La Nuit étoilée

di LilithGrace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap I - Willkommen in Schweden ***
Capitolo 2: *** Cap II - Swedish Chronicles ***
Capitolo 3: *** Cap III - Lo farò ***
Capitolo 4: *** Cap IV - No tears ***
Capitolo 5: *** Cap V - Tentativi ***
Capitolo 6: *** Cap VI - Raggio di sole ***
Capitolo 7: *** Cap VII - Da stasera ***
Capitolo 8: *** Cap VIII - Amsterdam ***
Capitolo 9: *** Cap IX - Holland, day one ***
Capitolo 10: *** Cap X - Holland, second and last day ***
Capitolo 11: *** Cap XI - Novità ***
Capitolo 12: *** Cap XII - Differenze ***
Capitolo 13: *** Cap XIII - La notte stellata ***



Capitolo 1
*** Cap I - Willkommen in Schweden ***


Buonasera a tutti!
Mi scuso con chiunque stesse seguendo la mia storia per averla eliminata così di punto in bianco. Ho scelto di farlo per questioni stilistiche, ho deciso di rivedere i capitoli, rivisitarli e correggerli affinché la lettura fosse più scorrevole ed armoniosa.
La trama, in sé, rimarrà uguale e soprattutto cercherò di ricaricare tutti i capitoli vecchi in tempi brevi così da non annoiarvi troppo.
Mi scuso anche per le lunghe pause che intercorrevano tra un capitolo ed un altro, ma tra RL e blocco dello scrittore non ero riuscita  a dare a questa storia l’attenzione che meritava.
Auguro a tutti voi una serena lettura, ringrazio chi dedicherà a questa storia del tempo anche solo per una lettura.
Un ringraziamento speciale va a CKS per avermi aiutata a superare questi ostacoli da scrittore. 
Grace


   °°°

Chiedermi di accompagnarlo in Svezia per qualche giorno mi ha resa la persona più felice del mondo.
Finalmente potrò visitare con più calma Stoccolma, conoscere i suoi amici e chissà, forse anche la sua famiglia… Già, la sua famiglia… Come mi presenterà a loro? Mi presenterà come la sua ragazza? Appoggio la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi cercando di dormire, sebbene le poltroncine dell’aereo non siano proprio comodissime.
Quando finalmente riesco ad appisolarmi, tra un pensiero ed un altro, sento la voce del pilota comunicare che da lì a breve saremmo atterrati.
Fuori l’aeroporto ad aspettarci ci sono i genitori di Stephan, una coppia di signori sulla cinquantina, molto ordinati ed entrambi biondissimi; A primo impatto non avrei saputo dire a chi dei due Stephan somigliasse di più, ma guardandoli più attentamente durante il tragitto tra l’aeroporto e la loro dimora, posso affermare che sia la fotocopia della madre; Lei si chiama Ethel e parla bene il tedesco essendo una professoressa di lingua alle scuole superiori, ciò sicuramente mi aiuterà ad aprirmi.


Finalmente arriviamo alla nostra meta, nel quartiere di Östermalm, nel pieno centro della capitale. La casa è accogliente, non troppo grande, ideale per una famiglia di sole tre persone; mi fanno fare un giro: tutte le stanze arredate con lo stile tipico del nord Europa, curata nel minimo dettaglio. La camera del mio ragazzo è proprio come la immaginavo: toni sul bianco, minimal e ordinata… tremendamente ordinata, un po’ come lui.
Mi guardo intorno curiosa e ci sono davvero tantissimi trofei di calcio, medaglie e foto… foto di Stephan da bambino, con gli amici, al mare e più di un paio abbracciato ad una ragazzina bionda, occhi azzurri e dal viso molto dolce oltre che carino, altre dove si scambiavano un bacio innocente o semplicemente avevano i visi vicini… deve essere Katarina.

Scuoto il capo come per distogliere quelle immagini dalla mia testa e mi siedo sul letto, chiedendomi dove avrei dormito e dove avrei potuto mettere le mie cose.
Da dietro la porta, fa capolino la testolina bionda della madre di Stephan: “Posso?” mi chiede indicando il posto sul materasso accanto a me. Le sorrido e mi scanso appena, lasciandole un po’ di spazio: “la camera di Stephan è esattamente come la immaginavo…” sorride alla mia affermazione e annuisce: “E’ esattamente come l’ha lasciata quando si è trasferito in Germania…”
A:“E’ sempre stato a Monaco?”
E:“No, prima giocava a Colonia…”
A:“Ah… si vede che non seguo il calcio” rido sottovoce: “neanche l’avevo riconosciuto quando lo incontrai qui per la prima volta”. Sorride e mi guarda: “Allora sei tu la ragazza bizzarra della fontana! Mi ha parlato di te e mi ha anche detto che sei una bravissima ballerina!”
Arrossisco appena e annuisco: “Erano una bella coppia…”, dico indicando  le foto con gli occhi.
Ethel annuisce un po’ pensierosa: “E’ stato un brutto colpo per mio figlio” dice poggiando la sua mano sulla mia “ma sono felice abbia trovato una brava ragazza come te… hai dimostrato di sapere come stargli accanto senza soffocarlo con le solite frasi e questo è stato molto importante per lui. Già da come mi aveva parlato di te, mi avevi fatto un’ottima impressione ed ora che ti ho conosciuta, ne sono più che convinta.”
Si alza e fa per andare via: “spero non ti dispiaccia, ma mi son presa la libertà di decidere di farvi dormire insieme qui, in questa stanza”. Così dicendo, mi lascia sola nella stanza a sorridere come un’ebete.


                                                              

Raggiungo timidamente la cucina e Stephan mi sorprende abbracciandomi da dietro e lasciandomi un bacio innocente sul collo; si siede su una sedia e mi trascina sulle sue gambe: “Stasera ti farò conoscere uno dei miei compagni di nazionale” mi lascia un bacio sulla tempia “L’appuntamento è per le 23 in punto, non un minuto prima né uno dopo”.

                                                                        ***


Dopo cena, corro a farmi una bella doccia e a prepararmi per l’imminente serata. Come al solito, ho scelto un abbigliamento abbastanza comodo pantaloni a sigaretta color cipria, tronchetti neri ed un top nero. Stephan, invece, indossa un paio di pantaloni scuri ed una semplice camicia bianca con la giacca del medesimo colore dei pantaloni.
Mentre finisco di truccarmi, sento il telefono vibrare:

Whatsapp: Die drei Kleinen Schweine

From: Yvone
-“Come va? Siete arrivati? Dove dormirai? Come ti hanno accolta? Stasera che farete, i porcellini o uscirete?”

From: Anja
-“Stiamo bene, dormirò con Stephan in camera sua, mi hanno accolta bene e stasera usciremo, anche se una cosa non esclude l’altra. :)”

From: Jörg
-“Yvone, ti sei meritata questa risposta. Brava la mia piccola Anja, stai diventando adulta <3”

From: Yvone
-“Mi sto commuovendo… stai diventando grande”

From: Anja
-“Piantatela, siete ridicoli lol ci sentiamo più tardi!”

Stephan mi prende il telefono dalle mani e compone un messaggio sulla chat di gruppo:

From: Anja
-“Sono Stephan… confermo ciò che avete detto”

Lo riprendo e leggo ciò che aveva scritto. Divento rossa all’istante: “Vi odio, lo giuro…” piagnucolo. Sento vibrare il cellulare e lo sblocco per leggere le risposte:

From: Yvone
-“AHAHAHAH lo dice anche lui, visto?”

From: Jörg
-“Mi raccomando, usate sempre le protezioni!”

From: Anja
-“Certamente (Sono di nuovo Stephan)”

Mi riprendo il telefono e lo metto in borsa, indossiamo i nostri cappotti ed usciamo;
Camminiamo mano nella mano tra le strade della città, ridendo e scherzando come mai avevamo fatto prima, fino ad arrivare fuori al locale in questione ed è proprio all’ingresso che incontriamo Larsson e una ragazza di nome Shelley… da quello che ho capito, dovrebbe essere stata la manager della nazionale svedese durante i mondiali giovanili. A pelle, non mi ha fatto una buona impressione... staremo a vedere.




 

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Capitolo 2
*** Cap II - Swedish Chronicles ***


Ed eccomi di ritorno!
Ho deciso di pubblicare uno o due capitoli al giorno, per recuperare quelli della precedente pubblicazione.
Grazie a chi ha dato una sbirciatina alla mia storia!
Buona lettura, Grace.



 ***
Il locale si presenta molto elegante, benché quest’aspetto probabilmente sia in contrasto con il genere di musica che risuona questa sera.
Il tavolo riservato a noi è in un privè in alto che si affaccia proprio sulla consolle del DJ, circondata da colonne colorate su cui ballano ragazze e ragazzi vestiti in maniera appariscente.
Come ogni tavolo, abbiamo una nostra scorta di alcolici, ma non essendo amante di tutto ciò che abbia una sapore diverso dalla classica birra, decido di recarmi al bancone del bar per ordinare un analcolico fruttato, senza cocco;
Mentre riecheggia “Help me lose my mind”, torno al tavolo e noto Shelley particolarmente vicina a Stephan, con una mano sulla sua gamba. Sulla coscia. Di cosa stessero parlando, non lo so e neanche mi interessa: la cosa mi ha infastidita e non poco ed il fatto che Stephan non stesse reagendo a tutto ciò, mi ha un po’ destabilizzata. Anzi, stava reagendo, ma non nel modo in cui mi aspettavo.
L’unico ad aver capito quanto fosse sbagliata questa situazione è quel poverino di Larsson che, tra i tre, era sicuramente quello più sobrio.

Decido di far appello a tutta la mia pazienza, a tutta la mia estrema calma e di far finta di nulla per non rovinarmi la serata: difatti è proseguita senza intoppi fino alla fine.

   °°°

Complice sicuramente l’agitazione, dopo solo quattro ore di sonno ero già in piedi; decido di farmi una bella doccia fredda, per rilassarmi. Mi vesto e invio un messaggio di buongiorno ai miei genitori e ai miei amici prima di raggiungere Ethel in cucina per la colazione: dopo una doccia fredda e la colazione, quel che ci vuole è una bella tazza di thè caldo e una bella passeggiata distensiva. Finita la colazione, infatti, infilo il cappotto e vado alla ricerca di nuovi luoghi tranquilli dove poter leggere; al primo parchetto, mi siedo su una panchina e riprendo a leggere “Jane Eyre” da dove avevo interrotto.

L: “Anja?”
Riconosco il giovane conosciuto la sera precedente e lo invito a sedersi accanto a me: per fortuna entrambi mastichiamo abbastanza bene l’inglese!
A: “Noto che ti sei ripreso bene da ieri sera!”
L: “Non posso dire lo stesso del mio amico!”
Rido sottovoce alla sua affermazione: “Già, sta ancora dormendo”
L: “Ti sei divertita ieri?”
A: “è una domanda seria?” chiedo con tono abbastanza sarcastico.
L: “un po’ seria lo è!”
A: “Sinceramente? Pensavo peggio, ma ho passato serate migliori…”
L: “La prossima volta andremo in un locale dove si balla caraibico, almeno sarai nel tuo ambiente!”
A: “Non credo sia una buona idea…” il tono che uso è quello di qualcuno che non ha alcuna voglia di continuare la conversazione su quell’argomento. Decide di non girarci troppo intorno e di ‘consolarmi’ riguardo l’episodio a cui ho assistito ieri sera.
L: “Non badare troppo a Shelley…”
A: “Mh? Ah sì, Shelley… Le ho dato la giusta importanza”
L: “Ha sempre avuto un debole per Stephan e…” fa un sospiro prima di continuare la frase: “…era la migliore amica di Katarina”
A: “Bell’amica che aveva…”
L: “Vedrai che anche Stephan ti dirà che è solo stato un malinteso…”
A: “Dubito se lo ricorderà”
L: “Stephan si ricorda sempre tutto, anche se beve troppo!”
Sento vibrare il mio telefono e dal display noto che è un messaggio di Stephan. Non lo apro e mi rivolgo al ragazzo seduto accanto a me: “Credo sia giunta l’ora per me di tornare a casa… mi ha fatto piacere incontrarti e scambiare due chiacchiere… Per la serata caraibica…” faccio per riflettere “beh potrei anche accettare!” dopotutto, almeno lui, merita un’altra possibilità. Mi alzo dalla panchina e lo saluto, incamminandomi subito dopo verso casa.

    °°°

Salgo in camera e trovo Stephan seduto sul letto, pulito e profumato. Gli sorrido e mi avvicino, dandogli un bacio sulle labbra.
S: “Dove sei stata di bello questa mattina?”
A: “Sono stata al parco qui vicino e ho incontrato Larsson… Fresco e pimpante già di prima mattina!”
S: “Lui si riprende sempre più velocemente di me”
A: “Questo perché non era ubriaco quante te… Senti, vorrei parlarti di una cosa che non mi è affatto piaciuta.”
S: “Già, a proposito di quello… Shelley è sempre stata così e…”
Lo interrompo prima che possa continuare la frase: “Ciò non la giustifica e questo mi sembra logico, no? Più di tutto, sinceramente, mi ha infastidito come ti sei comportato tu.”
S: “Io? Che avrei fatto, scusami?”
A: “Sei serio?”
Sbuffa. Ha appena sbuffato ad una mia domanda.
A: “Aveva la mano sulla tua coscia e ti parlava sottovoce, all’orecchio. Ringrazia che non capisco lo svedese.”
S: “Ma io non ho fatto nulla…”
A: “Appunto. Non l’hai allontanata ed è l’A-B-C delle relazioni. Fai così anche durante i party privati del Bayern?”
Non mi risponde, mi lancia solo un’occhiata gelida, ma di quelle che probabilmente metterebbero soggezione anche a Schneider.
S: “Pensi questo di me?”
A: “Non saprei… Bastava togliere la mano”
Passiamo un po’ di minuti in silenzio.
S: “Andiamo a pranzo fuori?” mi chiede avvicinandosi e abbracciandomi alla vita. Cerco di ignorarlo e di far finta di nulla. Mi lascia un bacio sulla guancia: “Farò più attenzione a Shelley, ma sappi che ha sempre avuto un debole per me ed io l’ho sempre rifiutata…”. Sorrido alle sue scuse. “Accetto volentieri il tuo invito a pranzo”.


 

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Capitolo 3
*** Cap III - Lo farò ***


Buon pomeriggio a tutti voi!
Quest’oggi pubblicherò due capitoli: il terzo ed il quarto.
Buona lettura,
Grace


***
 
A volte non è facile stare con un ragazzo come Stephan, perché non sai mai cosa si cela nel suo cuore.
Dopo aver discusso per il malinteso a Stoccolma, non abbiamo più avuto nessun tipo di screzio, ma ho avuto una tremenda sensazione, come se non fossi sufficientemente importante.
Sono convinta che non si sarebbe comportato così se fossi stata Katarina, ubriaco o no… Questo pensiero ha suscitato in me inadeguatezza e il peso che avevo sullo stomaco qualche tempo fa è tornato, ma più forte che mai.
Non riesco a togliermi dalla testa che potrebbe avere quel comportamento anche con le innumerevoli ospiti ai loro party privati, eppure non mi pare mi manchi qualcosa: certo non sarò né bella, né ricca quanto loro, ma mi reputo passabile e con una discreta cultura.
Non ho avuto il coraggio di parlare di questo mio stato d’animo neanche con Yvonne e Jörg perché una mi direbbe che è stato solo una svista, l’altro mi direbbe che forse dovrei farci l’abitudine. Non ho mai reputato Stephan un ragazzo superficiale, perciò una parte di me è fermamente convinta che l’affetto da parte sua sia sincero, ma, dopo quell’episodio, inizio ad innervosirmi in sua presenza; mi infastidisce, che mi tenga la mano o che cerchi di baciarmi, anche solo che mi guardi perché ho paura possa fare lo stesso con qualcun’altra. Adesso che è a Düsseldorf per una partita in trasferta mi sento meglio, quasi leggera… no, forse quella che provo è una sensazione di libertà…Forse aveva ragione lui: stava esagerando. Forse era solo il suo cervello ad elaborare un falso allarme di pericolo dovuto alla sua precedente storia che non era poi così idillica come le si era presentata inizialmente.

Prende il telefono e compone un messaggio diretto al suo ragazzo:
To: Stephan
From: Anja

-“Hey, ciao! I miei staranno fuori per qualche giorno, appena torni dalla trasferta ti va di passarli qui a farmi compagnia?”

La risposta non tardò ad arrivare:

To: Anja
From: Stephan

-“Hey! Va bene, tanto ho dei giorni liberi dopo la partita. Appena torno, vengo subito da te”.

To: Stephan
From: Anja

-“D’accordo, allora ci risentiamo appena avrai finito la partita. Cercherò di seguirla in tv <3 In bocca al lupo”

To: Anja
From: Stephan

-“Grazie, a dopo! <3”

  °°°


Il giorno del rientro di Stephan dalla trasferta è arrivato ed Anja sta iniziando ad agitarsi: era arrivato il momento di confrontarsi con lui.

Con Stephan si erano accordati per passare il week end insieme a casa di lei, visto che i suoi genitori erano fuori per un fine settimana di relax in una spa e Richard era in ritiro.

Sentì suonare al campanello e si affrettò a raggiungere la porta, aprendola: si trovò il giovane svedese davanti e quasi si sentì mancare il fiato per quanto lo trovava bello.
Lo fece accomodare e preparò una tazza di thè caldo; si accomodò accanto a lui e gli sorrise. Sospirò e prese coraggio: era giunto il momento di affrontarlo.
Anja: “Vorrei riaffrontare la questione ‘Stoccolma’… non mi fa stare serena”
Stephan la guardò e sospirò: “Ne abbiamo già parlato… non ti sembra di esagerare?”
Anja abbassò lo sguardo e si morse il labbro. Si prese qualche secondo prima di rispondere: “Ti disturba riascoltare ciò che ho da dire?”
Stephan: “Un po’ sì…” volse subito lo sguardo alla ragazza che lo stava fissando e capì che quello non era il momento di scherzare. Alzò i palmi come per arrendersi: “scherzavo… ti ascolto”.
La ragazza si schiarì la voce e abbassò lo sguardo: “Hai avuto altre volte questo comportamento?”
Stephan: “No. È successo a Stoccolma un po’ per l’alcol ed un po’ è stata complice l’amicizia che ho con Shelley… Lì per lì, in quel gesto, non ci avevo visto nulla di malizioso.”
Anja si limitò ad annuire e di sforzò di apparire tranquilla, ma il suo viso e il lieve tremore delle sue mani la tradirono.
Stephan, così, riprese a parlare: “La prima volta, dopo aver fatto l’amore, mi hai chiesto se davvero fossi affezionato a te. In Svezia mi hai fatto capire che non ti fidavi di me, anzi non di me, ma dei comportamenti che avrei potuto avere con le ragazze che frequentano i nostri party privati ed oggi hai voluto riaffrontare la questione… Cosa ti turba? Perché hai così poca fiducia?” accolse tra le proprie mani quelle di lei che poco prima si erano chiuse in pugni ben stretti, saldi.
Chiuse gli occhi e fece due o tre respiri profondi: “Tre anni fa conobbi un ragazzo, il classico bel ragazzo dal fascino esotico; aveva la madre coreana e il padre tedesco. Era impeccabile in tutto: galante, premuroso e pieno di progetti per il futuro, bravo nello studio e parlava correttamente tre lingue. Insomma, per una come me che sono un’inguaribile romantica, rappresentava l’amore tanto atteso quanto perfetto. Sono sempre stata piuttosto riservata, ma prima avevo lo sguardo disilluso di una sognatrice che crede nel principe azzurro. Quasi tutte le sere facevamo una passeggiata qui nei dintorni e…” il ragazzo la interruppe un secondo, giusto il tempo di farla accomodare sulle proprie gambe per poterla abbracciare: “…e sai, mi ero illusa che potesse essere quello giusto. Poi mi ha lasciata così, di punto in bianco. Ho cercato di fermarlo e di capire, ma non ha voluto sentir ragioni e non ha voluto darmi spiegazioni… né lui, né i nostri amici. Nei mesi successivi ho scoperto che lui aveva già una ragazza, ma che era andata a studiare in Spagna; quasi ogni sera, dopo avermi riaccompagnata a casa, usciva e ci provava con qualsiasi essere femminile e a volte arrivava anche ad andarci a letto. Dopo questa scoperta, ho scelto di allontanarmi da qualsiasi persona mi legasse a lui. Da allora, tu sei stato il primo a cui mi sono legata e ho terribilmente paura di stare male di nuovo…”.
Stephan l’ascoltò pazientemente e si rese conto di quanto fosse profondamente ferita, anche lei; capì che dovevano essere l’uno il supporto dell’altro, che dovevano crescere insieme. Senza risponderle, si alzò e poggiò le labbra sulle sue, accarezzandole delicatamente il viso ed assaporando il sapore delle lacrime che le rigavano il viso; tra un bacio ed un altro si rifugiarono nella camera di lei dove il letto accolse la loro notte d’amore.

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Capitolo 4
*** Cap IV - No tears ***


Con questo capitolo sono riuscita a rimettermi in pari con la precedente pubblicazione.
Spero continuiate a seguirmi e di non deludere le vostre aspettative. <3

Grace

***


“Non ce la faccio, scusami…”

Questo era stato il messaggio con cui Stephan, poco dopo il suo compleanno, aveva deciso di metter fine ad una storia che durava ormai da più di un anno. Anja si era ripromessa di non versare una sola lacrima. Si era imposta di non piangere, di non dargliela vinta, di essere quella forte per una volta.

Era riuscita ad impedire che questa situazione andasse ad intaccare il resto della sua vita: evitò ripercussioni sullo studio, sul ballo ed anche sulle sue amicizie cercando di condurre la vita come l’avrebbe condotta se le cose con Stephan fossero rimaste invariate.
In fin dei conti, Anja si aspettava una fine del genere: improvvisa e senza una motivazione valida, in cuor suo sapeva che i suoi timori erano più che fondati.

   °°° 


Era arrivato il mese di maggio, il 18 per l’esattezza, ultima partita di bundesliga per dichiararne il vincitore.
Come da qualche mese a questa parte, né Jörg né Yvonne avevano chiesto più alla loro amica di accompagnarli allo stadio o di guardare la partita insieme, ma per quella giornata importante, fu stesso Anja a decidere di muovere un passo verso gli amici: una parte di lei, in realtà, desiderava rivedere il viso di Stephan, anche se solo attraverso uno schermo.

Whatsapp: Die drei kleinen Schwaine
From: Anja

-“Stavo pensando… che ne dite di passare da me e di guardare la partita?”

From: Jörg

-“Tanto lo so che stai scherzando, non illuderci”

From: Anja

-“Ti sto offrendo ospitalità, visto che i nostri genitori la guardano a casa tua, pensavo vi facesse piacere farmi compagnia. Giuro che la guarderò anche io”

From: Yvonne

-“BUGIARDA”

From: Anja

-“Alla prima distrazione, siete autorizzati ad insultarmi”

Alle 16.00, si presentarono entrambi alla porta della ragazza, armati di magliette, sciarpe, cibo e birra; tutti e tre si accomodarono sul divano più pronti che mai a godersi il match.
Le squadre fecero il loro ingresso. Fischio d’inizio. Fine primo tempo. Il Bayern era in vantaggio di un paio di goal, tutto era filato liscio: Anja provò solo un leggero fastidio alla bocca dello stomaco, ma nulla di più.
Fischio ed inizio del secondo tempo. Poco dopo che il gioco era ricominciato, l’arbitro fischia un fallo: Anja aveva chiuso gli occhi e preso la mano di Yvonne, stringendola, non appena aveva sentito il commento del telecronista “Stephan Levin, il numero 12 del Bayern Monaco è a terra. Ha subito un intervento in scivolata sulla caviglia destra” e dopo qualche secondo di silenzio proseguì “il numero 12 del Bayern è in piedi, il gioco riprende senza sostituzioni”. Riaprì gli occhi e fissò l’amica, allentando la presa sul suo braccio “scusami…”.
La partita finì 5 a 1, riconfermando il Bayern campione di Germania.



 

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Capitolo 5
*** Cap V - Tentativi ***


Saaaalve a tutti!
Questo è un capitolo totalmente nuovo pieno di sarcasmo e ahimé anche lacrime.
Spero vi piaccia e se vi va, lasciate pure una recensione.
Grace


***

Whatsapp:

To: Stephan
From: Anja

-“Ciao :) ho visto la partita… complimenti per il risultato!”

Un messaggio semplice, non si aspettava risposte, ma voleva dimostrargli di non provare rancore, ma che nonostante tutto lo supportava. Sentì la vibrazione del telefono: le aveva risposto quasi subito.

To: Anja
From: Stephan

-“Ciao, grazie mille. Hai visto la partita? Questa è una novità”

To: Stephan
From: Anja

-“Anche io mi sono stupita di me stessa. A proposito, come va la caviglia?”

To: Anja
From: Stephan

-“Sei riuscita a vederla tutta o hai barato? Comunque va benissimo, sono solo sciocchezze. Un giorno o due di riposo e sarò come nuovo.”

To: Stephan
From: Anja

-“…..l’ho vista tutta, puoi chiedere a Jörg e Yvonne. Mi fa piacere :)”

To: Anja
From: Stephan

-“Ok, credo lo farò.”

To : Stephan
From: Anja

-“Ah ah ah, grazie. Ma da quando sei così simpatico?”

To: Anja
From: Stephan

-“Da quando sono nato.”

To: Stephan
From: Anja

-“Non ricordavo questo particolare, deve essermi sfuggito sicuramente.”

Risposta tagliente. Anja 1 – Stephan 0.

To: Anja
From: Stephan

-“Non mi aspettavo mi scrivessi…”

To: Stephan
From: Anja

-“Beh avresti dovuto. Avresti dovuto sapere che avrei continuato a supportarti nonostante tutto, ma forse mi sono sbagliata.”

To: Anja
From: Stephan

-“Sei per caso arrabbiata?” Stephan si era pentito subito dopo aver mandato il messaggio: la sua domanda retorica era totalmente fuori luogo.  Anja 1 – Stephan -1, addirittura sotto lo zero.

To: Stephan
From: Anja

-“No.”
To: Anja
From: Stephan

-“Possiamo vederci per parlare?” azzardò.
 
To: Stephan
From: Anja

-“Aspetta che ci penso… No.”

To: Anja
From: Stephan

-“Ok, passo dopo cena”

To: Stephan
From: Anja

-“Vuoi che usi un traduttore per dirtelo in svedese? Magari lo capisci meglio.”

To: Anja
From: Stephan

-“No per favore, non storpiare la mia lingua più di quanto tu già non faccia a voce.”

To: Stephan
From: Anja

-“Ti avverto che sto per insultarti.”

To: Anja
From: Stephan

-“Credo di non averti quasi mai sentito dire una parolaccia”

To: Stephan
From: Anja

-“Rövhål”1

To: Anja
From: Stephan

-“Me lo merito. Ma chi te l’ha insegnata?”

To: Stephan
From: Anja

-“Basta che cerchi il tuo nome su internet, compare tra parentesi dopo ‹Stephan Levin (Rövhål), centrocampista offensivo del Bayern Monaco e della nazionale svedese›”

To: Anja
From: Stephan

-“Avevano ragione i tuoi amici a dirmi di non farti arrabbiare, altrimenti mi avresti dato filo da torcere”

To: Stephan
From: Anja

-“Ma non sono arrabbiata, dico solo la verità :)”

To: Anja
From: Stephan

-“Potrei piangere, lo sai vero? Comunque, dopo ci vediamo?”

To: Stephan
From: Anja

-“Chissà perché, ma del fatto che potresti piangere non me ne frega un bel niente. Uh sì, vediamoci, così continuo ad insultarti di persona.”

To: Anja
From: Stephan

-“<3”

Non era mai stata così con lui, non ne aveva mai avuto motivo. Si era davvero sorpresa di sé stessa, di come gli stava rispondendo: sicuramente era tutta la rabbia che aveva represso per non dargliela vinta.
Lo stomaco le si era chiuso, così aveva optato per concedersi una lunga doccia calda.


   °°°

Sentì il campanello e andò ad aprire: si trovò il ragazzo davanti: i capelli gli erano leggermente cresciuti, tanto da permettergli di pettinarli un po’ all’indietro lasciando il viso scoperto. Anja deglutì. Lo fece accomodare e prima ancora che lui potesse proferire parola, decise di mettere le mani avanti: “Sono pronta ad ascoltarti e mi auguro che quello che hai da dire sia davvero convincente, altrimenti rimarrò dell’idea che sei un emerito idiota…”.
Si erano seduti sul divano, mantenendo una certa distanza.
Stephan iniziò a farfugliare qualcosa in svedese, come se stesse riordinando le idee. Anja, dal canto suo, si era dipinta in viso un’espressione seria in viso, cercando di apparire il più scostata possibile. A tradirla, però era il movimento continuo del suo piede: “Sei pregato di parlare in tedesco”.
Stephan alzò lo sguardo su di lei e si schiarì la voce: “Sì, scusami… non so come iniziare il discorso”.
La ragazza fece spallucce ed lo invitò a continuare: “Mi ami ancora?”. Esordì così, secco.
“Non ho mai detto di amarti…” rispose Anja. Si alzò di scatto dal divano per prendere tempo: “ho detto solo di volerti bene. Se devi prenderti gioco di me, quella è la porta. Non siamo qui per fare pace come nei film, siamo qui perché tu devi darmi delle spiegazioni, credo di meritarle. Troppo semplice prendere il telefono e scrivere che non ce la facevi per poi venire da me, fare il simpatico e incrociare le dita. Sai cosa succederebbe se io ti dicessi che è tutto ok? Che quando ti sarai stancato di nuovo, mi lascerai ancora a tuo piacimento. E sarà sempre così, un tira e molla infinito perché sei consapevole che sarò sempre qui ad aspettarti. Pensi che sia stupida? Pensi sul serio che io non sappia cosa accidenti combinate voi? Belli, ricchi, famosi... Pensi davvero che io mi sia bevuta che tra te e Shelley non ci sia stato qualcosa?” sospirò “Sono stata troppo accomodante con te.”
Stephan ascoltò in silenzio il suo sfogo, senza batter ciglio. Non si scompose neanche quando lei aveva parlato di Shelley. Fece un profondo respiro: “Con Shelley ci sono andato a letto solo una volta, per sbaglio. Non ricordo se poco prima di incontrarti o appena dopo esserci conosciuti. Su questo hai ragione e ti chiedo scusa se non te l’ho detto prima. Se stai per fare dell’ironia, ti prego, fammi finire e poi potrai dire tutto quello che vuoi. Mi sono pentito di averti lasciata subito dopo averti scritto, non so neanche cosa mi sia passato per la testa, so solo che qualcosa mi aveva spaventato… nei giorni successivi ho capito che era la paura di rinchiudere per sempre il ricordo di Katarina in un angolo del mio cuore, avevo la consapevolezza di poter amare ancora, come un tempo. Mi ha spaventato perché è più facile amare un ricordo… ammetto di aver provato rabbia nel vedere come altri ragazzi riuscivano a farti sorridere anche solo con uno stupidissimo invito a ballare o a farti ridere perché costretta a fare un ballo di cui non sapevi i passi. Se hai dei dubbi su quello che ho fatto in quest’arco di tempo, ti assicuro che ho solo rimuginato su quanto sia stato codardo.
Quando ho visto il tuo messaggio, mi tremavano le mani e sentivo il cuore battere all’impazzata” si interruppe per un istante “Spero apprezzerai tutto ciò perché sai che non sono uno di molte parole”. La guardò tutto il tempo, sperando in una sentenza positiva.
Lo guardò stupita, di certo il lungo discorso l’aveva colpita e non poco, ma il particolare su Shelley… no, quello non le era sfuggito e aveva distrutto tutta la magia del momento: “E in Svezia ti sei permesso addirittura di sbuffare e farmi sentire stupida… ti prego, vai via ora, non ho voglia di ascoltarti ancora” sussurrò con le lacrime agli occhi. La cosa che l’aveva ferita non era ciò che era successo tra loro, ma il fatto che nonostante lei avesse manifestato gelosia e il dubbio, lui aveva continuato a negare, a mentire.
Senza aggiungere altro e sentendosi impotente in questa situazione, a malincuore, Stephan andò via.



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Note: 1- "Rövhål" è stronzo in svedese (fonte: Pewdiepie https://www.youtube.com/watch?v=jRC-UlucmRU)

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Capitolo 6
*** Cap VI - Raggio di sole ***


Salveeeee!!
Mi scuso innanzitutto per il tremendo ritardo nella pubblicazione (impegni RL #sob).

I personaggi di Stella, Virginia e Gus, ed il locale “Raggio di sole” sono creazioni della mia amica e autrice Fafanella alla quale ho chiesto il permesso di poterli inserire (saranno presenti in alcuni capitoli).
Detto ciò, vi lascio alla lettura del capitolo <3
Un abbraccio,
Grace ^^

 
***

Dalla separazione effettiva di Stephan e Anja era passato poco più di un mese: tra allenamenti per le qualificazioni agli europei, party esclusivi e prove di coreografie su coreografie, non avevano più avuto modo di vedersi.
Di tanto in tanto, Stephan le aveva scritto con l’intenzione di chiarire una volta per tutte, ma da parte di lei non c’era stata alcuna risposta. Silenzio stampa.
Aveva deciso di rivolgersi ad una delle persone che erano più vicino a lei per cercare conforto e forse anche qualche consiglio… no, principalmente per ricevere un parere sincero.
 
Incontrò Jӧrg alla scuola di ballo: era il giorno di chiusura e il ragazzo aveva chiesto in prestito le chiavi della sala prove per poter parlare con il giovane attaccante senza destare alcun sospetto.
Si erano accomodati su di una panchina e, senza troppi convenevoli, andarono subito al nocciolo della questione: come riavvicinarsi ad Anja? Stephan raccontò a Jӧrg, ignaro delle ultime vicende, com’erano andate le cose senza omettere nulla, prendendosi le proprie responsabilità.

“Ora che sei stato in Svezia, hai rivisto Shelley?”, chiese a bruciapelo il ragazzo.
Stephan rimase un attimo interdetto, “è la nostra manager, è inevitabile purtroppo”.
“Stephan, hai capito perfettamente a cosa mi riferisco…”
Lo svedese abbassò lo sguardo ed annuì passandosi una mano tra la chioma bionda: “Sì, l’ho vista in quel senso e ho fatto una cosa davvero stupida. È che sono disperato ed ho trovato conforto in lei che mi conosce da una vita. Ho capito di aver sbagliato e…” non fece in tempo a finire la frase che il suo interlocutore lo interruppe “hai sbagliato ben due volte, anzi tre…. Anche se la farà stare male, dovrai dirle che in questo periodo ti sei visto con una certa frequenza con Shelley. Sii sempre onesto con Anja e se ti fa qualche domanda, sappi che lei già sa la risposta, quindi inutile mentirle. Ah, altro consiglio: lascia il passato nel passato e vivi nel presente”, si schiarì la voce “Riconquistare la sua fiducia sarà un’impresa quasi titanica, ma non impossibile. Dovrai rigare dritto: niente Shelley, niente modelle, niente foto ambigue… zero, chiaro? So che Anja le vede, ma non ne parla e credo che sia proprio a causa qualche cosa che ha visto che abbia scelto di non risponderti più. Dopo la vostra ultima discussione, mi è sembrata solo arrabbiata, ma non convinta di voler chiudere definitivamente con te. Ormai però si è chiusa nel suo guscio… proverò ugualmente a mettere una buona parola se capiterà l’argomento, ma non prometto nulla”.


°°°

Whatsapp: Die drei kleine Schweinche

From: Jӧrg
-‘Chi viene con me a vedere gli allenamenti del Bayern? Questo weekend si allenano a porte aperte!’

From: Yvone
-‘Per me va bene… Anja?’

From: Anja
-‘ Stephan è infortunato?’

From: Jӧrg
-‘Ma cosa vai a pensare? Ovvio che no, sta benissimo ed è rientrato ora dalla Svezia…’

From: Anja
-‘Ah, peccato. Allora non verrò’

From: Yvone
-‘Sei seria?’

From: Anja
-‘ Sì. Verrò solo se si romperà il crociato destro’


From: Yvone
-‘ tu non sei così cattiva…’

From: Jӧrg
-‘Così si stronca il campionato. Ma cosa dici? Non fare la bambina adesso, non esagerare. Vi siete lasciati e allora? Può capitare!’, la provocazione era voluta.

From: Anja
-‘ Certo, capita tutti i giorni di avere ragione quindi sì, capita.’

From: Yvone
-‘ Cos’è successo?’

From: Anja
-‘ Cosa non è successo, vorresti dire. E poi è anche abbastanza tarato, news e gossip arrivano anche qui in Germania anche se riguardano la nazionale svedese e, guarda un po’, so usare anche un banalissimo traduttore. Sai cos’ho tradotto? Un articolo dallo svedese al tedesco dove sottolineavano quanto fossero affiatati lui e la manager della squadra. Indovinate chi è la manaer? Già, proprio Shelley. Questo basta e avanza per ricevere via posta un viaggio di sola andata per il dimenticatoio. Si è azzardato anche a scrivermi che voleva chiarire… chiarire mentre faceva visita alla fagiana di un’altra… certo, io sono la stupida di turno. Se si permette di riscrivermi, giuro che vado al campo e glielo spacco io il ginocchio. Mi ha stancata.’

Quest’ultimo messaggio attirò l’attenzione di Jӧrg: fece uno screen e lo inviò al giovane attaccante, aggiungendo “potresti avere una possibilità di vederla e di parlarci… a tuo rischio e pericolo”.



 °°°

Anja era stata forzata ad un periodo di riposo dai suoi stessi maestri perché era fin troppo evidente che aveva la testa altrove, in più i continui messaggi di Stephan non l’ avevano aiutata; era partita con l’idea di volerlo supportare nonostante si fossero lasciati, ma tra l’ultima discussione e gli articoli che aveva letto, aveva scelto di sparire del tutto e di stroncare il problema sul nascere, ignorandolo. Per scaricare la tensione, optò per una bella camminata a passo veloce per le strade di Monaco accompagnata solo da un paio di cuffie e la playlist delle sue salse preferite. Camminò fino ad imbattersi nel tanto chiacchierato ‘Raggio di sole’. Non sapeva neanche come avesse fatto ad arrivare lì: forse ne era rimasta affascinata dai racconti di Genzo e Karl o forse il suo subconscio sapeva che quello era il posto giusto per rilassarsi. Senza troppi indugi, si decise ad entrare e si avvicinò al bancone, sorridendo spontaneamente alla scritta sull’arco.
“Vale per tutti quella regola?”, chiese Anja mettendo la propria timidezza da parte.
La risposta non tardò ad arrivare: “Vale per chiunque entri nel locale!”, da dietro la porta della cucina, apparve una ragazza alta, formosa, riccia di capelli e con una voce molto melodiosa; le porse il manu.
Anja le sorrise con gratitudine e si perse nella lettura quando sentì tintinnare il campanello dell’acchiappasogni: si voltò, trovandosi davanti il capitano del Bayern. Lo salutò e scambiò giusto due parole, com’erano soliti fare per poi lasciarlo andare dietro le cucine.
“è il fidanzato di mia sorella”, le disse la ragazza dietro il bancone.
“Sì, lo so! Come avrai notato, siamo amici… anzi, sono stati lui e Genzo a consigliarmi questo posto. È molto carino ed accogliente il tuo locale, complimenti!”, le sorrise.
“Piacere, sono Stella”, le tese la mano.
“Piacere mio, sono Anja”.
Dopo essersi fatta consigliare un bel the, le due ragazze passarono un po’ di tempo a chiacchierare, approfittando della poca affluenza della giornata e fu quasi impossibile per la giovane ballerina tedesca non ridere di gusto in compagnia della verace proprietaria originaria del sud Italia.
Si era fatta tardi ed Anja reputò fosse giunta l’ora di tornare a casa: pagò il suo conto ed incaricò Stella di salutare Karl da parte sua, uscendo poco dopo dal locale.

“è andata via?” chiese il biondo scendendo le scale.
Alla risposta affermativa di Stella continuò: “è lei la ragazza di cui ti parlavo, stava con Levin, ma la cosa purtroppo non è andata avanti perché quel ragazzo è, come dire, problematico? Non so cosa gli sia preso, ma l’ha lasciata su due piedi… ha provato a riappacificarsi, ma lei non ne ha voluto sapere… Mi fa molta tenerezza, aveva occhi solo per lui, è stata molto paziente per via del passato di Stephan e non meritava di essere trattata così… Puoi mettere una buona parola per lo slavato? Ok che è un coglione, ma anche lui infondo merita ancora di essere felice”, Stella si era mostrata pensierosa ed attenta alle parole di suo ‘cognato’.
“Beh, non so se potrò fare qualcosa, non conosco né lei, né tantomeno lui, però posso provare. Si potrebbe organizzare qualcosa di gruppo, dove ci sarete sia voi che lei con i suoi amici. La situazione non è delle migliori, ma spero di poter fare qualcosa. Se dovesse ucciderlo nel mio locale, pulirete voi e occulterete il corpo vicino a quello della cuoca di Genzo, chiaro?”


 

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Capitolo 7
*** Cap VII - Da stasera ***


Buonasera amici,
ecco a voi l'aggiornamento!
Per questo nuovo capitolo ho optato per la narrazione da diversi POV, utilizzando la prima persona...spero di aver fatto un buon lavoro e che vi piaccia.
Inoltre, come per il cap precedente, saranno presenti i personaggi di Stella, Gus e Virginia, creati da Fafanella e presenti nella fanfiction "1,2,3... STELLA!".

Buona lettura,
Grace! 



°°°


Stephan POV

Karl mi ha detto che era riuscito a far organizzare a Stella una serata un po’ diversa, invitando nel suo locale una cover band dei Rammstein. Praticamente mi ha costretto a partecipare e pensare che i Rammstein non  sono neanche il mio genere, ma d’altra parte uscire un po’ non può che farmi bene!
Esco di casa e arrivo puntuale al locale, dove mi aspettano, oltre a Karl e alla sua ragazza Virginia, anche Genzo, Stella e Gus.
Mi si avvicina un ragazzo sui venticinque anni, rossiccio di capelli e pieno di lentiggini: “Piacere di conoscerti, sono Ezra… mio fratello mi ha parlato molto di te!”.
Resto interdetto per qualche secondo: “Piacere mio, sono Stephan… Perdonami se te lo domando, ma chi è tuo fratello?”
Mi sorride scoprendo una dentatura che si avvicina paurosamente al concetto di perfezione: “Scusami, ho dato per scontato che si notasse la somiglianza. Sono il fratello maggiore di Jӧrg. Tra poco dovrebbe arrivare, lui e Yvone sono andati a prendere Anja e Thorben, non so se lo conosci…”
Faccio NO con la testa, mentre avverto un lieve fastidio allo stomaco.
“Sì, effettivamente Thorben si è aggiunto da poco al gruppetto. È un nuovo ballerino della scuola… sono cambiate un bel po’ di cose ultimamente… è tutto troppo complicato, campione, Jӧrg saprà spiegarti meglio!”

Anja POV

Sono appena salita in macchina con Jӧrg, Yvone e Thorben, pronti per passare una serata alternativa tutti insieme e aiutare quest’ultimo ad ambientarsi.
Quale migliore occasione se non un concerto live da ‘Raggio di sole’? Quale migliore band se non quella del fratello del mio migliore amico?
Arrivati al locale, andiamo subito a salutare la frizzante proprietaria e suo cugino: dopo la prima volta, sono diventata una cliente fissa, ragion per cui non do troppo peso alla presenza di Genzo e Karl, ormai adottati dalle due sorelle.

Jӧrg POV

Sono in ansia? Abbastanza. Mi sento in colpa? Un po’. Praticamente stiamo buttando Anja e Stephan nella tela del ragno… Anzi, ragni in questo caso.
Quei due capoccioni non si parlano più perché uno dei due è stato un emerito idiota mentre l’altro… beh, l’altro ha pienamente ragione. Tifavo per loro e, nonostante tutto, sono fermamente convinto che la loro storia meriti una seconda chance.

Scorgo Ezra ancora intento a chiacchierare con Stephan e gli faccio un cenno così da farli avvicinare.

Anja POV


Sono così felice di vedere Ezra, saranno mesi che non riusciamo più a beccarci! È in compagnia di Stephan e cerco di mantenere la calma il più possibile, sebbene il leggero tremolio alle mani mi tradisce.
Saluto il fratello del mio amico con un abbraccio e saluto anche il mio ex, come se nulla fosse.
Presento ad entrambi la new entry del gruppo.
Mi si avvicina e mi chiede sottovoce di poter parlare ed anche se la mia voglia è pari a zero, preferisco non dar spettacolo e accetto.
Ci mettiamo su un tavolino appartato: “Ti prego, Stephan, di’ qualcosa di serio e non banale perché non ho alcuna intenzione di rovinare la serata né a me, né agli altri, soprattutto a Thorben”.
Riduce gli occhi a due fessure: “Chi è Thorben?”
Non lo sta chiedendo davvero: “E’ il ragazzo che ti ho presentato esattamente due secondi fa”, gli rispondo cercando di mantenere la calma.
“Chi è Thorben per te?”, azzarda.
Cos’ho appena sentito?
“Punto primo: non sono tenuta a darti alcuna spiegazione. Punto secondo: non credo tu sia nella posizione giusta per poter chiedere a me cosa significhi per me una persona”, rispondo sentendomi al limite della sopportazione.
Si passa velocemente la lingua sulle labbra per inumidirle, è in difficolta: “Ok, scusami. Volevo solo chiarire la questione, non voglio stare senza te… ho sbagliato a lasciarti, a mentirti… ho sbagliato e ti chiedo scusa… vorrei un’altra possibilità e ti prometto che riguadagnerò la tua fiducia… non importa quanto tempo ci vorrà”. L’ascolto attentamente e devo dire che è stato convincente. Sarei tentata di dargli un’altra possibilità, ma non riesco a tenere la lingua a freno: “Dimmi una cosa, pensavi queste cose mentre ti divertivi in Svezia? Pensavi a me quando ti facevi Shelley? Sono stata molto paziente con te, Stephan, fin dai primi giorni. Ho accettato Katarina, ho capito il tuo timore e ho cercato di non soffocarti; ti ho dimostrato di essere una compagna leale e di poche pretese. Tu sei andato con Shelley anche dopo la nostra ultima discussione ed ora sei qui a chiedermi scusa… non lo so, non so se riuscirei a fidarmi di nuovo di te”, sospiro quasi avvilita: “Credimi, vorrei darti un’altra possibilità, ma allo stesso tempo sono un po’ combattuta. Ho paura di stare male di nuovo per te ed è una cosa che mi darebbe parecchio fastidio perché a quel punto potrei prendermela solo con me stessa per avertelo permesso”. Resto in silenzio per qualche minuto e lui fa lo stesso, come uno studente in attesa che il prof decida che voto mettergli.

Stephan POV

Questi minuti sembrano un’eternità.
Alza il suo sguardo su di me e accenna un lieve movimento del capo in avanti: “Riproviamoci, anche se non sarà facile…”.
Non mi sembra molto convinta, ma apprezzo il suo sforzo.
Lo apprezzo davvero tanto.
Le prendo entrambe le mani e do un bacio sul dorso ad entrambe, per ringraziarla. Mi accenna un lieve sorriso e si alza, avvicinandosi a me: “Comincia da stasera”.

 

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Capitolo 8
*** Cap VIII - Amsterdam ***


Anja POV: Dopo la serata da “Raggio di Sole”, notai da parte di Stephan dei notevoli cambiamenti nei miei confronti: si stava seriamente impegnando a riconquistare la mia fiducia, ma ciò che mi aveva più colpito era che iniziava a mostrare con più trasparenza ciò che provava; aveva sempre una frase carina, una parola dolce, rimanendo però sempre nella sua compostezza svedese.

Era ora di cena e tutti ci stavamo dando da fare per sistemare: chi apparecchiava, chi cucinava e chi, come me, invece si occupava di assaggiare ogni singolo piatto e dare un giudizio. Beh, qualcuno doveva pur farlo!
Sentii suonare al campanello e mi affrettai ad andare ad aprire: era una lettera per me, da parte del mio ex-nonex.
Mi scusai con i miei genitori e mio fratello e mi affrettai a chiudermi in camera per leggere ciò che mi aveva scritto. Non era assolutamente da lui e soprattutto mi sembrava quasi strano ricevere una lettera, visto che abitavamo praticamente a due passi.

-Mia piccola e dolce Anja,
non sono tipo da scrivere lettere, ma so anche che a te piace riceverne.
In questa busta ci sono due biglietti per Amsterdam per il weekend prossimo, quindi non prendere impegni e se a Thorben non dovesse andar bene, beh pazienza se ne farà una ragione
-

“che idiota” sussurrai sorridendo a quell’ultima frase letta:

-Ho voglia di passare un po’ di giorni da solo con te, ne ho davvero bisogno. Sicuramente ci servirà anche per trovare un po’ di serenità. So che ci vorrà del tempo, ma come si suol dire: ‘un viaggio di mille miglia, comincia sempre col primo passo’.
Buonanotte,
Tuo Stephan-


Mi portai quella lettera al viso e l’annusai, c’era il suo profumo.
Cercai di immaginarmelo mentre architettava questa cosa alle mie spalle e sorrisi con dolcezza.

Presi il mio telefono e composi un messaggio:

From: Anja
To: Stephan
-“Deve proprio darti fastidio il piccolo Thorben eh”

La risposta non tardò ad arrivare:

From: Stephan
To: Anja
-“Non c’è spazio per lui”

From: Anja
To: Stephan
-“Stupido <3”

From: Stephan
To: Anja
-“Verrai con me?”

From: Anja
To: Stephan
-“Certo che verrò… sono molto curiosa di sapere cos’hai combinato”

From: Stephan
To: Anja
-“Non te ne pentirai”.

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Capitolo 9
*** Cap IX - Holland, day one ***


Nonostante il mio costante ritardo nei preparativi, ero riuscita ad arrivare in largo anticipo all’aeroporto di Monaco.
Il volo era stato tranquillo, senza alcuna turbolenza; avevano scelto di partire la mattina molto presto sia per evitare sguardi indiscreti, sia per poterci godere al massimo tutti i giorni nella capitale olandese.
Stephan aveva prenotato un albergo in centro e la camera che ci avevano riservato era tra le più belle dell’intero stabile con vista panoramica sulla città.
La prima cosa che feci, fu quella di buttarmi a quattro di spade sul letto a due piazze: “E tu dove dormirai?”
La mia fu solo una provocazione e Stephan la colse fin troppo bene: si mise a cavalcioni su di me, poggiando entrambe le mani sul materasso: “Se vuoi, posso dormire sul divanetto all’ingresso… però credo di essere troppo alto. Dovremo trovare un’altra soluzione”, disse avvicinandosi al mio viso per potermi baciare.
Sorrisi alle sue parole: “Vorrà dire che ci dormirò io!”
Lo costrinsi con una leggera spinta a spostarsi per permettermi di alzarmi in piedi: “Quali sono i programmi?”
Si mise seduto, guardandomi dal basso: “Allora, oggi andremo a visitare piazza Dam, poi andremo al complesso Begijnhof e poi andremo a cena fuori insieme”
“Tutto qui? E gli altri giorni?”, chiesi curiosa.
“Te lo dirò poi”.


Dopo esserci riposati un po’ e aver pranzato qualcosa di veloce e leggero, ci recammo a piedi nella piazza principale della città: aveva un aspetto austero, era nata all’inizio del 1200 con lo scopo di ospitare il mercato cittadino. Attualmente ospita anche il palazzo reale che però, fu costruito solo quattro secoli più tardi.
Presi il mio telefono e iniziai a scattare quante più foto possibili, mi piaceva l’idea di avere un ricordo fisico dei miei viaggi per poterli rivivere anche solo con uno sguardo.


Proseguimmo lungo la via principale dello shopping: via Kalverstraat. Da quello che avevo letto sulla guida, era una delle vie più costose d’Europa e a giudicare dai vari negozi di lusso che vi erano, non era difficile da credere.
Arrivammo finalmente al Begijnhof, un affascinante cortile lontano dalla folla e dagli schiamazzi della via appena percorsa.
Attorno a questo cortile c’erano ben quarantasette case, ognuna di esse è stata restaurata mantenendo i propri mattoncini risalenti a quattordicesimo secolo; mettere piede in quello spazio verde circondato da castagni catapultava ogni turista indietro nel tempo, quando anche le grandi città erano ‘incontaminate’.

Passeggiammo ancora, mano nella mano, concedendoci di tanto in tanto qualche piccola attenzione come una carezza o un bacio veloce.

Il sole stava calando e ciò significava solo che l’ora di cena si stava avvicinando.
Andai per prima in bagno perché, a detta di Stephan, ero la più lenta dei due. Bugiardo.
Tempo di fare una doccia e mettere la crema per il corpo al profumo di pesca bianca e fui fuori a tempo record... ne rimase quasi sorpreso; per l’occasione scelsi un vestitino totalmente di pizzo nero, foderato all’interno con una stoffa color carne e decolleté nere, trucco leggero con solo mascara, qualche punto luce e rossetto nude. I capelli erano la vera sfida: sciolti o legati? Optai per aspettare che il mio compagno di stanza uscisse dal bagno per sottoporgli la questione delicata che stava mandando in tilt il mio cervello. Nell’attesa, feci qualche ricerca degli ultimi gossip sulla nazionale svedese e per fortuna non trovai nulla di compromettente su Stephan… tirai un sospiro di sollievo.

Uscì dal bagno pochi istanti dopo e schizzai in piedi: “Stephan, aiutami a decidere come fare i capelli, ti prego. Sciolti o legati?”
“Quando mi chiami col nome per intero sembra che tu mi voglia rimproverare…”
“E come dovrei chiamarti? Steph, Phan…? Se avessi voluto rimproverarti, ti avrei chiamato Stephan Levin, nome e cognome. Dai aiutamiiii”, iniziai a frignare.
Mi si avvicinò e mi portò avanti ad uno specchio: si mise alle mie spalle e iniziò a raccogliere i miei capelli goffamente, cercando di capire come stessi meglio: “Tienili sciolti.”
Feci un’ultima prova anche io, poco convinta della sua risposta, giungendo però alla sua stessa conclusione.

Il ristorante che aveva scelto per la cena era tra i più quotati nella cucina a base di carne.
Ci fecero accomodare in una sala in cui tutto l’ambiente era sui toni del dorato e del color avorio; il nostro ingresso aveva attirato lo sguardo di qualche cliente, ma soprattutto  di un paio di bimbi che non riuscivano a contenere il loro entusiasmo alla vista di uno dei loro calciatori preferiti.
Non tardò, infatti, ad avvicinarsi la mamma con due marmocchi per mano per chiedere, educatamente, un autografo e una foto, scusandosi con noi per aver interrotto la nostra cena. Nessun disturbo, in realtà: a Stephan piaceva rendere felici i propri fans, soprattutto quelli più piccini che mostravano un entusiasmo autentico.

A fine serata mi struccai, riposi il vestito su di una gruccia, misi il pigiama e sdraiai sotto le coperte, aspettando pazientemente che il ragazzo facesse lo stesso. Mi guardò interdetto per un momento: “Ma non dovevi dormire sul divano?”
Alzai lo sguardo su di lui: “Ho cambiato idea.”
Lo invitai con la mano a stendersi accanto a me, cosa che non si fece ripetere due volte.
Mi cinse le spalle timidamente, lasciandomi intendere di appoggiare il capo sul suo petto e ci addormentammo così, semplicemente abbracciati, cullati l’uno dall calore dell’altro.

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Capitolo 10
*** Cap X - Holland, second and last day ***


Anja POV: Le prima luci dell’alba passarono indisturbate attraverso alcuni spiragli della veneziana.
Uno di essi, infatti, colpì il mio viso, svegliandomi.
Mi alzai silenziosamente per non turbare il sonno pacifico del mio compagno, presi degli indumenti puliti e mi rifugiai in bagno, concedendomi una lunga doccia rilassante: insaponai il corpo e risciacquai il tutto delicatamente, assicurandomi di non aver lasciato schiuma da nessuna parte.
Uscii dalla cabina e avvolsi un asciugamano intorno al corpo e guardai il mio riflesso allo specchio, osservando il mio viso scrupolosamente: notai che quella luce di chi era irrimediabilmente innamorato si era fatta largo nuovamente nei miei occhi e la cosa mi piaceva; non che il mio sentimento fosse cambiato così velocemente nei suoi confronti, ma il mio orgoglio l’aveva offuscato.
Mi asciugai, mi vestii e tornai nella parte di stanza dove Stephan ancora dormiva e mi accomodai nella parte di materasso che occupava: “Stephan, svegliati…” sussurrai delicatamente accarezzandogli le gote. Mugugnò qualcosa in una lingua che sembrava vagamente svedese e a fatica si alzò senza rivolgermi la parola, andando in bagno. Sentii solo il getto d’acqua e il phon. Era fatto così, non apriva bocca se prima non aveva messo qualcosa sotto i denti.
Scendemmo a far colazione al piano di sotto, in una sala adibita con un classico buffet sia dolce che salato e solo dopo aver bevuto un bicchiere di spremuta d’arancia, reputò fosse il momento giusto per proferir parola: “Non mi chiedi del programma di oggi?”, chiese con aria furbetta.
Capii subito che voleva gli chiedessi cosa avremmo fatto durante la giornata. Così, ridendo, gli chiesi quali fossero i programmi: “Oggi ti porto al Van Gogh Museum”, affermò con aria più che soddisfatta “Ho già prenotato i biglietti quindi possiamo non fare la fila ed entrare direttamente”.
 
La visita del museo ci occupò la maggior parte della giornata; ogni opera di Van Gogh era un’emozione diversa, forte, profonda. Nessun’altro artista, pittore o sculture che fosse, riusciva a trasmettermi ciò che riusciva a farmi provare anche solo una pennellata di Vincent. Ogni quadro, per me, era perfezione e mi fece davvero piacere notare curiosità anche negli occhi di Stephan: stavo plasmando inconsapevolmente un altro amante del pittore olandese.


Arrivammo di fronte ad una delle molteplici versioni dei Girasoli: questo aveva lo sfondo giallo e il vaso era pieno di girasoli colti in varie fasi del ciclo della loro vita.
Mi avvicinai a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla, stringendomi al suo braccio: “Ti ricordi il discorso che ti avevo fatto alla Neue Pinakothek? Vedi, in questo quadro ci sono i girasoli in varie situazioni, dai boccioli ai fiori appassiti, eppure diresti mai che un’opera brutta? Non penso.”
Si voltò leggermente verso di me e mi sorrise, lasciandomi un bacio sulla fronte; ancora una volta, grazie a questo straordinario personaggio, ero riuscita a dire ciò che con semplici parole non sarei stata in grado di spiegargli: che era bello dentro e fuori, ciò che era stato, ciò che era ed anche ciò che sarebbe stato poi in futuro… proprio come quei girasoli.1
Continuammo il giro incontrando sul nostro cammino altre opere celebri, tra cui ‘teschio con sigaretta accesa’, ‘Vaso con Iris’ e ‘Ramo di mandorlo’; credo che, tra tutte le tele viste, la sua preferita fosse proprio quest’ultima: aveva assunto un’espressione attenta, gli occhi studiavano ogni linea ed ogni sfumatura di quello sprazzo di primavera dedicato alla nascita del figlio di Theo Van Gogh. Lo sfondo celeste era perfettamente in tinta con gli occhi di Stephan.
 
Era già tempo di rifare i bagagli, l’indomani avevamo l’aereo per tornare in Germania, a Monaco.
Finito di sistemare le cose, ci sdraiammo sul letto facendo zapping cercando un canale che trasmettesse qualcosa di decente e in una lingua comprensibile. Nulla di tutto ciò purtroppo. Decidemmo di rimanere sintonizzati ugualmente dove stavano dando il primo film della saga “Hunger Games”.
Guardammo pigramente alcune scene del film, sebbene fossimo entrambi consapevoli di voler passare la serata in altro modo.
Mi alzai e mi misi a cavalcioni su di lui, baciandolo sulle labbra. Sentivo le mani d Stephan poggiarsi sul mio sedere, accarezzandolo delicatamente.
Con un colpo di reni invertì le posizioni, portandosi su di me.
Rese quel bacio sempre più passionale, cominciando a vagare con i palmi sulle mie cosce sino all’elastico degli slip: li spostò iniziando a toccare la mia intimità, stimolandola fino a quando non la sentì ospitale.
Si inginocchiò e si tolse la maglia, così come anche i boxer ed io feci lo stesso, allargando le gambe pronta per ospitare tra esse il corpo del ragazzo che non tardò ad arrivare.
Con l’aiuto della mano, mi penetrò provocando in me un brivido che mi percorse tutta la schiena. Dio solo sa quanto mi era mancato lasciarmi andare con lui.
Le spinte da prima lente, diventarono sempre più veloci e profonde, creando un’atmosfera sempre più sensuale tra gemiti e ansimi.
Raggiungemmo l’apice del piacere insieme e sentii l’umore di lui riversarsi dentro di me.
Non si spostò ed io feci lo stesso.
Rimanemmo avvinghiati l’uno all’altro per minuti che sembravano quasi interminabili, rompendo il silenzio solo con il suono dei nostri baci.




Note: 1- Il riferimento ai quadri di Van Gogh la trovate nel capitolo 6 Sunflowers della prima parte di questa storia “Mambo aus München”.

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Capitolo 11
*** Cap XI - Novità ***


Era quasi estate e come ogni anno, si stava avvicinando il saggio di finale dell’accademia di ballo che frequentava Anja.
Questa volta si sarebbero esibiti in quattro.
Insieme ai maestri avevano strutturato lo spettacolo in maniera tale da fare scambi veloci, precisi, alternando salsa e bachata.
Durante le prove, Anja si fermò di colpo rischiando di beccarsi una manata in pieno viso da parte di Yvonne. Si accasciò per terra, seduta.
L’amica, preoccupata, si accovacciò e si offrì di accompagnarla in bagno per rifrescarsi un po’ il viso:
“Sicura di star bene?”
“Sarà solo un calo di zuccheri”
“Non hai la faccia di chi ha avuto un calo di zuccheri….”
Anja si specchiò osservando i profondi solchi neri sotto ai propri occhi e a quelle parole si sentì mancare il fiato.
Si voltò subito verso la ragazza, guardandola fissa: “il mio ciclo è in ritardo di parecchio, almeno un paio di mesi… non ci ho dato peso all’inizio perché non è la prima volta che mi capita e tu lo sai, lo stress mi gioca brutti scherzi.” Si prese una pausa prima di continuare: “quando sono stata ad Amsterdam con Stephan, beh… lui…” non riuscì a pronunciare le ultime parole, ma l’amica comprese perfettamente.
“Gliel’hai detto?”
“No, ancora no…. Dovrò trovare il momento giusto, trovare le parole adeguate… ho paura…”
Yvone abbracciò forte l’amica, carezzandole la testa: “Ora sai che facciamo? Usciamo di qui, diciamo ai due maschioni di là che per oggi abbiamo finito, prendiamo il test e vedremo poi come muoverci, mh?”

Arrivarono a casa di Anja dopo essere passate per la farmacia,  Yvone aveva avvertito i genitori che avrebbe dormito dall’amica.
Anja scelse di parlare subito con i suoi genitori, di metterli al corrente di una probabile gravidanza al fine di poter affrontare il tutto più serenamente.
Quella era la parte che meno la preoccupava: da sempre, i suoi, erano quasi degli amici per lei, dei confidenti e dei complici; avrebbero compreso e l’avrebbero aiutata al meglio delle loro possibilità.
Posò il borsone per terra e si avvicinò a loro, seduti sul divano a guardare svogliatamente un film, giusto per ingannare il tempo. Si parò davanti allo schermo: “Posso parlavi un momento?” fecero cenno alla ragazza di avvicinarsi e le presero le mani entrambi, stringendogliele forte. Sentiva il cuore batterle all’impazzata: “Per me non è facile parlarne… credo… credo di essere incinta” disse tutto un fiato, chiudendo istintivamente gli occhi, come quando da bimbi si ha paura dei fuochi d’artificio o di una punturina.
I genitori rimasero in silenzio per alcuni secondi.
La madre l’abbracciò forte e le sorrise, tranquillizzandola: “andrà tutto bene”, le disse con aria serena. Anja spostò lo sguardo sul padre, cercando approvazione anche da lui. Un cenno del capo ed un mezzo sorriso le furono più che sufficienti.


Erano circa le sei del mattino e Anja era già sveglia con gli occhi sbarrati fissanti il soffitto: il momento della verità si stava avvicinando.
Andò in bagno portandosi dietro il test ed una volta fatto, lo consegnò nelle mani della sua fedelissima assistente. Cominciò a tamburellare con il piede su di un mobiletto vicino, aspettando quei minuti che sembravano un’eternità.
“sei pronta?”
Annuì ed aprì la mano, aspettando che la ragazza ci poggiasse il piccolo involucro di plastica con la risposta.  Due tacche.
Era incinta davvero.
Si alzò nervosa, ansiosa: “Per ora non posso dirlo a Stephan, deve giocare una partita di fine Bundesliga e una con la nazionale svedese”
“Sono d’accordo… Stephan lo conosci come le tue tasche, saprai quando sarà il momento più adatto.”, l’abbracciò forte sentendo la giovane sciogliersi in un pianto liberatorio.
“Andrai alle partite?”
Scoppiò a ridere e si asciugò le lacrime con la manica del pigiama: “Vorrei poterti dire di no, ma mi ha praticamente costretto. In realtà, sa solo che andrò alla finale, della partita della nazionale non sa nulla e non dovrà sapere nulla.”
“Scommetto che è un piano diabolico per vedere come si comporta con Shelley in tua assenza”
“Mi conosci bene allora”. Yvonne fece spallucce “Solo da quando sei nata!”.
Diedero la notizia ai coniugi Müller che ne furono felici. Certo, non nascosero la preoccupazione, cosa normale, ma non poterono negare che l’idea di diventare nonni non era affatto male.



Avevano custodito il segreto gelosamente, avevano reso partecipe anche Thorben e Jӧrg della situazione e, con qualche piccola accortezza, riuscirono a portar a termine tutti gli allenamenti.
Il saggio si sarebbe tenuto in una balera, dove all’interno era stato montato un palco ampio. Quella sera c’erano tutti, da Stephan alla combriccola felice di ‘Raggio di Sole’.

Toccava a loro.
Entrarono in penombra e sotto quei pochi  riflettori accesi, i loro vestiti brillavano come non mai; le donne indossavano un body  senza maniche color petrolio totalmente impreziosito da strass e frange sul sedere, mentre i ragazzi portavano una maglia a maniche lunghe, con uno scollo profondo sino all’ombelico, anch’esso pieno di swarovski che richiamavano lo stesso decoro delle controparte femminile.

Lo spettacolo cominciò, le luci si accesero facendo esplodere l’intera sala in un tripudio di luccichii simili a stelle.
La coreografia fu un susseguirsi di scambi, spaccate, prese e volteggi prima sulle note di Energìa, una bachata sensual, per poi proseguire, e terminare, con una più che celebre salsa Bomba carambomba.
 
Stephan POV: Vederla così leggiadra su quel palco mi faceva stare bene… era così bella, sensuale e mai volgare, splendeva di luce propria. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso ed ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano, mi sentivo venir meno. Era mia, l’amavo più di ogni altra cosa. Non potrò mai più fare a meno di lei, di questo ne sono certo.




  NOTE: Scusate, ma nel correggere alcune sviste che mi sono state segnalate, mi sono accorta di non aver citato 'Raggio di Sole' nelle note. 
'Raggio di Sole' è una creazione della mia ormai amica Fafanella che ha acconsentito, come anche per alcuni capitoli in precedenza, a farmi utilizzare il nome del locale della dolce Stella, personaggio sempre creato da lei.

 

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Capitolo 12
*** Cap XII - Differenze ***


Anja POV
Stephan non sa che sono qui, Jörg era riuscito ad accordarsi con Karl senza fargli sospettare nulla. Il capitano della Germania era riuscito a farci prendere alcuni dei posti migliori che, fortunatamente, aveva una posizione tattica: riuscivo a vedere perfettamente la panchina della nazionale svedese e dunque, chiaramente Shelley.

Fine primo tempo, 0-0.
La squadra si riunisce intorno al mister e la manager distribuisce loro l’acqua e degli asciugamani.
Aguzzo la mia vista, notando che non si stava sbilanciando più di tanto, a parte per scambiare due parole.

A fine partita mi faccio accompagnare  fuori dagli spogliatoi svedesi da Jörg sebbene indossasse la maglia della Germania.
Mi lascia sola per non essere di troppo e mi metto da parte, aspettando pazientemente il mio ragazzo.
Lo osservo da lontano mentre si passa una mano tra i capelli bagnati, con la sua divisa bianca totalmente sporca di terra ed erba.
Rimango in silenzio e noto che Shelley lo ferma: parlano, parlano ancora.
Il loro tono mi sembra fraintendibile, ma non posso averne certezza, sebbene anche il semplice fatto che lei gli possa rivolgergli la parola mi faccia ribollire il sangue, non posso di certi impedirlo… dovrò imparare a conviverci.

Noto un’ombra che si accosta a me e cerco di inquadrarla con la coda dell’occhio.
Si abbassa leggermente in direzione del mio orecchio: “Immagino che il capitano non sappia nulla…”, sussurra in inglese.
Mi volto e lo saluto con affetto: “Da quanto tempo! Già, ed è per questo che lo sto spiando… visto che ci sei, mi potresti gentilmente dire cosa si stanno dicendo?”
“Non sarò complice del tuo agguato!” mi dice scherzando.
“Non sono impicciona, ma sai che il gossip arriva anche qui…”, gli rispondo incrociando le braccia al petto. Aveva ben inteso che avevo il ‘diritto’ di sapere anche se origliare non è poi molto carino. Dettagli trascurabili.

“Shelley gli sta chiedendo se il loro affiatamento fosse stato solo passeggero e se avete fatto pace.”
“e lui?”, chiedo curiosa mordendo le pellicine intorno al mio indice.
“Lui le sta dicendo che tra di loro c’è stato solo un grande equivoco… che ha avuto paura del presente, rifugiandosi nel passato e lei era il legame con esso essendo che erano amici da tempo, ma nulla di più. Ha fatto due stupidaggini, ma tu gli hai dato la possibilità di rimediare e si è accorto di amarti più di ogni altra cosa.”
Mi volto verso il mio interprete con gli occhi lucidi: “Se scopro che mi hai mentito sulla traduzione, manderò Jörg a cercarti.”

Ride di gusto, spingendomi delicatamente allo scoperto, facendomi vedere da Stephan.
Si gira verso di me assumendo un’espressione incredula.
Mi raggiunge velocemente e mi abbraccia forte, baciandomi ripetutamente le labbra sotto gli occhi della sua manager.
“Stephan, sei sudatissimo e puzzi. Staccatiiii!”, in tutta risposta schiaccia letteralmente la mia testa contro il suo petto: “Quale onore! È la seconda partita a cui vieni… Vado a fare la doccia e ti raggiungo subito, ok?”
“Allora raggiungo Jörg, ti aspetto con lui”
“Aspettami pure dal nemico, traditrice!”
“Hey, anche io faccio parte della nazionale nemica! Prima che tu vada, mi dici che cosa vi siete detti tu e Shelley?”
“Sapevo ci fosse la fregatura.” Sbuffa sonoramente.
Lo guardo con aria di rimprovero misto a sfida e decide di accontentarmi: “Mi ha chiesto se dopo ci saremmo visti in quel senso. Me l’aveva chiesto anche tra un tempo e l’altro, ma ho finto di non sentire. Me l’ha richiesto ed io le ho spiegato che eravamo tornati insieme. Lei ha risposto che l’aveva letto sui giornali perché ci hanno fotografati al ristorante ad Amsterdam; allora le ho fatto notare che era stato inutile chiedermi se avremmo fatto sesso, perché non ti avrei tradita. Ho già rischiato di perderti per la mia stupidità e non posso permettermi di ripetere l’errore di nuovo.”
Mi fiondo sulle sue labbra e lo bacio, prima di lasciarlo andare a darsi, finalmente, una pulita.

Mi raggiunge dal lato avversario accompagnato da Larsson e altri due ragazzi: Fredericks e Brolin.  

Stephan POV
Vederla così serena mi riempie il cuore gioia, non ero così felice da anni.
Presento Larsson e gli altri al mio giro d’amicizie tedesco e da subito li ho visti in sintonia: hanno chiesto a Jörg di mostrare loro alcuni video delle loro esibizioni e vederli così presi ed interessati, mi fa piacere.  
“Non c’è una serata latina dove per andare?”, chiede Fredericks.
Mi accosto ad Anja e le chiedo sottovoce se sa dove si può andare: le si illuminano gli occhi e propone il Seveneleven, uno dei locali più grandi e belli della zona.
“Dobbiamo prima cambiarci, lo sai?”, mi chiede.
“Anche noi… quindi vi passiamo a prendere facciamo… tra un’ora?”, le chiedo.
“Ok, tanto noi tre porcellini abitiamo tutti vicini. Ci vediamo più tardi!”, mi saluta dandomi un bel bacio sulle labbra.
 
 
Anja POV
Puntuale come un orologio svizzero, sento suonare alla mia porta. È Stephan.
Lo sento chiacchierare con i miei, si stanno complimentando con lui per il campionato.
Scendo velocemente dalle scale con un pantalone nero, un body di velluto che lascia la schiena scoperta dello stesso colore, decorato con strass e con già ai piedi le mie scarpe da ballo.

Usciamo e andiamo a prendere i suoi compagni di squadra, mentre con Yvonne e Jörg ci saremmo incontrati fuori al locale.

Stephan era riuscito a prenotare un bel tavolo in un privé, almeno abbiamo un posto a sedere.
Mentre sorseggio tranquilla il mio analcolico alla frutta, Larsson mi chiede di ballare: “Non sapevo avessi imparato!”
“So fare solo due passi, li ho imparati di recente… ti avevo detto che saremmo andati a ballare caraibico insieme e di certo non potevo sfigurare!” e devo ammettere che aveva imparato davvero bene.


Stephan POV
La musica non mi dispiace, anche se molte canzoni mi sembrano uguali.
Di solito, quando lo faccio presente ad Anja, scoppia a ridere ed inizia a spiegarmi tutte le differenze che dopo solo due minuti dimentico. Ora capisco il suo disagio col fuorigioco.
È seduta sul divanetto qui accanto a me, la sto abbracciando e ha la testa poggiata sulla mia spalla.
Noto tra la folla un viso conosciuto, Thorben.
Ci saluta da lontano ed invita Anja a ballare: “Te la rubo solo per pochi minuti, il tempo di una bachata”.
Gli sorrido per circostanza e appena si allontanano mi alzo e li seguo con lo sguardo.
“Non hai motivo di essere geloso, capitano”, dice Larsson raggiungendomi.
“Lo so…”
“Ma? So che la frase è incompleta”
Sorrido, mi conosce davvero bene.
“Ma Thorben ha un temperamento che le piace, hanno interessi in comune… ho paura che lo trovi migliore di me e non che ci voglia tanto... sono stato un bastardo con lei.”
“Penso che se l’avesse trovato interessante, ci avrebbe pensato prima e non ti avrebbe dato un’altra possibilità”, mi dà una botta leggera con il gomito: “E onestamente non mi sembra molto interessato neanche lui. Sono colleghi e amici, nulla di più… Stephan, potrai anche non ballare e far parte del suo mondo, ma ti assicuro che quando balla con te si vede a differenza”
Le sue parole mi rincuorano anche se l’ultima parte non mi era troppo chiara.
La vedo tornare sorridente che mi tende la mano: “Su, alza il sederino e vieni a ballare con me”
“Non mi convincerai facilmente…”, sorrido.
Si avvicina e mi bacia più volte sulle labbra mordendole appena: “Dai, oppure te lo dirò in svedese…”
“Ok, mi hai convinto!” mi alzo anche se un po’ controvoglia e mi faccio condurre sulla pista.
Mi abbraccia cingendomi il collo e iniziamo a muoverci semplicemente facendo la base, nulla di più a parte qualche giro che le faccio fare.
Sento il suo corpo totalmente appoggiato sul mio, scambiandoci di tanto in tanto un bacio a fior di labbra; ho capito a cosa si riferisse poco prima il mio collega, ho capito qual è la differenza di quando balla con me rispetto che con Thorben o addirittura Jörg; il nostro ballo è qualcosa di veramente intimo, profondo, che ci tocca l’anima.
Sorrido con questa nuova consapevolezza nel cuore e la stringo forte a me.

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Capitolo 13
*** Cap XIII - La notte stellata ***


Ebbene sì, siamo giunti alla fine anche di questa storia.
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di seguire le vicende di Anja e Stephan fin dagli esordi e ringrazio davvero tantissimo chi mi ha supportato con una recensione o una lettura silenziosa.
La mia idea è quella di scrivere anche una terza parte di questa, bellissima a parer mio, storia d'Amore... L'idea di vedere Stephan papà mi alletta tantissimo. 
ACCETTO SUGGERIMENTI!
Vi lascio all'ultimo capitolo,
un abbraccio!


***

Anja sta iniziando il quarto mese di gravidanza: la sta vivendo piuttosto bene, a parte qualche mal di testa, moderata nausea e voglia di cibi particolari, tutto sta andando a gonfie vele.
La pancia non è ancora ben visibile, ma la differenza rispetto a qualche tempo prima inizia a vedersi, per fortuna ha uno stile oversize da sempre.

La signora Müller sente suonare alla porta. Apre trovandosi un ragazzo, probabilmente uno dei tanti fattorini del fioraio poco distante da lì, con un enorme mazzo di tulipani rossi.
Ringrazia il giovane e li porta in camera della figlia: “Credo siano per te…”, le dice sorridendo teneramente.
Anja si alza e prende il bouquet in mano: c’è un bigliettino.
Poggia i fiori sulla scrivania e apre la letterina rimanendo in compagnia della mamma:

“Se ti stai chiedendo perché ti ho regalato dei tulipani invece che dei girasoli, è la risposta è che i tulipani sono i fiori nazionali dell’Olanda.
Ad Amsterdam il nostro amore è risbocciato impetuoso, più forte che mai.
Ho scelto il rosso perché secondo internet i tulipani di questo colore sono una vera e propria dichiarazione d’amore.
So che è passato poco tempo da quando siamo stati via un weekend, ma vorrei chiederti di seguirmi in America.
Ho una pubblicità da girare per una famosa marca sportiva e non mi va di andare solo.
Il biglietto per New York è già a casa tua custoditi gelosamente dai tuoi genitori… ormai ho conquistato anche loro.

Ti amo.”


La legge sottovoce e sorride come una ragazzina liceale alla prima cotta.
Si volta verso sua mamma: “Ma si può sapere cosa state architettando alle mie spalle? Ma siete impazziti?”



New York

Si sarebbero fermati per circa cinque giorni nella metropoli americana; mentre Stephan è impegnato con lo spot e set fotografici, Anja passeggia tra le strade affollate, guardandosi intorno curiosa: la realtà ed i ritmi sono totalmente diversi da quelli che viveva quotidianamente nella città della Baviera.
Dopo una passeggiata tranquilla a Central Park, decide di raggiungere il suo ragazzo nello studio dove ormai, negli ultimi giorni, stava trascorrendo la maggior parte delle ore; si sede in disparte e lo guarda curiosa, non avendolo mai visto in veste di modello: ha i capelli tirati indietro un po’ arruffati ed indossa la divisa di rappresentanza del Bayern. Lo trova bello da perdere il fiato.

Finito lo shooting, la raggiunge baciandola sulle labbra cominciando a discutere su dove sarebbero andati a cena.

Anja POV:

I pasti sono diventati i principali momenti cruciali della mia giornata, essendo che per me sta diventando sempre più difficile nascondere ipersensibilità a certi odori.
Cambio continuamente idea: un momento ho voglia matta di pizza, dopo cinque minuti di fast food e dopo ancora di gelato.
Sta iniziando a perdere la pazienza… come biasimarlo?
Dopo aver cambiato tremila volta idea, lo costringo ad andare in un ristorantino di cucina peruviana:
“Da quanto ti piace il peruviano?”, mi guarda perplesso.
“E’ bello provare nuove cose!”
“Ma cosa mi stai facendo mangiare?”, mi chiede non troppo attratto dalla zuppa di patate dolci che lui stesso aveva ordinato.
“Ma assaggia invece di far storie!”, lo rimprovero.
Sbuffa assaggiando quella brodaglia che, a parer mio, è molto invitante.
Dall’espressione non riesco a decifrare se gli piaccia o meno, ma visto che la sta mangiando, mi lascia ben sperare che non la trovi poi così male.
Finiamo di mangiare e torniamo in albergo e mi svesto di ogni indumento, rimanendo in intimo: “Vado a farmi un bel bagno rilassante… se vuoi venire, sei il benvenuto.”
Sorrido e mi chiudo in bagno senza girare la chiave: lascio scorrere l’acqua e mentre la vasca si riempie, mi appunto i capelli e accendo qualche candelina qua e là, creando un’atmosfera rilassante.
Chiudo il rubinetto, spegno la luce principale e mi spoglio del tutto dei miei indumenti.

Mi immergo e sento aprire la porta alla mie spalle. Stephan si fa largo tra me e l’acqua, prendendomi delicatamente per le braccia ed abbracciandomi da dietro.
Inizia a bacia il collo con lentezza, sfiorando con le mani ogni centimetro del mio corpo: afferra i miei seni, stringendoli appena: “Ti sono cresciute un po’, sai?”
“Sono ingrassata, è normale…”
“Sei più tonda… mi piaci così. Non che prima non mi piacessi, però così sei ancora più bella.”



La mattina si alza prima di me, cosa che in viaggio è quasi impossibile.
Mi sveglia con poco garbo, saltando sul letto, come un bambino il giorno del proprio compleanno.
Mi copro fin sopra la testa: “Smettila, ti prego.”
Ho già la nausea di mio, penso.
“Amore, devi alzarti. È mattina e oggi ci aspetta una bellissima giornata! Ho finito di scattare foto ed oggi dedicherò ogni secondo a te, amore mio.
Indovina dove ti porto quest’oggi?”
Ci risiamo, di nuovo con il gioco del ‘ti prego, chiedimi cosa faremo oggi perché ho voglia di dirtelo, ma non voglio spoilerarti nulla’.
Sbuffo da sotto le coperte “Dove andiamo oggi, Stephan Levin?”
“Mi hai chiamato con nome e cognome, sono spacciato! Oggi andremo al Museum of Modern Art”


Stephan POV:

Stamattina ho seriamente creduto mi avrebbe ucciso per come l’ho svegliata, ma per fortuna mi sono salvato in calcio d’angolo.
Stiamo girando da ore, ormai, e nonostante la veda un po’ stanca e nonostante voglia fare l’interessata ad ogni opera presente, so che sta impazzendo all’idea di vedere, finalmente, il suo quadro preferito per eccellenza. Ma lei è sempre composta, mica come me!

Arriviamo finalmente esattamente dove voleva e mi lascia la mano: la guardo e ha gli occhi lucidi. Resta in silenzio a contemplare quella bellezza. Ammetto che dal vivo è magnifica ed è tutta un’altra cosa.
Prendo silenziosamente dalla tasca una scatolina di velluto blu e mi inginocchio senza aprir la bocca.
Chi è intorno a noi, capisce la mia intenzione e si scosta per non rovinare il momento.
Li guardo e li ringrazio silenziosamente.
Il mio cuore batte a mille, ho la bocca secca e non riesco a parlare.
“Stephan cosa stai facendo?”, mi dice mentre si gira verso di me. Resta impietrita e torna il silenzio tra di noi.
Mi schiarisco la voce: “Sono passati due anni all’incirca da quando c’è stato il nostro incontro bizzarro. Sono passati quasi due anni da quando hai avuto la pazienza di prenderti cura di un soggetto come me che, detto onestamente, non sono troppo alla mano. È passato non so quanto tempo da quando la mia testa aveva deciso che eri troppo pericolosa per me perché sapevo già di amarti, senza però impedirmi di ferirti, lasciarti, mentirti e ferirti ancora.
Non è passato troppo da quando hai deciso di darmi un’altra possibilità di starti accanto e questo mi ha fatto capire che a volte i treni passano due volte e che non avrei dovuto deluderti mai più, nessun passo falso.
Tu sei la mia occasione di essere finalmente felice, però questo non è stato il regalo più bello che mi hai fatto… il regalo più bello è stato quando non mi hai chiesto di dimenticare Katarina e, credimi, quella per me è stata la più vera delle dimostrazioni d’Amore.
Qui, davanti al quadro che rappresenta tutto per te e per noi, ti chiedo di voler diventare mia moglie.”
Apro la scatolina e le mostro l’anello scelto appositamente per lei, semplice ed essenziale, ma prezioso… proprio come la donna che ho di fronte.
La guardo, è rimasta imbambolata mentre due lacrime le rigano il viso. Lascia cadere la borsa per terra e mi stringe forte, baciandomi: “Certo che lo voglio…ti amo, Stephan Levin”. Nome e cognome, di nuovo… sarà un avvertimento?

Torniamo in albergo, mi stendo sul letto e la osservo mentre si spoglia, rimanendo solo con gli slip. È bella, bellissima. Quei chili in più le stanno da Dio…
Si avvicina lentamente e si stende accanto a me; mi prende una mano poggiandosela sulla pancia.
Alza il suo sguardo, aspettando una mia qualsiasi reazione.
Sorrido come un ebete, avendo inteso perfettamente ciò che voleva dirmi; sento i miei occhi riempirsi di lacrime e la stringo forte a me: “Di quanto?”
“Quattro mesi…”
“Perché non me l’hai detto prima?”, non suona come un rimprovero, il mio, voglio farle capire che ci sarei stato, sempre.
“Perché dovevi giocare la finale di campionato… dovevi giocare bene e non con la testa tra le nuvole.”
Scendo col viso fino al suo addome leggermente pronunciato e lo bacio, percependo la pelle leggermente tirata, calda, delicata, sentendo le sue mani intrecciare i miei capelli.
“Vedi che ti erano cresciute le tette?”
Scoppia a ridere di gusto “Meglio per te. Immagina quando sarò al nono mese.”
“Potrò dire a tutti che porterai la quarta”
“Non esagerare.”
“Ho maledetto quella statua per anni… mi ha tolto tanto, ma mi ha ripagato facendoci incontrare e credimi quando ti dico che non avrei mai creduto di poter amare di nuovo così tanto e così intensamente…”
Le dico queste cose, ma lei lo sa già.
Socchiudo gli occhi, beandomi di tutte le sue attenzioni: non vedo l’ora di trascorrere la mia vita con lei e la creatura che porta in grembo.

 

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