The last Guardian of Werewolf

di Misaki Starlyght
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dream ***
Capitolo 2: *** Intruder ***
Capitolo 3: *** Choice ***
Capitolo 4: *** Flight ***



Capitolo 1
*** Dream ***


 Neve, ovunque io giri il mio sguardo c'è solo tanta, fredda e candida neve. Gli alti e scuri pini che mi circondano sono l'unico colore in contrasto in quell'immenso mondo bianco. Perfino il cielo lo è, si confonde con tutto il resto, imbrogliandomi. Non distinguo più tra cielo e terra. Non so dove mi trovo, eppure una piccola e nascosta parte di me, sente di conoscere questo luogo sperduto e dimenticato dalla mente umana. Mi sento a casa, al sicuro...

Lo avverto di nuovo, un fruscio tra i rami del bosco. Qualcosa si muove. È grosso e pesante, lo sento, eppure non riesco a vederlo. Mi gira in torno nascosto dalla folta boscaglia, lo seguo con l'orecchio, finché non spunta fuori un ragazzo. Completamente nudo cammina verso di me, i delicati fiocchi di neve che gli cadono addosso sembrano non turbarlo minimamente. Al contrario, ne contornano il corpo slanciato e vigoroso. Si avvicina a me e ad ogni passo riesco a distinguere sempre più dettagli: il volto fiero e bello, incorniciato dai corti capelli color del grano, gli occhi penetranti di un azzurro così intenso da poterci navigare dentro.

 Si ferma ad un passo da me. Il volto angosciato eppure nei suoi occhi intravedo un barlume di speranza. Pare voglia toccarmi ma, qualcosa sembra impedirglielo. Un muro invisibile ci separa. -Io ti sento. Ti troverò, lo giuro!- mi grida ora che la tempesta di neve intorno a noi divampa e poi...il nulla.

Mi sveglio. Sono nel mio letto completamente sudato. Di nuovo. Tutte le notti sempre lo stesso sogno, fin da quando ne ho memoria. E ogni volta sempre le stesse domande: Dove sono? Chi sei? Perché mi cerchi? Perché, perché, perché...

Tante domande, e mai una risposta alla complicata trama della mia vita. Solo tanta solitudine e famiglie adottive. Mi guardo in torno e la mia stanza è spoglia come sempre. Niente che la renda unica o vissuta. Come se potessi permettermelo, quelli come me non hanno niente. Dalla porta chiusa della camera sento le voci dei miei genitori adottivi. I noni per l'esattezza, e molto probabilmente non saranno neanche gli ultimi della lista. Non sono male. Sheryl è sempre gentile con me e ha una bella risata.

Scendo dal letto, mi cambio la maglietta fradicia di sudore con una nuova e mi dirigo in cucina per fare colazione. Non voglio che veda le prove del fatto. Gli assistenti sociali l'avevano avvertita dei miei incubi notturni ma, lei non mi ha mai chiesto niente. Forse spera che un giorno mi apra di mia volontà e racconti tutto da bravo figlio... Beh, si sbaglia di grosso! È una brava persona ma l'ultima cosa che voglio, è finire da uno psichiatra che analizzi la mia mente da "povero disagiato sociale".

-Buon giorno raggio di sole!- Mi dice appena entro nella sua visuale -Già sveglio così presto?- -Non avevo sonno.- rispondo, prendendo un muffin appena sfornato. Sheryl sembrava la perfetta copia di quelle casalinghe americane, con la differenza di essere inglese e di non fingere la sua gentilezza, un po' stucchevole forse, ma sincera al cento per cento. -Capisco.-

Eccolo. Quel silenzio imbarazzante che si crea ogni qual volta vorrebbe sapere di più. Lo odio. Farei di tutto per evitarlo. -Charles?- le chiedo prima di dare un morso al muffin al cioccolato -È appena uscito. Che programmi hai per oggi? Ormai sei ufficialmente in vacanza.- -Credo che andrò a godermi la mia meritata libertà con una bella passeggiata.- -Mi sembra un'ottima idea.- risponde con rinnovato sorriso. Anche questa volta l'ho scampata.

***

M'incammino in una delle immense ali del parco Thaddeus Mirtle, a quindici minuti da casa di Sheryl. È stata la prima cosa che ho amato quando sono stato portato qui. Essendo anche una zona di ripopolazione, il parco possiede sia un'area adibita alle persone, che una vasta fascia boschiva incontaminata. Ed è proprio in quest'ultima che amo dirigermi più spesso. Di rado la gente viene in questa sezione - ameno che non sei una di quelle coppiette in cerca di privacy - rendendolo un ottimo posto per stare da soli in pace.

Una volta trovato un punto ben isolato dal resto del mondo civilizzato, mi lascio avvolgere dall'immenso "silenzio" verde, e finalmente posso sentirmi veramente in pace, protetto. Strano quanto un luogo così selvaggio possa sembrarmi un riparo sicuro, eppure è sempre stato così fin da quando sono piccolo.

Spesso, quando stavo ancora all'orfanotrofio, la notte sgusciavo fuori di nascosto, per osservare l'enorme luna piena dal tetto. In quei momenti non mi sentivo più tanto solo e sapevo che da qualche parte, qualcuno simile a me stava guardando quella stessa luna. Mi lascio sfuggire un sorriso aspro dalle labbra a quel ricordo. È stato tanto tempo fa. Quando ancora potevo permettermi di sognare. Ma poi quelli finiscono e ti rimane solo la vita vera, e siamo onesti... Fa schifo!

Ma sono costretto ad ammettere che per quanto siano strani e ripetitivi, i miei sogni ci sono ancora e sembrano essere attaccati a me con la colla. L'unica costante nella mia vita fatta di continui spostamenti e persone diverse. Una fitta nebbia malinconica che prima avviluppava le mie notti, e se proprio voglio essere onesto, negli ultimi mesi anche i miei giorni.

Io ti sento. Ti troverò, lo giuro!

Quella voce! S'infiltra sotto la mia pelle, catturando ogni centimetro del mio corpo. Inizialmente era partito come un innocuo sogno, diventato poi la mia perenne distrazione. Quel ragazzo. Il modo in cui mi guarda in sogno, come nessuno ha mai osato fare nella realtà, ormai, me lo sento addosso anche quando cammino per strada. Come una freccia, mi perfora scavando nei miei angoli più reconditi; risvegliando una parte di me totalmente inesplorata, libera, selvaggia... e mi spaventa. Come può un semplice sogno essere capace di tutto questo?

Un rumore tra il fogliame mi distoglie dai miei pensieri, riportandomi alla realtà; lo seguo con l'orecchio teso, in attesa di capire cosa sia. Provo una sensazione stranamente familiare, come un deja vu. Mi sembra quasi di poter sentire il suo fiato accelerato, mentre mi osserva dal suo verde nascondiglio. Questo mi fa intendere che non si tratti per nulla di un animale di piccola taglia, ed è troppo grosso per la fauna del parco. Che sia una persona? -Chiunque tu sia, sappi che non è divertente!-

Per un momento nella mia mente si forma l'idea di qualcuno che voglia aggredirmi o derubarmi, e assumo una pozione di difesa. Dopotutto non è così cattiva come idea. Sono sempre da solo in un posto isolato, eppure la paura non mi sfiora nemmeno. Non so spiegarne il motivo. L'unico modo per farlo, è definirlo come una sorta di sesto senso, sempre avuto fin da quando ne ho memoria. La capacità di sapere quando avere realmente paura di una situazione o qualcuno.

Non c'è alcun motivo di avere paura.

Ritorno ad assumere una posizione più rilassata e neanche mezzo secondo dopo, l'essere nascosto dal basso fogliame sbuca fuori con un balzo. Se non lo ritenessi impossibile, avrei giurato che aspettasse una mia reazione positiva per uscire. Il tempismo fu impeccabile.

L' animale sconosciuto davanti a me è un grosso lupo dal manto latteo. Non sembra voglia aggredirmi in compenso ha gli occhi puntati su di me. Azzurri, come quelli di...Lui. Quasi mi scappa il fiato per l'incredibile precisa somiglianza. Dal suo sguardo sembra trasparire paura ma, solo dopo noto la zampa ferita che grondando sangue, stava lasciando tante piccole macchiette rosse sul terreno. Non faccio in tempo a fare un passo avanti, verso di lui per capire di che ferita si tratti, che un colpo da sparo ci richiama entrambi verso la stessa direzione. -Cacciatori.- Difficile non fare due più due. -Vai.- sussurro al lupo albino, che capendo le mie parole, scappa via scomparendo nuovamente alla mia vista.

Rimango lì in piedi, completamente immobile, incapace di muovere un moscolo. Solo la mia mente vaga, persa tra l'assurda situazione appena accaduta, la preoccupazione per quell'animale ferito ed indifeso e la speranza di avergli salvato la vita. Successivamente un altro colpo da sparo fende l'aria dopo pochi minuti. Questa volta più lontano. Non posso fare a meno di tirare un sospiro di sollievo, bloccato in gola fino a quel momento, sentendo che i cacciatori stanno andando nella direzione opposta a quella dell'animale ma, non riesco a non pensare alla zampa ferita di quel misterioso lupo sbucato fuori dal nulla.

***

Tornato a casa, il resto del pomeriggio fu piuttosto noioso, non avendo amici. Non che fossi una persona asociale, anche se molto probabilmente alcuni mi definirebbero così. Ma, non m'importa. Ho avuto delle amicizie in passato, più o meno importanti, come tutti immagino. Semplicemente è...difficile. Quando passi tutta la tua vita da una casa famiglia all'altra, capisci che rincominciare ogni volta da capo diventa solo un inutile spreco di energie. A quel punto inizi a farne a meno, non soffri tu e non soffrono gli altri. Semplice.

Quando alla sera a cena accendemmo la tv, stavano parlando dell'accaduto della mattina. Per fortuna non dissi a Sheryl dove ero stato esattamente, o sarebbe esplosa come un vulcano per la paura. Secondo la polizia erano stati degli squilibrati armati a seminare il panico tra la folla, annesse ad una serie di svariate congetture; ma del lupo non se ne fece parola. Erano entrambi sconcertati nel sentire la notizia ma, non seguii i loro discorsi. Ero ancora perso in quegli occhi selvaggi, e quando mi coricai per la notte, mi addormentai subito, sprofondando nel mio solito sogno inquieto.

 Eccola, la radura innevata. Il mio mondo nascosto. Innanzi a me i tuoi occhi mi trafiggono, mentre la tempesta in torno a noi prende vita. Sembra esserci una luce diversa nei tuoi occhi, ma non so definirla. Tenti nuovamente di toccarmi, ma quel muro invisibile persiste. Non ti arrendi, i tuoi muscoli si tendono e la fatica per lo sforzo si dipinge sul tuo volto. -Io ti sento!- Mi urli nel tentativo di sovrastare la bufera, i tuoi pugni stretti contro il nulla e poi...qualcosa s'infrange. Con un solo passo varchi la barriera, la tua mano prende la mia. È calda in contrasto con tutto il resto. Una scarica elettrica mi pervade, risveglia in me sensazioni che non comprendo, quasi mi manca il respiro. Il tuo volto è a pochi centimetri dal mio, posso sentire il tuo fiato sfiorarmi la pelle. -Ti ho trovato!-

Mi sveglio di soprassalto. C'è solo buio intorno a me. Cerco di mettere a fuoco la sveglia sul comodino, sono le tre di notte. Mi rendo conto che per la prima volta qualcosa è cambiato. Sento ancora la pressione della sua mano sulla mia quando un rumore di sassolini contro la finestra cattura la mia attenzione, vorrei andare a vedere ma sono titubante. Chi mai potrebbe essere a quest'ora di notte? Per giunta alla mia finestra?? Passo in rassegna nella mia mente chiunque potesse essere tra le vecchie conoscenze dell'orfanotrofio e arrivo alla conclusione di...assolutamente nessuno. Eppure i sassolini non smettono di battere insistenti contro il vetro, e alla fine la curiosità vince su di me. Con cautela mi avvicino alla finestra, mi sporgo un po' ma non vedo niente. Lo faccio di nuovo, sta volta aiutandomi a vedere con il lampione di fuori, ancora niente finche...vedo qualcosa muoversi. Solo dopo aguzzando meglio la vista mi rendo conto che si tratta del lupo ferito di questa mattina. -Ma cos...- Sono incredulo! Non so nemmeno cosa dire. Cosa diavolo ci fa un lupo sotto la mia finestra?! Come ha fatto a trovarmi?!? Ma soprattutto come è possibile che abbia tirato dei sassolini proprio alla mia camera situata al secondo piano?!?!

Mi guarda e nel mentre raschia una zampa contro la parete della casa, capisco che vuole entrare. -Ok, ok! Ho capito, ma smettila di fare rumore o ti sentiranno.- gli dico aprendo la finestra, cercando di non farmi troppo sentire da orecchie indesiderate, sparendo capisse le mie parole. Non so perché ma qualcosa mi spinge ad aiutarlo e cercando di fare meno rumore possibile, per non svegliare Charles e Sheryl che dormono nella stanza accanto, scendo le scale per andare ad aprire la porta. Lui è lì ad aspettarmi.

Il pelo candido è sporco di foglie e fango, mentre la ferita è incrostata di sangue. È ridotto davvero male, e devo fare qualcosa. Gli apro di più la porta e lui entra zoppicando, mi segue fino in cucina mentre prendo la cassetta del pronto soccorso. -Ok, cucciolone ora dovrò dare un'occhiata a quella brutta ferita.- gli dico mentre prendo in mano la sua zampa ferita e lui mi lascia fare. Inizio a pensare che sia ammaestrato, è troppo docile e ubbidiente per essere un lupo selvaggio.

Osservo la ferita e ovviamente è quella di un foro di proiettile, la pallottola è già fuori uscita, lasciando un doloroso buco insanguinato nella carne. -Questo ti farà un po' male.- gli dico prima di iniziare a pulirla. Per tutto il tempo non fa una piega, al contrario non smette di fissarmi con i suoi occhi azzurri, facendomi sentire a disagio. Una volta finito, mi alzo per prendere una garza pulita e una fascia per legarla stretta. -Purtroppo ti dovrai accontentare delle mie misere capacità. Non sono un veterinario.-

-Così va molto meglio.- Risponde dal nulla una voce soddisfatta ma, dolorante, proveniente da una distanza troppo ravvicinata alle mie spalle. Una voce. In casa mia. Quando tutti dormo. Sconosc...No! Aspetta...questa voce...io...

 No! Non può essere vero!

Rimango impietrito, senza alcuna idea di che cosa fare, stringendo nervosamente le garze che ho tra le mani .

Mi giro? Non mi giro? Cosa cazzo devo fare??

 Ho il terrore di voltarmi per vedere cosa o chi ci sia realmente dietro la mia schiena.

Forse sto ancora dormendo e questo è solo un altro sogno?

Non ci sarebbe altra spiegazione nell'udire la voce del ragazzo dei miei sogni. Eppure è tutto così reale...troppo.

-Per quanto ancora hai intenzione di ignorarmi?- domanda questa volta la voce.

Deglutisco nervosamente la saliva, mentre tento di prendere un po' di coraggio per voltarmi ma, continuo a sentire la bocca secca.

Da quando sei così fifone?

Faccio un altro respiro profondo e...

Forza Merlin! È come togliere un cerotto.

...mi giro. 

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Capitolo 2
*** Intruder ***


Davanti a me non c'è più il lupo albino, bensì...LUI! Il ragazzo dei miei sogni. In carne ed ossa, ad un palmo da me. Potrei benissimo allungare di poco la mano per toccare il suo petto nudo. 

Perché è sempre nudo?

-Ma che bravo. Era così difficile?- Mi dice con la sua voce calda e profonda, distraendomi dai miei pensieri e l'unica cosa che riesco a fare è far cadere per terra le cose che ho in mano. Per fortuna produssero solo un rumore morbido e ovattato nel toccare il pavimento freddo. -Impossibile! T...tu sei un sogno.- Mi lascio sfuggire a voce troppo alta, e subito mi tappo la bocca sperando che i due di sopra stiano ancora dormendo.

Lui si muove per toccarmi, e io mi scosto impaurito -Stai lontano!- gli intimo sperando che mi ascolti, anche se dubito mi sia uscito in modo convincente dalla bocca. Poi, con la coda dell'occhio vedo i coltelli da cucina, a pochi centimetri da me. Fulmineo ne prendo uno augurandomi sia quello giusto e glielo punto contro, cercando di avere l'aria più minacciosa e meno disperata possibile. -Stai tranquillo, non hai nulla da temere.- mi dice sempre con fare tranquillo alzando di poco entrambe le braccia. Deduco che il mio tentativo di intimidirlo almeno un poco sia finito dritto nel cesso. -Sei al sicuro con me.- -Con te? Ma se ne anche ti conosco!- gli faccio notare nervoso. -Così menti a te stesso, e lo sai.- -Non ti ho mai visto in tutta la mia vita.- -Ne sei certo? E dei sogni che mi dici?- Risponde mentre un leggero sorriso increspa le sue labbra. -Li mi hai visto...- Il rispiro mi si ferma in gola a quelle parole. -Come fai....- -...Proprio come io ho visto te.-

Tenta un nuovo passo verso di me e io arretro nuovamente sventolando il coltello. -Resta, dove sei.- Sono confuso e nel più totale smarrimento. -So quanto tutto questo possa sembrarti assurdo, ma devi fidarti di me.- -Come?!- quasi gli urlo in faccia. Mi manca il fiato e mi sento completamente spossato, come se gli ultimi minuti mi avessero prosciugato ogni briciolo di energia che avevo in corpo.

Distolgo lo sguardo da lui e abbasso di poco la lama che ho in mano. Ho l'impressione che stia diventando sempre più pesante con il passare dei minuti. -Sto ancora dormendo...- mi dico più rivolto a me stesso che a lui. Avevo bisogno di convincermi che lo fosse o sarei impazzito. -...tu sei un sogno.- -Se lo sono, allora non hai nulla di cui preoccuparti. Nulla è reale. Metti via quel coltello.- Eppure non lo faccio, e lo stringo più forte. -No, non finché non te ne vai.- -Di cosa hai paura?- -Non lo so.- -Di che cosa hai paura, Merlin?- Sobbalzo per un secondo al sentire pronunciare il mio nome dalle sue labbra, per la prima volta. Una parte di me si chiede come faccia a conoscerlo. -Io...- La sua domanda scuote delle corde dentro di me, non so dire se lo abbia fatto volutamente.

Paura...Io...non ho paura...Perché?

Solo in quel momento mi rendo conto di non avere un briciolo di paura in corpo. Sono perfettamente conscio del fatto che dovrei averla, eppure non c'è. Sono sconvolto sì dalla situazione surreale ma, nulla di più. Credevo di averla ma, capisco che fino a quel momento avevo reagito di testa. Preso dall'agitazione del momento, avevo confuso le due emozioni, spesso divise da un filo sottilissimo. Reagendo come avrebbe fatto chiunque altro nella mia situazione, avevo ignorato il mio istinto più profondo. Finendo per cascare, come un coniglio, nella trappola dell'errore. Faccio un respiro profondo e abbasso definitivamente il coltello. -...di nulla.- Le sue labbra si increspano in un nuovo sorriso -Ma che bravo. Impari in fretta.-

Come fai a saperlo?

Ora che do ascolto al mio istinto, lo sento, nella carne. La mia pelle pizzica a questa verità e più gli do credito, più la sensazione si fa potente.

Sei reale, e non mi farai del male.

-Ti sembro ancora un sogno?- Mi chiede con voce calma, allungandomi nuovamente il braccio sano. Sono quasi tentato di toccarlo ma resisto. L'ultimo sogno è ancora vivido nella mia mente, insieme al tocco caldo della sua mano.

Chissà se è così anche nella realtà?

-No.- rispondo mentre poso il coltello sul tavolo e raccolgo le garze da terra. -Capisco la tua diffidenza. Ma ti prego di ascoltarmi.- È incredibile l'intensità con il quale mi guarda. Da quando è arrivato non mi ha tolto gli occhi di dosso per un solo secondo. Inoltre, non riesco a capire tutta questa sua ostinazione nel volermi toccare. Ho addirittura la sensazione che ci rimanga male perché non lo assecondo. Mi sento a disagio. Per anni sono stato abituato ad essere ignorato. Un numero insignificante fra tanti altri orfani che andava incasellato alla belle e meglio nel sistema, il prima possibile. Cosa mai avremmo potuto pretendere più di questo, noi, che eravamo gli scarti, i non voluti della società. Mentre ora sembro essere finito nel mirino di questo strano ragazzo.

-La fai facile tu. So che non mi farai del male. Non so il perché, ma è così. Resta il fatto che sei un perfetto estraneo per me.- -Non dimenticare i sogni.- Mi sottolinea lui una seconda volta. -Certo, come se fosse una cosa normale.- ribatto io seccato. Spero non lo ridica una terza, è troppo inquietante. -Dalle mie parti lo è.- -Dalle tue parti? In che cavolo di posto vivi?-

Questo tizio è strano.

Nello stesso identico posto da cui provieni anche tu.- -Tu sei tutto matto.- rispondo senza pensarci due volte, scuotendo la testa, sottolineando un ''NO'' grosso quanto una casa. Questa conversazione sta prendendo una piega che non mi piace.

Ok, sempre più strano.

-Disse il ragazzo che sognava gente sconosciuta.- -Non è divertente!- -No, non lo è...- ribatte lui con tono mesto. Un velo di tristezza solca il suo viso per pochi secondi ma subito lo caccia via. -...ma...non è questo il momento per parlarne. La cosa importante ora è che tu venga con me, saprai il resto a tempo debito. Te lo prometto.-

Troppo, troppo strano!

-Cosa?? Venire con te? Non esiste! Piombi in casa mia, mi racconti storie assurde affermando di conoscermi e pretendi pure che io ti segua?! No, no e NO! Toglietelo dalla testa.- -Beh...tecnicamente mi hai fatto entrare tu.- -"Tecnicamente" io, ho fatto entrare un lupo ferito non un estraneo alto, muscoloso, completamente nudo e sporco di fango.- -Opinabile.- Risponde lui ancora una volta, con quella dannata tranquillità che ormai non fa altro che innervosirmi. Apro la bocca per ribattere ma, ormai non so più cosa rispondere; qualunque cosa io dica ha sempre la battuta pronta per demolire le mie difese. -E poi questa non è casa tua.- continua lui imperterrito.

Non sei ancora soddisfatto?

-Sì che lo è. Ci abito qui.- gli faccio notare seccato, sperando di zittirlo. -Ci abiti è vero ma, non è Casa tua. È di...come si chiamano? Sheryl e... Carl?- -Charles.- -Appunto.- -Sei inquietante, oltre che essere davvero irritante, lo sai?- -Sono certo che conoscendomi meglio cambieresti idea.- mi risponde lanciandomi un altro sorrisetto sghembo -Io non voglio conoscerti.- -Cambierai idea.- questa sua ostinata presunzione è davvero irritante! Così tanto che mi sta salendo la voglia di tiragli un pugno.

Non faccio in tempo a ribattere che la luce sulle scale si accese. – Oh, no. Nasconditi.- gli dico, ma lui era già sparito non so dove. E una parte di me sperò definitivamente. In tutta fretta, rimetto a posto il coltello da cucina. Raccolgo le garze sporche di sangue e la cassetta del primo soccorso e le nascondo dentro uno dei cassetti della cucina. -Merlin, che ci fai in piedi a quest'ora? È notte fonda.- mi chide Sheryl sbucando dalle scale, in pigiama, strofinandosi gli occhi dal sonno. Il cuore mi batte forte nel petto per l'agitazione, ma cerco di sembrare il più normale possibile. -Avevo sete e sono sceso a prendere un bicchiere d'acqua.- le dico aprendo lo sportello del frigorifero e prendendo la bottiglia dell'acqua. -Ho capito.- mi risponde sbadigliando. -Che strano, ero convinta di aver sentito delle voci.- -Davvero? Forse venivano da fuori e ti sei sbagliata.- mento, sperando che mi creda.

Si guardò in giro, come a constatare che non ci fosse nessuno in casa. Era abituata ad avere orfani e scappati di casa che entravano e uscivano da casa sua. Non ero il primo ragazzo che ospitava e non sarei stato l'ultimo. Sapeva bene che era tipico per quelli come noi, far entrare in casa altri ragazzi come noi bisognosi di aiuto, ma che non volevano il sostegno del governo. Anche se io non le avevo mai dato questi problemi. Ero uno piuttosto solitario. -Sì, forse hai ragione. Tu stai bene?- mi chiese, sicuramente riferendosi ai miei sogni. -Si, tutto a posto. Avevo solo sete.- -Va bene. Beh...io vado a letto. Buona notte Merlin.- -Buona notte Sheryl.-

Ritornata di sopra e spento la luce tiro un sospiro di sollievo. -C'è mancato davvero poco.- mi dice il ragazzo biondo, spuntando da non so dove e il mio cuore perde un battito per lo spavento. -Credevo te ne fossi andato...- sto quasi per chiamarlo per nome, e mi rendo conto che non ho idea di quale sia. -Arthur. Arthur Pendragon.- Mi risponde lui, rispondendo alla mia muta domanda, come se mi leggesse nel pensiero. -Arthur.- ripeto io a bassa voce. -Non potevo andarmene. Non abbiamo ancora concluso la nostra chiaccherata.- - Cosa vuoi che ti dica?- gli rispondo esasperato. -Accetta di venire con me. Andiamo, sono la prima persona che afferma di conoscere la verità su di te e sul tuo passato. Non dirmi che non sei curioso di saperne almeno un pochino, perché non ci credo.- -Sono curioso! È solo che...è...strano. Non ti ho mai visto, eppure e da tutta una vita che ti sogno. E dopo 17 anni sbuchi alla mia porta in piena notte, sapendo cose che solo io so. Tutto questo è assurdo!- -Imparerai presto che al mondo ci sono cose più strane e pericolose che l'uomo stesso ignora. Le cose non sono sempre come sembrano.- - Gia...ho notato.- rispondo sfinito, sedendomi sul pavimento freddo della cucina. -Ascolta...ho bisogno di pensarci. Ok?- Mi guarda di nuovo, pensieroso. Probabilmente non era la risposta che desiderava ricevere. -Ok.- -Grazie. Puoi stare qui sta notte...se vuoi. Puoi dormire nella cantina. È un po' umida ma almeno non dovrai dormire fuori.- -Mi piace dormire fuori.- -Oh...giusto...perché sei...- -Un lupo.- -Un lupo. Certo...è logico.- -Ma la cantina andrà bene, grazie.- -Ok...hem...finisco di medicarti il braccio e poi ti accompagno giù, va bene?- -Perfetto.-

Finisco di medicargli la ferita e lo accompagno in cantina. Prendo delle vecchie coperte impolverate e le stendo per terra per fargli un giaciglio. -Ok...hem...- -Ci vediamo domani mattina.- -Certo, a domani. Allora...buona notte.- -Buona notte.- gli rispondo e esco dalla stanza chiudendo la porta dietro me. Tiro un sospiro liberatorio.

Che diavolo sto facendo?

Ritorno in cucina e sistemo le cose che ho lasciato in giro, per poi andare a letto. Non ho la minima idea di come affrontare quello che succederà domani o cosa rispondere. Ma sono talmente stanco che crollo subito nel letto.

Ci penserò domani...

Per la prima volta nessun sogno disturbò il mio sonno.

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Capitolo 3
*** Choice ***


La sveglia delle sette e mezza suonò, ma io sono già sveglio da almeno un’ora. Non ho alcuna voglia di alzarmi. Vorrebbe dire scendere e andare da…Arthur, il ragazzo-lupo, nudo e ferito che ho nascosto nella cantina della mia madre adottiva. Detta così, sembra il titolo di un Harmony scadente degli anni ottanta. Continuo a ripensare alla conversazione surreale che abbiamo avuto. Il modo in cui mi guardava.

Che cosa dovrei fare?

Una parte di me, vorrebbe davvero credere alle sue parole. Ed è comprensibile. Quale orfano non vorrebbe sapere da dove viene. Sfiderei chiunque a non mettere in dubbio l’idea di seguire un estraneo che afferma di conoscere le tue origini. Quando per tutta la tua vita è stata l’unica cosa che hai sempre desiderato. È come indicare ad un assetato che non beve da giorni, la pozza d’acqua più vicina. Ti ci fionderesti subito senza pensarci, anche se fosse l’ultima cosa che faresti nella tua vita. Il problema è che qui non si parla di una semplice pozza d’acqua. Ma di un vero castello volante uscito delle favole.

Umani che diventano lupi…

Mi alzo e dopo essermi lavato e cambiato, scendo in cucina. Sherlyl e Charles sono già al tavolo per la colazione. -Buon giorno, campione.- mi dice Charles mentre sfoglia il suo giornale mattutino. -Buon giorno.- -Cheryl mi ha detto che hai fatto un tour notturno della casa sta notte.- mi dice mentre sfoglia un'altra pagina. -Avevo solo sete.- rispondo prendendo una pancake e mettendomelo nel piatto. -Solo sete eh?- continua sta volta guardando Cheryl di sbieco -Che c’è?- Altra sfogliata. -Volevo solo essere sicura che fosse tutto a posto. Ecco tutto.- risponde bevendo un sorso di aranciata. -Non badare a tua madre, Merlin. Lo sai che a volte esagera un po’.- mi dice schiacciandomi un occhiolino. -Non è vero.- -Ah no? Ma se una volta sono finito in ospedale per un’appendicite e tu hai avuto paura che morissi.- -Non è vero! Ero solo molto preoccupata.- si giustificò lei. Charles mi guardò di nuovo ridacchiando e io sorrisi con lui. -Molto divertente!- Concluse lei fintamente arrabbiata. È un sollievo sapere che non si siano accorti di nulla. E mi domando se non se ne sia andato. -Comunque, sta mattina io e tuo padre abbiamo delle commissioni da fare. Ti serve qualcosa?- -No, ti ringrazio. Sono a posto.- rispondo prendendo altri Pancake. -Qualcuno a fame vedo, sta mattina. -Mi dice scompigliandomi i capelli. -Allora noi andiamo. Torneremo verso l’ora di pranzo, ok?- -Va bene a dopo.-

Aspetto che siano usciti con la macchina dal vialetto e preso il piatto e il bicchiere di aranciata, mi dirigo alla porta della cantina. Non potevo più aspettare. Con il gomito apro la porta e scendo le scale, mentre il cuore mi batte a mille nel petto. L’idea di rivederlo mi innervosisce. Raggiungo il giaciglio ma lui non c’è.

Che se ne sia andato davvero?

-Arhtur?- lo chiamo per esserne sicuro. -Sono qui.- mi risponde lui sbucando da uno scaffale pieno di scatole, con una delle coperte annodate ala vita. Un grande sollievo per me, anche se questa gli lasciva comunque l’ampio e muscoloso petto scoperto. Per qualche motivo il suo corpo mi mette in soggezione. Non ne capisco il motivo, visto che nei centri sociali ero abituato a condividere gli spazi con altri ragazzi. -È incredibile la roba che gli umani sprecano e buttano via.- Mi dice con un velo di disgusto nello sguardo, riferendosi alle scatole piene di roba ammucchiate per la stanza. -Lo dici che se non fossi uno di loro.- rispondo confuso posando la colazione su uno scaffale. -Infatti è così. E nemmeno tu. Finirai per contaminarti a furia di stare con loro.- -Wow, ti sei alzato con la luna storta sta mattina?- gli dico sulla difensiva. -Scusami. Non volevo….è solo che…non mi piace dormire negli spazi chiusi. Mi innervosiscono.- -Capisco…- rispondo tormentandomi le mani, non sapendo bene come comportarmi con lui.

Si siede sul giaciglio e io gli porgo il piatto e il bicchiere -Ti ho portato la colazione.- -Ti ringrazio.- mi dice mentre mi siedo per terra davanti a lui. -Che cosa sono?- mi chiede confuso. -Aranciata e pancake. Non dirmi che non gli hai mai mangiati?- -Veramente no.- mi risponde annusando il cibo poco convinto. -E cosa ti cucinavano i tuoi quando eri piccolo?- -Lepri, topi di campagna, se eravamo fortunati con la caccia anche i cervi. Carne insomma.- -Topi di campagna?- gli chiedo leggermente disgustato all’idea di addentare la carne di un topo sudicio e puzzolente. -Si. Sono molto gustosi.- -Oook.- -Dovresti assaggiarlo.- -Mi fido sulla parola.- gli dico mentre addenta un pancake poco convinto ma affamato.

-Sheryl e Charles sono usciti, quindi siamo liberi fino all’ora di pranzo.- -Stai con loro da soli tre mesi e già si definiscono i tuoi genitori. Non ti pare un po’ azzardato.- -Come fai a saperlo? Hai origliato la nostra conversazione?- gli chiedo scioccato. -Non ho proprio origliato, è solo che ho un udito molto sviluppato.- -Beh…usa il tuo super udito da qualche altra parte!- improvvisamente mi sentii invadere il mio spazio vitale. -Aspetta un momento. Come fai a sapere che sto con loro da tre mesi? Che fai oltre ad origliare le conversazioni altrui spii anche la gente?- -Non la gente. Solo tu.- Mi dice ingoiando l’ultimo pezzo di pancake, come se fosse tutto normale.

-Quindi confermi di avermi spiato.- -Spiato è una brutta parola. Io direi più osservare da lontano senza interferire con la tua vita privata.- -Quello si chiama spiare! Se avessi saputo che eri uno stalker malato di nudo non ti avrei fatto entrare.- -Non sono uno stalker.- Ribatte lui, bevendo un sorso di aranciata dal bicchiere. -Ho solo fatto quello che potevo per trovarti. E poi non sono un malato di nudo o quello che è…semplicemente non posso trasformarmi con i vestiti addosso.- -Oh…beh…non lo avevo considerato.- rispondo imbarazzato.

-E comunque ci sono mezzi più attuali e meno inquietanti per cercare la gente.- -Ad esempio?- -Fai sul serio?- Lui mi guarda stranito e solleva le spalle come se non sapesse di cosa stessi parlando. -investigatori privati.- Lo guardo sperando che capisca ma nulla. -Non ho idea di che cosa siano.- -Ma da dove diavolo vieni? Dalla giungla? E non rispondere “dallo stesso posto dove provieni tu” perché se no, giuro che ti tiro un pugno.- Lui si mette a ridere. È la prima volta che la sento. È bella, calda e mi fa pensare a campi di grano cullati dal sole.

-Prometto che ti dirò tutto.- mi guarda di nuovo negli occhi, perforandomi. -Ma non qui, vero?- -No, non è sicuro.- -Perché?- insisto io. -È complicato.- mi risponde con un velo di tristezza negli occhi. -Quindi l’unico modo per sapere qualcosa è venire con te. Esatto?- -Sì.- -Grandioso.- rispondo frustrato, mettendomi le mani nei capelli. -Mi dispiace. Vorrei davvero poterlo fare ma…- -Non puoi. Ho capito.- Mi stropiccio gli occhi con le mani e poi lo guardo indeciso su cosa io debba fare. Il suo sguardo è un misto di speranza e preoccupazione. -Supponiamo che io decida di venire con te. Girerei con un lupo al fianco o con un ragazzone semi nudo per le strade?- -Con me umano, con dei vestiti ovviamente. So indossare i vestiti sai?- mi risponde divertito. -Volevo solo constatare.- ammetto io.

-E dove andremmo?- -A Casa. Dalla tua vera famiglia. La nostra famiglia.- -Quindi…cosa siamo io e te? Parenti, tipo cugini di terzo grado e anche io posso trasformarmi in un lupo?- -No, non siamo parenti.- mi dice con sollievo. Come se l’idea di esserlo non lo allettasse per niente. Non so se prenderla bene o male. -E non ti trasformerai in un lupo. È più complicato di così.- -Ovviamente. Sarebbe troppo facile.- rispondo sarcastico. -Quindi ci sono altri come noi?- -Sì.- La voglia di sapere, stava iniziando ad attanagliarmi lo stomaco. -E loro mi rivogliono?- -Certo che ti rivogliamo! Non sarei qui se non fosse così.- - Ok…è solo che quando vieni abbandonato, l’unica cosa a cui pensi e che l’abbiano fatto perché i tuoi non ti volevano.- -Non lo hanno fatto per questo. Loro ti volevano è solo che…- -Solo che?- gli chiesi impaziente di sapere la risposta. -Eri in pericolo. Abbandonarti era l’ultima cosa che avrebbero voluto fare ma, non hanno avuto scelta.- -Quindi loro mi volevano?- Gli chiedo conferma di nuovo, mentre una lacrima calda mi scende sulla guancia. -Si. Ti amavano con tutto il cuore.-

Mi volevano…

Fu un sollievo terrificante sentirglielo dire. Pochi orfani nella vita possono dire di aver ricevuto un regalo simile. Mi perdo per un momento nei miei pensieri e non mi accorgo di Arthur che si sporge verso di me. Non faccio in tempo a spostarmi che con la mano mi sfiora la guancia, asciugandomi la lacrima con il pollice. È calda, ruvida e accogliente. Subito però, mi scosto imbarazzato rialzandomi da terra. -E sono ancora vivi?- gli chiedo riprendendo il discorso. -No, purtroppo. Fu una grave perdita, per tutti noi.- -Capisco.-

A quanto pare sperare di rivederli era troppo…

-Un ultima cosa.- -Dimmi.- -Se vengo con te…sarà per sempre? Insomma…dovrò lasciare questa casa, Sheryl e Charles. La scuola. Il mio lavoro part-time. Tutto?- -Sì.- -Lo immaginavo.- sospiro combattuto. -Dubito che vorresti ritornate alla tua vita di prima, dopo quello che scopriresti.- Lo guardo senza sapere se la sua risposta sia una buona o cattiva cosa.

Avevo l’opportunità di sapere la verità. Di tornare a Casa, come diceva lui. Pochi di noi hanno la possibilità di farlo. Quante notti in bianco da piccolo, avevo passato sperando che qualcuno venisse a prendermi. Troppe per contarle. Dall’altra parte invece c’erano Sheryl e Charles. I migliori genitori adottivi su nove tentativi andati male o peggio. Non erano i miei veri genitori ma, erano stati buoni con me. Mi avevano accolto in casa loro. Mi avevano aiutato a rimettermi in sesto, con la scuola e con il lavoro part-time. Con loro ero quasi un ragazzo normale.

Normale…

-Credi davvero che questa normalità ti basterà per tutta la vita?- mi chiede, alzandosi anche lui da terra, come se leggesse di nuovo i miei pensieri. -Che vuoi dire?- -Pensa ad un posto. Un posto dove vorresti vivere per sempre. Che anche il solo pensarlo ti rende felice. Ti fa sentire a casa. Al sicuro. Se pensi ad un posto del genere, quale sarebbe?- ci penso su un attimo e mi viene in mente un solo posto. -Il parco. Nella zona più selvaggia, destinata alla ripopolazione della flora e della fauna. Dove ci siamo incontrati la prima volta.- -Lo vedi?- mi si fa più vicino, e sento il suo respiro caldo sulla pelle. -La natura ti chiama e tu sei attratto da essa, perché è quello il tuo posto. Ovunque ci sia un luogo naturale e selvaggio, ci sentiamo a casa. Questo siamo noi, esseri liberi, in perfetta comunione con la natura.- i suoi occhi si fissano nei miei. Riesco quasi a vedere con la mente quello che mi dice. Luoghi meravigliosi e selvaggi. Foreste incontaminate.

La voglia di perdermi in quei luoghi mi pervade. -Sembra tutto così meraviglioso.- -Lo è. Vieni con me, Merlin. Torniamo a casa.- Mi chiede porgendomi la mano. Sono quasi tentato di prenderla. Di vedere quei posti con i miei occhi. -Ti prego.- mi dice con una punta di disperazione nella voce. Come se un mio possibile no, potesse ferirlo mortalmente. Resto per qualche secondo a fissare la sua mano, combattuto sul decidere di prenderla o meno.

Faccio un respiro profondo e riesamino tutta la nostra conversazione nella mente, come a valutare i pro e i contro, anche se questo era più un salto nel buio che una lista da spuntare. Lo guardo di nuovo negli occhi, mentre il cuore mi martella nel petto. -Ho deciso.- gli comunico prendendo la sua mano. -Torniamo a casa.-

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Capitolo 4
*** Flight ***


Il suo viso si illuminò di gioia e io mi sentii nuovamente a disagio. -O...ok.- dissi separando le nostre mani. -Come hai intenzione di tornare a…casa?- all’ultima parola un brivido percorse la mia schiena.

Casa…

-A piedi, per i boschi e le campagne.- -Stai scherzando, vero?- -No. Io sono arrivato così da te.- -E di fatti ti ho trovato senza vestiti, sporco dalla testa ai piedi e ferito….per non parlare dell’odore.- -Quale odore?- mi chiese annusandosi. -Puzzi.- gli dissi senza mezzi termini -Io non puzzo!- -Oh sì, invece e tanto anche.- -Se lo dici tu.- Mi risponde come se avessi ferito il suo orgoglio, e guardandogli il braccio fasciato mi ricordai della ferita del giorno prima.
Mi sentii un idiota. Per tutto quel tempo Arthur, che aveva cercato di convincermi a seguirlo, mi ero dimenticato della sua ferita. Ero stato così concentrato su me stesso da ignorare tutto quello che aveva passato. Il viaggio e la ferita al braccio, anche se sembrava non dargli particolari problemi, non dimostrando un briciolo di sofferenza sul volto.

-Ti fa male?- gli chiedo, toccandogli il braccio e un brivido percorre il mio corpo. -No. Noi lupi siamo più resistenti di quello che sembra.- -Chi è stato? Ho sentito degli spari ieri nel parco. Ho creduto fossero dei bracconieri.- -Sono Cacciatori.- mi risponde lui. -Un gruppo ristretto di umani che fin dall’antichità sa della nostra esistenza. Ci danno la caccia per sterminarci. È merito loro se la nostra razza sta rischiando l’estinzione.- mi dice, mentre le sue parole si fanno sempre più dure. -Perché lo fanno?- -Perché l’uomo è un essere malvagio, avido di potere e distruttivo!- si rabbuiò di nuovo a quelle parole e distolse lo sguardo. Forse per non farmi vedere la sua sofferenza. -Non credevo che voi poteste essere…- - Cosa? Delle prede? Tutti possono diventarlo, Merlin. Basta avere la giusta motivazione e i mezzi e chiunque può passare da preda a cacciatore, e viceversa.- Mi sorpresero le sue parole così severe. Io non ero mai stato un predatore in tutta la mia vita.

-Mi dispiace.- gli dissi, non sapendo cos’altro dire. Non ero mai stato bravo a consolare la gente. -Ora non importa.- mi disse, riacquistando di nuovo il suo buon umore. -Ti ho trovato. È questo ciò che conta.- -Si…beh…rimane ancora il problema del viaggio. Se dici che questi cacciatori, sanno che siete dei lupi. Probabilmente ti hanno trovato perché sapevano che avresti viaggiato come tale.- -Quindi che alternativa hai?- -Viaggiare come due comuni umani. Quale cacciatore si aspetterebbe che un lupo prenda la metro o il treno?- -Nessuno. perché non lo facciamo.- mi risponde nervoso. -appunto. È perfetto. Li fregheremo senza che loro se ne accorgano.- -No. Non se ne parla.- -Non dirmi che hai paura?- -Non ho paura è solo che…- -Hai paura.- ora era lui quello a disagio e in difficoltà.

-Beh puoi biasimarmi? Non ho idea di come muovermi nel mondo umano. È già stato difficile riuscire a trovarti. Non comprendo la loro tecnologia, e non voglio farlo. Inoltre è dannosa per noi. Non ho alcuna intenzione di restare nel loro territorio più del necessario.- -Ho capito, non sei un patito della razza umana. Ma non abbiamo molte alternative, se non vogliamo farci scoprire. Inoltre non sarai da solo. Questo è il mio mondo, so come muovermi. Ascolta…io mi sono fidato di te. Ora, prova tu a fidarti di me. Ok?- Mi guardò titubante. Ebbi l’impressione che preferisse cento volte farsi inseguire dai cacciatori, piuttosto che prendere un treno con un mare di persone che si fanno gli affari propri. -Si.- mi conferma alla fine. -Bene. Allora dobbiamo fare un paio di cose.- gli dissi guardando l’orologio da polso. -Abbiamo ancora un po’ di tempo prima che tornino Sheryl e Charles.-

***

-Sembra una macchina della tortura.- mi dice guardando sospettoso la doccia del bagno. -Non lo è fidati. Gli esseri umani la usano tutti giorni per lavarsi e sono sempre sopravvissuti.- -Devo proprio?- -Con la puzza che emani, dubito che passeremmo in osservati.- Mi guardò come se volesse fulminarmi. -E va bene.- disse rassegnato. -Pensa di farlo per la nostra sopravvivenza.- Aprii l’acqua della doccia e aspettai che diventasse calda. -Così dovrebbe andare. Se la senti troppo calda o troppo fredda, basta che giri la manopola. Blu per il freddo e rosso per il caldo. Tutto chiaro fin qui?- -Si.- rispose lui, a metà tra l’imbarazzo e il seccato per il dover imparare come ci si lava in una doccia.

 -Questo invece è il sapone per la pelle e questo è lo sciampo per i capelli.- gli dico indicando i due flaconi. Lui li prese in mano per annusarli. -Hanno un odore strano. Dolciastro e finto.- non lo allettava l’idea di spalmarsi quella roba addosso. -È quello che gli umani usano per lavarsi.- -Ora capisco perché ho fatto così tanta fatica a trovarti. Con questa roba addosso è quasi impossibile percepire il tuo odore originale.- -Mi hai trovato seguendo il mio odore?- gli chiedo perplesso. -Come hai fatto se non ci siamo mai visti?- -Tramite i sogni.- mi risponde lui come se fosse la cosa più ovvia. -Giusto. I sogni….Ok…hem…ti basta spalmarteli sul corpo e poi risciacquare.- Lo guardo di nuovo dalla testa ai piedi. -Magari fallo due volte. Giusto per sicurezza. Questo è l’asciugamano per asciugarti. Quando hai finito chiamami. Gli dico uscendo dal bagno, pregando che non combinasse danni. Forse sarebbe stato meglio restare per controllare ma, l’idea di osservarlo nudo mentre si lavava era davvero troppo.

Mi diressi nella camera dei miei genitori e aprii la parte di armadio di Charles per cercare dei vestiti. Gli avrei dato i miei se avessi potuto, ma ero troppo basso e magro per sperare che qualcosa di mio gli entrasse. Presi un paio di boxer e dei calzini, jeans, una maglietta bianca a maniche corte e una felpa rossa. Per fortuna Charles era un omone di un metro e novanta che aveva sempre fatto palestra.

-Merlin.- mi chiamò Arthur dal bagno e io lo raggiunsi. Entrai e lo vidi mentre si stava annodando l’asciugamano alla vita. I capelli che gli ricadevano bagnati sulla fronte avevano ora un tono leggermente più scuro, gli accentuavano i lineamenti decisi del volto. Mentre dei rivoli d’acqua gli ricadevano lungo il collo e il petto largo e muscoloso. Mi sentii le orecchie andare a fuoco.

Non riuscivo a capire perché Arthur mi facesse quell’effetto. In tutta la mia solitaria vita, non mi ero mai interessato a nessuno. Non che non mi piacessero le ragazze, ma quando passi la tua vita a vivere la giornata, certe cose passano in secondo piano. Con i ragazzi invece, ho avuto qualche breve amicizia molto superficiale ma, non ho mai percepito nessun tipo di attrazione nei loro confronti. Figuriamoci poi, capire se fossero attraenti o meno. Con Arthur invece, più lo guardavo, più pensavo che con i suoi capelli biondo dorato, gli occhi azzurri e imperscrutabili come il cielo, la particolare piega delle sue labbra, insieme al suo fisico statuario, fosse davvero un bel ragazzo. Di una bellezza grezza, selvaggia e per nulla costruita.

-Sono felice che tu ce l’abbia fatta, senza distruggermi il bagno.- gli dico scherzando e subito mi accorgo che non porta più la fasciatura sul braccio ferito. -Oh no. – gli dico preoccupato avvicinandomi a lui -Ti avevo detto di tenerla su per sicurezza. Te l’avrei cambiata dopo.- ma nel prendergli in mano il braccio, mi rendo conto che la ferita è sparita, lasciando solo il segno di una cicatrice dalla forma rotonda, dove prima c’era il foro del proiettile. -Come è possibile?!- gli chiedo esterrefatto –È successo appena ieri!- -Te lo detto. Noi lupi siamo più forti di quello che sembra. Abbiamo un processo di guarigione molto veloce, rispetto agli esseri umani.- mi dice sorridendomi. -Cavolo! Non me lo aspettavo. Davvero utile.- -Sì molto, soprattutto quando sei in difficoltà.- -Aspetta. Quindi quando sei venuto da me ieri notte, la ferita stava già guarendo, giusto?- -In effetti sì.- -Allora perché mi hai permesso di curarti, se non c’è nera bisogno?- -Eri così premuroso nei miei confronti, che non ho saputo dire no. È stato bello.- mi risponde sornione. -Non ci posso credere! Me l’hai fatta sotto al naso un'altra volta.- gli rispondo risentito e lui ride di nuovo sinceramente divertito. -E dai, è stato carino.- -Si beh…spero che tu te la sia goduta questa “carineria” perché è l’ultima che riceverai.- e detto ciò esco dal bagno con le orecchie in fiamme, un po’ per l’agitazione che mi sale standogli vicino. E in parte per il nervoso che mi scatena con le sue uscite irritanti.

“Sei inquietante, oltre che essere davvero irritante, lo sai?”

“Sono certo che conoscendomi meglio cambieresti idea.”

Cambiare idea…certo…nei tuoi sogni forse!

Mi raggiunge in camera e gli do i vestiti di Charles. Che tutto sommato gli stanno bene, e per fortuna anche le Reebok bianche da mettere ai piedi, anche se lui non è molto contento di indossarle. Disse di sentirsele strane ai piedi e io gli risposi di camminarci sopra per qualche minuto per adattarsi e lui fece quella strana cosa che fanno i cani quando gli infili i calzini alle zampe. Iniziò a camminare storto alzando in modo ridicolo le ginocchia. -Beh…intanto che tu fai pratica, io finisco di fare una cosa.-

Mi dirigo in camera mia e prendo il mio borsone da viaggio rattoppato. Ci infilo qualche vestito. Passo in bagno e prendo anche lo spazzolino. Poi mi siedo alla scrivania e prendo un foglio e una penna. Non voglio andarmene senza dire nulla. È il minimo che devo a entrambi, anche se non so bene cosa scrivere senza passare per uno stronzo opportunista. Ma la verità è che solo due frasi mi escono dalla bocca.

Grazie per tutto.
Mi dispiace.
Merlin.

Resto a guardare il foglio, e per qualche secondo mi sento perso. Conscio di stare mandando tutto all’aria per uno sconosciuto uscito dal mondo delle favole. Mi sentii Cappuccetto Rosso in bilico tra il Cacciatore e il Lupo. -Se ne faranno una ragione.- mi dice Arthur, riportandomi alla realtà, appoggiato allo stipite della porta. -Lo so…è solo che…per la prima volta…è…difficile.- -Se può aiutarti. Sappi che tutto sommato, gli sono grato per essersi presi cura di te.- intuisco subito la difficoltà nel pronunciare quelle parole di apprezzamento nei loro confronti e gliene sono grato. -Lo hai fatto.-

Lascio il foglio sul tavolo e prendo lo zaino. Scendiamo le scale, prendo un cappello per me e uno per lui e usciamo di casa. Chiudo la porta e lascio le chiavi sotto lo zerbino. Ci dirigiamo alla banca vicino casa dove svuoto il conto che mi avevano aperto i miei genitori adottivi. Fortunatamente in quattro mesi sono riuscito a mettere da parte un po’ di soldi. In fine ci dirigiamo alla stazione dei pullman. -Dove andiamo?- -A Nord.- Guardo la cartina dei treni e prenoto due biglietti per il treno che si sposta più a Nord di tutti.

Alla fine troviamo una panchina lontana dal resto della gente, in attesa del nostro treno. Sono nervoso e per quanto cerchi di trovare qualcosa con cui distrarmi, non ci riesco. Non voglio pensare a Cheryl e Charles e alla loro reazione nel non trovarmi a casa e al biglietto lasciato sulla scrivania. E anche volendo fare un po’ di sana conversazione con Arthur non ho idea cosa dire o chiedere senza risultare stupido, o di beccarmi un “Non è questo il luogo” o “Saprai tutto a tempo debito” ogni due per tre. Mentre Arthur di fianco a me alterna momenti di quiete dove si guarda in giro e annusa l’aria sospettoso e altri di nervosismo ogni volta che l’altoparlante suona o si ferma un treno. -Tutto bene?- gli chiedo -Sì. È solo…strano.- mi risponde strofinandosi le mani sui jeans. -Senti da che pulpito.- e lui mi lancia un sorriso sghembo capendo la battuta. -Ok. Forse me lo merito.- mi dice guardandomi negli occhi e rilassandosi un poco. È strano averlo così vicino a me. Poi lo vedo spostare la sua mano sinistra, dal pantalone accanto alla mia mano, sulla panchina. Sono quasi certo che voglia toccarla e dentro di me prego che non lo faccia. Ancora una volta non comprendo questo suo desiderio spasmodico di toccarmi.

Fortunatamente per me, il nostro treno arrivò in quel preciso momento salvandomi. Di scatto mi alzo e prendo la borsa. –È il nostro. Saliamo.- gli dico secco e aperte le porte mi fiondo nel vagone cercando due posti in disparte, mentre Arthur mi segue. Trovo un quattro posti vuoti e mi siedo accanto al finestrino, poggiando volutamente la borsa sul sedile accanto al mio. Non sono fisicamente né mentalmente pronto per passare un intero viaggio in treno con lui accanto. Si siede anche lui di fianco al finestrino di fronte a me. Non so se ci sia rimasto male, ma non voglio guardarlo in faccia per controllare.
Mi metto a guardare fuori dal finestrino, un po’ imbarazzato dal silenzio che è calato tra di noi. Sento i suoi occhi puntati su di me, mentre mi scrutano, ma resisto all’impulso di girarmi a guardarlo a mia volta. Ripenso alle ultime ventiquattro ore e il treno parte. Ormai è fatta. Non si torna più in dietro. Ma una cosa non posso negare: che quella casa che ho lasciato, è e resterà per sempre il mio primo e forse ultimo “se”.

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