Mai più

di Lella Duke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dal passato ***
Capitolo 2: *** Nel presente ***
Capitolo 3: *** Quando è stata l'ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? ***
Capitolo 4: *** Un bel risveglio ***



Capitolo 1
*** Dal passato ***


MAI PIU’

 

“Possiamo chiudere con il passato,

ma il passato non chiude con noi.”

William Shakespeare

 

E’ inverno. E’ notte. Fa freddo. La casa è vecchia e piena di spifferi, i riscaldamenti funzionano ma sembrano sempre insufficienti in nottate come questa. Anche il letto è freddo. Freddo e vuoto. Una volta c’era la sua Scully a riempirlo e riscaldarlo, ora non più. Manca da casa da due anni, cinque mesi e diciassette giorni. E’ andata via quando ne ha avuto abbastanza, lo ha lasciato per dargli la possibilità di risalire dal fondo, così aveva detto. Ed è proprio quello che Mulder ha cercato di fare fin da subito. Ha accettato di seguire una terapia che lo aiutasse ad uscire dalla pericolosa depressione nella quale era caduto iniziando un percorso psicologico e farmacologico. Pian piano ha ricominciato a prendersi cura di sé stesso, a nutrirsi correttamente, ad andare a dormire ad orari regolari. Tutto pur di riavere Scully a casa.

Ad un tratto, totalmente inaspettati, sono tornati gli X-Files che hanno dato a Mulder la spinta finale per alzarsi dal letto ogni mattina. Sono stati lo sprone decisivo per riappropriarsi totalmente della sua vita. Ha ripreso in mano faldoni vecchi e nuovi e ha riavuto Scully al suo fianco, ogni giorno, giù nel seminterrato. C’è voluto veramente poco per farsi assorbire da questa nuova e confortante quotidianità fatta di caffè sorseggiato leggendo email o discutendo articoli di giornale, di teorie snocciolate e demolite, di motel da quattro soldi, di telefonate a notte fonda per rivisitare i casi da tutte le angolazioni possibili ed immaginabili. Tutto come ai vecchi tempi.

Il loro ultimo caso li ha portati in Oregon nella città di Shawan per indagare sull’omicidio di un uomo rinvenuto nei boschi con la gola tagliata. Loro il compito di capire se l’omicida fosse stato un essere umano o un pericoloso animale. Un caso che, come al solito, li ha lasciati con più domande che risposte, ma che lo ha fatto tornare a casa con la consapevolezza che per loro non si trattasse soltanto di un riavvicinamento legato alla sfera lavorativa. Che fosse solo questione di tempo. La notte in cui il direttore dello sperduto motel nel quale stavano alloggiando gridava giurando di aver visto un mostro, Mulder era piombato nella camera di Scully illustrandole per filo e per segno la sua nuova teoria. E in quell’occasione l’aveva sorpresa ad indossare una delle sue magliette come pigiama. Sedeva sul letto, le gambe nude e distese. Sembrava così piccola e divertita, ascoltava il suo sproloquio e seguiva ogni suo gesto e ogni sua parola con sguardo attento. Il cuore aveva rischiato di scoppiargli nel petto al pensiero che lei era tornata a mostrarglisi così: assonnata, spettinata, vulnerabile.

Il lavoro era tornato a tempo pieno e li assorbiva completamente, il loro rapporto sembrava stesse riacquistando progressivamente la solidità di un tempo. Tutto andava bene e procedeva al meglio.

Era un anonimo martedì, un giorno come tanti altri. Mulder era seduto alla sua scrivania e visionava delle foto che ritraevano strani cerchi nel grano inviategli la sera prima via email da un allevatore del Tennessee. Scully nel frattempo era intenta a scrivere al pc il rapporto sul loro ultimo coinvolgimento in Oregon. Erano rientrati da poco dal pranzo quando il telefono aveva squillato:

“Mulder.”

“Agente Mulder sono Thompson. C’è un signore qui all’ingresso che chiede di parlare con lei e con l’Agente Scully. Dice di chiamarsi Edward.”

“Edward? Non ti ha detto per quale motivo vuole vederci?” Domandò Mulder.

“No, ha detto solo che si tratta di una questione personale, sembra davvero impaziente di parlare con voi due.”

“Oh beh non facciamolo attendere allora. Spiegagli come raggiungerci, grazie Thompson. Lo aspettiamo.”

“Chi stiamo aspettando?” Chiese Scully alzando gli occhi dal suo pc. Non aveva potuto fare a meno di ascoltare il breve scambio di battute al telefono.

“Sta scendendo un certo Edward, sembra ansioso di parlare con noi.”

Scully salvò la bozza del rapporto che stava scrivendo e si mise ad attendere il visitatore di fronte alla scrivania, mentre Mulder si alzò dalla sua sedia e andò verso la porta.

“Non ti ha detto per quale motivo è qui?” Domandò ancora Scully.

Mulder si voltò a guardarla con il sorriso sulle labbra e la mano poggiata sulla maniglia: “non ne ho idea, ma mi aspetto di tutto da chi dice che vuole parlare con noi due: rapimenti alieni, apparizioni divine sui muri di casa, ectoplasmi…”

Mulder fu interrotto da un timido bussare. Aprì la porta e si fece da parte per far entrare l’ospite. L’uomo rimase fermo sull’uscio, immobile, lo sguardo basso.

“Si accomodi pure sig. Edward…” L’uomo alzò lo sguardo. “Jerse. Ed Jerse…” Mulder aveva allungato la mano per salutare e presentarsi, ma la ritirò subito appena ebbe riconosciuto l’uomo.

I due rimasero qualche secondo a fissarsi. C’era imbarazzo nello sguardo di Ed, stupore in quello di Mulder.

“Oh mio Dio Ed… sei tu?” Intervenne Scully avvicinandosi di qualche passo.

“Buongiorno… immagino che la mia presenza non sia gradita, non vi ruberò più di qualche minuto, lo prometto. Ho solo bisogno di parlare con voi… ho bisogno di parlare con te Dana.”

Scully rimase interdetta qualche istante, ma si riscosse quasi subito e lo invitò a sedersi: “accomodati, ti prego.” Disse indicandogli la sedia più vicina a lei.

Mulder seguì Ed con lo sguardo, lo vide prendere posto di fronte alla sua scrivania. Non avrebbe mai immaginato di trovarsi faccia a faccia con l’uomo che tanti anni addietro aveva tentato di uccidere Scully. L’uomo che gliel’aveva quasi portata via. Lo conosceva solo attraverso le foto segnaletiche, non lo aveva mai visto di persona eppure non poté fare a meno di notare come fosse cambiato. Aveva ancora una figura slanciata e longilinea, ma i capelli erano completamente ingrigiti. Era un bene che li tagliasse corti. Aveva il viso scavato, gli occhi spenti. Erano coetanei, ma Ed dimostrava almeno dieci anni di più rispetto a Mulder.

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Scully: “non sapevo fossi uscito di prigione.”

Ed si schiarì la voce e la guardò solo per qualche secondo. Poi riabbassò lo sguardo. Sembrava non riuscisse a trovare la spinta giusta per iniziare a parlare: “si… si, sono un uomo libero da qualche mese. Per la società ho pagato per il mio crimine.” Non poté evitare un sorriso triste. “E’ la mia coscienza che non mi da pace. Ho evitato l’ergastolo soltanto perché mi hanno riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere considerata la quantità di ergot che avevo nel sangue, ma questo non mi giustifica. Ho chiesto scusa alla madre e alla sorella di quella povera ragazza. Ho chiesto scusa alla mia famiglia, ai miei figli che sono stati costretti a crescere con la vergogna di un padre in galera.” Prese a tormentarsi le dita e respirò profondamente per qualche secondo. Gli occhi bassi e lucidi. Poi riprese: “adesso sono qui per chiedere scusa anche a te. Ti ho scritto diverse lettere quando ero in cella, ma non ho mai avuto il coraggio di inviartene neanche una. Non so che parole usare per invocare il tuo perdono. So solo che devo affrontarti se voglio sperare di andare avanti...” La voce gli si ruppe definitivamente.

Scully si affrettò a sedersi sulla sedia affianco a lui e gli prese le mani: “Ed guardami per favore. Alza gli occhi.”

Ed tentennò qualche istante e poi fece come gli era stato chiesto. Dapprima guardò dritto davanti a sé, poi riuscì a posare gli occhi sul volto di Scully: “smettila di tormentarti così, per favore. Ti ho già perdonato tanto tempo fa. Hai pagato il tuo debito. Non mi devi chiedere scusa. Non mi devi niente.”

Un lacrima scese furtiva e gli rigò le gote, le mani presero a tremargli. Inspirò profondamente per qualche istante cercando di ricomporsi: “grazie.” Sussurrò piano. Azzardò un impercettibile sorriso: "grazie davvero." Sembrava finalmente sollevato, era come se qualcuno gli avesse appena tolto un grosso peso dalle spalle. Si alzò lentamente dalla sedia e si diresse verso la porta.

“Ed aspetta…” Anche Scully si alzò.

Ed si avvicinò a Mulder e gli tese la mano. Fu solo in quel momento che Mulder notò le profonde ustioni che aveva sulla mano destra. Ricordò che si era deturpato da solo tutto il braccio, così aveva letto nel rapporto. “Chiedo perdono anche a te. E’ solo una fortuna che Dana non sia diventata la mia seconda vittima.”

Mulder afferrò la mano che Ed gli stava porgendo e la strinse con vigore: “anche se eri sotto l’effetto di quella sostanza, sapevi che stavi per compiere un’azione terribile e ti sei ribellato. La tua volontà è stata più forte. Non c’entra niente la fortuna.” Ed si asciugò gli occhi con la manica della felpa e si lasciò sfuggire un debole sorriso.

“Vivi ancora a Philadelphia?” Chiese Scully avvicinandosi di qualche passo. Ed la guardò: “si, resterò qui a Washington solo un paio di giorni. Il tempo di sbrigare qualche faccenda burocratica. Poi torneò a casa.” Si discostò da Mulder e si avvicinò alla porta: “grazie di avermi ascoltato. Grazie di avermi perdonato” Fece un ultimo cenno di saluto con il capo, oltrepassò la porta e se la richiuse alle spalle.

Mulder e Scully rimasero a fissare la porta chiusa. Erano appena stati travolti dalla visita inaspettata di una persona che risiedeva in ricordi lontani nel tempo. Scambiarono solo poche parole per riguadagnare poi ognuno la propria postazione con la pretesa di riprendere da dove si erano interrotti.

Tra scartoffie e telefonate il pomeriggio terminò in fretta. Scully spense il pc e iniziò a prepararsi per andare via, Mulder ripose un paio di cartelline nello schedario e raggiunse l’appendiabiti. Indossò il suo cappotto: “sei pensierosa, la visita di Jerse deve averti colpito molto.” Osservò Mulder mentre aiutava Scully con la sua giacca.

 “Si è vero, ma sai cosa? Mi ha colpito soprattutto la motivazione che lo ha spinto a venirci a cercare.” Scully si prese un attimo per raccogliere i suoi pensieri “parafrasando quello che ha detto, non si può guardare al futuro se prima non si risolve il passato.”

Mulder rimase con lo sguardo fisso su di lei in attesa, sapeva che c’era dell’altro.

“Noi due non abbiamo mai affrontato quello che successe all’epoca. Non ne abbiamo mai più parlato.”

Mulder provò un disagio immediato, si discostò leggermente e si mise le mani in tasca: “con tutto quello che è successo subito dopo, non ci abbiamo più pensato.” Tagliò corto poco convinto. “E poi mi avevi fatto capire chiaramente che la tua vita fuori dall’ufficio non mi riguardava.”

“E quando mai ti sei preoccupato di non invadere i miei spazi personali? No… non è questo. Sono passati quasi vent’anni e solo ora mi rendo conto che non hai mai avuto il coraggio di chiedermi cosa è successo quella notte a Philadelphia, a casa di Ed Jerse.”

Indietreggiò come fosse stato raggiunto da un colpo in pieno volto. Non si aspettava uno sviluppo del genere. Rimase a fissarla, lei sostenne il suo sguardo.

Senza aggiungere altro Mulder aprì la porta: “ci vediamo domani.” Disse mentre si avviava verso l’ascensore.

 

 

Continua…

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Capitolo 2
*** Nel presente ***


Nel presente

 

Era notte, faceva freddo. Mulder era disteso nel letto, il suo sguardo vagava dal soffitto alla finestra inseguendo le ombre che la luna proiettava all’interno della stanza. Cercava di scacciare via i pensieri che gli affollavano la mente ormai da ore. Quel pomeriggio dopo essere praticamente scappato dall’ufficio, era salito in macchina e guidando a memoria, senza prestare la minima attenzione alla strada, era arrivato a casa. Aveva pensato di prepararsi la cena, ma aveva lo stomaco in subbuglio e non ci aveva neanche provato. Così aveva finito per buttarsi sul divano con una birra e un pacco di semi di girasole. Per mantenere fede all’impegno di una vita con orari regolari, verso le 10.30 aveva deciso di farsi una doccia e stendersi nel letto. Un’ora dopo era ancora lì sveglio ostaggio dei suoi pensieri.

Non era stato Ed Jerse a turbarlo, ma le conseguenze scatenate da quella visita. Erano state le parole di Scully a inquietarlo come non succedeva da tempo. Aveva ragione lei, come sempre. Non avevano più parlato di quello che era successo a Philadelphia, aveva scacciato via il ricordo di Scully che aveva rischiato di finire in un inceneritore; aveva preteso di dimenticare che lei avesse deciso di passare la notte a casa di un perfetto sconosciuto. Ed Jerse faceva di diritto parte dei mille argomenti di cui Mulder e Scully non parlavano. E la lista era lunga, iniziava con Melissa e finiva con William. Una volta era più facile abbandonare gli argomenti scomodi o difficili in un cantuccio, ma accantonarli non significava eliminarli, ormai lo sapeva. Prima o poi si ripresentavano, pesanti e ingombranti a reclamare attenzione.

Consapevole di avere di fronte una probabile notte insonne, decise di alzarsi e prepararsi qualcosa di caldo da bere. Raggiunse la cucina ed accese il bollitore. Prese una tazza dal pensile e vi depose dentro il filtro del tè. Mentre attendeva che l’acqua raggiungesse il grado di ebollizione, il telefono squillò. Rimase un istante a fissarlo prima di rispondere. Sapeva chi c’era all’altro capo, non aveva bisogno di parlare. Sollevò la cornetta e rimase in silenzio.

“Sono io.” Esordì Scully.

“Si lo so.”

“Non ti ho svegliato vero?”

“Non riesco a dormire, mi stavo preparando una tazza di tè, magari aiuta.”

“Neanche io riesco a dormire.” Mulder udì in sottofondo un picchiettare nervoso, probabilmente Scully stava tamburellando con una penna sul tavolo o qualcosa del genere. “Senti… mi dispiace per quello che ho detto oggi, non volevo che uscisse fuori come un rimprovero perché non è così.”

“Non l’ho preso come un rimprovero.”

“Ok, bene… allora perché sei andato via in quel modo?”

“Perché non avevo il coraggio di sentire cosa avevi da dire. Avevi ragione, non ho mai voluto sapere cosa è successo quella notte. Non ti ho mai dato la possibilità di parlare.”

“E io non ti ho mai dato spiegazioni.”

“Non me ne dovevi allora e non me ne devi adesso.”

“Ma io voglio dartene, Mulder. Sono stanca di presumere e dare tutto per scontato. Voglio parlare e voglio ascoltare.”

Mulder rimase in silenzio il tempo necessario per prendere coraggio: “ok, comincio io a parlare allora. Torna a casa.”

Scully fu colta alla sprovvista. Si concesse qualche istante cercando il modo migliore di dar voce a quel che stava pensando: “Mulder io… voglio tornare a casa, davvero. Lo farò, ma non ancora. Non siamo ancora pronti.”

“Parla per te.”

Scully sospirò: “questo si che sembra un rimprovero.”

Mulder si portò istintivamente una mano sul viso a coprirsi gli occhi. Scully era andata via da casa, è vero, ma non lo aveva mai abbandonato. La sua era stata una decisione presa per il bene di entrambi. Gli ci era voluto un po’, ma aveva finito per capire e accettare quella decisione come l’unica sensata. Aveva capito che soltanto separandosi avrebbero potuto sperare di guarire, ognuno per sé le proprie ferite.

Scully sentì le lacrime risalire e bruciarle gli occhi: “non ti voglio ferire, non l’ho mai voluto. Non sai cosa significa per me vederti ristabilito, sapere che hai ripreso in mano la tua vita. Io sto facendo lo stesso con la mia. Se fossi rimasta a casa tutto questo non sarebbe successo. Ci siamo dati una possibilità, non sprechiamola.“

Scully prese un profondo respiro, fece del suo meglio per ricacciarsi indietro le lacrime, non voleva piangere, ne aveva abbastanza di amarezza e ombre. Come se Mulder le avesse letto nel pensiero, ruppe il silenzio riportando l’attenzione sull’argomento Philadelphia: “a proposito di Jerse… in quell’occasione ciò che mi ha veramente destabilizzato è stato rendermi conto che avevi tutto il diritto di avere una tua vita privata. Ho realizzato che prima o poi sarebbe potuto arrivare un altro ‘Ed Jerse’ e avrebbe potuto portarti via. Se fossi stato un uomo meno accentratore, ti avrei spinta fuori da quel seminterrato vietandoti di rimetterci piede, ti avrei allontanata da me. Mi dispiace, sono solo un indegno egoista. Sono fatto così.

“Se fossi stato un uomo diverso non mi sarei innamorata di te.”

Mulder sorrise nel sentire quelle parole, chiuse gli occhi e il viso di Scully gli si materializzò davanti come fossero stati l'uno di fronte all'altra invece che in due case diverse. Vide i suoi occhi azzurri grandi e onesti, le efelidi libere dal trucco e quelle labbra che avrebbe dato qualunque cosa per poter baciare ancora una volta.

Scully si prese un attimo ancora prima di continuare: “per rispondere alla domanda che non mi hai mai fatto… non è successo niente quella notte a Philadelphia. Sono rimasta a casa di Ed  perché era molto tardi, avevo bevuto un po’ e fuori nevicava. Mi ha lasciato il suo letto e lui è andato a dormire sul divano.” Fece una piccola pausa e poi continuò: “da quando ci sei tu nella mia vita, non c’è più stato nessun altro.”

Mulder rilasciò il respiro che non si era accorto di trattenere. Non avrebbe mai potuto spiegare a parole la gioia che provò nel sentire quella dichiarazione. Avrebbe voluto ricambiare subito tanta sincerità, ma Scully lo precedette: “è tardi, domani ci aspetta una giornata piena in ufficio. Sarai stanco, dovresti andare a dormire.”

Mulder si rigirò la tazza che aveva tra le mani: “si, il tè deve aver funzionato, mi sento molto più disteso ora. Credo che mi addormenterò in fretta.” Il tono finalmente leggero produsse subito gli effetti sperati.

Scully si lasciò sfuggire un sorriso: “dormi bene. A domani.”

“A domani.” Mulder terminò la telefonata e rimase a fissare il telefono. Quella notte aveva avuto la conferma che a breve avrebbe riavuto Scully a casa. Doveva avere ancora un po' di pazienza. Era solo questione di tempo. Non l’avrebbe mai più data per scontata, era un errore che non avrebbe mai più commesso. In passato aveva aspettato sette anni per darle un bacio, aveva atteso che lei fosse pronta e che non ci fossero dubbi in quella sua meravigliosa mente.

Avrebbe aspettato ancora.

L’avrebbe aspettata per tutta la vita.

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Capitolo 3
*** Quando è stata l'ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? ***


Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta?

 

Quelli appena trascorsi erano stati giorni bui. Stavano lavorando ad un caso a Philadelphia quando Scully era stata raggiunta dalla notizia che sua madre aveva avuto un infarto. Era corsa in ospedale, per qualche ora aveva sperato che potesse riprendersi, ma non ce l’aveva fatta. Mulder le era rimasto accanto naturalmente, l’aveva sostenuta, confortata. La perdita di Maggie era stata devastante per entrambi, per Scully a cui era venuta a mancare uno degli ultimi capi saldi della sua vita e per Mulder a cui Maggie negli anni aveva fatto da madre più di quella naturale. Maggie lo aveva sempre trattato con rispetto e tenerezza. Era stata una presenza discreta e comprensiva, gli era rimasta accanto anche dopo la rottura con Scully. La sua era una mancanza destinata ad ingigantirsi con il tempo.

Dopo il funerale Scully aveva chiesto a Mulder di poter tornare a casa con lui, non voleva rimanere da sola. Mulder non se lo era fatto ripetere due volte. Una volta arrivati, le aveva suggerito un bagno caldo, nel frattempo lui aveva preparato qualcosa da mangiare e aveva cambiato le lenzuola. Le offrì il letto, lui si sarebbe sistemato sul divano. Non voleva dare più niente per scontato, il fatto che fosse voluta tornare a casa quella sera non significava per forza che dovevano dividere lo stesso letto. “Dormi con me.”  Le aveva sussurrato invece afferrandogli le mani. Entrarono in camera e ognuno si diresse verso la propria metà del letto, fu Mulder il primo a sdraiarsi. Scully scostò le coperte prima di sedersi sul bordo, spense la luce e si distese accanto a lui. Gli poggiò la testa sul petto e gli circondò la vita con un braccio. A quel contatto Mulder chiuse gli occhi e respirò profondamente, il profumo dei suoi capelli a riempirgli le narici. Quante volte negli ultimi due anni aveva sperato di poterla tenere ancora così. La strinse forte a sé: “adesso sto bene.” Aveva bisbigliato Scully.

Erano entrambi esausti sia fisicamente che emotivamente, la stanchezza era scesa tutta insieme nel momento stesso in cui si erano ritrovati l’uno tra le braccia dell’altra. Mulder avrebbe voluto parlare, domandare, capire cosa ne sarebbe stato di loro la mattina seguente, ma capì subito che non era quello il momento. Decise di vivere quell’istante senza preoccuparsi del domani, di godere appieno di quella pace tanto a lungo sospirata. Si addormentarono nel giro di pochi minuti aggrappati l’uno all’altra, finalmente in salvo. Finalmente insieme.

Era piovuto tutta la notte, il sibilo del vento oltrepassava le imposte, le prime luci dell’alba rischiararono la stanza. Il letto non era mai stato così caldo e accogliente. Mulder aveva dormito solo poche ore, eppure il suo era stato un sonno profondo e riposante. Erano anni che non gli succedeva più. Aveva sempre sofferto di insonnia, probabilmente pagava da sempre lo scotto di un cervello attivo, infaticabile. Era sveglio da qualche minuto ormai, ci aveva messo un po’ per realizzare che la presenza accanto a lui non era il sadico residuo di un sogno. Era Scully.

Si spostò un po’ sul cuscino avvicinando il volto a quello di lei. Le punte dei rispettivi nasi si sfiorarono, i respiri si confusero tra di loro. Riaverla accanto era l’unica cosa che desiderasse davvero da quando se ne era andata, era la possibilità di costruire qualcosa di nuovo su vecchie fondamenta, di riprendere da dove si erano interrotti. Erano sdraiati sul fianco uno di fronte all’altra, Mulder aveva una mano sotto al cuscino, sollevò l’altra e le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Dio era così bella. La sua era una bellezza rara e inconsapevole. A differenza degli apprezzamenti rivolti alla sua mente brillante piuttosto che al suo lavoro, i complimenti sul suo aspetto fisico l’avevano sempre fatta sentire a disagio. Si rese conto che non gliene faceva abbastanza di complimenti, avrebbe rimediato anche a questo. Avrebbe potuto guardarla per ore senza stancarsi.

 

Scully d’un tratto si mosse distogliendo Mulder dai suoi pensieri. Sembrava quasi si stesse svegliando, come fosse stata disturbata e invece si voltò sull’altro fianco. Girandosi nel letto, lenzuola e coperta le scivolarono dalle spalle scoprendola. Mulder si affrettò per coprirla di nuovo, ma si arrestò appena si accorse che la maglietta le si era sollevata abbastanza da lasciarle la schiena esposta per metà. Il tatuaggio che si era fatta fare anni prima insieme ad Ed Jerse era lì, indelebile seppure un po’ sbiadito dal tempo. Un Ouroboros, un serpente che si morde la coda e forma un cerchio senza inizio né fine. Aveva sempre evitato di guardarlo troppo a lungo in passato, non si era mai sentito a suo agio nel saperlo in mezzo a loro perché gli ricordava un periodo del quale praticamente non sapeva nulla e perché credeva che Scully potesse attribuirgli chissà quale valore. Da quando però aveva saputo che quella notte di tanti anni prima tra Scully e Jerse non era accaduto nulla, quel tatuaggio aveva assunto un altro significato, era diventato per Mulder un monito: non avrebbe più rischiato di perderla, per nessun motivo.

Senza rendersene neanche conto allungò la mano per toccarlo, con il dito indice lo percorse per tutta la circonferenza: “ecco un’altra domanda che non mi hai mai fatto, perché ho scelto di farmi tatuare proprio un Ouroboros.” La voce di Scully arrivò all’improvviso, flebile e assonnata.

Mulder rimase sorpreso nel sentirla, era assorto nei suoi pensieri, credeva fosse ancora addormentata: “scusa, non ti volevo svegliare.” Disse continuando a tracciare il tatuaggio con la punta del dito. “Rappresenta la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine. Penso tu lo abbia scelto perché parla di te, della tua inesauribile energia, della tua forza infinita.”

Scully si voltò sull’altro fianco ritrovandosi il viso di Mulder a pochi centimetri: “il motivo per cui mi sono fatta tatuare è lo stesso per cui a quindici anni mi sono fatta fare un piercing contro il volere dei miei genitori. E’ stato un banale atto di ribellione. Fine del mistero.” Sorrise e gli posò una mano sulla guancia: “però è anche vero che rappresenta l’eterno ritorno. Perciò possiamo affermare che questo tatuaggio parla di noi Mulder, di me e di te.”

Gli passò le dita tra i capelli: “hai dormito bene?” gli chiese dolcemente.

Le bloccò la mano e se la portò sulle labbra baciandole il palmo: “mai dormito meglio.” Rimasero a guardarsi, ognuno perso nello sguardo dell’altra.

E all’improvviso lei annullò del tutto la poca distanza che li separava e lo baciò. Fu un bacio puro, a fior di labbra. Mulder si scostò quasi subito e rimase per un attimo a fissarla: “è quello che vuoi? Sei sicura?” Le chiese carezzandola dolcemente. L’adorazione che gli lesse nello sguardo le fece bruciare gli occhi. Nessuno mai l’aveva amata come l’amava lui e lei non avrebbe mai potuto amare nessun altro. Non c’era un solo dubbio nella sua mente.

Scully non rispose, si limitò a sorridere e a sollevarsi per coprirlo interamente con il proprio corpo, al solo contatto Mulder la accolse tra le braccia e la strinse attirandola a sé. Labbra, dita, gambe aggrovigliate, respiri affannosi e magliette abbandonate ai piedi del letto. Erano passati sedici anni da quando avevano fatto l’amore per la prima volta, sembrava non fosse trascorso neanche un giorno. C'era la stessa dedizione, la stessa passione.

 “Posso restare tutto il giorno?” Chiese Scully discostandosi all’improvviso.

“Resta per sempre.”

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Capitolo 4
*** Un bel risveglio ***


Un bel risveglio

 

Quando iniziò a svegliarsi si ritrovò avvolto dal calore delle coperte e da una sensazione di assoluto benessere. Cercò di ignorare la luce del giorno che tentava in ogni modo di fargli aprire gli occhi. Si voltò sull’altro fianco e affondò il viso nel cuscino inseguendo il conforto del buio, ma il sonno ormai era passato. Solo allora la mente gli restituì intense le immagini dell’amore consumato tra quelle stesse lenzuola solo poche ore prima. Un sorriso gli si formò sulle labbra senza che potesse far nulla per impedirlo. Tirò su la testa ed aprì finalmente gli occhi convinto di vedere Scully distesa accanto a lui, ma il letto era vuoto. Allungò un braccio a raggiungere l’altra metà del letto, afferrò il cuscino di Scully e lo respirò a pieni polmoni. C’era impresso sopra l’odore di quella notte, sapeva di shampoo alla vaniglia e di sesso. Tornò supino e abbracciò il cuscino cullandolo come avrebbe fatto se avesse avuto lei tra le braccia. Non riusciva a credere che se ne fosse andata, eppure era stata lei stessa a chiedergli di poter rimanere. Come se avesse avuto bisogno di chiederglielo poi. Anche la prima volta che avevano fatto l’amore, anni prima, la mattina si era risvegliato da solo. All’improvviso tornò vivido il panico di allora, la paura che lei fosse scappata perché pentita della notte appena trascorsa. Il terrore di averla persa per sempre solo perché non era più riuscito a tenere a bada i propri sentimenti. Di nuovo. Lasciò la presa sul cuscino e si allungò per raggiungere il telefono, doveva chiamarla immediatamente. Doveva sentire la sua voce, doveva essere certo che stesse bene. Stava già componendo il numero quando sentì dei rumori provenire dalla cucina e percepì chiaramente l’aroma del caffè. Abbandonò il telefono sul letto, scattò in piedi, indossò la prima maglietta che gli capitò a tiro e i boxer che poche ore prima aveva gettato ai piedi del letto.  Scese le scale a piedi scalzi. La casa era illuminata dalla luce del sole. Scully era in piedi di fronte ai fornelli. La tensione accumulata si sciolse immediatamente non appena la vide, non si era reso conto di trattenere il fiato, lo rilasciò con sollievo. Lei era intenta a cucinare e gli dava le spalle, non sembrava si fosse accorta della sua presenza. Mulder si avvicinò lentamente, le passò le braccia attorno alla vita e l’abbracciò stretta. Le poggiò il mento sulla spalla: “buongiorno” disse dandole un bacio sulla guancia.

Scully lasciò in bilico sulla padella il cucchiaio che aveva in mano e spense il fornello. Si accoccolò contro il corpo di Mulder: “buongiorno.” Con una mano gli cinse le braccia mentre l’altra la sollevò fino a passargli le dita tra i capelli: “credevi che me ne fossi andata, non è vero?” Domandò poi voltandosi leggermente e ritrovandosi con la bocca a pochi centimetri da quella di Mulder. A quel punto lui si sporse un po’ di più e la baciò sulle labbra: “non sarebbe stata la prima volta.” Rispose poi allontanandosi di nuovo. "Ho temuto che avessi avuto un ripensamento."

Scully ruotò su stessa, voleva guardarlo in faccia: “non mi sono mai pentita di niente, né adesso né tanto meno allora.” Gli prese il viso tra le mani, lo obbligò a guardarla, voleva che capisse dai suoi occhi, oltre che dalle sue parole, che gli stava dicendo la verità.

“Si… vecchie abitudini suppongo. Sono sempre stato convinto che tu meriti di meglio. Meriti qualcuno alla tua altezza. Sono da sempre in attesa che prima o poi ti sveglierai e ti renderai conto che il tuo spettrale partner non è abbastanza per te.”

“Ma questo è ridicolo Mulder... non penso affatto che tu sia spettrale.” Sorrise e gli passò le braccia intorno al collo avvicinandolo ancora di più a sé.

“Stammi a sentire, apri bene le orecchie. Sei migliore di quanto pensi, ti sei sempre sottovalutato sotto questo aspetto. Se credi che io sia tanto intelligente e brillante come puoi supporre che possa passare il resto della mia vita con un uomo che non mi merita?”

Poggiò la fronte su quella di lei: “è un’ottima obiezione.” Scully salì con i piedi scalzi su quelli di Mulder e lui iniziò a dondolare entrambi lentamente. “Balliamo.” Sussurrò continuando ad ondeggiare.

Lei non disse niente, gli poggiò il viso sul petto all’altezza del cuore. Lo sentì battere forte e fiero, sorrise nel constatare che stavano danzando seguendone il ritmo.

“Ti sei resa conto di quello che hai detto?”

“Cosa?”

“Che vuoi passare il resto della tua vita con me.”

Scully sentì chiaramente il cuore di Mulder accelerare i battiti, lo strinse ancora più forte: “è quello che voglio. Se anche tu lo vuoi.”

Si fermò di colpo come se la melodia che sentivano solo loro due si fosse arrestata all’improvviso. Le bloccò il volto con le mani costringendola a guardarlo: “non c’è niente che desideri di più.”

Le carezzò qualche istante le gote e poi si adagiò di nuovo il suo viso sul petto.

“Dovremmo sbarazzarci di quel tuo appartamento orrendo.”

Scully sorrise e gli affondò la faccia nella maglietta: “non è orrendo, è solo tecnologicamente avanzato. E comunque non credo che lo darò via.”

Stavolta il cuore di Mulder saltò un battito. Scully lo percepì chiaramente e si affrettò ad aggiungere: “pensaci, può farci sempre comodo un tetto sulla testa giù in città.”

Si rilassò e sorrise: “hai ragione tu. Come sempre.” Chiuse gli occhi assaporando ogni singolo istante di quella mattina: “allora, cosa vuoi fare oggi?”

“Mmm, che dici se intanto facciamo colazione?”

“Si, sto morendo di fame.”

Si staccarono l’uno dall’altra, Mulder versò il caffè per entrambi e si sedette a tavola mentre Scully prese i pancake e le uova dai fornelli e li mise nei piatti.

Conosceva Scully da oltre vent'anni, sapeva che il suo sarebbe stato un ritorno graduale. Che non sarebbe tornata a casa subito, ma che avrebbe continuato a passare intere giornate nel suo appartamento in città. Francamente non gliene importava niente, ora sapeva che erano più uniti di quanto non fossero mai stati. La prima pietra era stata depositata, erano sulla via della guarigione. Non sapeva cosa il futuro avrebbe riservato loro, ma era intenzionato a scoprirlo ed era certo che avrebbe sempre avuto Scully al suo fianco.

“Raccontami una storia.”

“Quale vuoi sentire?”

“Quella che vuoi, mi piacciono le tue storie. Mi piace la tua voce.”

“Potrei raccontarti la storia di quel tale che tanti anni fa se ne stava da solo in un seminterrato a dare la caccia a piccoli omini grigi. Era ossessionato, credeva che tutti cospirassero alle sue spalle e non si fidava di nessuno. Poi all'improvviso una donna bussò alla sua porta, lui le strinse la mano e lei gli sorrise. E da quel giorno lui non fu più solo.”

“Sembra una bella storia, com’è finita?”

“Non è ancora finita. Ma lascia che te la racconti…”

 

 

Fine

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