Tōi Futago

di Yuphie_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Futago Game ***
Capitolo 2: *** Futago Future ***
Capitolo 3: *** Roberto ***



Capitolo 1
*** Futago Game ***


Angolino della Robh: Buonasera mie dolci fan di calciatori! ♥
Sono tornata anche questo mese a rompervi i palloni da calcio, lo so che speravate di no eppure eccomi qui, addirittura con una mini-long, eh sì, perchè se io devo rompere le noci di cocco, lo devo fare bene! U.U
Scherzi a parte xD, in questo periodo mi 'vedrete' spesso, il motivo è semplice, la storia è già conclusa e quindi i due aggiornamenti previsti saranno del tutto regolari, con appuntamento il venerdì sera, perchè di venerdì? Perchè... mi è venuto a random u.u''' (*Serè si spalma una manata in faccia sconsolata*).
Ma parliamo della storia! Dunque, anche qui devo fare un grosso e sentito ringraziamento a CSK, questo lei non lo sa, ma quando abbiamo parlato di Karl la prima volta, mi ha fatto venire l'illuminazione per questa storia, soprattutto quando le ho chiesto qualcosa di più sul caro Kaiserino, mi ha descritto un suo lato a cui io mi sono aggrappata fortemente quando ho scritto di lui... finendo, però, per cadere miseramente nell'OOC, che volete farci, capita u.u''', comunque grazie ancora CSK! ♥ Sei stata mia complice anche senza volerlo xD.
Come avrete potuto capire, Karl è uno dei personaggi principali della storia insieme a TsuTsu amore di mamma (*Serè la guarda rassegnata*) e Genzo, perchè proprio Karl, perchè sarà innamorato di Genzo e quindi cercherà di farlo allontanare da Tsubasa? Perchè si innamorerà di Tsubasa sconvolgendo tutti? Nessuna della due (mi dispiace per voi fan della Genzo x Karl ma questa non è una storia su di loro, quindi chiudete la storia che siete ancora in tempo >.<), il Kaiserino sarà importante per un altro motivo, un indizio fondamentale è il titolo, chi conosce il giapponese può già farsi una mezza ideuccia u.u non dico altro, se volete scoprire di più, leggete e mi farete felice u.u ♥.
Se durante la storia troverete delle incoerenze (soprattutto una sarà abbastanza importante) con il manga, state tranquille, sono state fatte di proposito al fine della trama.
Durante questo capitolo ci saranno dei flashback, spero si capisca quando ci sono e quando sono nel presente, casomai se vi confondete avvisatemi e cercherò di modificare il capitolo in modo che si capisca più facilmente, non fatevi problemi! ^^ ♥
Per finire, come sempre, spero di non essere caduta troppo nell'OOC, anche se con Karl mi sono rassegnata all'idea che lo sia e anche tanto, ma soprattutto spero che questa bizzarra idea possa piacere, a me sembrava carina, spero lo sia anche per voi ^^.
Buona lettura! ♥

Ps: Di solito in questo ps metto un pezzetto comico per poter far ridere prima dell'inizio delle mie storie, ma visto il periodo non mi sembra il caso, per una volta voglio fare la seria e augurare il meglio a voi che in questo momento siete chiusi in casa come me, forza e coraggio, passeremo il tempo leggendo e tutto finirà per il meglio! ♥
Chi, invece, di voi ha qualche parente o amico malato, spero che questo possa guarire e che lo possiate riabbracciare forte quando tutto sarà finito. ♥


 


Gli occhi azzurri scrutavano, analizzavano, fissavano senza il benché minimo pudore ogni singolo giocatore avversario davanti a loro senza trovare – nuovamente, perché quella era già la quinta volta che controllava – chi desideravano incontrare.
Karl Heinz Schneider sbuffò per l’ennesima volta, non smettendo di sbattere il piede per terra irritato come un picchio, incrociando le braccia al petto –contrariato -.
Non andava bene.
Non andava bene per niente. 
Si voltò di scatto verso il portiere posizionato poco lontano da lui, che in quel momento si stava sistemando con calma i guanti alle mani mentre parlava con Kaltz dell’imminente partita che stava per iniziare da lì a qualche minuto.
“Wakabayashi!”
Urlò facendo sobbalzare i due.
Il giapponese alzò gli occhi al cielo mentre il kaiser si avvicinava - con passo di marcia - a loro, per niente supportato dall’altro amico vicino a lui che cominciò a ridacchiare, cercando di nasconderlo con la mano.
Entrambi immaginavano il motivo della furia del biondo.
“Dov’è Tsubasa?!”
Urlò Schneider, piazzandosi davanti a Genzo e per niente intenzionato a spostarsi da lì senza un’adeguata risposta che lo soddisfacesse.
Quello sospirò contando mentalmente fino a 10 per non rispondergli male, attingendo alla sua infinita scorta di pazienza – che aveva usato parecchio, in quei 3 anni – e gli disse che non sapeva nemmeno lui perché Ozora non fosse in campo con gli altri della nazionale.
“Allora scoprilo!”
Urlò nuovamente Karl, dandogli poi le spalle per tornare alla sua posizione di scrutamento dell’altra squadra.
Genzo cercò d’ignorare il pericoloso tick che gli venne all’occhio destro – contando questa volta fino a 50 – mentre Hermann scoppiava definitivamente a ridere.
Non era la prima volta che succedeva una cosa del genere.
Karl Heinz Schneider era il suo più grande amico e il giocatore che stimava di più in Germania… ma era anche la sua piaga, ricordava perfettamente – Genzo – il loro primo incontro quando il mister lo presentò ai giocatori dell’Amburgo, ricordava anche quella sottile sensazione di nostalgia quando lo vide per la prima volta e che non lo abbandonava tuttora nonostante fossero passati anni – gli ricordava qualcuno, il biondo, ma davvero non sapeva chi, non riusciva a collegarci un volto amico -, e come dimenticare il tiro che era riuscito a parare solo con la faccia? Al solo ripensarci si massaggiò il naso, ovviamente Karl non gli aveva chiesto scusa, anzi, a fine allenamento si era allontanato con uno strano ghigno in volto che gli aveva fatto pensare solo che sarebbero stati anni bui per il suo povero viso.

Fortunatamente, non era stato così… o meglio, non sempre.

“Come va il naso?”
Genzo smise di allacciarsi gli scarpini, alzando lo sguardo stupito verso il biondo – Karl, se non sbagliava - in piedi davanti a lui che lo guardava a sua volta con fare abbastanza annoiato, come se non fosse stato lui a fare il tiro che il giapponese era riuscito a parare solo con la faccia.
“Abbastanza bene… grazie”
Mormorò Wakabayashi, cercando di farsi capire nonostante il suo tedesco non fosse ancora così buono.
“Uhm…”
Annuì piano il tedesco, facendo poi scendere un silenzio imbarazzante dove i due si fissarono per bene, ad interromperlo fu nuovamente il biondo – Genzo era troppo intento a chiedersi a chi diavolo somigliasse per fargli provare quella strana nostalgia che gli stringeva un poco il cuore - .
“Senti… parlavi di un giocatore ieri…”
Al portiere nacque spontaneo un sorriso sul volto, il giorno prima non aveva potuto fare a meno di parlare di lui quando i ragazzi dell’Amburgo giovanile gli avevano chiesto se in Giappone ci fosse qualche calciatore degno di nota.
“Tsubasa Ozora!”
Gli occhi di Karl s’illuminarono di una luce calda mentre anche sul suo viso nasceva un sorriso.
“Lui!”
Urlò il tedesco avvicinandosi di più al giapponese, facendolo sussultare per l’improvvisa vicinanza… gli era parso di essergli antipatico il giorno prima…
“Parlami di lui per favore!”
Gli chiese ancora.
“V-Va bene…”
Mormorò Genzo, sorpreso e stupito di quella richiesta.

“Davvero un giocatore straniero ha chiesto di me?”
Gli domandò Tsubasa quella sera, dopo che gli ebbe raccontato tutto.
“Già e io ti ho fatto pubblicità, che bravo amico eh?”
Il cuore del portiere batté un po’ più forte nel sentire Ozora ridere dall’altra parte del telefono, avrebbe tanto voluto vederlo… si riscosse dai suoi pensieri da neo scoperto innamorato alla domanda dell’altro.
“Lui com’è?”
Wakabayashi sussultò, portandosi istantaneamente la mano al naso per massaggiarlo.
“Non l’ho inquadrato del tutto ma… tira bene, dannatamente bene e forte”

Era stato contento, Genzo, di essersi ‘vantato’ di Tsubasa con tutti, in special modo con Schneider visto quanto era bravo il biondo, ma non si era aspettato che il giorno dopo Karl si avvicinasse ancora – a fine allenamento – per chiedergli nuovamente di lui, come non si aspettava che Tsubasa facesse altrettanto la sera, i due calciatori invece lo sorpreso e continuarono a chiedergli uno dell’altro per giorni interi – “Tsubasa quanti goal riesce a fare in una partita?” “Karl quanti goal ha fatto oggi?”, “Quali allenamenti specifici fa Tsubasa?” “Karl si allena anche da solo?”, “Tsubasa quali tiri preferisce?” “Sono davvero così difficili da prendere i tiri di Karl?” -.
Wakabayashi all’inizio non aveva avuto problemi a rispondere ad entrambi, era contento di poter parlare con qualcuno della bravura del ragazzo che gli piaceva – omettendo, ovviamente, quest’ultima insignificante parte – e non gli dispiaceva confrontarsi con Ozora riguardo alla bravura del suo nuovo rivale.
All’inizio.
Cominciò a vedere male il suo ruolo da gufo informatore quando le domande iniziarono a farsi più personali da parte del biondo – “E’ già iniziato il torneo di Tsubasa?”, “Tsubasa ha chiesto di me?”, “A quante ragazze piace Tsubasa?” – che lo tallonava per tutto il campo, qualunque cosa stesse facendo, fino a quando non gli dava la sua agognata risposta, a Genzo non era dispiaciuto rispondergli fino a quel momento perché parlava del Tsubasa calciatore… parlare del Tsubasa ragazzo gli dava fastidio, lo irritava parlare dei fatti privati che Ozora gli raccontava ogni sera perché era un po’ come condividerlo con terzi e Wakabayashi non voleva questo, si era scoperto possessivo nei confronti del capitano della Nankatsu, soprattutto di ogni loro conversazione serale visto che non potevano vedersi di persona, nonostante – effettivamente – non ne avesse alcun diritto e preferiva farsi rincorrere per tutto il campo, scatenando le risa di tutti gli altri, piuttosto che rispondere a Karl che lo inseguiva tallonandolo.
Questo, almeno, finché non perse la pazienza.
“No, non ho sentito Tsubasa ieri sera e comunque non sono affari tuoi di cosa parliamo e di cosa sta facendo adesso in Giappone!”
Gli urlò contro un giorno dopo aver appena compiuto il quinto giro di campo.
Non l’avesse mai fatto…
Il giorno seguente Karl iniziò la sua opera di vendetta che consisteva – per la maggior parte delle volte – nel tirargli delle potenti pallonate in faccia o in pancia, uscendosene poi fuori con “Ops, non avevo visto che eri sulla traiettoria” detto con una faccia da schiaffi che non convinceva assolutamente nessuno, mister in primis.
Genzo avrebbe voluto vendicarsi, eccome se avrebbe voluto farlo… ma non lo aveva mai fatto, stupendo tutti quanti – Kaltz gli aveva addirittura chiesto se non fosse masochista -, non lo aveva mai fatto semplicemente perché ogni volta che si avvicinava al Kaiser per prenderlo a pugni e incrociava i suoi occhi si bloccava, lo faceva automaticamente dopo una solo occhiata e non perché lo sguardo di Schneider fosse dolce, pentito o altro, ma sempre per via di quella strana sensazione di nostalgia che lo assaliva e a cui non riusciva dare un significato o una risposta, non riusciva a picchiarlo quindi… lo perdonava, sfogandosi poi con Tsubasa – aveva provato a farlo una volta con il suo quartetto preferito della Shutetsu, ma Taki e Kisugi avevano iniziato a fare complotti contro Karl… quanto gli volevano bene i suoi ragazzi - la sera che cercava di consolarlo.
Così era nata la sua profonda (?) amicizia con Karl Heinz Schneider e così aveva scoperto – Genzo – di avere una scorta di pazienza che si avvicinava, senza scherzare, quasi all’infinito.

Così erano passati tre anni, tra alti e bassi.

Adesso Genzo si trovava nuovamente al fianco del Kaiser biondo a giocare contro la sua nazionale, gli faceva male da una parte ma dall’altra sapeva che era necessario farlo, per questo fece un nuovo commento duro a Wakashimazu quando Karl gli fece il terzo goal.
Hyuga – il capitano – era già pronto ad andargli contro per difendere il suo portiere ma tutti furono distratti da un improvviso quanto atteso arrivo.
Il cuore del portiere iniziò a battere velocemente, un sorriso si allargò sul volto senza che potesse fare niente per fermarlo, gli occhi iniziarono subito ad osservare quella figura che era così cresciuta in quei tre anni di lontananza ma lo sguardo, oh quello sguardo nero lo riconosceva senza alcuna difficoltà: Tsubasa Ozora era appena arrivato a bordo campo e non vedeva l’ora di gettarsi nella partita per ribaltare il risultato.
“Tsuba-“
Iniziò a chiamarlo per salutarlo ma fu fermato da una voce che si sovrappose alla sua.
“Fratellino!”

Karl si era svegliato – quel giorno – con delle aspettative, aspettative alte tra l’altro, ma si erano infrante tutte una dopo l’altra lasciandolo confuso all’inizio e arrabbiato poi, si portò quella rabbia sul campo verde e la usò tutta per segnare contro gli avversari, non provò pena per il portiere del Giappone, se perfino Genzo faticava ancora a stare dietro ai suoi tiri, figurarsi come poteva pararli quel ragazzo – Wakaqualcosa… possibile che i portiere del Giappone avessero tutti il cognome simile?! Un po’ d’inventiva! – ma non provò nemmeno sollievo come sperava… strinse tra i pugni la stoffa dei pantaloncini e si morse forte il labbro inferiore, nascondendo gli occhi con la frangia bionda.
Dove sei?
Gli domandò ancora una volta nella sua testa - girandosi per tornare alla sua posizione - gli rispose un brivido caldo su per la schiena che lo portò ad alzare di scatto lo sguardo.
I limpidi occhi azzurri ne incrociarono un paio nero profondo.
La rabbia nel suo corpo si sciolse come neve al sole, lasciando posto solo alla felicità più pura, all’amore più intenso, alla gioia più genuina.
“Sei qui”
Mormorò iniziando a tremare mentre il ragazzo gli sorrideva.
“Sei qui!”
Urlò cominciando a corrergli incontro.
Superò i suoi compagni che guardavano curiosi la scena, superò gli avversari che si erano avvicinati per salutare il nuovo arrivato, e quando fu abbastanza vicino, quello spalancò le braccia pronto ad accoglierlo, gli occhi sempre fissi nei suoi.
“Fratellino!”
Urlò buttandosi addosso a Tsubasa – che lo strinse con forza quasi soffocante, proprio come voleva Karl – e facendo finire entrambi a terra, ridendo.
“Finalmente sei qui!”
“Sì, sono qui!”
Avvicinarono i volti e fecero strusciare delicatamente i loro nasi uno contro l’altro, imitando il bacio eschimese.

“Sono… l’unico che si è… perso qualcosa?”
Bisbigliò Ishizaki girandosi lentamente verso Takasugi vicino a lui, indicando i due ancora per terra.
“Lo ha chiamato fratellino!”
“Sì, è vero, l’ho sentito anch’io!”
“Lo abbiamo sentito tutti”
Aggiunse Matsuyama, mettendosi in mezzo a Kazuo e Masao.
Di comune accordo entrambe le squadre – perché anche l’Amburgo era rimasto scioccato davanti all’atteggiamento del loro giocatore migliore – si girarono verso l’unico che poteva avere le risposte, doveva averle (!) visto che aveva passato del tempo sia con uno sia con l’altro, ma anche Wakabayashi aveva un’espressione stranita sul volto.
“Non credo siano solo fratelli”
Esclamò Jun – attirando l’attenzione di tutti su di sé - arrivando in campo dopo aver osservato attentamente i due che, nel frattempo, si erano messi a sedere sul prato e guardavano tutti con un sorriso in volto, tranquilli nonostante avessero appena scatenato il caos.
“Che vuoi dire?”
Gli chiese Hyuga, incrociando le braccia al petto.
“Non avete visto la grande somiglianza? Certo, non sono come i Tachibana ma…”
“Misugi ha ragione”
Lo interruppe Tsubasa, guardando Karl e ridendo con lui.
“Noi due siamo gemelli”
Esclamarono poi in coro, uno in giapponese e uno in tedesco.
Di nuovo entrambe le squadre si girarono verso l’ SGGK, di nuovo con una domanda in mente… possibile che lui non si fosse accorto di niente?! Dall’espressione da pera cotta appena caduta dall’albero che aveva Wakabayashi intuirono che no, non se n’era accorto neanche lui…
“Io un controllino alla vista lo farei eh, tanto per sicurezza”
Gli suggerì Ryo mentre i ragazzi dello Shutetsu andavano a pattargli la schiena.

Kodai aveva incontrato Agathe in un periodo di pausa tra un viaggio per mare e l’altro, era appena arrivato ad Amburgo e una tremenda pioggia lo aveva colto giusto quando era uscito dalla stazione dei treni, era corso a cercare riparo ma fece comunque in tempo a bagnarsi dalla testa ai piedi prima di entrare in un caldo bar dove gli si avvicinò immediatamente una cameriera preoccupata, Agathe gli aveva porto un fazzoletto e quando la mano di Kodai toccò la sua nel prenderlo scoccò la scintilla.
Scintilla che si spense a malapena un mese dopo, quando il giapponese dovette ripartire per mare, ma quella scintilla ne aveva accese altre due e nove mesi dopo si ritrovarono ad essere genitori di due adorabili gemelli che chiamarono – rispettivamente – Karl e Tsubasa.
L’amore per quei piccolini era grande sia da parte di Agathe che da parte di Kodai, ma l’amore tra di loro si era spento, forse addirittura non c’era mai stato, per non far torto a nessuno i genitori decisero di separarsi tenendo ognuno un bambino con sé: Karl restò in Germania con la madre, prendendo poi il cognome di Rudi quando questi si sposò con Agathe e lo adottò, Tsubasa invece andò in Giappone con il padre – che fece ottenere al piccolo la cittadinanza giapponese -, dove Kodai s’innamorò di Natsuko e la sposò.
I quattro adulti rimasero sempre in buoni rapporti nel corso degli anni, i genitori facevano in modo che i gemelli s’incontrassero spesso ma la Germania e il Giappone rimanevano comunque troppo lontani.
Almeno, questo era il pensiero di Karl fino a quando non si ritrovò un pezzo di Giappone nella sua squadra.
Non gli era piaciuto subito Genzo ma aveva i suoi motivi – il biondo – per pensarla così, insomma si era appena presentato alla squadra e già non smetteva di fissarlo con parecchia insistenza, non sapeva che era maleducazione farlo? Eppure quando andava a trovare il suo fratellino trovava solo giapponesi educati anche oltre il limite, pensò Karl iniziando a guardarlo a sua volta, ma male.
Non si era avvicinato – dopo le presentazioni - insieme agli altri per fare conoscenza, non gli interessava particolarmente, preferiva allenarsi con i palleggi.
“… si chiama Tsubasa Ozora…”
La palla rimbalzò per terra mentre lui si girava di scatto nel sentire il nome del suo gemello, davvero quel tizio lo conosceva? Aveva giocato con lui?
Se ne stette in disparte, continuando ad ascoltare le lodi che quel portiere tesseva su Tsubasa e gongolando nel sentire qualcuno che parlava in quel modo del suo fratellino e delle sue doti calcistiche, ma arrivati a un certo punto del discorso quasi si strozzò con la saliva: sul serio era riuscito a pararlo? Lui? Il suo piccolo Tsubasa? Non ci credeva, quel ragazzo stava mentendo, nessuno riusciva a parare il suo fratellino, pensò il biondo iniziando ad arrabbiarsi.
Adesso si sarebbe visto, se era davvero così bravo quel Genzo, come diceva di essere.

Bravo era bravo, parare lo aveva parato… che lo avesse fatto con la faccia era un dettaglio non tanto trascurabile quanto esilarante.
Karl lasciò in fretta il campo una volta finiti gli allenamenti – ignorando le continue proteste di Kaltz che gli borbottò dietro quanto fosse asociale -, e una volta abbastanza lontano da esso tirò fuori il cellulare dal borsone.
“Karl che succede?”
Gli chiese Tsubasa con la voce assonnata, in Giappone era notte fonda, ma il fusorario non gli aveva mai impedito di rispondere alle chiamate improvvise da parte del gemello.
“Non indovinerai mai chi mi ha appena parato con la faccia!”
“Con la faccia…?”
Il biondo scoppiò a ridere e gli rivelò il nome – storpiando malamente il cognome perché non se lo ricordava ancora -.
“Ma sta bene adesso?!”
Si agitò Tsubasa ormai completamente sveglio.
“Credo di sì, il mister lo ha portato subito in infermeria a medicarlo, è la prima volta che mi parano in questo modo”
“Vedrai che presto riuscirà a pararti anche in modo normale, conosco bene Wakabayashi ormai”
Rise il moro dopo aver tirato un sospiro di sollievo.
“Sarà…”
Borbottò il biondo, guardando il cielo che andava man mano oscurandosi e ghignando quando un’idea gli passò per la testa.
“Senti Tsu… ti va di fare un gioco?”
“Uhm?”

Avevano deciso di comune accordo di non rivelare a nessuno il fatto che fossero gemelli, non volevano che il loro gioco – quella piccola cosa che li univa come un sottile filo resistente nonostante fossero lontani km e km – venisse costantemente messo a paragone e infine rovinato, volevano giocare a calcio tranquilli, andando ognuno per la sua strada fino a quando non si sarebbero incontrati e sfidati al mondiale, a quello puntavano entrambi e solo durante quello avrebbero detto la verità alle rispettive squadre, così si erano promessi.
Una piccola eccezione, però, potevano sempre farla.
Il gioco proposto da Karl consisteva nel fare continue domande uno sull’altro a Wakabayashi così da portarlo o all’esasperazione o alla soluzione finale, Tsubasa non era molto convinto di metterlo in pratica ma il maggiore riuscì a convincerlo alla sua maniera – il suo fratellino non resisteva mai quando lo pregava con la sua vocina dolce -, così il giorno dopo iniziarono… con scarsi, scarsissimi risultati… il portiere rispondeva a tutte le loro domande con entusiasmo, ma non si era mai lontanamente chiesto perché ne facessero così tante, non aveva mai provato a sovrapporre i loro volti nella sua testa, Tsubasa ammise di essere contento di questo, significava che per lui erano due giocatori ben distinti ed erano quello che avevano sempre voluto da parte di tutti.
“Sì ma… sicuro che ci vede bene?”
“Karl…”
“Insomma, è un mese che gli stiamo addosso!”
“E’ impegnato in tante e varie cose, non puoi pretendere che pensi a noi tutto il giorno”
“E non lo voglio nemmeno, ma andiamo, a me vede tutti i giorni, a te parla tutte le sere, uno prima o poi deve arrivarci per forza al fatto che ci assomigliamo, anche solo per caso lo deve aver pensato almeno una volta”
“Ma non volevi farlo esasperare, tu?”
Rise Tsubasa, scommettendo che il gemello fosse arrossito.
“… Ho cambiato idea, okay?”
Borbottò Karl al telefono, sentendo improvvisamente caldo al viso.
Aveva iniziato a fare amicizia con Genzo, non gli sarebbe dispiaciuto se fosse stato lui a mantenere il segreto suo e del suo fratellino, era certo che poteva fidarsi.
“A questo punto non è meglio dirglielo direttamente?”
Chiese il moro.
“Non sarebbe divertente! Dobbiamo solo aumentare la pressione, lascia fare a me!”

“No, non ho sentito Tsubasa ieri sera e comunque non sono affari tuoi di cosa parliamo e di cosa sta facendo adesso in Giappone!”
Karl aveva sgranato gli occhi davanti a queste parole dure, non s’immaginava che Genzo potesse rispondergli in quel modo e non poteva nascondere di esserci rimasto male.
Ci si era arrovellato sopra tutta la sera su quelle parole - chiedendosi se davvero non avesse esagerato - ed era andato a ripercorrere con la mente tutte le giornate indietro per avere una risposta, facendo questo aveva notato una cosa: l’argomento preferito di Wakabayashi era il suo fratellino.
Aveva parlato anche della Shutetsu, di Taro e del campionato, ma ogni volta finiva per ricadere su Tsubasa e ogni volta che parlava di lui il suo tono si addolciva automaticamente, così come gli occhi che si accendevano quando ricordava le poche partite che erano riusciti a giocare insieme, non si faceva complimenti nel lodarlo, non saltava mai il loro appuntamento serale...
“Vuoi vedere che…?!”
Urlò Karl mettendosi seduto di scatto sul letto – dove si era perso a ragione -.
La frase che gli aveva urlato quel giorno… Genzo non aveva voluto rispondergli perché era geloso di Tsubasa!
Genzo era innamorato di Tsubasa!
Del SUO Tsubasa! Il suo gemello, il suo fratellino, la sua metà!
“Questa è guerra!”

“Adesso basta, ieri gli hai nascosto il capellino su un albero, oggi gli hai tirato nuovamente il pallone in faccia, smettila di comportarti come un bambino e chiedigli scusa!”
Gli urlò Tsubasa al telefono.
“Ha iniziato lui!”
Urlò Karl di rimando con il broncio.
“Karl!”
Il biondo non avrebbe smesso – non subito perlomeno -, era diventata una questione di principio, Genzo aveva messo gli occhi sopra il suo piccolo Tsu e lui voleva fargli capire d’anticipo cosa gli sarebbe aspettato, se avesse anche solo osato pensare di provare a metterci sopra anche le mani.

Dichiarò tregua dopo che Tsubasa minacciò di non parlargli per un anno intero.

“Capitano?”
Chiamò Wakashimazu, avvicinandosi un momento a Hyuga.
“Sì?”
“Dobbiamo fare qualcosa per Wakabayashi?”
Domandò osservando preoccupato – come tutti gli altri del resto – il collega portiere che aveva un’inquietante tick all’occhio destro mentre osservava il biondo dei gemelli che gli faceva la linguaccia abbracciato al fratello, i due avevano appena finito di raccontare del loro tentativo – alquanto bizzarro e fantasioso, lo aveva apostrofato così Jun – di far notare a Genzo della loro somiglianza e dell’ ‘offesa’ che questo aveva fatto al maggiore, rifiutandosi di parlare con lui del gemello.
“Tu cosa dici?”
Rise ghignando, Kojiro, intenzionato a godersi quel momento fino alla fine.
“Scusa se non te l’ho detto, ma non resisto quando Karl mi fa la vocina dolce…”
Si scusò, ancora, Tsubasa, sorridendo tirato mentre si lasciava stringere dal Kaiser.
Genzo gli annuì – mentre Kaltz chiedeva ai compagni se davvero Schneider avesse una vocina dolce – e prese un grosso respiro, non era arrabbiato con lui, no.
Si tolse il cappellino e lo lasciò in mano a Izawa.
Si avvicinò ai gemelli.
Prese un altro grosso respiro.
Portò la testa all’indietro e… diede a Karl tutti gli arretrati di tre anni.

“Congratulazioni per la vittoria”
Mormorò Ozora ai due davanti a lui, indeciso se mettersi a ridere o meno.
Sulle fronti di Karl e Genzo spiccavano ormai ben visibili i due bernoccoli dovuti alla testata del portiere contro il Kaiser.
“Sapete? Sembrate gemelli”
Cercò di sdrammatizzare ma, dalle due occhiate assassine che ricevette, capì che era meglio starsi zitto fino a nuovo ordine.

In seguito a quel giorno, quando iniziò il mondiale, le due nazionali giovanili del Giappone e della Germania si ritrovarono ad essere molto più vicine di quanto volessero.
I mister delle due squadre avevano provato a tenere i gemelli lontani, ricordando loro che in quanto capitani avevano parecchie responsabilità nei confronti degli altri ragazzi, ma i fratelli avevano giurato che non sarebbero mai stati un peso né per le loro squadre né per quella del rispettivo gemello, davanti a quella promessa e alle prove che Tsubasa e Karl portarono in seguito ad essa… i due uomini capitolarono, specialmente davanti ai sorrisi che facevano i due ogni volta che uno vinceva una partita e trovava il gemello pronto a festeggiare con lui.
I loro compagni non ebbero molto da ridire.
Kaltz e Taro – che i gemelli avevano trovato davanti alla Torre Eiffel mentre si allenavano insieme – si erano ritrovati ad avere, una sera sì e una no, un ospite in camera: una sera Tsubasa andava a dormire da Karl, la sera dopo era Karl ad andare a dormire da Tsubasa, e se il moro si era fatto qualche scrupolo chiedendo ad Hermann se gli desse fastidio la sua presenza, il biondo al contrario si era accampato senza chiedere niente, iniziando perfino a giocare a carte con Taro e stracciando con il lui il suo fratellino che ogni volta finiva per mettere su un adorabile broncio – tradito dalla sua metà in campo e dalla sua metà nella vita, che grama vita… -, i due gemelli era abituati a dormire insieme ogni volta che si riunivano, poco importava se il letto era singolo e striminzito e ogni tanto uno dei due finisse per terra durante la notte, volevano approfittare di ogni momento possibile per stare vicini prima di doversi separare di nuovo, gli amici lo avevano capito e avevano accettato il tutto con un sorriso… scambiandosi di nascosto le foto imbarazzanti che facevano ai due quando dormivano – Genzo e Kaltz si erano promessi di ricattare il Kaiser a vita con quelle -.
I gemelli Tachibana approfittarono dell’occasione per creare il rinomato ed esclusivo ‘club dei gemelli’ dove Karl era stato praticamente costretto ad entrare, ma borbottò per poco il biondo, presto iniziò a fare comunella con Kazuo e Masao, propose anche a Tsubasa di provare a riproporre una delle tecniche dei due ma Ozora si rifiutò categoricamente, non ci teneva ad avere altri infortuni, portando i Tachibana a lamentarsi – “Fai rovesciate che non stanno né in cielo né in terra e ti lamenti seriamente delle nostre tecniche?!” -.
Con Ishizaki, Karl, trovò un’inesauribile fonte di risate – “Non ride spesso ma quando lo fa, lo fa con tutto il cuore” spiegò Tsubasa a un Hyuga perplesso che aveva catalogato il biondo come ‘ghiacciolo’ -, si ritrovò a parlare di argomenti interessanti con Jun e Hikaru e subì in silenzio – o meglio, costretto al silenzio dal gemello  – le pallonate che ogni tanto gli lanciavano contro Taki, Kisugi, Izawa e Takasugi per vendicare l’ ‘orgoglio ferito’ del loro vecchio capitano.
Tsubasa riuscì a legare allo stesso modo con i compagni del gemello, evitandosi ovviamente le pallonate, soprattutto strinse una forte amicizia con Kaltz che ringraziò molte – tantissime – volte per sopportare e supportare ogni giorno il fratello, facendo sbottare quest’ultimo che giurò di legarsela al dito mentre i due si stringevano la mano ignorandolo bellatamente.

Così passarono i giorni e le partite e così si arrivò alla finale.
Giappone vs Germania.
I gemelli si sarebbero affrontati sul campo.
“Io e te, fratellino, nessuno ostacolerà la nostra sfida!”
Esclamò Karl battendo il cinque a Tsubasa.
“Sì! Ma non credere, sarà il Giappone a vincere!”
“Questo è tutto da vedere, solo perché sei il più piccolo non vuol dire che ci andrò leggero”
“Sarà proprio il più piccolo a dare la batosta al più grande”
I due si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere, appoggiandosi al muro per essere uno di fianco all’altro, quella sera non avrebbero dormito insieme, dovevano essere il più riposati possibile per la partita del giorno dopo, e finire a passare la nottata per terra a causa di una gomitata o un calcio non sarebbe stato d’aiuto alla loro causa, questo però non impediva loro di passare del tempo insieme prima di ritararsi a letto.
“Domani arriveranno anche i nostri genitori”
Mormorò Tsubasa poggiando la testa sulla spalla del fratello.
“Già”
Bisbigliò Karl appoggiandosi a lui di rimando, chiudendo gli occhi e inspirando forte il profumo dei capelli del gemello, era ormai un adolescente fatto e finito eppure continuava ad usare lo shampoo alla fragola che usavano da bambini pensò il biondo sorridendo.
“Potremmo passare qui le vacanze estive dopo il mondiale, che ne dici?”
Gli chiese passandogli un braccio intorno alle spalle, sentendolo sussultare aggrottò la fronte.
“Non ti piace come idea?”
Non ricevette risposta.
“Tsu?”
Chiamò riaprendo gli occhi.
Vide Tsubasa fissare con intensità un punto davanti a loro, portò anche lui lo sguardo nella stessa direzione e perse il sorriso trovando Genzo che parlava insieme a Jun, tornò a guardare il gemello e vide le sue gote iniziare lentamente ad arrossarsi mentre la sua testolina iniziava a fare pensieri sul portiere.
Non era stato difficile accorgersi che Ozora ricambiava i sentimenti che Wakabayashi provava per lui, almeno non lo era stato per Karl, aveva notato praticamente subito che Tsubasa cambiava quando il portiere si avvicinava a lui, gli occhi gli diventavano più liquidi, la voce tentennava e si addolciva, il corpo sussultava, le guance si coloravano, per non parlare poi delle lunghe occhiate che gli lanciava da lontano e i sospiri che tirava ogni tanto… per questo il biondo aveva tentato di tenerli lontani il più possibile durante quei giorni – fallendo miseramente -, era infantile e lo sapeva bene, ma non era pronto a condividere quei già pochi momenti che aveva con il suo fratellino anche con qualcun altro, anche se questo era il suo migliore amico, era geloso e forse lo sarebbe stato per sempre.
Pensando questo lo strinse contro di sé – come a non farlo andare via –, e il gesto riportò Tsubasa da lui.
“Scusa… dicevi?”
Gli chiese mormorando piano.
Karl gli sorrise, avvicinò il viso al suo e strofinò i nasi tra di loro.
“Niente di speciale, andiamo a dormire dai”

“Vado da Karl”
Esclamò Tsubasa andando da loro con un piattino con sopra una grossa e abbondante fetta di torta al cioccolato.
Genzo sorrise teneramente a quella vista, sapeva per esperienza che il cioccolato era il metodo migliore per far passare il broncio al Kaiser.
E che broncio che aveva questa volta, tutto grazie (?) al fatto che il Giappone aveva battuto la Germania 3 a 2.
“Te ne vai senza fare neanche un ultimo giro?”
Gli chiese ridendo Taro, indicando il trenino urlante – capeggiato da Ryo, Kazuo e Masao - formato dai loro compagni euforici, e forse anche un poco ubriachi, per la vittoria.
Misugi – colui che era stato incaricato di sorvegliare tutti gli altri dal mister - accanto a lui gli lanciò un’occhiataccia prima di rivolgersi a Tsubasa.
“Cerca di non addormentarti tardi e svegliati in tempo per il volo di ritorno di domani mattina”
“Farò il possibile mister!”
Gli promise Ozora, facendo sia l’occhiolino che il saluto militare, facendo ridere Misaki e Wakabayashi e sorridere Jun che gli diede un leggero calcio nel didietro quando si voltò per allontanarsi.
“Ricorda a Karl che non mi va di tornare in Germania con un musone di fianco!”
Gli urlò Genzo prima che la porta si chiudesse dietro di lui.
“Dici che ci è rimasto così male?”
Chiese Taro.
“A nessuno piace perdere, Karl soprattutto spicca per questo, ma non credo che gli bruci troppo visto che ha perso contro Tsubasa”
Sorrise il portiere.
“Quei due hanno un legame forte e resistente vista la lontananza”
Si mise in mezzo Misugi mentre portava il cellulare davanti a loro.
“Che stai facendo?”
S’incuriosì Misaki.
“Se non puoi fermarli, almeno ricattali con prove imbarazzanti”
Sorrise angelicamente Jun mentre iniziava a riprendere le figure barbine che stavano facendo gli altri.
Taro e Genzo si guardarono scioccati mentre un pensiero comune passò loro per la testa.
Mai – MAI! – far arrabbiare Misugi Jun.

“Spero sia al doppio cioccolato”
Esordì Karl, appena notò la torta che aveva in mano il gemello, subito dopo aver aperto la porta della camera.
“Questo non lo so, ma se vuoi possiamo sbriciolarci sopra una delle tue barrette nascoste”
Propose Tsubasa entrando.
Al biondo s’illuminarono gli occhi ma ritornarono ad oscurarsi praticamente subito, visto che il fratello gli disse che stava scherzando.
“Distruggi sogni, letteralmente”
Borbottò il maggiore sedendosi a gambe incrociate sul suo letto – quello di fianco a lui era vuoto siccome Hermann era andato a festeggiare con gli altri, non erano i primi ma un secondo posto era comunque un secondo posto -, il minore si mise davanti a lui e poggiò il piattino in mezzo a loro.
“Non sei uno che si ferma per così poco”
Ghignò Tsubasa prendendo la forchetta, che il gemello gli passò dopo aver preso il primo pezzetto di torta, per poter mangiare insieme.
“Puoi scommetterci, tra quattro anni ti farò il sedere”
“Oh, è tutto da vedere questo fratellone”
Risero e continuarono a mangiare la torta fino a quando non ne rimase che un pezzetto che Karl decise di lasciare a Tsubasa.
“Tsu?”
Lo chiamò quando mentre quello era impegnato a ‘infilzare’ il pezzetto che continuava a sgretolarsi.
“Sì?”
“Vieni con me a Monaco”
Ozora si bloccò, alzò lo sguardo per potarlo in quello azzurro del gemello e, vedendolo così serio, decise di lasciar perdere il dolce per potergli rispondere altrettanto seriamente.
“Lascerai l’Amburgo?”
“Sì, i ragazzi lo sanno già… vieni con me, potremmo giocare insieme tutti i giorni, saremmo imbattibili!”
Esclamò il biondo spostando il piatto sul comodino per potersi avvicinare di più al gemello, quello lo guardò triste e portò una mano ad accarezzargli la guancia.
“Karl… dopo aver preso la licenza media in Giappone, ho intenzione di andare in Brasile”
Schneider sgranò leggermente gli occhi ma alla fine sospirò, sfiorò un attimo quella mano calda prima di buttarsi addosso all’altro per stringerlo.
“Sei sempre stato tu il più forte tra noi due fratellino”
Mormorò nascondendo il viso nel suo petto.
Tsubasa sorrise teneramente e gli accarezzò con dolcezza i morbidi capelli biondi, Karl era il maggiore ma era anche il più fragile per quanto riguardava lo stare lontani l’uno dall’altro, in quei momenti aveva solo bisogno di essere rassicurato con qualche coccola.
“E’ il nostro sogno dopotutto”
“… Solo nostro?”
Chiese Karl alzando il volto.
Quella domanda sorprese il minore che non capì subito che cosa gli volesse dire il gemello, ma ci arrivò poco dopo, d’altronde lui era un libro aperto per il biondo, non si aspettava di tenergli nascosti troppo a lungo anche i sentimenti che aveva scoperto di provare in Giappone per Wakabayashi, quando questi era andato via.
“Karl-“
Quello non lo fece finire di parlare, si avvicinò e strusciò il naso sul suo imitando il bacio eschimese, era il loro gesto, lo era diventato quando da piccoli avevano visto un documentario insieme e avevano deciso che si sarebbero detti così ‘ti voglio bene’, dopo tornò a stringerlo con forza, imitato subito dopo dal moro che lo strinse con altrettanta forza.
Kaltz li trovò addormentati così, stretti uno tra le braccia dell’altro.

“Lo rivedrai presto”
Genzo sorrise in modo consolatorio a Karl, battendogli una pacca sulla spalla.
Il biondo Kaiser aveva in viso un muso che andava man mano ingrandendosi mentre guardava il suo adorato fratellino allontanarsi con i compagni di squadra, dritti verso il loro imbarco che li avrebbe riportati in Giappone, si sarebbero dovuti separare per due lunghe settimane prima di potersi rivedere per le vacanze estive che avrebbero passato insieme – come ogni anno -.
Era stato difficile salutarsi, una volta in aeroporto, dopo essere stati sempre insieme per giorni, si erano stretti così forte che le dita delle mani – che stringevano i vestiti dell’altro – erano sbiancate ad entrambi, ma erano abituati a farlo, così lo avevano fatto sorridendosi e strusciando delicatamente tra loro i nasi.
Il sorriso, però, si era spento automaticamente sul viso di Karl non appena Tsubasa gli ebbe dato la schiena.
Il portiere aveva assistito al tutto – dopo aver salutato a sua volta, con qualche difficoltà, Ozora – e cercava in qualche modo di tirarlo su di morale, il biondo sapeva che era quello il suo intento, ma guardò comunque con mal celato odio quella mano sulla sua spalla, non riusciva a reprimere quella gelosia che gli saliva nel petto non appena posava lo sguardo limpido su Wakabayashi, dopo la sera passata forse era addirittura aumentata.
Si tolse bruscamente la mano di dosso e andò contro l’amico, dandogli una spallata che fece vacillare il portiere e che lo sconvolse.
“Schneider…?”
Chiamò incredulo.
Karl si allontanò per un po’, poi si voltò di scatto e lo guardò minaccioso.
“Anche se siamo amici, non hai alcun diritto sul mio fratellino, sappilo! Non me ne frega nemmeno che hai vinto i mondiali con lui, per averlo dovrai passare sul mio cadavere!”
Gli urlò prima di girarsi nuovamente per andare verso il loro imbarco.
Genzo lo guardò stordito mentre Kaltz – che gli si era avvicinato solo dopo aver assistito a tutta la scena – scoppiò in una fragorosa risata.
“Amico mio”
Iniziò battendogli parecchie pacche sulla schiena.
“A me sembra una vera e propria dichiarazione di guerra”

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Capitolo 2
*** Futago Future ***


Angolino della Robh: Buonasera a voi dolci fan di gnocchi giocatori! ♥
Ordunque (?!), eccomi con il secondo aggiornamento di questa pazza e stramba mini-long u.u, mi aspettavate con ansia, non è vero? ♥
*Coro da stadio che urla un grande 'no'*
Bene! u.u''' (xD)
Tornando un attimo seri, ma soprattutto, tornando alla storia, nello scorso capitolo vi avevo detto che ci sarebbe stata una grossa differenza con il manga e credo che l'abbiate capita tutti quanti, quindi, domanda generale: ma Marie, sorella minore di Karl, dove cavolo è finita? Risposta: semplicemente ho spostato la sua nascita.
Vi dirò la verità, ero parecchio indecisa se metterla (o almeno citarla) o meno, ci ho rimuginato sopra parecchio prima di confidarmi con Santa Serè (♥) che mi ha suggerito di fare come più mi sentivo, siccome mi veniva male 'eliminarla' perchè comunque è molto importante per il Kaiserino, ho deciso di farla 'comparire' quando i due gemelli sono ormai grandi, spero che questa mia scelta non abbia fatto storcere il naso a nessuno, volevo che la storia si concentrasse di più sul rapporto di Karl e Tsubasa (e sul rapporto di questo con Genzo), lei non avrei saputo come inserirla senza fare un pastrocchio (come se non lo fosse già >.>''') quindi... passatemela pls ç.ç ♥.
Passando poi ad un'altra questione... la madre di Karl, amori miei, io sono andata a cercare informazioni su di lei, ho sfruttato anche le doti da investigatrice di Serè, ma non sono riuscita a trovare manco il nome O.O, per questo sono andata totalmente a random, sia con il nome che con il carattere, non so davvero se anche con lei sono caduta nell'OOC, spero nel caso possa piacere comunque, ammetto poi che io mi diverto sempre a scrivere delle mamme quindi spero anche che possa farvi ridere xD.
Concludo qui le spiegazioni, non mi sembra di dover specificare altro, ma nel caso chiedete pure e non esiterò a rispondervi nelle recensioni ^^.
Che posso dire ancora, mi auguro nuovamente che possa piacervi, magari a qualcuna/o di voi può sembrare esagerato l'OOC di Karl (ammetto anch'io di averlo pensato un poco), ma io lo volevo fare così, volevo farlo divertente, farlo geloso del suo fratellino, farlo... se volete scoprire l'ultimo lato di questo Kaiserino, dovrete leggere u.u (*Serè piange commossa che Robh ha imparato a ricattare da lei*).
Ordunque (?!), la finisco qui per vostra somma gioia, augurandovi una buona lettura come sempre ^^ ♥.
Ci vediamo venerdì prossimo con l'ultimo aggiornamento ♥.


Ps: ♥ Andrà tutto bene ♥

 

Il cuore gli rimbombava nel petto come se stesse per giocare l’ultima partita di campionato, gli occhi si spostavano veloci sul cartellone degli arrivi, le mani sudate non riuscivano a stare ferme, così come i piedi che lo portavano a fare avanti e indietro. 
“Se continui così, farai un buco sul pavimento”
Lo rimproverò, ridendo, per l’ennesima volta Kaltz, che fu prontamente ignorato come le volte prima.
Non c’era niente da fare, quando si parlava di aspettare l’arrivo di Tsubasa Ozora, Genzo Wakabayashi non riusciva a calmare l’ansia e l’aspettativa… che insieme al moro poi, arrivasse anche Karl Heinz Schneider, era tutta questione di dettagli, non insignificanti, ma dettagli.
I gemelli stavano arrivando con il treno da Monaco, dove Tsubasa era atterrato il giorno prima per poter stare un po’ con il fratello prima di stabilirsi in Spagna, dove avrebbe provato a continuare la sua carriera con il Barcellona, era un passo importante per lui, per il suo sogno e per il suo futuro e aveva bisogno di sentire il sostegno fisico della sua metà di vita per compierlo con tutte le sue forze, così – invece che recarsi subito in Spagna – aveva deciso di stare una settimana in Germania con Karl… e con Genzo, approfittando del fatto che sarebbero andati a stare ad Amburgo da Agathe – che non era andata a Monaco con il marito e il figlio perché aveva voluto continuare la sua carriera lavorativa, invece che stare a casa -.
Tsubasa, subito dopo essere atterrato in terra tedesca, aveva chiamato il portiere per chiedergli se gli andasse di aspettarli in stazione, mormorandogli sottovoce – per non farsi sentire dal gemello, a cui fischiarono comunque le orecchie - che gli sarebbe piaciuto rivederlo ora che erano vicini, ecco spiegato il motivo per cui Wakabayashi stava facendo un solco nel pavimento.
“Mi sembra di vedere una testolina bionda e una mora di nostra conoscenza”
Disse a un certo punto Hermann, inclinando la testa per vedere meglio.
“Dove?!”
Esclamò l’altro, guardandosi intorno.
“Asp- eccoli!”
Urlò il biondo indicando davanti a loro.
“Tsubasa!”
Urlò, allora, Genzo iniziando ad andargli incontro per farsi vedere.
Il calciatore incrociò subito gli occhi neri con i suoi verdi e, sorridendogli, gli corse letteralmente tra le braccia, gettandogli le braccia al collo – facendo volare il borsone che mancò Kaltz per poco – e nascondendo in esso il volto, per non far vedere a nessuno il rossore che iniziava ad espandersi sulle sue gote, Genzo se lo strinse contro di rimando passandogli con forza la mani sulla schiena, chiudendo gli occhi e premendo il naso tra i suoi capelli, inspirando il profumo di fragola che emanavano.
“Grazie per essere venuto… mi sei mancato”
Bisbigliò Ozora.
A quelle parole, il portiere lo strinse con più intensità, godendosi quel momento… che durò ancora per pochi secondi, sentendosi osservato con insistenza, Genzo riaprì gli occhi e ne incrociò un paio azzurro che lo guardava molto, molto male.
“Le mani, te le taglio”
Gli mimò Karl con le labbra mentre si avvicinava a loro.
“Ciao a te, Schneider”
Disse Wakabayashi, facendo finta di niente e lasciando andare la presa solo dopo qualche altro secondo, giusto per farlo arrabbiare ancora un po’.
Karl non rispose, lo fece il suo sguardo assassino per lui.
“A me non saluta nessuno? Ho anche recuperato il bagaglio!”
Si mise in mezzo Kaltz per evitare l’arrivo di un momento imbarazzante – ne sopportava già tanti durante le partite Amburgo – Monaco e viceversa -.
“Scusa Kaltz!”
Esclamò Tsubasa andando a prendergli il borsone e salutandolo come si conveniva, abbracciando pure lui.
“A Hermann non dici niente, eh?”
“Chiediti il perché”
Genzo e Karl avrebbero continuato volentieri a lanciarsi frecciatine mirate e piccate ma, per il momento, si diedero tregua, siccome dovettero andare dietro a Kaltz – “Tu non mi saluti, Schneiderino?” “Non ti è bastato il goal dell’altra sera come saluto?” – che iniziò a trascinare il gemello tranquillo verso le fermate dei taxi, nel quale si accaparrò il posto davanti, mica era scemo lui.
Tsubasa aveva pensato di mettersi in mezzo tra il fratello e il portiere, voleva evitare che i due andassero avanti con le frecciatine che – sapeva benissimo – si sarebbero scambiati se fossero stati vicini, ma Karl fu più svelto di lui e gli rubò il posto, ricominciando a stuzzicare il portiere.
“Non ti dispiace, vero?”
Domandò retoricamente a Genzo, sorridendogli innocentemente mentre portava un braccio sulle spalle del gemello e se lo stringeva contro.
“Figurati”
Sbiascicò Wakabayashi per non dargli soddisfazioni.
Tsubasa si scambiò uno sguardo eloquente con Hermann grazie allo specchietto… sarebbe stata una lunga settimana.

“Tsubasa!”
Urlò Agathe aprendo la porta di casa.
“Ciao mamma!”
Esclamò a sua volta il moro, abbracciando contento la donna bionda.
“Ehi, io sono il figlio del vicino per caso?”
Fece finta di borbottare Karl ridendo.
I due risero con lui e lo fecero unire all’abbraccio caldo che si scambiarono.
“Mi siete mancati piccoli…”
“Mamma…”
Rise Karl, scambiandosi un’occhiata con il gemello.
“Non siamo più tanto piccoli”
Continuò Tsubasa ridendo.
“Ah, davvero?”
Iniziò Agathe, staccandosi un poco da loro.
I gemelli la guardarono confusi ma pochi secondi dopo iniziarono a sentire un dolore acuto alle orecchie.
“Perché non mi sembra proprio! Guardate come siete sciupati, si può sapere cosa mangiate da soli?! Schifezze?! Non osare replicare Karl Heinz, Rudi mi ha detto tutto sulla tua scorta segreta di cioccolato e non parliamo di te Tsubasa! Io e Natsuko abbiamo passato un sacco di notti in bianco quando non davi notizie per giorni in Brasile, una chiamata ogni tanto potevi farla sai?! Invece no, sempre noi povere mamme a rincorrerti e a fare le figure di quelle che si preoccupano troppo! Due scapestrati ho per figli, altro che calciatori famosi!”
Borbottò Agathe trascinando dentro casa i figli, tirandoli per le orecchie.
“Mi dispiace, mi dispiace, non lo faccio più!”
Urlò Tsubasa mentre a Karl iniziarono a lacrimare gli occhi.
“Facile dire scusa adesso, imparate a non farmi preoccupare piuttosto!”
Finì la donna lasciandoli andare e guardandoli severamente.
I gemelli si sentirono nuovamente come se avessero 5 anni quando le promisero che da quel momento in poi avrebbero fatto i bravi, ma ehi, meglio quello che una nuova tirata d’orecchie, la bionda aveva una certa presa – imparata nel corso degli anni e testata ogni volta che i due decidevano di fare come volevano loro – che avrebbe fatto rabbrividire qualunque portiere.
“Bene!”
Disse Agathe prima di cambiare totalmente espressione, sorridendo dolcemente ai due, si avvicinò a loro per lasciargli delle carezze sulle guance.
“Andate a sistemare i bagagli, io intanto preparo il thè”
“Fa sempre così in questo periodo?”
Chiese a bassa voce Tsubasa al fratello, mentre la madre si allontanava in cucina.
“Da quando è entrata nel quinto mese i suoi cambi d’umore sono peggiorati”
Rispose Karl sempre a bassa voce, massaggiandosi l’orecchio arrossato.
Gli occhi dei due s’illuminarono contenti al pensiero che ancora quattro mesi e avrebbero avuto una sorellina tutta da coccolare.
Dopo parecchi anni, Agathe e Rudi erano riusciti nel loro sogno di avere un figlio tutto loro, all’inizio avevano avuto paura di rivelarlo a Karl ma il biondo aveva preso la notizia più che bene, esultando prima con loro abbracciandoli, poi correndo ad informare il gemello che esultò a sua volta.
La loro famiglia si sarebbe allargata ancora con un nuovo prezioso membro, se sopportare i cambi di umore frequenti della madre era il prezzo da pagare per poter vedere Marie – nome deciso da Agathe, che non aveva fatto ribattere Rudi neanche con ‘A’ -, a loro andava più che bene.

“Come sta andando il trasloco in Spagna?”
Chiese Agathe, una volta che furono tutti e tre seduti al tavolo con delle tazze fumanti di thè davanti.
“Bene, ho già trovato un appartamento carino dove stare, è locato abbastanza bene anche quindi potrei muovermi tranquillamente a piedi, il tuo a Monaco?”
Sorrise Tsubasa, prendendo un biscotto dal piatto davanti a loro.
“Sta andando”
“Io e papà abbiamo inscatolato metà delle sue cose, ma andiamo a rilento per via degli allenamenti a Monaco e lei non può agitarsi troppo”
Spiegò Karl.
“Potrei darti una mano io, intanto che sono qua”
“E’ un’idea”
I gemelli iniziarono a parlare di scatole, scatoloni, cose fragili, vestiti e altro mentre si finivano i biscotti e ignorando quasi del tutto il thè, Agathe ridacchiò – quanto erano golosi i suoi figli! – nascondendosi dietro la sua tazza, le sembrava di rivederli quando seduti a quel tavolo facevano merenda uno dei tanti pomeriggi estivi che avevano trascorso in quella casa… i suoi bambini.
Si mise ad osservarli appoggiando i gomiti sul tavolo.
Erano arrivati all’improvviso, dopo aver chiuso una relazione che era sicura di non riaprire mai più, ma li aveva amati comunque fin dal primo momento ed era scoppiata a piangere con loro, la prima volta che li aveva stretti tra le braccia dopo il parto.
Così piccoli allora, erano cresciuti senza che quasi se ne accorgesse ed ora erano loro che si prendevano cura di lei e della loro futura sorellina, pensò sorridendo, accarezzandosi con cura il ventre.
“A te andrebbe bene così, mamma?”
Chiese Tsubasa, girandosi a guardare Agathe.
“Mamma?”
Chiamò Karl dopo non aver ricevuto risposta.
“Tutto bene?”
Le chiesero in coro.
La bionda annuì mentre sottili e trasparenti lacrime le rotolavano giù per le gote.
“Siete diventati due splendidi uomini anche senza il mio aiuto”
Mormorò sorridendo, fiera di loro.
I gemelli rimasero spiazzati sul momento, ma si alzarono subito dopo essersi scambiati un’occhiata commossa per raggiungerla e baciarle le guance bagnate.
“Mi va bene tutto quello che avete deciso, ma non voglio che vi stanchiate troppo, pensate anche a divertirvi in questi giorni”
“Oh, non c’è problema per quello… vero Tsubasa?”
Disse Karl, fulminando con lo sguardo il fratellino che arrossì, guardando altrove.

Genzo aveva chiesto – poco prima che scendessero dal taxi – al gemello moro se gli andava di passare al campo allenamenti dell’Amburgo nel pomeriggio, così da potersi allenare un po’ insieme.
Inutile dire che Tsubasa accettò contento.
Inutile dire che Karl aveva lanciato uno sguardo agghiacciante al portiere nel frattempo.
Inutile dire che lo sguardo del Kaiser non aveva fermato Wakabayashi dal dare l’indirizzo a Ozora – Karl lo conosceva bene, ma avrebbe sempre potuto dirottarlo… -.
Così, i gemelli si ritrovarono davanti al campo, nel pomeriggio, uno con il sorriso, l’altro con il broncio.
“Siamo sempre in tempo per nasconderci in un bar e strafogarci di cioccolata calda con panna e cacao in polvere”
Cercò di tentarlo il maggiore con la loro bevanda preferita, se ricordava bene, nelle vicinanze doveva esserci ancora il bar dove andava spesso con Hermann e Genzo.
“Se trovi qualcuno che ce le prepari adesso che sta iniziando l’estate, fratellone, sono pronto a seguirti fino in capo al mondo”
“Guarda che ne sarei capace benissimo”
“Karl”
Lo rimproverò Tsubasa sorridendogli e prendendolo a braccetto.
“E’ solo un allenamento”
“Con il nemico”
Borbottò il Kaiser, seguendo comunque il gemello che iniziò ad avanzare.
“Con la tua vecchia squadra”
Lo corresse Ozora.
“Che mi odia perché gli ho fatto due goal l’altra sera”
“Che ti ha risposto con altrettanti goal”
“Non ricordarmelo”
Sbottò il biondo con voce a metà tra il funebre e l’iracondo, odiava i pareggi, gli facevano salire l’acido allo stomaco.
Ridendo, il minore avvicinò il volto al suo e gli lasciò un bacio a schiocco sulla guancia, gesto che fece ridere anche il maggiore, che gli tolse il braccio dal suo per poterlo stringere per le spalle e ricambiare così il bacio sulla guancia.
“Oh ~, che zuccherino che sei Schneiderino!”
Li interruppe Kaltz, avvicinandosi a loro, ridendo con Genzo di fianco.
Insieme a Wakabayashi, avevano deciso di andare in contro ai gemelli dentro la struttura che precedeva il campo da calcio,  per vedere se davvero il Kaiser aveva dirottato da qualche altra parte il fratello – fidarsi è bene, non fidarsi è meglio - e per accogliergli con un sorriso.
“A me non ne dai nemmeno uno?”
Gli chiese poi, abbracciandogli il braccio.
Karl lo guardò male, se lo scrollò di dosso e – staccandosi anche da Tsubasa a malincuore – iniziò a rincorrerlo urlandogli contro che gliene avrebbe dati a migliaia di calci nel sedere, se lo prendeva ancora in giro, come Kaltz si divertiva a fare ogni volta che lo beccava in momenti teneri con il suo gemello.
Tsubasa scoppiò a ridere davanti a quella scena.
“Dovresti vederli quando se ne escono così durante le partite, lo speaker certe volte rimane senza parole”
Lo informò Genzo, avvicinandosi a lui e guardando insieme la scena per qualche secondo prima di riportare lo sguardo sulla sua figura.
“Ciao”
Gli bisbigliò sorridendo.
“Ciao”
Bisbigliò Tsubasa a sua volta, portando gli occhi nei suoi.
Non aggiunsero altro, non ne avevano bisogno, lasciarono parlare i loro sguardi che si fecero man mano più intensi, più languidi, mentre le mani si sfiorarono leggermente, toccandosi piano e con leggerezza, prima – però - che questo sfioramento potesse diventare una stretta vera e propria furono interrotti da Karl che richiamò il fratello.
“Andiamo?”
Chiese guardando freddo e male il portiere.
“Sì”
Annuì Ozora, staccandosi piano da Wakabayashi per andare dal gemello.
“Ci gode proprio ad interrompervi, eh?”
Chiese retoricamente Hermann, andandogli vicino e incamminandosi con lui verso il campo, seguendo i gemelli che si presero per mano.
“Non è un grosso problema… sto iniziando a trovarlo quasi divertente”
“Ma tu sei proprio sicuro di non essere masochista, vero?”
“Non saprei dirtelo con certezza, in effetti”
Amare qualcuno lontano da te poteva essere considerata una forma di masochismo?

“Da separati siete fastidiosi, insieme siete insopportabili”
Sbottò Kaltz dopo un po’ che si stavano allenando.
Avevano deciso di allenarsi formando delle piccole squadre da 2, era parso naturale ai gemelli decidere di giocare insieme ora che avevano una piccola possibilità di farlo, anche se – dopo averli visti i primi minuti – sembrava che non avessero fatto altro da tutta la vita, bastava una semplice occhiata reciproca, solo quella, e i due partivano a gran velocità, scartando Kaltz con passaggi precisi e veloci, facendolo sembrare quasi un bambino alle prime armi che si dannava per bloccare almeno uno dei due, ma anche se ci riusciva, l’altro andava comunque nella zona della porta per tirare contro Genzo, quando si trattava di Tsubasa, il moro cercava sempre di segnargli da fuori area, fallendo ogni volta, ma anche se il goal gli veniva parato, Ozora non perdeva il sorriso e nemmeno Wakabayashi lo faceva, perché pensava la stessa cosa che pensava l’altro: quell’allenamento ricordava loro la prima partita che avevano disputato da avversari, Nankatsu contro Shutetsu.
“Non riesci a starci dietro, Hermann?”
Domandò Karl ghignando, doveva pur vendicarsi in qualche modo delle varie prese in giro dell’altro.
“Ma se ti sto appiccicato al sedere, Schneiderino”
“Che ne dite di scambiare le coppie?”
Propose Genzo all’improvviso, facendo sussultare il Kaiser che sapeva benissimo dove volesse andare a parare il giapponese, ma non fu lui a parlarne.
“Giappone contro Germania?”
Chiese Tsubasa smettendo di bere dalla borraccia.
“Non andiamo bene così?”
Borbottò Karl imbronciandosi, tradito proprio dalla sua metà di vita…
“Non farne una tragedia greca Schneider, abbiamo la possibilità di vendicarci dei mondiali, facciamogliela vedere noi!”
Esultò Kaltz, dando all’altro biondo una sonora pacca sulla spalla.
“A proposito dei mondiali, te ne devo ancora una per avermi battuto a carte con Taro, caro fratellone”
Esclamò Tsubasa, assottigliando lo sguardo divertito.
“Non è colpa nostra se sei una pippa in tutti gli altri giochi all’infuori del calcio”
“Si dice che chi è sfortunato al gioco, è fortunato in amore”
Disse Genzo guardando seriamente il moro, che arrossì leggermente ricambiando lo sguardo.
Pure il viso di Karl iniziò a diventare rosso, ma per la rabbia, e prima che potesse saltare al collo del portiere per strozzarlo, Kaltz pensò bene di spingerlo verso la metà campo.
Ripresero l’allenamento e se l’intesa dei gemelli era forte, quella tra Tsubasa e Genzo non era da meno, tra sorrisi, occhiate ed occhiolini vari i due riuscirono a coordinarsi tra difesa – Ozora cercava di aiutare l’altro a parare Karl quando questo si esibiva nel suo tiro – e attacco – Genzo gli lanciava la palla direttamente ai piedi, sicuro che gli altri due non l’avrebbero fermato tanto facilmente -, e questo non faceva piacere, proprio per niente, a Karl che più li osservava, più sentiva la gelosia crescergli nel petto.
Non era come ai mondiali, in quel momento non c’era la presenza rassicurante di Taro accanto al suo fratellino che riusciva a distrarlo, in quel momento c’erano solo il suo gemello e il suo migliore amico che si sorridevano e la cosa gli stava facendo salire l’acido peggio che i pareggi.
“Prendi questo!”
Urlò, tirando con quanta più forza possibile avesse nella gamba, venendo comunque parato da Genzo – ormai fin troppo abituato a parare tiri del genere da parte sua – che gli sventolò poi la palla ghignando.
“Pallone gonfiato!”
“Come quello che ti ho appena parato, Kaiser?”
“Muori!”
Ozora osservò la scena mettendosi seduto sul prato per riposarsi un poco, tanto era sicuro che il fratello sarebbe andato avanti ancora per bel po’.
“Devo dire che per qualche secondo ho pensato che volesse ucciderlo con quel tiro”
Disse Kaltz, lasciandosi andare accanto a lui e sdraiandosi sull’erba fresca.
“Non lo farebbe mai con testimoni davanti, soprattutto se uno di questi sono io”
“Tu lo sai, vero, che hai appena fatto intendere che tuo fratello è in verità uno psicopatico omicida?”
Gli chiese Hermann, alzando un sopracciglio.
“Che altro pensavi che fosse?”
Il biondo scoppiò a ridere.
“Se non è amore fraterno questo!”
Tsubasa sorrise, continuando a guardare Karl che aveva deciso di sfidare Genzo per vedere quanti goal riusciva a fargli, i due pezzi del suo cuore erano lì davanti a lui, era un momento raro quello e decise di lasciare  da parte per un po’ il suo amato calcio per continuare ad ammirarlo tranquillo… al contrario del gemello che, dopo la terza parata, dichiarò che avrebbe tranciato le mani al portiere.

“Ah, è il portiere carino dell’Amburgo! ~”
“Mamma!”
Urlarono in coro i gemelli.
“Cosa?”
Borbottò Agathe allontanandosi dalla finestra per osservarli.
“Dovrò pur sapere con chi esce il minore dei miei bambini stasera!”
Esclamò facendo arrossire Tsubasa e ringhiare Karl.
Genzo si era avvicinato al moro negli spogliatoi, approfittando del fatto che il biondo fosse ancora sotto le docce insieme a Kaltz, e gli aveva proposto di uscire con lui quella sera – solamente con lui, aveva specificato –, Ozora aveva accettato immediatamente l’invito… pensando alle conseguenze solo quando dovette avvisare la madre e il fratello che non ci sarebbe stato per cena, Agathe l’aveva presa bene, lo aveva solo pregato di non uscire con la tuta come al solito, al contrario di Karl che nel delirio della gelosia aveva perfino minacciato di chiuderlo in camera loro fino a data da destinarsi.
Ovviamente non ci era riuscito, grazie anche e soprattutto ad Agathe che aveva minacciato di buttargli via tutto il cioccolato che teneva nascosto una volta arrivata a Monaco, ma adesso che Wakabayashi era arrivato per prendere Tsubasa, le cose iniziarono a degenerare di nuovo…
“Eccolo ancora…”
Borbottò Agathe scuotendo la testa rassegnata, osservando il biondo dei suoi figli mettersi davanti alla porta a braccia spalancate.
“Tu non esci”
Esclamò Schneider, cercando di ‘spalmarsi’ di più contro la porta.
“Karl, ti prego, adesso stai esagerando”
Disse Tsubasa massaggiandosi il setto nasale, stanco.
“Se proprio vuoi uscire possiamo farlo noi due, perché devi uscire con lui?”
“Karl!”
Urlò Tsubasa facendo sussultare sia il gemello davanti a lui, sia la madre che si era ritirata in cucina per preparare la cena, non capitava spesso che Tsubasa alzasse la voce, soprattutto con il fratello, quando succedeva, voleva dire che era davvero arrabbiato, o comunque su quella strada.
“Voglio uscire con Wakabayashi stasera… spostati”
Ordinò duro.
“Va bene…”
Bisbigliò Karl mogio, spostandosi dalla porta a testa bassa.
Cosa che fece venire i sensi di colpa, al minore, per avergli urlato contro in quel modo.
“Karl”
Lo richiamò prima che andasse in cucina.
“Sì?”
Gli chiese girandosi verso di lui.
Tsubasa gli fu davanti in un attimo e strusciò piano il naso contro il suo, gesto che riportò il sorriso sul viso del biondo che lo abbracciò stretto qualche minuto.
“Ti mando un messaggio mentre torniamo”
Karl annuì lasciandolo andare, forse era stato troppo sperare che avesse cambiato idea nel vederlo triste… oh beh, aveva comunque il piano B.

“Credevo di dovermene andare da solo alla fine”
Scherzò Genzo appena lo vide uscire.
“Scusa, Karl aveva preso possesso della porta”
“Chissà perché ma immaginavo che avrebbe fatto qualcosa del genere”
Rise il portiere.
Tsubasa sospirò, già stanco nonostante la sua serata iniziasse in quel momento, portando una mano a scompigliarsi i capelli, e Genzo approfittò del momento per osservarlo meglio: il centrocampista indossava dei jeans scuri abbinati ad una camicia bianca a maniche lunghe e un gilet nero lasciato aperto, ai piedi le immancabili scarpe da ginnastica.
“Credo sia la prima volta che ti vedo senza la tuta”
Gli sussurrò allungando una mano per portargli una ciocca dietro l’orecchio.
“E… com’è il risultato?”
Chiese Ozora arrossendo leggermente.
“Ottimo, come sempre”
Disse facendogli l’occhiolino e prendendolo per mano.
Tsubasa sentì le guance ardere come se avesse la febbre, dentro di sé gongolò ringraziando la madre, e si lasciò trascinare via dall’altro.
Era già stato ad Amburgo, Ozora, prima di allora, aveva passato lì con il fratello quasi tutte le vacanze estive – ricordava ancora ridendo quell’estate che lui e Karl avevano passato nascondendosi per stradine secondarie e posti sperduti, tutto per non far scoprire a Wakabayashi che lui era in Germania -, ma percorrere le sue strade mano nella mano con Genzo era qualcosa di assolutamente nuovo, di diverso, di… colorato (?), sembrava strano – e forse anche stupido, visto che ormai era un ragazzo di 19 anni, non una ragazzina alla prima cotta – ma di fianco a Genzo gli sembrava tutto più luminoso.
Si lasciò portare dal portiere ovunque lui volesse, non importava che avesse già visitato quel luogo con il gemello, l’importante era non lasciargli quella mano grossa e calda, che accoglieva la sua e la stringeva con forza, restando comunque attento a non fargli male.
“Qui vicino c’è un pub dove fanno un’ottima birra, ti va di andarci?”
Gli chiese Genzo ad un certo punto, girando la testa verso di lui, quando ormai la sera iniziava a calare.
“Certo!”
Sorrise il centrocampista, stringendo un po’ più forte la presa.
Non gli piaceva troppo la birra, ma seduti l’uno davanti all’altro avrebbero avuto modo di parlare di una certa questione che era rimasta in sospeso dalla sera della finale del World Youth, questione a cui entrambi tenevano troppo per poterla rimandare ancora.

“Scusa la domanda ma… perché sono qui pure io?”
Domandò Kaltz, smettendo per un attimo di giocherellare con lo stecchino che teneva in bocca.
“In due diamo meno nell’occhio”
Rispose Schneider, mentre cercava di disporre meglio il menù che usava per nascondersi dalla vista dei due seduti qualche tavolo davanti a loro.
“Sei serio?”
“Secondo te?”
“Ah, io spero vivamente di no, se ti devo dire la verità”
“Perché diavolo sono dovuti uscire da soli?!”
Sbottò alla fine il kaiser, maledicendo ancora il portiere nella sua testa e giurando che gli avrebbe davvero mozzato le mani, se non la smetteva di toccare il suo fratellino.
“Forse perché si piacciono da quando erano bambini?”
Domandò retoricamente Hermann.
“Fatto del tutto irrilevante”
Chiarì il giocatore del Monaco.
“Oh, andiamo Karl! Non credi che Tsubasa sia troppo grande per preoccuparti per lui? E’ insieme a Genzo, poi!”
“Sono il fratello maggiore, anche se solo di due minuti, è mio diritto e dovere preoccuparmi per lui, sempre e comunque”
“Ma ti ascolti quando parli?”
“Sì”
“E ti fai almeno un po’ paura?”
“… Qualche volta”
Ammise Karl arrossendo un poco.
“Beh, meglio di niente, vado a prendere le birre”
“Cerca di non farti vedere”
Si raccomandò il Kaiser, osservandolo qualche istante prima di riportare gli occhi limpidi sugli altri due.
Vide Tsubasa fare una piccola smorfia dopo aver preso un sorso dal suo boccale, questo gli portò un piccolo sorriso sul volto – proprio non gli piaceva la birra, al suo fratellino -, che si spense poco dopo, quando Genzo allungò una mano per togliergli la schiuma che gli era rimasta sulle labbra, osservò il suo gemello arrossire e sorridergli e sentì la gelosia stringergli nuovamente il cuore nella sua morsa.
Li aveva seguiti per tutta la sera, li aveva osservati da lontano e… era stato male.
Gli faceva male vedere il suo fratellino – la sua metà di vita – così vicino a qualcun altro che non fosse lui, gli faceva male vederlo così felice senza di lui, gli faceva male vederlo stringere la mano a qualcun altro che non fosse lui, gli faceva male che Tsubasa fosse così lontano nonostante fosse a pochissimi metri.
Faceva dannatamente male al cuore, ma una piccola parte di esso, quella non ancora corrotta da quella stupida e insensata gelosia, era felice.
Era felice di vedere il suo piccolo Tsu ridere di cuore, era felice di vedere come Genzo gli donava piccole ma accurate intenzioni, era felice di vederli così innamorati reciprocamente.
Stava male ma era felice… andava proprio bene.
Sospirò, abbassando lo sguardo – improvvisamente appannato da alcune lacrime – sul tavolo, sentendo arrivare un principio di mal di testa molto potente.
“Ora cos’è quel musone?”
Domandò Kaltz poggiando i boccali sul tavolo.
“Forse sono davvero un cretino, Hermann”
Bisbigliò Karl.
“Forse?”
Rise l’altro ma tornò subito serio, notando lo sguardo dell’amico.
Gli sorrise e gli calò con forza una mano tra i capelli, scompigliandoglieli tutti.
“Non sei un cretino, tieni solamente tanto alla tua famiglia”
“Forse troppo”
“Forse sì, forse no, non sono nessuno per giudicare visto che non ho fratelli gemelli e non ho mai vissuto lontano da loro”
Karl rialzò lo sguardo dal tavolo e, guardando l’amico, riuscì a sforzare un sorriso, prima di alzarsi.
“Dai, andiamo, ti offro la cena da qualche altra parte”
“Sicuro?”
Il Kaiser lanciò un’ultima occhiata a Tsubasa che sorrideva, ed annuì.
“Riconosco quando il mio gemello sta bene”

“Vieni, di qua!”
Urlò Genzo svoltando in una vietta secondaria e buia, trascinando Tsubasa con sé.
Si addossarono contro un muro al buio e aspettarono, qualche istante dopo sentirono i passi dei paparazzi – che li aspettavano fuori dal pub, avvisati da chissà chi e chissà quando – che, correndo per raggiungerli, superarono la via.
“Menomale”
Sospirò Tsubasa sollevato, non era proprio il momento per uno scandalo.
“Dovranno penare ancora molto, per avere una nostra foto”
Ghignò Wakabayashi lasciandogli la mano per andare a posargliele sui fianchi, non se n’era accorto all’inizio ma, quando si era addossato contro Ozora per spingerlo contro il muro e per proteggerlo da eventuali scatti, gli era andato molto, molto vicino… li separava solo qualche misero centimetro.
“Nostra, eh?”
Domandò Tsubasa, abbracciandogli il collo.
“Nostra… solo nostra”
Bisbigliò Genzo prima di unire le labbra alle sue in uno stupendo, atteso, secondo bacio.
Sì, secondo.
Il primo se lo erano scambiato all’improvviso, durante la festa per la vittoria del mondiale: tutti stavano abbracciando tutti, euforici per la vittoria contro il Brasile, Tsubasa si era ritrovato tra le braccia di Genzo, qualcuno aveva dato una gomitata di troppo al capitano e i due si erano ritrovati con le labbra a contatto per qualche secondo.
Ovviamente, la cosa non era dispiaciuta a nessuno dei due.
Il problema era stato non riuscire a parlare per tutto il resto della serata, il mattino dopo erano ripartiti quindi avevano provato a parlarne tramite mail e telefono, ma non era come parlarne dal vivo.
Solo quella sera erano riusciti a parlare chiaramente del bacio e, insieme, avevano deciso di provarci, ora che Tsubasa sarebbe andato a Barcellona, sarebbe stato anche molto più semplice vedersi.
“Vieni da me stanotte”
Mormorò Genzo sulle labbra di Ozora, dopo essersi staccato leggermente da lui.
Tsubasa gli accarezzò una guancia, guardandolo dritto negli occhi, e lo baciò di nuovo.

‘Non torno a casa stanotte’
Il messaggio del suo fratellino continuava, ma la mente di Karl era fissa su questa frase da quando lo aveva ricevuto la sera prima.
Non era tornato a casa per dormire.
Aveva dormito da Genzo.
Nello stesso letto.
Con Genzo dentro.
Nudi…?
Il biondo diede una sonora testata contro il frigorifero – dopo aver tirato fuori le fragole -, almeno grazie al dolore non avrebbe pensato ad altri dettagli che lo avrebbero traumatizzato a vita, iniziarono, però, a venirgli in mente dei tanto graziosi quanto spietati metodi di castramento.
Si era già mangiato qualche fragola – pensando a come adattare il fire shoot a uno di suddetti metodi -, quando sentì la porta di casa aprirsi, andò alla porta della cucina e sporse la testa oltre essa, trovando il suo fratellino che cercava di richiudere la porta di casa senza fare nessun rumore.
“Buongiorno a te TsuTsu”
Gli disse facendolo sussultare.
“Sei sveglio?!”
Chiese Tsubasa, girandosi per guardarlo con gli occhi sgranati, gli aveva fatto perdere dieci anni di vita con quello spavento.
“Credi, forse, che io abbia dormito?”
Gli chiese di rimando il fratello, mettendo su il broncio e nascondendosi di nuovo in cucina.
Tsubasa sorrise teneramente e lo seguì nell’altra stanza.
“Pancake?”
Domandò al biondo che iniziava a darsi da fare con farina, latte, zucchero e uova.
“Sì… ne ho voglia…”
“Di solito, ti viene voglia quando ti senti particolarmente giù”
“Non è vero, sono goloso di natura, esattamente come te”
“Vero”
Mormorò il moro, appoggiandosi con il bacino al bancone.
Calò il silenzio tra i gemelli, uno impegnato a mescolare i vari ingredienti, l’altro impegnato ad osservarlo, fino a quando il biondo non si stufò e lasciò cadere malamente la frusta nell’impasto.
“Cosa c’è?! Vuoi sapere se sono ar-“
“Ti voglio bene”
Karl sgranò gli occhi mentre Tsubasa allungò una mano per accarezzargli il viso.
“Tsu…”
“Non ce lo siamo mai detti a voce… ti voglio bene, Karl”
Il kaiser arrossì, in effetti, sentirselo dire a voce faceva tutto un altro effetto.
“Te lo dirò ogni volta che ne avrai bisogno”
Aggiunse Tsubasa, abbracciandolo stretto.
“Ogni volta che sentirai che la distanza tra noi è troppa, ogni volta che ti sentirai solo, ogni volta che ti sentirai triste, sarò sempre pronto a dirti che ti voglio bene”
Continuò, accarezzandogli i capelli biondi.
“Non c’è niente da fare”
Bisbigliò Karl, il volto nascosto nel collo del fratello fu attraversato da un paio di lacrime.
“Sei sempre tu il più forte tra noi due, Tsubasa”
Ozora gli baciò la fronte e lo strinse ancora più forte, il suo fratellone, tanto forte e coraggioso in campo quanto fragile e pieno di paure fuori, perché era quello il vero motivo per cui Karl era così geloso, aveva semplicemente paura che, avvicinandosi di più a Genzo, si sarebbe allontanato del tutto da lui, lasciandolo da solo.
Una paura insensata, stupida, ma grande nel cuore di Karl, era arrivato il momento di fargliela passare, perché Tsubasa non l’avrebbe lasciato in disparte mai e poi mai.
“Meglio?”
Chiese il moro, dopo aver lasciato sfogare il gemello per una decina di minuti.
Karl si staccò piano da lui e annuì, passandosi il braccio sugli occhi per cancellare ogni traccia residua delle lacrime che aveva appena finito di versare.
“Meglio”
“Bene, adesso prepariamo questi pancake, mi è venuta voglia anche a me”
Esclamò il moro, andando ad abbassarsi per poter prendere la padella ancora nel mobiletto sotto i fornelli.
Il biondo stava per chiedergli come li voleva, anche se conosceva già la risposta – nutella e fragole, esattamente come lui –, ma la voce gli si bloccò in gola e rischiò anche di strozzarsi a causa della saliva, il motivo di tale reazione era il succhiotto sul collo venuto a galla quando Tsubasa si era abbassato.
Lo guardò male e sbuffò.
“Almeno ti ha trattato bene?”
Chiese imbronciandosi, mentre riprendeva in mano l’impasto.
“… Lo vuoi davvero sapere?”
Chiese, di rimando, Tsubasa con il volto rosso.
“Per niente”
Confessò Karl, guardandolo poi di sbieco e arrossendo un poco pure lui.
“So benissimo che lo ha fatto… ti ama troppo”
“Oh, adesso ti fidi del fatto che mi ama?”
“E’ ovvio che mi fido del mio migliore amico, ma sono il maggiore, non posso non mostrarmi geloso, è mio dovere… in verità ho sempre fatto il tifo per voi…”
Borbottò facendo sgranare gli occhi al fratello, che scoppiò in una grossa e fragorosa risata qualche secondo dopo.
“Vuoi che faccia finta di crederci?”
Gli chiese tra le risate.
“Ehi, questa è la mia nuova versione e non la cambio”
Esclamò Karl puntandogli contro la frusta sporca.
Si guardarono un attimo negli occhi e scoppiarono a ridere insieme.

“Eccoli qui, i miei gemellini preferiti”
Esclamò sorridendo Kaltz guardando Karl e Tsubasa – che erano tornati al campo dell’Amburgo – avvicinarsi a lui e Wakabayashi.
“Ma come? Non eravamo insopportabili?”
Ghignò Karl, incrociando le braccia al petto.
“Dopo la cena di ieri sera, Schneiderino, mi sei improvvisamente più simpatico”
“Visto quello che mi hai fatto spendere, è il minimo”
“Ma tu sai di quale cena stanno parlando?”
Chiese Tsubasa, confuso, a Genzo, ma quello alzò le spalle confuso quanto lui.
“A dire il vero no… ciao, comunque”
Gli sorrise malizioso, passandogli un braccio intorno alla vita e stringendoselo leggermente contro.
“Ciao a te”
Bisbigliò Ozora prendendolo per la maglia, attirando il viso contro il suo per poterlo baciare.
Di fronte a quel bacio, Hermann trattene il fiato, portando immediatamente lo sguardo sul biondo accanto a lui… trovandolo con solo gli occhi alzati al cielo.
Quando i due si staccarono, Karl prese la parola.
“Avete finito o volete prendere una stanza? Muoviti ad andare in porta, cognatino, oggi mi sento imbattibile”
Finito, diede le spalle a tutti per andare a riscaldarsi.
“Come mi ha chiamato?!”
Domandò Genzo con gli occhi sgranati.
“Ehi, quando l’ho riaccompagnato ieri sera era ancora sano, lo giuro!”
“Kaltz! Guarda che ti ho sentito!”
“Se ti consola, non lo è mai stato”
“Tsubasa!”

“Appena atterro, vi chiamo entrambi”
“Ricordati che io ho la precedenza”
Disse Karl abbracciato stile polipo al gemello , che rise accarezzandogli la schiena, mentre Genzo – davanti a loro – alzò gli occhi al cielo.
La settimana era passata in fretta ed era andata molto meglio di quanto Ozora e Kaltz avessero previsto: Karl aveva continuato con le frecciatine ma di contro le scenate di gelosia si erano ridotte notevolmente, ogni tanto aveva bisogno di abbracciare il gemello e quello non se lo faceva chiedere due volte, certe volte si aggiungevano anche Wakabayashi ed Hermann all’abbraccio, facendo borbottare il Kaiser – che non avrebbe confessato mai e mai poi di apprezzare le loro ‘coccole’ -.
Il biondo aveva cercato di rispettare la privacy dei due fidanzatini, certe volte riuscendoci e certe volte no, Tsubasa aveva apprezzato comunque lo sforzo e – adesso – poteva partire tranquillo, la Spagna lo stava aspettando e lui era pronto ad affrontarla.
Come poteva non esserlo quando aveva il suo fratellone e il suo fidanzato a fare il tifo per lui?
“Cercate di non ammazzarvi a vicenda appena mi giro”
Si raccomandò Ozora, riuscendo a staccare il gemello da sé.
“Perché guardi solamente me?”
Chiese, borbottando, questo, incrociando le braccia al petto.
“Perché durante gli allenamenti hai cercato più di una volta di tirarmi la palla in un certo punto, abbastanza delicato tra l’altro”
Intervenne Genzo, avvicinandosi al compagno per poterlo salutare.
“Punto delicato per lui e fondamentale per la mia gioia”
Ghignò Tsubasa.
“La nostra gioia, vorrai dire”
Gli diede corda il portiere.
“Cosa devono sentire le mie povere ed innocenti orecchie!”
Urlò Karl – rosso come un peperone in viso -, portando le mani a coprire le orecchie e dando la schiena ai due, che risero un poco prima di abbracciarsi.
“Metticela tutta”
Gli sussurrò Genzo all’orecchio.
Tsubasa annuì, baciandogli il collo e stringendoglisi meglio contro.
“Ti amo”
Il portiere lo fece allontanare un poco per potergli lasciare un lungo, casto, bacio sulle labbra.
“Ti amo anch’io”
Disse, poi.
“Posso girarmi o state facendo ancora delle zozzerie?”
Domandò il kaiser, facendo alzare nuovamente gli occhi al cielo a Genzo e ridacchiare Tsubasa.
Dopo qualche minuto – che sia il portiere che il Kaiser avevano passato a stritolare tra loro il centrocampista – venne chiamato il volo di Ozora, che li salutò sorridendo, raccomandandosi ancora per l’ultima volta, prima di dare loro le spalle ed iniziare ad incamminarsi verso il suo imbarco.
“Ed eccolo che parte… ancora”
Bisbigliò Karl osservando la schiena del gemello diventare sempre più piccola tra la folla.
“Lo rivedremo ancora, bisogna solo essere pazienti”
Cercò di consolarlo Genzo, portando una mano a scompigliargli i capelli biondi.
Il Kaiser gli lanciò un’occhiataccia, ma alla fine sbuffò, tirandogli un leggero calcio alla caviglia.
“Accompagnami alla stazione, mister ‘cerchiamo di vedere il lato positivo’, me ne vado pure io”
“Tutto quello che vuoi, cognato”
“Mi fa senso quando mi chiami così”
“Se ti consola, provo lo stesso quando lo fai tu”


“Pronto?”
Bisbigliò Tsubasa rispondendo al telefono e mettendoselo in bilico sulla spalla, per potersi versare una tazza di caffè in tranquillità.
“Tsubasa!”
Esclamò Hermann, allegro… o quasi.
“Come stai?”
“Uhm… così e così”
Mormorò il giapponese riprendendo in mano il telefono, poggiandosi nel mentre con il bacino al bancone della cucina.
Si perse qualche momento ad osservare il liquido nero nella tazza… non era stato facile mandare giù la questione della squadra B e non era certo di averla superata del tutto, anche se erano passati già un paio di giorni ed era deciso più che mai a far vedere quanto valesse.
“Come mai questa chiamata?”
Chiese, poi, il giapponese, era in ottimi rapporti con Kaltz ma non succedeva spesso che si chiamassero, a meno che non si trattasse di un’emergenza.
Ebbene, quella volta era una grossa emergenza, almeno per il biondo.
“Ti prego, salvami”
“Uhm?”
Tsubasa sentì qualche movimento strano dall’altra parte e poi, all’improvviso, solo urla.
“Chi è il cretino che mette mio fratello nella squadra B?!?!”
Urlò Karl, decisamente furibondo a giudicare il tono.
“Un giocatore del suo calibro non lo merita, ha fatto grandi cose al San Paolo, per non parlare poi dei mondiali!”
Urlò di rimando Genzo, dandogli corda.
Tsubasa allontanò leggermente il telefono dall’orecchio per non rischiare di diventare sordo, capendo perfettamente perché Kaltz lo avesse chiamato in cerca d’aiuto.
Quella era una grossa, grossa emergenza.
Aveva evitato d’informare i due proprio per evitare che si arrabbiassero, ma evidentemente qualcuno alla fine aveva aperto bocca – di sicuro Natsuko o Agathe, quelle chiacchierone –, e Karl e Genzo non l’avevano presa affatto bene.
“Basta! Ti vengo a prendere e ti porto al Monaco!”
Urlò, ancora, Karl.
“No!”
Urlò Genzo.
“Come no?! Non lo lascio lì con quell’incompetente che lo ha inserito solo nella squadra B!”
“Deve fargli vedere quanto vale, così il mister rimpiangerà di non averlo messo subito nella prima squadra!”
“Oh ma statti zitto che parli per partito preso! Le tue sono solo scuse perché non vuoi venire al Monaco tu per primo!”
“Ancora con questa storia?!”
“Sì! Vieni al Bayern razza di orso mal cresciuto!”
Com’erano passati da essere arrabbiati per lui ad azzannarsi per la questione del trasferimento di Genzo al Bayern Monaco?
Era una bella domanda quella.
“Tsubasa, diglielo tu che deve venire a Monaco!”
“Lascia stare Tsubasa, lui deve concentrarsi per entrare nella squadra A!”
“Ti avviso, non so se arrivo a sera senza prima averli ammazzati entrambi”
Si fece risentire Kaltz.
Tsubasa scoppiò in una grossa e fragorosa risata, come non faceva ormai da giorni.
Come gli risollevavano il morale loro, non ci riusciva nessuno.

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Capitolo 3
*** Roberto ***


Angolino della Robh: Buonasera, buonasera, buonasera dolci ragazzuole e ragazzuoli :3 .
Eccoci finalmente arrivati con l'ultimo, tanto atteso (*ma da chi? Domanda generale*) ultimo capitolo di questa piccola long! ~
Ultimo capitolo... a dire il vero è solo un piccolissimo bonus, la storia effettiva dei gemelli si è conclusa con lo scorso capitolo, ma ho voluto aggiungere anche questo perchè... perchè sono stron- EHM EHM >.>'''... dicevamo, perchè, come avrete potuto capire tutti quanti, io adoro torturare i miei personaggi preferiti, seriamente, amo fargli capitare di tutto e ridere come una pazza mentre scrivo delle loro figure barbine... mi dicono che è normale, ma la fonte non è attendibile visto che è Serè (♥) e lei si comporta esattamente come me xD.
L'unico che si è salvato, a pensarci bene, fino a questo momento è stato Tsu- (*osserva Serè minacciare d'impiccare per la seconda volta Ser Roland se tira fuori i suoi soprannomi*)... Tsubasa, sì... Tsubasa.
Comunque! (*si riprende il peluche*)
Non ho molto da dire su questo bonus tranne che il manga mi è venuto in contro alla stragrande per quanto riguarda le già citate figure barbine, è capitata seriamente a fagiuolo e io ne ho approfittato bellatamente perchè sono stronza e voglio bene a Karl ♥ (gliene dovevo una visto che l'ho risparmiato nella parte finale della shot di carnevale xD).
Per finire finalmente questo angolino, spero che l'intera storia vi sia piaciuta e vi auguro per l'ultima volta (almeno per questa storia, non vi libererete così facilmente di me xD) una buona lettura! ♥

Ps: ♥ Andrà tutto bene ♥
Pps: Scusate il linguaggio scurrile ^^''.

 


“Roberto!”
Il brasiliano sussultò, alzando gli occhi dai fogli che teneva in mano e che stava sfogliando con minuziosità – ogni dettaglio era importante, per poter arrivare alla finale del mondiale -, stava tornando nella sua camera dopo aver avuto una riunione con la sua squadra, era abbastanza stanco a dire il vero, aveva intenzione di andare subito a letto una volta raggiunta la sua stanza, ma come poteva ignorare il richiamo del suo pupillo?
“Tsubasa!”
Il capitano della nazionale giapponese rise quando l’allenatore brasiliano gli scompigliò i capelli con dolcezza.
“A cosa devo questa riunione?”
Domandò Roberto, sorridendogli.
“Volevo presentarti lui”
Spiegò Tsubasa, spostandosi leggermente di lato.
Dietro di lui era nascosto un ragazzo biondo, con gli occhi azzurri, incredibilmente simile al suo allievo.
Karl Heinz Schneider, il Kaiser della nazionale tedesca.
Fratello gemello di Tsubasa Ozora.
E il prossimo avversario della sua squadra, pensò il brasiliano studiandolo un attimo.
“E’ un piacere conoscerti finalmente, Tsubasa mi ha parlato spesso di te in Brasile”
Sorrise, alla fine, allungando una mano per stringere la sua, in cambio della mano, però, ricevette solo un’occhiata fredda e assassina.
Il sorriso di Roberto tremò leggermente mentre ritirava la mano e osservava uno strano scambio di sguardi tra i gemelli, solo alla fine di questi, il biondo gli rivolse un leggerissimo e quasi impercettibile cenno del capo.
“Piacere”
Sbiascicò poi.
“Karl-“
Tsubasa non poté continuare a parlare, perché richiamato da Taro in fondo al corridoio – il mister aveva qualcosa d’importante da dirgli -, ma prima di allontanarsi lanciò comunque un’altra occhiata al fratello maggiore, che stavolta fece finta di niente.
Roberto rimase, quindi, da solo con Schneider.
Un freddo, glaciale Schneider che aveva continuato a guardarlo come se il brasiliano fosse uno scarafaggio da schiacciare.
Magari era solo una sua impressione… infondo era parecchio stanco… era sicuramente così, pensò Roberto, schiarendosi la gola e provando un nuovo approccio.
“Allora-“
“Io ti odio”
Non era per niente una sua impressione, pensò a quel punto il brasiliano, sgranando gli occhi e indietreggiando mentre il Kaiser avanzava minaccioso.
“Sei entrato nella vita del mio fratellino, gliel’hai sconvolta proponendogli di venire in Brasile con te, Tsubasa era felicissimo di quell’opportunità e ha dato tutto quello che poteva per poter vincere il campionato, sicuro che tu avresti rispettato la tua parte di promessa, invece te la sei data a gambe come il peggiore dei vigliacchi, facendoti problemi che potevi farti anche prima di fargli quella proposta visto che sei un adulto grande e vaccinato, lo hai lasciato in Giappone, da solo, in lacrime, con un solo. Fottuto. Misero. Quadernino.”
Ringhiò Karl, guardandolo con odio.
“Adesso parliamo del Brasile, quando ti ha finalmente raggiunto lo hai massacrato con allenamenti su allenamenti, certe volte la mia famiglia non riusciva a contattarlo per giorni interi perché era troppo stanco addirittura per rispondere ad una semplice chiamata, per cosa? Per piantarlo nuovamente in asso, lasciandolo ancora una volta da solo, per allenare quella diamine di nazionale brasiliana!”
Roberto aprì la bocca per specificare che, almeno quella, non era stata una decisione sua ma l’occhiataccia del Kaiser gli fece cambiare idea.
“Io non sono tranquillo come mio padre, non sono accondiscendente come Natsuko, soprattutto non sono buono come Tsubasa, che ti ha ancora su un piedistallo anche se mi chiedo seriamente il perché, mi vendicherò per tutto quello che hai fatto passare al mio fratellino, domani farò il culo al tuo dannato Brasile e vi manderò tutti a casa!”

5 a 0.
Il Brasile vinse 5 a 0 contro la Germania.
Dall’occhiataccia carica di promesse di morte che gli lanciava dal campo, Roberto sospettava che Karl si sarebbe legato al dito anche quella e che, in un modo o nell’altro, gliele avrebbe fatte pagare tutte quante, mondiali o non mondiali.
“Speriamo che con il tempo gli passi…”
Bisbigliò il brasiliano, ripensando alle parole confortanti che il suo allievo gli aveva rivolto la sera prima – dopo aver sgridato il gemello, ovviamente -.


 
Nel 2014…
“Col cazzo che metto piede nel fottutissimo Brasile!”
Urlò – nuovamente – Karl barricato nel bagno dell’appartamento che condivideva con Genzo.
Quello sospirò, alzando gli occhi al cielo.
“Vedo che la situazione non è migliorata molto”
Disse Tsubasa – arrivato da Barcellona su richiesta di un Rudi ormai a un passo dal commettere un omicidio – andandogli vicino.
“Beh… almeno ha smesso con le minacce di morte”
Dopo pochi secondi che il portiere finì di parlare, ricominciarono suddette minacce da parte del biondo barricato contro qualsiasi giocatore di nazionalità brasiliana che gli veniva in mente – i nomi di Roberto, Santana, Natureza e Rivaul spiccavano in esse -.
“Come non detto”
Bisbigliò Genzo, restando nuovamente allibito dal vasto vocabolario offensivo che il compagno di squadra stava esibendo.
“Tranquillo, ho chiamato i rinforzi”
Rise Tsubasa.
Per rinforzi intendeva Marie e Daichi, d’altronde era noto il debole che Karl provava per i suoi fratellini, chi meglio di loro per convincerlo ad andare in Brasile?

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