Lapearl is strange

di LittleRed_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A strange start ***
Capitolo 2: *** Out of the blue ***



Capitolo 1
*** A strange start ***


Perla 

«Steven mi ha consigliato un video giochi che parla di umani che fanno arte e mi ha vivamente consigliato di provarlo assieme a te che te sei capace nelle arti» 

Lapis apparse confusa e iniziò a riempirmi di domande: «Ma perché con me? Perché non Peridot? Anche lei crea meep morps e sono sicura che ne sappia più di me di video giochi e...» 

«Peridot è impegnata con Steven» la fermai «dai, sarà divertente!» 

Le presi la mano e la guidai verso il warp pad, ero davvero contenta all’idea di passare del tempo con Lapis e imparare con lei sugli umani. 

«Vieni Lapis, ma non correre, ah e chiudi gli occhi o ti rovinerai la sorpresa.» 

La accompagnai per le scale e una volta in cima le dissi di guardare. La stanza aveva il perfetto equilibrio di temperatura e umidità, Steven mi aveva aiutato a preparare tutto (che ragazzo dolce) ma IO avevo ordinato i cuscini per la perfetta combinazione di comfort ergonomico e coordinazione cromatica! 

 

 

Lapis 

 

Quando mi prese la mano, sperai non si accorse che ero arrossita. Era così dolcemente apprensiva. Sorrisi chiudendo gli occhi e lei mi guidò verso la porta per la sua stanza. 

Quando li riaprii vidi che c’erano una marea di cuscini con dei bellissimi colori pastello. Davanti ad essi la console di Steven e una dolce melodia proveniente da quest’ultima. Due bicchieri di limonata per combattere il caldo estivo e una finestra aperta sull’esterno; tutto era perfetto e ben organizzato, persino i colori delle cannucce, rosa e azzurro. Tipico di Perla. 

Inspirai l’aria a pieni polmoni e mi invase il profumo di salsedine tipico di Beach City misto a fiori freschi, garofani credo. 

«Wow» dissi solo, un pochino sottovoce.  

Mi accomodai sui cuscini, cercando di non arrossire. Ancora non capivo come mai avesse preparato tutto questo per me. Perché me? Cioè ero contenta, davvero contenta. Ma non capivo, e la mancanza di comprensione faceva paura. Non volevo illudermi, ma nemmeno smettere di stare bene. Basta.  

Zittii i miei pensieri e iniziai a giocare con la limonata facendola fluttuare in aria.  

«Perla è davvero bello tutto questo.» Aggiunsi poi, frenando la conclusione automatica di quanto fosse bella lei quando era felice.  

«Non è grandioso? Vedi le limonate le ha preparate Steven, dice che è una cosa da umani, d’estate le si tiene sul comodino ed esse fanno stare freschi!» Esclamò lei invece a tutto volume piena di entusiasmo. «Inoltre questo è il tuo posto, questo invece è il mio, e Steven mi ha spiegato che si tratta di un “giocatore singolo”» mimando le virgolette in aria «e quindi possiamo alternarci…» 

Continuò spiegandomi il gioco mentre ancora giochicchiavo con la limonata creando piccole forme armoniose appena sopra i bicchieri. 

«…E alla fine puoi influenzare le scelte nel gioco. Mi stai ascoltando Lapis? Lapis!» 

«Ok, ok influenzare le scelte nel gioco» 

Speravo che ripetere le frasi finali da lei pronunciate mi avrebbe salvato, e immagino fosse troppo impegnata a essere felice per pensare che non la stavo ascoltando.  

Insomma eravamo lì da sole sui cuscini, così vicine da poterci sfiorare i capelli con le dita… Cosa mai andavo a pensare! Smetti subito di pensarci, Perla non è alla tua portata... nemmeno per scherzo.  

Un sorriso triste mi pervase mentre cercavo di ritrovare il focus della conversazione. 

 

 

Perla 

 

«Quindi ora stiamo giocando! Vedi i gabbiani e il mare, deve essere ambientato a Beach City, poi oh la musica che gioco incredibile!» 

«Ehm Perla» interruppe Lapis «Questa è la schermata di caricamento, vedi? C’è scritto “premi un tasto qualunque” lì in basso»  

«Oh! Ma certo, come ho fatto a non vederla, un tasto qualunque dici? Dev'essere uno dei tasti su questo telecomando, Steven mi ha detto che si chiama “controller”»  

Lessi ad alta voce la scritta che comparve sullo schermo: 

«”Life is Strange è un’avventura narrativa influenzata dalle scelte del giocatore. Le conseguenze delle azioni e delle decisioni avranno effetto sul passato, sul presente e sul futuro. Scegli con cautela...” interessante non trovi?» 

«Inquietante» rispose Lapis mentre riadagiava la limonata nei bicchieri. 

 

 Sussultai quando il giocò partì mostrando all’improvviso una ragazza persa in una tempesta. «Oh cielo! Guarda come è disegnata la pioggia Lapis, sembra un dipinto!» Lapis, ancora distratta a guardare il sorriso di lei, rispose: 

«Wow, molto carina» voltandosi solo poi a guardare lo schermo, «carina ma arrabbiata» continuò. 

«Non stare ferma sotto la pioggia, prenderai un raffreddore» dissi alla ragazza nello schermo. 

«Credo che debba farla muovere tu» disse Lapis ridacchiandoArrossii timidamente e presi in mano il controller  

«Guarda, la controllo con questa levetta» iniziai a salire il sentiero per il faro quando venni colpita da un’illuminazione: «Oh! Ora ho capito! Si chiama controller perché “controlla” il nostro personaggio!» esclamai trionfante voltandomi verso Lapis.  

Lei non disse nulla, si limitò a sorridere dolcemente e mi sorpresi a fare lo stesso. Riportai l’attenzione al gioco. 

«Oh mie stelle Lapis, guarda che tempesta!»  

Lei guardò il tornado nello schermo e annunciò baldanzosa «scommetto che riuscirei a fermarlo» 

«Certo che riusciresti» risposi allegra. Era bello sentirla così sicura di sé.   

 

 

 Lapis 

 

Il rumore della tempesta mi riempiva le orecchieero perversamente affascinata da quella forza naturaleL’acqua poteva essere clemente ma anche terribile 

«Dobbiamo farla arrivare al faro, si vede tra gli alberi, ecco un cartello. Come sono cortesi!» 

Annuii convinta, la ragazzina umana non poteva farcela in quella situazione. Aveva bisogno di noi. Era bello pensare di poter essere d’aiuto a qualcuno. 

Passo dopo passo avanzava coprendosi indifesa dalla pioggia 

Eppure eravamo noi a muoverla. Era così strano. 

«Questa è la nostra storia, siamo noi a decidere le mosse!» ripetei ad alta voce, sempre più affascinata da questo potere. 

Il percorso era chiarosembrava predestinato a compiersi. Non mi aspettavo la scena seguente: una barca si staccò dal tornado e volò dritta sul faro in cima alla scogliera. 

Urlai provando a fermare che ciò accadesse, impotente, mentre lo schermo diventava man a mano tutto nero. Avevamo già fallito?  

Poi anche il resto attorno a me si fece scuro, i contorni divennero sfocati e i suoni lontani. 

 

«Che succede?» Provai a dire, senza che ne uscisse nulla. 

infine sparì anche Perla. 

 

 
Note Autore: si tratta di una collaborazione con una persona che ha deciso di scrivere con me le parti di Perla, ed essa verrà messa a condivisione di ogni recensione e commento. Grazie per l'attenzione e buona lettura^^ 

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Capitolo 2
*** Out of the blue ***


Perla 

Un lampo di luce mi abbagliò all’improvviso ma prima di avere il tempo di capire cosa stesse succedendo, la luce si attenuò e potei vedere che non ero più nel tempio. 

Ero seduta in un’aula di una scuola, c’erano banchi, alunni e tutte le altre cose che Connie ci aveva detto si trovano in una scuola. Un signore stava spiegando fotografia e mi rivolse la parola: 

«Max, puoi per cortesia dirci il nome del processo che diede inizio ai primi autoritratti?» 

Passato un attimo di confusione risposi: «Oh cielo, credo che abbia preso un malinteso! Il mio nome non è Max, è Perla, e stavo passando un pomeriggio con la mia cara amica Lapis quando mi sono ritrovata qui e ...» 

Mi accorsi finalmente che Lapis non era con me nell’aula, dovevo andare subito a cercarla! 

«Oh scusi tanto ma devo proprio andare» spiegai al signore avviandomi verso la porta «Ciao e buona lezione augurai alla classe mentre uscivo dalla stanza. 

Mi ritrovai in un corridoio pieno di armadietti rossi lungo le pareti, coperti di volantini. Non avevo idea di dove fossi, né dove fosse Lapis. 

Iniziai a correre senza una direzione alla ricerca di un segno di lei. Mi sentivo lenta, le gambe pesanti, la borsa che avevo raccolto dal banco senza accorgermene sbatteva sul mio fianco rovinando il mio equilibrio. 

Corsi per quella che mi sembrò un’eternità quando finalmente il mio sguardo catturò delle ali blu.  

«Lapis!» urlai, preoccupata per lei e contenta di averla trovata. 

Ma non era lei. Era una farfalla. Un piccolo esemplare di morpho menelaus che si muoveva nell’aria sbattendo le sue ali leggere in modo quasi ipnotico. Non so per quale motivo ma sentivo che mi avrebbe portato dove dovevo andare, forse mi avrebbe portato da Lapis. 

La farfalla volò in una stanza approfittando di uno spiraglio lasciato da una studentessa disattenta, la seguii senza indugi.  

Ero stata condotta in un bagno deserto, vidi la farfalla svolazzare lesta in un angolo nascosto verso il fondo del bagno. 

«Non puoi nasconderti da una crystal gem» pensai mentre la stavo seguendo silenziosamente per non spaventarla.  

La mia osservazione della morpho blu fu improvvisamente disturbata dal rumore di qualcuno che entrava nel bagno. Mi sporsi dal mio nascondiglio incuriosita, ed era solo un ragazzo che stava parlando allo specchio, seguito poco dopo da una ragazza dai capelli blu come Lapis. Iniziarono a parlare, una conversazione che sembrava animarsi molto rapidamente. Oh cielo! Il ragazzo sembrava molto arrabbiato.  

 

Lapis 

«Che succede? Perla rispondimi subito! Dove siamo?»  

Ma nessuno rispose e il panico riempì la mia mente. Tutto attorno a me era buio e silente. Subito iniziarono a vorticare i ricordi dello specchio, i ricordi della fusione con Jasper e infine quelli sulla luna. Mischiati assieme come un incubo dal quale non sapevo come fuggire. Provai a spiegare le ali per volare via, ma qualcosa non funzionò, era forse la sua mano stretta nella mia a non farmi decollare? 

Mi voltai e letteralmente sentii buona parte delle mie paure sciogliersi in due occhi azzurri determinati volti a guardare nei miei. Poi riaprii gli occhi nella realtà, e Perla non c’era più. Quello che ricordavo un momento prima era un piccolo glitch sullo schermo ed esso che diventava tutto nero, poi tutto quanto attorno. E infine aprendo gli occhi presi coscienza di quanto potessi vedere intorno a me.  

Un bagno di un liceo, scritte sui muri e disegni sugli specchi consumati dalle facce che si erano specchiate giorno dopo giorno. 

E un ragazzo umano di fronte a me che mi stava puntando contro una pistola, visibilmente incazzato, quasi quanto me. Una voce si fece strada prima offuscata, poi sempre più nitida fino a diventare un grido che non potevo ignorare. 

«Chloe, non sai con chi cazzo hai a che fare, né chi stai provocando!»  

«Non mi chiamo Chloe! E cosa vuoi farci con quella, ragazzino, spararmi?» urlai di rimando, ancora presa dai ricordi nella mia testa, assordanti come un silenzio nella notte più buia, per poi mettermi a ridere con una risata cupa uscita dritta dall’inferno che mi portavo dentro. 

Dai rubinetti del bagno cominciò a uscire acqua impazzita e ad allagare il bagno. 

Il ragazzo preso dal panico iniziò a indietreggiare per poi sbattere contro la porta chiusa. *Bang* Il colpo partì all’improvviso prima che potessi anche solo pensarci, e mi colpì dritto nel petto. Cosa poteva succedere, non mi aveva colpito la gemma, giusto? E allora perché sanguinavo e la mia vista iniziava a offuscarsi? 

Precipitai al suolo ormai ricoperto di acqua che si mischiava al mio sangue, sentendo i passi del ragazzo che mi allontanava correndo via dalla stanza. 

L’ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi fu il viso di Perla, senza sapere se fosse davvero lì o la stessi immaginando. Non importava, ero felice di vederla, pensavo abbassando le palpebre. 

 

Perla 

Rimasi nascosta ad osservare la ragazza, sembrava familiare eppure inspiegabilmente estranea. Rimasi così concentrata su di lei che non vidi il ragazzo estrarre dalla tasca un lucido oggetto di metallo. 

Un boato e all’improvviso capii: Lapis! 

Cadde all’indietro e per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e vidi attraverso le lacrime la luce che si spegneva nei suoi occhi. 

Ebbi solo il tempo di tendere la mano e urlare «NO!» 

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