Gotta keep my fingernails clean

di Ink_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


La maratona della Mediaset mi ha fatto venir voglia di finire anche questo WIP che avevo abbandonato da un tempo impietosamente lungo. È una semplice raccolta senza pretese di dodici drabble. Pubblicarle in capitoli separati mi sembrava eccessivo visto che seguono lo stesso filo conduttore (una one-shot frammentata se volete) ma metterle in un capitolo unico mi dava l’impressione di non dare sufficiente spazio alle varie drabble, ecco dunque il compromesso: due parti, da sei drabble l’una. La seconda parte arriverà martedì prossimo :)
Spero possa piacervi e tenervi compagnia in queste giornate tutte uguali.  

P.s Se siete in vena di fare un giochino, fatevi uno shot ogni volta che leggete la parola “sporco” o una sua variante. Ma non fatelo davvero perché rischiate il coma etilico.
 


 
 
Gotta keep my fingernails clean
   - Parte I -
 
 


I.
La cella è fredda, buia e sporca, proprio come lei, le sembra di essersi dentro.
Sporca e marcia fino al midollo, lei che si è sempre contraddistinta ed elogiata per la purezza del suo sangue, si rende conto solo ora di quanto lurida sia, macchiata del sangue impuro delle sue vittime.
Ma è colpa loro, sì, solo loro.
Sono loro che l’hanno lerciata e impregnata del loro sangue sporco e traditore, l’hanno sporcata e devono pagare.
Hanno pagato.
Ma non è ancora abbastanza, lo sporco si lava via solo con altro sporco.
 
 
II.
Ascolta in silenzio Azkaban, i gemiti e le urla dei suoi abitanti.
Tutti sporchi, tutti falliti.
La sua gola è muta, lei non geme e lei non urla, lei tace e attende, lei ascolta, lei aspetta.
Il suo nome risuona tra le mura muffite della prigione.
 Bellatrix!
Bellatrix!
Non ci fa caso, la sua voce la chiama ogni giorno, ogni notte, ma lei la rinnega, è sbagliata.
Lei aspetta, lei lo aspetta.
Tornerà, lo sa, glielo ha promesso. Ne ha la prova, impressa a forza sul suo braccio, viva.
Bellatrix aspetta.
 
 
III.
La Morte ad Azkaban è crudele e spietata, si aggira per i corridoi, carezzando i corpi e rubandone il respiro.
Evanescente, avanza inesorabile: non puoi combatterla, non puoi vincerla.
Giunge, silenziosa e impalpabile e ti prende, nel sonno come nella veglia.
Lei la sente strisciare e impregnare col suo puzzo di odio e rimpianto ogni anfratto della prigione, ne è assuefatta ormai.
Lo sporco si lava via con lo sporco, forse il viscidume della morte sta mondando le sue mani pregne di sangue indegno.
Forse la Morte non è una così cattiva compagna, più una vecchia amica.
Mille volte l’ha vista giungere, tra le tenebre di Azkaban e fuori, quando giungeva a pulirle le mani, portando via l’ennesima vittima delle sue maledizioni.
Ma non è ancora venuta per lei, no, perché le urla si ripetono ancora, ma sono ancora sbagliate.
 
 
IV.
Nella solitudine della sua cella, Bellatrix ricorda.
Rivive frammenti della sua vita passata che ora le paiono così lontani ed incerti, quasi non fossero più suoi.
Azkaban è un luogo confuso, i ricordi ed i peccati si fondono con quelli altrui, tutti uguali, tutti sporchi.
E’ facile che un tuo assassinio diventi quello di qualcun altro, quando di notte urli e ti agiti nel sonno, scagliando maledizioni contro nemici invisibili, l’altro ti ascolta e ti è vicino, ti comprende e ti conforta, prendendo parte del tuo ricordo e facendolo suo, aiutandoti, svuotandoti.
 
 
V.
Cosa c’è da ricordare?
C’è il rosso, sì, il rosso del sangue che colava lungo le pareti e giù lungo la punta della sua bacchetta, lungo le sue mani già sporche dei peccati di qualcun altro.
Tu non sei una peccatrice Bellatrix, tu sei la vittima dei loro peccati.
Lei è innocente, lei è bianca.
Lei dovrebbe essere bianca, me è nera, è sporca.
Sporca di Azkaban, sporca del sangue rappreso che si fa nero, sporca della cenere che è diventata.
Ma non sarà cenere per sempre, lei è una fenice, brucia e ora è cenere, ma un tizzone ancora incandescente è impresso sulla sua pelle, non spegnerlo Bellatrix, presto risorgerai.
 
 
VI.
La voce si è zittita, finalmente.
Meglio essere chiamata dalla voce sbagliata che non essere chiamata affatto? 
No. Sarebbe una menzogna che la sporcherebbe, non ha bisogno di altro lerciume da spalmarsi addosso, altro marcio da aggiungere a quella corazza putrida che si è costruita intorno.
Sporca per proteggersi da uno sporco peggiore.
Ma senza la voce a ricordarle che è viva, come farà a rimanere tale?
Perché lo sei, sei viva, vero Bellatrix?
Sì, è viva, glielo dicono i ricordi cremisi a cui si è aggrappata: ricorda perché sei qui, ricorda perché sei qui a testa alta, ricorda perché ne uscirai.



 

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Capitolo 2
*** Parte II ***


 
Gotta keep my fingernails clean
 - Parte II -
 
 
 
 
VII.
Rodolphus.
Ecco a chi apparteneva la voce cha la chiamava fino allo sfinimento.
Chi era?
Suo marito, glielo dice il segno biancastro intorno al suo anulare, illuminato da quella luna che raramente riesce a penetrare le mura di Azkaban.
Cosa sente?
Nulla.
Non sente nulla per quell’uomo, perché non valeva nulla per lei. Era legata a lui da un vincolo, da un anello, da un obbligo nei confronti del suo sangue, da un patto stretto alle sue spalle, quanto può valere tutto questo?
Nulla in confronto a ciò che la lega lui.
 
 
VIII.
Voldemort.
Pronuncia il suo nome sottovoce. Sola nel silenzio della sua cella, sente le note di quel nome rimanere sospese nell’aria immobile e rarefatta della stanza.
Sente la dolcezze di quelle sillabe risalire delicatamente la sua gola, libandone la sete, ma accendendone un’altra: la sete, pressante e bruciante di sangue, il bisogno di uccidere, di dimostrare che lei è ancora la migliore, quella perfetta, colei che è ancora degna lui.
Lui ha ancora bisogno di te.
Aggrappati a questo pensiero e non lasciarlo andare, lascia che ti venga portato via il respiro dalla bocca, il sangue dalle vene, la ragione dalla mente, ma non permettere che questo pensiero scivoli via dalle tue dita: è tutto ciò che hai.
 
 
IX.
C’è altro da ricordare sulla sua vita passata?
Ah, sì, l’inizio della fine, ma lei è una fenice.
Fenice.
Ordine della Fenice.
I Paciock.
Una risata selvaggia le esplode in gola, mentre tutto si tinge di rosso e lei sprofonda in quel ricordo che è solo suo, suo e di quei due poveri folli.
Non chiedeva molto in fondo, solo poche piccole informazioni, lo stretto necessario per stanare Silente e la sua combriccola e ottenere la più completa attenzione del suo Signore, ma loro non hanno voluto condividere con lei i loro pensieri, cattivi.
I cattivi devono essere puniti.
 
 
X.
Crucio.
Lo ripete ancora, per l’ennesima volta forse e i loro corpi si contorcono come vermi quali sono.
Le loro grida le riempiono le orecchie, quelle di un neonato le fanno da eco.
Non vogliono parlare, vogliono solo gridare e allora gridate traditori del vostro sangue.
La donna si dimena, sbattendo violentemente contro la credenza, pezzi di ceramica cadono al suolo, i cocci tagliano la sua pelle, gocce rosse s’infrangono sul pavimento.
Le sue unghie lacerano il braccio del marito in preda all’agonia.
La pelle si macchia di rosso, rosso sangue.
Crucio.
 
 
XI.
La sua mano raccoglie un frammento di vetro, lo stringe forte e sente il leggero lacerarsi della carne, un piccolo rivolo di sangue cola lungo il suo braccio, espandendosi sulla sua mano candida, sottolineandone i segni che compongono il disegno di un destino glorioso.
Il suo sangue è rosso, è puro.
Anche il loro sangue è rosso, ma è impuro.
Come può dirlo?
Come può distinguere due gocce così simili eppure così differenti?
Lo sente, loro hanno fatto una scelta sbagliata, devono essere puniti, i loro peccati hanno macchiato il loro sangue e lei gli sta offrendo la redenzione.
E intanto il sangue sgorga.
 
 
XII.  
Riapre gli occhi e si scontra con il nero della cella, le urla le riecheggiano ancora nelle orecchie, ma non sono  grida di dolore, sono urla di giubilo e allora lo sente.
Il fuoco ha ripreso a bruciare e arde più feroce che mai.
Il suo sguardo viene catturato dal movimento sinuoso del serpente sulla sua pelle: lui è tornato, è tornato per lei.
Si avvicina cauta al grosso buco che si è creato nelle mura, teme possa essere un sogno, forse è morta, ma non può saperlo senza la voce a guidarla.
Ma non è un sogno, è vero il vento che selvaggio scuote i suoi capelli lerci, è vero il sapore del mare che le infiamma la gola ed è vero il bagliore verde nel cielo.
Sei libera Bellatrix.
 

 
 
 
***
Più guardo i film e più sono soddisfatta di quello che ho scritto in questa storia, perché Bellatrix è fuori come un balcone.
Ringrazio di cuore chi ha letto e seguito questa piccola raccolta, spero che questa seconda parte possa piacervi tanto quanto la prima.
Un abbraccio.

Vostra,

Ink_



 

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