Born to Make History: Hot Spring on Ice

di Sion26
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Born To Make History

Parte 1: Hot Spring on Ice

 

Prologo

Shanghai, marzo 2015 
 
Freddo. Luci. Era tutto quello che riusciva a percepire. Le luci provenivano da ogni parte intorno a lui. Non riusciva a distinguere i volti a causa della vista offuscata, ma le luci le vedeva chiaramente, accompagnate dal rumore di pattini e dal brusio di voci. Il freddo, invece, lo percorreva dalla testa ai piedi e proveniva dalla pista dove era disteso. Poteva sentirne il contatto sulla schiena e sulle gambe che in parte stava anestetizzando il dolore al ginocchio.
 
“Victor, andrà tutto bene!”

Qualcuno stava parlando in russo, sicuramente con lui dato che aveva usato il suo nome, ma non sapeva dirlo con certezza. L’unica cosa che sapeva era che si trovava disteso sul ghiaccio, le mani chiuse sul ginocchio destro, la vista offuscata, le voci che si mischiavano l’una all’altra e la mente completamente in stand by.

“Victor! Mi senti??”

Alzò lo sguardo e vide il volto del suo coach. La vista era tornata in qualche modo normale, e riusciva anche a distinguere finalmente le voci attorno a lui. Fu come se il mondo fosse tornato a scorrere normalmente. “Dove… che succede?” non era sicuro della lingua con cui aveva pronunciato quelle parole, sapeva solo che il dolore iniziava ad essere insopportabile, rendendo tutto attorno a lui nuovamente più confuso.

“Ok, ha ripreso conoscenza!” esclamò qualcuno, stavolta in inglese e cercò di muoversi per cercare di capire che cosa stesse succedendo. Voltò la testa, in tempo per vedere dei tappeti distesi sulla lastra di ghiaccio e una barella che si stava avvicinando su di essi. Iniziò a ricomporre tutti i tasselli del puzzle e si voltò di nuovo verso Yakov cercando di alzarsi, dimenandosi per poter riprendere il controllo del suo corpo. Quei movimenti gli permisero di esaminare la situazione. Oltre al ginocchio sentiva un po’ male al petto e alla spalla. “Che succede?” provò a domandare di nuovo, ma non ebbe bisogno di aspettare una risposta. Il dolore lancinante al ginocchio era abbastanza da fargli capire la gravità della situazione.

“Victor, sei caduto, ma sta tranquillo. Andrà tutto bene. Sta arrivando l’ambulanza, adesso ti spostiamo dal ghiaccio!” Yakov sapeva sempre come tranquillizzarlo. Victor si agitava quando non capiva quello che succedeva o non aveva il controllo della situazione in un determinato momento. Non aveva bisogno di sapere come era finito sul ghiaccio, a tenersi il ginocchio dolorante tra le mani. Aveva bisogno di sapere che cosa sarebbe successo da lì a pochi minuti, come sarebbe uscito dalla situazione scomoda in cui si trovava in quel momento.

“ok… ok…” esclamò piano, abbandonandosi alle braccia di qualcuno che gli stava sorreggendo la testa. Chiuse gli occhi e per un istante lo vide… la figura di un ragazzo dai capelli neri, che ballava sotto il suo naso e si strusciava su di lui… “Victor… la prossima stagione… sarai tu il mio coach, vero?” abbozzò un sorriso. Non sapeva da dove e per quale motivo gli fosse tornato in mente quel momento, era successo quasi tre mesi prima e non ci aveva più ripensato fino ad allora… ma quel ricordo lo calmò e tutto attorno a lui tornò di nuovo scuro e ovattato.

“Victor…” la voce di Yakov ora sembrava poco più di un sussurro. “Ti hanno dato un po’ di morfina… tra un po’ starai meglio.” Qualcuno gli stava stringendo la mano e annuì. D’accordo, poteva farcela. Poteva resistere. “Victor… Andrà tutto bene…”

Quelle furono le ultime parole che sentì prima di abbandonarsi a un sonno profondo.

*** 
Note dell'autore:
Salve a tutti, questa è la prima Fan Fiction che pubblico dopo anni, l'idea mi è venuta dopo aver visto l'anime di Yuri on Ice. Quest'anime mi ha lasciato un po' di amaro in bocca, quindi ho deciso di scrivere una storia ispirata all'anime, con un po' della mia interpretazione e di come avrei voluto andasse davvero. Spero che l'idea piaccia quasi quanto piace a me :) 
Dato che sono anni che non sono più su questo sito e che non so quanto popolare è il fandom di Yuri on Ice, sono ancora un po' arrugginita con la scrittura, quindi spero che sia comunque di vostro gradimento.
Grazie mille per aver letto fino a qui. Al prossimo capitolo. 

Sion

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Hasetsu, aprile 2016
 
Victor si guardò attorno e controllò per la seconda volta il bigliettino tra le mani. L’Indirizzo sembrava quello giusto ma non riusciva a trovare la locanda da nessuna parte. Makkachin lo guardava confuso, come se stesse anche lui dubitando del senso dell’orientamento del suo padrone. “Perché mi guardi così? Non ci siamo persi, devo solo capire da che parte andare.” Il cane guaì per tutta risposta adagiandosi per terra in paziente attesa.

Era appena arrivato in Giappone dopo un volo di quasi 10 ore. Si sentiva ancora un po’ confuso per il viaggio e il fuso orario, ma non doveva certo dirlo al suo cane, no? Non sapeva molto di giapponese, se non qualche parolina in croce, al contrario dell’inglese, con cui, invece, poteva esprimersi come se fosse la sua lingua madre. In fondo quasi 10 anni di pattinaggio artistico a livello competitivo erano serviti a qualcosa. Fu così, quindi, che decise di chiedere indicazioni, ma ben presto si rese conto che l’inglese non era la lingua preferita dei giapponesi. Non con poca fatica, riuscì finalmente a trovare il posto che stava cercando. Una locanda a conduzione famigliare che gestiva dei bagni termali, un’usanza tradizionale giapponese di farsi il bagno in acque calde e rilassanti dopo essersi lavati il corpo. Non era l’unica cosa del Giappone che adorava. Si voltò verso il suo cane e sorrise. “Te l’avevo detto che non ci eravamo persi.” Fece un respiro profondo ed entrò, annunciandosi alla donna che era venuto ad accoglierlo dopo averlo sentito entrare.

“Buongiorno, come posso aiutarla? Vuole fare un bagno?” esclamò la donna in giapponese. Inizialmente non si era accorta subito della sua identità e questo era un sollievo per Victor, ma allo stesso tempo un problema. Non aveva la minima idea di che cosa gli avesse chiesto.

“Buongiorno, signora, a dire il vero stavo cercando… Yuuri Katsuki…” controllò di nuovo sul foglietto, dove si era segnato la pronuncia giusta del nome del ragazzo, assieme all’indirizzo, che era il motivo principale che lo aveva portato a Hasetsu, in una bella giornata di Aprile. Sicuramente il periodo dell’anno più bello per visitare il Giappone pensò tra sé e sé. “Ma gradirei anche un bel bagno caldo. Ho sentito dire che i vostri bagni termali sono i migliori del Giappone.” Continuò in inglese, sperando di essere capito.

La donna lo guardò per un istante e poi Victor riconobbe i chiari segni sul suo viso che aveva finalmente capito con chi stesse parlando. “Oh… oh!” fece un salto e poi si affrettò a rispondergli “Yuuri sta dormendo in questo momento, ma… prego può entrare.” Le si erano illuminati gli occhi per l’entusiasmo forse, e Victor non se lo fece ripetere due volte. Si tolse le scarpe e le lasciò accuratamente all’entrata mentre si avviava all’interno. “Spero non sia un problema se entro con il mio cane.”

“Affatto.” La donna gli procurò delle pantofole per entrare e accarezzò il cane mentre gli faceva strada all’interno. L’atmosfera era proprio quella di una casa tradizionale giapponese e rimase completamente affascinato da quell’ambiente. Quasi quasi gli veniva voglia di non andarsene mai.

“Mi chiamo Katsuki Hiroko, sono la mamma di Yuuri.” Si presentò la donna a un certo punto e Victor fece un piccolo inchino. “Victor Nikiforov, piacere di conoscerla, signora.” Esclamò cortese. Quella donna parlava bene l’inglese, si chiese se forse era stata costretta a impararlo a causa del fatto che gestiva praticamente l’unico bagno termale pubblico della sua città. “Scommetto che avete molti turisti.”

“Purtroppo non in questo periodo, non c’è più molta gente che passa da queste parti. Ma immagino che sia molto stanco e vorrà fare un bagno caldo.”
“Non vuole sapere per quale motivo sono venuto?” esclamò Victor confuso. La donna sorrise, e non poté fare a meno di sentire la sensazione materna che quel sorriso trasmetteva.

“Una madre non ha bisogno di chiedere.” Esclamò con un risolino e poi si premurò di spiegargli tutto quello che c’era da sapere, compreso la procedura corretta prima di entrare nella vasca. “Vado subito a svegliare mio figlio. Ultimamente è diventato un po’ pigro. Faccia pure come se fosse a casa sua, Victor-san!” così dicendo sparì dalla sua vista, mentre Victor si spogliava e ancora ridacchiava per come era stato accolto.

Immerse prima un piede nell’acqua e poi tutto il corpo. L’acqua era piacevolmente calda e rilassante, un toccasana per il corpo e per la mente. Soprattutto per la sua mente. Non fece in tempo a rilassarsi abbastanza, però, che la porta del bagno da dove era appena entrato si aprì bruscamente e la figura di un ragazzo si parò davanti a lui, sudato e con il fiatone, segno evidente che aveva corso per arrivare fino a lì.

“Victor…?”

Nonostante non lo vedesse da più di un anno, non fece fatica a riconoscerlo. I capelli neri gli contornavano il viso, aveva forse qualche chilo in più di quello che si ricordava, ma era proprio lui. A essere sincero, l’ultima volta che lo aveva visto era in un video che era stato postato qualche giorno prima su Youtube, un video dove quel ragazzo aveva riprodotto fedelmente, con pochissimi errori, uno dei suoi programmi migliori, lo stesso programma che aveva posto fine alla sua carriera da atleta. Era stato in quel momento, mentre osservava i lineamenti perfetti di Yuuri Katsuki, che quel ricordo era balenato di nuovo nella sua testa, come una palla che non smette mai di palleggiare. Quella notte aveva sognato di nuovo il giorno della festa, le parole del ragazzo che gli chiedeva di essere il suo coach. Ci aveva pensato molto durante la sua convalescenza, l’unica cosa che poteva fare a letto era pensare. Che cosa avrebbe fatto una volta guarito? Il medico gli sconsigliava caldamente di tornare a competere, non subito per lo meno. Aveva subìto tre operazioni al ginocchio, nella cui ultima gli avevano inserito una protesi per permettergli di camminare. Aveva fatto riabilitazione, era tornato sulle sue gambe, ma ancora non aveva messo i pattini ai piedi e non si era arrischiato a entrare su una pista di pattinaggio. Aveva vissuto in quella situazione per  mesi… non si era neanche preso il disturbo di contarli. Si manteneva in vita, aspettando qualcosa che lo aiutasse a decidere quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Victor non aveva bisogno di sapere come era finito sdraiato su un divano, con il suo cane tra le gambe, senza nulla da fare, a scorrere la home di Youtube (non aveva mai avuto così tanto tempo libero in vita sua) ma aveva bisogno di sapere che cosa avrebbe fatto della sua vita da quel momento in poi… Aveva aperto  il video di Yuuri Katsuki che eseguiva una performance di Victor Nikiforov. Questo era il segnale che stava aspettando, che gli aveva finalmente schiarito le idee. Era inutile continuare ad avere paura di tornare a pattinare, era inutile rimpiangere il passato e piangersi addosso, era venuto il momento di prendere in mano la sua vita e fare qualcosa. Aveva comprato un biglietto per il Giappone ed era partito solo con un trolley, con dentro un paio di vestiti per allenarsi e i pattini che non indossava ormai da più di un anno… e ovviamente il suo cane.

“C-Che cosa ci fai qui?” gli chiese il ragazzo, quando sembrava aver finalmente riacquistato la voce.

Victor ridacchiò e si alzò in piedi, totalmente incurante della sua nudità, e gli tese la mano. “Yuuri!” esclamò sorridendo estasiato. “Ti stavo aspettando! Questo posto è proprio all’altezza delle sue aspettative.”

“G-Grazie, ma… che cosa ci fai qui?” ripeté di nuovo la domanda, stavolta sperando di non essere nuovamente ignorato.

La sorpresa che gli leggeva negli occhi era più che naturale. “Beh, a partire da oggi… sarò il tuo coach. Ti farò vincere la finale del Grand Prix.” Victor gli fece l’occhiolino mentre pronunciava quelle parole e si rimetteva seduto nella vasca, ignorando l’espressione di pura sorpresa sul volto di Yuuri. Portò la testa all’indietro e tese le braccia per rilassarsi completamente. Sì… finalmente era tornato.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 
San Pietroburgo, un giorno prima
 
“Non credo che sia la cosa migliore per la tua carriera ora come ora!”

Victor aveva passato le ultime due ore ad ascoltare la voce del suo ex coach che continuava a ripetergli le stesse parole. Pensava che fosse un gesto sconsiderato partire per il Giappone così su due piedi per allenare una persona che neanche conosceva per tutta la prossima stagione.

“Per non parlare del fatto che il Giappone non è a due passi, se dovessi aver bisogno di qualcosa, sarebbe davvero faticoso raggiungerti lì. In più hai pensato a cosa dirà la stampa? Non hai immaginato che questa notizia girerà sul web nell’esatto istante in cui salirai su quell’aereo?”

Victor era seduto su una delle sedie dell’aeroporto e lo guardava con una mano a sorreggersi la testa, e l’altra ad accarezzare il suo cane mentre aspettava di fare i controlli di sicurezza. Yakov aveva insistito ad accompagnarlo all’aeroporto e non gli permetteva di partire, non prima, per dirle con le sue parole, di fargli entrare un po’ di sale in zucca.

“Che cosa c’è di male? Almeno avranno qualcosa di cui parlare!” gli rispose Victor con un sorriso innocente sul volto, come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Non prendermi per il culo, Victor. Stai sbagliando di grosso e questo lo sai. Non è così che risolverai le cose, non sei nelle condizioni giuste per pensare lucidamente al tuo futuro in questo momento.”

Victor si alzò e si mise le mani nelle tasche del giubbotto, fronteggiando il suo coach. “Quale sarebbe la cosa giusta da fare secondo te? Continuare a starmene sul divano aspettando che qualcosa succeda? Beh è successo, mi sono deciso e non mi fermerai!” esclamò mentre prendeva il guinzaglio di Makkachin e la sua valigia e si avviava verso l’entrata per i controlli, dove avrebbe dovuto accedere con la sua carta d’imbarco e dove Yakov non sarebbe stato ammesso oltre. Il suo cane sbadigliò e lo seguì chiaramente infastidito per il modo in cui era stato destato dal suo pisolino.

“Sai benissimo che non puoi fare da coach a nessuno in questo momento!” esclamò Yakov. Stava riservando le sue carte migliori per il gran finale, gliene doveva dare atto.

“Ci vediamo presto, Yakov. Stammi bene! Ti manderò una cartolina dal Giappone!” esclamò Victor con il suo solito sorriso sul volto, prima di dargli le spalle.
“Non riuscirai a tornare a pattinare, Victor.”

Victor si bloccò sui suoi passi stringendo il guinzaglio nella mano sinistra. Makacchin gli leccò la mano e quel gesto lo aiutò a rimanere calmo e lucido.

“Se prenderai quell’aereo non potrai più tirarti indietro. Stai facendo un grosso errore.”

Victor rimase un attimo in silenzio, chiuse gli occhi e prese un respiro profondo prima di voltarsi e andare ad abbracciare il suo allenatore, con cui aveva condiviso momenti meravigliosi e orribili… “Spasibo, Yakov…” esclamò piano al suo orecchio “senza di te forse non mi sarei mai rimesso in piedi. Ma adesso è il momento di camminare da solo… stavolta non posso proprio fare come mi dici!” esclamò sciogliendo l’abbraccio “do svidaniya!” esclamò sorridendo e si avviò di nuovo verso i controlli di sicurezza, lasciandosi alle spalle la voce del suo coach che gli ripeteva che non sarebbe mai riuscito a farcela da solo.

 
***

Aprì gli occhi di colpo e si mise seduto, indossava un kimono che gli aveva offerto la madre di Yuuri dopo essere uscito dalla vasca, Makkachin sbadigliò accanto a lui, destato dal suo padrone. Victor si stropicciò gli occhi e guardò dietro di lui. La voce femminile che aveva sentito mentre dormiva apparteneva a una ragazza di bell’aspetto, probabilmente sui 40 anni. Le sorrise e guardò Yuuri, che sedeva dalla parte opposta del tavolo. “Ho fame…” borbottò con gli occhi da cucciolo. Yuuri iniziò a dare di matto e Victor sorrise, gli piacque come con solo due parole fosse riuscito a farlo reagire così.

“Hai… hai ancora fame??” esclamò Yuuri sorpreso.

“Non lo hai nutrito???” esclamò la donna, che rispondeva al nome di Minako. Da quel che aveva capito era l’insegnante di danza di Yuuri.

“Certo che gli ho dato da mangiare, ma sembra che non ne abbia avuto abbastanza!!”

“Beh non stare lì con le mani in mano! Vuoi forse far morire il campione del mondo di pattinaggio di fame?”

Yuuri la guardò sgranando gli occhi e la donna si rese conto di aver appena detto qualcosa di inappropriato.

Victor sorrise e li guardò. “Non sono il campione del mondo, quindi non dovete essere così disperati.” Ridacchiò e guardò di nuovo Yuuri, tirandosi su la manica del kimono che gli aveva lasciato scoperta la spalla.

“Non avevi di meglio da dargli che il kimono della locanda??” sbottò la donna verso Yuuri, stavolta in giapponese.

“Dice che non ha portato molti vestiti con sé!” allo sguardo interrogativo di Victor, Yuuri gli tradusse quello che la sua insegnante gli aveva detto e il russo si affrettò a spiegare la situazione.

“E’ stata una decisione molto affrettata, quindi non ho avuto molto tempo di preparami la valigia. Spero di non essere di troppo peso.”

“Affatto!!!” esclamò Yuuri “che cosa vorresti mangiare?” esclamò tornando all’argomento iniziale. Victor gliene fu grato. “Beh… come tuo coach… vorrei sapere qual è il tuo piatto preferito!”

“Il mio…?” Yuuri indicò se stesso e lo guardò un po’ confuso prima di rispondere “il katsudon…”

“Katsu…don?” ripeté Victor cercando di replicare la corretta pronuncia che aveva appena sentito da Yuuri.

“Sì!” esclamò Yuuri eccitato mentre spariva in cucina per chiedere al padre di preparargliene uno. Victor guardò la donna un po’ a disagio, era come se lei lo stesse studiando con attenzione. Fu grato del ritorno di Yuuri con una tazza fumante tra le mani.

“E’ riso con sopra maiale fritto, uovo verdure e altri condimenti. Provalo, sono sicuro che ti piacerà!”

Victor non se lo fece ripetere due volte e iniziò a mangiare.

“khorosho!” esclamò estasiato. Era forse il piatto più buono che avesse mai mangiato in tutta la sua vita.

Minako scoppiò a ridere e guardò Yuuri. “Il nostro Yuuri prende peso come niente, quindi gli è permesso mangiarlo solo quando vince una competizione!” esclamò ridacchiando. Victor guardò Yuuri incuriosito. “Lo stai mangiando spesso da quando sei tornato a casa?”

“Sì sì, certo! È il mio piatto preferito dopo tutto!”

Victor lo guardò perplesso. “Perché? Non mi sembra che tu abbia vinto nulla ultimamente! Ti sei ritirato dico bene?”

Yuuri lo fissò intensamente, forse colpito dalle sue parole. “Non mi sono ritirato. Mi sono preso solamente un anno sabbatico…”

“Un anno sabbatico? Una volta che si sta lontano dalle competizioni è difficile ritornare. In più hai preso troppi chili, segno evidente che non stai facendo nulla in questo periodo. Come tuo coach non posso permettertelo, quindi da oggi non potrai più mangiare Katsudon!”

Minako scoppiò a ridere, mentre Yuuri guardò Victor con un’espressione a metà tra il confuso e il disperato. “C-Che cosa…? Ma…? Ti sei fatto un’idea sbagliata… ascolta…”

Non fece in tempo a finire la frase che un’altra donna si presentò alla porta. Aveva una sigaretta in bocca e l’espressione un po’ seccata, tipica di una donna della sua età che vive ancora con i genitori. “La valigia all’entrata ostruisce il passaggio!” esclamò impettita. Victor si grattò la testa. “Oh.. gomen gomen!” esclamò, una delle poche parole giapponesi che aveva imparato a dire, in previsione che gli sarebbe servita abbastanza spesso durante il suo soggiorno in Giappone. “Potresti portarla nella camera dove alloggerò?”

“Cosa????” Yuuri lo guardò a bocca aperta.

“Mi farò spedire altra roba dalla Russia, ma per il momento ho solo la mia valigia e Makkachin!” aggiunse Victor, accarezzando il cane che gli leccò la faccia felice, ma evidentemente non era quello che Yuuri si era aspettato di sentire.

“Ci deve sicuramente essere un errore. Sei sicuro di stare cercando proprio me?”

“Certo… Yuuri Katsuki! Sei l’autore del video dove balli la mia coreografia, ‘Stammi Vicino’, riconosco una faccia quando la vedo.”

“Mi…Mi dispiace!! Quello è stato tutto un malinteso! Non doveva finire su Youtube, non dovevi venire fin qui solo per questo!!”

“Invece sì, credimi!” Victor si alzò e seguì la donna nella stanza dove stava portando la sua valigia, sentì i passi di Yuuri dietro di lui, ergo, lo stava seguendo. Forse avrebbero finalmente avuto modo di parlare in privato. Quando arrivarono nella stanza, Yuuri chiese a sua sorella, lo aveva capito dall’appellativo con cui si era rivolta a lei in giapponese, di lasciarli da soli.

“Non… Non mi sono ritirato,” riprese il ragazzo “tornerò a competere presto, ma non ho ancora deciso quando. Non ti ho chiesto di essere il mio coach e non… non voglio… insomma…” Victor notò che gli stava fissando il ginocchio, il kimono non era abbastanza lungo da coprire il tutore che indossava. Victor si sedette sul pavimento. “Questa stanza è troppo carina!! Non c’è un sofà?”

“No!” borbottò Yuuri in risposta “senti, non credo davvero che sia una buona idea-“

“Tutti pensano di sapere che cosa sia giusto o sbagliato per me, ma lasciami dire questo!” sbottò Victor all’improvviso, tanto che vide Yuuri saltare letteralmente sul posto, spaventato dalla reazione che aveva appena suscitato nel russo. “Una volta che prendi una pausa, ti renderai conto che il tempo è passato e tu sarai esattamente come prima, solo che avrai molti più anni e sarai troppo vecchio per riprendere a competere. Tu puoi indossare i pattini e tornare in carreggiata, perché non lo stai facendo? Perché passi le tue giornate qui a pensare a cosa fare invece di agire?”

Yuuri rimase in silenzio e si sedette anche lui senza parlare. Aveva colpito nel segno.

“Voglio essere il tuo coach, ti farò vincere il Grand Prix e con me potrai aspirare a quello che hai sempre sognato!” esclamò serio avvicinandosi a lui. “So che è difficile, ma insieme possiamo farlo. Fidati di me!”

Gli occhi di Yuuri si stavano inumidendo di lacrime e Victor immaginò che non fosse la prima volta che piangeva… probabilmente aveva passato l’intero anno a piangere.

“La performance che hai fatto su Youtube… non avrei saputo farla meglio!” esclamò Victor stavolta con un tono più calmo e pacato. “Permettimi di allenarti. C’è ancora molto che posso dare…”

Yuuri sembrò risvegliarsi dal suo stato di trance e guardò di nuovo il suo ginocchio. “Che cosa…?”

“Allora, che cosa decidi?” Victor si alzò in fretta e gli tese la mano. “Accetti o no? Non te lo chiederò un’altra volta, quindi se rifiuti non insisterò e tornerò in Russia. Sì o no?”

Yuuri lo guardò negli occhi per quelli che sembrarono minuti interminabili. Victor non poteva dire che cosa gli stesse passando per la testa. Ma sperava che le sue parole avessero centrato il bersaglio. Aveva bisogno di sapere che la sua vita sarebbe cambiata di lì a poco, aveva bisogno di una svolta, di un cambiamento. Non voleva tornare in Russia, ma se quel ragazzo avesse rifiutato la sua offerta, non poteva fare altro che tornare alla sua vecchia vita. Nonostante ciò, non avrebbe rinunciato a pattinare. Avrebbe trovato un altro modo…

Yuuri gli prese la mano e si alzò, ma non gliela lasciò, al contrario la strinse risoluto, i suoi occhi luccicavano, ma stavolta non per lacrime di tristezza. “Quando iniziamo?”

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 
Yuuri non era tipo da sognare ad occhi aperti, o da chiedere tanto dalla vita. Quello che sapeva fare meglio era pattinare. Il pattinaggio artistico era la sua vita, sin da quando era piccolo non aveva mai sognato o immaginato di fare altro e vivere di quello, competere con altri atleti era quello che immaginava di fare quando pensava al futuro.

L’anno prima, però, erano successe una serie di cose che avevano messo a dura prova questa certezza. Il suo cane, Vicchan, era morto proprio durante la finale del Grand Prix, e lui non gli era potuto stare vicino. Questo, più la pressione lo avevano portato a cadere per ben due volte durante l’esibizione, aveva preso un punteggio basso ed era arrivato ultimo. Aveva passato il resto della stagione ad allenarsi in America, con il suo coach Celestino. Non era riuscito a classificarsi al Four Continent e i mondiali ormai erano diventati un sogno lontano. Per questo motivo aveva deciso di uscire dai giochi e tornare a casa.

Quello che invece non si sarebbe mai immaginato era che Victor Nikiforov, il suo idolo da quando aveva 12 anni, si sarebbe presentato a casa sua e l’avesse convinto a essere il suo coach. Che cosa aveva fatto per meritare che il cinque volte campione del mondo prendesse anche solo in considerazione l’idea di allenarlo? Che fosse solo merito di quello stupido video su internet?? Non poteva credere che fosse solo quello il motivo, ma allora che altro c’era sotto? Non riusciva a spiegarselo, e forse doveva solo smettere di chiederselo. Doveva cogliere al volo quella opportunità e non perdere tempo a trovare una ragione. Quello che lo affliggeva di più era… se Victor fosse davvero in grado di fargli da coach.

Abbassò lo sguardo sull’articolo di giornale che aveva tra le mani. Una foto di Victor per terra, in mezzo ad altre persone, che si teneva il ginocchio; non c’era segno di dolore nella sua espressione, ma i suoi occhi… esprimevano qualcosa che Yuuri non aveva mai provato prima. Quella era stata l’ultima volta che Victor si era esibito, una settimana dopo il suo coach aveva annunciato che il danno al ginocchio era troppo esteso e Victor non ce l’avrebbe fatta ad apparire nella prossima stagione. Aveva perso i mondiali e aveva perso la sua carriera. Victor non aveva fatto nessuna apparizione, non aveva rilasciato nessuna intervista, neppure quando era guarito. Era completamente sparito. E ora era lì, nella sua casa, nella stanza vicino alla sua. Che fosse un sogno? Avrebbe spiegato molte cose…

Sentì bussare alla porta e fece un salto sul letto, risvegliato dai suoi pensieri. “A-Arrivo!” aprì la porta e l’uomo che lo stava tenendo sveglio, e che tappezzava i muri della sua camera, comparve davanti a lui. No, non era per niente un sogno. “Victor? Tutto bene?” erano quasi le due di notte, non sapeva che cosa ci facesse ancora sveglio a quell’ora.

“Sì certo… ehm…” lo vide massaggiarsi il ginocchio, il che lo fece preoccupare ancora di più. “Non riesci a dormire?”

Erano passati solo due giorni da quando Victor era piombato in casa sua, magari stava soffrendo il jet leg.  Siccome non poteva allenarsi finché non avesse perso un po’ di peso, Victor stava pensando a un programma di allenamento prima di farlo tornare sul ghiaccio. Il giorno dopo, però, gli aveva chiesto se poteva visitare la pista di pattinaggio dove soleva allenarsi da ragazzo.

“No… mi chiedevo se… avessi degli antidolorifici che posso prendere, ho stupidamente lasciato a casa i miei e… pensavo che non ne avrei avuto bisogno, ma…”
In due giorni, questa era la prima volta che menzionava anche solo a qualcosa legato al suo ginocchio. Yuuri aveva capito che era un argomento taboo e che era meglio non chiedere nulla.

“Ehm… sì… ho qualcosa, non so se sono forti abbastanza, però. Oh entra non stare alla porta!”

Il russo fece come gli fu detto ed entrò a passo incerto nella sua stanza. Lo vide guardarsi attorno, come se fosse entrato in un posto sacro. “Andrà bene qualsiasi cosa, non ho bisogno di niente troppo forte.” Esclamò mentre prendeva un foglio dalla scrivania e lo esaminava, lo rimetteva sulla scrivania e riprendeva a guardarsi attorno. Le foto delle sue esibizioni, da quando aveva ancora i capelli lunghi, tappezzavano la stanza, era come una sorta di cronaca di tutti i suoi successi.

“Mi dispiace… cioè… io… sono un tuo grande fan!”

“Questo lo aveva capito, ma non c’è bisogno di scusarsi!” Victor ridacchiò mentre si sedeva sul letto, proprio dove Yuuri aveva lasciato l’articolo di giornale…
“Sì, hai ragione! Mi dispiace! Oh no, non…” troppo tardi, Victor lo stava già fissando, come se potesse leggerlo. Calò il silenzio, Yuuri stringeva tra le mani la scatolina che aveva trovato tra i suoi farmaci. Non sapeva se spezzare il silenzio oppure continuare a mantenerlo. Dopo quelli che sembrarono secondi interminabili, decise di sedersi vicino a lui. “Ho trovato gli antidolorifici…”

Victor non alzò lo sguardo e rimise l’articolo a posto. “Non so cosa dice, ma non credo che dica cose belle…” esclamò Victor ridendo. “Non ho mai letto quello che la stampa ha scritto riguardo all’incidente.”

Yuuri rimase in silenzio e strinse di più i medicinali. “Immagino che tu voglia sapere come sto, è questo che ti turba vero?”

“No, non sono turbato!”

“Puoi negarlo, ma te lo leggo negli occhi.” Victor sorrise e prese le pastiglie dalle mani di Yuuri. Lo vide prendere una pastiglia senza bisogno di acqua, chiaro segno che era abituato a prendere antidolorifici come se fossero caramelle?

“Sono il tuo coach, ed è giusto che tu sappia il più possibile della mia condizione fisica. Chiedimi tutto quello che vuoi e ti risponderò.” Esclamò Victor sorridendo e massaggiandosi il ginocchio. Yuuri, dal canto suo, prese a torturarsi le mani.

“Come… come stai?” Aveva passato un intero anno a pensare a una lista di domande che aveva intenzione di fare a Victor semmai lo avesse incontrato di nuovo di persona, ma in quel momento se ne era uscito con la più banale in assoluto.

Victor sorrise e appoggiò i palmi delle mani dietro la schiena. In quella posizione aveva una buona visuale di un poster che lo ritraeva durante un’esibizione all’età di 16 anni. Era preso di spalle, quindi non si intravedeva il volto, i capelli lunghi raccolti in una coda erano sparsi intorno a lui, aveva un aspetto androgino, ma era questo, come sosteneva Yakov, che lo aveva fatto diventare famoso. Almeno all’inizio…

“Ho subìto tre interventi nell’ultimo anno, mi hanno impiantato una protesi per permettermi di camminare. Ho fatto riabilitazione e fisioterapia, ho seguito uno psicologo e adesso sono qui. Ho riacquistato l’80 % di mobilità. Il medico mi ha detto che posso tornare a pattinare per ora, ma mi ha assolutamente sconsigliato di tornare a competere.”

“Per quanto tempo? Insomma… tra qualche anno puoi tornare, no?”

Victor sorrise, ma i suoi occhi esprimevano tutt’altro che felicità. Erano occhi spenti, come se non riuscissero più a trovare un motivo per tornare a sorridere. Gli stessi occhi della foto di quell'articolo. Yuuri ricordava che quello che più lo attirava in Victor era lo scintillio nei suoi occhi quando si esibiva… ma non riusciva più a trovarlo in quella nuova versione di Victor.

“Come ti ho già detto, è difficile tornare a competere dopo essersi presi una pausa. Se anche potessi tornare, dovrei aspettare come minimo un altro anno e a quel punto avrei quasi 30 anni, non sarei più allenato e dovrei spendere ancora più tempo per tornare in forma, cosa che non potrò più fare a causa del ginocchio. In più… non sarei più lo stesso.” Distolse lo sguardo e tornò a guardare i poster. “Ho avuto il mio momento, e questa stanza ne è la prova… non tornerò più a competere…”

“Però hai deciso di allenarmi.”

“Però ho deciso di allenarti…” sorrise e si sdraiò sul letto. “Ti senti un po’ meglio?”

Era assurdo che Victor gli stesse facendo quella domanda. Non era lui quello che doveva sentirsi meglio?

“Victor…” voleva dirgli quanto fosse grato che avesse deciso di allenarlo, quanto gli doveva per averlo convinto a riprendere a pattinare, ma non riusciva a parlare. Aveva un groppo in gola che gli impediva di pronunciare anche le parole più semplici.

“Non preoccuparti! Insieme ce la faremo.” Sorrise e si rimise seduto, prima di alzarsi. Sembrava camminare molto meglio, forse l’antidolorifico stava facendo effetto.

“Ho bisogno che tu sia onesto con me, se devi essere il mio coach. Quindi se… se hai male o non riesci a fare qualcosa, non devi sforzarti.” Esclamò Yuuri all’improvviso mentre Victor stava per aprire la porta.

“D’accordo.”

“Me lo prometti?”

Victor si voltò a guardarlo e annuì. “Te lo prometto. Grazie per gli antidolorifici. spokoynoy nochi, Yuuri!” esclamò chiudendosi la porta alle spalle.

“Oyasumi, Victor…”

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

San Pietroburgo, aprile 2015
 
“E quindi Yakov ha avuto la brillante idea di chiamare un altro coach per me. Insomma… dice che adesso che competo nella categoria Senior, dovrei prestare molta più attenzione al mio corpo, soprattutto perché tra qualche anno cambierà e lui non riesce a tirare fuori tutto il mio potenziale.”

Yuri Plisetsky era seduto con le gambe penzoloni sui braccioli della sedia e stava giocando con qualcosa che aveva in mano. Yuri aveva appena compiuto 15 anni ed era soprannominato “The Russian Fairy”, la fata russa. Avrebbe iniziato la prossima stagione nella categoria adulti, dove aveva sperato di confrontarsi finalmente con Victor, ma questo non sarebbe mai successo. Victor non aveva ancora avuto il coraggio di dirglielo, stava cercando il momento giusto. Era passato solo un mese da quando era stato ricoverato ed era stato operato la settimana prima. Non poteva ancora sapere con certezza che cosa avrebbe fatto in futuro.

“Yakov ha ragione. Sei in un’età particolare, il tuo corpo cambierà in fretta, devi approfittare dei movimenti e delle forme che hai in questo momento.” Esclamò Victor. Era costretto a letto da un mese, e stava iniziando a dubitare che i muscoli delle gambe funzionassero ancora, soprattutto quelli della gamba destra… cercò di muovere un piede, ma il dolore lo bloccò all’istante. “Chert!” imprecò e chiuse gli occhi per sopportare la fitta che stava arrivando.

“Hai male?” Yuri si era materializzato al suo fianco in un nano secondo. Gli aveva preso la mano e Victor gliela strinse per tranquillizzarlo.

“Continua a dirmi di Yakov. Chi ha chiamato per allenarti?”

Vide lo sguardo perplesso di Yuri, mentre valutava se rispondere alla sua domanda o chiamare l’infermiera. Portò la sedia vicino al letto, così non doveva lasciargli la mano mentre si sedeva. “una certa… Lilia Baranovskaya!” borbottò guardandolo. “Mira la odia…”

“Cosa???” Victor scoppiò a ridere, cosa che sembrò spaventare un po’ Yuri. “La sua ex moglie? Vorrei proprio essere una mosca per vedere i tuoi allenamenti!”

Yuri si fece serio e lo guardò intensamente. “Quando ti riprenderai, voglio che fai una coreografia per me! Lo farai vero? Anche se competeremo per lo stesso titolo, voglio che sia tu ad allenarmi!” esclamò serio e Victor smise di ridere guardandolo negli occhi. Non aveva l’animo di dirgli come stavano davvero le cose, Yuri era davvero convinto che si sarebbe alzato da quel letto e fosse tornato a pattinare. Come avrebbe voluto avere la sua stessa innocenza e ingenuità. La verità era che non sapeva neanche se sarebbe tornato a camminare senza zoppicare… “sì, certo che lo farò.”

“Me lo prometti?”

Victor sorrise e annuì. “Te lo prometto!”

“Hai male?” Yuri si era alzato di nuovo e Victor si rese conto che una lacrima gli era scivolata sulla guancia. “Chiama l’infermiera…”

“Sì!” Yuri sparì come un fulmine dalla porta e lui si portò le mani in volto, lasciandosi andare a un pianto silenzioso.

 
***

Te lo prometto.

Victor aprì gli occhi. Una distesa di ghiaccio si estendeva davanti a lui, minacciosa come un mare in tempesta. La tempesta era ciò che quella distesa di ghiaccio suscitava dentro di lui. Lui e Yuuri si erano alzati presto e Yuuri lo aveva portato alla pista di pattinaggio dove soleva allenarsi quando era bambino. Aveva conosciuto la sua senpai Yuuko, suo marito Takeshi Nishigori e le loro tre gemelle che portavano i nomi dei tre salti del pattinaggio, Axel, Lutz e Loop. Riusciva a immaginarsi il piccolo Yuuri saltare di qua e di là mentre faceva i suoi primi passi sul ghiaccio.

Aveva chiesto se potevano dargli un minuto da solo. Si sedette e si infilò il tutore al ginocchio sopra ai pantaloni stretti che usava per allenarsi. Non erano più così stretti come si ricordava, significava che aveva perso peso dall’ultima volta che li aveva messi. Indossò i pattini e poi rimase immobile a guardare dritto davanti a sé. Poteva farcela. Aspettava quel momento da un anno e finalmente era arrivato, doveva solo alzarsi e pattinare. Niente di più semplice. Fece un respiro profondo, una… due… tre volte, ma le sue gambe non avevano intenzione di muoversi. Forse aveva ragione Yakov. Era stato un errore venire lì, non sarebbe mai riuscito a pattinare di nuovo. Ma ormai non poteva più tirarsi indietro.

Fece un altro respiro profondo, quando sentì la porta aprirsi dietro di lui. Si voltò di scatto per vedere Yuuri con un paio di pattini in mano che si avvicinava a lui nella sua tuta da allenamento.

“Che stai facendo? Non sei ammesso sulla pista di pattinaggio finché non perdi almeno 10 kg e tutta la ciccia che hai accumulato sulle cosce!”

Yuuri sembrò non prestargli molta attenzione mentre si sedeva accanto a lui per infilarsi i pattini.

“Yuuuuuri!! Non ignorarmi!!”

Yuuri gli mise un dito sulle labbra e poi si alzò e gli tese la mano.

“Che stai facendo?” Victor sembrava molto più serio ora, e in qualche modo… infastidito. Notò una nota di esitazione nello sguardo di Yuuri, ma passò quasi subito.

“Prendimi la mano!”

“Non ho bisogno di essere aiutato, non sono un bambino.”

“Davvero non lo sei? Allora perché ti comporti come tale?” Yuuri si portò le mani ai fianchi. “Hai promesso di essere onesto, ma hai tralasciato una parte importante, e cioè che non hai ancora messo piede su una pista di pattinaggio. Quindi, se non vuoi che ti licenzi, dammi la mano!”

Victor lo guardò con gli occhi sgranati. Non pensava che i giapponesi avessero tutta quella grinta. “Va bene… non c’è bisogno di arrabbiarsi!” esclamò ridendo mentre allungava la mano e afferrava la sua alzandosi. Entrambi entrarono nella pista di pattinaggio e iniziarono a scivolare sul ghiaccio… Victor sentì l’aria fresca sul volto, i capelli che gli accarezzavano il viso e chiuse gli occhi per godersi più a fondo quella sensazione.

Quanto tempo aveva aspettato? Quante volte aveva sognato di tornare a pattinare? Sia di notte, che a occhi aperti, immaginava quel momento vivido nella sua testa, come se stesse accadendo davvero. E ora stava succedendo!!! Stava ancora stringendo la mano di Yuuri, quindi si fidava a pattinare a occhi chiusi, aprì le braccia e divaricò leggermente le gambe. Poi aprì gli occhi e guardò Yuuri. “Fammi un pizzicotto!”

“Cosa??” domandò Yuuri confuso.

“Dai, muoviti! Fammi un pizzicotto!” Yuuri eseguì senza obbiettare. “Ahia!!”

“Gomen!!! Sei stato tu a dirmi…”

“Non è un sogno!” esclamò Victor “Non è un sogno Yuuri!” lasciò andare la sua mano e iniziò a volteggiare sul ghiaccio. Provò a fare una sequenza di passi e poi un’altra e il ginocchio non gli faceva male.

Continuò a pattinare, come se non avesse mai smesso in vita sua e iniziò a eseguire l’inizio della sua performance “Stammi Vicino”. Fece un salto e atterrò sul ghiaccio come se fosse la cosa più normale del mondo.

Yuuri lo guardava estasiato dal bordo pista. Quel ragazzo lo aveva appena aiutato a farlo entrare in pista. Scosse il capo ridendo e fece un altro salto, e poi un altro e un altro. Quello era sicuramente il giorno più bello della sua vita da quando… non sapeva neppure da quanto. Fece un altro salto, ma stavolta non atterò bene e cadde per terra. Sentì una fitta al ginocchio, ma passò quasi subito. Ora sapeva cosa poteva e non poteva fare. Piano piano sarebbe riuscito a riprendere tutti i movimenti.

“Victor!!!!” Yuuri si stava avvicinando velocemente a lui e Victor si rese conto di essere ancora seduto per terra.

“Sto bene, sto bene!” esclamò ridendo mentre afferrava la mano di Yuuri per alzarsi. “Sono solo scivolato! È tutto a posto!”

“Il ginocchio… ti fa male?”

“Non tantissimo! Ora so quali sono i miei limiti! Non preoccuparti, Yuuri! Ah!! Vedrai che ti farò vincere la medaglia d’oro. Sarà un anno favoloso!” esclamò Victor entusiasta “ma prima… devi perdere peso, quindi esci subito dalla pista. Sei bannato da qui, finché non avrai perso peso!”

Yuuri gonfiò le guance un po’ infastidito, borbottò qualcosa in giapponese mentre si voltava per uscire dalla pista.

“Ah, Yuuri!” Questi si voltò ancora un po’ impettito “Spasibo!!!!!”

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Annaspava per cercare aria. Il suo corpo pesava un macigno mentre percorreva le strade che avevano segnato la sua infanzia. Una bicicletta gli passò di fianco e il cane che, guarda caso stava accompagnando il suo padrone, era molto più veloce di lui.

Makkachin abbaiò come per salutarlo mentre correva felice per stare dietro a Victor.

“Konnichiwa!!” esclamava Victor ad ogni persona che incontrava, mentre Yuuri dietro di lui correva per tenere il passo. “Muoviti, Yuuri, non vorrai restare troppo indietro.”

“Victor… rallenta… per favore…!” cercò di esclamare il ragazzo, ansimando tra una parola e l’altra.

“Risparmia il fiato!” rispose Victor continuando a pedalare. “Ti servirà per i prossimi esercizi.”

“ehhhh??” altro che allenamento, quella era una vera a propria tortura. A che cosa stava pensando Victor quando aveva preparato quel programma di allenamento?

Quando arrivarono finalmente al parco, che era la loro destinazione, Victor si fermò e scese dalla bici respirando l’aria mattutina. Erano appena le 8 del mattino e Yuuri era già esausto.

“Wow! Che bel posto!” Victor aspettò che Yuuri lo raggiungesse, poi gli passò una bottiglietta d’acqua che Yuuri trangugiò in due secondi.

“Facciamo una pausa e poi facciamo altri esercizi qui.”

“Smettila di parlare al plurale, non mi sembra che tu stia facendo esercizi assieme a me…” sbottò Yuuri imbronciato, ma Victor lo ignorò completamente e si voltò sorridendo verso di lui. “Ok, pausa terminata! Al lavoro!”

“Cosa???” Yuuri lo guardò disperato e Makkachin iniziò ad abbaiare felice mentre correva su e giù per il parco.

Dopo due ore, Yuuri era seduto sulla panchina del parco, esausto per l’allenamento appena finito ed affamato. Victor se ne stava seduto con Makkachin al fianco a guardare qualcosa davanti a lui, mentre accarezzava il suo cane pigramente. Makkachin gli leccò la faccia e poi appoggiò il muso sul suo grembo mentre Victor poggiava le mani dietro la schiena e si voltava a guardare Yuuri.

“Tutto bene?”

“Non sono mai stato meglio!” borbottò Yuuri sarcastico bevendo un altro sorso d’acqua. “Non permetterò che il mio corpo diventi di nuovo così!”

Victor scoppiò a ridere e la sua risata contagiò Yuuri che sorrise. “Com’è che tu non sei ingrassato?”

“Penso che io e te abbiamo due modi differenti di gestire lo stress.” Rispose Victor, e Yuuri si accontentò della risposta, godendosi la sensazione dei muscoli che si rilassavano dopo l’allenamento.

Si voltò verso Victor e lo vide mandare giù un antidolorifico. Forse il giro in bicicletta era stato troppo?

“Minako-sensei ti piace?” sbottò il russo subito dopo e Yuuri lo guardò incredulo alzando le mani e sperando di aver capito male.

“C-Che cosa???”

“Vorresti chiederle di diventare la tua ragazza?”

“No, no! Assolutamente no!”

“Hai mai avuto una ragazza, Yuuri?”

“Ma che ti prende tutto d’un tratto?”

“Sono il tuo coach, ricordi? Devo sapere tutto di te! Qualche storia che non si può raccontare?” continuò Victor imperterrito.

“No comment!” si difese nuovamente Yuuri agitando le mani in segno di resa. Non aveva esperienza con l’altro sesso ed era troppo timido persino per parlare di un argomento del genere. La sua natura giapponese si faceva sentire sempre nei momenti meno opportuni.

Victor sospirò e tornò a guardare davanti a lui accarezzando Makkachin. “Allora paliamo di me. La mia prima ragazza si chiamava Victoria, buffo vero?” ridacchiò. “Io avevo diciassette anni, lei ne aveva venti. Siamo stati assieme tre anni circa. Anche lei pattinava a livello competitivo, quindi non c’erano problemi da quel punto di vista.”

Yuuri si bloccò di colpo e alzò lo sguardo. Victor era diventato improvvisamente serio. “Che cosa è successo?” non sapeva perché, ma sentiva che voleva sapere a tutti i costi che cosa fosse successo tra loro. Allo stesso tempo, però, aveva paura che quella storia non fosse finita bene. Non aveva mai pensato che Victor potesse avere una relazione, il che era abbastanza stupido dato che aveva ormai 28 anni, era russo, di bell’aspetto e persino ricco e famoso. Non era certo come lui.

Victor rimase in silenzio, Yuuri pensò che non fosse intenzionato a rispondere, ma quando stava per scusarsi per essersi impicciato negli affari suoi, il russo finalmente parlò.

“Scusa, non avrei dovuto dirtelo.” Abbassò il capo e si passò le mani tra i capelli, poi si massaggiò il ginocchio e rimase così per un po’. Senza parlare o fare nulla. Makkachin appoggiò il muso sul suo grembo e chiuse gli occhi.

Se possibile, Yuuri si sentiva ancora più in imbarazzo e per alleggerire la tensione disse la prima cosa che gli venne in mente. “Le donne sono strane… insomma… hanno sempre da ridire su tutto e vogliono sempre attenzioni.”

“Stiamo parlando per esperienza per caso?” esclamò Victor illuminandosi, come se la scena di prima non ci fosse mai stata e Yuuri tornò di nuovo a gesticolare. “Magari tra te e Yuuko-chan è successo qualcosa! Anche tu hai un debole per le donne più grandi, eh? Avanti perché non lo vuoi dire al tuo coach???” Makkachin si destò di colpo quando Victor si protese in avanti per torturare Yuuri e iniziò ad abbaiare e giocare, leccando prima la faccia di Victor e poi quella di Yuuri.

“No, no… ma che dici? Aiuto!!” urlò Yuuri disperato e poi scoppiò a ridere quando si ritrovò il cane sopra di lui. “Vicchan!”

“Vicchan?” domandò Victor perplesso e Yuuri diventò rosso come un pomodoro, mentre si rimetteva seduto e accarezzava il cane.

“Era il nome del mio cane…” borbottò in risposta allo sguardo interrogativo di Victor.

“Vicchan…” Il russo si portò una mano al mento per ragionare, ma Yuuri lo bloccò all’istante.

“Non ho mai avuto nessuna storia con Yuuko-chan. Ero felice con il mio cane e il pattinaggio!” esclamò subito in sua difesa e Victor sorrise soddisfatto.

“Ottima argomentazione.” Ridacchiò e poi guardò di nuovo davanti a sé, immerso nei suoi pensieri, quando a un certo punto Makkachin, che aveva smesso di torturare i due ragazzi, si mise ad abbaiare a qualcosa dietro di loro. “Yuuri, che cos’è quello?” esclamò Victor voltandosi.

“Eh?” Yuuri seguì con lo sguardo quello di Victor, capendo a che cosa stesse facendo riferimento. “Hasetsu Castle!” rispose con fare da intellettuale. “E’ l’attrazione della nostra città. All’interno c’è una vera e propria casa ninja.”

“deystvitel'no??? Fantastico! Adoro i ninja!” esclamò Victor in tutta risposta e si alzò verso la direzione del castello.

“Dove vai adesso?”

“Puoi farci una foto per favore?” esclamò Victor passando a Yuuri il suo cellulare, mentre prendeva Makkachin tra le braccia e faceva il segno della vittoria. Sembrava fin troppo felice di essere lì, nulla a che vedere con il Victor che era entrato in camera sua tre giorni prima. Gli fece una foto, che non perse tempo a postare su instagram, assieme a un migliaio di altre foto che aveva fatto in giro per la città. Alla fine della giornata, non sapeva se era più stanco per l’allenamento o per il tour turistico che aveva fatto fare a Victor in giro per la città. Avevano fatto un bagno e poi dopo mangiato si erano diretti nelle proprie stanze. Il caso aveva voluto che la stanza di Victor fosse proprio vicina alla sua, così facevano sempre un pezzo di strada assieme prima di andare in camera.

Makkachin si trascinava sulle zampe assonnato mentre seguiva Victor in stanza. A quanto pareva non era l’unico esausto dalla giornata.

“Beh allora ci vediamo domani, Yuuri!” esclamò Victor sbadigliando. Come osava sbadigliare? Era lui quello che era stato trascinato in giro per la città come un cagnolino.

“A domani, Victor. Oyasumi!” lo salutò Yuuri prima di entrare in camera sua. Era davvero reale? Stava davvero vivendo quella quotidianità con Victor Nikiforov? Era davvero diventato il suo coach? Si buttò sul letto. Il suo cuore batteva a mille ogni volta che ci pensava e sapeva il perché: non era mai stato più felice in vita sua.

 
***
“Hasetsu Castle… vuole per caso fare il ninja?” Yuri scorse la sua home di instagram, analizzando con attenzione i post che Victor aveva appena pubblicato. Era tardi, sarebbe dovuto essere stanco dopo una giornata passata ad allenarsi, e invece si sentiva più carico che mai.

Si sdraiò sulla schiena e fissò il soffitto. Il suo gatto si sedette sulla sua pancia e Yuri lo accarezzò distrattamente.

“Ti ho trovato, Victor!”

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Yuuri rallentò il ritmo della corsa mentre si avvicinava all’entrata dell’Ice Castle. Era già passata più di una settimana da quando Victor era piombato a casa sua, proclamandosi come suo nuovo coach. Si era allenato come un matto tutti i giorni e non sapeva come, ma aveva perso tutti i chili di troppo che aveva preso durante quell’anno di inattività. Stupefacente come correre quella distanza non lo spompasse allo stesso modo come all’inizio di quella settimana. Forse non era così fuori forma come credeva.

Da quando Victor aveva postato su Instagram le foto del castello e del tour della città la stampa aveva preso in assalto la locanda e la pista di pattinaggio. Non avevano un afflusso di clienti così da quando ero solo un bambino.

Arrivò fino all’entrata e superò la folla di giornalisti che si era riversata di fronte. Ormai non ci faceva neanche più caso, quindi non notò le tre gemelle prese a parlare con qualcuno tra la folla.

“Ce l’ho fatta!” esclamò fermandosi a riprendere fiato, mentre aspettava che le porte scorrevoli della struttura si aprissero.

“Yuuri…” esclamò una delle gemelle.

“Finalmente ho perso tutti i chili in eccesso e Victor mi permetterà di allenarmi!” esclamò fiero facendo il pugno in segno di vittoria. Le porte si aprirono e Yuuri le attraversò, ma proprio in quel momento sentì qualcosa colpirgli la schiena. Non riuscì a capire bene che cosa fosse stato, il suo primo pensiero fu che uno dei giornalisti gli avesse appena dato un pungo nella schiena. Non era possibile, no?

Si voltò e notò che la persona che effettivamente lo aveva appena colpito non era un giornalista, bensì un ragazzo che indossava una felpa extra large, il cappuccio a coprigli i capelli biondi. Conosceva quel ragazzo. L’ultima volta che lo aveva visto aveva sfondato la porta del bagno dove si era rifugiato dopo aver perso la finale del Grand Prix e gli aveva intimato di ritirarsi, perché non potevano esistere due Yuri sulla pista.

“Y-Yuri Plisetskey!” esclamò guardandolo, mentre questi lo fissava con un’espressione che non prometteva nulla di buono. “È tutta colpa tua!” esclamò avvicinandosi a lui minaccioso. “Dovresti supplicarmi di perdonarti!”

“Che… che cosa?” domandò Yuuri “Mi… Mi dispiace!” esclamò congiungendo le mani. Perché si stava scusando, ma soprattutto che cosa ci faceva Yuri lì? E di che cosa lo accusava esattamente?

“Victor mi ha promesso… che avrebbe coreografato il mio programma e che mi avrebbe allenato una volta che si fosse ripreso!” esclamò Yuri appoggiandosi al bancone e infilandosi le mani in tasca “invece a te?”

“Eh?” Yuuri si sistemò gli occhiali sul naso e lo guardò un po’ confuso. “Non abbiamo ancora parlato di programmi o coreografie per il momento…”

“Cosa?” esclamò Yuri sbattendo un piede a terra frustrato. “E lo hai fatto venire qui per cosa? Pensi che avere Victor come Coach non sia abbastanza? Come se un ragazzino che piagnucola chiuso in un bagno per essere arrivato ultimo possa migliorare solo avendo Victor come coach!”

L’espressione del russo era esattamente come quella al Grand Prix. Yuuri sorrise beffardo, lo stava sottovalutando, e se ne sarebbe pentito. “Senti, non so cosa ci sia esattamente tra te e Victor, ma se vuoi delle risposte perché non glielo chiedi di persona?” esclamò dirigendosi verso la pista e aprendo la porta.

“Victor… sta… sta pattinando…”

Yuuri si voltò, l’espressione stupita del ragazzo era genuina, il che gli fece pensare che Victor aveva lasciato molte persone in Russia che erano preoccupate per lui. Yuuri non sapeva bene cosa rispondere, conosceva la sensazione di vedere Victor pattinare di nuovo, soprattutto di vedere l’espressione sul suo volto. Non poteva però immaginare a pieno quello che Yuri stesse provando, dato che non aveva avuto modo di vedere Victor durante il periodo della sua convalescenza.

Yuri, però, si riprese immediatamente e guardò il suo omonimo, appoggiando gli avambracci sui bordi della pista. “Victor ha sempre avuto come obiettivo sorprendere il suo pubblico, tutto quello che faceva, le coreografie che eseguiva avevano questo scopo, non importava quanto tempo dovesse allenarsi.” Esclamò senza distogliere lo sguardo da lui. “Aveva il mondo nelle sue mani e poi…”

“È caduto…” finì Yuuri per lui e il russo lo guardò di sottecchi. Sembrava volesse replicare, ma rimase in silenzio per un po’ prima di riprendere a parlare. “Tu non lo hai visto… non sai che cosa ha passato. Io gli sono stato vicino ogni giorno… fino a quel momento…” esclamò stringendo il pugno. “Pensavo che non avrebbe mai lottato, che si sarebbe arreso e invece…”

Non poteva replicare nulla in questo, aveva più che ragione.

“Una volta Victor mi ha detto che se non hai più ispirazione, equivale ad essere morti.” Esclamò all’improvviso e Yuuri si voltò a guardarlo. Ispirazione… era quella che a lui mancava? Era per questo che non era riuscito a tornare sui suoi passi dopo essere arrivato ultimo al Grand Prix?

“Sono sicuro che posso dare molto di più dell’anno scorso e Victor è l’unico che può aiutarmi. È l’unico che può tirare fuori il meglio di me e farmi vincere il Grand Prix.”

“Vincere?” ripeté Yuuri sorpreso.

Yuri prese un respiro profondo e urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. “Mi sembra che te la stia cavando bene, Victor!!!”

Victor si bloccò immediatamente e si voltò a guardare verso la loro direzione. L’espressione sorpresa sul volto. “Yuri… ci sei anche tu! Sono sorpreso che Yakov ti abbia fatto venire! Tutto bene? come mai sei qui?”

Per tutto il tempo per cui aveva parlato, Yuri sembrava una bomba pronta ad esplodere.

“eh eh!” Victor pattinò più vicino a loro con uno sguardo innocente. “A giudicare dalla tua espressione sei venuto per reclamare una certa promessa… non è così?” il suo sguardo si fece improvvisamente malinconico e Yuri si innervosì ancora di più.

“Perché sei venuto fin qui?” esclamò arrabbiato mentre Victor usciva dalla pista per avvicinarsi a entrambi. Yuuri se ne stava in silenzio, si sentiva di troppo come se non meritasse neanche di ascoltare la loro conversazione. Che cosa significava quella sensazione?

“Calmati, sei sempre stato troppo impulsivo.”

“Al diavolo, Victor! Una promessa è una promessa! Mi hai raccontato un sacco di balle dietro l’altra e adesso pensi che mi accontenti di un pugno di mosche! Torna in Russia con me e crea una coreografia per il mio programma! Me lo devi!”

Yuuri sgranò gli occhi, sentendosi pervadere da una sensazione di paura. Tornare in Russia? Avrebbe significato che non avrebbe più rivisto Victor e non lo avrebbe più aiutato. Quel discorso sull’ispirazione che aveva fatto Yuri lo aveva colpito e aveva capito che era quello che gli serviva. Ma non poteva farlo senza Victor, e non poteva tornare alla vita di prima. Victor aveva ragione, doveva agire, non poteva aspettare che succedesse magicamente qualcosa che lo avrebbe portato a vincere il Grand Prix. Aveva bisogno di Victor.

Questi si portò una mano al mento e rifletté per quelli che a Yuuri sembrarono secondi interminabili.

“Ci sono!”

Yuuri saltò sul posto colto alla sprovvista. Il suo cuore martellava nel petto come se potesse fermarsi da un momento all’altro.

“Creerò un programma per entrambi, vi esibirete sulla stessa musica e domani vi farò sapere che tipo di musica sarà!”

“Eh?????” esclamarono i due Yuri all’unisono “la stessa musica?”

“A dire il vero è un brano con due arrangiamenti differenti e stavo comunque pensando di creare due tipi di programmi per entrambe le musiche.”

Victor stava pensando già di creare due programmi? Che avesse previsto l’arrivo di Yuri sin da subito?

“Non mi ci vorrà molto per ideare i programmi, quindi fra qualche giorno ve li mostrerò, quando li avrete padroneggiati ci sarà un contest organizzato qui, all'Ice Castle, dove competerete tra di voi per vedere chi riuscirà a impressionare di più il pubblico. Chi arriva primo… avrà me come coach per le prossima stagione.”

“Un momento… stai correndo un po’ troppo, fai un passo indietro!” esclamò Yuuri che iniziava a sentirsi un pochino sopraffatto da tutta quella situazione.

“Victor!!!” Yuri si intromise, l’espressione completamente diversa da quella che aveva un attimo prima. “Farai tutto quello che il vincitore vorrà?”

“Certo!” esclamò Victor. “Questi sono i termini!”

“Se vincerò tornerai in Russia e diventerai il mio coach?”

“Sicuro! Lo stesso vale per te, Yuuri!”

Che diavolo significava? A che gioco stava giocando? Che fine aveva fatto la sua determinazione nel diventare il suo coach? Yuuri guardò prima Victor e poi Yuri, incredulo. Certo… doveva guadagnarsi il diritto a diventare suo allievo. Victor non era solo un abile skater, era anche una persona e come tale aveva dei legami che lui non poteva pretendere di recidere.

“Allora che cosa ne pensi, Yuuri?”

Yuuri guardò Victor e strinse il pugno. “Farai tutto quello che il vincitore vorrà…”

“Esattamente!”

Yuuri sorrise beffardo. “Allora mi assicurerò di vincere.”

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
San Pietroburgo, dicembre 2015
 
“Aspetta di vedere questo!” Yuri ingurgitò una quantità smisurata di gelato mentre guardava la registrazione della finale del Grand Prix che si era svolta qualche giorno prima. Era tornato in Russia da poche ore e aveva già costretto un mezzo addormentato Victor a guardare la registrazione assieme. Prima di partire gli aveva fatto promettere che non avrebbe guardato la finale dal vivo, si sarebbe sentito troppo nervoso al pensiero che Victor lo guardasse proprio al suo grande debutto, era così che erano finiti alle 3 del mattino a guardare l’esibizione che aveva regalato a Yuri la medaglia di bronzo al Grand Prix di Barcellona.

Victor esaminò la figura di Yuri alla tv e non poté fare a meno di notare che esprimeva eleganza da tutti i pori. Il suo soprannome era proprio degno di lui. C’era ancora qualcosa che mancava a quell’esibizione… ma il corpo di Yuri stava già cambiando, e presto avrebbe avuto altri punti forti che lo avrebbero fatto diventare un pattinatore di talento…

“Hai visto?” esclamò Yuri mandando giù il gelato e Victor annuì strofinandosi gli occhi. Era bloccato a letto da quasi una settimana dopo l’ultima operazione, dove gli era stata impiantata una protesi al ginocchio. Il medico era ottimista, e gli aveva garantito che con la giusta fisioterapia, in qualche mese sarebbe tornato a camminare.

“Quindi? Che cosa ne pensi?” lo sguardo di Yuri era inespressivo, ma Victor lo conosceva abbastanza bene e sapeva dove stava andando a parare. Non era soddisfatto del terzo posto, anche se cercava di non darlo a vedere.

“Sei stato bravo, i salti erano molto alti e la tua forma è migliorata!” Giacometti, lo skater che rappresentava la Svizzera era arrivato primo… non ne era sorpreso. Era il suo migliore amico e il suo più grande rivale. Gli aveva mandato molte lettere di pronta guarigione, dove gli diceva che era estremamente noioso competere senza di lui e che sperava di rivederlo presto in pista…

“Ma non è abbastanza no?” Yuri interruppe il flusso dei suoi pensieri, alzandosi e lanciando la scatola del gelato mezza aperta sul tavolo. Infilò le mani nelle tasche della felpa extra large che indossava e si voltò dall’altra parte. “Non era quello che volevo per il mio debutto…” esclamò piano e Victor abbassò il capo.

“C’è ancora tempo, non essere così frettoloso. In più sono sicuro che sia Lilia che Yakov si impegneranno al massimo per la prossima stagione.”

Yuri si voltò, aveva un’espressione in volto che Victor non aveva mai visto prima. “Ma quand’è che potrai tornare a pattinare? Questa è stata l’ultima operazione vero? Sarai in piedi per l’inizio della prossima stagione? Hai tutto il tempo per riprenderti, no?”

“Yuri…” non poteva più continuare a nascondergli la verità. Prima o poi lo avrebbe scoperto, se non da lui dalla stampa, e non poteva permettere che questo succedesse.

“Perché non hai ancora fatto nessun annuncio? Le persone cominciano a dire cose strane…”

Victor lo guardò con attenzione. “E’ per questo che hai avuto quel litigio con quel ragazzo francese?”

“Continuava a dire che non saresti più tornato a competere perché suo fratello aveva avuto un incidente simile giocando a Hockey e non poteva più giocare. Assurdo, no? L’Hockey non è nemmeno comparabile al pattinaggio artistico! E cosa può saperne lui? Ti stava diffamando, non potevo certo starmene con le mani in mano.”

“Non è comunque una buona motivazione, potevi rischiare di essere squalificato.” Lo rimproverò Victor.

“Non farmi la predica anche tu. Ci ha già pensato Yakov.” Rispose Yuri sedendosi sulla sedia con le gambe divaricate e poggiando le braccia davanti a lui sullo schienale. “E’ che sono stufo di vederti in un letto… non ti si addice.” Borbottò arrossendo un po’ e poggiando il mento sulle mani.

Victor sentì una morsa al petto e si sistemò meglio sul letto, tirandosi meglio a sedere e sistemando il cuscino sotto al ginocchio. “Yuri… devo dirti una cosa…”

Yuri alzò di nuovo lo sguardo e lo fissò pigramente. “che cosa?”

“C’è… c’è un’alta probabilità che…” Victor esitò per qualche istante, cercando le parole adatte per dargli quella notizia. In realtà non c’era un modo giusto o sbagliato per dirglielo, quindi doveva solo affidarsi al suo istinto. “che quel ragazzo non avesse del tutto torto sulla mia condizione.”

“Eh? Che stai dicendo?” Yuri si era messo più dritto sulla sedia e lo guardava con uno sguardo perplesso.

“Il dottore mi ha detto che questa operazione potrebbe farmi tornare a camminare senza zoppicare, ma… potrebbe andare diversamente. Potrei non tornare più come ero prima…”

Yuri rimase in silenzio per qualche istante e poi ridacchiò. “Stai scherzando, vero? È assurdo. È normale cadere, hai solo picchiato il ginocchio no? Che cosa vuol dire che non puoi tornare come prima?”

Victor riconobbe quelli che erano i segnali di un attacco di panico e cercò di cambiare tono, di modo che Yuri si calmasse. “Yuri, ascoltami bene. Non tornerò più a competere, e c’è una buona possibilità che non potrò più camminare come prima, correre o persino… pattinare. Lo capisci questo?”

Yuri lo guardò con una faccia sprezzante e poi si alzò e gli diede le spalle.

“Yuri, dove vai?”

“Sei un bugiardo! Come puoi accettare una cosa simile? E perché non me lo hai detto prima? Perché continui a trattarmi come un cazzo di bambino?”

“Yuri…”

“Me lo hai promesso! Mi hai guardato negli occhi e mi hai promesso che mi avresti allenato, che avresti fatto una coreografia per me! Riuscivo ad esibirmi e a sopportare questo schifo solo perché tu me lo avevi promesso!”

Il cuore di Victor si spezzò come se qualcuno ci avesse camminato sopra, e non solo per le parole che Yuri aveva appena pronunciato, ma perché stava piangendo mentre le pronunciava. E non aveva mai visto Yuri piangere. “Yuri…”

“Perché continui a dire il mio nome? Perché… cazzo!!” sbatté la sedia per terra e lo guardò. Victor non avrebbe mai dimenticato quello sguardo. “Non ce la faccio più…” esclamò voltandosi.

“Yuri, no… aspetta!”

“Vaffanculo!” Quelle erano state le sue ultime parole mentre usciva dalla sua camera sbattendo la porta. Victor cercò di alzarsi, ma non poteva ancora sforzare il ginocchio e la frustrazione di non poterlo raggiungere si unì al dolore che provava nel vedere il volto di Yuri contorto dalla rabbia e dalla delusione. Come poteva biasimarlo? Non poteva capire come stavano le cose, era un adolescente, intrappolato nel mondo della competizione che aveva appena perso la sua ancora di salvezza. Strinse il pugno, mentre Makkachin si avvicinò al letto e gli leccò la mano… accarezzò la testa del suo cane e si calmò piano piano mentre continuava a guardare la tv. La figura di Yuri che continuava a pattinare eseguendo la sua performance. Lo sguardo perso nel vuoto… che cosa ne sarebbe stato di lui?

***

Note dell'autore: Salve a tutti. Sono arrivata a metà di questa storia. Ringrazio coloro che hanno letto la storia, messa tra le seguite e commentato. Ho scritto questa storia in pochi giorni, quindi spero che ne sia uscito qualcosa di decente xD con il capitolo 7 la storia è praticamente a metà del suo corso. L'idea iniziale era ovviamente fare tutto in una storia, ma siccome si stava facendo davvero troppo lunga per i miei standard, come avete notato preferisco fare capitoli corti piuttosto che capitoli troppo lunghi, ho deciso di suddividere tutte le idee che avevo in più parti. Quindi dopo vari ripensamenti e correzioni, questa è diventata una storia introduttiva, che copre le prime puntate dell'anime e che introduce i personaggi e la mia storia revisionata di Yuri On Ice. Le storie che seguiranno questa continueranno ovviamente la storia e ognuna avrà protagonisti una coppia diversa. 
Detto questo, spero che continuerete a seguire la storia e ad apprezzarla. 
Al prossimo capitolo, 

Sion.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Yuri e Yuuri sarebbero arrivati da lì a pochi minuti e Victor ancora non sapeva come tenere fede alla parola che aveva dato a entrambi. Come aveva fatto a cacciarsi in quel casino? Si grattò la testa, non doveva pensare a come era finito in quella situazione, come sempre, ma piuttosto a come uscirne e l’idea che aveva avuto del “Hot Spring on Ice” non era niente male. Ciò che gli rimaneva da fare era coreografare le due musiche a cui stava lavorando già da un po’ e vedere come Yuuri sarebbe riuscito a vincere il contest. Ovviamente, Yuri era stato il suo pupillo sin da quando Yakov l’aveva letteralmente raccolto per strada, e avrebbe seguito con cura ogni sua mossa, ma non era sicuro di essere la persona giusta per aiutarlo a vincere il Grand Prix.

Per questo motivo, in cuor suo, sapeva che Yuuri avrebbe vinto la sfida. Poteva scommetterci tutto quello che voleva.

La sera prima avevano cenato tutti quanti e sistemato la roba di Yuri nella sua stanza, ovviamente non avrebbe mai lasciato che Yuuri passasse più tempo con Victor di lui, e la sorella di Yuuri, per evitare la confusione creata dai loro nomi, lo aveva soprannominato affettuosamente Yurio. A Victor piaceva quel nome, anche se Yuri non ne era particolarmente entusiasta.

A un certo punto Yuuri era sparito e dopo un po’ di ricerche Victor era riuscito a trovarlo alla pista di pattinaggio dove aveva scoperto era solito rifugiarsi ogni volta che era particolarmente ansioso. Quindi questa sfida lo agitava… poteva dirlo dal modo in cui scivolava sul ghiaccio e teneva lo sguardo fisso al suolo… una copia di lui quando aveva la sua età. Era più che sicuro che Yuuri riuscisse a dare il meglio di sé quando si sentiva sotto pressione.

Sentì la porta della pista aprirsi e i due Yuri fecero il loro ingresso. Come al solito già di prima mattina, Yuri era chiassoso e attaccabrighe, ma Yuuri riusciva a gestirlo sorprendentemente bene, o così sembrava.

“Yuuri! Yurio!!” esclamò Victor felice, scatenando le ire del suo giovane connazionale. Ignorò le sue proteste e si sistemò il tutore al ginocchio.

“Victor! Allora, hai detto che ci avresti fatto ascoltare le musiche a cui stavi pensando.” Esclamò Yuri e Victor annuì.

“Sto lavorando a questi pezzi da un po’ di tempo, in verità. Come sapete, un buono skater non ha bisogno di pattinare per ideare una coreografia.”

Entrambi lo guardarono stupiti, forse non lo sapevano?

Calò il silenzio e prese il telecomando azionando il volume. “D’accordo… iniziamo con l’ascoltare le musiche, ok?”

Premette il pulsante play e una musica dolce e soave iniziò a fuoriuscire dagli altoparlanti. Fece passare un po’ di secondi, per permettere loro di assimilare la melodia, poi spezzò il silenzio.

“Questo pezzo si divide in due arrangiamenti, entrambi con un tema differente. ‘On Love: Eros and Agape.’” Esclamò. I due ragazzi lo ascoltavano in silenzio, senza perdersi neanche una parola.

“Avete mai pensato all’amore come sentimento?”

Yuuri scosse il capo e il suo omonimo diede voce a quel movimento. “No.”

“D’accordo.” Esclamò Victor abbassando il capo e chiudendo gli occhi. “Ascoltate bene, che cosa provate mentre ascoltate questa musica?”
Come si era aspettato, fu Yuuri a prendere la parola per primo. “E’ molto innocente, come se fosse su qualcuno che non sa ancora che cosa voglia dire amare.”

“Non mi piace questo pezzo!” si intromise bruscamente Yuri “queste boiate sull’innocenza mi fanno venire voglia di vomitare!” accompagnò il suo pensiero con una chiara manifestazione visiva e Victor riaprì gli occhi e schiacciò un altro pulsante sul telecomando.

“D’accordo…” la musica cambiò radicalmente, ora suonava una melodia decisamente più sensuale e movimentata, che non lasciava molto spazio all’interpretazione.

“E’… una canzone completamente diversa da quella di prima.” Esclamò Yuuri.

“Victor!” lo interruppe di nuovo Yuri, “voglio pattinare su questo pezzo!” lanciò uno sguardo sprezzante a Yuuri e Victor catturò di nuovo la loro attenzione.

“La prima era ‘On Love: Agape.’ Il tema è l’amore incondizionato. Mentre quello che stiamo ascoltando in questo momento si intitola ‘On Love: Eros.’ Il tema è l’amore sessuale. Questo è il piano: creerò dei programmi per entrambi in base a questi due temi opposti tra di loro e li assegnerò come segue…” fece una pausa a effetto, chiudendo gli occhi e abbassando il capo, pregustando la sensazione che l’attesa suscitava in entrambi. “Yuuri pattinerà su Eros, mentre Yurio su Agape!”

“Eh????” Yuuri si portò le mani ai capelli, mentre Yuri dal canto suo aveva già in bocca una risposta pronta. “Stai scherzando?? È chiaro che è meglio il contrario!”

“Dovete fare esattamente l’opposto di quello che le persone si aspettano da voi. Altrimenti come fareste a sorprenderle? È questo il mio motto! Se nessuno dei due sarà in grado di essere all’altezza delle mie aspettative entro la prossima settimana non coreograferò il programma di nessuno dei due. Siete entrambi miei fan, non dovreste avere problemi.”

Ci fu un breve silenzio, stavolta fu Yuri il primo a romperlo. “D’accordo… pattinerò su Agape, ma ti conviene darmi un programma vincente, la mia carriera dipende da questo.”

“Dipende da te vincere o meno, se potessi pattinare io stesso sul programma vincerei sicuramente.” Esclamò Victor sicuro di sé, suscitando non poche ire da parte di Yuri.

“Se vincerò io, Victor, tornerai in Russia con me, e sarai il mio coach. Questo è ciò che voglio!”

“Certo…” esclamò sorridendo, poi si voltò verso l’altro Yuuri. Aveva bisogno di sapere la sua determinazione e quello era il momento giusto per dimostrargliela. “E tu, Yuuri?”

La compostezza di Yuuri sembrò cedere per un attimo. “Cosa vorresti da me in caso di una tua vittoria?” continuò Victor.

“Voglio… mangiare Katsudon con te…” sussurrò per poi alzare gradualmente la voce. Victor lo guardava con una faccia stupita. “Voglio continuare a vincere e mangiare Katsudon. Per questo mi esibirò su Eros e darò tutto l’eros che ho a disposizione!”

Non poteva desiderare di sentire una risposta migliore di quella che Yuuri gli aveva appena dato. Sorrise e gli si illuminarono gli occhi. “Ottimo! Questo è lo spirito! Mettetecela tutta!”

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
 
Il tempo stava passando troppo in fretta per Yuuri. Sentiva che la competizione si faceva sempre più vicina, ma lui non era per niente vicino a eseguire la sua coreografia nello stesso modo in cui la faceva Victor. Yurio si stava allenando per primo quel giorno. Entrambi avevano lo stesso problema a detta di Victor: entrambi non riuscivano a capire come esprimere il loro tema.

“Yuuri?” Victor lo chiamò sorridendo dalla pista di pattinaggio e Yuuri alzò lo sguardo entrando con i pattini in mano. Si sedette per infilarseli, mentre Victor teneva lo sguardo fisso su di lui.

Yurio lo oltrepassò senza rivolgergli la parola e Yuuri guardò Victor un po’ preoccupato.

“Non farci caso… ho un’idea per aiutarlo a trovare il suo Agape! Nel frattempo, pensiamo a te!” Victor sorrise ed entrò nella pista di pattinaggio, volteggiando come al solito. Yuuri si chiedeva se andasse davvero bene per lui sforzarsi così tanto, ma Victor aveva promesso che gli avrebbe detto quando il ginocchio iniziava a fargli male, quindi non doveva preoccuparsi.

“Riprendiamo da dove ci siamo fermati ieri.” Esclamò Victor mettendo la musica e Yuuri annuì iniziando a esibirsi. Poteva sentire lui stesso che non riusciva a eseguire i passi come avrebbe dovuto, però per il momento era importante che riuscisse a eseguire tutte le mosse e i salti senza cadere. La pausa che si era preso durante quell’anno si stava facendo sentire e gli sembrava come se dovesse imparare di nuovo tutto da capo. Per fortuna Victor era paziente con lui, forse anche fin troppo.

Stava eseguendo il quadruplo Salchow,  uno dei salti più difficili del pattinaggio artistico; Nella categoria maschile erano in pochi a saperlo eseguire. Ovviamente uno di loro era Victor. Cercò di prendere la concentrazione e saltò, ma nel momento di atterrare mise male il piede e cadde per terra.

“Yuuri!!” Victor gli si avvicinò subito, Yuuri era caduto piuttosto male e sembrava aver sbattuto il mento per terra. “Stai bene?”

“Sì, non è niente!” esclamò il ragazzo mettendosi seduto, Victor lo aiutò ad alzarsi e lo fece sedere sulla panchina a bordo pista. “Rimani qui, vado a prendere un po’ d’acqua.”

Yuuri annuì e lo guardò uscire dalle porte. Si stava preoccupando troppo, era normale cadere. Non gli usciva neanche il sangue dal naso. Quando tornò con l’acqua gli ripeté che stava bene, ma Victor si sedette accanto a lui con aria severa.

“Non sottovalutare mai una caduta, Yuuri, è meglio essere cauti. Ti fa male da qualche parte? Ti gira la testa?” gli poggiò una mano sulla gamba mentre si alzava e rimaneva chinato su di lui per controllare che fosse tutto a posto.

Yuuri arrossì leggermente per tutte quelle premure e forse non era un caso che l’istinto di Victor lo aveva portato a tastargli il ginocchio. “Non mi sono fatto male, tranquillo.”

“Oh sì… gomen!” anche Victor arrossì, forse un po’ in imbarazzo per la sua iperprotettività. “Allora riprendiamo quando ti senti pronto.”

“Sono pronto.” Esclamò Yuuri dopo aver bevuto.

Tornarono in pista e Victor gli mostrò la stessa sequenza e poi il salto su cui Yuuri era caduto. Lo aveva eseguito alla perfezione, come se lo facesse tutti i giorni. Il salto in aria era alto, i piedi erano perfettamente allineati in aria e le piroette erano pulite e perfettamente eseguite, per non parlare della grazia con cui era atterrato e di come portava la gamba all’indietro. Non sarebbe mai riuscito a farlo così.

“Prova tu, ora.”

Continuarono per tutta l’ora successiva, e alla fine dell’allenamento Victor non sembrava completamente soddisfatto.
“Com’è andata?” esclamò avvicinandosi a Victor che aveva appena spento la musica e si stava togliendo i pattini. Sembrava immobile, aveva una mano sul ginocchio e gli occhi chiusi.

“Victor, stai bene?” Yuuri si sedette accanto a lui preoccupato, quando il russo non diede segno di risposta.

“Come? Oh, certo!” esclamò Victor sorridendo. “Mi hai chiesto qualcosa?”

“Ti fa male il ginocchio?” domandò Yuuri e Victor lo guardò sorridendo.

“Non più di tanto,” rispose “sta tranquillo. Allora, che cosa mi hai chiesto?”

“Com’è… andata oggi.” Yuuri ripeté la domanda guardando Victor un po’ preoccupato della risposta. Non voleva sentirsi dire che non stava migliorando e che doveva ancora lavorare sulla sua interpretazione.

“Oggi è andata meglio del solito e sei riuscito a gestire i salti. Vedrai che nei prossimi giorni riuscirai a padroneggiare la coreografia. È normale prendersi un po’ di tempo, è da molto tempo che non pattini, quindi non essere duro con te stesso.”

Sapeva che Victor gli stava dicendo quelle parole per farlo sentire meglio, ma non stava funzionando. Mancavano pochi giorni al contest e lui era ancora da punto e a capo. Non ce l’avrebbe mai fatta.

***

“Una cascata!” Yurio continuava a lamentarsi da quando Victor li aveva mandati ad allenarsi… sotto a una cascata. Diceva che era quello di cui avevano bisogno entrambi per schiarirsi le idee, ma onestamente non aveva la minima idea del perché fosse lì. Lui non riusciva ad essere sensuale, non riusciva a memorizzare i passi e a saltare senza cadere. Victor si sarebbe presto pentito di essere venuto in Giappone e lo avrebbe abbandonato per tornare in Russia con Yurio. Sospirò. Gli piaceva la quotidianità che si era creata tra loro in quei giorni. Si allenava assieme a Yurio con gli esercizi fisici in palestra, andava a correre con Takeshi e poi ripassava la coreografia con Victor. Prima di tornare a casa mangiavano un boccone assieme e la sera stavano alzati fino a tardi nella camera di Victor per ripassare la sua coreografia da un punto di vista teorico.

Sospirò, l’acqua era troppo fredda, in più gli sembrava tutto inutile. Tanto tra un po’ avrebbe perso tutto quello che aveva costruito con Victor.

“Che dici? Torniamo?” esclamò, ma lui non accennava a muoversi. “Yurio?” si voltò a guardarlo. Sembrava completamente immerso nei suoi pensieri. Gli afferrò il polso, scostandolo dal getto d’acqua e lo chiamò di nuovo. “Yurio?”

“Eh?”

“Stai bene?”

Il russo annuì. Aveva uno sguardo decisamente diverso dal solito. Perché sembrava così… vulnerabile?

“Che ne dici di smettere per oggi?”

Yurio annuì di nuovo e poi starnutì. Yuuri ridacchiò e insieme tornarono alla locanda dove gli offrì qualcosa di caldo da bere. Delle volte dimenticava che era solo un ragazzo di 16 anni. C’erano 8 anni di differenza tra loro, Yurio poteva benissimo essere il suo fratellino minore. Gli sarebbe piaciuto se fosse stato così.

Il giorno dopo si alzarono entrambi presto e si diressero verso la pista di pattinaggio assieme, come ormai solevano fare da una settimana. Yuuri si infilò i pattini e guardò Yurio che faceva lo stesso.

“Dov’è Victor?” Ora che ci pensava, la sera prima non lo aveva visto e quella mattina non avevano fatto colazione assieme e quando Yuuri si era alzato, Victor stava ancora dormendo.

“È rientrato tardi ieri sera, sarà sicuramente rimasto a bere fino a tardi.” borbottò Yurio in tutta risposta, mentre faceva un po’ di stretching con le braccia.

“Yurio?”

“Che vuoi?” esclamò il russo senza guardarlo e Yuuri mandò giù un po’ di saliva prima di prendersi coraggio. Congiunse le mani e abbassò il capo. “Insegnami a eseguire un quadruplo Salchow… onegaishimasu!” esclamò con tutto il fiato che aveva in corpo. Era proprio il salto che non riusciva a fare, anche se Victor diceva che stava migliorando.

Yurio non rispose ed entrò per primo in pista. “Muoviti, non ho mica tutto il giorno!”

Yuuri lo segu’ felice e iniziarono ad esercitarsi.

“Fai proprio schifo!” esclamò Yurio “ehi, Katsudon, osservami bene. Non ho voglia di rifarlo di nuovo!”

“Scusate, sono in ritardo.” Victor comparve ancora imbacuccato alla porta e i due Yuri si voltarono all’unisono.

“Vado… a ripassare la mia coreografia.” Sbottò Yurio tutto rosso e Yuuri fece lo stesso allontanandosi dal centro.

Victor sorrise e iniziò a prepararsi. Come di routine si infilò i pattini e il tutore e Yuuri lo vide prendere un antidolorifico prima di entrare in pista. Come di consueto iniziò con Yurio e poi con lui, ma sembrava esserci qualcosa che non andava quel giorno.

“Ripassiamo il quadruplo Salchow?” gli domandò Victor quando finalmente arrivò il suo turno e Yuuri annuì. Che fosse stanco? O si stava stufando di vederlo continuamente fallire? Provò ad eseguirlo di nuovo ma cadde, esattamente come tutte le volte che provava.

“Credo che il problema sia l’entrata.” Esclamò Victor avvicinandosi a lui e inginocchiandosi sul ghiaccio per avere una visuale migliore delle gambe di Yuuri. “Mettiti in posizione!”

Yuuri ubbidì, mentre Victor gli faceva piegare di più il ginocchio, gli stendeva meglio la gamba dietro e gli faceva drizzare la schiena. Quando si alzò, ebbe un attimo di esitazione e rimase un attimo immobile.

“Victor…?”

“Tutto bene! Yurio…” il ragazzo arrivò subito. “Esegui il salto assieme a Yuuri. Yuuri guarda bene come fa Yurio e cerca di imitare i suoi movimenti.”

Yurio protestò, ma poi ubbidì mentre si preparavano a saltare. Entrambi saltarono perfettamente all’unisono e finalmente Yuuri riuscì ad atterrare senza cadere, aveva perso un po’ l’equilibrio e forse il salto non era stato perfettamente pulito, ma non aveva toccato il ghiaccio per lo meno.

“Ce l’hai fatta solo perché lo stavi facendo con me.” Esclamò Yurio ridendo. “Vero, Victor?”

“Per una volta, potresti darmi il merito di qualcosa?” borbottò Yuuri un po’ imbronciato, ma all’espressione di Yurio si zittì immediatamente. “Che succede?”

Si voltò subito verso Victor e rimase impietrito, non riuscendo più a muovere un solo muscolo. “Vai… Vai a chiamare Takeshi!” esclamò quando riuscì a prendere in mano la situazione. Yurio stava per andare in panico e non poteva permetterlo. Il russo ubbidì senza protestare.

Victor era disteso sul ghiaccio e non si muoveva più.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 
San Pietroburgo, gennaio 2016
 
Soffiava un vento freddo in quella giornata di gennaio, per questo motivo Victor aveva deciso di starsene in casa. Non che uscisse molto spesso, ma quando c’era bel tempo Yakov lo portava a fare un giro fuori con la sedia a rotelle, giusto per fargli prendere aria, almeno così diceva lui. Odiava quella sedia, si sentiva come se fosse un disabile e forse la detestava così tanto perché era proprio così.

“Victor!” Yakov entrò nella sua stanza e lo trovò seduto vicino alla finestra che osservava la neve scendere fitta sulla città. “Ho una sorpresa per te!”

Il russo si voltò appena in tempo per vedere Yakov con in mano un bastone e alzò un sopracciglio confuso. “Quella sarebbe la mia sorpresa?”

“Certo! Il fisioterapista sta arrivando e oggi ti aiuterà a scendere dal letto e camminare. Quando smetterà di nevicare possiamo andare a fare una passeggiata assieme, quindi ti servirà un supporto. Almeno all’inizio. Finché non…”

“Non voglio quello stupido bastone! E non voglio fare fisioterapia oggi!” Victor spostò la sedia a rotelle verso il letto e vi si mise sopra, avendo cura di mettere il ginocchio nella giusta posizione con un cuscino a sostenerlo.

“Cosa? Ma che ti prende? Non vedevi l’ora di…”

“Yakov, vattene! Non voglio vedere nessuno! Lasciami in pace!” sbottò il russo tirando un cuscino nella sua direzione e voltando il viso verso la finestra continuando a guardare la neve cadere. Da piccolo aveva imparato ad apprezzare il colore dei suoi capelli perché gli ricordavano la neve e lui adorava l’inverno… adorava sentire la neve sul suo viso, toccarla con le mani, pattinare sul ghiaccio…

“Victor… se è per quello che è successo con Yuri…”

“Ha ragione, l’ho deluso. Gli ho fatto una promessa a cuor leggero, sperando che mi sarei alzato da questo fottuto letto e sarei tornato a pattinare. Ma non è così, non succederà mai quindi è inutile tentare. Mi sono arreso, è finita!”

“Non puoi parlare così. Non è da te!”

“Cosa sarebbe da me, eh? Non sarò mai la stessa persona prima, se non posso più pattinare non ha più senso nulla! Vattene, voglio restare solo!!”

Lanciò un altro cuscino verso la direzione di Yakov. Quando Victor si intestardiva su qualcosa era difficile farlo ragione e soprattutto… tirava fuori il peggio del suo carattere. Yakov doveva pensare a una soluzione e in fretta. Quel momento si era fatto attendere, ma alla fine era arrivato. Victor era pur sempre un essere umano. Nonostante ciò, sapeva chi chiamare per farlo ragionare.

Finalmente Victor lo sentì uscire e portare via con sé l’entusiasmo che aveva appena smorzato. Chiuse gli occhi. Le parole di Yuri continuavano a rimbombargli nella testa… assieme alla promessa che gli aveva fatto.

Sarai tu il mio coach, vero?

“Mi dispiace… Yuuri…”

***

Victor aprì gli occhi e si ritrovò in una stanza famigliare, non quella in Russia, non faceva freddo e non era neve quella che vedeva fuori dalla finestra. La stagione della fioritura dei ciliegi era passata, ma c’era ancora qualche petalo che svolazzava qua e là. Iniziava a fare caldo, infatti si sorprese di sentire il kimono che indossava sudaticcio e attaccato alla sua schiena. Non sapeva dire con certezza se era dovuto al tempo o al sogno che aveva appena fatto. Aveva le gambe tese davanti a lui, Macchakin stava dormendo vicino al suo ginocchio destro, che era sorretto da un cuscino, come se stesse vegliando che il suo padrone non sentisse nessun dolore. Guardò l’ora e constatò che era pomeriggio inoltrato. Già… era svenuto sulla pista di pattinaggio mentre stava allenando Yuuri sul pezzo che aveva ideato per lui. Si era lasciato prendere dall’euforia e dall’entusiasmo e la situazione gli era completamente sfuggita di mano. Si portò il braccio sulla fronte e rimase a contemplare il soffitto, mentre Makkachin si intrufolava sotto il braccio che aveva piegato sull’addome per la sua dose di coccole giornaliera. Aveva pensato di poter tornare ai ritmi di prima, ma evidentemente era ancora troppo presto.

“Ho rovinato tutto, eh?” il suo amico animale alzò lo sguardo e gli leccò la mano.

Qualcuno bussò alla porta e Victor si mise seduto. La testa di Makkachin gli finì in grembo e il cane si spostò meglio per mettersi completamente seduto sulle sue gambe. Non era un po’ troppo grosso per quello?

“Avanti!” esclamò ridacchiando e Yuuri aprì la porta scorrevole facendo entrare un po’ di luce all’interno della stanza. Victor alzò lo sguardo e si voltò verso la porta, chiudendo un po’ gli occhi, infastidito dall’intensità della luce.

“Spero di non averti svegliato, ti ho portato il pranzo.” Esclamò appoggiando il vassoio vicino al cuscino e sedendosi con le gambe al petto poco più in là.

“Ero già sveglio.” Esclamò Victor voltandosi completamente. Makkachin era sceso dalle sue gambe ed era andato ad annusare il cibo incuriosito.

“Non è per te.” Lo rimproverò Yuuri e il cane guaì andandosi a sedere offeso poco più in là. Victor poteva dire dal suo tono di voce che c’era qualcosa che non andava.

“Grazie per il pranzo.” Esclamò afferrando il vassoio. Il ginocchio gli faceva ancora un po’ male, così iniziò a mangiare e tra un boccone e l’altro mandò giù un antidolorifico. Da lì a poco sarebbe tornato come nuovo.

Yuuri non rispose, continuava a tenere la testa china sulle ginocchia e Victor lo lasciò un attimo ai suoi pensieri. Non sapeva bene come affrontare l’argomento, perché ancora una volta non riusciva a capire che cosa passasse per la testa del giapponese. Si sentiva in colpa? Voleva dirgli che non voleva più continuare ad essere allenato da un disabile e non riusciva a trovare le parole giuste per farlo?

“Dov’è Yurio?”

“Alla pista di pattinaggio. Dice che vuole migliorare prima che torni ad allenarlo.”

“Bene, questo mi sembra lo spirito giusto. Allora perché tu te ne stai qui?” Forse aveva usato un tono troppo severo. Yuri era abituato al fatto che Victor non fosse più lo stesso, lo aveva visto in momenti ben peggiori di questo, invece Yuuri no… e non poteva… anzi non doveva biasimarlo per questo. “Volevo dire…” si bloccò quando sentì un singhiozzo provenire da Yuuri e si avvicinò un po’ di più. “Yuuri, stai bene?” provò a mettergli una mano sulla spalla ma Yuuri lo bloccò allontanandola con la mano. Stava piangendo? Non era bravo a trattare con le persone che piangevano davanti a lui. Si irrigidiva e non sapeva come comportarsi.

“E’ colpa mia!” esclamò all’improvviso “Perché non riesco a memorizzare i passi, non riesco a metterci la grinta che serve. È troppo tempo che non pattino e non riesco più…”

“Yuuri…”

“Ti sei sforzato di farmi vedere i passi che non riuscivo a fare più e più volte e hai messo troppo peso sul ginocchio!”

“Yuuri…”

“Se fossi più bravo, se avessi più resistenza fisica non sarebbe successo! Se fossi come Yurio…”

“Adesso basta!” Victor alzò la voce più di quello che avesse intenzione e Makkachin si destò dal suo pisolino avvicinandosi preoccupato. Iniziò a guaire impaurito e leccò la faccia di Yuuri, evidentemente non più offeso per la scena di prima.

Yuuri aveva gli occhi sgranati mentre fissava Victor e Makkachin gli leccava via le lacrime dagli occhi.

“Avevo male al ginocchio da un po’ ma non ho detto niente perché pensavo di farcela. Non volevo smettere di pattinare, mi sentivo troppo bene sul ghiaccio e ho ignorato i segnali che il mio corpo mi stava dando. Quindi è colpa mia, non tua. Non ho mantenuto la promessa che ti ho fatto, quindi se c’è qualcuno che deve essere incolpato sono io non tu!”

Yuuri abbassò lo sguardo sul suo ginocchio e vide chiaramente la cicatrice che partiva da fin sopra il ginocchio in linea retta per una decina di centimetri. Vide il senso di colpa svanire piano piano dal suo viso, così come le sue lacrime, e rialzò il capo. “Come ti senti adesso?”

“Molto meglio!” esclamò Victor sorridendo e la tensione e negatività con cui Yuuri era entrato nella stanza svanirono in un istante. Infatti, Makkachin si era allontanato soddisfatto del suo operato e si era seduto vicino a Victor aspettando che questi gli diede un po’ del cibo che stava mangiando.

“Mi dispiace averti fatto preoccupare!” esclamò ridacchiando mentre obbediva al desiderio del suo cane. “Non succederà più. Credo di dovermi ancora abituare a questa nuova condizione.”

“Sì!” Yuuri sembrò illuminarsi e sorrise, mentre lo guardava. “Tutti ti stanno aspettando di là, forse faresti meglio a rassicurarli di persona.”
“Buona idea!” Victor fece per alzarsi, ma Yuuri fu più veloce e gli tese la mano. Lo guardò negli occhi per un istante e poi gli afferrò la mano e si tirò su. “Arigatou.” Esclamò sorridendo e notò un leggero rossore sulle guance del suo allievo.

“Davvero Yurio si sta allenando?” brontolò Victor fingendosi offeso.

Yuuri scoppiò a ridere e il suono di quella risata gli scaldò il cuore facendolo sorridere. Non voleva più vederlo piangere, aveva sicuramente già versato troppe lacrime in quell’anno.

“Ti senti meglio?” esclamò Victor e Yuuri annuì. “Bene, non devi smettere di allenarti, posso sempre guardarti e spiegarti le cose senza mostrartele.” Gli mise una mano sulla testa, ma all’improvviso l’insegnante di Yuuri si parò davanti a loro. Sembrava avere il fiatone e aveva un’espressione molto, anzi a dir poco… arrabbiata.

“Che diavolo è successo???” esclamò. Yuuri stava per risponderle, ma Victor lo bloccò subito.

“È stata colpa mia. Credo di essermi lasciato prendere troppo dall’entusiasmo!” esclamò sfoggiando uno dei suoi sorrisi più ammalianti che servì ad abbonire un pochino la donna; il suo sguardo passava da Victor a Yuuri mentre si portava le mani sui fianchi.

“I giovani di oggi sono troppo impulsivi. Prima o poi finirete per ammazzarvi con le vostre stesse mani. Da quanto tempo continuate ad allenarvi come matti? Due settimane? E non avete ancora preso una pausa. Questa è la volta buona!”

“Cosa???” esclamò Yuuri con il suo solito sguardo disperato. “Io non ho ancora perfezionato la mia esibizione e… il contest è tra pochi giorni, non posso fare una pausa!”

“Quello che è appena successo non è servito di insegnamento a nessuno dei due?” esclamò la donna innervosita. “La stessa cosa vale per il biondino che continua ad allenarsi non-stop. Avete bisogno di una pausa, ecco perché… andremo tutti quanti al mare domani!”

“Cooooosaaaa? Al mare???” stavolta il volto di Yuuri era più che disperato, la sua anima stava piano piano lasciando il suo corpo, metaforicamente parlando.

“Ci divertiremo e finalmente avrò l’occasione si sfoggiare il mio nuovo costume! Andiamo Yuuri! Non puoi dire di no!”

“Non puoi dire di no!” esclamarono le gemelle all’unisono. Victor non riusciva bene a capire da dove fossero spuntate, ma lo stavano guardando come se si aspettassero qualcosa da lui.

“Oh… sì, non puoi dire di no!!!” ripeté facendo l’occhiolino a Minako e alle piccole pesti.

“Anche tu, Victor…” esclamò Yuuri mentre la sua insegnante e le bambine si riprendevano dall’occhiolino appena ricevuto.

“E… E va bene…” pronunciò Yuuri di malavoglia. Le gemelle saltellarono in giro e si arrampicarono su Yuuri felice. Victor scoppiò a ridere.

Prendere una pausa non era una cattiva idea dopotutto. Poteva essere quello di cui Yuuri aveva bisogno.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


 
Capitolo 11

“Yuuuuuri?”

Sapeva che quella di andare al mare era una pessima idea, su più di un fronte, e poteva restare ore ad argomentarli uno per uno. Innanzitutto non indossava un costume da quando aveva 10 anni (quello era il motivo principale per cui indossava una maglietta sopra al costume); secondo le gemelle gli avevano lanciato la sabbia addosso già tre volte e poteva sentire i granelli di sabbia in parti che avrebbero dovuto essere protette dai granelli di sabbia; per ultimo, Yurio era riuscito a rendere una competizione anche quella di tuffarsi in acqua, quindi aveva pensato che sarebbe stato più rilassante starsene sotto il sole assieme a Victor. Ma questa forse era stata la decisione peggiore… Victor lo aveva preso come il suo schiavetto personale e continuava a fargli fare avanti e indietro dal chioschetto per ogni cosa. “Mi fa male il ginocchio!” aveva detto con gli occhi da cane bastonato e Yuuri non aveva saputo dire di no, anche se sapeva benissimo essere una scusa. Sospirò mentre rifaceva la strada per la milionesima volta per portare un drink a Victor.

“Eccoti finalmente!” esclamò il russo illuminandosi e prendendo il suo drink. “Mi sto divertendo un sacco!”

Yuuri lo guardò un po’ scettico mentre si sedeva sulla sua sedia sdraio e guardava gli altri sulla riva. Le gemelle stavano attaccando Yurio da ogni parte, facendolo cadere in acqua.

“Yurio sembrava il meno entusiasta di venire e invece è quello che si sta divertendo di più!” borbottò.

“Scusa?” Victor lo guardò ridendo “credo che sia tu quello che fosse il meno entusiasta di venire, se non ricordo male.”

Yuuri distolse lo sguardo borbottando colpito sul segno.

“Perché te ne stai qui ad annoiarti insieme a un vecchietto come me? Dovresti andare a divertirti assieme agli altri.” Esclamò Victor e in quel momento il giapponese si accorse che cosa stava facendo seduto sulla sedia sdraio da almeno mezz’ora. Aveva la gamba destra stesa sulla sedia e si stava facendo un massaggio al ginocchio, proprio all’altezza della profonda cicatrice che lo solcava. Makkachin era seduto vicino a lui, con la testa all’altezza della gamba e osservava incuriosito i movimenti ripetitivi del suo padrone, dando una leccata di tanto in tanto al ginocchio di Victor, come se fosse una parte importante dell’operazione. Dopo di che si sedeva, guardava Victor che gli sorrideva, e poi tornava a guardare il suo ginocchio.

“Non sei un vecchietto, e poi…” Yuuri arrossì un pochino e distolse di nuovo lo sguardo.

“Ohhh sei preoccupato che mi senta solo? C’è Makkachin con me! Vero piccolo?” Victor allargò le braccia e il cane gli saltò letteralmente in grembo cominciando a leccarlo felice su tutta la faccia. “Aahahaah, piano, mi fai male!” il cane tornò per terra, mentre Victor riprese quello che stava facendo.

Yuuri sorrise a quella scena e una strana malinconia si impossessò del suo petto… anche Vicchan soleva farlo spesso, anche se forse non con lo stesso ardore. “Sto bene qui.” Disse infine e si sdraiò chiudendo gli occhi e godendosi il sole. “Piuttosto, perché non vai anche tu vicino all’acqua?”

“No, sto bene qui.” Rispose Victor, finendo il suo massaggio e tornando sdraiato ad accarezzare pigramente Makkachin sulla testa, mentre fissava lo sguardo sui ragazzi vicino alla riva. Forse gli faceva davvero male il ginocchio e lui era stato un pezzo di merda a pensare che lo dicesse solo come scusa per fargli fare avanti e indietro.

“Victor… Posso farti una domanda?”

“Me l’hai appena fatta.”

“Victor… Perché hai deciso di allenarmi?” non sapeva da dove gli fosse venuta fuori quella domanda, sentiva solo il bisogno di sentire la risposta direttamente dalle sue labbra. Soprattutto dopo tutto quello che era successo.

“Me lo stai chiedendo per via di Yurio?”

Come faceva Victor a sapere sempre quello che pensava? Ancora non riusciva a spiegarselo…

“Beh…” Yuuri si mise seduto e Victor si voltò con il corpo girato verso di lui. In quella posizione poteva vedere meglio la cicatrice che aveva già notato il giorno prima sulla sua gamba. Non riusciva a immaginare che cosa avesse passato. “Avevi già promesso a Yurio di allenarlo, perché volare fino a qui per allenare proprio me?”

Victor lo guardò per un po’, poi appoggiò gli avambracci sulle cosce e guardò verso Yuri. “Tu e Yurio siete diversi. Lui mi ha sempre ammirato ed è convinto che solo io posso tirare fuori il suo potenziale, ma non è così… non dovrei dirti queste cose, state ancora competendo!” borbottò Victor arrabbiato, mentre tornava a sdraiarsi e beveva il suo drink. “Devi avere più fiducia in te stesso, Yuuri.” Esclamò infine e il suo tono di voce sembrava suggerire che la conversazione era terminata. Yuuri Sospirò. Era quello il problema, non aveva abbastanza fiducia nelle sue capacità e quello era il motivo per cui non riusciva a pattinare su Eros come voleva. Ma come poteva fare?

“Devi lasciarti andare!” esclamò Victor dopo un po’. Yuuri alzò lo sguardo e lo vide in piedi accanto a lui che gli tendeva la mano.

“Come?”

“Smettila di pensare troppo e lasciati andare!” esclamò di nuovo. Makkachin abbaiò come se si trovasse d’accordo con il suo padrone e Yuuri gli prese la mano di malavoglia.

Victor iniziò a camminare e Yuuri lo seguì svogliatamente. “Dove stiamo andando?”

“Non stai morendo di caldo sotto il sole? Devo bagnarmi un po’…”

“Caldo? Non definirei questa temperatura…”

“Lo sai a che temperature sono abituato io?” esclamò Victor guardandolo e Yuuri non poté fare a meno che trovarsi d’accordo. Alle volte tendeva a dimenticare che era russo.

Le docce all’aperto erano situate vicino alla struttura che veniva usata di inverno come piscina per gli atleti che dovevano allenarsi anche durante la stagione più fredda. Il fatto che fosse vicina alla spiaggia, lo rendeva un buon centro turistico durante la stagione calda.

“Una doccia? Questa è la tua definizione di bagnarti un po’?” Makkachin li aveva raggiunti in un lampo e stava già facendo le feste scodinzolando felice quando Victor aveva aperto la l’acqua e si era messo sotto il getto, bagnandosi i capelli e il viso.

“Non posso nuotare e non posso rischiare che le bambine giocando mi facciano male. Questo è il posto giusto per me.”

Yuuri lo guardò e poi guardò la doccia vicino alla sua.

“Beh?” Victor si scostò l’acqua dal viso con le mani, mentre i capelli gli ricadevano sulla fronte, bagnati e appiccicaticci. “Non vorrai farti la doccia con la maglietta?”

“Non ho intenzione di farmi la doccia.”

“Almeno togliti la maglietta!”

“Non ho intenzione di togliermi la maglietta.” Borbottò Yuuri.

“Allora che cosa hai intenzione di fare, Yuuri Katsuki???” sbottò Victor innervosito e Yuuri arrossì. Ma che diavolo voleva da lui?

“Voglio lasciarmi andare…” sussurrò con un filo di voce.

“Non credo di aver sentito quello che hai detto.”

“Voglio…”

“Alza la voce!”

“VOGLIO LASCIARMI ANDARE!” sbottò Yuuri. Victor lo stava guardando sorridendo e soddisfatto.

Yuuri sospirò e si prese entrambi i lembi della maglietta. Aveva sempre avuto vergogna del suo corpo, e non solo perché delle volte tendeva a mettere su un po’ di ciccia, ma perché non aveva abbastanza fiducia nel suo corpo per mostrarlo ad altre persone. Se lo avessero deriso? O peggio… se non fosse stato all’altezza delle aspettative? Il corpo di Victor era perfetto; nonostante fosse stato fermo per un anno, i suoi pettorali erano ben scolpiti e gli addominali ben lineati, com’era invece il suo corpo? Aveva appena perso dei chili, ma non credeva bastasse a dargli degli addominali scolpiti. Fece un respiro profondo.

“Non c’è nessuno che può giudicarti, Yuuri. Solo io e Makkachin!” esclamò ridacchiando e questo lo fece diventare ancora più nervoso.

“Se non credi in te stesso e nel tuo corpo… come fai a trasmettere erotismo e sensualità?” esclamò Victor e Yuuri rimase un attimo a pensare su quelle parole… era vero… se lui stesso pensava che il suo corpo non fosse abbastanza… come faceva a pattinare sulla coreografia che Victor aveva pensato per lui? Era questo il motivo per cui non riusciva a esprimere quello che voleva, per cui si sentiva… bloccato. Era stufo di sentirsi sempre inadeguato, sempre mai all’altezza della situazione o delle aspettative degli altri. Che cosa ne aveva ricavato a vivere così? Una vita fatta di rimpianti e l’ultimo posto al Grand Prix. Era giunto il momento di andare oltre.

Con un gesto deciso si tolse la maglietta e la lasciò cadere di fianco a lui mentre si buttava sotto la doccia. “È gelata!!! È gelata!!!” gridò quando sentì l’acqua fredda entrare in contatto con il suo corpo. “Victor…!!” esclamò Yuuri uscendo dal getto d’acqua.

Victor se la stava ridendo di gusto vicino a lui, tenendosi la pancia e scompisciandosi dalle risate. “Non mi sono mai divertito tanto in vita mia!” esclamò tra una risata e l’altra.

“Dove hai vissuto fino adesso?” domandò Yuuri offeso mettendo il broncio.

“Nella grande Madre Russia!” Victor rise e gli lanciò un po’ d’acqua. “Lascia che il corpo si abitui alla temperatura!”

“È impossibile!” borbottò il giapponese schivando l’acqua con uno scatto felino.

“Andiamo, Yuuri!”

“Me ne torno sulla sedia a sdraio!”

“Makkachin!” sbottò Victor all’improvviso e Yuuri ebbe a malapena il tempo di voltarsi che si ritrovò letteralmente scaraventato a terra sotto la doccia. Il cane gli impediva di muoversi e non poté fare a meno di lasciare che l’acqua gli accarezzò i capelli e tutto il corpo, mentre rabbrividiva per il freddo.

“Com’è?” domandò Victor.

“Orribile!”
“Aspetta di vedere ora, allora!” Victor gli lanciò addosso altra acqua e Yuuri si difese facendo lo stesso. Lo osservò ridere di gusto e continuare a togliersi l’acqua dal volto e dai capelli. Si stava davvero divertendo… si domandò da quanto tempo non aveva modo di passare un momento come quello… e la stessa cosa valeva per lui. Se Victor era stato costretto a chiudersi in casa per via del suo incidente, Yuuri lo aveva fatto per colpa di se stesso. Quei giorni dovevano finire…

Victor aveva ragione, dopo un po’ ci si abituava alla temperatura. Iniziò a sentire una musica molto movimentata, provenire dagli altoparlanti della piscina e iniziò a muoversi al ritmo della musica.

“Wow!!! Yuuri Katsuki parte all’attacco! Non lo ferma più nessuno ora!” esclamò Victor mentre gli spingeva la testa sotto l’acqua.

Yuuri scoppiò a ridere e cercò di fare lo stesso, stava ridendo talmente tanto che sentiva i muscoli degli addominali contrarsi e gli occhi riempirsi di lacrime dal troppo riso. Makkachin continuava a saltare e abbaiare intorno a loro, zuppo dalla testa ai piedi.

Yuuri approfittò di un momento di distrazione di Victor per ricambiare l’attacco e tutti e due si trovarono a spingersi la testa l’un l’altro mentre cercavano di calmare le risate.

“Come ti senti?” domandò Victor.

“Non sono mai stato meglio in vita mia!” rispose Yuuri e stavolta diceva sul serio.

“Anche io!” esclamò Victor e in quel momento sentirono la presenza di qualcuno vicino a loro. Entrambi si guardarono negli occhi impauriti prima di voltarsi all’unisono.

Le tre gemelline se ne stavano in piedi con una mano sul fianco, i corpi avvolti nei loro costumini interi e l'altra mano impegnata a stringere delle pistole ad acqua.

“Mi dispiace, Victor!” fece in tempo a esclamare Yuuri, prima che le gemelle si scaraventassero su di loro.

“All’attacco!!!!!!”

***

Il ritorno a casa era stato tranquillo e piacevole. Yuuri aveva notato che Victor aveva una sorta di routine ogni sera prima di andare a dormire. Dopo essersi rilassato nel bagno caldo, faceva un po’ di stretching ed esercizi per il ginocchio e delle volte andava persino a correre la mattina presto per tenere allenata l’articolazione. Immaginò che avrebbe rinunciato alle corsette dopo lo spiacevole incidente del giorno prima.

“Ahhhh ci voleva proprio un bel bagno caldo oggi.” Esclamò Victor con ancora i capelli bagnati, mentre assieme si avviavano nelle rispettive stanze.

“Le piccole non hanno avuto pietà, eh?” ridacchiò in risposta. Yuuri non aveva molta voglia di passare la serata da solo. Ultimamente rimaneva troppo spesso sveglio a pensare alla gara con Yurio e si sentiva talmente nervoso che non riusciva a prendere sonno.

“Yuuri, stai dormendo in questo periodo? Ti vedo un po’ stanco.” Esclamò Victor e il ragazzo si grattò la nuca colto nel segno.

“Beh…”

“Vieni, c’è una cosa che volevo mostrarti.” Victor gli prese un polso e si diressero verso la sua stanza. Yuuri era stato spesso nella stanza di Victor, ancor prima che fosse la stanza di Victor a dire il vero, ma non si era mai soffermato a vedere come il russo l’avesse sistemata per la sua permanenza. A parte il letto al centro della stanza, Victor si rifiutava di dormire sul futon, il resto aveva un aspetto molto sobrio e semplice. Si vedeva che non aveva proprio bisogno di nulla. La cosa che però attirò subito la sua attenzione, fu la mancanza di specchi da ogni parte si volgesse lo sguardo. E ora che ci pensava, non aveva mai visto Victor specchiarsi molto spesso.

Si sedette per terra, nello stesso punto dove si era seduto la sera prima, e Makkachin si mise vicino a lui, aspettando anche lui Victor. “Cosa vuoi farmi vedere?”

“Questa!” Victor gli mostro una scatola, la poggiò per terra e si sedette sul letto, iniziando la solita routine per il ginocchio. Iniziò prima dal basso, facendo dei movimenti concentrici con le dita, sempre più su, e poi ricominciava da capo. La cicatrice era ancora rosea, molto profonda da quello che poteva notare Yuuri.

Distolse lo sguardo dal suo ginocchio, poi aprì la scatola e spalancò la bocca dalla sorpresa. “Sono… non ci posso credere!” erano un plico di lettere, disegni e buste tenute assieme da un elastico e vicino una serie di foto che ritraevano Victor in vari posti e occasioni della sua vita.

“Le ho conservate tutte. Era da un po’ che volevo mostrartele, ma direi che oggi era il momento giusto.”

Yuuri prese la prima lettera e si portò una mano in volto per l’imbarazzo. C’era una scritta in giapponese e poi la traduzione inglese in una pessima calligrafia.

Il mio idolo, Victor. E sotto una foto di Victor con una medaglia al collo che vinceva il suo primo Grand Prix Senior. Si susseguivano una serie di lettere simili, man mano che il tempo passava c’erano sempre più scritte in inglese e interi discorsi.

“In quelli avevi imparato l’inglese?”

“Avevo supplicato la mia professoressa di inglese di darmi lezioni private.” Ammise Yuuri continuando a scorrere le lettere. “È davvero imbarazzante! Perché le hai conservate?”

“Perché mi aiutavano nei momenti in cui volevo mollare tutto. Non credere che sia sempre stato rose e fiori per me, anche io avevo i miei alti e bassi.”

“Questa è l’unica che ti ho mandato dopo che sei caduto.” La lettera non era come quelle precedenti. Yuuri era cresciuto ormai, non aveva neanche più avuto il tempo di scrivere delle lettere, ma aveva sentito che fosse giusto mostrare a Victor il suo supporto e la sua vicinanza. Era consunta, come se Victor l’avesse letta più di una volta. Lo guardò. Nessuno dei due disse niente, così Yuuri la rimise accuratamente al suo posto.

“Non ero neanche sicuro che leggessi davvero le lettere dei fan. Figuriamoci le mie.”

“Le tue erano le uniche che aspettavo con ansia. Mi è dispiaciuto quando hai smesso di scriverle.” Yuuri arrossì e mise da parte le lettere per guardare le foto. Ritraevano Victor in vari posti del mondo, in Russia, Cina, America. Per lo più erano foto di Grand Prix o mondiali, foto di lui sui pattini che si allenava o addirittura servizi fotografici o pubblicità. Non c’erano foto di sua madre o suo padre, o di qualche fratello e sorella. Ne prese una che lo ritraeva durante una finale a Tokyo, riconosceva la scritta alle sue spalle. Non si accorse che c’era un’altra foto attaccata dietro, quindi quando la prese, quella si staccò e finì per terra tra le sue gambe. Victor era ancora impegnato col ginocchio, quindi non si accorse subito della sua espressione quando la vide.

“Da quando canti? È una foto al karaoke?” esclamò ridacchiando e Victor alzò subito lo sguardo verso di lui. Era impallidito, come se avesse appena visto un fantasma.

“No. È un concerto.” Disse telegrafico, tornando a concentrarsi sul ginocchio. I movimenti, però, erano diventati più lenti e irregolari rispetto a prima. Yuuri guardò di nuovo la foto. “wow, avevi una band? Qui non potevi avere più di diciotto anni. Quando trovavi il tempo di cantare?”

Victor si alzò e prese la scatola e la foto che Yuuri aveva in mano, rimise la scatola a posto e si rigirò la fotografia tra le mani. “Non è niente di importante.”

“Come no? Se sai cantare, potremmo andare al karaoke quando la stagione sarà finita. Mia madre dice che sono stonato, ma ora sono curioso.”

“Yuuri, ho detto che non è importante.” Sentenziò Victor e Yuuri lo guardò un po’ confuso. Aveva completamente cambiato umore, continuava a tenere la fotografia in mano senza però guardarla.
“Mi dispiace.” Esclamò Yuuri. “Non volevo impicciarmi negli affari tuoi.”

“Forse è meglio che tu vada a dormire. Domani riprenderemo gli allenamenti da dove li abbiamo lasciati.” Esclamò Victor, mentre infilava la fotografia sotto al cuscino.
“Sì.” Yuuri si alzò e si diresse verso la porta. Makkachin reclamò un saluto e Yuuri gli accarezzò la testa e guardò Victor un’ultima volta. “Prenditi cura di lui, ok?” esclamò in giapponese al cane. “Allora io vado, a domani. Buona notte, Victor.”

“Buona notte, Yuuri.”

***

Non aveva la minima idea di come quella foto fosse finita in mezzo a tutte le altre. Non l’aveva mai vista prima, non sapeva neanche che l’avesse fatta stampare. La prese da sotto il cuscino. Chiuse gli occhi e poi li riaprì. Rimase a fissarla per quelli che potevano essere state ore, o minuti, non lo poteva sapere dato che il tempo si era come fermato. Makkachin arrivò a confortarlo e annusò la foto, come se potesse annusare il suo odore ad anni di distanza. Guaì e Victor rimise la foto sotto il cuscino.

“Lo so.” Esclamò debolmente. “Andiamo a dormire.” Il cane saltò sul letto e aspettò che Victor si mise sotto le coperte prima di appoggiare la testa sul suo fianco.

Dovresti tagliarli. Sussurrò una voce nella sua testa e Victor si accigliò. Non avrebbe dormito neppure quella notte.
 
***

Note dell'autore: 
Salve a tutti :) 
Come si può facilmente notare, questo capitolo è stato ispirato dalla sigla finale dell'anime e rappresenta, nella mia visuale, un momento divertente e particolare e forse anche il primo momento intimo tra Yuuri e Victor. Spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno quanto è piaciuto a me scriverlo. Colgo l'occasione per dire che questa prima parte della storia sta volgendo al suo termine, ma... sto già scrivendo il continuo, quindi ci sarà presto un seguito. Spero che la storia vi stia piacendo finora. 
A presto e al prossimo capitolo ;) 

Sion. 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12   
 

“Sei sicuro che possiamo usarli?” esclamò Yuuri mentre rovistava tra gli scatoloni che Victor si era appena fatto spedire da casa.

Dopo la piacevole pausa al mare, non c’era molto tempo rimasto prima dell’esibizione. Le prove di Yuuri andavano molto meglio, finalmente era riuscito ad eseguire la coreografia senza cadere, ora doveva solo concentrarsi per tirare fuori l’eros di cui aveva bisogno.

“Certo. Mi sono reso conto che non abbiamo molto tempo per trovarvi dei costumi adatti. E l’estetica durante un’esibizione è molto importante.” Esclamò Victor con un dito alzato e l’aria molto intellettuale. “Quindi ho deciso di farmi arrivare da casa tutti i costumi che ho indossato durante la mia carriera.”

Yurio non aveva prestato attenzione a una sola parola, e stava già revisionando uno per uno gli scatoloni.

“Wooooo!” sbottò Yuuri all’improvviso. “Questo è quello che hai indossato all’ultimo Grand Prix!”

Victor si alzò e glielo prese tra le mani, forse un po’ troppo bruscamente. “Questo… questo è meglio di no.” Lo buttò in una pila lì di fianco e calò il silenzio. Yuuri e Yurio si guardarono per un po’, poi fu Yurio a spezzare il silenzio. “Ehi, Katsudon, non prendere nulla di più bello del mio!”

Quel commento riportò un po’ di buon umore e l’atmosfera si fece più leggera.

“Ci sono un sacco di vestiti dall’aria stupida…” borbottò poi Yurio.

“Così mi offendi!” esclamò Victor imbronciato.

Yuuri continuava a guardare negli scatoloni quando qualcosa catturò la sua attenzione. “Non ci credo!!!!” urlò all’improvviso e sia Victor che Yurio si voltarono perplessi.

“Questo è… quello della coppa mondiale Junior!” spiegò Yuuri con occhi luccicanti. La sua camera era piena di poster che ritraevano Victor con quel costume e ora lo stringeva tra le mani.
“Oh in quel periodo avevo i capelli lunghi, quindi il mio costume doveva suggerire un aspetto androgino.”

Giusto… pensò Yuuri. Aveva anche un video sul computer di quella coreografia, se la sarebbe rivista una volta che si fosse messo a letto. Era la sua esibizione preferita e a quei tempi aveva solo 16 anni. “Scelgo questo!” esclamò entusiasta.

“Ottimo. Yurio, tu hai deciso?”

“Sì questo.” Yurio aveva scelto quello che Victor aveva indossato al suo debutto nella categoria Senior.

“Adesso tutti a dormire. Domani vi aspetta una giornata impegnativa.”

Dette quelle parole, diedero la buona notte a Yurio e andarono insieme verso le loro stanze.

Victor sbadigliò e lo guardò con occhi stanchi. “Mi raccomando, Yuuri, riposati.”

Yuuri annuì felice. “Grazie ancora per il costume. Oyasumi, Victor!”

Oyasumi!” gli rispose Victor e poi entrambi entrarono nelle loro stanze.

Yuuri rimase sveglio a guardare l’esibizione di Victor. Era solo un ragazzo in quella esibizione, ma la sua espressione sembrava quella di un adulto. Era difficile distinguerlo da una ragazza, e per tutto il programma era stato serio, composto e molto espressivo. Davvero un professionista. Quando aveva terminato l’esibizione, aveva abbassato le mani e fatto un inchino, non aveva perso la sua compostezza fino alla fine. Yuuri sentiva che non era abbastanza, non era ancora pronto. Mancava ancora qualcosa alla sua esibizione. Victor lo aveva allenato fino a quel momento, gli aveva dato il suo costume e confidava in lui. Prese la sua giacca e i pattini e uscì.

Non poteva deluderlo.

***

Il giorno dell’evento era arrivato. Yuuri non aveva dormito molto, aveva passato tutta la notte nello studio di danza di Minako, a farsi insegnare come riuscire ad essere il più sensuale possibile. Erano successe un sacco di cose in quelle ultime settimane. Prima l’arrivo di Victor, poi vederlo pattinare per la prima volta, l’arrivo di Yurio, il contest e infine lo spavento quando Victor era svenuto. Riusciva a stento a credere di essere sopravvissuto a tutto quel mix di emozioni.

Mancava solo un’ora all’inizio della competizione, si era già messo il costume, che per fortuna gli andava bene, anche se non faceva lo stesso effetto che aveva avuto su Victor, e il suo coach gli stava pettinando i capelli all’indietro così non gli avrebbero dato fastidio durante l’esibizione.

Si sentiva estremamente rilassato in quel momento, si era tolto gli occhiali e aveva chiuso gli occhi. Gli piaceva quando qualcuno gli pettinava i capelli, aveva un effetto rilassante su di lui.

Victor si bagnò le mani con il gel e le passò tra i suoi capelli, tirandoli per farli aderire bene sulla nuca. Senza occhiali e i capelli tirati all’indietro, Yuuri aveva un aspetto diverso, più adulto. Appuntò i capelli più ribelli con delle forcine e poi gli poggiò le mani sulle spalle.

“Ecco fatto.” Esclamò mentre gli passava lo specchio. “Che te ne pare?”

“Perfetto!” rispose Yuuri mentre si specchiava e annuiva “Grazie, Victor.”

Victor sorrise e si lavò le mani. “Bene, resta seduto.”

Yuuri ubbidì e poi lo vide avvicinarsi con un eyeliner in mano.

“Non mi sono mai truccato, prima d’ora.”

“Beh, c’è sempre una prima volta no?” esclamò Victor ridacchiando. “Chiudi gli occhi.”

Yuuri ubbidì di nuovo e sentì il contatto con la punta dell’eyeliner sugli occhi, mentre Victor gli teneva fermo il mento con l’altra mano. Quando ebbe finito con entrambi gli occhi gli applicò un po’ di fondo tinta. “Adesso sei pronto!” esclamò passandogli di nuovo lo specchio.

Yuuri non riuscì a riconoscere la persona che ricambiava il suo sguardo nello specchio. Era davvero lui? E dove aveva imparato Victor ad applicare il trucco così bene?

“Da ragazzo mi truccavo sempre da solo prima dell’esibizione.” Esclamò Victor, come rispondendo alla domanda che Yuuri aveva solamente pensato.

“Wow… stupefacente.”

“Mi raccomando.” Riprese Victor “Fai vedere a tutti quello che vali e soprattutto… divertiti!”

Yuuri annuì determinato. “Victor… non ti deluderò!”

“Lo so che non lo farai.” Victor sorrise e gli strinse la spalla come incoraggiamento. Yuuri non sapeva bene che cosa provasse ogni volta che Victor gli rivolgeva quegli incoraggiamenti, ma sapeva che avrebbe fatto di tutto per non smettere di riceverli e soprattutto… per continuare ad allenarsi con lui.

“Allora andiamo?” Victor gli tese la mano e Yuuri l’afferrò senza esitazione.

Hai!”
 

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