Somebody to die for

di Musical
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***







Sono un demone, uno dei più antichi, il mio nome era Crawly, ma decisi di cambiarlo in Crowley, lo sentivo più affine a me. Non ho vissuto la Ribellione o la Caduta, sono nato dopo tali avvenimenti, in una pozza piena di lava, non posso certo dire che fosse piacevole come una sauna, totalmente l'opposto, totalmente... Mph non proprio la cosa che preferisco. N-non puoi capire come sssia nuotare in qualcosssa che ti brucia, e non solo il tuo corpo, ma la tua esssensa, la tua anima, ammesso e concesso che noi ne possediamo una... Quindi, gli umani furono creati e dopodiché mangiarono una mela rossa, per essere poi banditi dal Giardino. Non ero lì, ma posso immaginare com'era l'Eden, ed ero invidioso di non essere scelto per tentare gli umani, fu qualcun altro il pupillo, che fortuna. Tuttavia, l'Inferno decise di inviare me e altri demoni sulla Terra, per creare qualche casino, problema, insomma diffondere il caos; la vidi come la mia occasione per fuggire da lì e dimostrare di cosa ero capace! Lo spettacolo era appena iniziato!
Il mio nome è Crowley, Anthony J. Crowley, sono ancora un demone, sono un fioraio nel mio negozio di piante "Eden", e dopo tutti questi millenni mi piace ancora la Terra, ma nessuno all'Inferno deve saperlo.

Il demone deve trovare questa anima sfortunata, deve convincerla a firmare un contratto in cui vende la propria anima, è una delle persone più importanti e influenti della politica dell'Inghilterra, Crowley deve farlo per non avere problemi con l'inferno.
La persona è un po' incerta a firmare il contratto, ma alla fine lo fa, vende la sua anima per trovare l'amore, tipico. Ma il demone non deve lamentarsene, ha solo fatto il suo lavoro, niente di più, è al sicuro dalle ire dell'Inferno.
A Crowley non piace la sua situazione, ma la accetta, ovviamente non vuole dire addio alla sua parte preferita dell'Inferno, i cantanti, compositori di musica e via dicendo, sono tutti bravi ragazzi, ma a volte gli viene da desiderare di essere libero, essere come gli umani, con una scelta, perché ai demoni non è permesso avere una scelta? Perché sono obbligati a seguire le regole? Non sono i cattivi? Quindi non hanno bisogno di regole, è semplice, no? E perché, se incontrano un angelo, devono combattere? Gli angeli non sono la quintessenza dell'amore?
Queste e altre domande affollano giorno e notte la mente del demone, Crowley è abbastanza sicuro che sia vietato porre a qualcuno questi dubbi (perché?), ma la domanda più pericolosa che gli bombarda la testa, quella che anche lui stesso ha paura di formulare, è la stessa che ha da quando è nato, in quella pozza piena di lava, e non riesce a cancellarla, un chiodo fisso che non fa altro che procurargli grattacapi di cui non ha bisogno.
Come ci si sente ad essere amati da Dio?

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***







"Tutto quello che deve fare è firmare qui."
"E poi?"
"E poi chhhampagne, donne, soldi! Si gode la vita! O almeno, quella che le resta da vivere."
Il politico non ci pensa due volte, firma immediatamente il contratto e sorride soddisfatto mentre consegna il foglio al demone.
"Signor Crowley, è stato un piacere fare affari con Lei."
Crowley fa sparire il contratto e si mette le mani in tasca, senza stringere la mano che l'umano gli sta offrendo.
"Il piacere è mio... Già... Ora devo andare. Sa, a fare le cose che di solito fa un demone, tentare, sconfiggere gli angeli, far sì che gli esseri umani firmino incoscientemente un pezzo di carta..."
L'uomo sorride e batte le mani una volta, sotto lo sguardo demoniaco nascosto da un paio di occhiali da sole, "A presto, allora."
Il demone prende quella frase come un segnale per defilarsela e se ne va, il suo lavoro quotidiano è finito, ora può finalmente rilassarsi; la Bentley lo aspetta dall'altra parte della strada, la portiera si apre automaticamente per far entrare il proprietario, si accende e la voce di Freddie Mercury inizia a cantare per rallegrare il viaggio.
Crowley fa una veloce sosta nel suo negozio di fiori e immediatamente avverte un sentimento di paura provenire delle sue piante, oh, che piacere torturare creature così indifese per tutti questi millenni; apre la porta e sorride diabolicamente, "Vi sono mancato?"
Le piante tremano dalla disperazione, e Crowley le studia attentamente per cercare qualcosa che non vada bene, c'è sempre qualcosa che non va. Poi, eccolo qui, la nota stonata di tutto lo spartito: le foglie di una pianta di anthurium sono molli, probabilmente a causa del troppo sole; eppure il demone non si commuove, al contrario, prende il vaso e inizia ad osservarlo.
"Che cosa ho detto di essere prospero nonostante le avversità? EH?! NON AVETE IMPARATO NIENTE!"
Le piante agitano le foglie come a voler negare, oppure per scusarsi ed essere perdonate, chi può dirlo. Crowley si arrabbia ancora di più e, per dimostrarlo, va nella stanza sul retro, apre una finestra e butta via la pianta, colpevole di non essere stata abbastanza forte. Il suono di un vaso rotto raggiunge le orecchie del demone, che si considera soddisfatto, può dire che anche questo lavoro è completato.
"E la prossima volta," dice mentre esce dal negozio, per poi voltarsi emanando un'aura oscura, "CRESCETE MEGLIO!"
La porta viene sbattuta e chiusa a chiave, quando il demone viene fermato da un'anziana signora, "Mi scusi", lo chiama cercando di attirare la sua attenzione, "Ha già chiuso il negozio?"
"Oggi non voglio avere a che fare con le persone."
"Ma," la donna cerca di protestare, "Servono per le statue della chiesa."
Crowley sbuffa, non sa se perché divertito o irritato dalla situazione, "Se è per quello scopo, allora, consideri il mio negozio chiuso per sempre."


Una volta arrivato a casa, Crowley posa gli occhiali da sole e si siede su un trono del XVIII secolo, accende la televisione per distrarsi un po', quando interrompe improvvisamente lo zapping per vedere un programma di competizione culinaria dove un attore sta capando una cipolla con un pelapatate.
"Dannato Inferno," gli viene da pensare, "Questo qui è più caotico di qualsiasi demone."
Anche di lui, sul serio, ma potrebbe essere un'idea per qualche trucchetto da utilizzare la prossima volta. Umani, davvero un'invenzione straordinaria!
"Crawly."
"Ehm, sssì?"
Quell'attore guarda verso la telecamera, rivolgendosi al demone, e con voce gutturale comincia a parlargli, "Quali sono i tuoi piani per regalare nuovi esemplari che possano servire il nostro Signore?"
"Ci sto lavorando, fatemi solo cercare quello perfetto."
L'espressione dell'attore sembra un mix tra il deludente e il disgustato, per cambiare poi nuovamente, "Abbiamo ricevuto la nuova anima che ha firmato il contratto con te."
"Oh uhm pf, suona... Malvagio."
L'umano sorride in maniera innaturale, "Preparati per il prossimo obiettivo che ti verrà assegnato nei prossimi giorni."
Crowley annuisce, sì, certo! Un altro incarico! Yuhu, un altro seme di caos!
"E Crawly, ricorda che il nostro Signore ha bisogno di sangue demoniaco e giovane," gli rammenta quella voce diabolica prima di scomparire e far tornare tutto alla normalità, fatta eccezione per il demone, che spegne la televisione e va a letto, improvvisamente sentendosi parecchio stanco.





Domando scusa per il ritardo con cui posto il capitolo, il suo corrispettivo inglese è online da qualche mese, pensavo d'aver aggiornato anche qui, e invece dev'essermi sfuggito; mi sono accorta di questa mia dimenticanza solo oggi, quando volevo rileggermi il secondo capitolo per impostare il terzo. Scusatemi nuovamente 🙇🏻‍♀️

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***







Sono trascorse un paio di settimane, e Crowley è intento ad incontrare una giornalista famosa, tanto sulla Terra quanto all'Inferno, per lo stesso, identico motivo: ogni volta che arrivava la notizia di un nuovo scontro militare, il suo nome appariva sempre sotto la dicitura "Inviata speciale", Scarlett Zuigiber, come se avesse dedicato la sua intera vita alla guerra. Per gli umani risultava quasi un'eroina, di quelle che non temevano il pericolo, una persona d'ammirare; per i capi alti dell'Inferno, invece, risultava una risorsa, per cosa esattamente Crowley non lo sapeva, ma in tutta franchezza non voleva entrare in faccende troppo serie, preferiva essere a conoscenza dello stretto necessario.
Il demone parcheggia la Bentley e, prima di dirigersi verso un bar, scruta la zona per verificare che fosse libera; una volta appurato ciò, fa tintinnare il campanello dell'entrata e nota, seduta ad un tavolo circolare, una donna dalla folta chioma rossa raccolta in una coda alta, una maglietta a righe nere e rosse senza maniche, jeans attillati e delle scarpe rosse; la donna si volta per sorridergli, come un felino sorride al topo, ma il demone non si lascia influenzare e si avvicina al tavolo della donna, che non gli stacca gli occhi freddi e verdi.
"Il Signor Anthony J. Crowley, presumo," lo saluta con un perfetto sorriso, bianco e affilato, continuando a girare la cannuccia di un frappè precedentemente ordinato.
"Presume bene, Signorina Zuigiber."
"Chiamami Scarlett, Signorina Zuigiber mi fa sentire troppo vecchia. Desideri qualcosa da bere o da mangiare?"
"Sto a posto così," accavvalla una gamba.
La donna abbassa lo sguardo e continua a sorridere, "Direi che sarebbe il cliente perfetto per un mio amico, credo che lo conosca bene, il Dottor Raven Sable."
"Mai sentito nominare, vogliamo procedere?"
L'incontro prevede uno scambio di informazioni, sotto forma di due cartelline, tutto quello che Crowley sa è che l'Inferno offre alla donna informazioni importanti e lei, in cambio, consegna nomi di persone importanti, coi quali l'Inferno avrebbe stretto affari prima o poi; mentre Scarlett osserva famelica l'inizio dei documenti, Crowley la osserva attentamente, se non fosse stato certo di non avvertire alcuna aura demoniaca, eccetto la propria, Crowley sarebbe convinto di trovarsi davanti un altro demone.
"Direi che non c'è altro," tenta di terminare l'incontro Crowley, e Scarlett non si dispiace di questo.
"Direi di no," appura infatti, mangiucchiando la cannuccia con fare sensuale, "Non vuole rimanere a godersi lo spettacolo che avverrà tra poco?"
Ovunque andasse questa donna, si scatenava qualcosa di grosso, sparatorie, guerre, omicidi e quant'altro, non è prudente starle accanto, neanche per uno come Crowley.
"Preferirei di no," si alza dalla sedia tenendo ben stretta la cartellina che deve consegnare ai suoi capi, "Ci sarebbe un lavoraccio da fare, milioni e milioni di documenti da firmare, per non parlare della lunga burocrazia per riavere un nuovo corpo."
La donna allarga il sorriso, "Mi dimentico sempre come funzionano le cose là sotto. È stato un piacere fare affari con te."
"Vorrei poter dire la stessa cosa."

Il giorno dopo, Crowley viene a sapere dalla televisione che vicino al locale s'è scatenato uno scontro tra dei manifestanti e le forze dell'ordine, ma il demone gli dedica poca attenzione, ha un altro lavoro da svolgere.


La rabbia è un sentimento divertente da generare negli umani, per questo si trova nella centrale di controllo della metropolitana ed inizia a maneggiare con la tecnologia, pigiando qualche tasto qua e là, spostando diverse leve, facendo passare la metro 4 sulla linea 9, regalando la fermata della 6 alle 3, regalando ai viaggiatori un piccolo tour delle fermate, regalando agli esseri umani qualche attimo di smarrimento, rabbia, ansia, è sempre stato un demone generoso.
"Cosa sta facendo qui, Signorina?"
Crowley si volta verso la guardia, inumidendosi le labbra che per l'occasione sono messe in evidenza da un bel rossetto scuro, "Controllo qualità, qui è tutto a posto."
Detto ciò, dopo aver controllato un'ultima volta del lavoro perfetto che ha fatto, Crowley s'allontana per dirigersi verso l'uscita dell'edificio, ma le porte sono bloccate, costringendola a rimanere lì chiusa insieme agli altri umani.
"Cos'è successo?"
"Qualche balordo ha combinato un casino col reparto tecnologia, dobbiamo capire qual è il problema prima di poter riaprire le porte."
"Chiamate Newt Pulsifer."
E il demone alza gli occhi al cielo, sbuffando afflitta quando va via completamente la corrente elettrica, mai una volta che le va bene questo tipo di scherzi.


Per un demone come Crowley, la vita sulla Terra non è beatamente disgustosa, ha i suoi lati positivi, come la possibilità di poter leccare i muri senza nessuno che grida di non farlo, oppure la tecnologia, gran bell'invenzione umana, una delle migliori. Non gli dispiacciono gli umani, certe volte è divertente averci a che fare, però sapere che deve generare con loro dei servitori per una prossima guerra con il Paradiso non lo trova allettante, per diversi motivi. Eppure l'Inferno non sente mai ragioni, e ogni volta sul suo rendimento c'è scritto "Si rifiuta di accoppiarsi", uno non può scegliere di evitare certi obblighi?
Il demone si trova in un locale per fare diversi contratti con qualsiasi essere umano sia disposto a vendere la propria anima, deve in qualche modo sopperire alla sua mancanza d'interesse nel procreare. Crowley porta dietro l'orecchio una ciocca dei suoi capelli rossi e s'avvicina ad un uomo che osserva come ipnotizzato due ragazze che si baciano a qualche divanetto di distanza da lui; l'uomo sospira e si scola un bicchiere.
"Quanto vorrei poterle osservare mentre fanno sesso, farei qualunque cosa. Anche tu, amico?," si rivolge a Crowley.
Crowley osserva nuovamente quelle due ragazze, alzando un sopracciglio domandandosi cosa ci trovassero certe persone nello spiare simili attività, ma un contratto è pur sempre un contratto, e quell'uomo ha detto le parole chiave.
"Qualunque cosa?"
"Qualunque cosa," gli conferma, senza staccare gli occhi da quella scena.
"Anche vendere la tua anima?"
L'uomo lo guarda esterrefatto, come se gli avesse chiesto qualcosa d'improponibile, ma poi comincia a ridere, "Chi sei, il diavolo?"
"Direi uno che ti può aiutare, quindi?"
"Come se davvero potessi rendere la cosa reale."
"Non reale, solo darti una possibilità," gli s'avvicina sinuoso, posandogli un foglio sul bancone.
"Cos'è?"
"Il documento dell'albergo dove quelle due ragazze hanno preso una stanza, basta che firmi e la stanza sarà anche tua."
"È legale?"
"E guardare due sconosciute baciarsi?"
L'uomo ingoia, intimorito dall'individuo che lo fissa dietro un paio di occhiali scuri, "Va bene," gli dice alla fine con un filo di voce.
Crowley sorride soddisfatto e fa comparire una penna per offrirla all'uomo, "Goditi lo spettacolo," gli augura prima di dirigersi verso la porta d'uscita, ma la sua fuga viene bloccata da una figura femminile che indossa un elegante completo beige.
"Desidera qualcosa?," le domanda.
"Tu dovresti essere Crawly."
Crowley, il demone la corregge mentalmente, ma ha altro a cui pensare, avvertendo l'aura angelica della persona davanti a lui.
"Con chi ho il piacere di parlare?," le chiede per prendere tempo.
"Uriel."
Un angelo, quindi, constata il demone.
Solitamente, quando ci s'imbatte con un angelo, le scelte sono due, combattere o scappare; nel caso specifico di Crowley, che si trova in un locale pieno di gente, combattere significherebbe sacrificare tutte quelle persone solo perché s'è imbattuto in un angelo, e non è che gli piaccia tanto uccidere delle persone, ma questo è un altro paio di maniche che nessuno, né gli angeli né i suoi colleghi infernali, devono sapere. L'unica soluzione, quindi, è quella di scappare.
Immediatamente, il demone schiocca le dita e si teletrasporta al primo posto che gli viene in mente, ossia un cimitero, non male, ha quel non so che di romantico, gotico, melodrammatico, considerando che potrebbe essere la sua fine definitiva, se quell'angelo lo seguisse (lo farà) e dovesse usare la spada di fuoco, o l'acqua santa, ed è molto probabile che lo farà. Peccato per la sua amata Bentley, è rimasta lì, tutta sola, davanti a quel locale, chi si prenderà cura di lei?
L'aria diventa per un secondo rarefatta, e dietro a Crowley appare l'angelo, pronto a farlo fuori.
"Non ne possiamo parlare come due normali esseri millenari?," chiede retorico, ben consapevole della risposta, e comincia ad evitare i colpi dell'angelo.
Uriel, infatti, sferra alcuni fendenti con la sua spada, colpendo il demone sul fianco destro e sulla spalla sinistra, ed è pronta a tagliargli il collo, ma fortunatamente Crowley si scosta all'ultimo momento e l'angelo taglia solo qualche capello. Le ferite gli fanno male, e Crowley avverte il suo corpo umano chiedere un momento di riposo per riprendersi dagli sforzi, per quanto sia magro non è abituato all'attività fisica e la capacità di fare dei miracoli demoniaci viene compromessa dalle ferite, quindi è costretto a correre usando le gambe. Crowley si trova in un vicolo cieco, si volta e davanti a lui c'è Uriel, pronta a finirlo.
Il demone è sfinito, madido di sudore, il fiato corto e i suoi occhi da serpente, scoperti a causa degli occhiali da sole persi durante la fuga, che trapelano paura, di scomparire per sempre, di non esistere più, di non poter mai ricevere risposte alle sue innumerevoli domande, di non poter mai sentire cosa significa essere amato.
"Preparati a morire, demone."
Ed è forse la paura che gli fa stringere i pugni, richiamando le Fiamme Infernali, pronto a scagliarle contro quell'angelo, ancora non è pronto a scomparire, quando una terza voce attira da lontano l'attenzione delle due creature ultraterrene.
"Chi c'è là?"
Uriel scompare immediatamente, desiderosa di non essere vista da un umano, mentre Crowley ritira il Fuoco e, con la vista annebbiata, cade a terra, le palpebre sono troppo pesanti per tenerle aperte. L'ultima cosa che nota è una figura bianca che gli s'avvicina, un caldo tocco sulla guancia e una voce dolce e gentile.
"Dio mio, cosa ti hanno fatto? Povera creatura."

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***







Calore... Il demone s'è svegliato con un tepore che si propaga per tutto il corpo, dalla punta dei piedi fino agli zigomi. Se dipendesse da lui, Crowley dormirebbe lì per secoli, come aveva fatto durante il quattordicesimo secolo, lunga storia...
Controvoglia, apre gli occhi, in un primo momento la sua vista è offuscata, ma dopo qualche secondo riesce a mettere a fuoco: è una stanza illuminata solo dal fuoco di un camino, c'è un vecchio tappeto persiano, il divano su cui ha riposato (chi ce l'ha portato?) è uno di quelli che non sembrano comodi ad una prima occhiata, ma i muscoli del suo corpo umano possono confermare che è una delle cose più confortevoli su cui si sia adagiato, tutta la stanza profuma di polvere, incenso, cioccolata calda e libri... L'ambiente attorno a lui sembra accogliente, e ciò gli fa provare una sensazione di disagio, che costringe il demone a mettersi seduto sul divano per cercare i suoi fidati occhiali da sole (dove sono finiti?), ma è quando nota una coperta di candida lana, che scivola via dalla sua spalla, che Crowley inizia davvero a domandarsi chi è quell'ingenuo ad averlo accolto in casa propria!
"Oh," esclama una voce maschile dietro di lui, Crowley istintivamente irrigidisce le spalle, pronto ad essere cacciato una volta che quell'uomo avrebbe visto i suoi occhi, "Ti sei svegliato, grazie al cielo."
Il demone sente dei passi farsi sempre più vicini, e quando vede un uomo sulla cinquantina, vestito con completi chiari, molto simili a quelli indossati dagli angeli, con i chiari capelli che sembrano un'aureola illuminati dal fuoco, s'allontana il più possibile, sibilando minaccioso e con le fiamme negli occhi; la sua reazione pare sorprendere colui che Crowley ha catalogato come uno dell'altra fazione.
"Stai bene?," gli domanda infatti allungando una mano per sfiorargli il volto, ora cosparso di scaglie.
Tale gesto non fa altro che allarmare ancora di più il demone, che scatta in piedi ed inizia ad urlare minaccioso.
"Prova sssolo ad avvicinarti ancora un altro po', angelo, e la mia ira sssarà l'ultima cosssa che vedrai!"
Teoricamente, a queste parole, un vero angelo sguainerebbe la sua spada, o qualsiasi altra arma di cui dispone, per intraprendere col demone una battaglia che sarebbe terminata solo quando uno dei due, o entrambi, sarebbe scomparso definitivamente, eppure quell'essere angelico rimane fermo, il viso ha assunto un'espressione di paura mista all'imbarazzo, i suoi occhi hanno preso a vagare a destra e sinistra, e le sue mani stringono forte una fumante tazza bianca.
"Devi perdonarmi, caro," comincia a rispondergli, mantenendo lo sguardo basso, "Non credo di sapere quello che stai dicendo."
"Stai mentendo," sibila orgoglioso il demone, pronto a farlo irritare prendendolo un po' in giro, "Prima lo scherzo del tuo collega, adesso la tua menzogna! Non credevo che Lassù accettassero un simile comportamento, sono davvero caduti in basso."
L'altro uomo si morde il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo, "Non sono un vero angelo," confessa, mentre le sue dita tamburellano sulla tazza, "Solo un semplice prete."
Questa volta, Crowley non avverte l'odore di bugia, anche se l'istinto gli sussurra che quell'essere umano gli stia nascondendo qualcosa, ma per il momento il demone decide di sorvolare e passare ad un tema ben più importante.
"E si può sapere come mai un prete," sottolinea la parola con tutto l'odio che può provare, "Ha deciso di aiutare un demone."
L'uomo si siede sulla poltrona, ignorando del tutto l'aspetto minaccioso del demone, continua a guardare verso il basso e solo un paio di minuti più tardi si passa la mano sul volto e decide d'alzare lo sguardo, per puntarlo dritto negli occhi di Crowley, per nulla turbato di vederli così inumani.
"Mi hai chiesto di salvarti," pronuncia asciutto, riprendendo un po' di verve nel ricordare la scena, "E in qualità di prete non posso tirarmi indietro, neanche quand'è il diavolo in persona a chiedermi aiuto!"
Quella verità ha il potere di destabilizzare Crowley, in parte stupito di vedere tale grinta in un essere mortale, in parte impaurito di sapere che è stato lui stesso a domandare aiuto, un demone non dovrebbe mai farlo, non dovrebbe mai mostrare le proprie debolezze, perché chiunque potrebbe approfittarsene, in particolar modo gli altri demoni, loro non avrebbero perso l'occasione.
"Tu sssai che non bisogna mai fidarsssi di un demone?," non deve mostrarsi debole, non deve mostrarsi debole, è questo quello che Crowley si ripete mentalmente mentre comincia a camminare attorno a quell'uomo che ha l'aspetto di un angelo, "Non siamo così misssericordiossssi, ansssi, direi tutt'altro," una grave risata gli scuote le spalle, mentre la lingua biforcuta inizia ad annusare l'aria per captare qualsiasi sfumatura di paura.
Nonostante la velata minaccia, l'uomo non dimostra alcun segno di paura per quanto riguarda la propria situazione, "Lo so perfettamente," afferma convinto, "Ma non me lo sarei perdonato comunque."
Il demone non può credere alle proprie orecchie, con chi diavolo sta parlando, il nuovo Messia 2.0 ultima generazione? Non riesce a trattenere una risata derisoria.
"La cosa ti fa onore, giovane uomo, e dimmi, cosa vorresti da me?"
Questa volta è l'uomo a concedergli uno sguardo sbigottito, non aspettandosi una tale domanda, "Come prego?"
Per quanto possa approfittare della situazione, e la cosa potrebbe essere divertente, Crowley non si ritiene un demone così subdolo... Cattivo, malefico, caotico, combinaguai, impossibile da amare, spietato, quelli certo, è nella sua natura demoniaca dopotutto... Ma ingrato no, non lo sente come qualcosa che gli appartiene, e rimanere in debito con un essere umano non è ben visto all'Inferno, almeno così crede, non è mai capitato che un essere demoniaco venga salvato da un umano.
"Sì, insomma, uno scambio di favori," volteggia la mano come se l'argomento fosse cosa da nulla, e tale deve rimanere, "Io ho chiesto a te il favore d'essere salvato, insomma... Richiedere un nuovo corpo è una rottura di palle là sotto, la burocrazia non è stata inventata da voi esseri umani, te l'assicuro," perché gli sta dicendo queste cose? Meglio tornare agli affari, "In cambio potrei fare qualunque cosa tu voglia, e ti faccio uno sconto particolare, non chiederò la tua anima in cambio."
A giudicare dall'espressione sconvolta dell'uomo, la sua proposta non è piaciuta tanto, "Non capita tutti i giorni avere una simile fortuna, approfitta finché sei in tempo."
"Buon cielo, no!"
L'uomo s'alza dalla poltrona, appoggia la tazza su una mensola, insieme ad altre tazze bianche, ed inizia a guardare attentamente le due porte della stanza, ogni finestra, come se qualcuno fosse pronto a sbucare da un momento all'altro, "A pensarci bene, non credo d'aver fatto la cosa giusta ad aiutarti l'altra notte."
"Ma no, è una cosa naturale aiutare un dannato, capita tutti i giorni," gli risponde sarcastico Crowley, osservando quel fascio di nervi umani che sta girando vorticosamente intorno alla stanza, farfugliando riguardo a richiami, ai progetti di Dio, alla sua povera anima, a cosa potrebbero dire (a Crowley non è dato sapere chi), per poi voltarsi nella sua direzione, e solo adesso il demone si rende conto di quanto siano cangianti gli occhi di quell'umano. Prima di pronunciare qualsiasi altra frase per tentarlo, e saldare così il debito, Crowley viene preso per le spalle e spinto via, a nulla valgono le sue proteste, inoltre è talmente impreparato ad una simile reazione che non gli viene neanche in mente di miracolarsi esattamente dove vorrebbe essere, semplicemente attraversa il piccolo salottino e un corridoio inerme, fino ad arrivare di fronte a quella che dovrebbe essere la porta d'ingresso per esser poi buttato fuori.
"Ti pregherei di non tornare," gli viene detto dall'altra parte della porta.
Crowley si porta le braccia sui fianchi ed osserva per qualche minuto la porta di legno ben rifinito, poi fa schioccare la lingua in segno di disapprovazione e se ne va... Tsk!, come se volesse tornare, lui, con tutto quello che ha da fare, con tutti i contratti che deve portare a termine, e tutti i nuovi incarichi che l'Inferno gli darà in futuro... Non ha proprio tempo da perdere con un umano, per giunta un prete!, che cosa se ne deve fare, condurlo in tentazione? Quelle cose si facevano nel Medioevo, una cosa del genere potrebbero farla ancora gli altri demoni che non si sono modernizzati, come Hastur, o Ligur, mica lui che si è modernizzato, per Satana!

Gli ha chiesto di essere salvato...
Mentre passeggia per tornare a casa, il demone ripensa alle risposte che quell'umano gli ha dato... Come possono essere uscite dalle sue labbra certe parole? Perché? Che benedetta cosa gli è venuta in mente?! Un dannato non può essere salvato, un demone non può chiedere aiuto, un prete non può soccorrere un essere come lui!
Istintivamente, Crowley porta una mano nella tasca interna della giacca di pelle, è troppo esposto, ma non sente il solito rigonfio formato dai suoi occhiali, dove li ha lasciati?!


Le lenti, scure e frantumate, di un paio di occhiali riflettono l'uomo che si sta sedendo nuovamente sulla poltrona, sospira pesantemente mentre si sfrega gli occhi con una mano per far passare la stanchezza. Non avrebbe dovuto aiutare un demone, eppure è stato più forte di lui, il suo è stato un istinto che non è riuscito ad assopire, ma come può sopprimerlo? Quando quel diavolo ha schiuso gli occhi per chiedergli aiuto, Aziraphale avrebbe dovuto provare timore, eppure era rimasto fermo, immobile, catturato da quelle iridi serpentine che non sono risultate spaventose, piuttosto sono sembrate spaventate, non sono state minacciose, hanno trasmesso invece un timore antico quasi quanto l'universo...
Per far passare la punta d'ansia che sta cominciando ad attanagliargli lo stomaco, il prete strofina i palmi delle mani sulla stoffa dei pantaloni, lasciandosi un attimo cullare dalla dolce sensazione che gli provoca... Se lo scoprissero, userebbero i propri poteri per reguardirlo, di nuovo, l'uomo deve solo sperare che qualsiasi angelo stava combattendo quel demone non ha fatto rapporto a Gabriel.
"Aziraphale, che bella sorpresa vederti qui," una voce tuona alle sue spalle, esibendosi poi in una risata tutt'altro che vera, e il prete riapre gli occhi al cielo per chiedere pietà e misericordia al buon Dio che veglia su di lui.
Si può rivolgere un 'parli del diavolo' ad un Arcangelo?

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***







Si può rivolgere un 'parli del diavolo' ad un Arcangelo?
Evidentemente no, si risponde Aziraphale mentre si volta e, con un sorriso tutt'altro che vero, accoglie il suo nuovo ospite.
"Arcangelo Gabriel, è un piacere che abbia deciso di farmi visita. A cosa devo l'onore?"
Gabriel, un Arcangelo che, col suo metro e novanta, sovrasta Aziraphale, inizia a compiere qualche passo verso il prete, dandosi una veloce occhiata attorno: come al solito, la stanza è troppo piena, con gli alti ed elaborati mobili in ciliegio, la carta da parati gialla con elaborati disegni, i numerosi libri disposti su qualsiasi superficie disponibile e un divano con una coperta di lana faceva compagnia ad una poltrona davanti ad un tavolino di legno... Davvero, troppa roba.
"Vedo che il consiglio di far spazio in questa stanza non l'hai seguito", nota con velato astio, che Aziraphale coglie ma risponde con tranquillità.
"Devo mettermi d'accordo con un designer d'interni." gli mente, annotandosi mentalmente di doversi confessare al più presto, è davvero un prete terribile! "A cosa devo la visita?"
Gabriel ricambia il sorriso di Aziraphale con un'espressione di cortesia, si porta le mani dietro la schiena, per poi diventare serio di colpo, il volto aggrucciato e gli occhi che scintillano per il rimprovero che sta per arrivare.
"Com'hai trascorso la serata di ieri, Aziraphale? E, mi raccomando, non mentire come poco fa."
Nonostante provi il forte desiderio di cacciare l'Arcangelo, il prete tenta con tutte le proprie forze di rimanere calmo, memore di un patto fatto in passato; chiude un secondo gli occhi, respirando profondamente, per riaprirli poco dopo.
"Ero proprio qui, quando ho sentito al cimitero degli strani rumori."
Dire sempre la verità, perché gli avevano insegnato che le schiere celesti sono in grado di captarla. Molti angeli però non conoscono sentimenti come l'empatia, di conseguenza non sanno avvertire il disagio provato dagli esseri umani, proprio come quello avvertito da Aziraphale nel preciso istante in cui ha ammesso.
Il prete si sfrega le mani ed abbassa il capo, pronto per ricevere la strigliata che sa di meritare.
"Aziraphale," inizia infatti a parlare Gabriel, "ne avevamo già parlato che non devi intrometterti quando un essere divino sta agendo, o sbaglio?"
L'uomo nega leggermente, l'Arcangelo non sta sbagliando: "Ricordi bene."
"Beh, mi sembra ovvio. Voi umani siete soliti a dimenticare le cose o ad avere delle difficoltà nel comprenderle."
Aziraphale stringe le palpebre, mentre conficca le unghie nei palmi delle mani: come ha potuto un Arcangelo simile aver dato la lieta notizia alla Beata Vergine?
"Eppure, anche ieri sera hai impedito ad Uriel di compiere il suo lavoro, ovvero porre fine all'esistenza di un demone. Tu sai che non è questo un comportamento giusto, mh?" Gabriel inclina di poco la testa e spalanca di più gli occhi, facendo risaltare ulteriormente il loro colorito innaturale.
"Ho... Credevo che stesse succedendo qualcosa di brutto." tenta di giustificarsi, dopo aver preso un bel respiro, alzando di poco la testa per guardarlo in volto. "Sai che ci sono persone che dissotterrano i corpi dei defunti per appropriarsi dei loro gioielli."
Una mezza verità, la sua, dato che la sera precedente ha lievemente avvertito la presenza di un essere etereo, Uriel a quanto pare. Fin da bambino, Aziraphale accettava l'idea che angeli e demoni potevano combattere, accettava anche che queste battaglie terminavano solitamente quando uno dei due smetteva di esistere, ma non accettava d'assistere inerme alla sofferenza di una creatura.
La sera prima, quindi, si è precipitato al cimitero con l'intento di porre fine al combattimento e magari salvare un angelo dall'eterna scomparsa; invece, con sua somma sorpresa, gli è capitato d'aver aiutato un demone. La cosa più incredibile è stata quella d'aver sentito una richiesta d'aiuto da parte di quel demone, la supplica d'esser salvato. S'è sentito combattuto, in principio, perché era a conoscenza che non bisogna mai fidarsi di un demone, eppure la sua coscienza gli ha ricordato la promessa d'aiutare qualsiasi creatura bisognosa, così ha agito secondo il proprio credo, che si discosta dal Credo delle Schiere Celesti.
"La prossima volta", gli risponde Gabriel, "ricordati che non sei un vero angelo."
Il prete annuisce sommessamente, nella speranza che sia tutto terminato.
"E dimmi, dov'è?" gli chiede invece l'Arcangelo.
"Chi?"
"Il demone, Aziraphale, chi altri sennò?"
Solo adesso l'uomo nota di come lo sguardo viola di Gabriel sia più intenso, segno che l'Arcangelo sta perdendo la pazienza, quindi s'appresta a rispondere: "Non è più qui."
Il volto di Gabriel assume un'espressione stupita, sta per aprir bocca per dire qualcosa, ma Aziraphale l'anticipa per paura di dover aggiungere qualche dettaglio. "Puoi controllare da te!"
L'Arcangelo abbassa un secondo le palpebre, controllando da cima a fondo l'intera dimora del prete, il quale non distoglie lo sguardo dalla creatura eterea, timoroso che quell'incontro possa prolungarsi più del dovuto. Non sopporta, infatti, quando gli Arcangeli vengono a trovarlo per controllare le sue attività, come se potesse nasconder loro qualcosa, ogni volta che accade, Aziraphale vorrebbe urlare e cacciarli via per non vederli più, eppure si trattiene ogni volta, stringe i denti e sopporta; a lavoro terminato, Gabriel spalanca gli occhi e, mentre s'avvicina al prete, torna a sorridere, provocando un brivido freddo che corre lungo tutta la schiena di Aziraphale.
"Ottimo lavoro, Aziraphale!" si complimenta, posandogli una mano talmente pesante sulla spalla che l'uomo avverte le vertebre protestare per aver assunto una posizione scomoda. "La prossima volta, però, non intrometterti, mh? Tua madre non sarebbe fiera."
Il prete si morde il labbro ed abbassa lo sguardo, un peso più gravoso della mano di Gabriel gli preme all'altezza dello stomaco non permettendogli di respirare normalmente. "V-D'accordo", sussurra mesto, ricevendo una scrollata sulle spalle e la mano dell'Arcangelo scivola via.
"Ora devo andare!" annuncia quest'ultimo con un tono di voce gioviale, desideroso di lasciare la Terra e tornare in Paradiso. "Ci vedremo presto."
Un lampo illumina la stanza, costringendo Aziraphale a coprirsi la vista poi, dopo quasi un minuto, si toglie le mani dal viso, notando che è finalmente tornato ad essere solo, e ciò significa che può tornare finalmente a respirare. L'uomo torna a sedersi sulla poltrona, sfregandosi la fronte, esausto.
Fa un profondo respiro e punta gli occhi su un paio d'occhiali da sole con le lenti incrinate, a lui sicuramente non appartengono, Gabriel non è un tipo da simili frivolezze come degli occhiali da sole, pur avendo un debole per i capi d'abbigliamento più pregiati, non è entrato mai nessuno di sconosciuto, a chi--? Improvvisamente, il prete rammenta che un ospite inaspettato c'è stato, quel demone che ha aiutato... Come ha pensato una mezz'ora prima all'incirca, averlo salvato non è stata una buona idea. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Lasciare quella povera creatura in balìa del freddo e del probabile ritorno di Uriel per terminare il lavoro?
Sua madre, probabilmente, non avrebbe approvato il suo modo d'agire, intervenendo in una battaglia così pericolosa per un normale essere umano, tuttavia Aziraphale è convinto che avrebbe elogiato la sua prontezza di spirito d'aver voluto salvare una creatura, anche se demoniaca. Inoltre, se è ancora vivo, in parte lo deve anche a quel demone, che non ha deciso di ucciderlo per il solo gusto di farlo, anzi gli ha proposto uno scambio di favori, senz'alcun secondo fine e senza volere la sua anima in cambio. Aziraphale si mette a ridere, pensando a quello che avrebbe chiesto al demone, ma forse è stata una buona idea quella di non cadere in tentazione.
Eppure, l'idea di provare, almeno una volta nella vita, l'ebbrezza di sentirsi libero gli accarezza la mente, ma la scaccia via quasi subito, in fondo Gabriel e gli altri Arcangeli gliel'hanno sempre detto: Aziraphale non è un angelo, ma solo un umano e, in quanto tale, non può desiderare di essere qualcosa che non è, anche nei comandamenti c'è scritto, come gli hanno più volte ricordato durante i seminari per diventare prete, "Non desiderare la roba d'altri".


Finalmente, Crowley torna a casa, con uno schiocco di dita rimane in intimo e compie un altro paio di passi prima di raggiungere la prima superficie disponibile per stendersi e raggomitolarsi lì. Fa persino apparire una coperta per nascondersi ulteriormente dal mondo, mosso dalla vergogna per aver chiesto aiuto, la sera prima. Millenni trascorsi all'Inferno gli avevano insegnato a doversela cavare da solo e, se risultava troppo debole, allora era meglio perire per mano di quegli angeli.
Lui è sempre stato uno che preferisce battere in ritirata piuttosto che combattere, la paura di non esistere più è stata qualcosa di cui non ha potuto parlare con nessuno, a chi si rivolgeva? Qualsiasi demone gli avrebbe riso in faccia, definendolo un debole, prima di torturarlo. Ha avuto modo di vedere i suoi colleghi in azione, le prime volte, poi ha sempre trovato una scusa per filarsela; tuttavia, quelle torture sono ancora ben impresse nella sua mente.
Gli occhi di quell'umano sono sembrati pieni di un sentimento che Crowley non è stato in grado di decifrare, ma che l'hanno scosso... Come può un uomo rivolgere uno sguardo del genere ad un demone, un essere capace solo di ditruggere, materialmente e spiritualmente, a suo piacimento.
Colto da un'improvvisa fitta di dolore che gli preme sul petto, il demone si stringe ancora di più la coperta attorno al proprio corpo mentre assume una posizione fetale, lì, steso sul soffitto, chiudendo a forza gli occhi e le unghie delle mani lasciano il posto a dei lunghi artigli neri.
Crowley fa fatica in un primo momento a respirare, inizia a sibilare, ma poi smette del tutto di far entrare nei propri polmoni l'ossigeno, dato che non ne ha bisogno, è solo un gesto che ha imparato a fare di riflesso vivendo con a stretto contatto con gli umani. La Terra è sempre stata per lui una piccola via di fuga, un Paradiso Terrestre, letteralmente, anche se non ha mai avuto il piacere di vederlo coi propri occhi. Occhi che sono stati trasformati per sempre per una punizione, e che il demone è stato costretto a nascondere dietro un paio di lenti scure.
Lo scherzo che ha giocato a John Milton, affermando d'essere stato lui in persona ad aver tentato Eva ed Adamo sotto forma di serpente, gli ha procurato non poche rogne Laggiù, affermare d'essere Satana in persona gli ha fatto guadagnare frustate, atroci dolori allo spirito e, per finire, una mutazione forzata con un serpente, facendogli guadagnare tutti i tratti di quella creatura strisciante. Quanto è stato complicato abituarsi a quelle sue nuove caratteristiche, il camminare gli risulta difficile certe volte per la colonna vertebrale troppo sinuosa, e la lingua biforcuta gli dà ancora filo da torcere quando deve parlare, ma Crowley è riuscito ad adattarsi con calma e pazienza, qualità inusuali in un demone.
Dopo alcuni sforzi, il suo corpo umano riprende a respirare con calma, i pugni che stringono forte la coperta si rilassano, e le numerose scaglie nere che sono apparse involontariamente lungo il corpo del demone cominciano a scomparire. Il tepore della coperta gli fa tornare in mente il calore provato in quella stanza illuminata e riscaldata dal camino acceso, il soffitto diventa sempre più morbido ed accogliente come quel divano su cui ha riposato la sera prima, la coperta nera diventa soffice come la lana, e Crowley immagina di poter dormire lì, un'altra volta, magari per interi secoli, solo per stare in pace e tranquillità.


Che strani sogni può avere un demone, delle volte.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***







Crowley apre gli occhi, la luce del sole si fa intravedere appena dalle oscure tende appese alla finestra. Fa un leggero stretching per sentirsi meglio col suo corpo umano, che ancora non s’è adattato a dormire sul soffitto.

Quando è pronto per scendere, il demone avverte un forte dolore alla testa, come se qualcuno lo stesse pugnalando ripetutamente con numerosi pugnali. Il dolore comincia a farsi insopportabile, tanto che Crowley teme che la testa gli scoppi da un momento all’altro. La stanza comincia a gira.

Quel briciolo della sua mente, che non è intento ad urlare dal dolore, riesce a decifrare il significato di quell’improvviso dolore. L’Inferno lo sta chiamando e, viste le fitte di dolore, dev’essere alquanto urgente.

Crowley prova a scendere dal soffitto, tuttavia una fitta più forte delle altre lo fa cadere rovinosamente sul pavimento, smorzandogli il fiato. Se non fosse per la forte pressione alla quale la sua testa viene sottoposta, l’orgoglio di Crowley risentirebbe molto della caduta di stile; millenni ad esercitarsi e ancora non riesce a mantenersi saldo alla superficie in determinate circostanze.

“Dannazione!” sibila, rimettendosi le mani tra i capelli. “Fatelo smettere!”

Il dolore se ne va, ma la stanza comincia a girare. Crowley rimane lì, rannicchiato nella sua coperta, mentre la stanza smette per pochi istanti la sua folle rotazione. Tuttavia il dolore alla testa ricomincia senza sosta.

Come se non bastasse, il demone avverte una forte pressione che lo spinge contro il pavimento. Come una palla di ferro, qualcosa gli preme sul petto, comincia a sentire le ossa della gabbia toracica incrinarsi, mentre la testa viene compressa in quella tremenda, brutale, crudele, cruenta, atroce morsa.

L’Inferno ti sta chiamando, Crawly. Ubbidisci!

La voce che Crowley avverte nella sua testa non fa altro che amplificare il dolore che sta provando per tutto il corpo. Il suo corpo umano non riesce a sopportare tutta questa sofferenza e tutta questa tensione mista a terrore, così comincia ad andare in iperventilazione.

Sei così patetico, per essere un demone!

Crowley odia questo trattamento. Mal sopporta il metodo con cui i demoni vengono chiamati e questi devono presentarsi sprofondando nel terreno. Fosse dipeso da lui, si sarebbe presentato usando una delle tante porte dell’Inferno poste sulla Terra. Eppure, una simile agevolazione non l’aveva mai ricevuta e ogni volta che di Sotto lo chiamano, è un muto pianto quello che esce dagli occhi del demone; una richiesta d’aiuto che nessuno può sentire; lacrime invisibili che nessuno avrebbe asciugato.

“Va bene… Arrivo…”

La presa s’allenta lentamente, mentre la temperatura corporea del demone sale rapidamente, e il demone viene inghiottito nelle profondità terrene. Crowley sa che il suo corpo umano, non potendo sopportare simili pressioni e temperature, può implodere da un momento all’altro. Tuttavia, non vuole cambiare forma, il demone ha troppa paura di non ricordarsi più come assumere un aspetto umano.

“Bentornato, Crawly!” l’accoglie la voce di Dagon.

Crowley prova a muoversi, ma la forza di prima avvolge nuovamente il suo corpo, impedendogli di muoversi.

“Cosa vuoi, Dagon?”

“Io? Niente di particolare. Dimmi piuttosto perché sei qui.”

Crowley prova ancora una volta a divincolarsi dalla presa, ma le sue carni vengono lacerate ad ogni suo movimento brusco, come se fossero avvolte da fili di ferro.

“Non saprei, magari qualcosa come la lotta che ho avuto con l’Arcangelo Uriel ieri sera?”

Dagon mostra i suoi denti affilati come rasoi, imitando in maniera penosa un sorriso.

“Qualcosa del genere, sì. Belzebù è venuto a sapere della tua lotta e, soprattutto, che hai tentato di scappare. Dimmi, Crawly, è accettabile?”

Crowley non risponde, ben sapendo che qualsiasi risposta avrebbe comportato ulteriore dolore.
Peccato che il silenzio viene considerato peggio di una risposta.

“È accettabile?” il ringhio di Dagon è seguito da diverse fitte di dolore che si diramavano per il corpo del demone.

“Attendo una risposta”, Dagon sembra bearsi dei gemiti di Crowley.

La pelle di Crowley comincia a bruciare, si ricopre di scaglie nere e rosse, poi semplicemente si sfalda, facendo fuoriuscire gocce di sangue, il colore è talmente scuro da sembrare nero.

“N... ... No…”

Odia questi trattamenti, non li sopporta, non vuole continuare a subire certi trattamenti. Gli occhi cominciano a lacrimare per il dolore, il respiro diventa sempre più affannato, la bocca aperta cerca disperatamente di prendere quanto più ossigeno può.

“Credo di non aver capito, Crawly. È accettabile?”

La lieve risata di Dagon innesca una rabbia nel cuore di Crowley che lo fa reagire.
Il demone si volta di scatto, le pupille diventano due strette fessure, mentre un respiro infernale comincia a prendere forma all’interno della sua gola. La pelle si squaglia come se fosse cera, dandogli la possibilità di spalancare come un rettile le fauci, dalle quali comincia ad uscire del fumo.

“Ho detto di no!”

Poi, come per miracolo, la pressione cessa, dandogli la possibilità di riprendere fiato, e di tornare in sé. C’era mancato poco che perdeva il controllo e tornava ad avere le sembianze demoniache, simili a quelle degli altri abitanti infernali.

“Vedo che riesci ad opporti. Come mai non ti sei opposto all’Arcangelo, allora?”

Il dolore al petto ritorna, insieme ad una dolorosa sensazione d’essere trafitto da una lancia, l’arma preferita di Dagon.

“E non mancarmi di rispetto questa volta.”

Dagon serra la presa sulla lancia per far andare più in profondità la lama, lacerando le carni di Crowley. Quest’ultimo stringe i denti, non volendo dare soddisfazione alcuna nel far sentire che sta soffrendo.

“Q-qualcuno...” mormora agognante. “Ci… Ci ha ferma-ato...”

Dagon poggia un piede sulla ferita appena aperta sul petto di Crowley, esercitando quanta più pressione possibile finché non sente un lamento da parte di Crowley, adesso può ritenersi soddisfatto.

“Tutto qui?”

“S-sssss-sì…”

Il volto di Dagon s’apre in una smorfia divertita, strappando la lancia dal corpo di Crowley, beandosi del suo urlo di dolore.

“A Belzebù verrà fatto rapporto di quanto hai detto. Sai cosa ti succederebbe se non dovesse essere vero quanto da te affermato.”

La mente di Crowley riesce a concepire un pensiero. Se l’Inferno è un luogo pieno di bugiardi, perché si è così attenti e precisi nel sapere la verità?
La domanda non riceve risposta, in parte perché Crowley si nega il lusso di porre domande dalla prima frustrata subìta, e in parte perché se la sua mente riesce a concepire simili ragionamenti, allora è segno che sta bene. Deduce, quindi, che è meglio non sfidare la sorte facendo notare quel piccolo dettaglio.

“Hastur ti sta aspettando.”

Il dolore smette, lasciandolo respirare per qualche secondo, prima che la lancia venga rimossa in malo modo dal corpo di Crowley.

“È stato bello, Crawly.” Dagon posa la lancia sulla spalla, non curandosi dello stato in cui ha lasciato l’altro demone. “Non vedo l’ora che arrivi la prossima volta.”

Detto ciò, Dagon scompare. Crowley ha giusto pochi istanti per chiudere gli occhi prima che un altro demone compare, Hastur. Crowley prende un grosso respiro e cerca d’alzarsi, le membra gli fanno male, ma non gli è permesso mostrare dolore.

“Ah, sei ancora vivo. Non pensavo che avresti superato lo scontro con l’Arcangelo. Non credevo neanche che avresti resistito contro Dagon.”

A Crowley esce uno sbuffo divertito, non riesce a trattenersi, non con Hastur, col quale non va affatto d’accordo.

“Ligur ed io avevamo scommesso. Lui era convinto che avresti espirato dieci minuti dopo l’arrivo di Dagon. Io invece dicevo che non saresti sopravvissuto neanche alla nostra chiamata. È un vero peccato che nessuno dei due abbia vinto.”

Il petto sanguinante di Crowley vibra per una risata. “Desolato d’avervi deluso”, piano piano s’alza da terra, sa che con Hastur non deve abbassare troppo la guardia.

“Oh, ma non preoccuparti. C’è un compito che devi eseguire.”

“Quale sarebbe? Consegnare l’Anticristo a qualche sciagurata famiglia?”

“No, Crawly, quello è un compito che spetta a qualcuno di veramente competente.”

Crowley fa una smorfia scontenta, non gli piace quando gli altri demoni tengono a precisare la sua mancata voglia di voler creare piccoli demoni con le donne umane. Tuttavia, tira su col naso e se lo gratta, fingendo che la cosa non lo tocchi minimamente. “Quindi?”

“Dimmi, quante anime hai preso?”

Il suo corpo si sta rigenerando, nota con piacere, tanto che non fa fatica a rispondere. “Sessanta seimila duecento cinquantasei.”

“Davvero un ottimo numero, per uno che ama solo fare contratti. Ed è per questo che sei qui.”

Crowley si rimette in piedi, mentre Hastur continua a parlare.

“C’è una chiesa, nella città in cui operi, che è un agglomerato di anime perdute che ritrovano la retta via! Quei pochi che non sono stati conquistati dall’Altra Fazione, affermano che c’è un prete che li aiuta.”

“E cosa dovrei fare? Farlo bruciare tra le Fiamme?”

“Sarebbe una buona idea. Usala solo in caso di necessità. Serve che tu vada lì, e circuisci quel prete fino a farlo passare dalla nostra parte.”

Crowley si ferma a fissare l’altro demone, incredulo per quello che ha sentito.

“Cos…”

“C’è qualche problema?” domanda Hastur alzando un sopracciglio.

E Crowley vorrebbe dire che non ci sono problemi, che è ben felice di farlo, ma c’è qualcosa che lo frena.

“Io... Sai perfettamente che non è così che lavoro. I tempi sono cambiati e non è più conveniente concentrarsi su una sola persona. Andiamo, ci potete pensare voi, siete dei maestri in questo... Perché mandate me?!”

“Perché tu sei il più bravo a fare contratti.”

Crowley si volta e vede Ligur alle sue spalle, gli occhi gialli incutono una voglia irrefrenabile di non obiettare oltre. Crowley è ben consapevole che se Hastur, tra i due, è quello più votato a dare sfogo ai propri istinti, Ligur è quello più freddo, calcolatore e, anche se la differenza è minima, più spietato.

“Tutti Quaggiù vorrebbero arrivare a fare il tuo esorbitante numero di contratti”, Hastur termina la frase di Ligur con un sorriso di scherno a deformargli il viso. “Ligur darebbe via un braccio per raggiungere il tuo livello.”

“Il braccio di qualcun altro, ovviamente.”

“S-sentite, ragazzi, sapete come sono, non è nel mio stile —”

“Il tuo stile è obbedire!”

Appena Ligur, i cui occhi sono diventati arancioni, termina la frase, una forza schiaccia Crowley a terra. Il demone non riesce a rimettersi in piedi, i suoi tentativi vengono ridicolizzati dalle risate di Hastur.

“Rag… Azzi…”

“Sai cosa vogliamo sentire, Crawly.”

Crowley riesce a malapena alzare lo sguardo, per vedere Hastur con un sorriso che gli deforma il volto e Ligur che continua a fissarlo.

“Dillo.”

“Io... Lo farò…”

La stessa forza che prima lo schiacciava a terra adesso lo scaraventa contro una parete sudicia. Secondo i calcoli di Crowley, poteva andare peggio, in questo caso deve solo liberarsi dei vestiti che si stanno ammuffendo con una velocità al di fuori del normale.

Il demone volge lo sguardo verso gli altri suoi simili, uno sembra deluso, l’altro continua a fissarlo con due occhi grigi.

“Credo sia ora che tu vada a lavorare, Crawly.”

L’ultima frase di Ligur gli arriva come un’eco, poiché tutto l’Inferno scompare e Crowley si ritrova nel suo appartamento umano, disteso a terra proprio dove prima era stato chiamato.

Cerca di riprendere fiato, tastando piano i punti in cui è stato colpito. Non avverte alcun dolore, constata con un sospiro di sollievo. I demoni non sono molto attenti sul mantenere e conservare un corpo umano, difatti la fila per richiederne uno nuovo è lunga. Crowley fin dall’inizio aveva imparato a prendersi cura del suo corpo, e l’idea di dover fare una fila lunghissima per un nuovo corpo non l’ha mai entusiasmato.

Appena si alza, però, una voce interrompe i suoi pensieri.

“Era ora, sono ore che aspetto.”

Crowley chiude gli occhi per qualche secondo, desidererebbe essere lasciato solo, per amor di Qualcuno!

“Anche tu?”

“Uh huh, ti ho aspettato per tantissimo tempo.”

“Sai com’è Giù, no? Sono stato torturato fino a pochi minuti fa.”

“Beh, non è stato divertente?”

“Sono serio, Erick.”

“Lo so. Anch’io. È stato divertente.”

Crowley volge lo sguardo al soffitto, domandandosi se sia possibile per lui chiedere aiuto all’altro Boss.

“Cosa vuoi?”

Il demone batte le mani una volta, sorridente, pronto per svolgere il suo compito.

“Sono qui per mostrarti il volto del prete, così saprai chi devi tentare.”

Detto ciò, posa il palmo della mano sulla fronte di Crowley.

“Se ti rilassi, sarà facile”, gli suggerisce, sbattendo un paio di volte le palpebre allungate con il mascara.

Tuttavia, Crowley non è in grado di rilassarsi e il potere di Erick lo sopprime, spingendo con forza l’immagine del prete nella sua mente. La vista comincia ad annebbiarsi e in testa inizia a sentire la voce.

“Andrà tutto bene, Madame Tracy”, afferma.

Quella voce gli suona familiare, ma non riesce a ricordare dove l’ha già sentita.

“Lo spero tanto, Aziraphale”, risponde una voce femminile.

“E se non dovesse andare bene, beh… Troveremo un’altra soluzione.”

La visione del sacerdote diventa abbastanza nitida, da permettere a Crowley di vedere un uomo con i capelli biondi e gli occhi azzurri, troppo luminosi per essere umani.

Ed è con un respiro morto in gola che lo riconosce. È lo stesso prete che l’ha salvato. La visione scompare e vede di nuovo Erick.

“È lui?”

L’altro demone finisce di guardarsi le unghie smaltate di nero.

“In persona. Direi che è ora che tu vada.”

Provando a non far trapelare il nervoso che, come un essere immondo, si aggrappa a lui per portarlo giù con sé, Crowley fa un piccolo cenno con la testa e si dirige verso la porta dell’appartamento, deve trovare un posto sicuro per pensare.

“Stai attento”, lo ferma Erick, “Sei il più divertente tra tutti gli altri demoni. Sarebbe un peccato se ti uccidessero.”

Crowley rimane fermo, immobile, non sapendo come comportarsi; ma è proprio quando sta per voltarsi, per chiedere spiegazioni, che avverte l’aria surriscaldarsi per pochi istanti. Erick non è più dietro di lui.


È trascorsa una settimana da quando Madame Tracy ha avuto l’idea di andargli a fare visita. È amico di vecchia data con quella donna, tanto da poterla considerare come una zia. Il motivo di quella visita non è stato dei più rosei. Buon Dio, cosa ha dovuto sentire… Nonostante i suoi tanti anni di sacerdozio, certe storie gli fanno ancora stringere il cuore.

Madame Tracy gli ha raccontato di una ragazza che, dopo una terribile esperienza, era rimasta incinta; la famiglia l’aveva cacciata di casa, lei era rimasta sola e senza soldi, con una gravidanza che gli dava problemi.

Aziraphale ha aiutato tante persone con problemi gravi, ma molte erano state le ragazze che si trovavano nella stessa situazione. Una strana coincidenza, vista la piccola città in cui abita, ma se ci sono persone capaci di dissotterrare i morti e disturbare il loro sonno eterno, teoricamente non dovrebbe stupirsi più di tanto.

Aziraphale sta per prendere un sorso di cioccolata calda, quando qualcuno bussa alla porta. Davvero un ottimo tempismo, gli viene da pensare con una punta d’astio: non apprezza essere disturbato in questi momenti di tranquillità in cui pensa a come aiutare delle anime innocenti. Il prete rimane immobile, trattenendo il fiato. Se non fa alcun rumore, il disturbatore penserà che non c’è nessuno in casa.

Il bussare alla porta, però, gli fa capire che non è la tattica giusta.

“Chi è?” domanda.

Non riceve alcuna risposta, se non un altro paio di colpi alla porta.

Aziraphale, convinto ormai che non può godersi la cioccolata, posa la tazza sul tavolino e s’alza, pregando in cuor suo che sia una questione della massima urgenza che non può attendere.

“Mi dispiace,” comincia a dire mentre sta aprendo la porta, “ma le confessioni avvengono solo — tu?”

Un sorriso diabolico contornato da folti capelli rossi e un nuovo paio d’occhiali da sole lo saluta.

“Muoio dalla voglia d’esser confessato da lei, prete.”

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