Incubo d'amore

di FreddyOllow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Prologo ***
Capitolo 2: *** II. Capitolo ***
Capitolo 3: *** III. Capitolo ***



Capitolo 1
*** I. Prologo ***


Tyrell aprì la porta ed entrò nel suo attico. Buttò la valigetta sul divano e si fiondò alla sua scrivania, accendendo il suo netbook.
"Dai, dai!" Disse fra i denti con tono nervoso. 
Nel frattempo, prese il suo cellulare dalla tasca e lo mise sotto carica.
Lo schermo del netbook diventò nero e Tyrell vide di sfuggita la sua immagine riflessa. Aveva l'aspetto di un uomo stravolto. Si tirò i capelli indietro e allentò la cravatta dal collo.
"Dannazione, dai!" Disse Tyrell dando un leggero colpetto al suo computer. Lanciò un occhiata di panico al suo cellulare e vide che era carico al due percento.
Quando i processi del sistema furono tutti avviati, Tyrell cliccò su Google e poi su LoveMeet nella barra dei preferiti.
Rivoli di sudore rigavano il suo viso. Sorrise, mentre i suoi occhi si spalancarono dalla felicità.
Controllò la chat di Jasmine. La donna gli aveva inviato una foto. Era nuda vicino alla doccia, ma il seno e le parti intime erano coperte dalle sue mani.
Tyrell sentì il cuore implodergli nel petto e una forte eccitazione prendere il sopravvento. Osservò ogni curvatura del suo corpo. Sgranò gli occhi sulle linee delle sue cosce e sulle mani che coprivano i suoi capezzoli. Era la prima volta che vedeva il corpo nudo di Jasmine.
D'un tratto udì un trillo.
"Ehi, T." Scrisse Jasmine. "Piaciuta la foto?"
Tyrell percepì una vampata di calore nell'inguine. "Bewllissbima!" Rispose velocemente. Poi vedendo che aveva scritto male, lo corresse. "Bellissima*"
Un altro trillo.
Tyrell sbarrò gli occhi. Jasmine gli aveva mandato un altra foto. Il primo piano del seno coperto orizzontalmente da un avambraccio.
Tyrell percepì il pene ingrossarsi. Si alzò, levò velocemente cintura e pantaloni e si abbassò i boxer.
Improvvisamente la videocamera frontale del netbook si avviò da sola. Tyrell rimase con il pene in mano nel vedere sé stesso nel riquadro della telecamera. Sussultò in preda al panico. Si precipitò sul suo netbook e cercò di chiudere la videocamera. Cliccò freneticamente.
"Chiuditi, cazzo! Chiuditi!" Il puntatore del mouse si bloccò. Tyrell continuò a cliccare e muoverlo. "Merda!" Staccò il mouse e lo lanciò alle sue spalle. 
Posò un dito sul touchpad. Il puntatore non andava. La videocamera frontale continuava a filmarlo. Pigiò il tasto di accensione per spegnerlo, ma non funzionò.
Nulla rispondeva ai suoi comandi. Sollevò il netbook e lo lanciò violentemente contro il muro.
Lo schermo si ruppe e si spense.
Tyrell rimase fermo con i capelli scompigliati e il fiatone. Poi il suo sguardo si posò sul suo cellulare sotto carica. Si rimise i pantaloni e quando si voltò verso il netbook, lo schermo si accese, così come la telecamera.

Tyrell si svegliò di soprassalto. La gente seduta nel treno lo guardò in malo modo. Tyrell fece un sorriso di circostanza e si alzò. La sua camicia era pregna di sudore, così come la sua faccia. Camminò lungo il vagone ed entrò in quello adiacente. Posò una mano sull'asse della porta e prese fiato.
D'un tratto udì un trillo. 
Prese il cellulare dalla tasca e guardò lo schermo. "Ciao, T. Forse questa sera farò tardi al nostro appuntamento. Ho dei problemi da sistemare. Ti va bene se lo spostiamo alle otto e mezza?"
Tyrell fissò inquieto la fotocamera frontale del cellulare, come se quel piccolissimo buco lo stesse risucchiando. Poi posò un dito lì sopra e rispose al messaggio. "Nessun problema. Ci vediamo stasera."
Jasmine gli mandò una faccina con il bacio.
Tyrell rimise il cellulare in tasca, mentre il treno si fermava. 

Salì le scale della metro e camminò lungo il marciapiede. Quel sogno lo stava ancora tormentando. Gli sembrava così reale. Non era da lui dormire nel treno. Non l'aveva mai fatto.
La strada era piena di auto e persone. Il fracasso prodotto dai clacson e dal vociferare era assordante. 
Entrò dentro un fast-food affollato di gente ai tavoli e al bancone. Si mise in fila, ripensando al sogno. 
"Signore?" Disse una voce distorta. "Mi scusi, signore? Tocca a lei."
Tyrell alzò lo sguardo confuso e incrociò gli occhi della commessa. "Sì?"
"E dai, amico!" Gridò un uomo innervosito in fondo alla fila. "Dati una mossa!"
Tyrell lo ignorò.
"Cosa desidera, signore?" Domandò la commessa.
"Un panino con dentro insalata, hamburger e patatine fritte."
"Volete ketchup e maionese?"
"No." Tyrell tirò fuori il portafoglio e diede cinque dollari alla commessa. La donna tornò poco dopo con un dollaro e novantanove centesimi di resto.
Andò a sedersi affianco al bancone. Prese il cellulare e andò a leggersi la chat di Jasmine. Da quando aveva fatto quel sogno, qualcosa era scattato dentro di lui. L'ansia che lo attanagliava era del tutto sparita. Non era più in ansia nel ricevere il messaggio di Jasmine. Non sapeva di preciso cosa fosse, ma era come se avesse preso le distanze dalle sue emozioni o da lei.
La cameriera portò il panino a Tyrell. Gli sorrise, ma Tyrell annuì come a dire: grazie. La cameriera lo aveva adocchiato, ma lui aveva la testa altrove. Se quel sogno non l'avesse turbato, sicuramente sarebbe finito per sbattersela nel retro durante la pausa sigaretta.

Tyrell aprì la porta del suo attico. Rimase sotto la soglia, lanciando una sguardo attorno. Tutto sembrava come nel sogno, eccetto per una cosa. Lui aveva un computer fisso, non un netbook, oltre a non avere una valigetta in mano. Chiuse la porta alle sue spalle e andò in bagno. Si svestì e si fece una doccia calda. Il vapore gli alleviò la tensione muscolare e mentale. Posò le mani sul muro e inclinò la testa, mentre l'acqua gli martellava la testa come una cascata.

Dall'armadio, tirò fuori una camicia bianca, un pantalone nero e una giacca dello stesso colore. Una volta indossati, calzò delle classiche scarpe nere. Si guardò allo specchio e si tirò i capelli all'indietro, quasi di lato, facendo una rigatura a destra. S'improfumò e si lanciò un ultima occhiata. Sospirò. Era un uomo dalle spalle ampie, mascella poco pronunciata e una leggera barba. Occhi grandi dall'iride grigio-verde, labbra carnose e un fisico atletico.

Arrivò davanti all'appartamento di Jasmine alle otto e un quarto, parcheggiando la berlina nera sul fianco del marciapiede. Era un quartiere tranquillo, frequentato da molti universitari e ragazzi. Prese il cellulare da sopra il cruscotto e fece uno squillo a Jasmine. 
Poco dopo la vide affacciarsi dalle finestra, facendogli segno di aspettare un attimo.
Non durò un attimo. 
Jasmine scese quaranta minuti dopo. Indossava una corta gonna rossa a quadrettoni nere, una maglietta bianca e un giubbotto nero estivo con ai piedi scarpe bianche. Era una donna dalla carnagione chiara e un viso ovale. Corti capelli neri ondulati fin sotto il mento e una corporatura esile. Era più alta di Tyrell di dieci centimetri, ma per lei non era un problema.
Tyrell uscì dalla berlina e la salutò con un bacio. Lei gli sorrise e lui ricambiò, dopodiché aprì la portiera e la fece entrare.
Quando salì in auto, notò che Jasmine aveva le gambe accavallate. Fissò per un attimo le sue cosce, poi distolse lo sguardo. 
Jasmine se ne era accorta e l'aveva fatto di proposito. "Scusa se ti ho fatto aspettare." Jasmine mise una mano su quella di Tyrell posata sul cambio manuale.
"Non preoccuparti." Le sorrise Tyrell. 
Lei gli strinse lievemente la mano, poi la ritirò indietro.
La berlina si allontanò.

Durante il percorso non si parlarono. Lei gli lanciava sguardi sfuggenti, ma Tyrell sembrava da tutt'altra parte. Pensava ancora a quel sogno. Era diventato quasi un ossessione. Si tormentava sull'immagine di lui proiettata sul netbook. Era stato così vivido quel sogno, che a volte pensava che era accaduto veramente.
"Tyrell." Disse Jasmine. "Come mai sei così silenzioso stasera?"
Tyrell si voltò, le sorrise. "Sto bene."
Lei ricambiò. "Sicuro?"
"Certo. Va tutto bene."

Tyrell lasciò la berlina nel parcheggio del ristorante italiano. C'era molta gente all'entrata che parlava e rideva. Offrì il braccio a Jasmine che lo afferrò subito, stringendosi a lui. Per un momento, Tyrell credette che lei stava inspirando il profumo impregnato sulla sua giacca. Quando Tyrell si girò per avere conferme, lei tirò lievemente la testa indietro e sorrise.
Entrarono nel ristorante arredato riccamente di tappetti, tendaggi, pareti in legno e diversi lucernari. Tutta la gente era vestita in modo elegante. L'atmosfera era serena e una dolce melodia classica risuonava nel locale.
Tyrell si avvicinò all'uscire donna. "Tyrell Bateman."
L'uscire diede uno sguardo alla lista scritta. "Sì. Tavolo per due." Guardò sorridente Tyrell e Jasmine. "Seguitemi."
Si fecero strada tra i tavoli e raggiunsero il loro posto, affianco a una finestra. L'usciere indicò il tavolo e se ne andò.
Tyrell tirò indietro la sedia per far sedere Jasmine, poi prese posto.
Un cameriere sulla quarantina li raggiunse e posò due menu sul tavolo. "Vi posso proporre il piatto del giorno: Passatelli al ragù. Sono una delizia." Disse con un sorriso.
Tyrell guardò Jasmine che non disse nulla. "No, grazie. Vedremo cosa c'è nel menù."
Il cameriere chinò la testa e andò via.
"Ma che piatto è Passatelli al ragù?" Domandò Jasmine quasi ridendo.
Tyrell fece spallucce e sorrise.
Entrambi guardarono il menù. 
Jasmine lanciò qualche sguardo sfuggente a Tyrell, ma quello fissava il menù come se fosse da tutt'altra parte. Serrò gli occhi infastidita e mise il menù sul tavolo. "Mi spieghi cosa c'è che non va?"
Tyrell alzò lo sguardo dal menù e corrugò la fronte. "Che vuoi dire?"
"Ti senti con qualcun'altra?"
"Ma che dici."
"Allora perché sei così silenzioso?"
Tyrell rimase muto per un po'. "Ho mal di testa."
Jasmine lo fulminò con gli occhi. "Non mentirmi, Tyrell. Tu hai qualcun'altra."
Tyrell sbuffò. "Sarei qui se avessi qualcun'altra?"
Rimasero a fissarsi per un lungo momento, quando arrivò il cameriere. "Posso prendere l'ordine, signori?"
Entrambi lo guardarono in malo modo.
Il cameriere vagò per un attimo con lo sguardo. "Torno dopo." Disse con un falso sorriso di circostanza.
Tyrell e Jasmine tornarono a guardarsi.

Finirono nel bagno degli uomini a fare sesso. Jasmine con le gambe spalancate e le mani sul gabbiotto del wc. Tyrell dietro di lei che le serrava i seni con un braccio e una mano giù nelle sue parti intimi. La prendeva selvaggiamente da dietro. La teneva stretta a sé. Non le dava spazio o modo di muoversi. Le labbra di Tyrell baciavano il suo collo e le dita si muovevano freneticamente dentro di lei. 
Ansimavano. 
Jasmine si lasciò sfuggire un rantolo di piacere nel percepire il respiro di Tyrell sulla sua spalla e lui le serrò la bocca con una mano. Sentì le dita bagnate e appiccicose. Poi le gambe di Jasmine tremarono per l'orgasmo e Tyrell la cinse ancor più forte con il suo braccio.
Quando smise di tremare, si voltò verso di lui con un sorriso appagato e i capelli scompigliati e lo baciò. 
Tyrell non era venuto. 
Jasmine se ne accorse solo in quel momento e il suo volto sereno mutò del tutto. Corrugò le sopracciglia perplessa.
Tyrell abbassò gli occhi e si alzò i boxer.
Jasmine rimase in silenzio, sistemandosi le mutandine. Poi quando cercò di parlare, un uomo entrò nel bagno.
Tyrell mise una mano sulle labbra di Jasmine.
Fischiettando, l'uomo fece i suoi bisogni, si versò del sapone liquido sulle mani, le lavò e uscì.
Jasmine lanciò un ultimo sguardo stizzito a Tyrell. Era la prima volta che lui non le era venuto dentro o sul fondo schiena. Poi la donna uscì dal bagno senza curarsi che gli altri la vedessero uscire dal bagno degli uomini.

Tyrell si sedette al tavolo, mentre Jasmine scrollava la home di Instagram.
Il cameriere arrivò subito dopo con i loro piatti. 
Tyrell aveva scelto spaghetti all'assassina e Jasmine linguine pesce spade e limone.
"Buona cena." Disse il cameriere. Nessuno dei due rispose, quindi andò via.
Mangiarono in silenzio. 
Ogni tanto Jasmine apriva Instagram e metteva cuori ai post di animali. Tyrell invece, mangiava e fissava la base del vaso di fiori posto al centro della tavola. Era ancora con la mente proiettata al sogno. Non sapeva spiegarsi il motivo. Tutto questo gli stava rovinando il rapporto con Jasmine.
Tyrell divorò il suo piatto come se non mangiasse da giorni, mentre Jasmine mangiò con più calma, anche se la fame le era quasi passata del tutto.
"Sono tre mesi che ci vediamo." Disse di colpo Tyrell, quando Jasmine ebbe finito.
Jasmine sollevò lo sguardo e posò il cellulare sul tavolo. Lo fissò aspettandosi che continuasse.
"Sei importante per me, lo sai?"
Jasmine serrò gli occhi. 
"Devo dirti una cosa."
La donna sbarrò gli occhi. Si sentì gelare la schiena e uno strano formicolio in testa le arrossò il viso.
Tyrell abbassò gli occhi sul tavolo, poi si guardò attorno. La gente cenava e chiacchierava alla propria tavola. I camerieri passavano da un tavolo all'altro come se avessero le ali ai piedi.
Jasmine si versò dell'acqua in un bicchiere e bevette piano, senza mai distogliere lo sguardo da lui.
Tyrell fece un sorso di vino rosso. "Ho fatto un sogno."
Jasmine sospirò sollevata. Stava quasi per piangere e prenderlo a schiaffi per averle messo addosso tutta quell'ansia. Cercò di non darlo a vedere, anche se non serviva in quanto Tyrell stava guardando da tutt'altra parte.
"Mi viene difficile dirtelo..."
Jasmine fece un altro sorso d'acqua. Le mani le tremavano lievemente per prima.
"Mi hai mandato delle foto in cui eri nuda." Si curvò sul tavolo, avvicinandosi a lei. "Ero eccitato e felice... Poi... Poi la telecamera del computer si è accesa. Mi stava filmando." Fece una pausa. "Ho cercato di spegnere il pc, ma non funzionava. Niente funzionava. Allora lo scaraventato contro il muro. Mi sembrava di averlo rotto e invece... Invece si è accesso nuovamente. Continuava a filmarmi. Dentro di me... Voglio dire, sono sicuro che qualcuno mi stava spiando. Forse... Forse un Hacker, non lo so..." Tyrell si stava agitando e la gente lo stava guardando di sfuggita.
"Calmati, Tyrell." Jasmine gli posò una mano sulla sua. "Era solo un brutto sogno."
Tyrell si accorse che la gente lo stava guardando, così si tranquillizzò. "Mi... Mi sembrava reale."
"Va tutto bene." Jasmine gli accarezzò il dorso della mano.
"In quel sogno ero troppo eccitato dalle tue foto. Voglio dire, lo sono sempre, perché mi piaci. Ma era come se me l'avessi inviate per la prima volta. Mi comportavo quasi come un ragazzino. Come se non avessi mai visto il tuo corpo."
Jasmine inclinò la testa confusa.
"Poi mi sono svegliato nel treno." Fece una breve pausa. "Io non mi addormento mai nel treno, lo sai. Non mi è mai successo. Mi è sembrato tutto così reale..."
Jasmine non sapeva cosa dire.
Tyrell levò di scatto la mano dalla sua. "Vado al bagno." 
Jasmine lo guardò allontanarsi.

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Capitolo 2
*** II. Capitolo ***


 

Tyrell entrò in bagno e raggiunse il lavandino, guardandosi allo specchio. Rimase a fissarsi negli occhi per un lungo momento. 
D'un tratto un uomo corpulento entrò nel bagno, lanciando uno sguardo a Tyrell che fece finta di lavarsi le mani. L'uomo sparì nel gabbiotto del wc, mentre Tyrell si sciacquò la faccia diverse volte. Quando alzò lo sguardo, si vide nudo. Sussultò incredulo. E subito dopo si rivide vestito.
Udì lo sciacquone.
Un istante dopo l'uomo corpulento uscì dal gabbiotto, andando a lavarsi le mani affianco a Tyrell. Lo guardò perplesso dallo specchio e Tyrell uscì dal bagno.

Quando tornò a tavola, notò che Jasmine era accigliata e scrollava freneticamente instagram. 
Tyrell fece per parlare, ma lei alzò lo sguardo. "Voglio tornare a casa."
Tyrell la guardò per un attimo. Poi si alzò e andò a pagare la cena, senza aspettare Jasmine. Lei lo raggiunse stizzita. 
"Buona serata." Sorrise il cassiere.
"Buona serata un corno..." Bisbigliò Jasmine fra i denti.
Il cassiere la guardò e face finta di non aver capito.

Tyrell uscì dal ristorante, mentre Jasmine  faticava a mantenere il passo. Sembravano due estranei. Da quando si era seduto a tavola, Tyrell era del tutto assente. Aveva lo sguardo vacuo e spento, come fosse un altra persona.
Entrò nella berlina e attese che lo facesse anche Jasmine. 
Quando la donna fu dentro, gli disse. "Potevi anche aspettarmi!"
Tyrell la fissò senza sbattere le palpebre. Non disse nulla.
Si guardarono negli occhi per un po'.
Poi Tyrell si voltò, accese il motore e partì, mentre Jasmine si accigliava perplessa.

Durante il tragitto Jasmine continuò a lanciargli occhiatacce. Quando furono a quattro isolati dal suo appartamento, afferrò il cellulare di Tyrell. 
Jasmine si aspettava che lui si lamentasse come al solito.
Ma Tyrell non parlò. Non la degnò nemmeno di uno sguardo. Teneva gli occhi fissi davanti a sé, come se la macchina si stesse guidando da sola.
Jasmine sospirò irritata. Poi sbloccò il cellulare di lui e andò a controllare i social. 
Non trovò nulla.
Su Facebook non c'era nessuna traccia di chat, di mi piace o di nuove amicizie. Su Instagram e LoveMeet lo stesso. 
Lanciò uno sguardo a Tyrell. Stava per dirgli perché non aveva trovato nulla, quando si ricordò che era stata lei a eliminare tutto sei mesi fa, come aveva eliminato anche dagli amici le amiche di Tyrell. Questo di per sé non valeva molto, in quanto Tyrell poteva cancellare lui stesso le Chat. Ma quella volta lei l'aveva fatto in preda alla gelosia legata a sospetti. Sospetti che non era mai riuscita a dimostrare. Gelosia che Tyrell aveva sempre cercato di non innescare. Spesso era lei che cercava di farlo ingelosire, ma con Tyrell avevano funzionato solo le prime due volte. Litigavano per questa cosa che lui definiva "immatura."
Litigavano così ferocemente che alla fine finivano per far sesso spinto sul tavolo, sul letto o sul bancone della cucina. Ormai sistemavano ogni situazione spiacevole in questo modo.
Jasmine era sessualmente dipendente da Tyrell. Lui sapeva con perfezione quali fantasie punzecchiare, ma sopratutto dove toccare. Riusciva a farla venire anche in meno di un minuto, ma non aveva mai capito come far venire lui. Ma di una cosa era certa; lui veniva nello stesso istante in cui lei aveva l'orgasmo.
Tyrell si fermò al semaforo.
Jasmine posò il cellulare sopra il cruscotto e incrociò le braccia con fare infantile, guardando fuori dal finestrino.
Cominciò a piovere.

La berlina si fermò davanti all'appartamento della donna. Jasmine guardò Tyrell, aspettandosi delle scuse. 
Lui continuava a guardare fisso davanti a sé, senza sbattere le palpebre.
Lei attese ancora qualche istante. Poi gli occhi le lacrimarono per la rabbia e uscì, sbattendo la portiera. La pioggia le martellava la testa. Arrivò davanti al portone del palazzo e si girò. Fino all'ultimo momento credette che Tyrell l'avrebbe inseguita. Invece vide che la berlina si stava allontanando.
Scoppiò a piangere e mancò poco che urlasse dalla rabbia.

Tyrell entrò nel suo attico bagnato fradicio e con gli occhi ancora vacui. Rimase sulla soglia per un lungo momento, come se fosse da tutt'altra parte. Poi posò il cellulare sul bancone della cucina e lentamente raggiunse la scrivania. Staccò piano i fili collegati alla cassa del computer, lo afferrò e lo lanciò contro la finestra che andò in frantumi. Il computer si schiantò sul marciapiede, finendo in mille pezzi. Si affacciò alla finestra e osservò un taxi giallo passare in strada. Lo seguì con lo sguardo fin quando svoltò l'angolo. 
La pioggia aumentò d'intensità.
Tyrell rimase affacciato. La pioggia e il vento gelido gli sferzavano il viso.
Gli occhi si erano seccati, arrossati. Non li sbatteva più da quando era entrato nella Berlina.
Udì un trillo.
Voltò lievemente la testa alle sue spalle. 
Un altro trillo, seguito da altri dieci.
Si diresse verso il cellulare, mentre i vetri scricchiolavano sotto le sue suole.
Lo afferrò e vide venti messaggi Whatsapp da parte di Jasmine. Altri continuavano ad arrivare. Sbloccò il cellulare e lesse a saltelli le prime righe.
"Sei uno stronzo, perché..."
"Non voglio più vederti! Stai..."
"Mi hai fatto soffrire e..."
Tyrell saltò tutti gli altri messaggi senza leggerli e quando arrivo alla fine, spense lo schermo del cellulare.
Arrivarono altri trilli. 
Il suo sguardo fu attratto dalla fotocamera frontale. Serrò gli occhi del tutto apatici e inclinò la testa. Andò alla scrivania, prese lo scotch nero da un cassetto e ne staccò un pezzo con i denti, appiccicandolo sulla telecamera.

Improvvisamente si ritrovò seduto sul divano con gli abiti inzuppati di acqua. Sbatté freneticamente le palpebre e si alzò di scattò. Si tastò i vestiti del tutto sconvolto. Sentiva un freddo fin dentro le ossa.
"Cosa è successo..." Disse confuso. 
Vide la finestra in frantumi da cui filtrava il sole. Ci si avvicinò lentamente. 
La pioggia era cessata da diverse ore.
Guardò giù dalla finestra e notò sul marciapiede quello che era rimasto del suo computer. La gente ci passava affianco e lanciava sguardi perplessi dapprima su di esso, poi verso la finestra di Tyrell. 
Preso dal panico, si voltò. Non sapeva cosa fare. Così andò a prendere il cellulare e vide sessantadue messaggi di Jasmine.
Li lesse velocemente. Erano tutti insulti, finché ascoltò la nota vocale.
"Mi visualizzi e basta?" Nella voce di Jasmine, interrotta da sporadici singhiozzi, si percepiva un mix di forte rabbia e odio. "Non vuoi sentirmi più, giusto? E' questa la verità? Per questo eri strano stasera? Sei un fottuto stronzo! Mi hai p-presa in giro... Da quanto è così, eh? Hai un altra, non è vero? Una puttana d-da quattro soldi! Mi fai schifo! ...Sei uscito c-con me solo per scoparmi un ultima volta... Non v-volevi altro da me..." Si sentì piangere per un istante e l'audio finì.
Tyrell percepì una fitta allo stomaco. 
Stava per scriverle un messaggio, quando si accorse di essere stato bloccato. La cercò su Messanger, su Instagram, su Lovemeet, ma era stato bloccato anche lì. Così decise di chiamarla, ma l'esito fu uguale.
Poi notò lo scotch sulla fotocamera frontale, corrugò le sopracciglia confuso. L'ultima cosa che ricordava era di essersi seduto nuovamente a tavola e che Jasmine voleva andarsene.

Tyrell uscì dalla doccia, mentre il vapore si elevava dalla sua pelle. Andò in camera da letto, aprì l'armadio e indossò un aderente tuta nera, sotto una maglietta bianca e scarpe sportive dello stesso colore. Prese le chiavi della berlina e uscì dall'appartamento. Quando fece per chiudere la porta, notò una ragazza uscire dal suo appartamento. Vide solo i suoi lunghi capelli neri che cascavano sulle sue esile spalle e una giacca rossa.
La ragazza lo guardò sotto un ciuffo di capelli, ma lui non se ne accorse.
Tyrell non l'aveva mai vista. Poi sentendosi uno stupido a fissarla, chiuse a chiave la porta e s'incamminò lungo il corridoio, facendo finta di nulla.
Una volta in strada, tolse l'antifurto dalla berlina tramite il telecomando. Poi entrò dentro, gettando uno sguardo ai resti del suo computer sparsi sul marciapiede. 
"Gli Hard disk saranno ormai belli che andati." Disse fra sé. "Non posso più recuperare nulla da là."
Così accese il motore e andò via.

Quando arrivò sotto l'appartamento di Jasmine, suonò al citofono. Si mise davanti alla telecamera, così che Jasmine lo vedesse.
Attese.
Citofonò di nuovo. Nessuna risposta. Allora lo pigiò per una dozzina di secondi, finché Jasmine uscì dalla finestra.
"Smettila!" Urlò. "Vattene o chiamo la polizia!"
Tyrell si allontanò dal citofono e s'incamminò nel piccolo giardino, fermandosi sotto la sua finestra. 
Jasmine lo guardava con gli occhi arrossati.
"Possiamo parlare? Posso spiegare tutto." Le disse.
Lei lo fissò per un attimo. "NO!" E richiuse la finestra.
"Jasmine! Ti prego, ascoltami."
Rimase a guardare la finestra per un po'.
"Jasmine!" Gridò più e più volte.
Una donna sulla trentina uscì dalla finestra del secondo piano. "Smettila di urlare!"
Tyrell abbassò gli occhi e tornò al citofono.
La donna rientrò in casa.
Tyrell pigiò il tasto per un minuto, lanciando sguardi alla finestra. Pensava che primo o poi Jasmine l'avrebbe fatto entrare.
Quindi citofonò diverse volte, finché non vide una macchina della polizia in fondo alla strada.
Scese i gradini, guardò per l'ultima volta la finestra di Jasmine e tornò in macchina.
I due poliziotti s'incamminarono verso il portone del palazzo, guardandosi in giro.

Parcheggiò la berlina nel retro del club Maxim ed entrò dalla porta secondaria. Fu avvolto da un forte odore di birra e olive, oltre che dal fumo di numerose sigarette. Le luci illuminavano debolmente i tavoli e la gente sparsa nel locale. Non c'erano molte persone, a parte i soliti ubriaconi che Tyrell conosceva da una vita. Tutti loro erano con i gomiti poggiati sul bancone a tracannare birra come fosse acqua. Borbottavano, ridevano e s'insultavano amichevolmente a vicenda.
Il locale era abbastanza grande con una pista da ballo e una sala da biliardo. Molta gente del quartiere veniva qui per far festa o divertirsi un po'. Era uno strano incrocio tra una discoteca e un club.
"Ehi!" Disse Jason con una birra in mano; già sbronzo alle otto di mattina. "Guardate un po' chi c'è, gente! Il nostro figlio di puttana preferito!" E fece un largo sorriso, mentre altri otto uomini alzarono festosi i boccali nel vederlo.
"Tyrell!" Aggiunse Victor sorpreso. "Dove diavolo eri finito, eh?" Gli diede una pacca sulla spalla. Victor era un uomo robusto, sulla cinquantina, con una pancia enorme simile a un melone. Aveva folte sopracciglia nere, un naso a patata e indossava spesso larghe camice nere o marroni. Inoltre, appariva sempre di buon umore in mezzo alla gente.
Jacky, il barista, prese una boccale, lo riempi di birra alla spina e lo posò davanti a Tyrell.
Victor e Jason si affiancarono a Tyrell. Erano molto più imponenti di lui, sia in altezza che in larghezza.
"Allora, T." Disse Jacky con voce catarrosa e il volto solcato da innumerevoli rughe. "Come va?"
"Non vedi, Jacky?" Jason serrò le spalle di Tyrell con un braccio. "Va tutto bene! Il nostro amico è tornato. Dobbiamo festeggiare!" Gridò con il viso arrossato, facendo presagire che da lì a poco sarebbe crollato sul pavimento o nel magazzino, se non fosse ancora tanto sbronzo.
Gli otto uomini nella stanza urlarono di rimando e si avvicinarono tutti a ridosso di Tyrell. Divenne praticamente invisibile sotto tutti quei corpi, che lo afferravano per abbracciarlo o lo colpivano con pacche sulle spalle che sembravano veri e propri schiaffi.
Jacky scosse la testa con un vago sorriso e si allontanò per servire un nuovo cliente che era appena entrato. Un cliente che non aveva mai visto.

Quando ebbero finito di festeggiare il suo ritorno, tra fiumi di alcol, Victor prese in disparte Tyrell. Si sedettero su due divanetti beige in fondo al club, in un posto appartato, quasi avvolto dalla penombra. 
Poco dopo, mettendoci un eternità, Jacky li raggiunse strascicando i piedi. Lasciò sul tavolo una gonfia busta di carta e tornò al bancone.
"E' tua." Disse Victor.
"Non posso accettare." Rispose Tyrell.
Victor mise una mano sulla busta e la spinse verso Tyrell. "Prendila!" Aggiunse con fare serio.
Tyrell guardò dapprima Victor, poi la busta. Alla fine l'afferrò e l'appoggiò sul divanetto in cui era seduto.
"Perché sei sparito?" Domandò Victor.
"Avevo molti pensieri per la testa."
Victor lo fissò negli occhi per un momento. "Pensieri? Quali pensieri?"
Tyrell percepì quella domanda come se fosse sospettato di qualcosa. Victor non insisteva mai, ma quando lo faceva voleva dire che c'erano guai in arrivo. "La mia ragazza. Ho avuto dei problemi con lei."
Victor mutò faccia e sorrise. Sapeva riconoscere le menzogne. "Ah, le donne. Poveri noi. Quando entrano nella nostra vita, poi ci tengono per le palle!" Rise, finendo poi per tossire.
Tyrell accennò un sorriso di circostanza.
"Senti, T." Victor tornò serio in un attimo. "Lo so che non vuoi sporcarti le mani. E sai che apprezzo quello che hai fatto per me. Ma non puoi andare e venire come ti pare. Sei sparito per due settimane. 'Due settimane'. Ci sono regole che vanno rispettate." Si schiarì la gola secca. "Le regole servono a questo, T. Se ognuno fa quello che vuole regnerebbe il caos. Mi capisci, vero?"
Tyrell lo guardò per un momento. "Ne abbiamo già parlato, Vic. Voglio allontanarmi da tutto questo, rifarmi una nuova vita. Ho scontato cinque anni per te. Mi sono fatto la galera senza lamentarmi. Ho fatto quello che volevi. Me l'hai promesso, Vic. Un ultima lavoro e poi sarebbe tutto finito. Non voglio..."
D'un tratto la porta principale venne abbattuta. 
Una dozzina di uomini incappucciati e armati di AK-47 si riversarono nel locale. Aprirono il fuoco verso il bancone del bar. Urla e gemiti si levarono dal caos generale, mentre il sangue schizzò sul pavimento, sul bancone e sui muri. Gli uomini di Victor morirono senza aver sparato un colpo con le pistole ancora impugno. Il commando sapeva chi uccidere, perché molta gente era fuggita alle loro spalle.
Victor e Tyrell sgattaiolarono verso la porta nel retro. Quando Tyrell l'aprì, la canna di una pistola gli si appiccicò alla tempia.

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Capitolo 3
*** III. Capitolo ***


Tyrell fu colpito alla tempia con il calcio della pistola, ma non perse i sensi. Vide due uomini incappucciati che lo afferrarono e lo gettarono nel portabagagli di un SUV. Alzò una mano, ma un uomo gli sferrò un pugno in faccia.


Si svegliò legato a una sedia con la vista appannata. La testa gli doleva per il colpo subito.
Si trovava in una specie di buia cantina. Attorno a sé solo botti di vino, tre tavoli, una lampada accesa al centro della stanza e altri oggetti ombrati che non riusciva a vedere.
Quando mise a fuoco la vista, notò Victor a pochi passi da lui. Era legato, incosciente e con la faccia tumefatta.
Un uomo tozzo, che profumava di dopobarba, si avvicinò a Tyrell. Lo fissò per un istante.
Tyrell mantenne lo sguardo.
D'un tratto l'uomo fece per colpirlo, quando qualcuno disse. "Fermo!"
L'uomo tozzo si voltò e senza dire una parola, si mise alle spalle di chi aveva parlato.
Tyrell lo riconobbe subito. 
Ero lo zio di Jasmine; Trenton Hollyday. Un uomo magro, sulla quarantina, dal viso malaticcio e dall'andatura zoppicante. Indossava una camicia nera con le maniche rimboccate fino ai gomiti e un pantalone grigio. Aveva sempre l'espressione cupa, quasi sofferente, accentuata perlopiù dalle sue sopracciglia curvate all'insù.
Tyrell pensò subito se tutta questa storia fosse legata al litigio con Jasmine. Poi pensò che era impossibile. Troppi morti. Troppa scena. Jasmine non parlava mai con i suoi famigliari, anche se suo zio l'aveva sempre viziata da piccola.
"Tyrell." Trenton prese una sedia e si sedette davanti a lui. "Mi devi un favore."
Tyrell serrò gli occhi.
Trenton lo fissò per un attimo. Poi si girò verso Victor. "Il tuo capo mi voleva morto, lo sai?" Si alzò dalla sedia e cominciò a fare avanti e indietro. "Io e te abbiamo una cosa in comune."
Jasmine pensò Tyrell.
"Jasmine." Disse Trenton, confermando il suo pensiero. "Sei vivo solo grazie a lei. Non voglio far piangere mia nipote. E poi sei un ragazzo in gamba. Ti sei fatto cinque anni senza fiatare. Victor è uno stronzo ingrato, lo sai anche tu." Si fermò e gli fece un finto sorriso meccanico. "Victor non ti ha protetto quando eri dentro, ma l'ho fatto io." Ritornò a muoversi nella cantina. "Avevo visto che eri in gamba. Osservavi e parlavi poco. Una qualità che può portarti lontano nella vita." Si fermò a guardarlo. "E alla fine, il destino ti ha fatto incontrare mia nipote. Sembra che noi due siamo destinati a lavorare insieme. Capisci cosa intendo? C'è una sorta di affinità tra noi due." Lo fissò con i suoi pallidissimi occhi.
Tyrell vagò con lo sguardo. 
"Allora?" Insistette Trenton.
"C-certo..." Farfugliò Tyrell.
"L'unico problema è questo figlio di puttana del tuo capo. Pensava di poter fregare me." Scoppiò a ridere. "Ci credi, Tyrell? Fregare Trenton Hollyday." Si girò verso l'uomo tozzo. "Diglielo tu. Che fine ha fatto l'ultimo che ha cercato di fregarmi?"
L'uomo tozzo fece il gesto di recidersi la gola con un dito.
Trenton sorrise freddamente. "Io ho avvertito, Victor. Dico davvero. Si ero messo in testa cattivi pensieri. Stava pensando in grande." Si voltò verso di lui. "Voleva far fuori me e tutti gli altri. Lo capisci tu stesso che è impossibile. In città ci sono molte famiglie. Nessuno di noi pensa a saltare alla gola dell'altro, perché pensiamo al profitto. Al Dio denaro. Possiamo arricchirci tutti insieme, capisci? Questa città è troppo grande per una sola famiglia. La retata che ho subito al porto è colpa sua. E' diventato uno spione. Un fottuto informatore della polizia! Pensava di poter fare il doppio gioco. Forse i Federali gli avevano promesso qualcosa o forse credeva di poter usare loro per indebolirmi, così da farmi fuori."
Tyrell non capiva. Victor informatore della polizia? Era impossibile. Victor ci teneva troppo ai suoi affari e ai suoi ragazzi per diventare un informatore o un cane sciolto.
"Sveglia lo stronzo!" Ordinò Trenton all'uomo tozzo.
Quello lo prese a schiaffi e Victor si svegliò di colpo.
Trenton si avvicinò a cinque centimetri dalla faccia di Victor. Inclinò la testa come fosse incuriosito.
"Tu..." Disse fra i denti Victor. "Bastardo ingrato!"
Trenton alzò un sopracciglio. "Io? Dici a me?" Scoppiò a ridere.
"Sei stato tu ad assaltare il mio magazzino. Tu hai preso la mia roba! Mi hai incastrato con le altre famiglie!" Victor sputò in faccia a Trenton.
Tyrell non ci stava capendo niente.
"Loro lo sanno!" Continuò Victor. "Lo sanno! Non si faranno ingannare. Il tuo piano non funzionerà, fottuto stronzo!"
Trenton sorriso falsamente e si pulì il viso con la manica arrotolata della camicia. Poi senza dire nulla, andò nella penombra.
Ritornò con un ascia.
Victor sgranò gli occhi. L'ascia si abbatté sul suo ginocchio, lacerandogli carne e osso. Il sangue schizzò sul viso appagato di Trenton.
Victor urlò dal dolore.
Tyrell si paralizzò.
"Imbavaglio lo stronzo." Disse Trenton all'uomo tozzo. "Grida più di una donna in procinto di partorire. Non ne hai dignità, Vic? Eh? Non ne hai?" Rise a crepapelle.
L'uomo tozzo si mise alle spalle di Victor e con forza gli infilò un panno in bocca.
"Oh, ma guarda un po'." Disse Trenton, indicando il ginocchio mezzo mozzato con la punta dell'ascia. "Sembra che io non abbia fatto un buon lavoro. Nessun problema. Rimedio subito."
L'ascia roteò in aria e recise del tutto il ginocchio. Il sangue sgorgò dalla ferita, riversandosi sul pavimento. 
Victor continuò a urlare, mentre Trenton sorrise felice con gli occhi sbarrati.
Tyrell vomitò bile.
"E che cazzo, Tyrell." Aggiunse Trenton infastidito. "Non ti facevo così debole di stomaco. Sei un cazzo di sicario, dopotutto. Che figuraccia fai, così?"
Tyrell fissò il suo vomito schiumoso.
Il sangue si andava addensandosi sul pavimento.
"Slegalo." Disse Trenton all'uomo tozzo.
Tyrell vide la corda attorno a sé crollare sul pavimento.
Trenton si avvicinò e gli allungò l'ascia. "Avanti. Dagli il colpo di grazia."
Tyrell guardò dapprima la testa insanguinata dell'ascia, poi Trenton che aveva un aria apatica.
"Dai, non fare il timido." Scherzò Trenton. "E' l'unico modo per capire se sei con me." Gli fece cenno con lo sguardo di prendere l'ascia.
Tyrell non riusciva a prenderla.
Trenton sospirò. "Che delusione, pensavo che..."
Tyrell fu avvolto dalle tenebre.

Si svegliò di colpo davanti a una verde porta di ferro. Era in un vicolo. Notò che non indossava più la tuta, ma una giacca nera, un camicia dello stesso colore e un pantalone nero. 
Sentì una pacca alle spalle. Si voltò. Trenton gli sorrideva freddamente. Indossava un largo completo azzurro, come se fosse appena uscito dagli anni '80. Poi lo spinse dentro il Club.
Fu inondato da una musica Dance assordante. Luci viola lampeggiavano di continuo. Uomini di ogni età attorniavano le ballerine, che si esibivano con il seno di fuori, compiendo varie mosse attorno al palo. Era un grande locale affollato di uomini urlanti e mezzi ubriachi. Alcune cameriere o ballerine sedevano sulle gambe dei clienti. Quest'ultimi erano vestiti con eleganti completi che valevano una fortuna. Tyrell capì che era gente molto ricca e potente.
Al passaggio di Trenton, tutti si scostavano, salutandolo.
"Ehi, Trenton."
"Buonasera, Trenton."
"Come va, Trenton?"
Trenton sorrideva freddamente, mentre Tyrell lo seguiva alle spalle e dietro di lui l'uomo tozzo. Si fecero strada lungo il locale, finché salirono una scalinata a chiocciola che portava all'ufficio di Trenton.
Quando furono dentro, Tyrell cessò quasi di sentire la musica. Era una piccola stanza dalle pareti verde acqua e una lunga vetrata coperta da tende veneziane che dava sul locale. Una serie di quadri paesaggistici tappezzavano i muri.
L'uomo tozzo si piazzò davanti alla porta con le braccia conserte.
Trenton si avvicinò a un tavolino, prese la bottiglietta di Scotch da un frigobar e si versò un bicchierino. "Vuoi?" Disse a Tyrell.
"Sto bene così."
Trenton lo bevve tutto d'un sorso  e se ne versò dell'altro. Poi andò a sedersi dietro la sua scrivania con in mano la bottiglietta di vetro. "Dai, siediti. Odio la gente che rimane in piedi. Mi snerva."
Tyrell gettò uno sguardo all'uomo tozzo dietro alle sue spalle, poi si sedette sulla poltroncina.
Trenton tracannò lo scotch e sbatté il bicchierino sulla scrivania, spalancando la bocca per il bruciore alla gola. Poi gli puntò il dito. "Cazzo se sei un sadico." Rise.
Tyrell non comprese cosa voleva dire. 
"Io mi reputo tale, ma rimango modesto. Ma tu cazzo..." Sospirò, annuendo. "Tu lo hai praticamente smembrato quel figlio di puttana, mentre ancora gridava. Cazzo, se è stato uno spettacolo." Poi guardò oltre le spalle di Tyrell. "Diglielo, Petrov. Non è stato fenomenale?"
L'uomo tozzo grugnì.
"Io non..." Disse Tyrell che non finì la frase.
"Sì, ok, ok." Trenton alzò una mano per farlo tacere. "Non c'è bisogno che parli. Dopotutto, mi hai detto tu stesso di arrivare al sodo quando hai staccato la testa di Victor. Che non sarebbe stato un problema per te fare quello che devi fare." Si versò da bere. "Ho grandi progetti per te." Bevve lo scotch e scosse la testa perché gli bruciava il palato. "Adesso parliamo di come ricambierai il favore che ti ho fatto in galera. Come ti ho già accennato, devi sistemare un mio amico. Anzi, un mio ex amico. L'amicizia non esiste per gente come noi. Comunque si chiama Fernando Haze." Prese una foto da un cassetto della scrivania e lo mise sul tavolo. "Abita in un appartamento di lusso a Downtown. Crede di essere un uomo di affari che ha raggiunto la vetta." Scoppiò in una risata isterica. "La vetta?" Continuò ridere. Poi versandosi da bere, ingurgitò lo scotch. Si alzò di scatto dalla sedia e andò alla finestra, spiando tra le fessure della tenda veneziana. "Ok, ora sono calmo." Si girò e fece un profondo respiro. "Non devi sapere perché lo voglio morto." Guardò Petrov. "Portalo al suo appartamento e dagli un arma pulita."
Petrov grugnì e aprì la porta.
Tyrell fu travolto nuovamente dalla musica Dance.

Venti minuti dopo, il SUV di Petrov si fermò accanto al marciapiede. Erano nel quartiere residenziale di Downtown. Molti grattacieli di lusso si stagliavano all'orizzonte, mentre la gente passeggiava sui marciapiedi. Gente importante, ricca e potente. Tyrell fissava i loro vestiti da mille dollari o più. Le loro facce presuntuose e arroganti. La loro andatura fiera, come se fossero padroni della città o del mondo. 
"C'è troppa gente." Disse Tyrell. "Lo farò in casa."
Petrov si voltò. "Sei idiota o fai la parte?"
Tyrell aggrottò la fronte perplesso.
Petrov scosse la testa, snervato. "Nella cantina hai detto che lo avresti fatto in casa. 'Un lavoro pulito.' Così l'hai definito. Ora perché ti preoccupi della gente? E poi perché hai ripetuto nuovamente che lo farai in casa?"
Tyrell non si ricordò di averlo detto. Che fosse un altro vuoto mentale come era successo con Jasmine? Perché non ricordava?
"Mi sembra di essere con un altra persona. Il mio capo adora gli psicopatici. Ecco perché gli piaci. Sei una sorta di psicopatico anche tu?" Domandò Petrov, anche se era più un affermazione.
Tyrell evitò lo sguardo dell'uomo tozzo, gettando un occhiata fuori dal finestrino.
"La pistola è nel portaoggetti." Disse Petrov. "Il resto lo sai. Ora scendi dall'auto."
Tyrell lo fissò per un istante, afferrò la .9mm e scese dal Suv, che ripartì subito.
Nascose la pistola nella giacca e andò verso il portone del palazzo in cui abitava Fernando Haze.
Citofonò a caso.
"Chi è?" Rispose un anziana voce da uomo.
"Mi potete aprire il portone. Ho scordato le chiavi nel mio appartamento."
Il portone vibrò.
Tyrell salì le scale fino al dodicesimo piano. S'incamminò lungo il corridoio e si fermò davanti alla porta numero 48. Bussò alla porta e si mise di lato, in modo da non farsi vedere dallo spioncino.
Poco dopo, Fernando Haze aprì lievemente la porta, bloccata a metà dal chiavistello. Era un bell'uomo sulla quarantina, dalla mascella marcata, occhi grandi e zigomi alti. Indossava una camicia blu e una nera cravatta allentata.
Tyrell sferrò un calcio frontale alla porta, che si spalancò. 
Fernando cadde a terra stordito.
Tyrell gli si lanciò contro e lo colpì in fronte con il calcio della pistola.
L'uomo perse i sensi.
Tyrell richiuse rapidamente la porta, mentre quella di fronte all'appartamento di Fernando si aprì. Una donna sulla sessantina sbirciò nel corridoio, poi la richiuse.
Tyrell andò in camera da letto, prese un cuscino, tornò nel soggiorno e lo mise in faccia a Fernando. Poi affondando la canna della pistola nel cuscino, sparò due colpi, che emisero un sordo rumore. Fibre sintetiche schizzarono in aria dal cuscino, mentre una pozza di sangue si stava formando attorno alla testa dell'uomo.
Quando Tyrell levò il cuscino, vide le due pallottole poco distanti l'una dall'altra sopra il sopracciglio destro. Si abbassò ancor di più, notando che i proiettili non avevano forato il pavimento. Se così fosse stato, questo avrebbe allertato chi abitava di sotto, sempre se c'era qualcuno. 
Poi, tenendo in mano il cuscino, si alzò, raggiunse la cucina e lo gettò nel lavandino. Afferrò il detersivo dei piatti e versò il liquido verde su di esso. Dopodiché, girò la manovella dell'acqua e lasciò che il lavello si riempisse. Poi si mise a sfregare il cuscino, anche se il suo intento non era lavarlo, ma togliere di sopra le sue impronte. 
Ripulì ogni parte del lavello che aveva toccato con un lembo del cuscino. Tornò in soggiorno, prese la pistola e spiò dallo spioncino. Infine, cautamente, uscì dall'appartamento senza toccare la maniglia e lasciò il palazzo.

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