L'isola misteriosa

di Manocoll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'isola misteriosa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** L'isola misteriosa ***


 
L’isola Misteriosa
 
 
Capitolo 1  

 
Ann Devlin guardò l’orologio della cucina ed emise un sospiro, perché aveva già preparato la cena e suo marito non era ancora arrivato. Accadeva spesso che Jury rincasasse in ritardo, ma almeno quella sera aveva una scusa migliore del solito.

Durante il giorno non aveva navigato sul lago ne si era immerso nelle sue gelide profondità, ma era andato a Glasgow, a un centinaio di chilometri dalla loro casetta sulla costa scozzese, perl’ultimo colloquio con Enrick Notron, il famoso biologo marino.

Ann andò nel soggiorno, si sedete alla finestra e vide il battello rollare dolcemente, all’estremità del cavo d’ormeggio, sull’acqua increspata  dal vento.

Si domandò se Jury avesse ottenuto il lavoro, sperando fervidamenrte di no. Non molto tempo prima la prospettiva d’immergersi nel Mediterraneo l’avrebbe entusiasmata, ma adesso si accingeva a provare una gioia più grande: avere un bambino.

Lo voleva anche Jury, naturalmente. Un anno prima aveva convenuto che sarebbe stato bellissimo avere un bambino (o una bambina, si era affrettato ad aggiungere) cui insegnare a navigare, a nuotare e a immergersi. Ma aveva specificato: “Non ancora”. Quando Ann gli aveva rammentato che lei aveva quasi trent’anni, lui le aveva rivolto un tenero sorriso.

«Sei nel fiore degli anni, amore mio», aveva osservato prendendola fra le braccia.

«Godiamoci la libertà ancora per qualche tempo… per un anno diciamo.


Adesso l’anno volgeva al termine, ma si era presentata quella straordinaria possibilità di lavoro.

Lo squillo del telefono interuppe i pensieri di Ann. Probabilmente era Jury che chiamava per spiegarle il motio del suo ritardo, pensò speranzosa. Ma quando ebbe alzato il rivevitore, una voce maschile sconosciuta le chiese bruscamente di suo marito.

«Non è in casa. Chi parla, per favore?» La voce non rispose e soggiunse, sicura che si trattasse di una telefonata di lavoro: «Sono la moglie del dottor Devlin. Devo riferigli qualcosa?

L’uomo borbottò qualche parola inintellegibile, poi le chiese quando sarebbe tornato Jury.
«Mio marito dovrebbe rincasare fra poco,» rispose lei pazientemente. «Desidera che la faccia richiamare?»

«No,» rispose l’uomo seccamente. «Gli dica soltanto che richiamerò stasera.»

«Potrei sapere il suo nome, per favore?» Insistette lei, ma la comunicazione fu interrotta.»

Jury rincasò venti minuti dopo, scusandosi per il ritardo, ma Ann lo interruppe mentre si sedevano al tavola.

«Ho ricevuto una strana telefinata», lo informò.

Lui ascoltò con una punta d’impazienza, poi alzò le spalle.

«Sarà qualcuno che vuole noleggiare il battello,» commentò in tono evasivo. «Be’, mi dispiace per lui, ma dovrà rivolgersi altrove. Ci hanno dato il lavoro!»

Ann ebbe un tuffo al cuore. Sapeva che Jury non avrebbe potuto fare quel lavoro senza di lei.

Quanto a Jury, era esultante ed entusiasta di Henrick Notron.

«È un tipo formidabile, sono sicuro che lo troverai simpatico. Deve avere superato la settantina, ma fino a poco tempo fa s’immergeva ancora come un giovanotto. Il medici gli ha ordinato di smettere. Così gli è toccato assumere qualcun altro per scattare le foto subacquee che gli occorrono per la sua ricerca e noi siamo gli eletti!»

Con tutta la buona vlontà, Ann non riuscì a partecipare all’entusiasmo di suo marito. Già esperta navigatrice e subacquea, era stata iniziata alla fotografia da Jury e dallo zio di lui Frank, un noto fotografo naturalista richiestissimo per le illustrazioni dei libri sulla natura della Scozia. Era stato zio Frank presentare loro Enrick Notron, e adesso Ann doveva affrontare le conseguenze. Frank riteneva di avere fatto loro un grasnde favore, procurando quel lavoro, e lei non voleva sembrare ingrata. Gli erano già debitori per troppe cose. Prima che la situazione in Unione Sovietica cambiasse. Era stato lui ad aiutare Jury a fuggire da quel paese, dove era stato detenuto a causa delle sue idee politiche.

«Ann,» disse Jury a un tratto, distogliendola dai suoi pensieri. «Non mi sembri molto entusiasta, ma devi riconoscere che si tratta di un progetto meraviglioso.»

«Perché?», ritorse lei con amarezza. «Avere un bambino non è altrettanto meraviglioso?»

Colto alla sprovvista, Juri cercò di prenderle la mano, ma lei balzò in piedi senza lasciarsi toccare.

«Hai detto che dubitavi di poter avere quel lavoro e che ti eri offerto per fare piacere a zio Frank. Mi sembrava che anche tu in questo momento, pensassi soprattutto al bambino…»
Abbassò lo sguardo sul piatto per nascondere le lacrime che le avevano  riempito gli occhi.
«So quello che provi», le assicurò lui con dolcezza. «Ma questo è un lavoro eccezionale, cara. Voglio dire, dobbiamo preoccuparci anche di Henrick, a parte il fatto che si tratta di un’occasione straordinaria.»

«Henrick!», sbuffò Ann esasperata. «Che cosa centra quel tizio?»

«Sta a sentire, cara», continuò Jury in tono suadente. «Nemmeno io ero ansioso di avere questo lavoro… no, non guardarmi così, è la sacrosanta verità. Mi ricordavo benissimo della mia promessa e sai bene quanto desidero il nostro bambino.»

«Puoi risparmiarti il fiato, perché i fatti parlano da soli. Ti hanno offerto un lavoro e l’hai accettato, punto e basta!»

Jury fu offeso da quell’amato sarcasmo.

«E va bene , lo ammetto!», scattò spazientito. Henrick Notron mi ha offerto il lavoro e sono stato ben felice di accettarlo! D’accordo, credevo che non mi avrebbe assunto, e allora? Mi ha detto che Frank gli aveva parlato molto bene di noi e che contava sul nostro aiuto. Ha detto “nostro”, e questo significa che conta anche su di te.»

«Oh, sicuro!», sbottò lei. «Ma non credere di contare su di me! Non voglio saperne di questa storia!»

«Senza sentire quello che ho da dirti?», domandò Jury allargando le braccia. «Oh Ann, non puoi piantarmi in asso così.»

«Ah, così sarei io che ti pianto in asso?», lo sfidò lei.

Jury si morsicò il labbro e si girò dall’altra parte. Ann lo osservò un momento, colpita dalla strana intensità delle emozioni di suo marito.

«D’accordo, Jury, scusami. Parla pure, ti ascolto.»

In quel momento squillò il telefono e lui andò a rispondere.

«Pronto, sono Jury Devlin.»

«Apra bene le orecchie, signor Devlin», disse una voce maschile. «Questo è un avvertimento e non intendo ripeterlo, quindi le consiglio di ascoltare bene.

«Sto ascoltando, mi dica.»

«Non deve accettare, ripeto, non deve accettare alcun incarico nel Mar Egeo, altrimenti potrebbe capitare una disgrazia a lei e a sua moglie… specialmente a sua moglie. Questo è il primo e ultimo avvertimento.»

Jury cercò di non tradire la sua agitazione. Non si sarebbe mai aspettato una diffida così minacciosa.

«Non so di che cosa stia parlando», replicò con tutta la calma di chi era capace. «Le assicuro che…», cominciò, ma l’uomo aveva riagganciato.

Rimase immobile per qualche secondo, riflettendo febbrilmente. Che si fosse trattato di uno scherzo? Ai tempi di cui sosteneva la causa della libertà in Unione Sovietica aveva ricevuto degli avvertimenti simili, ma ormai le cose erano cambiate. E adesso lo minacciavano poiché si accingeva a lavorare con un biologo marino! Era assurdo.

Tornò lentamente da Ann e alzò le spalle sorridendo. «Sì, era di nuovo quel tizio», la informò. «È un povero idiota che cerca di dissuadermi dal lavorare per Henrick. Deve trattarsi di un concorrente invidioso.»

«Un idiota?». Fece eco Ann accigliandosi. «Mi è parso un tipo molto determinato, piuttosto. Che cosa intendi fare?»

«Intendo titare dritto per la mia strada,» rispose Jury avviandosì verso la porta. «Vado a occuparmi del battello.

 
Nel corso di una notte agitata, Ann decise che non doveva insistere perchè Jury rifiutasse l’incarico. Pur essendo risentita perché lui era venuto meno alla sua promessa, doveva accompagnarlo nel Mediterraneo.

Il mattino seguente, a colazione Jury appariva aggrondato e meditabondo. Alla fine Ann non riuscì più a sopportare la sua tretaggine.

«Jury…» Lui rizzò lentamente la testa. «Jury a proposito di quel viaggio nel Mediterraneo, quando dovremmo partire, precisamente?»

Lui spalancò gli occhi con stupore, poi sorrise e le prese la mano.

«Oh, Ann, stai dicendo sul serio?», chiese gioiosamente, quindi aggiunse con ansia: «Sei proprio sicura? Non lo fai soltanto perché…»

«Perché ti amo? Sì, temo che il motivo sia proprio questo.»

Indugiarono parecchio tempo a tavola mentre lui le spiegava le ragioni di quel progetto. Un giovane biologo di nome Nilved sosteneva che una certa varietà di alga si trovava soltanto nel Golfo di Aden. Henrich confutava quella teoria, sostenendo di avere trovato l’alga in questione anche nel Mediterraneo.

Jury Nilved aveva svolto una ricerca approfondira su quella rara alga. Già si sapeva che apparteneva alla famiglia del papiro, la pianta usata dagli antichi egizi per fabbricare la carta, e ora lui sisteneva che la si poteva trivare soltanto al largo del Corno d’Arica.

«E questa sarebbe la teoria che Henrick accetta?», domandò Ann. «Quando legge un articolo di Nilved, ne scrive un altro per confutarlo.»

«No, non è nel suo stile. Si limita a ribadire le sue idee verbalmente, in attesa di poter produrre delle prove tangibili. Purtroppo la sua invalidità gli impedisce di imergersi per fotografare l’alga.»

«Quindi il nostro lavoro consisterebbe nel fornire le prove?»

«Precisamente, e non c’è in gioco soltanto una verità scientifica, ma anche la reputazione di Henrick.»

«Ascolta, questo Henrick Nilved… di che paese è?»

«Non ne ho idea, Perché me lo chiedi?»

«Non hai fatto caso all’accento dell’uomo al telefono?»

«Non in modo particolare, perché?»

«Perché quel tizio parlava come gli americani d’origine irlandese, Stavo giusto pensando che potrebbe essere il nostro caro Nilved.»

Juri rifletté un momento corrugando la fronte. Quell’implicazione non gli piace affatto.

«Allora che cosa ne pensi?», domandò Ann con impazienza poiché il silenzio si prolungava.
Jury si riscosse bruscamente. Non aveva parlato a Ann della minaccia alla loro incolumità, né intendeva parlargliene.

«Oh, cara, penso che ci sono delle questioni molto più importanti», rispose. «Per esempio, dobbiamo assumere una terza persona nella nostra da squadra?»

Ann dimostrò immediato interesse alla cosa e parve emtusiasta quando lui parlò di Tommy, suo fratello minore. Che tempo addietro l’aveva aiutata a salvare Jury nell’Atlantico settentrionale. Il ragazzo abitava con i genitori a cinquanta chilometri da loro e veniva spesso a trovarli.

Jury telefonò immediatamente, sapendo che Tommy era a casa in vacanza, e gli parlò del progetto.

«E tu come te la passi, Tommy?», chiese alla fine. «Hai qualche piano per le vacanze?»

«Non ancora, sono arrivato soltanto iei sera. Spero di trovare un lavoro per l’estate, anche se di questi tempi non è tanto facile,» considerò.

«Be’, forse potresti darmi una mano… mi occorre un terzo subacqueo,» lo informo Jury con ingannevole noncuranza. «Cosa ne diresti di lavorare per me? Sempre che mamma e papà siano d’accordo, naturalmente.»

Rob e Eliane Devlin furono ben felici di acconsentire. Erano contenti che Tommy lavorasse per suo fratello invece di pensare al ragazzo che aveva conosciuto due anni prima e con cui si era addirittura fidanzato.

Xander era un bel ragazzo la cui madre, vedova da tempo aveva sposato Frank, lo zio di Tommy. Quando i suoi genitori l’avevano mandato in collegio a terminare gli studi, il suo rapporto con Tommy si era affievolito notevolmente.

Ora i due giovani erano iscritti a università diverse, il motto “lontano dagli occhi lontano dal cuore” sembrava adattarsi perfettamente alla loro situaziome. Di fatto, qiando Tommy corse dai suoi genitori per informarli della “straordinaria proposta” di Jury, non pensò a Xander nemmeno per un istante.

 
Durante i giorni seguenti Ann e Jury si prepararono per il viaggio e finalmente furono pronti per partire per l’isola greca di Xanthos, la loro base nel Mare Egeo. Henrick Notron li aveva preceduti per provvedere a tutte le loro necessità sull’isola.

Alle sette del mattino Jury, Ann e Tommy lasciarono la costa della Scozia per recarsi all’aereoporto di Glasgow. Da dove sarebbero partiti per Atene.

Mentre percorrevano la strada tortuosa che si snodava attraverso la brughiera e le colline, Jury si accorse che erano tallonati da una macchina. Se avesse frenato all’improvviso, il veicolo li avrebbe sicuramente tamponati, così Jury sospirò di sollievo quando vide nello specchietto retrovisivo che l’altra macchina si accingeva a superarli.

Ma quando il veicolo ebbe iniziato la manovra, Jury presentì il pericolo e sterzò bruscamente a destra, rasentando la siepe mentre l’altra macchina sfrecciava via vicinissima.

«Scusatemi. Mi somo spostato troppo sulla destra, ma quella nacchina mi sembrava un pò troppa vicina», disse Jury cercando di sdrammatizzare.

«Altro che un po’!» sbottò Tommy. «Ci avrebbe sicuramente urtati, se non avessi sterzato.»
Il veicolo era già sparito in lontananza, mentre Jury riportava la macchina sulla corsia pensando istintivamente la misteriosa telefonata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
 
Capitolo 2


 
Giunsero ad Atene senza altri incidenti e raggiunsero il porto del Pireo in tassì. Alcune ore dopo, dalla ringhiera del traghetto, videro stagliarsi l’isola di Xanthos, un paradiso di spiagge dorate, accoglienti calette e colline boscose.

«Quella è la casa di Henrich Notron», disse Jury, indicando una villa turistica sulla collina che sovrastava il piccolo porto. «Corrisponde alla descrizione di Henrick. Da lassù si deve godere una vista magnifica!»

Mentre attraversarono il paese, sentirono l’ipnotica musica greca fluire da una taverna con l’ingresso decorato da tranci di vite. La strada per la casa di Henrick si dipartiva a poca distanza dal porto e risaliva la collina, snodandosi fra i pini resinosi e fragranti cespugli di rosmarino.

Henrick Notron li accolse cordialmente, felice di avere un po’ di compagnia e Ann trovò assai simpatico quello che in seguito descrisse come un “vecchio signore dall’aria paterna”.

Mentre finivano di fare le presentazioni, furono interrotti dall’arrivo di una giovane greca. Dopo essersi scusata per l’intrusione, la ragazza annunciò in un inglese quasi perfetto che la cena era pronta.

«Grazie Xenia,» disse Henrick cortesemente. «Vogliamo trasferirci sulle terrazza, signori?»

La tavola era stata preparata sulla terrazza, dove si sarebbero potuti godere il fresco della sera e la magnifica vista. Alla fine del pranzo Henrick descrisse il lavoro che li attendeva, aggiungendo che non sarebbe mancato loro il tempo per lo svago.

«Anche se il mio battello, il Marlin, è molto accogliente, durante i giorni liberi potrete usufruire di un villino che ho affittato per voi e che potrete usare a piacere.»

Ann e Jury ringraziarono, piacevolmente sorpresi da tanta sollecitudine.

«Per caso, avete visto dei subacquei al largo di Xanthos?», chiese poi Henrick.
«No, messuno», rispose Jury. «Ma ne ho notato qualcuno sulle isole intorno al Pireo.»

«Là ce ne sono sempre,» osservò Henrick. «Ma da queste parti?»

«Se ce n’erano, non li abbiamo visti.»

«Te l’ho chiesto perché è probasbile che Nilved venga a fare ricerche in questa zona.»

«Per quella famosa alga?», chiese Jury.

«Sicuro, forse sta cercando di “soffiarmela”, sorrise Henrick. «O magari di trevisare il significato della mia scoperta. Da parte di quell’individuo c’è da aspettarsi di tutto.»

Poi, cambiando argomento come se temesse di avere parlato troppo, disse a Jury che avrebbero fatto bene a familiarezzare con il Marlin. Prima di congedarli, volle dare loro un ultimo consiglio.

«L’immersione, specialmente se unita alla fotografia, può essere molto pericolosa. Cercate si non esagerare… ossia di non restare sott’acqua oltre i limiti consentiti. Siamo d’accordo?»

Tutti e tre assicurarono che sarebbero stati prudenti.

Durante i giorni seguenti effettuarono numerose immersioni e il tempo passò in fretta. Seguendo scrupolosamente la regola principale del subacqueo, “mai immergersi soli”. Tommy scese con Jury e rimase sempre nei pressi mentre suo fratello scattava le fotografie.

Ann rimaneva sul ponte a studiare le carte nautiche che Henrich aveva fornito loro. Riproducevano la conformazione del fondo marino e l’ubicazione dei più noti relitti, e lei ne era affascinata. Oltre a cucinare e a lavare, s’immergeva con suo marito quando giudicava che Tommy fosse stanco, ma le restava parecchio tempo libero in cui poteva sdraiarsi al sole e fantasticare.

 
Durante uno di quei momenti, si accorse all’improvviso che un piccolo battello a motore si avvicinava a loro. Poiché si trovavano lontani dalla costa, non aveva gettato in mare il galleggiante che indicava la presenza di subacquei e non poteva lamentarsi se un’imbarcazione si avvicinava a loro. Ma, mentre prendeva il binocolo, la barca si allontanò rapidamente e lei fece appena in tempo a leggere il nome scritto sulla poppa, Klero. Aveva la poppa molro larga e sulla fiancata c’era una scaletta. Poteva trattarsi di un battello di subacquei, pensò Ann. In futuro avrebbero fatto meglio a gettare il galleggiante.

Fra un’immersione e l’altra andavano in paese. C’erano due caffè, ciascuno con la sua clientela, e una taverna che offriva una cucina superba.

Un giorno mentre Jury e Ann si trovavano in paese, Tommy andò a esplorare la costa e incontrò un gruppo ri ragazzi inglesi appena arrivati sull’isola. Poco dopo delle grida disperate attirarono la sua attenzione. Uno dei ragazzi si era tuffato e sembrava in dificoltà.

Essendo un esperto nuotatore Tommy si gettò immediatamente in acqua e trascinò il ragazzo a riva, apparenttemente privo di sensi. Gli altri ragazzi gli si affollarono intorno e lo esortarono a praticare la respirazione  bocca a bocca.
Ma come Tommy ebbe cominciato a insufflare aria nei polmoni, il presunto vuttima gli gettò le braccia al collo e lo baciò avidamente, quindi scoppiò a ridere e scappò via con i suoi compagni.

Tommy si raddrizzò lentamente, furibondo e imbarazzato. Mentre lo guardava, il bel ragazzo che lui aveva “salvato” si fermò e agitò la mano. Tommy gli girò la schiena e si allontanò a passò svelto, risoluto a non voltarsi.

Non parlò dell’incontro a Jury e Ann, perché si vergognava di essere caduto in quella ingenua trappola. Ma quella notte, mentre si rigirava nella sua cuccetta, non potè fare a meno di pensare all’eccitazione che lo aveva pervaso quando il bel sconosciuto lo aveva baciato con le sue labbra morbide e calde.

 
Un paio di giorni dopo Jury e Ann erano andati a riva per fare il loro rapporto a Notron, mentre Tommy era rimasto a bordo per controllare il materiale. A un tratto vide un nuotatore solitario dirigersi verso il battello. Quandi fu vicino lo riconobbe come il ragazzo che gli aveva giocato lo scherzo.

Se quello sfacciato si aspettava un’accoglienza calorosa, si sbagliava di grosso! Aveva un bel coraggio ad andargli nuovamente vicino. Il ragazzo si accostò al battello e posò la mano sulla scaletta.

«Vorrei parlarti. Posso salire?», chiese spigliatamente.

Aveva una bella voce carezzevole e un po’ velata. Nel suo candido costume era assai attraente, ma furono i suoi occhi a vincere la riluttanza di Tommy.

Durante il loro primo incontro erano stati chiusi, ma ora Tommy si trovò a guardare negli occhi più belli che avesse mai visto. D’un profondo castano con pagliuzze d’oro e ambra, apparivano così contriti che lui non poté ignorarne la supplica. Senza dire una parola, aiutò il ragazzo a salire a bordo e il ragazzo rimase immobile sulla tolda, guardandolo gravemente.

«Mi chiamo Alan», disse dopo un lungo momento. «Ho visto in tuoi amici andare a riva e ho capito che eri solo. Mi è parso una buona occasione  per…», esitò un momento, poi aggiunse tutto d’un fiato: «Per scusarmi per quello che è successo l’altro giorno. Mi dispiace moltissimo, ho fatto una grossa sciocchezza e me ne vergogno.»

Vi fu un breve silenzio, poi Tommy con freddezza: «Non stai recitando un’altra commedia, per caso?»

Il ragazzo lo fissò allibito, perché non si aspettava una simile replica. 

«Sei libero di non credermi!», disse infine alzando le spalle. «Bene, ti ho fatto il mio discorso adesso me ne vado.» 

Si accostò alla ringhiera e fece per tuffarsi, ma in quel momento Tommy lo chiamò per nome.

«Alan!»

Lui si fermò e si voltò a guardarlo.

«Mi chiamo Tommy… Tommy Devlin.» Si presentò lui tendendogli la mano.

Il ragazzo lo fissò un attimo con stupore, poi sorrise. Gli diede fiduciosamente la mano e la successiva stretta sancì la nascita di una nuova amicizia.

«Be’ non posso lasciarti andare senza offrirti un drink, no?», disse lui con scherzoso formalismo. «Il nostro Marlin è una barchetta ospitale, nel caso non lo sapessi.»

 
Nella lontana Scozia le notizie dei subacquei venivano attese con ansia da Rob e Elaine Devlin, da zio Frank e da sua moglie Margot per non parlare del figlio di quest’ultima Xander.

Quell’estate con la prospettiva di una lunga vacanza, Xander era tornato a casa pieno di speranza. Finalmente avrebbe potuto rivedere Tommy. Erano separati da troppo tempo e lui intendeva farsi perdonare per quella separazione forzata.

Era rimasto molto male, scoprendo che lui era partito per il Mediterraneo. Perché nessuno l’aveva informato?

Nel tentativo di consolarlo, Frank gli parlò del suo amico Henrick Notron spiegandogli che si era ammalato e aveva richiesto l’aiuto di esperti subacquei per effettuare un certo lavoro. Con sollievo di Frank, il ragazzo ascoltò attentamente, quindi lo interrogò sull’attività e sugli scritti di Henrich.

«Credo che passerò qualche giorno a Glasgow», disse infine. «Vorrei fare una piccola ricerca in biblioteca.»

Pareva che fosse invitato a casa di un’amica, Kimel Eirmoc. Quando lo seppe, sua madre non sollevò obiezioni  e l’accompagnò alla stazione augurandogli una buona vacanza, quindi tornò, quindi tornò a casa con aria trionfante.

«Xander è partito allegro come una Pasqua» disse a Frank. Che cosa ti dicevo? Se l’avessi avvisato che Tommy stava per partire, se la sarebbe presa… ma di fronte al fatto compiuto, lo ha già dimenticato. E credo che l’abbia dimenticato anche lui.

La medesima impressione era condivisa anche da Jury e Ann, che avevano notato l’nteteresse di Tommy per quell’inglesino residente all’ostello. In effetti Tommy trovava Alan diverso da tutti tagazzi che aveva coosciuto in passato. Completamente disinibito, partecipava con le sue amiche alla vita del villaggio. Tommy tendeva a restarsene in disparte, ma ammirava la sua comunicativa e invidiava la sua conoscenza della lingua. A volte lui gli dava lezioni di greco, ma lo aveva avvisato che non capiva una parola del dialetto locale.

«Comumque le cose più importanti non hanno bisogno di parole», gli assicurò durante una passeggiata. «È sono sicuro che sai di quali cose si tratta.» Diede in una risatina provocante, poi si fermò nel cuore del bosco e gli sfiorò il braccio nudo. «Che cosa ne diresti di riposarci un pochino, Tommy?» Si lasciò andare sul soffice tappeto erboso sotto un pino e Tommy gli si sedette accanto mentre Xander si appoggiava al tronco, esalando un sospirò di soddisfazione. «Oh che luogo meraviglioso! Così tranquillo, silenzioso e pieno di… mistero,Tommy? Non senti il fascino dell’antica Grecia?»

«Sì, lo sento», mormorò lui con un sorriso così felice che Alan gli prese la mano e la strinse forte.

«Lo sapevo Tommy», bisbigliò con voce velata. «Sapevo che condividi le mie emozioni.»

Tommy si appoggiò al tronco del grande pino, abbandonandosi al delizioso languore che l’aveva pervaso. Più tardi, quando gli sfiorò le labbra con un bacio, sorprese Alan con la delicatezza del suo tocco.»

 
A parte l’inebriante piacere del tempo che passava con Alan, Tommy era entusista del suo lavoro.

Avendo deciso di studiare archeologia e antropologia all’università, si interessava in particolare modo ai “tesori” che si trovavano sul fondo marino. Spesso si imbatteva in cocci di anfore e altre testimonianze delle antiche civiltà. Avevano ormai completato l’esplorazione delle zone più vicine a Xanthos senza trovare traccia dell’alga che stavano cercando, ma Henrick Notron continuava a incoraggiarli. Dalle prove che aveva racconlto, era sicurissimo che l’alga si trovasse in quella parte del Mediterraneo.

Una sera, dopo aver cenato da Henrick con Jury e Ann, Tommy si sarebbe dovuto incontrare con Alan. Era impaziente di rivederlo, perché durante gli ultimi giorni aveva sentito moltissimo la sua mancanza. Avevano esplorato dei fondali a est di Xanthos e lui non dormiva a terra da tre notti.

Prima di partire, aveva convinto Alan a tenersi libero per la sera del suo ritorno.

Mentre si avvicinavano alla casa di Henrick, Jury, Ann e Tommy sentirono della musica fluire dalla villa, accompagnata da allegre risatine. Si acambiarono un’occhiata perplessa e Ann disse:

«Mi fa piacere che Henrick abbia compagnia. Ha bisogno di uscire un pochino dal suo guscio, questa vita solitaria non fa per lui.

Jury ritenne che un po’ di cautela non sarebbe stata fuori luogo.

 
«Ci conviene stare attenti a quello che diciamo», li ammonì sottovoce. «Non fate parola della nostra attività. A meno che Henrick non vi autorizzi.

«Perché?», chiese Ann con stupore.

«Adesso non posso spiegarlo. Ti chiedo soltanto di non parlare del nostro lavoro, a meno che Henrick non ci dia via libera. Siamo d’accordo?

Per quanto perplessi, gli altri due annuirono. Più tardi ci sarebbe stato il tempo per le spiegazioni.

Tommy li precedette sui gradini della veranda ed entrò nella vasta stanza passando attraverso la porta-finestra spalancata .Con la candida chioma rifulgente alla luce della lampada, Henrick Notron se ne stava sprofondato nella sua poltrona preferita, rivolto verso la porta interna. A un tratto Tommy vide entrare un ragazzo biondo con un vassoio di bibite. Sorrideva e i suoi occhi turchini esprimevano un amichevole affetto per l’uomo che lo stava aspettando.

Tommy soffocò un grido di stupore e gli altri due si girarono a guardarlo.

«Xander!», esclamò lui, non credendo ai suoi occhi.

Ann è Jury fissarono il ragazzo attoniti, ma Xander guardò soltanto Tommy, mentre Henrick li informava che il figlio del suo amico era inaspettatamente arrivato a Xanthos per le vacanze.

«Naturalmente lo conoscete bene e immagino che sarete felici di vederlo.»

Senza aspettare la risposta, chiese a Jury di servire le bibite che Xander aveva deposto su un tavolino. Lui andò ad aiutarlo mentre gli altri due si sedevano a parlare con il padrone di casa.

«Ascolta, Jury!», bisbiglò Xander con ansia. «Ho una lettera per te.» Lui lo scrutò in viso e gli passò un bicchiere pieno che lei depose sul vassoio. «Porta la dicitura “strettamente personale”», aggiunse Xander. “Esclusivamente per Jurys Devlin”. Hanno sbagliato a scrivere il tuo nome», osservò di sfuggita.

Jury sbirciò gli altri, notando che Ann e Tommy erano assorti nella conversazione con Henrick.

«Dove l’hai ricevuta?», domandò sottovoce, ringraziando il cielo che il ragazzo avesse avuto il buon senso di parlargliene in privato. «Non l’hai detto a Henrick, verò?

«No. L’ho ricevuta al Pireo, qualcuno me l’ha… infilata nella tasca. È ancora là.
«Bravo ragazzo», mormorò lui con sollievo.

«Venite, voi due!» li chiamò Henrick vivamente. «Stiamo morendo di sete!»

«Arriviamo!» gridò Jury, poi si rivolse a Xander e aggiunse sottovoce. «Non parlare a nessuno di tutto questo. Mi darai la lettera più tardi.»

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 
                                      
 
 
 
 
 
Capitolo 3


 
Mentre Jury serviva i drink Henrick Notron e a Ann, Xander porse a Tommy il suo bicchiere, ma smise di sorridere come vide l’espressione risentita del giovane.
“Perché è venuto qui?”, stava pensando Tommy, imbarazzato dalle occhiate interrogative che lui gli rivolgeva. “Che cosa penseranno gli altri?”.

«Grazie,» borbottò asciutto, prendendo il bicchiere, quindi gli girò le spalle come se fosse impaziente di sentire quelle che Notron stava dicendo.

Xander ebbe l’impressione di avere ricevuto uno schiaffo e Jury osservatore come sempre, gli andò subito al fianco.

«Vuoi una bevanda fresca?», gli chiese gentilmente.

«No, grazie. Vado da Xenia a organizzarci la cena» rispose lui, quindi lasciò il soggiorno e ando in cucina.

Per tutta la serata Jury pensò continuamente alla misteriosa lettera che era stata infilata nella tasca di Xander. Poco prima di lasciare la villa, prese Xander in disparte e gli bisbigliò qualche parola. Il ragazzo annuì in silenzio, accettando il suo consiglio.

Jury, Ann e Tommy lasciarono la casa insieme, dirigendosi verso il villino messo a disposizione da Henrick, ma avevano fatto solamente pochi passi quando Tommy si scusò e corse via per vedere un persona con cui aveva appuntamento.
Comprendendo che intendeva incontrarsi con Alan, il vivace inglesino che gli aveva catturato il cuore, Jury e Ann sorrisero indulgentemente, mentre proseguivano da soli. Quando giunsero al villino, Jury annunciò all’improvviso che intendeva tornare indietro per parlare un momento con Xander.

«Ho qualche domanda da fargli» spiegò in tono evasivo.

«Anch’io!» disse Ann scherzosamente.

Jury tornò indietro e trovò Xander in attesa su una panchina sotto la terrazza della villa.

«Che cosa sta succedendo, Jury?» domandò lui mentre gli porgeva la busta spiegazzata. «Questa storia mi fa paura.»

Jury aprì la lettera in silenzio, trovando un foglio di buona qualità con un messaggio dattiloscritto. Mentre lo leggeva, ebbe cura di mantenere un’espressione impassibile affinché il ragazzo non potesse intuire nulla. «Vorrei sapere come hai ricevuto questa lettera Xander», disse quando ebbe finito.

«Mi trovavo al Pireo, nell’albergo dove ho pernottato in attesa del traghetto per Xanthos. Veramente era più una taverna che un albergo,» continuò. «Aveva soltanto il vantaggio di essere vicino al porto. All’entrata c’era un bar affollato di uomini, senza una sola donna. Per poco, quando l’ho visto, non sono scappato via.»

Ma poi aveva notato che alcuni uomini, forse turisti, parlavano inglesi.

L’impiegato della ricezione si era rivelato molto comprensivo.


«Ah sì, non è facile trovare il traghetto per Xanthos. Sì, abbiamo una stanza libera.»

Xander aveva notato che, mentre il giovanotto diceva quelle parole, varie teste si voltavano a guardarli. Poco dopo, mentre saliva le scale, si era accorto che alcuni avventori lo stavano osservando.

«Quando sono sceso di nuovo l’impiegato mi ha chiesto di firmare il registro e mi ha detto che stavano per servire il vradino, ossia la cena. L’ho trovata deliziosa.»

«E la lettera?» lo interruppe Jury gentilmente. «Quando l’hai trovata?»

«Dopo cena, quando sono salito nella mia stanza, ho visto la lettera spuntare dalla tasca del mio zaino. Sono sceso al pianterreno per chiedere  spiegazioni, ma al banco della recezione non c’era nessuno. Poi ho visto l’impiegato nel bar… stava ridendo e bevendo con il barista e tre o quattro uomini. Due di loro erano turisti inglesi. Sono andato da loro e hanno smesso bruscamente di parlare. Ho detto che avevo trovato una lettera in camera mia… non ne sapevano niente?

«E ovviamente hanno risposto di no», commentò Jury.

«Non con le parole… ma avresti dovuto vedere le loro facce! Erano assolutamente inespressive, eppure mi sono parse minacciose. Tu ci capisci qualcosa?»

«Purtroppo si», rispose Jury con un cupo sorriso. Capiva anche troppo bene il comportamento di quegli uomini. Non c’era da stupirsi che il ragazzo si fosse spaventato. «E nessuno ha parlato, allora?», chiese dopo una breve pausa.

«Non hanno detto niente. Hanno addirittura finto di non capire l’inglese.»
Jury scorse la testa sospirando.

«Mi dispiace, hai avuto un’esperienza piuttosto sgradevole. Dimmi una cosa», lo esortò, cambiando bruscamente argomento. «Quando hai deciso di venire in vacanza a Xanthos? Frank non mi ha detto niente.»

Xander lo guardò negli occhi.

«Non l’ho avvisato», lo informò. «Vedi, il fatto è che… sono praticamente scappato.»

«Scappato?» fece eco Jury incredulo. «Oh, andiamo, Xander, stai scherzando!»

«Niente affatto, Jury! Sono partito per la Grecia senza dire niente alla mamma e a Frank. Ma adesso lo sanno! Prima di tutto ho spedito una letterà da Atene, e poi quando sono arrivato qui, il signor Notron ha telefonato loro per informarli. Così adesso sono tranquilli.»

«Ne sei sicuro?» domandò Jury guardandolo negli occhi. «Secondo me  sono molto preoccupati, invece. Hai fatto una grande sciocchezza, te ne rendi conto? A proposito, Notron, sa che sei scappato?» chiese a bruciapelo.

«Oh, no, naturalmente!» esclamò Xander. «È una persona adorabile, vero? Non dobbiamo sconvolgerlo. Mi crede venuto qui apposta per conoscerlo, e in effetti ci tenevo molto.»

«Dubito che tu sia venuto qui soltanto per conoscere Henrick Notron», lo interruppe Jury. Dev’esserci un altro motivo. Vuoi essere così gentile da dirmelo Xander?»

Lui lo fissò attonito. Com’era possibile che non capisse da solo qual’era il motivo principale della sua venuta a Xanthos? Non aveva ancora intuito che era venuto per vedere Tommy? Chiuse un momento gli occhi, cercando di scacciare il doloroso ricordo della fredda accoglienza di Tommy. Adesso capiva che non soltanto lui l’aveva escluso della sua vita, ma anche Jury e Ann.

«Stai bene, Xander?» domandò Jury con ansia, notando la sua tensione.

Lui cercò di ricomporsi.

«Sono soltanto un po stanco», mormorò con un debole sorriso. «È tardi, vorrei andare a coricarmi.

Gli girò le spalle e si allontanò a testa alta, dirigendosi verso la villa.

 
Nel frattempo Tommy e Alan stavano parlado in un caffè del paese.

«Durante la tua assenza c’è stato un nuovo arrivo», lo informò Alan. «Un ragazzo inglese. Ha chiesto indicazioni per la casa di Henrick.»

Tommy esitò, non sapendo che cosa dire. Per fortuna in quel momento il cameriere servì il caffè.

«Dato che non ha lasciato l’isola, dev’essere ancora qui», continuò Alan.

«Dovresti averlo visto. Un bel ragazzo, vero?», sottolineò guardandolo.


«Sì, l’ho visto, naturalmente», ammise lui. «A dire il vero è scozzese… figlio di Frank Elliot, un vecchio amico di Henrick.

Aveva parlato con forzata noncuranza, sfuggendo lo sguardo di Alan, e lui si accigliò leggermente.

«Lo conosci, allora?»

«Non vedo il motivo di questo interrogatorio», sbottò Tommy con aria irritata.

«Henrick ha il diritto di ospitare chi gli pare, no?»


Alan era stato semplicemente curioso sul conto del ragazzo, ma ora inarcò le sopracciglia.

«Così lo conosci!», insistette. «L’avevo già visto in Inghilterra!»

«Sicuro, dato che Frank è mio zio!»

«Bene, bene», disse Alan ironicamente. Così ti sta dando la caccia!»

Tommy divenne paonazzo.

«Insomma un ragazzo che conosco appena viene qui per fare visita a un amico di famiglia… che fra parentesi è il mio datore di lavoro… e tu ti senti in diritto di farmi il terzo grado! Si può sapere che cosa ti ha preso?»

Un istate dopo si rispose da solo. Con ogni probabilità Alan era geloso. Come l’ebbe capito, si sentì lusingato nella sua vanità maschile e un attimo dopo si scusò per il proprio scatto. Il bisticcio venne subito dimenticato.

Quando tornò al villino, Tommy trovò Jury e Ann ancora alzati, intenti a discutere animatamente.

«Stavamo parlando di questa, Tommy», disse Jury mostrandogli una lettera. «Fra poco te la farò leggere, ma prima vorrei spiegarti alcune cosette.»

Ripeté a suo fratello quello che aveva detto a Ann, raccomandandogli della telefonata minatoria e dei suoi sospetti riguardo al mancato incidente stradale. A sua volta Ann parlò del battello che si era avvicinato mentre erano impegnati nelle loro attività subacque.

«D’ora in poi dovremo fare attenzione a tutte le imbarcazioni che si avvicinano», disse Jury. «Vedi, Xander mi ha portato questa lettera.»

«Xander!», esclamò Tommy con stupore.»

«Sì, me l’ha data stasera.»

Gli spiegò succintamente in quale modo Xander l’aveva ricevuta, quindi la passò a Tommy.  Lui la lesse rapidamente, poi la lesse ad alta voce.

“Le vostre interferenze non saranno più tollerate. Abbiamo i mezzi per impedire ogni tentativo d’intrusione e vi consigliamo di levarvi subito di torno, altrimenti sarà peggio per voi. O fate fagotto al più presto, o vi pentirete amaramente di non averci dato retta”.

Ovviamente non c’era la firma. Quale sarebbe stato il nostro “tentativo d’intrusione?” Forse stiamo disturbando gli sforzi di qualcuno di trovare l’alga marina di Henrick?», concluse Tommy.

Jury e Ann si scambiarono un’occhiata.

«All’inizio l’abbiamo pensato anche noi», rispose infine Jury. «Ma poi abbiamo deciso che questa lettera non sta in piedi.

Tommy corrugo la fronte.

«Se dietro questa faccenda c’è Nilved, allora il plurale si riferisce a lui e ai suoi amici subacquei. Ma perchè dovrebbe cercare quest’alga nel Mediterraneo? Non ha alcun interesse a dimostrare che la sua tesi e sbagliata.»

«Proprio così!» convenne Jury. «Nilved ha sempre sostenuto che l’alga si trova soltanto al largo del corno d’Africa.»

«Forse teme che la troviamo e cerca di metterci in fuga», osservò Tommy, ma Ann scosse la testa.

«Ritengo che non dobbiamo lasciarci ingannare dalle apparenze. Non posso credere che qualcuno si dia tanta pena solamente per un’alga marina che interessa a un ristretto gruppo di scienziati»

Un lungo silenzio seguì le sue parole. Finalmente Tommy chiese:
«Intendete informare Henrick di tutto questo?»

«Credo che sia nostro dovere,» rispose Ann gravemente.

«Sai benissimo quello che direbbe!», la sfidò Jury. «Se pensa che siamo in pericolo, potrebbe rinunciare alla ricerca.»

«Hai ragione,» convenne Tommy. «E mi dispiacerebbe sentirmi responsabile di avere compromesso la dimostrazione della sua teoria, dato che ne va della sua reputazione scientifica.»

Jury gli battè orgogliosamente la mano sulla spalla.

«Bravo, Tommy” Ann e io lo speravamo di sentirti parlare in questo modo. Così non fare parla di questa storia a Henrick Notron… non per il momento, almeno. Siamo d’accordo?»

«Sicuro», risposero gli altri due.

Il mattino tornarono al lavoro come al solito.Mentre si dirigevano verso il porto, videro arrivare Xander con i biondi capelli rifulgenti al sole mattutino. Indossava un paio di shorts e una maglietta attillata.

«Ciao a tutti!», li salutò allegramente. «Henrick mi ha detto che oggi posso accompagnarvi. Spero che non abbiate niente in contrario.»

Così chiamava Henrick per nome, pensò Jury con un sorriso divertito. Il vecchio doveva goderselo un mondo! Del resto la sera prima tutti avevano capito che la sua esuberanza giovanile gli allietava la vita.

Quanto a Tommy, avrebbe preferito che lui rimanesse a casa perché avevano parecchio da fare prima dell’immersione. Doveva controllare il materiale e la presenza di quel ragazzo sarebbe servita solamente a distrarlo.

Xander ebbe il buon senso di starsene in disparte mentre il Marlin faceva rotta verso est. Ann prese la barra, mentre Tommy e Jury controllavano l’attrezzatura. Quando giunsero sul luogo dell’immersione, gli uomini si prepararono a scendere in acqua. Cercando di non guardare lo snello ragazzo biondo dalla maglietta attillata che mostrava le punte dei suoi capezzoli, Tommy indossò la muta di gomma e si assicurò alla gamba destra la guaina del coltello, quindi si caricò sulle spalle la bombola dell’ossigeno. Quando anche Jury fu pronto, s’immersero entrambi Ann e Xander cominciarono a chiacchierare per ingannare l’attesa. Ann scoprì con stupore che Xander era informatissimo sul lavoro di Henrick era informatissimo sul lavoro di Henrick. Non soltanto aveva interrogato Frank, ma anche letto i libri del biologo.

«E poi, in questi ultimi giorni, abbiamo parlato parecchio» le confidò il ragazzo. «Durante il mio primo anno di Università, ho studiato biologia e adesso vorrei continuare. La biologia marina è affascinante, vero?»

«Oh, senza dubbio,» convenne Ann. A un tratto sinterruppe, notando poco lontano un’imbarcazione che sembrava un battello per ricerche subacquee. Si affrettò a gettare in acqua il galleggiante con la bandierina che segnalava la presenza di sub, ma l’altro battello non accennò ad accorciare le distanze.

Nel frattempo Jury e Tommy stavano esaminando la scogliera, fotografando tutte le alghe che potevano assomigliare a quella ricercata di Henrick. Finalmente Jury segnalò che era tempo di riemergere e Tommy alzò il pollice per indicare che aveva capito.

Jury riemerse per primo e Tommy si accinse a seguirlo, ma a un tratto vide un’alga seminascosta da uno scoglio sommerso. Aggirò l’ostacolo e puntò l’apparecchio per scattare una foto. Mentre si concentrava sull’operazione, un altro sub comparve alle sue spalle e fu allarmato  dalla presenza di Tommy… come Tommy si sarebbe allarmato se lo avesse visto. 

Così era vero! Altri perseguivano lo stesso scopo… e fotografavano il fondi marino! Girandosi con abile colpo di pinne, l’uomo fece un segno al compagno che lo seguiva, comunicandogli “sta indietro e tieni gli occhi aperti”.

Sapeva di dover agire in fretta, perché il compagno del fotografo non doveva essere lontano. Diede un altro colpo di pinne e si avvicinò a Tommy.

 
Mentre filava come un siluro, lo sconosciuto subacqueo si portò la mano alla guaina sul polpaccio per estrarre il coltello, ma il suo rapido movimento causò un’onda sottomarina che mise Tommy in allarme.

Si girò un istante prima che l’aggressore gli fosse addosso, vide il coltello e alzò il braccio per difendersi.

La lama gli sfiorò il bracciò, ma il fendente era diretto verso le cinghie della macchina fotografica. Quando l’apparecchio l’apparecchiò fluttuò nell’acqua, lo sconosciuto lo ghermì all’istante e nuotò via con il suo bottino. 

Pur non sentendo dolore, Tommy capì che il coltello gli aveva ferito il braccio, e nello stesso momento si rese conto che la sua riserva di ossigeno era agli sgoccioli. Avrebbe voluto inseguire il suo aggressore, ma non poteva farlo, se non voleva morire asfissiato, doveva risalire in superficie al più presto.

A bordo del Marlin, Ann e Xander avevano visto Jury riemergere con il braccio destro alzato a significare che andava tutto bene. Pochi secondi dopo stava risalendo la scaletta.

«Forse questa è la volta buona», disse quando fu a bordo. «Ho fotografato varie alghe dall’aspetto molto promettente. Dobbiamo marcare con precisione questo luogo sulla carta. Se Henrick è d’accrdo, torneremo qui nei prossimi giorni.

«Dov’è Tommy?» chiese Xander.

«Dove credi che sia?» sorrise, Jury. «Sta risalendo anche lui.»

Ormai sarebbe dovuto essere riemerso, pensò a un tratto. Rivolse a Ann un’occhiata ansiosa, ma nello stesso tempo la testa di Tommy spuntò dall’acqua. Invece di alzare il braccio destro, tuttavia, Tommy alzò il sinistro e lo agitò lentamente nel segnale che significa “venite a prendermi”.

Veloce come un fulmine, Jury si tuffò di nuovo e nuotò verso suo fratello, mentre Xander cacciava un grido di spavento. 

«Va tutto bene», lo rassicurò Ann. «Non ha segnalato che è in pericolo, solamente che ha bisogno di aiuto. Non c’è da preoccuparsi.»

Xander si sforzò di rimanere calmo mentre Jury aiutava Tommy a salire la scaletta… finché notò con un tuffo al cuore il filo di sangue che gli usciva dal braccio. Tommy si affrettò a ribadire che stava bene, mentre Jury gli toglieva la parte superiore della muta di gomma per esaminare il taglio.

«Non morirai dissanguato, sta tranquillo!» annunciò vivacemente. «Coraggio, scendi sottocoperta e lasciati medicare.»

«Non soltanto Tommy è ferito, ma ha anche perso la macchina fotografica», osservò Xander quando i due uomini furono scesi. Notò l’imbarazzo di Ann e si affrettò ad aggiungere: «Ho parlato a sproposito? In questo caso ti chiedo scusa. Mi dispiace di darvi fastidio.»

Era indubbiamente sincero e Ann propose di scendere in cabina aggiungendo con un sorriso:

«Vediamo se i miei uomini possono rispondere alla tua domanda.»

Quando Ann e Harvey comparvero  sulla soglia della cabina, Jury alzò lo sguardo con aria irritata.

«Come ho appena detto a Ann, mi dispiace di darvi noia», cominciò subito Harvey. «Sembra che io non abbia il diritto di sapere quello che succede. Non mi hai mai nemmeno detto che cosa c’era scritto in quella lettera!»

Jury sbirciò la moglie e lei fece un cenno di assenso.

«Coraggio, rivolgi pure le tue domande», disse a Harvey.

«No, non voglio fare alcuna domanda. Voglio dire soltanto che mi dispiace d’imporvi la mia presenza.» Harvey accennò un sorriso contrito. «Dato che non sono completamente ottuso, ho capito benissimo che qualcuno ha aggredito Tommy per rubargli la macchina fotografica, ma evidentemente preferite tenermi all’oscuro di tutto. Be’, vi assicuro che potete contare sul mio silenzio. Soltanto… mi sarebbe più facile tacere se sapessi che cosa deve restare segreto.»

Stranamente fu Tommy a provare un maggiore sollievo per quelle parole. Sentì svanire la propria tensione, forse perché sapeva che Harvey era un ragazzo di cui ci si poteva fidare.

«A dire il vero non c’è alcun segreto a prposito di questo… incidente», assicurò. «Scusami sono stato uno sciocco ad allarmarti. Non ho motivo di nasconderti la verità. Sei d’accordo Jury?»

Suo fratello annuì con aria rassegnata e Tommy raccontò com’erano andate le cose.

«L’ho visto arrivare con il coltello  proteso e ho alzato istintivamente il braccio per difendermi. Non ho capito che mirava alle cinghie della macchina fotografica e il coltello mi ha ferito il braccio. Sono sicuro che non voleva fermi del male.»
«Questo lo dici tu», replicò Jury scettico.

«Ne sono sicuro!» insistette Tommy, quindi alzò le spalle come a significare di non dare eccessiva importanza all’accaduto. «Scusami se ho perso la tua macchina fotografica. Purtroppo stavo pe scattare una fotografia e non visto arrivare il tizio.»

«Una fotografia?» chiese Jury con stupore. «Ma avevamo finito di fotografare in quella zona. Non dirmi che avevi trovato un’altra delle tue infernali anfore!»

«No, si trattava di un’alga e ho pensato che forse… chissà.»

Jury represse la replica che gli era salita alle labbra e continuò a medicare suo fratello in silenzio. Il responsabile di quell’aggressione doveva essere Riley Nilved. Evidentemente il biologo voleva impedire che la “sua” alga venisse trovata al di fuori della zona che, secondo lui, costituiva il suo Habitat esclusivo. Eppure… eppure gli sembrava che quella teoria non stesse in piedi.

«Una cosa è sicura», disse agli altri. «Stavolta dovremo informare Henrick. Forse avremmo dovuto farlo prima, ma temevo che rinunciasse alla ricerca.»

«E se deciderà di rinunciare?» domandò Tommy

«Allora lo convinceremo a tener duro!» dichiarò Jury con aria bellicosa.


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
 
 
Capitolo 4


 
«Siamo tornati in anticipo perché è successo un piccolo incidente», disse Jury a Henrick. «Ma prima di raccontarvi quello che è accaduto, voglio mettere in chiaro una cosa: intendiamo portare a termine questo lavoro.»

Mentre Jury raccontava la storia, Henrick ascoltò attentamente. Parve perplesso quando apprese della telefonata minatoria, ma sembrò allarmato soltanto quando Jury descrisse l’incidente al Pireo, perché non si era aspettato che Xander fosse implicato in quella vicenda.

«Perché non mi hai detto niente, Xander?

«Perché temevo che mi rimandassi a casa e volevo restare un po’ di tempo qui con te.»

Henrick scosse la testa.

«Mi dispiace, mio caro, ma devi tornare a casa. Telefono subito ai tuoi genitori.»

«No!» protestò Xander. «Sono l’unico che può ricoscere quegli uomini, non capisci?»

«Questo è vero», convenne Jury, quindi cominciò a interrogare Henrick sul conto di Riley Nilved. «Che tipo è? Potresti descriverlo a Xander?»

Ma quando Henrick descrisse il biologo, Xander scosse la testa. Nessuno degli uomini che aveva visto corrispondeva a quella descrizione.

«Che cosa faremo, allora?» chiese Ann. «A parte continuare le immersioni», si affrettò ad aggiungere.

«Pranzeremo!» dichiarò Henrick, quindo si rivolse a Xander. «Più tardi discuteremo della tua siruazione. Ne frattempo vorresti chiedere a Xenia di servire il pranzo?»

La ragazza greca era nei pressi, come aveva già avuto modo di notare Jury. I loro sguardi si eranoi ncrociati un paio di volte, mentre lei si muoveva silenziosamente per la stanza con le porte-finestre spalancate sulla terrazza. Gli aveva perfino rivolto un mezzo sorriso.

Durante il pranzo, Henrick suggerì:

«Perché domani non vi prendete una giornata di libertà? Potreste andare ad Atene per far riempire le bombole vuote. Avete bisogno di svagarvi un pochino.
Gli altri acconsentirono prontamente, ma Xander non fu affatto contento del diversivo. Nessuno aveva suggerito che lui li accompagnasse.

A colazione, il mattino seguente, Henrick gli disse che intendeva mostrargli un’incantevole  caletta con una spiaggia quasi sempre deserta. Avrebbero potuto fare un picnic sul posto, proseguì, rivolgendogli un’occhiata interrogativa.

«E vorrei mostrarti anche delle antiche rovine», aggiunse con tanto entusiasmo che lui non poté fare a meno di accettare.

Raggiunsero la spiaggia con una barca a remi e Xander fu incantato dalla bellezza del luogo. Tirarono la barca in secca e attraversarono la spiaggia, dirigendosi verso un morbido tappeto erboso che sembrava invitare a rilassarsi.
«Immagino che vorrai nuotare prima del pasto», suggerì Henrick. «Anche a me piace nuotare, ma oggi credo che non andrò in acqua. Forse un’altra volta.»
«Oh sì, non vedevo l’ora di rinfrescarmi un pochino!» esclamò Xander con gioia.
«Torno subito.»


Henrick lo guardò spogliarsi rapidamente e rimanere in costume da bagno. A un tratto sentì delle allegre voci giovanili e vide che un gruppo di ragazzi era approdato sulla spiaggia.

Si chiese come fossero arrivati e a un tratto ricordò che una mulattiera attraversava le montagne, collegando il paese alla spiaggia. Si trattava di un percorso quasi impraticabile e pochissimi vi si avventuravano.

Dovevano essere ospiti dell’ostello, si disse Henrick, e la sua irritazione per quell’intrusione inattesa svanì all’istante. Sarebbero state un’ottima compagnia per Xander, dato che avevano la stessa età.

Erano già pronti a nuotare, quattro in costume e il quinto, un bellissimo ragazzo bruno, con un candido costume a pantaloncino. Henrick li vide raggiungere Xander sulla battigia e attaccare subito discorso. Soddisfatto, si stese sull’erba e chiuse gli occhi  contro il sole, appisolandosi mentre ascoltava le lontane risate dei ragazzi.

Divertendosi un mondo con il suo nuovo amico, Xander nuotò, vigorosamente e ben presto si ritrovò al largo: allora rallentò il ritmo delle bracciate e si voltò per valutare la propria distanza dalla riva. Si stupì di vedere il ragazzo bruno a pochi metri e si fermò per aspettarlo.

«Ciao!» gli disse quest’ultimo. «Voglio raggiungere quello scoglio, è l’unico posto di cui ci si può tuffare. Vieni?»

«Sicuro!» rispose Xander con entusiasmo. «Ottima idea.»

Nuotarono affiancati e ben presto giunsero allo scoglio solitario. La sommità era piatta e abbastanza larga perché vi si potessero sdraiare entrambi.

Giacquero un momento in silenzio, rilassandosi dopo la nuotata, poi si tuffarono un paio di volte, si sdraiarono di nuovo e cominciarono a chiacchierare. Xander scoprì che l’altro ragazzo conosceva il suo nome.

«Xander, vero? Io mi chiamo Alan. Ti piace questo posto? Stai nella villa del signot Notron, se non sbaglio. Ho sentito dire che è uno scienziato di fama, ma l’ho visto soltanto di sfuggita.

«Sì, è un biologo di fama mondiale», confermò Xander. «Ma tu come fai a conoscermi?»

Alan diede in una risatina.

«Chi credi che mi abbia parlato di te? Tommy naturalmente! Siete cugini vero?»

«No, non lo siamo affatto. Chi ti ha messo in testa questa idea.»

«Be’, Tommy mi ha detto che tuo padre è suo zio, quindi…»

«Non è mio padre, bensì il mio patrigno», lo interruppe Xander diviso tra l’ilarità e l’irritazione.

«Oh, scusami! Ho preso una grossa cantonata! Così siete cugini acquisiti, allora. Sciocco che non sono altro!» Xander non poté fare a meno di sorridere e i due ragazzi continuarono a chicchierare, trovandosi reciprocamente simpatici. Dopo un momento, Alan parlò nuovamente di Tommy.

«È un gran bel ragazzo, vero?» osservò con aria noncurante, ma Xander colse l’epressione rivelatrice dei suoi occhi scuri. «Credo che abbia parecchi amici.»

«Oh, è probabile» convenne Xander, risoluto a non lasciarsi turbare da quella conversazione. «Ma non lo so con certezza, perché ultimamente ci siamo visti pochissimo. Ti ha dato l’impressione di conoscermi bene?»

«Oh, no! Anzi ha detto che ti conosce pochissimo. Mi chiedevo se…»

Alan lasciò la frase in sospeso e Xander non seppe mai quello che si chiedeva.

Per tacito accordo, cambiarono argomento e continuarono a chiacchierare amichevolmente. Dopo qualche tempo Alan dichiarò che doveva tornare all’ostello e si tuffò in acqua, rivolgendo un allegro cenno di saluto prima di nuotare verso la spiaggia. Xander decise di rimanere ancora sullo scoglio a prendere il sole.

Henrick si riscosse dal suo pisolino mentre i ragazzi gli passavano accanto per raggiungere la mulattiera. L’ultimo del gruppo, il grazioso brunetto dagli occhi maliziosi, lo salutò con un cenno della mano.

«Buongiorno signor Notron! Bella giornata, vero?»

Lui si levò a sedere e si guardò intorno cercando Xander ma non lo vide.

Pensando che ormai era tempo di fare colazione, si alzò e si avviò sulla spiaggia. Quando giunse alla barca, vide i vestiti del ragazzo drappeggiati sul sedirle di poppa. Così indossava ancora il costume da bagno! Dov’era andato?


«Xander!», gridò allarmato, chiedendosi se qualche insidioisa corrente l’avesse trascinato oltre gli scogli che delimitavano la caletta.

Spinse la barca in acqua, salì a bordo, afferrò i remi e uscì dalla baia, chiedendosi da che parte fosse andato Xander. Poiché soffiava una leggera brezza da est, fece rotta veriso ovest, in direzione del villaggio.

 
Mentre doppiava il promontorio, fu visto dai ragazzi che tornavano in paese.
«Ehi, quello non è il signor Notron?» commentò uno di loro. «Perché se ne va tutto solo?»

Alan si fermo si fermò di colpo. Sapeva che il signor Notron non stava bene, tutto il villagio ne parlava. Se faceva lo sforzo di remare, doveva essere successo qualcosa, tanto più che Xander non era con lui.

Scese di corsa in spiaggia, si spogliò rapidamente, si gettò in acqua e inseguì la barchetta a nuoto. Mentre infilava una bracciata dopo l’altra, Henrick si piegò improvvisamente in due e si accasciò privo di senso sul fondo della barca, vinto dallo sforzo. Alan nuotò ancora più in fretta, raggiunse la barca e si issò a bordo. Un istante dopo Henrick aprì gli occhi sbigottito, rendendosi conto di essere rimasto privo di conoscenza per qualche motivo. Ma chi era quel ragazzo? Si levò bruscamente a sedere, interrompendo l’ansioso interrogatorio di Alan.

«Non preoccuparti per me, sto benissimo. Dov’è Xander, piuttosto?»

«L’avevo lasciatio sullo scoglio a prendere il sole. Probabilmente è ancora là e lei non l’ha visto. Andiamo a cercarlo!»

Ma quando giunsero allo scoglio, non c’era traccia del ragazzo, Xander non stava nemmeno nuotando nei pressi e sembrava scomparso nel nulla.

 
Dopo qualche minuto di solitudine sullo scoglio, Xander  cominciò ad annoiarsi, Si levò a sedere, rimise a posto le spalline del costume e si tuffò in acqua con l’intenzione di raggiungere la caletta adiacente, che Alan gli aveva descritto con entusiasmo.

Non impiegò molto tempo a raggiungerlo e capì subito che il suo nuovo amico non aveva esagerato. La striscia di sabbia dorata abbracciava le acque trasparenti del mediterraneo, da cui spuntavano scogli che sembravano fatti apposta per tuffarsi o prendere il sole.

A un tratto, mentre rizzava la testa per vedere meglio, Xander rallentò le bracciate. Nella piccola baia c’era una barca a motore.

Portava due uomini e fece immediatamente rotta verso di lui. Il rumore divenne sempre più vicino e Xander cercò inutilmente di cambiare direzione. Il battello gli si affiancò in pochi secondi e un robusto paio di braccia l’abbrancò, tirandolo fuori dall’acqua.

Lui si dibatté disperatamente, ma i suoi sforzi furono inutili e un momento dopo fu issato a bordo del battello. Qualcuno gli gettò un asiugamano sulla testa per soffocare le sue grida e il battello ripartì a tutta velocità. Xander cercò disperatamente di respirare, imponendosi di conservare la calma e pensare con lucidità. Quegli uomini dovevano essere gli stessi che avevavo minacciato Jury e la sua squadra di subacquei. Dove intendevano portarlo?

Dopo qualche tempo il motore fu spento e il battello ondeggiò lentamente. Le braccia che cingevano Xander allentarono la stretta, ma non fu il loro proprietario a parlare. La voce imperiosa apparteneva a un altro uomo.

«Va bene, adesso puoi alzarti!»

L’asciugamano gli venne strappato via dalla testa e Xander fu abbagliato dalla luce del sole. A un tratto si sentì toccare il braccio con inaspettata gentilezza.

«Fa attenzione», l’ammonì l’uomo, mentre  lui vacillava un poco, e il suo braccio lo fece sussultare di stupore, perché era inequivocabilmente scozzese! 

Xander vide che stavano accostando a un piccolo molo che protendeva da una costa rocciosa. Era l’isola o il continente? Non riusci a a capirlo.

Un uomo corse verso il molo e Xander credette di riconoscerlo. Tornò a guardare gli altri due e ne riconobbe uno… il compagno dello scozzese. Erano senza dubbio gli inglesi che lui aveva visto all’albergo del Pireo.

Venne condotto per un viottolo che risaliva la collina fra gli arbusti ronzanti d’insetti e dopo un quarto d’ora di cammino giunse a una casetta che sorgeva in mezzo a una radura battuta dal sole. Prima che potessero accostarsi alla porta questa venne spalancata da una donna sulla trentina con i capelli neri e gli occhi scintillanti che guardò Xander con manifesta ostilità.

      «L’avete preso allora», borbottò senza entusiamo. Gli uomini rimasero in silenzio e Xander ebbe l’impressione che non nutrissero molta simpatia per la donna. Cleo lo guardò con aria ostile. «Mi occupo io di lui. Voi tre potete andarvene.»

Xander si ritrovò sospinto in un breve corridoio, fin dentro una stanzetta spartanamente arredata con un sedia, un tavolo e un letto.

«Mangerai e dormirai qui dentro, finché… finché ogni cosa sarà sistemata», disse la donna. «Aspettami, torno subito.» Lasciò la stanza e tornò poco dopo con un fagotto di vestiti. «Questi sono per te», annunciò, gettando sul letto una maglietta, un paio di jeans e dei sandali. «Vestiti, devo portarti  da “lui”.

                                                                                                                                                               

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 
 
 
Capitolo 5


 
Preoccupato per la scomparsa di Xander, Henrick era tornato a casa com Alan. Il ragazzo era in pensiero sia per Xander sia per l’anziano scenziato.

Quando giunsero alla villa, non videro ombra di di Xander.

«Le dia tempo, signor Notron», cercò di confortarlo Alan. «Arriverà presto, vedrà.»

«Non possiamo starcene qui con le mani in mano!» sbottò a un tratto Henrich.

«Vado a telefonare alla polizia. Avrei dovuto farlo da un pezzo.»


Ma il telefono suonò prima che lui alzasse il ricevitore.

«Signoir Notron?» disse lentamente una voce maschile. «La informo che il suo giovane amico è sano e salvo.»

«Grazie a Dio!», esclasmò lui con un sospiro di sollievo. «Che cosa le è successo? Dov’è?»

«E qui e fra poco glielo passerò. Come ho detto, è indenne… per il momento.»

Le ultime tre parole erano inequivocabilmente minacciose e Henrick sentì riaffiorare l’angoscia.

«Ignorando i nostri avvertimenti ai suoi subacquei, ci ha costretti a interpelarla direttamente», continuò l’uomo. «Abbiamo… invitato qui da noi per un periodo il suo grazioso ospite. La durata di questo periodo dipende soltanto da lei, signor Notron.»

«Si può sapere che cosa volete?»

«Se non lo ha ancora capito, è più stupido di quanto pensassi. Come ben sa, l’esplorazione subacquea è regolata da certe norme… e lei le ha deliberatamente violate.» L’uomo tacque un momento, poi continuò con ira: «Sono al corrente dei suoi reiterati tentativi di cacciare nella mia riserva. Quando ha assunto dei subacquei, mi sono premurato di avvisarli che non tollero intrusioni nel mio territorio.»

«Intrusioni? Non capisco di che cosa sta parlando.»

«L’incidente di ieri mi ha costretto ad affrettare i tempi», continuò l’uomo senza rispondere alla domanda.

«Ma…»

«Niente “ma”!» Adesso il tono era decisamente ironico. «Faccia quello che le dico, Notron, e rispedica subito a casa i suoi subacquei.»

«Non capisco», insistette Henrick. «Chi è lei? E che cosa…»

«La mia identità non la riguarda… al massimo potrà interessarle la sorte del ragazzo…. Se gli sta a cuore, rispedisca subito i subacquei al loro paese, altrimenti il ragazzo farà le spese della sua testardaggine. Mi sono spiegato?»

«Un accidente!», sbottò l’anziano scienziato. «Non ho mai disturbato nessuno, non ho invaso alcun territorio. Si può sapere chi è lei.»

La sua domanda non ricevette risposta.

Non perda tempo, Notron! Le conviene fare quanto le ho ho detto, se le preme la sorte del suo giovane amico. Rimanga in linea glielo passo.»

«Henrick…» Xander inspirò a fondo, quindì parlo più chiaramente. «Pronto, Henrick, ci sei?»

Lui sentì un tuffo al cuore.

«Oh, Xander!», esclamò con gioia. «Stai bene?»

«Sì, sto benissimo», gli assicurò lui. «Non preoccuparti, Henrick, non mi succederà miente di male. Non avere paura di questi farabutti»

Vi fu un improvviso trambusto, seguito da un breve silenzio, e quindi dall’altro capo del filo giunse nuovamente la voce dell’uomo.

«Se tiene all’incolumità del ragazzo, faccia quello che le ho detto! E si sbrighi, perché la mia pazienza è agli sgoccioli.»

La comunicazione fu interrotta e per qualche secondo Henrick rimase immobile con il ricevitore in mano, poi si appoggiò alla tavola, chinò la testa e inspirò a fondo due o tre volte. Più tardi quando tornò nel soggiorno, trovò Alan sulla soglia della porta-finestra. Il ragazzo si girò di scatto e lo interrogò con lo sguardo, mentre lui si sedeva nella solita poltrona di vimini.

«Fra un momento ti dirò tutto,» ansimò. Lasciami soltanto… soltanto…»
Alan gli corse vicino e lo guardò con ansia.

«Se posso aiutarla…»

«No, no, fra un attimo starò bene,» gli assicurò Henrick dandogli un colpetto sulla mano.

«Quella telefoinata riguardava Xander?» chiese il ragazzo. «Me lo dica, la prego. Se è in pericolo…»

A un tratto sentì dei passi sulla terrazza e si girò a guardare, credendo che Xander fosse tornata. Ma vide Ann Devlin.

«Eccoci qui!», annunciò Ann, vedendo Henrick seduto in poltrona.

Soltanto allora notò Alan accoccolasto accanto a lui e si fermò stupita mentre Jury e Tommy la seguivano nella stanza.

«Sono contento di vedervi», disse Henrick cercando di guadagnare tempo, perché non sapeva come dare quella terribile notizia. «Entrate! Adesso che siete arrivati potremo risolvere questo problema insieme.» Raccontò accuratamente gli eventi della giornata, quindi descrisse la telefonata che aveva appena ricevuto. «Che cosa significa?». Chiese finalmente. «Ne avete idea?»

Jury si addossò subito la responsabilità dell’accaduto.

«Non avremmo mai dovuto lasciarti solo con Xander. No, non so di che cosa si tratti, ma sono stato un idiota a sottovalutare l’ammonimento di Nilved!»

«Nilved!», esclamò Henrick. «Credi che sia stato lui a organizzare il rapimento?
Nessuno aveva notato lo stupore di Alan quando Jury aveva menzionato il suo nome.

«Chi potrebbe essere, altrimenti?» domandò Jury. «Ha sempre confutato le tue teorie e, adesso che stai per smatellare la sua, è pronto a fare di tutto per impedirtelo!

Henrick Notron emise un lungo sospiro, quindi parlò in tono addolorato e furibondo.

«Stento a crederlo, ma tutti gli indizi puntano su di lui.»

«Scusate, ma adesso dovrei andare», interloquì Alan frettolosamente. «Mi aspettano allo stello, e…»

«Sì, certamente», disse Henrick. «Sei stato gentile a rimanere con me. Grazie per il tuo aiuto, spero di rivederti presto.»

«Spero che… che vada tutto bene. Se per caso aveste bisogno di me.»

Alan sembrava diviso fra il desiderio di scappare via e quello di restare.

«Ti prego di non raccontare a nessuno quello che è successo», aggiunse Henrick. «Tutto quello che riguarda Xander deve rimanere tra noi.»

Alan si era diretto verso la porta, ma ora si girò a guardarlo.

«Certamente, signor Notron», gli assicurò.

Quando il ragazzo se ne fu andato, gli altri cominciarono a discutere sul da farsi. Alan corse in paese a rptta di collo. Quandò arrivò all’ostello, eluse le domande dei suoi amici, salì in camera e sfogliò febbrilmente un’agendina che teneva nel cassetto. Doveva telefonare immediatamente a Riley Nilved.

 
Il carceriere di Xander depose il ricevitore, quindi rivolse alla sua prigioniera un’occhiata furibonda.

«Ti avevo permesso di parlare a condizione che riferissi quanto ti avevo detto. Hai mancato alla tua parola quindi non aspettarti alcuna concessione. La tua audacia ti costerà cara!»

«Posso aspettarmi solamente il peggio, da parte di una persona capace di ricattare un anziano scienziato buono e gentile che non ha mai fatto del male a nessuno!»

La replica sferzante colse Tom Vikek alla sprovvista. Quel ragazzo aveva temperamento da vendere, questo era certo. Non aveva mai conosciuto un ragazzo così coraggioso. Anche Xander era rimasto sorpreso dall’aspetto e dai modi di Tom. Si era aspettato un ergumeno brutale e violento, il degno compare dei loschi figuri che l’avevano rapito, invece Tom Vikek sembrava un tipico turista inglese di mezz’età.

«Buono e gentile?» fece eco in toino beffardo. «Questo dimostra che non sai nienteNon cercare d’infuinocchiarmi sul conto di Notron, so benissimo quello che sta tramando!» Si pentì subito del proprio scatto e capì di avere sbagliato completamente tattica. Il ragazzo andava blandito e placato con le buone maniere. Cercò di calmarsi e da rimediare al proprio errore. «Be’, ognuno è libero di pensarla come vuole», aggiunse con un sorriso. «Sono sicuro che Notron sta già facendo in modo di renderti la libertà. Spero che la tua permanenza qui sarà breve e non troppo scomoda. Hai già visto la tua stanza? Purtroppo dovremo chiuderti dentro, ma potrai disporre di una radio, di varie riviste. Cleo, la mia governate, avrà cura di te. Hai qualche richiesta da fare?»

La sua sollecitudine sembrava così genuina che il ragazzo gli descrisse la stanza in cui era stato portato, lamentandosi per la mancanza di finestre. Quanto alla radio e alle riviste, non ne aveva visto nemmeno l’ombra.

Vivek parve sconcertato e, quando capì la causa di quell’errore, come lo descrisse a Xander, mandò mentalmente al diavolo la sua amica greca.

Non volendo rimproverare Cleo davanti al ragazzo, condusse personalmente Xander nella stanza che gli aveva assegnato. Quando si guardò intorno, il ragazzo si sentì un pochino rincuorato. Se non altro c’era una finestra e sul tavolino spiccava una radio portatile, mentre lo scaffale traboccava di libri e riviste.

In confronto all’altra stanza, comunque, era accogliente. Sentendosi ancora più confuso Xander rivolse al suo carceriere un’occhiata interrogativa.

«No non mentivo quando ho parlato von Henrick Notron», disse Tom. «Se soddisferà le nostre richieste, non ti sarà torto un capello. Dipende tutto da lui.»
Prima di andarsene, gli chiese se gli occorreva qualcosa e lui rispose che avrebbe voluto andare in bagno.

«Lo dirò a Cleo», disse Tom Vikek,quindi lasciò la stanza e chiuse la porta a chiave.

Andò subito dalla greca, che parve indignata per le sue lamentele. Non aveva chiesto di fare la guardia alla ragazza? Così lei aveva pensato di rinchiuderlo nella stanza da cui l’evasione sarebbe stata più difficile.

Tom sapeva bene che Cleo era gelosa di tutti, ma non dubitava delle sue doti di guardiana e sperava di averla convinta che non nutriva il minimo interesse personale nei contronti del prigioniero. Cleo gli era troppo utile.

Quando tornò nella sua stanza, Tom  si accostò alla finestra e appoggiò la fronte al vetro, abbandonandosi ai suoi pensieri.

Non per la prima volta,si pentì di essersi imbarcato in quell’avventura. Ma chi annega si attaccherebbe ai serpenti pur di salvarsi e Russel lo aveva messo con le spalle al muro. Oltretutto c’era in gioco parecchio denaro, compreso il suo.
Se quell’affare fosse andato in porto, si sarebbero arricchiti. Nel frattempo non rimaneva che aspettare…

 
Tom era solo quando squillò il telefono.

«Vikek?» chiese una voce ben nota, e lui fu subito allarmato dall’ansia del tono.

«Sono Russel. C’è stato un incidente.»


«Incidente? Che cosa…»

«Hai preso il ragazzo?»

«Sì, senza difficoltà. Poi ho telefonato a Notron. Ho cercato di avvisarti, ma non c’eri.»

«Mi avevano chiamato per una questione urgente. Non sai quando Notron si leverà di torno?»

«No, non esattamente. Gli ho detto di spedire via i suoi subacquei al più presto se teneva all’incolumità del ragazzo.»

«Quando gli hai telefonato, precisamente?»

Tom sbirciò l’orologio e giudicò che fossero passate circa quattro ore. Interrogò nuovamente Russel sull’incidente e il suo capo gfli riferì quello che era successo.

Uno dei loro subaquei era stato attaccato da uno scorpione di mare, un pesce provvisto di scaglie velenose. Preso dal panico, il suo compagno lo aveva fatto riemergere troppo in fretta, scordando i tempi di sosta da osservare durante l’ascesa.

Come risultato ora si trovava in camera di decomposizione, quanto all’infortunio, ora soffriva non soltanto di avvelenamento, ma anche di embolia.

«Sono entrambi in gravi condizioni e per un pezzo non potranno più immergersi.»

«Così dovremmo rinunciare al progetto», disse Tom, cercando di nascondere il suo sollievo.»

«Niente affatto! Ho già preparato un piano alternativo. Adesso aprì bene le orecchie e ascolta quello che dovrai fare.»

Tom ascoltò con un crescente senso d’inquietudine.

«Così dovremmo servirci del ragazzo?» chiese alla fine.

«Sicuro, visto che ce l’abbiamo. Sbrigati e darmi notizie al più presto.»

Russel riaganciò, lasciando Tom con l’incarico di dare a Henrick Notron  un nuovo ultimatum.

 
Nella villa di Henrick Notron ferveva la discussione mentre tutti consideravano le implicazioni della cattura di Xander.

A un tratto furono zittiti dallo squillo del telefono e Jury alzò il ricevitore.

«Henrick Notron?» chiese una voce maschile.

«No, il signor Notron non c’è» disse Jury e riconobbe la voce dall’accento irlandese come quella dell’uomo che lo aveva chiamato in Scozia. «Sono Jury Devlin. Devo riferirgli qualcosa?»

«No, devo parlare persoalmente con Notron. Si tratta di una questione urgentissima.» Vi fu una lunga pausa, poi l’uomo aggiunse: «Riguarda non soltanto lui, ma anche il ragazzo!»

Dovevano esserci delle complicazioni, pensò Jury togliendo la tensione del suo tono.

«Il signor Notron è uscito per soddisfare le vostre richieste», disse con freddezza.

«Tutte le istruzioni precedenti sono annullate! Ci sono delle novità e per questo devo parlare subito con Notron. Quando tornerà?»

«Fra un’oretta, credo.»

«Gli dica di sospendere ogni attività finché non gli avrò parlato. Richiamerò fra un’ora.»

Jury rifletté febbrilmente, cercando il modo di cavare qualche altra informazione.
«Forse non potrò avvisarlo. La squadra sta per partire.»

«Restate dove siete e dite a Notron di aspettare la mia telefonata», ordinò l’uomo con asprezza. «Altrimenti saremo costretti a prendere gravi provvedimenti!»

Interruppe la comunicazione e Jury si rivolse a Henrick, che lo stava guardando con ansia.

«Che cosa succederà adesso?» domandò l’anziano scienziato.

Rinfrancato dalla fiducia di Henrick, Jury si rafforzò nella propria determinazione di vincere la partita.

«Approfitteremo dell’attesa per riflettere», rispose con fermezza. «Non potremmo mangiare un boccone? Siamo a digiuno da quando abbiamo lasciato Atene.»

Dopo aver mangiato, proseguirono la discussione. Non soltanto perché erano preoccupati per Xander, ma non riuscivano a capire perché Nilved fosse ricorso a mezzi così brutali. Finalmenti Jury disse che c’era una sola spiegazione plausibile: per quella gente la ricerca sottomarina di Henrick doveva avere un’importanza straordinaria.

Quando il telefomo squillò di nuovo, fu lo stesso Henrick a rispondere. Jury si era munito di carta e penna, pronto ad appuntarsi il messaggio. Avevano stabilito che Henrich ripetesse ad alta voce le informazioni più importanti.

Dapprima Henrick non fece altro che ascoltare, poi lanciò un’occhiata a Jury ed esclamò:

«Come ha detto? Avete perso due subacquei?»

Jury scribacchiò in fretta a Henrick, sbirciando il foglietto disse lentamente:

«Non capisco… che cosa significa “persi”?»

Tom descrisse impazientemente l’incidente e le sue conseguenze.

«Attaccato da un pesce scorpione!» fece eco Henrick. «E il suo compagno lo ha fatto riemergere troppo in fretta. Come stanno adesso?»

Tom non aveva tempo per le chiacchiere oziose.

«Ci resta un unico subacqueo che ovviamente non può lavorare da solo, così che le condizioni per il rilascio del nostro affascinante prigioniero cambiano leggermente. Potrete liberarlo procurandoci un subacqueo che collabori con il nostro.»

Henrick ripeté la richiesta per informare tutti.

«Così dovremmo procurarvi un subacquo… e voi rilascerete il ragazzo.»

«Non appena il vostro uomo avrà portato a termine il lavoro per noi, Xander sarà rispedito a casa.»
«Se accontento, chi mi assicura che manterrete la parola?»

Jury corrugò la fronte. Così conoscevano il nome di Xander e quindi probabilmente anche il cognome! Fino a quel momento era stato semplicemente “il ragazzo?”

«Chi ve lo assicura? Le condizioni sono queste, Notron! Prendere o lasciare, dipende da lei. Purtroppo Notron non è altrettanro fortunato, non ha la possibilità di scegliere e a volte i miei uomini hanno la mano piuttosto pesante.»

Dopo una rapida occhiata agli appunti Jury, Henrick accettò le nuove condizioni, ma aggiunse una postilla.

«I miei due subacquei più esperti lavorano sempre insieme. Dovrete accettrli entrambi.»

«D’accordo», acconsentì Tom dopo una breve riflessione. «Accetteremo i vostri due uomini.»

«Due uomini?» fece eco Henrick sbirciando il taccuino di Jury. «No, si tratta di marito e moglie. Lavorano sempre in coppia.»

Pur non vedendo una donna sulla scena. Tom fu costretto ad accettarla.

Finalmente Notron disse che i subacquei avrebbero effettuato il lavoro richiesto, purchè avessero avuto la prova che Xander stava bene. Seguì un lungo silenzio, quindi Tom acconsentì a disporre perché Xander venisse mostrato loro da lontano.


«Così potranno soltanto vederlo senza comunicare con lui?» domandò Henrick e attese che Jury annuisse prima di accettare tali condizioni.

«Vi richiamerò a mezzanotte», aggiunse Tom. «E voglio parlare con Jury Delvin.»
Prima che Henrick potesse rispondere, la comunicazione fu interrotta.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


 
A mezzanotte in punto squillò il telefono e Jury alzò il ricevitore. Si accorse immediatamente che si trattava di un’altra voce, senza traccia di accento irlandese. L’uomo dettò subito le condizioni: il mattino seguente Devlin e la sua compagna sarebbero dovuti scendere al porto di Xanthos.

«Il nostro battello arriverà alle cinque in punto e non dovrà esserci nessun altro. Chiaro?»

«Chiarissimo, ma non posso rispondere di tutta la popolazione di Xanthos.»

L’uomo parve irritato dall’ironia.

«Ho detto che dovrete essere soli, altrimenti… ve ne pentirete!» ringhiò minacciosamente, quindi interruppe la comunicazione.

Jury e Ann passarono la notte sul battello di Hentick, mentreTommy rimase nel villino. Dormirono tutti pochissimo e alle prime luci dell’alba Tommy s’incollò alla finestra munito di un binocolo col quale osservò la partenza di suo fratello e di sua cognata.

 
Henrick si alzò molto prima delle cinque e si appostò sulla terrazza, da dove poteva spaziare su gran parte del porto. Anche lui, servendosi di un binocolo, cercò di vedere la partenza di Jury e Ann, ma la brezza mattutina agitava le frondi degli alberi impedendogli la vista. Fu così meno fortunato di Tommy.
Avendolo sentito muoversi, Xenia si era alzata a sua volta e gli aveva preparato il tè. Henrick la ringraziò per la sua sollecitudine e la invutò a fargli compagnia.
«Devo parlarti, Xenia. Ho delle cose importanti da dirti.

La giovane greca arrossì leggermente. Da quando Xander era scomparsa, nessuno si era preoccupato di spiegarle quello che stava succedendo. Ora sembrava che il suo datore di lavoro intendesse metterla al corrente e le si sentiva onorata.

Conosceva Henrick Notron più di quanto lui credesse… mentre Henrick la conosceva pochissimo. Sapeva che la ragazzo aveva qualche connessione con la villa, perché si era presentata non appena lui aveva sparso la voce che gli occorreva una domestica.

«Conosco bene la casa», aveva detto con entusiasmo. Mi piacerebbe lavorare qui.»

Ora, dopo averle fatto promettere di mantenere il segreto, Henrick le rivelò quello che riteneva necessario.

Poco dopo arrivò Tommy e descrisse la partenza di Jury e Ann.

«Hanno portato la loro attrezzatura a bordo dell’altra barca, poi un uomo è salito sul tuo battello e lo ha ispezionato da cima a fondo, probabilmente per controllare che non ci fosse nessin altro. Finalmente è risalito sulla loro barca e sono partiti.

«Hai visto quale direzione hanno preso?»

«Hanno costeggiato verso est e sono spariti oltre il promontorio.»

Parlarono ancora un momento poi Tommy andò a fare visita a Alan. Quando giunse all’ostello, lo trovò nel giardino. Presentendo che Tommy l’avrebbe cercato presto, era rimasto all’ostello con una scusa mentre i suoi amici erano andati a fare il bagno.

«Sapevo che saresti venuto,» ammise sorridendo. «C’è qualche novità?»
«Niente di speciale», rispose Tommy senza sbilanciarsi. «Possiamo soltanto
aspettare. Andiamo in un luogo più fresco», propose poi, alzando la mano a schermarsi gli occhi contro il sole. «Che cosa ne dici di una passeggiata nel bosco?»


«Bene, Tommy», disse Alan in tono di sfida, quando si furono seduti sotto un albero. «Qui non può sentirci nessuno, così puoi raccontarmi quello che è successo. Avete fatto quello che vi hanno chiesto in cambio della liberazione di Xander?»

Alan era chiaramente preoccipato per il ragazzo, pur avendolo incontrato soltanto una volta. Sembrava così ansioso che Tommy faticò a dominare l’impulso di prenderlo fra le braccia e raccontargli tutto quanto, tra un bacio e una carezza.

«Ascolta Alan, non devi parlare a nessuno di  questa storia. La salvezza di Xander dipende dal nostro silenzio. Non hai detto a nessuno della sua scomparsa vero?»

«Nemmeno per sogno!» rispose lui indignato. «Sai benissimo che qui non potrei parlarne.»

Tommy non prestò attenzione al fatto che Alan aveva specificato “qui”. Provò un immenso sollievo e gli chiese scusa di aver dubitatto di lui.

Sentendosi più rilassato, si dispose a godersi la sua compagnia. L’interesse di Alan per Xander gli sembrava del tutto innocuo, così non ebbe nulla in contrario a raccontargli come si erano conosciuti durante una tempesta sull’atlantico.

«Volevo salvare mio fratello Jury, ma lui mi ha messo fra le braccia un ragazzo che era stato sbalzato dalla barca… Xander!»

«Molto romantico!» commentò Alan con un’improvvisa punta di gelosia. «E lui che cosa faceva là?»

Un istante dopo avrebbe desiderato tagliarsi la lingua, perché la sua domanda impulsiva sembrava avere irritato Tommy.

«Se ben ricordi, tu hai finto di annegare per convincerti a salvarti!» ritorse lui. «Almeno Xander era veramente in pericolo.»

«Oh,Tommy, scusami! Non volevo offenderti», sospirò Alan.

Ma il suo pentimento giungeva in ritardo. Oramai il danno era fatto e Tommy stava pensando a quando Alan si era beffato di lui. A un tratto ricordò che era rimasto con Xander fino a poco prima del rapimento… e che gli aveva descritto con entusiasmo la caletta dove Xander con ogni probabilità si era recato e dove era sato rapito.

Inoltre si era trovato con Henrick nella villa quando era giunta la telefonata dei rapitori, ma era scappato via quando Jury e Ann erano arrivati da Atene. Una pura coincidenza? Adesso sembrava ansioso di scoprire informazioni sul conto di Xander. Dove voleva arrivare?

Mentre Tommy rifletteva, Alan si alzò.

«Vogliamo andare?» chiese in tono brusco.

Tommy si alzò lentamente, cercando di mettere ordine nel tumulto dei suoi pensieri.

«Sì, devo tornare in paese. Henrick mi aspetta a pranzo», mormorò con voce incolore.

Riatraversarono il bosco in silenzio. Poco prima di lasciarlo Alan chiese con ansia:

«Tommy per quanto riguarda Xander… farete quello che vi hanno chiesto?»

«Sì,certamente. Fra poco sarà libero», rispose lui laconicamente.

E questo significava che Tommy sarebbe partito presto, pensò Alan. Fu pervaso da un senso di desolazione e Tommy intuì il suo stato d’animo, ma non volle rivelargli che sarebbe rimasto. Il ragazzo avrebbe potuto rivolgesgli domande imparazzanti.

«Spero che vada tutto bene», disse Alan. Salutamo il signor Notron, è tanto caro e mi dispiace per lui… e per Xandar, naturalmente.

Tommy rispose che gli avrebbe portato i suoi saluti, mormorò un frettoloso “arrivederci” e si avviò verso la villa. Alan poté soltanto chiedersi quando si sarebero rivisti.

 
Mentre attraversava il porto, Tommy vide sbarcare tre passeggeru  dal traghetto appena arrivato da Atene: un’anziana coppia greca e un uomo solitario che, a giudicare dall’abbigliamento e dall’aspetto sembrava inglese.

Lo guardò con interesse, perché l’uomo aveva lasciato la banchina con aria risoluta e stava percorrendo la strada a passo svelto, come se fosse impaziente di arrivare a destinazione. La curiosità di Tommy crebbe ulteriormente quando l’uomo imboccò il sentiero che portava all’ostello.

Doveva essere un insegnante in visita, pensò, venuto ad accertarsi che i ragazzi imparassero il greco e insegnassero l’inglese secondo il regolamento.

Sorridendo, fra sé mentre immaginava la reazione dei ragazzi a quella visita, si diresse verso la villa di Henrick Notron.


Durante il pranzo non parlarono molto, sebbene entrambi facessero del loro meglio per conversare. Più tardi quando Henrick parve accusare la stanchezza per la notte insonne, Tommy lo convinse a sedersi in poltrona per fare un riposino e ben presto il biologo si assopì.

Tommy lasciò subito la terrazza e rientrò nella villa. Aveva bisogno di riflettere e gli occorreva una carta nautica. Dopo una breve ricerca nel cassetto della scrivania di Notron, trovò quello che gli occorreva.

Mostrava il luogo dove lo sconosciuto aggressore gli aveva rubato la macchina fotografica. Evidentemente l’uomo voleva scoprire qualcosa.

Mentre studiava la conformazione della zona, arrivò Xenia lo informò di una visita.

«C’è un signore che vorrebbe vedere il signor Notron. Non so se posso svegliarlo… credo che abbia bisogno di riposare.

«Lo riceverò io. Xena, e se necessario avvertirò il signor Notron.»

Quando la ragazza fece entrare il visitatore, Tommy riconobbe l’uomo che aveva visto scendere dal traghetto e dirigersi all’ostello.

«Il signore Riley Nilved», annunciò la ragazza, quindi si ritrasse.

I due uomini si fissarono in silenzio, entrambi paralizzati dallo stupore. Invece di incontrare Henrick Notron, Nilved si trovava davanti un giovanotto che lo guardavacon odio e disprezzo. Quanto a Tommy, era stupefatto per l’audacia dell’uomo che, con crimini e minacce, faceva soffrire un vecchio scienziato e un ragazzo innocente, Xander.

 
Fu Riley Nilved a ritrovare la voce.

«Ho chiesto di vedere il signor Notron», disse con un sorriso un po’ forzato, dato che il giovane che gli stava davanti non sembrava affatto amichevole.

«Il signor Notron sta riposando», rispose Tommy seccamente. «Ma posso riferirgli quello che lei desidera fargli sapere.

«Allora digli il mio nome e informalo che sono venuto per offrirgli il mio aiuto», lo esortò Riley con calma.

«Il suo aiuto!» fece eco Tommy con amaro sarcasmo.

 «Proprio così», confermò Riley. «Tu devi essere Tommy Devlin, avrei dovuto intuirlo dalla descrizione di Alan.» Tese la mano. «Fai parte della squadra di Henrick, vero?»

Tommy ignorò la mano tesa. Così Nilved e Alan erano complici! Avrebbe dovuto immaginarlo! Così i suoi sospetti erano fondati!

«Proprio così», confermo asciutto. «Se intende avanzare altre richieste, sputi fuori. Sono autorizzato a parlare per conto di Henrick Notron.»

Riley dominò a stento la propria ira.

«Non capisco come sia nato questo assurdo equivoco, ma non intendo discuterne con te. Stiamo perdendo tempo, Tommy, non capisci? Si accostò al tavolo e pestò il pugno sulla mappa. «Se te ne infischi del ragazzo prigioniero, a preme la sua sorte e sono sicuro che preme anche a Henrick. Devo assolutamente vederlo!

Prima che Tommy potesse replicare, Henrick Notron comparve, Riconobbe subito Riley Nilved e l’uomo lo salutò amichevolmente.

«Sono contento di vederti, Henrick! Sono venuto appena mi hanno informato.
«Di che cosa?»

«Din questo terribile ricatto. È incredibile! Ieri sera Alan era sconvolto quando mi ha telefonato.»

«Chi non capisco.»

«Il ragazzo biondo, Alan. È venuto qui per una vacanza lavorativa.»

«Oh, Alan, lo conosco, un bravo ragazzo. Ma perché ti ha telefonato?»

«Perché mio caro Henrick, ha saputo che mi credete responsabile di questa storia e si è ritenuto in dovere d’informarmi», rispose Riley accigliandosi.
Henrick si accostò a una poltrona e si sedette in silenzio, come se avesse bisogno di riflettere sulle parole di Riley. Confuso e imbarazzato, Tommy offrì una poltrona a Nilved, quindi si avvicinò alla finestra.

«Mi dispiace che tu non stia bene. Henrick», aggiunde Riley. «Ovviamente non c’è da stupirsi, dato quello che è successo. Comunque non sono venuto soltanto per discolparmi, ma anche per aiutarti in ogni modo possibile.» Si sporse avanti con ansia. «Mi credi, vero? Non puoi sopporre  che io sia implicato in questa storia! Perché dovrei avere fatto una cosa simile, santo cielo?»

«Non lo so… non so più che cosa pensare», sospirò Henrick. «Voglio dire… queste cose si leggono sui giornali, ma capitano sempre agli altri.»

«Allora raccontami tutto e farò quello che posso. Sono venuto apposta.»

Henrick riferì a Riley le condizioni per il rilasio di Xander e le minacce che avevano ricevuto da quando lui aveva assunto i subaquei. Osservandoli, Tommy capì che i due uomini si rispettavano a vicenda, benché fossero rivali nel campo scientifico.

Notando le carte nautiche sul tavolo, Henrick interrogò Tommy in proposito.
«Be’, ho pensato che non t’importasse. Volevo determinare con precisione il luogo in cui mi hanno aggredito,» spiegò Tommy.

«Per quale motivo?» domandò Henrick.

«Be, pensavo che forse mi avevano rubato la macchina fotografica perché avevo fotografato qualcosa che doveva rimanere segreto, e mi chiedevo se…»

Nilved guardò la carta con interesse.

«In quale punto ti hanno aggredito? Mostramelo, per favore.»

«Non m’intendo molto di biologia marina», ammise Tommy. «Sono qui solamente come fotografo subacqueo. All’universotà studio archeologia e antropologia.»

«Moltro interessante», sorrise Riley. «Anche io ho cominciato così, prima di studiare biologia marina. Attualmente mi sto interessando alla costa nordorientale dell’Africa.» S’nterruppoe un attimo nemtre Xena entrava nella stanza con il vassoio del tè, quindi aggiunse:

«Si dice che fra qui e la costa nordafricana ci siano cinquemila anni di segreti… come il mistero di Theocranum.»

Sentendo quella parla Xena rizzò la testa e i suoi occhi incontrarono quelli di Ryley. La ragazza distolse subito lo sguardo e continuò a disporre le tazze sul tavolino.

Mentre Tommy si accingeva a chiedere delucidazioni su Theocranum, Henrick li invitò a prendere il tè. Entrambi si alzarono per unirsi al padrone di casa e Xena lasciò silenziosamente la stanza. Riley Nilved la seguì con lo sguardo, pensando alla strana luce che aveva scorto poco prima negli occhi della cameriera. Quella ragazza sapeva di che cosa stavano parlando…

 
Più tardi, quella sera, quando fu di nuovamente a bordo del battello di Notron. Tommy attese un contatto radio. Jury aveva portato con sé una ricetrasmittente promettendo che, durante la notte, avrebbe cercato di chiamarlo. Era una notte meravigliosa, con il cielo trapunto di stelle e il mare simile a un immenso tappeto di velluto nero. Una notte ideale per gli innamorati in un pittoresco porticciolo di un’isoletta greca…

All’improvviso un gracidio della radio lo distolse dai suoi romantici pensieri e Tommy

 Si identificò rapidamente. Sì, era Jury!

«Questa è la nostra posizione, annotola con cura.» Tommy prese la penna e annotò le coordinate che Jury gli dettava. «Di a Notron di stare tranquillo. Xander sta bene e presto torneremo con lui.»

«Ricevuto», disse Tommy. «C’è qualcos’altro?» Passo.

«Ho tempo di parlare. Controlla la posizione e  tienti pronto a venire qui in caso di emergenza, ma soltanto se ti chiamo.»

Un istante dopo la comunicazione fu interrotta. Decidendo che per il momento non poteva dare altro, Tommy si stese sulla cuccetta e si addormentò quasi subito.

Il mattino seguente andò alla villa per colazione e informò Notron del messaggio di Jury.

«Gli hai detto che Riley è qui?» Chiese Henrick.

«Non ho potuto, ha parlato sempre lui. Sembrava che avesse i secondi contati.»

«È comprensibile, date le circostanze» osservò Riley. «Se per caso ti richiama, digli che  sono qui e che collaboro con voi. Potrebbe servire.

«Certamente convenne Tommy. «Vorrei rimanere a bordo del Battelo, nel caso Jury richiamasse.»

Henrick si dichiarò d’accordo e gli domandò se la cambusa era ben fornita
«Atrimenti puoi servirti qui e Xena, ti aiuterà a portare le provviste  a bordo. È abituata a fiornire il battello, lo ha già fatto parecchie volte.

Prima di colazione, controllarono sulla carta la posizione di Jury. Scoprirono che si trattava di un luogo nell’Egeo orientale, al largo dell’isola di Melankos.

«È un’isoletta minuscola, come potete vedere», disse Henrick. «Virtualmente disabitata, per quanto ricordo.»

Impaziente di tornare alla ricetrasmittente, Tommy disse che avrebbe controllato sulle carte del Marlin. Fece rapidamente colzione e si preparò a lasciare la villa.

«Tornerò appena avrò altre nitizie di Jury», disse prima di uscire.

«Più tardi verrò a vedere come vanno le cose», proseguì Riley. Nel frattempo vorrei esaminare bene queste carte nautiche.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo 7


 
Il pomeriggio precedente Xander era stato condotto dalla casa fino a una scogliera a picco sul mare, da cui aveva potuto vedere un grosso battello all’ancora.

A bordo dell’imbarcazione aveva scorto tre persone e ne aveva riconosciuti due, come Jury e Ann. Vedendoli agitare le braccia, aveva sentito un tuffo al cuore.

La sua prigionia era finita… di lì a poco l’avrebbero liberato!


Ma era rimasto deluso, perché Tom gli aveva detto che Jury e Ann erano là per “svolgere un certo incarico” e che l’avrebbe lasciato libero soltanto alla fine del lavoro in questione.

«Quanto tempo passerà?» aveva domandato lui con ansia.

«Dipende dalla fortuna e dalla loro abilità», aveva risposto Tom elusivamente.
Nel frattempo, aveva aggiunto sorridendo, lui avrebbe fatto del suo meglio per allietargli quel soggiorno forzato.

Xander non si era sentito affatto consolato da quelle Parole ed era stato allora che aveva pensato di fuggire. Aveva stabilito di far credere a Cleo che era depresso e remissivo, ansioso di ubbidire a ogni ordine, ed era giunto a portare perfino a versare qualche lacrima. La greca era stata contenta di quella netamorfosi. Il ragazzo sembrava avere perduto tutto il suo coraggio, la qualità che aveva destato l’interesse di Tom e ora si rivelava per un ragazzino piagnucoloso.

Quella notte Xander rifletté sulla situazione. Jury e Ann si trovavano a bordo di un battello non lontano dalla riva. Erano là per “lavorare”, e questo significava che dovevano immergersi. Ovunque si trovasse la zona dell’immersione, la sera tornavano sicuramente alla base, se non altro per riferire i risultati del loro lavoro e ricevere ulteriori ulteriori istruzioni. Se fosse riuscito a fuggire dalla sua camera…

Non poteva passare dalla finestra, dato che era sbarrata da una grata metallica. Quanto alla porta, era chiusa a chiave, ma Xander aveva notato che Cleo lasciava sempre la chiave infilata nella serratura.

Poteva ricorrere al vecchio trucco? S’infilava un foglio sotto la porta, si spingeva la chiave fuori dalla serratura in modo che cadesse sopra il foglio e si ritirava quest’ultima nella stanza, recuperando così la chiave in questione. Doveva soltanto provare.

 
Il giorno seguente, preparando il terreno per la propria fuga, Xander fece capire a Cleo che Tom l’aveva guardato con desiderio. Come risultato, la donna gli diede sgarbatamente cena e lo chiuse subito in camera per la notte. Non appena ritenne che la sua carceriera si fosse allontanata, Xander mise in atto il suo piano per recuperare la chiave. Incredibilmente, ebbe successo!   

Non faticò ad aprire la porta d’ingrsso, dato che era chiusa dall’interno, quindi lasciò la casa e corse verso la scogliera. Una volta avvistata la barca, sarebbe sceso nel punto più agevole della sponda. 

Ma non vide nessuna barca. Poiché era ancora giorno, pensò, probailmente Jury e Ann si stavano immergendo, ma la luce non sarebbe durata a lungo.
Così doveva soltanto aspettare. Si nascose nel folto di un cespuglio da cui poteva da cui poteva sbirciare fuori senza essere visto e si dispose all’attesa. I minuti passarono lentamente parvero lunghi come ore.

Quella sera i minuti sembravano eterni anche a Henrick Notron, che ascoltava musica seduto nella sua poltrona preferita.

«Non possiamo starcene seduti con le mani in mano!» sbottò a un tratto.
Riley Nilved lo guardò con aria comprensiva.

«Sono perfettamente d’accordo, ma prima di fare qualcosa, dobbiamo avere dei dati su cui fondarci. Ecco perché vorrei fare due chiacchiere con Xena.

«Con Xena?»

«Sicuro. E con il tuo permesso, vado subito da lei.

Confuso, Henrick lo guardò allontanarsi. Ma era giunto ad avere fiducia nel suo inaspettato visitatore e attese con interesse l’esito di quel colloquio.

 
Ryley andò in cucina e chiese a Xena se poteva avere un’altra tazza del suo eccellente caffè.

«Eccellente? Per quanto ne so, gli inglesi non aprezzono molto il caffè greco», replicò la ragazza con un sorriso ironico, e Riley, replicò a tono:

«Gli inglesi sono una massa di incompetenti, soprattutto per quanto riguarda il buon caffè. Ma io sono scozzese… non è la stessa cosa, sai?»

«Sì, l’ho sentito dire.»

Il comportamento ti Xena, la sua dialettica, il suo modo di parlare dissero a Riley, che non si era sbagliato: in quella ragazza c’era effettivamente qualcosa di strano. Xena preparò il caffè in silenzio, quindi depose il bricco e la tazza  sul vassoio.

«Vorrei prenderlo sulla terrazza, Xena. Mi faresti compagnia?»

Lei gli si rivolse un’occhiata e il suo viso ovale incorniciato da rilucenti capelli neri parve a Riley la quintessenza della bellezza.

Mentre sorseggiavano il caffè, si guardarono con circospezione sopra l’orlo delle tazze.

«Dimmi Xena, come mai conosci così bene questa casa?» domandò Riley a un tratto. «Eri già stata qui, vero?»

Lei esitò un momento, non sapendo come regolarsi, poi pensò che Milved sembrava sinceramente amico di Henrick Notron e ritenne di potergli confidare almeno una parte del proprio passato.

«Sì, un tempo abitavo qui.» Gli rivolse un’occhiata supplichevole. «La prego, non lo dica al signor Notron. Non deve assolutamente saperlo.»

«Non preoccuparti Xena. Ogni tua confidenza rimarrà fra noi due.»

Lei depose la tazza e gli rivelò di essere nata in quella villa.

«Mio padre era un rinomato studioso dell’antica Grecia, ma non nuotava nell’oro. Si guadagnava la vita con l’insegnamento e le univarsità greche non pagano molto bene i professori.

«Nemmeno le nostre,» rise Riley. «Sei figlia unica?»

«Sì, mia madre è morta quando ero in collegio, così sono tornata a casa per badare a mio padre.» Il tono di Xenia era singolarmente distaccato. «Stava perdendo la vista a furia di leggere e scrivere con un’illuminazione insufficiente, così ho cominciato a leggergli i libri che trattavano del suo argomento preferito… la storia di questa parte della Grecia.

«La storia dell’Egeo?» domandò Riley cominciando a capire. «È per questo motivo che hai riconosciuto il nome che avevo menzionato… Theocranum?»

«Xena s’illuminò di un sorrise.»

«Sì, mi ha fatto uno strano effetto sentirlo menzionare da uno straniero. Comunque non mi sarei dovuta stupire, perché mio padre mi ha detto che spesso gli stranieri s’interessano all’Egeo più della popolazione locale.»

«Succede speso, Xena. Chi abita in un luogo famoso, di solito non conosce bene la sua storia. Sono quasi sempre i turisti a scoprire i tesori nascosti.»

«Tesori?» domandò lei spalancando i grandi occhi neri. «È per questo che ha parlato di Theocranun? Quasi nessuno conosce questo nome.»

Gli occhi di Riley Nilved brillarono di eccitazione.

«Ma tu lo conosci?»

«Come potrei non  coscerlo? Ho setacciato le biblioteche per procurare a mio padre libri e manoscritti su questo argomento. Mio padre mi ha dettato parecchi appunti in proposito.»

«Li hai ancora?»

«Sicuro. Le interessano?»

Riley stentò a contenere la propria impazienza.

«Sì, Xenia, m’interessano moltissimo. Potrei vederli?

«Li conservo nella mia stanza ci sono molti taccuini. Non saprei quale portarle… o forse.»

La ragazza esitò con aria imbarazzata.

«Se potessi vederli, saprei quali mi possono servire. Non potrei accompagnarti per esaminali?»

Lei lo osservò attentamente e parve rassicurata dalla sincerità della sua espressione.

«D’accordo, andiamo pure,» acconsentì alla fine.

Riley si alzò e fece per seguirla, ma a un tratto i loro occhi si incontrarono. Fu come se un fulmine avesse colpito entrambi. Riley provò uno strano senso di soffocamento mentre Xena cercava inutilmente di dominare il proprio batticuore.

«Oh Xena!» mormorò Riley, e quelle semplici parole furono eloquenti di un lungo discorso.

 
Il sorriso di Xena, così intimo e comprensivo, allentò la tensione che li attanagliava. Salirono le scale in silenzio ed entrarono nella amera della ragazza.

«Prenda pure quello che vuole», lo invitò la ragazza, indicando gli scaffali.

All’inizio Riley, stentò a concentrasi sulle mensole stracolmi di libri e taccuini ma, quando ebbe letto le prime righe, sentì aumentare il proprio interesse.

Continuò rapidamente la lettura, confermandosi sempre più nella propria opinione.


«Ma certo!» esclamò a un tratto. «Devo dirlo aubito a Henrick! Oh, che Dio ti benedica, ci hai fatto un regalo meraviglioso!»

Ma quando si fu girato, scoprì di essere solo. Xena doveva essere tornata al pianterreno e lui scese le scale a precipizio  per parlare con Henrick Notron.

«L’ho trovato, Henrick! Adesso so che cosa sta cercando quella gente.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo 8


 
Finalmente, con immenso sollievo, Xander sentì arrivare il battello.

L’imbarcazione gettò l’ancora sotto la scogliera e lui vide muoversi quattro figure sul ponte, roconoscendome due Jury e Ann. Quanto alle altre, una sembrava il giovane scozzese che l’aveva rapito, la seconda, un uomo più anziano, doveva essere un subacqueo di riserva.


Uscì dal riparo del cespuglio e si spogliò, rimanendo in costume da bagno, ma nello stesso momento sentì dei latrati accompagnati da grida di voci umane. Dovevano avere scoperto la sua fuga! Avrebbe voluto scendere in spiaggia con il favore del buio, ma ora non poteva più tardare! Nascose sotto un cespuglio gli indumenti che gli aveva dato Cleo e cominciò a scendere lentamente verso il mare, dove il battello rollava dolcemente sull’acqua calma.

A bordo, Jury e Ann giacevano sulle loro cuccette al buio. Erano entrambi irrequieti e attendevano con ansia il momento opportuno per stabilire un contatto con Tommy.

«Oh, Jury, che cosa ne sarà di noi?» mormorò a un tratto Ann con le lacrime agli occhi. «Credi che ci lasceranno andare… con Xander?»

«Sicuro,» rispose lui nel suo tono più convincente. Quando avremmo quello che vogliono, ripartiranno e ci lasceranno liberi.

Ann non ne era affatto sicura, ma si sentiva troppo stanza per discutere.

«Jury, vorrei che mi tenessi tra le braccia», disse in tono supplichevole.

Lui attraversò subito la cabina, le si stese accanto e l’abbracciò stringendola forte.

«Così va meglio amore mio?» mormorò con dolcezza.

Ann annuì con un sorriso così seducente che Jury si sentì pervaso da una calda ondata di desiderio. Più tardi, prima di scivolare finalmente nel sonno, conobbero un meraviglioso momento di oblio.

Ma il loro sonno non durò a lungo. Entrambi furono svegliati da un improvviso trambusto sul ponte e Jury balzò dalla cuccetta.

ֿNon muoverti!» bisbigliò ad Ann, quindi si avventò contro la porta chiusa della cabina e ne scardinò la serraturra con una possente spallata.

Si ritrovò nella cabina esterna, dove abitualmente dormivano i loro guardiani. Scoprendo che era deserta si precipitò sul ponte.

Disubbidendo al suo ordine, Ann lo seguì e vide… Xander! Il ragazzo si stava dibattento fra le mani dei due uomini e Jury si avventò contro di loro. I fasci luminosi di parecchie torce guizzavano fra i cespugli dell’isola.

Jury sferrò un pugno al più robusto dei due uomini spedendolo lungo disteso sulla tolda. Poi aiutato da Xander, aggredì l’altro e lo mise fuori combattimento nel giro di pochi secondi. Vedendo Ann sul ponte, le gridò di avviare il motore del battello.

Poco dopo l’imbarcazione si allontanò dall’isola accompagnata da un furibondo vocio sulla riva. Jury legò i due uomini  e li chiuse, quindi  prese i comandi del battello, mentre Ann dava a Xander asciugamani e indumenti di Tommy. Quando si fu vestito, il ragazzo spiegò succintamente come aveva fatto a scappare.

Nel frattempo a bordo del Marlin, Tommy sonnecchiava aspettando una chiamata di suo fratello e a un tratto sentì la vose di Jury. Si svegliò all’istante, scoprendo con gioioso stupore che la voce non veniva dalla radio, bensì da Jury in persona.

«Ehi, Tommy, stai dormendo al posto di guardia?

Il ragazzo balzò in piedi sbattendo le palpebre.

«Jury! Ma che cosa…»

«… faccio qui» terminò lui. «Spero che qualcuno mi dia una bevanda  calda. È una notte piuttosto frescolina non te ne sei accorto?» Quindi si fece serio e spiegò al fratello minore quello che era successo. «Così abbiamo portato qui il battello e lo abbiamo ancorato alla baia», concluse. Ann è ancora a bordo con Xander, che sta dormendo, e i prigionieri sono ben legati.

«Così Xander è salvo?» domandò Tommy con sollievo. «È con te?»

«Direi piuttosto che siamo salvi grazie a Xander! Adesso raccontami tutto quello che è successo da quando siamo partiti,» lo esortò Jury. «I rapitori vi hanno contattati?»

«No, ma è arrivato Riley Nilved.»

«Nilved» fece eco Jury attonito. «Così ha avuto la faccia tosta di…»

«No, Jury, le cose non stanno come pensi!» lo interruppe Tommy. «È venuto ad aiutarci.»

Spiegò rapidamente a suo fratello le circostanze dell’arrivo di Riley Nilved, aggiungendo che Henrick Notron gli aveva accordato la sua fiducia.

«Vado sull’altro battello a prendere Ann e Xander», disse Jury quando Tommy ebbe finito il suo resoconto dei fatti. «A proposito di quella bevanda… credo che ne avrebbero bisogno anche loro.» 

Pochi minuti dopo Ann e Xander salirono a bordo. Tommy non ebbe difficoltà a salutare calorosamente Ann ma guardò Xander con un strano imbarazzo, notando che il ragazzo sembrava avere superato nel migliore dei modi quella terribile prova.

«Bene , scendiamo in cabina», disse a entrambi. «Ho preparato il tè e c’è anche qualche biscotto. Sono sicuro che più tardi Henrick ci offrirà una colazione un po’ meno frugale.

Quando ebbero bevuto il tè, si avviarono tutti verso la villa. Tommy precedette gli altri tre per dare la notizia a Henrick con la dovuta delicatezza, temendo che un’emozione eccessiva potesse peggiorare le condizioni del suo cuore.

Per fortuna l’anziano scienziato accolase la nività senza eccitarsi troppo e festeggiò i tre fuggiaschi con gioioso stupore.

«Il, mio caro Xander! E ci sono anche Jury e Ann! Ho pregato il cielo che andasse tutto bene. Ma dovete essere esausti!» esclamò. «Così non vi faro domande... Non ancora!» Sorrise allegramente. «Non vi permetterò di parlare prima che abbiate mangiato, Tommy, vai ad avvertire Xena che a pranzo saremo in cinque.» Si rivolse agli altri con un sorriso. «Tommy vi ha informati dell’arrivo di Riley Nilved? Non lo conoscete, ma sono sicuro che ne sarete felici di… Ah eccolo!»

Le presentazioni furono effettuate in un baleno e poso dopo si sedettero a fare colazione. Esortato dagli altri, Xander raccontò della sua prigionia e descrisse con cura le persone implicate nel suo sequestro.

«TomVikek mi è parso fondamentalmente una brava persona», disse. «Non è un malvagio… soltanto debole. Mi è sembrato succube di un uomo con cui ha parlato al telefono, un certo Strichland. Ha detto che vuole “concludere tutto e sloggiare” entro la fine del mese.

Henrick e Nilved si scambiarono un’occhiata, ma non fecero commenti, quindi Jury e Ann riferirono la loro scoperta e descrissero quella che Jury definì “un’esperienza molto strana”. Il loro lavoro consisteva nell’aiutare l’unico subacqueo superstite di Strickland a portare degli oggetti in superficie.

Sembrava che tali oggetti fossero stati individuati qualche mese prima ed erano coperti di sabbia.


«Erano piuttosto piccoli e leggeri… ma avevano ordine di maneggiarli con la massima cura,» spiegò Jury. «Ed erano impachettati con cura.»

 «In fogli di plastica?» domando Nilved.

«Proprio così», confermò Ann. «Dovevano venire presi uno alla volta e maneggiati con delicatezza.»

«Ovviamente abbiamo cercato di scoprire di che cosa si trattava», soggiunse Jury. «E Ann è riuscita a vederne uno.»

«Sembrava una delle tante anfore che si trovano sul fondo del mediterraneo», spiegò Ann. «Così ho cercato di scostare un lembo dell’involucro e ho trovato uno di quei “reperti archeologici” che si possono vedere in vendita su tutte le bancarelle per turisti.»

Riley rivolse un’occhiata Henrick, ricevette un cenno d’assenso e inspirò a fondo. La sera prima aveva rivelato le sue scoperte al suo collega scienziato, ma adesso era giunto il momento di parlarne anche agli altri.

«È una storia piuttosto lunga, temo», cominciò lentamente. «Ma se avrete la pazienza di ascoltarla, credo che potrà aiutarvi a capire la situazione.

Gli altri annuirono con palese curiosità.

«Forse sapete che ho effettuato la maggior parte delle mie esplorazioni subacquee lungo la costa dell’Africa nordorientale. Be’, ho stabilito la mia base a Romingua, un paese piccolo e poverissimo. All’inizio il mio lavoro ha allarmato la popolazione locale, ma poi gli indigeni sono diventati curiosi e ho fatto del mio meglio per informarli sulla mia attività. Il loro capo, Daus Lubumba, un uomo molto intelligente che aveva studiato in Inghilterra, ha dimostrato interesse per il mio lavoro e io mi sono interessato al suo. Recentemente mi ha parlato del suo problema più preoccupante… un problema che rigurda tutti voi!»
Gli altri cinque lo fissarono sbigottiti e Riley riferì quello che gli aveva detto Lubumba.

«Mi ha raccontato di essere stato nuovamente interpellato da alcuni geologi inglesi che aveva scacciato dal paese e mi ha parlato di questo Strickland.

Sembra che, durante la loro visita precedente, quei tizi avessero scoperto certi giacimenti petroliferi. Volevano effettuare altri scavi però le autorità avevano rifiutato loro il permeso. Ma qualche anno dopo i geologi avevano rinnovato la richiesta. Gli inglesi», continuò Riley, «sostenevano di avere scoperto il luogo esatto dov’era naufragata la nave con il leggendario tesoro di Romingua.
Secondo gli antichi manoscritti, la nave era naufragata nel Mediterraneo.
Strickland assicurava a Lubumba di avere identificato il luogo del naufragio.»


L’esplorazione subacquea confermava il ritrovamento e ora Strickland si preparava a recuperare il carico del relitto in cambio dei diritti di sfruttamento petrolifero in quella particolare zona del paese.

Lubumba era molto preoccupato. Per spiegare il suo problema, aveva raccontato a Riley la leggenda del “Tesoro  di Romingua.»

Nella notte dei tempi, il paese era stato invaso da un’orda di barbari feroci e predatori. Temendo  per la sorte delle sacre relique, il popolo le aveva tolte dal tempio per caricarle su una piccola nave. L’imbarcazione era salpata di notte per dirigersi verso nord lungo la costa orientale dell’Africa.

Per sfuggire all’inseguimento e alla cattura, gli uomini avevano montato il battello su ruote pe trainarlo fino al Nilo, dove lo avevano rimesso in acqua. Seguendo il corso del grande fiume, il battello era sboccato nel Mediterraneo, incappando in una terribile tempesta che lo aveva affondato con tutto il carico e gran parte dell’equipaggio.

«Così le sacre reliquie sono andate perse e sono rimaste soltanto le leggende», spiegò Riley. «Con il tempo, il popolo di Romingua è giunto a considerarle una specie di promessa per il futuro. Un giorno, si dice, le sacre reliquie torneranno a Romingua apportando pace e prosperità per i secoli a venire.» Riley indugiò un momento a guardare il suo uditorio. «Capite il dilemma di Lubumba?» chiese infine. «Il recupero delle reliquie è stato offerto in cambio del permesso di effettuare delle trivellazioni petrolifere!»

Vi fu un breve silenzio, poi Jury disse:

«Sì, capisco il problema. Deve permettere ai petrolieri d’invadere il suo paese nella speranza che Strickland mantenga la parola data. Che cosa ha deciso, allora?»

«Ha preso la sola decisione possibile. Ha chiesto la prova tangibile dell’esistenza delle reliquie e del loro recupero.»

«E l’ha ricevuta?»

«Be’, l’ultima volta che gli ho parlato, la stava ancora aspettando. In ogni caso si ritiene che sul fondo del Mediterrameo ci siano molti antichi relitti con i loro carichi  ancora intatti sotto la sabbia al largo della costa africana… che si estende fino al Mar Egeo. Dove ci troviamo attualmente.»

«Così gli uomini che ci hanno minacciati e hanno catturato Xander lavoramo per questo ricercatore di petrolio?» chiese Ann. «Credi che abbiano trovato un antico relitto e ne stiano recuperando il carico… per ottenere il permesso di eseguire delle trivellazioni a Romingua?»

«Credo proprio di sì», rispose Riley, apprezzando quella sintetica descrizione dei fatti. «A volte la realtà sembra incredibile, vero?»

«Ma io ci credo!» esclamò Jury. «Questa è l’unica teoria che spiega i fatti.
Evidentemente quegli uomini ritengono che noi perseguiamo lo stesso obiettivo e cercano di scoraggiarci.»


«Può darsi, riconobbe Nilved. «Ma, come hai detto, si tratta soltanto una teoria.»
Henrick si alzò in piedi e propose di tresferirsi sulla terrazza, sapendo che Xenia era impaziente si sparecchiare la tavola. Quando si furono seduti, affrontò senza indugio la questione dei due prigionieri.

«Dovremo occuparci di loro al più presto. Che intenzioni avete?»

Tommy disse che bisognava consegnarli alla polizia. Xander era in grado di riconoscere l’uomo che l’aveva rapito mentre Ann e Jury potevano identifivare il subacqueo.

«Dovremmo accusarli di sequestro di persona?» domandò Henrick. «Che cosa ci guadagneremmo? Titoli sensazionali sui quotidiani… è quello che volete?»

Jury disse che non valeva la pena di dare pubblicità a quella faccenda. Secondo lui, avevano a che fare con una manica di incapaci. Adesso che Xander era libero. I rapitori dovevano avere un sacro terrore delle sue rivelazioni… per non parlare di quelle di Jury e Ann.

«Oltretutto, senz’aiuto non possono portare a termine il loro lavoro. No, hanno perduto la partita e lo sanno!» concluse.

Riley parve scettico, ma non disse nulla. Quanto a Tommy, si sentiva a disagio. Riteneva che Xander sapesse troppe cose per i loro gusti, a parte il fatto che poteva accusarli. Non era il caso che cercassero di… zittirli?

Finalmente fu deciso di liberare i prigionieri e spedirli via con il loro battello.

«Ci penso io», si offrì Jury. «Scendo subito al porto.»

«Vengo anch’io», disse subito Tommy. «Vorrei parlare con Alan.»

Non moriva dalla voglia di rivederlo, ma era grato per aver chiamato Riley Nilved e si sentiva in dovere d’informarlo che Xander era tornato indenne.

Scese al porto con Jury e lo lasciò per andare all’ostello, ma lo vide arrivare dalla direzione opposta e agitò le braccia per catturare la sua attenzione. Come lo vide, Alan gli corse incontro con ansia.

«Tommy! Come vanno le cose? Avete notizie di Xander?»

«È tornato sano e salvo», lo informò lui senza premboli. «E come certamente saprai, il tuo amico Riley Nilved è qui.»

«Xander è tornato! Che notizia meravigliosa! Che cos’è successo, allora?»

Invece di rispondere, Tommy gli chiese perché non gli avesse detto che conosceva Riley Nilved. Lui lo guardò attonito.

«Perché avrei dovuto dirtelo? Nessuno ha menzionato il suo nome finché non lo avete accusato del rapimento di Xander. In vita mia non avevo mai sentito niente di più assurdo! Così gli ho telefonato per informarlo.»

«Lo conosci bene, allora?»

«Come uno studente può conoscere un professore. Be’, forse ancora meglio», ammise Alan. «Suo padre e il mio sono amici. Riley Nilved è un’ottima persona, non potrebbe mai commettere un’azione disonesta.»

«D’accordo, Alan» borbottò Tommy a malincuore. «Dimentichiamo tutto, d’accordo?»

«Si può sapere cosa ti ha preso?» volle sapere Alan.

Un istante dopo si pentì di avergli rivolto quella domanda, perché Tommy lo fissò in silenzio per un istante e poi diede sfogo a tutta la sua ira repressa. Gli ricordò che lo aveva conosciuto con un inganno, che aveva indotto Xander a nuotare nella baia dov’era stato rapito, che quello stesso giorno si era incollato a Henrick Notron in modo da trovarsi nella villa quand’era arrivata la telefonata dei rapitori e che se l’era squagliata al ritorno dei subacquei da Atene.»

Alan ascoltò le accuse con un’espressione incredula. Quando Tommy si accinse a pronunciare la condanna finale, lui lo prevenne.

«Stupido che non sei altro!» disse con freddezza, e benchè i suoi occhi scintillassero di collera. «Così credi di avere capito tutto, vero? Di avere trovato una spiegazione per ogni cosa? Be’, permettimi di dirti che sei un gran presuntuoso e per quanto mi riguarda puoi andartene al diavolo!»

Si girò e si allontanò a passi rapidi piantandolo in asso.

Tommy si avviò lentamente lungo la banchina del porto, pervaso da un senso di rimorso e di versogna. Si maledisse per il proprio sfogo e si pentì amaramente di avere condannato Alan senza nemmeno ascoltare le sue giustificazioni.

Avrebbe dato l’anima per rimediare al male che aveva fatto a Alan e a se stesso, ma ormai era troppo tardi.


Nella villa, Henrick stava mostrando al giovane biologo le fotografie sottomarine scattate dai Devlin.

«Delle foto eccellenti», commentò Riley Nilved. Così questi Devlin non sono soltanto degli ottimi subacquei, ma anche degli abili fotografi!» S’interruppe mentre osservava attentamente una fotografia e si avvicinò alla finestra per esaminarla alla luce. «Ma ce l’hai fatta, Henrick!» esclamò a un tratto. «Se quest’alga non è il Papyrus Sariscus, mi mangio il cappello!»

Così era lo stesso Nilved che riconosceva la scoperta di Henrick e si felicitava  con lui.  Henrick si accorse a avere gli occhi umidi per la commozione.

Dunque quell’alga si trovava nel Mediterraneo! Se non altro la sua teoria si rivelava corretta… e veniva confermata proprio dal suo rivale!

Quando l’eccitazione iniziale si fu placata, i due biologi cominciarono a discutere con calma delle rispettive scoperte. Controllando sulla carta nautica, scoprirono che le fotografie erano state scattate vicino a Xanthos, a settentrione dell’isola, nella zona dove Tommy era stato attaccato. Dopo aver studiato la carta nautica. Riley prese una carta terrestre e la esaminò con cura.

«Perché t’interessa la terra?» domando Henrick, incuriosito. «Mi sembra che dovremmo studiare i fondali, piuttosto. Dobbiamo identificare il punto preciso dove cresce l’alga.»
Riley si dichiarò subito d’accordo e ripiegò la carta. Prima di rivelare la sua idea, intendeva parlare ancora con Xenia. Studiando gli appunti del padre di Xenia, aveva intuito una straordinaria possibilità.

 
Xenia servì un pranzo superbo che riscosse l’ammirazione di tutti i commensali. Alla fine del pasto, tornarono sulla terrazza e Riley non ebbe difficoltà a sgusciare via in cerca della ragazza. La Trovò in cucina e la condusse nel giardino sul retro della villa.

«Ho bisogno di parlarti,» le disse gentilmente. «Riguarda le ricerche di tuo padre, si tratta di una questione molto importante.»

«Oh … capisco. Be’, possiamo parlare qui. Delle ricerche di mio padre, ha detto?»

Riley si sedette sulla panca di legno.

«Sai quello che è successo, vero? Sei al corrente delle minacce e del rapimento?»  Xenia annuì in silenzio.

«Be’, per quanto riguarda Henrick Notron, è un capitolo chiuso… ma non per me e nemmeno per te, spero. Così hai aiutato tuo padre nelle sue ricerche su Theocranum?

«Quel tempio sconosciuto, Theocranum… era diventato la sua ossessione. Ha letto tutti i libri e i manoscritti che è riuscito a trovare su questo argomennto. La storia di Theocranum lo affascinava.

«Affascina anche me, benché ne sia venuto a conoscenza da poco tempo» confessò Riley. «Vorrei sapere tutto quello che puoi dirmi in proposito.»

«Ma perché?» chiese lei.

«Perché conosco il capo di Romingua e vorrei aiutarlo a risolvere un difficile problema.»

Lei rizzò bruscamente la testa e lo fissò con aria incredula.

«Lo conosce, ha detto? Conosce il capo di Romingua?»

Riley gli raccontò la storia che aveva già raccontato agli altri, ma Xena parve molto più eccitata di loro.

«Oh, vorrei che mio padre l’avesse conosciuto! Anche lei è dunque uno studioso di storia antica?»

«No, mi interesso di biologia marina e archeologia. Non sapevo niente di Theocraum finchè Daus Lubumba non me ne ha parlato. Quella storia mi ha interessato molto e ho fatto qualche ricerca per conto mio.

«E che cosa ha scoperto?» chiese Xena con gli occhi sfavillanti.

«Mi avevi parlato di “tesori”, ricordi?» domandò Riley, ma la ragazza scosse energicamente la testa.

«No, ne aveva parlato lei! E io le avevo detto che qui nessuno s’interessa a Theocranum. Poi mi ha chiesto di vedere gli appunti di mio padre. E adesso?»

«Volevo chiederti che cos’aveva concluso tuo padre. Nei suoi appunti allude a certe “conclusioni finali” e dice che le avrebbe registrate presto… ma non sono ruscita trovare nient’altro.»

«Non c’è da stupirsi. Durante i suoi ultimi giorni di vita, quando non poteva contare su di me perchè scrivessi sotto dettatura, mio padre registrava su nastro. In seguito avrei dovuto trascrivere tutto quanto.»

«Su nastro!» eslamò Riley allibito.

«Proprio così», confermò Xena. «Le “conclusioni” alle quali allude devono essere sull’ultimo mastro. Venga con me.»

Rientrarono nella villa, salirono nella stanza di Xena e si sedettero sul letto ad ascoltare l’ultimo nastro del padre di Xena. Non fidandosi della propria conoscenza del greco, Riley chiese alla ragazza di tradurglielo.

«… così mi sembra certo che i superstiti del naufragio, venuti in queste acque molti secoli fa da Romingua, Africa orientale, siano approdati sull’isola di Xanthos portanrdo i loro tesori. Su questa piccola isola, che a quell’epoca era completamente disabitata, hanno sepolto i tesori erigendo un tempio sul luogo dello scavo per assicurare alle sacre relique la protezione degli dei. Gli antichi greci hanno chiamato tale tempio Teocranum, una parola che ha due possibili significati: “protetto dagli dei” oppure “protezione degli dei”. Per quanto mi riguarda, preferisco il secondo.» 

Il nastro finì con un fruscio e Xena spense il magnetofono.

«Questo è tutto,» disse guardando Riley.

«Sai dov’è?» chiese. «Puoi indicarmi il luogo dov’è stato costruito il tempio?»

«No, ma potrei aiutarla a cercarlo.»

«Quando?» chiese lui con ansia.

«Stasera dopo cena. Possiamo tentare, se non altro.»

 
Quando tornò al pianterreno, Riley scoprì che gli altri stavano parlando delle confessioni rese dai prigionieri. Sembrava che i due avessero trovato una quantità di “tesori”.

«Come molte persone, in queste acque», commentò Riley senza riflettere. «In fin dei conti l’Egeo ne è pieno.»

Jury gli rivolse un’occhiata penetrante.

«Così credi che gli uomini di Strickland abbiano trovato della paccottiglia buona soltanto per i negozi di souvenir?»

«Non ho detto questo. Ho detto solamente che non mi fido di Stricklad e dei suoi uomini.»

«Ma nessuno di noi sa che cos’hanno trovato i suoi uomini, no?» chiese Jury.
«Mi sembra che questa faccenda non ci riguardi», interloquì Ann.

«Credo che stiamo sprecando fiato per niente», osservò Jury. «Che cosa ne diresti di rimandare la discussione a dopo cena?»

Gli altri si dichiararono d’accordo e l’argomento fu accantonato, sebbene Jury sbirciasse Riley con aria meditabonda.                                                                     

                                                                                                                                        

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo 9


 
 
Durante la cena la conversazione fu forzata e tutti si sentirono sollevati quando poterono trasferirsi sulla terrazza per bere il caffè sotto la cappa stellata del cielo.

Ann si perse nella contemplazione dell’incantevole spettacolo naturale e sussultò quando sentì la voce di suo marito.

«Che cosa hai detto Jury?» chiese, riscuotendosi dal proprio abbandono.

«Che me ne vado un momento… ci vediamo più tardi.»

«D’accordo!» sorrise lei, quindi lo vide seguire da Riley Nilved, che stava rientrando in casa.

Quando raggiunse Riley nel corridoio che portava alla cucina, Jury lo sfidò scherzosamente.

«Che cosa c’è Riley? Hai un appuntamento segreto? Se c’è di mezzo una donna, mi ritiro subito. Ma se si tratta di qualcos’altro, sono impaziente di conoscerlo.

Riley lo guardò negli occhi, rifletté un momento e prese una decisione.

«Va bene, ti dirò tutto. Ma non ho molto tempo.»

Jury ascoltò attentamentee alla fine espresse la sua opinione su quanto aveva saputo.

«Hai ragione, vale la pena di dare un’occhiata», convenne. «Non mi va l’idea che quei rapitori possano farla franca. Bisognerà fare qualcosa. Se posso aiutarti…»

«Grazie, Jury, il tuo aiuto potrà farmi comodo. Ma per quanto tempo ti fermerai a Xanthos?»

«Fin quando aveai bisogno di me», rispose Jury senza esitare.

Si strinsero vigorosomanete la mano e si lasciaromo. Riley corse al suo appuntamento con Xena, mentre Jury tornava sulla terrazza con Ann e Tommy.
Ben presto ridiscesero il villino in riva al mare.

 
Mentre Xander e Henrick prendevano il tè prima do cosricarsi, squillò il telefono. Era una chiamata dalla Scozia e Henrick fu felice di sentire Frank Eliott.

«Sì, Xander è ancora qui», lo informò vivacemente. Ringraziando il cielo di non avere parlato del rapimento ai genitori del ragazzo, disse che Xander stava bene ed era felice, quindi si affrettò a chiamarlo al telefono.

Stupito per quella chiamata inattesa, Xander parlò  un momento con il suo patrigno. Finalmente Frank venne al dunque.

«Ascolta, caro, un mio amico ha appena finito un lavoro a Rodi. Viaggia con il suo aereo privato. «Xander ascoltò perplesso ma fremette d’irritazione quando Frank gli disse che quell’uomo era stato incaricato di riportarlo a casa.

«Ovvimente non può atterrare a Xanthos, ma è disposto a prelevaerti al più vicino campo di aviazione.»


«Stai scherzando!» protestò lui. «Così questo tizio dovrebbe prelevarmi come un pacco postale… senza tenere conto della mia opinione?»

«Oh, andiamo, Xander. Viaggerai molto più comodamete. Credevo di farti piacere…»

Elliot porse il ricevitore a sua moglie che, essendo vicina al microfono, aveva sentito ogni parola del ragazzo.

«Lo facciamo solo per il tuo bene», asserì Margot Elliot. «E anche per aiutare il povero signor Notron. Si starà certamente chiedendo quando lascerai Xanthos…»

Xander sbatté il ricevitore sulla forcella con tanta forza che per poco non lo spaccò in due. Menre si accingeva a lasciare la stanza, Henrick lo prese per un braccio.

«Calmati, Xander, troveremo una soluzione, vedrai», gli assicurò in tono gentile.
Nessuno di loro sentì un rumore di passi sulla terrazza, un rumore che cessò non appena Xander ebbe aperto bocca.

«Non capisci, Henrick», protestò lui con veemenza. «Vogliono mandare qualcuno a prendermi come se fossi un pacco o una valigia!» A un tratto scoppiò a piangere. «Non vuoi sbarazzarti di me, vero?»

«Oh, Xander, dovresti sapere che…»

Henrick s’interruppe bruscamente, avendo sentito un rumore sulla terrazza. Si girò di scatto e vide Tommy.

«C’è Tommy», disse con sollievo, lasciando la terrazza. «Con il vostro permesso, vi saluto e me ne vado subito a letto.»

«Ciao, Xander!» disse Tommy quando Henrick si fu allontanato. «Su con la vita, c’è una soluzione per tutto.»

Xander si rassenerò all’istante, ricordando che ai vecchi tempi era sempre andato d’accordo con Tommy. Sapeva di potersi confidare con lui e gli spiegò la situazione senza esitare.

«Hai certamente ragione e farò il possibile per aiutarti», disse Tommy alla fine.

«Non vedo perché ti debba lasciar portare via da questo rompiscatole volante. Conta pure su di me.»


Xander non fu molto consolato dalle sue parole. Era venuto a Xanthos soprattutto per vedere Tommy, ma lui gli aveva fatto capire subito che i suoi sentimenti erano cambiati. Questo non significava che ora avesse mentito, naturalmente, ma significava che Xander aveva bisogno di tempo per riflettere.
«Scusami, Tommy, sono molto stanco», mormorò. «Grazie per il tuo aiuto, sei un vero amico. Se non ti rincresce, vorrei andarmene a letto.»

In quel momento Tommy non voleva essere esattamente un “amico”…  perché, da quel ragazzo attraente che era stato un tempo, Xander si era trasfornato in un giovane ragazzo di straordinaria bellezza. Come mai non se n’era accorto prima?

 
Mentre si girava per andarsene, Xander fu folgorato ad un pensiero.

«Perché, perché sei tornato?» Chiese a Tommy. «C’è qualcosa che…»

«Oh,  volevo soltanto che dere a Henrick di prestarmi una delle sue carte nautiche. Ma dato che è andato a letto… A proposito Riley Nilved non c’è?

«No è uscito.»

«Oh, capisco. Be’, sogni d’oro!»

«Grazie, Tommy», mormorò Xander con un sorriso stanco.

In quel momento Tommy soffrì per lui, pur avendo l’impressione che drammatizzasse per nulla. E soffrì anche al pensiero del loro amore… Morto ancora prima di nascere.

Mentre tornava in paese, pensò al motivo della sua visita e rifletté sulla leggenda di Romingua, una storia che aveva acceso la sua immaginazione. Quando giunse al villino, sentì Jury e Ann discutere sommessamente. Poiché s’interruppero di colpo, dedusse  che stavano parlando di questioni private.

«Oh, eccoti qui, Tommy!» esclamò Ann. «Giusto in tempo per darci la buonanotte… stavamo per andare a letto.»

Sembrava che al suo arrivo tutti venissero improvvisamente assaliti dal sonno, pensò lui con amara ironia.

«Dove sei stato?» gli domando Jury. «Credevamo che avessi appuntamento con un ragazzo.

«Sei fuori strada!» rispose Tommy. «Sono tornato alla villa per chidere a Henrick se potevo dare un’altra occhiata a una delle sue carte nautiche.

Alzò le spalle e aggiunse che era arrivato troppo tardi, perché anche Henrick stava per corivarsi.

«Quale carta? Chiese Jury incuriosito.

«Quella del luogo dove sono stato aggredito e ho perso la macchina fotografica.

«Ma perché volevi vederla, Tommy?» volle sapere Jury.

«Perché credo che gli uomini di Strickland si stessero immergendo in quella zona. Ecco perché non volevano che scattassi fotografie. E se cercavano il tesoro di Rominga, come ritiene Riley Nilved, evidentemente il tesoro si trova da quelle parti.» Guardò suo fratello con aria interrogativa. «Non dirmi che non ci hai già pensato! Comunque avevo intensione di controllare il punto in cui è avvenuto l’agguato.»

Jury non poté trattenere un sorriso. C’era da aspettarsi che un ragazzo intelligente come Tommy avrebbe subodorato la verita! Meritava di conoscere tutta la storia. In fin dei conti non c’era motivo di tenerla segreta.

«Sì, Tommy sono sicuro che Ann e io abbiamo lavorato per a Strickland in quello stesso luogo», disse. «Ma Riley ha elaborato una storia molto intertessante su quel tesoro. Secondo questa teoria, le reliquie sono state salvate dai superstiti del naufragio e portate sulla terra  più vicina… Xanthos.

«Come hai detto?» chiese Tommy, fissandolo sbigottito.

 
Era una serata calma e soltanto gli sporadici richiami degli uccelli notturni rompevano il silenzio nella parte settentrionale dell’isola di Xanthos, una landa selvaggia dove gli abitanti dell’isola non si avventuravano mai.

Ma quella sera due persone risalivano il pendio boscoso… una donna agile e snella seguita da un uomo atletico e vigoroso. I due camminavano lentamente e osservavano il terreno come se stessero cercando qualcosa.

A un tratto Xena si fermò e si voltò a guardare Riley con il quale aveva ormai instaurato un rapporto confidenziale e a cui si rivolgeva dandogli del “tu”.

«Il sentiero finisce qui, Riley», disse. «Una volta mi sono spinta più oltre, senza esito.

Giunsero alla sommità della collina passando fra i cespugli e macigni, quindi guardarono l’impenetrabile boscaglia che si stendeva ai loro piedi. La discesa fu assai difficile, perché dovevano aggirare enormi macigni e passare fra rovi che artigliavano i loro vestiti.

Finalmente Xena si fermò in una piccola radura.

«Sono sicura che mio padre e io ci siamo fermati qui. Ha detto che il luogo era qui vicino… ne era sicuro. Poi ha cominciato ad ansimare e siamo dovuti tornare indietro.

Come aveva già detto a Riley, suo padre avrebbe voluto tornare sul luogo per continuare la ricerca, ma le condizioni del suo cuore non gliel’avevano permesso.

Riley provò un senso di delusione, perché in quel luogo non c’era nulla che assomigliasse lontanamente a un tempio, ma Xena non sembrava per nulla scoraggiata.

«Proviamo a scendere ancora un poco», insistette.

«Avrei dovuto portare un machete», scherzò lui mentre procedevano nella boscaglia scostando i rami che li sferzavano in viso. Scesero finché il terreno divenne pianeggiante e a un tratto Xena lanciò un grido eccitato.

«Garda Riley! Guarda laggiù!»

Davanti a loro si ergevano due colonne di pietra quasi nascoste dalla vegetazione.

«Be’, ho visto dei templi migliori,» osservò Riley un po’ deluso. «Vediamo se nei dintorni c’è qualche altra rovina.»

Scostarono i rovi intorno alle colonne, ma non trovarono nulla d’interessante.
Finalmente interruppero la ricerca, vinti dalla stanchezza.


«Oh, Riley, doveva essere un tempietto da nulla», osservò Xena. «Non… non è imponente come me l’aspettavo.»

Riley si girò a guardarla e vide l’espressione mortificata del suo viso. Un ricciolo le cadeva sulla fronte e le sue guance erano striate di polvere. Le prese la mano per consolarla… e la scintillà scoccò di nuovo, come alcuni giorni prima, quando una semplice occhiata era bastata per farli sentire un solo essere.

Riley le sfiorò delicatamente le labbra con le proprie, ricevette una risposta incoraggiante e la baciò con passione. Rimasero abbracciati per un lungo momento, poi si separarono a malincuore. Ora lievi nubi veleggiavano nel cielo coprendo la luna con volute di madreperla e soffiava un a leggera brezza. Xena fu scossa da un brivido e Riley se ne accorse.

«Comincia a far freddo», mormorò con dolcezza. «Non credi dovremmo tornare?»

«No!» protestò lei. «Non ancora. Mio padre era così sicuro… Ricordi le parole della sua registrazione? «Hanno sepolto il loro tesoro ed eretto un tempio per proteggerlo”. Oh Riley, cerchiamo ancora un momento, ti prego.

Lui le sorrise e le diede un bacetto sulla punta del naso.

«Come potrei rispondere no a una preghiera così gentile? Diamo un’occhiata a quelle pietre.»

 
Mentre Riley si apriva un varco fra i rami, a un tratto la terra gli cedette sotto i piedi e lui si accoese di cadere. Precipitò in quello che gli parve un pozzo, urtò una lastra di pietra e cercò di aggrapparsi, ma questa si spezzò e gli cadde addosso. Fu trafitto da un dolore lancinante e perse i sensi per un attimo, ma si riprese subito. Sentì più in alto l’urlo terrorizzato di Xena e gridò con tutte le forze:

Sta indietro, c’è un buco sotto i cespugli! Non avvicinarti!

Lei si gettò per terra, sbirciò oltre il ciglio del buco e vide una scalinata in rovina, di cui mancavano vari gradini. Ignorando le proteste di Riley, si calò oltre il ciglio e scese da lui.

«Non posso nuovermi», ansimò Riley, accennando alla pesante lastra di pietra che lo opprimeva. «Mi dispiace, Xena, ma non riesco a liberarmi.»

Lei cercò freneticamnete di spostare la pietra, ma i suoi sforzi non servirono a nulla. Alla fine guardò Riley negli occhi, cercando d’infondergli coraggio e fiducia.

«Vado a cercare aiuto!» disse risolutamente. «Tornerò al più presto.»

«Xena…» mormorò lui a fatica.» Qualunque cosa succeda… vorrei dirti che ti amo. Te ne ricorderai, vero?»

«Oh Riley!» esclamò lei, commossa e felice, stentando a trattenere le lacrime. «Resisti! Tornerò prestissimo!»

Risalì fino al ciglio della buca e corse verso il paese.

 
Quella stessa notte Xander continuava a rigirarsi nel letto. Si vergognava del proprio sfogo contro i suoi genitori e si rendeva conto che avrebbe dovuto conservare la calma. In fin dei conti loro agivano soltanto per il suo bene.
Finalmente scivolò nel sonno, ma si svegliò quasi subito di soprassalto, Ch cos’era quel rumore sotto la finestra? Ecco, lo aveva sentito di nuovo! Per un momento giacque rigidamente in ascolto, poi si arrischiò a scendere dal letto e accostarsi alla finestra.

Vide una figura sul sentiero e provò una fitta di terrore, ma nello stesso tempo la figura si mosse e un raggio di luna le rischiarò il viso. Era Xena!

Xander lasciò la camera, si precipitò al pianterreno e aprì la porta posteriore per far entrare la ragazza, che si accasciò su una sedia ansimando.

«Oh, Xena… Xena! Che cos’è successo? Non stai bene?» Xander accese la luce e vide le gocce di sangue sul pavimento. «Sei ferita! Che cosa è successo?»

«No, no, sto benissimo! Non preoccuparti, mi sono solamente graffiata passando fra i rovi. Devo chiamare Jury, Riley è caduto in una buca e non riesce ad uscire. Non c’è un istante da perdere!»

«Tu resta qui!» le ingiunse Xander con fermezza. «Hai bisogno di riprendere fiato. Dimmi dov’è Riley, andremo subito a salvarlo! Non prerdere tempo, parla!»

Pur essendo sfinita, Xena si preoccupò del suo datore di lavoro.

«Non dirlo al signor Notron, ti prego, il suo cuore…»

«D’accordo, non gli dirò niente. Parla!»

Pochi minuti dopo Xander, ora in jeans e maglietta, scendeva la collina a rotta di collo. Il villino non gli era mai parso così lontano e, quando sboccò sulla strada costiera, vide all’improvviso un’altra figura solitaria.

Mentre passeggiava lungo il mare, volendo prendere una boccata d’aria prima di dormire, Ann vide a sul volta il ragazzo che gli correva incontro.

«Xander! Che cos’è successo?»

«Riley è caduto in una buca ed è immobilizzato da una pietra… non c’è tempo da perdere, Xena si è ferita alla gamba, sta aspettando alla villa.»

Xander proseguì la corsa e Ann lo guardò un attimo, poi si avviò risoluto verso la villa. Intendeva aiutare Xena in ogni modo possibile.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***






 
 
Capitolo 10


 
 
Jury sentì, bussare alla porta, andò ad aprire e vide Xander. Dall’espressione stravolta del ragazzo, capì subito che era successa una disgrazia.

«Xander. Che cosa c’è? Dimmi tutto!»

«Riley… ha avuto un incidente sulle colline e gli occorre aiuto.»

Jury condusse il ragazzo in cucina  e lui gli espose succintamente gli eventi. Un istante dopo Jury corse al piano di sopra per svegliare il fratello.

Preparati, Tommy, presto! Riley è caduto in una buca sulle colline e dobbiamo salvarlo. Porta delle torce e la cassetta del pronto soccorso. Io vado avanti, tu seguimi.»

«Dove?»

«Alla villa, dove Xena ci dara indicazioni. Al momento dell’incidente era con Riley.»

«D’accordo.» Tommy corse verso la porta, poi si fermò. «Chi ha portato il messaggio?»

«Xander. Tienilo d’occhio, sembra sconvolto.»

Mentre risaliva la collina correndo verso la villa. Tommy rallentò appena raggiunse il ragazzo, ma lui lo esortò a proseguire.

«Non aspettarmi, corri!»

Lui corse avanti e Xander lo seguì più lentamente, arrivando alla villa dopo qualche minuto. Tommy e Jury stavano discutendo con Xena, che voleva accompagnarli per mostrare loro la scorciatoia.

«Se non conoscete le colline, potreste perdere tempo piezioso», insistette la ragazza. «Fra l’altro la buca è nascosta dalla vegetazione, quindi devo condurvi sul posto!»

«Be’…» esitò Jury, guardando la gamba bendata della giovane greca. «Se sei sicura di farcela…»

«Adesso sto bene», gli assicurò Xena, «Ann ha medicato i graffi. Non m’impediranno certamente di camminare!»

Così partirono tutti e tre alla volta delle colline lasciando Ann e Xander alla villa.
«Sembra che questa volta siamo dei semplici spettatori, vero?» sorrise Ann a un tratto.

Xander annuì tristemente. Dovevano aspettare nelle retrovie e pregare il cielo che andasse tutto bene.

 
L’improvvisa spedizione di soccorso era ormai prossima al crinale della montagna. Nonostante i graffi, Xena camminava speditamente e li guidò con sicurezza, spronata dalla sua amorevole ansia per l’infortunato. All’improvviso sentirono dei lontani latrati e si fermarono di colpo.

«È molto strano,» osservò Xander con stupore. «Di solito i cani non abbaiono così forte.»

Ora stavano discendedo il versante della collina, aprendosi faticosamente la strada nella fitta boscaglia che lo ricopriva.

«Ci siamo!» esclamò Xena a un tratto. «Ecco le due colonne. Quello è il tempio e la c’è il buco nel terreno.»

Jury e Tommy scrutarono la zona ma videro soltanto un’intricata boscaglia.
Corsero sul posto  e scostarono i rami, quindi tastarono febbrilmente il terreno.

Finalmente la trovarono… una larga buca nascosta dall’erba, simile a un’enorme tana di coniglio. Xena si sporse oltre il ciglio.

«Riley!» gridò con ansia. «Riley, siamo qui! Riley mi senti?» Il chiaro di luna rischiarava l’interno della buca e lei guardò un momento nella spettrale profondità, quindi si rivolse a Jury. «Non riesco a vederlo! Non riesco… Oh, Riley!»

Con gentile fermezza, Jury lo costrinse a scostarsi dal ciglio. Tommy scese rapidamente nello strano pozzo, giunse sul fondo e proiettò tutt’intorno la luce della torcia.

«Tommy!» gridò Xena angosciata. «C’è Riley?»

«No,» rispose lui. «Continuo a cercarlo.»

«Aspetta!» gli ordinò Jury. «Scendiamo  anche noi,» aggiunse, sapendo che Xena si sarebbe rifiutata a restare in superficie.

Scese per primo, guardando con apprensione la ragazza che lo seguiva. Ma le sue preoccupazioni si rivelarono superflue, perché Xena scendeva con l’agilità di una gatta.

Quando giunsero sul fondo, si guardarono intorno e Tommy indicò la pietra che, secondo il racconto di Xena, aveva tenuto prigioniero Riley.

«Guarda, un’estremità è appoggiata a una sporgenza rocciosa. Forse Riley è riuscito a strisciare via.

Xena scosse risolutamente la testa, asserendo che era impossibile.

«Gli impediva di muoversi, non può essersi liberato da solo. Ho fatto di tutto per spostarla ma…»

Le tremò la vose e Yury le strinse un  braccio per confortarla.

«Continuiamo a cercare,» suggerì con calma.

Trovarono dei cunicoli che prolungavano per qualche metro, brevi gallerie dove sentirono i loro passi echeggiare nel silenzio spettrale.

«Voglio uscire!» bisbiglò Xena, cominciando a provare un senso di  claustrofobia.

«Vengo subito,» disse Tommy, che stava esaminando le incisioni su una pietra in fondo al cunicolo.

Incuriosito, alzò la torcia e vide che si trattava di lettere quasi nascoste dalla polvere, e da terriccio. Erano situate troppo in alto perché potesse ripulirle allungando la mano, così si mise la torcia in tasca per potersi arranpicare alla parete. Mentre cominciava a rimuovere il terriccio dalla superficie degli strani simboli, gli mancò improvvisamente l’appoggio sotto il piede.

Tommy si aggrappò istintivamente a uno dei simboli, stringendolo con forza.

Incredibilmente questo cedette al suo peso e Tommy si ritrovò sul terreno con gli occhi spalancati per lo stupore. Tutta la pozione scolpita della parete rocciosa era ruotata verso l’interno e la luce della torcia rivelò una cavità nella parete.


«Jury!» gridò Tommy, «Vieni a vedere!»

Non ricevette risposta e corse a cercare suo frarello, ma Jury e Xena erano già usciti dal buco. Mentre Tommy risaliva la parete a sua volta, sentì delle voci all’esterno. Non soltanto quelle Jury e di Xena, ma anche una sconosciuta voce maschile.

Continuò silenziosamente l’ascesa, avendo cura di non farsi vedere.

 
Quando giunse al ciglio, vide che Jury e Xena stavano ascoltando un giovane frate.

«Sì», disse il religioso, «si sta ripredendo in fretta. Al monastero, com’è rinvenuto, ha detto che i suoi amici stavano venendo a salvarlo, così sono tornato al più presto per dirvi che…» 

S’interruppe all’arrivo di Tommy e Xena si girò di scatto.

«Oh, Tommy, Riley è salvo!» Esclamò con gioia. «Non è meraviglioso?»

Il monaco si presentò come frate Graig e spiegò come aveva trovato Riley.

Mentre pescava in compagnia di due confratelli, aveva sentito dei cani selvatici latrare furiosamente.


«Ne abbiamo visti tre saltare tutt’intorno come se stessero attaccando qualcuno», spiegò.Così siamo andati a dare un’occhiata. Quando siamo arrivati sul posto, non c’era più traccia dei cani… per fortuna!»

Ispezionando i dintorni, avevano scoperto il buco e trvato Riley privo di sensi. Due di loro erano riusciti a sollevare la lastra che lo immobilizzava, mentre il terzo aveva estratto il corpo esamine di Riley. Grazie al cielo la pietra era rimasta parzialmente appoggiata su una sporgenza rocciosa e Riley se l’era cavata con qualche contusione. Lo avevavno portato fino alla barca e quindi al loro monastero in riva al mare.

«Volete venirlo a vederlo?» domandò frate Graig alla fine del suo racconto.

«Oh, si grazie!» rispose subito Xena, mentre Jury e Tommy si scambiarono un’occhiata consapevole.

«Vorrei parlarti un momento, Jury», disse Tommy sottovoce.

Dato che Xena stava interrogando il frate sulle condizioni di Riley, non ebbe difficoltà a riferire privatamente a Jury della sua scoperta.

«È meglio che per il momento non ne parli agli altri», gli consigliò Jury. «Non c’è motivo di alimentare false speranze.

Si rivolse a Xena e le suggerì di andare al monastero, mentre lui e Tommy  tornavano alla villa per portare la buona notizia.

«Domani verremo al monastero con il battello per riportarci a casa entrambi.»

Xena acconsentì senza esitare e si mise subito in cammino con frate Graig.

Alla villa, Xander e Ann stavano cercando di convincere Henrick a tornare a letto, ma lui non ne voleva sapere. Sosteneva che non era stanco e che non poteva dormire senza la certezza che fossero tutti sani e salvi.

Jury e Tommy tornarono prima del previsto e diedero immediatamente la buona notizia.

«Tutto bene!» annunciò Jury. «Riley è salvo e Xena gli fa compagnia. Potete stare tranquilli.»

Henrick emise un lungo sospiro di sollievo.

«Non scordero mai questa notte», disse con un sorriso. «Bene, adesso vi lascio terminare il vostro spuntino e me ne vado a letto.»

«Un momento» disse Jury, alzandosi a sua volta.  «Tommy vorrebbe mostrarti una cosa.»

Tommy aprì il suo zaino e ne estrasse un oggetto che si rivelò uno scrigno di pietra con due anelli di ferro infissi alle estremità. Lo depose sul tavolo della cucina e gli altri si avvicinarono, fissando affascinati le iscrizioni incise sulla superficie.

Tommy spiegò che, avendo trovato una cavità nella parete, era sceso a esplorarla con Jury.

«E abbiamo trovato questo scrigno», concluse Jury trionfalmente.

Henrick passò il dito sulle iscrizioni e le osservò a lungo, corrugando la fronte mentre rifletteva. Forse, pensò, si trattava del “tesoro” che Riley e Xena stavano cercando. Ma com’era piccolo! Lo zaino di Tommy bastava a contenerlo. O forse quello scrigno di pietra conteneva soltanto una parte del tesoro di Romingua?

L’anziano biologo prese buna decisione e si alzò bruscamente in piedi.

«Dato che, senza il contributo di Riley e Xena, non avremmo mai trovato questo oggetto, dovranno essere presenti quando e se decideremo di aprirlo.» Guardò gli altri per accertarsi che fossero d’accordo, quindi aggiunse: «Bene, allora cerchiamo di dormire. Ma prima di andartene, Tommy, dovresti portare lo scrigno nel mio studio, doce c’è una cassaforte, vecchia ma ancora efficiente.
La prudenza non è mai troppa.»


Quando ebbero rinchiuso il reparto nella cassaforte, Henrick augurò la buonanotte ai Devlin.

«O forse dovrei dire “buon mattino”» sorrise. «Se vi svegliate in tempo, spero che verrete qui a pranzo prima di partire per il monastero.»

 
Dopo pranzo, Jury e Ann partirono in battello per il monastero. Dopo averli acconpagnati al posto, Tommy si ritrovò con qualche ora di libertà.

Gli sarebbe piaciuto vedere Xander. Stranamente, ora, si sentiva attratto dal ragazzo e desiderava stare con lui. Tornò verso la villa e, mentre risaliva il sentiero, lo vide! Provò un immediato tuffo al cuore.

Xander se ne stava seduto sul ciglio del sentiero con un sandalo in mano. Alzò lo sguardò all’arrivo di Tommy, ma il suo viso rimase impassibile.

«Ehi, ciao!» lo salutò lui. «C’è qualcosa che non va? Posso aiutarti?»

 «No, grazie,» rispose Xander scuotendo la testa. «Ho appena scoperto il problema.» Tolse il sassolino  dal sandalo e guardò Tommy con freddezza.

«Volevi vedere Henrick? Credo che dovresti aspettare. Sta riposando sulla terrazza.


«Be’, no… a dire il vero, volevo vedere te.

«Davvero? Per un motivo particolare?»

Tommy non si sarebbe mai aspettato un tono così gelido. A un tratto desiderò che Xander gli accordasse di nuovo la sua fiducia, che si affidasse a lui… che lo amasse.

«Xander», cominciò imbarazzato.

Ma Xander si era già alzato e correva verso la villa. Più confuso che mai, Tommy si limitò a seguirlo con lo sguardo, sapendo che sarebbe stato inutile corrergli dietro.

Cominciò a ridiscendere verso il paese, pentendosi di non essere andato al monastero con Jury e Ann. Be’, tanto, sarebbero tornati presto, si consolò, quindi pensò di andare alla taverna del porto, da dove li avrebbe visti arrivare.
Mentre sorseggiva il caffè, sentì uno scroscio di risate e vide  entrare gli ospiti dell’ostello, allegri e chiassosi come sempre. Pregò il cielo che non lo vedessero, ma la sua preghiera non fu esaudita.

«Tommy! Dove sei stato in tutto questo tempo?» chiesero i ragazzi affollandosi intorno al tavolo.

Per fortuna Alan non era con loro, pensò lui con sollievo. Fece del suo meglio per rispondere gentilmente alle domande, ma appena fu possibile lasciò la taverna, avendo visto arrivare il battello di Henrick.

Stanco della compagnia dei suoi amici, Alan stava ppasseggiando tutto solo sulla banchina. Si fermò a osservare l’arrivo del battello e a un tratto vide Rilay Nilved con la testa bendata.

«Riley!» gridò, mentre lui sbarcava con Xena, seguito da Jury e Ann. «Sei ferito! Che cosa è successo?

Tommy lo vide e rallentò il passo. Non volendo incontrarlo si nascose dietro una pila di casse in fondo alla banchina mentre gli altri salutavano il ragazzo e quindi si dirigevano verso la villa.

Un momento dopo Tommy vide Alan sedersi sul muricciolo di pietra che cingeva il porto e osservare pensosamente il mare. Sembrava triste… che soffrisse per la loro separazione?

Esitò, cercando di analizzare i propri sentimenti. Fra loro era tutti finito, no? Alan glil’aveva fatto capire chiaramente e lui non aveva alcun desiderio di riallacciare la loro relazione. Il vuoto che gli aveva lasciato nel cuore era già stato rienpito da Xander, il suo primo amore. Eppure…

Si sorprese a lasciare il suo riparo e ad andargli vicino.

«Ciao, Alan», lo salutò amichevolmente.

«Oh, sei tu», rispose lui con freddezza, quando fu ripreso dallo stupore per quell’incontro inatteso. «Be’ stavo giusto per andarmene.»

Si allontanò a teta alta, ignorandolo come se fosse un qualsiasi importuno. Tommy si accorse di avvampare e ringraziò il cielo che nessuno avesse assistito alla scena. Si precipitò sulla collina, ansioso di partecipare ai festeggiamenti per il ritorno di Riley.

Lo trovò sulla terrazza comodamente steso su una sdraio. Per tacito accordo, nessuno gli aveva ancora parlato della scoperta di Tommy, perché Jury aveva detto che Riley soffriva per una lieve commozione cerebrale e necessitava di riposo.

All’arrivo di Tommy, Riley stava dicendo che non ricordava nulla del salvataggio. I frati erano stati così gentili che lui non sapeva come ringraziarli, tuttavia erano parsi confusi quando aveva spiegato che stava cercando un antico tempio.

«Non hanno mai sentito parlare di Theocranum?» domandò Henrick.

«Mai,» sospirò Riley, quindi sorrise. «Vi rincresce se faccio un sonnellino?»

Aveva chiaramente bisogno di riposo e gli altri lo lasciarono dormire, pur non vedendo l’ora di mostrargli lo strano scrigno di pietra… e di aprirlo.

«Non fatevi illusioni», li ammonì Henrick quando furono rientrati nella villa.
«Non è affatto certo che contenga oggetti di valore.


Jury si accinse a replicare, ma nello stesso istante arrivò Xena annunciando un visitatore.

«Il signor Julian Giarc, signor Notron. Dice che lei lo sta aspettando.

Henrick Notron la fissò confuso, ma Jury balzò in piedi mentre un giovane alto e bruno enrava nella stanza.

«Giarc! Che cosa ci fai da queste parti?»

Xander intuì la risposta prima ancora che l’uomo aprisse bocca. Un amico di Jury… ma sconosciuto a Henrick… e “atteso”? Doveva essere l’uomo che Elliot, il suo patrigno, aveva inviato con l’incarico di riportarlo a casa.

 
Julian Giarc sorrise e Jury, quindi salutò l’anziano scienziato.

«Sono onorato di conoscerla, signor Notron. Spero di non arrivare in un momento inopportuno.»

«Oh, niente affatto,» gli assicurò Henrick sorridendo cordialmente. «Anzi arriva al momento giusto, perché stavamo per prendere l’aperitivo. Mi permetta di presentarla agli altri, signor Giarc.»

Ma Giarc notò che, mentre effettuava le presentazioni, l’anziano biologo sembrava assai teso.

«E naturalmente conosce già Jury Devlin…»

«Sì, una volta abbiamo lavorato insiene», disse Giarc. «Ma erano secoli che non ci vedevamo, Jury! Come vanno le cose , vecchio mio? Quindi si rivolsea Xander. «Così viaggeremo insieme, Xander. Sarò ben felice di avere la tua compagnia durante il volo di ritorno.» Ma il ragazzo non sembrava altrettanto entusiasta e lui non resistette alla tentazione di provocarlo un poco.

«Stringiamoci la mano,» propose con un sorriso.


Sotto lo sguardo attento degli altri, Xander non poté ignorare l’invito. Si strinsero brevemente la mano e Giarc continuò a guardarlo amichevolmente, sebbene i suoi occhi castani avessero perso la luce scherzosa di prima.

Xander si era proposto di dirgli che non aveva voglia di tornare in Scozia con lui, ma il suo arrivo improvviso l’aveva colto alla sprovvista. Per fortuna Giarc non pretese una risposta immediata, ma cominciò a parlare con gli altri mentre Xena serviva da bere.

Più tardi, durante l’eccellemte cena. Giarc si sorprese a sbirciare spesso il ragazzo che avrebbe dovuto riportare a casa. Com’era bello! E perché, si chiese non per la prima volta, Elliot gli aveva chiesto di “dargli un passaggio” quando era evidente che lui aveva tutte le intenzioni a rimanere in Grecia.

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Capitolo 11
*** 11 ***


 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo 11


 
 
Dopo cena Xander lasciò gli altri e uscì sulla terrazza a godersi la deliziosa frescura della sera. Sperava di avere fatto capire che intendeva starsene solo, ma Julian lo seguì.

«Posso farti compagnia?» chiese gentilmente, quindi aggiunse senza dargli il tempo di rispondere: «Che magnifica vista.»

«Oh, sicuro», convenne lui con freddezza, cercando le parole giuste per informarlo che non intendeva tornare in Scozia, ma Julian lo prevenne di nuovo.

«Tu non hai voglia di tornare in Scozia, vero? Ho l’impressione di essere soltanto io a volerti nel mio aereo.»

Xander si acostò al muricciolo della terrazza e si sedette fissandosi le mani.
«Per amor del cielo, non te la senti nemmeno di guardarmi?» chiese Julian.
Xander rizzò la testa e, per la prima volta da quando si erano conosciuti, lo guardò in viso, scoprendo con immenso stupore che Julian gli stava rivolgendo un sorriso comprensivo. Julian da parte sua, scorse nelle profondità dei suoi occhi turchini un eccitante lampo di sfida.

«Oh, sì, signor Giarc, me la sento benissino di guardarla! E non ho difficoltà ad ammettere che il mio atteggiamento nei suoi confronti non è stato precisamente amichevole. Le chiedo scusa, perché lei non ha nessuna colpa di questa storia.»

«Ne sei proprio sicuro?» lo sfidò lui con un sorriso sornione.

«Voglio dire che non ho niente contro di lei, ma il suo arrivo mi ha colto alla sprovvista. Non l’aspettavo così presto.»

«Se fossi arrivato più tardi, saresti stato felice di vedermi?»

«Non esattamente. Vede, non so come spiegarglielo, ma…»

«Ma non vuoi partire con me. Be’, in questo caso devi soltanto dirlo, perché nessuno può obbligarti a seguirmi. Oppure sì?»

Julian non seppe mai perché avesse  rivolto quella domanda, ma capì subito che la freccia aveva colto nel segno. Xander si morsicò il labbro e distolse il viso, ma non prima che lui avesse visto le lacrime luccicargli  sulle ciglia.

«Non so quale sia il tuo problema, ma sembra abbastanza grave», osservò Julian con gentilezza. «Che cosa ne diresti se provassimo a risolverlo insieme?»

Commosso dalla sincerità del suo tono, Xander si girò a guardarlo con una sensazione di sollievo.

«Grazie», mormorò accennando un sorriso. «Io…» S’interruppe dal momento che Jury comparve sulla soglia della porta-finestra e si rivolse a loro.

«Ehi, voi due!» li chiamò allegramente. Sono arrivati il caffè e i liquori.»

«Veniamo subito», rispose Xander scendendo dal muricciolo.

Poco dopo, mentre Julian parlava con Jury. Tommy si avvicinò a Xander.

«Come l’ha presa, allora?» gli domandò sottovoce.

«Che cosa?»

«La notizia che non parti con lui. Ha…»

Per fortuna Xander non dovette rispondere all’imbarazzante domanda, perché in quel momento Jury e Julian si unirono a loro mentre Henrick deponeva le tazze e i bicchieri sul tavolino. In seguito tutti parlarono di Xanthos, di cui Julian non sapeva quasi nulla.

A causa dell’arrivo di Julian Giarc, quella sera non vi fu modo d’informare Riley della scoperta di Tommy.

 
Alla fine della serata, Julian suscitò qualche sorriso ringraziando il signor Notron per l’eccellente cena e dicendo che sarebbe andato a cercare alloggio in un albergo locale.

«Quale albergo. Julian?» rise Jury. «Be’, forse hai dormito in posti peggiori, ma in ogni caso non posso raccomandarti il pavimento della taverna!

«Certo non lo permetteremmo mai di alloggiare altrove», intorloquì Henrick.

«Qui lo spazio abbonda a sarò felicissimo di ospitarla.»


Quando Julian lo ebbe ringraziato calorosamente. Henrick gli chiese quanto tempo si sarebbe fermato sull’isola.

«Quando tornerà in Scozia? Credo che non abbia ancora discusso la data della partenza con Xander, ma spero non debba partire subito.»

«Lei è molto gentile, signor Notron» disse Julian riflettendo rapidamente. «Se devo essere sincero, non so quanto mi fermerò. Devo parlarne con i miei collaboratori e spero che domani mattina mi permetterà di usare il telefono.»

«Sì, certamernte, non ci sono problemi. Forse potrà convincerli a lasciarlo qui  per qualche giorno.

Il mattino seguente, come d’accordo. Jury, Ann e Tommy tornarono alla villa dopo colazione. Scoprirono con stupore che, per fare piacere a Julian, Xander l’avrebbe accompagnato a visitare l’isola prima della partenza.

«Così intende partire con lui?» domando Tommy incredulo.

«Pare di sì… o almeno, non ha detto il contrario», rispose Henrick. «Ma non sanno quando partiranno. Julian non è riuscito a comunicare con i suoi collaboratori, ma riproverà al suo ritorno dall’escursione. Adesso vieni nel soggiorno, Riley ci sta aspettando.

Xena fu chianata affinché descrivesse la sua parte nella scoperta del tempio. Sapendo che ormai tutti avevano intuito la natura del suo rapporto con Riley, la ragazza parlò con calma e sicurezza.

Rivolgendosi a Riley che ormai si era ripreso dal trauma, raccontò che era corsa a cercare aiuto e che Xander si era precipitato a chiamare Jury.

A quel punto Jury proseguì il racconto, raccontando che lui e Tommy, guidati da Xena, avevano trovato il pozzo di Riley era caduto.

«Abbiamo cercato dappertutto ma tu non c’eri, poi Xena e io siamo risaliti mentre arrivava quel frate. Ci ha detto che ti avevano trovato e portato al monastero.» Jury tacque un momento, poi aggiunse: «Ma Tommy non  era risalito con noi e aveva trovato qualcosa… qualcosa che siamo trornati a prendere.

 
Tommy depose lo scrigno di pietra sul tavolo.

«Abbiamo trovato questo», disse, mentre Riley lo fissava attonito.

«Dove? E di che cosa si tratta?»

Tommy descrisse le circostanze della scoperta.

«Non l’abbiamo ancora aperto», aggiunse Henrick. «Abbiamo deciso di aspettarti, perché sei stato tu a promuovere la ricerca. Ma adesso…»

Si avvicinò alla strana cassetta di pietra e Riley sbirciò Xena, che fece un entusiastico cenno di assenso. Henrick provò a tirare la parte superiore dello scrigno, ma il coperchio di pietra non cedette di un millimetro.

«Posso provare?» chiese Tommy, chinandosi sullo scrigno.

Ricordando che una pressione accidentale su un bassorilievo aveva spalancato una parte della parete sotterranea, ora tastò la superficie della cassetta di pietra premendo qua e là a casaccio. A un tratto, come per miracolo, il coperchio si alzò.

Tutti gli astanti emisero un sospiro di delusione quando videro il contenuto dello scrigno: una raccolta di sassolini.

Dopo un momento Tommy guardò gli altri con stupore, Quelle pietruzze non assomigliavano ai sassi che lui raccoglieva da bambino, apparivano coperte di segni e le più grandi erano scolpite in forma di persone, simili a minuscole bambole.

Bambole… giocattoli per Bambini? Tommy non riuscova a raccapezzarsi.

«Che cosa sono?» chiese confuso. «Voglio dire… non sapevo che cosa aspettarmi ma questi sassi mi sembrano un po’ deludenti.»

Vi fu una lunga pausa di silenzio, poi Riley disse:

«Queste pietre sono gemme sacre. Anticamente si riteneva che avessero dei poteri magici e aiutassero a realizzare i desideri.

«Sì, Riley ha ragione», convenne Henrick. «Non sono uno specialista come lui, ma so che questi “intaglios”, ossia gemme scolpite, proteggevano le antiche tribù contro la sventura ed erano tenute in grande consuderazione.» Guardò a turno ognuno dei presenti. «Sono sicuro che questo è il tesoro perduto di Romingua.»

«Credo che queste reliquie debbano essere restituite ai loro legittimi proprietari», asserì Riley con fermezza.

Tommy prese una pietra bluastra, sfaccettata come un diamante.

«Sì, ricordo che un professore ci ha parlato di queste gemme sacre. Nei musei sono tenute sotto chiave..» Tornò a rimettere la pietra nella cassetta. «Che cosa faremo. Allora?»

Sembrava che nessuno fosse in grado di proporre una soluzione, In fin dei conti con capitava tutti i giorni di trovarsi alle prese con un simile problema!
Finalmente Henrick si alzò e richiuse il coperchio della cassetta, quindi guardò gli altri con aria meditabonda.

«Dobbiamo riflettere», disse gravemente.  «Riley, credo che dovresti esaminare meglio queste gemme e decidere il da farsi.»

 
Anche il secondo tentativo di Julian di comunicare con il suo ufficio scozzese si rivelò infruttuoso.

«Non rispondono!» sospirò esasperato, rivolgendos a Henrick. «Forse sono tutti via per affari urgenti. Proverò a richiamare più tardi.»

«Quanto mi riguarda, può rimanere qui finché vuole», gli assicurò Henrick, quindi incoraggiò Xander ad accompagnare il loro ospite in un giro turistico per l’isola.

 Xander e Julian scesero al porto, lo attraversarono e presero il sentiero che s’inoltava nel bosco.

«Dalla cima della collina si gode una vista meravigliosa», Xander ma entrambi sapevano che non andavano là soltanto per  guardare il panorama.

Quando giunsero sulla vetta, indugiarono un momento a spaziare sull’imensa distesa azzurra del Mediterraneo. Il sole era caldo, il cielo sereno e soltanto il ronzio degli insetti e soprattutto il canto delle cicale turbava il profondo silenzio.

Julian sbirciò Xander con la coda dell’occhio, non sapendo bene come cominciare il suo discorso. Finalmente inspirò a fondo e si lanciò a capofitto.
«È venuto il momento di prendere una decisione, non credi? La notte scorsa ho riflettuto parecchio e mi è venuta un’idea.»

«Quale?» domandò Xander stupito.

«Un’idea per esonorarti dal seguirmi in Scozia, visto che proprio non vuoi partire.

«Che cosa vorresti fare?» 

Julian spiegò che aveva pensato di fingere che il suo ufficio gli avesse ordinato di volare subito a Cipro. Xander rifletté in silenzio e Julian chiese.

«Vuoi spiegarmi qual è il tuo problema? Se lo conoscessi, forse potrei aiutarti a risolverlo.

«Non è facile da spiegare,» mormorò lui.

«Sai una cosa?» osservò Julian, cambiando deliberatamente argomento per aiutarlo a rilassarsi. «Questo luogo mi ricorda la Scozia. Gli alberi, le colline, le rocce… Dove sei nato?»

«Vicino a Edimburgo,» rispose Xander. «Mio padre era un botanico, specialista in flora alpina. Voleva scoprire nuove specie e per questo ha conosciuto il fotografo Frank Elliot, che in seguito è diventato il mio patrigno.» Tacque un momento, offuscandosi in viso. «Adoravo mio padre e, quand’è morto…»

Gli s’incrinò la voce e si ricompose a fatica ma Julian comprendendo il suo bisogno di sfogare il dolore che si teneva dentro da troppo dentro, lo indusse a parlare ancora. Così Xander gli disse di suo padre, spiegando che gli voleva molto bene e che aveva soffeto immensamente quando lui era morto nell’Europa orientale sotto una frana, era andato a visitare la tomba  con sua madre e la polizia li aveva arrestati entrambe. Gli parlò della loro detenzione in Russia, della fuga, del matrimonio di sua madre con Frank, che aveva organizzato ogni cosa… e della sua attuale presenza all’isola.  

«Credo che la mia venuta a Xantos si possa definire una fuga», concluse.
«Per quale motivo sei fuggito?»

«Be’ temo che questo motivo non esista più», rispose Xander confuso.

Julian fu commosso dalla sua storia e Xander, da parte sua, si sentì sollevato dal fratello che l’aveva oppresso fino a quel giorno. Finalmente si era potuto confidare con qualcuno… con una persona che lo capiva! Ma entrambi sapevano che non si era aperto completamente. Non gli aveva parlato della sua relazione con Tommy, il vero motivo della sua venuta a Xanthos.

«Sbagliando s’inpara», lo consolò Julian con un sorriso. «In che modo posso aiutarti, allora?»

«Non… non lo so», mormorò Xander. «Temo che nessuno possa aiutarmi!»

«Oh, non dire sciocchezze, Xander» sbottò Julian esasperato.

Xander gli confidò il suo ultimo segreto e Julian l’ascoltò pazientemente.

«Capisco», disse alla fine. «Allora devo raccontare che mi hanno ordinato di volare subito a Cipro? Che non ti posso riportare in Scozia?»

«Non lo so», mormorò Xander.

«Be’, adesso dovrei tornare alla villa», dichiarò Julian. «Devo fare questa benedetta telefonata.

«Prima hai solamente finto di telefonare, vero?»

«Ebbene, sì, lo confesso. Volevo sapere che cosa ne pensavi della mia idea, e sto ancora aspettando…»

«Possiamo tornare alla villa. Rifletterò lungo la strada,» mormorò Xander.
Discesero la collina in silenzio. Quando giunsero alla strada costiera, Xander si fermò.

«Qui vicino c’e una taverna», disse a Juliani. «Vogliano andare a prendere un caffè?»

«Ottima idea», approvò lui, pensando che sotto il pergolato di una taverna, sorseggiando un ottimo caffè alla greca, avrebberro potuto mettere in chiaro parecchie cose.

 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        
 
 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
                                                                                                                                                                          
 
 
 
 
Capitolo 12


 
 
Ma il destino decretò altrimenti, perché al loro ingresso nella taverna un ragazzò alzò lo sguardo e s’illuminò in viso quando vide Xander. Era Alan, che non lo vedeva dal giorno della sua misteriosa scomparsa.

Una volta effettuate le presentazioni, Xander e Julian si sedettero con lui.

Furono soprattutto i due ragazzi a parlare e Julian ascoltò con interesse mentre Xander eludeva abilmente le domande troppo imbarazzanti. Notò tuttavia che rispondeva esaurientemente alle ansione domande si Alan sul conto di Riley Nilved.


«Volevo telefonare alla villa per avere sue notizie, ma temevo di disturbare», disse Alan.

«Perché non vieni con noi adesso?» gli propose Xander d’impulso.

Così il ragazzo li seguì alla villa e il caso volle che incontrasse subito Tommy. Mentre risalivano, lo videro seduto sul muricciolo della terrazza. Stava parlando con Riley, che li salutò cordialmente e si alzò subito in piedi. Dopo aver scambiato qualche parola, Xander e Julian entrarono nella villa, volendo parlare un momento in privato prima che Julian telefonasse al suo ufficio. Nel frattepo Tommy e Alan cercarono d’ignorarsi mentre Riley parlava con entrambi.

Riley sbirciò dall’uno all’altro, dapprima perplesso, poi preoccupato. Essendo abituato a parlare senza peli sulla lingua, caricò come un toro in un negozio di cristalleria.

«E va bene, ditemi tutto. Che cos’è successo fra voi due?»

Entrambi furono colti di sorpresa dalla domanda. Alan piu estroverso di Tommy, fu il primo a reagire.

«Che cosa dovrebbe essere successo? Non capisco quello che vuoi dire.»

Ma abbassò lo sguardo qualdo Riley lo guardò negli occhi. Poco dopo lui si rivolse a Tommy.

«Tu hai capito quello che voglio dire, vero?»

Tommy non rispose, ma nello spazio di un breve istante capì quello che da tempo cercava d’ignorare. A un tratto ne fu anche fin troppo consapevole… amava ancora Alan e l’avrebbe sempre amato. Ma era destinato a soffrire, perché lui lo disprezzava profondamente.

Così rimase in silenzio e Riley li osservò entrambi. Quando Tommy rizzò la testa e si arrischiò a guardare Alan. Riley emise un lungo sospiro e si alzò in piedi.

«Coraggio, alzatevi!» ingiunse imperiosamente ai due giovani. Sorpresi da quell’ordine, entrambi ubbidirono automaticamente e Riley rivolse a loro un sorriso incoraggiante. «Forse dovrei sbattervi le teste una contro l’altra, ma mi limiterò a darvi una spintarella.»

Posò la mano sulla schiena di ciascuno dei due giovani e li spinse uno verso l’altro. Alan vacillò leggernente, ma Tommy lo sorresse… e lo tenne fra le braccia mentre Riley si affrettava a togliersi di mezzzo.

 
Poco prima dell’ora di pranzo, quando Julien e Xander  entrarono nella villa, Henrick apprese con piacere che Julian era entusista dell’isola e suggerì al suo ospite di chiedere ai suoi collaboratori il permesso di fermarsi ancora qualche giorno.

«Telefoni pure dallo studio», lo esoertò. «La sarà più tranquillo.»

Quando Julian lasciò la stanza, Xander si affrettò a seguirlo, sapendo che lui avrebbe voluto parlargli ancora prima di telefonare. Lo trovò davanti alla finestra dello studio, intento ad ammirare  l’azzurra distesa del Mediterraneo. Indugiò un momento a osservarlo, pensando  che sapeva  pochissime cose sul suo conto… a parte il fatto che ai tempi aveva lavorato per Frank per la causa della libertà in Unione Sovietica.

Julian si girò soltanto quando Xander ebbe chiuso la porta con un lieve rumore.

«Bene, hai preso una decisione?» gli chiese gravemente, ma Xander colse il lampo scherzoso del suo sguardo.

«Se decidessi di rimanere, tu cosa faresti?» chiese di rimando.

«Quello che ti ho già proposto, e farei in modo di poter restare qui ancora qualche giorno. Direi al signor Notron che purtroppo mi hanno ordinato di andare a Cipro e che quindi non posso portarti in Inghilterra come mi era stato chiesto.

Perplesso Xander corrugò la fronte.

«Ovviamente telefonerò a Frank e gli spiegherò tutto», continuò Julien. Quanto al resto, dipende soltanto da te.» Gli rivolse un sorriso incoraggiante, ma Xander rimase serio. «Hai qualche altro problema, Xander?»

«Non capisco perché tu voglia chiedere il permesso di rimanere qui ancora qualche giorno, visto che intendi dire a Notron che ti mandano a Cipro.»

«Davvero non lo capisci?» domandò lui lentamente, e Xander credette di scorgere la delusione nelle profondittà dei suoi occhi castani. «Speravo proprio che l’avresti capito. Bene, la spiegazione è semplicissima: voglio restare con te. Non sopporto l’idea di lasciarti.»

Così Julian lo contraccambiava!  Xander aveva tenuto di essere il solo a soffrire per l’imminente separazione. Per un momento non osò credere di avere capito bene. Era veramente successo anche a lui… e in così poco tempo?
«Ache cosa stai pensando, Xander?

«Che mi sembra di conoscerti da sempre, anche se ci siamo incontrati pochi giorni fa», rispose lui con franchezza.

Lo guardava con una strana intensità e Julian provò un senso d’imbarazzo.
«Devo fare questa telefonata», ripeté vivacemente. «Se vuoi dirmi le tue intenzioni.»

Xander cercò di concentrarsi sulle necessità contingenti.

«Credo che dalle menzogne non possa nascere niente di buono», rispose finalmente, guardandolo negli occhi. «E non ho certamente il diritto di coinvolgerti in un inganno.»

«Vuoi dire che non dovrei ungannare il signor Notron con la storia di Cipro? Be’, per me va benissimo, ma… per te?»

Xander accennò un tremulo sorriso.

«Come hai detto, il resto dipende da me. Telefona pure, fa’ quello che ti sembr meglio. Quanto a me…. credo che riusciro a cavarmela come sempre.»

«Se dovessi seguire il mio istinto, ti porterei a bordo del mio aereo e volerei nel profondo del cielo. Credi che questo corrisponda alla tua idea di “cavartela”?»
Xander, annuì, ridendo, e in quel momento entrambi capirono che fra loro si era stabilita una corrente di comprensione totale e profonda. Julian sentì che Xander lo avrebbe seguito sempre e ovunque.

«Ci vediamo fra qualche minuto», disse, aprendogli la porta dello studio.

«Quando dirò al signor Notron che partiamo insieme.»


Mentre Xander parlava con Henrick, Riley Nilved rientrò nella villa.

«Avrai parecchi ospiti a pranzo», annunciò, sapendo che Henrick non chiedeva di meglio. Xander e Julian hanno portato Alan.»

«Sì. Xander me l’ha appena detto», sorrise Henrick. «Sono ben felice di averlo, naturalmente. Dov’è a proposito?»

«Ancora sulla terrazza con Tommy», rispose Riley strizzandogli l’occhio.

«Stanno… be’, si potrebbe dire che si stanno ritrovando.»


«Tommy e Alan?» domandò Henrick con stupore. «Be’, chi l’avrebbe mai detto! Oh, ecco Julian… È riuscito a parlare con i suoi collaboratori, signor Giarc?»

«Sì, grazie», eispose Julian, ma non sembrava per nulla soddisfatto.

«Finalmente mi hanno risposto, ma… be’, pare che ci sia un imprevisto.»

Rivolse a Xander un’occhiata contrita. «Mi hanno ordinato di tornare a Rodi al piu presto.»


«A Rodi!» esclamò Henrick. «Oh, santo cielo! E Xander, allora?»

«Mi rincresce immensamente, ma non posso accompagnarlo in Scozia», rispose Julian con aria desolata.

«Mi dispiace abbandonarti così, Xander.»

Lui cercò di celare il proprio disappunto per il contrattempo.

«Ti dispiace di non portarmi via, vorrai dire!» replicò, costringendosi a sirridere. «Ma non preoccuparti, sono venuto qui con i miei mezzi e posso benissimo tornare a casa da solo!»

In quel momento giunsero Jury e Ann. Erano andati al porto per togliere la loro attrezzatura dal battello di Notron e sentirono le ultime parole di Xander.

«Che cos’è questa storia? Perché vuoi tornare in Scozia da solo?» domandò Jury.

Julian spiegò brevemente che aveva ricevuto dei nuovi ordini.

«Allora perché non torni con noi, Xander? Suggerì Ann. «Partiremo domani o dopo.»

Tutti approvarono la proposta, Henrick, in particolare, fu felice del fatto che Xander potesse tornare a casa con i Delvin, e perfino Julian si sentì più tranquillo.

Appena fu possibile, si appartò con Xander per parlare in privato e gli disse che sarebbe partito con il traghetto del pomeriggio di lì a due giorni.
«Così restano quarant’otto ore di tempo. Adesso so come si sentono i condannati alla vigilia dell’esecuzione.»

La voce di Henrick li interruppe.

«E l’ora dell’aperitivo!», annunciò sorridendo benevolmente. «Vi consiglio un buon vino bianco.»

«Vado a dirlo a Xena», si offrì subito Riley.

Trovò la ragazza in cucina e la guardò disporre le olive intorno a un suotuoso piatto di frutti di mare.

«Non vedo l’ora che tu cucini per me!» disse dopo un momento.

«Mi vuoi solamente come cuoca?» lo sfidò lei scherzosamente.

Eluse il rapido movimento di Riley e ricevette il suo bacio sulla punta del naso.
Scoppiarono entrambi a ridere e lui si ripromise di baciarla in un momento più opportuno.


Mentre gli altri sorseggiavano l’aperitivo, Julian andò nello studio per telefonare a Frank, ma apprese da Margot che era uscito a fotografare alcuni falchi pellegrini.

«Deve riferirgli qualcosa? chiese Margot, poi aggiunse con un’intuizione inprovvisa: «Riporti Xander a casa, vero?»

Lui spiegò l’imprevisto meglio che poteva.

«Ma andrà tutto bene», concluse. «Xander partirà con i Delvin.»

«Oh, bene!» approvò Margot. «E come stanno i Delvin? Tommy è con loro, vero?»

«Oh stanno benissimo, per quanto mi risulta. Quanto a Tommy, pare che abbia perso la testa per un ragazzo che ha conosciutio a Xanthos, una vera bellezza! È meraviglioso essere giovani, verò?» rise Julian come se non avesse più l’età di simili follie.

 
Henrick Notron guardò i commensali con un misto di gioia e di tristezza. Poteva considerarsi fortunato di avere la compagnia di quei giovani.

Certo, si disse, ora doveva tornare alla sua terra natale… ma prima doveva fare qualcosa: scrivere una relazioine sulla sua ultima scoperta, sulla conferma della sua teoria. Terminto quel lavoro, sarebbe tornato in Scozia, il paese dove intendeva finire i suoi giorni. Ma avrebbe conservato quella villa a Xanthos e vi avrebbe passato le vacanze. Inoltre doveva pensarea Xena e tutto lasciava supporre che non fosse l’unico a interessarsi della ragazza. Anche Riley Nilved sembrava ansioso di provvedere al suo futuro.

Nel corso del pomeriggio, Tommy riaccompagnò Alan all’ostello, ma prima di arrivare alla strada costiera, i due giovani svoltarono nel bosco. Tommy attirò Alan a sé e lo strinse con una passione quasi disperata, riluttante a lasciarlo.
Quando arrivarono al cancello dell’ostello, Alan si scostò un poco da lui è guardò le loro mani intrecciate. Sul mignolo Tommy portava l’anello che Jury e Ann gli avevano regalato il giorno del suo diciottesimo compleanno.

Con un gesto impulsivo, Alex si sfilò il cerchietto d’oro e lo trasferì sul dito di Alan, scoprendo che vi si adattava perfettamente.

«Alan, vuoi portarlo? Finché non te ne avrò regalato un altro, naturalmente.»

«Tommy» esclamo lui con gli occhi luccicanti di commozione.

«Ci vediano stasera», disse lui gentimente. «Ti aspetterò alla taverna dalle dieci in poi.»

Ogni dubbio era svanito… non soltanto Tommy sentiva che lui e Alan erano fatti l’uno per l’altro, ma lo sapeva.

Quando arrivò al villino, Jury e Ann erano già occupati a preparare i bagagli.
«È tutto sistemato», lo informò Jury. «Ho prenotato cinque posti su traghetto di dopodomani.»

«Cinque?»

Sì, Julian ci accompagnerà fino a Ephira, dove c’è il campo d’aviazione più vicino. È là che ha lasciato il suo aereo.»

«Oh, capisco. A dire il vero non so bene che cosa gli abbia impedito di portare Xander a casa. Non ero presente, quando lo ha spiegato.»

«No, eri occupato con Alan», sogghignò Jury. «Devo dire che ammiro la tua scelta più della sua» aggiunse scherzoramente, quindi spiegò a Tommy che Julian aveva improvvisamente cambiato programma.

Cenarono in fretta, poi Ann dichiarò che voleva ripulire le stanze al primo piano, Jury disse che doveva scrivere il suo rapporto Henrick.

«Siete d’accordo se esco un momento?» chiese Tommy?

«Certamente», gli assicuro il fratello distogliendo un attimo lo sguardo dai suoi appunti. «Salutami Alan!»

Lavorò per qualche tempo e a un tratto si accorse che la casa era stranamente silenziosa. Salì a vedere che cosa stava facendo Ann e la vide uscire dal bagno, quindi sedersi sull’orlo con il viso pallido e tirato.

«Santo cielo. Che cosa c’è?» le chiese con ansia, sedendosi accanto a lei e cingendole le spalle. «Dobbiamo chiamare un medico?»

Ann lo guardò con un sorriso divertito.

«Oh, non dire schiocchezze! Spereavo di sfuggire alle nausee tipiche della gravidanza, ma evidentemente non faccio eccezione. Per tua regola, t’informo che questa è già la terza volta in tre giorni.» Prese la mano di suo marito e la strinse affettuosamente fra le proprie. «Preferisci un maschietto o una femminuccia? Oppure fa lo stesso?»

 
Il giorno seguente Xander si alzò presto, uscì sul terrazzo e ammirò gli spendidi colori dell’alba. Soffuso di un intenso rosa a oriente, il cielo si stemperava in un pallido celeste e una brezza increspava leggermente l’acqua di mare. Una lieve caligine velava ancora le vette più alte di Xanthos, ma di lì a poco il giorno l’avrebbe dispersa.

A un tratto Xander si girò e vide  Henrick al proprio fianco. L’anziano scienziato parve percepire la sua riluttanza a lasciare quell’isola meravigliosa.

«Devi tornare presto, ti aspetto. Voglio festeggiare con gli amici il mio ottantesimo compleanno. Posso contare sulla tua presenza?»

«Oh, sì certamente! Che splendida idea! Non sapevo che…» cominciò Xander, poi s’interruppe  imbarazzato.

«Fossi così vecchio, volevi dire?» ridacchiò Henrick. «Che bel complimento! Mi fai sentire più giovane. Mio caro.»

Si girarono entrambi verso la terrazza, da cui veniva un rumore di passi. Amche Julian Giarc si era alzato presto.

«Buongiorno», li salutò allegramente. «Che magnifica giornata! O forse qui il tempo è sempre così bello?»

«Sì, per chi sa apprezzarlo, rispose Henrick, notando che Xander era arrossito legermente alla presenza di Julian «Vogliaee scusarmi, amici miei», s’affretto ad aggiungere con tatto, quindi entrò  nella villa sorridendoo fra sé.

Julian andò vicino a Xander e si scoprì stranamente a corto di parole. Alla fine riuscì a dire soltanto:

«Gran bella giornata vero?»

Xander cercò di reprimere un sorriso divertito, ma le sue labbra s’incresparono lievemente e Julian non poté resistere alla tentazione di catturarli con un bacio. Li trovò deliziosamente arrendevoli e sotto il lieve tessuto della camicia sentì il battito tumultuoso del cuore di Xander.

«Ti amo, ti amo tanto… », Xander, amore mio!» mormorò fra un bacio e l’altro, poi lo condusse attraverso la terrazza, fino a un sedile a dondolo. «Dobbiamo parlare». Disse, guardandolo teneramente negli occhi.

 
Henrick Notron ricevette la visita di Riley Nilved, appena tornato da una visita al monastero.

«Tutto a posto», mormorò trionfante. «Esattamente come volevamo.»

Come risultato Riley, probabilmente accompagnato da Xena, sarebbe tornato a Romingua per informare il capo che le antiche relique del piccolo stato africano ora si trovavano nella cassaforte del monastero di Xanthos.

Dopo aver lasciato Henrick, Riley andò a cercare Xena e le disse che si sarebbe fermato ancora per qualche giorno. Ma per gli altri quattro quel giorno era l’ultimo e le ore parvero volare. Julian portò Xander a fare una gita in barca con un cestino da picnic ben riempito da Xena, Tommy andò all’ostello e invitò Alan per la cena d’addio. Quanto a Jury e Ann, erano occupati per conto loro e non avevano certamente il problema d’ingannare il tempo durante le ultime oredi Xanthos.

Il mattino seguente, quando arrivò il traghetto, i parenti avevano già salutato Henrick Notron alla villa. Jury e Ann furono i primi a salire a bordo, mentre Tommy indugiava sulla banchina. Xander li seguì con Julian Giarc, che sarebbe sbarcato a Ephira, dove aveva lasciato il suo aereo.

Riley e Xena li salutarono dalla banchina e Tommy rimase accanto a loro, guardando la strada con ansia. Finalmente Alan arrivò di corsa e cercò coraggiosamente di sorridere quandi lui gli andò  incontro per l’ultimo addio.

«A presto!» Gli promise . «Hai il mio indirizzo… mi scriverai?»

«Certanene! E tu scrivimi presto, Tommy…»

Comincerò durante il viaggio e imbucherò la lettera ancora prima di arrivare in Scozia.»

«Salì a bordo, altrimenti rimarrai a terra!» girdò Jury.

«Come vorrei restare!» bisbigliò Tommy, dando ad Alan l’ultimo bacio.

Con gli occhi pieni di lacrime, Alan agitò il fazzoletto in segno di saluto. A un tratto sentì una voce gentile al suo fianco.

«Una separazione momentanea è il più dolce dei dolori.» Citò Riley Nilved, quindi aggiunse: «Che cosa ne diresti di venire alla taverna con me e Xena? Prenderemo il caffè insieme.»

Confortato dai suoi modi allegri, Alan sorrise fra le lacrime e accettò con entusiasmo. Quando il traghetto fu svanito in distanza, si avviò con Rilery e Xena verso la taverna.

Di lì a dieci giorni, pensò, sarebbe partito anche lui, ma la sua casa era molto lontana dalla città di Tommy. Il loro futuro si prospettava tutt’altro che luminoso.

A bordi del traghetto, una coppia seria e taciturna destava l’attenzione degli stessi passeggeri. Il ragazzo biondo e l’uomo bruno, entrambi sperduti nel loro universo privato, attiravano varie occhiate curiose, ma Xander e Julian sembravano ignari di tutto mentre fissavano il lontano profilo dell’isola Ephira.

«Ci restano ancora dieci minuti, Xander,» disse Julia sbirciandio l’orologio.

«Poi dovrò lasciarti.»


«Sì, lo so… ma abbiamo già stabilito ogni cosa, no?»

«Certamente!» confermò Julian. «Quando avrò finito questo lavoro, tornerò in Scozia e ti raggiungerò ovunque tu sia!»

«E io ti aspetterò», gli promise Xander con fermezza. Poco dopo il traghetto attraccò a Ephira e Julian dovette sbarcare. A poppa, nel frattermpo, Jury stava circondando Ann di premure. Stavano seduti insieme e lui le propose nuovante di trasferirsi nel salone.»

Ann rise con aria divertita.

«Credo veramente che starei meglio al coperto? Vuoi scherzare!»

«Pensavo soltanto che…»

«Allora smetti di pensare! Desidero soltanto respirare della fresca area marina. E per amor del cielo, non guardarmi come se temessi di vedermi vomitare da un momento all’altro!»

Ma nonostante le sue proteste, Ann si sentiva al settimo cielo… perché quelle premure avevano, dissipato tutti i suoi dubbi sulla reazione di Jury al bambino in arrivo.

 
Dopo aver salutato Julian, Xander andò a prua con Tommy e guardò l’acqua spartirsi in due i candidi baffi di spuma che si stemperavano nell’azzurro del mare.

Tommy gli aveva confessato il suo “fidanzamento ufficioso” con Alan e Xander si era felicitato per l’evento.

«Spero che non ti rincresca se gli ho parlato di te», stava dicendo Tommy. «Ho dovuto parlargliene perché mi sembrava un po’ geloso.»

«Sì, capisco», mormorò Xander, pensando al suo colloquio con Alan. «Non preoccuparti, Tommy, non mi rincresce affatto. È un caro ragazzo e sono felice per voi.»

«E noi lo siamo per voi.»  Sorpreso da quelle parole. Xander gli rivolse un’occhiata interrogativa. «Per te e Julian voglio dire»,  spiegò Tommy sorridendo. «Si vede lontano un chilometro che fra voi due c’è del tenero.» 
  

«Oh santo cielo! Davvero?» Xander diede in una risatina contrita. «Avrei dovuto immaginare che non potevo ingannarti… anche se all’inizio ho ingannato me stesso.

«Temo che questo valga anche per me! Ma a parte gli scherzi, mi sembra che Julian Guarc sia la persona di cui hai bisogno.»

«Bisogno!» protestò Xander indignato. «Come sarebbe a dire?»

«Che mi sembra un tipo con la testa a posto. Idealista come te, ma con i piedi per terra. Fidato, sicuro… insomma ha tutte le qualità che mi mancano», spiegò Tommy con aria mortificata. Siete fatti l’uno per l’altro.»

«Grazie tante!» esclamò Xander ironicamente, ma aveva soltanto finto d’indignarsi e non tardò a confessare il suo amore per Julian.

«So che è ancora presto e che molte persona direbbero “ma vi conoscete appena!”. Posso dire soltanto che provo qualcosa di nuovo, qualcosa che non avevo mai provato. In poche parole, sono sicuro di non abagliarmi.»

Tommy annuì gravemente.

«D’accordo, Xander, ti credo. E vuoi sapere una cosa? Mi sembra straordinario il fatto che siamo ancora insieme e ci capiamo perfettamente. «Tache un momento, poi continuò in tono risoluto: «Non potremo dimenticare il passato, quindi possiamo risparmiarci la fatica di tentare. Con te ho passato dei momenti meravigliosi, dei momenti che non dimenticherò mai. Mai», ripeté con enfasi, facendosi improvvisamente serio.

Xander dovette riconoscere che, per quanto le loro strade si fossero divise, un vincolo fatto di amicizia e comprensione li avrebbe uniti per sempre.

«Nemmeno io, Tommy», ammise  con gli occhi lucidi di commozione. «Certe cose non si scordano mai, lo abbiamo fatto insieme ed è stata sia per me che per te la prima volta.»

In realtà non si riferiva tanto alle “cose”quando a una persona. Come dice il grande scrittore Rudyar Kipling, “a volte basta un fugace incontro per strada, perché una persona rimanga impressa nella memoria di un uomo”. Per Tommy si trattava di un ragazzo che una volta aveva salvato dal mare: Alan.

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