dissi,
“No Jazz” aprii gli occhi e mi poggiò la testa sulla spalla, trascorsero diversi minuti.
“ Due demoni hai detto” la gola mi si seccò, Alice pensava la stessa cosa,
“Se hanno trovato Sean e mi hanno vista…potrebbero tornare…” Alice si alzò, vidi il panico nei suoi occhi, la strinsi a me,
“Non succederà, Alice, te lo prometto, non appena Sean riprende conoscenza torneremo e ci dirà cosa gli è capitato…” era più semplice influire sul suo umore perché era stremata, si lasciò vincere dal torpore,
“Si, ok, hai ragione…” si scostò intontita,
“Torniamo a casa, hai bisogno di riposare, e dobbiamo rassicurare Aiden”
“Si, Aiden”.
 




 POV ALICE

“E si sveglierà?” Aiden attento sondava ogni nostra reazione,
“Certo, pulce… la mamma lo ha guarito, si sveglierà” in braccio a me, rannicchiata sul divano del salotto tutti gli altri avevano ascoltato cos’era successo,
“Potevo aiutarlo io” gli sorrisi,
“Meglio di no o di quei due non sarebbe rimasto nulla” lui lo sollevò a mò di sacco di patate, Aiden rise seppur contrariato. Aveva molte domande su Sean.
“Ora a letto, siamo tutti stanchi…” anche gli altri si congedarono. Abbracciai il cuscino e mi distesi. Guarire Sean era stato tremendamente faticoso, avevo fatto quasi l’impossibile, le lame infernali erano fatali, era così. Eppure…. Ma perché Sean era a pochi chilometri da Forks e come avevano fatto a trovarlo in mezzo agli umani?… era marchiato da ciò che era?… un demone che poteva essere trovato dai suoi simili. I pensieri cominciarono e vorticare e a confondersi l’un l’altro e mi addormentai senza accorgermene.
Dopo pochi minuti ma in realtà erano passate almeno due ore, avvertii il tocco delicato di Jasper. Appena aprii gli occhi vidi Carlisle e Sean vigile sul lettino del deposito. Uno scambio di sguardi e andammo alla macchina. Era da poco passata la mezzanotte e il cielo era scuro, senza stelle. L’aria gelida ed inspessita dalla nebbia. C’era silenzio. Troppo silenzio. Jasper guidava e guardava la strada senza battere ciglio, ma la sua espressione era tesa, e assente, pensava come me del resto, pensava e congetturava, il ritorno di Sean non era più previsto o almeno più desiderato. In poco tempo fummo all’ingresso dell’ospedale. Jasper spense il motore e sospirò impercettibilmente, misi la mano sulla portiera ma mi fermai.
“Jazz” articolai dolcemente.
“Se non te la senti, ci parlerò da sola” i suoi occhi ambrati si soffermarono per pochi secondi sul mio volto, come a studiarmi.
“No, vengo con te” uscimmo e a passo d’uomo ci facemmo largo tra i corridoi e le scale sino al 3° piano. La mia guarigione aveva avuto un effetto davvero rapido. Le sacche di sangue di 0- erano vuote, e nella flebo c‘era solo un liquido trasparente. Sean era semi-sdraiato su una pila di cuscini, e stava bevendo dell’acqua, Carlisle ed Edward erano attorno a lui. La porta arrugginita cigolò quando la sospinsi per entrare e loro tre si voltarono subito. Lo sguardo di Sean non era sfuggente o imbarazzato come di frequente. Era fisso e lontano ed era profondamente rilassato. Edward ci venne incontro e prese Jasper da parte sussurrandogli qualcosa ma io ero troppo concentrata sul demone per udirlo.
“E’ ancora sotto l’effetto di una pesante dose di morfina, ma risponderà alle tue domande” disse Carlisle sorridendomi e fece qualche passo indietro con la sua cartella clinica. Probabilmente aveva annotato tutto il possibile sulla tipologia di ferite e su cosa avevano provocato nonché del mio intervento.
“Come…ti senti?” Sean si passò una mano sul volto schiacciandosi gli occhi, per scacciare il torpore,
“Sono stato peggio” disse con voce roca, sostenne il mio sguardo e i suoi occhi neri e profondi sembravano cavarmi fuori l’anima, aveva uno sguardo strano,
“Bene” sussurrai, quello che provavo era un misto di preoccupazione, rabbia e sollievo. Jasper si avvicinò e si fermò poco dietro di me ma di fianco per squadrare bene Sean. Attesi ancora diversi secondi ma non parlava, continuava a fissarmi assonnato.
“Quindi…cosa ti è successo? Perché eri a Port Angeles e chi erano quei ceffi che ti hanno ferito?” Sean sospirò sollevandosi dai cuscini.
“Quelli erano cacciatori…sulle tracce di una creatura magica avvistata in zona…” si interruppe per la fitta al fianco causata dal sollevarsi ancora di più.
“meglio che tu stia disteso almeno fino a domani” disse Carlisle,
“Erano demoni, li ho visti smaterializzarsi” aggiunsi,
“Certo che si, o non mi avrebbero ridotto in questo stato” sbottò, un tremito di rabbia gli attraversò il corpo, poi come se si fosse solo allora reso conto di dove ci trovassimo, di come fosse riuscito a non morire mi guardò stupito e confuso,
“Sei stata tu a guarirmi, non è così?… sarei morto altrimenti” annuì accennando un sorriso,
“Cercavano l’ippogrifo allora, come Phoebe ci aveva avvertiti “Edward affiancò Carlisle nervoso,
“Non so di quale creatura si tratti ma…”
“E’ un ippogrifo, l’angelo lo ha affidato a noi per proteggerlo, ma tu come facevi a sapere che lo stavano cercando e perché eri a pochi chilometri da Forks?” irruppe Jasper con tono accusatorio, gli rivolsi uno sguardo ammonitore, Sean era sempre stato schivo e restio a parlare, e la presenza di Jasper non lo avrebbe invogliato a dirci com’erano andate le cose.
“ Io ero a Detroit, me ne stavo tranquillo quando  due demoni hanno percepito la mia presenza e hanno fatto irruzione a casa mia, un appartamento che condividevo con un ragazzo, un umano… lo hanno ucciso e hanno cercato di fare altrettanto con me..” guardava fisso Jasper con rabbia, poi abbassò lo sguardo e si accasciò sui cuscini,
“Ma sono riuscito a fuggire, ho fatto perdere le mie tracce e quando si sono stancanti di darmi man forte li ho seguiti per capire perché diavolo fossero sulla terra e ho compreso cosa stessero cercando… dovevo assicurarmi che non ti trovassero, erano diretti ad ovest, quanti angeli o creature celesti ci sono nel nord America? Solo tu, quella bestia li avrebbe attirati da te e non volevo che aveste di nuovo problemi. Li ho pedinati fino a Port Angeles e poi sono intervenuto, erano troppo vicini a Forks ormai, credevo di riuscire a batterli…ma ero fuori allenamento …da più di un anno” ad ogni parola il suo tono di voce diveniva più sommesso. Jasper si lanciò un’occhiata con Edward.
“Avresti potuto contattarci, ti avremmo aiutato” dissi,
“Non volevo coinvolgerti…credevo che volessi restare fuori da tutto questo” Sean era confuso,
“Se potessi, ma da quando Phoebe ci ha chiesto di occuparci di quella creatura sapevo che avrebbe portato guai” Sean annuì,
“Quindi i due demoni che seguivi sono i cacciatori di cui ci ha parlato Phoebe e guarda caso hanno puntato proprio su di te, non puoi essere l’unico caduto che vive tra gli umani qui…” Jasper si avvicinò sino a sfiorare il lettino,
“ Ci sono molti caduti in America come nel resto del modo, ma quasi nessuno  ha scelto Lucifero per poi cambiare idea… ho un legame con loro, possono trovarmi …sempre” disse lui.
“ Vogliono quella creatura, e sono solo in due… riusciremo a difenderci” disse Carlisle convinto.
“Potrebbero chiamarne altri…” continuò Edward.
“No” disse Sean convinto.
“Perché lo pensi?” si rizzò a sedere e scostò il lenzuolo, era a petto nudo, le cicatrici sui fianchi si stavano rimarginando,
“Perché sono due imbecilli che contano non più di una pozza fangosa dello Stige...non sono nessuno, non sono stati mandati da nessuno, cercano quel cavallo magico per staccargli gli artigli o le penne e venderle a qualche mago per oro…. O chissà cosa… non hanno rinforzi…possono essere uccisi facilmente quindi” Mancavano solo 4 giorni e Phoebe avrebbe ripreso l’ippogrifo. Forse i due cacciatori li avevo spaventati eravamo in netto vantaggio numerico. Non ci avrebbero più provato.
“Phoebe ha detto che i lupi e un clan di vampiri non li avrebbero fatti avvicinare” dissi io, Sean rifletté… comprese che probabilmente il suo tentativo di tenerli lontani seguendoli e attaccandoli da solo non era stato molto d’aiuto o comunque non aveva cambiato alcunché.
“Vi avrebbero trovati in ogni caso…anche se ora per colpa mia hanno visto chi sei” sussurrò, poi si alzò di scatto barcollando, Carlisle che era dal lato opposto lo sorresse,
“Credo di non servire a nulla qui, se non ad attirare altri demoni…meglio che vada allora, siete in grado di batterli…” Carlisle scosse la testa,
“ Non finché non ti sarai ripreso completamente” guardai Sean, era debole,
“Quei due potrebbero avercela con te e cercare di ucciderti, resta qui almeno fino a quando Phoebe riprenderà Grigiapiuma… l’ippogrifo…” avvertii Jasper irrigidirsi,
“Vieni fuori Jasper, devo parlarti” disse Edward e sparirono dalla porta arrugginita. Carlisle li seguì a ruota, Sean si sdraiò nuovamente sul lettino. Ci fu un silenzio imbarazzante, volevo seguirli e vedere cosa ne pensasse mio fratello, feci per voltarmi.
“Alice…” Sean aveva di nuovo quello sguardo enigmatico,
“Non dovevo intromettermi… mi spiace” mi avvicinai e gli poggiai una mano sulla spalla, era calda, fissò la mano e poi me,
“Sei un buon amico Sean, volevi proteggere la mia famiglia, non scusarti per questo” si irrigidì e fissò in alto le luci al neon, ritrassi la mano.
Andai fuori nel corridoio, stavano discutendo tutti e tre a sussurri. Appena mi videro si fermarono.
“Beh, continuate…cosa pensate?” chiesi, ero intontita, dovevo dormire, e più di qualche ora, guarire Sean mi era costato più di quanto ammettevo. L’energia era ancora debole dentro di me.
“Sta mentendo” disse Jasper con amarezza, mi rivolse un’occhiata, voleva il mio sostegno, ma perché avrebbe mentito? A me sembrava sincero.
“Non del tutto… quello che ha detto dei demoni sull’attacco a casa dell’umano… è la verità” disse mio fratello,
“Ma non vi quadra la coincidenza dei cacciatori e sul perché fosse coinvolto anche lui…” aggiunse Carlisle pensieroso,
“Alice tu cosa dici?” Jasper mi venne di fronte e mi prese delicatamente la mano,
“ Lo ammetto è strano che sia spuntato così all’improvviso con questa storia…ma non credo stia mentendo… Phoebe ci aveva detto che i demoni avrebbero bazzicato nei dintorni… è così impossibile che pensassero che Sean nascondesse l’ippogrifo ? Insomma è l’unico demone che ha lasciato l’inferno ed è ovvio che lo abbiano cercato o comunque che fossero curiosi di trovarlo i due cacciatori. Jasper sospirò,
“Io non ne sono convinto” si allontanò,
“ Ha detto la verità ma è possibile che ci nasconda qualcos’altro” Carlisle si passò la mano tra i capelli, sembrava esausto quanto me.
“Ci nasconde qualcosa, i suoi pensieri sono strani…come se fossero velati… non riesco a leggere con chiarezza… meglio tenerlo d’occhio almeno fino a quando Phoebe porterà via la creatura.” Disse Edward e si avviò verso il parcheggio. Carlisle tornò nella stanza di Sean. Restammo io e Jasper nel corridoio che odorava di muffa e reso verdognolo dalle luci intermittenti al neon. Jasper si buttò su una delle sedie di plastica.
“Non riusciva a starsene lontano” mugugnò tra se e sé, mi faceva male che lui ci soffrisse, ma come potevo chiedergli di dimenticare, di non provare rabbia per quello che aveva fatto e che anche io avevo fatto.  Sedetti accanto a lui e gli presi la mano.
“Jazz…” ma non sapevo cosa dirgli,
“Solo qualche giorno e …” il suo sguardo di ghiacciò mi bloccò, strinse la mia mano ma con rabbia,
“Qualche giorno… certo…sarà sempre innamorato di te e verrà sempre a cercarti” mi trafisse letteralmente, era la verità, non voleva ferirmi ma il mio senso di colpa stava formando di nuovo quel nodo familiare allo stomaco, cercai di reprimerlo, di combatterlo.
“Non posso cambiare quello che prova...ma lo conosco più di te…e non è venuto qui per quello, lo so Jasper devi credermi, se è tornato è perché sta succedendo qualcosa” dissi decisa, la paura scacciò via la colpa, si impadronì del mio stomaco per qualche secondo, Jasper lo percepii e tornò a sedersi accanto a me prendendomi dolcemente il viso tra le dita,
“ Hai ragione, e noi lo scopriremo…”
 
 



 
1 settimana prima

Ventidue, ventitre, ventiquattro… l’orcio pieno di metallo incandescente era inclinato quanto bastava per  far defluire singole gocce sulla pelle di Meraxes. Venticinque….ventisei…. i gemiti del demone cominciavano ad annoiare Lucifero. Ventisette…inoltre la visione della pelle del braccio bucherellata come fosse un dannato colabrodo lo irritava. Ventotto.
“Basta così per gli inferi…” disse strascicando le parole. Si sollevò dal trono d’ebano nero intarsiato di rubini rosso fuoco e scese i gradini di marmo nero. La sala del trono era fiocamente illuminata dalle torce da parete. I Superiori avevano lasciato gli scranni di legno vuoti e il silenzio avvolgeva tutta la stanza adesso. Lilith, la bella Lilith vestita di seta bianca sollevò l’orcio attenta a non scottarsi e lo ripose in un angolo. I suoi capelli castani e ricci le arrivavano sino alla vita e ondeggiavano ad ogni minimo movimento. Lucifero fece segno alle due guardie vestite di pelle scura ed esse mollarono brutalmente Meraxes. Una larva, ecco cosa sei. Pensava Lucifero. Quell’ammasso di putridume gli stava davanti e non riusciva a spiccicare verbo.
“Un solo compito ti avevo assegnato e hai fallito” disse con voce tonante. Meraxes ripiegato su sè stesso e col braccio scoperto e dolorante trovò la forza di sollevare il capo pelato, un occhio gli era stato tranciato di netto e il sangue scuro gli si era rappreso intorno all’orbita vuota formando una voragine di crosta scura. Il sudore gli colava a picco sulle guance.
“Mio signore… il guardiano era troppo forte” disse sommessamente ma riuscendo a guardare il diavolo nelle iridi violette.
“Troppo forte…si…capisco” in fondo il piano di Lucifero era cambiato a causa di Meraxes ma in questo modo la partita da giocare diventava più complessa, e questo lo fomentava. Lilith si avvicinò alla sua destra e gli sussurrò ridacchiando qualcosa nell’orecchio.
“La dolce Lilith mi suggerisce di gettarti tra le schiere dei dannati, a bruciare in eterno” Meraxes si irrigidì smettendo di respirare. Lucifero gli venne così vicino da sfiorargli la nuca di nuovo china e tremante con la gamba.
“Ma mi sembra una punizione troppo drastica per te Meraxes, in fondo sei tornato qui da me e anche se Eleonor e gli altri della vostra scorta sono rimasti intrappolati nel Limbo, la tua presenza mi dimostra che l’angelo non è invincibile” disse allungando una mano e aiutando Meraxes a mettersi in piedi.
“Il tuo braccio ti ricorderà cosa succede a chi fallisce 1 volta, fallisci ancora e te lo staccherò, fallisci una terza volta e morirai” Meraxes annuì e fece per andarsene, ma poi come se una frusta lo avesse improvvisamente colpito si bloccò, si voltò incerto, doveva dire o no al suo signore che l’angelo che aveva difeso Alice Cullen, era sua madre e che erano riusciti a cavarle fuori un’informazione così pericolosa persino per il signore del tenebre?
“Cosa c’è?” l’irritazione di Lucifero era adesso fisicamente palpabile, gli occhi gli scintillavano di violetto,
“Mio signore, l’angelo che l’ha aiutata a fuggire dal Limbo e che riusciva a controllare il guardiano era sua “
“Madre…si lo so idiota…” Lucifero sbruffò e si fiondò su di lui prendendolo per la collottola,
“Vostro compito era portare qui l’anima dell’angelo cosi che potessi interrogarla, ma dopo mesi e mesi solo tu sei riuscito a fuggire da quel posto, gli altri li ha uccisi il drago non è così? Oppure sono ancora li rintanati nella nebbia di latte,eh? Io mi chiedo come ha fatto un verme inetto e poco arguto come te a trovare un’uscita!?” lo lasciò bruscamente e respirò, Lilith gli pose una mano sulla spalla e lo guardò con degli occhi verdi e profondi quanto una palude, erano belli, grandi e leggermente a mandorla e la sua carnagione scura la rendevano irresistibile. Lucifero sospirò guardandola,
“Oh dolce Lilith, togli quella mano non sono un cucciolo ringhioso che deve essere addomesticato” Lilith recalcitrante obbedii e indietreggiò,
“Sei ancora qui Meraxes, anche la mia millenaria pazienza ha un limite” il demone ciondolò sui piedi ma poi si fece coraggio,
“ Ho udito prima che Eleonor sparisse alla mia vista che l’angelo farfugliava qualcosa…diceva….diceva…” il suo signore avrebbe potuto ucciderlo se non fosse vera quella scoperta, o forse ucciderlo se lo fosse stata.
“Cosa, cosa!” anche la fronte dorata del diavolo si impregnò di sudore.
“Che tu sei il padre… il padre del mezzo angelo” Meraxes trattenne il fiato una seconda volta,
“Va via….” La voce di Lucifero uscì in un sussurro ma Meraxes questa volta trottò come se camminasse su carboni ardenti, voleva andarsene e basta. Lucifero muto e a passi lenti sprofondò nuovamente sul trono, reggendosi il mento. Lilith aveva gli occhi sbarrati e la bocca contratta in un’espressione di disgusto. Il suo signore, il suo primo amore e amante aveva giaciuto con un angelo e aveva una figlia? Lilith ispirò,
“Lucifero è una menzogna questa?” gli si parò davanti furente,
“Lilith va via anche tu, non posso occuparmi anche di te ora” disse monocorde,
“ Ora tu mi spieghi, tutto per gli inferi, e per tutti i demoni di fuoco! Voglio sapere!” salì i gradini furente il dito affusolato puntato contro di lui. Lucifero si alzò di scatto e spalancò le ali nere. La voce fu amplificata e tremenda,
“TU VUOI,TACI E VA VIA!” Lilith si inchinò leggermente e con le lacrime che colavano raggiunse la porta di ferro.
“E così è la verità… ha avuto una figlia… mia figlia…” l’angelo che Lucifero aveva amato circa un secolo prima era una donna che in paradiso aveva sempre rispettato e ammirato. Un angelo bellissimo dai folti capelli neri e occhi azzurri come l’oceano più puro. Ma tanti millenni prima di quell’unica notte in cui avevano giaciuto insieme lei non lo aveva scelto, non aveva scelto di cadere insieme a lui.
“ Saresti potuta essere con me adesso…” disse a se stesso.
“Rakharo” invocò e un demone muscoloso e avvenente con morbida barba riccioluta e capelli di bronzo apparve,
“Portami Sean, dobbiamo agire in fretta” il demone spari di nuovo. Lucifero non aveva mai dimenticato l’angelo del Paradiso, ma neppure lei avrebbe evitato la sua ribellione. Doveva andare oltre e lo aveva fatto per 2 millenni ma poi. Perché? Suo padre lo aveva reso debole ancora una volta. L’amore che sciocca e inutile pulsione. Non era stato abbastanza forte e una notte aveva voluto possederla per forza. E l’aveva posseduta, lei non voleva infrangere le regole…anche se alla fine aveva compreso che opporsi sarebbe stato inutile e poi anche lei lo desiderava. Qualcuno bussò alla pesante porta di legno. Un demone anziano e rachitico, Qyburn suo fidato consigliere entrò.
“Mio signore, mi manda Lilith” Lucifero roteò gli occhi,
“Qyburn vecchio mio i nostri sospetti erano giusti” il vecchio avanzò nella stanza fiocamente illuminata, nervoso e preoccupato per il suo padrone.
“ Sono sconvolto ma sicuro non quanto te signore oscuro… c’era un valido  motivo se l’angelo proteggeva a tutti i costi la creatura, portarla in Paradiso, perire per lei e poi farsi rintracciare nel Limbo…peccato sia morta per colpa di quegli sciocchi inferiori…dovevano recuperare la mezzosangue non uccidere leiforse farla uccidere non è stata una buona idea…poteva esserti utile” Lucifero annuì pensieroso.
“Alice, si chiama Alice” disse lui, Qyburn tentò di decifrarne l’espressione ma il volto scolpito e perfetto del diavolo non lasciava trasparire alcuna emozione. Passò qualche minuto.
“Mio signore, se posso domandare, a che scopo adesso prendere suo figlio, il giovane Sean ha ragione mio malgrado, non ha il potere della madre o per lo meno ha ben poche capacità ed è quasi interamente un vampiro…invece lei…” Lucifero alzò una mano ma poi con molta tranquillità scese dal trono e mise un braccio intorno alla spalla del vecchio consigliere.
Tutto a suo tempo…"
 
 






 
Oggi
 


POV ALICE

Il giorno seguente Sean fu abbastanza in forze da venire a casa nostra. Bella ed Edward erano riluttanti con lui tanto quanto Jasper, per lo più si impegnarono ad ignorarlo, mentre io e Carlisle tentavamo di fare conversazione e procuragli quello di cui aveva bisogno. Mangiò molto, come se non avesse toccato cibo da anni ed Aiden lo guardava divertito trangugiare toast e pizza alle 8 del mattino. Era felice del suo ritorno, assai stranito dopo l’incidente del vicolo comprese che se non fossimo stati a Port Angeles quella sera probabilmente Sean sarebbe morto e quindi tornò al solito buon umore quando lo vide tutto intero. Teneva a Sean come ad un amico, e in cuor mio sapevo che Sean tenesse a lui, tutti quei mesi nelle piscine aveva accresciuto il loro legame.
“Posso vedere le tue cicatrici?” chiese Aiden elettrizzato, gli lanciai un’occhiata di rimprovero, ma Sean sollevò la maglietta e i segni delle coltellate erano solo mezze lune nerastre, Aiden si slanciò sul tavolo della cucina per vederle. Jasper e gli altri erano in salotto col la tv accesa ma perfettamente in ascolto. Sospirai.
“Mamma posso far vedere a Sean Grigiapiuma?” saltò giù dalla sedia e mi tirò per un braccio,
“Andiamo” Sean ingoiò l’ultimo pezzo di pizza e ci raggiunse fuori.
“Ecco, la creatura per cui hai rischiato la vita” dissi platealmente, ma era così, quell’ippogrifo era la cosa più bella che avessi mai visto e l’ironia della situazione svanì nello stesso istante in cui il mio tono di voce l’aveva concepita.
“E lo rifarei” disse Sean ma guardò me con occhi raggianti, perché doveva fare così? Mi morsi un labbro, ero davvero egoista, pretendere che smettesse di avere dei sentimenti per me. Si lo ero.
“Aspetta dei cuccioli, non vedo l’ora che nascano!” disse Aiden lo circondai col braccio,
“Tesoro Phoebe sarà qui fra 3 giorni, non credo che i piccoli verranno a luce adesso” gli carezzai la guancia, era un po’ deluso ma voleva mostrare a Sean quanto ormai avesse familiarità con l’animale. Una creatura pericolosa davvero ma che non trovava affatto difficile fidarsi di me giacchè ero anche un angelo e di Aiden. Mentre con gli altri era stato davvero complicato. Aiden corse da lei e le accarezzò la groppa ammiccando verso Sean, l’ippogrifo felice gli strofinò il viso contro il corpo.
“Perché è legata?” chiese Sean,
“Abbiamo pensato che fosse più prudente tenerla in giardino questi ultimi giorni e dato che i due cacciatori sono in zona come hai detto…”
“Si si certo” mi interruppe, era di nuovo teso,
“Sei forte ragazzino!” urlò a Sean agitando un braccio,
“Ma forse è pericoloso farli interagire così” aggiunse sussurrandomi, i cambiamenti di umore di Sean prima li gestivo bene ma adesso cominciavano a irritarmi, passava da uno stato di tranquillità alla paura e alla rabbia così senza ragione.
“ Lei non è pericolosa, so badare a lui” dissi brusca, Sean sospirò,
“Lei non sa controllarsi, non avete mai avuto a che fare con una creatura del genere, è imprevedibile” mi guardò intensamente,
“Non c’è pericolo Sean, sta tranquillo” era spaventato, qualsiasi cosa gli avessero fatto i demoni prima che venisse qui… dovevo cercare di capirlo, era sotto shock forse. Gli presi un braccio. Ma si ritrasse.
“ Scusa, io… sono ancora instabile…credo…” gli sorrisi,
“E’ per questo che gli altri …sembrano restii a tollerare la mia presenza….insomma posso capire il tuo vampiro dopo che…” il mio sguardo lo interruppe Aiden poteva sentirci,
“E’ una situazione tesa… loro non sono convinti di cosa stia succedendo e onestamente neanche io” dissi sincera,
“Lo so, posso capirlo…” increspò le labbra in un mesto sorriso ed entrò in casa, Aiden mi corse incontro subito dopo.
“Mamma e se provassi a cavalcarla?” lo sollevai e lo feci roteare,
“Se vuoi volare ci sono io piccola peste, non ti azzardare a provarci” rise e dopo un paio di giri lo rimisi a terra, mi abbracciò la vita. Sentivo la sua pelle calda a contatto con la mia e ancora l’eco delle sue risate quando di fronte a noi Grigiapiuma scosse violentemente la catena, improvvisamente allerta tentava di spezzarla, portai Aiden dietro di me, Jasper ed Edward uscirono allertati dal tonfo del ferro incantato.
“Cosa c’è, cosa sta facendo?” chiese Jasper affiancandomi, lei sentiva qualcosa, mi concentrai…
“nulla…non capisco” e poi accadde tutto in pochi istanti, due demoni si materializzarono di fronte l’ippogrifo, sagome appena distinguibili, una portava una grossa ascia lunga e troncò di netto la testa dell’animale. Istintivamente cercai Aiden con le braccia e tentai di chiudergli gli occhi ma aveva visto quasi tutto, si divincolava tra le mie braccia.
“No no! Grigiapiuma!” mi ero accovacciata stringendolo mentre Jasper ed Edward si erano fiondati sul corpo dell’ippogrifo ma i demoni si erano smaterializzati così in fretta che sarebbe stato impossibile fermarli.
“No no mamma! Fermali!” non potevo fare nulla, senti il mio corpo trasudare calore per la rabbia. Avevano ucciso quell’essere che dovevo proteggere e davanti a mio figlio. Aiden singhiozzava.
“mi dispiace tesoro…io non…” Aiden mi guardò e smise di piangere, aveva ancora paura, si ritrasse leggermente dal mio abbraccio.
“Aiden vieni dentro” era Sean che si era abbassato al nostro livello e lo tirò delicatamente,
“i tuoi occhi Alice “ sussurrò, percepii la mia forte rabbia e i miei occhi dovevano essere così luminosi ma così furiosi da aver spaventato anche mio figlio. Respirai appoggiandomi ad un tronco. Jasper mi venne incontro occhieggiando le sagome di Sean ed Aiden che svanivano all’interno.
“ Li prenderemo” disse afferrandomi le spalle, il suo toccò mi calmò,
“Aiden ha visto tutto” il mio riflesso nelle pupille nere di Jasper non sembrava però affievolirsi, Jasper mi strinse la spalla e mi afferrò la nuca,
“ Tesoro, li prenderemo, e la pagheranno” mi baciò la fronte e mi appoggiai al suo petto freddo, la rabbia sbollì sempre di più. Adesso mi sentivo solamente vuota.
 
“Non l’hanno presa, hanno lasciato qui il corpo…” disse Carlisle, eravamo in cucina, tutti tranne AIden e Sean che era l’unico in grado di consolarlo e per cui non mostrasse rabbia per ora. Aveva ragione era colpa nostra se non eravamo riusciti a proteggerla…anzi mia in primis. Phoebe. Cosa avrebbe pensato di me.
“Edward sta prendendo un telo” disse Bella,
“Non capisco, se i cacciatori non volevano nulla ma solo ucciderla…” dissi,
“C’è dell’altro…. Lo immaginavamo… e il demone sa qualcosa” stava per andare da loro ma lo bloccai,
“Jasper aspetta… è meglio che sia qualcun altro a parlarci” riluttante annuì,
“ Carlisle…” tutti mi fissarono stupiti,
“Alice… lo conosci meglio di tutti e con te insomma …si fida di te…” disse Bella,
“ si fida certo ma ha  anche paura di me” Jasper mi voltò a sé.
“Paura? di te?” quelle parole, lei è pericolosa, non sa controllarsi a chi si riferiva davvero?
“Si , non so cos’abbia ma Carlisle tu potresti riuscire a capire, sei imparziale e sempre affabile con lui… e dato che Edward non riesce a leggergli chiaramente nel pensiero” Carlisle annuì. Jasper sondò le mie emozioni. Paura di me? Già. Era così.





 
POV CARLISLE
 
Feci come mi aveva suggerito Alice, per quanto dipendesse da me non ero sicuro di ottenere più risposte di lei, ma un tentativo era possibile. Il giovane demone dialogava sommessamente con Aiden, parlava di morte e di come in realtà la povera bestia non avesse sentito alcun dolore, una morte dolce. Mi schiarì la voce avvicinandomi, corrugai la fronte, non era quello il modo giusto di far affrontare ad Aiden la situazione. Alice e Jasper ci raggiunsero.
“Tesoro, vieni di sopra, dobbiamo parlare…” riluttante e con gli occhi ancora gonfi Aiden seguì i genitori al piano di sopra. Sean si alzò di scatto, stava per dirigersi in giardino ma lo afferrai prontamente, non si ritrasse al contatto e mi guardò incuriosito.
“Potresti seguirmi nel mio studio, avrei un paio di domande da farti” dissi cercando di essere affabile,
“Va bene…” sorrise a stento e lo condussi nella stanza più a est della casa. Sean si guardò intorno, colpito dalla vastità dell’ufficio e dai centinaia di volumi della mia biblioteca personale.
“Ti piace leggere vedo… e tanto” mi studiò incuriosito. Gli feci cenno di sedersi alla scrivania.
“Ascolta dottore, non ho idea del perché i cacciatori abbiano letteralmente distrutto la fortuna che galoppava lì fuori” non credevo che stesse mentendo. Non capivo la titubanza di Edward e di Jasper, potevamo fidarci, eppure se era qui per proteggere Alice ero concorde con lei nel sospettare un pericolo più grande.
“Non oso immaginare cosa passi per la testa di due assassini” dissi mesto,
“Assassini…” ripeté Sean monocorde perdendosi qualche secondo nei propri pensieri,
“Quello che volevo domandarti in realtà riguarda la mia enciclopedia” stornare l’attenzione da ciò che volevo mi rivelasse mi sembrava un’ ottima tecnica.
“Ah certo, quella di cui mi parlavi all’ospedale” Sean si rilassò,
“Ecco Phoebe ha spiegato ad Alice che tutte le creature della notte condividono sangue demoniaco” Sean annuì,
“Stregoni, licantropi, vampiri…” continuai,
“Si è così… ma hai dimenticato i silhi” avvicinai la mano al mento, strofinandolo,
“Sono creature magiche, credo che gli umani li definiscano  ninfe o elfi, sono simili ai mortali, hanno orecchie diciamo ben pronunciate e allungate, sono bellissimi, vivono in un’altra dimensione e sono davvero potenti giacché conoscono la magia più antica, quella connessa direttamene alla natura.” Disse e io ascoltavo affascinato. Annotai tutto. Dovevo fare altre ricerche allora.
“E per i vampiri… è questo che vorrei capire… la storia di” Sean ridacchiò passandosi la mano tra i capelli e assumendo una posizione più comoda sulla poltrona di pelle.
“ Di Von Dracula” disse, ebbe la mia più totale attenzione,
“Il primo vampiro…si” nemmeno i Volturi rivelarono mai, ammesso che lo sapessero la vera storia del nostro progenitore, e quel mistero mi aveva sempre affascinato.
“ Dottore io sono decisamente giovane, quella che conosco grazie a mio padre e ai racconti degli altri demoni anziani è come hai detto tu solo una storia, non so quanto sia fondata.” Lo spronai a continuare.
“  Von  Dracula era un austero e megalomane essere umano, conte di una vasta tenuta in Transilvania, aveva due mogli e numerosi figli, un esercito a sua disposizione e denaro. I suoi concorrenti europei lo definivano l’Impalatore per la particolare punizione che riservava a nemici e traditori. Ma presumo che questa parte della storia tu la conosca… ma dimmi come diventò vampiro?” mi chiese Sean attento,
“ Nessuno lo sa, è questo il punto… i Volturi non hanno mai rivelato come” Sean annuì serafico,
“ Nella primavera dell’ 753 a.C una terribile epidemia di vaiolo colpi tutta l’Europa, compresa la dimore del conte in Transilvania, le sue mogli, i suoi 10 figli perirono, e la servitù, i cavalli, i cani… solo il conte rimase in vita quel tanto per vederli morire tutti e per ammalarsi a sua volta. Era solo e malato, nessuno poteva alleviare la sua pena, solo la morte in effetti a mio parere gli avrebbe dato pace. Ma quell’egoista di un mortale, non voleva accettare la fine. Nonostante tutto il suo mondo fosse crollato. Nella sua enorme collezione di volumi esoterici e antichi trovò una formula scritta in aramaico e la recitò, riusciì ad invocare Liltith, la madre dei demoni e la scongiurò di salvare la sua miserabile vita. Lilith era divertita da quello sciocco, come se migliaia di umani non avessero desiderato lo stesso, ma la cosa che più la divertii è che quell’ umano non si era rivolto agli dei celesti o ad un dio benefico o al diavoloma proprio a lei. Lei che era stata cacciata dal Paradiso insieme a Lucifero, lei la seconda a cadere. Fu così che Lilith lo afferrò e tagliandosi il palmo della mano gli fece assaggiare il suo sangue, nessun umano aveva bevuto il sangue di un demone così potente, e Dracula si trasformò in un essere assetato di sangue, incapace di vivere alla luce del sole, un assassino di mortali.” Sean chiuse il racconto di colpo, in imbarazzo,
“Volevo dire, che diventò un vampiro… non intendevo” gli sorrisi,
“So bene ciò che rappresento…” dissi,
“Ma siamo noi a decidere quello che siamo…” Sean si irrigidì,
“E’ una versione dei fatti davvero affascinante, devo annotarmela…” dissi serio,
“Dracula era il primo dei dannati…ma credo che per arrivare ai vampiri di quest’epoca abbia giocato un ruolo fondamentale l’evoluzione del nostro veleno e di come infetta e di come ci rende…” aggiunsi,
“Beh si, potete camminare alla luce del sole e a quanto pare sopravvivere col sangue degli animali… questa vostra scelta…mi aveva davvero scioccato all’inizio” disse lui sincero, non alzai gli occhi dalla pagina che stavo annotando ma gli sorrisi.
“Vuoi sapere anche del primo stregone e del primo mannaro e dei silhi?” Annuì e Sean mi raccontò altre tre versioni di storie perdute e distorte nel tempo. Lo lascia discorrere a lungo, finchè parlò per circa 30 minuti ininterrottamente. Annotai tutto quello che diceva alla fine quasi dimenticando di dover indagare su una possibile minaccia.
“Bene, e anche questi due punti sono chiariti…” sentenziai riponendo un attimo la penna.
“ Ti tratterrò ancora per poco…” Sean scosse la testa,
“Non preoccuparti dottore, nessuno mi aveva mai chiesto di spiegare qualcosa, e più che altro nessuno mi aveva mai ascoltato con tanto interesse” era davvero un bravo ragazzo. La sua era solo una vita sfortunata.
“ Ho anche classificato le creature con sangue angelico, ed è stato più semplice in verità, angeli e nephilim…a meno che tu voglia illuminarmi di nuovo..” Sean scrollò le spalle,
“No… non ci sono altre creature con sangue angelico” disse. Ecco ora dovevo giocare la mia carta.
“C’è Alice” Sean udendo il suo nome distolse lo sguardo e si sollevò dalla poltrona nervoso,
“Lei è comunque una nephilim, sua madre era un angelo e suo padre un mortale” sussurrò roco, io annuì,
“Ed è anche una vampira… ha sangue angelico ma anche sangue demoniaco… come è possibile che coesistano senza averla uccisa?” dissi preoccupato,
“Ha tracce di sangue demoniaco, ma come ho detto nei vampiri e negli altri nascosti sono piccole percentuali” si schiarì la voce,
“ Si, certo sono d’accordo… ma è comunque bizzarro” sfogliai le pagine del mio volume,
“ Lei è una creatura rara…anzi unica nel suo genere direi” dissi, Sean ancora teso, la sua agitazione era sempre presente quando c’era Alice, e ora anche il solo sentirne parlare, erano davvero forti i sentimenti che provava nei suoi riguardi allora…non ci avevo riflettuto bene.
“ Ho descritto tutte le sue caratteristiche, da quella fisiche, le ali la loro ampiezza, il colore delle piume, e dei suoi occhi, i suoi poteri, e riesce a fare qualsiasi cosa, telecinesi, preveggenza, controllo degli elementi.. e ho cercato altre creature come lei o che riuscissero a fare tutto questo ma” non le avevo trovate,
“E’ davvero la sola?” chiesi a Sean, lui annuì,
“ In millenni, un nephilim non è mai stato trasformato in vampiro?” Sean si irritò,
“No dottore, mai, è un’anomalia e poi i nephilim  di quest’epoca col passare delle generazioni hanno tracce di sangue angelico così deboli  che non hanno alcuna capacità maggiore di altri umani ne’ tanto meno le ali, Alice è la figlia di un angelo molto potente” sospirai,
“E se un angelo e un demone generassero un figlio?” Sean scosse il capo disgustato,
“E’ impossibile, contro ogni norma, siamo troppo diversi” diversi? Non mi era chiaro.
“Ma i demoni erano angeli, almeno quelli caduti con Lucifero, perché sareste diversi? Intendo biologicamente” Sean si rilassò ridendo,
“Lei è un dottore e poi un vampiro vero?  Biologicamente il nostro sangue è contaminato, è reso diverso e abietto per una creatura celeste, è sempre stato così per questo i due tipi di sangue non potrebbero alimentare uno stesso corpo…” la cosa era contraddittoria, e Sean era strano, nel dirlo era come contrito
“Capisco…. Eppure in Alice condividono lo stesso corpo” era sconcertante, Sean impallidì,
“Esatto e non posso aiutarti a capire, non c’è mai stato nulla di simile, lei è la creatura più potente che esista proprio per questo, non immagini quanto potere potrebbe sprigionare… e potrebbe distruggere…” Sean si bloccò, si riferiva al Paradiso? Anche gli angeli l’avevano detto e in effetti aveva quasi generato il caos lassù la prima volta.
“Continua…avanti…lei ti spaventa adesso, ma perché solo adesso? Cosa è cambiato?” lui tacque accasciandosi sulla poltrona,
“Non è cambiato nulla, ho solo visto nel tempo quali poteri ha sprigionato e saresti folle Carlisle, tutti lo sareste a non averne timore…” si alzò, la sua faccia era rigida e statuaria,
“Sei qui per evitare che faccia qualcosa? Tu sai che c’è una minaccia, puoi dirlo Sean, io so che vuoi proteggerla…cosa succede? perché hai paura?” Sean serrò la mascella,
“Sean!” gli tenni dietro ma era uscito e aveva dischiuso le ali prima che lo raggiungessi.
 
 
 
POV ALICE

Quella sera non eravamo riusciti a migliorare l’umore di Aiden in alcun modo. Era abbattuto e arrabbiato per la morte di Grigiapiuma, in quelle 2 settimane ci si era affezionato molto e in più era consapevole che due demoni l’avevano uccisa senza alcuna apparente ragione. Jasper gli aveva infuso la calma necessaria per addormentarsi e speravo che non avesse incubi, aveva visto troppo.
“Era un messaggio o una minaccia” mi disse mentre andavamo a passi lenti verso la nostra stanza,
“ Accidenti…” strinsi frustrata, lui mi guardò interrogativa,
“Carlisle non è riuscito a cavare nulla a Sean… è….” La visione sfumò ma mi si impresse il terrore e la rabbia sul volto di Sean. Jasper attese che continuassi.
“ Chiamerò Phoebe, deve tornare adesso, forse lei saprà darci una spiegazione” ma la mia supposizione era infondata, Phoebe non avrebbe mai portato a noi l’ippogrifo se avesse saputo che quei demoni erano i cacciatori, e se lo sapesse invece? Le tempie mi battevano come tamburi. Jasper chiuse la porta della stanza premendo sullo stipite, si massaggiò il collo.
“ Altri due giorni e sarebbe finita, invece non è così… e come potrebbe, Alice sto cercando di immaginare qualsiasi ipotesi plausibile per cui abbiano ucciso la creatura senza che ci fosse una ripercussione su di noi o senza che ci riguardasse ma.. chi prendo in giro?” sedette sul bordo del letto. Gli andai vicino e lo abbracciai stando in piedi.
“ L’hanno fatto per una ragione, e qualunque essa sia… la pagheranno” mi pentii subito però di averlo detto, ma mi montava  una tale rabbia per come Aiden era costretto a sentirsi. Il vaso sul comodino vibrò e così i quadri delle pareti. Sospirai. Jasper mi guardava negli occhi.
“No così non va… è questo che vogliono, che io li cerchi ancora…” sedetti accanto a lui,
“La vendetta mi ha portato nel Limbo e per poco ho rischiato di rimanere intrappolata” Jasper mi prese la mano,
“Sono d’accordo Alice, dare la caccia a quei due complicherà le cose” annuì,
“Troveremo un altro modo…” appoggiò il mento sulla mia testa dondolandomi.,
“Sono stanca di lottare” dissi senza voce.
 
Quella notte feci di nuovo lo stesso sogno che ricorrente illuminava le mie notti di sonno profondo. Il cielo era plumbeo e io ero a mezz’aria, non c’era un filo di vento e battevo energicamente le ali per restare sospesa. Le nuvole grigie gradualmente si illuminavano di luce calda e vedevo la sagoma di un angelo precipitare inerme verso terra. Lontana, anzi lontanissima giacché non riuscivo a scorgerne le fattezze. Allungavo una mano, eppure non mi lanciavo a salvarlo, non ero bloccata o altro, potevo muovermi, potevo volare verso di lui ma non lo facevo, sentivo che lui doveva cadere. Guardavo ancora l’alone di luce dorata sfumare quando un urlo angosciante mi riportò alla realtà. Mi sollevai dai cuscini, era reale? Qualcuno aveva urlato davvero? Ascoltai e per un secondo tutto taceva immobile, era notte fonda e Jasper era andato a caccia nella foresta. L’urlo si ripeté articolando delle parole. Mio figlio. In pochi millisecondi scattai verso la sua stanza. Appena aprii la porta Aiden mi si scagliò contro come un treno. Si aggrappò a me quasi facendomi perdere l’equilibrio.
“ Va via… via… lasciami in pace!” disse con voce roca spintonandomi fuori dalla stanza ma lo diceva guardando freneticamente dietro di sé.
“Aiden! Sta calmo, sono io, Aiden…” lo strinsi a me, guardando ogni angolo della stanza, era vuota, nessun odore, non avvertivo nulla. Aiden respirava freneticamente, gli occhi blu sbarrati per il terrore. Chiusi la porta della sua stanza e lo portai in braccio nella  nostra.
“Tranquillo tesoro, sei con me, siamo soli, hey siamo io e te, nessuno vuole farti del male” dissi calma e lo circondai con braccia e gambe sul letto. Dopo qualche minuto il suo cuore decelerò e respirò normalmente. Il mio primo pensiero fu che avesse avuto un incubo, forse sull’ippogrifo. Ma la sua reazione era stata terribile, ero sconvolta anch’io, lui non aveva mai provato così paura. Mi spostai per guardarlo negli occhi. Ma lui fissava il copriletto color ocra immobile.
“Aiden, cosa è successo?” mi tremavano le mani ma dovevo essere serena e rassicurante per lui anche se una massa di terribili sensazioni si gonfiava dentro di me. Gli sollevai il viso.
“Puoi dirmi qualsiasi cosa pulce…lo sai questo” era pallido come un lenzuolo e aveva sudato freddo, deglutii,
“ Era un incubo?” provai, scosse la testa, si passò una mano nei folti capelli neri nello stesso identico gesto involontario di Jasper quand’era nervoso.
“Non stavo sognando… era nella mia stanza” mugugnò,
“Cosa? C’era qualcuno Aiden, forza tesoro raccontami tutto così posso capire….” Sospirò, mi afferrò il polso deciso,
“E’ tornata mamma, quella nebbia scura, è venuta da me di nuovo” qualcosa si spaccò in due sia nel mio cervello che elaborava quelle informazioni, sia nella mia anima perché mio figlio era stato attaccato.
“Mamma?” dovevo essermi persa per qualche secondo,
“ Ti ha fatto del male? Fa vedere…” ispezionai il corpo di Aiden in cerca di segni o ferite o qualsiasi cosa che fosse un indizio.
“Aspetta” Aiden si divincolò,
“Tu mi credi?” certo, certo che gli credevo, mio figlio non mi avrebbe mai mentito e seppure non avessi visto nulla non implicava che non ci fosse, che non fosse reale.
“Si che ti credo Aiden, perché mai…” abbassò di nuovo lo sguardo,
“ Quando  ho detto cos’era successo in piscina, nessuno sembrava crederci davvero…” lo abbracciai,
“Aiden io so che quello che dici è vero…devi fidarti di me… ora devi dirmi tutto quello che ricordi d’accordo”
“Si io….ero…” gli tremava la voce, lo tirai a me,
“Ti voglio bene, tesoro, tra le mie braccia sarai sempre al sicuro, non temere….ti voglio bene, ricordalo sempre”
 
 
Jasper percorreva a passi lenti lo studio di Carlisle, stavo raccontando a loro due e a Edward quello che Aiden mi aveva descritto. Lui era nella stanza degli ospiti con Reneesme che si era fermata a dormire a casa Cullen.
“Quindi stava dormendo profondamente quando un rombo assordante l’ha svegliato…” rimuginò Carlisle,
“Si quella nebbia, quella cosa è arrivata con fragore, lui si è alzato e una massa scura e informe ha avvolto le pareti, la libreria e i suoi giocattoli, sentiva un sibilo indistinto provenire dalle propaggini e ha detto di aver sentito improvvisamente un freddo paralizzante e di essersi sentito terrorizzato…voleva solo che sparisse” Jasper ed Edward erano scioccati.
“ E’ una cosa davvero… non so cosa dire….” Carlisle esausto si massaggiò le tempie,
“ Se fosse una visione, la stessa della piscina, magari Aiden sta sviluppando il tuo stesso dono” Jasper mi avvicinò prendendomi la mano, ero frustrata perché non capivo e non potevo aiutarlo davvero.
“Potrebbe…io non lo so…io..l’unica cosa che so è che è reale, e che non ho mai visto mio figlio così spaventato…” scattai sulla poltrona davanti a Carlisle,
“Dobbiamo fare qualcosa….” Lo fissai supplicante, Carlisle affranto guardò Jasper e me,
“ Prima l’ippogrifo e ora questo….che siano correlati?” ipotizzò mio fratello, poteva essere, i demoni stavano tormentando mio figlio? La rabbia che avevo tentato di estinguere poche ore prima mi infiammò di nuovo.
“Phoebe sarà qui all’alba…” Jasper si fermò, mi prese la mano,
“Forse c’è qualcuno che può darci risposte…” no loro no, scattai all’indietro,
“Gli anziani no, come ti viene in mente… se scoprissero questa storia potrebbero portare Aiden di nuovo in paradiso, non posso permettere che accada…”
“Va bene…era un’idea azzardata...tesoro” Jasper mi si parò davanti,
“ Il tuo fuoco sulla carta da parati…”  sussurrò, fiamme bluastre stavano corrodendo le pareti, Carlisle ed Edward allarmati indietreggiarono,, respirai, costringendomi a calmarmi.
“SI…scusate… io credo che veglierò su Aiden e Reesme, per controllare che non accada nulla, starò più tranquilla, mentre aspettiamo Phoebe” lanciai uno sguardo fugace a Jasper e mi avvicinai alla porta. Stavo per richiuderla quando Edward chiese di Sean.
“Non lo so, non mi ha detto molto, sarà nella foresta, non credo sia andato via…”
Resistetti alla tentazione di andare da Sean, anche se ero consapevole che non avesse nemmeno lui una spiegazione ero arrabbiata ma prendermela con gli altri non avrebbe certo risolto i miei problemi. Andai quindi nella stanza degli ospiti e sedetti su una poltrona osservando Reneesme ed Aiden dormire sonnecchiando nel letto matrimoniale.



POV JASPER

La mattina seguente la visita di Phoebe attesa per l’alba non arrivò, erano le 7 e 30 ed Aiden si svegliò piuttosto tranquillo. Sapeva che Alice mi aveva detto della scorsa notte e percepivo del senso di colpa  in lui. Sgranocchiava un toast al formaggio parlando con Nessie, lei gli stava elencando una serie di fumetti che Jacob le aveva regalato. Edward e Bella stavano completando dei pancakes e del succo per la colazione. Alice fissava da 2 ore il cielo appoggiata alla porta scorrevole che dava sul giardino. Mi avvicinai scrutando le nubi grigiastre all’orizzonte, la luce filtrava appena. Dopo qualche minuto staccò lo sguardo per rivolgersi a me.
“Non verrà oggi…” disse sconsolata,
“ E’ ancora presto per dirlo” dissi, Alice mi sorrise mesta e mi pose una mano sull’avanbraccio,
“ Mi ha detto al telefono che all’alba sarebbe stata qui, probabilmente i cacciatori le stanno dando problemi” aggiunse. Si avvicinò alla cucina.
“Cosa facciamo con Aiden?” dissi, fra poco c’era scuola ma non mi sembrava prudente mandarlo in un posto affollato di umani, e se qualsiasi cosa vedesse si sarebbe palesata con gli umani.
“Non lo so, forse per  oggi è meglio che stia a casa” sussurrò ma Aiden intercettò le sue parole e balzò giù dalla sedia.
“Mamma, non posso mancare oggi, io e Ron abbiamo la presentazione del progetto di scienze….” Disse supplicante. Alice lo guardò sofferente e lo condusse in corridoio adocchiandomi, li seguii a ruota. Il brusio di voci degli altri dopo un momento di silenzio riprese. Aiden indossava già la divisa e i suoi occhi blu erano lucidi.
“Tesoro, sicuro di star bene?” Aiden sospirò ma annuì energicamente,
“Aiden” cominciai, era una questione più grande di lui, doveva capire per quanto possibile la nostra decisione.
“Va bene, non vedo perché dovresti saltare la scuola allora…” Alice gli diede un bacio sulla fronte e lui le sorrise,
“Alice ma..” ero confuso, aveva appena cambiato idea.
“Jazz, a Boston AIden è sempre stato al sicuro tra gli umani, non accadrà nulla” l’afferrai per le spalle,
“Sempre al sicuro? Alice dimentichi il parcheggio… vi avevano teso un’ imboscata…” mi guardò sondando le mie emozioni,
“ Quella cosa non lo attaccherà in pubblico, non se ci sono umani… fidati di me” non ero affatto d’accordo ma annuì.
“Se invece fosse …una visione…se non fosse reale..” Alice si scostò,
“Jasper, è reale, la sua paura è reale, quello che ha visto…” la bloccai contro la parete,
“Non sto dicendo che non sia reale per lui ma…” Alice mi fulminò con lo sguardo, i suoi occhi baluginarono di azzurro. Io volevo che non lo fosse, speravo che magari fosse una visione o una reazione traumatica dopo la morte di Grigiapiuma.
“Non posso essere la sola a credergli…” disse delusa e scivolò in giardino.

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Capitolo 18
*** Sussurri ***


PERDONATE L'ATTESA. MOLTI IMPEGNI NON MI HANNO PERMESSO DI MANTENERE LA COSTANZA DI DUE CAPITOLI O PIU' A SETTIMANA. ECCO UN CAPITOLO PIU' CORPOSO PER VOI. INIZIO A GIOCARE CON LA TECNICA NARRATIVA DELLA TERZA PERSONA A MANO A MANO CHE ANDREMO AVANTI. A MIO PARERE RENDE LA STORIA MENO DISCONTINUA E PIU' MATURA. MA IL PASSAGGIO SARA' GRADUALE. GODETIVI IL CAPITOLO! A PRESTO! 




Come ogni mattina Aiden salutò sua madre ancora a pochi metri dall’auto e raggiante raggiunse il ragazzino pel di carota che agitava freneticamente la mano destra tra la massa di teste capellute e zaini. Ron lo stava aspettando davanti il cortile con le altalene. Un modellino in plexiglas che lo superava in altezza di fianco e piantato nell’erba. Aiden aspirò l’odore di erba appena tagliata e l’adrenalina che emetteva il suo migliore amico. A passo umano per quanto fosse difficile trattenersi avanzò fino in cortile e abbracciò Ron dandogli una pacca sulla schiena.
“ Oggi miss Frince ci darà una A+ te lo assicuro” disse Ron sputacchiando un po' di saliva sulla sua giacca, aveva appena perso un incisivo e quando parlava emetteva un buffo gorgoglio. Aiden ridacchiò e afferrò il pesante modello tridimensionale dell’empire state building, con prato e giardinetti inclusi, una costruzione in legno e vetro perfetta. Era stata un’idea di Ron scegliere quell’edificio e lui aveva plasmato tutti i pezzi ma aveva detto all’amico che sua madre l’aveva aiutato. La sua famiglia gli diceva sempre che gli umani  erano sospettosi. In fondo Aiden aveva 9 anni e un bambino non poteva aver progettato quel modellino da solo.
“Anche il progetto di Stacy e Zack non è male” disse lui, ma RoOn fece una faccia disgustata. Il tema del progetto era l’architettura in America, Aiden avrebbe voluto costruire un edificio di Boston, dovev aveva passato la sua infanzia ma Ron e sua sorella avevano insistito perché New York era la città dei Dophins, e quando lui aveva corrucciato la fronte perché non aveva idea che fosse una squadra di football Ron lo aveva preso in giro per tutto il giorno. A lui non piaceva lo sport o almeno quello degli umani. Correre e scalare le montagne quello si che era appagante e liberatorio e poi volare… quanto gli sarebbe piaciuto essere come sua madre. Insieme si incamminarono verso la classe. Bill e Jessie Slynth due energumeni della seconda media per poco non ridussero in mille pezzi il modellino.
“Attenti, idi…” ma Aiden tappò la bocca a Ron prima che loro potessero sentirli, così subirono la spintonata quotidiana senza danni. I due bulli se la prendevano sempre e indistintamente con tutti. Aiden odiava quando molestavano i più piccoli ma l’incidente con Camille e con la signorina Pyke nel ripostiglio gli rammentavano sempre di tenersi lontano dai guai. La sua di magia era protettiva, così diceva la mamma, ma Aiden non voleva far del male agli altri anche se per proteggere. Le prime tre ore trascorsero lentamente tra le noiose lezioni di algebra e francese ma poi arrivò l’ora di fisica e Aiden e Ron fieri presentarono il loro progetto alla classe.
“Molto, molto bene… “ commentò miss Frince che era seduta sulla cattedra verde petrolio con le gambe accavallate. La classe fece un applauso stupito.
“ Vi darei una A+” esordì, il volto di Ron era in giubilio,
“Ma  doveva essere un lavoro personale… e qui c’è lo zampino di un adulto molto capace” fece l’occhiolino alla classe, qualcuno ridacchiò, il volto di Ron divenne paonazzo, non poteva obiettare giacchè Aiden gli aveva detto esattamente lo stesso.
“Quindi vi darò una B…comunque un buon lavoro” l’insegnante sorrise e gli fece cenno di sedersi. Aiden se lo immaginava, un po’ deluso ma mai quanto Ron tornò a sedere. Lindsay Nolan, una ragazzina dai soffici capelli color caramello e gli occhi verdi gli sussurrò un che t’importa, sei stato grande! dal posto di fianco il suo. Aiden per qualche istante avvampò, Lindsay non era propriamente una sua amica al di là delle lezioni e ci parlava pochissimo eppure era estasiata. Confuso Aiden passò l’ultima mezz’ora di lezione a fissare il cortile dalla finestra. Poi la campanella della ricreazione suonò. Uno stormo di bambini sofferenti sciamò giù per le scale ma Aiden lentamente con Ron e con Lindsay che ridacchiava con un’amica subito dietro di loro decisero di andare sul cortile del retro. Era più tranquillo e fresco.
“Piantatela di seguirci” sbottò Ron, le due bambine lo fissarono divertite,
“Non vi stiamo seguendo, il cortile non è solo vostro” disse acida la ragazza di cui Aiden ignorava il nome, era bassina e in carne e piena di lentiggini,
“Lasciale stare Ron” disse Aiden sedendosi su una delle panche di pietra mentre loro andarono a sedersi sotto il piccolo platano antistante il cortile.
“ La Frince è una stupida…” afferrò un panino al prosciutto dallo zaino logoro e lo smezzò con Aiden.
“ Lo è” acconsentì Aiden, non perché lo pensasse sul serio ma gli sfoghi di ROn lo facevano divertire un mondo,
“Vecchia megera, hai visto che calze orrende…bleah…perché deve insegnarci lei… vi darò una B… gne gne… il nostro progetto era il migliore e tu hai fatto tutto il lavoro…beh…” Ron lo spintonò,
“Più o meno…” Aiden sorrise,
“ Mia mamma dice che è giusto che gli adulti aiutino i propri figli comunque…” aggiunse ROn,
“Beh, credo che abbia ragione… ma la prossima volta farò meno” Ron lo guardò interrogativo,
“Cosa?” Aiden si mordicchiò il labbrò e lo spintonò scherzosamente nell’erba. Dei passi strascicati e pesanti ridestarono la loro attenzione.
“ Oh ma guarda i due innamorati… interrompiamo qualcosa” Bill e Jessie torreggiavano su di loro e poi c’era un terzo ragazzo, di almeno 15 anni smilzo e alto. Li sollevarono di peso facendoli alzare.
“E così parlavate delle vostre mammine…” Lindsay e l’amica accorsero spaventate,
“Lasciateli stare” disse lei ma l’occhiataccia di Jessie, un grosso e tozzo biondo paglierino la fece indietreggiare.
“Hey ma tu sei un Cullen! Vero ragazzino?” il ragazzo smilzo ò strattonò Aiden, lui respirava piano, non doveva agitarsi o innescare il suo potere, se avesse afferrato Ron e corso veloce li avrebbe seminati con facilità ma così avrebbe comunque attirato l’attenzione.
“ Che c’è sei muto per caso?” Billie e Jessie ridacchiarono,
“Sono AIden Hale” disse lui irritato,
“Che volete da noi!” RoOn di nuovo rosso in viso provò a spintonare il ragazzo magro e riuscì a smuoverlo di qualche centimetro, lui rise ma si concentrò di nuovo su Aiden,
“Ma si, l’ ho visto con i Cullen, sua madre è quella con i capelli neri, come i suoi, si somigliano,  uno schianto davvero…me la farei all’istante…” Billie dissentì,
“ Non è troppo vecchia per te Mike?” Mike lo spintonò,
“ Mio padre dice che ha al massimo 25 anni…” i due sgranarono gli occhi,
“E te sei  già stato con una maggiorenne…certoo” Mike alzò gli occhi al cielo,
“ Aiden Hale, tua madre era una puttana per essere messa incinta a 167 anni? Eh ?” il tempo sembrò congelarsi, il grigio del cielo diventare ancora più grigio, la rabbia dentro Aiden salì come in un vulcano a quelle parole, tutto divenne freddo, anche i ragazzi se ne resero contro, il vapore usciva dalle loro bocche storte, la massa scura emerse dal pavimento di cemento, questa volta la rabbia di Aiden fu più forte della paura e non scappò. Prendili Aiden, come osano parlarti così… come osano parlare così di tua madre…. devono soffrire… una voce sibilante gli colmò la testa… Sono persone malvage Aiden….. Che feccia….Attaccali Aiden… Forza… Non essere codardo… Ed AIden non resistette. Li attaccò.


 
Il preside Hank aveva convocato subito dopo la rissa i due ragazzi nel suo ufficio, non era la prima volta che nella scuola episodi simili accadevano eppure era sempre una questione controversa. Le famiglie non si accontentavano mai dell’evidenza che si trattava in fondo di ragazzini, quasi sempre adolescenti che al di là di qualche livido o graffio non causavano troppi danni. Così la pensava Timothy Hank. Da 12 anni preside dell’istituto elementare e medio di Forks. Eppure questa volta era diverso. Per prima cosa Hank fu sorpreso nel constatare che i ragazzi sorpresi a darsele in cortile erano un ragazzino di 910 anni e un quindicenne e poi del fatto che il gracile e dolce ragazzino aveva avuto la meglio su Gregor White, uno spilungone ben piazzato, il doppio di lui. Gregor era un bullo di quartiere e non doveva trovarsi nella sua sede.
“Prendi dei fazzoletti per l’amor del cielo ragazzo, o mi imbratterai tutta la scrivania” disse controllando l’orologio. I due ragazzi gli erano seduti davanti sulle poltroncine di pelle bordaux scavate dalle termiti. 12 anni e neppure uno straccio di ufficio decente. La stanza era di grandezza media, fittamente arredata e poco luminosa. Le pareti verde acido la rendevano angusta. Gregor riuscì a fermare il fiotto di sangue che gli colava dalle narici; l’altro ragazzo, Aiden, era rigido sulla poltrona e fissava il muro accigliato. Sua madre sarebbe arrivata a minuti, quanto a Gregor, forse suo padre gli avrebbe fatto sentire la cinghia quella sera, era una famiglia incasinata. Il preside sospirò, controllò la posta e spense il pc, poi si versò una zolletta di zucchero nel caffè lungo.
“ Come diavolo è possibile che questo ragazzino ti abbia ridotto così Greg?” il 15enne fece una smorfia,
“Se non ci avesse separato quell’idiota di bidello …” la faccia infuriata di Hank lo fece desistere dal continuare.
“Contatterò la mia collega della sede di Parkley street, non dovevi essere a scuola a quest’ ora?” il ragazzo deglutii.
“Ti sei guadagnato una sospensione anche tu” continuò il preside,
“Cosa, ma lui mi ha fatto questo!!” sbottò, rosso per la rabbia e la vergogna. Nello stesso istante Rita la sua segretaria annunciò l’arrivo di Alice Cullen. Con un cenno distratto congedò il giovane Gregor White. Aiden si irrigidì ancora di più sulla sedia, il preside lo guardò preoccupato, sembrava non respirasse più tanto stava immobile.
“Prego entri pure” sua madre, una donna davvero bellissima non l’aveva mai vista ma conosceva i Cullen, tutti li conoscevano in città. Era nervosa, si muoveva con fretta, lanciò un’occhiata di sconforto e timore alla vista della faccia insanguinata di Gregor che gli passava davanti. Entrò. Aveva un tubino color cioccolato con una fascia cremisi attorno alla vita e una giacca scura. Sedette sulla poltrona poggiando una mano sulla gamba del figlio e guardandolo intensamente, lui distolse lo sguardo dalla parete per una frazione di secondo.
“ Vorrei che ci fossimo presentati in circostanze migliori” esordì lui stringendole la mano, la sua pelle era fredda come il ghiaccio, Hank represse un brivido.
“Cosa è successo?” disse Alice, guardava suo figlio e Hank,
“ Una rissa tra ragazzi…  il collaboratore scolastico Scott li ha fermati prima che le cose degenerassero, erano in cortile, il ragazzo più grande Gregor, quello che ha visto poc’anzi ha avuto la peggio” Alice sospirò,
“ Aiden…” il ragazzo era cosciente di quello che aveva fatto per come l’aveva raccontato ad Hank, ed era ancora arrabbiato,
“ Lui mi ha spiegato che Gregor White li ha importunati, lui e il suo amico Ron mentre erano in cortile, cominciando a spintonarli insieme ad altri due 13enni… poi hanno utilizzato parole poco appropriate nei suoi confronti” il preside si fermò. Gli occhi di Aiden saettarono sulla madre,
“Hanno detto cose orribili e disgustose su di te…” disse infuriato, Alice corrugò la fronte e carezzò la guancia del figlio,
“Tesoro, qualsiasi cosa avessero detto non dovevi rispondere con la violenza” lui sprofondò nella poltrona,
“ Io… dovevo farlo…” quel bambino aveva rotto il naso ad un altro ragazzo, un comportamento così aggressivo era dannoso già a quell’età.
“ Aiden, puoi aspettare di fuori adesso?” chiese gentilmente, lui si alzò e si trascinò nella sala d’aspetto. Alice Cullen sospirò bloccandosi per un attimo nei suoi pensieri,
“ Signor Hank, mi spiace, mio figlio non si comporta così, non è da lui….” Hank sorrise mesto,
“ Anche se come ho già detto si è trattata di una rissa tra ragazzini, suo figlio ha comunque ferito l’altro ragazzo…in qualche modo insomma, anche se mi sembra assurdo che un bambino…” Alice Cullen lo interruppe, forse era la luce del sole  che filtrò per un secondo ma ad Hank sembrò che i suoi occhi nocciola fossero diventati azzurri,
“So che è comunque grave e Aiden ne pagherà le conseguenze come è giusto” disse severa,
“ Si, bene… una sospensione di 4 giorni ma non dovrà ripetersi più un simile episodio… e se accetta il mio consiglio, Aiden mi sembra alquanto arrabbiato eppure i suoi insegnati mi hanno detto che in quest’ anno e mezzo è sempre stato un ragazzino dolce e innocuo, eccellente negli studi e pacifico…” Alice annuì,
“ E’ un età particolare e il peggio deve ancora arrivare. Forse uno psicoterapeuta, qualcuno con cui sfogarsi lo aiuterebbe” Alice Cullen  si alzò in piedi con calma e gli rivolse un sorriso sincero.
“ Va bene, la ringrazio…ora…se non c’è altro, io dovrei andare” aggiunse,
“Ma si, certo, allora arrivederla… buona giornata” la donna andò via e ad Hank quella mattinata sembrò più bizzarra di quanto apparisse.
 
 
 
POV ALICE

Il rombo del motore si spense quasi con un rantolo, era pomeriggio inoltrato e il sole cominciava a sparire all’orizzonte. L’aria fredda all’interno dell’auto stava creando una cappa di umidità sui vetri. Aiden afferrò la maniglia e la spinse. La portiera era chiusa. Sospirai.
“Dobbiamo parlare Aiden…”  ritornò nella posizione iniziale appoggiato al sedile con lo zaino pesante sulle gambe. Mi slacciai la cintura per guardarlo bene.
“Ascolta Aiden, cos’è successo nel cortile?” lui mi guardò confuso ma poi percepii un bagliore di consapevolezza nelle sue pupille che si dilatarono.
“ E’ successo quello che ha detto il preside Hank…” gli poggiai una mano sulla spalla, il suo tono di voce era freddo e quasi arrabbiato.
“… Aiden quello che hai fatto è una cosa grave, lo capisci?” gli occhi puntati sul cruscotto e la fronte corrucciata,
“Si” disse,
 “Hai ferito un essere umano, e deve esserci qualcosa che ha scatenato la tua reazione” lo stavo confondendo, forse non era il modo giusto per convincerlo a confidarsi. Il fatto era che non riuscivo a capacitarmi di quel comportamento, Aiden non avrebbe mai fatto del male a qualcuno volontariamente. Doveva esserci dell’altro.
“ Gregor White ci ha trattati come feccia e poi ti ha insultata, se lo meritava” tornò a premere con forza sulla maniglia e riuscì ad aprire la portiera rompendola. La rabbia e il senso di impotenza davanti a quella situazione si impadronirono di me, lo afferrai e lo misi a sedere di nuovo prima che uscisse.
“Aiden Hale, quel ragazzo non meritava un naso rotto, hai fatto una cosa sbagliata questo devi capirlo, tu non ti comporti così, non è quello che ti ho insegnato!” il mio tono di voce era alterato. Le luci all’interno di casa Cullen si accesero in simultanea e Jasper uscì in giardino venendo incontro all’auto parcheggiata. Aiden si chiuse in un silenzio di tomba anche se scosso dalle mie parole. Lo lasciai e corse in casa prima che Jasper potesse parlarci.
“Dannazione…” sconfitta chiusi con forza lo sportello e uscii dall’altra parte; il cielo era aranciato. Jasper mi fu accanto anche lui preoccupato ma non quanto io ribollivo, non quanto me. Gli avevo raccontato tutto mentre tornavamo a casa. In quella 10ina di minuti di viaggio.
“Più tardi provo a farlo ragionare…purtroppo la testardaggine è una pecca che ha preso da me…” disse sorridendomi,
“Alice… tu cerca solo di…” battei un pugno sul tettuccio,
“Non posso essere tranquilla, non dopo quello che ha fatto… Jazz non capisci ha ferito un umano e senza una valida ragione…” tornò serio,
“Lo capisco e sono sconcertato anch’io… non è da lui, non ha mai alzato un dito contro nessuno ma probabilmente a scuola la pressione stava diventando sempre di più. Tutti sanno chi sono i suoi genitori e quanto sia…particolare… la nostra famiglia, quei bulli l’avranno vessato per tutto l’anno per invidia o paura…e prima o poi sarebbe scoppiato… è successo… e non dico sia corretto ma vedrai che lo capirà” sospirai,
“Deve solo sbollire, si sentirà di sicuro in colpa e dovremo confortarlo… sconterà la sua espulsione e vedrai che non succederà più” mi abbracciò infondendomi calma. Gli strinsi la giacca.
“ dopo la situazione con l’ippogrifo e la brutta nottata…. Forse sono stata troppo dura…” Gli carezzai i morbidi riccioli biondi e lo baciai fugacemente.
“Ragazzi” Edward sbucò dalla foresta quasi trafelato,
“Che c’è?” Jasper annusò l’aria,
“Phoebe…” dissi percependo la sua presenza…era tornata.
Phoebe girava con fare ipnotico la cioccolata calda che Esmee gli aveva preparato, spettintata,aveva delle ferite da taglio su entrambe le braccia, i vestiti lacerati ed era molto pallida. Carlisle ed Edward erano in soggiorno con me e Jasper, io le sedevo di fianco.
“Permetti che ti fasci le ferite…” disse Carlisle,
“No, grazie Carlisle, anzi grazie a tutti per la vostra gentilezza” mi rivolse un sorriso. Ero sollevata che fosse venuta ma anche molto impaziente di ricevere informazioni ma il suo aspetto malconcio mi fece desistere.
“Aiden è qui? Come sta?” mi chiese preoccupata,
“Lui sta bene… è ancora scosso e arrabbiato… non doveva vedere l’assassinio di quella creatura” Phoebe mi pose una mano sul ginocchio sofferente. Passò qualche altro minuto senza che nessuno parlasse. Poi Phoebe posò la tazza ormai vuota sul tavolino di vetro e si schiarì la voce.
“Mi spiace avervi messo in questa situazione… Grigiapiuma è stata uccisa per mia distrazione… non è colpa vostra d’accordo?” ci squadrò tutti annuimmo,
“Credevi che sarebbe stata al sicuro qui… tutti commettiamo errori di valutazione…” disse Carlisle,
“Come mai sei ferita?” Jasper si sporse dal bracciolo per guardarla meglio,
“ Pensavo di riuscire ad affrontarli da sola….ma a quanto pare” sussultai, perché non mi aveva chiesto di raggiungerla? Avrei potuto prenderli.
“Alice non potevo coinvolgerti o avresti esposto di nuovo la tua famiglia, cacciare i demoni non è un bel modo di tenersi lontano dai guai…” sembrava leggermi nel pensiero a volte.
“ L’attacco non era casuale…non volevano davvero l’ippogrifo vero?” Phoebe scrollò le spalle,
“Non possiamo saperlo, non che ci abbia parlato a lungo ma sono fiduciosa del fatto che agissero per proprio tornaconto…” disse lei,
“Ma perché ucciderla allora?” continuò Edward,
“Phoebe non puoi essere così ingenua… era una minaccia quella…. Li ha mandati qualcuno…” lei sospirò,
“ Forse tendo sempre a sperare nel meglio…” disse serafica  e si alzò,
“So che avete molte domande da farmi ma è stato un volo davvero lungo, posso riposare qualche ora prima?” riposare? Ma, doveva spiegarmi di ciò che stava tormentando Aiden…e…
“ vieni ti mostro una stanza libera” dissi e le porsi la mano.
La condussi in una delle stanze più interne, all’ultimo piano. Lei sedette sul letto esausta. Chiusi la porta e mi parai con braccia incrociate davanti ad essa.
“Alice davvero, potrei avere delle allucinazioni, non dormo da giorni…” tolse scarpe e cardigan poi si massaggiò le spalle, i capelli color fragola scomposti e secchi.
“ Devo sapere cos’hai scoperto sulla nebbia che mio figlio dice di vedere…” mi guardò angosciata,
“ Va bene, ma ascolta il mio contatto dalla città d’Argento mi ha rivelato ben poco…” scattai verso di lei,
“ Per le sensazioni che descrive Aiden, il freddo, il senso di vuoto e queste propaggini oscure, il fatto che solo lui riesca a vedere questa creatura e che ne sia così spaventato…  forse si tratta di un demone loculens” trattenni il fiato,
“Un demone?! Come è arrivato a lui? Cosa vuole?” sedetti, mi mancò la terra sotto i piedi, era più grave di quanto mi aspettassi anche se non riuscivo a capacitarmi di nulla di buono.
“Di sicuro il mandante è un altro demone, molto potente, i loculentes sono creature inferiori, non pensano autonomamente, sono male puro, non hanno forma o meglio assumono l’aspetto di ciò che ci turba, sono di rado inviati sulla terra e solitamente per indurre un umano o un altro essere a compiere il volere del mandante, sono esseri che persuadono e che trasformano chi viene colpito…” non riuscivo a spiccicare una parola,
“ Non so come si affronti una cosa del genere né come si arrivi al mandante… ne cosa succederà ad AIden, mi spiace mi sento impotente anch’io, vorrei fare di più…” mi sollevai e sentii una rabbia ancora più forte strappare ogni recettore di dolore della mia pelle. Il vento cominciò a soffiare furente e il lampadario a tremare. Phoebe mi afferrò le mani.
“Ma sono qui per te… non ti lascerò affrontare questa cosa da sola…Alice…devi mantenere il controllo, devi farlo” le strinsi i polsi, due lacrime mi rigarono le guance. Mi ci volle qualche minuto.
“Sean…” fu un pensiero e un’immagine improvvisa,
“E’ ancora qui?” annuì, ma quello che mi passava per la testa era che lui sapesse di Aiden… e di più. Ora ne ero convinta più che mai. Non poteva essere una coincidenza il suo incidente come per l’ippogrifo.
“Devo parlare con lui… “ mi alzai di scatto, ma poi… di nuovo il sospetto che anche Phoebe non mi dicesse tutto.
“Phoebe, c ‘è qualcos’altro che devo sapere?” ero girata di spalle, qualche secondo e pronunziò un convinto no.
Lasciai Phoebe a riposare e spiccai il volo, se Sean era ancora nei dintorni lo avrei trovato nella foresta. Vagai poco concentrata aspettando si sentire una traccia o un battito d’ali che manifestasse la sua presenza. Nella testa i miei pensieri ripercorrevano quelle ultime strane ore in cerca di un senso o di un indizio. Dopo qualche ora e avevo sconfinato già da un pezzo in Canada tornai indietro e atterrai sul tetto della casa. E se mi fossi smaterializzata? Provare non mi costava nulla. Pensai a Sean, tentai di restare fissa sulla sua immagine e funzionò. Era stato diverso, molto più lento e stomachevole, persi per qualche istante l’equilibrio ma in quel modo l’avevo trovato. Eravamo sulla spiaggia la Push nella riserva dei Quiliutte. Sean aveva indietreggiato sull ’attenti  ma poi tornò a sedersi sulla sabbia rocciosa a pochi metri dall’oceano.
“E’ rischioso stare qui, i lupi potrebbero attaccarti…” dissi, e decisi di sedermi accanto a lui. Il sole era tramontato da un pezzo ormai ma la luce fioca delle stelle e dei lampioni al neon della strada stornavano il buio.
“ Vale anche per te” disse gettando un sassolino nell’acqua.
“ Come facevi a sapere che ero qui?” non potevo spiegare come avevo fatto a smaterializzarmi senza pensare al luogo in cui volevo andare.
“Intuizione” risposi subitamente. Ora dovevo dosare tutta la rabbia che mi montava dentro e fare in modo che Sean si aprisse con me.
“Phoebe è qui…” iniziai, nessuna reazione, quella sera appariva estremamente calmo mentre negli ultimi due giorni era agitato e strano.
“Bene, ha trovato i due cacciatori o sa perché hanno ucciso la creatura?” no, niente affatto.
“Dove sei sparito è dall’altra mattina che non ti sei fatto vedere…” Sean sorpreso mi guardò in faccia,
“ ho fatto delle ronde sui confini, speravo che i demoni fossero ancora in zona così li avremmo potuti catturare e interrogare… ma non ho trovato nulla e stavo ritornando alla villa…” lanciò un altro sassolino nell’acqua.
“ Alice mi sembri turbata, c’è qualcosa che non va ?” respirai piano, dovevo restare calma,
“Aiden… ha di nuovo visto quella cosa ieri sera e oggi ha attaccato un umano a scuola…” Sean non mostrava alcun segno di sorpresa o sconcerto.
“ perché ha attaccato l’umano?” mi sollevai, e avanzai verso l’acqua,
“Non importa il perché, l ‘ha fatto, gli sta succedendo qualcosa ed è quella cosa a renderlo così… Phoebe ha detto che…” bloccai il flusso delle parole. Dovevo mettere alla prova Sean, capire se lui sapeva qualcosa.
“Cosa?” si avvicinò, notai un accenno di nervosismo nella sua voce,
“Che non sa cosa potrebbe essere…” Sean annuì lentamente,
“Tu sai è così… Sean devi parlare con me…” indietreggiò,
“ Alice, non ti fidi di me…” no qui non si trattava di fiducia , c’era in gioco la vita di mio figlio. Lo afferrai per la camicia, gli occhi mi sfavillavano.
“Non sei qui per caso, i due cacciatori non erano qui per caso e quella cosa oscura non è qui per caso e tu sai cos’è, mi nascondi qualcosa e sono brava a capirlo sai!” lo strattonai violentemente, cadde carponi sulla sabbia.
“Sean tu vuoi proteggere Aiden, è questa la ragione per cui sei tornato…” Sean era indeciso sul da farsi ma oramai stava cedendo. Si rialzò in piedi e stette in silenzio per qualche minuto. Il mare era agitato e la luce della spuma illuminava quell’abisso nero. Lo scroscio delle onde era quasi una piacevole ninna nanna, la stanchezza di quella giornata cominciava a pesare ed a intorpidirmi.
“E va bene, ascolta, ti dirò la verità.” Sedette nuovamente sulla sabbia smossa, mi fece cenno,
“ Parla allora” si passò una mano sulle tempie e mi guardò rattristato,
“ Dopo aver lasciato Forks ho fatto qualche ricerca, ho contattato Maze e alcuni demoni che mi dovevano qualche favore, questo perché in realtà la cosa che Aiden aveva descritto in piscina io l’avevo già vista…” dilatai le pupille,
“Ma non volevo allarmarti senza prove o certezze… quello che ho scoperto è che potrebbe trattarsi di un maledictus…” fece una pausa,
“E’ un demone, lo chiamano anche loculens, sussurratore…” ecco combaciava con le informazioni di Phoebe, stava dicendo il vero.
“ Non è un essere come me, o te… è amorfo… non so come spiegartelo è più come un’essenza di male , delle peggiori emozioni, rabbia paura, odio…” e poi mi disse ciò che già sapevo, che c’era un demone molto potente come il mandante che lo scopo era ottenere qualcosa da Aiden, che compisse un azione per lui necessaria.
“Come possiamo ucciderlo o mandarlo via?” sospirò incrociando le braccia,
“Non si può, solo il mandante può richiamarlo…” neanche lui sapeva come sbarazzarsene,
“Però ho qualche idea su chi possa essere il demone, non so dirti cosa voglia da un bambino di 9 anni ma posso rintracciarlo, mi serve solo un po’ di tempo…” gli poggiai una mano sulla coscia, si irrigidì,
“Tempo! E intanto con Aiden che facciamo? “ spostò la mia mano e si alzò,
“Non lo so Alice, lui deve combatterlo, dovrai dirgli cosa gli sta accadendo, può tenerlo sotto controllo non è impossibile e lui è un bambino sveglio e capace e forte grazie al tuo sangue…” Sean spalancò le ali.
“ L’uccisione dell’ippogrifo era un test, far assistere Aiden a quella scena per renderlo psicologicamente più vulnerabile…capisci?” si ora tutto aveva senso.
“Sean” prima che spiccasse il volo gli strinsi energicamente il braccio,
“Non provare a nascondermi più nulla o ti stacco il braccio la prossima volta” .
 


6 giorni prima




POV SEAN

L’aria della cella era marcia, soffocante ma soprattutto putrida e questo giacché i precedenti inquilini erano rimasti lì dentro per anni, mangiando ratti o i propri escrementi e senza mai vedere una goccia d’acqua. Inoltre l’estrema arsura amplificava quelle particelle odorose. Ero rinchiuso da almeno 5 giorni, la luce era sempre la stessa, il rosso baluginante delle fiamme riflesse sulle pareti, fuoco che arrivava dal basso, il tormento delle anime dannate. Quelle celle erano incavate nella roccia scura ma pendevano quasi minacciosamente verso il burrone infuocato e le sbarre di ebano ribollivano solo avvicinandosi. La pesante porta di ferro tramite la quale si accedeva ed esposta invece verso il corridoio interno rumoreggiava all’improvviso, schiocchi appena udibili in quella confusione, causati dal metallo che si dilata per il calore. Silenzio…non c’era mai silenzio…le urla delle anime e il crepitio scoppiettante del fuoco non mi davano pace mai. Che fossero passati 5 giorni potevo appurarlo solo grazie ai cambi di turno delle guardie, passate le 12 ore veniva una guardia nuova, e finora avevo visto 10 facce ostili e ripugnanti a sbirciare nella cella e ad imprecare contro di me. Non avevo catene e camminavo freneticamente su e giù oppure dormivo, oppure osservavo i ratti scavare nella polvere, divorare insetti e accoppiarsi. Lucifero si aspettava che prendessi una decisione. Come se potessi avere una scelta. SI ce l’avevo ma non la volevo. Era meglio farla finita. Ma non potevo servirmi di nulla per uccidermi, i ratti, magari farmi scavare un buco nello stomaco come avevo visto fare a degli scozzesi che torturavano irlandesi 100 anni fa. No. Che morte orrenda. Dei tonfi pesanti si avvicinarono alla porta. Erano 4 piedi, 4 pesanti scarponi, non poteva essere il turno di guardia. 2 demoni. Lucifero aveva deciso per me allora.
“Sean Sherwood, sei fortunato” un demone anziano, dall’aspetto quasi gioviale entrò per primo, reprimendo una smorfia disgustata per la puzza. Ero seduto contro il muro, mi sollevai affaticato, 5 giorni di digiuno, avevo sopportato di peggio ma era il mio spirito ad essere fiacco e rassegnato.
“Tu, portalo nel salone e procuragli qualcosa da mangiare, è a stento presentabile, e chiama Melish, che gli faccia fare un bagno, il tanfo è insopportabile” cibo e acqua, i miei sensi furono di nuovo allerta. Nella penombra a stento intravedevo il volto del secondo demone, si era la quarta guardia, un tipo tozzo e basso con un occhio orbo. Giovane e borioso.
“Va bene Qyburn, forza cammina!” quel nome risuonò nella mia testa per il tragitto che mi sembrò infinito dal sottolivello delle celle al palazzo di ebano nero di Lucifero, e sino al salone laterale, simmetrico alla sala delle riunioni dove si ergeva il suo trono tempestato di rubini. Fui gettato malamente su una delle sedie di legno. Qyburn…perché quel nome gli era così familiare…
“Presto mangia… vado a chiamare Melish, magari ti risolleva anche qualcos’altro eh?” gli scagliò con altrettanta rudezza un tozzo di pane con del formaggio ammuffito e gli rivolse un sorriso beffardo. Ma certo! Qyburn, il vecchio maestro, suo e di suo fratello, un demone saggio e antico e anche consigliere di Lucifero. Un giorno quando aveva 13 anni suo padre lo portò alla città di Cenere e in vece straordinaria c’era anche Qyburn a discutere di alcune leggi di smistamento delle anime nell’ufficio cittadino. Ma da allora non ricordava si fosse mai mosso dal palazzo. Nessuno lo aveva più visto in giro. Addentò un pezzo di entrambi, la fame superò il muffito verdognolo e fece diventare anche quel misero avanzo gradevole.
“ Quando hai finito, seguimi, Sean Sherwood” così intento a trangugiare il suo pasto Sean non avvertì la presenza di Mel sulla soglia della sala sino a quando non parlò. Ingoiò l’ultimo boccone che aveva addentato. Lei sorrise divertita, ma c’era anche un pizzico di compassione in quel sorriso. Sean finì di consumare il cibo in fretta e si alzò rinvigorito. Fecero un piano di scale e Mel lo condusse in una stanza intonsa di vapori, con numerose candele profumate e un’unica immensa vasca di pietra grigia al centro. Piena fino all’orlo di acqua che sembrava nera come la stanza. Non c’era schiuma ma una gran quantità di olio alla vaniglia. Sean avvertì un po’ di nausea. Melish aveva capelli ricci e rossi, occhi verde smeraldo e una carnagione bianchissima con qualche sprazzo di lentiggini sulle gote e sul collo. Era bellissima. Una delle compagne di letto di Lucifero stesso, si dicesse che dopo Lilith fosse la sua preferita. 
“Spogliati o lo farò io… ecco si… prendo la spugna…” Sean tolse il jeans e la felpa ormai luride e nudo andò a immergersi nell’acqua. I vapori e il contatto con l’acqua che era calda al punto giusto lo fecero sentire libero e di nuovo una persona. Ma non c’era nulla di reale in quella libertà. Lucifero lo stava coccolando come si fa con un agnello prima di sgozzarlo. La paura rende la carne cattiva. Mel tornò e appoggiandosi alla vasca cominciò a sfregargli la schiena. Sean si passò l’acqua sul viso e fra i capelli, poi la osservò. Lei aveva una veste di seta succinta e argentata che riluceva alla luce delle candele.. Si sporse in avanti per passargli la spugna sul petto e i suoi grossi seni si appoggiarono alla sua spalla. Sean avvertì un movimento involontario sotto il bacino. Le afferrò il polso con decisione scostandola, ma così facendo lei si lasciò cadere nella vasca bagnandosi completamente.
“Mi avevano detto che eri un guerriero…” disse lei avvicinandosi pericolosamente…
“Avventato…stupido…ma pur sempre un guerriero” fece scivolare le dita sui suoi capezzoli e poi più giù e giù sino ad afferrare la sua vilirità. Turgida e gonfia.
“Ferma..” la sua voce uscì in un gemito, pregustava già il piacere che il suo corpo necessitava, che voleva, adesso. Ma Sean dopo quella notte sull’isola con l’angelo non aveva toccato nessun altra, 1 anno e mai ci aveva pensato. Ma ora, sazio di cibo, libero dalla cella, con lo stress e il terrore a mille e con quella bellissima donna lì a toccarlo proprio non poteva resistere.
“Devo togliere questi vestiti bagnati…” scivolò lentamente dalla seta, sempre tenendo con una mano il suo membro e accarezzandolo delicatamente. I suoi occhi verdi lo scrutavano desiderosi. Lucifero era molto geloso delle sue ancelle e probabilmente come Lilith anche Mel era da sempre appartenuta solo al signore oscuro. Allargò le gambe e si mise sopra di lui guidandolo lentamente. Sean chiuse gli occhi appoggiandosi alla parete di roccia della vasca. Lei cominciò a dondolarsi e a gemere di piacere, molto lentamente. Ma Sean sentiva già l’esplosione arrivare, le strinse le natiche e accelerò il ritmo rosso in viso.
“Ahhh…Sean…più piano….aspetta” lei si fermò completamente e contrasse i muscoli pelvici in modo da bloccarlo.
“Ne abbiamo ancora di tempo…oh…” ma quel movimento non fece altro che stimolare al limite Sean che si liberò completamente, spargendo il seme dentro di lei. Respirando affannosamente aprii gli occhi. Mel lo guardava nient’affatto scontenta, anzi compiaciuta. Quanto poteva essere irresistibile da farlo venire in pochi minuti. Gli accarezzò i capelli e si alzò mostrandosi statuaria, bianchissima e con seni enormi e turgidi.
“ Credo che adesso tocchi a te…” voleva che Sean gli desse piacere, in fondo era quello che si aspettava, il suo lo aveva fatto. Lucifero le aveva ordinato di lavarlo e confortarlo e lo aveva fatto egregiamente.
“Forza…vieni qui” ma Sean non si mosse, lei ridacchiò, anche il folto cespuglio dei suoi peli pubici era rosso e Sean lo osservava con voluttà, ma quasi disgustato richiuse gli occhi.
“No,non posso” lei ridacchiò, avanzò di qualche centimetro, gli afferrò la faccia e la spinse contro il suo pube, lui cominciò a baciarla, dei baci umidi che cominciarono e farla fremere e poi in meno di un minuto, meno di quanto lei stessa aveva impiegato con Sean tutto il suo corpo sussultò di piacere. Tornò a immergersi beata nell’acqua mentre il demone si sciacquò bocca e viso, contrariato. Si chiedeva quanto sarebbe ancora durata prima che Lucifero venisse a prenderlo e ad ucciderlo a quanto pareva. Altrimenti perché tutto questo.
“Bene… ora esci e vestiti, ti ho portato un gilè di cuoio e dei pantaloni, il nostro signore vuole che tu sia vestito come si deve” Mel sguazzò sino al capo opposto della vasca e sgusciò fuori dall’acqua afferrando un asciugamano bianco e avvolgendolo intorno al corpo. Sean fece per alzarsi ma tornò subito sotto.
“ Sean, devi fare in fretta…” disse dolcemente e divertita. Sean si sentì uno stupido. La vita di Alice e di suo figlio dipendevano da quanto lui sapeva e da ciò che poteva fare e il suo.... continuava a indurirsi e a desiderare solo di penetrare ancora e ancora Mel fino a morire di stenti. Si sollevò infuriato, la donna gli si avvicinò osservando il suo membroò di nuovo eretto e pronto.
“E va bene, seguo i suoi ordini e se tu non hai ancora finito… vieni qui”Sean si avvicinò e lei gettò a terra l’asciugamano.
 
 
Dopo che ebbe finito, si vestì ancora più lentamente e fu portato da una guardia nella sala del trono. Lucifero era dinanzi alla soglia e discuteva animatamente con Lilith e Qyburn anche se sorrideva di tanto e intanto e le carezzava le gote.
“Bene bene, ecco il mio infiltrato…” disse interrompendo con un battito di mani sia lei che l’anziano demone. La guardia andò via. Erano solo loro tre, non avrebbe potuto neppure tramortire il signore oscuro, neanche se avesse abbassato la guardia. Forse Lilithe Qyburn si, ma lui.
“Infiltrato?” Sean si schiarì la gola e cercò di apparire calmo e sicuro,
“ Hai pensato alla mia proposta Sean? Lavorerai per me?” il giovane demone sorrise , come se le minacce di morte su Alice o sulla sua stessa persona non avessero precluso ogni scelta. Forse era meglio essere l’agnello.
“Bene” disse di nuovo Lucifero non attendendo risposta,
“Ora ti esporrò nel dettagli i miei piani, cerca di memorizzare bene ogni cosa giacchè verrai qui a darmi notizie solo fra 3 settimane” per adesso era essenziale allontanarsi dagli inferi, poi Sean avrebbe pensato al da farsi. Lilith si accomodò sul trono di Lucifero sotto lo sguardo stupefatto di Sean, di certo lui non glielo avrebbe consentito in presenza del concilio e degli altri demoni ma adesso non sembrò neppure ricordarsi della sua esistenza, era concentrato e fissava intensamente il ragazzo con gli occhi violetti scintillanti.
“Si d’accordo” pronunciò Sean a denti stretti, Qyburn silenziosamente scivolò fuori dalla sala,
“Innanzitutto il tuo ricongiungimento ai Cullen deve essere del tutto casuale, il vecchio Qyburn  che ha spie ovunque nel mondo di sopra mi ha informato che l’angelo disertore Phoebe non vive più con loro, tuttavia ci sono state voce riguardo un possibile avvistamento di una creatura magica… un ippogrifo o un grifone” Sean ascoltava attento. Lucifero muoveva passi lenti avanti e indietro mentre parlava e fissava Sean attento osservandone la compostezza e la calma apparente. Il ragazzo lo avrebbe tradito, questo era molto probabile, o forse no, dopo che avrebbe saputo.
“Un grifone signore?” Lucifero scrollò le spalle,
“Non importa, qualunque pollo magico ci sia lì fuori…” Sean abbassò la testa, lo sguardo li Lucifero divenne più languido,
“Perdona la mia impazienza, ma è una questione fondamentale” Sean mostrò una chiara sorpresa comparabile a quella avuta con Lilith che sedeva scomposta sul trono di rubini, Lucifero si scusava per i suoi modi bruschi, allora Sean era davvero necessario. L’unico aggancio con Alice Cullen e il figlio, l’unico modo per batterla senza spargimento di sangue e senza ridestare gli anziani inviando orde di demoni sulla terra a catturarla.
“ Phoebe è uno dei pochi caduti rimasti sulla terra e diciamo quella più propensa a compiere il suo dovere di angelo, tutelando anche il mondo magico… quindi andrà a cercarloa e noi le sguinzaglieremo contro due dei cacciatori più assetati di sangue. Sarà costretta a riparare dai Cullen, a chiedere il loro aiuto” Sean era titubante e sperava che il piano dell’oscuro signore avesse delle falle, ma la prospettiva che Phoebe chiedesse aiuto all’unico altro angelo di cui si fidava oramai erano alte.
“Tu Sean andrai nuovamente a Detroit, con Hugs e Stone. Ti imbatterai in loro e ti pesteranno, servono ferite in via di guarigione per rendere plausibile i tuoi giorni di vessazione per colpa di questi due demoni malvagi venuti a punirti  dopo la tua diserzione totale…eh?” a Sean quel piano piaceva sempre meno.
“Si perché sarai un fuggitivo e allo stesso tempo un inseguitore, dirai ai Cullen di esserti imbattuto nei presunti cacciatori che in realtà staranno divertendosi con Phoebe e di essere stato attaccato ma tu non potevi rischiare che 2 demoni sulla terra trovassero Alice giusto? Li hai seguiti finchè loro non ti hanno scoperto ormai diretti a Phoenix e pericolosamente vicini ai tuoi amici vampiri, ti hanno pestato a dovere finchè tu gli hai confessato chi fossi… e sanguinate..” Lucifero mosse teatralmente le mani,
“TI dirigerai dai Cullen, per avvertirli e trovare conforto…” mi pose una mano sulla spalla,
“Questa Phoeniex è molto vicina a Forks… magari i vampiri bazzicheranno in quelle zone e sarà lei a trovarti” ci pensò sorridendo. Aveva calcolato bene tutto ma i Cullen non erano stupidi, lui aveva promesso che non sarebbe più tornato, dopo Eleonor e il bambino… per tenerli al sicuro…tenerla. Era strano che…
“Lo so a cosa stai pensando Sean… so perché ti sei allontanato da loro ma ammettiamolo se non per causa mia avresti trovato un’altra motivazione per rivederla… “ Sean impallidì, lui sapeva più di quanto sapesse lui stesso, comprendeva la profondità del suo sentimento al di la di quello che aveva fatto per coercizione di Eleonor.
“ Se tu non ti fossi distaccato dai Cullen sarebbe stato più semplice ma non preoccuparti questa parte del piano funzionerà ugualmente. Loro ti accoglieranno e di guariranno come hanno sempre fatto.” Sean annuì deglutendo ma riacquisendo compostezza, non doveva cedere.
“Bene, a quel punto ci sbarazzeremo dell’ippogrifo, giusto per fargli arrivare il messaggio, Stone e Hugs  gli taglieranno la testa e tu devi assicurarti che il ragazzino lo veda…” la luce violetta negli occhi di Lucifero tornò a baluginare.
“Perché?” chiese il demone,
“ Aiden ha già la sua buona dose di traumi… sapresti dirmi quali? Voglio valutare anche la tua empatia, è essenziale per questo scopo…” il piccolo vampiro dai capelli neri e arruffati e la risata cristallina simile a quella di Alice gli riempì la mente, a che cosa mirava il diavolo? Perché usare Aiden… i ricordi della piscina e della casa in Alaska lo deconcentrarono per qualche istante.
“ E’ stato preso in ostaggio dagli anziani quando aveva appena 1 anno, non ha visto i suoi genitori per mesi…” Lucifero scosse la testa,
“Dall’inizio Sean, dall’inizio” Sean strinse un pugno, odiava ricordare ciò che aveva fatto, e di come sarebbe potuta andare peggio. Non  parlò, non voleva dargli quella soddisfazione.
“Ha rischiato di morire prima ancora di venire al mondo, una brutta coltellata inferta da te, ragazzo” puntò il dito contro Sean,
“Continua…” Sean sospirò sempre tenendo il pugno serrato,
“ Mentre vivevano a Boston i suoi poteri difensivi hanno cominciato a manifestarsi, e ha ferito un bambino, era spaventato da se stesso, mi ha detto Alice e lo è ancora.” Lucifero annuì,
“SI esatto, non accetta quel potere” disse perso nei suoi pensieri,
“E sempre lì, ha visto sua madre lottare contro un demone e l ha vista quasi morire davanti ai suoi occhi” quel bambino ne aveva passate tante ed aveva ancora 10 anni.
“Esatto ed è stato sballottato in Alaska e poi a Forks … direi che quel ragazzino sia abbastanza scombussolato da rendere facili le cose ad un loculens” Lilith ridacchiò,
“Sei perfido mio signore!” disse con voce acuta. Sean cominciò a capire. Voleva piegare l’animo di Aiden così sarebbe stato più semplice convincerlo per qualsiasi cosa avesse in mente. I loculens cambiavano in peggio  un umano e lo spingevano a commettere azioni riprovevoli, e soltanto un anima forte poteva contrastarla.
“ L ho già inviato …ma ora intesificherà la cosa, per questo deve vedere l ippogrifo morire, deve essere  a pezzi” Sean annuì rigido. Aveva solo 10 anni. I loculens infettavano gli umani adulti ma Aiden era forte ed era un vampiro e aveva anche sangue angelico, poteva resistere probabilmente. Lucifero avrebbe inviato il più resistente e crudele però.
“Tu devi tenerlo sempre d’occhio in quelle settimane e poi riferirmi i progressi… Alice Cullen non è ingenua e scoprirà che qualcosa non va in suo figlio… lo collegherà a noi, all’ippogrifo, chiederà l’ aiuto dell’ angelo e forse potrebbe coinvolgere gli anziani…anche se dubito voglia ancora averne a che fare…e soprattutto chiederà a te…allora tu dovrai dirgli la verità” Lucifero tacque.
“Cosa? La verità?” Lucifero annuì e Lilith ridacchiò,
“Alice dovrà conoscere il 90 percento delle mie intenzioni e di quello che sta accadendo, le dirai del loculens, ovviamente non di me ma che un demone vuole qualcosa da suo figlio, che tu ne eri al corrente e volevi proteggerlo, gli dirai del potere dei loculentes e di come possono essere fermati, ossia o da Aiden o dal mandante… lei deve sapere e deve anche sospettare di te Sean, è essenziale che creda di essere consapevole di tutto ciò che accade e magari anche una mossa avanti” Lucifero era un genio, era stato l’angelo più bello e puro, ed era anche geniale.
“Ma quella non è la verità, io non devo proteggerlo, tu vuoi che lei venga a cercare qui il mandante e che porti anche il ragazzino” Sean aveva le pupille dilatate per la rabbia,
“Si Sean… è così che andrà…” Lilith si alzò dal trono e quasi con indifferenza lasciò la sala, erano soli.
“Ma lei non tornerà negli inferi ,te lo assicuro… e poi come fai a essere certo che Aiden non possa resistere al loculens?” Lucifero chiuse gli occhi e sospirò,
“Perché quel ragazzino è già turbato e ha paura di se stesso e di sua madre perché non sa cosa è lei e cosa è lui… vorrà risposte” Sean era confuso e sentii la pelle della schiena percorsa da un brivido.
“ Lui non ha paura di Alice” disse convinto. Lucifero sospirò e gli pose quasi affettuosamente la mano sulla spalla, vicinissimo, poteva avvertire il suo alito fruttato sul collo,
“Ne avrà…e anche tu Sean… non posso rivelarti ogni cosa ma questa credo sia essenziale che tu la sappia” fece una pausa Sean si costrinse a guardarlo negli occhi,
“Alice Cullen è mia figlia” Lucifero mantenne il contatto visivo, Sean fluttuò sino al soffitto per una frazione di secondo e smise di respirare… Lucifero non aveva mai avuto una prole… lui lo guardava quasi con orgoglio… Preveggenza, telecinesi… controllo degli elementi… magia….Tutto quel potere… aveva fatto cose che neanche il più potente degli anziani poteva permettersi… Colei che ci salverà o ci distruggerà aveva detto Michele… e lassù nella città d’argento ci era andata vicina… ma allora….era tutto più chiaro allora….Alice era la figlia della Stella del Mattino.
 


POV ALICE

Jasper sedeva in cucina, stava sfogliando l’enorme libro scritto a mano di Carlisle, lui era di turno all’ ospedale, erano appena passate le 4 di notte, la casa era silenziosa e immersa totalmente nel buio. Scesi dalla camera da letto indossando una vestaglia di seta blu leggerissima. Avevo gli occhi assonnati ma resami conto dell’assenza di Jasper, vidi che avrebbe passato tutta la notte con quel libro, e pur reticente all’inizio e conscia di non poter obnubilare i miei problemi col sonno mi decisi a scendere. Avvicinandomi notai che Jasper in realtà aveva preso molti altri volumi dalla biblioteca di casa Cullen. Quasi non si rese conto della mia presenza tanto era concentrato.
“ Alice… non riuscivi a dormire?” disse stanco e alzò appena gli occhi dalle pagine, sedetti sulla sedia di fronte a lui.
“Già… ho controllato Aiden, dorme…” le dita affusolate si contrassero leggermente sulla copertina del libro, mi guardò per un secondo intensamente e poi tornò a fissare la pagina. Io gli avevo detto tutto quanto mi avevano riferito Sean e Phoebe, ogni cosa, era un passo avanti sapere cosa stava accadendo a nostro figlio. Ma erano mille passi indietro non capire come aiutarlo o come sbarazzarsi del sussurratore. La verità era che di quel mondo Jasper comprendeva ben poco e come biasimarlo, neppure io avevo idea di cosa fosse quella cosa. Ma almeno poteva darle un nome e comprendere perché Aiden si comportasse così. Era una lotta interiore la sua, e l’avrebbe vinta. Io me lo sentivo. Doveva vincerla.
“Cosa hai trovato?” chiesi placidamente a Jasper reggendomi la testa con le mani,
“Nulla… stavo pensando di andare a Roma, magari negli archivi vaticani c’è qualcosa su di loro” sgranai li occhi, Jasper chiuse di scatto il libro e lo spostò di lato,
“Alice, non possiamo starcene qui e non fare nulla… sono passati tre giorni e quella cosa è ancora dentro nostro figlio” disse a denti stretti, gli intimai di abbassare la voce,
“Phoebe mi ha detto che nessun umano o stregone può conoscere questi demoni, o tanto meno aver scritto di loro… neppure gli angeli comprendono cosa siano e quale sia il loro effettivo potere…” tentai, allontanarsi da Forks non era una buona idea, neppure se io fossi rimasta con Aiden a proteggerlo, i demoni avrebbero potuto prendere Jasper, ma questo non lo dissi.
“ A quanto pare nemmeno Phoebe li conosceva quindi come può supporlo, ci nasconde qualcosa, lo hai detto anche tu…e di lui non mi fido…lo sai” mi accasciai sulla sedia, vedevo Jasper prendere un volo di linea.
“Lo so…ma lui può trovare il mandante e a quel punto saremo a un passo dalla soluzione” Jasper si alzò, mi venne vicino, aveva i riccioli biondi scompigliati e gli occhi neri e infossati, non cacciava da troppo, ed era esausto almeno mentalmente, gli serviva riposo.
“Edward potrebbe accompagnarmi” il suo progetto si concretizzava sempre di più nella sua mente,
“Jasper, devi rimanere qui… con me” gli presi la mano e la strinsi con forza, con rabbia, mi guardò combattuto,
“Non troverai nulla, lo sto vedendo, tornerai più impaziente e arrabbiato di prima…” sospirò, mi accarezzò i capelli con una mano, torreggiava guardandomi ora con dolcezza ora con rabbia.
“ Dobbiamo prenderci cura di Aiden, e aiutarlo qualsiasi cosa gli accada… qui e ora…” avvicinò una sedia alla mia e mi prese entrambe le mani,
“D’accordo Alice, farò come dici… ma a questo punto potremmo” un lampo azzurrò illuminò la stanza, erano i miei occhi, la sola idea di chiedere aiuto agli anziani, di recarmi per la terza volta nella città d’Argento mi fece ribollire il sangue.
“No… non voglio vederli ne ascoltarli… non dopo quello che hanno fatto a mia madre” Jasper  non rinunciò , ci aveva provato più volte in quei giorni ma sembrava dimenticare quanto male ci avessero fatto. Rapire Aiden da piccolo, mia madre nel Limbo, l’Isola…
“Ti hanno salvata, quando Aiden è venuto al mondo, e poi da Eleonor e si lo so, intrappolandoti su quell isola, so cosa è accaduto lì…ma tua madre l’hanno uccisa i demoni, e loro hanno la colpa ,è vero, di aver imprigionato la sua anima nel limbo… non sto dicendo che siano i buoni, però è una chance ” mi alzai, non volevo discuterne,
“Alice non sono cieco, so che principalmente badano ai propri interessi e che sono egoisti ti temono  ma ti ammirano,  e per entrambe le cose ti aiuteranno… non puoi vedere le loro decisioni, non puoi rinunciare così a questa possibilità…mentre Sean cerca questo mandante noi potremmo” ricaddi di nuovo sulla sedia,
“Jazz, mi dispiace ma non posso…” mi prese la mano e la baciò sofferente,
“Alice io ti amo ma questa volta agisci da sciocca, stai commettendo un errore a confidare unicamente nel demone…” non c’era astio o rabbia nelle sue parole ma solo sconforto, però mi ferì, Jasper riusciva sempre a capire cosa provassi e soprattutto le ragioni per cui provavo determinate sensazioni ma questa volta no. Scivolò lentamente nell’ufficio di Carlisle per continuare a leggere in silenzio.




POV JASPER
 
Presto fu mattina, la casa era piena di vociare e passi leggeri sul parquet, Carlisle era tornato dall’ospedale, Esmee Bella Reneesme ed Alice erano in cucina, anche Aiden era con loro sentivo il lento sgranocchio dei cereali. Edward bussò leggermente alla porta dello studio di Carlisle. Entrò, cercai di sgranchirmi, ero rimasto ingobbito a leggere per parecchie ore, avevo i muscoli indolenziti.
“Sto andando a caccia, vieni?” annuì ripulendo in pochi attimi la scrivania da tutti i volumi di cui era cosparsa e riponendoli nella libreria. Avevo una gran sete, e ne ero conscio da giorni, ma anche nutrirsi passava in secondo piano ultimamente. Attraversammo il corridoio diretti all’ingresso ma mi fermai a scrutare Aiden, era cupo e silenzioso mentre intorno a lui l’atmosfera era rilassata e allegra, cercavano di fargli fare conversazione per distrarlo ma non funzionava. Varcammo la porta e corremmo nella pineta. L’aria fresca e pungente del mattino mi diede un po di vigore e ancor di più il sangue caldo del cervo che prendemmo. Edward si pulì un rivolo scuro che gli stava colando dalle labbra. Avevo ancora sete.
“La selvaggina ultimamente scarseggia…è strano, siamo in piena stagione e la caccia è proibita in questi mesi..” osservò lui cercando di captare altri odori. Vagammo un po’ alla rinfusa ma oltre piccoli tassi e volpi non c’era nessuna preda. Solo il cadavere del giovane e solitario maschio di cervo con un palco di corna ancora tenere.
“Saresti dovuto venire a caccia più spesso in queste settimane” mi ammonì Edward, si hai ragione, pensai. Camminammo a passo umano. Edward era di umore pessimo come il mio,, quella situazione lo logorava tanto quanto me.
“Quindi Alice ha già visto che non troveremo nulla..” commentò calciando un sasso,
“Ho tentato di convincerla a chiamare gli anziani, o che Phoebe li contattasse…” Edward riflettè,
“Capisco… non dobbiamo pressarla” sospirai,
“Quello è un modo Ed… ma é così furiosa con loro, credo che si aspettasse almeno che gli anziani l’avvisassero per Aiden…”  avevano detto che era sotto la loro protezione, anche il demone l’aveva detto, anche Phoebe quando voleva dissuaderla dal varcare il Limbo, i demoni non avrebbero più toccato le nostre vite… un accesso di rabbia mi fece quasi svellere un tronco, Edward mi afferrò un braccio,
“Jasper, shhh…arriva qualcuno” eravamo a 50 metri dal lago principale della riserva, il lago Drakest , non avevo badato al nostro percorso ma effettivamente eravamo al confine col territorio dei Quilette. Un gruppo di umani era vicino alla palizzata del pontile,
“C’è un corpo nell’acqua” disse Edward, ed effettivamente un corpo di donna galleggiava vicino alla riva, era livido e gonfio, la corrente doveva averlo trascinato a fondo per giorni. Ci avvicinammo quel tanto per sentire gli umani parlare, un altro paio di metri. C’era Billie, Leah Clearwater e altri 2 lupi del branco che non conoscevamo, c’erano altri 3 poliziotti, ma non Charlie.
“ La stanno tirando fuori” i poliziotti trascinarono la donna fuori dalla melma verdastra e la posero su una sacca nera per cadaveri. Era molto giovane, piena di ferite da taglio, sul volto e sull’addome.
“Non è di qui…” disse Billy ai poliziotti,
“Probabilmente di passaggio o in vacanza, era in costume, strano che fosse venuta qui da sola però…” il poliziotto più tozzo e bassò cominciò a scribacchiare su un taccuino.
“ L’accesso al lago è libero a tutti in questa zona della riserva?” chiese l’uomo, gli altri due con guanti di lattice cercarono tracce a riva e scattarono foto.
“Si sergente Dolph, questa è la zona di confine della riserva, tutti possono farsi un bagno al lago” la voce di Billy era amareggiata.
“E’ stata assassinata” commentò Leah e guadagnò un’occhiata burbera dall’uomo grassoccio,
“Non è detto signorina, i tagli possono essere stati causati da legno e rocce sul  fondo del lago, dovremo mandare il corpo a Phoenix per un’autopsia…” osservò,
“Jasper avviciniamoci” Edward era incuriosito dalla situazione, a Forks non succedeva quasi mai nulla di eclatante, figurarsi omicidi tra umani, eccetto per i due anni in cui James e Victoria cacciarono nella zona.
“Signori devo chiedervi di allontanarvi” disse con poca energia il poliziotto a mollo nel lago in cerca degli effetti personali della donna.
“Sono amici Frank…” disse Billy salutandoci.
“Quindi non avete sentito nulla, di recente, o comunque nessuno della vostra comunità ha visto una straniera in visita?” Billy e Leah annuirono,
“Beh, manderò Frank e Scott di casa in casa a interrogare un po’ tutti, vediamo se qualcuno magari ha visto questa ragazza in ogni caso” concluse e ripose il taccuino,
“Ragazzi, uscite, ho chiamato Nick, verrà a prendere il corpo, intanto informo il capo Swan, Billy..” alzò il capello e spari tra le fronde dov’era parcheggiata la sua volante.
“Povera ragazza…” osservò Edward avvicinandosi al corpo,
“Avrà una 20ina d’anni” disse Billy, Leah lasciò la presa della sedia a rotelle e assicuratasi che i poliziotti se ne fossero andati si trasformò.
“E’ andata ad avvisare il branco di tenere gli occhi aperti…” disse Edward a noi due,
“Un umano violento è pericoloso tanto quanto un vampiro” scherzò il vecchio ma c’era ancora amarezza in quelle parole.
“Billy, tutto ok? Sembri parecchio turbato” osservai,
“E’ solo che compiango la sorte di quella povera ragazza… mi ricorda molto la mia Annie, sapete mia moglie è morta a quell’età, e lei le somiglia” Edward lo aiutò con la sedia e ci avviammo sulla strada lastricata. Lanciai un ultimo sguardo al corpo.
“Ma dimmi Jasper, come sta Alice e il piccolo Aiden?” cercai di dissimulare,
“Bene” anche lui sapeva del loculens, gliene avevamo parlato con la speranza che conoscesse qualcosa per fermarlo ma neppure i licantropi avevano storie di quei mostri.
“ Non sai mentire ragazzo..” mi guardò con due iridi nere e vive,
“ Avrei tanto voluto vedere l’ippogrifo, qualche giovane nipote mi ha detto di averlo visto volare settimane fa” nessuno di noi parlò,
“ E quel demone è ancora nei paraggi?” la conversazione cominciava a stancarmi, Billy era buono, un po ficcanaso ma una brava persona, e la sua era curiosità e anche bisogno di conoscenza perché teneva ad Alice.
“Sean è ancora qui… Edward dovresti presentarlo a Billy e ai lupi, magari ce ne liberano” dissi, il vecchio lupo sogghignò,
“Non ti è molto simpatico,  beh, sarei felice di tartassarlo, così lascerei in pace voi due” Edward gli strizzò l’occhio,
“Non ci tartassi Billy… senti farò chiamare Carlisle da Charlie, può farla lui l’autopsia alla donna, così scopriremo se si tratta di omicidio” disse entusiasta,
“Buona idea… buona idea..”
 


POV ALICE
 
Accompagnai Aiden a nuoto, assistendo a tutta la lezione questa volta, Aiden non voleva, era irritato e sconfortato perché gli stavamo continuamente addosso, ma non potevo permettere che quella cosa lo attaccasse o che gli facesse ferire altri umani. Fortunatamente dopo due ore gli istruttori li congedarono, c’era la disinfezione delle vasche quella mattina. Era una calda giornata di giugno, la scuola era finita il giorno prima. Aiden scocciato tornò dagli spogliatoi.
“ Pulce, non fare così, potremmo andare qualche giorno in spiaggia, che dici?” Aiden mi ignorò,
“Non chiamarmi così, ho 10 anni, non sono più un bambino” il sorriso sulle mie labbra si smorzò subito, si non era solo un bambino e lo era al tempo stesso.
“Cosa dici Aiden… hey… aspetta…guardami” lo bloccai e lo voltai verso di me abbassandomi,
“Tesoro, non essere arrabbiato, questa cosa la affrontiamo insieme come sempre, ne usciremo, quella nebbia non ti farà più del male capito?” i suoi occhi scuri si velarono leggermente,
“Sono io che faccio del male” la sua voce era incrinata,
“No no no…non devi neanche pensarlo, non eri padrone delle tue azioni, Aiden tu sei buono e io ti conosco, non avresti mai ferito un umano” si svincolò dalla mia presa.
“Ma l’ho fatto mamma, smettila di dirmi che questo non sono io… sono io… Io volevo farlo, VOLEVO” continuò a camminare oltrepassando l’auto gialla. Bloccata, non sapevo cosa dirgli. Era un bambino e non lo era. Come potevamo spiegargli del loculens e di ciò che stava facendo. Diventare madre non mi aveva preparato a questo, come dovevo comportarmi? Avevamo detto ad Aiden che quella nebbia era uno dei malvagi che voleva convincerlo a fare brutte cose, che doveva ignorarlo, o dirci subito cosa gli stava dicendo appena sentiva qualcosa, che doveva contare su di noi e non ascoltarlo. Ma quanto fosse difficile per lui nemmeno io potevo comprenderlo. Il loculens non aveva infettato me.
“Aspetta Aiden” gli corsi accanto,
“Voglio andare a piedi…” disse imbronciato,
“ Va bene, verrò a prendere la porche dopo…” dissi pacatamente. L’unica cosa che sembrava peggiorare le cose era lasciarsi prendere dalla rabbia, non dovevamo sgridarlo o ammonirlo o peggiorava il suo umore e Sean mi aveva spiegato che il loculens attecchiva alle emozioni negative. Camminammo per 10 minuti senza parlare, a passo umano. Volevo che mio figlio fosse felice, non meritava tutto questo e neppure Jasper. Non potevo evitare di sentirmi responsabile. A volte desideravo svegliarmi e scoprire di essere una vampira e basta e che nulla fosse accaduto. Era orribile pesarlo, si perché senza la mia trasformazione non avrei mai avuto Aiden e io lo amavo e non avevo mai capito cosa significasse amare una parte di sé, Aiden aveva il mio sangue ed era la cosa più  preziosa che potessi avere insieme a Jasper. Mi morsi il labbro, no tutto quello che era successo ci aveva donato lui e questa era una cosa meravigliosa. Dovevo essere forte, avremmo superato anche l’ennesimo ostacolo.
“Mamma” disse lui in un sussurro,
“Si?” mi afferrò titubante la mano, la sua pelle morbida e più calda rispetto alla mia mi stringeva.
“Scusa se ti ho parlato in quel modo, non volevo…” aveva la voce più incrinata di prima, mi chinai e lo abbracciai,
“Aiden, non scusarti, tesoro mio hai tutto il diritto di essere arrabbiato…” lui tirò su col naso,
“E’ che a volte non sembro io a parlare o fare delle cose, altre invece mi sembra di volerlo e di essere me stesso… non capisco” gli asciugai le lacrime dalle guance trattenendo le mie,
“E’ difficile da spiegare…posso solo immaginare, è come avere una personcina sulla spalla che ti sussurra cose più o meno? E’ cosi?” corrugò la fronte,
“Si, più o meno..” gli baciai la fronte.
“Tu sei forte, sei un bambino, Aiden, lo sei, ascolta, e sei di più, sei speciale come me, e noi superiamo le difficoltà e possiamo sempre contare l’uno sull’ altra, capito?” Aiden annuì energicamente.
“Prenderemo a calci questa cosa…” mi fece un sorriso, mi si scaldò il cuore, era giorni che non sorrideva.
“Mamma, ti voglio bene” mi abbracciò forte,
“Anch’io, te ne vorrò sempre…ricordalo”
 
Più tardi, dopo aver mangiato un corposo sandwich col burro d’arachidi Aiden era di umore più che migliorato. Sua madre lo guardava dalla porta finestra, appoggiata al palo di sostegno,  sospirava un po’ agitata guardando il cielo coperto da una coltre di nubi grigiastre. Presto sarebbe piovuto. Già vedeva nell’immediato futuro i grossi goccioloni di un temporale estivo ruscellare dalla grondaia e rendere il terreno una pozzanghera fangosa. Reneesmee sedeva accanto al bambino appoggiando i gomiti sulla scalinata. Parlavano animosamente. Jasper le venne accanto cingendole i fianchi, aveva i capelli umidi e odorava di sabbia e sale, ma anche di muschio.
“Devo accompagnare Edward da Carlisle, ti spiego tutto stasera, fra poco arriverà Ron” Alice annuì pensierosa e gli baciò fugacemente la guancia. Era rischioso, molto rischioso lascare avvicinare altri umani ad Aiden, con quella cosa avvinghiata a lui. Ma Aiden meritava una parvenza di normalità e soprattutto l’affetto di quanti fossero disposti a darglielo, e un volto amico e della sua età era necessario. Alice non li avrebbe persi di vista o comunque ci sarebbe stato sempre uno di loro a sorvegliare Aiden. Andò in soggiorno, Bella era accucciata sul divano e leggeva Cime Tempestose. Si sedette sul lato opposto.
“Edward ti ha detto perché andavano da Carlisle?” le chiese,
“No, non lo sento da stamattina in realtà, Jacob mi ha distrutto il telefono” disse contrariata e divertita allo stesso tempo.
“Come?”
“Eravamo sulle montagne con Reneesme e lui ci si è seduto sopra per sbaglio sul prato, da lupo” anche Alice non potè trattenere una risata. Dopo un quarto d’ora sentirono l’auto. Due portiere si chiusero e il caldo e lento scorrere del sangue nei capillari dei due umani le spronò ad uscire in giardino. La madre di Ronald era compiaciuta della villa, dovevano essere milionari questi Cullen, pensò, si era trasferita da poco in città e non conosceva bene I Cullen di cui tutti parevano avere tanta riverenza e timore. La casa era enorme, e già dall’esterno le porte a vetri e il parquet indicavano un gusto moderno e spiccato per l’arredamento.
“RoOn!” il piccolo Aiden corse incontro all’amico abbracciandolo, Gladis sorrise, era un sorriso un po’ forzato, non aveva ancora rimosso lo scampato annegamento della figlia nella piscina e il ruolo di quel bambino dai folti capelli neri e gli occhi blu e inquietanti a modo loro. Ma era bellissimo. Come la ragazzina dai capelli caramello che rivolse un cenno e le due donne che vennero educatamente a salutarla.
“Signora Gladis, è stato difficile trovare la strada?” chiese Alice, che pelle perfetta ed erano così giovani e avvenenti,
“No, sono poche le strade che portano alla foresta” Bella si presentò, sua cognata, c’era una forte rassomiglianza tra lei e la ragazza dai capelli caramello. Aiden e Ron e la ragazza filarono in casa ridacchiando.
“Bene…” disse Alice, lievemente a disagio,
“Questa è sua figlia?” Gladis non potè trattenersi, a conti fatti doveva essere impossibile, a meno che questa Bella fosse rimasta incinta a 13 anni.
“No, è mia nipote, la nipote di mio marito… Renesmee” che nome orribile pensò Gladis, un altro sorriso forzato.
“Beh, è stato un piacere, tornerò a prendere Ron per le 19…” fece un cenno del capo e salì in macchina scrutando un’ ultima volta la villa squadrata, sognando di poterne acquistare una, semmai non lì a Forks ma da qualche altra parte.
Bella ed Alice passarono le ore successive a parlare e rassettare la casa mentre i ragazzi giocavano di sopra e andando di tanto in tanto a controllarli. Tutto era tranquillo.
“E’ Jasper” disse Alice, il telefono le squillava sommesso, incastrato da qualche parte nella borsa,
“Hey….oh si…. Vengo allora, no c’è Bella, starà lei con i ragazzi… va bene, arrivo” Bella la fissò incuriosita,
“Carlisle vuole un mio parere, su un…autopsia” disse stranita,
“D’accordo, tranquilla sorveglio io Aiden, fra poco ordiniamo una pizza…” baciò Alice sulla guancia e tornò ad accoccolarsi sul divano.
“Zia Bella…” era così concentrata a leggere che non sentii i passi felpati di Aiden sulle scale,
“Dimmi piccolo” Aiden era titubante ma una luce gli aleggiava negli occhi,
“Possiamo andare al lago delle riserva, ho detto  a Ron che glielo avrei mostrato” Bella riflettè. Sarebbe stato meglio restare in casa.
“Dai mamma! TI pregoo” Renesme sbucò appoggiando le mani sulle spalle di Aiden e arruffandogli i capelli. IN fondo Aiden era depresso da giorni e non c’era nulla di male nel voler prendere un po’ d’aria e giocare al lago, se questo sembrava animarlo.
“D’accordo… abbiamo 1 ora prima che la madre di Ron ritorni… solo 1 ora… prendete le coperte e il pallone” Aiden le sorrise.


POV ALICE

Arrivai all’ospedale e il sole basso del tardo pomeriggio mi accecò la visuale parcheggiando negli stretti cubicoli di fronte all’edificio a vetri. Il vetro rifletteva la luce ancora di più. Strano che Carlisle mi avesse chiesto una cosa del genere. Un cadavere a Forks non era un buon presagio, non dopo quanto stava accadendo. Entrai e presi il primo ascensore, la sala autoptica era nel seminterrato. Faceva freddo per gli umani in quel reparto. Indossavano felpe e maglioni al di sotto dei camici. Fermai un’infermiera.
“Scusi in quale stanza è il dottor Cullen?” lei sorrise e indicò la porta numero 7. La varcai e la prima cosa che notai era l’assenza totale di luce, e l’assenza di umani. C’erano solo quattro corpi freddi e senza vita, i tre vampiri con i camici e una donna nuda, livida e odorosa di morte e salsedine.
“Alice, avvicinati” Edward si scostò per farmi vedere meglio, Carlisle aveva squarciato il petto della donna col divaricatore. Jasper mi pose una mano sulla spalla. Ne avevo viste nella mia vita quasi centenaria ma un cadavere umano aperto mai… era strano, non così disgustoso ma strano. C’era così tanto silenzio che quasi udivo il battito accelerato del mio cuore.
“Carlisle, chi è questa donna?” era molto giovane, aveva la stessa età mia e di Bella in anni umani.
“Beth Campbell, 21 anni, dell Ohio… i poliziotti hanno trovato il suo portafoglio nella brughiera vicino al fiume…” disse lui e prese in mano una pinza. Cominciò a spostare il cuore e i polmoni, scrutando dentro ogni striatura dei muscoli.
“E’ morta per annegamento questo è…ovvio” indicò i polmoni; così gonfi d’acqua che sembravano sul punto di esplodere e il cuore livido, la gola tumefatta allo stesso modo per l’estremo sforzo di succhiare aria.
“Qualcuno l’ha uccisa? Un umano o è annegata da sola?” chiesi, era strano,
“Qualcuno…o qualcosa…” Edward disse, Jasper sospirò,
“Era da sola, nella riserva, una straniera, in vacanza forse ? di passaggio?...E’ strano, nessuno viene alla riserva senza essere sorvegliato dal branco” disse Jasper,
“Però il lago sta proprio nella zona di confine con il nostro territorio, i lupi non si avvicinano spesso, nessuno l’ha vista arrivare…e morire” aggiunse Carlisle.
“Perché sono, siamo qui?” adocchiai Edward e Jasper,
“La polizia mi ha chiesto di verificare se fosse stata assassinata da qualcuno, non ci sono segni di lotta o ferite esterne che indicherebbero un’ aggressione…è morta per annegamento… ma…” Carlisle mi guardò intensamente,
“C’è qualcosa di strano in questa storia…” scossi il capo, avevo già troppi pensieri per la testa, il triste destino di una giovane donna per quanto mi stesse toccando non era causato dai demoni, se è quello che pensava Carlisle.
“Non capisco Carlisle, pensi che siano stati i demoni? Perché avrebbero dovuto uccidere un’umana a caso nel lago e nel territorio confinante con i licantroipi…ma soprattutto perché ? Non la conosco…non mi importa di lei..” mi morsi il labbro… ero ingiusta,
“No io, non volevo dire questo…scusate…” indietreggiai dal tavolo, Jasper mi venne vicino prendendomi la mano,
“Alice, Carlisle vuole solo sapere se tu magari vedi qualcosa che a noi sfugge…” mi strinse le dita, ero egoista a non curarmi della morte di una ragazza? Non ero l’unica con dei problemi in fondo. C’era una madre e un padre o una persona che l’amava magari che la cercava e che avrebbe voluto una risposta. Si io dovevo aiutare se mi era possibile. Annuì e mi avvicinai al tavolo. Osservai il cadavere, lo annusai per quanto spiacevole fosse. Cercai di sentire l’energia di quel corpo perduto.
“Non saprei Carlisle, non percepisco nulla di strano…” notai una collana con un occhio istoriato di bronzo, istintivamente la sfiorai con le dita. Fu come una spinta, una spinta nel vuoto e mi ritrovai con le caviglie a mollo nell’acqua salmastra del lago dei Quilieutte. Le mani mi tremavano, sbattei le palpebre. Le voci di Jasper e Carlsile erano appena udibili. Invece la voce della ragazza era acuta e assordante. Parlava al telefono e intanto roteava per mostrare in video chiamata il piccolo lago e la foresta. Era felice. In costume con l’acqua che le arrivava alla vita quasi. Poi fece silenzio, mi guardai attorno nervosa. Anche lei lo percepiva, c’era qualcosa di pesante nell’aria. Ora era spaventata lo sentivo. Poi dall’acqua emerse una figura nera con occhi bianchi e luminosi, di pochi centimetri sul pelo dell’acqua ma enorme a vedersi, una coda sbalzò di lato e la ragazza cadde nel lago, uno strattone e della spuma di fango, un rantolo e delle bolle…. Poi nulla. Ero bloccata.
“Alice…” Jasper mi strattonava piano,
“Il lago…il…lago…hai detto che era in un lago…” sillabai, Carlisle e Edward mi guardavano accigliati, sentivo l’aria salmastra del lago salato in bocca.
“Dobbiamo andare lì…subito”.
 
I bambini giocavano allegramente a riva, schizzando acqua e sabbia fangosa sui vestiti. Bella sedeva sulla sabbia asciutta a pochi metri e leggeva il quarto capitolo della Bronte, di Emilie, la sorella che trovava più interessante. E nonostante avesse letto quel libro centinaia di volte, desiderava farlo ancora. Aiden e Ron erano con le scarpe zuppe e cercavano in ogni modo di bagnare Reneesme, anche l’umano dava filo da torcere. Bella leggeva qualche riga e poi lanciava occhiate distratte al lago. Il sole basso rendeva le sagome dei ragazzi quasi delle ombre scure senza volto. C’era umidità, molta umidità che le penetrava nei capelli e il cielo sempre più nuvoloso. Presto avrebbe piovuto, qualche altra pagina e li avrebbe richiamati, in fondo tra una decina di minuti Ron sarebbe dovuto tornare a casa in città.
Aiden prese alcuni sassi dal fondale, era zuppo per buona parte del corpo, ma gli piacevano i rivoli di acqua fredda sulla schiena, faceva un gran caldo a Forks, un caldo anomalo. Reneesme aveva tolto la maglietta sfoderando un costume rosso a pois ancora asciutto. Li guardava con occhi di sfida. Ron le si avvinghiò alle gambe e la fece cadere a terra. Aiden sorrise mentre rigirava i sassolini tra le dita. Nessie aveva lasciato che Ron la atterrasse, le piacevano gli umani , e mostrarsi forte con  loro non serviva. In fondo anche lei era per metà umana. Aiden tirò un sasso come gli aveva fatto vedere suo padre, con rapidità e dosando la forza. CI furono 6 rimbalzi sulla superficie dell’acqua.
“Forte! Lasciami provare” Ron fu attratto dal rumore e lasciò Nessie, afferrò un sasso dal fango risciacquandolo in acqua. A Ron Nessie piaceva, Aiden lo sapeva, lo sentiva, a volte gli sembrava di vivere le emozioni degli altri come le proprie, era strano, fastidioso per lo più. Ma Nessie aveva 14 anni, come dicevano gli umani e lui, loro, erano ancora dei bambini. Aiden scagliò il secondo sasso con più vigore, fece solo 4 rimbalzi. Il sasso di Ron affondò dopo 2. Renesmee lasciò la riva e si avvicinò a sua madre sedendosi accanto a lei.
“Impiastrata di fango, che disastro” Aiden percepii la risata di Bella e le sue mani lisce nei boccoli caramello della ragazza. Perché Nessie non aveva nessun problema? Era sempre allegra, con tutti, e il suo lupo, Jacob, era sempre col suo lupo. Aiden scacciò quella sensazione. Invidia e gelosia. Scagliò un altro sasso.
“ Aiden, domani vedrai la mia nuova 234b , ha delle ruote anti ghiaccio fighissime e le luci posteriori blu” Ronald cominciò a inneggiare alla bicicletta nuova che i suoi gli avrebbero comprato. Metà umano. Forse sarebbe stato meglio per lui. O umano e basta. Gli piacevano gli umani e comportarsi come loro. Non era un fingere per lui. Ron  scivolò su una pietra ma Aiden lo afferrò e lo tirò su istantaneamente. Non era umano per nulla. Non con quei riflessi. La sua forza. Il suo scudo…e il demone che gli sussurrava all’orecchio. In quei giorni non lo aveva cercato. Non lo aveva cercato più. Se  stava da solo poteva tornare e lui non voleva. Sua madre aveva promesso che l’avrebbero cacciato, aveva promesso. L’ultimo sasso che aveva in mano mancò l’acqua e colpì un abete.
“5 minuti e andiamo!” disse Bella. Ron sbruffò.
“Perché non siamo venuti subito, è così bello qui” sorrise, un sorriso a denti larghi sul suo volto lentigginoso e rotondo, gli occhi verdi assorbivano gli ultimi raggi del sole. Era buono Ron. Uno dei pochi della sua classe che riuscivano a capirlo. E forse Ron avrebbe capito anche cosa lui era.
“Ron” disse, ma l’intenzione svanì subito. Non poteva, non poteva dirgli chi fosse e chi fossero i suoi genitori. Gli umani hanno paura di noi e non capirebbero, diceva suo padre e anche Carlisle lo diceva.
“Domani ci torniamo” disse invece, Ron lo schizzò di nuovo. Aiden….cosa fai Aiden… una voce sinistra e strascicata si insinuò nelle sue orecchie. Il ragazzo si immobilizzò continuando a guardare l’orizzonte e il lago. Cosa vuole? Perché qui? La sua mano scattò e prese il braccio di Ron.
“Avviciniamoci” sussurrò e quasi non riconobbe la sua voce,
“Ma Bella ha detto…” non riconosceva il suo sguardo riflesso nelle pupille di Ron, era truce, quasi agghiacciante. No io non voglio entrare nel lago!
“Solo 5 minuti, è così bello qui…” sorrise, un sorriso spento. Ron non ci fece troppo caso, si svincolò dalla stretta e caracollò più lontano, l’acqua gli arrivava alla vita. Forza Aiden seguilo… non vorrai lasciare che affoghi anche lui. La voce era più forte. Io non volevo farla affogare. Girò la testa e guardò Bella. Ma lei non se ne era accorta. Stava indicando un passo del libro a Nessie. Bella! Bella guardaci! Ma niente, sua zia… Lascia perdere lei. Continua.
“Continua ! Nuotiamo Ron” disse piano. Aiden pensò che doveva correre da RoOn, prenderlo e uscire dall’acqua. Se la voce diceva di entrare allora era pericoloso. Doveva combatterlo, sua madre aveva detto che lui era in grado. Si io posso farcela. No non puoi. Attorno a sé Aiden vide la nebbia scura. No. Basta. Va via. Ron ormai nuotava senza toccare il fondo, divertito. C’è uno strano odore. L’acqua era più fredda, molto più fredda.
“Ragazzi, tornate qui, non nuotate con i vestiti!” esclamò Bella che si era sollevata.
“Si arriviamo!” disse la voce di Aiden. No Bella, vienei adesso, vieni a prenderci! Devo far…lo….io. Aiden con grande sforzo si costrinse a muoversi e seguire Ron dove il fondale era più alto.
“Venite, Aiden non farmi arrabbiare!” Bella mosse qualche passo. Devo continuare, così lo prendo, Ron arrivo.
“Aiden!” RoOn era paonazzo in viso e puntava il dito dietro la testa arruffata dell’amico. Aiden si girò lentamente, con un brutto presentimento. Una testa enorme stava emergendo dall’acqua. Una testa nera e spumosa. Di rettile.
“Aaaaaaaaaaah cos è?” RoOn si agitò in acqua andando ancora più lontano, la creatura era alle loro spalle. Aiden sentì Bella e Nessie pietrificarsi e lui stesso stava provando un terrore profondo, ma qualcosa scattò. Non quello che avrebbe voluto. Afferrò RoOn e lo mise davanti a sé, davanti alla creatura.
“Prendi lui” disse. RoOn cercò di divincolarsi. Bella scattò in acqua urlando. Ma l’animale con un colpo di coda la scagliò lontano. I suoi occhi bianchi e luminosi fissavano Aiden con sconcerto e Ron bramosi. Aiden lo lasciò e nuotò sul fondo, lontano dal centro del lago. La creatura non lo inseguì.  Mentre l’acqua gli scivolava tra le ampie bracciate sentii altre voci e altre presenze. Gli occhi annebbiati dalla sabbia videro i suoi genitori.
 
E’ troppo tardi. Alice pensava questo mentre scattava verso il lago, il volto di Nessie una maschera di paura. Carlisle Edward e Jasper la seguivano a ruota. Il Moth, era lì. Sulla terra. In quel lago. Aveva preso l’anima della donna. E ora. Perché Bella li aveva portati lì? Era un crudele scherzo del destino. 
“Aiden!” Jasper si guardò attorno, ma l’unica direzione possibile era il lago. Nel lago. Alice si lanciò in acqua ma Aiden emerse pochi metri dopo, annaspando ma vivo, e senza ferite.
“Tesoro, stai bene?!” Alice gli afferrò il viso tra le mani, suo figlio tremava, Jasper la raggiunse, lo abbracciò. Il dragone era ritto come un cobra e scrutava tutti stranito. Un sibilio feroce dalla sua gola.
“Cos’ è quell ‘essere” Edward tirò lontano Nessie,
“Bella!” nessuno aveva visto, era supina ma cosciente sotto un pino disvelto,
“Sto bene, Alice!” si raddrizzò, dolorante,  lei fissava il guardiano negli occhi bianchi e vuoti. Arrabbiata. Furiosa.
“Alice….c’è” la voce di Bella era spezzata mentre come gli altri scrutava la creatura,
“Mamma, Ron” disse Aiden avvinghiato a Jasper con gli occhi ben serrati, come se sperasse che quello fosse solo un incubo da cui risvegliarsi. Alice capì. Poi fece allontanare Jasper con un cenno.
“Alice…aspetta…quella cosa…” Jasper le afferrò il braccio, lo guardò furiosa. Uno sguardo baluginante di azzurro. Doveva salvare il bambino. Si tuffò e in pochi istanti raggiunse l’ammasso di petrolio nero. Andò sotto, teneva il piccolo Rron schiacciato sotto il suo corpo. Lui non si muoveva. No. Era tardi?. Con tutta la forza che aveva in corpo spostò il ventre dell’animale e lo prese tra le braccia. Emerse e nuotò ma le fauci del drago si serrarono intorno alle sue caviglie.
“Jazz!” lanciò il bambino e Jasper avanzando lo prese al volo. Fu di nuovo giù. Gli occhi bianchi del drago tremolavano nell’acqua mentre si avvinghiava attorno al suo corpo. Alice urlò. Bolle. Urlò più forte e spalancò le ali liberandosi dalla presa. Emerse e volò fuori, il Moth si sollevò ancora come un serpente, ruggendo questa volta. Fradicia, le piume intrise d’acqua e con le gambe sanguinanti Alice raccolse le braccia e l’acqua del lago formò due colonne vorticanti ai suoi lati. Flettè le braccia e il mostro fu travolto dai getti, scuotendosi atterrò indietro di nuovo sott’acqua. Ce l’aveva fatta forse. Respirò pesantemente. Scrutando la spuma del lago. Non emergeva. Nessuno degli altri respirava. Tranne i battiti suoi e di Reneesme e di Aiden c’era silenzio. Alice si voltò verso di loro per un attimo. Un frusciò e un tonfo pesante, la coda andò a colpire come una frusta sul viso e il petto e fu scagliata via, nel fango. Dolore tremendo e puzza di sangue, il suo, provò a sollevarsi. La terra era melmosa…gli occhi del Moth emersero appena ma incontrarono feroci i suoi azzurri. Poi svanì sotto il pelo dell’acqua e l’aria e i suoni tornarono caldi. Tutti l’attorniavano, tutti vorticavano attorno a lei.
 
L’odore salmastro del lago salato era svanito, e anche l’aria umida e fredda. Non avvertiva più il terreno bagnato ma c’era un odore di stantio e di legno. Alice aprii gli occhi, perdeva conoscenza a tratti da circa 120 minuti, ma Carlisle era riuscito a fermare il sangue e lei si stava riprendendo.
“D-dove?” si guardò attorno spaesata. Era all’interno. In una casa. Billy. Si la casa di Billy. Nella riserva. Riconosceva la stanza semiovale della baita, il camino spento, il tavolo di legno con le sedie. Era appoggiata alla parete, su un tappeto di pelo d’orso. Aveva degli asciugamani verdi sotto le gambe, intrisi di sangue.
“Alice, guarda qui” Carlisle gli passò la luce accecante di una minuscola torcia sulle pupille,
“Il sangue si è fermato, sta cominciando a guarire” disse Jasper era inginocchiato di fronte a lei e le teneva la mano sinistra. Alice era pallida, e gli occhi faticavano a stare aperti. Quella cosa le aveva quasi tranciato le gambe.
“Aiden…è al sicuro?” afferrò una mano di Carlisle, le faceva male, stava gettando alcol sulle ferite, Alice la allontanò languidamente,
“Dobbiamo disinfettare Alice” la stanza era vuota, ma Alice sentiva delle voci sul porticato d’ingresso.
“Aiden sta bene, Jacob l’ha riportato a casa con Renesmee” aggiunse Jasper; erano  le voci di Bella Edward e Billy a venire dall’esterno. Il bruciore le costrinse a chiudere di nuovo gli occhi e per poco non perse conoscenza ancora. Doveva guardare. Abbassò lo sguardo, i pantaloni erano arrotolati fino al ginocchio, buchi rossi e neri costellavano i suoi polpacci e rigoli di sangue scorrevano quasi disseccati. La prima cosa che Alice provò fu sollievo. Credeva che le fauci del Moth avessero staccato tutto.
“Fa vedere il taglio sulla testa” la testa, che dolore, ora che Carlisle l’aveva detto le sembrava che due tamburi battessero dentro le tempie e alla base del collo.
“Non credo sia una commozione, si sta rimarginando” le porse alcune pillole, le ingoiò cercando sollievo,  aveva le mani sporche di sangue, Jasper portò un bacile con l’acqua e cominciò a pulire le gambe e poi il viso e le mani. Carlisle mise delle garze di cotone ben strette.
“Riesci ad alzarti?” chiese, si, doveva alzarsi. Barcollò ma Jasper fu pronto a sorreggerla. Carlisle tolse i guanti e prese la cassetta verde  uscendo fuori.
“Grazie, Jazz” lei lo guardò e appoggiò la fronte alla sua chiudendo gli occhi,
“ Sei stata folle ad affrontare quel mostro Alice, non dovevi” le baciò la fronte. Ad ogni passò le gambe dolevano ma più passavano i minuti più stava recuperando. Edward era accanto a Bella, la quale seduta sulle scale di legno stava mostrando il bacino a Carlisle, Alice confusa si avvicinò alla buona. Aveva una crepa profonda sino al seno destro.
“Bella, sei ferita, mi…mi dispiace” Alice si sedette bruscamente accanto afferrandole la spalla protettiva,
“Hey tranquilla…sto bene, a te è andata peggio, sei stata incredibile” le poggiò una mano sulla sua sorridendo,
“Non è stata colpa tua, la coda di quell’essere mi ha sbalzata via e l’impatto… devo solo riposare e si rimarginerà….anzi io… perdonami, non sono riuscita ad entrare in acqua per portarli via…” la voce di Bella tremava. Solo a quel punto, come se qualcuno le avesse gettato un secchio di acqua gelida sulla testa Alice ricordò perché si era tuffata e aveva affrontato il Moth. Ron. Il piccolo umano, schiacciato dalla creatura, sul punto di affogare. Lei lo aveva salvato, dov’era? Jasper sembrò leggerla nel pensiero e avvertì la sua crescente agitazione.
“Alice, ascolta…” la sollevò delicatamente e le cinse la vita guardandola negli occhi,
“Il bambino è…morto” negazione, confusione, rabbia. Gli occhi di lei luccicarono d’azzurro, indietreggiò sciogliendosi dall’abbraccio e voltandosi. Carlisle e Billy erano vicino al lago, vicino ad un lenzuolo bianco appoggiato sulla sabbia.
“Non può essere…” Alice scattò veloce verso di loro,
“Alice, aspetta, non serve che tu veda…” Carlisle la bloccò con decisione ma nonostante fosse indebolita riuscì a smuoverlo con facilità. Billy la guardava affranto con le mani appoggiate sulle ruote metalliche della sua sedia. Stavano avvolgendo il piccolo. Si vedeva il volto tondo e paffutto, le lentiggini e il pallore della morte. I capelli rossi e bagnati.
“Aveva respirato troppa acqua, la creatura gli aveva anche schiacciato la spina dorsale… mi dispiace Alice, non potevi fare nulla…” la voce di Carlisle era distante, una eco di strani suoni. Alice cadde in ginocchio. Si portò una mano al petto. Faceva male, più male delle zanne affondate nella carne, del colpo di coda di poc’anzi. Nel tentativo di soffocare un urlo emise un gemito graffiato. Il volto di Ron davanti a lei, opaco per le lacrime che le gonfiavano gli occhi. Jasper si avvicinò lentamente e si inginocchiò a sua volta nella sabbia. Sentiva il dolore che la bruciava, la rabbia che la colmava. Avrebbe voluto cancellare le ultime ore. Avrebbe voluto strapparle quella rabbia. Non la sfiorò, non la portò via. Doveva solo restarle accanto, lei non doveva sopportare tutto questo da sola.
 


Era passato un po’ di tempo, Aiden non osava guardare l’orologio mentre sedeva sul divano con Reneesme accanto, Jacob fissava pensieroso la finestra, era accorso a portarli via immediatamente e non riusciva a capire fino in fondo cosa c’era nel lago. Ma era teso ed estremamente preoccupato per Nessie, gli aveva portato 2 cioccolate calde preparate con fretta e ora era bloccato alla finestra da molto. Guardare l’orologio avrebbe significato sapere quanto tempo fosse passato, e cioè poco, prima che tornassero i suoi genitori e gli altri, e poco per capire come spiegare. Aiden ebbe un tremito e ricacciò l’immagine del sangue che scivolava dalle cosce di sua madre, e la coda del mostro che la sbalzava via. Ron, Carlisle avrebbe curato anche lui, questo era sicuro. E poi cosa gli avrebbe detto? Insomma era stato lui a spingerlo ad andare nel lago e lo aveva consegnato al drago…ed era fuggito. Aiden scattò in piedi, i suoi sensi erano molto più acuti di quelli di Reenesme e di Jacob, sentiva la scia di Edward e Bella, e poi quella di suo padre.
“Finalmente” sussurrò Jacob a denti stretti, Nessie andò alla porta ed abbracciò Bella che trattenne un gemito scostandola dal petto.
“Va tutto bene tesoro” disse lei, Edward rivolse al bambino un’ occhiata preoccupata, poi lasciò che Jasper entrasse prima di lui.
“Jacob, torna alla riserva, metti di guardia Leah e Embry e tutti i lupi più maturi, che non si avvicinino a meno di 100 metri dal lago però, non sappiamo ancora con cosa abbiamo a che fare” disse poi poggiando una mano sulla spalla di Jacob,
“Si, proteggiamo il villaggio e qualsiasi umano intenda avvicinarsi” diede un’arruffata di capelli a Nessie e sguasciò nella foresta. Aiden poteva ancora udire le zampe che battevano rumorosamente sul fogliame del sottobosco quando loro lo lasciarono solo con suo padre. Jasper lo prese dolcemente in braccio e lo fece sedere sulla poltrona accanto al tavolino di vetro del soggiorno. Aiden non voleva spiegare, non sapeva come. Abbassò lo sguardo speranzoso che suo padre l’avrebbe lasciato nel suo silenzio, magari il giorno dopo sarebbe stato più facile. Tuttavia il fatto che sua madre e RoOn non fossero con lui lo stavano mettendo in allarme.
“Dov’è la mamma?” chiese alzando lo sguardo,
“Sta bene, è con Carlisle, tornerà fra qualche ora” la voce di Jasper era appena un sussurroò, arruffò anche lui i capelli di Aiden, era sollevato, quasi incredulo che lui stesse bene. No. Non era così, Aiden non era la vittima. Era stato lui.
“Come ti senti invece tu? Vuoi parlare di cosa è accaduto?” No, non voleva. Ma doveva farlo. Si mordicchiò il labbro. Esitò.
“Bella ci ha detto che stavate nuotando nel lago quando quella…creatura è emersa…e vi ha attaccato… poi ha perso i sensi e non ricorda più nulla” cominciò lui,
“Il tuo scudo ti ha salvato Aiden, è così, e hai cercato di proteggere Ron?” era convinto di come fossero andate le cose. Bene Aiden, non pensano sia stato tu. Non devi dire nulla. La voce del sussurratore occupò la sua testa. Aiden scosse il capo e si alzò di scatto dalla poltrona, arrabbiato.
“Aiden, cos’hai?” Le emozioni di Jasper virarono nuovamente alla preoccupazione,
“Voglio parlare con Ron” si era giusto, doveva scusarsi con lui e poi avrebbe detto tutto.
“Aiden… ascolta” Jasper era in netta difficoltà, sperava che Alice lo avrebbe aiutato ma lei voleva dirlo alla madre di Ron ed esserci all’ospedale. Era compito suo. Aiden doveva sapere la verità, ma come fare a non turbarlo, ora che era così vulnerabile.
“Ron…è…”
“In ospedale” la voce di Sean arrivò come un torrente, entrò furtivo dalla porta finestra e la richiuse con uno scatto. Jasper raggelò e gli lanciò uno sguardo ancora più glaciale.
“Ma si riprenderà?” chiese il piccolo completamente pallido, Jasper capì, non poteva dirgli che il suo migliore amico era morto, non mentre un demone stava nella sua testa. Non lo avrebbe aiutato. Doveva mentire. Come Sean.
“… Alice e Carlisle sono con lui… non devi preoccuparti ok?” Aiden annuì. Sean si avvicinò, conscio di quanto Jasper desiderasse restare solo con suo figlio e conscio che era proprio quello a dover evitare.
“ Io… papà…io non ho protetto Ron…io.. l ho….spinto verso il mostro” disse a singhiozzo il bambino e le lacrime gli scivolarono sulle guance, era come se la presenza di Sean lo obbligasse a dire il vero. Jasper si immobilizzò, poi lo abbracciò.
“Non è stata colpa tua…” gli sussurrò, si invece, idiota, disse l’altra voce del suo pensiero. Aiden tuo padre non capisce proprio nulla.
“Smettila!” lo disse ad alta voce e si divincolò dall’abbraccio,
“Aiden, è il sussurratore che te l’ha ordinato, è così?” Sean si accucciò per guardarlo negli occhi.
“S-si” si asciugò con la manica della felpa sporca di fango gli occhi. Jasper non riusciva a confortarlo nemmeno col suo potere e la rabbia si stava impadronendo anche di lui. No. Niente emozioni negative. Aiden, suo figlio aveva bisogno di pace.
“Hey, piccolo, ascolta, ora andrai a farti un bagno con zia Bella e poi tu e Nessie guarderete un film con popcorn e cola, anche per tutta la notte , finchè la mamma sarà qui. Ok? Noi troveremo il modo di sbarazzarci del mostro nel lago…e…” di quello che ti tormenta, avrebbe voluto aggiungere, ma Aiden lo capì, tirò su col naso e andò via. Rimasero lui e Sean, un vampiro e un demone, divisi da un muro di ostilità. Sembrava che la chiacchierata in Arizona, mentre Alice era nel limbo, li avesse avvicinati ma ora, no, ora il demone Sean gli sembrava il secondo essere più pericoloso per la sua famiglia dopo quell’enorme drago di petrolio nella riserva.
“Dov’eri?” chiese Jasper,
“Non ero qui…altrimenti..” Sean si zitti, notò che qualsiasi cosa avrebbe detto Jasper non gli avrebbe creduto.
“Alice mi ha detto che stai cercando il mandante, allora?” Sean spostò il peso da un piede ad un altro,
“Non l ho trovato, sono stato laggiù per giorni… ma non rinuncerò a cercarlo, Jasper io voglio aiutarvi, aiutare Aiden… hai capito che anche mentre ti abbracciava e parlava era lui a sussurrargli cosa dire… non è più padrone di sé e quell’umano…” Jasper ringhiò,
“L’ho compreso bene, è mio figlio, posso dire di conoscerlo meglio di te ...” Sean aggrottò la fronte,
“Si, ma io conosco come agiscono i loculentes, e Aiden non ce la farà a sopprimerlo” Jasper lo spintonò. Chiuse in un istante la porta del salotto, e ascoltò…silenzio.
“Dimmi qualcosa di utile o vattene, non è la serata giusta per provocare la mia tolleranza nei tuoi confronti” Sean si voltò e si avvicinò alla finestra, quell’idiota non capiva nulla, o comunque stava intuendo proprio quello che non li avrebbe aiutati e cioè che Sean doveva essere inutile per Aiden, spingerlo nel baratro semplicemente non facendo nulla per aiutarlo. Cercando il nulla. Dicendo il nulla. Poi si fermò.
“Quando Alice tornerà gli dirò cosa penso sia meglio fare…anche se a te non piacerà…” disse, Jasper lo costrinse a voltarsi,
“Cosa?” lo avrebbe colpito, di sicuro,
“Senti, lei te lo dirà, ma adesso come hai detto non sei nelle condizioni di TOLLERARE la mia presenza o le mie parole” gli afferrò la mano e la allontanò, Jasper sospirò. Il vampiro sembrava stanco per quanto fosse possibile, e disorientato.
“Il guardiano del Limbo, li ha attaccati, l’umano è morto, ho quasi detto ad Aiden…. hHai fatto bene a fermarmi…ma ora devi prima aiutarla a liberare Forks da quella creatura, tutti gli umani saranno in pericolo e anche noi e i lupi se dovessimo agire pubblicamente qualora ne attaccasse un altro.” Spiegò con riacquisita calma.
“Sarebbe impossibile che sia sulla terra, ma è stato chiaramente istigato dai demoni a venire, e quasi sicuramente dal mandate del sussurratore, era una altra prova per Aiden…” Jasper annuì,
“Alice sta…” non voleva nominarla, questo lo avrebbe fatto di nuovo arrabbiare. Ma l’idea che fosse ferita gravemente lo logorava da quando aveva avvertito la presenza del Moth. Jasper lo percepiva.
“Bene… l ha affrontato, e ci ha quasi rimesso le gambe, quel mostro è forte, troppo , anche per lei… è riuscita solo ad intimorirlo” Sean sembrò perdersi in un sogno ad occhi aperti.
“Non vuole lei…” disse,
“Vuole Aiden, l’abbiamo appurato…” contestò Jasper,
“No, per Aaiden era l’espediente traumatico per spingerlo ancora di più a soccombere al loculens, ma il Moth, custodisce le anime, si alimenta delle anime del limbo, e qui è più impaurito di quanto si possa pensare, ha bisogno di anime per sopravvivere, per questo uccide gli umani…non sarà un pericolo per voi vampiri o per i lupi… per questo non ha ucciso Aiden o voi… “ spiegò,
“O Alice…” aggiunse Jasper,
“Lei è anche un angelo, non lo vorrebbe…ma è inferocito e se attaccato ovviamente è capace di farlo” aggiunse.
“Phoebe, la penserà come me eè saprà come è riuscito a uscire dal limbo, gli angeli, gli anziani lo hanno creato… dov’è?” Jasper scosse la testa,
“E’ sparita, Alice ha provata a contattarla mentre andavamo al lago…ma è sparita di nuovo…” allora Jasper non si fidava neppure di lei.
“D’accordo, hai detto che è in ospedale, vado a parlarle” ma Jasper lo bloccò nuovamente,
“No…aspetta qui… verrà lei”.
 
 
 
Carlisle aveva eseguito l’autopsia anche sul corpo del piccolo Ron, era obbligato ad accertare la morte per annegamento. I poliziotti di Forks chiamati da Billy erano gli stessi della mattina che avevano recuperato il corpo dell’umana. Il più grasso stava compilando dei moduli alla reception e le infermiere facevano altrettanto. Quello magro era fuori dalla sala delle autopsie. Carlsle infilò l’ultimo punto di sutura nella pelle al di sopra dello sterno e ricomprii il bambino con il velo bianco. Poteva scorgere Alice dall’altra parte del vetro parlare col poliziotto alto come un giunco e teso. Carlisle sbrigò le formalità sulla sua cartelletta, raschiando quasi con rabbia la carta mentre la penna scivolava sul foglio. Era solo un bambino, appena affacciato alla vita. Poteva udire la conversazione anche con vetro anti-rumore, nella stanza chiusa. Alice stava rispondendo a tutto con sicurezza ma con la dose di ansia e paura naturale in quella situazione. I poliziotti erano convinti. Un tragico incidente. Un bambino che nuotava troppo a largo, e Alice, aveva cercato di salvarlo ma, l’acqua nei polmoni era troppa. Avevamo dovuto far lasciare il lago a Bella Edward e Reneesme ed Aiden. Carlisle si chiedeva se Jasper gli avesse già detto di Ron. Quindi sulla scena dell’incidente i poliziotti trovarono lui, Alice e Billy. Alice aveva portato i bambini a fare una nuotata, tutto li, era questa la versione. Non potevano fare di meglio, sostituire un drago di un’altra dimensione con una morte accidentale. Il poliziotto, Frank, così udì Carlisle quando si congedò da Alice con una stretta di mano, era tranquillo, invece quello grosso era sospettoso, una donna era stata trovata morta in circostanze identiche solo poche ore prima, una strana coincidenza. Ma non c’erano prove che fosse stato commesso un omicidio. Nulla. Carlisle posò la cartella sul banco delle analisi e uscì. Alice aveva le mani appoggiate al margine del vetro e fissava il lenzuolo bianco.
“Gladys è stata avvisata dai poliziotti, sarà qui a breve” disse schiudendo appena le labbra. Carlisle avrebbe voluto dire qualcosa che potesse davvero aiutarla. Non serviva il potere di Jasper per capire quanto fosse arrabbiata e quanto dolore provasse. Anche lui lo provava. Era quel genere di primitiva sofferenza che si prova per gli innocenti, quando viene fatto loro del male.
“Alice, sicura di non voler tornare a casa? Non farà bene a te o a quella donna tutto questo” disse lui dolcemente. Alice scosse la testa continuando a fissare il lenzuolo.
“ C’ero io quando suo figlio è morto, ha il diritto di sapere…” interruppe la frase,
“Non posso dirgli come è morto o perché, ma ha il diritto di chiedere e di prendersela con me, era mia responsabilità e non l’ho salvato” disse piano. Voltava le spalle al dottore, ma lui poteva scorgere i riflessi azzurri degli occhi nel vetro. Avanzò e le poggiò una mano sulla spalla.
“Alice” lei si voltò, quella piccola e stramba vampira l’aveva conquistato fin dal primo giorno in cui si era presentata alla porta di casa. Con due enormi valige, Jasper al suo fianco, un sorriso abbagliante e una dolcezza infinita. Li aveva chiamati tutti per nome e conosceva già quello che sarebbe stato. Aveva qualcosa dentro, di speciale, la sua abilità era una piccola parte. Carlisle aveva sempre saputo che c’era una scintilla, che fosse rara, da proteggere. E si era sentito onorato di essere parte della sua vita. Per lei tutti loro erano i figli che non aveva avuto e vederli soffrire era un tormento. Non avrebbe potuto aggiungere altro. L’attirò a sé e l’abbracciò. Non lo faceva spesso. Ma ora Alice ne aveva bisogno.
La signora Gladys arrivò pochi minuti dopo. Entrò dalla porta anteriore e non incrociò Alice ma diretta alla sala autopsie scostò malamente Carlisle e tirò giù il lenzuolo. Alice dall’altra parte del vetro osservava, gli occhi erano gonfi ma ormai aveva consumato ogni lacrima. Sentiva solo un vuoto dentro e una rabbia latente. Ma non poteva prendersela con Gladys o Ron o Aiden o Jasper o Phoebe…Phoebe, no pensare a lei era ancora peggio..era sparita, le aveva lasciato un messaggio in segreteria…magari il Moth l’avrebbe ascoltata. Alice appoggiò una mano al vetro. La donna urlava e batteva i pugni sul letto d’acciaio. Carisle la sostenne e a stento riusci a staccarla dal figlio dopo un bel po’. Se al posto di Ron ci fosse stato Aiden, Alice avrebbe distrutto…. Cosa? Tutto, il mondo intero. Mentre si figurava il corpicino di Aiden steso in uno di quei comparti frigo decise che perdere un figlio doveva essere il dolore peggiore di tutti. Doveva andare a parlare con lei. Le sue gambe erano molli come gelatina. Ma Gladys le risparmiò la scelta. Alzando gli occhi gonfi di pianto scorse la sagoma sinuosa di una donna al di là del vetro. Capelli neri corti, occhi dorati. Era lei.
“Mi lasci!” sbottò e corse come una furia alla porta che dava al corridoio. Alice sapeva che l’avrebbe insultata o anche aggredita. Era giusto. Glielo doveva.
“Tu tu tu! Figlia di puttana!” le poche infermiere nel reparto si dileguarono. Carlisle la seguì mantenendosi a distanza. Il collo di Gladys era rosso e una vena pulsava. Alice fu distratta per una frazione di secondo dall’odore del suo sangue ribollente. Aveva la gola che bruciava. Gladys le puntò un dito a pochi centimetri dal naso. Alice rimase immobile, guardandola negli occhi.
“ E’ tutta colpa tua, il mio bambino, il mio povero bambino! Perché l’hai portato lì….” Carlisle venne di nuovo a sorreggerla, sembrava sul punto di svenire.
“Gladys, hai ragione, io non so cosa dire…mi dispiace, sono distrutta per quello che è successo” la donna singhiozzò ma riacquisì un rabbioso controllo.
“ I poliziotti mi hanno detto com’è andata… ma io non ci credo, Ron era bravo a nuotare, non può essere affogato.. non ci credo…” tentò di allontanare di nuovo Carlisle. Parlava in maniera decisa seppur concitata e trapassava Alice con quei suoi occhi marroni penetranti. I capelli erano arruffati ed il mascara e  la matita del tutto colati sulle guance.
“C’è qualcosa di strano…” soffiò il naso in un fazzoletto. Poi afferrò il polso di Alice con forza.
“ Prima la mia piccola Lily per poco e ora R-Ron… io lo so chi è stato, tuo figlio, quel ragazzino ha qualcosa che non va…” lasciò Alice e indietreggiò allargando le braccia, cominciò a muoversi freneticamente urlando.
“Si, il bambino è un mostro…ascoltate gente… il figlio dei Cullen è pericoloso, ha ucciso il mio Ron” Alice strinse i pugni. Era una madre arrabbiata. Era giusto che se la prendesse con lei…ma Aiden… no, era troppo. Alice scattò e Carlisle potette solo trattenerla ma non evitare che stringesse le mani attorno al collo rosso della donna e la sollevasse a mezz’aria mozzandole il fiato e quel vocione ingiurioso.
“NON PARLARE DI MIO FIGLIO IN QUESTO MODO” ringhiò, Gladys provò a graffiarle le mani e il viso, senza successo. Carlisle le strinse i polsi con le mani.
“Alice, per favore, calmati! Potrebbero vederti…” Alice la lasciò, le tremava il braccio. La donna si raggomitolò su sé stessa annaspando. Appena in tempo. I poliziotti e due infermiere giunsero allerta.
“Una crisi d’ansia… Anna portala al pronto soccorso, dalle del diazepam endovena…” Alice tornò al vetro. Per lo sforzo di trattenersi sentiva il cuore martellare e la testa esploderle. Quando rimasero di nuovo da soli Carlisle le afferrò le spalle e la voltò con forza.
“Alice, non devi permettere che la rabbia ti consumi… lo so …sembra impossibile… ma devi pensare a Jasper e a Aiden…la signora Gladys è impazzita dal dolore” Alice voleva dire qualcosa ma esausta gli appoggiò la fronte su una spalla respirando profondamente.
“Non è pazza Carlisle… lo sa che suo figlio è stato assassinato” la voce di Alice era rotta e roca. Sollevò la testa. Era pallida e Carlisle notò che gli occhi erano scavati da due occhiaie nere… da quanto non dormiva?
“Aiden però non c’entra… lui è buono” lo disse come se fosse una domanda. Carisle lo sentiva, stava perdendo ogni certezza. Stava perdendo suo figlio.
“Si lo è… di questo ne sono sicuro Alice. Non deve turbarti, lui non c’entra” le prese una mano,
“ Gladys si riprenderà… ha sua figlia, ha ancora sua figlia per cui vale la pena vivere” Alice annuì.
“ Ora torniamo a casa… hai bisogno di bere, di dormire… Alice non sei sola, non mi stancherò mai di ripetertelo, noi piangeremo e lotteremo con te…sempre…” Alice gli strinse la mano e accennò un sorriso.
“Grazie Carlisle, per tutto quello che stai facendo, ti …” l’abbracciò lei stavolta. Carlisle era la cosa più vicina ad un padre che avesse mai avuto. Il suo vero padre non poteva essere definito nè padre nè uomo, era stato lui il mostro. Gli serviva qualcuno di più vecchio e saggio che la consolasse e le dicesse che sarebbe andato tutto bene.

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Capitolo 19
*** Il Moth ***


Poche ore prima Sean si era defilato, si era smaterializzato dritto negli inferi per informare Lucifero dell’evoluzione di quella faccenda. La Stella del mattino era fuori dal suo palazzo d’ebano e scrutare nell’abisso i fuochi rosseggianti, le lingue calde che salivano in alto e si riflettevano sulla roccia. Il palazzo si apriva su un cortile se così poteva essere definito di mattoni rossi e lucidi, era in alto, come su una collina e affacciava su uno strapiombo. Le urla delle anime echeggiavano da tutte le parti. SI udivano sempre, ogni istante e ormai lui non le udiva più. Erano come il mormorio della pioggia, rilassante e d’aiuto quando bisognava riflettere. Sean non era per nulla d’accordo. La punizione riservata alle anime umane lo infastidiva, gli angeli erano immortali ma potevano essere uccisi, e un giorno anche la sua voce si sarebbe unita a quel coro lamentoso. Lucifero era solo, appoggiato al muretto poco alto sul burrone. Qualche salice piangente ancora giovane e con la chioma verde era stato piantato di recente tutt’intorno. I passi di Sean ticchettavano sul pavimento. Lui non si voltò, si limitò a fargli cenno di avvicinarsi. Nell’andare Sean notò anche delle panche di marmo rosso, istoriate con tralci di viti e ghirigori, una fontana semi-nascosta da uno dei salici, di marmo rosso anch’essa, l’acqua era di un bellissimo verde marino e dei putti erano scolpiti tutt’intorno. C’era anche vapore, odoroso di rosa.
“Ho fatto dei cambiamenti, voglio rendere questa dimora cupa più piacevole” disse e voltò la chioma bionda e riccioluta e il viso quasi rilassato.
“Signore, il Moth è comparso a Forks, ha preso il controllo di un lago nella foresta dei Lupi” disse Sean ignorando qualsivoglia tentativo di conversazione. Doveva eseguire gli ordini e riferire. Nient’altro. Non voleva niente di tutto quello. Ma ormai aveva scelto.
“Bene, te l’avevo detto che sarebbe andato da lei, certo con un piccolo aiuto…” ammiccò, Eleonor era mortae insieme agli altri ma il demone che era riuscito a fuggire aveva lasciato una falla nella dimensione del Limbo e il guardiano doveva recuperare quell’anima fuggita. Non era mai successo. InN mille o più anni. Gli anziani avrebbero presto mandato qualcuno a riprenderlo ma il tempo impiegato a capire e accettare che il drago era sfuggito alle loro leggi e al loro controllo e il tempo di agire e lui avrebbe assolto al suo dovere.
“Il ragazzo è stato soggiogato, ha fatto uccidere un mortale. Ringrazieremmo il caro Moth ma credo che gli anziani ne metterranno un altro a guardia. Triste direi” Sean trattenne un respiro. Poi continuò a sollevare calmo il torace.
“Già sai…” osservò, Lucifero gli sorrise,
“Non dimenticare che sono io il mandante, so cosa sta facendo il mio sussurratore e il piccolo Aiden è completamente in sua balia…” schioccò le mani come una frusta. Come scordarlo. Il suo piano stava per concludersi.
“ Mia figlia apprezzerà questo posto, in fondo deve essere vivibile, quando la porterai qui ci vorrà del tempo prima che possa fidarsi di me” Lucifero andò a carezzare il marmo levigato della fontana. Sean lo seguì nonostante le gambe fossero diventate pesanti come piombo. Non conosceva i piani di Lucifero eppure cercava di carpire quanto più possibile da ogni sua parola, osservazione, anche dagli occhi violetti e dal modo in cui contraeva gli zigomi, voleva capire.
“ Quando avverrà?” chiese il giovane demone,
“ Molto presto” lo sguardo di Lucifero lo penetrava come un chiodo piantato in una parete. Quando Sean aveva elaborato le sue parole ossia che Alice fosse sua figlia era stato uno shock, e poi aveva cominciato a osservare Lucifero nel tempo che passava negli inferi e Alice nel tempo che passava sulla terra cercando una qualche rassomiglianza, fisica o caratteriale. Non averle trovate lo avrebbe fatto sentire molto meglio e avrebbe dato possibilità alla teoria che Lucifero avesse mentito. Tuttavia il taglio degli occhi e alcuni atteggiamenti erano davvero identici nonostante per tutto il resto Alice dovesse somigliare alla madre. Liberare dall’inferno il diavolo, così aveva detto lui…ma…come?... Lucifero non poteva varcare i cancelli era stato condannato da Dio. Nessuno poteva liberarlo.
“ Credo che sarai fondamentale per conquistare la sua fiducia Sean… in fondo qui avrà solo te come volto amico, e sono sicuro che le farai vedere la magnanimità e la grandezza di suo padre…” appoggiò la mano sul pelo dell’acqua sollevando alcune gocce cristalline. Sean si illuminò. Voleva che restasse anche dopo. Il demone credeva che lo avrebbe allontanato o imprigionato pur mantenendo la promessa di aver salva la vita. Lucifero aveva mille difetti ma manteneva sempre la parola data.
“Non essere sorpreso o compiaciuto, lei ti odierà quando saprà il tuo ruolo in tutto questo ma poi col tempo capirà che l’hai fatto solo per proteggere  la sua vita” Sean si incupì. Si che lo avrebbe saputo e glielo avrebbe detto lui stesso.
“E il ragazzo?” Sean tentò di nuovo, Lucifero non rispose. Ancora più criptico era il ruolo di Aiden in tutto questo. Un’esca d’accordo e poi?.
“Ora va, preparati ad aiutare lei e gli anziani o chiunque mandino a recuperare il drago e attendi le mie istruzioni…siamo vicini” Sean inclinò il capo e rientrato dal cortile lasciò il palazzo.


 
Quando Alice tornò alla villa dei Cullen le luci di tutte le stanze erano spente, solo la lampada del salotto emanava un bagliore quasi accecante nella notte. Era stanca, aveva i vestiti ancora sporchi di terra e pieni di strappi e gli occhi arrossati. Socchiuse gli occhi mentre avanzava a passo umano sul vialetto. L’effetto delle pillole era svanito e un intenso bruciore partiva dai suoi polpacci. Avrebbe solo desiderato gettarsi in un letto abbracciata a suo figlio e dormire per anni. Invece bisognava frenare le lacrime e l’orrore e affrontare il problema. Carlisle era venuto con lei dopo essersi assicurato che la signora Gladys si fosse ripresae e aver finito tutte le pratiche. Era andato a parcheggiare e poi l’aveva raggiunta. Entrarono insieme e trovarono solo Jasper e Sean in attesa. La tv era accesa ma senza volume e furono prima sollevati e poi preoccupati vedendola.
“Edward e Bella?” chiese Carisle,
“Sono da Charlie, Renesmee starà li qualche giorno, Jacob sta continuando a pattugliare i confini del lago e della foresta con il branco, se il drago dovesse riemergere ci avviseranno” disse Jasper, non potè far a meno di avvicinarsi ad Alice e darle un abbraccio da cui lei seppur non sottraendosi avvertì una magra consolazione. Era colpa sua se il Moth era libero. Doveva ascoltare sua madre e Jasper e Phoebe.
“Phoebe, come ha potuto andarsene ancora!” sbottò stringendo i lembi delle maniche di Jasper.
“L’avranno richiamata gli anziani, staranno mandando qualcuno per fermare il guardiano…” Alice non aveva badato a Sean, o meglio era così scossa e stanca da essersi dimenticata che Sean avrebbe potuto aiutarli e non c’era.
“E tu! Dov eri finito! Quella cosa ha ferito Bella, ha ucciso due umani…” lo spintonò con forza, Jasper la trattenne,
“ Comprendo la tua rabbia, ma sto cercando il mandante del sussurratore negli inferi…te l’ho detto Alice, ci vuole tempo… mi spiace avrei voluto aiutare, ma ora sono qui” lei scosse il capo.
“Aiden sta dormendo?” Jasper annuì lasciandola, lei sedette sul divano, il tessuto morbido della stoffa le diede un piacere assurdo, era così stanca. Non parlò per qualche minuto, riflettendo sul da farsi.
“Gli anziani agiranno? Ne sei sicuro Sean?” Carlisle parlò piano e con calma,
“SI, non credo che resteranno sui loro scranni, ha ucciso due umani per l’appunto e la colpa è loro… dovevano intervenire prima che accadesse” Alice lo fissò inebetita,
“La colpa è mia, credevo di far bene distruggendo l’ingresso del Limbo e invece…” Sean le si avvicinò,
“No Alice, non era l’unico ingresso quello o  l’unica uscita, il Moth è uscito perché un’anima è fuggita…” disse e la mente di Alice disegnò il volto di sua madre, ma no lei non avrebbe infranto le regole, non sarebbe scappata.
“Uno dei demoni intrappolati” osservò Jasper.
“ E’ possibile…” poi Sean si fermò e guardò Jasper, forse era meglio se lo spiegasse lui.
“Cosa c’è?” chiese con scarsa energia, a stento ora riusciva a tenere gli occhi aperti.
“ Il Moth non è l’unico problema… Aiden ci ha detto che il loculens gli ha fatto persuadere Ron a seguirlo nel lago e quando il mostro ha attaccato…” Alice di nuovo più desta strinse la stoffa del divano con forza, gli occhi scuri si creparono come il vetro.
“Devo parlargli…” si sollevò,
“Alice aspetta devo parlarti…da soli” Jasper pur contro ogni suo istinto e desiderio fece un cenno a Carlisle e si allontanarono dal salotto.
“Cosa c’è ancora?” le tremava la voce,
“Aiden ce la sta mettendo tutta ma il loculens lo ha costretto ad un azione… senti credevo fosse più forte ma il sussurratore è dei peggiori, se non vuoi perdere la sua anima una volta che avrò scovato il mandante dovrai portarlo con te negli inferi…è” Alice lo spintonò ancora ma col pensiero. Invlolontariamente e bruscamente mentre il nero degli occhi fu chiazzato di azzurro.
“non lo porterò lì Sean, tu devi trovare il demone e condurlo qui e io lo ucciderò” Sean tentò di riavvicinarsi lentamente,
“Alice, non bisogna uccidere il mandante, o meglio possiamo obbligarlo a richiamare il sussurratore, non sempre uccidendo il mandante il loculens si distrugge a sua volta” la rabbia di Alice sgorgò impetuosa, quadri e vasi volarono per la stanza in un turbinio e le pareti vibrarono.
“Perché me lo dici solo adesso diamine! Sei un idiota o cosa?  Da che parte stai? Io… ti ho detto che dovevi dirmi tutto!” Sean frustrato e impossibilitato dal suo vincolo a dire cosa realmente voleva sbroccò a sua volta.
“ TI sto aiutando per gli Inferi, come posso! Tu non lo capisci quanto sto rischiando per salvare  te e la tua famiglia, ancora una volta! Non so sempre ogni cosa… Sei solo un’ingrata egoista!” il flusso di parole usciì prepotente e Sean non si era neppure reso conto che il trambusto aveva richiamato Jasper e Carlisle che li guardavano sconcertati. Alice respirò e tutto precipitò frantumandosi a terra. Il silenzio fu ancora più impetuoso. Sean la guardò senza battere ciglio. Era pentito di ciò che aveva detto e anche lei. Calpestando i cocci di vaso uscii dalla porta finestra.
“Che disastro” Alice osservò i cocci di vaso e l’intonaco e i quadri sul parquet del salone. Cominiciò a sistemare ma Carlisle la fermò sollevandola.
“Jasper porta Alice a letto, ha bisogno di dormire per qualche ora, la ferita deve rimarginarsi” il suo tono era greve anche se lo sguardo mite, tuttavia non ammetteva repliche.
“Jazz, devo prima parlare con Aiden, Sean mi ha detto che dobbiamo portarlo negli inferi per rimuovere il loculens, hai sentito?” Jasper le poggiava un braccio attorno al fianco la strinse di più e la portò verso il letto. Sedettero in silenzio per qualche secondo.
“ Non sopporto l’idea quanto te Alice, se l’avesse detto a me avrei reagito nello stesso modo” disse lui prendendole la mano. Ma entrambi cominciavano a temere che fosse l’unica soluzione. Solo Phoebe e Sean avevano scarne informazioni su quello che stava accadendo.
“Non metterei mai in pericolo Aiden portandolo laggiù… ma” Jasper le strinse le lunga dita affusolate.
“Lo so… ora però Alice devi riposare davvero, non hai una bella cera… non sarai d’aiuto a te stessa o ad Aiden se non recuperi” disse col medesimo tono greve di Carlisle.
“E va bene” disse seccata, srotolò le coperte togliendosi la maglia e i pantaloni, Jasper si sdraiò accanto a lei osservandola,
“ Dovrò scusarmi con Sean, ho detto delle cose ingiuste… è l’unico che sta cercando di aiutare Aiden…” Jasper seppur con astio dovette accondiscendere all’oggettività di quella affermazione.
“ Lo farai, e domani parlerai anche con Aiden…mancano poche ore all’alba…” Alice chiuse gli occhi e si accoccolò contro il petto di Jasper, odorava di viola e lana pulita.
“Jazz, come faremo con il Moth, è ancora nel lago…” sussurrò sempre a occhi chiusi.
“Ci penseremo domani, cerca di dormire…” le carezzò i capelli,
“Si, dormire…” in uno stato di dormiveglia Alice cominciava già a sognare qualcosa dal movimento rapido delle pupille sotto le palpebre.
“ Troveremo un modo…” farfugliò, Jasper le baciò la nuca,
“Si, ti amo Alice” sussurrò, lei sospirò e cadde in un sonno profondo, non si accorse che Jasper aveva lasciato il letto lentamente e senza fare rumore. Domani forse avrebbero avuto la soluzione per il Moth ma ora doveva pensare ad una strategia con Sean, i lupi e il resto dei Cullen.


 
“Michele, per favore, lascia che vada” l’angelo pregava l’anziano da ore, Phoebe non si dava per vinta,
“Si, andrai” Phoebe mosse di scatto le ali, sorpresa, la luce dorata delle piume colpì il viso di Michele per un attimo, se aveva intenzione di mandarla con Ezechiele e le guardie dall’inizio perché non mandarli subito.
“Appena Ezechiele avrà preso le armi, riporterete il Moth nel limbo” l’aria all’interno del tempio aperto era molto calda quella mattina. Andare in paradiso senza avvisare Alice non era stata una buona idea. Avrebbe frainteso, ma lei voleva solo convincere gli anziani ad aiutare Aiden col sussurratore, loro dovevano saperne di più.  Ma Loro pur sapendo non erano in grado di aiutarlo. Un esito frustrante per Phoebe. In seguito mentre stava per congedarsi, mesta e irritata per aver sperato, uno dei custodi aveva mandato l’allarme, la presenza del Guardiano sulla Terra. Non era mai successo. Di sicuro a Forks, aveva detto loro. Michele era anch’esso convinto, ma gli altri 8 anziani no. E poi la prima anima presa dal Moth. E poi la seconda nell’arco di poche ore. E  si erano decisi. Come si poteva perder tempo in cavilli giuridici. La legge del non intervenire. No.
“Phoebe non essere iraconda, ora agiremo, bisognava avere il consenso di tutti, questioni simili…”
“Non sono mai accadute, non c’è legge che ci limiti per queste cose… la vostra lentezza” continuò lei,
“Ci?” nel tono di Michele non c’era scherno o rimprovero, solo sorpresa, la Custode con molta esperienza, era rimasta pur sempre una Custode pur nella scelta di cadere.
“Michele, sono e sarò sempre un angelo, anche se non condivido più il vostro modus operandi, ma questa situazione Alice non può risolverla da sola, e gli umani hanno bisogno della nostra protezione” l’anziano le sorrise,
“La tua virtù è sempre stata la compassione, e ora ti do la possibilità di cooperare” Phoebe annuì, la sua irritazione stava affievolendosi. Si appoggiò ad una delle colonne del peripato. Lassù si sentiva leggera dopotutto ma la Terra era la sua vera casa, l’aveva capito dopo essere stata trattenuta nella Città d0Argento per 200 anni, dopo Erick. Il vetusto angelo dai capelli ramati e la barba riccia e rossa con occhi caldi color smeraldo cominciò a fissare il cielo limpido. Non si riusciva mai a decifrare i suoi pensieri. La medesima espressione pacata e saggia era sempre impressa sul suo volto. Phoebe aveva visto quei lineamenti contrarsi solo in presenza di Alice.
“Dio ci manda una splendida mattina oggi” asserì l’anziano. Phoebe aveva compreso sin dall’inizio che loro, tutti loro la temevano, temevano la mezzo-sangue. E non capiva perché, all’inizio, ma quando Michele le rivelò chi fosse davvero, nel tentativo di dissuaderla dal lasciare la comunità , lo aveva compreso. La figlia di Lucifero, poteva davvero distruggerli e iniziare qualcosa di nuovo, migliore o peggiore? Non si poteva saperlo. Dal canto suo Phoebe non sapeva cosa pensare, sentiva soltanto di potersi fidare di Alice e sentiva che prima o poi avrebbe scoperto la verità.
“Michele…” cominciò mentre lui continuava a scrutare l’aria tersa, la tunica candida e grosse e poderose ali bianche due volte più grandi delle sue le incutevano sempre riverenza.
“ Alice deve sapere la verità” disse, Michele si voltò, sospirò, un sospiro gravoso, altra cosa non comune,
“ Non saremo noi a dirglielo, sua madre…”
“E’ morta…e non vuole, l’ha fatto promettere anche a me…ma prima che Lucifero lo scopra” Michele le prese una mano,
“ Non è mio compito ne tuo rivelarglielo, e poi dobbiamo rispettare la volontà di sua madre” Phoebe era combattuta. Forse prendere consapevolezza della propria identità sarebbe stato pericoloso per lei stessa, eppure sentiva che non era giusto.
“Ora pensiamo a riportare indietro il Moth, eccoli” le due guardie dalla pelle d’ebano con le loro armature alla greca ed Ezechiele splendido nella sua tenuta corazzata vennero velocemente verso di loro.



 
La luce dell’alba la svegliò dolcemente, nonostante tutta la tensione della giornata precedente, Alice si svegliò con una carica di energia e una certa dose di speranza. Si vesti in fretta e andò nella stanza di Aiden. Il corpicino del figlio era avvolto e completamente coperto da due strati di coperte calde, solo qualche ciuffo dei capelli neri e folti fuoriusciva da quel cumolo. Alice si fermò un istante alla soglia ascoltando il suo respiro lento e ritmato. Almeno nei sogni, nell’oblio del sonno magari il demone non lo tormentava. Si accostò al letto senza fare rumore e si distese accanto a lui sotto la coltre di pail. Aiden si mosse appena e continuava a dormire profondamente. Alice lo cinse da dietro e aspirò il profumo della sua pelle. Pelle di bambino, morbida e calda, innocente. Avrebbe preferito starsene li per il resto della mattinata a sonnecchiare accanto a lui, o semplicemente a contemplarlo. A volte si stupiva di quello a cui aveva dato vita, da un completo casino qual’era lei era venuto fuori qualcuno di dolce, gentile, forte ed equilibrato. Jasper aveva detto che Aiden non sapeva che Ron fosse morto, prima o poi avrebbero dovuto dirglielo, ma ora, era troppo fragile e scombussolato, doveva lottare, credere di potercela fare contro il loculens. Alice sapeva che poteva resistere ancora un po’.
“Aiden, tesoro?” lo baciò sulla guancia, lui si voltò e schiuse piano gli occhi. Ancora in dormi veglia.
“Mamma…” mugolò e accennò un sorriso, poi vigile l’abbracciò con foga,
“Sono qui, sto bene..” Aiden aveva visto tutto, come il Moth l’aveva disarcionata e ferita alla gamba. Una delle tante cose che non avrebbe più dimenticato.
“ Per fortuna stai bene, c’era tanto sangue…” disse tremante ma Alice lo tranquillizzò facendogli vedere i piccoli buchi intorno ai polpacci che stavano a poco a poco scomparendo.
“Piccolo mio, mi spiace per quello che è successo… ma adesso io e Sean cacceremo via quel mostro…” Aiden si rizzò a sedere,
“Vengo con voi, io sono scappato, come un codardo… voglio aiutarvi” Alice fu commossa e ferita da quelle parole, suo figlio si sentiva in dovere e in colpa per quello che era accaduto.
“Aiden, il Moth, è il guardiano di un’altra dimensione, di un mondo simile all’Inferno… ricordi la mamma ti aveva parlato del Paradiso e dell’Inferno… lui è smarrito, cerca delle anime fuggite da quel mondo e non voleva attaccare te o gli umani, è qui per sbaglio e tu non potevi fare nulla per fermarlo… non è colpa tua quello che è successo a Ron” Alice sapeva che Aiden avrebbe voluto notizie, bisognava mentire, e pagarne le conseguenze questo era sicuro, ma per il suo bene.
“ Ron, dopo posso vederlo mamma? Per favore….io l’ho…” abbassò lo sguardo,
“So cosa il demone ti ha fatto fare… è molto potente, Aiden devi solo resistere, noi siamo vicini alla soluzione, te lo giuro…” Aiden si lasciò cadere sui cuscini sospirando, Alice poteva percepire la rabbia che gli montava dentro.
“ Era la mia voce, il mio braccio che spingeva Ron nel lago…ero io” disse,
“ Si, tu sei il bambino più intelligente che abbia mai visto, e quindi sai che c’è una parte di te, la parte importante di te che non voleva farlo e che ora ci sta male… Aiden io ti capisco, anche io ho avuto qualcosa di oscuro dentro di me… quando tu eri molto piccolo, non puoi ricordartene…” l’attenzione di Aiden sviò dai suoi pensieri e si concentrò su sua madre,
“Davvero? Raccontami” Alice si rinfocolò sotto le coperte e lui si appoggiò al suo petto giocherellando con i fili della coperta,
“ Un demone molto crudele voleva che distruggessi per lui il paradiso, si chiamava Balthazar. Non è riuscito a convincermi con le parole o con la forza, quindi ha usato la magia oscura sul mio cuore. Ero diventata un’altra persona, non mi sentivo più me stessa, facevo del male, e lo sentivo che era sbagliato ma non riuscivo a fermare questa cosa.” Aiden era rapito da quelle parole, pensava che i suoi genitori non potessero capirlo sino in fondo eppure quello che le raccontava sua madre era quello che lui sentiva.
“E poi come hai fatto a tornare?” chiese alzando la testa e fissandola con i due occhioni spalancati,
“E’ stato grazie all’amore, avrei ferito anche tuo padre, ma il nostro legame mi ha guarita…” Alice gli sorrise e gli carezzò la guancia.
“E tu non puoi guarire così me?” Alice lo abbracciò,
“Tesoro, vorrei tanto esserne in grado, ma il tuo demone è qualcosa di diverso, non posso mandarlo via io… però possiamo farlo insieme per questo devi continuare a sperare e a credere in noi, non ti abbattere, anche se è difficile d’accordo?” Aiden annuì,
“ E non posso venire con te al lago?” azzardò,
“No, ti voglio a casa, al sicuro” disse lei,
“Va bene, e Ron quando posso vederlo?” Alice si sollevò e lo rimise sotto le coperte,
“Non pensarci adesso, quando sarà tutto risolto… “ nel dirlo Alice si sentì malissimo. Ingoiò il rospo e baciò il figlio sulle labbra, dicendogli quanto fosse amato. Poi chiuse la porta e uscì in giardino.
Sean e Jasper insieme ad Edward e Carlisle erano disposti in cerchio e sembrava attendessero proprio lei. La luce del sole era più calda e il gelo dell’alba si stava dileguando. Il cielo era coperto di batuffoli rosati di nubi, gli odori del bosco frammisti a quello dei lupi, erano sparsi anche nel loro territorio. Difatti Jacob balzò proprio in quel momento fuori dal cespuglio.
“Bene, mantienili a distanza, non potete fare molto in acqua… ma servirà ogni mezzo” gli disse Edward, Jacob fissò portando le orecchie marroni all’indietro con un guaito di saluto verso Alice e tornò nella foresta.
“Sembra che abbiate già deciso un piano” disse lei, si affiancò a Jasper sfiorandolo e assorbendo la sua dose di quiete, accanto a lui si senti ancor più rinvigorita, poi guardò tutti, soffermandosi su Sean che non sfuggì al suo sguardo ma che sembrava ancora rabbuiato.
“ Non possiamo aspettare che gli angeli si decidano ad agire, finché non verranno difenderemo gli umani e terremo a bada il Moth…” disse deciso, Carlisle ed Edward annuirono.
“Alice, tu e Sean dovrete cercare di attirarlo fuori dal lago così potremmo cercare di bloccarlo o affrontarlo anche noi…” disse Jasper, Alice gli prese la mano, quel dragone di materia nerastra aveva quasi rotto il bacino di Bella con un solo colpo di coda.
“ D’accordo” disse riluttante,
“Nel limbo non aveva consistenza, poteva ferirmi ma io non potevo toccarlo, sembrava fatto di gas, ma qui, ho sentito il suo peso, le sue spire, e i miei colpi lui li ha sentiti, può essere ferito… dobbiamo essere prudenti, è molto forte…” tutti annuirono. Carlisle saettò in garage e portò delle enormi catene arrotolate su cilindri di metallo, pesanti dallo sforzo che faceva per tenerle sollevate.
“Cosa sono?” chiese Alice sorpresa,
“ Catene di adamas…come le lame infernali” disse Sean,
“Le ho portare dagli inferi, potrebbero farci guadagnare tempo…” Edward prese uno dei pioli e ne porse un altro a Jasper.
“Bene, andiamo, prima che qualche lupo o umano venga ucciso ancora” sentenziò Carlisle e corse in direzione della riserva. Fu seguito da Edward. Alice strinse il braccio di Jasper e a lui bastò incrociare il suo sguardo per coglierne i pensieri. Andò avanti lasciandola con Sean.
Il demone dischiuse le immense ali di corvo pronto a spiccare il volo, Alice fece altrettanto ma prima che potessero sollevarsi da terra parlò.
“Mi dispiace aver reagito in quel modo…non penso che tu sia un idiota o un voltagabbana…tu sei l’unico che abbia cercato di aiutare Aiden, più di me e Jasper  o di Phoebe, anche quando non hai rivelato le tue vere intensioni, so che vuoi salvarlo… gli vuoi bene” Sean osservava le sue calde e luminose ali screziate di azzurro, e i suoi occhi lucidi, e quella gratitudine che promanava la sua intera figura. Ne era commosso e distrutto. Perché lei non sapeva di essere in trappola, e lui era il lupo suo malgrado. Si era affezionato al ragazzino, ma certo non avrebbe rischiato la vita, per salvare lei invece era disposto a tutto, anche a quel doppiogioco, a condurla da Lucifero. Non le avrebbe mai fatto del male perché era sua figlia. Le avrebbe fatto del male perché era sua figlia. Questa duplice prospettiva non doveva neppure esistere eppure esisteva. Sean doveva portarla da lui e li solo poteva assicurarsi che stesse bene. E poi la promessa, la sua vita e quella di lei risparmiate, ciò avvalorava la prima prospettiva. Doveva essere così. Era una possibilità.
“Ero , sono solo arrabbiata per la situazione” aggiunse non riuscendo a decifrare il silenzio e l’espressione contratta di Sean.
“ Lo so… “ anche lui aveva usato parole aspre e ingiuste,
“E io non penso che tu sia ingrata ed egoista… anzi, sei la persona più altruista che abbia mai conosciuto” Alice sorrise e una lacrima le scivolò sulla gota, si avvicinò poggiando una mano fredda e candida sul suo polso, le ali si sfiorarono sussultando,
“Non credo di esserlo” ammise,
“ ora dedichi il tuo tempo a fermare il Guardiano, mentre loro lassù inebetiti non hanno ancora agito, e lo fai per gli umani, nonostante tuo figlio sia in preda al loculens…” Alice sospirò,
“Sono altruista ma una pessima madre allora” disse,
“No, Alice, sei giudiziosa e lotti per entrambi, tu sei straordinaria, non scordarlo mai” la voce di Sean si incrinò, Alice abbassò lo sguardo, il flusso di sangue le saliva fino alla nuca.
“Grazie…hey Sean,ti senti bene?” si era irrigidito, e per un attimo il formicolio alle gambe non gli fece perdere l’equilibrio…Lucifero lo stava chiamando, no,non adesso. Non li avrebbe lasciati ad affrontare il Moth senza il suo aiuto. I Cullen non lo meritavano.
“Si, forza andiamo.”


 
“Cosa faremo col Moth, non lo ucciderete vero?” Phoebe non riusciva a capire se fosse più in ansia per la creatura che presto avrebbero attaccato o se per il fatto che avrebbe dovuto dare una spiegazione ad Alice per la sua assenza e anche una delusione. Gli anziani non potevano in alcun modo rimuovere il sussurratore da suo figlio. Ezechiele le volava accanto placidamente, avevano appena attraversato il varco, insieme ai due Guardiani che distavano pochi piedi d’altezza da loro. Phoebe poteva avvertire il rumoroso battito delle loro ali candide e il calore e la luce che promanava da quelle dell’anziano accanto a lei. Ezechiele non rispose ma sospirò aspramente, e passò la sua spada corta di adamas da una parte all’altra. Il cielo era nuvoloso e la nebbia si alzava sotto di loro. I Guardiani erano impazienti nelle loro armature dorate, la pelle d’ebano scoperta solo sugli avambracci e sul retro delle cosce, i gambali e il pettorale di adamas erano impenetrabile a qualsiasi lama o colpo. Non indossavano l’elmo però, mai. La vista era essenziale e il capo doveva pensare lucidamente senza alcun peso. Phoebe non aveva mai assistito alle battaglie, durante la ribellione di Lucifero lei non era ancora nata. E dopo udi solò resoconti durante le riunioni, i suoi seguaci per secoli tentavano brevi scorrerie sulla terra, causavano danni più che altro agli umani, come le due guerre, e gli sterminii, e gli angeli erano costretti ad agire. I Guardiani proteggevano l’equilibrio tra i due mondi e i Custodi come lei dovevano solo osservare, riferire, al limite dedicarsi a qualche umano dalle doti e dall’animo non comune.
“Se sarà necessario il Consiglio ha deliberato di procedere come meglio riterrò” disse Ezechiele dopo molti minuti di silenzio, la sua voce era calda, meno possente di quella di Michele e aveva un che di graffiato, che a Phoebe era sempre piaciuto.
“Avrebbero dovuto inviare altre guardie…” osservò lei sollevando il capo, Ezechiele la guardò perplesso, il suo viso era magro e affilato, moro e con un lieve accenno di barba, occhi scuri e leggermente allungati. Sorrise velando l’irritazione.
“Basteranno, e poi ci sono io, dubiti della mia forza Custode?” Phoebe pur nel tentativo di non darlo a vedere arrossì. La vista delle sue gote rosate lenì i sentimenti di astio che Ezechiele provava da quando li aveva lasciati. L’anziano aveva avuto sempre un debole per Phoebe. Ma a loro non era concesso di avere una compagna e una progenie. Il consiglio doveva restare immutato nei secoli. E lui ne era parte.
“Ci avviciniamo, sento l’odore dei vampiri….e” Ezechiele tornò a concentrarsi e strinse la sua fidata spada.
“Licantropi…” le creature con sangue demoniaco erano dannate inequivocabilmente, collaborare con loro era un insulto alla Legge. Ma fu costretto ad ingoiare il rospo. Allargò le ali per planare dolcemente appena al di sopra del lago e avere una panoramica della situazione. Le piume delle sue ali a differenza di quelle di Phoebe erano interamente dorate e alla base di un colore quasi bronzeo. I Guardiani li affiancarono. Il lago era piatto ma si percepiva l’ aria resa elettrica dalla presenza del Moth. Circa 12 lupi erano semi nascosti tra la vegetazione tutt’intorno al lago, soltanto uno più grosso e color cioccolato era dappresso i 3 vampiri vicinissimi alla riva.
“Alice!” Phoebe alzò la mano sventolandola ma Ezechiele la riportò giù con uno strattone. L’angelo, quella bizzarra creatura, un punto semi azzurro che si avvicinava sempre più nel cielo non era sola. Un demone, il demone di nome Sean la seguiva con circospezione.
“Perché l’ha portato” affermò Ezechiele a denti stretti.
“Non importa, dobbiamo fermare il drago, forza andiamo a” ma Phoebe non potè concludere la frase che un getto di acqua ribollente schizzò verso il cielo e separò loro da Alice e il resto del suo gruppo. Il Moth aveva percepito tutte quelle presenze angeliche ed era in allarme. Affamato e furioso giacchè lontano dal suo habitat.
“Manda via questi lupi, ci pensiamo noi!” urlò a gran voce mentre il fiottò che per poco non li colpì si abbassò. Alice e Sean virarono verso il bassò dritti nel lago.
“Che cosa stanno facendo?” Phoebe afferrò il braccio corazzato di Ezechiele, si erano fiondati in acqua e sembravano attaccarlo da sotto, il drago muovendo la coda e il muso dentato agitò tremendamente la superficie del lago. I vampiri si disposero perfettamente sui tre lati della riva. Due di loro stringevano possenti catene. Non era un lago di grandi dimensioni. L’anziano comprese.
“Bene, vogliono che esca, sulla terra o in aria sarà più semplice…. Zephir, Amenadiel state pronti, giù di quota” le due guardie impugnarono le lance e planarono in basso,
“Tu resta qui” intimò a Phoebe, lei impietrita obbedì, Il piano della mezzo-sangue riusciva, il dragone uscì interamente dall’acqua levandosi a pochi metri e ruggendo furioso, scattò sulla riva in direzione del vampiro biondo e giovane che lo schivò pur affondando un colpo roboante sul suo dorso e arrotolando rapido la catena intorno alla cosa. Il moth ruggì più forte, la spezzò subito e si arrotolò come un serpente sulla difensiva. Ezechiele aveva assistito alla sua creazione quando era poco più grosso di una balena, ora era colossale. Alice e Sean uscirono zuppi dall’acqua e con qualche ferita superficiale che sanguinava. Ezechiele si portò sopra di loro,
“Ben fatto, ora lasciate fare a noi” disse, il demone gli rivolse un’occhiata gelida, Alice era confusa, per un attimo non lo riconobbe poi guardando più in alto vide Phoebe che batteva le ali freneticamente, in agitazione.
“Fatelo volare!” urlò Ezechiele alle guardie, I vampiri erano attorno alla creatura cercando di ferirla con colpi alquanto futili e rendendola solo più nervosa.
“Jasper, allontanatevi” Alice alzò una mano e una folata di vento impetuoso scostò i tre vampiri a qualche metro di distanza. L’anziano la osservava. Nel frattempo le due guardie arpionarono l’uno la coda e l’altro il dorso con le punte di adamas, il Moth comprendendo che fossero angeli smise di ruggire ma assai più spaventato scattò in cielo divincolandosi. Alice e Sean atterrarono dai vampiri.
“Chi sono quelli?” chiese Carlisle,
“Angeli…” rispose Edward disorientato,
“E’ un anziano….Ezechiele credo…” Alice era molto nervosa, l’adrenalina le scorreva in circolo, non riusciva a trattenersi a terra ma l’angelo dalle ali dorate si era posizionato di fronte al drago agonizzante, i due angeli con l’armatura cercavano di contenerne la forza ma erano sballottati come piume al vento pur tenendo conficcate le lance nella pelle o quel che fosse del mostro d’inchiostro nero. Gli occhi bianchi del MoOth fissavano Ezechiele. Lui alzò una mano e pronunciò qualcosa in una lingua che nessuno di loro riuscì  a comprendere. Aveva abbassato la spada che impugnava nella destra. La sua voce era decisa. Il drago si fermò lì a mezz’aria per un secondo ma poi ruggì nuovamente furioso e disarcionò le due guardie che sbatterono violentemente contro le rocce delle montagne vicine. Alice capì solo che qualsiasi cosa avesse detto non aveva funzionato. Ezechiele strinse la spada sollevandola e attaccò. La lama penetrò a fondo nel torace del drago ma la sua testa sbattè contro l’angelo con una tale violenza che il boato turò le orecchie di tutti e i lupi intorno uggiolarono. Ezechiele cadde a picco nell’acqua ma uscì in fretta portandosi a riva. Il moth si sollevò di quota.
“Alice, inseguilo, non possiamo permettere che fugga, gli umani!” Phoebe era a terra e stava aiutando Ezechiele a sollevarsi.
“No, è mio compito” farfugliò cercando le sue guardie forse ferite tra la boscaglia.
“Dove sono gli altri guardiani? “Sean scattò verso di lui e lo strattonò ma l’anziano gli puntò la spada corta sulla gola,
“Non toccarmi feccia dell’Inferno…non è affar tuo” Alice sentiva gli occhi impanicati di Phoebe addosso, non ebbe il tempo di pensare, il suo corpo reagì e prese il volò inseguendo la massa nera.. Doveva usare il suo potere, adesso serviva e poteva salvare delle vite. Individuò il drago e con grande sforzo allungò le mani tirando e gemendo. Funzionò , spostata da una potente forza invisibile il corpo nero del MoOth fu come risucchiato indietro e poi verso il basso, Alice urlò per darsi forza e lo sbattè violentemente su una paretea di roccia e poi a terra. Sentiva le ali calde come il fuoco, e quasi bruciare il suo stesso corpo.
“Come …” Ezechiele guardava con gli altri la scena dal basso, o meglio aveva visto il bagliore azzurro e il Moth contorcersi nell’aria e piombare giù e poi lei che con sommo sforzo lo stava facendo, con la sola forza del pensiero. Un potere così grande in un solo essere, era quanto di più pericoloso potesse sussistere. Il Moth chiuse gli occhi bianchi e terrorizzati. Perse i sensi.
“Alice!” il vampiro biondo corse nella sua direzione, balzò e la prese tra le braccia riportandola giù, aveva perso luce d’un tratto e stava precipitando nel lago.
“S-Sto bene” sussurrò abbracciandolo e aiutandosi a sollevarsi. Phoebe le andò incontro stringendole le spalle,
“Sei stata eccezionale, non l’avremmo mai fermato senza di te”te. Il demone le sorrise e anche gli altri due vampiri erano scioccati.
“Bene, ora finiamo questa storia una volta per tutte” Ezechiele era a pezzi ma per lo più nell’orgoglio, giacché un mezzo angelo era riuaveva riuscito prendendosi la gloria della sua missione. Roteò la spada tra le mani e si avvicinò al Moth. I vampiri lo osservavano circospetti. Si avvicinarono insieme a lui. Il drago era a terra, la ferita al torace sanguinava a intermittenza e respirava faticosamente, nuvole di vapore gli uscivano dalle narici. Da dietro la parete Amoenadiel e Zephir si trascinarono malridotti e feriti nell’orgoglio come lui.
“Va con Dio” Ezechiele era a pochi passi pronto a finirlo.
“No, fermo, non puoi!” un ‘ala a mò di frusta lo fece barcollare all’indietro, Phoebe furiosa e impaurita gonfiò le ali e si mise in mezzo.
“Non è più adatto per sorvegliare le anime del Limbo, si è ribellato ad un anziano, è fuori controllo per colpa loro” indicò con la spada i presenti e osservò le montagne piene di licantropi.
“L’hanno destabilizzato, la terra non è il suo posto!” aggiunse furioso,
“Riportiamolo in Paradiso, i Guaritori sapranno cosa fare… Michele…” Ezechiele le afferrò un polso,
“Michele non è il capo, il Consiglio ha stabilito che il mio giudizio sarebbe stato conforme alla Legge, e questa creatura ha ucciso due mortali e ferito angeli e un anziano… non è più un Guardiano, questa è la mia decisione.” Phoebe ora era in lacrime.
“Ti prego Ezechiele, noi non uccidiamo, c’è un'altra soluzione, è arrivato qui per colpa dei demoni, era spaventato… noi proteggiamo le creature magiche” tentò ancora. Ezechiele la ignorò a pochi centimetri sollevò la spada dalla sua testa. Poi le sue dita mentre calava la lama strinsero il vuoto.
“Ma cosa..” si voltò impietrito,
“No, Phoebe ha ragione… non lo farai” Alice Cullen avanzava decisa seppur debole davanti a lui, Phoebe respirò sollevata asciugandosi le lacrime.
“Hai tolto la spada a me! Non osare più usare i tuoi poteri contro di me… mezzosangue” il vampiro biondo ringhiò, gli altri vampiri erano tesi, Ezechiele respirò. Era in minoranza e il Consiglio non voleva questo, non altri problemi.
“Ha ucciso degli esseri umani… ha ucciso” sillabò più calmo con la sua voce graffiata, la sua spada a pochi metri da lui.
“Si, ha sbagliato, come me, e Edward e Carlisle e Jasper e Sean e credo anche voi, anche voi avrete versato il sangue di parecchi demoni nelle vostre battaglie… “ le due guardie protestarono,
“Ma” Alice sovrastò la loro voce,
“E’ colpa mia e dei demoni se è successo, il Moth non deve morire, basta morti per oggi… e se siete davvero i buoni dovreste conoscere il perdono” concluse. Amoenadiel e Zephir si zittirono guardando Ezechiele, attendendo un comando. Lui frustrato strinse i pugni.
“E sia…” disse a denti stretti,
“Lo riporteremo alla Città, riferirò al Consiglio quanto è successo e di risparmiare la vita alla creatura” afferrò la spada impolverata e la rinfoderò.
“Aspetta cosa fai…Alice” il demone e il vampiro provarono a tirarla indietro, ma lei si era avvicinata al muso del drago.
“Meglio che resti incosciente, mezzosangue…” disse l’anziano, ma lei lo ignorò. Posò una mano tra gli occhi chiusi della creatura e una luce bianca e calda irradiò il corpo d’inchiostro del Moth. Pochi secondi e aprii i suoi fissi occhi bianchi. Lei allontanò la mano quasi barcollando. Ezechiele era esterrefatto, aveva anche il potere da guaritrice. Il Moth sollevò il capo ringhiandole ma poi la guardò dritta negli occhi e sospirò placidamente. Alice gli carezzò il muso e quello sembrava quasi provarne piacere. Sgranchì il corpo quando lei si allontanò e aspettò quietamente.
“Credo che vi seguirà senza problemi adesso” aggiunse lei. Phoebe l’abbracciò travolgendola.
“Grazie Alice, grazie…” la tempestò di baci. Ezechiele diede l’ordine ai suoi di levarsi col drago. Alice era esausta ma sollevata che tutto fosse andato anche meglio del previsto. L’anziano restò a fissarla mentre gli altri guerrieri scomparivano tra le nuvole. Jasper la cinse con fare protettivo.
“ A mai più rivederci spero…siete un gruppo assai bizzarro e impudente” disse sconcertato e preoccupato più che mai, e poi osservandoli uno ad uno vide e avvertì chiaramente la sua stessa dose di paura nell’espressione del demone, nel modo in cui  guardava Alice. Lui sapeva chi fosse in realtà. Interessante.


 
In poche ore era tutto finito. Jasper era grato dell’atmosfera di positività che quella piccola vittoria aveva creato. Piccola per dire. L’enorme drago che altrimenti avrebbe continuato ad uccidere esseri umani era stato portato via e cosa di cui Alice e Phoebe sembravano ancor più soddisfatte senza versare altro sangue. Gli angeli che erano scesi dalla Città erano stati decisamente ostili. Non tolleravano i vampiri e i licantropi e non contemplavano la vicinanza del demone e inoltre sembravano temere Alice. Specialmente l’angelo dalle ali dorate, uno dei capi a detta di Alice. Anche senza quella informazione era semplice dedurre che fosse in una posizione di comando, il suo atteggiamento, il modo in cui i due armati lo guardavano, era un generale e Jasper ne aveva conosciuti e interpretati parecchi. Appena furono volati via Alice intendeva tornare subito alla villa. Il problema più rischioso era stato risolto ma ora bisognava affrontare d’urgenza la minaccia che gravava su Aiden. Il loculens lo stava soggiogando, secondo Sean non restava più molto tempo. Phoebe acconsentì a tornare a casa. Alice la scrutava con impazienza, era ancora scossa per l’atteggiamento di Ezechiele ma voleva parlare e soprattutto assicurarsi delle condizioni di Aiden. Sean si smaterializzò facendo un cenno d intesa ad Alice, Carlisle e Edward andarono a tranquillizzare il branco con Jacob e ad informare Billy mentre loro tre si avviarono lentamente nel bosco. Erano tutti stremati. Jasper aveva cercato di contenere inutilmente il mostro sulla riva insieme a suo fratello e si era procurato parecchi lividi. Phoebe era più che altro emotivamente a pezzi ed Alice, lo sforzo enorme che aveva compiuto contro il Moth, per trattenerlo e tramortirlo doveva essere stato inimmaginabile e per giunta lo aveva guarito, ferite mortali rimarginate, Jasper lo aveva visto fare con Sean e con quell’umana a Volterra, prosciugava la sua energia, era come se donasse un po’ della sua forza vitale e poi dovesse recuperarla. Camminava strascicando i piedi, Jasper le aveva offerto il braccio e lei poteva solo esserne grata. Phoebe affiancava Alice e la sua agitazione rendeva iperattivo il suo discorrere. Persino Jasper faticava a seguirla e a stare dietro a tutte quelle sensazioni che si susseguivano.
“Ezechiele non è mai stato esattamente cordiale, tuttavia ha un gran cuore e senso del dovere. Il Bene e la Giustizia sono due perni fondamentali della sua esistenza. In effetti mi ha stupita il suo comportamento…” da circa 10 minuti stava raccontando di come Ezechiele l’avesse desiderata per lungo tempo anche se gli Anziani non potevano avere una compagna o procreare, era la Legge, ed Ezechiele era stato sempre attento a non infrangerla. La sola sicurezza che Phoebe fosse lì, in Paradiso, che lo stimasse e continuasse i suoi doveri come da secoli era bastevole per lui.
“Ma io non ho mai sentito nulla più dell’amicizia…” continuava, e poi quando lei si era innamorata di un mortale la sua furia era stata tremenda. Lui aveva convinto gli altri membri del consiglio a punirla impedendole di tornare per 200 anni sulla terra. Ma poi sembrava sfumata quella rabbia e invece ancor più ferito l’aveva reso la notizia che lei aveva scelto di cadere.
“Per aiutare Alice, il mezzo angelo e un demone” strinse il braccio di Alice,
“Lui non vede quanto bene ci sia in te, devi perdonarlo per questo” Alice annuì e disse parole di circostanza comprendendo che Phoebe avesse bisogno di quello sfogo. Ma era comunque desiderosa di spiegazioni e speranzosa di avere un’altra possibilità con Aiden che non fosse dirigersi negli Inferi.
“Alice, nascondi bene quello che provi” disse Phoebe fermandosi, Jasper la guardò dubbiosa,
“Che vuoi dire?” Pheobe sospirò,
“So che sei…siete…arrabbiati, vi ho mollato di nuovo senza avvisare” Alice e Jasper si guardarono negli occhi,
“Phoebe noi apprezziamo da anni il tuo aiuto, sei di famiglia ormai, sono sicuro che avrai avuto un buon motivo e poi sei tornata portando rinforzi per il Moth” disse lui,Alice annuì e prese la mano dell’amica.
“Grazie…” gli occhi di Phoebe divennero lucidi, le mancava il Paradiso a volte ma qui sulla Terra era completamente a suo agio soprattutto con gli umani, a Boston nella scuola elementare della città era quello il suo posto per vegliare sui bambini. Essere una Custode implicava lavorare sul campo. E in più aveva degli improbabili carissimi amici. Vampiri e la figlia dell’angelo più puro e crudele mai creato. Per un attimo Phoebe si scurì in volto.
“Sono andata dagli anziani, volevo convincerli ad strappare il sussurratore dal tuo bambino… ma” Alice trattenne il fiato,
“Anche se lo volessero non hanno idea di come poterlo fare, mi hanno detto che solo il demone che l’ha evocato e che ha designato la vittima può rimuoverlo” le stesse parole di Sean, Alice aveva la bocca secca e la lingua impastata.
“Mi spiace, Michele mi ha detto il vero” aggiunse, Jasper annuì e abbracciò Alice di fianco,
Ne sono sicura, di lui mi fido… mi aveva avvertita sul Limbo… sui demoni… e anche se più volte mi hanno negato il loro aiuto so che lui intende proteggermi…” Phoebe annuì,
Eppure lLui ha paura di me” disse Alice e questo colse PphHoebe di sorpresa,
“Anche Sean ultimamente, si comporta in modo strano… anche se sono sicura stia facendo il possibile per rintracciare il mandante, anche ora è sceso nuovamente laggiù” Jasper era perplesso quanto pHoebe,
“Paura? Perché mai Sean..” le chiese, lei lo guardò assai dolcemente e Phoebe senti calore e tristezza, forse se Alice avesse saputo tutta la verità Jasper non l’avrebbe più guardata allo stesso modo.
“Non lo so…è cambiato qualcosa in lui… ma di certo gli anziani temono ancora che possa distruggere il loro mondo..è così Phoebe?” l’angelo annuì, se avesse aperto bocca probabilmente la troppa adrenalina di quella giornata l’avrebbe spinta a parlare.
“Forse non cambieranno mai idea, temono il mio potere e a volte mi chiedo da dove venga tutto questo e perché a me…” Phoebe l’attirò a sé e l’abbraccio,
“Non è una maledizione, Alice tu hai fatto e continui a fare del bene, con il tuo potere hai salvato questa città e migliaia di umani probabilmente” Alice abbassò lo sguardo,
“Ora esageri” Jasper scosse il capo e sorrise a entrambe,
“E’ c’è ancora molto che puoi fare, tesoro adesso dobbiamo prendere una decisione per Aiden”.

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Capitolo 20
*** Scelte ***


Michele era seduto su uno degli scranni dorati della Sala del Confronto, una stanza larga più di 100 piedi e il soffitto altrettanto elevato era celato da una volta di stelle e nebulose atte a rappresentare l’universo, vorticavano e fluttuavano e quando le candele erano spente davano allo spazio e al tavolo ottagonale disposto al centro un alone blu e violaceo. Nella Casa del Consiglio era la sala ove ci si riuniva e si prendevano le decisioni più incombenti e gravose. Sempre piena di angeli e scribi oltre che dei 9 essenziali anziani e frenetica, chiassosa e viva, ma quella sera era vuota e silenziosa. Le candele erano però accese, Michele aspettava qualcuno. Tamburellò le dita sul tavolo di marmo bianco, ben levigato e istoriato in caselle dipinte a mano che raffiguravano i principali avvenimenti della storia del mondo. I colori vivaci delle città terrestri, i ritratti di alcuni umani, di profeti e pacificatori e i colori spenti e cupi delle guerre e della fame e della natura in agonia. Un caotico equilibrio sulla pietra candida. Ezechiele ci stava mettendo troppo. Michele fu quasi tentato di chiamare Fidelis la sua ancella, l’angelo che aveva una dote telepatica assai spiccata. Ma desistette. Si alzò, senza l’enorme palco di ali a fargli da strascico appariva più piccolo seppure avesse spalle larghe e fosse robusto e ben dritto, gli occhi cerulei sempre luminosi ed era baciato dal fuoco, così venivano definiti gli angeli ma anche i mortali nati coi capelli rossi. La sua aurea austera ma rilassata era venata da rughe di preoccupazione un po’ troppo spesso ultimamente. Avranno catturato il Moth o nel peggiore dei casi l’avranno congedato. Pensò tristemente. La sua fuga era imputabile ad una catena di eventi del tutto fortuita innescata da azioni inconsce, la decisione di Alice di entrare nel Limbo, la precedente fuga in esso di un manipolo di demoni, e uno di essi aveva trovato il modo di uscire e così il guardiano. Che la presenza di Alice avesse destabilizzato quel luogo com’era successo quando era stata lì per la prima volta. Questo era strano. Il piano di Dio era strano. Cosa ne sarebbe stato di questa straordinaria creatura e di tutti loro? Michele si arrovellava per abitudine, era il più saggio e coscienzioso arcangelo del Signore ma anche il più dubbioso, il dubbio era la sua debolezza. Il suo dubbio si era insinuato nei suoi fratelli, ne aveva illuminati molti e spaventati e irritati ancor di più. Compreso Ezechiele. Lui non metteva in dubbio che qualsiasi cosa avesse sangue demoniaco fosse male e fosse da evitare o distruggere se incontrollabile. Il suo dubbio invece minava le fondamenta della loro legge.
“Questa bizzarra e meravigliosa creatura non è nostra nemica,  è diversa, si da qualsiasi cosa sia mai esistita, ha sangue di demone e sangue angelico, e questa traccia a noi eguale va tutelata” aveva detto quando tutti, tutti gli angeli nella Città avevano avvertito la nascita di qualcosa di sconosciuto e potente, quando lei trasformandosi aveva generato il dubbio. E durante quella riunione scottante come non se ne vedevano da 500 anni gli anziani dovevano decidere cosa farne di lei. E ci furono poi tante altre sedute, l’argomento era sempre il medesimo e a mano a mano che i poteri di Alice cominciavano a manifestarsi ad amplificarsi ad andare fuori controllo a originare altra vita, il dubbio cresceva.
“ Se non possiamo essere sicuri di quello che diventerà o farà dobbiamo proteggere prima la nostra comunità e gli umani” aveva detto Uriel, l’anziana dalla pelle d’ebano e gli occhi dorati poco dopo la nascita di Aiden.
“Non ha il controllo, dovremo assicurarci che non si rivolti contro di noi” la incalzò Ezechiele,
“Fratelli, abbiamo agito in maniera ambigua verso lei e la povera Gyselle, sua madre è morta, è stato un terribile errore…lei ha un motivo valido per non fidarsi, ma come potrebbe nuocerci, sa così poco del nostro mondo, come potrebbe arrivare qui” era stato Gabriele a intervenire sostenendo le argomentazioni di Michele e sempre, loro due e le loro ancelle e gli angeli Custodi e i Guardiani e  i membri della Città d’Argento, in parte li sostenevano. Ma Uriel Ezechiele Selene Amoenadiel Zaphiti Zegebele e Oroth ne avevano timore ed erano decisi a evitarla per quanto possibile.
“Gyselle si è unita…a Lui… Gabriele, un peccato così grande, che sia finita nel Limbo è giusto… la Legge che nostro signore ha stabilito” Uriel avvampò,
“ Quindi…prenderemo il bambino come protetto, una garanzia a non nuocere al Paradiso e ai terrestri” propose Ezechiele, la maggioranza dei voti lo decretò. E la situazione peggiorava di volta in volta. Quando era venuta in paradiso a riprendersi suo figlio avevano assistito alla possibilità della distruzione, con i loro occhi, Michele aveva iniziato a comprendere il timore degli altri.
“Michele, non essere cieco, hai visto cosa ha fatto, stava disintegrando ogni cosa, con la sola forza del pensiero, tutto quel potere in un unico corpo esploderà prima o poi… e questo che ci dobbiamo aspettare dalla progenie di Lucifero” Ezechiele erae fuori di sé quel giorno. Sempre fiero e il più bellicoso tremò come una foglia mentre l’angelo azzurro imponeva le mani e tutto vorticava intorno a lei.
“ La sua anima è buona, io l ho avvertito” rispose lui, c’era da temere si ma anche da sperare, con una giusta guida. Michele aveva tentato di proteggerla. Stando lontano inizialmente, osservando e basta…poi sottraendola a Eleonor su pieno assenso degli altri, il potere di Alice in un demone era forse peggio. Consigliandola quelle poche volte che lei era tornata. Salvandola più di una volta.  Ma la Legge impediva che loro influenzassero il corso degli eventi e fossero legati alle creature della terra e lui si era spinto sempre oltre. Era sorpreso che non ci fossero ancore conseguenze. Alice però fraintendeva i suoi scopi, e non poteva darle torto, loro gli avevano causato perdite e doloere e lui era indeciso come un bocciolo di rosa all’alba, non sapeva come gestire tutto. E il suo Dio non poteva dargli risposta.
I passi di Ezechiele risuonarono sul pavimento lucido d’oro massiccio. Michele fermò la ruota dei suoi pensieri.
“Fratello, ci hai messo molto tempo” osservò placidamente lui, Ezechiele spostò rumorosamente usa sedia di marmò e si accostò al tavolo, ad ali chiuse anche la sua figura era meno imponente, anzi quasi piccola e comune. I suoi capelli bruni ondulati, il viso liscio e gli occhi piccoli e scuri erano piuttosto anonimi, nonostante non si potesse dire che non apparisse giovane e di bell’aspetto. Si tolse con poca grazia le placche d’oro dagli avambracci e ripose la spada sul tavolo.
“Credevo che la pazienza fosse una delle tue virtù” sussurrò ripulendo la spada dal sangue nero quasi del tutto secco con un panno di lino.
“Il Moth è stato fermato, l’ho portato dai guaritori e resterà imprigionato finchè il consiglio prenderà una decisione sul suo destino.” Aggiunse continuando ad accarezzare la lama corta col panno.
“ E riguardo l’angelo?” anche Michele sedette, di fronte a lui e incrociò le mani sul tavolo ben concentrato. Ezechiele affondò con più durezza il panno sulla lama,
“La mezzosangue… è stata lei ad abbattere il Guardiano, io Amoenadiel e Zephir siamo stati quasi superflui mio caro fratello” con un gesto secco rinfoderò la spada nella cintola è alzò lo sguardo sull’altro anziano. Nel completo silenzio e nel vasto spazio della stanza potevano udire i loro cuori battere. L’uno piano e appena percettibile, l’altro più rapido e a sbalzi.
“Grazie a Iddio non ci sono state altre vittime umane…dirò a Phidelis ed Ether di chiamare gli altri 7 il prima possibile, una volta curato non vedo perché il Moth non possa tornare ai suoi doveri” ammise Michele,
“ Michele, era ribelle e fuori controllo, il mio intento era di congedarlo, e voi tutti avreste approvato fosse stati li, anzi avevo la vostra approvazione nel decidere…ma…” Ezechiele avvampò per un istante.
“Credo che tu non abbia inteso le mie precedenti parole, la mezzosangue ha quasi ucciso il Moth, i suoi poteri telepatici e sul controllo degli elementi sono oltremisura, e ha sfidato la mia autorità, dando man forte a Phoebe mi ha imposto di risparmiare la vita alla creatura… questa è una cosa inaudita!” Ezechiele si alzò in piedi, alcuni mormorii e rapidi fruscii indicavano che gli altri anziani avevano udito la notizia della missione conclusa e stavano tornando alla sala del Confronto.
“Ezechiele comprendo quanto possa essere sconcertante” frattando AmMoenadiel si smaterializzò accanto a loro.
“Lui te lo confermerà, l’impudenza della mezzosangue” l’anziano a capo delle guardie della Città d’Argento comprese da subito l’oggetto del discorso, annuì aggiungendo poche parole di rinforzo. Era un angelo assai taciturno e ponderato.
“Non chiamarla così…lei è anche un angelo e non è lei il problema ad ora” Michele alzò il tono della voce, Ezechiele gli voltò le spalle irritato, ma era pur sempre suo fratello  maggiore e in più oramai tutti erano già entrati, non c’era necessità di fare scenate. I 7 anziani aggiuntisi si posizionarono a sedere attorno al tavolo di marmo. Michele da portavoce spiegò gli ultimi sviluppi.
“Concordo con la scelta di Ezechiele di non aver da subito congedato il Moth, in fondo basterà sigillare lo strappo nel Limbo e ricondurlo lì. L’esperienza sulla terra l’ha condotto alla follia me può essere recuperato.” A parlare fu Uriel, la maggior parte diede il proprio assenso.
“Ora Michele, dobbiamo affrontare la questione della Custode di 1° grado Phoebe…so che è una tua favorita” prese parola Zegebele, un’anziana dai capelli bianco latte ,ricci e lunghi sino alla vita, la sua pelle nera come il carbone nella luce bluastra era quasi invisibile tranne per la sclera luminosa degli occhi.
“Cosa intendi dire sorella?” Zegebele si alzò rivolgendosi a tutti i presenti,
“Ha scelto di cadere, non può tornare qui quando le compiace, la Legge impone che nessun caduto possa far ritorno in Paradiso a meno di non essere convocato per ragioni straordinarie da un anziano o dal consiglio tutto. E costei ha trasgredito la norma per ben due volte” un brusio di disprezzo riempì la sala. Ezechiele contrasse un pugno, era perfettamente d’accordo da una parte ma il suo sentimento sepolto e represso per la giovane Custode ribolliva in quei momenti. Michele calmo e sorridente si avvicinò al tavolo per controbattere.
“Colgo perfettamente il vostro rammarico. Di recente e per la seconda volta come Zegebele ha sottolineato la Custode ha fatto visita direttamente a me. Ma la circostanza era straordinaria e seppur non l’avessi convocata secondo l’Uso credo possiate mostrare comprensione. Ma prima di dirvi il motivo chiudiamo la questione della sua caduta, essendo tale non farà più ritorno alla Città secondo le suddette regole” i nove anziani batterono la mano destra sul marmo bianco ottagonale per l’assenso. Essendo Michele il portavoce solo 8 erano gli scranni, lui restava in piedi spostandosi da un fratello all’altro.
“Cosa voleva la Custode dunque?” chiese Gabriele, guardava indagatore Ezechiele, cui era molto legato e sentiva bene la sua forte rabbia.
“Il bambino di Alice Cullen è vittima dell’influsso di un loculens, di come non se ne vedevano da secoli,molto potente, e a quanto mi dice ha quasi soggiogato il piccolo” uno sbigottimento generale invase la sala.
“Un loculens! Ma chi?”
“Credevo non ne esistessero più”
“Perché a quel ragazzino?”
“Inaudito”
Le voci si affollarono e confusero, Michele sollevò il braccio per ripristinare il silenzio. Sospirò e si carezzò la barba rossiccia.
“ Mi ha chiesto il nostro aiuto…ma nessuno di noi conosce come distruggere queste forme demoniache, male puro” disse Michele,
“Né avremmo potuto intervenire fratelli, dico bene Michele” Zegebele alzò il tonò della voce, lui annuì.
“La questione che ci tocca è però chi sia il mandante” continuò,
“Non vedo come possa riguardarci, è un problema dei vampiri e della mezzosangue” Ezechiele non potè trattenersi,
“Ezechiele, per favore, cosa intendi Michele?” Gabriele si alzò,
“ Già in passato hanno mirato al bambino di Alice per avere il suo potere e per lo più arrivare a lei,ancor prima di venire al mondo un demone ha provato ad assassinare il feto” disse,
“E noi l’abbiamo salvato, e poi lo abbiamo custodito qui, in deroga alla legge giacchè la madre poteva ed può essere tutt ora una minaccia” aggiunse Uriel, Ezechiele si rilassò, forte dell’appoggio della maggioranza come sempre.
“Si… e adesso un sussurratore nel ragazzo porterà sia lui che la madre negli inferi per spezzare il legame e lì…potrebbero imprigionarla di nuovo e …”
“Aizzarla contro di noi!” esclamò Uriel, anche se ciò che stava per dire Michele era , farle del male.
“Fratelli dobbiamo evitare che vada laggiù, proteggerla per tutelare i terrestri e il Paradiso “ disse Michele,
“Se non fosse venuta qui a portar via suo figlio e a minacciarci quasi distruggendo il tempio sacro tutto ciò non le sarebbe accaduto… Balthazar non avrebbe progettato di usarla per scatenare una guerra ed Eleonor non l’avrebbe condotta nel Limbo e il MOth non sarebbe fuggito…Alice Cullen ci ha solo procurato problemi eppure abbiamo cercato di agire come tu hai sempre suggerito Michele e lei non ci ha mai dato fiducia o rispetto” Ezechiele ricevette una quasi unanime battuta di mano sul marmo. Michele riprese sempre con voce pacata.
“ Ammettiamo però di non aver agito sempre nel migliore dei modi, ed io me ne assumo la colpa, è una situazione bizzarra e nuova per tutti, ma credo che collaborare con lei sia l’unico modo, è la creatura più potente e straordinaria che esista, suo padre è la Stella del Mattino. E sospetto a buon ragione che in tutti questi anni ci sia stato sempre lui dietro le fila della vicenda. E forse questa volta servendosi di un loculens potrà ottenere ciò che vuole qualsiasi cosa sia” concluse. Vi fu silenzio.
“Che sia la figlia di Lucifero dovrebbe invece suggerirci di starle lontano non credi Michele? “ suggerì la piccola Zephiti timidamente.
“Ha il suo sangue è vero ma è anche figlia di una Guardiana, la migliore, Amoenadiel tu conoscevi e stimavi Gyselle, lei è morta per proteggere lei e suo nipote… noi proteggiamo i nostri fratelli e sorelle, Alice ha un animo devoto al bene” continuò Michele,
“Ha subito violenze inaudite dagli umani ma non ha mai ucciso un umano da vampira, ha guarito una donna e un demone colpito a morte da lame di adamas e ha guarito quasi del tutto il MOth, come lo credete possibile? C’è magia bianca in lei, il potere, l’enorme potere che ha ,se sotto controllo, è salvifico e puro” 5 battiti di mano assentirono, Michele era rincuorato.
“ La Legge Michele, l’abbiamo salvata da morte di parto, dal maleficio, e da Eleonor, abbiamo alterato il Grande Piano” disse Zegebele,
“O forse l’abbiamo portato vicino al suo compimento” ribattè lui,
“ La Legge non è stata sancita per una creatura come lei, dobbiamo seguire la nostra coscienza e fare ciò che è giusto” concluse. 4 anziani diedero il loro assenso e 4 si mostrarono contrari, il solo Gabriele si astenne. La decisione era sospesa.

 
 
 
L’attesa stava logorando il povero Sean che impettito fuori da casa Cullen fissava le scale e gli sterilri fili d’erba del prato falciato, antistante. Erano le prime ore del pomeriggio, quelle quasi assolate a Forks e poco più calde del mattino passato e della futura sera. I raggi del sole erano bloccati dalle nuvole ma prepotentemente illuminavano tutto di luce indiretta.
“Entra pure Sean” Carlisle aprì di pochi centimetri la porta finestra e gli sorrise. Phoebe dopo la sumia ultima apparizione in concomitanza con i cacciatori dell’ippogrifo si fidava ancor meno e voleva dapprima parlare con luei per assicurarsi di quello che stavao facendo. A passi veloci Sean entrò e si ritrovò nel consueto salotto, ma non c’era nessuno, parecchie voci provenivano dalla cucina. Carlisle gli fece cenno di seguirlo. La prima persona che per poco il demone calpestò era la compagna di Carlisle, seduta sui gradini della scala che portava al piano superiore, i capelli color caramello emanavano un profumo dolce ma delicato, era corrucciata ma tentò di sorridergli, poi sulla penisola vide Aiden e Reneesme trangugiare del pane con la marmellata e del succo d’arancia, erano seduti con le gambe penzoloni gli sgabelli. Edward Bella Alice e Jasper erano intorno a loro, Edward era chino sui due ragazzi chiacchierando e solleticando Renesmee sotto le braccia, Bella teneva Alice,lontano da loro, vicino ai fornelli, per un braccio mentre le sussurrava sottovoce qualcosa che Sean non riuscì a sentire. Fu Jasper a venire incontro ai due. Aveva un’ espressione strana, come sollevata dopo un grosso spavento eppure tesa per la consapevolezza che si fosse verificato. Ma certo la sua ansia era tutta rivolta a futuro. A quello che Alice doveva aver deciso. Sean si augurò che tutto finisse presto e che non ci fossero intoppi. Solo allora pensando ad un possibile quanto preoccupate inconveniente cercò Phoebe con lo sguardo, ascoltò ma non era in altre stanze e non era neppure in casa. Non c’era traccia di lei.
“ Allora cos’hai scoperto?” Chiese Jasper scandendo bene ogni sillaba, lo trafiggeva quasi con lo sguardo, nessun intoppo allora, pendevano dalle sue labbra proprio come Lucifero voleva. Dopo che il Moth era stato controllato aveva fatto intendere ad Alice che sarebbe andato nuovamente negli Inferi, ed era la verità, dal mandante, per cercarlo, ed era la verità, per piegarlo o ucciderlo, non era la verità. Lucifero rosso in viso per l’euforia si era mostrato quanto mai ammaliato dalla descrizione delle capacità di Alice e di come fosse riuscita a soggiogare il dragone. Era seduto scomodamente sul trono, con un braccio ad avvolgerlo e la gamba sollevata, Lilith rigida accanto a lui durante il suo resoconto. C’erano persino i Superiori nelle loro tuniche grigiastre quanto la loro pelle prosciugata e batterono i loro dannati tirsi sul pavimento nero. La progenie del solo e unico dio. Dissero in coro. Lucifero impose loro il silenzio. Era il momento disse a Sean scendendo platealmente ogni gradino d’ebano. Va e portali da me, oggi. Sean aveva annuito ed la sensazione che era seguita era la medesima che vedeva dipinta sul volto di Jasper, sollievo e ancora paura. Il suo compito era quasi finito. E ciò che sarebbe seguito era forse peggio, eppure si sentiva quasi libero da quel fardello poiché presto Alice avrebbe compreso ogni cosa.
“La risposta giusta è chi…ho scoperto” Alice aveva udito e scattò fulminea accanto a Jasper, Sean si allontanò da loro e puntò dritto ad Aiden, il ragazzino doveva essere d’accordo e forse sarebbe stato proprio lui a convincere i genitori a scendere laggiù. Lui stava passando i tormenti inflitti dal loculens, lui desiderava più di tutti liberarsene. Lui avrebbe scelto.
“ Ho trovato chi ha fatto questo ad Aiden…” disse fissando il bambino, lui lo guardò lasciò il pane a mezz’aria, una goccia di marmellata rossa sporcò il tavolo. Bella si avvicinò di riflesso alla figlia stingendola.
“Tesoro perché tu e Aiden non andate in salone a guardare un film?” Renesmee si alzò comprensiva, ma AIden lasciò il pane morisicato e si piantonò sullo sgabello.
“No, io voglio sapere, hai trovato il cattivo che mi parla nella testa?” disse a denti stretti, Alice gli andò vicino lanciandomi uno sguardo di rimprovero. Ma così era perfetto. Aiden doveva agire.
“ Aiden va di sopra, per favore, ne parleremo dopo noi” la voce di Jasper era di ghiaccio ma certo non per suo figlio. Per me.
“No! Papà… io resto, è me che lui ha scelto, fa del male a me, io voglio sapere come mandarlo via” Jasper deglutii ma non disse nulla. Aiden era scattato in piedi Alice lo abbracciò da dietro appoggiando la testa sui suoi folti capelli neri. Gli occhi di Aiden, blu scuro adesso erano venati di un leggero rossore. Stava attecchendo fin troppo bene, ed erano passate solo poche settimane.
“Tesoro, hai ragione, sta tranquillo però” Alice lo voltò e accorgendosi che quel cambiamento somatico fosse un ulteriore campanello d’allarme guardò Jasper che assentì.
“Chi è?” ci sedemmo sugli sgabelli della penisola, Bella però portò via Reneesme insieme e l’altra vampira le seguì. Carlisle in piedi si appoggiò agli stipiti della cucina.
“Non conosco il nome, ma so di per certo che è lui… le mie fonti me l’hanno confermato, lui ha sguinzagliato il sussurratore su di te piccolo” Alice lo teneva sulle gambe, AIden ebbe un tremito.
“FOnti?” chiese Edward teso,
“Contatti che ho all’Inferno, MAze e altri amici, se così potrei definirli, Alice sa di cosa parlo” dissi rivolto a tutti loro. Giacchè aveva pronunziato un nome familiare sia a lei che a Edward, Maze, la cara MAze che aveva fornito l’antidoto a Alice mentre era incita di… e poi lei l’aveva conosciuta. Annuì.
“Ora ascoltate, so come arrivare a lui senza che nessuno ci intralci, prima di avere la conferma che fosse lui l’ho studiato, sono stato al suo servizio. E’ un demone potente e rispettato.” Dissi,
“Uno dei capi?” chiese Jasper che era proprio di fronte  a me.
“Si” Il capo dei capi avrebbe voluto dirgli, per fortuna il telepate non poteva leggerergli nella mente degli angeli e dei grazie a a Luciferodemoni.
“Sean, arrivare…io non sono ancora convinta di questo piano… o per lo meno lascia venire solo me e” Sean la interruppe,
“Mi dispiace Alice ma è tuo figlio a dover decidere, non importa che abbia 10 o 20 anni, è lui a portare dentro il loculens” Jasper  trattenne a stento un ringhio.
“Tu non dirci cosa…” ma Aiden battè i pugni sul tavolo scheggiando il marmò. Ci azzittì.
“ Andare dove, farò qualsiasi cosa” disse e poi più calmo guardò supplicante sua madre e suo padre.
“Negli Inferi tesoro mio, è un posto davvero molto molto brutto, non ti mentirò. Io vorrei che tu restassi qui al sicuro per me” Aiden aveva gli occhi lucidi, le prese la mano, la sua era ancora piccola e minuta al confronto di quella di lei.
“Ma mamma io non sono al sicuro neanche qui” Alice si alzò e di scatto fece qualche passo voltandosi, non voleva che vedesse le sue lacrime,
“Mamma…” Aiden non capiva perché stesse male, Sean aveva trovato in cattivo, dovevano solo combatterlo e vincere come sempre, e lui questa volta voleva aiutare perché riguardava lui.
“Alice” Jasper le fu vicino e gli poggiò una mano sulla spalla, lei la strinse sempre girata e si asciugò le guance mani con l’altro palmo.
“D’accordo” si voltò e guardò Aiden negli occhi e poi Sean, la rabbia sembrava dissipata, ora stava solo soffrendo.
“Se è questo che vuoi e se è l’unico modo…” aggiunse,
“Si lo è, credimi…non c’è altra via” disse in fretta Sean cercando di celare anche i suoi occhi che cominciavano a inumidirsi. Odiava mostrare le proprie emozioni.
“Ci materializzeremo alle 20 in punto… il demone si troverà nei giardini a passeggiare a quell’ora” Jasper prese Alice per mano e Aiden andò ad avvinghiarsi alle loro gambe,
“Mamma, papà, andrà tutto bene, io lo caccerò via” Jasper gli carezzò la testa e riuscì a sorridere.
“Vado da Renesmee,  a tranquillizzarla” disse e filò nel salone, Sean era sempre sorpreso della sua maturità, non sembrava un ragazzino a volte. E poi era profondamente buono e innocente. Si preoccupava per gli altri, sempre.
“Giardini, negli Inferi ci sono giardini?” Edward era sorpreso e stranito,
“Si, c’è una città assai triste e per metà in sfacelo, la chiamano il Villaggio di Cenere, i demoni si riuniscono in quelle casupole e piazze per sesso e per uccidersi , per socializzare insomma” Edward emise una sorta di risata che stemperò un po’ la tensione.
“E c’è il palazzo lì vicino, e dei giardini ancora in vita” Alice strinse il braccio di Jasper,
“Il Palazzo, certo, quello nero , l’abbiamo visto da lontano con Phoebe prima di trovarti da Maze ma lei non mi ha mai concesso di avvicinarmi.” Sean sviò il discorso,
“Non c’è alcun pericolo, nessuno di voi sarà ferito, me ne accerterò prima di andare, sarà…inaspettato” mentii, per i Cullen di sicuro. Quella discussione stava diventando nauseante per Sean, era fatta, li aveva convinti ad andare. Ora voleva solo librarsi in cielo e svuotare la mente sino alle venti.
“E una volta lì…?” chiese Jasper, ottima domanda, Sean si alzò,
“ Persuaderemo il demone a lasciar in pace Aiden, a riprendersi il loculens, con le buone  o le cattive” Alice annuì energicamente,
“Non sarà  difficile, hai battuto un dragone grande quanto un aereo, e immortale, puoi farcela” Jasper l’abbracciò. Sean cercò di sgattaiolare fuori.
“Sean…” Alice lo bloccò, Jasper ed Edward erano tornati in soggiorno.
“ Sarà davvero finita, non è così?” Sean le prese la mano, voleva farlo perché era un traditore e fra poche ore lei lo avrebbe saputo e seppur sarebbe stato libero da quella bugia poi non avrebbe più potuto toccarla e lei l’avrebbe odiato, un odio che già sentiva nelle ossa.
“Non posso dirti se andrà bene, perché io non lo so Alice…ma voglio che tu sappia qualunque cosa succeda che l’ho fatto per proteggerti” Alice avvertì tutto il suo sconforto ed era così forte quello che provava che  si senti come stordita. Lo attirò a sè e lo abbracciò, voleva dargli calore, Sean era stato così strano nell’ultimo periodo, quali demoni aveva dentro di sé lui. Perché era così restio a parlarne, cosa nascondeva nell’animo di così terribile.
“Lo so, lo so.”




 
 
“Questa è proprio una cosa…che non si vede tutti i giorni” la voce melliflua di Lucifero accarezzò la brezza dell’eterna notte degli Inferi. Il suo giardino odorava di gelsomino quell’oggi e avevano portato anche dei grilli terrestri. Un suono quasi ipnotico. E ora disturbato da un furente scroscio d’ali, ali incerte in quell’aria spessa e densa, iridescente, ali tese.
“O forse che non si vede da secoli” si corresse rigirando tra le mani i petali blu di un fiore che lasciò cadere dal parapetto. Lenti galleggiarono nell’aria verso le fiamme rosse. L’angelo atterrò bruscamente, i sandali intrecciati scricchiolavano sul terriccio. La tunica lacera. Era quasi affannato. Lucifero aspirò l’odore che un tempo era anche il suo. Si voltò e i suoi occhi viola acceso studiarono l’intruso.
“Non sono qui, e nemmeno tu, a me no che non desideri una guerra” la voce profonda dell’angelo azzittì per un attimo i grilli,
“No, certo che no… non è mio desiderio sconvolgere le mie pecore…e nemmeno tu le tue” si appoggiò al parapetto rilassato. Indossava una tunica nera borchiata d’argento cucita anche sulle spalle. L’angelo ritrasse le ali, stanco.
“Non sono pecore, ma fratelli e sorelle…” disse,
“Tutti Michele o solo i vostri? Noi ormai siamo belve non è così? Selvagge perché abbiamo assaggiato il dolce sapore della libertà ” l’anziano gonfiò il petto.
“Non provocarmi Lucifero…non sono qui per questo” il diavolo sorrise,
“E’ proprio per questo che sei qui invece… per il controllo, ancora e ancora, non è cambiato nulla. Ma non è affar vostro quanto accadrà oggi nel mio dominio” Michele fece qualche passo verso il muro. Guardò mestamente al di sotto, le urla appena udibili dal colle sopra il palazzo. L’ultima volta che era stato lì, secoli prima, ne era rimasto inorridito e incredulo. Ora provava solo mestizia per le anime dei mortali e soprattutto per i caduti che ci vivevano e per la Stella del Mattino. Quanta ira e delusione doveva aver provato Dio per creare una prigione così orribile, un tormento alla vista. L’aria, l’odore, persino il sapore di polvere e ferro arrugginito onnipresente e le lande desolate e pietrificate, il villaggio di Cenere e persino il palazzo di Lucifero era insopportabile a vedersi. E poi le voragini di roccia in cui le anime mortali erano intrappolate ciascuno a patire il castigo opportuno. Michele sognava un tempo un mondo che fosse unico e pacifico per tutti. Anche dopo la caduta, credeva che Lucifero chiedesse perdono e che Dio lo avrebbe riaccolto. Le cose erano andate diversamente e per le creature più deboli, i mortali, sempre peggio.
“Il tuo dominio non è posto per un angelo” disse con voce ferma,
“Lei non è come voi” la vena del collo longilineo di Lucifero pulsò di rabbia, Michele fece un respiro, il carattere del primo angelo mai creato era sempre stato affabile ma soprattutto fiero e autoritario. Non amava essere contraddetto allora figurarsi in un posto come quello, che ogni secondo di più oscurava l’anima. Michele gli si avvicinò toccandogli il braccio, con dolcezza. Lucifero sconcertato , per un momento lo lasciò fare.
“Fratello caro, lei non è neppure come te, sarebbe tremendamente infelice qui…” Lucifero gli scostò la mano. Fratello. Quella parola non la udiva da quando ne avesse memoria. I suoi fratelli lo avevano abbandonato e biasimato per le sue scelte, li aveva perduti tanto tempo fa, quando non mossero un dito per salvarlo dalla Sua ira. Ora doveva essere grato solo a tutti gli altri, gli angeli minori, i guardiani e i custodi che avevano scelto di cadere con lui ed erano la sua gente, pecore per lo più, volubili pecore avide del suo potere, ma di qualcuno poteva fidarsi.
“E’ inutile, non riuscirai a persuadermi, la missione che ti hanno affidato i TUOI FRATELLI è vana…” Lucifero camminò verso l’ingresso del giardino,
“Non mi hanno mandato loro, sono qui di mia iniziativa” quelle parole accesero la curiosità di lui, l’irreprensibile anziano Michele, il sorvegliante dei Custodi, aveva agito alle spalle del Consiglio.
“Questa notizia mi sconcerta, Michele… se loro sapessero… “ gli angeli potevano visitare l’Inferno solo su autorizzazione unanime degli anziani e in casi eccezionali, mai un anziano avrebbe eluso la Legge, la loro Legge.
“Mi rincresce aver agito di nascosto ma il mio fine è quello di proteggere Alice ed evitare una guerra…” Lucifero comprese,
“Sono certo che ti sarebbero immensamente grati se riuscissi a evitare che lei venisse qui a scoprire la verità…” il volto stoico di Michele si contrasse,
“Non voglio il Paradiso, ne’ una guerra” disse Lucifero,
“Cosa vuoi allora?” l’anziano strinse un pugno,
“Conoscere mia figlia, rivelarle la verità….oh Michele, davvero credi che il tuo fine e interesse sia così nobile e puro…voi sapevate la verità, non mi aspettavo che mandaste una lettera di cortesia a me, ma dirlo a lei, la tua paura più grande è che anche lei scelga di ribellarsi, o peggio di distruggervi e sarebbe giusto…voi avete mentito, tu hai mentito per anni!” Lucifero spalancò il palco di ali nere. Michele ebbe un leggero tremito.
“ Ascolta, fratello, io voglio proteggerla da se stessa e si hai ragione voglio tutelare il Paradiso…senza di noi l’equilibrio…” Lucifero scosse il capo,
“Equilibrio, giustizia, legge…” ripetè disgustato.
“E tengo a lei, la sua anima è buona…ma” fece una pausa,
“Se tu le dirai la verità non puoi immaginare cosa accadrebbe… non ha il completo controllo dei suoi poteri, che sono immensi” Lucifero sorrise, rilassato.
“Me ne hanno parlato, e ne sono orgoglioso, il mio seme ha prodotto l’angelo più potente mai esistito e una combinazione fortuita di eventi l’ha resa un essere misto e unico” Michele si lisciò la tunica nervoso,
“Ma non capisci, Stella del Mattino non sai come potrebbe reagire a te o cosa ne farebbe di questo posto!” Lucifero quasi godeva che per una volta l’iracondo e il terrorizzato non fosse lui.
“ Stella del Mattino, non lo sono più…fratello” Michele era stremato, il viaggio, quell’aria, Cerbero che per poco oltre alla tunica avrebbe lacerato le sue carni.
“Ma siedi, il mio Guardiano non è mai troppo cortese con gli intrusi” Lucifero gli indicò la panchina di marmo con disprezzo. Michele vi sedette.
“Ritieni che sia così potente da distruggere l’Inferno o il Paradiso?” chiese curioso,
“Si, lo ritengo possibile, è stata nella Città d’Argento e la prima volta la sua rabbia ha quasi ridotto in polvere il tempio centrale, il suo potere si amplifica sempre di più” Lucifero era colpito,
“Erano giunte delle voci, di questo mezzo-angelo , metà vampiro e di ciò che aveva fatto, ma prima di sapere chi fosse non le credevo affidabili” ammise Lucifero.
“E questo non ti turba?” riprese Michele,
“ Per niente, anzi confermi il mio desiderio di conoscerla e rivelarmi a lei… io devo vedere con i miei occhi di che cosa è capace, una gioia fratello caro mi è capitata… e quello che farà è solo affar mio” detto ciò Lucifero si alzò e con un rapido movimento del polso aprì uno squarcio al centro del giardino. Michele che già aveva una bieca speranza rimase comunque deluso e mortificato, aveva fallito, ma aveva tentato. La piccola Phoebe non ne sarebbe stata felice. Ezechiele lo avrebbe saputo come gli altri. Ma loro non agivano e lui almeno ci aveva provato. Michele entrò nel varco guardando forse per l’ultima volta i bellissimi occhi violacei e i riccioli biondi del Portatore di Luce che fu. Sperava che un granello di buon senso risiedesse ancora in lui.



 
 
“Siamo pronti”annunciò Alice scendendo sul retro del cortile. La seguivano dappresso Jasper con Aiden per mano Edward Carlisle e…Phoebe… Sean ebbe un leggero sussulto,
“Viene anche lei?” a Sean non piaceva già l’idea che venissero anche i tre vampiri, ma il biondo non li avrebbe mai lasciati andare da soli e stessa cosa poteva essere detta per gli altri due. Ma l’angelo, sarebbe stata una complicazione, Lucifero non si aspettava di dover respingere o catturare un angelo. No, non l’avrebbe mai catturata o uccisa non voleva una guerra di certo.
“Si, soprattutto io, nel caso in cui ci fosse una spiacevole sorpresa un paio di ali in più aiuterebbero” Phoebe lanciò un’ occhiata torva al demone e cinse Alice per le spalle. Le sussurrò che sarebbe andato tutto bene.  Ci posizionammo vicino agli alberi ma non troppo per non rischiare di farli a pezzi o ferirci nella materializzazione, e abbastanza lontano dalle 3 auto parcheggiate in garage.
“In cerchio, forza, prendetevi l’un l’altro e non lasciate la presa, focalizzerò io il posto, Alice , Phoebe…al 3” erano in sei e loro tre insieme potevano smaterializzare un si vasto gruppo. Sean visualizzò con chiarezza la base del colle rovente, il punto esatto dietro la nuda roccia fuligginosa, una spaccatura orizzontale larga 5 metri che potesse contenerli tutti. Aiden era forse il più nervoso nonostante Jasper tentasse di blandirlo col suo influsso emotivo di calma. Alice gli afferrò la mano massaggiandola.
“Non fa male pulce, tu chiudi gli occhi e tienimi stretta la mano. In pochi secondi sparirono e atterrarono bruscamente sulla dura pietra. Edward e Carlisle per poco non finirono oltre il bordo, di sotto un lago profondo di lava rossa spumeggiava, il calore era tremendo, le esalazioni salivano fino alla cima di quella specie di montagna, se ne scorgeva il vapore. Sean controllò che ci fossero tutti. Lui Alice e Jasper erano appoggiati alla parete, si stavano rialzando ed Aiden era stretto ad Alice col fiato in gola. Phoebe aiutò Edward e Carisle a raggiungerci. Aveva aperto le ali e gli faceva scudo dagli zampilli roventi che il lago ogni tanto espelleva.
“Posto fantastico per smaterializzarsi demone, per poco non ci rimettiamo la pelle e deve ancora iniziare” disse lei, Alice sussurrava all’orecchio di Aiden qualcosa, ma lui continuava a fissare il cielo rosso e poi lo strapiombo e di nuovo il cielo. Non doveva essere affatto gradevole per un bambino vedere un luogo così oscuro e trasudante disperazione. Jasper si aggiunse per dargli coraggio. Anche Sean aprii le ali,
“Hey Aiden, sei venuto con noi, e ci vuole un gran coraggio ad essere qui, non fermarti ok, fra poco sarà tutto finito” il bambino smise di tremare e fece un respiro. Annuì energicamente. Alice si avvicinò a me.
“Non sono mai stata qui, dove siamo, e soprattutto dov’è il palazzo?” Sean indicò la nube di vapore sopra di noi, la montagna non si capiva dove finisse, potevano essere 50 metri o 800,
“Siamo sotto, anzi dietro il Palazzo d’Ebano, non credevo ci si potesse smaterializzare attorno figuarsi quasi dentro il palazzo” Phoebe lo guardò sospettosa,
“Ve l’ho detto sono stato a servizio del demone, so come trovarlo, sopra questo colle, non è altissimo accederemo ai giardini, lui starà lì impalato a contemplare questo posto come ogni sera. Lo coglieremo…” Sean si interruppe,
“Di sorpresa” finì Carlsile, Edward e Jasper valutarono la consistenza della roccia e cercarono di capire quanto alto saltare.
“Aiden salimi sulle spalle” Aiden obbedì era da molto che sua madre non lo faceva volare, era sempre così appagante, forse in quella situazione lo sarebbe stato un po’ meno.
“ Sean ci ha dato un ottimo punto strategico… niente guardie, almeno qui…è già un vantaggio” sussurrò Jasper ad Alice accostandosi e evitando l’energico schiudersi delle sue ali azzurre che li attorniarono e celarono quasi del tutto Aiden. Lei gli prese una mano.
“E chi sarebbe il demone che hai scovato?” Phoebe tirò Sean per un braccio.
“Ora lo vedrete…” Sean spiccò il volo, seguito da Phoebe e da Edward e Carlisle che balzarono, la parete era comunque alta, si agganciarono alla roccia e Jasper ed Alice ne sentirono il tonfo, Aiden si strinse al suo collo per evitare alcuni ciottoli caduti.
“Andrà bene” sillabò Alice e Jasper la baciò fugacemente e poi accarezzò la guancia di Aiden, saltò anche lui. Alice respirò l’aria densa e calda. Spiccò il volo.
 
 



“Lilith resta indietro, non voglio spaventarli” Lucifero aveva appena chiuso l’imponente cancello di ferro che dava al suo nuovo giardino. Aveva mandato via le due guardie sulla soglia e cacciato in malo modo le sentinelle appostate sui torrioni del palazzo, nonostante avesse dato l’ordine più di mezz’ora prima si trastullavano ancora in giro. Il gelsomino della mattinata si era ora mescolato al profumo delle nuove rose blu appena innestate nelle siepi. Blu, come Sean aveva descritto i suoi occhi e le sue ali. Ma assai probabilmente lei non vi avrebbe fatto caso. Né prima ne dopo aver saputo la verità. Che il Signore Oscuro fosse agitato o impaziente non lo si poteva dedurre questa volta, Lilith aveva imparato nel corso dei secoli a discernere le sue emozioni e a prevedere gli scatti d’ira e di dolcezza. L’animo di Lucifero era assai complesso e ineffabile. Ma molto prezioso. Per lei almeno. Quella sera appariva soltanto trasognato. Non capiva perché non avesse mandato via anche lei. Che sperasse che l’angelo vedendo un’altra donna si sentisse più al sicuro. DI certo non sarebbe venuta da sola.
“Mio signore, potrei aspettarti nella sala…” azzardò, ma Lucifero la sorprese ancora, le si avvicinò e le circondò la vita dolcemente,
“Mia cara Lilith, voglio che tu sia la prima a vederla…” disse e le sorrise, lei restò di sasso. Cosa volesse da una mezzo-sangue , un ibrido, seppur sua figlia. Ah, i legami di sangue, Lilith li conosceva bene, sin dal suo primo incontro con Adamo. Non aveva dato dei figli al primo uomo e neppure al primo angelo. Era invidiosa di Gyselle, di una morta. E non sopportava che Lucifero potesse provare amore o gentilezza per un’altra donna ancora.
“Come desideri” disse guardandolo negli occhi con odio. Sotto la parete del colle c’era movimento e c’erano diversi odori.
“Ha portato con se i vampiri…c’era d’aspettarselo…e” Lilith trasalì,
“Calma mia cara” disse lui alzando un braccio, si affacciò sul parapetto, già scorgeva le sagome di due paia d’ali,
“C’è un angelo, se i Superiori scoprissero che l’hai fatta entrare..” Lucifero la ignorò,
“Sono pur sempre il padrone degli Inferi, avrò qualche vantaggio, faccio entrare chi voglio in casa mia” e con questo indietreggiò e si posizionò seduto sul bordo della fontana di marmo con i putti alati.
 
Malgrado fosse partita per ultima Alice raggiunse subito Sean e Phoebe e fu la prima ad atterrare sul terriccio umido e l’erba tagliata corta di quel giardino. Era molto ampio, contornato da siepi con rose blu e grosse anfore di fiori variopinti i cui colori dissimili erano quasi omologati dall’alone di luce rossastra di quel posto. Aiden scese dalle sue spalle e lei ritrasse le ali. Gli altri furono presto dietro di lei, Sean avanzò superandola e osservando circospetto. Jasper ed Edward si misero ai suoi lati. Il muretto che separava il giardino dal burrone di lava era basso e interamente d’ebano nero, come i sentieri di pietra tra l’erba e le colonne di un porticato dietro di loro. Avevano di fronte la sagoma di una grossa fontana di marmo bianco, l’acqua limpida sgorgava dalle frecce di piccoli putti tutt’intorno al centro. Qualcuno era seduto sul bordo. Le fiaccole erano spente, era quasi buio pesto.
“E’ lui?” sussurrò Alice tirando una manica della giacca di Sean, Phoebe che in retroguardia con Carlisle si portò avanti,
“Questa storia non mi convince, non ci sono demoni di guardia…” stava per riaprire le ali ma Alice la fermò.
“Venite avanti vi stavo aspettando” una voce morbida e profonda giunse dalla fontana. Aiden strinse la mano di sua madre e cercò di avanzare ma Alice lo trattenne.
“Siamo qui per mio figlio, sappiamo che hai scagliato tu il maleficio su di lui, riprenditi il sussurratore e ce ne andremo senza fare alcun danno” disse lei d’un fiato. Sean la guardò, tirò un sospiro e farfugliò suoni indistinti poi cominciò ad avanzare, a passi lenti verso la fontana.
“Sean, aspetta, che fai!” Alice cercò di afferrarlo ma non fece in tempo, Jasper prese Aiden mettendolo fra loro. All’improvviso le fiaccole si accesero e un momentaneo bagliore li accecò.
“Grazie Sean, hai reso un ottimo servizio… aspettaci nella sala del trono adesso” la voce suadente della sagoma si avvicinò. Jasper e Phoebe realizzarono per primi,
“Maledetto, ci ha ingannati” sussurrò Jasper gonfio di rabbia ma cercava di mantenere la calma, se Sean li aveva portati in una trappola bisognava trovare in fretta una soluzione. Edward attacchiamo questo demone prima che chiami qualcuno. Ma fu Phoebe a fare una mossa inaspettata. Aprii le ali e con una folata d’aria spostò di qualche metro il demone che si avvicinava.
“Alice, smaterializzatevi, ora…è un…” ma qualcuno l’aveva afferrata e messa ko in un groviglio di piume marroni e nere. CI stringemmo gli uni agli altri pronti a scattare. Sean sparii.
“Lilith smaterializzala fuori di qui, non è posto per un angelo questo” la donna di nome Lilith lo fece all’istante e loro poterono vedere solo un groviglio di capelli ondulati castani e la sua pelle ambrata.
“So perché sei qui” ora il demone era a pochi passi, Alice pose entrambe le mani su Aiden, non poteva crederci Sean aveva mentito per tutto questo tempo. E lei si era fidata. Lei aveva riposto in lui la vita di suo figlio. Sentiva gli occhi bruciare per le lacrime che premevano e per il fuoco delle iridi azzurre. Il demone si fermò, aveva un semplice pantalone di camoscio e un gilet di pelle scura, il torso nudo e abbronzato, i capelli in boccoli dorati che ricadevano sulle spalle e gli occhi di un violetto più luminoso delle fiaccole. Era bellissimo. Fu il primo inquietante pensiero che attraversò la mente di Alice. Aiden ebbe uno spasmo e cadde in ginocchio sull’erba.
“Che gli succede?” Carlisle fu accanto a loro, Jasper non scollava gli occhi dal demone,
“Che stai facendo?” disse con rabbia,
“Oh il mio sussurratore avverte la mia presenza… e cerca di concludere più in fretta il lavoro” disse lui, guardava curioso il bambino con quello strano cuore accelerato. Somigliava molto ad Alice e a Gyselle.
“Tesoro, guardami andrà tutto bene, ora lo tiriamo fuori” gli occhi di AIden erano iniettati di sangue e scottava più della lava e dell’aria opprimente dell’Inferno.
“Fa qualcosa o ti uccido” Alice minacciò il demone con rabbia e gli alberi e le colonne di ebano cominciarono a tremare così come la terra sotto di loro. Lucifero colpito decise che fosse saggio salvare prima il suo bambino, in fondo poche tracce del suo sangue erano anche dentro di lui. Sollevò le mani e sussurrò una formula in una lingua oscura.
“ Atrakto exior” Aiden strinse i denti per il dolore e fu come se un’aura gli uscisse dal corpicino, Alice lo teneva stretto tra le braccia, l’ombra che fuoriuscì galleggiò nell’aria rossa e poi tra le mani di Lucifero che le unì pressandola e distruggendola. Un sibilo seguito da un puzzo di bruciato seguì quel gesto. Aiden perse i sensi per pochi secondi ma già sbolliva.
“Aiden, tesoro? “ aprii gli occhi stordito… ma le sorrise, Jasper su di loro tornò a respirare.
“Come ti senti?” chiese Carlisle, lui si mise subito in piedi tastandosi,
“Bene, io…finalmente, non c’è più, non lo sento più” abbracciò sua madre e guardò il demone.
“Grazie” disse, Lucifero lo fissò sconcertato. Un grazie. Eppure aveva quasi distrutto la sua anima. DI fatti il punto di vista dei genitori era l’opposto. Aiden fu portato dietro di loro, come un fossero uno scudo. Alice sbocciò aprendo il palco di ali luminose e azzurre.
“Finalmente posso conoscerti” disse lui, la rimirò per un po, ma lo sguardo truce di Alice lo teneva inchiodato,
“Chi sei? Cosa volevi da mio figlio?” chiese lei, Jasper tratteneva Aiden che smaniava per vedere il demone. Jasper guardò suo fratello e suo padre, era meglio smaterializzarsi subito, Aiden era salvo, restare e porre domande non era una buona idea.
“Alice, andiamo…” Avrebbero pensato a come soccorrere Phoebe appena usciti da li.
“Non potete andarvene, non è più possibile smaterializzarsi, siete nel mio dominio ora, precisamente tra i confini del Palazzo d’Ebano nessuno più materializzarsi senza il mio consenso” Jasper si irrigidì,
“Rispondi alle mie domande” Alice alzò  una mano e per un istante Lucifero barcollò portandosi una mano alla gola, ma solo per un istante.
“Sei forte, davvero, peccato che qui sono io a dominare, non puoi battermi, puoi distruggere questo posto, farlo a pezzi, so che puoi, so cosa sei in grado di fare e so chi sei tu” Alice guardò Jasper ed Aiden, se non poteva smaterializzarli via le cose si complicavano. Molto.
“Lo farò, farò a pezzi questo giardino infido, lasciaci andare” disse,
“Ma come non volevi sapere chi sono e perché ti sto facendo questo?” Alice tentennò,
“Vedi Alice, Sean in fondo in fondo ti ha detto quasi sempre la verità, io sono il mandante, io ho contaminato tuo figlio e lui ti ha portato da me, come ti aveva promesso” disse il demone,
“Ma questa è una trappola…” Alice era confusa come non mai, se quel demone aveva liberato Aiden senza problemi e senza lottare, allora…
“Io lo definirei un invito poco convenzionale, vedi io non posso lasciare l’Inferno… e portare qui tuo figlio era l’unico modo per convincere te a tornare.” Aggiunse,
“E’ te che volevo vedere” Jasper prese una mano di Alice, Lucifero lo osservò con disprezzo,
“Non puoi lasciare l’Inferno….e sei il padrone di questo… ma tu…” Carlisle tremò,
“Si, Cullen, sono Lucifero, il Portatore di Luce, la Stella del Mattino, il primo angelo mai creato eccetera eccetera” Lucifero fece un gesto plateale. La donna di prima gli si smaterializzò di fianco.
“Oh e lei è Lilith, la mia incantevole Lilith” lei fece un finto inchino sogghignando. Tutti loro erano pietrificati. Lucifero aprii l’ampio palco di ali nere, le più grosse che avessero mai visto, quelle di Alice erano la metà.
“Forse vi aspettavate un mostro con la testa e zoccoli da ariete….o una coda puntuta….ah queste religioni….perchè storpiano così quello che sono” sospirò allargando le braccia. Alice aveva perso luce, era spaventata. Incontrare il male puro, il male sotto quella forma, perfetta e bellissima. Era spaventoso.
“C-cosa vuoi da me” schiari la voce,
“L ho già detto, vederti, conoscerti, insomma ho sentito cose straordinarie sul tuo conto e…tra l’altro voglio rivelarti la verità, tu sai chi sei?” Alice ebbe un sussulto, e una pessima sensazione.
“Certo che si…” infiammata di rabbia e timore le ali tornarono luminose,
“Non ti impressioni facilmente” commentò lui,
“Ma non è così, tu non sai chi sei” Alice lasciò la mano di Jasper, pensava solo a proteggerli a come uscire vivi di lì eppure per un momento vide negli occhi violetti del diavolo una parte di lei, in quegli occhi.
“Tu sei mia figlia…” silenzio, l’eco delle anime urlanti era scomparso, e il vento caldo e l’aria stessa, e la vista per qualche attimo, sentiva solo il cuore rimbombarle nelle orecchie. Sentii gli occhi di tutti su di lei.
“No, no , no no… non è possibile….” Si scostò di lato, ecco sentiva l’energia accumularsi e non voleva perdere il controllo, Jasper tentò di avvicinarsi, lo bloccò col pensiero. Guardava solo Lucifero.
“Mio padre è qui, morto, io ho visto la sua anima…mia madre è un angelo, non mi ha mai parlato…non mi avrebbe mai mentito…” Alice ripensò al Limbo, sua madre aveva detto una cosa strana prima che fossero interrotte: tuo padre è all’inferno… ma lei lo sapeva già…ora quella frase acquisiva un altro senso.
“Tua madre è Gyselle, Custode Anziana, io l ho amata per una notte nonostante non avesse scelto di cadere, noi ci siamo uniti 87 anni fa, non mi ha mai rivelato che aspettasse un bambino, ti ha nascosta tra i  mortali dicendo agli anziani che fossi una semplice nephilim…invece…” Alice aveva lo stomaco contratto,
“ Ma questo non ha senso… non riesco a credere che sia vero” Alice cadde in ginocchio la testa le esplodeva, le cose intorno a loro cominciavano a vorticare e scomporsi, Aiden tentò ti avvicinarsi ma Jasper ancor più attonito lo trattenne.
“Tutto questo potere, non capisci, le tue capacità superano quelle di qualsiasi angelo o vampiro, perché sei un essere unico, mia figlia, il tuo sangue è il più nobile e puro… non ti sembrava assurdo poter controllare gli elementi prevedere il futuro spostare e controllare le cose col solo pensiero…creare energia e chissà cos’altro potresti fare ora che sai…”  Alice non voleva ascoltarlo.
“Basta…smettila…smettila…” un onda d’urto si propagò sbalzando via tutti , Alice respirò di nuovo. Aprii gli occhi. Erano tutti a terra compreso Lucifero.
“Cosa…no…” richiuse le ali ma non osò muoversi. Aiden corse verso di lei, il suo scudo lo aveva schermato,
“Aiden, non ti avvicinare” Jasper si stava riprendendo, ma lui non la ascoltò e corse ad abbracciarla. Alice lo strinse, avere suo figlio salvo tra le braccia le portò lucidità e controllo, era quello che le serviva.
“Tesoro, mi dispiace…” lui la strinse non mollandola,
“Sono qui mamma non ti lascio” Lucifero avanzò con Lilith assai tesa e cauta,
“Non mi aspettavo una reazione così…sei più potente di quanto immaginassi” tre demoni corazzati apparvero e immobilizzarono Jasper e gli altri.
“Non farò del male a te o alla tua…famiglia… Alice, voglio solo parlare” le porse una mano, i tre demoni lasciarono i vampiri sotto il suo sguardo, parlare… Alice non poteva far altro che ascoltare.

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Capitolo 21
*** La figlia perduta ***


Lucifero li condusse in una stanza alquanto ampia, con un immenso tavolo di legno scuro e delle sedie istoriate d’argento, il pavimento era di pietra a scaglie metalliche e ampie finestre gotiche rosseggiavano su entrambi i lati. Nell’attraversare il cancello che conduceva all’interno del palazzo sembrava che non ci fosse un’anima. Silenzio, solo il ticchettare delle loro scarpe sull’ebano nero e l’ondeggiare delle torce per gli spostamenti d’aria. A differenza della Città d’Argento quel luogo metteva Alice a disagio egli altri dovevano provare lo stesso. Le loro espressioni erano confuse e vacue. Alice strinse la mano di Aiden più forte, suo figlio sembrava l’unico ad avere ancora un pizzico di speranza. Jasper non riusciva a far altro che guardare fisso davanti a sé.
“L’angelo è fuori?” disse piano Lucifero e Lilith annuì, erano davanti a loro mentre i tre demoni in armatura li scortavano da dietro. Almeno lei era fuori pericolo. Alice non se lo sarebbe mai perdonato. Poi qualcosa si accese dentro di lei. Una scintilla di ottimismo. L’avevano lasciata andare, lei avrebbe chiesto aiuto agli altri angeli e… magari…forse Michele…. Quel piccolo bagliore si affievolì.
“Sedete pure, sarò qui fra un attimo, devo avvisare i Superiori del tuo arrivo” disse e sparì con Lilith e i demoni che dal tonfo delle loro lance sul pavimento si erano appostate ai battenti del grosso portone di quercia. Carlisle fu il primo a spostare una di quelle elaborate sedie e vi scivolò come stremato. Ce n’erano 14. Edward sondava i suoi pensieri e poi quelli di Alice e di Jasper e poi ancora quelli di Carlisle. Aiden cominciava a essere irrequieto.
“Mamma che succede ora? Come faremo a tornare a casa?” chiese, Alice guardò Jasper, per fortuna Edward intervenne, non riuscivano a pronunciare una sola parola, lo shock era stato troppo forte e il suo fisico vi aveva risposto subito.
“Ometto, siedi qui, sai che posto è questo? Non è solo lava e puzza di marcio, siamo in altro mondo, è un avventura e credo che nessun bambino sia mai stato qui… “ Edward continuò favoleggiando e distraendo Aiden molto bene e Carlisle aggiunse qualche elemento di circostanza. Alice e Jasper si avvicinarono ad una delle ampie finestre. Lei guardò di sotto, erano al 3°  piano, stesso livello del giardino che era proprio di fronte. Doveva dire qualcosa ma dirlo lo avrebbe reso reale.
“E’ la verità?” Jasper le prese una mano guardandola quasi a sprofondare nei suoi occhi ora di un lieve azzurro e quasi opachi.
“ Io non so cosa pensare ….ma… perché dovrebbe mentire?” disse lei stringendogli le dita. Lui sentiva una nuova ferita aprirsi dentro di lei, più profonda di quanto avesse mai percepito. Ogni nuova scoperta la destabilizzava sempre di più. I vetri ruvidi e polverosi della finestra cominciarono a tremolare. Alice interruppe il contatto e chiuse gli occhi.
“Non mente” sentii la voce di Edward nella loro direzione. Aiden si era diretto all’estremità del tavolo e scorgeva interessato gli strani disegni incisi sul legno. Simboli di un linguaggio sconosciuto. Alice si avvicinò ad Edward e Carlisle.
“Ora capisco, c’è sempre stato qualcosa di diverso dentro di me, quando ero umana, da vampira e adesso, soprattutto adesso… Carlisle è come hai scritto nel tuo libro, io sono un’anomalia non dovrei essere possibile” Carlisle si sollevò dal tavolo,
“E’ una scoperta che solleva solo un’infinità di dubbi, lo capisco, adesso però dobbiamo capire come uscire di qui” disse calmo nonostante il suo volto fosse più pallido di un fantasma.
“Non pensarlo” Jasper si accostò guardando interrogativo Edward,
“Non leggermi nel pensiero” disse Alice.
“Cosa?” Aiden si avvicinò di nuovo a loro, guardava tutto con curiosità e lieve inquietudine.
Edward l’afferrò di scattò e la condusse vicino al portone chiuso. Jasper fece cenno a Carlisle che prese Aiden a sé, parlandogli ancora.
“Non c’è niente che non va in te, smettila…” disse suo fratello, Jasper comprese. Alice li guardava entrambi con rabbia.
“Ma non capite” disse a bassa voce quasi impercettibilmente per non farsi udire da suo figlio,
“Sono la figlia di Lucifero…del Signore del Male, del Male … sono un pericolo, sono instabile…prima ho ferito tutti” Jasper la scosse per le braccia,
“Alice, Alice, ti prego ascoltami, tu sei sempre la stessa, sei sempre te stessa, questo niente potrà cambiarlo…questa identità, non conta nulla, per me tu” ma lei si divincolò,
“Non conta…nulla…Jasper io sono questa, sono me stessa, finalmente ho la completa consapevolezza di chi sono e c’è il male dentro di me, lo sento, l ho sempre saputo… non capisco perché nessuno lo abbia mai scoperto,  mia madre…” fissò il pavimento,
“Non c’è il male dentro di te” ma Alice lo ignorò si era bloccata nei suoi pensieri,
“Deve pur averlo detto a qualcuno, agli angeli, com’è possibile che non sapessero…” sussurrò tra sé, il portone si aprii facendoli sussultare. Lucifero apparve da solo. Jasper ed Edward pensarono in simultanea di aggredirlo avrebbero potuto guadagnare tempo, non c’erano più le guardie ai battenti. Non ci pensate nemmeno. La voce di Lucifero più metallica invase la mente di tutti loro, Aiden indietreggiò spaventato.
“Innanzitutto sia chiaro, Alice non può smaterializzarvi e non potreste mai fuggire dagli Inferi senza il mio consenso, quindi non sprecate energie e non sfidate la mia pazienza…in secondo luogo” Lucifero si portò al centro della stanza su una piattaforma circolare nella pietra appena messa in rilievo, quella doveva essere una sorta di stanza delle riunioni o qualcosa del genere, e forse i demoni ammessi parlavano alzandosi da lì.
“Alice, figlia mia, siamo stati entrambi privati l’uno dell’altra per così tanti anni… gli Angeli e precisamente gli Anziani sapevano di te, chi fossi tu in realtà ma ti hanno sempre mentito” esordì, Alice accusò un altro duro colpo.
“ Come hanno potuto…Michele aveva promesso di proteggermi” Alice si infiammò di nuovo,
“Alice” Jasper la tirò leggermente indietro, attaccare Lucifero dopo la dimostrazione di telepatia non era un’idea saggia, se lei aveva tutti quei poteri lui cos’altro di più terribile sarebbe riuscito a fare. Lucifero alzò un sopracciglio, folto e ben sagomato.
“Proteggerti? Mio ingenuo bocciolo di rosa…loro proteggevano sèe stessi” Carlisle ed Edward si scambiarono uno sguardo.
Hhanno sempre temuto che io…li distruggessi perché sapevano ciò che sono… “ Alice strinse un pugno,
“E anche la tua amica, l’angelo che abbiamo rispedito sulla terra, lo sapeva, ho letto la sua mente, e da tempo” Jasper fremette, ad ogni parola era come se mille schegge di vetro penetrassero il petto di Alice e anche il suo.
“Anche Sean?” chiese tremante,
“Beh, non proprio, gliel ho rivelato quando l ho fatto catturare e poi ha contribuito col mio piano per portarti qui e dirti la verità” Alice scattò in avanti e con uno spintone potente lo sbattè contro la finestra. Lucifero brontolò qualcosa.
“Sei turbata, e arrabbiata ed è giusto ma perché con me, sono l’unico che ti sta dicendo il vero” Alice scaraventò via tavolo e sedie.
“Hai quasi distrutto l’anima di mio figlio, e hai messo a rischio la mia famiglia facendomi venire qui” Alice tremava di rabbia, Aiden si nascose dietro a Jjasper, tranquillo gli sussurrò lui.
“Jasper stammi lontana, non voglio…” tutti fecero qualche passo dietro di lei.
“Ascolta, mi dispiace….ragazzino mi sentii, MI DISPIACE, non volevo fargli del male…ma dovevo farlo o non saresti mai venuta qui? O sbaglio? dovevo dirtelo io, vederti io… anch’io sono la tua famiglia adesso che ti piaccia o no” Jasper tentò di decifrare i sentimenti del diavolo, era altrettanto iracondo ma anche speranzoso e terrorizzato all’idea di un….rifiuto?.
“Cosa vuoi da me, te lo richiedo” disse lei più calma ma frastornata, tutto cominciava a essere troppo,
“ Te lo ripeto, parlare, sul serio…ma quando sarai più calma e disposta ad ascoltare, non intendo far del male a loro o trattenerli, li farò andare via ma tu devi restare, c’è molto che devi conoscere” Alice si paralizzò, Jasper scattò in avanti e la tirò indietro, tutta la sua energia si era come dissipata e sembrava un fantoccio sballottato.
“Lei non resta in questo posto, non osaredovrai uccidermi” Lucifero lo studiò con interesse,
“Apprezzo molto il tuo istinto di protezione, mi hanno parlato anche del vostro legame e del sortilegio che questa vostra connessione ha spezzato…ma solo Alice può capire ciò che le rivelerò e deve farlo da sola” gli occhi viola di lui saettarono su entrambi.
“Non voglio certo imprigionarti o costringerti, sei libera di scegliere, io non sono come gli Anziani… e sarai libera di andare quando vorrai” aggiunse,
“Ti aspetto fuori” disse e uscì. Aiden si avvinghiò a lei.
“Mamma, cosa significa, non resterai qui vero?” Alice tentò di ricomporsi, l’invito e la tolleranza di Lucifero non sarebbero durate a lungo. Non aveva una vera e propria scelta.
“Alice no” Jasper camminò avanti e indietro furioso, Edward e Carlisle la guardavano, capivano, avevano accettato la realtà. Doveva rimanere.
“Aiden, guardami” Alice attirò l’attenzione di suo figlio da Jasper,
“Io mantengo sempre le promesse, cosa ti avevo detto del loculens?” Aiden tirò su col naso i suoi occhi grandi e blu erano lucidi.
“Che l’avremmo scacciato” lei annuì, asciugandogli le gote,
“Esatto, esatto, e ci siamo riusciti, insieme… ma adesso devo parlare con….con Lucifero demone, devo restare capisci, per avere delle risposte. “ Aiden le prese la mano,
“Ma mamma a che domande? Possiamo restare anche noi, ti prego!” lei lo abbracciò,
“No, Aiden devi tornare con papà, qui non posso proteggervi… devi tornare…e io ti prometto e manterrò la promessa anche questa volta che sarò presto con voi…” lo abbracciò forte, poi si voltò verso Jasper, Edward prese Aiden per la mano e uscirono dalla porta con Carlisle. Jasper la tirò a sé con rabbia.
“Alice non sei costretta a farlo…non restare, lui non ti lascerà più tornare… non separiamoci di nuovo “ lei lo baciò con foga ma lui la tirò indietro,
“Alice no” lei continuava ad abbracciarlo e baciarlo,
“Non ho scelta, non ho scelta” sussurrava, poi lo guardò negli occhi, prendendogli la testa tra le mani,
“Lui vi ucciderà tutti se non lo faccio…capisci” Jasper chiuse gli occhi e ingoiò il boccone più amaro della sua esistenza.
“Dovrei lasciarti qui con lui, con il Diavolo?” lei annuì.
“Proteggi nostro figlio, io riuscirò a fuggire, sai che posso fare l’impossibile” un lampo azzurrò baleno nei suoi occhi,
“No non ci riesco, a lasciarti…no” disse,
“Devi riuscirci…” Alice respirò affannosamente. lui la abbracciò affondando la testa nei suoi capelli corvini, odorosi di gelso, restarono avvinghiati, prima o poi sarebbero dovuti uscire da li, staccarsi e separarsi, ancora…e nessuno dei due ci riusciva, fu Edward a fare capolino dalla porta. Alice chiuse gli occhi  e annui, prese Jasper per mano e uscirono. Lucifero aveva aperto uno squarcio nell’ aria, era un portale.
“Non gli accadrà nulla” disse, Alice prese Aiden in braccio lo baciò tentando di assorbire l odore del suo corpo, lo porse a Jasper mentre gli altri entrarono nello squarcio, e lo guardò perduta. Ti amo. Sillabò. Jasper indietreggiò fino a sparire nel varco e le ultime parole che udii erano quelle sofferenti di suo figlio.
“No mamma, no!”.




 
 
Alice fissava il soffitto, bianco e inconsistente, sembrava fatto di nebbia. La stanza da letto in cui Lui l’aveva invitata a riposare era molto suntuosa, spessi tendaggi rossi, tappeti persiani e quadri d’ogni tipo, era enorme, il letto con baldacchino e tende dorate di raso. Uno specchio antico istoriato d’argento. Lilith l’aveva fatta entrare e le aveva lasciato dei vestiti. Dei chitoni di pelle e cuoio molto raffinati, alcuni tempestati di pietre preziose e qualche vestito di seta blu e rosa. Alice si sentiva prigioniera. In qualche modo era quella cordialità e l’entusiasmo di Lucifero, di suo …padre a metterla a disagio. Ogni volta che ci pensava un brivido le correva lungo la schiena. Quella cordialità la faceva sentire prigioniera. Dormi cara, le aveva detto, domani sarà un altro giorno, un giorno in cui potrai essere te stessa come non mai. Ed Alice aveva provato a chiudere gli occhi, stesa sulle coperte di lana a fissare il soffitto ma appena si addormentava la perseguitavano le immagini di suo figlio che si protendeva in avanti e la supplicava e le sue lacrime. Il volto di Jasper, le espressioni indecifrabili di Edward e Carlisle. Cosa pensavano di lei adesso, avevano capito perché era rimasta, ma  quanto fosse obbligata certo, ma ora che anche loro sapevano la verità cosa sarebbe accaduto? Niente, si ripeteva, sono io. Sempre io. Ma sono la figlia di Lucifero. E questo cambia tutto, poteva percepirlo nelle ossa.
 Il mattino arrivò giacché esausta anche di pensare alla fine precipitò nel sonno. Fu di nuovo Lilith a entrare nella camera da letto. Senza bussare o annunciarsi saettò nella stanza e aprii le tende. La luce rossastra dell’esterno cancellò il buio pesto della notte. Alice si sollevò allerta strizzando gli occhi. Poi si focalizzò su di lei.
“Bene, sei sveglia, forza vestiti” disse lei scegliendo il vestito di seta blu. Aveva un cinturone d’oro in vinta, senza spalline ma con un anello d’oro dietro al collo che fungeva da attacco, le tonalità d’azzurro cambiavano scolorendo sino al bianco sul davanti.
“Come le mie…ali” si alzò e si avvicinò incerta. Era strana la gravità di quel posto. Degli IniNferi. Ora che erano passate delle ore cominciava a notarlo. Era tutto più pesante. L’esatto opposto di quello che si percepiva nella Città d’Argento.
“Si, l’ha fatto fare per te… ieri” disse lei e lo buttò di malo modo sul letto.
“Sbrigati, lui vuole vederti” gli occhi scuri del demone la guardarono carichi di disprezzo. Alice non capiva cosa potesse tanto infastidirla. Che fosse un’intrusa, così l’avrebbero  percepita.
“Aspetta, io devo nutrirmi…” Alice si portò una mano alla gola, secca e ardente. Lilith sorrise compiaciuta.
“Ma…certo” sparì dietro la porta, Alice non sapendo cos’altro fare cominciò a vestirsi, si sciacquò il viso in un lavabo di pietra grezza e si aggiustò i capelli come meglio poté, passavano i minuti. Cominciò a frugare in giro, aprii i cassetti e l armadio imponente sul fondo della stanza. C’erano tuniche e sandali e cinte, tutte da uomo. Armi e gioielli. Quella doveva essere proprio la stanza di suo padre. E l’aveva ceduta a lei. Alice avvertì stupore e paura al tempo stesso.
“Prendi” fece in tempo a girarsi che Lilith tornata le porse un calice di bronzo. Alice bevve il sangue, era sangue animale, non capiva di che animale fosse ma almeno non era umano.
“Sa che hai scelto di non bere sangue umano…” disse lei, incrociò le braccia impaziente.
“Cos’è?” Alice si sentii rinvigorita all’istante, era diverso da qualsiasi creatura terrena,
“E’ sangue di manticora… una bestiola molto feroce” Alice posò il calice sul lavabo.
Lilith la condusse giù per l’ampia scalinata di marmo al pian terreno. C’erano diversi demoni sulla soglia e un brusio rumoroso al di là della prima porta sulla destra. Non aveva timore di loro, avrebbe potuto difendersi, avrebbe potuto ucciderli tutti. Ma non lo avrebbe fatto. Aveva deciso che avrebbe ascoltato e fatto domande, ora che qualcuno era disposto a dirle la verità. Lilith entrò disse di aspettare qualche minuto. Poi udii la voce calda di Lucifero e ci fu silenzio.
“Bene signori, fate silenzio, fratelli miei, Superiori, demoni da ogni risma dell’Inferno, vi ho convocati nel Palazzo d’Ebano per darvi una notizia straordinaria” Alice sbirciò dalla porta, c’erano almeno 200 demoni in piedi a pochi metri da un trono d’ebano nero sopraelevato e tempestato di rubini rossi. Lucifero era in piedi davanti ad esso e parlava allargando le braccia, le ali chiuse, con la medesima tunica bordata d’argento della sera prima. I suoi occhi viola luccicavano alla luce delle torce.
“Ho una figlia…era perduta” disse, e un leggero brusio di stupore e sconcerto si sollevò, i più rumorosi erano quelli in piedi.
“E oggi è qui, con noi, è una di noi” fece cenno verso la porta che si spalancò. Alice fu immediatamente fissata da tutti. Decise di non mostrare alcuna insicurezza e avanzò lentamente ma composta e elegantemente. Il vestito le stava d’incanto e i suoi occhi baluginavano d’azzurro. Si osservò i polsi, d’improvviso come dal nulla erano apparsi dei bracciali d’oro. Era stato Lui, la guardava incantato.
“Vieni, Alice, al mio fianco” un lento e profondo battere la fece voltare a sinistra, c’era una platea di legno e dei figuri incappucciati, orribili, con le labbra cucite, battevano dei tirsi sul pavimento. Alice spalancò le ali e con un balzò raggiunse Lucifero. Non voleva attraversare con gli occhi di tutti puntati addosso e il tappeto di porpora si estendeva per parecchi metri. Alcuni demoni le guardavano mangiandola con gli occhi, altri con disprezzo, altri ancora con lacerante curiosità. Lilith non la guardava affatto. Era in disparte, ai piedi della piattaforma del trono a fissare un punto indistinto.
“Bellissima” Lucifero le carezzò un’ala, lei si ritrasse leggermente. Alice era incerta su come reagire, tutta quella … presentazione le appariva una sinistra cerimonia.
“Grazie” disse e accennò un sorriso, Lucifero mostrò una dentatura perfetta e bianca da togliere il fiato, era davvero …magnifico. Non l’avrebbe mai potuto immaginare che il primo angelo fosse così…
“Alice, l’angelo ritrovato…” le prese la mano sollevandola alla sprovvista, i demoni inneggiarono rumorosamente.
“L’Angelo! “
“Alice”
“La Salvatrice”
“La figlia perduta”
Queste e altre parole riempirono la sala del trono.




Sean semi-nascosto da una delle colonne squadrate di ebano nero, in penombra, non resistette ancora a lungo, subito dopo quelle acclamazioni, quegli elogi falsati e stomachevoli, silenziosamente sgusciò via dalla sala del trono. Alice non lo aveva neppure visto, nella fitta calca di centinaia di demoni. Ma prima o poi avrebbe dovuto incontrarla, lui era lì, ancora lì per proteggerla e per starle vicino, per evitare che gli artigli di Lucifero le si conficcassero troppo a fondo. Dopo quella notte lui non l’aveva più convocato ma ben presto gli avrebbe chiesto di parlare con lei, di fagocitare la sua causa, di convincerla a fidarsi. Doveva essere impazzito, dopo che l’aveva condotta lì con l’inganno, Sean le aveva mentito, sulla sua identità, questo più del piano e della trappola, questo non glielo avrebbe perdonato forse mai. Ma in fondo il demone non lo aveva contraddetto se era l’unico modo per sorvegliarla. A passi lenti Sean si recò nel cortile del palazzo sul retro. Era ancora intonso del profumo di gelsomino e rose. Arricciò il naso e cominciò a percorrere avanti e indietro le passerelle di mattoni neri tra i cortili. La sua mente vorticava ancora e ancora intorno alla sera prima. A come li aveva condotti sin lì, a come aveva rassicurato Aiden, lo sguardo di tutti infiammarsi dopo che Lucifero lo aveva smascherato. La delusione profonda di Alice. SI sentiva come un tronco di quercia marcio, eroso dalle termiti. La scia del suo andirivieni e dei suoi pensieri fu interrotta dal fruscio della veste di Lilith. Il demone aveva indossato un abito nero lungo e tempestato di punti luce, così abbagliante e aderente. Era bellissima. Eppure nessuno guardava lei nella sala del trono, nessuno sembrò accorgersi di lei quando l’angelo aveva camminato fiero sino alle scale e poi aveva dischiuso le ali calde e azzurre. Lì sul trono accanto a Lucifero, gli occhi di tutti puntati su di lei. Lilith piegò la testa di lato schernendo Sean. Un mugolio misto ad una risata le scivolò fuori dalle labbra rosso fuoco e prominenti. Sean la guardò con disprezzò ma abbassò lievemente il capo in segno di rispetto. Lilith era antica e potente quasi quanto Lucifero, tutti sapevano che bisognava essere accondiscendenti con lei e non irritarla. Non era una semplice concubina, non era stata una semplice moglie, non era solo la prima donna mai creata. Nei suoi occhi scuri e profondi si apriva l’abisso e la vita al tempo stesso. Era molto saggia. Ma aveva anche numerosi difetti. Uno di questi l’invidia. L’altro l’impertinenza.
“Piccolo povero Sean, il tuo muso è più lungo di quello di una sfinge. Cosa ti turba?” la sua voce seguì i piccoli passi aggraziati. La luce della luna quasi piena fece scintillare il vestito. Sean sospirò.
“Nulla” si voltò e continuò a camminare sperando che se ne andasse.
“Non si direbbe…è tremendo il morso dell’amore, non è così?” Sean strinse i denti, si fermò e si voltò.
“Posso congedarmi mia signora, in verità non mi sento molto bene” ma Lilith sorrise, questa volta senza nessuna ombra di scherno sul viso e gli fece cenno di seguirla. Sean malvolentieri si accostò con lei ad una delle panchine disseminate nel giardino.
“Nessuno sta bene, ma non è il momento adatto questo” Sean la guardò confuso.
“Lucifero non sta bene, da quando ha scoperto di sua fi…figlia…” l’espressione di Lilith era tirata.
“E adesso che è qui, per colpa tua aggiungerei, ho un pessimo presentimento” Sean si scostò irrequieto sino al bordo della panca.
“Colpa mia? Non ho avuto scelta… o portarla qui o lui avrebbe fatto uccidere  il suo bambino eo me” Lilith scosse la testa,
“Potevi salvarla, era difficile sacrificare il ragazzino, ma ne avrebbe potuti avere altri… potevi morire e invece tu sei stato egoista…” Sean era incredulo.
“Lilith… cosa stai dicendo?” le guance di Lilith avvamparono. Era molto provata. Le tremava addirittura il sopracciglio. Sean risedette. Non aveva mai visto Lilith così in tutte quelle settimane, lei era sempre distaccata, statuaria, controllata, ispirava riverenza e attrazione. Lei solo osava contraddire o disobbedire a Lucifero anche in pubblico. Era Lilith, la Lilith ribelle e fiera. Ed ora invece sembrava folle e impanicata. Lei strinse un pugno reprimendo un moto di rabbia.
“Dovevi lasciarla sulla terra al di là delle conseguenze, ora potrebbero succedere cose terribili” aggiunse, Sean la fissò avido, Lilith si stava sfogando, o confidando, come che fosse, lei poteva conoscere le reali intensioni di Lucifero e se lui giocava bene le proprie carte avrebbe potuto estorcerle informazioni vitali.
“Si avrei dovuto forse…” disse lui,
“Cosa potrebbe accadere ora che lei sa chi è?” chiese sottovoce quasi temendo che i pioppi e i salici potessero udirli e amplificare le loro voci. Lilith si lisciò il vestito, le sue guance erano di nuovo dorate e gli occhi sprezzanti.
“ E credi che io lo sappia” osservò,
“ Lucifero, cosa vuole farne di lei?” tentò di nuovo, Lilith si lasciò andare delusa sullo schienale della panca,
“Che perdita di tempo” si passò una mano sul volto, Sean confuso stette in silenzio per qualche secondo.
“Beh? Sei ancora qui? Vattene che aspetti?” Lilith gli diede una leggera spinta. Sean si alzò ma non si mosse, che diavolo stava architettando quella donna?
“No…Non hai risposto alla mia domanda” disse lui rompendo ogni sorta di separazione di grado o autorità che c’era fra loro. Lilith si alzò compiaciuta e gli carezzò la guancia con le sue dita affusolate. 4 anelli grossi e fittamente decorati odoravano di incenso.
“ Il fuoco è dentro i tuoi occhi e il tuo spirito ragazzo, mi piace… hai solo dormito in queste settimane” gli volteggiò intorno. Solo allora un afflato di alcol colpì le narici di Sean. Ecco perché Lilith era così strana, emotiva e rabbiosa, nonché preoccupata. Gin Incendiario.
“ Si Lucifero, ai tuoi ordini, come desideri. Mio signore, mio signore…” farfugliò, Sean le afferrò un polso e l’allontanò.
“Aspetta…mi piaci ragazzo…adesso mi piaci” gli sorrise,
“Io sono venuta da te per sapere cosa stesse tramando Lucifero e tu mi vomiti addosso le mie stesse domande Ah!” Lilith ricadde sulla panchina. Sean comprese. Lo stupore fu poi sostituito dallo stesso senso di panico che aveva percepito in Lilith. Se il Signore Oscuro non aveva rivelato nulla a Lilith, la sua compagna e confidente… e nessuno tranne lui stesso conosceva i suoi piani, questo era terribile.
“Perché credevi che lo dicesse a me…tu sei.. sei tu la sua…” Sean non trovava le parole,
“Prediletta, amata… cosigliera?” Lilith staccò una rosa dal cespuglio dietro di loro, staccò furiosamente i petali blu e li sparse al vento.
“Non più… a quanto pare…” Sean osservò i petali sollevati dalla brezza volteggiare nell’aria rossastra e precipitare oltre il parapetto. L’ebbrezza di Lilith mostrava oltre alla rabbia e alla paura anche la sua gelosia. Era gelosa di Alice.
“Mi ha sempre detto tutto, ogni cosa” continuò come se stesse parlando da sola. Sean risedette. Tutti sapevano quanto il consiglio e il parere di Lilith fosse prezioso per ogni decisione presa da Lucifero.
“Nessun segreto, nessuna menzogna…eppure, non mi aveva mai detto di aver amato un angelo, di aver giaciuto con un angelo…” Lilith strappò un’altra rosa e questa volta calpestò i petali con la punta dei suoi tacchi neri.
“Quella sporca mezzo-sangue è piombata dal nulla” Sean ebbe un involontario spasmo. Non era colpa di Alice quella situazione, e non poteva tollerare che la si insultasse. Ma si trattenne dal parlare.
“ Io non so cosa ha in mente La Stella del Mattino… ma è come impazzito, accecato da una strana euforia, dal desiderio verso di lei…  non l ho mai visto così… dice che è fondamentale, vitale che lei sappia, conosca e resti…” Sean ci rimuginò. I grilli cominciarono a cantare fastidiosamente.
“Quella sciocca, indegno angelo… non può stare qui” Sean strinse un pugno,
“Smettila” disse quasi sussurrando. Lilith gli afferrò bruscamente il polso.
“Che c’è Sean? Oh quell’ardore e la rabbia scalpitano, se continuo a nominarla a inveire contro di lei… come ti fa sentire?Eh?” Sean la fissò rabbioso,
“Ecco, è come mi sento io…. Lei mi indigna, la sua sola presenza è un’offesa…” Sean respirò ma cominciò a parlare.
“Lilith, Lucifero non è di tua proprietà, . Ha decine di concubine, è il signore dell’inferno e tu solo una sua servitrice, come tutti noii, Alice è sua figlia e adesso ha un occhio di riguardo per lei, ed è perfettamente comprensibile, prevedibile… è sangue del suo sangue, non puoi essere gelosa e comportarti come una…” un man rovescio colpì con foga la guancia di Sean.
“Non osare parlarmi in questo modo, ragazzo…io posso farti uccidere… sarò anche la servitrice di Lucifero ma tu devi servire anche me…” Lilith dischiuse le ali marroni involontariamente e senza accorgersene per diversi secondi. Aveva lacerato il vestito, le richiuse borbottando.
“Non sono invidiosa di quella ragazza, io sono Lilith,  la 1° donna mai creata, moglie di Adamo e la madre dei Demoni” si allontanò,
“Alice non ha colpe, tutto questo è colpa della Stella del Mattino e lo sai anche tu…” Sean le si avvicinò cauto,
“Perdonami, sono stato irrispettoso mia signora” aggiunse, e abbassò la testa. Lilith soppesò la sua ira e si voltò contrita ma più rilassata.
“Sean Sherwood, sei perdonato…per questa volta…” allungò un braccio e Sean le baciò la mano.
“Lucifero ha bisogno di te per convincere la ragazza, a fare qualsiasi cosa stia tramando…io e te siamo gli unici a lui vicini che possano scoprire cosa intende fare e consigliarlo per il meglio…” aggiunse,
“So che non ti importa di me o di Lucifero ma solo della tua preziosa mezzo-sangue… ma la nostra collaborazione potrebbe aiutare entrambi…” Sean annuì.
“Va bene… cercherò di scoprire il possibile. E tu mia signora farai lo stesso?” Lilith annuì. Gli occhi le scintillavano. Andò verso l’uscita velocemente.
“Lilith?” la sua pelle dorata era adesso nella penombra del cancello di ferro. Sean non riusciva a scorgerla bene in volto.
“Alice odia già me, e molto probabilmente Lucifero, e questo posto… non lasciare che odi anche te…ha bisogno di qualcuno che possa capirla…” e forse Sean avrebbe battuto la testa contro un muro piuttosto che proporre Lilith. Lei la odiava dal principio ma se l’avesse conosciuta. Se avesse compreso quanto fosse unica, gentile, amabile, intelligente, spettacolare… Non erano così diverse in fondo. Eppure Lilith era la sola che potesse confortarla se solo avesse voluto.
“ Non mi interessa di renderle piacevole il soggiorno, non è una vacanza questa…” disse lei e svanii.



 
Lucifero dopo il solenne annuncio a quella che sembrava a tutti gli effetti una corte reale fece apparire come dal nulla due lunghi tavoli di legno scuro istoriati d’oro con bizzeffe di cibo e un liquido dorato che Alice non identificò. I demoni, nei loro abiti più suntuosi seppur fatti di pelle e cuoio con una certa pacatezza si riversarono sul cibo tranne qualcuno che si avvicinò a lei e Lucifero intenti a scendere dal podio. Erano dei soggetti alquanto bizzarri, il primo era quasi del tutto calvo, piuttosto anziano almeno in apparenza, indossava un saio scuro e una catena di anelli spessi e tintinnanti al collo. Le sorrise appena ma le baciò la mano indugiando con le labbra sulle dita. Alice cominciava ad avvertire oltre all’imbarazzo e alla confusione per tutto quell’interesse nei suoi confronti anche una certa irritazione, non era rimasta per essere sfoggiata come un trofeo.
“Qyburn, mia dolce fanciulla, al tuo servizio per tutto il tempo che resterai qui” Alice si costrinse a tendere i muscoli della faccia in un sorriso quantomeno cordiale. L’altro demone accanto a lui era un energumeno, scuro di pelle e in pantaloni così stretti che era possibile vedere ogni vena e protuberanza. Aveva i capelli rasati da una sola parte e un occhio completamente cieco.
“Sono onorato di conoscere la stirpe di Lucifero” disse facendo un inchino al suo signore, Alice provò disagio puro. Il demone la fissava quasi famelico.
“ Sono sicuro che tutti si siano sentiti onorati quanto te, mio caro Admesio, ma ora lasciateci, Alice ha bisogno di un bicchiere di ambrosia… è così pallida” Lucifero le prese un braccio e la condusse all’estremità del secondo tavolo dove c’erano solo delle ancelle che versavano il liquido giallo nelle coppe di bronzo. Ad un cenno di Lucifero si dileguarono. Lucifero prese due coppe e gliene porse una. Alice la prese incerta, annusò. Era strano, non aveva alcun odore. Non si avvertiva nessuna particella o atomo di una qualche sostanza. Anche l’acqua ha una sua essenza. Pensò Alice.
“Bevi, ti farà bene, non hai mai provato una cosa simile fidati” Alice avvicinò le labbra alla coppa, nessuno degli astanti si avvicinò più, parlavano e mangiavano sparsi per la sala, un mormorio costante. E ogni tanto lanciavano occhiate indagatrici nella loro direzione. Il liquido dorato era tiepido. Ed era.. da togliere il fiato, Alice non aveva mai assaggiato cosa più buona. Una vera esplosione del gusto più dolce e delicato che potesse esistere. E ne fu inebriata. Senti quel calore e un’energia forte pervaderle il corpo dallo stomaco alla punta delle dita. Afferrò un’altra coppa e bevve.
“ L’ambrosia è divina… puoi berla perché sei una creatura celeste, come tutti noi” Lucifero gli fece l’occhiolino, i suoi occhi viola scintillavano alla luce delle molteplici fiaccole sparse nella sala. La tunica argentata aderiva perfettamente alla sua figura. Era un incanto a vedersi.
“Ora basta però, non esagerare, non sei abituata, crea dipendenza questa roba… sono sicuro che i miei fratelli lassù ne siano assuefatti oramai” le sfiorò la mano prima che potesse prendere la terza coppa. Alice si fermò a osservare il curioso anello centrale, d’oro massiccio e con una pietra rossa scavata nell’effigie di una divinità greca o romana, era chiaro per i dettagli, la lancia, l’alloro intorno alla testa, lo scudo. Lucifero aveva altri anelli di pietre diverse su tutte le dita, ma più piccoli.
“ Cosa raffigura?” chiese lei toccando la pietra, lui le sorrise e sfilò l’anello,
“ Marte, dio romano della Guerra, un’ altra scheggia di vetro che rappresenta il Capo, nella sua qualità migliore, la furia omicida” scosse la testa e rimise l’anello al dito. 
“Perché questa cerimonia… io credevo…” Lucifero le fece cenno di tacere,
“Non qui tesoro” si portò al centro della stanza e giacchè era passata circa 1 ora dopo un discorso quasi altrettanto lungo congedò tutti. I demoni sparirono in fretta, accalcandosi al portone d’ingresso e lasciarono la sala del trono vuota. Solo allora Alice si rese conto della sua grandezza. Il pavimento di piastre nere e lucenti , i porticati e le colonne squadrate, il seggio in legno dei Superiori e il podio del trono tempestato di pietre rosse. Tutto spettacolare e suntuoso. Il soffitto non c’era, un effetto che Alice aveva già contemplato nel Paradiso, un cielo poco nuvolo e stellato era sopra di loro.
“Dov’è finita Lilith, Qyburn vai a chiamarla” Lucifero prese una pigna d’uva e cominciò a mangiarla, sedette appoggiando le gambe alla tavolata. Alice si lisciò il vestito azzurro di seta.
“Lucifero, io credevo…” lui sollevò una mano per fermarla ancora, un lampo azzurro illumino i suoi occhi, ora l’irritazione cominciava a trasmutarsi in rabbia.
“ Alice, so che ti sarà difficile ma ti prego chiamami padre…” una richiesta che Alice mandò giù come un boccone amaro. Lo ignorò proseguendo.
“Questo annuncio, il vestito, il cibo… io credevo che mi avresti parlato e insegnato e mostrato chi sono io e cosa dovrei conoscere…” Lucifero mandò giù il decimo chicco d’uva verde.
“Sei impaziente e bramosa di sapere. Posso capirlo.” Si alzò recuperando compostezza e solennità. Era strano, a volte appariva quasi come un giovane ragazzino entusiasta e maldestro e a volte come un dio rigido e crudele, con una voce tonante e vellutata.
“Dovevo presentarti ai miei sudditi, se così potremmo definirli, affinché ti rispettino e sappiano chi tu sia. Alice non potevo lasciarti vagare per gli inferi senza dar prova del nostro legame di sangue, qui gli angeli non sono al sicuro”. Alice gli si avvicinò.
“Non ho bisogno della tua protezione, sono venuta qui più volte, e nessuno è riuscito a battermi” c’era fierezza nella sua voce, Lucifero era sempre più conquistato.
“Sei forte, lo so, l’ho visto… e puoi fare cose che nessun angelo ha mai fatto… in ogni dominio” Alice lo guardò interrogativa.
“Dominio?” Lucifero andò a prendersi un’altra coppa di ambrosia.
“ Mia dolce figlia, io ho un potere illimitato qui, posso manipolare ogni cosa e ogni persona a mio piacimento negli Inferi, posso fare ogni cosa…ma solo perché è mio compito, o punizione governare questo posto. Lì fuori, sulla Terra o nel Paradiso io non ho alcun potere… “ Alice deglutii, immaginava il punto della conversazione.
“Tu sei fuori da ogni schema, Lui non può frenarti, perché non era prevista la tua esistenza… tu hai potere ovunque e nessun limite…io ti invidio Alice…” lei dischiuse la bocca ma non riuscii a dire nulla.
“Sei libera” aggiunse, Alice chiuse gli occhi e la coppa nelle mani di Lucifero andò in frantumi. Qyburn appena entrato con Lilith emise un sussulto.
“Signore, siete ferito” Alice vide piccole gocce di sangue colare verso il gomito di Lucifero. Allora, poteva sanguinare, come tutti i demoni e gli angeli…e questo implicava che..
“Cosa hai fatto?” Lilith sbottò rabbiosa,
“Ma basta, lasciatemi, non è nulla…Alice e io stavamo parlando finchè non ci avete interrotti…” Alice indietreggiò.
“Mi spiace…non…” Qyburn le si avvicinò,
“Non riesci a controllare i tuoi poteri… ma non devi preoccuparti… Il Signore Oscuro ti insegnerà a farlo…” Alice si illuminò,
“Tu puoi? Nessuno, neanche mia madre o gli angeli hanno capito come contenere il mio potere…” Lucifero si passò un panno bianco tra le mani e le andò vicino.
“Alice, tu non senti di essere libera, e non avrai il controllo di te fino a che smetterai di trattenerti…io posso aiutarti” la prese per le spalle.
“ Trattenermi, ma credevo fosse quello lo scopo…” Lucifero scosse il capo,
“No, non è vero… frenare e nascondere quello che sei ti farà perdere il controllo, controllare è domare non raffrenare, ma non puoi gestire qualcosa se non la conosci a fondo” Alice si staccò,
“Si, hai ragione” Lucifero batte le mani,
“Bene, Qyburn è al tuo sevizio così come Lilith per qualsiasi bisogno…. Quanto a noi, da oggi ti insegnerò tutto quello che posso sulle tue doti e come promesso saprai ogni cosa… ora va a cambiarti e cominceremo da una conoscenza approfondita di chi ti ha generato…” Alice sgranò gli occhi.
“ Me, Lucifero Stella del Mattino e Gyselle, mia cara, Gyselle,  tu sai davvero poco di tua madre, ti ha nascosto molte cose…” un crogiolo di emozioni contrastanti invase la mente di Alice. Sua madre…doveva odiarla per averle nascosto chi fosse il suo vero padre? Si..eppure non ci riusciva fino in fondo. Le parole di Lucifero la destabilizzavano e affascinavano al tempo stesso. Si concentrò per non distruggere altro e sospirò.
“Mia madre avrà avuto una buona ragione… però ti sono grata per la tua sincerità” Alice gli si avvicinò fulminea e gli prese una mano. Lucifero sorpreso e stranito dall’emozione che provava indugiò per poi ritrarre la mano. Nessuno osava avvicinarlo in quel modo, questa ragazza, questa sua figlia…come doveva comportarsi con lei?
“Ora va… io e Lilith ti aspettiamo nel cortile, non sarà una cattiva idea mostrarti gli Inferi come si deve durante il racconto”. Alice si congedò tesa ma anche sollevata all’idea che presto molti dubbi sarebbero evaporati dai suoi pensieri.


Alice si recò nella sua stanza e si cambiò abbastanza lentamente, era irrequieta. Desiderava sapere quanto più possibile tutte le sfaccettature di quella storia eppure aveva una brutta sensazione. Se scoprire tutta la verità non le avrebbe portato equilibrio e pace? Se fosse accaduto il contrario. Essere la figlia di Lucifero le metteva i brividi. Si sciacquò il viso e fece dei respiri profondi. Ora doveva soltanto scoprire il più possibile e poi tornare a casa. Le risposte che cercava si trovavano in quel luogo per quanto fosse spiacevole restarci. Il cortile era deserto come la sera precedente, l’unica differenza era una luce rossa e oro più marcata, quasi accecante. Se negli inferi la percezione della gravità era diversa, Alice si chiese se il tempo, il giorno e la notte fossero diversi anch’essi.
“Siamo qui Alice” la voce vellutata di Lucifere echeggiò nello spazio del giardino. L’effluvio di rose e gelsomino erano quasi nauseanti. Alice si affrettò e spalancò le ali. Lilith era accanto a lui. Seduta sul bordo del parapetto, con la testa appoggiata alla sua spalla mentre gli accarezzava il braccio lentamente. SI alzarono e lei le rivolse uno sguardo irritato come sempre. Tutto quell’astio nei suoi confronti Alice non riusciva a comprenderlo. Lucifero aprii l’immenso palco di piume nere e fece strada nella fuligginosa atmosfera dell’Inferno. Volarono in alto, per un centinaio di metri poi si fermarono a mezz’aria. Lucifero ondeggiò la mano flessuosa davanti a sè e tutta la nebbia e il fumo che rendevano il cielo avulso dalla terra svanirono. Alice strabuzzò gli occhi. Ora che poteva vedere chiaramente dall’alto i confini di quel regno, immenso, caotico, complesso.
“ Benvenuta nell’Ade… una visione d’insieme così non avresti mai potuto possederla, la mia nebbia tutela questo posto ed è indispensabile, altrimenti estraenei poco graditi capirebbero come muoversi e come fuggire da qui le mie anime” disse fiero. La cosa che colpì immediatamente Alice furono i labirinti scavati nella pietra rossa, tunnel e tunnel, simili a quelli di un formicaio che conducevano in nuclei centrali scavati nella roccia al cui interno era impossibile vedere. Ogni labirinto era separato dagli altri da costoni di montagne o da immense voragini avvolte nelle fiamme, sembravano sprofondare nel terreno all’infinito. I labirinti circondavano le zone più esterne, dal palazzo d’Ebano a dei piccoli agglomerati di edifici e casupole. Lucifero fece cenno e cominciarono a planare lentamente intorno alla roccia rossa delle voragini. Le scintille di lava erano caldissime anche a quella distanza. Piccole perle di sudore colarono dalla fronte di Alice. Invece Lilith e il suo Oscuro padrone non percepivano affatto la temperatura, o per lo meno non lo davano a vedere.
“Cosa c’è in quelle nicchie?” chiese Alice indicando la fine di ciascun labirinto,
“Oh li ci sono i castighi sempiterni, non puoi vedere al loro interno finchè non ci sei dentro, ogni vano è una punizione che si adatta ai peccati di ciascuna anima mortale” spiegò lui.
“Le anime non possono uscirne…” osservò lei mesta.
“Si” nella voce di Lucifero non c’era orgoglio o compiacimento ma neppure compassione. Alice ricordò perché fossero così familiari. Durante la loro prima visita negli Inferi, prima che uccidesse Balthazar avevano vagato in un labirinto simile, eppure lei aveva trovato, capito quale fosse l’uscita. Quel pensiero le mise inquietudine. Lucifero sembrò notarlo, spostò quindi la sua attenzione sul palazzo, il nucleo dell’Ade. Posizionato al centro di tutti i labirinti di roccia rossa. Il palazzo aveva un blocco centrale con numerose torri e diversi distaccamenti periferici, strade di marmo e porticati lo circondavano. Il giardino era una costruzione recente, o per lo meno così appariva, posto sul colle dietro il palazzo era molto più grande di quanto Alice avesse percepito pur standoci dentro. Poi si allontanarono dal centro e volarono molte leghe. La vastissima estensione di quel luogo lo rendeva fatta eccezione per il palazzo estremamente povero, arido, sembrava un deserto rosso e caldo, senza vita. L’unico rumore erano le urla strazianti che provenivano dal basso. Continue, insopportabili.
“A est, ovest sud e nord ci sono i 4 blocchi…li chiamiamo così” erano quelli gli agglomerati urbani che spezzavano il paesaggio deserto, anche se a definirle città era rischioso.
“Quello è il Villaggio delle Ceneri… qualche demone di infimo rango forse vi abita ancora ma per lo più è abbandonato” disse Lilith, Lucifero la guardò ammiccando.
“Poi, a destra puoi vedere i Monti di Fuoco” era una zona elevata circondata da nubi e con piccoli blocchi di ebano quadrati messi l’uno sull’altro, enormi, quasi fosse uno strano alveare, Alice notò che erano arredati e abitati, come strane case, alcune anche decisamente sfarzose.
“Li vivono i demoni…” osservò Alice,
“Si quasi tutti i più fortunati” poi virarono verso sud,
“ La Laguna” era una vera e propria palude, odorosa di fango e melma, piena di lecci e radici rampicanti, strani insetti e grossi rospi putridi. Alice notò la piccola imbarcazione che scivolava sull’acqua, e Caronte… due fiumi si incrociavano sfociando nel lago principale.
“Il fiume Lete e l’Acheronte… ti ci porterò, ma adesso concludiamo la nostra visita dall’alto” l’ultima zona rimasta era la più estrema a nord. Alice socchiuse gli occhi poiché da lì non proveniva più una luce rossa ma bianca quasi accecante.
“I Monti di Ghiaccio, non c’è molto da vedere in effetti, è il confine, da qui si potrebbe arrivare alla terra ferma se si scavasse per chilometri verso l’alto” e difatti concentrandosi meglio Alice pote’ constatare che sopra quelle catene montuose innevate non c’era il cielo, ma il ghiaccio, che si protendeva dalle loro punte, rendendole simili a gigantesche stalatitti.
“ Li chiamiamo anche monti capovolti, beh…è comunque un bello spettacolo” questa volta Lucifero parlava fiero e osservava gaudente le punte bianche innervarsi nel ghiaccio sopra di loro.
“Incredibile” Alice non poteva negare che l’Ade fosse tanto inquietante e sinistro quanto spettacolare. Una parte di lei ne provava disagio ma un’altra meraviglia. Lucifero planò verso il basso, sino ad andare in picchiata e atterrò ai piedi della prima montagna, i suoi stivali neri affondarono nella neve. Alice e Lilith lo seguirono. Nonostante ci fosse neve tutt’intorno a loro l’aria era comunque rovente.
“ Assurdo” disse lei involontariamente, tastandosi la fronte sudata. Lilith sedette su una roccia chiudendo le ali e sfregandosi la neve addosso.
“Ah, che goduria, è fredda Alice, toccala, anche se tutto intorno è soffocante” le lanciò un po’ di neve addosso con noncuranza, Alice era incerta. Ma poi la curiosità ebbe la meglio e inginocchiandosi a terra affondò le dita nella neve. Lo scroscio che ne segui fu quasi estatico. I piccoli cristalli di ghiaccio si sciolsero all’istante a contatto con la sua pelle, era fredda. Una cosa fredda in quel posto, insieme a lei.
“Anch’io amavo la neve… un tempo” disse quasi sussurrando lui.
“Era una delle cose più belle che mio padre avesse mai creato” uno strano sorriso aleggiò sul suo volto.
“Sai Alice, io non volevo finirci in questo posto. Io ho sempre e solo desiderato essere libero” sedette sulla roccia accanto a Lilith, Alice sentii un brivido lungo la schiena, stava per raccontarle, di tutto, del principio?
“La mia nascita era stato un evento magnifico, non c’era vita sulla terra, e io ero il primo. Lui mi ha creato e solo il sole poteva vantarsi di essermi pari in bellezza, splendore, ardore. Ero il primo angelo, il primo Figlio, la prima cosa che Dio abbia mai amato o voluto…e io lo adoravo…lo amavo…” si fermò per qualche secondo.
“ E quando vennero alla luce i miei fratelli ero così gioioso di poter condividere con qualcun altro l amore e il rispetto che provavo per Lui e per tutti gli esseri che stavano esistendo. Gli umani, ah! Quella fu la creazione che più incuriosì noi tutti, e passammo molto tempo nel Paradiso terrestre a studiarli, a interagire e ridere con loro. Il problema di fondo era però la nostra natura. Lui aveva creato gli animali e gli umani e li aveva dotati di un qualcosa che a noi mancava. La capacità di provare rabbia, desiderio, passione… il libero arbitrio… non c’era per noi e apparentemente nemmeno per loro…eppure… “ Lucifero indicò Lilith,
“Io sono stata la prima donna, mi sono ribellata ad Adamo e a Dio, ho scelto la libertà e sono stata cacciata. Sono io la prima ribelle non La stella del mattino….ti sorprende eh angelo?” Alice non sapeva cosa dire, ci rimuginò su.
“ E dopo che la bella Lilith era stata cacciata di malo modo,  non trovavo pace, perché io e i miei fratelli dovevamo accettare quella realtà e basta? meravigliosa e perfetta?… il fatto è che mia cara figlia,  la ripetitività fa impazzire, la perfezione fa impazzire, dopo centinaia di anni volevo qualcosa di nuovo, volevo di più! E credevo che mio padre capisse, che mi appoggiasse… volevo solo esplorare, magari creare qualcosa di mio… Ma questo per lui fu insopportabile, mi recise le ali e mi fece cadere.” Lucifero indicò un punto tra le due montagne, dove si effondeva una luce quasi dorata.
“Ecco proprio lì, tra quelle due montagne, sono caduto, e c’è ancora un piccolo cratere nel terreno. Mi ruppi quasi tutte le ossa. Prima non avevo mai sentito il dolore. Ma ad essere completamente squarciata era la mia anima. Non credevo che lo avesse fatto davvero. Ma non invocai pietà o perdono, ne aiuto. Vagai in queste terre desolate, cominciarono ad apparire strani labirinti scavati nella roccia. Le ali mi ricrebbero, prima le avevo più bianche e luminose di chiunque, ma erano diventate nere e oscure. Dopodicchè Anche Eva si era ribellata con Adamo, e non per mio trucco o inganno come raccontano. Poche settimane dopo giunse da me Gabriele. Dio aveva deciso che se volevo di più, un mio regno questo lo sarebbe stato. Diventare il padrone dell’Inferno, e punire le anime dannate dei mortali per tutta l’eternità. Una magra consolazione fu che Lilith mi trovò e poi molti altri angeli che scelsero di cadere per appoggiare il mio coraggio… ne sono grato per questo…. In fondo…” Alice fissava il punto indicato da Lucifero. Sussultò, come una scossa elettrica le immagini di alcuni sogni che aveva reputato quasi belli ma insignificanti le affiorarono tra i pensieri. Quella luce, quel paesaggio, i riccioli biondi dell’angelo che vedeva volare verso il basso…cadere…l’aveva sognato, visto. Il passato.
“Alice?” Lucifero le posò una mano sulla spalla,
“Si… è stato molto intenso…” farfugliò,  scivolò via dal contatto.
“Mi è difficile comprendere però perché Dio ti ha cacciato” disse ricomponendosi,
“Non smetto di chiedermelo da migliaia di anni” Lilith sosppsirò,
“Bene, andiamo, ora ne ho abbastanza della neve” senza attendere risposta spiccò il volo. Lucifero si avvicinò nuovamente ad Alice e le porse la mano.
“Torniamo al castello, ho un’altra cosa da mostrarti” Alice titubante gli afferrò la mano. E non fu più li. Sulle prime pensò si fossero smaterializzati, ma poi capì che era una visione. Lucifero, indossava una tonaca bianca e parlava animosamente in un parco circondato da portici bianchi e fontane, l’aria permeata da luce bianca e leggera. La Città d’argento e quello era il portico del tempio che aveva visto con Sean.. Era con un angelo, dai lunghi capelli neri e gli occhi blu. Sua madre. Alice annaspò come se le mancasse ossigeno. Non sentii più la pelle calda della mano di Lucifero e le immagini sparirono. Aprii le ali e spiccò il volo a sua volta prima che lui potesse capire.
 


Arrivati nuovamente nel palazzo d’Ebano Lucifero la condusse in una sala enorme, una biblioteca ricolma di libri e scaffali, il soffitto non aveva una fine così come la quantità di libri contenuta in quello spazio. Gli scaffali erano disposti in ogni direzione, la gravità era strana anche lì, i legno di questi si curvava in cima a formre una volta di scaffali e libri. Erano di tutte le forme e colori e grandezze, volumi enormi e piccoli quanto il palmo di una mano. Alice chiuse per un secondo gli occhi fermandosi sull’uscio, più passava il tempo più  le sembrava che tutto fosse un sogno assurdo. Ma era reale. Tutto reale. Il Signore Oscuro si avvicinò allo scaffale più in alto, al centro esatto della stanza, nel soffitto assente. Sollevò una mano e sembrò afferrare il primo libro, a caso. Poi scese nuovamente giù e richiuse le ali. Alice si guardò le spalle, non c’era traccia di Lilith.
“Voglio che tu abbia questo” gli porse un libro fortemente ordinario, era leggero e sottile, la copertina nera e rigida, le pagine già all’esterno sembravano fragili, molto gialle e sbiadite, antiche. Non c’era titolo o una qualche incisione, la copertina era in cuoio, perfettamente liscio. Odorava di stantio e muffa. Alice rigirò il piccolo volume tra le mani soppesandolo, poi lo aprii curiosa.
“Ma è vuoto” disse delusa, Lucifero le sorrise, quel sorriso caldo ma inquietante che le rivolgeva sempre. Si scuotette la polvere bianca dalle spalle e camminò verso la porta, chiudendola.
“Questo libro, è molto prezioso, e soprattutto raro… ho passato centinaia di anni al fine di comprendere quale fosse la chiave…” parlava in maniera concitata, Alice percepii una certa impazienza e irritazione.
“Una chiave?” le pagine che stava sfogliando erano completamente bianche, anzi gialle, non c’era traccia di inchiostro, di cancellature o raschiamenti, non c’era scritto alcunché.
“Il contenuto di quelle pagine potrebbe rendermi libero finalmente… bisogna solo capire come leggerlo” si avvicinò ad Alice e le tolse il libro dalle mani.
“Mi sta facendo impazzire, ma sono sicuro che tu scoprirai come… il libro si rivelerà a te” Alice cominciò a temere che Lucifero fosse già pazzo. Lei non aveva idea, e poi per quale assurdo motivo un libro vuoto si sarebbe rivelato a lei.
“Non capisco, perché dovrei esserne in grado?” Lucifero dischiuse le morbide labbra rosee ma la porta di legno si aprii di scatto in un cigolio agghiacciante, un demone nerboruto apparve dai cardini e rivolse a Lucifero solo un ‘occhiata, ma era un’ occhiata tesa e di fuoco. Lucifero sospirò seccato.
“Non si può avere un attimo di pace… Alice perdonami, riprenderemo a breve la conversazione, porta il libro con te e sentiti libera di andare ovunque tu voglia nel palazzo, tornerò subito” e sparii con la guardia. Alice dischiuse le ali e vagò tra gli scaffali di quell’immensa libreria. Era più forte di lei la curiosità. E li dentro sembrava condesarsi l’intero sapere umano e molto di più. Innanzitutto si assicurò che gli altri libri fossero effettivamente scritti. Lo erano. Rise nervosa. Perché mai Lucifero teneva a quel libro e poi essere libero cosa avrebbe comportato? Era chiaro che lui voleva qualcosa da lei. Rivelarle i propri segreti le proprie origini, la sua storia , non gli sarebbe bastato. Alice perse un po’ l’orientamento girovagando in quello che sembrava l’ennesimo labirinto. Alcuni libri erano scritti in lingue che neppure lei conosceva, lingue non umane. Alla fine decise di scendere e tornare nella stanza da letto. Non c’erano orologi in quel palazzo, lo scorrere del tempo era scandito soltanto dal rosseggiare o meno della luce. Passando accanto alle ampie vetrate delle scale di marmo Alice capi che di tempo ne era passato parecchio da quando avevano spiccato il volo in giardino, era quasi del tutto nuovamente buio. Almeno 7 ore per volare intorno agli Inferi. Era stanca e cominciava a sentire di nuovo la sete. Entrò nell’ampia camera con i tappeti di pelliccia e le tende di velluto rosso. Non c’erano molti demoni o guardie nel palazzo, a differenza di quella mattina. Non c’era neppure Lilith. Sedette sul letto e appoggiò il libro vuoto su di una sedia. Non avvertiva alcuna sensazione, non aveva…visioni…al tocco di quell’oggetto. No. Alice scacciò via il pensiero delle ultime immagini. Era stato strano… ma lei non poteva leggere nel pensiero come Edward o Aro. Il passato, era il passato quello. Alice si lasciò andare tra i cuscini. Le era già successo con la collana di quella donna uccisa dal Moth nel lago.
“Non ho la forza di gestire un altro potere…non mi sta succedendo, per favore” disse tremante. Cercò di focalizzare i pensieri su Jasper, Aiden, la sua famiglia.
“Forse dovrei andare via… continuare a cercare risposte potrebbe peggiorare la situazione…” due leggere nocche sui battenti la fecero trasalire. Il demone anziano che si era presentato come Qyburn entrò silenziosamente nella stanza. Indossava la tunica grigia logora e la pesante catena di anelli intorno al collo.
“ Non volevo spaventarti… “ Avanzò ed adagiò un calice di sangue sul tavolo. Alice scattò nella sua direzione e bevve avidamente. Quasi inconsciamente.
“ Non credevo di avere cosi tanta sete” disse stupendosi, ma il vecchio non sembrava impressionato o disgustato, doveva aver visto molto peggio.
“ La tua natura angelica ne soffre, è soffocata” disse lui e sedette, Alice confusa e spaventata posò il calice tremante,
“Cosa vuoi dire?” gli occhi grigi e così vivi di Qyburn si focalizzarono sulle sue mani, si alzò e si scusò,
“Oh mia cara, non devi agitarti, non ti accadrà nulla, era in senso metaforico, più o meno, vedi l’aria e l essenza di questo posto possono intaccare la tua singolare natura” disse, ma Alice non ne fu affatto rassicurata,
“ Non credo dovrei restare allora” la faccia di Qyburn un po’ rugosa si intristii,
“Sei libera di andare, il mio signore te l’ha promesso ma io ti chiedo di restare, perché c’è ancora tanto che devi conoscere” Alice sedette e si portò una mano tra i capelli,
“ Dov’è lui?” chiese,
“Purtroppo alcune questioni devono essere risolte, non sarà di ritorno prima di domani, ma ha chiesto a un altro demone di farti da guida in sua assenza” Alice lo guardò curiosa,
“Tu?” lui scosse il capo,
“Sta arrivando… dimmi hai provato qualcosa entrando in contatto con il Libro” il libro, era così importante per loro?
“No… nulla… il tuo Signore ha perso le staffe probabilmente…” Qyburn corrugò la fronte,
“Tuo padre…” sottolineò, Alice sentii un nodo alla gola.
“ Capisco che sia difficile da accettare, è qualcosa di sconvolgente, di aberrante a pensarci, per una come te…” Alice tacque,
“Io sento che la tua è un’anima davvero unica e così stranamente votata al bene, all’amore e al sacrificio” aggiunse,
“Stranamente?” la voce calda e bassa del vecchio era quasi ipnotica,
“Si, per una vampira, per il tuo sangue che è lo stesso di Lucifero… il sangue demoniaco dovrebbe sopraffarti, invece tu sei qualcosa di così indefinito…” Alice cominciò ad avere l’emicrania. Qualcun altro bussò alla porta. Qyburn si alzò e la sua catena di anelli di metallo scintillò. Erano anelli saldati insieme ma ognuno di un metallo diverso. Quel demone sembrava un intellettuale o un saggio. Alice voleva saperne di più.
“Avremo altre occasioni per parlare, sempre che tu voglia restare…” fece un piccolo inchino e uscii. La persona che entrò nella stanza era l’ultima che Alice volesse vedere.

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Capitolo 22
*** Domande ***


“Alice…” Sean indossava la stessa mise delle guardie, con alcuni pugnali nella cinta, il giubbotto di pelle e il torace scoperto e muscoloso. Evitò di guardarla negli occhi. Sembrava quasi non volersi trovare nello stesso spazio vitale. Il primo pensiero di Alice fu quello di assalirlo, dovette impiegare ogni energia per controllarsi, per non picchiarlo, soffocarlo, buttarlo giù dalla finestra. A denti stretti parlò ma usci come un sibilo, un ringhio.
“Esci” Sean impietrito restò inchiodato all’ingresso ma non se ne andò.
“Non posso, mi ha ordinato di accompagnarti” disse impercettibilmente. Lei tornò a sedersi sul letto, stringendo le lenzuola, respirò profondamente. Sean fece qualche passo.
“Alice, mi…dispiace…” la porta si chiuse sbattendo fragorosamente, era stata lei. Un movimento d’aria spostò Sean facendolo quasi ruzzolare ai piedi del letto.
“Cosa me ne faccio delle tue scuse…ora sono in questa situazione per colpa tua” chiuse gli occhi e trattenne le lacrime. Avrebbe voluto stringere Aiden tra le braccia e trovare le labbra di Jasper in quel momento. Voleva conforto.
“Mi dispiace” Sean tremava, ma di rabbia,
“Smettila di chiedere scusa….guardami….Sean perché non mi guardi negli occhi!?” la voce acuta di Alice lo riscosse, smise di tremare, riuscii a guardarla negli occhi azzurri luminosi e feriti.
“ Ho messo in pericolo Aiden e la tua famiglia e ti ho portata qui, obbedendo a Lui, l’ho fatto perché volevo proteggerti….aspetta fammi finire” Alice cominciò a muoversi irrequieta sul letto,
“lui ha sempre voluto te, farti arrivare qui, era essenziale che tornassi, e mi ha fatto venire da te perché sapeva che ti saresti fidata… io avrei preferito morire, te lo giuro ma mi ha detto che se non ti avessi portata qui avrebbe fatto uccidere Aiden dal sussurratore…” Alice smise di respirare.
“ Ma… ti ha ingannato… lui non… o lo avrebbe già fatto… lui è mio…” non riusciva a dirlo,
“Padre…” disse lui con rabbia.
“Quando me l’ ha detto io…non riuscivo a crederci, eppure tutto quadrava, tu, i tuoi poteri, l’effetto che fai su chiunque…” Sean sedette sul tappeto guardandola dal basso.
“Io credevo che lo avrebbe fatto e che poi avrebbe ucciso anche te, davvero, tu non lo conosci, ne è capace, e lo sospetto anche ora. Per questo sono qui. Ancora qui, per aiutarti, per farti sopravvivere… e perché lui mi ha chiesto di convincerti della sua benevolenza e fiducia e stronzate simili…ma per me Lucifero è quanto di più abietto e malvagio esista in ogni mondo. Non accadrà nulla di buono qui. Devi andare via al più presto ma se te vai ora, senza avergli dato ciò che vuole, non avrai pace, tu e Jasper Aiden e tutti gli altri sarete sempre in pericolo” Alice sedette a terra a sua volta. Gli afferrò una mano, Sean ne fu sorpreso.
“Cosa…credevo che mi avresti ucciso questa volta” Alice gli strinse le dita fino a fargli male,
“Sono ancora arrabbiata, furiosa con te… ma sento che è la verità. Anche prima, A Forks capivo che mi stavi mentendo, Sean, e per questo mi sento davvero ferita ma ora capisco il potere che lui esercita su di voi… Non c’era scampo per te. Non c’è adesso io credo. Eppure vuoi continuare ad aiutarmi…” disse lei, la furia si dissipava.
“Lo sai il perché… sarà sempre così…” Alice andò a sedersi accanto a lui e non riuscii a trattenersi, lo abbracciò, Sean avvampò e tremò ma la tenne stretta.
“Sei l’unico amico che ho qui dentro, non posso farcela da sola” Sean comprese che ne valeva la pena, per lei ogni cosa, ogni tortura ogni sofferenza ne valeva la pena.


Dopo circa una 20ina di minuti Sean si sollevò dal pavimento, si guardò attorno e in particolar modo rivoltoa alle ampie vetrate opache della stanza e sentenziò che era il momento per andare.
“Il demone con la catena…Qyburn mi ha detto che mi avresti fatto da guida, mi farai vedere quello che vuole Lui?” chiese Alice.
“Si… devo mostrarti da vicino alcuni posti e…creature molto importanti qui” Sean avanzò verso la porta. Alice avvertiva una certa stanchezza ma con Sean si sarebbe sentita più a suo agio. Scesero lungo l’ampia scalinata di marmo biforcuta e poi fuori l’ingresso principale del palazzo, una strada stretta e lastricata portava lungo i labirinti di roccia rossa. Sean prese la mano di Alice. Si smaterializzarono.
“A me è concesso” disse lui, Alice annuì, poi sgranò gli occhi. Non badò neppure a dove fossero arrivati.
“Sean, puoi andare sulla Terra, puoi andare a Forks…” lui cominciò a camminare più svelto, Alice lo incalzò, l’odore di quel posto era più penetrante  e quasi fastidioso, l’aria molto umida ma Alice aveva gli occhi puntati sulla sua schiena.
“Ti prego, solo per fargli sapere che sto bene” era lì da appena 2 giorni ma sapeva quanto Jasper non sopportasse la sua lontananza, non voleva ripetere i mesi d’assenza con sua madre, senza una spiegazione, senza un contatto, mentre era incinta. AL solo pensiero di dover restare lì interi mesi le si accapponò la pelle.
“Non posso, mi era permesso fare su e giù solo quando dovevo sorvegliarti, Lui lo scoprirebbe…” Alice si fermò,
“Li ha lasciati andare, non capisco il pro…” Alice comprese.
“ Hai..ragione… non è giusto per te…Lui potrebbe punirti o ucciderti” disse lei,
“Non mi importa di morire” la voce di Sean era roca, non gli importava, era coraggioso, stupido, o profondamente triste? Alice avrebbe detto tutte e tre le cose.
“Lucifero non è stupido…sa che ho agito con lui solo per evitarti conseguenze peggiori, sa che resterò finchè lui sarà in contatto con te, sa che non lo faccio perché gli sono fedele…” si bloccò,
“Ma non mi permetterà di andare sulla terra ancora, potrei contattare gli angeli, ostacolare i suoi piani” disse. Alice sospirò rassegnata. Cominciò a guardarsi intorno. Erano in dei corridoi stretti, come fossero delle grotte sotteranee, i gocciolii dell’acqua erano l’unico suono, la puzza insopportabile quasi.
“Dove siamo?” Sean le rivolse un sorriso sbilenco,
“ Aspetta, chiudi gli occhi…e senti…” Alice fece come gli veniva detto. Oltre all’acqua e ad una leggera brezza sentiva solo quell’odore così forte…poi sentii un cuore pompare, un altro e un altro ancora. Dei respiri pesanti.
“Ci sono degli…animali qui?” aprii gli occhi,
“Si…forza avviciniamoci” a passo umano camminarono per un bel po’,
“Dobbiamo avvicinarci lentamente, non siamo una minaccia giusto? Anche se probabilmente avranno paura di te…” lo disse scherzosamente ma Alice percepii la  sua consapevolezza. A mano a mano che procedevano l’interno della grotta si allargava, presto non videro più il soffitto di pietra. Sbucarono in una piccola radura di roccia e arbusti radi, erano all’aperto adesso, il cunicolo da cui venivano era incassato nella montagna.
“Siamo a ovestsud, le montagne di Fuoco è così?” Sean annuì, afferrò una delle torce attaccate ai fianchi del tunnel e la accese. L’oscurità era quasi totale. Sventolò la torcia davanti a sé per tre volte, in attesa, concentrato. Alice sentii i cuori avvicinarsi. Battevano fin quasi a scoppiare. I respiri più concitati, le zampe sul terreno. Trattene il fiato da un momento all’altro qualcosa sarebbe apparso nel buio.
“Indietro!” la grossa bestia aveva fatto un balzo atterrando a centimetri dalla torcia. Alice indietreggiò sino a toccare la parete di roccia con la schiena. Era un enorme mastino, con tre teste, tre cuori, tre grosse bocche con canini lunghi 1 metro. Il respiro si alzava in nuvole di vapore. Il pelo era nero come la pece e gli occhi di un intenso color cioccolato, le pupille dilatate. 
“Alice Cullen, ecco il Guardiano dell’Inferno, Cerbero” Sean ondeggiava la fiamma, Alice stentava a credere che un po’ di fuoco spaventasse quel mostro eppure era così. Le tre teste spostavano lo sguardo da loro alle lingue fiammeggianti della torcia. Il ringhio che emettevano era basso e profondo.
“ I Guardiani hanno sempre un aspetto rassicurante” osservò lei sarcastica, anche se a differenza del Moth, il custode del Limbo, questo cagnone cresciuto era quasi adorabile.
“ Controlla che nessuna anima sfugga dai labirinti e presenzia una delle entrate, a Sud” Sean cominciava a sudare per la vicinanza col fuoco.
“E’ una creatura molto intelligente, comprende che noi siamo creature celesti, e che tu sei un ospite del suo padrone….ma ecco … ti farebbe a pezzi comunque” Alice si avvicinò alla torcia.
“ Non credo…” Sean frappose un braccio tenendola indietro,
“ Attenta, ricorda che il Moth ci ha quasi ucciso…” lei gli abbassò il braccio,
“Ricorda che sono riuscita a sopraffarlo alla fine” disse, Sean guardò i suoi occhi e vide il riflesso della fiamma che sollevava. Come dimenticare ciò che aveva visto. Un enorme drago più grande di un aereo spostato con la sola forza del pensiero, sbattuto contro la montagna… Alice gli fece cenno di allontanarsi col fuoco.
“Alice, andiamo” riluttante si spostò di qualche metro. Una delle teste di Cerbero seguirono i suoi movimenti, sempre a denti scoperti ma poi tutte si fissarono su Alice. Delle lingue quasi rosse si leccarono i musi,
“Pensa che tu sia il pasto, Alice, vieni qui” ma lei lo ignorò. Cerbero fece uno scatto ma lei lo schivò elegantemente. Dischiuse le ali e l’atmosfera buia fu rischiarata da una lieve tonalità d’azzurro.
“ Scommetto che sei un bravo cane in fondo” disse e sorrise, il mostro per un momento sembrò confuso e fu quasi buffa la sua espressione ma poi ringhiò caricandola nuovamente, le zampe poderose picchiavano sul terreno. Alice non fece nulla, restò immobile e lo fissò negli occhi. Con le fauci a pochi centimetri  dalla sua faccia Cerbero si fermò. Le tre teste rilassarono le mascelle e si udì un flebile guaito. Si accucciò di fronte a lei sul terreno, guardandola. Sean non si era neppure reso conto ma la torcia l’aveva fatta cadere. Il tonfo distrasse le teste per un attimo.
“Come diavolo hai fatto?” Sean, sbalordito girò intorno al corpo peloso del cane, grande quanto un bus. Alice allungò una mano e accarezzò la testa centrale, i respiri pesanti di Cerbero si trasformarono in un grugnito di piacere. Poi si sollevò e lentamente camminò dentro la radura. Alice richiuse le ali e osservò la grossa creatura per un po’.
“ E’ quasi tenero a modo suo” ma la mano le tremava, Sean fu sollevato dal fatto che comunque avesse provato paura, a volte Alice gli sembrava una specie di divinità, avulsa da ogni limite.
“Sean?” lei le sventolò una mano davanti al viso,
“Bene…andiamo, per i cunicoli, l’altro posto non è lontano.”

Imboccarono di nuovo il tunnel. Alice si schiarì la voce.
“Ti ho turbato… ti ho messo paura?” Sean la guardò, lei sembrava sofferente, quasi più spaventata di quanto doveva esserlo prima.
“Cosa ?…” ma Alice era fin troppo perspicace.
“Non mentirmi ancora” disse con durezza, Sean deglutii,
“Si… mi ha turbato quello che hai fatto” la guardò negli occhi, non meritava altre bugie.
“Perché? Insomma, sono sicura che quel mostro si fa avvicinare da altri….da Lucifero” Sean soppesò le parole,
“ Nessuno ha mai… calmato Cerbero, o toccato Cerbero o solo guardato negli occhi Cerbero…neppure Lucifero sa gestirlo bene…e tu lo hai domato in pochi secondi…” Alice abbassò lo sguardo. Continuarono a camminare lentamente.
“Anche a Forks, percepivo che a volte eri intimorito da me…” osservò, Sean annuì.
“Da quando hai scoperto che sono sua figlia?” Sean serrò la mascella.
“Questo ti ferisce Alice, pensare che gli altri hanno paura di te?” quella domanda gli uscì spontaneamente, Alice si fermò, un lampo azzurro attraversò le sue iridi.
“Certo che si…io non voglio terrorizzare gli altri…non sono malvagia, non potrei mai far del male a …” si fermò,
“gli Innocenti, i buoni? E chi sarebbero?” Sean sospirò. Furono nuovamente in uno spazio aperto. Alcuni grilli cantavano tra gli arbusti. Alice sedette su una roccia.
“ Perché hai paura di me?” Sean sentiva quanto lei ne fosse ferita ma aveva promesso di non mentire.
“Perché sei più potente di qualsiasi angelo sia mai esistito, perché puoi fare cose che nessuno immagina, perché sei sua figlia, e  perché non hai il totale controllo di te stessa…” Alice strinse la pietra che si sgretolò sotto le sue dita.
“E il fatto di essere la figlia di Lucifero è quello che pesa di più” disse lei,
“Alice… io non voglio avere paura di te, non faresti del male…intenzionalmente ma…” Alice si sollevò, arrabbiata,
“Io non farò del male ai demoni o agli angeli o agli umani senza ragione, e neppure accidentalmente… io sto cercando di controllare in tutti i modi il mio potere…ma voi non avete idea di che cosa significhi” le tremava la voce. Voi. Pensava alla sua famiglia, agli anziani… a tutti. Sean le si avvicinò.
“A volte anche io ho paura di me stessa, non so cosa sono adesso ma soprattutto so chi voglio essere” Sean era folgorato dalla sua forza e bellezza. Le accarezzò una guancia.
“ Sean…” il suo sguardò era ammonitore ma non si ritrasse,
“ Quello che senti per me non è distrutto dalla paura?” Sean scosse la testa,
“No, mai… niente potrà cambiarlo” Alice gli prese la mano e l’allontanò.
“Allora dovrai aiutarmi a convincere gli altri a non temermi, in primis Lucifero” Sean sgranò gli occhi. Forse Alice aveva colpito nel segno. Il Signore Oscuro aveva una degna rivale.






 
48 prima

Attraversare quello strano portale era stato terribilmente semplice, fu come immergersi per pochi secondi  nell’acqua. Nessuna nausea o vertigini che la materializzazione dava a chi veniva trasportato. Di questo Jasper fu grato, stringeva Aiden tra le braccia, aveva smesso di piangere ma il colletto della camicia di suo padre era ancora umido e i suoi occhi ancora lucidi e arrossati. La luce del sole li accecò in un primo momento ma poi cominciarono a distinguere i contorni verdi dei pini, l’odore di terriccio, i corvi… erano nella foresta a poche centinaia di metri da casa. Lo scroscio delle foglie a nord gli fece recuperare lucidità.
“Bella ed Esme” disse Edward guarandosi intorno. Pochi istanti dopo comparvero entrambe, abbracciarono Edward e Carlisle, poi Bella corse da me ed AIden. Il suo sguardo sollevato fu velato dall’ansia. Alice.
“Dov’è Alice?” chiese Esme, Carlisle le prese una mano.
“E il demone?” aggiunse Bella riferendosi a Sean, Jasper contrasse la mascella, mi se giù Aiden che restò mogio e in silenzio. Bella gli prese una mano.
“ Ci ha ingannati, era un trappola, ha sempre fatto il doppio gioco per portarla dritta da Lui” Jasper si fermò, loro non sapevano, come dire una cosa del genere. Edward venne in un suo soccorso.
“Il demone che aveva colpito AIden ?” Jasper annuì,
“Non è solo un demone…lui è Lucifero” Esmee trasalì,
“ Il diavolo… l’ha catturata” sussurrò Bella,
“ In un certo senso, non è semplice da spiegare” Edward cercava le parola più adatte, Jasper avvertiva un pesante accumulo di energia negativa, premere sempre più, doveva muoversi,correre, andare a cercare…Phoebe…si.
“E’ suo padre, il suo vero padre….Lucifero…non è mai stato un essere umano, Alice è figlia di un angelo e di un demone, del primo demone… ecco il motivo per cui è così potente, diversa da qualsiasi creatura essi conoscano. Ora lui l’ha invitata a restare per spiegarle e rivelarle altre cose promettendo che ci avrebbe lasciati andare incolumi” il fiume di parole sgorgò dalle  sue labbra in fretta. Bella ed Esmee erano rigide e immobili come statue di pietra.
“Vado a cercare Phoebe, spero per il suo bene che non sia andata via…” Jasper ringhiò e svanii nella coltre di alberi.
“Edward, cosa….è vero…come è possibile…” Edward l’abbracciò e annuì. Aiden le tirò il braccio.
“Voglio andare a casa…a letto… zia Bella per favore…” Bella che per qualche istante si era dimenticata della  presenza di Aiden recuperò il contegno necessario. Gli rivolse un ampio sorriso e andarono via nella direzione opposta a quella di Jasper. Carlisle Esmee ed Edward li seguirono.
“Ho messo Aiden a letto… era stremato, non ha voluto mangiare nulla, ne dirmi nulla, deve essere confuso e a pezzi…” Bella parlò scendendo le scale, le tremava la voce.
“Si è dovuto separare da sua madre, in maniera così repentina, dopo quello che ha passato con il loculens….temo davvero per la sua salute Carlisle” disse Edward, lui annuì pensieroso.
“Ci occuperemo di lui… ha tutti noi e Jasper… per quanto ormai è grande abbastanza per ricordarsi di quest’altro trauma mae ha compreso perché Alice è rimasta, è più intelligente di quanto pensiamo” Esmee sedette su una sedia molto scossa.
“ Bella, andiamo a cercare Jasper… “ uscirono dalla cucina.

Esmee indossava un tubino nero ben avvitato, i capelli caramello le ricadevano in ampi boccoli sulle spalle. Una ruga le scendeva in verticale lungo la fronte era molto tesa.
“Carlisle, Alice è in pericolo?” lui le si avvicinò e si sedette accanto.
“Non lo escludo, ma è capace di fare l’impossibile e ne abbiamo avuto prova sin ora, riuscirà a tornare. Non devi tormentarti. Noi non possiamo fare nulla per aiutarla, sono in gioco forze di cui ignoravamo l’esistenza” Carlisle fissò un punto indistinto nella stanza.
“ Possiamo confortare AIden e dargli tutto il sostegno…” Esmee annuì asciugandosi una guancia, una lacrima sottile e appena percettibile disegnava una piccola linea sullo zigomo destro.
“ Si… Alice è stato un dono prezioso…sai che tengo a questi ragazzi come se fossero miei figli, sono la nostra famiglia… “ Carlisle sospirò e l’abbracciò, l’amore che lei provava in assenza di legami di sangue era sincero e più profondo di quanto potesse capire.




Phoebe stava chiamando Michele da circa 1 ora, non dermordeva, non poteva permetterselo non dopo quanto era accaduto. Lei lo sapeva, prima o poi Lucifero l’avrebbe cercata, le avrebbe rivelato la verità. Gli anziani dovevano ascoltarla, avrebbe dovuto dirglielo lei stessa. Aveva sbagliato, frenata da una paura folle e immotivata dell’incerto. Pheobe piantò bene i piedi e ad ali schiuse ripetè i movimenti circolari con le mani per invocarlo. Nulla.
“ Vigliacchi” disse a denti stretti. Quasi per certo non lasciavano Michele da solo, così che potesse raggiungerla. Oramai sapevano anche loro cos’era successo. Il danno era fatto. Se Alice avesse accettato la verità di Lucifero e fosse sul punto di aiutarlo a fare qualsiasi cosa stesse tramando, nulla di buono per certo, loro sapevano e adesso erano terrorizzati. Phoebe poteva sentirlo nelle piume, gli angeli non sapevano cosa fare, erano in svantaggio per la prima volta dalla Caduta. Un forte scalpiccio nella foresta distolse i suoi pensieri e la fece voltare di scatto. Era Jasper.
“Jasper” disse in un sussurro, i grandi occhi verdi spalancati, pallida, molto pallida in viso. Jasper si fermò a qualche metro. LA furia aleggiava sul suo volto, sembrava che volesse attaccarla. Forse ci pensò ma non ne era capace, non così, non dopo quanto aveva fatto per Alice.
“Phoebe, non sei fuggita” disse in un ringhio, lei ciondolò sui piedi, richiuse le ali e fece qualche passo verso di lui.
“Io non potrei fuggire, Jasper so che sei arrabbiato” lui si irrigidì,
“Io ho una parte di colpa in questa storia…io sapevo chi lei fosse, l’ho sempre saputo, gli angeli me l’hanno rivelato quando fece la sua prima apparizione in Paradiso per riprendersi Aiden. Gli anziani lo sanno.” Jasper non sembrava stupito. Phoebe aspettò prima di proseguire.
“ Lucifero ci ha detto tutto, gli unici ad esserne ignari erano lui ed Alice a quanto pare… perché non gliel hai detto, tu eri sua amica, lei si fidava di te…aveva il diritto di saperlo” Jasper alzò il tono della voce, le nubi nere del cielo cominciarono ad addensarsi e i brontolii dei tuoni a ingigantirsi.
“Perché ce l’hai tenuto nascosto, perché loro non volevano che sapesse?” Bella ed Edward li raggiunsero correndo trafelati ma sollevati di vedere entrambi, interi. Jasper guardò con riproverò il fratello. Non avrei alzato un dito contro di lei.. non sono uscito di senno. Edward gli rivolse un’occhiata di scuse. Avevano colto gran parte della conversazione. Guardavano tutti Phoebe. Bella sembrava più furiosa e inorridita dello stesso Jasper, non si era mai fidata completamente dell’angelo.
“ Non capisci Jasper, perché tutti noi abbiamo paura di lei… di quello che potrebbe fare” Jasper rise, era davvero questo il motivo, quanto poteva essere assurdo, avere paura di lei?
“Non ti credo, deve esserci di più… cosa è cambiato ora che lo sa…Alice è sempre la stessa” Phoebe lo guardò dolcemente.
“Per te è sempre la stessa donna che ami…. Ma ora che ha piena consapevolezza di se.. io credo che si senta diversa, essere la figlia del Primo angelo, essere ad un passo dalla divinità…essere segnata dal passato ancor più di quanto lo fosse prima…il suo retaggio… il suo sangue… non è una cosa semplice da accettare o da lasciar correre.” Edward annuì pensieroso.
“Potrebbe capire e controllare a pieno il suo potere” disse lui,
“Oppure potrebbe averne troppo e perdere ogni freno….capite quanto sia delicata per tutti la situazione?” Jasper scosse la testa,
“Per tutti…per Loro…per te a quanto pare…temete che possa distruggere il vostro dannato Paradiso… ad Alice non importa della vostra guerra, dei vostri giochi di potere e controllo, lei vuole vivere in pace, con me ed Aiden, e la sua famiglia…perché non riuscite a vederlo, a lasciarci in pace” Edward attirò Jasper a sé e gli pose le mani sulle spalle.
“Fratello, fratello…sta calmo” Phoebe coglieva la disperazione nella sua voce, nelle sue parole, Si avvicinò velocemente e attirò Jasper a se abbracciandolo, Edward si scansò sorpreso. Jasper incredulo voleva liberarsi ma una calma profonda e appagante invase corpo e mente. Era forse la stessa cosa che lui riusciva a fare con gli altri ma questa era come amplificata, perfetta. Dopo 1 minuto buono Phoebe si allontanò.
“Cosa hai fatto?” lei gli sorrise,
“Ne avevi bisogno…ascolta, ascoltatemi io voglio bene a Alice, potete sentirlo, vederlo, io non permetterò che Lucifero o gli Anziani le facciano del male. Io rimedierò ai miei errori, te lo prometto. devo dirtelo in tutta onestà, ho timore di quello che Alice rappresenta di quello che può fare ma so che la sua anima è buona e pura…voglio aiutarla…. Farò ragionare qui vecchi intonacati. Fosse l’ultima cosa che faccio” Phoebe dischiuse le ali.
“Michele non mi risponde, andrò nella Città, anche sei mi è stato proibito, andrò a cercarlo” si alzò di qualche metro.
“Phoebe, quando lo troverai, portalo da me, io devo parlarci” disse Jasper.
“Ci proverò” e svanii in un alone di luce.



 
Il forte brusio riempiva l’assemblea, ciascuno degli anziani parlava con chi aveva di fianco o davanti, appoggiato al grosso tavolo ottagonale di marmo. Michele sentiva le tempie pulsare. Discutevano da ore e non avevano trovato alcuna soluzione o per lo meno una soluzione che andasse bene a tutti.
“Vi prego fratelli!” disse con voce tonante recuperando pochi secondi di silenzio,
“ Litigare fra noi non risolverà le cose” disse pacatamente accarezzandosi la folta barba rossiccia, i suoi occhi grigi erano stanchi,
“ Michele, non vogliamo sentirti, non in merito alla situazione che hai contribuito a creare. C’è un fondamento di colpa in ognuno di noi per quanto è accaduto, ma in te soprattutto.” A parlare era stato Ezechiele, splendido nella sua corazza d’argento, ma rosso in viso per la vergogna.
“Fin ora hai lasciato che parlassimo standotene in silenzio… continua così fratello” aggiunse, Michele non poteva placare la sua rabbia. Gli altri anziani lo guardarono, chi con tristezza, chi con delusione, solo Gabriele gli sorrise. Michele non poteva sopportare oltre. Si alzò e uscii dal palazzo delle Riunioni , decise che forse avrebbe riacquistato più controllo e pace passeggiando sotto i portici. Gli altri angeli non avevano affatto gradito la sua visita non programmata alla stella del Mattino, anche se per un fine nobile aveva tradito la loro fiducia. Presto o tardi però avrebbero richiesto ancora il suo parere, ma era una magra consolazione, Michele non aveva di che consigliare o proporre. Avrebbe voluto solo la pace. Un odore familiare di cannella e fragola lo mise sull’attenti, guardò in alto, nella luce bianca del cielo.
“Phoebe” sillabò sorpreso. La Custode stava scendendo di quota proprio su di lui. Planò con leggiadria e richiuse le ali. Gli sorrise afferrandogli una mano e portandolo tra le colonne per nascondersi.
“Michele, per fortuna ti ho trovato” strinse la mano dell’Anziano e sospirò di sollievo.
“Phoebe, non dovresti essere qui, sei stata esiliata ricordi?” ma sul volto di Michele aleggiava un sorriso caldo, aveva sempre avuto un debole per la graziosa creatura che aveva davanti, come per una figlia.
“Michele, ascolta, devi convincere il consiglio ad agire, per liberare Alice, Lucifero la tiene prigioniera, dobbiamo fare qualcosa…” ad ogni parola la sua voce si affievoliva,
“ Mia dolce Phoebe, comprendo le tue motivazioni, Alice è quanto di più prezioso da preservare ma io non posso tornare negli Inferi ne potrei proporre agli altri una cosa del genere, ho già agito di nascosto e me ne pento, non ho cambiato il corso degli eventi eppure ho provato a farlo… così deve andare…” lo sguardo di Phoebe diventò glaciale.
“ Michele, cosa dici? Non ti riconosco, il tuo spirito è fiacco, la loro disapprovazione non deve impedirti di fare ciò che è bene” Michele le prese le mani sempre sorridendo,
“Fanciulla ascolta, il Bene è rispettare i Suoi disegni, Alice ha scoperto la sua identità, nonostante i nostri sforzi per tenerla all’oscuro, doveva accadere… rifletti bene, Lucifero la tiene prigioniera? O Lei resta nell’Ade di sua volontà? Vuole capire, conoscere ciò che è…ed io non potrei biasimarla per questo” Phoebe restò di sasso.
“ E’ ovvio che voglia saperne di più…e che rimarra lì finchè lo riterrà opportuno…ma quando avrà deciso di tornare…”
“Se” disse lui,
“Quando … credi che Lucifero la lascerà andare? Non agisce così con ciò che ritiene gli appartenga, ed Alice è sua figlia, ha potere, qualsiasi sia il suo piano è evidente che si servirà di lei… e quindi come possiamo lasciargli fare?” Michele sospirò.
“Ne sono consapevole. Phoebe” il tono affabile di Michele si indurì, ora incuteva profondo rispetto. Si lisciò la tunica.
“Ma come ti ho detto ho le mani legate… Voglio proteggere l’equilibrio… vorrei poterlo fare…” Pheobe capì che non lo avrebbe convinto. Fece qualche passo indietro delusa. Aprii le ali ma esitò.
“Cosa c’è piccola mia?” lei lo guardò supplicante,
“Puoi fare almeno una cosa per la sua famiglia?” lui riflettè,
“Parla pure” Phoebe gli afferrò dolcemente il braccio,
“Jasper, il suo compagno vorrebbe parlarti, non so cosa spera di ottenere ma vieni con me sulla Terra, vieni ad ascoltarlo…questo lo puoi fare Michele” seppur teso l’anziano non potè sfuggire ai due occhioni verdi e profondi come una palude. Annuì.
“Va bene, andiamo adesso, mentre sono ancora in assemblea”

Michele in cuor suo era consapevole che quella visita sulla terra sarebbe stata inutile, avrebbe solo infastidito i suoi fratelli e di certo non avrebbe contribuito a redimersi dalle ultime scelte che aveva fatto trasgredendo le norme. Tuttavia non poteva negare a Phoebe la sua compassione, la sua empatia e poi un tarlo nella testa gli imponeva di parlare con il compagno di Alice, dopo aver tenuta nascosta la verità dopo così tanti anni, il minimo era fornire una spiegazione. E sarebbe andato giù  negli Inferi per parlare direttamente con Alice se fosse stato possibile. Avevano appena varcato la soglia della città e una leggera pioggia li colse di sorpresa, il tepore del Paradiso mutò in aria umida e fredda; scesero di quota e già si intravedevano le cime verdeggianti dei pini e delle querce, erano proprio in volo sulla foresta di Forks. Phoebe virò facendogli un segno, i suoi ricci color fragola dilatati dall’umidità. Atterrarono in uno spiazzo quasi pianeggiante, l’erba era gialla e rada, quasi 40 metri privi di alberi, una radura spoglia e arida. Era autunno inoltrato ormai. Michele guardò le nuvole grigie sopra di loro che avevano appena attraversato.
“ Jasper sarà qui a momenti” disse lei e richiuse le piccole ali dorate, ma Michele era teso seppur il suo volto stoico e la sua postura indicassero tutt’altro: sicurezza, saggezza, potere. Qualche minuto dopo avvertirono il fruscio dei passi veloci dei vampiri e il loro odore dolce e fruttato. Michele aspirò a pieni polmoni. Era una cosa bizzarra a primo impatto, che delle creature oscure e assassine avessero una tale bellezza e un tale profumo, ma erano le armi attrattive più pericolose per le loro prede. I Cullen e i gruppi di vampiri che avevano scelto di non cacciare gli esseri umani erano più che bizzarri e affascinanti. In ogni anima un tempo umana si celava qualcosa di buono e puro. Lo stesso non poteva dirsi dei demoni, o di Lucifero. Ed Alice… lei era qualcosa di indecifrabile.
“Phoebe” il vampiro che arrivò per primo era il fratello di Alice, mosse appena le labbra nel chiamare Phoebe che si voltò nella direzione del sussurro. Dopo qualche istante sopraggiunse anche Jasper. Entrambi fradici e gocciolanti, la pioggia era divenuta alquanto copiosa. Ma a nessuno di loro recava disturbo. I due angeli sembravano quasi non accorgersene. Michele aveva il palco di ali aperto seppur tenuto indietro, i bagliori bianchi rilucevano nel grigiore dell’atmosfera. Entrambi i vampiri si fermarono a qualche metro da loro, in profonda soggezione.  Li aveva visti solo la sera in cui lui aveva acconsentito a salvare Alice dal parto.
“Non abbiate timore” esordì con voce calda ma tonante,
“La dolce Phoebe mi ha implorato di seguirla, mi ha riferito che desideravi parlarmi” si rivolse direttamente a Jasper che decise di guardarlo nei profondi occhi grigi e si mostrò risoluto e arrabbiato.
“Si, è così…” disse, si scambiò un’occhiata con il fratello.
“E’ vero? Alice è sua figlia?” chiese ma la sua voce suggeriva che già conoscesse la risposta. Michele comprendeva quanto sconcertante e difficile fosse accettare quella verità, e che sperassero in una sua smentita. Lui annuì.
“ Voglio sapere cosa succederà adesso” disse lui , gli occhi puntati sui suoi. Michele fece qualche passo verso di lui,
“ Figliolo, io questo non posso dirtelo perché non ho idea di quello che potrebbe accadere…io non conosco il futuro” Jasper indietreggiò, Edward lo affiancò cogliendo la sua crescente frustrazione.
“ Voi, sapete di più, e volete continuare a tenere Alice all’oscuro, non è giusto, lei ha il diritto di sapere, io ho il diritto… ora è lì con il diavolo e Phoebe mi dice che voi siete la sua unica speranza di uscire viva da lì” Michele sospirò e adocchiò Phoebe corrucciato.
“ Phoebe non doveva illudervi, il consiglio mai potrebbe decidere di intervenire e aizzare una guerra,  sarebbe una catastrofe, migliaia di morti, tra angeli e demoni e il campo di battaglia sarebbe la terra, una zona neutrale per noi…finchè i demoni o Lucifero non nuoceranno al mondo degli umani o al nostro nessun anziano oserà scatenare uno scontro….e neppure in quel caso è certo che riusciremmo a liberare Alice…gli Inferi sono il regno della Stella del mattino , non abbiamo potere lì” Edward pose una mano sulla spalla di Jasper,
“Ma noi non lo chiediamo al Consiglio…lo chiediamo a te” disse e guardò intensamente Phoebe, Jasper si scrollò bruscamente da lui e camminò nervosamente avanti e indietro.
“ Ci mentirà Edward, ancora… non capisco perché ho voluto incontrarti…è inutile” Michele richiuse le ali,
“Ascolta ragazzo, è vero vi abbiamo mentito, abbiamo mentito a lei… non è stato corretto, è stato un errore terribile. Alice aveva il diritto di conoscere la sua vera identità e ora sta cercando risposte dall’unico individuo che è stato sincero con lei. Noi…Io…ho scelto di tacere perché avevo…” Jasper percepiva qualcosa dagli angeli, non emozioni distinte, ma vaghe sensazioni e ora dall’Anziano c’era un emozione forte e negativa.
“Paura di lei, di quello che è in grado di fare” Jasper scosse la testa,
“I demoni, Sean, Phoebe, voi anziani… Alice non è un pericolo per nessuno, se solo l’aveste lasciata in pace… nulla di tutto questo sarebbe accaduto” Michele comprendeva perché il vampiro si mostrasse così cieco, era l’amore, la forza più potente e distruttiva di tutte. Così viva e magnifica. Si avvicinò ancora di più a lui e gli pose una mano sulla spalla, il vampiro cercò di arretrare ma una quiete indescrivibile lo avvolse interamente e sentii pace e benessere.
“ Tu non vedi  l’oscurità che c’è in lei, perché l’amore ti impedisce di farlo. Alice è un’anima pura, l ho capito osservandola e conoscendola, col tempo, mi era necessario del tempo per capire e per non averne paura. Ma ciò non mi offusca il giudizio, i suoi poteri sono troppo forti, la sua energia a volte incontrollabile e per quanto non voglia o non ne sia consapevole potrebbe rappresentare una seria minaccia per tutti. Gli altri anziani vedono solo l’oscurità e io sto cercando di mostrargli il quadro completo. Ci sto provando. Quello che voglio dirti è che per quanto possa costarti devi vedere le cose nella loro totalità e comprendere perché stiamo agendo in questo modo….è qualcosa più grande di tutti noi”. Jasper abbassò lo sguardo.
“C’è oscurità in ciascuno di noi, anche in te” disse sprezzante, Michele allontanò la mano,
“Si hai ragione… ma noi non possediamo le sue capacità…” Jasper lo studiò,
“Non c’è nient’altro che tu possa fare allora” disse e un sapore amarognolo gli impastava la bocca.
“No, per adesso… continuerò a raffreddare gli animi….ad agire in suo favore, ti prometto che se Alice deciderà e riuscirà a tornare io continuerò a proteggerla” disse Michele,
“Anche se dovrai cadere, Michele?” la domanda di Phoebe lo colse alla sprovvista,
“Non succederà” disse irritato,
“Io credo che presto dovrai fare una scelta…” disse lei,
“Ora devo andare…” ma Jasper gli afferrò la tunica per un istante mentre dispiegò le ali,
“ Alice si fidava di te…” disse con voce incrinata, Michele si sentiva sopraffatto, e stranamente piccolo quel giorno. SI alzò in volo e si lasciò alle spalle quei volti e quelle voci.

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Capitolo 23
*** Segreti ***


Era da poco passato il tramonto, Sean stava conducendo Alice dalla strega Tabhita, non aveva capito quasi nulla della strategia di Lucifero, o sul perché intendesse farle conoscere così bene gli Inferi e i suoi abitatori. La tana della strega più crudele mai esistita era situata tra le montagne di Ghiaccio, a Nord, in un’incavatura della parete di ghiaccio, il cui ingresso era quasi invisibile anche a pochi metri a causa della foschia e delle raffiche di neve. Si smaterializzarono ad una certa distanza. Alice fu sollevata nel constatare che erano usciti dai tunnel infuocati, almeno la vista della neve e del ghiaccio era di conforto nonostante la temperatura percepita fosse la medesima.
“Lui mi ha portata qui ieri” disse guardando l’immensa distesa bianca, il luogo della caduta del primo angelo.
“Perché è così diverso? Freddo e ricoperto di ghiaccio?” chiese affascinata, tutti i paesaggi degli Inferi erano monotoni e identici, una distesa rossa e argillosa di rocce e fuoco. Anche quello era un deserto ma di ghiaccio. Opposto.
“Non ne sono sicuro, probabilmente per rendere la sua ribellione visivamente concreta, o una metafora per un rapporto morto, freddo tra lui e il paradiso…stronzate simili” disse Sean incamminandosi verso la parete della prima montagna. Alice lo seguì sospirando. I loro respiri si condensavano in nuvolette di vapore bianco. Alice toccò ancora una volta la neve, perfettamente asciutta ma fredda. Le si accapponò la pelle.
“ C’è…qualcuno qui… un…umana?” si fermò turbata. Sean annuì e le fece cenno di proseguire. Ormai erano dappresso l’entrata della parete, la foschia quasi nulla.
“Non è una semplice umana, è una strega, estremamente potente… si chiama Tabhita… un tempo era la strega più temuta di Salem” disse quasi sussurrando, fece cenno ad Alice di avvicinarsi a quella che sembrava una fessura tra due mura di ghiaccio. Alice allungò una mano per tastare la parete, minuscole gocce d’acqua colavano come fossero lacrime. Difatti la parete era più calda.
“Entra” Alice entrò, si aspetto di trovarsi in un ennesimo cunicolo ma fatto di ghiaccio, angusto e caldo. Invece appena passò mettendosi di profilo nella stretta fessura tra le montagne si ritrovò in un ampio, arioso e più fresco atrio fatto interamente di ghiaccio trasparente, bianco e bluastro a seconda dei giochi di luce che filtravano dall’alto. Si guardò attorno stupefatta.
“E’ …” non riusciva a descriverlo, era un palazzo interamente di ghiaccio , eppure nessun artifizio umano avrebbe potuto essere simile a quello. Le scale, gli arredi, gli oggetti, i lampadari, ogni cosa era perfetta, una copia perfetta fatta di ghiaccio, e giacchè era tutto semi trasparente riuscivano a scorgere le stanze e i saloni dei piani superiori. Una sala da pranzo, un salotto con due piani a coda e un camino dove ardevano fiamme bianche. Un’enorme libreria senza soffitto come quella del palazzo d’Ebano, c’erano libri veri, a migliaia. Molte camere da letto. Un ampia vetrata di fronte a loro dava l’accesso ad un giardino. Alice sentii dei passi e vide le scarpe nere di vernice di una donna scendere più rampe di scale. Ne sentiva il respiro ritmato e calmo, il cuore pulsare, l’odore del suo sangue che le fece quasi girare la testa.
“E’ viva” disse sconcertata. Sean stava per dire qualcosa ma la sagoma della strega fece l’ultima rampa e fu al piano terra ad accoglierli.
“ Ahimè si…” disse sorridendo, era una donna di mezz’età ma ancora decisamente bella, di carnagione olivastra, i capelli neri e lunghi ondulati e corposi, gli occhi color miele, pesantemente truccata e con un piccolo neo vicino al labbro superiore. Indossava un vestito rosso strappato in frange ricadenti sulle scarpe di vernice nera. Molti anelli e bracciali che tintinnavano ad ogni suo movimento.
“ Tu devi essere Alice, aspettavo la vostra visita” allungò una mano ma Alice non la strinse, la donna la guardava intensamente, era come se volesse che lei le stringesse la mano ma non per pura presentazione.
“Bene, seguitemi” li condusse attraverso un meraviglioso corridoio pieno di quadri, ciascuno posto in ordine di grandezza raffigurava diverse donne, di diverse epoche, Alice riconobbe quasi tutte le figure storiche e mitologiche, da Eva a Elena , Medea, Cassandra, Ipazia, Giovanna D’arco e molte altre.
“Lucifero ti aveva avvisato della nostra visita?” chiese Sean,
“Certo ragazzo, e ti ha affidata a costui?questo N, non mi sembra molto sveglio?” osservò rivolgendosi ad Alice,Sean la ignorò. Arrivarono in una specie di studio, con un’ampia scrivania antica, poltrone, un ‘altro caminetto, diversi calderoni e libri sparsi nella stanza.
“Prego sedetevi” disse e due enormi poltrone di ghiaccio si posizionarono accanto al camino, Alice curiosa sedette, quella strega aveva poteri telecinetici come i suoi.
“ E non solo” disse,
“Puoi leggermi nel pensiero?” la strega annuì,
“ Tesoro, nel 1678 al solo nome di Tabitha persino il caro Lucifero tremava” Sean si irrigidì per quell’affermazione.
“Tranquillo ragazzo, non sai quante volte ho tentato di farmi uccidere da Lui, bastassero poche parole” Alice si guardò attorno circospetta
“E’ una prigione, sei intrappolata qui” disse e ad un tratto la meraviglia di quel palazzo di neve e ghiaccio svanì. Era come essere di nuovo nei labirinti di roccia.
“Sei perspicace ovviamente, non devi rammaricarti, Il Signore Oscuro ha solo rispettato i patti, in fondo gli ho venduto la mia anima” Alice sgranò gli occhi,
“Un patto, che tipo di patto?” la strega sorrise sbilenca,
“ In cambio dei miei poteri… il potere che ho è mio ma un tempo ero solo una semplice strega da quattro soldi…” Alice si sollevò dalla poltrona.
“ Volevi più potere, ma hai compreso a cosa ti ha portato… il potere non è mai un dono” disse irritata, l’odore del suo sangue era quasi insopportabile.
“Mi ha portato ad essere la strega più potente mai esistita e mi ha fatto vivere per 4 secoli sulla terra” disse con gli occhi che le brillavano,
“E adesso vivrai qui dentro da sola per l’eternità…” aggiunse Sean,
“Sei così furiosa, dentro di te si agita una lotta impetuosa, ragazza mia… ti consumerà o consumerà gli altri” le pose le unghie rosse laccate sul petto, Alice si scostò,
“Andiamocene Sean, l’ho incontrata come Lui voleva, ora torniamo al palazzo” disse a denti stretti, Sean si alzò a sua volta.
“Non così in fretta. Non credo proprio che Lucifero volesse solo che facessimo due chiacchiere.” Schioccò le dita e un ciondolo di alabastro apparve tra le sue manidita, la catena era di adamas e il ciondolo rotondo raffigurava una donna intenta ad abbracciare un piccolo neonato. Sulle prime e con grande sconcerto Alice pensò si trattasse della rappresentazione cristiana della Vergine ma poi notò che il vestito della donna era in realtà un ala che avvolgeva anche il bambino, e i lineamenti di lei…erano…familiari.
“Dammela” la afferrò nonostante l’adamas bruciasse a contatto con la sua pelle, ma era sopportabile. Era sua madre. Apparteneva a sua madre il ciondolo.
“Perché ce l’hai tu? Perché questa catena?” lo pose sulla scrivania.
“Io conoscevo tua madre… io l’ho aiutata a nasconderti tra gli umani” Sean sgranò gli occhi. Tabitha fissava curiosa Alice ma allerta, Il Signore Oscuro l’aveva avvisata, la ragazza non aveva il controllo e le sue reazioni erano imprevedibili. Ma tutto ciò che accadde fu un silenzio molto lungo e una lacrima che le scivolò sul viso.
“Mi dispiace che sia morta” sussurrò in imbarazzo,
“Assassinata, per proteggere me” disse lei stringendo il ciondolo.
“Tuo padre voleva che te la restituissi, Gyselle me l’ha data come compenso per il mio aiuto… è intrisa di magia protettiva, intendeva lasciarla nel tuo fagotto prima che ti lasciassimo a quella famiglia umana ma il mio prezzo era alto” Alice strappò la catena di adamas ferendosi le mani.
“Alice, attenta” Sean le prese le mani sanguinanti, le maglie della catenina tintinnarono sul pavimento.
“Perché l’adamas?” la strega si avvicinò,
“ L’ho sostituito io all’oro, non volevo che cadesse nelle mani di sporchi demoni… o sporchi angeli…” Sean la fissò accigliata.
“Perché si è rivolta a te?” chiese Alice,
“Perché? Davvero? Sono la…”
“strega più potente di Salem, si si, capito” borbottò Sean,
“ Ed ero l’unica disposta a infrangere la legge degli angeli con lei, non mi importava di una punizione, in fondo il mio patto mi tutelava e poi… ho avuto una strana visione su di te quando lei ti ha portato da me” Alice sgranò gli occhi,
“Tu, puoi vedere il futuro…come me?” lei scosse la testa,
“… a volte…molto di rado riesco a vedere degli avvenimenti cruciali…” disse, i suoi occhi color miele scintillarono,
“E?” Alice le afferrò un braccio, lei la guardò ma non accadde nulla…
“Non te lo dirò…Lucifero vuole rivelartelo al momento giusto… ma ora parliamo del Libro” Alice scosse la testa,
“Aspetta ho ancora delle domande… hai più visto mia madre da allora…e come fai ad essere viva negli Inferi?” lei ridacchiò,
“No, l ho incontrata solo quella volta...Questa invece è la mia punizione per aver infranto il patto….ho cercato di creare una pozione che mi rendesse immortale, cosi da non poter mai restituire l anima a Lucifero, lui mi ha accontentata, non morirò…non invecchierò la mia anima sarà  sola e corrosa tra queste pareti dii ghiaccio negli inferi” la sua voce era giocosa ma Alice poteva percepire il tormento. Ne ebbe quasi compassione.
“Il Libro è fondamentale” continuò,
“Quel libro è vuoto” disse lei,
“Non vedi ciò che non vuoi vedere…. La bambina che segue il coniglio nella tana ad un certo punto cade…bene ora possiamo salutarci…” disse. Alice stava per protestare ma Tabitha schioccò di nuovo le dita e si ritrovarono fuori dalla crepa. Aveva tra le mani il ciondolo di alabastro. Sentirono una risata lontana.
“Sean, che cosa significa? A che gioco sta giocando Lucifero…questa strega è folle….” Una visione su di lei, il ciondolo, quelle parole senza senso e il dannato libro. L’emicrania cominciava ad affacciarsi.
“Non ne ho idea, non avevo mai incontrato Tabitha.mai” lei annuì sospirando,
“Torniamo al palazzo, devo riflettere…” disse.


Alice si fiondò come un treno nella stanza da letto di Lucifero, le spesse tende di velluto rosso erano state scostate e la luce fievole del giardino filtrava sulle pareti di pietra, era già buio, di nuovo. Per prima cosa pose il ciondolo di alabastro tra i vestiti che aveva al suo arrivo, lavati e odorosi di gelso ripiegati in un cassetto, poi afferrò il libro che aveva lasciato sul comodino, diil cuoio nero e liscio, le pagine gialle e sottilissime, lo sfogliò con più attenzione. Per diversi minuti. Sean confuso sedette a gambe incrociate sul tappeto come quella mattina.
“Cosa stai cercando?” azzardò dopo un quarto d’ora di silenzio, Alice richiuse il libro e glielo porse sofferente, Sean lo roteò fra le mani,
“Non c’è un titolo, non c’è traccia di inchiostro, le pagine sono vuote… te l’ha dato Lucifero?” Alice annuì,
“E’ questo il libro a cui la strega si riferiva, ne sono sicura…” Alice era agitata,
“E poi, quella profezia, che cosa avrà visto su di me…” Sean era inquieto,
“Cosa devi farci?” Alice lo fissò corrucciata,
“Speravo me lo dicessi tu, non hai mai visto questo libro prima, Lucifero non ha accennato a un libro con te o con gli altri prima del mio arrivo?” Sean scosse la testa,
“Non ho mai avuto accesso alla biblioteca, e non mi ha mai parlato di questo “ buttò bruscamente il libro sul pavimento,
“Attento, deve essere incantato o qualcosa del genere, mi ha detto che per secoli ha provato a leggerlo, mi ha detto che potrebbe essere la chiave per…liberarlo…da qualcosa… ma non ha aggiunto una spiegazione” con cautela Alice lo ripose sul materasso.
“Francamente come ti ho detto prima Lui non mi ha rivelato cosa intende fare con te… il mio scopo era solo quello di portarti qui e di farti sentire a tuo agio per il tempo…”
“Si che resterò qui… chiaro…Lui non ha rivelato le sue vere intenzioni a nessuno probabilmente” Alice rifletté,
“Aspetta, dov’è Lilith?” Sean notò una strana luce nei suoi occhi.
“ Tu puoi invocarla vero?” non era una buona idea, anzi era una pessima idea, a stento Lilith sopportava di vederla figurarsi interagire più del dovuto.
“Non è una buona idea, potrebbe essere con Lucifero in questo momento” Alice lo osservò,
“Non saprebbe comunque nulla del libro, Lucifero non dice nulla neanche a lei…”
“Io credevo….insomma è la sua compagna…” Sean sospirò,
“E’ complicato” disse, Alice sedette sul letto attenta,
“Spiegami” Sean doveva essere di ronda ai confini del palazzo, come gli era stato ordinato, eppure passare quella giornata con Alice, senza nessun’altro, in piena libertà e nel suo mondo era stata la cosa migliore che avesse vissuto da settimane. Voleva restare con lei, parlarle fino all’alba.
“Lucifero mi ha detto ben poco di lei…” osservò,
“Io non conosco tutta la sua storia, e non so quanta parte di quello che mi è stato raccontato sia vero” Alice annuì, il libro accanto a lei sembrava essere scomparso dai suoi pensieri.
“E’ stata la prima donna mai creata, la sposa di Adamo, a lui pari e simile. Non è un angelo caduto ne’ era un demone finchè non ha incontrato Lucifero” Sean afferrò un lembo del tappeto,
“Dicono che Lilith si sia ribellata perché desiderava la libertà da Adamo e dal paradiso terrestre, per lei era come una prigione. Nonostante vi fosse qualsiasi cosa desiderabile, nonostante dovesse essere felice. Dio non la capiva, non l ha accettato e neppure suo marito, lui non l ha mai amata davvero probabilmente o era lei a non amarlo. Quello che però viene sottaciuto è il particolare interesse che lei nutriva per un angelo…” Sean attese,
“Lucifero…Lo amava prima di essere cacciata” disse stupita.
“Si, e probabilmente gli altri angeli e lo stesso Dio non potevano tollerarlo, una creatura inferiore con un celeste…allora, ai primordi era inconcepibile…beh non che ora sia molto diverso. Ma ora le regole si infrangono con più facilità” Alice sospirò.
“ Lei ha vagato per anni sulla terra prima che Lucifero cadesse, io ritengo che nemmeno lui l’abbia mai amata, è stato come svegliato dal suo gesto, anche se col tempo, e ha deciso di seguire il suo ideale di libertà ma non lei… si sono trovati è vero, e lei è diventata la sua amante…” Sean si morse il labbro, non gli piaceva parlare di Lilith, da quando l’aveva conosciuta meglio, sentiva e condivideva la sua sofferenza. Amare e non essere ricambiati mai.
“Ma lui continua a non amarla davvero” disse Alice inclinando la testa,
“Lilith lo sa bene, ma non può farne a meno…” Sean si schiarì la gola, una vampata di calore gli irrorò le guance, era terribile non riuscire a controllarsi con lei.
“Quindi com’è possibile che non sia un demone, ha le ali, ha potere ed è qui all’ inferno” disse lei accorgendosi di tutto.
“Lo è, lo è diventata, Lucifero le ha fatto bere il suo sangue, ma non è diventata un vampiro, è diventata la sua compagna, il primo demone, la madre di tutti i demoni metaforicamente…il sangue umano e quello divino sono dentro di lei, anche adesso ha una parte ancora umana” Alice era affascinata.
“Lei è molto infastidita dalla mia presenza” disse,
“Credo sia gelosa di te…”Alice corrugò la fronte,
“Lucifero è tuo padre, e… lui prova affetto nei tuoi confronti” Alice smise di respirare per un secondo,
“Lo so…lo sento anch’io e questo mi turba…non so perché ma mi turba” Sean si alzò,
“Lilith non ha più lo stesso rapporto di fiducia incondizionata con lui da anni ormai e la tua presenza ha acuito questa situazione, non devi serbare rancore per lei… è difficile” Alice si distese,
“Posso capire, mi dispiace, vorrei poterle parlare liberamente ma quando mi guarda credo che se ne avesse la capacità mi incenerirebbe con lo sguardo” Sean ridacchiò,
“Si ne sono certo” lei sbadigliò,
“Questo posto mi sfianca, mi rende sempre più assetata…Qyburn, il maestro o qualsiasi cosa faccia mi ha detto che la mia parte angelica è disturbata dagli Inferi” si mise un cuscino sotto la testa.
“Sarà così, Qyburn è molto saggio, ne saprà più di me e te” Sean ciondolò sui piedi.
“Ora è meglio che vada, così puoi dormire, devo essere di guardia stanotte” Alice annuì e gli sorrise, un sorriso abbagliante, Sean indietreggiò e aprii la spessa porta. Era strano e meraviglioso averla lì. Chiuse la porta ma si pentì di aver pensato una cosa del genere. Lei non era al sicuro nell’Ade. Doveva aiutarla a fuggire e basta. Basta.


 
 
Jasper tornò dalla conversazione con Michele alquanto provato. Sapeva però che suo figlio aveva bisogno di conforto e speranza. Sua madre sarebbe tornata, presto, anche senza l’aiuto degli anziani. Doveva crederci. Aiden era a letto, Bella gli aveva detto che aveva a stento mandato giù un po’ di cibo. Jasper Sali nella camera da letto e lo trovò quasi sepolto dalle coperte. I capelli neri arruffati facevano capolino dal piumone rosso. Jasper sedette sul letto appoggiando la mano sul rigonfiamento di coperte. Aiden arrotolò il piumone quel tanto per scoprire gli occhioni azzurri e lucidi.
“Zia Bella mi ha detto che non avevi molta fame stasera…” Aiden annuì con lo sguardo, si sollevò mettendosi a sedere.
“Notizie della mamma?” erano passatio appena due un giornio ed Aiden era rimasto in silenzio, nel suo, rendendosi conto che Jasper fosse più frustrato di lui e pensando che continue domande su sua madre lo avrebbero fatto sentire peggio ma ora non aveva resistito. Le mancava molto, e si sentiva come responsabile per averli costretti a scendere in quel posto caldo e inquietante, gli Inferi.
“No piccolo… ancora nulla” Jasper gli toccò una spalla,
“Aiden…” ammiccò, sentiva chiaramente le sue emozioni. Aiden distolse lo sguardo e cercò di rintanarsi sotto il mucchio colorato.
“ Se vuoi parlarmi di qualcosa devi farlo, liberamente, dimmi tutto quello che ti passa per la testa…oK?” Jasper era preoccupato. La stabilità emotiva di Aiden era già stata messa a dura prova dal Loculens e dal Moth.
“ Io… mi sento in colpa per quello che è successo alla mamma… se il mostro non mi avesse sussurrato per tutto questo tempo o se fossi riuscito a cacciarlo via non saremmo dovuti andare laggiù” Jasper fece spazio sul letto e si distese circondando il bambino con le braccia.
“Ascoltami bene… non devi sentirti responsabile. Aiden tu sei stato molto forte a combatterlo e a venire laggiù con noi. La mamma lo sa, ed è felice e sollevata che tu sia libero e stia bene. Anche se è laggiù, e anche se le servirà del tempo per tornare, lo farà, torna sempre…lo sai anche tu, o no?” Aiden annuì.
“ Io sto meglio, senza quelle voci” Jasper lo abbracciò, 
“Non possiamo tornare a prenderla?” Jasper sospirò,
“No, purtroppo, o almeno per adesso… Aiden io ti prometto che se la mamma avesse delle difficoltàò a tornare andrò io a prenderla, costi quel che costi” Aiden sembrò animato da quelle parole,
“Bene, e io verrò con te” si alzò saltellando sul letto, Jasper ridacchiò e lo afferrò, fecero un po’ di lotta e finirono sdraiati, Aiden col fiatone. Era più forte, stava diventando davvero forte.
“ Papà?” disse dopo qualche minuto di silenzio in cui si ritrovarono a fissare il soffitto.
“Ron sta bene? Io non te l ho più chiesto… vorrei andare a trovarlo” Jasper restò immobile, gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che non avevano più rivelato ad Aiden della sua morte, mentre il loculens era dentro di lui e non sapevano come avrebbe potuto reagire. E adesso. Doveva dirglielo. Senza Alice, lei sarebbe stata di certo più brava. Non potevano tenerglielo nascosto ancora a lungo. Eppure…
“Papà? Tutto bene?” Jasper si mise a sedere.
“sta meglio, dopo quelle ferite lo hanno portato in un ospedale fuori contea…” la valanga di bugie uscii rapida ma decisa.
“Probabilmente in un altro stato… non so altro, ma ora non devi preoccupartene, un giorno forse tornerà a Forks e potrete rivedervi” Aiden non era affatto soddisfatto di quelle parole,
“Ma, io voglio vederlo. Scusarmi. Puoi scoprire dove si trova! Per favore papà!” Jasper si alzò,
“Aiden, ora basta, abbiamo cose più importanti a cui pensare… ti prego, devi stare tranquillo e tutto si risolverà” il bambino lo guardò corrucciato ma annuì, se suo padre non voleva aiutarlo avrebbe trovato un modo per andare da Ron. Ma non ora, il sonno cominciò a calargli addosso come una folata di vento. Si mise sotto le coperte e chiuse gli occhi. Jasper abbassò le luci e lo rimboccò. Sentiva un sapore amaro e secco in gola. Gli aveva mentito ancora.


 
Alice aveva passato le seguenti ore a fissare le pagine del libro, aspettando una qualche visione o rivelazione. Sfiorò ciascuna pagina per constatare che funzionasse, ma non accadeva nulla. Provò allora a chiudere gli occhi, a rilassarsi, a canalizzare la sua energia. Cominciò a sentire il formicolio e il calore familiare tra le dita. Aprii gli occhi di scatto, una pagina cominciava a esalare puzza di bruciato, ritrasse le mani immediatamente, per fortuna era solo un rivolo di fumo. Bruciare il libro più importante della collezione privata di Lucifero non era una buona idea. Quindi più che consumarlo a furia di guardarlo o dargli fuoco Alice non aveva altre opzioni. Alla fine richiuse la copertina nera e si addormentò. A lungo, un sonno profondo e costellato di immagini di sogno. C’era un cancello di ferro arrugginito, enorme, lungo centinaia di metri come fosse una recinzione, lo scricchiolio del metallo scosso dal vento era inquietante. Poi una foresta, con tanta, troppa luce bianca,accecante, una creatura correva tra gli arbusti. Una lepre. Senza un occhio e sanguinante. Alice seguiva la scia odorosa e le macchie sul terreno. Si infilava in una grossa voragine nel prato, fredda e grondante di muschio. Alice si fermava, non voleva entrarci. Il medaglione di sua madre le fluttuò poi davanti al viso, benchè tentasse di afferrarlo era come evanescente. Una mano calda e liscia le si posò sulla spalla, lei si voltò, lo abbracciò stringendolo con forza. Portami via. Diceva, ma non c’era voce tra le sue labbra. Svanii anche lui. Alice si svegliò frastornata. Delle nocche leggere, le nocche leggere che aveva udito il giorno prima battevano da qualche secondo sulla porta. Quelle immagini sconnesse non avevano molto senso. Tranne Jasper e il suo desiderio di rivederlo e il medaglione che non sentiva suo probabilmente. Ma il resto… le nocche tamburellarono con più vigore.
“Ehm…avanti” la voce le uscii roca e graffiata, Alice la schiarì. Sollevò le coperte e le sistemò, si appoggiò la vestaglia, in quella frazione di tempo entrò Qyburn.
“Buongiorno” disse con tono allegro, portava il solito calice di sangue scuro. Questa volta era di puro cristallo, il sangue baluginava di intensità di rosso diverse a seconda di come veniva colpito dalla luce delle vetrate. Alice accolse la coppa con molta sete. Cercò di mantenere più contegno però e sorseggiò il liquido lentamente. Non era lo stesso…animale….dei giorni precedenti. Non era una manticora. Era molto più buono, più saziante.
“E’ sangue di fenice” Alice trasalii, da ciò che aveva letto quella era una creatura potente, sacra, intoccabile.
“La fenice…io non dovrei” disse e posò il calice inorridita.
“Fenice….orso…donnola…cosa cambia?” Alice corrugò lo fronte,
“Non è la stessa cosa…questa è una creatura magica, protetta dagli angeli…io non posso bere il suo sangue” Phoebe le aveva spiegato come tutte le creature magiche, soprattutto le più rare e potenti venissero preservate dai Custodi. Ferirle era un crimine, ucciderle e nutrirsene un abominio.
“Esatto” Qyburn parve soddisfatto, prese il calice e gettò il sangue dalla finestra.
“ Perché ?” il vecchio maestro le sorrise,
“ Era una mia curiosità…volevo sperimentare se te ne fossi resa conto e come avresti reagito. La tua parte angelica è alquanto caparbia” Alice ne fu irritata.
“Dov’è Lucifero? Devo parlargli con urgenza” disse secca. Il demone col il saio malconcio e la catena tintillante di anelli si mosse rapido verso la porta.
“Vieni con me, sarà presto di ritorno, mi ha ordinato di mostrarti una cosa” Alice si vestii dietro il pannello, mise un paio di leggins neri e il gilet di cuoio che le era stato dato. QYburn la guidò all’ultimo piano del palazzo, in quella che sembrava una stretta torre ettagonale. Le scale a chiocciola parevano sollevarsi all’infinito. Dopo l’ennesima rampa Alice chiese al demone quanto mancasse.
“Lo so è faticoso, questo per scoraggiare chiunque abbia l’ardore o la stoltezza di provare a raggiungere la torre” in effetti Alice era stanca. La salita continuava da ore, o così le pareva. Il silenzio di Qyburn non aiutava certo a renderla più piacevole. Se un vampiro e un demone potevano cedere un umano sarebbe morto dopo la prima rampa.
“C’è un qualche sortilegio, sento della magia  oscura” disse lei,
“Si, fanciulla, hai intuito bene…io stesso mi sono assicurato che nessuno riuscisse a trovare un contro incantesimo” Alice lo guardò incuriosita. Era una sapiente. Doveva conoscere ogni cosa, o almeno ogni cosa di quel posto e della sua storia, dei demoni e della Stella del Mattino. Della magia. Doveva intuirlo da subito.
“In cosa consiste?” chiese affannata,
“Ad ogni gradino un’esalazione di polvere di adamas raggiunge il tuo corpo. Più si sale più sono intense. Non so se ce la farai…Io ovviamente mi sono reso immune” Alice si bloccò sul 9654esimo scalino.
“Cosa? E’ un'altra delle tue curiosità, verificare se sopravvivo?” Qyburn si voltò,
“Oh no, credimi Alice io non te lo avrei fatto fare….ma Il Signore oscuro  vuole che tu veda la torre” bene, era suo padre ad attentare alla sua vita allora. Questo era rincuorante. Le parole di Sean si insinuarono nella sua mente. Voleva uccidere AIden, avrebbe fatto uccidere anche lei se non fosse venuta. Una parte di lei si rifiutava prepotentemente di crederci.
“Sean” non riusci nemmeno ad articolare la frase, le mancava il fiato,
“Non ti curare di dove sia il giovane Sherwood, concentrati…” mancava poco, si ripeteva, sentiva chiaramente adesso il freddo metallo magico prosciugargli l energia e appesantire ogni molecola del suo corpo. Ad un certo punto le fischiarono le orecchie e la visione si offuscò, ma lei continuò a salire. Doveva farcela. Ce l’avrebbe fatta. Un ultimo sforzo.
“ Mio signore” Qyburn raggiunse l’ultimo gradino che dava ad una porticina viola scuro in legno dipinto, un rosone di legno bianco al centro disegnava rilievi di tralicci e spine. Qyburn aprii la porta e con passo felpato entrò facendo un inchino. Alice quasi annaspando lo segui gettandosi velocemente nella stanza. Le ci volle qualche secondo per riprendersi.
“Ottimo, non è neppure priva di sensi, sconcertante” la voce era morbida e tonante. Lucifero. Alice si mise dritta e si guardò intorno. La stanza come aveva sospettato dalla forma dei muri era perfettamente ettagonale. DI marmo bianco. Bianco. QUell’edificio era invece tutto nero. La luce chiara delle pareti era quasi troppo forte. Ormai era abituata al rosso tendente al nero di quelle giornate. La stanza fatta eccezione per le 5 finestrelle oblunghe e un elaborato mosaico  nero e bianco era vuota. Lucifero appoggiato ad una delle  pareti la guardava estasiato.
“Quelle scale mi hanno quasi uccisa” disse stremata adocchiando prima lui e poi il maestro.
“Si è vero, eppure sei qui, ce l hai fatta” disse Lui con una punta di orgoglio nella voce.
“ Eri sicuro che ce l avrei fatta o per te era solo una prova… “ disse fulminandolo con lo sguardo.
“Non ne ero sicuro, non temere non saresti morta…avevo dato disposizioni a Qyburn affinchè ti riportasse giù se avessi cominciato a cedere” la guardò dubbiosa.
“Tu credi che potrei farti del male…” disse ma non era una domanda.
“Si” Alice lo guardò negli occhi,
“E tu lo credi di me…” disse, Qyburn sgranò gli occhi,
“Non essere impudente, giovane angelo…sei di fronte al sovrano degli inferi” era quasi impaurito,
“E sono sua figlia” il coraggio che Alice sentiva scorrere nelle vene non riusciva a capire da dove provenisse. Forse dalla scalata appena compiuta, dalla consapevolezza di aver reso inutile un potente sortilegio di un demone anziano e potente, dal dubbio che vedeva negli occhi violetti di Lucifero. Ma lui poi sorrise e socchiuse le palpebre.
“Su questo non ci sono dubbi….va pure Qyburn, lasciaci soli” il maestro fece un cenno e richiuse la porta viola.
“ Dipende da cosa intendi…puoi ferirmi nel profondo, qui…” indicò il petto,
“Qualora dovessi decidere di andartene prima di aver compiuto il tuo destino” Alice lo guardò interrogativa,
“La tua chiave? Il libro intendi?” lui annuì
“Tu hai paura di me, di ciò che posso fare…come tutti” disse, la voce le tremò e perse ardore. La paura che innescava negli altri, e soprattutto nelle persone a cui teneva la stava logorando a poco a poco.
“Dolce Alice, io non ho paura di te… questo mai …perché sarebbe come se temessi una parte di me…” le si avvicinò, le sfiorò una guancia con la mano. Alice fu come ipnotizzata dai suoi occhi luminosi, dai riccioli oro e dal suo volto. Era davvero la creatura perfetta.
“Hai ragione, gli altri, gli angeli, i demoni qui e i tuoi vampiri… ti temono…e la paura genera odio e violenza a lungo andare” si scostò.
“ Alice voglio che tu sia sicura di questo, io non ti temo e non ti torcerò un capello. Hai la mia parola” la voce severa e tonante, la sua statura parvero aumentare. Alice deglutii.
“E ho la tua parola anche in merito alla mia famiglia e a mio figlio?” Lucifero le sorrise,
“Si, non te ne crucciare” Alice annuì. SI senti più sollevata ma anche più allerta di prima.
“La strega mi ha turbata. La nostra visita è stata davvero folle” Lucifero la ascoltava attento.
“Mi ha ridato il medaglione, e mi ha detto di una profezia….che tu me l’avresti rivelata. Poi ha farneticato di una tana e di un conigl…” le immagini del sogno le si palesarono davanti.
“Tahbita non farnetica, o per lo meno non sempre. Ogni tanto vede qualcosa di utile. Ma la preveggenza non è il suo forte. La profezia di cui parla non è sua…” Lucifero fece una pausa.
“ Ti ho fatta salire qui perché voglio che tu la ascolti di persona” Lucifero si avvicinò al mosaico centrale della stanza e cominciò a strofinare alcune tegole con la punta delle dita. I blocchi cominciarono a muoversi autonomamente e quella che sembrava una disposizione casuale assunse la forma di una  trishle celtica. Alice ne aveva viste di simili. La pietra rotonda affondò di qualche centimetro e poi scorrette di lato svanendo in ‘ incavatura sotto il pavimento. Una densa nebbia era contenuta all’interno del vuoto che aveva lasciato.
“Guarda con i tuoi occhi”.
 



2 settimane dopo

Il luogo designato per l’incontro era una striscia  di terra arida ancora più a sud delle Montagne di fuoco. Non c’era vita in quel posto, solo vecchie, vecchissime rocce , montagne dorate e rossicce tra terriccio sporco e sabbioso. Per centinaia di km si estendeva la desolazione. Michele era perfettamente dritto, appoggiava con forza un bastone d’argento che andava a imprimere la sua impronta circolare sul terreno. Brillava a tratti a seconda dei raggi di luce che filtravano tra le nuvole rossicce e la foschia. Si passò la lingua sulle labbra, erano secche. Il suono del vento era rilassante. Ciononostante si sentiva alquanto nervoso. Le due guardie a pochi metri da lui battevano lentamente le ali benché fossero piantonati a terra. Passò più di mezz’ora. La puntualità non è mai stata il suo forte, pensava Michele. Il sole era molto basso, quasi al tramonto. La temperatura già cominciava a virare bruscamente dal caldo torrido al gelo della notte. Michele lisciò la superficie del bastone, era d’argento e sottili calchi lo rendevano eguale ad un bastone di legno, perfettamente lavorato. Sembrava legno dipinto. Il pomo era grosso creava un bitorzolo, non c’era alcuna pietra preziosa, nessuna incisione o decorazione. Era però fondamentale per quegli incontri. Una sorta di simbolo della negoziazione o della trattativa. Gabriele sarebbe dovuto scendere con lui. Ma gli altri avevano votato che fosse il solo Michele a parlare. IL messaggero più paziente e saggio, l’unico a poterlo fare a nome di tutti. Una delle guardie indicò un punto nel cielo con la lancia di adamas. Le loro armature pesanti quasi scricchiolavano a causa del forte vento. Arrivano. Il cambio di prospettiva del Consiglio almeno in merito ai suoi “risultati” era stato rapido, inaspettato persino per Michele, ma in fondo sapeva che sarebbero tornati sui loro passi. Ci era voluto del tempo, ma neppure così tanto. Due palchi di ali apparvero tra le nuvole grigie. Due grosse ali nere rumorose e un paio più piccolo e luminoso, ali screziate di blu e azzurro. Michele aguzzò la vista per vedere dietro di loro. Erano soli. Lui non aveva portato una scorta. I pensieri di Michele cominciarono a vorticare.
“Salute, angeli…Michele” Lucifero atterrò bruscamente e tanto bruscamente si rivolse a loro allargando le braccia  e avvicinandosi a meno di un metro dall’anziano. LE guardie fecero altrettanto disponendosi ai suoi lati, più vicine e con le lance tese. Alice atterrò poco dopo con un’eleganza e una delicatezza disarmanti. Non sorrideva, sul suo volto però aleggiava una quieta serietà. Questo rassicurò e allo stesso tempo preoccupò Michele.
“Fratello, Alice, è un piacere rivedervi” disse facendo un cenno di rispetto con capo e con voce calda e cortese. Si rivolse soprattutto ad Alice e le sorrise ma lei non ricambiò.
“Mi aspettavo di vedervi numerosi…Il Consiglio non ritiene che tu debba avere una scorta più adeguata?” Lucifero ammiccò con disprezzo alle due guardie. Richiuse le ali e Alice fece altrettanto dopo di lui, sembrava imitare ogni suo movimento. A Michele questo non piacque.
“ E tu stesso fratello non ti ritieni degno di una corte più numerosa?” le parole gli uscirono seppur pungenti con grande pacatezza. Lucifero sogghignò. Era venuto da solo, solo con lei, aspettandosi forse una 10ina di angeli e molti più anziani. Questo poteva significare solo che si sentiva perfettamente al sicuro con Alice accanto, col suo potere accanto… e quindi…
“Ho accettato la presenza degli angeli nel mio regno solo per te… voglio udire quello che hai da riferire a nome del Consiglio, e poi…voglio che tu te ne vada al più presto” Alice scrutò attentamente Michele.
“Bene, sono qui a nome dei 9, Lucifero Stella del Mattino, Portatore di Luce, Signore Degli Inferi, Punitore di Anime, per ingiungerti di giurare sulla tua vita che, qualsivoglia sia il tuo scopo o desiderio, non arrecherai danno agli angeli, al Paradiso e alle creature che proteggiamo ora e per i secoli dei secoli” Michele tirò fuori dall’ampia manica della tunica una pergamena ingiallita e arrotolata con del nastro nero. L’aprii e la porse a Lucifero. Alice notò mentre lui la leggeva che vi erano scritte molte e molte più cose della breve asserzione dell’angelo. Nella lingua a lei ancora non propriamente familiare, la lingua dei celesti, il sinao. Ne aveva appreso le basi, ma era troppo complessa ancora e carpì del documento poche frasi. Lucifero leggeva avidamente e velocemente. Pochi minuti e riarrotolò il foglio. Lo porse ad Alice e la guardò, poi annuì. Alice sentii la pergamena morbida e in un certo senso viscida al tatto, chiuse un istante gli occhi ed essa prese fuoco, le fiamme blu trasmutarono in neroe e l’odore del fumo era terribile, Alice allontanò il viso e lasciò cadere le ceneri al suolo. Michele aveva assunto un’espressione attonita, i suoi occhi grigi schizzavano da lei a Lucifero, da Lucifero a lei sbalorditi. Le guardie si rivolsero uno sguardo.
“Perché l’hai fatto?” Michele si avvicinò a lei, così vicino, che il suo fiato dolce e freddo quasi poteva sentirlo sulla nuca.
“ Era quanto le avevo detto di fare prima che tu arrivassi…col tuo pezzo di carta” rispose Lucifero,
“ Non comprendo, se sei folle o stupido mio caro fratello, distruggere un patto sacro…” pur cercando di mantenere la calma la voce dell’anziano era roboante.
“Non ancora firmato…che mai avrei firmato” disse lui calmo.
“Perché hai acconsentito a vedermi allora?” Lucifero scosse il capo,
“Ho detto che avrei ascoltato e lo sto facendo…hai altro da aggiungere? Oppure…” guardò il cielo rosso.
“ Potevamo discutere delle condizioni, ma tu hai bruciato la pergamena… Il consiglio ti aveva offerto questa possibilità…” Lucifero non poté trattenersi e rise. Alice rimaneva ancora impassibile…e silenziosa. Michele continuava a rivolgerle occhiate, in attesa che parlasse, che tentasse di …l’aveva portata con sé…certo non solo per dar fuoco ai documenti sacri.
“ Possibiltà…era una garanzia per tenermi lontano e imprigionato ancora…ti basti la mia parola, non toccherò il vostro prezioso Paradiso, mai. Non intendo metterci mai e dico mai più piede. Ma non firmerò nessun patto vincolante o infrangibile…la mia anima è già a pezzi così com’è” fece un passo indietro.
“E dove intendi mettere piede?” Lucifero alzò un sopracciglio, gli occhi viola scintillarono, i suoi riccioli dorati erano leggermente scossi dal vento.
“Oh, fratello, che divertimento ci sarebbe se ti rivelassi ogni cosa… sai lo trovo estremamente fiacco il tentativo tuo e degli anziani di bloccarmi…con la burocrazia…davvero? TI rendi conto di quello che hai fatto? Tutta questa strada per un po' di carta bruciata” Michele strinse un pugno, l’aria di quel posto era pesante e lo corrodeva dentro. Strappava via la sua calma ogni secondo di più.
“ Si, perché così si agisce civilmente, tra esseri superiori, come tu non arriverai mai ad esser a quanto pare.  Mi rispondo da solo. Tu striscerai nel tuo tetro e rovente palazzo nero e li continuerà a marcire la tua anima. Niente cambierà nonostante i tuoi sforzi. Non puoi andare da nessuna parte…tu” Michele contorse la bocca, quelle parole, erano distorte dalla lordura di quel luogo.
“Va, forza , sfogati fratello, che spettacolo!” Michele indietreggiò agitando il bastone.
“Forza voi, tornate indietro” le guardie non dissero nulla e si smaterializzarono.
“Fratello, vorrei solo che ti confidassi con me” Lucifero lo fulminò con lo sguardo.
“ Michele vaneggi, non ti dirò nulla… le tue abilità diplomatiche sono sopravvalutate” Michele sospirò.
“Alice, buondio non hai nulla da dire? Insomma…” Alice che era rimasta silente e seria, come se nessuna emozione trapelasse il suo viso perlaceo a quelle parole ebbe una reazione o per lo meno i suoi occhi si illuminarono d’azzurro. Dopo qualche secondo si schiarì la voce.
“Non ho nulla da dirti, per me non conti più nulla, tu, gli angeli, il consiglio…” Michele deglutii a fatica. Era venuto solo con lei. Come fosse il suo braccio destro. Sua figlia. La figlia del Signore degli inferi.
“Hai scelto” sillabò lui, convinto che Alice avrebbesse avuto un ruolo, ossia che avesse persuadereso il  padre a favorire quell’incontro e che l’avrebbe aiutato ad acconsentire al volere degli anziani.
“Non ho mai avuto scelta” disse mesta e le tremò il labbro ma poi divenne subito statuaria
“ E tuo figlio, il tuo compapa…” Alice allungò una mano e il bastone d’argento volò via dalle mani di Michele.
“Alice non vuole ascoltare altre menzogne da te…vattene Michele, sai cosa riferire al Consiglio.” Michele provò grande tristezza per Alice. E grande terrore. Se lei aveva scelto di aiutare Lucifero. Questo proprio non doveva accadere. Ezechiele glielo avrebbe sbattuto in faccia, la verità Michele, è lì, la vedi, lei è sua…
 
“Torna presto, ormai è quasi tempo” le disse Lucifero mentre rientrarono a palazzo, Alice annuì, con un nodo in gola. Era quasi il momento. La profezia si sarebbe presto avverata.
“Tornerò quando avrò finito, devo farlo bene… anche se tu non capisci” Lucifero scosse il capo,
“Figlia, posso capire meglio di quanto tu creda…va pure adesso” Alice entrò nel salone e si smaterializzò.
Pensò intensamente e funzionò come sempre. Era notte. Fu spettacolare respirare l’aria fresca, senza fuliggine o puzza di bruciato. E rivedere la luna, il cielo, sentire la natura attorno a se, la vita. Era nel bosco, vicino al lago dei Quileuitte, sentiva l’acqua, l’odore della sabbia fangosa. L’odore di viola di Jasper. La gravità era più leggera, corse veloce e senza fatica. Si sentiva bene. Jasper  era seduto sulla riva, scrutava l’acqua scura pensoso. Si sollevò vedendola, ancora un punto indistinto in lontananza. SI sollevò, restò immobile, occhi spalancati, un sorriso di pura gioia già si formò sul suo volto. Come una calamita ma piano e incerto avanzò verso di lei. Alice sentiva la forza dell’attrazione, del desiderio, della connessione, la loro, scorrerle dentro, adrenalina  e felicità. Aumentò il passo, e si fiondò come un treno tra le sue braccia. Che la accolsero forti e calde. Alice quasi tremava. Lo strinse, e si baciarono e lo ristrinse, movimenti concitati e rapidi. Come se temessero di dissolversi, di sparire, di non potersi più toccare. Quei giorni di lontananza erano sembrati anni, secoli. Perché era stato diverso, tutto era diverso ormai. L’agitazione a poco a poco svanii. Alice lo frenò mentre lui cercava ancora avido le sue labbra, a pochi centimetri dal suo viso lo guardò intensamente negli occhi ambrati, profondi e colmi di pace adesso.
“Sei tu” disse, Jasper sorrise, un sorriso così bello, solo per lei sorrideva in quel modo.
“Sono io” ripetè lui e le accarezzò una guancia. Sedettero sulla collinetta in cima alla riva. Poco più in alto dell’acqua nera.
“Non hai idea di quanto fossi preoccupato per te…Alice, stai…stai bene? Sei…stai tremando ancora” Jasper le avvolse la giacca sulle spalle, le avvolgeva un braccio intorno alla vita e la guardava negli occhi.
“Io ho freddo, la temperatura è molto diversa laggiù” disse lei e appoggiò la fronte alla sua guancia,
“ Quando ti ritrovo è come se tutta la mancanza che avevo di te mi si amplificasse dentro, come se me ne accorgessi a pieno solo ora…” lui la baciò sulla fronte.
“Sei tornata, io lo sapevo…” Alice alzò la testa,
“Te l ho promesso, mantengo sempre la parola…Jazz, tu non sai quanto ho bisogno di te…” Jasper aggrottò la fronte,
“Alice… io ho bisogno di te più di quanto non ne abbia tu, credimi…un altro giorno e sarei impazzito” Alice lo baciò lentamente, per sentire le sue labbra, l odore della sua pelle, il calore del suo respiro.
“Sarei impazzita anche io, o forse lo sono già… ma non importa, ora sono qui, tienimi stretta Jazz, non lasciarmi respirare. Voglio solo questo” la strinse, ne aspirò l’intonso profumo di cannella e rose.  Jasper percepiva la gravità di quanto la presenza di Alice lì con lui significasse. C’era qualcosa di intenso, di strano, di diverso. Ma ora non importava. Lei era tra le sue braccia.
Stavano camminando in direzione di casa Cullen, avevano percorso insieme quei sentieri centinaia di volte, ma quella sera Alice era estremamente silenziosa, e per Alice era qualcosa di quasi impossibile. Erano uno strano silenzio, non sembrava esserci tensione o turbamento. Anzi lei appariva così calma, prima c’era stato l’impeto emozionale nel rivedersi, aveva percepito anche un po’ di timore in quel crogiolo di amore e desiderio. Ma ora la quiete. Alice sembrava solo estremamente persa nei suoi pensieri. Jasper le camminava accanto, andavano a velocità umana dalla riserva, come se volesse dilatare il tempo o rimandare qualcosa.
“Alice…” cominciò incerto, lei lo guardò come se fosse stata svegliata di colpo,
“Jazz… presto ti dirò ogni cosa” gli si avvicinò e gli prese la mano stringendo leggermente le dita. Jasper non rispose, avrebbe voluto chiederle cosa Lucifero le avesse mostrato…o cosa le avesse fatto…al solo pensiero tremava di rabbia. Cosa avesse visto nell’Ade, perché era tornata proprio in quel momento…cosa avrebbero dovuto affrontare. Aveva mille domande che gli esplodevano in testa.
“Non ci sono gli altri…sono a caccia a nord” disse,
“Si lo so… volevo vedere prima Aiden” allora aveva visto, voleva la casa vuota.  Giunsero nel giardino, le luci erano spente, comprese quelle della stanza di Aiden, erano le 2, comprensibile che già dormisse da un pezzo. Entrarono e salirono le scale, erano nel corridoio, la mano sinuosa e bianca di Alice era già appoggiata al pomello della porta quando Jasper la tirò dolcemente ma deciso indietro.
“Alice, io non gli ho ancora detto di Ron…non sapevo come…avrebbe reagito e tu eri ancora nell’Ade…” Alice gli sorrise in pena.
“Non preoccuparti, ora ci penso io” Ma Jasper sospirò,
“Non dovremmo dirglielo, ne ha già passate tante… lo sai meglio di me, è troppo, sapere anche della morte, è solo un bambino” Alice gli carezzò i capelli,
“Jazz, prima o poi dovremo dirglielo, farà sempre più domande… basta bugie” vi fu una nota di durezza nella sua voce. Entrò nella stanza e sedette piano sul materasso. Jasper restò sulla soglia. Lei gli accarezzò i ciuffi neri che uscivano dalle coperte, Aiden si girò continuò a sonnecchiare per un po' ma poi sollevo la testa, Alice accese la luce del comodino. Lui strabuzzò gli occhi, convinto probabilmente che fosse un sogno, un sogno bello da cui non ci si vuole più svegliare.
“Ma-mamma, sei qui!” gli saltò al collo abbracciandola, Jasper sorrise nell’ombra.
“Si, te l ho detto, una promessa si mantiene…” Alice si avvinghiò al corpicino magro del figlio, ne aspirò a pieni polmoni l’odore intenso e fruttato. Toccò la sua pelle calda e morbida, vide i suoi profondi occhi blu e le sue labbra incurvarsi in un sorriso di pura gioia.
“Come sei fuggita? Hai ucciso altri mostri? Il demone con le ali nere ti ha lasciato andare, e cosa hai visto? Non devi tornare laggiù vero… mamma racconta” Aiden era su di giri e il sonno gli scivolò di dosso. Alice scostò le coperte e si sedette accanto a lui. Doveva dirgli subito di Ron. Non avrebbe mentito ancora a suo figlio, non avrebbe commesso l’errore di sua madre, degli anziani , di Phoebe e Michele, tutti quelli in cui aveva riposto fiducia l’avevano delusa e lei era finita con l’odiarli. Suo figlio non l’avrebbe detestata. Mai.
“Aiden, ascoltami, devo dirti una cosa riguardo ROn” Aiden si bloccò ma aguzzò le orecchie,
“Oh mamma è quello che ho cercato di dire a papà da giorni, voglio andare a trovarlo, anche se è lontano da qui, in fondo è anche colpa mia, un po’ lo è anche se è stato il loculens, nel lago…io devo” Alice gli pose dolcemente le dita sulle labbra.
“Non puoi andare a trovare Ron, lui non è più qui…nel nostro mondo” Aiden si allarmò,
“L’hanno preso i cattivi?” Alice scosse il capo, come dire ad un bambino di 10 anni che il suo migliore amico aveva cessato di esistere? Jasper stava per entrare ma non avrebbe saputo cosa dire.
“No piccolo, per quanto ne so lui è con i buoni, in Paradiso, le ferite erano troppo profonde, il dragone era troppo forte per lui…” fece una pausa, Aiden cominciò a fissare le coperte.
“Vuoi…vuoi dire …che è morto?” gli occhi di Aiden divennero lucidi. Un’ondata, anzi una pioggia di tristezza e dolore colpì Jasper d’un fiato, era il dolore così forte che veniva da suo figlio, e questo non riusciva a sopportarlo ancor più di quanto riuscisse a sopportare il dolore di Alice. Un bambino non doveva provarlo. Scattò come un treno verso il letto per usare il suo potere, per cercare di lenire qualcosa. Ma Alice aveva afferrato AIden nello stesso istante e lo aveva abbracciato, serrato più che altro tra le sue braccia e una luce bianca si era effusa dal suo corpo. Jasper si fermò. Il dolore e la tristezza di Aiden scemavano a poco a poco, non scomparvero del tutto ma furono affiancantie da una profonda calma e comprensione. Qualsiasi cosa avesse fatto aveva funzionato, molto meglio del suo influsso sulle emozioni. Alice si scostò ed Aiden seppur con gli occhi ancora lucidi sorrise sia a lei che a Jasper.
“Ora torna a dormire, piccolo mio, è tardi, ci vediamo domattina” lo rimboccò e lo baciò sulla fronte. Jasper la seguì ancora frastornato. Alice era diretta nella loro stanza. SI soffermò a scrutare le loro cose e a toccarle come se fossero passati mesi o anni. Eppure era via solo da tre settimane.
“Jasper? Tutto bene?” dall’altra parte della stanza lei lo guardò preoccupata. Jasper sedette sul letto.
“Si, perdonami…quello che hai fatto prima con Aiden mi ha…scosso” Alice si avvicinò restando in piedi.
“Dovevo dirglielo, mentire non è la soluzione, soffrirà ma è giusto così, col passare del tempo la verità gli avrebbe fatto più male…” Jasper soppesò le parole. Capì che era ancora, decisamente aperta la sua di ferita, con sua madre e gli angeli per tutte le menzogne dette.
“Si lo trovo sensato, anzi giusto …ma io mi riferivo a quando lo hai abbracciato” Alice confusa cominciò a capire,
“ Hai fatto una cosa simile, almeno credo, a quella che Phoebe e lo stesso Michele hanno fatto a me” disse lui,
“Cosa…Michele, tu hai parlato con l’anziano?” Alice sedette,
“Si, volevo che ti riportasse qui, il giorno dopo che siamo tornati, ho chiesto a Phoebe di farmelo incontrare…lei…lei è davvero rammaricata per averti celato la verità. Io ero in collera, con lei, Edward temeva che l’avessi attaccata, pensa…ma non potrei mai farlo, mi conosci… lei l’ha fatto per calmarmi e quando ho visto l’anziano che non ha reagito come avrei desiderato lui ha fatto la medesima cosa ma con ancora più potenza. Ho provato qualcosa difficile da spiegare…una calma così profonda…ma consapevole…capisci…come se fossi io a …” Alice annuì,
“L’ha fatto anche con me una volta” disse, il suo sguardo era azzurro, acceso, nominare lui e Phoebe l’aveva irritata, ferita probabilmente, ma non disse nulla in merito a loro.
“Tu con Aiden…” disse lui,
“ Io volevo solo che non soffrisse troppo, sarebbe stato troppo…” Jasper le prese la mano.
“E’ una cosa che fanno gli angeli…” Disse lui spontaneamente, Alice ritrasse la mano,
“Vuoi dire che non l’avresti creduto possibile per me…che sono la figlia del Signore degli Inferidemone più crudele?” Jassper scosse il capo e le prese entrambe le mani.
“Cosa…no…Alice non intendevo questo” Alice sospirò,
“Lascia stare, io sono solo…frastornata, è strano tornare a questa gravità e alla luce…” chiuse per un momento gli occhi. Poi li riapri e si avvicinò a Jasper quasi a sfiorargli il naso.
“Jazz…devo farti una domanda” Jasper trattenne il respiro…
Tu hai paura di me? Sii sincero” lui   sgranò gli occhi, era seria. Gli stava chiedendo se la temesse, se ne fosse spaventato? Di cosa, dei suoi poteri? Della sua identità? Si… Jasper leggeva la sua di paura negli occhi, si aspettava che dicesse di si.
“No” disse dolcemente.
“Mai, in assoluto…” una lacrima le era scivolata sulla guancia.
“Non mi importa dei demoni, di tuo..padre… di niente, Alice per me sei sempre la stessa e io ti amerò sempre” gli asciugò la lacrima. Anche Sean l’amava ma aveva comunque paura di lei. Jasper invece non poteva neppure concepirla la paura, era sincero, lei lo sapeva, lo vedeva chiaramente. Ne fu però comunque sorpresa e commossa.
“Si può amare e avere paura al tempo stesso” disse,
“Non ho paura di te… puoi anche distruggermi so che ne sei in grado ma non mi vedrai spaventato, io so chi sei davvero” lo avrebbe pensato anche dopo che lei gli avrebbe rivelato la profezia? Probabilmente no. Ma Alice trovò grande conforto in quelle parole.
“Grazie Jazz…” l’attirò a sé e lo baciò.

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Capitolo 24
*** La Profezia ***


CIAO A TUTTI! MI SCUSO PER IL RALLENTAMENTO DELLA STORIA MA NONOSTANTE QUESTA QUARANTENA CI ABBIA DATO PIU' TEMPO PER STARE IN CASA IN REALTA' SONO IMMERSA IN IMPEGNI UNIVERSITARI E NON... COMUNQUE SPERO DI PUBBLICARE CON PIU' FREQUENZA...ORMAI SIAMO VICINI ALLA FINE... (MAGARI SPERIAMO ANCHE DI QUESTA SITUAZIONE O.O) BUONA LETTURA!












2 settimane prima, la torre.


“La tana del coniglio…” sussurrò impercettibilmente Alice, Lucifero si sporse in avanti per carpire il debole fruscio delle sue parole.
“Come dici cara?” ma Alice deglutii e basta, non riuscendo a staccare lo sguardo dalle nebbie bianche che quella botola promanava. Sembrava quasi un portale. E lei doveva sporgersi, cadere per vedere, per conoscere questa profezia.
“Devi soltanto guardare dentro…fallo e ogni dubbio svanirà, te lo assicuro” la torre ettagonale era silenziosissima, Alice poteva avvertire i battiti del suo cuore contro lo sterno e l’aria calda del respiro effondersi nell’aria. Strinse le dita e si inginocchiò. Avvicinò le mani alla pietra bianca e nera del mosaico, premette le mani sui bordi di quella botola e si spinse in avanti fin tanto che le punte dei  suoi capelli toccarono la nebbia, fredda e quasi bagnata, e poi il naso e il mento e gli occhi. Fu come scivolare nel vuoto. Una spiacevole e fugace sensazione. Alice non sentì più nulla attorno a sé mentre cadeva, solo buio. Poi come se non si fosse mai mossa avvertii del terriccio sulle mani e sul petto, un odore acree di putrefazione, era a faccia in giù nel terreno. Attese qualche secondo a occhi chiusi e si sollevò. Era al centro, o meglio dentro l’incavo di un albero enorme. Le radici nere e grosse spuntavano da tutti i lati e si inarcavano verso l’alto nel legno più chiaro e duro. Le pareti dell’albero erano altissime, si vedeva solo un sottile spiraglio di luce bianca in cima. Lo spazio di terreno circolare era largo qualche metro e era perfettamente nudo. Alice studiò ogni angolazione. Era forse una trappola o un’assurda ulteriore prova di suo padre. Si avvicinò alla sporgenza di una radice e piano accostò una mano.
“Non è vivo” l’albero era morto. Alice provò a spalancare le ali, ma senza successo. Provò ad arrampicarsi innumerevoli volte ma appena riusciva a raggiungere la luce ricadeva al suolo. Frustrata smise di provarci. Sedette a gambe incrociate al centro del terreno e fissò le pareti di legno. Il forte odore di marcio si acuiva sempre di più.
“Alice” una voce lontana e sottile pronunziò il suo nome. Lei smise di respirare e si immobilizzò. Attese.
“Ali…ce” la voce era come soffocata.
“Chi c’è? Mostrati” ma non si alzò. Qualsiasi cosa fosse quel posto si era oramai convinta che non fosse reale.
“Chi sei?” rispose la voce.
“Sono Alice Cullen” disse lei impaziente,
“Chi sei?” ripetè la voce più debolmente,
“Sono Mary Alice Brandon” provò lei appellandosi all’identità perduta e primaria di ciò che un tempo era, da umana, anzi da nephilim.
“Chi sei!”
“Te l’ho già detto!” stavolta la voce fu acuta e quasi irata. Alice senti la stessa ira pervaderle le ossa.
“Io sono Alice, figlia della guardiana Gyselle e di Lucifero stella del mattino, il primo angelo, il portatore di luce…. Tu chi sei? Cosa vuoi?” una goccia di sudore le scivolò lungo il viso.
“Alice, la figlia del primo Angelo, la figlia del primo demone…” aggiunse la voce. Alice stese la mano e una scintilla diede vita a un fuoco caldo e azzurro tra le sue dita. Gli occhi riflettevano quel baluginio di luce.
“Non ho molta pazienza, brucio quest’albero secco e vuoto se non ti palesi” nessuna risposta. Alice era in bilico tra il fare sul serio e fermarsi. Se quel posto non era reale allora il suo fuoco l’avrebbe solo riportata alla torre, non poteva nuocerle. Eppure… Un’ombra oscurò per una frazione di secondo la sottile luce della cima. Alice chiuse il pugno e il fuoco svanì. L’Ombra le passò da dietro. E per quanto fossero fulminei i suoi riflessi non era riuscita a vederla. Sembrò prendersi gioco di lei per un po’ ma poi una massa oscura ed evanescente acquisì una forma proprio dinanzi a lei. Alice indietreggiò. La figura che aveva davanti era quella di una dea. O meglio di una vecchia dea. Aveva un mantello nero e il cappuccio abbassato, un palco di ali da pipistrello e un bastone di legno scuro ritorto. Eppure il suo viso e quanto si riusciva a scorgere della pelle era bianco e luminoso, piccole rughe le conferivano un aspetto maturo ma ancora vigororoso. I capelli bianchi o argentei le scendevano sulle spalle e i suoi occhi erano dello stesso colore dei cristalli di neve. Era bellissima.
“ Cosa…cosa sei?”, giacchè non si trattava di una donna né di un angelo o un demone. Non poteva essere un fantasma…non poteva essere un mostro….era…
“ Cosa non sono…”disse e accennò un lieve sorriso,
“Mi chiamano in molti modi….ma credo che tu veda in me la morte, come la vedi in quest’albero” Alice elaborò, ciò che vedeva era un essere che non comprendeva ma di cui percepiva l’estrema potenza. La Morte non poteva essere così…perfetta.
“Tu sei la Morte…la... l’angelo della morte…?” Lei sospirò,
“E’ un altro nome che posseggo si…” Alice sedette spalle al tronco. Si accasciò più che altro. No Lucifero le aveva promesso che non avrebbe fatto del male a lei e agli altri. Mandarla dall’angelo della morte doveva avere un altro scopo.
“Tu sai cosa cerco” disse in automatico.
“Vorrei poter avere una tale capacità bambina… io so quando sarà la tua fine e quella del mondo umano, la fine delle stelle, e del paradiso, la fine del tempo…ma non temere passeranno innumerevoli soli e lune e poi arriverà il momento” Alice scosse la testa.
“La profezia, sei tu quindi ad averla avuta” la Morte le porse una mano, bianca e quasi luminosa da sotto il mantello. Alice titubante la prese e si sollevò.
“Io sono solo una messaggera, nessuno sa di chi sia, ma la conosco”” allargò le ali.
“Non è possibile, qualcuno deve averla pronunciata o non avrebbe senso” disse.
“Esiti” rispose la creatura, Alice chiuse gli occhi.
“No…dimmela” L’angelo della Morte rise,
“Dirtela? Non posso… questa profezia non può essere riferita con le parole” Alice la guardò confusa,
“E come dovrei apprenderla…” L’angelo guardò in alto.
“Lei si rivelerà a te…devi raggiungere la cima… questo non è solo un albero lo avrai notato” Alice cominciò a sentirsi a disagio,
“Sai, io sono …beh…è da molto che sono in questo mondo o meglio in questi mondi…eppure questo posto è molto più antico di me e del Signore Oscuro” la Morte era stata creata dopo Lucifero, quando gli umani e le altre creature furono plasmate e destinate a consumarsi e a perire.
“L’albero… ma è morto…non c’è nessuna energia qui” lei sorrise severa questa volta,
“Perché è prosciugata da tutte le creature che la posseggono… l’albero è o meglio era la fonte di energia primaria, la fiamma che alimenta il vostro fuoco… è me e te e loro” la testa di Alice cominciò a martellarle.
“Capisci quanto è sacro questo luogo, il tempio di tutti i cicli, il tempo scorre nelle radici di questo essere… e anche il futuro, il futuro che ti riguarda” la figura indicò col dito il cielo.
“Mi incuriosisci…sei riuscita a sfuggirmi molte volte… la tua anima è davvero rara… la desidero” disse e sorrise di nuovo con calore. Alice rabbrividì e non poté aggiungere altro poiché lei sparì.

Doveva raggiungere la cima. Ritentò la scalata aggrappandosi voracemente alle protuberanze del legno che invadevano lo spazio. Alcune schegge le si conficcarono nei palmi e riuscirono a graffiarla. Ad ogni metro che guadagnava vedeva la luce allontanarsi, sempre e sempre più velocemente. Si fermò, respirò e alcune nuvolette di vapore le offuscarono la vista, faceva davvero freddo. Guardò in basso. Non era così lontana dal suolo. Guardò ancora una volta le pareti in cerca di…qualsiasi cosa. Poi mollò la presa d’improvviso e atterrò pesantemente al suolo. Come poteva riuscirci? Non aveva nessun aiuto e non poteva volare. Poteva bruciare tutto e basta, forse era davvero quella la soluzione.
“Perché sono così attratta dal fuoco” disse ad alta voce, quella sensazione era invadente e disturbante. Era come se quell’albero privo di vita lo chiedesse a lei, e chiedesse a lei di morire con lui…o per lui.
“Ho capito” se l’albero alimentava tutto, anche la sua stessa forza vitale, forse l’avrebbe lasciata passare se lei gli avesse donato un po’ della sua energia. In tutti quegli anni aveva ben compreso che nulla di ciò che appare si mostra per ciò che è davvero e che ogni cosa in ogni realtà ha una propria ragione d’essere. Si chinò e appoggiò entrambe le mani al centro del terreno. Chiuse gli occhi. Pensò solo che quell’arida terra scura aveva bisogno di vita. Lasciò che la vita le fluisse attraverso la nuca e le scapole, giù per i gomiti sino alla punta delle dita e filtrasse tra i secchi grani. Un senso di torpore e debolezza cominciò a effondersi dentro di lei. Sforzandosi di tenere gli occhi aperti e la mente lucida si avvicinò sempre di più al terreno, ora caldo, odoroso di fiori. Posò la testa su morbidi steli verdi e non riuscì a fare altro.


 
Il sacrificio. Tutto convergeva in quella direzione. Da sempre. Perché proprio il sacrificio? Perdere se stessi, perdere la propria vita per qualcuno o qualcosa in cui si crede, a cui si tende, da cui ci si sente amati e che si ama. Faceva freddo. Ancora più di prima. Il morbido cuscino di steli non sembrava esserci più, prima di aprire gli occhi Alice avvertiva solo il gelo asciutto sulla guancia. Dischiuse le palpebre e vide il bianco, inizialmente pensò che fossero i capelli argentati della Morte ma poi si rese conto che era avvolta dal bianco, dal gelido e morbido abbraccio della neve. C’era neve, dune di neve che si estendevano in lontananza. Era fuori dall’albero. Era di fronte l’albero. Si inginocchiò sollevandosi lentamente. L’albero era enorme, imponente, un enorme salice piangente, le foglie verde scuro e vigorose seppur coperte da un sottile strato di bianco. Promanava vita, da ogni singolo ramo. Alice riuscì a mettersi in piedi seppur stremata e si guardò attorno. Il cielo era tempestato di stelle, era scuro ma non era notte, o almeno non le sembrava poi così buio, la neve e le stelle illuminavano tutto. L’albero aveva assorbito la sua energia, ed emanava calore. Sotto di lei vi era come una tana, un enorme buco da cui si scorgevano le radici ritorte dell tronco, era profondo, era uscita da li? Il vento era gelido, qualche raffica le scompose i capelli. Le sembrò di udire sussurri, lettere e suoni indistinti. O forse un linguaggio sconosciuto. Cominciò ad avvicinarsi sempre di più, sotto la coltre delle foglie cadenti che le sfioravano la pelle sentii sempre più calore e sempre più la necessità di addentrarsi. Allungò la mano e la protese in avanti, ancora qualche centimetro e avrebbe toccato il centro esatto del poderoso tronco. Il legno scuro ricoperto di neve e ghiaccio. Lo sfiorò. Il contatto fu intenso, lento, quasi doloroso. La neve tutt’intorno cominciò a vorticare in raffiche, il cielo di stelle svanii e fiocchi pesanti e silenziosi cadevano anche dall’alto. Alice ritrasse la mano ma sempre piano, aveva un’ espressione contrita. Era nel flusso, in un flusso di energia. Lo sapeva, lo sentiva. La neve che vorticava assumeva forme sgranate, di facce, luoghi, simboli. Poi tutto si fermò, i cristalli di neve si bloccarono a mezz’aria e il vento cessò. Era solo lei a muoversi impercettibilmente in quello spazio bianco, benché si sforzasse di stare immobile, quella era un’immobilità ancora più perfetta della sua. Dal suolo innevato si alzarono due singole folate, la neve assunse i contorni familiari di due figure alate. Erano vicine, molto vicine, quasi intrecciate l’una con l’altra. Sentiva quasi lo scroscio di una risata. Si avvicinò senza paura ma le due figure svanirono. Più avanti di qualche metro si sollevò altra neve. Alice avanzò non smuovendo per nulla i cristalli che erano ancora perfettamente fermi a mezz’aria quasi cuciti in uno spazio bi-dimensionale. C’erano molte altre figure, con le ali, e senza, piccole , enormi, alcune mostruose, strane creature con voci roboanti, e alberi e case e strade asfaltate. Si avvinghiavano l’una con l’altra ma con forza, violenza e odio. Vide lame e fuoco di neve, udii urla… vide sangue bianco sgorgare da i corpi sgranati. Corse più in fretta ma appena si avvicinò scomparvero. Ancora in lontananza altre scene e altre figure disegnate nella neve. Vide un neonato, con cristalli azzurri al posto degli occhi, lo vide in una sorta di fagotto, su uno zerbino, piangeva. Vide una mano posarsi sulla testolina e una luce entrargli dentro. Vide la strega. Vide il suo ghigno. Vide il neonato crescere ogni secondo di più, diventare una bambina, e una ragazza, una donna, un’inerme corpo privo di vita, un corpo vivo ma freddo, più figure attorno a lei, qualcuno che la baciava, le ali, poi lei e un altro neonato. La stessa mano e una luce più fioca sulla sua testolina. Loro sparirono ma la donna no. Lacrime argentate le scivolavano sul viso bianco che si sgretolò. Alice ebbe un forte de ja vu. Poi attorno a lei un’enorme e infinita biblioteca, libri di ghiaccio e neve che vorticavano tra gli scaffali. Sembravano pioverle addossò, lo facevano, si accucciò e di nuovo fu sola. Uno scroscio proveniva sotto il terreno, aveva appoggiato le mani nella fredda coltre di bianco. Vi affondò decisa tre dita e trovò qualcosa di duro e metallico. Era una chiave, una chiave piuttosto piccola ma completamente fatta di elettro. Scintillava al candore della luce. Pesava, molto, troppo per essere di quelle dimensioni. La chiave cominciò a scottare, era incandescente, la lasciò e sprofondò di qualche centimetro. La neve cominciò a tingersi di rosso, era sangue. Vero sangue. La chiave, proveniva dalla chiave. Si insinuava sotto e sopra la neve. Alice indietreggiò barcollando. I fiocchi ricominciarono a cadere fittamente, non vedeva quasi nulla, le raffiche di vento interruppero il silenzio. Riparandosi con le braccia cercò di avanzare, di trovare un’uscita, un punto di riferimento, l’albero. Ma vide un cancello. Un cancello di nero ebano, alto e che si estendeva a destra e sinistra senza fine. Lo intravedeva chiaramente, era l’unica cosa che poteva vedersi nella neve, il nero. A tentoni si avvicinò. Ma a pochi metri si bloccò. Vide nuovamente la figura della donna di neve, con le ali protese, era a pochi centimetri dal cancello e fissava altre due figure di neve al di fuori, erano un bambino e l’uomo che l’abbracciava prima. Alice sussultò, le passò accanto una folla di orrendi demoni di neve, e su un trono alto quanto il cancello c’era un angelo bellissimo, con le ali nere che guardava al di là del cancello impaziente. La donna lo aprii e i demoni passarono investendo il bambino e l’uomo. Anche l’angelo passò. Alice tentò di gridare. La donna tentò di gridare, prese l’angelo per l’ala e cercò di riportarlo dentro ma dentro rimase lei, intrappolata. Alice chiuse gli occhi. Non voleva più vedere altro. Ma il vento sembrò sussurrarle ancora. Si scoprii il volto e di nuovo vide il cancello e le due figure dietro di esso, vide la donna aprirlo, vide però la folla di demoni ferma e l’angelo con le ali nere avvicinarsi a lei, lei passò per prima e chiamò l’angelo, l’angelo passò, i demoni  non passarono, l’uomo e il bambino la guardavano con rimprovero, un’ ala nera le offuscò la vista e la tirò indietro. Le figure scomparvero e riapparvero, questa volta la donna non aprii il cancello, i demoni si smaterializzarono dall’altra parte e uccisero l’uomo e il bambino.
“basta..” disse Alice in un sussurrò. Ma il cancello era ancora lì, si avvicinò alle sbarre tremante e notò che nella neve erano tracciati tre sentieri, si allungavano per centinaia di metri e tutti convergevano in un punto dove la neve ricadeva meno fitta, c’erano le medesime molteplici figure che si affrontavano nella neve, angeli, mostri e uomini, sangue bianco e fiamme di ghiaccio, urla e pianti. Qualcosa l’afferrò da dietro e sentii di non potersi muovere mentre veniva portata via dal cancello, dalle ombre di neve, veloce, senza rumore, indietro e ancora indietro, vide le dune di neve il salice enorme e poi rimpicciolirsi sempre di più, l’oscurità al suo interno, si sentì sollevare e poi cadere bruscamente a terra.


 
“Alice? Svegliati cara…” le due mani nodose che odoravano di bruciato le sollevavano il collo, Alice si svegliò intontita ma si ritrasse subito da Qyburn. Era di nuovo lì, in compagnia del suo signore. Anche lei era di nuovo lì, nella torre ettagonale, l’aria rossa che riluceva dalle finestre, il marmo nero e bianco del mosaico, la botola era stata chiusa però. Lucifero la osservava corrucciato, ancora appoggiato ad una delle pareti. Quanto tempo era passato? Forse non molto o forse si. Alice si alzò tastandosi per assicurarsi che tutti i suoi pezzi fossero tornati in quella dimensione. Era rossa in viso per il freddo e la neve, ed era visibilmente provata.
“ Spero che ti sia tutto un po’ più chiaro adesso” disse lui e cercò di sorriderle. Alice si avvicinò alla finestra. Scrutò il vetro dipinto. La verità era che quelle visioni, quella profezia, l’aveva confusa ancora di più. Solo una cosa sembrava chiara, in qualunque modo agisse era destinata a portare morte e distruzione al mondo.
“ Io ho delle domande” disse al vetro,
“Io non ho le risposte…la profezia rivela a chi ne fa parte solo il proprio destino anche se siamo tutti connessi” disse, aprii la porta che dava alla scala e fece un cenno al maestro.
“Ora va a riposare e a riflettere…ci vedremo questa sera a cena” Qyburn cercò di prenderla per le spalle ma lei si avviò da sola e irritata lungo la scala. Non pensò neppure che potesse esservi ancora l’incantesimo a scendere ma in un attimo fu alla base. Doveva esserci solo per salire, aveva senso. Tornarono alle camere all’interno del palazzo, Alice si aspettava che il vecchio demone la lasciasse sola, ma inizialmente incerto sulla soglia la seguì all’interno e appoggiò piano la porta non chiudendola del tutto. Lei si avvicinò al letto ma non sedette, restò a fissare il piumone cremisi.
“Ragazza mia, scoprire il futuro può essere sconcertante e tu lo sai bene” Alice chiuse la porta rivolgendovi lo sguardo baluginante d’azzurro. La rabbia cominciava a sopraffarla ancora.
“Io non ho le cose più chiare… sono confusa, estremamente confusa…” Qyburn sedette sulla sedia dirimpetto il letto.
“ Se ti va puoi parlarmene” disse con voce calda. Alice sbollì di poco, la disinvoltura e saccenza del maestro la stavano infastidendo ancora di più.
“Non conosco la ragione di tutto questo, la ragione della profezia, chi l’ha previsto, perché io, perchè in quel luogo mi si è rivelata?” Qyburn contorse le mani l’una sull’altra.
“Una forza superiore alimenta angeli e demoni, e quel vecchio salice ne è la sua essenza materiale, corporea. E’ un qualcosa di sensiente e potente, le divinità stesse devono sottostarvi” Alice riflettè,
“Ma perché io? Perché devo essere io ad aprire… i cancelli?” Qyburn alzò le spalle,
“Dio non ha nulla a che fare con questo, con me?” il maestro scosse il capo,
“Dio non libererebbe certo suo figlio… e mai avrebbe permesso la tua esistenza, che va contro tutto ciò che è stato pattuito dopo la caduta e la creazione del mondo terreno” sospirò.
“Un albero ha mosso i nostri fili da marionette, è questo quello che è accaduto? E’ lui il destino?” Alice strinse i pugni.
“Chiamalo e associalo a quello che vuoi ragazza, ma è questa energia che ti ha permesso di vivere e diventare ciò che sei. Devi compiere quello che è scritto” sentenziò.
“Il futuro può sempre cambiare” disse, l’eco di quelle parole, delle parole che suo fratello le aveva spesso detto quando le sue visioni non preannunciavano nulla di  buono le risuonò in testa. E molto spesso il futuro cambiava, mutava, diventava altro.
“Non confondere le tue abilità predittive con una profezia sacra. Non si può cambiare.” Alice sedette sul letto, la rabbia stava sfumando via, sostituita da emozioni ancor più distruttive tra cui sconforto e disperazione.
“Lucifero ha detto che la profezia si rivela solo a chi è connesso ad essa, lui ha visto quello che ho visto io?” Qyburn scosse il capo,
“Lui ha visto quello a cui è destinato e certo ha visto te come parte di quel destino, come innesco di quel destino, altrimenti non ti avrebbe condotta qui ma non ha visto esattamente ciò che hai visto tu, piccoli dettagli e sfumature soggettive..almeno credo da quanto ho studiato nei testi sacri” Alice annuì. Qualcuno bussò fortemente alla porta facendoli sobbalzare. Qyburn si alzò e andò ad aprire. Era Sean, col viso stanco e paonazzo. Il maestro fece un cenno ad Alice e scivolò via nel corridoio. Sean si avvicinò quasi correndo e la prese per le spalle scuotendola leggermente.
“Alice, stai bene? Mi hanno detto cosa ti ha fatto fare Lucifero, la scala della Torre, sei viva ma come è possibile… sei sicura di star bene?” parlò concitato, Alice chiuse gli occhi e lo abbracciò. Lacrime silenziose le scivolarono sulle gote e ne versò sempre di più. Senza singhiozzare, senza ansimare o dibattersi, era un pianto silenzioso e liberatorio. Sean la tenne stretta, carezzandole la testa e guardando la sua sagoma dall’alto. Fu lei a scostarsi dopo qualche minuto e ad asciugarsi gli occhi con le nocche. Sembrava così piccola e indifesa in quel momento. Ma subito la luce fiera e luminosa degli occhi sostituì quella sua immagine. Sean sedette accanto a lei, attento.
“Ho avuto accesso alla profezia” Sean deglutii e aspettò che continuasse.
“ A quanto pare sono la sola che può e che renderà libero Lucifero. Nel senso letterale, nell’unico senso possibile adesso. Aprirò i cancelli degli Inferi e lui potrà uscire e andare ovunque voglia. Distruggere e governare sul mondo terreno e chissà cos’altro.” Sean divenne ancora più pallido, dischiuse le labbra ma non emise alcun suono.
“La chiave che desidera…è una stupida chiave di metallo che apre  quel dannato cancello. A quanto pare sono l’unica che può trovarla.” Disse e si bloccò.
“Dove sarebbe questa chiave?” Sean si alzò, Alice trasalii poi sillabò qualcosa senza emettere un suono. Sgranò gli occhi e lo prese per le spalle,
“Il libro, tu sei la chiave….Sean…la chiave ce l ho io, l ho sempre avuta io, la chiave sono io! Lucifero me l ha detto anche se non immaginava significasse questo…” Alice aveva gli occhi in fiamme. Vagò per la stanza e afferrò il libro con la copertina di cuoio nero che aveva riposto nel cassetto. Lo aprii a metà. Si avvicinò a Sean e sfilò una lama ricurva di adamas dalla cinta.
“Cosa fai ?” Alice affondò la lama in verticale lungo il polso e fece colare il sangue dritto sulle pagine. Il libro sembrò corrodersi come se fosse avvolto dalle fiamme. Si annerì completamente e rimpicciolì. Dalla cenere Alice si ritrovò in mano una piccola chiave, di una strana lega di metallo, oro e argento.
“La chiave, fatta d’elettro, come nella visione” disse lei rigirandosela tra le mani. Era allarmata.
“Questo è…. Il tuo sangue…”, l’unione di bene e male. Il suo sangue era la chiave.
“Sean, prendila tu per adesso” Sean la prese. Era pesante. E gocce di sangue la macchiavano. Alice si fasciò il braccio con del lenzuolo strappato.
“Non so cosa fare Sean… ho  visto tutti gli scenari possibili, era una visione confusa, assurda ma ho capito, l’albero me l ha mostrato, qualsiasi cosa io faccia le mie decisioni porteranno alla guerra, tra angeli e demoni, umani e ogni creatura, il campo di battaglia sarà la terra. Se scelgo di aprire il cancello moriranno, e Jasper ed Aiden ho visto loro per primi morire. Se non li apro moriranno ugualmente e ma se imporrò a Lucifero di uscire lui solo senza le sue schiere di accoliti forse c’è una speranza di salvarli…”
“Ma aspetta, lui ti ha detto che non ti farà del male” disse lui,
“Ma ne farà alla mia famiglia, ad AIden anche se mi ha promesso di no, non lo farà direttamente ma i demoni o qualcos’altro li ucciderà al suo posto” la voce di Alice tremava.
“Non puoi aprirli” sentenziò Sean,
“Jasper ed AIden moriranno, non capisci!” Alice strinse i pugni,
“Alice, non puoi far scoppiare la guerra per salvare due vite, il prezzo è troppo alto” Alice gli diede uno schiaffo.
“Non posso essere la causa della morte di mio figlio e di suo padre!” emise un ringhio terrificante. Sean restò zitto.
“E poi anche non aprendoli affatto scoppierà la guerra, non so come ma succederà, l’ho visto chiaramente, queste tre strade hanno un solo punto d’ arrivo” aggiunse più calma. Passò qualche altro minuto di silenzio tombale.
“Alice, mi dispiace…” Sean era stralunato, irretito. Ma non voleva ferirla, causarle dolore più di quello che provasse già. Alice sedette sospirando.
“ Ascolta io non voglio uccidere milioni di persone, ma non voglio uccidere le persone che amo…” Sean l’abbracciò di nuovo ma lei si staccò sospirando.
“Ho capito, non c’è scelta…posso fare solo una cosa…”


 
 
Lucifero era nervoso, stringeva tra le mani una moneta d’oro, un’antica dracma con l’incisione di una chimera. La moneta tintinnava a contatto con i suoi anelli. Spostò una gamba sull’altra, seduto sul suo trono, quando entrò Qyburn. La moneta si fermò tra indice e medio.
“Mio signore” il demone fece un lieve cenno col capo,
“L’ho appena lasciata con il giovane Sherwood” disse e sollevò gli zigomi, Lucifero serrò la mascella. Aveva dubbi. Il Signore oscuro non aveva mai dubbi. Qyburn lo osservò attentamente mentre si sollevava e scendeva i gradini di ebano scuro. Lentamente gli si parò di fronte.
“Sarà meglio che il giovane Sherwood non procuri guai, Vecchio Maestro” gli occhi sfavillarono, era minaccioso il tono della sua voce.  Sean era stato suo allievo, Qyburn conosceva suo padre Dorcas, e la sua povera madre morta di parto. Quando venne a conoscenza del compito che gli era stato assegnato da Balthazar ne era sconcertato. Avrebbe voluto vedere il bambino, vedere la madre, capire cosa potessero fare. Era ben felice del fatto che lui avesse rinunciato nel suo intento, che fossero sopravvissuti entrambi. Ma non avrebbe mai immaginato che decidesse di lasciare l’Inferno, che uccidesse i sui fratelli per un angelo, per lei.
“Il ragazzo deve convincerla a rimanere e secondo il tuo giudizio ci riuscirà” Qyburn annuì. Lucifero non lo aveva fatto uccidere, la prigionia sembrava una punizione sufficiente e poi ne era stato grato giacchè grazie al demone era riuscito ad attirare sua figlia nell’Ade.
“Si mio signore, io non ne dubito, quando rivelerò a Sean la seconda parte della profezia, che Alice ignora, sono sicuro che farà di tutto per tenerla qui” Lucifero si massaggiò il mento.
“ Spero che il tuo non sia un errore, e che non sia il mio fidarmi delle tue conoscenze…” il vecchio demone fu irritato da quella contestazione ma sorrise placidamente. Era vecchio, vecchio quasi quanto il suo padrone e da sempre il primo e più fedele consigliere, conosceva i suoi umori, le sue aspettative, i suoi desideri. Conosceva Lucifero e conosceva La Stella del Mattino. Ma oramai il carattere gioviale e la profonda empatia dell’angelo erano scomparse o comunque seppellite molto in profondità.
“Non sbaglio, l’amore è una forza potente…”
“Distruttiva…vecchio mio, distruttiva” Lucifero accennò un sorriso e si perse un secondo a fissare il vuoto.
“ Alice gli rivelerà cosa ha visto di preciso Qyburn, e dopo che gli avrai detto dell’altra profezia credi  che Sean  ti dirà ciò che ha visto lei?” Qyburn annuì. Lucifero si scostò da lui. I dettagli erano importanti, le diverse prospettive erano cruciali. L’albero gli aveva mostrato un destino, uno solo, un solo modo in cui sarebbero andate le cose. Eppure aveva il terrore che non si verificasse tutto ciò che era stato segnato. Lui Lucifero fuori dal cancello, il suo trono fuori dal cancello, molteplici figure,angeli e demoni che si combattevano, la sua vittoria, un nuovo mondo. Sua figlia era la chiave, avrebbe aperto i cancelli, lo avrebbe liberato dalla pena di affliggere punizioni alle anime mortali, avrebbe sconfitto suo padre finalmente e i suoi fratelli si sarebbero sottomessi. Ma l’albero poteva aver rivelato ad Alice ciò che a lui sfuggiva.
“Si, il Vademecum non sbaglia mai, la profezia è comparsa sulle pagine quando lei è salita in Paradiso a riprendersi suo figlio. La seconda profezia è probabilmente più precisa di quella del Salice. Mio signore il tuo sangue scorre in lei, e come te ha un…” Lucifero alzò il braccio. Basta. Rimuginare su quanto aveva deciso non faceva altro che acuire la sua impazienza. Qyburn capì si voltò e si accostò al pesante portone di legno,
“ Andrò a comunicarle del tuo invito a cena” e lasciò la sala. Teneva a quel ragazzo ed era sicuro che l’amore lo avrebbe accecato, tutto si sarebbe avverato come previsto.

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Capitolo 25
*** Compromesso ***


Pochi minuti dopo Lucifero decise di andare a prepararsi, cambiare la tunica con un farsetto di pelliccia e degli stivali più raffinati.  Da quando Alice abitava le sue stanze aveva occupato la camera padronale al piano terra dove di solito riceveva Lilith e le altre amanti. Aveva sempre amato l’amore, in tutte le sue sfaccettature, dall’amore fisico, sensuale, lussurioso a quello casto, platonico, immaginario. Era l’amore fisico che riusciva a raggiungere, quasi sempre ma quell’altro tipo pur bramandolo all’inizio, col passare del tempo cominciò a scrutarlo da lontano, a non affannarsi più, a godere solo del fatto che esistesse. E adorava la forza distruttrice dell’amore, la potenza di un’energia invisibile e che penetrava tutti, dagli dei, agli angeli, ai demoni e agli esseri inferiori, come gli umani. Indossò con cura quanto aveva pensato e richiuse il baule di quercia. Fissò la sua immagine allo specchio per qualche secondo, annuì soddisfatto e tornò nell’atrio. Le parole di Qyburn ricorrevano tra i fumi rossi delle voragini, Lucifero uscì fuori, camminando a passò svelto lungo il sentiero che costellava il Palazzo D’Ebano, sapeva che prima o poi avrebbe incrociato Lilith, le aveva chiesto, o meglio ordinato di presenziare alla cena. Erano giorni che non la vedeva e il desiderio di lei cominciava a farsi sentire. Mandarla via era stato necessario. Lilith era gelosa. Da secoli, di tutto, di tutte. Ma mai lo era stata nel profondo tanto quanto per sua figlia. Lilith era pericolosa per gli altri, non avrebbe esitato a farle del male sebbene Alice sembrasse intoccabile, in qualche modo ci sarebbe riuscita, in sua assenza, nell’assenza di quei giorni, anche di fronte alla sua collera. Eppure Lucifero non riusciva a capire la ragione di una gelosia così marcata nei confronti di una donna che lui non osava neppure immaginare in tal senso. Alice era bellissima ovviamente, rasentava la perfezione per un angelo e la superava di gran lunga per qualunque umano o vampiro. Le sue labbra sottili, gli zigomi marmorei perfettamente scolpiti e delicati come quelli di una fata, i capelli luminosi e scuri,e quegli occhi cangianti, mutevoli in ogni secondo, ora ambrati, ora azzurri ora neri come un pozzo profondo. Eppure era sua figlia e in quanto tale l’ammirava ancora di più. Non credeva possibile aver dato vita a qualcosa di così puro e bello, lui che era circondato da cenere, fuoco, anime in agonia e puzza di morte. Era sua figlia e in ciò emergeva un riguardo per lei che per Lilith non aveva mai avuto. Forse era questo a fargliela odiare. Forse era il fatto che con lei condividesse il letto ma con Alice il sangue, il suo sangue. Lucifero appoggiò le mani sulla bordatura di alcuni spezzoni di ringhiera che segnavano il sentiero, erano fatti di ferro incandescente, sfrigolò sotto i suoi polpastrelli non lasciando alcun segno. Ormai aveva fatto un centinaio di metri, si fermò ad aspettare. Recuperò il filo dei suoi pensieri che l’avevano portato a concentrarsi su Alice, ritrovò Qyburn e quello che aveva detto su Sean. Il giovane demone ne era innamorato, certo il Signore Oscuro lo sapeva, lo aveva sfruttato a suo favore, l’amore è comunque una debolezza ma non credeva che l’amasse con una simile intensità. Era strano. Era sbagliato. Un Angelo e un Demone. Sorrise. Non pensava mai a Gyselle, a quella notte. A quell’unica notte di amore fisico, eppure un tempo era convinto, lì nella leggerezza dell’etere di amarla davvero. Ma dopo l’appagamento, dopo il piacere del corpo si era reso conto che non era reale, che lui voleva solo quel corpo, quei capelli neri che ricadevano a sbuffi e i suoi occhi blu e le labbra carnose, i seni rotondi e sodi e la vita larga e capiente. Fine. Anche lei forse provava la stessa cosa. Fine. Qualche ora e poi nulla. Si passò la lingua sulle labbra, l’aria era asciutta e aspra. Lilith sarebbe arrivata a momenti. Lo sperava, Lilith era imprevedibile e restia ad obbedire. Sean non voleva possedere Alice e basta, lo aveva già fatto, a quanto ne sapeva, per ben 2 volte, non voleva il suo corpo e non voleva neppure il suo spirito, non voleva il suo amore, gli bastava proteggerla, prendersene cura. Lucifero ebbe un brivido. Il giovane demone avrebbe finito col farsi uccidere. Ma gli era necessario almeno finchè non fosse stato libero. Lilith cominciò a palesarsi, una nube più chiara tra la coltre di fumo, le sue ali color ruggine fendevano il cielo, planò dolcemente a pochi metri dal suo Signore.
“Mio signore” disse senza inchinarsi, Lucifero scattò verso di lei e le cinse la vita con fare aggressivo, la baciò con intensità e rabbia.
“Mi sei mancata” disse ma prima lei gli morse un labbro facendo colare una goccia di sangue sul farsetto,
“Lilith, Lilith, sorridi, non sei bella quando mi tieni il muso” lei lo guardò sprezzante,
“Andiamo a questa cena prima che cambi idea” ma Lucifero la fermò, lei mise dentro le ali e gli allontanò la mano.
“Cosa c’è?” Lucifero la fissò con serietà, Lilith percepiva che qualcosa attanagliava la mente del suo compagno, perché si in fondo solo lei poteva definirsi una compagna, quella che gli era rimasta sempre accanto, nonostante tutto.
“I tuoi piani non procedono bene, eh? E’ per questo che ti comporti come uno psicopatico?” Lucifero corrugò la fronte,
“Se mi dicessi cosa stai tramando forse potrei aiutarti….ma tu… a quanto pare ti fidi soltanto di Qyburn, del vecchio bavoso” Lilith camminò in fretta sul posto,
“Mia dolce Lilith, io mi fido di te… ma il destino non prevede che tu abbia un ruolo in tutto questo, devi accettarlo” disse placidamente lui,
“Da quanto t’importa del destino? Tu Stella del mattino hai rifiutato per secoli che qualcosa fosse già deciso per te…” Lilith si infiammò, il rossore sulle gote la rendevano ancora più sensuale, a stento Lucifero trattenne l’istinto che stava prendendo il sopravvento. Sospirò smettendo di guardarla.
“E vedi dove mi ha condotto…ma adesso, posso riscrivere qualcosa che voglio che sia deciso per me e che sia immutabile…grazie ad Alice” Lilith chiuse gli occhi. Lucifero non le aveva detto nulla, lei non aveva potuto scoprire nulla, la promessa fatta a Sean, ma neanche lui doveva aver fatto progressi. Lucifero era troppo scaltro. E poi l’aveva mandata via, a sorvegliare gli altri ingressi del Limbo come se temesse che qualche angelo o demone tentasse ancora di entrarvi, e poi cosa gliene importava? Non voleva averla tra i piedi, semplice.
“Che non è qui per chiamarti paparino di certo” insistette,
“Lilith, non sfidare la mia pazienza, il perché, la ragione per cui Alice è qui non ti riguarda, ciò che ti riguarda è venire a cena con me ed essere al mio fianco, noi dobbiamo mostrarci forti e ben affissi nel nostro ruolo…Alice deve avere rispetto e timore, non posso permettere che decida di andarsene ora che siamo così vicini…” si interruppe, Lilith annuì sconsolata. Aveva tentato più volte quella conversazione, nulla da fare.
“Il suo vampiro…potrebbe andarsene per lui…io credo che tu lo sospetti, ora che sa qualcosa di più è pronta ad andarsene no?” Lucifero le prese dolcemente la mano, Lilith fu stupita,
“Non lo farà, proprio per il suo compagno, mi sconcerta la profondità della loro relazione, non ho mai visto una cosa del genere… e per questo sono certo che farà di tutto per tenerlo al sicuro sia lui che suo figlio…” era un amore ben diverso da quello di Sean, era un amore corrisposto, amplificato, fisico e spirituale, quasi mentale, era pura energia. Forse ancor più distruttivo di qualsiasi altro tipo di amore esistesse o del potere, e lei lo sapeva, ne era spaventata anche lei.
“Forza, andiamo adesso” la mano di Lucifero scivolò sul fianco generoso di Lilith, un brivido di piacere lo scosse sino all’anca, lui doveva accontentarsi del piacere della carne, e stasera gli sarebbe bastato.




 
 
Fu presto sera, nonostante la temperatura interna del palazzo fosse rovente piccoli e fastidiosi brividi di freddo investivano la pelle di Alice, su gambe e braccia. Il suo corpo lo aveva metabolizzato prima di lei, quello che era obbligata a fare, mentre lei tentava di mantenere un certo autocontrollo e una dose di pura imperturbabilità, almeno davanti a loro, era necessario. Sean era andato via dalla sua stanza alquanto irrequieto, non aveva dato altre spiegazioni, prima di decidere seppur avesse tracciato il suo possibile percorso doveva provare a convincere Lucifero a desistere dai suoi scopi, forse poteva farcela, forse l’avrebbe ascoltata se mai considerasse la sua opinione. Alice si vestì in fretta badando poco e in modo inusuale a cosa metteva indosso: un vestito nero con punti luce, con merletti lungo le maniche, mise una tinta rossa e degli orecchini, la collana che aveva indossato poche settimane prima durante la presentazione nella sala del trono. Indossò dei tacchi che erano già stati messi vicino a letto prima. Non si soffermò neppure a guardarsi allo specchio, il tempo correva veloce e lei vi arrancava accanto. Aprii la pesante porta di mogano e andò verso il corridoio di sinistra, la cena era stata allestita nella sala riunioni, quell’enorme stanza con una lunga tavolata  e uno spazio rialzato per parlare dove Lucifero aveva condotto lei e gli altri appena arrivati. C’era anche Aiden con loro, il pensiero che suo figlio si trovasse lì, negli Inferi le procurò un altro brivido. Ma si rilassò poi, constatando che lui e Jasper erano fuori di lì, lontani e al sicuro e che in questo aveva riuscito perlomeno. Si concentrò sul marmo del corridoio mentre avanzava in fretta. Pensare a loro era troppo doloroso e in quelle settimane si era costretta a rivolgere ogni sensazione solo a ciò che la circondava, era essenziale per non impazzire di nostalgia, per vincere il pressante bisogno della superficie, del calore della pelle di Aiden e del volto confortante di Jasper. Solo il presente. Contava. Alice aprii la porta della sala. Il tavolo era apparecchiato per 7, erano presenti Lucifero, a capo tavola, Lilith alla sua destra. Alla sinistra c’era un posto vuoto che presumibilmente spettava a lei. Sulle altre sedie rivestite in pelle c’erano l’anziano Qyburn, altri due demoni che non aveva mai visto e Sean. Lucifero le fece un cenno e lei si accostò al posto di sinistra. Si erano tutti alzati al suo ingresso in sala, tutti fatta eccezione per Lilith che seppur non la incenerisse come di consueto con lo sguardo fissava annoiata o insofferente il piatto di porcellana che aveva davanti. La tavola era riccamente addobbata. Merletti rossi e neri, candele profumate, ampie cloches ancora chiuse e posate piatti e bicchieri di puro cristallo scintillante.
“Bene” disse Lucifero smorzando il silenzio, schioccò le dita e le cloches si scoperchiarono da sole, c’era della selvaggina, creature non terrene ma gustate e pregiate negli inferi. Del liquido rosso e bianco comparve nei bicchieri, anche nel suo, ma non era vino. Alice notò che in una caraffa comparve anche del liquido dorato, era ambrosia. Sean era in fondo alla tavolata e lanciava sguardi preoccupati verso di lei. Tutti cominciarono a mangiare in silenzio. I due demoni sconosciuti erano gli unici a parlottare e a sghignazzare.
“ Forcas, Amenith, potremmo definirli i capi dello stormo di corvi che si rimbecca fuori da queste mura” disse Lucifero mostrando ancora una volta la sua perspicacia. Alice fece un cenno forzato. La cena procedeva senza che vi fosse una vera e propria interazione, le portate si susseguirono in poco tempo e alla fine i due demoni che parlottavano si congedarono. Persuasa dalla loro assenza e dal nervosismo Alice si rivolse a Lucifero.
“ Desidero parlarti in privato” disse guardandolo negli occhi, lui che per tutta la cena aveva sollazzato Lilith al suo fianco, prendendole la mano o solleticandogli la gamba, ridendo e sussurrandole si rivolse a lei quasi sollevato che alla fine avesse detto qualcosa.
“Non ce ne è necessita, le persone rimaste in questa stanza hanno la mia massima fiducia qualsiasi cosa tu dica in mia presenza, parla liberamente” Alice guardò fugacemente Lilith, Qyburn e Sean che ora la fissavano senza battere ciglio.
“ Io non intendo portare a termine la profezia” disse lei sicura, Lucifero la guardò e sorrise quasi, sospirò posando delicatamente una forchetta sul merletto rosso della tovaglia.
“Non dipende dalla tua volontà” Lucifero le pose il palmo della mano aperto, qualche istante e la chiave di alabastro si materializzò tra le sue dita. Osservò l’oggetto soddisfatto e ammirato. Sean deglutii impercettibilmente irrigidendosi.
“Come…” Alice si agitò sulla sedia,
“Niente può essermi celato nel mio palazzo, sapevo che prima o poi l’avresti trovata…ma come hai decifrato il libro?” lei prese in mano la chiave, non provava esattamente rabbia, era una sensazione per lo più di soffocamento, eppure tenue, così tenue che la infastidiva ancora di più.
“Il sangue, il mio sangue era la chiave” disse, le parole risuonarono nella stanza.
“Mia figlia” disse Lucifero alzandosi,
“Dovevo immaginarlo… non puoi sfuggire al destino Alice” lei posò la chiave e la spinse verso di lui.
“Hai quello che volevi, io ho abbastanza informazioni e risposte, ora voglio tornare a casa” provò, ma fu così debole quel tentativo e lo sapeva che la voce le si incrinò nell’esatto momento in cui pronunciò la parola casa.
“ Lucifero non può aprire il cancello, non può avvicinarvisi ne tanto meno infilarci quella chiave, e nessuno di noi potrebbe. L’unico modo per spezzare il vincolo è che lo faccia chi ha il suo stesso sangue, è quello che ti suggerisce la profezia, è quello che dovrebbe esserti scontato dopo aver trovato quella chiave” disse Qyburn leggermente alterato.
“ Se apro quel cancello farai scoppiare una guerra…è ciò che so e anche tu lo sai” disse lei sollevandosi. Lilith fece uno sguardo sorpreso.
“La guerra…è questo quello che vuoi mio signore?” c’era rimprovero nelle sue parole, Lucifero l’aveva tenuta all’oscuro di tutto fin ora. Credeva di avere la vittoria impugno se ora non gli importava che lei e Sean sapessero del suo intento, del suo reale intento.
“Guerra… io non voglio la guerra, io voglio la libertà, e se dovrò lottare per mantenerla lo farò finchè esalerò l’ultimo respiro” si sollevò anche lui.
“Perché ti turba questa cosa Alice? O lo so…immagini i mortali e gli angeli e anche tutte le creature del tuo mondo perire…e se perdessi quella guerra? La profezia ti ha mostrato ciò che accadrà ma non come finirà. Non puoi fermare il destino. Io debbo uscire dagli Inferi. E’ scritto.” Disse, gli occhi gli sfavillarono.
“Io non posso essere la causa di tutto questo, anzi non voglio, non mi interessa quella dannata profez…” la tavola cominciò a tremare. Controllo. Alice respirò. Aveva dimenticato il suo primo obiettivo, tentare di dissuadere Lucifero con le parole e stava sbagliando tutto.
“ Io penso alle morti esatto. Non potrei continuare a vivere in un mondo in cui quelli che amo non ci saranno.  Non posso permetterlo” cercò di trattenere le lacrime. Lucifero poggiò una mano sulla sua.
“L’amore…ti rende debole eppure così perfetta figlia mia” Alice si scostò,
“Perché andare sulla terra? Credi che gli umani o i vampiri o gli angeli ti lasceranno mai in pace, ammettendo che tu vinca la guerra, non sarai mai accettato o amato… nemmeno temuto perché ci sarà sempre qualcuno pronto a ribellarsi… Vuoi un regno di cenere e morte? Vuoi portare l’Inferno sulla terra… qui sei il sovrano, la tua vita è qui… senza di te chi governerà questo mondo…” Lucifero si spazientì, scalciò con forza la sedia e afferrò Alice per un braccio strattonandola sul podio.
“Io non voglio più l’Inferno. Voglio la libertà. Perché ti riesce così difficile da accettare, se vale anche per te… ti divora il desiderio di lasciare questo posto! Questo non è casa mia. Io voglio essere libero, sulla terra, negli altri mondi, nell’aria. Io sono La stella del mattino e pretendo la libertà dopo millenni di prigionia” Alice aveva le iridi in fiamme. Non rispose. Un groviglio di emozioni contrastanti le baluginava in testa.
“Io sono tuo padre… e tu lo farai per me…me lo devi” Alice esplose, la confusione si profuse dal suo corpo come energia e si propagò in tutta la stanza scaraventando tutti lontano. Sean si sollevò cercando di avvicinarla e calmarla. Lucifero la guardava stupefatto e confuso. Ciò che sentiva per lei era qualcosa di troppo complesso, di negativo e positivo al tempo stesso.
“IO NON TI DEVO NULLA” le tremavano le mani e le scivolò una lacrima sul vestito.
“Alice…” Sean la supplicava con lo sguardo. Lucifero avrebbe potuto farli uccidere tutti. Qualche minuto e tornò a sedersi sollevando la sedia.
“Scusate” disse monocorde. Lucifero le si avvicinò e le appoggiò una mano sulla spalla.
“Forse mi sono espresso male, quello che intendevo è che siamo una famiglia e dobbiamo aiutarci l’uno con l’altro…. Tu…ed Aiden” nel sentire il nome di suo figlio Alice si irrigidì ma non mosse un muscolo. Lucifero premette le dita sulla sua spalla fredda come ghiaccio.
“Se sceglierai di non aprire il cancello dovrò chiederlo a tuo figlio…è l’unico altro essere che abbia tracce del mio sangue” disse. Aspettò una reazione di Alice ma lei era pietrificata. No suo figlio, in quel posto. Mai più.
“Ho una condizione allora” Aiden, proteggerlo, Aiden no. Il suo cervello non riusciva a sintonizzarsi su altro ma Alice si sforzò per articolare la sua richiesta.
“ Dovrai uscire solo tu… vieterai con un incantesimo o quello che vuoi a tutti i demoni di mettere piede fuori di qui” disse,
“No” Sean parlò,
“No?” Lucifero lo fulminò con lo sguardo.
“ Io voglio la mia libertà… ma non  posso limitare la libertà dei miei…demoni…” Alice sospirò,
“Hai detto di non volere la guerra” Lucifero annuì.
“Allora imponigli di restare negli Inferi per almeno 100 anni… tutti tranne chi ha scelto di restare neutrale…” Guardò Sean.
“Cosicchè gli angeli non pensino che tu voglia impadronirti della terra e dovrai giurare a me...non a loro, non mi interessa…sulla tua vita che non combatterai sulla terra. Il paradiso puoi anche distruggerlo. Loro mi hanno abbandonata non mi …interessa…ma lascia in pace gli innocenti sulla terra” Lucifero le si parò davanti.
“Alice..aspetta…non fidarti” Sean oramai era in panico totale, non gli importava neppure che Lucifero fosse a pochi centimetri da lui.
“ Sono parecchie richieste….ma…va bene… come ho detto siamo una famiglia e voglio aiutare anche te…se è ciò che vuoi…va bene” disse e le sorrise. Alice si alzò, turbata, sconfitta. Era consapevole che quella scelta conduceva comunque tutti allo scontro ma forse con le sue clausole avrebbe fatto guadagnare un po’ di tempo. E se non avesse funzionato o se lui l’avrebbe ingannata lo avrebbe… avrebbe… non riusciva a dirlo o a pensarlo ma probabilmente avrebbe dovuto farlo. Gli angeli, Phoebe… avrebbero forse perso ogni fiducia in lei..ma lei l’aveva persa per loro da molto tempo ormai.
“E’ deciso. Gli anziani non dovranno sapere nulla. Anzi credo proprio che li terrò sulle spine e tu  Alice dovrai fare la tua parte…” Alice annuì.
“Fra qualche giorno arriverà Michele, secondo le mie fonti sulla terra. E’ deciso a riportare me e te a più miti consigli” rise.
“…padre…prima di aprire i cancelli voglio avvisare la mia famiglia, lascia che vada temporaneamente sulla terra” Qyburn scosse il capo, Sean era ormai incapace di dire altro.
“Lascia che vada” disse sorprendentemente Lilith,
“Hai ottenuto ciò che vuoi, lascia a tua figlia un po’ di libertà adesso” Lilith lo guardò con rimprovero e fissò Alice quasi con sofferenza adesso.
“D’accordo…” disse lui mogio. Prese Lilith per mano e lasciò la stanza.
“Alice, posso parlarti, in camera…” Sean le si avvicinò.
“Giovane Sherwood in realtà dovrei dirti io due parole…Alice ha bisogno di stare da sola come vedi… su vieni” Sean la guardò.
“Vai…” disse Alice priva di emozione. Non cessava quel sentore di soffocamento. Anzi forse era peggiorato.



 
 
Sean seguì titubante il vecchio maestro, giù per due rampe di scale, i cui gradini stretti e di pietra sembravano rimpicciolirsi sempre di più a mano a mano che si scendeva. Non era mai stato nei sotterranei di Qyburn, erano un livello al di sopra delle celle di adamas e si diceva che conducesse ogni sorta di esperimento sui demoni, sui mortali e anche su qualche angelo se riusciva a procurarsene. Tutto in nome della curiosità e della  distorta idea della supremazia nella conoscenza. Il passo del vecchio demone era quasi malfermo, ma probabilmente aveva passato molte notti insonni ad arrovellarsi su quanto stava accadendo, sul suo Padrone e su Alice, sulla profezia. Come Sean del resto. L’obiettivo di Lucifero era lasciare gli inferi e lui non poteva vivere in un mondo in cui il Signore oscuro avrebbe sempre potuto far leva su di lui, era meglio morire. Eppure credeva inizialmente che il suo scopo fosse quello di tenere con se’ Alice all’inferno, per questo si arrovellava lui per cercare un modo per farla fuggire. E se ci fossero riusciti lui non avrebbe più messo piedi lì, mai più sul serio a costo di farsi recidere le ali, di diventare mortale. Ma adesso tutte le sue idee erano inutili, Alice doveva farlo uscire. Lo avrebbe fatto. Sulla terra. Sean rallentò il passo come se il peso di quei pensieri lo sfiancassero.
“Forza ragazzo, non abbiamo molto tempo” Qyburn lo incitò e alla fine di un immenso e stretto corridoio in pietra e aprii una semplice porta di legno chiaro. La porta scricchiolò fastidiosamente. Qyburn la tenne aperta per far entrare prima il giovane Sherwood. Come si aspettava il demone adocchiò ogni anfratto della stanza, innanzitutto la finestrella a mezza luna da cui una finta luce bianca penetrava all’interno. Erano sottoterra ma a Qyburn piaceva il tepore di quella luce seppur fittizia. Via di fuga fittizia. Poi il ragazzo osservò gli scaffali che costeggiavano i muri, di legno chiaro anch’essi, pieni di ampolle di ogni forma e dimensione con liquidi scuri e bianchi, e di molte altre varietà di colori; recipienti con occhi e pezzi di pelle, artigli e sangue, candele consunte a metà, altre completamente di sego, altre nuove e altre ridotte allo stoppino. E poi molti libri, pieni di polvere. Tutto era piano di polvere, come se nessuno toccasse i volumi pesanti, grossi e piccoli, come se nessuno prendesse in mano le ampolle le poggiasse sulla china di legno di quercia irrorata di carte e piume. Come se nessuno neppure camminasse sul pavimento di pietra. Sean si avvicinò allo scrittoio e posò la mano sul legno come per assicurarsi che fosse davvero lì.
“Perdona la polvere… ho fatto un incantesimo autorigenerante” esordì sorridendo beffardo,
“Per la …polvere…” Sean era basito,
“Per far sembrare questo posto abbandonato e inutile, se qualche curiosa guardia dovesse incapparci per sbaglio, anche se dubito riuscirebbe ad entrare, anche la porta è incantata” Sean annuì.
“Perché mi hai portato qui…devo andare da lei, devo convincerla a pensarci bene prima di…” Qyburn mosse due dita e una sedia si avvicinò prepotentemente a Sean.
“Questo è più importante, e non vorresti averci parlato senza aver conosciuto qualcosa che lei non sa” Sean strinse il pugno.
“Niente enigmi maestro, parla!” Qyburn andò allo scaffale più lontano, la luce bianca della finestrella illuminava una parte dei tomi, ne prese uno molto grosso e impolverato. La copertina era di pelle marrone così consunta che aveva venature più chiare e incrostate, alcuni pezzi sembravano venire via. C’era un segna libro fatto con la coda di serpente al centro esatto del volume. Qyburn lo tenne sollevato con entrambe le mani tanto era pesante e si parò di fronte a Sean.
“Tu sai cos’è questo libro?” Sean lo osservò meglio ma scosse la testa,
“Sfioralo, adesso” Sean allungò incerto la mano sinistra e non appena i suoi polpastrelli sfiorarono la copertina consunta si ritrasse spaventato.
“Come fai ad averlo? Io credevo che fosse una leggenda, che fosse perduto da un millennio…” si alzò tentando di allontanarsi.
“Non è un mito, il Vademecum esiste ed è qui tra le mie mani da oltre 300 anni” esordì lui stringendo le dita intorno al libro che scricchiolò come il legno della porta, sembrava quasi un lamento. Il Vademecum era il libro più oscuro di tutti, il Libro del Male lo chiamavano i cristiani, o Libro della Bestia gli stregoni. Era una raccolta degli eventi più funesti che avevano interessato l’universo dalla sua creazione, e riguardava gli angeli e i demoni, gli dei, e gli umani, ogni creatura. Suo padre gliene aveva parlato, anche Qyburn, a lui e a suo fratello quando erano piccoli, sempre come di una leggenda. E lui ne era così attratto ma adesso, vederlo li… quando lo aveva sfiorato ne aveva sentito le vibrazioni di potere, ogni demone lo avrebbe percepito. Avrebbe identificato quel libro.
“Sai si dice che il sangue stesso di Abele abbia macchiato la copertina di questo libro, ma ora è così consunto che… “ Sean tornò a sedersi. Non poteva permettere che un’accozzaglia di pagine e inchiostro lo cacciassero via. Ora doveva sapere.
“Lo so, io ho sempre detto a tuo padre e ai suoi figli che si trattava di una sciocchezza. Che era perduto, ma in realtà  esiste da quando il Signore Oscuro lo ha trovato vagando durante i primi giorni della sua caduta presso i monti di ghiaccio. Era sepolto a centinaia di metri sotto la neve eppure il calore che promanava la Stella del Mattino lo aveva percepito. Qyburn aprii il libro in un punto casuale e lo girò verso Sean.
“L’ha donato a me affinchè lo preservassi e lo studiassi…” le pagine che aveva di fronte erano quasi gialle e l’inchiostro appena percepibile, i caratteri non somigliavano a nessuna scrittura che lui conoscesse, non erano glifi o rune, non cunei, non erano i met del sinao, la lingua angelica, erano delle linee confuse che si attorcigliavano e flettevano staccandosi e ricomponendosi, era una scrittura fluida, gli ricordava l’acqua i movimenti di un lago increspato o dei cavalloni del mare.
“Come hai decifrato il libro?” Qyburn sorrise,
“Questa lingua non ha un nome, non le ho dato nessun nome, e non l’ho decifrata, non si può leggere” Sean era confuso,
“Neppure il signore Oscuro la conosce… tutte le profezie scritte qui però si sono avverate ne ho la prova” il giovane demone prese il libro tra le mani e sfogliò,
“Come è possibile, se non riesci a leggere cosa dice….” Qyburn gli pose una mano sulla spalla,
“Le profezie possono essere lette solo da chi è connesso ad esse indipendentemente dalla lingua che conoscono…vai al punto indicato dal segnalibro Sean” Sean riflettè, questo voleva significare che gli eventi accaduti Qyburn li aveva fatti leggere alle persone o alle creature interessante, magari riportando quei frammenti di parole se così poteva chiamarle su pezzi di pergamena o altro, era sicuro che non avrebbe esposto il libro al di fuori di quelle mura. Tutto per verificare l’attendibilità delle profezie. E se gli stesse mentendo. Se volesse estorcere da lui delle informazioni che credeva avesse di Alice. Fu Qyburn a voltare bruscamente il segnalibro rigido. Sean si trovò di fronte una pagina vuota e la seguente con poche righe incise…incise in sinao. Lo conosceva abbastanza bene. Poteva leggerle.

Le colonne del Regno di Luce hanno tremato. Il seme del male è stato innestato. Quando la progenie del Portatore discenderà gli abissi e siederà al suo desco, quando la stirpe maledetta si rivelerà ai fratelli, quando La Stella del Mattino sfiderà l’ Angelo Oscuro e perderà, allora i vincoli saranno spezzati e poi ricongiunti. Morte o vita eterna e potrà ascendere in Terra e un nuovo dominio squarcerà il mondo.


Sean rilesse tre volte quelle parole. Qyburn attese una sua reazione.
“Perché posso leggerla?” chiese innanzitutto, sembrava irretito, come se non volesse pensare cosa quelle parole dicessero.
“Perché questa profezia riguarda gli angeli e i demoni, i nostri mondi….e quindi noi…e riguarda Alice e Lucifero” Sean fissò la pagina tremando leggermente.
“Le colonne del Regno di Luce hanno…tremato….il seme…del male” sillabò,
“Alice, è andata in Paradiso e ha quasi distrutto il tempio la prima volta” Qyburn annuì,
“Appena Alice è arrivata lì le parole sono apparse sul Vademecum, è l’ultima profezia apparsa, io l’ho portata dal Signore Oscuro ma avevamo pochi indizii per capire e non sapevamo ancora che lei fosse sua figlia… io credevo che un demone avrebbe sfidato o conteso il potere a Lucifero…” disse,
“La progenie del Portatore ….è chiaro…come poteva sfuggirvi…”
“Lucifero negava che avesse figli…il Portatore poteva essere qualsiasi altro angelo, o demone…” Sean scosse il capo,
“Ma è lui Il Portatore di Luce e Alice è discesa negli Inferi ed è stata ospite qui…al suo desco” gli occhi di Sean si arrossarono,
“Non capisco questa parte, La Stella del Mattino che sfida L’Angelo Oscuro…” Qyburn camminò eccitato per la stanza,
“Si era questa la parte che non capivo, sembra che Lucifero debba sfidare un Angelo oscuro e perdere … ma non è così, La Stella del mattino è Alice, è il suo cognomen, è lei che sfida l’oscurità, l angelo oscuro è la sua parte oscura, demoniaca, che riuscirà a sopraffarla. L’ ha già fatto, nel momento in cui è discesa qui e ha accettato suo padre, nel momento in cui ha accettato di aprire il cancello” Sean deglutii, poteva essere davvero così.
“I vincoli, sono i cancelli che si aprono e lui sarà libero, sulla…terra.. che sarà squarciata” sussurrò Sean,
“Hai dimenticato questa parte…” indicò la riga precedente col dito affusolato,
“I vincoli poi ricongiunti?” Qyburn annuì,
“Significa che i cancelli saranno chiusi di nuovo, e se questo accade significa che ci sarà un nuovo signore dell’Inferno che non potrà varcarli…” Sean sbarrò gli occhi,
“Lucifero vuole nominare un successore?” Qyburn richiuse il libro quasi seccato,
“Lo ha già designato Sean, il destino ha designato lei….Alice sarà la nuova regina degli Inferi… non appena spezzerà il vincolo che lega Lucifero a questa dimensione i cancelli si apriranno per lui e si chiuderanno per lei, avrà il vincolo perché è l’unica Stella del Mattino che esista oltre lui. Non potrà uscire dagli Inferi e se lo farà morirà…”
“Morte o vita eterna” sillabò Sean. Lui voleva aiutare Alice a lasciare l’Inferno ma se avesse aperto i cancelli non avrebbe più potuto farlo.
“Questo lei non l’ ha detto, il Salice non glielo ha rivelato…o lei” Qyburn tentò di placare il suo via vai,
“O forse lei non l’ ha recepito ancora, il Salice è più antico di questo libro ma questo libro è scritto, e ciò che è scritto non muta mai, lo sai bene… sarà così” Sean eruppe con un pugno sulla porta,
“Io credevo che Lucifero volesse lei al suo fianco, sulla terra a questo punto!” Qyburn sospirò,
“Il Signore Oscuro vuole essere libero, sa però che Gli inferi devono avere un capo o gli equilibri delle dimensioni collasserebbero ed è stato entusiasta di questa profezia, Alice è destinata a succedergli e se si rifiutasse di aprire i cancelli non solo suo figlio dovrebbe farlo ma sarebbe lui a rimanere bloccato qui, come principe dell’Inferno” disse il maestro senza mezzi termini.
“Devo dirgli….” Ma Sean si fermò,
“Sean, diglielo pure ma lei in fondo lo sa…lo saprà, vuoi che lo senta da te, che si infurii di nuovo con te… cosa puoi fare tu adesso… “
“Lei deve sapere, cosa accadrà se apre il cancello…” Sean era furioso,
“Il suo sangue la vincolerà qui” urlò,
“Sta zitto ragazzo, so che tieni a lei…ma rifletti… so che saresti onorato di starle accanto e proteggerla, quando resterà qui come regina tu potresti essere sempre con lei, potrebbe persino arrivare ad amarti…sareste felici” Sean era spiazzato. Restare negli Inferi con Alice. Qualsiasi luogo era sopportabile, amabile, se c’era lei… e lui a proteggerla con Lucifero lontano e tutti gli altri lontani…
“Ragazzo forse questa è una opportunità anche per te… per voi due… per stare insieme per avere una famiglia e per perpetrare la stirpe della Stella del Mattino…Lucifero ti coprirebbe di gloria…” Sean smise di respirare. Lui avrebbe voluto una vita così? E Alice? Alice… non avrebbe mai  lasciato la sua vecchia vita…infelice ecco come se la figurava assisa su quel trono… profondamente infelice…
“Se ciò accadesse, se Alice fosse vincolata qui distruggerebbe questo mondo e perirebbe con esso” disse e avanzò verso la porta,
“Non ti dirò cosa ha visto nel salice…no Qyburn… abbiamo finito” uscii sbattendo la porta.

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Capitolo 26
*** Cadere ***


1 settimana dopo - Villa dei Cullen

 Dopo aver passato le ultime ore della notte in silenzio avvinghiata a Jasper , Alice aveva fatto riunire tutta la famiglia, Aiden compreso, quella stessa mattina in soggiorno. Aveva salutato tutti con una certa freddezza ma lanciando occhiate rassicuranti ai volti tesi di Bella ed Esmee. Carlisle ed Edward apparivano così corrucciati che non aveva neppure tentato. Jasper le teneva la mano saldamente e la osservava irrequieto, come se la Alice tornata dagli inferi avesse qualcosa di diverso, qualcosa in più, una sorta di aura divina, una sorta di solenne compostezza e sicurezza.  Lei gli lasciò la mano e salì un gradino della scala che portava ai piani superiori, sicché potesse osservare bene tutti. Poggiò una mano pallida e luminosa sul corrimano, le unghie erano laccate di nero. Indossava gli stessi abiti che aveva quando l’avevano lasciata nell’Ade, ma profumavano di limone e di un odore estraneo che a Jasper non piaceva. I capelli sorprendentemente si erano leggermente allungati e le arrivavano appena sotto la nuca.
“ So che avete molte domande, io non ho tutte le risposte ma ho appreso negli Inferi cose che mai avrei pensato esistessero. Ho visitato luoghi e visto creature pericolose, bizzarre e spettacolari a loro modo. Ho letto libri che sulla terra non possono essere trovati. Ho , anzi sto cercando di apprendere al meglio la lingua angelica, il sinao, molto complessa, eppure è come se l’avessi sentita subito mia, come se mi appartenesse. Molte cose in quel luogo fanno parte di me, compreso il Signore Oscuro, il Portatore di Luce, mio padre…” tutti sussultarono, perché quelle parole dette da lei erano così vere, così reali,
“ Io sono una Stella del Mattino, ho il suo sangue e ciò che lui vuole da me è che io lo renda libero, che lo aiuti a fuggire dagli Inferi, la sua prigione,  che è  effettivamente…una condanna per qualsiasi angelo.” Carisle scattò in avanti senza accorgersene, bastò un’ occhiata di Alice e si immobilizzò,
“Lucifero è ancora un angelo…ed è bloccato lì, non può varcarne le soglie e solo io posso aprire i cancelli dell’Ade, liberarlo…c’è una profezia che mi è stata rivelata e so che nulla potrà cambiarla” Jasper ebbe un leggero tremito, Alice parlava con una calma disarmante, ma come poteva non provare….nulla…o quasi, le sue emozioni cominciavano ad essere a stento percepibili. Cominciò a preoccuparsi, che avesse reagito e già metabolizzato? Ma…era strano…qualcosa non andava…” si avvicinò quasi salendo il primo gradino,
“Jasper per favore, lasciami finire” disse e gli sorrise, era Alice Stella del Mattino, una divinità anche lei, sapeva ogni cosa e sapeva come sarebbe andata a finire per tutti loro?
“ Io lascerò che Lucifero venga sulla terra” Bella sedette,
“Non nuocerà agli umani o ai vampiri, questo è il patto… e non lo infrangerà credetemi…” gli occhi le si illuminarono di fiamme azzurre per qualche secondo.
“Io aprirò i cancelli fra 3 giorni, Lui mi ha lasciato venire qui per spiegarvi, ma ora devo recarmi nella sala del trono, per preparare il rito” Scese dal gradino e attese. Ma tutti sembravano aver perso parola. Aiden indeciso le si avvicinò,
“Ma poi tornerai qui da noi” disse speranzoso, per lui che Lucifero vagasse nella dimensione terrena, che gli angeli potessero scatenare una guerra non era importante non quanto rivedere e riabbracciare sua madre, Jasper poteva capirlo. Eppure era profondamente turbato. Doveva fidarsi del giudizio di Alice. Doveva. Doveva andare tutto bene se lei aveva deciso così.
“Quando tutto sarà finito” disse abbracciandolo e chiudendo gli occhi, poi fissò la parete in fondo lo sguardo colorato di azzurro, si sollevò e avanzò verso la porta d’uscita.
“Alice… Ferma….ma ….non puoi sganciare questa bomba e andartene così…hai detto che abbiamo delle domande, io non ho solo delle domande, io voglio delle risposte….RISPOSTE” Bella si alzò infuriata, era terrorizzata all’idea di perdere Alice, di vederla andare via di nuovo. Edward cercò di ammansirla.
“Bella, quando tutto sarà fin…” lei si divincolò da Edward e le afferrò rabbiosa i gomiti,
“No adesso… cosa è successo laggiù, cosa ti hanno fatto? chi ha avuto questa visione? Chi ti dice che non sia un tranello e poi non è possibile che tu voglia far fuggire il diavolo dagli Inferi… Sei impazzita?” Carlisle l’allontanò,
“Bella calmati…” Alice ostentò calma e sicurezza ma Jasper riusciva a percepire qualche sfumatura di profondo sconforto.
“Io vi ho detto quello che succederà, deve bastare…” disse in un sussurro,
“Vorresti dirci tutta la verità Alice, perché non lo fai?” fu lui a parlare, era confuso, turbato, gli altri erano persino spaventati da lei, ma lui era turbato dal suo silenzio, solo da quello. Era come se avesse recitato un copione.
“TI ha detto lui di dirci così..? Alice…. Parlami”  la notte che avevano appena trascorso, la domanda che gli aveva posto, era tutto strano…lei chiuse gli occhi e sospirò,
“Capisco quanto siate arrabbiati e vi sentiate impotenti, Bella so che non vuoi perdermi….Jasper devi…dovete fidarvi di me. Io devo farlo. Non posso sfuggire al destino…questa non è una visione..è una profezia sacra…” Strinse leggermente i pugni,
“Alice,noi siamo la tua famiglia, puoi fidarti tu di noi” disse Carlisle,Alice gli pose una mano sulla spalla.
“Carlisle lo so…ma anche Lucifero è la mia famiglia adesso…dovete accettarlo….e ha bisogno di me” Alice guardò Aiden e poi Jasper con molta intensità e con gli occhi lucidi, sapeva che se li avrebbe sfiorati o baciati un’altra volta non sarebbe più riuscita ad andar via… indietreggiò ancora di qualche passo.
“Non ci credo, si è smaterializzata” disse Bella ricadendo mesta sulla sedia.




 
 
Città d’Argento, 5 giorni all’apertura dei cancelli.

 
Michele era fermo, immobile a pochi metri dall’ingresso della Sala del Consiglio, rigido e fermo da quasi mezz’ora. I due guardiani erano già entrati. Annunciate che arriverò a breve, ho bisogno di un secondo. Aveva detto, e quel secondo si era tramutato in minuti, in lunghi, interminabili minuti. Aveva fallito di nuovo, per la seconda volta, con Lucifero. Il contratto era stato incenerito davanti ai suoi occhi, da lei. Michele abbandonò la presa sullo scettro tornito d’argento e questo si polverizzò nell’etere, non ne aveva più bisogno adesso, ora avrebbero ascoltato avidi la sua voce, senza bisogno di quel pezzo di argento, smaniosi di conoscere com’erano andate le cose, se lei aveva reagito come lui aveva previsto. Smaniosi di sapere. L’anziano ritrasse le ali e a passi lenti varcò l’immenso portone in marmo bianco che raffigurava i cicli dei cieli, si soffermò un attimo a scrutare il settimo cielo. Sospirò, forse lei avrebbe meritato quel cielo, e forse avrebbe dovuto parlarci lei con la Stella del Mattino. Il brusio confuso che aleggiava nella sala cessò non appena i leggeri passi di Michele risuonarono sul pavimento lucido. C’erano gli 8 anziani in piedi attorno al tavolo ovale, e poi gruppetti di guardie e ancelle in tutta la sala. Michele guardò Amoenadiel che fece cenno alle guardie di scortare le ancelle e loro stessi fuori dalla sala. Solo gli anziani per ora potevano conoscere il risultato della missione. Gabriele gli venne incontro e bastò uno sguardo, sospirò contrito e alzò una mano.
“Prego fratelli sedete pure, Michele Magister dei Custodi sta per prendere parola” Michele si posizionò a capo tavola, in piedi mentre tutti gli altri si adagiavano con le tuniche svolazzanti sui morbidi cuscini delle sedie di ottone. I loro occhi così bramosi che sembravano uscire dalle orbite. Soprattutto quelli di Ezechiele.
“Fratelli e sorelle, non voglio tergiversare con voi, la missione di diplomazia tra il Consiglio  e Lucifero, sovrano degli Inferi è amaramente fallita” Ezechiele non poté far a meno di sogghignare, Amoenadiel corrugò la fronte, le due guardie che aveva inviato con Michele non gli avevano riferito nulla secondo l’uso, ma doveva intravederla nei loro volti la sconfitta. Amoenadiel era a capo dei guardiani del Paradiso, un angelo- guerriero molto sicuro di sé ma anche paziente. Zegebele, Uriel e tutti gli altri contrassero le dita sul tavolo, altri distolsero lo sguardo, alcuni invece continuavano a guardare immobili Michele in attesa che continuasse. Michele schiuse di nuovo le labbra.
“Abbiamo fallito” disse soltanto,
“Fratello, questa è una notizia infausta, ma sapevamo in fondo che Lucifero non avrebbe mai accettato le nostre condizioni, eppure quando dici che abbiamo fallito…intendi dire che la ragazza…” Uriel parlava in modo incerto e strascicato, venature blu di rabbia cominciarono ad apparire sul suo collo bianco. Michele aveva fallito, per la seconda volta con Lucifero e per la prima volta con lei, aveva fallito nell’unica cosa più importante di quella, non aveva riportato Alice in Paradiso o sulla Terra. E  sentiva… un vuoto dentro.
“Alice non ha fatto intercessione per noi… lei ha bruciato la pergamena … non ha detto una parola, e io non ho potuto condurla fuori dagli Inferi” Zegebele, la bellissima anziana dai capelli d’argento e dalla pelle d’ebano trasalii.
“Michele, questo è terribile, Lucifero la tiene prigioniera allora…l’ha soggiogata?” Ezechiele rivolgeva occhiate quasi divertite a tutti, osservava le loro reazioni e poi sondava quelle di Michele, il suo volto una maschera imperturbabile solcata da piccole rughe sulla fronte. Le rughe tradivano il suo turbamento.
“No, fratelli, Alice è libera, libera di andarsene dagli Inferi… eppure è rimasta” Uriel scosse la testa, altri 4 anziani erano giunti alla stessa conclusione.
“Alice Cullen, la mezzosangue è oramai Alice Stella del Mattino, figlia del Portatore di Luce, figlia del re degli Inferi, figlia dell’oscurità.” Esordì con voce tonante Ezechiele. La sua faccia appuntita e le ciocche di capelli bruni ribelli sfidavano Michele.
“Hai fallito fratello, eppure eri così sicuro, così convinto che lei avrebbe scelto la luce…e invece…” Michele posò entrambe le mani sul tavolo di marmo, i suoi occhi verdi rilucevano nella penombra della sala. La sua intera persona promanava timore e reverenza. Ezechiele si fermò, irrequieto. Era il fratello maggiore dopotutto, secondo solo a Lucifero.
“ Si, anziani, io ho fallito, ho fallito nel riportare Alice a casa, al sicuro, ho sbagliato ancora una volta nel fidarmi del mio istinto…” Gabriele gli pose una mano sulla spalla comprensivo.
“Perdonatemi questo ma su una cosa non ho sbagliato, e vi prego di confidare in quello che vi ho sempre detto, Alice ha un’anima pura e votata al Bene, lei non ha scelto l’oscurità…” Quasi tutti gli anziani lo guardarono corrucciati,
“Ma Michele, se è come dici, perchè lei ha scelto Lucifero, ha scelto di rimanere al suo fianco e se il salice le ha rivelato il futuro,  non siamo forse tutti condannati?” Zegebele si alzò a sua volta e parlò con tono greve.
“Il salice le ha rivelato il futuro, ma noi non sappiamo cosa le abbia mostrato… non implica che sia prevista la nostra fine…” disse Gabriele,
“Esatto, e anche se Alice ha scelto di restare con suo padre non significa che…”  tentò, ma Ezechiele non potè più trattenersi, estrasse con forza la spada di adamas che aveva in cintola e colpi il tavolo di marmo che emise un sibilio, quasi una sinfonia al brusco contatto ma molto acuta che infastidii tutti i presenti e ne attirò l’attenzione. Ezechiele era al lato opposto del tavolo. Proprio di fronte a Michele. Si metteva sempre lì, ad ogni riunione, come se sentisse connaturato in sé il bisogno di sfidarlo.
“Smettila Michele, lei non è la tua protetta, lei non è una di noi. Ha scelto suo padre, lo hai appena detto, lo hai appena visto, ce lo hai appena descritto, o vorrai dirmi di non esserti sentito in errore guardando i suoi caldi occhi baluginanti d’azzurro che ti fissavano con odio, che guardano con odio gli angeli, noi anziani e il nostro mondo. Lei non si è mai fidata, lei ha sempre desiderato distruggerci e ora si è alleata con Lucifero, carne della sua carne, sangue del suo sangue…non si tratta neppure di scelta… doveva andare così…” Michele lo fissò chiudendo la mano in un pugno.
“La profezia del Salice non sarà nulla di buono, ma neppure mi importa di quella profezia per adesso, fratelli l’unica cosa cui dobbiamo prestare attenzione sono i due angeli che ci stanno dichiarando guerra, guardate in faccia la realtà, ora che Lucifero ha il potere di Alice, ora che sono insieme vorranno uscire dagli inferi e distruggere il nostro mondo… forse questo preannuncia la profezia… forse no… la cosa di cui sono certo è che Lucifero intende muoversi, agire…contro di noi…” Amoenadiel gli si affiancò,
“Uscire dagli inferi, non può farlo… non ancora…a meno che…” tutti gli anziani si scrutarono l’un l’altro, tutti loro sapevano come poteva essere spezzato il vincolo di Lucifero…col suo stesso sangue…
“Alice lo farà uscire…” Gabriele si incupì.
“E poi verrà qui a distruggerci” rincalzò Ezechiele,
“No no, fratelli, lei odia me probabilmente…odia quello che le abbiamo fatto…ma non odia gli angeli non odia quello che rappresentiamo, non odia gli umani e tutte le creature che tuteliamo e non farebbe  mai loro del male, non distruggerebbe mai il suo mondo anche se questo implichi preservare il nostro, e lo sa…Phoebe glielo ha detto, avrà appreso dell’equilibrio che ci lega tutti” Gabriele batté una mano sul tavolo, il brusio si era riformato.
“ E poi è una congettura, nessuno sa davvero se un discendente possa davvero liberare Lucifero dagli Inferi, i piani di Dio…” Ezechiele interruppe di nuovo Michele,
“Lei esula dai suoi piani, lo hai dimenticato, fratello?” Michele sospirò.
“Se solo non avesse scelto suo padre e fosse venuta qui con te, sapremmo cosa le ha rivelato la profezia e potremmo collaborare con lei ma noi abbiamo percepito soltanto che il Vecchio Salice ha parlato, e non lo faceva da 1 millennio… Michele devi comprende quanto tutta la nostra gente sia spaventata da questa creatura” parlò la dolce Zephiti, i riccioli biondi le ricadevano sulle spalle. Michele la vedeva la loro paura, in alcuni anziani superava addirittura la rabbia. Anche Gabriele, anche Amoenadiel che ormai sembravano essere gli unici a sostenerlo la provavano e anche lui. Michele ebbe un tremito. Aveva deluso il Consiglio, aveva deluso Alice. E lei aveva scelto Lucifero. Eppure Michele non riusciva a ignorare quella remota ma ancora vivida sensazione che ci fosse qualcosa di salvifico, puro e meraviglioso in quella bizzarra creatura, che li avrebbe protetti. Ma gli anziani avevano smesso e a buona ragione di confidare nelle sue sensazioni. E lui…
“Amoenadiel, raduna le guardie, che scelgano gli angeli in addestramento più capaci, dobbiamo presidiare la terra e una guarnigione deve proteggere gli accessi alla Città, ci prepariamo da tutta la vita a proteggere il Suo Regno e non falliremo” questo implicava la guerra… quasi la guerra. E lui. Lui non poteva farne parte. Un giorno dovrai scegliere anche tu Michele, se cadere o restare. Le parole di Phoebe gli risuonarono in testa come una nenia.
“Michele, stai bene?” tutti gli anziani erano usciti fuori con Ezechiele che intendeva annunciare come stavano le cose all’intera comunità. Gabriele lo scuoteva per la tunica.
“No, fratello” disse lui, gli sorrise e lo baciò sulla guancia. Uscii fuori e volò davanti al tempio dove tutti si erano radunati ed Ezechiele un passo avanti agli altri 7 anziani stava per prendere parola. Ezechiele lo vide avvicinarsi e posizionarsi di fianco a lui.
“Fratello, sarà meglio che lasci parlare me…e stai indietro stavolta” Michele gli sorrise, provando sincero affetto ma anche sconforto.
“Popolo dei Celesti” disse con voce tonante avanzando di qualche passo avanti a lui e anticipandolo,
“Io ho fiducia in Alice Stella del Mattino e nei suoi disegni, io la seguirò e cadrò per lei… non vi chiederò di venire con me…ma seguite il vostro cuore e discernete ciò che è bene da ciò che non lo è…. Alice è la nostra salvezza… ora l’ho capito, quando le cose sembrano essere completamente perdute e sbagliate… la verità si rivela…”  sospiri e voci sconvolte riempirono l’aria, ma così lui disse, sicuro e imponente e sperò con tutto il cuore che la sua sensazione fosse giusta, sperò e pregò spiegando le ali e cadendo.





 
 
Inferi - 6 giorni all’apertura dei cancelli


Tempo. Ho guadagnato tempo. La testa di Alice era ricolma delle immagini delle ultime ore. La cena. Lucifero. I piani. La sua famiglia. Ora pensava alla sua famiglia. Sarebbe andata da loro, per…vederli, per confessare la sua vera natura, il suo destino. Lucifero non aveva espresso alcuna opinione riguardo ciò che poteva rivelare della conoscenza di quel mondo o di ciò che aveva visto. Ma neppure lui aveva i suoi occhi e il Salice gli aveva mostrato una prospettiva diversa. Che importava ora? Cosa importava a lui? Presto sarebbe stato libero, la profezia andava in un'unica direzione. Alice andò alla finestra della sua camera scostando gli spessi tendaggi di velluto rosso. Si frappose tra il vetro opaco e il tessuto. Respirò profondamente. Era una sensazione rassicurate sentire il tessuto e il suo corpo premere sul vetro, come se fosse una caverna, una coperta sopra la testa e i problemi scomparivano per qualche secondo. Era lì, nella spaziosa stanza del Signore oscuro, da quanto tempo ormai? Ore o giorni…Qyburn le portava il sangue per nutrirsi ma non voleva più parlare. DI tanto in tanto entrava qualche ancella per riempire il bacile e rassettare le lenzuola. La proposta che aveva fatto a Lucifero probabilmente col senno di poi non era stata affatto di suo gradimento, e perché ora questa specie di prigionia. Alice sentiva la presenza di due demoni ai lati della porta ogni volta che qualcuno entrava o usciva. Sean non l’aveva più raggiunta. Strano. O forse per nulla. Suo padre voleva assicurarsi che restasse nell’Ade per assolvere al suo destino. Fuggire, come se fosse possibile smaterializzarsi…il suo potere poteva valicare quello di Lucifero nel suo territorio? Era questo che temeva? Rinchiuderla per qualche giorno. Fino alla visita di Michele…e poi sarebbe potuta andare dalla sua famiglia…l’avevano pattuito, era un patto. Lucifero onora i patti. Le vennero in mente le parole della strega Tabitha. C’era altro, molto altro che avrebbe voluto chiederle e c’erano tante altre questioni che voleva sollevare con sua madre. Tornare nel Limbo…
“Potrei ….intrappolarlo…” disse ad alta voce, appena un sussurro, ma troppo vivo, che ruppe il silenzio delle ore e placò il caos nella sua testa. Alice puntò gli occhi sulla porta, le guardie non potevano aver sentito. Tornò a rifugiarsi dietro la tenda. La finestra affacciava al giardino, e nel giardino non c’era nessuno. Il rosso dell’aria era punteggiato dalle siepi di rose blu e azzurre. Alice lo aveva notato da subito ma non voleva che lui lo capisse, che erano un omaggio per lei… Si allontanò dalle tende e sedette sul letto a baldacchino. Non era possibile andare nel Limbo e intrappolarlo, gli anziani non l’avrebbero permesso, Il Limbo stesso non glielo avrebbe permesso… Aiden… doveva impedire che dirottasse la sua attenzione su di lui. Aveva il suo sangue ed era l’unica altra creatura che avrebbe potuto aprire i cancelli. Sfumava anche il piano che avrebbe concretizzato se alla fine Lucifero non si fosse adattato alle sue richieste. Sacrificio. Non poteva, perché altrimenti avrebbero usato suo figlio. Un sussurrare concitato delle guardie la fece sollevare dal letto, sentii un’ ascia fendere l’aria ma colpire il nulla, dei tonfi, tre corpi l’uno sull’altro…poi il silenzio. Le braccia di Alice si erano irrigidite, era pronta a scattare…se qualcuno aveva intenzione di attaccarla…
“Idioti!” Sean richiuse con vemenza la porta, la sprangò con un pesante mobile di legno di quercia, poi si voltò, era sudato, piccole gocce semitrasparenti gli colavano sul collo, aveva un taglio appena sopra il sopracciglio, le nocche arrossate, uno strappo nel gilet di pelle, il torso nudo come il resto dei demoni guardiani del palazzo. Alice gli corse incontro d’istinto e lo abbracciò. Sean rigido la strinse per poco, anche se avrebbe voluto,  e poi prenderla e smaterializzarsi nel deserto, lontano.
“Ti aspettavo, Sean…sei venuto…” Sean la vide sorpresa, la tensione si era dissipata ed era calma…ma lui no.
“Non mi lasciavano venire Alice…non vogliono che tu sappia…c’è dell’altro” Lo disse e si guardò indietro sospettoso.
“Hai abbattuto le due guardie, a Lucifero non piacerà questo” lei gli sorrise,
“Non m’importa…” Alice lo fece sedere sul letto, poi avanzò verso la porta chiuse gli occhi e dalle mani una nube bianca di energia ricoprii l’intera parete, come una sorta di barriera.
“Calmati ora, nessuno entrerà finchè lo vorrò io… sono quasi una prigioniera adesso, avrai notato” Sean respirò cercando di placare il tremore delle mani.
“Si, Lui vuole essere sicuro che tu non abbia distrazioni, che non abbia alleati…qui…” Alice inarcò un sopracciglio,
“Sa benissimo che il mio unico alleato sei tu Sean… la ragione per cui mi tiene qui e che ha paura che possa cambiare idea…e distruggere questo posto…” Sean annuì serio,
“E non vuole che tu mi riveli qualcosa…” lei lo guardò intensamente,
“Qyburn mi aveva detto che non importava che te lo rivelassi, che in fondo forse lo sai, e che in ogni caso non puoi farci nulla…ma io credo che un modo per andarcene, una soluzione si possa trovare…” Alice lo guardò dubbiosa,
“Aspetta, ascoltami…la profezia del Salice è incompleta… o meglio è solo una parte o forse non si è rivelata completamente ne a te ne a tuo padre…o ancora voi non siete stati capaci di vedere nella sua interezza…così mi ha detto il vecchio maestro…” Alice ascoltò attenta, Sean non riusciva a interpretare cosa provasse,
“Continua…” disse lei monocorde,
“C’è una seconda profezia, scritta sul Vademecum, un testo sacro importantissimo per i demoni, una sorta di Bibbia nera… su cui appaiono tutti gli eventi e le catastrofi che si abbattono sulle tre dimensioni, e quando tu sei andata nella Città d’Argento la prima volta per riprendere tuo figlio, ne è comparsa una riguardante te e Lucifero, e tutti noi…” Sean deglutii, sentiva la gola secca. Per tre giorni aveva cercato di rientrare a palazzo ma il Signore oscuro glielo impediva, non voleva che lei sapesse, Qyburn…dannato Qyburn, perché rivelarglielo…se poi volevano farlo tacere…yburnyburn
“E?” Sean battè le palpebre, non dormiva da tre giorni, era intontito, gli recitò la profezia, gli indicò i simbolismi, quanto il maestro aveva dedotto o interpretato. Alice riflettè, era corrucciata, ma non scioccata o turbata come Sean se l’era figurata…
“Questo non va bene” disse e si sollevò, strinse un pugno sempre controllata,
“Vuole che io diventi la sua erede… e una volta che avrò aperto i cancelli sarò vincolata qui…per sempre…” disse fissando il vuoto.
“La mia parte Oscura, che ho accettato è lui, mio padre, il suo sangue… si è corretto ciò che pensa Qyburn, a meno che non compaia un angelo che voglia sfidarlo…” Sean si illuminò,
“Se tu lo sfidassi…” ma quel pensiero lo terrorizzò all’istante,
“No no…lascia perdere…non potresti batterlo qui…” Alice gli sorrise,
“Potrei sfidarlo ma… probabilmente moriremmo entrambi…lui è forte, anche per me…” Sean strinse la coperta sotto le dita,
“Se riuscissi ad ucciderlo fuori di qui…sarebbe diverso…ma se lui esce io devo restare qui…” continuò Alice,
“Era questo il tuo piano? Farlo uscire senza i demoni e i suoi poteri e ucciderlo?” Alice lo guardò sofferente,
“Non so se sarei stata capace di farlo…è pur sempre mio padre…ma io stavo pensando a questa possibilità prima che tu entrassi… e mi dicessi di quest’altra…profezia” si portò una mano alla tempia,
“Mi sento impazzire… è tutto così difficile…” Sean le prese la mano,
“Se lo sfidassi morirei anche io…non avrei sensi di colpa per averlo ucciso, ma se lui sopravvivesse o anche nel caso in cui ci uccidessimo a vicenda i demoni prenderebbero Aiden, come….erede….ora che sanno tutti….tutti sanno chi sono e che ho un figlio  e che gli Inferi devono avere un capo…come hai detto tu, gli equilibri dei mondi si basano su questo…” Sean annuì,
“Tu non morirai, in nessuno scenario” disse lui stringendole il polso,
“Oh Sean, eppure era la mia prima scelta quella…prima che lui nominasse Aiden” una lacrima le scivolò sulla guancia, argentea, bellissima, i suoi occhi rilucevano flebilmente d’azzurro.
“Sacrificarmi e non aprire affatto i cancelli, era questo il mio piano originario…ma solo se Aiden e Jasper e tutti gli altri si fossero salvati…Il Salice non aveva mostrato cosa sarebbe successo se mi fossi sacrificata…io credevo che potesse essere la soluzione anche se non li avrei più rivisti…anche se” si allontanò trattenendo altre lacrime. Sean fremeva di rabbia, contro Lucifero, contro Qyburn, contro quel libro  e quello stupido albero.
“Ma loro prenderebbero Aiden se io morissi, in qualsiasi modo… e ora non mi resta altro che adempiere alla profezia… e restare qui…ma almeno loro saranno al sicuro” Sean scattò contro di lei scuotendola,
“Cosa dici Alice, non puoi governare gli Inferi… non uscirai mai più…e con Lucifero fuori di qui nessuno sarà al sicuro” lei riacquisì lucidità,
“Sean, cos’altro potrei fare…”
“Scappa, con me…adesso…andiamo via, prendiamo Aiden la tua famiglia, chi vuoi, troverò un posto sicuro, un limbo dove potrete nascondervi, non aprire i cancelli, questo in assoluto non aprirli…” Alice sorrise,
“Non voglio più scappare… non c’è un posto sicuro lo hai detto tu…devo affrontare il mio destino… Lucifero ha fatto un patto con  me non nuocerà alla mia famiglia e agli umani, o per lo meno non coinvolgerà i demoni, gli angeli  e gli anziani potranno fare ciò che vogliono di lui,  sulla terra sarà come un caduto, da solo è debole…” Sean le tirò un braccio,
“Resterai qui per sempre…bloccata…Alice tu non starai pensando a un modo per farla finita qui?! ” era arrabbiato, non voleva perderla, non voleva vederla laggiù, regina delle ceneri.
“Tu sei terrorizzato all’idea di perdermi Sean” disse lei e gli accarezzò una guancia,
“No non sto pensando a sacrificarmi, te l ho detto, non è più una soluzione…io penso a tutti voi, a tutti quelli che amo, e voglio che siate al sicuro, ci sarai tu sulla terra a sorvegliare Lucifero e la mia famiglia, per me lo farai…non è così?” Sean poggiò una mano sulla sua,
“Io non ci credo che finirà così…non voglio lasciarti sola in questo covo di serpi…” Alice rivide Jasper, le sue parole, quanto aveva detto prima di attraversare il portale con Aiden, lasciandola lì con Lucifero… Un’ ala nera la tirava indietro in una delle visioni. Ora Alice era sicura che si trattasse di Sean. Lui mi ama e farà di tutto per farmi sopravvivere.
“Io sto pensando, mi sto consumando a furia di trovare una soluzione…e ora che mi hai rivelato questa cosa dei vincoli, sono…mi sento…impotente…ma proteggerò con tutte le mie forze mio figlio, lui non lo prenderà Sean, hai capito?” il suo sguardo era fiero e arrabbiato, Sean annuì. Il piano di Lucifero faceva leva proprio su quello, sull’amore, sul punto debole di Alice, e il suo. Qualcuno spintonò la porta… Alice eliminò la barriera….Lilith entrò con forza e contrariata alla vista di Sean e del mobile…
“Va fuori prima che Lucifero ti faccia imprigionare…di nuovo…ragazzino…” Sean fece una deferenza forzata e si defilò lentamente,
“Alice, devo prepararti all’arrivo di Michele, Lucifero vuole che tu faccia una cosa” udii richiudendo piano la porta. Se solo gli anziani avessero voluto aiutarli…

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Capitolo 27
*** Giù ***


Sean uscii lentamente e sostò all’entrata per qualche secondo cercando di carpire le parole di Lilith, ma invano. Fu sorpreso di non trovare altre guardie vicino ai battenti della porta. Fu sorpreso che fosse ancora libero di girare nel palazzo. Lucifero gli aveva garantito salva la vita e gli aveva consentito di restare con Alice solo per il tempo necessario a convincerla a fidarsi di lui o per lo meno fino a quando avesse concretizzato i suoi piani. Ora il tempo era quasi giunto, e lui era ancora lì, si aspettava per lo meno di essere cacciato a calci dal Palazzo d’Ebano, o magari di essere esiliato definitivamente dagli Inferi, soprattutto dopo aver negato la richiesta di Qyburn. Eppure era lì, ancora lì e nessuno sembrava curarsi della sua presenza. Lucifero sa bene quanto io abbia spinto Alice a non fidarsi di lui e non il contrario. Pensò. E’ furbo, troppo furbo per non intuirlo, così furbo da sfruttarlo per questo. Ora però non riusciva a capire perché lo volesse ancora lì, o forse non gliene importava affatto. Eppure potrei fermarla, potrei evitare che apra i cancelli, potrei tramortirla in qualche modo, portarla ad uno dei confini e smaterializzarla fuori da qui, quando sarà lasciata di nuovo sola…lei mi odierà per questo…ma pur di salvarla. Sean si arrovellava su quella possibilità allontanandosi lentamente dalla camera padronale di Lucifero, e più passi faceva più quell’idea gli appariva impossibile da realizzarsi e stupida. I cancelli saranno aperti, questa era l’unica certezza adesso. Sean si fermò nel mezzo dell’atrio al piano di sotto e guardò verso la rigida porta di quercia che dava alla sala del trono. Una voce flebile lo chiamò. Era il maestro Qyburn, ancora lui. Sean fu reticente.
“Sherwood!” una voce più tonante e seccata lo fece scattare, era il signore Oscuro.
“Vieni qui ragazzo…” disse poi dolcemente, Sean accostò la porta e incerto avanzò sino ai piedi piattaforma al di sotto del trono, guardò fisso i gradini di marmo nero, Lucifero sedeva, al solito, scomposto sul suo trono tempestato di rubini. Le luci delle torce erano tremolanti e soffuse ma le fiamme venivano riflesse dai rubini incastonati nel seggio, sembrava quasi che pulsassero.
“Il maestro ti ha rivelato la profezia del Vademecum?” chiese pur conoscendo benissimo la risposta. Sean annuì cercando di evitare il suo sguardo, non riusciva a sostenerlo più. Ma non per terrore o spavento, ora lo disgustava, provava una tale repulsione per come stesse usando Alice per come l’avesse ricattata che avrebbe potuto saltargli addosso mirando i magnetici occhi violetti del Signore Oscuro.
“ Sai Sean, ho sempre apprezzato la tua fedeltà…” continuò lui.
“Grazie signore” si costrinse a dire,
“…verso Alice Cullen” disse, Sean alzò lo sguardo inconsciamente, il sorriso beffardo di Lucifero gli fece serrare la mascella. Qyburn in silenzio se ne stava nascosto nella penombra, dietro una delle colonne grigie.
“Io sono fedele solo a me stesso” disse Sean con rabbia, l’egoismo, poteva appellarsi a quello pur di stornare l’attenzione di Lucifero da lei. Cosa aveva in mente adesso?
“Ah! Si è sempre stato così, per tutti i nostri demoni, in fondo in fondo ciascuno di loro confida solo in se stesso anche se mi chiamano sovrano degli Inferi, anche se mi venerano, ma io credo Sean che tu abbia messo per la prima volta nella tua miserevole vita qualcuno al di sopra di te stesso” disse con voce calda e vellutata, sembrava ammirato.
“E quel qualcuno non sono io…” rise amaramente,
“E’ un peccato… difatti quando Alice aprirà il cancello tu dovrai venire via con me” Sean trattenne il respiro, come poteva conoscere le intenzioni di Alice se non gliele aveva rivelate del tutto…che Lilith avesse…no…non riusciva a crederlo.
“ Io non voglio che tu rimanga qui con lei” disse poi e Sean era confuso, allora non sapeva…
“Per quale ragione Signore?” Lucifero si raddrizzò e scese i gradini arrivando alla sua altezza,
“La tua Alice non esisterà più dopo la cerimonia dell’apertura, dopo che sarà vincolata qui. Sarà Alice Stella del Mattino a tutti gli effetti, la regina degli Inferi…e….” girò attorno a Sean squadrandolo bene,
“Tu non sei un re…non le sei degno… non voglio che la tua influenza la destabilizzi” Sean strinse un pugno…non doveva reagire, Alice avrebbe voluto così, che Lucifero fosse concorde nel lasciarlo venire con lui era proprio ciò che voleva. Ebbe un tremolio per quella coincidenza di pensiero. Alice sarebbe stata la stessa. Ma da sola avrebbe retto in quel fetido mondo?
“Io non voglio essere il suo re…” e lei non vuole essere la regina di questo mondo di cenere, stava per dire, Lucifero sospirò,
“Avresti potuto, se avessi accettato la proposta di Qyburn, avresti potuto stare con lei, magari col tempo lei avrebbe cercato conforto in te…. ma…non ci hai dato le informazioni che volevamo… la tua fedeltà è verso la Stella del Mattino sbagliata…ah Sean Sean, mi hai deluso…” cos’era quella una specie di contorta vendetta, voleva umiliarlo, farlo reagire, avere una scusa per ucciderlo o imprigionarlo e rompere il patto. No, non avrebbe funzionato.
“C’è altro?” disse inclinando il capo, Lucifero aprii il palco di ali e lo spintonò all’indietro, Sean si resse in piedi ma non potè fare a meno di schiudere a sua volta le sue. Le imponenti ali nere del Portatore di luce ricoprivano la vista del trono, erano il doppio delle sue, oscuravano la luce delle torce, Sean guardò Qyburn perplesso.
“Ho un desiderio crescente di metterti in riga ragazzo…” disse con gli occhi furenti,
“Fallo pure, non ho paura di te” no Sean, non reagire, urlava la voce nella sua testa. Ma lui era un ribelle, era sempre stato così.
“Ribelle…” disse Lucifero, rubandogli quel pensiero dalla testa, abbassò le ali e le richiuse, scoppiò a ridere. Sean interdetto fece altrettanto ma era ancora teso e pronto a difendersi.
“Siamo simili tu e io…anzi mi ricordi davvero me, quando vagavo qui sperduto i primi giorni della caduta…ti sei sempre sentito sperduto anche tu qui negli Inferi… la scelta di tuo padre non era stata la tua…tu eri un caduto e non volevi stare con nessuna delle due parti… tu vuoi essere solo un caduto…” gli si avvicinò e gli pose una mano sulla spalla quasi con calore.
“Lo capisci Sean che potrei ucciderti per tradimento, o farti torturare finché non mi dirai cos’ha detto il Salice ad Alice per poi ucciderti?” Sean annuì senza battere ciglio,
“E invece non lo faccio…” già, perché non lo faceva…
“Non riesco a farlo, perché hai fatto una cosa che non riuscirei mai a fare e che a lungo ho bramato” Sean scrutò con attenzione il volto contratto di Lucifero,
“Hai messo in gioco la tua vita per qualcun altro, hai provato amore per un altro al di fuori di te stesso…” il primo Angelo non aveva mai provato amore… e in verità neppure Sean si riteneva capace di farlo…eppure aveva ragione.
“ Sean, tu non sei come me, sei un angelo caduto e ti sto facendo un dono permettendoti di tornare sulla terra” cosa voleva che lo ringraziasse, che gli baciasse i fetidi anelli.
“Cosa vuoi che ti dica…è vero, hai ragione…. Vuoi che ti ringrazi per la tua misericordia?” Lucifero si allontanò scuotendo il capo.
“ No no… ora non voglio deferenze, leccapiedi…no…non  agogno neppure a conoscere in toto la profezia del Salice, tanto oramai mancano pochi giorni al suo compimento….nulla potrà cambiarla… io voglio che tu mi dica come hai fatto…” Sean avvertii un’incertezza nella sua voce,
“Come ho fatto….a far cosa?” lo prese per le braccia,
“Sciocco ragazzo, ad innamorarti di lei!?” Sean restò basito, come aveva fatto…ma non poteva spiegarlo, non lo comprendeva neppure lui. Non si reputava in grado di provare quella cosa, quella cosa che lo faceva sentire leggero come l’aria eppure che era doloroso come spilloni appuntiti nel petto.
“Non ho fatto nulla…è stata lei a farmi qualcosa… a far si che accadesse” riuscii a dire, la rabbia gli premeva contro le tempie, detestava rivelare ciò che provava.
“ Alice, è qualcosa di davvero speciale…esatto…” le sue parole erano dolci ma vi era qualcosa di amaro nel suo tono.
“Ho dato vita a un essere che mi è superiore in tutto, e che ha la capacità di amare e di farsi amare…” ecco, Lucifero mirava a questo, voleva capire come fosse possibile amare ma soprattutto essere amati a tal punto da rischiare la propria vita, e anteporre i propri interessi per l’altro. Cosa che i suoi adepti avevano sempre fatto per timore e che non avrebbero più fatto una volta che sarebbe andato via.
“Vorrei poterla portare con me, sulla terra, faremmo grandi cose insieme…ma putroppo non  può essere” Lucifero si incupì.
“ Va bene Sean Sheerwood, il tuo servigio si chiude qui, puoi andare via quando vuoi, anche se sono certo che resterai con lei fino alla fine” Sean fece un sorriso, uno dei rari e impercettibili sorrisi che faceva. Un sorriso di sfida e di vittoria in fondo. Nello stesso istante entrò Lilith, bella da togliere il fiato, i capelli ondulati le ricadevano sulle spalle bronzee scoperte.
“Mio signore, tua figlia è pronta…” disse e scivolò fuori,
“Bene… Michele è vicino” Lucifero guardò il soffitto stellato e chiuse gli occhi soddisfatto.





 
3 GIORNI ALL’APERTURA DEI CANCELLI, FORKS.


Pioveva. Una pioggia fitta e fastidiosa, così spessa e pesante che a stento si riusciva a vedere a pochi metri di distanza  la fine della strada, le case dai tetti scuri, i pochi alberi che costeggiavano i marciapiedi. L’odore della pioggia era intenso, fastidioso anche quello, cioè non proprio fastidioso, ma così strano. Non pioveva mai nella Città, chiaramente, un sole tiepido e una luce forte dominava incontrastato nel tempo e nello spazio. Gli manco già quel calore, quella luce, si era così abituato alla sua luminosità che sulla terre tutto appariva scialbo, spento e scuro, soprattutto quel giorno di pioggia. Il rumore era invece molto piacevole, l’acqua gli ricordava le sorgenti calde che scorrevano accanto al Tempio, l’acqua e il suo fluire gli davano sempre pace quando la sua mente era agitata da pensieri e avvenimenti turbolenti. Avanzò di qualche passò, i sandali e la tunica erano ovviamente fradici, rigoli di pioggia gli scorrevano lungo la schiena, colavano dalla barba rossiccia, gli appannavano la vista. Si sentiva goffo e pesante. Le ali erano ancora spiegate e zuppe d’acqua. Dopo aver scrutato la strada si decise a ricacciarle. Fu scosso da un brivido, ma non era freddo quello che percepiva, almeno non ancora. Era una sensazione davvero dolorosa. Sentiva di essersi staccato, sentiva come un taglio, non fisico ma nell’anima. Non avrebbe mai saputo descriverlo o mai l’avrebbe immaginato…cosa si provasse nel…cadere. Una donna lo urtò ma non sembrò curarsene e avanzò quasi di corsa attraversando la strada e coprendosi la testa con un mucchietto di giornali e fogli. Lui alzò gli occhi al cielo e li chiuse lasciando che la pioggia lo investisse in pieno sul volto. Era come se l’acqua stesse portando via ogni impurità. Eppure…sapeva che non sarebbe stato affatto semplice farsi scivolare addosso quello che era successo, quello che aveva fatto. Una  macchina clacsonò riscuotendolo. Dei bambini si erano lanciati si corsa sulle strisce. Lo urtarono anche loro ma il più piccolo dei tre si rese conto che c’era qualcosa di strano lì in mezzo allo spiazzale, sotto la pioggia, qualcosa di invisibile.
“C’è qualcosa” disse sottovoce rimanendo immobile per pochi secondi poi il ragazzo più grosso lo tirò per la manica e continuarono a correre. L’incantesimo di occultamento era necessario o le persone sarebbero impazzite vendendo comparire un angelo nel bel mezzo di Forks.
“Dovrebbe essere qui a momenti” disse a sé stesso e con pazienza fissò il vecchio e rugginoso campanile accanto alla chiesa della città. Una città molto piccola, piuttosto via, benchè fosse mattina presto e piovesse a dirotto. Ma lì pioveva sempre, ricordò. Passò qualche minuto e una figura piccola e slanciata camminava spedita dall’altra parte della strada ad una 50ina di metri. I capelli ricciloluti erano bagnati anche se aveva un grazioso ombrellino bianco. Phoebe correva quasi fomentata nella sua direzione. Nessuno poteva vederli era stato saggio da parte sua… potevano esserci spie degli anziani o dei demoni…ovunque.
“Michele!” disse lei con affanno e si gettò tra le sue braccia. L’anziano la strinse leggermente e la prese per le spalle.
“Piccola mia, credo di aver appena fatto scoppiare una guerra” gli occhi grigi di Phoebe, già grandi ed espressivi si spalancarono per la sorpresa e la paura, ma fu un istante. Lui era lì, per loro, per Alice e se un anziano era dalla loro parte non tutto era perduto. C’era speranza.
“Non importa quello che pensano di fare…noi possiamo ancora evitare tutto…” Phoebe gli sorrise. Michele sospirò mesto.
“E’ dura lo so…bene… ci sono passata” Michele sapeva a cosa si riferiva. Scegliere di lasciare il Paradiso, dopo tutti quei secoli era stata la cosa più dolorosa che avesse mai fatto. Era stato come perdere qualcosa, dentro, qualcosa di sé che non sarebbe più stata la stessa. E poi era stato il dolore fisico più forte, più acuto…che… rimase per un attimo senza fiato e prese un’ampia boccata d’aria. Era come se una lama gli fosse affondata nella schiena quando aveva varcato il cancello, ed era precipitato giù, inerte, senza poter volare. Inerte e reciso.
“Ho fatto la mia scelta” disse duramente e cominciò a camminare.
“Andiamo in un posto asciutto… inizio a sentire…” Phoebe gli sorrise,
“Freddo” disse per lui, si mise sottobraccio e lo condusse alla macchina che aveva lasciato poco lontano. Michele non era affatto a suo agio. Non aveva mai preso una macchina, o qualsiasi altro mezzo umano, quel mondo che rimirava sempre da lontano gli sembrava così bizzarro e diverso da come se l’era figurato.
“Gli umani… sono così intelligenti, e distruttivi” disse allacciandosi la cintura e osservando due taglialegna che caricavano i poderosi tronchi di quercia su un camion. Phoebe mi se in moto e in pochi minuti si trovarono nel cortile di casa Cullen. Michele scese dalla macchina e osservò la villa. Annusò l’aria. L’odore di Alice era quasi sbiadito, ma era stata lì qualche giorno prima.
“Se fossi venuto prima…se avessi scelto prima…” corrugò la fronte e scosse il capo, Lucifero le aveva consentito di tornare lì, seppur per poco, questo era un buon segno? Si fidava a tal punto, o era l’esatto opposto proprio per quella ragione, se fosse stata Alice a fidarsi di lui…
“Phoebe” una voce giunse loro dal soppalco. Era il vampiro telepate che fissava stranito l’auto e il nulla davanti a sè… Michele sentiva come cercasse di leggergli la mente… sorrise. Con un gesto rimosse la cappa invisibile che avvolgeva lui e l’angelo.
“Edward, ho una buona notizia!” l’allegria di Phoebe era quasi incontenibile, Michele non voleva smorzarla ma era ben conscio che la sua sola presenza non avrebbe convinto il Signore degli inferi a desistere o la stessa Alice, ci aveva già provato. Ma pochi giorni prima negli Inferi Alice sembrava in suo completo potere. Phoebe chiamò a gran voce gli altri. Presto tutti i vampiri in quella cosa si affacciarono fuori, appoggiandosi alla ringhiera, scendendo qualche gradino dell’ampia scalinata e lo guardarono. Chi con sorpresa, chi con paura, chi non prudenza. E vedevano un vecchio, o quasi, con la barba rossiccia punteggiata di bianco, fradicio e quasi tremante. Michele non poteva farsi vedere a quel modo, con un gesto della mano sembrò rallentare e poi fermare la pioggia, la tunica si asciugò e ritornò quasi candida, e lui spalancò le ali luminose. L’effetto che ebbe sembrò risollevarlo e ricordargli che era pur sempre uno degli angeli più antichi e potenti.
“Tu sei l’arcangelo Michele?” chiese con curiosità e reverenza un vampiro biondo e più maturo degli altri, doveva essere il capo del clan. Michele annuì.
“Hai fatto la tua scelta quindi…” una voce familiare uscì dalla penombra e scese qualche gradino sino ad affiancarsi a Carisle. Il compagno di Alice, Jasper.
“Ho scelto di cadere” disse lui. Ci fu un fremito generale.
“Ecco, entra pure…” Michele sorrise a Carlisle,
“Chiamatemi semplicemente Michele” ritrasse le ali ed entrò nella villa. Esmee una vampira dai capelli ondulati e ramati gli portò una tazza di tè fumante mentre lo fecero accomodare in soggiorno. Tutti lo attorniavano pur restando a distanza, incuriositi. Michele bevve di buon grado la bevanda e la sensazione di freddo cominciò a sopirsi definitivamente. Era anche lui più che curioso dello stile di vita di quei vampiri e di come fossero riusciti a frenare i propri istinti dando la caccia solo agli animali. L’anima di Carlisle era molto pura, era sconcertante…era sorprendente. Phoebe non poteva fare a meno di muoversi. E raccontava freneticamente di ciò che Michele gli aveva riferito nel breve tragitto in auto. La discussione per sommi capi con gli altri anziani, la loro decisione di organizzare una difesa in caso di attacco, la possibile guerra, la sua caduta. Jasper era forse il più cauto, era sollevato della sua presenza ma anche profondamente turbato, anzi tutti erano irrequieti.
“Devo dirvi della mia visita nell’Ade” disse e l’aria si caricò di tensione,
“La mia ultima visita…due giorni fa, prima che discutessi con i miei fratelli, prima di essere qui, sono andato a negoziare con Lucifero…” sospirò,
“Negoziare cosa? Vi chiederete, beh. Gli angeli volevano la garanzia che qualsiasi cosa faccesse di Alice non danneggiasse il Paradiso e la Terra…” nel sentire il nome di Alice tutti sembrarono sussultare.
“Ma mio fratello è restio a queste formalità, e tanto meno ad aprirsi con me… è stata un disastro quella missione diplomatica…ma sapevamo come sarebbe andata…il motivo non detto per cui hanno mandato me era il mio rapporto di maggiore familiarità con Alice e per il fatto che io ero convinto di poterla portare indietro, di guidarla dalla nostra parte…” Michele congiunse le mani,
“Io vi devo delle scuse….a tutti voi… credevo di aver sempre agito nel giusto, volevo solo che lei fosse protetta, anche se le mie azioni non sono state sempre chiare, e mi scuso, mi scuso anche di aver causato sofferenze e separazioni nella vostra…famiglia…” i vampiri annuirono.
“E ho sbagliato nel poter confidare nei miei fratelli, o per lo meno la maggior parte di loro è nel torto…credono che Alice sia completamente in balia del signore oscuro e non faranno nulla per aiutarla… Io…non ve lo nasconderò, quando sono sceso negli Inferi e lei ha distrutto la pergamena l ho creduto anche io… e una parte di me lo crede anche adesso…” Michele ora percepiva la tensione e lo smarrimento di quelle facce. Jasper era anche arrabbiato. Molto.
“Che succede…c’è qualcosa…” Michele guardò Phoebe.
“Io non ero presente ma Alice ha fatto loro visita subito dopo l’incontro negli Inferi presumo…” Jasper si portò di fronte a lui.
“Alice ci ha spiegato cosa intende fare, cosa gli ha chiesto Lucifero, ma questo presumo che tu lo sappia e che lo sappiano anche gli altri Anziani a questo punto” Michele annuì grevemente.
“Lei ci ha detto che non ha scelta ma che intende farlo anche perché lo vuole, perché Lucifero è…suo…padre e non è giusto che sia imprigionato all’Inferno per sempre…” Michele valutò quelle parole. Ciò andava solo a confermare le speculazioni dei suoi fratelli.
“ Tu ti fidi di lei?” disse lui guardando Jasper negli occhi.
“Si, sempre” rispose istintivamente, Michele potè quasi percepire sulla pelle quell’ondata di puro affetto e amore che provava nei suoi confronti. Era strano e sorprendente anche quel tipo di sentimento, così vero, tra due anime così diverse.
“Anche io.. una parte di me è sconcertata quanto voi, ma so che tutti vi fidate di Alice… non è passata dalla parte del male, sta agendo nel giusto…io lo credo” tutti annuirono.
“Michele noi le vogliamo bene e ci fidiamo di lei e del giudizio di Jasper, siamo solo turbati per il suo comportamento…sembra diversa…cambiata” Jasper fulminò Carlisle con lo sguardo.
“lo è, non è la stessa di prima perché finalmente ha capito chi è, è la figlia della Stella del Mattino e questo ha delle conseguenze…” disse lui solennemente.
“Comprendo il vostro senso di smarrimento…ma sono qui per aiutarvi…” Jasper  si rilassò leggermente.
“ Vi porterò da lei” disse convinto. Phoebe gli poggiò una mano sulla spalla e poi sorrise a Jasper, mimando un te l’avevo detto. Stavano tutti per congedarsi e Michele stava per essere condotto da Jasper in una delle stanze da letto per riposare quando nel mezzo del corridoio spuntò una figura. Un bambino di 10 anni, i capelli neri e scompigliati gli occhi blu scuro nella penombra dello spazio. Aiden. Michele si bloccò con Jasper alle spalle. Erano anni che non vedeva quel bambino prodigioso. Gli sorrise, Jasper accese la luce.
“Aiden, credevo fossi a scuola con Bella…” Aiden scosse il capo, curioso. Si avvicinò al padre e lo guardò interrogativo.
“Ciao Aiden, non credo che tu ricordi, sono Michele, un angelo, un amico di tua madre” disse Michele rispondendo al quesito che il piccolo formulava con gli occhi. Era incredibile quanto somigliasse ad Alice. Un piccolo vampiro con un po’ di sangue angelico nelle vene. Un miracolo.
“ Piacere… in effetti hai un’aria familiare” Aiden allungò una mano e gliela strinse, forse poteva ricordare qualcosa, ma aveva appena 1 anno quando Michele lo aveva portato in Paradiso.
“ La mamma tornerà presto, me lo ha promesso, ma tornerà quando lo vorrà lei… non penso che tu possa portarla qui” disse senza che Michele dicesse nulla…era un bambino molto saggio, Michele guardò Jasper sorpreso.
“Aiden..” lo ammonì,
“No, tu hai ragione Aiden, io non posso portarla qui ma posso proteggerla e proteggere voi qualsiasi cosa accadrà…sono come il vostro angelo custode, per questo sono venuto” gli sorrise, Aiden soppesò il suo sguardo e decise che quel signore dalla barba rossiccia e l’aria cordiale gli piaceva e se conosceva sua madre allora c’era da fidarsi.
“D’accordo” disse e corse giù per le scale.
“E’ un bambino davvero speciale” continuò mentre Jasper apriva la porta della camera degli ospiti.
“Si… ha qualcosa di… come Alice…non so spiegarlo” Michele annuì,
“Non c’è bisogno delle parole, io lo sento… sei fortunato Jasper… ad averli” Michele sedette sul letto, era strano, la gravità della terra, quelle case, quei mobili…un letto. Si sentiva spaesato. Jasper gli si avvicinò così vicino quasi a sfiorarlo.
“ Sono la cosa più preziosa che ho… Michele hai detto a mio figlio che la proteggerai… dammi la tua parola che non le accadrà nulla…” nel suo sguardò Michele percepii tutta l’intensità di ciò che provava, sentii gli occhi inumidirsi.
“Hai la mia parola Jasper”.





2 GIORNI ALL’APERTURA DEI CANCELLI, INFERI.


Alice era seduta sul davanzale di una delle ampie vetrate del corridoio, dal 3° piano riusciva a scorgere il giardino, quell’immenso giardino nero punteggiato di fiori blu, era li’ che la sua vita era cambiata, di nuovo. Li’ aveva finalmente scoperto la sua identità. E cosa le era costata, quella verità. Sospirò. Era inutile recriminare il proprio passato, il proprio presente, era il futuro a contare adesso. Il futuro che solo lei poteva guidare e realizzare. Sospirando e con la faccia quasi attaccata al vetro creò una piccola nuvoletta di vapore. Appoggiò un polpastrello e tolse via una striscia di polvere. Essere la figlia di Lucifero era una responsabilità, più grande di quanto tutti gli altri immaginassero. I suoi pensieri si spostarono sugli avvenimenti dei giorni precedenti, la visita di Michele, il ritorno a Forks, le sue spiegazioni. Difficile definirle spiegazioni, ma la sua famiglia doveva rimanere al sicuro, all’oscuro di quanto sarebbe successo in realtà. Sentiva i loro occhi addosso, sconforto e delusione… amore… Chiuse gli occhi figurandosi il volto di Jasper e di Aiden, senti e vide il suo sorriso, bianco e perfetto. La sua risata di bambino. Le mani di Jasper che la trattenevano. Strinse con più forza la piccola chiave di elettro che aveva nella mano sinistra. C’era un brusio di sottofondo in tutto il palazzo, c’erano demoni e cortigiane, più di quante ne avesse viste dal primo giorni. Tutti si stavano preparando per il grande evento, Lucifero intendeva compiere la cerimonia con grande sfarzo, a cosa servissero i vestiti, il banchetto, la musica… non c’era nulla da festeggiare, almeno per lei… se tutto fosse andato storto… Si alzò, voleva volare, poteva farlo, ormai Lucifero era più che certo della sua lealtà. E in fondo non poteva essere altrimenti, non avrebbe mai permesso che Aiden prendesse il suo posto. Mai. Non sarebbe scappata. Anche volare nella fuligginosa aria degli Inferi dava un po' di sollievo, almeno da tutto quel trambusto. Mentre si dirigeva di fuori giù per l’imponente scalinata incrociò Lilith; lei stava salendo e reggeva una serie di lenzuola o tende nere dai bordi dorati. Indossava una leggerissima tunica di bronzo, la sua pelle riluceva, gli occhi scuri si fermarono su di lei per pochi secondi.
“Oggi è più caldo…attenta a non bruciarti, gli Inferi ribollono per colpa della frenesia di Lucifero” fece una risata irritata e un breve cenno col capo. Alice si fermò e guardò il cielo rossastro. Ebbe un fugace ripensamento ma quando si trovò all’imbocco del sentiero che conduceva a valle il cambio d’aria le portò via ogni dubbio. Non avrebbe retto qualche altra ora nel Palazzo senza distrarsi. Lilith aveva ragione l’aria era molto più rovente che all’interno. Era l’animosità di suo padre a provocarlo? O forse quel posto colmo di antica magia sentiva che presto avrebbe cambiato padrone, forse non era particolarmente favorevole a quell’idea. Il pavimento era ustionante. Alice aprii il palco di ali e salì nella coltre di fumo. Le sbattè energicamente per schiarire la visuale. Non poteva fare granchè ma meglio di nulla. Volò e l’aria che le batteva contrò il viso e il petto sembrò raffreddarsi leggermente. Fece avanti e indietro, da nord a sud e fino a ovest da dove era partita. Sorvolò tutti gli inferi per ore. Voleva dissipare ogni energia cossicchè sarebbe tornata, avrebbe dormito e l’indomani sarebbe arrivato più in fretta. Spintasi sempre più a ovest vide un demone che era appena atterrato, dalla sua altezza era poco più grande di un topo, planò verso il basso, era il confine più estremo delle montagne di fuoco. L’alveare cubico, dimora dei demoni era poco lontano. Alice atterrò leggiadra e si trovò davanti Sean. Era sollevata e allo stesso tempo nervosa. Non lo vedeva da qualche giorno, da quando era venuto a riferirle della profezia del Vademecum. Credeva che Lucifero lo avesse cacciato sul serio questa volta.
“Stella del Mattino” disse lui e fece una piccola riverenza, Alice fece un’ espressione confusa,
“Dovrai abituarti agli inchini, presto sarai regina…” sorrise, ma c’era molta amarezza nelle sue parole. Alice si avvicinò finchè potè vederlo meglio in faccia, le ferite erano guarite. Sospirò di sollievo.
“Non voglio pensarci” disse e accennò un sorriso.
“Credevo che Lucifero ti avesse fatto uccidere” disse, Sean ridacchiò.
“Credo di essere sfuggito alla morte più volte di te” gli fece un occhiolino e cominciarono a passeggiare lungo il confine, una coltre di nebbia impediva di  vedere oltre ma una specie di forza magnetica suggeriva ad Alice che oltre non si potesse andare.
“Dove sei stato?” Sean calciava dei sassi rossi, era più in forze, almeno sembrava.
“Da mio…fratello…” Alice strabuzzò gli occhi,
“Pensavo che…non avessi nessuno…cioè nessun familiare ancora…”Sean scosse il capo,
“lui non è la mia famiglia… non corre buon sangue tra noi…ma… dovevo sistemare un paio di cose prima di accompagnare Lucifero nel suo tour nel mondo terreno…” si morse un labbro,
“Scusa…io non ti ho mai parlato di lui…” Alice gli sorrise,
“Tranquillo Sean” Sean si fermò,
“ Quasi…dimenticavo… come, cosa hai detto alla tua famiglia?” Alice sentii formarsi un nodo in gola.
“Gli ho detto cosa intendo fare…non l’hanno presa molto bene, Bella era…distrutta e Carlisle credo che provasse una forte delusione…Jasper ha fiducia in me ma lo sto mettendo a dura prova…” la voce le tremò un istante ma si ricompose subito.
“ Capisco… strano che non abbiano provato a fermarti o che non siano già qui…Phoebe li avrebbe potuti portare, per farti cambiare idea, insomma sapere che passerai il resto dell’eternità qui come sovrana de…” Sean realizzò, il volto freddo e granitico di Alice nascondeva una grande sofferenza.
“Non gli hai detto di tutta la profezia… non sanno che rimarrai bloccata qui…” lei abbassò gli occhi.
“No” Sean rimase in silenzio mentre continuarono a camminare. Fu Alice a parlare.
“Gli ho detto che tornerò…” Sean provò grande sconforto. Sapeva che era impossibile e anche lei doveva saperlo.
“E’ una bugia a fin di bene, Alice… se venissero qui..Lucifero li farebbe uccidere, tu vuoi solo proteggerli” una menzogna a fin di bene. Ma dov’era il bene, dov’erano i buoni ora che ne aveva bisogno. Gli anziani, Phoebe, voleva persino abbracciarla e stringerla in quel momento benchè fosse ancora così arrabbiata. Sean le prese una mano e la accarezzò.
“Voglio farti vedere una cosa” Si avvicinò e si smaterializzarono. Erano fuori, sulla terra. In una bellissima scarpata dei un canyon, era notte, una coltre di stelle illuminava il cielo, niente luna. Alice si sentii destabilizzata dall’aria fresca e pungente, dall’odore del deserto… dalla bellezza di quel panorama.
“Perché…Sean se lui lo scoprisse…” Sean la tirò per il braccio.
“Che ti importa, non te ne andrai, ha la tua parola…te la meriti un’ultima notte qui… cioè io non volevo dire” Sean di pentii di quelle parole anche se effettivamente poteva essere l’ultima volta che avrebbe visto un cielo stellato. Che avrebbe visto la Terra. Forse avrebbe preferito di gran lunga passare quelle ultime ore con la sua famiglia ma questo non era possibile.
“Sean… va tutto bene, sto bene” disse lei e sembrò davvero serena adesso e in pace. Gli occhi baluginarono d’azzurro mentre Sean osservava i puntini luminosi delle stelle nelle sue iridi. Era da togliere il fiato. Era bellissima, era stata davvero l’unico amore della sua vita. Sean si senti triste ma anche grato. E poi non era detto che non l’avrebbe più rivista. Forse sarebbe stato l’unico ponte tra lei e la sua famiglia anche se il Signore oscuro non lo avrebbe fatto tornare…ma poteva provarci, rischiare… Sedettero sotto un olivo, c’erano pochi alberi ma quelli che c’erano erano imponenti.
“ E’ una notte da ricordare questa” disse e gli sorrise, Sean ricambiò.
“Aspetta di vedere… sai non ti ho portato qui solo per il cielo…” Sean si mise un filo d’erba tra i denti. Alice lo guardò incuriosita. Era buio, ma la luce delle stelle rendeva le loro figure pallide e spettrali.
“Ecco ci siamo quasi…” Sean si accucciò a terra e invitò Alice a fare lo stesso,
“Ma che stiamo facendo?” sussurrò lei divertita. Sean le intimò di fare silenzio. I suoi capelli erano cresciuti e li aveva legati di nuovo ma alcuni ciuffi ribelli sfuggivano sulla fronte.  Alice lo guardò con molta attenzione, ne avevano passate tante, era sorpresa di quanto avesse imparato a volergli bene.
“ancora qualche minuto…” era impaziente.
“Sean…” disse lei dopo un po’ di silenzio mentre continuavano a essere stesi sull’ erba sottile a faccia in giù, concentrato lui distolse lo sguardo dall’orizzonte per guardarla.
“ Sei una delle persone migliori che abbia mai conosciuto” Sean sembrò quasi arrossire, scosse il capo,
“Dico sul serio… mi mancherai, tanto..” Alice si asciugò una lacrima, Sean le accarezzò i capelli, anche i suoi occhi divennero lucidi, un piccolo sibilo li fece voltare di scatto. A circa 20 metri sospese a mezz’aria c’erano delle strane falene, bianchissime, semi trasparenti quasi incorporee e luminose da far male agli occhi.
“Ma cosa..”
“Shhh” Sean aveva recuperato il suo entusiasmo. Non erano insetti, non lo erano affatto, emanavano un’energia così forte che Alice si sentii stordita ma non riusciva ad elaborare un pensiero o una parola per capire cosa stesse vendendo.
“Ascolta, quella è materia bianca, una delle forze più pure dell’universo… si presenta sotto varie forme e in alcuni punti della terra è possibile vederle, sono congiunzioni astrali o qualcosa del genere che le rendono visibili, Qyburn mi aveva fatto una lezione così lunga e noiosa ma adesso ne comprendo il perché…” Materia bianca, era come attratta da quelle falene.. si sollevò.
“Non ti avvicinare, non fare rumore o potrebbero sparire… è rarissimo vederle e sinceramente anche se avevo calcolato questo giorno non ci speravo molto…” Piano sedette anche lui. Le falene che erano una 10ina volteggiavano contro la trapunta del cielo. Emettevano un sibilio che poteva essere quasi una melodia.
“Gli umani non possono vederle” disse,
“La loro energia è davvero incredibile…e…”
“Capisco cosa senti… è come se la assorbissi e ti facesse stare meglio…  non possono essere toccate , quell energia è al di sopra di qualsiasi cosa… moriremmo se provassimo a …” Sean si bloccò. Una delle falene si era staccata dal gruppo e si dirigeva nella loro direzione.
“Questo è strano davvero…Alice spostati…non credevo che fossero attratte dagli angeli…” ma Alice non si mosse, Sean si era alzato e aveva fatto qualche passo indietro.
“Alice…dai…” ora era allarmato, la sua tranquillità era svanita, quelle creature potevano uccidere con un solo tocco, era un’energia troppo potente insostenibile anche per una creatura celeste. Alice si alzò. Un'altra falena stava seguendo la prima. Sean stava per lanciarsi davanti a lei. Ma Alice lo bloccò con una mano a mezz’aria.
“Sean, calmo…fidati…non mi faranno male, lo sento…” la prima falena si avvicinò ed Alice allungo l’altra mano porgendo l’indice. Quella andò a posarsi e si illuminò ancora di più al contatto. Una brezza calda promanò dal corpo di Alice , Sean cadde in ginocchio. Non riusciva a crederci o capire perché. L’altra falena si posò sulla spalla di lei e poi tutte e 10 e poi altre che spuntarono si posarono sulla testa, sul collo sul petto, Alice fu coperta da uno strato di falene cosi luminoso che Sean non riusciva più a vederle il viso. Alice sentii un tale calore e una tale forza che quasi gridò di gioia. La sua risata tintinnante risuonava nell’aria. Poi così com’era accaduto le falene scomparvero nel nulla. Alice lasciò cadere le braccia tremanti e sedette. Tornando a respirare. Sean le si avvicinò arrancando.
“Cosa…cosa diavolo è appena successo” controllò che fosse tutta intera,
“Come ti senti?” Alice era come stordita, qualche secondo e riacquistò piena lucidità,
“E’ stato bellissimo… io non ho mai sentito così tanta energia..dentro…era inebriante…ma perché l’hanno fatto?” Sean la guardava scioccato,
“Non lo so…ma non credo abbiano mai toccato un angelo…ma tu Alice…tu sei incredibile” Alice scosse il capo,
“Io non ho fatto nulla, sono quelle creature…” Sean si portò una mano sul viso, le fece uno dei sorrisi più caldi che Alice gli avesse mai visto,
“Non ho fatto nulla di che…”
“Alice sta zitta” Sean l’abbracciò cosi forte che Alice non pote’ far altro che lasciarsi stringere e donare un po’ di quella energia anche a lui. Se lo meritava dopo quella notte.

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Capitolo 28
*** Nervi tesi ***


1 GIORNO ALL’APERTURA DEI CANCELLI


“Michele! Non tergiversare… avevi accettato” Phoebe era irrequieta, come poteva non esserlo, odiava quel posto, odiava respirare quell’aria fuligginosa e rovente a contatto con la sua pelle. Lasciando da parte la propria repulsione era riuscita a fare quelle lunghe ispezioni con Alice anni prima, solo per lei.  Era tornata  seguendo l’idea di Sean per salvare suo figlio. Perché sapeva che fosse giusto aiutarla e perché era sua amica. Quella mattina si trovava a dover fare lo stesso. Michele aveva acconsentito a seguirla ma estremamente riottoso. Non voleva coinvolgere altri demoni o peggio altri angeli, e più concretamente detestava il solo pensiero di violare la legge. ED ogni volta che lo aveva fatto per Alice aveva provato un turbamento così grande anche se non lo dava a vedere. Phoebe lo sapeva. Conosceva sin troppo bene il suo mentore. E poi la caduta…era a pezzi…L’arcangelo era a pezzi.
“Si, e non ti nascondo il mio malumore….” Michele guardò la piccola Phoebe con preoccupazione. Qualche anno prima non avrebbe mai immaginato cosa la Custode sarebbe arrivata a fare e ora invece lui si trovava a fare le medesime cose. Michele sorrise.
“Non mi sembri di cattivo umore” disse Phoebe canzonandolo ma allo stesso tempo gli rivolse un ‘occhiata comprensiva. Erano giunti a ovest, vicino ai monti di fuoco, il fiume lete frusciava dietro di loro. L’umidità  in quella zona era insopportabile.
“Strano, decisamente strano che non ci siano guardie di pattuglia” disse lei guardandosi attorno circospetta.
“Sono tutti impegnati, Lucifero avrà messo il Palazzo D’ebano in subbuglio e starà convocando i demoni e le guardie per i preparativi… che senso avrebbe far controllare le uscite, Alice non fuggirebbe mai e di certo nessuno potrebbe venire a prenderla..” Phoebe fermò il passo,
“Noi potremmo però” disse nervosa,
“Non ci seguirebbe piccola mia” Michele continuò a camminare.
“ Invece si, la trascinerò a forza se necessario… “ Phoebe sospirò,
“Già come se mi fosse possibile…so che non mi farebbe mai del male ma… non possiamo constringerla hai ragione…” disse e prese Michele sottobraccio. Avevano le ali chiuse, erano piccoli in quelle dune rosse, quasi invisibili.
“Ascolta…shh” Michele si fermò, i monti di fuoco roboanti e fumosi stavano ricacciando un po’ di lava.
“Fa più caldo, decisamente più caldo dell’ultima volta che sono stato qui” disse, Phoebe annuì,
“Gli Inferi sentono cosa sta per accadere…” Michele deglutii, non aveva detto ai vampiri né a Phoebe che poteva esserci la possibilità che Alice rimanesse bloccata negli Inferi, per il vincolo… era un possibilità ma se lei lo avesse saputo certo non avrebbe aperto i cancelli rischiando di abbandonare per sempre suo figlio e Jasper e tutti loro….e se… o forse sapeva…
“Michele giù” sussurrò Phoebe e lo tirò per la tunica, si abbassarono dietro un rovere. Una guardia armata di falcetto e mazza stava passando lungo il perimetro dei monti. Una fortuna per loro. Michele ringraziò il cielo che non fossero stati costretti a puntare all’alveare per catturarne uno, Lucifero in quel caso li avrebbe di sicuro scoperti.
“Bene, perfetto. Al mio tre lo atterriamo e ci smaterializzi…” solo un anziano poteva accedere agli inferi e uscire anche senza il permesso di Lucifero, Phoebe da sola non avrebbe potuto, quando lo aveva fatto con Alice  e Sean Lucifero non aveva ancora bloccato l’accesso agli angeli. Ma da quanto Alice era arrivata a casa sua non sembrava intenzionato a ricevere altri ospiti. Aveva ottenuto ciò che voleva in fondo.
“ Michele ascolta, so che volevi portare qui i vampiri durante la cerimonia per convincerla a desistere ma dobbiamo saperene di più, sapere come e con chi Lucifero presidierà il Palazzo, sicuro si aspetta che qualcuno di noi faccia una mossa, e sapere come si svolgerà e cosa ha intenzione di fare dopo con Alice….dobbiamo sapere…” Michele ne era conscio, fece  un cenno di approvazione.
“Bene….” Phoebe contò con le dita…
“Adesso!”
 
 
Jasper ed Edward attendevano da qualche ora nel cortile della casa, fece tintinnare tra le mani ancora una volta la pesante catena di adamas.
“Rapire un demone…non me lo sarei mai aspettato dall’arcangelo… anche il solo guardarlo mi fa sentire come se avessi la coscienza più lurida di una fogna…è così…”
“Perfetto” disse Jasper,
“Stava per dire noioso” disse Bella arrivando da dietro e abbracciando suo marito.
“No per nulla, lo trovo tutto tranne che noioso….e poi sta infrangendo tutte le regole possibili… un chiaro segno che tutti e tutto può cambiare prospettiva” Edward sorrise a Jasper, ma lui non era altrettanto sereno.
“Domani è il giorno della cerimonia, spero che questo demone ci dica qualcosa di utile” strinse i denti. Bella gli passò una mano sulla spalla.
“Lo spero anche io” si era incupita adesso, si voltò e rientrò in casa.
“Non badare a Bella, lei …”
“ non si fida di Alice “ disse Jasper brusco. Suo fratello lo ammonì con lo sguardo. Scusami , sono troppo nervoso, non intendevo…
“Jasper nessuno ha fiducia in lei come ce l hai tu…ma anche noi sappiamo che Alice avrà un piano Bella è tremendamente preoccupata e le emozioni offuscano il suo giudizio” Jasper stava per ribattere quando un odore di bruciato e un suono di strappo li fece alzare.
“Presto le catene!” urlò Phoebe, Jasper le lanciò a Michele e aiutò a legare per bene il prigioniero. Lo condussero in garage e lo sbatterono con poca grazia su una sedia di legno. Il demone privato delle braccia e con le ali richiuse tentò di scalciare ma poi fu bloccato anche li e allora cercò di mordere. Jasper lo colpì sulla mascella. Michele lo tirò indietro,  prese della polvere da un sacchetto nella tasca della tunica e la cosparse sulla testa calva del demone.
“Polvere di Ghis, indebolisce all’istante qualsiasi creatura” gli spiegò Phoebe.
“Walter Tixo sei nostro ostaggio adesso…” disse con voce tonante. Il demone smise di dimenarsi e lo fissò sconcertato.
“Dannato Lucifero, tu sei un anziano e questa qui è un altro anziano? No, stronzate è un debole angelo … che c’è vuoi darmele eh?” Pheobe strinse i denti.
“ Che diamine volete da me ?” Jasper stava per parlare ma Edward lo tirò ancora più indietro.
“Fratello lascia che sia Michele a interrogarlo” disse,
“Sei mai stato a palazzo ?” chiese Michele,
“Forse si forse no” sputò il demone, era calvo e aveva una giubbotto di pelle sgualcita, un dente davanti marcio e un orecchino sul sopracciglio, era giovane e puzzava. Puzzava di bruciato e dio sa solo cosa.
“ Niente giochetti, ti ordino di dirmelo sono pur sempre un tuo superiore” Il demone rise,
“AHHAAHAHAHAH sentitelo, o cielo scommetto che non hai mai torturato nessuno,non è così che si ottengono confessioni mio caro anziano, e me ne sbatto di quante aureole indossi” sputò un’altra volta.
“Michele, credo dovremmo passare alle maniere forti “disse Jasper spazientito. Lui lo fulminò con lo sguardo.
“Ero già contrario a rapire un demone, ma io non posso fare del male, andrebbe contro ogni mio voto” disse
“CI penseremo noi” incalzò Jasper,
“No” alzò una mano e si trovarono ad indietreggiare di più.
“ Hai servito a palazzo, e sai cosa accadrà domani, ora dimmi quando Alice avrà liberato il signore oscuro cosa accadrà” il demone rise.
“Basta adesso…” Jasper si fece avanti, Edward lo segui
“Michele mi spiace ma l’unico modo per farlo parlare è usare la violenza… con quelli come loro come potremmo fare altrimenti, lascia che …” Michele uscii dalla stanza con phoebe,
“Non lo uccideranno…ma è necessario” Michele era estremamente disgustato.
“ non siamo in Paradiso, qui sulla terra le cose sono diverse e lui è un demone tra i più infimi, non ci si può parlare e basta.... Michele ti prego!” Michele si riscosse dalla sua presa e andò fuori colmo di frustrazione. Era caduto….e ora era caduto ancora più in basso.


 
Il demone aveva perso conoscenza da qualche minuto, Edward gli buttò dell’acqua fredda in faccia, anche Carlisle era voluto rimanere, più per evitare che esagerassero.
“Svegliati!” disse Jasper e il demone si ridestò confuso, un secondo e realizzò dove si trovava e cosa stesse accadendo.
“Davvero mi aspettavo di meglio, qualche livido e graffio non mi farà nessun effetto. Carlisle si avvicinò a Jasper sospirando.
“Siamo qui da ore, non ci dirà nulla” disse sconfortato,
“A me no che non tema per la sua vita” sussurrò Jasper ma Carlisle gli rivolse un occhiataccia. Edward aprii il cassetto destro della cassettiera degli attrezzi ed estrasse un pugnale di adamas, lo puntò alla gola del demone.
“Non lo farai” disse lui sicuro,
“Non ci dirai nulla, quindi tanto vale ucciderti” Edward ringhiò, Carlisle gli afferrò il polso contrariato,
“Edward, l’abbiamo promesso a Michele” Edward lo strattonò via facendolo cadere. Jasper scattò verso il demone e cominciò a percepire della paura, della vera e propria paura. Paura per la propria misera vita.
“Non lo farete” disse ma gli tremò il labbro,
“Michele non potrà farci nulla” disse severo Jasper in direzione di Carlise, lui e il fratello si scambiarono uno sguardo. Edward premette la lama sulla gola madida di sudore del demone e uscii una goccia di sangue.
“Dannazione, fermati idiota, vi dirò quello che volete….maledetti, tanto non cambierà nulla!” Edward si scostò e Jasper lo sollevò per la camicia ringhiando.
“Quando gli Inferi saranno aperti il Signore oscuro arriverà sulla terra, e sua figlia verrà incoronata regina degli inferi…. È quanto circola nel palazzo, stanno preparando i riti” Jasper si pietrificò e il demone ricadde sulla sedia con le catene che tintinnarono.
“Ora lasciatemi libero…” si scosse selvaggiamente.
“Non può essere…” Jasper uscii dal garage,
“TU resti almeno fino a domani” senti dire da Edward mentre Carlisle lo seguiva di fuori, Jasper era irretito e avanzò in giardino fino alla sagoma di Michele che sedeva pensieroso con Phoebe sulle scale di legno del soppalco.
“TU lo sapevi” sussurrò ferito in direzione dell’anziano,
“Cos’ha detto? Ha parlato?” Phoebe si alzò agitata, Jasper aveva gli occhi puntati sulle iridi verdi opache dell’arcangelo.
“Alice verrà incoronata sovrana degli Inferi in vece di Lucifero quando lui sarà fuori dai cancelli” disse Carlisle rispondendole.
“Io…” Michele fece qualche passo indietro visibilmente provato, era come se stare sulla Terra lo stesse privando di quella primigenea potenza e possenza. Sembrava un vecchio saggio, un vecchio e basta.
“Non credevo arrivasse a tanto, mio fratello allora aveva davvero quest unica possibilità” tutti avevano gli occhi incollati su di lui.
“Vedete, il Consiglio ha vagliato anche questa possibilità, che Lucifero designasse un erede e che fosse obbligato nello scegliere un suo discendente…” Phoebe scosse il capo,
“No, non può costringerla, Alice non vuole diventare regina di quel posto” Michele le prese n braccio,
“La profezia le avrà rivelato che questo è il suo destino, non ha scelta a quanto pare e lo sta facendo volontariamente” disse lui,
“Noi anziani non sapevamo con certezza che il vincolo di Lucifero dovesse trasmettersi ad un altro, ad un individuo col suo stesso sangue, non ci sono altri eredi, ma in verità pensavo che lasciasse gli Inferi allo sbaraglio, senza un padrone…invece in fondo non vuole destabilizzare l’equilibrio dei mondi” era irretito, ma anche sorpreso,
“Non me ne importa nulla dell’equilibrio dei mondi, Alice non deve diventare regina…stiamo scherzando…dobbiamo fermarla!” Jasper gli afferrò la tunica ma bastò un occhiata di Michele e un sensazione di puro disagio a calmarlo. Nessuno poteva toccare un angelo senza il suo consenso.
“Capisco la tua frustrazione, ma c’è qualcos’altro che devi sapere… qualcosa di peggiore che accadrà se non impediamo l’incoronazione” Jasper smise di respirare,
“Se Alice sarà regina non potrà più lasciare gli inferi, avrà il medesimo vincolo appartenuto a Lucifero e se dovesse provare a uscire…morirà…” Phoebe non potè trattenere un gemito, Edward e Carlisle rabbrividirono. Jasper indietreggiò portandosi una mano nei capelli. Questo era mille volte peggio, non avrebbero potuto più vedersi, non sarebbe più tornata… no…
“Non capisco, perché Alice ha accettato una cosa del genere…” Jasper fulminò PHeobe,
“ Non capisci Phoebe… Michele ha detto che solo un individuo col suo stesso sangue può prendere il suo posto come padrone degli Inferi, se Alice si fosse rifiutata e sarebbe tornata…Lucifero avrebbe preso…”
“Aiden” disse Michele con voce greve,
“Il principe degli Inferi…” sospirò,
“Non l’avrebbe mai permesso, si sta sacrificando per lui… per la nostra sicurezza… io devo fermarla, deve esserci un modo per ostacolare Lucifero” Jasper stava provando un dolore atroce e allo stesso tempo una fortissima ammirazione per la donna che amava.
“Si Jasper ….noi l’aiuteremo… fermeremo i riti” Michele assentii,
“Se la fermiamo prima che il cancello sia aperto potrò portarla qui,  vi proteggerò anche per 1000 anni se Lucifero oserà mandare i suoi demoni a prenderla o a prendere Aiden, io e  Alice possiamo fermarli e tenerli lontano, possiamo combatterli, lei è la più potente tra tutte le creature celesti e io posso aiutarla…” Jasper gli strinse la mano.
“Mi dispiace essere arrivati a questo, Jasper, se Alice avesse  saputo di avere un anziano dalla sua parte, probabilmente non avrebbe perso la speranza di un futuro migliore…è colpa mia…il mio temporeggiare…” Michele si voltò, aveva gli occhi lucidi.
“Non è importante il passato in questo momento Michele, è il futuro….e sono grato del tuo aiuto, hai sacrificato molte cose per lei adesso, io lo so” Michele sorrise e aprii il palco di ali.
“Bene ora farò io qualche domanda al demone, dobbiamo conoscere i dettagli dei riti…”

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Capitolo 29
*** La Regina degli Inferi ***


Apertura dei Cancelli


Era giunto il giorno. L’aria calda del primo mattino entrava soffocante dalle finestre in vetro colorato della stanza del Signore Oscuro. Albeggiava e le pareti erano già roventi. Alice era immobile davanti al lungo specchio rettangolare, alto almeno 2 metri, il suo riflesso era quasi opaco, era uno specchio molto antico con intarsi d’oro rosso e argento. Lilith le stava sistemando il vestito sul retro. Respirava piano, c’era un silenzio ovattato in quella stanza mentre dal di fuori rumori e voci arrivavano in lontananza. L’abito cerimoniale era un vestito con una piccola coda, nero e con pendenti argentati e grigi, il tessuto formava trame geometriche molto particolari, era piuttosto raffinato. Quando Lucifero le aveva detto dell’abito e dei riti avrebbe preferito dar da mangiare a Cerbero piuttosto. Amava i vestiti e le cerimonie ma non quei vestiti e non quell’evento che l’avrebbe resa regina degli inferi, incatenata ad una vita buia e solitaria laggiù. Immaginava un vestito antico e pomposo ma quello era decisamente bello e quasi semplice, le stava benissimo, le piaceva. Alice si morse la lingua. Lilith emerse da dietro e le sistemò i quanti di pizzo nero e diede un’ ultima occhiata al trucco e alle scarpe argentate.
“Bene, è tutto come deve essere” disse stringendo leggermente i pugni. Alice fissò il proprio riflesso e poi gli occhi marroni e penetranti di lilith, anche lei era magnifica nel suo abito verde, un verde palude che faceva risaltare la sua pelle ambrata super avvitato e lucido. Alice con quel nero e le labbra rosso sangue sembrava ancora più pallida, le schiuse leggermente e parlò.
“Quanti sono?” chiese, Lilith alzò gli occhi al cielo,
“200, 300…che importa, probabilmente Lucifero ha convocato tutti, avrebbe convocato anche le anime dei mortali per assistere alla tua incoronazione” sorrise maliziosa.
“E i Superiori… loro…sarà difficile per loro…accettare una donna…” Lilith le strinse forte la spalla.
“Si sottometteranno, non avranno scelta” e lanciò un altro sguardo penetrante ad Alice. Lei annuì. Infilò i due anelli al dito e il ciondolo di sua madre cui aveva sostituito una catena d’oro bianco all’adamas. Nel frattempo le porte si spalancarono e Qyburn entrò per assicurarsi che fosse tutto apposto.
“Alice, è ora” disse, lei avanzò dietro di lui,
“Sarò in prima fila mezzosangue…” Lilith ammiccò, Alice aveva un’espressione indecifrabile. Era tesa, certo, molto tesa e preoccupata che tutto andasse storto. Lentamente si avvicinarono alla scala che portava alla sala del trono dove si sarebbe svolta la cerimonia. In tutto il palazzo Lucifero aveva commissionato tendaggi di velluto rosso, tappeti persiani, vasi colmi di rose nere come l’inchiostro, candele profumate, boccali d’oro colmi di ambrosia su ogni tavolo o mensola. Il portone di legno era diventato d’oro massiccio per qualche oscuro sortilegio. Alice afferrò la maniglia. Sapeva che molto probabilmente Michele avrebbe tentato di fermarli, ma non temeva per questo, temeva che la sua famiglia trovasse il modo di raggiungerla, che tentasse di fare qualcosa. Se fossero venuti troppo presto non…
“E’ ora mia cara” incalzò Qyburn, Alice si era come congelata con la mano sospesa a mezz’aria. Sillabò un si ed entrò. La sala era per fortuna semi-buia, nonostante ci fossero numerosi candelabri e candele anche sospese in aria. La luce rossastra promanava dalle vetrate, i demoni erano in piedi e composti attorno al trono, i superiori ai soliti scranni anche se avevano cambiato i loro vecchi e cenciosi abiti color fango con delle tuniche bianche, contrastavano con tutto e tutti. Nella latente oscurità Alice non riuscii a definire quanti demoni presenziassero, ma molto probabilmente le stime di Lilith erano corrette. Poi spostò lo sguardo alla piattaforma del trono, Lucifero era seduto e attorniato dai rubini rossi dello schienale, i suoi occhi erano viola acceso. Qyburn gli andò subito accanto mentre lei lentamente faceva lo stesso. Due anfore enormi e d’ebano nero sibilavano e un fumo grigistro d’incenso si estendeva dappertutto. Lilith entrò da una porticina laterale e si mise alla sinistra sul gradino più  basso della piattaforma. Alice Sali le scale e alchè suo padre si alzò e le venne incontro porgendole la mano.
“Sei incantevole” disse trasognato. Uno dei superiori con le orrende labbra cucite il cranio calvo e tumefatto e la veste candida come la neve scivolò dal suo scranno e col tirso alla mano venne  verso di loro. Un brivido percorse la schiena di Alice. Il vecchio tirò fuori da una tasca un piccolo recipiente con quella che sembrava cera fusa, era viscosa e di un blu notte intenso.
“Tossero te in lucem Lucifer regni” disse in uno strano latino e con due dita intinse la cera e fece due piccole strisce sulla sua fronte.
“Alice Stella del Mattino, mia figlia è pronta per spezzare il vincolo che mi tiene prigioniero…adesso tutti ai cancelli!” esclamò entusiasta Lucifero ai suoi e sorrise ad Alice. Non attraversarono il cielo ne andarono a piedi sino all’estremo confine degli Inferi, a Lucifero bastò tastare l’aria e si trovarono tutti smaterializzati lì. I demoni si inginocchiarono adulatori sulla sabbia rossa. Alice ora vedeva chiaramente all’aperto quanti fossero e vide con grande sollievo e terrore al tempo stesso Sean, in prima fila, inginocchiato ma con la testa alzata e gli occhi puntati su di lei. Alice ricambiò lo sguardo e poi cercò Lilith. Lucifero la teneva per mano ma quasi immediatamente la lasciò e le cinse la vita. Alice si costrinse a voltarsi. Gli immensi cancelli di ferro alti sino al cielo erano a pochi metri da lei. L’aria era sempre più afosa e a volte si avvertivano leggere scosse sismiche. Gli inferi capivano, quello che stava per succedere, per scombussolare il mondo.
“Ci siamo Alice, ecco la chiave… non appena aprirai il cancello, Amephiti….” E indicò il Superiore con le dita ancora imbrattate, doveva essere il capo dei Superiori, di cui suo padre aveva raccontato. Poteri immensi, fedeltà assoluta la loro. Alice pregò che così fosse.
“ Ti metterà la corona e ti imprimerà il marchio e tutti obbediranno a ogni tuo ordine” le sorrise ma Alice proprio non ci riusciva. Lui la abbracciò. Alice trattenne il fiato sorpresa.
“Non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me, mai” Alice notò che aveva gli occhi lucidi. Le porse la piccola chiave lucente di elettro e indietreggiò. Tutti i demoni ripiegati a pronunciare parole in sinao sollevarono il capo e puntarono gli occhi sulla sua schiena. Col cuore che le martellava nel petto Alice infilò la piccola chiave nella serratura rovente. Il cancello sembrò sibilare. Alice cominciò a girare lentamente, sentiva la frenesia di Lucifero. Fissò la serratura e poi avvertì delle presenze poco lontano. Ma era quasi arrivata al meccanismo…e…
“Aperti” sussurrò suo padre mentre il cancello emise un rumoroso cigolio e una delle ante fu come spostato da una folata di vento caldo. La mano destra di Alice tremava ancora. Aveva sentito l’energia del cancello, che lasciava il cancello, tutti i demoni l’avevano percepita. E l’avevano percepita anche i 3 vampiri al di là del confine, a molti metri dalle sbarre e l’anziano e l’angelo che erano con loro.
“No” disse Michele quasi roco. Alice lasciò cadere la chiave ed indietreggiò. Lucifero aveva occhi solo per lo spazio che lo separava dal cancello. A passi lunghi lo varcò e rise.
“Libero….LIBERO LIBERO” alzò gli occhi al cielo rosso, non si curava della presenza degli intrusi.  Fissò Alice felice e poi fece un cenno ad uno dei demoni in prima fila ma quello non si mosse, sputò a terra e lo guardò con rabbia. Sean non aveva intenzione di seguirlo. Alice lo pregò con lo sguardo.
“Ebbene, fa come vuoi” Lucifero era troppo entusiasta e frenetico per badare a Sean, che restasse pure con sua figlia, non gli importava più perché dopo migliaia di anni poteva lasciare quel posto. Guardò finalmente Michele che aveva aperto il palco di ali e si stava lanciando contrò di lui, non si mosse, aspettò e quando Michele fu abbastanza vicino smaterializzò entrambi fuori. Pheobe atterrita provò a fare qualche passo ma Alice non osava guardarla, non potè solo trattenersi dal vedere la faccia di Jasper che era spaventato e che avrebbe fatto di tutto in quel momento pur di farla scappare, era quasi disperato. Alice dura voltò la testa.
“Alice!” Jasper ritrovò la voce si lanciò con gli altri verso il cancello, ma questo si richiuse e li sbalzò violentemente a distanza.
“Phoebe fa qualcosa… è tardi?!” Carlisle cercava di ammansirlo, Phoebe non riusciva a spicciacar verbo.
“Siamo arrivati tardi, Michele ci ha provato…ci ha provato” era quasi in lacrime… Amephiti intanto con un cenno fece riprendere il mormorio dei demoni in preghiera. Alice si portò davanti a loro e il vecchio fece apparire una corona d’ebano nero intarsiata dei medesimi rubini del trono. Con quello che era un vero e proprio artiglio e non un’ unghia pronunciò parole in un’altra lingua che Alice ignorava e le afferrò il polso, l’artiglio disegnò un alpha intrecciata ad un omega, una vera e propria incisione a fuoco sulla sua pelle, Alice trattenne un grido e serrò la mascella sofferente. Dopodicchè la corona le fu adagiata sul capo e anche il Superiore si inginocchiò, una macchia bianca tra i demoni neri. Qyburn fece altrettanto e anche lilith. Sean continuava a guardarla senza abbassare il capo. Passò qualche secondo di silenzio. Il polso le bruciava e avvertiva un calore sulla nuca, negli occhi, avvertiva un potere sconosciuto. Poteva controllare gli Inferi adesso.
“Alice , Alice aspetta, ti prego!” la voce di Jasper sembrava così lontana anche se era a 10 metri dal cancello.
“Alice Stella Del Mattino, regina degli Inferi… lunga vita alla regina…” Qyburn le prese una mano e gridò ai demoni che si alzarono battendo piedi e mani in segno di adulazione… lei fece un cenno a Qyburn che si allontanò mettendosi nelle prime file. Poco lontano da Sean.
“Lucifero è libero, il vostro signore ha pattuito con me che nessun altro lasciasse gli inferi…. Sono io ora la regina e ….Come regina…intendo fare una cosa fondamentale…” disse lei e la sua voce era ferma e quasi tonante con sua sorpresa. I demoni pendevano dalle sue labbra.
“Un gesto che cambierà le sorti di questo mondo…e le renderà…migliori” fece un cenno a Lilith che era ancora inginocchiata e le andò di fronte. Qyburn era confuso.
“Lilith, madre dei Demoni, prima moglie di Adamo… prima donna…. Io abdico  e nomino te mio successore” Alice si morse l’altro polso e un rigolo di sangue colò sul vestito, Lilith sorridendo le afferrò il braccio e ne bevve un sorso. Tutti i demoni erano esterefatti. I vampiri al di fuori dei cancelli ancora di più.
“Lillith ora ha il sangue della Stella del Mattino e quindi il mio stesso diritto di governare. Io cedo qui di fronte ai Superiori e ai demoni tutti il mio regno, il regno di mio padre a lei. Obbeditele e giurate fedeltà alla regina Lilith” Qyburn si agitò e inciampò quasi nella sua catena.
“Cosa fai! Non puoi, tuo padre…” Alice lo fulminò con lo sguardo. Sul braccio di Lilith apparve il suo stesso marchio e Alice le pose la corona sul capo sentendo tutta quella strana energia evaporarle dal corpo.
“NO! NO!” Lilith fissò una guardia che bloccò in parte Qyburn.
“Sono io la nuova regina vecchio bavoso, dovrai obbedirmi.” I demoni si inginocchiarono nuovamente, alcuni straniti, altri accondiscendenti, solo Sean era in piedi confuso più che mai, era stato un piano, tutto premeditato da Alice e Lilith fin da quando lei aveva saputo. Eppure si odiavano…fingevano di odiarsi…Sean ebbe il cuore più leggero, ora era Lilith ad essere regina e vincolata lì. Lucifero non l’aveva previsto, Alice era libera. Mosse qualche passo lento verso di loro.
“Alice, grazie. Sei stata la prima amica che abbia mai avuto quaggiù” si stavano abbracciando ed Alice dava le spalle a Qyburn.
“Alice! Attenta” Jasper che era basito e aveva compreso quel tanto che bastava, che Alice era libera e che però non tutti erano così d’accordo, molti demoni in ginocchio sbruffavano e il vecchio con la catena era furioso. Aveva appena visto che lanciava una piccola freccia fulminea su Alice e intrisa di verde…veleno… Alice si staccò dall’abbraccio e senti un tonfo. Il corpo di Sean giaceva inerte con la freccia conficcata nel petto. Si era frapposto tra lei e Qyburn tempestivamente.
“Come osi…Portatelo via” ruggì Lilith e due guardie presero di forza il maestro.
“S-sean” Alice raggelò, Jasper fece un cenno rabbioso a Lilith che aprii il cancello per farli entrare.
“NO no no…Sean!” Alice cadde in ginocchio, il demone respirava affannosamente. Pose  le mani sul suo petto grondante sangue e una calda luce bianca penetrò il suo corpo ma ormai c’era poco da fare.
“Non…non riesco a guarirti…” Sean aprii gli occhia mala pena ma vedendo il volto di Alice sorrise. Jasper e gli altri le stavano poco lontani. Jasper sapeva che doveva aspettare… lei voleva bene a Sean, lo amava in qualche modo e lui le aveva appena salvato la vita, anche Jasper sentiva una morsa nello stomaco.
“Va…bene co-cosi” sussurrò Sean, Alice si spostò e gli tenne il viso sul grembo,
“No non devi morire in questo modo, non posso permetterlo…” le lacrime cominciavano a rigarle le guance. Lilith era rigida e mesta. Fece sgomberare tutto il campo e restò con loro.
“Non si può fare niente” disse prendendo la freccia che Alice aveva gettato via,
“Sembra mufus, veleno che uccide in pochi minuti i celesti… più forte dell adamas” Alice accarezzò il viso di Sean,
“Fa..un po male..” gemette lui, continuando a guardarla negli occhi.
“Lo so…ma ci sono io…resto qui…non ti lascio Sean” Lui provò a sollevare la mano per toccarla, fu Alice allora a chinarsi e a dargli un bacio delicato sulle labbra. Lo meritava, dopo tutto quello che aveva fatto per lei.
“Era …e..ra questo il mio destino….Alice Cu…cullen…morire tra…le tue braccia…
“T-tu mi hai fatto conoscere l’amore e di questo ti sarò…sempre…grato…” sorrise un ultima volta e poi respirò l’aria rovente degli Inferi per l’ultima volta.
Alice si pietrificò, tremante gli chiuse le palpebre e carponi indietreggiò da quel corpo inerte. Sentii un dolore forte, l’energia del suo corpo a stento trattenersi, soffocò i lamenti con la mano ma poi due braccia l’avvolsero stretta. Jasper la trattenne come una tenaglia e lei tentò di scalciare di scivolare via, ma poi si abbandonò, esausta pianse sul suo petto.

Dopo minuti interminabili Alice sapeva che doveva alzarsi e far uscire la sua famiglia da lì. Con il dolore dentro le ossa e abbracciata a Jasper rivolse uno sguardo di scuse a Carlisle ed Edward, Phoebe non diceva una parola ma voleva abbracciare e confortare Alice ed essere perdonata. Lei gli rivolse un occhiata fugace poi Lilith annuì.
“Vi faccio uscire, addio Alice Stella del Mattino , abbi cura di te” aprii un portale e tutti vi entrarono, scossi ma sollevati. Alice respirò l aria fresca e senti un po di sollievo. Erano sul prato di casa Cullen. Ora l’unica cosa che desiderava era rivedere Aiden e starsene avvinghiata a lui e Jasper tutta la notte. Phoebe si schiari la voce.
“Alice mi dispiace tan” ma Alice le afferrò brusca una mano,
“Phoebe….io…. il fatto che tu sapessi di mio padre mi ha ferita molto, ho cercato di odiarti, ma…non ce la faccio, so che hai protetto me e la mia famiglia per quanto hai potuto con le tue sole forze, li ha portati da me… mi vuoi bene e io te ne voglio … ti ho perdonata” Phoebe le avvolse le braccia al collo quasi piangendo.
“Oh Alice, grazie…” poi si ricompose e tornò lucida.
“Ma è stato anche grazie a Michele se siamo arrivati negli inferi, anche se credevamo troppo tardi…tu hai…ingannato Lucifero, hai risolto la situazione…Lilith regina…è…non so cosa dire…mi sembra davvero la soluzione migliore…almeno finchè non cattureremo Lucifero…” ma a quelle parole Alice si rabbuiò.
“Ascolta pHoebe, io non ho intenzione di dare la caccia a mio padre, voglio solo essere lasciata in pace, promettimi una cosa… cercalo senza di me se vuoi, tu e Michele, non guardarmi così Phoebe, sei mia amica e devi capire che ne ho passate troppe negli ultimi mesi…ho bisogno di tranquillità…” l’angelo capii,
“Michele vorrebbe parlarti però, scusarsi…” Alice si rabbuio ancora di più,
“non voglio vederlo, lui aveva il diritto e il potere di dirmi chi fossi io per Lucifero e il mio destino, lui sapeva, lo so, tutto…e mi ha mentito, a differenza tua Phoebe lo ha fatto volontariamente… senza costrizioni….io non posso perdonarlo…” Jasper le prese la mano.
“E’ meglio che tu vada Phoebe” riprese Edward,
“Potrebbero essere lontani ormai” il minuto angelo annuì, guardò Alice e i suoi sofferente ma felice che fossero vivi e speranzosa in un futuro incontro. Il ruolo di Alice in tutta quella storia non era ancora finito.



 
 
 
Quando Phoebe si smaterializzo in mille particelle grigio bianche Alice senti il proprio cuore un po’ più leggero. Abbracciò finalmente anche Edward e Carlisle e poi fu difficile sottrarsi alle moine e alle domande di Bella. Aspettava con ansia che Aiden tornasse da scuola, per vederlo e rassicurarlo, era riuscita a tornare come gli aveva promesso.
“Era tutto pensato dall’inizio allora, questa Lilith deve essere alquanto scaltra…e in gamba” disse lei, Alice sospirò,
“ In realtà è stato quasi provvidenziale, ci abbiamo pensato in sincrono, dopo che Sean… che Sean” le tremò un secondo la voce,
“Mi aveva detto della Profezia del Vademecum io avevo perduto ogni speranza, sarei rimasta lì, intrappolata pur di scampare ad Aiden quel destino” Jasper la guardò con amore.
“E lei era entrata e non so perché ma abbiamo parlato come se fossimo due vecchie amiche eppure all’inizio Lilith mi odiava, era gelosa delle attenzioni di Lucifero…anche la sua è una storia triste… ha subito molti torti… e forse è l’unica capace di governare quel posto, ha appreso tutto da mio padre, era la sua ombra…e ora ha deciso di uscirci da quell’ombra, io potevo darle ciò che voleva e lei poteva fornirmi questa scappatoia, è stato un do ut des e per lo meno saremo al sicuro dall’Inferno e dai Demoni finchè lei sarà in vita” tutti annuirono.
“Ma-mamma sei qui!” Aiden era appena entrato dalla porta d’ingresso con la sua pesante cartella e i vestiti zuppi di pioggia, pioveva a dirotto da qualche ora. Alice gli andò in contro lo sollevo facendolo roteare e lo abbracciò commossa.
“Si, tesoro. Finalmente sono a casa” lo baciò molte volte e ripetutamente finchè il ragazzino vergognoso che ci fossero tutti a guardarli si scostò. Alice rise. Suo figlio stava crescendo così in fretta. Aveva quasi 11 anni ormai. Lei e Jasper stettero a parlare per ore con Aiden davanti una cioccolata calda mentre gli altri andavano e venivano dalla villa. Gli raccontarono tutto in gran parte fedelmente a quanto era accaduto. La notizia che Sean fosse caduto per proteggere sua madre non abbattè Aiden più di tanto ma lo rese davvero fiero, gli piaceva Sean ed era tremendamente dispiaciuto ma era felice che sua madre fosse lì più di qualsiasi brutta notizia. Alla fine Aiden sazio di particolari smise di fare domande e annunciò che doveva andare in camera a finire dei compiti di matematica. Alice e Jasper decisero di fare due passi vicino al lago della riserva. Si tennero per mano e stettero in silenzio sino alla riva, poi sedettero a pochi centimetri dall’acqua, la pioggia era diminuita, sottilissima cadeva sui loro visi senza dargli alcun fastidio. Alice fissò l’acqua distante. Jasper attendeva, sapeva che non voleva tenersi dentro quel dolore, la  morte di Sean l’aveva colpita nel profondo.
“Jazz, so a cosa stai pensando…sto..bene” continuò a fissare l’acqua.
“Alice, so cosa senti, sono qui per te, qualsiasi cosa tu voglia fare” Alice sospirò guardandola,
“Non so… non riesco a capire cosa provo… per Lucifero…per quello che è successo…per…” si fermò, cominciò a piangere sommessamente,
“Non doveva morire… io gli avevo detto di seguirlo, doveva venire sulla terra insieme a lui…avevo un presentimento, anzi più di una sensazione, il Salice mi aveva mostrato un ala nera che mi spostava…era lui…Sean…è morto” si alzò,
“Per colpa mia….” Jasper sospirò,
“Ha sofferto per colpa mia…” le prese una mano e la tirò giù trattenendola,
“Alice non è stata colpa tua…era già scritto…” ma lei scosse il capo,
“E’ la seconda persona che muore per me, per salvare me…” disse pensando al dottore che da umana l’aveva protetta da James, si asciugò le ultime lacrime,
“Lui ti amava…” Jasper le sorrise carezzandole una guancia, Alice arrossi leggermente, abbassò lo sguardo perlaceo,
“Jasper scusami, io sto qui a piangere per una persona che… che ti ha ferito insieme a me…non devi sentirlo, non dopo quello che ho fatto passare anche a te…” Jasper le sollevò brusco il mento.
“Lui ti amava e tu lo amavi in qualche modo” non c’era astio in quelle parole o rammarico, era quasi dolce il modo in cui l’aveva detto. Alice lo guardò negli occhi ambrati. Non poteva negarlo. Voleva bene a Sean, provava qualcosa di forte per lui.
“Si” disse, Jasper si alzò pensieroso,
“Non lo odio… è morto per salvarti, come potrei odiarlo…” Alice gli si avvicinò,
“Jazz” gli strinse dolcemente la mano,
“C’era un legame tra noi, e questo mi ha spezzato il cuore… è vero…ma io amo te di più, amo te in un modo che non riesco a descrivere, con un intensità che mi toglie il respiro… posso sopravvivere e vivere ed essere felice senza Sean, col tempo, ma non posso immaginare di perdere…te…” Jasper le si avvicinò e la baciò dolcemente,
“Non devi dire niente Alice io lo so…” Alice gli prese il viso tra le mani.
“Io avevo bisogno di dirtelo…” Jasper le sorrise,
“Se fossi rimasta lì sarei venuto ogni secondo di ogni giorno per cercare di riaverti… neanche io posso vivere senza di te. Siamo qui insieme adesso. E’ finita” Alice lo baciò con trasporto. Quanto le era mancato il suo odore il suo sapore, la sua voce. Si staccò a fatica e si stesero sulla sabbia, vicini guardarono il cielo reso opaco dalla pioggia. Da qualche parte, Lucifero vagava sulla Terra, braccato dagli angeli, era quella la sua idea di libertà?





(Cari lettori, la storia finisce qui, so di essere stata discontinua nella pubblicazione e dopo parecchi mesi di vuoto avevate perso la speranza di una conclusione. Scusate. Tempo, Covid e impegni mi avevano interrotta. Ma una cosa va fatta fino in fondo. Meglio tardi che mai! Un saluto a tutti e spero di avervi fatto compagnia e avervi fatto evadere con questa storia strampalata.)
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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