Please forgive me, I can't stop loving you

di Lachelle Winchester
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bad medicine is what I need ***
Capitolo 2: *** You give love a bad name ***
Capitolo 3: *** I wanna love you but I better not touch ***
Capitolo 4: *** I feel a fever burning inside me ***
Capitolo 5: *** We've got a groovy kind of love ***
Capitolo 6: *** You will be mine, by taking our time ***



Capitolo 1
*** Bad medicine is what I need ***


First you need , that's what you get for falling in love

Then you bleed, you get a little but it's never enough

And when you're on your knees, that's what you get for falling in love

Now, this boy's addicted 'cause your kiss is the drug, whoa

Your love is like bad medicine, bad medicine is what I need

Bad Medicine, Bon Jovi

Lebanon, Kansas

Lachelle era seduta sul sedile posteriore dell'Impala dietro Sam, col pc appoggiato sulla gamba destra, accavallata sulla sinistra. Note di basso provenivano dalle casse dell'auto, interrotte da qualche ticchettio della tastiera del Winchester minore, immerso in una ricerca su internet. Aliti di vento caldo entravano dalla portiera di Dean, lasciata aperta da lui da oltre dieci minuti, ma nonostante il calore nessuno aveva preso l'iniziativa di chiuderla. Fuori dall'abitacolo si delineava un paesaggio isolato; infinite distese di terra a destra e sinistra, qualche albero, lo scheletro di un edificio non concluso e una pompa di benzina con un piccolo negozio, fuori al quale l'automobile era parcheggiata. 
I cacciatori erano così impegnati nelle loro ricerche che non si accorsero che Dean stava tornando in auto. Si era seduto al proprio posto, aveva sistemato le buste della spesa sul sedile inferiore ed aveva cominciato a distribuire barrette di cioccolato.
<< Allora? Abbiamo un caso? >> chiese ai due con voglia di rimettersi a lavoro.
Sam sospirò, un po' amareggiato. Arricciò il naso come suo solito e scrollò le spalle, più in segno di rassegnazione alla testardaggine del fratello.
<< Credo di si. Un altro ragazzo è scomparso con le stesse modalità di quello che abbiamo letto ieri sera. >> cominciò a parlare Lachelle, un po' titubante. 
I due fratelli erano in disaccordo in questo periodo, avevano avuto una brutta discussione; con l’ennesima apocalisse alle porte, uno voleva dedicarsi esclusivamente a fermarla, l’altro voleva continuare il loro lavoro. Lachelle, dal canto suo, era d’accordo col maggiore nel continuare a fare ciò che facevano in attesa di saperne di più, ma non le piaceva contraddire Sam, da sempre suo migliore amico.
<< Anche lui di 15 anni. Appartengono allo stesso gruppo di scout. >> la donna fece lui un riassunto mentre si massaggiava gli occhi stanchi con la mano sinistra. Faceva quel lavoro da quando aveva 17 anni, ne aveva viste di ogni con i Winchester, ma nonostante l’età e l’abitudine vedere soprattutto giovani perdere la vita ignari a causa dei mostri la affliggeva ogni volta.
Dean programmò di andare a parlare con i familiari dei due scomparsi, per scoprire dove erano diretti e se c’erano altre persone con loro. Il tono era sicuro e deciso, più come quello di un ordine che di un discorso a più interlocutori, d’altronde decideva sempre lui il da farsi. Mise in moto l’Impala, il cui motore ruggiva con potenza tra quelle terre desolate che cingevano l’autostrada e si diressero verso Pittsburg, preparandosi a cinque soffocanti ore di viaggio.

Pittsburg, Kansas

L’Impala fece il suo ingresso trionfante nelle strade della città, illuminata ed arrostita da un sole rovente. I tre continuarono a percorrere svariate strade prima di decidere di parcheggiare nello spazio dedicato di un dinner, su iniziativa di un Dean affamato.
<< Dico solo che la Pittsburg Public Library ha una raccolta di oltre 70.000 articoli. >> la voce del fratello minore fu la prima ad udirsi fuori dall’auto. L’uomo si aggiustò i capelli spostandoli dalla fronte, alla quale col sudore si erano attaccati.
<< A che ti servono, con tutto quello che abbiamo nel bunker? >> chiese seccato Dean mentre chiudeva l’auto e pensava a cosa avesse voglia di mangiare.
Sam sosteneva fosse meglio approfittare del fatto che si trovassero in quella città per cercare qualcosa riguardo la loro apocalisse in quella biblioteca, tanto il materiale nella sede degli uomini di lettere era sempre a loro disposizione. 
<< Facciamo così. >> li interruppe la donna, prevedendo dove sarebbero andati a parare. << Dean, casa del primo scomparso, io mi occupo del secondo e Sam, tu vai in biblioteca. >> propose, anche se non le piaceva il fatto di dividersi. 
Il maggiore cercò di protestare, ma stava morendo dalla fame e si limitò ad annuire con un grugnito prima di dirigersi all’entrata del ristorante per pranzare.

Nel pomeriggio i tre cacciatori fecero come stabilito, impegnandosi con dedizione, ognuno come meglio sapeva fare, con la consapevolezza di chi ha capito che fa quello che fa perché avrebbero scelto quella vita anche se non fosse capitata. 
Dopo il giro di perlustrazione delle case e dei luoghi quotidiani dei due malcapitati e l’interrogatorio alle famiglie e ai loro amici, Dean e Lachelle si ritrovarono nel parcheggio della libreria quasi al tramonto. Dean era già lì, appoggiato alla portiera anteriore dell’Impala che fischiettava un motivetto, presumibilmente dei Metallica, immerso nei suoi pensieri, mentre la donna lo raggiunse dopo, esibendo una confezione di birre.
<< Dove le hai trovate? >> chiese stupito nel vederle; non vedeva quella marca in commercio da anni. << Dovremmo farne una scorta. >> aggiunse in seguito, riuscendo a stento a celare quel sorriso beato. 
Lachelle gli mostrò delle buste piene nell’altra mano e fece lui l’occhiolino mentre le riponeva in macchina.
<< Allora, Wendigo? >> suppose il cacciatore, aprendone una con una sola mano. Gli spiegò tutto quello che aveva scoperto, gonfiandosi di orgoglio nell’apprendere che era un passo più avanti alla donna. Lachelle si appoggiò alla portiera accanto a lui, cercando di aprire la propria lattina ma aveva usato troppa forza e, come al solito, aveva strappato la linguetta. L’uomo le sfiorò le mani nel prenderla, per aprire un foro col coltello che aveva nella giacca, dopo aver scambiato le due lattine. 
<< Ti ho visto scassinare qualunque tipo di serratura, come fai a non saper aprire una lattina? >> la canzonò lui come d’abitudine.
<< Lascio fare a te le cose da femminuccia. >> controbattè lei in maniera sagace sorseggiando finalmente la birra, ma i suoi pensieri indugiavano ancora su quelle mani, quelle dita che poco prima aveva osservato operare agili col coltello. 
Le alternative non erano tante; stabilito che Sam avesse continuato ad ispezionare l’archivio della biblioteca, i due cacciatori decisero di dirigersi verso il fiume Spring, a 35 minuti di auto, dove un gruppo di scouts, compresi i due scomparsi, avevano deciso di trascorrere il fine settimana.

Spring River, Kansas

Il sole delle giornate estive, roventi ed interminabili, ancora batteva sull’asfalto della strada che stava conducendo i due cacciatori verso il lago, in cerca di qualcuno da salvare. L’orologio sul polso di Dean segnava le otto e i due, stanchi di girare a vuoto tra alberi e flora arida, tornarono all’ingresso di un camping in cui avevano parcheggiato. L’edificio era circondato da roulotte e camion, lampioni con luci calde, in un angolo c’era un barbecue e panchine da picnic in legno, ghermito di ragazzi ed adulti. Dei gradini condussero i Winchester all’interno del locale, accolti da musica rock anni ‘80, luci calde e odore di cibo.
<< Non male. >> constatò elettrizzato Dean. I suoi occhi avevano adocchiato un bancone su cui una donna stava tagliando delle doppie fette di carne. Dietro di lei i mobili erano pieni di alcol e birre in esposizione e di tanto in tanto qualche cameriere portava piatti con panini alti oltre 20 cm, traboccanti di ingredienti, ai tavoli dove altri ragazzi giocavano e bevevano in compagnia.
I due decisero di restare a mangiare lì, potendo anche continuare le ricerche con tutti quegli scouts. Inutile elencare quello che Dean riuscì a trangugiare quella sera, senza contare con quanto alcol mandò giù la cena, ma in fondo queste erano le uniche cose che si concedeva nella vita.
<< Vuoi giocare? >> chiese alla donna, lanciando uno sguardo al tavolo da biliardo in fondo. Era al settimo cielo. 
Lachelle non era bravissima a biliardo e i bicchieri di whisky ingeriti di certo non aiutavano.
<< Sbagli ad impugnare la stecca. >> constatò l’uomo dopo aver osservato la donna fare qualche tiro. Le si avvicinò facendo il giro del tavolo e cingendo da dietro il suo corpo; con una mano le bloccò il polso sinistro sul tavolo, con la destra afferrò la stecca, a qualche centimetro di distanza dalla sua mano. Sporse in avanti il capo per inquadrare meglio la buca. Il suo mento sfiorava di poco la spalla della cacciatrice, che una canotta bianca non riusciva a coprire rivelando il suo tatuaggio. Con fermezza Dean tirò verso di sè la stecca, costringendo i loro corpi a collegarsi, al punto da farle sentire il suo calore, il respiro sul collo, sull’orecchio. La donna chiuse gli occhi e cercò di inspirare più aria possibile a poco alla volta, senza farsi accorgere e solo dopo il tiro lasciò uscire tutta quell’aria, approfittando di essere di spalle.
<< Eh? >> gongolò compiaciuto per il tiro. Normalmente Lachelle avrebbe obiettato, punzecchiando qualche suo difetto per mitigare il suo ego, ma era troppo concentrata a cercare di raffreddare la propria temperatura per farlo, così si limitò a dargli un cinque, lasciandolo compiacere per una volta. Dopo qualche altro tiro e altri consigli ravvicinati tutte le palle erano fuori gioco, la partita finì e la donna si diresse in bagno per rinfrescarsi, letteralmente. Cercò sollievo nell’acqua fredda della fontana, bagnando perfino i suoi ricci capelli scompigliati, ripetendo tra sé “Ci risiamo, è tutto sotto controllo, ce la puoi fare.” quando si accorse del suono di un respiro affannoso provenire dietro la porta di uno dei tre servizi. 
<< Va tutto bene? >> chiese ad alta voce scrutando le tre porte. << Posso aiutarti. >> aggiunse con dolcezza quando, ascoltando meglio il pianto, si rese conto provenisse da una ragazza, probabilmente un’altra scout.
<< Jess, Scott e Michael sono andati alla torre. >> farfugliò con qualche singhiozzo una biondina dall’aspetto trasandato, i capelli arruffati e il trucco sciolto che le rigava il viso. Allo sguardo interrogativo di Lachelle continuò a parlare.
<< Anche Josh e Stefan sono voluti andare lì, non mi hanno voluto ascoltare e sono scomparsi. >> incalzò, prima che la donna le chiedesse dove si trovasse la torre e chiamasse Dean per organizzare l’imminente esplorazione. Avrebbero volentieri evitato di portarla con loro, ma non sapendo come trovare la torre senza di lei non poterono farne a meno. Dopo aver corso per una decina di chilometri videro una torre evidentemente trascurata, con una folta vegetazione tra i mattoni, crollati in diversi punti. Lasciarono la ragazza in auto, raccomandandole di non muoversi e, zaini in spalla, si addentrarono.
La fioca luce della luna illuminava ben poco quella distesa di terra arida, quasi essiccata dal calore di quell’estate caldissima. Un sottile steccato di legno separava i Winchester da un piccolo castello in rovina, di cui era rimasta prevalentemente una sola torre, quella centrale, mentre le quattro negli angoli erano decisamente inaccessibili. Qualche candela accesa appoggiata a terra e un vocio ogni tanto confermò loro di non essere soli una volta superato quello che restava del portale dell’ingresso principale. Dean rimase a perlustrare il piano terra per essere sicuro di non perdersi nessuno mentre Lachelle si precipitò a cercare una scala; a quanto sembrasse la torre centrale non aveva una propria scala di accesso, probabilmente vi si accedeva da quelle laterali, ma non c’era più alcun solaio di collegamente e l’unico modo fu quello di salire con una scaletta a muro a cui si accedeva da un piccolo pozzo, una piccola cavità simile ad una cisterna, stretta e poco illuminata, ma che almeno conduceva ad ogni piano. Con la mano sinistra ben salda al gradino e la destra tesa per impugnare la pistola la donna si fermò ad ascoltare, cercando di capire da dove provenissero le voci, poi si avviò diretta all’ultimo piano. Intanto che il cacciatore si addentrava nelle stanze del piano terra a passi lenti ed accuratamente silenziosi, scrutando ogni spigolo in cerca di qualcosa di animato, uno scricchiolio sicuramente non provocato da lui bloccò il suo cammino; alzò la testa per guardare più in alto, i verdi occhi meticolosi osservavano ogni centimetro di quella che doveva essere una vecchissima cucina, poi si voltò indietro per controllare se qualcuno lo avesse seguito e, prima di essersi nuovamente girato avanti, una mano fredda lo afferrò per il braccio e lo scaraventò a terra, spingendolo con la schiena contro il muro, con una forza senza dubbio non umana.

Lachelle era arrivata alla fine del tunnel, iniziava a vedere sempre meglio man mano che saliva, fino a che uscendo la vista tornò totalmente nitida. Il pozzo l’aveva condotta in quella che sembrava una camera da letto di ridotte dimensioni. Fuori dalla stanza scoprì un lungo corridoio ritmato da porte e finestre a destra e sinistra, con muri ancora adorni di arazzi e qualche quadro, ricoperti da ragnatele e qualche macchia di sangue, qualche mobile con specchi ossidati, qualche teschio a terra. Una stanza in fondo emanava un bagliore arancio, in completo contrasto con quella luce bluastra che illuminava il corridoio, così la donna si affrettò a raggiungerla. Vi trovò cinque ragazzi seduti su dei vecchi divani, concentrati ad ascoltare storie di guerra da uno di loro. La cacciatrice diede un calcio a una delle bottiglie di alcol vuote a terra per attirare la loro attenzione, facendoli sussultare ed approfittò dell'effetto sorpresa per intimare loro di uscire prima che succedesse qualcosa di brutto. I ragazzi la seguirono senza fiatare fino alla camera del tunnel, ma solo una volta giunti lì la donna si rese conto che erano solo in tre ad averla seguita.
<< Dove sono i vostri amici? >> chiese stizzita ad uno dei tre. << Chiamateli subito. >> ordinò furiosa.
<< Non abbiamo i loro numeri, non li conosciamo. >> rispose tremando il primo, un ragazzo mingherlino e alto, con i capelli scuri. 
<< Quando siamo arrivati erano già qui. >> aggiunse un altro, più basso, con i capelli rossi e le lentiggini sotto gli occhi.
La donna sospirò, immaginando che qualcosa le fosse sfuggito in questa storia.
<< Voi siete Jess, Scott e Michael? >> chiese tirando fuori la pistola dal pantalone e caricandola. 
I tre annuirono con la testa, tremanti da quanto fossero spaventati per la situazione e ora anche per la pistola.
<< Immagino conosciate Josh e Stefan, i due ragazzi scomparsi e non sono loro. >> considerò Lachelle cercando di collegare le cose. I tre confermarono tutto quello che stava dicendo e gli chiesero chi fossero quelli con cui erano stati fino a pochi minuti prima.
<< O meglio cosa sono. >> sibilò lei. << Uscite immediatamente, allontanatevi il più possibile da qui. >> disse lasciandoli alla scala e tornando indietro nel corridoio di poco prima.

Note dell’autrice
Salve a tutti, vi ringrazio di essere arrivati fin qui e spero di avervi incuriosito e di rivedervi nei prossimi capitoli. Parto col dire che saranno sei e col rispondere, se sono stata brava, alle vostre domande che dovrebbero essere due.
Chi è Lachelle? Una cacciatrice, diciamo figlia adottiva di Bobby, di cui ho ampiamente parlato con una serie quando stavo a liceo, sviluppando una storia ovviamente più che immatura vista l’età, ma che conservo nel cuore. Questo è un prequel, rileggendo le mie fanfiction mi era venuta voglia di spiegare delle situazioni che avevo sempre avuto in mente ma che mi sono limitata a descrivere con qualche flashback. Fondamentalmente Lachelle ha vissuto con i Winchester dalla quinta stagione in poi…so che vi state chiedendo di cosa mi faccio, ragazzi.
Quale apocalisse? A caso, contesto vago, è solo un mezzo per giostrare delle situazioni. Personalmente preferisco pensare che sia l’ultima, in modo da lasciare i personaggi liberi da quello che accadrà nella serie televisiva per fluire in quella che scrissi allora, anche se tante cose scritte oggi non hanno più senso.
Per altre domande sarò comunque lieta di rispondere.

 

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Capitolo 2
*** You give love a bad name ***


Shot through the heart and you're to blame

You give love a bad name 

I play my part and you play your game

You give love a bad name 

You Give Love A Bad Name, Bon Jovi

Spring River, Kansas

Il Winchester si rialzò dopo lo schianto massaggiandosi il ginocchio e fissando il punto in cui la mano lo aveva afferrato ma non vide nulla. Si voltò più volte agilmente per capire dove si fosse nascosto quello che l’aveva lanciato in aria, ma non riusciva a trovarlo. Una piccola ombra appena fuori dalla stanza attirò la sua attenzione, così con la pistola puntata e le spalle al muro pian piano si affacciò fuori, sporgendo appena la testa per scrutare nella corte inerbita e semibuia, ma qualcosa lo afferrò per la maglia e lo trascinò fuori. Solo allora vide una minuscola figura dell’altezza del suo ginocchio crescere sempre di più, nel giro di pochi secondi, fino ad arrivare alla sua statura. Non era cresciuto solo di lunghezza, ma anche di spessore; enormi muscoli gli si erano come gonfiati sulle braccia e sulle gambe. Il suo corpo era coperto da leggeri stracci di un marrone scuro, indossava una collana con denti come ciondoli e degli stivali scuri con lacci legati sui polpacci ed esibiva un sorriso maligno mentre brandiva con una mano una sorta di sciabola. Dean rimase sorpreso da ciò che aveva appena visto, sparò istintivamente un colpo di pistola colpendo la spalla destra. A quanto parve non gli fece male, l’essere si toccò istintivamente per osservare la pallottola e poi estrarla con le unghie, sanguinando appena, ma questo diede tempo e modo a Dean di capire che si trattasse di qualcosa di corporeo e sanguinante, il che era già qualcosa una volta scartata evidentemente la teoria del Wendigo. L’omone brandì l’arnese arrabbiato, cercando di colpirlo alla testa, ma il cacciatore riuscì a schivarlo, anche se per poco. Approfittò dell’inaspettata lunga ripresa del mostro, distratto dai tre ragazzi che fuggivano dalle scale, per affondare la spada angelica nella schiena. Il mostro urlò e con una forza proporzionale al dolore scaraventò Dean nuovamente per aria.
<< Valoroso attaccarmi alle spalle. >> gridò con rabbia la voce doppia dell’omone mentre Dean cercava di rialzarsi tra i mattoni venuti giù con l’urto. La forza di quell’essere era davvero smisurata, ma il Winchester non si perse d’animo pensando all’unico fattore che conosceva del mostro: se sanguinava poteva ucciderlo, doveva capire solo il suo punto debole. La lotta andò avanti per quelle che a Dean sembrarono ore prima di riuscire a colpirlo dritto al cuore; l’omone si lamentava tra un sospiro e quello successivo, afflitto dal dolore, mentre una fiamma comparsa dal nulla cancellava pian piano la sua figura, come accadeva per tutte le creature dotate di magia. 
Da quel momento un pensiero si fece strada nel cervello del cacciatore: perché Lachelle non era scesa con i ragazzi? Si affrettò a salire la stretta scaletta da cui aveva visto scendere i tre e, a giudicare dalle voci e dai suoni che udì in fondo, capì di dover salire all’ultimo piano. Si diresse nell’ultima stanza, dove trovò la donna con una riga di sangue colante dalle labbra fino al mento, intenta a liberarsi dal gomito stretto intorno al collo da un altro omone. 
<< Pugnalalo al cuore. >> disse lanciandogli una lama non appena lo vide entrare, rianimandosi dopo aver temuto il peggio.
Il cacciatore questa volta puntò dritto al cuore, con una mira impeccabile. Il mostro lasciò andare la cacciatrice, che cadde a terra, mentre le fiamme lo avvolgevano e lo distruggevano. La Winchester tirò un lungo sospiro di sollievo, guardandolo sparire, si passò la mano sulla bocca per pulirsi dal sangue che colava, per assicurarsi che si fosse fermato e poi si lasciò andare indietro con la schiena, sdraiandosi e fissando il cielo da quello che era rimasto dell’infisso di una grande finestra di legno. 
<< Come lo sapevi? >> chiese Dean, raggiungendola per farla alzare da terra e controllare cosa si fosse fatta.
<< Ce n’erano due, il primo l’ho ucciso così ma questo... >> iniziò a raccontare, poi si interruppe. Alzandosi sentì un dolore lancinante al braccio sinistro, come se fosse stato pieno di lividi, e al piede dello stesso lato; probabilmente aveva preso una brutta storta nell’ultimo lancio a terra. 
<< Sto diventando troppo vecchia per sperare di uscirne illesa ogni volta. >> concluse amareggiata, zoppicando nell’avvicinarsi alla finestra.
<< Ti dirò un segreto, una cosa che non insegnano nei templi. Gli dei ci invidiano. Ci invidiano perché siamo mortali... >> citò Dean ma con tono scherzoso, guardando la figura incorniciata dalla finestra, con la luna sullo sfondo. La donna sorrise e si girò con la testa dietro a guardalo, restando con le mani poggiate sul profondo davanzale della finestra, poi si voltò nuovamente avanti a guardare fuori, respirando a pieni polmoni. Riuscì a stento a sopprimere un sussulto quando l’uomo, dopo qualche passo lento, le si avvicinò e l'abbracciò da dietro, col petto attaccato alla sua schiena, con le mani intorno alla vita, sotto la canotta, portandosi con la testa sempre più vicina a quella della donna, che aveva ruotato leggermente la propria per guardarlo negli occhi. Si guardavano spesso così, occhi negli occhi, a volte fino ad accarezzare le labbra, ma erano episodi isolati, senza un seguito. E fu così anche quella volta, in cui Dean se ne uscì con un chiarissimo ed esplicativo bacio sulla guancia.
<< E’ ora di andare, Dottor House. >> interruppe l’atmosfera con un tono distaccato, aiutandola ad arrivare fino alla scaletta, dove incontrarono difficoltà a scendere in due, ma la donna non riusciva a scendere da sola. Dean la prese in braccio, facendola aggrappare forte a sé per non farla cadere, entrando appena nello stretto cunicolo. Gradino dopo gradino i due si avvicinavano sempre di più, i movimenti li mettevano un po’ in imbarazzo e con gli occhi non sapevano più dove puntare per non fissarsi ancora. Una volta arrivati fu lui a stampargli un bacio furtivo cogliendo il labbro inferiore, per poi girarsi e continuare a camminare come se nulla fosse, come ogni tanto gli capitava di fare.
“Perché mi stai facendo questo?” si chiese la donna che da tempo aveva imparato a controllare le proprie emozioni con lui, ma nell’ultimo periodo sembrava non riuscirci più.

I due raggiunsero pian piano l’Impala, dove i ragazzi avevano trovato l’amica e li stavano aspettando, poi li accompagnarono al camping e, data l’ora tarda decisero di trascorrere ciò che restava della notte nella loro tenda, raccontando loro le cose da cui dovevano stare attenti, rispondendo alle solite domande a cui rispondevano da una vita. 
Il mattino seguente si misero in auto per raggiungere Sam, che non aveva trovato nulla di utile ed aveva dormito in un motel lì vicino, per poi ritornare al bunker, con una mezza giornata di viaggio.

Lebanon, Kansas

L’orologio della cucina del bunker segnava le due e nonostante il sole fosse bello caldo l’aria condizionata li teneva al fresco. Sul fuoco c’era una pentola che bolliva, Dean stava preparando il pranzo mentre il fratello e la cacciatrice, seduti a tavola, armeggiavano con pc e tablet, come sempre. 
<< Teihiihan: piccoli cannibali dalla dimensione di bambini, cacciano sempre in gruppo. Sono stati terribili guerrieri nella vita precedente, risorti come nani dopo la morte in battaglia. >> lesse ad alta voce la donna. Era seduta con la schiena al muro e teneva la gamba con la caviglia lesa stesa sulla panca e l’altra piegata, quasi con il ginocchio al petto.
<< Mi hai superato. >> si complimentò Samuel per la velocità, ma accertatosi che non avesse null’altro da aggiungere continuò a leggere quello che aveva trovato lui. << Il nome significa “piccola gente forte”, la loro forza deriva dall’abitudine di mangiare carne umana di persone rapite, principalmente bambini in quanto sono più facili da catturare per loro. Sono alti dai 30 ai 60 centimetri, ma possono assumere anche sembianze umane o diventare invisibili grazie all’uso della magia. >> .
<< Ha tutto un senso ora. >> constatò il fratello maggiore, continuando a trafficare con gli utensili della cucina.
<< C’è una storia riguardo un guerriero che venne catturato da uno di questi. Per distrarlo gli chiese a cosa servissero i cuori appesi alla parete e il nano, che non brillava di furbizia, gli spiegò che erano della sua famiglia che si trovava fuori a caccia. Il guerriero li trafisse tutti, compreso quello del nano che l’aveva catturato, riuscendo ad ucciderlo. >> concluse quello con i capelli lunghi, brillante come sempre. Sorrise a Lachelle sapendo che lo stava odiando in quel momento per aver trovato più cose di lei.
<< Dovremmo lasciare anche noi il cuore a casa quando andiamo a caccia. >> propose Dean prima di avviarsi verso la porta, intento a recuperare le birre del giorno prima dall’auto.
<< Lo fai da quando sei nato. >> bisbigliò Lachelle, credendo di averlo solo pensato.
<< Cosa? >> chiese il Winchester maggiore, non sicuro di aver capito.
<< Dicevo. >> improvvisò facendo finta di tossire per poi correggersi con un << Li lasceremmo senza fiato. >> annuendo con la testa e sorridendo.
Sam la scrutò a lungo, con gli occhi socchiusi per farle capire il suo intento inquisitorio ma lei sbuffò e si mise una mano tra i capelli ricci, cercando di sistemarli portandoli tutti da un lato e guardando in qualunque direzione meno che quella che incrociava gli occhi dell’amico.
<< Quindi si tratta di Dean. >> dedusse con facilità lui, certo che il fratello non li sentisse.
La donna non riuscì a nascondere il sorriso perché Sam riusciva sempre scoprirla, così si fece un sorso di birra e gli raccontò quello che era successo la scorsa notte.
<< Non credi che dopo questo potresti cominciare a considerare che ci sia una piccola possibilità che anche Dean… >> cominciò lui, con tono da psicanalista romantico, ma lei lo interruppe subito.
<< Credi che sia la prima volta che mi bacia e poi fa finta di niente? >> gli chiese, poi aggiunse << Dopo aver fermato qualche apocalisse o dopo che qualcuno ritorna in vita. >> notando il suo sguardo interrogativo, come se fosse la cosa più naturale del mondo, ma lui continuava a guardarla accigliato.
<< Non significano niente, erano momenti particolari, può capitare. >> continuò, cercando di convincersi della normalità del loro rapporto, ma lo sguardo allibito dell’amico la buttò sempre più a terra. << Il punto è che quando la situazione si fa più seria, è come se si tirasse indietro. Se pure ci fosse una piccola possibilità che provasse quello che provo io, lui non lo accetterebbe mai. Sai com’è tuo fratello. Siamo cacciatori, queste cose non fanno per noi. La nostra vita è uccidere mostri, salvare le persone. Al massimo possiamo concederci un po' di whisky. >> concluse imitando la voce e i movimenti del Winchester maggiore, alzando la bottiglia di birra come se stesse brindando e gesticolando con l’altra mano.
Samuel scoppiò a ridere a quella imitazione quasi impeccabile, immaginando che la donna avesse profondamente ragione. Lei cercò di convincerlo che sarebbe passata, come faceva da anni, ma più che convincere lui cercava di convincere sé stessa.
<< Sam, tu, Dean e Castiel, siete tutto quello che ho. Siamo una famiglia, voi siete i Winchester, dovete salvare il mondo, non posso essere causa di distrazione o problemi. >> concluse, poi continuò a parlare dell’essere del giorno prima udendo chiaramente Dean rientrare furibondo, urlando << Dannati scounts. >> mentre scendeva le scale, immaginando che probabilmente avessero preso le sue amate birre.

Trascorse qualche giorno, l’estate incalzava e l’aria calda inseguiva insistentemente gli abitanti della città. Lachelle era andata a correre al mattino, prima che il sole si infiammasse, mentre i due fratelli erano rinchiusi al fresco nel bunker, cercando informazioni utili per la loro ennesima crociata. Scese le scale del loro rifugio di corsa, godendo della piacevole sensazione di freschezza man mano che si avvicinava al Winchester maggiore.
<< Un mio amico mi ha segnalato un caso a 40 minuti da qui. Ho detto che ce ne saremmo occupati noi. >> disse entrando nella sala centrale e poggiando il cellulare sul tavolo.
<< Quell’idiota di James? >> chiese Dean senza alzare lo sguardo da una pistola che stava cercando di aggiustare. Sapeva bene che quell’uomo non fosse un cacciatore ma solo uno con cui mesi prima lei stava uscendo e lo disse solo per farla arrabbiare.
Lachelle lo guardò sospirando, si sedette sul tavolo accanto alle sue mani, con le gambe penzolanti, osservandolo operare laborioso con la pistola che giorni fa aveva bloccato; amava le sue mani, le piaceva guardarlo mentre erano impegnate a fare qualcosa.
<< Non stiamo più insieme. >> si lasciò sfuggire a malincuore, perdendo forse l’unica arma che avesse in quel gioco ambiguo che gestiva la loro relazione. James era un uomo dai capelli biondi, gli occhi verdi, con un bel fisico, evidentemente solo un rimpiazzo, e quando si rese conto di rovinare la vita ad una persona solo per distrarsi dall’uomo di cui era realmente innamorata lo lasciò.
<< Tanto non avrebbe funzionato. >> sentenziò il cacciatore dopo qualche minuto di silenzio, guardandola. << Un personal trainer? Ma andiamo. >> cercò di ridicolizzarlo. 
<< Perché con un cacciatore potrebbe? >> chiese lei in tono di sfida, inarcando le sopracciglia mentre lo fissava dall’alto.
<< No. >> rispose senza esitare, come se fosse già preparato da tempo a rispondere a quella domanda. << Per i cacciatori non esiste il lieto fine. >> concluse tornando a concentrarsi sulla pistola e alzando i soliti muri, con lo sguardo perso nel vuoto.
La donna si diede una spinta per scendere dal tavolo e dirigersi verso il bagno, per fare una doccia fredda e prepararsi ad uscire di nuovo, per fiondarsi sul nuovo caso. Si recò sul posto con Dean, che odiava stare a leggere per ore su quei libri polverosi e preferiva più passare all’azione. Tutto ciò che capirono fu che un uomo era morto dopo essersi barricato in casa per giorni, dopo aver fatto grandi provviste di caffè. Il vicinato si era lamentato del fatto che durante questo periodo avesse lo stereo ad alto volume acceso notte e giorno, ma prima di allora era sempre stato un vicino tranquillo e rispettoso. A detta dei colleghi e dei parenti era come se fosse impazzito da un momento all’altro ma non erano a conoscenza di alcun evento che avesse potuto stravolgerlo. I cacciatori non trovarono altro, se non una foto della vittima con una donna che nessuno aveva mai visto, eppure sembrava vivere insieme a lui. 

 

Note dell’autrice
Ciao a tutti, mi anticipo di qualche ora perché domani ho un po' di cose da fare. In questi giorni sono riuscita finalmente a trovare il coraggio di farmi il tatuaggio dopo solo 10/11 anni di "lo faccio, non lo faccio" perché in qualche modo Supernatural possa sempre far parte di me per tutto quello che ha significato. Vi ringrazio di essere di nuovo qui, spero vi stia intrigando la storia, se volete vedere il mio tatuaggio cliccate qui. Ci vediamo sabato/domenica prossima.

 

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Capitolo 3
*** I wanna love you but I better not touch ***


I wanna love you but I better not touch

I wanna hold you, but my senses tell me to stop

I wanna kiss you but I want it too much

I wanna taste you, but your lips are venomous poison

You're poison, running through my veins

You're poison

I don't want to break these chains

Poison, Alice Cooper

 

Lebanon, Kansas

Dean e Lachelle erano impegnati a risolvere un nuovo caso mentre Sam, chiuso nel bunker degli uomini di lettere, continuava imperterrito a cercare qualcosa che avesse potuto salvare la Terra anche quella volta. I due amici avevano interrogato tutti quelli che conoscevano la vittima ma nessuno sapeva convivesse con una donna bionda, alta, dalla pelle chiara, presente in molte foto nei quadretti di casa, così decisero di andare a cercare qualche indizio sul cadavere della vittima in obitorio. Entrati in ospedale provarono a spacciarsi come sempre per FBI, ma essendo le ricerche conclusesi con la convinzione che l’uomo avesse semplicemente smesso di respirare per una disfunzione dei polmoni non li fecero entrare.
I due tornarono indietro per stabilire un piano, ma quando si resero conto di non riuscire a trovarne nessuno per entrare prima che si facesse sera Lachelle si sistemò i capelli, si sbottonò la camicia beige e la tirò più giù, lasciando intravedere il reggiseno color carne con il pizzo nero. 
<< Ti sei messa dell’intimo sexy per l’occasione? >> la pizzicò l’uomo, non potendo fare a meno di notarlo.
<< Indosso sempre intimo sexy. >> replicò a sua volta la cacciatrice cercando di usare una voce suadente ma senza sbilanciarsi troppo. Dean la guardò avviarsi dentro, percorrere il corridoio vetrato per avvicinarsi di nuovo alla guardia che prima aveva negato loro l’accesso, poi la raggiunse.
<< Gli hai dato il numero sbagliato, immagino. >> domandò il Winchester percorrendo un lungo corridoio vuoto, con le pareti tutte bianche, in fondo al quale li attendeva un ascensore.
<< No, il numero è vero. >> dissentì la donna. << Solo che è il tuo. >> aggiunse divertita.
I due videro dei camici bianchi appesi ad un attaccapanni e li indossarono con naturalezza continuando a camminare, prima di arrivare nell’ascensore. Questo era piccolo, probabilmente per circa quattro persone, e gli occhi del cacciatore non sapevano dove posarsi, irrequieti in quei minuti interminabili, cercando di non cedere di nuovo alla tentazione di scrutare lo spazio tra lo scollo della camicia della donna.
<< Sindrome da ipoventilazione centrale congenita. >> Lachelle ruppe il silenzio iniziando a parlare del caso.
<< Zoppicare per qualche giorno ti ha trasformata davvero in Gregory House? >> la canzonò lui uscendo dall’ascensore per primo e dirigendosi verso le porte dell’obitorio.
<< Si muore nel sonno e la nostra vittima non voleva dormire. >> continuò come se non l’avesse interrotta. << Scorte di caffè, stereo a palla notte e giorno. >> aggiunse quando l’uomo le fece capire di non seguirla.
<< Allucinazioni? La moglie era vera, abbiamo visto le foto. >> le fece notare tirando il cassettone contenente il corpo dell’uomo in questione.
Non avevano la minima idea di cosa avessero tra le mani e il corpo non mostrava alcun segno interessante, graffio o punto, se non qualche semplice tatuaggio, nulla di rilevante.

Era inoltrato il pomeriggio, il sole aveva cominciato a tramontare e le ricerche non avevano dato alcun frutto. Il fratello minore li telefonò per avvisarli che si stava scrivendo con un professore che poteva aiutarli, che si trovava sulla strada di ritorno, così chiese loro di andare a prendere un libro che questo aveva promesso di prestargli, ma tra il sole, il caldo e qualche bicchiere di troppo i due se ne dimenticarono completamente. Verso le due di notte erano ancora in un nightclub, dove erano finiti presupponendo potessero avere tra le mani una sirena, martellati dalle luci stroboscopiche e dalla musica ad alto volume.
<< Non credo sia il suo tipo. >> gridò Lachelle, seduta su uno sgabello al bancone del bar accanto a Dean, fissando la barista.
<< E’ una sfida? >> chiese lui, alzando il bicchiere per un brindisi mentre fissava quella dietro al bancone.
<< E’ arrivato Barney Stinson. >> lo schernì la cacciatrice.  << No, credo solo abbia altri gusti. >> specificò attorcigliando le ciocche di capelli avanti agli occhi ed ammiccando alla barista. La ragazza le rivolse un sorriso peccaminoso, mantenendo su di lei lo sguardo fisso.
L’uomo fischiò stupito per poi sorridere senza nascondere quel brivido di eccitazione che non riuscì a controllare. 
<< Hai mai, insomma a questo punto mi viene spontaneo chiederti… >> cercò di accedere ad un lato sconosciuto della vita della Winchester.
<< Può darsi. >> gli rispose però evasiva, bagnandosi le labbra con la lingua e fissandolo per osservare bene la sua reazione. 
Stanchi ed un po’ brilli decisero di tornare al bunker per andare a dormire; Dean era così brillo da consentire a Lachelle di guidare, cosa assai rara. Entrarono cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare Sam. Le luci erano spente, eccetto una lampada sulla libreria, che emanava una fioca luce calda, Sam non c’era e aveva lasciato pc e libri sul tavolo della sala. La cacciatrice si affacciò col capo sul tavolo per dare un’occhiata al lavoro dell’amico, ma Dean perse il controllo dopo aver mandato giù litri di alcol, così spostò tutto con la mano, lasciando cadere a terra il materiale e sedendosi sul tavolo al loro posto, con le gambe divaricate penzolanti. Con la mano destra afferrò il braccio della donna con forza e decisione, trascinandola verso di lui, poi con movimenti altrettanto determinati cominciò a sbottonarle la camicia, scoprendo il reggiseno a cui non faceva altro che pensare da quella mattina. Lachelle gli accarezzò i muscoli sulle braccia, salendo piano sulle spalle e scendendo poi sul petto mentre lasciava qualche sospiro uscire più forte ogni volta che lui ardiva a qualche gesto più vigoroso, stringendola sempre più. Il cacciatore cominciò a giocare col lobo dell’orecchio con la propria lingua, lasciando scie di saliva lungo il collo mentre con una mano tastava avidamente le natiche su cui spesso fantasticava in segreto da anni. Quando gli si avvicinò alle labbra, la donna ebbe come un attimo di coscienza, sicuramente dovuto alla fastidiosa puzza di liquore che le ricordò quanto fossero ubriachi. Afferrò la sua cravatta e lo tirò per farlo scendere dal tavolo, ma lui la agganciò, tenendola per le cosce e la prese in braccio portandola a sé per far aderire il bacino al proprio corpo. Velocemente si diresse verso la libreria, facendole urtare la schiena contro. Con la lingua sfiorò appena quella della donna, molto lentamente, per poi passare a giocare col labbro superiore. La puzza di alcol risvegliò di nuovo la cacciatrice, che a malincuore smise di stringere le gambe intorno al bacino dell'uomo e tornò con i piedi a terra. Si allontanò spingendolo col braccio e passandosi una mano in faccia, trascinandola dietro fino ai capelli.
<< Buonanotte. >> gli disse secca, girandosi di spalle e andando verso la propria camera, col corpo che ancora ardeva e il respiro affannato.
Il giorno dopo si svegliò frastornata, con la testa dolente e l’udito sopraffino, al punto che anche il ticchettio dell'orologio sul polso e i clic del mouse di Sam sembravano martellate.
<< Quindi l’avete fatto? >> le chiese Sam, seduto di fronte a lei al tavolo in cucina, mentre cercava di fare colazione. Lei lo guardò meravigliata, sgranando gli occhi.
<< Posso darvi una mano. In effetti è da giorni che sono chino sui libri, un po’ di movimento mi farà bene. >> aggiunse quando si accorse di essere stato ignorato dall’amica, che faceva finta di niente. 
<< Oh mio Dio, è chiaro che stiamo pensando a cose diverse. >> si fece sfuggire goffamente. Sam la guardò sbigottito; notò le occhiaie, i capelli più in disordine del solito, il fatto che non indossasse uno dei suoi pigiami ma i vestiti del giorno prima. Capì che avesse avuto una serata interessante e quando ripensò a come poteva suonare ciò che avesse detto arrossì. 
<< Sai che dico? Andate voi, io ho bisogno di farmi una doccia, vi aspetto qua. >> disse sbrigativa, sparendo proprio mentre Dean entrava in cucina.
<< Che cavolo le sta succedendo? >> chiese il fratello più piccolo, incuriosito e preoccupato.
<< La pubertà. >> gli rispose ironico quello più grande massaggiandosi le tempie per alleviare il forte mal di testa. << Ieri mi ha soffiato la ragazza. >> aggiunse cercando i suoi cereali con gli occhi appena socchiusi, infastiditi dalla luce. Sam continuava a fissarlo in attesa di sapere almeno una piccola verità, ma Dean non sapeva cosa dire.
<< E’ l’ultima cosa che mi ricordo, non so altro. >> mentì, perché in realtà aveva qualche scena avanti agli occhi, un po’ confusa ma poco equivocabile.
<< C’è qualcuno che pensa a questa apocalisse? >> si alterò Samuel, sobbalzando dalla panca.
<< Tu, Sammy. >> gli rispose il fratello dandogli una pacca sulla spalla. << Ma non gridare. >> concluse innervosito.

Lachelle non aspettò che i due fratelli facessero ritorno per tornare a fare ricerche sulla donna misteriosa, che costituiva l’unico elemento da cui ripartire. Aveva bisogno di concentrarsi sul lavoro al più presto, così con un taxi si fece accompagnare nel quartiere del giorno precedente per perlustrare meglio l’abitazione della vittima. Con la pistola puntata in avanti, a passi lenti la cacciatrice si addentrò nella casa, frugò tra i cassetti e nei mobili, trovando una cassettina di legno con due linee ondulate intagliate. Con un colpo di pistola fece saltare il lucchetto e all’interno trovò delle vecchie foto, alcune in bianco e nero, addirittura altre non erano foto, ma disegni fatti a mano raffiguranti sempre la stessa donna, in coppia con uomini sempre diversi. Il resto della casa sembrava non celare altri misteri, così la cacciatrice decise di andare via, per cercare un posto dove pranzare. Mentre percorreva i gradini all'ingresso della casa avvertì l'impressione di essere osservata, così continuò a camminare cercando di capire se qualcuno la stesse seguendo. Era quasi alla fine del vialetto alberato quando vide la figura di una donna china dietro un’auto, a qualche metro di distanza; non era quella delle foto ma l’istinto suggerì alla cacciatrice che fosse collegata al caso, così si nascose tra le macchine, facendo perdere tracce di sé per poi coglierla di sorpresa alle spalle.
<< Ora mi dici che c’entri con Dave Farley. >> disse Lachelle uscendo allo scoperto, puntando la pistola contro la donna alta, bruna, con un corpo sottile e il viso cupo. Questa alzò istintivamente le mani, decisamente troppo spaventata per essere l’artefice di un qualsiasi tipo di omicidio, come aveva stimato la cacciatrice.
<< Immagina di avere 30 anni e non aver costruito nulla nella vita. >> si stava confidando la donna qualche ora dopo, seduta al tavolo di un locale dove la cacciatrice l’aveva costretta a seguirla. << Avrai qualche anno in meno a me. >> aggiunse sorseggiando il suo bicchiere di vino. Aveva il viso pallido, grosse occhiaie ed un’aria stanca.
<< Giusto un paio in più. >> si limitò a risponderle senza smettere di osservarla e pensare a come collegare tutti i nuovi elementi del caso.
<< Ho vissuto tutta la mia vita aspettando lui, aspettando che lasciasse la moglie per iniziare una nuova vita. >> continuò amareggiata. << Senza mai capire chi sono, sprecando la mia unica vita rincorrendo una felicità che in fondo sapevo non avrei mai avuto. >> aggiunse ancora. La Winchester non sapeva cosa risponderle, si limitava ad annuire di tanto in tanto, sfogliando ancora le foto trovate nella scatola.
<< Hanno tutti lo stesso tatuaggio di Dave. Chi sono queste persone? >> chiese la donna alla cacciatrice, indicando il simbolo ondulato tatuato sui polsi degli uomini in foto. La Winchester le fece vedere lo stesso simbolo intagliato sul contenitore delle foto, animata all’idea di avere finalmente una nuova pista dopo ore che sembrava subire inutilmente tutti quei piagnistei. Prese il pc dallo zaino e fece qualche ricerca veloce, risalendo alle Ondine, spirito acquatico simile alle sirene, dall’aspetto umano ma abitanti prevalentemente in acqua, motivo per il quale forse nel vicinato non l’aveva mai vista nessuno. Queste creature si legano agli umani per avere un’anima, non essendone dotate, ma non ammettono tradimenti: legata alla loro figura c’è una maledizione, che prevede la possibilità di rimanere in vita fino a che si è svegli, per cui addormentarsi dopo essere stati colti in flagrante significava non risvegliarsi più.

La cacciatrice non dovette faticare molto per trovarla perché fu la creatura ad andarle in contro, accortasi di essere preda di un cacciatore; la raggiunse la sera stessa, nel parcheggio del locale, attaccando lei e l’amante della vittima alle spalle. La sua figura era luminosa, come se avesse avuto dei riflettori puntati addosso, la sua pelle era chiara e liscia, i capelli lunghissimi di un biondo acceso, la voce sottile, parlava sibillando, ricordando il suono dell’acqua che scorre.
<< Non funziona così. >> la  ammonì la cacciatrice, mentre cercava di rialzarsi da terra dopo essere stata scaraventata per aria dal mostro, che aveva spiegato di aver dovuto uccidere l’uomo perché l’aveva tradita. << L’amore non si può imporre. >> aggiunse cercando di pensare a come ucciderla senza avere a disposizione il sangue della vittima.
<< Io non impongo l’amore, ma la fedeltà. >> continuò imperterrita lei, avvicinandosi nuovamente. << Quella che mi blocca ora dal legarmi con te. Vedi, posso decidere di legarmi a chiunque voglia ma tu sei immune perché sei già fedele a qualcun altro. >> aggiunse stringendole forte la mano lunga e sottile intorno al collo. Lachelle le sparò un colpo alla tempia, stanca di sentire quei discorsi da tutta la giornata. Fortunatamente la pistola con le munizioni anti-angelo funzionò.
“Ma che volete tutti da me oggi?” pensò sbuffando e lasciandosi cadere a terra, seduta, con le gambe incrociate mentre fissava le interiora della bestia esplose sull’asfalto.

Note dell'autrice: Ciao amici, ho pensato di pubblicare due capitoli questa settimana nella speranza di essere di compagnia a qualcuno in questi giorni di quarantena, un pretesto per ribadire #restiamoacasa e sentirci più vicini. Vi ricordo che se volete nel mio profilo ci sono i link dei miei social. Ci vediamo domenica.

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Capitolo 4
*** I feel a fever burning inside me ***


I'm hot blooded, check it and see

I feel a fever burning inside me

Come on baby, do you do more than dance?

I'm hot blooded, I'm hot blooded

Hot blooded, Foreigner

Il sole era caldissimo, l’aria che si respirava pesante, perfino gli uccelli sulle palme, sfiniti dal calore non cantavano tantissimo. Il suono delle onde del mare rendeva l'atmosfera calma e rilassante, tutto era immobile su quella spiaggia deserta, eccetto Dean Winchester, che ansimava con quella voce doppia, a volte grottesca, che da sola bastava ad incendiare il sangue nelle vene della cacciatrice, che lo osservava con sguardo remissivo, come a volergli comunicare di dare sfogo ad ogni suo desiderio, tanto lei non avrebbe opposto alcuna resistenza. L’uomo continuava a dare spinte costanti, respirando rumorosamente, mentre con la mano le spostava i capelli, intrecciandoli, aggrovigliandoli, a volte tirandoli con forza quando, sempre più eccitato, aumentava la velocità dei movimenti, facendola gemere sempre più forte dal piacere.

Lebanon, Kansas

<< Che stavi sognando, tigre? >> la stuzzicò Dean, seduto ai piedi del letto mentre osservava il viso della cacciatrice, evidentemente colta a sognare qualcosa di poco casto, con le guance rosse, il respiro lento e affannato. Lei ebbe un sussulto, si strofinò gli occhi per mettere a fuoco meglio la vita reale, abbandonando con immenso dispiacere il sogno che stava facendo.
<< Indovina chi continua a mandarmi messaggini ogni giorno?. >> le chiese osservandola alzarsi dal letto. La donna indossava solo dei sottilissimi slip bianchi che lasciavano decisamente poco spazio all'immaginazione e una canotta nera scollatissima, che lasciava la parte superiore dei seni scoperta. << Il tuo amico dell’obitorio. >> aggiunse senza preoccuparsi minimamente del fatto che stesse indugiando con lo sguardo sul suo corpo senza averne alcun diritto.
<< Mmm… se vuoi farti perdonare così per me va bene. >> azzardò tranquillo, incrociando le braccia al petto, consapevole che la donna l’avrebbe in qualche modo assecondato. Lachelle, ancora reduce dall’atmosfera del sogno appena fatto, si avviò con una camminata sensuale verso l’armadio, ancheggiando, molto lentamente si abbassò con la schiena per prendere dei pantaloncini di jeans da un cassetto e tirarli su, con movimenti delicati, come se si fosse trattato di un’operazione chirurgica. Sempre restando di spalle tirò su la canotta e la lanciò alle spalle, colpendolo dritto in faccia e per quando Dean la tirò via la cacciatrice si stava già abbottonando una camicetta verde. 
<< Sto uscendo per un caso che sto seguendo. Vieni con me? >> gli chiese parlando a bassa voce quando ebbe finito, sussurrandogli all’orecchio, chinandosi verso di lui a pochi centimetri di distanza.
Lui la guardò, posò lo sguardo sulla scollatura prorompente senza battere ciglio, con aria un po’ assente, pensando che se si fosse trattato di chiunque altra l’avrebbe fatta sua all’istante, ma non era abbastanza ubriaco per farlo con lei senza prendersi la responsabilità delle eventuali conseguenze, perché lui non poteva concedersi nessuna complicazione.
<< Dammi un minuto. >> si limitò a risponderle mentre lei usciva dalla stanza con un risolino vittorioso; non sapeva cosa Dean provasse per lei davvero, i segnali erano sempre stati contrastanti, ma sapeva per certo di piacergli fisicamente e giocava spesso su questa cosa.

I due cacciatori, essendo usciti molto presto, quando ancora il caldo doveva cominciare ad abbattersi su di loro, si diressero al primo bar sulla strada per prendere la colazione.
<< Adolescente trovato senza vita nella cantina di famiglia: è caccia al suo stupratore. >> lesse l’uomo dal giornale che gli aveva posto la collega, seduti nell’auto a motore spento. << Perché dovrebbe interessarci? >> chiese perplesso, scuotendo la testa confuso.
La donna allungò il braccio per consegnargli il cellulare e mostrargli delle foto dalla galleria.
<< Il suo corpo è pieno di graffi, segni di violenza, lesioni fisiche ma la cantina in cui è stato trovato era chiusa dall’interno. >> gli spiegò, riassumendo i dettagli scoperti negli ultimi giorni. << Si stava nascondendo da qualcosa. >> aggiunse, poi bevve il suo caffè freddo, ingerendo una compressa.
Dean continuava a scorrere la galleria, con le labbra increspate in un ghigno compiaciuto, turbando non poco Lachelle che lo guardò accigliata.
<< Quindi abbiamo anche un fantasma indemoniato. >> si limitò a dire un po’ distratto, poi le restituì il telefono e cercò le chiavi dell’Impala. La cacciatrice propose di interrogare gli amici della vittima, di cui si era fatta dare gli indirizzi dai genitori, interrogati il giorno prima.
<< Punto primo, io non userò mai quel cavolo di navigatore. E’ roba da donnette come te e Sam. >> ingiuriò quando la donna propose di impostare l’indirizzo per trovare la strada più veloce. << Secondo, perché ti stai ammazzando di lavoro? >> aggiunse più calmo, rendendosi conto che la donna nelle ultime settimane era costantemente a caccia.
La cacciatrice sbuffò, un po’ innervosita e gli raccomandò di mettere la benzina per cambiare discorso, senza rivelargli di averla quasi finita la sera prima.
<< Lo dico io quando bisogna mettere la benzina. >> replicò testardo il cacciatore, mettendo in moto l’Impala e partendo ad una mediocre velocità, per poi iniziare a correre una volta imboccata l’autostrada. 

Oklahoma City, Oklahoma

Le strade erano quasi deserte, probabilmente con quel caldo le persone erano tutte in vacanza o quanto meno al mare a rinfrescarsi. I due invece sembravano essersi chiusi in un forno, nonostante avessero abbassato tutti i finestrini per far entrare l’aria che sarebbe dovuta essere fredda data la velocità a cui stavano andando. Avanti a loro avevano ancora distese di terra coltivata e qualche vecchio capannone. Stavano sorpassando un ponte quando l’Impala sembrò affaticarsi e andare sempre più lentamente, così il Winchester strinse più forte il volante per non perderne il controllo, supponendo che doveva essersi bucata la ruota.
<< E’ finita la benzina. >> disse rassegnata la donna, alzando gli occhi al cielo, come a dirgli “Te l’avevo detto”.
<< Lo saprei se lo fosse. >> obiettò lui, dando maggiore attenzione all’auto che perdeva potenza, portandosi quanto più possibile al limite della strada asfaltata.
<< Sono mesi che la spia è rotta. >> gli fece notare la donna, guardandolo concencentrato alla guida, trovandosi di nuovo a guardare le sue mani, saldamente aggrappate al volante. 
<< Ho fatto il pieno ieri pomeriggio. >> ribatté sicuro, al che lei ruotò la testa nell’altra direzione per non fissarlo e non disse più nulla, non sapendo come obiettare dato il più che ragionevole discorso, continuando a non volergli dire di averla finita lei. Così fece finta di assecondarlo, sporgendosi dal finestrino per guardare la ruota. L’uomo seguì con gli occhi i suoi movimenti, senza esitare ad osservarle il fondoschiena, poi l’auto si fermò. Il cacciatore provò a riaccenderla ma l’unica cosa che ottenne era quel suono raschiante del motore che provava ad avviarsi ma non ci riusciva. Lachelle scese dall’auto, cercando la stazione di servizio più vicina a loro dal cellulare e si diresse al bagagliaio dell’auto, asciugandosi la fronte dal sudore, legandosi con un fiocco la camicetta sopra all’ombelico e raccogliendo i capelli con un elastico, meccanicamente, come se stesse entrando nella modalità combattimento. Dean capì le sue intenzioni, così tolse il freno a mano, la raggiunse e insieme la spinsero per diversi chilometri. 
Si fermò a pensare ad una cosa che amava di quella donna, ovvero il fatto che partisse in quinta tentando di risolvere un problema, senza crucciarsi più di tanto delle possibili alternative, che costituivano semplicemente i piani di riserva nel caso il primo non funzionasse, poi da un pensiero all’altro, forse per il caldo, il sole, la fame o la stanchezza, si rese conto di essersi perso a ricordare tutte le volte in cui l’aveva baciata, ma si convinse che era semplicemente un po’ preso a causa le foto che aveva visto quella mattina sul suo cellulare.
Dopo aver fatto benzina ed essersi rimessi in viaggio silenziosamente per un altro paio d’ore, entrambi spesso presi dal cellulare, arrivarono ad Oklahoma City. La città era semideserta, c’erano poche macchine per strada, qualche persona in qualche negozio, molte attività erano chiuse. I due cacciatori erano in piedi fuori alla porta d’ingresso del primo nella lista degli amici della vittima, aspettando che qualcuno li aprisse dopo aver suonato il campanello.
<< Con chi ti stai scrivendo? >> chiese Dean alla donna, indicando con un movimento degli occhi il cellulare tra le sue mani.
<< Non sono affari tuoi. >> le rispose senza alzare gli occhi dallo schermo e lui non potè fare a meno di reprimere un sorriso divertito.
La porta si aprì e un ragazzino di bassa statura e mingherlino li guardava dietro i suoi rotondi occhiali da vista. I Winchester cominciarono a fargli delle domande per capire se sapesse qualcosa, lui li fece accomodare dentro, al fresco dell’aria condizionata.
<< I tuoi non ci sono? >> notò la donna osservando il disordine in quella casa; vestiti lasciati ovunque, piatti e bicchieri appoggiati a terra, pile di pentole sporche in cucina. 
<< Sono in vacanza. >> le rispose il ragazzo, cercando di mettere a posto tutto ciò che gli capitava sotto tiro. Il ragazzo raccontò loro che l’amico era spaventato a morte i giorni prima di morire, si chiudeva in casa e non voleva vedere nessuno, ma non sembrava tanto scioccato da quegli eventi.
<< Era un idiota, credeva ai fantasmi e queste cose qui. >> disse riluttante rivolto alla cacciatrice, che era l’unica ad ascoltarlo mentre Dean continuava a giocare col cellulare.
<< Non ti ha detto cosa in particolare lo spaventasse? >> gli chiese ancora lei, buttando un occhio verso il collega, ma sembrava troppo occupato per darle attenzione. Il ragazzo alzò le spalle e disse loro di chiederlo al suo migliore amico, un certo Gary di cui avevano già l’indirizzo nella lista. Così ripartirono, mangiarono qualcosa al volo e si diressero a casa del secondo ragazzo, che però non c’era. I genitori gli riferirono che sarebbe tornato per la sera, così decisero di aspettare in macchina fino al suo arrivo.
<< Non so nulla, Jackson vi ha già detto tutto quello che sappiamo. >> cercò di liquidarli qualche ora dopo, a pomeriggio inoltrato, un ragazzino in abiti sportivi ed un borsone sulle spalle. Sembrava agitato, forse terrorizzato ed aveva fretta di rientrare in casa, così lasciò i due fuori al vialetto ed entrò a passo veloce in casa, guardandosi alle spalle prima di chiudere il portone d’ingresso.
<< Se la sta facendo sotto. >> sottolineò Dean, scuotendo la testa scettico, mentre a passi decisi si dirigeva verso l’Impala parcheggiata all’altro lato della strada.
<< Restiamo qui e aspettiamo di vedere che succede? >> propose la donna, seguendolo. << L’altra vittima è stata attaccata durante la notte, potrebbe succedergli qualcosa. >> constatò.
L’uomo annuì, preparandosi a trascorrere ore in macchina in attesa di qualche schiamazzo.

Verso le tre di notte la luna illuminava il quartiere, incontrastata nel cielo limpido, dando luce alle case che per lo più erano evidentemente disabitate in quel periodo dell’anno. Qualche palo della luce era fulminato, rendendo la luce non omogenea sull'intero isolato, e gli unici suoni che si potevano udire erano il frinire dei grilli, che cantavano all’unisono, e il ronfo di Dean, che si era appisolato con le braccia conserte e la fronte schiacciata contro il finestrino. La donna rimase a guardarlo per molto tempo non ricevendo più alcun messaggio, vista l’ora tarda. Le grida terrorizzate previste dai cacciatori non tardarono ad arrivare, seguite da Gary che correva spaventato verso la fine del viale, inciampando più volte per girarsi indietro e controllare di non essere seguito. I cacciatori scesero di corsa dall’auto per andargli incontro e il ragazzo indicò loro una siepe tremolante, con le foglie che continuavano a muoversi nonostante non ci fosse un solo alito di vento, così senza esitare vi si inoltrarono per inseguire la creatura. La figura avanti ai loro occhi era alta e robusta, somigliante ad una scimmia con un solo occhio, come un ciclope, ricoperto di peli dalla testa ai piedi. I Winchester cercarono di ucciderla con ogni arma a loro disposizione, ma nulla sembrava funzionare. L’individuo prese la donna come ostaggio, minacciandola con le lunghissime unghie puntate sul petto, pronte a penetrarle la carne e trafiggerle il cuore, mentre Dean assisteva impotente lontano dalla pistola, scaraventata dall’altra parte dal giardino in cui stavano lottando. Dei passi rimbombarono nel vicinato, seguiti da un’altra ombra gigante che si avvicinava sempre più, poi un rumore sordo di una pallottola ruppe il silenzio.
<< Per quanto ancora avevate intenzione di lasciarmi da solo chiuso nel bunker? >> chiese la voce di Sam Winchester, sorridendo ai due soddisfatto e aiutando il fratello a rialzarsi da terra. 

Gary raccontò loro che l’amico veniva violentato da questa creatura e da quando glielo aveva rivelato riceveva minacce ogni notte, temendo di fare la stessa fine se ne avesse parlato con qualcuno.
<< Popobawa. >> esclamò il fratello minore, seduto sul letto col pc sulle gambe, in una stanza che i tre avevano preso per riposarsi qualche ora prima di tornare alla base. << Significa “ala di pipistrello”, sono mutaforma dotati di un pene enorme, dettaglio non trascurabile dato che sodomizzano per ore le vittime. >> continuò leggendo ad alta voce.
<< Potevi approfittarne, sembri così infoiata ultimamente. >> Dean stuzzicò la cacciatrice, impegnata a mettere i vestiti sporchi di sangue nella lavatrice.
<< Questa volta ti uccido, idiota. >> sbraitò la donna sgranando gli occhi e guardandolo infuriata, mentre Sam continuava a leggere ignaro di ciò che stava accadendo in bagno.
Il Winchester incrociò le braccia, prese i lembi della t-shirt nera e le alzò per tirarla su. La donna si voltò per non guardarlo, iniziando a sudare velocemente, cercando di concentrarsi sul flacone di detersivo che non riusciva ad aprire dalla fretta. Lui la raggiunse, cingendola da dietro, prendendo le sue mani e la bottiglia di detersivo, mentre le braccia muscolose si poggiavano su quelle più esili della donna. Sentì la sua pelle contro la propria, addirittura le forme degli addominali dell’uomo dietro la propria schiena e un brivido chiaramente percepibile anche da lui le fece accapponare la pelle.
<< Se lo dicesse hombre79 ti arrabbieresti lo stesso? >> le chiese sfoggiando un sorriso beffardo mentre con un gesto secco aprì la bottiglia. La donna capì solo in quel momento cosa l’uomo avesse visto quella mattina sul suo cellulare e per qualche istante desiderò di sparire. << Le cose che mi hai scritto… >> cominciò lui divertito e sognante.
<< Non erano per te. >> lo stoppò immediatamente dirigendosi verso la porta.
<< Dovremmo fare sesso. >> le disse un po’ divertito, un po’ forse seriamente.
<< Scordatelo. >> gli rispose la donna uscendo. << Notte. >> concluse andando a dormire, mettendo fine a quella che fu decisamente la giornata più calda di quell’estate.

Qualche ora dopo, al mattino presto, il cellulare di Lachelle squillò.
<< E’ tornato. >> piagnucolò una voce di un ragazzo dal telefono. << Ha preso Jackson. >>.

 

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Capitolo 5
*** We've got a groovy kind of love ***


When I'm feeling blue, all I have to do
Is take a look at you, then I'm not so blue
When I'm in your arms, nothing seems to matter
My whole world could shatter, I don't care
Wouldn't you agree, baby you and me,
we've got a groovy kind of love
A groovy kind of love, Phil Collins  

Oklahoma City, Oklahoma

Lachelle era corsa alla finestra per rispondere al telefono e con immenso dispiacere stava razionalizzando il fatto che in quei giorni non stesse facendo affatto bene il suo lavoro; aveva rischiato di far morire le persone che stava cercando di proteggere, era quasi stata ammazzata più di una volta se non fosse stato per gli interventi dei Winchester, più volte si era buttata in una caccia senza aver finito adeguatamente le ricerche, quasi alla cieca. E con Dean cosa stava facendo? Quel loro stupido modo di giocare la stava lacerando, eppure si erano sempre stuzzicati così. Pensò che forse le temperature bollenti di quell’estate avessero intensificato le cose e che una volta tornati ad un clima più freddo e ad abiti più coprenti la situazione sarebbe tornata sotto controllo. Di certo in quel momento non lo era, eppure faceva di tutto per non pensarci, aveva iniziato a fare tante attività durante la giornata per continuare a distrarsi dopo la caccia. E poi il suo compleanno era vicino e 37 era quasi 40, che per un cacciatore probabilmente significava essere vecchi. Capì di stare perdendo tempo, di non saper fare tante cose nonostante la sua età e di non avere tanto tempo per provare tutto quello che c’era da provare nella vita.
<< Allora? >> le chiese Sam, che le si era avvicinato preoccupato e le stava facendo domande da alcuni minuti. La donna solo in quel momento si era accorta di essersi persa con lo sguardo nel vuoto.
<< Ha preso Jackson, il colpo non l’ha ucciso. >> disse frettolosa, scattando all’improvviso. Aveva una voce quasi meccanica, senza espressione.
<< Non ha senso. Era un proiettile d’argento. >> proseguì il fratello minore, cominciando a preparare frettolosamente le borse. << Hai controllato il corpo, no? >> le chiese mentre strapazzava Dean per svegliarlo. 
La cacciatrice cercò di rivivere le scene di poche ore prima, sicura di essersi accertata che la creatura non respirasse più. << Non lo so. >> bisbigliò deglutendo, pensando che nulla in quel momento poteva essere sicuro, era troppo distratta.
I cacciatori raggiunsero in fretta la casa del primo ragazzo, quello che avevano interrogato quella mattina, trovando la porta d’ingresso spalancata e si divisero nel tentativo di trovarlo prima. La casa era ancora in disordine, ma c’era forse più confusione. Dean fece notare alla donna del sale caduto sul pavimento, la cui scia portava ad una porta dietro la scala.
<< Jackson prendeva in giro l’amico perché credeva nei fantasmi. >> si stupì lei, seguendolo e facendo cenno a Sam di fare altrettanto.
<< Non sei tanto scettico se poi capita a te. >> le rispose il maggiore, guardandola per un attimo intensamente.
<< Perché non l’avete detto subito? >> si infuriò Sam, arricciando il naso come faceva spesso. << Preferisce chi non crede alla sua esistenza, l’ho detto prima. >> sbottò calciando la porta che conduceva al seminterrato con forza, puntando la pistola in avanti. 
Un forte odore acido e fastidioso sulla pelle, che provocò loro la sensazione di prurito, si sprigionò dalla cantina.
<< Ecco l’odore pungente. >> sussurrò piano quello con i capelli lunghi mentre scendeva le scale. Gli era mancata un po’ di azione in quei mesi.
<< E cosa significa? >> chiese il fratello, con quell’espressione un po’ tonta, che faceva sempre ridere Lachelle. Ogni volta che non capiva qualcosa sorrideva.
<< Seriamente, qualcuno mi ascolta quando parlo? >> sospirò di nuovo.
Nello scantinato non sembrava esserci nulla, poi videro che c’era una porta che collegava quella stanza al garage, che aveva il portellone spalancato. Si divisero nuovamente quando capirono che, seguendo la puzza e circondando la casa avrebbero fatto prima, con immensa disapprovazione della donna, che non si fidava più di sé stessa.
Continuarono a camminare a passi lenti, cercando di non fare rumore, percorrendo i corridoi della casa, non molto spaziosi e male illuminati. La donna sentì un respiro sopraggiungere alle sue spalle, si fermò ed aspettò che fosse abbastanza vicino per sferrare una gomitata verso dietro, approfittare dell’attimo di sgomento del mostro per afferrarlo sulle spalle e costringerlo ad inginocchiarsi, premendo un punto sulla spalle.
<< Calmati, tigre. >> le disse lui, con le braccia bloccate, un po’ destabilizzato.
<< Dean. >> esclamò la donna quando si rese conto non fosse la presenza che pensava. Proprio in quel momento la figura scimmiesca apparve alle sue spalle, costringendo l’uomo ad afferrarle la gamba per farla girare. Lei si divincolò subito, gli sparò colpi alla testa ma furono inutili.
<< Non sappiamo come si uccide questa cosa. >> gli fece notare preoccupata, cercando di battersela a mani nude dopo che il mostro le aveva scaraventato la pistola dall’altro lato del corridoio. << Se avessimo ascoltato Sam ieri sera questo non sarebbe successo. >> aggiunse arrabbiandosi con sé stessa ed incrementando per un attimo la sua forza, ma proporzionalmente quella della creatura crebbe nello scaraventarla contro il muro.
<< Atteniamoci al piano. >> esordì il Winchester, cercando di prendere il controllo della situazione ed infondere sicurezza.
<< Quale piano? >> lo sollecitò la cacciatrice, temendo di essersi distratta ancora una volta ed essersi persa un altro dettaglio importante, ma l’uomo scrollò le spalle rendendosi conto di non averne uno e, paradossalmente, lei tirò un sospiro di sollievo.
Videro la testa della bestia svolazzare per aria dopo essersi staccata dal collo. Il corpo cadde a terra e il capo rotolò a qualche metro di distanza mentre il Winchester minore brandiva una lama insanguinata.
< Questa è la seconda volta che vi salvo il culo, ragazzi. >> esordì trionfante Sam, ansimando per lo sforzo fisico, dopo aver corso velocemente per raggiungerli.

Lebanon, Kansas

Sam Winchester era impegnato a trascrivere al pc delle parole segnate su un foglio di carta quando il fratello irruppe nella sala centrale per disturbarlo.
<< Donna, 36 anni, prende antistaminici per allergia al polline in piena estate, esce di notte di nascosto come un’adolescente. >> disse entrando a passo deciso e prendendo posto su una sedia ruotata accanto a Sam, poggiando le braccia sullo schienale.
Sam lo guardò di sbieco, senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
<< Benzina sempre a terra, frizione bruciata, è lei che ha il piede da camionista. >> sottolineò sicuro di sé e delle sue capacità investigative.
<< Potrei anche essere stato io. >> cercò di difenderla Sam, immaginando che la cacciatrice stesse attraversando un periodo difficile.
<< Il tuo è più da ballerina. >> lo schernì il fratello dondolando la testa. << Stamattina ha deciso di imparare a cucinare. E’ una vita che chiama tutti gli aromi “erba” e che confonde l’aglio con la cipolla. >> aggiunse incredulo, pensando a quanto fossero disgustosi i piatti che aveva preparato in quegli anni, motivo per il quale non le permettevano di cucinare.
Sam inspirò lentamente, alzando le spalle per mostrare il suo scetticismo, non volendo rivelare nulla al fratello di quello che sapeva. Il fratello maggiore lo guardò attonito, aspettandosi che fosse d’accordo.
<< Vogliamo parlare dei siti di incontri, della palestra che ha costruito qui dentro o del fatto che sta sempre sotto la doccia? >> continuò imperterrito, allargando le braccia, sicuro che Sam su questo non avesse negato l’evidenza. 
Quando si rese conto che dal fratello non avrebbe avuto alcuna soluzione si diresse verso la propria stanza, percorrendo in fretta il corridoio illuminato dalle lampadine accese nonostante fosse ancora giorno perché lì sotto la luce non arrivava mai. Ad ogni passo sentiva aumentare il volume della musica proveniente da dietro una delle porte e fece qualche passo indietro quando capì quale fosse quella giusta. Dean afferrò la maniglia, inclinando la testa per ascoltare meglio, poi la lasciò andare. Ascoltò ogni parola di quella canzone, restando con le spalle e il piede appoggiato al muro. La sua mente fu invasa da tanti frammenti di ricordi; Lachelle che gli toglieva le bottiglie di whisky dalle mani, che iniziava a ballare a tempo di una musica che nessuno sentiva e lo obbligava a cantare, facendo finta di essere sul palco di un concerto rock e lui si ritrovava, dopo aver contestato inutilmente, ad assecondarla, o quella volta che lo costrinse a portare un cane nel bunker per accudirlo fino al giorno dopo, obbligandolo a darle una mano a lavarlo. In dieci anni era stato forzato a fare cose che non avrebbe mai fatto eppure questi ricordi fecero flettere i muscoli delle sue labbra in un sorriso. Quando si ricompose, aprì la porta quanto bastava per infilare la testa dentro e farla saltare parlando all’improvviso con la sua voce doppia e profonda.
<< Dagli Zeppelin a Collins è un attimo. >> la prese in giro entrando nella stanza.
Lachelle indossava una tuta aderente e dei guantoni da boxe e, dopo essersi fermata per lo spavento, subito riprese a sferrare pugni al sacco che aveva da poco comprato. Il cacciatore la osservò per qualche minuto, con gambe e braccia incrociati, poggiato con le spalle al muro.
<< Che cos’è che sbaglio? >> chiese lei fermandosi di nuovo per guardarlo. << Quella è la tua faccia da “stai sbagliando qualcosa”. >> aggiunse prendendolo un po’ in giro.
Lui si lasciò andare in una fragorosa risata, poi la raggiunse con passo lento e deciso e le afferrò le braccia, poco più sotto ai polsi, per sistemarle nella giusta posizione, continuando a fissarla con un sorriso divertito.
La donna però sembrava arrabbiata, prese a pugni il sacco con una violenza preoccupante.
<< Che ti succede? >> le chiese diretto, ma lei lo ignorò. << Di solito sono io quello che impazzisce, tu sei quella che mi costringe a vedere quegli stupidi film di Harry Potter. >> aggiunse con insistenza ma senza alterare la voce; sapeva che doveva usare un tono tranquillo per farla parlare, lo stesso che doveva usare lei con lui, altrimenti si sarebbe intestardita.
<< Tu sei stupido. >> si limitò a rispondere, senza smettere di prendere a pugni il sacco, facendosi prendere la mano e ricevendo una spinta dal sacco che tornava indietro.
<< Sei tu quella che tiene su il morale tra noi. Non è un periodo facile neanche per me con questa nuova apocalisse… >> tentò ancora una volta l’uomo, ma lei per la prima volta in quegli anni perse la pazienza.
<< Scusami se questa volta non ti ho fatto da balia, se mi sono concessa di non stare bene io per una volta. >> sbraitò nervosa. Era evidente ad entrambi che fosse nervosa per qualche altra cosa, ma Dean sapeva che c’era un solo modo per stoppare quella conversazione se voleva farla arrabbiare ed esplodere.
<< Non sei costretta, se non ti va più sai dov'è la porta. >> alzò la voce ed uscì di fretta sbattendo l’infisso.
Lei riprese a prendere a pugni il sacco, pensando alle parole dell’amante della vittima di un caso che settimane prima aveva seguito. 
Immagina di avere 30 anni e non aver costruito nulla nella vita. “Io ne ho 37” borbottava.
Rincorrendo una felicità che in fondo sapevo non avrei mai avuto. Continuava a prendere a pugni aggressivamente il sacco. Poi ancora pensava a quello che aveva detto a Sam tante volte. Dovete salvare il mondo, non posso essere causa di distrazione o problemi. Invece sentiva di star diventando inevitabilmente un problema, un peso, un ostacolo.
Dopo alcuni minuti lasciò la stanza per dirigersi in bagno, a fare l’ennesima doccia, ma la sua attenzione venne attirata dalla luce proveniente dalle scale che conducevano alla porta d’ingresso. Le salì velocemente e trovò Dean seduto sugli scalini di cemento che collegavano il terreno a quota della porta con quello della strada. Lentamente lo raggiunse, salì qualche scalino per poi sedersi sul muretto, di fronte alla porta, rivolta alla sua sinistra per guardarlo.
<< E’ stato carino da parte tua preoccuparti. >> ruppe il silenzio. << Ho sbagliato, scusami. >> aggiunse quando vide che l’uomo non aveva ancora alzato lo sguardo.
<< Non è stato carino, e’ stato Sam, è preoccupato che tu abbia qualcosa di grave. >> le rispose freddo e distaccato, con quella sua tipica voce arrabbiata.
<< Puoi dire a Sam che non ho nessuna malattia. >> lo avvisò, sapendo che Sam non c’entrava nulla, probabilmente lui sapeva benissimo cos’aveva anche senza aver bisogno di parlarne.
<< Meglio, mi piacerebbe averti ancora per un po' intorno. >> continuò sincero, sempre un po’ freddo. << Sai, se avessi ancora bisogno della balia in futuro. >> aggiunse sarcastico. 
La cacciatrice abbassò la testa sorridendo, ammettendo la propria deficienza.
<< Sono più debole di quello che pensavo, non riesco a controllare questa vita che mi sta sfuggendo di mano. >> si lasciò un po’ andare, deglutendo saliva amara.
<< Una persona debole si butta nell’alcol per i problemi. Tu quando hai un problema reagisci. >> le fece notare Dean guardandola negli occhi. Anche i suoi occhi gli piacevano tanto, scuri come quelli di un demone ma trasparenti, lucidi, a volte un po’ tristi.
<< Forse non ho mai reagito al problema più grande. >> sussurrò Lachelle, espirando rumorosamente.
Dei rumori di foglie che si spezzavano catturarono la loro attenzione, seguite da un forte odore pungente, ma non fecero in tempo ad alzarsi e guardarsi intorno. Non riuscirono a capire chi o cosa li fece perdere i sensi.

Note dell'autrice
Salve a tutti, come sta andando questa quarantena? Io non sono abituata a stare a casa, a stento ci torno per dormire quindi sto letteralmente impazzendo ma si tiene duro. Come sempre vi ringrazio di essere arrivati fin qua e vi ricordo il prossimo ed ultimo appuntamento con l'ultimo capitolo domenica prossima.

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Capitolo 6
*** You will be mine, by taking our time ***


Catch the wind, see us spin, sail away
Leave today, way up high in the sky and whoa
But the wind won't blow
You really shouldn't go, it only goes to show
That you will be mine, by taking our time
What is and What Never Should be, Led Zeppelin

La donna stava sbadigliando, nascondendosi con la mano per non farsi scoprire dai colleghi, seduti accanto a lei intorno ad un tavolo circolare in una grande stanza luminosa perimetrata da librerie e scrivanie. Tutti guardavano la donna a capotavola che stava in piedi e gesticolava, interrompendosi per lasciare la parola a qualcuno, a turno. Le voci erano ovattate, come se provenissero da lontano e non riusciva a rendersi conto di cosa stessero dicendo. << Non sei d’accordo, Lachelle? >> sentì all’improvviso e trasalì. Per un po’ ebbe ancora l’impressione di non ricordare nulla, impiegando qualche minuto prima di riprendersi.
<< Hai fatto di nuovo le ore piccole? >> le sorrise una collega, con sguardo dolce e comprensivo.
<< Già, John non smetteva di piangere e non so perché. >> rispose con naturalezza, massaggiandosi la testa e spostando i capelli tutti da un lato. << Scusatemi, non volevo interrompere la riunione. >> aggiunse.

Quel pomeriggio andò un po’ a rilento, probabilmente la stanchezza la estraniava un po’ dal mondo reale, così cercò di riprendersi con qualche caffè in più per non addormentarsi mentre i bambini andavano a raccontarle i loro piccoli pensieri. Alla fine del turno salì in macchina, lasciò la scuola e si diresse di corsa a casa, dove Dean la stava aspettando addormentato sul divano davanti alla tv.
<< Com'è andata tesoro, oggi? >> gli chiese entrando in casa e lasciando la borsa sulla libreria bassa all’ingresso, che separava l’entrata dal salotto.
<< Ho finito prima e sono tornato a casa. >> le rispose stirandosi la schiena ed alzandosi dal divano. << Sarei passato a prenderti ma ho preferito stare un po’ con John. >> aggiunse avviandosi verso il carrozzino per controllare che il bambino dormisse e lei gli stampò un bacio sulle labbra. 
Dopo qualche ora i Winchester erano affamati, così decisero di cominciare a preparare la cena.
<< Grazie Emma, davvero. Di notte non chiudiamo occhio. >> la donna scese le scale per raggiungere il figlio di sotto in salotto, portando un tubetto dal tappo bianco tra le mani. Si avvicinò a Dean per farsi passare il bambino e farlo mangiare. Posò il cellulare e il tubetto sul tavolino accanto al divano per avere le mani libere. Raccontò di aver sentito la sorella, che le aveva dato qualche consiglio e il Winchester si avviò verso la cucina. Mezz’ora dopo i due erano ancora indaffarati tra cucina e salotto, impegnati in un discorso abbastanza serio.
<< Sei una brava psicologa, non capisco perché non ti apri uno studio tuo. >> le disse l’uomo mentre scuoteva la padella per mescolare il contenuto, aiutandosi con un mestolo.
<< Dean, è uno stipendio fisso, un lavoro normale, tranquillo. Che vuoi di più? >> le rispose mentre dava da bere il latte dal biberon al piccolo.
<< Non ti vedo soddisfatta e magari potresti passare più tempo con John. >> concluse, portando a tavola i piatti fumanti con la cena. La coppia mangiò tranquilla, tra qualche sorriso, racconto della giornata e battute seguite da risate gioiose. L’uomo le diede una mano a sparecchiare, discutendo su quale episodio di una serie tv dovessero vedere.
<< Se cambi John, io finisco di mettere a posto e avrò molto, molto tempo a disposizione. >> gli propose Lachelle maliziosa, mentre sistemava i piatti nella lavastoviglie. << Ho voglia di fare una nottata, ma non a causa di John. >> aggiunse avvicinandosi con intenzioni molto chiare a lui, poggiato con il fondoschiena al bancone del lavello. Gli accarezzò il viso e gli diede un bacio, a metà tra il dolce e il passionale. Lui le sorrise complice e si avviò in salotto, prendendo il bambino tra le braccia e portandolo di sopra. Dopo qualche minuto l’uomo scese di nuovo giù, con aria seria.
<< Non mi ricordo come si cambia un bambino. >> le disse entrando in cucina.
<< Ottima scusa, davvero originale stavolta. >> gli rispose lei, sbuffando un po’. Così gli propose di scambiarsi i ruoli e salì di sopra, in camera da letto, ma non trovò nessuno e, spaventata, chiamò il marito per farlo correre di sopra. Dean si guardò intorno, cercò in ogni angolo della camera da letto ma non lo trovò da nessuna parte.
<< Era qui, non poteva di certo andarsene. >> le rispose quando lei cominciò a perdere il lume della ragione. Qualche pensiero cominciava a farsi strada nel subconscio del cacciatore, una strana sensazione.
<< Dobbiamo trovare il bambino. >> esclamò Lachelle spaventata, portandosi le mani alla testa. 
<< Da quando abbiamo un bambino ? >> le chiese lui, preso dalla strana sensazione che qualcosa non andasse in quella situazione. Lei lo guardò stranita, come a dirgli di essere impazzito, poi aggrottò le sopracciglia, ruotando le pupille chiaramente intenta a pensare. Aprì la bocca con stupore, come se non trovasse le parole per spiegare quello che stava pensando.
<< Oh mio Dio, io non lo so neanche come si cambia un bambino. >> si rese conto all’improvviso, alzando la voce e guardandolo sbalordita. 

Lebanon, Kansas

L’ora di cena era arrivata da un pezzo, preso dal lavoro Samuel non se ne rese conto ma quando lo stomaco cominciò a brontolare per reclamare cibo il cacciatore buttò un’occhiata all’orologio sullo schermo. Gli parve strano che alle dieci il fratello e l’amica ancora non avessero apparecchiato, così come erano strani il silenzio e la pace che gli avevano concesso, non lo facevano mai. Si avviò verso la cucina, per dare un’occhiata ma passando sentì suoni esterni entrare nel bunker, suoni provenienti dalla strada che non sarebbero dovuti arrivare fino a giù. Salì le scale e vide la porta aperta e quello fu il segno tangibile che qualcosa fosse successo alla sua famiglia, non lasciavano mai la porta aperta per nessun motivo. Corse fuori, in cerca di qualche indizio e vide l’Impala parcheggiata proprio di fronte, chiusa a chiave. Si girò intorno più volte, non sapendo da dove cominciare a cercare, quando sentì un odore pungente, forte, lo stesso odore che aveva sentito quella mattina mentre davano la caccia al Popobawa e capì che qualcosa non tornava. L’uomo si affrettò a tornare dentro e a rintracciare i cellulari dei due con il gps, continuando a cercare maggiori informazioni sulla creatura a cui stavano dando la caccia e che, a quanto sembrasse, non erano riusciti ad uccidere. Leggendo lentamente si rese conto di aver commesso un errore, forse a causa della stanchezza; si stava dedicando a quella apocalisse anima e corpo da mesi, forse aveva bisogno di una vacanza. Poi pensò che con i progressi fatti nell’ultimo giorno forse quella sarebbe stata l’ultima. 

I due cacciatori intanto avevano acquisito la lucidità e cominciarono a fare qualche ricerca più approfondita, seduti in salotto, uno sul divano e l’altra al tavolo.
<< E’ chiaro che si tratta di un Djinn. >> sostenne Lachelle picchiettando nervosamente con le dita sul tavolo. 
Dean non rispondeva, era molto nervoso e faceva ballare la gamba muovendola col piede, seduto al centro del divano, assicurandosi che dalla sua prospettiva la donna non lo notasse.
<< E come funziona? Perché siamo entrambi intrappolati nella tua testa? >> chiese scettico.
<< Chi lo dice che siamo nella mia? Io non vorrei mai un figlio. >> gli rispose un po’ acida lei.
<< Io non mi sposerei mai. >> la rimbeccò il Winchester, alzando le mani al cielo e portandole dietro la testa.
<< Perché invece un figlio lo vorresti? >> chiese la donna con calma, subito dopo.
L’uomo non le rispose, scrollò le spalle e scosse un po’ la testa.
<< Non lo so, forse. >> si lasciò sfuggire a bassa voce. << Ma non mi sposerei mai. >> precisò immediatamente.
Lachelle rimase sbalordita, non si aspettava una cosa del genere e non proferì più parola a riguardo; questo fu tutto quello che dissero di quella assurda situazione, in quel momento e in futuro, non ne parlarono mai più, come se non fosse mai successo, erano bravi a farlo.
<< La leggenda vuole che il Popobawa sia stato evocato come Djinn da uno sceicco che voleva vendicarsi di alcuni rivali che gli avevano rubato la donna di cui si era invaghito. Lo legò al suo volere, però stanco di essere comandato a bacchetta, uccise il suo padrone divenendo libero di compiere atrocità per suo esclusivo diletto. >> lesse la donna con un filo di voce, confermando l’idea di aver fatto un pessimo lavoro negli ultimi giorni. << Era un Djinn, non un mutaforma. >> riassunse brevemente angosciata, senza espressione nella voce.

Non fu necessario risvegliarsi, Sam uccise il Djinn e li slegò dopo averli ritrovati, sottolineando che aveva salvato loro la pelle per la terza volta nel giro di poche ore. In macchina nessuno parlava e Sam non sopportava i loro silenzi così cerco di mantenere l’armonia rivelando loro che era quasi giunto ad una conclusione con l’incantesimo che stava preparando e propose di fermarsi a mangiare fuori visto che non avevano la cena pronta.
Dean parcheggiò fuori una piccola locanda, lasciò Sam avviarsi dentro e aspettò di rimanere da solo con la cacciatrice.
<< Se tutto va come speriamo potrebbe essere la nostra ultima apocalisse. Se funziona saremo finalmente liberi. >> le disse, sedendosi sul bagagliaio dell’auto.
<< Non credo che smetterò di cacciare. >> le rispose lei, con le braccia incrociate, in piedi davanti a lui.
<< Neanche io. Dico solo che oggi ho riflettuto su come a volte la vita ti presenta delle cose in forme che non ti aspetti. Quindi magari pensavo che, sai, magari potremmo… >> disse interrompendosi spesso. Lei lo guardava, non sapendo cosa aspettarsi da quel discorso. << Dico solo, manteniamoci sempre in contatto. >> aggiunse cambiando tono e scendendo dal bagagliaio. Poi raggiunse il fratello dentro. 
<< In contatto. >> ripeté a voce bassa la donna, sbattendo più volte le sopracciglia, un po’ incredula mentre lo osservava camminare. Fece un sospiro e li raggiunse anche lei.
Lachelle raccontò qualcosa di quello che era successo all’amico intanto che Dean flirtava con la cameriera del locale quando andò a pagare il conto, poi disse loro di andare via con l’Impala e di non aspettarlo in piedi. 

La cacciatrice il giorno seguente rimase fino alla sera nella propria stanza, senza uscire neanche per andare in bagno, persa tra i suoi pensieri, poi verso le nove si diresse in cucina, dove il Winchester maggiore stava allegramente armeggiando tra pentole e mestoli, canticchiando sereno. 
<< Sam è uscito, ho preparato la cena per noi due. >> disse quando sentì i suoi passi entrare in cucina.
La donna non si voltò neanche a guardarlo, si diresse verso il tavolo per posare un borsone e un cappotto con la pelliccia.
<< Devo uscire, prendere un po' d'aria. >> si limitò a rispondergli fredda.
<< Non mangi nulla? >> le chiese l’uomo, guardando i suoi movimenti. Lei si diresse verso il frigo e mangiò qualche fetta di prosciutto con le mani. 
<< Scommetto che un wendigo è più sensuale di te quando mangia. >> la prese in giro, cercando di sdrammatizzare.
<< La prossima volta che ne trovo uno te lo porto, così ci vai a letto. >> replicò risentita.
Dean la osservava fermo, spostò lo sguardo sul tavolo dove la cacciatrice aveva appoggiato le sue cose, non avendole notate prima, chiedendosi a cosa le servissero in piena estate.
<< Te ne stai andando? >> le chiese diretto, senza giri di parole.
La donna cercava di continuare a non guardarlo, ma il Winchester le si avvicinò, afferrandole il braccio e costringendola a girarsi e a guardarlo negli occhi. Aveva il volto arrossato, qualche borsa sotto gli occhi e piccole lacune di matita, come se avesse pianto e avesse asciugato le lacrime portandone un po’ via. << Se è per quello che ho detto durante la lite credevo ci fossimo chiriti. >> si affrettò a dirle.
<< No, non è per quello. Credo sia arrivato il momento di trovare la mia strada. >> gli rivelò, incapace di nascondergli tutta la verità. Lui continuò a guardarla sorpreso, non riuscì a proferire parola.
<< Il mio numero ce l'avete, restiamo sempre in contatto. >> gli disse, tornando seria e distaccata come poco prima. Si leggeva l’amarezza nel suo tono di voce.
A quelle parole seguì l'unico bacio di propria iniziativa; quella volta fu sensuale, lento e non rubato. Gli strinse forte il labbro superiore, pressandolo per molti secondi prima di lasciarlo andare, con gli occhi chiusi. Li riaprì lentamente, lo guardò negli occhi increduli poi si voltò, prese le sue cose e si diresse verso le scale, mentre il cacciatore rimaneva immobile, come paralizzato. La donna proseguì sicura, salì le scale del bunker e chiuse la porta. Il cigolio sembrò rimbombare in tutto l’edificio. Il Winchester rimase fermo, incapace di elaborare ciò che era successo, poi iniziò a buttare tutte le cose dalla cucina a terra, lanciò una sedia contro il muro, lasciò uscire tutta la rabbia che aveva dentro, accumulata in anni e anni di repressione, violenza che non sempre riusciva a controllare, poi rimase fermo e si massaggiò gli occhi con la mano, cercando di mettere a fuoco. Un forte impulso lo spinse istintivamente a correre fuori dal bunker, aprì la porta e rivide la donna, che stava salendo le scale per andare via.
<< Non so cosa ti stia succedendo, non è necessario che me lo dica. Ma qualsiasi cosa sia, la supereremo insieme, come facciamo sempre. >> disse sbucando fuori.
“Ecco, ci risiamo. Il gatto fa le fusa e io torno ad accarezzarlo anche se mi ha graffiato centinaia di volte. Autocontrollo, ce la puoi fare.” cercò di imporsi la cacciatrice, continuando a camminare senza voltarsi.
<< Non saprei immaginare la mia vita senza di te. Sei una delle poche cose belle che ho. >> aggiunse uscendo fuori con qualche passo.
“Andiamo, cosa bella? Non ti può stare bene.” pensò tra sé.
<< Sam dimentica sempre la torta. >> buttò lì Dean, un po’ imbranato, non sapendo cosa dire, ma fu quello a farla interagire di nuovo con lui.
<< Sei adulto abbastanza da poterla comprare da solo. >> lo rimbeccò continuando a camminare, senza voltarsi.
<< Non voglio mangiarla da solo. >> continuò seguendola. << Ti prego. >> aggiunse con tono pacato, pensando a tutte le volte che in qualche modo la donna riusciva sempre a trovare il modo di farlo stare meglio, di fargli mettere da parte tutte le sue sofferenze, riusciva a dargli pace in una vita di guerra. Si bagnò le labbra e deglutì prima di biascicare un << Ho bisogno di te. >>.
Lachelle si voltò indietro, dopo aver asciugato qualche lacrima cercando di non farsi accorgere. Lo guardò negli occhi e questa volta non riuscì a restare ferma sulla decisione.
<< Come non detto. >> sì lasciò sfuggire ad alta voce. Il Winchester non comprese cosa disse e non gli interessava, era felice che la donna fosse tornata indietro e l’avesse stretto in un avido abbraccio.
Non poteva lasciarla andare via, non poteva commettere un altro errore, ne aveva fatti tanti e ne soffriva ogni giorno, aveva imparato a mascherare il dolore che probabilmente non l’avrebbe mai lasciato; le cose che aveva visto, fatto e provato erano cose indelebili, l’avevano marchiato a vita, e questo mai nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Aveva bisogno di Sam, era lui quello che vedeva la luce in fondo al tunnel, ma aveva bisogno anche di Lachelle, che era quella che con la mano lo trascinava sempre fuori, trasmettendogli la voglia di continuare a vivere nonostante tutto.


 

Note dell’autrice
Salve a tutti, come sempre vi ringrazio di essere arrivati fin qui e di aver letto la mia storia.
Stavolta siamo arrivati davvero at the end of the road, in tutti i sensi. La storia di Dean e Lachelle era in realtà già finita anni fa ma la lunga pausa di quest’anno, con la prospettiva dell’imminente finale, mi ha fatto avvertire l’esigenza di giocare ancora un po’ a cacciare con i Winchester e a correre dietro a Dean. Niente di quello che dico o faccio nella mia vita è casuale, sono dieci gli anni che Lachelle corre dietro a Dean perché dieci sono gli anni che ho questo amore che non passa mai, dal secondo rewatch di Supernatural; ammetto che la prima volta pensavo mi piacesse più Sam. Oggi ho 24 anni, vivo col mio fidanzato, ho una vita molto impegnativa, studio architettura, lavoro molto per pagare casa e studi ma non mi passa, credo proprio sia il caso di confermare quanto sia vero che il primo amore non si scorda mai. Ho cominciato a guardare supernatural quando i miei si stavano separando, ho trovato in questo show l’unico senso di famiglia che abbia mai avuto e la filosofia del continuare a combattere anche quando la tua vita è un susseguirsi di apocalissi. Sentivo quindi il bisogno di assicurarmi di portare i Winchester sempre con me, cosa che ho sigillato facendomi finalmente quel cavolo di tatuaggio che non riuscivo mai a fare, e dando il mio personale addio ai personaggi, prima che il finale possa sconvolgermi al punto da non riuscire più ad immaginare niente. Detto questo, vi ringrazio ancora per l’attenzione e vi saluto, un saluto generale a tutto il fandom, il più bel fandom che abbia mai conosciuto, ma con una serie così non poteva essere altrimenti.

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