Walking the wire

di Mark_Criss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questioni di scelte ***
Capitolo 2: *** Addio Draco. ***
Capitolo 3: *** Cara, vecchia, Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Una serie di fortunati eventi ***
Capitolo 5: *** Un primo giorno con i fiocchi ***
Capitolo 6: *** Le selezioni ***
Capitolo 7: *** Io si, tu...no. ***
Capitolo 8: *** Stupida Ginny! ***
Capitolo 9: *** Testa di Porco ***
Capitolo 10: *** Natale alla Tana ***



Capitolo 1
*** Questioni di scelte ***


Guardare la luna attraverso la finestra era diventato l’unico modo per poter immaginare una vita diversa.
Sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che a Draco era stato permesso di mettere il naso fuori dalla sua stanza, oramai i giorni non passavano più; aveva letto ed imparato a memoria tutti i manuali che sua madre riusciva a passargli al cambio della guardia, avevo contato tutti gli stemmi di serpeverde che drappeggiavano su quella vecchia carta da parati, quanto odiava quella carta da parati: l’aveva scelta quando era ancora troppo giovane per comprendere quanto quel simbolo sarebbe diventato un peso.
Quella notte, la luna aveva un colore diverso, che sembrava somigliare tanto agli occhi vitrei e argentei del giovane Malfoy.
Le luci del Manor erano spente, si intravedevano sagome scure camminare per il viale principale, le stupide guardie imposte dal signore oscuro.
Draco gettò la sua sigaretta babbana, ultimo gesto di disapprovazione per la politica che il padre applicava da quando, due anni prima, il Lord aveva fatto il suo ritorno trionfale.
Andò a sedersi sul letto e si assicurò che tutto fosse pronto, diede una rapida occhiata in giro e posò lo sguardo su una vecchia foto che lo ritraeva tra le braccia di sua madre.
Stranamente gli scappò un sorriso, quanto gli mancava essere un giovane rampollo, spensierato e pieno di ambizioni.
Il sorriso sparì quando si rese conto che era quasi ora. Si affrettò ad infilare la foto nella sacca che aveva incantato per renderla più capiente; si alzò, si avvicinò allo specchio e si puntò la bacchetta alla testa.
Tremò al pensiero, ma prese un profondo respiro, contò nella sua mente fino a tre, aspettò che le lancette segnassero mezzanotte esatta e poi all’improvviso sussurrò
-Calvaria-
I dorati capelli del giovane caddero tutti a grandi ciocche, lasciando fuoriuscire sempre di più il cranio, lucido e splendente come la luna nel cielo.
Le lacrime a quel punto erano diventate grandi come onde di un mare in tempesta, lacrime che sapevano di rabbia e desolazione. Aveva appena distrutto l’ultima cosa che gli rimaneva di lui, l’ultima cosa che gli permetteva di guardarsi allo specchio senza provare un profondo senso di vergogna.
Agitò un ultima volta la bacchetta per raccogliere ogni traccia dei suoi capelli e li ripose in un sacchetto di seta, premurandosi di nasconderlo con garbo nel primo cassetto della sua scrivania, proprio come aveva concordato con sua madre.
Quel piano faceva acqua da tutte le parti e lui lo sapeva bene, ma era l’ultima occasione che aveva per sfuggire a quella morsa.
Il vecchio pavimento in legno della sua stanza scricchiolò, facendo sobbalzare il cuore di Draco, ma senza scomporsi troppo, come era suo solito fare, si alzò dalla scrivania e portando sulla testa il cappuccio del suo mantello osservò l’esile figura dell’elfo domestico che gli si era palesato.
-E’ il momento..- disse il giovane guardando nei grandi occhi blu della creatura.
-Dobby è qui per portala via, come richiesto da padrona Narcissa-
Draco sospirò nel sentire il nome di sua madre, ma ancora una volta pensò che reprimere le sue emozioni sarebbe stata la cosa giusta.
-Mi hai portato le scorte che mi servivano?- chiese il giovane cercando di essere il più gentile possibile con l’elfo.
Dobby non rispose, semplicemente allungò una mano nella borsa che portava sul fianco e passò a Draco quelli che sembravano essere ingredienti per una pozione.
-La padrona si premura di ricordarle che le dosi che le ha dato basteranno per un mese e che ci vorrà un altro mese per..- ma Draco non gli lasciò finire la frase.
-..So quanto tempo ci vuole per preparare una stramaledetta pozione Polisucco.-
Dobby indietreggiò, più che spaventato sembrava urtato dall’atteggiamento ostile del giovane.
-Scusami Dobby…tutto questo per me non è semplice. -
-Prenda il mio braccio signorino Malfoy-
Draco non ci pensò due volte, qualsiasi posto sarebbe stato meglio di quell’inferno, qualsiasi, anche la morte sembrava spaventarlo meno.
Si lanciò sull’elfo afferrandolo con forza, strinse più forte che poteva e trattenne il respiro.
Non sapeva con precisione quanto tempo fosse passato, aveva sentito tutti gli organi comprimersi, dal primo all’ultimo, la terra schiacciarsi con il cielo e viceversa, tutto aveva roteato in un mare privo di suono e poi quando aveva finalmente ripreso a respirare l’odore dell’erba fresca aveva totalmente invaso le sue narici.
Non l’avrebbe mai ammesso nemmeno a se stesso, ma era terrorizzato all’idea di aprire gli occhi ed accorgersi che l’elfo non era riuscito a portarlo fuori dalle barriere del Manor, che per qualche strano motivo erano rimasti incastrati nel giardino e che quell’odore tanto famigliare erano solo le primule che sbucavano sotto la sua finestra ogni sera quando calava il sole.
Però alla fine aprì gli occhi, un po’ titubante e stringendo forte un ciuffo d’erba con la sua mano sinistra.
Quello che vide sopra di se lo fece rimanere senza parole, era un cielo pieno di stelle, non che non ne avesse mai visto uno, anzi, più volte suo padre per spiegargli le costellazioni ne aveva creato uno simile a quello nel salotto di casa, ma non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che si fosse trovato davanti ad una bellezza naturale così grande e vasta.
Si mise seduto e capì di essere sulla collina che sua madre gli aveva descritto nelle settimane di preparazione alla fuga.
Riusciva a vedere Londra da lassù e, stando ai calcoli, gli sarebbero bastati due giorni di cammino, passando per un villaggio, per riuscire ad arrivare a Diagon Alley e partire per Hogwarts con delle sembianze tutte nuove.
Smise di fissare la città, fece leva sulle braccia e si mise a frugare nel suo zaino.
Tirò fuori una tenda auto-montante, gli bastò un gesto e questa si trasformò in una comoda e confortevole casetta; ma questo non sarebbe bastato, sapeva quanti seguaci del signore oscuro erano stati sguinzagliati alla ricerca di nati babbani e mezzosangue, lui non aveva il loro odore, quindi i ghermidori non l’avrebbero notato, ma finché conservava l’aspetto di Draco Malfoy, non poteva essere al sicuro.
Fece dieci passi dalla tenda e presa la bacchetta dalla tasca, guardò il cielo notturno ed iniziò la sua nenia:
-Protego Maxima, Fianto Duri, Repello Inimicum …-
Si asciugò il sudore, sperando che tutto quello sarebbe bastato a tenerlo lontano dai guai.
Si abbandonò sul prato, incurante dell’umidità che permeava i vestiti e lasciò volare verso il cielo un unico pensiero positivo.
-Mamma, spero che tutto questo possa funzionare sul serio.-






Spero che questo primo capitolo possa incuriosrivi almeno un po'. 
Nella speranza che vi piaccia, vi mando tanti abbracci. 
Questa storia la dedico alla mia scrittirce preferita, nonché la miglior autorice di FanFic che abbia mai conosciuto nella mia vita. 
Che tu possa sempre ispirarmi. 
Ti voglio bene amica mia. 

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Capitolo 2
*** Addio Draco. ***


La mattina passò in fretta e  Draco ebbe appena il tempo di capire che non avrebbe avuto i comfort di casa sua così, si arrese all’idea che il ruscello vicino al suo accampamento sarebbe stato un ottimo modo per lavarsi la faccia.
Si sforzò per tutto il tempo di non guardarsi nel riflesso, quello che vedeva non era più lui; aveva perso il nome, l’immagine e sperava, con tutto se stesso, di non perdere la retta via per amor di madre.
Raccolse le sue cose in fretta, eliminò le barriere protettive che aveva creato e si incamminò verso la città, che di giorno faceva tutto un altro effetto.
La madre aveva ragione, ad interporsi tra la collina e Londra, c’era un piccolo villaggio, che da quanto sapeva, per via dei libri sui babbani che la madre l’aveva costretto a leggere per tutta l’estate, veniva comunemente chiamato “quartiere”.
Le strade erano poco popolate, doveva essere sicuramente domenica, la domenica prima della partenza per Hogwarts.
Aveva poco tempo, doveva mettere in atto la seconda fase del piano, quella che gli piaceva di meno e che lo tormentava da quando ne avevano parlato per la prima volta al Manor.
 
-Draco non puoi fare altrimenti- disse Narcissa cercando di non far notare il tremolio nella voce.
-Mamma sai meglio di me quanta volontà ci voglia per fare una cosa del genere.- Draco era sul punto di piangere, non era mai stato così arrabbiato.
Il silenzio distruggeva più di mille bombe, ma non c’era altro da aggiungere.
 
Si fermò davanti ad un bar, aveva bisogno di mangiare qualcosa, la sera prima aveva fatto scorta di cibo, ma il nervosismo lo stava portando a divorarsi le mani.
Si sedette al bancone del bar e chiese al cameriere di preparare una colazione tipica, spacciandosi così per un turista.
Non fece in tempo a guardare la bontà che gli si era presentata davanti, che era già finita tutta nel suo stomaco.
-Prego, fanno sedici sterline.- disse il cameriere sorridente.
La faccia di Draco sembrò quella di uno al quale è appena stato piantato un coltello nell’addome.
-Come dice, scusi?- disse cercando di schiarirsi la voce.
-Il conto, quello che ha preso, costa sedici sterline- asserì il ragazzo mostrando un finto sorriso.
Aveva totalmente dimenticato che i soldi nel mondo babbano erano diversi da quelli nel mondo magico.
Era nel panico, non sapeva come uscire da quella situazione, senza dover ricorrere alla magia.
Il primo istinto fu quello di mettere una mano nella tasca e stringere la bacchetta, ma si era ripromesso di non far del male a nessun babbano, lui non era come suo padre.
-Ascolta, io in realtà..- essere così umile non si addiceva alla personalità che il rampollo aveva sviluppato in sedici anni.
-Ho capito.- disse il ragazzo mantenendo un certo sorriso, che però si era fatto più dolce.
-Questa la offre la casa-.
Draco era sconcertato da così tanta umanità, non aveva avuto nemmeno bisogno di mentire, i babbani non erano come gli erano sempre stati descritti:
esseri capaci di fare amicizia con un mago solo per sfruttare tutta la sua magia.
Per tutta la vita si era lasciato convincere dalla favoletta del sangue e della stirpe, senza mai rendersi conto di quanto fosse corrotto e sbagliato il suo mondo.
Il padre era esempio lampante di ipocrisia. Aveva servito il signore oscuro, era scappato e si era nascosto sotto la maledizione imperius per giustificare tutto quello che aveva fatto durante quegli anni ed infine, sempre per codardia, era tornato a servire il Lord come un cane al quale è stato rilanciato l’osso.
Non poteva nascondere lo stupore, misto alla vergogna che provava per il pasto che gli era stato offerto dal babbano.
Lo guardò dritto negli occhi, consapevole che quella luce era reale, quella bontà d’animo non nascondeva doppi fini, non avrebbe chiesto un favore in cambio.
Catturò quella brillantezza, la fece sua, come la più grande lezione che la vita potesse impartirgli: il sangue, la razza, un cognome, non caratterizzano un individuo. L’aveva capito troppo tardi.
-Grazie.- fu tutto quello che seppe dire, trattenendo un profondo nodo alla gola.
Andò via, lasciandosi alle spalle un’esperienza che non avrebbe dimenticato.
 
-Mamma, non lo farò.-
-Draco, non hai alternativa, sempre che tu non voglia unirti a loro…e a quel punto dovrai farlo comunque.- disse Narcissa a denti stretti.
-C’è sempre un’alternativa…- sospirò tra se e se il ragazzo.
 
Arrivare a Londra fu più difficile del previsto; quelle che i babbani chiamavano “macchine”, erano troppo veloci e pericolose, senza contare che non gli era chiaro il meccanismo secondo il quale si attraversasse la strada basandosi su uno strano sistema di luci rossi e verdi.
Non poteva immaginare quanto sarebbe stato difficile ambientarsi in un posto del genere.
Si fermò in un parco che sembrava essere popolato da famiglie e ragazzi intenti a fare esercizio fisico; la domenica dei babbani era davvero molto più movimentata di quella dei maghi.
Iniziò a guardarsi intorno, aveva solo ventiquattro ore per riuscire ad attuare la seconda parte del piano e più tempo passava in un luogo pubblico, più alte sarebbero state le probabilità che qualcuno del suo mondo si accorgesse della sua presenza.
Notò un giovane, vestito con un pantaloncino aderente e una maglietta nera, con qualcosa nelle orecchie che avevano l’aria di essere tappi.
Si alzò di scatto e si mise a seguirlo.
Il ragazzo non aveva solo un bel corpo, ma aveva anche l’aspetto perfetto: biondo, occhi azzurri, un sorriso smagliante.
Era il ragazzo nordico perfetto, proprio quello che gli serviva.
Sentì l’adrenalina salire, doveva trovare il momento perfetto e soprattutto un posto dove nessuno l’avrebbe visto.
Si nascose dietro un massiccio tronco, aspettando solo che il ragazzo svoltasse l’angolo.
Aveva stretta in pugno la sua bacchetta, come se fosse l’unico gancio in mezzo ad un baratro nero.
Il ragazzo svoltò l’angolo e in un istante, con la velocità di un leopardo, Draco sussurrò:
-Imperio-.
Una nuvola di fumo giallo pervase le narici del giovane, che sembrò essere disorientato.
-Bene, ora seguimi in quel vicolo.- disse Draco al ragazzo, che con occhi vuoti e vitrei lo assecondò.
Arrivarono nel vicolo e avvertì una forte morsa allo stomaco, come un pugno; sapeva quello che sarebbe successo.
 
-Per una pozione polisucco che basti a coprirti per tutto l’anno ad Hogwarts avrai bisogno di un quantitativo di capelli esorbitante, non potrai accontentarti di qualche ciocca. -
-Lo so mamma, lo so. -
- Ho spedito la lettera a silente a nome di “Eleonora Platz”, nonché madre di “Marck Platz”, gli ho spiegato che hai studiato a casa, assistito da tuo padre, ex Auror russo, morto di recente in una missione. -
Draco era sbalordito dalla fantasia della madre.
-E se facessero dei controlli? - chiese sospettoso.
-Facessero pure, è una persona realmente esistita e tutta la sua famiglia è morta di recente…solo che di loro non sa niente nessuno…- il tono era profondamente cupo, ma Draco decise di non farci caso.
-Quindi sarò Marck Platz…- non era convinto nemmeno un po’.
 
Chiese al ragazzo di togliersi i vestiti, che scambiò prontamente con i suoi e si sforzò di non guardare il corpo del suo obiettivo.
Scambiati i vestiti cercò di mantenere la concentrazione, teneva lo sguardo fisso in quegli occhi vitrei.
-Ti prego, scusami- disse non riuscendo a trattenere le lacrime.
 
-Quando arriverà il momento, dovrai pensare che quello davanti a te è la persona che più odi al mondo, quella che ti sta rovinando la vita. -  disse Narcissa.
Lui non era come buona parte della sua famiglia, non era capace di fare certe cose con così tanta disinvoltura.
-Hai un mese per interrogarti su chi è il soggetto che ti provoca i peggiori sentimenti al mondo.-
-Non credo ci voglia troppo per arrivarci, sai a chi dare la colpa di tutto questo...- si fermò per guardare fuori dalla finestra. -Colui che non deve essere nominato.- concluse Sissy.
-Certo madre…Colui che non deve essere nominato.-
 
Chiuse gli occhi, si concentrò con tutte le sue forza, focalizzò l’immagine, i momenti, il dolore;
quando si sentì carico abbastanza tese il braccio, mantenendo gli occhi chiusi e dal profondo del cuore gridò;
-TI ODIO PADRE, MI HAI ROVINATO LA VITA!- si fermò per un istante.
-AVADA KEDAVRA.- .

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Capitolo 3
*** Cara, vecchia, Hogwarts ***


Sudato, affranto e devastato da quello che era successo la mattina precedente, si svegliò in preda un incubo, uno di quelli dove ti sembra di non respirare;
c’era sua madre, insanguinata in una cella buia, con una figura scura che continuava a colpirla con la maledizione cruciatus.
Voleva salvarla, ma più cercava di avvicinarsi, più le due figure si allontanavano.
Prese un respiro profondo, cercò con tutte le sue forza di mantenersi alle lenzuola e ci mise qualche attimo, prima di realizzare che si trovava nella stanza che aveva affittato al “Paiolo magico”.
Con il suo nuovo aspetto era stato semplice procurarsene una, certo, ancora non riusciva a guardarsi allo specchio senza pensare a tutto quello che aveva dovuto fare, ma si consolava sperando che quello sarebbe stato l’unico modo per avere vendetta.
Fuori non era ancora sorto il sole, ma non voleva passare un minuto di più sotto le coperte: prima avrebbe iniziato la sua nuova vita, prima si sarebbe dimenticato del passato.
Fece una doccia calda, preparò i vestiti puliti e si mise a lavorare alla nuova pozione polisucco, che sarebbe stata pronta solo a distanza di un mese.
Fortunatamente, le conoscenze pozionistiche del giovane, miste all’esperienza di sua madre, avevano permesso di creare un siero capace di durare dieci volte di più di una normale pozione trasformante, non necessitava che la vittima fosse viva e soprattutto garantiva, nel tempo, una metamorfosi sempre più lunga; con una sola dose si assicurava una settimana di totale copertura, almeno all’inizio,  il che significava avere sempre un mese di scarto per poter preparare quattro dosi, era l’unica parte del piano che sembrava avere senso.
Quando la cameriera bussò alla porta il giovane capì che era ora di andare, aveva un treno ad attenderlo.
La stazione di King’s Cross.
Draco non aveva mai preso il treno passando per il famigerato “binario”, per lui l’accesso era sempre stato dato da una smaterializzazione congiunta del padre e della madre.
Sapeva che avrebbe dovuto attraversare di corsa il binario nove e dieci, ma aveva anche molto timore che la passaporta lo rifiutasse o fosse addirittura chiusa.
Si diede uno schiaffo da solo per le inutili paranoie delle quali si riempiva la testa e cercò di non inciampare sui suoi stessi piedi.
Alzò lo sguardo e li vide, tutti e tre, maestosi e allegri come sempre.
Quanta invidia aveva provato per quel gruppo di amici, una cosa che in sei anni non era mai riuscito a trovare.
Sapeva quanto si fossero fatti forza, quante avventure erano stati capaci di condividere, assumendosi uno le colpe per l’altro; quante volte avessero rischiato la vita, quante le loro risate avessero riempito i corridoi del castello. Tutto quello che non era stato in grado di fare lui: guardando il famigerato trio sentiva il sangue esplodere, ma stavolta non provava odio verso di loro, provava odio verso se stesso.
Aveva sbagliato approccio, si era convinto prima ancora di conoscerlo che lui e Potter sarebbero stati grandi amici, perché lui era un Malfoy, un sangue puro.
Gli veniva il disgusto solo a pensarci, aveva deciso di prendere di mira Ron, solo perché all’epoca non poteva accettare che “il bambino che è sopravvissuto” avesse scelto di condividere il suo percorso con un “traditore del sangue” e una “sporca mezzosangue”.
Come se la colpa di quelle “condizioni precarie”, come le avrebbe definite Lucius, potessero essere in qualche modo attribuite a loro. Qualsiasi cosa avesse fatto per raggiungere e superare qui ragazzi, gli aveva sempre dimostrato che non poteva essere alla loro altezza: Harry era un cercatore migliore di lui, Hermione era una strega con un talento sicuramente più alto del suo, Ron aveva un cuore con il quale non si poteva minimamente competere.
Si rimproverava di essere stato sciocco, la lezione che aveva imparato la mattina precedente in quel bar babbano, avrebbe potuto impararla anni prima, se solo avesse avuto il coraggio di guardare, senza giudicare e di ascoltare, magari con il cuore. Se solo avesse scoperto prima di averne uno.
Rabbrividì al pensiero di quei tempi così lontani, era cresciuto più in quell’ultima estate, che non negli ultimi sedici anni.
-Harry, andiamo prima noi, siamo dei prefetti, dobbiamo accogliere quelli del primo anno- disse Ron con una certa spocchia nella voce.
Harry sistemandosi gli occhiali diede una pacca sulla spalla all’amico e rivolse un sorrisone all’amica, così i due sparirono tra i due binari.
Il viso di Harry mutò, divenne serio e cupo, come se fino a quel momento si fosse sforzato di sembrare felice.
Draco non ebbe la prontezza di abbassare lo sguardo, quando quello del giovane Potter lo intercettò.
-Ci conosciamo? – chiese Harry in tono sospetto.
Draco non era pronto a dover parlare proprio con lui; e se avesse capito tutto? Se l’avesse denunciato?
-No, sono nuovo. – asserì tremante.
Harry si passò una mano sul mento, come se la cosa l’avesse spiazzato un po’, non era solito che hogwarts accogliesse studenti nuovi, ma soprattutto, studenti non del primo anno.
Gli fece un cenno, facendo intendere un “prima tu”.
Draco a testa bassa, e sperando che la passaporta non fosse studiata per smascherare i travestimenti, attraversò il varco, ritrovandosi tutt’intero davanti ad un treno rosso fiammante.
-Bene, sembri troppo grande per essere del primo anno. – disse Harry.
-Effettivamente..- rispose imbarazzato Draco.
-Quindi…- chiese Harry invitandolo con un gesto delle mani a parlare.
-Quindi, ho sedici anni e ho studiato a casa con mio padre…- quando pronunciò quella parola, il primo istinto, fu quello di contrarre tutti i muscoli del volto, il che fece capire ad Harry che per il giovane quello doveva essere un tasto dolente.
-Avremo modo di parlarne! Io sono Harry, Harry Potter.-
Draco si sforzò di fare la faccia di quello sorpreso, come quando ti presentano una celebrità che tu proprio non sopporti, ma cerchi di complimentarti ugualmente.
-Oh woh…ho sentito tanto parlare di te. – si compiacque per la sua performance.
-Io sono Marck, Marck Platz.- terminò il giovane.
Harry sembrò cambiare espressione, probabilmente aveva capito o almeno conosceva la storia. Il bambino che è sopravvissuto non è l’unica celebrità in quel di Diagon Alley.
-Oh…anche io ho sentito parlare di te, meglio, di tuo…- Draco non lo lasciò finire, alzò una mano, in segno di stop e si diresse verso l’ingresso del treno.
-Ci vediamo Potter.-
Non si girò nemmeno per vedere se il giovane avesse ricambiato il saluto.
 
 
-Quando arriverai al castello, ti smisteranno, probabilmente tornerai in Serpeverde. Dopodiché dovrai sostenere una prova per ogni materia che dovrai seguire quest’anno. In dipendenza de percorso che prenderai, le materie varieranno. – la voce di Sissy era pungente nelle orecchie di un Draco troppo concentrato su un calderone ardente.
-Mh mh- rispose Draco mentre dosava ingredienti sparsi sul tavolo.
-Hai scelto cosa vorrai fare da grande? Ne parliamo da settimane e ancora non mi hai dato una risposta. – sibilò lei nervosamente.
-No, non ho deciso. –
 
 
Aveva ritirato la divisa provvisoria da uno dei capi scuola, si era procurato del cibo nel vagone ristornate e vagava tra i vagoni alla ricerca di uno scomparto dove fermarsi; ne aveva passati alcuni dove c’erano dei suoi compagni serpeverde, ma non aveva voglia di passare il suo tempo con i figli dei mangiamorte, aveva sviluppato un certo ripudio.
Quando si trovò davanti ad uno scomparto nel quale si vedevano dei posti vuoti, ma la tapparella era misteriosamente tirata giù, come se qualcuno stesse tenendo una conversazione privata.
Poteva cambiare aspetto, cercare di cambiare vita e modo di pensare, ma l’istinto di ascoltare una conversazione privata era più forte di lui.
-E’ il figlio dell’auror ucciso da Voldemort… - disse Harry sommesso.
-Ma non si avevano notizie della famiglia, questa cosa è strana.- aggiunse Hermione.
-Magari….si….sono….- cercò di intervenire Ron mentre masticava.
-RON PRIMA MASTICHI, POI INTERVIENI.- lo rimproverò la Granger.
Draco sorrise, certe dinamiche non le aveva mai capite.
-nascosti.- terminò Ron ingurgitandolo qualsiasi cosa tenesse tra i denti.
Inaspettatamente prese coraggio e bussò alla porta dello scomparto.
Ci fu un attimo di titubanza, ma poi la voce di Hermione lo raggiunse nel corridoio.
-Avanti…-
Draco aprì la porta e li vide, tutti e tre lì, gli sembrò di avere finalmente una chance.
-Vi dispiace se mi siedo qui…? Il treno è tutto occupato…- cercò di spiegare il ragazzo con tono imbarazzato.
Ma Hermione non se lo fece ripetere due volte, gli fece spazio e lo invitò ad accomodarsi.
-Piacere, io sono Hermione Granger, lui e Ron…RON PER L’AMOR DI DIO INGOIA PRIMA DI PARLARE, e lui già l’hai conosciuto. – disse rivolgendo un ultimo sguardo ad Harry.
-Piacere mio ragazzi, io sono Marck. – disse sorridendo ed alzando una mano in segno di pace.
 
 
-Qualsiasi cosa tu faccia, devi stare lontano da Potter e la sua combriccola. Attirano guai e tu non ne hai bisogno.-
-Madre, non voglio diventare uno dei cagnolini di Harry Potter.- disse Draco.
-starò alla larga da chiunque, specialmente da Potter. –
 
Aveva passato l’ultima parte del viaggio a raccontare della rigidissima istruzione magica che gli era stata imposta dal padre, di quanto avesse studiato duramente per potersi permettere anche solo di tentare gli esami di ammissione ad Hogwarts, ma non aveva minimamente toccato l’argomento “papà morto”.
-Ragazzi io mi allontano, vado a vedere che fine a fatto Draco, quello che abbiamo visto oggi da Sinister non mi è piaciuto- disse Harry alzandosi dal suo posto.
Il vero Draco sentì il sangue gelare, il piano della madre aveva preso atto e stava andando tutto secondo lo schema.
-Chi è questo Draco?- chiese sospettoso.
-Un ragazzo che appartiene ad una delle peggiori famiglie di maghi presenti sul territorio inglese. – disse Ron scocciato.
-Crediamo sia entrato a far parte dei mangiamorte…immagino tu sappia chi sono…- disse Hermione.
-Si…- il tono di Marck cambiò, passando dalla curiosità, al disgusto.
Hermione gli posò una mano sulla spalla, mordendosi un labbro. Era davvero una brava ragazza.
-Forse stiamo parlando troppo. Ci vediamo dopo.- disse Harry prima di chiudere la porta e sparire nel corridoio semi-buio.
 
-Il tuo sostituto accetterà il marchio nero al tuo posto, farò di tutto per non farlo arrivare ad Hogwarts.-
-Voglio sapere chi sarà il mio sosia.-
-Ho già detto di no, non è una cosa rilevante, ma il tuo sosia non dovrà sapere chi sei tu. Questo ti sia chiaro. –
 
Il treno si era fermato, i ragazzi avevano raggiunto quelli del primo anno, e Marck si trovò da solo in mezzo ad una banchina che piano piano si svuotava.
Tra occhiate e bisbigli, il nuovo arrivato non era di certo passato inosservato al castello, sapeva che presto sarebbe stato sulla bocca di tutti.
La gente iniziò ad allontanarsi, vide Ron ed Hermione in lontananza, ma di Harry non c’era traccia.
Era preoccupato; e se gli fosse successo qualcosa?
Diede sfogo all’ingegno, sapeva che Harry era andato a caccia di Draco, che però non era il vero Draco, il che lo rendeva potenzialmente pericoloso.
Risalì sul treno, prese a camminare veloce in direzione del vagone dove era solito sedersi quando era ancora se stesso.
Nella foga di camminare rapidamente inciampò su qualcosa.
Fece un passo indietro e risentì l’ostacolo.
Toccò e tirò via quello che sembrava essere un mantello dell’invisibilità e sotto di lui,  la sagoma immobile di un Harry Potter con il naso martoriato.
Non ci pensò due volte, tirò fuori la bacchetta e la puntò contro il giovane.
-Finite Incantatem- si udì uno scoppiettio, e Harry riprese a muoversi.
-Mi hai salvato.- disse portando le mani al naso.
-Ancora non del tutto. –
-Epismendo. – disse il ragazzo puntando la bacchetta sul naso del giovane.
-Ora si che t’ho salvato.- disse ridendo.
Lo aiutò a tirarsi su ed insieme uscirono dal treno.
Non volle fare domande, se Harry avesse volto avrebbe potuto raccontargli tutto. Non voleva sembrare invadente.
Ad attenderli al cancello però c’era una persona che nessuno dei due ragazzi avrebbe voluto vedere.
-Siamo in ritardo il primo giorno eh Potter?-
-E tu sei Platz, quello nuovo, vedo che pecchi d’intelligenza se ti lasci trascinare nelle bravate della nostra celebrità. –
Ci fu un momento di silenzio.
-Buon inizio anno anche a lei Professor Piton. – disse Harry prima di scavalcarlo ed entrare nel cancello.
Marck accennò un saluto formale e si accinse a seguire l’amico, quando la mano sottile del professore sgusciò sulla sua spalla.
-No tu no, tu vieni con me. -

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Capitolo 4
*** Una serie di fortunati eventi ***


Non poteva immaginare cosa il professor Piton potesse volere da lui, la madre lo aveva rassicurato sul fatto che nessuno avrebbe saputo del loro piano, nessuno eccetto Dobby, che sarebbe stato il modo per portarlo fuori dal Manor.
Sudava freddo, ma non voleva lasciar trapelare la sua agitazione.
-Allora…- disse il professore tenendo lo sguardo fisso su una pergamena.
-…lei ha studiato in casa, con suo padre, quindi ora succederà questo.- lo guardò e fece una lunga pausa, stringendo le labbra tra loro, quasi come se provasse gusto nel creare tutta quella suspance.
-Verrà smistato in una delle quattro case, le risparmio la storia di Hogwarts, dopodiché dovrà comunicarmi, che tipo di percorso vuole intraprendere, se vuole seguire le orme di suo padre…- diede un’intonazione strana a quel “le orme di suo padre”; quasi come se stesse cercando di dirgli qualcosa, in maniera molto velata. E se così fosse stato, quella era la sua occasione per eliminare qualsiasi dubbio.
-Si, professore, vorrei diventare un Auror.- disse il giovane tenendo lo sguardo fisso negli occhi neri del docente.
Sembrò spiazzato, come se quella non fosse la risposta che si aspettava.
-Bene, ora dovrò controllare i suoi effetti personali. Nulla di oscuro può entrare ad Hogwarts quest’anno.-
Il tempo si congelò, non aveva pensato a questa eventualità e se Piton avesse guardato nel suo zaino si sarebbe accorto che era incantato e, da professore di pozioni, avrebbe trovato il preparato per la polisucco e tutti gli ingredienti.
Passò prima il baule, cosi da cercare di prendere tempo.
Il professore tirò fuori la bacchetta ed iniziò ad analizzare la cassa, con un accurata attenzione al dettaglio, era certo che stava cercando qualcosa per incastrarlo.
-Prego, qui sembra essere pulito, mi passi la borsa.- disse fingendo un sorriso beffardo.
Quell’uomo era fin troppo sveglio.
Marck decise che perdere tempo era inutile, passò lo zaino al professore che lo prese da un manico.
Sollevò la bacchetta, ma prima che potesse puntarla sull’oggetto venne interrotto da una voce stridula e lontana.
-Severus!- tuonò la voce della professoressa Minerva McGranitt.
Piton tirò gli occhi in su, mentre Marck cercò di trattenere l’entusiasmo per il perfetto tempismo.
-Mi dica, professoressa. – disse posando lo zaino per terra.
-Ah ecco, è con il signor Platz. Bene, venga con me, sta per iniziare la cerimonia e lei è il primo ad essere smistato. –
Non se lo fece ripetere due volte, prese il suo zaino da terra e raggiunse la donna sulla collina, senza voltarsi riusciva comunque a sentire lo sguardo penetrante del professore, sapeva quello che stava facendo.
Chiuse gli occhi, tenendo il passo, deformò la sua mente, così da portarlo dove voleva lui.
 
Erano in una casetta in campagna, quando la porta di legno intagliata si spalancò: due uomini incappucciati fecero irruzione,  capeggiati da un essere che non sembrava umano, aveva le fattezze di una specie di rettile.
Le voci erano ovattate, non si sentiva granché bene, ma quella doveva essere una discussione.
Poi un lampo di luce verde e una bacchetta che rotola via.
 
Tornò sul sentiero, presente, non era più nella sua mente, ma si chiuse, per sicurezza. Come si fa con una porta ermetica.
Attraversarono il corridoio principale, ma non avevano scambiato neanche una parola, lui e la professoressa.
Aveva superato il binario, aveva superato il trio, piton, ora toccava superare l’ostacolo più grande: il cappello parlante.
La sala brulicava di giovani studenti, i tavoli erano pieni.
Cercò disperatamente di intercettare il finto Draco seduto al tavolo dei serpeverde, ma di lui nemmeno l’ombra.
Arrivò davanti al tavolo dei professori, dove riconobbe molti dei volti che lo avevano accompagnato nel suo percorso lì ad Hogwarts, con qualche novità come ogni anno.
Un insegnante in particolare, doveva essere il nuovo docente di Difesa contro le arti oscure.
La Mcgranitt lo sorpassò e prese posto vicino allo sgabello che il primo anno aveva deciso il suo destino, se il piano avesse funzionato, avrebbe davvero avuto una possibilità per ricominciare.
Altrimenti la bacchetta di Albus Silente si sarebbe scagliata su di lui prima ancora che l’anno fosse realmente iniziato.
-Bene, ora avrà luogo lo smistamento. Per la prima volta dopo tanto tempo, smisteremo uno studente più grande, prego Marck Platz.- disse la donna invitadolo ad accomodarsi sulla sedia.
Con il coraggio che contraddistingue una lepre che scappa da una volpe, prese un profondo respiro e andò a sedersi sulla sedia, aspettando il fatidico momento.
La donna posò il cappello sulla sua testa e prese le distanze.
Prima che questo potesse iniziare a parlare Marck iniziò la sua nenia.
-Ti prego, so che sai la verità, ma devi capire che è la mia unica possibilità. Ti prego cerca di essere buono con me…- si sentiva stupido a fare delle preghiere ad un vecchio cappello, ma cercò di restare convincente.
-Mh un testurbante vedo, tanti segreti da nascondere, una testa niente male, una capacità infinita…Potrei avere la risposta, dirti subito dove devi essere smistato…-
 
Draco tornò indietro nel tempo, quando all’età di undici anni venne messo per la prima volta su quello sgabello, era sicuro di ciò che voleva, di dove sarebbe andato, di quale sarebbe stato il suo destino. Non c’erano colori che si potessero intonare meglio con i suoi capelli, con il suo incarnato, se non lo sgargiante verde e l’indomabile dorato che caratterizzavano la casata di Serpeverde.
Gli piaceva farne un vanto estetico, ma era il modo per non dire che cercava in tutti i modi di rendere orgoglioso suo padre, come avrebbe mai potuto ammettere una cosa del genere? Lui, il re dell’orgoglio. Mai.
Si era ritrovato più e più volte nello studio di suo padre, a guardare vecchie foto che lo ritraevano a scuola, con quella divisa, quello stemma quei colori. E pensare che un tempo avrebbe pagato per essere come lui, mentre ora, voleva diventare tutto l’opposto, qualsiasi cosa, ma non Lucius Malfoy.
-…ma che gusto ci sarebbe? Sei diverso, sei cambiato, potrebbe essere un errore…un grave errore…-
Il cappello aveva ragione, Draco non era più Draco, era Marck, che con il vecchio se, aveva molto poco a che vedere. Aveva cambiato modo di pensare, non vedeva più differenza di razza, aveva lasciato che un elfo domestico lo trasportasse fuori da casa sua, si era fatto consolare dalla Granger, aveva ringraziato un babbano per una colazione in un villaggio vicino Londra. Se mai fosse tornato nei suoi panni, guardandosi nello specchio non si sarebbe mai riconosciuto.  
-allora, questa volta fare così…-
Tremò dalla paura, non riusciva a rimanere fermo, era totalmente spaventato dalla decisione che avrebbe preso il cappello. Per la prima volta, nella sua intera vita, si trovò a pensare “non serpeverde, non serpeverde…”
-Grifondoro!-
Un boato si alzò dal tavolo centrale, applausi e grida di ogni genere.
Non poteva credere alle sue orecchie, il cappello gli aveva dato una possibilità, non aveva detto nulla, non l’aveva smascherato.
-Grazie…- sussurrò prima che la professoressa potesse togliere l’artefatto magico dalla sua testa.
Rintontito ed incredulo si incamminò verso la tavolata rosso-oro, dove con estrema sorpresa vide Potter, la Granger e il rosso che lo aspettavano con un sorriso enorme stampato sul volto.
-Lo sapevamo che non eri feccia da serpeverde. – disse Ron dandogli una pacca sulla spalla.
Hermione cercò di ammonirlo con uno sguardo, che però non venne percepito, se non da Harry, che scoppiò in una fragorosa risata.
-Harry c’ha detto cosa hai fatto per lui…- disse la ragazza.
-Non è stato nulla, l’avrebbe fatto chiunque. – rispose lui, cercando di mantenere un certo atteggiamento disinvolto.
-Domani iniziano le lezioni e noi, Ron, abbiamo da fare, dobbiamo scortare quelli del primo anno, quindi vi dobbiamo lasciare. –
-Ma io non ho finito di ce…-
- Ron, ADESSO.- ribadì la riccia.
I due si alzarono, insieme a una buona parte del tavolo, lasciando i due ragazzi seduti uno difronte all’altro.
-Allora brindiamo con questo succo di zucca ad un nuovo acquisto per i Grifondoro. – disse Harry alzando il calice.
-Quanto sei smielato Potter- disse Marck sorridendo.

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Capitolo 5
*** Un primo giorno con i fiocchi ***


Il primo impatto di Draco con il dormitorio fu devastante, non era abituato a tutto quel chiasso, tutte quelle persone che toccavano e si congratulavano per l’ingresso nella “famiglia”.
Quella parola fece ridere un sacco il ragazzo: famiglia. Sembrava quasi una setta, la setta dei Grifonscemi.
Rise tra se e se, nella speranza di non essere visto.
Si guardava intorno, cercando di non essere troppo altezzoso, ma qualcuno avrebbe dovuto dare una sistemata a quel posto.
Libri ovunque, pezzi degli scacchi per terra, cartacce e piume su un tavolino pieno di scritte e tagli.
Ed era solo il primo giorno.
Tirò gli occhi all’indietro, si passò una mano tra i capelli color oro e si tirò su le maniche della camicia.
Raccolse un po’ di cartacce e le lanciò nel camino. Non sarebbe stato facile convivere con quel gruppo di scimmie.
Una cosa però lo colpì: la vista che c’era dalla torre; riusciva a scorgere buona parte della foreste e sembrava quasi avvolta tra le nuvole. Era uno spettacolo che dal suo vecchio dormitorio non si riusciva ad ammirare, gli dava un certo senso di libertà, come se quella sconfinatezza potesse essere realmente sua.
Si sedette sulla panca che fiancheggiava la vetrata, cercando di non perdere neanche un dettaglio di quel meraviglioso paesaggio illuminato dalla luce della luna.
Si sentì pieno, una sensazione strana, perché non si sentiva così da un po’, come se per la prima volta si trovasse davvero dove avrebbe sempre dovuto essere.
Prese il bigliettino che Ron gli aveva dato una volta entrato nel dormitorio, notò che gli era stata assegnata la stanza numero “cinque”; pregò con tutto se stesso che quantomeno fosse una doppia e non una di quelle camerate da sei persone che riservano a quelli del primo anno.
Salì le ripide scale, fiancheggiò il dormitorio delle ragazze e si diresse verso la porta numero cinque.
Prego qualsiasi divinità, anche quelle babbane, prima di girare la maniglia, tenendo gli occhi semi chiusi, fino ad aprire del tutto la porta e rendersi conto, che ad attenderlo dall’altra parte c’erano tre degli studenti che più adorava sulla faccia del pianeta Hogwarts: Potter, Weasley e Paciock.
La fortuna lo aveva baciato fin troppe volte, non era ancora stato scoperto, in qualche modo il karma avrebbe dovuto controbilanciare la situazione.
-Sorpresa!- gridò Ron quando il ragazzo fece il suo ingresso nella stanza.
Si sforzò di sorridere.
-Ma voi non la finite mai di festeggiare? – chiese in tono ironico.
Harry non trattenne le risate.
-Benvenuto nei Grifondoro, qui facciamo festa tutto l’anno, per qualsiasi motivo, continuamente. –
-Ed io che credevo di essere scappato dall’inferno-  rispose, prima di gettarsi sul suo letto.
La serata passò in fretta, parlando di professori, soffermandosi sullo sconcerto che i tre grifoni, ma anche lui, avevano per la questione di “Piton insegnante di difesa contro le arti oscure”; che avevano deciso di condividere lo stesso percorso di preparazione alla scuola per Auror e che quindi si sarebbe dovuto preparare per le prove che lo avrebbero atteso il giorno dopo.
Una volta sistemato per atterrare fra le braccia di morfeo, si congedò dai ragazzi e chiuse le tende del suo baldacchino.
Cercò di dormire, ma la confusione che proveniva dal piano inferiore non gli permetteva di chiudere occhio, il giorno dopo si ripromise di silenziare le tende.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare, stava per raggiungere l’apoteosi dell’estasi, visto che non dormiva in un letto comodo oramai da giorni, quando la fastidiosissima voce di Weasley raggiunse la sua membrana timpanica facendola vibrare.
Dovette trattenere la voglia di schiantarlo con la bacchetta, ma restò sorprendentemente spiazzato dall’entità della conversazione.
-Draco era strano, non parlava con nessuno dei suoi amici, era freddo e distaccato con tutti. . – disse Harry.
- E cosa c’è di strano, l’hai mai visto essere gentile con qualcuno? – rispose Ron sarcastico.
-No, però era più strano del solito, nessuno lo conosce come me, è una questione di stomaco. –
-Harry, non ricominciamo con quella storia. – tuonò Ron alzando un po’ la voce.
Quale storia? Si chiese il giovane restando stretto sotto le coperte.
-Non è una storia Ron, succede.-
Ma succede cosa, quale storia, di cosa stanno parlando?
-No Harry, posso capire la cotta per Cedric, i film su Baston, ma lui no, non so nemmeno dove tu abbia trovato il coraggio di parlarcene. – disse Ron disgustato.
Draco tremò sotto le coperte. Probabilmente aveva capito male, forse stava già dormendo e non si era reso conto che quello doveva essere un incubo, oppure un sogno, non sapeva nemmeno come poter definire una situazione del genere.
Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto, era omosessuale? E soprattutto, aveva una cotta per Draco?
Doveva trovarsi in una sottospecie di universo parallelo dove alla fine il preside di Hogwarts era diventato Lord Voldemort e Silente era il mago cattivo più temuto di tutti i tempi.
-Non è una cotta, è un legame strano, sento che non è una cosa solo mia.- rispose Harry.
Sgranò gli occhi, voleva ridere ma non poteva farsi sentire, quindi soffocò la testa nel cuscino cercando di reprimere il più possibile i suoi sospiri. Se avesse potuto rispondere a quella conversazione e avesse potuto rivelare la sua vera identità avrebbe gridato “Potter, è una cosa solo tua, posso garantirtelo.”
Non poteva credere alle sue orecchie, Potter era la prova vivente che trattare male qualcuno poteva farlo cadere nel tranello del “ti tratta male, ma perché in realtà è cotto di te.”
Poteva sentire il reflusso gastrico risalire per l’esofago al solo pensiero. Aveva rivalutato la situazione, analizzato criticamente il fatto che !quei tre” non erano così male come pensava, ma da qui a invaghirsi di Potter, o anche semplicemente fargli credere che ci sarebbe potuto essere qualcosa tra loro due, mai.
Non era neanche omosessuale, no, non lo era. E quella conversazione non aveva senso.
-Sta di fatto che ha preso il marchio nero, non posso più salvarlo.- disse Potter prima di dare la buonanotte al suo migliore amico.
Draco si voltò dall’altra parte, convinto che tutto quello che aveva sentito non avrebbe minimamente influenzato il suo atteggiamento nei confronti di Harry, anche se i pensieri continuavano imperterriti a svolazzare nella sua mente.
 
-Draco, ora dobbiamo lottare e tu devi disarmarmi.- disse Sissy prendendo le distanze nel giardino di casa Malfoy.
Draco era sconcertato dalla richiesta della madre, non capiva a cosa potesse servire lottare con lei, sapeva di cavarsela discretamente con gli incantesimi d’attacco.
Quando fu abbastanza distante dal figlio, senza pensarci due volte e senza proferire parola Narcissa iniziò a scagliare incantesimi offenisivi.
-Protego- gridò il ragazzo per difendersi da una saetta che stava per colirllo in pieno volto.
-Ma che stai facendo. – le strillò Draco mentre cercava di evitare i dardi che sua madre continuava a lanciare contro di lui.
-Reagisci!- lo intimidì sua madre, ostinata più che mai.
Draco continuava ad evitare e parare colpi, convinto che il gioco di sua madre fosse quello di addestrarlo e prepararlo a lottare.
-Reagisci, vigliacco! SEI COME TUO PADRE!- tuonò nel cuore del giovane come una tempesta estiva.
Non si rese nemmeno conto di quello che stava succedendo, prese a sparare colpi verso sua madre, che con la leggerezza di una farfalla gli schiava uno ad uno, continuando a chiamarlo Lucius, tra un colpo ed un altro.
Quando finalmente ad un certo punto riuscì a colpirla con uno schiantesimo, facendola cadere in ginocchio.
-Expelliarums- disse il ragazzo facendo volare la bacchetta di sua madre nelle sue mani.
Quando la prese, si rese conto che la bacchetta che stava stringendo, non era la bacchetta di Narcissa Black.
-Bene, ora puoi tronare in camera tua- disse la madre alzandosi da terra.
-Ah, quella portala con te e nascondila, ci siamo capiti? –
 
 
Il primo ufficiale giorno ad Hogwarts si rivelò più stressante del previsto: gli esami di ammissione più che complicati, si rivelarono lunghi e, non tutti i professori, mostrarono benevolenza nel volerlo ammettere nei propri corsi.
Avendo scelto di seguire un percorso di preparazione per la scuola di Auror, dovette sostenere: un esame di incantesimi, dove il professore gli chiese di dimostrare un incantesimo per ogni elemento naturale, il che risultò anche troppo semplice; uno di trasfigurazione, dove la professoressa Mcgranitt si rivelò molto umana, accontentandosi di incantesimi di base e di quattro chiacchiere amichevoli sulla teoria delle trasformazioni; uno di pozioni con il nuovo insegnate, il professor Horas Lumacorno, che non perse tempo ad invitare il giovane Marck ad una cena di benvenuto ad Hogwarts; uno con la professoressa Sprite, che firmò il foglio senza nemmeno fare una domanda; ed infine il professore di difesa contro le arti oscure, Severus Piton, un nome, una garanzia.
-Signor Platz, il mio esame non sarà semplice, voglio che mi dimostri come si evoca correttamente un Incanto Patronus, dopodiché mi spiegherà ABC dell’attacco e della difesa.-
Ci fu una breve pausa. Ci osservammo.
Sapevamo entrambi qual era il motivo per cui mi aveva chiesto proprio un Patronus, era un po’ la firma di ogni mago, voleva solo assicurarsi che i suoi sospetti sul nuovo arrivato fossero fondati.
Per generare un Patronus avrebbe avuto bisogno di ricordi felici, lo sapeva bene, perché non era mai riuscito a materializzarne uno.
Chiuse gli occhi, alla ricerca di qualcosa che potesse suscitargli gioia, piacere, euforia.
Scavò, ma non trovò nulla.
Prese piena coscienza del fatto che forse la sua vita era anche più triste di quello che aveva sempre pensato.
Ma non poteva darsi per vinto, il professor Piton lo conosceva bene, sapeva che per Draco quella magia aveva sempre rappresentato un tallone d’Achille; poiché al terzo anno, lo aveva implorato di avere delle lezioni extra, come quelle di Harry con il professor Lupin, per non rimanere un passo indietro al suo acerrimo nemico. Il tutto ebbe come unico risultato Potter che riuscì ad affrontare trecento dissennatori nella foresta proibita e lui, che riuscì a spostare un mollicio vestito da dissennaotore.
Non aveva bisogno di scavare per ottenere dei ricordi felici, si accorse che probabilmente il primo momento felice della sua vita era stato conoscere il trio, essere smistato nei grifondoro, avere una seconda possibilità.
Raccolse l’essenza di quel ricordo, la tenne visualizzata davanti agli occhi, non la lasciò scappare per nessun motivo.
Visse ancora una volta la carezza della Granger sul treno, l’euforia dei ragazzi nell’accoglierlo nella sua nuova stanza, il cameriere babbano in quel villaggio vicino Londra. Sentì il profumo di quella bevanda babbana, sentì il calore della carezza e riuscì a ricordare il rumore delle risate della notte precedente, come se tutte quelle sensazioni le stesse vivendo in quel preciso momento.
Lasciò andare i muscoli del volto, si rasserenò pensando a quanto fosse stato fortunato ad avere una seconda possibilità; quando si sentì pronto, stese il braccio e puntò la bacchetta:
-Expecto Patronum!- gridò.
L’incantesimo non tardò a funzionare, in men che non si dica, del fumo argenteo iniziò a venir fuori dalla punta della bacchetta, assemblandosi in quella che aveva la forma di una bellissima aquila reale.
Si sentì così soddisfatto da non poter trattenere l’entusiasmo, fece un salterello di gioia, per poi tornare composto.
-Non si esalti Platz, cinque punti in meno a grifondoro. –
Quanto suonava strano sentire il nome di quella casa, associato alla sua persona.
L’esame terminò con esito positivo, come tutti gli altri, ed erano ancora le quattro di pomeriggio.
Decise che probabilmente avrebbe potuto concedersi un’ora di pieno relax, steso sul verde prato del cortine interno.
Il sole era ancora abbastanza caldo, per essere settembre, illuminava la pelle pallida del ragazzo, facendola brillare.
Teneva gli occhi chiusi, stava cercando di raccogliere tutti i raggi solari che gli colpivano la faccia, cercando di non pensare a nulla, se non a quel calore, così piacevole e famigliare.
-Ehi tu!- lo stordì la voce di Potter.
Lo guardò, non aveva ben messo a fuoco, quindi lo guardò ancora e si ricordò del discorso che aveva sentito la notte prima; le guance divennero immediatamente rosse. Che il sole avesse già fatto il suo effetto abbronzante, questo probabilmente non l’avrebbe mai saputo.
-Ehi…io- disse Platz in tono ironico.
-Come sono andati gli esami? – disse il ragazzo prendendo posto vicino all’amico.
-Bene, Piton mi ha creato un po’ di problemi, ma Lumacorno mi ha invitato alla sua cena di benvenuto…-
- Sai che ha invitato anche me ed Hermione?-
La cosa non poteva elettrizzarlo meno di così. Voleva cercare il modo di scappare da quella conversazione, anche perché non riusciva a guardarlo negli occhi senza sentire il peso dell’imbarazzo.
-Tu non sei uno che parla molto- disse Harry.
-Tu sembri uno che parla troppo- gli rispose Platz.
-Solo perché i silenzi non mi sono mai piaciuti.-
-Ah si? E come mai? – gli chiese il ragazzo con aria di sfida.
-Quando ero piccolo i miei zii mi lasciavano chiuso in uno stanzino buio anche per giorni, il silenzio diventava il peggior rumore che le mie orecchie potessero sopportare…-
Era rimasto spiazzato dalla rivelazione, non poteva aspettarsi un’infanzia così traumatica, non da Harry Potter.
Aveva passato la vita a pensare a quanto fosse stato fortunato: fortunato a scampare dall’anatema che uccide, fortunato a trovare due amici sui quali contare sempre, fortunato quando si trovava sempre nel posto giusto al momento giusto; aveva perso i genitori prima di conoscerli, ma la vita gli aveva regalato tanto.
Non poteva minimamente immaginare che avesse subito quel tipo di violenze, che la sua vita, fino a prima di incontrare Ron ed Hermione, era stata un completo disastro.
-E’ una cosa tremenda e non ti sei vendicato? – chiese istintivamente Marck.
Harry scoppiò a ridere, come poteva aver pensato una cosa del genere?
-No, una volta ho gonfiato mia zia come un palloncino, minacciato più volte mio cugino di trasformarlo in un maiale, strappato la finestra di casa con dei ganci attaccati ad una macchina volante, ma no…non mi sono mai ufficialmente vendicato. –
Quei racconti affascinarono Marck, al punto da spingerlo a fare sempre più domande.
Imparò che Harry non solo era simpatico e riusciva a fare del sarcasmo sulla sua vita come mai nessuno, ma aveva anche una storia molto triste.
Non doveva essere stato facile crescere con due zii babbani, totalmente contrari alla magia, che lo crescevano come uno schiavo.
Questa cosa era al limite del credibile.
Il vecchio Draco non l’avrebbe concepito perché un babbano non avrebbe mai dovuto trattare un mago come uno schiavo; il nuovo Draco non riusciva a concepirlo perché non capiva come una mamma, sua zia, potesse trattare così un bambino orfano che le era stato affidato.
Era arrabbiato, perché la vita certe volte proprio non era giusta.
Harry aveva un'altra faccia, tutt’un altro aspetto, come se quella conversazione avesse profondamente modificato quello che pensava di lui. Non era solo un ragazzino fortunato che era riuscito chissà come a scampare alla morte, la sua fortuna era insita in quello spirito che gli aveva permesso di rialzarsi più forte di prima dopo ogni caduta.
-Credo che per oggi basti così, Potter.- disse sorridendogli mentre si accingeva ad alzarsi dal prato.
Il sole era quasi del tutto tramontato e loro avevano passato le ultime due ore a chiacchierare della tremenda vita del ragazzo moro.
-Andiamo in sala grande? – chiese Harry.
-Mh, sono stanco, credo che andrò a dormire, ci vediamo in camera o domani a lezione di incantesimi. –
-D’accordo- rispose Harry deluso.
Arrivarono alle scale e Harry si congedò dandogli la buonanotte.
Aspettò prontamente che il ragazzo svoltasse per la sala grande, dopodiché si guardò furtivo intorno e deviò per il settimo piano.
Avrebbe voluto dire la verità ad Harry, ma non poteva farlo, non poteva proprio permetterselo.
Per quanto stanco, anche quella sera non avrebbe dormito presto, aveva una stramaledetta pozione polisucco da preparare.

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Capitolo 6
*** Le selezioni ***


Erano passate già due settimane dall’inizio della scuola, le giornate si accorciavano sempre di più e i compiti rovinavano la vita dei poveri studenti di Hogwarts, la vita di tutti, tranne che di due, in particolare.
-Come diavolo fate ad essere sempre in anticipo su tutto!- sibilò Ron assicurandosi che la bibliotecaria non li stesse guardando.
-Sh! Studia!- disse Hermione continuando a tenere lo sguardo fisso sul suo libro.
-Io e Marck non perdiamo tempo in chiacchiere come voi due.- terminò la ragazza lanciando uno sguardo infuocato all’amico.
-Oggi pomeriggio non avete le selezioni per il Quidditch?- chiese Marck rivolgendosi ad Harry.
Il ragazzo sobbalzò, stava fingendo di studiare da così tanto tempo, che si era perso nei meandri dei suoi pensieri.
-Come dici…ah…si…Quidditch, certo, sono oggi. – rispose distratto.
-Potter, sei più tonto del solito oggi. – gli disse il ragazzo sorridendo.
-Vuoi partecipare alle selezioni?- domandò Harry chiudendo il libro che aveva sotto il naso.
-Perché me lo chiedi? Paura Potter? –
Harry sgranò gli occhi, come se quella frase avesse risvegliato qualcosa in lui, qualcosa al quale non pensava da troppo tempo.
Marck capì immediatamente di aver fatto una mossa falsa, aveva rievocato un ricordo, qualcosa che lo ricollegasse al vecchio se, quello che non era più e che soprattutto, non era lì.
-Oh, no, niente selezioni tu! Concorri già per essere la nuova Hermione Granger, vuoi anche diventare il nuovo Ron?- disse il ragazzo in tono sarcastico.
Hermione sorrise a quell’affermazione, sapeva bene che il giovane Marck Platz era una mente brillante, tanto quanto lei e quelle settimane erano state sufficienti per entrare nelle grazie di quasi tutti gli insegnanti.
Draco si domandò come mai era stato così semplice, nessuno aveva avuto pregiudizi su di lui, nessuno studente, se non i serpeverde che a lezione facevano battutine; tutti erano stati amichevoli, cordiali, solidali, essendo la sua storia di dominio pubblico.
E si domandava se questo fosse merito del nuovo aspetto o della nuova divisa, si era dato del tempo per capirlo, ma non era il suo enigma fondamentale.
-Voi due dovreste andare a preparavi, è quasi ora- consiglio la riccia alzandosi dalla sua seduta.
-Io e Marck vi raggiungiamo in campo, faremo il tifo per te Ron- disse, prendendo Marck per un braccio e trascinandolo via dalla biblioteca.
Svoltarono l’angolo del terzo piano, finendo all’imbocco della scalinata principale.
-Perché mi hai trascinato via?- chiese.
-Avevo bisogno d’aria, facciamo due passi fino al campo?-.
La Granger aveva l’aria scossa, era più agitata del solito e nonostante si ostinasse a nasconderlo, il movimento nevrotico delle sue mani continuava a tradirla.
-Herm, che hai?- domandò il ragazzo una volta entrati nel cortile centrale?
-Nulla, sono agitata per la selezione di Ron, so che sotto pressione non rende, lo conosco. –
Platz conosceva quegli atteggiamenti, la Granger non nascondeva semplicemente qualcosa, stava reprimendo. Stava reprimendo dei sentimenti, forti, per il suo migliore amico.
Ma quella era una semplice presupposizione.
-E come mai te ne preoccupi così tanto?- tirò fuori la vecchia lingua di serpente, aggiungendo un pizzico di malizia alla sua domanda.
Hermione si fermò e lo guardò come se avesse colto in pieno la sua insinuazione, ma cercò comunque non farsi cogliere impreparata.
-Oh no!- sbottò in una risata nevosa.
-So a cosa stai pensando! Lo fate tutti! Una ragazza non può essere amica di un ragazzo provando solo del sincero affetto? –
No, non può, e lo sapevano benissimo entrambi.
-Oh si certo, infatti non intendevo dire questo Granger, non capisco perché tu stia dando di matto- provocò lui.
-Io non sto dando di matto, sono solo agitata. – rispose secca.
-Vuoi parlare di altro?- propose cingendo le spalle della riccia.
-Voglio solo che tu la smetta di pensare quello che stai pensando. –
-E a cosa starei pensando?- chiese lui spocchioso.
-Ti odio Platz.- disse lei poggiando la testa sulla spalla del ragazzo.
Arrivati al campo i nuovi giocatori provavano le scope e si divisero in gruppi in base al ruolo per il quale facevano il provino.
Per quello di “portiere” la squadra dei Grifondoro aveva due nuovi candidati: Ronald Weasley e un tizio che Marck non aveva mai visto in sei anni ad Hogwarts.
Fu il turno di Ron, la ragazza riccia seduta sugli spalti si tirò dritta, guardava la scena con estrema agitazione ed attenzione, non perdeva un passaggio d’aria.
Ron parò otto tiri su dieci, il che voleva significare che se l’avversario ne avesse parato anche uno solo in più, sarebbe stato selezionato senza battere ciglio.
Marck cercò di tranquillizzare Hermione, facendole notare che la sua agitazione era totalmente inadeguata alla situazione.
Nel bel mezzo del loro bisticciare su quanto fosse giusto agitarsi o meno, si accorsero che vicino alle loro sedute, due spalti più sotto, Ron aveva un’altra spasimante che gridava il suo nome, facendo il tifo per lui.
-E quella chi è?- chiese Marck divertito.
Non aveva mai visto Hermione così rossa di rabbia, neanche quando al terzo anno gli aveva dato un pugno in piena faccia.
-Herm?- la richiamò lui.
-Lavanda, sbavo come un cane, Brown – asserì scimmiottando il nome della compagna di casa.
Marck scoppiò a ridere, in maniera forse troppo rumorosa, tanto che la giovane con i capelli rossi si voltò per guardare entrambi.
Mancavano oramai pochi tiri e il rivale di Ron ne aveva parati già sette su sette.
Era il momento dell’ottavo tiro, l’aria si fece glaciale e fu una frazione di secondo, Marck non ebbe nemmeno il tempo di bloccarla, fu fulminea.
-Confundus- disse la giovane coprendosi la bocca con la mano libera dalla bacchetta.
Il portiere guardò la palla e si gettò dall’altra parte rispetto al tiro.
Con immenso stupore della platea e del portiere stesso, l’unica che sembrava esultare a questo evento era proprio la Granger.
-Sei matta o cosa?-
-Io, io non ho fatto proprio un bel niente- disse lei facendo spallucce.
Dopo un intero pomeriggio di selezioni, finalmente vennero affissi i risultati, ovviamente la scelta era ricaduta su Ron come portiere e Ginny come battitrice.
Erano tutti felici per i risultati ottenuti, ed era l’ennesima ottima scusa per festeggiare.
Tornarono tutti nella sala comune; il camino era accesso, c’erano coriandoli da tutte le parti, anche chi non era stato scelto era felice per la formazione della nuova squadra.
Ginny era intenta a gridare cori con le sue amiche, mentre Ron e Harry incitavano appalusi in piedi sul tavolino al centro della sala.
Draco si sentiva estraneo a tutto quello, aveva passato anni a sabotare i piani dei grifondoro e ora si trovava a doverne far parte. Era tutto troppo strano, sembrava davvero surreale.
Hermione lo raggiunse sulle scale che portavano al dormitorio e si sedette vicino a lui.
-Lo so che è tutto nuovo per te, ma puoi fidarti di noi. –
-Io non mi fido di nessuno, in generale. –
-Marck, quello che hai vissuto, la morte di tuo padre…-
-Non voglio parlarne. –
-D’accordo, ma permettici almeno di distrarti, sei parte di noi ora. –
“Sei parte di noi”.
Quelle parole fecero sciogliere il cuore del giovane Draco come neve al sole, si sarebbe aspettato tutto dalla vita, ma non quello.
Istintivamente si girò verso la ragazza e la strinse forte. Un abbraccio sincero, che veniva dal cuore, dal profondo del cuore.
“Mezzosangue”
“Se il basilisco dovesse uccidere qualcuno, spero sia la Granger.”
“Sei una sporca nata babbana!”
Tutte quelle frasi iniziarono a vorticare nella testa del ragazzo, come tanti schiantesimi.
Il senso di colpa iniziò a logorarlo da dentro, talmente tanto forte che non riuscì a fermare le lacrime.
La strinse più forte.
-Scusami Hermione.- disse lui non staccandosi da quella morsa.
-Lasciati andare- disse lei dolce.
Solo che la giovane non sapeva il vero motivo di quelle scuse, non erano giustificazioni alle lacrime, non erano scuse di circostanza per la sua dimostrazione di umanità, erano scuse sentite per quello che le aveva fatto passare, per quello che le aveva detto, per come l’aveva denigrata.
Solo che lei, questo, non l’avrebbe mai saputo.
La festa proseguì fino a tarda sera, qualcuno riuscì addirittura ad introdurre delle burro birre.
E dalle lacrime, Marck si lasciò coinvolgere nel clima di festa che aleggiava nella casata rosso-oro.
Iniziarono a giocare a un gioco che non aveva mai visto: “Magic-beer-Pong”.
Le regole erano strane, si giocava in coppie: lui ed Harry, contro Ron ed Hermione.
Bisognava incantare una pallina di plastica e farla volare in uno dei bicchieri degli avversari, per ogni punto segnato in un bicchiere, la squadra beveva la burro birra.
Dopo la terza partita sentiva la testa leggera, fluttuava.
Si gettò sul divano e Harry non tardò a raggiungerlo.
-Dai abbiamo vinto tre su due- sbiascicò un po’ il giovane.
-Siamo una bella squadra- aggiunse.
-Oh si Potter, siamo una bella squadra…me stesso e me medesimo-
Entrambi scoppiarono a ridere.
-Perché sei sempre così stronzo con me? – chiese lui accorciando le distanze che li separavano.
Draco tirò indietro la testa, poggiandola sul bordo del divano.
-Prenditela con mio padre, lui mi ha educato a questa sorta di finta compostezza, mai lasciarsi andare.- rispose.
-Educazione Russa presuppongo. –
-Già Russa… ma tu sei simpatico, non fraintendermi, ti schianterei di tanto in tanto, però non sei male- era l’alcol a parlare non lui.
-Anche tu non sei male Platz. – disse il ragazzo avvicinandosi all’amico.
-Potter…-
-Platz…-
Non si resero nemmeno conto di quanto le loro teste fossero vicine; Draco riusciva a sentire il calore del respiro di Harry sul viso e non sapeva come comportarsi.
Non era nelle condizioni di tirarsi indietro, ma forse la burrobirra era soltanto una scusa per lasciarsi andare.
Si gettò in avanti, con calma, molto lentamente.
Harry fece la stessa cosa.
Erano occhi negli occhi.
Un mare blu, contro una distesa verde di smeraldi.
Una carezza sul viso, e poi arrivò: le loro labbra si toccarono e i loro occhi si chiusero.

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Capitolo 7
*** Io si, tu...no. ***


La mattina era iniziata nel peggiore dei modi: la forte pioggia che batteva sulle tettoie spioventi aveva svegliato il giovane Platz dal suo sonno ristoratore.
Non era abituato a certi rumori molesti, in fin dei conti per sei anni aveva dormito sotto le profondità del lago nero, l’unico rumore molesto che conosceva era dettato dalla sinusite croniche di Tiger, che un paio di volte all’anno prendeva a russare come un cinghiale.
Si alzò dal letto e infilò la divisa, assicurandosi di non svegliare nessuno dei suoi compagni di stanza.
Non che ci fosse il pericolo, avevano un sonno talmente tanto pesante che, se il castello fosse stato attaccato, non si sarebbero accorti di nulla.
La sala comune era pulita, nella sua penombra, evidentemente qualcuno aveva avuto la brillante idea di mettere in ordine.
Si sedette sul divano, prese un cuscino e lo infilò tra le gambe.
Cercò di rimuovere dalla testa quanto accaduto la sera prima, non era successo assolutamente nulla, continuava a ripeterselo come un mantra.
Era ubriaco, non beveva da un po’, e poi aveva sentito tutti quei discorsi, si conosceva bene, stava solo cercando di soddisfare il suo lato narcisista.
“Non ho nulla da dire a Potter, non ho nulla di cui pentirmi, perché non è successo assolutamente nulla.”
E con questa dichiarazione, deciso a non riaprire più la questione con se stesso, si alzò dal divano e scese per la colazione. Aveva ben altre gatte da pelare.
La solita colazione di Draco Malfoy, in un insolito tavolo: quello dei grifondoro.
Succo di zucca, un muffin al mirtillo, qualche uovo e un po’ di dolci alla cannella. Se non avesse saputo con piena ed assoluta certezza che con Potter aveva scambiato un casto bacio, si sarebbe quasi convinto del fatto che probabilmente era incinto.
Ci stava pensando di nuovo.
La cosa non lo faceva sentire a suo agio.
Doveva della sincerità almeno a se stesso.
Si alzò di scatto, prima di andare a lezione avrebbe controllato la pozione che stava preparando nella stanza delle necessità e ne avrebbe approfittato per schiarirsi le idee.
-Platz!- lo raggiunse una voce fin troppo famigliare.
Si voltò tenendo i pugni serrati.
-Granger- disse lui sibilante come un seprente.
-Dobbiamo parlare.-
-Vado di fretta, ho lezion…-
-Oh no, tu non hai lezione, tu mi devi delle spiegazioni. –
Doveva trovare un modo per liquidarla in fretta, ma senza trattarla da straccio, quella ragazza proprio non se lo meritava.
-Spiegazioni a proposito di cosa?- finse di non capire.
-Lo sai.-
-No-
-D’accordo, allora non mi devi spiegazioni. – disse lei, fingendo palesemente una resa.
-ascolta… ieri ho bevuto davvero troppo non ricordo granchè…-
La faccia della riccia era un misto tra disapprovazione e amarezza, sapeva bene cosa aveva dovuto passare Harry per accettare la sua sessualità e una parte di lei avrebbe davvero voluto non forzare il nuovo arrivato a parlare, ma sentiva il dovere di difendere il suo migliore amico, aveva sofferto fin troppo per amore.
 
 
Harry era seduto sulla riva del lago nero e continuava a lanciare nevroticamente sassi contro l’acqua. Come se questa avesse in qualche modo potuto infrangersi, come uno specchio, in mille pezzi.
-Harry…- disse la voce dolce della giovane ragazza.
-Hermione, ti prego, lasciami solo. –
-No, sono la tua migliore amica, ti prego, parlami…-
Da quando era morto Cedric, Harry si era chiuso in uno di quei silenzi che avrebbero fatto paura anche ad un dissennatore.
Non era lo stesso, non più dopo il labirinto. I suoi due migliori amici aveva cercato di giustificare la cosa, notando che aveva vissuto un evento a dir poco raccapricciante: il ritorno del più grande pericolo per il mondo magico e la morte di un amico.
Non sapevano come comportarsi, le avevano provate tutte per cercare di non farlo sentire in colpa, spiegandogli che aveva fatto sicuramente il possibile per salvare Cedric, che doveva cancellare dalla testa il ricordo del padre infuriato, delle lacrime della fidanzata Cho, avrebbe dovuto andare avanti, perché Cedric avrebbe voluto questo.
-Non è colpa tua.- disse ferma la riccia.
-Hermione, tu non puoi capire…-
-Harry, anche io ho perso un amico, anche a me fa male, non come fa male a te, perché tu eri lì, ma posso capire, posso capire cosa si prova. –
Gli occhi verdi del ragazzo si riempirono di lacrime.
-No, tu non puoi capire…-
-…non puoi capire cosa si prova a perdere qualcuno che si ama.-
 
 
-Ti chiedo solo di non fare lo stronzo. – terminò lei dando una carezza al braccio del nuovo amico.
Draco si allontanò dalla sala grande, con un peso sullo stomaco grande come un macigno.
Aveva controllato la pozione, assistito a due lezioni diverse e ad entrambe le lezioni, imperterritamente, come se nulla fosse, Harry si era seduto vicino a lui, come nelle due settimane precedenti e non aveva minimamente toccato l’argomento sulla sera prima.
Si sentiva sollevato da una parte, non avrebbe dovuto arrancare scuse, ma percepiva tanta irritazione dall’altra.
Forse anche per il moro non era stato niente di che, forse era solo un bacio da ubriachi su un divano e, forse, lui ed Hermione la stavano facendo più grande del previsto.
Non c’era nulla da temere, continuava a ripetersi, non era cambiato assolutamente nulla.
Anche in biblioteca, dopo le lezioni della mattina, avevano riso, scherzato, parlato addirittura di quanto fosse stato bello vincere a beer-pong, ma non aveva minimamente sfiorato l’argomento.
Sentiva il nervosismo salire, come poteva Potter prendersi così gioco di lui? Lui non era uno dei tanti. Non lo sarebbe mai stato. Non aveva il diritto.
“Forse Ron non ha visto cosa è successo perché era già andato a dormire” si disse tra se e se.
“Forse non vuole parlarne davanti ai suoi migliori amici.”
Oramai era diventata una questione di principio.
Studiavano seduti al solito tavolo, quando non resse più la pressione e diede quello che doveva essere un leggerissimo calcio alla sua amica.
Quest’ultima sobbalzò, forse perché troppo assorta nei suoi pensieri, o forse perché non aveva dosato bene la forza, attirando così l’attenzione anche degli altri due ragazzi.
Marck cercò di sviare lo sguardo, ma oramai aveva catturato l’attenzione della riccia, che non gli toglieva gli occhi di dosso.
Prese un foglietto di carta, ci scrisse sopra qualche parola, lo infilò nel libro che stava leggendo e si alzò dalla sua sedia.
-Hermione, secondo te questo ingrediente va tagliato o spremuto?- disse lui mostrando il libro con dentro il bigliettino alla ragazza.
Lei sorrise, cercando di mostrare meno entusiasmo di quello che voleva manifestare.
-Eccola, guardala, è soddisfatta perché il secondo genio della nostra casa le ha chiesto consiglio…miseriaccia, dove finiremo?- disse Ron alzando gli occhi al cielo.
-Ron, vieni con me, devo trovare dei libri, tanti libri e ho bisogno di braccia forti come le tue per portarli qui…ci vorranno dieci minuti, circa. – disse lei tenendo lo sguardo fisso su Marck.
I due si alzarono, con Ron che continuava ad imprecare e si allontanarono alla ricerca di libri.
-Potter.- disse lui rompendo il silenzio.
-Platz.- rispose il ragazzo alzando lo sguardo dal libro.
Era davvero irritante, faceva proprio finta di niente.
-Beh…come ti senti? – chiese infastidito.
-Un po’ intontito dall’alcol, non ricordo molto di ieri sera- disse passandosi una mano tra i capelli.
“Che figlio di pu…” pensò mentre trattenne l’istinto omicida di accoltellarlo con la piuma.
-Oh si, anche io.- rispose seccato.
-C’è qualcosa che vuoi dirmi? – chiese Harry sarcastico.
-No. Ho bevuto troppo, non berrò mai più così- rispose lui fingendo un sorriso.
-Mi è parso che tu ti sia divertito però- aggiunse Harry.
-Mi è parso che tu abbia detto di non ricordare, Potter. – rispose lui.
-Ricordo abbastanza da sapere che…-
Non finì la frase, perché vennero interrotti da una pila infinita di libri che come mattoni caddero sul tavolo di studio.
-Da sapere che non berrò mai più così tanto, perché non ricordo nulla.- terminò Marck per Harry.
I due si scambiarono un notevole sguardo di sfida, che venne percepito da tutti, tranne che da Ron.
-Quindi volete dirmi che stasera, alla festa dove io non sono stato invitato, non berrete?- chiese il rosso ignaro dell’argomento di discussione.
La festa.
I tre memrbi del “Club dei prescelti” di Lumacorno, avevano totalmente rimosso la festa.
-Oh no…- disse Hermione.
-Non possiamo mancare.- aggiunse.
-Io ho le mie lezioni privare con Silente, vi raggiungerò lì appena avrò finito.-
Marck lo scimmiottò, come solo il vecchio Malfoy avrebbe fatto, catturando così il curioso sguardo dell’amico, che parve particolarmente catturato dal suo comportamento.
 
 
Aveva iniziato a piangere come un fiume in piena, Hermione non aveva mai assistito ad una scena del genere.
Lasciò perdere qualsiasi domanda le si era presentata nella testa, corse verso l’amico e lo strinse con un’intensità tale da soffocarlo.
Il ragazzo si calmò dopo pochi minuti e asciugatosi le lacrime la guardò dritta negli occhi.
-Hermione, lui non era solo un amico per me, lui era di più…-
La ragazza cercò di non sembrare sconvolta dalla dichiarazione, mantenendo così un certo contegno, certo era che non poteva assolutamente smettere di accarezzare la spalla del ragazzo, come se il quel gesto fosse racchiuso il segreto per lasciare che finalmente parlasse.
-…Io e Cedric avevamo una relazione segreta, è nata il giorno che mi ha spiegato come aprire l’uovo, lì nel bagno dei prefetti, era diventato il nostro posto sai? Ci andavamo praticamente tutti i pomeriggi, per confrontarci sulle prove, per darci conforto e per trovare un po’ di privacy. Non siamo mai andati oltre i semplici baci, io non ero pronto e a lui non sembrava il caso di fare una cosa così importante nel bagno di scuola, però parlavamo tutti i giorni del nostro futuro, di come sarebbe stato bello quando avremmo finalmente finito la scuola e ci saremmo potuti avventurare insieme a caccia di maghi cattivi. Lord Voldemort, non mi ha portato via solo un amico, mi ha portato via una parte di me, quella che stava imparando ad amare, amare in maniera diversa, amare come non avevo mai amato nella mia vita…e credimi, quel giorno le ho provate tutte, mi sarei lanciato su quella maledizione se solo avessi potuto, ma non riesco a togliermi dalla testa lo sguardo di Cedric che diventa vuoto, non riesco a togliermi dalla testa la freddezza del suo corpo quando l’ho preso e l’ho portato via attraverso la passaporta. In quel giardino c’ho lasciato un pezzo del mio cuore, il pezzo più grande e non lo riavrò mai più indietro. –
Anche la ragazza aveva iniziato a piangere.
Pioveva, ma non interessava a nessuno dei due.
 
 
Hermione era semplicemente bellissima, aveva un vestitino nero e sembrava pronta per andare al ballo di fine anno.
Aspettò un momento in cima alle scale, guardandosi intorno imbarazzata, forse non voleva essere vista da occhi indiscreti o, forse, voleva solo essere vista dagli occhi giusti.
Marck aveva messo una camicia bianca, che metteva in risalto i suoi bicipiti e le sue spalle larghe. Draco aveva scelto un corpo niente male.
I pantaloni neri erano perfettamente abbinati al vestito dell’amica e cadevano sui fianchi del giovane a pennello, risaltando le gambe da corridore.
-Hermione, sei bellissima. – si complimentò sinceramente.
Lei arrossì.
-Anche tu Marck, sei bellissimo. –
I due si presero sotto braccio e si incamminarono verso la festa.
-Secondo te mi ha notata?- disse la ragazza tenendo lo sguardo basso.
-Se non l’ha fatto è un idiota-
I due scoppiarono a ridere, sapevano entrambi benissimo qual era la risposta alla loro domanda.
“Certo che Waesley è un idiota” pensò lui.
-E anche tu, stavi cercando di farti notare da qualcuno stasera?- chiese lei maliziosa.
-Io? E da chi dovrei farmi notare?- chiese lui fingendo di non capire la domanda.
-Da un certo “trova una scusa e vai via con il rosso perché ora uccido il tuo amico Potter”-
-Non sei simpatica. – disse lui.
-Invece lo sono. – rispose lei.
Arrivati nella sala, ovviamente non passarono inosservati: il nuovo arrivato e la secchiona.
Fecero finta di nulla e si precipitarono a salutare il professore, che li attese a braccia aperte.
-I miei grifondoro preferiti!- asserì, stringendo entrambi.
-Dov’è il signor Potter?- chiese il professore guardandosi introno.
-Oh aveva un impegno con il professor…-
Hermione non riuscì a terminare la frase.
-…con il Professor Piton, compiti extra per una ricerca. – terminò Platz.
-Oh si capisco. – disse il professore, allontanandosi e lasciando i due da soli.
-Forse Harry non vuole che si sappia delle sue lezioni private…- disse sommesso Marck, cercando di far capire all’amica che era dispiaciuto per il fatto che l’aveva interrotta.
-Hai ragione non c’ho minimamente pensato. – rispose lei.
Tra una tartina e un calice di buon vino bianco le conversazioni si fecero sempre più frivole e basate sul niente.
“Mio padre è un pozionista famosissimo” , “Mia zia è un’importantissima giocatrice di Quidditch”, e altre melense frasi che a Draco suscitarono solo un profondo senso di vomito.
-E lei signorina Granger, so che i suoi genitori sono babbani…- chiese il professore con una punta di veleno sulla lingua.
Draco dovette trattenere la voglia di alzarsi in piedi.
-Si, sono dei dentisti…- disse lei.
-Ah, un giorno magari ci spiegherà in cosa consiste questo meraviglioso mestiere.-
La risata del vecchio, così finta e viscida, fece accapponare la pelle del ragazzo, che non aspettava altro che il suo turno.
-Lei invece, signor Platz…-
Gli occhi azzurri divennero due fari, buttò giù il suo vino bianco, guardò il professore dritto negli occhi e disse:
-Mio padre è l’auror che è stato ucciso da VOLDEMORT. –
Al nome del mago oscuro il professore sembrò sciogliersi, aveva trovato il fianco debole del vecchio insegnante.
-Già. Mio padre è stato assassinato da un mago oscuro e credevo ci avesse invitato qui per la nostra preparazione accademica, non perché i nostri genitori avessero qualcosa di speciale. –
La tavola si silenziò, nessuno aveva il coraggio di aggiungere nulla, quando ad un tratto, la porta si aprì e finalmente Harry fece il suo ingresso, vestio di tutto punto.
Ginny si alzò in piedi, come per far capire al giovane che poteva tranquillamente sedersi vicino a lui.
Il ragazzo sorrise agli amici e si accomodò accanto alla rossa.
Quella serata non poteva andare peggio di così.
Dopo le lusinghe che Lumacorno dedicò a Potter, oramai la cena era finta e i giovani continuavano a bere in giro per la sala e a dividersi in gruppetti per chiacchierare del più e del meno.
Hermione era in disparte vicino ad una finestra, con l’aria di chi voleva essere lasciata in pace. Harry rideva con Ginny e Marck, vagava da solo per la sala, sperando che tutto finisse presto.
Teneva d’occhio la rossa e il prescelto come due animali nel mirino del cacciatore: lei era la solita gatta morta e lui le dava modo di pensare che ci sarebbe stato. Santo Salazar, quanto odiava quel ragazzo.
Lui si allontanò da lei e il biondo pensò che fosse il miglior momento per raggiungere il ragazzo per parlargli.
Mentre camminava qualcosa gli bloccò il polso.
-Dove credi di andare. – lo schernì Ginny.
Draco roteò gli occhi all’indietro.
-Che c’è?- chiese seccato.
-Vi ho visti ieri, non approfitterai più del mio amico ubriaco per i tuoi sporchi scopi da pederasta. –
“pederasta? E dove mai l’avrà sentita questa parola, se sa firmare a stento con nome e cognome?” pensò il ragazzo.
-E chi me lo impedirà? Tu?- scoppiò a ridere, strappandosi dalla morsa della ragazza.
Raggiunse Harry, arrabbiato come un animale.
-Andiamo a casa, sei ubriaco. – disse prendendo per un braccio.
-Non sono ubriachooso- disse lui sbiascicando ogni parola.
“Buon Salazar” pensò.
Lo prese di peso, grazie al suo nuovo corpo non era stato poi così difficile, salutò il professore, fece un cenno ad Hermione e lanciò un’ultima occhiataccia alla più piccola dei Weasley.
Arrivati nel dormitorio Harry non diceva una frase di senso compiuto, nemmeno per sbaglio.
Draco lo preparò per il letto, implorandolo di non fare rumore, così da non svegliare gli altri due compagni e, alla fine, lo fece stendere.
-Platz!- strillò lui.
-Abbassa la voce, razza di idiota. – gli intimò il biondo.
-Scusa…Platz!- bisbigliò lui chiamandolo ancora.
-Dimmi- disse il ragazzo esausto.
Non disse nulla, lo tirò a se, e lo baciò ancora.
Era sempre così delicato, quei baci erano sempre così dolci, sapevano di fragole e vino.
-Potter, sei ubriaco.- disse il giovane avvicinandosi ancora alla bocca dell’amico.
Era travolto da un turbinio di emozioni; aveva paura che i compagni di stanza potessero svegliarsi, aveva paura di farsi del male, di fargli del male, ma non poteva resistere, era come il polo opposto di una calamita.
-Hai ragione Platz, io sono ubriaco.-
Lo baciò ancora.
-Ma tu, tu stavolta no.-  

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Capitolo 8
*** Stupida Ginny! ***


Erano passate oramai due settimane, la pozione polisucco era ultimata, bastava solo dargli un’ultima mescolata.
Draco era nascosto nella stanza delle necessità, lontano da occhi indiscreti.
Era stato incastrato da Potter la sera della festa di Lumacorno, un errore imperdonabile a suo parere.
“Io sono ubriaco, tu stavolta no.”
Quelle parole continuavano ad echeggiare nelle orecchie del giovane, strappandogli un sorriso. Alla fine aveva vinto lui.
“Stupido Potter, vince sempre lui.” Si ripeteva continuando a mescolare.
Stava bene, era felice, dopo tanto tempo, poteva assolutamente dire di essere felice. L’ultimo ricordo felice del ragazzo risaliva all’infanzia; addirittura prima del suo arrivo al castello, quando non si sentiva nemmeno l’odore del ritorno di Lord Voldemort.
La sua famiglia sembrava felice, sua zia pazza era ancora chiusa in carcere, così come tutta la parte marcia della sua famiglia e lui, piccolo e felice, correva per i campi permettendosi i suoi scoppi di magia involontaria, con una madre sorridente e un padre anche troppo premuroso.
Non aveva mai amato, non aveva mai provato un sentimento così profondo per qualcuno, nemmeno per un amico, non avendone mai avuti.
Era destabilizzante e allo stesso tempo così fortificante, sapere di avere un legame così speciale con una persona, saperla tua, tua e di nessun’altro.
Non aveva provato le farfalle nello stomaco che provano tutti, non aveva provato le mani sudate e la testa che gira; no, lui si era semplicemente accorto di quanto quel ragazzino con gli occhi verdi lo facesse stare bene, di quanto si sentisse leggero in sua presenza.
Non aveva fatto pensieri spinti, non aveva sentito “forti pulsioni sessuali”, aveva avvertito un formicolio diverso, più interno, vicino al cuore, ma non proprio lì. Come se quel sorrisetto beffardo gli avesse solleticato per un attimo l’anima e da quell’attimo, non avesse mai smesso di farlo.
Il loro rapporto non era così diverso, cercavano di mantenere la cosa segreta, ma era di dominio dei loro amici.
Ron, Neville, Hermione e Luna erano perfettamente coscienti della loro relazione, erano stati i primi a saperlo, con l’inaspettata reazione di Waesley, che aveva preso il tutto con profondo entusiasmo e felicità, probabilmente era un modo molto velato di dire “Grazie a Goddrich ti sei tolto Malfoy dalla testa”.
Non avevamo avuto ancora modo di esplorarci sotto altri punti di vista, ma non avevamo fretta, già il semplice conoscerci più accuratamente bastava; prima di finire nudi a letto, avremmo dovuto avere il coraggio di essere nudi, uno di fronte all’altro.
Sentì una fortissima fitta addominale, che lo costrinse a piegarsi a metà.
Erano gli effetti collaterali della nuova versione della polisucco che spariva, era come se qualcuno lo stesse prendendo a calci dall’interno.
Non riusciva a controllare il dolore, iniziò a sentire come fiamme sulla pelle, e d’improvviso venne pervaso da scariche elettriche che lo costrinsero a contorcersi come sotto l’effetto della maledizione Crucio.
Aprì gli occhi, dovevano essere passati all’incirca due minuti, che al ragazzo sembrarono ore.
Si guardò in uno specchio gettato su un catasto di roba vecchia e logora.
Si rivide.
I capelli erano ricresciuti, biondi e lisci come seta dorata; la sua pelle era candida come la neve fresca e i suoi occhi, luminosi e argentati come il mercurio vivo.
Si accarezzò. In segno di saluto, domandandosi se ai suoi nuovi amici quella versio di lui sarebbe mai piaciuta.
Cercò di non soffermarsi troppo sulla questione.
Gettò le ciocche dei capelli del babbano nella pozione e tappandosi il naso buttò giù il liquido melmoso.
 
-Compiti di Difesa contro le arti oscure, prima partita di Quidditch di Ron e lezioni private con Silente, tutto in una giornata.- sbottò Harry poggiando la testa sulla spalla di Marck.
Il ragazzo non trattenne le risate.
-E poi dovrai salvare una vecchietta da un drago, due gemelli da un covo di Arpie e se non ricordo male credo di aver letto nella tua agenda che hai un incontro con il primo ministro babbano per discutere di quanto grande devono farti la statua per aver salvato il mondo. –
Harry adorava quando Marck lo prendeva in giro, si sentiva più leggero, quell’ironia lo liberava dal peso di situazioni superflue, riportandolo per un attimo nel pianeta adolescenti.
-Hai dimenticato il mio impegno più importante. – disse il moro.
-Cioè?- chiese il biondo.
-Dopo la festa, vorrei portarti in un posto, ti va? – propose Harry avvicinando le sue labbra a quel del ragazzo.
-Si- rispose senza pensarci lui, prima di strappare un bacio al suo compagno.
-NON GUARDO VI GIURO CHE NON GUARDO!- strillò Ron facendo irruzione nella stanza.
-Harry, sto per vomitare, non credo di poter giocare questa partita, morirò, vi farò perder…- iniziò a balbettare il rosso.
-No, ho la soluzione, ci vediamo in sala grande tra cinque minuti. – disse Harry.
Ron e la sua faccia sconvolta lasciarono il dormitorio, trascinando con se una marea di risate.
-Devi darmi una mano a fare una cosa. – gli disse Harry.
Marck non rispose, si alzò dal letto e si rese operativo.
 
Scesero in sala grande, dopo quella corsa per le scale a Draco sarebbe servito un defibrillatore: avere un corpo atletico, ma non avere la preparazione per usarlo era una condanna.
Lo scenario che si presentò davanti ai loro occhi fu un misto tra il tragico ed il comico; i loro amici erano interamente convogliati intorno ad un Ron pallido come un cadavere, che teneva lo sguardo fisso nel vuoto.
Harry chiese gentilmente a tutti di andare via, facendo così rimanere solo Marck ed Hermione insieme a lui.
-Ron, ho la soluzione a tutto. – disse sicuro.
Prese una fialetta dal taschino della divisa e la versò nel bicchiere dell’amico.
Il gesto catturò subito l’attenzione di Hermione, che presa da un attacco di nervosismo tirò un pugno al tavolo.
-Questo è sleale!- strillò lei.
Il viso di Ron riprese immediatamente colore, prese il bicchiere e bevve senza lasciare neanche una goccia.
-Non puoi usare la fialetta di fortuna liquida per aiutare Ron a superare la sua ansia da prestazione, è come doparlo!-
-Oh Hermione sta zitta, mi sento già molto meglio, sono pronto a vincere questa partita.-
La ragazza scosse la testa e si alzò dal tavolo, sconcertata per l’ennesimo gesto stupido del suo amico.
Marck la raggiunse, scusandosi con i due ragazzi.
-Hermione, aspetta!- disse lui cercando di tenere il passo della ragazza che oramai aveva raggiunto l’uscita della sala grande.
-No, non aspetto nulla. –
-Non è la vera Felix Felicis, abbiamo sostituito le fiale.-
Hermione parve colpita da un fulmine. Si fermò, si voltò e con l’aria di chi si sentiva troppo stupido per dire qualsiasi cosa scoppiò in una risata isterica.
-Come ho fatto a non pensarci prima?- chiese lei dandosi uno schiaffo sulla fronte.
-Come hai fatto a non pensare che tu stessa hai manomesso la selezione…-
-Oh no, non ci sono prove contro di me. – disse lei, risalendo le scale del castello.
 
La partita stava per iniziare, Harry attraversò lo spogliatoio della squadra con una velocità tale da non essere visto.
-Com’è andata la lezione con il professor Silente? – chiese Marck sotto voce, salutando il fidanzato che era intento a cambiarsi.
-Bene, ho scoperto nuove cose su Tom e devo trovare delle informazioni che solo Lumacoro può darmi, facile no? – disse lui sarcastico.
-Ti daremo una mano.- rispose il biondo.
-Lo so.- rispose il ragazzo
Diede un rapido bacio al fidanzato e si precipitò in campo.
Fu facile intuire sin dall’inizio chi avrebbe vinto, i tassorosso erano in netto svantaggio già dieci minuti dopo l’inizio.
Ron era una furia, non lasciava passare una palla ed Hermione sembrava davvero fiera di lui.
La partita finì dopo circa quarantacinque minuti, il cercatore dei grifondoro aveva preso il boccino, portando così a casa la vittoria.
La festa dagli spalti, si spostò alla sala comune, dove tra cori e risate tutti gridavano i nomi di Weasley e Potter.
La serata continuò così tra fiumi di birra e vino importati abusivamente dalle cantine della scuola.
Quei grifondoro erano davvero degli assi ad organizzare feste, come facessero a trafugare tutto quell’alcol per Draco restava un mistero.
Nell’euforia generale si ritrovò solo e sobrio, ancora una volta seduto sulle scale del dormitorio.
-Anche tu hai deciso di non bere per non essere ko alle lezioni di domani mattina? – chiese Hermione sededosi vicino al ragazzo.
-Si, mi piace essere attento in aula. – rispose lui mentendo, la vera motivazione erano i tragici effetti collaterali della pozione polisucco che ancora gli provocava nausea.
-Guardali, sono un sacco felici…- disse lei con un po’ di tristezza negli occhi.
-…vorrei poter condividere questa felicità con Ron-
-E allora parlagli- le consigliò l’amico.
Hermione non fece in tempo a rispondere.
Si drizzò sulla schiena e la sua espressione parve diventare sempre più cupa, come se avesse visto un morto resuscitare dalla tomba.
-Marck…noi dobbiamo andare…- disse cercando di non far voltare l’amico.
-Andare dove, che stai dicendo Hermione? – chiese lui confuso.
Per quanto la riccia si fosse sforzata, fu impossibile mantenere lo sguardo del ragazzo fisso su di lei.
Preso dalla curiosità Marck girò la testa e ciò che vide lo lasciò senza parole.
Ginny e Lavanda avevano avvicinato Harry e Ron, che ubriachi com’erano non avrebbero distinto un mangiamorte da un dissenatore.
Le mani di Lavanda erano impegnate nei capelli di Ron, mentre con la bocca sembrava mangiargli la faccia; e Ginny era seduta sulle gambe di Harry, mentre continuava a baciargli il collo in modo provocante.
Draco sentì un nodo allo stomaco, era squarciato a metà.
Harry lo stava tradendo e lo stava tradendo davanti ai suoi occhi.
La giovane Weasley alzò lo sguardo, in direzione dei due seduti sulle scale, quasi come a denotare il fatto che avesse vinto la sfida, lei e Lavanda avevano ottenuto ciò che volevano.
Hermione non riuscì a trattenere le lacrime e Draco la strinse in un abbraccio che silenziosamente chiedeva aiuto.
Sentiva il mondo crollargli sotto i piedi, senza che la terra tremasse.
Non versò una lacrima, non era da lui piangere in pubblico.
Si tirò su, prese la sua amica e si incamminò verso l’uscita del dormitorio, passando accanto alle due nuove coppiette che amoreggiavano tranquillamente sulle poltrone della sala comune.
Harry intercettò il passaggio di Marck, ebbe un attimo di lucidità e cercò di chiamarlo, ma lui non si voltò nemmeno per sbaglio.
Raggiunsero la torre di astronomia e si appollaiarono vicino ad una vetrata.
-Lei lo sapeva!- strillò Hermione.
-Lei sapeva tutto, le avevo detto quello che provavo per Ron e le avevo detto di te ed Harry, lei sapeva tutto!-
Draco era sconcertato, non sapeva cosa dire, mentre continuava ad accarezzare la sua amica, cercando di darle conforto.
-Io la credevo mia amica, stupida Ginny!- girdò lei.
Prima che Draco potesse dire qualcosa Harry e Ron irruppero nella torre, con la delicatezza di un troll.
-Ragazzi…siete qui…- disse Harry.
-Va via. – lo intimidì Marck.
-Marck, ho bisogno di parlarti…-
-No, mi fai schifo. – disse lui.
-Non ero conscio di quello che stava succedendo. – si giustificò il prescelto.
Hermione si alzò in piedi, tirò fuori la bacchetta e prima che qualcuno potesse dire qualcosa girdò: -Avis!-
Uno stormo di uccelli di carta sfrecciò come proiettili contro i due ragazzi, che abbassarono tempestivamente la testa.
-Sono pazzi Harry, sono pazzi!-
Disse Ron andando via.
-Vattene anche tu, con me hai chiuso…-
-…mi hai sentito Potter? Va’ via! –
Non trattenne le lacrime.
Harry se ne andò, lasciandoli soli.

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Capitolo 9
*** Testa di Porco ***


Hogwarts stava iniziando a colorarsi di bianco, si avvicinava natale, gli addobbi iniziarono a sbucare su ogni arco; presumibilmente colpa dei Nargilli, così avrebbe detto Luna.
 Si respirava un’aria strana nel castello, non era proprio la solita festa di Natale, che portava pace e amore tra gli studenti. Proprio nella casta rosso-oro, una faida andava avanti ormai da un mese.
Harry e Ron avevano deciso silenziosamente di non abbassare la testa davanti a quelli che dovevano essere i loro storici amici, mentre Hermione e Platz avevano preso le distanze dai due, che passavano gran parte del loro tempo in compagnia di Lavanda e Ginny.
Draco cercava di non mostrare il suo dissenso, tutte le volte che i due entravano in una stanza, lui usciva senza dare nell’occhio; subito seguito dalla sua amica riccia.
Era così strano definirla “amica”, lui non aveva mai potuto contare su nessuno, tutti quelli a cui si legava, ed Harry ne era la prova, prima o poi decidevano di andare via perché stufi o, semplicemente, perché avevano trovato di meglio.
Il cuore del ragazzo era oramai abituato a questi duri colpi, non si lasciava più scalfire, o almeno, non lo lasciava più vedere.
In quel mese che era intercorso da quella fatidica sera, lui ed Hermione avevano imparato a conoscersi: Draco conosceva i pensieri più intimi e profondi della giovane grifondoro, mentre lei con fatica disumana cercava di imparare a leggere i silenzi del suo nuovo unico amico.
Ritrovarsi soli in una tormenta di neve non doveva essere una cosa piacevole, ma sapevano di poter contare l’uno sull’altro e strano, ma vero, Draco si fidava di lei come non si era mai fidato di nessuno,prima di quel momento.
-Stasera potremmo andare a festeggiare la fine delle lezioni al Testa di Porco. – propose la ragazza prima di addentare la sua mela.
-Sai che tutti credono che stiamo insieme?- disse lui sogghignante.
La faccia di Hermione esprimeva piena perplessità sull’argomento.
-Non che la cosa mi dispiaccia, mi piace essere al centro dell’attenzione.- aggiunse lui.
-Allora stasera vestiti bene.- disse lei euforica.
-Herm…- oramai aveva iniziato a chiamarla così, gettando nel dimenticatoio quei lontani ricordi nei quali lei era solo “Granger” o qualche altro nomignolo poco piacevole.
-…non ti mancano mai?- chiese il ragazzo un po’ titubante.
-Continuamente.- rispose lei.
Erano consapevoli entrambi che non avrebbero fatto un passo, le scuse finte di quella sera non bastavano a nessuno dei due, c’era bisogno di qualcosa di più. Almeno secondo Draco; alla fine la parte paradossalmente più colpita era lui, visto il palese tradimento del suo pseudo-ragazzo.
Hermione era bloccata in un limbo, tutti le dicevano che non aveva il diritto di essere così arrabbiata con Ron, ma nessun tradimento era peggio di quello che aveva subito lei: anni a lanciare segnali, messaggi, parole, per poi vedere davanti ai suoi occhi l’amore della sua vita baciare labbra che non erano le sue.
Draco poteva capirla, non si può essere amici di qualcuno che si ama.
-Andiamo a cambiarci.- disse Platz.
Salirono le faticose rampe di scale, cercando di anticipare le deviazioni che ogni tanto facevano spontaneamente.
Harry li raggiunse di corsa, quasi con l’affanno.
“Oh no, ci risiamo.” Pensò Draco prima di sbuffare.
-Hermione, perché eri con Malfoy?- chiese il giovane cercando di nascondere il fiatone per la corsa.
Platz cercò di trattenere il respiro, non voleva che l’amica lo vedesse agitato.
-Non eravamo con Malfoy, non dire sciocchezze giusto per attaccare bottone dopo un mese che non ci rivogli la parola.- sbottò continuando a salire su per le scale.
-L’ho visto sulla mappa del malandrino…- disse Harry.
-…non c’era neanche Marck...- terminò sospettoso.
-E’ per via degli incantesimi di protezione che gli auror gli hanno fatto da quando la sua famiglia è stata…Beh da quando la sua famiglia non c’è più! E’ introvabile, ora se non ti dispiace, gradiremmo non essere spiati da te!-
La ragazza andò via e lui decise di non alzare lo sguardo, non aveva il coraggio di replicare, né di guardare negli occhi Harry, il peso della verità lo avrebbe smascherato sicuramente.
Fino al dormitorio non aprì bocca, cercando di non pensare a quella conversazione.
Harry lo aveva tradito davanti ai suoi occhi con Ginny, ma lui non si era comportato meglio, aveva mentito, dal primo momento e stava continuando a farlo.
Lui non era Marck Platz e lo sapeva bene; si era sporcato le mani di sangue, prendendo la vita di un ragazzo innocente, solo per salvarsi, strisciando così ancora una volta ai piedi di un sistema che lo schiacciava di continuo.
Qual era, allora, la differenza tra il suo tradimento e quello di Harry?
Quello di Harry lo riteneva perdonabile, ci sarebbe voluto tempo, il suo, invece, l’aveva marchiato a vita.
Arrivato in camera non aveva così tanta voglia di uscire, si gettò nel letto e iniziò a fissare il soffitto.
Era finalmente da solo con se stesso, così si dedicò un minuto di contemplazione, buttando fuori il marcio che aveva accumulato in quel mese.
Le lacrime segnarono sul volto solchi profondi come fossi, non le controllava; piangeva per tanti motivi diversi: partendo dai sensi di colpa, passando per le preoccupazioni di sua madre, finendo a Harry e l’ennesima batosta che la vita gli aveva inflitto.
-Posso sedermi qui?- chiese una voce famigliare.
Draco si sbrigò ad asciugarsi le lacrime, senza neanche rendersi conto di chi fosse quella voce.
Si sedette, dando le spalle all’ingresso e fece un cenno di no con la testa.
Evidentemente l’ospite non riusciva proprio a comprendere i no e si sedette ugualmente di fianco a lui.
-Perché stai piangendo?- gli chiese Harry.
-Non sono affari tuoi, Potter!- lo schernì.
-Platz, non sto con lei, ero ubriaco!- cercò di convincerlo lui, prendendo la mano del ragazzo.
-Non toccarmi. – rispose tirando indietro la mano.
-Sei disgustoso, non per quello che hai fatto a me, ma per quello che stai facendo a lei.-
Fu come uno schiaffo in pieno volto per Harry, che mordendosi le labbra si alzò e andò via.
 
Ci misi più del previsto a vestirsi, non sapeva cosa mettere, si sentiva una ragazzina al primo appuntamento.
Decise di optare per qualcosa di tranquillo: un jeans blu, una maglietta bianca e una giacca vintage marroncina.
Si sistemò i capelli, diede un ultimo sguardo all’outfit e decise che era perfetto così. Un po’ di sano amor proprio, misto a vanità non avrebbe fatto male a nessuno.
Scese le scale del dormitorio, trovandosi davanti all’amica che per l’occasione aveva messo un vestitino rosso fiammante e aveva lasciato la chioma indomabile slegata e libera sulle sule spalle magre.
-Andiamo a far vedere al mondo cosa si sono persi fino a questo momento?- chiese l’amica.
-Si, però ho dimenticato una cosa in stanza, torno subito.-
Aveva avuto un lampo di genio.
Prese la rincorsa, salì le scale a due alla volta, fino ad arrivare davanti alla porta numero cinque.
Entrò, tirò fuori la bacchetta e la sigillò, per assicurarsi che nessuno sarebbe entrato a disturbarlo.
Si fiondò sul baule dell’ex amante e iniziò a frugare.
Non ci volle molto a trovare quello che stava cercando, era uno degli ultimi oggetti che il ragazzo aveva usato.
Prese tra le mani la mappa del malandrino e ci puntò la bacchetta sopra.
Aveva visto Harry farlo una miriade di volte quando lo spiava nelle vesti di Draco per andare a fare la spia ai professori.
-Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.- disse.
La mappa prese vita, mostrando una Hogwarts super popolata.
Nella sala comune Grifondoro apparve subito un estraneo: il suo nome risaltava come un grosso errore di stampa.
Si concentrò, lasciò che la punta della bacchetta toccasse il suo nome.
Un piccolo lampo di luce giallo lo colpì facendolo cambiare.
Non era più “Draco Malfoy” ma “Marck Platz”.
Si domandò se quella fosse stata la cosa giusta, ma non aveva alternative, non poteva rischiare che Potter aprisse la mappa in piena notte e trovasse il suo vero nome proprio accanto a lui.
-Fatto il misfatto.- disse il ragazzo e uscì dalla stanza, assicurandosi di aver rimesso tutto al suo posto.
Nel tragitto per il villaggio di Hogsmade, Hermione sembrò più loquace del solito, Draco si domandò più volte se era effettivamente il caso di raccontarle quello che gli aveva detto Harry in stanza prima del loro appuntamento.
Alla fine prese coraggio e sputò fuori la verità.
-Quindi sei innamorato?- domandò lei secca alla fine del racconto.
-Non lo so, ho passato la vita da solo, potendo contare solo su me stesso, pensare di essere innamorato mi fa sentire fottutamente debole.-
-L’amore non ci rende deboli, l’amore ci rende umani, ed è una cosa meravigliosa ricordarci ogni tanto di non essere invincibili.-
Le parole della giovane erano così cariche di saggezza, che per un attimo Draco ebbe il dubbio che nascosto sotto le spoglie di una giovane studentessa, si potesse nascondere Albus Silente.
Si accorsero che poco più avanti di loro camminavano Ron ed Harry, in compagnia delle due corrispettive fidanzate.
-Sono orribili.- disse Hermione con un fare da vipera.
-Oh si, Lavanda è tremenda. Se le sento dire un’altra volta “Ro-Ron” giuro che la estinguo.-
Scoppiarono a ridere e finalmente arrivarono al Pub.
Il testa di porco era pieno di studenti febbricitanti per la fine delle lezioni.
Tutti ridevano, alzavano calici di burro-birra e brindavano per i motivi più bizzarri.
Tutti tranne un giovane ragazzo biondo, seduto nell’ombra di un tavolino.
La cosa catturò l’attenzione della Granger, che non tardò a farlo presente all’amico.
-Perché Draco è seduto da solo?-
La domanda fece balzare il cuore di Marck.
-E’ strano, sta aspettando qualcosa, ma cosa?- non finì di dirlo.
Katie Belle entrò nel bagno e a seguirla ci fu proprio lui.
Dopo un po’ la ragazza uscì con un pacco tra le mani e di Draco non ci fu più traccia.
Marck fece di tutto per sviare l’argomento, riuscendo alla fine nel suo intento.
Voleva passare una serata felice con la sua amica. Niente gli avrebbe rovinato il morale.
-Attenzione, ragazzi. – disse la voce di Potter che si alzò in piedi su una sedie battendo su un bicchiere di vetro.
-Ho un annuncio da fare.-
La folla si zittì, erano tutti pronti ad ascoltare la proposta di brindisi del tanto amato grifondoro.
-In questo mese sono successe tante cose, ci siamo classificati primi del torneo di Quidditch della scuola, abbiamo terminato le lezioni e gli esami del primo trimestre, nessuno ha ancora cercato di ucciderci…-
Tutti scoppiarono a ridere.
-…ma la cosa più importante fra tutte: mi sono innamorato. –
Marck sgranò gli occhi.
-Si, mi sono innamorato. Ho avuto il coraggio di lottare contro forze oscure, di battermi per la vita dei miei amici, ma non ho avuto il coraggio di ammetterlo fino ad oggi pomeriggio.-
Ginny si pavoneggiava fiera al fianco del ragazzo.
-Devo delle scuse a qualcuno se gli ho dato la possibilità di credere che tra di noi ci sarebbe potuto essere qualcosa.-
Proprio in quell’istante si allontanò dalla rossa, che lo guardò con aria incredula.
-Ma io Ti amo, non voglio nascondermi dietro ad una stupida scusa per rovinare tutto. La vita mi ha sempre portato via tutto ciò che avevo di più caro: i miei genitori, Sirius…ed io ho sempre paura che possa succedere ancora. Farti questo discorso a quattrocchi non sarebbe servito a niente, perché se ti devo fare delle scuse, devo fartele in modo esemplare.-
Si avvicinò ancora di più al ragazzo, gli prese la mano, sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti.
-Marck Platz, puoi perdonarmi?-
Marck non sapeva cosa dire, era rimasto totalmente spiazzato dalla dichiarazione.
Hermione gli diede un pizzico sotto il tavolo, cercando di farlo reagire.
Non rispose.
Si alzò in piedi, lo guardò dritto negli occhi, e senza dire una parola poggiò le sue labbra su quelle del prescelto.
Un applauso fece da cornice, erano tutti felicissimi per l’accaduto, nessuno poteva sperare in un finale migliore per quel trimestre così pesante.
-Se ti vedo ancora una volta con la rossa, le faccio cadere tutti i capelli.-
Harry si voltò sorridendo, ma Ginny non c’era più.
Si sedette al tavolo con l’amica e il fidanzato, cercando di scusarsi anche con Hermione per il suo comportamento stupido e senza giustificazioni.
Ma la testa della ragazza continuava a voltarsi verso il tavolo dell’amico, che da più di quaranta minuti era intendo a ispezionare con la lingua la bocca della sua nuova fiamma.
-Non è per te Harry- disse lei sommossa.
-Lo so. Ma neanche Ron la sopporta. Mi ha chiesto di chiedervi se vi va di passare il Natale tutti insieme. –
-Ovviamente Lavanda non ci sarà- ci tenne a precisare.
-Ce lo chiedesse lui.- disse lei cercando di trattenere l’entusiasmo.
 
Si era fatto tardi, decisero così di incamminarsi per tornare a casa.
Sul sentiero che collegava la scuola con il piccolo villaggio la luce era fioca e la tempesta di neve iniziava a farsi sentire.
-Dobbiamo alzare il passo- disse Harry prendendo sotto braccio i suoi compagni.
Arrivati quasi alla fine del viale, sentirono un grido.
Harry fece uno scatto in avanti, seguito da Marck che lo raggiunse in un baleno.
Katie Belle era sospesa a mezz’aria con la bocca spalancata.
La ragazza sembrava essere posseduta.
Aveva le pupille rigirate, la pelle di un verdognolo spaventoso e continuava ad emettere suoni strani, simili ad urla.
Dopo qualche istante iniziò a muoversi in aria, sbattendosi a destra e poi a sinistra e poi ancora a destra.
Fino a cadere rovinosamente per terra, facendo un tonfo mostruoso.
-Katie!- urlò Hermione.
Mentre i due ragazzi si prestarono a soccorrerla, la ragazza tirò fuori la bacchetta e iniziò a sparare scintille rosse nel cielo.
In men che non si dica, il professor Piton si materializzò davanti a loro.
-Cosa è successo qui? Perché ci siete sempre voi in queste situazioni?- domandò chinandosi sul corpo della ragazza svenuta.
-Non sappiamo cosa sia successo…- rispose Hermione terrorizzata.
Vicino a corpo della giovane c’era un pacchetto aperto, con dentro una collana.
Harry si chinò per raccoglierla.
-Potter, non tocchi quella collana, se non vuole fare la stessa fine della sua compagna.- gli intimò il professore, facendola levitare vicino a lui.
Piton e Katie sparirono in una nuvola di fumo grigiastra lasciando così i ragazzi da soli.
-Noi abbiamo visto Malfoy entrare in bagno subito dopo Katie…- disse la ragazza guardando il suo migliore amico.
-Dobbiamo parlare con Piton e tu…- si rivolse a Marck.
-…tu trova il modo per spezzare gli incantesimi che ti hanno fatto gli auror, devo poter vedere dove sei, non vorrei che ti succedesse qualcosa.-
Tempismo perfetto, pensò Platz.
-Ho un’idea per eluderli. – disse lui guardando Hermione.
I tre si strinsero e camminarono verso il castello, consapevoli che avrebbero dovuto unire ancora le forze per risolvere quel mistero.

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Capitolo 10
*** Natale alla Tana ***


Eliminare lo pseudo incantesimo che celava la presenza di Marck fu semplice, il ragazzo finse di spezzarlo e chiese ad Harry se sulla mappa apparisse il suo nome; la risposta fu ovvia: si.
Tirò un sospiro di sollievo, aveva scampato anche quella.
I rapporti erano tornati pacifici, lui ed Harry avevano ripreso la loro relazione, mentre Ron ed Hermione fingevano un’amicizia che non esisteva e per quanto per Marck fosse difficile, cercò di ignorare il dolore che si celava dietro gli occhi della sua migliore amica.
Quello sarebbe stato il primo Natale che avrebbe passato in compagnia di qualcuno che a lui ci teneva sul serio.
I Weasley erano entusiasti di ospitare anche il giovane per le vacanze Natalizie, Ron si era dimostrato ancora una volta molto genite con lui nell’invitarlo; Hermione non stava più nella pelle, finalmente avrebbe potuto passare dieci minuti da sola con Ron senza che quell’insulsa ragazzina interrompesse le loro conversazioni.
Il viaggio per “La Tana” fu piacevole, per una volta non parlarono di Mangiamorte o eventuali piani per incastrare Draco, ma si concentrarono su quanto sarebbe stato bello avere un po’ di tregua.
Il signor e la signora Weasley erano delle persone particolarmente affabili: mostrarono profondo rispetto nei riguardi di Marck, evitando di porre qualsivoglia tipo di domanda inerente alla sua famiglia e congratulandosi più e più volte per la sua relazione con Harry.
-Ginny mi odia…- aveva esordito lui mentre sistemavano i bagagli in camera di Ron.
-Oh no, mia sorella non ti odia, è solo un po’ scossa. – disse il rosso.
-Questo sarà un magnifico Natale, vedrai che alla fine farete amicizia. – ribadì Harry.
Non ne era assolutamente convinto.
Mancavano ancora un paio d’ore prima della grande cena della Viglia e Marck aveva ancora qualche commissione da fare.
Salutò Harry con un bacio e si assicurò di aver preso abbastanza soldi dal suo borsone per poter fare un regalo a tutti.
Chiese il permesso a Molly per poter utilizzare la metropolvere, così si traportò a Diagon Alley.
Arrivato nel viale principale, restò sconcertato da quanto fosse vuoto: da che ne avesse memoria, durante il periodo natalizio i negozi brulicavano di gente intenta a fare regali dell’ultimo minuto. Più volte aveva passato del tempo lì con suo padre, cercando il regalo perfetto per Nacrissa, che alla fine diventava sempre una collana di diamanti, oppure un bracciale di pietre preziose.
Non voleva fare lo stesso errore di suo padre, non voleva riempire i suoi cari di regali costosi e privi di qualsiasi sentimento. Non avrebbe commesso quello sbaglio.
Con il suo miglior sguardo di sfida, si guardò intorno e iniziò la sua caccia.
Alla fine della mattinata aveva preso un regalo per tutti, Ginny compresa.
Si stupì di se stesso, non la credeva una cosa possibile.
Tornato alla tana la trovò totalmente trasformata: c’erano addobbi in ogni angolo, quello che doveva sicuramente essere il salone raccoglieva al centro un enorme albero di natale, che proseguiva su fino all’ultimo piano della casa.
L’enorme albero era adornato di palline rosse e dorate, e si alternavano foto dei piccoli membri della famiglia, fino a foto più recenti che ritraevano anche Harry nelle pose più strane; la cosa lo fece un sacco sorridere, non aveva mai visto tanto amore in un solo posto.
Harry lo raggiunse alle spalle, facendolo sobbalzare.
-Dove sei stato?- chiese sospettoso.
-Ho fatto un giro- rispose lui con un pizzico di malizia.
-Oh lo immagino- disse il ragazzo baciando la nuca del fidanzato.
-E questo giro contemplava tutte le buste che hai nascosto sotto il letto?- chiese Harry tenendolo bloccato.
-No, quelle sono cose per la scuola- mentì spudoratamente lui.
Mentre i due ragazzi si coccolavano felici sotto l’albero di Natale, Molly dichiarò la cena servita.
-La cena? Ma sono appena le diciotto, cosa faremo fino a mezzanotte?- chiese Marck basito.
-Probabilmente a mezzanotte staremo ancora al terzo antipasto- rispose il bruno facendo strada verso la cucina.
Ad attenderli nell’enorme cucina c’erano degli ospiti inaspettati: sua cugina Tonks, vederla gli fece venire un tuffo al cuore, sapeva bene cosa era stato fatto a sua madre, come avessero deciso di diseredarla dalla famiglia Black, motivo per il quale a lui non era mai stata data la possibilità di famigliarizzarci; nell’angolo opposto una schiera di ex insegnanti di Difesa contro le arti oscure, il professor Lupin e il professor Moody, due dei migliori professori che Hogwarts avesse mai avuto, ma questo lui non avrebbe potuto saperlo.
Alla cena mancava solo Sirus e sua cugina fece in modo che nessuno lo dimenticasse.
-Stasera vorrei fare un brindisi, un brindisi a mio cugino Sirius…non era solo un parente, non era solo un amico…era un fratello, una spalla per ognuno di noi. Nonostante non possa essere qui fisicamente, lo portiamo nel cuore.-
Alzò il calice.
-A Sirius!- gridarono all’unisono.
La mano di Harry si strinse forte alla sua, il ragazzo poteva solo immaginare il dolore che gli aveva procurato quell’ennesima perdita. Non mollò la presa. Non l’avrebbe fatto mai.
La cena iniziò e fu meraviglioso vedere così tanta cooperazione; tutti davano una mano a servire, tutti davano una mano a cucinare, nessuno riusciva a stare fermo; durante le feste a casa Malfoy non c’era chiacchiericcio, non c’era via vai, le pietanze apparivano dalla cucina grazie agli elfi domestici e sparivano per la stessa via.
Non si tirò indietro e iniziò a fare come facevano tutti.
Una volta che si cominciò ufficialmente a mangiare, intrattenne una divertente conversazione con sua cugina, con la quale percepì immediatamente un legame pazzesco, nei suoi occhi rivedeva sua madre, motivo per il quale sapeva così tanto di casa.
-Io ho seguito il caso dei tuoi genitori. – disse Tonks.
-Sai non mi va di parlarne…-
-Oh tranquillo…- Ninfadora era famosa per la sua tenacia, che neanche quella volta si risparmiò.
-Sto cercando di incastrare una della mie zie…- disse la ragazza mentre tagliava un pezzo di bistecca.
Draco cercò di farsi andare giù il boccone.
-Harry mi ha detto che discendi dalla famiglia Black, quindi mi viene naturale pensare che tu ti riferisca a Bellatirix, quella che è riuscita a scappare dalla prigione.-
-Oh no, con lei ho un conto mortale in sospeso. Mi riferisco all’altra zia…Narcissa.-
Sotto il tavolo i pugni del ragazzo si fecero duri contro il ginocchio.
-E come mai proprio lei? – domandò cercando di non sembrare troppo curioso.
-Perché è stata vista sulla scena del crimine.- rispose lei con una naturalezza disarmante.
Non poteva essere.
Era stata sua madre ad uccidere quel ragazzo e la sua mamma?
Ad un tratto il suo stomaco si chiuse, stava iniziando a mettere insieme i pezzi: la bacchetta, l’idea di prendere il possesso dell’identità di una famiglia dispersa. Tutto tornava.
-Voglio collaborare alle ricerche.- disse il ragazzo guardando negli occhi Ninfadora.
-Allora dovresti unirti all’ordine della fenice. – rispose lei allegra.
Harry aveva origliato gran parte della conversazione.
-No.- rispose secco il fidanzato.
-Non si unirà all’ordine.-
Aveva alzato un po’ troppo la voce.
Dall’altro capo del tavolo Hermione lo guardava come a cercare di capire quale fosse il senso di quell’affermazione.
-Chi vuole unirsi all’ordine? – chiese Malocchio curioso.
-Io, signore. – rispose Marck.
-Platz, perché vuoi unirti a noi? –
-Perché voglio trovare i colpevoli dell’omicidio di mio padre.-
Il clima si fece gelato.
Nessuno, nemmeno Harry osò contraddirlo.
Draco si sentì sporco ad utilizzare quella menzogna per unirsi all’Ordine, ma non aveva alternativa, doveva scoprire la verità su sua madre.
-Allora è ufficiale- decretò Lupin.
-Sei dentro, Marck.-
Un applauso collettivo lo accolse nei ranghi, ora era veramente a casa.
La mezzanotte era arrivata, grazie ad un incantesimo di Lupin la cucina era pinea di luci colorate.
Tra abbracci ed auguri, Marck corse in camera da letto.
Tornò in cucina carico di buste, sentendo lo sguardo stupito di tutti i presenti.
-Ho pensato che vi avrebbero fatto piacere…- disse commosso il ragazzo.
Molly non perse tempo, corse ad abbracciarlo.
-Oh caro, grazie, non dovevi, mi fai commuovere così…sei un tesoro. – concluse baciandolo sulla guancia.
Iniziò la distribuzione: partì da Ron, al quale aveva regalato dei guanti da portiere nuovi di zecca, in eco-pelle di drago, così da rendere felice anche Hermione.
-Per Godric amico, sono bellissimi!- gridò il ragazzo, saltando al collo di Platz.
La seconda a ricevere il suo regalo fu’ proprio Hermione, alla quale Marck aveva comprato un libro rarissimo, chiamato “incantesimi avanzati per maghi esperti e poco diligenti”.
-Dove hai trovato questo libro?- chiese lei con gli occhi luccicanti.
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto.- rispose lui stringendo forte a se l’amica.
Ed infine, fu’ il turno di Harry.
-Non dovevi- disse lui guardandolo dritto negli occhi.
-Prima di lamentarti, aprilo.- rispose lui, mantenendo lo sguardo fisso negli occhi verdi del fidanzato.
Harry scartò piano la carta, aveva quasi paura di rovinarla, mentre Marck non era più nella palle. Voleva vedere la sua faccia una volta aperto.
Harry studiò un attimo la confezione.
Poi lo guardò con gli occhi di lacrime.
Era una loro foto al lago nero, una delle loro prime uscite, quando ancora timorosi dei loro sentimenti si guardavano da lontano cercando scuse per appartarsi da soli.
-Mi hai parlato del tuo album dei ricordi…ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere una nuova foto da metterci dentro. –
Harry non disse nulla, si asciugò le lacrime e baciò dolcemente sulle labbra il suo ragazzo.
-Buon Natale Platz.-
-Buon Natale Potter.-
L’abbraccio venne interrotto da uno scoppio.
Poi un altro.
-Dov’è Ginny?- gridò Molly che si guardava introno spaesata.
Marck e Harry corsero al portone principale e videro che nel giardino una sagoma correva verso i campi di grano.
-Deve essere lei.- disse Harry cercando di uscire.
-No aspetta, potrebbe essere una trappola…- osservò preoccupato il ragazzo.
-Ardemonio!- gridò qualcuno da tetto.
Ad un tratto un cerchio di fuoco circondò la tana, facendo smaterializzare dalle finestre tutti gli auror presenti nell’abitazione.
-Quella è Bellatrix- strillò Marck.
La bianca luce di Tonks iniziò ad inseguirla nel cielo notturno.
Il ragazzo non ci pensò due volte, prese la bacchetta dalla tasca ed iniziò a correre verso il campo di grano.
-No!- gridò Harry seguendolo.
Non vedeva nulla, il grano era troppo alto e non permetteva alla luce di passare.
-GINNY!- gridò Marck.
Un raggio di luce rossa gli sfiorò la testa.
-Protego!- gridò deviandone un altro.
Lo scontro iniziò prima che potesse prendere fiato.
Scintille, scoppi, dardi di fuoco.
Era in seria difficoltà, non riusciva a vedere chi lo stesse attaccando.
-Carpe Retractum!- gridò il giovane.
Dalla punta della bacchetta fuoriuscì una melma arancione che si allungò fino a colpire il petto del suo avversario che venne inevitabilmente tirato verso di lui.
Ginny cadde in ginocchio ai piedi del ragazzo.
Aveva gli occhi vitrei, come fosse stata posseduta.
-Catene.- ordinò alla bacchetta.
Alzò la bacchetta verso il cielo, facendo fuoriuscire una cascata di scintille rosse.
Nel giro di pochi istanti venne raggiunto da Harry e Tonks, che rimasero increduli nel vedere la giovane legata ai piedi del ragazzo.
-E’ sotto la maledizione Imperio- osservò l’Auror.
-Tornate a casa, ci penso io. –
Tornarono nel cortile della Tana, che oramai era ridotto quasi tutta in cenere.
-Perché erano qui, Harry non può essere toccato, l’hanno appurato loro stessi… - disse Hermione.
-Non erano qui per Harry…- rispose Lupin.
-Cercavano Marck...-
 

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