Grattastinchi 2.0

di paige95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritorno di un incubo ***
Capitolo 2: *** Allergia ***



Capitolo 1
*** Il ritorno di un incubo ***


Il ritorno di un incubo

 


 

Una sensazione di rilassamento pervadeva Ron ogni volta che rimetteva piede sul suolo familiare di casa propria, richiudeva con nonchalance la porta alle spalle e lasciava tutti i problemi insorti durante la sua giornata di lavoro al Ministero fuori dalla sua vita, almeno fino al giorno successivo. Quella sera in particolare però non ricevette la solita accogliente sensazione di benvenuto, sua figlia non gli era corsa incontro per ricevere le coccole del papà e sua moglie non gli aveva ancora ricordato quanto gli fosse mancato. Tutto ciò risultava essere strano, l’ambiente che lo circondava era piuttosto silenzioso anche se illuminato e Ron era certo che Hermione e i suoi figli si trovassero in casa, non era più sicuro però che lo stessero aspettando con ansia.
«Ehi. Sono tornato»
Magro tentativo, non interessava proprio a nessuno che lui fosse a casa. Non ricevendo alcuna risposta, né da sua moglie né dalla piccola Rose e tanto meno dal figlioletto sicuramente intento in qualche manufatto babbano gentilmente e entusiasticamente fornito da nonno Arthur, decise di sbottonarsi e sfilarsi la giacca della divisa da Auror per lasciarla sull’appendiabiti all’ingresso; non sapendo il motivo di quell’accoglienza così glaciale, trovò conveniente riscoprire il poco senso dell’ordine che aveva insito in sé fin dalla nascita per evitare di far arrabbiare ulteriormente Hermione. A compensare il silenzio e la finta tranquillità di quella stanza, un leggero miagolio e un tocco delicato accanto alla caviglia attirarono la sua attenzione. Quando abbassò lo sguardo, aveva già intuito con timore ciò di cui potesse trattarsi e non appena scorse - ricevendo la tanto temuta conferma - un cucciolo di pochi mesi accanto ai suoi piedi, indietreggiò spaventato incollando la schiena contro la porta da cui era entrato poco prima, lo aveva letteralmente messo spalle al muro con la sua semplice presenza; aveva più paura Ron di quel gattino di quanta non ne avesse lui dell’uomo, anzi il cucciolo lo fissava un po’ stranito, lo scrutava curioso, forse cercando di capire se potesse strappare qualche coccola anche all’ultimo arrivato. Ron era del tutto incredulo, fissava quel gattino dal pelo rossiccio senza osare avvicinarsi di un centimetro, come se stesse vivendo in uno dei suoi peggiori incubi; non faceva altro che invocare un aiuto da Godric, sperando che il fondatore di Grifondoro potesse intercedere per lui, facendolo risvegliare da quel sogno orribile.
«Non può essere … non di nuovo. Hermione!»

Supplicava l’intervento di sua moglie, dando per scontato che lei non fosse complice della presenza di quell’animale, ma al momento lei era la sua unica àncora di salvezza fisica e spirituale. La vocina di sua figlia finalmente ruppe il silenzio e gli diede la rincuorante certezza di non essere più solo nel soggiorno in compagnia di quel gatto; la giornata dell’Auror era finita esattamente come non avrebbe mai immaginato: stava pregando Merlino che la figlioletta di sette anni lo salvasse da quell’essere mostruoso con gli occhi gialli e spiritati. In circostanze consuete si sarebbe sicuramente vergognato della sua reazione intimorita, ma in quel frangente l’unico desiderio era che Rose portasse il più lontano possibile da lui quell’animale. Cos’era in fondo la dignità rispetto all’idea di rivivere l’esperienza di un gatto che strisciava tra le sue gambe come se fosse un’anguilla?
«Grattastinchi, lascia stare papà, è stanco, ora non ha voglia di giocare e farti le coccole»
Cosa aveva appena pronunciato la sua dolce e piccola Rose? Lui avrebbe dovuto toccare quella palla di pelo? Non credeva di aver capito bene, doveva senz’altro aver afferrato male, sua figlia infondo aveva sussurrato appena. Perché non poteva accoglierlo come ogni sera con un caloroso abbraccio e un grande bacio? Aveva forse dato troppo per scontati quei gesti di affetto e d’ora pagava le conseguenze della sua superficialità? Invece no, non era stata questione di leggerezza da parte sua, capì che si era alleata anche la sua bambina contro di lui nell’esatto momento in cui, con tutte le accortezze del mondo prese il cucciolo tra le braccia e lo accoccolò al petto con amore per accarezzarlo, non certo per liberare il padre di una condanna, il fatto che Ron fosse tornato a casa dal lavoro dopo una giornata in cui non si vedevano passò velocemente in secondo piano.
-Questa me la paga tua madre, vedrai come me la paga-
Era sconcertato a tal punto da temere di chiedere, visto che la situazione gli parve purtroppo già tristemente chiara. La sua opinione in quella casa valeva ben poco, nessuno gli aveva chiesto un parere ed era sicuro che non sarebbe successo nemmeno quella sera, la decisione era stata presa senza averlo prima interpellato ed Hermione era pienamente consapevole di quale sarebbe stata la risposta del marito, l’aveva scaltramente scavalcato di proposito.
«Cosa sarebbe questo mostriciattolo?»
«È il mio gattino, papà, me lo hanno regalato i nonni per il mio compleanno»
La bambina non aveva notato il disprezzo nella voce del padre e nemmeno i suoi vani tentativi autorevoli; si avviò verso la cucina totalmente presa dal suo nuovo amico con tutta l’ingenuità della sua età, non pensava assolutamente si ferire in qualche modo i sentimenti di Ron. Hermione divertita aveva osservato da lontano da scena e colse l’occasione per raggiungere il marito rivolgendogli un tenero sorriso, benché lui sorrise molto meno di lei non appena la vide.
«È opera tua, vero, Hermione?»
«L'idea è stata dei miei genitori ed è stata nostra figlia a scegliere quel nome. Io le ho solo parlato di Grattastinchi quando mi ha chiesto se avessi mai avuto un gatto. Dai, pensa al lato positivo, ha già il suo animaletto per Hogwarts»
«Quindi per l’occasione avete pensato bene di riportare in vita quell’ammasso di lardo di Grattastinchi?!»
«Ehi, rispetta la buon’anima del mio tesoro. Perché non ti vedo entusiasta? Rose è felice ed è ciò che conta»
Ron dovette mordersi la lingua ed Hermione riuscì a malapena a trattenere un sorriso davanti all’impotenza del marito, sapeva fin troppo bene a cosa fosse dovuto il suo malumore.
«Mi prendi in giro, vero? In questa casa l’unica entusiasta è nostra figlia … e tu, perché, ammettilo dai, ti divertirai un mondo a vedermi lottare notte e giorno contro quel gatto»
Hermione rispose alla sua espressione demoralizzata e stanca sfiorandogli appena le labbra con un bacio.
«Dai, amore, vedrai che non ti prenderà in antipatia subito, dovrà prima crescere di qualche centimetro»
«Davvero molto rassicurante»
La sua giovane sposa gli porse una carezza sul petto, invitandolo a seguirla in cucina e lui si arrese afferrandole la mano per lasciarsi guidare. Ron non era ancora del tutto convinto della convivenza con quel nuovo Grattastinchi, ma la fame iniziava a far brontolare il suo stomaco e quella questione poteva essere rimandata di qualche ora.

 


Buongiorno a tutti, cari lettori e care lettrici!

Avevo voglia di scrivere qualcosa di un po’ leggero in questo periodo e così ho rispolverato una vecchia idea. Nulla di particolarmente profondo, ma se sono riuscita a strapparvi un piccolo sorriso sono felice 😊
Grazie di cuore a tutti coloro che sono passati da queste parti! <3

Un bacio grande
-Vale

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Capitolo 2
*** Allergia ***


Allergia


 

I risvegli erano da sempre la parte più difficile della giornata per Ron; le coperte erano un angolo di mondo che non avrebbe mai salutato; le braccia di Morfeo erano l'ultima certezza prima di aprire le danze con una ennesima ronda davanti alle vetrine allestite di Diagon Alley, presso cui avrebbe perso la piacevole pace dei sensi che lo stava cullando. L’orologio, che fungeva da sveglia e che si trovava sul comodino a pochi centimetri dalla sua testa, non aveva ancora suonato; non riusciva perciò a capire per quale ragione la sua bambina si stesse impegnando così tanto per farlo riemergere dai sogni che il suo inconscio stava proiettando. Doveva ammettere però che i sogni non fossero più così lieti da quando quella bestiaccia che si nascondeva nel corpo di una pulce era entrata in casa sua. Soffici dita che potevano appartenere solo alla figlioletta stavano accarezzando il suo viso, ma una tale dolcezza stava favorendo il suo riposo, piuttosto che interromperlo.
«Rose, lasciami dormire ancora un po’. Su, da brava»
Non lo ascoltava, si era ostinata a giocare con il suo orecchio, probabilmente la piccola lo trovava un passatempo divertente, ma non lo era affatto per l’uomo. A Ron sorsero terrificanti sospetti quando le morbide coccole lasciarono il posto a qualcosa di viscido, come se fosse bava. Fu quello il momento in cui si decise ad alzare le palpebre; era assonnato, perciò la figura animalesca che i suoi occhi incrociarono ebbe un effetto ancora più devastante sulla sua psiche. Fu sufficiente un singolo e incerto miagolio da parte del gattino per riportare Ron alla triste realtà. Se solo quello stupido gatto avesse miagolato prima, non avrebbe passato mezz’ora a farsi strusciare e leccare dall’ospite indesiderato; per giunta si era permesso di violare la sua privacy facendogli compagnia sul proprio e personale lato del letto.
«Avete fatto amicizia?»
La moglie era entrata nella camera con naturalezza, come se in quella stanza non si stesse per commettere un efferato omicidio ai danni della bestiola. L'auror amava la consorte, alcuni giorni avrebbe desiderato urlarlo al mondo intero, ma non era quella la mattina, come d’altronde proseguiva da una settimana a quella parte. Avrebbe cancellato il sorriso spensierato e gioviale della donna con la quale condivideva la vita a suon di Fatture.
«Hermione, io ti avverto, questa casa è troppo stretta per entrambi»
La signora Weasley riponeva il bucato nell’armadio e nei cassetti con indifferenza, come se suo marito non avesse appena esplicitato un suo personalissimo dilemma esistenziale.
«Hai ragione, Ronald, ma fino a prova contraria quello che occupa più spazio sei tu, non Grattastinchi. La notte ti accaparri sempre più coperte e il tuo guardaroba è perennemente in disordine, quindi devo sacrificare spazio per me. Quel gattino non disturba nemmeno quando scorrazza per casa. È meno fastidioso di te»
Gli aveva tirato con un sorriso mesto uno di quei colpi bassi che, secondo le statistiche di casa Granger-Weasley, gli riservava solo un paio di volte all’anno. Doveva essere giunta proprio una di quelle occasioni.
«Sei una perfida strega»
«Grazie, tesoro, lo prendo come un complimento. Ora piantala di crogiolarti tra le lenzuola e vedi di alzarti. Sono sveglia dall’alba e prima di andare in ufficio devo rassettare la camera. Tanto in te non posso mai riporre le mie speranze»
Si avvicinò a lui e lo privò delle coperte con un colpo secco, stando attenta però a non sfiorare per errore il micio.
«Ho capito, sei stata chiara, mi alzo»
Ron si stropicciò gli occhi e si sedette con l’estrema speranza che quel pulcioso di un gatto sparisse alla stessa velocità con cui era entrato nella sua vita. Gli servivano ogni mattina almeno dieci minuti buoni per connettere al cervello tutti i sensi, ma quel giorno nello specifico avrebbe preferito di gran lunga essere cieco. Aveva fatto appena in tempo a cercare con i piedi le sue pantofole e lo vide, quel gatto gli aveva dichiarato ufficialmente guerra aperta: le sue adorate pantofole decorate con lo stemma dei Cannoni di Chudley erano distrutte, la fodera era sparpagliata per entrambe intorno alle suole.
«ROSE!»
Il tono dell’uomo rimbombò attraverso le mura della modesta dimora; Ron aveva tuonato a quell’affronto, era inaccettabile, era giunto il momento di scegliere: o lui o quell’animale; siccome quella era anche casa sua e non certo di un gatto, per giunta ultimo arrivato, si arrogò il diritto di prendere una decisione radicale in nome di tutta la famiglia.
«Ron, è solo un cucciolo, è normale»
All’uomo sarebbe tanto piaciuto essere un legilimens per un quarto d’ora, gli sarebbe bastato quel tempo per leggere nella mente di sua moglie e scoprire quanto stesse godendo per le sue disavventure. La sciagurata era comprensiva e solidale verso un insignificante gatto e non verso l’uomo che sosteneva di amare e di supportare nelle avversità; già, così aveva proferito il fatidico giorno delle loro nozze ed ora a lui toccava vederla con un mezzo sorriso sornione stampato in volto.
La bambina era corsa spaventata, soprattutto perché non trovava più il suo gattino e temeva che suo padre gli avesse fatto fare una brutta fine, persino la sua ingenuità aveva intuito l’astio che lui provava verso il suo animaletto. Ron afferrò con ribrezzo l’animale per la pelliccia sul dorso e lo porse alla figlia. Il cucciolo aveva avvertito il disprezzo dell’uomo e aveva iniziato a miagolare spaventato.
«Porta via questa pulce, prima che io prenda la bacchetta e lo incenerisca seduta stante»
«No»
La piccola si sbrigò ad accoccolarlo contro il suo petto per proteggerlo dalla furia del padre; la spaventava da sempre la sua impulsività, spesso diventava incontenibile e in quei casi nemmeno l'intervento della madre riusciva a placarlo.
«È mio amico, papà»
Una raffica di starnuti impedì a Ron di rispondere a tono alla figlia.
«Il tuo amico mi ha fatto venire l’allergia. Non sono mai stato allergico al pelo di gatto in vita mia»
«Tu sei allergico alla tua insensibilità»
Hermione gli rivolse un chiaro rimprovero, a lei non era sfuggita la soggezione che aveva infuso nella figlia. Si avviò verso il comodino del marito, dedicandogli fulmini e saette sprigionati dalle sue iridi nocciola e posando una carezza sulla testa di Rose per rasserenarla. La donna stava per aprire con nonchalance il primo cassetto, ma Ron glielo impedì con un colpo secco di palmo; lo fissò, gli stava implicitamente chiedendo quali problemi lo rendessero così insopportabile di prima mattina, un momento delicato della giornata in cui nessuno di loro aveva voglia di assistere alla manifestazione della sua indelicatezza.
«Tranquilla, ripongo io il mio bucato, non c’è bisogno che lo faccia tu»
«Slancio di autonomia o urgenza di nascondere qualcosa a tua moglie?»
«La prima … senza alcun dubbio. Nemmeno quando sono più propositivo sei contenta?»
Si finse arrabbiato, anzi, un po' lo era sul serio. Sua moglie aveva così poca fiducia nelle sue capacità? Hermione aveva ormai mangiato la foglia, era troppo dannatamente sveglia, non sarebbe mai riuscito ad imbrogliarla in un modo così ingenuo. La donna aprì il cassetto curiosa e un po' spaventata da ciò che avrebbe potuto scoprire. Gli effetti personali del marito erano come di consueto sparsi in un oceano di oggetti inutili, altri utili ma trascurati ed infine alcuni celati ad occhi indiscreti poiché abusivi, fino a prova contraria. Tra l'ultima categoria spiccava un biglietto colorato dalle tonalità calde e fredde allo stesso tempo, ad Hermione non infastidiva solo quel dettaglio, ciò che girava intorno ad esso era a dir poco insopportabile, specie se Ron era solito abusarne.
«Ronald, ti avevo espressamente detto che non gradivo che spendessi soldi per le partite di Quidditch e togliessi inoltre tempo libero alla tua famiglia»
«Hermione, non ho speso un solo zellino, ho dato in pegno il gatto»
L'auror si accorse tardi di aver impiegato le argomentazioni sbagliate per difendersi, si portò le mani sulla bocca, ma ormai era tardi, il danno era già stato fatto.
«Hai venduto Grattastinchi in cambio di un biglietto per la partita di Quidditch?»
Sua moglie non aveva parole, non riusciva a credere che suo marito avesse fatto un gesto simile; chi ne avrebbe sofferto più di tutti in quella casa sarebbe stata la piccola Rose, la quale infatti non tardò a sfogare la sua delusione in un pianto sconsolato, Hermione era l'unica tra i due genitori ad aver intuito la reazione della figlia. La donna posò sopra il comodino il bucato ordinato che le era rimasto tra le mani e si preoccupò di stringere a sé Rose.
«Tesoro, papà sta scherzando, non piangere, lui scherza sempre, lo sai. Era solo una battuta, di pessimo gusto, ma pur sempre una battuta. Vero, Ron, che stavi scherzando?»
Lo fulminò modificando persino il tono di voce per una frazione di secondo, giusto il tempo di proferire la domanda. L'antifona era ben distante dalle parole dolci che la moglie aveva sussurrato nell'orecchio della bambina e recitava più o meno così, secondo le intuizioni pessime di Ron: restituisci quel biglietto e libera Grattastinchi dal pegno, altrimenti ti scordi colazione, pranzo e cena insieme ad un letto su cui dormire. Si arrese, davanti all'evidenza era di gran lunga più saggio gettare la spugna e accettare il male minore, che in quel frangente era rappresentato dalla brutta copia dell'animale da compagnia che Hermione possedeva da ragazza.
«Certo che sto scherzando»
Esasperato si ricoricò supino, lasciandosi andare all'indietro e atterrando sul materasso di schiena. Recuperò il suo cuscino e lo accostò al viso per camuffare il suo evidente disappunto e per non sentire il fastidioso miagolio con cui Grattastinchi inondò la camera in segno di vittoria. Ron era convinto che si sarebbe risvegliato presto da quel terribile incubo in cui era entrato con tutte le scarpe da svariati giorni, troppi. Voleva almeno essere libero, viveva in un Paese libero, no? Avevano sudato così tanto per riconquistare la libertà combattendo una faticosa guerra ed ora si faceva mettere sotto torchio da un felino appena nato che aveva reclutato come fedeli alleate moglie e figlia. Non sapeva se avesse qualche scarna possibilità di ribaltare il risultato, ma di certo non si sarebbe arreso senza prima lottare; rivoleva i suoi spazi e li esigeva subito.

 

Buonasera ragazzi!

Per quanto io mi stia divertendo a scrivere questa raccolta, inizio già dalla seconda OS ad avere i primi evidenti sintomi di follia :D
Come sempre, se vi ho strappato anche solo un mezzo sorriso posso ritenermi soddisfatta, di più mi rendo conto di non poter pretendere ^^.
Ringrazio di cuore i miei lettori e un ringraziamento speciale va a tutti i recensori💜
 
A presto!
Un grande abbraccio
- Vale
 

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