Don't go away

di Mahlerlucia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Secret smile ***
Capitolo 2: *** Last request ***
Capitolo 3: *** I'll be waiting ***
Capitolo 4: *** Spread your wings ***



Capitolo 1
*** Secret smile ***



Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Keiji Akaashi, Koutarou Bokuto, Tenma Udai
Pairing: #BokuAka, #AkaUda
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo

 
 
 
Secret smile
 
 
 
Nobody knows it but you've got a secret smile
And you use it only for me
So use it and prove it
Remove this whirling sadness
I'm losing I'm bluesing
But you can't save me from madness...
 
 
 
Meno uno a al fatidico martedì, il giorno della scadenza.
La matita scorreva sul foglio con meno convinzione del solito, ancor prima della seconda mano definitiva. Tenma non era convinto del finale che aveva attribuito a quel capitolo e stava seriamente pensando di sostituirlo con uno di quei cliffhanger capaci di lasciare i suoi lettori con il fiato sospeso e che – soprattutto! – lo avrebbero salvato dalla nevrosi generata dalla necessità di creare qualcosa di alternativo nel giro di poche ore.
Sì, non avrebbe potuto procedere in altro modo, visto e considerato l’inesistente lasso di tempo che sarebbe trascorso da lì al prossimo sollecito del suo adorato editore. Doveva però ammettere che nel corso degli ultimi due giorni si era fatto sentire meno del solito, nonostante avesse notato che la sua prestanza in ufficio fosse quella di sempre.
Passò oltre mezzora prima di ricevere un unico messaggino su WhatsApp, un semplice ‘Udai-san, come procede il lavoro?’ che non era certo da lui. Keiji Akaashi solitamente tendeva ad alzare il telefono per poi passare quindici minuti buoni a domandargli anticipazioni di trama ed eventuali novità nello stile. Sosteneva che negli ultimi volumi il tratto del collega fosse migliorato, così come la capacità di andare a fondo alle caratterizzazioni e all’introspezione.


“In alcuni sketch sembra quasi che i personaggi prendano vita, che abbiano altro da dire oltre quello che si può leggere nelle vignette. E il tratto... sì, è molto maturato.”

“Ma che dici, Akaashi-san?”

“Sono obiettivo. Sei molto bravo. Per questo non devi perderti dietro a dei normali momenti di stanchezza. È dura lo so, ma sei abbastanza forte.”

“Solo ‘abbastanza’?”


“C’è sempre un margine di miglioramento per tutti. Altrimenti ci si annoierebbe, non credi?!”


Udai ripensava spesso a quelle parole pronunciate dal suo editore. Avrebbe voluto comprendere fino in fondo cosa volessero stare veramente a significare, cosa i suoi personaggi avessero da dire oltre i kanji che potevano essere tranquillamente letti da chiunque scorrendo le diverse pagine. A tal proposito, leggeva spesso i commenti che i suoi lettori lasciavano sul suo blog e sul suo profilo Twitter. Non era una novità per lui ricevere suggerimenti sul proseguimento di una vicenda, su quali soggetti fare accoppiare o meno o su come sviluppare al meglio il punto di vista di un particolare personaggio. Ma nessuno si era mai spinto tanto in profondità senza neanche strafare. Akaashi-san era così: non interveniva mai inutilmente con parole che sapevano posarsi sulle falle dei dubbi altrui come un lenzuolo fresco in piena primavera. Una terapia d’urto della quale usufruivano tutti a discapito suo, refrattario ad aprirsi persino con coloro che sembravano essergli più vicini. Una personalità misteriosa che, a lungo andare, aveva cominciato a destare curiosità tra i pensieri del giovane sensei.
‘Mi sto impelagando sul finale del capitolo, ma penso che non ci sarà.’, fu tutto quello che riuscì a riportare nella rapida risposta che non si curò di rileggere. Non era la prima volta che i messaggi e le chiamate del suo editore lo mandavano in ansia... e non solo per meri aspetti lavorativi. Qualcosa in quel ragazzo lo metteva costantemente in soggezione, come se la quiete da cui era avvolto lo portasse a provare un senso d’inferiorità apparentemente ingiustificato. Eppure Keiji era più giovane di lui di ben quattro anni!
Già, sembrava impossibile. Avere ventisei anni e credere in un sogno che a lungo andare ne ha sostituito un altro. Talvolta non poteva fare a meno di paragonare la propria vita ad un’unica – enorme – seconda possibilità alla quale non poteva sottrarsi se voleva mantenere il proprio equilibrio mentale. Meno sovente appariva come una lunga rincorsa da dover affrontare in salita e con pochi mezzi a disposizione; un’impresa titanica non esente da momenti bui e di sconforto. Un’unica – magra – consolazione lo aiutava ad andare comunque avanti: da qualche tempo si sentiva meno solo in mezzo a questa battaglia senza esclusione di colpi.
‘Ottimo. Ricordati solamente che l’effetto sorpresa va centellinato a dovere. Un abuso potrebbe renderlo meno avvincente, dovresti saperlo’.

Certo che lo so, saputello dei miei stivali!
Preso dai suoi tormenti, Tenma non aveva realizzato di aver terminato l’inchiostro nel calamaio. Decise di approfittarne per andare a prepararsi del tè verde. La notte sarebbe stata lunga ed intensa, perfetta per trovare quel dannato finale che qualcuno avrebbe sicuramente prediletto ad un banale passaggio al capitolo successivo.
 
***

I raggi del sole picchiavano con una certa violenza contro il vetro serrato della finestra del suo modesto ufficio. Faceva già discretamente caldo per essere solamente la fine di marzo. L’inizio della primavera avrebbe portato grandi novità per il giovanissimo Keiji, ancora alle prese con i suoi studi universitari correlati da una carriera editoriale già brillantemente avviata. La sua meticolosità, così come la sua disponibilità, lo avevano reso totalmente affidabile ed efficiente agli occhi dei colleghi e dei vertici della casa editrice presso cui lavorava.
Nell’ultimo periodo gli era stato affidato l’arduo compito di ‘controllare’ ed editare il lavoro di Tenma Udai, un giovane mangaka che stava riscuotendo un invidiabile successo in termini di vendite e visualizzazioni on-line. Il ragazzo aveva solamente qualche anno in più di lui, ma possedeva un talento che per sua stessa insicurezza non era ancora riuscito ad addebitarsi. Difatti, Keiji aveva perso il conto di tutte le volte che lo aveva sentito dare in escandescenza al telefono o di persona. L’avvicinarsi di ogni scadenza di rito generava in lui un senso di frustrazione misto ad ansia che lo portava spesso a consegnare lavori inconclusi o ‘nebulosi’, in rappresentanza delle sue emozioni contrastanti e della sua paura di deludere il suo pubblico. Questo il buon Akaashi lo sapeva bene e dunque preferiva non calcare troppo la mano su qualcosa che già generava sofferenza. Non erano mancate le occasioni in cui si era occupato lui stesso di sistemare alcune tavole senza mai intromettersi realmente nel lavoro del suo ‘protetto’. Fortunatamente nessuno lo aveva mai notato, nemmeno il diretto interessato.

Una nuova notifica ad indicare l’arrivo dell’ennesima e-mail proveniente dall’ufficio stampa. Una comunicazione da inoltrare a Yashimoto sulla trattativa riguardante la creazione di un anime tratto da un manga di successo. Una questione di diritti d’autore e ‘licenze poetiche’ fin troppo evidenti che si stava dilungando già da diversi mesi. Un’offerta che ogni giorno veniva stravolta per andare incontro alle esigenze di pubblico e, soprattutto, di marketing. Nulla che volesse veramente valorizzare il prodotto in sé, che tutto sommato non era affatto male.
Tra le altre seccature della mattinata, non poteva mancare la telefonata del commercialista utile solo a ricordare gli ultimi adempimenti del mese. Non era ancora ben chiaro perché toccasse sempre a lui doversi sorbire quella chiamata. Probabilmente in redazione avranno notato che era l’unico capace di resistere più di cinque minuti a stretto contatto con quel pusillanime in cerca di pecunia facile senza incombere nella tentazione d’indicargli orizzonti lontani in maniera colorita. Beh, sì: anche per questo il giovane Keiji era ben voluto da chi sedeva alle scrivanie limitrofe pur avendo molti più anni di esperienza alle spalle.

“Akaashi-san, oggi mi sembri un po’ sovrappensiero. Sbaglio forse?”

Iyoko, traduttrice spesso contesa in territorio edochiano per la sua familiarità con le lingue europee – tanto da aver persino sposato un francese di ben cinque anni più giovane –, aveva più volte buttato l’occhio in direzione del giovane collega. Non le era sfuggito un solo sospiro, così come quel ticchettio della matita sulla superficie di compensato, interrotto a più riprese seguendo il ritmo dei momenti in cui si sforzava di prestare attenzione a quello che aveva da offrirgli lo schermo del sul laptop.

“Oh, non si preoccupi. Mi sono semplicemente svegliato molto presto e ora sto cominciando a risentirne. Mi rimetto subito all’opera. Gomen nasai.”

La donna posò la sua biro sul plico di fogli al quale si stava dedicando per la successiva mansione che le era stata affidata. Si tolse gli occhiali per poi recuperare la sua lattina di caffè macchiato. L’insieme di quei piccoli gesti attuati in perfetta successione non lasciava presagire altro che desiderio di interloquire e necessità di mettere il naso nelle questioni altrui. La simpatia che provava per quel ragazzo riservato quanto taciturno non era di certo un mistero per nessuno dei colleghi presenti. Ma non si trattava di mera attrazione fisica, quanto piuttosto di approfittare della possibilità di potersi confrontare con un ragazzo che aveva all’incirca la stessa età di quel figlio che non vedeva da tempo, dal giorno in cui aveva deciso di lasciare il padre di ritorno da un viaggio in Europa durato molto più a lungo dei tempi inizialmente previsti.

“Non ti devi scusare, Akaashi-kun. Sai che per me sei quasi come un figlio e che puoi confidarti... quando te la senti. Sai, ho come l’impressione che c’entri la convocazione straordinaria che hai avuto ieri da parte di Yashimoto-san. Spero non fosse nulla di ‘compromettente’.”

Keiji non apprezzò di buon grado l’uso di quel termine facilmente fraintendibile. Cercò di rimanere impassibile, per quanto, in realtà, si sentisse punto sul vivo. La verità stava nel mezzo e, in un certo qual modo, risultava essere davvero ‘compromettente’ per il suo futuro lavorativo e generale.
Il labbro inferiore compresso tra i denti fu il segnale che confermò i pensieri di Iyoko. Non era dato sapere in che misura, ma di sicuro aveva intuito di aver colto nel segno e non avrebbe desistito dall’approfondire a dovere la questione. 

“Eppure stai svolgendo un ottimo lavoro, non capisco...”

“Non si preoccupi, non si tratta di questo. Con permesso.”

Akaashi si limitò ad alzarsi e ad allontanarsi dalla sua postazione lavorativa. Un breve inchino di cortesia prima di dirigersi verso il bagno; ma si sarebbe diretto in qualunque posto pur di non dover più sottostare a quell’inutile interrogatorio che aveva tutta l’aria di potersi trasformare un becero pettegolezzo tra colleghi. Qualcosa da dire giusto per passare qualche minuto in compagnia e null’altro.
No, non sono e non vorrò mai essere un argomento usato come passatempo nel logorio della vostra routine quotidiana.
 
***
 
“Keiji! Vieni qui a farmi compagnia? Da solo mi annoio!”

L’idea di proseguire con la correzione delle ultime bozze che gli erano arrivate a scaglioni da Udai non era di certo catalogabile tra le migliori che potesse ipotizzare per l’occasione, specie dopo aver promesso al suo compagno di trascorrere l’intera serata assieme senza intoppi. Purtroppo la scadenza era stata ancora una volta anticipata e il povero Tenma aveva dovuto fare i salti mortali per poter consegnare tutto entro i tempi nuovamente imposti.
Il lavoro era buono, con qualche piccola sbavatura grafica dovuta più alla fretta che ad altro. La trama proseguiva in maniera lineare e senza intoppi, riprendendo il tutto esattamente da dove lo aveva lasciato al termine del precedente capitolo e senza mai trascurare nessun elemento di spicco, così come i dettagli più significativi. Ma ciò che maggiormente lo colpiva ad ogni passaggio di consegne era la caratterizzazione dei personaggi. Keiji pensava sempre che avessero qualcosa di speciale, d’implicito, di recondito. Un elemento da dover ricavare tra le righe e nel background, un detto e non-detto che si ripercuoteva tra le vignette come un assordante rumore che avrebbe cessato di esistere solo dopo essere stato interamente compreso. Gli occhi dei due protagonisti principali possedevano un candore e una capacità comunicativa che raramente si poteva denotare in un manga di genere spokon. L’energia e l’ardente desiderio di superare i propri limiti trasudava da ogni schizzo impresso sulla carta. Insomma, un tripudio di elementi sensazionali e difficilmente spiegabili a chi non era del mestiere.

“Koutarou, devo finire di visionare questo lavoro. La consegna è stata anticipata, te l’ho detto.”

“Sì, ma io stasera sono venuto qui per stare con te, non per vedere le tue occhiaie farsi sempre più scure davanti a quello stupido computer!”

Ed in effetti gli occhi del giovane editore dolevano dalla stanchezza. Intere giornate davanti a quell’invadente schermo luminoso non avevano fatto altro che abbassare le sue capacità visive che in passato non avevano mai avuto necessità di essere supportate da un paio di lenti.
Sospirò, colto dall’inevitabile resa a cui avrebbe dovuto sottostare anche solo per onestà intellettuale. Allontanò lo sguardo dallo schermo e con un paio di click salvò il lavoro sulla sua cartella di lavoro; serrò il laptop e finalmente si degnò di dare attenzioni a quel campione della pallavolo che, nonostante i suoi ventitré anni suonati, non aveva perso il vezzo di mostrarsi lamentoso e possessivo quanto bastava per attirare periodicamente l’attenzione su di sé. D’altronde, cosa ci si poteva aspettare dall’ace dei Black Jackals, ovvero da colui che in fase di battuta osava chiedere supporto a tutti i presenti sugli spalti definendoli come il suo personalissimo ‘mondo’?! chissà. forse aveva davvero bisogno dell’incoraggiamento dell’intero pianeta Terra. Keiji se l’era chiesto diverse volte senza mai riuscire a darsi una risposta convincente. Quando si trattava di Koutarou Bokuto, nulla poteva essere dato per scontato.

“Hai ragione. Invierò tutto domani mattina.”

Keiji raggiunse finalmente il compagno sul divano e si tolse gli occhiali per massaggiarsi le palpebre. In quel frangente non riuscì a trattenere un sonoro e sincero sbadiglio per il quale finì addirittura per scusarsi. Bokuto allungò un braccio lungo la sua schiena, sino ad afferrare la spalla e trascinarlo a sé. L’ex setter della Fukurōdani rispose a quell’intimo contatto accoccolandosi al suo petto e portando una gamba sopra al suo ginocchio. L’odore che da sempre emanava Bokuto gli donava conforto e calore, oltre ad un senso di sicurezza del quale aveva iniziato a fidarsi ciecamente sin dai primi tempi in cui militavano nello stesso edificio scolastico.

Hey, non ti devi scusare! Un po’ di riposo non sarebbe male dopo tanto lavoro, non credi?”

“Ma tu non sei venuto fin qui per vedermi dormire.”

Le dita dell’asso dei Jackals iniziarono a muoversi tra i crini scuri del più giovane, generando in lui una piacevole reazione di rilassamento fisico e mentale. Akaashi afferrò a sua volta un lembo della sua felpa, prima di lasciarsi definitivamente andare al relax più totale. Le sue palpebre divennero pesanti, le voci provenienti dalla tv gli sembravano sempre più lontane ed indistinte, mentre i pensieri che affollavano la sua mente sino a pochi minuti prima si dissolsero così come si erano giunti quella stessa mattina.

“In teoria no. Ma non posso nemmeno obbligarti a stare sveglio tutta la notte. Non sarebbe giusto!”

Nessuna risposta, solo il lieve brusio del suo respiro divenuto inevitabilmente più pesante e profondo. La presa sulla sua felpa si era allentata e le sue dita parevano quasi tremare nel sonno.
Koutarou sospirò a sua volta, intento a maledire mentalmente la devozione e la tenacia con cui il sui Keiji s’immergeva in tutto ciò che si prefiggeva nel quotidiano, dalla pallavolo agli studi, dal lavoro alla loro storia che – tra molti alti e pochissimi bassi – proseguiva da ben cinque anni.
 
***
 
Tenma non si aspettava la visita di Akaashi, soprattutto a quell’ora tarda della sera. Nonostante la consapevolezza  della consistente mole di lavoro avviata con l’introduzione al nuovo capitolo, il più giovane e dotato editore mai capitato in squadra si era presentato con scorte di cibo sufficienti a sfamare il suo ansioso sensei per i due giorni successivi. E i suoi onigiri preferiti non potevano di certo mancare, in attesa che i Miya si decidessero a darsi da fare anche nel fertile territorio della capitale.
Per quanto potesse sforzarsi di apparire scocciato da quell’invasione serale, era evidente che apprezzasse il fatto che qualcuno si fosse premurato di portargli la cena, visto e considerato che alle dieci e mezza passate non aveva nemmeno pensato di mettere pentole e padelle sui fornelli per riempirsi un minimo la pancia.

“Immaginavo non avessi mangiato nulla.”

“Immagini troppe cose Akaashi-san.”

“Infatti ora non le immagino più, ne ho la piena certezza.”

L’espressione esasperata di Udai fu più eloquente di qualunque parola che potesse prinunciare per tentare di difendersi. Non sarebbe servito poi a molto dato che, quando era in vena, Akaashi sapeva trasformarsi in un buon oratore capace di controbattere in maniera astuta ed insolita a qualsiasi battuta o provocazione ricevuta. Senza contare che non c’era la benché minima possibilità di passare dalla parte della ragione in una situazione così univoca.
Keiji posò sul tavolo il sacchetto contenete i viveri e si premurò di preparare la tavola per due, a dimostrazione del fatto che nemmeno lui avesse ancora cenato.

“Dovrei finire almeno questa tavola...”

Un’occhiata furtiva anticipò quella che sarebbe stata un’affermazione dalla premonizione piuttosto intuibile, ma necessaria. Le avvisaglie fisiche provenienti direttamente dallo stomaco del mangaka diedero la conferma definitiva che ancora mancava all’appello.

“Hai assoluto bisogno di rimetterti in forze, per cui scegli pure tra le diverse pietanze che ho portato. Io mi accontento anche di un paio di onigiri.”

“Non avevo dubbi! Grazie, mamma!”

Anche l’ultimo tentativo d’imporsi attraverso un esagerato sguardo torvo fallì nel suo intento. Akaashi se la cavò egregiamente rispondendo con un sorriso pregno di comprensione e pazienza, elementi difficilmente rintracciabili tra le parole di chiunque altro. Qualità che lo rendevano ‘diverso’ nell’accezione maggiormente positiva che si potesse attribuire a questo bislacco aggettivo.

“Hinata, Bokuto e gli altri sono in ritiro?”

Keiji ingoiò rapidamente quel boccone di riso che aveva appena messo in bocca, prima di trovare le parole più idonee per poter rispondere. L’argomento ‘Bokuto’ era divenuto per lui un tasto dolente, specie quando si soffermava a ripensare a quanto lo avesse trascurato nel corso delle ultime settimane. Ormai erano divenute più le occasioni in cui riuscivano a vedersi solo per poter cenare insieme che quelle in cui erano riusciti a condividere l’intimità. Il lavoro interminabile, la stanchezza, i ritiri e i piccoli battibecchi quotidiani li avevano impercettibilmente allontanati, per quanto continuassero a sentirsi regolarmente tramite telefono, messaggi e posta elettronica. Entrambi avvertivano come una sorta di raffreddamento emotivo condiviso e Akaashi sapeva bene che era dovuto anche a quella dannata proposta lavorativa della quale non aveva ancora parlato a nessuno, se non ai suoi genitori.

“Sì, si trovano ad Ōsaka. Domani affronteranno il match decisivo contro i Sakai Blazer.”

“Avversari tosti!”

“Di sicuro tra gli avversari più temibili del girone. Ma sono sicuro che Koutarou saprà mostrare loro il fatto suo.”

“Ti fidi molto delle sue potenzialità. In effetti quando siamo stati a Sendai mi ha sorpreso molto, così come Shōyō!”

“Anche Miya-san ha i suoi dovuti meriti. È un ottimo setter e di sicuro non gli sta troppo con il fiato sul collo.”

Tenma capì al volo a cosa si stesse riferendo il suo editore. Non era il caso d’infierire su di una situazione che portava degli strascichi già da molto tempo. Come era accaduto a lui stesso in passato, dover accettare la superiorità altrui non era stata cosa facile, soprattutto quando si era trattato di farlo in favore di persone pronte a prendere il suo posto di competenza.
Da un punto di vista esterno, tutto sommato, era più semplice poter osservare e valutare il tutto in maniera più oggettiva ed equilibrata. La maturità di decidere di fare un passo indietro stava dando i suoi frutti, seppur si era dovuto far fronte a momenti di forte rammarico e gelosia, specie nel corso del primo periodo di ‘lontananza forzata’. Di contro, nulla impediva ai due ex compagni della Fukurōdani di continuare a frequentarsi nei momenti di rispettiva libertà dai propri impegni. Ma nessuno dei due aveva mai pensato, nemmeno in un attimo di rabbia, di smettere di farlo. Keiji sapeva di essere indispensabile per Koutarou, esattamente quanto quest’ultimo sapeva di essere la ‘stella’ che ogni giorno dava un senso alle giornate dell’ex setter.

“Cambiando discorso...”

Udai tentò di deviare la questione realizzando solo in un secondo momento di star entrando in un territorio altrettanto delicato; probabilmente ancora più arduo di quanto potesse anche solo lontanamente immaginare in quel determinato frangente. Si prese il tempo necessario per ingurgitare l’ultimo involtino, prima di dar voce alla sua curiosità senza risultare troppo invadente o, peggio ancora, debitamente inopportuno.

“... È vero quello che si dice in ufficio? Intendo dire... la proposta che ti avrebbe fatto Yashimoto-san...”

Iyoko aveva indagato fino a scoprire la verità, su questo Keiji non aveva il minimo dubbio. Non sopportava l’idea di dover qualificare qualcuno in modo negativo, ma quella donna si era comportata in maniera davvero subdola e superficiale nei suoi riguardi. Era altamente probabile che Tenma avesse potuto recepire questa informazione sottoforma di infima diceria venuta a galla durante un tranquillo momento di pausa pranzo o caffè; il ché stava a significare che anche gran parte dei colleghi ne era a conoscenza.

“Sì.”

Non serve a nulla negare se oramai tutti sanno.
Una risposta forse eccessivamente lapidaria, ma impossibile da sostituire con titubanze e preamboli che avrebbero solamente elevato i livelli d’agitazione di entrambi. In fondo, non era facile nemmeno per Udai dover prendere in considerazione l’eventualità di perdere nuovamente il punto di riferimento massimo dei suoi lavori. E, nel caso specifico di Keiji Akaashi, si poteva ben dire che lo fosse sul versante pratico che umano. Un ragazzo di soli ventidue anni capace di diventare il suo mentore e il suo sostegno allo stesso tempo, oltre che fonte d’ispirazione e aiuto pratico in qualsivoglia momento.
Il dispiacere che colse il mangaka in quegli istanti si prostrò con invadenza sul suo viso contrito, sui suoi enormi occhi color pece sbarrati in un moto di sorpresa che lasciò presto spazio allo sconforto di un sospiro fragoroso. Puntò lo sguardo verso la portafinestra lasciata libera dagli ingombranti tendaggi. La luna e le stelle brillavano nel cielo come le lacrime che si stavano depositando agli angoli dei suoi occhi. Ma non si sarebbe mostrato debole o avvilito; avrebbe preferito andare a fondo alla questione, anche dentro di sé.

“Ah... chiaro. E tu hai già dato una risposta?”

“No. Vedi, i miei genitori ne sono felici. Mio padre non mi ha mai fatto tante congratulazioni in vita sua... Ma prima di prendere una decisione definitiva, devo assolutamente parlarne con Koutarou.”

“È difficile?”

Le lacrime rigarono le sue guance ancor prima che potesse anche solo schiarirsi la voce per poter contestare a quella domanda a sua volta troppo complessa. Tenma si affrettò a recuperare la confezione di Kleenex posata sul piano della cucina e gliela porse. Avrebbe voluto poterlo consolare in maniera più sincera, quantomeno stringendogli le braccia intorno alle spalle. Ma decise che sarebbe stato meglio per tutti se si fosse contenuto. D’altronde, era per Koutarou Bokuto che stava soffrendo, non di certo per lui.
E questo faceva male, terribilmente male.

“Molto più di quanto si possa pensare.”
 
 
 
… So save me I'm waiting
I'm needing, hear me pleading
And soothe me, improve me
I'm grieving, I'm barely believing it now, now…










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Dopo le mie più o meno brevi parentesi SemiShira e IwaOi, torno alle ‘origini’ con i miei BokuAka. Questa sarà una mini-long di 3 (o forse 4) capitoli che vedrà come protagonisti i due ex pallavolisti della Fukurōdani catapultati nel loro contesto ‘futuro’, quello in cui ci ha portato Furudate con gli ultimi capitoli del manga. E così, Bokuto è un giocatore di punta dei Black Jackals, Akaashi è l’editore di una casa editrice che si occupa della pubblicazione settimanale di manga e Tenma Udai – il nostro meraviglioso ‘terzo incomodo’ – è il sensei di cui si occupa Akaashi. Non mancheranno brevi apparizioni degli altri giocatori dei Jackals che conosciamo, di Kenma, Kuroo e cenni alle rispettive famiglie (così come le avevo intese nella precedente raccolta dedicata alla BokuAka dal titolo ‘A mano a mano’). Spero che l’esperimento possa essere di vostro gradimento! :)

Capitolo 1 – Secret Smile
In realtà il titolo ha un significato implicito, in quanto non ci sono stati grossi sorrisi in questo capitolo. Il titolo fa riferimento alla complicità che si è creata tra editore e sensei e si evince soprattutto nella prima e nell’ultima parte della narrazione.
Ho diviso il testo in quattro parti appositamente per introdurre ai lettori le quattro situazioni tipo in cui si ritrovano quotidianamente i nostri tre protagonisti: Udai alle prese con il suo lavoro dalle scadenze micidiali e dalle sue riflessioni solitarie; Akaashi a sua volta alle prese con il suo lavoro in ufficio e la collega impicciona; sempre il nostro editore che finalmente si gode un momento di relax con il suo Bokuto-san (o almeno così dovrebbe); infine, reunion tra colleghi con la fatidica questione lavorativa che rimane in sospeso e verrà svelata nel prossimo capitolo.
Mi sembrava giusto creare un po’ di aspettativa, per cui... Stay tuned! ;)

Il titolo generale della mini-long riprende quello della canzone degli Oasis ‘Don’t go Away’ .
Il titolo del primo capitolo riprende quello della canzone dei Semisonic ‘Secret Smile’ (della quale riporto parte della prima e parte dell’ultima strofa rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.
Il cambio di font indica i flashback.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,

Mahlerlucia
 
 

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Capitolo 2
*** Last request ***



Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Keiji Akaashi, Koutarou Bokuto, Tenma Udai
Pairings: #BokuAka, #AkaUda
Tipo di coppiaShonen-ai, Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo

 
 
 
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Is that alright?
Baby let's get closer tonight...

 
 
Quel sabato pomeriggio Bokuto si era ripromesso di portare Keiji al parco dei divertimenti. In un primo momento la cosa fece sorridere il giovane editore, convinto di dover aderire a progetti ben diversi. Ma la sorpresa fece presto largo ad un senso di placida rassegnazione per quella scelta che avrebbe comunque dovuto tenere in considerazione all’interno del repertorio delle ‘follie’ di Koutarou.
Aveva accettato l’invito di buon grado, a patto che non gli chiedesse di andare sulle montagne russe. Temeva l’alta velocità e non lo avrebbe di certo voluto ammettere in una situazione tanto ludica e, soprattutto, davanti a lui. Mostrargli l’ennesima debolezza poteva rivelarsi ancor più nocivo in una fase delicata come quella che stavano per affrontare insieme. Sarebbe stato meglio risalire un gradino alla volta, con la dovuta prudenza. Ad ogni modo, quella piccola gita fuori porta doveva essere l’occasione prestabilita per affrontare insieme la decisione riguardante il suo futuro lavorativo; Akaashi non avrebbe potuto resistere un giorno di più con quel pensiero ossessivo e martellante che nel corso delle notti precedenti non lo aveva lasciato dormire sereno. L’unica soluzione possibile era quella di affrontare i propri demoni assieme a qualunque possibile reazione di Koutarou, cosa sicuramente di non facile gestione.

“Hey, Keiji! Prendiamo lo zucchero filato prima di salire sulla ruota panoramica?”

“Preferisci gustartelo in alta quota?”

Il sorriso a trentadue denti dell’ace dei Black Jackals illuminò la visuale dell’ex setter, come la prima stella visibile a seguito del passaggio di un serie di nuvole minacciose. Annuì avvicinandosi pericolosamente al compagno, afferrò la sua mano e lo costrinse a seguirlo al chioschetto dei dolciumi. Quasi lo ribaltò, tanta fu la foga con cui chiese all’inserviente di riempire la stecca più grande che avesse a disposizione.

“Koutarou, io prendo solo un-”

“Uno per me e uno uguale per il mio fidanzato, grazie!”

Fi-fidanzato?! Koutarou, sei impazzito del tutto?
La ragazza non si scompose più del dovuto, elargendo un ampio sorriso di cortesia prima allo scalmanato che sarebbe stato capace di mangiarsi tutto quello che in quel momento si trovava davanti ai suoi occhi, poi a quello che aveva compreso essere molto più che un semplice amico. Probabilmente indugiò un po’ troppo sul viso di quest’ultimo, tanto che Bokuto non si trattenne dal decantare quanto fosse fiero dell’aspetto fisico del ragazzo che amava. E, ovviamente, non solo di quello.

“Sì, è proprio bellissimo! Non ho avuto dubbi sin dall’inizio e non lo cederei per niente al mondo. Nemmeno per lo zucchero filato. Quanto ti devo?”

Sì, sei un folle. E della peggior specie.
Koutarou pagò l’irrisorio conto senza pretendere il resto. Porse la prima nuvola di zucchero lavorato ad Akaashi, sorridendo come un bambino a seguito di un premio ricevuto per un buon voto ottenuto a scuola. Ogni volta che mostrava tutta la premura che aveva nei suoi riguardi diventava impossibile resistere alle sue richieste, per quanto fossero assurde ed infantili. D’altronde, Keiji sapeva bene che tutto ciò che passava per la sua inarrestabile mente aveva l’unico scopo di renderlo felice il più possibile.
Associare questa consapevolezza a ciò che avrebbe dovuto comunicargli di lì a breve non sarebbe di certo stata una passeggiata di salute.

“Keiji, stanno per far salire le persone in coda. Dai, andiamo anche noi!”

L’ambiente claustrofobico della piccola cabina rossa su cui erano riusciti a salire – correndo ed arrancando tra la folla – sarebbe stato il luogo d’isolamento ideale per poter condividere i loro pareri su quella dannata proposta lavorativa. Nel momento in cui avevano acquisito un minimo di quota dalla terraferma, Keiji si schiarì la voce tenendo tra le dita il bastoncino con lo zucchero rosa; lo aveva a malapena assaggiato a causa dello stomaco in subbuglio per l’ansia inevitabilmente avvertita.

“Koutarou...”

Hey, non ti piace?”

Akaashi realizzò che il compagno si stesse riferendo alla leccornia che gli aveva acquistato solamente quando vide il dito puntato verso quest’ultima. Era talmente assorto dalla sua stessa apprensione da non riuscire a vedere altro. Allungò un braccio nella sua direzione e gli porse la sottile stecca in legno, invitandolo esplicitamente ad approfittarne.

“No, mi piace ma... non ho molto appetito. Prendilo pure tu.”

Il viso dell’ace si tramutò in una maschera di sconcerto e disappunto. Non si fece troppi scrupoli nel cominciare a gustarsi ciò che gli era appena stato restituito, ma di certo avrebbe preferito un maggior apprezzamento per qualcosa che lui stesso aveva deciso di regalare al ragazzo per cui aveva perso la testa.
E se reagisce così per questa sciocchezza...

“È successo qualcosa? Forse sono stato stupido io a non pensare subito agli onigiri...”

Onigiri?! Ah... no, no. Non è questo il problema, sta’ tranquillo.”

“Oh, quindi c’è un problema?”

La loro cabina aveva superato il primo quarto di giro e si apprestava a mostrar loro una delle migliori visuali paesaggistiche della frenetica Tokyo. Peccato che entrambi fossero completamente distratti da quella piccola-grande dinamite che stava per scoppiare all’interno della loro relazione.
Keiji puntò lo sguardo oltre il finestrone, perdendosi ad osservare un paio di corvi che si allontanavano perdendosi tra le nubi. Per un attimo ripensò alla conversazione avuta con Udai qualche sera prima, alla semplicità con cui quel ragazzo era riuscito ad intuire le sue difficoltà emotive di fronte ad una situazione nei confronti della quale non aveva mai avuto esperienza prima di allora. Non avrebbe mai dovuto dimenticarsi di avere solamente ventidue anni, nonostante le sue abitudini di vita lo portassero spesso ad essere equiparato ad un ultratrentenne.

“Bokuto-san... Ti devo parlare.”

Potevo forse introdurre il discorso in maniera meno perentoria? Sicuramente sì.
La stella dei Black Jackals impallidì nel giro di un nanosecondo, lasciando scivolare ai suoi piedi quel che ancora rimaneva dello zucchero filato. Lo raccolse con una lentezza che non gli era mai appartenuta e lo posò sul sedile. Dopodiché poggiò i gomiti alle ginocchia e si mise in attesa di poter comprendere cosa fosse successo di tanto importante ed urgente. Che il suo Keiji fosse parecchio distratto e teso lo aveva notato dal momento in cui erano usciti di casa, anche se in cuor suo aveva continuato a sperare che non si trattasse di nulla di troppo serio.

“È bella?”

Akaashi non comprese subito il senso di quella domanda, specie a chi fosse riferito l’aggettivo ‘bella’ nello specifico. Si tolse gli occhiali e strabuzzò gli occhi in un moto di mera incredulità; man mano che quell’insolito momento di silenzio proseguiva, Bokuto si sentiva sempre più perso all’interno di un baratro fatto sia d’incertezze che di convinzioni errate.
Non è possibile che tu vada a pensare una cosa del genere!

“È interessante... più che bella!”

“Akaashi! Non puoi farmi una cosa del genere!”

“Si tratta di una proposta di lavoro. Una di quelle che arrivano poche volte nella vita, specie quando si è ancora giovani e poco esperti in materia come me.”

“Ah, beh... se si tratta solo di questo... tu non sei poco esperto, sei un genio! Non puoi rifiutare!”

Keiji inforcò nuovamente le lenti e le sistemò sul setto nasale spingendole lievemente indietro con un solo dito. Sospirò e si prese ancora qualche secondo di tempo prima di tentare di rispondere a quell’affermazione densa di entusiasmo... forse anche troppo. Fino a quando non si fosse deciso ad esplicitare quelli che era stati i dettagli inerenti all’offerta fatta dal signor Yashimoto, Koutarou non avrebbe potuto realizzare pienamente quella che sarebbe stata la portata della sua decisione definitiva. Non restava altro da fare che armarsi di coraggio e tirar fuori tutta la verità, per quanto potesse far male alla loro relazione che ne aveva già viste di cotte e di crude.

“Ne volevo prima parlare con te.”

“Hai fatto bene. E poi ne stiamo parlando proprio nel punto più alto della ruota panoramica. Guarda che spettacolo là sotto!”

“Già, sembra tutto microscopico da quassù!”

“Tu sei stupendo uguale!”

L’editore non riuscì a fare a meno di diventare più rosso della vernice che ricopriva gran parte di quella cabina tondeggiante. Nascose il viso dietro al palmo di una mano ed imprecò mentalmente a causa del nervosismo dilagante. Non poteva permettersi di perdersi ulteriormente in chiacchiere e smancerie, era questione di pochi minuti. Una volta scesi da quell’abitacolo che avrebbe dovuto donare loro solo diletto e spensieratezza, non sarebbero stati più stessi. La sola idea di un’eventuale piega negativa gli avrebbe spezzato il cuore in previsione della sofferenza che avrebbe causato a Koutarou, la persona per lui più importante al mondo.

“Il signor Yashimoto mi ha proposto di trasferirmi nella nuova sede europea della casa editrice, a Londra.”

Le mani di Koutarou rimasero entrambe poggiate fermamente sull’oblò della cabina, come se il tempo per lui si fosse improvvisamente fermato. Era cominciata l’inesorabile discesa e tutto quello che poco prima sembrava minuscolo ed inafferrabile stava riacquistando pian piano la sua realistica dimensione. Sospirò sommessamente prima di voltarsi e tentare di sorridere. Impresa che sembrava davvero impossibile da compiere, specie per un’anima limpida come la sua. Difatti, Bokuto non era mai stato capace in vita sua di camuffare i suoi umori, tanto da essere stato spesso considerato come ‘puerile’ e ‘fuori luogo’ dalla stragrande maggioranza dei suoi amici e delle sue conoscenze. Keiji era riuscito più volte ad andare oltre ciò che poteva essere considerato alla stregua di un limite, ma che per lui non lo era affatto.
Non ci volevano poi lunghi ed approfonditi studi di Psicologia della personalità per comprendere quanto necessitasse semplicemente di affetto sincero e di supporto, come qualsiasi altro essere umano dotato della giusta sensibilità. La differenza stava nel modo esplicito in cui sovente finiva per porre determinate – ed imbarazzanti! – richieste.

“Londra... dove vive la regina più vecchia del mondo?”

“In effetti Queen Elizabeth ha un discreto numero di anni. E li porta pure piuttosto bene.”

Akaashi vide con la coda dell’occhio che giusto mezza dozzina di cabine davanti a loro stavano già effettuando il ‘cambio’ clientela. Erano a pochi metri dal suolo e non si erano ancora detti tutto quello che c’era da condividere per poter sopravvivere. Di primo acchito Koutarou sembrava averla presa positivamente, soprattutto con l’estrapolazione di quel commento semi-ironico sulla longevità di Elisabetta seconda. Ma era solo un modo per camuffare quel turbine di emozioni che si stavano ravvivando in lui con l’intento di ledere quelle che erano le poche certezze che gli erano ancora rimaste. Fra queste, Keiji Akaashi rientrava senza ombra di dubbio tra le più limpide ed indispensabili in assoluto.

“Quindi ogni tanto dovrai andare a controllare se tutto procede per il meglio da quelle parti?”

“Koutarou, se dovessi accettare, mi dovrei trasferire in Gran Bretagna per un tempo non ben precisato. Si tratterà perlomeno di mesi...”

“Interi?”

“... Sì!”

“I tuoi genitori cosa ne pensano?”

Una domanda che colpì il ragazzo nel profondo, riportandogli alla mente le innumerevoli occasioni in cui, in passato, aveva cercato di dimostrare quanto valesse a suo padre; ma da parte sua aveva sempre ottenuto dei riscontri più che deludenti. Al contrario, quando aveva parlato apertamente in famiglia della sua opportunità formativa, aveva avuto modo di ammirare il primo sorriso veramente sincero che Akaashi-san gli avesse offerto dai primi anni delle scuole medie in avanti. Un dettaglio che non aveva di certo lasciato indifferente il cuore di un figlio che desiderava essere considerato all’altezza del suo stesso cognome da tempo immemore.

“Sono entrambi entusiasti dell’opportunità che mi è stata data.”

“Hanno pienamente ragione.”

Mancavano solamente due cabine prima del compimento del loro giro. Keiji si avvicinò al compagno per prenderlo sottobraccio. Non gli ci era voluto poi molto a notare il pallore che si era prostrato sul suo viso non appena aveva realizzato quale sarebbe stata per lui l’entità del danno emotivo che quella nuova scoperta avrebbe apportato nella sua esistenza. Lo aveva accompagnato fuori come avrebbe fatto una qualunque badante in servizio; d’altronde Koutarou si era talmente intristito da non avere nemmeno più la forza di camminare con la schiena ben dritta. Per quanto Akaashi tentasse di ribadirglielo, Bokuto sembrava non riuscire ad ascoltarlo, totalmente assorto dall’ansia di poter perdere per sempre il bene per lui più prezioso.
A discapito di qualche individuo bigotto che li aveva guardati di sottecchi con fare altezzoso, erano riusciti ad arrivare sino ad una panchina sulla quale l’ace si era stravaccato nascondendo la parte superiore del viso con l’intero avambraccio. Non era chiaro se stesse realmente piangendo o se fosse in preda a qualche crisi ancor più particolare delle sue. Stava di fatto che Keiji non era per niente tranquillo, perfettamente conscio di essere la causa del suo umore nero.

“Bokuto-san...”

“Quando mi chiami Bokuto-san mi fai arrabbiare. Io sono Koutarou, non uno che passa di qua per caso.”

“Tu sei nervoso a prescindere da come io ti possa aver chiamato.”

“Cosa vuol dire ‘a prescindere’?”

“Che non dipende da quello.”

Una felice famigliola catturò la vostra attenzione a causa delle urla del minore dei due figli. Il piccolo si stava lamentando di non aver potuto vedere la nuova Casa dei Mostri perché erano arrivati troppo tardi e, di conseguenza, avevano trovato una folla inaspettata al suo ingresso. A quanto pare sua madre aveva preferito dar la precedenza ai desideri della sorella maggiore, portandola al centro commerciale per acquistare qualche diavoleria che andava tanto di moda tra le preadolescenti in piena fase ormonale. Insomma, un bambino che anche nei momenti di piena crisi isterica parlava come se non ci fosse un domani.

“Vedi, Koutarou. Quel bambino è persino più loquace di Kuroo-san, ma almeno dice apertamente quello che gli passa per la testa. Fa comprendere ai suoi genitori quale sia il problema e quale sia stato il loro errore nei suoi confronti. Perché per quanto loro siano i suoi adulti di riferimento, sono indubbiamente dalla parte del torto.”

“Perché mi stai facendo questo discorso contorto?”

Keiji si voltò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi. Sorrise, con l’unico intento di tirargli su il morale in quel frangente di possibilità di chiarimento. Quando ci si metteva, Koutarou sapeva essere anche più insistente e testardo di quel ragazzino che aveva voluto far sapere a tutti di essere stato considerato come una ruota di scorta rispetto a quella sorella che aveva avuto l’unico privilegio di essere nata qualche anno prima di lui.
Prese le mani tra le sue, facendo aderire armoniosamente le loro dita sproporzionate com’erano spesso abituati a fare nella loro calda intimità domestica.

“Perché mi devi dire cosa pensi veramente della proposta che mi è stata fatta. Se tu non vuoi che io vada a Londra, basta dirlo.”

“Io non voglio che tu vada fin lì... e per così tanto tempo! Ma... ma come mi hai detto tu stesso un po’ di tempo fa, non posso impedire alle stelle di brillare. Giusto?”

Il giovane editore spalancò i suoi grandi occhi verde smeraldo per lo stupore procurato dalla bellezza di quelle parole. Non era confutabile che fossero parole partorite dalla sua stessa mente, ma il fatto che Koutarou se le fosse ricordate a menadito, in un momento del genere e dando a loro la più giusta e profonda valenza, lo aveva colpito sino al punto di farlo commuovere. Si tolse frettolosamente gli occhiali per impedire alle lenti di appannarsi per l’umidità dovuta alle forti emozioni che si stavano bellamente prendendo gioco di lui in quella situazione tutt’altro che semplice da tenere sotto controllo.

“Koutarou, non puoi paragonare le due cose.”

“E invece sì. Sono sicuro che tu e Udai-san troverete nuova ispirazione per i prossimi capitoli del manga.”

Le lacrime di Keiji fecero largo alla più inaspettata delle reazioni: non aveva tenuto minimamente in considerazione il lavoro che aveva svolto fino a quel momento con Tenma. O meglio, ci aveva pensato e ne aveva anche discusso con il diretto interessato, ma... in fin dei conti, che ne sarebbe davvero stato della sinergia che si era creata tra loro negli ultimi mesi? Udai Sarebbe riuscito a continuare il suo brillante lavoro sotto l’ala protettrice di un nuovo editore dotato di un curriculum vita più ricco d’esperienze pregresse? Ci sperava e ci credeva tantissimo, per quanto si sentisse in colpa anche nei suoi riguardi.

“Udai-san non verrà con me.”

“Ah no?”

“No.”

“Come mai?”

Il viso del più giovane si rabbuiò di colpo all’idea di dover lasciare momentaneamente la ‘costruzione’ di un progetto tanto importante per cercare di sponsorizzarlo anche oltre il paese del Sol Levante. Certo, per quanto l’obiettivo comune fosse quello di aiutarlo nella diffusione dei suoi lavori, i ruoli sarebbero stati molto diversi. Ed il marketing non era mai stato il punto di forza per una persona introversa e poco loquace come lo era lui.

“La sua storia è ambientata interamente nel nostro paese. Non avrebbe alcun senso per lui cercare ispirazione in terra straniera, soprattutto in un paese in cui si vive prevalentemente di football.”

“Capisco...”

“Koutarou, come sei messo con l’inglese?”

My English is perfect like my boyfriend!”

Koutarou afferrò il viso del compagno da entrambi i lati e lo sorprese con un bacio a stampo che fece bisbigliare qualche passante. Infastidito a sua volta da quel brusio, invitò Keiji a seguirlo in un angolo del parco ben più appartato strattonandolo per un braccio. Quando si ritrovarono con l’unica compagnia di qualche albero secolare, la stella dei Black Jackals non perse tempo nel frugare sotto gli abiti leggeri dell’altro. Lo fece indietreggiare sino a far sì che la sua schiena potesse aderire perfettamente al tronco di una vecchia quercia. Lo baciò di nuovo, ma questa volta con maggior profondità ed ardore.
Keiji sentì il fiato venirgli meno, così come la forza portante delle sue ginocchia che si stava sgretolando sotto i colpi decisi della sua eccitazione crescente. Fece appena in tempo a cingere le proprie braccia intorno alle spalle del più possente, prima di perdere la poca staticità che ancora gli era rimasta. Bokuto si premurò di togliergli gli occhiali e di riporli nella tasca del suo soprabito color senape, prima di aprire la zip dei suoi jeans scuri e infilargli una mano nei boxer aderenti senza alcun preavviso. Akaashi gemette sommessamente più volte, prima di trovare l’unico modo plausibile per evitare di essere udito dai numerosi minorenni che passeggiavano a poche decine di metri da loro: mordere a più riprese la pelle tesa del collo del compagno.
Quella piacevole tortura andò oltre, sfociando in una fellatio che raggiunse il suo culmine in pochissimo tempo. Nel momento in cui venne, Keiji ricadde sul compagno già chinato e lo abbracciò in maniera tanto affettuosa da farlo quasi commuovere per la tanta generosità donata. Perché quando voleva, Koutarou sapeva andare anche oltre l’irruenza, dato che ogni sua azione aveva sempre una buona motivazione dietro la quale poter costruire il proprio senso d’esistere. Esattamente come gli istinti primordiali che scappavano dai propri nascondigli abituali per farsi largo tra la rabbia e l’insicurezza.

“Questa era la tua piccola vendetta personale?”

“Certo! Prima della tua partenza finisco di mangiarti per bene.”

“Cannibale!”

Oh, yes! I love you so much!”

Me too, idiot!”
 
***
 
Tenma guardava il telefono che, stranamente, quel giorno non emetteva segnali di ricerca nei suoi confronti come nel corso delle giornate precedenti. Certo, di sabato molti suoi colleghi erano perlopiù impegnati nelle loro faccende personali, ma Akaashi era solito scrivergli anche nel week-end, soprattutto quando si avvicinava l’ennesima scadenza a cui entrambi dovevano sottostare. Non erano mancate nemmeno le occasioni in cui erano arrivati ad usare programmi di videochiamate per condividere il lavoro prodotto e per poterlo modificare in tempo reale. Una sinergia con la quale entrambi avevano imparato a vivere e a sopravvivere, per quanto non ne avessero mai parlato troppo apertamente, se non sporadicamente nelle ultime settimane.
Quel pomeriggio era riuscito a realizzare solamente la cornice generale di una delle prime tavole del nuovo capitolo. Mancavano ben quattro giorni alla nuova scadenza, ma non aveva alcuna intenzione di ridursi all’ultimo momento come gli era spesso capitato in passato. Le sue intenzioni erano quelle di consegnare il tutto al suo editore almeno con qualche ora di vantaggio rispetto al termine, in modo da evitargli ulteriori grane con le tempistiche.
Ma in quel frangente l’ispirazione latitava totalmente; o sarebbe meglio specificare che la testa, assieme alla sua capacità di concentrazione, erano parcheggiate su tutt’altri lidi.

Lasciò la sua postazione creativa per andare a recuperare il telefono. Scrisse un messaggio su WhatsApp all’unica persona che avrebbe voluto al suo fianco in quell’istante e lo inviò senza neanche soffermarsi a rileggere. Eventuali errori di battitura sarebbero stati utili a sottolineare ulteriormente il momento di nervosismo percepito.
Di consuetudine le sue risposte giungevano nel giro di un paio di minuti al massimo, ma non fu quello il caso. Dopo oltre mezz’ora, le due spunte non erano ancora diventate blu.
Era con Bokuto, non aveva più alcun dubbio.

Bevve del succo d’arancia rossa per cercare di riacquistare le energie necessarie tramite le vitamine contenute in quel cartonato donatogli proprio dalla persona a cui stava dedicando ogni suo singolo pensiero. ‘Ti aiuterà a rimetterti in forze ed è ottimo per la memoria’, diceva.

D’accordo che ho qualche Natale in più rispetto di te, caro Akaashi-san... ma non ho cinquant’anni per gamba!
La risposta al suo messaggio arrivò verso l’ora di cena, quando oramai aveva perso ogni speranza. La tavola era rimasta perfettamente intonsa nel suo riquadro ancora vuoto e silenzioso. Era riuscito giusto ad abbozzare qualche sequenza figurativa per non ritrovarsi con le solite remore legate alla credibilità espressiva dei suoi personaggi.
Aprì la chat e vide l’emoji con le mani sul viso e l’espressione sconvolta. Un messaggio appena successivo recitava con una semplicità disarmante.

‘Posso fare qualcosa per aiutarti?’

Sì... non partire, ad esempio.
Ma non avrebbe mai avuto il coraggio di scriverglielo.
 
 
 
… Grant my last request
And just let me hold you
Don't shrug your shoulders
Lay down beside me
Sure I can accept that we're going nowhere
But one last time, let's go there
Lay down beside me...










 

 Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Dopo le mie più o meno brevi parentesi SemiShira e IwaOi, torno alle ‘origini’ con i miei BokuAka. Questa sarà una mini-long di 3 (molto probabilmente 4) capitoli che vedrà come protagonisti i due ex pallavolisti della Fukurōdani catapultati nel loro contesto ‘futuro’, quello in cui ci ha portato Furudate con gli ultimi capitoli del manga. E così, Bokuto è un giocatore di punta dei Black Jackals, Akaashi è l’editore di una casa editrice che si occupa della pubblicazione settimanale di manga e Tenma Udai – il nostro meraviglioso ‘terzo incomodo’ – è il sensei di cui si occupa Akaashi. Non mancheranno brevi apparizioni degli altri giocatori dei Jackals che conosciamo, di Kenma, Kuroo e cenni alle rispettive famiglie (così come le avevo intese nella precedente raccolta dedicata alla BokuAka dal titolo ‘A mano a mano’). Spero che l’esperimento possa essere di vostro gradimento! :)

Capitolo 2 – Last request
Eccoci alla ‘resa dei conti’, se così la vogliamo chiamare. Un sabato pomeriggio finalmente libero per entrambi i nostri piccioncini che decidono di andare a divertirsi al parco divertimenti (ovviamente l’idea non poteva che essere di Bokuto). Tra zucchero filato e giri sulla ruota panoramica, Keiji decide di rivelare al suo compagno la proposta di lavoro che gli è appena stata propinata dal suo capoufficio. La reazione dell’ace dei Black Jackals non si fa attendere e, tralasciando un momento di sconforto iniziale, quest’ultimo si lascia andare a considerazioni ben più mature rispetto a quello che lo stesso Akaashi poteva prevedere e concludendo poi il tutto con quello sfogo ‘primordiale’ che non guasta mai.
Nella seconda parte abbiamo un Tenma sempre più angosciato dalla partenza del suo editore, tanto da non riuscire nemmeno a trovare l’ispirazione necessaria per poter proseguire con la realizzazione del capitolo del suo manga. Non può neanche fare a meno di farlo sapere a quello che per lui, oltre che un editore, è diventato oramai un ‘mentore’... e forse anche qualcosa di più.
Casotti in arrivo nel prossimo capitolo? Dico solo che al 99% non sarà quello conclusivo come avevo preventivato nelle precedenti note. C’è ancora troppo da dire su questi tre! Stay tuned! ;)

Il titolo generale della mini-long riprende quello della canzone degli Oasis ‘Don’t go Away’ .
Il titolo del primo capitolo riprende quello della canzone di Paolo Nutini ‘Last request’ (della quale riporto il ponte e il ritornello, rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,

Mahlerlucia

 

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Capitolo 3
*** I'll be waiting ***



Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Keiji Akaashi, Koutarou Bokuto, Tenma Udai
Pairings: #BokuAka, #AkaUda
Tipo di coppiaShonen-ai, Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo

 
 
 
I'll be waiting 
 


I've seen you cry
Into the night
I feel your pain
Can I make it right
I realized there's no end inside

Yet still I'll wait
For you to see the light...

 

 
L’estate precedente Koutarou aveva avuto la folle idea di portare Keiji in collina ad ammirare le stelle cadenti, alloggiando presso la seconda abitazione di una lontana parente di sua madre. Una volta arrivati, un veloce spettacolo pirotecnico allestito nelle vicinanze introdusse loro un meraviglioso cielo scuro puntellato di piccole e grandi luci lontane. Ma ciò che il giovane editore ricordava con maggior fervore erano i continui rimbrotti del compagno dovuti alla sua incapacità di attendere con pazienza il suo astro fortunato.
‘Ho un desiderio importantissimo da far realizzare, io!’, come se le richieste astrali provenienti dal resto dell’umanità avessero l’obbligo di attendere il loro turno dietro ai suoi capricci.
‘Bokuto-san, esprimilo comunque, ma chiedi clemenza agli dèi solo quando vedrai la tua cometa.’, furono le parole usate da Keiji per rincuorarlo dell’impossibilità di perdere il proprio turno con la sorte.
Ma proprio nel momento in cui il destino aveva deciso di affacciarsi in quelle campagne sconfinate, Bokuto era dovuto correre in bagno ad orinare. Si era trattenuto fin troppo tempo in quella spasmodica attesa a cui non era di certo abituato per sua stessa indole iperattiva.
Keiji decise di lasciarlo all’oscuro, di fingere che nulla fosse ancora sopraggiunto nel mentre del soddisfacimento di quel suo naturale bisogno fisiologico. In realtà conosceva a menadito le volontà di Koutarou e, pertanto, si prese la briga di sostituirlo di fronte a quella credenza popolare che più volte lo aveva visto storcere il naso, specie da quando suo padre era riuscito a convincerlo del fatto che si trattasse solamente di stramberie inculcategli in testa da sua madre quando era ancora troppo piccolo per poterle confutare.
‘Ancora niente?’ l’ex setter si era limitato a negare con un lieve cenno della bocca per poi poggiare il capo sulla sua spalla robusta. Le sue mani si erano strette attorno alla stoffa leggera del suo yukata, fino a toccare indirettamente il bicipite allenato. Aveva da sempre detestato l’idea di mentire al ragazzo che amava più di sé stesso, ma col tempo aveva imparato ad intavolare qualche piccolo stratagemma a fin di bene. D’altronde aveva trascorso talmente tanto tempo ad osservare il comportamento dell’altro – catalogandone ogni più piccolo pregio e difetto – da potersi concedere qualche strategia di sopravvivenza utile anche ad incrementare la sua stessa autostima a tratti ancora piuttosto altalenante.
 
Non ti devi preoccupare Koutarou. Ho chiesto alla stella che hai aspettato con tanta impazienza di renderti felice da qui all’eternità, indipendentemente da quello che succederà in futuro.
 
 
***
 
Il ricordo di quella sera di mezza estate si accese nella mente confusa di Keiji mentre Koutarou si muoveva sopra di lui, facendogli sentire la sua presenza in maniera possente e delicata allo stesso tempo, inondandolo di calore e desiderio ad ogni nuova penetrazione. Le dita del più giovane si muovevano convulsamente tra le ciocche dei suoi capelli cinerei e sulla pelle umida della sua schiena. Sussurrava a fatica il suo nome mentre l’altro lo baciava con ardore e lo mordeva fugacemente a più riprese, donandogli quel mix di pizzicore fisico e libido con cui era abituato a mandarlo in visibilio ogni volta che si ritrovavano a fare l’amore con tanto ardore.
Le ultime spinte divennero sempre più decise, tanto da indurre Akaashi ad inarcare di riflesso la schiena e a graffiare ripetutamente le scapole del compagno aggrappandocisi con disperazione, all’inutile ricerca di un conforto che lo aiutasse a tornare mentalmente alla realtà. Cosa che in fondo sarebbe stata utile per permettergli di realizzare la portata della bellezza di quel frangente condiviso. Ogni volta diverso, ogni volta speciale.
Koutarou impresse le sue labbra su quelle dell’amato, facendogli poggiare la testa sul proprio avambraccio e restando fermo per qualche istante in lui, fino a venire. Keiji si lasciò completamente andare a quel diktat incapace di deluderlo. Avvertì il suo seme disperdersi nel suo orifizio, fino a scivolar via, tra le sue gambe divaricate.
In quel momento la rabbia e il rammarico provati da Bokuto divennero limpidi quanto l’acqua di fonte, portando con sé strascichi di sensi di colpa che cominciarono a distribuirsi a macchia d’olio tra i suoi pensieri. Affondò nuovamente le dita tra i suoi crini argentei per strattonarli appena, lasciandosi cullare da un bacio pregno di passione e paura, amore e gelosia, tenerezza ed amarezza. Un urlo imposto attraverso l’energico contatto delle salive, le dita che premevano e stringevano, le lacrime che cominciavano a sgorgare copiose sulle guance di entrambi.
Bokuto carezzò via quel piccolo rivolo che lo aveva reso troppo vulnerabile agli occhi di Keiji, per poi scendere dal letto e correre a chiudersi nel piccolo bagno di servizio del suo nuovo appartamento.

“Koutarou...”

Fu tutto quello che l’editore riuscì a farfugliare in un sospiro quasi impercettibile. Da principio non era mai stato convinto del fatto che Bokuto potesse accettare così a cuor leggero la sua partenza per l’Europa, soprattutto se la lontananza rischiava di prolungarsi in caso di meritati successi professionali.
Cercò di alzarsi dal letto, nonostante l’inevitabile dolore fisico avvertito alla base della schiena. Indossò rapidamente i boxer e la sua maglietta, per poi appostarsi davanti a quella porta di legno compensato che li separava. Sentiva scorrere l’acqua del rubinetto, ma non gli ci volle poi molto ad intuire che si trattava di un mesto tentativo utile a nascondere il rumore dei suoi singulti, così come quello delle innumerevoli imprecazioni che stava dedicando senza ritegno al suo destino infausto.

“Koutarou, devo andare in bagno.”

Abolita di default la tattica del pietismo, Keiji pensò che il coinvolgimento dell’estrema necessità fisica potesse funzionare molto più efficacemente con un buontempone come Koutarou. E difatti non sbagliò.
Quando finalmente si degnò di aprire la porta lo trovò poggiato alla parete del corridoio con le caviglie accavallate e le braccia conserte; ma furono i segni violacei sul collo e le labbra ancora gonfie ed umide di eccitazione ad attirare la sua attenzione più di qualunque altro dettaglio. Non servirono nemmeno troppe spiegazioni per lasciargli intendere che non era il bagno ciò di cui aveva assolutamente bisogno: ci pensarono le loro bocche a cercarsi come due magneti impazziti. Koutarou lo strinse a sé prendendolo di prepotenza per i fianchi, mentre Keiji non oppose la benché minima resistenza a quel balletto dietro al quale si camuffava l’insieme dei loro timori più grevi.

“Sono stato un po’... poco delicato. Si dice così, giusto?”

Akaashi allargò le braccia lungo le sue spalle, per poi unirle alla base del collo. Sorrise come gli era capitato di fare poche altre volte, e quasi mai in sua assenza. Cercò di non far intravedere la malinconia che stava pervadendo il suo cuore, frutto della consapevolezza di essere il motivo dell’agitazione avvertita nell’animo affranto di Bokuto.
I suoi enormi occhi smeraldo erano umidi di commozione e d’impotenza di fronte alla realtà che li avrebbe cambiati per sempre di lì a qualche settimana; probabilmente anche meno.

“Si direbbe così, ma non è questo il caso, sta’ tranquillo.”

“Non ti ho fatto male?”

Nuove lacrime coprirono le sue guance sino a costringerlo a voltarsi di lato per non essere inquadrato più del dovuto dalle sue iridi dorate. Nascose il viso nell’incavo tra il collo e la spalla e iniziò a muoversi sulla sua pelle come un gatto impegnato a far le fusa al proprio padrone con l’unico intento di ottenere del cibo. Baciò e racchiuse tra le sue labbra il lobo del suo orecchio, finendo per soffiare delicatamente al suo interno.

“Credo di averne fatto molto più io a te.”

Koutarou strinse la sua maglietta con entrambe le mani sfregando a sua volta la fronte tra i capelli scarmigliati del compagno. Gli baciò più volte le tempie, sino ad invitarlo a sollevare il capo per ripulirlo da quel dispiacere liquido che lo stava torturando da ormai troppo tempo.

“Se devo restare... dim-”

Akaashi fu zittito dal suo indice perentorio posto a fior di labbra. Lo sguardo diretto nei suoi occhi, il capo capace di scattare più volte prima a destra e poi a sinistra, come a voler sottolineare che la decisione che aveva preso quel pomeriggio al parco dei divertimenti era divenuta oramai irrevocabile, come se fosse stata firmata dallo stesso Imperatore.
L’espressione stupefatta del più giovane si addolcì, tanto da lasciar spazio ad un nuovo sorriso di dolce rassegnazione: aveva finalmente capito che niente e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Ripensò a quando riuscì a paragonarlo ad una stella, anche se in verità la stella era sempre stata lui ai suoi occhi. Realizzò di essere molto più fortunato di quanto non fosse mai stato in grado di mettere realmente a fuoco.
Koutarou era maturato in maniera splendida, diventando l’unico uomo sulla faccia della Terra di cui si sarebbe mai potuto davvero innamorare. Come la stella naturalmente più appariscente. Come un elemento vitale al pari dell’aria e dell’acqua. La sua fonte di felicità più grande.
L’amore.
 
***

Quel pomeriggio il Shiba Cafè non era particolarmente affollato. Alcune persone entravano e ordinavano direttamente al bancone, impigliate nella loro rigida routine che negava loro persino il tempo di sedersi ad un tavolo e riempirsi lo stomaco con un pasto completo. Un ragazzo e una ragazza discutevano circa gli argomenti di un esame che avrebbero dovuto affrontare di lì a pochi giorni, accompagnati dai consueti dubbi sul materiale da consultare e sulle questioni che premevano ai loro insegnanti e ai rispettivi assistenti. Keiji iniziò a ricordare con nostalgia quel periodo – neanche troppo lontano – in cui le sue uniche preoccupazioni consistevano in prove didattiche e campionati juniores di pallavolo.
Cominciò a muovere rapidamente le dita sul touchpad del suo portatile con l’intento di entrare nel blog di Kodzuken, una sua cara e vecchia conoscenza. Quest’ultimo stava per iniziare una diretta streaming per aggiornare i suoi followers sulle nuove uscite in fatto di giochi on-line e da console. Lo seguiva ogniqualvolta gli impegni lavorativi glielo consentivano, soprattutto per l’ammirazione che aveva sempre provato nei suoi confronti, visto e considerato come era stato in grado trasformare la sua più grande passione nel suo attuale lavoro.
Inserì ID e password, per quanto avesse sempre preferito seguire in anonimato e senza mai intervenire... o quasi. A dirla tutta, non aveva nemmeno il tempo materiale per recarsi in un Game shop per poter comprendere concretamente cosa avesse raccontato l’ex setter della Nekoma nelle sue apparizioni virtuali.

Kodzuken non si era ancora connesso, per cui l’editore decise di dedicare l’attesa alla sistemazione su desktop del materiale che Udai-san gli aveva mandato al termine della stesura dell’ultimo capitolo del manga. Il lavoro era accurato, forse ancor più del solito. Erano stati inseriti dei dettagli melodrammatici che non si sarebbe di certo aspettato, soprattutto tenendo conto di quanto gli ultimi risvolti della trama non lasciassero presagire nulla di particolarmente malinconico. Si era chiesto la motivazione di quel cambiamento che era arrivato a definite ‘drastico’ già ad una prima lettura.
Che fosse successo qualcosa di particolare?

 
Kodzuken: “Buongiorno a tutti. Come vi avevo anticipato la scorsa settimana, oggi comincerò a parlare di una serie di nuove uscite on-line... e non solo. Ma vi avverto fin da subito che non mi potrò trattenere oltre i quindici minuti.”

Il solito Kozume-san. Chissà cos’avrà mai da fare dopo questi fatidici quindici minuti!
Keiji infilò l’auricolare e aprì la schermata. Notò subito che tra gli utenti on-line era presente un certo Oya-oya avente un gatto nero come avatar. Insomma, non era poi difficile intuire di chi si potesse trattare. Fu proprio quest’ultimo a salutare per primo e mandare una serie di cuoricini che Kenma ignorò bellamente, senza particolari colpi di scena.
L’immagine del suo viso – dai lineamenti ancora molto infantili per i suoi ventidue anni suonati – venne presto sostituita dalla condivisione di una frame tratto dall’ultima versione di un gioco da combattimento di cui ignoravi persino l’esistenza; ad ogni modo, il suo scopo ultimo era come sempre quello di salvare il pianeta sconfiggendo una casta di alieni che voleva distruggere l’intera umanità.
 
Oya-oya: “Ma la principessa da salvare è carina?”  

Akaashi fu vinto dall’istinto d’intervenire per evitare che domande tanto sciocche – che comunque arrivavano in termini anche più volgari da numerosi altri utenti collegati – interrompessero quella che comunque per Kenma era un’attività produttiva, oltre che complicata dal punto di vista psicologico. Proprio per questo motivo, la condivisione del materiale da mostrare lo aiutava molto a mascherare la sua infinita timidezza.
 
ID_05: “Sempre sul pezzo, Kuroo-san.”

Per un attimo nella chat calò il gelo, ad eccezione di un piccolo pollice alzato che comparve sotto quell’ultimo commento; era stato aggiunto dallo stesso organizzatore della diretta. In quell’atto impulsivo, Keiji si era a sua volta identificato ai loro occhi.
 
T-Rex: “Ti devi sempre far riconoscere, eh?”
 
Kodzuken: “Scusate, questa è la mia diretta. Devo finire di spiegare come raggiungere il livello ventidue, altrimenti la principessa non la vedrete nemmeno in cartolina!”
 
Oya-Oya: “Oh, ma quindi esiste davvero una principessa?”
 
T-Rex: “Sì, si chiama Tetsurou e se la tira un sacco!”

I pollici alzati di Kodzuken e ID_05 arrivarono quasi in contemporanea a dar manforte al pensiero sarcastico di Tsukishima, seguiti da quelli di molti altri utenti collegati. Quella presenza disturbante e in evidente confidenza con il giovane blogger non era una novità per nessuno dei followers più fedeli e costantemente presenti durante le sue dirette.

Hey, Akaashi-san! Scusa per il ritardo!”

L’editore sollevò d’impeto il viso dal quella bizzarra conversazione che stava iniziando seriamente a stuzzicarlo. Improvvisamente il reale motivo per cui si trovava in quel locale tornò prepotentemente a farsi spazio tra le sue facoltà mentali, portandolo rapidamente ad uscire da quella diretta web per poter disquisire tranquillamente con il suo sensei.
Gli dispiacque solamente di essersene virtualmente dileguato senza neanche aver salutato.

“Tenma-san. Non ti preoccupare, sono qui solo da qualche minuto.”

Il mangaka si accomodò di fronte al suo mentore, curioso di capire cosa lo divertisse tanto di fronte allo schermo di quel computer. Poche volte lo aveva visto sorridere in maniera così spontanea, e sempre per qualche motivo correlato al nome di Bokuto Koutarou.

“Che fai di bello col pc? A parte controllare le scempiaggini che t’invio, s’intende.”

Keiji sollevò lo sguardo sul viso minuto del suo interlocutore e non riuscì a fare a meno di notare tanti piccoli particolari che gli fecero celermente intuire che quella doveva essere stata una giornata importante per lui. I lunghi capelli neri erano ben pettinati ed ordinati, mentre il suo abbigliamento era finalmente andato oltre una semplice felpa di almeno una taglia più grande e il solito paio di jeans sdruciti.
Ma ciò che lo colpì maggiormente fu lo sguardo sfuggente, perennemente ancorato al vetro della grande vetrina laterale o inabissato sul piano del tavolo in faggio che arredava quel modesto Cafè del centro edochiano.

“Seguivo una diretta di Kodzuken, un vecchio amico.”

“Ah, quindi di tanto in tanto ti concedi addirittura qualche piccolo divertimento? Kodzuken recensisce giochi on-line se non ricordo male...”

“Sì, ma non solo quelli. È un genio in quel campo e talvolta propone anche delle sue ‘creazioni’.”

“Le hai provate?”

“Se avessi avuto tempo, ci avrei di sicuro fatto un pensiero.”

L’uso del passato intorpidì la conversazione, come se un piccolo sassolino si fosse inserito all’interno di un ingranaggio – fino a quel momento perfettamente funzionante – e lo avesse in qualche modo bloccato. Tenma comprese che con ogni probabilità era stato concesso al suo editore prediletto l’ultimo nulla osta per il trasferimento oltreoceano, quello per lui più importante.
Questa nuova consapevolezza lo portò ad incupirsi ancor più di quanto già non lo fosse prima di sedersi a quel tavolo: persino la sua ultima possibilità legata al nome di quel Bokuto Koutarou aveva fallito.

“Hai parlato con Yashimoto-san?”

Hey, non vale! Toccava a me chiederti se avevi parlato con una certa persona.
Stava di fatto che, come al solito, Akaashi aveva centrato il punto. Ultimamente Tenma non usciva molto di casa, se non per i loro incontri settimanali e per eventuali convocazioni da parte della dirigenza della casa editrice. Ma quando si trattava del primo caso, non si preoccupava poi molto di apparire sciatto o meno.

“Che intuito! Mi ha chiamato ieri sera chiedendomi di andare in sede. Mi ha presentato la mia nuova editrice.”

Keiji sollevò un sopracciglio con fare sorpreso. Afferrò la tazza con la sua bibita energitica mentre udì un tintinnio proveniente dal suo smartphone. Convinto che si trattasse di Koutarou, strabuzzò gli occhi quando invece lesse il nome ‘Kuroo-san’ sulla parte superiore del display.
Che avesse qualcosa da dirmi per aver lasciato la diretta prima di chiarire la vitale questione della principessa da salvare?

“Una donna?”

“In realtà è molto giovane, avrà all’incirca la tua età. Si è laureata da poco, o almeno così ha detto.”

Silenziato il telefono e nascosto nella tasca laterale della borsa per evitare ulteriori distrazioni, Akaashi decise di prestare la massima attenzione a quello che Udai aveva da raccontagli sul meeting odierno. Le aspettative che aveva per il suo ‘sostituto’ erano alte, ma ora che aveva scoperto che si trattava di una ragazza con un livello d’esperienza pari – o forse addirittura inferiore – al suo, voleva comprendere più approfonditamente i motivi di questa scelta da parte della stessa persona che aveva deciso di mandarlo sino a Londra. C’era qualcosa in quella serie di prese di posizione che non gli quadrava appieno, ma non voleva ridursi a pensare di essere diventato un peso per qualcuno che stava ai piani alti. Constatare ciò gli sarebbe dispiaciuto non tanto per sé, ma per l’aver ingiustamente coinvolto il giovane mangaka e il suo inestimabile talento.

“Buon segno. Probabilmente ti farà meno pressioni di quanto non te ne avrebbe fatto un editore con maggior esperienza... e di quanto non te ne facessi io.”

L’ex giocatore della Karasuno si alzò in piedi sbattendo entrambe le mani sul tavolo. Per un soffio la tazza non si riversò sulla tastiera del laptop attivo. I suoi profondi occhi color pece lo fissavano con rammarico, come se avessero trattenuto troppo a lungo quello che la sua bocca stava per sottolineare con una certa enfasi. Si avvicinò pericolosamente a lui, fino a sfiorargli il viso con le ciocche più avvenenti di quei capelli scuri e sempre più lunghi.
La ragazza che si stava avvicinando al loro tavolo per prendere le ordinazioni si arrestò di colpo, prendendo la saggia decisione di dare la precedenza alla coppia di anziani che aveva appena fatto il suo ingresso nel locale.

“Tu non mi hai mai fatto pressioni!


L’editore non si scompose. Contraccambiò in maniera diretta quello sguardo con il quale voleva impressionarlo, ma senza ottenere grandi risultati. Alzò una mano e scostò i suoi capelli sino a sistemarglieli dietro all’orecchio. Nel compimento di quel piccolo gesto sfiorò appena la sua pelle, costatando con rapidità quanto fosse calda ed arrossata. In cuor suo sperò che non si trattasse di febbre o, peggio ancora, di rabbia repressa.

“Scusate, giovani innamorati! Per quanto siate bellissimi da osservare, siamo in un luogo pubblico. Non sarebbe meglio chiarirsi in privato?”

La signora anziana di poc’anzi era stata fatta accomodare assieme al marito al tavolo affianco al loro per carenza di ulteriori sistemazioni interne. Si era rivolta a loro sorridendo, con fare materno e senza alcuna reale intenzione di bacchettarli spinta da un qualsivoglia istinto bigotto e legato a chissà quali tempi antichi. Fissò il marito e gli carezzò a sua volta una guancia. Quello sorrise, senza voltarsi nella loro direzione.

“Sai caro, ci sono due giovani al tavolo affianco che forse hanno avuto qualche piccola discussione, ma si vede che si vogliono un bene dell’anima. Assomigliano a noi due, a com’eravamo circa cinquant’anni fa.”

Per qualche istante nessuno ebbe il coraggio di aprir bocca. L’anziana tornò ad occuparsi del marito non vedente.
Akaashi si dedicò all’ennesima revisione delle tavole, iniziando ad elencare gli aspetti che lo avevano maggiormente colpito. La piega malinconica che aveva preso la trama rientrò chiaramente tra le questioni che più lo incuriosivano.

“Volevi riprendere qualche evento della tua vita in particolare?”

“In realtà sì.”

“Scusami, forse sono stato inopportuno.”

“No, affatto. Akaashi-san, posso farti una domanda?”

Keiji era ancora frastornato per quello che era accaduto poco prima, anche se in realtà non si trattava di nulla più di un flebile momento di rancore. D’altronde, non c’era davvero nulla di strano a ritrovarsi nel suo stato d’animo considerando che di lì a breve avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo alla mercé di una persona di cui non sapeva nulla o quasi. Le basi su cui si era poggiato per tanto tempo, la fiducia che aveva riposto in una persona che col passare delle settimane e dei mesi era diventata un punto di riferimento fondamentale per il proseguimento del suo lavoro, le sue abitudini... tutto sarebbe inevitabilmente cambiato. E solo ed esclusivamente per volere di chi aveva pieni diritti sul loro operato, oltre che sulle loro buste paga.

“Certo, dimmi pure.”

Tenma sospirò sommessamente col mero intento di trovare la forza necessaria per cominciare a parlare. Non era cosa facile, ma aveva bisogno di quella risposta per portare avanti l’idea che si era già appuntato per la stesura del capitolo successivo. L’ultimo regalo che Akaashi poteva permettersi di lasciargli prima di consegnarlo nelle mani di una perfetta sconosciuta.

“Perché hai lasciato la pallavolo?”

“Perché non sono mai riuscito a viverla come uno sport, un divertimento, un modo per migliorare me stesso, cosa che a mio avviso un atleta professionista dovrebbe sempre fare. Dopo il mio ultimo anno alla Fukurōdani ho deciso di lasciar perdere. In fondo... esistono atleti molto più in gamba e portati e ne ho avuto la piena dimostrazione. Tutti coloro che ammiravo con maggior fervore hanno proseguito.”

Udai attese che l’inserviente terminasse di versargli il tè verde che aveva ordinato, prima di commentare ciò che Keiji aveva avuto la forza di rivelargli. Non doveva essere stato facile per lui ripercorrere momenti che lo avevano di certo fatto soffrire, sentire inferiore o mal compreso. Tutte sensazioni che aveva avuto la sfortuna di provare in prima persona.

“Sai, le mie motivazioni non si discostano di molto dalle tue. Ancora mi sento in colpa per aver detto ad Hinata di aver mollato perché avevo altri interessi. Ovvio, ci sono anche quelli, ma non è l’unico motivo.”

“Ti capisco e non serve che tu aggiunga altro se non te la senti. Il capitolo che mi hai mandato è comunque ottimo.”

“Grazie. Non so come farò in futuro senza di te...”

Keiji cercò di trattenere quelle maledette lacrime che ancora una volta stavano prendendo il sopravvento sulla sua forza di volontà. Non avrebbe mai immaginato di essere riuscito a creare un legame tanto profondo con un ragazzo così diverso da lui. Ma in fin dei conti, avevano appena appurato di non essere poi tanto scostanti l’uno dall’altro come avevano ipotizzato di primo acchito.

“Ce la farai, ne sono sicuro.”

“Grazia, Akaashi-san. Sei speciale.”
 
***

Keiji stava risalendo le scale esterne della piccola palazzina per raggiungere il suo appartamento. Quando arrivò al suo pianerottolo vide una sagoma appostata affianco alla porta d’ingresso. Scarpe sportive e consumate, odor di nicotina, ciuffo scuro e carico di gel a coprire l’occhio destro.

“Akaashi-kun, What’s up?”

“Kuroo-san, qual buon vento. Hai bisogno di qualcosa?”

“Mi è stato detto che c’è un futuro principe inglese da salvare.”

Era indubbio che Koutarou si fosse messo in contatto con lui per sfogarsi. Com’era giusto che fosse.
 
 
 
… As long as I'm living, I'll be waiting
As long as I'm breathing, I'll be there
Whenever you call me, I'll be waiting
Whenever you need me, I'll be there…










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Dopo le mie più o meno brevi parentesi SemiShira e IwaOi, torno alle ‘origini’ con i miei BokuAka. Questa sarà una mini-long di 4 capitoli (sì, ora è ufficiale!) che vedrà come protagonisti i due ex pallavolisti della Fukurōdani catapultati nel loro contesto ‘futuro’, quello in cui ci ha portato Furudate con gli ultimi capitoli del manga. E così, Bokuto è un giocatore di punta dei Black Jackals, Akaashi è lavora presso una casa editrice che si occupa della pubblicazione settimanale di manga e Tenma Udai – il nostro meraviglioso ‘terzo incomodo’ – è il sensei di cui si occupa Akaashi. Non mancheranno brevi apparizioni degli altri giocatori dei Jackals che conosciamo, di Kenma, Kuroo, Tsukishima e cenni alle rispettive famiglie (così come le avevo intese nella precedente raccolta dedicata alla BokuAka dal titolo ‘A mano a mano’). Spero che l’esperimento possa essere di vostro gradimento! :)

Capitolo 3 – I’ll be waiting
Questo capitolo è un caos totale, lo so. Sono la prima ad alzare le mani e ad ammetterlo! :)
Dunque, nella prima parte – dopo un veloce e romantico flash-back – ritroviamo i nostri due amati piccioncini alle prese con la loro intimità che in questo caso di rivela essere un po’ più burrascosa del solito. Bokuto si sente irrimediabilmente frustrato per l’imminente partenza del suo compagno, per quanto cerchi di farsi forza da solo.
La seconda parte è il fulcro del caos! Ci ho buttato dentro di tutto, a partire da un calderone di diretta web in cui ritornano i nostri Kenma (Kodzuken), Kuroo (Oya-oya) e Tsukishima (T-Rex); abbiamo poi il ritrovo settimanale di Keiji e Tenma per la consueta discussione del loro operato con l’intromissione di terzi incomodi quanto i loro stessi sentimenti.
Nell’ultima parte ho approfondito la ‘questione Kuroo’ e la necessità di quest’ultimo di mettere sempre le cose in chiaro con tutti, specie quando si tratta dei suoi amici più cari. Chiaramente la chiacchierata tra lui e ‘Kaashi proseguirà nel prossimo capitolo (che prevedo essere l’ultimo). Stay tuned! ;)

Il titolo generale della mini-long riprende quello della canzone degli Oasis ‘Don’t go Away’ .
Il titolo del terzo capitolo riprende quello della canzone di Lenny Kravitz ‘I’ll be waiting’ (della quale riporto la seconda strofa e il ritornello, rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,

Mahlerlucia


 

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Capitolo 4
*** Spread your wings ***



Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Keiji Akaashi, Koutarou Bokuto, Tenma Udai (Kuroo Tetsurou)
Pairings: #BokuAka, #AkaUda
Tipo di coppiaShonen-ai, Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo

 
 
 
Spread your wings
 

 
… His boss said to him
Boy you'd better begin
To get those crazy notions right out of your head
Sammy who do you think that you are
You should've been sweeping up the Emerald bar…


 
“Hai parlato con Bokuto?”

“Cosa te lo fa pensare?”

“Non si risponde ad una domanda facendo un’altra domanda.”

Kuroo abbassò la testa, iniziando a muoverla più volte da destra verso sinistra e viceversa. Non aveva ancora deciso se valesse la pena di impelagarsi in una discussione con un ragazzo la cui massima ambizione di vita era quella di scrivere tonnellate di libri in cui poter racchiudere tutto quello che la realtà gli impediva di esprimere appieno. Era solito correggere Koutarou ad ogni suo errore e non si era mai fatto alcuno scrupolo a comportarsi allo stesso modo con lui, da sempre considerato come poco più di un mero provocatore.
Afferrò il bicchiere dentro il quale Akaashi gli aveva versato del succo d’arancia fresco, conseguenza della sua categorica scelta di non offrirgli mai bevande alcoliche. Ne bevve a fatica un paio di sorsi, sentendo la gola pizzicare già al primo contatto con quell’acidità con cui non aveva più avuto a che fare dai tempi delle pause di metà mattinata sui tetti della Nekoma.

“Vuoi dell’acqua?”

Caspita, che vista da falco. Altro che gufo...
Non era plausibile mostrarsi deboli di fronte ad un po’ di vitamina C indesiderata. Così, per dimostrare di non aver alcun problema con ciò che gli era stato offerto e – soprattutto – per non apparire eccessivamente scortese, trangugiò tutto il liquido rossastro nel giro di un paio di secondi.

“Non ti preoccupare. Piuttosto... quando hai intenzione di partire?”

Keiji decise comunque di tenere la bottiglia d’acqua naturale a portata di mano; la smorfia di disgusto messa in mostra un attimo dopo non gli era di certo sfuggita.
Si prese del tempo per togliersi la giacca e gli occhiali. Riempì il suo bicchiere e bevve senza alcuna fretta, come a lasciar intendere di non essere disposto a concedersi più del dovuto in quella sottospecie d’interrogatorio non programmato. Si schiarì la voce, alquanto divertito dallo sguardo scocciato dell’altro. Negli anni aveva compreso che coloro che si erano spesso presi gioco della bontà e della pazienza altrui, paradossalmente erano quelli che ne mostravano di meno in assoluto.

“Il tempo di sistemare le ultime questioni lavorative. Un paio di settimane al massimo.”

Kuroo aprì un mano e la poggiò bruscamente sul ripiano del tavolo, facendo rovesciare il calice. Si voltò verso la parete, fingendo d’interessarsi alle fotografie e ai piccoli riquadri appesi, con l’unico scopo di evitare di doversi scusare per quel suo gesto di stizza. Non che la questione lo riguardasse in maniera diretta, ma con ogni probabilità aveva già dato vita alla sua personale opinione sulle scelte di un ragazzo con cui era cresciuto, ma del quale doveva pur ammettere di essersi abbastanza disinteressato, almeno negli ultimi mesi.

“Quindi, fammi capire. Ti fanno un’offerta di lavoro all’estero e tu decidi di partire lasciandoti tutto alle spalle? Così, come se nulla fosse?”

Il giovane editore diede un rapido sguardo al punto in cui aveva lasciato gli occhiali. Li afferrò e li indossò nuovamente. I suoi occhi erano stanchi per le lunghe ore passate davanti al computer, tra bozze da correggere, file da leggere e memorizzare, decaloghi da preparare per la collega che lo avrebbe sostituito e tutte le informazioni che gli sarebbero servite per adattarsi quanto prima alla vita londinese. Non avvertiva la necessità di focalizzarsi sul viso di Kuroo per fargli notare – con i toni più pacati possibili – che avesse già parlato più del dovuto, arrivando a conclusioni affrettate e che di certo non gli appartenevano. Sapeva di essere stato chiaro e diretto sia con Bokuto che con Udai, così come lo era stato anche con la sua famiglia. Non aveva nulla di cui rimproverarsi, se non la paura e il rammarico che inevitabilmente gli avrebbero fatto compagnia nel corso delle prime settimane oltre oceano.

“Non si tratta di lasciare nulla indietro, Kuroo-san. Andrò a lavorare presso una nuova sede della stessa casa editrice, per cui prevedo di tornare spesso in Giappone. Ho parlato con tutte le persone con cui dovevo e nessuno fra loro si è opposto. Nemmeno Bokuto.”

“Già. Però né io e né Kenma siamo stati consultati, ad esempio.”

Keiji strabuzzò gli occhi ponendo un dito al centro della montatura degli occhiali, riportandoli indietro. Posò i gomiti sul tavolo abbassando lo sguardo sulle sue stesse dita sottili. Tamburellò silenziosamente sul piano, per dare sfogo a quel momento di nervosismo dovuto al senso di colpa per non aver pensato anche agli amici a lui più cari. D’altro canto, doveva pur ammettere che un discorso del genere non se lo sarebbe mai aspettato da un personaggio come Kuroo Tetsurou; e proprio per questo, arrivò a pentirsi per averlo indubbiamente sottovalutato.

“Lo avrei fatto. O meglio, ve lo avrei detto... anche perché oramai la decisione è stata presa e comunicata.”

“Ma esci un po’ da questo ‘mondo degli affari’. Ma ti senti quando parli?!”

Le parole dell’ex capitano della Nekoma lo infastidirono a sufficienza da indurlo ad allontanarsi per andare a recuperare il telefono. Un gesto poco garbato da compiere in presenza di eventuali interlocutori, ma che lo avrebbe sicuramente distratto a sufficienza per evitare di rispondergli in malo modo.
Non aveva ricevuto nulla d’importante se non qualche notifica proveniente dai vari social e un messaggio di un collega che chiedeva a sua volta quando sarebbe partito.

“Kuroo-san, io ho sempre parlato in questo modo. Non stai scoprendo l’acqua calda.”

“No, al contrario. Questa è stata una doccia fredda. Per me, ma soprattutto per Kenma! Visto che hai il telefono a portata di mano, perché non lo chiami?”

Akaashi sospirò e si portò il telefono sotto il mento, cercando di mettere insieme i pezzi di quella conversazione che stava cominciando ad avere sempre meno senso. O forse ciò che Tetsurou stava cercando di rivelargli era molto più semplice di quello che stava provando ad immaginare: il suo ex setter non doveva aver preso particolarmente bene il fatto che avesse deciso di trasferirsi in Europa, seppur per motivi lodevoli. Ma allora, perché non farglielo presente in maniera più diretta?

“Quindi sei venuto qui per farmi intendere di non essere stato ‘leale’ con Kozume-san?”

“In realtà non lo sei stato nemmeno con me.”

Ah, ecco. Bingo!
Schioccò la lingua sulle labbra mentre scrollava la testa, completamente spiazzato da quello che aveva appena avuto modo di sentire. Non aveva mai riflettuto a sufficienza su quale potesse essere il suo ruolo all’interno delle loro vite, per quanto negli ultimi anni si fossero create delle inevitabili distanze dovute alle diverse scelte di vita. Ognuno di loro aveva preso la sua strada, seguendo il proprio istinto a partire dagli interessi e dalle occasioni sfruttate a dovere. Esattamente com’era capitato a lui.

“Mi spiace.”

Keiji preferì non aggiungere altro, assumendo che non avrebbe avuto alcun senso rivangare sulle loro scarse frequentazioni degli ultimi tempi, così come appurare quanto fosse stato difficile comprendere i sentimenti e gli stati d’animo di un tipo taciturno come Kenma; non che lui fosse più semplice da comprendere, sia chiaro. Un incontro, una telefonata, qualche messaggio... sarebbe bastato poco per poter chiarire la situazione mettendo a fuoco i loro diversi punto di vista.
No, non ci aveva mai pensato e Kuroo si era recato da lui appositamente per fargli notare che questa negligenza nei loro riguardi non era stata particolarmente gradita. Insomma, avrebbero sicuramente sentito la sua mancanza, cosa che la sua tenace insicurezza non gli aveva mai permesso di realizzare appieno.

“Lo so che ti dispiace. Non sono venuto qui per ‘rimproverarti’, ma solo per farti capire che per noi gli amici sono importanti, soprattutto quando serve una mano per prendere delle decisioni importanti. Oltretutto Kenma stravede per il manga di Udai-san... quello che stavi editando, per intenderci. Che ne sarà della vostra collaborazione adesso? E del manga?”

“Il manga continuerà ad essere disegnato, editato e pubblicato regolarmente. Puoi dire a Kozume-san di non preoccuparsi per questo.”

Tetsurou storse la bocca guardandolo di sottecchi. Unì tutte le dita della mano tentando di mettersi a sedere in maniera più composta, accavallando persino le gambe. Aveva assunto quella sua tipica aura da leader con cui spesso Keiji lo ritraeva nelle sue reminiscenze, impostato e pronto a sparare a zero su chiunque gli capitasse a tiro. Iniziò a girarsi i pollici, lasciando ben intuire quanto fosse in attesa di ulteriori dettagli senza dover continuare a impastare quella discussione che sarebbe comunque dovuta arrivare a un punto di svolta.

“Kuroo-san, perché ti stai nascondendo dietro a Kozume?”

“Non mi sto nascondendo dietro a nessuno. Quello che ti ho detto corrisponde alla pura verità. E se proprio vuoi saperlo... sì, ho parlato anche con Bokuto. Quasi una nottata intera a sorbirmi le sue preoccupazioni per te con tanto di invocazione a tutti gli dèi esistenti.”

Akaashi balzò in piedi dalla sorpresa. Aveva ampiamente ipotizzato che Koutarou potesse essersi rivolto al suo amico di vecchia data per sfogarsi a proposito della sua imminente partenza, ma mai avrebbe potuto immaginare che fosse tanto preoccupato per lui. E per quale motivo nello specifico? Non si stava di certo recando in una zona a rischio o sotto assedio; non erano nemmeno in corso pandemie o altri pericoli legati alla salute.
Che facesse riferimento a noi due? Alla nostra storia? Al nostro futuro? Perché andare a parlare di una cosa tanto delicata e personale a Kuroo e non venire direttamente da me? Bokuto-san... continui e continuerai ad essere sempre un gran mistero per me!

“Ti stupisce la cosa, eh?!”

“Di che preoccupazioni stati parlando? Cosa ti ha detto di preciso?”

“Ehi, calm down! Mi sembra più che comprensibile il fatto che sia preoccupato per te e per quella che sarà la tua vita a Londra. Sarai solo e dovrai usare una lingua diversa, no?! Anche il cibo sarà diverso... anche se non penso che si riferisse solo a questo.”

“E a cosa? Ti avevo chiesto di essere più chiaro!


Kuroo sollevò gli occhi in maniera teatrale, osservando come le mani dell’editore avessero impattato più volte contro il legno, palesando tutta la difficoltà che impedivano all’ex setter di tenere a bada al sua agitazione.
Cercò a sua volta di trattenere un sorriso di soddisfazione personale, ma la tentazione di stuzzicarlo divenne troppo forte per poter resistere.

“Boh, mi ha chiesto come sono i ragazzi e le ragazze inglesi. Aveva un po’ di paranoie per cose di questo tuo tipo. Ma io ho cercato di tranquillizzarlo; gli ho fatto presente che può fidarsi di te e che non è escluso che possa accadere anche il contrario. Per cui anche lui dovrà stare attento se ci terrà alla sua pellaccia.”

“Cosa vuoi dire con ‘potrebbe accadere anche il contrario’?”

“Oh, Akaashi Keiji. Sei troppo intelligente per farmi credere di non aver compreso. Hai bisogno di conferme?”

Il diretto interessato tornò a sedersi socchiudendo le palpebre e sistemandosi ancora una volta gli occhiali. Le lenti erano appena appannate, probabilmente a causa di quelle lacrime che stava cercando di arginare ad ogni costo. Figurarsi se poteva approvare l’idea di farsi vedere senza difese dal migliore amico del suo compagno.
Provò in tutti a modi a ricomporsi, mostrando un lato apparentemente sereno che di certo in quel frangente non rispecchiava la realtà del subbuglio emotivo che si muoveva inesorabile nel suo cuore.

“Non succederà. Io mi fido ciecamente di lui!”

“Lui ha usato le stesse parole. Diciamo che diffida più delle persone che potresti incontrare che di te, ovviamente.”

Riflettendoci, non c’era da stupirsi di fronte alle sue parole. Il problema principale stava nel fatto che per Koutarou ci sarebbe voluto del tempo per accettare e per abituarsi a questo cambiamento radicale. La sua vita si era sempre divisa tra lui e i Black Jackals, in modo piuttosto equo. Se una delle sue due uniche certezze fosse venuta a mancare – anche se solo per qualche tempo – le motivazioni che lo spingevano ad alzarsi dal letto ogni mattina sarebbero necessariamente crollate, assieme ai conseguenti obbiettivi che si era prefissato.
Una lacrima rotolò lungo la sua guancia tradendolo nel momento meno opportuno. Tetsurou se ne accorse e si apprestò a strappare un foglio dal rotolone di carta da cucina presente affianco al lavello. Non di certo la migliore delle soluzioni, ma non disponeva di altro materiale per poterlo consolare al meglio. Per il resto preferì tacere, attendendo che fosse lui a parlare per dar finalmente sfogo alle sue paure. D’altronde, se lo sarebbe meritato.

“Io sono stato indeciso fino all’ultimo. Non sapevo se fosse il caso di partire o meno. Si tratta pur sempre di un’occasione di lavoro importante e rifiutarla... beh... di sicuro non avrebbe fatto piacere alla mia famiglia. Ho pensato subito a Koutarou, ma anche a quella parte di lavoro che avrei lasciato qui. Sembravano tutti... non dico entusiasti, ma almeno concordi sulla mia partenza.”

“Costringerti a restare sarebbe stato un po’ come tarparti le ali. Credo che nessuna delle persone a cui sei più legato lo vorrebbe, Bokuto in primis.”

Tarparmi le ali.
Kuroo aveva spesso e volentieri adoperato la parte più sciocca del suo esuberante carattere per dare un’idea superficiale di sé ai suoi conoscenti; ma a discapito di questo, Keiji aveva sempre saputo che dietro a quei sorrisi di circostanza e d’imposizione si trovava un ragazzo molto attento e cordiale nei confronti di tutto ciò che lo circondava. La sua presenza nel suo piccolo appartamento a quell’ora tarda della sera ne era la palese dimostrazione.

“Kuroo-san... grazie per le tue parole. E scusami per essere sembrato aggressivo poco fa.”

“Nah, non ti preoccupare. State reagendo tutti e due fin troppo bene.”

“Sei serio?”

“Devi essere tu quello serio quando sarai là. Spacca il culo a tutti!”

“Kuroo-san...”

“Ok, era per dire, sir! In bocca al lupo per tutto.”

“Grazie, davvero.”
 
***

Keiji aveva esplicitamente chiesto ai suoi genitori di non disturbarsi per venire a salutarlo in aeroporto. Sarebbe passato lui da casa il giorno prima, in modo tale da non far perdere loro importanti appuntamenti di lavoro. In realtà, voleva principalmente evitare che il contesto familiare s’immischiasse con quello della sua vita privata, compresi i suoi amici più cari.
All’aeroporto internazionale di Narita erano presenti, oltre a Bokuto, Kuroo, Kozume e Hinata. Considerando le aspettative del momento, erano già in troppi e non sarebbe stato semplice salutarli come avrebbe dovuto e, soprattutto, voluto. Si presentarono tutti con largo anticipo per avere più tempo a disposizione da poter passare con quel caro amico che per loro c’era sempre stato, seppur racchiuso in un mondo tutto suo, unico e particolare. Hinata si era preso il disturbo di comprargli un pensierino; una banalità agli occhi degli altri, ma molto importante per chiunque avesse mai amato la pallavolo: un piccolo portachiavi con le sembianze di un gufo, in memoria dei vecchi tempi. Kenma gli portò un tablet che gli aveva rilasciato la Bouncing Ball Corp; lo invitò ad usarlo per seguire le sue dirette streaming e per tenersi in contatto con lui tramite Skype o altri programmi utili per effettuare videochiamate. Kuroo gli regalò una felpa di almeno una taglia più grande; non fece sconti di alcun tipo, rimarcando quanto a suo gusto personale l’editore si vestisse in maniera fin troppo seriosa per avere solo ventidue anni.

“Grazie ragazzi, sono dei pensieri davvero speciali.”

“Ok, ora che abbiamo fatto il nostro dovere Boucy Ball e Gamberetto vengono con me. Sapete tutti che non sopporto i finali strappalacrime, vero?! Fai buon viaggio e spicca il volo pure a Buckingham Palace! Voglio leggere il tuo primo libro nel giro di un anno al massimo, siamo intesi?”

“Oh Bro’, non mettere ansia a Keiji. Una ‘missione’ per volta.”

Prima di voltarsi cercando di trascinare con se i suoi kōhai di un tempo, Testurou si limitò a mettere in mostra un occhiolino di accordo e saluto, senza aggiungere altro. Il momento che attendeva i suoi amici sarebbe stato emotivamente intenso per entrambi. Kenma lo seguì senza troppi indugi, nascosto sotto il cappuccio della sua felpa per non essere riconosciuto come il Kodzuken che tutti i gamer conoscevano. A tal proposito, si era già infognato all’interno di un livello a tre cifre di chissà quale nuova ed imperdibile saga. Hinata si era più volte voltato salutando a gran voce e con ampi gesti delle mani. All’ennesimo richiamo di Kuroo, si accorse che proprio al suo fianco stava passando una persona che gli parve di conoscere da sempre, salvo i capelli molto più lunghi rispetto a come li ricordava.

“Udai-san! Il Piccolo Gigante!”

Tenma avvertì un brivido lungo la schiena nel sentirsi appellare in quel modo. Era passata un’eternità dall’ultima volta che aveva sentito quel soprannome che ormai era rimasto negli archivi della sua memoria adolescenziale.
L’intera comitiva di amici non riuscì ad evitare di girarsi e ad alzare lo sguardo su di lui. Persino Kenma mise in pausa la sua console per capire se Shōyō si stesse riferendo proprio a quella persona di cui gli aveva tanto parlato.

“Ah... ehm... ciao Hinata-san.”

Non si negò, nonostante si trovasse in quel luogo di ritrovi e di saluti per ben altri motivi. Il più giovane gli si parò davanti mostrando un entusiasmo a cui il mangaka non era affatto abituato. Gli chiese come procedevano le cose con la stesura del suo lavoro, quali fossero i suoi progetti e se avesse un team per il quale faceva il tifo. Quando rispose che simpatizzava per i Black Jackals – anche a causa del suo editore – il ragazzino dai capelli arancioni iniziò a saltellare come un matto dando spettacolo gratuito in quell’ampia sala d’aspetto aeroportuale.

Keiji e Koutarou osservarono il tutto a qualche metro di distanza. Poco dopo decisero di appartarsi in uno dei bagni più nascosti per potersi salutare come avrebbero voluto sin da principio.

“Keiji, li togliamo questi, che dici?”

Koutarou si preoccupò di privarlo dalle sue lenti e di riporgliele in tasca, in modo che non fossero dimenticate da nessuna parte. Posò entrambe le mani sul viso del compagno e lo attirò a sé, evitando accuratamente di fargli male. Lo baciò dapprima in modo timido, quasi con rammarico; ma quando l’editore riaprì gli occhi, non poté fare a meno di perdersi in quel verde acqua che lo aveva stregato sin dal loro primissimo incontro, avvenuto ben otto anni prima. Le labbra si posarono sulla sua bocca, mentre la lingua chiedeva il permesso per potersi intrufolare almeno un’ultima volta prima di vederlo salire su quel dannato aereo che lo avrebbe condotto dall’altra parte del mondo. Keiji non oppose la benché minima resistenza, buttandogli a sua volta le braccia al collo e attirandolo ulteriormente a sé. Si fece sollevare e adagiare sul marmo posto tra i lavelli, senza mai interrompere quel contatto intimo e particolarmente sentito in quel contesto che avrebbe preceduto un saluto mai desiderato.
Le mani dell’ace scivolarono sotto la sua giacca, andando a cercare immediatamente uno spiraglio per poter proseguire quell’incontro ravvicinato con il suo corpo. Lo baciò sul collo, affondando i denti nella sua pelle morbida e provocandogli fremiti di piacere che lo fecero gemere flebilmente. Keiji avrebbe evitato volentieri di fermarlo, se solo non si fossero trovati in un luogo pubblico e non ci fosse stato un volo intercontinentale ad attenderlo di lì a poco.

“Koutarou, forse è meglio se ci fermiamo... l’aereo...”

“Pensa se dovessi perderlo!”

“So bene che non ti dispiacerebbe affatto, ma ho dei doveri.”

“Io non sono un tuo dovere?”

“No, tu sei un piacere. Il più grande piacere che abbia mai avuto nella mia vita.”

“’Kaashi!”

Bokuto tentò di coprire le guance divenute color porpora a causa di quel bellissimo complimento che aveva appena ricevuto proprio dal ragazzo che amava con tutto sé stesso. Keiji sorrise nel vederlo così in imbarazzo; afferrò entrambi i suoi polsi e poggiò la fronte alla sua. I loro occhi s’incrociarono e si persero ancora una volta nella loro misteriosa, quanto privata, dimensione fatta di devozione e progetti comuni. Sfiorò quella pelle abbronzata di cui aveva imparato ad amare l’odore, posandovi appena le labbra per rilasciare un fugace bacio d’arrivederci.

“Bokuto-san, puoi venire a trovarmi quando vuoi, davvero. Però non ti distrarre dalla pallavolo. Lo sai che io farò il possibile per poter seguire tutte le partite del campionato. Nemmeno il jet lag mi fermerà.”

“Il jet set?! Cos’è?”

Jet lag, non jet set. È un disturbo generale dovuto al fuso orario. Tra Tokyo e Londra ci sono ben otto ore di differenza.”

“E chi è in testa?”

“Tokyo.”

Beam! Vedi che vinco sempre io, Keiji?”

L’editore gli portò ancora una volta le braccia intorno al collo, per poi far risalire le mani sino ai suoi lunghi capelli pettinati alla solita maniera. Gli carezzò la nuca e lo baciò con ardore sulle labbra. Quando si staccò socchiuse gli occhi e sorrise, cercando di dar vita alle parole che avrebbe tanto voluto dirgli in quel momento.

“Sì, sei tu l’unico, vero vincitore indiscusso.”

Hey, hey, hey! Ho vinto il fidanzato più bello e dolce del mondo.”

“Non esageriamo.”

“Non sto esagerando! Ti amo Keiji-chan!”

“Anch’io ti amo, Koutarou!”
 
***

Tenma fece appena in tempo a salutare il suo mentore, consegnandogli una cartelletta contenete le bozze relative al capitolo che aveva terminato quella notte stessa. Gli chiese la cortesia di rivedergliele per un’ultima volta, prima di passare definitivamente il testimone alla nuova editrice. Akaashi non riuscì a rifiutare la proposta, per quanto avvertisse la necessità di creare un distacco fisico ed emotivo con quel ragazzo dal cuore d’oro e dal talento inestimabile. Quello che era successo in quel locale solamente un paio di settimane prima era rimasto ben impresso nella mente di entrambi e con ogni probabilità li avrebbe tormentati per un tempo sufficiente.
Si salutarono con una vigorosa stretta di mano, onde evitare che i presenti potessero far commenti sull’autenticità del loro rapporto che da tempo era andato ben oltre il mero ambito lavorativo.

L’ultima chiamata proveniente dagli altoparlanti invitò Keiji a raggiungere il terminal cinque, quello che lo avrebbe condotto sul suo velivolo. Sì voltò ancora una volta per salutare con un cenno della mano e con un sorriso che ogni volta riusciva a stupire chiunque per la sua autenticità.
Koutarou cadde in ginocchio ed iniziò a piangere a dirotto. Kuroo si occupò di lui mentre Udai provò a distrarsi dal momento e dalle sue stesse lacrime soffermandosi su quelle dita ancora macchiate d’inchiostro. Le stesse che si erano impegnate a scrivere quella lunga lettera di ringraziamento nascosta tra i fogli che gli aveva appena consegnato.

Grazie di tutto, Akaashi-san!
Buona fortuna.
 
 
 
… Spread your wings and fly away
Fly away far away
Spread your little wings and fly away
Fly away far away
Pull yourself together
'Cause you know you should do better
That's because you're a free man! 










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Questa sarà una mini-long di 4 capitoli che vedrà come protagonisti i due ex pallavolisti della Fukurōdani catapultati nel loro contesto ‘futuro’, quello in cui ci ha portato Furudate con gli ultimi capitoli del manga. E così, Bokuto è un giocatore di punta dei Black Jackals, Akaashi è lavora presso una casa editrice che si occupa della pubblicazione settimanale di manga e Tenma Udai – il nostro meraviglioso ‘terzo incomodo’ – è il sensei di cui si occupa Akaashi. Non mancheranno brevi apparizioni degli altri giocatori dei Jackals che conosciamo, di Kenma, Kuroo, Tsukishima e cenni alle rispettive famiglie (così come le avevo intese nella precedente raccolta dedicata alla BokuAka dal titolo ‘A mano a mano’). Spero che l’esperimento possa essere di vostro gradimento! :)

Capitolo 4 – Spread your wings
Ultimo step, reso anche in maniera meno “angst” rispetto a quello che avevo pronosticato in un primo momento.
Sono partita dalla famosa discussione che doveva esserci tra Keiji e Kuroo, come si era già intuito alla fine del terzo capitolo. Il discorso dell’ex capitano della Nekoma è stato un po’ più contorto del previsto, dato che quello che ci era rimasto davvero male per non essere stato interpellato (e per timore di perdere un caro amico) è proprio lui. Usare Bokuto come “scudo” sarebbe parso troppo semplice e scontato, così ha optato per Kenma, che ovviamente continua a starsene ben rintanato nel suo mondo virtuale.
Nell’ultima parte siamo a Narita, sede del più grande aeroporto internazionale della capitale nipponica. Ho deciso volutamente di non far intervenire troppa gente per i saluti ad Akaashi (avevo pensato a Konoha e a Tsukki, ma sarebbero risultati fuori contesto). Hinata e la sua esplosione di vitalità fanno già per tre! XD
I saluti finali sono suddivisi tra Bokuto e Udai. Il primo ha bisogno di un ultimo “contatto ravvicinato” con il suo amore in partenza, mentre il secondo decide di comune e tacito accordo di non oltrepassare il confine del rapporto amichevole e lavorativo con il suo (ex?) editore. Chissà cosa ci sarà mai scritto in quella lettera... lascio tutto in sospeso per un’eventuale spin-off (ma non prometto nulla perché sono già full in quanto a progetti e idee, in questo fandom e non solo).

Il titolo generale della mini-long riprende quello della canzone degli Oasis ‘Don’t go Away’ .
Il titolo del quarto capitolo riprende quello della canzone dei Queen‘Spread your wings’ (della quale riporto parte della prima strofa e il ritornello, rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che hanno letto, recensito e apprezzato questa mini-long un tantino incasinata! **

A presto,

Mahlerlucia
 


 

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