The lost foreigner

di Little_GirlMoon005
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Senza catene ***
Capitolo 2: *** II. Tumulo delle Cascate Tristi ***
Capitolo 3: *** III. Avvistamenti di Draghi ***
Capitolo 4: *** IV. Un inizio ***
Capitolo 5: *** V. Decisione ***
Capitolo 6: *** VI. La Gola del Mondo ***



Capitolo 1
*** I. Senza catene ***


The lost rogue



Whiterun
14. Stella del Mattino, 4E 201




Hai sentito del Drago ad Helgen!? questa era la notizia che stava correndo fra gli abitanti della bella cittadella, tra i quartieri bassi e quelli alti.
Certe voci si diffondono molto velocemente, e possono alimentare multeplici emozioni. Stupore, orrore, paura, ma anche incredulità, scetticismo. Soprattutto quest'ultima. Insomma, si stava parlando di un Drago, ma a detta di alcuni erano solo baggianate, poichè di queste creature non se ne vedevano da moltissimo tempo.

Gli abitanti si sarebbero aspettati un paio di ali imponenti volare sopra le loro teste, e lingue di fuoco bruciare le loro case, ma di questo fantomatico drago non se ne vedeva ancora alcuna traccia. E la gente, non tutti ma la maggior parte, si era convinta che fosse solo una cosa di poco conto e quindi non ha più dato peso alla cosa.

Lo stesso non si poteva dire del giovane incappucciato che aveva appena varcato il portone della bella città, con lo sguardo di qualcuno che aveva visto l'Oblivion e ne era uscito vivo. Aveva appena messo piede a Skyrim e il benvenuto non era stato uno dei migliori. Di certo non si aspettava di finire in mezzo ad una disputa tra un gruppo di ribelli e l'esercito imperiale, e di conseguenza finire sul ceppo del boia quando la sua unica colpa era essere arrivato nel posto giusto ma al momento sbagliato.

Aveva quasi sfiorato la morte, poi era apparso il fantomatico Drago, portando fiamme, distruzione e tanta paura.

Forse era stato toccato dagli Dei, perchè fu uno dei pochi che riuscì a salvarsi. Lo stesso non si poteva dire di tutti quelli che aveva visto morire tra le fiamme. Un giovane guerriero, spavaldo e intrepido, lo aveva aiutato a fuggire fino al villaggio più vicino e offrendogli poi un tetto sulla testa per un po' di tempo, quanto bastava che lo aiutasse a riprendersi. Aveva perso quel poco che aveva; l'arco, la borsa di monete, alcuni libri e tomi magici, e il cavallo.

Aveva ringraziato quel giovane, Ralof, e sua sorella per l'ospitalità, dirigendosi nella città più vicina in cerca di fortuna, e un paio di septim che gli sarebbero serviti per ricominciare. Devi dirgli del Drago, gli avevano detto prima di lasciarlo andare, Vai a Whiterun, comunica la notizia allo Jarl, deve saperlo! Ed ora si trovava nei pressi di una città a lui sconosciuta, le immagini di quell'orrore nella sua mente, e lo stomaco che brontolava dalla fame.

Diede un'occhiata al piccolo sacchetto di monete che Ralof gli aveva donato. ''Cazzo...'' si rese conto che era vuoto, siccome quei septim li aveva spesi per un'armatura leggera, un arco da caccia, e pelli di animali per creare un mantello che lo riparasse dal freddo pungente di quella landa gelida.
Adocchiò una delle bancarelle presente al mercato che vendeva della frutta fresca, e lo stomaco brontolò rumorosamente alla vista di quella polpa gustosa. Dannazione, aveva una fame da lupi, ora come ora avrebbe ammazzato per una zuppa di patate. Non letteralmente.

''Vilkas, cosa stiamo cercando?''
''Carne di hoker.''
''Mm, mi piace la carne di hoker.''
''Lo so, Farkas...''

Alle sue orecchie arrivò una conversazione poco distante, da due persone che erano davanti al chiosco delle carni. A prima vista gli sembravano parenti, forse erano fratelli, ed entrambi indossavano un'armatura pesante. Gli davano le spalle, e lo sguardo del giovane cadde su una piccola borsa che uno dei due teneva attaccata alla cintura e, dal tintinnio che emetteva, constatò che era piena di septim. Bingo!

Gli occhi gli brillarono leggermente mentre un idea gli sfiorava la mente. Era davvero il caso di prenderela in prestito? Non che non l'avesse mai fatto, ma finire dietro una cella subito dopo essere scampati alla morte non sembrava un idea allettante.
Ma il suo stomaco rispose per lui, più forte di prima, quasi pregandolo di sazziare la sua fame. O la va, o la spacca, si disse mentre si avvicinava, silenzioso e calmo, con lo sguardo attento a tutto ciò intorno a lui, verso le due ignare figure...

''Ah, povero coniglio...'' uno dei due fratelli, Farkas, si lasciò andare a quel commento osservando quasi tristemente la carcassa morta dell'animale. ''Vilkas, credi che avesse una famiglia, nei boschi?'' l'altro fece le spalluccie. ''Non preoccuparti, probabilmente sarano morti anche loro.'' rispose mentre davanti a lui veniva tagliata della carne di hoker in pezzi più piccoli. Per un attimo Vilkas percepì come un leggero fruscio dietro le proprie spalle, come se qualcuno gli fosse appena passato accanto... 

Si voltò di scatto, ma non vide nessuno. ''Mm? Vilkas?'' lo chiamò suo fratello, vedendolo come guizzava lo sguardo alla ricerca di qualcosa, o qualcuno. ''Tutto bene?''
''Mm, si... tutto bene.'' gli rispose riportando l'attenzione sul chiosco delle carni. ''La mente mi gioca brutti scherzi.'' borbottò quasi a se stesso, per poi prendere la propria borsa di septim. ''Che diamine-'' ma, andando a toccarsi i fianchi, si accorse di non averla più attaccata alla cintura. ''Dove cazzo é!?' guardò anche a terra sperando che gli fosse semplicemente caduta, ma non la vide. Farkas provò a constatare che forse li aveva dimenticati a Jorvask, ma Vilkas era sicuro di averli portati con se. Poi realizzò.

''Giuro sugli Dei che se becco quella canaglia, lo faccio a pezzi!'' quasi ringhiò come un animale mentre si allontanava dal mercato parecchio incazzato, attirando sguardi preoccupati e lievemente spaventati di alcune persone, e seguito dal fratello che cercava inutilmente di calmarlo. Nessuno notò che la canaglia in questione si era rifugiata nella locanda lì presente.





''Per un pelo...'' il giovane cacciò tutta l'aria che inconsapevolmente aveva trattenuto, dopo essersi chiuso la porta alle spalle e lasciandosi investire dal calore che il fuoco della locanda emanava. Non ricordava l'ultima volta che aveva provato a rubare da qualcuno, forse quando era ancora un ragazzino ma lì si limitava a saccheggiare qualche barile pieno di patate, e quando veniva beccato era inseguito da qualcuno che brandiva una scopa minacciandolo di sparire dalla vista. Certo, sua madre poi le aveva insegnato qualche trucchetto e, a quanto pare, aveva dato i suoi frutti.

''Mm? Oh benvenuto, accomodati pure vicino al fuoco, l'ho appena ravvivato!'' quella che doveva essere la locandiera gli rivolse un sorriso cordiale, mentre disponeva della legna per alimentare le fiamme del focolare. ''Abbiamo cibo caldo, bevande, e letti caldi!''

Il giovane rispose con un altrettanto sorriso liberandosi del cappuccio che gli celava il capo, mostrando una chioma di capelli biondo grano un po' mossi, non perfettamente pettinati, con ai lati della testa due sottili trecce, e un viso coperto da una leggera peluria.

Non c'era quasi nessuno dentro la locanda, se non un bardo che stava suonando il liuto, e una giovane redguard. Il giovane si sedette al bancone, sfilandosi poi l'arco e poggiandoselo di fianco. Chiese dell'idromele, una zuppa di cavoli accompagnata da due tozzi di pane e una fetta di carne di cervo. E nell'attesa, prestò attenzione ad una conversazione tra il bardo e la redguard.

Ehi, hai sentito anche tu del... drago ad Helgen?
Cosa? Allora è vero!? Per gli Dei, non voglio casa mia completamente distrutta! Il tetto l'ho riparato solo ieri.
Sono sicura che lo jarl ci proteggerà.
Si, ma... lui sa? Del drago, s'intende.
Beh, immagino di si... altrimenti perché non...

"Tieni tesoro." venne distratto dalla giovane locandiera che gli pose davanti una ciotola colma di zuppa, una bottiglia di idromele, del pane e della carne. Lui la ringraziò, gustandosi poi il pasto con grandi cucchiaiate. "Mm, questa storia del drago mi mette a disagio..." borbottò la locandiera poggiandosi con le braccia sul bancone. Il giovane non capì se stesse parlando con lui o semplicemente pensando ad alta voce, ma non disse nulla continuando a consumare il proprio pasto.

Dopo un po' di tempo rimasta in silenzio, lei si rivolse direttamente a lui. "E tu? Hai... sentito della notizia? È da un po' che va in circolazione, ma questo drago sembra sparito siccome non ci sono più stati avvistamenti oltre ad Helgen. E gli unici che l'avrebbero visto sarebbero... be, morti."
"... Non tutti." sospirò lui, guardandola dritta negli occhi e ricevendo uno sguardo perplesso, che sparì poco dopo quando lei realizzò.
"Tu... eri lì?"

Rispose alla sua domanda con un lieve cenno del capo, giurò di vedere nei suoi occhi un bagliore di terrore che svanì così com'era apparso lasciando spazio ad uno sguardo più mite. "E... oh cielo, sei ferito? Niente di rotto? Al tempio di Kynareth potresti trovare un po' di ristoro-"
"Io... no, sto bene, ma grazie, l'apprezzo molto." sussurrò il giovane sorridendo lievemente, per poi pagare e alzarsi. "Ah, una cosa, se possibile... uhm-"
"Hulda, mi chiamo Hulda, ragazzo."
"Il palazzo dello Jarl... dove si trova?"







Arrivato a Dragonsreach venne accolto dalla piu grande sala del trono che avesse mai visto. Colonne di legno tanto spesse da sembrare tronchi d'albero, soffitto a colta con balconate su ogni lato, un lampadario in ferro battuto su cui brillavano almeno trenta candele e un finissimo tappeto rosso disteso sul pavimento in legno. "Uhm, ehilà?" esclamò ben poco convito il giovane mentre avanzava, con lo sguardo meravigliato che vagava per tutta la sala. Non ottenne una risposta, ma udì quello che sembrava un discorso tra due uomini.

...E cosa vorresti che facessi, Proventus? Niente?
Mio signore, ti prego. Questo non è il momento di prendere decisione affrettate, credo che abbiamo bisogno di maggiori informazioni prima di agire.

Superò il falo che spiccava al centro della sala e si fermò poco lontano dal trono dove siedeva colui che doveva essere lo Jarl di Whiterun, la faccia tirata e le rughe di preoccupazione che gli solcavano la fronte. Non si accorse della sua presenza, ma la dunmer che gli era affianco si, perché scattò verso di lui bloccandogli la strada, la mano bene in vista sul pomolo della spada.

"Cosa significa questa interruzione? Lo Jarl non riceve nessuno."
"Un momento, Proventus. Ireleth, questo chi è?"

Il giovane si schiarì un poco la voce prima di rispondere; "Vengo da... Riverwood, signore. La gente lì ha bisogno del vostro aiuto. E... so del drago."
"Dunque eri a Helgen? Hai visto con i tuoi occhi questo drago." disse, la preoccupazione sul suo volto e le occhiaie parvero intensificarsi alla nomina di quella bestia. "Si, signore. E l'ultima volta si è visto volare fino qui."

Lo Jarl scambiò uno sguardo ad Irelith rivolgendosi poi all'uomo accanto a lui. "Cosa dici ora, Proventus? Dobbiamo continuare ad affidarci alla solidità delle nostre mura? Contro un Drago?"
''Mio signore,'' intervenne Irelith. ''Dovremmo mandare subito delle truppe a Riverwood. E' in grave pericolo e se quel drago si aggirasse tra le montagne-''
''Lo Jarl di Falkreath la vedrà come una provocazione!'' Proventus la interruppe. ''Penserà che siamo dalla parte di Ulfric e che ci stiamo preparando ad attaccarlo. Non possiamo rischiare.''

''Possiamo invece.'' ribattè la dunmer. ''Basta così!'' tagliò corto lo Jarl. ''Non me ne starò fermo mentre un drago brucia il mio feudo e massacra la mia gente! Irelith, invia subito un distaccamento a Riverwood e ordina lo stato d'allerta per la città. E ordina di riaprire i cancelli Proventus, ma cominciate subito a deviare l'acqua del canale per formare delle cisterne. Offri un compenso per chiunque voglia aiutare. Dobbiamo essere pronti.''

Entrambi si inchinarono e presero congedo per le loro mansioni, e lo jarl rimase solo col giovane davanti a lui. Si alzò finalmente dal trono avvicinandosi a lui. ''Grazie per il tuo contributo, ragazzo, non lo dimenticherò facilmente.''
''Nessun ringraziamento, davvero. Era il minimo che potessi fare per la gente di Riverwood.'' Nello sguardo dello jarl si potè vedere un leggero barlume di rispetto. ''Mi piaci, giovane. Dimmi, qual'è il tuo nome?''
''... Damien, signore.''
''Bene, Damien. Ho una proposta che forse potrebbe essere al caso tuo. Te la senti?''
''Di cosa si tratta?''

Lo jarl fece cenno di seguirlo, per poi camminare con passo calmo verso le stanze adiacenti. ''Il nostro mago di corte, Farengar, stava investigando su una questione collegata a questi draghi e alle... voci su di loro. Credo che tu postresti dargli una mano.'' arrivarono alla camera del mago, sommersa dalle carte. Libri e pergamene erano aperte su ogni ripiano, e gemme dell'anima erano sparse qua e là. Un globo di luce galeggiava sopra al tavolo, sostituendo le candele. Un uomo avvolto da ampie vesti da mago era chino sui fogli. ''Farengar,'' si annunciò lo jarl. ''Penso di aver trovato qualcuno che possa aiutarti col tuo progetto sul drago. Questo giovanotto è Damien, nonchè testimone di Helgen. Prego, forniscigli tutti i dettagli.'' poi si rivolse al giovane. ''Buona fortuna.''

Non appena lo jarl prese congedo per tornare ai suoi compiti, Damien rimase solo con l'apprendista, e lo scherno che gli adombrava gli occhi lo fece sentire parecchio a disagio. Cercò di sfoggiare il migliore dei suoi sorrisi, ''Uhm, ciao.'' disse. L'altro sembrò accigliarsi ancor di più, nemmeno ricambiò il saluto. ''Mm, quindi lo jarl pensa che tu possa essermi utile.'' disse mentre tornava a lavorare come se non si fosse mai interrotto. ''Il fatto che tu sia stato ad Helgen è effettivamente una motivazione convincente. Ma non sarà un'impresa facile, devi addentrarti in una rovina pericolosa in cerca di un'antica tavoletta di pietra che potrebbe persino non essere là. Sei comunque interessato?''

Aveva appena iniziato a parlare e Damien già capì che questo Farengar era una di quelle persone non proprio amichevoli, dalla lingua abbastanza affilata e dal carattere, più o meno, scontroso. Ma aveva abbastanza pazienza da tenergli testa. O almeno sperava. ''Si, m'interessa.'' rispose. ''Ma... puoi dirmi cos'ha a che fare la tavoletta coi i draghi? Che tipo di collegamento hanno?''

''Ah, allora non abbiamo un rude mercenario, ma un pensatore. Uno studioso, magari?''
fece il mago, e Damien poteva percepire l'ironia nelle sue parole. ''Beh, si, mi interessa scoprire quanto più possibile su ogni cosa che innesca la mia curiosità.'' rispose con tono calmo. ''Per quanto mi riguarda, va bene se non vuoi il mio aiuto, lo comprendo... ma credo dovrai aspettare qualcun'altro per recuperare quella tavola. E immagino che la responsabilità non sia mia, ma solamente... tua.''

Ci fu inaspettatamente dello stupore sul volto del mago, forse anche del lieve fastidio. Forse non era abituato a qualcuno che rispondesse alle sue provocazioni. Sollevò le mani dal libro dove stava scrivendo degli appunti veloci e cercò una pergamena tra quelle distese sul tavolo.

La spianò sopra tutte le altre e, quando Damien si avvicinò per osservarla meglio, vide che raffigurava tutta Skyrim. ''Vedi, quando le storie sui draghi hanno iniziato a circolare, molti le hanno liquidate come fantasie.'' parlò il mago, ogni accenno di derisione ormai sparito dalla sua voce. ''Credevano fosse impossibile, ma solo gli stolti considerano impossibile tutto ciò che non rientra nella loro esperienza. Io però ho sempre cercato informazioni sui draghi; dov'erano scomparsi, moltissimi anni fa? E da dove provenivano? E' stato allora che ho sentito parlare di una certa tavoletta di pietra che dovrebbe trovarsi... qui.''

Indicò col dito un punto poco a sud di Whiterun, tra le montagne. ''Al tumolo delle Cascate Tristi. Si tratta della Pietra del Drago, e dovrebbe riportare una mappa dei siti di sepoltura dei draghi.''
''E' quella rovina che si trova vicino Riverwood?''
''Esattamente.'' rispose Farengard. ''Appena puoi, vai al tumolo, trova la pietra e portamela. Ci stai?''

''Ci sto.'' i due si strinsero la mano. ''E... per farmi perdonare dal modo in cui mi sono comportato, puoi... addocchiare qualche mio libro e i miei appunti, ma non rovinare nulla, per favore.''

Damien, curioso com'era, diede uno sguardo alle varie carte che Farengar aveva steso sul tavolo. Appunti, note personali, piene di parole e simbole che prima d'ora non aveva mai visto. Prese con delicatezza quello che lo aveva colpito maggiormente; una carta che sembrava raffigurare un drago che subito gli sembrò familiare. La figura era colorata di nero, e ruggiva contro il cielo mentre era avvolto da alte lingue di fuoco. ''E questo!'' esclamò. Farengar gli lanciò un occhiata interrogativa. ''Il drago che ho visto ad Helgen, è questo.'' gli porse la pagina per mostrarglielo. ''Mi prendi in giro? Impossibile.'' Farengar glie la strappò dalle mani con ben poca gentilezza.

''Non sto scherzando. Il drago di Helgen era... uguale a questo qui, ne sono sicuro!'' ribattè con voce sicura Damien. ''Mi aveva... cioè, aveva parlato! Una cosa del tipo... dovah... dovah..? Ah, non ricordo, ma giuro che-'' s'interruppe quando vide lo sguardo di Farengar incupirsi improvvisamente mentre continuava a guardare l'immagine del drago. Il fatto che quel mago non gli stesse più rispondendo subito lo fece quasi allarmare.

''Ascoltami,'' disse infine Farengar, voltandosi verso di lui con il viso contratto in un espressione seria. ''Ti conviene andare subito al Tumolo delle Cascate Triste.''
''Ma... puoi spiegarmi perchè-''
''No, non c'e tempo!'' lo interruppe spingendolo quasi con forza fuori dalla sala. ''Vai al Tumulo, ora. Adesso!''

Nonostante fosse molto confuso, Damien percepì chiaramente la preoccupazione nella sua voce e annuì lasciando immediatamente la sala del mago che continuò a fissare il disegno di quella bestia nera, le dita leggermente tremanti che scorrevano lentamente su una scritta.


ALDUIN
Il Divoratore del Mondo












-angolo autrice;
siccome vorrei uscire da questa quarantena il meno esaurita possibile, ho deciso di impiegare il mio tempo riprendendo a scrivere una long fic su skyrim... e a rigiocarci ancor di più. Liberi di lasciare recensioni positive e non, consigli e suggerimenti. E se notate errori di qualsiasi tipo, ben venga. Purtroppo ho il vizio di non notarli, anche se rileggo più volte il capitolo :'')


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Capitolo 2
*** II. Tumulo delle Cascate Tristi ***


The lost rogue 2





Tumulo delle Cascate Tristi
14. Stella del Mattino, 4E 201









Era quasi pomeriggio quando arrivò nei pressi del Tumulo, ma il bosco era ancora animato dagli uccelli che cantavano e dalle cascate che rombavano rumorosamente. Cercando di orientarsi come poteva grazie alla mappa cartacea, proseguì verso una stradina innevata, salendo fino alla vetta del monte dove finalmente si mostrava il Tumulo.

Il vento gelido gli graffiava il viso e si avvolse di più nel suo mantello. A quanto pare non aveva errato sui banditi che avevano fatto irruzione nell'emporio di Riverwood, perchè avevano preso possesso della prima sala per ripararsi dal freddo.
Damien si appiattì contro le rocce per osservarli meglio, avevano allestito un piccolo accampamento con un fuoco da campo e una tenda di pelli di lupo. I due stavano parlando e il giovane tese l'orecchio.

A quanto pare uno di loro era andato giù, nelle profondità del tumolo, insieme a quello che chiamavano Artiglio d'oro. Probabilmente il manufatto che avevano rubato. Nonostante fosse da solo, era abbastanza sicuro di cavarsela contro di loro. Non si erano ancora accorti della loro presenza, e poteva giocare d'astuzia.
Raccolse un sasso dal pavimento polveroso e, dopo aver preso la mira, lo lanciò lontano in un punto impreciso. Uno dei due banditi si allarmò nell'udire in rumore sospetto, sfoderando l'arma avanzò lentamente verso la sua fonte ma allontanandosi così dal secondo bandito.

In quel momento Damien imbracciò l'arco e con una gran velocità incoccò la prima freccia che andò a trafiggere la gola di uno. L'altro bandito non ebbe il tempo di reagire che si ritrovò una freccia dritto sulla tempia.

Allora Damien uscì da dietro le rocce affrettandosi a scendere nei piani bassi, l'aria che diveniva più umida e malsana. Per quanto gli riguardava non aveva assolutamente idea di cosa il tumulo gli avrebbe riservato. Per ora aveva visto mura rovinate, ossa sparse qua e là, e i resti ammuffiti di qualche poveretto che si era addentrato prima di lui.

Ma poi cominciò ad udire qualcuno che gridava aiuto, e la strada si riempiva sempre di più di ragnatele. E poi lo vide, un dunmer rimasto incastrato in uno spesso muro di ragnatele che, oltre a fare da trappola, aveva anche bloccato la strada.
"Oh, oh dei, siano benedetti! È arrivato qualcuno!" esclamò con fin troppo entusiasmo mentre Damien gli faceva cenno di fare un poco più silenzio. "Ok, ok, senti... aiutami ad uscire, ti prego!"

"Si, ma prima dimmi dov'è l'artiglio." lo vide ammutonirsi qualche secondo. ''L'artiglio che hai rubato al mercante di Riverwood!'' precisò il giovane.
''Ah, si! Si, l'artiglio, va bene, però... aiutami ad uscire.''


Non glie la raccontava affatto giusta, ma decise comunque di assecondarlo. ''Va bene... vediamo se riesco a liberarti.'' gli disse, osservando attentamente le spesse ragnatele che lo tenevano. Scartò l'idea di strapparle a mani nude, non ci teneva a toccare quella roba viscida, quindi cacciò il pugnale d'acciaio passando la lama dura e lucida su quei fili spessi, stando attento a non colpire per sbaglio il dunmer. Dall'altra parte l'elfo scuro cominciò ad avere più libertà di movimento e, strattonandosi un po', si ritrovò finalmente libero, con i piedi per terra... e una lama puntata sotto il mento.

''Beh, ora...'' fece il giovane. ''Dovresti proprio darmi quell'artiglio.''

I due si scambiarono una lunga occhiata silenziosa, il dunmer guardò la lama, poi nuovamente il giovane davanti a se'... e infine corse via, scappando come una volpe. ''Ehy! Dammi quel maledetto artiglio!'' Dovrei migliorare le minacce, pensò Damien mentre gli correva dietro, e dannazione se quel dunmer sapeva correre veloce, lanciandogli allo stesso tempo qualsiasi cosa che rallentasse il suo inseguitore, tra qui ossa marcie, e vecchi vasi arrugginiti. E ci riuscì nel suo intento, siccome Damien si ritrovò ad inciampare su di essi cadendo rovinosamente sul pavimento dando altro tempo al dunmer di scappare.
Cercò di rimettersi in piedi velocemente e riprese a correre ma, dopo qualche istante, udì i rumori di un... combattimento?

Rimanendo accovacciato contro il muro, sporse leggermente il capo assistendo al dunmer combattere contro quello che sembrava un... cadavere non proprio morto-morto, che aveva appena assestato un colpo mortale al povero elfo la cui testa rotolò via dal suo corpo. Dopo di che' il non morto si allontanò con passo lento e quasi strisciante, brandendo l'ascia dalla fattura nordica ora imbrattata di sangue.

Il giovane uscì allo scoperto solo quando si assicurò che quella cosa fosse il più lontano possibile da lui, e silenziosamente si avvicinò al corpo dell'elfo privandogli dell'artiglio d'oro che teneva ancora stretto tra le dita. ''Lucan dovrà pagarmi un bel po' per questo lavoraccio. Sempre se... ne uscirò intero.'' pensò il ragazzo, frustato all'idea di essere
circondato da altri cadaveri che potevano tornare in vita da un momento all'altro. Si diede coraggio e, determinato più che mai, si addentrò sempre più in basso.





Superare quel tumolo fu lungo ma non difficile. L'oscurità era intensa e quei non morti erano in gran numero, ma la maggior parte giaceva sdraiata nelle proprie conche lungo la pareti. In silenzio, senza svegliare nessuno Damien, si aprì la strada tra cunicoli e corridoi.
Ma anche quando li sentiva svegliarsi però, distrarli era semplice. Damien scoccava una freccia nel vuoto e la maggior parte di loro si muoveva si voltava verso quel rumore, in ascolto, dandogli il tempo di superarli e avanzare.

Fu molto attento a perlustrare ogni stanza, assicurarsi con un colpo di pugnale che ogni cadavere rimanesse tale, e fece anche incetta di frecce. In tutto questo il buio lo avvolgeva, opprimendolo e mettendo a dura prova il suo sangue freddo. Era quasi un miracolo che quelle cose non si fossero ancora svegliati. Arrivò infine in profondità davanti a delle porte chiuse. Le ultime, probabilmente, dal loro spiraglio soffiava un vento gelido.
Ripose l'arco in spalla concentrandosi sulla porta davanti a sé; due draghi erano scolpiti ai lati di essa con accurata precisione, mentre i battenti erano rafforzati con acciaio nord e vi erano incise rune e bassorilievi.

Al centro spiccava la figura di un drago, sotto di esso un uomo dal mantello lungo che tendeva un braccio verso la bestia. Damien cacciò dal borsone di pelliccia un foglio giallastro e del carboncino, iniziando a fare uno schizzo veloce di quella figura. Scrisse pochi appunti disordinati, prima di riporre il foglio dentro la borsa. Infine allungò le mani verso la porta e, con grande sforzo, la aprì lasciandosi investire da una folata gelida.




Silenzio. Nulla si mosse, ma c'era ancora tensione nell'aria.

La camera, se si poteva chiamare così, era diversa da tutte quelle che aveva visto fin'ora. Proseguiva in ogni direzione, era ampia e sembrava non avere fondo. C'era un rivolo d'acqua che cadeva a cascata in uno specchio argenteo, circodato da fiori e muschio, e un unico altare sopra di un basso rialzo. Nessun pavimento se non la nuda roccia, ne' muri scolpiti, e l'aria non era stantia come nei cunicoli. Era più una grotta che una stanza.

Avanzò cautamente verso l'altare, godendo della luce che irradiava quasi ogni cosa e dallo scrosciare dell'acqua. Salì poi il breve pendio con i sensi tesi, le dita tremanti per la presa sull'arco e si preparò a scoccare una freccia.

Ma... il cadavere disteso sopra all'altare rimase fortunatamente solo un cadavere, per nulla influenzato da una qualche magia che lo tenesse ancora in vita. Tranquillizatosi un poco, adocchiò la lunga e larga parete alle sua spalle, scavata nella roccia... e con incise rune che non aveva mai visto.
Passò il palmo sulla pietra liscia, le dita che andavano ad accarezzare quelle parole che non riusciva a comprendere. Forse una lingua particolare...

All'improvviso una delle rune che aveva appena sfiorato iniziò a brillare d'azzurro. Istintivamente arretrò di qualche passo, ma un rombo scoppiò attraverso la stanza cogliendolo di sorpresa. Venne travolto da vento e tempesta che lo spinsero all'indietro come una foglia d'autunno, incapace di opporsi alla forza dell'aria. E vi fu luce, poi buio, e dolore nelle tempie. La testa che si svuotava e si riempiva al tempo stesso, e prima che potesse rendersene conto le forze lo abbandonarono e perse i sensi senza capire nemmeno perché.




Quando riaprì finalmente gli occhi si trovava ancora in quella grotta, disteso di schiena sul pavimento, lo sguardo che cominciò a correre intorno con crescente agitazione, e la magika che scorreva dentro di lui come un fiume in pieno.
Si tirò a sedere provando un leggero senso di nausea e un giramento di capo, per cui si rimise in piedi senza fretta. Non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso da quando aveva perso i sensi, ma la stanza era ancora illuminata, quindi il sole era ancora alto nel cielo.

L'incisione, quella che lo aveva... colpito, brillava ancora di blu allo stesso ritmo di un cuore che pulsava, rispetto alle altre che erano spente. Gli venne in mente l'idea di riscrivere quella parola su un foglio, e lo fece. Forse Farengard ne sapeva qualcosa e gli avrebbe detto di più.
Si trascinò verso l'altare poggiandoci le mani sopra, ancora destabilizzato da quella sensazione, e sentiva riverberare ogni muscolo del suo corpo.

"Non t'azzardare a svegliarti..." borbottò contro il non morto sull'altare, mentre esalva un lungo sospiro. Lo sguardo si allungò verso qualcosa che si trovava sotto il cadavere. Non senza un minimo di disgusto, lo sollevò piano... e quello che vide gli fece allungare gli angoli della bocca fino alle orecchie ed esultare come un ragazzino; la lastra che era venuto a cercare.





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Capitolo 3
*** III. Avvistamenti di Draghi ***


The lost rogue 3





Tumulo delle Cascate Tristi
14. Stella del Mattino, 4E 201







Damien lasciò il tumolo con lo zaino colmo di tutto quello che era riuscito a sgraffiniare, molta polvere d'ossa per le pozioni, e ovviamente la lastra di pietra per Farengard. Il ritorno l'avrebbe fatto a piedi ma non voleva tornare subito a Whiterun, perciò andò verso est in direzione di Riverwood.
Doveva pur riportare l'artiglio a Lucan, il proprietario dell'emporio, e magari si sarebbe forgiato un nuovo arco.
Dopo tutta la morte che aveva appena visto, rivedere l'erba che tornava a coprire i fianchi delle montagne, gli abeti, gli stambecchi, le capre che correvano tra i sassi, fu come un toccasana per lui.

Arrivò in città poco dopo il tramonto. Ci era già stato e l'unica cosa differente era che le guardie erano raddoppiate. Ma era rimasto lo stesso paesino pieno di vita che aveva visto la prima volta insieme a Ralof. Un cane abbaiò al suo arrivo e altri quattro o cinque del villaggio si unirono a lui in un coro di bentornato. "Sei tornato, dunque. Ti trovo bene! Hai qualcosa da fare prima di tornare a Whiterun?" la prima ad approcciarsi a lui fu la sorella di Ralof, sorridendogli sincera.

"Grazie, anche tu. Devo liberarmi di un paio di cianfrusaglie e... restitutire una cosa al vostro emporio. Ah, dov'è tuo fratello?"
Poté leggere la risposta nel suo viso prima ancora che rispondesse. "È partito un giorno fa verso Windhelm per riunirsi ai Manto della Tempesta. Sai, ha detto che metterà una buona parola su di te."

"Oh..." realizzò Damien. Ralof gli aveva parlato di quello che stava succedendo, di come Skyrim fosse divisa dalla rivolta dei Manto contro la Legione. "Non hai ancora deciso?" chiese lei.

"So veramente poco di quello che sta succedendo. Mi sento molto... lontano, come un pesce fuor d'acqua. Non vorrei nemmeno schierarmi, a dirla tutta. Non è... la mia guerra."
"So cosa intendi, però... credo che tutti noi dovremmo scegliere da che parte stare. Ma non oggi. Ad ogni modo, ti andrebbe di unirti a noi a tavola? E quasi ora di cena, e abbiamo zuppa di pomodori e cipolle, e idromele fresco."

Damien la interruppe con un gentile gesto della mano. "Ti ringrazio per l'invito, ma non rimarrò molto qui. Giusto il tempo di liberarmi di qualche peso."
Lei comunque gli rivolse un sorriso e, prima di lasciarlo andare, disse.
"Allora buona fortuna. Sappi che, per qualunque cosa, non devi far altro che chiedere."



Con quello che si era riuscito a procurare dentro il tumolo aveva guadagnato abbastanza septim da comprare materiali per forgiarsi un arco elfico, decisamente migliore e più resistente di un semplice arco di lengo, e le apposite frecce.
Ovviamente Lucan era molto entusiata di aver nuovamente tra le mani quel piccolo manufatto. Certo, per un attimo Damien ebbe la tentazione di tenerselo tutto per sé, ma non ci avrebbe fatto molto poi.

Era quasi sera quando riprese il cammino verso Whiterun, con lo zaino più leggero e una lanterna attaccata alla cintura che illuminava le strade buie. Aveva questa lastra e sperava che, una volta cosegnata a Farengard, la storia fosse finita lì.
Ma era solamente l'inizio. 










Whiterun 
14. Stella del Mattino, 4E 201






"Gli dei siano lodati. Hai trovato la pietra?"
"Beh, buonasera anche a te, Farengar." rispose Damien una volta entrato nella stanza del mago che in quel momento non era solo. Era affiancato da una donna con indosso una corazza di pelle, e il volto quasi nascosto da un cappuccio.
Sfilandosi lo zaino dalle spalle, cacciò infine la pietra avvolta accuratamente in un pezzo di stoffa poggiandola sul tavolo mostrandola al diretto interessato.

"Le tue informazioni erano accurate, quindi." disse il mago rivolgendosi alla donna. "E dobbiamo ringraziare il nostro amico che l'ha recuperata per noi."
"Vero," rispose lei, la sua voce era dura e pronfonda. "Ti sei avventurato in una rovina pericolosa, non dev'essere stato facile. Ti ringrazio."
Lui si limitò a sorridere con un lieve cenno del capo. "Voi sareste...?"

"Un amica," rispose Farengar. "È stata lei a scoprire dove si trovasse la pietra, in un modo che non vuole condividere con me."
"Ho i miei... metodi. Vi basta questo." ribatté lei. "Ai miei riferirò ciò che mi hai detto. Ora devo lasciarvi soli, signori." La donna prese infine congedo uscendo dalla stanza, a quel punto Damien si affiancò al mago. "Ora... che si fa?"
"Ora il tuo lavoro è concluso, e inizia il mio."

"Va bene, ma a cosa ti serve?"
"Guarda bene," il mago indicò vari punti della pietra. "Indica le posizioni delle tombe dei draghi morti. Bisogna capire il motivo del ritorno di queste creature, questo è il mio lavoro."

"Ah, a proposito..." Damien si tastò le tasce e infine cacciò un piccolo foglio piegato. "Posso farti vedere una cosa?"
"Dipende. Cosa vuoi mostrarmi?" Il ragazzo gli porse il pezzo di carta e Farengar lo aprì rivelandone il contenuto. "Al tumulo c'era questa grande pietra liscia, con incisa delle parole che io non conosco." spiegò. "Una di queste... brillava. Era come se fosse... beh, viva. Insomma, ti è familiare?"

Il volto di Farengar si distese come un lenzuolo stirato, e si portò due dita sul mento, pensieroso. "Riconosco la lingua, è draconica..." con l'altra mano aprì uno dei tanti libri sfogliandolo di fretta, arrivando ad una pagina dove vi erano parole simili a quelle che Damien aveva trovato nel tumulo. "Dovrebbero... essere appena poche lettere. Suf... Fus... O Feys? Non rammento il loro significato però."

"Ed è normale che colpiscano?"
"Prego?" gli rivolse un occhiata confusa. "Una di queste mi ha colpito, cioè... non ti so spiegare, era come se avesse avuto energia propria, e... questa energia mi ha investito in pieno. L'ho sentita dentro di me, capisci? E' stato... beh, strano." Vide gli occhi e la mascella del mago spalancarsi dello stupore, e questa volta fu Damien a osservarlo confuso quando lo sentì esclamare;

"Impossibile, sei tu."
"Come?"
"Sei tu! Prima hai visto il Drago di Helgen, poi la parola draconica... non può essere una coincidenza!"
"Coincidenza? Q-quale coincidenza?"

Una terza voce, femminile e allarmata, fece voltare entrambi verso la dunmer, Irileth, che irruppe nella stanza con passo veloce. "Farengar! È stato avvistato in Drago! Devi venire, e anche tu, giovane!''
"Cosa? Per gli Dei, troppe cose tutte insieme!" Abbandonò immediatamente quello che stava facendo seguendo l'elfa verso i piani alti dell'edificio, a sua volta seguito da un Damien più confuso di prima.

Ad aspettarli c'era lo Jarl Balgruff, insieme ad un soldato dallo sguardo spossato e dal fiato corto, segno di una corsa lunga e veloce. Tra grandi boccate d'aria, egli riuscì a dire, ''Lo abbiamo visto... arrivare da sud e... era veloce, volava sopra la mia testa quando... quando sono fuggito. Dei, credevo mi avrebbe seguito!''
''Va bene, ora vai alla caserma e riposati, figliolo.'' gli diede una leggere pacca sulla spalla. ''Ora ci pensiamo noi. Irileth...!'' lei lo guardò. ''Raduna delle guardie e andate alla Torre di osservazione.''
''Ho già ordinato ai miei uomini di riunirsi vicino al cancello principale.'' lo Jarl annuì soddisfatto, per poi riportare la sua completa attenzione su Damien.

''Ragazzo, ascolta, non c'è tempo per i convenevoli. Ho bisogno di nuovo del tuo aiuto. Vai con Irileth e i suoi uomini, e aiutali a combattere contro questo drago. Sei sopravvisuto ad Helgen, tra noi sei quello con maggior esperienza con i draghi.''
''Cosa- no, no, no, aspettate...'' esclamò il giovane non riuscendo a celare il panico che lo stava assalendo. ''Io... sono fuggito da un drago, non ci ho combattuto. Non ho nessuna esperienza, non ce la posso mai fare!''
''Credo che nessuno di noi è pronto ad affrontare una creatura del genere, però siamo pronti a difendere tutto ciò che per noi è caro. So che quello che ti sto chiedendo è rischioso, ma ti prego, aiutaci. Non sarai solo questa volta.''

Rifiuta, gli stava gridando la parte più razionale della sua coscenza, non sei venuto a Skyrim per combattere i Draghi. Hai altro a cui pensare. Rifiuta, pensa a te stesso, mandalo all'Oblivion e tanti cari saluti- ''...Va bene.'' rispose infine Damien dopo un lungo sospiro. ''Grazie, giovanotto. Irileth, non deludermi... e stati attenti.''






La torre d'osservazione non era lontana. Si trattava di un avamposto di controllo, poco più che una torre e una stalla dismessa per tenere i cavalli, ma nella terra pianeggante che era la via occidentale svettava come una lancia su un tumulo, catturava subito la vista. L'attacco del drago non l'aveva devastata del tutto, ma alcune macerie si trovavano sul terreno, e lingue di fuoco si innalzavano dall'erba bruciata illuminando tutto ciò che aveva intorno.
Irileth e i suoi uomini si dispersero alla ricerca di un possibile superstite. Si concentrarono intorno alla torre, mentre Damien arrancò su quelle che dovevano essere le scale che portavano all'interno.

Fu allora che vide qualcuno uscire, rimanendo abbassato. ''Indietro! E' ancora qui, da qualche parte.'' era un altra guardia di Whiterun, ferita al braccio ma era ancora in vita, lo stesso non si poteva dire dei due cadaveri che Irileth e i suoi avevano trovato. ''Stai bene? Sei ferito!''
''Nulla di grave, giovane. Posso cavarmela.''
''Soldato, dov'è il drago?'' alla domanda della dunmer, l'uomo esitò per qualche secondo. ''Non lo so... volava in cerchio sopra di noi e poi... ''

In quel momento udì qualcosa che lo fece congelare sul posto. Un ruggito, profondo e mostruoso, proveniente da una bestia di grandi dimensioni. Lo stesso che udì ad Helgen. Si voltò giusto in tempo per vedere un drago che scendeva in picchiata verso di loro. Si buttò insieme a tutti gli altri immediatamente al riparo evitando l'ardente soffio di fuoco del drago.

Irileth gridò all'attacco e gli arcieri cominciarono a scoccare frecce verso la bestia, mentre i guerrieri si tenevano pronti nell'imminente momento in cui il drago sarebbe sceso a terra. Damien, con cuore che galoppava forte nel petto, diede fondo alla sua faretra, cercando di mirare con la massima precisione, e riuscì a conficcare un paio di frecce nella dura scorza del drago.

Ogni qualvolta questi atterrava, Irileth e i guerrieri si avventavano su di lui, ma cercando di evitare le sue fauci. Due soldati vennero spazzati via da un colpo della sua coda, morendo all'istante. Irileth e i suoi furono scacciati con una zampata, rimanendo intontiti ma ancora vivi. Damien smise di scoccare frecce lasciando via l'arco, la mano sinistra venne avvolta da un fascio di luce bluastra che scagliò contro il drago, impedendogli di sferrare un altra zampata contro Irileth e i suoi.

Fu allora che la bestia volse la propria su di lui. "Dovahkiin!" tuonò la sua voce -perché si, a quanto pare Damien non se lo era immaginato, il drago gli aveva appena parlato. La gola della bestia si gonfiò, e scagliò dalle sue fauci un'immensa palla di fuoco nella sua direzione colpendolo in pieno. Le fiamme si dissolsero e, con grande stupore di tutti, il giovane era totalmente illeso, grazie a una barriera magika evocata in tempo.
Il drago, più infuriato che mai, iniziò ad avanzare mentre il giovane correva tentando di aggirarlo e, al tempo stesso, di tempestarlo di frecce.

La bestia fu più veloce e, con una delle sue zampe, lo colpì.
E lui rotolò violentemente sul terreno, sbattè la testa, atterrò sull'erba fredda, mentre un inspiegabile dolore si diffuse su tutto il corpo. Una sensazione di svenimento lo colse improvvisamente, ma tentando di resisterle riuscì ad aprire gli occhi. La vista era leggermente offuscata, tutto intorno a lui sembrava lontano, ovattato. La mano, tremante, andò a tastare il proprio fianco scoprendolo coperto di una strana sostanza densa e calda.

Con un gemito si accorse di uno squarcio causato dagli artigli della bestia. Come se non bastasse, la terra sotto di lui tremava ad ogni passo del drago che stava strisciando verso di lui, sempre più vicino. Digrignando i denti, e trattenendo le lacrime e i gemiti di dolore, tentò di trascinarsi lontano aggrappandosi alla terra con le dita tremanti. Ma più si muoveva, più si sentiva svenire, e la vista appannarsi violentemente.
L'ombra della bestia lo sovrastò, in tutta la sua tetra magnificenza, e voltandosi si ritrovò faccia a faccia con essa. Se avesse avuto la forza di urlare l'avrebbe fatto, non che gli sarebbe stato utile però.

Dei, davvero era arrivata la sua ora? No, non voleva morire. Non così. Aveva appena messo piede in questa terra, scampato alla morte già una volta, non voleva andare via. Strinse gli occhi non avendo il coraggio di affrontare la morte in faccia, ma non arrivò. Non sentì le fauci della bestia che lacerava le sue carni, e sollevò lentamente le palpebre incontrando il muso del drago che si abbassava verso di lui.

"Ful, losei Dovahkiin? Zu'u koraav nid nol dov do hi."
gli ruggì contro il drago in una lingua che non conosceva, eppure gli sembrava... familiare. Forse perchè era la stessa delle incisioni che aveva visto nel Tumulo delle Cascate tristi, ma c'era qualcos'altro...

Irileth approfittò di quel momento di distrazione del drago e gli balzò agilmente sopra, arrivando a conficcargli la spada dentro la testa. Iniziò a dimenarsi dal dolore muovendo la testa a destra e manca, Irileth rischiò più volte di perdere l'equilibrio, ma si tenne con tutta la forza rimasta usando l'arma come sostegno, continuando a spingere la lama più in profondita.
Spinto da una forza che non comprese, Damien si trascinò verso l'arco che gli era caduto poco lontano, e una delle tante frecce che erano sparse a terra. Avvertiva delle dolorose fitte al fianco, la vista che vacillava, le braccia gli tremarono mentre tendeva la corda e mirava, aspettando il momento giusto per colpire.

Con un grido Irileth mosse la lama costringendo il drago a spalancare completamente le fauci, e Damien scoccò la freccia colpendo il palato della bestia. In un grido quasi disperato il drago parlò nuovamente, rivolto sempre verso di lui... ''Dovahkiin... no!'' ...prima accasciarsi a terra, con un ultimo ruggito che gli si spense tra i polmoni mentre la vita lo abbandonava. Damien crollò definitivamente a terra sentendosi privo di forze, mentre un tetro freddo iniziava ad avvolgerlo. E il silenzio colmò la piana.

Sentì delle braccia sollevarlo da terra, riconobbe alcuni soldati superstiti intorno a lui, e il viso di Irileth che lo guardava con evidente preoccupazione mentre con la mano gli schiaffeggiava una guancia per tenerlo sveglio. Un rumore simile a quella della brace che arde catturò l'attenzione di tutti, e nonostante lo sguardo leggermente sfocato Damien osservò come la pelle del drago cominciava a fumare, dissolvendosi fino a lasciare l'intero scheletro scoperto. Un vento magico cominciò a spirare da e intorno a lui, riportandogli la stessa sensazione che l'avevano travolto al Tumulo.

E il mondo vorticò di nuovo, minacciando di strappargli quel poco di lucidità che aveva. Ma invece quando il vento cessò, fu come se aria calda e vigore gli fossero stati soffiati nei polmini e un fuoco intenso gli divampò nel petto e nei muscoli.
''Non posso crederci... è il Sangue di Drago...'' udì qualcuno vicino a lui sussurrare questo appellativo. Poi vide nero.


















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Capitolo 4
*** IV. Un inizio ***


The lost rogue 4






Lontano, tra la neve e il ghiacciaio perenne...
(Giorno indefinito.) (Mese indefinito.)




Una volta aveva sognato di essere su una montagna.
Era altissima e pareva imponente, irraggiungibile, e non sentiva freddo.
Non sapeva come ci fosse arrivato.
Semplicemente si trovava lì. Era un bambino quando lo fece e fu forse il sogno più bello che avesse mai fatto.
Aveva giocato con la neve, correndo e rotolando per terra, lasciando che si insinuasse tra i suoi capelli biondi e macchiasse le sue vesti scure.

La sognò di nuovo.
Era sempre altissima, imponente, irraggiungibile, e non sentiva freddo.
Si chiese perchè si trovava lì, di nuovo. Questa volta non era da solo.
C'era un drago, grande e grigio, ma non era minaccioso. Emanava un aura pacifica.

Egli pose lo sguardo calmo e saggio, per nulla innodato d'odio e sangue, verso di lui sussurrando tre parole.
''Drem Yol Lok''










Whiterun - Tempio di Kynareth 

28. Stella del Mattino, 4E 201



Si svegliò di soprassalto ritrovandosi seduto senza sapere come, lasciando ricadere le coperte sulle gambe. Respirò con profonde boccate d'aria, il petto che si muoveva al ritmo dei suo polmoni. Si portò una mano sulla fronte scoprendosela umida e fresca, guardando in basso si accorse di una pezza bianca che probabilmente aveva proprio sulla fronte, di avere delle bende che gli fasciavano la ferita al fianco, e la chioma bionda che gli cadeva sulle spalle.

La stanza in cui si trovava era piccola, ma confortevole. Il pavimento era lucido e liscio, la luce del sole filtrava dalla finestra presente, e l'aria profumava di lavanda e pulito. La ispirò profondamente, e percepì dei leggeri passi che si avvicinavano a lui. Una donna nord entrò nella stanza, una monaca di quel tempio a giudicare dalle vesti che portava, e tra le mani reggeva una caraffa piena d'acqua e delle bende che posò su un como' presente nella stanza.
''Sei sveglio, finalmente!'' ella sospirò sollevata, accarezzandogli poi la fronte con le dita per sentirne la temperatura. ''Mm, bene... la febbre sembra sia scena. Le notti precedenti eri un fuoco ardente.''

Si chinò con un ginocchio a terra per scrutare attentamente le bende. ''Sembra stia guarendo. Dimmi, ti fa ancora male se...'' premette pianissimo due dita contro il fianco, e lui sussultò involotariamente a quel contatto. ''Scusami, ragazzo.'' si affrettò a dire la monaca. ''No, no, tranquilla... fa meno male adesso.'' la rassicurò con un lieve sorriso che la donna ricambiò. ''Bene, ce la fai ad alzarti? Voglio cambiare le bende e disinfettare la ferita.''

Lui si issò piano dal giaciglio e percepì le mani esperte della monaca sfilargli le bende macchiate leggermente di sangue. Le buttò dentro un secchio di legno e, dopo aver indossato dei guanti, cominciò a pulire delicatamente la ferita con un pezzo di stoffa bagnato con acqua fresca. ''Dove sono...?'' chiese lui mentre la donna iniziava a tamponare una sostanza gelatinosa, fredda e dall'odore forte, sul suo fianco. ''Sei al Tempio di Kynareth, ragazzo. Il mio nome è Danica. Irileth e i suoi ti hanno portato qui dopo lo scontro col drago.''

Si tolse i guanti sporchi e, sfregando un po' le mani, le avvicinò alla ferita ma senza toccarla. Danica chiuse gli occhi, ispirò intensamente e concentrò la sua magika in un incatesimo di cura, e lui percepì un calore confortante e piacevole fluire dentro di lui. ''Da quanto ho dormito?''
''Da quasi tre settimane. Il tuo non è nemmeno stato un... sonno prolugato. Tranquillo, diciamo.'' rispose lei mentre si occupava anche delle ferite più piccole. ''A volte... ti agitavi nel sonno, ti svegliavi e ti riaddormentavi in un battito di ciglia, a volte in silenzio, a volte cianciando parole che non capivo.''
''Non ne ho... ricordo.'' ammise lui perplesso. ''Che tipo di parole?''

''Non ne sono sicura... '' rispose la donna dopo qualche istante. ''All'inizio credevo fosse elfico, ma invece... era qualcos'altro. Qualcosa di molto più antico.''
Finì poi di fasciargli i fianchi con delle bende nuove e pulite. ''Ecco fatto, un altro mese e dovrebbe guarire del tutto. Niente lavori pesanti, devi stare al riposo. In quel baule c'è un cambio pulito, i tuoi oggetti, e l'unguento che dovrai mettere una volta al giorno. Se hai bisogno di una boccata d'aria, puoi uscire dal Tempio.''
''Credo che lo farò. Grazie mille, Danica.'' le disse. La donna fece per andarsene, ma si voltò per dirgli, ''Un ultima cosa, molto più personale... grazie. Hai aiutato Whiterun, sconfiggendo quel drago. Stammi bene, ragazzo.''







Fuori spiccava un sole alto nel cielo, accompagnato da una leggera brezza fresca. Lasciò che le porte del Tempio si chiusero alle spalle, mentre davanti a lui si stagliava una piccola piazzetta con qualche pachina di legno, e al centro un grande e maestoso albero, dai rami lunghi e spessi decorati da piccoli fiori di ciliegio. Dei bambini ci giravano intorno, correndo e ridacchiando tra loro, rischiando di andare a sbattere contro qualche guardia a servizio. Si sedette su una delle panche abbandonandosi contro lo schienale, e lì da solo fece resoconto di tutto quello che gli era successo in così poco tempo.

Prima era stato condannato a morte, poi era scampato dal ceppo del boia per pura fortuna. Aveva profanato un Antica tomba nordica per trovare una misteriosa tavola di pietra, e quasi rischiato la morte per via di un altro drago. E quel drago gli aveva fatto... qualcosa. La stessa cosa che era successa davanti al muro del Tumulo, un energia gli aveva attraversato la pelle, intriso le sue carni ed unito alle sue ossa. Aveva sentito ogni cellula del suo corpo riempirsi di quel potere antico. Solo che era stato più forte. Molto più forte.

Non si accorse che si stava rigirando i pollici, colto da un improvvisa agitazione. Quella parola incisa nella parete non gli lasciava pace, e
ra ancora disegnata nella sua mente, ma cosa significava? ''Ehi...!''
Alzò il capo verso la voce di chi aveva parlato; era Irileth che lo stava guardando con uno sguardo abbastanza enigmatico. Pareva sorpresa di vederlo lì.
''Uhm, ehi...?'' farfugliò lui. Sembrava una di quelle situazioni in cui non sapevi effettivamente cosa dire perchè entrambi rimasero per un po' in silenzio, non fino a quando lei gli si sedette accanto, ma pareva tesa e non completamente rilassata.

''Senti... non voglio fare troppi giri di parole, quindi sarò diretta.'' parlò voltandosi verso di lui. ''Mi sei quasi morto tra le braccia, e mi sono sentita responsabile.
Non avrei dovuto portarti con me nello scontro col drago, non hai nemmeno la stoffa del guerriero... senza offesa.''
''Oh...'' non sapeva se sentirsi offeso, oppure no. ''Beh, non che io possa darti dorto... in effetti.''
''Sta di fatto che avrei dovuto insistere Balgruff a non lasciarti coinvolgere.''
''Non mi avete costretto, sono stato io a scegliere di aiutarvi.''
''Solo perchè era stato Balgruuf a chiedertelo.'' insistette lei rimettendosi di colpo in piedi, come se stare seduta non l'aiutasse a rilassarsi completamente.
''Ad ogni modo... non vorrei disturbarti ancora, ma c'è una faccenda di cui dobbiamo parlare.''
''Oh, ti prego, non dirmi che si tratta di un'altro drago.''
''No, riguarda... te. E' meglio se vieni con me.''






Quando arrivarono a Dragonsreach Damien seguì l'elfa fino al piano superiore, dove lo jarl, il suo sovrintendente e un altro uomo che non riconosceva stavano confabulando sommessamente. Il tutto pareva molto misterioso. ''Avevate sentito anche voi la convocazione, no? Non possono essere che loro...'' riuscì a sentire Damien, ma si zittirono subito quando lo videro arrivare. ''Sono lieto di vederti in piedi, ragazzo.'' gli disse lo jarl con fare sincero. ''Non potevo sopportare l'idea di averti mandato incontro alla morte. Come ti senti?''
''Meglio, credo. Uhm, so che avete chiesto di me.''

''E vero.'' lo sguardo dello jarl si fece improvvisamente serio, e parlò con altrettanto tono. ''Irileth mi ha raccontato tutto ciò che è accaduto alla Torre d'osservazione e che era successo... qualcosa, dopo la morte del drago. Ha affermato che tu hai ''assorbito'' una specie di...''
''Potere...'' concluse Damien stesso, mentre gli riaffiorarono le ultimi immagini di quel momento. Difficilmente le avrebbe scordate, così come le sensazioni provate. ''Si... ecco, è vero.''

Proventus e l'altro uomo sussultarono a quell'affermazione. ''Allora sei un Sangue di Drago?'' gli chiese quest'ultimo, ricevendo però come risposta uno sguardo interrogativo. ''Sangue di Drago...'' ripetè l'uomo. ''Secondo le antiche leggende, che risalgono quando ancora esistevano i draghi a Skyrim, il Sangue di Drago li uccideva e ne rubava il potere e... e tu non hai idea di cosa io stia parlando, vero?'' concluse notando lo sguardo del giovane farsi sempre più confuso. Damien fece cenno di no col capo. ''Per gli dei, fai sul serio?''
''Horgvar, non mettergli fretta.'' intervenne lo jarl voltandosi nella sua direzione. ''Non sa nemmeno della convocazione.''

''Come? Cosa? Cioè, quale... convocazione?'' balbettò Damien mentre il cuore gli batteva agitato nel petto stanco. Fu Irileth, questa volta, a prendere la parola. ''Dopo lo scontro, io e i miei uomini ci siamo subito affrettati a tornare in città e portare te al Tempio. All'improvviso però udimmo qualcosa; era un suono assordante, un coro di voci tonanti che si era abbattuto su tutta Whiterun. Tu non l'hai sentito perchè eri inconscente, ma tutti noi si.''
Fece una pausa, squadrandolo da capo a piedi. ''Quel coro era rivolto a te.''

Tutti quanti lo guardarono come se si aspettassero una risposta da parte sua, quando in realtà non sapeva nemmeno cosa pensare davanti a tutte quelle rivelazioni. ''In cosa mi sono cacciato, questa volta?''
''I Barbagrigia.'' rispose Balgruff. ''Vivono reclusi in cima alla Gola del Mondo, la montagna più alta di tutto il continente di Tamriel.''
''E... cosa vogliono da me?'' chiese Damien, temendo però la risposta che sarebbe seguita.

''Si dice che un Sangue di Drago sia eccezionalmente dotato nel dono della Voce, ossia la capacità di concentrare la propria essenza vitale in un Thu'um, o Urlo nella lingua corrente. I Barbagrigia sono i maestri della Voce e possono insegnarti ad utilizzare il tuo dono. Non ti abbiamo sentito Urlare, ma quello che è successo con il Drago sia più che sufficente.''
''Un attimo,'' intervenne Proventus. ''Cosa c'entra tutto questo con questo giovanotto? Non vedo in lui segni di quello che chiamano Sangue di Drago. E poi... cosa vogliono da lui?''

''Questi sono affari dei Barbagrigia, non nostri.'' replicò Balgruuf. ''Sta di fatto che quando hai ucciso quel drago, qualcosa si è risvegliato in te... e i Barbagrigia l'hanno percepito. Se pensano che tu sia il Sangue di Drago, noi non siamo nessuno per metterlo in dubbio. Per lo più, essere convicati da loro a Hrothgar Alto è un immenso onore.''
''...E voi vi aspettate che io accetti tutto questo?'' riuscì a dire Damien dopo un momento di esitazione. ''Sono qui da poche settimane e... e tutta la mia esistenza viene capovolta all'improvviso, quando io non ho fatto niente per volere tutto questo! Non sono un guerriero, e non credo nemmeno a queste sciocchezze nord...!''

Hrongar sembrò sussultare per lo sdegno, perchè guardò il giovane come se avesse appena detto una blasfemia. ''Sciocchezze nord? Bada a come parli, giovane. Queste non sono sciocchezze, sono le nostre tradizioni sacre, risalenti alla fondazione del primo Impero.''
''Le vostre, ma non le mie. Non mi riguardano affatto.''
specificò Damien, ''Anche se... volessi andare da questi eremiti non potrei. Non ora, almeno. Sono ancora in via di guarigione, non posso... nemmeno permettermi un posto dove stare.''
''Infatti, non è solo per questo che ti ho chiamato.'' intervenne lo jarl. ''Voglio ringraziarti, perchè hai reso un grande servigio a me e alla città, e per questo vorrei nominarti thane di Whiterun. Hai il permesso di avere una proprietà qui, e ti assegno Lydia come tuo Huscarlo.''

''Cosa?'' si ritrovò ad esclamare il giovane, non senza un pizzico di sopresa. ''E'...uhm, beh, vi ringrazio ma... non ho il denaro per compare una casa. Non ancora almeno.''
''Tutto a tempo debito, ragazzo.'' lo rassicurò lo jarl. ''Ma sappi che sei bel accolto qui in citta, da me in primis. E' un onore averti come thane della città, Sangue di Drago.''

Damien non riuscì nemmeno a definire ciò che provava in quel momento. No, non era gioia, o meglio... si, un pochino, ma c'era anche molta accecante confusione. Come se non ci fossero abbastanza novità nella sua vita, ora era divenuto thane di una città, quando in realtà non credeva di meritare tale onore. Almeno aveva un tetto su cui dormire, era già qualcosa. E sebbene non fosse come lo avesse immaginato, e il tutto era accaduto molto velocemente, era comunque l'inizio della sua nuova vita.










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Capitolo 5
*** V. Decisione ***


The lost rogue 5





Whiterun - Dragonsreach 

20. Primo mese, 201 4E






"Potresti passarmi quei rami di cardo?" Farengard teneva lo sguardo fisso e concentrato verso la miscela che stava impastando e mischiando in una apposita ciotola di legno. La sua domanda venne ignorata, e alzò la testa posando lo sguardo alla sua destra.
"Ehi...!"
"Mm?" Damien sbatté gli occhi prima di voltarsi verso il mago.
"Mi hai sentito?"
"Uhm... no?"

Un sospiro lasciò le labbra del mago. "Passami quei rami di cardo, sono lì." con un accenno del capo gli indicò una ciotola di legno poco lontano. Damien segui' il suo sguardo e concentrò la propria magika focalizzando attentamente i rami di cardo. Dopo qualche secondo questi cominciarono a sollevarsi in aria sotto il controllo del giovane, fluttuarono verso il mago che li afferrò al volo.  ''Grazie.'' borbottò il mago.
''Non c'e di che.'' rispose il giovane, riprendendo la sua lettura su quello che era un Catalogo di Incantamenti.

Era passato un mese dopo tutta quella faccenda dei draghi e di lui che scopre di essere questo... Sangue di Drago. Si era ormai ambientato nella bella città di Whiterun, ai suoi ritmi e al suo popolo. Era finito a lavorare alla Giumenta Barbata, più che altro tagliava grandi quantita di legna per la proprietaria o suovana qualche serenata, ed era anche ben disposto a compiere piccoli favori per alcuni commercianti e per la gente del posto. Insomma, faceva di tutto pur di guadagnare qualche septim, anche perchè aveva una casa da pagare.

Gli capitava spesso di passare le mattinate fuori città, tra le pianure basse e verdi insieme a Anoriath, un elfo dei boschi che gestiva il Cacciatore Ubriaco, con cui condivideva la passione per la cacciagione e insieme andavano a procurarsi pelli e carni.
Il pomeriggio lo si passava a Dragonsreach siccome aveva persuaso Farengard a prenderlo come assistente, compiendo varie commissioni per conto suo, come comprare vari ingredienti e gemme dell'anima.

''Ah, ma dove li ho messi...?''
Damien lo sentì farfugliare tra se' e se' mentre spostava libri e pergamene, come se non fossero già messi in disordine. ''Erano qui, dannazione... dove possono-'' con le sopracciglia aggrottate, si voltò verso il giovane e gli chiese. ''Damien, dove sono i Denti di spettro del Ghiaccio?'' All'improvviso il bel viso del ragazzo si dipinse di un espressione colpevole. I suoi occhi puntarono verso il basso mentre ribatteva a bassa voce;

''Li ho usati.''
''Come?''
''Li ho usati!'' ripete' con aria leggermente stizzita e anche desolata. ''Volevo provare a fare... una cosa.''
''Ti avevo espressamente detto di non usarli!''
''...Scusa.'' riuscì a dire Damien mentre nascondeva il viso tra le pagine del libro. Il mago semplicemente sospirò, tra l'esasperazione e l'irritato, mentre si passava una mano sulla fronte. ''Lascia perdere, vai da Arcadia e prendine altri. Ora.'' gli ordinò gesticolando con la mano. ''E la prossima volta almeno abbi la decenza di chiedere il permesso se proprio vuoi sperimentare con le pozioni!'' aggiunse mentre lo vedeva alzarsi e abbandonare la stanza. 








Il Calderone di Arcadia era ormai l'Emporio che visitava spesso, ma la cosa non gli dava mai noia. Era affascinato dall'Alchimia anche se non era un grande esperto. In effetti faceva più guai che altro. Aveva i ricordi di sua madre che maneggiava con cura e grande abilità una grande varietà d'ingredienti, e di lui che la osservava in silenzio seduto su uno sgabello di legno. Era abituato a certi odori e sapeva riconoscere quali prodotti fossero nocivi e quali invece davano benefici.
''Ciao Arcadia!'' la salutò una volta varcata la soglia d'ingresso.
''Ah, Damien! E' sempre un piacere vederti.'' lei lo accolse con un sorriso da dietro il bancone, che offriva una vasta gamma di prodotti alchemici, tra pozioni e ingredienti, alcuni libri di teoria e piccole gemme dell'anima.

''Ti manda di nuovo Farengar?''
''Si, lui è impegnato... come sempre.'' sospirò. ''Mi chiedo se prenda delle pause. Non si rilassa mai.'' La donna rise leggermente. ''Capisco, ma è fatto così. Dagli tempo e magari si adolcirà di più. Piuttosto... cosa ti porta qui?''
''Oh, giusto. Hai dei Denti di spettro? Li abbiamo... anzì, io li ho finiti.'' ammise Damien. Lei rimase un attimo in silenzio, pensierosa. ''Mm, fammi controllare. Dovrei... averne ancora.'' rispose mentre andava a controllare varie ceste presente nella stanza. Nel mentre, Damien addocchiò il piccolo laboratorio d'alchimia presente.

Arcadia annotava su dei piccoli fogli varie ricette per veleni e pozioni, con la lista d'ingredienti da usare, e li fissava al muro. Damien si accorse che le note erano aumentate; stava testando una pozione per rigenerare la salute in modo più sbrigativo, una che permetteva di respirare sott'acqua ma che a giudicare dalla X segnata sopra non era andata a buon fine, e -questa gli fece storcere il naso- una possibile pozione d'amore, il cui unico ingrediente erano, per ora, i mucchi di sali. Forse era solo uno dei tanti esperimenti di Arcadia, nulla di serio.

Le sue dita andarono a sfiorare uno dei fogli che riportava gli ingredienti di una pozione per rigenerare la magika, e proprio leggendo la ricetta si accorse di un dettaglio. ''Mmm, qui c'è un errore.'' disse attirando l'attenzione della donna. ''Che intendi?''
''Beh, ecco... '' si schiarì la voce. ''con solo questi ingredienti l'effetto non è molto efficace, risulterebbe incompleta.'' staccò quindi la nota dal muro porgendola alla donna. ''Prova a sostituire le ali di falena con dell'aglio, oltre ad essere più economico otterrai un effetto migliore.''

Arcadia gli rivolse uno sguardo sorpreso e con un misto d'ammirazione mentre esclamava, ''Ahh, hai ragione! Non ti credevo così abile, ragazzo.'' ammise mentre riscriveva velocemente la ricetta. ''Grazie! Oh, buona giornata tesoro, e salutami Farengar.''







Quando fece ritorno a Palazzo vide lo jarl Balgruuf discutere con Farengar di qualcosa a cui non diede attenzione. Quando entrò nella stanza del mago fece un leggero inchino nel momento in cui lo jarl si voltò verso di lui. ''Signore,'' si limitò a dire, in modo cortese. ''Bene Farengar, vi lascio al lavoro.'' si congedò l'uomo lasciandoli soli. Il giovane ritornò sui suoi tomi, e Farengar alla sua miscela ora completa grazie all'ultimo ingrediente mancante. 

''Balgruuf voleva sapere quando saresti partito per Ivarsted, comunque.'' la voce del mago lo distrasse dalla sua lettura. ''E' passato un po' dalla chiamata di quei vecchi eremiti. Non credi di averli fatti aspettare troppo? In molti ti invidierebbero. Anche Balgruuf, probabilmente. Altri sarebbero corsi subito a Hoghar Alto.''
''Beh, io... non penso che... resterò a Skyrim per molto.''

''Mm, stai scappando quindi.'' tagliò corto il mago interrompendolo bruscamente. ''Non sto... scappando!'' esclamò Damien con aria stizzata voltandosi verso di lui, chiudeno bruscamente il libro. Con le gote che arrossivano, forse un po' imbarazzato, disse, ''Va bene, senti... non voglio avere a che fare con questa storia del sangue di drago. Non ho niente di speciale, e non desidero che la gente mi guardi in modo... diverso. Anzi, preferisco non avere gli occhi di nessuno addosso.'' E mentre parlava, tra le dita si torturava una ciocca di capelli, un chiaro segno di agitazione.

''Davvero? Solo per questo motivo?''
''Beh, i miei motivi non ti riguardano. Senza offesa.''
''No, infatti.'' ribattè il mago. ''Non ho interesse in futili e stupidi caprici.''
''La prossima volta potrei portarti dello zucchero lunare, per farti addolcire un po'.''

Farengar alzò gli occhi al cielo, poi versò la miscela in varie fiaschette di colore verde aggiungendo una targa per indicare il tipo di pozione che era. ''Oh, hai creato una miscela fortificante?'' chiese improvvisamente il giovane. ''...Si,'' rispose il mago dopo un attimo di esitazione. ''Com'è che hai indovinato?''
Damien per risposta indicò il proprio naso. ''Dall'odore.''
''Ah, sai anche quali ingredienti ho usato? Oltre ai ramo di cardo e i denti di spettro?'' quasi lo sfidò il mago mentre riponeva le fiaschette dentro una cassa di legno. ''Uhm, beh... se non vado errato, un... fungo bianco, una squama di pesce macellaio e... un dente di tigre.'' rispose Damien, mentre si metteva in piedi e riponeva i propri libri in un piccolo zaino.

''Mmh, non male lo ammetto. Magari potresti darmi una mano per qualche pozione curativa domani.''
''Solo se mi paghi il doppio.''
''Oh no, non ci pensare nemmeno! Ora sparisci, ci vediamo domani.''









Breezhome
20. Primo mese, 4E 201






Un intrigante aroma di carne macinata lo investi in pieno quando rientrò in casa. Il calderone posto davanti al piccolo falò gorgogliava vivacemente, ripieno di sugo, carne e verdure, con qualche pizzico di spezzie picchanti. Damien ispirò col naso l'odore invitante. ''Mmm, per gli dei che fame...!''
Da lontano, precisamente dal piano di sopra, si udì una seconda voce e colpi di martello su legno. ''Thane, sei tu?''
''Si Lydia, sono io!'' rispose il giovane scrolandosi la mantella e lo zaino da dietro le spalle. ''Hai cucinato tu? Ah, Lydia, non dovevi disturbarti!'' esclamò il giovane andando ad assaggiare il sugo con un mestolo. Si permise di aggiungere un pizzico di sale. ''Già mi sento in colpa ad averti lasciato costruire metà Breezhome da sola...'' sospirò. ''Non esserlo Thane, per me non è un disturbo!'' rispose la donna continuando a battere ferro su chiodo.

Breezhome era il nome della proprietà che aveva acquistato a rate dallo jarl. Nonostante fosse una casa essenzialmente piccola, era accogliente, ben strutturata e studiata. Il piano terra era quasi completo, mancava qualche tappeto e alcuni barili. Il secondo, che comprendeva la propria stanza e quella di Lydia, era ancora in via di costruzione. Damien salì le scale per il piano superiore, intravedendo la donna alle prese con un mobile di legno quasi ultimato. Lasciò per un attimo martello e chiodi, predendosi un momento di pausa.

''Allora thane, com'è andata?''
''Ah, il solito, niente di nuovo. Farengar è dolce quanto un limone.'' rispose lui aiutandola a sollevare il mobile e posizionarlo nella camera di Lydia.
La donna si asciugò le mani sui pantaloni di stoffa che indossava. ''Nah, secondo me gli piaci. Solo che non lo ammetterà mai.'' ribattè scendendo al piano terra seguito dal giovane. ''E tu, invece... che mi dici di Ysolda? L'altra sera alla locanda eravate...'' le mise le mani sulle spalle, ''moolto vicine...! Se sai cosa intendo.''
''Ouw, thane! Non è... come credi.'' esclamò Lydia distogliendo subito lo sguardo, ma lui riuscì intravedere delle gote velate di rosso e un sorrisino sul viso di lei.

Quando conobbe per la prima volta Lydia rimase inebetito; vedeva davanti a se' questa forte guerriera nord dalla chioma scura e gli occhi fieri, lo sguardo di chi sa il fatto suo, e non riusciva a credere che lei fosse al suo servizio. Non aveva idea di come comportarsi nei riguardi di una guardia del corpo, ma sapeva come comportarsi con un amica. L'ultima cosa che voleva era trattarla come un mercenario.

Si sedettero su due sedie poste davanti al focolare, iniziando a consumare la loro cena parlando del più e del meno, accompagnati dallo scoppiettio delle fiamme. E Damien aveva pensato, e ripensato, all'idea di affrontare una volta per tutte la questione dei barbagrigia. Il pensiero che si fosse imbattuto in qualcosa più grande di lui gli incuteva un certo timore, l'alternativa era quella di prendere e scappare, e nascondersi nella prossima terra che avrebbe incontrato... di nuovo. Allo stesso tempo, era stanco di dover vivere nell'ombra, anche se la cosa gli dava più benefici che altro.

Forse era arrivato il momento di prendere seriamente la cosa. Infondo erano solo dei vecchi eremiti reclusi in una montagna, lontano da tutto e tutti. Poteva andare li, sentire cosa avevano da dirgli, e poi andarsene senza mai ritornare. Semplice, no? Eppure aveva cominciato a battere ininterrottamente il piede contro il pavimento, agitandosi sul posto. ''Senti, Lydia...'' la chiamò dopo qualche minuto di silenzio. La donna si voltò verso il giovane che, dopo un attimo di esitazione, gli chiese.

''Sai come... ci si arriva a Ivarsted?''









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Capitolo 6
*** VI. La Gola del Mondo ***


The lost rogue 6







Ivarstead

25. Primo mese, 4E 201








''Oh cielo, è stata una pessima idea-''
''Thane, invece è stata una buona idea.''

Il sole era al suo picco quando Damien e Lydia, a bordo di un carro, stavano raggiungendo Ivarstead. Il piccolo villaggio era situato nel territorio del rift, completamente diverso da quello di Whiterun. Era una terra composta da pianure decorate da magnifici alberi, le cui foglie richiamavano tonalità calde come il giallo, il rosso, e l'arancio. Il tutto era come se fosse perennamente autunno, e anche l'aria pareva leggermente più calda rispetto alle zone più nord di Skyrim. Ad un certo punto dovettero proseguire a piedi, siccome il carro non poteva arrivare direttamente al villaggio ma solo a metà strada.

Arrivarono lì in poco tempo, e decisero di consumare un veloce pasto prima di intraprendere il sentiero verso Hrogtar Alto. O Pellegrinaggio, come teneva a precisare spesso Lydia; a quanto pare era con tale spirito che i nord affrontavano la scalata alla Gola del Mondo.
Probabilmente per via di Talos, ovvero l'imperatore Tiber Septim che a sua volta aveva scalato Hrogtar Alto per recarsi dai Barbagrigia e apprendere i loro insegnamenti. Conosceva più o meno la storia di Talos, sapeva che era stato elevato a divinità dopo la sua morte, ma che fosse un sangue di drago... non ne aveva idea. Chiedendo informazioni tra la gente, appresero che i Barbagrigia non erano soliti a ricevere visite, e che la scalinata poteva risultare più pericolosa di quanto sembrasse. Scalini scivolosi e ricoperti di ghiaccio, e anche possibili lupi feroci che attaccavano i pellegrini lungo il sentiero.

''Quindi, quanti scalini sono, esattamente?'' domandò il giovane mentre superavano il ponte che li separavano dalla scalinata. ''Settemila, thane.'' Lui si fermò di scatto, voltandosi verso la donna con gli occhi strabuzzati. Aveva sentito bene? ''Settemila!?'' chiese come da conferma. Lei sorrise,
''Si, thane.''
''E non me l'hai detto?''
''Non l'avevi chiesto, thane.''
''Oh... giusto. Giusto.''

Cominciarono a salire i primi gradini, e Lydia parlò ancora. ''Bisogna guadagnarsi l'accesso a Hrotgar Alto con devozione, e sudore della fronte. Ma sono certa che tu ce la farai.'' esclamò sicura di se', mentre lui si lasciava scappare una risatina che trapelava tutta la sua agitazione torturandosi le mani fasciate da guanti di pelle. Beh, o la va'...
Passarono almeno dieci minuti o poco più quando si imbatterono in un uomo che se ne stava in piedi davanti a quella che sembrava una tavoletta di pietra scolpita. Forse un cacciatore, o un semplice pellegrino, sta di fatto che questi si accorse della loro presenza, e gli si rivolse con un sorriso cordiale. ''Anche voi in pellegrinaggio?'' chiese.

''Uhm, si.'' rispose Damien un po' esitante. ''Fate attenzione, ci sono parecchi lupi più in alto.'' fece l'uomo rimettendosi lo zaino in spalla. L'attenzione di Damien venne catturata dalla tavola di pietra, leggendone l'incisione che riportava.



'Prima delll'avvento degli uomini, i draghi regnavano su tutto il Mundus

La loro parola era la Voce, e parlavano solo per le Vere Necessità

Perchè la Voce poteva oscurare il cielo e inondare la terra'



''Non ne avevi mai vista una?'' chiese l'uomo notando l'espressione di Damien. ''No.'' egli rispose. ''Cosa sono questi emblemi?''
''Riportano la storia di come la Dea Kyne, o Kynareth, abbia concesse il potere della Voce agli uomini.'' rispose l'uomo. ''Leggili tutti, se vuoi. Ne incontrai altri lungo la strada. Mi fermo a meditare davanti ognuno di essi, mi fanno... sentire in sintonia col posto. Buona giornata, e state attenti.''
Damien e Lydia salutarono l'uomo, e proseguirono per la loro strada. Le parole di quella pietra non gli diedero molto conforto. Insomma, sapere che possedeva lo stesso potere, che poteva addirittura portare cataclismi, gli ha dato un pochino di brividi.



'Gli uomini apparvero e si diffusero su tutta la superficie del Mundus

I draghi presiedevano alle masse

Gli uomini erano deboli, e non avevano voce'



Il resto della salita, a dirla tutta, fu abbastanza noioso, ma davvero estenuante. All'inizio pareva affascinante siccome si poteva, man mano che si saliva, ammirare un bellissimo panorama dall'alto. Ma più salivano di quota, più faceva freddo, e la neve inziò a cadere con più insistenza, offuscandogli la vista.



'Nei tempi antichi lo spirito primigenio degli uomini era forte

Non temevano di affrontare i Draghi e le loro Voci

Ma i draghi, con un semplice Urlo, li abbatterono nello spirito e nel corpo'



La fatica iniziava a farsi sentire, e il freddo era pungente. Diversi lupi li attaccarono, lupi dei ghiacci. Più resistenti, grossi e difficili da abbattare rispetto a dei lupi comuni. Lui e Lydia ci avevano impiegato un po' più del solito per eliminarli.



'Kyne invocò Paarthurnax, che ebbe compassione dell'uomo

Insieme insegnarono agli uomini a usare la Voce

Allora scoppiò la Guerra dei Draghi, drago contro lingua'



Non furono i lupi il problema, quanto l'inaspettato troll delle nevi che si trovava quasi in cima. Si scagliò contro i due con un grugnito rabbioso, e ci mancò poco che ferì entrambi con una zampata. Lydia sfoderò spada e scudo iniziando un combattimento ravvicinato contro l'essere, mentre Damien lo colpì da lontano con l'arco, prima le gambe e, infine, un ultima freccia dritta in testa, uccidendolo definitivamente.



'Gli uomini vinsero e cacciarono Alduin dal mondo,

dimostrando a tutti che la loro voce era forte

Ma in molti si sacrificarono'



I due non parlarono molto durante la salita, entrambi assorti nei propri pensieri. Lydia pareva quasi emozionata, lui l'aveva notato dallo strano luccichio che emanavano i suoi occhi scuri, e dal passo determinato con cui stava affrontando la salita. Damien invece ancora doveva abituarsi a tutto quello che era accaduto in poco tempo, la testa piena di tante domande, le cui risposte sperava di trovare da questi Barbagrigia.



'Con Lingue ruggenti, i figli del cielo conquisteranno tutto

fondando il primo impero con la spada e con la Voce

mentre i draghi sparivano da questo mondo'



''Lydia, tu credi che io sia... davvero un sangue di drago?''
La donna volse lo sguardo al giovane, e lo squadrò per un momento ''Si.'', rispose poi con un sorriso. ''Perchè lo chiedi?''
''Beh... non credo di avere qualche tratto distintivo. Non sono, esattamente, il guerriero valoroso che si aspettavano tutti.'' lui rispose. Lei ridacchiò sotto i baffi. ''Non devi essere un guerriero per essere un sangue di drago,'' rispose. ''Poteva essere chiunque; un guerriero, un ladro... o anche un mago, chi può dirlo. Invece il destino ha scelto te...''



'Le Lingue andarono umilmente alla Montagna Rossa

Jurgen Windcaller cominciò la sua meditazione dei Sette Anni

per comprendere come le forti Voci potessero fallire'




''Mm...'' borbottò lui guardando verso terra. ''Non credi nel destino?'' chiese Lydia. ''Cerco di essere il più razionale possibile.'' rispose lui. ''Non voglio credere che la mia vita sia già stata scritta da qualcosa più grande di me, ancor prima che nascessi. La vita dovrebbe essere mia, e di nessun'altro. Eppure...''
''Cosa...?''
''...ora non ne sono più tanto sicuro.''


'Jurgen Windcaller scelse il silenzio e ritornò

I diciassette avversari non riuscirono ad abbatterlo urlando

Jurgen il Calmo costruì la sua casa sulla Gola del Mondo'



''Io credo che alcuni sono nati per compiere scopi che noi, gente comune, non potremmo portare avanti con la giusta devozione e forza.'' rispose Lydia. ''Gli Dei sanno che al mondo servono persone coraggiose e altruiste che siano d'esempio a tutti noi. La gente li aspetta, li acclama, grida i loro nomi! E anni dopo racconterrano di come ammiravano colui che gli insegnò a tenere duro un secondo di più. Penso che ci sia un eroe in tutti noi, che ci mantiene onesti, ci da forza, ci rende nobili... e alla fine ci permette di morire con dignità, anche se a volte dobbiamo mostrare carattere e rinunciare alle cose che vogliamo di più, anche ai nostri sogni.''



'Dopo anni di silenzio, i Barbagrigia pronunciarono un nome

Tiber Septim, allora un fanciullo, fu convocato a Hrothgar Alto

Lo benedirono, e lo chiamarono Dovahkiin'




Raggiunsero infine l'imponente struttura che si stagliava davanti a loro. La dimora dei Barbagrigia si presentava come un grande tempio antico, costruito con solida roccia che aveva resistito perfettamente agli anni e alla corrosione atmosferica. Sembrava molto austero, come posto, ma vista la sua funzionalità era perfettamente appropriato.
''Bellissimo...'' esclamò sottovoce Damien, mentre saliva i grandini che lo separavano dall'enorme portone d'entrata. ''Quindi... ci siamo.'' disse in poco più che un sussurro. ''Fatti coraggio, thane. Oltre quelle porte ti aspetta il tuo destino.'' Il ragazzo si volse per guardarla, ''...Grazie,'' le disse. ''per... sai, il discorso di prima e... per avermi accompagnato. Credo mi abbia fatto bene.'' la donna gli sorrise. ''Non devi, thane. Forza, vai.''
Il giovane si volse nuovamente verso l'entrata e, dopo un lungo sospiro, posò entrambe le mani su quel pesante portone.

''Va bene. Allora andiamo!''




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