Don't leave my side

di Dollhades
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Hot Chocolate ***
Capitolo 2: *** 2. Hidden Scars ***
Capitolo 3: *** 3. Paralyzing Jealousy ***
Capitolo 4: *** 4. Honey and Bumblebee ***
Capitolo 5: *** 5. Nervous Twitch ***
Capitolo 6: *** 6. Naked Cuddles ***
Capitolo 7: *** 7. Mental Health ***
Capitolo 8: *** 8. Sleepy Head ***
Capitolo 9: *** 9. Homemade Piercing ***
Capitolo 10: *** 10. Absinthe ***
Capitolo 11: *** 11. Kill me Softly ***



Capitolo 1
*** 1. Hot Chocolate ***



Hot Choccolate
Di baci dolci al sapore di pioggia, casa e cioccolata calda


 
Un leggero cigolio proveniente dall’ingresso ruppe il silenzio, lasciando entrare una folata di aria fredda e il suono, fino a pochi istanti prima ovattato e distante, del temporale che imperversava ormai da ore minacciando di proseguire tutta la notte. Nosaka chiuse la porta alle sue spalle, appoggiandocisi contro per bearsi per pochi istanti del calore di casa, dell’odore familiare dei mobili di mogano e dei diffusori ad olio che coloravano di una leggera fragranza al lampone l’ambiente, sorridendo ad occhi chiusi quando un piccolo stridio metallico lo raggiunse: Haizaki stava preparando la cioccolata.

«Sono tornato»
«Vatti a cambiare, non l’ho ancora messa sul fuoco. E metti i panni a lavare se sono sporchi.» fu la risposta secca e quasi materna del ragazzo dai capelli argentei, che fece scoppiare il più grande in una risata cristallina, rincuorante, placatasi solo nel momento in cui, dopo aver indossato velocemente la tuta grigio chiaro, raggiunse il fidanzato in cucina. Fece leva sui palmi per sedersi sul liscio piano cottura di marmo bianco, guardando il più piccolo mescolare il contenuto del pentolino assorto, mettendoci così tanto amore da rendere impossibile staccare lo sguardo dalle sua mani ambrate. Passarono diversi minuti prima che Haizaki spegnesse il fuoco e si rivolgesse al ragazzo dai capelli rossi avvicinandogli ,dopo averci soffiato un po’ su, il mestolo di legno sporco per permettergli il primo assaggio; sorrise quando il più grande si leccò le labbra in un cenno di apprezzamento, ponendosi di fronte a lui per afferrarne gli esili fianchi e avvicinarlo a sé, richiedendo un bacio che non tardò ad arrivare.
 
«Com’è?»
«Ha bisogno di riposare il tempo di un bacio o due» gli soffiò contro le labbra Nosaka, allacciando le braccia al collo lasciato scoperto dalla scomposta crocchia argentea, giocando distrattamente con qualche ciuffo ribelle prima di slegare i capelli del ragazzo che, divertito, non tardò a lasciargli un morsetto gentile su una clavicola che timidamente faceva capolino dallo scollo della maglia sgualcita.
 
«Che ne dici di bere la cioccolata e riprendere questo discorso sul divano? Sarei interessato ad approfondire meglio»
 
                          

NdA
Eccomi qui, con questa piccola raccolta annunciata nella’altra mia storia “Mille ed una Headcanon”.
Specifico qualche minuscolo particolare: non è un’alternative Universe, bensì una storia ambientata direttamente dopo la fine di Orion (non mi piace immaginare i personaggi più grandi) immaginando un Nosaka che non ha più un luogo dove tornare e in un modo o nell’altro si trova a vivere con Haizaki.
La storia sarà frammentaria, saranno pezzettini non in ordine cronologico che potrebbero cambiare l’ordine man mano all’interno della raccolta stessa.
Nosaka contento nel suo piccolo è una mia headcanon, essendo stato abbandonato e cresciuto senza tenerezza lo immagino molto infantile nei sentimenti, ingenuo.
Detto ciò, spero vi piaccia!
-Ade

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Capitolo 2
*** 2. Hidden Scars ***



Hidden Scars
Di baci dal retrogusto di sonno, carezze rubate e analgesici

 
Il buio stava calando, inghiottendo la piccola cittadina giapponese, lasciando che come una collana di perle uno ad uno i lampioni si accendessero lungo le strade, rischiarando uomini e donne impazienti di tornare alle loro abitazioni: percorrevano con un leggero entusiasmo gli ultimi metri che li separavano dall’agognato riposo, alcuni di loro parlavano al cellulare, altri si fermavano a fare piccoli acquisti mossi dall’impellente desiderio di una pietanza in particolare a cena. Il ragazzo dai capelli argentei li seguiva con lo sguardo affascinato di un bambino, con una spalla appoggiata al vetro della finestra, il cui davanzale combaciava con l’altezza del letto, che pareva pronta a infrangere quel muro per protendersi verso quelle persone lontane, piccole come formiche.
 
A risvegliarlo dai suoi pensieri fu il rumore della porta del bagno, seguito da quello dei piedi nudi che si avvicinavano con passi leggeri e stanchi al letto e un mugolio sommesso, accompagnato dal tonfo emesso dal rosso nel lasciarsi ricadere sulle coperte. Haizaki sorrise senza farsi vedere prima di voltarsi a guardarlo e battere con le mani sulle cosce ambrate, lasciate scoperte dai pantaloncini corti, in un muto invito che Nosaka non si fece ripetere.
 
«È quasi ora di cena» gli sussurrò, il tono addolcito mentre le dita sottili e scure presero ad affondare nella morbida chioma carminio, attorcigliandosi piccoli ciuffi ai polpastrelli, sfiorandone piano la pelle scoperta del collo e della fronte, soffermandosi quando incontrarono un lembo di pelle più dura, in rilievo, facendo interrompere confuso il ragazzo alla ricerca di spiegazioni nello sguardo del maggiore.
«È la cicatrice dell’operazione» la voce era sottile, impastata di sonno. Si girò faticosamente su un fianco prendendo con una mano quella del compagno, guidandola lungo quella striscia nascosta di punti riassorbiti, ormai guarita: il non essere visibile rese quel piccolo contatto di un’intima e immensa fiducia.
 
«Fa male?» chiese dopo qualche istante, incerto, accarezzandola con gentilezza, facendo scoppiare l’altro in una piccola risata. Haizaki sapeva che il corpo del ragazzo dai capelli rossi era disseminato di quei segni, prove di torture e soprusi che aveva subito per anni che troneggiavano su quella pelle di porcellana, come promemoria di ciò che aveva sconfitto.
«Non più.»
 
E si sollevò sulle braccia, Nosaka, per lasciare un bacio leggero, a fior di labbra, al fidanzato che con la sua sola presenza era l’analgesico da cui era diventato dipendente, specchiandosi sei suoi occhi prima di raggomitorglisi in grembo e riposare, beandosi di quelle attenzioni delicate che giorno dopo giorno lo guarivano.
 

 

Nd
Le cicatrici di cui è disseminato il corpo di Nosaka sono purtroppo canoniche, in una delle scene in cui è a petto nudo si gira di spalle per pochi istanti e ne ha una enorme tra le scapole, in più viene fatto vedere che serravano caviglie e polsi ai bambini di Ares, quindi immagino che qualche lesione l’abbia riportata

Parto dal presupposto che non tutti sappiano come avviene un’operazione di rimozione chirurgica di un tumore al cervello: il paziente viene operato da seduto, gli si solleva la calotta cranica (se è un tumore a larga estensione) oppure si sega via il pezzo di osso per poter operare (se è piccolo ed individuato). Insomma, diciamo che la cicatrice varia di lunghezza, spessore e luogo ma resta.

La stanza è immaginata un po’ come le classiche case vecchie, più inglesi che giapponesi: la finestra non ha un davanzale di pochi centimetri ma proprio un appoggio (di legno) su cui è possibile sedersi. In questo caso questo appoggio è attaccato al letto, quindi per raggiungerlo diventa necessario salire su quest’ultimo. A descrivere gli interni non sono bravissima, quindi mi sento in dovere di fare questa piccola annotazione.
-Ade

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Capitolo 3
*** 3. Paralyzing Jealousy ***



Paralyzing Jealousy
Di baci negati, occhi gonfi di lacrime e palmi graffiati
 

Un raggio di sole timido, figlio di una primavera addormentata, illuminava il soggiorno silenzioso creando un’atmosfera surreale, simile a quella di un bosco la cui luce filtrava lieve tra le foglie sospinte leggere dal vento; fuori dalle ampie finestre le primule e i fiori di ciliegio schiudevano i loro petali ad agitate api che non trovavano riposo, vestite di un colletto di pelliccia sporco di polline , che incessantemente si libravano in aria e posavano sui germogli, attente a non scordare nemmeno il più piccolo bocciolo; era tutto così tranquillo, silenzioso, che nel momento in cui, chiudendo la porta alle sue spalle, quella risata aliena raggiunse le sue orecchie gli parve un frastuono immenso, in grado di fracassargli i timpani e far cadere e vetrate in una pioggia di frammenti.
 
Nosaka piano si diresse in cucina, incontrando due occhi di un blu così profondo che sembrarono inghiottirlo, facendolo affogare, soffocare senza via di scampo: seduto al tavolino c’era un ragazzo dalla pelle come porcellana, i capelli fiordaliso accarezzavano gentili le clavicole lasciate scoperte dalla camicia bianca, leggermente sbottonata, le dita affusola stringevano con eleganza il manico ad ansa della tazza da tea.
 
«Oh! Bentornato! Mizukamiya è passato a salutare, non t-»
«Vattene via da qui.»
Piombò il silenzio; il ragazzo dai capelli rossi nemmeno si accorse di aver proferito quelle parole, impegnato a contrastare quella sensazione –come una pugnalata, una ferita su cui veniva sparso il sale, la pelle formicolava, lo sguardo frenetico correva da una figura all’altra nella vana speranza di metabolizzare. Era casa loro. Era il loro piccolo rifugio dai temporali, dove potevano baciarsi senza paura, dove potevano essere fragili, dove potevano amarsi senza dover dar conto a nessuno. Strinse con così tanta forza i pugni da far sanguinare i palmi, il rimbombo del cuore nei timpani gli impediva di sentire le parole che il fidanzato gli rivolgeva, lo stomaco si contorceva dandogli la sensazione di dover vomitare.
 
Non ci volle molto perché il ragazzo dai capelli fiordaliso si allontanasse, rivolgendo solo uno sguardo malinconico ad Haizaki che lo seguì fino al vialetto; Nosaka approfittò dell’attimo di solitudine per togliersi i vestiti in un gesto rapido, percorrendo le scale velocemente, buttandosi in doccia dove, almeno per un istante, gli parve che l’acqua potesse alleviare quel tremore che lo scuoteva e lacerava; si guardò i palmi striati di rosso mentre gli occhi, gonfi di lacrime si strinsero.
 
«Nosaka Yuuma.» fu un sibilo quello dell’argento, spalancando la porta della stanza del maggiore, accendendo la luce alla ricerca furiosa del compagno che ben presto trovò, raggomitolato sotto la scrivania di mogano. Lo afferrò per i capelli, obbligandolo ad alzarsi con la forza, rivelando le labbra distrutte dai morsi e le guance rigate dal pianto. Si sentì stringere il cuore in petto.
«Non ti sbatterò fuori di casa perché mi reputo maturo. Hai tre secondi per darmi una spiegazione al tuo comportamento»
E il rosso distolse lo sguardo, i grandi occhi grigi, stanchi, sembravano più vuoti del solito; passarono diversi minuti prima che aprì bocca, l’odore del sangue travolse Haizaki che piano allentò la presa.
 
«Tu… lo guardi e ti illumini, sorridi sempre quando c’è lui e… lo hai portato qui. L’unico posto dove ci siamo noi e nessun altro, l’unico angolo di mondo dove non esiste nessuno all’infuori di noi.»
 E non un bacio rischiarò quella sera, nonostante le braccia ambrate non smisero di cingere quegli esili fianchi che ancora tremavano, spaventati dalle emozioni, in cerca di un calore che non sembrava riuscire a riscaldarli.
                          

NdA
❧ L’odore di sangue è legato al mangiarsi le labbra in modo nervoso, fino a riempirsene la bocca. Simile il tremore è più dovuto allo shock psicologico di aver provato qualcosa di così forte e nuovo
❧Headcanon, credo abbastanza IC (nonostante Nosaka con una crisi possa non esserlo): Nosaka ha una sfera emotiva molto poco sviluppata essendo cresciuto in Ares, non è in grado né di riconoscere le emozioni né, quando le prova, di gestirle bene. È un pianto istintivo, nervoso, basato sul fatto che proprio come la sfera emotiva, nemmeno la sua intimità è realmente sviluppata, rendendo tradimento il fatto che qualcuno abbia violato quel luogo che fino ad allora era stato solo loro.
Detto ciò, spero vi piaccia!
-Ade

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Capitolo 4
*** 4. Honey and Bumblebee ***



Honey and Bumblebee
Di baci al miele, profumo di polline e apicoltori improvvisati

 
La brezza leggera correva tra le foglie novelle, verdi come i più raffinati smeraldi, producendo giochi di luci e delicate armonie da ascoltare ad occhi chiusi; tra i petali scuri di qualche viola e gelsomino si posavano delicate le farfalle assetate dei rimasugli di rugiada, agitando leggiadre le variopinte ali, scostandosi solo quando minacciate da pigre lucertole in cerca di una carezza di calore. Il ragazzo dai capelli rossi sorrise affacciandosi dalla finestra, appoggiando i gomiti al davanzale di marmo, sorreggendo la testa tra i palmi con un piccolo sorriso ad increspargli le labbra: gli piaceva la primavera, così delicata e pungente, colorata, diversa dalle grigie pareti dell’istituto di Ares.
Lo sguardo cadde su una piccola palla di peluria gialla e nera, che sembrava star riposando adagiata all’ombra: allungò un dito, curioso, ad accarezzarla illuminandosi nel momento in cui si rivelò amichevole e morbida.
Cercò di farsela salire sulle dita, giocandoci appena mentre distrattamente la portava in cucina, dove con uno spicco di istinto materno le avvicinò un cucchiaino con qualche goccia di acqua e zucchero.
 
«Posso domandarti cosa stai precisamente facendo?» chiese il fidanzato appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta, lo sguardo vagava dal grasso insettino al fidanzato, pericolosamente entusiasta.
«Sto offrendo da bere al bombo, non vedi?»
«Oh, adesso mi è chiaro. Gli hai già chiesto il numero di telefono? Perché se no puoi prima fargli dei complimenti per la pelliccia, ottimo gusto nell’abbinare i colori anche se le righe orizzontali ingrassano. Ma non dirgli quest’ultima cosa, poi c’è il rischio che si offenda.»
Nosaka sollevò gli occhi al cielo, senza trattenere una risata divertita, leggera, e si avvicinò all’argenteo baciandolo delicatamente, attento a non strattonare il piccolo ospite che contento li guardava dalla mano, come a rassicurarlo che non sarebbe sostituito dal morbido insetto.
 
«Potremmo tenerlo! Non dà fastidio, è piccolo, è autonomo… perché no?»
«Perché è un bombo. E abbiamo già qualcuno di grasso, con pessimo gusto nel vestire, piccolo e incredibilmente pigro e goffo in casa, non ne serve un altro» rispose Haizaki divertito, abbracciando da dietro il fidanzato, solleticandogli i fianchi fino a farlo piegare dalle risate, placandosi solo quando si accorse che al maggiore mancava il respiro per lasciargli su bacio sul collo scoperto.
 
E tornarono alla finestra, riponendolo dove Nosaka lo aveva trovato, riappoggiando i gomiti al davanzale mentre il ragazzo dai capelli argentei lo cingeva con un braccio, accanto a lui, riempendogli le pallide guance di piccoli baci veloci, scostandogli i ciuffi per guardarlo meglio, con uno sfondo di primavera, fiori e api.
 

NdA
scritta al volo in venti minuti per tornare a piccoli e leggeri Slince-of-life, specifico solo (una cosa ovvia ma nel dubbio mettiamola scritta) che quel “grasso” che Haizaki rivolge a Nosaka è tenero, è un riferimento ai bombi “fat bee” (api grasse, in maniera carina e ironica) e “bumblebee” (nome letterale inglese, che significa “ape che barcolla”). Il genere fluff fluff della coppietta felice sarà davvero qui a permeare tutta la raccolta
Detto ciò, spero vi piaccia!
-Ade

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Capitolo 5
*** 5. Nervous Twitch ***



Nervous Twitch
Di baci al sapore di sangue, dita che tamburellano e fronti scoperte

 
Il ronzio dell’antiquata televisione colmava la stanza creando una fastidiosa sensazione di tensione elettrica, come se da un momento all’altro tutto potesse saltare portando con sé quel piccolo angolo di mondo e i due ragazzi che lo abitavano; il rumore della pioggia scrosciante sembrava riuscire a coprire, almeno in parte, le parole d’odio che provenivano dallo schermo, catturando lo sguardo e l’attenzione del ragazzo dai capelli carminio che curvo sul divano taceva.
 
Haizaki lo guardò a lungo: convivevano da nemmeno un mese ma già conosceva il fidanzato abbastanza da distinguere i piccoli tic nervosi che tracciavano il confine tra “sono agitato” e “sto per esplodere”; nonostante l’aspetto composto e tranquillo, infatti, Nosaka vantava tanti piccoli disturbi che, se non fermati in tempo, lo portavano a danneggiarsi seriamente. Sospirò nel momento stesso in cui vide il maggiore coprirsi il labbro superiore con l’incide sinistro, usando l’unghia del pollice per alzarsi la pelle delle labbra per poi tirarla con i denti, fino a strapparsela, colorando le labbra sottili di sangue caldo e vermiglio.
 
«Basta Tv per oggi.» si appropriò del telecomando e spense la televisione, facendo scattare repentinamente lo sguardo dell’altro verso di sé, infastidito.
«Stavo guardando.» il ragazzo dai capelli argentei rise sommessamente, asciugando con un fazzoletto di stoffa le labbra martoriate del fidanzato, lasciandogli un bacio leggero dal sapore ferroso; si allungò ad accarezzargli gentile le dita che stringevano la stoffa dei pantaloni con così tanta forza da far sbiancare le nocche, facendogli piano allentare finalmente la presa, con stupore del rosso che ingenuamente non si era reso conto di avere ancora le dita irrigidite per la tensione.
 
«Ci sono solo brutte notizie, Nosaka. E tu non le tolleri.» il ragazzo dai capelli rossi distolse lo sguardo, alzando e abbassando freneticamente un tallone per sfogare la frustrazione, torturandosi le cuticole dell’indice con l’unghia del medio in un gesto meccanico, lasciando l’argenteo interdetto da quante psicosi una sola persona potesse manifestare in meno di un minuto. Haizaki gli scoprì la fronte avvicinandolo con la testa e la schiena allo schienale del divano, facendogli assumere una postura più corretta, prima di baciarlo nuovamente mentre con le dita ambrate gli sfiorava il volto in un tentativo di calmarlo che riscosse velocemente successo.
 
Aveva imparato a conoscere quei piccoli tic, erano il suo modo di esprimere empatia ed emozioni: invece che dirgli “ti amo”, ad esempio, gli batteva tra volte l’indice, delicatamente, sul labbro inferiore cercando poi il suo sguardo, come alla ricerca di un cenno che lo facesse sentire corrisposto e Haizaki, senza mai riuscire a trattenere un sorriso, stringeva la mano del ragazzo tra le sue, baciandone delicatamente le falangi.
 
 
 

NdA
Mentre descrivevo i tic li imitavo, ho le labbra scarnificate e le unghie a pezzi, bene così. Il fatto che Nosaka avesse dei tic (come headcanon ovviamente) l’avevo già accennata con il graffiarsi i palmi fino ad aprire solchi ma trovavo carino dedicare proprio un piccolo spezzone –anche solo perché non leggerete mai le parole “ti amo” nei miei scritti, così mi paro il culo, io e il mio odio verso quella frase capite come mai in tutto questo romanticismo mai una parolina dolce.
Un grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono, mi fate sentire un sacco supportata ;w;
-Ade

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Capitolo 6
*** 6. Naked Cuddles ***


 
Naked Cuddles
Di baci nudi,intimità e vestiti sporchi di caffè

 
Solo la luce fioca dei lampioni delle piccole strade grigie e solitarie si distingueva nelle tenebre di quella notte, sommessa e precoce, che spavalda riempiva i vialetti d’acqua piovana, strappava le foglie e alcune girandole dai balconi per giocarci, lasciando che un vento simile all’ululato di un branco di lupi le portasse lontano, fino a dimenticarsene; le finestre del piccolo quartiere di Tokyo si spensero presto, quella sera, creando un macabro alone di tranquillità e silenzio atipico ma piacevole: se non fosse stato per il temporale, probabilmente, si sarebbero potute vedere le stelle.
 
Il ragazzo dai capelli argentei, appoggiato al piccolo tavolo rettangolare in mogano, osservava con aria divertita e perplessa il fidanzato che silenzioso spostava lo sguardo dalla tazzina, ormai vuota, alle macchie scure e bollenti che si espandevano sulla maglia bianca e i pantaloni grigi della tuta come se cercasse di capire quale arcana magia avesse fatto finire il suo caffè sui suoi vestiti.
 
«Spogliati, se li mettiamo a lavare adesso per domattina saranno anche asciutti»
«Non ho vestiti puliti, sono tutti ad asciugare.»
«Questo perché sei un disastro. Fare il triplo salto mortale sulla testa di una persona? Pffff, ad occhi chiusi. Portare una tazzina dal piano cottura alla bocca senza rovesciarne il contenuto? Qui chiediamo troppo.»
Lo sfottè il ragazzo, afferrando l’orlo della maglia tra le dita e sollevandolo, incoraggiandolo a spogliarsi; Haizaki odiava essere quello responsabile della coppia, soprattutto perché si era ritrovato a coprire il ruolo di madre, fidanzato, chef e lavanderia da un giorno all’altro dal momento che, nell’istituto dove Nosaka aveva trascorso diciannove anni della sua vita, non gli avevano insegnato ad essere autosufficiente per evitare ogni tipo di ricerca d’indipendenza.
Alzò il livello del termostato prima di chiudere la porta a chiave, spegnere le luci del piano terra e avviarsi al piano superiore con il fidanzato, andando prima a buttare in lavatrice i capi sporchi e solo dopo, finalmente, raggiungendo la camera da letto dove, non appena chiuse la porta, si spogliò.
 
Nosaka lo guardò interdetto, già sotto le coperte, lasciandogli un po’ di spazio che senza troppi complimenti l’altro invase sdraiandosi, facendogli presto cenno con una mano di appoggiarsi a lui: il sesso era fuori discussione, l’argenteo non aveva nemmeno intenzione di parlarne per non far sentire il compagno obbligato a far cose che non si sentiva, ma il contatto fisico, anche in senso di coccole, era una cosa a cui proprio non riusciva a rinunciare. Appena il rosso posò la testa sul petto ambrato del fidanzato lui piano gli cinse una spalla, ne accarezzò la schiena soffermandosi sulla cicatrice scura che induriva la pelle tra le scapole, facendo correre lo sguardo sugli occhi chiusi, sulle clavicole accentuate dalla posizione, sui muscoli rilassati e la pelle pallida che creava un contrasto quasi ironico vicino alla sua. Gli sollevò il volto, catturando lo sguardo stanco ma rilassato, prima di lasciagli una serie di piccoli baci lungo le labbra.
 
Era la loro piccola intimità dove, cullati dallo scrosciare della pioggia, Nosaka si lasciava accarezzare da quelle mani che sembravano capirlo e rispettarlo mentre lui, nel suo piccolo, ogni tanto timidamente gli sfiorava il petto o gli addominali, come a voler ricambiare quelle carezze che andarono avanti fino a farli addormentare l’uno stretto all’altro.

 

NdA
Ho bisogno di scrivere cose stupide perché mi manca il contatto fisico, capitemi.
❧Più che una storia ricordo (le altre sono tutte come polaroid che rimandano ad un determinato ricordo) questa vuole essere un po’ più una storia ricorrente, dove a grandi linee esplicito quel concetto di intima fiducia che da cinque storie a questa parte sto continuando a buttar lì, nell’angolo autore. Haizaki è praticamente cresciuto da solo, l’indipendenza l’ha imparata a 5 anni (cucinare, pulire i piatti, impostare la lavatrice, badare a casa) mentre Nosaka, che è cresciuto in un istituto, è sicuramente più maturo da un punto di vista mentale ma immaturo in tutto il resto (Nishikage che si preoccupa sempre per lui è arrivato in Ares che era già grandicello, aveva già abbastanza esperienze di vita e autonomia, questo spiega anche il suo essere costantemente preoccupato per un ragazzo che sembra perfetto).
❧ Quella di Nosaka goffo non è tanto una headcanon quanto un’esperienza personale: dopo un danno al cervello, anche se ti riprendi, è più difficile fare i piccoli gesti di precisione (afferrare una penna, bere da una tazzina, inserire il caricatore) per quello sia in questa flash, sia in Bumble bee, si parla di goffaggine.
Ps. per chi lo avesse notato, le lettere sono di colore diverso, una dell'incarnato di Nosaka e una di quello di Haizaki.
-Ade

 

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Capitolo 7
*** 7. Mental Health ***



Mental Health
Di baci tra i pianti,Xanax e tremori

 
La luce soffusa del primo pomeriggio lieve filtrava tra gli incavi delle persiane chiuse illuminando le piccole stanze dell’appartamento, accarezzando timidamente la pelle diafana delle braccia scoperte del ragazzo che giaceva al suolo, scosso dal respiro affannoso e dai tremori, facendone brillare le lacrime che correvano lungo le guance infrangendosi sul pavimento di marmo del modesto bagno.
 
Il piccolo contenitore anonimo era appoggiato sul lavandino come a fissarlo, nel silenzio di quella crisi; il ragazzo dai capelli rossi aveva sospeso la cura a base di psicofarmaci: li odiava con tutto sé stesso, dal sapore, amaro come la fiele, agli effetti che lo rendevano così lontano, che gli facevano apparire il mondo ovattato, facendolo camminare con passi instabili e dire tante parole sconnesse. Ed eccolo lì, solo in casa, rannicchiato al suolo in preda a dolori intollerabili, a pensieri assillanti che gli suggerivano, urlavano quasi, di allungare una mano a prendere le lamette da barba del fidanzato e mettere fine a tutta quella sofferenza che sembrava non dargli scampo. E Nosaka la sentì forte e distinta: era paura quella che provava.
 
Haizaki sarebbe tornato tra poco, il corpo tremava, la tasta continuava a dare piccoli e rapidi colpi al suolo come in tilt, ma sapeva che doveva resistere quel poco che bastava per essere allontanato da lì; serrò i palmi tra le cosce, stringendole, per combattere l’impulso suicida irrefrenabile, e continuò a piangere, con il ticchettio del cranio contro il pavimento, fino a che uno zampillo di sangue non colorò i pochi centimetri di pelle tra le narici e le labbra.
 
L’argenteo entrò in casa urlando un “sono tornato” mentre si toglieva le scarpe, guardandosi in giro perplesso non udendo la voce del fidanzato. Percorse piano i corridoi, cercandolo tra le stanze, con il timore che potesse essersi addormentato vicino a qualche finestra aperta rischiando un malanno, o fosse uscito lasciando (come già successo) tutto spalancato; quando salì le scale e vide il corpo raggomitolato gli mancò il fiato.
 
Si gettò vicino a lui, il petto saliva e scendeva rapidamente, pulì il rivolo vermiglio guardandosi intorno, afferrando il portapillole incolore e cacciandogli con la forza tra le labbra la pastiglia bianca, facendogli appoggiare la testa alle sue cosce, accarezzandogli i capelli nel tentativo di tranquillizzarlo; si calmò presto, il rosso, crollando in un sonno nervoso indotto dal farmaco.
 
Non appena aprì gli occhi sentì immediatamente il dolore e il bruciore sulla guancia, prima ancora di riuscire a mettere a fuoco il fidanzato che, in presa ad una crisi isterica, lo aveva afferrato per il colletto urlandogli insulti e parole che non riusciva a comprendere. Passò più di mezz’ora prima che Haizaki si calmasse e Nosaka riprendesse parte delle sue facoltà mentali e oratorie.
 
«Stavi buttando lo xanax nel cesso. Con i tuoi problemi tu stavi buttando lo xanax nel cesso.» e il ragazzo si sentì morire, con la vergogna che lo pervase, gli occhi pizzicavano e lo stomaco si contorceva con un crescente senso di nausea.
 
«Non ce la facevo più… era fastidioso, io non… riesco ad essere cosciente quando lo prendo. È come se venissi drogato…» si asciugò gli occhi con i polsi, consapevole di avere un aspetto patetico «…volevo essere semplicemente una persona sana, il… il fidanzato delle coccole la mattina, quello che poteva prendere la patente e… non lo so Ryouhei, non lo so»
 
E il ragazzo dai capelli argentei sentì il cuore stringersi in una morsa, consapevole che sgridarlo ulteriormente sarebbe stato solo nocivo, avvicinandosi e baciandolo mentre gli sussurrava parole per calmarlo, baciandone le labbra amare e umide.
 

NdA
Ho sforato di tipo tantissimo ma ci tenevo a farlo, il capitolo angst arriva ogni tot di capitoli fluff e qui, di angst, direi che ne abbondanza. Giustifico appieno lo schiaffo di Haizaki e gli insulti, è un ragazzino che torna a casa e trova il fidanzato che sembra morto, tutto per capriccio oltretutto.
❧ lo xanax dà sonnolenza, è usato anche per i disturbi del sonno e, dopo gli interventi, per stabilizzare eventuali squilibri di serotonina e malfunzionamento dei neurotrasmettitori (oltre che evitare le crisi depressive)
❧ mi spiace aver affrontato una tematica delicata così, ma credo di essere riuscita a prenderla con abbastanza leggerezza da non urtare nessuno (?).
Spero possiate apprezzare comunque Marty mi ucciderà
-Ade

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Capitolo 8
*** 8. Sleepy Head ***



Sleepy Head
di baci sonnambuli, letti matrimoniali improvvisati e tramonti

 
Il sole era appena calato, tardivo, lasciando dietro di sé una scia rossastra di cielo e la brezza leggera, ancora fredda, tipica delle notti di primavera; i rumori della città andavano piano a scemare: i bambini rincasavano urlando dopo stremanti giornate al parco, con il riso ancora sulle labbra, ubriachi di felicità; qualche vecchietto con passo claudicante teneva al guinzaglio un fedele compagno che, con pelo ispido e fiato pesante, camminava al suo fianco scostandosi solo al passaggio di un’automobile ansiosa di andare a riposare.
 
Haizaki si affacciò e sorrise all’anziana signora che stendeva i panni sul balcone di fronte con mani tremanti e i piccoli occhiali tondi calcati sul naso, ricevendo in risposta un cenno con la mano; recuperò dalla sedia di plastica bianca un pacchetto di sigarette anonimo, giocandoci mentre rifletteva se aveva davvero voglia di fumare o fosse solo annoiato, optando per riappoggiarlo dove lo aveva preso: Nosaka lo sgridava pesantemente e non che gliene importasse qualcosa, ma non aveva per nulla voglia di spezzare quell’alone di calma e serenità ascoltandosi per trenta minuti la paternale del fidanzato. Si voltò guardando il suo letto dalle lenzuola stropicciate e sospirò, c’era troppo silenzio e non era un buon segno.
 
«Nosaka?» lo chiamò rientrando, lasciando la finestra aperta per consentire all’aria di circolare, scendendo le scale alla ricerca del ragazzo dai capelli rossi e scoppiando in una leggera risata quando lo vide: si era addormentato sul divano, un braccio ancora alzato con il telecomando tra le dita, una guancia appoggiata alla spalla. Si avvicinò piegandosi per tirarlo in braccio, riuscendoci senza troppa fatica, portandolo nella sua stanza e adagiandolo sul lettino, ricevendo un verso contrariato come risposta.
 
«…con me…» la voce era impastata di sonno, l’argenteo sorrise pensando a quanto si potesse essere stancato tra la scuola, gli allenamenti, la spesa e la fisioterapia, rispondendo con un versetto divertito e accarezzando la mano chiara che gli teneva delicatamente l’orlo della manica.
 
Non ci fu un motivo vero, forse solo la tenerezza e la sua incapacità di dire di no a quel ragazzo, ma si liberò dalla presa leggera e in pochi minuti trasferì il suo letto vicino a quello del fidanzato, avvicinandoli fino ad unirli, con un Nosaka che dormiente si strinse a lui a poggiando le labbra al suo petto e facendo sì che un bacio leggero penetrasse la stoffa della maglietta del minore, lasciando il petto scuro in balia di un calore che rasentava quello dell’inferno senza però causargli il benché minimo dolore.
 

NdA
woho 400 parole, non ho sforato, voglio gli applausi. Mi spiace se non è fantastica ma è scritta di getto in meno di dieci minuti, chiedo venia :”
❧ mi piaceva l’idea che dormissero in letti separati, avrei voluto approfondire meglio tutto (tipo che il secondo letto singolo lo aveva comprato con Mizukamiya, lo spostare insieme la struttura facendo una fatica immane con scenette tragicomiche) ma avevo in mente quest’idea di Nosaka che da addormentato faceva il capriccio che mi sentivo male a non scrivere
❧ credo si sia capito, ogni due o tre fluff arriva la batosta angst quindi eccoci al puro fluff (oltretutto questa componente di Nosaka come sleepy head è data in parte dalla stanchezza, in parte dall’aver ripreso con i farmaci in modo regolare)
-Ade

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Capitolo 9
*** 9. Homemade Piercing ***


 
Homemade Piercing
di baci con i guanti, scelte in quarantena e voglia di piccole svolte

 
La luce fresca, timida, di quella primavera negata da un’allerta sanitaria sembrò quasi accarezzare gli specchietti del piccolo corriere di periferia, lasciando che il riflesso giungesse alle finestre dell’appartamento attirando l’attenzione della giovane coppia; il ragazzo si raccolse rapidamente i capelli argentei in una crocchia scombinata, indossando la mascherina chiara di filtro e coprendola con una seconda di cotone prima di uscire e recuperare al volo il piccolo pacco che, su un etichetta intatta, riportava il suo nome.
 
Era stato tutto abbastanza veloce e improvvisato: tutto era iniziato con Nosaka che aveva deciso di riordinare e riarredare il bagno mettendoci anche qualche effetto personale –con il permesso del fidanzato-, andando a recuperare quel poco di realmente suo che aveva, prima che la quarantena li incarcerasse in casa e, mentre puliva e spulciava nei mobili per dividere gli spazi, aveva trovato un astuccino di cuoio, giallo, pieno di cerchietti e orecchini di metallo. Haizaki gli aveva mostrato con non chalance di poter infilare il septum nel naso e si era indicato qualche foro vuoto sparso, oltre i due sui lobi, sui padiglioni.
 
«Hai i piercing e non me lo hai mai detto?»
«Mi hanno obbligato a toglierli a scuola, ma potrei rimetterli adesso che siamo segregati in casa» scrollò le spalle cercando di capire dallo sguardo stupito del fidanzato se fosse perplesso per quel simbolo di trasgressione o se fosse solo in forte disappunto, trovando la risposta nel piccolo sorriso che piano gli incurvò le labbra.
«Lo voglio anche io!»
 
Sospirò sconsolato appoggiandosi con le spalle alla porta, aprendo l’involucro per controllare che ci fosse tutto prima di dare una voce al rosso che, con un’eccitazione degna di un bambino, scese di corsa le scale; Haizaki non riuscì a mascherare un sorriso, andando a lavarsi le mani mentre l’altro prendeva posto su una sedia di quello studio improvvisato che era divenuto il salotto, seguendo i gesti dell’argenteo come ipnotizzato mentre indossava i guanti neri, sterili, e andava a disinfettargli l’interno del naso. Non aveva paura, strinse solo gli occhi di riflesso, incastrando qualche lacrima tra le ciglia, quando l’ago penetrò trovando subito le parole dolci del fidanzato a calmarlo.
 
Il minore gli pulì delicatamente il naso dai rivoli di sangue, attento a non fargli male, coprendogli gli occhi e guidandolo davanti alla specchiera del bagno, appoggiando il mento su una sua spalla e cingendone i fianchi dopo un piccolo “ta-daaa” seguito dal sorriso entusiasta del rosso che, senza riuscire a staccare gli occhi dal gioiellino dorato, lo baciò con un misto di felicità e soddisfazione inquantificabile.
 

 

NdA
scrivo questa storiella con la bellezza di 12 piercing (di cui un po’ fatti da sola), un ago davanti a me, e la proposta nel gruppo di amici di farci tutti un helix (piercing sul padiglione) appena finisce la quarantena.
❧ Mi rifiuto di pensare ad Haizaki senza piercing, i buchi ai lobi li cito spesso (come le pietruzze nere) ma anche un septum e qualche heliz sarebbero molto in suo stile, quindi why not
❧ è strano pensare ad un ragazzo ligio come Nosaka fare qualcosa di simile, proprio per questo mi è piaciuto scriverla: alla fine ha sempre vissuto in un ambiente molto costrittore, quel piccolo cerchietto di metallo per lui non è solo un gioiello, è un po’ come il simbolo che ha rotto con quelle regole e quella vita: è libero di fare quello che vuole
+ Bonus: Haizaki con i guanti neri di lattice, i capelli raccolti e l’ago tra le labbra è una visione che tutti ci meritiamo nella vita
-Ade

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Capitolo 10
*** 10. Absinthe ***



Absinthe
di baci non ricambiati, sguardi persi e fata verde

 
Pioveva. Le gocce d’acqua sporca, cariche delle polveri della grande città cadevano con un ticchettio insistente e fastidioso sui tettucci delle auto parcheggiate, creando un suono simile a quello di proiettili destinati a vagare nel vuoto, assistiti solo dal pesante cielo plumbeo che minaccioso tuonava e mostrava fantasmi di fulmini tra le nuvole antracite.
 
La finestra lasciava entrare il gelido vento e sputava residui d’acqua sulle gambe distese del ragazzo dai capelli argentei e sul posacenere, creando chiazze più scure e facendo alzare quello squallido odore di morte dei sensi e irrecuperabile tristezza. Nosaka lo fissò qualche secondo dallo stipite della porta: la schiena appoggiata al muro di quella stanza che un tempo conteneva il suo letto, le gambe rilassate davanti a sé, un piccolo portacenere di marmo alla sua sinistra era appena visibile sotto la montagna –c’erano almeno venti mozziconi lì- di filtri marroncini, una bottiglia di un limpidissimo vetro già vuota era rotolata poco distante mentre un’altra, contenente un brillante liquido verde, era tenuta stretta dalle dita minore, con così tanta forza da far sbiancare le nocche. Era il ritratto della decadenza.
 
Si avvicinò incerto e curioso, allontanando il pacchetto ormai vuoto con un piede, chiudendo la finestra prima di sedersi al suo fianco e cercare lo sguardo, perso e assente, del fidanzato; passarono diversi minuti, forse ore o anni, mentre l’odore di alcol diveniva sempre più forte in quella stanza ormai pervasa da un silenzio che gravava come un macino. Nosaka allungò una mano sulla bottiglia, la cui etichetta bianca raffigurante l’effige di un occhio sgranato recitava “La Fee, Absinthe parisienne”, tentando di strapparla dalle mani del compagno con l’intento di riportarlo alla realtà, interrompendo quel maleficio, e di assaggiare quel liquore che sembrava averlo ipnotizzato.
 
«Non ci provare nemmeno, ti ammazzerebbe sul colpo.» quelle parole fredde uscite dalle labbra appiccicose e lucide del compagno lo fecero sussultare, gli occhi rossi e gialli guardavano lontano, come se nemmeno fossero rivolte a lui
«Allora perché tu lo bevi? È un veleno, l’assenzio. Lascialo.»
«Non ha importanza che mi salvi io. Ha importanza che ti salvi tu.»
 
E il ragazzo dai capelli rossi lo fissò senza parlare, le viscere si attorcigliarono nel suo ventre come un groviglio di serpi mentre i lampi illuminavano la stanza, le sue mani diafane si appoggiarono su quelle scure dell’altro mentre si sporgeva a lasciargli un piccolo bacio che mai venne ricambiato, alla ricerca di un piccolo contatto, qualcosa che potesse risvegliare l’altro facendogli capire quanto lui avesse bisogno di averlo con sé, cosciente.
 
Rimasero fermi fino ad addormentarsi, Nosaka tra le lacrime silenziose, sommesse, impregnate di sconforto e un senso di inettitudine che sembrava soffocarlo e Haizaki con lo stupore alcolico, un retrogusto amaro di alcol e baci lasciati a marcire su labbra amare d’assenzio.
 

 

NdA
Era pronta prima della fluff precedente ma volevo mantenere un equilibrio Fluff-Suicidial
❧ Si sfocia nell’OOC ma qui le mie headcanon hanno la meglio, dove io e Haizaki andiamo a braccetto con cattive abitudini, piercing fatti in casa, fumo, assenzio fino a perdere coscienza, odio represso per sé stessi e tante altre cose molto belline.
❧ L’assenzio è il liquore della decadenza, sempre stato più illegale che altro: allucinogeno, terribilmente forte, tendenzialmente l’alcol di chi muore giovane e nel peccato, da qui la frase “ha importanza che ti salvi tu”. È il complesso dell’anima dannata, di chi sa che è destinato all’inferno e ci scende a testa alta ma non ci trascina gli altri.
Adesso mi dedico al fluff importante, questo voleva essere angst ma non troppo
-Ade

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Capitolo 11
*** 11. Kill me Softly ***


posso consigliarne la lettura ascoltando "Mystery of Love" di Sufjan Stevens? non necessaria ma la si apprezza al 500% di più

Kill me Softly
di baci tra i sospiri, suppliche e ricordi

 
Il silenzio riempiva la stanza in una carezza donata da quella notte tanto buia quanto tranquilla, come se la città avesse improvvisamente cessato di esistere e nel mondo fossero rimasti solo loro due, piccoli al cospetto della pallida luna che li fissava avvolta nel suo mantello di tenebre intersecato di stelle, più rare dei diamanti nei cieli di Tokyo. Il ragazzo dai capelli argentei sorrideva disteso accanto al fidanzato, facendo leva su un gomito e un avambraccio per riuscire ad accarezzarne i ciuffi delicati, dal gentile colorito rosso, senza mai staccare lo sguardo da quelle pozze d’oblio di grigie che erano i suoi occhi, profondi e vuoti, come se al loro interno fosse raccolto un piccolo pezzo di galassia da custodire gelosamente.
 
Si baciarono una, due, tre volte, in un contatto veloce e fuggiasco, timoroso, prima che le dita bianche del maggiore si allacciassero dietro al collo del ragazzo come in un obbligo implicito a restare e continuare, senza temere che la notte assistesse a quel piccolo suggello d’amore, facendo sorridere Haizaki in modo impercettibile mentre, tirandosi a sedere, raccoglieva i capelli come suo solito. Partì come una delicata scia di baci, dalle orecchie chiare alle labbra, alle clavicole, al petto che si alzava e abbassava veloce, scendendo e disegnando i contorni dei fianchi esili, accarezzando con la punta del naso la sottilissima striscia di peluria rossa che congiungeva l’ombelico al pube, fermandosi solo per alzare lo sguardo e sorridere alle dita dell’altro che già arpionavano le lenzuola.
 
La sua bocca aveva conosciuto pelli più pallide e, ormai conscia di come procedere senza lasciare dolorosi e permanenti segni, sfiorò l’interno della coscia con una guancia, scoccandoci solo dopo un bacio e un morso leggero, azzardato, che scosse in un brivido il ragazzo dai capelli rossi. Non gli avrebbe fatto male per nessun motivo al mondo, aveva smesso di incatenare le ali degli angeli ai termosifoni mesi e mesi prima, limitandosi a procedere con lentezza, tra coccole che ovattavano il fastidio della dita che si insinuavano e sguardi rassicurante. Sarebbe andato tutto bene.
 
Non fu sicuro, Nosaka, di come il fidanzato riuscisse ad essere così sicuro in ogni singolo bacio, ogni carezza, ma non se ne preoccupò, piegando il collo all’indietro, affondando la testa tra i cuscini piumati, chiamandolo piano per nome mentre si univano tra sospiri e paura che scemava per dargli quel crescente senso di calore, di piacere, di sicurezza.
 
Gli apparteneva. I fianchi si incastravano come pezzi di un puzzle, complementari, le labbra schiuse trovavano riparo contro quelle dell’altro, gli sguardi si incrociavano e incatenavano. E tutto sembrava essere solo iniziato, come se da quella notte, dal quel minuto, da quel preciso secondo in cui Haizaki si era accasciato accanto a lui e lo aveva stretto, nulla li avrebbe più potuti separare.
 
Il buio aveva smesso di far paura.
 
 

NdA
Voglio che sia chiarissimo che il terzo paragrafo sia totalmente dedicato a Mizukamiya. Renderlo esplicito lo priva della sua poesia ma meglio così. Sarebbe stupido pensare che una relazione annulli tutte le precedenti e, soprattutto nel mio immaginario, quella con Mizukamiya che è stata il momento più importante nella vita di Haizaki.
❧ed eccolo il capitolo della prima volta, è descritto in maniera abbastanza soffice, ho abolito ogni singolo accenno di dialogo perché, nonostante sia conscia che siano personaggi immaginari che sto muovendo io, mi sentivo di violare la loro intimità.
❧ C’è un palesassimo narratore totalmente esterno nonostante sia abbastanza chiaro il Nosaka!Centric dal momento che, headcanon mia o no, che Haizaki abbia più esperienza è un dato di fatto quindi il punto di vista rilevante era quello del rosso. E perché Haizaki non pensava a Nosaka, ma sarebbe divenuta Angst e non era questo lo scopo.
-Ade
 

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