Fino al mio ritorno Grande Inverno è tua

di Nymeria87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 7x01 MM0.0 Il Beneplacito ***
Capitolo 2: *** 7x01 MM0.1 Il Solarium ***
Capitolo 3: *** 7x01 MM0.2 Il Regalo ***
Capitolo 4: *** 7x1.1 Now and Always ***
Capitolo 5: *** 7x1.2 ...so Terrible ***
Capitolo 6: *** 7x1.2 MM 1.0 Il Dinniego ***
Capitolo 7: *** 7x1.3 What about Happy? ***
Capitolo 8: *** 7x1.3 MM 1.1 La Regina di Spine ***
Capitolo 9: *** 7x1.3 MM 1.2 come per Aemon e la sua Naerys ***
Capitolo 10: *** 7x1.3 MM 1.3 Partenze ***
Capitolo 11: *** 7x2.1 Mix - Dark wings, Dark words part.1 ***
Capitolo 12: *** 7x2.1 Mix - Dark wings, Dark words part.2 ***
Capitolo 13: *** 7x2.2 The North is Yours ***
Capitolo 14: *** 7x2.2 MM 2.0 il Commiato ***
Capitolo 15: *** 7x2.3 Farewell ***
Capitolo 16: *** 7x3.0 MM di Voti infranti e Confessioni ***
Capitolo 17: *** 7x3.1 Dragonstone ***
Capitolo 18: *** 7x3.2 On the top of the World ***
Capitolo 19: *** 7x3.3 Few Words in the Wind ***
Capitolo 20: *** 7x3.4 The Three Eye Raven ***
Capitolo 21: *** 7x4.1 Winterfell mix – cubs no longer ***



Capitolo 1
*** 7x01 MM0.0 Il Beneplacito ***


Introduzione
 
Innanzitutto perdonate il ritardo, avevo detto entro Gennaio ma siamo già ai primi di Febbraio...
La storia parte subito dopo la conclusione della puntata 6x10.3 Winds of Winter. Questa ff rimanda quindi agli eventi della sesta stagione e a tutti i missing moments che avete potuto leggere in ...dove andremo, semai!
Ripartiamo quindi con questa nuova long che spero possa piacere quanto la precedente, come sempre ripercorreremo gli eventi visti nella serie ma andando a scavare un pò piu’ a fondo, attraverso i gesti e le espressioni che hanno fatto galoppare la mia mente molto lontano, a coltivare congetture e ad immaginare cio che (ahimè) non abbiamo potuto vedere.
Buona lettura e abbiate coraggio: recensite!!!




7x01 missing moment 0.0

Le portate iniziarono a susseguirsi l’una dietro l’altra senza sosta ad imbandire le lunghe tavolate in noce, tutti brindavano e festeggiano; prefino Lord Royce si era quasi dimenticato di essere seduto affianco ad alcuni rappresentanti del popolo libero. Qualche Lord continuava a chiamare dei brindisi di tanto in tanto e il brusio generale non fece percepire la mancanza di musica.
Jon guardava la sala assorto non riuscendo a spiccicar parola.
La mente totalmente annebbiata dall’inimmaginabile investitura di se stesso quale Re del Nord da parte dei Lord presenti in sala; i pensieri si susseguivano veloci, tanto da sconvolgere Jon, rendendolo incapace di soffermarsi anche solo su uno di essi, quando ad un tratto una presa ferrea alle spalle lo catapultò a voltare il suo sguardo su Thormund:
“e quindi ora sei il Rè piccolo corvo, chi l’avrebbe mai detto?” gli sussurrò all’orecchio,
“liberamente scelto dal tuo popolo, sembra che non siate poi così differenti da noi” ghignò il bruto;
“cerca di non dirlo a voce troppo alta” scherzò Jon liberando un mezzo sorriso verso l’amico mentre con la coda dell’occhio intravide lo sguardo curioso di Sansa su di loro.
Un attimo dopo il Bruto si distaccò celermente da Jon ergendosi in tutta la sua altezza trattenendo il respiro, folgorato quando Lady Brienne irruppe nella grande sala con Podrik a seguito. Sansa si alzò di scatto facendo stridere il suo scrano contro il pavimento e con un fremito d’emozione si apprestò per accogliere la donna; non le sfuggirono però i molti sguardi rivolti verso di loro, rallentò quindi di poco l’avanzata fino a inspirare profondamente con l’intento di mantenere il contegno che tutti si aspettavano dalla Lady di Grande Inverno. Quando infine si ritrovò la sua Spada Giurata dinnanzi a se si schiarì la voce: “Lady Brienne...” le sorrise con occhi fulgidi,
“Sono desolata mia signora” iniziò la donna chinando il capo in segno di rispetto e scuse, “ho deluso le vostre aspettative, non sono riuscita a portare a termine il compito che mi avevi affidato e purtroppo devo anche riferirvi che l’esercito Lannister è accorso in aiuto dei Frey conquistando Delta della Acque; vostro zio ha combattuto fino all’ultimo Mia Lady”.
Il suo sguardo costernato incontrò gli occhi lucenti della più giovane che chinò il capo metabolizzando la notizia: “Lady Brienne, sei viva e sei qui e non mi hai delusa in questo” rispose Sansa tornandola a guardare, accogliendo le mani inguantate della bionda tra sue e regalandole un sorriso tenue leggermente amaro; “sarai stanca per il lungo viaggio... Maestro Wolkan” richiamò la ragazza, “fate accomodare Brienne nelle stanze adiacenti alla mia in modo che si possa riposare” disse rivolta al Maestro per poi avvicinarsi nuovamente alla donna:“parleremo dopo, sono tante le cose che dobbiamo dirci” la congedò dolcemente Sansa.
La giunonica amazzone fece un leggero inchino e si voltò per seguire il maestro fuori dalla sala.
Thormund osò qualche passo verso di lei ancora a bocca spalancata quando Brienne gli rivolse lo sguardo; un attimo di titubanza quando la donna soppesò il bruto, ma Thormund fu incapace di cogliere l’occasione di dirle qualcosa causa la lingua ancora impastata dall'emozione di rivederla.
Brienne incontrò gli occhi dell’uomo per poi riprendere coscienza di se stessa e uscire dalla sala, mano su Giuramento ed elmo sotto il braccio.
 
Quando Sansa si voltò si lasciò inconsapevolmente sfuggire un respiro di sollievo,
sei la cosa più vicina ad un’amica che ho Brienne, sono felice tu sia tornata.
Tra un fruscio di velluti si avviò diretta a riprendere il suo posto con l’intenzione di adempiere ai suoi doveri quale Lady di Grande Inverno.
Si sedette così con occhi rivolti alla sala, mentre Jon la osservava in silenzio fino a che non resistette più e voltandosi verso di lei le si accostò col viso: “Ti sta bene tutto questo?” le chiese d’un tratto in un sussurro indicando con la mano le tavolate difronte a loro.
Sansa lo guardò curiosa soppesando per un momento la sua espressione costernata mentre cercava di comprendere il significato delle parole di Jon.
Tutto questo? Mi stai chiedendo se approvo quando io sono stata la prima a chiedere il tuo aiuto? A credere in te e nelle tue capacità?
Sansa era totalmente incredula, si sistemò sulla sedia rivolgendosi col corpo totalmente a Jon: “sei un uomo di valore Jon, ti meriti tutto questo, lo hai dimostrato sul campo di battaglia!”,
“Sono quasi morto sul campo di battaglia” replicò lui in un sussurro impaziente avvicinandosi,“e lo sarei se non fosse stato per te!”.
Sansa scosse impercettibilmente la testa, “hai rischiato tutto per il Nord, è questo quello che loro vedono, un uomo che darebbe la vita per la sua terra e la sua gente...”
 
Per il Nord, certo, ma avrei dato la vita anche solo per te Sansa, sei stata il mio ultimo pensiero prima dell’impatto con le armate Bolton.
 
“...un condottiero con l’onore pari a quello di nostro padre, e la tempra di Robb... un UOMO Jon e questo rimane sempre un valore aggiunto” spiegò diligentemente lei mentre tornava con gli occhi sulla sala, “non possono affidarsi a me, non totalmente e non ancora almeno; devo dar loro dimostrazione di essere ancora una vera Stark e non solo una donna che è stata sposata ai loro nemici”, inspirò calma Sansa.
“E ti sta bene?” chiese nuovamente lui.
Sansa si voltò verso Jon,
come posso farti capire?
Si inumidì le labbra ad occhi bassi, cercando le parole migliori da usare mentre accoglieva una una mano di lui tra le sue; Jon non si perse neanche il più minimo dei suoi movimenti e delle sue espressioni...
“Non so niente di piani di battaglia” gli disse lei incontrando il suo sguardo attento, “e in questo momento ci servono strategie militari più che mai” sorrise remissiva.
Era un consenso quello. Jon lo sapeva e valeva per lui più di ogni altra cosa al mondo.
“Voglio che tu sia al mio fianco in questo, Grande inverno è tua lo sai!” continuò celermente lui.
Sansa gli sorrise ancora accennando un lieve assenso col volto.
 
Incontrando nuovamente quegli occhi cobalto, in un’approvazione silenziosa, Jon preso da un impeto d’emozione si portò le mani di lei ad incontrare la sua bocca in un baciamano fermo, come una promessa; le labbra umide di Jon sulla sua serica pelle e i peli ispidi della barba che la sfregavano appena in un languido contrasto, le andò a provocare un brivido lungo la schiena mentre gli occhi di lui non la abbandonavano nell'intenso contatto visivo, come a parlarle senza voler usare parole superflue.
Sansa sbattè un paio di volte le ciglia come ad allontanare quella sensazione che la turbava ogni volta,
“Se vuoi scusarmi” si ricompose fuggendo da quel contatto, “andrò a fare un po’ di convenevoli con i nostri ospiti” disse con un lieve sorriso alzandosi lentamente. Jon repentino scattò in piedi anche lui bloccandola col suo corpo, trattenendola senza osare toccarla ancora, mentre gli occhi percorrevano il viso diafano incorniciato da quei lucenti capelli di rame.
Sansa poteva quasi sentire il calore che si sprigionava da lui.
“Non hai bisogno del mio premesso Sansa” sussurrò, occhi fissi sul tendini tesi del collo di lei, “e spero proprio tu non abbia intenzione di chiamarmi Vostra Grazia, so quanto adori l’etichetta ma davvero non devi...non tu” terminò in un soffio caldo.
Più che un’imposizione suonò come una richiesta fremente, l’intensità del suo sguardo tornato sugli occhi di lei celava un trasporto talmente tanto imminente che Sansa non riuscì a difendersi in altro modo se non restituendogli obbediente un sorriso remissivo prima di voltarsi incedendo verso la sala.
 
Ser Davos, seduto lateralmente alla tavolata di sinistra, forse a causa dell’euforia collettiva dovuta allo scorrere di troppo vino, pensò che la sua vista gli causasse strani scherzi e giochi di luce; il languore del fumo delle luci soffuse delle candele, doveva avergli annebbiato leggermente la vista perchè Jon e Lady Sansa erano fratelli e per quanto con caratteri così diversi tra loro, quella che pensava di avere appena visto non poteva di certo essere attrazione; probabilmente la ragazza doveva aver detto qualcosa che aveva infastidito Jon e sicuramente proprio a causa di quel fastidio lui era scattato così celermente in piedi una volta che anche lei l’aveva fatto, chiaramente con l’intento di darle un ammonimento.
Ah, quanto gli mancavano le discussioni con la sua dolce Marya, certo dopo fare pace era ancora più piacevole, e questi sono tutti pensieri causati dal vino, per gli Dei...
Vero era anche che lo spirito combattivo della ragazza Stark a volte era tale da farti perdere la testa, sembrava che Lady Sansa fosse l’unica in grado di stravolgere la centratura dell’animo di Jon, come se da quando fosse rientrata nella vita del ragazzo, avesse ristabilito il suo nord magnetico che puntava dritto verso di lei e verso Grande Inverno,
ed eccoci qui per l’appunto, ma tu sei solo un vecchio che ha bevuto troppo e forse è tempo di andare a dormire...
Pensò Davos inabissandosi in un ultimo bicchiere di vino.

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Capitolo 2
*** 7x01 MM0.1 Il Solarium ***


7x1 Missing Moment 0.1
 
 
 
Sansa non lo stava evitando, ma i loro impegni erano talmente tanto differenti che riuscivano giusto ad incrociarsi durante i pasti e scambiarsi qualche parola frugale, perchè Jon chiamava ogni sera un Lord diverso a sedersi accanto a lui per conversare, esattamente come entrambi avevano visto fare a loro padre, tanto tempo addietro.
Sansa era incuriosita dalle modalità di Jon, non lo aveva mai visto muoversi in ambito politico e ancora non aveva idea di cosa doversi aspettare anche se era sempre pronta ad intervenire qualora avesse ritenuto opportuno farlo.
Le dinamiche di corte gli sono totalmente estranee; è vero che il Nord è diverso ma con Baelish nei dintorni non si può mai sapere.
 
Jon da parte sua la cercava spesso con lo sguardo, quasi ad assicurarsi che Sansa fosse sempre accanto a lui, ma ogni volta che cercava di intavolare una conversazione, veniva immancabilmente interrotto da qualcuno; ormai il più delle volte Maestro Wolkan faceva loro più da corvo messaggero che da maestro della cittadella, fino a che un mattino inoltrato Sansa non venne condotta in quello che era stato il vecchio solarium di suo Padre.
Quando aprì la pesante porta in noce vi trovò Jon al suo interno, di spalle, intento nella lettura di alcuni messaggi.
“Jon” lo chiamò lei facendolo voltare ad incontrare il suo sguardo, “non pensavo di trovarti qui, eri tu che avevi bisogno di me?”.
Jon le sorrise beandosi della sua presenza mentre adagiava le pergamene sullo scrittoio: “c’eri mai venuta qui?” le chiese indugiando con un fugace sguardo sulla stanza in cui si trovavano, sorvolando sulla domanda la ragazza gli aveva appena rivolto.
Sansa si guardò attorno incontrando le pareti e gli arredi della stanza: “solo quando le liti con Arya diventavano ingestibili facendomi perdere il controllo di me stessa” sorrise lei al ricordo.
“Oh, beh, come ti faceva innervosire lei era un vero spettacolo effettivamente” sghignazzò sommessamente Jon,
“ah si? Beh sappi che comunque non sono state poi così tante le volte che sono stata qui per essere sgridata” rispose permalosa ma divertita la ragazza.
“Effettivamente mi stupisce già il fatto che tu fossi mai stata chiamata qui dentro” ironizzò Jon continuandola a guardare rispondere al sorriso: “eri già una Lady a tre anni: così delicata e desiderosa di compiacere...” continuò lui avvolgendola con uno sguardo carezzevole, fino a che le gote di lei non si arrossarono lievemente.
“Vorrei condividessimo questa stanza se sei d'accordo” le fece presente d’un tratto Jon, osservandola nella sua reazione, “per tutto quello che concerne le dinamiche future: come ti ho già detto non voglio segreti con te e ci terrei a confrontarci liberamente su ogni argomento”.
Sansa era incredula, non tanto per le parole di lui ma per il gesto di per se; si sentì presa in considerazione, finalmente, per le sue capacità ed esperienze e non per essere la chiave del Nord.
Jon infilò una mano nel farsetto tirando fuori due chiavi identiche che le mostrò subito dopo: “sono le uniche due copie di quella porta” disse indicando con lo sguardo l’ingresso, “la chiuderemo ogni volta che usciremo di qui a meno che l’altro non rimanga all'interno”.  Sansa acconsentì sempre silenziosa, con il cuore che le batteva accelerato, mentre si apprestava a scegliere la sua chiave dal palmo di Jon, che sorrise al suo gesto.
“Dobbiamo metterci al corrente di tutto Sansa, il più possibile: mi devi raccontare di Robyn e dei Lord della Valle...”,
“e di Baelish, che stai continuando ad evitare Jon” lo interruppe lei anticipando l’onda dei suoi pensieri.
Jon prese un respiro per calmare i nervi all'udire quel nome; si morse le labbra socchiudendo per un attimo gli occhi al fastidio per poi tornare a specchiarsi nelle iridi cerulee della sorella: “credo che anche lui sia molto bravo ad evitarmi, e se è intelligente anche solo la metà di quello che mi hai detto, si tiene alla larga solo per procrastinare l’arrivo di un mio destro dritto in faccia” ringhiò lui appoggiandosi allo scrittoio a pugni chiusi, braccia tese e sguardo perso nell'immaginare la soddisfazione che avrebbe potuto assaporare da quel pugno immaginario.
“Questo non è il miglior modo per tenersi stretti gli alleati Jon” lo ammonì lei inarcando le sopracciglia mentre iniziava a mettere ordine la tavola dando di tanto in tanto una letta alle missive.
Jon soppesò i suoi gesti per un momento, azzardando poi qualche passo attorno alla scrivania per avvicinarsi alle spalle della ragazza con tutta calma : “forse no, ma è il modo migliore per porre dei limiti al malsano approccio che ha nei confronti di mia sorella” le sussurrò controllato all'orecchio per poi allontanarsi e accogliere una sua reazione.
Un brivido percorse la schiena di Sansa alla percezione del respiro caldo di Jon sulla pelle e alla feroce possessività che trasparì da quelle parole; si voltò lentamente verso di lui ad incontrare i suoi occhi.
Sorellastra sembrava sussurrare l’elettricità che li avvolgeva in quella stanza.
“Lord Royce sembra non fidarsi troppo di Baelish e mi ha raccontato alcuni trascorsi tra cui l’inaspettato suicidio di tua zia Lysa” spiegò quietamente Jon.
Sansa era allarmata e temendo una mossa affrettata del fratello, intervenne prontamente: “se io sono pronta a fidarmi de te Jon deve essere lo stesso anche per te: di Baelish me ne occupo io” decretò ferina la ragazza accorciando la distanza tra loro;
Una luce nel suo sguardo fece rivalutare a Jon i suoi stessi pensieri: “posso fidarmi di te Sansa ma non di lui”, “e io sono la prima a dirti di non fidarti di lui” replicò in consenso la sorella avvicinandosi ancora, “ma a Baelish ci penso io, qualunque cosa lui dica o faccia, sarò io ad avere l’ultima voce in capitolo” concluse irremovibile.
Erano ad un palmo di naso e Sansa neanche si era resa conto di quanto si fosse fatta vicina fino a quando, specchiandosi nello sguardo di Jon non si accorse di quanto lunghe fossero le sue ciglia e più grigi che neri i suoi occhi di tenebra.
Sansa trattenne il respiro, rendendosi conto di quanto si fosse esposta con quelle parole mentre cercava con lo sguardo una qualsiasi reazione da parte di Jon.
Il ragazzo dal canto suo era completamente assuefatto dalla tempra dimostrata dalla sorella, uno spirito combattivo che in un frangente gli aveva ricordato Robb, seppur nei confronti di lei si ritrovasse irrimediabilmente attratto con ogni fibra del suo essere.
Jon ruppe quel silenzio e quel contatto visivo, infrangendo il suo sguardo sulle tenere labbra di lei: “accordato Stark!” le rispose semplicemente prima di allontanarsi.

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Capitolo 3
*** 7x01 MM0.2 Il Regalo ***


7x1 Missing Moment 0.2
 
 
 
Ormai tutti i Lord erano giunti dopo il richiamo dei vessilli: Grande Inverno quella mattina era in visibile fermento; Sansa non la ricordava così affollata neanche per l’arrivo di Rè Robert, in un tempo che ormai le sembrava appartenere ad una vita fà, legato ad una dimensione totalmente distorta rispetto quella che stava vivendo ora.
Ovunque voltasse l’angolo c’era qualcuno che si inchinava a lei in segno di rispetto, di tanto in tanto si fermava a scambiare brevi convenevoli, ma c’era così tanto da fare...
Jon si trovava lungo il parapetto del cortile, a discutere con Ser Davos alcuni pensieri che gli passavano per la mente: aveva bisogno dei suoi consigli, necessitava di un punto di vista più distaccato e da parte di un uomo che si intendesse di strategie di azione.
Si fermarono a sostare lungo la balaustra che si affacciava sul cortile interno principale, quando in quell’istante, i suoi occhi furono catturati dalla fulgida chioma color rame della sorella, che incedeva prodigando lavoretti da ultimare, alle ancelle che la seguivano obbedienti.
Era incredibile la velocità con cui Sansa aveva ripreso possesso di quelle mura: sembrava non le avesse mai abbandonate veramente, sembrava lei il cuore pulsante che donava calore alle correnti calde che si diramavano da sotto Grande Inverno, era lei che la animava con la sua sola presenza.
La ragazza scomparve nelle cucine, probabilmente per assicurarsi che tutto fosse pronto per il banchetto che quella sera avrebbe dovuto rifocillare un numero ancora maggiore di uomini; Jon decise a quel punto di rintanarsi a sua volta nel solarium, per cercare di mettere ordine al discorso che avrebbe affrontato di lì a poco con l’intera sala gremita di Lord del Nord; lo avevano eletto Rè per acclamazione, ora tutto dipendeva da lui.
 
 
 
Sansa Stark si trovava nelle sue stanze, le camere padronali che un tempo erano state dei suoi genitori.
Era ferma davanti al grande specchio di sua madre, immobile a rimirare il suo nuovo abito, nato da un suo specifico disegno: una cintura alta e stretta le andava a delineare la vita sottile; dai fianchi si diramava in due bretelle di pelle, che proseguivano passando a chiudersi in un intreccio sul petto, all’altezza del colletto, fino a congiungersi sulla nuca. Era un abito dai toni scuri, adornato da ciuffi di piume nere sul bustino, meno vezzoso di quelli che aveva portato nella Capitale e sicuramente molto più castigato. L’intento era infatti quello di creare un capo che le restituisse il potere sul suo corpo, difficilissimo da togliere e che fungesse da avvertimento per chiunque osasse ancora avanzare pretese su di lei.
Un bussare alla porta fece voltare il suo sguardo verso l’ingresso delle sue stanze: “avanti” disse a gran voce.
Una ragazza di circa 12 anni fece il suo ingresso portando una cesta a due mani, fermandosi in attesa di direttive.
“Vieni avanti Elin, fammi vedere” la accolse Sansa con un sorriso.
La giovane fanciulla avanzò verso di lei poggiando la cesta sulla cassapanca, svelando da sotto il panno il contenuto.
Sansa si avvicinò a sua volta andando a recuperare, dall’interno del paniere, una lunga catena con ai due estremi un grande anello e quello che sembrava un ago di metallo; un sorriso mesto andò a dipingersi sul viso d’alabastro della Lady che tornata allo specchio, si apprestò ad indossare quello che sarebbe stato il suo principale gioiello.
“Lady Sansa ci penso io” scattò l’ancella, in soccorso alla sua signora, ma questa la fermò a parole: “faccio da me Elin, tu prendi le due spille da sistemare sul colletto”.
L’immagine riflessa di Sansa sapeva esattamente come andava sistemata quella collana, avrebbe voluto togliersi presto di dosso la catena di cui era costituita ma non era ancora giunto il momento; ne assicurò la parte lunga alla cintura e carezzò lievemente l’ago che lasciò penzolare al suo fianco.
Arya...
In quel momento, Elin le si parò davanti andando a fermare due spille alle estremità del colletto di Sansa.
La giovane aveva mani delicate per essere una popolana e la curiosità che traspariva dai suoi grandi occhi, ridestavano in Sansa antichi ricordi legati a sua sorella: quelle emozioni le erano mancate talmente tanto che aveva deciso di fare di lei la sua principale ancella.
Quando Elin si scostò, Sansa potè rimirare la fattura degli emblemi di metalupo che erano le spille: due esemplari dello stesso branco che andavano feroci a proteggersi l’un l’altro.
Sansa sorrise a quella visone quando la voce di Elin la richiamò a voltarsi.
“Mia Lady, e questo?” chiese la ragazza, indicando un oggetto di metallo alquanto ingombrante.
“Oh, non preoccuparti, a quello penso io” sorrise la Lady, “vai pure Elin, sicuramente nelle cucine avranno bisogno del tuo aiuto” la congedò Sansa coprendo con un drappo il contenuto del paniere.
 
 
Un bagno caldo per distendere i nervi: si era sempre rivelata un’ottima soluzione, quella e l’assoluto silenzio dovuto alla più completa solitudine ad eccezione di Spettro, sempre buono al suo fianco quando non era a caccia.
Jon era uscito da poco dal bacile di rame, intento ad asciugarsi e a rivestirsi, quando Spettro si alzò di scattò dal suo giaciglio e un doppio bussare di porta gli preannunciò la voce di sua sorella Sansa: “Jon, sono io, sei presentabile?” chiese mestamente la ragazza da dietro la porta.
“Un momento San”, Jon si appresto ad allacciarsi i calzoni, sistemandosi meglio la maglia di lino chiaro prima di apprestarsi alla porta.
Quando la aprì, il sole sembrava essersi depositato sull’angolo destro del sorriso di sua sorella, tanto irradiava calda luce dorata.
Sansa entrò quel tanto per permettere a Jon di chiudere la porta, posò sulla cassapanca una cesta coperta e dopo aver prodigato una lieve carezza al metalupo albino, si voltò verso di lui sistemandosi l’abito: “Beh, sono arrivata giusto in tempo per aiutarti direi” lo accolse soppesandolo, mentre in un passo fu a sistemargli con dita agili la chiusura della camiciola di lino.
Jon preso in contropiede, tra l’imbarazzo e la sorpresa, andò ad arrestare i movimenti delle sue mani delicate con un tocco delle sue, decisamente più ruvide: “n..non è necessario Sansa, faccio da me” la rassicurò con un sorriso, sperando di non averla offesa.
La ragazza ritirò le mani, socchiudendo le labbra morbide, come a rendersi conto di aver forse osato troppo. Si allontanò per recuperare il farsetto trapuntato che poi allungò al fratello, aiutandolo ad infilarlo.
Jon tentò di ribattere nuovamente quando Sansa gli si parò dinnanzi, già intenta ad armeggiare col nastro di pelle per stringergli il capo sul petto: “finiscila Jon” lo fermò categorica lei, “non penserai che lo faccio solo perchè mi sento in dovere?” chiarì lei con sguardo fervido, “non mi prendo cura di qualcuno da un sacco di tempo, lo faccio perchè voglio farlo, d'accordo?” continuò Sansa con voce d’un tratto più timida ed occhi rivolti all’intreccio del farsetto.
 
Ostinata...
pensò Jon, cercando di trattenere il sorriso divertito.
Alzò le mani in segno di resa, gesto che sciolse la serietà dal viso di Sansa che ultimata la chiusura del farsetto, si mosse per recuperare la casacca armata in pelle.
Jon, dopo essersi infilato il copri-collo in cuoio, riemerse comprendendo le intenzioni della sorella e volendole rendere pan per focaccia, portò le mani ai fianchi soppesando la figura di Sansa mentre cercava trasportare la pesante casacca armata verso di lui.
“Adesso lo accetti il mio aiuto Lady Stark?” la prese in giro ridendo.
Sansa si voltò cercando di mantenere un cipiglio astioso, ma Jon in tutta risposta le fu in soccorso, apprestandosi ad infilarsi la casacca da un lato: “non vorrai rovinare il tuo vestito nuovo mia signora” le sussurrò ammiccando all’abito.
Sansa lo guardò, lusingata dal fatto che Jon si accorgesse costantemente dei suoi cambi d’abito.
Lui come a leggerle nel pensiero andò quasi a giustificarsi: “è difficile non notare un abito del genere, per quanto sottotono rispetto a quello di velluto blu, questo è decisamente più...incisivo” commentò lui mentre la ragazza si apprestava a chiudergli le fibbie della casacca, posizionate sulle spalle.
“Anche se preferisco di gran lunga il metalupo agli inserti di piume” si fece sfuggire Jon, scoccandole uno sguardo leggermente indagatore.
“Oh, lo so questo” lo accolse invece Sansa con un sorriso furbo, “per questo ho fatto preparare una cosa per te” disse mentre andò a svelare il contenuto della cesta che aveva portato con se.
Jon si avvicinò ritrovandosi a rimirare una gorgiera in metallo con due metalupi speculari lavorati in rilievo.
Si voltò incredulo ad incontrare lo sguardo fulgido della sorella, come a chiederle il permesso, poi andò delicatamente a recuperare il manufatto per rigirarselo tra le mani: “Sansa è splendido” sospirò.
La ragazza si umettò il sorriso per poi aiutarlo ad infilare il suo nuovo regalo: “comunque non farci l’abitudine” lo prese in giro lei prima che un doppio bussare interrompesse le loro risa.
“Oh, giusto, il mantello” si apprestò lei verso la porta.
“Cosa?” chiese Jon confuso.
Sansa si voltò verso di lui: “beh, ti ho fatto fare anche un mantello nuovo visto che c’ero” disse lei incurante mentre apriva il portoncino.
Jon non aveva più potere di replica, era completamente disarmato nei confronti della sorella, non sapeva se ridere o se piangere: Sansa era incontenibile, agiva per ciò che riteneva meglio senza bisogno di ascoltare altri se non se stessa. Questo in realtà sarebbe potuto risultare un problema e Jon si rese improvvisamente conto, di quanto sarebbe stato difficile per lui, raffrenare qualcuno che era tornato a respirare liberamente per la prima volta.

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Capitolo 4
*** 7x1.1 Now and Always ***


“Voglio che tutti i  maestri del Nord passino a setaccio i loro archivi, alla ricerca di ogni possibile informazione sul Vetro di Drago. Il Vetro di drago uccide gli Estranei e per noi è più prezioso dell’oro in questo momento!” stava dicendo Jon all’intera sala attenta.
Sansa seduta alla sua sinistra non gli staccava gli occhi di dosso, in fervido ascolto attivo, calamitata da ogni espressione del suo viso, da ogni ombra che gli danzasse in volto, da quegli occhi di ossidiana, così coinvolti in quello che stava dicendo...
“Dobbiamo cercarlo, scavare per trovarlo e usarlo per creare delle armi”.
L’intera sala sembrava assestarsi sulle panche, Lyanna Mormont era protesa in ascolto, così come Lady Brienne, seduta più vicina alla sua protetta, seppur difronte.
“Tutti, a partire dai 10 fino ai 60 anni, si eserciteranno quotidianamente con lance, picche, arco e frecce” continuò Jon categorico.
“Era ora che insegnassimo a questi figlie dell’Estate come si combatte” intervenne Lord Glover, destando risate sommesse per tutta la sala.
Jon lo riportò all’aspra relatà dell’imminente gravità della situazione: “non solo gli uomini”, lo richiamò con lo sguardo il Re del Nord.
Brienne voltò il suo sguardo su di lui incerta; “non possiamo difendere il Nord facendo combattere solo metà della popolazione” continuò Jon introducendo il suo pensiero.
Lord Glover si alzò con lenta determinazione: “ti aspetti che io metta una picca nelle mani di mia nipote?”.
Prima che Jon potesse replicare, Lady Lyanna Mormont si alzò per fronteggiare Glover: “non starò davanti ad un fuoco a sferruzzare mentre gli uomini combattono per me; sarò anche piccola e sarò anche una ragazza Lord Glover, ma appartengo al Nord tanto quanto voi” replicò con fervore, collimando tutta l’attenzione di Sansa e tutta la stima di Brienne, che non potè altro che rispecchiarsi in quella ragazzina così combattiva.
“Certo, mia Signora, nessuno mette in discussione...”
“E non ho neanche bisogno della vostro permesso per difendere il Nord!” asserì lei in conclusione per poi volgersi lentamente verso Jon: “inizieremo l’addestramento di uomni, donne, ragazzi e ragazze di Isola dell’Orso”. Un coro di consensi si distese per tutta l’ampiezza della sala mentre Lady Lyanna e Lord Glover si scambiarono un cenno di intesa prima di riprendere i loro posti e far continuare Jon con il suo discorso. La fortezza di Aspra Dimora sarebbe stata occupata del Popolo Libero, con a comando Thormund Veleno dei Giganti, in modo da presidiare un altro castello lungo la Barriera.
“Se dovessero superara la Barriera, i primi due castelli che incontrerebbero sul loro cammino sarebbero Ultimo Focolare e Karhold” continuò Jon prima che Lord Royce intervenisse a interromperlo: “gli Umber e i Karstark hanno tradito il Nord! Quei castelli dovrebbero essere rasi al suolo senza lasciare alcuna pietra” disse fremente.
“I castelli non hanno commesso alcun crimine” intervenne Sansa, pacata ma decisa; bellissima nel suo abito scuro che metteva in risalto la fervida luce calda che si irradiava dai suoi capelli di rame.
Jon si voltò a posare lo sguardo su di lei, la quale continuò la sua arringa: “e abbiamo bisogno di ogni fortezza disponibile per la guerra che verrà; dovremmo assegnare Ultimo Focolare e Karold a nuove famiglie, famiglie che ci hanno sostenuto contro Ramsay” concluse lei, rivolgendosi a Jon nel consenso genereale.
Jon era rivolto con occhi bassi sulla tavola, realizzando ad ogni parola che le aveva sentito pronunciare, quanto la sorella avvesse preso fin troppo alla lettera la sua proposta di condividere le loro idee.
Jon apprezzava il fervore di lei e il suo interesse per la salvezza del Nord, ma non poteva permettersi di mostrarsi troppo accondiscendente nei suoi confronti, non di fronte ad una sala gremita di Lord, e soprattutto non quando la sua mozione era così in contrasto con la visione generale di Jon.
Sansa ragiona ancora spinta dalla vendetta, come non darle torto, ma questo non è il momento di divere il Nord ulteriormente: la nostra sola speranza è restare uniti.
Dei, avrei dovuto parlargliene prima...
 
Quando la sala tornò quieta, Jon si preparò a pronunciare la sua sentenza, che sapeva, avrebbe creato non poco scompiglio: “gli Umber e i Karstark combattono al fianco degli Stark da secoli; sono stati leali per intere generazioni” continuò lui rivolto alla sala, mentre dagli occhi di Sansa traspariva solo incredulità al sentire quelle parole pronunciate proprio da lui: “ e poi hanno spezzato questo giuramento...” lo richiamò lei per avere una risposta più esaustiva.
Jon si rivolse alla sorella con tono accondiscendente, sperando di quietarla nel suo contrasto: “non strapperò queste famiglie dalle case dei loro avi, a causa delle colpe di alcuni dei loro figli..” cecò di continuare lui.
“Quindi non c’è punizione per il tradimento e nessuna ricompensa per la lealtà?” chiese ferma lei, richiamando insistentemente l’atenzione di Jon, che si ritrovò a voltarsi sgomento, incredulo del fatto che Sansa non capisse quanto le sue parole potessero screditarlo di fronte ai Lord che occupavano la sala.
Calò il silenzio e Jon si ritrovò a voltarsi con tutto il corpo verso la sorella per fronteggiare la sua calma apparente, mentre lui era inondato da una fervida collera.
In che razza di situazione pensi di mettermi?
“La punizione per il tradimento è la morte” la inchiodò lui al suo sguardo di fuoco, “Jon Umber è morto sul campo di battaglia” la richiamò ancora, “Harald Karstark è morto sul campo di battaglia!”concluse deciso.
“Sono morti combattendo per Ramsey!” proruppe affrontandolo anche lei: “dai i castelli alle famiglie degli uomini che sono morti combattendo per te!” asserì fremente lei.
Un brusio generale si levò tra i tavoli, finchè gli occhi di Jon non tornarono a rivolgersi a loro, mentre Davos, teneva lo sguardo basso, ancora incapace di credere che la ragazza Stark non avesse compreso quanto Jon fosse in realtà sottilmente abile nel gestire situazioni del genere.
Jon dal canto suo aveva capito perfettamente quale fosse la posizione della sorella; sapeva che per quanto lei gli confermasse attraverso gesti e parole, la sua appartenenza alla famiglia Stark, riteneva se stessa la reale custode degli insegnamentei del padre, forse solo inconsapevolmente ma comunque lui avrebbe dovuto provarle quanto si sbagliasse e quanto effettivamente stesse agendo per il bene del Nord, anche quando lei non riusciva a condividere la sua visione.
“Quando fui Lord Comandante dei Guardiani della Notte” disse rivolgendosi alla sala, “giustiziai uomini che mi tradirono, uomini che si rifiutarono di eseguire i miei ordini. Mio padre diceva sempre - l’uomo che pronuncia la sentenza, dovrebbe essere colui che cala la spada – e io ho cercato di vivere secondo queste parole. Ma non punirò un figlio per i peccati commessi dal padre, e non porterò via la casa ad una famiglia a cui appartiene da secoli” continuò protendendosi leggermente verso la sorella per farle intendere quanto quelle parole fossero indirizzate a lei: “questa è la mia decisione” disse abbassando lo sguardo sul tavolo per cercare di catturare con la coda dell’occhio ogni movimento di Sansa, “e la mia decisione è irrevocabile” pronunciò scoccandole uno sguardo di puro ammonimento, nenache lontanamente celato.
Sansa catturò il suo sguardo e assimilando le parole di Jon, che aveva richiamato in modo indelebile il suo ruolo dominante; fugò gli occhi sulla parete per poi tornare in posizione remissiva, con sguardo basso, semplicemente in ascolto di quello che sarebbe successo dopo.
 
Jon, rientrato nel suo ruolo di Re del Nord, si rivolse ancora una volta alla sala, richiamando Ned Umber e Alice Karstark a rinnovare i loro voti di fedeltà a casa Stark.
Quando i voti furono pronunciati e la folla di Lord acclamò questa rinnovata alleanza, Sansa comprese a malincuore la mossa strategica di Jon, rendendosi improvvisamente conto di quanto lo avesse sottovalutato, mordendosi le labbra per essersi comportata da stupida.

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Capitolo 5
*** 7x1.2 ...so Terrible ***


I venti del Nord non smettevano di soffiare gelidi, nonostante la neve avesse già ovattato ogni pietra delle mura circostanti di Grande Inverno. Jon percorreva nervoso i camminamenti del parapetto, seguito da sua sorella che incedeva al suo stesso passo, subito dietro di lui.
“Tu sei mia sorella, ma io sono il Re ora!” sbottò in tono incisivo lui, voltandosi leggermente a cercarla con lo sguardo, per mettere in chiaro la sua posizione una volta per tutte, anche rispetto ai suoi confronti.
“Inizierai a portare la corona quindi?” lo accolse tagliente lei,
“quando metti in discussione le mie decisioni, di fronte agli altri Lord e Lady indebolisci la mia autorità!” le spiegò lui irritato sorvolando sul suo commento aspro,
Dei , come fai a non rendertene conto San?
“quindi non posso più contestare le tue decisioni ora?” chiese lei,
“certo che puoi ma...”
“Joffrey non ha mai lasciato che qualcuno contestasse la sua autorità, pensi sia stato un buon re?” chiese lei determinata, superandolo a fronteggiarlo, mentre andava a valutare l’effetto delle sue parole sul viso di lui.
 
Era la prima volta che le sentiva fare il nome di Joffrey direttamente, la prima volta dopo la sera in cui si erano ritrovati al Castello Nero, anche se adesso non c’erano lacrime a rigarle il viso; Sansa si era completamente forgiata di tutto il suo passato, ma la corazza si era trasformata in un’arma e Jon non poteva credere che in quel momento lo stesse paragonando a quel ragazzino crudele e viziato.
“Credi che io sia Joffrey?” chiese sdegnato e indispettito.
 
Sansa liberò un sospiro facendo vagare lo sguardo,
Ma come ti viene in mente Jon...
Tornò a guardarlo, con occhi più docili, quasi a scusarsi per quanto Jon avesse travisato il suo discorso,
“Sei più distante da lui di chiunque io abbia mai conosciuto” rispose sincera.
“Grazie” l’accolse lui sollevato, prima di fugare lo sguardo sul cortile.
Sansa lo guardò affascinata, non riuscendo a celare un sorriso melanconico: “sei veramente bravo, lo sai?”.
“A fare cosa?” chiese lui sovrappensiero prima di incatenarsi ai suoi occhi pervinca,
“a regnare” rispose semplicemente lei, prima che Jon potesse negare in un sospiro distratto quel velato seppure esistente riconoscimento da parte della sorella.
“lo sei” cercò di richiamarlo lei,
Non dico tanto per dire Jon, è la verità...
Fce un passo verso di lui prima di ripetere: “lo sei!”; no voleva solo sottolineare quanto lei ci tenesse davvero ma voleva sopratutto fargli capire quanto fosse dispiaciuta per averlo messo in imbarazzo con il suo comportamento verso i Lord del Nord.
Jon si voltò sospirando, quasi titubante quando andò ad incontrare il suo sguardo meravigliosamente accogliente, ed un fremito lo percorse, mentre cercava di negare quella spinta selvaggia che lo portava sempre verso di lei: bramava le sue parole, bramava la sua approvazione, bramava qualunque cosa potesse prodigargli.
“Ti rispettano, lo fanno davvero, ma dovresti...” cercò lei, prima che Jon liberasse un sorrisetto sarcastico, incapace di trattenersi dal lanciarle un’occhiata indulgente seppur velatamente amara.
“Perchè stai ridendo?” chiese lei stranita, non riuscendosi a spiegare lo sguardo sardonico di Jon che riprese a camminare, trascinandosela dietro per inerzia.
“Cosa era solito sempre dire nostro padre? – tutto quello che precede la parola ma è una stronzata” spiegò lui, mentre un sorriso nostalgico andò a dipingersi sul viso.
“Non l’ha mai detto a me” replicò stranita lei seguendo i suoi passi.
“No certo, evitava le volgarità difronte alle sue ragazze” le accordò lui voltandosi a guardarla.
“Voleva cercare di proteggerci. Non voleva  che vedessimo quanto il mondo fosse sporco in realtà ma... nostro padre non poteva proteggermi e neanche tu, quindi smettila” continuò lei, d’un tratto nervosa per essere continuamente trattata come una bambina.
“D’accordo, io smetto di proteggerti e tu smetti di sminuirmi” replicò esausto Jon continuando a camminare, volgendo il suo sguardo altrove, stanco di dover continuare a riproporre continuamente la sua posizione e il suo ruolo, soprattutto a lei.
“Non stò cercando di sminuirti!” arguì esasperata la ragazza cercando di richiamarlo con il tono della voce, per poi andare a ghermirgli improvvisamente il braccio per farlo voltare, urgente nella necessità di guardarlo negli occhi, urgente di farsi ascoltare, urgente di essere coinvolta da lui, nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni.
Jon, si voltò ad incontrarla, sentendo la stretta della ragazza sul suo braccio, che non cessò di esistere, continuando quel contatto ardente, tanto tormentato da fargli abbassare lo sguardo a controllare che la mano di Sansa fosse veramente li e continuasse ad essere ancorata a lui.
“Devi essere più attento di nostro padre” lo soggiogò lei, “ed essere più astuto di Robb” continuò con occhi vibranti, specchiandosi nei suoi così profondi da permetterle di affogarvi dentro, “li amavo e mi mancano da morire, ma hanno commesso degli stupidi errori ed hanno perso le loro teste per questo!” disse lei cacciando indietro le lacrime, speranzosa di essere stata chiara rispetto a ciò che voleva dirgli.
Hai bisogno di me, come io di te...
Ma Jon non poteva permetterle di dargliela vinta, non questa volta, e di certo non poteva rispondere a quello che lei realmente gli chiedeva: “e come dovrei essere più astuto? Ascoltando te forse?” chiese con una punta di arroganza.
Sansa liberò un sospiro, non era facile per una donna farsi ascoltare e lei non voleva altro che quello: “sarebbe poi così terribile?” chiese in un sussurro, gentile in tutta la bellezza dei suoi occhi sinceri.
Jon le restituì il sospiro, perso nei suoi occhi larimar, sommerso da quella grazia infinita e da quel sentimento che lo tormentava ogni volta.
Tu mi farai impazzire Sansa Stark...
Jon risultava iper-reattivo nei confronti di lei: qualsiasi cosa Sansa dicesse, era in grado di sconvolgerlo o di fargli saltare i nervi, lei lo destabilizzava con una facilità innegabile e questo Jon non lo sopportava.
 
Un incedere di passi interruppe quello scambio impellente di sguardi:
“un corvo, giunto ora da Approdo del Re, Vostra Grazia!”, Maestro Wolkan allungò un involto verso Jon, che colse l’occasione per recuperare la freddezza del suo ruolo.
Sansa accolse l’inchino del Maestro prima di vederlo tornare da dove era arrivato, poi si voltò ad incontrare Jon, intento a srotolare il messaggio e a leggerlo.
“Cersei di casa Lannister, prima del suo Nome, Regina degli Andali e dei Primi Uomini, Protettrice dei Sette Regni...” lesse lui mentre si spostarono sui bastioni.
“Che cosa vuole?” chiese Sansa cercando di trattenere la morsa che andò a stringerle lo stomaco.
Jon prese ad osservare i campi innevati che si stagliavano immacolati di fronte a loro, volgendosi col corpo verso di lei, come se volesse accoglierla nei suoi pensieri: “vuole che mi rechi ad Approdo del Re per giurarle fedeltà, se non ho intenzione di subire il destino di ogni traditore”.
Sansa si voltò a seguire lo sguardo di lui, come a voler fuggire dal significato implicito di quelle parole.
Non di nuovo, non un altro membro della mia famiglia...
“Sei così consumato dal pensiero del nemico che arriva dal Nord che hai dimenticato quello che giunge dal Sud”, quelle parole le uscirono senza pensarci, come se volesse sfogare su di lui la frustrazione del pensiero che Cersei potesse nuovamente controllare la sua vita e gli eventi che l’avrebbero toccata.
Jon tornò a guardarla, richiamandola alla realtà della situazione: “sono preoccupato per il Re della Notte perchè l’ho visto, e credimi, non peseresti ad altro se l’avessi visto anche tu!” asserì snervato, come se lei lo mettesse costantemente alla prova;
“abbiamo ancora la barriera  tra noi e il re della Notte, mentre non c’è niente che possa proteggerci tra noi e Cersei”,
“ci sono mille miglia tra noi e Cersei. L’inverno è arrivato e i Lannister sono un’esercito del Sud, non si spingeranno mai così a Nord” continuò lui tranquillamente, sicuro di quello che le diceva.
“Tu sei uomo di guerra ma io la conosco” asserì lei cercando il suo sguardo, cercando di trasmettergli la verità più preoccupante di cui era a conoscenza: “se sei suo nemico, non si fermerà fino a che non ti avrà distrutto. Ha trovato il modo di uccidere chiunque l’abbia mai ostacolata.”
Jon contemplò il suo sguardo per un lungo momento, a labbra serrate, come se avesse intravisto qualcosa nei suoi occhi oltre al panico:“suona come se tu l’ammirassi” constatò, inconsapevole di quello che lui stesso provava in quel momento.
Sansa fugò il suo sguardo indagatore, sentendosi quasi in colpa per i sentimenti contrastanti che aveva provato e provava tuttora per quella donna così tenace: “Ho imparato tantissimo da lei” riuscì solamente a dire, prima di fugare lo sguardo verso le bianche vallate del Nord.

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Capitolo 6
*** 7x1.2 MM 1.0 Il Dinniego ***


Perdonate l’immensa attesa, il periodo non aiuta, ma detto questo: buona lettura!
 
7x1.2 Missing Moment 1.0
 
 
La cosa migliore di avere una Lady al suo fianco, era che Sansa, in quel ruolo, era più che felice di occuparsi delle incombenze che Jon detestava; inoltre era estremamente capace, sopratutto nel relazionarsi con ogni richiesta dei Lord del Nord, sempre leggermente algida seppur non negando mai un sorriso cordiale che avrebbe rabbonito chiunque; incuteva rispetto e dedizione negli altri, ma Jon sapeva anche che alcuni erano intimoriti rispetto alla ferma ferocia che aveva dimostrato nell’esecuzione del suo defunto marito.
A Jon d’altro canto, la cosa non dispiaceva, almeno non avrebbe dovuto ascoltare discorsi idioti su assurde  pretese di matrimonio tempisticamente furoi luogo.
In ogni modo, questo prodigarsi di Sansa, garantiva che Jon dovesse interfacciarsi in privato solo con lei e pochi altri, lasciando così le conversazioni con i Lord per l’ora dei pasti, quando birra e vino non mancavano di aiutare i discorsi a prendere sfumature più leggere e goliardiche.
Sansa in quei momenti, si atteneva strettamente a quello che il suo ruolo imponeva, senza uscire dai ranghi: sedeva alla sua sinistra intenta a piluccare quello che aveva nel piatto, a scambiare qualche parola con Brienne o qualche frase di cortesia con l’interlocutore di turno.
Ogni tanto, quando incrociava lo sguardo di Jon, sorrideva mestemente per poi abbassare le lunghe ciglia, remissiva. Jon non capiva se cercasse di trattenersi dal dire o fare aclun chè o se semplicemente la sua sete di vendetta era andata placandosi col passare dei giorni.
 
Il Re del Nord si trovava nei pressi dell’armeria, recato nel cortile di addestramento per assistere agli allenamenti dei ragazzi più giovani, anche se presto si era ritrovato privo di mantello, con una spada di allenamento alla mano, in mezzo a loro a prodigare consigli.
Era come un richiamo, l’unica cosa che sentiva riuscirgli dannatamente bene, l’unica cosa che era in grado di liberare la sua mente da pensieri superflui.
In quel cortile sembrava che il tempo non fosse mai passato: si aspettava che da un momento all’altro arrivasse Robb, pronto ad allenarsi con lui, sotto l’attenta guida di Ser Rodrik.
Come sarebbe stato se tu fossi ancora qui Robb, a ricoprire quel ruolo che ti spettava di diritto?
Avremmo affrontato tutto insieme, come eravamo abituati a fare da ragazzi...
Jon si mosse agilmente, cercando di schivare quei pensieri dolorosi, assieme al fendente che azzardò a raggiungerlo; tra colpi e parate, si era ritrovato attorniato da un gruppo formato da ragazzi sui 15-16 anni a cui stava dando istruzioni di attacco frontale pur mantenendosi vigili lateralmente e attivi per una possibile parata, cercando di non mostrare troppo il fianco.
Aveva appena terminato la sua spiegazione, lasciando campo libero ai ragazzi affinchè potessero provare tra loro, quando vide passare Sansa avvolta dalla sua calda pelliccia, seguita da Wolkan e Lord Royce; sembrava intenta a dare direttive specifiche quando una servetta giunse di corsa di fronte a lei, inchinandosi in maniera impacciata appena prima di proferir parola. Gli occhi di Jon indugiarono sull’espressione in ascolto della sorella; a vederla così attenta sembrava assurdo potesse veramente provare ammirazione per Cersei Lannister,
che abbia addirittura imparato da lei poi...
quegli occhi che anche a distanza parevano così lucenti, come era possibile?
Cos’hai davvero visto in tutto questo tempo lontana da casa, Sansa?
La ragazza sembrava essersi plasmata attraverso tutti gli eventi che l’avevano coinvolta ma Jon confidava che non si fosse spogliata totalmente dei sui sogni di ragazzina, sperava piuttosto che celasse sotto un’armatura di freddezza e cortesia quel poco che non erano riusciti ad estriparle dall’animo delicato.
Era sempre Sansa, solo molto più accorta, molto più diffidente e questo anche a discapito di Jon stesso, purtroppo. Eppure lei lo cercava sempre a suo modo e lui non riusciva a negarsi: non voleva negarsi, non a lei di cui egli stesso sentiva necessità.
In quel momento la servetta di allontanò, congedandosi in un inchino per dirigersi velocemente verso le cucine; Sansa ne seguì l’incedere, accompagnando lo sguardo da un sorriso tiepido, prima di accorgersi degli occhi di Jon, fissi su di lei.
Gli restituì lo sguardo, come a cercare di capire verso quale direzione indugiassero i suoi pensieri.
Jon abbozzò un sorriso di rimando, come ad accoglierla e lei schiuse le labbra in un sospiro, sbattendo le ciglia più volte a mezza palpebra, cercando di rispondere al sorriso, prima che qualcuno non la interrompesse in un richiamo. Clay Cerwin le si approcciò in un inchino teatrale, prima di rialzarsi e coinvolgerla in qualche discorso, facendo scomparire il sorriso dal viso di Jon, lasciando il posto ad un’arricciata di naso ed una smorfia infastidita. Lord Cerwin sembrava cercare di prendersi un po’ troppa confidenza per i suoi gusti, probabilmente in quel momento le stava rivolgendo qualche complimento smielato. Sansa sorrise mestamente, sempre garbata, ma riprese presto il suo cammino lasciando il Lord ad inchinarsi nuovamente a lei, incassando il boccone amaro di una sorta di diniego alle sue richieste, qualunque esse fossero.
Jon accolse l’esperessione di Cerwin in un ghigno compiaciuto sotto i baffi, prima di voltarsi e tornare ai suoi ragazzi, ignaro dello sgurdo di Sansa su di se, che con la scusa di sistemare il mantello, si era voltata per osservarlo senza dare nell’occhio.
 
 
 
Si era sentita come in dovere di fuggire al lusinghiero approccio da parte di Cerwyn, come se lo sguardo di Jon richiamasse il suo stato di appartenenza; era una cosa assurda da pensare, ma era così che si sentiva Sansa, irrimediabilmente legata al fratello, quel fratello a cui in passato non era poi così affezionata ma che, da quando si erano ritrovati, diventava sempre più neccessario, tanto da diventare per lei come aria.
Il modo in cui lui la guardava in alcuni frangenti, il sorriso carezzevole che riservava solo a lei... eppure era pronto a riassumere il suo ruolo nel giro di un’attimo, come un mare mosso da onde alte e basse che in un momento li ritrovava assolutamente complici e quello dopo ad assalirsi a parole, entrambi feroci come i lupi che erano. Questo attaccamento, questa necessità ed esigenza di averlo accanto a se era urgente e selvaggia, tanto che sistematicamente andava a sfociare in aggressività da parte di lei e di insofferenza da parte di lui, molto più capace ad incanalare le emozioni violente.
Eppure non sei riuscito a celare un’espressione soddisfatta quando ho rifiutato Cerwyn.
E per gli Dei, perchè la cosa le importava a tal punto? Perchè aveva sentito un brivido percorrerle la schiena quando aveva notato quel ghigno compiaciuto sul volto di Jon? Cos’era questa necessità dilaniante di essere perennemente coinvolta nei suoi confronti?
 
Sansa arrivò finalmente, con passo deciso nelle sue stanze, dove entrò chiudendo la porta e slacciandosi il mantello per adagiarlo pesante sulla cassapanca di legno ai piedi del letto.
Sospirò frustrata mentre perse ad armeggiare con le fibie dell’abito per toglierselo di dosso, come a volersi liberare da quei pensieri che erano capaci di infiammarla e scandalizzarla al tempo stesso.
Sgusciò fuori dal vestito prima di adagiarlo vicino al mantello, prese una veste da camera indaco e si apprestò ad infilarsela, quando sentì un graffiare sulla porta; si specchiò nel sorriso riflesso della sua immagine che le veniva rimandato dalla grande specchiera di sua madre, prima di voltarsi e aprire la porta quel che bastava per far entrare Spettro; prima di richiudere richiamò una servetta che passava di li, chiedendole di trovare la piccola Elin e di dirle che Lady Sansa aveva necessità di un bagno caldo.
Tornata nel silenzio delle sue stanze si adagiò a sedere sul letto, lasciandosi raggiungere dal metalupo che si protese col muso verso il suo viso, come in contemplazione.
La ragazza prese ad accarezzare Spettro, accostando la fronte al suo naso umido, chiudendo gli occhi per cercare di calmare la sua mente e sentire tra le dita la serica morbidezza del suo bianco manto.
Eppure quando chiuse gli occhi vide nella sua mente lo sguardo di Jon, il suo sorriso, il tormentato languore che traspariva nei suoi sospiri ogni volta che i discorsi tra loro si facevano più accesi, la frustrazione nelle sue parole e tutto questo la confondeva; ancora di più la confondeva ciò che sentiva di provare in quei momenti, emozioni che non era certa nemmeno lei di come spiegare.
É normale che io abbia paura di perderelo quando è l’unico che mi è rimasto, eppure quel calore...
ogni volta che gli era accanto si sentiva al sicuro completamente, e non per ciò che lui aveva fatto per lei, per averla difesa e per essersi esposto rischiando la vita per lei, c’era di più; era come se la sua sola presenza la completasse e questo era qualcosa che Sansa non poteva ignorare,
che non voglio ignorare, avevo quasi dimenticato cosa si prova a ricevere affetto incondizionato, forse è per qeusto che non riesco a smettere di cercarlo, di creare occasioni per trovarmi sola con lui, di allungare le mani per toccarlo e rendermi conto che lui è reale, vicino a me.
Eppure ricordava ancora il freddo che aveva provato sulla fronte, il giorno dopo la riconquista di Grande Inverno, quando sul parapetto, lui vi aveva staccato le labbra per sancire la fine di quel bacio che avrebbe dovuto essere totalmente fraterno, se non fosse stato per il fatto che quegli occhi grigi, alimentati da un bagliore ametista, avevano indugiato un momento di troppo sulle sue labbra.
Fratellastro
le sembrò sussurrarele quel ricordo.
 
Sansa aprì gli occhi, specchiandosi nello sguardo rubino di Spettro.
Niente è importante se può mettere a repentaglio tutto quello che abbiamo riconquistato.
E non dovrei mai pensare a Jon in questi termini.
É totalmente assurdo oltre che sbagliato.
Spettro emise un uggiolio gutturale, come ad esprimere il suo disappunto.
“Cos’è non sei d’accordo?” chiese lei stupita rivolgendosi al metalupo.
Prima che la sua mente potesse suggerirle altro però, Elin bussò tre colpi per poi annunciarsi alla porta, cancellando definitivamente quei pensieri e proiettandoli a farle pregustare il bagno caldo che l’attendeva.

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Capitolo 7
*** 7x1.3 What about Happy? ***


Aveva lasciato Jon nel solarium con Ser Davos a discutere; aveva imparato ad essere diffidente negli anni, ma il Cavaliere delle Cipolle iniziava a piacerle, solo non riusciva a non soccombere al desiderio che Jon potesse tenere in considerazione le sue parole come faceva con quelle di Davos; quando i due iniziavano a parlare tra loro, lei preferiva lasciarli alle loro discussioni, evitando la possibilità di interferire in maniera impulsiva e quindi infastidire Jon.
Stava camminando lungo i porticati esterni quando vide nel costrile sottostante Brienne, intenta ad allenare Podrick; era così grata di avere almeno lei a cui confidare le sue preoccupazioni: Brienne era colei a cui si sarebbe affidata senza esitazione, non potendo diventare cavaliere avrebbe sempre fatto di tutto per essere considerata alla pari se non migliore di loro, ma rimaneva pur sempre una donna, incredibilmente riservata, gentile e protettiva. Brienne era come un ultimo regalo da parte di sua madre, e Sansa non avrebbe mai potuto chiedere di meglio.

“Ho sentito che ha sconfitto il Mastino in duello” la voce di Petyr Baelish risuonò carezzevole come velluto mentre le si avvicinò lentamente, “è una donna veramente eccezionale” le sussurrò accostandosi a sua volta al parapetto.
Sansa era immobile, negandogli volutamente ogni possibile accoglienza, voleva si rendesse conto di quanto ancora non si fidasse di lui...
*Tu non hai alcun potere su di me!
“Che cosa vuoi Lord Baelish?” chiese senza troppe cerimonie; Ditocorto si voltò per incontrare il suo viso, appoggiandosi al parapetto, come in contemplazione di lei: “voglio che tu sia felice” le rispose semplicemente lui, “voglio che tu sia al sicuro”.
“Io sono al sicuro” lo contrastò lei incurante delle sue viscide parole, “sono a casa, circondata da amici,” inspirò facendo un live cenno con il viso verso il cortile, “Brienne ha il compito di proteggermi da chiunque voglia farmi del male...” continuò la ragazza, per niente disposta a mostrare il fianco a quel subdolo piccolo uomo.
“E rispetto alla felicità?” chiese lui specchiandosi nelle iridi di vetro di lei, il viso totalmente privo da qualunque espressione, “perchè non sei felice? Cosa desideri che ancora non possiedi?”.
Sempre pronto ai tuoi possibili complotti e macchinazioni,
“al momento? Pace e tranquillità” rispose apatica Sansa, sperando di risultare il più esplicita possibile.
Petyr la soppesò per un momento prima che entrambi udissero il rumore di passi pesanti che andava incedendo verso di loro; si voltarono entrambi per riconoscere la figura di Brienne che si apprestava verso la sua Lady. Ditocorto si rivolse celermente verso Sansa, prima che la ragazza lo interrompesse senza lasciargli il tempo di proferir parola: “non è necessario tu abbia l’ultima parola Lord Baelish. Farò finta che sia stato qualcosa di arguto” lo zittì tagliente, prima di rivolgere la sua completa attenzione a Brienne.
Petyr Baelish si congedò dalle due donne, sotto gli occhi diamante di entrambe ed il loro sguardo diffidente.
“Perchè è ancora qui?” chiese infastidita la donna in armatura.
Sansa accolse le sue parole con un sospiro snervato: “abbiamo bisogno dei suoi uomini. Senza i cavalieri della Valle, Ramsey Bolton difenderebbe ancora questo castello”, era un’amara ammissione ma era la verità, “Ditocorto ci ha salvati” concluse consapevole la ragazza. Brienne acconsentì in silenzio prima di tornare a scutare la figura dell’uomo che si allontanava percorrendo il cortile: “vuole qualcosa” asserì decisa. Sansa aveva seguito il suo sguardo e non riuscì a mentire alla sua spada giurata sentendo il suono delle sue parole; si voltò ad osservare anche lei, soppesando quella figura con freddo distacco: “so esattamente quello che vuole” concluse ferma, mentre la sua mente iniziava a lavorare.
 
 


*piccolo omaggio al film Labyrinth- Dove tutto è possibile

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Capitolo 8
*** 7x1.3 MM 1.1 La Regina di Spine ***


7x1.3 Missing Moment 1.1
 
 
 
Non c’era giorno in cui Sansa non si recasse al parco degli Dei; non pregava più ormai da tempo, ma quello restava l’unico luogo che riuscisse a regalare pace alla sua anima inquieta. Col passare dei giorni, le incombenze e gli impegni inderogabili diventavano sempre più spesso la normalità, per cui la ragazza si era abituata a svegliarsi appena prima dell’alba per recarsi sotto il grande Albero del Cuore, le cui fronde screziate risplendevano come rubini ai primi raggi del sole. Era sempre una visione confortante: un nuovo inizio trasportato dalle brezze frizzanti del Nord, un nuovo giorno da costruire attraverso piccole azioni, che ben presto si sarebbero rivelate determinanti per il futuro a venire.
Quando Sansa si rialzava dalla grande pietra ai piedi dell’Albero Diga, trovava sempre Spettro ad attenderla; il suo silenzioso bianco guardiano non interrompeva mai i suoi pensieri, rimaneva semplicemente lì con la delicata tacita protezione di Jon che si irradiava dal suo candido manto.
 
Quel giorno, nonostante tutto, era riuscita a ritagliarsi del tempo per se e dopo essersi concessa un bagno rilassante, si era vestita di un abito semplice color ottanio con maniche a losanga, uno dei vecchi vestiti di sua madre che era riuscita a recuperare. Dopo aver indossato anche il mantello, avendo cura di tenere coperti i capelli, si mosse verso i corridoi di Grande Inverno per uscire in cortile ed incedere verso l’arco di pietra che delimitava l’ingresso del Parco degli Dei, sperando vivamente che nessuno la bloccasse con richieste o nescessità di qualche tipo.
 
 
Jon si trovava nel solarium, seduto al tavolo che era stato di suo padre, intento a pensare al suo amico Sam, sperando di ricevere al più presto qualche notizia che potesse avere qualche rilievo su come poter affrontare l’esercito di WhiteWalkers che ogni giorno si faceva più consistente e più vicino.
Un bussare sommesso alla porta lo riportò al momento: “avanti” chiamò sistemandosi sulla sedia.
Maestro Wolkan fece il suo ingresso con una missiva ripiegata in mano: “Vostra Grazia, speravo di trovare Lady Sansa in tua compagnia: è appena arrivata una cassa inattesa da Alto Giardino, con una lettera indirizzata alla Lady del Nord. Non ho aperto ancora niente, volevo prima consegnare la lettera alla Mia Signora, ma se non si trova qui e non è nelle sue stanze, temo di non sapere dove cercarla...” tentennò il Maestro. Jon si ridestò dalla sedia, avvicinandosi per ricevere la missiva che gli fu consegnata: “provvederò io a darla a Lady Sansa, so come trovarla Maestro; nel frattempo fate portare la cassa nelle camere padronali”. Dopo che il maestro se ne fu andato, Jon uscì dal solarium chiudendosi la porta alle spalle, uscì in cortile e fece un fischio lungo; Spettro arrivò trotterellando da lui, gli annusò la mano leccando appena il dorso e Jon si accucciò a specchiarsi nei suoi occhi luminosi: “portami da lei” sussurrò con un controllato fervore nella voce.
 
 
La radura sacra di Grande Inverno sembrava immersa in un tempo e in uno spazio parallelo; da quando aveva memoria, Jon non aveva mai potuto negare il sovrannaturale che traspariva da ogni filo d’erba, da ogni albero, da ogni uccello che abitava quelle rigogliose fronde; non era mai stato spaventato dagli Alberi Diga e dai loro visi, dalla resina che rigava i loro tronchi così densa e lucente, come fosse sangue vero, ma il silenzio che abitava quel posto era frastornante, la voce muta degli Antichi Dei.
Ora la neve ovattava tutto, quando Jon giunse in prossimità del centro del parco, gli unici colori erano il rosso amaranto delle fronde di quel maestoso albero e le lingue di fuoco dei capelli di Sansa, avvolta in una veste di una tonalità più scura del turchese utilizzato al sud, più fredda seppur più profonda, come probabilmente dovevano essere i suoi pensieri a giudicare dai suoi occhi persi nel vento. Jon non aveva cuore di spezzare quell’incanto, era una visione troppo pura, troppo perfetta per essere infranta dalla sua voce cupa; Spettro gli corse in aiuto, incedendo verso la ragazza fino ad accostarsi al suo fianco.
“Hey...e tu cosa fai qui?” chiese lei sorridendo dolcemente, prima di accorgersi della presenza di Jon.
I loro occhi si incontrarono per un momento infinito, prima che Jon azzardasse qualche passo verso di lei: “ti stavo cercando Mia Signora” le disse non celando il sorriso, uno di quelli che riservava solo a lei, con occhi ridenti e caldi; Sansa si alzò dalla grande pietra, occhi bassi a scacciare pieghe invisibili dall’abito, mantenendo un sorriso mesto prima di incontrare gli occhi basalto di Jon.
Lui la soppesò per un momento, beandosi della bellezza del suo viso, della sua figura slanciata e del fatto che quell’abito non fosse così castigato come quelli che era ormai solita indossare.
Distolse lo sguardo da lei a quei pensieri, deglutendo prima di porgerle la lettera che ancora teneva in mano. Sansa la prese delicatamente, scrutando sul sigillo ancora intatto la rosa di casa Tyrell.
Alzò gli occhi su Jon, l’ombra di domande indecifrabili le balenarono sul viso, poi prese coraggio e si apprestò a leggere la spigolosa calligrafia che si stagliava sulla pergamena. Gli occhi di Sansa percorrevano attenti il messaggio che si delineava sulla carta e Jon seguiva ogni battito di ciglia, ogni espressione del viso, ogni respiro della ragazza, in attesa di lei e di tutto quello che avrebbe voluto condividere con lui. Sansa liberò un sorriso amaro al termine della lettura, cacciò indietro le lacrime e ripiegò la lettera. Si umettò le labbra prima di prendere un respiro profondo: “ti ho raccontato di Margery Tyrell e di sua nonna, Lady Olenna, conosciuta anche come la Regina di Spine?” chiese Sansa tornando a specchiarsi nelle iridi scure di Jon. “Mi hai accennato qualcosa, si. Volevano farti sposare Ser Loras se non sbaglio...”
“Volevano assicurarsi il trono del Nord, ma nonostante i loro interessi politici sono sempre state gentili con me, Margery è stata una delle poche confidenti che ho avuto e mi è stata di grande conforto in alcuni momenti, la consideravo un’amica per quanto ne potessi avere ad Approde del Re” raccontò Sansa scrutando le fronde sanguigne, “Lady Olenna ha messo il veleno nella coppa di Joffrey al matrimonio, in accordo con Ditocorto; un veleno che era custodito nelle gemme della collana che indossavo al ricevimento; io non ne sapevo niente in realtà...”; Jon aggrottò le sopracciglia in ascolto, di quei dettagli non glie ne aveva ancora parlato, ma non osò interrompere il suo racconto; “è lei che mi scrive, mi ha raccontato come ha fatto Cersei a conquistare il trono, a discapito della vita della famiglia Tyrell: sia Margery, che Loras che Lord Tyrell sono morti per mano di Cersei, assieme a chissà quanti altri... Sembra che Cersei abbia fatto saltare in aria il tempio di Baelor con l’alto fuoco, causando involontariamente anche il suicidio di suo figlio Tommen”.
Gli occhi cristallo di Sansa a scrutare quelli oscuri di Jon: “capisci ora perchè ti ho detto quelle cose su Cersei? È pericolosa Jon, non va sottovalutata, soprattutto ora che ha in mano il potere di fare quello che vuole senza dar conto a nessuno” proruppe lei urgente, mentre con slancio gli afferrava un lembo del mantello per portarselo più vicino, catalizzando tutta la sua attenzione.
Gli occhi vibranti di lei andarono a cercare una risposta in quelli di lui; Jon posò una mano inguantata a carezzarle il viso delicato, sostando sulla guancia, mentre col pollice andava a dipingerle lo zigomo sinistro: “ad un certo punto anche lei dovrà dar conto a qualcuno, qualcuno che non si interessa di chi siede sul Trono di Spade” le sussurrò lui in un sospiro indulgente.
Sansa chiuse gli occhi disillusa, incassando nuovamente quel celato rifiuto.
“Hey...” la richiamò dolcemente lui, non riuscendo a tollerare quell’espressione affranta; la mano a trovarle il mento per alzarglielo con cautela, cercando un contatto visivo che non tardò ad arrivare: “non sto cercando di screditare le tue parole” la accolse a voce calda scrutando le sue iridi celesti, “cerco di agire per priorità San; affronteremo tutto e lo faremo insieme a tempo debito. Cersei non ti farà più del male, non finchè ci sarò io” le disse Jon con espressione risoluta. Sansa andò a carezzargli il polso in risposta, liberando un sorriso tiepido, mentre con gli occhi andava a percorrere quel viso adombrato, la sua barba incolta, le sue labbra così scandalosamente piene e rosate; tutt’un tratto percepì la gola secca e e dovette abbassare gli occhi sul mantello che Jon indossava, sulla pelliccia di lupo che andava a definirne i lembi per riprendersi dal turbamento dei suoi pensieri.
“Una cosa non comprendo però” sussurrò ad occhi ancora bassi; Jon era in ascolto mentre le dita di Sansa continuavano a carezzare la pelliccia del mantello di lui: “Lady Olenna parla di un regalo...”, lo sguardo confuso di Sansa trovò la risposta nella mano di Jon, che staccandosi dal suo viso andò a prendere quella della ragazza, iniziando a condurla fuori dal Parco degli Dei: “credo che il tuo regalo ti stia aspettando in camera, assieme a questa lettera è arrivata una cassa di legno che ho fatto condurre nelle tue stanze” le sorrise lui, mentre Spettro si apprestava a sorpassarli per far loro strada.
“Una cassa di legno?” chiese Sansa, “cosa mai potrà avermi mandato quella donna?” pensò ad alta voce mentre si stringeva nel mantello. Jon la guardò senza rispondere, ammaliato dal contrasto dei suoi capelli su quell’abito ottanio: “mi piace come porti i capelli oggi” si lasciò sfuggire prima di rendersi conto di averlo detto davvero; lo sguardo sorpreso di Sansa fu niente rispetto al lieve rossore che andò a colorirle le guance mentre se li andava a lisciare in un gesto automatico.
“Nel senso, stai benissimo sempre, ma così con la chioma sciolta ti preferisco, mi sembri più libera, più rilassata...” tentò di giustificarsi lui.
Sansa sorrise a fior di labbra: “è proprio per questo che non li porto così in pubblico Jon, non posso permettermi di mostrarmi rilassata”, Jon accolse le sue parole con un leggero cruccio di dispiacere, “però grazie, anche io li preferisco sciolti” rispose lei mordendosi le labbra.
Uscirono silenziosamente dal parco per poi dirigersi verso le camere di Sansa, Jon stava per congedarsi quando lei gli chiese di restare per aiutarla ad aprire la cassa.
Un tessuto grigio-argento delineato in motivi a foglie, ripiegato su se stesso più volte, fu la prima inaspettata sorpresa; Sansa quasi perse il respiro quando se lo rigirò tra le mani: era il medesimo tessuto utilizzato per l’abito da sposa di Margery e Lady Olenna aveva voluto fargliene dono, forse quella donna aveva davvero provato affetto per lei...
Sotto il tessuto, la seconda sorpresa furono una distesa di limoni dalla buccia lucente e le labbra di Sansa questa volta si infransero in una risata melodiosa mentre la sua mano andò a prenderne uno per accostarselo al naso ad aspirarne il profumo. Jon sorrise a sua volta nel vederla così radiosa: “chiederò alle donne in cucina di farti delle tortine al limone per domattina” le disse ammiccando, ricordandosi di quanto lei le avesse sempre amate; “Solo se vorrai spezzare il digiuno con me però, non ti negherò un assaggio di questo meraviglioso regalo” sorrise lei serena, con i bei lineamenti distesi.
Jon la guardò ammaliato, non sarebbe stato lui la causa del suo malcontento, acconsentì con un cenno prima di uscire dalle stanze della ragazza, maledicendosi per non riuscire a dirle di no ancora una volta e per non poter evitare di gioire in silenzio per quel piacevole invito.

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Capitolo 9
*** 7x1.3 MM 1.2 come per Aemon e la sua Naerys ***


7x1.3 Missing Moment 1.2
 
L’ancella stava apparecchiando il tavolo tondo delle sue stanza, mentre altre servette facevano avanti e indietro dalle cucine per portare ogni pietanza: Sansa aveva ordinato di cucinare un po’ di tutto, c’era pane abbrustolito con burro e menta, un tortino di funghi, uova sode di quaglia e altre di gallina a mezza cottura, salsicce e pancetta, frutta fresca e composte di more e lamponi, mezzo favo di miele, formaggio fresco e  due tipi di formaggio stagionato, frittelle di mela, tisana di elicriso e borragine e birra densa di malto speziata; per ultimi arrivarono le tortine al limone, ancora tiepide.
La stanza si inebriò del fresco profumo dei limoni di Alto Giardino, liberando il sorriso beato di Sansa; indossava un vestito morbido composto di sotto-abito grigio chiaro con scollo generoso, decorato da piccoli cristalli di melanite nera; il pezzo di sopra era composto di uno smanicato in velluto blu pavone, fermato all’altezza delle spalle da due spille rappresentanti il metalupo e ulteriormente ripreso in vita da un monile d’ argento dalla forma esagonale, lavorato in rilievo con il sigillo di famiglia. Aveva lasciato i capelli sciolti, come piacevano a Jon, si era solo passata tra le ciocche le dita umettate di olio al gelsomino, come di consueto. Era un abbigliamento assolutamente informale e si sentiva sicura di poterlo sfoggiare solo con Jon, come se fosse l’unico a cui potesse mostrarsi libera dalle impenetrabili sovrastrutture che si era costruita. Si avvicinò al tavolo imbandito, guardando sorridente tutte quelle pietanze, tutti quei colori e forme diverse: era uno spettacolo per gli occhi!
Finalmente sentì un fermo ma discreto bussare di porta. Sansa si umettò inconsapevolmente le labbra: “Avanti!” disse con voce squillante.
Jon aprì la porta delle sue stanze e rimase momentaneamente senza parole di fronte alla radiosità della sorella; Sansa fraintese il suo mutismo, pensando che forse aveva esagerato con la vasto assortimento della colazione, ma lo invitò ad entrare mentre lo raggiunse per chiudere la porta.
Jon la soppesò ancora un istante: era troppo bella, come una visione di sogno, non riuscì a trattenersi e andò a trattenere il suo viso in una carezza delicata, prima di depositarle un bacio velato sulla guancia destra: “buongiorno sorella” la salutò in un soffio. Sansa, seppur piacevolmente sorpresa da quel gesto, tentò di non far trasparire l’imbarazzo che la pervase, mordendosi le labbra sperando di dissolvere il calore che iniziò ad espandersi sulle sue guance; andò a carezzare la mano di Jon che ancora sostava al lato del suo viso, per poi prendergliela e condurlo verso la tavola imbandita di ogni possibile delizia: “vieni Jon, spezza il digiuno con me; ho fatto portare un po’ di tutto, spero sia di tuo gradimento” si accomodò lei prima di invitarlo a fare altrettanto. Il fratello la imitò, iniziando a riempirsi il piatto mentre la ragazza gli versò nel calice la birra di malto speziata. Sansa si servì principalmente di frutta fresca, qualche uova di quaglia e due pezzi di formaggio, poi prese dal piatto centrale una tortina al limone che divise a metà, porgendone una al suo ospite. Jon la prese con un sorriso, alzandola appena come per fare un brindisi: “al sorriso della mia Lady del Nord, capace di rischiare anche le notti più oscure” disse lui amabilmente mentre lei lo accolse deliziata: “valoroso e anche poeta?” chiese, prima di assaggiare il dolcetto.
Jon sorrise abbassando lo sguardo: “non sarò mai in grado di decantare la tua bellezza di questa mattina mia Signora, ma temo le valanghe di proposte di matrimonio che mi pioveranno da tutti gli angoli del castello appena uscirai da queste stanze” disse leggermente più serio, scrutando il suo viso.
Sansa represse l’irritazione che quelle parole le destarono; deglutì ad occhi bassi: “tu sei il Re Jon, ma non ho tutta questa fretta di risposarmi o lasciare Grande Inverno” asserì con tono leggermente amaro prima di incontrare nuovamente i suoi occhi.
“Hey...” le disse lui avvicinandosi col corpo, “non intendevo questo: non ti imporrò mai nessun matrimonio Sansa, non oserei, non dopo tutto quello che hai passato”.
Occhi buoni erano i suoi, intensi e avvolgenti, occhi che non avrebbero mai saputo mentirle.
Sansa sospirò sonoramente mentre si incatenò al suo sguardo, prendendogli la mano che era abbandonata sul tavolo, in muta gratitudine: “voglio mostrarti una cosa” disse con occhi lucenti prima di alzarsi dalla sedia e spostarsi verso un angolo della stanza. Jon la seguì con lo sguardo, vedendola avvicinarsi ad un drappo scuro alto quasi quanto lei; Sansa lo scostò, rivelando l’arpa in legno di palissandro intagliata sulla colonna. Jon riconobbe lo strumento immediatamente, era arrivato tanto tempo prima a Grande Inverno ed era il regalo di Ned Stark per il decimo compleanno della figlia; ricordò il grido emozionato di Sansa quando la ricevette in dono e come si apprestò immediatamente a eseguire le sue ballate preferite sulle note d’acqua di quello strumento.
“Ti farebbe piacere ascoltare qualcosa?” chiese speranzosa la ragazza.
“Sono secoli che non ti sento cantare, mi faresti più che felice” e Jon la guardò sedersi mentre si accostava l’arpa alla spalla destra iniziando a far correre le dita affusolate lungo le corde, liberando una melodia ancestrale, languida e malinconica; quando poi la sua voce dolce si introdusse tra le note della ballata, l’atmosfera sembrò riscaldarsi come il terreno a primavera, nelle ore di fascino in cui i germogli crescono, i petali dei fiori si schiudono e i frutti maturano. Il canto di Sansa era dolce come melassa e avvolgente come un manto di neve candida, lieve come una carezza ma indimenticabile come il primo bacio.
Le lunghe dita pizzicavano le corde, le ciglia scure erano basse sulle sue candide guance, mentre le labbra madide e rosse come una melagrana*, si muovevano impercettibilmente, intente a decantare la triste e tormentata storia di Aemon il Principe del Drago e della sua amata Naerys.
 
 



 
*ho rubato una meravigliosa frase da quel capolavoro cinematografico che sono I dieci Comandamenti del 1956, in cui una divina Anne Baxter che interpreta Nefertari, rincontra il suo amato Mosè ed appreso il recente matrimonio di lui, inizia a stuzzicarlo, speranzosa di sedurlo con le seguenti parole: “[...] quella donna, ha la pelle rugosa o vellutata, come la mia? Le sue labbra sono pallide e aride come la sabbia o sono madide e rosse quanto una melagrana? È la fragranza della mirra che da lei esala o l’odore dei montoni?”.
L'interpretazione di Anne Baxter in questo film, è uno dei miei pilastri esistenziali, rimane per me intramontabile ed eterna!

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Capitolo 10
*** 7x1.3 MM 1.3 Partenze ***


Perdonate l'interminabile attesa, ho ripreso il lavoro e devo riorganizzare il mio tempo.
In ogni modo eccovi il prossimo capitolo (le forme grammaticalmente scorrette nelle frasi pronunciate da Thormund sono volute), buona lettura!


7x1.3 Missing Moment 1.3

 

Le mattine si facevano sempre più fredde a Grande Inverno e nonostante il maestoso camino della sala grande fosse alimentato costantemente, Lord Davos si era convinto che se non fosse stato per le correnti calde che scorrevano sotto il castello e per quella densa birra scura di cui si serviva ogni mattina, anche il suo stomaco presto o tardi si sarebbe irrimediabilmente congelato.
Un piatto con uova sode speziate, due fette di pane nero e pancetta abbrustolita gli furono portate da una servetta dai capelli di miele e gli occhi di giada; doveva avere qualche anno in più della principessa Shereen e Davos si sentì d’un tratto il cuore pesante ripensando a quel’innocente creatura che aveva considerato come una figlia, a cui avevano crudelmente strappato la vita.
I suoi tristi pensieri furono interrotti dall’ingresso di Lady Brienne e del suo scudiero Podrik.
Ser Davos si alzò in segno di saluto e rispetto dando il buongiorno ai due nuovi arrivati, la lady e il ragazzo lo salutarono cordialmente come ogni mattina e si accomodarono al lungo tavolo in noce mentre la servetta dai capelli di miele uscì dalle cucine portando un vassoio di frutta fresca che adagiò al centro; Brienne si rivolse alla ragazzina per comandarle del tè all’ortica, pane fresco, miele e formaggio di capra; ordinò lei stessa per Podrik: quella mattina avrebbero proseguito con il suo allenamento e voleva che il ragazzo non avesse il corpo appesantito dalla colazione e le mente addolcita da vino speziato.
Il cavaliere delle Cipolle aveva simpatia per il ragazzo e grande rispetto per Brienne, anzi riteneva che la donna cavaliere fosse una perfetta controparte per Lady Sansa: con la sua disciplina, la sua discrezione e l’inattaccabile fedeltà, era convinto che ella riuscisse ad arrivare alla Lady del Nord come nessun’altro. La colazione fu piacevole in loro compagnia, ma finita l’ultima fetta di pane nero, Lord Davos iniziò a farsi domande sull’assenza del Rè, che solitamente era addirittura più mattiniero di lui; quando la servetta gli si accostò per sparecchiare il suo piatto, le chiese se il Rè avesse già consumato la sua colazione.
“Mio signore, Sua Grazia stamattina era ospite di Lady Stark” rispose mestamente la ragazza prima di scomparire verso le cucine; Davos si congedò dalla tavola imbandita lievemente sorpreso: Jon e Sansa erano fratelli e aveva notato come avevano cominciato, piano piano, a legarsi l’uno all’altra, soprattutto e nonostante molte volte avessero visioni opposte e opinioni contrastanti.
Fù così che direzionò i suoi passi incerti verso le camere padronali, ancora con la mente sovrappensiero.
Quando girò l’angolo dei corridoi di pietra, trovò Spettro curiosamente acciambellato di fronte alla porta.
Qual metalupo era solitamente l’omba vivente di Jon, ma durante le sue assenze dovute a consigli con i Lord o altro, aveva preso l’abitudine di seguire Lady Sansa e di accompagnarla ovunque andasse, un po’ come faceva quando ancora erano a Castello Nero.
Spettro alzò solo un orecchio al suono dei suoi passi, mantenendo gli occhi erano ancora socchiusi: probabilmente lo aveva già fiutato mentre si avvicinava lungo i corridoi. Davos si avvicinò ancora di qualche passo e il metalupo alzò il muso come in silenziosa domanda.
“Scusa ragazzo, temo proprio di dover distogliere il tuo padrone dalla dolce compagnia di sua sorella” gli disse con occhi di scuse; Spettro si alzò voltandosi con il muso verso la porta, già pronto a sgattaiolare dentro non appena questa si fosse aperta. Sorridendo a quella scena, Davos infine bussò due colpi.
La voce echeggiante di Lady Stark lo richiamò ad entrare e la scena che gli si parò davanti era un tessuto di sogno: la luce fresca che si irradiava dalla finestra, illuminando di azzurro tenue un tripudio di frutta e prelibatezze imbandite sul tavolo rotondo al centro della sala, Lady Sansa avvolta in un abito che sembrava intessuto da incantesimi d’argento e flutti del mare, che proruppe in una risata cristallina quando Spettro trottò verso di lei per prendere coccole; Jon, rilassato sulla sua seduta, intento a bere un sorso della sua birra di malto mentre i suoi occhi gioivano alla spensierata visione di sua sorella che prodigava carezze al suo fedele amico albino. Sarebbe stato tutto così perfetto per loro, se quegli sguardi non si fossero animati da un calore più profondo del semplice affetto.
“Chiedo perdono Mia Signora” si introdusse il cavaliere delle Cipolle, prima di rivolgersi a Jon: “Vostra Grazia, non avrei mai voluto interrompere una così piacevole compagnia, ma Thormund Veleno dei Giganti dovrebbe essere ormai pronto per la partenza verso il Forte Orientale” annunciò calamitando l’attenzione del Re su di se.
Jon gli fece un cenno d’assenso prima di alzarsi dalla sedia; Sansa alzò lo sguardo su di lui, ancora avvolta nel suo sorriso. Jon la guardò di rimando con sguardo assorto e delicato, mentre il fantasma di un sorriso gli addolcì il volto: “direi che è arrivato il suo turno di godere delle tue attenzioni Mia Signora” le disse ammiccando a Spettro in adorazione di lei. Sansa sorrise ancora, mordendosi le labbra mentre abbassava gli occhi sul metalupo, sentendo lo sguardo di Davos su di se. Jon mosse i suoi passi verso la porta seguendo il suo consigliere, ma prima di chiuderla si voltò ancora una volta: “grazie per avermi fatto dono del tuo tempo Sansa!” le disse, restituendole il calore languido e dolce dei suoi occhi scuri.
 
I corridoi di Grande Inverno erano sempre avvolti da ombre quando le nuvole erano basse e il sole non riusciva a filtrare da esse; quelle pietre fredde non mettevano Davos a disagio, ma comunque preferiva di gran lunga camminare lungo il patio o attraverso i cortili e respirare l’aria che profumava di pioggia, o neve o di legna bruciata. Jon camminava davanti a lui e lo seguì verso le sue stanze, dove entrarono per recuperare LungoArtiglio e il mantello di Jon.
“Tutto si può dire ma non che Lady Sansa non abbia gusto” disse d’un tratto Davos accennando al mantello di Jon. “Aye” rispose Jon a mezzo sorriso mentre se lo assicurava dietro la schiena: “ha sempre avuto un dono per le arti femminili, cosa che mandava in escandescenza Arya” ricordò Jon, divertito al pensiero.
“É una ragazza piena di risorse, vostra sorella: sa certamente come farsi amare” suggerì Davos cercando una reazione nel suo interlocutore.
“Cosa intendi? E per gli Dei non ti ci mettere anche tu con questo tono reverenziale nei miei confronti” rispose Jon mentre si assicurava il fodero al fianco.
“Dico solo che è comprensibile indugiare nella piacevolezza della compagnia reciproca...” continuò Davos cercando di non spingersi troppo oltre, “perdonami Jon, in momenti come questi vorremmo tutti dei momenti di pace con le persone che amiamo, ma sei il Rè e Lady Sansa è tua sorella: non potete dar modo ai Lord di voltarci le spalle; l’inverno è arrivato e in molti vorrebbero tornare alle loro dimore e barricarcisi dentro, dimenticandosi degli Estranei”; “mi stai suggerendo di evitare di passare del tempo con lei?” chiese Jon voltandosi a guardarlo, irrigidendo la schiena a quelle parole.
“No Jon. Ti sto suggerendo di essere più cauto nei suoi riguardi. Non so con esattezza quello che può aver passato, ma è palpabile la necessità che sembrate avere l’uno per l’altra”.
Jon cercò di intervenire in difesa della sorella ma Davos continuò: “la vuoi proteggere e lei vuole proteggere te; riappropriarvi insieme di Grande Inverno ha solo giovato al vostro legame e Lady Sansa sembra affamata di conferme e di amore, sia rispetto te che rispetto all’intero Nord. Dico solo che questo legame può essere facilmente male interpretato” concluse mestamente Davos abbassando lo sguardo, come a scusarsi.
Jon soppesò le parole del cavaliere delle Cipolle, rendendosi immediatamente conto che in realtà i suoi pensieri indugiavano più del necessario su sua sorella, spingendosi sempre di più verso quei limiti che l’onore non gli permetteva di varcare.
Ha ragione, e per gli Dei Robb mi ammazzerebbe seduta stante se solo fosse vivo,
questa era la sua corona e io non faccio altro che cercare lo sguardo di Sansa...
 
Jon inspirò l’aria umida delle sue stanze, voltò lo sguardo verso il camino: il fuoco ormai estinto da più di due ore, poi si voltò verso il suo interlocutore: “i tuoi consigli sono sempre oggettivi Davos, ti ringrazio per la tua sincerità, ne farò tesoro”. Davos acconsentì per poi seguirlo fuori dalle stanze, verso il cortile interno dove Thormund stava finendo di sellare il cavallo.
“Hai preso tutto il necessario?” chiese Jon al Bruto.
“Aye” rispose l’uomo stringendo la cinghia della sella: “la tua Lupa Rossa ci ha riempito un carro di viveri che basteranno almeno per un mese” gli sorrise l’amico, “sicuro che è tua sorella?” chiese avvicinandosi, mentre accennava al parapetto, laddove Sansa, accompagnata da Spettro, si stagliava avvolta da un lungo mantello grigio scuro, fermato sulla spalla sinistra, nascondendo alla vista l’abito che indossava.
“Sei più grazioso della metà delle donne con cui sono stato ragazzo, ma una tale fiera bellezza...com’è possibile abbia il tuo stesso sangue, amico!” ghignò Tormund guardandolo negli occhi.
Jon soffocò una risata, incamerando le sue parole ma cercando di non badarci troppo: “solo da ramo Stark” specificò lui guardando il Bruto a mezzo sorriso.
“In ogni modo, per una così vale la pena rischiare di farsi ammazzare!” asserì prima di prodigargli una sonora pacca sulla spalla e stringerlo in un abbraccio fraterno, “anche se ti ritrovi a fronteggiare solo con la tua spada una cavalleria di duemila uomini” gli sussurrò all’orecchio prima di slegarlo dall’abbraccio.
Jon incontrò i suoi occhi azzurri quasi con timore.
Per gli Dei, se anche Thormund si è accorto di qualcosa...
Il Bruto gli sorrise quasi comprensivo mentre si protese per montare in sella al suo cavallo.
“Non ho visto la donna alta” lo richiamò il rosso, mentre continuava a guardarsi in giro.
Jon si rilassò in un sorriso sornione a quelle parole; fu Davos ad intervenire, informando il Bruto che la donna cavaliere stava allenando il suo scudiero al campo di addestramento, “quel ragazzo è dannatamente fortunato!” sospirò Thrmund ad occhi persi; Jon sorrise prima di dare una pacca sul fianco del cavallo: “manda un corvo quando avrete preso posizione al Forte Orientale” gli disse a mo’ di saluto. Thormund annuì e si mosse a prendere posto davanti ai carri, dando un ultimo sguardo all’amico.

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Capitolo 11
*** 7x2.1 Mix - Dark wings, Dark words part.1 ***


Grazie per la vostra pazienza.
Questo è un periodo davvero gravoso, ho ripreso a lavorare ma gli asili sono ancora chiusi e gestirsi con un bimbo di quasi 3 anni non è facile, quindi davvero ci tenevo a ringraziarvi tutti doppiamente per attendere i nuovi capitoli. 
Ci avviciniamo alla partenza di Jon aimè...non è ancora ora ma iniziate a fare scorta di kleenex.
buona lettura!



 
Immane era la gratitudine e l’ammirazione che provava nei confronti di quel Bruto e del Popolo Libero; fedeltà e follia erano il collante di quella gente e Sansa era rimasta impressionata dalla facilità con cui Thormund si era fatto carico di tutto quello a cui la battaglia contro Ramsay avrebbe portato. Anche loro erano stati messi in mezzo da Bolton stesso, nella cruda lettera che era loro giunta a Castello Nero, ma il fatto che quell’omone si fosse buttato a capofitto nella cosa senza esitazione alcuna, aiutandoli per giunta a riconquistare Grande Inverno nonostante le ingenti perdite, aveva fatto crescere in Sansa un rispetto molto profondo. Neanche la magior parte delle famiglie del Nord, alfieri da tempo immemore a Casa Stark, erano stati tanto leali.
Il fatto che poi il Bruto la continuasse a chiamare Lupa Rossa, la lusingava selvaggiamente: era stato il primo in assoluto ad apostrofarla in quel modo, richiamandole alla mente l’appellativo che era sempre solitamente rivolto ad Arya, era lei in famiglia quella col sangue di Lupo, a detta di suo padre.
Quando Thormund la chiamava così, Sansa si sentiva segretamente fiera e finalmente legittimata in quanto Stark ed il fatto che tale appellativo fosse scaturito da una persona del Popolo Libero sembrava quasi valere doppio.
 
Brienne d’altro canto era sempre sfuggente quando si trattava del Bruto: egli sembrava riuscire a metterla a disagio impostando dinamiche completamente aliene alla donna di Tarth; assistere ai loro scambi di battute e sguardi era stata sempre un’ardua prova di spirito, poichè Thormund con la sua rudezza provocatoria, sembrava inscenare situazioni terribilmente comiche e Sansa mai si sarebbe permessa di sorridere dell’imbarazzo che quel Bruto provocava alla sua fedele Spada Giurata. No, Sansa si stava solo talmente tanto affezionando a Brienne che, inconsciamente, confidava che le avances di Veleno dei Giganti potessero sfociare in un rapporto che regalasse alla bionda amazzone, quella felicità che tanto la ragazza bramava per se stessa e che le era stata immancabilmente negata più di una volta.
 
Certo, lei aveva Jon, ma l’affetto che la legava a lui si stava evolvendo in qualcosa di sempre più imprudente.
Oh, Dei, non dovresti neanche pensarlo in questi termini!
Scosse la testa per scacciare quell’associazione di pensieri mentre si aggiustava l’alta cinta dell’abito scuro di fronte allo specchio; alzò gli occhi ad incontrare il soffitto, inspirando profondamente per rimettere ordine nei suoi pensieri.
-Grazie per avermi fatto dono del tuo tempo Sansa-
 
Dolci come miele le sue parole e fresco come la brezza del mattino il suo sorriso...
Oh, Jon, il dono lo ha fatto tu a me regalandomi un risveglio così piacevole, dal profumo tiepido di un tempo sospeso. Per un frangente eravamo solo noi, a casa, a perderci l’uno nella compagnia dell’altro, in maniera così innocente e perfetta da farmi credere e desiderare che fosse per sempre.
Protetta e al sicuro nella tua vicinanza, ecco come mi sento, come non mi succedeva da troppo tempo.
A discapito di tutto, sento che con te posso essere semplicemente me stessa e non l’algida Lady di ghiaccio che appaio agli altri.
 
Sansa sospirò nervosa: non poteva permettere che quei pensieri uscissero dai meandri della sua mente.
Si allacciò il mantello, come a chiudere dentro di esso tutti quei sentimenti che la confondevano talmente tanto da dilaniarla e uscì dalle sue stanze. Si diresse a passo fermo verso il corridoio che portava alla stanza occupata dal Maestro, desiderava infatti consultarsi sulle provviste in vista dell’inverno ormai imminente, quando d’un tratto, svoltando l’angolo, si ritrovò ser Davos che incedeva proprio verso di lei, accogliendola con un lieve inchino in rispetto: “Lady Sansa, tuo fratello mi ha mandato a cercarti”.
“Jon ha chiesto di me?” domandò lei cercando di mantenere il controllo nella sua voce.
“Ha chiesto di entrambi in realtà, ha detto di aver ricevuto una missiva di cui voleva discutere con noi prima di informare i Lord al banchetto di questa sera” le rispose il Cavaliere.
“La lettera di Cersei non ha avuto risposta, mi chiedo se si tratti ancora di lei?” si interrogò a voce alta Sansa mentre iniziava a muovere i suoi passi assieme a Davos al suo fianco, “comunque deve trattarsi di qualcosa con una certa rilevanza se Jon vuole informare prima noi” affermò cercando lo sguardo dell’uomo.
“Senza dubbio” concordò Davos prima di guardare Sansa, chiedendosi se poteva osare intercedere per Jon nei suoi riguardi prima di optare per un approccio più pacato: “Mia Signora, spero di non avervi arrecato dispiacere allontanandoti dalla compagnia di tuo fratello questa mattina” azzardò portandosi le mani dietro la schiena e abbassando lo sguardo remissivo in attesa di risposta.
Sansa cercò di non rivelare lo stato di imbarazzo che quelle parole piovute dal nulla le provocarono; dischiuse leggermente le labbra dallo stupore, richiamando celermente quelle fulgide gemme cobalto dal non indugiare ulteriormente sul suo interlocutore, sperando che Davos non si fosse accorto di quello sguardo allarmato: “niente affatto Ser Davos, Jon ha diverse incombenze da assolvere quale Re del Nord e non sarò certo io a distoglierlo dai suoi doveri” rispose pacatamente la ragazza mentre si apprestavano verso il parapetto esterno.
Riflessivo, al limite della balconata che affacciava sul campo di addestramento dove alcuni ragazzini stavano facendo pratica con arco e frecce, stava Jon, avvolto nel suo mantello, proiettando su se stesso tutta l’autorevolezza e la gravosità delle sue responsabilità. Il secondo mantello che Sansa gli aveva donato sembrava essere intessuto di consapevolezza anche se bordato di una preoccupazione infinita.
Si voltò ad incontrarlo sentendo i loro passi sopraggiungere, e senza dire una parola, con sguardo fisso su Sansa, le passò la missiva di cui le aveva accennato Davos; Sansa prese a leggere la bella calligrafia.
“Tyrion Lannister è diventato primo cavaliere di Daernerys Targaryen” disse ad alta voce Jon incrociando il suo sguardo con il Cavaliere delle Cipolle, “stono stato invitato a Roccia del Drago a prestare fedeltà a questa Regina dei Draghi” continuò apatico, voltandosi nuovamente verso il cortile e appoggiandosi pensieroso con le mani sulla balconata, in attesa che Sansa finisse di leggere.
 
“Pensi che sia veramente Tyrion?” chiese la ragazza ridestandosi dalla lettura, “potrebbe trattarsi di qualcuno che voglia tenderti una trappola”
“Leggi l’ultima riga” le rispose Jon senza ancora guardarla mentre si scostava appena dalla palizzata.
Tutti i nani sono bastardi agli occhi dei loro padri” lesse Sansa obbediente; si certo era una frase da Tyrion ma il concetto che tali parole celavano davvero le sfuggiva: “cosa significa?” chiese quasi irritata.
“É una frase che mi disse la prima notte che ci incontrammo” ricordò Jon guardando ancora dritto davanti a se, prima di voltarsi ad accogliere lo sguardo di lei con tutto il suo corpo.
Sansa lo guardò assorta, studiò l’espressione del viso percependo il carisma che irradiava, ma niente di lui l’affascinò e la lusingò di più di quelle parole che uscirono dalle sue labbra carnose.
“Lo conosci meglio di tutti noi” pronunciò inarcando le sopracciglia, “che cosa ne pensi?” le chiese infine, in reale attesa di un suo responso. Sansa conosceva quello sguardo, timoroso certo, ma Jon ci stava provando, stava davvero provando ad ascoltarla in maniera attiva rispetto alle esperienze che l’avevano forgiata nel tempo, le stava chiedendo consiglio, stava cercando di fidarsi di lei come non aveva mai fatto prima e come lei aveva sperato, ma voleva ascoltare la Lady del Nord, la voce dell’algida ragazza che era stata incastrata nel matrimonio con Tyrion Lannister, colei che era stata così a stretto contatto col nemico, non certo la ragazza che aveva spezzato con lui il digiuno quella stessa mattina e che arrossiva alle sue attenzioni.
Sansa represse un sorriso, inspirando appena per esaudire il desiderio di Jon: “Tyrion non è come gli altri Lannister. È sempre stato gentile con me, ma questo è comunque un grande rischio” disse la ragazza tutto d’un fiato, incontrando di tanto in tanto gli occhi attenti di Jon, prima di apprestarsi a leggere le righe che parlavano di spodestare Cersei.
Davos si apprestò a farsi passare la lettera da Lady Sansa per poterla leggere lui stesso, soffermandosi a sottolineare quanto in realtà essa celasse più sottili minacce conclamando apertamente le milizie della Targaryen, senza tralasciare la presenza di tre draghi adulti. Solo a quelle parole la mente di Davos ebbe un sussulto.
“Cosa?” chiese Jon leggendo l’espressione del suo consigliere.
“Il fuoco uccide gli Estranei, è questo che mi hai detto.cosa respira fuoco?” domandò retorico Davos ad un Jon la cui espressione crucciata fugò dal suo sguardo impietoso liberando un sospiro snervato.
“Non starai suggerendo che Jon la incontri?” proruppe Sansa leggermente allarmata.
“No, troppo rischioso” convenne Davos.
Jon ne anticipò i pensieri e tornatosi a rivolgere a lui, incapace di trattenersi pose urgente quella insopportabile domanda: “Ma?”.
“Ma se l’esercito dei morti dovesse passare la Barriera, avremmo abbastanza uomini per affrontarli?”continuò Davos.
Jon conosceva la risposta e non riuscì a sostenere lo sguardo del suo consigliere: si voltò appena tornando a guardare dal parapetto, quelle persone che aveva giurato di proteggere.

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Capitolo 12
*** 7x2.1 Mix - Dark wings, Dark words part.2 ***


Al banchetto di quella sera, Jon decise di non informare I Lord del Nord della missiva ricevuta da Roccia del Drago e neanche quella successiva; i pasti serali trascorsero tranquillamente senza il ben che minimo accenno alla questione.
Sansa iniziò a chiedersi il motivo del prolungato silenzio, poichè se per i nobili del Nord era circoscritto a quella scomoda informazione, rispetto ai suoi stessi confronti, sembrava esteso a ben altro.
Ser Davos sembrava sostenere il mutismo del Re sulla questione, agendo in supporto di esso; nonostante non la trattasse mai con scortesia, i suoi modi sembravano anzi più volti a non scontentarla e ad accogliere le sue preoccupazioni verso Jon cercando di rassicurarla e contenerla il più morbidamente possibile.
 
Non riusciva più ad incrociarlo neanche nel solarium che condividevano; era come se Jon fosse intenzionato ad evitarla e la presenza costante di Spettro a farne le veci, le sembrava sottolineare ancora di più il celato intento del fratello.
Jon era sfuggente, con lo sguardo e con le parole; era sfuggente sopratutto in quei gesti che le erano parsi sempre più urgenti e carichi di intensa necessità. Quella mancanza dilaniante risuonava come un grido muto, divenendo elettricità affilata che Sansa percepiva sotto i vestiti, attraverso la pelle, sempre provocata da quella vicinanza temporanea che condividevano al tavolo della sala grande, per quel poco tempo che passavano seduti l’uno accanto all’altra.
Era tutto così snervante e più Jon ne fuggiva, più lei ne cercava: più Sansa percepiva la grigia e severa rigidità negli atteggiamenti scostanti di lui, più lei tentava di richiamarne lo sguardo e le attenzioni.
 
Il quarto giorno di silenzi, Lady Stark decise di incaricacare Podrick di farle sapere quando il Re si fosse trovato nel solarium; lo scudiero si presentò da lei nell’ora che precedeva l’imbrunire, durante il tempo in cui Sansa era solita passare nel Giardino di Vetro, per mettersi al corrente dei progressi dei lavori che erano iniziati, per riportare quel piccolo angolo dai profumi esotici ai suoi antichi splendori.
Sansa alle parole di Pod imbracciò i lembi del suo abito scuro per sollevarne le stoffe e muovere più velocemente i suoi passi verso l’interno del castello. Pregò di non intercettare Davos, ormai convinta che il buon Cavaliere cercasse di intercedere per ordine di Jon nel mantenerla a distanza da lui. Riuscì a passare i cortili indisturbata prima di iniziare a percorrere i corridoi interni; fortunatamente ad eccezione di qualche servetta, la sua fu una corsa indisturbata e Sansa procedette spedita fino a girare l’ultimo angolo che la separava dalla porta del solarium, con ancora il pesante mantello ad avvolgerle le spalle.
 
 
 
Spettro era stancamente coricato sul pavimento, gli occhi chiusi e il muso leggermente rivolto verso il tavolo ottagonale che Jon continuava ad aggirare con sguardo fisso sulla mappa soprastante, come se un cambio fisico di prospettiva  potesse suggerirgli la migliore soluzione ai pensieri che lo affliggevano da giorni. Era talmente immerso nelle sue congetture che neanche percepì il rumore della serratura che scattò di fronte a lui. Sansa sgattaiolò dentro prima di voltarsi per richiudere la pesante porta di legno.
Fu il sommesso uggiolio di Spettro in attenzione della ragazza che aiutò Jon ad accorgersi della sua presenza nella stanza. Occhi su Sansa e poi nuovamente sul metalupo e sul suo muso sollevato: gli occhi d’un tratto più vigili e animati di quell’insolita affettuosità che sembrava rivolgere solo a lei. Quel legame che aveva instaurato con sua sorella non potè fare altro che scalfire la sua corazza di fermo distacco che Jon pareva aver edificato in qui giorni: un accenno di sorriso dal sentore di quella primavera ancora lontana, sbocciò sul viso crucciato da giorni.
 
Non era solo la lettera di Lord Tyrion, non era l’angoscia di dover lasciare nuovamente Grande Inverno, ne l’incombente minaccia del Re della Notte e del suo esercito di Estranei; tutti questi pensieri erano legati dal tormento della necessità di distaccarsi da lei per non alimentare quella confusione che li stava circondando entrambi, avvolgendoli sempre di più, calamitandoli verso limiti invalicabili e troppo sottili per essere percepiti come tali; Jon sentiva di dover proteggere entrambi, di trovare il modo di distaccarsi da lei nel modo più delicato possibile, cercando di non ferirla troppo o almeno di non scalfire la fiducia che Sansa iniziava a riporre in lui. Eppure quella visione, la sua presenza luminosa che sembrava essersi materializzata in quella stanza, offuscò tutti quei pensieri in un battito di ciglia e Jon non potè fare altro che accoglierla come sempre, nella parte più recondita del suo animo.
“É un sorriso quello?” chiese Sansa, incapace di non crogiolarsi in quello sguardo caldo.
“Sembra quasi rispondere più a te che a me” constatò lui alludendo a Spettro.
La ragazza si accovacciò distrattamente a grattare un’orecchia del diretto interessato e Jon quasi si ritrovò ad invidiare tutta quella libertà che il metalupo poteva prendersi nei confronti della sorella, a differenza sua. Una volta rialzata Sansa incontrò Jon con occhi grandi: “allora, pensi di evitarmi ancora a lungo?” chiese per nulla ostile ma anzi totalmente amorevole, quasi comprendesse i motivi della distanza che lui aveva tessuto tra loro così diligentemente.
“Non sto fuggendo da te, Sans” la esaudì lui perdendosi sulle sue guance ancora lievemente arrossate dalla corsa, prima di abbassare lo sguardo nuovamente sulla mappa.
“Ah no?” domandò lei accennando qualche passo in sua direzione.
“No” sospirò Jon prima di abbandonarsi stancamente sulla sedia, una mano a carezzarsi la barba, “sto solo cercando di concentrarmi sulla nostra prossima mossa” disse chiudendo le palpebre, come a mettere ordine dentro la sua testa.
Sansa lo osservò prima di decidersi a prendere posto di fronte a lui, dalla parte opposta del tavolo.
“Dovrai informarli prima o poi, anche se sai benissimo che non accoglieranno mai le parole di un Lannister con benevolenza, per quanto possa essere il migliore di quella famiglia” constatò la ragazza, “Joffrey era talmente perverso da sfuggire perfino al controllo di Cersei; Tyrion fu l’unico a contrastarlo apertamente tentando di educarlo ad essere Re, ma per quanto tu possa cercare di dargli una forma piacevole il letame rimane sempre letame e puzza tanto quanto prima” articolò velocemente Sansa senza neanche pensarci, mentre si sistemava sulla sedia con sguardo fisso nel vuoto. Jon non riuscì a trattenere il ghigno a quella frase: potevano essere parole pronunciate da Arya ma mai avrebbe pensato di sentirle uscire dalle labbra dell’altra sorella.
“Non divertirti troppo Jon” lo ridestò sorniona lei, “questa Regina dei Draghi ha l’aria di essere una conquistatrice e temo non sarà affatto contenta nell’apprendere la nostra indipendenza”.
Non aveva tutti i torti, ma restava il fatto che ormai non restavano molti altri possibili alleati.
“Non so cosa Tyrion abbia potuto vedere in lei” continuò Sansa, “non so se le è realmente fedele o se è solo una parte del suo piano di vendicarsi di Cersei; quello che so è che questa Daenerys Targaryen non ha vissuto un giorno che sia uno a Westeros consapevole delle reali necessità di questo luogo, ben che meno del Nord” lo richiamò lei con occhi fulgidi, “è una straniera, vissuta in esilio; non conosce gli usi ne i costumi delle nostre città o la volatile fedeltà del popolino di Approdo del Re. Se Tyrion l’ha informata a dovere, forse avrà solo una minima idea di quello che la aspetta in queste terre, sempre che la cosa le interessi, ma anche se fosse, rimane pur sempre una Targaryen”.
“Per natura instabile vorresti dire?” chiese Jon ben consapevole di quello che la sorella cercava di dirgli.
“Devo ricordarti quello che hanno fatto alla nostra famiglia?” chiese retorica lei.
Jon aprì gli occhi nuovamente ad incontrarla, sospirando sommessamente.
“Non possiamo farcela da soli...”
“Non ti sto chiedendo di farlo, ma non puoi neanche permetterti di fidarti di loro, di nessuno di loro” aggiunse lei allungandosi sul tavolo per sottolineare l’urgenza di quel consiglio.
Jon la portò al presente con un sorriso che calamitò il suo sguardo.
I suoi occhi grigi che la scrutavano con interesse poco celato da sotto le folte sopracciglia, le mandarono un brivido lungo la schiena, fin quando Sansa non si rese conto di quanto si stesse esponendo, di quanto quel suo comportamento fosse fin troppo colmo di trasporto. Un lieve imbarazzo le arrossì la pelle all’altezza delle guance. La ragazza indietreggiò appena, distogliendo lo sguardo fulgido dal Re, reprimendo un sorriso mesto: “non voglio tediarti con le mie preoccupazioni, ma ci siamo detti niente segreti...” disse lei come a scusarsi. Jon non si mosse, ancora in contemplazione di ogni suo gesto, di ogni espressione.
“Ti lascio ai tuoi pensieri allora” disse lei alzandosi, dirigendosi verso la porta.
“Sans” la bloccò con la voce lui facendola voltare sulla soglia, mentre già teneva la maniglia con la mano sinistra, “stasera parlerò con i Lord Alfieri” concluse lui, sperando che le sue parole esaudissero le richieste della sorella senza tradire i suoi confusi pensieri su quanto piacevole fosse stare anche pochi minuti in sua presenza. La ragazza annuì con un lieve sorriso di assenso prima di sparire dietro la grande porta di legno.
Spettro andò subito verso la soglia, il muso teso ad annusare l’aria e un uggiolio represso nella gola.
Jon sorrise da quanto strettamente condividesse i pensieri del metalupo: “ti sei proprio innamorato eh amico?” lo richiamò scuotendo la testa. Spettro gli si rivolse per poi avvicinarsi a lui per prendere una carezza dietro l’orecchio: “almeno ci saresti tu a proteggerla” pensò Jon ad alta voce con i pensieri che già vagavano verso recondite possibilità.
 
Un ora dopo, Maestro Wolkan busso alla porta del solarium cercando di lui: “una lettera giunta dalla cittadella Mio Re”.
La Cittadella
Sam!

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Capitolo 13
*** 7x2.2 The North is Yours ***


uno degli episodi a cui tengo di più al mondo... 
Buona lettura!




Davos seguì l’ingresso di Jon nella sala grande, osservò il Rè far accomodare la sorella alla sua sinistra, bella come una mattina di primavera e talmente luminosa quanto scuro era l’abito che indossava; il viso di Lady Sansa era incorniciato dal rame lucente dei sui capelli e il sorriso mesto e roseo che si delineava con grazia, era specchio della totale inconsapevolezza rispetto a ciò che sarebbe accaduto a momenti.
Davos pregò affinchè la ragazza riuscisse ad accettare la decisione presa da Jon con il minimo contrasto possibile: quella che si approntavano a fare, era una traversata molto rischiosa e c’era bisogno che Jon fosse concentrato appieno sulla questione, senza volare con la mente a Grande Inverno ogni volta che avesse potuto.
 
Jon uscì da dietro il tavolo principale per prendere posizione verso il centro della sala avvolto dal suo mantello; serio e teso nella sua figura, possedeva il carisma di un Rè, su questo non c’erano dubbi, ad ogni suo passo il vociare si quietava finchè il tono grave della sua voce non risuonò per tutta la sala.
Iniziò informando i Lord sulla lettera che aveva appena ricevuto da Sam, di cui anche sua sorella non era ancora a conoscenza: Sam aveva scoperto un giacimento di Vetro di Drago proprio sotto Roccia del Drago. A seguito di tale scoperta, il contenuto della missiva ricevuta direttamente da Roccia del Drago, venne esposta al cospetto dei Lord del Nord: “...mi è stata mandata da Tyrion Lannister” e il brusio quasi sovrastò il coraggio di Jon, “ora è il primo consigliere di Daenerys Targaryen. Dice che intende spodestare Cersei Lannister con una grande armata al suo seguito e, se questo messaggio è da ritenersi veritiero, tre draghi”.
Il brusio crebbe assieme all’incredulità generale, inquietudine mista a malcontento si dilagò come olio tutto intorno a lui, quasi ad inghiottirlo.
Jon ignorò quel vociare, concentrandosi sulle parole che doveva mettere insieme ad argomentare la sua posizione; la sua voce si abbassò di tono, quasi a negare a se stesso quello che stava per dire, quasi ad inabissarsi nell’oblio di quelle parole che non avrebbe mai voluto pronunciare.
Dal profondo della sua gola liberò la propria voce ancora una volta: “Lord Tyrion mi ha invitato a Roccia del Drago per incontrare Daenerys...” pronunciò a viso basso prima di voltarsi verso il tavolo principale ed incatenare il suo sguardo fulgido, pieno di tutto ciò che non avrebbe mai osato dire, a quello brillante di sua sorella Sansa, “e ho deciso di accettare” concluse serrando le labbra non distogliendo l’attenzione da lei.
Le voci dei Lord parevano ovattate rispetto alla muta incedulità che lesse negli occhi della sorella.
Sansa non aveva parole, sembrava sovrastata dalle proprie emozioni mentre si specchiava nella cruda realtà degli occhi di Jon, il quale le restituì lo sguardo, quasi a sostenerla, quasi a convincerla dell’urgenza di quelle parole e dell’incontrastabiltà della sua decisione.
 
Si voltò d’un tratto per affrontare quel malcontento generale: “abbiamo bisogno di quel Vetro di Drago miei Lord. Sappiamo che il Vetro di Drago può distruggere gli Estranei e il loro esercito: dobbiamo estrarlo e trasformarlo in armi” richiamò Jon a voce alta, “e sopratutto abbiamo bisogno di alleati. L’armata degli Estranei cresce ogni giorno che passa, non possiamo sconfiggerla da soli, non abbiamo uomini a sufficenza”.
Brienne incontrò lo sguardo allarmato di Sansa che ascoltava ancora incredula il discorso di Jon.
La donna cavaliere sapeva quanto quella decisione potesse far mancara la terra sotto i piedi alla sua protetta, Lady Sansa sembrava finalmente aver ritrovato la sua casa in Jon, più di quanto lo potesse essere Grande Inverno stessa; separarsi nuovamente da lui l’avrebbe fatta precipitare in un limbo di inconsistenza, senza un obiettivo da perseguire, ancora una volta in attesa di qualcuno, con il terrore di perdere anche lui e non poter fare niente per evitarlo.
 
Jon continuò: “Daenerys ha il suo esercito e possiede il fuoco di Drago. Devo cercare di persuaderla a combattere con noi. Ser Davos e io andremo a Porto Bianco domani, poi navigheremo fino a Roccia del Drago”.
No, questo è troppo, non me ne starò qui zitta a vederti morire.
“Hai dimenticato cos’è successo a nostro nonno?” proruppe Sansa calamitando a se l’attenzione di tutti, “il Re Folle lo invitò ad Approdo del Re solo per bruciarlo vivo!” lo richiamò ancora.
“Lo so questo” rispose Jon con voce sommessa e il cuore spezzato per il dolore che le stava provocando; cercò di mantenersi ancorato alla sua decisione sfuggendo allo sguardo di lei.
“Lei è qui per rivendicare il Trono di Spade e i Sette Regni” continuò fulgida Sansa, sempre più animata dal contrastare una possibile sua partenza da casa, “il Nord è uno di questi Sette Regni: questo non è un invito ma una trappola!” un coro di Aye ad accogliere le sue parole.
Jon cercò di ignorare i Lord, sapeva che era lei che doveva convincere, l’aveva sempre saputo: Sansa poteva essere la sua più grande alleata come il suo più grande oppositore, ma Jon aveva bisogno si fidasse di lui, non perchè fosse il suo Rè, non perchè fosse suo fratello, ma perchè senza la sua fiducia non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarla. Era per lei che combatteva, era per lei che aveva combattuto anche quando la battaglia era già persa.
Nessuno può proteggere nessuno.
Ma Jon avrebbe sempre fatto di tutto per tenerla al sicuro. Aveva bisogno di lei, aveva bisogno della sua approvazione e aveva bisogno che lei confidasse nel suo successo e nel suo ritorno a Grande Inverno, da lei, perchè solo così avrebbe avuto la forza di partire, solo così avrebbe avuto uno scopo.
“Potrebbe essere” continuò Jon guardandola ancora con tormento, “ma non credo che Tyrion farebbe una cosa del genere, lo conosci, è un uomo sincero” concluse lui parlando come se fossero ancora nel solarium che condividevano, lontano da intrighi e cospirazioni.
La voce grossa di Lord Royce lo richiamò a contrastare le sue parole, in accordo con il pensiero della sorella; dopo Royce anche Lord Glover proruppe dicendo la sua e non per ultima, anche la giovane Lyanna Mormont.
Jon era visivamente provato e sofferente rispetto a tutto quello che stava accadendo, sapeva che sarebbero stati in aperto contrasto, ma sembrava che nessuno di loro riuscisse a capire ancora una volta la gravità della situazione in cui si trovavano.
“Mi avete incoronato come vostro Re...non l’ho mai voluto, non ho mai chiesto di esserlo” iniziò con voce pacata e sconfitta, “ma ho accettato, perchè il Nord è la mia casa” riprese con tono più vivo e intenso, sottolineando ogni parola con l’espressività del suo volto segnato, “è parte di me e non smetterò mai di combattere per esso, indipendentemente dai rischi; ma i pronostici sono a nostro sfavore”. Crudo realismo, ecco cosa ci voleva per convincerli tutti: “nessuno di voi ha visto l’armata dei non-morti, nessuno! Non potremo mai sperare di sconfiggerli da soli, ci servono alleati: alleati potenti!” rimarcò a gran voce prima di voltarsi nuovamente, volgendosi ancora una volta, senza volerlo nascondere, direttamente a sua sorella: “lo se che è un rischio, ma è un rischio che devo correre” concluse sofferente.
L’incontro di queglio occhi, lo scontro con quelle parole, liberò il trasporto di lei, esplodendo in un incendio; Sansa scostò rumorosamente la sedia per alzarsi ad affrontarlo: “allora manda un emissario, non andarci tu stesso!” implorò cercando pur sempre di mantenere il contegno.
“Daenerys è una Regina, solo un Re può convincerla ad appoggiarci, devo essere io a farlo” disse guardandola sospirare dallo sconforto, gli occhi azzurri che vagavano al soffitto per cercare qualcosa a cui appigliarsi per poterlo tenere con lei: “stai abbandonando il tuo popolo!” gridò  disperata,
“stai abbandonando la tua casa!”
Stai abbandonandò me!
Quel’urlo non pronunciato sembrava risuonare nelle orecchie di entrambi.
Ferirlo per riuscire a tenerlo con lei, era subdolo e stupido e infantile, ma Sansa non sapeva che altro fare per distoglierlo da quell’assurda idea.
 
Gli occhi di Jon a guardarla, intensi e magnetici mentre caricò le parole che andò a pronunciare di tutto quello che non osava dirle: “lascio entrambi in buona mani” e sentì il cuore spezzarsi,
“e quali?” chiese lei ancora più incredula,
“le tue” e il cuore di Jon sembrò ricomporsi in un frangente: era per lei la sua completa devozione e tutti dovevano sapere quanto Sansa fosse meritevole della sua piena fiducia.
“Sei mia sorella e l’unica Stark qui a Grande Inverno. Fino al mio ritorno il Nord è tuo” assentì Jon. I suoi occhi non l’avevano lasciata un istante mentre quelli di lei, vagavano increduli a cercare un minimo cenno che potesse tradire le parole a cui Jon aveva appena dato voce.
Non vi era ripensamento nel suo sguardo, lui la sosteneva con piena fiducia e il cuore di Sansa sembrò fermarsi. Era come se in quella sala fossero solo loro, era come se Jon avesse appena messo nelle sua mani la sua stessa vita; un fuoco limpido andò a scaldarla dall’interno mentre metabolizzava le parole di Jon e sentiva la sua anima messa a nudo, specchiandosi nell’intensità di quegli occhi grigi, così fervidi e profondi.
Un brivido la percorse e avrebbe voluto piangere dall’agonia e legarlo a se per non farlo andare via, ma quelle parole erano state una preghiera e una resa ed un obbligo e una promessa. Jon si era totalmente disarmato per lei, per la sua fiducia e Sansa non gliel’avrebbe negata mai, nonostante il solo pensiero del distacco da lui le stesse spezzando il cuore.
Il pensiero che Jon dovesse affrontare possibili pericoli mentre era lontano da casa, era in attesa di avvolgerla e subito Sansa lanciò uno sguardo a Dito Corto, memore delle sue previsioni di qualche giorno prime; la sua presenza in quella sala ora la inquietava ancora di più mentre sentiva la sua espressione enigmatica accarezzarla gelida.
Seduta ad osservare la situazione di complicità che si era creata tra Sansa e Jon, Brienne represse un sorriso di compiacimento mentre Davos tornò con gli occhi al Rè del Nord, ormai convito di quanto Jon agisse con intelligenza nel nome del bene di tutti.
Il Re del Nord fece un cenno alla sorella come per sugellare quell’accordo in piena fiducia.
Lady Sansa Stark non potè far altro che acconsentire con occhi commossi, percorsa da emozioni travolgenti, dilanianti e contrastanti tra loro, mentre dentro di se cercava risposte a domande che non osava porsi.

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Capitolo 14
*** 7x2.2 MM 2.0 il Commiato ***


capitolo lungo, ma come potevo fare altrimenti?
buona lettura!

7x2.2 Missing Moment 2.0



Dopo l’incontro con il Lord, Jon si era rintanato nel Solarium per disporre gli ultimi preparativi in vista della partenza dell’indomani. Davos lo aveva lasciato che la luna era già al suo apice quando decise finalmente di recarsi verso le sue stanze; nella penombra dei corridori e perso tra i suoi pensieri, si ritrovò improvvisamente difronte alla soglia delle camere padronali: solo una porta e qualche metro al di là lo separavano dalla dolce Sansa, sicuramente già cullata nel tepore di un sonno profondo.
Jon rimase in uno stato catatonico per un lungo momento, in contemplazione di ogni solco del legno senza osare bussare: era troppo tardi e troppo inappropriato se qualcuno avesse assistito alla cosa; fare visita alle camere della Lady di Grande Inverno a quell’ora sarebbe stato troppo,
ti spingeresti troppo oltre...
E quasi a conferma di quei pensieri, l’immagine fugace di Sansa coperta solo da una sottile veste da notte, gli apparve nei suoi capelli sciolti e vaporosi, freschi di spazzola; occhi umidi e languidi a causa del sonno.
Jon scosse di scatto la testa, come a scacciare quella pericolosa immagine dalla sua mente.
Stai abbandonando me!
Un grido inespresso a rimbombargli nella testa mentre veloce si apprestava con passo spedito verso le sue stanze.
Domani, le parlerò domani.
 
 
Sansa era sotto le coperte di pelliccia da ore, gli occhi sbarrati fissi su un punto del soffitto mentre la sua testa lavorava frenetica senza sosta: Jon lontano, le responsabilità di Grande Inverno e delle popolazioni del Nord, l’arrivo dell’Inverno e della Lunga Notte, Cersei come Regina dei Sette Regni e una nuova possibile minaccia Targaryen.
E Baelish sempre in agguato con le sue macchinazioni e le sue lusinghe inappropriate...
Sansa si voltò di scatto sul lato, tirandosi su le coperte a coprirsi le spalle; non voleva pensare a lui, non voleva pensare alla orripilante visione di cui l’aveva resa partecipe al cospetto dell’albero del cuore, non voleva che l’ultima notte che condivideva sotto lo stesso tetto di Jon fosse insudiciata dal pensieri di DitoCorto.
Perlomeno gli statà lontano: con Jon fuori da Grande Inverno si sentirà sicuro di poter spingere i Lord a giurare fedeltà a me voltando le spalle a lui e muovere i fili del suo gioco.
Sansa sbuffò sonoramente socchiudendo gli occhi, per cercare di eliminare il pensiero di Petyr dalla sua testa.
Se pensa che mi farò manovrare anche questa volta si sbaglia di grosso, otterrò da lui ciò che voglio ma spianando la strada per il ritorno di Jon, non certo per togliergli il titolo di Rè del Nord.
 
-Il Nord è la mia casa, è parte di me ed è tuo-
Come se quello non fosse un pensiero condiviso da entrambi...
Sansa sospirò mentre sentì le lacrime salirgli dalle guance fino ad arrivare agli occhi già lucidi.
Oh Dei, non strappatemi anche lui...
In cuor suo sapeva perchè non l’aveva consultata, non avrebbero mai trovato un’accordo sulla questione, lei era troppo impaurita e si era troppo legata a lui, quasi a muoversi di riflesso ad ogni sua azione, ma mai avrebbe pensato che Jon potesse darle quell’estrema fiducia che le aveva donato con occhi coinvolti difronte all’intera sala. La amava e si fidava di lei, questo le aveva dimostrato quel giorno e forse Sansa avrebbe dovuto tornare sui suoi passi e analizzare perbene la sua posizione, perchè nonostante l’intensità degli occhi di Jon, le sue sottili attenzioni e i sorrisi fugaci che le riservava, Sansa doveva ammettere che Jon non l’avrebbe mai potuta vedere e pensare se non in altra veste che quella di sua sorella; era troppo simile a loro padre, troppo un uomo d’onore per indugiare in altro modo su di lei.
Sansa doveva aver in quelche modo travisato l’affetto incondizionato che aveva iniziato a provare per lui. La riconoscenza a volte faceva brutti scherzi e il fatto che Jon fosse il primo uomo dopo tempo immemore a farla sentire improvvisamente al sicuro, aveva indubbiamente alterato la percezione delle sue stesse emozioni. Quella dolcezza pura era sempre accompagnata subito dopo da un effimero distacco, da un rispetto deferenziale e da immancabili occhi velati di tristezza. Quando Jon aveva quello sguardo mesto e preoccupato Sansa avrebbe solo voluto liberarsi da ogni infrastruttura, eliminare la distanza che li separava ed accoglierlo in un abbraccio disperato per crogiolarsi nel suo tepore, nel suo profumo e confortare i tormenti del suo animo. Ma questo non era possibile, non ora, troppo sconveniente e le barriere tra loro continuavano a crescere, erano rimasti solo gli sguardi a poterli legare, a farli sopravvivere l’uno per l’altra.
E da domani non avremo neanche questi...
Sansa cacciò nervosamente indietro le lacrime col dorso della mano.
No, niente occhi pesti di pianto domattina; Jon dovrà lasciare casa scarico di inutili pensieri, mi ha affidato Grande Inverno e ogni mossa che farò sarà in sua vece. Da domani sarò solo la Lady di Grande Inverno per chiunque, algida, arguta e pronta al confronto attivo con i Lord del Nord, e chiunque oserà muoversi mettendo a rischio la stabilità conquistata dovrà far fronte alla mia giustizia.
Fu con questi pensieri che riportando un po’ di pace nel suo animo, socchiuse gli occhi affranti e si addormentò.
 
Quando la prima luce frizzante del mattino filtrò dalla finestra della sua stanza da letto, Sansa era già intenta a farsi acconciare i capelli da Elin, addosso ancora la veste di lino e sul letto l’abito che avrebbe indossato quel giorno.
Una seconda ragazza stava portando via la colazione ancora intatta della Lady: “Mia Signora, non gradite neanche qualcosa di diverso? Avete a stento toccato cibo questa mattina” azzardò timorosa la servetta.
“Non preoccuparti Delya, non importa; lascia solo la tisana alla menta poi vai pure ad occuparti delle tue incombenze, mi aiuterà Elin con l’abito” le rispose Sansa congedandola amabilmente.
Elin le fremò l’acconciatura e si spostò per recuperar l’abito ed aiutarla ad indossarlo.
L’immagine riflessa di Sansa nell’abito scuro dal corpetto adorno di piume la catapultò a quel giorno in cui aveva donato la gorgiera con i metalupi lavorati in rilevo a Jon, quel giorno in cui si era prodigata nell’aiutarlo lei stessa a vestirsi e prepararsi per il banchetto serale.
Un sospiro nervoso le sfuggì dalle labbra di pesca mentre Elin era intenta a stringerle l’alta cinta di pelle scura: “troppo stretta Mia Signora?” chiese la ragazza fraintendendo.
“No Elin, non si tratta della cinta, sono solo inquieta. Passami la collana” deviò laconica mentre si accingeva a fermarsi la catena al fianco.
Stava giusto sistemandosi i fermagli al colletto quando bussarono alla porta: “Avanti” annunciò senza pensarci troppo, quando la figura di Jon comparve sulla soglia: “Mia Signora...” pronunciò annunciandosi, rimanendo in attesa.
Sansa incontrò il suo sguardo dal riflesso dello specchio, sprofondando in una apnea inconsapevole.
Elin la ridestò sistemandole il retro dell’abito: “avete ancora bisogno di me Lady Stark?” chiese  titubante.
“No cara, puoi andare grazie” le sorrise Sansa rilassando il viso
“Mia Signora” sussurrò remissiva la ragazza a mezzo inchino dopo averle lisciato un’ultima volta i capelli sulla schiena quasi in contemplazione; si voltò incedendo verso la porta e Jon si fece momentaneamente da parte salutandola con un cenno per poi farla passare.
Quando il portone si chiuse finalmente Sansa si voltò ad incontrare il fratello: “quindi sei in partenza...” gli occhi blu a scrutarlo attenta mentre lui le si avvicinava lento, come a misurare ogni passo; Jon non riuscì a controllare il suo sguardo lasciandolo libero di vagare sull’intera figura di lei, vista che non sfuggì all’attenzione di Sansa il cui respirò divenne più profondo salendole fino al petto, che prese ad alzarsi ritmicamente. Si inumidì la labbra cercando di concentrarsi nel prodigargli un sorriso lieve ed al contempo abbassare le palpebre sul suo stesso abito.
“Si, siamo quasi pronti, ma avevo bisogno di salutarti a dovere” disse lui inclinando lievemente la testa a soppesarla.
Le sue parole furono accolte da lei con un tuffo al cuore, gli occhi ancora bassi mentre cercava di dominarsi e trovare la forza di dire qualcosa.
“É necessario Sans: è la nostra unica possibilità” disse lui avvicinandosi ancora a scrutarle il volto adombrato, “hey...” sussurrò dolce, sollevandole il mento per specchiarsi nei suoi occhi di cristallo.
“Non voglio che tu vada a Sud” rispose con voce flebile lei, mordendosi le labbra per cacciare indietro le lacrime.
Jon sospirò a labbra serrate continuandola a guardare: “tornerò Sansa, qualunque cosa accada ti prometto che tornerò a Grande Inverno”,
Tornerò da te
“ma abbiamo bisogno di questa alleanza, non possiamo farcela da soli, la salvezza del Nord dipende da questo e ho intenzione di proteggerlo sempre e comunque”,
Ti proteggerò, lo prometto.
La ragazza incontrò il suo sguardo prima di fuggirne snervata: “sai bene anche tu quanto sono onorevoli i Lord a parole e quanto non sempre siano stati in grado di  mantenere i loro giurmenti” occhi che vagavano per la stanza.
“Confido nella tua guida per questo, sto affidando tutto a te perchè non mi fido di nessun altro”
“Jon...”
“Sei portata per questo” le disse raggiungendola con le mani alle braccia, appena sopra il gomito, avvolte dal tessuto dell’abito scuro, “tu coinvolgi le persone, hai innate capacità diplomatiche e ispiri devozione senza che neanche tu te ne renda conto; impareranno ad amarti Sansa, come non potrebbero?”.
Lo sguardo dubbioso di lei lo attraversò da parte a parte: “credi che le mie siano solo lusinghe?” rispose lui distaccando la presa delicata, quasi ferito dal suo sguardo.
“Non credo che siano pronti per prendere ordini da una donna” rispose sinceramente la ragazza.
“Tu sei la figlia di Eddard Stark, la Lady di Grande Inverno: hai tutto il diritto di governare il regno del Nord” asserì lui avvicinandosi con fervore mentre la guardava dritto negli occhi, “non lasciare che stupidi screzi vadano a creare inutili divisioni tra i Lord, non fare niente che io non farei e tieni vicina Brienne”.
“Brienne?” chiese Sansa non comprendendo appieno.
“Tu ti fidi di lei e io mi fido del tuo giudizio, inoltre sembra l’unica oltre a te in grado di tenere testa a Bealish” una smorfia a incrinare il suo bel viso,
“Jon...”
“Non mi fido di lui, ma mi fido di te” disse con tono conclusivo prima di abbassare lo sguardo sul corpetto di Sansa, “...per quanto non ami le piume sui tuoi abiti”.
“É per questo che le associo ai due metalupi: si abbinano alla tua gorgiera in metallo lo sapevi?” sorrise mestamente lei.
Jon abbassò lo sguardo, quasi per sfuggire all’adulazione che quelle parole celavano: “e questa?” chiese prendendo tra le dita la catena della collana che lei indossava, “questa cosa sta a rappresentare?” chiese curioso, incapace di distogliere lo sguardo dai lucenti occhi di lei.
Sansa lo accolse con un sorriso più ampio, portando le sue stesse mani all’anello di metallo mentre si umettava le labbra: “il cerchio rappresenta l’unità ed è un simbolo di protezione, per me stessa, per la famiglia e per il Nord” e gli occhi di Jon si illuminarono di rimando, “la catena è un monito: mi ricorda il senso di prigionia, di impotenza che ho vissuto in passato” lo sguardo a riconoscere la furia che si propagava dal viso di lui intento a mordersi l’interno labbra al ricordo di Ramsay. Inspirò dietro le palpebre abbassate prima di tornare a guardarla: “e questo?” chiese sfiorando l’ago in metallo che penzolava dal fianco destro della ragazza. Sansa contemplò l’estremità della collana: “beh, questo è Ago” disse semplicemente dopo qualche secondo, accogliendo il sorriso di Jon, che comprese subito il significato nascosto del piccolo oggetto, “è per Arya, per la sua forza d’animo che prima mi era così estranea da rendermi difficile riconoscerla e comprenderla” spiegò lei quasi più a se stessa che a lui.
Jon avrebbe voluto stringerla in quel frangente, farle sentire che non era sola, che non doveva avvolgersi da simboli per ricordarsi chi era, ma poi il vociare proveniente dal cortile gli ricordò l’imminente partenza; doveva lasciarla davvero, lasciarla a se stessa e senza di lui sarebbe bastata Brienne a proteggerla? Non avere occhi su di lei, non poter sapere niente di quello che sarebbe accaduto in sua assenza fu un peso che gli piombò sulle spalle all’improvviso metre il caos lo pervase inghiottendolo e offuscandogli la vista.
Si aggrappò alle sue braccia quasi in sostegno, portandosela più vicino, sopraffatto da un impeto selvaggio non intenzionale: “giurami Sansa, giurami che non ti farai raggirare dalle sue belle parole e dai suoi modi servili” le sussurrò con dilaniante tormento nella voce e occhi di brace.
“Jon...” lo richiamò lei confusa, mentre uno stato di angoscia la pervase inesorabilmente.
“Non credrai che non mi sia accorto con quale lascivia ti guardi e di come ti graviti attorno costantemente?” chiese tuonante mentre la sua stretta si faceva più ferma.
“Lui non ha più potere su di me” proruppe lei portandosi in avanti a fronteggiarlo, animata da una rabbia incontrollata e da una reattività senza eguali, “non sono più la ragazzina che era solito ingannare con le sue sporche bugie; te l’ho già detto una volta, di Belish me ne occupo io: quando i Lord della Valle risponderanno a me sola invece che a lui, Baelish avrà quello che si merita te lo assicuro” ringhiò furente, i capelli a circondarle il viso d’alabastro come lingue fiammeggianti.
Jon le prese il viso tra le mani, i polpastrelli ruvidi a carezzare quelle guance di seta, mentre gli occhi di Sansa registrarono quel cambiamento repentino nell’espressione di lui.
Schiuse inconsciamente le labbra, guardandolo in silenzio, specchiandosi in quegli occhi grigi in cui in un frangente sembrò balenare un riflesso violetto. Jon sembrò vinto dai suoi stessi pensieri e per un instante Sansa fu convinta che l’avrebbe baciata, quando l’incontro delle loro fronti, l’una a sostegno dell’altra, non le fecero socchiudere le palpebre, pervasa da un imbarazzo misto ad ostinazione nel voler assaporare con ogni fibra del suo essere quell’ultimo moento con lui, nella quieta discrezione delle sue stanze.
Mai Jon le era sembrato così vicino, mai così complice: “ascoltami” le disse lui sfregando il naso a quello di lei, richiamandola a quel contatto così animale, così coinvolgente, così da lupi, tanto carico d’affetto che Sansa non potè sottrarsi dal fare lo stesso, “aspettami” concluse Jon  prima di accostarsi col viso a quello di lei, le labbra quasi a contatto l’angolo sinistro delle sue, senza avere il coraggio di spostarsi lievemente.
Sansa si aggrappò con le mani al mantello di lui, regalandogli un impercettibile gesto di assenso col viso prima di abbandonarsi alla sua malia, al tepore della sua pelle, al suo profumo intenso, poi lui si distaccò ed entrambi ripresero a respirare.
Gli occhi cerulei a scrutarlo senza osare parlare e poi quella carezza triste sui suoi capelli di rame, accompagnata da quello sguardo affranto, preludio della separazione imminente.
Jon si congedò senza ulteriori parole e Sansa non cercò di fermarlo, priva di forze per aggiungere altro.
Quando lui varcò la soglia delle camere padronali trovò Spettro di guardia: muso alto e occhi rubini consapevoli ed onniscienti. Jon si abbassò automaticamente ad incontrare il suo fedele compagno di avventura e prodigargli una carezza dietro l’orecchio destro: “prenditi cura di lei” gli sussurrò, “tienila d’occhio” continuò a dirgli, sopracciglia inarcate in completa afflizione, “per me” concluse prima di deglutire quasi con rabbia il lacerante dolore che sembrava divorarlo.
 

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Capitolo 15
*** 7x2.3 Farewell ***


Ah...che capitolo!!! Scusate ma l'ho sudato e pianto e adorato, la cosa migliore è che passo ore a riguardare i fotogrammi delle scene, riascoltare le frasi in italiano e in inglese per una traduzione più accurata possibile e visionare tutte quelle micro espressioni che danno il la ad innumerevoli interpretazioni e congetture.
Credo la scena Jonsa più emblematica di tutte, una delle colonne portanti di quest ship: la piacevolissima (se così si più dire) aggressione a Ditocorto da parte di Jon!
Spoiler: il capitolo si conclude con un personaggio a sorpresa!
Buona lettura!




Erano tutti indaffarati con gli ultimissimi preparativi quando Jon irruppe nel cortile interno; con uno sguardo d’intesa a Davos, proseguì silenzioso verso ciò che rimaneva dei metalupi in pietra a guardia dell’ingresso delle cripte, prima di scomparirvi all’interno avvolto dal suo pesante mantello. I suoi passi rimbombavano a tonfi muti sul selciato buio, il lungo corridoio era fiocamente illuminato della torce che rifrangevano su muri e statue bagliori giallo-rossicci; Jon percorse lentamente la distanza che lo separava dal tumulo dove riposavano le ossa di suo padre: la statua che lo rappresentava non sembrava somigliare al tiepido ricordo che giaceva nei meandri della sua mente ma la fredda pietra che tentava di rappresentare i suoi lineamenti, gli richiamò la sua integrità, la sua incorruttibilità e l’onore che da sempre aveva accompagnato ogni suo passo.
Jon aveva sempre tentato di vivere in funzione di quegli stessi principi, eppure aveva imparato a sue spese che il modo più onorevole di comportarsi non portava necessariamente al perseguire gli obbiettivi prefissati, inoltre aveva dato la sua parola che avrebbe fatto di tutto per proteggere il Nord.
E prima di ogni altra cosa c’era Sansa.
Ti proteggerò, lo prometto.
E l’avrebbe fatto a discapito della sua stessa integrità, della sua stessa lealtà e della sua stessa vita poichè niente sembrava avere senso senza di lei: il suo risveglio dalla morte non avrebbe avuto senso senza lei. Doveva tenerla al sicuro dal Rè della Notte e dalla sua armata. Sansa era l’unica cosa per cui valeva la pena continuare a lottare.
Era in piedi di fronte alla tomba del loro stesso padre, eppure non riusciva a provare vergogna rispetto a quei sentimenti così radicati: non avrebbe mai fatto niente per nuocerle, questo gli faceva da scudo rispetto a quell’impetuoso trasporto che indugiava su di lei in maniera differente da come un fratello avrebbe dovuto pensare ad una sorella.
Sorellastra.
Sembrarono sussurrare infide le umide mura delle cripte.
 
Quando ci rivedremo, parleremo di tua madre, è una promessa.
Jon inspirò quel ricordo legato a suo padre, in un tempo che sembrava essere lontano secoli, eppure i sorrisi dolci di Sansa e i suoi sguardi pieni lo calamitavano alla sua appartenenza Stark più di quanto non avesse osato sperare: quel legame sembrava condurlo verso chi fosse destinato ad essere e Rè del Nord pareva un titolo quasi irrilevante rispetto alla posizione che lei gli aveva conferito tramite il fiero sorriso di approvazione, apparso sul suo viso d’alabastro durante l’acclamazione.
 
Sei uno Stark per me.
 
Sei uno Stark: non avrai il mio nome, ma hai il mio sangue.
 
Poi il ricordo di quella mano a ghermirgli il braccio, quella stretta rovente come braci a scottargli la pelle attraverso i vestiti, quel richiamo urgente di occhi azzurri di ghiaccio bollente e la necessità incondizionata che in qualche modo tornava sempre a palesarsi, nonostante i loro stessi sforzi di mantenerla celata.
Devi essere più attento di nostro padre ed essere più astuto di Robb.
E come dovrei essere più astuto? Ascoltando te forse?
Sarebbe così terribile?
Quello scambio di sguardi, sofferenti di tacite emozioni, dilaniati dall’impossibilità di dar voce ai tormenti delle loro anime.
Ti proteggerò, lo prometto.
Non farò mai niente per nuocerle; per gli Antichi Dei, Padre perdonami.
 
Un sospiro abbandonò le labbra di Jon mentre sentiva il peso dei suoi sentimenti così contrastanti, incapace di negare la loro entità in quel posto sacro.
Poi una voce melliflua lo distolse dall’agonia dei suoi pensieri.
“Ho riportato i sui resti io stesso” il tono di Petyr Baelish, vellutato e infido si propagò nell’ombra, Jon si voltò quasi incredulo ad incontrare la sua figura che incedeva avvicinandosi a lui, “li portai a Lady Catelyn come bel gesto da parte di Tyrion Lannister”.
Jon lo soppesò prima di voltagli le spalle per tornare a fissare la statua di suo padre.
“Sembra sia passata un’eternità” continuò Ditocorto mentre Jon ingoiava fiele e il suo corpo elettrico cercava di contrastare la disciplina che gli rimandava la sua mente dominante.
“Porgi i miei saluti a Lord Tyrion quando lo vedrai” chiese remissivo il tordo beffeggiatore, mentre Jon tentò di reprimere il sorriso sarcastico.
Sempre attento a mantenere buoni i rapporti eh Baelish?
Ditocorto si accostò a lui, voltato a rimirare la riproduzione dei lineamenti di Ned Stark prima di parlare nuovamente: “mi ha addolorato la sua morte; tuo padre e io avevamo le nostre divergenze ma lui amava Cat immensamente” si voltò per incontrare il suo sguardo, “come l’amavo io”.
Jon sapeva cosa celavano quelle parole, Sansa gli aveva raccontato la sorta di transfert che lui sembrava aver creato tra lei e sua madre.
“Non era una tua grande sostenitrice vero?” domandò retorico Baelish senza che Jon gli desse la soddisfazione di una risposta. Non sarebbe cascato nei suoi tranelli, Catelyn Stark non aveva mai amato Jon e non ne aveva mai fatto mistero per quanto egli bramasse una qualunque approvazione da parte sua, ma non per questo il suo rispetto sarebbe venuto meno; Lady Catelyn era stata una madre amorevole per i suoi figli e una donna feroce con chi aveva attaccato la sua famiglia, eppure Baelish sembrava pronto a lordare il ricordo della persona che diceva di amare, solo per poter perseguire chissà quali subdoli piani.
“Beh, sembra che ti abbia davvero sottovalutato” riprese lui prima tornare a interfacciarsi nuovamente al tumulo di Ned, “tuo padre e i tuoi fratelli sono morti, mentre tu sei ancora qui, Rè del Nord; la nostra ultima speranza contro la tempesta imminente”.
Solo allora Jon si volto a guardarlo, con occhi inquinati dal disgusto e dall’ira repressa; girò su se stesso ad incontrarlo, a porsi come una barriera tra Baelish e quel luogo sacro, come a difendere la sua casa dal sudiciume che quell’uomo portava con se: “tu non appartieni a questo posto” bassa e roca la sua voce, piena di disprezzo che fece capolino da quel mezzo sorriso sarcastico a contorcergli il bel volto.
“Perdonami” lo accolse Lord Baelish avvicinandosi di un passo, “non abbiamo avuto la possibilità di parlarci in modo appropriato. Volevo porre rimedio alla cosa”.
Jon lo incontrò con un’espressione beffarda che tradì i suoi impulsi: “non ho niente da dire a te” disse, non volendo dare peso ne potere a quel viscido omuncolo, voltandosi e muovendo i suoi passi verso il corridoio.
“Neanche Grazie ?” domandò Ditocorto esercitando il suo potere sulla questione e facendo arrestare i passi di Jon che ancora si ostinava a non voltarsi ad incontrarlo, “se non fosse stato per me, a quest’ora giaceresti macellato sul campo di battaglia”.
Jon si era chiesto quanto tempo ci avrebbe messo a far crollare quella maschera di buoni e gentili propositi prima di arrivare al nocciolo della questione; sentiva il sangue ribollirgli al solo pensiero di dover essere in debito con una tale fecccia, poi immancabilmente gli tornò alla mente ciò che aveva dovuto subire Sansa per mano delle macchinazioni e degli intrighi di quell’essere spregevole. Il valore del debito venne immancabilmente annullato in una frazione di secondo: non gli doveva proprio niente!
“Hai tanti nemici Mio Rè, ma ti giuro che io non sono uno di loro” continuò sottile il Lord protettore della Valle di Arryn.
Jon cercò di calmarsi tramite respiri profondi, eppure la furia era solo in attesa.
“Amo Sansa...”
Non osare
“...così come amavo sua madre”
Brutale fu l’attacco di Jon, il furore di quell'impeto travolgente prese possesso di tutto il suo corpo, la collera lo avvolse, annebbiandogli la mente fino a condurlo ad uno stato di bianca pace dominata dalla riconciliazione di se con la sua stessa violenza. Il potere, che sgorgava dalla sua mano al collo di quel piccolo uomo, impegnato a contorcersi sotto le sue dita, accalcato con la schiena al muro alle fredde pietre di Grande Inverno, vibrava in una melodia ancestrale mentre i suoi occhi antracite si beavano di ogni suo tentativo di prendere aria e traevano piacere da ogni suo muto gemito.
“Tocca mia sorella, e ti ucciderò con le mie stesse mani” ringhiò feroce, con una luce di follia che trapelò dall’occhio destro, prima di rilasciare la presa, abbandonando Lord Baelish a se stesso e muovere finalmente i passi verso il cortile interno.
 
Il suo incedere fermo sul suolo umido lo catapultò fuori alla luce del mattino; la neve aveva preso a cadere lieve e l’aria fresca del Nord era come un blsamo per i suoi bollori interni. Si apprestò a montare sul suo destriero prima di voltarsi lentamente ad incontrare con gli occhi, la calamitante figura che sapeva trovarsi sulla balconata alle sue spalle: Sansa si ergeva avvolta nel suo mantello e nel suo abito scuro, circondata da quel delicato nevicare che sembrava avvolgerla in un altro tempo; un’immagine che avrebbe conservato con gelosia nel profondo del suo animo.
Jon alzò la mano in cenno di saluto, mentre lei dischiuse le labbra in un delicato sorriso prima di fare altrettanto. Risponderle allo stesso modo fu solo che facile mentre lei chiudeva quasi la mano, come a poterlo trattenere a se ancora un poco.
 
Tornerò Sansa, qualunque cosa accada ti prometto che tornerò a Grande Inverno.
Tornerò da te.
Ascoltami...
Aspettami.
 
Jon si voltò e il cavallo si mosse, oltrepassando l’arco d’ingresso.
 
Era davvero partito ed ora tutto dipendeva da lei.
Sansa prese un respiro come a farsi coraggio, mentre gli occhi ancora indugiavano sulla assordante assenza di Jon.
 
Petyr Baelish uscì in quel momento dalle cripte, la mano ancora a massaggiarsi il collo, come a darsi sollievo laddove la stretta brutale di Jon l’aveva ghermito; lo sguardo perso verso gli zoccoli scalpitanti dei cavalli in partenza prima che il richiamo della sua favorita lo portasse a contemplarla.
 
Sansa Stark, Lady di Grande Inverno e fino al ritorno de Rè, Protettrice del Nord. L’unica persona su cui i Lord potevano fare affidamento, l’unica persona a poter condurre i suoi Lord verso il disegno che Baelish stava delineando per se. Le aveva insegnato bene e con la sua bellezza e le innate capacità diplomatiche avrebbe riscosso tutto il benvolere necessario, doveva fare solo in modo che la ragazza potesse nuovamente fidarsi di lui, doveva costruire una necessità, affinchè lei cercasse il suo consiglio dinuovo.
 
 
 
 
 
Un fuoco scoppiettava nel folto della foresta; una ragazza vestita di abiti scuri, stava accucciata al terreno scaldandosi le mani.
Poi un rumore di rami spezzati, l’agitazione del suo cavallo bianco e un branco di lupi rabbiosi la circondò nella frazione di un secondo.
Un basso ringhio alla sue spalle.
La ragazza armata di una spada sottile si voltò con occhi grandi ad incontrare la belva che maestosa si stagliò alle sue spalle: non era un semplice lupo, era molto più grande, dal manto grigio e occhi gialli come monete al sole.
La ragazza soffiò un nome in una nuvola di condensa, azzardò un passo verso l’animale prima di poggiare la sua arma affusolata al suolo.
“Nymeria sono io, Arya”.
Le iridi della Metalupa a scrutarla sospettose.
“Piccola, sto andando a Nord” continuò con voce dolce la ragazza.
“Torno a Grande Inverno, sto finalmente tornando a casa” disse azzardando un’altro passo.
“Vieni con me” sussurrò alzando una mano per protendersi verso la grande bestia.
La Metalupa la fissò con occhi buoni, riconoscendo la sua controparte, consapevole di chi aveva di fronte e di chi invece non aveva di fonte.
Nymeria abbassò il muso ad annusarla ancora una volta.
“Vieni con me” un tono quasi in supplica il suo, una melanconia verso un tempo passato, una speranza uccisa tanto tempo prima.
Gli occhi grandi di Nymeria sembrarono sussurrarle una verità a cui nessuna della due sembrava poter fuggire.
Nymeria fiutò l’aria prima di voltarsi in un sommesso uggiolio e lasciarla alla sua strada.
Silenziosi gli altri lupi seguirono la capobranco come fantasmi, abbandonando Arya a scontrarsi con la dura realtà della solitudine; aveva intrapreso quella strada tanto tempo prima, lo avevano fatto entrambe.
 
Arya respirò e cacciò indietro le lacrime, l’ombra di un triste sorriso ad incrinarle le labbra: “non sei più lei”.

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Capitolo 16
*** 7x3.0 MM di Voti infranti e Confessioni ***


Capitolo corto ma molto importante per un recap fondamentale sul personaggio di Jon, 
buona lettura!


7x3.0 Missing Moment 

Il vento a favore aveva permesso loro una viaggio senza rallentamenti, inoltre con la concessione di Lord Manderly della Sterna di Mare, la nave più veloce che possedesse, probabilmente sarebbero arrivati a Roccia del Drago la mattina seguente, in neanche tre giorni di traversata.
Jon era irrequieto, seduto al tavolo di legno nella sua cabina sottocoperta, chiedendosi cosa avrebbe fatto e detto una volta arrivato al cospetto della Regina dei Draghi; doveva convincerla in ogni possibile modo a prestare le sue forze alla loro causa, doveva condurla a Grande Inverno, a qualunque costo, ne valeva la sopravvivenza di tutti.
 
Bevve un sorso del vino speziato di cui Lord Manderly gli aveva fatto dono, il sapore aspro e pungente dell’alcool gli scaldò la gola e quando sospirò sonoramente chiudendo le palpebre, le immagini della sala di Grande Inverno lo avvolsero, le voci dei Lord a rimbombargli nella mente con Glover a richiamarlo a non commettere gli stessi errori di Robb: andare a sud e perdere il regno a causa di una donna straniera.
Gli occhi sofferenti di Sansa a specchiarsi nei suoi, la difficoltà a mantenere il suo sguardo e la consapevolezza di doverla lasciare; il suo più grande errore era stato non ascoltarla, non riconoscere le sue capacità osservative e valutative quando era stata la battaglia per la riconquista di Grande Inverno, un errore che si era ripromesso di non commettere più anche se immaginava di aver dato una proiezione completamente diversa, quel giorno.
Jon la osservava sempre, la ascoltava sempre da allora, anche quando lei sembrava non accorgersene; aveva notato le espressioni che adottava con Lord Royce e con chi cercava di mantenersi vicino senza però chiedere mai nulla, aspettando che fossero gli altri a proporsi: Sansa era capace di farsi benvolere e anche diplomatica, se non si trattava di lui.
Liberò un sorriso a quel pensiero, in fondo sembrava che entrambi reagissero d’impulso quando si trattava l’uno dell’altra, guidati da una forza incontenibile che li portava a scontri aperti più del necessario, ma con tutti gli altri era assolutamente ferma, come l’acqua del laghetto del parco degli Dei: calma e accogliente, come ci si aspettava dalla Lady di Grande Inverno.
Jon era segretamente fiero di lei, del gioco che probabilmente l’aveva tenuta in vita ad Approdo del Re: gli aveva parlato poco di quegli anni terribili ma aveva rivelato che il suo scudo era stata la gentilezza, il distacco e la diffidenza; inoltre, far credere a tutti quanto fosse solo una stupida ragazzina, si era rivelato fondamentale; essere perennemente sottovalutata e poco considerata era stata la sua arma invisibile prima che anche lei se ne rendesse veramente conto.
Un fermo bussare lo riportò al presente; Davos fece capolino dalla porta e si sedette di fronte a lui in silenzio, versandosi un bicchiere: “è una missione suicida questa, lo sappiamo entrambi, ma se lei non vorrà schierarsi a nostro favore, almeno avremmo la possibilità di estrarre il vetro di drago” asserì il vecchio cavaliere. Jon sospirò fugando lo sguardo: “sai bene anche tu che non sarebbe comunque abbastanza e se lei ci voltasse le spalle, non potrei mai affidarmi a Cersei condannando Sansa a morte certa. No...” Jon si rigirò il bicchiere tra le mani, “devo assolutamente convincerla a qualunque costo: ci servono quei draghi”.
Davos lo soppesò per un frangente: “ti chiederà di deporre la corona a suo favore, lo sai”.
Lo guardò bere un sorso di vino: “aye e avrà anche la mia risposta su questo”replicò fermo lui.
“Non ti conviene mettertela contro Jon”,
“che razza di Rè sarei se dessi via la corona alla prima occasione? Siamo in una situazione drammatica, è vero ma che impressione le darei se mi prostrassi immediatamente a giurarle fedeltà, non sarei degno di fiducia e ho bisogno che lei ne abbia per farle condurre draghi e armata su al Nord” asserì Jon corrucciato dai sui stessi pensieri.
Davos lo guardò senza cambiare espressione: “sei l’uomo più onorevole che conosca Jon e...”
“Onorevole?”, il ragazzo lo guardò incredulo e amaramente divertito, “mio padre era un uomo onorevole ed è morto a causa di quello stesso onore...No, ho imparato tempo fa che l’onore a volte non basta, ho infranto voti e giuramenti, più volte...” ricordò Jon a se stesso, gli occhi assorti in un punto indecifrato della stanza.
“Questo sarà anche vero, ma l’hai fatto per uno scopo più alto, e sempre in difesa degli altri e di ciò che ritenevi giusto” continuò Davos.
“Credi che questo basti a mettermi in pace con me stesso?” chiese Jon realmente interessato ad una risposta.
“No, ma forse basterà a salvarci tutti” asserì il vecchio, accogliendo un mezzo assenso da parte di Jon.
“Cerca di dormire” disse alzandosi dalla sedia e appropinquandosi verso la porta, “avremo bisogno di tutto il tuo fascino domani, con questa Regina dei Draghi” concluse, riuscendo a strappare una risata sommessa al suo interlocutore.
 
 

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Capitolo 17
*** 7x3.1 Dragonstone ***


ci siamo! scusate l'interminabile attesa ma tra problematiche col pc e varie ed eventuali ci ho messo una vita a concludere questo capitolo analizzandolo in ogni suo minimo dettaglio come mi ero prefissata.
Approdiamo finalmente a Roccia del Drago e al primo incontro tra Jon e Dany. 
buona lettura!







La debole luce dell’alba imminente, li accompagnò attraverso i ruggiti dell’oceano; le onde rabbiose si infrangevano sulle superfici rocciose di calcare e arenaria che emergevano dai flutti, simili a scaglie dei mostri marini che erano soliti abitare le antiche storie della Vecchia Naan.
 
Sotto un cielo plumbeo e la protezione dell’eremo su cui si stagliava austera la fortezza di Roccia del Drago, l’accoglienza della Regina li attendeva sulla battigia, sotto forma di guerrieri Dotraki schierati, una giovane ragazza dal viso straniero e Tyrion Lannister.
 
Tutto risultava inospitale agli occhi di Jon ed un ombra andò veloce ad attraversargli il volto.
 
“Il bastardo di grande Inverno” lo accolse il Primo Cavaliere della Regina.
“Il nano di Castel Granito” rispose a tono Jon prima di rilassare il viso in un mezzo sorriso e stringere la mano del su interlocutore. Quando anche Davos fece la propria presentazione, fu poi il turno di Missandei, che diede loro un assaggio della cortesia della Regina Targaryen: chiese di consegnare le armi e sequestrò la scialuppa con cui erano approdati, sotto i loro sguardi sconcertati prima di fargli strada verso la fortezza.
Jon fece gesto ai suoi uomini di rimanere alla baia prima di seguire il gruppo guidato da Tyrion.
“Questo posto è cambiato” gli sussurò Davos, mentre la mente del Re del Nord ricordò la voce di sua sorella: l’inverno è arrivato.
 
Proseguirono per una passaggio a serpentina, eretto tra gli alti e grigi scogli che li avrebbe portati alla rocca principale; il vento impetuoso alzava sboffi di fresca salsedine, quasi ad avvolgerli con frequenze scandite, mentre le nubi andavano finalmente a diradarsi, regalando qualche sprazzo di sole che però non arrivava a scaldarli. I gabbiani volavano ancora alti e il loro canto si confondeva con la voce dell’oceano ed il suono del vento.
“E Sansa?” chiese ad un tratto Tyrion, ridestando Jon dai suoi pensieri, “ho sentito che è sana e salva a Grande Inverno”.
“Lo è” rispose fermamente Jon, quasi sulla difensiva.
“E devo mancarle terribilmente” proseguì Tyrion con una nota amara nella voce che Jon non seppe se interpretarlo come sarcasmo o altro. Aggrottò le soppraciglia a soppesarlo, senza rispondere.
“Un matrimonio imposto e non consumato” precisò il nano quando incontrò gli occhi del suo interlocutore.
“Io non ho chiesto” cercò di soprassedere Jon, guardandosi nervosamente attorno, mentre proseguiva sui suoi passi.
“Beh.... in ogni modo è andata così, o non è andata... è più intelligente di quanto dia a vedere comunque”,
“sta iniziando a dimostrarlo” pensò ad alta voce Jon, mentre cercava di spingere il pensiero di lei nei meandri più sicuri della sua mente.
“Bene” concluse Tyrion prima di chiedere a Jon in che modo un Guardiano della Notte si fosse ritrovato ad essere Re del Nord.
“I miei Lord pensano che io sia stato un pazzo a venire qui” rispose accigliato Jon mentre scrutava l’immensa fortezza che li dominava dal’alto.
“Certo che lo pensano, se fossi stato tra loro, ti avrei consigliato lo stesso. Per esperienza, gli Stark non sembrano fare una bella fine quando viaggiano a Sud”,
“è vero” rispose Jon, “ ma io non sono uno Stark” aggiunse quasi in sfida prima che un boato, un ruggito assordante, greve e graffiante li atterrò al selciato, d’istinto a ripararsi da quello che poteva essere un attacco, un’esplosione o una schiera di dardi tuonanti quando invece Drogon li sorpasso in volo, abbassandosi quasi a sfiorarli.
Draghi, draghi veri e adulti, immensi e maestosi nella loro mostruosità.
Davos rivolse il suo sguardo allarmato su Missandei, che lo accolse con una luce di soddisfazione negli occhi, gongolante nel senso di supremazia che quelle bestie sambravano dare a tutta la corte della Regina Targaryen.
Tyrion tese la mano, per far rialzare Jon ancora sconcertato da quella visione assurda mentre non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle ali immense e screziate che sorvolavano la fortezza: “potrei dirti che ci si abitua, ma in realtà non è proprio così” lo ridestò il nano, “vieni, la loro madre ti aspetta” proseguì Tyrion.
Jon si voltò silenziosamente verso Davos che gli restituì uno sguardo esplicito.
Erano reali, i Draghi erano reali e loro dovevano portarli a Nord, in un modo o nell’altro.
 
 
La sala del trono era scarna, austera e cupa, illuminata solo da un lato grazie ad una schiera di alti sottili finestroni; inospitale e freddo era quel luogo, tanto da far risultare le cripte di Grande Inverno calde e accoglienti al confronto.
In fondo alla sala, il trono era posto in posizione dominante alle cui spalle si ergeva uno strato di roccia frastagliata, esattamente come quelle che a Jon erano parse scaglie acuminate emerse dal mare; solenne nella sua immobilità, stava Daenerys Targaryen, con i capelli d’argento esposti alla fioca luce del mattino che risplendevano come se irradiassero raggi lunari; neri e scarlatti i suoi abiti e fissi su Jon i suoi occhi lucenti, mentre Missandei si prodigava ad elencare con sempre più enfasi i suoi innumerevoli nomi, come se potessero contare qualcosa contro la minaccia del Re della Notte.
 
Jon non poteva dire di non essere rimasto colpito da quella ragazza e dal perpetuo contrasto che traspariva da lei: nonostante il viso fosse a mezz’ombra, Daenerys era di una bellezza completamente esotica e Jon non sapeva se esserne affascinato o spaventato. La Regina Targaryen aveva un viso d’angelo che irradiava oscurità, un corpo minuto avvolto da ombre ed uno sguardo inespressivo, duro che emanava scintille violette.
 
Fù il turno di Davos nell’introdurre Jon, conciso nel presentarlo con il singolo titolo di Re del Nord, risultando quasi una barzelletta alla corte di Daenerys. La Regina si rivolse quindi direttamente a Jon, ma approcciandosi a lui con il solo titolo di Lord, quello che ne conseguì fu una assurda ed inutile filippica tra lei e Davos sulla precedente fedeltà di casa Stark al trono Targaryen, rivelando le reali intenzioni di quell’invito infausto ed avverando i più tormentati sospetti di sua sorella Sansa.
“...quindi immagino, mio Signore, che tu sia qui per inginocchiarti” domandò retorica la ragazza.
Jon aveva ascoltato senza proferir parola, sospirando di tanto in tanto, poichè la frustrazione rispetto a quegli inutili giochetti di potere, gli erano estranei come sarebbe potuta risultare la spiaggia calda e appiccicosa di Dorne, sotto ai suoi piedi. Jon era deluso, amareggiato da se stesso e dall’intera situazione, perchè tutto in quella sala, in quei gesti, nelle parole scelte era stato impostato per farli sentire piccoli, in soggezione ed insignificanti: quello non era un invito, non lo era mai stato, era solo una prova di potere,
un capriccio di una ragazzina che non sapeva niente di quelle terre e che pretendeva asservimento incondizionato, sbandierando ai quattro venti un Nome di cui volutamente ignorava i retroscena.
Jon prese coscienza di quei pensieri alzando il viso con noncuranza, fino ad incontrare gli occhi di lei quasi con sarcasmo mentre le rispondeva semplicemente che no, non si sarebbe inchinato al suo cospetto.
Indispettita Daenerys incassò la risposta: “oh, questa è una sfortuna. Avete quindi viaggiato fino a qui per infrangere il giuramento con Casa Targaryen?” domandò con una punta di arroganza, riuscendo però a mantenersi controllata nell’espressione.
“Rompere il giuramento?” chiese sarcastico Jon, “tuo padre ha bruciato vivo mio nonno, ha bruciato vivo mio zio e avrebbe bruciato tutti i Sette Regni se...”,
“mio padre...” lo interruppe Daenerys a voce più alta ottenendo il suo ascolto, “...era un uomo malvagio. A nome di Casa Targaryen ti chiedo perdono per i crimini commessi a discapito della tua famiglia”.
Jon scambiò uno sguardo dubbioso con Tyrion, i cui occhi sembravano volergli sottolineare quanto Danerys potesse essere diversa da Cersei  e più degna di fiducia, “...e ti chiedo di non giudicare una figlia in base ai peccati del padre”.
Uno spiraglio balenò agli occhi di Jon, una necessità di dimostrarsi differente dal tiranno che era stato suo padre, un’appiglio su cui poter far leva: sembrava che tutti fossero in cerca di una costante approvazione. Jon osservava e ascoltava per capire chi aveva davvero di fronte.
“Le nostre due Casate sono state alleate per secoli e sono stati i secoli migliori che i Sette Regni abbiano mai conosciuto. Secoli di pace e prosperità, con un Targaryen seduto suo Trono di Spade ed uno Stark a servire come Protettore del Nord” asserì Daenerys tentando di arginare con la musicalità della sua voce, l’irruenza delle imposizioni che le sue mani contratte, incatenate tra di loro, non riuscivano a reprimere.
“Io sono l’ultima Targaryen, Jon Snow” proclamò con fervido orgoglio, “onora il giuramento fatto dai tuoi avi, inginocchiati e io ti nominerò Protettore del Nord”.
Jon fu attraversato da un’epifania in quell’istante: Daneryse era tutto quello che lui aveva davvero temuto che fosse e nulla di più.
“Insieme, salveremo queste terra da coloro che vogliono distruggerle” concluse con veemenza lei, distendendo un sorriso tutt’altro che accogliente.
Gli offriva potere, alleanza e protezione in cambio di una cieca fiducia basata sul niente e sembrava non rendersene minimamente conto.
 
Jon prese tempo osservando la sala, soppesando ogni pietra dei muri circostanti.
Come poteva pretendere la sua totale fiducia sulla base di un Nome il cui stesso motto era fuoco e sangue, non poteva credere di trovarsi in una situazione così al limite dell’assurdo ma aveva bisogno di quei draghi.
Decise nel rincarare la dose, con la speranza di farle svelare ancora di più le sue carte: “hai ragione, non hai colpe per i crimini commessi da tuo padre e io non sono legato ai giuramenti dei miei avi”.
In un’attimo, la finta maschera di cordialità si sgretolò dal volto di Daenerys e in tutta risposta abboccò al suo amo: “quindi perchè sei qui?” chiese apatica, sostenendo il contatto visivo.
“Perchè io ho bisogno del tuo aiuto, e tu del mio” rispose semplicemente Jon, introducendo sotto forma di enigma la reale motivazione di quella visita.
Daenerys voltò il suo viso verso Tyrion, in un’espressione presuntuosa e petulante prima di tornare con gli occhi su di lei, come se considerasse tutto una inutile perdita di tempo: “hai visto i tre Draghi volare in cielo quando siete approdati?” chiese retorica.
“Li ho visti”,
“e i guerrieri Dotraki? Ognuno di loro ha giurato di uccidere per mio volere”,
“difficile non notarli”,
“ma ancora, tu ritieni che io abbia bisogno del tuo aiuto” puntualizzò la ragazza.
“Non per sconfiggere Cersei” intervenne prontamente Davos, “potresti prendere d’assalto Approdo del Re domani e la città cadrebbe subito. Diamine, siamo quasi riusciti a conquistarla noi senza avere draghi!” constatò quasi borbottando.
“Quasi” sottolineò Tyrion, ricordando ancora l’assalto.
“Ma tu non hai attaccato Approdo del Re. Perchè?” chiese retorico Jon, “l’unica ragione che posso supporre è che non vuoi uccidere migliaia di innocenti. Sarebbe il modo più semplice di vincere la guerra , ma tu non l’hai fatto; il che significa che...alla fine dei conti...sei meglio di Cersei” le concesse Jon.
“E ancora questo non spiega perchè ritieni che io abbia bisogno del tuo aiuto” tornò a puntualizzare Daenerys, per nulla lusingata dalle osservazioni di Jon.
“Perchè proprio ora tu, io, Cersei e chiunque altro, siamo bambini che giocano tra loro, lamentandoci urlando di quanto le regole non siano giuste”.
Innervosita, la Regina dei Draghi si voltò verso il suo Primo Cavaliere: “mi avevi detto che quest’uomo ti piaceva” sibilò ad alta voce.
“l’ho fatto” rispose Tyrion non distogliendo lo sguardo da Jon,
“eppure dal momento che ci ciamo incontrati, si è rifiutato di chiamarmi Regina, si è rifiutato di inginocchiarsi e ora mi apostrofa come bambina” replicò lei tornando a fissare i due forestieri, ma continuando a parlare come se non fossero presenti in sala.
“Ritengo che stia chiamando tutti indistintamente bambini: è una metafora” spiegò calmo Tyrion, più curioso di sapere dove il discorso intrapreso da Jon li volesse portare.
“Vostra Grazia, chiunque tu conosca morirà prima che l’inverno sia finito se non ci difendiamo dai nemici che arrivano da Nord!” replicò frustrato Jon a voce più alta.
“Da quello che posso vedere, tu sei il nemico che arriva dal Nord” rispose candidamente lei.
“Io non sono tuo nemico”decretò lui fermo e risolutivo, prima di pronunciare quelle parole che avrebbero stravolto ogni priorità: “i morti sono il nemico” ammise snervato dalla consapevolezza delle spiegazioni che avrebbe dovuto dare.
 
“I morti?” pronunciò scettica Daenerys prima di rivolgersi nuovamente a Tyrion: “un’altra figura retorica?” chiese sarcastica.
“L’esercito dei morti è in marcia” continuò per nulla toccato Jon.
“L’esercito dei morti?” ripetè Tyrion sforzandosi di capire.
Jon comprese in quel momento che il Primo Cavaliere della Regina era forse l’unico che avrebbe potuto portare la Madre dei Draghi dalla sua parte, se solo fosse riuscito a convincerlo di quella assurda situazione: “tu non mi conosci bene mio Lord, ma credi che io... sia un bugiardo o un pazzo?” chiese finalmente Jon, rivolgendosi al Lannister,
“no, non credo tu sia nessuna delle due cose” gli confermò tranquillamente l’uomo,
“l’esercito dei morti è reale” disse Jon volgendo il suo sguardo determinato nuovamente verso Daenerys, “gli Estranei sono reali. Il Re della Notte è reale, io li ho visti. Se passassero la Barriera mentre bisticciamo tra noi...” azzardò qualche passo, spinto dalla necessità di farle capire, prima di fermarsi alla vista dei guerrieri Dotraki, incedere a protezione della loro Regina, “...saremmo finiti” conlcuse imperturbabile.
 
Davos aguzzò la vista, passando da Jon a Danerys, per capire come avrebbe reagito a quelle parole la Regina Targaryen. Anche Tyrion fece lo stesso gesto, incapace di figurarsi una reazione da parte di lei.
 
“Io sono nata a Roccia del Drago” asserì la Regina dal nulla, “non che me lo ricordi” puntualizzò alzandosi dal suo trono, “scappammo prima che gli assassini di Robert potessero raggiungerci”.
Intrecciò le mani davanti a se, all’altezza del grembo prima di avanzare qualche passo.
“Robert era il migliore amico di tuo padre giusto? Mi chiedo se tuo padre sapesse che il suo migliore amico avesse mandato dei sicari ad uccidere una bimba ancora in fasce” asserì incontrando lo sguardo sconcertato di Jon, “non che importi ora, ovviamente”, eppure i suoi occhi dicevano tutt’altro quando iniziò a scendere la scalinata che li separava, mentre ancora continuava a parlare.
“Ho passato la mia vita in terre straniere. Così tanti uomini hanno cercato di uccidermi che non ne ricordo i nomi” era vanto quello; “sono stata venduta come una giumenta” e odio, “sono stata incatenata e tradita, stuprata e infangata” furia senza redini. “Sai cosa mi ha tenuta viva tutti questi anni passati in esilio? La fede. Non in qualche Dio, non in miti o leggende. In me stessa. In Daenerys Targaryen” proclamò senza alcuna esitazione, con una follia latente negli occhi ametista che si dimenava furiosa per sovrastare la sua calma apparente. “Il mondo non vedeva un drago da centinaia di anni prima che i miei figli nascessero. I Dotraki non avevano mai attraversato il mare, qualunque mare: l’hanno fatto per me. Io sono nata per regnare sui Sette Regni...e così farò”.
 
Si riteneva al di sopra di tutti, custode di un potere che nessun’altro possedeva, fedele solo a se stessa e alle sue brame di conquista del Trono di Spade.
 
“Regnerai su un cimitero se non sconfiggiamo il Re della Notte” rispose impietoso Jon, quasi disgustato da tanta arroganza pur rendendosi pienamente conto dell’imperioso dramma di supremazia che dominava quella ragazza.
Con un passo avanti, Tytion intervenne per dar loro uno spaccato più logico delle parole pronunciate dalla sua stessa Regina: “la guerra contro mia sorella è già iniziata, non pui chiederci di mettere un freno alle ostilità per perorare la tua causa...qualunque cosa tu abbia visto al di la della Barriera”.
Con le stesse dinamiche, Davos si fece portavoce della causa del Nord: “voi non gli credete, lo capisco questo, farei fatica anche io. Ma se il destino ha riportato Daenerys Targaryen sulle nostre coste” e Jon calamitò il suo sguardo sulla Regina, osservando le sue reazioni alle parole perfettamente scelte di Davos – anche lui aveva compreso quale linguaggio usare per ottenere la sua più completa e favorevole attenzione -  “...ha anche posto Jon Snow sul trono del Nord. Sei stata la prima a portare i Dotraki a Westeros e lui è stato il primo a stringere un’alleanza tra i Bruti e il popolo del Nord” Davos aveva avuto l’intuizione di riproporre Jon, utilizzando lo stesso piano linguistico con cui lei aveva spiegato se stessa: la prima ad aver fatto cose straordinarie, e che rendevano lei stessa un essere straordinario, il destino e la sua volontà.
“É stato eletto Lord Comandante dei Gerrieri della Notte e Re del Nord, non a causa dei suoi natali -non ne ha, è un dannato bastardo - ma tutti quei rudi figli di puttana lo hanno scelto come loro leader perchè credevano in lui” ed era vero, Jon non aveva avuto diritti sul Nord: a differenza di lei non aveva un Nome di cui farsi bandiera, lui era sempre stato lo scarto della cucciolata.
“Tutte queste cose a cui non credete, beh, lui le ha affrontate, le ha combattute per il bene della sua gente. Ha rischiato la vita per la sua gente, ha preso una pugnalata nel cuore per la sua gente, ha dato la sua stessa vita per...”
NO!
Un’urgente sguardo di esplicito ammonimento attraversò gli occhi di Jon e bloccò Davos dal pronunciarsi oltre.
Nessuna parola sulla questione del risveglio dall’ombra, meno mi espongo meglio sarà.
 
 “...se non mettiamo da parte le nostre divergenze e non uniamo le nostre forze, moriremo tutti. E non importerà quale scheletro siede sul Trono di Spade” concluse il Cavaliere delle Cipolle.
“Se non importa allora perchè non vi inchinate?”chiese Tyrion quasi in supplica, come se volesse trarli in salvo, “giurate fedeltà alla Regina Daenerys, aiutatela a sconfiggere mia sorella e insieme le nostre armate proteggeranno il Nord.
“Non c’è tempo per questo” risolutive le parole di Jon.
“Non c’è tempo per nessuna di queste cose! Mentre stiamo qui a dibattere...”,
“basta un attimo per inchinarsi, metti la spada al suo servizio” seguitò Tyrion.
“E perchè dovrei farlo?!” sbottò Jon, al pieno della sua sincerità senza filtri di convenienza, prima di rivolgersi nuovamente a Daenerys: indignato, scettico e per nulla intimorito, “senza offesa, Vostra Grazia, ma io non vi conosco. Per quanto ne so, la tua pretesa al trono si regge interamente sul nome di tuo padre e il mio stesso padre ha combattuto per spodestare il Re Folle. I Lord del Nord hanno riposto la loro fiducia in me per guidarli e io intendo continuare a farlo al meglio delle mie possibilità” concluse imperturbabile.

“É giusto” rispose apatica lei, “come è giusto farti notare che ti trovi al cospetto della legittima Regina dei Sette Regni. Dichiarandoti Re delle terre del Nord, ti poni in aperta ribellione” concluse definitiva lei.
Con quelle parole Jon ebbe conferma di quanto le ragioni fossero inutili con lei: Daenerys era troppo focalizzata su se stessa e sul Trono di Spade, nessun fatto ne logica ne onesta osservazione le avrebbero fatto cambiare idea. Il fatto che Jon le aveva esposto, era solo un’ulteriore complicazione alla sua ascesa al Trono e suscitava in lei solo irritazione.
Le parole di Jon erano risultate ben lontane da tutta quella ammirazione autoreferenziale di cui lei amava circondarsi.
 
 
La tensione fu bruscamente interrotta da un fruscio di broccati ed un cadenzare veloce di passetti sulla scura pavimentazione. Lord Varis apparve a sussurrare poche parole alle sole orecchie della sua Regina e subito Daenerys si rivolse loro con rinnovata cordialità: “vorrete perdonare le mie maniere: sarete molto stanchi dopo il lungo viaggio, provvederò a farvi avere la cena nelle vostre stanze” asserì, prima di rivolgere qualche parola in lingua Dotraki ai guerrieri alle sue spalle.
Jon scambiò con Tyrion uno sguardo allarmato, come se l’espressione del nano potesse rivelare ciò che il linguaggio straniero celava.
“Sono tuo prigioniero?” chiese ad un tratto Jon, richiamando l’attenzione della Targaryen.
Daenerys lo soppesò per un attimo: “non ancora” decretò definitiva prima di voltargli le spalle e lasciare che abbandonassero le sale del trono.
 

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Capitolo 18
*** 7x3.2 On the top of the World ***


Due giorni erano passati a Roccia del Drago, due giorni in cui i tentativi di Jon di poter parlare nuovamente con Daenerys erano stati totalmente ignorati; sembrava che la Regina avesse riscontrato delle difficoltà a causa del fazionamento delle flotte Greyjoy e fosse troppo presa dai suoi piani di conquista per farsi distrarre dalle sue inutili richieste.
 
“Non sembra molto propensa all’ascolto questa Regina Targaryen” disse Davos approcciandosi a Jon, intento a guardare fuori dalla finestra delle sue stanze.
“Si aspettava di di ricevere un alleato, mentre noi le abbiamo recato notizie infauste chiedendole di mettere da parte il suo obiettivo principale” continuò prima che Jon si voltasse a guardarlo.
“Devo trovare la maniera per farla ascoltare” asserì deciso il Re del Nord serrando le labbra.
“Dovrai provare per vie traverse Jon, è difficile avvicinarla con tutti quei guerrieri Dotraki; Missandei sembra gentile ma ci è stata presentata come fedele consgliera della Regina e inoltre non conosce queste terre, ne le usanze di Westeros...”
“Tyrion” concluse Jon, anticipano il flusso di pensieri di Davos, “Tyrion è l’unico che potrebbe farla ragionare, l’unico che ha una seppur minima parvenza di fiducia nei miei confronti”.
“É un uomo scaltro Tyrion Lannister, dicono sia pieno di arguzia e molto bravo con la dialettica” lo coinvolse il Cavaliere delle Cipolle.
Jon tornò a scrutare fuori: “questo è un vantaggio per me” disse liberando un mezzo sorriso enigmatico sul viso, “essere sottovalutati è sempre un grande vantaggio” concluse mentre la sua mente iniziava a lavorare.
 
 
La brezza marina piena di salsedine si infrangeva tra le pieghe del suo pesante mantello, mentre lo sguardo puntato verso l’orizzonte si riempiva ipietosamente della distesa blu dell’oceano.
Quanto dista da qui Grande Inverno?
 
Con un’andaura malferma, l’avanzare di Tyrion Lannister lo ridestò dai suoi pensieri; Tyrion si avvicinò a lui, fermandosi a rimirare a sua volta il panorama.
“Rimugino sulla mia incapacità di prevedere l’attacco dei Greyjoi” asserì scoccandogli un’occhiata traversa a studiare la sua reazione, “non me lo rendi facile, a rimuginare sembri essere più bravo di me: mi sento incapace di rimuginare sulla mia incapacità” continuò ironico Tyrion.
“Sono prigioneiro su quest’isola!” rispose Jon, insofferente rispetto a quell’atteggiamento sempre così beffardo.
“Non direi che sei prigioniero su quest’isola. Sei libero di vagare per il castello, per la spiaggia, puoi andare dovunque tu voglia”replicò candidamente il nano.
“Ad eccezione della mia nave” rispose Jon puntuale, “mi avete sottratto la nave”,
“non direi che ti abbiamo sottratto la nave...” cercò di mediare Tyrion,
“non inizierò a fare inutili giochetti di parole con te” sbottò Jon snervato, “i morti stanno per arrivare per tutti noi!” asserì definitivo.
“Trova una soluzione per la mia flotta perduta e i mei alleati ccisi e io troverò una soluzione per quanto riguarda la tua armata dei morti” suggerì scaltramente Tyrion sperando che Jon cogliesse anche ciò che non aveva detto.
“É davvero difficile per me capirvi, veramente” reagì finalmente voltandosi a guardarlo Jon, “se qualcuno mi parlasse degli Estranei e del Re della Notte…” chiuse le palpebre, sospirando snervato da tutto quello, “probabilmente non mi credi” concluse guardando altrove.
“Ti credo invece”.
 Tyrion sperò che quella risposta potesse irretirlo, ma Jon sembrava risoluto nella sua disillusione.
“Un tempo no; li chiamavi elfi maligni e mostri talpa, ricordi? Dicevi che erano scemenze” rispose infatti totalmente disincantato.
“lo erano infatti, tutti lo sapevano” asserì il nano iniziando ad avvicinarsi per richiamare attenzione, “ma poi Mormont li ha visti e tu li hai visti e mi fido degli occhi di un uomo perbene più di ciò che tutti sanno”, ancora lì a cercare irrimediabilmente di attrarre la sua fiducia facendo sagge scelte di parole.
E nuovamente Jon ignorava le sue mani tese, concentrandosi sulla cosa sbagliata: “come convinco qualcuno che non mi conosce, che un nemico a cui non crede stia arrivando per ucciderci tutti?” domandò più a se stesso che al Lannister.
“Ottima domanda”,
“lo so che è un’ottima domanda, quello che sto cercando è una risposta” concluse sconfortato.
“La mente delle persone non è fatta per questioni così grandi. Gli Estranei, il Re della Notte, L’armata dei morti, è quasi un sollievo dovermi confrontare con un semplice mostro come mia sorella” cercò di spiegargli Tyrion.
Jon rimase un attimo silenzioso, pronto a fare la sua mossa; abbassò il capo a guardarsi gli stivali: “ho bisogno di aiutare la mia gente a prepararsi per la Guerra che sta arrivando, non posso farlo da qui” spiegò lentamente, “vorrei potermene andare” concluse cercando di richiamare il ricordo di Sansa mentre lo salutava dal portico, per rendere il più reali possible quelle parole appena pronunciate.
“Sembra impossibile tu si diventato Re del Nord rassegnandoti così facilmente” rispose Tyrion, celando dietro velata lusinga quel primo passo verso una ricerca di alleati: necessita di cui avevano davvero bisogno, ora più che mai.
 
Jon sentì il bisogno di calcare la mano, temeva l’arguzia di Tyrion, aveva necessità di mostrarsi ingenuo e fare in modo di usare a suo vantaggio il difetto più grande del nano: la sovrastima della sua intelligenza e delle sue capacità dialettiche nel  capire le persone e nel circuirle a suo vantaggio.
“Tutti quanti mi hanno detto di imparare dagli sbagli di mio padre: non andare a sud, non rispondere alla convocazione della figlia del Re Folle, un’invasore straniera” e l’ombra di un sorriso gli apparva sull’angolo destro delle labbra, ripensando al fervore di sua sorella; nascose quel ricordo, “ed eccomi qui: uno sciocco del Nord!” sospirò nel vento.
“I figli non sono come i loro padri, per nostra fortuna e qualche volta c’è molto più in un’invasore straniera o sciocchi del nord di quando si  possa vedere” intervenne allora Tyrion, facendosi portavoce della bandira del Drago, sventolando in faccia a Jon il motivo per cui aveva scelto lei come sua Regina: “Daenerys avrebbe potuto far vela su Westeros molto tempo fa ma non l’ha fatto, è rimasta dov’era e ha salvato moltissima gente dal loro destino infausto, alcuni di loro sono con noi su quest’isola; non hai considerato di chiedere loro csa pensano della figlia del Re Folle mentre sei qu?” chiese spavaldo cercando di lanciargli un ulteriore suggerimento.
Interessati a lei, cerca di comprendere il suo punto di vista.
“Protegge le persone dai mostri, proprio come fai tu; ecco perchè è venuta qui. E non è legittimo chiederle di recarsi a nord a combattere nemici che non ha mai visto, sulla parola di un uomo che neanche conosce dopo un un’unico incontro. Non è una cosa così ragionevole da chiedere” continuò il nano guardando il suo interlocutore.
Jon lo soppesò e quasi convinto che non avrebbe tratto niente da un ulteriore scambio di parole, si incamminò per lasciarlo alla solitudine di quell’altura.
La voce di Tyrion lo richiamò d’un tratto: “quindi hai qualcosa di ragionevole da chiedere?”.
Jon si fermò, voltandosi appena a soppesarlo.
Forse ci siamo.
“Cosa intendi dire?” chiese con aria costernata.
“Forse sei davvero uno sciocco del nord” constatò Tyrion.
“ti sto chiedendo se c’è qualcosa che posso fare  per aiutarti” concluse, caricando lo sguardo di tutta la buona volontà che possedeva.
 
 


I venti del nord iniziavano a soffiare sempre di più.
Bran sedeva sul retro del carro mentre Meera continuava a condurre il cavallo lungo la strada battuta.
Si voltò dando uno sguardo doloroso e carico di malinconia verso quel ragazzo, cercando di sotterrare il senso di colpa che la avvolgeva ogni volta. Bran aveva lo sguardo perso a contemplare il cammino che lasciavano, cavalcata dopo cavalcata, mentre più si avvicinavano ai bastioni di Grande Inverno che si stagliavano solenni all’orizzonte.










Easter Egg: 
1x1
Cat: la sai una cosa?
Bran: Cosa?
Cat: ti guardi sempre i piedi prima di mentire.

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Capitolo 19
*** 7x3.3 Few Words in the Wind ***


Jon uscì alla aria fresca incamminandosi verso la serpentine di scale di pietra.
La regina dei Draghi richiede la tua presenza Jon Snow
queste le semplici parole che gli erano state rivolte da Missandei.

Vide la figura di Daenerys di spalle, rivolta al mare mentre in lontananza vide uno dei draghi sorvolare la baia, prima che un secondo gli planasse da sopra, per raggiungere il fratello.
Jon iniziò a discendere i gradini per avvicinarsi alla ragazza Targaryen.
“Incredibili a vedersi” la approcciò avvolto dal vento salato.
“Ho dato loro nomi che richiamassero quelli dei miei fratelli, Viserys e Rahegar” rispose lei senza voltarsi, continuando ad ammirare il volo magnifico dei suoi figli, “entrambi non ci sono più” continuò prima di voltarsi leggermente ad accoglierlo, “hai perso due fratelli anche tu...” aggiunse quasi a spronarlo in un dialogo.
Jon annuì, diffidente nel suo sguardo, guardingo nelle sue labbra serrate; la soppesò ma non pronunciò parola, protettivo rispetto alla sua famiglia e a tutte quelle informazioni che non voleva darle.
Registrò il leggero malcontento che attraversò il viso di Daenerys ma poi la ragazza riprese a parlare:“la gente pensava che i draghi fossero spariti per sempre, ed invece eccoli qui” disse rivolgendosi completamente a lui, in un secondo approccio discreto, “forse dovremo iniziare a rivalutare ciò che pensiamo di sapere”.
Jon realizzò in quel momento la direzione che avrebbe intrapreso quella conversazione; abbassò lo sguardo incedendo a testa bassa nella sua consapevolezza: “hai parlato con Tyrion” affermò con voce più adombrata senza guardare la sua interlocutrice.
“É il mio primo cavaliere” rispose incurante Daenerys, spalle al mare.
“A lui piace parlare”, una nota di disapprovazione nella voce di Jon; gli piaceva Tyrion ma nonostante questo non riusciva a non associare le sue capacità dialettiche ad una simile eloquenza, più oscura e manipolatoria legata alla subdola figura di Lord Petyr Baelish.
E il fantasma di sua sorella Sansa gli attraversò la mente.
 
La voce melodica di Daenerys lo riportò al momento: “a tutti piace fare ciò in cui riusciamo meglio”
 
Sei veramente bravo, lo sai?
A fare cosa?
A regnare...lo sei, lo sei!

 
“a me no” pronunciò lui a voce bassa, con sguardo inteso mentre cercava di celare a se stesso il ricordo di Sansa sola, a Grande Inverno, con Baelish a sussurrarle veleno nelle orecchie.
Un velo di tristezza attraverò il suo sguardo.
Quanto dista Grande Inverno da qui, quante ore quanti giorni...
 
 
Sembrava che quell’uomo volesse contrastarla a prescindere, Daenerys si sentiva invasa da quel pregiudizio che sembrava perseguitarla da quando aveva messo piede a Westeros; il nervosismo iniziò ad alimentarsi dentro di lei: chi si credeva di essere lui per giudicarla così facilmente? Si sentì in dovere di mettere in chiaro le cose e riprendere possesso di quell’autorità che Jon Snow sembrava non volerle riconoscere.
“Tu sai che non lascerò che Cersei rimanga sul Trono di Spade” asserì algida lei richiamado lo sguardo di lui, che prese a voltarsi per affrontarla, quasi soddisfatto di quella maschera infranta:“non mi aspettavo che tu lo facessi” le rispose inflessibile.
“E non ho cambiato idea su quali regni appartengano a quel trono” aggiunse lei categorica.
“Nemmeno io” replicò più astioso Jon, con sguardo duro e una punta di disgusto per la cecità e la caparbia ostinizione di onnipotenza  di quella ragazza dai capelli di luce.
 
Entrambi sembrarono sfuggire da quegli sguardi carichi di insofferenza.
Entrambi erano perfettamente coscienti di dover tornare a toni più pacati.
Entrambi dovevano poter giungere ad una conclusione positiva perchè quella era una situazione di stallo e non avevano molto tempo a disposizione per poter contrattare oltre.
Eppure sembrava non riuscire ad esisitere una via d’uscita, almeno dal punto di vista di Jon.
 
Vetro di Drago e la sua alleanza contro un esercito impossibile da credere, era questo che il Rè del Nord era venuto a chiederle e secondo Tyrion concedergli qualcosa poteva ammorbidere questa gente così impassibile, quest’uomo così diverso da tutti quelli che aveva conosciuto, così risoluto nel non volersi piegare. Un alleanza, avevano bisogno di alleati e questo era terribilmente vero con la flotta Greyjoy e le armate di Dorne spazzate via; vero era anche che il Nord aveva tutte le ragioni per contrastare il dominio di Cersei, se solo avessero voluto, se solo fosse riuscita a convincerli a fidarsi ed affidarsi a lei.
Tyrion si era lasciato sfuggire che tutti i suoi consiglieri avevano contrastato la decisione di Jon di recarsi a Roccia del Drago per incontrarla, eppure lui era li, in quella terra del Sud che tanto sembrava ostile a tutti i suoi avi: non doveva convincere l’intero Nord, le bastava convincere lui.
 
“Potrai estrarre i Vetro di Drago e ricavarne armi” asserì dal nulla la ragazza, ridestando lo sguardo di Jon.
“Ogni risorsa o uomini di cui avrai bisogno, io te la concederò” continuò Daenerys.
Jon era incredulo, tanto che la soppesò per un momento quasi ad accertarsi della sincerità delle parole della ragazza, quasi temendo cosa lei potesse chiedere in cambio.
Un titubante grazie arrivò da Jon, stranito di aver ottenuto quella concessione senaza nessuna  richiesta in cambio.
Jon si voltò quasi per andarsene quando il suo istinto osò forse sperare troppo: si inclinò col corpo verso di lei, quasi a chiederle conferma delle sue parole, prima di aggiungere: “quindi mi credi sul Re della notta e l’armata degli Estranei?” chiese in un sussurro.
Daenerys non si voltò minimamente a guardarlo: “meglio che ti metta a lavoro Jon Snow” rispose impassibile facendogli comprendere pienamente il suo errore di valutazione.
Jon si voltò tornando sui suoi passi, iniziando a percorrere la fredda scalinata, concentrato su cio che aveva inaspettatamente ottenuto, sotto lo sguardo interessato della Madre dei Draghi.







Nota:
finalmente dal prossimo capitolo torniamo a GI da Sansa e Spettro.

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Capitolo 20
*** 7x3.4 The Three Eye Raven ***


Pietà, so di essere in ritardissimo, ma queste sono state per me 3 settimane di fuoco lavorativamente parlando e purtroppo ancora non è finita...
in ogni modo rieccoci a GI; spero di riuscire ad aggiornare evitandovi una nuova lunga attesa, in ogni modo se non riuscissi colgo l'occasione  per augurare a tutti un sereno Natale!
Buona Lettura!




Quanti giorni erano passati dalla sua partenza? Quanti altri sarebbero dovuti volgere al termine prima di rivederlo, prima di riabbracciarlo e inalare il calore balsamico della sua pelle, prima di potersi specchiare nuovamente nelle sue iridi scure d’inchiostro, capaci di fugare ogni suo tormento.
 
La neve aveva smesso di cadere e Sansa rimirava, dalle finestre della sua stanza, la gente del nord alle prese con i lavori quotidiani. Il suo cuore batteva in lontananza, su una remota spiaggia del sud ma la sua mente e i suoi occhi guardavano il cortile di Grande Inverno ed ogni suo occupante: c’era così tanto da fare e così poco tempo...
Amministrare il regno non era facile; andare incontro ad ogni richiesta con intelligenza e cercando di non scontentare nessuno ancora meno, ma Sansa era stata educata ed istruita per farlo durante tutta la sua infanzia e sembrava aver ereditato le capacità di Catelyn in questo, conquistando celermente rispetto e credibilità, tanto che in molti si affidavano alla sua guida senza indugio alcuno.
Sapeva come muoversi e lo faceva con una grazia ed una delicatezza innata anche sulle questioni più scottanti: era ferma e decisa quando necessario ma dai suoi occhi ghiaccio traspariva tutto l’amore che provava per quella terra e nessuno era capace di sostenere il suo sguardo fiero e appassionato senza indietreggiare di un passo, incantato o spaventato a seconda dei casi.
Le giornare si susseguivano piene e lei non avrebbe osato sperare di meglio: tante incombenze le tenevano la mente occupata lasciandole la possibilità di indugiare oltre i confini del Nord, nelle prime ore del giorno o nelle ultime del crepuscolo, quando di ritrovava nella solitudine delle sue stanze.
 
Un tocco umido e gentile all’interno del palmo la ridestò dai suoi pensieri, facendola voltare e abbassare lievemene lo sguardo.
“Hai ragione, non sono mai sola quando sono con te” sorrise al metalupo, prima di prodigarsi a carezzargli un orecchio. Spettro le si strusciò al fianco e il calore del suo corpo le diede un brivido lungo la schiena, come se Jon in quel momento fosse accanto a lei a confortarla, scostandole una ciocca di capelli, accogliendola in un bacio delicato sullo zigomo destro, in un sogno talmente dolce qunto doloroso.
Chiuse gli occhi a quel pensiero, cacciando indietro le lacrime, accucciandosi ad abbracciare Sapettro, inabbissandosi precipitosamente nel suo candido manto per recuperare la determinazione necessaria ad affrontare un nuovo giorno lontana da lui.
 
Si apprestò a scegliere cosa indossare, appena prima che le sue ancelle iniziassero ad arrivare per aiutarla. Da quando Jon era partito non si recava più al Parco degli Dei, non voleva dare a Ditocorto occasione alcuna di restare solo con lei. I suoi sguardi si erano fatti più penetranti, più oscuri e Sansa era sicura che avesse messo delle spie ben pagate all’interno di Grande Inverno per tenere sotto controllo ogni situazione.
Anche in casa sua, osava condurre i suoi giochi sporchi...
Sansa provò un moto di disgusto avvolgerle il palato, ma sapeva di doverlo tenere vicino, ricordando a se stessa che ogni adulazione che lui le prodigava, era volta solo a cercare di riconquistarla per un suo tornaconto personale; ciò che Baelish ignorava era che i giochi, questa volta, sarebbe stata lei a condurli, avvalendosi dell’apparenza di un cucciolo ben addestrato, che in realtà si era fatto lupo prima del tempo.
Laciò che Elin finisse di acconciarle i capelli, prima di sistemarsi il mantello sulle spalle.
Inflessibile era l’immagine che lo specchio le rimandava, esattamente come voleva risultare quella mattina.
Si apprestò verso il lungo corridoio dirigendosi presso i parapetti esterni dove Lord Royce, assieme al Maestro Wolkan, era in attesa di lei.
Ovviamente Ditocorto era già arrivato, preso in una melliflua conversazione con i due, prima che potesse voltarsi per accoglierla in un esagerato inchino, quando Lord Royce la salutò con un determinato “Mia Signora”, ben felice di interrompere il dialogo con quell’uomo che mal sopportava.
Sansa, senza dare troppa attenzione alla sua presenza, iniziò a dare compiti ad ognuno: doveva documentarsi sulle scorte di cibo e chiese a Maestro Wolkan di cercare negli archivi notizie ed informazioni sugli inverni passati, lasciandosi sfuggire alla vista uno spiraglio di panico nello sguardo di Lord Baelish, quando il Maestro le rispose prontamente che avrebbe consultato gli scrupolosi archivi di Luwin, il quale aveva tenuto copia di ogni messaggio che fosse arrivato a Grande Inverno.
Chiese a Lord Royce di occuparsi della supervisione della forgiatura delle armature e di assicurarsi che fossero rivestite di pellami, per rimanere calde alle basse temperature che li attendevano.
Sembrava non sfuggire niente al suo controllo, ad ogni passo che faceva attraverso i cortili di Grande Inverno, gli occhi del popolo la accompagnavano con rispetto e deferenza.
 
Quando riprese il suo cammino in sola compagnia di Baelish, la sua voce sibillina iniziò a sussurrarle  come al solito le ormai consuete lusinghe, suggerendole di voltare il suo sguardo più a sud, verso Cersei ed Approdo del Re. Sansa comprese fermamente cosa intendesse fare quel subdolo omuncolo e si mantenne ferma sulla linea di pensiero di Jon, replicando che al di la di tutto non aveva dimenticato Cersei e sapeva benissimo che chi avesse a che fare.
Tra le grinfie di quella donna c’ero io, non certo tu, sempre nascotro tra le tue puttane e  i tuoi bordelli.
 
Incredibilmente l’atteggiamento così freddo e scostante di Sansa ottenne l’effetto contrario, facendo scoprire il Lord protettore della Valle ancora di più: “non combattere le tue battaglie a Nord o a Sud. Combatti ogni battaglia, dovunque, sempre nella tua testa” occhi inverecondi nello scrutarla.
Sansa rabbrividì, non fuggendo però all’ascolto, poichè tutte le volte che la voce di Petyr Baelish assumeva quel tono, significava vittoria, scoprirlo un velo di più, comprendere il suo modo di ragionare.
“Chiunque è tuo nemico, chiunque tuo amico... calcola ogni possibile serie di eventi, tutti in una volta: vivi segueno questo principio e nulla di cui accadrà potrà sorperenderti; tutto quello che potrà succedere sarà qualcosa che avrai già visto” concluse bramoso di lei e di ogni suo sguardo.
Sansa cercò metabolizzare e registrare quanto Baelish le aveva appena detto, quell’uomo aveva un’itelligenza acuta e una capacità insidiosa di manovrare le persone, eppure non poteva negare che era forse lo stratega migliore che avesse mai incontrato: quel modo distaccato di pensare e di vivere gli eventi lo aveva sempre mantenuto in vita incolume e indenne; aveva tanti nemici ma esercitava su di loro un potere tale da non invogliarli ad un affronto aperto.
Sansa era ancora avviluppata dall’aura di Petyr, quando la sua attenzione venne richiamata da una guardia:
“Lady Sansa, ai cancelli!”.
Si congedò con uno sguardo remissivo, in realtà ben felice di allontanarsi da lui, ma quando attraversò l’arco di pietra che delimitava il cortile principale, il pensiero di Ditocorto si eclissò difronte alla bolgia di curiosi che si accalcava verso il carro che era appena giunto.
Presa da un moto di ansia, accelerò il passo, facendosi strada tra la gente fino a che non riucsì ad arrivare al retro del carro e con occhi sgranati, specchiarsi nelle iridi vacue di suo fratello Bran.
Che gli Dei mi seveglino se questo è un sogno...
Gli occhi di Bran riflettevano il suo sguardo e non era un miraggio che pareva voler sparire da un momento all’altro: Bran era davveo li, adagiato su quel carro, vestito come un bruto, sporco di neve e fango ma era a casa, Bran era a casa.
Sansa neanche riconobbe la sua voce cresciuta quando lui la salutò con un semplice “ciao Sansa”.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che si erano salutati?
Lady Stark sentì le lacrime salirle dal petto ma il suo ruolo di protettrice del Nord non sembò avere importanza quanto la disperata necesiità di conferma, che quello che stava abbracciando fosse realmente il fratello minore, perso da tempo ed inaspettatamente ritrovato tra i suoi singhiozzi silenziosi.
 
 
Famiglia.
Branco.
Erano le uniche parole che parevano risuonarle nella testa.
Quando si distaccò da lui, prese ad asciugarsi le lacrime con il guanto; sorrise mesta anche se lo sguardo di Bran non parve registrare niente di quello che gli stava accadendo attorno.
Sarà sconvolto, semplicemente...chissà cosa ha dovuto passare.
 
“Mio fratello Bran, è tornato a casa” conclamò non riuscendo a non soridere.
Un’ovazione che quasi non si sarebbe aspettata accolse le sue parole e un via vai di passaparola continuò a rumoreggiare in sottofondo.
Sansa passò in rassegna espressioni gioiose e donne che si asciugavano lacrime dai visi arrossati; solo allora si accolrse di un volto di una giovane ragazza, accostata al carro, dai capelli scuri e gli occhi irrequieti, vestita con gli stessi abiti che portava il fratello.
Anche la ragazza si accorse di lei e subito si presentò: “sono Meera Reed, Mia Signora, ho viaggiato con tuo fratello per lungo tempo...”.
Un sorriso di Sansa si distese per lei: “Meera Reed...i nostri padri si conoscevano!” affermò emozionata, “non riesco a credere a quello che hai fatto per mio fratello, ti sarò sempre debitrice per averlo ricondotto a casa” espresse emozionata Sansa.
“Vieni Bran, ti sistemerò nelle camere padronali...”
“Le mie vecchie stanze andranno benissimo Sansa” un’affermazione, non una richiesta, pacata ma pur sempre decisa..
Sansa si scambiò uno sguardo con Meera, la quale le restituì un sorriso di circostanza da cui sfuggì subito dopo.
“Come desideri, ti manderò un bagno e poi potremo parlare” rispose remissiva la sorella, facendo subito un cenno ad alcuni uomini perchè si occupassero di scortare il fratello all’interno.
Si accostò a Meera, camminando con lei fino a mostrarle le sue stanze: “dove siete stati per tutto questo tempo?” chiese titubante seppur curiosa,
“a Nord Mia Signora, sempre più a Nord, fin oltre la Barriera...”.
“Come mai così lontano? Come avete fatto a sopravvivere in quelle lande sconfinate?”.
“Di questo dovrai parlarne con tuo fratello, non sono la persona più adatta a spiegare cosa sia successo lassù” affermò pensierosa la ragazza, non riuscendo a guardare Sansa negli occhi.
La Lady sembrò in qualche modo capire, decidendo di non chiedere oltre: la vedeva turbata, per cosa ancora non lo sapeva, ma Meera era un ospite e avrebbe fatto qualunque cosa per ripagare il debito che aveva con lei nell’aver ricondotto a casa suo fratello.
“Riposati Meera, e di qualunque cosa tu abbia bisogno non esitare a chiedere: sei la benventa qui e lo sarai sempre” affermò Sansa con un sorriso dolce, prima di congedarsi da lei.
 
Qualche ora più tardi Sansa accompagnò Bran a far visita all’albero del cuore.
Il fratello sembrava in qualche modo evanescente, gli occhi che Sansa ricordava vivaci e curiosi rimanevano opachi, fissi in un punto lontano come se non guardassero veramente.
Rimirandolo seduto, avvolto nel suo manto di pelliccia nera, immobile nel suo scutare il nulla, Sansa si sentì infinitamente piccola.
L’albero del cuore avvolgeva le loro figure, eppure Bran, seduto proprio affianco al grande tronco albino, sembrava in qualche modo parter di quella sacralità, tanto quasi da spaventarla.
Sansa si strinse nel mantello, avvolgendosi le ginocchia e iniziando a pensare ad lata voce: “vorrei che Jon fosse qui...”
Incredibilmente anche Bran parlò: “si, ho bisogno di parlargli” disse apatico.
Sansa alzò gli occhi su di lui, realizzando solo in quel momento il significato implicito delle sue parole e travisando i pensieri di Bran gli andò incontro come a rassicurarlo: “tu sei l’ultimo figlio vivente di nostro padre” disse attirando finalmente i suoi occhi, “sei il Lord di Grande Inverno ora” affermò lei sorridendogli delicatamente, per rimarcare quel ruolo che sapeva appartenergli di diritto senza nulla togliere alla figura di Jon.
“Non posso essere il Lord di Grande Inverno, non posso essere il Lord di niente in realtà. Io sono il Corvo a Tre Occhi” replicò lui, senza alcuna emoziono a tradirgli la voce.
“Non so cosa significhi” ammise timidamente Sansa,
“è difficile da spiegare” poco più di un sussuro la voce di lui;
“provaci. Ti prego, per me” chiese speranozosa la ragazza, davvero intenzionata a caire e comprendere, perchè lui rimaneva pur sempre suo fratello, indipendenemente da quello che lui stesso pensasse.
“Vuol dire che posso vedere qualunque cosa, tutto quello che è stato e che è successo a chiunque e tutto quello che sta accadendo ora; sono solo immagini, frammenti per il momento. Devo imparare a guardare meglio. Quando la Lunga Notte verrà dinuovo, dovrò essere pronto” concluse lui volgendo il suo sguardo sul viso intagliato dell’antico albero Diga.
“Come puoi sapere tutto questo?” chiese Sansa che ancora non riusciva a comprendere appieno.
“Il Corvo a tre Occhi mel’ha insegnato”,
“pensavo fossi tu il Corvo a Tre Occhi” sempre più confusa, davvero non riusciva a capire,
“tel’ho detto, è difficile da spiegare”aggiunse lui come se non fosse in grado di riuscire a spiegarsi meglio a parole.
Sansa cercò di scrutarlo, come se uno sguardo più attento potesse darle qualche informazione in più: “Bran...” rpovò ad aggiungere ancora.

I suoi occhi bruni la incontrarono nuovamente, ancora una volta: “mi dispiace per quello che ti è accaduto. Mi dispiace che sia accaduto qui, nella nostra casa” la interruppe lui.
Sansa non aveva parole per replicare, chiunque sapeva bene o male cosa avesse passato, poi gli occhi di Bran si innalzarono a rimirare il paesaggio circostante: “era così bello quella notte: la neve che cadeva lieve, proprio come adesso” ed un brivido gelido percorse Sansa dall’interno, “e tu eri così bella... nel tuo abito da sposa bianco”.
Fu un attimo e sentì nuovamente le mani di Ramsay percorrerle brutalmente il corpo, i suoi occhi pungenti, ferini e malati, il suo sorriso crudele, la sua risata di scherno mentre...
“Devo tornare dentro, Bran” si ridestò in difesa lei, in difesa dai suoi stessi pensieri e dalle immagini che pensava essere riuscita a rimuovere dalla sua mente, ma che in realtà erano solo latenti, in attesa di una scintilla per tornare a reclamarla.
“Io rimarrò ancora un po’” replicò vuota la voce di Bran.
Sansa non osò aggiungere altro, spaventata da quella situazione, dai fantasmi che tronavano prepotenti e inquietata, seppur preoccupata, per quel fratello che pensava aver ritrovato anche se in una forma molto diversa da quella che si sarebbe aspettata.
 
Jon dove sei?









 

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Capitolo 21
*** 7x4.1 Winterfell mix – cubs no longer ***


Bentornati, so che l'attesa è stata interminabile e chiedo infinitamente scusa.
Eccomi qui con un nuovo capitolo, tutto incentrato su Winterfell e sui fratelli Stark, non vi trattengo oltre!
Buona Lettura!!





Erano passati pochi giorni e Sansa riusciva a percepire ben poco dei suo fratello Bran, in quella figura ombrosa e meditabonda che era tornata a casa e che in quel momento sedeva con lei al tavolo della colazione. Meera arrivò poco dopo, con occhi sempre sfuggenti e silenziosa al pari di una pantera ombra.
Sansa si ritrovò a scambiarsi sguardi d’intesa con lady Brienne, mentre cercava di intavolare l’ennesima conversazione, che sapeva benissimo, destinata a scemare nel nulla subito dopo.
Bran fu il primo ad allontanarsi dal tavolo, scortato da due uomini verso le stanze del Maestro.
Dopo che ebbe lasciato la sala, Meera inaspettatamente prese parola, annunciando a Lady Stark la sua imminente partenza quello stesso giorno.
“Meera, ma sei appena arrivata” provò a contrattare Sansa.
“Non voglio offendere la tua premurosa accoglienza Lady Stark...”
“chiamami Sansa, ti prego: sei stata una sorella per Bran quando io non ho potuto, non hai bisogno di titoli con me” le sorrise grata Sansa, riuscendo a far rilassare il viso della ragazza, seppur per un brevissimo istante.
“Sansa...non dimenticherò la tua gentilezza e l’amore che provi per questa terra e per la tua famiglia, ma proprio per questo, capirai perche devo tornare dalla mia: sai cosa sta arrivando e proprio per questo comprenderai perchè non posso attardarmi oltre”.
Sansa sospirò frustrata e consapevole, guardandola sempre negli occhi, prima di chiudere le labbra e farle un sofferente cenno di assenso. Meera ricambiò il gesto prima di alzarsi da tavola, pronta per tornare alle sue stanze e recuperare le ultime cose.
“Meera” la richiamò Sansa prima che questa potesse voltarle le spalle, “di qualunque cosa tu o Lord Reed abbiate bisogno, te ne prego fammi sapere: saremmo sempre in debito con la tua famiglia”.
Meera abbozzò un discreto sorriso, prima di inchinarsi appena con deferenza e lasciare la sala.
 
 
Lo scintillio di una lama nel buio, un’arma che aveva avuto uno scopo ben preciso rispetto alla sua vita e di cui Bran non avrebbe mai dovuto sapere niente, eppure eccola li, davanti ai suoi occhi, l’acciaio di Valyria che guizzava dei riflessi del fuoco che illuminava la penombra della stanza.
“Questo è per te” affermò Baelish, mostrandogli il pugnale, “l’ultimo uomo che lo impugnò voleva tagliarti la gola, ma tua madre glie lo impedì” disse prima di offrirglielo in un gesto rispettoso.
Bran ne brandì l’elsa rigirandosi la daga sotto gli occhi vacui, mentre continuava a sentire le parole di Baelish risuonare lontane nella stanza, filtrandone le bugie dalle verità.
“Tu sai a chi apparteneva” chiese, o forse no.
La risposta fu prevedibile, come prevedibile lo sproloquio seppur veritiero, di quanto quella semplice daga avesse dato inizio a quell’incessante serie di eventi che avevano portato alla guerra dei cinque Re, alla sua fuga da Grande Inverno, al suo peregrinaggio nelle più remote terre del Nord fin oltre alla Barriera, ad incontrare e vedere con i propri occhi, ciò che infestava le più terribili storie della vecchia Naan.
Ditocorto, leggermente provato dal non riuscire a cavar fuori una singola emozione che potesse tradire il suo interlocutore, si apprestò ad allungargli il fodero della daga, affinchè Bran potesse riporvelo dentro.
Azzardò qualche altra parola, sempre seguendo il suo filo strategico: “vivere tutto questo, e riuscire a tornare qui, solo per trovare un grande....caos, nel mondo; posso solo immaginare...”
“il caos è una scala” lo inchiodò ad un tratto al suo sguardo il giovane Bran.
Baelish non vide emozioni in quegli occhi, solo il riflesso delle sue colpe, e tanto bastò a fargli gelare il sangue. Proprio in quel momento, un bussare alla porta gli diede una via d’uscita da quella situazione che stava iniziando a risultare compromettente.
Vedendo entrare Meera Reed, Ditocorto si alzò dal suo scrano, ben felice di congedarsi dal ragazzo: “perdonami per il disturbo Lord Stark” asserì con estrema deferenza;
“non sono Lord Stark”, determinante il tono di Bran.
 
Meera diede spazio a Baelish per uscire, prima di rivolgersi a Bran, incuriosita da quella strana sedia con ruote su cui era seduto; “stai per andartene” constatò apatico il ragazzo prima di incontrare gli occhi buoni di lei.
“Non voglio lasciarti” cercò di giustificarsi lei, “ma quando...quando arriveranno avrò bisogno di essere con la mia famiglia; sei al sicuro, per quanto si possa essere al sicuro...non hai più bisogno di me” sorrise amaramente la ragazza.
“No, non più” asserì concorde Bran.
Meera non capiva, lo leggeva dal suo sguardo attonito: “non hai altro da dire?” chiese quasi speranzosa.
“Grazie” rispose Bran, quasi a ricordarsi le buone maniere, eppure lo sguardo incredulo di Meera si rifiutava di lasciarlo: “Grazie?” domandò sconcertata lei.
“Per avermi aiutato” spiegò Bran, registrando i cambiamenti espressivi sul volto della ragazza; vide dolore e frustrazione, mentre Meera avanzò qualche passo, poco prima di parlare: “mio fratello è morto per te, Hodor ed Estate sono morti per te, io sono quasi morta per te” pronunciò tra le lacrime imminenti.
Lo sguardo assente, seppur incredibilmente vigile di Bran si specchiò negli occhi bruni di lei: “Bran?” chiese sussurrando con un filo di disperazione nella voce.
“Non sono davvero lui. Non più” affermò lui quasi dolcemente, inclinando appena il viso, come in una parvenza di scuse, “mi ricordo cosa provavo nell’essere Brandon Stark, ma ora percepisco più cose” disse semplicemente.
Bran osservò il respiro di Meera e la scia di quelle poche lacrime che andarono a rigarle il bel viso; vide l’ombra di un sorriso amaro incrinarle le labbra prima che una presa di coscienza potesse abbandonarla in un sospiro: “sei morto in quella caverna...” affermò prima di voltarsi sconsolata e lasciare le sue buie stanze.
Solo quando il rumore della porta si infranse del nulla, Bran voltò lo sguardo verso la finestra, lungo i campi innevati, percorrendoli in volo prima di incontrare una fulgida, seppur minuta, figura a cavallo, con un’immensa pace e rinnovata speranza negli occhi, poichè Arya Stark, tra qualche ora, avvrebbe nuovamente varcato la soglia di casa.
 
 
Aveva lasciato la cavalla a Città dell’Inverno, incamminandosi verso il castello a piedi, cercando di passare più inosservata possibile; al cancello principale trovò due guardie che chiacchieravano al tepore di un fuoco e che le ostruirono deliberatamente il passaggio, non credendo ad una parola sulla sua identità piovuta del cielo. Arya cercò di far valere la sua parola facendo i nomi del Maestro Luwin e di Ser Rodrik, completamente ignara del destino dei due uomini forse più fedeli a casa Stark, ma quando le guardie la misero al corrente che anche il Re del Nord non era al castello, la domanda più che legittima di Arya su chi governasse Grande Inverno in sua assenza, venne accolta da una beffeggiante risposta: “la Lady di Grande Inverno? Lady Sark??”.
“Quale Lady Stark?” chiese Arya, ben consapevole che non poteva trattarsi di sua madre.
“Diccelo tu, visto che ti spacci per sua sorella” proruppe uno dei due.
Un barlume luminoso, si schiuse dall’angolo destro delle labbra di Arya, quando realizzò cosa quelle parole significassero; senza perdere la sua caparbietà si rivolse nuovamente alle guardie: “dite a Sansa che sua sorella è a casa”.
“Lady Sansa è troppo occupata per sprecare fiato con te, e anche noi, quindi per l’ultima volta: levati di torno” rispose la guardia prima di spostare il suo peso e arrancare un colpo a vuoto, quando Arya lo schivò prontamente senza alcuno sforzo.
Ripresa la sua posizione iniziale, Arya si scontrò visivamente con i due, volendo mettere in chiaro una volta per tutte la sua posizione: “entrerò in questo castello in un modo o in una altro, se non sono chi dico di essere non resterò a lungo, ma se sono Arya e Sansa saprà che mi avete cacciata...” lasciò in sospeso le conseguenze del giudizio di Lady Stark e tanto bastò per far tremare le ginocchia ai due; Arya di certo non poteva sapere che in molti giravano alla larga delle segrete, da quando Ramsay aveva incontrato la giustizia della Lady di Grande Inverno per mano dei suoi stessi mastini; c’era chi giurava di poterne sentire ancora le urla.
Si ritrovò subito dopo seduta su di un carro, in attesa, mentre i due discutevano su chi dovesse andare ad informare Sansa. Arya si guardò attorno, cercando di recuperare tutte le memorie che la legavano a quel luogo che aveva richiamato più volte nei suoi sogni; il campo dove i suoi fratelli tiravano di scherma, o dove si imparava a tirare con l’arco; gli antri dove amava nascondersi per sfuggire alle lezioni di cucito di Septa Mordane che tanto detestava, i camminamenti esterni dove spesso aveva visto i suoi genitori camminare e conversare...
Arya tornò a respirare liberamente per la prima volta, inalando l’aria gelida di Grande Inverno che tanto amava e che sembrò purificare il suo animo da tutto quello che era stato, per un lungo, infinito momento, ma più il suo occhio correva sua quelle mura, più notava pietre distrutte, legni bruciati e segni di una guerra passata che non combaciavano con i suoi ricordi, fino a che lo sguardo non si posò sul sigillo del metalupo grigio su fondo chiaro e seppe subito dove doveva andare affinchè solo Sansa potesse trovarla.
 
 
Sansa era davvero molto occupata, e sentire quelle due guardie balbettare a sproposito su una qualche ragazzina che si era introdotta di soppiatto a Grande Inverno, davvero era una grossa perdita di tempo.
Aveva lettere a cui rispondere e conti da far quadrare, ma quando fu fatto il nome di Ser Rodrick e del Maestro Luwin, il viso di Sansa si rilassò in un sorriso incredulo, misto ad orgoglio, perchè sua sorella Arta era riuscita davvero a tornare a Grande Inverno.
“Non ti devi preoccupare Mia Signora, la troveremo”
“non cen’è bisogno” rispose dolcemente e a viso disteso la ragazza mentre si alzò dalla sua sedia, “so dov'è” asserì infine prendendo la porta, senza aspettare il congedo delle due guardie.
 
 
Gli occhi di pietra della statua di Ned Stark non riflettevano lo sguardo della sua terzogenita, ne il dolore o il rimorso che da essi traspariva. Arya udì l’incedere di passi delicati accompagnati da un rumore metallico ed un fruscio di lunghe gonne: sapeva che Sansa l’avrebbe trovata, per quanto diverse potessero essere tra loro, erano entrambe delle Stark.
La sentì arrestare il suo incedere e percepì il suo sguardo incredulo, prima di accoglierla con quelle parole a cui non riusciva ancora ad associare un sentimento preciso: “devo chiamarti Lady Stark, adesso?”.
“Si” rispose dopo un momento Sansa, fino a che lo sguardo stesso di Arya non si posò su di lei.
Un sorriso sincero irradiò il volto della ragazza dia capelli di fuoco, un sorriso talmente luminoso e bello che Arya quasi ne ebbe timore, quasi dimentica di quanta bellezza si sprigionasse dalla sorella in modo del tutto naturale. Si ritrovò tra le braccia di lei annaspando, senza neanche rendersene conto, completamente esposta poichè era davvero incredibile quanto Sansa somigliasse alla loro defunta madre.
Quando Arya si staccò da lei, dovette quasi ricomporsi e fu come se si ristabilisse quel rapporto tra sorelle che dopo tanti anni di lontananza avevano entrambe dimenticato.
“Non saresti dovuta sfuggire alle guardie” le disse indulgente Sansa, ottenendo una risposta degna di sua sorella che la richiamava a scegliere guardie migliori, poichè lei non era affatto fuggita.
“Ti dona – Lady Stark” asserì Arya studiando la figura della sorella, in un tono che Sansa non riuscì ad interpretare, ma che irrimediabilmente le portò alla mente le loro differenze.
“Jon ti ha lasciato il comando?” chiese la più piccola, registrando quasi infastidita, il sorriso che Sansa non riuscì a trattenere nel risponderle un si.
Il viso di Sansa si era rischiarato al nominare loro fratello, una reazione che Arya stentava davvero a comprendere visti i precedenti, eppure le parole che fuoriuscirono dalle labbra di lei, dettate da un sincero orgoglio e una pura dedizione furono ancora più insolite: “spero tanto che torni presto; non immagini la sua felicità nel rivedermi, e quando rivedrà te...il suo cuore probabilmente si fermerà”.
Incredibile fu, come il solo parlare di Jon, potesse unire due sorelle con animi tanto diversi.
Arya sorrise dalla gioia contagiosa di sua sorella e per un momento tornarono semplicemente bambine, tra le mura di casa loro.
Con uno sguardo timido, Sansa si volto verso la statua del padre, aspettando che Arya dicesse qualcosa.
“Non gli somiglia” constatò la più piccola, “avrebbe dovuto scegliere uno scultore che conoscesse i tratti del suo viso”.
“Tutti quelli che lo conoscevano il suo viso sono morti” affermò Sansa ad un tratto più triste.
“Noi no” la accolse Arya voltando il viso ad incontrare la sorella, “dicono che hai ucciso Joffery, l’hai fatto?” chiese ad un tratto bramosa.
“Avrei voluto farlo” rispose ridente Sansa, specchiandosi negli occhi bruni della più piccola.
“Anche io, ero così arrabbiata quando seppi che qualcun altro l’aveva fatto; è sempre stato al primo posto della mia lista”,
“la tua lista?” chiese Sansa senza capire a cosa la sorella si riferisse.
“Delle persone che ucciderò” rispose Arya come se parlasse del tempo.
Ci fu un attimo di tensione che si infranse in una risata sommessa di Sansa subito seguita da quella leggermente trattenuta di Arya; ci sarebbe voluto del tempo prima che ognuna potesse comprendere appieno l’altra, entrambe avevano vissuto peripezie costellate da orrori, paure e dolori senza precedenti, eppure si erano nuovamente ritrovate, una specchio dell’altra, più simili di quanto loro stesse potessero attualmente comprendere.
Spaventate dalla gioia del ritrovarsi poichè entrambe costrette alla diffidenza per poter sopravvivere, si ritrovarono avvolte in un secondo abbraccio, dal sapore di casa e li nelle cripte, Arya venne a sapere del ritorno di Bran, pochi giorni prima.
 
 
Il parco degli Dei era avvolto dalla neve, immacolato come mai lo ricordava, le foglie scarlatte, parevano rubini scintillanti, così in contrasto con quella purezza.
Bran era immobile, seduto di fronte al viso intagliato nella resina; un solo movimento del collo quando udì i passi alle sue spalle, ben consapevole di chi aspettarsi.
Sansa guardò silenziosa l’abbraccio tra Arya e Bran; provava sollievo ad avere nuovamente i suoi fratelli, anche se sapeva che ognuno di loro era in qualche modo cambiato, ma Arya ancora non sapeva quanto lo fosse Bran.
“Bran ha delle visioni...” cercò di spiegare Sansa, quando lo sguardo di Arya apparve confuso, seppure lo sconcerto attraversò quello della maggiore quando seppe da Bran che la lista di Arya esisteva veramente.
In un momento, entrambe le ragazza sembrarono rendersi conto quanto poco sapevano l’una dell’altra, poi un movimento di Bran colse l’attenzione di entrambe; il ragazzo teneva in mano una daga che spiegò loro aveva ricevuta da Ditocoro, ma mentre Sansa si preoccupò più del mandante di quel dono, Bran si soffermò sull’origine di quell’arma, la stessa con cui tempo addietro un “sicario” aveva attentato alla sua vita.
Arya sembrò arrivare dove altri prima di lei erano inciampati: “un sicario con una daga di acciaio di Valyria?”.
Ogni punto di vista era diverso, ognuno di loro sembrava soffermarsi su ciò che conosceva meglio o su ciò che aveva imparato a conoscere nel tempo.
L’ultimo gesto di Bran colse di sprovvista entrambe le sorella, quando porse l’arma alla più piccola, donandogliela come se fosse l’unica opzione possibile. Quando titubante, Arya la prese dalla sua mano, gli occhi di Bran indugiarono sull’elsa, consapevole che quella lama doveva appartenere a nessun altro se non Arya.
 
 
Quando i tre ragazzi uscirono dal parco degli Dei, l’atmosfera a Grande Inverno sembrò mutare, il branco era nuovamente composto, più discreto, più attento ma non meno pronto all’azione.
Sotto lo sguardo fiero di Brienne e Pod,  i ragazzi Stark proseguirono per i cortili, avviandosi verso la sala grande, mentre il gracchiare di un corvo inframezzò le intricate macchinazioni dei pensieri di PetYr Baelish.

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