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di franweasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gavettoni e Ricchi Banchetti ***
Capitolo 2: *** Giovani Streghe e Maghi ***
Capitolo 3: *** Di Routine ***
Capitolo 4: *** Bagagli, partenze e decorazioni polverose ***
Capitolo 5: *** Hogwarts ***
Capitolo 6: *** Nuove Conoscenze ***
Capitolo 7: *** Il Calice di Fuoco ***
Capitolo 8: *** I Campioni ***
Capitolo 9: *** Le Quattro Pietre ***
Capitolo 10: *** Indizi ***
Capitolo 11: *** La Pesa delle Bacchette ***
Capitolo 12: *** Hogsmeade ***
Capitolo 13: *** Le Creature ***
Capitolo 14: *** La Prima Prova ***
Capitolo 15: *** La Classifica ***
Capitolo 16: *** Avviso - Sospensione storia ***



Capitolo 1
*** Gavettoni e Ricchi Banchetti ***





Gavettoni e Ricchi Banchetti


Fuori infuriava la tempesta e gli studenti non potevano essere più felici di aver finalmente raggiunto l’ingresso di Hogwarts. Il viaggio in carrozza era sembrato interminabile, la pioggia molto fitta sembrava quasi ricordare che l’estate era ormai finita e c’era poco di cui essere entusiasti, se non poter rivedere gli amici e condividere le esperienze vissute durante le vacanze. Molti studenti si erano fermati all’ingresso fradici per la pioggia, altri si affrettavano a raggiungere la Sala Grande lasciando una scia di impronte bagnate. Elizabeth, con i capelli gocciolanti, cercava di scrollarsi via l’acqua di dosso mentre osservava la sala. Era passata soltanto un’estate eppure la magnificenza della scalinata di marmo, il possente corrimano, i dipinti e ogni singolo dettaglio di Hogwarts la meravigliavano ogni volta. Un palloncino pieno d’acqua le cadde sui piedi e la ragazza sembrò quasi risvegliarsi da una specie di trance in cui era caduta. Era stata fortunata, almeno a lei il palloncino non era arrivato sulla testa. Gli studenti avevano iniziato a spintonarsi a vicenda per evitare di essere colpiti ed Elizabeth si trovò a breve al centro dell’ingresso colpita da tutte le parti e iniziò a guardarsi intorno cercando di individuare la causa di quel trambusto. Alzò lo sguardo ed ecco lì Pix il Poltergeist che lanciava i palloncini colorati addosso agli studenti. Non ebbe molto tempo per osservarlo poiché la sua attenzione fu attirata da una voce che strillava furiosa contro il fantasma che svolazzava ridendo: la professoressa McGranitt, appena uscita dalla Sala Grande, aveva iniziato a minacciare Pix affinché la smettesse di lanciare gavettoni agli studenti. Molti si erano fermati ad osservare la scena, ma non rimasero lì per molto poiché la professoressa continuava a insistere per farli entrare nella Sala Grande per il banchetto di inizio anno e nessuno avrebbe osato contraddirla. Elizabeth si affrettò verso la tavolata di Grifondoro cercando con lo sguardo i suoi amici: li aveva persi nel trambusto causato da Pix all’ingresso. Il tavolo era colmo di ogni tipo di pietanza e la bionda non vedeva l’ora di potersi servire, il lungo viaggio la rendeva sempre molto affamata. Avrebbe dovuto però attendere tutta la cerimonia dello Smistamento per poter mangiare, perciò sbuffò infastidita e si rese conto che non era l’unica a pensarla così. 

Lo Smistamento era un momento speciale: per uno studente del primo anno significava moltissimo, era una decisione che avrebbe influenzato la sua vita e le persona che doveva essere, o almeno era quello che credeva. Elizabeth però, ormai al quinto anno, sapeva bene che non era questa gran cosa in fin dei conti, certo, tra i Grifondoro aveva trovato alcuni dei suoi amici più stretti, però ciò non significava che se fosse capitata in un’altra casa non li avrebbe conosciuti o non sarebbe stata altrettanto felice. Ricordava il suo primo giorno a Hogwarts come se fossero passate solo poche settimane da quella data, era stato elettrizzante, tutto era così magico, non le sembrava possibile, nonostante suo padre fosse un mago e vivesse con la magia praticamente tutti i giorni non si aspettava che ce ne fosse così tanta in ogni angolo della scuola. Il Cappello Parlante poi era stata decisamente la cosa più interessante di quel primo giorno: non riusciva a credere che esistesse un artefatto del genere. Fu ancora più felice quando se lo ritrovò sulla testa ed ebbe una vera e propria conversazione con esso. Si ricordava perfettamente della discussione avvenuta: secondo il Cappello sarebbe stata bene sia in Grifondoro che in Corvonero e aveva espresso la sua indecisione a riguardo, ma alla fine aveva ritenuto che la casa di Godric fosse più adatta all'indole di Elizabeth. 

«Dunque!»

La voce di Silente la risvegliò dal vagare nei suoi ricordi e si apprestò a rivolgere la sua attenzione al preside per ascoltare le direttive di inizio anno. Nuovi oggetti proibiti da Gazza, vietato l’ingresso nella Foresta Proibita, niente di nuovo.

«Vi devo annunciare a malincuore che il Campionato di Quidditch non avrà luogo» le lamentele degli studenti erano numerose, ma Silente riuscì a metterli tutti a tacere prima di continuare: «Il motivo mi rallegra molto e sono certo che piacerà a tutti voi: con immenso piacere vi comunico che quest’anno Hogwarts ospiterà degli studenti di altre scuole poiché vi si terrà il Torneo Tremaghi

 

* * *

 

Salve salve! Innanzitutto grazie per aver letto fino a qui, spero di non avervi annoiato con questa “introduzione” alla storia. Ci tengo a precisare che ho ripreso gli avvenimenti direttamente dal libro, non c’è nessuna mia idea personale in questo prologo, oltre al mi OC chiaramente.

Questa quarantena e la maratona dei film in tv mi hanno messo una voglia matta di scrivere qualcosina, perciò ho rispolverato i libri, ho cominciato a rileggerli ed eccomi qui! 

Per quanto riguarda la storia in sé mi piacerebbe riprendere in mano il Calice di Fuoco e il torneo in esso narrato facendo però muovere a fianco dei personaggi canon, che conosciamo tutti estremamente bene, i vostri OC! Proprio così, potrete affrontare il vostro anno ad Hogwarts come spettatori o come Campioni del torneo, partecipare alle prove o tifare per i vostri preferiti e  ovviamente partecipare al Ballo del Ceppo (magari con uno dei personaggi con cui avete sempre sognato di avere una storia o con un altro nuovo personaggio che vi scalda come il whisky incendiario), ma anche alla drammatica piega che prendono gli eventi…

Non so ancora di quanti OC ho bisogno, mi piacerebbe molto però averne almeno uno o due per ogni scuola, così da poter avere magari tre nuovi campioni e qualche amico. Non penso di accettarne molti cosicché non diventi troppo difficile gestirli tutti. 

Detto ciò vi lascio la scheda (i punti con * sono facoltativi)

 

Nome:

Cognome:

*Soprannome/i:

Stato di sangue:

*Compleanno:

Scuola:

*Casa (solo se studente di Hogwarts):

Anno frequentato (dal quarto in su):

Bacchetta:

*Molliccio:

*Patronus:

*Amortentia:

*Metterà il nome nel Calice di Fuoco? (solo studenti del 6° e 7° anno)

Famiglia e rapporti con essa:

Storia (possibilmente solo eventi salienti e importanti per lo sviluppo del personaggio):

Aspetto Fisico:

*Prestavolto:

Personalità (non limitarsi al carattere ma includere come interagisce, come si pone, ecc):

Amicizie/Inimicizie (con chi va d’accordo e con chi non limitarsi a mettere il nome di un personaggio canon, ma descrivere):

Orientamento sessuale e partner ideale (come sopra):

Relazione (sì/no e come si comporta):

*Abilità e punti forza (chiaramente mi più è utile se volete che sia scelto come campione):

*In cosa è negato/a (chiaramente mi più è utile se volete che sia scelto come campione):

*Altro:

 

P.S.: ricordo che a Durmstrang si accettano solo maghi e streghe purosangue

 

Non accetterò personaggi imparentati con personaggi canon et simili.

Se possibile prima di mandare la scheda scrivete una recensione in cui mi anticipate la sesso, scuola e anno frequentato, giusto per avere qualche informazione per me e per gli altri, infatti non vorrei trovarmi con solo ragazze o ragazzi, o solamente studenti di una stessa scuola.

Le schede verranno accettate SOLO via mp, le schede in recensione NON saranno nemmeno considerate. Possibilmente nell’oggetto inserite “Game On - Nome Cognome”

Le schede possono essere inviate fino al 4 aprile 2020, non oltre.

Nel corso della storia potrei chiedermi qualche informazione aggiuntiva in fondo ai capitoli oppure via mp, quindi focalizzatevi sulle informazioni necessarie richieste, per il resto la mia messaggeria è sempre aperta.

A presto,

fran x

 

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Capitolo 2
*** Giovani Streghe e Maghi ***


Giovani Streghe e Maghi
 

Salve a tutti! Sto già scrivendo il primo capitolo e vi anticipo già che tratterò ogni OC singolarmente (ovviamente solo per questo primo capitolo) per presentarvelo e per cercare di far emergere, anche se da poche righe, la personalità di ognuno. Volevo aspettare di aver finito di scrivere il capitolo prima di annunciarvi chi è stato scelto, ma so che attendete notizie con ansia e inoltre se aggiungessi la selezione al capitolo in stesura penso ne risulterebbe un qualcosa di lunghezza infinita. Perciò eccomi qui con la selezione!

Ci tengo ad aggiungere che ho ricevuto moltissimi OC, tutti ben costruiti, però chiaramente non potevo trattarne troppi, perché so che non sarei in grado di gestirli tutti, ma non temete, ho già pensato di poterli utilizzare e nominarli nel corso della storia come amici o per motivazioni tra le più disparate (per relazioni, lezioni scolastiche, festini…), solamente non saranno personaggi principali presenti in ogni capitolo e trattati ampiamente. 

Per poter accontentare il maggior numero di persone possibili ho deciso di scegliere solamente un OC a persona, così da non scontentare nessuno, anche se alcuni di voi mi hanno mandato più di un OC super interessante, ma ahimè  non ho potuto usarli tutti.

Detto ciò non vi annoio oltre e vi lascio alla selezione di giovani streghe e maghi!

 

Beauxbatons
 

Eris Renèe Bonnet, VII anno




Jazmin Alai Suarez, VII anno




Marcel Lefevre, VII anno


 

 

Durmstrang

 

Arabella Zahira Saphiq, VI anno




Atyliusz Kamenev, VII anno




Otis Ejder Krause, VII anno


 

 

Hogwarts

 

Elizabeth Miller, Grifondoro, V anno




Eden Hawthorn, Serpeverde, V anno




Jasper Berlin, Serpeverde, VII anno



 

 

Detto ciò vi lascio le ultime informazioni di servizio: il prossimo capitolo dovrebbe essere pronto e uscire nei prossimi giorni, spero il prima possibile; non credo sarò costante o comunque avrò un periodo specifico sempre uguale per la stesura dei capitoli (sono terribile lo so) però prometto che farò del mio meglio per non impiegare troppo tempo tra l'uscita di uno e dell'altro. Ultima cosa, ma più importante: ho bisogno della vostra collaborazione per portare avanti questa storia e quindi mi aspetto che vi facciate sentire, non dico proprio ogni capitolo, chiaramente, però il più spesso possibile così da avere il vostro feedback; vi chiedo inoltre di cercare di tenere d'occhio la fine dei capitoli perché in fondo alla pagina potrei porvi qualche domanda e ho veramente bisogno che mi veniate incontro. OC lasciati a sé stessi diverranno personaggi secondari, o potrei decidere di poterli proprio "dimenticare" e non li sentirete forse più nominare.

Chiedo una cosuccia ai proprietari degli OC di Beauxbatons: nessuno di voi ha indicato di voler partecipare al torneo, posso chiedervi di rifletterci su ancora un momento? Vi sarei molto grata se qualcuno di voi decidesse di cambiare idea, ma chiaramente non vi sto forzando. Se nessuno di voi volesse che il suo personaggio prenda parte al torneo come Campionessa per Beauxbatons userò Fleur, quindi non vi preoccupate!

 

A presto,

fran x

 

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Capitolo 3
*** Di Routine ***


Di Routine

 

Beauxbatons, molto presto

Era una giornata soleggiata e nonostante fosse ancora presto il sole brillava alto nel cielo. Dalle ampie vetrate del Palazzo entrava molta luce e il calore provocato dai raggi riscaldava piacevolmente chiunque fosse seduto nell’ampia Sala da Pranzo. Eris sorseggiava del succo di zucca godendosi la quiete della stanza: a quell’ora molti degli studenti si stavano per alzare e perciò ben pochi si trovavano a colazione, ma la giovane strega amava essere in orario rispetto alla sua tabella di marcia e scendere insieme alla maggior parte degli studenti significava trovare con difficoltà posto a sedere insieme agli amici e in più metterci un’eternità a mangiare, capitava spesso di rubarsi a vicenda ciò che si voleva mangiare (come quel pezzo di torta al cioccolato che sembrava piacere da morire a tutti quanti). Quando Eris ebbe finito di mangiare alcuni gruppi di studenti stavano iniziando a popolare la grande Sala; c’era ancora del tempo prima che cominciassero le lezioni perciò la ragazza si avviò verso la sua stanza per recuperare il materiale scolastico. Lungo il percorso incrociò molti studenti assonnati, tra cui alcuni dei suoi amici che salutò con un piccolo movimento della mano e un accenno di sorriso. Non appena ebbe raggiunto la sua stanza la trovò vuota e ciò la rese molto felice, non voleva certo ripetere l’esperienza dell’anno precedente e quindi dover buttare giù dal letto le sue compagne di stanza quasi tutte le mattine, era capitato spesso che avessero ritardato a lezione, cosa che non era ben vista dagli insegnanti: ci si aspettava che uno studente del settimo anno sapesse essere responsabile. Una volta recuperate le sue cose Eris decise di raggiungere l’aula di lezione, anche se mancava ancora almeno una mezz’ora all’inizio delle attività scolastiche la ragazza sapeva che avrebbe trovato la stanza vuota e perciò si sarebbe potuta dedicare alla lettura del libro che le aveva regalato sua sorella Ilizia. Mormorò un «Wingardium Leviosa.» e con un colpo di bacchetta il libro “Incantesimi da Forno” fluttuò da solo all’interno della sua borsa.

L’aula di Trasfigurazione era totalmente vuota, perciò Eris si sedette estraendo il suo adorato libro di cucina dalla borsa, chissà quante nuove ricette avrebbe potuto provare una volta tornata a casa e con questo pensiero si dedicò alla lettura, immersa in un mondo tutto suo.

«Bonjour Eris, sempre puntuale vedo.»

Eris alzò lo sguardo dal libro di Incantesimi per rivolgere l’attenzione alla persona che le aveva appena rivolto la parola, una ciocca castana le ricadde davanti agli occhi e la scostò in fretta con la mano libera.

«Fleur.» detto ciò a mo’ di saluto riprese nella lettura di quel particolare incanto che permetteva di rendere soffice e gonfio il proprio soufflé, non amava la compagnia della maggiore delle Delacour, ma comunque non era certo una maleducata.

«Ho saputo che fai parte del gruppo che verrà ad Hogwarts.» mormorò la bionda mentre si sistemava la gonna «Non pensavo volessi partecipare al Torneo.»

Eris sorrise garbatamente, ma era chiaro che questo tentativo di conversazione la infastidiva non poco, nonostante ciò rivolse un’occhiata alla ragazza un quarto Veela che le stava davanti.

«Non ho intenzione di partecipare, non mi metterò tra te e la “gloria eterna”. E poi non ho il minimo interesse nell’avere un’orda di ammiratori adoranti ai piedi.» il sorriso di Eris si allargò ancora di più dopo aver pronunciato questa frase, ma non mostrava più molto garbo.

Anche Fleur sorrideva garbatamente, ma per un momento l’espressione si tramutò in negativo, tornando poco dopo gentile come fingendo di non aver colto il chiaro riferimento al gran numero di ragazzi che le facevano la corte.

«Non si tratta di vincere per interesse personale o per avere dei ragazzi ai piedi, come ha detto Madame Maxime lo facciamo per Beauxbatons, non possiamo permetterci di rovinarne la reputazione.»

Eris non rispose e si limitò a scrollare le spalle. Non dubitava delle parole della bionda, ma nemmeno della sua opinione di Fleur. Per quanto la Delacour si nascondesse dietro falsa modestia, sapeva benissimo che le piacevano tutte quelle attenzioni, essere vanesia faceva parte del suo quarto Veela dopotutto.

 

* * *

 

Hogwarts, colazione

Il momento della colazione ad Hogwarts era una situazione di confusione e movimentata, infatti non solo gli studenti andavano e venivano di continuo, ma era il momento in cui, dalle ampie vetrate, entravano gufi e civette per consegnare la posta, perciò il clamore non era certo indifferente. Faceva molto piacere ricevere la posta e poter leggere qualche lettera mentre si addentava una salsiccia o si sorseggiava un the caldo con del latte, però anche il positivo aveva i suoi aspetti negativi: se il tuo gufo sbagliava l’atterraggio o si scontrava con un altro volatile era molto probabile che il tuo piatto, o la tua tazza, si sarebbero riempiti di piume e questo faceva passare completamente l’appetito. Ron Weasley lo sapeva bene, il gufo di famiglia infatti era molto vecchio e non mancava mai di essere parte di qualche piccolo incidente, ma a differenza di altri a lui l’appetito non sembrava passare mai. A questo pensava Eden mentre osservava il tavolo dei Grifondoro stringendo la tazza elegantemente tra le mani e soffiando leggermente sul suo the sperando si raffreddasse in fretta. Schiena dritta e buone maniere erano la normalità per la giovane Serpeverde, infatti le era stato insegnato che una signora non deve mancare mai di grazia e buone maniere, mai. Era talmente immersa nei sui pensieri che non si accorse del grosso barbagianni che le volava incontro, troppo presa ad osservare come il più piccolo maschio dei Weasley si godeva appieno ogni pietanza che gli passasse sotto mano, faceva quasi invidia, certo però mancava completamente di buone maniere. Il volatile ormai l’aveva raggiunta e atterrò dolcemente sulla panca al suo fianco e aveva iniziato a beccarle leggermente il braccio affinché la ragazza gli prestasse attenzione. Eden si voltò a guardare il barbagianni e sorrise ad esso facendogli un buffetto sulla testa. Srotolò la pergamena che era avvolta alla sua zampa e notò che l’animale trasportava anche un piccolo pacchettino.

«Bravo Lear,» disse grattando ancora la testa del volatile «Papà non fa altro che spedirti in giro, eh?»

Lear scrollò le ali, come a dire che non era poi così impegnativo volare di qua e di là ed Eden gli diede un pezzo di pane, il barbagianni non si mostrò molto soddisfatto, ma piuttosto di non ricevere nulla andava bene così. La ragazza raccolse il ciuffo che le era caduto davanti agli occhi e lo intrappolò con una forcina al suo posto originario, poi prese la pergamena ed iniziò a leggere il messaggio scritto con inchiostro viola.

 

Ciao piccola mia, 

com’è il ritorno ad Hogwarts? Sei partita già da qualche giorno, ma la casa sembra vuota senza di te. Io e tua madre siamo usciti a fare una passeggiata e quando ho visto questo oggetto non ho potuto non prenderlo, sono sicuro che ti piacerà da impazzire. Purtroppo ora devo andare al lavoro, ma mi farò sentire presto.

Ti voglio bene,

Papà

P.S.: tua madre ti saluta e ti manda un abbraccio.

 

Eden sorrise, suo padre la viziava sempre e la cosa le faceva più che piacere. Aprì il piccolo pacchetto che Lear le aveva portato e al suo interno trovò forse il più bel braccialetto che avesse mai visto. Brillava come se gli avessero puntato una luce contro e creava giochi di luce tutto intorno, sicuramente quello non sarebbe passato inosservato, pensava la ragazza mentre si guardava intorno: moltissime ragazze stavano guardando quel piccolo bijou con invidia, chiedendosi se fosse forgiato dai folletti e quanto costasse. Eden lo rigirò fra le mani con delicatezza, assicurandosi che tutti notassero quel piccolo oggettino; le piaceva stare al centro dell’attenzione e certo amava essere invidiata. Poi con un gesto repentino lo mise al polso e tornò a prestare attenzione al pezzo di pergamena come se niente fosse, lei si che sapeva come farsi guardare. Rilesse il post scriptum con un leggero nodo in gola, sua madre non aveva avuto tempo nemmeno di scriverle un salutino, o forse non aveva nemmeno provato a trovarlo? Sapeva che sua madre era poco affettuosa e che le voleva bene, ma non le sarebbe costato molto firmare la lettera, no? Eden scosse la testa e si affrettò a scribacchiare un ringraziamento e dei saluti sulla pergamena e la legò alla zampa di Lear e quest’ultimo, dopo aver dato una beccata affettuosa alla ragazza, volò via come era arrivato.


* * *

Durmstrang, mattina

Lo studio delle Arti Oscure e della Magia Nera erano forse tra le materie reputate più importanti a Durmstrang e ci si aspettava ottimi risultati dagli studenti in queste discipline, giravano voci a riguardo: si diceva avessero bocciato uno studente che aveva voti altissimi in ogni materia, ma non era sufficientemente preparato in Arti Oscure e perciò avesse dovuto ripetere l’anno. Non erano voci fondate, ma nessuno si sarebbe sorpreso se fosse stato vero, gli alunni che si dimostravano meno capaci erano sempre tenuti sottocchio e trattati duramente. Otis lo sapeva bene, eppure non riusciva proprio a farsi piacere tali discipline, andava avanti in modo mediocre e non mostrava mai segni di miglioramento, si impegnava il minimo indispensabile per non rimanere bocciato e per non contrariare suo padre, non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma quell’uomo lo spaventava. Non aveva interesse nel primeggiare, tanto suo fratello Karl sarebbe sempre stato un passo avanti a lui, non era un segreto fosse il preferito dei parenti e dei genitori. 

Otis si trascinò mal volentieri alla lezione di Arti Oscure e si sedette in uno degli ultimi banchi, non voleva stare davanti e rischiare che l’insegnante si accorgesse che non aveva alcun interesse per la lezione, lo sapeva che si sarebbe messo nei guai e forse non era la migliore delle idee mettersi contro l’insegnate più dotato in magia nera. Insieme a lui altri studenti del suo anno si stavano accomodando nella classe, la maggior parte puntavano alle prime file, un po’ per fare una buona impressione, un po’ per interesse; quasi nessuno si sedeva in fondo, quei posti erano solitamente occupati da chi arrivava tardi e non riusciva a sedersi davanti, in pochissimi non sopportavano quella materia, ma non potevano certo darlo a vedere.

«Posso?» 

Otis alzò lo sguardo incrociando quella dell’ultima persona che avrebbe voluto vedere e non rispose nemmeno.

«Non puoi ignorarmi per sempre.» borbottò Else, la sua ex ragazza, sedendosi comunque di fianco a lui.

Else era forse una delle persone più egoiste che Otis avesse mai conosciuto, agiva per puro interesse personale, era senza scrupoli e non si faceva problemi a calpestare o usare gli altri per i suoi scopi, incarnava tutte quelle qualità che detestava, eppure lei gli piaceva, gli piaceva molto. Dopo che lo aveva pugnalato alle spalle si era ripromesso di non cascarci più, di fingere che non esistesse, non voleva più saperne niente, non solo lo aveva tradito, ma aveva deciso di lasciarlo per suo fratello, sapeva che era la persona che lo avrebbe ferito di più, ciononostante non si era preoccupata minimamente mentre strappava il suo cuore in tanti piccoli pezzettini. L’aveva evitata fino a quel momento, niente gli vietava di continuare a farlo e poi lei ad Hogwarts non ci sarebbe andata. 

«Otto, per favore…» la voce della ragazza arrivava come una supplica, ma lui doveva essere forte. Sapeva che se lei lo avesse voluto ancora lui avrebbe dimenticato tutto e sarebbe tornato con lei, ma Else non cambiava, lo avrebbe fatto ancora, lo sapeva bene.

«Tu non hai più il diritto di chiamarmi così.» rispose quasi sibilando e senza guardarla negli occhi.

Non vedeva l’ora di raggiungere Hogwarts e liberarsi di tutte quelle presenze soffocanti nella sua vita, l’Inghilterra sarebbe stata una bella boccata d’aria e lui ne aveva estremamente bisogno. I suoi amici lo prendevano in giro spesso: «Cinque minuti ad Hogwarts e qualcuno ti avrà già fatto girare la testa.» dicevano ridendo. Otis si era ripromesso di prendersi una pausa dalle ragazze, ma i suoi amici non la pensavano allo stesso modo, sapevano che bastava poco a farlo innamorare. Ma poi le inglesi erano davvero così carine?
 


* * *

 

Hogwarts, tarda mattinata

«Guazzabuglio.» borbottò Elizabeth rivolta al dipinto davanti a sé, troppo impegnata a sfogliare il libro di Storia della Magia che aveva tra le mani per rivolgergli un’occhiata.

«Ah, questi giovani d’oggi!» il lamento veniva dalla Signora Grassa che con sguardo inferocito osservava la ragazza che, però, continuava ad ignorarla. «Ai miei tempi si portava rispetto, si salutava e si guardavano le persone negli occhi! Che impertinente.»

La donna nel dipinto si sistemò l’abito di seta rosa per poi sparire con un sonoro sbuffo. La Signora Grassa aveva sempre qualcosa di cui lamentarsi, perciò gli studenti non ci facevano molto caso, esclusi forse quelli del primo anno che ancora non avevano imparato a conoscerla. Non appena il ritratto si aprì la ragazza, scostando una ciocca bionda dal viso, varcò l’entrata senza nemmeno alzare la testa, era troppo preoccupata a contare le pagine che avrebbe dovuto studiare entro la settimana. Il Professor Rüf aveva assegnato almeno cento pagine da riguardare ed erano passati soltanto un paio di giorni dall’inizio dell’anno scolastico. Non che gli altri professori si fossero risparmianti: entro il lunedì successivo avrebbe dovuto imparare alla perfezione due nuovi incantesimi, tradurre e interpretare un testo di Antiche Rune e scrivere un saggio per Difesa Contro le Arti Oscure; senza ovviamente dimenticare il riassunto per il corso del Professor Rüf.

A quell’ora la Sala Comune era solitamente vuota: era orario di lezione, infatti lei sarebbe dovuta essere dall’altra parte del castello in meno di un quarto d’ora, ma purtroppo aveva dimenticato il libro di Aritmanzia nel suo baule quella mattina. La stanza però non era vuota, infatti seduti comodamente su due poltrone c’erano due ragazzi identici, capelli rossi spettinati e divise spiegazzate, i gemelli Weasley, che erano intenti a parlottare tra loro.

«Non dovreste essere a lezione voi due?» domandò Elizabeth facendoli sussultare.

I due Grifondoro si alzarono e si avvicinarono a lei con un sorriso divertito.

«E tu allora? Non hai forse qualche lezione da seguire?» le chiese Fred di rimando, senza però rispondere alla sua domanda.

«A meno che la nostra Lizzie non stia saltando qualche corso.» aggiunse George «Bada bene, se manchi alle lezioni della McGranitt poi quella ti viene a cercare.»

Elizabeth scoccò un’occhiataccia ai gemelli che invece se la ridevano tra loro, poi, con un leggero movimento di bacchetta, recitò: «Accio libro di Aritmanzia!» e dopo qualche secondo il suddetto manuale le volò tra le mani. Tra tutte quelle lentiggini era quasi difficile notare i brillanti occhi verdi che guardavano i due ragazzi quasi sfidandoli; che fosse la ragazza più orgogliosa dei Grifondoro non era certo un segreto, qualcuno l’aveva persino soprannominata Ippogrifo Lentigginoso.

«Si dà il caso che, a differenza vostra, io non abbia una reputazione da combina guai da mantenere» esordì con aria di sufficienza «E poi credo di avervi ripetuto almeno un milione di volte che non voglio essere chiamata Lizzie.»

«Senti senti la principessina Lizzie,» ridacchiò Fred mentre Elizabeth alzava gli occhi al cielo «reputazione da combina guai, quanta poca creatività. Ci aspettavamo più originalità da parte tua, ci deludi.»

«È tardi, non credi Fred? La nostra Lizzie arriverà in ritardo.» disse George lanciando un’occhiata all’orologio che continuava a ticchettare senza dar segno di poter rallentare. «Se forse potesse darci qualcosa in cambio potremmo mostrarle qualche passaggio segreto…»

La ragazza li squadrò dalla testa ai piedi e sorrise scuotendo la testa «Si vede che arriverò tardi.» disse scrollando le spalle e si voltò, avviandosi verso l’uscita della Sala Comune.


* * *

 

Durmstrang, prima di pranzo

Arabella se ne stava sdraiata sul letto sfatto, sigaretta accesa in una mano e l’altra impegnata ad accarezzare il suo gatto. Non era mai stata brava nel farsi il letto o a sistemare qualunque cosa, nemmeno la sua vita. La sua parte di stanza rappresentava appieno la persona disordinata che era, infatti era tutto sottosopra, non c’era nulla che fosse dove doveva essere, ma comunque alla ragazza non sembrava importare molto, bastava un semplice «Accio!» e quello che le serviva sarebbe saltato fuori in un modo o nell’altro. 

Quella mattina si era svegliata con i capelli di una pazza, delle occhiaie che le arrivavano sotto ai piedi e voglia di fare lezione ne aveva meno di zero, così aveva deciso di saltare per quella mattina, mancare in classe ogni tanto non era un gran problema, no? Ma anche se lo fosse stato non gliene importava un accidenti, quando aveva deciso una cosa era inutile farle cambiare idea, giusta o sbagliata che fosse. Aveva bevuto la sera prima? Forse, non ricordava molto, sapeva di essere stata nella camera di un ragazzo e sapeva che c’erano degli alcolici, ma non ricordava molto di quello che aveva fatto, soltanto di essere tornata in camera sua molto più tardi di quello che era lecito. 

Gatto faceva le fusa e Arabella continuò a grattarlo in quel punto che sapeva piacergli molto. Il nome del suo gatto era molto poco fantasioso, oppure molto originale, dipendeva dai punti di vista. Chiamarlo Gatto era molto probabilmente stata una scelta presa per pigrizia, ma le piaceva darsi un’interpretazione più profonda, più intelligente: nessuno apparteneva a qualcun altro, quindi quel gatto non apparteneva a lei, perciò che diritto aveva di dargli un nome? Questa non solo era una giustificazione a quel nome mancato, ma anche la scusa che usava tutte le volte che qualcuno con cui era stata una notte chiedeva qualcosa di più. Non era una tipa da relazione, le piaceva divertirsi e giocare con le persone, forse non l’aveva ancora capito che non tutti erano come lei, gli altri provavano sentimenti e si legavano agli altri, lei no e viziata com’era pensava che tutto le fosse dovuto.

Un bussare alla porta le fece alzare la testa e mormorare un «Avanti.» con poco interesse. Una delle sue insegnanti stava lì, sulla porta, stringendo la maniglia così forte quando vide la ragazza che per un secondo Arabella pensò l’avrebbe distrutta.

«Questo è troppo!» disse a gran voce la donna mettendo le mani sui fianchi «La scuola è cominciata solo da qualche settimana e lei ha già creato non pochi problemi.»

«Sono in punizione quindi?» chiese Arabella che aveva già perso totalmente l’interesse per quella conversazione, essere in punizione ormai era di routine.

«Saltare tutte le lezioni per stare qui, chiusa in camera sua, a fumare!» sembrava che da un momento all’altro la donna si sarebbe messa a sputare fuoco «Una punizione? Oh no, non sarà così fortunata questa volta. Signorina, non si scomodi nemmeno a preparare le valigie, lei non metterà un piede fuori da questa scuola.»

Arabella squadrò la donna incredula «Temo di non aver capito Professoressa.»

«Lei non parteciperà al Torneo, ma soprattutto lei non andrà ad Hogwarts!» la donna sorrise maligna, per una volta sembrava aver trovato una punizione che avrebbe funzionato con quella peste. «Che questo le sia di lezione, sarebbe ora di crescere Signorina Saphiq.»

«Ma lei non può farlo! Parlerò con il preside.»

«Mi dispiace per lei, ma penso che il preside sia totalmente d’accordo con me.»

Arabella avrebbe fulminato la donna se avesse potuto, non poteva credere che le avrebbero impedito di partecipare a quel viaggio, era inaudito. Ma fortunatamente ebbe un’idea che era certa avrebbe funzionato.

«Oh beh, è un vero peccato, non crede?» il sorriso strafottente dipinto in volto «Chissà cosa dirà il Signor Ameen Saphiq… non sarà felice di sapere che sua figlia è stata lasciata a casa.»

Ameen il padre di Arabella era un uomo estremamente importante e la ragazza sapeva che solamente fare il suo nome le avrebbe fatto ottenere tutto ciò che desiderava.

«D’accordo.» borbottò a denti stretti l’insegnante e sparì sbattendo la porta.


* * *

 

Beauxbatons, primo pomeriggio

Pranzare a Beauxbatons significava fare un tour culinario all’interno di molte culture diverse: non era un segreto che quella scuola ospitasse moltissimi studenti dell’Europa occidentale e ogni giorno si poteva mangiare qualcosa di nuovo. Essendoci un’ampia scelta era sempre difficile scegliere cosa prendere, pizza, fondue o paella? E quanta scelta tra i dolci! Eclairs e macarons di ogni tipo, dulce de leche, tiramisù… I più indecisi potevano metterci delle ore semplicemente per scegliere. Dopo la mattinata di disastri (era riuscita a far diventare verde il naso di un suo compagno di classe e a bucare un calderone sbagliando totalmente la preparazione di una pozione obliviosa), i capelli di Jazmin erano diventati un po’ crespi, non erano più mossi, solo gonfi e perciò la ragazza aveva deciso di avere bisogno di un pranzo sostanzioso e ricco, non voleva più pensare ai piccoli incidenti di cui era stata causa e inoltre dopo pranzo aveva il primo incontro del Club de Duellistes e non vedeva l’ora di impiegare le sue capacità in qualcosa in cui era veramente brava e non avrebbe fatto disastri (o almeno era quello che sperava).

Si ricordava benissimo di quando aveva iniziato a frequentare il club e di quanto capace si fosse dimostrata, finalmente aveva trovato qualcosa in cui se la cavava bene e ciò non poteva renderla più euforica. Nessun «Suarez che cosa ha combinato?», né un «Suarez metta via quella bacchetta prima di rompere qualcosa!» e neppure un singolo «Suarez, punizione!». Lì se la cavava divinamente e niente andava mai particolarmente storto, principalmente perché più gli effetti delle sue fatture erano disastrosi, più era considerata forte e imbattibile e in un club di duello erano certamente qualità apprezzabili. 

Doveva ringraziare il suo insegnante di Pozioni per la scoperta di questo passatempo extrascolastico, da sola non avrebbe mai pensato di prendere parte a questa attività. Infatti Jazmin, solita ad infrangere le regole, al secondo anno aveva pensato fosse una brillante idea uscire dalla sua stanza oltre coprifuoco ed era certa nessuno l’avrebbe mai potuta beccare. Peccato che girato il primo angolo fuori dal dormitorio si era imbattuta nell’insegnante della materia che meno sopportava (le sue capacità di eludere le punizioni erano ancora molto scarse all’epoca). Il suo professore infatti le aveva fatto una paternale eterna e si era dichiarato estremamente deluso dalla studentessa.

«Invece che impiegare le sue capacità tentando di uccidere qualcuno per errore perché non prova a dedicarsi a qualcosa di utile, Suarez?» aveva borbottato l’uomo prima di mandarla a letto. «So che il Club de Duellistes cerca nuovi membri, magari lì i suoi disastri saranno visti positivamente.» E così dopo cinque anni eccola lì che si precipitava all’incontro con la sua bacchetta di corniolo stretta nella mano destra che per l’eccitazione ogni tanto liberava qualche scintilla colorata. Varcata la porta si rese conto di non essere la prima, ma ciò importava poco, era contenta di essere lì dove nessuno la criticava duramente e tutti erano estremamente simpatici. Mentre entrava ricevette molti sorrisi e alcuni «Salut Jazmin!», «Jaz, Hola! Come stai?», «Che bello vederti!». Non c’era luogo in cui si sentisse così apprezzata.

Quando tutti furono presenti l’insegnante decise di cominciare con un piccolo torneo di bentornato tra gli studenti ormai veterani così da mostrare ai nuovi arrivati come funzionasse un duello tra maghi. Quando fu il suo turno Jazmin salì sulla pedana, sorrise allo studente del quinto anno che si trovò davanti e strinse la bacchetta. Visualizzò mentalmente l’incanto che voleva utilizzare, perché disarmare subito quando poteva dimostrare la sua bravura nelle fatture? E poi era molto più divertente. Non appena l’insegnante diede il via il ragazzo tentò di disarmarla, ma con un semplice «Protego!» Jazmin riuscì a bloccare l’incantesimo. Sorrise e si preparò a lanciare la fattura prima che l’avversario potesse reagire.

«Gambemolli!» con un veloce movimento della mano ecco che l’avversario privato dell’uso delle gambe cadeva a terra.

Il ragazzo nonostante fosse a terra tentò comunque di utilizzare qualche incanto, ma Jazmin fu più veloce, un «Expelliarmus!» e aveva vinto.


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Hogwarts, prima di cena

L’estate era ufficialmente agli sgoccioli, infatti, nonostante il cielo fosse ancora chiaro, si iniziava a sentire una brezza pungente tipica della stagione autunnale. La luce che si manteneva fino a cena e poco dopo permetteva alle squadre di Quidditch di distribuire gli allenamenti nel corso della giornata senza dover discutere con le altre Case per avere il campo. Nonostante la Coppa di Quidditch fosse annullata per quell’anno Marcus Flint, il capitano della squadra di Serpeverde, riteneva che fosse necessario allenarsi fino a che glielo avessero permesso, perché la squadra dei loro nemici più forti, Grifondoro, sembrava essere sempre un passo avanti a loro e avevano disperatamente bisogno di vincere per rimetterli al loro posto, o meglio, rimettere Oliver Baston al suo posto. Non era infatti un segreto che Baston e Flint si odiassero profondamente e fossero fortemente competitivi, ma, anche se nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso, erano molto simili tra loro. Jasper aveva provato più volte a ricordare a Marcus che, essendo quello il loro ultimo anno, non avrebbero certo avuto occasione di dimostrare alla “banda di orgogliosi spara sentenze” (come li definiva sempre il capitano) quanto fossero diventati forti, perché l’anno dopo non sarebbero stati ad Hogwarts, ma Flint non aveva voluto sentire ragioni e gli aveva detto che se non avesse voluto partecipare era libero di farlo, ma di sicuro lo avrebbero sostituito. Jasper non avrebbe potuto abbandonare così l’amico e in più il tono con cui aveva parlato della sostituzione non gli piaceva per nulla, perciò un po’ per amicizia e un po’ per orgoglio personale, aveva deciso di non abbandonare gli allenamenti. 

Erano stati da Piton a cercare di convincerlo ad approvare gli orari, ma il professore aveva rifiutato affermando che piuttosto che perdere il loro tempo a cercare farfalle a cavallo di una scopa era meglio che si concentrassero sul loro rendimento scolastico (nel dirlo aveva squadrato Flint, chiaramente parlando di lui, infatti Jasper non aveva alcuna difficoltà scolastica). Nominare i Grifondoro e le svariate partite perse contro di loro, ma soprattutto fare il nome del loro ottimo cercatore Harry, sembravano essere mosse vincenti per indispettire Piton, che, forse un po’ per l’odio nei confronti del giovane Potter e un po’ per la costante umiliazione di perdere contro la casa della professoressa McGrannitt, aveva accettato di lasciarli allenare, ma aveva ridotto il numero degli allenamenti a uno a settimana, era poco, ma i ragazzi se lo fecero bastare.

E così quella sera Jasper e la squadra di Serpeverde si stavano dirigendo verso il campo da Quidditch per il primo allenamento dell’anno. Quando si furono cambiati si avviarono verso la rimessa delle scope per recuperare le loro Nimbus 2001, gentilmente regalate da Lucius Malfoy qualche anno prima per comprare il posto in squadra al figlio, non c’era membro della squadra, o della Casa, che non lo sapesse, ma tutti preferivano fingere che Draco si fosse distinto per capacità per non scontentare il signor Malfoy. Poco prima che raggiungessero la rimessa da essa uscirono due ragazze intente a parlottare tra loro degli ultimi gossip e dei ragazzi che si erano imbruttiti o abbelliti durante l’estate. Entrambe tenevano in mano il manico di scopa, ma non indossavano la divisa da gioco, sembrava più che volessero farsi un giretto intorno al Castello, più che un allenamento o qualcosa di simile. 

«Uhm, ciao Jasper…» borbottò una delle due quando incrociò il ragazzo.

«Spinnet, Johnson.» le salutò il ragazzo, marcando il cognome della prima. 

Alicia e Angelina si scambiarono un’occhiata e se ne andarono senza dire altro, la prima un po’ ferita per la freddezza del Serpeverde.

«Ce l’hai ancora con lei?» domandò stupito Marcus.

Jasper non lo guardò nemmeno quando rispose: «Non ce l’ho con lei, semplicemente non mi piace.»

«È per questo che le infilavi la lingua in gola poco tempo fa?»

«Taci Flint.»


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Beauxbatons, cena

La biblioteca di Beauxbatons era estremamente bella, ogni dettaglio era curato a fondo, dai tavoli bianchi e grandi su cui gli studenti potevano studiare alle lanterne con decorazioni floreali dorate; ma non solo era bella, ma anche estremamente fornita, per riordinare tutti quei libri ci sarebbe voluto almeno un mese. Marcel amava quel luogo, lì poteva studiare, poteva leggere, nessuno lo avrebbe importunato o giudicato, era un luogo in cui si sentiva al sicuro. A volte quella biblioteca gli ricordava casa, infatti la famiglia di suo padre era molto ricca e da bravo purosangue non poteva certo farsi mancare un’enorme biblioteca all’interno della sua villa. C’erano forse molte cose che mettevano i due uno contro l’altro, ma l’amore per i libri sembrava essere una delle poche cose (se non l’unica) che padre e figlio avevano in comune. 

Marcel era estremamente studioso e un gran lettore, un po’ per indole personale e un po’ per la pressione che il padre gli metteva. Il signor Antoine Lefevre era forse la persona più lontana dall’essere definita affettuosa ed amorevole, era sempre molto freddo nei confronti del figlio, forse anche perché il ragazzo era stato un incidente (sua madre era babbana e non sarebbe mai stata all’altezza di una famiglia purosangue). Marcel non amava parlare del padre che era sempre stato perlopiù assente nella sua vita e nascondeva qualunque informazione riguardasse la sua famiglia, anche se le costanti pressioni di Antoine si facevano strada prepotentemente nella quotidianità del figlio. I risultati scolastici non potevano scendere sotto l’Eccezionale, a breve dovrai trovarti una moglie, non rovinare la reputazione della famiglia… una lista infinita di cose da fare e da non fare. Anche per questo il ragazzo passava la maggior parte del suo tempo leggendo o studiando, in biblioteca o nel grande giardino in cima a qualche albero. Ma come biasimarlo? Con tutti quei ragazzi invidiosi di lui, chi per i voti, chi per i soldi, che da vere serpi non si facevano alcun problema a lanciare commenti velenosi contro Marcel. Però questi commenti non lo toccavano nemmeno, non aveva nessun interesse per le loro opinioni e glielo faceva notare senza vergogna. Non gli era mai importato particolarmente di piacere agli altri o di non urtare sensibilità e suscettibilità altrui, infatti la sua risposta alle loro provocazioni era sempre estremamente tranquilla e pungente, a volte accompagnata perfino da una risata; molti lo avevano capito e avevano smesso di fare commenti o comunque di parlarne davanti a lui, ma rimaneva sempre qualcuno che pensava di arrivare da qualche parte con le sue frecciatine.

«Marci, non vieni? È quasi ora di cena.»

Marcel si rese conto solo in quel momento di quanto effettivamente fosse tardi, era chiuso lì dentro da tutto il pomeriggio, i compiti d’altronde mica si facevano da soli. Fece un mezzo sorriso alla sua amica che aveva già tutti i suoi libri sottobraccio e buttò l’occhio sul suo banco: tutte le sue cose erano sparse lì e almeno una decina di pergamene era stat riempita da inchiostro nero.

«Devo scrivere la conclusione del compito di Pozioni, ci vediamo dopo.» rispose il ragazzo facendo un cenno di saluto all’amica e riprese a sfogliare il testo scolastico alla ricerca delle informazioni che gli servivano.

Il cielo fuori dalle enormi finestre si stava tingendo di blu e Marcel aveva finito già da un pezzo i suoi compiti, però mentre girava tra gli scaffali aveva adocchiato un libro parecchio interessante e perciò si era messo subito a leggerlo.

«Signor Lefevre, la biblioteca sta chiudendo. La pregherei di recuperare tutte le sue cose ed andarsene.» la bibliotecaria gli era apparsa davanti un po’ stizzita, probabilmente non vedeva l’ora di andare a cena, anche se Marcel non sembrava avere lo stesso desiderio.

«Ma ho quasi finito questo libro, non potrebbe fare un’eccezione?» domandò gentilmente.

«Verrà a prenderlo in prestito domani, ora se ne vada, è tardi.» gli strappò il libro di mano e controllò che il ragazzo raccogliesse tutte le sue cose in fretta. «Adieu.»

«Adieu Madame.» ma la donna non lo sentì, aveva già chiuso la porta.


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Durmstrang, tarda sera

Il Castello di Durmstrang era famoso per essere un luogo molto freddo, infatti non era permesso accendere i camini in nessuna circostanza, solo per motivi magici: secondo gli insegnanti infatti ciò avrebbe temprato gli studenti e li avrebbe rafforzati, Durmstrang non era una scuola per deboli e questo doveva essere ben chiaro. Per fortuna a settembre il freddo notturno era ancora sopportabile, soprattutto se accompagnato da un po’ di alcol. Nel dormitorio maschile, in una delle stanze, alcuni ragazzi del settimo anno, stretti tra loro poiché la stanza era troppo piccola per quei colossi, ridevano e scherzavano tra loro sorseggiando chi birra, chi Whiskey Incendiario, chi vodka liscia. Nonostante fosse proibito sia consumare alcolici che trovarsi al di fuori della propria stanza dopo il coprifuoco, era uso comune tra i ragazzi più grandi ritrovarsi la sera a bere e a parlare, ma principalmente a bere. Atyliusz, un armadio, per così dire, biondo e dai lineamenti duri, se ne stava in silenzio in un angolo della stanza a bere l’ennesima birra della serata. Se c’era una cosa che gli piaceva era proprio la birra, ne avrebbe potuti bere litri e litri senza stancarsi o ubriacarsi. L’alcol sembrava essere l’unica cosa a trattenerlo in quella stanza, non aveva paura di essere punito, però la compagnia non era certo delle migliori. Si guardò intorno, squadrando i ragazzi uno ad uno, quelli dovevano essere i suoi migliori amici, o almeno così si ripeteva spesso; se ne fosse realmente convinto, beh, di quello non era sicuro. Se ti comportavi in modo strano o fuori dalla norma la tua vita a Durmstrang sarebbe finita in breve tempo, oppure saresti stato trattato male, veramente male, essere diversi lì non era ben visto nemmeno dai professori.

I ragazzi erano particolarmente euforici quella sera, infatti l’annuncio del viaggio ad Hogwarts era stato una piacevole sorpresa per tutti, certo, anche la parte riguardante il Torneo non era stata da meno, chiunque di loro aspettava con entusiasmo la partenza. Anche Atyliusz sperava che il giorno della partenza arrivasse presto, ma per motivi differenti dai suoi compagni: finalmente sarebbe stato lontano da quell’ambiente opprimente, ma soprattutto da suo padre e suoi continui tentativi di trovargli moglie. Il ragazzo scrollò la testa, come per mandare via i cattivi pensieri e tornò a seguire la conversazione, si stava parlando del viaggio imminente e alcuni dei suoi amici stavano discutendo del fatto se fossero più belle le ragazze inglesi o quelle di Beauxbatons.

«Ve lo dico io, le ragazze spagnole sono le migliori, l’unico problema è che forse sono troppo energiche.» disse uno dei ragazzi.

«I partiti migliori sono quelle inglesi,» rispose un’altro buttando giù un bicchiere di Whiskey Incendiario «Forse non sono le più belle, ma le purosangue sono piene di soldi!»

«Io ho intenzione di trovarmi una bella italiana, passione, bellezza e sicuramente la cuoca migliore.» affermò il ragazzo seduto a terra scuotendo la bottiglia di vodka così tanto da rovesciarla a terra.

«Sempre se Atyliusz te ne lascia qualcuna.» scherzò uno dei suoi compagni di stanza ridendo.

Atyliusz era conosciuto per aver frequentato tantissime ragazze, per poi mollarle tutte dopo poco, era considerato un dongiovanni che si stufava in fretta, ma nonostante ciò ce n’erano sempre molte che gli giravano attorno, ognuna di loro sperava di essere quella che lo avrebbe fatto cambiare e poi non era un segreto che fosse estremamente ricco. Il ragazzo rise alla battuta e alzò la bottiglia di birra come a confermare quello che l’amico aveva detto, nessuna ragazza avrebbe potuto cambiarlo, o vincere il suo cuore, ma questo non doveva saperlo nessuno: a Durmstrang non c’era posto per quelli come lui. 


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Ed eccomi qui prima del previsto!
So che è estremamente lungo come capitolo, ma ci tenevo molto a mettere tutti gli OC insieme, promesso che i prossimi non saranno così infiniti!
Come vi avevo anticipato ho raccontato di ogni OC singolarmente cercando di darvi uno scorcio della sua vita e della sua personalità, vi chiedo quindi di farmi sapere se sono riuscita a rendere bene le vostre creature, ve ne sarei molto grata.
Domandina per voi: a primo impatto cosa penserebbe il vostro OC degli altri? Ho già una mezza idea di chi andrà d'accordo con chi, ma mi piacerebbe sapere da voi che amicizie/inimicizie immaginate per ora (magari tenete conto anche dei prestavolto, così come si fa nella vita reale), non vi chiedo di dilungarvi troppo, giusto una cosa veloce. Aspetto le vostre "prime impressioni" via MP! 

A presto,

fran x

 

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Capitolo 4
*** Bagagli, partenze e decorazioni polverose ***


Bagagli, partenze e decorazioni polverose

 

Beauxbatons

Quel giorno al Palazzo c’era un gran trambusto: un via vai di studenti che portavano regali agli amici in partenza, alcuni che guardavano con invidia chi si apprestava a lasciare la scuola e nelle cucine elfi che si davano un gran da fare per preparare degli spuntini per il viaggio. C’era poi chi preparava le valigie, chi disperato correva per la propria stanza cercando il proprio portafortuna e ribaltava il letto colmo di vestiti, chi ammirava il proprio lavoro guardando la fila delle valigie pronte e chiuse. Jazmin faceva parte del primo gruppo di persone, non era mai stata una persona organizzata e il terrore di lasciare lì qualcosa la stava facendo impazzire. Non aiutava certo la miriade di regali e dolcetti portati dagli amici che erano impilati malamente sul comodino e che la ragazza non sapeva nemmeno dove mettere. La sua compagna di stanza invece stava seduta sul letto con una lista in mano a controllare ci fosse tutto, mentre le sue valigie se ne stavano lì, pronte e chiuse, quasi a prendere polvere. Eris infatti aveva preparato le valigie da almeno una settimana e ogni giorno si leggeva la sua lista cercando di ricordare se aveva inserito ognuno degli oggetti segnati in uno dei bagagli, inutile dire che tutto era dove doveva essere e la ragazza non aveva nulla di cui preoccuparsi.

«¡Me volveré loca, lo se!*» piagnucolava Jazmin mettendo le mani tra i capelli e borbottando altre cose in spagnolo mentre lanciava vestiti di qua e di là.

«Jazmin, calmati per favore, stai facendo un disastro inutilmente!» le disse Eris che si era alzata dal letto di scatto quando l’amica aveva cominciato a lanciare le sue cose per la stanza.

«Come posso calmarmi? Partiremo fra poche ore e le mie valigie sono ancora vuote! I vestiti invece sono dappertutto e non so nemmeno più che cosa mi serva.» disse la spagnola e si buttò sconsolata sul letto sopra il cumulo di vestiti.

«Oh e ovviamente è colpa di un branco di goblin se nella nostra stanza sembra essere esplosa una bomba.» ironizzò Eris alzando un sopracciglio e mettendo le mani sui fianchi.

Se glielo avesse detto chiunque altro probabilmente Jazmin lo avrebbe preso come un’offesa, ma sapeva che Eris non intendeva criticarla. La spagnola sorrise, ma poco dopo tornò a guardarsi intorno sconsolata: «Io rinuncio!»

Toc toc toc, qualcuno bussò alla porta e le ragazze mormorarono un «Avanti.» all’unisono.

«Mon Dieu, che è successo in questa stanza?» domandò il ragazzo che aveva bussato spalancando gli occhi.

«Marci ti prego entra e non commentare oltre, la situazione è già abbastanza critica.» lo avvisò la francese puntandogli un dito contro.

Marcel sapeva che non c’era da scherzare quando la ragazza usava quel tono e, dopo aver chiuso la porta, si diresse silenziosamente verso il letto di quest’ultima evitando di calpestare magliette, calzini e ogni genere di oggetto che era sparso per terra. 

«Jaz tu alzati,» ordinò invece con tono dolce all’amica «fai un respiro profondo e con calma raccogli i vestiti da terra, io penso a quelli sul letto di Angela.» si voltò verso il ragazzo che era seduto sul suo letto «Marci, potresti recuperare tutto ciò che è finito sul comodino di Marie?»

Jazmin sapeva che era meglio non replicare, si alzò controvoglia e iniziò a cercare la sua bacchetta sul comodino. Purtroppo sembrava non essere lì, ribaltò i vestiti che stavano sul letto, ma non si trovava nemmeno lì. Quando si accorse dell’occhiata torva che Eris le aveva rivolto sbuffò per la ricerca fallita e iniziò a raccogliere le sue cose a mano. Marcel ed Eris invece con qualche colpo di bacchetta, avevano ormai quasi finito di raccogliere e piegare gli indumenti dell’amica, i quali stavano fluttuando ordinatamente all’interno delle valigie. Jazmin vide la sua bacchetta a terra (un secondo prima era nascosta da una gonna perciò non l’aveva notata) e presa da un attacco di gioia mollò a terra la pila di vestiti che aveva appena raccolto.

«Jazmin!» la sgridò Eris guardando mutande, pantaloni e maglioni sparsi di nuovo a terra.

La spagnola non la ascoltò nemmeno, raccolse la bacchetta e urlò: «Accio vestiti

Sul momento era sembrata un’idea brillante, ma cambiò presto idea quando vide l’effetto del suo incanto: non solo i vestiti che si trovavano in giro per la stanza, ma anche tutti quelli contenuti nella sua valigia avevano risposto all’incantesimo appellante e ora le erano caduti tutti ai piedi. Eris non aveva nemmeno un parola da dire, ma dallo sguardo inorridito era chiaro cosa pensava, se c’era una cosa che non sopportava quella era proprio il disordine e Jazmin questo lo sapeva fin troppo bene. 

La spagnola ricordava benissimo quando al primo anno si erano conosciute: erano compagne di stanza da poco più di due giorni e nella parte di camera di Jazmin regnava già il disordine, Eris aveva lo stesso sguardo inorridito di allora e dopo pochi minuti aveva iniziato a riordinare tutto senza dire nulla. Jazmin ricordava di come l’aveva guardata con ammirazione, quella volta e tutte le successive in cui la castana aveva sistemato tutti i suoi disastri, da quel momento aveva capito sarebbero state grandi amiche. Anche Eris ricordava quel momento e come aveva pensato che non fosse possibile essere così disordinati, non poteva credere ai suoi occhi, eppure ecco davanti a lei un disastro terribile. All’inizio non le era piaciuto molto quel lato dell’amica, però col tempo aveva imparato ad amarlo e non c’era cosa che adorasse di più di sistemare la sua confusione; la spagnola era una ragazza dolce e gentile, non faceva nulla apposta ed Eris lo sapeva.

Marcel osservò la scena con un mezzo sorriso, combinare dei disastri cercando di aiutare era un tratto tipico di Jazmin, nonostante fossero un trio inseparabile da ormai qualche anno si meravigliava sempre degli effetti degli incanti della ragazza, delle reazioni dell’amica francese e della sua bravura nel risolvere sempre ogni problema. Se gli avessero chiesto alcuni anni prima se sarebbe diventato amico di Jazmin probabilmente avrebbe detto di no, erano estremamente diversi, non credeva sarebbero riusciti ad andare d’accordo, lui era completamente l’opposto di lei e molto solitario. Dopo aver scoperto le passioni in comune con Eris i due avevano iniziato a scambiarsi gli appunti e pian piano erano diventati amici, a quel punto era inevitabile che in qualche modo avrebbe legato anche con Jazmin, ma all’epoca non lo sapeva. Nonostante non approvasse particolarmente la sfrontatezza della spagnola le voleva terribilmente bene e non avrebbe cambiato il loro trio per niente al mondo.

Infatti eccoli lì, per la millesima volta, a ripetere la stessa scena: Jazmin combinava un disastro, Eris si disperava per un momento e poi iniziava a sistemare chiedendo aiuto a Marcel. 

«Abbiamo raccolto tutto, bene.» disse Eris soddisfatta «Jazmin che altro devi mettere in valigia?» la spagnola elencò gli oggetti e alzò la bacchetta pronta a sistemare le ultime cose «No!» la fermò Eris abbassando con una mano la bacchetta dell’amica «Ci pensiamo io e Marci, non ti preoccupare.»


 

* * *
 

Durmstrang

Anche a Durmstrang gli studenti si preparavano all’imminente partenza, ma non c’era la stessa aria di gioia e confusione che regnava a Beauxbatons, Durmstrang non era una scuola conosciuta per la leggerezza e il divertimento e questo sembrava essere chiaro a tutti gli studenti. Nei corridoi non si sentiva volare una mosca nonostante fossero gremiti di studenti che spostavano le valigie dalla loro stanza all’ingresso della scuola per poi dirigersi davanti alla cucina a prendere il  sacchetto con il pasto per il viaggio. Arabella aveva appena finito di riempire tutte le sue valigie, era consapevole di dover fare la brava per non rischiare di essere lasciata a scuola (almeno fino a che non fossero partiti) e quindi se n’era stata buona e brava da quando l’avevano beccata a saltare le lezioni. Spalancò la porta guardandosi intorno e non appena vide un paio di ragazzini abbastanza muscolosi, probabilmente del quarto o quinto anno, gli fece un cenno con la mano e gli strizzò l’occhio facendogli capire che voleva la raggiungessero. I due un pochino confusi arrivarono di corsa davanti alla sua porta, lei li prese entrambi per un braccio, li trascinò dentro alla sua stanza e chiuse la porta, in corridoio non dovevano fare troppa confusione perciò non voleva rischiare. Le sue compagne di stanza non alzarono nemmeno lo sguardo, ormai erano abituate alle sue strane trovate, ma i due ragazzini erano abbastanza sconvolti dalla situazione e non osarono proferire parola, probabilmente era la prima volta che entravano nella stanza di una ragazza (era infatti vietato). Arabella era una bellissima ragazza, sapeva come convincere le persone a fare tutto ciò che voleva e in più, essendo di qualche anno più grande dei due ragazzini, esercitava un gran fascino su di loro.

«Sareste così gentili da aiutarmi a portare giù le valigie?» domandò con voce seducente la ragazza «Non tollerano si usi la magia per queste cose, ma i bagagli sono così pesanti! E poi voi siete così forti e muscolosi, scommetto che sarebbe molto semplice per voi…» li adulò sbattendo ripetutamente le ciglia «…Non me ne dimenticherò di certo, non appena tornerò farò in modo di ringraziarvi

I due ragazzini si caricarono le valigie in spalla e Arabella li salutò mandandogli un bacio volante.

«Bells, sei sempre la solita.» borbottò una delle sue compagne di stanza alzando gli occhi al cielo e la mora rispose con un’alzata di spalle mentre usciva dalla camera.

Una volta raggiunta la cucina si mise in fila aspettando il suo turno con poca pazienza, forse, pensava, sarebbe riuscita a convincere qualcuno a farla passare avanti. Adocchiò Victor Krum nella fila e pensò di chiedere a lui, nonostante si fossero divertiti insieme e Arabella lo avesse fatto solo per vincere una scommessa i due erano rimasti in rapporti amichevoli; non appena vide chi gli faceva compagnia però decise di rinunciare e chiedere a qualcun altro. Krum era infatti in compagnia di Nives Volkov, la sua più cara amica, la ragazza era molto protettiva nei confronti dei suoi cari, non tollerava che Arabella si avvicinasse al ragazzo e non era proprio il caso di mettersi a litigare in quel momento. Continuò a guardarsi intorno e non appena notò due ragazzi del settimo anno che conosceva un po’ grazie al gossip e un po’ per la fama decise di tentare la sorte.

Otis e Atyliusz se ne stavano in fila insieme senza scambiarsi nessuna parola, a chiunque poteva sembrare strano, ma per loro era normale, nessuno dei due era un gran chiacchierone e la loro amicizia era così, ma stavano bene. Certo Atyliusz passava parecchio tempo anche con gli altri suoi “amici”, Otis non aveva mai capito perché frequentasse quegli scimmioni, ma non aveva mai osato chiedere, Atyliusz era molto chiuso e ogni volta che l’amico provava a iniziare questo discorso tagliava corto e liquidava la cosa. Otis in fondo lo sapeva che il biondo cercava di mantenere una certa immagine di sé, ma non ne capiva appieno le motivazioni, se era per suo padre era abbastanza inutile dato che l’uomo non poteva sapere che succedesse all’interno delle mura di Durmstrang e ancor meno ciò che sarebbe potuto accadere a Hogwarts. Otis però aveva capito quali erano i tasti da non toccare e sperava che l’aria inglese avrebbe spinto l’amico ad aprirsi un po’ con lui. Nemmeno il moro era molto aperto però, di certo non amava confidarsi, ma sapeva di avere meno segreti dell’amico e anche Atyliusz lo sapeva bene, ma non poteva aprirsi, era fuori questione.

«Ma guarda questi due bei ragazzi, soli soletti… sembra quasi strano non siate in compagnia di qualche bella donzella, ti stai tenendo libero per fare strage ad Hogwarts, Kamenev?» domandò Arabella pungente che era appena spuntata di fronte ai due ragazzi.

Nessuno dei due le rispose, non nutrivano nessun tipo di simpatia per quella ragazza, la reputazione parlava chiaro, ma soltanto vederla in azione li irritava molto entrambi. Arabella poi aveva provato più volte ad adescare Atyliusz e Otis, il primo perché aveva sentito che non era mai arrivato fino in fondo con nessuna ragazza e voleva questo primato, il secondo perché molto carino e preda facile, a detta sua, vista la recente rottura. Nessuno dei due ragazzi però aveva ceduto, Atyliusz non aveva interesse per le ragazze come lei, o per le ragazze in generale, ci usciva, ma solamente per tenere buona la sua famiglia che lo voleva ben sistemato e non era certo caduto nella sua trappola; Otis invece dopo la rottura si era chiuso in sé stesso e non aveva intenzione di buttarsi tra le braccia di una ragazza, soprattutto così viziata e irresponsabile, solo per disperazione, lui voleva legarsi a qualcuno.

«Una bella ragazza vi fa tutti questi complimenti e voi ve ne state zitti come due pesci lessi? Non capisco proprio come facciate ad attirare le ragazze se non per i vostri due bei faccini.» Arabella parlò ancora, lo sapeva di parlare a sproposito? Forse, ma non le importava particolarmente in quel momento.

«Che cosa vuoi?» domandò Atyliusz con sguardo truce.

«Devo volere qualcosa da voi se vi faccio dei complimenti?»

«Sì.»

Arabella sbuffò, mise una mano su un fianco e con l’altra si scompigliò la massa di capelli ricci. «D’accordo, potrei volere un piccolo favore, ma saprei come ringraziarvi per bene.»

«No. Assolutamente no.» disse Otis parlando per la prima volta «Puoi anche insistere, qualunque cosa tu voglia la risposta è no.»

«Voi due siete proprio degli ossi duri!» disse Arabella contrariata «Kamenev, Krause, riuscirò ad averla vinta con voi due, vi do la mia parola.» e si allontanò, dirigendosi verso altri ragazzi.

I due amici si guardarono e sospirarono di sollievo, quella ragazza sapeva essere veramente insistente e la sua promessa non portava con sé nulla di buono.

«Le ragazze non sono tutte come lei, sono sicuro che ad Hogwarts ne troveremo qualcuna di gentile, no?» disse Otis dando una pacca sulla spalla all’amico.

«Sì, certo…» rispose Atyliusz scrollando le spalle.

 


* * *

 


Hogwarts

Al castello la situazione sembrava essere tanto confusionaria quanto a Beauxbatons, infatti tutti, volenti o nolenti, erano stati coinvolti nella decorazione per la festa di Halloween, gli ospiti sarebbero arrivati in quell’occasione e Hogwarts doveva essere il più bella possibile. Le lezioni proseguivano normalmente durante la mattinata, ma i professori avevano leggermente diminuito il carico di compiti per permettere agli studenti di avere un po’ di tempo libero tra scuola e decorazione. Il lato positivo, sempre se tale poteva essere considerato, era che per procedere con i preparativi il più velocemente possibile i docenti avevano insegnato agli studenti più grandi alcuni incantesimi utilissimi. Grifondoro e Serpeverde quel giorno erano stati assegnati alla decorazione del Secondo Piano e per molti quella era stata una notizia pessima, le rivalità e le antipatie tra le due case infatti erano veramente forti.

Due ragazze, una dalla chioma bionda e l’altra castana molto chiara, si stavano sfidando a chi riusciva con più successo a decorare usando uno degli incanti imparati da poco. Eden ed Elizabeth adoravano sfidarsi di continuo, infatti la loro inusuale amicizia era iniziata come una gara a chi fosse la più brava nelle materie comuni, entrambe estremamente studiose e orgogliose non l’avrebbero mai data vinta all’altra, il tutto anche alimentato dall’essere una in Serpeverde e l’altra in Grifondoro. Per quanto all’inizio non riuscissero a sopportarsi e volessero una primeggiare sull’altra, pian piano avevano iniziato ad apprezzarsi, soprattutto per la simpatia comune per i gemelli Weasley. Elizabeth infatti era molto amica dei due Grifondoro, mentre Eden aveva un rapporto abbastanza buono con loro in quanto si punzecchiavano spesso a vicenda e in un modo o nell’altro quei due erano riusciti a farle diventare amiche e ora quella continua gara era puramente amichevole.

Le due ragazze del quinto anno era uno di quei pochi casi definiti “fraternizzare col nemico”, le amicizie tra le due case erano abbastanza rare, ma non inesistenti. Le due decisero di sospendere la loro sfida poiché avevano finito nello stesso momento, ma nessuna delle due voleva darla vinta all’altra, Elizabeth troppo orgogliosa ed Eden troppo abituata ad essere sempre la prima. 

«Questo è il momento giusto.» borbottò Elizabeth a se stessa dopo aver buttato l’occhio sui gemelli Weasley che stavano pochi metri più a destra rispetto a loro intenti ad attaccare qualcosa al muro.

Prima che l’amica potesse domandarle di che stava parlando la Grifondoro sussurrò «Wingardium Leviosa.» e con dei delicatissimi movimenti di polso portò una scatola che prima era di fianco a lei in cima alla pila di quelle dei due ragazzi dai capelli rossi.

«Ma che diavolo stai fac-» Eden si interruppe a metà frase perché il rumore di uno scoppio attirò la sua attenzione.

Uno dei due ragazzi aveva aperto lo scatolone che era esploso in un fumo azzurrino, quando la nube si fu dissolta i visi dei due Weasley erano completamente pieni di brufoli e i due si voltarono subito verso Elizabeth che sorrise e salutò i due con la mano.

«Ho fatto una fattura Furunculus a una pozione esplosiva.» spiegò la bionda orgogliosa del suo scherzo. 

«Siete ancora in piena faida degli scherzi?» domandò Eden che ancora rideva delle facce dei due ragazzi; si era offerta di preparargli una pozione Scacciabrufoli in cambio di qualche dritta per cascare in pieno in uno scherzo e i due non avevano preso la battuta molto bene.

«Questa mattina sono arrivata in ritardo alla lezione di Pozioni e immagina solo quanto si sia infuriato Piton per questo. Quando poi ho provato a scusarmi ho iniziato a dire parole senza senso e lui ha pensato lo prendessi in giro. Quei due mi hanno messo dell’Intruglio Confondente nel succo di zucca a colazione.» se avesse potuto sputare fuoco in quel momento avrebbe bruciato tutti i dipinti del corridoio probabilmente «Piton mi ha dato due settimane di punizione e mi ha tolto dieci punti.»

Eden ridacchiò, ma dopo aver ricevuto un’occhiataccia dall’amica si scusò, senza però smettere di ridere. «Oh, piccolo Ippogrifo Lentigginoso mio.»

Jasper Berlin aveva osservato la scena da lontano senza però nascondere in nessun modo la grassa risata che si stava facendo, quella Grifondoro era una piccola peste. Nonostante davanti ai professori fosse estremamente ligia alle regole, sapeva che una sola parola dei gemelli bastava a tramutarla in una combina guai di primordine, ma in fondo tutti sapevano che erano ottimi amici, molti addirittura pensavano ci fosse del tenero. Certo Jasper non sapeva molto del gossip (e non gli interessava nemmeno se non poteva essergli utile) o di quale dei due ragazzi potesse avere una cotta per lei e viceversa, ma non nascondeva che qualche volta lo aveva pensato perfino lui, anche se non aveva nessuna conferma del fatto che fossero voci fondate oppure solamente false dicerie. Un’altra cosa che capiva poco, ma di cui si parlava molto, era dell’amicizia tra la primadonna della sua casa e quella orgogliosa Grifondoro. Jasper apprezzava le bravate e la determinazione della bionda e non sopportava per nulla quel fare altezzoso e frivolo dell’altra. Proprio non si spiegava come potessero andare d’accordo quelle due e non ci teneva molto a scoprirlo: se mai avesse dovuto rivolgere la parola a una delle due ragazze di sicuro non sarebbe stata la sua compagna di casa e non l’avrebbe fatto mentre erano insieme.
Il ragazzo si accorse che Katie Bell, che si trovava dalla parte opposta del corridoio, lo stava guardando e quando lui le rivolse uno sguardo e un accenno di sorriso la ragazza arrossì e distolse lo sguardo. La Grifondoro non era l’unica ad ammirare la sua bellezza, quel ragazzo aveva un certo fascino a cui nessuna rimaneva indifferente. Oltre a Katie notò che anche Alicia lo stava guardando di sottecchi e  rivolgeva qualche occhiata torva alla compagna di squadra. Jasper capì subito che se avesse rivolto qualche attenzione a Katie la sua ex ragazza si sarebbe infuriata con lui, ma soprattutto con l’amica e se c’era una cosa che il ragazzo amava era proprio mettere scompiglio. Mollò i finti ragni che avrebbe dovuto stregare per farli muovere a Marcus Flint e si avviò verso la ragazza ignorando il «Che diavolo stai facendo?» dell’amico.

«Ciao, hai bisogno di una mano?» domandò sfoggiando il suo sorriso migliore.

Katie per poco non cadde dalla scala sulla quale era salita per la sorpresa, ma Jasper le aveva offerto aiuto. La ragazza era diventata praticamente bordeaux quando aveva afferrato saldamente la mano del ragazzo per recuperare l’equilibrio e non era più stata in grado di formare una frase di senso compiuto. Jasper gettò un’occhiata ad Alicia, era furiosa, le si poteva quasi vedere il fumo uscire dalle orecchie. Jasper sorrise, quella sera Katie avrebbe dovuto stare attenta a quel che faceva, o a quello che avrebbe potuto fare Alicia.



* * *

 

 

*«Impazzirò, lo so!»
 


* * *

* * *

* * *


 

Buonasera!
Pubblicò a questi orari assurdi perché mi sentivo particolarmente ispirata e non potevo certo fermarmi rischiando di sprecare il momento. Questo capitolo l’ho scritto di fretta e di getto cercando di dare più dinamica alle interazioni tra i ragazzi, spero risulti scorrevole e non vi siano troppi errori, provvederò a sistemarlo meglio in mattinata. Per ora ho voluto mantenere i nostri studenti nella loro scuola originaria e presentare le amicizie e le antipatie ormai consolidate da tempo, a breve saranno tutti riuniti sotto lo stesso tetto, non vedo l’ora. Se aveste voglia di lasciarmi un commento ve ne sarei molto grata, spero che il capitolo vi sia piaciuto!

A presto,

fran x

 

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Capitolo 5
*** Hogwarts ***


Hogwarts

 

Quel giorno in giro per il castello c’era un gran vociare eccitato di studenti: a colazione, tra una lezione e l’altra e in qualche raro caso perfino durante le lezioni; sembrava che nessuno riuscisse a tacere un minuto. Il motivo di tutto questo chiacchierare era un cartello che era stato affisso nella Sala d’Ingresso una settimana prima: esso avvisava che, proprio quel giorno, sarebbero arrivati gli studenti dalle altre scuole e nessuno sembrava riuscire ad aspettare le sei di quel pomeriggio.

Jasper Berlin gironzolava per il sotterraneo (era appena stato nel dormitorio a depositare alcuni libri e a prenderne altri) in attesa dell’inizio della lezione seguente, era certamente impaziente quanto gli altri per l’arrivo degli studenti stranieri, ma era ormai stufo di risentire all’infinito le stesse identiche frasi, ripetere di continuo quanto si fosse emozionati per il torneo non avrebbe certo fatto passare il tempo più velocemente. Aveva lasciato Marcus a colazione, non frequentavano infatti gli stessi corsi, ma, anche se non erano stati insieme, sapeva che nemmeno l’amico aveva smesso di parlare di quella faccenda nemmeno un secondo, d’altronde era andato avanti per una settimana senza mai smettere. Per fortuna la mattinata l’aveva potuta passare con un altro caro amico, Roger Davis, il quale, conoscendo lo scarso livello di pazienza di Jasper, non aveva parlato più di tanto di Beauxbatons o Durmstrang. Aveva appena superato la classe di Pozioni quando la porta di quest’ultima si aprì e una schiera di studenti del quinto anno uscì da essa. Il gruppo di Grifondoro si stava dirigendo verso le scale, probabilmente erano tutti diretti alla lezione seguente, in particolare l’attenzione del Serpeverde fu attirata da una ragazza che ben conosceva che si era fermata appena fuori dalla porta dell’aula, impegnata a sfogliare un libro.

«Ti sei forse persa, Miller?» domandò il ragazzo alla Grifondoro sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori, doveva pur ingannare il tempo in qualche modo e stuzzicare la giovane gli sembrava un’idea divertente.

Elizabeth non gli rivolse nemmeno un’occhiata. «No, aspetto qualcuno.» borbottò girando qualche pagina.

«Nel sotterraneo?» Jasper non si lasciò scoraggiare dallo scarso interesse della bionda e non smise di sorridere quando ella annuì ancora senza guardarlo. «Non è molto romantico qui davanti alla classe del Professor Piton.» commentò.

«Come scusa?» Elizabeth gli rivolse, per la prima volta, un’occhiata confusa.

«Quale dei Weasley stai aspettando?»

Elizabeth arrossì e  chiuse il libro che teneva in mano di colpo, mettendolo in borsa. «A dire il vero temo non sia affar tuo.» mormorò con tono tagliente incrociando le braccia al petto. «E non trovi sia un po’ azzardato fare questo tipo di supposizioni senza uno straccio di informazione?»

«Forse.» rispose Jasper scrollando le spalle «Ma credo di aver indovinato.»

Elizabeth sorrise vittoriosa «Oh, certo Berlin, se lo dici tu.»

Come se fosse stata lì ad aspettare il momento opportuno una figura si avvicinò a loro e saluto Elizabeth affettuosamente. Il sorriso di quest’ultima si allargò ancor di più alla reazione delusa del ragazzo che non salutò nemmeno la giovane Serpeverde che li aveva appena raggiunti.

«Scusami tesoro, ho fatto il più in fretta possibile, la McGranitt non ci mollava più!» si scusò Eden.

«Mmh, d’accordo, ti scuso solamente perché so che la McGranitt tende a dilungarsi quando si tratta di compiti.» rispose la bionda mentre cercava qualcosa nella borsa e la porgeva all’amica.

«Quanto ti devo?» chiese la Serpeverde aprendo una piccola pochette.

«Nulla se la porti almeno quando Hermione può vederti; mi sta torturando da qualche settimana, è per una nobile causa, certamente, ma non è proprio il massimo girare con questa sulla divisa.» Elizabeth alzò gli occhi al cielo «Ora però devo proprio andare, ci vediamo più tardi Eden.» salutò l’amica, con un cenno il ragazzo e sparì lungo il corridoio.

Solo in quel momento la Serpeverde rivolse realmente l’attenzione al ragazzo, il quale aveva osservato la scena in silenzio. Non andavano particolarmente d’accordo, ma non si poteva nemmeno dire che si odiassero, semplicemente preferivano ignorarsi a vicenda, Eden non apprezzava particolarmente il comportamento che Jasper riservava alle ragazze, mentre a lui non risultava apprezzabile quell’aria da snob e quella mania di stare al centro dell’attenzione che aveva la ragazza.

«Ti pregherei di lasciare Elizabeth fuori dalle tue mire, Berlin.» disse freddamente Eden «Non ne hai abbastanza di Grifondoro dopo aver decimato la squadra di Quidditch?»

«Sai, Hawthorn, credo che tu non abbia alcun potere di cambiare le mie “mire”, come le chiami tu.» rispose il giovane assottigliando lo sguardo. «Non è poco costosa quella spilla per i tuoi standard?» aggiunse poi rivolgendo l’attenzione all’oggetto che la ragazza rigirava tra le mani.

Eden rispose con un’occhiataccia, la infastidiva questo giudicare solo dalle apparenze, perciò appuntò la spilla alla divisa facendo tintinnare il braccialetto che le aveva regalato il padre. La spilla con la scritta C.R.E.P.A.* stonava totalmente con il fare elegante della ragazza (o con qualunque altra cosa, a dire il vero), ma aveva promesso ad Elizabeth che le avrebbe fatto questo favore e non poteva venir meno alla parola data.

«Dovresti essere meno ficcanaso Berlin.» disse con aria di superiorità, si voltò e se ne andò senza dire altro.


 

* * *

 

Fare un viaggio così lungo all’interno di una carrozza, per di più in volo, doveva essere di sicuro terribilmente scomodo e movimentato, e lo sarebbe di certo stato se non fossero stati lanciati moltissimi incanti su di essa, ma grazie ad essi sembrava quasi di stare comodamente seduti sul divano di casa propria.

«Per che ora è previsto l’arrivo?» 

Jazmin si stava dondolando sul sedile in pelle da almeno venti minuti, non vedeva l’ora di sgranchirsi le gambe e aveva fatto la stessa domanda almeno un centinaio di volte, tutta questa staticità non faceva per lei. 

«Alle sei.»

Anche Eris continuava a muoversi, un po’ le gambe, un po’ le mani, però, a differenza dell’amica, leggeva in silenzio, infatti per risponderle non alzò nemmeno la testa dalla pagina stampata.

«E che ore sono?»

Marcel, fermo e in totale silenzio, non sembrava provato dal viaggio come le due ragazze e come Eris aveva posto tutta la sua attenzione nella lettura. Il ragazzo sbuffò, posò il libro sulle gambe e rivolse un’occhiata scocciata alla spagnola, poi si sfilò l’orologio che aveva al polso e lo porse alla ragazza. «Dovremmo arrivare a breve.» disse.

Jazmin gli rivolse un grande sorriso, non curandosi del suo fastidio, e afferrò l’orologio guardando l’ora con grandi aspettative. «Ma sono le sette meno cinque minuti, dovremmo già essere lì!» si lamentò sventolando l’oggetto sotto al naso del ragazzo.

Marcel si riprese l’orologio prima che l’amica potesse lanciarlo chissà dove e si apprestò a sistemarlo segnando le sei meno cinque. «In Inghilterra sono un’ora indietro, avevo dimenticato di cambiare l’orario.» spiegò.

Jazmin alzò le braccia come per esultare, ma Eris le rivolse un’occhiata eloquente per poi chiudere il suo libro: Madame Maxime, la preside, stava seduta poco più in là e non era certo il caso di creare confusione, infatti dagli studenti si aspettava un certo contegno. Jazmin scosse la testa contrariata e non fece alcun rumore, ma non represse il sorriso che aveva in volto; solamente cinque minuti e avrebbe potuto alzarsi e uscire da quella carrozza. 

Poco dopo Madame Maxime si alzò (quasi toccava il soffitto con la testa) e si spazzolò la gonna, se non glielo avesse detto non avrebbero certo capito di essere arrivati: anche se la carrozza si fosse ribaltata loro dentro non avrebbero percepito il minimo cambiamento. La preside rivolse un’occhiata fuori dal finestrino e ordinò a uno dei ragazzi più grandi di scendere ad aprire la scaletta.

«Cari studenti, vi devo chiedere di mantenere un certo comportamento quando scenderete,» disse la donna quando tutti la stavano guardando «Ogni studente e insegnante del castello di Hogwarts è qui fuori ad accoglierci, vi prego di mantenere alto il nome di Beauxbatons.» rivolse un’occhiata sfuggente a Jazmin che divenne rossa come un pomodoro «Vi prego di indossare qualcosa di più pesante prima di uscire, qui è molto più fresco, non vorrei vi ammalaste prima di iniziare il torneo!»

Ognuno indossò ciò che di più caldo aveva a portata di mano, chi uno scialle, chi una sciarpa, ma nessuno di loro pensava che a fine ottobre potesse fare molto freddo. Una volta scesi dalla carrozza dovettero certo ricredersi, la schiera di studenti di Hogwarts indossava mantelli e cappelli, loro sembravano quasi ridicoli nelle divise in seta azzurre e con al collo una semplice sciarpa. La loro preside stava salutando un uomo, alcuni supposero fosse il preside, come un vecchio amico e iniziò a dargli varie direttive su come accudire i palomini dorati che avevano trainato la carrozza (essi infatti bevevano solo Whiskey di malto). 

«Fresco?» bisbigliò Eris sconvolta agli amici che stavano al suo fianco. «Sembra di essere in pieno dicembre!»

«Le divise in seta certo non tengono molto caldo…» borbottò Marcel mentre si stringeva nella sciarpa, quanto avrebbe voluto il suo caldo mantello che era chiuso nella valigia.

«Oh su, non lamentatevi tanto, guardate piuttosto com’è piccolo questo castello! Beauxbatons è almeno il doppio non credete?» Jazmin non sembrava minimamente turbata dalla temperatura, si guardava intorno con un enorme sorriso come fosse una bambina in un negozio di caramelle. «Chissà com’è all’interno!»

«Spero sia più bello di così, è estremamente grezzo, il nostro Palazzo è molto più elegante.» disse una voce che veniva da dietro di loro.

La voce era di una ragazza bionda loro compagna di classe: Fleur Delacour. La giovane tremava e si stringeva nel suo piccolo scialle guardandosi attorno con una smorfia, criticando ogni singolo dettaglio di quel castello.

«Ma no, non dire così!» le disse Jazmin voltandosi a guadarla «Non è Beauxbatons, ma non è nemmeno così brutto, sono sicura che ci stupirà.» niente poteva smontare il suo entusiasmo, soprattutto perché a breve ci sarebbe stata la cena.

Fleur rispose con un’altra smorfia, per niente convinta dell’affermazione della castana e questo fece solo innervosire ulteriormente Eris.

«Se non volevi lasciare la tua perfetta Beauxbatons potevi rimanere a scuola, Fleur,» le disse parecchio stizzita; quel lungo viaggio aveva messo alla prova la sua pazienza e la gentilezza in quel momento le mancò «Questo tuo modo di fare è parecchio scortese, ci ospitano a casa loro e tu non fai altro che lamentarti!»

Fleur non rispose, troppo sconvolta dall’essere stata ripresa così fermamente e proprio da Eris, si strinse nel suo scialle ancor di più e non proferì più parola.

Marcel e Jazmin sorrisero all’amica e si complimentarono per essere stata così diretta, la Delacour se lo meritava. Eris fece un leggero sorriso e poi osservò il castello più attentamente mentre un brivido le percorreva la schiena. Marcel si accorse del tremare dell’amica, non disse nulla, si limitò a sfilare la sciarpa e avvolgerla intorno alla francese sperando di poter entrare al più presto.

 


* * *

 

 

Diversamente dai corridoi del castello di Durmstrang, nelle varie cabine della nave c’era una certa leggerezza, gli studenti ridevano e passavano il tempo tra loro senza preoccuparsi di nulla, non c’era un professore dietro ogni corridoio pronto a dare dure punizioni e in più, il preside, Igor Karkaroff, se ne stava nella sua suite, come si divertivano a chiamarla gli studenti, con Viktor Krum, il più lontano possibile dagli studenti. Karkaroff sembrava completamente certo che il Campione scelto sarebbe stato proprio il Cercatore della Nazionale e non mancava di riservargli un trattamento d’eccezione: Viktor era l’unico studente ad avere una stanza singola solo per lui e gli insegnanti sembravano evitare di punirlo più spesso del dovuto, in più, visto che il ragazzo aveva preso il raffreddore, non lo mollava un minuto e gli faceva avere qualunque cosa desiderasse. Se tutte le attenzioni erano rivolte a Krum però gli altri studenti erano liberi di fare ciò che volevano, soprattutto se se ne stavano ben lontani dalla suite.

In una stanza erano radunati parecchi ragazzi e un paio di ragazze intenti a ridere e scherzare più rumorosamente di come avessero mai fatto prima. Al centro della stanza una giovane con la divisa scomposta e i capelli un po’ disordinati cercava di sfilare dalle mani di un ragazzo una bottiglia di Whiskey Incendiario con molta foga. 

«Oh su, soltanto un sorso, che vuoi che sia!» disse Arabella tirando la bottiglia a sé con tutta la forza che aveva.

La bottiglia però rimase dov’era, stretta fermamente tra le mani di un ragazzo del settimo anno che cercava di ricordarle che a breve sarebbero arrivati ad Hogwarts e se avesse fatto qualcosa di stupido davanti agli studenti inglesi Karkaroff l’avrebbe spedita a casa in meno di un secondo (sempre che non l’avesse uccisa prima). La ragazza continuò ad insistere, minacciando perfino di far licenziare il padre del ragazzo dal suo, ma questo non mollò la presa. Arabella insistette ancora e ancora, fino a che uno scossone della nave non la fece cadere a terra. Quando si rialzò ormai la bottiglia era sparita e molti studenti si apprestavano a raggiungere le loro stanze, se erano arrivati probabilmente qualcuno sarebbe andato a chiamarli e se Karkaroff li avesse scoperti erano guai. Arabella non si curò delle lamentele del ragazzo, non le importava molto di ciò che avrebbero potuto farle, Karkaroff era troppo preso dal suo pupillo e non l’avrebbe lasciato per chiamare altri studenti insignificanti e poi avrebbe potuto sempre usare la carta del padre, se le cose si fossero messe male. Si buttò perciò a peso morto sul letto sperando che il ragazzo smettesse di parlare. Il ragazzo rinunciò a convincerla e Arabella sorrise trionfante, ma il sorriso le sparì presto quando vide un armadio biondo avvicinarsi a lei.

«Devi andare nella tua stanza.» le disse duramente Atyliusz con un tono che non ammetteva repliche.

D’altronde se l’avessero trovata nella loro stanza sapeva che la colpa sarebbe ricaduta su di lui: le voci giravano e in men che non si dica sarebbe stato spedito a casa senza sentire ragione anche lui. Arabella scosse la testa divertita.
«Non mi lasciate prendere il Whiskey, non mi lasciate stare in vostra compagnia, no mi dispiace, ho deciso che mi piace questo letto.»

Atyliusz le scoccò un’occhiataccia, in quel momento le Arti Oscure sicuramente sarebbero tornate utili, ma non era il tipo da agire così. Arabella per tutta risposta si sistemò ancor di più sul letto di uno degli amici di Atyliusz così lui, per tutta risposta, si avvicinò, la prese come se pesasse quanto una piuma, se la mise sopra una spalla e si avviò verso le stanze delle ragazze.

«Guarda che non sono mica un sacco di patate, Kamenev! Non si trattano così le signore.» lo sgridò la ragazza cercando di liberarsi dalla sua presa.

Atyliusz non le rispose e continuò a camminare senza ascoltarla, quella ragazza era veramente insistente, non vedeva l’ora di liberarsene, sapeva che con quella lingua sarebbero finiti nei guai in breve tempo e lui ci teneva a rimanerne fuori.

Una volta davanti alla sua porta la lasciò con poca delicatezza e se ne andò senza salutarla o stare a sentire le sue lamentele.

Otis se ne stava seduto sul suo letto con un coltellino ad intagliare un pezzo di legno, la sua era una famiglia di fabbricatori di bacchette e al ragazzo piaceva davvero molto quel lavoro manuale. Era stato per un po’ con Atyliusz durante il viaggio, ma poi, quando avevano invitato tutta quella gente nella cabina, Otis aveva deciso che non era ambiente per lui e se n’era tornato nella sua. I compagni con cui condivideva la camera erano abbastanza tranquilli e sapevano farsi gli affari loro, non avevano parlato molto da quando erano partiti, ma la cosa non gli dispiaceva particolarmente, avrebbero avuto molto tempo per parlare nei giorni a venire. Come tutti, quando aveva sentito lo scossone, era uscito nel corridoio per vedere se fossero arrivati, ma nessuno era venuto a chiamarli o avvisarli, quindi era tornato indietro ad aspettare qualche notizia. Poco dopo sentirono la voce del preside, amplificata di almeno dieci volte, che li richiamava:

«Siamo arrivati ad Hogwarts, siete pregati di scendere dalla nave ordinatamente. Chiunque crei qualche problema o si comporti in modo poco consono dovrà risponderne a me.»

Otis si affrettò a lasciare quello che aveva tra le mani e indossò il mantello di pelliccia lasciando la cabina e sbrigandosi ad uscire, Karkaroff non tollerava i ritardatari. Una volta percorsa la passerella ritrovò in mezzo agli altri studenti Atyliusz e gli domandò come fosse andato il viaggio ed entrambi iniziarono a percorrere la salita della collina seguendo il loro preside.

Il castello di Hogwarts gli sembrò molto più grande di quello di Durmstrang, loro avevano almeno tre piani in meno. I due ragazzi presero ad osservare attentamente l’edificio senza accorgersi della massa di studenti che in file li osservavano curiosi, sorridevano o cercavano di salutare con la mano. Karkaroff era andato a salutare un uomo con un fare lezioso e i suoi studenti approfittarono della distrazione per parlottare tra loro.

«Ho sentito che qui accettano anche i Natibabbani, per questo il castello è enorme.»

«Guarda che sfarzo, qui devono essere tutti ricchi.»

La serie di commenti sussurrati venne portata via da uno sbuffo di vento e quando il loro preside si girò si zittirono tutti all’istante. L’uomo prese sottobraccio Krum, il suo amato studente, e prese a presentarlo all’uomo di prima per poi dare ordine di seguirlo all’interno del castello.



* * *

 

 

*Vi ricordo del C.R.E.P.A. (Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti) creato da Hermione una volta scoperto che il cibo nelle cucine veniva preparato da degli elfi domestici e di come la ragazza avesse infastidito ogni Grifondoro affinché comprasse una spilla o facesse una donazione. Dato che nei film non viene menzionato e l'ho sempre trovata un'iniziativa carina avviata da Hermione ho voluto inserirla nella storia.
 


* * *

* * *

* * *


 

Salve!

Eccomi qui con un capitolo relativamente breve e di passaggio. Prima che iniziate a lanciare i pomodori volevo scusarmi, lo so che speravate di vedere tutti i nostri ragazzi sotto lo stesso tetto ad interagire tra loro, ma ho avuto un’idea sul come farli incontrare e ho bisogno di voi per questo, e poi come potevo saltare l’arrivo a piè pari? 

Detto ciò passo alle domande per tutti, nel prossimo capitolo ci sarà il banchetto di benvenuto perciò mi sono chiesta alcune cose banali: che gusti avessero i vostri OC per quanto riguarda il cibo; e come si rapportano alle altre culture e alle cose nuove, vogliono saperne di più, sono curiosi e vogliono provarle oppure preferiscono le cose che già conoscono e sono un po’ chiusi? Per qualunque dubbio o se non fossi stata chiara dhiedete pure.

Poi ho una domanda molto semplice solamente per i proprietari degli OC di Beauxbatons e Durmstrang: scegliete un solo colore tra questi azzurro, giallo, rosso o verde? Vi sembrerà una domanda strana, ma scoprirete a breve a cosa serve.

Detto ciò aspetto le risposte via MP per mettermi al lavoro al più presto con il prossimo capitolo e spero che questo, seppur di passaggio, sia di vostro gradimento.

A presto,

fran x

 

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Capitolo 6
*** Nuove Conoscenze ***


Nuove Conoscenze

 

Quando gli studenti di Durmstrang e Beauxbatons furono entrati Silente invitò anche i suoi a farsi strada nella Sala d’Ingresso e a raggiungere la Sala Grande per il grande atteso Banchetto di Benvenuto. Superato l’enorme portone ci si trovava davanti a una grandissima scalinata in marmo e, nonostante la Sala fosse molto grande, con tutti quegli studenti lì riuniti, alcuni dovettero salire qualche gradino per non essere pressati tra gli altri. Gli studenti stranieri si guardavano intorno spaesati cercando forse di imprimere ogni singolo dettaglio di quell’enorme atrio nella loro memoria. Gli studenti inglesi invece erano più presi dagli altri che dal maestoso ingresso che percorrevano ogni giorno, in particolare dal Cercatore della Nazionale Bulgara, che era in un angolo stretto dal braccio del suo preside, che sembrava non volerlo mollare nemmeno per un istante. Nel fare l’ingresso nella Sala Grande gli studenti si mescolarono tra loro, quelli di Hogwarts diretti verso la tavolata della loro Casa, mentre gli stranieri confusi e indecisi su dove sedersi.

Marcel sentiva ancora freddo nonostante fossero già entrati da un pezzo, l’ambiente era sicuramente caldo ed accogliente, ma avendo dato la sua sciarpa ad Eris non era riuscito a scaldarsi a dovere, non vedeva l’ora di poter aprire la sua valigia e indossare il maglione più caldo che possedeva. Si voltò per chiedere alle ragazze dove avrebbero voluto sedersi, ma nessuna delle sue amiche era al suo fianco. Si lasciò sfuggire un sospiro e si guardò intorno cercandole con lo sguardo. Doveva sembrare parecchio spaesato poiché una giovane ragazza gli rivolse la parola: «Hai bisogno di aiuto?» 

Marcel la guardò: non era molto alta, teneva i capelli biondi legati in due trecce morbide, sembrava molto gentile e gli sorrideva, aveva certo un’aria parecchio disponibile. Il ragazzo però non seppe bene cosa rispondergli, d’altronde non avrebbe potuto aiutarlo in nessun modo, non avendo mai visto le sue amiche prima d’ora.

«Mi chiamo Hannah.» si presentò porgendogli la mano visto che il ragazzo non le aveva risposto, forse lo aveva reputato timido, disorientato, ma non era una novità per il francese. «Perché non vieni a sederti al tavolo dei Tassorosso?» domandò poi indicandogli uno dei lunghi tavoli colmo di studenti in uniforme nera.

«Marcel.» rispose stringendole la mano e poi la seguì lungo la Sala.

La ragazza vide qualcuno che conosceva, lo salutò e si sedette al suo fianco, poi sorrise a Marcel indicando il posto vicino a lei e il francese si sedette in silenzio. 

Poco dopo uno studente con l’uniforme rosso scarlatto e i capelli scuri prese posto di fronte a lui senza dire nulla. A Otis non dispiaceva essersi trovato da solo, in fin dei conti non era un ragazzo molto socievole e pensava che nemmeno gli studenti di Hogwarts avrebbero fatto a gara per fare amicizia, non sapeva però di essersi seduto al tavolo degli studenti più amichevoli di tutta la scuola. Essendosi trovato da solo era stato subito attirato dallo stemma di colore giallo che stava appeso sopra a quel tavolo e perciò aveva deciso di sedersi lì. Rivolse un’occhiata al ragazzo con l’uniforme azzurra che gli stava davanti, almeno non era l’unico straniero seduto lì, non voleva diventare un’attrazione per tutti gli studenti inglesi,  poi riprese a guardarsi intorno con uno sguardo quasi di rimprovero per tutta la ricchezza di quell’enorme stanza, dal soffitto incantato alle stoviglie dorate, gli oggetti lussuosi non erano esattamente la sua cosa preferita.

«Tu sei di Durmstrang, non è vero?» domandò la ragazza con le trecce seduta di fianco al francese.

Otis annuì, poco interessato e senza mostrare nessuna particolare emozione, era sempre parecchio distaccato, era il suo modo di porsi alle persone nuove.

Ormai tutti gli studenti erano entrati e si erano sistemati da qualche parte, perciò i presidi fecero il loro ingresso nella Sala gremita. Marcel, come tutti gli studenti di Beauxbatons, scattò in piedi e non si risedette fino a che Madame Maxime non fu seduta al tavolo degli insegnanti. Alcuni studenti delle altre scuole ridacchiarono piano a quel gesto, altri li guardavano un po’ stupiti, Marcel non ci fece caso, loro erano stati abituati a portare rispetto e ad alzarsi all’ingresso della loro preside, evidentemente non era lo stesso anche per gli altri. Il preside inglese diede loro il benvenuto, sorridendo ampiamente, nel silenzio della Sala risuonò una risatina di scherno, ma l’uomo non diede peso alla cosa continuando a parlare.

«Vi invito a mangiare, bere e soprattutto a fare come se foste a casa vostra!» concluse l’uomo dalla lunga barba argentea per poi accomodarsi.

Non appena il discorso si concluse i tavoli si riempirono con le più disparate pietanze e la ragazza bionda, Hannah, prese a presentarsi e a fare molte domande sia a Otis che a Marcel, cercando forse di coinvolgerli e farli sentire a loro agio, ma nessuno dei due era un gran chiacchierone. Marcel apprezzò questo tentativo da parte della Tassorosso nonostante si sentisse un po’ sopraffatto, Otis non ci vide nulla di particolarmente carino, certo la ragazza era molto gentile, ma non amava che si ficcanasasse nei suoi affari e non si sentiva propenso a condividere ogni dettaglio della sua vita con una sconosciuta.

«Hannah metterai a disagio i nostri ospiti, smettila di essere così insistente!» la riprese il ragazzo che lei prima aveva salutato con un mezzo sorriso.

«Cercavo solo di essere gentile, Ernie.» rispose lei scrollando le spalle «Non era mia intenzione davvero, vi chiedo scusa!» aggiunse poi rivolta ai due ragazzi stranieri.

Marcel le rivolse un sorriso, gli ricordava un po’ Jazmin e si disse che sarebbero andate molto d’accordo; Otis invece non disse nulla servendosi una porzione del piatto che stava davanti a lui senza sapere cosa fosse, il punto di quel viaggio era abbracciare le altre culture e teneva particolarmente a scoprire cose nuove.

«Quella è una Cottage Pie*, l’ho mangiata in un ristorante babbano una volta.» mormorò Marcel anche se il ragazzo non gli aveva domandato nulla «Contiene un po’ di tutto: carne, formaggio patate… O almeno dovrebbe essere così.»

Otis annuì senza commentare, non sapeva bene che rispondere, non era un gran conversatore. Marcel non si mostrò molto scoraggiato davanti all’atteggiamento freddo del ragazzo, gli piacevano le persone tranquille, ma non poteva certo forzare le parole ad un’altra persona, nemmeno lui parlava molto e in più sarebbe stato scortese. L’amico della ragazza con le trecce domandò poi ai due di che anno fossero e prese a conversare con Marcel dato che Otis non si mostrò molto partecipe.


 

* * *

 

Una volta entrata nella Sala Grande Arabella si era fermata sulla soglia meravigliata dall’incantevole soffitto stellato, era così reale da dare l’impressione di trovarsi all’esterno. A Durmstrang non avevano stanze così belle, nel loro castello c’era solo il necessario, le decorazioni erano superflue. Per un momento le ricordò la villa di famiglia, nonostante ci vivesse ogni volta che tornava la trovava sempre più bella, passare dai cupi e spogli corridoi della scuola al lusso e alla ricchezza di casa era un salto non indifferente. Quando si era ripresa da quella specie di stato catatonico in cui era caduta per qualche minuto, si era resa conto di essere una delle poche ormai ancora in piedi e perciò si era seduta nel primo posto libero che aveva trovato, di fianco ad una ragazza dall’uniforme azzurra. 

Eris dal canto suo, persi i suoi amici nella folla, si era seduta sotto allo stemma rosso acceso quasi per curiosità: l’elegante leone che vi era raffigurato le era sembrata la figura più interessante e perciò aveva optato per quella tavolata. Si era trovata vicino a un gruppetto di ragazzi più giovani di lei, ma che l’avevano invitata a sedersi in modo molto gentile, perciò non rimpiangeva la sua scelta. 

Arabella si servì dall’ennesima pietanza che non le fosse familiare e iniziò a mangiare in modo forse poco “da signorina”, come avrebbe commentato probabilmente sua madre, senza curarsi troppo dell’occhiata inorridita che le rivolse la giovane di Beauxbatons. Eris già apprezzava poco quella ragazza di Durmstrang che si era trovata accanto all’improvviso, non le aveva nemmeno chiesto se potesse sedersi; la francese non teneva il posto a nessuno, questo era vero, però era abituata ad avere a che fare con persone ben educate e si aspettava almeno che la salutasse. Inoltre era sempre stata abituata ad avere un portamento elegante e quel rozzo modo di mangiare della ragazza che aveva di fianco la faceva impazzire.

«Che cos’è quello?» esclamò un ragazzo dai capelli rossi, uno di quelli a cui Eris aveva chiesto di sedersi.

«Bouillabaisse*.» gli rispose la ragazza con i capelli ricci e gonfi al suo fianco.

Il ragazzo provò a ripetere quella parola che era totalmente estranea al suo vocabolario e rivolse un’occhiata confusa al piatto.

A Eris sfuggì una risatina divertita «Scusami tanto,» si affrettò poi a dire «Lo hai detto in un modo talmente buffo, non sono riuscita a trattenermi.»

Il ragazzo non rispose subito, era un po’ imbarazzato, perciò un altro che gli somigliava molto e che era seduto poco più in là, gli diede una pacca sulla testa. «Non essere maleducato Ron caro e deliziaci ancora con il tuo stupendo francese.» lo prese in giro ridacchiando.

«Nostra madre sarebbe estremamente fiera del suo Ronnino se sapesse quanto bravo è nelle altre lingue, non credi Fred?» aggiunse poi il gemello di quest’ultimo facendo divenire bordeaux il più piccolo dei tre che gli intimava di tacere.

«Perché non ci fate sentire il vostro francese invece? Sono sicura che siate molto bravi, scommetto che l’avete insegnato voi a Ron, o sbaglio?» un’altra ragazza seduta vicino ai gemelli s’inserì nella conversazione rivolgendo uno sguardo di sfida ai due ragazzi che non le risposero. «Piacere, sono Elizabeth Miller.» si presentò poi rivolgendo il suo sguardo prima a Eris e poi ad Arabella, che stavano guardando la scena senza spiccicare parola. «E questi due burloni sono F-»

«Siamo in grado di presentarci da soli Lizzie.» la interruppe George sorridendo divertito per l’occhiataccia che gli aveva rivolto l’amica per il soprannome che poco le piaceva.

«Io sono Fred e questo è mio fratello George, gemelli Weasley, anche se a breve saremo conosciuti come quelli che la faranno sotto al naso a Silente.» si presentò l’altro tirando una gomitata al fratello più piccolo per invitarlo a presentarsi a sua volta.

Una volta che tutte le presentazioni furono fatte Eris si sforzò di ricordare tutti i nomi collegandoli ai visi, Arabella invece non parve preoccuparsene troppo e prese a squadrare i due gemelli con interesse, erano parecchio carini, forse era quell’aria da combinaguai ad attirarla, in ogni caso ci avrebbe certamente fatto un pensierino. 

«Scusate, volevo prendere un po’ di Bouillabaisse…» li interruppe una voce con un accento francese molto marcato.

Eris si voltò sperando di aver sentito male, ma ecco Fleur Delacour con i capelli biondo argenteo che le ricadevano a cascata sulle spalle. Non riuscì a trattenersi dallo sbuffare e alzò gli occhi al cielo. S’irritò ancor di più vedendo il povero ragazzo, che si era presentato come Ron, totalmente nel pallone mentre prendeva la stessa tinta dei suoi capelli.

«È una Veela!» disse all’amico, Harry, che rideva sotto ai baffi, quasi senza fiato quando Fleur si risedette al tavolo dei Corvonero senza rivolgere neanche un’occhiata a Eris prima di andarsene.

«Non dire idiozie!» ribatté però Hermione, la ragazza con i capelli ricci, acidamente.

«Sarà pur bella, ma non è lontanamente attraente e seducente quanto me.» commentò Arabella, con un accento così buono da stupire tutti quelli che aveva intorno, rivolgendo ai gemelli un sorriso civettuolo e guadagnandosi un’occhiataccia da tutte e tre le altre ragazze.

«Se posso intromettermi» disse poi Eris aspettando di avere l’attenzione «Ron non ha torto, la Delacour è Veela per un quarto.» spiegò con tono scocciato, l’accento francese non più contenuto a causa del nervosismo, mentre rivolgeva un’occhiata infastidita alla bionda di cui parlava. «Ma oltre a questo non c’è altro che la riguardi degno di nota.» precisò ripensando a quel suo fare narcisistico e alle schiere di poveri ragazzi caduti ai suoi piedi.

«Ma non è la ragazza che ha osato ridacchiare mentre parlava Silente?» domandò poi Elizabeth e Eris annuì «Una così scortese non s’è mai vista, già non mi piace.» se non fosse stata bella di sicuro nessuno le avrebbe rivolto la parola dopo un tale affronto al loro amato preside, ma i ragazzi sapevano essere così superficiali a volte.

«Non sarai mica gelosa?» la schernirono i gemelli in coro.

«Gelosa? Preferirei assomigliare a un troll che a una così.»

«Non è di lei che ti devi preoccupare biondina, i ragazzi non avranno occhi che per me.» s’intromise Arabella. «Non è vero?» detto ciò rivolse l’attenzione a Fred e George sbattendo le ciglia ripetutamente.

La giovane dalla pelle color caramello cominciò a flirtare un pochino con i due ragazzi ritrovandosi parecchio interessata alle loro invenzioni e ai loro scherzi e non si preoccupò minimamente delle reazioni negative delle altre ragazze. Le davano tutte l’impressione di essere abbastanza saccenti, soprattutto quella francese con i capelli castani. La bionda poi le sembrava avere un carattere forte, come lei, solo una delle due poteva prevalere e Arabella non aveva intenzione di perdere; in più quella ragazza non si era sforzata minimamente di nascondere il suo fastidio per le attenzioni che rivolgeva ai suoi amici e questo spinse la mezza turca a continuare a flirtare, soltanto per infastidirla ancor di più.

Elizabeth non disse nulla, ma dal suo sguardo duro si capiva bene che non apprezzava molto la ragazza, rivolse un’occhiata ai gemelli e sbuffò contrariata nell’accorgersi dei loro sorrisi appena accennati alle parole di quell’adulatrice. Si era promessa di essere gentile con gli studenti stranieri, ma Arabella metteva a dura prova la sua pazienza. Eris sembrava condividere questi pensieri perché dalla sua espressione si leggeva chiaramente l’antipatia che le suscitava quella ragazza, la quale condivideva con Fleur l’ego smisurato, cosa che, unita all’aria viziata e scortese, a Eris non piaceva per niente. 

«Che cos’è il C.R.E.P.A?» domandò la francese indicando le spille che Hermione ed Elizabeth indossavano.

Gli occhi di Hermione si illuminarono mentre Ron si lasciò scappare un «Oh no, questo no!», ma non servì ad evitare la fitta conversazione che iniziò tra le tre ragazze.

 


* * *

 

 

L’attenzione della maggior parte degli studenti di Durmstrang era stata catturata dal tavolo dei Serpeverde, infatti tra tutte le divise nere era possibile scorgerne molte color rosso scarlatto. Anche lo sguardo di quasi tutti gli altri ragazzi nella sala era stato rivolto a quel tavolo prima che venisse servita la cena, infatti Viktor Krum aveva deciso di sedersi proprio lì, scatenando le invidie delle altre Case di Hogwarts. Draco Malfoy, credendo forse che il suo nome (o quello di suo padre) giustificasse le sue azioni, si fece strada verso il Cercatore della Bulgaria e scostò malamente tutti quelli che stavano seduti nelle immediate vicinanze, trovando posto per sé e per i suoi due scagnozzi a fianco del giocatore. Jasper Berlin, seduto poco più in là, non aveva nascosto la sua espressione di disgusto davanti a tale scena, confermando quanto patetico trovasse quel ragazzo del quarto anno che faceva il nome del padre ogni qualvolta ne avesse occasione. Lo infastidiva non poco quel tono vezzoso con cui Draco adulava Krum rivelando poi di essere anch’egli un Cercatore, se fosse stato per Jasper il giovane Malfoy non si sarebbe nemmeno avvicinato al campo da Quidditch con una scopa sottobraccio, ma con una reputazione familiare come la sua (non era certo un segreto fossero noti contrabbandieri di manufatti magici), la sua parola non valeva nulla contro quella di Lucius Malfoy e preferiva certamente evitare ogni tipo di conflitto. Aveva perciò ritenuto opportuno voltarsi dalla parte opposta e cercare qualcun altro con cui conversare (anche Marcus si era accodato alla conversazione unilaterale di Draco e Jasper non voleva saperne nulla). Intorno a lui pullulava di studenti dalle divise rosse, ma sembravano tutti presi dal conversare con altri o guardarsi intorno studiando l’ambiente, i ragazzi di Durmstrang sembravano tutti molto meno socievoli degli altri, non ne aveva ancora sentito uno mormorare una parola in inglese e nessuno sembrava particolarmente interessato a fare nuove conoscenze. Jasper notò un ragazzotto preso nello squadrare qualche pietanza che non conosceva con il piatto quasi vuoto, fatta eccezione per un paio di salsicce.

«Black Pudding*, o Sanguinaccio, che dir si voglia.» disse Jasper indicando l'insaccato che il ragazzo di Durmstrang stava osservando confuso.

Atyliusz aveva seguito gli amici a quel tavolo giusto per non far circolare troppe voci, se Viktor Krum sedeva a quel tavolo lui non poteva certo seguire Otis da un’altra parte, aveva sentito girare qualche chiacchiera che li accusava di essere qualcosa di più che amici, ma aveva fatto in modo di convincere tutti del contrario. All’amico non interessava molto cosa pensasse la gente, ma Atyliusz non poteva rischiare che qualche strana informazione arrivasse al padre, certamente non gliel’avrebbe fatta passare liscia. La scuola inglese si era certo sforzata di mettere a proprio agio i suoi ospiti servendo specialità tipiche di ogni paese, ma nell’ampia scelta di piatti il ragazzo non riusciva a trovare niente che fosse di suo gusto. Non aveva interesse nel provare cose nuove, a dire il vero lo spaventava un po’ dover assaggiare cibi di dubbia origine, perciò si era affidato a pietanze semplici, come bistecche o salsicce, che non potevano certo essere troppo diverse da quelle che era abituato a mangiare.

«È come il Blutwurst*?» domandò incerto in un inglese abbastanza pessimo, ma non aveva il minimo interesse nell’impegnarsi per migliorare il suo accento.

«Che cos’è?» domandò il Serpeverde confuso.

Atyliusz non rispose e rinunciò ad esso prendendo un pezzo di carne e delle patate andando sul sicuro. Jasper storse il naso, ma non si offese, ormai aveva capito che gli studenti nord europei non erano molto amichevoli. Vide qualche ragazza osservarlo incuriosita e strizzò l’occhio con un sorriso.

«Qui ad Hogwarts è pieno di belle ragazze,» disse poi al biondo «Però nemmeno voi di Durmstrang e Beauxbatons scherzate. Credo di aver già fatto colpo su qualcuna.» si guardò intorno facendo qualche cenno amichevole e poi tornò a rivolgersi al ragazzo: «Sono certo che sei stato notato anche tu, non vedrai l’ora di trovarne una che cada ai tuoi piedi eh?»

Atyliusz rispose con uno sbuffo che pareva quasi un grugnito, non aveva certo intenzione di trovarsi un altro “amico” identico a quelli che aveva già, perciò decise che la conversazione era finita lì, sempre che così si potesse chiamare.

Jazmin si guardò intorno sconsolata, solo a lei potevano capitare certe cose: non solo aveva perso i suoi amici, ma era finita seduta da sola tra moltissimi studenti di Durmstrang e Hogwarts, ma nessuno di Beauxbatons. Non si era scoraggiata però, non aveva mai avuto difficoltà nel fare amicizia e non si era mai tirata indietro nel rivolgere la parola a qualcuno, ma aveva trovato un tavolo pieno di persone che di legare con lei non avevano alcuna intenzione. Almeno era riuscita ad assaggiare molte pietanze, tutte buonissime, ed era soddisfatta della sua cena. Osservò i piatti ancora colmi di cibo sparire sotto al suo sguardo e si illuminò quando vide una quantità spropositata di dolci prendere il loro posto, Hogwarts era piena di sorprese.

«Mi passeresti un po’ di Arroz con Leche*?» 

Jazmin guardò sbalordita la ragazza dagli occhi castani contornati da un leggero eye-liner marrone stupita che conoscesse il dolce galiziano, sorrise ammaliata dal leggero accento inglese con cui aveva pronunciato il nome e afferrò la ciotola passandolo alla ragazza.

«Conosci questo dolce?» domandò Jazmin facendo del suo meglio per nascondere l’accento spagnolo risultando un po’ impacciata.

Eden trovò il suo accento particolarmente carino, non aveva notato prima quella ragazza e le sembrava parecchio spaesata tutta sola, perciò decise di parlarle, soprattutto perché era molto interessata a saperne un po’ di più sulla sua cultura. Aveva viaggiato molto con la sua famiglia e aveva sempre cercato di immergersi il più possibile nella cultura locale, ma non era riuscita ad imparare tutto in un solo viaggio.

«Sì, sono stata a Ribadeo* qualche estate fa con la mia famiglia, ma non sono riuscita ad assaggiarlo prima di andare via.» spiegò Eden con un ampio sorriso beandosi di tutti gli sguardi invidiosi e interessati delle sue compagne di Casa «Tu non ne prendi?»

«Volevo assaggiare qualcosa di nuovo a dire il vero.» rispose Jazmin guardandosi intorno, era molto golosa e se avesse potuto avrebbe preso un po’ di tutto.

Jazmin si accorse di essere all’improvviso diventata oggetto di interesse da parte di alcuni studenti di Serpeverde che fino a poco prima avevano finto non fosse seduta tra loro. Fu grata alla ragazza che le aveva rivolto la parola perché finalmente qualcuno le prestava attenzione, sembrava che la giovane fosse parecchio popolare e questo sembrava essere molto conveniente a quella tavolata, tanto da portare Jazmin a domandarsi se fosse fondamentale per tutti gli studenti inglesi.

«Potresti provare un pezzo di Banoffee Pie*, oppure dello Sticky Toffee Pudding*, più tipicamente inglese di questi dolci non so cosa ci possa essere.» affermò Eden indicando con un movimento leggiadro le due torte. 

«Le proverò sicuramente!» assicurò la spagnola con un gran sorriso «Mi chiamo Jazmin.»

«Eden Hawthorn.»

Jazmin si servì senza farsi pregare e afferrò anche un paio di muffin presa dal momento, i suoi pensieri volsero a Marcel per un momento pensando al suo amore per questi dolci e pensò ad Eris che prima di andare a dormire avrebbe sicuramente sfogliato alcuni libri di cucina cercando la ricetta di qualche torta.



* * *

 

 

*In questo capitolo sono presenti moltissime pietanze tipiche o informazioni che potrebbero non essere familiari a tutti (confesso che anche io ho fatto parecchie ricerche per scriverlo) e perciò vi elenco qui qualche breve informazione per chiarire qualche punto:

  • Cottage Pie: anche conosciuto come Sheperd’s Pie è un pasticcio di carne ricoperto da purea di patate e formaggio.
  • Bouillabaisse: zuppa di pesce originaria della Provenza.
  • Black Pudding: insaccato di parti di maiale e sangue, conosciuto come Sanguinaccio.
  • Blutwurst: il corrispettivo tedesco del Black Pudding con qualche variante.
  • Arroz con Leche: dolce a base di riso cotto al latte aromatizzato con agrumi e cannella servito freddo.
  • Ribadeo: comune spagnolo della Galizia famoso per i fiordi e le coste, luoghi molto frequentati per le vacanze.
  • Banoffee Pie: dolce a base di banane, panna e toffee con una base di biscotti al burro.
  • Sticky Toffee Pudding: budino composto di pan di spagna umido e ricoperto di salsa al caramello.

Se ci fosse altro poco chiaro e che vorreste approfondire chiedete pure, provvederò a rispondervi al meglio.

 


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Salve a tutti!
Ho impiegato più tempo di quanto credessi nella stesura di questo capitolo, un po’ per permettere a tutti di rispondere alle mie domande, un po’ perché abbastanza complesso da scrivere, sto cercando però di riuscire ad essere costante negli aggiornamenti e pubblicare una volta a settimana circa. Spero di essere riuscita a dare a tutti lo stesso spazio, ma non è stato semplice poiché molti OC un po’ introversi o non predisposti alle nuove amicizie, anche se a mio parere rende il tutto più interessante! Spero comunque dai prossimi capitoli di riuscire a “fare un salto avanti” e poter entrare un po’ più nel vivo delle simpatie e delle antipatie. 

Come avevate intuito la scelta del colore era legata alle Case di Hogwarts, non sono stata brava a nascondere questa cosa, ma le prossime volte farò in modo di rendere il tutto meno prevedibile!

Mi scuso se le dinamiche in qualche punto possono sembrare poco chiare (soprattutto al tavolo dei Grifondoro in quanto i personaggi trattati in contemporanea erano molti) o per qualunque altra mancanza, ma non esitate a farmelo sapere se così fosse, cercherò di sistemare il capitolo per quanto possibile se risultasse confusionario (anche se personalmente spero di no perché è stata già dura buttarlo giù così xD).

Vi auguro una buona giornata.

A presto,

fran x

 

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Capitolo 7
*** Il Calice di Fuoco ***


Il Calice di Fuoco

 

Il Banchetto avvenuto la sera prima si era concluso lasciando molti studenti trepidanti dall’eccitazione, non solo Silente aveva presentato tutti i membri della giuria, ma oltre ad aver illustrato meglio tutte le regole, aveva presentato un oggetto che non aveva lasciato nessuno indifferente: il Calice di Fuoco. Questo meraviglioso e singolare manufatto avrebbe deciso chi fosse più degno di gareggiare nel Torneo Tremaghi. Ciò aveva affascinato tutti e la maggior parte degli studenti, per curiosità principalmente, quel sabato mattina si era riunita nella Sala d’Ingresso intorno ad esso. Era insolito che durante il weekend gli studenti si alzassero prima delle nove, infatti, non avendo lezione, ne approfittavano per dormire e riposarsi, ma quel giorno non era un giorno come gli altri.

Gli studenti di Durmstrang erano stati buttati giù dalle brande (quasi letteralmente), quando ancora il cielo era tinto di blu e il sole si mostrava timido all’orizzonte: Karkaroff voleva che fossero i primi ad inserire il loro nome nel Calice. Così li aveva messi in fila, come giovani soldatini, e ordinatamente avevano lasciato la nave per risalire la collina. Una volta raggiunto l’enorme portone della scuola avevano trovato il custode, tale signor Gazza, che spazzava l’area intorno al Calice con aria maniacale, evitando accuratamente anche solo di sfiorare, forse credendo che si potesse cancellare, la linea dorata dell’età che Silente aveva tracciato la sera prima. La squadra di Campioni di dispose in una nuova fila davanti al manufatto e uno alla volta superarono la linea lasciando cadere il foglietto con nome e scuola nelle fiamme blu.

Il turno di Atyliusz arrivò in fretta, forse troppo presto rispetto a quando il ragazzo fosse realmente pronto. Rivolse un’occhiata a Otis, che se ne stava vicino alla porta della Sala Grande libero da quel fardello, il moro gli rivolse un piccolo sorriso d’incoraggiamento e Atyliusz varcò la linea d’oro con passo deciso, lasciò il piccolo pezzo di pergamena e osservò le fiamme divenire rosso acceso mentre bruciavano la sua partecipazione, poi tornarono blu all’improvviso e il ragazzo si voltò, spostandosi da davanti al Calice, senza guardarsi indietro. Voleva partecipare al Torneo? Non ne era sicuro, non si era chiesto se lo volesse oppure no, perché sapeva che la risposta non sarebbe stata quella sperata. Non aveva tempo per pensarci, non poteva tirarsi indietro, mostrarsi debole e infangare il nome della famiglia tutto in una volta, se quel giorno sarebbe mai arrivato sapeva che suo padre non avrebbe permesso ne passassero altri. Non aveva molta scelta, un po’ per reputazione e un po’ per questo dovere opprimente, si ripeteva che forse accontentando il suo vecchio avrebbe ottenuto un po’ di libertà, era l’unico modo per non pentirsi della sua scelta.

Otis osservò l’amico camminare verso di lui, con sguardo basso, non gli serviva chiedere per sapere quale fosse il motivo di tale reazione. Anche lui era stato scelto per partecipare, ma non aveva voluto mettere il suo nome in quel Calice nemmeno per un secondo. Sapeva quanto fosse pericoloso e nemmeno sentirsi chiamare “disgustosi perdenti senza un briciolo di coraggio e onore” da parte del loro dolce preside sembrava averlo spinto ad agire. Certo erano in pochi ad aver avuto il coraggio di disubbidire a Karkaroff (si potevano contare sulle dita di una mano), ma nemmeno sotto minacce poteva obbligarli a partecipare, non erano a Durmstrang e lì il potere dell’uomo sembrava venire meno. 

Anche Arabella si era subito tirata indietro, cosa che aveva sorpreso chiunque, pensavano tutti che un’irresponsabile come lei non avrebbe esitato un secondo a lanciarsi su quel Calice sperando di essere chiamata. La sua famiglia era estremamente ricca e la gloria eterna valeva poco rispetto alla sua vita. La tentava? Parecchio. Se c’era una cosa che amava erano le sfide e questa era forse la più allettante sfida che le si fosse mai posta, ma era anche altrettanto pericolosa, forse era incosciente, ma non stupida e poi questo le permetteva di dedicare più tempo ai ragazzi, era una vincita su tutti i fronti.

«Kamenev sembra un condannato a morte.» commentò la ragazza mentre ravvivava i capelli con le mani, alcuni studenti di Hogwarts infatti iniziavano a scendere la grande scalinata.

Otis le rivolse una fugace occhiata e sospirò.

«Non tutti sono abbastanza scellerati da andare contro Karkaroff, o disubbidire al proprio padre.» rispose scrollando le spalle.

Arabella annuì distrattamente scrutando la fila dei suoi compagni di scuola, quanti di loro avevano deciso di partecipare di loro spontanea volontà? Molto pochi, molti genitori purosangue avrebbero ucciso il loro figlio per aver disonorato la famiglia in qualunque modo, diversamente dai suoi che con lei avevano rinunciato e si limitavano a chiuderla in camera sua.

«Abbastanza coraggiosi, vorrai dire.» lo corresse.

Otis non rispose, lo aveva sorpreso ritrovare la ragazza lì e non in fila con gli altri, ma non aveva fatto domande, non era da lui e poi era la conversazione più lunga che avessero mai avuto, non ci teneva a protrarla ancora per molto, sapeva che rimanere seria non era una prerogativa della Safiq.

Atyliusz raggiunse il gruppetto sulla soglia della Sala Grande e cercò di mostrarsi fiero della sua scelta, almeno per un momento. Una smorfia si dipinse sul suo volto quando vide Arabella e Otis insieme, ma una volta davanti all’amico si limitò a non rivolgerle nessun saluto.

«È la volta buona che ti trovi una ragazza che ti piaccia Kamenev!» gli disse la ragazza mostrandogli un sorriso innocente (che però su di lei non lo sembrava per niente) «Pensa quante ancora ne avrai ai tuoi piedi quando verrai scelto come Campione.»

Atyliusz non la guardò nemmeno e sbuffò sonoramente.

«Oh su Atyliussino, non essere così scontroso,» mormorò Arabella alzando gli occhi al cielo «Io e Krause stavamo persino parlando amichevolmente tra di noi, possiamo essere tutti amici.»

«Non storpiare così orrendamente il mio nome.» borbottò Atyliusz incamminandosi verso il tavolo della sera prima insieme a Otis.

Arabella alzò gli occhi al cielo e si mosse dalla parte opposta, verso il Calice, dove alcuni ragazzi si erano radunati a osservare gli ultimi studenti di Durmstrang inserire il loro nome.


 

* * *

 

Eden scendeva le scale con passo lento ed elegante osservando la calca di persone che stava intorno al manufatto magico senza staccare lo sguardo un momento da esso, come se potessero perdersi qualche evento eclatante. Qualcuno la urtò con grande foga e per un secondo pensò di cadere giù per le scale e finire a gambe all’aria davanti a tutti, quella si che sarebbe stata una gran figuraccia. Si appese al corrimano con entrambe le mani e osservò i tre Grifondoro che l’avevano urtata arrivare davanti alla folla riconoscendo i gemelli Weasley e il loro caro amico Lee Jordan. Un’altra persona le passò a fianco correndo per fermarsi qualche scalino più in giù e tornare indietro.

«Veloce Eden, questa non devi assolutamente perdertela!» le disse Elizabeth con grande entusiasmo mentre la prendeva per un braccio e la trascinava giù per le scale.

«Elizabeth per Merlino, rallenta!» pregò la Serpeverde cercando di tenere il passo, ma l’amica non l’ascoltava; non le chiese nemmeno perché avesse tutta quella fretta, sapeva che tanto era inutile ottenere una risposta.

Arrivarono in fondo alle scale in breve, ma la Grifondoro si fermò soltanto quando si trovò di fianco a Hermione Granger.

«L’hanno già presa?» domandò alla compagna di casa indicando con un cenno i ragazzi.

«In dormitorio credo.» rispose Hermione annuendo.

«Appena li ho visti sfrecciare giù per le scale non ho potuto fare a meno di inseguirli, sono sicura ci sarà da ridere.»

«Credi che funzionerà?»

«Assolutamente no, Silente non si fa imbrogliare così.»

Eden fece un colpo di tosse per attirare l’attenzione dell’amica e le rivolse un’occhiata eloquente.

«Hanno preso una Pozione Invecchiante, pensano di riuscire a superare la linea dell’età.» spiegò Elizabeth frettolosamente sorvolando sul racconto di come li aveva beccati a rubare dalle sue scorte di ingredienti.

Fred Weasley si fermò appena prima della linea circolare e iniziò a dondolarsi sulle punte dei piedi, sembrava quasi ci ripensasse e si rendesse conto di quanto la loro idea potesse essere fallimentare; tutti trattenevano il respiro mentre lo guardavano, chi con ammirazione e chi con sdegno, il ragazzo scacciò i pensieri negativi e con un gran sorriso fece un passo avanti. Per un istante il loro trucchetto sembrò aver funzionato e George seguì il fratello con un balzo sotto gli sguardi meravigliati dei presenti. Un forte sfrigolio ruppe il silenzio e i due Weasley volarono fuori dal cerchio, tre metri più in là, due lunghe barbe bianche apparvero sui loro visi e tutti, gemelli compresi, scoppiarono a ridere sonoramente. 

«Vi avevo avvertiti.» La voce divertita di Silente fece voltare tutti verso l’entrata della Sala Grande da dove il preside era appena uscito. «Suggerisco di raggiungere Madama Chips in infermeria. Questa mattina ha già avuto qualche studente di cui occuparsi, ma a nessuno sono spuntate delle barbe remotamente belle come le vostre.»

Elizabeth si avvicinò ai due insieme a Lee senza riuscire a smettere di ridere. Offrì una mano a George per alzarsi, Lee invece allungava la sua verso Fred, e con l’altra si coprì la bocca cercando di mettere a freno la ridarella.

«Mi dovete una burrobirra.» gli ricordò la ragazza tra una risata e l’altra. 

«Due poveri ragazzi iniziano male la giornata, il loro piano va in fumo e qual è la prima cosa che l’orgogliosa Lizzie fa, Fred? Viene a infierire.» si lamentò George gesticolando verso il fratello.

«E dici di essere nostra amica!» aggiunse Fred «Potresti anche rinunciare a tutta la faccenda per i tuoi bellissimi, brillanti e spassosissimi amici, e fare appello alla tua magnanimità, dico bene?»

«Neanche per sogno, una scommessa è una scommessa.» puntualizzò lei e li salutò avviandosi verso la Sala Grande.

 


* * *

 

 

Quando Madame Maxime aveva radunato i suoi studenti per andare ad inserire il loro nome nel Calice era già parecchio tardi, ma non era stata una scelta casuale, semplicemente voleva che tutti fossero lì a guardarli. Aveva programmato tutto nel minimo dettaglio, perciò non era stato semplice per Eris, Jazmin e Marcel allontanarsi dal gruppo e andare a fare colazione senza farsi notare. Nessuno dei tre avrebbe partecipato al torneo, perciò erano fuggiti in fretta per poter fare colazione e liberarsi il prima possibile per andare a cercare la biblioteca (o esplorare, per quanto riguardava Jazmin). 

«Sono già le dieci e mezza!» sbottò Eris mentre uscivano dalla Sala Grande assicurandosi di non incontrare Madame Maxime o qualcuno che potesse fare la spia (come Fleur Delacour che non vedeva l’ora di mettere Eris nei guai). «Fra qualche ora si pranza… appena arrivati alla biblioteca sarà già l’ora di tornare.»

«Su Eris abbiamo anche tutto il pomeriggio! E poi faremo prima a chiedere aiuto, sei d’accordo Marci?» Jazmin era sempre estremamente positiva, nulla avrebbe potuto rovinarle l’umore.

Marcel non aveva aperto bocca fino a quel momento, non era un gran chiacchierone, però era strano si comportasse così anche con loro. Il ragazzo impiegò un momento per rendersi conto che Jazmin gli aveva rivolto la parola, ma poi annuì distrattamente camminando con le mani in tasca e lo sguardo perso a studiare il pavimento. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo preoccupato, Jazmin aveva notato questo strano comportamento già durante la colazione, ma non aveva fatto domande pensando fosse solo stanchezza per il viaggio, però se anche Eris lo aveva notato allora doveva essere qualcosa di grave.

«Marcel, c’è qualcosa che non va?» domandò esitante la spagnola prendendo dolcemente il polso dell’amico per attirarne l’attenzione.

Marcel alzò lo sguardo da terra: «Devo parlarvi di una cosa.» mormorò guidando le amiche lontano dagli altri studenti.

Quello era certamente un comportamento bizzarro per il ragazzo, l’avevano visto comportarsi così una sola volta ed era stato quando aveva confessato loro il suo più grande segreto, perciò le due immaginarono fosse qualcosa di altrettanto grosso. 

«Ho messo il mio nome nel Calice di Fuoco ieri sera…» sussurrò talmente piano che entrambe pensarono di aver capito male, o ci speravano almeno.

«¿Cómo?*» domandò Jazmin talmente sconvolta che non riuscì a trattenere lo spagnolo. «¿Estas loco?*»

Marcel scosse la testa e ripeté quello che aveva appena detto un po’ incerto, Eris se ne stava in silenzio con lo sguardo vuoto rivolto verso il muro, mentre Jazmin non aveva niente da dire, il che era estremamente strano.

«Marcel Lefevre, cosa diavolo stavi pensando quando hai agito così sconsideratamente!» lo sgridò Eris dopo una pausa fin troppo lunga «I soldi non ti servono e la gloria? Pensavo non ti importasse di quello che pensano gli altri!»

Dire che Eris fosse arrabbiata era un eufemismo: Eris era furiosa, Marcel sapeva che parlava così solo per preoccupazione, ma non era certo facile riuscire a ragionare con lei quando si lasciava prendere dalle emozioni in tal modo.  

«Infatti non mi importa di quello che gli altri pensano.» rispose con calma cercando di non far innervosire ulteriormente l’amica. «Non è una gran cosa, davvero… non mi sceglieranno, perciò non c’è motivo di preoccuparsi.» 

«Questo non lo puoi sapere!» Eris non sembrava essere per niente rassicurata e credeva che l’amico prendesse la cosa molto più alla leggera di quanto dovesse «Être con comme un balai Marci!*» e detto questo se ne andò, ancora non sapeva dove, ma non poteva rimanere lì.

Jazmin aveva osservato la scena in silenzio, non poteva sopportare di vedere i suoi più cari amici litigare in quel modo e per un secondo pensò di rincorrere Eris per sistemare le cose.

«Lasciala sola.» le disse Marcel, ferito e anche dispiaciuto «Lo sai meglio di me che vuole stare da sola quando deve calmarsi.»

Jazmin annuì sconsolata e osservò il ragazzo che si avviava dalla parte opposta, anche lui voleva stare da solo e lo sapeva benissimo, ma le pesava non poter fare nulla per sistemare le cose.

 

 

* * *

 

 

Eden salutò Elizabeth prima delle scale, la Grifondoro aveva delle cose da fare e doveva tornare in Sala Comune, mentre lei aveva intenzione di passare in biblioteca per prendere in prestito un libro sui più famosi pozionisti del Quattordicesimo secolo per aggiungere qualche fronzolo alla sua ricerca sui Veleni, che sembravano essere di comune uso in quel periodo storico per curare alcune malattie, come il Vaiolo di Drago. Le due infatti erano appena state in Infermeria a portare un paio di Scones ai gemelli Weasley per tirarli un po’ su di morale visto il fallimento del loro piano per partecipare al Torneo. I due fratelli si erano mostrati particolarmente felici della colazione a letto e le avevano dilettate con numerose battute sulle lunghe barbe bianche che il cerchio dell’età aveva lasciato loro come souvenir. Eden si era sempre divertita a punzecchiare i gemelli e avendo fatto amicizia con Elizabeth si era sempre trovata a passare molto tempo in loro compagnia, perciò aveva imparato a metterli a tacere scherzosamente. Fred e George non erano particolarmente felici che il loro piano non avesse funzionato, i soldi gli servivano per aprire il loro personale negozio di scherzi e in più la loro tentazione di infrangere le regole era sempre elevatissima. Li avevano dovuti salutare poco dopo perché Madama Chips le aveva sbattute fuori dall’infermeria insieme ad altri tre studenti «Tutti questi studenti che girano qui dentro come se ci fosse una festa, siete in infermeria per l’amor del cielo! Fuori!» aveva detto mentre li spingeva verso l’uscita.

Mentre camminava lungo un corridoio un ragazzotto, molto più alto e grosso di lei, le andò contro facendole perdere l’equilibrio ed Eden si ritrovò a terra con la gonna sgualcita e piena di polvere.

Atyliusz si era fatto indicare da Viktor Krum dove fosse il bagno, infatti lo aveva incontrato poco prima che raccontava ad alcuni amici di essersi perso poiché quella scuola, non solo era grande, ma aveva delle scale stregate che sembravano avere una personalità tutta loro e amavano cambiare posizione di tanto in tanto. Perciò seguendo le istruzione del bulgaro era riuscito a raggiungere il luogo tanto agognato, ma quando era tornato indietro le scale che aveva percorso poco prima erano misteriosamente scomparse e l’idea migliore che gli fosse venuta era stata quella di girare senza meta sperando di tornare indietro senza problemi, se avesse aspettato lì le scale dopo un po’ sarebbero tornate al loro posto, ma il ragazzo ancora non poteva saperlo.

Atyliusz allungò la mano verso la ragazza che la prese riluttante e rivolgendogli un’occhiataccia, perciò le diede una mano ad alzarsi. Eden si spolverò la gonna e la risistemò per poi tirare fuori da una tasca dell’uniforme uno specchietto e controllare il suo aspetto. Lisciò meglio i capelli con la mano e poi aggiustò la molletta che era appartenuta a sua nonna (sopra c’era un fiore di ciliegio stregato perché non appassisse mai e che brillava come se fosse fatto di diamanti). Si accorse che il ragazzo di Durmstrang era ancora lì e la guardava un po’ confuso.

«Dovresti stare più attento,» gli disse lei mentre chiudeva lo specchietto con un sonoro clic «Non puoi andartene in giro con la testa tra le nuvole e buttare a terra le persone.»

«Sei molto bassa e non ti avevo vista.» spiegò Atyliusz con tono calmo, non si rendeva conto che quel commento non era propriamente cortese, ma non cercava di offenderla.

«Non è una buona scusante e non è per niente gentile.» il tono di Eden era composto, ma c’era un velo di veleno nelle sue parole, d’altronde quel ragazzo non si era nemmeno scusato con lei e non sembrava avere alcuna intenzione di farlo.

Eden trovò il ragazzo molto scortese, ma nemmeno Atyliusz sembrò apprezzare particolarmente la ragazza: gli ricordava quelle studentesse di Durmstrang molto viziate e frivole che pensavano tutto fosse loro dovuto. La Serpeverde gli rivolse un’ultima occhiata con il mento alto e se ne andò, con passo deciso, lasciando il giovane perso per i corridoi di Hogwarts.

 

 

* * *

 

 

La notizia che Cedric Bambolo Diggory avesse inserito il suo nome nel Calice aveva fatto il giro di Hogwarts in una mattinata scarsa e, esclusi tutti i Tassorosso che speravano il ragazzo venisse scelto, il resto della popolazione maschile della scuola non sembrava essere particolarmente contenta della remota possibilità che il ragazzo potesse essere il Campione di Hogwarts. Jasper faceva parte di questo gruppo di persone, il Tassorosso non gli era mai stato particolarmente simpatico (e la simpatia era ricambiata), perciò sperava vivamente che scegliessero chiunque altro, anche quella peperina della Johnson andava bene. Dopo pranzo aveva deciso di farsi un giro nel grande parco per vedere più da vicino la nave di Durmstrang che l’aveva subito attirato per la maestosità. Mentre camminava notò una figura esile seduta ai piedi di un albero e si avvicinò ad essa con un bel sorriso.

«Bonjour Mademoiselle.*» salutò in un pessimo francese sperando di riuscire a strapparle almeno un sorriso, le ragazze di Beauxbatons sembravano tutte particolarmente snob, ma erano anche molto carine.

Jazmin, rimasta da sola, aveva pranzato malvolentieri e si era rattristata ulteriormente quando aveva notato che né Eris, né Marcel erano venuti a pranzo, si sentiva molto sola e la faceva soffrire la situazione che si era creata tra loro, perciò aveva deciso di uscire e osservare lo splendido lago del parco per tirarsi su il morale. Sorrise al bel ragazzo inglese che si era avvicinato a lei, un po’ perché trovo carino il tentativo di usare il francese e un po’ perché la sua pronuncia era assolutamente pessima.

«Sono spagnola, a dire il vero.» 

Jasper se ne accorse anche dal marcato accento che sporcava il suo inglese rendendolo molto attraente e si sedette di fronte a lei.

«Temo di non conoscere lo spagnolo.» disse scrollando le spalle «Ma nemmeno il francese: bonjour è tutto ciò che so.»

«In spagnolo si dice buenos días Señorita.*» rispose lei divertita.

«Buenos días Señorita, mi chiamo Jasper.» il ragazzo allungò la mano verso di lei e quando Jazmin l’afferrò le fece il baciamano.

«Jazmin.» la ragazza arrossì tremendamente, non era abituata a questo modo di fare espansivo e galante e in più era un disastro con i ragazzi (cosa che avrebbe sorpreso chiunque vista la bravura a dare consigli di cuore).

Jasper sorrise sinceramente all’imbarazzo della spagnola rivelando due fossette, che unite agli occhi grigio-verdi e al suo aspetto, riuscivano sempre a conquistare tutte le ragazze.

«Come si dice in spagnolo “sei molto carina”?»

Jazmin sembrò aver perso la facoltà di parola per un momento, cosa alquanto improbabile per una come lei, ma si riprese e gli rispose con voce tremolante, ridendo poi per l’adorabile modo di pronunciare lo spagnolo del ragazzo, che tentava goffamente di nascondere l’accento inglese e suonava un po’ come lei quando lo faceva con il suo.

Jasper trovava la ragazza molto simpatica e si divertita a ripetere quelle difficili frasi spagnole, le due lingue erano estremamente diverse e i suoni che la ragazza gli insegnava non erano semplici da emulare. Lo divertiva particolarmente il fatto che Jazmin posponesse un e ad ogni parola che cominciava per s, doveva essere la norma in Spagna, si disse.

Il sole cominciava a calare, segno che a breve ci sarebbe stato il Banchetto di Halloween e Jasper non era ancora riuscito a vedere la nave di Durmstrang.

Si alzò all’improvviso e domandò: «Voglio vedere da vicino la nave di Durmstrang,» indicò la figura scura sulla sponda del lago «Hai voglia di venire?»



* * *

 

 

*Traduzione frasi segnalate dall’asterisco (alcune sono estremamente banali, ma almeno così nessuno dovrà andare a cercarsi le traduzioni).

  • ¿Cómo? = Come?
  • ¿Estas loco? = Sei impazzito?
  • Être con comme un balai Marci! = lett. Sei stupido come una scopa Marci! (Sembra non avere senso, ma è un modo di dire francese che viene usato per dare dell’idiota a qualcuno.)
  • Bonjour Mademoiselle / Buenos días Señorita = Buongiorno Signorina 

 


* * *

* * *

* * *


 

Eccomi qui, in ritardo rispetto al solito, con un nuovo capitolo.
La mole di studio è elevata e si vede: non ho avuto molto tempo per scrivere un capitolo soddisfacente, questo ci arriva molto vicino, ma non mi soddisfa appieno, spero però che vi piaccia ugualmente, ho cercato di dedicare a tutti lo stesso spazio!

Detto ciò vi saluto e torno a studiare,

fran x

 

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Capitolo 8
*** I Campioni ***


I Campioni

 

Otis aveva sentito da alcuni studenti di Durmstrang che, girando per il castello, erano finiti in un lungo corridoio pieno zeppo di splendide e imponenti armature. Era rimasto parecchio incuriosito da questo racconto e non vedeva l’ora di poterle vedere da vicino, perciò, dopo la colazione, aveva deciso di andare alla ricerca di questo luogo. Salito al primo piano girò un po’ a vuoto, armature ancora non ce n’erano all’orizzonte, ma capitò in un bellissimo corridoio le cui pareti erano ricoperte di splendidi arazzi, probabilmente risalenti almeno all’epoca medievale, e si fermò davanti ad essi a osservarli. Ogni arazzo raccontava la storia di un grande mago, Otis si stupì nello scoprire che non erano tutti inglesi, alcuni erano anche ex studenti di Durmstrang. Si avvicinò ad uno di questi in particolare quando nel suo raggio visivo comparve una figura che camminava con passo svelto e lo sguardo basso.

Eris era furibonda, come poteva Marcel non capire quanto pericoloso potesse essere partecipare a quello stupido torneo? I concorrenti potevano anche morire! Era scappata via dagli amici, ricacciando a forza indietro le lacrime, in quelle situazioni aveva estremo bisogno di starsene da sola, doveva calmarsi e riflettere a quello che Marcel aveva fatto, sapeva che il suo giudizio sul momento era condizionato dai sentimenti e ciò poteva trarla in inganno. Si era sentita ferita, perché l’amico non gliene aveva parlato prima? Né lei, né Marcel erano quel tipo di persona che si confida spesso, ma quando si trattava di questioni importanti non avevano segreti. Non riusciva a trovare una singola ragione per cui potesse valere la pena rischiare così tanto: all’amico non importavano riconoscimento e gloria, inoltre il padre di Marcel era un ricco mago purosangue, di certo i soldi non mancavano, dubitava anche che il Signor Lefevre avesse potuto costringere il figlio a compiere questo gesto, ma si chiese se forse non fosse proprio l’illustre uomo la ragione per cui il ragazzo aveva deciso di lanciarsi in quest’avventura. Marcel non parlava mai di suo padre, nemmeno con Eris e Jazmin, ma le due erano riuscite a cavargli qualche informazione o perlomeno avevano intuito qualcosa da sole. 

Per il nervosismo Eris aveva preso a camminare con foga senza una meta precisa, forse ciò l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee, o almeno a scaricare il nervosismo. Aveva salito e sceso scale, percorso tortuosi corridoi, fino a trovarsi nel più affascinante che avesse mai visto, anche se in quell’occasione non era nelle condizioni di apprezzare arazzi così belli. Quasi non aveva visto il ragazzo in piedi davanti ad uno di essi, ma non se ne preoccupò, non aveva molta voglia di parlare con qualcuno.

Otis seguì la figura con lo sguardo mentre si avvicinava, era una ragazza esile, dalla pelle molto chiara e con due occhi castano-verdi che risultavano ancor più belli con quel velo lucido che li ricopriva, il ragazzo si accorse però di quanto essi fossero gonfi e di come il trucco era colato, segno che la ragazza doveva aver pianto. Non era socievole, ma non poteva certo ignorare una giovane con un’aria così ferita e triste, si sentiva in sintonia con lei, anche lui era stato ferito e sapeva quanto potesse far male, ma sperò che il motivo di dolore della ragazza fosse differente dal suo. 

«Tutto bene?» chiese quando la francese gli passò a fianco senza incrociare il suo sguardo.

Eris non rispose, sentiva gli occhi pizzicare, era riuscita a calmare il pianto, ma quella semplice domanda sembrava averla riportata indietro alla situazione precedente. 

A Otis bastò osservare la sua espressione per ottenere una risposta, avrebbe voluto chiederle se voleva parlarne, ma gli sembrò inappropriato, non si erano mai visti prima, perciò indicò uno degli arazzi e con un sorriso disse: «Nicolas Flamel… Era francese, non è così?»


 

* * *

 

Elizabeth si era chiusa in Sala Comune e, come aveva fatto tante volte insieme a Hermione Granger, aveva preso possesso del grande tavolo in legno su cui aveva sparpagliato tutti i suoi libri. Per la settimana che stava arrivando aveva parecchi compiti da svolgere e con tutto il trambusto che c’era stato nella scuola in quegli ultimi giorni non era riuscita a combinare molto, perciò aveva approfittato della tranquillità della Sala Comune per prendersi avanti. Tante volte aveva accettato di buon grado l’invito della compagna di Casa a svolgere le attività assegnate insieme, ma quel giorno l’amica era andata a trovare Hagrid, il guardiacaccia, con Harry Potter e Ron Weasley, perciò non poteva contare sulla sua compagnia. Hermione era un anno indietro rispetto ad Elizabeth, ma era estremamente brillante e sapeva così tante cose che si rivelava sempre un’ottima compagna di studio; Elizabeth invece, essendo di un anno più grande, le forniva informazioni che lei non aveva ancora potuto affrontare a lezione. Però quel sabato, il giorno di Halloween, nemmeno Hermione si era messa a studiare, ma lei, a differenza di Elizabeth, non aveva i G.U.F.O. proprio quell’anno. La Grifondoro stava sfogliando con sguardo corrucciato un libro di Storia della Magia non trovando le informazioni che la servivano, decise perciò di concedersi una pausa per raggiungere la biblioteca e ricercare le informazioni in un altro libro: voleva concludere quel benedetto elaborato assolutamente prima del Banchetto.

Marcel, ancora scombussolato e ferito dal litigio con una delle sue più care amiche, sapeva che l’unico modo per non pensarci era immergersi tra le pagine di un libro, dove i suoi problemi sembravano essere così lontani da sparire. Per fortuna aveva chiesto ad Hannah, la ragazza che aveva conosciuto al Banchetto di Benvenuto, le indicazioni per raggiungere la biblioteca (ci teneva a visitarla insieme ad Eris e al pensiero l’amica gli mancò molto), anche se non era sicuro di riuscire ad orientarsi nei lunghi corridoi che sembravano tutti uguali. Dopo quella che sembrò un’eternità riuscì finalmente a trovare la tanto agognata stanza e prese a girare tra gli enormi scaffali polverosi ammaliato dalla grande quantità di libri che quella biblioteca possedeva. Abbassò lo sguardo per un secondo, giusto per vedere di sfuggita un’enorme pila di libri che dopo qualche secondo si scontrò contro di lui.

«Oh santo Godric, ti chiedo scusa!» si scusò frettolosamente una ragazza bionda mentre si apprestava a raccogliere tutti i libri che dopo lo scontro erano finiti a terra «Madama Pince mi ucciderà, lo so.»

Marcel osservò confuso la ragazza che con tanta foga raccattava e controllava di non aver rovinato nessuno dei tomi che pochi secondi prima teneva stretti tra le braccia e, superato il momento di smarrimento, prese da terra qualche libro.

«Grazie molte, ehm, nella tua lingua credo sia mercy, o merce… non ricordo bene, eppure Eden me lo aveva detto ieri.»  farfugliò Elizabeth arrossendo lievemente, non sapeva molto di francese, alle scuole babbane le avevano insegnato un po’ di tedesco (di cui comunque ricordava molto poco), ma non sembrava la lingua adatta all’occasione.

«Merci.» la corresse il francese educatamente. 

«Merci, esatto!» s’illuminò la Grifondoro «Cioè, ovvio che è esatto, non dubito tu conosca la tua lingua, sia chiaro.» Marcel sorrise leggermente «Hai bisogno di aiuto per caso? Mi sembri un po’ disorientato e in più questa biblioteca è immensa.»

Il francese scosse la testa, non cercava nulla in particolare. «Dove li metto questi?»

La ragazza gli chiese di seguirlo e insieme posarono i libri su un tavolo scuro dall’aria antica, Marcel lesse i titoli di sfuggita, non capiva tutte le parole, ma gli parve di intuire che si parlasse di rivolte, rivoluzioni o qualcosa di simile, la ragazza era forse appassionata di storia?

«Sono tanti libri, per essere letture di piacere.» osservò, non doveva suonare né come una critica o altro, era semplicemente un’osservazione.

«Ah no, devo scrivere un elaborato per Storia della Magia.» spiegò Elizabeth mentre cominciava a sfogliare le pagine di uno di questi.

«Che cosa stiamo cercando?» domandò Marcel mentre scorreva il dito lungo l’indice di un libro chiamato “Tra Artemisia, Pugnaccio e Sanguinose Rivolte”.

 


* * *

 

 

Quando Jasper le aveva domandato di accompagnarlo a vedere la nave di Durmstrang Jazmin si era sentita lusingata, ma come non esserlo davanti a un ragazzo così bello? E poi aveva passato un bellissimo pomeriggio con il Serpeverde, quasi si era dimenticata del litigio, inoltre anche lei era molto incuriosita da quella barca, ma soprattutto dal grande lago in cui, da quanto le aveva detto Eris, si trovava una Piovra gigante. Non aveva esitato ad annuire e nemmeno quando Jasper le aveva offerto la mano per aiutarla ad alzarsi, certo era arrossita un po’, ma trovava quel ragazzo estremamente gentile. 

Jasper non aveva mai conosciuto una ragazza così espansiva e amichevole che non lo tenesse a distanza per paura di diventare l’ennesima “preda” lasciata dopo poco per noia. Forse dipendeva anche dal fatto che lei non lo conosceva per niente e non sapeva della sua reputazione, ma questo era poco importante. 

Così si avviarono parlottando tra loro verso la sponda del lago, vista da vicino la nave era ancora più grande di quanto sembrasse dalla cima della collina e anche molto più tetra. Jazmin rabbrividì, le metteva una certa angoscia, sembrava così cupa, era lontanissima dall’eleganza e dalla bellezza della loro immensa carrozza, avrebbe dovuto mostrarla a Jasper, sicuramente gli sarebbe piaciuta, si disse. Al ragazzo invece la nave piacque parecchio, quel qualcosa di oscuro lo intrigava: era capitato svariate volte che suo padre riportasse a casa qualche manufatto magico di dubbia provenienza e quelli più misteriosi e interessanti rivelavano spesso una natura oscura. Aveva sentito che a Durmstrang insegnavano anche la Magia Nera e si chiese se anche la nave non nascondesse qualche incanto pericoloso.

«Hai freddo?» domandò alla giovane vedendola rabbrividire.

Jazmin scosse la testa «Mi dà solo una brutta impressione, non mi sento a mio agio.» rispose abbassando lo sguardo, si vergognava un po’, non voleva sembrare impaurita, ma non poteva nascondere il senso di inquietudine che quella nave le trasmetteva.

Arabella aveva parlato (forse dire flirtato era più appropriato come termine) per tutta la giornata con dei ragazzi inglesi ottenendo più inviti per la cena, non aveva voluto rispondere a nessuna delle loro richieste: le piaceva lasciarli con il dubbio e in più aveva già adocchiato un ragazzo che spiccava per bellezza tra gli altri e voleva assolutamente sedersi al suo tavolo. Aveva perciò salutato gli inglesi con un bacio volante per poi tornare nella sua cabina per indossare qualcosa di più accattivante. Uscì dalla nave avvolta nel suo mantello di pelliccia, aveva deciso di prenderlo all’ultimo e si era rivelata una scelta vincente: tirava un forte vento e lei aveva addosso della stoffa troppo leggera per non congelarsi, chissà poi quanto freddo sarebbe stato a notte inoltrata. Adocchiò una coppia di studenti davanti alla nave intenti ad ammirarla e si avvicinò ai due. Il ragazzo stava rivolgendo un gran sorriso alla ragazza castana che era avvolta in un mantello azzurrino sotto al quale si stringeva mentre ridacchiava forse per qualcosa che il giovane le aveva detto. 

«Non pensavo che questa orrenda barchetta potesse essere adatta a un appuntamento.» commentò con tono un po’ schifato rivolgendo un’occhiataccia alle fattezze minacciose della nave.

«La trovo estremamente interessante a dire il vero.» borbottò Jasper che ammirava le vele e le funi del battello.

Arabella guardò sorpresa il Serpeverde notando solo in quel momento quanto fosse attraente, non si stupiva che fosse accompagnato da una ragazza. 

«È un vero peccato che tu sia già occupato,» aggiunse poi appoggiando con decisione una mano sul braccio del ragazzo «Te lo sei scelto proprio bene dolcezza.» si rivolse a Jazmin con una punta di invidia.

«N-non stiamo insieme!» si affrettò a chiarire la spagnola arrossendo ancor di più nascondendo un po’ il viso nel mantello.

«Oh beh, questa è sicuramente una buona notizia, grazie Spagnolina.» esclamò la mezza turca. «Sono Arabella.» strizzò l’occhio a Jasper e dopo aver fatto un cenno a Jazmin iniziò a risalire la collina.

 

 

* * *

 

 

Era già da qualche tempo che la scuola era addobbata per l’occasione, Halloween era una festività presa molto a cuore nei paesi anglosassoni e perciò le decorazioni dovevano essere meravigliose (anche perché era fondamentale stupire i propri ospiti). La Sala Grande però era stata esclusa da questa assidua corsa al decoro, sembrava quasi fuori posto, tutto il castello ospitava festoni, ragnatele e ragni finti (che facevano rabbrividire Ron Weasley ogni volta che ci passava vicino), ma quella stanza era semplicemente vuota. Certo per l’arrivo degli studenti stranieri era stata abbellita a dovere, erano stati appesi degli stemmi per ogni casa e quello della scuola, ma nulla che avesse a che vedere con la festività in arrivo. Quando però gli studenti fecero il loro ingresso nella Sala Grande per la cena essa sembrava essere totalmente cambiata: c’erano decorazioni in ogni angolo (molto più belle di quelle che si trovavano per il resto della scuola), candele dappertutto, che illuminavano la Sala con una luce fioca, e il Calice di Fuoco proprio davanti a Silente, che continuava a bruciare indisturbato. Il Banchetto era estremamente ricco, ma molti studenti mangiarono molto poco, essendo il secondo convivio in due giorni, o, come alcuni, per la trepidazione con cui attendevano il fatidico momento dell’estrazione dei Campioni.

Eris aveva a malapena toccato cibo, era molto preoccupata, se fosse uscito il nome di Marcel? Aveva deciso di sedersi a un tavolo diverso quella sera, non aveva molta voglia di chiacchierare, per qualche tempo era riuscita a distrarsi e aveva parlato amabilmente con Otis, il ragazzo di Durmstrang che aveva incontrato quella mattina, ma quando si era trovata di nuovo sola il peso del litigio era tornato a schiacciarla. 

Poco più in là Eden stava mangiando attenta a non rovinare il suo trucco fatto apposta per l’occasione e arricchito da una bella spilla in oro, appuntata al maglione, a forma di ragno, che aveva incantato poco prima affinché si muovesse. Si guardò intorno, vedendo Jasper Berlin strizzare l’occhio a qualche ragazza, alzò gli occhi al cielo in un primo momento, ma poi si accorse di conoscere la povera malcapitata. Aveva notato il ragazzo arrivare in ritardo al Banchetto insieme a qualcuna, non aveva capito subito si trattasse di lei, ma in quel momento collegò gli eventi e rivolse un’occhiataccia al ragazzo del settimo anno. 

«Berlin.» sibilò la Serpeverde facendo voltare non solo lui, ma anche tutti quelli che le stavano intorno.

Jasper riconobbe subito la voce di una delle ragazze per cui provava meno simpatia in assoluto e si voltò controvoglia scrutandola con sguardo interrogativo.

«Si può sapere perché devi sempre scegliere le tue prede tra le persone che trovo simpatiche? Con tutte le ragazze che ci sono sembra tu scelga sempre quella sbagliata.»

«Ti vanti tanto della tua antipatia per quelli come me, eppure sembra tu mi sia sempre tra i piedi.» la provocò Jasper con un sorriso furbo.

«Lascia stare Jazmin, è una ragazza così dolce, non ti permetto di farne un tuo giocattolo.» 

Era strano che si lasciasse coinvolgere a tal punto da una persona che conosceva da poco, ma la spagnola le era parsa così genuina e gentile e, a differenza di Elizabeth che sapeva difendersi da sé, sentiva che si sarebbe lasciata ammaliare dal Serpeverde e ne sarebbe rimasta ferita.

Eris non stava seguendo il dialogo, non amava farsi gli affari altrui, almeno fino a quando non aveva sentito il nome della sua migliore amica uscire dalla bocca della ragazza biondiccio-castana. 

«Hawthorn, non devo dare conto a te delle persone con cui passo il tempo, ma questo mi pareva di avertelo già detto. Forse i tuoi ti hanno fatto credere che tutto giri intorno a te, ma nel mondo reale non funziona così.» Jasper iniziava a non sopportare più quella ragazzina ricca e viziata (come era solito soprannominarla), avevano sempre avuto i loro attriti, ma in quell’ultimo periodo sembrava voler interferire nella sua vita più del dovuto.

Eris si stupì del tono scortese con cui il giovane aveva affrontato la ragazza, ma da un lato le sembrò quasi legittimo vista l’ingerenza della Serpeverde nella sua vita privata, anche se avrebbe voluto saperne di più su questo misterioso ragazzo che a quanto pareva era stato a lungo con la sua migliore amica.

«Conoscete Jazmin? Jazmin Alai Suarez?» chiese stupita ai due, senza curarsi di essersi intromessa in una discussione privata.

«Non conosco il suo cognome.» borbottò Eden squadrando la francesina, non era abituata ad avere persone che le rivolgessero la parola così scortesemente senza nemmeno presentarsi, non poteva sapere che la giovane Bonnet non era solita comportarsi in tal modo e faceva così solo viste le circostanze «Anche se non penso ci siano molte ragazze che si chiamano così nel vostro gruppo.»

Eris si prese un momento per guardare la ragazza e notò che la giovane inglese assomigliava così tanto per portamento a una piccola aristocratica e quell’aria di sufficienza le ricordava terribilmente la sua sorellina minore Ebe, la piccolina viziata di casa, a cui tutto era dovuto. In un momento le tornò in mente il racconto dell’amica spagnola della prima cena e pensò che la misteriosa ragazza doveva essere quella che Jazmin aveva trovato molto simpatica, anche se a primo impatto Eris la trovò solo arrogante.

«Sei Eden? Jazmin mi ha parlato molto di te.» disse sfoggiando il suo miglior sorriso di cortesia.

«Eden Hawthorn.» la corresse marcando il cognome, mettendo in chiaro la sua volontà di non trattarsi come amiche del cuore; però non nascose l’orgoglio, se c’era una cosa positiva in quella situazione era che anche all’interno del gruppo francese iniziavano a conoscerla.

«Non badare a questa ragazzina impicciona.» per la prima volta il ragazzo inglese prese parola e le porse la mano educatamente «Jasper Berlin al suo servizio Mademoiselle.» 

«Eris Renèe Bonnet.» si presentò lei apprezzando la gentilezza del ragazzo, ma allo stesso tempo a riconoscendo subito il modo di fare della Delacour con i ragazzi.

Eden alzò gli occhi al cielo indignata, ma almeno se il Serpeverde avesse cambiato le sue mire non avrebbe infastidito le sue amiche.

 

 

* * *

 

 

Al tavolo rosso-oro l’atmosfera era certamente più leggera, tutti sembravano essere impazienti di sapere chi fossero i Campioni (gemelli Weasley compresi, che sembravano aver preso bene la delusione) e l’impazienza era sentimento condiviso da molti. Elizabeth mangiava lentamente con poco interesse, sua madre le avrebbe sicuramente detto che “mangiava come un uccellino”, lo faceva sempre d’altronde: agli eventi di famiglia c’era così tanto cibo da farle venire la nausea e il confronto costante con la sua sorellina di sette anni, Rachel, che mangiava tanto quanto Ron Weasley, la faceva sempre sentire costretta a mangiare di più di quanto potesse digerire. Il Banchetto del giorno prima era stato più che sufficiente per il suo piccolo stomaco e l’agitazione per la selezione dei Campioni le avevano completamente tolto l’appetito. 

«Ma quanto ci mette il vecchio a finire di mangiare?» borbottò spazientito Fred.

«Non chiamare Silente così, è irrispettoso.» lo sgridò Elizabeth dandogli una gomitata.

«Non c’è bisogno di essere violenti Lizzie.» sorrise George in risposta all’occhiataccia dell’amica.

Jazmin ridacchiò osservando i tre ragazzi inglesi litigare scherzosamente tra loro e la cosa la rattristò, i suoi due amici non li vedeva dalla colazione ed era leggermente preoccupata per loro. Jasper (nel pensarlo quasi le sfuggì un sospiro) le aveva sicuramente fatto dimenticare per qualche momento i litigi, ma sentiva che se da quel Calice maledetto fosse uscito il nome di Marcel allora forse la situazione sarebbe precipitata inevitabilmente. Si accorse solo dopo che i ragazzi inglesi l’avevano notata ridacchiare e perciò decise di presentarsi ai tre Grifondoro. 

«¡Qué casualidad!* Ho già sentito questi nomi, è come se vi conoscessi già.» commentò la spagnola pensosa, era certa di averli già sentiti, ma non sapeva da chi. «Oh, ma anche voi siete stranieri! Sono Jazmin, di Beauxbatons!» esclamò con un grosso sorriso dopo aver notato due ragazzi dalle divise scarlatte seduti lì vicino.

Otis e Atyliusz rivolsero un’occhiata sorpresa alla spagnola, increduli di essere stati presi in causa e il primo si affrettò a nascondere il sorriso quasi di adorazione rivolto alle due ragazze che avevano attirato la sua attenzione. Atyliusz aveva proposto all’amico di mangiare insieme quella sera senza un motivo particolare, ma Otis sapeva che il biondo lo voleva accanto nel momento in cui avrebbero scelto i Campioni, anche se non voleva ammetterlo avrebbe avuto bisogno del supporto di Otis se fosse uscito il suo nome. 

«Sono Otis.» rispose il mezzo tedesco leggermente in imbarazzo.

«Atyliusz.» si limitò a borbottare il russo per educazione, anche se era talmente teso da non aver nessuna voglia di chiacchierare o fare amicizia.

«Tu eri seduto al mio stesso tavolo ieri, che coincidenza, sembra che ci si rincorra eh?» il sorriso di Jazmin si allargò mentre guardava Atyliusz.

Il ragazzotto annuì, senza dire nulla, in situazione normale non sarebbe stato un gran chiacchierone, ma con quella tensione addosso lo era ancor meno (sempre che fosse possibile), quello infatti fu l'ultimo segno di partecipazione che diede, poi tornò a mangiare in silenzio preso dalle sue angosce. Era estremamente preoccupato, anche se non lo sava a vedere, non era mai stato importante per lui partecipare, ma non aveva avuto altra scelta. Così decise di affogare i suoi sentimenti in una grossa bistecca, anche se ogni boccone scendeva nello stomaco come un macigno perché accompagnato da un pensiero negativo.

«Avete dovuto inserire tutti il vostro nome nel Calice?» domandò Elizabeth curiosa ai due rivolgendo un’occhiata al loro preside «Io di certo non avrei disobbedito a Karkaroff, quell’uomo mi mette i brividi.» 

Otis rivolse lo sguardo all'amico che però lo ignorò e si grattò la testa imbarazzato, un po’ a disagio per la domanda, ma soprattutto per il suo accento inglese non particolarmente buono: non riusciva a nascondere le forti influenze turche e tedesche dei genitori «Credo sia un buon modo di rappresentare il preside sì.»

Elizabeth esibì un sorrisetto, si era accorta del pessimo tentativo del ragazzo di evitare la domanda, ma finse di non averlo notato. «Oh beh, ancora non mi capacito dell’amicizia con Silente,» rispose facendo un cenno verso l’uomo dalla lunga barba argentea «Sono totalmente diversi, Karkaroff ti spaventa, mentre Silente è così cordiale. Madame Maxime com’è?»

«Oh beh, non vorresti mai farla arrabbiare, fa paura!» Jazmin abbassò il tono nel pronunciare le ultime parole, spaventata che qualcuno potesse sentirla e riferirlo alla donna «Però alla fine è chiaro che è molto legata ai suoi studenti, certo avere un preside come il vostro sarebbe meraviglioso, sembra un uomo divertente.»

«Lo è! Avreste dovuto vederlo questa mattina quando questi due idioti hanno tentato di fregarlo…»

«Hey, non chiamarci idioti!» si lamentò George alzando gli occhi al cielo.

«Il nostro era un piano geniale!» disse orgoglioso Fred sbuffando quando l’amica iniziò a raccontare l’episodio di quella mattina al gruppo di stranieri.



* * *

 

Una volta fatto il suo ingresso nella Sala Grande Arabella non aveva esitato un momento nello sfilarsi il mantello ed esibire un vestito scuro, attillato con uno scollo da paura e giochi di trasparenze che avrebbe fatto girare la testa a qualunque ragazzo. Non era forse un vestito adatto all’ambiente della scuola e a una cena così solenne (e soprattuto davanti a tutti quegli insegnanti), ma a lei poco importava, doveva farsi notare assolutamente. Adocchiò il suo obbiettivo della serata e con passo svelto raggiunse un tavolo che non aveva notato la sera precedente, facendosi spazio con delle gomitate tra un gruppo di studenti e sedendosi proprio di fronte al ragazzo che aveva vagato nei suoi pensieri per tutta la giornata.

«Ciao, sono Arabella, ti ho notato stamattina, ma sono sicura mi abbia notata anche tu, difficile il contrario d’altronde.» esordì la ragazza allungando la mano verso il giovane, mostrando il suo sorriso più accattivante.

Il ragazzo sorrise imbarazzato e strinse la mano della mezza turca rispondendole il più gentilmente possibile: «Uhm, piacere, sono Cedric.»

«Ti ho lasciato senza parole, mh? Faccio questo effetto la maggior parte delle volte.» 

Il ragazzo stava per risponderle, ma si bloccò all’improvviso con lo sguardo fisso alle spalle di Arabella, verso l’ingresso della Sala Grande. La ragazza allora si voltò leggermente infastidita dalla poca attenzione che il ragazzo le aveva rivolto, ma capì subito la sua reazione quando vide chi faceva il suo ingresso nella stanza. Una ragazza con uno dei costumi più bizzarri che Arabella avesse mai visto si stava dirigendo verso il tavolo della sua Casa seguita da un ragazzo dall’aria protettiva. La giovane indossava il suo cappello a punta che però era avvolto da ragnatele, portava una maschera nera con dei pezzi di tessuto attaccati ai lati che Arabella immaginò dovessero rappresentare le zampe in un ragno o qualcosa di simile, ma la cosa più sconvolgente era il fatto che fosse avvolta dalla testa ai piedi nella carta igienica, probabilmente ispirandosi a una mummia.

«Chi è quella?» domandò incredula senza staccarle gli occhi di dosso per un secondo.

«Monica Kyolansky.» rispose una ragazza con due trecce e dei fermagli a forma di gatto nero seduta poco più in là «I Serpeverde la chiamano la Pazza di Corvonero… sono perfidi.»

«Beh, non si può certo negare che abbia qualche rotella fuori posto.» commentò il ragazzo seduto di fianco a Cedric.

«Ernie è veramente scortese quello che stai dicendo.» lo sgridò la ragazza di prima.

«Non puoi darmi torto Hannah.» il ragazzo di nome Ernie scrollò le spalle «Parla tutto il giorno da sola e nessuno ha il coraggio di starle vicino oltre a suo cugino Arthur, nemmeno la sorella di Arthur ha il coraggio di avvicinarsi a quella ragazza.»

«A proposito di Arthur, sta per arrivare, smettetela di parlarne.» li avvisò Cedric che fino a quel momento non aveva parlato.

Marcel aveva seguito in silenzio il discorso senza toccare cibo, quella ragazza sarà pur stata strana, ma non credeva si meritasse di essere trattata così. Si sarebbe volentieri chiuso in biblioteca, ma la cena non poteva saltarla: avrebbero estratto i Campioni e seppur la possibilità di essere scelto fosse remota non poteva certo tirarsi indietro a quel punto. Aveva deciso perciò di cercare la ragazza che aveva conosciuto la sera prima, sperava che con la sua solarità riuscisse a distrarlo dalla preoccupazione che lo torturava da quando aveva detto alle amiche delle sue azioni, prima di quel momento non si era reso conto che sarebbe davvero potuto essere scelto e il pensiero lo tormentava da allora.

«Marcel c’è qualcosa che non va?» domandò Hannah con sguardo apprensivo.

Marcel scosse la testa e cercò di mostrare un sorriso, anche se si rese conto fosse molto finto e tornò a guardarsi intorno cercando qualche distrazione.

«A breve estrarranno i nomi, non ce la faccio più ad aspettare!» borbottò Ernie rivolgendo un’occhiata al Calice «Cedric spero sia tu.»

«Partecipi al Torneo belloccio?» chiese Arabella stupita e felice di aver trovato una scusa per rivolgergli la parola «Tiferò sicuramente per te, sarò la tua fan più carina.»

Marcel aveva già notato quella ragazza dall’inizio della cena e non sopportava la sua scortesia, ma soprattutto il suo ego smisurato, gli ricordava la versione più diretta e maleducata di Fleur Delacour e certamente non attirava la sua simpatia.

«Geloso francesino? Posso dedicare le mie attenzioni anche a te se ci tieni così tanto.» gli disse la mezza turca dopo aver notato il suo sguardo su di lei.

«Non catturi minimamente il mio interesse, vorrà dire che avrai più tempo per gli altri.» rispose Marcel lasciando spiazzata la ragazza dalla sua sincerità, non si era mai fatto problemi a dire ciò che pensava e non mentiva: la ragazza era estremamente lontana da ciò che potesse interessargli.

 

* * *


 

Dopo quello che era sembrato un tempo infinito Silente si alzò in piedi facendo piombare la Sala in un silenzio tombale. L’uomo notò con un sorriso che aveva l’attenzione di tutti, trepidanti d’eccitazione per la scelta dei Campioni. Silente si affrettò a spiegare a chi sarebbe stato scelto di raggiungere la saletta a fianco al tavolo degli insegnati, dove gli avrebbero fornito le prime istruzioni. Con un elegante movimento di bacchetta tutte le candele si spensero, tranne quelle all’interno delle zucche intagliate, facendo sprofondare la Sala nella semioscurità. Le fiamme del Calice, che ardevano di un blu argenteo, si tinsero improvvisamente di rosso e sprigionando scintille una lingua di fuoco si liberò dal Calice. Un foglietto di pergamena bruciacchiato volò fuori di essa e Silente lo afferrò, leggendo alla luce delle fiamme tornate di un bianco-bluastro: «Il Campione di Durmstrang è Atyliusz Kamenev.»

Atyliusz spalancò gli occhi sorpreso, Otis al suo fianco gli diede una pacca sulla spalla per fargli forza e il russo si alzò, dirigendosi verso il tavolo degli insegnanti. Incrociò lo sguardo severo di Karkaroff e si voltò dall’altra parte, sapeva che il preside sperava venisse scelto Viktor Krum. Gli studenti di Durmstrang al tavolo di Serpeverde applaudivano più forte degli altri, tranne Viktor che sembrava essere deluso di non essere stato scelto e batteva le mani con poco entusiasmo mentre ascoltava le lamentele dell’amica, Nives, al suo fianco che sperava di essere scelta tanto quanto lui.

Il silenzio ripiombò nella Sala e le fiamme divennero di nuovo di color rosso scarlatto, un secondo foglietto schizzò fuori da esso accompagnato da alcune scintille e il preside inglese si affrettò ad afferrarlo e a leggerne il contenuto: «Il Campione di Beauxbatons è Marcel Lefevre.»

Gli studenti di Hogwarts e Durmstrang cominciarono a battere le mani, mentre sui volti degli studenti di Beauxbatons si dipingevano espressioni sconvolte, nessuno si aspettava che venisse estratto proprio Marcel, nemmeno il ragazzo. Hannah Abbott, di fianco a lui, gli rivolse un sorriso, il giovane si alzò e si diresse verso la saletta con sguardo basso. Molte studentesse di Beauxbatons scoppiarono a piangere per la delusione, altri non batterono nemmeno le mani e rivolsero delle occhiatacce al ragazzo.

Il nuovo silenzio che si stabilì nella Sala Grande era carico di trepidazione ed eccitazione, gli studenti inglesi aspettavano quel momento dall’inizio della cena. Le fiamme tornarono rosse per la terza volta, altre scintille ne uscirono, un’altra lingua di fuoco scattò nell’aria e Silente ne prese dalla punta il terzo pezzo di pergamena, si schiarì la voce e ne lesse il contenuto: «Il Campione di Hogwarts è Cedric Diggory!»

Il tavolo di Tassorosso esplose in applausi e grida, molti saltavano e gioivano e Cedric avanzava tra i compagni con un gran sorriso mentre Arabella gli lanciava un bacio volante cercando di evitare gomitate dagli studenti inglesi che le stavano intorno. Dai tavoli vicini si alzarono voci contrastanti, alcuni erano contenti della scelta del Calice (principalmente le ragazze), mentre tanti si mostravano delusi dal non aver scelto uno studente della propria Casa o infastiditi dalla scelta di Bambolo Diggory. 

Silente riuscì dopo vari tentativi a farsi sentire e allegramente si complimentò con i  tre Campioni. «Sono certo che tutti voi contribuirete sostenendo i vostri Campioni al meglio, acclamando il vostro Campione contribuirete in modo molto-»

L’uomo s’interruppe all’improvviso, molti si mostrarono stupiti, ma a breve si accorsero di cosa avesse attirato l’attenzione del preside: il Calice era diventato nuovamente rosso brillante, molte scintille sprizzavano da tutte le parti e un’altra lingua di fuoco si era alzata nell’aria. Silente afferrò la pergamena, lesse il nome e rimase in silenzio per un istante che sembrò eterno, poi si schiarì la voce e lesse: «Harry Potter

 

* * *


 

*¡Qué casualidad! = Che coincidenza!

 


* * *

* * *

* * *


 

Sono tornata!
Sono estremamente in ritardo, lo so, ma finalmente sono riuscita ad ultimare questo capitolo eterno.
Sono curiosissima delle vostre impressioni a riguardo, ora quasi tutti si sono incontrati, ne vedremo delle belle. Mi scuso per eventuali sviste o errori, provvederò a sistemare non appena ne avrò l'occasione.
Concludo chiedendovi di rispondermi via messaggio privato: qual è la reazione del vostro OC ai Campioni scelti? Dilungatevi quanto volete e vi prego di farmi sapere l'opinione riguardo ognuno dei quattro Campioni, in particolare cosa pensano del fatto che sia uscito Harry che è addirittura troppo piccolo per partecipare al torneo.

Spero di leggervi presto e metterci meno ad aggiornare, a presto,

fran x
 

P.S.: ho inserito in questo capitolo 3 OC che erano stati "scartati": Nives Volkov, Monica Kyolansky e Arthur Malone Van Pelt. Volevo inoltre scusarmi se non tutti hanno avuto lo stesso spazio, ma prometto che nel prossimo capitolo migliorerò.

 

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Capitolo 9
*** Le Quattro Pietre ***


Le Quattro Pietre

 

«Il Campione di Durmstrang è Atyliusz Kamenev.»

Quando aveva sentito quella frase il tempo sembrava essersi fermato per un secondo e il suo cervello era come andato in blackout. Aveva camminato quasi automaticamente verso la saletta che il preside inglese aveva indicato poco prima, senza curarsi di sguardi, grida o applausi, non sentiva nulla, solo un silenzio estremamente assordante. La stanza era piccola e tappezzata di dipinti di maghi e streghe, ma non li degnò di uno sguardo, infatti esso era fisso sul fuoco acceso nel piccolo e accogliente camino che scaldava la saletta. Come c’era finito in quella competizione assurda e insensata? Non cercava gloria e successo, i soldi non gli servivano e soprattutto era sicuro di non avere le qualità che ci si aspettava possedesse un Campione, eppure era uscito proprio il suo nome da quello stramaledetto Calice di legno. Di certo suo padre ne sarebbe stato felice, già se l’immaginava a lavoro mentre, con il petto gonfio d’orgoglio, sfoggiava un sorriso compiaciuto ogni qualvolta qualcuno si complimentava per il successo del figlio; però già sembravano scorrere nella sua mente le minacce e le percosse che avrebbe ricevuto se non avesse vinto il torneo e non poté non rabbrividire al pensiero. Quanto avrebbe voluto che da quel Calice uscisse il nome di Krum, avrebbe ucciso pur di fare a cambio, ma purtroppo non c’era niente da fare, l’aveva ben chiaro il regolamento e sapeva che non poteva tirarsi indietro dal momento in cui aveva scritto il suo nome su quel piccolo pezzo di pergamena.

La vecchia porta scricchiolò fastidiosamente quando un’altra persona fece il suo ingresso nella saletta: un ragazzo di almeno una decina di centimetri più basso di lui era appena entrato e gli rivolse un’occhiata quasi di compassione; nemmeno lui sembrava particolarmente contento di trovarsi lì e Atyliusz si sentì sollevato al pensiero. Il ragazzo lo guardò intensamente negli occhi (quasi come a volergli leggere dentro) e il russo si trovò quasi ad arrossire colpito dalla profondità dei suoi occhi azzurri. Non era scontato per Atyliusz provare simpatia per qualcuno al primo incontro, e forse la sua opinione era in parte influenzata dal bell’aspetto del giovane, ma si sentì subito bendisposto nei confronti del ragazzo.

La porta s’aprì nuovamente rivelando un terzo ragazzo che rivolse un grande sorriso agli altri due e si avvicinò come loro al fuoco rimanendo in silenzio. Atyliusz si limitò a un piccolo cenno con la testa e si disse che, di loro tre, l’ultimo arrivato sembrava essere l’unico felice di essere stato scelto. Sul momento si sentì più distaccato da lui non riuscendo a capire per quale motivo qualcuno potesse voler partecipare a quella competizione e, nonostante avesse l’aria gentile, non attirò le sue simpatie come l’altro giovane.

Marcel si era sentito sopraffatto dall’annuncio del suo nome, ma aveva indossato la sua faccia di bronzo migliore e si era fatto strada tra i tavoli, camminando con sguardo basso verso la saletta che gli era stata indicata. Una volta entrato si era trovato davanti dei dipinti dall’aria abbastanza antica e aveva ricambiato con garbo gli ampi sorrisi che aveva ricevuto da alcune streghe, che si spostavano frettolosamente verso di lui passando da un dipinto all’altro, probabilmente non abituate a ricevere visite. Aveva percepito subito l’aria affranta del giovane di Durmstrang che era stato chiamato prima di lui e si era subito chiesto quale potesse essere la ragione di tanto fastidio nel trovarsi lì. Nonostante l’espressione seria e i tratti duri, notò che il suo aspetto era molto curato e lo trovò quasi carino. Quando vide entrare Cedric non poté non sorridergli gentilmente, oramai si era fatto un’idea di lui (l’aveva osservato a lungo durante le cene al tavolo dei Tassorosso) e non si stupì del fatto che fosse adatto ad essere un Campione, avrebbe sicuramente fatto il tifo per lui.

La porta scricchiolò per la quarta volta e un ragazzetto bassino dai capelli scuri e con un paio d’occhiali tondi entrò nella saletta con sguardo quasi assente. Harry Potter vide gli altri tre ragazzi raccolti attorno al caminetto e si disse che avevano tutte le ragioni del mondo per rivolgergli quelle occhiate confuse, era lui stesso sconcertato e non sapeva come spiegare l’accaduto, non aveva idea di come fosse potuto succedere e sperava di svegliarsi da un momento all’altro, come da un brutto sogno. Si sentì uno scalpiccio e Ludo Bagman entrò raggiante nella stanza, prese Harry per il braccio e lo spinse verso gli altri tre ragazzi.

«Straordinario! Assolutamente straordinario!» mormorò l’uomo con lo stesso sguardo di un bambino in un negozio di caramelle «Posso presentarvi il quarto Campione del torneo?»

Cedric spostò lo sguardo da uno all’altro un paio di volte educatamente perplesso, Atyliusz si disse che la sua pessima conoscenza dell’inglese gli aveva fatto un bello scherzo e doveva sicuramente aver capito male, mentre Marcel aggrottò le sopracciglia e disse: «Come scusi?»

«Il nome di Harry è appena uscito dal Calice ragazzi miei, avete sentito bene.» rispose l’uomo che sembrava iniziare a rendersi conto dell’assurdità della situazione.

«Ma Harry-» cominciò Cedric con incertezza, ma venne interrotto dallo spalancarsi, per l’ennesima volta, della porticina alle loro spalle, che accolse un bel gruppetto di persone: i presidi delle tre scuole, il signor Crouch, la professoressa McGranitt e il professor Piton.

«Che significa questo, Silonte?» domandò con voce ferma Madame Maxime mentre indicava con sdegno il giovane Harry.

«Vorrei saperlo anch’io, Silente.» aggiunse Karkaroff mostrando un sorriso che di gioioso aveva ben poco «Due campioni per Hogwarts? Forse ho letto poco attentamente le regole, ma non ricordo dicessero che alla scuola ospitante erano concessi ben due campioni, o sbaglio?» la breve risata che accompagnò alle sue parole aveva un che di gelido e suonava particolarmente cattiva.

Il preside di Durmstrang fu subito spalleggiato da Madame Maxime, entrambi sospettosi e convinti d’esser stati ingannati.

«La tua linea dell’età avrebbe dovuto tenere lontani i concorrenti più giovani, non è così, Silente?» disse Karkaroff con tono di sfida.

«L’unico da incolpare è Potter, Karkaroff.» s’intromise il professor Piton lanciando un’occhiata avvelenata al ragazzo con gli occhiali. «Non incolpare il professor Silente per l’ostinazione di Potter nell’infrangere le regole. Non fa altro da quando ha messo piede in questa scuola…»

«Grazie Severus.» disse Silente con tono che non ammetteva repliche facendo tacere il professore di pozioni. «Hai messo il tuo nome nel Calice di Fuoco, Harry?» domandò guardando Harry con una calma impressionante.

«No.» rispose il ragazzo.

«Hai chiesto a uno studente più grande di metterlo nel Calice per te?»

«No.» Harry cominciava a spazientirsi.

La risposta del ragazzo non sembrò convincere tutti e provocò litigi e l’intervento del professor Alastor Moody che sembrava aver elaborato una teoria parecchio intrigante e ingegnosa a riguardo. Il preside inglese riuscì a mettere tutti a tacere e Ludo Bagman, più eccitato che mai, prese parola.

«Dobbiamo dare le istruzioni ai nostri campioni, vero?» disse con impazienza «Barty, vuoi fare gli onori di casa?»

«Sì, le istruzioni.» esordì il signor Crouch come svegliato da un lungo sonno «La prima prova è studiata per testare varie qualità, ma in particolare la vostra audacia, perciò non vi diremo cosa affronterete, ma,» fece una piccola pausa e Ludo Bagman estrasse un sacchetto di seta viola dal mantello, come se avesse ricevuto un ordine di qualche tipo «avrete a disposizione un indizio per poter indovinare di che si tratta, ciò potrebbe esservi d’aiuto quanto sviarvi, pensateci bene.»

Ludo Bagman si avvicinò ai ragazzi e rivolse un’occhiata ad Atyliusz «Sceglierete in ordine di estrazione dal Calice.»

Atyliusz infilò la mano nel sacchetto senza dire una parola ed estrasse una pietra nera sotto lo sguardo confuso degli altri ragazzi.

«Oh, l’ossidiana! Non so dire se sia una buona scelta.» commentò il signor Bagman «Ma non è il caso di perdersi in convenevoli inutili.» borbottò dopo aver ricevuto un’occhiataccia da Barty Crouch «Prego, scelga pure.» allungò il sacchetto verso Marcel con un grosso sorriso.

Marcel estrasse una pietra gialla che riconobbe subito come topazio e prese ad osservarla attentamente. Ludo avvicinò il sacchetto a Cedric silenziosamente, forse per non ricevere altri taciti rimproveri, e il Tassorosso rivelò un grosso rubino. Harry pensava fosse rimasta solamente una pietra all’interno del sacchetto, infilò la mano al suo interno titubante scoprendo che invece ce n’erano ancora tre, ne scelse una, era una bella pietra viola, un’ametista, che il ragazzo guardò speranzoso pregando non fosse nulla di mortale.

Barty Crouch illustrò le regole del torneo e rivelò loro la data della prima prova: il ventiquattro novembre, che sembrava spaventosamente vicino. I presidi stranieri presero sottobraccio i loro campioni e pian piano tutti uscirono dalla saletta.


 

* * *

 

Eden si alzò dal tavolo dei Serpeverde e con fare elegante si avviò verso l’uscita della Sala Grande, rifletteva su ciò che era appena accaduto e non non riusciva a capire in che modo il nome di Harry Potter fosse potuto uscire dal Calice di Fuoco. Non era possibile che il ragazzo avesse aggirato il sistema inventato da Silente, aveva dei voti mediocri (o almeno per gli standard della Serpe) e non era certo un genio, l’aveva capito da tempo che la mente del trio era Hermione Granger ed era sicura che la ragazza non avrebbe mai permesso all’amico di infrangere le regole. Aveva sicuramente chiesto a qualche ragazzo più grande di mettere il nome nel Calice per lui, di questo era ormai certa, e la cosa le faceva storcere il naso. Non nascondeva di averci pensato anche lei per un momento, di certo con le sue capacità avrebbe dato del filo da torcere agli altri campioni, ma sapeva che non era una scelta intelligente mettersi contro dei ragazzi più avanti di lei, sicuramente conoscevano più incantesimi e non sarebbe stato facile gareggiare. Inoltre non avrebbe potuto accettare di perdere e perciò aveva deciso di accantonare l’idea. Fu difficile raggiungere le scale per i sotterranei, infatti moltissimi studenti si erano fermati per la strada per discutere dell’accaduto o per avere qualche notizia in più, ma una volta scese le scale scorse un’indisciplinata chioma bionda che aspettava, facendo avanti e indietro, di fronte alla classe di pozioni.

«Non torni nel tuo dormitorio?» le domandò una volta che l’ebbe raggiunta.

«Oh Eden eccoti qui!» Elizabeth sorrise felice all’amica fermando improvvisamente la sua marcia, non era mai stata capace di nascondere il suo nervosismo ed era così pensierosa che non riusciva a stare ferma.

«Mi aspettavi?»

«Sì, esattamente!» la Grifondoro annuì con forza per poi trascinare l’amica lontano dagli altri studenti «Non ti nascondo che sono estremamente felice di vedere un Grifondoro come campione, ma la situazione ha qualcosa che non mi convince.»

Eden la guardò in silenzio per qualche secondo, sospirò e disse: «C’è qualcosa di strano, questo è certo. Sicuramente Harry avrà avuto la sfacciataggine di farsi aiutare da uno studente più grande, ma non capisco perché i campioni siano quattro. Questo mistero mi lascia parecchio perplessa.»

«Oh su, non essere così cattiva con Harry; a me sembrava realmente sorpreso di essere stato scelto… Magari qualcuno gli ha fatto uno scherzo?»

«Uno scherzo di cattivo gusto oserei dire, non credo abbia molte possibilità di vincere… Nessuno di loro mi sembra particolarmente adatto a questo ruolo a dire il vero.»

«Eden sei così negativa!» Elizabeth alzò gli occhi al cielo con un mezzo sorriso «Marcel mi sembra un ragazzo intelligente, credo che se la caverà a meraviglia! Sono sicura che se lo conoscessi la penseresti così anche tu.»

«Appunto, dovrei conoscerlo per saperlo.» borbottò alzando le spalle «Quel maledetto russo invece! Sono felice che sia stato scelto, spero che qualcuno gli dia una bella lezione.»

Elizabeth ignorò questo commento dell’amica, anche perché non conosceva Atyliusz e non le piaceva dare giudizi troppo affrettati. 

«Sarete contente che Bambolo Diggory sia stato scelto, d’altronde è un ragazzo così bello, no?» la voce alle loro spalle le fece sobbalzare ed entrambe si voltarono di scatto.

«Possibile che tu stia sempre ad origliare i nostri discorsi, Berlin? Comincerò a pensare tu abbia una cotta per me.» lo provocò Elizabeth, mentre Eden sbuffava sonoramente e con un cenno di saluto si avviò verso la Sala Comune «Comunque Cedric è un ragazzo in gamba ed è un ottimo cercatore, sono sicura se la caverà bene.»

«Sarà senza dubbio un buon cercatore, ma so che tu hai un debole per i battitori Miller.» rispose il ragazzo strizzandole l’occhio.

Elizabeth alzò gli occhi al cielo senza rispondere al commento di Jasper e gli domandò che cosa pensasse dei campioni scelti, Jasper si appoggiò al muro con nonchalance e alzò le spalle.

«Aspetto di vedere la prima prova.» rispose il ragazzo.

A differenza di Elizabeth a Jasper non importava molto della scelta dei Campioni, era certamente amareggiato dalla scelta di Cedric e, nonostante provasse una strana simpatia per Harry e fosse curioso di vedere come se la sarebbe cavata, non nutriva grandi speranze nel successo del Grifondoro. Non si era particolarmente interessato ai campioni stranieri e sperava sinceramente non fossero temibili avversari, teneva molto alla vittoria di Hogwarts.

Elizabeth rimase leggermente spaesata da quella risposta, ma la trovò comprensibile, d’altronde nessun Serpeverde era stato scelto e sapeva che a Jasper non andava particolarmente a genio Cedric. Era molto felice di poter tifare per un compagno di Casa e, diversamente dal ragazzo, aveva un’idea già ben chiara dei campioni e per chi avrebbe tifato. Ripensò al dialogo con Eden e di come l’amica sembrasse voler risolvere il mistero dei quattro campioni e si chiese quando Jasper avesse sentito: era più silenzioso di un gatto e non si era nemmeno accorta del suo arrivo.

«Se non ti dispiace ora torno al mio dormitorio.» disse la ragazza dopo qualche istante di silenzio.

«Hai paura di venire beccata qui e rovinare la tua immagine perfetta di brava ragazza?» domandò il Serpeverde con un ghigno.

«Ognuno ha il suo lato oscuro Berlin, semplicemente non amo mostrare le mie carte.» 

Jasper non rispose ed Elizabeth se ne andò con passo tranquillo, pronta a festeggiare Harry nella Sala Comune.

 


* * *

 

 

I primi a lasciare la saletta furono Marcel e Madame Maxime, che, con aria autoritaria aveva guidato il ragazzo fuori dalla stanza borbottando qualcosa in francese che però il giovane non riuscì a capire. Una volta usciti Marcel avrebbe tanto voluto dire qualcosa: giustificarsi, scusarsi, spiegare il suo punto di vista… qualunque cosa sarebbe andata bene, ma dalla sua bocca non era uscita una sillaba.

«Sono molto delusa, Monsieur Lefevre.» esordì la preside quando furono abbastanza lontani da orecchie indiscrete «Non voglio nemmeno sapere le motivazioni di questa stupida bravata e non capisco perché lei abbia deciso di mettere comunque il suo nome nel Calice, nonostante avesse rifiutato di essere parte del gruppo dei Campioni quando gli è stato chiesto.»

Marcel si limitò a rimanere in silenzio, in totale imbarazzo, sperando che la donna non lo uccidesse all’istante; poteva sembrare calma, ma sapeva bene che era estremamente furiosa. 

«Dato che la scelta del Calice non può essere contestata mi aspetto da lei il massimo impegno nel corso di questo Torneo: sarà meglio che porti Beauxbatons alla vittoria, anche se con le sue capacità sono sicura che non sarà un problema.» aggiunse Madame Maxime con tono minaccioso.

Marcel annuì poco convinto e continuò a camminare lungo la strada buia senza aver coraggio di aprir bocca. La donna aumentò il passo e il ragazzo cercò di starle dietro a fatica, rabbrividendo a causa del gelido alito di vento che soffiava quella sera. Nessuno dei due disse più nulla per tutto il tragitto: Madame Maxime troppo presa a riflettere sui possibili significati della pietra che il ragazzo aveva estratto poco prima e Marcel troppo spaventato di dire la cosa sbagliata e far arrabbiare ulteriormente la donna.

«Spero che le mie parole siano state abbastanza chiare.» disse la preside una volta raggiunta la porta della carrozza «Bonne chance Monsieur Lefevre.» 

«M-merci Madame…» rispose il giovane quasi sottovoce mentre apriva la porta della carrozza da bravo gentiluomo.

 

 

* * *

 

 

Karkaroff aveva sfoggiato il suo sorriso più gelido e con fare lezioso aveva rivolto qualche parola ai funzionari del Ministero, Crouch e Bagman, per poi salutare le vecchie conoscenze con un cenno quasi stizzito; poi aveva preso Atyliusz per un braccio e l’aveva portato fuori dalla stanza di fretta.

«Ragazzo spero tu sia consapevole del compito importante che hai.» si raccomandò l’uomo con un’espressione dura senza lasciare il braccio del ragazzo «Non ho tempo da perdere, perciò ascoltami bene Kamenev.»

La presa del preside si strinse attorno al suo braccio e Atyliusz cercò di mantenere la sua espressione impassibile senza lasciar trapelare alcuna emozione: sapeva infatti che l’ex mangiamorte avrebbe sfruttato a suo vantaggio ogni sua minima smorfia.

«Non ti nascondo che avrei preferito avere Viktor al mio fianco, l’avevo istruito bene riguardo al ruolo di Campione.» nel dire questo una velata delusione gli si dipinse in volto, ma dopo pochi secondi la delusione si mutò in un’espressione gelida e minacciosa «Tuo padre mi ha assicurato che sei un ragazzo ragionevole e che sarai estremamente ubbidiente, non è così?» Atyliusz annuì «Se non farai quello che ti viene detto ci penserà lui a rimetterti in riga.» 

Al pensiero delle percosse e delle punizioni del padre Atyliusz rabbrividì e a tale reazione Karkaroff sorrise vittorioso, strattonò il ragazzo fuori dalla scuola e i due sparirono nel buio della notte.

 

 

* * *

 

 

La grande Sala d’Ingresso era ormai vuota e cupa: poco prima era invasa da studenti agitati e rumorosi, ma in quel momento non c’era un’anima viva (o morta) e il silenzio regnava sovrano. Arabella, seduta sulla scalinata in marmo con le gambe accavallate, spostava lo sguardo lentamente da una parte all’altra della stanza, studiando ogni piccolo centimetro di quell’enorme sala vuota. I professori e i Campioni erano ormai spariti dentro la piccola stanzetta da molto tempo e la ragazza era più che stufa di aspettare: fino a poco prima aveva potuto intrattenersi con gli altri studenti (aveva addirittura ricevuto degli inviti nelle loro Sale Comuni a festeggiare), ma, ormai rimasta sola, non sapeva più come far passare il tempo. Sbuffò (aveva esaurito la pazienza) e si alzò pronta ad andarsene, ma il rumore di alcune voci poco distanti la spinsero a nascondersi poco più in là. Non poteva farsi beccare lì, avrebbe dovuto già essere in camera sua e quella sera non aveva proprio voglia di far innervosire Karkaroff: era vestita troppo bene per qualunque tipo di punizione l’uomo avesse in mente. Afferrò il mantello in fretta e scivolò dietro a una porta di quercia finendo in una piccola stanza buia senza preoccuparsi di dove fosse finita. Qualche secondo dopo, dalla Sala Grande, uscirono una coppia di personaggi di cui la ragazza vide solo l’ombra e, in silenzio totale, cercò di capire cosa dicessero.

«Je suis très déçue, Monsieur Lefevre.» disse una voce femminile.

Arabella capì che si trattava di Madame Maxime e il ragazzo scelto come Campione che era seduto vicino a lei durante la cena, tuttavia non capiva una parola di francese e perciò rinunciò ad origliare, si sedette per terra, aspettando che la coppia se ne andasse per uscire dal nascondiglio. La preside francese e il suo campione uscirono poco dopo dalla scuola, ma Arabella decise di aspettare qualche minuto in più prima di lasciare l’altra stanza e si rivelò una decisione vincente: infatti poco dopo dei passi pesanti annunciarono l’arrivo di altre persone. Uno dei nuovi arrivati parlava a bassa voce e la ragazza faticò a capire che cosa dicesse, perciò si alzò e si avvicinò pian piano all’uscita della stanzetta per poter capire meglio. Cercò di guardare fuori con circospezione e distinse la figura di Karkaroff che stringeva il braccio di Atyliusz, perciò si avvicinò (sempre senza lasciare il suo nascondiglio) per poter sentire che cosa stesse dicendo il preside.

«…Ascoltami bene Kamenev.»

Arabella seguì il discorso minaccioso del preside con parecchio interesse e si ritrovò a compatire il compagno di scuola, capiva un po’ meglio il suo comportamento brusco e freddo. Sapeva che non erano affari suoi, ma non poteva fare a meno di ascoltare.

Quando anche Karkaroff e Atyliusz lasciarono la scuola inglese Arabella finalmente poté uscire dalla stanza buia. Si spolverò la gonna corta da qualche ragnatela e posò il mantello sulle spalle, ancora sconvolta dalla cattiveria del preside di Durmstrang. Si disse che era meglio non farsi beccare lungo la strada verso la nave, perciò tornò a sedersi sulla scalinata in marmo e si sistemò i capelli pensierosa.

«Ehm, Arabella, che ci fai qui?» 

La ragazza alzò lo sguardo come risvegliata da una trance e vide Cedric e l’altro ragazzino di Hogwarts che la fissavano confusi. Il suo piano era fin dall’inizio riuscire a parlare da sola con il Tassorosso, ma dopo aver sentito la conversazione tra Karkaroff e Atyliusz non era più tanto sicura di averne voglia, ma nonostante ciò esibì un sorriso e si alzò avvicinandosi al ragazzo.

«Ti aspettavo, sciocchino. Volevo augurarti buona fortuna.» disse.

«Oh, beh, è molto gentile da parte tua, grazie.»

Arabella gli lanciò un bacio volante, superò Harry senza nemmeno guardarlo e uscì dal grande portone, avviandosi al Lago Nero.



* * *

 

Eris era rimasta pietrificata dall’annuncio di Marcel come campione: la possibilità che potesse essere lui era minima, eppure ecco che il suo nome era volato fuori dal Calice di Fuoco. Sapeva che Marcel era un mago molto abile e intelligente, ma non poteva non preoccuparsi per lui, era uno dei suoi più cari amici d’altronde. Per tutto il resto del banchetto era rimasta in silenzio a guardare il vuoto, non riusciva ancora a credere che fosse accaduto davvero, forse era soltanto un brutto sogno. Una volta conclusa la cena era uscita dalla Sala Grande e senza nemmeno rendersene conto era tornata nella sua stanza sulla carrozza, dove aveva trovato Jazmin ad aspettarla.

«Oh Eris!» 

Jazmin saltò al collo dell’amica e la strinse tra le braccia, aveva subito notato l’espressione della francese e il suo primo istinto era stato quello di abbracciarla, era un modo per farle capire che c’era per lei e che le voleva bene.

«Marcel se la caverà, ne sono certa!» la rassicurò Jazmin con un sorriso titubante.

«So benissimo che ce la farà, è un mago strabiliante,» ripose Eris cercando di ricambiare il sorriso «Sono solo preoccupata per lui, se si facesse male?»

La spagnola si sedette con un tonfo sul suo letto e fece un cenno all’amica affinché si sedesse di fianco a lei, Eris obbedì e Jazmin rispose: «Conosce ogni tipo di incanto di protezione e sono certa che gli insegnanti non permetteranno che qualcuno si ferisca.»

Le due discussero per un po’ riguardo alla situazione Marcel ed Eris confidò all’amica di quanto si fosse pentita di non aver fatto pace prima dell’annuncio dei campioni, avrebbe voluto che Marcel sapesse che le sue amiche lo sostenevano nonostante tutto.

«Hai visto il ragazzo di Hogwarts? Sembra che in questa scuola ci siano solo bei ragazzi!» esclamò la spagnola per alleggerire un po’ l’atmosfera.

«Credo tu stia un po’ esagerando Jaz.» ridacchiò Eris.

«Oh su, non dirmi che non l’hai notato anche tu!»

«Non nego sia bello, certo, ma non significa sia anche un buon concorrente, solo le prove lo diranno.» Jazmin alzò le spalle ed Eris continuò: «Sono solo un po’ confusa dal quarto campione. Com’è possibile che lascino partecipare un ragazzo così giovane? E non capisco come sia riuscito a mettere il suo nome nel Calice, la linea dell’età doveva essere insuperabile.»

«A me dispiace molto per lui, spero sia un ragazzo in gamba, temo che le prove siano difficili!»

«Non credi possa aver imbrogliato?»

«Imbrogliato?»

«Beh in qualche modo deve pur aver aggirato il problema dell’età! E inoltre ha infranto l’unica regola che era stata posta, non riesco a capire come possa esserci riuscito.»

«Non me ne preoccuperei troppo Eris, ci penseranno gli insegnanti, non credi?»

Eris annuì poco convinta, come poteva un ragazzino riuscire ad ingannare un incantesimo lanciato da un mago molto più esperto e potente di lui? Ci avrebbe sicuramente riflettuto il giorno seguente, era troppo stanca per preoccuparsene e l’unica cosa che le importava in quel momento era vedere Marcel.

«Credi che sia tornato?» domandò Jazmin.

Eris lanciò uno sguardo all’orologio appeso al muro: «Non saprei, è abbastanza tardi.»

«Potremmo andare ad aspettarlo nella zona comune.»

Così le due ragazze uscirono dalla loro stanza ritrovandosi in un corridoio silenzioso illuminato da delle meravigliose lampade a forma di rosa, lo percorsero in silenzio, una dietro l’altra, fino a raggiungere la zona comune che le separava dalle stanze dei ragazzi. Le due si guardarono incerte sul da farsi, fino a che Jazmin non si avviò verso il corridoio opposto.

«Jaz! Che cosa stai facendo?» sussurrò Eris guardandosi intorno preoccupata «È contro le regole! Se Madame Maxime ci becca nel corridoio dei ragazzi finiremo in grossi guai!»

Jazmin sbuffò alzando gli occhi al cielo «Ci metterà soltanto in punizione e poi non volevi vedere Marcel?»

Eris era combattuta, non era da lei finire in punizione e non ci teneva a far arrabbiare la preside, ma allo stesso tempo voleva vedere Marcel e fargli sapere quanto fosse dispiaciuta. Jazmin mosse un altro passo verso la zona proibita, non le importava nulla del castigo che avrebbe potuto ricevere: era stata punita ormai troppe volte per averne paura e risolvere il litigio e sostenere il suo amico era molto più importante di quanto potesse esserlo una ramanzina.

«Oh, d’accordo!» esclamò Eris all’improvviso: Marcel era più importante.

Una volta raggiunta la sua porta Jazmin bussò con cautela, non voleva fare troppo rumore, o qualcuno le avrebbe sentite. Dopo qualche secondo di attesa la porta si aprì e un Marcel molto scosso comparve davanti alle due amiche.

«Marci!»

Le due ragazze si lanciarono sul povero francese e lo strinsero forte senza dire nulla, rimasero così, stretti in un caldo abbraccio, per alcuni minuti senza dire nulla: a volte le parole sono solo superflue.

 

* * *


 

La cena era stata molto interessante per Otis, inutile dire che i suoi amici avevano ragione: bastava uno sguardo per farlo innamorare. Non si poteva certo dire che avesse già una cotta per qualcuno, ma c’erano un paio di persone che non l’avevano lasciato indifferente. Sospirò, dandosi dello stupido, in fondo era proprio lui ad aver affermato di non volere più avere a che fare con le ragazze, o almeno era quello che credeva gli avrebbe evitato un altra delusione: non era mai stato fortunato in amore. Atyliusz invece non aveva dimostrato interesse per nessuno da quando erano arrivati, sapeva che non si fidava facilmente delle persone, ma solitamente non perdeva tempo a trovare qualche ragazza con cui uscire. Si era sempre domandato con quale criterio l’amico scegliesse le ragazze, non aveva mai un tipo prediletto o qualcosa di simile, si limitava a frequentare quelle che dimostravano interesse per lui: quando qualcuna gli faceva gli occhi dolci lui la portava fuori a cena, la frequentava per qualche tempo e poi, come se si fosse stufato, la lasciava e passava a quella dopo. Otis non riusciva proprio a capire se lo facesse per noia o per chissà quali motivi, ma Atyliusz non sembrava mai volerne parlare. 

La sua splendida cena aveva preso una strana piega: il nome di Atyliusz era uscito dal Calice e sapeva quanto l’amico avesse bisogno del suo sostegno, perciò gli aveva rivolto uno sguardo comprensivo e dopo avergli dato una pacca sulla spalla (per fargli capire che lui c’era), aveva smesso di pensare alle ragazze e rifletteva sul cosa avrebbe significato per Atyliusz essere scelto. Non sapeva bene quali fossero i suoi sentimenti, generalmente era bravo a capire le persone, ma non aveva avuto il tempo di leggere negli occhi dell’amico cosa provasse. Aveva assistito al resto delle scelte senza batter ciglio, quei nomi gli dicevano poco, conosceva di vista gli altri sue ragazzi, Marcel e Cedric, ma non aveva ancora un’opinione su di loro. Il quarto nome volato fuori dal manufatto era stata una bella sorpresa, non capiva che cosa potesse significare e lo aveva trovato molto strano. Aveva subito provato pena per il quattordicenne, gli si leggeva negli occhi che non si aspettava di essere scelto, quasi come non avesse nulla a che fare con il pezzo di pergamena. 

Finita la cena era tornato alla sua cabina nella nave pieno di pensieri, c’erano molte incognite e non sapeva bene cosa pensare. Aveva aspettato sveglio per molte ore, magari Atyliusz avrebbe voluto vederlo, ma l’amico non si fece vedere e Otis non andò a bussare alla sua porta, immaginava che il giovane volesse un po’ di spazio; perciò si era messo ad intagliare un piccolo pezzo di legno per cercare di prendere sonno, ne avrebbero parlato la mattina dopo.

 


* * *

* * *

* * *


 

I’m finally back!

Come state? Tutti bene? Spero di si!

Finalmente sono riuscita a concludere questo capitolo e spero che vi piaccia il risultato.

Avete qualche idea riguardo agli indizi che hanno pescato i Campioni? Significano qualcosa, vanno usati in qualche modo? Se avete qualche teoria potete pure mandarmela via MP, la userò come suggerimento dato dal vostro OC, quindi scrivetemi anche con chi condividerebbe queste informazioni. Non sentitevi obbligate a pensare necessariamente a qualcosa, non è obbligatorio scrivermi riguardo alla pietra, ma se avete qualche idea sono curiosa di leggervi!
D’ora in poi prometto che cercherò di non metterci troppo a scrivere il prossimo capitolo.
Un abbraccio,

fran x

 
 

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Capitolo 10
*** Indizi ***


Indizi

 

La cabina della nave di Otis era tremendamente in silenzio quella mattina: era stato a fare colazione molto presto insieme ad Atyliusz e l’amico aveva espressamente richiesto di poter parlare con lui in privato, però, una volta fatto l’ingresso nella Sala Grande era stato portato via da alcuni dei suoi amici di bevute e si erano perciò dati appuntamento nella sua cabina per poter discutere in tranquillità. Era passata già qualche ora dalla colazione e Otis iniziava a sentire la sua claustrofobia in quella piccola cabina, che, seppur contenesse tre letti, era parecchio stretta. Sospirò rumorosamente e si infilò le scarpe deciso ad uscire da quel piccolo spazio che iniziava a diventare troppo opprimente, indossò il mantello al volo e uscì dalla cabina in fretta e furia. Il corridoio era ancora più stretto della sua stanza e sentì la testa girare, affrettò il passo fiondandosi su per le scale e sbatté contro qualcuno senza nemmeno rendersene conto, almeno non subito. Spalancò gli occhi sinceramente sorpreso (non aveva infatti visto nessuno) e si sentì un po’ meglio quando scoprì di avere davanti due occhi verde muschio che ben conosceva. Qualcosa cadde dalla tasca di Atyliusz e il russo si affrettò a raccogliere il misterioso oggetto mentre guardava Otis preoccupato, soprattutto per il respiro affannoso.

«Ho fatto tardi.» mormorò piano.

Otis avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi (quello era infatti il modo dell’amico di scusarsi) oppure domandargli dove fosse finito, ma gli mancavano le parole: «Fuori.» si limitò a borbottare ansimante mentre si affrettava verso la sponda del Lago Nero.

Atyliusz lo seguì in silenzio ripensando all’incontro poco piacevole che lo aveva trattenuto per tutto quel tempo: Karkaroff. Vari studenti l’avevano festeggiano per tutta la mattina facendo una gran confusione e ogni volta che Atyliusz cercava di alzarsi veniva fermato poco più in là da un altro gruppo di ragazzi; quando era finalmente riuscito a svignarsela Karkaroff, che aspettava solo l’occasione giusta, l’aveva fermato in un angolo nascosto per parlargli dell’ossidiana. Il preside aveva rinnovato le minacce e gli aveva assicurato di star lavorando per aiutarlo con la prima prova, non capendo che cosa potesse intendere Atyliusz l’aveva guardato confuso e l’uomo gli aveva semplicemente passato dei pezzi di pergamena sotto al mantello. 

Otis, dopo aver preso qualche boccata d’aria, sembrò tornare a star bene e allora Atyliusz spiegò brevemente gli avvenimenti della sera prima: accennò all’imbroglio della scuola inglese (era infatti convinto volessero fregarli con il doppio campione), alla pietra e a ciò che gli aveva dato Karkaroff. Passò i frammenti di pergamena all’amico e Otis prese a leggere gli appunti che il preside credeva potessero aiutare il russo con la prova: “L’ossidiana nera era nota anche tra gli Indiani d’America: l'associavano al grande vuoto o grande mistero.” e poi “Si dice che l’ossidiana nera sia di tale colore perché assorbe ogni tipo di energia negativa.” e ancora “Contrariamente a quanto possa sembrare essa veniva utilizzata come scaccia malocchio e perciò veniva lasciata sulle tombe per garantire all’anima una vita nell’aldilà senza paure e impedimenti.

«Posso vedere la pietra?» domandò poi Otis pensieroso.

Atyliusz annuì e gli passò l’ossidiana sempre attento a non farsi vedere da nessuno.

«È rotta!» mormorò il mezzo tedesco e prese ad osservare il danno che aveva fatto quando era andato contro l’amico. «Sembra ci sia qualcosa al suo interno…»

I due si armarono di bacchetta e con un incanto spezzarono la pietra a metà per estrarne un’altra pergamena: “Sono il contrario di duro, ma non viscido, non moscio e nemmeno morbido.


 

* * *

 

«Eris, io non capisco bene questo maledetto inglese, come diavolo si chiama il libro che stiamo cercando?»

Disse Jazmin che, con sguardo corrucciato, leggeva i titoli dei volumi sullo scaffale davanti a lei senza però capire appieno il significato di tutte le parole.

«”Le Pouvoir des Pierres”*.» mormorò l’amica assorta nella lettura di un paragrafo riguardo alle pietre preziose nella cultura orientale.

Jazmin sospirò sonoramente «Cosa me ne faccio del titolo in francese? Eris por el amor de Dios*, lo sai che non sono brava a tradurre!»

Ma Eris non la stava più ascoltando: era seduta a uno dei grandi tavoli, che aveva tappezzato di almeno dieci libri diversi, e sfogliava un pesante tomo chiamato “I Segreti della Gemmologia” con estrema attenzione. Dopo che Marcel aveva raccontato loro quello che era accaduto all’interno della saletta, Eris si era subito resa disponibile alla ricerca di più informazioni e Jazmin aveva assicurato che avrebbe aiutato anche lei molto volentieri. Così, dopo la colazione, si erano precipitate in biblioteca mentre Marcel era impegnato in un incontro misterioso con Madame Maxime di cui non sapevano molto. 

«¡Encontró!*» esultò Jazmin battendo le mani quando vide il libro che tanto cercava ricevendo una torva occhiata dalla bibliotecaria. «”The Power of Stones”, è questo il libro, no?» domandò ad Eris a voce più bassa.

«E poi dici di non sapere l’inglese!» 

Jazmin si allungò il più possibile verso il libro, che si trovava sullo scaffale più alto, con scarso successo (non era infatti molto alta), ma prima che potesse agire in modo avventato Eris puntò la bacchetta di ciliegio verso di esso e il libro fluttuò elegantemente tra le sue mani. Senza aspettare un secondo iniziò a sfogliarlo frettolosamente, fino a trovare la pagina dedicata al topazio.

«Credo di aver trovato qualcosa di interessante!» mormorò dopo una letta veloce «”Il topazio giallo, o topazio imperiale, è un cristallo legato alla verità: è in grado di attivare la nostra consapevolezza cosmica. Questa pietra aiuta a mantenere un punto di vista pratico e a trovare le soluzioni più efficaci. Si ritiene anche che il cristallo sia estremamente energizzante, promuove la creatività e apporta un senso di fiducia e protezione. Per molte civiltà antiche il topazio era collegato al sole, gli antichi Egizi infatti lo utilizzavano per proteggersi dalla negatività: veniva incastonato in ogni tipo di oggetto, addirittura ne è stato trovato su piramidi e sfingi.”»

Jazmin guardò l’amica senza spiccicare parola, non capiva cosa ci fosse di interessante in quelle informazioni: «Temo di non capire.» disse infatti.

«Non ne sono sicura nemmeno io,» esordì Eris rileggendo mentalmente il paragrafo «Ma viene spesso ribadito il concetto di protezione e forse questo riferimento agli antichi Egizi può essere utile, non credi?»

Jazmin sorrise «Non lo so, ma è sempre meglio che non avere una pista.»

Eris annuì euforica «Wingardium Leviosa.» sussurrò, i libri che si trovavano sul tavolo si chiusero all’improvviso e la francese li guidò con la bacchetta al loro posto sullo scaffale. «Spostiamoci alla sezione di storia, cosa ne dici?»

«Ma non abbiamo ancora finito?» domandò disperata Jazmin mentre seguiva in silenzio l’amica tra le corsie della biblioteca.

 


* * *

 

Marcel rigirò la pietra gialla tra le mani osservandola attentamente: quella era la chiave di tutto, anche se ancora non sapeva in che modo l’avrebbe potuto aiutare. Quella mattina Madame Maxime l’aveva voluto vedere proprio per parlare di quel cristallo che avrebbe dovuto essere un grande aiuto per la prima prova, ma la discussione non era stata utile quanto sperato. La preside infatti aveva mandato un altro studente a recapitargli un messaggio: voleva vederlo alle nove in punto precise di fronte al suo ufficio nella carrozza di Beauxbatons per discutere in modo più approfondito del torneo, non doveva però farlo sapere a nessuno in quanto non voleva si sapesse che stava aiutando il suo Campione più del dovuto. Così Marcel era andato a fare colazione molto presto lasciando un biglietto alle amiche in cui prometteva di raggiungerle in biblioteca non appena avesse finito. Percorreva pian piano la sponda del Lago Nero rigirando la pietra tra le mani alzando la testa occasionalmente per non andare addosso a qualcuno, tant’era immerso nei suoi pensieri. Aveva notato qualcosa di strano all’interno del cristallo, ma non era sicuro potesse essere d’aiuto e con questo pensiero continuò la sua camminata in silenzio.

Arabella non amava alzarsi presto, soprattutto di domenica mattina, ma i dialoghi a cui aveva assistito la sera prima non l’avevano lasciata dormire: era rimasta a lungo alzata a riflettere e aveva inoltre sognato Karkaroff, cosa che certo aveva contribuito a rendere il risveglio poco piacevole. Era uscita dalla sua stanza ancora in vestaglia trascinando i piedi fino a raggiungere il ponte della nave. Un brivido le percorse la schiena quando una folata di vento gelido le fece svolazzare la gonna troppo corta della camicia da notte, ma non se ne preoccupò troppo e si avvicinò al parapetto stringendosi nella leggera vestaglia di seta. Osservò il viavai di studenti che popolavano le sponde del Lago Nero la cui superficie era quasi immobile, mossa solo da qualche alito di vento freddo, il cielo era grigio e il suo riflesso sulla superficie del lago faceva sembrare l’acqua una gran distesa d’inchiostro. Un’altra ventata fredda le scompigliò i capelli e si decise a tornare nella sua cabina prima di prendersi l’influenza. Concesse un ultimo sguardo al lago e notò un viso che già conosceva camminare poco lontano dalla nave di Durmstrang, prese una decisione impulsiva e si lanciò giù dalla nave intercettando il povero ragazzo nel momento in cui passava lì affianco.

«Campione eh? Non avrei mai puntato su di te francesino.»

Marcel alzò lo sguardo, alzò le spalle e rivolse un’occhiata stranita alla ragazza che girava in pantofole e vestaglia in seta a fine ottobre. Fosse stata una sua conoscente le avrebbe consigliato di indossare qualcosa di più pesante, ma non si prese questa confidenza e si limitò ad osservarla in silenzio.

«Hai perso la lingua forse?» domandò Arabella con un sorriso furbo.

«Non avevo nulla da dire.» replicò con semplicità il francese nascondendo in fretta la pietra sotto al mantello «Beh, buona giornata.» e detto ciò si avviò verso il castello, pronto a raggiungere le amiche in biblioteca.

Arabella rimase pietrificata per un momento, nessuno l’aveva mai liquidata così in fretta.

«Non sai che ti perdi francesino!» gli urlò poi infastidita: non le piaceva non essere desiderata, ma avrebbe trovato il modo di rifarsi sul campione francese.

 

* * *

 

 

«Ragazzi davvero, non posso.» la voce di Elizabeth arrivò da dietro una pila di libri scolastici che le copriva il viso.

Il piano della sua giornata consisteva in una mattinata di studio e una tranquilla passeggiata nel pomeriggio, ma si era alzata tardi e ancor più tardi aveva fatto colazione, trovandosi così con poco tempo prima del pranzo per studiare, tempo che non era però sufficiente. La ragazza non si era però lasciata scoraggiare: aveva preparato un panino al volo (che sarebbe diventato il suo pranzo) mentre sorseggiava una cioccolata calda durante la colazione e si era chiusa in sala comune determinata a finire presto ciò che si era ripromessa di fare, teneva molto a godersi almeno il pomeriggio. Erano però comparsi all’improvviso i gemelli Weasley, accompagnati da Lee Jordan, invitandola a provare la loro nuova invenzione con loro.

«Su Lizzie, non fare la noiosa, nemmeno la Granger studia di domenica!» la criticò George scherzosamente.

Elizabeth sbuffò infastidita e si strinse nelle spalle «Lo so, lo so benissimo, ma ho veramente moltissime cose da fare.» poggiò con un tonfo i libri sul grande tavolo che si trovava di fianco ai divanetti e li guardò dispiaciuta «Facciamo un’altra volta?»

«Non accettiamo un no, mia cara.» le rispose Fred strappandole piuma e pergamena di mano «Le riavrai stasera, solamente dopo aver cenato però.»

Elizabeth sbuffò infastidita pronta ad afferrare la bacchetta per riprendersi le sue cose, ma George fu più veloce di lei. La ragazza guardò Lee implorandolo di aiutarla, ma il Grifondoro si limitò ad alzare le spalle dicendole che l’unico modo per farli desistere era accontentarli. 

«D’accordo, d’accordo, ci sto! Una pausa non mi farà male in fin dei conti.» si arrese alla fine alzando gli occhi al cielo «Ridatemi le mie cose però, le riporto in dormitorio.»

Riprese la sua bacchetta dalle mani di George senza troppe cerimonie, raccolse tutti i suoi libri con un «Accio!», poi strappò di mano pergamena e piuma a Fred e si avviò su per le scale.

«Fa velocemente però!» le urlarono i ragazzi prima che sparisse in cima alla scalinata.

 

 

* * *

 

 

Jasper se ne stava comodamente seduto sul divano in pelle della sala comune di Serpeverde, negli occhi il riflesso del camino scoppiettante che tanto amava, tutto preso da una lettera inviatagli da sua nonna Frieda, alla quale era molto legato. La capofamiglia rinnovava il sollievo nella scelta del ragazzo di non partecipare al Torneo e aggiornava Jasper sui successi di Robert, il suo amato fratello maggiore, cosa che ricordò al ragazzo di dovergli scrivere presto. Girò la lettera e cominciò a scribacchiare una risposta sbrigativa tenendo la pergamena nuova per la lettera che avrebbe scritto al fratello, non aveva infatti alcuna voglia di tornare in dormitorio a cercarne un’altra. La giornata fino a quel momento era stata tranquilla: si era intrattenuto durante il pranzo con Marcus (che aveva passato tutto il pasto a lamentarsi di Bambolo Diggory e di Harry Potter) e aveva avuto la fortuna di trovare la sala comune libera, perciò era rimasto lì a leggere la lettera arrivata quella mattina nell’attesa dell’appuntamento che lo attendeva quel pomeriggio (aveva infatti promesso a una ragazza del sesto anno una passeggiata). Era raro ci fosse tutta quella tranquillità in sala comune, ma forse era anche perché quella domenica sembrava la giornata ideale per una bella passeggiata nel parco di Hogwarts. Ma come a voler contraddire quel suo ultimo pensiero un trio di ragazzini fece il suo ingresso nella stanza e Jasper non poté che alzare gli occhi al cielo: Draco Malfoy e i suoi due grossi amici erano appena scesi dai dormitori e prendevano posto parlottando ad alta voce su delle poltrone in pelle nera davanti alla grande vetrata che dava sul Lago Nero. Jasper sbuffò infastidito e cercò di ignorarli mentre iniziava a scrivere la lettera per il fratello, ma era davvero difficile con la voce fastidiosa di Draco nelle orecchie.

«Potter infrange le regole per l’ennesima volta eppure continuano a baciargli i piedi.» si lamentò fastidiosamente il giovane purosangue «Non è altro che un piccolo-»

«Draco ora basta!» 

Il tono perentorio fece voltare Jasper all’improvviso e quando vide la persona che aveva parlato sgranò gli occhi sorpreso: Eden Hawthorne guardava storto Draco Malfoy con quell’aria di superiorità che le apparteneva e che il ragazzo le aveva sempre visto dipinta in volto. Quella era certo una bella sorpresa, si sapeva bene che Draco ed Eden avessero un rapporto strano, a momenti si adoravano mentre altri non facevano che sputare veleno uno contro l’altro, ma quella era proprio una sorpresa. 

«Per una volta sono d’accordo con te Hawthorne.» disse Jasper, non poteva perdersi un’occasione per mettere al suo posto il piccolo ragazzo viziato «Malfoy non è che sei invidioso?»

Eden si stupì dell’intervento del tanto odiato ragazzo del settimo anno, ma sapeva bene che se c’era una persona che gli piaceva meno di lei quella era Draco. Normalmente evitava le discussioni se poteva, sapeva bene che con Draco era tutto tempo perso e spesso lo trovava parecchio simpatico, ma era stufa marcia di sentirlo lamentarsi e criticare il Grifondoro: si era infatti convinta delle parole di Elizabeth e del buon cuore di Harry, sapeva bene che non era un incosciente e partecipare a quel torneo era una decisione che solo un idiota avrebbe potuto prendere, riteneva quindi giusto difenderlo dalle parole cattive del Serpeverde.

«Invidioso? Come potrei essere invidioso di quello stupido di Potter?» rispose Draco ridendo con i suoi due amici «Attento a quello che dici Berlin, chissà che potrebbe succedere alla tua famiglia… Mio padre potrebbe fare qualcosa a riguardo.»

Jasper sbuffò sonoramente all’ennesima minaccia a vuoto e si alzò in piedi «È ora di finirla.»

«Sei patetico!» 

Eden e Jasper si scambiarono un’occhiata confusa e Draco rimase in silenzio, sconvolto dall’averli sentiti urlare quelle due parole all’unisono, quella si che era la fine del mondo.

Una ragazza fece capolino dai dormitori femminili tutta agghindata e truccata con il mantello tra le mani, ignara di ciò che era accaduto qualche secondo prima: «Jasper, eccoti qui! Sei pronto ad andare?»

Eden scoccò un’occhiataccia al ragazzo del settimo anno, che, dopo aver dimostrato interesse per Jazmin e per la sua più cara amica (era ormai convinta volesse sedurla solo per divertimento), usciva già con  un’altra ragazza. Jasper, sollevato dall’arrivo della giovane, raccolse velocemente le sue cose, le fece un sorriso, «Corro a prendere il mantello!» disse e si avviò con passo veloce verso il suo dormitorio.

 

 

* * *

 

 

Jazmin giocherellava in un angolo con il topazio che Marcel aveva abbandonato sul tavolo una volta entrato in biblioteca, era stanca di fare ricerche e le sembrava di essere lì da giorni, quando invece era soltanto passata qualche ora. Eris e Marcel si erano subito aggiornati sulle informazioni che avevano raccolto le due ragazze e il francese si era dimostrato parecchio soddisfatto, anche se ancora non sapeva bene che pensare.

«C’è ancora qualcosa che mi turba però.» esordì Marcel alzando all’improvviso la testa da un libro facendo sobbalzare Eris che gli stava affianco «C’è qualcosa di strano in quella pietra, sembra ci sia qualcosa all’interno.»

Eris lo guardò negli occhi blu «Che intendi?»

«C’è qualcosa di opaco ed è strano dato che quel topazio non ha altre impurità, non dovrebbe averne.»

«Non saprei Marci, non mi intendo di pietre.»

Jazmin, che aveva seguito il breve scambio di battute in silenzio si illuminò: «Ma è semplicissimo! Voi due cervelloni non ci siete arrivati?» i due scossero la testa «Basta romperla!»

«Non so se sono autorizzato a rovinarla.» disse Marcel pensieroso.

Jazmin si complimentò mentalmente per la brillante idea e afferrò la bacchetta con un grosso sorriso, i due amici cercarono di fermarla, ma fu tutto inutile in quanto la spagnola aveva già mandato la pietra in mille pezzi. 

La ragazza afferrò la piccola pergamena euforica sotto gli occhi sbalorditi dei due francesi e lesse: «”Protezione, leone, Sekhmet.”» Jazmin si rabbuiò «Ma che diavolo significano queste tre parole?»

Eris sorrise a Marcel che afferrò un libro che aveva scartato poco prima facendo leggere all’amica ciò che c’era scritto.

«Ma allora…»



* * *

 

*Le Pouvoir des Pierres/The Power of Stones = Il potere delle pietre
*Eris por el amor de Dios = Eris per l'amor di Dio
*¡Encontró! = Trovato!


 

* * *

* * *

* * *


 

Salve!

Mi rendo conto che questo capitolo sia breve, ma ci tenevo a darvi più indizi sulle pietre per vedere se qualcuna di voi riesce a risolvere il mistero: che cosa affronteranno i nostri Campioni durante la prima prova?

Ci tenevo poi a scusarmi per l’attesa per il capitolo, ci ho messo un po’ a mettere in ordine le idee e inoltre volevo dare più tempo alle autrici che ancora non mi avevano risposto: ho avvisato alla pubblicazione dello scorso capitolo anche per sapere se foste tutte interessate a continuare a partecipare alla storia, ma alcune autrici non mi hanno mai risposto. Ho deciso però di pubblicare questo capitolo comunque sperando di sentirle presto e per darvi un po’ di tempo per lavorare sugli indizi.

A presto,

fran x

P.S.: le informazioni sulle pietre sono per la maggior parte di mia invenzione, ma ho anche cercato su internet, quindi qualche cosa è tratta dalla realtà e rielaborata da me c:

 
 

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Capitolo 11
*** La Pesa delle Bacchette ***


La Pesa delle Bacchette

 

«Ma allora…»

«Non c’è altra spiegazione Eris, tutti gli indizi portano a quello.»

Jazmin assisteva in silenzio alla conversazione tra i due amici non capendo di cosa stessero parlando; da quando era arrivato Marcel aveva finalmente potuto mollare i libri e prendersi una dovuta pausa, perciò non aveva avuto la stessa rivelazione che avevano avuto i due francesi.

«Ehm… ragazzi?» esordì incerta la spagnola aspettando di avere l’attenzione dei due «Che cosa avete scoperto esattamente?»

Eris e Marcel si scambiarono un’occhiata e il ragazzo fece scivolare un libro aperto sotto agli occhi dell’amica: affianco al testo era rappresentata una maestosa sfinge che osservava il lettore con sguardo furbo e minaccioso, “La sfinge egiziana è una creatura con testa umana su corpo di leone. Sin dall’antichità è stata usata da maghi e streghe per proteggere oggetti di valore e rifugi segreti. Molto intelligente e capace di parlare, ama porre enigmi e indovinelli al suo interlocutore, ma risulta pericolosa solo quando protegge qualcosa.” diceva il testo.

«Pensate che ti faranno affrontare una sfinge? Ma non è pericoloso?» domandò la spagnola incerta, avevano assicurato che il torneo sarebbe stato sicuro onde evitare inutili incidenti, ma a questo punto non ne era più molto sicura.

«Non saprei…» mormorò Marcel scrollando le spalle.

«Qui dice chiaramente che non sono creature pericolose,» disse Eris rileggendo mentalmente il testo «Sempre che non proteggano qualcosa…»


 

* * *

 

«Jase, mi stai ascoltando?» 

Jasper alzò improvvisamente lo sguardo da terra, risvegliato all’improvviso dai suoi pensieri: aveva accettato di uscire con quella ragazza soltanto per accontentarla, l’aveva invitato a casa sua moltissime volte quell’estate, ma lui aveva sempre rifiutato dicendo di essere troppo impegnato, sperava che a quel punto la Serpeverde avesse capito, ma lei si era dimostrata particolarmente testarda e aveva insistito ancora, così aveva finito per accettare sperando di mettere fine a quella tortura. Non vedeva l’ora che quella passeggiata finisse per potersene liberare, era una ragazza noiosa ed estremamente loquace, da quando erano usciti dalla Sala Comune non aveva fatto altro che blaterare del suo viaggio a Nizza e di quanto non le piacesse la cucina francese, ripetendo all’infinito come questi cavernicoli mangiassero le lumache e l’unica cosa che Jasper riusciva a pensare era che avrebbe preferito mangiare una pentola intera di escargot piuttosto che starla a sentire un altro minuto.

«Scusa, mi sono perso tra i miei pensieri.» rispose lui.

«Beh, dicevo che questi pazzi consumano dei piatti veramente assurdi: mi avranno proposto in almeno tre ristoranti diversi un piatto di lumache.» ripeté lei per la duecentesima volta.

«Ma non mi dire…» 

Raggiunsero, dopo un tempo che a Jasper sembrò infinito, l’entrata del castello, dove un gruppetto di ragazze era intento a seguire ridacchiando Cedric Diggory, che da quando era stato scelto come Campione, aveva sempre qualche signorina alle calcagna. Ci mancava solo Bambolo Diggory, pensò Jasper alzando gli occhi al cielo, quella era di certo la peggiore domenica della storia.

Poco più in là Arabella si faceva spazio tra le ragazze che inseguivano il Tassorosso senza troppi scrupoli, tirando gomitate qua e là per poter avanzare, non era uscita senza giacca con quella camicetta in pizzo per nulla.

«Ciao Cedric.» disse Arabella con voce suadente una volta raggiunto il ragazzo «Scusa dolcezza, ora è il mio turno.» aggiunse poi allontanando la ragazza con il braccio.

Si parò davanti al Tassorosso rivolgendogli un sorriso e gli poggiò una mano sul petto senza preoccuparsi dei versi infastiditi delle altre ragazze.

«Ehm, Arabella.» borbottò il giovane evidentemente sorpreso dal quel gesto intimo.

«Oggi non c’è nemmeno una nuvola.» osservò guardandolo dritto negli occhi «Stasera si potranno guardare le stelle.»

Cedric le rivolse uno sguardo confuso e Arabella gli alzò il mento con le mani avvicinandosi a lui «Facciamo una passeggiata solo noi due?»

Il ragazzo deglutì a fatica, scostò il viso delicatamente e mormorò qualcosa a proposito del coprifuoco. Arabella sbuffò un «Quanto sei noioso!» dopo avergli scompigliato i capelli con una mano ripeté l’invito, aggiungendo che le regole sono fatte per essere infrante e poi si allontanò da lui come se nulla fosse accaduto. Scorse Jasper poco più in là in compagnia di una ragazza, si avvicinò ai due e, dopo aver sentito qualche stralcio del discorso, interpretò l’espressione del Serpeverde come esasperazione, perciò decise di intervenire mormorando un «Come hai potuto?» con voce lacrimevole.

«Come prego?» borbottò Jasper totalmente ignaro del piano della giovane.

«Mi baci, dici che sono l’unica per te e qualche ora dopo ti trovo a un appuntamento con un’altra? Sei un essere spregevole!» disse Arabella tirandogli un sonoro schiaffo sulla guancia.

La povera ragazza di fianco a Jasper gli rivolse uno sguardo ferito e senza dire una parola lo lasciò in compagnia di Arabella, allontanandosi verso la Sala Comune. Jasper si massaggiò la guancia, ribadendo di come quella fosse proprio una domenica terribile e Arabella ridacchiò.

«Sei forse impazzita Saphiq?»

«Ti ho fatto un favore signorino!» spiegò lei attorcigliando un riccio con le dita «Sei in debito con me!»

 


* * *

 

 

Jazmin lanciò il libro a terra con veemenza non appena mise piede fuori dalla classe e sbuffò sonoramente prima di iniziare a inveire in spagnolo: «¡Señorita no entiende, està haciendo todo mal!*» imitò la voce dell’uomo nel dirlo e strinse i pugni «¡Que grosero!*»

Così le aveva detto il professor Moody senza preoccuparsi di metterla in imbarazzo davanti a tutta la classe e trattandola come un’idiota. Le era già capitato moltissime volte di essere sgridata o criticata, sia dai suoi professori che da quelli di Hogwarts, ma mai nessuno l’aveva fatto in modo scortese o trattandola come una stupida. In classe si era trattenuta e non aveva più spiccicato parola dopo l’accaduto, ma, una volta uscita, non era riuscita a contenere la rabbia contro l’uomo che l’aveva fatta vergognare da morire.

«Jazmin.» la richiamò Eris mentre Marcel si abbassava per raccogliere il libro di Difesa Contro le Arti Oscure che l’amica aveva scagliato con poca delicatezza sul pavimento.

«Sono una stupida, non è così? Non riesco nemmeno a lanciare un’incanto nel modo corretto…» mormorò cercando di trattenere le lacrime causate dal troppo nervosismo.

«Certo che no Jaz, non sei affatto una stupida.» rispose l’amico, mentre Eris la stringeva a sé «A tutti non riesce qualcosa, è comprensibile commettere degli errori.»

«Non è vero. Voi siete bravi in qualunque cosa, io invece combino solo disastri!»

Marcel le asciugò una lacrima con il pollice e le fece una carezza sulla guancia «Non siamo però bravi quanto te a lanciare fatture, oppure a tirare su il morale agli amici… Vedi Jaz, ci sono moltissime cose in cui sei brava, non lasciarti condizionare dall’unica che non ti riesce.»

Eris strinse ancor di più la spagnola che sorrise agli amici sollevata.

«Il professor Moody dovrebbe cercare di essere più professionale però, non è accettabile il suo comportamento!» mormorò Eris.

«Non saprei Eris, l’hai visto, è un tipo tutto particolare.» rispose Marcel stringendosi nelle spalle.

Eris sbuffò sonoramente e Jazmin le disse di non preoccuparsi, non si sarebbe fatta condizionare così tanto dalle sue parole un’altra volta.

«Professor Moody, è stato estremamente scortese con la Signorina Suarez, non è ammissibile un tale comportamento!»

I tre amici si voltarono verso la classe estremamente sorpresi nel sentire quelle parole e si affacciarono alla porta senza farsi notare: una ragazza alta, dai capelli biondo dorato e gli occhi verdi se ne stava davanti al professor Moody a braccia conserte e sfidava l’uomo con lo sguardo. 

«Signorina Selwyn, sia ben chiaro, soltanto perché è una delle studentesse migliori non significa che abbia il diritto di parlarmi in questo modo.» la rimproverò l’uomo «Tolgo trenta punti a Serpeverde e lei è in punizione per una settimana. La voglio nel mio ufficio lunedì prossimo dopo cena.» 

La giovane scoccò un’occhiataccia al mago, borbottò un «Bene!» molto ironico e uscì dall’aula a passo di marcia, trovandosi davanti i tre ragazzi che la guardavano sconvolti.

«Grazie!» le quasi urlò Jazmin con un enorme sorriso «Sei stata fantastica, che coraggio!» 

Amalia ricambiò il sorriso e mormorò che non doveva preoccuparsene, era pienamente convinta di ciò che aveva fatto, non sopportava si considerassero le donne fragili e non era riuscita a non dire la sua dopo aver sentito l’insegnante dire: «È comprensibile non riesca a concentrarsi, voi donne siete troppo emotive ed è facile che perdiate il controllo, soprattutto con vestiti e gioielli sempre per la testa.»

«In ogni caso ho apprezzato molto quello che hai fatto!» ribadì Jazmin.

«Figurati, credo sia stato veramente ingiusto, ma immagino lo chiamino Malocchio Moody per un motivo…» commentò Amalia con un’alzata di spalle «Vi devo salutare, ho un’altra lezione a breve e devo scappare!»

I tre la salutarono e Jazmin affermò con un sorriso di essersi fatta una nuova amica niente male.

 

 

* * *

 

 

Otis aveva preso molto a cuore la ricerca sugli indizi della prima prova che Atyliusz aveva condiviso con lui e perciò aveva deciso di andare ad approfondire la questione in biblioteca, certo che con l’ausilio di qualche libro avrebbe trovato risposta all’indovinello dell’ossidiana. Non se la cavava molto bene con gli indovinelli e il fatto che fossero in lingua inglese certamente non aiutava: aveva capito che c’era da fare una riflessione sulle parole, ma non aveva un vocabolario così ampio da poter trovare una soluzione. Si ritrovò a girare a vuoto per la biblioteca senza sapere dove trovare le informazioni che gli servivano e senza nemmeno avere di idea di cosa stava cercando esattamente, non era mai stato bravo a fare ricerche e dopo aver percorso la biblioteca per ben due volte da cima a fondo si arrese, avviandosi verso l’uscita pronto a dichiarare il fallimento. Incrociò, per la terza volta, una donna piccoletta che camminava con passo svelto seguita da alcuni libri che le fluttuavano dietro probabilmente incantati; Otis si disse che probabilmente si trattava della bibliotecaria e si domandò se non fosse il caso di chiedere aiuto prima di arrendersi definitivamente.

«Crede di essere in un parco, per caso? Non è mica in gita, se non le serve nulla la smetta di girare per la mia biblioteca senza meta.» gli disse la donna fermandosi di colpo, di certo non aveva un’aria amichevole, ma Otis non si lasciò scoraggiare.

«Veramente stavo cercando un libro.» spiegò intimidito.

«E pensava di girare a vuoto ancora per molto? La biblioteca chiude alle otto.» la donna indicò l’orologio che segnava le otto meno sette minuti «Che cosa sta cercando?»

Otis si sentì totalmente impreparato, che cosa stava cercando? Quella era proprio una bella domanda e una risposta proprio non ce l’aveva.

«Allora?» domandò infastidita la donna.

«Beh, a dire il vero… ehm…»

«Ah, Madama Pince!» 

Eden Hawthorn era passata in biblioteca poco prima che chiudesse per restituire alcuni libri, li aveva tenuti a lungo e sapeva che la strega le avrebbe fatto la ramanzina se non li avesse consegnati in tempo. Non era certo da lei ritardare sulla consegna dei libri, anche perché li prendeva in prestito quasi esclusivamente per completare qualche ricerca e non li teneva mai più di qualche giorno, ma aveva seguito il consiglio di un’amica e aveva preso in prestito un paio di libri di Oscar Wilde, che a lei piaceva molto, e aveva impiegato più tempo del previsto a completarli a causa dei tanti compiti assegnati. 

«Sì?» mormorò la strega distogliendo l’attenzione da Otis che sospirò sollevato.

«Devo restituire questi due libri.»

«Molto bene, me li consegni.» Eden porse i due volumi alla donna e la bibliotecaria dopo averne letto i titolo appellò una scheda con le date dei prestiti «Li ha presi in prestito un mese e mezzo fa, giusto Signorina Hawthorn?» 

Eden annuì e la strega si mise a cercare una penna e a scribacchiare sulla pergamena. La Serpeverde si accorse solo in quel momento del giovane dagli occhi cerulei che stava in piedi poco in più in là, rendendosi conto di averlo forse interrotto. Lo osservò silenziosamente e notò un piccolo pezzo di carta a terra, vicino ai piedi del ragazzo, così si avvicinò a lui e lo raccolse.

«“Sono il contrario di duro, ma non viscido, non moscio e nemmeno morbido.” Che cos’è?»

Otis le strappò il foglietto di mano, arrabbiato con se stesso per aver perso una cosa di tale importanza e mormorò pian piano: «Niente, un semplice indovinello.»

Eden lo squadrò infastidita dal gesto repentino poco cortese e rifletté in silenzio alle parole che aveva appena letto, cercando un loro sinonimo.

«Bene Signorina, è tutto in regola, grazie per aver riportato i libri.» sentenziò Madama Pince, dopo averli sistemati con la magia.

«Grazie Madama Pince, buona serata.» salutò Eden, fece per andarsene, ma ci ripensò e si voltò verso Otis «La soluzione è molle

Otis la osservò girarsi e proseguire per la sua strada, immediatamente illuminato dalla sua risposta.

«Lei ha deciso cosa vuole? Sono quasi le otto.» borbottò la donna rivolta al giovane.

«Torno domani.» farfugliò il ragazzo e con un cenno di salutò si affrettò verso l’uscita.

 

 

* * *

 

 

Ormai passati molti giorni dalla festa di Halloween e la scelta dei Campioni l’atmosfera nella scuola inglese era diventata particolarmente tesa: tra la freddezza degli studenti di Hogwarts nei confronti di Harry Potter e dei suoi amici, il sospetto degli studenti stranieri che il doppio campione di Hogwarts fosse un tranello e la tensione dei quattro campioni per l’avvicinarsi della prima prova. Quel venerdì erano infatti stati tutti riuniti in una piccola aula per conto della Gazzetta del Profeta, ma soprattutto per una fase fondamentale del torneo: la Pesa delle Bacchette. Il primo a raggiungere la stanza, purtroppo per lui, era stato Atyliusz, che era stato avvisato da Karkaroff quella stessa mattina del luogo dell’incontro con la raccomandazione di essere puntuale e soprattutto presentabile. Il biondo non aveva idea di cosa sarebbe dovuto succedere quella mattina e perciò si era limitato a tenere la divisa rosso scarlatto perfettamente pulita e a presentarsi in anticipo davanti all’aula che gli era stata indicata (che fosse in anticipo comunque era solamente un caso, stranamente non si era perso per i corridoi e questo gli aveva solo fatto guadagnare tempo). Il russo se ne stava davanti alla porta in legno massiccio perfettamente immobile, senza sapere se fosse il caso di bussare o aspettare silenziosamente, ma dopo qualche tempo una donna dalla mascella squadrata uscì dalla stanza e si avvicinò a lui con un grosso sorriso malizioso mostrando tre denti d’oro. 

«Oh molto bene, ecco qui il primo campione!» lo accolse sistemando con una mano i capelli perfettamente arricciati «Rita Skeeter, Gazzetta del Profeta, ma sicuramente mi conoscerai già.»

Atyliusz squadrò la donna dalla testa ai piedi prima di prendere con esitazione la mano che questa gli tendeva: indossava un abito cremisi in tinta con le lunghissime unghie del medesimo colore, gli occhiali pieni zeppi di strass e una discutibile borsetta in pelle di coccodrillo a completare il look. Il russo rimase in silenzio, per una volta forse guidato dal buonsenso, evitando di dirle che non aveva la più pallida idea di chi fosse o di commentare quella mise che lo faceva rabbrividire.

«Sei in anticipo caro, il che è un’ottima notizia, nessuno si arrabbierà se ti ruberò per qualche minuto!» e detto ciò lo prese per un braccio e lo condusse lungo il corridoio fino a raggiungere un’aula vuota.

Atyliusz osservò confuso la donna, che nel frattempo si sedeva accavallando le gambe ed estraeva da quell’orribile borsetta una penna verde sgargiante e un lungo rotolo di pergamena.

«Non ti dispiace se ti faccio qualche domanda, vero?» chiese la donna che con un colpo di bacchetta avvicinò una sedia per Atyliusz facendogli cenno di sedersi, senza aspettare una risposta. «Certo che sei silenzioso tu… capisci l’inglese?»

Atyliusz si sentì offeso da questa domanda, ma annuì sempre senza aprir bocca, ogni secondo che passava quella donna gli piaceva sempre meno.

«Come credi si sentano i tuoi cari a vederti partecipare al torneo? I tuoi genitori sono maghi influenti, saranno orgogliosi del titolo di Campione, giusto?»

Atyliusz si sentì improvvisamente sollevato: domande come quella erano ideali per accontentare il padre e confermare all’occhio pubblico l’immagine perfetta della loro famiglia, che il padre costruiva da anni.

«Sì, sono molto orgogliosi di me.» esordì Atyliusz senza troppa emozione, sforzandosi di nascondere il nervosismo «Mio padre è un uomo brillante, non ho intenzione di deluderlo. Questo torneo è un evento molto importante, è un onore partecipare, lo faccio per Durmstrang e per i Kamenev.» 

Atyliusz non incrociò lo sguardo della donna, aveva paura potesse leggergli negli occhi quanto false fossero quelle parole. Era fondamentale non scontentare il padre e sapeva che per compiacerlo doveva dimostrarsi impeccabile per non intaccare la reputazione della famiglia. Raddrizzò la schiena e indossò la sua faccia di bronzo migliore, evitando di far trapelare alcuna emozione, era l’unica tattica che sapeva funzionare in casi del genere.

«L’onore, sì, certamente…» borbottò la donna buttando l’occhio sulla pergamena dove la sua penna Prendiappunti scribacchiava senza tregua «No, quello toglilo… non quello, l’altra frase… sì, ecco, perfetto!» rilesse velocemente la nuova bozza e tornò a guardare Atyliusz «Senti caro, detto tra noi, sei sicuro di partecipare soltanto per l’onore?»

Atyliusz le rivolse un’occhiata confusa, non capendo dove la donna volesse andare a parare.

«Oh, su, non fare quella faccia, sai bene di cosa parlo!» il sorriso si allargò sul volto della donna facendo luccicare i denti d’oro «Ho saputo che sei un rubacuori a Durmstrang, ma come biasimare le ragazze, c’è per caso qualcuna più speciale delle altre?»

Atyliusz rabbrividì all’istante, la sua espressione impenetrabile solcata da un’ombra, e si affrettò a scuotere la testa: «Non sono un rubacuori, assolutamente no.» 

«Sono sicura invece che tu abbia successo con le ragazze, guarda che occhi!»

«Non sono un casanova.» ribadì il ragazzo con tono duro già terrorizzato al pensiero del padre e del matrimonio combinato che lo aspettava a casa «Non mi interessano le relazioni, c’è già qualcuno che mi aspetta.»

«Oh, questo è interessante, scrivilo assolutamente!» ordinò Rita alla penna puntandole contro un’unghia rossa «Dicci di più di lei!»

Atyliusz buttò l’occhio sulla pergamena “…il ragazzo confida, con un po’ di emozione, che c’è qualcuno di speciale ad aspettarlo a casa. Un grosso sorriso gli si dipinge in volto nel rivelare un cuore innamorato sotto al fascino del bel tenebroso…” e sgranò gli occhi sconvolto dalla tanta falsità concentrata in poche righe.

«Bonjour Madame, è qui che i Campioni sono richiesti?» 

Atyliusz esultò mentalmente ringraziando il giovane francese che lo aveva salvato da quel supplizio, si alzò all’improvviso e con un saluto sbrigativo fuggì dalla stanza sotto allo sguardo sconvolto degli altri due.

Marcel rimase interdetto per un momento da quello strano comportamento e giurò di aver intravisto un mezzo sorriso sul volto del russo quando gli era passato vicino. Rivolse un’occhiata alla donna seduta a gambe accavallate e si chiese perché Atyliusz fosse scappato dalla stanza così in fretta, non sapendo che di lì a poco lo avrebbe scoperto anche lui.

«Vieni, siediti qui caro.» trillò Rita indicando la sedia davanti a lei «Solo una piccola intervista di routine per la Gazzetta del Profeta, niente di cui preoccuparsi.» spiegò brevemente, la stizza di aver perso il campione russo già scomparsa «Allora tesoro, come ti senti? Ho saputo che i tuoi compagni non sono stati molto contenti di saperti il campione di Beauxbatons, forse non sei all’altezza?»

«Evidentemente si aspettavano qualcun altro, non saprei.» rispose Marcel con tranquillità «In ogni caso mi impegnerò al massimo per onorare la scuola, ho una grande responsabilità.»

«Oh, ma quanto siete noiosi voi Campioni!» si lamentò la donna «E la tua famiglia, come l’hanno presa?»

Marcel si grattò la testa imbarazzato non sapendo bene che cosa dire: non parlava quasi mai della sua famiglia, era un tema delicato e ogni volta che gli chiedevano di parlarne si sentiva tremendamente in imbarazzo.

«Credo che mia nonna sarà preoccupata per me,» iniziò con tono incerto il ragazzo «Siamo molto legati, ma vorrei assicurarle che sarò estremamente prudente.»

Si fermò un momento, la donna non smetteva un secondo di fissarlo, il suo sguardo era estremamente insistente e la cosa non gli piaceva particolarmente. 

«Penso che anche mio padre sia preoccupato per me, ma come ogni famiglia mi daranno il loro sostegno.» 

Marcel cercò di sorridere, anche se gli risultò particolarmente difficile: l’unico motivo per cui aveva compiuto un’azione così avventata era per farsi notare dal padre, una sorta di ultimo tentativo di avere un po’ d’attenzione, preoccupazione o qualunque tipo di interesse da parte di Antoine, che non l’aveva mai considerato suo figlio.

«E tua madre?»

Marcel si bloccò all’istante, per lui quella era una questione estremamente privata e sensibile: non aveva mai conosciuto la madre e si era sempre chiesto se la sua presenza avesse cambiato qualcosa nella sua vita. Aveva sempre invidiato Eris e Jazmin, loro avevano un bellissimo rapporto con le loro famiglie e avevano dei genitori presenti e affettuosi, quello che a lui era sempre mancato.

«Mia madre è morta.» rispose semplicemente incapace di dire qualunque altra cosa «Scusi, ora devo proprio andare, è stato un piacere Madame.» 

E detto ciò si alzò, rivolse un sorriso di cortesia alla donna e uscì dalla stanza senza voltarsi.



* * *

 

Eris salutò con un cenno Jazmin che usciva di tutta fretta dall’aula al primo piano, dove si era appena svolta la lezione di Trasfigurazione per gli studenti di Beauxbatons e quelli di Tassorosso, poiché doveva dirigersi all’incontro del Club dei Duellanti di Hogwarts, mentre la francese sistemava in tranquillità i suoi libri dentro alla borsa. Alzò lo sguardo verso l’orologio che si trovava sopra la lavagna incrociando lo sguardo della professoressa McGranitt, che le rivolse un sorriso per poi tornare a scrivere qualcosa su una pergamena, Eris ricambiò un attimo prima che la strega abbassasse la testa: Trasfigurazione era una delle sue materie migliori e l’insegnante di Hogwarts l’aveva capito sin dalla prima lezione grazie ai movimenti perfetti e i risultati eccellenti degli incanti lanciati dalla giovane e si era ritrovata a pensare spesso che Eris le ricordasse un po’ lei da studentessa.

«Buona giornata Madame.» salutò educatamente mentre usciva dall’aula.

«Arrivederci Signorina Bonnet.»

Eris consultò mentalmente il suo orario: aveva un’ora buca (e subito dopo l’ultima lezione della giornata), come ogni venerdì avrebbe raggiunto il suo angolo preferito della biblioteca per dedicarsi alla lettura e anche per copiare gli appunti della lezione da dare a Marcel, che era sparito a inizio pomeriggio con Madame Maxime per qualche questione legata al Torneo. Ormai quella nuova routine le apparteneva completamente, erano bastati pochi giorni per costruirne una tra le mura inglesi, ma era contenta di avere già ben definite le sue piccole azioni quotidiane. 

«Oh Eris, sei ancora qui per fortuna!» Cedric Diggory le rivolse un grosso sorriso «Ho notato quanto tu sia brava in Trasfigurazioni e volevo chiederti un aiuto per perfezionare la mia tecnica.»

Eris arrossì lievemente, sinceramente sorpresa da tale richiesta, ma soprattutto imbarazzata al pensiero che qualcuno l’avesse osservata così a lungo. Aveva parlato varie volte insieme a Cedric, frequentavano molte lezioni insieme e inoltre Marcel discuteva spesso con lui, era quasi inevitabile non rimanesse coinvolta, rispose perciò in modo affermativo, apprezzando la volontà del giovane di migliorare e per il suo costante desiderio di rendersi utile.

«Cedric!» trillò una voce dal forte accento francese alle spalle di Eris, che si voltò con una smorfia in volto, conoscendo la voce fin troppo bene «Vi ho interrotti forse?» borbottò Fleur Delacour rivolgendo un’occhiataccia alla compagna di scuola.

«Avevi bisogno di qualcosa?» domandò educatamente Cedric, la bionda annuì «È urgente? Perché stavo discutendo con Eris di una cosa importante.»

«No, non ti preoccupare Cedric.» rispose Fleur scuotendo i lunghi capelli argentei.

Eris alzò gli occhi al cielo sentendo il tono con cui la francese aveva pronunciato il nome del ragazzo, ma evitò di dire qualunque cosa, sperando di potersi allontanare da Fleur il prima possibile. 

«Ti andrebbe bene se ci vedessimo domani?» domandò il Tassorosso «O domenica se preferisci…»

Fleur sgranò gli occhi sconvolta, probabilmente convinta che Cedric stesse chiedendo ad Eris di uscire, mentre quest’ultima sorrideva divertita. Prima che Eris potesse rispondere però una ragazza con due trecce bionde li raggiunse.

«Cedric, ti aspettano di sopra insieme agli altri Campioni.» spiegò la Tassorosso «C’è anche la Gazzetta del Profeta, credo sia meglio non farli aspettare.»

«D’accordo Hannah, grazie, vengo subito. Eris ne possiamo parlare dopo, magari a cena?» la ragazza annuì «Ti tengo un posto allora!»

Eris lo ringraziò e guardò di sottecchi Fleur che sembrava in procinto di svenire per lo shock, non abituata ad essere rifiutata da un ragazzo, ma soprattutto sconvolta dal fatto che Cedric preferisse Eris a lei. 

«Ma, Cedric! Aspetta!» lo richiamò la bionda.

Il Tassorosso si voltò scusandosi e promettendole che ne avrebbero riparlato presto, per poi sparire lungo le scale insieme ad Hannah Abbott. Eris trattenne a fatica una risata ricevendo un’occhiataccia dalla compagna.

«Oh, pauvre chose*, non eri mai stata rifiutata?» infierì Eris con un mezzo sorriso di scherno.

«Tu es une telle Sorcière, Eris!*» rispose Fleur per poi avviarsi lungo il corridoio con i pugni serrati lungo i fianchi.

 

* * *


 

Harry fece il suo ingresso nell’aula adibita alla Pesa delle Bacchette evidentemente sollevato di essere sfuggito a Rita Skeeter come Atyliusz e Marcel prima di lui. Dove c’erano i tre banchi sistemati accanto alla lavagna e ricoperti da un lungo drappo di velluto, si erano sistemati quattro dei giudici: i due presidi stranieri, il signor Crouch e Ludo Bagman. Harry vide gli altri campioni seduti vicino alla porta, li raggiunse in fretta e si sedette vicino a Cedric in silenzio, mentre Silente presentava il signor Ollivander, addetto al controllo dell’efficienza delle loro bacchette.

«Signor Lefevre, potrebbe consegnarmi la bacchetta?» domandò l’uomo con cortesia mentre avanzava verso il centro della stanza.

Marcel si alzò, raggiunse il mago e gli consegnò la bacchetta senza dire una parola.

«Mmh…» borbottò il signor Ollivander mentre ruotava la bacchetta tra le lunghe dita facendole sprigionare scintille dorate «Undici pollici e mezzo… leggermente flessibile… legno di prugolo… e…» si fermò un momento e rivolse un’occhiata a Marcel «Contiene uno stelo di dittamo, se non mi sbaglio.»

«Sì, Monsieur.» rispose educatamente Marcel per niente sorpreso dallo stupore del mago.

«È un’essenza piuttosto inusuale per una bacchetta, la rende estremamente fragile e delicata. Anche il legno usato è poco comune, una bacchetta certamente unica. Beh, dunque, vediamo come se la cava. Orchideus!»

Dalla punta della bacchetta spuntò un mazzo di fiori che il signor Ollivander afferrò e annusò vigorosamente «Ah si, un profumo intenso, dovuto al dittamo sicuramente. La bacchetta è in ottime condizioni.» detto ciò restituì la bacchetta a Marcel, che tornò a sedersi, e porse i fiori a Madame Maxime che lo ringraziò con un accenno di sorriso «Signor Diggory, è il suo turno.»

Cedric si alzò, rivolse un sorriso al mago e gli consegnò la bacchetta.

«Questa è una delle mie, non è così?» disse il signor Ollivander «La ricordo perfettamente, contiene un unico crine della coda si un unicorno particolarmente bello; mi ha quasi trafitto quando gliel’ho staccato dalla coda.» passò un dito lungo la bacchetta, per verificare non ci fossero bozzi «Dodici pollici e un quarto… frassino… piacevolmente flessibile. È in buone condizioni, fa regolarmente manutenzione?»

Cedric sorrise: «L’ho lucidata ieri.»

Il signor Ollivander scagliò una scia di anelli di fumo d’argento lungo la stanza, esibì un’espressione soddisfatta e chiamò Atyliusz al centro della stanza. Il russo si alzò, raddrizzò la schiena e prese la bacchetta dalla tasca del mantello per poi darla al vecchio mago e incrociare le braccia al petto.

«Dunque…» Ollivander passò delicatamente un dito lungo la grossa bacchetta, soffermandosi sull’impugnatura quadrata «Ah, delle rune, decorazione interessante… questa è una creazione dei Krause, giusto?»

Atyliusz annuì: aveva acquistato quella bacchetta dalla famiglia di Otis, che, dopo il matrimonio con l’erede dei Şahin, fabbricatori di bacchette turchi, vantava una tradizione secolare e unica.

«Sì, bene… undici pollici… rigida… corda di cuore di drago…» la rigirò tra le dita «Interessante… è in prugnolo, come quella del Signor Lefevre.»

Marcel sorpreso rivolse un'occhiata ad Atyliusz, non era un legno particolarmente usato per le bacchette e non si aspettava certo che proprio la bacchetta di un altro dei campioni condividesse questa qualità, sorrise al russo e Atyliusz distolse lo sguardo per paura di poter arrossire. Nel frattempo il vecchio mago aveva mormorato «Avis!» e dalla bacchetta del Campione di Durmstrang era uscito, con uno schiocco, uno stormo di uccellini.

«Signor Potter, rimane solo lei.» Ollivander porse la bacchetta al proprietario e allungò la mano per prendere quella del Grifondoro «Ricordo bene questa bacchetta.» prese ad osservarla con attenzione, impiegò più tempo del dovuto, ma poi disse: «Mmh… agrifoglio… undici pollici… flessibile… contiene una piuma di fenice.» con un movimento repentino ne fece sprizzare fuori una fontana di vino e la consegnò a Harry «È ancora in perfette condizioni.»

«Grazie a tutti voi.» ringraziò Silente «Potete scendere a cena, le lezione ormai stanno per finire…»

Marcel si alzò in piedi e si voltò verso Atyliusz rivolgendogli un sorriso: «Non credevo che qualcun altro possedesse una bacchetta di prugnolo, è una strana coincidenza non trovi?»

Atyliusz esitò un momento e prima che potesse rispondere Ludo Bagman attirò l’attenzione di tutti affinché si fermassero per le foto. I giudici si avvicinarono ai Campioni e Ludo insistette affinché i ragazzi si prendessero sottobraccio come per una foto di squadra, ciò avrebbe dimostrato l’unione tra le scuole a detta sua. Cedric prese Harry e Marcel sottobraccio senza troppe esitazioni, Harry fece lo stesso con il Tassorosso e Marcel fece scivolare il braccio sulle spalle di Atyliusz e lo avvicinò a sé per entrare nell’inquadratura della foto. Il tocco del francese fece arrossire e irrigidire il biondo, che, dopo aver scattato la foto, si staccò in tutta fretta senza avere il coraggio di guardare negli occhi Marcel, cosa che non gli fece notare lo sguardo ferito di quest’ultimo. 

Marcel non si lasciava influenzare troppo dal modo in cui lo trattavano gli altri, però quella reazione brusca da parte del russo non gli era piaciuta; si sentiva più in sintonia con Atyliusz, era infatti convinto fosse l’unico tra i Campioni a vivere una situazione simile alla sua: aveva assistito a parte dell’intervista del russo e aveva notato il suo nervosismo nel parlare della famiglia. Si chiese perché avesse reagito in quel modo, forse aveva sentito qualche pettegolezzo riguardo ai suoi interessi amorosi dai suoi compagni di scuola? Marcel scosse la testa come a voler scacciare quel pensiero e sospirò, non aveva mai dimostrato interesse per le ragazze, ma ciò non li giustificava a speculare ogni qualvolta si avvicinasse a un ragazzo, quelli erano affari suoi e di nessun altro.

 

* * *


 

«Draco è proprio odioso, è stato solo fortunato ci fosse Piton.» si lamentò Elizabeth alzando gli occhi al cielo. 

«Una bella lezione se la meriterebbe di certo.» borbottò Ginny contrariata.

Hermione sospirò portando un cucchiaio di budino alla vaniglia alla bocca, fece poi una smorfia di dolore quando i denti vennero a contatto con il cibo freddo, ancora sensibili a causa dell’incidente del pomeriggio. Qualche ora prima infatti Draco aveva provocato Harry e i due avevano finito per lanciarsi contro degli incantesimi davanti all’aula di pozioni, malauguratamente uno degli incantesimi aveva colpito Hermione facendole crescere a dismisura i due incisivi. Elizabeth era venuta a sapere del “duello” (sempre se così si poteva definire) da Eden, che, passando per la Sala Comune, aveva sentito Draco farsi beffe della povera Hermione, così la Grifondoro ne aveva parlato con Ginny e le due avevano deciso di andare a trovare l’amica in infermeria. Avevano cenato in fretta e furia, prendendo poi qualcosa di morbido che Hermione potesse mangiare senza sentire dolore e si erano presentate in infermeria con un grosso sorriso pregando Madama Chips di lasciarle entrare.

«Questa trovata delle spille è particolarmente meschina e mi chiedo con quale coraggio te ne abbia offerta una! Che s-» Ginny si interruppe a metà della frase a causa dello sguardo che le era stato rivolto da Madama Chips e affondò con violenza il cucchiaio nel budino al cioccolato, lo sguardo ancora arrabbiato.

Elizabeth giocherellava con una ciocca di capelli, che le era scivolata sul viso, persa nei suoi pensieri, alzò lo sguardo all’improvviso e con un sorriso furbo esclamò: «Potremmo fargliela pagare, ho l’idea perfetta!» le amiche si voltarono a guardarla, Ginny con gli occhi che luccicavano ed Hermione con aria preoccupata «I gemelli mi hanno mostrato una delle loro ultime invenzioni qualche tempo fa, ho promesso che non avrei detto nulla, ma credo sia perfetta per l’occasione!»

«Assolutamente no!» la fermò Hermione puntandole contro il cucchiaio «Nessuna di voi due si metterà nei guai; Piton ha già tolto 50 punti a Grifondoro, non è necessario perderne altri.»

«Ma Hermione-»

La ragazza scosse vigorosamente la testa sotto allo sguardo deluso delle altre due e chiese alla più grande se avesse finito la ricerca di pozioni con gli appunti che la aveva aiutata a cercare.

Elizabeth abbassò lo sguardo imbarazzata: «Veramente non ne ho avuto il tempo…» sussurrò «Ho aiutato Fred e George con uno dei loro esperimenti.»

Hermione e Ginny si scambiarono uno sguardo sorpreso che preso però si tramutò in un grande sorriso, convinte di aver confermato i loro sospetti. La bionda non era certo una delle persone più puntuali che conoscessero (arrivava anzi quasi sempre in ritardo agli appuntamenti), ma quando si trattava di compiti era sempre molto ligia al dovere ed era raro non concludesse un’attività, ma che, invece, mettesse qualcosa prima della scuola.

«Se ti piace uno dei miei fratelli puoi dirmelo,» le disse Ginny dando voce ai pensieri che Hermione condivideva «Non andrò certo a fare la spia.»

Il viso di Elizabeth divenne bordeaux e riuscì a farfugliare soltanto un «Come?».

«Non hai concluso la ricerca per aiutarli e ci siamo accorte di quanto tempo passi con loro recentemente.» spiegò Hermione.

«Ho sempre passato del tempo con loro e questo lo sapete benissimo.» liquidò la faccenda Elizabeth incrociando le braccia al petto «Non ho una cotta per uno dei gemelli, è assurdo!»

Ginny ed Hermione si scambiarono un’occhiata poco convinte, ma lasciarono perdere il discorso convinte che l’amica non ne volesse parlare. Elizabeth distolse lo sguardo fingendosi offesa dalle loro strane teorie, soltanto per prendersi un momento per pensare: non erano le uniche ad aver tirato fuori quel discorso e si domandò se forse era lei a non rendersi conto di qualcosa, si era forse presa una cotta per uno dei suoi più cari amici? Si sforzò di sorridere e scacciò quel pensiero dalla mente, per poi tornare a dedicarsi alle amiche.

 


* * *

 

*Pauvre chose = Poverina

*Tu es une telle Sorcière, Eris! = Sei proprio una strega, Eris!

*¡Señorita no entiende, està haciendo todo mal! = Signorina non capisce, sta sbagliando tutto!

*¡Que grosero! = Che maleducato!

 

Ci tenevo a fare un appunto: ho studiato francese ai tempi delle medie e un po’ di spagnolo da autodidatta, quindi le frasi che inserisco in queste lingue, in tedesco e/o altre lingue (che non ho mai approcciato in vita mia), le cerco su qualche forum o, in caso non ne trovassi, le traduco con google; se perciò conoscete le lingue meglio di me e trovate frasi senza senso o sbagliate, vi prego non prendetevela con la mia ignoranza e fatemi sapere come posso sistemarle, sareste molto d’aiuto, grazie!




* * *

* * *

* * *

 

Buonasera!

Ci sto mettendo molto ad aggiornare ultimamente e me ne dispiaccio, purtroppo le mie giornate sono completamente full e quando ho del tempo per scrivere sono sempre parecchio stanca. Mi impegnerò a velocizzarmi per i prossimi capitoli, ma non garantisco nulla.

Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e vi ringrazio per la pazienza, è sempre bello vedere che nonostante la mia lentezza nell’aggiornare siate sempre molto disponibili e gentili.

Detto ciò vi lascio con un quesito, so che è ancora presto, ma vorrei farmi un’idea riguardo le possibili coppie. Non temete comunque, vi porrò questa domanda probabilmente anche più avanti (soprattutto per quanto riguarda il Ballo del Ceppo), per ora mi serve solo un’opinione indicativa riguardo a possibili cotte e/o persone con cui, invece, non vedete per nulla bene il vostro OC (e mi riferisco anche a personaggi canon). Aspetto vostre notizie via MP e anche eventuali domande, se ne avete, così da potermi fare un’idea, grazie c:
Il capitolo devo ancora ricontrollarlo perché non volevo farvi aspettare troppo, scusatemi per gli errori, provvederò a correggerli il prima possibile.

 

A presto,

fran x
 

P.S.: ho creato un profilo instagram per efp (@fweasley_) nel caso voleste seguirmi. Pensavo di utilizzarlo per condividere aggiornamenti et simili, o anche solo voleste fare due chiacchiere, domandarmi qualche cosa o mettermi fretta per finire il prossimo capitolo xD
Se cliccate su questa icona  vi ci dovrebbe portare automaticamente c:

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Capitolo 12
*** Hogsmeade ***


Hogsmeade

 

Quella fredda mattina di novembre il sole splendeva timido nel cielo e le nuvole si muovevano velocemente coprendo e scoprendo il sole di continuo; sembravano irrequiete quanto l’animo dei Campioni quel sabato che precedeva di pochi giorni la prima prova. Agli studenti dal terzo anno in su era stato permessa la consueta visita ad Hogsmeade, notizia che tutti, in particolare gli studenti stranierei, avevano accolto con grande gioia. Elizabeth, appena tornata dalla biblioteca, si fermò davanti al suo baule (che aveva lasciato aperto ad inizio mattina per prendere un paio di pantaloni della tuta e una felpa) e contemplò i vestiti piegati indecisa. Katie Bell entrò nella stanza del dormitorio quasi sbattendo la porta al muro e ignorò l’occhiataccia di un’altra delle loro compagne di stanza seduta a leggere sul suo letto.

«Venite ad Hogsmeade?» domandò Katie senza riuscire a nascondere un grosso sorriso.

Elizabeth si voltò e annuì: «Oggi sei particolarmente di buon umore Katie.»

«Oh, tu dici?» cinguettò la Grifondoro facendo una piroetta su se stessa tenendo un vestito stretto a sé.

Elizabeth ridacchiò alzando scherzosamente gli occhi al cielo e iniziò a tirare fuori vestiti alla rinfusa per cercare un maglione o qualche altro indumento caldo. Katie continuò a girare per la stanza per poi buttarsi a peso morto sul letto della bionda, che si lamentò avendolo appena rifatto.

«Un ragazzo di Beauxbatons mi ha chiesto di uscire oggi,» esordì con sguardo sognante «Mi ha portato addirittura dei fiori, nessuno era mai stato così galante con me!»

«Ma non avevi una cotta per Jasper Berlin fino a qualche tempo fa?» non che Elizabeth volesse rovinarle l’umore, ma si ricordava bene delle sue chiacchierate infinite prima di andare a dormire.

Katie fece un gesto con la mano come a voler dire che ormai era acqua passata «Alicia mi ha proibito di frequentarlo, credo abbia ancora una cotta per lui.» borbottò contrariata, Elizabeth mugugnò qualcosa di poco chiaro e lanciò sul letto una vecchia gonna tartan che Katie afferrò al volo e dicendo: «Elizabeth devi metterla assolutamente!»

«Io non devo mica uscire con un ragazzo.» rispose la giovane scuotendo energicamente la testa.

«Ma esci sempre con i gemelli e Lee, avranno qualche amico carino, no?» Katie le puntò l’indice contro «Non puoi perdere un’occasione per fare colpo!»

Elizabeth arrossì alla menzione degli amici e poi si limitò a borbottare che non usciva con loro, ma con l’amica Serpeverde. Katie sbuffò contrariata e continuò ad insistere per qualche minuto, poi si accorse che avrebbe fatto tardi all’appuntamento e perciò lasciò stare la bionda per prepararsi. Elizabeth prese a osservare la gonna che portava i colori della casata di famiglia (i nonni paterni erano infatti scozzesi e come ogni famiglia avevano il loro motivo tartan) e si domandò se, per una volta, non fosse il caso di provare qualcosa di diverso. Katie le salutò e uscì di corsa lasciando Elizabeth a guardare la sua gonna e l’altra compagna a leggere il suo libro.


 

* * *

 

All’entrata del villaggio di Hogsmeade vi era una grande folla variopinta di studenti (e senza le uniformi era difficile distinguere gli inglesi dagli stranieri) che cercavano gli amici oppure che decidevano che negozi visitare quel pomeriggio. Non appena Eden raggiunse l’inizio di High Street e vide la moltitudine di ragazzi, si pentì di aver detto ad Elizabeth di ritrovarsi lì, forse non era stata la migliore delle idee. 

«Eden, sono qui!»

Eden, sentendo chiamare il suo nome, si voltò di scatto scorgendo una chioma scompigliata, che avrebbe riconosciuto ovunque, avvicinarsi a lei con passo svelto e perciò le andò incontro.

«Per fortuna sei sempre in ritardo piccolo Ippogrifo, se fossi già stata qui non ti avrei mai trovata, soprattutto con quell’adorabile gonna.» Eden ridacchiò, mentre l’amica alzava gli occhi al cielo visibilmente infastidita «Oh su tesoro, non fare quella faccia! Sono solo sorpresa… non ti ho mai vista con addosso una gonna o un vestito in quattro anni di amicizia; oltre alla gonna della divisa ovviamente.»

«Non mi sento a mio agio con le gonne…» spiegò Elizabeth visibilmente a disagio «Quando ne indosso una sembra che chiunque mi circondi abbia un commento da fare e non mi piace essere al centro dell’attenzione.»

«Soltanto perché non sai accettare i complimenti.» Eden le fece un buffetto sulla guancia «Ma non ti preoccupare, ti sta d’incanto.»

Elizabeth si morse il labbro poco convinta, ma ringraziò comunque l’amica per poi cambiare bruscamente discorso e chiedere dove volesse andare. La Serpeverde ci pensò un momento e si guardò intorno notando una ragazza di Beauxbatons nella folla, che salutò con un cenno della mano. 

Eris, Marcel e Jazmin avevano accolto con entusiasmo la notizia della visita a Hogsmeade, essendo arrivati con la carrozza volante non avevano avuto modo di vedere il piccolo villaggio al di fuori dei cancelli del castello e l’idea di visitare un posto nuovo piaceva a tutti e tre. Avevano raggiunto l’ingresso del villaggio seguendo la massa di studenti inglesi, però, una volta usciti dal parco di Hogwarts non avevano idea di dove andare, perciò si erano aggregati al gruppo di ragazzi fermo all’inizio della via principale cercando una faccia amica a cui chiedere informazioni. Jazmin, avendo visto Eden, la salutò con un grosso sorriso, poi, afferrò il braccio di Eris e quello di Marcel e, senza preavviso, li trascinò dalle due ragazze inglesi.

«Eden, Elizabeth! Possiamo unirci a voi?» domandò una volta che le ebbe raggiunte.

Eris alzò gli occhi al cielo per la poca discrezione dell’amica, mentre Marcel fece loro un sorriso; in quel mese avevano avuto modo di conoscersi meglio, soprattutto dopo essersi incontrati un’infinità di volte in biblioteca, perciò Jazmin le aveva subito considerate amiche e non perdeva occasione di salutarle.

«Scusate, non volevamo intrometterci così.» si scusò Eris dando un leggero colpetto al braccio della spagnola «Potreste darci qualche informazione sul villaggio?»

Elizabeth disse loro di non preoccuparsi e gli illustrò brevemente i vari negozi presenti e il modo in cui raggiungerli.

«Noi non abbiamo ancora deciso cosa fare oggi, a dire il vero. Comunque non-»

«Signorine, Campione.» Fred e George Weasley, spuntati all’improvviso accompagnati da Lee Jordan, salutarono in coro, con un mezzo inchino giocoso e una solennità che non gli apparteneva, i ragazzi di Beauxbatons, per poi girarsi verso le due amiche: «Eden, Lizzie

Jazmin ridacchiò coprendosi la bocca con una mano, per poi salutare allegramente i tre ragazzi; non conosceva ancora bene Lee Jordan, ma aveva avuto modo di conoscere meglio i gemelli (sia personalmente, che attraverso racconti altrui) da ormai qualche settimana e li trovava le persone più divertenti che conoscesse. Anche gli altri risposero al saluto, mentre Eden lanciò un’occhiata eloquente alla migliore amica, sorpresa dal non notare fastidio a causa del soprannome. Elizabeth alzò le spalle dicendole che ormai ci aveva fatto l’abitudine, Eden non era molto convinta della risposta, ma lasciò perdere comunque.

«Allora, andiamo da Zonko?» domandò Lee Jordan guardando uno ad uno i ragazzi raggruppati in cerchio.

«Zonko?» domandò Jazmin «Che cos’è?»

«Un negozio di scherzi.» disse Eden «Io ci sto, Elizabeth?»

Jazmin si allargò in un enorme sorriso e dichiarò di non vedere l’ora di vedere questo negozio, mentre Eris e Marcel si dichiararono meno entusiasti all’idea.

«A dire il vero…»

 


* * *

 

 

«Se vedo solo un’altra di queste spille…»

Marcus Flint, sentite le parole di Jasper, si affrettò a rimettere in tasca la spilla che gli aveva dato Draco Malfoy, la quale in quell’istante mostrava la scritta “POTTER FA SCHIFO” in verde; si guardò intorno notando un gruppo di studentesse poco più in là tutte prese a parlottare a bassa voce che le indossavano con l’altro slogan “Tifa per CEDRIC DIGGORY - Il VERO Campione di Hogwarts!” in un bel rosso acceso. Il Campione di Hogwarts, come richiamato dalle spille, passò affianco a loro insieme ad Ernie MacMillan e sorrise gentilmente alle ragazze, che mostrarono la spilla con orgoglio, per poi superare i due Serpeverde. Jasper osservò le studentesse iniziare a ridacchiare e arrossire, chiamando il nome del Tassorosso a gran voce, poi si voltò verso l’amico  dicendo, con tono di lamentela, che un tempo le ragazze avevano occhi anche per lui e non solo per Bambolo Diggory. Il Campione si fermò a salutare una ragazza che, però, lo ignorò totalmente e si avvicinò invece ai due Serpeverde, sotto lo sguardo sconvolto del gruppetto di ragazze che seguivano Cedric ovunque andasse. Arabella non si curò dello sguardo confuso del Tassorosso o delle parole scortesi delle studentesse, prese Jasper per il polso, disse a Marcus «Scusa caro, ma oggi è mio.» e trascinò il giovane in una stradina laterale vuota.

«Da quando ignori Bambolo Diggory?» domandò Jasper, ma non si mostrò affatto stupito dall’assurdità della situazione, ormai aveva capito che non valeva la pena domandarsi cosa passasse per la testa della ragazza di Durmstrang.

«Pensavo ci sapessi fare con le ragazze.» Arabella sorrise divertita e si disse che gli uomini non si accorgevano mai di quello che gli capitava realmente intorno «Voglio farlo ingelosire e tu mi devi un favore, perciò…»

«Perché non rinunci e basta?»

Arabella di certo non gli era piaciuta le prime volte in cui ci aveva avuto a che fare, era imprevedibile, impulsiva e non si curava per niente degli altri, ma passandoci del tempo insieme aveva scoperto che avevano parecchie cose in comune e che in fondo non era poi così male come credeva.

«Io non abbandono mai le sfide.» la ragazza lo prese sottobraccio «Allora, dove mi porti?»

 

 

* * *

 

 

«Non ci credo che Elizabeth non è venuta con noi!» borbottò Eden mentre spingeva la porta del negozio di scherzi facendo tintinnare la campanella appesa ad essa. 

«Lizzie è semplicemente impazzita.» disse Fred come se nulla fosse.

«Un vero peccato però, è così giovane…» aggiunse George fingendo di asciugare una lacrima.

Jazmin ridacchiò e rivolse un sorriso a Lee che le tenne aperta la porta per farla entrare.

«Non è da lei rifiutare un invito da Zonko…» aggiunse Eden scoccando un’occhiataccia ai gemelli che sembravano pronti a sfornare qualche altra battuta «È già da qualche settimana che si comporta in modo strano, oggi poi, tra la gonna, il soprannome e Zonko…»

«La nostra piccola Lizzie sta crescendo George!» mormorò Fred con tono fintamente commosso appoggiando teatralmente la testa sulla spalla del fratello.

«Sta diventando una signorina, Fred.» aggiunse George con lo stesso tono triste «Ormai non ha più bisogno di noi a guidarla, come crescono in fretta...»

Eden alzò gli occhi al cielo esasperata domandando agli amici se fossero in grado di essere seri per una sola volta nella loro vita, ricevendo un sorriso furbo in risposta che la fece innervosire ancora di più. Jazmin le rivolse un sorriso dolce e le mise delicatamente una mano sulla spalla: «Sono sicura che va tutto bene, magari voleva soltanto essere gentile con Eris e Marci e non lasciarli da soli. Potrai parlarle dopo comunque, ci vediamo in quel locale, no? Come si chiamava?»

«I Tre Manici di Scopa.» rispose Lee mentre rigirava tra le mani delle caccabombe valutando se comprarle o meno.

«Su Eden, non fare la noiosa.» la riprese Fred.

«Lizzie sta bene, più che bene.» aggiunse George.

Eden rispose con un sospiro sconsolata, per poi raggiungere Jazmin che le mostrava un oggetto sventolandolo in aria e le domandò se sapesse che cosa fosse e a cosa servisse. Eden la raggiunse e le rivolse un sorriso: «Sono dei Dolci Singhiozzini, ma non li mangerei se fossi in te.»

«Perché? Che fanno?»

«Ti fanno venire un brutto singhiozzo, anche se l’effetto non dura più di una decina di minuti.» spiegò Lee che le aveva raggiunte con alcuni fuochi d’artificio Filibuster e un paio di caccabombe tra le mani «Però ti consiglio di prendere questi,» disse passandole uno dei fuochi d’artificio «Sono dei fuochi d’artificio molto carini, perfetti per fare degli scherzi.»

Jazmin già s’immaginò il salto che avrebbe fatto Eris se gliene avesse fatto scoppiare uno di fianco all’improvviso, ma poi si rese conto che l’avrebbe sgridata sicuramente e osservò il piccolo oggetto che le aveva passato il Grifondoro indecisa.

«Se vuoi fare qualche scherzo possiamo offrirti noi qualcosa di davvero interessante.» disse Fred spuntando all’improvviso alle spalle della spagnola.

«Li stiamo ancora brevettando, ma a breve potrai acquistare dei prodotti dei Tiri Vispi Weasley.» George le posò una braccio sulle spalle, mentre Fred faceva lo stesso dalla parte opposta «Grasse risate assicurate mia cara.»

Jazmin arrossì, non abituata a tante confidenze da parte dei ragazzi e chiese: «Cosa sono i Tiri Vispi Weasley?»

«Il negozio di scherzi che vogliono aprire.» spiegò Eden con un sorriso «Anche se Elizabeth sa qualcosa più di me, non vogliono rivelare niente!»

«Volete aprire un negozio di scherzi? Ma è un’idea magnifica!» disse Jazmin entusiasta «Sarò una vostra cliente sicuramente allora, adoro fare scherzi, anche se Eris non li ama particolarmente…»

«Hai sentito Freddie? Dovremmo ampliare il mercato a Beauxbatons.» 

«Faremo ottimi affari Georgie, ne sono sicuro.»

 

 

* * *

 

 

Marcel uscì per primo dalla Cartoleria Scrivenshaft tenendo la porta aperte per le due ragazze, che uscirono subito dopo di lui ringraziandolo.

«Vuoi una mano con quelle borse?» domandò Marcel guardando Elizabeth che reggeva una borsa per mano, entrambe piene fino all’orlo.

La ragazza gli rivolse un sorriso scuotendo la testa «Tranquillo, penso di cavarmela, qualche penna e un pacco di pergamene non mi uccideranno.»

«Non dimenticare quel bellissimo set da scrittura! Sei sicura di non volere una mano? Ci ho visto almeno sei boccette d’inchiostro colorato dentro.» aggiunse Eris.

Elizabeth scosse la testa nuovamente «Grazie per la breve sosta, non riesco mai ad allontanarmi da Eden, non avrei avuto altra occasione per comprarle il regalo di natale.»

I due francesi alzarono le spalle ed Eris disse che non era stato affatto un problema, d’altronde non avevano alcun piano per la giornata, aggiungendo poi quanto belle fossero le penne d’oca colorate che aveva visto in vetrina. Elizabeth indicò loro la strada e i tre ragazzi si avviarono parlando animatamente di alcuni dei professori e della mole di compiti assegnati da questi ultimi.

«Oh eccoci qui, sono sicura che questo negozio ti piacerà Marcel.» affermò la Grifondoro con un grosso sorriso «È uno dei posti che preferisco qui a Hogsmeade.»

Marcel ed Eris alzarono lo sguardo sull’insegna del negozio che recitava “Mielandia” in caratteri squadrati e di una bella tinta giallo acceso. Il giovane si fece avanti per aprire la porta del negozio vista l’evidente difficoltà di Elizabeth nell’aprila con le borse una per mano e fece cenno ad Eris di entrare mentre le reggeva la porta, quest’ultima gli rivolse un «Merci.» e lo superò pensando che peccato fosse che un ragazzo così galante non fosse interessato alle fanciulle. Il piccolo negozio era estremamente affollato e i tre ragazzi (soprattutto Elizabeth che doveva stare attenta a non rompere il regalo per l’amica) si fecero strada a fatica sgomitando e cercando di non perdersi di vista nella moltitudine di gente. 

«Oh, per Godric, sembra ci sia tutta Hogwarts qui dentro.» si lamentò Elizabeth evitando per un soffio un ragazzino che non si preoccupò di scusarsi «Hey tu! Stai attento dove vai!» gli urlò dietro irritata «Allora Marcel, che ne pensi?»

Il ragazzo non le rispose subito, troppo preso a guardarsi intorno con gli occhi che brillavano, Eris lo osservò divertita per poi intervenire: «È talmente goloso da essere senza parole.»

I tre ragazzi rimasero all’interno del negozio per una mezzora buona, Marcel avrebbe voluto assaggiare ogni singolo dolcetto, ma ce n’erano veramente a centinaia (alcuni addirittura tipici francesi che i due ragazzi di Beauxbatons riconobbero subito), gli scaffali erano infatti alti fino al soffitto pieni di Api Frizzole, Fildimenta, Pallini Acidi e moltissime altre cose e le due ragazze furono costrette a portarlo fuori a forza prendendolo una per braccio. Il ragazzo osservò soddisfatto la busta che aveva riempito di dolci facendo ridere Elizabeth ed Eris.

«Non mi stupirei se mi dicessi che hai esaurito l’eredità di famiglia per svuotare Mielandia, sai?» disse quest’ultima con tono giocoso facendo sorridere l’amico.

«Sarebbe un buon modo per prosciugare un conto in banca, a mio parere.» rispose semplicemente il francese estraendo dalla busta tre pacchetti di Cioccorane «Sono questi i dolcetti al cioccolato che contengono le figurine Elizabeth?»

La ragazza annuì e Marcel porse una Cioccorana a lei e una all’amica francese con un sorriso, le due lo ringraziarono e presero a scartarle. La prima ad aprire il pacchetto fu Eris e la piccola rana di cioccolato spiccò un balzo in avanti prima che la Grifondoro potesse dirle di fare attenzione; la francese però tirò fuori la bacchetta in velocità e con un incanto appellante riuscì a riprendere la rana un attimo prima che toccasse terra. La ragazza si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo mentre Marcel osservava quanto i dolcetti fossero realistici.

«Ho trovato Circe! Mia madre ne sarebbe immensamente felice visto quanto è appassionata di mitologia greca.» commentò Eris osservando l’immagine della famosa strega sulla figurina; pensò ai nomi dei suoi fratelli (che erano quelli dei figli di Era e Zeus) e a tutte le altre passioni di Margaret Nott, sua madre, che non avevano risparmiato nessuno: i tre lupi cecoslovacchi che avevano a casa portavano infatti i nomi dei famosi pittori Matisse, Chagall e Delacroix, i preferiti della madre.

«Oh, Silente.» sorrise Elizabeth dopo aver scartato la Cioccorana, il mago le rivolse un cenno e poi sparì «Ho un’infinità di figurine di Silente nel baule, ma rimane comunque la mia preferita.»

«E tu che hai trovato Marci?» domandò Eris.

«Ho trovato Merlino.»



* * *

 

La Stamberga Strillante si trovava fuori dal villaggio di Hogsmeade, sopra una collinetta, e per raggiungerla era necessario fare una non molto breve camminata passando per un piccolo bosco. Otis aveva sentito degli studenti inglesi del terzo anno parlarne a colazione quella mattina, ma non aveva deciso subito di visitarla, nonostante l’idea di una bella camminata all’aperto lo invogliasse parecchio. Aveva raggiunto Hogsmeade insieme ad Atyliusz e con il gruppo di amici di quest’ultimo, i quali avevano deciso di cercare un pub o un bar dove sedersi e bere una birra, Otis non era entusiasta, ma non aveva piani migliori, perciò aveva deciso di seguirli senza fiatare. Non appena avevano raggiunto un locale e spalancato la porta avevano intravisto quell’antipatica giornalista, Rita Skeeter, che aveva pubblicato l’articolo pieno di falsità solamente qualche tempo prima (per fortuna del russo però si era concentrata quasi esclusivamente su Harry Potter), in un vestito giallo banana e Atyliusz, senza nemmeno pensarci, si era fermato all’improvviso per poi girare su se stesso e uscire in fretta e furia e Otis, che era dietro di lui, l’aveva seguito senza fare domande. Il biondo aveva camminato per un po’ senza meta lungo la strada per poi rivelare a Otis il motivo della fuga repentina, l’amico aveva annuito comprensivo e gli aveva proposto la visita alla Stamberga Strillante, assicurandogli che non ci sarebbero state molte persone e che quella giornalista non li avrebbe trovati.

Otis si fermò, ormai raggiunta la cima della collinetta e aspettò che Atyliusz lo raggiungesse. La Stamberga Strillante aveva un aspetto tutt’altro che invitante, l’edificio fatiscente sembrava poter crollare da un momento all’altro, le finestre erano sigillate da tavole e il vecchio giardino, che ormai nessuno curava più, era totalmente inselvatichito.

«Che cos’è questa baracca?» domandò il biondo confuso.

«La Stamberga Strillante,» rispose semplicemente Otis «La casa più infestata di tutta la Gran Bretagna a quanto dicono.»

«A me sembra solo vecchia e cadente.»

Otis alzò le spalle «Dicono si sentano delle urla orribili.»

Sul viso di Atyliusz comparve un’espressione poco convinta e il ragazzo si guardò intorno riconoscendo che non c’era davvero un’anima e sicuramente, data la desolazione del posto, non ci sarebbero state molte persone a disturbarli.


 

* * *


 

I Tre Manici di Scopa era forse uno dei locali più frequentati dagli studenti, ma d’altronde non c’era molta altra scelta, il Pub Testa di Porco era un posto squallido e Da Madama Piediburro andavano solamente le coppiette (infatti dicevano ci fossero solo tavoli per due), perciò anche quel pomeriggio il locale era completamente pieno. Eris, Marcel ed Elizabeth si fecero strada a fatica, per la seconda volta quel giorno, e sospirarono sollevati quando videro che i loro amici gli avevano tenuto dei posti.

«Ma dove eravate finiti? Vi stiamo aspettando da un’eternità.» domandò Lee sbuffando.

«Vedo che non vi siamo mancati così tanto.» commentò Elizabeth vedendo che ormai avevano bevuto almeno due burrobirre a testa «Saremmo arrivati prima, ma Eris voleva acquistare una sciarpa nuova, perciò ci siamo fermati da Stratchy and Sons.»

Eris e Marcel si sedettero vicino a Jazmin ed Elizabeth annunciò che sarebbe andata ad ordinare un altro giro di burrobirre per tutti, lasciando le borse appese alla sua sedia. Le due ragazze di Beauxbatons presero a raccontarsi dei negozi che avevano visitato, mentre Eden, visto che i gemelli Weasley e Lee avevano iniziato a sussurrare tra loro, domandò a Marcel più informazioni sulla scuola francese e i due presero a discutere delle differenze tra Hogwarts e Beauxbatons.

 

Jasper, dopo una lunga visita a Mondomago dove aveva lasciato a riparare il vecchio Spioscopio che una volta apparteneva a suo nonno, e una lunga litigata con Arabella davanti al Pub Testa di Porco (la ragazza voleva entrare a tutti i costi, ma Jasper si era rifiutato di portarla lì, essendo un posto non adatto ai giovani), era riuscito a convincere la mezza turca ad andare ai Tre Manici di Scopa, dove sapeva avrebbe trovato qualcuno dei suoi amici. Il Serpeverde spinse la pesante porta, si guardò intorno ignorando le infinite lamentele di Arabella e raggiunse Roger Davies, che era seduto a uno dei numerosi tavoli con alcuni amici.

«Ti prego, dimmi che non c’è Bambolo Diggory, l’ho visto anche troppo ultimamente.»

«Vuoi che menta?» domandò l’amico facendo un cenno verso un tavolo molto rumoroso dove il Tassorosso sedeva.

Jasper sbuffò e si avvicinò al bancone dicendo che avrebbe ordinato e chiesto a Madama Rosmerta un paio di sedie da aggiungere al tavolo. Evitò il tavolo di Cedric, raggiunse il bancone e scorse una ragazza a lui ben nota, perciò decise di raggiungerla.

«Dove sono i tuoi bodyguard, Miller?» le domandò con un mezzo ghigno.

Elizabeth, che stava aspettando di essere servita, si voltò all’improvviso trovandosi Jasper davanti e alzò gli occhi al cielo.

«Non ho bisogno di nessun bodyguard.» gli rispose «Anche se, con tutte le volte che mi compari alle spalle, potrei pensarci.» 

«La prudenza non è mai troppa.»

«Sai, inizierò a pensare che tu abbia una specie di fissa per me se continui ad importunarmi così, Berlin.»

«Ti farebbe piacere avere le mie attenzioni? Pensavo preferissi i ragazzi con i capelli rossi.» mormorò il moro con un sorriso di sfida.

«Inizio a pensare faccia più piacere a te avere la mia attenzione Jasper

Il Serpeverde rimase in silenzio, spiazzato dalla risposta e dal sentirsi chiamare per nome dalla giovane, si era sempre riferita a lui usando il cognome, ma mai il suo nome. Madama Rosmerta posò un vassoio con le otto burrobirre davanti ad Elizabeth che si affrettò ad incantarlo affinché la seguisse fluttuando al suo tavolo. La ragazza sorrise vittoriosa, felice di aver avuto l’ultima parola e si avviò verso gli amici dicendo: «Hai perso la lingua Berlin?»

 

Arabella rivolse un’occhiataccia a Jasper, che, non solo non l’aveva presentata, ma l’aveva lasciata lì, in disparte, come una scema, aveva pensato di alzargli un bel dito medio, ma si trattenne e rivolse la sua attenzione agli amici del Serpeverde.

«Arabella Saphiq.» si presentò.

Dopo che tutti le ebbero riferito i nomi, che comunque non aveva ascoltato con grande attenzione, Roger si alzò e le disse: «Siediti pure, non potrei mai lasciare una ragazza in piedi.»

Lei sorrise, sbattendo ripetutamente le ciglia, si sedette e lo ringraziò dicendo che per fortuna c’era ancora qualcuno che aveva un po’ di educazione.

«Jasper è galante solamente con le ragazze a cui è interessato, temo.» rispose Roger con una scrollata di spalle «Mi sembra assurdo non ci provi con una come te, comunque.»

«Oh e perché?» domandò Arabella fingendo di non averlo capito, vedeva benissimo come il Corvonero la guardava e non era difficile interpretare quel genere di sguardo.

«Beh, credo sia abbastanza evidente no?» Arabella inclinò la testa con sguardo confuso «Sei estremamente bella.» replicò, quasi in un sussurro.

Arabella intravide Cedric Diggory alzarsi, per andare a parlare con una ragazza e rivolse un sorriso a Roger, visto che il Tassorosso non sembrava interessato a lei almeno si sarebbe potuta divertire un po’ con l’amico di Jasper.

 

Quando Elizabeth era tornata al tavolo aveva trovato i ragazzi che ridevano per a una battuta di Fred e George, si era seduta di fianco a Lee Jordan e aveva preso la sua burrobirra con una spruzzata di cannella bevendone un sorso.

«Mi chiedevo se non avessi bisogno di una mano.» le disse Eden, ma la Grifondoro fece un gesto con la mano, dicendo che non c’erano stati problemi.

«Che cosa voleva Jasper Berlin esattamente da te?» domandò Lee quasi facendole andare di traverso il liquido «Non dirmi che è venuto da te solamente perché indossi una gonna.» Eden lanciò un’occhiata al Grifondoro, per paura che l’amica si sentisse in imbarazzo, e lui aggiunse: «Che ti sta benissimo, comunque!»

«Dov’è? Ti ha infastidita ancora?» Eden afferrò la bacchetta, pronta ad alzarsi, ma la bionda la fermò.

«Non mi ha infastidita.» rispose alzando gli occhi al cielo.

«Ti gira intorno parecchio ultimamente…» osservò Fred.

«Si sarà innamorato di Lizzie.» disse George per poi scoppiare a ridere insieme al gemello.

Elizabeth gli tirò un leggero schiaffo sul braccio e sbuffò infastidita, dichiarando il discorso chiuso. Jazmin si sentì a disagio e sputò fuori in un sussurro: «Questo, ehm, Jasper, fa così con tutte?»

«Sissignore.» risposero in coro i gemelli «L’ultimo mese è uscito con almeno-»

Eden, ricordandosi di come qualche tempo prima, lo aveva visto uscire con Jazmin e poi con un’altra ragazza e poi un’altra ancora, tirò un calcio sotto al tavolo al più vicino dei due gemelli perché si zittissero e, dopo essersi accorta di quanto ferita fosse la spagnola, disse: «Sono sicura che tu fossi importante per lui, semplicemente non è bravo a mantenere le relazioni.» si maledisse mentalmente per aver difeso il ragazzo, ma continuò «Non vale la pena preoccuparsene, sei troppo speciale per uno così in ogni caso.»

«Non ci stava provando con me, comunque.» aggiunse in fretta e furia Elizabeth arrossendo.

«Se ti ferisce ancora, Jaz, se la vedrà con me.» la rassicurò Eris, poi tutti rimasero in silenzio imbarazzati.

Cedric Diggory arrivò in quel momento e salutò tutti, domandando se per caso avesse interrotto qualcosa, tutti scossero la testa e lui domandò di poter parlare con Eris. La francese fece per alzarsi, ma Marcel si alzò prima di lei (dicendo a Cedric di prendere pure il suo posto), seguito da Eden che annunciò di dover andare ai servizi.

«Beh a dire il vero non volevo creare tutto questo disturbo.» si scusò il Tassorosso senza sedersi «Volevo solo darti questo…» Cedric passò un pacchetto ad Eris «Un pensierino per l’aiuto con Trasfigurazione.»

«Oh, grazie Cedric, non dovevi.»

 

Marcel si alzò e si scusò con tutti, dicendo che sarebbe tornato a breve, raggiunse l’ingresso del locale e salutò i due ragazzi di Durmstrang che erano appena entrati.

«Atyliusz, ehm, come te la stai cavando con l’indizio?» domandò il francese un po’ imbarazzato.

Otis, sentendosi di troppo, decise di andarsene e lasciarli parlare per conto loro, e si spostò più in là.

«Molto bene.» mentì il ragazzo, per non fare brutta figura.

«Mi fa piacere.» borbottò Marcel «Io credo di aver trovato una risposta, ma non ne sono sicuro.»

Seguì un silenzio tombale, i due si guardarono negli occhi per qualche istante e poi il russo abbassò imbarazzato lo sguardo. 

«Vuoi unirti a noi?» domandò Marcel.

«Sono già con loro.» rispose Atyliusz indicando il tavolo degli amici di Durmstrang.

«Ah, va bene. Allora ci vediamo.» Marcel cercò di forzare un sorriso, faticando nel nascondere la sua delusione e decise di tornare al suo tavolo.

 

Otis si voltò per vedere se Atyliusz stesse ancora parlando con il Campione francese e non vide la ragazza che stava venendo verso di lui, andandole contro. Eden, che era appena uscita dal bagno, gli rivolse un’occhiataccia e non riuscì a trattenere uno sbuffo.

«Mi dispiace.» le disse il ragazzo.

«È bello vedere che hai imparato delle buone maniere dall’ultima volta.» gli rispose acidamente «Non avete un minimo di educazione a Durmstrang? Ah, se vi vedesse mia madre vi griderebbe contro, siete estremamente scortesi.»

Otis si grattò la base del collo imbarazzato, quella ragazza non era stata gentile con lui, ma nonostante ciò e nonostante si sentisse intimidito da lei la trovò estremamente carina ed interessante. 

«Posso offrirti qualcosa?» domandò incerto, pentendosi della poca intraprendenza, che non era proprio da lui, un secondo dopo «Pe-per farmi perdonare.» aggiunse in fretta.

Eden alzò il mento, altezzosa «Non credo basti.» ci pensò un momento e poi disse: «Ma non rifiuto di certo una burrobirra gratis.»

 

* * *

* * *

* * *

 

Beh, buonasera!

Spero il capitolo sia di vostro gradimento, in particolare la scena ai Tre Manici di Scopa, scriverla è stato un incubo, ma sono contenta di essere riuscita (o almeno spero di esserci riuscita) a gestire bene tutti i personaggi. Questa volta l'atmosfera è molto più rilassata rispetto allo scorso capitolo e nulla, mi sono divertita parecchio a spedire gli OC ad Hogsmeade. 
Nessuna domanda per voi oggi, comunque ci si legge presto!

Un abbraccio,

fran x

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Capitolo 13
*** Le Creature ***


Le Creature

 

«Kamenev, alzati immediatamente!»

Atyliusz si rigirò nel letto voltandosi dalla parte opposta, un piccolo grugnito fu l’unica risposta che diede alla voce, che assomigliava da morire a quella del preside di Durmstrang. Pensò, ancora mezzo addormentato, di aver solo immaginato la frase, la prima prova era quel martedì, mancavano solamente due giorni e non aveva ancora capito a cosa si riferisse l’indizio, quindi si disse che era solo l’ansia a far spuntare Karkaroff all’interno dei suoi sogni. 

«Sarà meglio tu mi ascolti Kamenev, o sarò costretto a chiamare tuo padre.»

Atyliusz aprì gli occhi a fatica, la menzione del padre sembrò svegliarlo d’improvviso, non poteva aver immaginato la voce un’altra volta, si disse che nei suoi sogni doveva averlo un minimo di controllo su ciò che accadeva, o almeno così dicevano, e perciò si mise a sedere mentre sfregava gli occhi.

«Finalmente mi ascolti, maledetto ragazzo.» mormorò l’uomo a denti stretti.

Atyliusz sbiancò all’improvviso: Karkaroff era davvero davanti al suo letto, con ancora il mantello addosso, e puntava la bacchetta illuminata verso il viso del russo senza mostrarsi minimamente preoccupato di poter svegliare gli altri studenti. Atyliusz non disse nulla, si limitò a guardare l’uomo in silenzio, aspettando gli desse delle indicazioni. Il preside sbuffò contrariato e gli disse di vestirsi, prendere la bacchetta e raggiungerlo immediatamente nella sua cabina-ufficio. Il biondo osservò l’uomo uscire dalla stanza senza muovere un muscolo, afferrò la sua bacchetta e l’orologio che teneva sul comodino, fece luce verso di esso e, dopo aver visto l’ora, si disse che doveva sbrigarsi: se Karkaroff voleva vederlo quasi alle tre di notte, la situazione doveva essere di una certa gravità.

Raggiunse la cabina quasi correndo per la nave, sapendo che più tempo avesse impiegato, più l’uomo si sarebbe infuriato, bussò alla porta con decisione e quando l’uomo lo invitò ad entrare fece il suo ingresso nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Karkaroff lanciò contro il portone del suo improvvisato ufficio un incanto per sigillarlo e poi rivolse l’attenzione al ragazzo: «Hai risolto l’indovinello della pietra?»

Atyliusz annuì, dicendo che la soluzione all’indovinello era molle, aggiungendo però che non sapeva che cosa potesse significare.

«Molle…» mormorò l’uomo dopo qualche minuto di silenzio «Li ho sentiti, nella foresta, parlavano delle creature… affronterai un Molliccio, Kamenev, sai cosa fare?» il ragazzo scosse la testa, durante le lezioni di Arti Oscure non gli avevano mai insegnato degli incanti difensivi, solamente quelli offensivi, Karkaroff sbuffò «Il Molliccio è un mutaforma, prenderà la forma della cosa che più ti spaventa, perciò devi mantenere il sangue freddo Kamenev.» Karkaroff si alzò e camminò verso di lui «Il controincantesimo è molto semplice, non avrai problemi a superare la prova se saprai mantenere la concentrazione, altrimenti l’incanto non avrà nessun effetto. Abbiamo ancora pochi giorni per perfezionarlo, forza, in piedi, iniziamo subito.»


 

* * *

 

Marcel infilò un libro intitolato “L’Egitto e Tutti i suoi Segreti” al suo posto originario nello scaffale della biblioteca, sapeva muoversi perfettamente al suo interno, nonostante fosse ad Hogwarts da poco ci aveva passato talmente tanto tempo da venire chiamato per nome da Madama Pince che ormai lo salutava allegramente ogni volta che lo vedeva. Le loro intuizioni si erano rivelate giuste, glielo aveva confessato Madame Maxime quella mattina: l’aveva convocato nel suo ufficio e gli aveva raccontato di essere stata nella Foresta Proibita la notte precedente e di aver intravisto alcune creature, tra cui una grande sfinge, come il giovane sospettava, perciò la mattina dopo il ragazzo aveva raggiunto la biblioteca con Eris e Jazmin per fare qualche ricerca in più. Madame Maxime gli aveva intimato di non dire a nessuno della loro conversazione, lei era uno dei giudici e non avrebbe dovuto né aiutarlo né essere nella Foresta la notte prima, ma Marcel sapeva che le sue amiche gli sarebbero state molto d’aiuto, perciò non appena ne aveva avuto l’occasione non aveva esitato un attimo nel raccontargli della conversazione.

«Marci, credo di sapere anche quante ore passa una sfinge a farsi le unghie ormai.» mormorò Eris esasperata «Abbiamo letto ogni libro ci fosse su di loro nella biblioteca, penso tu sia sufficientemente preparato sulla teoria.»

«Dov’è Jazmin?» domandò il ragazzo posando l’ennesimo tomo sulla cultura egizia su uno dei grandi tavoli.

«È andata a pranzare,»rispose Eris mentre accarezzava distrattamente la copertina di un libro intitolato “Orgoglio e Pregiudizio”, regalo che le aveva fatto Cedric per ringraziarla dell’aiuto con i compiti «Ha detto che non riusciva a concentrarsi con lo stomaco che brontolava incessantemente, ma credo avesse anche bisogno di una pausa dai libri.» il ragazzo annuì un po’ dispiaciuto «E francamente non posso darle torto, quello che stiamo facendo mi sembra totalmente inutile.»

Marcel le rivolse un’occhiata confusa, non era sorpreso dall’onestà dell’amica nel dirgli ciò pensava, ma non riusciva a capire dove volesse andare a parare la francese. Eris non rispose subito, ma si limitò a chiudere il libro che il ragazzo sfogliava e a riporlo sullo scaffale.

«Non è sapendo quante divinità con la testa di gatto veneravano gli Egizi che sconfiggerai una sfinge.» sussurrò sedendosi di fianco a lui «Dobbiamo passare alla pratica Marcel, con la teoria non arriverai tanto lontano.» il ragazzo non disse nulla e allora Eris continuò: «Sappiamo che le sfingi amano fare degli indovinelli, no? Iniziamo a risolverne qualcuno! E poi, quando Jazmin tornerà dal pranzo, faremo un po’ di pratica con degli incantesimi difensivi.»

 


* * *

 

 

Quella mattina Elizabeth si era svegliata senza alcuna voglia di fare e, dato che la sera (o forse era meglio dire notte?) prima era stata sveglia fino a tardi per leggere, era così stanca da non riuscire nemmeno a far valere il suo lato responsabile su quello pigro. Subito dopo pranzo si era rifugiata in dormitorio, aveva preso uno dei suoi libri preferiti e si era accasciata sul suo letto a baldacchino, riprendendo la lettura dove l’aveva interrotta la notte precedente. Talmente era presa dal suo libro (complice anche la gran quantità di sonno arretrato) non si accorse che le due persone che erano entrate nella stanza non erano le sue compagne, perciò non si scompose minimamente e continuò a leggere.

«Forse mamma ha ragione quando dice che abbiamo una pessima influenza su di lei.»

«Sono d’accordo Fred, è diventata un topo da biblioteca da quando ha iniziato ad evitarci.»

Elizabeth sbuffò sonoramente e, sempre senza alzare lo sguardo dalle pagine del libro, mormorò: «Sono sempre stata un topo da bibl-» la Grifondoro s’interruppe di colpo, alzò la testa e squadrò i due ragazzi «Come siete entrati nel dormitorio femminile, esattamente? C’è un incantesimo sulle scale, come siete riusciti ad aggirarlo?»

Elizabeth non si mostrò minimamente sorpresa nel vedere quei due nella sua stanza: dopo aver passato innumerevoli pomeriggi e giornate in loro compagnia sin da quando era piccola, niente le sembrava più tanto improbabile quando si trattava di loro due.

«Perché continui ad evitarci?» domandò Fred.

«Non si risponde a una domanda con un’altra domanda.» lo rimproverò lei, infilando una vecchia cartolina tra le pagine del libro per tenere il segno.

«Il come siamo arrivati qui, cara Lizzie, rimarrà uno degli innumerevoli segreti che non possiamo condividere con te.» intervenne George mostrando il suo solito sorriso furbo. 

La ragazza si limitò ad alzare gli occhi al cielo mormorando che non li stava affatto evitando e George disse, con tono estremamente ironico: «Sì, certo e Ron diventerà Caposcuola.»

«Se ti sei presa una cotta per me non serve farne una tale tragedia.» ridacchiò Fred facendole l’occhiolino.

«Continua a sognare Weasley.» Elizabeth posò il libro sul comodino, scusa che usò per non guardare nessuno dei due negli occhi, e aggiunse, quasi senza pensare: «Se mai dovessi impazzire e sfortunatamente prendermi una cotta per uno di voi due il fortunato non saresti tu, Fred.» 

George si voltò verso il fratello con un sorriso soddisfatto borbottando qualche parola riguardo all’essere il gemello migliore, mentre Fred si fingeva estremamente offeso e si asciugava delle lacrime invisibili; Elizabeth sorrise nel constatare che i due erano troppo presi dalle loro scemenze per notare il leggero rossore sulle sue gote e si maledisse per aver detto una cosa simile.

«Comunque non vi stavo evitando…» spiegò quasi sussurrando «Avevo bisogno di un po’ di tempo per me, con i G.U.F.O. all’orizzonte sono parecchio stressata. E poi dovevo mettere in ordine alcuni pensieri… Ma niente di cui preoccuparsi, davvero.»

I due ragazzi capirono dal tono della bionda che non voleva parlarne con loro e, come pochissime altre volte nella loro vita, rimasero in silenzio senza commentare, fare domande o battute. La Grifondoro si sentì molto più leggera e rivolse un mezzo sorriso ai due amici, grata e meravigliata dal loro inusuale tatto.

«Quindi, perché siete qui?» domandò poi Elizabeth, determinata a cambiare discorso ad ogni costo, i due iniziarono a farle domande sulle più disparate pozioni e, anche se i gemelli avevano fatto finta di nulla, la ragazza aveva capito che avevano bisogno di aiuto per qualche nuova invenzione «D’accordo, d’accordo, ho capito!» alzò una mano per farli zittire «Perché non andiamo a discuterne in Sala Comune?»

I due annuirono, Elizabeth scese dal letto, si infilò le scarpe e tirò fuori dal baule il libro di pozioni mormorando che probabilmente sarebbe stato utile.

«Dovete promettermi una cosa però.» la bionda si fermò davanti alla porta della stanza e gli puntò un dito contro «Non sgattaiolerete più nei dormitori femminili, promesso?»

«Non faccio promesse che non sono sicuro di mantenere.» le rispose Fred con un largo ghigno.

«Sembra quasi tu non ci conosca Lizzie.» osservò George che sfoggiò un sorriso identico a quello del fratello; poi i gemelli la presero sottobraccio come quando erano bambini e tutti e tre uscirono dalla stanza ridendo.

 

 

* * *

 

 

Jazmin annuì distrattamente a ciò che le diceva un compagno di Beauxbatons, lo sguardo che vagava tra gli studenti al tavolo di Serpeverde alla ricerca di una persona specifica. Quando lo vide ridere, probabilmente alla battuta della ragazza con i capelli ricci che era seduta al suo fianco, la tristezza s’impossessò di lei e la spagnola si diede della stupida: se c’era una cosa che non doveva fare era stare male per uno stupido ragazzo che non la trattava nel modo giusto, ma allora perché sembrava così difficile fare finta di nulla? Forse in fondo si era convinta che fosse un bravo ragazzo e che non si stesse prendendo gioco di lei e, nonostante tutti sembrassero dirle il contrario, non voleva rovinare la bella immagine che aveva di lui. Vedeva Jasper spesso, avevano alcune lezioni in comune, ci aveva parlato svariate volte quando si trovavano in classe insieme ed era sempre stato gentile, anche se sembrava non avere mai tempo per fare passare del tempo con lei, ma forse era come diceva Eden e non era bravo a portare avanti le relazioni?

Arabella intravide il preside di Durmstrang alzarsi dal tavolo degli insegnanti, salutare i colleghi e avviarsi verso l’uscita della Sala Grande, domandò perciò a un ragazzo seduto poco più in là che ora fosse, indicando l’orologio che portava al polso, e sbuffò contrariata scoprendo che in meno di mezzora doveva essere in una cabina della nave. Si alzò, imitando i suoi compagni di scuola sparsi per i vari tavoli, e salutò il gruppo di Serpeverde con cui stava parlando, per poi seguire gli altri ragazzi fuori dal castello. Jazmin notò subito la giovane con la pelle color caramello salutare gli amici, tra cui Jasper, e si alzò all’improvviso, decisa a raggiungerla. Inciampò nei suoi stessi piedi nella fretta di fermarla e riuscì a intercettarla appena fuori dal grande portone della scuola.

«A cosa devo tutta questa attenzione spagnolina?» Arabella si voltò divertita verso la ragazza, non era la prima volta che una giovane provasse attrazione verso di lei, la lusingava certamente, ma non era solitamente attratta dalle ragazze, certo c’era stato qualche episodio, ma non era frequente provasse interesse per una delle sue compagne, era più un atto di ribellione contro i suoi genitori che un sentimento genuino.

Jazmin si fermò d’improvviso, effettivamente cosa voleva sapere? Aveva moltissime domande, ma non sapeva proprio cosa domandarle o da dove cominciare, perciò, senza pensarci disse: «Cosa c’è tra te e Jasper?»

Arabella rise, mentre Jazmin si maledì immediatamente per aver fatto una domanda così personale, aveva avuto un paio d’occasioni per parlare con la mezza turca, ma non si poteva dire che fossero particolarmente legate. In fondo però era lecito che lo chiedesse, no? Arabella era forse l’unica ragazza che aveva visto costantemente in compagnia del Serpeverde e si era domandata più volte se effettivamente fossero solo amici o ci fosse qualcosa. 

«Mi piacciono le persone dirette.» commentò Arabella prima che Jazmin potesse scusarsi o ritirare la domanda «Comunque non saprei, siamo amici? Scusa, ma non sono abituata ad avere amici senza qualche tipo di beneficio, se capisci che intendo.»

Jazmin arrossì, annuendo leggermente, senza sapere cosa dire, la ragazza non si faceva alcun problema a dire le cose in modo esplicito e la spagnola non era abituata a tanta trasparenza, non su quel genere di argomenti comunque.

«Ah d’accordo.» mormorò quando finalmente recuperò la voce «Sai è che vi vedevo molto amichevoli e mi sono domandata se-»

«Se ci fosse qualcosa?» la interruppe Arabella «È un bel ragazzo certo, ma non credo di essere interessata a una relazione. E poi penso abbia già qualcuno per la testa.»

«Davvero?»

«Senti Jazmin,» Jazmin non riuscì a nascondere il suo stupore, non credeva che Arabella conoscesse il suo nome «Normalmente non avrei alcun interesse nell’aiutare qualcuno senza un tornaconto personale, ma lascia che ti dica che Jasper è un idiota.» le rivolse un mezzo sorriso «Ma d’altronde è un maschio, cosa potevamo aspettarci? Tu mi sembri una ragazza dolce, perciò te lo dico.»

«Cosa intendi dire?»

«Sono sicura che lo capirai da sola.» Arabella ridacchiò «È stato un piacere parlare con te spagnolina, ma temo di dover proprio andare.»

«Fretta di fare i compiti?» domandò Jazmin con un sopracciglio inarcato.

«Sì, come no.» la ragazza alzò gli occhi al cielo «Ho una lezione di due ore.»

«Di domenica? Stai scherzando, vero?» Jazmin portò una mano alla bocca, sinceramente sorpresa.

«Mi piacerebbe.» sbuffò «Purtroppo ad Hogwarts non insegnano questa materia e Karkaroff ritiene che sia fondamentale per la nostra educazione… Vallo a capire quell’invasato coi denti gialli.»

«Che materia è, se posso chiedere?»

«Arti Oscure.» borbottò Arabella con tono serio «Non sarei autorizzata a condividere questa informazione con te, per Karkaroff è una cosa super top secret. Sarà che nelle altre scuole non insegnano questa disciplina, ma non vedo perché tutta questa segretezza, ma comunque» scrollò le spalle «Devo proprio scappare, non ho nessuna voglia di sorbirmi le sue stupide lamentele sui ritardi.»

 

 

* * *

 

 

«Devi portarteli sempre dietro?» domandò sottovoce Eden alludendo a Tiger e Goyle, rivolgendosi però solo a Draco.

«Hanno bisogno di aiuto più di me, non sono molto intelligenti.» rispose lui alzando le spalle e assicurandole che se li avessero infastiditi li avrebbe cacciati.

La ragazza sbuffò, ma non aggiunse altro e i due continuarono a camminare uno di fianco all’altro seguiti dai due scagnozzi dell’unico rampollo dei Malfoy che ridevano per chissà quale stupida ragione. Una volta raggiunta la biblioteca Eden si voltò verso di loro con fare altezzoso e portò elegantemente l’indice davanti alle labbra, intimandogli di stare zitti con una sola occhiata. Eden li guidò verso una zona meno frequentata della biblioteca dove era solita fare i compiti con Elizabeth dato che quasi nessuno andava a sedersi lì oltre a loro due ed Hermione Granger. Draco si sedette di fianco a lei, posando la sua tracolla di pelle di drago sul tavolo con un tonfo e iniziò a sfilare libri e pergamene da essa.

«Allora tesoro, qual è il problema?» domandò poi con dolcezza ignorando lo sghignazzare dei suoi due amici, seduti di fronte a loro.

«Storia della Magia.» rispose Draco mentre apriva la boccetta d’inchiostro «Quello stupido fantasma vuole due pergamene di riflessioni su una stupida guerra.» Eden inclinò la testa e ignorò tutti i commenti scortesi del giovane «Seguire le sue noiosissime lezioni è più difficile che uscire dalle lezioni di quello stupido del guardiacaccia senza farsi del male.»

Eden evitò di fare commenti, aveva sempre avuto un rapporto strano con Draco e aveva imparato che alcune volte discutere con lui non portava a nulla, se non a una gran perdita di tempo. Normalmente non si sarebbe fatta problemi a far notare a qualcuno di essere scortese, neanche al giovane Serpeverde, ma lo smisurato affetto che provava per lui ogni tanto la portava a stare zitta. Si conoscevano da anni ormai e avevano sempre avuto un rapporto odio-amore, ma essendo gli unici ragazzi agli eventi di gala, ai quali i genitori li portavano spesso, li aveva portati ad avvicinarsi ed Eden aveva sempre fatto fatica a non guardare Draco con dolcezza, un po’ come un fratellino minore di cui doveva occuparsi; anche se, a volte, a causa della sua mente chiusa e delle critiche cattive Draco incarnava quel tipo di persona che Eden proprio non riusciva a tollerare e finiva per litigarci o per fare commenti velenosi di cui poi si pentiva quando le passava la rabbia. Non sapeva dire cosa li tenesse uniti, forse l’abitudine di essere amici, o il rapporto che legava i loro genitori, o semplicemente la consapevolezza che non erano amici per i soldi, per il nome o altre scemenze di tal genere: non era scontato che tutte le persone che si avvicinavano a loro lo facessero per stringere un rapporto, era capitato spesso ad entrambi che qualcuno lo facesse solo per interesse e, anche se nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso, era tremendamente brutto essere circondati da persone a cui non importava niente di te. O forse, pensò Eden, erano amici per tutte quelle ragioni  messe insieme e perché, molto semplicemente, si capivano a vicenda essendo entrambi figli unici di una famiglia ricca dal nome importante.

Eden, mentre spiegava a Draco la stupida guerra di cui doveva scrivere, intravide un ragazzo aggirarsi per la biblioteca spaesato e, dopo averlo osservato per qualche secondo, lo riconobbe e decise di raggiungerlo, senza un motivo apparente.

«Inizia a scrivere l’introduzione, torno subito.» borbottò mentre si alzava di fretta.

Il ragazzo di Durmstrang che le aveva offerto la burrobirra il giorno prima, Otis, leggeva distrattamente i titoli di alcuni libri su uno scaffale senza sapere esattamente dove cercare. 

«Che cosa stai cercando?» gli domandò cercando di essere distaccata.

Otis quasi saltò sul posto talmente era preso dalla sua ricerca, ma quando vide la ragazza che aveva parlato le rivolse un sorriso, borbottando che gli serviva un libro che parlasse di Mollicci.

 

«Pensavamo fossi caduta nella tazza, non tornavi più.» osservò Lee ridacchiando tra sé.

«Mi hanno offerto una burrobirra, non potevo non approfittarne.» rispose semplicemente rivolgendo un’occhiataccia a Ron che le aveva rubato il posto, da quando aveva litigato con Harry stava sempre attaccato ai gemelli e ai loro amici, perciò suppose li avesse raggiunti ai Tre Manici di Scopa perché non aveva ancora fatto pace con l’amico.

«Un amico?» domandò Elizabeth interessata.

«Non proprio.» rispose Eden, la domanda di Elizabeth l’aveva presa di sorpresa: cos’era quel ragazzo per lei? Scosse la testa per scacciare il pensiero e domandò: «Allora, che mi sono persa?»

 

Eden inclinò la testa confusa e poi cercò di trattenere una piccola risata «Non credo troverai molto nella sezione dell’Alchimia.»

Otis arrossì e si grattò la nuca imbarazzato, come poteva darle torto?

«Ehm… già.» rispose iniziando a guardarsi intorno.

«Dovresti domandare a Madama Pince, è la bibliotecaria, se ancora non ti fosse chiaro.» il tono saccente con cui lo disse non turbò minimamente Otis che asserì avrebbe continuato a cercare da solo «È una gran perdita di tempo, lasciatelo dire.»

«Forse.»

Eden sbuffò e borbottò in risposta qualcosa che suonava simile a un «Fà come ti pare.» e poi rimase lì, davanti a lui, in silenzio a osservarlo. Otis non disse nulla, lo sguardo che vagava alle spalle della ragazza, senza sapere cosa dire.

«Dovresti provare sei scaffali più in giù.» sussurrò Eden dopo un silenzio imbarazzante «Dovrebbe essere la sezione giusta.»

«Ehm grazie…»

«Eden Hawthorn.»

«Già grazie Eden.»

Il ragazzo fece per avviarsi, ma Eden lo fermò afferrando il suo polso, Otis arrossì.

«Pensi di dirmi il tuo nome o devo continuare a rifermi a te come “ragazzo scortese e maleducato”?» Eden sembrò non fare troppo caso all’imbarazzo del giovane «I tuoi genitori non ti hanno insegnato che è maleducato non presentarsi?»

«Ehm… sì, sì, ha-hai ragione.» balbettò il mezzo tedesco arrossendo ancor di più «Mi chiamo Otis Krause.»

Otis lanciò un’occhiata alla mano di Eden che teneva ancora stretto il suo polso, le guance della ragazza si tinsero leggermente di rosa e si scusò, lasciando delicatamente la presa. Otis la salutò e sparì dietro ad altri scaffali così velocemente che Eden non riuscì a rispondergli.



* * *

 

«Secondo te la sfinge potrebbe propormi degli indovinelli babbani?» domandò Marcel chiudendo il libro che stava sfogliando fino a qualche secondo prima.

Eris alzò la testa dal suo nuovo libro «Francamente non ho la più pallida idea di che indovinelli possa conoscere una sfinge.» gli rispose picchiettando con le dita insistentemente sul tavolo in legno «Forse dovremmo andare a cercare Jaz, abbiamo lavorato abbastanza sugli indovinelli.»

Eris prese a fissare insistentemente la porta della biblioteca sperando di vedere spuntare l’amica da un momento all’altro, Jazmin non comparve, ma Eris riconobbe subito Cedric Diggory quando quest’ultimo entrò nella biblioteca.

«Vado a prendere un libro sugli indovinelli babbani, non si sa mai.» annunciò Marcel in procinto di alzarsi.

«Marcel vado io, non ti preoccupare.» lo fermò la francese.

Eris si alzò di scatto, non ce la faceva più a stare seduta su quella sedia, ormai i glutei le facevano male e inoltre aveva sempre fatto fatica a stare ferma a lungo, non aveva perciò esitato a cogliere l’occasione per sgranchirsi le gambe e andare a salutare il Tassorosso. Cedric, coinvolto in una conversazione con uno dei suoi compagni di Casa, notò subito la ragazza quando ella lo raggiunse e si scusò con il ragazzo, per poi prestare la sua attenzione alla giovane.

«Ciao Eris, come procede la tua giornata?» le domandò gentilmente in un sussurro dopo aver ricevuto un’occhiata da Madama Pince.

«In modo non particolarmente eccitante.» Cedric le rivolse un sorriso «E la tua? Sei qui per la Prima Prova?»

Cedric spalancò leggermente gli occhi, sinceramente sorpreso dalla domanda «Qualcosa di simile.» borbottò e poi sembrò notare Marcel seduto ad un tavolo poco più in là «Anche Marcel si sta preparando?»

Eris annuì «Non sono venuta qui per spiare il “nemico”, comunque.» mimò le virgolette «Volevo ringraziarti per il libro, hai fatto una scelta impeccabile!»

La ragazza gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi che il Tassorosso ricambiò entusiasta «Marcel mi ha detto che è uno dei tuoi libri preferiti e ho pensato ti avrebbe fatto piacere avere l’edizione inglese.»

Eris non riuscì a nascondere un «Oh.» di stupore, nessuno si era mai impegnato così tanto per farle un regalo, soprattutto uno non necessario.

«C’è qualcosa che non va?» Cedric sembrò notare subito questo cambio nel viso della ragazza e lei scosse vigorosamente la testa.

«Non era veramente necessario, tutto qui!» spiegò «Non ti nascondo però che mi ha fatto piacere.»

«Non è niente, davvero.» l’amico di Cedric sbucò da dietro uno scaffale e prese a gesticolare verso di lui «Mi dispiace concludere così la conversazione, ma sembra abbiano bisogno di me.»

«Vai pure, io devo andare a cercare un libro per Marcel.»

«A più tardi Eris!» la salutò il ragazzo con un sorriso per poi raggiungere gli amici.

Eris lo osservò per un momento e poi tornò nella sezione della logica e cercò il libro di indovinelli che voleva Marcel, lo prese e tornò al tavolo dal ragazzo per scoprire che la loro amica li aveva finalmente raggiunti.

«Ah Jazmin, eccoti qui!» mormorò la francese sollevata «Possiamo passare agli incantesimi finalmente.»


 

* * *

* * *

* * *


 

Salve salve!

Ormai credo sia ovvio, ma il prossimo capitolo è sulla prima prova, ammetto di essere particolarmente fiera di me per essere arrivata a questo punto e francamente non vedo l’ora di affrontare il prossimo capitolo, anche se so già che sarà difficile… ho anche pensato a un buon sistema di votazione per decidere la classifica della prova, perciò vi chiedo già, se potete, di essere partecipi per quello, ma vi dirò di più quando sarà il momento.

Come vi avevo anticipato nell’avviso e su instagram sto lavorando a delle OS sull'infanzia e sugli eventi che precedono l'arrivo ad Hogwarts per il torneo dei nostri amati OC (e no, non me ne sono dimenticata, giuro che ci sto lavorando xD). Rinnovo perciò l’invito (a chi ancora non mi avesse detto nulla ovviamente) a farmi sapere se ci fosse qualche episodio o evento che vi piacerebbe vedere incluso e in tal caso di scrivermi direttamente qui su efp (via MP chiaramente) o su instagram se preferite.

Detto ciò spero il capitolo sia di vostro gradimento, anche perché ho riscritto un milione di volte alcuni spezzoni perciò non so come possano essere usciti. E niente, fingiamo tutti che Fred e George Weasley abbiano trovato un modo per superare l’incantesimo sulle scale dei dormitori (chiedendo aiuto a un elfo, con un invenzione o che so io), perché altrimenti la scena non sarebbe altrettanto bella e lo dico perché ho provato a riscriverla diversamente e non ci sono riuscita xD

A presto,

fran x

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Capitolo 14
*** La Prima Prova ***


La Prima Prova

 

Il ventiquattro novembre era finalmente arrivato (forse un po’ troppo presto dal punto di vista dei Campioni) e tutta la scuola sembrava essere in subbuglio per la Prima Prova del Torneo Tremaghi. Quel giorno le lezioni erano terminate a mezzogiorno per permettere a Campioni e studenti di pranzare e raggiungere in tutta calma la piccola arena che era stata allestita per l’occasione. Le ore di lezione erano passate più velocemente del previsto e anche gli insegnanti sembravano essere distratti quanto gli studenti, a causa della prova imminente. A mezzogiorno in punto ogni studente, in qualunque parte del castello si trovasse, era schizzato verso la Sala Grande per poter augurare buona fortuna ai Campioni o per pranzare il più velocemente possibile e per poi correre all’arena a prendere i posti migliori.

«Secondo voi quanto durerà Potter?» domandò Draco divertito «Mio padre mi ha rivelato cosa hanno preparato per la prova, sapete è in ottimi rapporti con il Ministro… finalmente Potter avrà quello che si merita.»

Eden, seduta poco più in là, si schiarì la gola, alzò un sopracciglio verso Draco e sbuffò contrariata quando Tiger e Goyle iniziarono a ridere come due idioti.

«Che c’è?» le domandò Draco, anche se sapeva bene cosa infastidiva la ragazza.

«Non mi sembra carino scherzare sulla vita delle persone, tutto qui.» rispose con tono di rimprovero.

«Potter poteva pensarci prima di mettere il suo nome nel Calice.» disse Draco «Non riesce proprio a fare a meno di stare al centro dell’attenzione, quell’idiota.»

Eden sospirò indecisa se rispondergli oppure no, ma decise di ignorarlo e prese a tagliare con foga un pezzo di carne che aveva nel piatto. Intorno a lei iniziarono tutti a bisbigliare e perciò alzò lo sguardo dal piatto per notare che Otis e il Campione di Durmstrang si erano seduti al tavolo di Serpeverde per pranzare prima della prova. Eden incrociò lo sguardo di Otis e gli fece un cenno con la testa, il ragazzo arrossì e le rivolse un sorriso facendole ciao con la mano, allora Eden abbassò lo sguardo nuovamente, ma sulle sue labbra si dipinse un piccolo sorriso. 

«Kamenev, è ora.»

La voce di Karkaroff fece zittire tutti gli studenti seduti al tavolo verde-argento, Atyliusz annuì lentamente e si alzò lasciando il piatto ancora mezzo pieno. Quando il preside di Durmstrang sparì seguito dal russo tutti gli studenti presero a bisbigliare tra loro, Eden, invece, controllò l’orologio che aveva al polso, prese un ultimo sorso d’acqua e si alzò lentamente, pronta a tornare nei sotterranei per togliere l’uniforme e prepararsi per assistere alla prova. Quando la ragazza si alzò anche Otis scattò in piedi senza rendersene conto e quando si accorse di ciò che aveva fatto ormai era troppo tardi perché Eden lo aveva notato e lo stava fissando in attesa, il ragazzo si grattò la nuca imbarazzato e prese a guardare con interesse le punte delle sue scarpe.

«Otis?» lo richiamò la Serpeverde, che lo aveva ormai raggiunto.

«Sì?»

«Ci vediamo più tardi.» lo salutò la ragazza con un cenno elegante della mano.

«A… a più tardi, sì.»

 

Marcel era rimasto in silenzio per tutta la mattina fatta eccezione per qualche monosillabo in risposta alle domande delle amiche: non voleva dar loro pena e aveva troppe cose a cui pensare per poter proferire parola. L’unica cosa a cui riusciva a pensare erano indovinelli, indovinelli di ogni tipo, informazioni casuali sull’Egitto e la sua cultura e incantesimi. Non era da lui farsi prendere dal panico, l’unica cosa che poteva fare prima della prova era pensare e rivedere per l’ennesima volta la sua strategia, o almeno gli sembrava il modo più utile per occupare il tempo.

«Marci?» lo chiamò Jazmin titubante.

Si erano seduti al tavolo di Corvonero quel giorno perché Fleur Delacour si era appiccicata a Cedric e nessuno dei tre aveva la minima voglia sentire le sue lusinghe con tono da gatta morta (Eris in particolare). Marcel sembrò riprendersi dallo stato di trance in cui era stato per tutta la mattina e si accorse di avere gli occhi delle amiche puntati addosso.

«Sì?»

«Sei… sei nervoso?» domandò Jazmin.

«A dire il vero no.» rispose il francese scrollando le spalle.

«Non sei agitato neanche un po’?» Eris sgranò gli occhi, sapeva che Marcel non era il tipo che si lasciava sopraffare dalle emozioni, ma quella le sembrava una situazione in cui essere almeno leggermente in ansia era comprensibile.

Marcel scosse la testa. 

«Ma come sarebbe a dire?» intervenne Jazmin sconvolta «Marcel stai per affrontare una» abbassò pericolosamente il tono di voce «Sfinge, por Dios! Com’è possibile tu sia così calmo?»

«Non te lo so spiegare Jaz, è così e basta.» mormorò lui «E poi non ho tempo per preoccuparmi, devo rimanere lucido.»

Eris e Jazmin annuirono, ma guardavano l’amico con aria preoccupata.

«Monsieur Lefevre.»

«Madame Maxime!» esclamò Eris «Bonjour.» aggiunse poi.

Marcel si alzò e salutò la donna, mentre Jazmin si sforzò di sorridere educatamente.

«Deve raggiungere l’arena Monsieur.» spiegò la preside «È pronto per la prova?»

Marcel annuì.

«Très bien.*» esclamò la donna «Mademoiselle Bonnet, Mademoiselle Suarez, potete accompagnare il Monsieur Lefevre fino all’ingresso.» Jazmin sorrise ed Eris annuì «Poi Monsieur verrà con me.»

Madame Maxime si avviò verso la porta della Sala Grande (impiegò solo un paio di falcate) e i tre amici si allontanarono dal tavolo di Corvonero in silenzio. Quando raggiunsero la porta Jazmin abbracciò Marcel di slancio, Eris invece si limitò a stringerli la mano con dolcezza e Marcel rivolse loro un sorriso.

«Faites attention.*» mormorò Eris stringendogli la mano un’ultima volta «Bonne chance Marci!*» 

«Buena Suerte!*» aggiunse Jazmin con gli occhi lucidi.

Le due lo osservarono allontanarsi insieme a Madame Maxime per un po’ e poi decisero di tornare dentro al castello. Varcato il grande portone Jazmin prese a strattonare il braccio di Eris costringendola a voltarsi per scorgere Cedric che sorrideva educatamente a un donna bassetta e grassoccia: la professoressa Sprite, insegnate di Erbologia e direttrice della Casa di Tassorosso. Jazmin trascinò l’amica verso di loro, rivolse un cenno educato ai due e poi lasciò Eris da sola davanti a loro.

«Vi lascio un minuto.» mormorò la professoressa Sprite con un largo sorriso.

Cedric le rivolse un sorriso ed Eris piegò leggermente le labbra all’insù, nessuno dei due parlò subito, Cedric non sapeva bene cosa dire, mentre Eris si sentiva in soggezione a causa degli sguardi fugaci che la direttrice di Tassorosso rivolgeva ai due di tanto in tanto.

«Allora-» mormorarono i due all’unisono per interrompersi subito.

«Scusa.» borbottò Eris.

«Prima tu.» la incitò Cedric.

«Buona fortuna per la prova.» disse la francese «Cerca di stare attento.»

Cedric le sorrise, poi, dopo aver notato gli sguardi insistenti della professoressa Sprite, borbottò: «Vorrei davvero stare qui a parlare con te, ma sembra che debba proprio andare.» Eris annuì «Non ti nascondo mi faccia molto piacere sapere che ti preoccupi per me, ma starò attento.»

Le guance di Eris si tinsero leggermente di rosa e la strega rivolse al giovane uno dei suoi rari sorrisi.

 

«Lizzie allora, quanto vuoi scommettere?»

Elizabeth alzò gli occhi al cielo esasperata: i gemelli avevano iniziato a scommettere alla Coppa del Mondo di Quidditch e da quel momento scommettevano su ogni singola cosa con chiunque, e quando Elizabeth aveva chiesto se lo facessero per raccogliere soldi per il loro negozio di scherzi loro avevano negato immediatamente, ma anche un cieco si sarebbe accorto che era quello il motivo.

«Non ho intenzione di scommettere,» rispose annoiata per la milionesima volta quella mattina «Se proprio avete bisogno di soldi preferisco comprare qualcuna delle vostre invenzioni…»

«Su chi scommetterete voi?» intervenne Ginny mentre si serviva una porzione di purè.

Fred era in procinto di rispondere quando Elizabeth vide Harry ed Hermione avvicinarsi al tavolo, afferrò il braccio di Fred e prese a strattonarlo affinché si voltasse «Non dire una parola sulle scommesse.» gli intimò «Nemmeno tu.» precisò poi rivolgendo un’occhiata minacciosa a George.

Harry ed Hermione si sedettero vicino a loro, Hermione li salutò soffermandosi su Ron (che era seduto vicino a Ginny, il più lontano possibile da dov’era Harry), che però si mostrò ancora offeso, mentre Harry non aprì bocca e rivolse a tutti un cenno con la mano. Nessuno parlò della prova, anche se Fred provò più volte a intavolare l’argomento, ma ricevette numerosi pizzicotti da Elizabeth o calci sotto al tavolo da Ginny provocando delle risate soffocate da parte di George, Ron fissò lo sguardo nel suo piatto e non parlò con nessuno ed Hermione domandò a Ginny ed Elizabeth delle loro lezioni cercando di alleviare la tensione (senza però avere successo).

«Ehm… Ginny che cosa avete preparato con Piton?» domandò Hermione mentre guardava di sottecchi Harry per assicurarsi che mangiasse qualcosa.

Ginny inclinò la testa: «Oggi non avevo Pozioni.»

«Ah, giusto, che sbadata…»

Si levò un silenzio imbarazzante, ma, la vista della McGranitt che si avvicinava a loro con passo svelto attirò l’attenzione di tutti.

«Potter, devi venire giù nel parco adesso… tu e gli altri Campioni dovete prepararvi.» disse con tono apprensivo.

Harry annuì e si alzò imbarazzato mentre Hermione, Elizabeth e Ginny gli auguravano buona fortuna.

«Cerca di perdere non più di un arto Harry!» urlarono Fred e George.

«Siete proprio crudeli!» sbottò Ginny tirando un calcio a George sotto al tavolo mentre Elizabeth colpiva a Fred, che era più vicino a lei.


 

* * *

 

Arabella camminava a distanza di sicurezza da Madame Maxime e Marcel, che rispettivamente stavano a debita distanza da Karkaroff e Atyliusz, cercando di non dare troppo nell’occhio mentre si avvicinava al limitare della foresta. Si nascose tra gli alberi mentre i presidi stranieri accompagnavano i loro campioni dentro alla tenda che era stata allestita e che nascondeva l’arena e qualunque fosse la Prima Prova. Non appena vide Karkaroff uscire dalla tenda vi si avvicinò discretamente e attese dietro a un albero che anche la preside francese uscisse, poi, assicuratasi che nessuno fosse nei paraggi, si infilò nella tenda in fretta e furia. Non appena fu dentro si guardò intorno con curiosità: notò il Campione francese in piedi con lo sguardo perso nel vuoto, Ludo Bagman e gli altri membri dell’organizzazione del Torneo in un angolo appartato che parlottavano tra loro e infine Atyliusz, seduto su uno sgabello, con il volto sudato e un’espressione cupa in volto. Arabella si avvicinò al russo, estrasse la bacchetta di salice e appellò un altro sgabello, per poi sedersi di fronte al compagno di scuola.

«Sembri nervoso Kamenev.» commentò mentre si metteva comoda sul piccolo sgabello «Ma come fai a stare seduto su questo coso? È tremendamente scomodo!»

Atyliusz sembrò notarla solo in quell’istante tant’era preso dalle sue ansie «Come sei entrata?» domandò poi, dopo un primo momento di confusione.

«Beh sai, ho camminato attraverso l’apertura della tenda.» spiegò con semplicità «Come tutte le persone normali d’altronde.»

Atyliusz sbuffò «Non puoi stare qui, ti butteranno fuori.» disse con tono indifferente «Perché ti sei intrufolata?»

«Mi andava.» Arabella alzò le spalle.

Atyliusz la guardò senza dire altro e la ragazza allungò le gambe cercando una posizione comoda su quel maledetto sgabello.

«Mi raccomando ragazzo, sta attento e rimani sempre concentrato. Sono sicura andrà benissimo!»

La voce di donna che veniva da appena al di fuori della tenda fece voltare Arabella di scatto e pochi secondi dopo Cedric Diggory varcò la soglia con fare incerto, il Tassorosso si guardò intorno e, una volta incrociato lo sguardo della mezza turca, le rivolse un’occhiata confusa, poi le fece un cenno di saluto che Arabella ricambiò con poco entusiasmo. Cedric non sembrò farci troppo caso, raggiunse Marcel e Arabella notò che Ludo Bagman stava andando proprio verso di loro.

«Beh Kamenev, buona fortuna.» disse mentre scattava in piedi «C’è già la fila di aspiranti infermiere per curarti le ferite, sono sicuro avrai l’imbarazzo della scelta tra tutte quelle ragazze… o ragazzi

Atyliusz mugugnò in tutta risposta, non cogliendo appieno quello che la ragazza gli aveva detto e Arabella uscì dalla tenda ridacchiando solo dopo avergli fatto l’occhiolino.

 


* * *

 

 

Un fischio e Cedric seppe che era arrivato il momento di affrontare la sua creatura, aveva estratto il numero uno e perciò avrebbe dovuto affrontare la prova per primo. Respirò a fondo e uscì dalla tenda, la piccola arena era piena zeppa di persone, ma non riconobbe nessuno non vedendo altro che piccole macchie colorate, sapeva però che le persone a lui care lo stavano incitando a più non posso e questo gli diede la forza di esaminare la creatura che stava seduta su un nido pieno zeppo di uova, o almeno fu quello che Cedric immaginò. La grossa creatura greca lo scrutava minacciosa, senza però muoversi dalla sua posizione, cercando di capire quali fossero le intenzioni del ragazzo. Cedric fece scivolare il suo sguardo dalla testa e le ali d’aquila alle zampe e alla coda da leone e si ricordò improvvisamente di ciò che aveva letto nei giorni precedenti con un grosso groppo in gola. 

I Grifoni sono creature di inaudita ferocia e di rapidità estrema grazie alle enormi ali e alle zampe possenti. Spesso i maghi li utilizzano per custodire tesori, infatti anche il mago più abile non sarà in grado di prevedere gli attacchi di questa creatura: il Grifone si lancia in picchiata sulle sue prede e colpisce alle spalle.

Cedric deglutì a fatica e mosse un passo verso il grosso Grifone marrone, la creatura si alzò all’improvviso, ma non si avvicinò al Tassorosso. In quell’istante Cedric vide l’uovo d’oro in mezzo alle altre uova e, dopo aver preso un altro respiro profondo, decise di agire. Il Tassorosso scattò di lato, verso un cumulo di pietre, ma il movimento improvviso sembrò allarmare la creatura che si scagliò sul giovane provocandogli una profonda ferita sul braccio. Cedric raggiunse comunque le pietre e vi si nascose dietro, poi ne afferrò una bella grossa, puntò la bacchetta contro il sasso e iniziò a recitare alcune formule. Il Grifone era tornato al nido e stava studiando l’arena alla ricerca del giovane mago quando, dal cumulo dietro al quale il Tassorosso si era rifugiato, spuntò un grosso cane. La creatura rimase ferma vicino alle uova e allora Cedric guidò il cane vicino alle uova, questo fece innervosire il Grifone che scattò verso l’animale e il giovane mago sbucò fuori dal suo nascondiglio e tentò di raggiungere il nido. Cedric aveva quasi afferrato l’uovo d’oro quando il Grifone si accorse di quello che stava cercando di fare, la creatura lasciò perdere il cane e, con un battito d’ali, raggiunse il nido. Nell’istante in cui Cedric afferrò l’uovo il Grifone lo graffiò sul viso, si sentì uno scoppiò e dei maghi intervennero per placare la creatura.

 

 

* * *

 

 

Ludo Bagman annunciò la conclusione della prova di Cedric con un breve commento e Marcel immaginò stessero preparando l’arena per lui. Quando sentì il fischio provò, per la prima volta quel giorno, un moto d’ansia, ma gli passò immediatamente quando varcò la soglia della tenda e vide l’immensa creatura che se ne stava sdraiata in mezzo all’arena con un grosso uovo d’oro alle spalle. Il volto della Sfinge era di una donna molto bella con gli occhi a mandorla, la creatura sfoggiava un largo sorriso enigmatico e quando Marcel le si avvicinò capì che lo stava aspettando.

«Salve Campione.» disse con voce profonda «Quello che cerchi si trova alle mie spalle.» 

Marcel fece qualche passo avanti per sbirciare dietro alla Sfinge, ma la Creatura scattò in piedi e si parò davanti a lui.

«Quello che proteggo non sarà facile da ottenere.» spiegò con calma «Dovrai risolvere tre enigmi per me.»

Marcel annuì «Se rispondo correttamente potrò prendere l’uovo?»

«No.» rispose mentre misurava il terreno a grandi passi «Non esattamente.» Marcel sospirò, aveva sperato di poter passare la prova senza combattere «Se risponderai correttamente a tutti gli enigmi ti permetterò di allontanarti e fare la prima mossa. Se ne sbaglierai uno soltanto aspetterò che ti allontani, prima di attaccarti. Se ne sbaglierai due ti attaccherò all’istante.»

Marcel strinse la presa sulla bacchetta di prugnolo e domandò: «E se provassi a prendere l’uovo senza risolvere gli enigmi?»

La Sfinge sfoggiò nuovamente il suo sorriso enigmatico «Credo tu sappia cosa succederà.»

Marcel tenne lo sguardo fisso in quello della Sfinge, non avrebbe fatto una bella fine se avesse tentato di imbrogliarla, questo gli era ben chiaro.

«Qual è il primo enigma?» domandò allora il giovane mago.

Il sorriso della Sfinge si allargò, poi si sedette sulle zampe posteriori e disse: «Un viandante raggiunge un bivio: una delle due strade porta in un paese in cui tutti dicono la verità, l’altra dove gli abitanti mentono. Il viandante desidera raggiungere il paese della verità e, mentre cerca di capire come raggiungerlo, vede un uomo venire verso di lui da una delle due strade. Cosa deve domandargli per sapere con certezza qual è il paese della verità?»

Marcel soppesò le parole della Sfinge a lungo rigirando la bacchetta tra le mani e, dopo alcuni minuti, rispose: «Dovrebbe domandargli di portarlo al suo paese, se l’uomo dice la verità lo porterà al paese giusto e se mente lo porterà comunque al paese della verità.»

«Molto bene.» mormorò la Sfinge «La mia vita può durare qualche ora e ciò che produco mi divora. Se son sottile son veloce, se son grossa sono lenta e il vento mi spaventa. Chi sono?»

Marcel impiegò meno tempo a pensare rispetto all’enigma precedente, fissò lo sguardo in quello della Sfinge e disse: «Una candela.»

La Sfinge non si mosse «Giusto.» confermò «Ecco l’ultimo enigma: tutti lo possono aprire, ma nessuno lo può chiudere.»

Marcel ci pensò a lungo, nonostante fosse l’indovinello più breve che la Sfinge gli aveva posto era il più difficile. Il Campione respirò a fondo, se avesse sbagliato la Sfinge gli avrebbe comunque permesso di allontanarsi, perciò, comunque andasse, se la sarebbe cavata bene (o almeno era quello che sperava).

«La risposta è l’uovo.»

La Sfinge si alzò «Sei molto sveglio Campione.» commentò «Hai risposto correttamente ai miei enigmi, perciò potrai agire per primo. Rifletti bene, non sono facile da vincere.»

Marcel annuì e si allontanò di corsa, osservò la Sfinge che lo scrutava in attesa e valutò bene come agire: gli incantesimi offensivi non erano il suo forte, ma non aveva molta scelta, se però fosse riuscito ad avvicinarsi abbastanza forse con uno scatto avrebbe raggiunto l’uovo…

«Stupeficium!» gridò puntando la bacchetta verso la creatura.

La Sfinge fu spinta indietro, ma non fece una piega, poi, mentre Marcel approfittava dell’incanto per avvicinarsi, balzò avanti pronta a colpirlo con una zampa. Marcel si scansò di corsa per evitare il colpo e mormorò un Protego a mezza voce. Il colpo successivo della Sfinge venne bloccato dalla barriera invisibile e Marcel si affrettò a correre verso l’uovo mentre la creatura cercava di distruggere la sua barriera. La Sfinge bloccò con la zampa la gamba del ragazzo a qualche metro dall’uovo e si preparò a colpirlo nuovamente.

«Incendio!» 

La coda della Sfinge prese a bruciare e la creatura guaì lasciando la presa sulla gamba del ragazzo, Marcel si alzò e zoppicando raggiunse l’uovo d’oro.

 

 

* * *

 

 

Quando Atyliusz entrò nell’arena rimase parecchio confuso nel vederla quasi vuota: non aveva mai visto un Molliccio in vita sua, ma era sicuro non avesse la forma di un baule, eppure, al centro dell’arena, c’erano tre vecchi bauli. Il ragazzo li fissò per qualche secondo con aria confusa e si accorse che alcuni metri dietro ai bauli c’era l’uovo d’oro che doveva prendere. Atyliusz si avviò allora con passo deciso verso l’uovo, ma, quando si trovò a un paio di metri dai bauli, questi si aprirono con un sonoro clock. In qualche secondo quello che i bauli contenevano uscì e, in un turbinio di colori, i tre Mollicci presero una forma ben definita. Atyliusz fissò sconvolto le tre copie identiche del padre che lo fissavano con sguardo duro, lo stesso che il padre gli riservava in ogni occasione. Atyliusz si dimenticò all’istante il motivo per cui si trovava lì e si diede un pizzicotto per assicurarsi non fosse solo un brutto sogno, ma, dopo essersi pizzicato il braccio, i tre Gorislav erano ancora lì davanti a lui e il punto in cui si era pizzicato gli faceva male. Atyliusz indietreggiò di qualche passo stringendo la bacchetta con forza e le parole di Karkaroff gli risuonarono nelle orecchie: «Il Molliccio è un mutaforma, prenderà la forma della cosa che più ti spaventa, perciò devi mantenere il sangue freddo Kamenev.» Atyliusz rabbrividì e spalancò gli occhi quando capì perché davanti a lui c’erano ben tre copie di suo padre. Il giovane impallidì, fermo sul posto, l’audience sapeva di star guardando tre Mollicci? Il pubblico poteva vedere quello che vedeva lui oppure vedevano ciò che li spaventava? Quanto si sarebbe arrabbiato suo padre nello scoprire che il Molliccio di Atyliusz aveva il suo aspetto?

«Sei una delusione Atyliusz, non riesco a credere tu sia mio figlio.» mormorarono i tre Gorislav con disprezzo.

«Stai rovinando la reputazione della famiglia-» disse il Molliccio alla sua sinistra.

«E per questo sarai punito.» continuò il Molliccio al centro sfilandosi la cintura.

«Sono disgustato da te.» aggiunse il terzo Molliccio.

«Sei una delusione.» ripeterono i tre Mollicci in coro.

I tre Gorislav presero ad avvicinarsi a lui e il giovane puntò la bacchetta contro di loro con sguardo fermo.

«Ri-riddikulus!» recitò.

Non successe nulla e Atyliusz indietreggiò di un passo terrorizzato all’idea che qualcuno sentisse ciò che i Mollicci dicevano e lo raccontasse al padre. Scorse l’uovo d’oro dietro alle tre Creature e si ricordò improvvisamente perché era lì e cosa doveva fare. Provò a lanciare l’incanto ancora una volta, ma fallì e allora si ricordò che per funzionare doveva rendere divertente la sua paura, ma come rendere comico suo padre? Non gli veniva in mente nemmeno un modo per renderlo divertente, ma doveva trovare un modo. Puntò la bacchetta contro il Molliccio al centro, chiuse gli occhi e visualizzò un’immagine divertente.

«Riddikulus!» gridò e aprì gli occhi.

La cintura che il padre teneva in mano sembrò prendere vita come fosse posseduta e legò le gambe al padre facendolo cadere rovinosamente a terra, Atyliusz non rise, ma sentì che qualcuno nel pubblico lo stava facendo, il Molliccio sparì e il baule si chiuse di colpo. Atyliusz rivolse l’attenzione al Molliccio di sinistra, se avesse sconfitto quello forse avrebbe potuto prendere l’uovo senza combattere contro l’altro Molliccio, avrebbe preso una penalità per non averlo sconfitto? Non gli importava, perché non aveva più idee per rendere divertente il padre e non riusciva a togliere di dosso la paura.

«Riddikulus!» disse puntando la bacchetta contro il Gorislav di sinistra.

Il Molliccio fu spogliato di tutti i suoi vestiti e al posto delle mutande indossava un grosso pannolone, in una situazione normale Atyliusz avrebbe trovato divertente la scena, ma se avesse riso suo padre lo avrebbe, molto probabilmente, disintegrato. Il pubblico rise e il Molliccio sparì, il secondo baule si chiuse di colpo e Atyliusz prese a correre verso l’uovo d’oro passando dove prima c’era il Molliccio di sinistra. Il ragazzo afferrò l’uovo e fu annunciata la fine della prova.



* * *

 

Harry entrò nell’arena con gambe tremanti, la situazione era talmente surreale da sembrargli un sogno: non riusciva a dare volto alla miriade di colori che scorgeva sulle tribune, sentiva il suo corpo agire da solo, come se non fosse lui a controllarlo e il gran frastuono che gli studenti facevano arrivava ovattato alle sue orecchie. Harry notò un colosso grigio al centro dell’arena, sembrava un grosso rinoceronte e sedeva davanti all’uovo d’oro nascondendolo quasi completamente con la grossa stazza. Il grosso corno che aveva sul naso era molto più grande di quanto Harry avesse immaginato, la coda era lunghissima e sembrava una fune, solo guardando meglio Harry notò che era avvolta intorno all’uovo e ciò avrebbe reso solo più difficile il superamento della prova. Harry richiamò alla memoria la pagina del libro che gli aveva portato Hermione ripercorrendo la sua strategia: L’Erumpent pesa fino a una tonnellata e la spessa pelle respinge quasi tutti gli incantesimi e le maledizioni. L’Erumpent attacca solo se provocato, se carica è estremamente pericoloso e il corno affilato può perforare qualunque materiale, un solo mago è sopravvissuto ad un’incornata di Erumpent. Il corno, oltre ad essere affilatissimo, contiene un fluido mortale che provoca esplosioni. Harry deglutì a fatica mentre fissava la Creatura che se ne stava placidamente seduta nell’arena e svuotò la mente per concentrarsi il più possibile.

«Accio Firebolt!» urlò levando la bacchetta.

Harry rimase in attesa sperando con ogni fibra del suo corpo che l’incantesimo avesse funzionato, lui ed Hermione ci avevano lavorato così a lungo e non poteva accettare che non funzionasse, anche perché, in tal caso, sarebbe stato spacciato. Sentì un rumore familiare alle spalle, si voltò e vide la Firebolt sfrecciare verso di lui in velocità, Harry gettò la gamba oltre la scopa e decollò. Mentre saliva di quota vide l’Erumpent alzarsi, l’uovo era saldamente legato alla coda dell’animale ed Harry, quando sentì la paura dissolversi, si tuffò. Harry vide l’Erumpent piegare il muso, scartò di lato ed evitò per un pelo il corno appuntito dell’animale, il giovane iniziò a volare in cerchio intorno alla creatura e questa lo seguì girando su se stessa, l’avrebbe intontita per bene e se era abbastanza fortunato avrebbe concluso la prova più velocemente del previsto. L’Erumpent si fermò di colpo ed Harry sfrecciò verso la coda per prendere l’uovo, ma la creatura stava cadendo proprio sulla coda ed Harry riuscì a prendere l’uovo un istante prima che l’Erumpent cadesse sopra di esso. Harry tentò una manovra avventata per schivare la creatura di una tonnellata, ma nel trambusto si scalfì una spalla.

«Il Campione più giovane è stato il più veloce a prendere l’uovo, chi l’avrebbe mai detto!» strillò Bagman nel microfono.

 

* * *


 

*Très bien = Molto bene

*Faites attention = Sii prudente

*Bonne chance / Buena suerte = Buona fortuna



* * *

* * *

* * *

 

Non sono morta e non ho abbandonato Game On!

Ormai non ci speravate più, ma finalmente sono riuscita a darvi la tanto attesa prima prova, spero sia all’altezza delle aspettative c:

Per quanto riguarda la votazione ho deciso di seguire la linea del libro, se ricordate c’era una giuria che dava dei voti alle performance dei nostri Campioni e ho deciso che la giuria sarete voi! La votazione è molto semplice: dovrete mandarmi in privato (come sempre sentitevi libere di scrivermi dove preferite, che sia efp o instagram) un voto da 1 a 10 per ognuno dei nostri campioni.  Per non mettere in difficoltà le “mamme” dei Campioni di Durmstrang e Beauxbatons, chiedo a Prickles e Melliflua di non votare (così la giuria sarà imparziale, o almeno ci si prova xD), spero non ve la prenderete, ma mi sembrava la scelta più giusta. 

Vi faccio un esempio pratico giusto per essere sicuri che io mi sia spiegata bene xD

Ecco come fare la votazione: 

Campione X voto: 7 

Campione Y voto: 4

Campione Z voto: 9

Campione Q voto: 2

Nel caso non fossi stata abbastanza chiara o abbiate qualche domanda non preoccupatevi e scrivetemi pure c: Vi pregherei di mandarmi i vostri voti il prima possibile, senza di essi non posso proseguire con il prossimo capitolo, mentre per il commento al capitolo (se ne vorrete lasciare uno) prendetevi tutto il tempo che vi serve.

Un piccolo avviso di servizio: Jasper è stato eliminato dalla storia per mancata partecipazione da parte della sua creatrice. Non escludo di poterlo nominare ancora, ma non sarà più un personaggio principale.

Ci tenevo inoltre a ringraziarvi per le recensioni che mi lasciate: le leggo tutte e mi fa moltissimo piacere sapere la vostra opinione; ultimamente faccio fatica a stare dietro a tutto e a rispondervi, perciò non pensate che non veda i vostri commenti o che li ignori, semplicemente mi manca il tempo per scrivervi. Vi ringrazio nuovamente per la partecipazione che mostrate alla storia. Grazie <3

 

A presto,

fran x
 

P.S.: Gli indovinelli e le informazioni sulle creature non sono ovviamente ideate da me, ma solo rielaborate c:

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Capitolo 15
*** La Classifica ***


La Classifica

 

Madama Chips marciava avanti e indietro per l’infermeria sbuffando come una vecchia locomotiva nel bel mezzo di un lungo viaggio alternando lo sbuffare a tutta una serie di lamentele riguardo alla Prova, alle Creature, alla sicurezza degli studenti e così via. Ognuno dei quattro Campioni non desiderava altro che uscire da quella tenda per potersi ricongiungere agli amici, gioire insieme per aver superato la Prima Prova e sentire i punteggi che erano stati assegnati, ma l’infermiera di Hogwarts li aveva minacciati, uno per uno, dicendo loro che se solo si fossero azzardati a muoversi gli avrebbe fatto bere un integratore dei più disgustosi in circolazione. Nessuno dei quattro ragazzi si era lasciato scoraggiare dalla minaccia, d’altronde l’adrenalina e l’euforia per il superamento dell’ostacolo gli scorrevano in vena e la prospettiva di dover bere una bevanda disgustosa non spaventava nemmeno un pochino, ma d’altronde come potevano lasciarsi spaventare da una minaccia di quel genere dopo aver evitato il peggio in uno scontro con una Creatura pericolosa? Perché allora nessuno era sgattaiolato fuori dalla tenda alla prima occasione utile? Beh, perché la sopracitata Madama Chips aveva deciso di marciare infastidita proprio davanti all’ingresso della tenda e scrutava con occhio attento ognuno dei quattro ragazzi che se ne stava buono buono sul suo lettino, impaziente di sapere come fosse andato.

Marcel stava fissando con poco interesse dritto davanti a sé quando la tenda che faceva da divisorio tra lui e il lettino di fianco al suo venne scostata bruscamente e incontrò due occhi verde muschio che lo squadravano con attenzione.

«Ciao.» salutò in un sussurro il francese per non farsi sentire dall’infermeria.

Atyliusz gli rivolse un cenno in risposta, senza però dire altro. I due ragazzi si guardarono per un po’ senza dire niente, Marcel osservò i lineamenti duri del russo e notò il suo sguardo stanco e provato, di certo la Prova non era stata semplice per nessuno, anche se Atyliusz non aveva nemmeno un graffio, quindi Marcel immaginò il campione di Durmstrang fosse stato estremamente bravo; Atyliusz non ebbe il coraggio di guardare il campione francese negli occhi, perciò si limitò a tenere lo sguardo in basso, prima osservò le mani dalle dita lunghe e affusolate e poi notò la gamba che era stata medicata e avvolta in una garza, si soffermò su di essa e lo sguardo gli si riempì di preoccupazione: il suo bel francesino era stato ferito. 

Atyliusz sollevò in fretta lo sguardo su quello di Marcel: «Che è successo?» sussurrò indicando con la testa la gamba fasciata.

Marcel seguì lo sguardo del biondo, capì a cosa si riferisse e si strinse nelle spalle: «La Sfinge mi ha bloccato per la gamba.»

«Sfinge?» ripeté Atyliusz sconvolto, certo sconfiggere i tre Mollicci non era stato facile, ma in quel momento la sua prova gli sembrò una passeggiata in confronto a quella del francese «Potevi morire.»

Quell’osservazione accompagnata dallo sguardo preoccupato e dolce che il russo gli rivolse lasciò Marcel senza parole per un momento, non aveva molto avuto a che fare con il biondo, ma mai si sarebbe aspettato di vedere i suoi lineamenti addolciti da una sincera preoccupazione, soprattutto non nei suoi confronti.

«Sto bene.» borbottò poco dopo il francese.

Atyliusz si alzò e si avvicinò titubante al campione di Beauxbatons, Marcel seguì ogni suo movimento senza muovere un muscolo sinceramente sorpreso da tutta quella situazione, Atyliusz alzò il braccio e avvicinò la mano al viso del francese con l’intento di poggiargliela sulla guancia.

«Marcel!» 

Un sussurro urlato fece saltare sul posto i due ragazzi, la mano di Atyliusz ricadde subito lungo il fianco mentre il russo faceva un bel passo indietro e Marcel scattò in piedi, entrambi si voltarono verso dove proveniva la voce rossi in viso quasi quanto la divisa degli studenti di Durmstrang. Cedric Diggory sbucò da una tenda lì affianco e si presentò davanti ai due campioni con un sorriso.

«Ciao anche a te.» mormorò il Tassorosso rivolgendo un’occhiata ad Atyliusz «Ho parlato con Eris poco fa, non hanno ancora annunciato i punteggi, Ma-» il giovane si interruppe all’improvviso «Che hai fatto alla gamba? Stai bene?»

Marcel gli rivolse un sorriso: «Tutto apposto.» rivolse uno sguardo alla fasciatura sul braccio dell’amico e al grosso cerotto che aveva sul viso «E tu?»

«Ah, non è niente, guarirà presto.» il Tassorosso scrollò le spalle «Ero venuto a chiederti se vuoi venire fuori a sentire la classifica, Madama Chips si è distratta perché sono entrati gli amici di Harry quindi è l’occasione giusta per uscire.»

Atyliusz osservò i due sentendo un moto di gelosia improvviso, ovviamente doveva esserci un ragazzo più carino e sicuramente più gentile e piacevole di lui in mezzo, d’altronde il francese era un bel ragazzo e gli sembrava impossibile non ci fosse qualcuno in mezzo; nonostante ciò però indossò la sua solita poker face e si sforzò di ignorare il sentimento, d’altronde non ci sarebbe stato niente tra loro, lui era già promesso sposo ad un’altra ragazza ed era inaudito che lui, un ragazzo, potesse provare qualcosa per un altro ragazzo, suo padre l’avrebbe ammazzato come minimo.

Marcel annuì e poi guardò il russo: «Vieni con noi?»


 

* * *

 

Fuori dalla tenda che fungeva da infermeria si era creata una grande calca, sembrava che tutti volessero vedere le condizioni dei quattro campioni o che dovessero assolutamente complimentarsi di persona per il superamento della prova. Elizabeth aveva avuto lo stesso pensiero e aveva perciò trascinato Eden (Hermione, Ginny, Ron e i gemelli si erano volatilizzati non appena la Prova si era conclusa e perciò lei si era ritrovata da sola con la Serpeverde) davanti alla tenda medica, ma, quando aveva visto tutto il trambusto e la folla, aveva cambiato idea e le due si erano spostate un po’ più in là senza però perdere di vista l’ingresso alla tenda.

«Ma dico io, devono proprio fare tutti i complimenti adesso?» sbottò Elizabeth infastidita da tutte quelle persone.

«Potrebbero dire lo stesso di te.» osservò la Serpeverde alzando lievemente le spalle.

«Questo lo so.» borbottò la Grifondoro in risposta «Ma io mi riferivo principalmente a quegli ipocriti che fino a qualche giorno fa rivolgevano ad Harry sguardi velenosi e adesso sono lì a gridare il suo nome.» alzò gli occhi al cielo «O quelli che non avevano mai rivolto la parola a Cedric e adesso vanno da Madama Chips presentandosi come i suoi migliori amici.»

Eden parlò mentre scrutava la folla: «Le persone lì davanti allora si potrebbero contare sulle dita di una mano.»

Elizabeth annuì sbuffando, se proprio dovevano fare tutti i complimenti ad Harry in quel momento allora lei lo avrebbe fatto dopo, ma tanto valeva rimanere lì ad aspettare visto che tutti i suoi amici erano spariti dalla circolazione.

«Ciao ragazze!» l’allegro saluto di Jazmin, che era in compagnia di Eris, venne accolto da un largo sorriso da parte delle due inglesi «State aspettando anche voi i campioni?» Eden ed Elizabeth annuirono «Noi prima abbiamo provato a vedere Marcel, ma l’infermiera ci ha cacciate via.»

«Chissà come sta.» mormorò Eris senza staccare lo sguardo dalla tenda «Ragazze, ma non è Cedric quello che sbuca dal retro della tenda?»

Eden si voltò di scatto seguita a ruota dalle altre due: Cedric aveva messo fuori la testa dalla tenda e si stava guardando intorno cercando un volto familiare, quando vide le quattro ragazze sorrise e fece loro un gesto con la mano come ad invitarle ad avvicinarsi. Il piccolo gruppetto si avvicinò  alla tenda cercando di non farsi notare da tutte le persone che aspettavano davanti all’ingresso e raggiunsero il Tassorosso.

«Hanno già annunciato i punteggi?» domandò Cedric mentre con una mano teneva appoggiata una garza nel punto in cui il Grifone lo aveva ferito.

Jazmin scosse la testa ed Eden gli domandò subito se stesse bene con un tono più apprensivo del normale; Cedric mormorò che non era niente di grave e poi rivolse uno sguardo ad Eris che lo scrutava con cipiglio preoccupato.

«Va tutto bene, davvero.» borbottò Cedric rivolto principalmente alla francese.

«Cedric…» lo richiamò Eden con un tono leggermente agitato «Il braccio? Il Grifone ti aveva colpito e-»

Eden si interruppe perché si rese conto che Cedric le aveva rivolto un’occhiata, ma non la stava ascoltando del tutto preso com’era a guardare la francese.

«Scusa, ehm, Eden giusto?» domandò incerto il Tassorosso «Potresti ripetere? Non ho capito bene.»

«Non importa.» disse la Serpeverde con un gesto della mano.

«Venite ragazze, lasciamoli un attimo da soli.» bisbigliò Jazmin rivolta alle due inglesi e tutte e tre si allontanarono «Cedric è così gentile e credo che Eris gli interessi davvero, sono così contenta per lei!» Jazmin non riusciva a contenere del tutto l’entusiasmo «Non le è mai piaciuto nessun ragazzo e penso che anche a lei Cedric interessi, sarebbero carinissimi insieme, non credete?»

Elizabeth annuì sorridendo appena e rivolse uno sguardo apprensivo verso Eden che invece si limitò a borbottare «Carinissimi sì.» con il tono più gentile che le riuscì al momento. 

 

«Complimenti per la Prova, sei stato molto bravo.» si complimentò Eris.

Cedric scrollò le spalle: «Non così bravo, mi sono fatto colpire due volte.»

«Non dire sciocchezze, le Creature erano… erano pericolose, siete stati tutti estremamente bravi.» lo rimproverò la francese mentre si torturava le mani «Non riesco a credere abbiano pensato fosse saggio far affrontare a dei ragazzi una Prova così.»

«Non è stato facile, ma anche gli altri se la sono cavata molto bene.» commentò Cedric abbozzando un sorriso «Ho sentito che Marcel è stato molto bravo e sono sicuro stia bene, Madama Chips è un’ottima infermiera.»

Eris sembrò risollevarsi un po’ e annuì lentamente: «Ero preoccupata per voi, ma sono contenta stiate bene.»

«Sei molto carina a preoccuparti.» sorrise Cedric.

 

«Allora?» Jazmin non diede ad Eris nemmeno il tempo di raggiungerle e subito le rivolse la domanda.

«Marcel sta bene.» rispose semplicemente la francese «A breve Madama Chips li lascerà andare.»

«Ha detto qualcosa di Harry?» s’intromise Elizabeth.

Eris annuì: «Stanno tutti bene, nessun ferito grave.»

Jazmin era contenta che Marcel stesse bene, ma non era quello che voleva sapere così riprese l’amica e le domandò come fosse andata con Cedric, Eden subito abbassò lo sguardo ed Elizabeth le fece un buffetto sulla spalla.

«Jaz…» borbottò Eris scuotendo leggermente la testa «Abbiamo parlato della Prova e… mi ha invitata a festeggiare nella loro Sala Comune, ma ho detto di no.»

«HAI DETTO DI NO?» Jazmin spalancò gli occhi sconvolta «Ma Eris!»

Eris alzò gli occhi al cielo, le disse che non le sembrava il caso di andare nella loro Sala Comune e poi, prima che Jazmin iniziasse ad elencarle le ragioni per cui avrebbe dovuto dire di sì, mormorò che vedeva del movimento davanti alla tenda e che quindi forse potevano andare a prendere Marcel. Le due studentesse di Beauxbatons salutarono le due inglesi e si diressero verso la folla.

«Mi dispiace Eden.» mormorò Elizabeth preparandosi ad abbracciare l’amica.

«Non fa niente.»

«Non è affatto vero, puoi fare finta di niente, ma mi sono accorta che ci sei rimasta male.»

Eden aveva da tempo ormai una piccola cotta per Cedric Diggory, nonostante tutti i ragazzi lo chiamassero Bambolo Diggory e avessero da ridire su di lui (era solo gelosia perché piaceva a tutte le ragazze), lei lo trovava estremamente dolce ed era stato inevitabile prendersi una piccola cotta per lui. Eden ci aveva però parlato soltanto poche volte e c’era mai stato niente tra di loro, per questo la Serpeverde aveva deciso di lasciar perdere, ma purtroppo le cotte non passavano in fretta, nemmeno se lei aveva deciso che doveva dimenticarselo.

«Tranquilla cara, ormai l’ho dimenticato.» sorrise a fatica Eden.

Elizabeth non disse altro, ma non era troppo convinta della risposta dell’amica, ma decise che forse non era il caso di rigirare il coltello nella piaga.

 


* * *

 

 

Ludo Bagman stava intrattenendo la folla commentando brevemente le performance dei vari Campioni nel corso della Prova, l’uomo parlava con tono coinvolgente romanzando un po’ più del necessario le quattro diverse prove come se nessuno dei presenti nell’arena avesse assistito. La maggior parte del pubblico non sembrava troppo interessato alla sua narrazione, d’altronde avevano visto con i loro occhi tutto quanto; qualcuno ascoltava a metà, aspettando di sentire gli ultimi voti e la classifica, altri ridevano dell’esagerazione dell’uomo e altri ancora fischiavano e gridavano a gran voce di voler soltanto sentire la classifica. Ludo Bagman ignorò tutte le grida e i fischi e continuò con la sua narrazione fino a quando qualcuno dello staff gli fece notare che era il caso di tagliare corto e gli consegnò un foglio con dei punteggi. 

«Siete pronti per sentire la classifica?» tutti gli studenti nell’arena e quelli ammucchiati davanti alla tenda del pronto soccorso urlarono e Ludo Bagman sorrise «Molto bene, iniziamo subito: all’ultimo posto, con ben trentasette punti…» l’uomo fece una pausa per creare un effetto di suspence «Cedric Diggory, il Campione di Hogwarts!»

Gli studenti che tifavano per lui, in particolare i Tassorosso sembrarono delusi della posizione in classifica, ma gridarono comunque a gran voce il nome del loro Campione.

«Al terzo posto, con soltanto un punto in più di Diggory, quindi con trentotto punti…» pausa «Harry Potter, il secondo Campione di Hogwarts!» 

Altre grida si levarono dalla folla e lo stesso Ludo Bagman sembrò deluso che il suo Campione favorito non fosse in cima alla classifica, ma nascose malamente la delusione per continuare con la lettura della classifica.

«Al secondo posto, con ben quaranta punti…» un’altra pausa drammatica «Scusate ma come si legge questo nome? Ah, l’ho detto dentro al microfono?» Ludo allontanò il microfono dalla bocca imbarazzato e, il tizio che gli aveva portato il foglio gli bisbigliò qualcosa all’orecchio «Dicevo: al secondo posto con quaranta punti abbiamo Atyliusz Kamenev, il Campione di Durmstrang!»

Karkaroff sbuffò contrariato anche se tutti gli studenti della sua scuola iniziarono a gridare il nome del loro Campione.

«Il vincitore della Prima Prova è quindi il Campione di Beauxbatons, Marcel Lefevre, che si trova in cima alla classifica con quarantatré punti. Complimenti a tutti!»

I ragazzi della scuola francese presero a gridare e gioire, accompagnati da Madame Maxime che si alzò in piedi e iniziò ad applaudire con un largo sorriso in volto.

 

 

* * *

 

 

«Ragazze.» salutarono Fred e George Weasley simulando un finto inchino che strappò un sorriso alle due quindicenni.

Eden ed Elizabeth risposero al saluto e, quando i ragazzi domandarono loro di cosa stessero discutendo, le due mormorarono quasi in simultanea “Niente di importante”.

«Non mi convincete.» disse George inclinando la testa «Ma al momento ci sono delle cose più importanti di cui discutere.»

«Ovvero?» domandò Elizabeth incuriosita.

Eden si avvicinò appena ai due ragazzi curiosa quanto l’amica ed entrambe presero a fissarli in attesa. I due esibirono il loro ghigno alla Weasley e non dissero niente, divertendosi a fissare le due ragazze a loro volta per aumentare la suspence.

Elizabeth alzò gli occhi al cielo mentre Eden diceva: «Oh per favore, non ho tutto il giorno ragazzi, tagliate corto con questi giochetti, su.»

«Sei noiosa Hawthorn.» commentò Fred «Comunque abbiamo bisogno di Elizabeth, scusa Eden, ma è una cosa che riguarda i Grifondoro.»

Eden mascherò la sua espressione leggermente ferita, ma le passò in fretta, d’altronde se riguardava i Grifondoro poteva farci molto poco e ormai era abituata: Elizabeth e i gemelli non solo erano amici sin da quando erano bambini, ma erano anche nella stessa Casa e perciò capitava spesso che Eden rimanesse esclusa dalle loro attività, d’altronde non poteva entrare nella loro Sala Comune e, visto che i Miller e i Weasley erano amici di vecchia data, capitava che i tre Grifondoro si vedessero anche al di fuori della scuola. Eden non era mai stata invidiosa di questa cosa, d’altronde aveva anche altri amici e non ci poteva fare molto, ma a volte, quando Elizabeth e i gemelli ridevano per qualche evento divertente accaduto quando lei non era con loro, un po’ le dispiaceva.

«Di che si tratta?» chiese Elizabeth sempre più curiosa.

«Beh vogliamo organizzare una festicciola in Sala Comune per Harry.» spiegò George «Dovresti darci una mano a sistemare il tutto.»

«Mi sembra una cosa carina, ma non è arrivato primo, forse non avrà tanta voglia di festeggiare.» osservò la bionda.

«In molti hanno scommesso sul suo fallimento, ma non noi.» disse Fred oscillando davanti agli occhi delle due amiche un sacchetto che, dal tintinnio che produceva, sembrava essere pieno zeppo di monete «Mi sembra un’ottimo motivo per festeggiare.»

«E poi anche fosse di cattivo umore una bella festa gli farà tornare il buonumore.» aggiunse George.

Elizabeth non sembrava del tutto convinta, ma si disse che in fondo non c’era niente di male nel provare a sollevare l’umore di Harry e in ogni caso era impossibile far demordere i Weasley quando decidevano qualcosa.

«D’accordo ci sto, che devo fare?» acconsentì la Grifondoro e rivolse un’occhiata ad Eden «Potresti venire anche tu Eden, se ce la giochiamo bene nessuno si accorgerà di te.»

Eden le rivolse un sorriso, ovviamente era un po’ dispiaciuta di non poter partecipare, ma solo il fatto che l’amica l’avesse invitata le aveva fatto tornare il buonumore.

«Non credo sia il caso tesoro, ma sei molto carina a propormelo.» rispose «E poi ho sentito che Amalia Selwyn ha organizzato un festino last minute da noi Serpeverde, diceva che non le sembrava giusto tutti festeggiassero tranne noi, quindi non preoccuparti per me.»

«Sei sicura?»

Dallo sguardo che l’amica le lanciò Eden capì che non era troppo convinta della sua risposta, ma stava bene, così le rivolse un sorriso sincero e annuì. Elizabeth la scrutò per più di qualche secondo cercando di capire se fosse veramente così e quando ne fu convinta ricambiò il sorriso dell’amica. I gemelli ed Elizabeth salutarono la Serpeverde e mentre si allontanarono verso il castello Eden li osservò in silenzio con un mezzo sorriso in volto.

«Forza Lizzie, abbiamo molte cose da fare.» disse Fred. «Oh su, non fare quella faccia.»

«Pensavo che il problema di Lizzie fosse superato.» commentò il gemello.

«Devo ancora abituarmi…» spiegò la bionda «Non potremmo iniziare con un semplice Liz, magari?»

Il sorriso di Eden si allargò, ma non riuscì a sentire come procedeva la conversazione visto che sentì chiamare il suo nome. La giovane si voltò con un fruscio di capelli e osservò con attenzione il ragazzo dagli occhi cerulei che le stava andando incontro e, quando le rivolse un dolce sorriso, si disse che forse era vero, Cedric l’aveva già dimenticato.

«Ciao.» salutò timidamente il mezzo tedesco una volta davanti alla ragazza.

«Ciao.» rispose lei portando una ciocca dei capelli perfettamente lisci dietro l’orecchio e squadrò il ragazzo in attesa «Posso aiutarti?» aggiunse poi quando Otis non disse niente.

Otis si grattò la nuca imbarazzato, gesto che ormai era diventato un’abitudine: «No, cioè, non proprio ecco.» Eden inclinò la testa non capendo cosa intendesse il ragazzo «Intendevo dire che non ho bisogno di niente.» Eden sembrò ancora più confusa «Cioè volevo solo salutarti.»

Otis arrossì tremendamente imbarazzato per la figura che stava facendo e sperò di poter sprofondare nel terreno così da evitare lo sguardo penetrante della Serpeverde. Eden era particolarmente divertita da quel misero tentativo di flirt (o almeno era quello che lei credeva fosse), ma allo stesso tempo ne era particolarmente lusingata, avrebbe potuto portare avanti lei la conversazione, ma voleva vedere cosa avrebbe fatto Otis, in fondo non era mica una facile da conquistare e non era ancora sicura al cento per cento di dove volesse arrivare con lui.

«Beh, d’accordo allora.» disse «Io vado al castello, fa abbastanza freddo non credi?»

Otis annuì ancora in estremo imbarazzo e allora lei girò su se stessa e si avviò a passo sostenuto verso il castello; il moro la guardò mentre se ne andava come pietrificato sul posto, non realizzò subito di aver perso l’occasione, ma quando se ne rese conto spalancò la bocca e, senza pensarci troppo (anche perché altrimenti non avrebbe fatto niente) la rincorse richiamandola.

«Aspetta.» Eden si voltò a guardarlo senza mostrare particolari emozioni, soltanto curiosa di vedere la prossima mossa del ragazzo «Ma-magari posso… ehm… accompagnarti?»

«Perché non me lo hai chiesto prima?» domandò la Serpeverde «Ormai sono quasi arrivata.»

Otis la guardò ancora una volta senza parole: «Io… ehm…»

«Puoi accompagnarmi fino alla Sala Comune.» lo interruppe Eden iniziando a camminare e, dopo un istante di confusione, Otis la raggiunse adeguando il suo passo a quello della ragazza.

 

 

* * *

 

 

«¡Primero Marci, primero!*» ripeté Jazmin per l’ennesima volta mentre saltellava da una parte all’altra senza fermarsi un momento. 

Quando Marcel aveva finito di affrontare la Prova ed era stato mandato in infermeria, Eris e Jazmin si erano presentate da Madama Chips domandandole se potessero vedere Marcel e se la ferita fosse grave. La donna aveva detto loro che purtroppo non erano autorizzate ad entrare nella tenda medica, ma che non appena tutti i Campioni avessero finito, sarebbero potute andare a visitare l’amico, poi aveva chiuso l’entrata e se n’era andata lamentandosi della pericolosità delle creature. Eris e Jazmin erano tornate ai loro posti nelle tribune con aria sconfitta e avevano atteso con impazienza che anche l’ultimo Campione concludesse la Prova, poi si erano precipitate davanti alla tenda che fungeva da infermeria, per riprendere il loro amico. Davanti alla tenda si era raggruppata una bella folla e le due avevano dovuto attendere a lungo prima di potersi fare strada a gomitate per riuscire a passare, ma alla fine erano riuscite a recuperare Marcel e si erano subito allontanate da tutte le persone, ma non troppo da non sentire i risultati e i punteggi. 

Anche Eris sembrava sentirsi rincuorata da quando Marcel era uscito dall’arena, la francese gli camminava affianco in silenzio mentre entrambi osservavano divertiti l’entusiasmo di Jazmin: non appena aveva sentito l’annuncio dei punti e avevano esposto la classifica aveva iniziato a saltare come un grillo e al posto della preoccupazione si era stampata in volto un sorriso a trentadue denti.

«Sei talmente euforica che sembra la prova l’abbia superata tu Jaz.» commentò Eris scuotendo la testa.

«Non capisco come possiate essere così tranquilli,» borbottò la spagnola con tono entusiasta «Marcel è stato brillante e ha preso un punteggio altissimo!»

Marcel le sorrise dolcemente e le assicurò che non aveva fatto niente di speciale, Eris invece si voltò verso l’amico e gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi «Sei riuscito a superare una prova di combattimento senza combattere e sei arrivato primo, direi che sei stato più che bravo Marci.»

Il giovane scrollò le spalle, ma non disse niente, e regalò alle amiche un sorriso dolce e genuino. 

«Direi che mi sono guadagnato un bel bagno caldo, eh?» commentò con tono esausto il francese una volta raggiunta la carrozza di Beauxbatons.

«Oh assolutamente!» commentò Jazmin annuendo energicamente «Ti sei meritato anche un bel piatto di Churros* al cioccolato con un bel bicchiere di Horchata*! Dite che ci sia da mangiare anche a merenda in Sala Grande?»

«Non è necessario Jaz, mi accontento della tavoletta di cioccolato al pistacchio presa a Mielandia.» Marcel le rivolse un sorriso e Jazmin mormorò che comunque non sapeva se facessero quei piatti ad Hogwarts.

«Aspettami nella zona comune prima di fare il bagno,» disse invece Eris mentre i tre iniziavano a salire i gradini per entrare nella carrozza «Ho dei sali da bagno Millebulles*, hanno una pozione rigenerante e rilassante, ti faranno stare meglio.»

Marcel avrebbe voluto dirle che stava bene e non era necessario che gli desse i suoi sali da bagno, Madama Chips infatti era stata molto gentile e gli aveva fatto prendere una pozione antidolorifica prima di lasciarlo andare, ma non fece in tempo a spiccicare parola perché una volta entrati nella carrozza si ritrovarono moltissime paia di occhi addosso. Sembrava che quasi tutti gli studenti di Beauxbatons si fossero radunati nel grande salone per aspettare il loro arrivo, infatti, dopo un primo momento di sorpresa iniziale e occhiate incerte, molti avevano raggiunto Marcel per complimentarsi e fare commenti sulla sua Prova, circondando lui, Eris e Jazmin. Marcel inizialmente non seppe come prendere queste improvvise attenzioni, non era mai stato benvoluto dai suoi compagni di scuola e non era abituato a ricevere tanti complimenti, se non dai suoi amici o dai professori, e tutta la faccenda l’aveva spiazzato non poco. Jazmin sembrò molto felice di vedere che finalmente anche gli altri si rendevano conto di quanto Marcel fosse speciale e come il ragazzo, dopo sette lunghi anni, ricevesse tutto l’apprezzamento che si meritava; Eris invece osservò infastidita il gruppo che aveva circondato Marcel: quando avevano scoperto che sarebbe stato lui il Campione per Beauxbatons e non uno degli studenti favoriti, non erano stati molto incoraggianti o gentili, gli avevano rivolto occhiate gelide e indispettite, mentre, non appena Marcel aveva vinto la prova, tutti quanti diventavano amichevoli e gentili.

«Hypocrites*.» sputò la francese con tono di superiorità «Prima lo trattano come uno zerbino e adesso che ha vinto sono tutti i suoi fan numero uno!»

«Ma Eris non sei contenta?» domandò sorpresa Jazmin «Finalmente vedono quanto Marcel sia speciale!» fece un cenno verso il gruppetto che osservava la scena da lontano «Preferiresti che si comportassero come loro?»

Eris alzò gli occhi al cielo rivolgendo un’occhiata al gruppetto che era rimasto da parte capitanato da Fleur Delacour, la strega bionda se ne stava in piedi in mezzo a tutti i suoi schiavetti a braccia conserte e osservava con sdegno il Campione francese mentre ringraziava in modo impacciato i suoi compagni. Eris non rispose alla domanda di Jazmin non sapendo scegliere se fossero meglio gli ipocriti o gli invidiosi e le due attesero in silenzio che l’amico si liberasse dalle grinfie dei loro compagni di scuola. Marcel, alcuni minuti dopo, riuscì a scappare, raggiunse le amiche e i tre si avviarono verso le loro stanze. Quando passarono di fianco a Fleur la bionda emise un verso di scherno e rivolse un’occhiataccia a Marcel in particolare, Jazmin non se ne accorse, mentre Marcel decise di fare finta di niente, a reazioni come quelle lui era abituato e non gli facevano né caldo né freddo, Eris invece le rivolse uno sguardo di fuoco e con tono tagliente sbottò:

«Sorcière envieuse*



* * *

 

Arabella non sapeva bene come, ma si trovava sempre nel mezzo di situazioni strane, era giusto dire che spesso e volentieri fosse lei a cercarsele e che quindi fosse pienamente colpa sua se si trovava in certi casini, ma, tante altre volte sembrava fossero proprio le situazioni strane ad andare a cercarla e ormai sembrava che non la toccassero più tant’era abituata. Prima c’era stata una situazione imbarazzante con quel Cedric, che non la degnava nemmeno di uno sguardo quando quella francese si metteva in mezzo, così, dopo aver constatato che non ne valeva la pena, aveva cambiato bersaglio. Poi c’erano stati quei due gemelli, i rossi, ma aveva capito subito che quei due non erano proprio quello che cercava, certo, erano molto carini e rispondevano al suo poco velato flirt in maniera evidente, ma non pendevano dalle sue labbra neanche un po’ e poi avevano sempre intorno quella biondina lentigginosa tremendamente fastidiosa e appiccicosa, così era passata al prossimo. Poi c’era quel ragazzo inglese, Roger, l’amico di Jasper, che invece pendeva dalle sua labbra anche troppo, infatti Arabella si era annoiata molto in fretta di lui. Proprio a causa di Roger Davies era finita in un litigio con Jasper e non era sicura si sarebbero parlati di nuovo, non nell’immediato futuro comunque.

 

«Di tutti i ragazzi che ci sono dovevi proprio fare gli occhi dolci a Roger?» la riprese con tono velenoso Jasper un pomeriggio.

Arabella alzò visibilmente gli occhi al cielo: «Beh è un ragazzo carino.»

«Ha detto che hai rifiutato il suo invito ad uscire.» sbottò il Serpeverde «Ci è rimasto molto male visto come ci hai flirtato negli ultimi tempi.»

«Flirto con tanti ragazzi, non significa che poi voglia effettivamente un ragazzo.» rispose con tono annoiato la giovane mentre tirava fuori da una tasca uno specchietto.

«Ti sto forse annoiando?» domandò stizzito il ragazzo.

Arabella aveva aperto lo specchietto e si stava sistemando i capelli ricci e il trucco come nulla fosse per niente toccata dal discorso del Serpeverde, come poteva lui andare a farle la predica quando si comportava allo stesso modo con le ragazze con cui usciva? In ogni caso le importava poco e niente di tutta quella situazione e se Jasper voleva farle una scenata che facesse pure.

«Direi di sì.» Arabella continuò a guardare il suo riflesso senza rivolgere nemmeno un’occhiata all’inglese «Ma se hai bisogno di sfogarti fai pure, non sarò certo io a fermarti.»

«Sei proprio una stronza.» commentò Jasper, ma Arabella continuò ad ignorarlo «Non te ne importa proprio niente dei sentimenti altrui, eh?»

Arabella chiuse lo specchietto e rivolse un sorrisetto al ragazzo: «Sai trovo veramente divertente come tu faccia la predica a me per non essere uscita con il tuo amico e mi riprenda per il mio comportamento con i ragazzi quando tu fai lo stesso. Siamo uguali io e te.»

Jasper le rivolse un’occhiataccia: «Non è affatto vero.»

«Ti prego.» la ragazza rise «Ti sei mai preoccupato di aver ferito qualcuna delle tue ragazze, tu? Io non credo proprio visto come hai lasciato la spagnolina, quella Jazmin.» Jasper si zittì «E so per certo che questo trattamento non l’hai riservato solo a lei.»

Jasper le rivolse un ultimo sguardo e poi se ne andò, poco male, se voleva fare l’ipocrita che lo facesse lontano da lei.

 

* * *


 

*¡Primero Marci, primero! = Primo Marci, primo!

*Churros = dolce spagnolo più popolare, questo dolcetto fritto e salato è generalmente intinto nel cioccolato caldo creando un mix dolce-salato molto buono

*Horchata = bevanda valenciana fatta con zucchero acqua e tubercolo dolce

*Millebulles = o meglio Millebolle, una marca di prodotti magici francese inventata da me

*Hypocrites = Ipocriti

*Sorcière envieuse = Strega invidiosa



* * *

* * *

* * *


 

Buon pomeriggio!

Inizio subito con delle doverose scuse: come prima cosa mi scuso moltissimo per la lunga attesa e il grande ritardo di questo capitolo, come vi avevo detto nel breve avviso che avevo pubblicato ho perso un po’ la motivazione con questa storia, purtroppo gli OC sono molto pochi, infatti  se normalmente una singola eliminazione non influisce troppo sulla storia avendo soltanto 9 OC si nota la differenza, questo però non mi ha scoraggiata troppo e sono riuscita a far funzionare la cosa senza difficoltà. Il fatto è che, avendo soltanto 8 OC, di cui uno è mio, nel momento in cui manca la partecipazione da parte di più autori diventa difficile portare avanti la storia, io ovviamente però spero che voi vogliate continuare a partecipare nonostante la mia latitanza e spero riusciremo a concludere questa avventura insieme c:

Detto ciò mi volevo anche scusare per la brevità e la mediocrità del capitolo, purtroppo è un capitolo di passaggio e spero appunto possiate perdonarmi se non soddisfa le aspettative, in caso contrario siete liberi di picchiarmi xD

In ogni caso oggi ho un paio di domande per voi: 

  • una molto banale, vi chiedo di pensare, solo se avete piacere di farlo, al look per il Ballo del vostro OC (probabilmente ve lo chiederò di nuovo nel prossimo capitolo quindi non c’è fretta), in particolare ad abbigliamento e scarpe, e, se le avete, di mandarmi le immagini. Nel caso non mi faceste sapere nulla entro il capitolo sul Ballo, ma vi ripeto che avete moltissimo tempo, deciderò io come vestire le vostre creature.
  • l’altra è più importante, ma non obbligatoria, con chi vorrebbe andare al Ballo il vostro OC? Vi avviso subito che terrò conto di ciò che mi direte, ma potrei non rispettare pienamente le vostre richieste visto che dovrò conciliarle a quelle degli altri; inoltre mi ero già fatta qualche idea riguardo le coppie, perciò se volete un consiglio fatemi sapere!

 

A presto,

fran x

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Capitolo 16
*** Avviso - Sospensione storia ***


Ciao a tutti,

Mi trovo qui con con l’ennesimo ed ultimo annuncio: ho deciso di sospendere Game On.

Purtroppo questa storia ha avuto tanti alti e bassi, ma, in un modo o nell’altro, siamo riusciti ad arrivare al quindicesimo capitolo e infatti non potrebbe dispiacermi di più di doverla sospendere a questo punto. Ho contattato tutte le autrici e ho dato un po’ di tempo a tutte per farsi sentire, ma purtroppo si sono fatte sentire soltanto quattro persone (addirittura una persona mi segue su instagram e nonostante visualizzi sempre le mie storie e post non si è degnata nemmeno di rispondere al mio messaggio, se stai leggendo volevo dirti good job, hai fatto sicuramente un’ottima figura ignorandomi ma stalkerandomi compulsivamente su instagram) e ciò significherebbe portare avanti la storia con solo cinque OC.
Non so nemmeno da dove cominciare e cosa dire se non che sono tremendamente dispiaciuta, tenevo molto a questo progetto ed essendo così a buon punto mi dispiace ancora di più doverlo abbandonare. Spero possiate perdonarmi per non essere riuscita a portarlo a termine, ma senza la collaborazione di tutte le autrici è stato molto difficile trovare la motivazione e la voglia di scrivere. 

In ogni caso mi sembra giusto ringraziare chi è rimasto fino alla fine, un grosso grazie a tutte voi <3

Sappiate che ho intenzione di finire le ultime OS sul passato degli OC e avrei intenzione di scrivere anche qualche OS sul futuro dei vostri meravigliosi bambini giusto per dargli una conclusione, perciò vi chiederei se siete interessate di farmelo sapere e scrivermi via messaggio privato come immaginate il futuro del vostro OC o scene che vorreste vedere della sua vita cosicché io sappia su cosa lavorare.

Detto ciò vi saluto e vi ringrazio per l’infinita pazienza,

fran x

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