Once upon a time in Thunderfrost...

di Isidar27
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L’oro sotto la cenere ***
Capitolo 2: *** Vorrei…vorrei…vorrei… ***
Capitolo 3: *** Ciò che più ti sta a cuore ***
Capitolo 4: *** Che occhi grandi hai... ***
Capitolo 5: *** Te lo prometto! ***
Capitolo 6: *** Un tuo bacio il sonno spezzerà…? ***
Capitolo 7: *** Per sempre noi ***



Capitolo 1
*** L’oro sotto la cenere ***


Note d’incipit: Ciao a tutti! Due paroline di spiegazione.
Questa storia inizia con la presenza di un paio di personaggi della serie “Trust my love!”.
Niente paura se non l’avete letta, se vorrete scorrere fino alla frase “C’era una volta un principe…” scoprirete che la fiaba è completamente slegata dalla serie. Ci vediamo in fondo e buona lettura! =)

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 L’oro sotto la cenere 

Shake and quiver, little tree,
Throw gold and silver down to me.

 

«Papàààààà!» 

Thor si precipitò come il fulmine di cui era il dio dalla cucina alla camera da letto dei suoi bambini e fece giusto in tempo.
Fred si era arrampicato nella parte superiore del lungo armadio dei vestiti che i bambini dividevano e lui e Trick vi si erano barricati cercando invano di evitare che Kate, con la sua spada di legno e tra grida di guerra, li raggiungesse.
Purtroppo per loro nemmeno le cuscinate con cui si stavano difendendo sembravano far desistere la bambina. 

«Papà!» chiamò ancora Fred in lacrime «Per favore!»

«Combattete codardi se ne avete il coraggio!» urlava la bambina; a giudicare dal graffio che aveva sul braccio sinistro doveva aver provato ad attaccare anche il micino che adesso le soffiava contro vivacemente.

Thor tirò un sospiro e si avvicinò all’armadio «Bambini, ma che state combinando?»

«Io stavo leggendo, Trick dormiva sulla mia pancia e Kate mi ha preso il libro e ha cominciato a inseguirci con la sua spada di legno!» Rispose il bambino. 

«Ti avevo chiesto di leggere a voce alta la storia. Tu invece non l’hai fatto per farmi dispetto!»

«Tu non vuoi mai sentire le storie lette da me, vuoi vedere solo le figure!»

«NON È VERO!»

«INVECE SI!»

«MIAAAAO!»

«Adesso basta!» esclamò deciso Thor. I due bambini si fermarono e lo guardarono ammutolendosi. «Allora per cominciare Freddi esci fuori da quell’armadio e Kate metti giù la spada!»

I bambini obbedirono anche se non senza darsi un paio di reciproche spinte. Thor si affacciò nell’armadio constatando che tutti i vestiti erano stati spiegazzati e appallottolati. Sospirò.

«Filate a letto tutti e tre!»

«Ma papà io non ho sonno» iniziò Kate.

«E io volevo leggere…»

«Perché tu puoi e io non posso sentire?»

«Basta così.» intervenne il padre intuendo che una nuova discussione stava per scatenarsi «Dormirete entrambi. Guardate che disastro avete combinato! E nell’unica sera in cui vostro padre non c’è per giunta. Mi ucciderà quando vedrà questa confusione. Perciò adesso voi due filate sotto le coperte e io metterò a posto. Con un po’ di fortuna potrò tornare a fare quello di cui mi stavo occupando giusto in tempo prima che arrivi.»

«Perché cosa stavi facendo?» chiese Kate tranquillamente.

Il biondo arrossì preso in contropiede «Ecco veramente…domani è san Valentino…stavo-stavo solo…»

I bambini si scambiarono un’occhiata. 

«Stavi facendo dei biscotti per papà vero?» Buttò lì Fred.

«Magari a forma di cuore?» aggiunse Kate dispettosa.

«I-io beh mi sembrava carino insomma…vostro padre odia questa cose, ma trattandosi di dolci ho pensato che magari…»

I due bambini si guardarono di nuovo e si sorrisero complici.

«Papààà…» iniziò Kate con finto tono angelico «possiamo aiutarti?»

«Assolutamente no!» Fu la risposta secca del biondo. 

«Per favoreeee!» Dissero in coro.

«Mi avreste aiutato se foste andati a letto anziché fare danni!»

«Ma non è giusto! E poi è anche nostro padre» insistette Fred.

«Si Freddi ha ragione, anche noi lo amiamo e vogliamo fargli un regalo per San Valentino!»

Thor ci pensò un momento, ma quell’attimo di esitazione permise ai suoi bambini di mettere su un  faccino innocente e degli occhioni compassionevoli che non gli lasciarono vie di fuga: di fatti  Thor non era noto per mantenere il pugno di ferro…soprattutto coi suoi bambini! 

«Ah e va bene!» Si arrese alla fine.

«SIIIIII!» esultarono i due.

«Ma prima mettete a posto questo disord…» non aveva fatto in tempo a fine la frase che i due si erano già messi all’opera in fretta e furia «ehm si allora vi aspetto di sotto con le mani lavate!»

Una volta pronti Fred e Kate seguiti dal piccolo Trick raggiunsero Thor in cucina.
Il biondo tirò fuori dal frigo una bella ciotola ricolma di pasta frolla al cioccolato e la sistemò sull’isola della cucina dove i tre avrebbero impastato.

«Allora…» iniziò dando ad ognuno dei suoi bambini un po’ di impasto «dobbiamo stenderla e poi fare delle formine la mia è…» 

«A forma di cuore… lo sappiamo usi sempre quella.» Disse Kate sbuffandosi via una ciocca di capelli dal viso.

«Io voglio quella a forma di fiocco di neve che usiamo per i biscotti allo zenzero.» disse Fred afferrandola. Trick che poteva fare solo da spettatore benché ancora molto piccolo saltò su uno sgabello accanto a Fred e allungò curioso il musetto.

«E io prenderò…questa» concluse Kate afferrandone una a forma di nuvola.

«Va bene allora dopoché avrete preparato le formine di pasta li inforneremo e quando saranno pronti potremo glassarli e decorarli. Coraggio bambini iniziamo.»

«Papà? Ma come mai papà non c’è stasera?»

«É con vostro zio Steve. Sono andati ad una serata di musica jazz. Tornerà verso mezzanotte da quello che ho capito e poi passerà a darvi il bacio della buonanotte, perciò a quell’ora voi due dovrete farvi trovare a letto.»

«Mmm sono già quasi le dieci, sarà meglio sbrigarci» disse Kate iniziando a stendere l’impasto velocemente col suo mattarello.

«Farò prima di te Kate!» 

«Scommettiamo Freddi? Farò più nuvole di te!»

Thor scosse la testa rassegnato, ma li imitò o conoscendo i suoi bambini non ci sarebbe stato posto per nemmeno un biscotto a forma di cuore!
I bambini ci misero poco tempo a realizzare le prime formine di pasta e a passarle al padre che preparò una teglia per la prima infornata.

«Papà intanto che cuociono i biscotti ci racconti una storia?» propose Kate che con le maniche del pigiama alzate si strofinò il dorso della manina sulla fronte per spostarsi ancora i capelli prima di prendere altra pasta e farina.

«Si papà tanto ci vorranno almeno quindici minuti per infornata no? E così intanto facciamo gli altri!»

«E va bene bambini. Allora che storia volete sentire?»

«Una fiaba!» Rispose sicuro Fred.

«Però, siccome domani è San Valentino, i protagonisti fateli tu e papà!» continuò Kate.

Thor non era bravo come Loki ad inventarsi le fiabe, il compagno per di più adorava mimarle ai suoi bambini con figure create con la magia, ma quello non era il suo campo.
Fortunatamente se ne ricordava qualcuna tra quelle che raccontava Loki: poteva cercare di prendere spunto da quelle.

Ci pensò un istante «Ehm suggerimenti?»

«Mmm..» pensò Kate «che ne dici di Cenerentola?»

«Ma bambini…ci sono tanti personaggi! Come faccio a…»

«E tu inventa papà! È una fiaba, i personaggi mica devono essere tutti veri!» Ribatté Fred «E mettici degli animali!»

«Si e un cattivone da battere!» Rincarò Kate.

«Si ehm d’accordo ci provo.» 

I bambini si misero in ascolto e Thor, preso un respiro, iniziò il suo racconto. 

«C’era una volta un principe dai lunghi capelli dorati e dagli occhi blu come il mare. Il principe era appena tornato nel suo reame, Asgard, dopo una cruenta e lunga battaglia che era costata la vita a molti dei suoi soldati quando ricevette una notizia inaspettata…

Sbatté le grandi porte dorate senza curarsi di aver usato troppa forza e ritrovandosi in quello studio che ormai conosceva bene. Si diresse senza indugio fino alla scrivania anch’essa dorata dove un uomo molto vecchio stava  ricurvo in avanti ed era intento a firmare delle carte. Vi sbatté sopra le mani con forza tanto che il corvo nero appollaiato sul posatoio lì accanto gracchiò contrariato.

«Un ballo?!» domandò il principe Thor adirato come non mai. Il giovane principe sui ventotto anni e dai lunghi capelli biondi che gli raggiungevano le spalle era infuriato come poche volte nella sua vita, ma questo non sembrò suscitare alcuna reazione nel vecchio che gli stava seduto davanti.

Re Odino piuttosto mantenne lo sguardo sulle carte continuando nel suo lavoro «Si, mi pareva un buon modo per darti il bentornato a casa.»

«Bentornato?! Ero in guerra a combattere per Voi padre, ho visto dolore e violenza e non faccio in tempo ad abbracciare mia madre, la regina, che ricevo la notizia che sarà dato un ballo in mio onore!»

«Preferivi una messa?»

Il ragazzo sbatté nuovamente un pugno sul tavolo. 

«Sono stato via due anni! Due anni! E ho perso molti dei miei uomini. Non c’è niente da festeggiare. Inoltre non si è mai dato un ballo, odio i balli lo sapete bene. E allora perché proprio stavolta ne avete indetto uno?»

Il vecchio sospirò decidendosi infine ad abbandonare le carte e a sollevare il suo unico occhio buono, l’altro l’aveva perso molti anni prima durante una sanguinosa battaglia con un regno vicino, sul suo unico figlio.

«Perché, Thor, ormai hai compiuto ventott’anni ed è il momento che tu scelga chi avere al tuo fianco per il resto della vita. Ci saranno i giovani e le giovani appartenenti a tutti le classi nobiliari del regno. Confido che ci sarà qualcuno di tuo gradimento.»

«Perché?» Chiese ancora più furioso il principe che si aspettava perfettamente di ricevere quella risposta.

Il vecchio re non si scompose di un millimetro anzi proseguì tranquillo. 

«Perché o così o te lo organizzerò io stesso un matrimonio! Sono stufo che rischi la vita sul campo di battaglia come un ragazzino sconsiderato, non ti avevo chiesto io di partire, lo hai deciso tu stesso! Ma è ora che ti assumi le tue responsabilità di principe e che prendi il mio posto. Io sono stanco e vecchio ormai.»

«Tsk allora forse è proprio la vecchiaia ad avervi rincitrullito perché io non mi sposerò mai!»

A quel punto il re scattò in piedi e il suo sguardo, come il suo tono di voce, divenne imperioso e severo.

«Tu farai come ti dico e basta! Non sei nella posizione di decidere da solo del tuo futuro! Devi fare ciò che è meglio per il tuo regno. Fine della storia!»

Il principe e il vecchio sostennero l’uno lo sguardo dell’altro finché il giovane, fin troppo stufo, diede le spalle al padre e girando sui tacchi si diresse all’uscita.

«Ho bisogno di un altro cavallo.» disse continuando a camminare «Il mio è caduto in battaglia!»

«Te ne farò avere un altro…»

«No, voglio sceglierlo io stesso. Se vuoi che scelga un consorte va bene, ma voglio essere pronto se la battaglia chiama e voglio avere un mio cavallo!»

«Allora devi andare dal Marchese di Laufeyson, lui possiede i cavalli migliori di tutto il regno. Lì ne troverai uno, ma vedi di non perdere troppo tempo! Il ballo è domani e tu devi ancora…»

Ma il principe uscì dallo studio senza nemmeno lasciarlo finire.

 

Villa Laufeyson quella stessa mattina

«Ti sembra lavato bene?» Ringhiò il giovane dai capelli corti e castani strattonando per un braccio un altro più basso di lui «Esigo che tu rilavi questo capo finché non sia di un bianco splendente, hai capito Loki?!» Urlò ancora al giovane che stava strattonando.

Questi era un ragazzo dalla pelle bianca e dai capelli neri come la notte tagliati alla metà del collo e morbidi come la seta. Aveva  due occhi verdi come smeraldi, ma tristi benché pieni di orgoglio. Indossava una vecchia camiciola grigia e rovinata, pantaloni morbidi e un paio di stivali consumati e pieni di buchi. Infine era molto più esile dell’armadio che gli stava ringhiando contro. 

«E non guardarmi così!» continuò l’altro alzando una mano come per colpirlo, ma fu fermato.

«Bylistr adesso basta!» A parlare era stato un uomo alto e ben vestito coi capelli grigi e i lineamenti duri.

«Ma padre!» Si lamentò quella sorta di energumeno. 

«Ti ho detto…basta. Mi occuperò io di lui.»

Il giovane castano lasciò il braccio del ragazzo e si allontanò rivolgendogli un’occhiataccia minacciosa. 

Loki si toccò il punto sul braccio dove sicuramente sarebbe spuntato un nuovo livido mentre il nuovo arrivato muoveva qualche passo verso di lui «Di nuovo fai arrabbiare i miei figli.» disse fissandolo duramente.

«Ma padre…» uno schiaffo sibilò nell’aria andando a colpire la guancia del giovane con una tale forza da costringerlo a tenersela per il dolore.

«Non osare chiamarmi così, non ne hai alcun diritto! Svolgerai il doppio delle tue mansioni oggi come punizione per la tua insolenza! Ma prima vedi di sparire: avremo visite importanti oggi e gradirei che non ti facessi notare» dopodiché si guardò intorno.

La grande cucina della villa in cui la famiglia abitava era pulita: tutti i ripiani in legno scuro ben lucidati, il pavimento spazzato e le stoviglie lavate e sul tavolo ad asciugare.
C’era solo un grande cumulo di cenere accanto al camino che andava portato ancora fuori.
L’uomo ghignò.

«E quella cenere?» 

Il ragazzo si voltò, ma proprio allora l’uomo gli diede una leggera spinta che gli fece perdere l’equilibrio: Loki crollò sopra la cenere insozzandosi i già miseri abiti che portava e facendo inoltre sollevare la polvere grigia che si posò ovunque nella stanza.

«E pulisci questo disastro Loki!»

E dandogli le spalle l’uomo lo lasciò solo in cucina.

Il giovane si tirò su dalla polvere e tossì. Si guardò intorno: i piani di legno e il tavolo erano sporchi adesso, la polvere sottile si era parsa persino su alcune stoviglie pulite.
Strinse i pugni e ingoiò amaramente dopodiché afferrò una scopa e cominciò a pulire. 


Non passarono che un paio d’ore da quell’avvenimento che due cavalieri giunsero a villa Laufeyson.
Il principe Thor smontò da cavallo e si prese il tempo di osservare quella dimora.
La villa era un casolare bianco e molto grande, in perfetto stile dei primi del 1800: ettari di campi verdi si estendevano tutto intorno ed erano circondati da una folta foresta di alberi.

«Questo marchese è molto ricco, vero Sir Fandral?»

«È così mio principe.» rispose il Granduca e amico che lo accompagnava «Il Marchese di Laufeyson possiede queste terre e le bestie migliori del regno. Ha elargito molti doni al sovrano, vostro padre, ma detto tra noi Maestà credo sia solo perché vuole ingraziarsi il re perché consideri una posizione nell’esercito reale per i suoi eredi. Pare abbia due figli maschi.»

«A me basta che abbia un cavallo e poi i suoi interessi sai dove può metterseli?»

I due risero avviandosi all’ingresso della villa dove già il Marchese era giunto ad aspettarli.

«Mio principe, Vostra Grazia, un vostro araldo mi ha informato della vostra venuta. Permettete che mi presenti: sono il Marchese di Laufeyson e questi due giovani» disse indicando due ragazzi castani e ben piazzati proprio dietro di sé «Sono i miei figli Helblindi e Bylistr. Siamo onorati di avervi qui oggi.» terminò con un inchino e fu seguito a ruota dai due alle sue spalle.

«Grazie Marchese della vostra accoglienza, come saprete sono qui per un cavallo.»

«Ovviamente e io sono in possesso dei migliori del regno. Vi faccio strada fino alle scuderie, sono proprio qua dietro.» 

Guidati dal Marchese il Principe e il Granduca raggiunsero le scuderie: la struttura era molto ampia, lunga e luminosa. Quindici magnifici cavalli erano posizionati tutti su uno stesso lato ognuno vicino all’altro nei loro box.

«I vostri cavalli sono delle bestie magnifiche, Milord.» osservò Fandral.

«Si, io personalmente verifico ogni giorno le loro condizioni.» Spiegò il Marchese e li condusse da  un cavallo bianco a macchie grigie.

«Se sua Maestà mi permette vi consiglio Octavius. È un cavallo forte e veloce. Adatto di certo alle battaglie.»

Il principe osservò il cavallo avvicinandosi piano ed accarezzandolo, ma la sua attenzione fu distratta dal box vuoto accanto. In quel momento udì un nitrito lontano e istintivamente gettò uno sguardo fuori dalla finestra alle sue spalle. Dal vetro chiuso poté notare un giovane dai capelli neri cavalcare un bellissimo cavallo nero e condurlo verso il bosco alla fine del campo. Il giovane cavaliere era elegante, era fiero, ma soprattutto, seppur lontano, al principe sembrò bellissimo.
Un moto di elettricità pervase il principe a quella vista.

«Posso provarlo?» chiese di getto indicando il cavallo che gli era stato proposto. «Vorrei fare una cavalcata, se mi è concesso.»

«Ma sicuro Maestà! I miei campi e la mia foresta sono a Vostra disposizione,  desiderate che uno dei miei figli vi accompagni?»

«No grazie, preferirei andare da solo.»

Il Marchese annuì e in un battibaleno il cavallo fu sellato e il giovane vi salì spronandolo verso la foresta.

 

Loki smontò dal suo cavallo e gli accarezzò il muso con delicatezza dandogli un po’ di biada. Mosse poi qualche passo verso il punto che desiderava: una croce in legno situata tra gli alberi e piantata su una montagnetta di terra coperta interamente da tanti sassolini bianchi.
Alcuni fiori ormai appassiti vi erano sopra. Il ragazzo li prese e li sostituì con alcune margherite fresche dopodiché rimase in silenzio accanto alla tomba.
Non passarono che pochi minuti che un rumore alle sue spalle lo fece sobbalzare e voltare di scatto. Temette fosse il Marchese, ma contrariamente a quello che si sarebbe aspettato si trovò davanti un giovane biondo e dagli occhi azzurri.

«Perdonatemi non volevo interrompervi o spaventarvi.» disse gentile il giovane smontando da cavallo.

Loki lo studiò con circospezione: era ben vestito e aveva una spilla appuntata al petto a forma di fulmine simbolo del re di quel paese. Notò  anche il cavallo alle sue spalle, ma non fece in tempo ad aprir bocca che l’altro lo anticipò. 

«Posso chiedervi il vostro nome?»

«E perché dovreste?» Rispose freddo Loki stupito da quella domanda.

«Beh perché è buona creanza presentarsi se non ci si conosce, non credete?»

Loki lo guardò con sospetto prima di rispondere «Mi chiamo Loki.»

«Molto piacere Sir Loki.»

“Ma è pazzo? Sir io?” Pensò il giovane mentre l’altro gli rivolgeva un piccolo inchino.

«Siete della famiglia Laufeyson?» proseguì l’altro nel suo interrogatorio.

«S-si il Marchese di Laufeyson è mio…padre»

«Davvero? Non sapevo avesse tre figli»

«Non mi stupisco, nemmeno lui se è per questo mi considera tale»

Il principe abbassò lo sguardo temendo di aver toccato un tasto dolente «Oh…e dunque voi di cosa vi occupate Sir Loki a casa Laufeyson?»

«Ecco io…» “Non posso certo dire a un tipo come lui che sono uno sguattero, andrà bene una mezza verità?”, ma perché se ne preoccupava poi?

«Io mi occupo… dei cavalli.»

«Ah allora è merito vostro se i cavalli che ho visto sono tutti così meravigliosi.» 

Loki arrossì per quel complimento; nessuno gliene faceva mai uno, nemmeno suo padre nonostante lui si sforzasse di tenere al meglio e curare ogni giorno i suoi cavalli per compiacerlo. 

«Non comprendo proprio il perché vostro padre non parli di voi. Posso chiedervelo se non sono troppo indiscreto?»

«Lo siete.» rispose freddo Loki decidendo che quello sconosciuto voleva saperne un po’ troppo per i suoi gusti. «Ora se non vi dispiace.» fece per superarlo, ma il giovane gli afferrò con delicatezza un polso.

«Vi prego non andate.» Lo pregò.

Loki lo guardò involontariamente e si perse in quell’oceano di blu che erano gli occhi del giovane rimanendovi intrappolato come un pesciolino in una rete.

«Non volevo offendervi.» Continuò l’altro gentile.

Il moro rimase in silenzio poi scosse la testa e si riprese «E voi?»

«Io cosa?»

«Qual è il vostro nome? Non me lo avete detto.»

“Questo giovane non sa chi sono” pensò tra sé e sé Thor.

«Ecco io sono Th-Thompson. Sono il Consigliere del principe.»

«Il principe Thor? Allora dovete essere un nobile.»

«Si è così.» ma la sua riposta fu evidentemente sbagliata perché il giovane dai capelli neri arrossì e abbassò gli occhi sui suoi abiti visibilmente imbarazzato. 

Fu allora che il principe lo studiò: era ridotto male per appartenere ad una famiglia così benestante, era persino sporco di cenere sul viso. 

«Permettete?» chiese il principe ed estrasse un fazzoletto dalla sua giacca.

Con delicatezza lo passò sulla guancia del giovane che restò immobile e trattenne il respiro in quel gesto che era così simile ad una dolce carezza e che lui non riceva da ormai troppo tempo.

«Ecco ora va meglio.» sorrise gentile l’altro.

Quel sorriso per Loki fu un colpo al cuore e il ragazzo si disse che poteva anche morire in quel momento pur di avere quell’immagine davanti agli occhi per l’eternità.
Per il principe non era molto diverso: quegli occhi lo avevano fatto prigioniero dal primo istante con la loro bellezza ed innocenza, ma li trovò anche carichi di una profonda tristezza. Si domandò perché il Marchese non avesse accennato a quel figlio, ma i suoi pensieri furono interrotti.
Un leggero venticello si sollevò e scompigliò ad entrambi i capelli. Il giovane svicolò gentilmente il polso dalla presa dell’altro e si diresse di nuovo fino alla tomba di poco prima. Un colpo di vento aveva sparso i fiori qua e là. Loki li radunò e lì fermò con un sassetto più grande degli altri.

«Chi vi è sepolto?» Domandò piano Thor.

«Mia madre» rispose l’altro in un filo di voce.

«Era una nobildonna?» Chiese il principe per poi darsi dello stupido un secondo dopo per quella domanda così indiscreta. 

«Di animo lo era molto, ma è una storia complicata. Lei e mio padre hanno avuto me, ma quando ero piccolo lei è morta.»

«E  il Marchese  si è risposato con un’altra donna?»

«Si, Lady Farbauti.  Ha avuto i suoi due figli e io sono stato dimenticato, come mia madre…» Spiegò accarezzando al croce in legno.

«Immagino sia stata lei a farvi dono della vostra straordinaria bellezza e dei vostri meravigliosi occhi verdi.» Se ne uscì Thor senza capire nemmeno lui perché non riuscisse a collegare la bocca al cervello prima di parlare. 

Il giovane non visto arrossì timidamente.

«S-si. Si è così ed era anche una donna buona. Le ho promesso che sarei stato fedele a mio padre, lei lo amava molto, ma credo si fosse solo illusa.» strinse i pugni sulle cosce e riprese in un sussurro «e anche io.»

Si alzò e si diresse ad un albero di nocciolo lì accanto, chinandosi a raccogliere qualcosa.

«Come mai siete qui?» chiese proseguendo nel suo lavoro.

«Avevo…cioè il principe Thor aveva bisogno di un cavallo. Il suo è caduto in battaglia e ha saputo che vostro padre ha i migliori cavalli del regno. E non sbagliava a crederlo.» disse muovendo qualche passo verso il ragazzo fino a fermarsi alle sue spalle e notando solo allora che stava raccogliendo delle nocciole in un sacchetto di stoffa marrone.

«Si è così. Il Marchese tiene molto alle sue bestie, non a tutte però…» disse il ragazzo con una punta di amarezza nella voce.

Il principe la percepì e alzando lo sguardo si perse tra i rami dell’albero sopra di loro «Che magnifico nocciolo.»

«È mio.» sussurrò il giovane ancora chino a terra.

«Come dite?» chiese il principe sorpreso.

«Questo nocciolo è mio. Vedete molti anni fa mio padre andò ad una fiera e mentre ai miei fratellastri portò armi e bei vestiti io non gli chiesi nulla per non arrecargli disturbo, se non un rametto di nocciolo se sulla strada ne avesse urtato uno e questi gli avesse fatto cadere il cappello. Mio padre rise sul momento, ma al suo ritorno venne da me e mi porse proprio un rametto di nocciolo. Disse che lo aveva urtato sulla via del ritorno e che allora l’aveva colto per me.» sorrise amaro « Di certo lo fece solo perché il giorno dopo era il mio compleanno e quello fu il suo regalo per me, ma…io piantai quel ramo perché è dalle piccole cose che possono nascere meravigliosi tesori. Lo piantai, qui accanto alla tomba di mia madre e lui crebbe forte e bello come lo vedete adesso.» chiuse il sacchetto di stoffa «perciò questo nocciolo…è il mio tesoro.» Concluse sorridendo verso le fronde illuminate dal sole.

Thor lo guardò perso nei suoi pensieri: quanta umiltà racchiudeva quel giovane dolce e triste. Pensò inoltre che non era stato  solo il nocciolo a crescere forte e bello durante gli anni, ma il ragazzo si alzò e voltandosi verso di lui interruppe i suoi pensieri. 

«Ecco… per voi.» disse Loki porgendogli il sacchetto di stoffa. Il principe lo guardò interrogativo «Sono le nocciole del mio albero…è solo..un dono per voi.»

Il principe accettò quel piccolo dono e sorrise dolce mentre lo sguardo dell’altro si riempiva di timidezza.

«E quand’è il vostro compleanno se posso chiedere?»

«Come?» Chiese Loki spiazzato da quella domanda.

«Il vostro compleanno… Il giorno?»

«Non credo che vi interessi, a nessuno interessa…»

«A me si.»

Loki esitò e poi ripose.

«Veramente… è domani. Compirò venticinque anni»

«Allora permettetemi di invitarvi al ballo che ci sarà a palazzo proprio domani, così potremo festeggiare insieme.»

Loki sentì le guance infiammarsi e scosse la testa «Non-non posso…»

«Perché no?»

«Io…io non ho un abito adatto…e poi…mio padre, cioè il Marchese!, non me lo permetterebbe»

Il principe intuì il disagio dell’altro e propose una soluzione.

«E voi non diteglielo.»

Loki lo guardò stupito, ma il giovane sorrise gentile «Ma io-io non posso…sono solo uno stalliere e sarà pieno di nobili.»

«E io voglio che ci siate anche voi. Vi prego. Per me sarebbe un onore vedervi e sono sicuro di parlare anche per il mio principe» disse prendendogli una mano.

Loki rimase incantato da quel gesto per un istante, ma fu distratto dal nitrito del cavallo alle spalle del giovane e mosse qualche passo nella sua direzione.

«Se volete un cavallo che permetta al vostro sovrano di affrontare il campo di battaglia mi duole dirvi che il povero Octavius non è il cavallo adatto.»

Thor lo guardò interrogativo mentre il giovane raggiunse il cavallo e gli accarezzò il muso.

«A me sembra che corra bene.»

«Si, ma il poverino ha avuto un brutto incidente alla zampa anteriore destra a causa del figlio maggiore del Marchese. Se corre per troppo tempo essa gli cede e se il vostro principe lo cavalcasse troppo a lungo rischierebbe di trovarsi disarcionato e con cavallo azzoppato. Forse mio padre non lo ricordava.» accarezzò con gentilezza il muso del cavallo chiaro «Non è colpa tua amico mio.» 

Thor di nuovo non poté che essere stregato da quel giovane e dalla sua bontà e ringraziò la sua premura che gli aveva appena evitato di correre un pericolo inutile. 

«E il vostro invece? È molto forte mi pare.»

Loki sorrise verso il suo cavallo nero «Il mio Sleipnir è il più forte di tutti, ma è nato con una malformazione, vedete? Proprio lì»

Il principe fece attenzione e nel punto indicato scorse che ogni zampa aveva una forma strana, come un secondo osso grande, tondo e sporgente sopra al nodello.

«Mio padre voleva farlo abbattere alla nascita, ma io gli ho detto che me ne sarei occupato. Mi sono sempre immaginato che questa sua malformazione fosse perché avrebbe dovuto nascere con otto zampe. E alla fine è diventato il cavallo migliore e più veloce di tutti.»

Il ragazzo abbassò lo sguardo «Se mi permettete quando tra poco rientrerete, dite al Marchese che per voi Octavius non va bene e che avete notato che fa un po’ di fatica a correre. Scegliete invece un cavallo marrone con una striscia verticale bianca tra gli occhi. Quello è Alastor come uno dei cavalli del Dio Plutone. Lui è un cavallo adatto al vostro principe e alle sue battaglie. Non avrete nemmeno bisogno di provarlo.»

Il principe annuì.

«Bene» disse il ragazzo «sarà meglio che andiate, vi staranno aspettando.» 

«Voi non venite con me?»

«Oh no. Mio padre mi aveva espressamente chiesto di stare lontano dai suoi ospiti importanti oggi.» 

Il principe strinse i pugni a quella rivelazione, ma si costrinse a stare calmo: c’era un ultima cosa di cui voleva essere certo prima di andare e non voleva perdere tempo a prendersela col Marchese. Si diresse dal suo cavallo e vi risalì.

«Loki?»

Il giovane lo guardò.

«Se non dovessi vedervi domani sera, state pur certo che verrò io stesso a prendervi.» concluse con un sorriso.

Loki arrossì di botto, ma non poté controbattere che il ragazzo già aveva spronato il suo cavallo e l’avete lasciato lì solo e senza parole. 

 

«Allora Maestà avete provato il cavallo?» chiese il Marchese vedendolo finalmente tornare.

«Si, ma questo non è adatto. Purtroppo ha rallentato la sua corsa e a me serve uno che non abbia esitazioni.»

«Sono mortificato che ci siano stati problemi Maestà.» 

Il giovane smontò da accavallo e consegnate le briglie a Fandral rientrò nella scuderia. Ci mise un istante a trovare quello consigliatogli da Loki «Come si chiama quel cavallo?» Chiese indicandolo.

«Alastor, Sire.»

«Sembra in forze.»

«Lo è.» rispose il Marchese senza capire.

«Prenderò quello.»

«Va bene, volete provarlo?»

«No, non serve.» rispose freddo il principe. «Mi fido.»

Il Marchese lo studiò con circospezione, ma fece cenno ad uno dei suoi figli di procedere.

«Allora immagino ci vedremo domani sera mio principe.» Disse il Marchese accompagnando i due ospiti ai cancelli della villa.

«Verrete anche voi?»

«Si, porterò i miei due figlioli.»

“Loki aveva ragione” 

«Bene, quanto vi devo per il cavallo?»

«Dovere Maestà, consideratelo un mio dono per il vostro ritorno in patria»

«Siete molto gentile Marchese, allora vi aspetto domani.» Concluse quasi con freddezza Thor e dopo un veloce saluto lasciò la villa.

«Ma che ti è preso?» Gli chiese Fandral poco dopo.

«È solo che questi nobili arrivisti non li sopporto proprio.» Si voltò d’istinto verso il campo dietro la villa che in quell’istante un magnifico cavallo nero e il suo cavaliere stavano attraversando facendo ritorno alla villa «Preferisco chi di nobile possiede l’animo e il cuore.»

 

Loki attese un’ora buona prima di rientrare e portare Sleipnir nella scuderia poi passò la giornata a svolgere il resto delle sue mansioni e ad occuparsi dei cavalli. Era dura da quando suo padre aveva licenziato i servi gestire quasi tutta la casa da solo.
La villa stava andando in decadenza ed era più quello che veniva speso che quello che rientrava. Ma Loki, forte della promessa fatta a sua madre, faceva il possibile.
Quella sera crollò esausto accanto alla cenere calda, ma non poté evitare di chiedersi se l’indomani sarebbe davvero stato un giorno speciale.
Il giorno seguente purtroppo in casa c’era del fervore: i figli del Marchese volevano i loro abiti pronti e puliti e le scarpe lucidate oltre che la barba e i capelli tagliati e in ordine.
Loki capiva bene il motivo di quell’agitazione: erano anni che il padre sperperava tutto il suo patrimonio per fare donazioni al re con la speranza di ingraziarselo e ottenere ruoli importanti per i suoi due figli incapaci tra le fila dell’esercito reale. E ora il Marchese non vedeva l’ora di presentarsi a corte e ricevere gli elogi per il suo dono che di certo  il Consigliere del principe doveva avergli consegnato.
Il Consigliere del principe…

“Thompson” pensò Loki mentre cuciva un decoro sulla veste di Helblindi, il figlio maggiore del Marchese, mentre questi la stava indossando. Ma quel pensiero lo distrasse e gli costò di pungere involontariamente con l’ago la spalla dell’altro che per tutta risposta lo percosse violentemente, lo fece sbattere a terra e lo cacciò via.

Loki non sopportò oltre: corse nelle scuderie e preso Sleipnir vi montò per dirigersi sotto al suo nocciolo.
Giuntovi nei pressi smontò da cavallo e scalciò con rabbia le foglie sotto ai suoi piedi.
Era esausto, aveva le mani rosse e rovinate da quanto aveva pulito e cucito e soprattutto era arrabbiato e stufo di subire continuamente quelle angherie da quei marmocchi viziati e dai loro genitori.
Si sedette sotto al nocciolo e avvertì le lacrime salirgli agli occhi unite ad una profonda amarezza.
Era tutto inutile, ci aveva provato, ma tutti lo trattavano come una pezza da piedi. Da piccolo si era detto che ne avevano tutto il diritto vista la sua condizione, ma adesso…
E poi c’era il giovane Thompson e il suo invito, ma come avrebbe potuto andare al ballo con quegli stracci addosso?
Sfiorò delicatamente con le dita la corteccia del suo nocciolo e chiuse gli occhi.

«Piantina…scuotiti, scrollati… d’oro e d’argenti ricoprimi” 

Dopodiché rise amaro e sentì le lacrime bruciargli gli occhi e iniziare a rigargli il volto. Si portò le mani sulla fronte passandosele tra i capelli e gettando la testa all’indietro. Fu allora che notò qualcosa di strano tra i rami del nocciolo. Un nastro dorato vi penzolava, ma non sembrava legato all’albero piuttosto ad un involucro di carta velina.
Loki si arrampicò con attenzione e si protese verso quello strano oggetto. Era un pacchetto rigonfio e sopra vi era una lettera col suo nome. Lo afferrò e tornò a sedersi sotto il suo albero.
Si girò la lettera tra le mani e avvertì una consistenza rialzata e tondeggiante dentro. L’aprì e ne estrasse una nocciola; seppur incredulo intuì chi doveva avergliela mandata e così tirò fuori anche il biglietto nella busta.

“Un dono per voi. Così nessuno potrà riconoscervi…tranne me. 
Conto di vedervi perché ho un regalo per voi. 
A questa sera.
Per sempre Vostro… T.”

Loki rilesse almeno dieci volte quelle semplici frasi poi con le mani che gli tremavano per la curiosità aprì lentamente il pacchetto e non poté trattenere un gemito di sorpresa.
Avvolto nella carta si trovava uno splendido abito in stile settecentesco.  La marsina era verde scuro con ricami in filo dorato ai bordi. La camicia era in lino bianco e i calzoni di un raso color avorio. Anche il gilet era dello stesso tessuto e colore, ma finemente decorato con ricami di fiori verdi e bronzei. Le scarpe erano d’oro con un tacco e con un magnifico smeraldo a mo’ di fibbia. Per terminare vi era anche una maschera dorata e verde dal taglio semplice, ma anch’essa elegante.
Loki si portò una mano alla bocca dall’emozione e contemplò il suo meraviglioso abito restandone incantato per quelli che potevano essere minuti infinti finché si decise a raccogliere tutto, riporlo con cura nella borsa al fianco del suo cavallo e rientrare verso la villa.  
Lavorò come un mulo tutto il giorno per terminare tutte le sue faccende finché non si fecero le otto di sera. Preparò il cavallo del Marchese e lo portò vicino all’ingresso dove una carrozza attendeva l’arrivo della famiglia poi Loki rientrò in casa e attese che i padroni giungessero dai piani superiori.
Osservò i fratellastri e la matrigna scendere le scale del salone principale. La donna fiera ed altezzosa indossava un abito viola, i capelli rosso scuro erano raccolti sulla testa in uno chignon e un rossetto rosso pronunciava le sue labbra carnose. Stava in mezzo ai figli anche loro ben vestiti e dall’aria tronfia.
Non si degnarono nemmeno di salutare Loki, ma si recarono senza indugio all’esterno della casa. Un istante dopo arrivò il Marchese che prima di uscire si rivolse al ragazzo.

«La festa terminerà a mezzanotte, non credo torneremo da palazzo prima che si sia conclusa. Prepara l’acqua e faccela trovare nei catini delle nostre stanze per rifocillarci al nostro rientro.»

«Si Milord sarà fatto.» Disse Loki con lo sguardo rivolto verso terra. 

Senza aggiungere una parola il Marchese uscì di casa, la famiglia partì su una carrozza trainata da quattro cavalli mentre lui li fiancheggiò col suo cavallo. 

 

Loki non perse tempo. Corse in cucina dove aveva già preparato dell’acqua in un catino: si lavò velocemente e si pettinò i capelli all’indietro.
Agganciò invece un calderone pieno d’acqua nel camino: i tizzoni ardevano ancora e di certo si sarebbero spenti dal suo ritorno, ma almeno avrebbe solo dovuto ravvivare la fiamma e non andare anche a prendere l’acqua dal pozzo.
Tirò fuori da una credenza la borsa e il vestito. Lo fissò incantato ancora un momento prima di indossarlo. Poi uscì e raggiunse le scuderie, prese Sleipnir già lustro e pronto per la festa e partì al galoppo. Dalla villa al palazzo ci volevano circa trenta minuti di carrozza, ma con Sleipnir Loki ci impiegò molto meno tempo. Il suo cavallo era davvero veloce e non faceva alcuna fatica. Giunto a palazzo lo lasciò nel cortile del castello accanto a dell’acqua e del fieno. Voltandosi notò che la sua famiglia, se così la si poteva definire, era appena arrivata e stava salendo i gradini. Fortunatamente indossava già la maschera e così ben vestito nessuno lo avrebbe riconosciuto eppure ebbe l’impressione che suo padre gettasse uno sguardo nella sua direzione prima di dare il braccio alla moglie ed entrare con lei.
Loki attese un istante che entrassero dopodiché attraversò il cortile del palazzo, percorse le scale esterne e lo scalone interno principale ritrovandosi infine nel salone della reggia.
Era meraviglioso ai suoi occhi:  alte colonne d’oro si ergevano fino al soffitto dalla volta decorata di cherubini e cavalieri. Un’orchestra suonava e lunghe tavolate erano state imbandite delle migliori pietanze del regno.
E che dire poi del lusso dei lampadari in cristallo, delle composizioni di fiori profumati e della bontà del vino che un cameriere gli offrì e che Loki timidamente accettò scoprendolo corposo e dal gusto dolce di mandorla.
Il re non si era risparmiato in nulla per quel ballo, era evidente.
Ci fu un dettaglio particolare che però colpì Loki, cioè che nessuno a parte lui indossava una maschera.
La cosa lo mise leggermente a disagio, ma tentò di non badarvi e cercò con lo sguardo  il giovane Thompson. Sapeva solo che era il Consigliere del principe, peccato che lui non lo avesse mai visto o avrebbe potuto cercare almeno lui: magari Thompson gli si sarebbe trovato accanto.
Vide il Marchese conversare con alcuni generali non troppo lontano da lui e si allontanò velocemente prima che l’altro si voltasse nella sua direzione.
La sala era piena fanciulli e fanciulle ben vestiti, ma molti sguardi cadevano proprio su Loki che in tutto e per tutto era bello da far invidia ad un principe. Loki però non vi fece troppo caso e continuò a cercare con lo sguardo Thompson, ma del giovane non c’era traccia.

“Solo un saluto” quello era il piano, salutare, ringraziare per l’enorme gentilezza il caro Thompson e sparire, ma tutti i suoi buoni propositi andarono in fumo quando qualcuno gli sfiorò con delicatezza una mano e Loki avvertì una voce alle sue spalle. 

«Eccovi, iniziavo a temere di dovervi venire a prendere io stesso questa sera.»

Loki si voltò e per poco non svenne: il giovane Thompson era avvolto in una marsina rossa e gilet di raso argento. Lo stemma del fulmine appuntato sul petto e un sorriso bello come il sole stampato sul volto.
Il giovane rimase era imbambolato e non fece in tempo a parlare che l’altro indossò anche lui una maschera simile alla sua, ma rosso e argento legandola sopra la coda bassa in cui aveva raccolto i lunghi capelli biondi e gli porse la mano «Ballate con me.» Lo pregò gentile.

Loki esitò, ma guardò quella mano e annuì accettandola. Subito venne suonato un valzer come se l’orchestra avesse aspettato proprio loro per aprire le danze.

I due scivolarono sulle noti dolci della musica «Siete bravo a ballare Thompson.» sorrise Loki che in quel momento non stava nemmeno più facendo caso di essere circondato da mille occhi tanto era perso nello sguardo del biondo.

«Mai quanto voi. Dove avete imparato?»

«Ho assistito alle lezioni dei miei fratelli e ho imparato guardando.»

«Siete un ottimo osservatore.» disse Thor alzandolo e facendogli fare un mezzo giro. «Vostro padre vi ha riconosciuto?»

«Non credo, mi sembra impegnato ad infavorirsi qualche generale.»

«Meglio per noi direi.» lo guardò e sorrise «Siete bellissimo»

«Merito di questo abito…sapete è un dono del mio albero.» 

«Oh avete un albero speciale allora, ma fidatevi non è merito dell’abito se siete così bello.»

Loki arrossì e sorridendo timidamente distolse lo sguardo da lui: fu allora che notò una donna bellissima sorridere dolcemente nella loro direzione. Era accanto ad un uomo anziano e vestito con un abito nero, con una fascia rossa e molte spille dorate sul petto e stava guardando anche lui verso di loro. Aveva un occhio solo… “un occhio solo” pensò Loki.

«Thompson?»

«Mm?»

«Quell’uomo laggiù, è il re?» Chiese con un cenno del capo.

Thor si girò notando che il padre e la madre li stavano guardando «Si, lo è…lo conoscete?»

«Non l’avevo mai visto, ma mio padre una volta parlava del fatto che avesse un occhio solo. Ho dedotto che fosse lui. E quella è la regina?»

«Si»

«È bellissima»

«Si lo è…» Thor sorrise dolce verso la madre che lo contraccambiò. 

«Come mai ci guardano?»

«Oh, solo perché ho detto a loro e al principe che stasera il mio invitato sarebbe stato il più bello della sala.»

«Che stupido siete Thompson.» Rise Loki «Ma dov’è il principe? Non credo di averlo visto ancora.» Chiese mentre l’altro gli faceva fare un giro.

Il suddetto principe sorrise non visto «Ah, ma non vi perdete nulla…credetemi. Il vostro ballerino è molto più bello del principe.»

«Ma come siete modesto.» sorrise Loki.

Thor ne approfittò per gettare ancora uno sguardo al padre che sembrava approvare quello che vedeva, tuttavia anche altri sguardi avevano iniziato a posarsi su di loro. Intuì che Loki iniziava a sentirsi a disagio perché adesso tutti li stavano osservando per capire chi fosse il ballerino misterioso del principe.

«Seguitemi.» Sussurrò ad un orecchio del giovane e lo prese per mano conducendolo sul lato sinistro della sala.

Dopodiché gettò un’occhiata d’intesa a Fandral che annuì e slacciò il cordone di una grande tenda rossa che si richiuse alle spalle dei due.
I due si ritrovarono in una sala più piccola. La musica arrivava anche lì, ma la sala era vuota.

«Ecco così va meglio non credete?»

«Si decisamente, ma possiamo? Non credo che il re gradirà che vi appartiate e il vostro principe non si arrabbierà se non sarete a sua disposizione?»

«No lui non si accorgerà nemmeno che manco, credetemi. Sarà tutto preso dai suoi invitati e poi questa sala è libera questa sera, possiamo usarla noi.»

Ripresero a ballare, ma stavolta erano finalmente soli.

«Allora dicevate che avete un albero magico»

«Si, mi ha donato questo bell’abito, anche se credo che un bel giovane gli avesse detto di consegnarmelo in sua vece.» sorrise «Come facevate a sapere che ci sarei andato?»

«Beh ho sperato che andaste ad esprimere un desiderio sotto il vostro albero nel giorno del vostro compleanno. L’avete fatto?»

«Si»

«E siete stato esaudito?»

«In parte si, ma non ve lo svelerò al completo o potrebbe non realizzarsi»

I due risero e continuarono a danzare e a parlare. Il tempo passò senza che nessuno dei due vi facesse caso tanto stavano bene insieme.

«Sono felice che siate venuto. Per me era importate» Se ne venne fuori Thor ad un certo punto.

«Mpf forse volevo solo riscuotere il mio regalo.» Scherzò Loki.

A quel punto Thor si fermò, si tolse la maschera e lo guardò negli occhi trattenendo il respiro.

Loki si agitò un po’ temendo di essere stato inopportuno «Scher-scherzavo ovviamente.»

Il giovane però tolse la maschera anche a lui ed incontrò le sue iridi verdi intense. Con la mano libera gli sfiorò la guancia e si protese verso di lui «Non temete non vi avrei mai lasciato andare senza darvi il vostro regalo.» Sorrise. 

La mano scese sulle labbra rosse dell’altro e fino al mento. Glielo sollevò con delicatezza prima di protendersi verso di lui e accostare le labbra alle sue.
Mai come allora per Loki c’era stato qualcosa di più dolce e di più desiderato di quel breve bacio.
Chiuse gli occhi rapito per poi riaprirli lentamente un istante dopo e guardare l’altro meravigliato.
Il biondo sorrise e protendendosi di nuovo lo baciò ancora, stavolta più a lungo e più intensamente. Le mani del principe scivolarono lungo i fianchi del moro e se lo avvicinarono contro. L’altro sollevò le braccia e pose delicatamente le mani sulle guance del biondo per poi farle scivolare tra i suoi capelli dorati.
Sorrisero senza la minima intenzione di separasi, senza volersi lasciare mai fino a che, a corto di fiato, presero un respiro: i loro occhi si incontrarono e le fronti si appoggiarono l’una all’altra.

«Buon compleanno» sussurrò Thor sulle labbra dell’altro che sorrise e strofinò dolce il naso contro al suo «per fortuna sono ancora in tempo…sono riuscito a dirvelo poco prima della mezzanotte.»

Loki pietrificò «Co-Come?»

«Ma si.» sorrise ed indicò il grande orologio fuori dalla finestra alle loro spalle «Non mancano che pochi minuti alla mezzanotte» 

Loki si separò da lui bruscamente «Devo andare.»

«Come? Perché?»

«Devo rientrare Thompson o verrò scoperto.» disse mettendosi velocemente la maschera.

«No aspettate, affronterò io vostro padre in quel caso, ma voi rimanete con me.»

«Io…non posso» lo implorò Loki e gli scappò via. 

Thor rimase un istante bloccato per poi seguirlo nell’altra sala e tra la folla. Loki stava correndo all’ingresso del salone e percorrendo i primi gradini dello scalone.
Ora però c’è da dire che proprio un’ora prima un giovane cameriere era uscito dalle cucine con una grande ciotola in porcellana piena di melassa per portarla nella sala da ballo dove in quel momento si stavano servendo i dolci. Il giovane però era inciampato facendola cadere proprio sulle scale.
I servi erano accorsi a pulire, ma gli scalini erano ancora leggermente appiccicosi e così Loki  nella sua discesa si ritrovò la punta di una scarpa attaccata a terra. Si chinò per staccarla, ma già alcune persone stavano discendendo le scale e dietro di loro correva il giovane dai capelli biondi. Loki non perse tempo: sfilò il piede e togliendosi anche l’altra scarpa corse verso il cortile.
Mentre discendeva le scale Thor notò la scarpa a terra e si fermò a raccoglierla per poi tornare a seguire il giovane.
Intanto Loki raggiunse Sleipnir e sciogliendo le briglie montò in sella.
Thor corse fino all’ingresso dove fece appena in tempo a vederlo cavalcare verso i cancelli e poi lontano nella notte.
Dapprima stava per andare a prendere il suo cavallo e seguirlo, ma se avesse fatto così di certo l’avrebbe fatto scoprire.
Guardò nella sua mano e osservò la scarpa dorata.
Sorrise.
Non c’era motivo di disperarsi: avrebbe rivisto Loki l’indomani, in fondo doveva riportagli la sua scarpetta.
Loki incitò il suo cavallo a correre più veloce che poteva. Sleipnir non cedette mai il passo e miracolosamente in soli dodici minuti Loki si ritrovò sul retro della villa.
Smontò velocemente da cavallo e portò Sleipnir nelle scuderie afferrando una lampada ad olio sulla porta prima di entrare.
Nelle scuderie dei sedici box adibiti agli ormai quindici cavalli della famiglia Laufeyson ce n’erano liberi solo due, ma nel buio e nella fretta Loki non vi badò particolarmente.
Doveva reindossare i suoi vecchi abiti, che prima di uscire aveva lasciato nel box di Sleipnir, e andare in cucina a ravvivare il fuoco. Si sfilò velocemente la marsina e la pose con la scarpa solitaria nella sacca del suo cavallo, poi fu il turno dei calzoni che sostituì con i suoi e del gilet. Gli dispiaceva mettere tutto via così velocemente, ma doveva fare presto perché di certo gli altri sarebbero arrivati di lì a poco.
Mancava solo la camicia e ovviamente la maschera.

«Ti prego fa con calma, non vorrei mai che ti si sgualcisse l’abito.»

La voce di suo padre alle sue spalle lo fece pietrificare.

«Voltati.» 

Loki non si mosse.

«Voltati ho detto.»

Il giovane prese un respiro e obbedì.
Il padre era in piedi nella fioca luce creata dalla lampada di Loki. Lo sguardo duro e severo.
Si avvicinò e con un gesto deciso gli sfilò la maschera dal viso.

«Ci siamo divertiti?» Chiese osservandola.

Loki abbassò lo sguardo a terra. 

«RISPONDI!»

«Si-si Milord» sussurrò con un filo di voce Loki.

«È incredibile. Ti ho lasciato una sera da solo e tu ti sei permesso di andare al ballo di corte. Credevi fossi stupido? Credevi che non avrei riconosciuto il tuo cavallo deforme?»

Loki stava in silenzio.

«Sono rientrato prima rispetto alla mia famiglia per essere certo di ciò che avevo intuito e ho fatto bene a quanto pare, perché tu non eri al tuo posto. Avanti, ora dimmi la verità. Dove hai preso quest’abito?»

Loki tacque.
Il Marchese assottigliò lo sguardo. 

«L’hai rubato vero?»

«Nossignore io…» tentò Loki, ma fu costretto a zittirsi perché un forte manrovescio lo colpì spaccandogli il labbro. 

Si toccò d’istinto il punto colpito e allontanando la mano osservò il sangue tingergli le dita di rosso. 

«Sai cosa non ho mai sopportato di te? Le tue bugie! Tu menti da che sei nato. Hai sempre finto di essermi fedele, hai sempre finto di essere debole e indifeso. Invece sei una serpe in seno per la mia famiglia! Ci ho messo anni per ottenere la considerazione del re e di suo figlio. Non ti ho lasciato in mezzo ad una strada come avresti meritato ed è così che mi ripaghi?! Presentandoti alla festa con un abito rubato e cercando di ottenere i favori del principe?! Cos’è speravi forse di ottenere un lavoro come sguattero nelle cucine reali?! »

Loki sgranò gli occhi e quelle parole ebbero per lui l’effetto di uno schiaffo più forte del colpo appena ricevuto dal padre, ma non volle crederci «Cosa c’entra il principe?»

«Non fare il finto tonto con me ragazzo, ti ho visto ballarci durante la festa e sparire con lui. E di che avete conversato?»

Loki si paralizzò incredulo «Io-io…non» 

Ma il Marchese proseguì imperterrito «Vediamo gli hai detto che sei solo uno sguattero? Che sei figlio di una serva della mia casa? Che vivi solo perché sono io a decidere che tu sia vivo? Chissà cosa ti sarai inventato per irretirlo. Come credi che la prenderebbe se sapesse la verità?» Loki non parlò mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime «Sei come tua madre, buoni solo a far cadere nella loro rete le persone per il proprio tornaconto.» 

A quel punto Loki non riuscì a trattenersi e guardò l’altro con occhi carichi di odio «Come potete parlare così di lei? Lei che vi è stata fedele fino alla morte? Anche quando le avevate promesso di amarla e invece avete sposato Lady Farbauti per i suoi soldi e il suo titolo e avuto altri figli con lei?»

«Tsk tua madre era un’ingenua…proprio come te Loki. Credevi che lui ti avrebbe amato? Non ti è venuto in mente che potesse solo volersi divertire un po’ come fanno tutti con le persone come te e tua madre?»

Loki era livido di rabbia, ma l’altro mise su un ghigno di scherno. 

«Inoltre non avrai pensato alla tua famiglia dicendo al principe quanto i tuoi fratelli siano fedeli al loro re.»

Loki a quel punto non poté trattenere una risata amara «Ahah i miei fratelli? Sono i miei fratelli adesso? E ditemi, Padre, non vi vantate sempre di avere solo due figli? Cosa avreste raccontato? Che il terzo lo tenevate nascosto in cucina? Dite che sono un bugiardo, ma sono fedele al mio principe e non gli mentirei mai su una cosa così, soprattutto se la fedeltà dei vostri figli è pari alla vostra!»

«Che vuoi dire?» Domandò il Marchese senza capire.

Loki lo guardò con sfida.

«Un cavallo zoppo? Davvero? Sapevate perfettamente che Octavius ha una zampa malmessa a causa di vostro figlio e della sua noncuranza per la salute dei Vostri animali! E lo avreste dato al principe. Cos’è speravate che cadesse in battaglia e si rompesse l’osso del collo?»

Il Marchese sgranò gli occhi stupito poi mise su un ghigno perfido.

«Ebbene sei più sveglio di quello che pensassi. Se lo vuoi sapere… si ragazzo, gli ho indicato io quel cavallo perché non mi importa se il rampollo reale si ammazza sul campo di battaglia. Sono anni che elargisco doni per entrare nelle grazie di suo padre. Anni che vedo il mio patrimonio dissiparsi e il re si rivolge a me solo quando al suo marmocchio serve un animaletto nuovo? E dunque si gli ho dato un cavallo malconcio di proposito, ma forse qualcuno gli ha suggerito che era quello sbagliato. Dove l’hai incontrato? Nel bosco magari?»

Loki sostenne il suo sguardo, stavolta con fierezza.

«Ecco perché ha scelto Alastor senza nemmeno provarlo. Tsk sei uno sciocco ragazzo! Avresti potuto servirmi, essermi utile, ma visto che ti ostini ad essere così maledettamente fiero di te stesso.» e di scatto gli afferrò i capelli tirandoglieli «credo che dovrò darti una lezione.»

E senza mollare la presa lo trascinò con forza verso il fondo delle scuderie fino ad una piccola porta in legno.

«Lasciatemi!»

In quel momento Sleipnir nitrì con forza e correndo via dal box aperto fuggì dalle scuderie.

«Ed ecco che anche il tuo cavallo deforme ti abbandona, poco male me ne sarei liberato io stesso subito dopo di te.»

Il Marchese aprì la porta e lo sbatté a terra nel piccolo sgabuzzino pieno di attrezzi e strumenti da lavoro. 

«Resterai qui finché non avrò deciso cosa fare di te piccolo verme.»

«Siete un bastardo.» gli ringhiò Loki contro, ma il Marchese ghignò ancora. 

«Oh no ragazzo. L’unico bastardo tra noi due sei tu, e lo sarai per sempre. Ricordatelo Loki.»

E chiudendo la porta lo lasciò nell’oscurità più totale. 

 

Quella mattina il principe Thor si alzò di buon ora e si lavò per bene sistemandosi i capelli in una coda bassa morbida e profumandosi con acqua di fiori d’arancio.
In tutta questa operazione non perse mai il sorriso.
Non aveva potuto dormire dall’eccitazione: sapeva di dover attendere almeno un’orario decente per presentarsi alla villa del Marchese di Laufeyson, ma non poteva fare a meno di essere emozionato.
Aveva deciso che se doveva avere qualcuno al suo fianco per tutta la vita quel qualcuno doveva essere Loki. Non era mai stato così certo di qualcosa in vita sua.
Si sedette sul bordo del letto con la scarpetta d’oro dell’altro e si perse a rigirarsela tra le mani, ma poco dopo la porta della sua camera si aprì.
Suo padre, il Re, entrò fiero.

«Padre.» saltò su Thor nascondendosi la scarpetta dietro la schiena.

«Figliolo, sei già sveglio di buon mattino vedo.»

«Si è così.»

«Mmm e mi sembri…felice?»

«Perché lo dite?» rispose Thor sforzandosi di ridurre l’enorme sorriso sul suo volto che però non voleva proprio saperne di farsi più piccolo.

Il padre sorrise soddisfatto «Ho avuto il piacere di constatare che il ballo è stato di tuo gradimento alla fine.»

«Oh si padre avete avuto una splendida idea ve lo riconosco. Ero scettico, ma mi sono ricreduto.»

«Mmm e posso sapere il nome del responsabile di questa tua “conversione”?»

Thor sorrise ancora e abbassò lo sguardo «Preferirei che ve lo dicesse lui di persona.»

«Oh mi farebbe molto piacere. Ho chiesto al giovane Fandral se lo conoscesse, ma l’unica cosa che ha saputo dirmi sul tuo misterioso ballerino è stata “Desolato sire, non conosco il suo nome e il ragazzo si è, come dire,…dileguossi”. Ma mi ha assicurato che tu avresti saputo come ritrovarlo.»

«È così Padre e sto aspettando il momento per farlo.» 

Odino annuì e si avvicinò al figlio. «Thor sono molto felice di vedere i tuoi occhi così.»

«Così come?»

«Brillanti d’amore. Come lo erano i miei quando conobbi tua madre. Una fanciulla come tante, figlia di un panettiere, ma lei non era affatto una fanciulla come tante, era già la mia regina e io lo capii subito. Allora, pensi di portare un dono a quello che spero sarà il tuo promesso sposo?»

Il biondo alzò lo sguardo su di lui.

«Pensavo di donargli il mio cuore, Padre.» rispose con una punta di timidezza.

Il vecchio annuì «Sono certo che lo apprezzerà.» e detto questo uscì lasciando Thor più felice che mai a rigirarsi ancora la scarpetta tra le mani. 

 

Mancavano pochi minuti alle dieci del mattino quando il principe raggiunse villa Laufeyson nel suo abito migliore, spada al fianco e un sorriso smagliante. Il Marchese richiamato dalla moglie fuori nell’aia corse ad accoglierlo.

«Mio principe.»

«Buongiorno Marchese, mi spiace avervi disturbato, ma vostra moglie mi ha visto arrivare credo»

«Si abbiamo avuto qualche problema con la…servitù e mia moglie stava procurando delle uova per la colazione» fece un cenno alla moglie di tornare a fare quello che doveva ed ella, rossa in volto per la vergogna, obbedì in fretta e furia. «A che devo la vostra visita?»

«Sono venuto per vostro figlio.»

«Oh è meraviglioso. Chi vi devo chiamare Helblindi o Bylistr?»

«No, intendevo l’altro vostro figlio…sono qui per Loki.»

Il volto del marchese si oscurò e questi si irrigidì visibilmente «Temo di non aver capito.»

«Avete capito bene invece. Sono qui per Loki. Il vostro figlio maggiore quello che si occupa dei cavalli e che voi non avete ritenuto il caso di presentarmi.» disse smontando da cavallo. 

Il Marchese strinse i pugni, ma cercò di non darlo a vedere.

«Mio signore sono mortificato, vi ha arrecato qualche disturbo?»

«Tutt’altro, sono venuto a chiedergli se vorrà farmi l’onore di diventare il mio sposo»

Farbauti che si era avvicinata curiosa alle spalle del marito per poco non ebbe un infarto e facendo cadere a terra tutte le uova si portò una mano al cuore sconvolta.

Il Marchese invece diventò livido di rabbia “Questo idiota si è davvero innamorato di Loki! Tanto peggio per lui!”

«Oh mio signore non sapete quanto mi dispiace.»

«Che cosa vi dispiace?»

«Vedete quel giovane è così…problematico. Lui è figlio mio e di una serva, non ne vado fiero, ma è stato un errore della mia gioventù. Ho promesso alla madre che me ne sarei preso cura come fosse mio, ma lui è un ragazzo difficile da gestire. Sarebbe buono nascondervi la verità su sua madre solo per conquistarsi i vostri favori, ma ahimè è solo… uno sguattero. Dorme tra la cenere. Si inventa menzogne, ieri ho persino scoperto che ha rubato mio principe.»

«Rubato?» chiese l’altro indagatore.

«Si, un abito meraviglioso, presumibilmente per ingannarvi e passare da nobile ai vostri occhi e soprattutto cercando di tenermene all’oscuro. Ho dovuto prendere provvedimenti mio principe.»

Thor strinse i pugni  e si alterò «Quell’abito era un mio regalo per lui.»

“Ecco dove l’aveva preso il piccolo bastardo”

«E Loki era un mio invitato! Non avevate il diritto di punirlo, per nessuna ragione! Adesso ditemi subito dov’è e cosa gli avete fatto!»

«Oh Maestà allora…allora ho fatto un terribile sbaglio. Mi duole dirvelo, ma temendo che i miei sospetti fossero fondati, e dovete sapere che il ragazzo non ha fatto nulla per smentirli, io l’ho cacciato. L’ho imbarcato io stesso sulla prima nave al porto! Ora starà già navigando verso chissà dove.»

«Come?! Su che nave?»

«Una di stoffe e tessuti, ma…Sire dove andate?» chiese al giovane rimontato già a cavallo.

«Pregate che lo ritrovi Marchese o risponderete dei vostri gesti al re!»

E senza aggiungere altro cavalcò via.
Il Marchese lo guardò allontanarsi e un ghigno gli si dipinse in volto.

«Oh cercatelo pure fino in capo al mondo Maestà, non credo lo ritroverete…» sussurrò l’altro perfido. Poi si voltò verso la moglie ancora paralizzata dallo stupore «E tu sbrigati! Dobbiamo tirar fuori quel vecchio carro nel fienile. Fatti aiutare dai nostri figli e poi di loro di aspettarmi già in cassetta davanti casa. E fa presto! Io prendo i cavalli!»


Thor cavalcò veloce spronando Alastor con forza. Quel Marchese! Sapeva che quella dell’abito di certo gli era bastata come scusa per liberarsi di Loki, ma a lui non importava, come non gli importava che non fosse figlio di una nobildonna. Non importava nemmeno che fosse un servo, lo rivoleva, lo rivoleva e basta.
Il porto era ad un’ora di cavalcata, ma forse avrebbe fatto in tempo, magari la sua nave non era ancora salpata.
La villa era già scomparsa alle sue spalle quando un cavallo nero spuntò da dietro alcuni alberi; gli si parò davanti e si impennò.
Il giovane tirò le redini di Alastor e studiò il cavallo guardandogli istintivamente le zampe.

«Sleipnir?» domandò il giovane incredulo.

Il cavallo nitriva e cercava di bloccargli il passaggio.

«Dov’è Loki?!» 

Il destriero gli si avvicinò e Thor poté distinguere un bagliore dorato nella sacca aperta accanto alla sella.
La aprì trovandovi l’abito che lui stesso aveva donato a Loki mentre il cavallo nitriva con forza.

«Portami da lui!»

Il cavallo non perse tempo e corse in mezzo agli alberi a tutta velocità. Thor si bloccò un istante: il cavallo nero stava tornando verso la direzione da cui era appena venuto…Strinse i denti per la rabbia e spronò Alastor al galoppo dietro di lui. Il Marchese gli avrebbe pagato anche questa!

Loki aveva urlato, aveva battuto i pugni sulla porta, provato a scassinare la serratura, ma non c’era stato verso di essere tirato fuori dalla sua prigione. Alla fine si era dovuto arrendere e attendere cosa sarebbe stato del suo destino.
Se avesse dato retta a Thompson. No, non a Thompson a Thor. Al principe.
Gli aveva detto di restare, gli aveva detto che ci avrebbe pensato lui a suo padre, ma lui era voluto tornare lo stesso. Perché poi? Per paura? Per dovere? Non lo sapeva nemmeno lui.
Si sentiva male a non avergli detto tutta la verità, ma in fondo se ne vergognava. Perché invece l’altro gli aveva mentito sulla sua identità?
Era forse come diceva suo padre? Voleva solo divertirsi con lui?
Si sfiorò le labbra avvertendo quello inferiore gonfio e tagliato, ma se chiudeva gli occhi poteva ancora sentirsi addosso le impressioni di quel bacio.
Nessuno lo aveva mai baciato prima e per quanto forse non ne capisse niente lui sapeva che l’emozione e il sentimento che aveva provato erano veri.
E credeva che anche per l’altro fosse lo stesso, al diavolo che avesse mentito sulla sua identità.
Thor in quel bacio era stato sincero, se lo sentiva dentro.
E adesso…probabilmente non l’avrebbe rivisto più.
Avvertì un rumore fuori della porticina ed essa si aprì costringendolo a mettersi una mano davanti agli occhi per proteggersi dalla luce troppo forte dopo tutto quel buio. 

«Dormito bene?»

Chiese il Marchese e afferratolo per i capelli lo trascinò fuori.

«In piedi!» Ordinò bloccandogli un braccio dietro la schiena «Sai il tuo principino è venuto a farti visita oggi, peccato che tu non fossi in casa.» 

«Che gli avete detto?» Gli ringhiò contro Loki.

«Che ti ho mandato via, lontano da qui! La parte divertente è che quell’idiota reale ci ha creduto e adesso sarà al porto a chiedere di tutte le navi che siano salpate pur di ritrovarti. Hai fatto davvero colpo sai? Voleva chiederti in sposo.»

A quelle parole Loki perse un battito «C-cosa?»

«Non dirmi che sei sorpreso. Deve essere stato il tuo bel faccino! In questo sei identico a quella sgualdrina di tua madre! E adesso sta fermo!»

Il ragazzo si dimenò, ma l’altro aveva con sé una corda con cui gli legò i polsi stretti avvolgendogliela poi intorno alle braccia.


Intanto però Thor era giunto fino alle scuderie grazie a Sleipnir che lo aveva guidato passando dalla foresta fino alla parte posteriore della villa. Smontò da Alastor mentre il cavallo nero mosse ancora qualche passo e poi scosse il muso verso una finestra della scuderia. Thor vi si affacciò e poté scorgere il Marchese intento a legare il figlio. Loki si dimenava e cercava di sfuggirgli, ma il Marchese lo colpì ai reni talmente forte da farlo crollare a terra. Thor digrignò i denti e si diresse con cautela all’ingresso della scuderia. Si accostò alla porta restando in ascolto, la mano pronta sull’elsa della sua spada. 

«Sai che sorpresa quando scoprirà che non c’è alcuna traccia di te? Ha minacciato di tornare qui, voglio proprio vedere con quale diritto!»

«Quello di sapere la verità e vendicare un crimine ingiusto!» Gli rispose Loki a fatica.

«Oh, ma io non potevo sapere che sua grazia ti avesse fatto dei doni e tu non hai negato. Sarebbe stato troppo crudele dire subito a sua altezza che hai preferito l’esilio alla prigione e te ne sei scappato di tua spontanea volontà col tuo cavallo come un vero ladro! Per un attimo ho persino pensato di riportarti da lui, ma dopo la nostra conversazione di ieri sera ero sicuro che gli avresti spiattellato tutto! Perciò indovina? Ti venderò come schiavo in delle miniere di carbone molto lontane da qui! La tua “carrozza” è già pronta ai cancelli!»

«Perché?» chiese Loki ancora a terra incontrando il suo sguardo «Io non vi ho fatto niente!»

Il Marchese lo guardò dall’alto in basso.

«E invece si, ma non te ne rendi conto. Tu sei l’ultima cosa che mi lega a tua madre.» il suo tono divenne amaro e Loki per la prima volta vi colse una nota di vera tristezza «Lei era bellissima e buona e gentile. E io ne ero innamorato. Poi la mia famiglia mi disse che non potevo permettermi di perdermi in sciocche fantasie con la più misera delle serve. Ho dovuto rinunciare a tutto. All’amore, a mio figlio, rinnegare il mio passato per crearmi un futuro. Non potevo permettermi di affezionarmi a te e ho dovuto dimenticare anche lei. Ma prima di morire lei…lei mi ha chiesto di non lasciarti e di crescerti…non potevo non accordarle quell’unico desiderio. Glielo dovevo e speravo che così la mia coscienza si pulisse finalmente, ma tu sei cresciuto e sei diventato uguale a lei in tutto. E quando credevo di aver finalmente raggiunto la mia conquista tu me l’hai portata via. Io ho rinunciato alla felicità per tutta la vita, perché tu dovresti averla?»

Loki lo affrontò con occhi carichi di orgoglio.

«Voi siete un bugiardo! Se veramente aveste amato mia madre non avreste infangato tante volte la sua memoria o trattato me come avete fatto. Credete di aver onorato il vostro patto con lei? Siete solo un maledetto egoista e siete voi quello che non sarà mai all’altezza di mia madre. Il vostro animo è nero!»

Il Marchese ghignò prima di chinarsi e incontrare il suo sguardo.

«Ricorda una cosa ragazzo» Gli afferrò ancora con forza i capelli e piantò lo sguardo nel suo «è solo il sangue quello che conta. E il tuo è sporco e pieno della cenere in cui hai vissuto in tutti questi anni.»

Un istante dopo il rumore di una spada estratta dal suo fodero riscosse il Marchese che alzò lentamente lo sguardo verso l’ingresso delle scuderie.

«Ve lo dirò una volta sola: lasciatelo e non toccatelo mai più.» Ringhiò Thor minaccioso impugnando la spada sguainata.

Gli occhi di Loki divennero lucidi e increduli mentre il Marchese ghignò.

«Mpf se è quello che volete Maestà, potete averlo.» disse con disprezzo lasciando i capelli del figlio e facendolo cadere ai suoi piedi lo superò «ma ricordate che è solo un misero servo quello che state aggiungendo alle gemme della vostra corona.»

Thor era infuriato, ma cercò di contenersi o lo avrebbe ucciso sul momento. 

«Prendetevelo pure, non mi importa niente di lui.» Continuò il Marchese.

Come Thor riuscì a limitarsi ad un solo pugno sul volto dell’altro fu un mistero, sta di fatto che non ci andò certo piano.

«Vi importerà quando dovrete inchinarvi a lui come vostro re e state certo che me ne accerterò personalmente.»

Il Marchese incassò il colpo per poi fronteggiare il giovane con sfida.

«Allora attendo con ansia l’invito a nozze, Mio Principe» dopodiché lo superò lasciandoli soli. 

Thor non esitò oltre e corse da Loki. Con un solo taglio di lama le corde che lo tenevano legato caddero a terra. 

«Loki amore mio, state bene?»

Il ragazzo però abbassò lo sguardo e gli occhi gli si riempirono di lacrime.

«Non fate così, è tutto apposto adesso. Perdonatemi se ci ho messo tanto, avrei dovuto seguirvi ieri sera e quel bastardo non vi avrebbe nemmeno sfiorato. Come ha osato ridurvi così?!» allungò una mano verso il labbro dell’altro, ma Loki si ritrasse.

«No Maestà io… io non vi merito.»

«Cosa? Ma che dite?»

«Vi ho mentito Thomp…Thor! Non vi ho detto che mia madre era una serva e nemmeno che io ero…che sono…uno sguattero…vi ho detto solo che mi occupavo dei cavalli.»

«E non è forse vero anche se solo in parte? E io allora? Io vi ho mentito e sono stato uno sciocco. L’idea di incontrare qualcuno che per la prima volta non mi volesse intorno perché ero il principe mi aveva un po’… ecco esaltato. Perdonatemi se potete.»

Loki lo guardò incredulo «Davvero lo avete fatto solo per questo?»

«Si, davvero. Perciò non avete nessun motivo di mortificarvi per non avermi detto tutto su di voi.»

Loki però sembrava triste «Thor io…. Io sono solo un servo.» Ammise amaro. 

«Loki guardatemi, vi prego.» Gli prese il volto tra le mani obbligandolo ad incontrare il suo sguardo «non è dove o da chi nasciamo a stabilire chi siamo. Il vostro animo è nobile e il vostro cuore è puro e ai miei occhi… voi siete il mio principe.»

Il moro trattenne il fiato e l’altro si sfilò dalla tasca della marsina la scarpa d’oro che aveva raccolto la sera precedente.

«Ero venuto a riportarvi questa…oh e a chiedervi in sposo, certo sempre che voi…»

Loki sorrise felice e gli si buttò addosso abbracciandolo.

Anche Thor sorrise «Andiamo a casa.» Sussurrò al suo tesoro.

 

Il principe portò Loki a palazzo dove anche i suoi genitori poterono finalmente conoscere quel giovane gentile e puro di cuore.
Thor raccontò al padre del Marchese e dei suoi interessi personali, ma per volontà sua e di Loki la famiglia Laufeyson ricevette comunque l’invito alle nozze e incoronazioni dei nuovi sovrani. 
Il Marchese e i suoi familiari si presentarono mostrandosi tra le prime file del pubblico, ma caso volle che due corvi irruppero nella sala del trono puntando gli artigli proprio agli occhi dei due membri più giovani della famiglia e rendendoli ciechi davanti a quelli della madre che urlò per l’orrore, ma i due corvi non cedettero.
Anche la regina guardò la scena inorridita e si volse verso il suo consorte che però pareva tranquillo.
“Che vuoi farci mia cara? Del resto non vedo perché chi si è mostrato cieco verso il suo prossimo in difficoltà quando gli era comodo per il proprio tornaconto non debba esserlo per il resto della sua vita. Non trovi anche tu?” disse strizzandole il suo unico occhio buono e schioccò non visto le dita; solo allora i due corvi lasciarono in pace i due giovani feriti e volarono via.
Lady Farbauti volle portar via i suoi figli e guardò il marito chiedendogli aiuto, ma questi non si mosse di un passo nemmeno dopo aver ricevuto un tremendo sguardo d’odio dalla consorte che accompagnò fuori i figli e lo lasciò solo. 
Non passò molto che i due sposi fecero il loro ingresso in splendidi abiti d’oro e d’argento.
Quando le nozze furono celebrate e le corone poste sulle teste dei giovani re di Asgard tutta la folla si inchinò ai nuovi sovrani e così fece anche il Marchese che seppur reticente abbassò il capo e rese i suoi omaggi. 
Ma per quanto riguardava i due sposi in quel momento felice e in cui tutti gli occhi puntavano su di loro i due giovani non poterono che perdersi unicamente l’uno negli occhi dell’altro.
E così i due nuovi re si sorrisero ed avvicinandosi….


«Ti prego papà! Risparmiaci altri baci!» Lo interruppe Kate finendo di decorare i suoi biscotti con tanti zuccherini arcobaleno.

«Si papà sappiamo che adori i baci, ma abbiamo afferrato il “E vissero per sempre felici e contenti”» Rincarò Fred posizionando sui suoi fiocchi di neve glassati di bianco degli zuccherini tondi.

«E va bene niente finale sdolcinato. Avete finito bambini?» Chiese riferendosi ai biscotti.

«SI!» Risposero i due in coro.

«Allora presto! Ormai è quasi mezzanotte e vostro padre starà per rientrare. Dobbiamo nasconderli e voi due…»

«Nascondere cosa?» Chiese Loki che facendo pochissimo rumore era già apparso sulla soglia di casa. Notò i figli svegli «Bambini che fate ancora in piedi a quest’ora?»

«Ehm…» iniziò Thor, ma Kate e Fred guardarono l’orologio appeso sopra il frigo e furono più veloci a rispondere.

«BUON SAN VALENTINO PAPÀ!» gridarono in coro i due pieni di farina e glassa sulla faccia e sui capelli.

Loki rimase sorpreso e li guardò dolce.

«Guarda ti abbiamo fatto i biscotti.» Disse Fred indicandoglieli.

«Con papà» puntualizzò Kate.

Loki guardò il compagno interrogativo e Thor arrossì. «Io ho solo aiutato.»

«Ti piacciono papà?» chiese Kate entusiasta.

Loki si avvicinò all’isola della cucina e osservò tutti i biscotti decorati: erano tantissimi glassati, pieni di zuccherini, con piccole scritte o disegni.
Si commosse a quella vista.

«Li adoro amori miei e ne mangerò subito uno per ciascuno di voi»

«Prima il mio» disse pronta Kate mettendogliene uno in bocca «io ho fatto le nuvole»

«E io e Trick i fiocchi di neve» disse Fred porgendogliene un altro.

«E un cuore di papà non lo vuoi?» Chiese pronta Kate. 

«Mmm e così papà ha fatto i cuori? Ma sbaglio o ce ne sono pochissimi?»

«Si beh…non c’era spazio» provò a giustificarsi Thor visto che i suoi cuori erano a malapena una decina ed erano superati da un gran numero di nuvole e fiocchi di neve. 

Loki scosse la testa poi diede un bacio ai suoi bambini e un grattino a Trick che fece le fusa soddisfatto. 

«Bambini avviatevi a letto così verrò a darvi un bacio, però prima andate a togliervi glassa e farina da dosso. Fate presto che è tardi»

«Va bene» disse Kate allegra scendendo dallo sgabello, si avvicinò Thor che la sollevò e lei gli diede un bacio sulla guancia «Grazie per la storia papà»

«Si grazie papà.» Fece altrettanto Fred dopodiché i due salirono di corsa le scale. 

«Che storia?»  Chiese Loki interrogativo.

«Ho raccontato ai bambini una versione rivisitata di Cenerentola con noi due come protagonisti su loro richiesta. Però non hanno voluto sentire il finale perché sanno che ecco… sono troppo romantico»

«Come dargli torto? E immagino che io fossi il principe vero?» 

«Non esattamente.» Rispose il biondo grattandosi in testa, poi guardò verso i biscotti triste «Sorpresa sfumata.»

Ma Loki scosse la testa e prese uno di quelli a forma di cuore con zuccherini della stessa forma sopra «Direi proprio di no Thor. Ma sai i tuoi figli sono più bravi di te a decorare i biscotti.» 

«Mmm se è per questo anche a produrne quantità industriali.» 

Loki si avvicinò al compagno e diede un morso sensuale al cuore.

«Sai Dio del Tuono ho anche io un regalo per te. Ora andrò di sopra e darò il bacio della buonanotte ai nostri figli. Poi ti aspetterò in camera per raccontarti il finale della fiaba» quest’ultima frase gliela sussurrò ad un orecchio e a Thor sfuggì un sorrisetto compiaciuto. 

«Mmm non vedo l’ora di scoprirlo» sorrise Thor tirandoselo contro.

«Ti piacerà vedrai, ma prima… metti apposto questo disastro e datti una sistemata, sei pieno di farina.» Concluse afferrando una manciata di biscotti e portandoseli via.

«Ma Loki…» sbuffò il biondo.

Il moro però era già sulle scale.

«Fai presto… Cerentola.»

E facendogli un occhiolino sparì al piano di sopra.

 

Note:

Cenerentola:

https://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/cenerentola

 

Ciao a tutti!
Vi sono mancata con le mie idiozie?
Eccone un’altra, appunto! Questa raccolta di fiabe in chiave Thorkiniana. Si perché io amo le fiabe, ma anche le Thorki e allora ho deciso di avviare questo progettino e vedere cosa combino!
Intanto però sto finendo la stesura dell’ultimo capitolo di “Odinson’s secret diaries”, arriva presto lo prometto!
P.S. se avete voglia di suggerire una fiaba ogni proposta è ben accetta =)
Un abbraccio a tutti voi e …alla prossima storia!

 

 

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Capitolo 2
*** Vorrei…vorrei…vorrei… ***


Note d’incipit: Ciao a tutti! Solo per dirvi che questa prima parte contiene lunghe descrizioni di ambientazione. Spero non vi uccida di noia, ma se avrete pazienza la storia poi parte. Mi eclisso, ma mi ritroverete nelle ultime righe. Buona lettura! =)

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Vorrei…vorrei…vorrei…

 

Pensa a ciò che i tuoi giorni rende vuoti,
a ciò che ti conviene;
il destino dipende dai tuoi voti:
prima di farli, riflettici bene.


C’era una volta in una terra lontana, ma proprio lontana e in un tempo che non saprei dirvi quando, un paese ricco di folte foreste e in mezzo a queste tante radure verdi.
In una di queste, se ci foste capitati, avreste potuto trovare dei campi ben coltivati e un frutteto pieno di alberi di ogni tipo di frutto allora conosciuto.
E tra i campi e il frutteto, situata al limitare della foresta, vi era anche una casetta in legno. 
Ora qualcuno tra voi, cari i miei lettori, avrà forse sentito parlare di uomini che lamentano di non aver ricevuto abbastanza ricchezze nella loro vita e di quanto il destino sia stato ingiusto con loro per questo motivo.

“Potrebbe dirsi felice una vita che d’oro e d’argento non sia riempita?” 

E già questo è proprio il motto di quelli che finiscono per dimenticare che i beni importanti sono ben altri e che spesso si scordano persino di apprezzare ciò che già hanno.
Ecco chi abitava in quella casetta di cui vi ho appena parlato non la pensava come loro…
Thor era un giovane taglialegna sui trent’anni nato da una povera e umile famiglia di contadini.
Nella sua povertà egli aveva comunque ricevuto dei bellissimi doni: due occhi blu come il mare, dei capelli biondi come il grano che egli teneva sempre lunghi e un sorriso dolce e solare che metteva allegria e dava conforto a chiunque avesse accanto.
Era forte e muscoloso con la pelle abbronzata dal sole e le mani segnate dalla fatica, ma non per questo indelicate o rozze se si trattava di fare una carezza.
Quella mattina, come tutte le altre, si alzò presto, si legò i capelli in una coda bassa, indossò i calzoni e una camiciola vecchia da lavoro e uscito dalla camera da letto scese i pochi scalini in legno che conducevano al piano inferiore.
Quello era un unico stanzone con pareti in pietra e con un soffitto sorretto da grosse travi di legno scuro. La parete di destra era occupata da un caminetto di mattoni e su quella di fondo vi era la porta d’ingresso con accanto un cassettone ben lavorato, e così si era salotto.
Su quella di sinistra invece si trovava una lunga e bassa credenza e sulla quella accanto, che terminava poi con le scale, ce n’era un’altra meno grande e affiancata da un piccolo lavello, e così si era  in cucina. 
La stanza era piccola, ma calda, accogliente e ben illuminata da diverse finestrelle.
A occuparne proprio il centro ecco un tavolo di legno massiccio; sopra a questo Thor trovò, in una ciotola in terracotta, un uovo sodo e una fetta di pane e lì accanto un fagottino di stoffa chiuso da un bel nodo.
Afferrò l’uovo e il pane e li divorò con poca grazia dopodiché prese il fagottino e se lo mise in tasca prima di uscire sotto al piccolo portico in legno della casa.
Era una bella giornata e indossati gli scarponi Thor prese un bel respiro e si godette un istante  la vista di ciò che aveva davanti: la luce invadeva i campi e il frutteto e si udivano persino gli uccellini cinguettare. 
D’inverno, per quanto il sole regalasse un cielo limpido e terso, fuori c’era un freddo da far gelare il naso e lacrimare gli occhi e uno non poteva certo starsene lì a bearsene senza congelare.
L’estate invece era talmente caldo che i vestiti restavano appiccicati addosso e una fastidiosa sensazione di spossatezza fiaccava le gambe costringendo chiunque a cercare il conforto dell’ombra.
Thor invece adorava quel primo sole primaverile che gli scaldava la pelle senza scottarla e quella leggera brezza ancora invernale che gli rinfrescava le spalle dandogli conforto durante il lavoro nei boschi. 
Tutto soddisfatto prese con sé l’accetta piantata in un ceppo davanti casa e si diresse verso la foresta. 
Per arrivarvi doveva passare in mezzo al frutteto; lì dagli alberi di pesco arrivava già il profumo dei  primi fiori da poco sbocciati: presto avrebbe portato nuovi frutti e lo stesso sarebbe stato per gli altri alberi che son figli devoti della primavera e dell’estate.
C’erano però alcuni alberi di arancio ancora carichi degli ultimi frutti dolci e succosi della stagione e fu proprio quando stava per raggiungerli che Thor avvertì il tonfo ovattato di diverse arance che cadevano a terra. Erano ai piedi di un albero fitto fitto di foglie e tra queste il biondo scorse un certo movimento.
Sorrise e si avvicinò. 

«Io non metterei il piede sul quel ramo» disse posando la testa dell’accetta ai suoi piedi e appoggiando le mani sul manico «Rischieresti di cadere»

A quelle parole due rami fitti di foglie scure si scossero e si aprirono rivelando il volto di un giovane moro e dagli occhi verdi.
Anche lui indossava una camiciola morbida da lavoro e calzoni e in quel momento pareva un po’ affaticato. 

«Non ti hanno insegnato che gli impiccioni non piacciono a nessuno biondino?» Domandò il moro con una punta di acidità nella voce.

«E va bene» disse Thor con un sorriso e lasciando cadere l’accetta a terra incrociò le braccia al petto «Fa come se non avessi detto niente allora.»

«Lo farò grazie.» sorrise saccente l’altro di rimando e richiuse i rami davanti a sé.

Thor alzò gli occhi al cielo e lentamente si portò sul lato destro dell’arancio dove alcuni grossi sassi spuntavano dal terreno «3,2,1…» sussurrò.
Si avvertì chiaramente lo schiocco di un ramo spezzato e il giovane moro volò giù di schiena proprio da quel lato dell’albero tenendo diverse arance tra le braccia.
In una situazione normale sarebbe rovinato sui sassi e si sarebbe fatto molto male, ma in quel caso trovò due braccia forti a prenderlo al volo evitandogli la caduta.
Il moro sollevò lo sguardo e i suoi occhi verdi incontrarono quelli blu e ridenti del biondo «Magari è come dici tu, ma si da il caso che il tuo maritino impiccione abbia appena salvato te e le arance. Sicuro che io non ti piaccia, Loki?» Gli sorrise.

L’altro lo fissò un istante perdendosi in quel sorriso poi si riscosse «Nel-nel tuo caso è diverso e c’entra il mio debole per i biondi, ma questo non significa che tu non sia un imp…»

Ma Thor non lo fece finire, avvicinò il volto al suo e gli diede un bacio dolce sulle labbra per poi tornare a guardarlo col suo bel sorriso.
Loki sbuffò, ma arrossì.

«Sei insopportabile.»

«Ahah si continua a ripetertelo.» disse il biondo appoggiandolo a terra. «Uhm devo potare questi aranci. Sono ancora parecchio carichi, ma qualche ramo mi sembra secco e ci sono troppe foglie.»

«Si è così, ma se ti svuoto questo domani puoi occupartene no?» chiese Loki raggiungendo una larga cesta intrecciata e lasciandovi cadere le arance che ancora stringeva tra le braccia.

«Si, ma meglio se tra un paio di giorni.» disse Thor recuperando l’accetta e seguendolo.

Loki si voltò verso di lui «Stai andando nel bosco? Guarda che di legna ce n’è ancora parecchia e anche di quella da vendere.»

«Si, ma ho visto che ci sono alcuni alberi secchi non troppo distanti e uno è ottimo per l’intaglio perciò…fermo un attimo tesoro» disse accorgendosi che sulla spalla sinistra del marito era appena comparso un ragno rosso grande quanto una nocca.

Loki si accorse che il compagno gli fissava la spalla e si stava avvicinando con una mano.

«Thor, ma che fai?»

«Te lo tolgo. Aspetta»  e fece per dargli una schicchera, ma Loki lo fermò.

«Cosa? No poverino, fermo Thor.» disse il moro deciso. 

Pose la mano destra accanto alla spalla e dopoché il ragnetto vi fu salito lo pose con delicatezza su un albero poco distante.

«Lokiii devi stare attento con gli insetti che trovi, non sai se siano velenosi! Fosse per te metteresti le mani nelle buche dei serpenti.»

«Oh avanti Thor, sai che mi piacciono gli animali e non vedo perché dovresti fare del male a uno ingiustamente. Perciò smettila di fare l’apprensivo.»

Il biondo scosse la testa «Prima o poi ti cercherò un cucciolo di lupo nel bosco e te lo porterò come animaletto domestico.»

«Sarebbe un regalo gradito.» Rise il moro poi gli si avvicinò «Hai preso il pranzo?»

Thor diede una leggera pacca sulla tasca in cui aveva riposto il fagottino trovato sul tavolo «Preso»

«Non tornare col buio, va bene?»

«Sta tranquillo amore, sarò a casa entro il tramonto.» e posatogli un bacetto sulla fronte gli diede le spalle e si diresse verso il bosco.

«Thor» lo richiamò il moro.

Il biondo si girò in tempo per acchiappare un’arancia che Loki gli aveva appena lanciato «La merenda.»

Thor gli sorrise ancora poi si diresse verso la foresta. 

 

Il bastoncino che aveva piantato nell’erba indicò a Thor che era passato mezzogiorno così lui si sedette su un grande sasso all’ombra di una quercia e decise di consumare il suo pasto: un tocco di formaggio e una fetta di pane. Aveva già abbattuto gli alberi secchi e composto un paio di grosse fascine. Ne avrebbe preparata ancora qualcuna e l’indomani sarebbe venuto con una carriola a caricare i ceppi più grossi. Era più forte rispetto a qualunque altro giovane che conoscesse, ma sapeva anche che Loki odiava che si sforzasse esageratamente. 
Ma lui non poteva farci niente: era sempre stato abituato così. Thor era il terzo figlio di due contadini e, da che ne aveva memoria, aveva sempre lavorato. Suo padre possedeva qualche pezzo di terra donatogli dopo anni di duro lavoro dal padrone di quell’appezzamento che era morto senza figli né eredi. Possedeva anche qualche bestia ovvero una mucca e qualche gallina e i suoi figli lo aiutavano tutti nei campi.
I suoi fratelli però Thor li aveva persi giovani: dei tre lui era l’unico ad essere stato abbastanza forte da resistere al freddo invernale e purtroppo spesso alla fame. 
Per anni il giovane aveva arato i campi e coltivato la terra al fianco del padre e col tempo e qualche stagione fortunata i frutti si erano visti. Quei pochi campi producevano cibo in abbondanza le bestie si erano duplicate e gli fornivano latte, formaggio e uova. Poi Thor aveva preso ad abbattere gli alberi e dal semplice procurarsi la legna per il fuoco aveva iniziato anche a venderla ed ad intagliarla permettendo così a lui e Loki una vita perlomeno dignitosa per le loro condizioni. 
Mentre addentava un pezzo di pane e finiva il formaggio, un fagiano passò in mezzo ai cespugli e Thor ne scorse anche altri a diversa distanza.
A volte se passava della selvaggina ne cacciava, ma solo il necessario perché Thor aveva sempre avuto un grande rispetto per il bosco e i suoi abitanti.
Iniziò a riflettere su una trappola per catturarne uno, ma proprio in quel mentre  avvertì qualcosa  camminargli sulla pelle dell’avambraccio.
Abbassò lo sguardo e  vi trovò un ragno come quello che aveva visto la mattina sulla spalla di Loki. Era rosso e visto da vicino Thor poté notare che aveva anche delle striature blu. D’istinto stava per schiacciarlo poi ripensò a Loki e così si pulì la mano libera ai calzoni e la accostò al braccio. Il ragnetto vi salì sopra e Thor d’istinto guardò verso la quercia.
Vi scorse un grosso nodo sulla corteccia e vi accostò il ragno perché potesse salirvi.

«Ecco…sei apposto amico.» sorrise e osservò la creatura arrampicarsi per un po’ dopodiché  decide di rimettersi a lavoro. 

 

Diverse ore più tardi una coltre di un azzurro bluastro iniziava a calare nel cielo e del tramonto si intravedeva solo un’ultima striscia rossa.
Thor raggiunse la casetta e appoggiò nel capanno che conteneva la legna accanto alla stalla cinque grosse fascine e un fagiano.
Si diresse poi dietro casa dove trovò un catino pieno d’acqua.
Vi immerse una mano: era tiepida. Loki doveva avergliela preparata poco prima, ma siccome aveva fatto tardi doveva essersi raffreddata; nonostante questo Thor la trovava pur sempre meglio dell’acqua gelata del pozzo, così si lavò. 
Su un grosso e basso ceppo li accanto trovò anche una camicia e dei calzoni puliti. Lì indossò, raccolse gli abiti sporchi dopodiché recuperò il fagiano e si avviò in casa.

«Finalmente, la zuppa si stava raffreddando.» lo rimproverò Loki quando lo vide entrare.

«Scusa, ci ho messo più del previsto. Mmm cos’è questo buon odore?»

«Marmellata di arance.» disse Loki sedendosi a tavola con lui e mettendogli davanti una ciotola di zuppa. «L’ho messa a cuocere mentre preparavo gli unguenti con le erbe fresche che mi hai portato ieri. Speriamo copra un po’ l’odore dei tuo panni sporchi quando li metterò a bollire»

«Ehi!» si lamentò Thor. «Ho preso un fagiano» disse mostrandoglielo «me ne occuperò più tardi. E tu tesoro?»

Loki sorrise, ma il suo volto sembrava particolarmente stanco «Ho svuotato due alberi e raccolto quelle.» disse indicando col capo tre ceste piene di frutta vicino ad una delle credenze «più una che ho usato per la marmellata, cucinato, preparato gli unguenti e diviso la legna da vendere. Ho preso l’acqua al pozzo, munto la mucca…insomma le solite cose.» concluse tranquillo.

Thor però si incupì appena a quelle parole, ma continuò a mangiare «Ti sforzi sempre così tanto Loki»

«Disse mio marito dopo una giornata a spaccar legna nel bosco» lo riprese l’altro con un sorriso sarcastico.

Thor sorrise «Questa zuppa è buonissima tesoro.» Disse prendendone un’abbondante cucchiaiata.

«Non è molto diversa da quelle che ti preparo di solito.»

«Si beh della tua zuppa di cavolo farei volentieri a meno.» borbottò sottovoce Thor.

«Prego?»

«Ah sai oggi nel bosco ho trovato un ragno come quello di questa mattina. Deve esserci un’invasione.»

Ma Loki assottigliò lo sguardo «Thor non cambiare discorso.»

«Non so di che parli. Finito! Ce n’è ancora?»

Il moro scosse la testa, ma prese la ciotola del compagno per riempirgliela ancora.

 

Più tardi Thor spiumò il fagiano e raccolse le piume in un sacco di stoffa. Le vendeva nel villaggio più vicino ai pescatori che ne facevano mosche per la pesca.
Fatto questo si alzò per appendere la carne sopra al camino, ma si bloccò sul posto: Loki era seduto lì davanti e non gli dava del tutto le spalle mentre bolliva i suoi vestiti. 
La fiamma gli arrossava le gote e gli ingrandiva le iridi facendo sembrare i suoi occhi verdi puro smeraldo liquido mentre lui se ne stava lì e con cura teneva d’occhio il bucato. Lo tolse dalla pentola e lo pose in un catino di ferro poi fece per alzarsi ed uscire.

«No tesoro è pesante lascia fare a me, appendo la carne e poi esco a fumare.» disse Thor gentile facendo per prenderglielo, ma Loki rifiutò.

«Thor se non vuoi che ti stacchi le tue belle braccia muscolose, e credimi sarebbe un vero peccato, lasciami fare da solo.» rispose l’altro con un sorrisetto beffardo.

Thor alzò le mani con fare arrendevole e si dedicò al fagiano mentre l’altro usciva.
Sistemata la carne il biondo recuperò dal cassettone la sua pipa e il tabacco per poi uscire.

 

Loki era sul lato destro della casa a stendere il bucato. Era buio, ma dentro ardeva ancora la fiamma del fuoco perciò dalle finestre arrivava luce.
Di lì a poco in ogni caso Thor accese un lume in una lampada a olio che appese sotto il portico di modo che se qualcuno si fosse perso da quelle parti avrebbe visto quella luce nella notte. 
Fatto questo si sedette sui pochi scalini del portico, si preparò la pipa e tirò due boccate di fumo dopodiché rimase ad osservare il lume acceso. 
Quell’abitudine ormai ce l’aveva da tanti anni e per lui era fondamentale. 
Si poteva dire che era così che avesse conosciuto Loki.
Era successo diversi anni prima in pieno inverno, i suoi genitori erano morti e lui ormai abitava quella casa tutto solo. 
Quella sera fuori nevicava e siccome il fuoco nel camino si stava spegnendo il giovane era uscito con un lume per prendere qualche ciocco con cui alimentarlo.
Stava per rientrare quando un carro si era fermato vicino alla staccionata che circondava il retro della casetta. Ne era scesa una figura scura e lo aveva raggiunto alla luce. 
Era un uomo più vecchio di lui avvolto in un grosso mantello: gli aveva detto di essersi perso per poi chiedergli riparo per la notte per lui e suo figlio.
In quel momento Thor non aveva esitato e aveva indicato all’uomo la stalla in cui lasciare il carro dopodiché aveva invitato gli sconosciuti a seguirlo nella sua casa.
Il più giovane dei due, prima rimasto a cassetta, sembrava anche più esile dell’altro uomo e indossava un mantello verde con un cappuccio tirato fin sul naso. Aveva seguito suo padre e Thor senza dire una parola e una volta al caldo si era sfilato il cappuccio dal viso.
E così, alla tenue fiamma del fuoco da ravvivare, Thor aveva incontrato quel volto e quegli occhi verdi per la prima volta e…si era innamorato.
Il giovane tremava infreddolito e aveva le guance e il naso arrossati per il freddo; i capelli neri erano leggermente bagnati della neve, ma era di una bellezza e di una grazia tale che Thor rimase colpito come da un fulmine.

“Grazie buon uomo” aveva detto il più anziano “Io e mio figlio saremmo stati persi senza il vostro aiuto.”

Thor offrì loro del brodo caldo perché si rifocillassero e la sua stanza: era bella calda e il padre gli aveva sempre insegnato che era giusto offrirla a chi si fermava per chiedere alloggio.
Così Thor disse loro che lui si sarebbe ritirato in quella più piccola della casa che una volta divideva coi suoi fratelli. 
Ma quella stanza era così fredda, lui lo sapeva bene, che non aveva potuto dormire e così era tornato davanti al fuoco.
Con sua sorpresa il giovane moro era lì davanti e stava cercando di scaldarsi.

“Perdonatemi, spero di non avervi svegliato scendendo le scale” gli aveva detto con un tono dolce e gentile.

Thor era rimasto per diversi secondi incantato a guardarlo con un’espressione da pesce lesso prima di riscuotersi.

“N-no affatto. È-è pericoloso andare in giro di notte, che facevate in giro voi e vostro padre?»

“Mio padre è un mercante di stoffe e io lo stavo aiutando a portare quelle nel carro nel prossimo villaggio per venderle, ma la tormenta ci ha colti dopo il tramonto e abbiamo perso la via. Stavamo congelando  quando abbiamo visto il vostro lume. Scusate se vi abbiamo arrecato disturbo”

Era educato e pieno di grazia anche nel parlare e Thor ne fu ancora più rapito.

“Un piatto caldo e un posto per dormire non si rifiuta a nessuno e non mi avete affatto disturbato. Mi chiamo Thor” si presentò.

Il giovane fissò i suoi occhi verdi nei suoi e sorrise.

“Io sono Loki”

Avevano parlato tutta la notte, ma col giungere dell’alba si sarebbero dovuti separare. E così giunto il giorno il mercante offrì a Thor delle stoffe per sdebitarsi, ma lui le rifiutò dicendo che lo aveva fatto volentieri.
Ma Loki, mentre il padre recuperava il carro, gli si era avvicinato “Vi prego Thor non c’è nulla che posso fare per sdebitare me e mio padre?”

Thor allora, con occhi carichi di emozione, si era fatto coraggio e aveva pronunciato quelle parole. “Nulla davvero. Spero solo che non passi troppo tempo prima di potervi rivedere ancora, Loki”

Da allora quel carro era passato spesso per la strada che conduceva alla sua casa prima di andare al villaggio. Ormai Loki conosceva bene quella tratta e il padre lo lasciava andare da solo a commerciare le stoffe e lui non mancava mai di passare a trovare Thor.
Solitamente capitava verso sera quando proseguire sarebbe stato pericoloso per chiunque.
Thor lo aspettava sempre e quando vedeva il suo carro apparire correva sulla strada e gli andava incontro.
E Loki tornava sempre e ogni volta con meno stoffe da commerciare quasi non volesse più servirsi di alcuna scusa per andare da lui.
Infine una volta venne solo con un cavallo, vi smontò e gli corse incontro poi, abbracciato l’uomo che amava, gli disse che non sarebbe mai più andato via.
E così Thor aveva intagliato per loro due anelli di legno duro e proprio nel frutteto in fiore i due si erano giurati amore eterno…

«A che pensi?» chiese Loki raggiungendolo.

Thor si riscosse e gli sorrise. Allargò le ginocchia così che l’altro sedendovi in mezzo sugli scalini potesse appoggiarvi la testa sopra.
Il moro non attese oltre e sedendosi poggiò una guancia sul ginocchio sinistro del biondo che prese ad accarezzargli l’altra.

«Pensavo che se cercassi di vendere qualche legna in più potremmo andare al villaggio e così, magari, potrei comprarti qualche abito nuovo o potremmo acquistare dei mobili per la casa se ti va.»

Loki ridacchiò stupito «E perché mai Thor? Quelli che hai intagliato tu sono bellissimi.»

«Lo so amore è solo che pensavo che ti facesse piacere avere qualcosa di più…raffinato in casa.»

Loki tacque un attimo poi si tirò su e guardò il compagno.

«Mm in effetti c’è una cosa…»

Thor lo guardò interrogativo: gli avrebbe dato di tutto pur di farlo felice.

«Si, direi che un marito più raffinato e che apprezza la mia zuppa di cavolo sarebbe gradito.» Lo prese in giro l’altro.

«Ah è così? Niente di più?» 

Loki lo guardò sensuale «Avvicinati» sussurrò.

Thor obbedì fino ad avvertire il suo respiro sulle labbra. 

«Inizio ad avere freddo qui fuori, credi di poter fare qualcosa a riguardo?» domandò mordendogli appena un labbro.

«Credimi conosco un ottimo modo per scaldarti.» sorrise Thor prima di baciarlo. 

Un bacio intenso, profondo, sensuale…
I due si alzarono e senza separarsi da Loki, Thor lo sollevò. L’altro gli allacciò le gambe intorno ai fianchi e immerse le mani nei capelli biondi del marito mentre questi apriva la porta e riportava entrambi in casa.
Erano così presi l’uno dall’altro che di certo non fecero caso ad un piccolo ragno rosso che da un asse del portico sembrava averli osservati per tutto il tempo.

 

Da che Loki era diventato parte della sua vita nelle mattine d’inverno Thor si svegliava sempre con il moro tra le braccia. La coperta che li copriva era vecchia e piena di buchi e il biondo si stringeva l’altro contro cercando di scaldarlo il più possibile.
Un anno prima poi Thor si era procurato diversi sacchi di piume d’oca e nonostante il marito ne avesse ricavato una coperta un po’ più pesante Thor se lo teneva ancora stretto fino al mattino adducendo la scusa che Loki fosse comunque freddo e che lui doveva scaldarlo. 
La verità era che amava sentirselo tra le braccia, amava la morbidezza della sua pelle e amava dargli dolci baci e carezze durante la notte.
Ma con l’arrivo della primavera qualcosa cambiava: Loki si alzava sempre di buon mattino e iniziava ad occuparsi di tutte le varie faccende e così Thor si trovava sempre solo al risveglio.
Quella mattina però fu diversa: quando Thor aprì gli occhi Loki era ancora accoccolato tra le sue braccia.
Il volto era disteso e sereno dopo la notte d’amore appena trascorsa. Il moro si strinse di più a lui e qualcuno dei suoi lunghi capelli gli ricadde sul viso. Quei capelli neri e morbidi, Thor amava anche quelli, ma in fondo c’era qualcosa che non amasse dell’uomo a cui aveva giurato amore per tutta l’eternità? Certo a parte la sua zuppa di cavolo…
Sorrise e scansò le ciocche color ebano sistemandole dietro ad un orecchio dell’altro. Non si sarebbe separato mai da quella visione, ma sapeva che il dovere chiamava e lui doveva andare nel bosco.
Infatti Thor doveva ammettere che si sentiva spesso in colpa per non poter permettere all’altro una vita agiata e anche se Loki non si era lamentato un solo giorno della loro vita insieme Thor avrebbe voluto fare di più. 
Appose un bacio sulle guance nivee dell’altro e uscì dalla camera in punta di piedi. 
In cucina trovò un pezzo di pane secco e della marmellata. Mentre lo mangiava pensò che Loki avrebbe fatto altro pane quel giorno così aprì l’anta di una delle credenze dove tenevano la farina: il sacco però era quasi vuoto.
Sospirò consapevole del fatto che Loki non glielo aveva detto per non farlo preoccupare. Succedeva sempre così quando passavano diversi giorni tra una vendita e l’altra e arrivavano verso la fine dei rifornimenti.
Prese un paio di monete da un barattolo nel cassettone. Avrebbe raccolto la legna e prima di rientrare sarebbe passato dal mugnaio per comprare un sacco di farina. Almeno quello potevano permetterselo in fondo. 
Per il pranzo prese solo un pezzo di formaggio e delle gallette e si diresse subito nel bosco con la carriola di legno e l’accetta. 


Erano già passate diverse ore e Thor aveva diviso in più parti un tronco quando udì un grido.

«Aiuto!» 

Si guardò intorno cercando la fonte di quel richiamo, ma non vide nessuno. La voce chiamò di nuovo e Thor, presa la sua accetta, si inoltrò cauto tra gli alberi. Dopo qualche minuto udì un altro grido.

«Quassù!» Lo richiamò la voce.

A quel punto il biondo alzò la testa e sorpresa: in una delle sue trappole lasciata ai piedi di un faggio dove di solito passavano lepri e fagiani Thor trovò appeso per un piede un giovane castano che si dimenava a testa in giù.

«Ti prego aiutami!» gridò il ragazzo che tentava di liberarsi e senza rendersene conto risultava però parecchio buffo.

«Si aspetta!» 

Il biondo si avvicinò alla corda tesa e la tagliò con un colpo d’accetta.

Il giovane cadde a terra con un «Ouch!» ma si tirò sù velocemente «Ehi grazie amico! Temevo che fosse la trappola di qualche cacciatore.» disse. Era un ragazzo sui quindici, massimo sedici anni, capelli riccioluti, pallido e con un largo sorriso sul volto.

«Nessun problema, ma dovresti stare più attento. Questi boschi sono pieni di trappole di cacciatori. Che ci facevi qui intorno ragazzo?» 

«Ecco veramente io sto cercando di raggiungere Sokovia, ma non sono molto pratico del luogo.»

«Sokovia? E che ci devi fare lì? È a tre giorni di cammino da qui e tu sei solo un ragazzo!»

«Oh, ma ci sto andando per cercarmi un lavoro e far fortuna, a proposito io sono Peter» disse tutto allegro protendendogli la mano.

«Ehm… Thor.» gliela strinse il biondo accettandola.

«Che fai tu qui Thor?…Non sei un cacciatore vero?»

«Ehm no, sono un taglialegna…» rispose il biondo come fosse la cosa più ovvia del mondo recuperando la sua accetta.

«Oh, ma certo che sciocco! Hai l’accetta e quei muscoli di uno che ehm…spacca la legna.» disse il ragazzo con convinzione.

«Si ehm…adesso io devo tornare alla mia legna. Se devi proseguire col tuo viaggio ti conviene passare di là» disse indicandogli una direzione «ti porterà sulla strada maestra. Allora buona fortuna ragazzo.» E superandolo si diresse da dove era venuto.

Non aveva fatto due passi che si sentì seguito.

«Ehi Signor Tom…»

«Thor.»

«Oh si Thor, Signore…ehm non è che avresti un posto per la notte? Diciamo per stasera?»

«Ma ragazzo non è nemmeno mezzogiorno e perché mai mi chiami “Signore”?» Chiese l’altro continuando a camminare.

«Oh beh perché tu sei grande e ai grandi si porta rispetto e tu mi hai anche aiutato! E poi presto o tardi farà comunque buio e potrei incontrare lupi o briganti. Potrei aiutarti! Hai bisogno di qualcuno che porti la legna o che tagli gli alberi? Posso farlo! Così mi sdebiterò! Sai una volta…»

Accidenti quanto parlava quel ragazzo!

Thor capì che non lo avrebbe convinto a tacere tanto facilmente, forse solo se… «E va bene. Se vuoi aiutarmi posso ospitarti per questa notte.»

«Oh grazie Thor, Signore.»

«Si solo Thor va bene, ma guarda che dovremo lavorare tutto il giorno.» concluse raggiungendo infine la legna lasciata a metà.

«Lavoro è il mio secondo nome! Allora cosa posso fare Signore?»

Thor ci pensò sù e lo sguardo gli cadde sul tronco a terra che aveva già diviso in ceppi.

«Li vedi quei ceppi lì? Puoi sollevarli e metterli in maniera ordinata nella carriola.» 

«Sissignore.» il giovane raggiunse i ceppi, ma provato a sollevare il primo… «ec…ce la fac…puff» 

E dopo un’enorme fatica lo appoggiò nella carriola «E-ecco…puff…è stato..f-facile.» sbuffò già esausto.

“Sarà una lunga giornata” sorrise Thor tra sé e sé.

 

Loki si svegliò che il sole era già alto quel giorno. Mugugnò un po’ e affondò il viso nel cuscino del marito inspirandone l’odore. 
Si costrinse a farsi forza e alzatosi si diresse al piano di sotto. Vide in un coccio di terracotta sul tavolo un rimasuglio di farina segno che Thor doveva aver trovato il sacco ormai quasi vuoto e liberatolo di quell’ultima dose per portarlo dal mugnaio. 
Scosse la testa: mai che ci fosse una volta che gli lasciasse un lavoro di fatica, ma a Thor piaceva  da sempre occuparsi di lui e non farlo sforzare. 
Soppesò con lo sguardo quella poca farina e si ricordò che c’era ancora un pezzettino di lievito.
Le arance che aveva colto il giorno prima poi avevano una bella scorsa profumata perciò…Sorrise e uscì per scaldare il forno fuori casa e prendere delle uova.
Gli era venuto in mente un ottimo impiego per quella farina ed era sicuro che il marito lo avrebbe apprezzato.


Thor e Peter lavorarono tutta mattina o meglio Thor lavorò e Peter gli tenne compagnia sollevando un ceppo ogni cento parole che diceva. A mezzogiorno Thor divise con lui il suo pasto dopodiché  i due ripresero il loro lavoro.

«Ehi Thor, Signore, che bella quercia quella no? Se la tagliassi ti darebbe un sacco di legna.»

«Impossibile ragazzo.» disse Thor ricavando un grosso ceppo da un altro tronco ancora a terra «Io abbatto solo alberi secchi. Quelli giovani o in buona salute hanno ancora molto da dare e sono la casa per diversi animali del bosco.»

«Oh capisco certo scoiattoli, uccellini, ragni. Io adoro i ragni sa Signore e lei?»

«Eh già anche loro hanno bisogno di una casa….»

«Però a volte sarebbe meglio no? Avere un po’ di legna in più non fa mai male vero Signore?»

Thor divise il ceppo in due così che Peter avesse più facilità a sollevarlo «Si ragazzo, ma non sarebbe giusto. Siamo noi gli ospitati qui, non gli alberi. La foresta e la terra sono la loro casa e noi dobbiamo rispettare i doni che la natura ci offre, non credi?»

Il giovane annuì e non visto un sorrisetto soddisfatto comparve sul suo volto. 

 

A metà giornata i due avevano riempito la carriola e Thor aveva anche un ceppo da intagliare sulle spalle «Devo andare dal mugnaio prima di rientrare, sei stanco?»

«No ma-macché…puff» boccheggiò l’altro, si era proprio esausto «io…puff…sono ancora in formissima.» 

Thor sorrise e si incamminò seguito dal ragazzo.

«Ehi Thor, Signore, ma tu fai questa faticaccia ogni giorno?»

«Dipende, ma per lo più si. Lo faccio da prima di avere la tua età.»

«Cavoli puff…spero di diventare anche io come te un giorno!»

«Lavora sodo e ci diventerai ragazzo ne sono sicuro.»

Dopo una bella discesa i due raggiunsero il mulino dove Thor si fece riempire un bel sacco di farina che gli costò solo un soldo.

«Va bene così Thor.» Disse il mugnaio «La scorsa settimana mia figlia è stata male e Loki mi ha fornito una medicina che l’ha fatta stare meglio. Non avevo abbastanza denaro, ma lui non ne ha voluto e ci ha anche regalato della frutta. Perciò non mi devi un soldo di più.»

Thor ringraziò di cuore e caricatosi il sacco di farina sulla carriola prese con Peter la strada di casa.

«Chi è Loki, Signore?»

«Mio marito. Lui resta a casa e ha anche lui il suo bel da fare dietro alle bestie e ai campi.»

«Oh ed è forte come te?»

«Ahah diciamo di no, non nei muscoli almeno, ma tu non dirglielo ragazzo. Minaccia di uccidermi ogni volta che mi offro di togliergli un qualunque tipo di fatica. E a dirla tutta anche lui si preoccupa per me, dice sempre che esagero con i pesi. Ti piacerà vedrai.»

 

Erano appena arrivati al frutteto che già Thor e Peter poterono vedere Loki intento a sollevare una nuova cesta piena di arance.

«È lui Loki, Signore?»

«Si è lui.» 

Il moro entrò in casa per poi uscirne un istante dopo e scorgere i due arrivare.
Scosse la testa e gli andò incontro «Thor, quante volte ti ho detto di non caricarti così? E sei pure andato dal mugnaio!»

«Tranquillo amore, ho avuto un aiutante.» gli sorrise facendogli un occhiolino. «Lui è Peter. Lo ospiteremo per stanotte. Sai è in viaggio per Sokovia.»

Loki studiò il giovane e sorrise «Sei molto giovane ragazzo, ma se ti sei proposto di aiutare questo orso biondo devi essere molto volenteroso.»

«È così.» sorrise fiero l’altro «Cioè non per l’orso Thor, Signore!»

Loki rise divertito a quell’espressione mentre Thor alzava esasperato gli occhi al cielo.

Il moro fece cenno al giovane di seguirlo «Vieni con me ragazzo. Ti preparo un catino d’acqua così puoi lavarti.» 

Peter guardò Thor come a chiedere conferma di poter andare «Va pure ragazzo, ci penso io qui.» gli sorrise il biondo così Peter ringraziò seguendo il moro dietro la casa mentre Thor rimase ad occuparsi della legna.

 

Quando i due furono lavati ed entrarono in casa furono travolti da un profumo dolce e gustoso.

«Tesoro, non dirmi che hai fatto…»

«I biscotti? Si ce n’è una cesta pieno Thor. E anche una crostata con la marmellata di ieri. Ma prima sedetevi e mangiamo lo stufato»

Peter mangiò di gusto tutto ciò che gli venne offerto anche se i due ospiti non capirono come avesse potuto visto che non la smetteva di parlare un solo minuto.
Arrivato il momento del dolce però il ragazzo fu costretto a tacere almeno per gustarsi la crostata, ma solo per qualche istante certo.

«Che bontà Loki, Signore, non credo di mangiare così bene da…beh a dirla tutta non ne ho memoria. Avevo le ragnatele nello stomaco. Oh accidenti ecco che riparlo di ragni sapete io adoro i ragni, oh ma Thor lo sa già ormai…scusate non posso farci niente.»

Loki rise «Da dove vieni ragazzo?» gli chiese allungandogli un’altra fetta di dolce.

«Da ovest. I miei sono morti quando ero piccolo e io sono stato per anni a casa della sorella di mio padre, ma lei adesso ha due bambini piccoli e io sono troppo gracile per essere di aiuto per questo voglio andare a Sokovia e lì cercar fortuna…mmm questa crostata è la fine del mondo Signore!»

«Ahah si Loki cucina benissimo e i suoi dolci sono i migliori!»

Il moro arrossì, ma non volle darlo a vedere «Perché c’è qualcun altro che ti cucina i dolci Thor?»

Domandò versando al marito un altro bicchiere del vino che aveva stappato da mangiare col fagiano.

«Certo che no amore mio. Anche perché conoscendoti tu andresti dritto dritto a liberarti della concorrenza.»

«Thor mi stai dando del geloso?»

«Non ho mai detto una cosa del genere amore.»

Peter li osservò un secondo battibeccare scherzosi e sorrise.

«Ehi sentite posso farvi una domanda?»

I due si guardarono poi annuirono.

«Se poteste chiedere tre cose, tre desideri, che chiedereste? E intendo se poteste chiedere proprio qualunque cosa.»

I due lo guardano interrogativi e Peter attaccò subito con una bella spiegazione.

«Ve lo chiedo così tanto per chiedere. Sapete nel mio villaggio ho sentito di uno che dice di aver visto Zeus in persona e che lui gli avesse promesso di realizzare le prime tre cose che avesse desiderato. Però questo tizio ha chiesto per errore, che poi secondo me mica tanto visto che pare alzi il gomito facilmente, delle salsicce! Poi ha chiesto che le salsicce si attaccassero al naso della moglie e poi, col terzo desiderio, ha dovuto chiedere di staccargliele dal naso. Buffo vero? Ora non so quanto fosse lucido il tipo e se il suo Zeus non fosse che un porcospino trovato sulla via di casa, ma ehi pare sia così! E del resto esisteranno degli spiriti che esaudiscono i desideri! Magari un folletto o una creatura dei boschi, no? Ma sto divagando…quindi se voi aveste tre desideri…. cosa chiedereste?»

I due tacquero e si guardarono sorpresi poi Loki parlò «Beh è una domanda importante. Ognuno  dovrebbe pensare a ciò di cui crede di aver davvero bisogno prima. Ma sarebbe una decisione importante e andrebbe di certo presa con calma.»

Thor annuì «Si sono d’accordo, una cosa così può cambiarti tutta la vita!» Dopodiché sorrise a Loki. 

Il moro pose una mano sulla sua «E poi se uno ha già tutto diventa ancora più difficile pensare a qualcosa.» disse incontrando lo sguardo del marito che gli sorrise teneramente e gli accarezzò il dorso della mano con le sue dita ruvide, ma dal tocco delicato.

Peter annuì vigorosamente con la testa «Capisco…Beh io forse chiederei di essere un re, no un imperatore, no una scorta di cibo per tutta la vita, ma se sei un imperatore hai abbastanza cibo uhm…si in effetti non è facile!»

Loki lo guardò gentile «Sai Peter a volte esistono altre ricchezze oltre quelle che può darti un titolo. Sono…altri tipi di tesori. Ognuno di noi però lo capisce solo col passare dei suoi giorni.» gli sorrise «Coraggio prova i biscotti adesso e domattina ti preparerò un fagotto da portare con te per il viaggio va bene?»

Peter annuì entusiasta prima di cominciare a tessere lodi anche sui biscotti di Loki, ma intanto la mente di Thor si era incagliata in un pensiero che la domanda di quel ragazzo non aveva potuto che risvegliare dentro di lui. 

 

Loki e Thor insistettero molto per cedere la loro stanza a Peter, ma il ragazzo non volle sentir ragioni sostenendo di essere abituato a dormire sul pavimento e un letto in una stanza fredda era più di ciò che avesse potuto sperare. Perciò, lasciati soli i due coniugi, si diresse tutto contento al piano di sopra.
Thor fissò lo sguardo verso la fiamma del camino e non volendo si perse nei suoi pensieri: le parole di quel ragazzo gli frullavano ancora nella testa.
Se avesse potuto esprimere tre desideri…magari anche uno solo…
Si voltò verso il compagno intento a sparecchiare e sorrise, ma involontariamente su quel sorriso apparve una nota di tristezza.

Loki lo notò e incontrò il suo sguardo «Che c’è?» domandò gentile.

Thor a quel punto si decise. Si diede una pacca leggera sulla gamba sinistra per fargli cenno «Vieni qui» aggiunse poi gentile.

Loki lasciò perdere la tavola e obbedì.

Thor afferrò il bicchiere di vino ancora mezzo pieno mentre il marito si sedeva sul suo ginocchio e appoggiava il viso contro la sua spalla muscolosa «A che pensi?»

Il biondo esitò un attimo e fissò il vino nel bicchiere «A quello che ha detto il ragazzo, prima.»

«E?» indagò l’altro.

Il biondo sospirò «Pensavo solo che se avessi tre desideri potrei chiedere qualcosa di meglio per te di…tutto questo…»

«Thor, ma che dici?» saltò su Loki guardandolo stupito.

Di nuovo Thor sospirò «Loki pensaci. Tu eri il figlio di un mercante di stoffe e sappiamo entrambi che tuo padre faceva ottimi guadagni. Avresti condotto una vita agiata in una casa più grande e con una servitù a svolgere le faccende di casa. Invece hai incontrato me e ogni giorno devi fare sforzi e fatica. Non posso fare a meno di incolparmi per non poterti dare la vita che avresti potuto avere…»

Loki lo fissò ad occhi sgranati poi si schiarì la gola.

«Ok Thor, sicuro che tagliando un albero tu non sia stato colpito da un qualche ramo? Perché questa è davvero la stupidaggine più grossa con cui potessi uscirtene.»

Thor scosse la testa «È che a volte mi sento solo un enorme egoista per averti voluto tutto per me e per averti negato la possibilità di avere un futuro diverso.» concluse abbassando lo sguardo, ma a Loki non sfuggirono i suoi occhi diventati di colpo lucidi e il groppo amaro che l’altro sembrava avere in gola.

Lo fissò in silenzio un istante poi… gli prese il bicchiere che aveva tra le mani posandolo sonoramente sul tavolo e si portò a cavalcioni su di lui per guardarlo meglio negli occhi, ma il marito ancora non lo guardava.

«Thor guardami.» Il biondo non obbedì «Thor…amore…» disse portandogli due dita sotto il mento e alzandoglielo lo invitò a sollevare lo sguardo su di lui.

E Loki incontrò due occhioni azzurri carichi di colpevolezza, come quelli di un bambino che sapendo di aver disubbidito se ne stesse lì tutto pentito ad attendere una ramanzina.
Ma Loki assunse un’aria che fu tutto meno che di rimprovero.

«Thor ora basta. Tu non mi hai negato proprio nulla, io ho scelto di stare con te, abbiamo scelto di stare insieme e di fare questa vita insieme e io…non me ne pento minimamente. Io sono felice con te Thor: il cibo non ci manca e nemmeno un tetto accogliente. Non mi occorre una casa più grande o della servitù, non mi occorrono oro o ricchezze se ho te perché, e apri bene le orecchie perché probabilmente non ripeterò mai più una cosa del genere, sei tu la mia ricchezza più grande.»

Si chinò su di lui e gli appoggiò un delicato bacio sulla fronte.

«Perciò non fare mai più un discorso del genere o ti giuro che ti cucinerò zuppa di cavolo per il resto dei tuoi giorni.»

«Ahah sono sicuro che lo faresti.» sorrise finalmente Thor e gli accarezzò con dolcezza la schiena. «So che hai ragione amore, ma… allora non c’è proprio niente che chiederesti, benché tu abbia già tutto?»

A quella domanda inaspettatamente Loki arrossì e abbassò lo sguardo «Beh qualcosa in realtà ci sarebbe, ma…è impossibile.» Thor lo studiò un istante, ma non fece in tempo a controbattere che Loki lo anticipò «E tu? Qual è la cosa che chiederesti?»

Thor tacque un istante: anche per lui c’era una cosa, ma non aveva mai trovato il coraggio di parlarne al marito. Prese un respiro.

«Ti va se…se io ti dico cosa vorrei e tu fai lo stesso con me?»

«Ma Thor credimi è… sciocco.»

«Allora diciamolo insieme ok?»

Il moro esitò e si morse il labbro poi fece un cenno d’assenso col capo.

«Va bene allora» iniziò il biondo «1,2,3…»

«Un figlio.»

Lo dissero entrambi chiaramente e all’unisono. 
Si fissarono per un istante in silenzio dopodiché una lieve risata uscì dalla loro bocche.

«Anche tu?» chiese Loki.

«Ecco…si. Tesoro, io e te stiamo benissimo insieme e io penso di essere l’uomo più fortunato del pianeta ad averti, ma credo che l’unica cosa che potrebbe renderci ancora più completi sarebbe questa e l’idea di crescere un bambino con te…non lo so, ma è qualcosa che ho desiderato fin da subito con la stessa intensità di quella con cui volevo poter stare con te…Per-Perché dicevi che era sciocco?»

«Perché lo è Thor. Mpf, anche io la penso così. Sinceramente è l’unica cosa che vorrei per noi due. Ma è impossibile e perciò mi sembra sciocco che io mi ostini a fare questo pensiero»

Thor avvertì la tristezza nelle sue parole e gli accarezzò delicatamente una guancia.

«Ma noi abbiamo tre desideri amore mio, nulla è impossibile.»

Loki gli sorrise dolce «E il secondo?» chiese.

«Uhm vediamo…certamente chiederei che nostro figlio crescesse in salute e che anche noi due avessimo tutto il tempo per vederlo diventare grande e forte. Sei d’accordo?»

Il moro annuì.

«Coraggio Loki, pensa alla terza cosa.»

Loki ci pensò su e rimase in silenzio per qualche secondo. 

«Se già queste due cose si realizzassero… mi resterebbe solo una cosa da chiedere.»

«Cioè?»

Loki incatenò i suoi occhi verdi a quelli blu dell’altro e si umettò le labbra fattesi leggermente aride «Che alla fine del nostro tempo io possa morire nel tuo stesso momento così da poter lasciare questo mondo insieme e se ne esiste un altro raggiungerlo al tuo fianco senza separarmi da te nemmeno per un secondo.»

Thor lo guardò con gli occhi che brillavano per l’emozione, gli prese delicatamente il volto tra le mani e si protese verso di lui per baciarlo teneramente. Dopodiché si sorrisero e mentre Thor se lo stringeva forte appoggiando la testa contro il suo petto Loki prese ad accarezzargliela con lente e dolci carezze.
Intanto nella fredda stanzina al piano di sopra il giovane Peter si sdraiò a letto.
Tre volte schioccò le dita e prima di chiudere gli occhi sorrise soddisfatto.

 

La mattina successiva Loki si svegliò come sempre di buon ora e si diresse nella piccola cucina per preparare la colazione. 
Con sua somma sorpresa trovò un biglietto, ma quello che lo colpì di più fu che questo non era sul tavolo, ma vi penzolava sopra attaccato ad una lunga ragnatela. Loki pensò che doveva esserci qualche grosso ragno in casa, ma se ne sarebbe occupato dopo.
Guardò il foglietto: era piccolo e stropicciato, scritto con un pezzo di carbone del camino. Lo staccò e se lo avvicinò.
Per volere di suo padre, che lo aveva ritenuto utile per la loro attività, aveva imparato a leggere e  scrivere e così non ebbe particolare difficoltà ad interpretare quei segni grossolani, ma si stupì lo stesso nello scoprire chi glielo aveva lasciato perché Thor… non sapeva scrivere.

“Loki, Signore, sono Peter!
Grazie di tutto è stato bello stare con voi anche se per poco.
Coi biscotti mi sono servito da solo, spero non vi dispiacerà, ma erano troppo buoni!”

Loki gettò uno sguardo alla cesta e sorrise nel notare che mancava un grande quantitativo di biscotti, ma proseguì.

“Questa mattina ho visto molte arance a terra sotto il terzo albero a est, mi raccomando di raccoglierle e farci una bella marmellata perché la sua crostata è da urlo Signore!
Mi saluti il Signor Thor!
Ah e godetevi i vostri regali! 

Peter ”

«Buongiorno amore.»

Loki si voltò notando il marito alle spalle che scendeva le scale.

«Il tuo amico è andato. E ci ha lasciato un biglietto. Ah e deve esserci una specie di tarantola gigante in casa perché l’ho trovato che penzolava appeso ad una ragnatela.»

Thor non sembrò molto colpito da quella scoperta quanto da un altro dettaglio.

«Quel ragazzo sa scrivere? Non me lo aveva detto, gli sarà molto utile! Cosa dice?» chiese prendendosi un biscotto e sedendosi.

«Che ci ringrazia e…. di goderci i regali. Secondo te di cosa parla?»

«Gon Ge Go Igea!» disse l’altro a bocca piena.

«Thor ti prego! Mangia come si deve e non come un selvaggio, io mi avvio fuori e finisco di svuotare  un arancio prima della potatura.»

«Arrigo sugito amoe» bofonchiò l’altro.

 

Loki uscì di casa leggermente pensieroso.
Non capiva il senso delle parole sul biglietto. Di che regali parlava? 
Quel ragazzo era curioso anche nei suoi messaggi pensò mentre si dirigeva verso l’albero indicatogli nel foglietto. 
Non lo aveva ancora raggiunto che vide un leggero movimento provenire da una delle ceste vuote che aveva lasciato la sera prima proprio ai piedi di quell’arancio.
Lì per lì pensò che fosse stato provocato da qualche animaletto dei boschi, ma la cesta si scosse  di nuovo un po’ e ne uscì un suono basissimo che Loki non seppe distinguere.
La curiosità ebbe la meglio così si avvicinò alla cesta e…sgranò gli occhi trattenendo fiato.
Sul fondo della cesta intrecciata era adagiato un neonato che si passava scompostamente le manine chiuse a pugnetto sul faccino.
Loki si chinò verso di lui e lo fissò a bocca aperta: non c’era un biglietto né altro. Il piccolo pareva abbandonato ed era avvolto solo in una tela chiara che sembrava tanto una sorta di ragnatela. Sembrava appena nato, biondo e in forze, ma teneva gli occhietti chiusi.

Dopo un primo stupore Loki si costrinse a riprendersi «TH-THOR!» Tentò di gridare mentre si inginocchiava.

Il piccolo, probabilmente infastidito dalla voce troppo forte, scoppiò a piangere e incominciò ad agitarsi. Automaticamente il moro guardò tra gli alberi e dietro di sé, ma non c’era nessuno.
Tornò sul piccolo guardandolo smarrito, ma il bambino piangeva disperato e agitava le manine per aria e aveva preso a colpirsi appena.
Esitò un istante poi, con mani tremanti, il moro lo sollevò delicatamente e se lo accostò al petto provando a calmarlo dondolandolo piano. 

«Shhh shhh.» gli sussurrò dolcemente e gli accarezzò il viso con la punta dell’indice, ma il bambino, che teneva ancora i suoi occhietti chiusi, non sembrava voler smettere di piangere «THOR!» chiamò più forte non vedendo il biondo arrivare poi si rivolse al piccolo in lacrime «Va tutto bene.»  sussurrò più a sé stesso che al bimbo. «Va tutto bene, non piangere»

In realtà non c’era nulla che andasse bene. Chi aveva lasciato lì quel bambino? Non c’era nessuno che abitasse vicino a parte il mugnaio e non aspettava figli che lui sapesse. 
Era figlio di qualche viandante? Era stato rapito?
Nella testa gli si stavano affollando tante domande, ma proprio in quell’istante il piccolo allungò una manina e con essa strinse il dito di Loki calmandosi di colpo.
Al moro mancò il fiato e tutte quelle domande si cancellarono perché in quel semplice gesto, in quel lievissimo contatto, Loki si innamorò di quella creaturina dolce ed indifesa.
Non avvertì nemmeno la porta che sbatteva e un rumore come di un secchio rovesciato alle sue spalle.
Infatti Thor, che inizialmente aveva creduto di esserselo immaginato, aveva udito il secondo richiamo di Loki e si era precisato fuori preoccupato. 

Lo raggiunse armato di accetta «Loki amore che succede?» chiese affannato, ma vide solo il moro che in ginocchio gli dava le spalle e stava rannicchiato su sé stesso.

Loki non disse una parola e lentamente si sollevò per poi voltarsi con altrettanta lentezza.

Thor lo osservò preoccupato «Tesoro che…» si pietrificò e per poco l’accetta non gli cadde su un piede quando vide la creaturina che Loki teneva tra le braccia. 

Scosse la testa come per riscuotersi e si accostò al marito con cautela «Amore?» chiese titubante.

«L’ho trovato lì nella cesta tutto solo e senza un biglietto, quando ti ho chiamato è scoppiato a piangere. Ma è tutto apposto hai visto piccolino?» Rispose in sussurrò senza staccare un attimo gli occhi dal bambino.

Thor si guardò intorno e tornò su di lui.

«Loki, ma di chi è questo bambino?»

«Thor io…io non lo so» il bimbo strinse il suo dito anche con l’altra manina e Loki sorrise «Ma credo…sia nostro.» Disse con un filo di voce.

Il biondo lo fissò ad occhi sgranati.

«Lo so che è strano Thor, ma è come se…se me lo sentissi dentro, capisci che voglio dire?» chiese il moro speranzoso incontrando i suoi occhi.

Thor prese un respiro e gli appoggiò una mano sulla spalla.

«Loki amore, questo bambino sarà di qualcuno. Mi sembra strano che…» si bloccò notando il tessuto di cui era fatta la misera tela in cui era avvolto il bambino e ne tastò la consistenza tra le dita.

Era ragnatela…ma come diavolo era possibile?

«Una ragnatela» sussurrò il biondo «Godetevi i regali…no che sto dicendo?»

Anche la testa di Thor adesso era piena di domande che lo stavano mandando in una grossa confusione e loro dovevano rimanere lucidi! Fu in quell’istante che il neonato si decise ad aprire gli occhi.
E Thor incontrò due occhi verdi, di un verde intenso come quello di…gli  mancò il respiro.

«Amore» boccheggiò «Ha-ha i tuoi occhi.» riuscì a dire.

Loki guardò il piccolo sempre più rapito come se volesse scolpirsi l’immagine del suo visino negli occhi «Si è vero, ed è biondo proprio come t…» I due si guardano smarriti «Thor…tu-tu credi che quel ragazzo…»

«Io, io non lo so amore…» tornò sul neonato che in riposta al suo sguardo incredulo gli rivolse un grande sorriso che decretò anche la fine della lucidità del biondo.

Thor infatti strinse Loki da dietro per la vita e sorrise al bambino inebetito mentre cercava di accarezzarlo con delicatezza.

«Ehi piccolo, sei tutto solo?» Disse gentile.

Ma Loki scosse la testa.

«No Thor non è solo, ha noi due adesso!» il bambino sembrò approvare quell’affermazione perché si accoccolò di più contro il moro e aggrappandosi alla sua camicia leggera chiuse gli occhietti e si addormentò. 

Dopo minuti che potevano essere ore in cui i due uomini rimasero a fissare quel cucciolo indifeso dormire Thor parlò.

«Vieni amore rientriamo, vado a mungere la mucca così possiamo scaldargli un po’ di latte.» 

Loki annuì e dando un ultimo sguardo alla foresta e non scorgendovi nessuno sorrise al marito e si avviò con lui verso casa. 

 

Poco più tardi, lavato e avvolto in un panno di cotone, il piccolo se ne stava tra le braccia di Loki e beveva il latte da un panno dello stesso materiale che Thor aveva adattato a sacca perché facesse da biberon.

«Ehi vacci piano…poverino, guardalo Thor aveva una fame.» 

«Oh lo vedo.» commentò il biondo sdraiato affianco a lui tormentando un piedino al bambino «Forse era solo da tanto.»

«Ieri quando siete arrivati di certo non c’era»

Il bimbo si lamentò appena e scalciò un po’.

«Thor avanti, lascialo in pace.»

Thor obbedì sorridendo e guardò suo marito con dolcezza. Era assurdo: solo la sera prima avevano detto di desiderare un figlio e adesso ecco che c’era un neonato lì nella loro stanza.

Thor si fece serio «Amore.» richiamò Loki che si separò dal bambino e lo guardò «Se qualcuno dovesse…ecco… venire a cercarlo noi due dovremmo…»

«Lo so Thor, lo so. Non serve che tu me lo dica, ma…sento che non verrà nessuno.» 

Il biondo lo guardò teneramente «Chissà forse quel ragazzo era una specie di spirito dei boschi non credi?» 

«Forse si» sorrise il moro mentre il piccolo finì il suo latte e sazio si riaccoccolò contro di lui. «Thor?» Lo chiamò e il biondo lo guardò interrogativo «Avanti prendilo tu.»

Thor nuovamente si pietrificò: non aveva mai tenuto un bambino in braccio…se gli avesse fatto male?

«Loki amore…io non so se…»

«Coraggio vedrai che andrà tutto bene.»

Thor si fece coraggio e si sedette meglio sul letto, Loki gli si accostò piano e con delicatezza gli pose il piccolo tra le braccia.

«Ecco così.» sussurrò mentre il biondo tratteneva il respiro, ma il neonato non si scompose di un millimetro anzi si sistemò meglio tra quelle braccia grandi e spaziose e continuò a dormire beato.

«Ah sei comodo vedo.» sorrise Thor.

«Abbiamo capito chi lo cullerà spesso direi.» 

«Beh non ci voleva molto a capirlo, tu sei spigoloso.»

«Scusami?» Chiese stupito il moro guardandolo.

«Ma si, e se non ci credi chiedilo a lui: guarda come se la dorme tranquillo.»

Loki avrebbe tanto voluto rispondergli a tono, ma come poteva? In quel momento vedeva solo suo marito e il loro “?” bambino e il cuore non gli aveva mai battuto così forte.

«Bene…Allora questo vuol dire che la notte lo cullerai tu, vero?»

«Ahah facciamo così: una volta lo cullo io e una volta tu, ma ti concedo di startene appoggiato contro il mio petto e circondati entrambi dalle mie braccia, ti va bene?»

Propose il biondo.

Loki gli sorrise e avvicinandosi lo baciò dolcemente «Uhm…No meglio se lo fai sempre tu.»

Thor scosse la testa poi con tutta la delicatezza che possedeva resse il piccolo con un braccio e passò l’altro intorno alla spalla di Loki.
Si tirò contro i suoi due tesori e capì che qualsiasi altro desiderio per loro… sarebbe stato inutile.
E quel bambino sarebbe davvero entrato a far parte della loro vita e ogni giorno sarebbe cresciuto amato dai suoi genitori.
E ancora se nell’aspetto e nel fisico avrebbe assomigliato a Thor quegli occhi verdi sarebbero sempre stati identici a quelli di Loki.
Alla loro famiglia non sarebbe mai mancato né il cibo né la salute e Thor e Loki avrebbero trascorso giorni felici con l’assoluta certezza che quando il loro tempo su questo mondo si fosse esaurito e loro avessero dovuto lasciarlo lo avrebbero fatto insieme.
Ma adesso non potevano saperlo.
No, adesso era solo il momento di godersi l’abbraccio e l’amore della loro famiglia.

Intanto lì fuori, sul vetro della finestra della loro stanza, un ragno rosso si tolse di dosso una piccolissima briciola e se qualcuno di voi fosse andato a guardar con attenzione avrebbe giurato che quella fosse la briciola di un biscotto…e avrebbe detto bene!

 

Fine 

 

Note:

I desideri ridicoli:

 https://mammaoca.com/2019/03/05/i-desideri-ridicoli-di-charles-perrault/


Ciao a Tuttiii! Buona Pasquetta!

Quando si pensa che le uova e le sorprese siano finite =)
Eh già nemmeno la super allergia che mi ha attaccato in questi giorni mi ha ucciso, però non posso garantire per il contenuto di questa storia che spero non sia troppo disastroso.
Dunque eccoci qua! 
Sopra trovate il link della fiaba che magari qualcuno di voi conosce anche nelle sue altre versioni, io per esempio né conoscevo una con un folletto che realizza tre desideri e questa mi ha ispirato l’idea del ragno magico.
Nel link, se avrete voglia di leggervi la fiaba, vedrete che non sono l’unica ad aver scelto la frase iniziale per introdurla e in effetti è davvero molto esplicativa =)
Come tutti ben saprete “I desideri ridicoli”, o "I desideri inutili" se preferite, non è la sola storia di povera gente che ottiene la possibilità di esprimere dei desideri con cui ribaltare la sua condizione: c’è anche chi viene aiutato da un genio, chi dal cielo e chi dagli dei.
Ecco perché vi consiglio anche altri due riferimenti “Il ricco e il povero” dei Fratelli Grimm e per gli amanti dei miti greci il mito di “Filemone e Bauci”.
Bene, parte istruttiva finita!
Mi scuso perché la prima parte del racconto deve essere stata un mattone da leggere, ma come ho scritto sopra era necessaria per l’ambientazione di questa storia.
Per il biglietto di Peter avevo trovato un meraviglioso font tipo carboncino, ma EFP non me lo ha accettato mannaggia!
Infine la Sirenetta procede e spero di pubblicarla entro un paio di settimane.
Perciò al prossimo, no cioè, alla prossima storia e ancora Buona Pasquetta a tutti =)

 

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Capitolo 3
*** Ciò che più ti sta a cuore ***


Note d’incipit: Cari tutti! A un certo punto della storia vedrete questo simbolo (*). Non vuol dire che la storia sia censurata, non ce n’è assolutamente bisogno a mio parere, ma a seguire ho descritto un momento di intimità tra i nostri protagonisti concentrandomi sulle loro emozioni e sensazioni. Per me è un momento di estrema dolcezza e cura tra Thor e Loki che non meritava di stare chiuso nella mia testa e ho cercato di fare del mio meglio per poterlo raccontare anche a voi, ma per chi preferisse saltarlo può arrivare direttamente alla fine del paragrafo e ricominciare tranquillamente col successivo.
Chiarimento velocissimo: Il nome Nàl è un altro nome usato nella mitologia norrena per chiamare Laufey.
Adesso liberi tutti e ci vediamo alla fine della storia =)

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Ciò che più ti sta a cuore

 

Quando le sorelle, di sera, a braccetto, salivano sul mare,
la sorellina più piccola restava tutta sola e le osservava;
sembrava che volesse piangere, ma le sirene non hanno lacrime
e per questo soffrono molto di più.

 

All’alba di un giorno di giugno il sole sorse là ad est illuminando Nuova Asgard.
Era una piccola cittadina sul mare di quelle fatte di casette di tanti colori diversi, coi tetti a spiovente in legno e i fiori alle finestre e una moltitudine di barchette colorate a riva.
Era soleggiata e piena di vita come lo erano i suoi abitanti dai volti buoni e cordiali.
Sorgeva in una piccola baia costantemente battuta dal sole e circondata da alte montagne verdi e proprio sul confine, costruito su una scogliera di scura pietra marrone, c’era un castello.
Non era immenso o troppo sfarzoso, la struttura principale era quadrata e quattro torrette dalla base alla metà in pietra grigia erano poste una su ciascun angolo.
Dalla parte che fronteggiava l’oceano vi era alla base una grande terrazza dove si tenevano feste o ricevimenti e sopra a questa, al penultimo piano del castello, una finestra con un balconcino.
Lì solitamente il principe Thor, che governava la cittadina, si affacciava al mattino e alla sera per inspirare l’aria di mare.
Il giovane erede della corona infatti amava il mare ed era questo il motivo che lo aveva spinto a chiedere a suo padre, Re Odino, di essere lui a gestire quella piccola cittadina mentre il re si occupava di Asgard, la capitale del suo regno.
Erano le sette di mattina e il sole era ancora tra l’aranciato e il violetto quando il principe si affacciò a prendere la sua boccata d’aria mattutina tirandosi all’indietro i suoi lunghi e bei capelli biondo dorato. Inspirò a fondo l’odore di salmastro.
Non aveva dormito quella notte, non aveva potuto, una piccola preoccupazione era sorta nel suo cuore e non poteva fare a meno di pensarvi.
La sera prima infatti gli era mancato qualcosa, quella voce, LUI che era sicuro ogni notte cantasse per il suo cuore rendendolo sempre più suo prigioniero volontario.
LUI cantava sempre e anche se il principe non lo aveva mai visto lì al suo palazzo non c’era sera in cui prima di dormire il suono più che meraviglioso della sua voce non gli facesse compagnia.
Non sapeva nemmeno perché fosse convinto che fosse LUI a cantare, ma se lo sentiva dentro, se lo ricordava quel canto…
Osservò la superficie piatta e cristallina e si godette la leggera aria fresca sulla pelle; non resistette e fu preso dall’irresistibile voglia di buttarsi in quell’acqua azzurra e baciata dal primo sole del giorno.
Era già vestito con una camicia bianca morbida e pantaloni anch’essi morbidi e color terra di Siena così se uscì allegro dalla sua camera.
Doveva fare piano prima che Rogers lo scoprisse.
Il Signor Rogers era il suo fidato consigliere nonché occhio vigile di suo padre nonché maggiordomo ad honorem. I due si passavano giusto qualche anno di età, ma Rogers aveva una disciplina e un senso del dovere simili ad un vecchio saggio.
Certo però a volte diventava difficile sopportare le costrizioni che un principe deve mantenere e Thor non vedeva l’ora di far perdere la pazienza al suo buon amico.
Sgattaiolò giù per le scale in punta di piedi e udita la voce di Rogers nelle cucine raggiunse la  grande porta a vetri che si apriva sulla terrazza dei ricevimenti. Da lì una scala in marmo ben lavorato conduceva ad una piccola spiaggia e di conseguenza al lido.
Thor sorrise soddisfatto e la scese di corsa, ma non aveva raggiunto l’ultimo gradino che lo vide.
Un giovane dai capelli neri lunghi fino alla vita, col volto riverso sulla sabbia e…completamente nudo. Le ondine sul bagnasciuga lo bagnavano ogni volta fino al naso ed era chiaramente privo di sensi perché il suo corpo era completamente abbandonato a quel leggero moto.
Thor corse verso di lui e con mani tremanti gli toccò una spalla. Lo voltò lentamente fino a scoprirgli il volto e…lo riconobbe.

«Non può essere…» sussurrò con un filo di voce.

Aveva già visto quel ragazzo, ma credeva che…Come richiamato dalla sua voce le palpebre del moro tremarono e le aprì appena rivelando due iridi verdi intenso. Thor le fissò incredulo per poi sorridere emozionato, ma il giovane crollò richiudendole di colpo e tornando abbandonato sulla sabbia.
Il principe cercò di riscuotersi, si tolse la camicia e la strappò in due avvolgendovi il corpo del moro poi presolo tra le braccia lo portò nel suo palazzo. 

«Signor Rogers!» chiamò a gran voce appena fu sulla terrazza.

Il consigliere, un giovane alto, biondo, ordinato e ben piazzato, accorse nel momento in cui il principe stava rientrando «Principe Thor, ma dove diavolo…o Misericordia!» esclamò notando il ragazzo privo di sensi.

«Presto Rogers chiama un medico.» disse sorpassandolo e dirigendosi alle scale che conducevano alle stanze da letto.

«Ma Mio Principe…» boccheggiò il biondo.

«Sbrigati!» concluse il principe e il povero Rogers obbedì.

Ore dopo Thor se ne stava seduto su una sedia accanto al letto nella stanza in cui aveva sistemato il moro. Era stato visitato e sembrava in salute a detta del medico, ma forse aveva bevuto acqua, forse era un naufrago…forse solo Thor sapeva che non era così e nella sua testa frullavano mille domande.
E fu allora che il giovane aprì gli occhi per la seconda volta rivelando nuovamente le sue iridi verde smeraldo.

«Sei sveglio!» sorrise Thor.

Il giovane sembrò guardarlo e gli sorrise poi sul suo volto si dipinse una sorta di paura ed iniziò a guardarsi intorno spaesato.

«Tranquillo sei nel mio palazzo…» disse Thor gentile avvicinandosi di più a lui «Eri privo di sensi sulla spiaggia e ti ho portato qui.» 

Il giovane lo guardò sorpreso poi sgranò gli occhi e alzò il lenzuolo: i suoi occhi se possibile si fecero ancora più carichi di stupore e meraviglia.

«Si anche io le ho notate.» Era stato Thor a parlare.

Il giovane tornò su di lui e Thor prese coraggio «Ma non potevo crederci…» boccheggiò. 

Il moro fissò gli occhi nei suoi iniziando però a torturarsi nervoso una piccola conchiglia che pendeva da una sorta di laccio d’alga che portava al collo, l’unica cosa che aveva con sé, e il biondo prese coraggio. «Sei tu? Sei proprio tu?» 

Il ragazzo dapprima esitò poi fece un senso d’assenso col capo.

«Ti- ti chiami Loki vero?» 

L’altro annuì ancora.
Thor lo guardò paralizzato, ma la curiosità ebbe la meglio.

«Cos’è accaduto?» 

Il giovane aprì la bocca e mosse le labbra, ma non ne uscì suono…


Un mese prima nelle profondità del Mare Glaciale Artico

L’acqua cristallina in un giorno di sole spesso a molti toglie il fiato. Essa può rivelare pesci, conchiglie e sabbia bianca, ma è il fondo dell’oceano che resta per l’uomo un territorio inesplorato  e cela quindi i veri tesori del mare.
Esso è la casa delle creature marine, di tutte le specie. E lì oltre ai pesci, ai coralli e ai molluschi un tempo, e forse anche adesso, vivevano creature che dalla vita in sù avevan forma d’uomo e dalla vita in giù una coda di pesce.
Queste creature mistiche e portentose si chiamavano sirene e tritoni.
Nascevano con corpi tanto perfetti che nessun umano poteva eguagliarli e le code erano forti e impreziosite da squame di mille colori.
Le loro chiome erano lunghe, morbide e fluenti e la loro bellezza non era eguagliata da nessun’altra creatura ad uomo conosciuta.
Ma ciò che di più prezioso c’era per le sirene e i tritoni, la dote che tutti possedevano e rendeva ciascuno un essere incantatore, era la loro bellissima voce.
Tra queste creature vi era un giovane di soli ventisette anni e dai bellissimi capelli neri. Il fisico era perfetto e la sua pelle candida se non per i geroglifici dorati a forma di linea curva che partivano dalla schiena e arrivavano fin sui fianchi come se ne avesse la pelle tatuata. La lunga coda era di squame di puro verde e la pinna grande e morbida era dorata.
E poi aveva due occhi tanto belli che quando la luce dalla superficie penetrava attraverso il mare rischiarandone le profondità le iridi gli brillavano come madreperla verde.
Questo giovane tritone si chiamava Loki e in quell’istante stava nuotando a tutta velocità tra i blocchi di ghiaccio e le rocce nere del fondo dell’Artico.
Aveva un spiritoso curioso e poteva perdere ore o addirittura giorni interi ad osservare i comportamenti degli animali marini o a cercare relitti e tesori sul fondo del mare.
Quella volta era rimasto a nuotare spensierato con le balene artiche e le aveva osservate nutrirsi con tutta calma, ma adesso nuotava verso il palazzo reale dove era stato convocato con l’ordine di raggiungerlo il prima possibile.
Il palazzo del re del mare era posto in fondo al freddo Mare Glaciale Artico. Perché proprio lì e non nelle acque più calde del Pacifico o tra le bellezze dell’Oceano Indiano? Solo perché nessuno sarebbe mai andato nelle profondità di quel mare tanto era freddo e che faceva paura a chiunque.
Il castello del re era una struttura alta e di roccia grigia. Alte torri rettangolari tendevano verso l’alto quasi ambissero ad afferrare la luce che proveniva dalla superficie lontana e terminavano in cupole tonde e dorate. Era una struttura fredda e priva di qualsiasi linea dolce. Gli ingressi di tutto il castello erano costruiti come archi gotici su cui cresceva selvaggia la flora marina pura e incontaminata e dovunque dal terreno spuntavano grossi e massicci spuntoni di ghiaccio blu.
Nella sala del trono, una sala grande e pervasa da una luce grigia e cupa, affiancato da due serpenti marini in ghiaccio sorgeva il trono. Era alto almeno trecento gradini per un uomo e seduta e schienale erano in dura pietra nera. Lì, impugnando un tridente dello stesso tipo di pietra, se ne stava seduto il re del mare.
Re Nàl era una creatura assolutamente leggendaria con la metà superiore del corpo dalla pelle blu e a creste dure sulla testa a fargli da corona, gli occhi rossi e strani simboli sul viso.
Già così sarebbe bastato per far paura a chiunque gli capitasse davanti, ma la parte inferiore del suo corpo era ancora più spaventosa.
Al posto di una normale coda di tritone il re ne possedeva una grande e massiccia come quella di un gigantesco serpente marino. Le squame erano blu cupo e pareva avesse la forza per stritolare qualsiasi nemico avesse la sfortuna di capitargli tra le spire.
Nonostante le creature marine fossero molteplici e dai differenti aspetti, solo quelle che appartenevano ad una linea di sangue reale potevano vantare particolarità tanto spaventose a   testimonianza della grandezza della loro dinastia.
Le creature come re Nàl erano i protettori del popolo del mare e solitamente almeno uno degli eredi della famiglia reale acquisiva queste caratteristiche portentose alla nascita.
Il re aveva avuto ben due figli eredi della sua grandezza, ma purtroppo era stato anche estremamente sfortunato. I primi eredi nati al re erano stati due figli maschi: Helblindi e Bylistr.
Il primo aveva una coda d’anguilla lunga circa cinque metri e occhi e denti di murena. Proteggeva i coralli dell’Oceano Indiano e con la sua bruttezza e coi suoi denti aguzzi e ricurvi spaventava chiunque provasse ad uccidere il prezioso tesoro del mare.
Bylistr invece era nato con una pinna di squalo sulla testa e denti affilati ed era il forte protettore delle ostriche delle perle nere nell’Oceano Pacifico Meridionale; con le sue fauci divorava chiunque tentasse di pescarle.
Era accaduto però che le baleniere avessero attaccato Bylistr scambiandolo per uno squalo durante la caccia per l’olio di balena e Helblindi fosse perito per mano  dei pirati.
Uccisi dagli uomini…
Gli uomini, miseri mortali la cui corta vita era nulla in confronto ai trecento anni delle creature marine.
Una razza indegna che consumava le risorse e i figli del mare, ne depredava i pesci e i tesori viventi.
E il re li odiava con tutto sé stesso. 

Quando Loki oltrepassò l’alto arco che conduceva alla sala del trono una guardia annunciò a gran voce il suo arrivo al re poiché c’era un’ultima cosa che riguardava il giovane tritone: «Sire, Vostro figlio!»
Egli era il principe del mare.
Dopo i primi due figli il re aveva avuto altre tre figlie femmine, tre sirene incantevoli e l’ultimo figlio, un maschio, era stato Loki, ma per quanto egli in bellezza superasse persino le sue sorelle non aveva preso niente delle mitiche doti del padre o dei suoi fratelli.
Il re rimase in silenzio finché il figlio non si fermò al suo cospetto e chinò la testa con rispetto pronto a prendersi la prossima lavata di capo del padre.

«Non ti chiederò dove ti eri cacciato perché ho mandato tre delle mie guardie a scoprirlo per me e ho atteso ore prima che ti trovassero tutto preso da un’altra delle tue sciocche distrazioni. Dapprima credevo quasi che un qualche vascello ti avesse rapito visto che nessuno tornava con tue notizie.» disse il re calmo, ma duro.

«Non avreste certo pianto la mia morte.» rispose Loki altrettanto duramente e senza curasi di nasconderlo perché una certezza l’aveva da che era nato: suo padre lo odiava.

Odiava il fatto che fosse tanto mingherlino e piccolo per essere un figlio della famiglia reale, ma soprattutto odiava le sue passioni e le sue curiosità.
Al di là del trovare che il figlio perdesse le sue giornate dietro a sciocche distrazioni tra i due c’era una grossa faida di fondo. Se infatti il re del mare faceva di tutto per uccidere gli uomini mandandogli contro il suo popolo, mostri marini e cavalloni alti come montagne il principe era affascinato dal loro mondo.
Quando era piccolo e gli era vietato l’accesso alla superficie del mare il giovane Loki chiedeva alle sue sorelle maggiori, che già avevano potuto vederla, cosa ci fosse lassù e ne ascoltava attento i racconti: loro gli parlavano di città in pietra, di alture grandi e verdi, di fiori che non crescevano sulla dura roccia marina, ma ne potevi trovare lungo i fiumi o in grandi distese anch’esse verdi. Alcune dicevano di aver sentito la musica degli uomini lungo le coste nelle sere di festa e aver odorato squisiti aromi da far venire anche a loro l’acquolina in bocca.
E che dire del modo in cui gli umani andavano in giro? I loro corpi non erano nudi e perfetti come quelli delle sirene, ma alla luce del sole essi coprivano la pelle con quelli che pareva si chiamassero “abiti” e poi gli umani avevano le gambe…

«Non ne sarei comunque felice benché tu ne dubiti di continuo!» Tuonò il re. «Solo approverei di più se nel mentre ti impegnassi ad affogare qualcuno di quegli umani, ma a questo posso almeno rimediare.» 

Loki strinse i pugni.

«Perché mi avete fatto chiamare con tanta urgenza?» 

Un ghigno perfido si dipinse sul volto di re Nàl.

«Le tue sorelle questa sera saliranno in superficie a cercar navi e anime da affogare. Confido che vorrai seguirle.» 

In vero per quanto potesse avere ogni bene e ricchezza non c’era cosa che rendesse più felice il re del mare di sapere quella razza sterminatrice ridotta a far da cibo per il suo popolo.
Loki irrigidì la mascella.

«Certo padre.» disse calmo

«Bene e fate attenzione.» il moro chinò il busto quel tanto che bastava per fare un inchino e fece per andarsene. «E Loki…» 

Il figlio si voltò fronteggiandolo con occhi carichi di astio.

«Badate di non avvicinarvi troppo alle navi!» 

 

Con le loro code forti le sirene percorrevano lunghe distanze in poco tempo e  così se agli uomini servivano interi giorni di traversate per raggiungere un porto lontano ecco che a loro bastavano poche ore.
Loki nuotava dietro alle sue belle sorelle dalle code rosate e madreperlacee seguendo le correnti e passando da acque gelide a temperate, dai ghiacci ai banchi di sabbia liscia e di rocce levigate.
Il principe e le sue sorelle nuotarono finché una di loro alzò un braccio verso una grossa ombra scura a circa duecento code da loro. Doveva essere una nave bella grande e le sirene nuotarono veloci in quella direzione, ma Loki cercava il più possibile di rallentare e di star lontano da loro.
Loro amavano quella sorta di caccia e da che la praticavano dicevano sempre al fratello “Una volta iniziato non si riesce più a tornare indietro”.

“Oh non si va più avanti” pensava il fratellino di rimando.

Loki se lo ricordava bene il primo uomo che aveva affogato. Era successo pochi anni prima una sera in cui le sue sorelle erano salite in superficie e lo avevano portato con loro. Una piccola barca con si e no dieci pescatori se ne stava a largo quella notte. Ricordava le sorelle avvicinarsi a quell’imbarcazione e stregarne gli uomini con le loro belle voci. 

“Venite” dicevano “il fondo del mare è bellissimo”, ma quando questi si protendevano loro li afferravano e li portavano giù senza alcuna possibilità di risalita. 

E così era successo che alcuni di quelli avessero provato ad ucciderle.
Uno addirittura era sbalzato giù della barca ancora stringendo la sua fiocina e aveva ferito la minore tra le tre, Loki allora per salvarla lo aveva afferrato e portato giù con sé.
E cosa aveva visto in quegli occhi? Terrore, paura e la morte stessa che lui aveva dato a quell’uomo portandolo nelle profondità del mare.
Come potevano le sue sorelle e le altre creature marine smaniare e fare a gara a chi ne uccidesse di più di quegli assassini del mare quando si era sentito lui l’unico assassino in quel momento?
E così il giovane tritone aveva accompagnato altre volte le sue sorelle, ma all’insaputa del padre non aveva più ucciso nessuno e aveva sofferto in silenzio davanti ai continui strazi degli uomini. 

Le belle creature marine emersero dall’acqua accanto ad alcuni scogli poiché il veliero stava costeggiando delle scogliere di roccia rossa alte e possenti. Era il tramonto e dalla nave provenivano grida di gioia e risate. Certo doveva esserci una festa e quando i marinai bevevano era ancora più facile per le sirene chiamarli a sé con le loro belle voci.
Ma esse erano prudenti e si tenevano ben nascoste finché il buio non calava del tutto e la notte le proteggeva col suo manto scuro.
Loki però era da sempre tanto curioso di osservare meglio quel mondo e facendo attenzione avanzò più che poté tra gli scogli per guardare meglio l’imbarcazione. Il veliero era grande e in legno scuro, le vele gonfie e bianche e lassù proprio seduto in cima all’albero maestro Loki vide un giovane che doveva avere circa la sua età con un sorriso fiero, ma buono.
E per tutte le perle del mare se era bello!
E poi i suoi capelli: erano lunghi e biondi e il giovane li teneva appena legati dietro la nuca così che si muovessero liberi per la leggera brezza marina, ma non gli bloccassero la vista.
E infatti se ne stava lì a guardare quel tramonto sul mare come ne fosse incantato e con sguardo sognante. 

«PRINCIPE THOR!» si udì ad un certo punto. Qualcuno aveva gridato verso il giovane che infatti rivolse subito la sua attenzione a quel richiamo.

A quel punto però Loki si sentì sfiorare una spalla da una delle sue sorelle che gli fece prudentemente cenno di nascondersi fino a che il buio non fosse sopraggiunto. Loki obbedì, ma proprio allora il giovane principe si voltò di nuovo verso il mare e sbatté le palpebre come se avesse visto qualcosa, ma il moro era già tornato tra le rocce.
Eppure il cuore gli batteva un po’ di più senza che nemmeno lui potesse spiegarsi il perché.

Diverse ore dopo il veliero continuava a navigare, era una serata serena e la nave non si staccava mai troppo dalle scogliere perciò le sirene nuotarono con cautela fino a che essa si fermò e le voci iniziarono a diminuire. Una delle sorelle si era già stufata di aspettare ed era tornata in mare, ma le altre due restavano solerti tra le scogliere in attesa del momento più propizio.
Non avevano più visto il loro fratellino e credevano che avesse seguito l’altra sul fondo del mare, ma Loki non era poi così distante.
Il moro aveva nuotato un po’ più vicino al veliero e aveva visto quel giovane principe accostarsi al parapetto della nave e guardarsi intorno. Dopodiché era salito su una scialuppa e con cautela aveva remato fino alle scogliere là dove c’era una fenditura tra le rocce.
Loki lo aveva seguito curioso ritrovandosi in una grotta marina. Era grande e il soffitto di roccia scura era illuminato solo dall’acqua che risplendeva invece azzurra sotto la piccola scialuppa. La luce all’ingresso arrivava dalla luna che quella notte era piena e argentea e il principe si guardava intorno affascinato.
Raggiunse una piccola spiaggia e disceso dalla barca ve la trascinò dopodiché si tolse gli stivali e si bagnò i piedi in acqua.
Si tolse anche la camicia e chinandosi sull’acqua raccolse tra le mani un po’ di quell’azzurro liquido passandoselo sul viso. Loki, che lo aveva seguito cercando di rimanere nei punti bui della grotta, lo osservava con attenzione: quel giovane era così bello e attraente.
Non ne aveva mai visto uno così: di solito gli umani erano rudi e rozzi, ma questo era di una bellezza regale e non a caso l’altro umano lo aveva chiamato “principe”.
Thor alzò lo sguardo e seppur al buio Loki scorse due occhi dolci e puri e non avrebbe saputo dire tra quelli e il mare quale fosse più blu in quel momento.
Il giovane principe si immerse in acqua fino alla vita e poi si tuffò.
Loki attese che riemergesse, ma il ragazzo non lo faceva. Allora immerse la testa sott’acqua e scorse che stava nuotando trattenendo il fiato.
Il fondo della grotta era molto profondo e il giovane cercava di raggiungerlo e scrutarne i tesori.
I suoi bellissimi capelli biondi lo avvolgevano e gli fluttuavano attorno quasi in una danza dorata mentre lui si spingeva sempre più verso il basso. Loki trovò che così fosse ancora più bello e poi sembrava sorridere con lo sguardo mentre cercava curioso i tesori del mare.
Più volte si immerse e risalì e si immerse ancora. Ad un certo punto vide alcuni murici: erano grandi e belli, ma il giovane nuotò fino ad uno piccolo rosato e bianco e senza esitazione volle prendere solo quello per sé.
Quando riemerse infine sorrise e nuotò fino alla piccola spiaggia sedendosi e contemplando un istante quel piccolo tesoro che aveva tra le mani.
E Loki lo osservava ammirato dalla sua cura e incantato dai suoi movimenti delicati, ma d’improvviso un’onda lo prese alle spalle e invase la grotta. Anche il principe la notò e senza perdere tempo indossò camicia e stivali e tenendo la sua conchiglia tra le mani condusse la barchetta in acqua iniziando a remare verso l’uscita.
Loki lo anticipò fuori e scoprì che il mare era improvvisamente diventato mosso e le onde si facevano sempre più alte. Nessun problema per la nave che era ben ancorata al fondo, ma l’acqua iniziava ad invadere con violenza la grotta.
Il tritone tornò indietro e infatti vide che il giovane non riusciva a raggiungere l’esterno nonostante remasse e remasse con vigore.
Alla fine un’onda più grande invase la grotta, ribaltò la barca e raggiunse il soffitto di roccia; il giovane fu sbalzato in acqua e privato di remi e conchiglia iniziò a nuotare con tutto sé stesso verso l’uscita.
La corrente però era forte e proprio all’ingresso della grotta il giovane veniva continuamente sballottato e spinto indietro dalla nuova acqua che entrava.
Era continua, violenta e non gli permetteva nemmeno di raggiungere uno spiraglio d’aria per respirare e poi intorno a lui le rocce di pietra nera erano così appuntite da ferire le mani anche solo sfiorandole, figurarsi esservi sbattuti contro.
E di fatti la corrente la fece da padrona e spinse più volte il corpo del giovane contro quelle rocce affilate fino a che questi vi sbatté violentemente la testa.
Fu il tempo di un minuto o forse meno: il principe spossato avvertì le forze mancargli, tutto farsi ovattato intorno a lui e percepì il corpo molle e in balia di quel turbinio violento.
Il poco fiato che gli rimaneva abbandonò i suoi polmoni e la vista gli si annebbiò; non avrebbe mai potuto accorgersi di due mani che lo avevano afferrato per salvarlo dalla sua quasi tomba d’acqua.

Loki sorresse la testa del giovane fuori dall’acqua mentre nuotava con forza contro corrente. Seppur con un grande sforzo lo aveva trascinato fuori da quella grotta e combattuto contro le onde per allontanare entrambi dalla fenditura rischiando di venirvi nuovamente risucchiati.
Ora cercava di nuotare veloce e di trovare la terra ferma poiché in quel momento il mare era  troppo inospitale per quel giovane ferito.
Ed ad un certo punto eccola lì, in un’insenatura tra le rocce, quello che cercava: una piccola spiaggia di sassi. Loki nuotò fino a raggiungerla e benché a fatica vi depositò il corpo del principe.
Annaspò un istante, ma subito fu su di lui. Si accostò al suo petto per sentire il battito del cuore: c’era anche se debole, ma il giovane era privo di sensi e ferito alla testa.
Non sapeva cosa fare.
Lui avrebbe dovuto annegarli gli uomini e non salvarli!
Ma non voleva che quel giovane morisse.
Era assurdo, ma lo voleva vivo.
Cercò di mantenere la calma e di ragionare: doveva trovare un modo per svegliarlo. Lo schiaffeggiò un po’, ma nulla, lo chiamò, ma ancora nulla e poi pensò che se il canto delle sirene poteva ammaliare gli uomini e incantarli al punto di perdere ragione di sé, magari poteva essere anche abbastanza forte da risvegliare quel giovane dal suo sonno.
Gli accarezzò il viso e chiuse gli occhi poi iniziò a cantare per lui.
Un canto dolce, ma che diceva di star svegli, di tornare alla vita, che la morte non era giusta per chi ama le bellezze del mondo e gli parve che il giovane strizzasse appena gli occhi, ma solo per un istante e infatti quando il suo canto terminò il principe era ancora privo di sensi.
Il suo cuore fu preso da un tremendo dispiacere e da una profonda tristezza, ma che altro poteva fare?
Forse quello era il suo destino, forse lo avrebbe perso…
Accarezzò ancora quel bel viso con delicatezza e ne sfiorò le labbra rosse, bagnate e perfette.

«Mi dispiace…» sussurrò infine prima di chinarvisi sopra e con infinita dolcezza apporvi un bacio.

Eppure d’improvviso il tritone avvertì quella labbra muoversi sotto di lui.
Perché quello che doveva essere un addio gli sembrava invece un bacio ricambiato?
Loki riaprì gli occhi e scorse il giovane che lo guardava con le palpebre semichiuse.
Era vivo!
Il biondo si sollevò un po’, tossì e sputò acqua e sembrò riprendersi appena.
Quello per Loki era il momento di andare via, quello in cui se voleva salva la vita doveva abbandonare il principe prima che rischiasse di fare la fine di altre sirene capitate in mano agli umani, ma inaspettatamente il biondo passò delicatamente una mano sulla sua guancia in un gesto che nessuno aveva mai fatto e con altrettanta delicatezza quella mano scivolò dietro la sua nuca e gli si inoltrò tra i capelli neri.
I due si fissarono occhi negli occhi, così diversi, ma entrambi così belli.
Loki era pietrificato e incantato senza capire nemmeno perché e il cuore batteva veloce, ma non era paura, no era qualcosa di nuovo e sconvolgente che lo faceva desistere dallo scappare e lo teneva inchiodato lì.
E il principe lo guardava rapito e con la sua stessa intensità «Sono… morto?» chiese esausto.

Loki scosse la testa.

«Mi…mi hai… salvato tu?» 

Loki annuì.

Il biondo allora sollevò la testa e fece scorrere lo sguardo su di lui fino a che arrivò alla coda e lo risollevò di colpo.
Loki sapeva già cosa ci avrebbe visto: paura, terrore, disgusto magari. Invece il giovane lo fissò rapito e lo osservò ancora, ma il suo guardo si soffermò su qualcosa di rosso e lucente sul braccio del tritone.
Vi passò con delicatezza il pollice e scoprì che era un taglio.
Per poterlo recuperare infatti anche Loki era stato sballottato tra le rocce e si era ferito, ma non se n’era minimante preoccupato.

«Sei….sei…ferito.» sussurrò e Loki guardò verso il suo braccio accorgendosi solo allora del taglio.

Il principe raccolse tutte le forze che aveva e afferrando un lembo della sua camicia bagnata lo strappò, poi con le mani che tremavano e tentando di tenere gli occhi aperti lo avvolse con delicatezza intorno al braccio ferito di Loki.
Il moro lo guardò incredulo e senza fiato. Perché quell’umano si stava occupando della sua ferita? 

«Ecco…» sussurrò quando ebbe fatto un nodo alla stoffa bagnata poi staccò la mano destra e la portò sul volto di Loki accarezzandogli dolcemente una guancia. 

In un moto involontario Loki stavolta vi si sospinse contro come volesse di più di quella dolcezza e di quel gesto che mai nessuno aveva usato con lui.

«Chi… sei tu?» sussurrò il giovane.

Loki non pensò nemmeno e rispose d’istinto.

«Il mio nome è…Loki…» 

«Grazie…Loki.» 

Il moro tremò sentendo il suo nome pronunciato su quelle labbra mentre quegli occhi dolci lo guardavano con tanta intensità.
E avvertì il cuore esplodergli in petto perché il biondo subito si protese ancora verso di lui e lo baciò: stavolta fu vivo, stavolta fu bellissimo e quando si separarono il principe chiuse gli occhi.
Il respiro ormai era regolare, ma il suo corpo doveva essere stremato e Loki lo contemplò così indifeso e abbandonato come la più bella delle creature da proteggere. Accarezzò i suoi capelli biondi e poi rivolse lo sguardo verso il mare.
Era ancora mosso e Loki non sentiva nemmeno le sue sorelle cantare; forse dovevano essersi allontanati troppo dalla nave del principe, ma in quel momento non se ne curò.
Tornò sul giovane: se avesse potuto lo avrebbe portato con lui sul fondo del mare, ma con quale cuore? Egli infatti sarebbe morto subito.
E così rimase a saziarsi di lui solo guardandolo finché verso l’alba scorse la nave del principe in lontananza e udì dei richiami.
Forse qualcuno si era accorto che il giovane mancava e con lui una scialuppa. Loki allora con estrema delicatezza lo accarezzò, pose un bacio sulla sua fronte e come il biondo strizzò gli occhi lui si ributtò in mare e si nascose tra gli scogli.
Il principe mosse la testa e aprì appena gli occhi. Dovette subito mettervisi un braccio davanti per coprirsi dal sole. Era su una spiaggia e sentiva caldo, ma come diavolo c’era arrivato alla spiaggia se prima era in una grotta? E poi era giorno…
Ricordava la corrente e di aver battuto la testa. Si alzò tenendosela e notò la sua camicia lacerata e…gli venne in mente quel ragazzo; no, non un ragazzo, un tritone.  Ricordava il suo volto, i suoi occhi, la morbidezza del sue labbra…forse aveva davvero sbattuto la testa troppo forte.
Si mise a sedere e prese un respiro.
Fu allora che si accorse di avere la mano destra chiusa a pugno. La aprì e sgranò gli occhi: lì lucente come uno smeraldo, ma estremamente delicata il giovane vi trovò una squama verde grande e arrotondata. La sollevò alla luce e il suo cuore perse un battito: forse allora non aveva sognato!
Si guardò intorno come cercasse qualcuno, ma non vide proprio nessuno e il suo sguardo si rattristò. Osservò in lontananza e gli parve di vedere la sua nave e avvertire le voci lontane dei marinai.
Così si fece forza e si alzò iniziando a sbracciare alla vista della nave dalla quale poi scesero alcuni uomini su una scialuppa per recuperarlo.

Passò circa un mese e il principe Loki era ancora più strano di prima. Sospirava di continuo incurante di essere visto o meno, spariva per ore intere e si rigirava una conchiglia che portava al collo a mo’ di collana: un piccolo murice rosato, chissà perché poi proprio quello.
E in effetti il principe del mare non riusciva a smettere di pensare a quello della terraferma che aveva lasciato sulla spiaggia di sassi… insieme al suo cuore.
Lo aveva visto mentre veniva salvato e riportato sulla nave dai suoi marinai; lo avevano tirato a bordo e lui aveva rivolto ancora lo sguardo agli scogli come se cercasse qualcuno, ma Loki non si era mostrato.
Forse il principe aveva creduto di averlo perso per sempre, ma il tritone aveva seguito la nave per due giorni fino ad un piccolo porto e lì lo aveva visto scendere a terra.
Era la sua città? Chi poteva saperlo…però c’era un castello.
E così Loki era tornato di sera in superficie e aveva nuotato fino al castello scorgendovi il giovane affacciato ad un balcone.
Guardava lontano, ma sembrava pieno di malinconia.
E Loki era tornato e se non lo trovava lì, lo vedeva sulla spiaggia. Perché il suo cuore era così triste?
Non poteva fare a meno di stare male per lui al solo vederlo così; poi una sera il principe si era seduto sulla sabbia e Loki si era avvicinato il più possibile tra gli scogli per osservarlo.
Il biondo aveva estratto qualcosa da sotto il suo mantello ed ecco che alla luce della luna Loki aveva trattenuto il respiro riconoscendo la sua squama. Il giovane l’aveva osservata a lungo prima di condursela alle labbra e infine, con infinita delicatezza, baciarla con devozione.
E a Loki il cuore era quasi scoppiato nel petto a quella vista comprendendo che forse quel giovane era malinconico per lui e che magari avrebbe solo voluto rivederlo.
Ma egli era un umano e lui una creatura del mare e ciò sarebbe stato impossibile, però qualcosa poteva farlo.
Aveva chiuso gli occhi e aveva cantato e la sua voce era uscita dolce e melodiosa come a voler essere un balsamo caldo per quel cuore ferito.
Il principe incredulo doveva aver riconosciuto la sua voce perché era scattato in piedi e lo aveva cercato e Loki, spaventato persino da sé stesso per ciò che aveva appena fatto, si era subito rituffato, ma poi era tornato ogni sera e ogni sera aveva cantato per lui.
E finalmente quella malinconia sembrava più leggera: c’era tristezza si, ma almeno il suo principe sapeva che lui era lì e cantava solo per lui. E ogni volta che il suo canto finiva e doveva aspettare la sera successiva per Loki era uno strazio.
Il suo cuore era spezzato tra il mare, la sua casa, e il principe, un umano che lo aveva fatto innamorare senza che potesse controllarlo.
Un umano… “Thor”…così si chiamava.
Quel nome nella testa, nei sogni, in ogni momento delle sue giornate anche mentre osservava i banchi di pesci brillanti nuotare senza trovarvi alcun interesse.
Sognava cosa avrebbe fatto se avesse potuto mostrarsi ancora a lui, ai baci che gli avrebbe dato e con cui avrebbe cancellato quella malinconia dal suo cuore.
Soffriva e quella tristezza lo stava uccidendo dentro perché non trovava sfogo dai suoi occhi come per le creature sulla terra, ma rimaneva lì costretta dentro di lui.
E intanto pensava: voleva stare con lui, lo voleva con tutto sé stesso, ma come avrebbe potuto fare? L’unico modo sarebbe stato…

«Potresti andare dalla strega del mare.» la voce di suo padre alle sue spalle lo colse di sorpresa.

Loki se ne stava seduto su una lastra ghiacciata con lo sguardo rivolto alla superficie credendo di essere solo, ma quella voce dura lo costrinse a voltarsi di scatto. 

«Lei di certo ha quello che cerchi.» proseguì il re calmo.

Loki lo studiò con circospezione «Cosa dici padre?» 

Il re sospirò e nella sua immensa e minacciosa figura gli si fece più vicino «Quello che ho detto. È evidente che il tuo cuore è in tumulto. Che è rapito da qualcosa, qualcosa che non è qui, ma lassù.» disse rivolgendo il capo verso la superficie. «È per l’umano che hai salvato?» 

Loki si raggelò a quell’affermazione mentre il padre si portava vicino a lui e lo studiava con durezza.

«Credevi non l’avrei scoperto? Che le tue sorelle non me lo avrebbero detto? Che non avrei mandato qualcuno a vedere dove te ne vai ogni sera?» chiese fissandolo, ma Loki sostenne il suo sguardo «Sai sapevo che eri una delusione, seppur non immaginavo a questo punto, ma tant’è! Se quello che vuoi è stare con lui dovrai prima avere le gambe lo sai questo vero?» 

Loki lo studiò attento «Per-perché mi stai dicendo una cosa del genere?» 

«Non è ovvio? Le ho provate tutte con te Loki. Ho provato a raccontarti di quanto crudele sia il mondo degli uomini, tu stesso hai visto cosa hanno fatto ai tuoi poveri fratelli, ti ho chiesto di aiutare il tuo popolo a liberarti di loro e tu cosa fai? Ne salvi uno e te ne innamori? Credimi se non avessi già perso due dei miei figli non esiterei a ucciderti con le mie stesse mani!» 

Loki lo fissò attento e si mise sulla difensiva, ma re Nàl ghignò «Ma credo di conoscere un modo migliore per punire la tua avventatezza. Se vuoi andare nel mondo degli uomini e diventare come loro fa pure! Tutto quello che devi fare è andare dalla strega del mare ed esprimerle questo tuo desiderio. Certo il prezzo sarà alto, ma avrai quello che vuoi o che credi di volere. Magari quando sarai tra di loro, bestia tra le bestie, ti renderai conto di quello a cui hai rinunciato per sempre lasciando il tuo mondo.» 

Si voltò mentre il giovane rimase immobile ad osservarlo «Ah e Loki.» disse ancora suo padre «Fa quello che devi e non tornare mai più!» e detto questo se ne andò lasciando il giovane figlio solo e incredulo.

 

La strega del mare abitava sul fondo di un crepaccio profondo e oscuro lontano dalle altre creature marine.  
Le tenevano compagnia solo le sue fidate bestie: strani serpenti dalla testa di teschio e murene, che nuotavano e strisciavano tra le pareti del crepaccio, ma erano state addestrate e sapevano che se un tritone o una sirena si inoltrava fin lì per cercare la loro padrona non dovevano attaccarlo.
Loki guardò quel nero abisso davanti a lui e preso coraggio vi si inoltrò fino a raggiungere l’ingresso di un antro nero, pieno di punte e con tanti buchi per finestre. A terra vi erano increspature rosse ed incandescenti: la dimora della strega infatti sorgeva su un vulcano dormiente.

«Avanti.» chiamò una voce senza che Loki fosse nemmeno arrivato. Lei sapeva già…

Loki si introdusse cautamente nella sua dimora e lì la vide. Era una creatura oscura, i capelli erano in realtà strane corna nere e il corpo snello anch’esso nero era di polpo. Gli unici elementi umani erano il viso e le braccia entrambi bianchi cadaverici e che sottolineavano ancora di più i suoi occhi grandi e cattivi.
Era circondata da geyser avvolti da una luce verde e sulle pareti di roccia della sua casa vi erano  ovunque strane fiale e barattoli di conchiglia dal contenuto viscido.

«Ben arrivato principe Loki, sapevo che saresti venuto da me. Io sono Hela la strega del mare.»  Si presentò lei. 

«Ah si? E come lo sapevi?» 

«Perché io avverto la sofferenza del popolo del mare e posso porvi rimedio con la magia. Posso alleviare qualunque male sai?» 

«Al giusto prezzo immagino» rispose cauto Loki.

La strega sorrise «Non si da mai niente per niente. E quello che cerchi tu, costa davvero molto.» disse lei con un sorriso malefico poi gli diede le spalle.

Raggiunse un roccia in alto e dopo aver cercato un po’ prese una fiala nera tornando da lui. «Ecco, qui c’è la pozione per diventare un uomo, un mortale, un essere umano… e questo ciò che vuoi vero?» 

«S-si lo è» 

La strega sorrise soddisfatta «Bene, con questa pozione otterrai le gambe e una vita mortale, ma devi sapere che questa forma sarà legata ad una profonda sofferenza. Soffrirai ad ogni passo che farai sulla terra, ogni volta che proverai a danzare, ogni volta che vorrai correre libero. Questa pozione ti ricorderà ogni giorno della scelta che tu stesso hai fatto e ti perseguiterà. Potrebbe nuocerti così tanto da ucciderti e…» 

«Tsk e cosa trasformarmi in schiuma di mare?» chiese Loki con sfida: quella era la morte delle sirene.

«Lasciare di te un corpo freddo, ferito e senza anima.» concluse la strega perfida «Tuttavia se verrai corrisposto da chi ami il dolore che all’inizio avvertirai sarà valso la pena e col tempo l’effetto crudele della pozione svanirà sostituito invece dall’amore e cose così insomma…» disse lei sbrigativa con un cenno della mano. «Ma devo avvisarti: se la berrai, non potrai tornare più indietro. Dunque ti interessa ancora?» Chiese battendo un’unghia nera sulla boccetta.

Loki prese un respiro: sapeva che non sarebbe stato facile…

«Si ma certo!» disse deciso.

«Bene, allora non ti resta che darmi la tua voce e siamo pari.» 

Il moro si gelò e si sentì sbiancare.

«C-cosa?» 

«Voglio la tua voce. Vedi, Mio Principe, tu hai davvero bisogno di questa pozione e questo fa si che il suo valore aumenti e l’unica cosa che tu possiedi di tanto prezioso è la tua bellissima voce. Allora affare fatto?» chiese lei allungando la mano lunga, bianca e scheletrica. 

Loki fissò quella mano senza realmente vederla.

«Ma se mi togli la mia voce, che cosa mi resta?» chiese pensieroso.

«E io che ne so? Ce l’avrai no qualche dote particolare!» disse lei scocciata «Immagino che sia l’animo quello che conti!» 

Il giovane rimase in silenzio.

Era un prezzo altissimo, la sua voce, il suo canto per “Thor…” ma era per lui che era lì e doveva andare fino in fondo.

«Io…»

Tacque un istante.

«Accetto!» concluse sicuro guardandola negli occhi e con tutto il coraggio che aveva strinse quella mano.

La strega sorrise e prese a parlare.

«Quando sarai fuori di qui nuota fino alla riva del mare, là dove sorge il castello del tuo principe e prima che sorga il sole bevi la fiala. Allora soffrirai di un dolore mai provato. Così grande che forse desidererai solo morire, ma la tua coda muterà, le tue belle squame si faranno pelle viva e nuda, i segni della tua specie scompariranno e ogni volta che i tuoi piedi toccheranno terra sanguineranno e ti provocheranno dolore e tu sopporterai in silenzio. Forse sarà per poco, forse fino alla fine dei tuoi giorni. Non sarai mai più una creatura del mare e mai più potrai parlare.» e detto questo protese la boccetta verso di lui. Il giovane allungò la mano libera e la afferrò.

La strega sorrise maligna e mentre le loro mani erano ancora in contatto concluse «Noi abbiamo fatto un patto.» 

Un istante dopo a Loki sembrò che mille aculei gli si fossero piantati nella gola e una sensazione ghiacciata lo pervase mentre sotto forma di una sfera di luce la sua voce usciva dalla sua gola e andava a posizionarsi nel palmo della mano della strega.

Lei la strinse ed essa sparì. «Goditi il tuo bel sogno principino.» dopodiché una coltre di denso inchiostro nero avvolse entrambi.

 

Quando l’inchiostro si dissipò Loki si ritrovò fuori dal crepaccio e circondato dal silenzio.
Tentennò un istante poi chiuse gli occhi e preso coraggio provò a dire il suo nome a voce alta, ma nessun suono uscì dalla sua bocca.
La sua voce, la sua bellissima voce non c’era più.
Non l’avrebbe più sentita, non avrebbe più cantato per Thor  però…
Guardò la mano sinistra dove teneva la fiala della strega e sorrise triste sapendo quanto valeva quell’unica possibilità…
Nuotò veloce e senza guardarsi mai indietro verso la superficie e fino alla spiaggia dove di solito vedeva Thor. Quella sera non era andato da lui. Chissà se l’altro si era chiesto perché, se lo aveva cercato con lo sguardo o se si era almeno preoccupato per lui.
Se avesse saputo cosa…no, lui non doveva saperlo e in quel momento a Loki faceva terribilmente male il solo pensarci.
Raggiunse la riva che luna ormai era un riflesso pallido sul mare, guardò verso le scale che portavano sulla spiaggia da cui tante volte aveva visto arrivare il suo principe e poi verso quel balcone vuoto: di certo Thor doveva dormire in quel momento, ma l’avrebbe visto presto.
Prese coraggio e senza attendere oltre bevve fino all’ultima goccia il contenuto di quella fiala.
Il sapore era tremendamente amaro e bruciava la gola, ma lo bevve tutto finché essa non fu vuota.
Quando ne rimase che il solo contenitore la fiala si polverizzò e poi…Fu dolore, tremendo, terribile, da piegarsi in due tanto bruciava mentre la testa gli scoppiava e le urla uscivano silenziose dalle sue labbra.
Rovinò sulla sabbia e si sentì così male che desiderò quasi morire mentre per la prima volta avvertiva qualcosa di bagnato fuoriuscire bruciante dai suoi occhi.
E intanto, mentre la vista gli si annebbiava per le lacrime e per il dolore, tutto intorno a lui si fece nero.
Quando si svegliò incontrò gli occhi blu di Thor che lo guardavano con apprensione, ma poi fu ancora buio.

E proprio in quell’istante…

«Non puoi parlare?» chiese Thor cauto.

Il moro annuì.
Aveva desiderato quel momento con tutto sé stesso, ma adesso che il giovane principe gli era davanti non aveva idea di cosa fare o di come comportarsi. E senza la sua voce poi…

«C-che è successo alla tua coda?» 

Loki abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore esitante, per fortuna proprio in quel momento entrò Rogers con alcuni abiti piegati in mano. 

«Mio Principe come?… Oh si è svegliato meno male.» 

«Rogers che c’è?» chiese Thor con una punta di fastidio visto che l’altro non aveva nemmeno bussato.

«Sono solo venuto a controllare il nostro ospite e visto che è sveglio fargli avere qualcosa da mangiare…e degli abiti magari.» disse battendo una mano su quelli che teneva in mano.

“Abiti?” Si chiese Loki poi ricordò che gli uomini usavano quei pezzi di stoffa e lui addosso non aveva nulla. D’istinto si tirò addosso le coperte e si vergognò, ma Thor gli sorrise gentile. 

«Non preoccuparti. Rogers per favore fa preparare una vasca d’acqua perché questo giovane possa fare un bagno e portargli i vestiti. Intanto puoi chiamare il sarto. Quando sarà pronto accompagnalo in sala da pranzo, io vi attenderò lì.» disse Thor alzandosi, ma si sentì afferrare il polso.

Loki glielo aveva preso d’istinto e lo guardava impaurito, ma Thor usò il massimo della gentilezza.

«Sta tranquillo, sei in ottime mani e io sarò proprio qui sotto. Così potrai fare con tutta calma.» 

Disse spostandogli una ciocca di capelli su cui si erano depositati un po’ di sale e sabbia dietro all’orecchio.
Il moro allora annuì.

«Parleremo dopo, non c’è nessuna fretta.» Aggiunse il biondo guardandolo quasi speranzoso dopodiché uscì dalla stanza.

 

Thor stava davanti alla grande porta a vetri immobile quanto incredulo.
Era lui, era proprio il suo tritone, ma perché non aveva la coda?
E che era successo a quella voce bellissima?
Come a voler sedare un po’ della sua ansia si portò l’unghia del pollice alla bocca, ma come accostò il dito alle labbra sentì il sapore del sale.
Chiuse un momento gli occhi: sembrava impossibile eppure sperava che fosse reale con tutto sé stesso.
Non passarono che una ventina di minuti che Loki scese le scale preceduto da Rogers.
Si era lavato e aveva indossato una splendida camicia verde, calzoni neri e stivali lucidi dello stesso colore. I suoi lunghi capelli neri erano legati in una treccina a cascata molto simile a come li portava Thor.
Era bellissimo, ma purtroppo per Loki ogni volta che i suoi piedi toccavano il suolo, come aveva detto la strega, era come se mille spilli lo ferissero, ma lui cercava di nasconderlo al meglio.
Thor intanto aveva passato gli ultimi quindici minuti a pensare a come fosse meglio comportarsi, ma appena lo vide sorrise felice e si dimenticò di tutti i suoi piani.

«Stai benissimo…» 

Il moro sorrise e abbassò lo sguardo timidamente.

«Hai-hai fame?» 

Il giovane scosse la testa.

«Oh allora….allora vuoi andare a fare un giro per la città? Posso mostrartela se vuoi.» 

Il moro annuì.

«Bene allora…ehm sicuro che non hai fame?…Ho detto al cuoco di non cucinare pesce…ho-ho fatto bene vero?» 

Il buon Rogers alzò gli occhi al cielo esasperato da quanto fosse impacciato il suo principe in quel momento, ma il moro rise divertito e annuì facendo di rimando sorridere anche l’altro. Sfortunatamente per lui il biondo assunse un sorriso che incantò Loki a tal punto che mosse d’istinto qualche passo verso di lui e…l’incanto fu interrotto da un fitta ai piedi più forte delle altre che lo costrinse ad aggrapparsi a Thor per non cadere.

«Ehm ehm.» borbottò Rogers, ma il principe non fece caso al suo consigliere.

«Non ti senti bene? Ti fa male camminare magari?» 

Il moro non rispose e tenne lo sguardo basso scostandosi velocemente da lui imbarazzato. Ma il biondo non  batté ciglio e senza fare troppe cerimonie lo sollevò tra le braccia.

«Maestà, ma che fate?!» lo riprese allibito Rogers, ma Thor non vi badò.

«Così è meglio vero?» il moro lo guardò stupito mentre Thor sorrise «Rogers fa preparare la carrozza per favore.» 

«Cos…cioè si subito Maestà!» corse via mentre Thor mosse qualche passo verso l’ingresso della sala con Loki ancora incredulo tra le braccia «Sai qui abbiamo una carrozza, ma se preferisci posso portarti in giro così, sei leggerissimo!»

Ma il moro rise, scosse la testa e alzò gli occhi al cielo «Che c’è non ti fidi dei miei muscoli?» Loki stette al gioco e alzò le spalle «Oh e va bene, carrozza sia! Ma me ne ricorderò!» gli sorrise il biondo. 

La carrozza era un cocchio con due sedili in pelle nera posti l’uno di fronte all’altro e un bel cavallo marrone la trainava guidato dal cocchiere. Thor fece scendere Loki dalle sue braccia e lo aiutò a salirvici dopodiché i due partirono verso il centro della cittadina.

 

Anche quel giorno Nuova Asgard era soleggiata e piena di vita e tutti salutavano al passaggio del principe. Questi sorrideva ai suoi sudditi, ma poi tornava subito ad avere occhi solo per il giovane sconosciuto dai capelli neri che si protendeva da un lato all’altro della carrozza osservando con occhi pieni di curiosità qualunque cosa intorno a loro.

Thor pensò di capire «Non hai mai visto una città così da vicino vero?» 

Il moro lo guardò e scosse la testa timidamente abbassando lo sguardo. 

«Ti piacerebbe guardare meglio?» 

Il moro alzò lo sguardo e annuì sorridendo.

Thor allora si voltò verso il cocchiere e gli disse di fermarsi poi si rivolse a Loki «Suppongo che allora dovremo fare acquisti.» 

Diede disposizioni al cocchiere di attendere e aiutò il giovane a scendere. Davanti a loro i due avevano tre bancarelle: una di frutta, una di stoffe e una di saponi e profumi.
Thor accompagnò Loki da ciascuna di esse: nella prima gli porse fragola rossa e matura. Il moro la assaggiò e poté assaporarne per la prima volta il succo dolce e la consistenza morbida poi provò un’arancia e questa invece era fresca, acidula e succosa e poi l'uva e le melagrane...
In quella di stoffe Loki poté toccare con mano i tessuti avvertendone l’effetto che facevano al tatto: alcuni erano duri e sembravano molto resistenti, altri morbidi e delicati. La donna che li vendeva gli porse del raso e della seta e poi del cotone e del lino e Loki si divertì a sentirne le diverse consistenze sotto i polpastrelli.
Quando passarono a quella dei saponi e dei profumi fu il naso a farla da padrone; quegli odori dolci e forti gli pervasero le narici e gli andarono alla testa: i fiori d’arancio, la rosa, la violetta, il sandalo….
A quel punto Loki iniziò ad eccitarsi e benché i piedi gli facessero male non riusciva a stare in sé dalla contentezza.
Thor lo portò dal panettiere dove provò il pane caldo e morbido e girelle alla cannella appena sfornate e che strano vedere il fabbro che batteva il ferro caldo modellandolo a semicerchio.
E cosa faceva quel tizio con dei colori in tanti barattoli di coccio? Aveva davanti a sé una piccola vela quadrata bianca e tesa e in mano un oggetto piccolo e longilineo: lo immergeva nei barattoli e poi lo appoggiava sulla vela ed ecco che i colori vi rimanevano attaccati e su essa appariva un fiore o un frutto, ma com’era possibile?
Così Loki si avvicinò ad un barattolo e preso un po’ di colore blu lo studiò sulle sue dita osservandole tingersi.
Thor allora gli si avvicinò, sfilò un pezzo di stoffa bianca dalla tasca dei suoi pantaloni e lo passò sulle dita di Loki che tornarono quasi del tutto pulite.
Loki ne fu divertito e ne riprese un po’, ma stavolta le appoggiò su una guancia di Thor che rise. Poi il moro prese il pezzo di stoffa e lo passò sulla guancia dell’altro per vedere se funzionava anche con lui e nel farlo gli occhi dei due si incontrarono per poi abbassarsi imbarazzati.
E ancora un altro profumo attirò le narici del moro: veniva da oggetti più o meno alti e rettangolari. Fuori erano marroni o blu e avevano una scorza dura, ma in mezzo erano bianchi o giallastri e fu così che Loki scoprì i libri.
Erano pieni di simboli strani e figure disegnate e subito ne fu rapito «Ti piace questo?» gli chiese Thor quando lo vide chinato su un libro di piante ed erbe mediche.
Loki annuì e Thor sorrise all’uomo che gestiva la bancarella allungandogli una mano. Ogni volta il principe tirava fuori strani sassolini tondi e in oro e li porgeva a coloro che in cambio gli davano cibo, stoffe e in quel caso il libro. Qualcuno gli porgeva a sua volta piccoli sassi tondi in argento o  altri marroni e leggerissimi.
A un certo punto Loki si sporse su una mano di Thor per osservare meglio cosa fossero «Sono monete. Vedi servono per comprare quello che ci serve. È un pagamento e noi abbiamo comprato quelle cose» disse indicandogli il carro che li seguiva alle loro spalle e che ormai era pieno di ogni tipo di oggetto. 

“Un pagamento?” Pensò Loki.

Quindi avevano preso di tutto perché Thor aveva pagato con quelle cose d’oro, ma l’oro valeva molto e se il biondo ogni volta ne dava via un sassolino…
Arrossì di colpo nel capire che forse per farlo contento Thor stava spendendo molto del suo oro e così da lì in avanti si limitò ad osservare e a rifiutare gentilmente se Thor gli proponeva di acquistare ancora qualcosa.
Verso il tramonto capitarono in una piazzetta e lì alcune persone se ne stavano a chiacchierare con degli strani oggetti sulle gambe o tra le mani.
In mezzo a loro era seduto un uomo bello robusto e dalla faccia bonaria, aveva una barba rossa e anche lunghi capelli dello stesso colore.
Salutò il principe con un cenno del capo e l’altro gli rispose «Buonasera Volstagg!» 

«Principe Thor, che piacere vedervi!» 

Thor condusse con gentilezza Loki dal suo amico «Loki lui è Volstagg, è un oste e un caro amico, ed è bravissimo a suonare.» 

«Tra una mangiata e l’altra!» commentò il rosso.

«Buon Volstagg ci fareste sentire un po’ di musica?» 

Il rosso annuì e sorrise facendo cenno agli altri attorno a lui. Da quegli strani oggetti uscì una musica allegra e coinvolgente, ecco cos’erano: strumenti musicali!
Che buffa era quella musica, così diversa da quella delicata e armoniosa sul fondo del mare.
Loki non poté trattenersi e volle ballare anche se i piedi gli diedero una fitta terribile, ma lui non vi badò ed iniziò a farsi trasportare da quelle note: ballò con grazia ed eleganza pur senza sapere i passi.
Anche altri lo imitarono e come lui presero a ballare donne e uomini, bambini e ragazzi.
Non si accorse nemmeno che tutti gli occhi erano puntati su di lui e sulla sua eleganza soprattutto quelli di Thor che lo guardava rapito.
Il moro lo guardò in una muta richiesta che il biondo non si fece sfuggire e buttandosi tra la folla lo raggiunse. Ballò con lui su quelle note allegre e spensierate e tanti li guardavano e dicevano “Guardate il principe e quel giovane come sono belli insieme!” “Guardate come sorride il principe Thor” “Mamma il principe lo sposerà quel ragazzo?” Chiedeva persino qualche bambino.
Ma Thor e Loki non sembravano farvi caso e ballavano divertendosi. Dopo un po’ l’uomo rosso che dirigeva l’orchestra con la sua fisarmonica fece cenno agli amici e stavolta la musica fu più lenta.
Era una canzone che si suonava in paese durante le feste di primavera e si ballava a due, Thor l’aveva spesso sentita suonare e sapeva bene come finiva! 

«Ah Mio Principe dovreste prendere diversamente il vostro ballerino.» lo richiamò il rosso strizzandogli l’occhio. 

Thor guardò l’amico oste avvampando poi tornò su Loki e si accostò di più a lui. Il giovane lo guardava rapito e attento e si lasciò guidare dalle mani di Thor che prese  gentilmente le sue braccia e se le buttò al collo mentre lui lo prendeva delicatamente per i fianchi sorridendogli. 

«Sei bravissimo a ballare sai?» gli disse con un sorriso, ed era vero, Loki era aggraziato e delicato e Thor ne era rapito.

“Sha-la-la-la-la-la My, oh, my… Look at the boy too shy…”

Thor arrossì «Sei stanco vuoi rientrare?» 

Loki scosse la testa, sarebbe rimasto così volentieri per tutta la sera.

«I piedi non ti fanno male?» certo se la sua attenzione non fosse caduta proprio lì.

In effetti i piedi gli bruciavano e li sentiva lacerarsi, Thor lo intuì da una lieve smorfia di dolore sul suo viso e si fermò «Coraggio rientriamo, adesso.» 

«Go on and kiss your love!» cantò forte Volstagg.

Tutti intorno ai due diedero un bacetto o un bacio al proprio compagno di ballo. Loki lo notò incuriosito e si rivolse a Thor come a volergli chiedere il perché, ma il biondo era rosso come il corallo e parecchio imbarazzato.
Il moro allora alzò le spalle, si protese sulle punte e appose un delicato bacio sulla guancia del biondo che ti sentì avvampare ancora di più, ma sorrise dolce.
E anche Loki sorrise incontrando poi quegli occhi blu mentre i suoi brillavano come pietre preziose.
I piedi non gli facevano già più tanto male…

Passò poco meno di una settimana dall’arrivo di Loki a palazzo. Thor gli aveva regalato un quaderno dalle grandi pagine bianche dove il moro poteva appuntare stoffe con spille o fiori secchi o bucce di frutta e qualunque altra cosa trovasse nuova ed interessante.
Aveva chiesto anche al buon Rogers di insegnargli a scrivere e, seppur solo nelle sua mente, a leggere.
Thor sperava che così i due avrebbero comunicato meglio anche se per il momento non sembrava un problema. Loki era fantastico, gli faceva capire ogni cosa coi gesti o solo dalle espressioni che faceva.
Sorrideva e si stupiva di ogni cosa nuova che Thor gli mostrava e lo faceva con un’ingenuità tale che il principe spesso si incantava a fissare i suoi occhi o i suoi sorrisi. L’altro se ne accorgeva e arrossiva e solo allora Thor si riscuoteva e cercando di far finta di nulla si metteva a spiegargli una cosa nuova. Ma la verità era che quel giovane gli piaceva già da prima.
Da quel giorno in cui era stato salvato Thor non si era dato pace. Non sapeva perché, ma quegli occhi gli avevano stregato il cuore e i sensi.
Aveva studiato ogni libro conosciuto sulle creature del mare ed ogni sera si era presentato sul balconcino e poi alla spiaggia per ascoltare quella voce.
L’aveva riconosciuta subito perché era sicuro di averla sentita anche quella notte sulla spiaggia  benché non ricordasse bene come, ma era certo che cantasse solo per lui nonostante Loki non si fosse mai mostrato.
E ora che era lì con lui credeva continuamente di sognare e che non potesse essere possibile.
Solo non si spiegava perché non potesse più udire la bella voce di Loki e non poteva fare a meno di interrogarsi su cosa fosse successo alla sua coda.
Ogni giorno avrebbe voluto chiederglielo, ma ogni volta che Loki gli rivolgeva un sorriso si diceva che qualunque fosse la causa doveva fare molto male e per questo si tratteneva.
E così la sera del quinto giorno della sua permanenza al castello, Thor non sapeva ancora nulla del segreto del giovane.
Erano circa le nove passate quando Loki aprì la porta della sua ormai camera da letto.
La stanza era praticamente sommersa ovunque da libri; infatti, da che Rogers gli aveva detto che poteva prendere in prestito quelli della biblioteca reale, Loki se ne portava in camera a bizzeffe pur di vedere le figure o studiare l’alfabeto e piccole frasi.
Quella sera il giovane fu seguito da Thor che reggeva una pila di libri alta più di lui. 

«Ahah Loki, non avrai esagerato stavolta?» rise il biondo.

Ma il moro scosse la testa e sorrise, gli fece spazio su un cassettone e lo invitò a posarli lì. «E va bene te li metto qui.» 

Il moro si buttò sul letto con un libro tra le mani e il biondo senza attendere inviti lo imitò. 

«Puff sono esausto…farti da servetto è stancante.» 

Il moro gli diede una pacca sulla spalla e lo guardò.

«Oh no, non mi sto affatto lamentando Vostra Grazia.» rise Thor. 

Loki era bello, sveglio e intelligente e anche se non poteva parlare Thor poteva capire da solo che aveva un bel caratterino. «Meriterei almeno un premio però, non credete?» 

Il moro scosse la testa e gli sorrise dolce poi chinandosi su di lui gli diede un bacio sulla guancia che fece battere all’impazzata il cuore di Thor. Era sempre quello il suo modo per ringraziarlo o per dimostragli affetto.
Se avesse potuto Loki infatti si sarebbe direttamente proteso su quelle labbra che tanto gli mancavano, ma si tratteneva non sapendo se Thor lo volesse o meno anche se non si rifiutava mai a quei piccoli gesti.
Thor dal canto suo lo desiderava nel suo stesso modo: era stato lui a baciarlo quella sera, ma forse era stato l’istinto a dargli il coraggio.
Adesso invece il principe sentiva quel coraggio scemare ad ogni sorriso che il moro gli faceva e finiva sempre per imbarazzarsi e rinunciare dal farsi avanti con lui.

Arrossì e si schiarì la gola «M-magari potrei farti da servetto anche domani se questo è il premio.» 

Loki alzò gli occhi al cielo e sorrise poi aprì il libro sotto ai suoi occhi e ne mostrò una figura a Thor.

«Ehi è un atlante. Questa è una mappa del regno. Ecco noi siamo qui a Nuova Asgard.» gli indicò sulla cartina «E mio padre invece è il re di questa terra che si chiama Asgard. Non siamo molto originali coi nomi lo so.» Sorrise. «E tu invece? La tua casa era in un posto preciso?» 

Loki esitò un istante poi sfogliò l’atlante e gli indicò il Mare Glaciale Artico. 

«Accidenti, ma è lontanissimo! Che ci facevi da queste parti?» 

Il moro abbassò lo sguardo che si fece di colpo cupo e Thor rifletté un istante.

«Sai ho letto che le sirene si manifestano solo per affogare i marinai e trascinarli sul fondo del mare…» disse mentre Loki si incupiva di più. «Tu però mi hai salvato.» concluse.

Il moro annuì timidamente.

«Perché?» chiese ancora Thor, le guance di Loki si fecero rosse. 

Thor non riuscì a resistere: allungò la mano sul suo volto e col dorso glielo accarezzò dolcemente.
L’altro chiuse gli occhi e si spinse contro la mano per poi prenderla nelle sue e baciarla con delicatezza.
Thor lo guardò incantato e rapito. In fondo al cuore sapeva che la risposta era una sola, ma non aveva il coraggio di chiederglielo….non ancora.
Invece c’era un’altra cosa da fare. Dal primo giorno in cui Loki era arrivato al castello a Thor non erano mai sfuggite le micro espressioni di dolore che comparivano sul suo volto ogni volta che i due facevano una passeggiata o anche solo se camminavano per brevi distanze, così aveva pensato di risolvere almeno quella questione.
Si mise a sedere di fronte a lui e spostò il libro da parte.

«Loki posso chiederti una cosa?» 

Il giovane annuì tranquillo.

«Ho notato che quando cammini fai fatica e sembra che ti faccia male e…e Rogers mi ha detto che le calze che gli hai dato da lavare erano…sporche di sangue perciò…sei ferito e non me lo hai detto?» 

Loki scosse la testa e abbassò ancora lo sguardo, ma stavolta Thor non gli diede tempo. Gli sollevò il piede sinistro e gli sfilò prima la scarpa, poi la calza e sgranò gli occhi.
Sulla pianta del piede Loki aveva non uno, ma tanti piccoli tagli alcuni più lievi e ancora rossi, altri più profondi e di un colore scuro.

«Perché sei ridotto così?» chiese Thor senza capire.

Loki fece per ritrarre il piede, ma Thor lo fermò.

«Ah non ci provare, ho una cosa per te.» disse tranquillo ed estrasse di tasca una scatolina piatta, rotonda e dorata.

La aprì e dentro Loki vide una specie di pasta verde e lucida. Thor ne raccolse un po’ sulle dita per poi direzionarle sulla pianta del piede dell’altro.
Non appena i polpastrelli delle dita di Thor sfiorarono la pelle ferita di Loki il giovane ebbe un sussulto, poi sentì una consistenza strana, grassa e scivolosa.
Thor prese a massaggiargli il piede con cura e con delicatezza, ma abbastanza intensamente da far assorbire quella crema.

«È un balsamo lenitivo. Lo produce mia madre, è molto brava con le erbe mediche e prima che partissi me ne ha dato una scorta intera. Sa che sono parecchio bravo a farmi male.» 

Loki intanto si sentiva strano e riusciva solo ad avvertire quanto fosse piacevole il tocco dell’altro  sulla pelle ferita: il balsamo lo scaldava e leniva il dolore, ma a parte questo sotto il tocco di Thor una strana sensazione gli pervadeva il ventre e gli faceva sentire le palpebre appena pesanti.
Thor si occupò anche dell’altro piede dopodiché quasi mosso da una volontà non sua fece scorrere le dita della mano fino alla stoffa dei calzoni di Loki. La sollevò lentamente fino al ginocchio del moro poi prese ad accarezzargli la pelle delicatamente. A quel tocco il corpo di Loki  fu attraversato da un brivido e senza che potesse controllarlo tremò.

Thor però rimase concentrato e prese un respiro «Loki…come mai hai le gambe?» 

Loki si pietrificò e si sentì sbiancare. 

«C’entra col fatto che non puoi più parlare e cantare?» 

Il moro rimase immobile, ma Thor lo fissò con occhi tristi.

«Ti prego, devo saperlo.» 

Il moro esitò un istante poi annuì. 

«Come?» Chiese il biondo con cautela.

L’espressione di Loki divenne triste, ma si fece coraggio. Si allungò sul comodino a lato del letto. Lì teneva tutti i suoi tesori collezionati in quel mondo: un orologio da taschino, un fiore secco, un pezzo di stoffa, tutte cose che gli aveva dato Thor. Frugò un po’ nel cassetto fino a che estrasse una moneta d’oro. Thor gliel’aveva regalata dopo la loro giornata al mercato dove Loki aveva visto per la prima volta il denaro.
La strinse poi, con la mano che tremava appena, prima si indicò le gambe e dopo alzò la moneta.
Il principe non capì e lui ripeté il gesto. 

«Non capisco…Le hai pagate?» azzardò e Loki confermò con la testa.

«Con che cosa?» chiese l’altro in automatico.

Gli occhi di Loki divennero tristi e ingoiò amaramente poi si portò la mano alla gola.
Thor trattenne il respiro. 

«Hai avuto le gambe…in-in cambio della tua voce?» 

Il giovane annuì. Il principe lo fissò a bocca aperta.

«Mio Dio, Loki questo è…questo è ….terribile.» disse guardandolo con gravità. 

Il moro abbassò lo sguardo facendosi cupo. Thor era incredulo e sembrava scosso, distolse lo sguardo da lui.

«Perché lo hai fatto? Hai sofferto così tanto. Hai rinunciato alla tua voce e alla tua bellissima coda. Cosa c’era di così speciale nel nostro mondo?» sollevò lo sguardo su di lui e si bloccò.

Il ragazzo si stava toccando la conchiglia che teneva al collo, quella conchiglia che era così simile a quella che aveva trovato lui nella grotta pensò Thor. Con mani tremanti il moro ne estrasse un piccolo pezzo di stoffa ripiegata su sé stessa più e più volte. La spiegò e la porse a Thor.
Il principe osservò quella stoffa dapprima senza capirne il significato.
Loki senza guardarlo si toccò il braccio.

“Ah si” a Thor rivenne in mente quella notte: il giovane era ferito e lui aveva strappato la sua camicia per fermagli il sangue e…si bloccò. 

«Per me?» boccheggiò quasi nel chiederlo. 

Il moro annuì.

«L’hai fatto per stare con me?» riprovò Thor sempre più sconvolto.

Ancora un veloce cenno d’assenso.

«Hai rinunciato alla tua voce per me…» soffiò fuori Thor. Era sconvolto. 

No, non poteva crederci. Era impossibile che qualcuno lo amasse a quel punto, al punto di sacrificare una parte di sé stesso, no, non una, non solo, eppure Loki…Loki lo aveva fatto.
Thor sentì le lacrime salirgli agli occhi e il respiro quasi mancargli. Loki invece avvertì il battito accelerato e con una punta di preoccupazione fece per cercare i suoi occhi, ma non ebbe il tempo di fare nulla che il biondo gli si avvicinò e gli rapì le labbra in un bacio.
Il moro chiuse gli occhi avvertendo quelle labbra morbide e dolci sulle sue, quelle labbra che tanto aveva sperato di poter assaggiare di nuovo dopo tante notti passate a sperare.
Quelle labbra…Così calde, così avvolgenti.
I due scivolarono  tra i cuscini.
(*)
Le labbra di Thor si separano dalle sue e presero a baciargli il collo e la pelle nivea e morbida. Pelle che assaggiata sapeva di sale e profumava di mare… Il mare di cui Loki era fatto.
Il moro intanto si sentiva strano e avvertiva le palpebre di nuovo pesanti.

“Perché?” si chiedeva mentre sensazioni nuove e più forti di una marea lo stavano travolgendo.

Sopra e sotto pelle avvertiva brividi mai provati e una sorta di attrazione magnetica verso il corpo dell’altro. 

“Perché?” Si chiedeva, ma senza cercare di trovare una vera risposta.

Thor si separò con delicatezza da lui e prese a sfilarsi la camicia e Loki si sentì attraversare da una lingua di calore su cui avvertiva di non avere alcun controllo.
Quel corpo perfetto lo aveva attratto subito si, dal momento in cui lo aveva visto nella grotta, ma adesso era come se quell’attrazione si fosse moltiplicata dentro di lui molto, molto di più.
La sentiva nella pelle, nel sangue, la avvertiva in quella parte di corpo che per lui era del tutto nuova e sconosciuta.
Thor passò alla sua camicia per poi dedicarsi ai calzoni e al resto. Contemplò il corpo di Loki un istante prima di scendere con le labbra sul suo petto e sui suoi capezzoli.
Di nuovo per Loki fu una scoperta.
Era una sensazione piacevole, no più che piacevole e la avvertiva partire dal petto per estendersi a tutto il resto del suo corpo mentre le guance si scaldavano e  il suo respiro si faceva veloce.
Avrebbe dovuto provare paura, avrebbe dovuto provare terrore. Si, perché sapeva dai racconti di alcune sirene e tritoni catturati dagli uomini e poi miracolosamente fuggiti che quelle erano delle vere bestie.
Li catturavano e li usavano a loro piacimento…poi non soddisfatti tagliavano persino i loro bellissimi capelli e staccavano le loro preziose squame lucenti. Era anche quello uno dei motivi per cui suo padre voleva vedere quelle bestie terrestri morte in fondo al mare.
Ma allora perché lui improvvisamente sentiva di avere così bisogno dell’altro? Di volere di più?
E perché quel giovane lo stava trattando come se avesse il più prezioso dei tesori tra le mani?
Le mani di Thor scesero lentamente ad accarezzarlo dal suo torace ai suoi fianchi senza fermarsi nel loro percorso e di colpo i pensieri di Loki e tutti i perché andarono in pezzi e si moltiplicarono allo stesso tempo.
Il giovane era arrivato coi suoi baci e con le sue carezze alle sue gambe. Era sceso su quella sinistra e vi apponeva baci dolci, brevi e delicati quasi fosse fatta di vivo corallo e temesse di poterlo uccidere.
Sembrava che stesse trattando quel dono che Loki aveva così dolorosamente ottenuto con la più assoluta dedizione e infatti toccava le sue gambe con delicatezza, le sfiorava con lente carezze e le trattava con una cura estrema.
Poi lentamente tornò su di lui: i loro corpi si scontrarono tanto che Loki avvertì una sensazione forte e magnetica attrarlo verso il corpo di Thor, una sensazione che lo portava a cercare disperatamente il contatto dell’altro.
Cos’era tutto quello?
Loki si disse che era caos.
Perché era questo che avvertiva: caos…di emozioni, di sensi, di reazioni interne…puro caos e lo faceva sentire sconvolto e allo stesso tempo lo teneva meravigliosamente prigioniero di sé ed era così bello…
Non esitò e si spinse contro il compagno perché lo voleva di più, come se volesse quasi diventare una cosa sola con lui. Ma Thor fissò lo sguardo nel suo e Loki lo trovò carico di apprensione e …paura?
Thor aveva paura di qualcosa “Perché hai paura?” avrebbe voluto chiedergli Loki. Gli prese il volto tra le mani e sembrò porgli silenziosamente quella domanda.
E Thor di paura ne aveva tantissima perché rendere felice quella creatura, rendere felice il suo Loki, il suo amore, era ciò che avrebbe cercato di fare per tutta la vita.
Lo avrebbe protetto, lo avrebbe amato in ogni modo possibile, con l’anima e col corpo, ma adesso era proprio l’idea di amarlo col suo corpo che lo spaventava perché il solo immaginare di vederlo soffrire, anche se per pochi istanti, lo congelava. 

Sospirò e si fece coraggio «Loki io…Ti-ti farò male, temo…anche se non credo di avere il coraggio di provocarti dolore» 

“Dolore? Come potresti provocarmi dolore Thor?” Si chiese il moro. Avrebbe detto tutto di quel vortice di sensazioni meno che fosse doloroso. 

Così benché Thor continuasse a guardarlo preoccupato Loki si fece coraggio: si fidava di lui sapeva che lo avrebbe trattato con cura come aveva fatto fino a quel momento e che se era così preoccupato era solo perché teneva a lui.
E lui aveva sete di scoprire dove lo avrebbero portato tutte quelle sensazioni nuove, sete come non ne aveva avuta mai nella vita anche a costo di rischiare.
Avvicinò il volto a quello di Thor e lo baciò e se lo tirò ancora contro in un chiaro invito a non fermarsi.
Thor assecondò quel bacio e delicatamente fece scorrere una mano fino al basso ventre di Loki, poi ancora e ancora fino alle natiche, là dove nessuno era mai stato. A quel tocco inaspettato Loki sussultò appena e aprì gli occhi.
I due si guardarono un istante: Thor non si sarebbe mosso di un altro millimetro se Loki non glielo avesse chiesto, non avrebbe osato oltre.
Ma Loki ingoiò le sue ansie, lo baciò ancora e ancora cercò il contatto del corpo di Thor.
Non riusciva a capacitarsi di cosa fosse quel bolo indistinto di sensazioni che gli premeva dentro, in testa e praticamente ovunque nel suo corpo, ma non lo spaventava anzi lo chiamava a sé, lo attraeva…
Lo baciò e volle abbandonarsi del tutto tra le braccia dell’uomo che amava mentre Thor si assestò con delicatezza tra le sue gambe.
E poi lo avvertì quel dolore, forte e lacerante, lo trovò tremendo e non capì perché una cosa così bella come quella che stavano vivendo, diventare un unico corpo nell’amore, facesse così male.
Eppure Loki non aveva il coraggio di separarsi da Thor, tutt’altro: aveva bisogno di lui come non mai.
E anche Thor avvertì il dolore di Loki, lo avvertì nei suoi capelli che l’altro stava tirando con disperazione poi nelle unghie che si conficcarono nella sua schiena, nelle lacrime sul volto di Loki; avvertì forse una millesima parte di cosa l’altro stesse provando, ma non lo lasciò da solo.
Continuò a baciarlo e avvertì nel loro bacio anche le sue di lacrime venute a galla a confermargli che non poteva sopportare di vedere Loki soffrire, neppure in quel momento.
Quando le loro labbra si separarono Thor vide l’espressione sconvolta e forse impaurita dell’altro, ma solo per un istante, un istante in cui sussurrò un “Mi dispiace” vero, grave e pieno di apprensione.
Poi tornò sulle labbra di Loki e il moro le accolse ancora mentre l’altro iniziava a spingersi dentro di lui.
Era immerso in una confusione totale di sensi, Loki.
Provava dolore, era vero quello che gli aveva detto Thor, gli aveva fatto male, ma perché? Era tutto così bello nella sua follia, perché ora doveva esserci quella sofferenza?
Poi ecco una sensazione ancora nuova: ad ogni movimento che Thor faceva era come se quel dolore scemasse appena, ogni volta e lasciava spazio a qualcos’altro, un’altra sensazione. Ed era  calda, avvolgente  e mai provata. Come si chiamava tutto questo?
Di nuovo Thor non gli diede il tempo di cercare una riposta che fece scorrere una mano tra i loro corpi. Sotto il suo tocco Loki spalancò gli occhi perché quello era altrettanto sconvolgente e bello, ma non faceva male…
Non capiva più niente, sentiva solo le tempie pulsare, la temperatura aumentare, quella sensazione forte e incontrollabile crescere dentro di lui ancora e ancora. 

“Thor…” 

Era assurda.
Si sentiva abbandonato completamente ai suoi sensi, era in balia di quell’oceano nuovo e sconvolgente da cui non sarebbe voluto riemergere mai e in cui sarebbe volentieri affogato.
Ma sarebbe stata una morte bella, meravigliosamente bella…

“Thor…”

Poi in tutto quello si fece largo, più forte di tutto il resto, una gioia strana.
Era piacevole? No di più, era bella, folle quasi e lo faceva sorridere, lo faceva sentire bene.
Aprì appena gli occhi e incontrò quelli di Thor che sorrise: lo sguardo perduto e felice come il suo.

“Thor…” riusciva solo a pensare.

Si, Thor, il nome, la causa di quella gioia, l’unico scoglio a cui voleva restare aggrappato per sopravvivere in quel mare di sensi ed emozioni o con cui vi sarebbe sprofondato felice. 

“Thor…” avrebbe voluto chiamarlo, avrebbe voluto che sentisse la sua voce, ma quel nome usciva silenzioso dalle sue labbra  e si incollava agli occhi del suo compagno.

E nonostante anche la sua ragione fosse in pezzi Thor le vide quelle labbra chiamarlo in silenzio, vi lesse il suo nome sopra e vi si incantò, ma lo spettacolo più bello era Loki.
Loki che sorrideva e piangeva, che lo amava con gli occhi e lo chiamava silenziosamente sulle sue labbra.
Completamente rapito si abbassò su di lui e lo baciò ancora e istintivamente volle di più per entrambi.
Loki conficcò più forte le unghie nella sua pelle e si aggrappò alle sue spalle come se non riuscisse più sostenere tutte quelle sensazioni fattesi ormai troppo forti.
Era meraviglioso eppure poteva esserlo di più e seppur inconsapevolmente lo sapevano, lo sentivano e alla fine…
Quella gioia folle esplose, avvolse e travolse entrambi nello stesso momento e fu come un’onda che spazzava via ogni tensione nelle tempie, ogni ultima resistenza nel corpo e nei sensi. Ed era calda, avvolgente e totalmente incontrollata.
Loki percepì quel calore che si espandeva nel suo corpo e nella sua anima mentre lui esausto e vinto da quel vortice di emozioni allentava la presa sulle spalle del biondo e si abbandonava tra i cuscini e Thor crollava sul suo petto senza più forze.
Totale abbandono. Totale resa. L’uno quanto l’altro.
Thor avvertì Loki rimanere aggrappato debolmente a lui, sconvolto e incredulo allo stesso tempo.
Loki avvertì Thor esausto sopra di sé, completamente abbandonato e bisognoso del suo abbraccio.
Lo strinse un po’ di più perché per quanto fosse stravolto aveva bisogno di sentirselo tra le braccia e di abbandonarsi con lui.
E quando il respiro si calmò e la ragione tornò lentamente a comporsi entrambi godettero di ciò che avvertivano: una gioia appagante, una pace sovrana dei sensi che li faceva sentire bene e  completi e gli faceva temere di separarsi perché in quell’istante l’uno senza l’altro si sarebbero sentiti maledettamente vuoti.
Dopo quelli che potevano essere minuti interi Thor sollevò il volto verso Loki e incontrò i suoi occhi verdi sorpresi e meravigliati quanto i suoi per ciò che avevano appena condiviso.
Si protese verso il suo amore e lo baciò con dolcezza e delicatezza poi gli scivolò al fianco e se lo strinse tra le braccia.
Entrambi scoperti, entrambi esposti l’uno all’altro eppure sentendosi non più spaventati, ma completi.
Loki inspirò e chiuse gli occhi abbandonandosi al mare ormai calmo che erano i respiri di Thor.
Thor lo baciò tra i capelli e cercò di trattenere la sensazione di felicità che gli stava scoppiando dentro, ma quella era immensa. Si strinse contro Loki e chiuse gli occhi col sorriso sulle labbra.  
Il volto sereno.
L’animo in pace.
Il cuore rapito per sempre da quella creatura che amava ormai più di stesso.
Si addormentarono così e rimasero abbracciati anche oltre l’alba mentre le campane della cittadina annunciavano l’inizio di un nuovo giorno.
Anche quando il povero Rogers entrò di nuovo senza bussare perché Loki era in ritardo per la colazione e con le guance in fiamme si richiuse le porta alle spalle senza fare il minimo rumore lasciandoli ancora per un po’ ai loro sogni.

I giorni passarono, le giornate iniziarono a farsi più calde e poi più fresche.
Per tre mesi Loki passò ogni giorno a studiare e a scoprire cose nuove.
Anche Rogers era fiero di lui: il giovane infatti imparava in fretta e lo ascoltava attento.
La gente di Nuova Asgard  si era affezionata a Loki esattamente quanto al principe: il moro era dolce, gentile e ogni giorno non mancava di farsi vedere tra le persone e imparare un po’ anche da loro e dai loro mestieri o semplicemente ascoltare le loro storie.
E Loki era sempre più affascinato dagli uomini. Aveva capito che avevano anche dei vizi e non erano certo perfetti, ma lui si sentiva fortunato perché era circondato da persone buone e che lo facevano sentire più a casa di quanto non avessero mai fatto suo padre o i suoi sudditi in fondo al mare.
Thor dal canto suo era sempre felice e non parliamo poi di quanto fosse innamorato del suo compagno.
Il povero Rogers sapeva che non si poteva fare un discorso serio col suo principe se Loki anche solo attraversava i suoi pensieri, perciò non si poteva mai fare un discorso serio e basta col suo principe ultimamente!
Purtroppo però a Thor non sfuggivano le occhiate che Loki, forse pensando di non essere visto, gettava talvolta al mare, i sospiri quando lo sentiva sveglio nella notte, l’avvicinarsi al bagnasciuga senza avere il coraggio di andare oltre come se qualcosa lo spaventasse.
Quella nostalgia che il compagno cercava di nascondergli era forte in lui, ma come sarebbe potuto essere diversamente?
Loki in mare c’era nato, era stato libero di viverci e adesso il suo nuovo mondo era del tutto diverso.
E poi c’era un’altra cosa per cui Thor in realtà non riusciva a darsi pace.
Riusciva a mettere a tacere la coscienza quando pensava a che il compagno avesse rinunciato alla coda per stare con lui perché erano felici insieme e si fingeva cieco davanti alla nostalgia  celata da Loki perché il suo castello era casa per entrambi, ma non riusciva ad accettare che Loki non potesse parlargli e cantare.
Loki era sveglio, intelligente e avrebbe avuto tante cose da dire e Thor era sicuro che quando qualcuno cantava alle feste o nel villaggio un sospirò lasciasse il suo petto.
E per lui quella voce era stata l’unica certezza della presenza del suo tritone finché non lo aveva trovato sulla spiaggia tre mesi prima.
A troppe cose aveva rinunciato Loki per lui e il biondo non si dava pace, soprattutto nell’ultima settimana quando un araldo del re gli aveva consegnato una lettera. Ma di quella a Loki non ne aveva ancora parlato e nemmeno della persona a cui il suo amico Volstagg gli aveva consigliato di rivolgersi.
Quella sera Thor entrando nella sua camera, che ormai era diventata la loro, lo trovò sul balconcino avvolto in un mantello verde che aveva fatto fare per lui. Era immobile, con gli occhi chiusi e le orecchie tese al rumore delle onde. Il vento vi passava in mezzo sollevandone l’aroma di salmastro e Loki si stava chiaramente saziando di tutto quello.

Thor lo raggiunse alle spalle e lo circondò da dietro «Sei bellissimo anche mentre ascolti il mare amore.» Disse posandogli un bacetto su una spalla. 

Loki si voltò nella sua stretta e gli sorrise.
Quella era un’altra cosa cambiata tra di loro: Thor ormai non lo chiamava più per nome, il suo nome di nascita, quello scelto per lui da qualcun altro, ma lo chiamava con un nome nuovo, un nome che aveva scelto solo per lui…amore…

Il biondo gli accarezzò una guancia «Pensavo…» iniziò incontrando lo sguardo del compagno che lo guardò alzando un sopracciglio con fare eloquente.

«Sei terribile sai?! Guarda che anche io ho un cervello.» 

Loki alzò gli occhi al cielo “Si, ma certo” sembrava che gli stesse dicendo prendendolo in giro. 

Thor rise «Dicevo pensavo di andare in un posto domani perciò ci vedremo verso sera.» 

Loki lo guardò interrogativo e incuriosito. 

«Sta tranquillo tornerò entro le prime luci del tramonto, ma devo proprio andare e non posso rimandare.» 

Loki lo fissò un istante: sapeva che gli stava tenendo un segreto, lo intuiva sempre quando succedeva, ma si limitò ad annuire poi gli prese una mano e lo condusse dentro camera. Thor si sedette sul letto e l’altro, dopo essersi tolto il mantello, raggiunse un grosso comò dall’altra parte della stanza.
Ne estrasse un taccuino su cui scarabocchiò qualcosa per poi mostrarla al biondo.

«Hai scritto una poesia?» chiese il biondo leggendo.

Il moro annuì.

«Posso leggerla?» 

Il moro annuì ancora e estrasse un foglio piegato dalla tasca dei suoi pantaloni. Lo porse a Thor e attese che il biondo lo leggesse, ma si toccò la gola e indicò il compagno.

«Va bene leggo a voce alta dunque…» tacque un istante e cominciò.

 

«Vorrei potessi ascoltarmi …
I battiti del mio cuore fossero la mia voce per te.
I miei sguardi un canto dolce per la tua anima.
I miei baci un suono lento ed avvolgente.
La mia pelle pagina bianca su cui scrivere melodie che tu possa suonare con le tue mani e col tuo corpo contro il mio. 
Vorrei che i miei sorrisi fossero note più o meno alte.
Il mio tocco sul tuo viso passi di danza sulla tua pelle.
Forse così potresti udire la mia musica per te… eppure mi sembra che tu la senta già…» 

Thor si bloccò un istante e lo guardò, l’altro abbassò lo sguardo con timidezza «Oh Loki …» gli disse prendendogli il volto tra le mani e baciandolo «Io riesco ad ascoltarti in ogni momento amore mio, devi credermi. Tu sei una sinfonia meravigliosa ogni giorno, lo sei da che ti ho visto la prima volta.»
Loki sorrise emozionato e si strinse a lui appoggiando la testa sulla sua spalla.

“Proprio per questo non sopporto di essere la causa del tuo dolore…” pensò tra sé e sé Thor, ma non osò dirlo all’altro.

L’indomani magari avrebbe trovato una soluzione o almeno così sperava.

 

«Ecco Mio Principe, è quella casetta in legno in cima al promontorio!» gli disse Volstagg a cavallo indicandogli una casetta solitaria dalle pareti in tronchi di legno e dal tetto dello stesso materiale battuta dal vento.

«Siete ancora convinto Mio Principe? Dicono sia estremamente potente.» 

«Si mio buon amico, devo farlo.» rispose il principe sul suo cavallo. 

Thor non aveva raccontato a nessuno del passato di Loki, ma in una sera di festa, quando aveva visto e sentito tutti cantare allegri, il volto del moro era stato un chiaro specchio di quanto si sarebbe voluto unire a loro. Il biondo allora era stato preso dalla malinconia.
Volstagg, che conosceva bene il suo principe, gli aveva chiesto la causa della sua tristezza e Thor gli aveva confessato che una volta Loki aveva una voce bellissima e poi come per incanto l’aveva perduta e lui avrebbe tanto voluto far qualcosa.
Ma l’oste gli aveva suggerito di stare allegro perché lui aveva un amico, che aveva un amico che conosceva un mago potente che di certo avrebbe saputo aiutarlo ed era proprio da lui che il rosso lo stava conducendo. 

«Vi attenderò qua fuori Mio Principe!» disse il rosso smontando da cavallo e prendendo anche le briglie di quello di Thor «Fate con calma, non ho nessuna fretta.» 

Thor lo ringraziò ed avanzò fino alla porta della casa. Non aveva nemmeno bussato che sentì “Avanti”. 

Il biondo esitò, ma con cautela spinse la porta.

Quell’ambiente era più grande di quello che sembrava da fuori, per lo più al buio e illuminato solo da una grande finestra sulla parete di fondo. C’erano tavoli di legno carichi di grossi libri e ampolle, un piccolo fuoco che scoppiettava in un camino di roccia grigia e alambicchi di ogni genere.

«Thor, figlio di Odino, principe di Asgard e sovrano di Nuova Asgard» 

Una voce lenta e profonda lo colse alla sprovvista e una figura emerse dal buio portandosi alla luce. «I miei ossequi Maestà, sono il mago Strange.» 

Il mago era alto dai capelli grigi con un po’ di bianco, non sembrava avere più dell’età di Volstagg ed era avvolto in una tunica blu con una lunga mantella rossa  sulle spalle; portava anche degli spessi guanti e teneva le mani raccolte di fronte a sé.

«Sapevo che sareste venuto Maestà, ma il motivo della vostra richiesta mi era oscuro finché non siete entrato.» 

«Come dite?» 

«Io avverto prima chi verrà da me, ma è solo quando il suo cuore mi è più vicino che posso ascoltare le sue pene. È il destino di noi maghi.» 

Se c’era una cosa che Thor odiava erano i ciarlatani e quello strano tipo e le sue belle parole avevano tutta l’aria di esserlo.

«Tsk davvero? E sentiamo quale sarebbe la mia richiesta?» 

Il mago sorrise tranquillo.

«Voi siete qui per l’uomo che amate. Un giovane tritone mutato in essere umano. Loki, figlio del re del mare, Nàl.» 

«Il re del mare?» esclamò Thor stupito.

«Mpf immaginavo che non ne foste a conoscenza. Avete al fianco un giovane umile e puro che ha rinunciato alla sua coda per voi ottenendo le gambe ad un prezzo altissimo, un dolore fisico inimmaginabile  che lo ha portato vicino alla morte, ferite magiche guaribili solo dall’amore, la rinuncia eterna al popolo del mare e in ultimo la sua bellissima voce.» 

«E voi come fate a sapere…» 

«Io so molte cose Mio Principe e so anche che quello che il vostro cuore vuole per il vostro amato non è impossibile, ma è molto pericoloso per le vostre vite. Ma se siete qui vuol dire che vorrete almeno tentare. Avete qualcosa di suo con voi?» 

Thor era rimasto pietrificato, ma si riscosse e cautamente gli mostrò la collana di Loki. Gliel’aveva sfilata al mattino prima che il sole sorgesse consapevole che era l’unica cosa che aveva con sé quando l’aveva trovato e poteva essere utile.
La porse al mago che la prese con cura tra le mani e la studiò.

«Come immaginavo l’incantesimo per le gambe è irreversibile, Loki resterà un umano per sempre. Ma la sua voce è solo il prezzo dello scambio e può essere riottenuta con qualcosa di altrettanto valore.» 

«Darei qualunque cosa per lui, cosa volete? Oro? Terre? Gioielli?» 

«Desolato Mio Principe, ma non sono io colui a cui dovrete offrire i vostri beni. No, voi dovrete andare da chi è andato Loki per ottenere la pozione. Dalla strega del mare.» 

«Cos…ma come?» 

Il mago gli restituì la conchiglia e rifletté «Vi darò una pozione per voi e il vostro amato. Dovrete  andare in riva al mare, portarvi in acqua e prima che il sole sorga bere il contenuto della fiala. Così assumerete la forma di tritoni per ventiquattro ore. Non un minuto di più! Ricordate di trovarvi vicini alla riva allo scadere del tempo o l’effetto svanirà e dovunque sarete voi due tornerete umani e annegherete. Ma mentre sarete tritoni con le vostre code veloci potrete raggiungere la casa della strega del mare e provare a fare uno scambio. Badate che chi ha fatto un incantesimo del genere deve avere immensi poteri, perciò fate attenzione! E inoltre il vostro amato non è più ospite gradito nelle acque del mare perciò dovrete star nascosti! Mi spiace Maestà questo è tutto ciò in cui posso aiutarvi.» Si allungò su un tavolo e senza esitazione prese un’ampolla verde smeraldo che porse al principe «Ecco ce n’è abbastanza per entrambi. Siete sicuro di volerlo fare?» 

Thor fissò con gravità il pavimento e si ammutolì: era pericoloso per entrambi certo, ma il solo pensiero di ciò che aveva passato Loki…

Alzò lo sguardo e con decisione afferrò la fiala «Si, lo sono. Grazie mago. Cosa volete per questa?» 

«Nulla mio principe. Sono legato ad un patto di trecento anni: se aiuterò chiunque ne abbia bisogno per questo tempo allo scadere dell’ultimo giorno del trecentesimo anno la mia anima ascenderà e diventerà parte dell’universo stesso e così sarà immortale.» 

«Oh capisco e… quanti anni vi mancano?» chiese Thor curioso.

«Circa duecento tre, ma se ogni mia buona azione è un successo per coloro che aiuto il tempo si restringe. Confido che vorrete impegnarvi per restituirmi il favore.» sorrise gentile l’altro.

«Si…si contateci!» disse convinto Thor.

Il mago sorrise e alzò le mani; in un attimo Thor si ritrovò al fianco del suo cavallo.

«Maestà, ma da dove siete passato?» chiese Volstagg che non lo aveva visto arrivare.

«Dalla porta…credo.» disse il giovane spaesato. Si guardò alle spalle e gettò un ultimo sguardo alla casetta poi aprì la mano. La fiala era lì e conteneva la loro unica possibilità per recuperare la voce di Loki.

Thor la strinse e montò a cavallo poi i due uomini fecero ritorno al castello.

 

Quando Thor entrò dalle porte principali la voce del Signor Rogers lo riprese immediatamente «Era ora per Dio! Si può sapere dove vi eravate cacciato? Il signorino Loki era preoccupato, il tramonto è passato da ore e…Maestà!» ma Thor aveva già superato il consigliere e si stava dirigendo di gran carriera nella sua stanza.
Quando entrò Loki era seduto sul letto e gli dava le spalle.

«Scusa il ritardo, Rogers mi ha detto che eri pre…» si bloccò quando il moro lo guardò: il volto rigato dalle lacrime e tra le mani una lettera col sigillo reale, la lettera che suo padre gli aveva mandato e che lui aveva nascosto. 

Nella stanza c’era confusione, vestiti a terra, cassetti aperti e libri sul pavimento, ma l’attenzione di Thor era solo su Loki e sul suo volto ferito. Si chinò accanto a lui e cercò il suo sguardo.

«Amore…» iniziò prendendogli le mani, ma Loki le scansò, prese il suo taccuino e scrisse velocemente.

“Cercavo la mia collana, non la trovo più! E ho trovato questa! Che significa che devi sposarti il prima possibile?!”

Thor sospirò «Mio padre dice che è arrivato il momento per me di…avere qualcuno al mio fianco e io volevo aspettare a parlartene…» 

Loki scrisse ancora “Perché?! Sei promesso a qualcuno?”

«Cosa? No! Io…voglio sposarmi e presto…ma con te amore.» disse fissandolo negli occhi mentre Loki li sgranava incredulo a quelle parole «Ma prima…c’è una cosa che voglio fare per te e volevo accertarmi che fosse possibile prima di dirtelo.» 

Loki lo guardò senza capire, ma Thor tirò fuori la sua collana e gliela restituì.

Lo sguardo del moro si fece ancora più smarrito, ma Thor prese coraggio «Sono stato da un mago Loki. Volevo…volevo trovare un modo per recuperare la tua voce.» 

Tacque.

Loki mosse appena la testa e sulle sue labbra comparve chiaramente  “Cosa?”.

Thor sospirò «Loki io so chi sei e so come hai ottenuto le gambe. So che hai sofferto moltissimo e tutto ciò a cui hai rinunciato, ma soprattutto so che non è giusto che tu abbia ceduto persino la tua voce  per me. Io non riesco a farmene una ragione.» 

Il moro lo fissò incredulo, ma Thor continuò: la voce e gli occhi specchio di ciò che stava sentendo dentro.

«Io credo di aver capito subito perché mi salvasti, ti eri innamorato di me come io di te, ma io, io credevo che sarei riuscito a sopportare che tutti i tuoi sacrifici per me fossero giustificati dal nostro amore, ma…non ci riesco…non riesco ad accettare che tu abbia rinunciato a così tanto di te per me. Lo vedo come guardi verso il mare, lo vedo come soffri perché vorresti indietro la tua voce e so che cerchi di nascondermelo, ma posso avverti…mmm» 

Loki lo aveva interrotto, lo aveva baciato con impeto aggrappandosi a lui come se volesse mettere a tacere quelle preoccupazioni, come se volesse soffocare quelle ansie e distoglierlo da quei pensieri.

«Loki…n-no…amore ti prego.» Thor si separò da lui incontrando il suo sguardo, trovandolo pieno di paura «Amore…»

Loki era agitato e terribilmente spaventato, ma Thor gli prese il volto tra le mani.

«Loki sta calmo, guardami…io voglio passare tutta la mia vita con te, hai capito? Ma non posso farlo sapendo quello che hai sofferto. Non puoi aver perso troppo solo tu lo capisci? Io voglio fare qualcosa» 

L’altro lo guardava con gli occhi carichi di lacrime e Thor appoggiò la fronte contro la sua e gli parlò piano.

«Non ti manca cantare? Non ti manca il suono della tua voce, della tua bellissima voce?» 

Loki strinse le palpebre e grandi e calde lacrime caddero dai suoi occhi e sulle guance.
Annuì debolmente. 

«Possiamo riaverla amore, o almeno possiamo provarci…» 

Ma Loki si staccò appena da lui e ripreso il taccuino tirò su col naso e scrisse con mani tremanti un “Non credo si possa” immediatamente sbiadito da una lacrima. 

«E invece forse si può ecco perché sono stato via oggi e se mi ascolterai ti dirò tutto, va bene? Ma ora calmati amore, vieni qui.» 

Loki gli si gettò tra le braccia.
Thor lo sapeva che aveva paura, ne aveva anche lui e molta, ma avrebbe fatto e dato di tutto per il suo amore, di tutto. 

 

Mancava poco all’alba quando i due avvolti nei loro mantelli discesero la scala di marmo che conduceva alla spiaggia.
Thor aveva raccontato del mago a Loki e il compagno ancora aveva provato a dissuaderlo.

“Mio Padre lo saprebbe subito!” E ancora “Non sappiamo cosa ci chiederà lei in cambio”.

Ma alla fine Thor lo aveva convinto: ventiquattro ore, senza mai dividersi e a qualunque richiesta  della strega che li avrebbe separati loro avrebbero rifiutato.
Una volta in spiaggia i due si spogliarono e nascosero i vestiti tra gli scogli. Una volta nudi camminarono nell’acqua fino alla vita. Thor circondò i fianchi del moro con le braccia e lo guardò «Andrà tutto bene, te lo prometto!» 

Il moro annuì e si protese per baciarlo. Poi il principe aprì la fiala e l’accostò alle labbra tremanti dell’altro dopodiché fece altrettanto e il vetro si polverizzò tra le sue mani.
Thor si strinse contro Loki e proprio quando l’alba stava per sorgere si sentì strano. Qualcosa si mosse dall’interno del suo corpo e gli mancò l’aria. Fu costretto chiudere gli occhi e quando li riaprì… vedeva chiaramente,  non il cielo e i raggi del sole appena sorto ad est, ma un mondo azzurro, un pavimento di sabbia e sotto di sé una coda di pesce.
Spalancò gli occhi a quella vista.
Aveva la coda! Era lunga e rosso sgargiante, le pinne argentate ed era grande e forte; non la sentiva strana era solo l’effetto di non vedersi le gambe che lo sconvolgeva.
I suoi lunghi capelli dorati intanto gli fluttuavano tutto attorno e sembravano ancora più lunghi del solito.
Proprio allora avvertì qualcuno alle sue spalle: Loki con la sua bellissima coda verde fece il giro del suo corpo e gli prese le mani sorridendogli, poi allungò una mano fino alle sue guance e gliele strinse.
Fu allora che Thor si accorse di star trattenendo il fiato, ma quando vide le bolle davanti a lui si sentì perfettamente normale come se si trovasse all’aria aperta «È incredibile, ehi posso parlare!» 

Loki annuì con un sorriso e Thor lo osservò meglio contemplando i simboli dorati sulla sua pelle e i suoi lunghi capelli fluttuare nel mare, la coda verde come i suoi occhi e le sue pinne d’oro.

«Sei bellissimo amore.» gli uscì fuori rapito. 

Loki arrossì e lo prese per mano. Il tempo scorreva e loro dovevano fare presto.


Thor aveva sempre amato il mare, amava l’acqua e le creature dell’oceano, era sempre stato così, ma perché?
Forse perché il mare era un mondo pieno di vita? Per la sua vastità e per i suoi colori? Per la sua forza e la sua potenza ingovernabile? Forse semplicemente per il suo destino di innamorarsi per sempre di una sua creatura…
Non lo sapeva eppure adesso si sentiva benissimo perché poteva nuotare in quel blu sempre più profondo e vedere da vicino i tesori, la flora e la fauna marina e avvertire l’acqua farsi sempre più fredda e sempre più salata là dove era pulita e incontaminata.
La coda andava velocissima e sfruttava le correnti con assoluta agilità facendoli andare veloci e Loki…Loki era bellissimo.
Nuotava con un’eleganza che sembrava una danza, il corpo era fluido nei movimenti e seducente e Thor si incantava ad osservarlo passare tra le rocce e tra i pesci e girare su sé stesso come se tutto quello gli fosse terribilmente mancato.
E si chiese se mai la terra avrebbe potuto essere per il suo amore una casa quanto lo era quel mondo blu che li circondava e in cui il moro sembrava stare così bene.

Quando raggiunsero il crepaccio dove abitava la strega Loki diede la mano a Thor: dovevano fare attenzione anche se Loki sapeva già cosa aspettarsi.
Thor guardò verso quel fondo nero e vide qualcosa che sembrava tanto un teschio muoversi, ma Loki incontrò il suo sguardo.

“Non avere paura” vi lesse il biondo e il pensiero che l’altro avesse affrontato quel tremendo buio da solo solamente per stare con lui gli diede forza.

Annuì e raggiunse con lui la casa della strega del mare.

Non appena vi furono davanti la voce di Hela riecheggiò ovunque «Avanti» 

I due non esitarono ed entrarono nel suo antro.
Alla vista della strega Thor sentì una lieve pelle d’oca percorrerlo: essa era spaventosa nella stessa misura in cui Loki era bello.

«Sei tornato presto Mio Principe e guarda guarda hai portato con te il fidanzato? Deduco che i piedi stiano bene allora!  Hai visto che non ti serviva la voce dopotutto!» 

Thor strinse di più la mano di Loki «E invece si, Loki ha bisogno della sua voce, è per questo che siamo qui.» 

La strega sbuffò scocciata. 

«Ma certo che è per questo che siete qui, credi che non lo sappia bamboccio terrestre? No, ma  sul serio principe Loki, è davvero questo il tizio per cui hai rinunciato alla tua bella voce?» chiese lei incredula «Oh beh contento tu! Comunque sapevo che sareste venuti, lo avevo previsto. Interessante la pozione che avete usato per raggirare il mio incantesimo, mi piacerebbe conoscere il vostro fornitore. Ma se siete qui per la voce saprete che per riaverla dovrete darmi in cambio qualcosa, giusto?» 

I due si guardarono e annuirono.

«Bene.» sorrise lei e mosse la mano. In essa comparve una sfera luminosa che Loki sapeva perfettamente cosa fosse «Coraggio, fate la vostra offerta.» 

Thor prese un respiro «Posso darti tutti i beni che vuoi, terre, oro e gemme preziose…posso…» 

«Si ehm ti fermo lì. Dico, ma ti sembra che mi importi di oro, gemme e quello che ti pare? Vivo su un vulcano in fondo al mare non in un bel castello sulla vostra inutile terraferma. No mio caro principe, io voglio qualcosa di più. Qualcosa di cui da oggi farai a meno ogni giorno, qualcosa che quando ti sveglierai la mattina non ci sarà e non sarà con te per il resto della tua vita.» 

Thor rifletté: l’unica cosa che avrebbe voluto per il resto della sua vita era di svegliarsi con Loki al suo fianco, tutto il resto era inutile. Qualcosa di prezioso, qualcosa di suo…

«Beh sei un po’ tardo, ma ti darò un suggerimento. Che ne dici dei tuoi capelli?» 

«I miei capelli?» 

«Si voglio i tuoi capelli dorati. Sembri tenerci molto da come li tieni lunghi e brillano come l’oro. Se mi darai i tuoi cappelli ti restituirò la voce di Loki.» 

Thor non esitò un secondo ed annuì, ma Loki gli si parò davanti scuotendo la testa. 

«Amore va bene sta tranquillo, sono solo capelli.» 

«Si, ma non ti cresceranno più lo sai? Ti resteranno corti tutta la vita.» Specificò la strega alle spalle del moro.

Loki scuoteva la testa e si frapponeva tra lui e la strega col suo corpo, ma Thor gli accarezzò il volto dolcemente «Sono solo capelli amore, ti prego Loki lasciamelo fare.» Lo pregò con dolcezza.

«Non per mettervi fretta, ma non solo solita ripatteggiare la merce scambiata, sto facendo una bella eccezione perciòòò…» disse lei scocciata.

Thor tornò su Loki «Va bene così Loki, io voglio farlo.» 

Loki lo guardò ancora un istante poi strinse gli occhi ed annuì. 

Si scansò e lo lasciò passare.

«Io accetto la tua offerta.» disse Thor sicuro

Hela allungò la mano libera e la porse al biondo che la strinse: la strega recitò la sua formula. «Quando avrete lasciato la mia casa la tua voce tornerà da te principe del mare. In cambio io avrò i capelli dorati del tuo amato. Principe Thor una volta tagliati i tuoi capelli non cresceranno mai più, resteranno corti per sempre e nessun incantesimo o pozione potrà restituirteli, tanto per essere sicuri stavolta, ma il tuo amore avrà di nuovo la sua voce.» e dettò ciò allungò la mano con la sfera di luce verso di lui. Thor allungò la sua  e la strega ve la pose sopra.
Loki tremava e guardava impotente e con occhi sgranati.

La strega sorrise  «Noi abbiamo fatto un patto.» 

Dopodiché un pugnale di osso di balena comparve nella sua mano. Con un taglio netto e prima che Thor avesse il tempo di realizzarlo vide i suoi lunghi capelli biondi nel pugno della strega.

«Spero che questa sia l’ultima volta che ci vediamo. Fate buon rientro»  terminò con una punta di perfidia la strega.

E un istante dopo tutto fu pregno del suo inchiostro nero. 

 

Non appena la coltre scura si dissolse Thor cercò Loki con lo sguardo trovandolo immediatamente accanto a sé.

«Amore.» esclamò abbracciandolo. «Stai bene?» chiese apprensivo.

«Si sto bene T…» Loki si bloccò, entrambi si bloccarono e si guardarono «T-Thor io posso…» boccheggiò Loki incredulo.

Thor sorrise e annuì felice.

Anche Loki sorrise e se avesse potuto avrebbe pianto poi passò una mano sulla testa di Thor: i suoi capelli biondi erano stati tagliati e non sarebbero cresciuti più. Una forte tristezza mista ad un’incontenibile commozione lo invase «I tuoi bei capelli…Sei uno stupido Thor» disse guardandolo dolce e malinconico.

Thor rise e gli prese il volto tra le mani «Si preferisco decisamente sentirti parlare anche se per insultarmi!» gli si avvicinò altrettanto commosso «Oh Loki amore, sono così felice.» 

Loki sorrise e si protese verso di lui per poterlo baciare.

«Stai bene così sai?» disse carezzandogli con tenerezza la nuca.

«Beh meno male o avresti dovuto fartene una ragione per tutta la vita, anche se potrei sempre farmi fare una parrucca certo.» 

«Ahha coraggio dobbiamo andare adesso, da che saremo di nuovo a riva mancherà poco al nuovo giorno.» 

Il biondo annuì.
Lo scambio era stato veloce, ma avevano nuotato a lungo prima di arrivare perciò era ora di tornare.
Felice come non mai prese per mano il suo amore e con lui nuotò verso casa.


La superficie era vicina e c’era la luna là fuori, i due potevano vederla chiaramente. Non avevano incontrato nessuno, né sirene, né tritoni, pesci si, squali e tonni, ma nessun altro.

«Non vedo l’ora di chiedere a Volstagg di suonare per noi al nostro matrimonio.» stava dicendo Thor.

«Al nostro matrimonio? Ma se non me l’hai ancora chiesto.» scherzò Loki accanto a lui.

«Ah quindi vuoi la proposta ufficiale?» stette al gioco Thor.

«Ma certo fiori, musica, regali…sono pur sempre un principe no?» rise Loki.

«È buffo che tu ti definisca ancora tale» disse una voce profonda e grave alle loro spalle.

Quella voce fece congelare Loki e lo costrinse a fermarsi e a guardarsi intorno, ma non scorse nessuno.

«Loki di chi era quella voce?» chiese Thor facendoglisi più vicino.

«Thor…presto dobbiamo andare v…» ma in quell’istante una coda di serpente enorme e forte avvolse entrambi stringendo le loro code tra le sue spire.

«No ti prego!» esclamò Loki mentre Thor lo abbracciava e cercava di capire a chi appartenesse quella coda. 

«Loki amore, ma che…?» si pietrificò alla vista di un mostro marino enorme e blu con due occhi rossi che si faceva sempre più vicino.

«Ma senti… “amore”? E così è questo l’umano per cui hai tradito il tuo popolo Loki.» Disse re Nàl  con disprezzo impugnando il suo tridente e facendosi vicino ai due. Guardò il figlio con odio «Mi pareva di averti detto di non tornare, figlio mio.» 

Thor capì che la creatura davanti a sé con quell’aspetto spaventoso era il re del mare.

«Padre noi…stavamo andando via!» 

«Non sareste dovuti venire!» 

«Maestà noi…» provò Thor, ma Nàl strinse di più.

«Questo terrestre osa rivolgermi la parola?!» 

«Padre ti prego!» 

Re Nàl fissò il figlio con odio «Ah Loki che devo fare con te?…Non uccidi gli umani, ne salvi uno, cambi la tua bella coda con delle misere gambe e proprio quando credo che non mi darai più pensiero ecco che i miei sudditi mi dicono di averti rivisto. Non volevo crederci, ma ero curioso di sapere perché mi avessi disobbedito ancora. E dunque quale scusa hai per presentarti nel mio regno con questo terrestre?» 

«Padre te lo giuro, non volevo disubbidirti, ma…ah…la strega del mare.» 

«Si mi è giunta voce che ti abbia chiesto un prezzo molto alto, la tua voce mi dicevano…eppure mi sembra che tu riesca a parlare benissimo!» strinse di più l’altro.

«Abbiamo…abbiamo fatto uno scambio.» spiegò Loki implorante.

«Uno scambio è?» il re si avvicinò puntando i suoi occhi rossi e crudeli su Thor per poi spostarli sul figlio «E cosa avete scambiato sentiamo?» 

«Thor… ha dato i suoi…i suo capelli…per me» sputò fuori Loki un po’ a fatica mentre la coda del padre li avvolgeva di più.

«Questo terrestre ha dato una cosa sua per te?» 

Il principe lo fissò con determinazione e abbracciò di più Loki.

«No è impossibile, la strega chiede solo ciò che di più caro o bello o prezioso una creatura possiede. Questa bestia terrestre non può aver rinunciato a qualcosa per te.» 

«E invece lo ha fatto!» Esclamò Loki pieno di astio verso suo padre.

Il re studiò entrambi sospettoso «Beh allora… non sarà un problema per lui morire con te se ti ama così tanto.» 

E li strinse di più.

Thor guardò Loki «Amore, sta…sta tranquillo…siamo insieme e lo…lo saremo anche nella morte.» 

«Th…Thor…mi-mi dispiace…» 

Ma Thor gli sorrise «No, non…non dispiacerti. Non c-c’è nulla…che…io ami…più di te.» disse con gli ultimi residui di fiato che aveva in corpo. 

Loki lo guardò negli occhi mentre i sensi venivano a mancargli e mentre sentiva il respiro abbandonare i suoi polmoni «Ti…io…ti amo…io ti amo.» riuscì a dirgli col poco fiato che gli rimaneva dopodiché tutto si fece nero.

 

Uomo libero, sempre amerai il mare!
È il tuo specchio il mare: ti contempli l'anima
nell'infinito muoversi della sua lama.
E il tuo spirito non è abisso meno amaro.
(…)
Eppure ecco che vi combattete
da infiniti secoli senza pietà né rimorso,
a tal punto amate le stragi e la morte,
o lottatori eterni, o fratelli implacabili!


Loki sbatté le palpebre lentamente e riaprì appena gli occhi. Era morto? Avrebbe dovuto esserlo. Ricordava la sensazione tremenda che aveva provato quando suo padre impietoso aveva tolto a lui e a Thor gli ultimi grammi di respiro, ricordava il buio e null’altro. 
Perché allora avvertiva il rumore delle onde e sotto di sé qualcosa alzarsi ed abbassarsi ritmicamente?
Aprì di più gli occhi e scorse la sabbia bagnata a pochi centimetri dal suo viso e piccole onde che  la invadevano e si ritraevano.
Si fece forza sugli avambracci e si sollevò un poco scoprendo che ciò che aveva sotto di sé e che pulsava era un petto.
Sollevò lo sguardo e vide il viso di Thor che senza sensi stava sdraiato sotto di lui.
Incredulo e spaesato cercò di farsi più forza, ma avvertì nell’acqua la sua coda esser troppo pesante, la sua coda?
Guardò in basso: lui e Thor avevano ancora la coda e il sole non era ancora sorto sul nuovo giorno, ma come erano arrivati fino alla riva e come erano sopravvissuti? 
Si voltò con le poche forze che aveva e intravide due occhi rossi nel mare alle sue spalle. Suo padre immobile spuntava dall’acqua e lo guardava.

«Non capirò mai perché tu abbia voluto rinunciare al tuo mondo per sceglierne uno malvagio e crudele.» disse serio mentre Loki lo guardava impaurito e incredulo «E mi è ignoto come ci siano forze che ci spingono a rinunciare persino a noi stessi e ci muovono al sacrificio pur di perseguire un ideale, un sogno, un amore e ci spingono a trovare il buono anche in ciò che di peggio possa esistere. Gli uomini e la loro razza crudele meritano di morire tutti, ma del resto non sarà prendendomi la vita di uno che avrò ottenuto la mia vendetta su tutti loro.» 

Tacque e Loki lo guardò trattenendo il respiro; si sporse di più col suo corpo su quello di Thor come a volerlo proteggere. Re Nàl si alzò un po’ dall’acqua e si chinò dall’alto su di lui, gigante del mare su una sua piccola creatura.

«Hai trovato un umano buono Loki, ma ricorda figlio mio la loro è una razza meschina e crudele e io devo difendere il mio popolo. Se vuoi vivi la tua vita con lui, naviga sui mari e bagnati a largo delle coste, ma agli occhi delle creature marine tu d’ora in avanti sarai un uomo tra gli uomini, mortale tra i mortali. Oppure puoi tornare adesso e io ti restituirò la tua forma reale per sempre e tu riavrai i tuoi trecento anni, ma non farai più parte del mondo dei terrestri né tornerai mai ad essere uno di loro. Allora qual è la tua scelta Loki?» 

Loki lo fissò incredulo: suo padre gli stava offrendo di tornare nel suo mondo tra le creature marine, di essere di nuovo una creatura mistica e tornare a far parte della sua casa, ma questo avrebbe voluto dire rinunciare a Thor e al suo amore per sempre.
Si voltò e guardò il volto del principe.
Lo accarezzò piano e passò una mano tra i suoi capelli corti. 

Sospirò e si voltò verso il padre «Il mare è la mia casa…è parte di me. È ciò di cui io sono fatto nonostante vi siano carne e ossa nel mio corpo come negli uomini… Non essere una creatura del mare mi manca più di quello che credevo, mi manca la mia casa…» 

Il padre lo ascoltò in silenzio.

«Ma qui…sulla terra, ne ho trovata una nuova…con lui. Thor è la mia casa adesso e la mia famiglia. E qualsiasi altro regno in cui non ci fosse anche lui sarebbe….vuoto per me.» concluse tornando a guardare il suo principe ancora privo di sensi. 

Nàl alle sue spalle strinse la presa sul tridente e poi… la rilasciò un po’ «Hai preso la tua decisione figlio mio, spero che tu non debba pentirtene.» 

E senza aggiungere altro il re del mare si immerse in acqua e sparì.
Loki però mantenne lo sguardo su Thor e si chinò piano su di lui baciandolo con dolcezza.
E come la prima volta avvertì dopo un istante quelle labbra rispondere e due mani forti stringergli i fianchi. 

Si separò da lui piano mentre il biondo sbatteva le palpebre «Lo-Loki?» 

Loki sorrise «Si Thor, si. Siamo vivi e siamo insieme.» 

Thor si sollevò un po’ «Cosa…cosa è successo? Tuo padre…» 

«Ci ha risparmiati Thor, ci ha portati qui e… mi ha offerto di tornare nel mare con lui…» 

Thor si ridestò di colpo e spalancò gli occhi smarrito, ma Loki sorrise.

«Ma per quanto io ami il mare non lo amo quanto te, né sopporterei di viverti lontano amore mio.» 

Thor sorrise e prendendogli il volto tra le mani lo baciò. 

Poi si alzò un po’ di più «Loki…prometto che poi te lo chiederò come si deve, ma per adesso e prima che qualcun altro tenti di ucciderci…» disse guardandolo intensamente «Vorresti ….vorresti sposarmi?» 

Gli occhi di Loki brillarono e il moro sorrise annuendo con un cenno della testa.

Thor rise «Mi vuoi dire che ho rinunciato ai miei bei capelli per vederti annuire in silenzio?» scherzò.

«Stupido!» rise Loki poi lo guardò intensamente «Si Thor, lo voglio.» 

Thor sorrise e si chinò sulla sua coda «Allora intanto…Ah che dolore!» Esclamò staccandosi una squama rossa e brillante.

«Thor ma sei impazzito?!» Fece l’altro sorpreso.

«Beh volevo darti una cosa mia, ma non credevo facesse così male staccarsi una squama!» 

«Ma certo che fa male soprattutto qui, devi prenderle vicino alla coda.» rise Loki.

«Acc…beh però…insomma non sarà un anello…» 

Ma  Loki prese la squama dalla sua mano e vi appose un bacio «È perfetta Thor.» 

Si sorrisero e si scambiarono un bacio e in quel momento il sole sorse ad est e la magia si sciolse lasciandoli nudi a riva.

«ECCOLI! LI HO VISTI! SONO IN MARE!» Si sentì gridare dalla terrazza.

Un Rogers apprensivo corse giù dalla scala verso i due che ancora con il corpo per metà avvolto in acqua si stavano baciando dolcemente «Maestà, ma dove vi eravate…o Misericordia!» disse il povero Rogers arrossendo quando li vide più da vicino e chiuse gli occhi.

«Ops…» disse Thor poi si alzò e il più velocemente possibile raggiunse gli scogli vicini dove recuperò almeno i loro mantelli «Scusa Rogers…ehm… lunga storia.» 

«Lunga storia ?!» quasi gridò il consigliere tenendo ancora gli occhi chiusi. «Non vi siete presentati a colazione ieri, in camera vostra c’era un biglietto con scritto di non preoccuparsi e nessuna indicazione su dove foste andati e non siete rientrati nemmeno di notte. Le guardie vi hanno cercato per tutta la città e oggi vi ritrovo a fare il bagno in…beh insomma non proprio in condizioni dignitose?!» 

Loki si avvolse nel mantello mentre Thor lo imitava e rise «Ahah vi preoccupate sempre troppo Rogers.» scherzò.

A udire quella voce il consigliere spalancò gli occhi e senza curarsi di ciò che avrebbe visto guardò verso il moro «V-voi…siete stato voi a parlare?» 

«Si e lo sentiremo spesso direi.» rise Thor guardando il compagno felice.

Rogers boccheggiò «M-ma …ma voi…io credevo foste muto e invece…e Maestà che avete fatto ai vostri capelli?!» 

I due si guardarono e Thor tornò sul suo consigliere «Vieni Rogers c’è molto da raccontarti, ma prima ho una lettera da mandare a mio padre.» 

E senza aggiungere altro, e con un Rogers sempre più scioccato, i tre rientrarono nel palazzo. 

 

Quella sera Thor se ne stava appoggiato con una spalla alla finestra del balcone e ripensava a tutto ciò che aveva visto e vissuto il giorno prima con Loki.
Ovviamente il povero Rogers non aveva potuto immediatamente credere al loro racconto, ma quando Loki gli aveva fatto sentire il suo bel canto non aveva avuto dubbi su chi potesse essere quel ragazzo e aveva creduto subito alla loro storia.
Certo si sarebbe dovuto abituare a vedere il suo principe col taglio corto, ma si poteva fare.
Thor aveva comunicato al padre del suo fidanzamento e lo aveva avvisato di voler celebrare le nozze il prima possibile.
Mentre se ne stava immerso nei suoi pensieri avvertì una mano accarezzargli i capelli corti dietro la nuca.

«Sai mi piace davvero questo taglio.» gli sorrise il moro mentre il compagno si voltava e gli circondava la vita con le braccia.

«Si e sono sicuro che anche mio padre dirà che si addice di più ad un buon re.» rise.

«Dici che piacerò ai tuoi genitori?» Chiese Loki timidamente.

«Ne sono certo, ma non devi piacere a loro. Devi piacere al popolo e a me… e fidati mi piaci parecchio.» 

E inaspettatamente lo sollevò e lo portò sul loro letto su cui lo distese sovrastandolo.

«Ahah e dai Thor lasciami.» rise l’altro.

«Dillo ancora.» 

«Cosa?» chiese il moro senza capire.

«Il mio nome, ti prego dillo ancora Loki…»  Lo pregò Thor con gli occhi che brillavano. 

Loki gli sorrise «Thor….» sussurrò «Thor…Thor…» 

E Thor rimase incantato dalla sua voce  e dalle sue labbra e vi si chinò su per apporvi un bacio.

«Ti amo Loki…» gli disse con un sorriso dolce.

Gli occhi verdi del moro brillarono dolci «Anch’io ti amo Thor….ma… s’è fatta sera ormai» disse sfilandosi da sotto di lui e appoggiando la schiena contro la testata in legno del letto «…vorrei ricominciare a cantare per te prima della buonanotte.» 

Thor sorrise e si sdraiò appoggiando la testa sulle sue gambe mentre il suo amore prese a cantare per lui la più bella delle storie.
E parlava di due principi di due mondi diversi, ma uniti da un amore ineguagliabile né sulla terra e neppure nel mare…


Fine 

 

Note:

La Sirenetta: https://www.andersenstories.com/it/andersen_fiabe/la_sirenetta


Ciao a tutti!
Bene e dopo aver rovinato l’infanzia a qualcuno di voi cercherò di essere brevissima.
Eccovi qua una fiaba che parla di mare, d’amore, di sacrificio e in cui non sono riuscita a non inserire una piccola versione modificata di “Kiss the girl”, mi spiace, ma sono cresciuta a pane e Disney e mi era impossibile non fare almeno un richiamo.
Ah e la poesia che trovate nelle ultime righe è “L’uomo e il mare” di Charles Baudelaire se a qualcuno interessasse leggerla tutta =)
Come fiaba originale vuole, non poteva certo uscirne una cosa da poche pagine, no almeno 30, ma giuro che mi ridimensionerò con la prossima storia che sarà….cappuccetto rosso!
Ultimo annuncio lo giuro, giuro: non so quanti capitoli avrà questa raccolta al momento.
Ogni storia è un mondo a sé e spero che anche quando sarà finita questa situazione del iorestoacasa e il lavoro ripartirà a tempo pieno (speriamo anche questo!) riuscirò a integrarla ancora, ecco perché non voglio già darle un termine.
Perciò se avete suggerimenti continuate a proporre (a vostro rischio e pericolo) e io continuerò a distruggere le fiabe della vostra infanzia con la mia coppia preferita!
Un grande abbraccio a tutti e alla prossima storia!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Che occhi grandi hai... ***


Che occhi grandi hai...

 Hello, little girl,
What's your rush?
You're missing all the flowers.
The sun won't set for hours,
Take your time.

 

Molti anni fa le foreste erano luoghi oscuri e misteriosi, che facevano paura anche ai più coraggiosi e invitavano gli uomini ad esser cauti e a non sfidare la propria sorte.
Tra queste ve n’era una regina sulle altre poiché era nata immensa e vasta a perdita d’occhio.
I suoi alberi erano alti come torri di castelli e se qualcuno si fosse arrampicato fino alla cima delle loro chiome sempreverdi avrebbe visto persino i paesi al di là del mare e potuto riconoscere ogni fiore presente sulle montagne. Il suo terreno vantava ogni tipo di pianta o bacca dalle velenose alle più medicamentose ed era tanto incontaminato che i fiori vi crescevano liberi e i loro colori erano più belli di quelli di qualsiasi altro posto.
Nessuno vi si inoltrava se non per necessità temendo di fare qualche incontro pericoloso; infatti essa era anche la casa di tanti tipi di animali selvatici.
Ma i meno timorosi che vi si erano addentrati avevano scoperto che le creature di quel luogo erano per lo più socievoli o preferivano proprio evitare gli uomini; così qualcuno negli anni aveva battuto spesso i sentieri e altri vi erano persino andati a vivere. Col tempo appena fuori di essa si era creato persino un piccolo villaggio.
E dunque…

C’era una volta un piccolo villaggio al limitare di una foresta…

Quello era il primo giorno di una nuova settimana e tutti gli abitanti erano come sempre indaffarati nelle loro mansioni.
Il fabbro batteva il ferro e il pastore gironzolava qua e là a sorvegliare le brave anime di quel luogo. Qualcuno vendeva frutta, altri il pescato, ma tutti andavano a prendere il pane.
E il pane lo faceva il mugnaio: viveva accanto al piccolo fiume che attraversava il villaggio e la macina del suo mulino era sempre all’opera e non si fermava mai né a Natale, né a Pasqua.
Nella sua bottega il mugnaio aveva un bel forno di pietra e lì con il suo aiutante cuoceva il pane che rilasciava un aroma avvolgente e caldo, ma c’era anche odor di focaccia e di dolci per i giorni di festa.
In quel momento nel forno stavano cuocendo le focacce alte e tonde e l’aiutante del mugnaio le teneva d’occhio con cura.

“Che bella giornata per andare nella foresta” Pensava il giovane Thor sistemandosi meglio i suoi capelli dorati in un codino alto.

Su un tavolo da lavoro aveva già pronto un bel cestino intrecciato dove era riposta una bottiglia di vino rosso, del formaggio e un fagottino di stoffa dalla consistenza dura e ben avvolto. Ora mancava solo la focaccia che il giovane attendeva fosse cotta e dorata al punto giusto.
Ormai era un vero esperto: infatti Thor lavorava per il mugnaio da che aveva appena quindici anni e adesso superava i venti.
Il mugnaio era anziano e non aveva avuto figli che imparassero il mestiere, ma Thor gli si era presentato come un giovane forte e volenteroso e lui lo aveva messo subito al lavoro per fargli da apprendista.
Ogni giorno Thor si occupava di macinare la farina e venderla, ma già dalle prime luci dell’alba lui e il vecchio mugnaio impastavano e cuocevano il pane per il villaggio.
La domenica però era il giorno del Signore perciò il mugnaio chiedeva a Thor di aiutarlo solo col pane e dopo la messa il giovane approfittava per andare dalla madre.
La madre di Thor si chiamava Frigga ed era una donna dolce e gentile, ma purtroppo per lei aveva sposato un uomo che col tempo aveva finito per affezionarsi troppo alla bottiglia.
Suo marito e padre di Thor si chiamava Odino; era stato un soldato e aveva combattuto in guerra, ma gli orrori di ciò che vi aveva visto continuavano a perseguitarlo e intanto invecchiava e le forze lo lasciavano rendendolo debole. Così nel tempo era diventato sempre più burbero e scontroso e aveva cercato la consolazione nell’alcol, “amico” di chi vuol dimenticare le proprie pene.  
Le liti tra i suoi genitori però erano continue perché Frigga non era certo una donna da farsi mettere a tacere se il marito ubriaco alzava troppo la voce.
Alla fine la soluzione era stata una e inevitabile: sua madre aveva lasciato il tetto coniugale e se n’era andata ad abitare da sola nella foresta. Lì era circondata dalla natura e dalla piante che lei utilizzava per creare unguenti e balsami medicamentosi e soprattutto viveva finalmente tranquilla.
La donna però aveva dovuto lasciare anche suo figlio al villaggio perché Odino aveva fatto valere i suoi diritti di padre… o così credeva lui.
Thor era rimasto soprattuto per poter lavorare e per tener a bada suo padre e il suo brutto vizio; ma andava a trovare spesso la madre, tutte le domeniche ormai, nessuna esclusa salvo incidenti col suo vecchio e le portava tutto ciò che le era necessario tanto che lei non veniva quasi mai al villaggio. Quella volta però era lunedì perciò Thor aveva saltato il loro incontro domenicale. 

«Mi spiace per ieri Thor»  disse il mugnaio apparendo alle sue spalle «ma il mulino aveva davvero bisogno di una pulita o quei topacci avrebbero banchettato anche con noi.» 

«Nessun problema. Mia madre sa che se non vado da lei c’è sempre un buon motivo, anzi grazie  per permettermi di andare oggi a trovarla.» 

Il mugnaio sorrise. Era un ometto non molto alto, dal viso gentile e i capelli corti e bianchi: solo sulle tempie però perché in testa aveva una bella pelata. Nonostante la vecchiaia aveva una tempra forte, voleva bene a Thor e conoscendo Odino comprendeva bene perché Frigga si fosse ritirata nella foresta «Allora cosa porterai alla tua mamma oggi?»  chiese gentile.

«Un po’ di vino, del formaggio e sto aspettando che la focaccia sia pronta così sarà ancora abbastanza calda da che arriverò.» 

«Stavo per dirti se non vai prima a messa, ma in effetti oggi è lunedì hahaha questa vecchia testa.» 

Di lì a poco la focaccia fu effettivamente pronta e Thor ne avvolse due bei pezzi rotondi in un fazzoletto di stoffa che sistemò nel cestino. Poi afferrò il suo vecchio mantello lungo e rosso e se lo gettò sulle spalle.

«Sii prudente ragazzo, quel cestino ha un profumino…Speriamo che gli animali selvatici abbiano già fatto colazione ahah!» Scherzò il mugnaio. 

Thor lo salutò e tutto allegro si diresse nella foresta, ma il vecchio gli gridò dietro «E attento ai lupi!»


Frigga abitava a circa mezz’ora dal villaggio e per arrivarci Thor doveva percorrere uno dei sentieri della foresta, ma a lui non dispiaceva. Era bel tempo e il sole penetrava dalle cime degli altissimi alberi illuminando la foresta e  donandogli un’atmosfera calda e piacevole.
Il giovane camminava sicuro avvolto nel suo mantello, un vecchio mantello rosso che sua madre aveva cucito per lui perché stesse al riparo dal freddo l’inverno, ma benché fossero i primi giorni di primavera  la temperatura era ancora fresca e Thor lo indossava ancora volentieri.
C’era assoluta quiete a parte per gli uccellini che cinguettavano allegri così, per tenersi compagnia, Thor fischiettò con loro.
E cammina e cammina dopo circa un buon quarto d’ora di strada ecco che si trovò davanti una bella macchia di tulipani rossi. Ora che la neve si era sciolta e il clima era meno rigido la foresta si stava riempiendo anche dei suoi bellissimi fiori e Thor pensò che un bel mazzolino avrebbe fatto molto piacere a sua madre. Così si chinò e appoggiato il cestino iniziò a raccoglierne diversi. 

«Non è prudente starsene soli nella foresta a cogliere tulipani bel giovane.»  disse una voce alle sue spalle.

Thor si bloccò, non aveva sentito arrivare quella nuova presenza. Si voltò lentamente e con cautela.
In piedi dietro di lui c’era un giovane alto, magro e molto… particolare.
Le unghie della mani erano completamente nere e brillanti e quello sembrava il loro colore naturale.
Era abbigliato in maniera molto curiosa poiché sulle spalle aveva una sorta di mantello di morbida pelliccia di lupo nero che si chiudeva sulle clavicole, ma il torso era completamente nudo se non per due strisce di pelliccia sui pettorali. Sulla testa aveva un cappuccio largo dove erano presenti persino due orecchie di lupo.
Esibiva un fisico asciutto e snello e dalla vita in giù era coperto da una pezza corta sempre di pelliccia, ma i piedi erano scalzi.
E cos’era quella che si intravedeva penzolare appena dietro alle sue gambe? Sembrava tanto una lunga coda nera e morbida.
Quello strano tipo si sfilò il cappuccio rivelando dei capelli neri lunghi fino alla base del collo, tirati all’indietro e solo appena scompigliati. Rivolse a Thor un sorrisetto sghembo. 

«Non sapete che è pieno di lupi?» Chiese guardandolo con due occhi grandi e di un verde intenso. 

Thor allungò il braccio fino al cestino e vi lasciò cadere i fiori poi si alzò con cautela.

«So badare a me stesso. Voi piuttosto? Che fate qui? Vestito così non andrete di certo a raccogliere funghi… Cacciate forse?» 

Il giovane mise su un sorriso lascivo e mosse qualche passo verso di lui «Diciamo così. Ma solo prede belle e succulente.»  assottigliò lo sguardo e gli si fece ancora un po’ più vicino «E guarda caso ne ho appena puntata una.» 

Il biondo lo guardò stupito, ma non si mosse di un millimetro mentre l’altro gli si avvicinava ancora addirittura fino all’orecchio tanto da provocargli involontari brividi sotto pelle.

«Vorreste vedermi catturarla? Sono molto bravo sapete?» 

A quel punto Thor mise su un sorrisetto. «Oh, ma questo…lo so benissimo.» e senza aggiungere altro lo afferrò per le spalle e con un mezzo giro lo sbatté contro un pino dietro di sé.

Il moro si ritrovò bloccato tra il tronco dell’albero e il corpo muscoloso del biondo.

«Sei il solito prepotente Thor.»  ridacchiò leggermente infastidito.

«È colpa tua…mi provochi. Non ti hanno insegnato che non si gioca col cibo Loki?»  rise il biondo contro al suo collo per poi iniziare a saggiarlo con baci profondi e famelici. «Mm mi sei mancato.»  sussurrò.

«Ah, ma davvero? Beh te la sei presa comoda stavolta mi pare. Iniziavo a pensare che ci saremmo rivisti tra una settimana» 

Thor si staccò e lo studiò con un sorrisetto compiaciuto «O magari credevi che ti avessi sostituito, come del resto pensi ogni volta che sto via troppo a lungo. Ammettilo…» 

«Prego? Guarda che non sei il centro del mio mondo. Ci sono tanti altri bei giovani che passeggiano per la foresta…» soffiò malizioso e la cosa gli costò entrambi i polsi bloccati sopra la testa e uno sguardo di rimprovero da parte di Thor. 

«Ma guarda…chi è il geloso adesso?» ridacchiò soddisfatto il moro «E comunque sapevo che saresti venuto.»  ghignò  «Me lo ha detto tua madre.» 

«Passi troppo tempo con mia madre.» Disse sottovoce il biondo pressandosi un po’ di più su quel corpo perfetto e strusciandovisi contro con movimenti profondi e sensuali. 

«S-si, il suo stufato di coniglio è…è ottimo sai?»  rise il moro esibendo dei denti bianchi e taglienti poi fiutò qualcosa nell’aria e rivolse l’attenzione al cestino dove giaceva anche il mazzolino di fiori. Involontariamente il suo sguardo come il suo tono si fecero dolci. 

«Stavi cogliendo dei fiori per lei?» 

«Si, sai li prenderei anche a te, ma l’unica volta che te li ho portati mi hai detto che preferisci una bella carogna o della carne secca.»  

Loki allora rise.

«Mmm in effetti c’è un odorino…che cosa c’è nel cestino?» chiese cercando di spiarne il contenuto.

«Nulla di interessante per te.» rispose Thor e affondò il naso nell’incavo del suo collo per poi risalirlo immerso nei suoi capelli neri fino all’orecchio.«Puzzi di sangue.» 

«Ho mangiato lepre a colazione»  si giustificò tranquillo l’altro.

Thor rise «Sei proprio un animale Loki.» appoggiò un mano sul suo petto e avvertì l’effetto di quella pelle fresca e morbida sotto le dita poi la fece scorrere decisa da lì lungo il suo fianco e fino alla sua gamba.

Loki sussultò appena sotto quel tocco, ma ghignò ancora «Credevo ti piacessero gli animali.» 

«Eccome e mi piace prendermene cura, soprattutto dei miei…AH!» 

Quell’ultima frase gli era appena costata un morso ben assestato alla spalla destra e un gemito di dolore.

«Dovresti sapere che io non sono proprio di nessuno.»  ringhiò Loki minaccioso.

Ma Thor tornò su di lui. Gli prese il mento tra due dita e lo guardò con una luce pericolosa e allo stesso tempo terribilmente sensuale negli occhi.

«Mordimi un’altra volta così e ti metterò una museruola.»  

Loki sorrise beffardo «Non oseresti mai…poi come faresti a baciarmi?»  

«Non mi servono i tuoi baci quando posso avere il tuo corpo non credi?» 

Lo provocò il biondo e sorrise interiormente quando vide un bagliore di stizza negli occhi del moro.  Adesso, Thor lo sapeva, era il momento in cui tutte le sue difese sarebbero crollate e lui lo avrebbe avuto in pugno e infatti…

«Beh peccato allora.  Avevo pensato di dartene un assaggio, dei mie baci, ma a que…mmm»  

Thor senza dargli il tempo di finire gli aveva già tappato la bocca con un bacio intenso e lo aveva sollevato da sotto le cosce.

Loki gli si aggrappò alle spalle e soffiò contro le sue labbra «E poi sarei io l’animale.»  

Rise mentre il biondo lo staccava dall’albero e se lo trascinava sul terreno tra le felci e gli aghi di pino secco… come ogni volta del resto.

 

La prima volta che Thor si era addentrato da solo nella foresta per raggiungere la casa di sua madre aveva diciannove anni. Frigga era andata ad abitare nella vecchia capanna degli attrezzi da lavoro di suo fratello, un taglialegna che viveva al villaggio e gliel’aveva ceduta volentieri, e quella volta Thor armato di accetta e con una latta di chiodi stava andando da lei per aiutarla a farvi qualche lavoretto.
La donna gli aveva detto di fare attenzione perché aveva sentito dei lupi ululare in quei giorni, ma anche allora lui era bello tranquillo.
Anche quella volta non aveva fatto molta strada che si era fermato a cogliere dei fiori per la madre e aveva appoggiato l’accetta e il barattolo di chiodi a terra. Ma ecco che all’improvviso si era sentito osservato e si era accorto di due grandi occhi verdi che lo scrutavano proprio dai cespugli davanti a lui. Ne era venuto fuori un lupo nero che lo fissava con la chiara intenzione di attaccarlo.
Thor non aveva fatto in tempo a recuperare l’accetta che il lupo gli era saltato addosso, ma lui aveva parato le mani di fronte a sé e aveva cercato di allontanare almeno quella bocca piena di denti aguzzi dal suo collo. Lo aveva spinto via il giusto per riuscire ad afferrare il suo coltellino legato alla cintola, ma il lupo di nuovo aveva provato ad attaccarlo. Si erano rotolati a terra un paio di volte fino a che…sorpresa?
Sotto di lui e con il suo coltellino premuto sulla gola Thor non si era ritrovato il corpo dell’animale, ma quello di un giovane.
Un ragazzo poco più giovane di lui magro e moro, dalla pelle chiara e gli occhi verdi e…Thor lo aveva trovato bellissimo.
Il biondo era rimasto un istante sorpreso e paralizzato, ma il moro lo aveva guardato con occhi pieni di sfida.

«Ma sei….sei un ragazzo!»  aveva detto Thor in un sussurro.

«Però che acuto osservatore!»  Era stato il commento acido dell’altro.

Thor non poteva crederci; aveva sentito parlare delle creature demoniache che popolavano la foresta. Il pastore la domenica lo diceva sempre durante il sermone: esse erano celate dall’oscurità da cui erano nate e ne venivano fuori per trascinarvi le anime di fedeli innocenti. Di certo quella creatura doveva essere una di loro.
Thor allora aveva premuto il coltellino contra la gola nivea del giovane.

«Perché volevi attaccarmi?»  aveva chiesto deciso.

«Ti credevo più sveglio…sai io sono un lupo e tu eri una bella preda perciò…» aveva sorriso beffardo il moro senza scomporsi minimamente.

Thor lo aveva studiato velocemente: quella che prima era pelliccia nera adesso erano una pezza e una pelliccia morbida, ma nelle parti di pelle scoperta quel giovane non aveva un solo pelo anzi era completamente glabro. 

«Che cosa sei tu?»  gli era uscito con un misto di curiosità e timore.

L’altro aveva assunto un’aria orgogliosa e infastidita allo stesso tempo «Sono quello che sono. Una creatura della foresta. È un problema forse?» 

Thor allora lo aveva guardato stupito e seppur non volendo…rapito «No…no, non lo penso affatto.»  

Loki era rimasto interdetto da quella risposta, ma aveva notato come lo guardava il giovane e così aveva tentato un’altra strada «Senti perché non mi lasci libero? Hai visto? Sono un ragazzo adesso.» 

Ma Thor era rimasto saldo «Si così appena ti lascio mi azzanni alla gola.»  

Era difficile però mantenere la posizione e allo stesso tempo il contatto con quegli occhi; si, perché Thor si stava lentamente perdendo in quel verde intenso e quegli occhi erano così belli e magnetici e…e no che diavolo!
Certo se poi ci si metteva pure che quel corpo attraente se n’era lì pressato sotto al suo e il biondo riusciva a percepire il suo odore di selvatico che non sapeva perché, ma iniziava a dargli alla testa…
Doveva tirarsi fuori da quella situazione al più presto!

«S-senti ti va uno scambio? Io ti lascio andare, ma tu non provi mai più ad attaccarmi e non mi segui chiaro?» 

Il moro però lo aveva fissato in silenzio: le occhiate e gli sguardi che il giovane aveva gettato al suo corpo non gli erano certo sfuggite perciò…

«Avrei un’altra via da proporre.» aveva detto con un sorrisetto mefistofelico e poi alzato il capo quel tanto che bastava perché le sue labbra e quelle di Thor si scontrassero.  

Thor aveva sgranato gli occhi, ma non si era rifiutato a quel contatto. Quando il moro si era separato da lui non soddisfatto gli aveva morso sensuale il labbro inferiore e lo aveva guardato provocante passandosi la lingua sulle labbra.
Thor allora era rimasto bloccato: quella creatura lo aveva baciato, nessuno lo aveva mai baciato e adesso, adesso gli stava proponendo di…

“Il Demonio si manifesta sotto molteplici aspetti” si così aveva detto il pastore “ e in molteplici vie prova a condurre a sé le sue vittime. Vi potrebbe offrire doni o beni che le vostre anime pure non osano nemmeno immaginare…ma è tutto un inganno!”
Thor allora si era riscosso e aveva premuto ancora il pugnale contro quel collo candido ed esposto.

«Tu vuoi solo irretirmi e poi uccidermi.» 

Loki aveva sorriso sensuale e non si era scomposto di un millimetro.

«Oppure voglio solo qualcosa di…piacevole per entrambi» aveva soffiato sensuale e con occhi liquidi. 

Thor si era sentito bruciare; quella era una trappola e lui non doveva caderci, ma come poteva resistere a quella creatura così dannatamente sensuale e perfetta?

“La carne è debole” era vero pensò, ma non credeva così tanto! E forse non si trattava nemmeno solo di questo…

Aveva aperto la bocca, forse per rifiutarsi, ma la sua mente aveva parlato per lui in un sussurro «Sei bellissimo.» 

Il giovane moro a quelle parole aveva sgranato gli occhi e lo aveva guardato sorpreso. Poi si era fatto sospettoso. «N-non ti faccio ribrezzo?»  

Ma ancora Thor lo aveva guardato completamente perso nei suoi occhi «Mentirei se dicessi di aver mai visto qualcosa più meraviglioso di te.»  

E stavolta Loki lo aveva guardato incredulo e sconvolto prima di sporgersi di nuovo verso di lui per baciarlo ancora, ma Thor si era ritratto «Ti prego no.» 

«Perché?» aveva chiesto il moro ad un soffio dalle sue labbra non curandosi che il coltello del biondo fosse ancora premuto contro il suo collo e già un lieve rivolo di sangue stesse rigando la sua pelle nivea. 

«Perché mi attaccheresti» aveva detto Thor in risposta, ma completamente inabile a ritrarsi da quelle labbra. 

E il moro aveva sorriso guardandolo ancora sensuale.

«Non puoi saperlo non credi?» 

Si, quella creatura era decisamente un lupo, una creatura misteriosa e oscura creata apposta per attrarre i deboli con la sua bellezza e poi trascinarli nell’abisso nero delle sue fauci o peggio. Era la via sicura per il peccato, un peccato consumato con un’entità oscura eppure Thor trovava che quella fosse la più rara che avesse mai visto.
E poi lui chi era per giudicare quella creatura che Dio, il Diavolo o chi per loro aveva deciso di mettere al mondo? Proprio nessuno perché anche lui era al mondo per la volontà creatrice di qualcun altro.
Quella creatura non aveva certo potuto decidere come nascere eppure anche così com’era lui la trovava perfetta: fiera, sensuale, bellissima…
E ora era lì a pochissimi millimetri dalle sue labbra e già i loro nasi si sfioravano appena. Poteva ancora rifiutarsi, poteva alzarsi e andarsene lasciando lì quel mezzo lupo.
Invece aveva sporto il viso verso di lui e lo aveva baciato ancora e ancora proprio lì sul terreno della foresta e con lui si era lasciato andare.
Ed era stato così per gli ultimi tre anni: Thor andava a trovare la madre e Loki lo aspettava.
Appena metteva piede nella foresta il lupo avvertiva il suo odore da lontano e lo raggiungeva ovunque si trovasse.
E se all’inizio a Thor ci voleva quasi un’ora di cammino per arrivare dalla madre, Loki gli aveva mostrato una via più veloce per arrivare nella metà del tempo, così potevano perdersi un po’ tra loro.
Era solo sesso, erano solo due giovani che si lasciavano andare ad un piacere proibito. O almeno questo era ciò che entrambi si raccontavano all’inizio…poi una volta durante l’inverno Thor non era venuto per un mese intero a trovare la madre.
Suo padre gli aveva dato più problemi del solito e la domenica doveva passarla a lavorare per ripagare i suoi debiti in taverna.
E come molte altre volte quella sera di febbraio era uscito a recuperare il suo vecchio ubriaco dalla taverna e lo aveva portato a casa. Lo aveva messo a letto e voleva prendere sonno anche lui per dormire qualche ora prima dell’alba quando improvvisamente aveva sentito un lieve ululato.
Strano: i lupi non venivano mai al villaggio.
D’istinto era andato a guardare fuori dalla finestra e proprio sul lato di strada opposto alla sua casa aveva visto un lupo nero con gli occhi verdi…

«Che diavolo!»  

Aveva indossato di corsa il suo mantello e afferrata una lampada ad olio si era precipitato fuori raggiungendo l’animale «Ma che fai qui? Se ti vedessero ti ucciderebbero senza esitazione!»  

Il lupo lo aveva guardato tranquillo e poi si era girato e aveva mosso qualche passo. Thor lo aveva fissato senza capire, ma il lupo lo aveva atteso finché non lo aveva seguito. Alla fine i due erano arrivati sul limitare della foresta.

«Se pensi che ti seguirò là dentro hai sbagliato di grosso. È buio pesto!» 

Ma il lupo si era fermato sul posto e aveva iniziato ad ululare, stavolta più forte. Se avesse continuato così qualcuno sarebbe certo uscito a vedere cos’era quel bordello e magari avrebbe cercato di sparargli così Thor gli aveva intimato di star zitto e per farlo chetare aveva dovuto seguirlo per forza.
Il biondo era rimasto dietro di lui e avevano camminato nella neve nel folto della foresta fino ad un grande albero cavo dove il lupo si era trasformato.
Forse quella era la sua tana, ma perché lo aveva condotto lì? Thor aveva perso la pazienza. 

«Ma sei impazzito?! Che sei venuto a fare al mio villaggio? Se ti avessero visto avrebbero potuto ucciderti!»  

Loki si era voltato e lo aveva guardato con sfida «Io faccio quello che voglio.»  

Ma Thor gli aveva afferrato un braccio «No tu devi stare attento! Perché sei venuto?» 

Loki lo aveva guardato stupito e aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma poi aveva abbassato lo sguardo come se improvvisamente non trovasse scuse per difendersi.

«Loki! Allora?» 

«Io…»  sembrava in difficoltà e non lo guardava negli occhi.

Così Thor aveva cercato di dare un senso a quell’imbarazzo e aveva chiesto con cautela.

«Eri preoccupato per me per caso?» 

Il moro aveva risollevato lo sguardo e messosi di colpo sulla difensiva «Cosa? Credi che l’abbia fatto per te? Io…io volevo una gallina. Avevo fame.» 

Thor aveva taciuto un istante, ma gettato uno sguardo alla tana aveva scorto la carcassa di qualche animale e sembrava fresca quindi la fame non era il vero motivo. 

«P-Perché non sei più venuto?»  aveva chiesto il moro.

Eccolo il vero motivo.  

«Perché mio padre non è stato bene ultimamente e ho dovuto lavorare parecchio per saldare i suoi debiti. Mia madre sa cavarsela, lei non è come lui…»  

«Ma certo, quell’ubriacone può stare tranquillo no? Tanto ci sei tu a fargli da balia» aveva quasi ringhiato Loki stringendo i pugni.

«E perché dovrebbe interessarti?»  gli aveva chiesto Thor, ma forse quella domanda gli era uscita un po’ troppa dura.

Loki infatti aveva sgranato gli occhi e a Thor era sembrato quasi di vederlo ferito prima che il suo sguardo si facesse duro.

«Hai ragione non mi interessa. Adesso vattene. Tornatene pure al tuo villaggio e da tuo padre!»  

I due si erano fissati in silenzio un istante senza muovere un solo muscolo, ma poi Thor aveva appoggiato a terra la lampada ad olio e lo aveva fronteggiato.
La luce illuminava solo flebilmente il viso dell’altro, ma Thor riusciva a scorgere qualcosa sotto quella corazza dura che in quel momento era lo sguardo di Loki.
Così gli aveva preso il volto tra le mani e accostandovisi lo aveva baciato con dolcezza, una dolcezza mai usata prima.
Loki era rimasto rigido un istante, ma solo uno; si era aggrappato a lui con disperazione perché  Thor gli era mancato come l’aria stessa.
Erano finiti nella neve e quella notte avevano fatto l’amore, avvolti dal mantello di Thor, stretti e bisognosi l’uno dell’altro come mai prima.
Da allora non c’era stato bisogno di parlare, di dirsi niente, semplicemente non valeva più la pena mentire a sé stessi.
Eppure ammettere i loro sentimenti ad alta voce era tutt’altra cosa: faceva paura, perché come si poteva stare insieme appartenendo a due mondi così diversi?
E così benché quando finissero a fare l’amore si sentissero completi il resto del tempo cercavano di far finta di nulla e di fingere che non gli importasse di vedersi alla prima occasione, ma Thor cercava di tornare da Loki ogni domenica, col sole o se la pioggia batteva.


Loki restò sdraiato in silenzio con lo sguardo rivolto alle alte cime dei pini e accarezzando distrattamente i capelli di Thor ormai tutti scomposti.
Giaceva completamente nudo sulla sua pelliccia mentre il biondo stava sdraiato sopra di lui con la testa appoggiata al suo petto e il mantello rosso copriva entrambi. 

«Non sei venuto ieri…»  sussurrò il moro.

«Lokiii è solo lunedì, sono in ritardo di un giorno dopotutto.» 

«Sei comunque in ritardo.» disse il moro soprappensiero continuando ad accarezzargli i capelli biondi.

Thor appoggiò il mento sul suo petto e non riuscì ad impedirsi un sorrisetto, ma cercò di celarlo. «Scusami.»  disse apponendo un bacio sul petto glabro dell’altro per poi farsi leva sui gomiti «Ho dovuto lavorare. Abbiamo pulito la macina e ad altro. Abbiamo avuto problemi coi topi ultimamente. Il mugnaio mi ha liberato solo oggi.» 

Loki annuì e chiuse gli occhi: in quel momento la sua pelliccia iniziò magicamente a percorrergli le spalle e il resto e a richiudersi su di lui come un abito cucito addosso. Perché in effetti Loki poteva togliersi quella pelle, ma doveva fare attenzione: se avesse recuperato il suo aspetto di lupo senza di essa non sarebbe ricresciuta mai più e lui la proteggeva gelosamente.
Anche Thor aveva imparato quanto importante fosse quella parte di lui e le riservava la massima cura.  
Loki si sfilò da sotto il corpo di Thor e mettendosi seduto si scrollò gli aghi di pino secchi dai capelli. 

«E tuo padre come sta?» 

«Per lo più ubriaco come sempre.»  disse Thor sistemandosi i calzoni e infilandosi la camicia «Ma non abbiamo litigato nell’ultima settimana stavolta.»  allungò delicatamente una mano verso l’altro per togliergli un ago di pino rimasto prigioniero tra i suoi capelli, ma Loki si scansò appena impedendoglielo.

Thor sospirò: sapeva che all’altro dispiaceva quando saltava il loro appuntamento senza preavviso. Era successo poche volte, ma Thor sapeva di ferirlo anche se il moro cercava di far finta di nulla.
E così fece anche il biondo volendo approfittare invece di quel momento per fargli finalmente una richiesta. 

«Loki pensavo… che potresti accompagni da mia madre.» 

«Si, ma certo.»  

Negli anni Loki accompagnava spesso Thor da sua madre, ma sempre sotto forma di lupo.
All’inizio Thor temeva che la donna si sarebbe spaventata, ma una volta a sua insaputa lei gli era andata in contro e li aveva visti svoltare dal sentiero insieme; e così Thor le aveva detto che quel lupo lo accompagnava spesso e glielo aveva presentato dicendo che secondo lui doveva chiamarsi Loki… così a istinto.
Frigga aveva preso delicatamente il suo muso nero tra le mani e lo aveva guardato con dolcezza tanto che Loki aveva capito subito  da chi avesse preso il suo sguardo buono Thor. Frigga aveva due occhi gentili e aveva trattato bene Loki fin da subito.
Così lui era tornato a trovarla e lei gli si era affezionata così tanto che spesso divideva con lui il suo pasto o gli parlava per ore come ad un buon amico e lui ascoltava attento tutto quello che gli diceva soprattutto quando lei gli parlava di Thor. E intanto il lupo la sorvegliava e la proteggeva dalle altre creature della foresta e Thor per questo gli era grato perché si sentiva tranquillo sapendo che Loki vegliasse su di lei.
Ma non gli avevano mai rivelato il segreto di Loki, né tantomeno tutto il resto!
Thor prese un respiro. 

«No io intendevo che…potresti accompagnarmi con…con il tuo aspetto umano…» 

Loki sgranò gli occhi e lo fissò stupito. «Thor, ma che stai…» 

«Senti Loki io ci ho pensato…tu-tu piaci a mia madre e…» 

«Si, come animale da compagnia! Vuoi farla morire di crepacuore per caso?» 

«È solo che…» 

« “Solo che” cosa Thor?»  

Thor abbassò lo sguardo imbarazzato «Beh Loki…quello…quello che c’è tra noi due ecco insomma…io pensavo che…»  balbettò impacciato.

Ma Loki lo fissò incredulo e il suo tono divenne duro «Tra noi c’è solo questo…. e non vedo perché…dovrebbe essere diverso.»  terminò amaro.

«Loki…»  provò ancora Thor.

Non c’era nulla da fare: ogni volta che cercava di iniziare quel discorso era la solita storia.
All’inizio si era sentito quasi ferito e aveva pensato che a Loki non importasse di lui se non per un mero rapporto fisico. C’era voluto un po’ prima che capisse che se Loki si metteva sulla difensiva in quel modo era per un altro motivo, di certo lo stesso che faceva paura anche a lui: l’essere parte di due mondi troppo diversi.

«Coraggio muoviamoci, tua madre si starà chiedendo dove sei finito.» concluse Loki e senza aggiungere un parola si sollevò incamminandosi in mezzo alla foresta dove assunse il suo aspetto animale.

Thor sospirò, ma prese le sue cose e dopo un momento lo seguì in silenzio. 

 

Ci vollero si e no venti minuti prima che arrivassero nel folto della foresta. Lì, all’ombra di tre grandi querce, sorgeva una casetta di legno ben curata con un piccolo portico all’ingresso e un tavolino e due sedie a dondolo proprio lì sotto. Thor si era dedicato molto ad aiutare sua madre e insieme avevano trasformato quella che era una semplice capanna per gli attrezzi in una casetta ampia, comoda ed accogliente.
Dalla porta, che aveva intagliato un cuore a mo’ di spioncino, uscì una donna dai capelli castano dorato e dai grandi occhi azzurri che mise su un largo sorriso.

«Ah eccovi!» disse facendosi incontro ai due e raggiungendoli si inginocchiò subito per accarezzare il lupo.

«Madre!»  Si lamentò Thor offeso. «E io che ti ho portato anche dei fiori!» 

La donna scosse la testa e lo abbracciò frettolosamente, ma sembrava appena turbata.

 «Sono bellissimi Thor, ma adesso dobbiamo entrare fate presto!» 

 «Madre che succede?»  chiese Thor accorgendosi di quella fretta.

 «Ti spiegherò dopo Thor, ma ora preferisco non perdere tempo!»  e si precipitò ad aprire la porta di casa mentre Thor si scambiò un rapido sguardo con Loki.

Appena i due furono entrati Frigga gettò uno sguardo a destra e sinistra dopodiché richiuse di corsa la porta.
La casetta era molto graziosa anche all’interno e nel salottino c’erano tre tavoli in legno, che Thor stesso aveva costruito, carichi di mortai e cocci che contenevano strane creme, ma l’odore era ottimo: si sentiva la menta, la citronella e note di rosmarino.
Ma il figlio notò una cosa strana: Frigga teneva sempre le tende aperte e raccolte per permettere al sole di entrare adesso invece queste erano sciolte e tirate.

«Madre va tutto bene?» chiese Thor con una punta di apprensione appoggiando il cestino sul tavolo della cucina mentre Loki intercettava un odorino di stufato proveniente dalla pentola nel camino e si leccava il muso. 

«Non proprio figliolo. Ero preoccupata…per Loki.» 

Sia il lupo che Thor la fissarono senza capire. 

La donna si fece vicina al tavolo della piccola cucina e tirò un sospiro «Vedi Thor, ieri sera ha bussato uno straniero alla mia porta. Un uomo sui trent’anni, capelli castano scuro e il volto cupo e segnato dalle occhiaie. Non lo avevo mai visto prima e mi ha chiesto se ci fosse un villaggio da queste parti. Io ovviamente gli ho indicato la via, ma ho notato che aveva con sé un fucile. Credo fosse un cacciatore»  

Thor d’istinto guardò verso Loki che però pareva essere calmo.

«Madre non c’è motivo di preoccuparsi, è pieno di cacciatori, ma Loki è in gamba e sa che deve star loro lontano.» disse Thor tranquillo mentre la madre disfaceva il fagotto e tirava fuori la focaccia e il vino.

«Non so Thor. Mi ha domandato se ci fossero lupi da queste parti e io ho negato e gli ho detto che le creature di questa foresta non danno alcun fastidio, ma lui non sembrava convinto. Continuava a fissarmi duramente e poi era un tipo così strano. Era tutto avvolto nella sua pelliccia di lupo, ma ho visto sbucarvi qualcosa e guardando meglio ho potuto vedere che il suo braccio era…era di ferro nero e pesante. Lui lo ha notato e ha detto “Oh una ferita di guerra madame, cose che capitano”, ma non mi ha convinto. Io temo che sia abbastanza pericoloso. Ho sperato con tutto il cuore che non incontrasse Loki, ma non vedendovi arrivare mi sono preoccupata.» 

Thor arrossì leggermente: si in effetti stavolta si erano “intrattenuti” un po’ più del solito.

«Ma si forse…forse mi sono preoccupata troppo. Sono sicura che il nostro Loki starà attento.»  sorrise lei verso l’animale «Coraggio adesso mettiamoci al lavoro. Chi non si da da fare niente stufato! A parte Loki chiaro.»  sorrise lei facendo un occhiolino al lupo. 

Quella mattina Thor si occupò di spaccare la legna per sua madre; gliene preparava parecchia che poi sistemava nella piccola legnaia dietro la casetta e la riempiva sempre così tanto che la donna non era rimasta senza nemmeno quando il figlio non era potuto andare a trovarla per settimane.
Ogni tanto Loki sbucava sul retro e, seppur da lupo, si godeva qualche istante Thor al lavoro: non faceva ancora caldo, ma era un lavoro faticoso perciò dopo le prime accettate Thor si toglieva la camicia rivelando il suo torace ampio e muscoloso. Ad ogni colpo d’accetta poi i suoi muscoli guizzavano sotto pelle e il sudore gli imperlava la fronte prima che lui se lo aspergesse col dorso della mano.
Loki si godeva per un po’ quello che vedeva, ma come l’altro si accorgeva della sua presenza gli dava la coda e se ne tornava in casa; dopotutto non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo lì a sbavare per lui!
E poi quel giorno Frigga sembrava molto turbata per cui il lupo preferiva stare in casa al suo fianco assicurandole che stesse bene.
Mentre suo figlio lavorava fuori la donna pestava erbe nel mortaio e preparava unguenti e fiale che Thor portava al villaggio a coloro che glieli avevano richiesti. Quando abitava al villaggio infatti Frigga faceva la levatrice ed era bravissima a curare i mali con le erbe della foresta che lei stessa andava a procurarsi.
Thor si ricordava di quando una volta aveva portato anche lui; doveva avere si e no dieci anni e quella volta aveva visto il suo primo scoiattolo.
La creaturina era scesa da un pino e si era fermata a pochi passi da Thor così lui l’aveva studiata con attenzione: aveva il pelo marrone chiaro e la coda lunga spessa e morbida. Gli occhietti erano tutti neri, il musino a punta e aveva due orecchie piccole piccole.
Thor avrebbe tanto voluto accarezzarlo così Frigga aveva raccolto alcune nocciole da terra e le aveva date al figlio.

“Apri la mano tesoro. Bravo così e ora con calma, appoggiala a terra. Verrà lui da te”

Thor aveva ubbidito, si era inginocchiato e aveva messo la mano aperta a terra; subito la bestiola si era avvicinata.
Thor aveva avvertito un leggero solletico quando le unghiette delle sue zampine si erano appoggiate alle sue falangi e velocemente avevano raggiunto una nocciola e poi via di corsa!
La seconda volta invece Thor gliela aveva passata con le dita e la creturina si era alzata sulle zampette posteriori e con le anteriori l’aveva raggiunta e sicuro di averla ben salda  se l’era portata via, ma senza fretta.
La terza Thor aveva addirittura sollevato la nocciola all’altezza del suo viso e lo scoiattolo, ormai tranquillo, si era arrampicato su di lui e fino al suo petto per prenderla; poi con quelle zampine che tanto facevano il solletico aveva raggiunto la spalla del bambino e con tutta calma vi si era posto sopra dedicandosi al suo pranzo. Thor era rimasto senza parole e tanto contento.

“Lo vedi tesoro? Ogni creatura se trattata con rispetto e gentilezza può volerti bene.” Aveva detto Frigga.

“Ma mamma e allora i lupi? Non sono pericolosi e cattivi?”

“Beh Thor i lupi sono predatori, cercano cibo, ma non sono cattivi. Anche loro sono creature come lo siamo noi e hanno i loro istinti. Questo non vuol dire che un lupo ti attaccherà sempre o cercherà di farti del male e come lui tante altre creature”.

Questa era sua madre una donna gentile e buona che gli aveva insegnato tanto sull’amore e il rispetto verso gli altri, sicura di sé e che credeva nelle sue convinzioni.
Purtroppo per lei da che era andata ad abitare nella foresta molti al villaggio la avevano additata come una strega, ma i meno sciocchi facevano ancora affidamento sulle sue cure e le mandavano a dire tramite Thor cosa occorreva loro, così Frigga preparava il tutto.
Loki la osservava attento mentre l’odore di stufato invadeva la casetta e gli pervadeva le narici. Non vedeva l’ora che il pranzo fosse pronto!


Quando fu tempo di sedersi a tavola Frigga servì per lei e Thor lo stufato nei piatti e per Loki lo sistemò in una ciotola di legno che gli pose davanti sul pavimento.

«Sbaglio o gli hai dato i pezzi di carne più grossi?»  osservò Thor con una punta di delusione «Ah non c’è verso Loki, sei tu il suo preferito!» 

«Non essere geloso Thor, lo siete entrambi.»  sorrise lei.

Ma Thor gettò un’occhiata a Loki che in riposta si leccò soddisfatto della salsa densa e lucida dal naso.

«Si certo come no.»  borbottò il biondo. 

Madre e figlio si raccontarono della loro settimana e delle novità in paese. Non era successo nulla di nuovo a parte che durante il sermone della domenica il fabbro si era addormentato e aveva russato così forte che il pastore era saltato su credendo dapprima che il suo discorso fosse così noioso da aver addormentato il crocifisso accanto a lui.
Finito di mangiare la donna uscì per raccogliere altre erbe mentre Thor si rilassò sulla sedia e si godette la fine del suo bicchiere di vino.
Era soddisfatto del pranzo perché durante la settimana non mangiava granché e sua madre cucinava benissimo; certo se gli fosse toccato qualche pezzo di carne in più non gli sarebbe dispiaciuto.
Si voltò verso Loki per esprimergli questo suo pensiero…Ma il lupo non c’era.

«Loki?» Lo chiamò alzandosi «Loki?» continuò inoltrandosi nella casetta fino ad una delle due camere da letto. Una era di sua madre e l’altra…beh… era sua perché Frigga in fondo sperava sempre che Thor si fermasse da lei più di un giorno e quando era capitato il giovane aveva potuto dormire in un letto morbido e caldo, molto meglio di quella sorta di brandina in cui dormiva a casa sua ogni sera e le lenzuola da lei profumavano di sapone! 

Appena arrivò davanti alla porta della camera di Frigga la trovò accostata e d’istinto la aprì.

«Ehi che ci fai in camera di mia madre?» esclamò Thor stupito vedendo Loki, non più lupo, in piedi e che si guardava intorno, ma il moro non se ne curò troppo.

«Tua madre ha dimenticato gli occhiali genio! Non ci vede bene senza da vicino, potrebbe prendere un’erba sbagliata o peggio infilare la mano in qualche cespuglio velenoso…ah ecco.»  

Disse vedendoli sul piccolo comodino accanto al letto e afferrandoli.

Thor sorrise e si ingelosì un altro po’ allo stesso tempo «Però, la conosci davvero bene. Comincio a capire perché ti toccano i pezzi di carne più grandi.» 

«Sarei un figlio migliore di te se è quello che ti stai chiedendo.»  Scherzò Loki facendo il giro del grande letto di Frigga e consegnando gli occhiali a Thor «E adesso avanti: va fare il bravo bambino e portargli questi buffi fondi di bottiglia che voi umani usate per vedere meglio» 

Ma Thor rise «Ahah, ma non tutti abbiamo la tua vista acuta. Se fossi una cara vecchina servirebbero anche a te…vediamo.»  disse avvicinandosi al moro e infilandogli gli occhiali.

Loki sbatté un po’ le palpebre «Ma non vedo niente! Come si dovrebbe fare a vedere meglio con questi cosi?» 

«Ahaha vedessi  che occhi grandi hai cara vecchina!»  rise sfilandoglieli poi.

Loki lo fulminò con aria di sfida «Vecchina a me?»  e voltandosi verso il letto cercò qualcosa con cui vendicarsi ed eccola lì: una cuffietta rosa a pallini bianchi.

La afferrò, la mise in testa al biondo e lo voltò verso uno specchio davanti al letto «Ora si che ci siamo. Chi è la vecchina adesso giovanotto?» 

Alla vista del suo riflesso Thor rise di cuore e Loki non volendo si incantò un po’ finché l’altro non si chetò e tornando su di lui lo guardò intensamente. Loki si avvicinò di più e gli sistemò meglio la cuffia in testa; Thor lo lasciò fare completamente rapito da lui.

«Si direi che ti dona. A te e ai tuoi lunghi capelli.» sussurrò guardandolo con altrettanta intensità. 

Thor a quel punto si protese in avanti e voleva rubargli un bacio, ma la voce della madre li richiamò e Frigga entrò all’improvviso alle sue spalle.

«Ma dove sarà la mia mantella? E ho pure dimenticato gli occhiali! Che testa! Probabilmente li ho lasciati…Thor, ma che fai con la mia cuffia da notte in testa?» 

Il biondo si voltò di scatto prima verso la madre e poi verso Loki che però era tornato un lupo; alzò gli occhi  e  si tolse velocemente la cuffia dalla testa rosso come non mai. 

«Io…ehm…veramente…ero venuto per gli occhiali, si gli occhiali! Eccoli qua! Mi-mi ricordavo che non ci vedi bene senza  da vicino.» 

La madre lo guardò stupita un momento, ma non fece domande piuttosto gli sorrise e lo ringraziò.
Nell’uscire dalla stanza però Thor gettò un’occhiataccia a Loki: era sicuro che l’altro se la stesse ridendo sotto i baffi. 


Quando sopraggiunse il tramonto per Thor fu il momento di salutare la madre e riprendere il cestino ora pieno di fiale e unguenti. 

«Mi raccomando nascondilo alla vista di tuo padre prima che…» 

«Sta tranquilla mamma, lo nasconderò come sempre e domani li farò avere a chi me li ha chiesti.»  

Per quanto non avesse opposto la minima resistenza al trasferimento della moglie Odino non tollerava quasi che lei mandasse avanti la sua “attività” e spesso aveva distrutto tutte le fiale e il resto mandando a monte tutto il lavoro di Frigga.
Al vecchio non sembrava importare nemmeno che coi profitti delle sue vendite la donna chiedesse sempre a Thor di comprare il minimo per lei e col resto di ripagare i suoi debiti in cantina anzi lo infastidiva che seppur lontana lei si occupasse di lui. Era sempre stato un gran testardo! 

«Bene allora ti aspetto domenica. E mi raccomando attenzione a chi incontrate per strada.»  disse abbracciando il figlio e facendo una dolce carezza a Loki che le leccò una mano dopodiché i due si misero sulla strada di casa.

Dopo circa un buon quarto d’ora di cammino, nei pressi del punto dove si erano visti al mattino, Loki si ritrasformò e si rivolse a Thor; il biondo non aveva pronunciato parola da che erano ripartiti da casa di Frigga. 

«A che pensi?»  gli chiese il moro.

«A quel cacciatore di cui parlava mia madre.»  

«Thooor è pieno di cacciatori. Cos’avrebbe questo di speciale?»  

«Non lo so magari che i nostri cacciatori lasciano stare te e gli altri lupi della foresta perché sanno che non  gli date problemi? Ma questo è un forestiero, non può sapere che state per conto vostro e poi…hai sentito cosa ha detto. Non credo gli interessi che siate pacifici.» 

Loki sbuffò e roteò gli occhi al cielo «In tal caso vorrà dire che…dovrò difendermi.» disse tranquillo, ma in maniera del tutto inaspettato Thor gli afferrò un braccio e lo attirò a sé. 

Il biondo inchiodò i suoi occhi chiari a quelli verdi del moro che lo fissò sorpreso. «No, vuol dire che devi nasconderti prima che ti trovi.»  disse serio.

«Thor ma sei impazzito? Lasciami and…» 

«Loki! Ti voglio al sicuro! Potresti…potresti stare da mia madre, gliel’ho chiesto e ha detto che puoi nasconderti anche in casa se…» 

Ma fu Loki a diventare serio e a guardarlo severo «Non ho bisogno di nascondermi! So badare a me stesso grazie. Non mi serve che ti preoccupi per me!»  

Fece per divincolarsi, ma Thor non lo lasciò andare anzi gli circondò la vita con un braccio e con la mano libera gli sollevò il mento. Loki incontrò di nuovo i suoi occhi e stavolta vi lesse una profonda preoccupazione.

«Quando la finiremo con questa farsa?»  chiese quasi in un sussurro il biondo senza staccare gli occhi da lui.

«Di-di cosa parli scusa?»  balbettò Loki preso in contropiede. 

«Lo sai di cosa parlo.»  il suo sguardo divenne persino triste «Loki se qualcuno ti facesse del male io…»  

Ma gli mancò il coraggio e abbassò lo sguardo.

Il moro trattenne il fiato, ma cercò di rimanere lucido e intuì la sua preoccupazione «Thor so badare a me stesso e so quando rimanere lontano dai pericoli, ma sono un lupo! Se mi verrà a cercare attaccherò per difendermi stanne certo!»  

Thor di nuovo tornò sui suoi occhi con gravità.

«Promettimi solo che non lo andrai a cercare!» 

«Thor, ma insomma…» 

«Promettimelo!» 

Loki rimase senza parole, incontrò i suoi occhi e…annuì.
Thor allora mollò un po’ quella presa rigida e gli accarezzò una guancia dopodiché lo baciò con dolcezza.
Il moro non si ritrasse e si fece coinvolgere in quel bacio che desiderava tanto anche lui. Avrebbe dovuto attendere quasi un’intera settimana per riceverne un altro e questo gli pesava terribilmente.
In quel tempo Thor sarebbe tornato alla sua vita di tutti i giorni, al suo lavoro, alla sua casa, a un padre di cui occuparsi e ogni volta in quei giorni di distanza avrebbe potuto anche incontrare qualcuno…Qualcuno che magari gli avrebbe dato una vita normale, non certo come quella che poteva dargli lui…
Ma in quell’istante c’era solo il loro bacio e il loro momento di tenerezza e Loki voleva saziarsi dell’essenza di quella creatura che lo aveva reso una vera e propria preda ormai da tanto tempo…una preda del suo amore, ma non poteva farci niente…

Thor si separò lentamente da lui e lo guardò con dolcezza «Stai attento mi raccomando.» 

«Sta tranquillo, sarà lui a doversi preoccupare se mi troverà.»  disse Loki con fierezza. 

Thor sospirò e gli fece un’altra carezza «Spero con tutto me stesso che non sia necessario.»  

Camminarono insieme ancora per qualche minuto fino a che raggiunsero il loro punto di incontro di quella mattina poi Thor si separò da lui e si incamminò verso il villaggio mentre la sera iniziava a calare e a riempire di azzurro la foresta.
Loki lo guardò triste andare via e senza che potesse trattenersi gli uscì un uggiolio, ma il suo naso fu attirato immediatamente da qualcosa: un odore delicato, ma persistente mischiato ad un altro che gli pareva di aver fiutato anche quella mattina dal cestino di Thor.
Cercò un po’ intorno a sé: riusciva a percepire ancora l’odore suo e di Thor sul terreno e alla fine sotto una felce vicino a dove i due erano finiti a terra Loki trovò quello che cercava.Un fagottino dove scoprì essere avvolta della carne secca e…un tulipano. Sorrise e scosse la testa intuendo che non fossero certo finiti lì per caso poi si portò il fiore al naso inspirandone il buon profumo. 

 

La sera prima nella foresta…

Vide chiaramente delle orme fresche in mezzo a quei cespugli e seppe di aver fatto la scelta giusta a non proseguire sul sentiero, ma del resto faceva sempre così.
Un cacciatore esperto non ha mai paura di lasciare un sentiero sicuro per scovare quello che cerca e lui ormai di esperienza ne aveva parecchia.
Si chinò e tastò il terreno: quelle orme erano perfette e ben marcate e se si concentrava bene riusciva ancora a percepire l’odore dell’animale a cui appartenevano.
Le seguì in assoluto silenzio e anche se il tramonto stava per giungere al termine lasciando spazio alla sera lui non ci diede affatto peso.
Altri al suo posto avrebbero avuto paura o se lo avessero visto gli avrebbero dato del folle sconsiderato; andarsene in giro nel fitto della foresta a quell’ora era pericoloso per chiunque persino con un fucile in spalla, ma non per lui…preferiva la notte per la caccia.
Cosa c’era infatti di meglio? Il buio celava la sua presenza, il silenzio lo circondava e visto che poteva vantare una vista acuta poteva scovare le sue prede senza torce o fuochi. Non aveva paura e poteva stare per ore tra le tenebre e cacciarne i mostri.
Quei mostri di cui lui non voleva lasciarne in vita nemmeno uno.
Era un cacciatore solitario e nomade; era partito da un nuovo villaggio la sera precedente e il suo girovagare lo aveva condotto in quella foresta alle prime ore del mattino.
Che giorno era? Domenica? Al suo villaggio magari sarebbe andato a messa. Già lo avrebbe fatto quando ancora credeva che Dio proteggesse i suoi fedeli.
Ma da anni ormai si ripeteva che Dio fosse troppo occupato e che solo lui potesse proteggere quelle anime lasciate sole alla paura e per questo non si fermava mai, per questo il suo vagare non poteva trovare sosta.
Non sperava di trovare la pace e se l’avesse ottenuta certo il Demonio avrebbe fatto di tutto per vendicarsi per tutti i figli che lui gli aveva ucciso, ma almeno poteva continuare ad aiutare i villaggi che incontrava e i loro abitanti e portar loro un po’ di speranza.
Aveva camminato tutto il giorno prima di trovare quelle tracce fuori dal sentiero e adesso ecco che lo avevano portato a circa cento metri da una casetta solitaria nella foresta. 

“Chissà chi abita in quella casa? Magari un taglialegna o…”

Ma proprio in quel momento la porta di legno si aprì e con sua sorpresa dalla casa uscì un grosso lupo nero seguito subito fuori da una donna che lo accarezzò e lo osservò sparire tra gli alberi nel buio per poi rientrare tranquilla in casa.

“Che sia una strega?”

Il cacciatore sapeva bene che le streghe erano esseri potenti, vivevano isolate e avevano mostri per animali da compagnia; decise di indagare.
Si avvicinò piano alla dimora e bussò alla porta; la donna venne subito ad aprirgli.
Sembrava gentile e cortese, ma non lo invitò ad entrare e lui non chiese alloggio, piuttosto le domandò se ci fosse un villaggio da quelle parti. Lei gli indicò la strada e il cacciatore colse l’occasione per sapere ciò che gli interessava.

«Ci sono molti animali che popolano questa foresta madame?» 

«Si, ma sono tutti socievoli o evitano gli uomini. Potete stare tranquillo che arriverete sano e salvo al villaggio.» 

«Uhm capisco e cosa mi dite dei lupi? Ve ne sono da queste parti?» 

La donna lo guardò sospettosa.

«No, non ci sono lupi, ma se ci fossero sono sicura che non vi darebbero alcun fastidio.»  Rispose decisa. Poi lo studiò: il cacciatore fece caso che il suo sguardo si era visibilmente soffermato sul suo braccio di ferro. Era un marchingegno che si notava sempre, ma ne andava molto fiero perché sostituiva bene l’arto perso in battaglia. 

«Oh una ferita di guerra madame, cose che capitano» 

Poi dandole la buonanotte si congedò.
Che fosse una strega o meno poco gli importava, ma quella donna gli aveva mentito e a quanto pareva non voleva che lui desse la caccia ai lupi.
Proprio lì sul portico vide due sedie a dondolo e su una notò che vi era appoggiata una mantella di lana rosa. Sollevandola ne ispirò il profumo e sorridendo soddisfatto la prese con sé: quella donna gli sarebbe stata utile dopotutto, ma adesso era troppo stanco dopo quel lungo camminare.
Così si mise sulla via del villaggio decidendo di rimandare la caccia alla notte successiva e concedendo a quel mostro di godersi tranquillo il suo ultimo sonno.


E proprio in quel momento nella foresta…

Loki se ne stava raggomitolato nel suo tronco cavo e si rigirava il fiore tra le mani. La sera era ormai giunta, ma lui riusciva a vederlo bene coi suoi occhi speciali.
Quando il giorno prima non aveva visto arrivare Thor c’era rimasto molto male: lo aveva aspettato all’inizio del sentiero per ore poi temendo che avesse preso un’altra strada, anche se non ne vedeva il motivo, si era diretto alla casa di Frigga sperando quasi in cuor suo di trovarvelo di già.
La donna era seduta in una delle sedie sotto al portico e stava cucendo qualcosa, ma era sola. Vedendolo  arrivare però gli aveva fatto cenno di raggiungerla.

“Sei venuto a vedere se Thor fosse già arrivato? Ma come avrebbe potuto senza di te? Sta tranquillo Loki. Sta pur certo che verrà domani o andrò io stessa a vedere che combina.” 

A Loki doveva essere sfuggito un uggiolio di tristezza a quella notizia perché lei gli aveva sorriso accarezzandolo amorevolmente. “Lo so…Manca anche a me” aveva detto malinconica.

Loki allora si era sdraiato accanto a lei appoggiando il muso sulle sue gambe come un cucciolo addomesticato ed era rimasto volentieri a tenerle compagnia fino a sera.
Quella donna era meravigliosa e a Loki sembrava che riuscisse persino a capirlo a volte. Lui si ricordava la sua mamma: era una lupa, una lupa vera, ma l’aveva lasciato presto da solo o forse qualche cacciatore aveva deciso di portargliela via.
Si era allontanato molto da luogo in cui era nato e aveva anche fatto parte di un branco, ma poi aveva sentito l’esigenza di vivere per conto suo. Chissà forse era stata la sua parte umana a spingerlo a quella scelta.
Quando aveva conosciuto Thor il legame tra lui e Frigga gli era sembrato quasi strano all’inizio: c’erano più affetto e carezze che tra una lupa e il suo cucciolo anche se il biondo non era di certo più un bambino. Ma poco a poco Loki aveva capito quanto quel legame per loro fosse naturale e gli era sembrato semplicemente bellissimo.
Stare con Thor e sua madre gli aveva dato un assaggio della vita umana che lui, nonostante la sua doppia natura, non aveva mai potuto sperimentare prima di Thor.
Thor…che in un primo istante era stato solo una preda e poi lo aveva subito conquistato con le sue parole sincere.
Thor…che veniva a trovare lui e Frigga riempiendogli il cuore di gioia, ma poi li lasciava soli per tornare al suo villaggio e da suo padre che invece lo trattava male.
Thor…che aveva delle “responsabilità” necessarie, dei doveri che lo obbligavano a separarsi da loro…da lui…
Loki, per quanto sapesse che fosse un rapporto impossibile a lungo termine, si era ritrovato a sperare di farne parte un giorno di quelle responsabilità…così magari Thor non se ne sarebbe andato più via e sarebbe rimasto con lui.
Continuava a pensarvi mentre se ne stava lì tutto solo; ormai l’altro doveva essere a casa perciò lui si godeva almeno la compagnia del suo fiore.
Ma a un certo punto fiutò un altro odore; gli pervase le narici e incominciò a sniffare l’aria.
Era familiare, molto familiare sembrava proprio l’odore di…Frigga, ma come?
Uscì dal suo tronco e continuò ad annusare l’aria: si era l’odore di Frigga ne era certo e sembrava vicino, ma perché era lì? Lei non veniva mai a cercarlo, forse aveva bisogno di lui?
Come con Thor lui poteva percepire gli odori da lontano perciò forse Frigga era ancora distante.
Si trasformò in un lupo e iniziando a correre seguì il suo naso per raggiungerla.
Dopo cinque minuti l’odore si fece più forte, ma Loki non vedeva la donna da nessuna parte.

“E questo cos’è?” Si chiese poi quando riuscì ad avvertirne anche un altro più acre e persistente. Sembrava sangue…

Corse più veloce e ululò persino per farsi sentire, ma non udì la voce della donna. Iniziò seriamente a preoccuparsi: forse era ferita? Forse aveva perso conoscenza e non riusciva a sentirlo? Non c’era altro che importasse in quel momento: doveva trovarla subito!
Infine quella fonte odorosa raggiunse il suo apice a pochi metri da lui; sbucò in una piccola radura rotonda nel mezzo della foresta e iniziò a cercare.
Il suo naso lo guidò da qualcosa a terra. Si avvicinò velocemente fino a quella che scoprì essere poi la mantella di Frigga, la stessa che la donna cercava quel pomeriggio a casa insieme agli occhiali, ma che ci faceva lì in mezzo alla radura? E perché era macchiata con del sangue?
Fu allora che gli sembrò di avvertire un pizzicore leggero come la puntura di un insetto al collo e avvertì un rumore quasi impercettibile alle sue spalle.
Si voltò mettendosi sulla difensiva e attese ringhiando. Un istante dopo intravide chiaramente una figura alta uscire dai cespugli. Aveva un fucile in spalla e un braccio ferro.
Era quel cacciatore di cui gli aveva parlato Frigga e quella era chiaramente stata la sua trappola per lui.
Ringhiò più forte mostrandogli i denti affilati e preparandosi ad attaccarlo, ma l’altro pareva tranquillo.
Avanzò di un passo verso di lui barcollando o fu lui a barcollare?
Gli sembrò di avere le zampe molli e avvertì le palpebre pesanti.

“NO!” Pensò intuendo in un ultimo lampo di lucidità cosa doveva avergli fatto l’altro. 

Il cacciatore seppur al buio lo guardò dritto negli occhi.

«A più tardi lupetto» sussurrò o forse fu Loki a percepire quelle parole così basse perché un istante dopo cadde a terra e perse i sensi. 

 

Quando aprì gli occhi vide una luce aranciata e calda e benché la vista fosse ancora leggermente annebbiata ci mise poco a mettere a fuoco la situazione.
Era davanti ad un fuoco, gli alberi lo circondavano e intorno era notte.
Apparentemente era solo e si sentiva debole e aveva le mani legate, ma come le mani?! Gettò una sguardo in basso e scoprì di essere tornato umano: era seduto contro un albero e coi polsi legati sopra alla sua testa.
Cercò di sfilarsi dalle corde, ma i nodi erano stretti e ben fatti. Insistette, ma niente e non riuscì nemmeno ad aiutarsi coi denti; in ogni caso un istante dopo non fu più solo.
Avvertì un fruscio provenire dai cespugli alla sua sinistra. Un giovane alto, dai capelli castano scuro e il volto quasi cadaverico ne uscì con un coltello nella mano e una lepre nell’altra, ma quest’ultima era di ferro.
Lo straniero si sedette tranquillo davanti al fuoco e senza nemmeno guardarlo iniziò a dedicarsi alla lepre.
Loki lo fissò in silenzio con occhi carichi di odio; certo di avere la sua attenzione il cacciatore parlò.

«Una volta ho aperto la pancia di un lupo e ci ho messo delle pietre. È stramazzato al suolo in pochi secondi.»  disse.

Il suo tono era calmo, fermo e sicuro. 

«Un’altra ne ho affogato uno con le mie stesse mani. È incredibile come ci siamo infiniti modi di uccidere voi mostri.» 

Loki digrignò i denti e lo fissò truce, ma il cacciatore continuò. 

«Sai speravo proprio di acchiapparti. Ti ho visto ieri sera e quando quella donna ha provato a proteggerti…beh ho pensato che dovessi essere un lupo speciale e in effetti non sbagliavo. Un mezzo umano, non molto sveglio temo…» 

Loki a quel punto scattò verso di lui per quello che poté, ma senza troppo successo e l’altro non si scompose minimamente.

«Ma che caratterino e io che speravo di parlare con te…puoi farlo giusto?» 

«Chi accidenti sei e cosa vuoi da me?!»  ringhiò Loki.

Lo straniero annuì e si presentò.

«Sono l’ex-soldato Barnes, vendicatore di vite innocenti e cacciatore di lupi e quello che voglio è semplice. Voglio ucciderti come ho fatto con ogni singolo mostro come te dopo averlo catturato. E a proposito di questo non credevo sarebbe stato così semplice, ma tu come un bravo cagnolino sei accorso a vedere se quella donna stesse bene.» 

Si, era assurdo e Loki lo sapeva. Nessuno mai era riuscito a mettere le mani su di lui e invece stavolta si era così preoccupato per Frigga che si era fatto acchiappare col più semplice dei trucchetti. Ma perché se aveva fiutato l’odore di lei non era stato altrettanto per quello del cacciatore?

«Che le hai fatto?» ringhiò minaccioso ricordandosi del sangue sulla mantella. 

«Proprio nulla, ho preso in prestito la sua mantella e l’ho sporcata di sangue. Poi ti ho iniettato del sonnifero. Fin troppo facile.» 

L’ex-soldato Barnes si ripulì le mani e lentamente si avvicinò a Loki guardandolo dall’alto in basso. Il coltello che teneva nella mano era lungo ed affilato e un brivido percorse inevitabilmente Loki quando vide l’altro portagli sotto il mento la lama insanguinata e sollevarglielo. 

«E tu lo hai riconosciuto subito vero? Questo odore…Il sangue…» girò lentamente il coltello facendolo scorrere appena sulla guancia di Loki che non si mosse, ma lo fissò con odio «Che risveglia gli istinti più bassi in voi mostri. L’unico odore che riconoscerete sempre. Il mio non l’hai avvertito prima giusto?» sorrise compiaciuto sapendo di avere ragione «Ma in fondo non è colpa tua. Muschio grigio e pino silvestre…se te lo passi addosso toglie qualsiasi odore e ti confonde con la foresta; è ottimo da usare quando si va a caccia.» 

La lama scese su una striscia di pelliccia sul petto dell’altro e la sollevò con la punta.

«Sai hai davvero una bella pelliccia e magari potrei farmene una nuova. Potrei togliertela semplicemente, ma sarebbe facile e indolore soprattutto per te. Purtroppo ti sei ritrasformato appena sei caduto a terra…perciò aspetterò che tornerai un lupo e poi te la scuoierò di dosso.»  

Loki lo fissò con un misto di odio e orrore «Sei un sadico bastardo.»  

Il cacciatore sorrise «Detto da un mostro come te lo accetterò come un complimento.» si alzò lentamente e tornò a sedersi davanti al fuoco «Fa pure con calma…Non ho nessuno ad aspettarmi a casa.» Concluse con una punta di amarezza nella voce. 

Loki non si era mai trovato in una situazione così in tutta la vita; sentirsi in trappola, sentirsi braccati era qualcosa che avrebbe voluto non provare mai e invece.

“Thor” pensò istintivamente; glielo aveva detto di fare attenzione e lui invece era stato incauto e adesso…

Ingoiò amaro riuscendo solo a pensare che non avrebbe rivisto il biondo mai più.

 

…E al villaggio

Thor sistemò il cestino sotto alla branda che gli faceva da letto e lo coprì con un sacco di iuta. Suo padre non avrebbe mai guardato lì anche se probabilmente sarebbe rientrato barcollando e non avrebbe visto che la strada per il suo letto.
Fu enormemente sorpreso quindi quando di lì a pochi muniti vide la porta di casa aprirsi e il vecchio rientrare nemmeno troppo traballante.
Era rosso in volto come sempre e mal tenuto, ma almeno stava in piedi da solo. 

«Ah sei qui.» commentò Odino «Credevo fossi da tua madre.» disse raggiungendo una sedia accanto al tavolo: la cucina della casa infatti si trovava proprio all’ingresso della piccola dimora. Vi si lasciò cadere seduto e allungò le gambe . 

«Infatti c’ero, ma sono rientrato poco fa. E tu che fai già a casa?»  

«Bah non c’era nessuno alla taverna stasera e dopo che mi hanno offerto da bere non ero in vena di spender soldi.» 

«Tsk adesso ti offrono pure da bere? I tuoi amici dovrebbero saperlo che potresti svuotar loro il borsellino a suon di bicchierini.»  disse Thor duro.

«Non sono stati i miei amici come li chiami tu, ma uno straniero. Un tipo tutto serio e sulle sue. Un ex-soldato come me. Abbiamo parlato della guerra, della battaglia e non avevo più voglia di stare alla taverna» 

«Ah perfetto ci mancavano gli stranieri a condividere i ricordi dei tempi andati e ad affogare i dispiaceri nel vino» commentò Thor attizzando il fuoco nel camino di casa, ma Odino proseguì quasi senza sentirlo.

«È stato strano sai? Ero al bancone e l’oste mi ha chiesto di te: gli ho detto che eri da tua madre nella foresta. Il tizio, che era poco distante da me, allora mi si è avvicinato. Mi ha chiesto se conoscevo la donna che abita nella foresta. “Certo che si” gli risposto “é…era…o insomma… mia moglie” e lui mi ha offerto da bere. È arrivato al villaggio ieri sera e ha detto di aver incontrato tua madre nella foresta. Poi ci siamo messi a parlare di guerra e tutto il resto, ma lui non ha toccato una goccia di vino.» 

Ma l’attenzione di Thor era rimasta colpita da quelle ultime parole.

«È arrivato ieri? E ha incontrato la mamma? Com’era fatto questo tizio?» 

Odino sbuffò «Mica sono stato lì a studiarlo Thor! Mi pare però…si mi pare che avesse un braccio di ferro. Non è rimasto più di tanto, ha detto che doveva andare a cacciare un lupo nero nella foresta e che aveva trovato le tracce. Ma io dico: uno cosa ci va a fare a cacciare un lupo di no…Thor dove vai?!»  esclamò Odino perché a quelle parole il figlio aveva afferrato il mantello, si era precipitato fuori dalla porta e presa una lampada già correva verso la foresta buia.


«LOKIIIIII!»  gridò «LOKIIIII!»  ma il moro non rispondeva. 

Aveva percorso di corsa il sentiero fin dove si erano lasciati e cercato delle tracce nel terreno, ma lui non era bravo a seguire le tracce; odiava la caccia ecco perché non aveva mai imparato e se si trattava di procacciarsi un po’ di carne usciva sempre accompagnato da Loki che cacciava per lui. E adesso? Non aveva idea di come trovarlo!
Se fosse stato tutto apposto di certo se lo sarebbe ritrovato alle spalle in pochi minuti invece Loki non si faceva vedere.
Camminò e camminò e cercò ovunque, ma di Loki non c’era traccia.

«Ti prego dammi un segno, qualcosa!»  

Continuò a camminare e corse persino gridando il suo nome quasi con disperazione, ma niente.
Quanto era stato stupido a lasciarlo solo anche quella volta… e per cosa poi?
Tornare al villaggio per pregare che la settimana volgesse al termine e lui potesse di nuovo stringerselo tra le braccia e amarlo per quel poco tempo che era loro concesso di stare insieme?
Fargli capire quanto difficile fosse stato dover attendere di poterlo rivedere? Di poterlo baciare? Di poter anche solo vederlo sorridere?
Se fosse rimasto per una volta avrebbe potuto dirglielo subito e proteggerlo! Ma aveva sbagliato e quell’errore stavolta poteva costargli caro…poteva costargli tutto!

“Loki se qualcuno ti facesse del male io…” il solo pensiero lo fece bloccare e sentì la paura pervaderlo ancora di più.

«Io ne morirei.»  concluse pronunciando quelle parole che solo poche ore prima non era riuscito ad ammettere nemmeno a sé stesso. 

Chiuse gli occhi e strinse i pugni e…avvertì qualcosa.
C’era un suono acuto, ma lontano. Cos’era? Forse un animale ferito? Sembrava un cane, ma non c’erano cani nella fore…
Spalancò gli occhi: forse era lui, forse era spaventato o ferito, ma in ogni caso era la sua unica guida.
Sperando con tutto sé stesso che quel richiamo lo portasse da lui Thor cercò di seguirlo fin dove si faceva più forte e infine vide un fuoco in lontananza tra i cespugli.
Cercando di non fare il minimo rumore vi si incamminò. 


Loki aveva cercato di trattenersi, ma non c’era riuscito: era terrorizzato e non solo per quella che di lì a breve di certo sarebbe stata la sua fine.
Le sue narici avevano fiutato un odore forte, un profumo di pane, di resina come quella di cui odoravano gli aghi secchi di pino, un odore che avrebbe riconosciuto ovunque e raggiunto a qualunque distanza…“Thor” si disse spalancando gli occhi.
Avvertiva chiaramente il suo odore; forse Thor era venuto a cercarlo? Ma questo voleva dire che sarebbe stato in pericolo anche lui se avesse provato a difenderlo da quell’uomo e lui non voleva che gli accadesse qualcosa.
Non poteva farsi trovare eppure allo stesso tempo… Loki sentiva di aver tremendamente bisogno che Thor lo rintracciasse e non lasciasse da solo.
Così il suo istinto aveva reagito per lui e quel marasma di emozioni si era espresso con lunghi e acuti uggiolii incontrollati.
Chissà se il biondo li aveva uditi…
Il cacciatore finì  la sua cena e guardò Loki tranquillo e senza scomporsi davanti ai suoi lamenti.

«Oh andiamo, cosa sono questi versi da cucciolo disperato? Ti credevo un animale selvaggio» 

Loki lo guardò con odio, ma avvertiva quell’odore sempre più forte e decise di tentare di distrarre quell’uomo.

«Perché fai tutto questo? È per il tuo braccio? È stato un lupo?» 

Il soldato rise privo di allegria.

«Oh no, questa è una ferita di guerra, ma che ci si può fare. Gli uomini sono costretti a combattere e a sottostare agli ordini di altri uomini se vogliono sperare di proteggere i propri cari. E in battaglia devi uccidere o sarai ucciso, non sei libero di scegliere un’altra opzione se vuoi sopravvivere. Ma per i mostri come te questa scelta obbligata non vale…» 

Voltò la testa di colpo verso i cespugli come se avesse avvertito qualcosa. Si sollevò e raggiunse il fucile. Lo puntò verso Loki per poi rivolgersi ai cespugli. 

«Se vieni fuori potrei invitarti ad unirti a noi» 

Thor si era portato il più vicino possibile ai due e aveva abbandonato la lampada a distanza per non essere visto. Aveva proceduto con cautela e cercando di non fare rumore, ma era pieno di rami secchi a terra.
E visto che quello straniero aveva puntato lo sguardo proprio nella sua direzione e teneva Loki sotto tiro uscì allo scoperto e con le mani alzate.

Il cacciatore sembrò studiarlo con curiosità come se non fosse chi si aspettasse di vedere, ma Thor non gli diede il tempo di fare domande «Ti prego fermo.»  lo implorò.

L’altro abbassò il fucile e studiò il nuovo arrivato «E tu chi diavolo sei?» 

«Uno che vuole solo parlare.»  disse calmo Thor, ma la sua voce tremava appena.

Il cacciatore lo studiò sospettoso poi gettò uno sguardo a Loki notando che guardava verso il biondo in un misto di terrore e sollievo.
Pensò di comprendere e tornò sul nuovo arrivato «Ah devi essere qui per lui. Sei il figlio della donna che vive nella foresta?»  

«S-si. Ti prego non fargli del male…» lo implorò ancora muovendo un passo verso il moro, ma l’altro risollevò il fucile e Thor si bloccò.

«Non fargli del male, amico ma sei impazzito? Questo mostro è pericoloso.» 

«No, non è vero! Loki è…» 

«Loki? È così che lo chiami? Come un cucciolo addomesticato?» 

Disse guardando il moro che lo fissò con odio. 

«È il suo nome e ti assicuro che è un lupo buono, non da fastidio a nessuno e caccia solo le creature della foresta che gli occorrono per sostentarsi….» 

«Fermo, fermo… buono? Lo dici come se ci credessi davvero.» il cacciatore guardò sorpreso prima Thor e poi Loki, ma da come il moro guardava il biondo ebbe un’intuizione «Oh accidenti…non mi dirai che ci sei cascato?»  chiese rivolto a Thor.

«Cosa vuoi dire?» 

«Oh avanti è la specialità di queste bestie ingannare gli uomini. Ti sei fatto abbindolare!»  

Ma Thor lo guardò deciso «Loki non mi ha ingannato e non è una bestia!» 

«Ahah e perché? Perché non ti ha ancora mangiato? E poi cos’altro? Ti ha irretito e non te ne sei nemmeno accorto…» 

Thor sentì la paura improvvisamente soffocarsi per lasciare spazio alla rabbia; abbassò le mani e rispose di getto.

«Lui non mi ha irretito, io lo…»  si bloccò e guardò verso Loki che sgranò gli occhi intuendo forse la fine di quella frase.

«Cosa? Lo ami magari?»  chiese il cacciatore serio e disgustato allo stesso tempo «È peggio di quello che credessi… Non sei solo attratto da una creatura oscura, ma provi un sentimento…sai non ti rende molto diverso da lui.» 

Thor tornò sul cacciatore e lo fissò duramente «Come fai a giudicare cosa è giusto o sbagliato? Chi sei tu per farlo?» 

Il cacciatore lo fissò un istante in silenzio prima di parlare «Sono uno che ha visto tanto dolore causato da mostri come lui, io stesso l’ho provato. Non hanno sentimenti, hanno solo istinti primordiali e tu sei troppo giovane per poterlo sapere…non hai visto quello che ho visto io…» 

Fissò Loki un istante e tirò un sospiro prima di proseguire «Vuoi sentire una storia ragazzo? Quando ero piccolo sono rimasto orfano e una famiglia nel mio villaggio mi ha preso con sé. Erano persone buone e avevano solo un altro figlio più piccolo di me. Si chiamava Steve. Siamo cresciuti insieme. Era mio fratello e il mio migliore amico. Mentre io crescevo forte e muscoloso, lui è rimasto esile e gracilino, ma con un animo grande e generoso molto più del mio. Poi è scoppiata la guerra e io sono andato a combattere. Lui voleva venire con me, ma io gli ho detto di no, che doveva stare a casa al sicuro a badare alle pecore e che io sarei tornato presto e andavo a combattere per proteggerlo. Poi sono partito e sono stato via tre anni. Quando la guerra è finita volevo solo tornare a casa e dimenticare gli orrori che avevo visto, fare il contadino magari o il pastore con Steve, ma quando sono arrivato al villaggio lui non c’era. È stata nostra madre a dirmi il perché…»  

Si fermò e prese un respiro.

«Una notte lei ha sentito le pecore belare. Steve è uscito al buio ed è andato a vedere se fosse tutto apposto mentre lei si è affacciata alla finestra. Lui ha alzato la lampada e c’erano una dozzina di pecore sgozzate a terra, abbastanza da saziare l’appetito di venti lupi, ma là fuori ce n’era uno solo. Assurdo quanto incontrollabile sia la sete di sangue di voi mostri no?» 

Si rivolse duro a Loki, poi tornò su Thor.

«Steve aveva con sé solo il bastone da pastore…il bastone capisci? Era così ingenuo che non si era certo immaginato di trovare qualcosa di crudele o pericoloso fuori. Non credo sia nemmeno riuscito ad alzarlo e difendersi. Nostra madre l’ha visto mentre quella bestia lo azzannava a morte e non ha potuto fare nulla se non piangere suo figlio. Quando l’ho saputo ho setacciato tutto il bosco vicino al villaggio e ucciso ogni lupo che vi ho trovato. Non avrei mai potuto riavere Steve indietro né le lacrime di nostra madre, ma ho giurato che voi figli del Demonio l’avreste pagata per tutti i vostri crimini, fino all’ultimo della vostra specie.»  

E tenendo alto il fucile si avvicinò ai piedi di un albero non troppo distante da lui dove aveva abbandonato una sacca di cuoio vecchio. Ne sfilò una sorta di stoffa stringendola nella mano di ferro.

«Dopo il mio giuramento sono partito dal mio villaggio e ho viaggiato a lungo e dovunque andassi  qualcuno piangeva la morte di un caro ucciso da un lupo.»  

Mostrò a Thor la stoffa che teneva tra le mani: un abito da bambina sporco di terra e sangue.

«Nell’ultimo villaggio dove sono stato un lupo aveva ucciso tre bambini. In quello prima una giovane ragazzina che passeggiava nel bosco a cercare funghi. Questo è ciò che ho trovato nella tana del lupo che l’ha mangiata ed è tutto quello che resta di lei» lo rimise al suo posto «Ovunque i lupi uccidono! E spesso non è per fame, ma per istinto di caccia soprattutto dei più deboli. Sono solo dei mostri e lo è anche lui!»  concluse rivolto a Loki.

Thor strinse i pugni. 

«Smettila. Di. Chiamarlo. Mostro! Non puoi! Lui è…» 

«Diverso? Solo perché non ha ucciso te? E prima di te? È un mezzo umano perciò ha la vita più lunga degli altri lupi. Gli hai chiesto quanti uomini ha ucciso prima di fare il bravo cucciolo? E immagino anche che non vi siate incontrati  mentre ciascuno di voi raccoglieva fiori giusto?!» 

Thor inevitabilmente ripensò al loro primo incontro e forse perché Loki lo lesse sul suo volto o perché il cacciatore aveva centrato il punto il moro abbassò lo sguardo come fosse colpevole.
Ma il biondo scosse la testa con forza.

«Questo…questo non c’entra niente…» 

«Sei proprio uno sciocco ragazzo! Mettiamo allora che sia buono e che ti corrisponda per davvero. Perché non vive con te al villaggio come un umano? Potrebbe farlo sai? Quelli come lui hanno questa fortuna, lo so perché ne ho incontrato uno. Gli basterebbe rinunciare a quella pelliccia di sua spontanea volontà.» 

Loki continuò a mantenere lo sguardo basso perché in fondo quelle parole erano vere. Odiava quel cacciatore e sé stesso per questo, ma fu Thor a sorprenderlo ancora una volta.

«Loki è una creatura libera, una creatura della foresta e questa è la sua natura! E non vorrei mai che la rinnegasse perché è ciò che lo rende colui che amo!» 

Loki sollevò di colpo lo guardò con occhi increduli e pieni di commozione e Thor li incontrò: il moro vi lesse terrore e tanta paura… paura di perderlo. 

Il cacciatore invece scosse la testa rassegnato «È evidente che l’amore ti ha reso cieco. Dio abbia pietà della tua anima ragazzo.» si avvicinò di più a Loki che lo fissò fiero «Perché quando avrò finito con lui, dovrò occuparmi anche di te…» 

Ma Thor quasi non lo lasciò finire: scattò in avanti e cercò di afferrargli il fucile.
Partì un colpo che per fortuna colpì un albero vicino, ma le schegge di legno saltarono ovunque costringendo Loki a chiudere gli occhi per evitare di rimanerne ferito; li riaprì seguendo con lo sguardo i due con la disperata consapevolezza di non poter fare nulla per aiutare Thor.
Il biondo lottava col soldato ed entrambi erano forti e non volevano mollare la presa sul fucile. Thor tentava anche di deviarne la traiettoria che l’altro cercava invece di tenere fissa su Loki.
Il cacciatore doveva essere stato un soldato davvero forte da come lo colpiva e quel braccio gli conferiva una presa ferrea per l’appunto, ma Thor non demorse e gli assestò una violenta testata sul naso.
Il suo avversario d’istinto allentò la presa e questo bastò a Thor per prendere possesso del fucile e puntarglielo contro.

«Stai indietro o…» 

«O cosa? Non mi sparerai ragazzo…»  disse l’altro sicuro.

Ma Thor lo fissò con odio «Non ne sarei così certo a questo punto!»  

Il cacciatore lesse determinazione nei suoi occhi e alzò entrambe le mani e rimase fermo nella sua posizione.
Thor, sempre mantenendo il contatto visivo con l’altro, si avvicinò a Loki: aveva sempre con sé il coltellino alla cintura perciò se lo sfilò e cercò di tagliare le corde.
L’ex-soldato Barnes seguì attento tutta quell’operazione senza emettere fiato.
Thor liberò Loki e lo aiutò ad alzarsi, ma fu un attimo di distrazione, un’occhiata al moro per assicurarsi che stesse bene, che il coltello del cacciatore volò nell’aria e gli si conficcò nella spalla strappandogli un urlo e facendogli mollare la presa sul fucile.
Il castano scattò in avanti per raggiungere l’arma, ma Loki fu più veloce, divenne un lupo e lo aggredì. I due rotolarono a terra mentre Thor si estrasse il coltello e riprese possesso del fucile; voleva prendere la mira, ma se avesse sparato in quel momento avrebbe rischiato di colpire Loki.
Non poteva fare niente! Era solo uno spettatore in quel tremendo duello per la sopravvivenza.
Mentre il lupo tentava di tenere l’altro a terra con morsi e graffi il cacciatore non demordeva cercando di difendersi e di ribaltare la situazione.
Loki però era aggressivo come non mai e mostrava le zanne grandi e bianche. Thor sapeva che il lupo stava difendendo entrambi da quell’uomo, ma vederlo attaccare senza sosta e mosso quasi da un odio profondo lo preoccupava e lo inquietava allo stesso tempo.
Quando il cacciatore riuscì a bloccare un morso a pochi centimetri dal suo viso fermando l’altro con un braccio si ritrovò a fissare quegli occhi pieni di odio che lui stesso aveva istigato e quasi ne ebbe paura. Anche Steve ne aveva avuta?
Quel pensiero sembrò rianimarlo e con un gridò di rabbia afferrò Loki al collo intrappolandolo col suo braccio di ferro in una morsa e tentando di soffocarlo.
Loki accusò persino un colpo al fianco che l’altro gli diede in aggiunta, ma non si diede per vinto e stringendo tra le zanne il ferro con un immenso sforzo gli strappò via quel braccio metallico.
Si sfilò dal soldato, lo sovrastò e inchiodandolo a terra gli morse il trapezio. Il sangue schizzò fuori mentre l’uomo gridava per il dolore.
Thor allora fu colto dalla paura: sapeva che Loki non era crudele, ma in quel momento quasi non lo stava riconoscendo.

«Loki ti prego»  lo richiamò, ma il moro non lo ascoltava.

Sollevò la testa dal punto colpito fissando il castano e ringhiando minaccioso. 

«Co-coraggio… f-fallo! Fagli vedere…il m-mostro…che sei.»  lo provocò l’altro deciso comunque a non cedere nonostante la situazione. 

Il lupo lo fissò con ancora più odio. Thor intanto gridava disperato, ma non osava muoversi. In quel momento Loki forse non avrebbe riconosciuto nemmeno lui.

«Loki non sei un mostro, lo sai…io non lo penso….LOKI NON FARLO! TI PREGO!»  

Ma Loki sembrava non sentirlo.
Il cacciatore lo vide spalancare le fauci e calare lento e feroce su di lui; il suo respiro umido e caldo ormai gli investiva le palpebre.
A quel punto si sentì lui stesso in trappola e accettando il suo destino chiuse gli occhi.
Ma Thor gridò ancora.

«NON FARLO AMORE!» 

Il cacciatore tenne gli occhi chiusi, ma non avvertì nessun morso né più il fiato della bestia su di lui. Li riaprì con cautela: il lupo era diventato di nuovo quel ragazzo e lo fissava, ma il suo sguardo era indecifrabile.
Vide i suoi occhi farsi lucidi e… erano lacrime quelle che affioravano appena? Quel mostro stava soffrendo?
Loki scosse la testa e lo guardò deciso, ma non sembrava avere più alcuna intenzione di attaccarlo. 

«Io.Non.Sono.Un.Mostro.» scandì deciso e fissò il cacciatore come ad accertarsi che avesse capito dopodiché si sollevò da lui.

Si tastò appena il viso, vide il sangue sulle mani e ne percepì il sapore in bocca; mosse qualche passo all’indietro poi lentamente si voltò verso Thor.
Aveva timore ad incontrare il suo sguardo e di cosa vi avrebbe letto: il compagno lo avevo visto perdere il controllo e quasi diventare il mostro che aveva appena negato di essere.
Ma non vi lesse nulla perché Thor abbandonò il fucile, bruciò la distanza che li separava e se lo strinse tra le braccia con un misto di disperazione e sollievo.
Loki abbassò lo sguardo, ma Thor non se ne curò e non allentò la stretta.
«Va tutto bene, è finita.» gli sussurrò piano, poi si rivolse all’uomo ancora a terra che li fissava stupito mentre si teneva premuta la ferita del morso. Il biondo lo guardò duramente.

«Se avesse voluto ucciderti l’avrebbe fatto, ma è come ha detto lui. Loki non è un mostro! Adesso lasciaci in pace e non tornare!»  gli disse mentre l’altro si alzava.

L’ex-soldato lo fissò poi guardò Loki. Sembrava spaventato e scioccato da sé stesso per quello che aveva appena fatto; Eppure lo aveva risparmiato.
Il cacciatore non voleva la sua pietà ed era pronto a morire, ma era bastata una parola…“Amore”.
L’odio, la rabbia, la furia…tutto ciò che lui stesso aveva provocato nel suo avversario era sparito e aveva potuto leggerlo negli occhi del giovane diventati di colpo del tutto innocui.
Forse quella forza era davvero così potente da abbattere il male anche in quelle creature? Forse non erano tutte crudeli? Forse quei due giovani provavano qualcosa di vero l’uno per l’altro…
E lui…non era nessuno per distruggere quel legame tanto potente.
Annuì semplicemente, prese il suo braccio da terra e lo pose nella sacca poi recuperò il suo fucile. Nel farlo Loki non lo perse mai di vista e sembrò pararsi di fronte a Thor come a proteggerlo, ma il cacciatore non aveva intenzione di sparar loro.
Dopo tanta sofferenza e dolore nella sua vita quella che aveva davanti a sé era una visione di luce  e in qualche modo scaldava il suo cuore ferito e il suo animo stanco.
Si voltò e dando loro le spalle sparì nel folto della foresta lasciando i due soli. 

«Loki…» chiamò Thor dopo un momento, ma il moro non lo guardò «Guardami Loki.» Disse ancora gentile.

Voleva accarezzargli una guancia, ma il moro si ritrasse e si portò una mano alla bocca.
Scosse la testa con forza: si sentiva sporco e aveva la bocca e le guance macchiate di sangue. Gli era finito persino sulla pelliccia.  
Thor si tolse velocemente il mantello e glielo appoggiò sulle spalle avvolgendovelo.

«Coraggio andiamo…» 

«D-dove?»  sussurrò Loki.

«In un posto sicuro.»  gli sorrise Thor gentile. 

Poi gli circondò la vita con un braccio e i due si incamminarono nel buio verso l’unico posto sicuro per entrambi. 

 

Come risvegliata da un sesto senso Frigga aprì gli occhi e accese una candela. Si sentiva agitata. Forse perché aveva sognato quell’uomo e Loki che lottavano.
Scese dal letto e si diresse cauta fuori dalla sua stanza: qualcosa non andava, se lo sentiva dentro.
Mossa da un istinto interiore raggiunse la porta di casa e la aprì. Era tutto buio, ma avvertì dei rumori tra gli alberi a poca distanza dall’ingresso: con suo grande stupore vide infatti spuntarne due figure che si diressero verso di lei.

«MADRE!»  chiamò una.

Frigga dapprima sobbalzò sorpresa poi alzò di più la candela riconoscendo suo figlio. Stringeva  un  giovane che non aveva mai visto e sporco di sangue sul viso.

«Thor, ma cosa è successo?»  chiese preoccupata.

«Madre va tutto bene, è stato il cacciatore, ma Loki  ha bisogno…» 

«Loki? Dov’è? Che gli è successo?»  chiese la madre agitandosi visibilmente e cercando il lupo con lo sguardo.

«Veramente…proprio qui…»  sussurrò Thor guardando verso il compagno.

Frigga non comprese subito e seguì il suo sguardo posandolo sul giovane spaurito che intanto non la guardava. Sgranò gli occhi, ma contenne lo stupore e facendosi forza  si scansò.
Fece loro cenno di entrare senza dire una parola. 

 

Thor fece sedere Loki su una sedia mentre Frigga attizzò il fuoco nel camino per fare luce dopodiché raggiunse suo figlio che in ginocchio stava vicino all’altro e gli teneva la mano. 

«Cos’è accaduto?» 

«Il cacciatore che hai visto ieri…ha catturato Loki e voleva…ucciderlo.» 

La donna si portò una mano alla bocca e fissò il moro ad occhi sgranati mentre questi avrebbe solo voluto sprofondare per la vergogna.

«Sono arrivato in tempo e li ho trovati nella foresta. Ho provato a far ragionare quell’uomo, ma lui…lui non si dava per vinto, così abbiamo lottato e poi Loki… Lo ha ferito per difendere entrambi e poteva ucciderlo, ma….» 

Cercò lo sguardo del compagno che ancora gli si negava «Ma lo ha risparmiato…e quell’uomo se n’è andato. Non credo ci abbia seguiti.» Si rivolse alla madre «Mamma abbiamo bisogno di un posto sicuro per questa notte.» 

La donna fissò prima il figlio poi il giovane che teneva lo sguardo a terra.  Gli si avvicinò piano, gli appoggiò una mano sulla spalla e gli spostò un ciocca di capelli neri dal volto con delicatezza.
Il moro sembrava sul punto di scoppiare a piangere e i suoi occhi erano pieni di lacrime.

«Ho sempre saputo che eri speciale. Anche se non potevo immaginare fino a questo punto»  disse dolce. 

Il moro trovò un po’ di coraggio e la guardò incredulo: non era delusa? Non le faceva ribrezzo sporco di sangue nella sua casa? Non era arrabbiata che le avesse mentito sulla sua identità? Lei si fidava di lui…

Ma Frigga gli sorrise «Però…» aggiunse e Loki la guardò con apprensione «potevi dirmi di essere mezzo umano! Avremmo preso in giro Thor insieme!» 

«Ehi!»  Non riuscì a trattenersi il biondo.

Ma la donna stava guardando Loki che per tutta risposta avvertì quelle lacrime che aveva  provato a trattenere scendergli calde dagli occhi.

«Mi dispiace…»  sussurrò con un filo di voce.

«Tesoro non hai nulla per cui dispiacerti. Hai capito?»  

Anche se non era troppo convinto Loki trovò la forza di annuire.

«Thor per favore vai al pozzo e prendi dell’acqua, la metteremo a scaldare così Loki potrà lavarsi se lo desidera.» 

Il moro annuì ancora e ingoiò tutta la vergogna che aveva provato sentendosi appena sollevato sotto quello sguardo gentile.

Frigga lo prese per mano «Coraggio vieni con me.»

 

Loki si lavò e dopo si dedicò a rimuovere il sangue dalla sua pelliccia nell’acqua ancora calda. Si sentiva in una sorta di stato di trance mentre quello veniva via e l’acqua si tingeva di rosso.
Fissò un istante quel catino; lo avrebbe rovesciato dalla rabbia.
Vi si sporse sopra e d’istinto stava per farlo, ma si bloccò ritraendosi.
Il respiro accelerato e il cuore a battere forte, le mani a tremare appena.
Si sedette sul bordo del grande e soffice letto della stanza di Thor che Frigga aveva sistemato per loro. Vi sprofondò un po’, ma senza badarci granché.
Tastò la sua pelliccia e se la portò al petto. La sentiva bagnata, ma era finalmente pulita da quel sangue non suo.
Un mostro, ecco cosa stava per diventare…
La fissò in silenzio e ne tastò la consistenza morbida tra le mani. Se non l’avesse indossata più magari…
Qualcuno bussò alla porta e la aprì senza attendere riposta. Thor comparve sullo stipite e constatato che Loki non si stesse ancora lavando si introdusse nella stanza.
Era a petto nudo e aveva la spalla ferita fasciata.

«Ti ho portato una vestaglia. Mi dispiace, ma era l’unica cosa che avesse mia madre per coprirti.»  Thor osservò l’altro seduto immobile sul letto e coi capelli e il volto ancora bagnati; teneva tra le mani la sua pelliccia e la fissava mentre la stringeva. 

Gettò anche un’occhiata al catino e lo vide colmo di acqua rossa.

«La vestaglia te la metto qui sul letto. Porto via questo e torno subito, aspettami qui.»  disse Thor  e preso il catino lo portò fuori. Quando tornò Loki era ancora lì immobile e continuava a fissare la pelliccia. 

Tirò un sospiro e si sedette accanto a lui. Lo osservò in silenzio e gli portò una ciocca di capelli scuri  e bagnati dietro l’orecchio.

«Frigga?»  chiese solamente Loki.

«Sta andando a dormire, gli ho detto di non preoccuparsi e che se avremo bisogno la sveglieremo.» 

Il moro annuì continuando a non guardarlo e Thor avvicinò cautamente la mano ad una delle sue che stringevano la pelliccia «Se ti fidi questa la mettiamo su quella sedia e lasciamo che si asciughi, tu intanto puoi metterti al caldo che ne dici?»  sfiorò con delicatezza la mano dell’altro che mollò la presa. «Ecco…» sussurrò Thor e per la prima volta tenne tra le mani quel tesoro di puro nero e con attenzione lo depositò su una sedia lì accanto. 

Ogni volta che lui e Loki erano stati insieme la pelliccia si separava dal corpo del suo amante, ma rimaneva sempre sotto di lui o comunque l’altro non gli permetteva di toccarla. Conoscendone l’importanza Thor ne capiva benissimo il motivo.
Stavolta però Loki lo seguì solo con lo sguardo, ma non proferì parola. 

Thor si voltò e lo guardò un po’ in imbarazzo «Loki…vu-vuoi toglierti anche il resto?…Insomma solo se vuoi! Lo…lo so…che ecco sotto non sei…» 

Ma Loki non gli diede il tempo di finire: si alzò e tenendo lo sguardo davanti a sé e sempre senza guardare Thor si sfilò la pezza con la coda rimanendo completamente nudo davanti a lui.
Thor allungò una mano e usando ancor più delicatezza pose anche quella parte di Loki sulla sedia poi tornò su di lui che sembrava per la prima volta sentirsi scoperto e insicuro come non mai; lo si intuiva da come stava tutto ricurvo su sé stesso e si teneva le braccia attorno al petto.

«Vieni metti questa.»  gli disse gentile l’altro comprendendo il suo disagio e prendendo la vestaglia della madre.

«Ma è di tua…» 

«A lei non dispiace credimi e poi ne ha tante, non le mette mica tutte insieme.»  rise appena e ve lo avvolse «Senti? È bella calda.»  gliela chiuse sul davanti poi gli raggiunse i polsi e glieli sfiorò.

Lentamente fece scorrere le mani da quelli sulle braccia del moro e le strinse appena.

«Stai bene?»  sussurrò con un filo di voce. 

Il moro scosse la testa e continuò a non guardarlo. 

«Non ti farà più male. Nessuno lo farà.» 

Inaspettatamente gli occhi di Loki si fecero umidi e si ingrandirono e Thor intuì che l’altro fosse di nuovo sul punto di piangere. Lo riaccompagnò a sedersi con lui sul bordo del letto e gli prese le mani nelle sue.
Non sapeva bene come comportarsi, lui era un vero disastro coi sentimenti e tre anni a tenerseli dentro non avevano certo aiutato, ma fece del suo meglio. 

«Ma-magari è un brutto momento, ma sai stavo pensando che non mi dispiacerebbe vivere in una casetta come questa, magari qui intorno. È tranquillo, c’è pace, è a solo mezz’ora a piedi dal villaggio. La mattina potrei andare dal mugnaio e tornerei la sera e così…ci-ci sarebbe la foresta e tu potresti essere libero durante il giorno e…» 

«Cosa stai dicendo?»  sussurrò Loki confuso.

«Solo che…ecco insomma potremmo viverci…insieme e così noi due…» borbottò il biondo timidamente.

Loki a quel punto lo guardò e sgranò gli occhi «Thor…mi stai davvero chiedendo di vivere insieme…come una coppia?» 

«Beh se ti piace quella parola…io preferivo “famiglia”…insomma a me basta che ci sia tu…E mia madre approva se può essere un punto a favore. Sai ti adorava anche prima e adesso ancora di…» tentò di farfugliare ancora il biondo, ma Loki scosse violentemente la testa.

«Thor no! Quelli come me sono dei mo…delle bestie! Lo capisci?! Hai-hai visto quello che ho fatto! Cos’ero diventato! E quel cacciatore non ti ha mentito….credi che prima di te io avessi sempre mangiato animali della foresta?!» la voce gli si incrinò appena «Io ho ucciso uomini Thor e non conta che io non lo faccia più. Sono un animale, una bestia e lo sarò sempre e niente cancellerà le macchie del mio passato o quelle della mia specie. Io non posso darti una vita normale Thor. Non meriti di stare con una creatura come… come…»  le parole gli morirono in gola.

Thor gli sollevò il mento e incontrò i suoi grandi occhi lucidi in silenzio; si protese un po’ verso di lui.

«Come te? Loki… tu per me sei quanto di più puro possa esistere. Magari hai fatto cose…terribili dettate dal tuo istinto eppure in questo sei cambiato. E forse….forse non posso cancellare l’oscurità dal tuo passato… ma posso costruire con te un futuro talmente luminoso che quella…non sembrerà che un piccolissimo chicco di grano in un sacco di farina ben macinata.»

Gli venne da ridere nel sentirsi pronunciare quelle parole. 

«Scusa, non sono granché a far paragoni, ma vorrei che lo capissi comunque. Perché per me Loki tu sei…quanto di più raro io potessi sperare di trovare…Sei il mio amore.»  

L’altro lo guardò smarrito e tacque, ma Thor continuò e gli prese il volto tra le mani. 

«Loki…io ti amo.» 

Loki smise di respirare e una lacrima lasciò i suoi occhi. Thor la asperse con un pollice e gli sorrise.

«Meritavi di saperlo prima lo so. Perdonami amore, ma ti prego…non piangere perché da oggi staremo insieme. Non ti lascerò più solo Loki…» 

Le labbra del moro tremarono «T-Thor…ho perso il controllo prima. Se mi accadesse con te…io non voglio farti del male.»  Si confessò in un sussurro.

«Prima? Ti è bastato ricordare chi sei, l’amore della mia vita, e tutto è andato bene…non mi accadrà mai niente perché tu non potresti mai farmi del male, io lo so.» 

Loki strizzò le palpebre e annuì mentre Thor con tanta tenerezza gli si fece più vicino e gli appose un  bacio dolce e casto sulle labbra.

E Loki sorrise contro quel bacio e stavolta lo guardò con uno sguardo nuovo e pieno di speranza  «Thor…anche io ti…ti amo, ma come …come posso chiederti di rinunciare a tutto per me?» 

«Ahah sei un po’ drastico non ti pare? Sto solo cambiando qualcosa, ma se dovessi rinunciare a tutto per te mi starebbe bene.» 

«E tuo padre? Come farai con lui?» 

«Imparerà a badare a sé stesso e poi gli darò un’occhiata quando andrò a lavorare.» 

Loki lo fissò e sembrava che un sorriso stesse per apparire sul suo volto poi gettò uno sguardo alla sua pelliccia e tornò triste «Thor forse…forse sarebbe solo meglio che io rinunciassi a…» 

«A te stesso? A chi sei? Non dirlo nemmeno per scherzo Loki! Tu sei una creatura speciale e io non cambierei niente di te, né voglio che tu rinunci a chi sei per me.» 

«Allora dici sul serio?» chiese Loki emozionato.

«No, voglio mettermi a costruire una casa come passatempo!» 

«Che stupido sei Thor.» rise il moro «Però potremmo anche avvicinarci al villaggio senza uscire dalla foresta no? Non mi va che ogni giorno tu faccia tanta strada.» 

«Temi forse che ti chieda di massaggiarmi i piedi per la fatica?» Scherzò il biondo. 

«Puoi scordartelo fin da adesso!» 

«Questo è il mio amore ahahah! Suppongo che allora troveremo la soluzione migliore.» 

Loki annuì e aggrappandoglisi alle spalle felice lo baciò e se lo trascinò addosso sul letto morbido.
Thor lo lasciò fare facendo attenzione a non fargli male: Loki era pieno di graffi e lividi freschi di qualche ora prima e separandosi da lui Thor baciò quelli visibili sul suo petto come a volerli curare.

Poi si sollevò sui gomiti e gli sorrise «Sai però ho anche un altro piano. Potresti travestirti e venire con me al villaggio. Direi a tutti che sei la mia nonnina. Questa vestaglia ti dona e guarda cos’ho per te…» disse tirando fuori a sorpresa dai suoi calzoni la cuffietta di sua madre. «Se lo scopre mi uccide, ma visto che è per te… sono sicuro che mi perdonerà!» rise mettendogliela «Ecco sei una vecchietta perfetta.» 

Il moro rise e se la sfilò «Guarda che questa sta meglio a te!» disse infilandogliela «Però non ti sta sulle orecchie…cara nonnina che orecchie grandi che hai!» 

Thor rise «Per sentire meglio la tua voce e i tuoi “complimenti” mio dolce amore.» 

Loki rise e fece scorrere le mani sulle sue braccia «Mmm e che braccia forti…» 

«Per stringerti a me e non lasciarti più scappare.»  rispose il biondo.

Il moro arrossì e sorrise, il suo bel sorriso bianco e perfetto e Thor si fece più vicino.
Gli afferrò delicatamente il mento «E tu…che labbra belle hai…» disse incatenando gli occhi ai suoi.

Loki lo guardò dolce e rapito «Per baciarti e saziarmi di te…» sussurrò su quelle del biondo.

I due si sorrisero e si avvicinarono per baciarsi dolcemente ancora e ancora. 

 

Fine 

 

Note:

Cappuccetto Rosso: https://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/cappucetto_rosso

 

Ciao a tutti!
Lo so merito il rogo per aver ucciso il povero Steve e condannato Bucky al ruolo di cacciatore, ma si prestavano così bene! Abbiate pietà e non odiatemi troppo se potete, giuro che a cose normali li adoro!
Non ho grandi note istruttive per voi stavolta tranne che la frase iniziale è tratta da “Hello Little Girl” da Into the Woods. Se non la conoscete e siete curiosi andate ad ascoltarla =)
Annunci!
Non odiatemi, lo so che l’ho già chiesto, ma devo chiedervelo ancora: ho iniziato a lavorare alla serie nuova, ma temo che ci vorrà un pochino e tornerò alle mie classiche due, tre settimane.
Nel mezzo magari pubblicherò Raperonzolo, ma vediamo cosa riesco a combinare =(
Perciò intanto un abbraccio a tutti voi e per restare in tema…

Goodbye, Mr. Wolf. 

Goodbye, little girl. 
And hello…

E dopo questa momento di ordinaria follia….alla prossima storia =)

P.s vi metto questo link che è la mia pagina wattpad. Magari siete curiosi di vedere gli obbrobri di copertine che ho creato per le mie FF.
 
https://www.wattpad.com/user/Isidar27 
Un bacio a tutti =)

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Capitolo 5
*** Te lo prometto! ***


 

Note d’incipit: Ciao a tutt*! Dunque dunque spero non vi perderete tra descrizioni e dettagli vari perché il labirinto del Minotauro è meno complesso vi assicuro…comunque! In questa fiaba ho inserito un piccolo cameo di qualcuno molto, mooolto, importante per l’universo Marvel, ma sta a voi trovarlo =) Perciò  buona lettura e ci ritroviamo in fondo!

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Te lo prometto!

 

And when her tears touched his eyes
 they became clear again,
 and he could see with them 
as well as ever.

«Lo vedi il Dragone?»

«È quello lì?»

«No, quella è l’Orsa Minore.»

«Allora quella laggiù?»

«Quella è la Maggiore. Cavolo Thor non ne prendi una.»

«Non riesco a vederlo.» ribatté triste il bambino biondo di dieci anni, mentre un piccolo broncio gli si dipingeva sul volto. 

Il moro, più piccolo dell’altro, scosse la testa divertito da quella reazione. 
Erano solo loro due sul piccolo balcone della stanza più alta della torre dove abitavano ed entrambi tenevano i nasini rivolti verso il cielo.
Il biondo si chiamava Thor mentre il nome del moro era Loki. Quest’ultimo prese gentilmente la mano del fratello.

«Ecco allunga l’indice. È quella! Una, due e tre.» disse guidando il suo dito a seguire le stelle nel cielo «La vedi adesso?»

«Si, si credo di si. Cavolo Loki va bene che ti piacciono le stelle, ma come fai a non confonderle? Sono troppe!»

«Troppe Thor? Pensa che esiste un altro emisfero in cui ce ne sono addirittura altre.»

«Davvero?» fece il biondino sbalordito. «Quindi vuoi dire che c’è un posto dove non vedono le nostre stesse stelle?»

«Si è così.» confermò il moro.

«Wooow.» fece allegro il biondo. 

Loki sorrise dolce poi osservò i capelli biondi dell’altro: erano stati sforbiciati malissimo ed erano cortissimi «Sei…sei ancora arrabbiato per i capelli Thor?»

«Va un po’ meglio adesso…grazie a te Loki.» 

Il moro sorrise a quelle parole e passò una mano sui capelli dell’altro «Lo sai? Dovresti dire ad Hela di smetterla di tagliarti i capelli. A me piaci di più quando li hai lunghi.»

«Davvero?» chiese il biondo felice di sentire quelle parole. La loro sorella maggiore quel giorno aveva tagliato ad entrambi i capelli, ma mentre quelli di Loki erano perfetti quelli di Thor sembravano essersi scontrati con delle forbici impazzite. «Sai una cosa? Allora non me li farò più tagliare! Me li farò crescere così lunghi che ci si potrà fare una corda lunghissima.» 

«Ahah è impossibile Thor! Come faresti a  gestirli poi?»

«Mmm non lo so…Aspetta! Potresti sempre intrecciarmeli tu!» propose il biondo. 

«Ma io… non so fare le trecce.» Ammise l’altro dispiaciuto. 

«Sono sicuro che imparerai, tu sei bravo in tutto Loki.» 

Il moro arrossì. 

«S-si potrebbe fare… e va bene allora tu li farai crescere e io te li intreccerò.»

«Affare fatto e poi quando cresceremo e potrò uscire di qui ci caleremo da questa torre con la corda fatta dai miei capelli e ti porterò a vedere il mondo e le stelle dell’altro emistero…no entisfero…ehm come hai detto che si dice?»

Ma al piccolo Loki non importava granché che il fratello non sapesse pronunciare quella parola.

«Davvero lo farai Thor? Mi porterai a vedere quelle stelle?»

«Ma certo! Te l’ho detto no?»

«Promesso?» Chiese il moro speranzoso.

«Promesso!» Asserì l’altro sorridendogli.

 

C’erano una volta due fratelli che vivevano in una torre con la loro sorella maggiore.
Uno dei due però non poteva assolutamente uscirne…mai.

 

Thor era seduto a gambe incrociate sul grande letto di quella stanza all’ultimo piano della torre. Era annoiato mentre continuava a passarsi tra le mani un gomitolo di lana a mo’ di pallina. Lo lanciava in aria a pochi centimetri dal palmo per recuperarlo subito e poi di nuovo.
Su, giù, su, giù…
Aveva trascorso così le ultime due ore in attesa; finalmente la porta della camera si spalancò con un sonoro “slam!” 
Un giovane Loki di dodici anni fece il suo ingresso con un sorriso stampato in faccia venendo immediatamente ricambiato da un Thor di quattordici. 

«Giù dal letto, adesso!» gli ordinò Loki allegro richiudendosi la porta alle spalle.

«Che succede Loki?» chiese Thor pieno di curiosità scendendo dal letto seguito dalla sua treccia bionda che gli arrivava oltre la vita, ma Loki si limitò ad estrarre una piccola anfora sigillata da sotto al mantello e a posizionarla su un grande comò in legno marrone nella stanza.

«Presto! Prima che Hela finisca di fare il bagno! Vieni qui.» disse con urgenza prendendo le mani di Thor e conducendolo al centro della stanza. «E adesso…» sorrise poi avvicinandosi all’anfora e togliendo il tappo di sughero che la chiudeva.  «Ascolta!»

Immediatamente dal contenitore uscì una musica allegra e festosa.

«Ho intrappolato la musica dei suonatori del villaggio dentro questa anfora incantata mentre la suonavano. Thor questo è ciò che suonano per far festa!»

Il volto di Thor si illuminò: dunque era così che ci si divertiva in paese? 

«E ho imparato un’altra cosa, coraggio mettimi le mani sui fianchi, si così e io te le metto sulle spalle, ora cerca di seguirmi coi piedi.» 

In quella strana posizione Loki iniziò a muovere i piedi e a coinvolgere entrambi in una danza. «Questa è una “danza”. Ricordi quando ti dicevo di aver visto suonare e ballare? Stavolta ho avuto tempo di imparare così da insegnartelo e farlo insieme! Hai visto Thor? Ti ho portato un po’ del villaggio proprio qui!» disse felice.

Gli occhi di Thor brillarono e si fecero lucidi «Loki, lo…lo hai fatto per me?»

«No, per i caproni della radura, sai sanno essere più svegli di te! Ahahah, ma certo che l’ho fatto per te, zuccone! Se devi star chiuso qua dentro sarò io a portarti il mondo esterno qui! Thor…ma stai piangendo?» chiese il moro apprensivo.

E in effetti una lacrima aveva lasciato gli occhi di Thor, una lacrima di gioia «Tu sei il miglior fratello di sempre!»

Loki allora tirò un sospiro di sollievo «Se è per questo sono il tuo unico fratello.» scherzò poi.

Ma Thor si fermò e lo abbracciò forte «Grazie.» sussurrò.

Loki in quell’abbraccio sorrise poi si separò dall’altro con dolcezza. Guardò il biondo negli occhi «Un giorno troverò un rimedio alla tua malattia e quando uscirai di qui ti porterò a ballare Thor. Così sentirai la musica e vedrai le persone danzare felici e ci saremo anche noi tra loro.»

«Davvero lo farai?» Chiese il biondo emozionato.

«Assolutamente si! È una promessa!»

«Allora vado ad aggiungerla alla nostra lista.» fece per voltarsi, ma Loki lo trattenne.

«Lo farai più tardi. Adesso sarà meglio nascondere la musica prima che Hela la senta.» sapevano entrambi che la sorella non apprezzava che Loki portasse dei souvenir da fuori per il fratello, perciò quella era la soluzione migliore. «Sai la musica in quell’anfora è ormai sotto un mio speciale incantesimo e vi rimarrà per sempre. Così potremo esercitarci! Non vorrai rischiare di ballare con me e di non sapere i passi, giusto? Sai che brutta figura?!»

A quell’affermazione il biondo non poté che ridere di cuore…

 

Thor spalancò gli occhi e tirò un profondo sospiro. 
Era ancora notte fonda e il buio e l’aria fresca entravano dalla finestra aperta sul piccolo balcone invadendo la stanza. Aveva sognato, no, aveva ricordato quel momento in cui Loki gli aveva fatto conoscere la musica del villaggio. 
Erano passati nove anni da allora e Loki gli aveva promesso che lo avrebbe portato a ballare.  Quella promessa Thor l’aveva aggiunta ad una lista. Una lista di tutto ciò che lui e Loki avrebbero fatto una volta che il biondo fosse uscito da quella torre.
Ma questo…non era ancora accaduto e quella stessa lista era una degna avversaria dei suoi lunghi capelli biondi.
Erano lunghissimi ormai; partivano da una treccia sulla sua testa e si estendevano ovunque nella stanza 
Il giovane si sollevò puntellandosi sui gomiti per poi mettersi seduto sotto il lenzuolo candido. Quella notte era fresca per essere fine giugno, eppure aveva la fronte appena sudata così come il petto nudo. Gli sembrava che il sonno lo avesse completamente abbandonato; quando succedeva così non c’era versi che si riaddormentasse e lo sapeva bene, eccezion fatta se…

«Non riesci a dormire?»

Il biondo guardò alla sua sinistra verso la figura sdraiata di spalle che fino ad un istante prima credeva placidamente addormentata. Sorrise.

«Scusa, non volevo svegliarti.» sussurrò incominciando ad accarezzarne i capelli corvini tagliati alla metà del collo.

Loki con gli occhi ancora impastati dal sonno si stiracchiò appena e si voltò verso il biondo. Iniziò ad accarezzargli distrattamente il fianco scoperto dal lenzuolo. 

«Cos’hai sognato stavolta?»

Thor sorrise a quelle carezze premurose e scosse la testa «Nulla di importante…ahi!»

Loki gli aveva dato un pizzicotto e lo stava guardando con le sopracciglia alzate con fare eloquente «La verità.» disse riprendendo le delicate attenzioni al fianco del biondo.

Thor sospirò «Ho sognato di quella volta che mi hai…mi hai portato la musica e mi hai insegnato a ballare. Mi hai promesso che mi ci avresti portato e ….non lo so insomma mi è salita un po’…di malinconia credo.»

Loki smise di accarezzarlo e lo guardò triste e in silenzio. Sollevò il cuscino dietro di sé e vi si appoggiò comodamente contro con la schiena nuda.

Aprì le braccia «Vieni qui avanti.»

Thor sapeva bene che Loki volesse consolarlo e la consolazione di Loki prevedeva sempre un fondamentale ingrediente: le coccole. Non se lo fece ripetere due volte e si fiondò tra le sue braccia stringendosi a lui come un cucciolo smarrito.
Il moro lo abbracciò ed iniziò ad accarezzargli i capelli poco sopra la fronte seguendo poi con le dita il percorso della treccia sulla sua testa.

«Uhm però…ti sei fatto più pesante o sbaglio?»

«Sono solo muscoli.»

«Oh certo muscoli…o magari è perché mangi un biscotto ogni due che cucini? Aaah e poi dici di prepararli per me…» lo prese in giro il moro.

Thor affondò il mento sul suo petto e lo fissò fingendosi offeso «Posso sempre smetterla di prepararteli.» minacciò, ma non trattenne un sorrisetto. 

«Saresti così crudele con me? Molto bene… allora vorrà dire che non ti importa se smetto di…» disse il moro alzando le mani dalla testa del biondo.

Thor in risposta le riafferrò dai polsi e le riportò sulla sua testa come un bambino capriccioso. Loki rise e ricominciò ad accarezzarlo. 

«Thor…Se vuoi domani…in realtà oggi ormai… posso non andare e stare con te…»

«Assolutamente no! Devi fare quel rituale e poi festeggeremo il tuo compleanno insieme! Ventun anni e l’età adulta non si raggiungono tutti i giorni fratellino.» 

Loki sorrise «È solo che…ultimamente  mi sembri turbato Thor e non mi va che…»

«Che resti tutto solo come ogni volta che tu ed Hela dovete stare via?» chiese Thor alzando i suoi occhioni azzurri e incontrando quelli verdi del moro. «Sta tranquillo, ormai so che preferisci quei vecchi stregoni a me.»

«Stupido.» rise Loki tirandogli appena i capelli «Piuttosto che vuoi che ti porti stavolta?»

«Lokiii, non serve. È il tuo compleanno non c’è bisogno che pensi sempre a me!»

«Mmm allora porterò qualcosa con la scusa del mio compleanno da dividere con te. Magari quei buonissimi dolci di marzapane ricoperti di cioccolato che piacciono tanto ad entrambi?»

«Sei incorreggibile Loki…» rise Thor e si sentì meglio come solo Loki riusciva a farlo sentire…da tutta la loro vita.

I due fratelli vivevano in quella torre da che ne avevano memoria.
I loro genitori erano morti di peste e i bambini erano rimasti affidati alla loro sorella maggiore, Hela.
Proprio quest’ultima però aveva spiegato loro che anche Thor avesse contratto quella tremenda malattia e fosse arrivato in fin di vita; per salvarlo lei, che era una strega, aveva trovato un’unica soluzione: lo aveva legato ad un incantesimo. Aveva legato il corpo e la vita del fratello a quella stessa torre rendendolo il suo luogo sicuro, ma se Thor ne fosse uscito l’incantesimo si sarebbe spezzato in brevissimo tempo e lui sarebbe subito morto, ucciso dalla malattia da cui stava scappando…
Per questo motivo Thor non era mai uscito da quella torre e vi aveva passato tutta la sua vita.
Cercava di tenersi occupato tra i lavori domestici e allenando i muscoli come meglio poteva. Essendo molto forte si occupava anche di spaccare la legna che Hela gli faceva avere con la magia e di tenere caldo il castello assicurandosi di alimentare di continuo la grossa caldaia nel sotterraneo.
Loki era il suo unico contatto con il mondo esterno: gli portava libri, cose da mangiare e se riusciva qualche animaletto.
Usava anche la sua magia per ricreare tramite illusioni di polvere verde ciò che avrebbe voluto mostrargli. 
A quanto pareva dei tre fratelli l’unico a non aver ricevuto il dono della magia era stato proprio Thor. 

“Perché anche io non sono magico come te e Loki, Hela?” Aveva chiesto una volta il biondo quando ancora lui e Loki erano bambini.

La sorella maggiore gli aveva prontamente risposto “Perché, fratellino mio, non tutti siamo uguali. Vedi io e Loki siamo magici, ma tu hai ereditato la forza di nostro padre e sei identico a lui ti assicuro!”

E il bambino se l’era fatto bastare perché in fondo lei e Loki erano simili anche nell’aspetto sia per il nero dei capelli che per la pelle chiara. Anche gli occhi erano verdi per entrambi benché quelli di Hela non fossero  belli come quelli di Loki che invece sembravano due smeraldi.
Il suo fratellino era quanto di più prezioso Thor potesse avere. 
Fin da piccoli i due erano stati insieme ogni singolo giorno poi, quando Thor aveva quattordici anni e Loki ne aveva compiuti dodici, la sorella aveva iniziato a portare il moro con sé fuori dalla torre, ma Loki portava a Thor ogni sorta di dono. 
Tuttavia Hela non apprezzava questo comportamento da parte del moro e diceva che così incoraggiava solo il povero Thor in qualcosa che non avrebbe mai potuto ottenere a causa della malattia: la libertà. 
Ma Thor non la pensava affatto così e se non fosse stato per Loki sarebbe impazzito.
Non poteva uscire per rimanere in vita, ma ironia della sorte star rinchiuso in quella torre lo stava conducendo alla rovina; non importava che fosse sempre stato un giovane pieno di gioia e serenità, a volte la malinconia lo assaliva e peggiorava di anno in anno.
Gli era persino quasi costata la vita. 
Una sera di diversi anni prima preso dalla disperazione aveva provato a calarsi con una corda di lenzuola giù dalla torre. 
Dal piccolo balcone della camera Loki aveva cercato di richiamarlo e di farlo desistere, ma lui niente e così piano piano aveva continuato a scendere. Non aveva ancora toccato terra che un tremendo dolore all’addome lo aveva pervaso così come una sorta di sensazione di mancanza di ossigeno. 
Ricordava i brividi di freddo lungo la sua schiena e di aver visto le sue mani diventare nere. Aveva urlato con tutto sé stesso prima che Hela lo raggiungesse e lo riportasse immediatamente nella torre. 
Si era spaventato da morire e come lui Loki che era corso ad abbracciarlo piangendo con disperazione e dandogli dello stupido per aver  tentato quel gesto avventato.
Dopo quella volta Thor non si era minimante azzardato a mettere di nuovo il naso fuori dalla torre e anche se negli ultimi anni era sempre più difficile sopportare quella sorta di prigionia forzata ci pensava Loki a farlo sentire meglio.

«Dovremmo dormire non credi? Domani avrai molto da fare.» propose il biondo.

«Se è per questo domani notte non dormirò probabilmente, ma un certo signor qualcuno ha deciso di svegliarmi.» 

Thor arrossì sentendosi un po’ in colpa «Scusa io…»

Ma Loki gli sollevò il mento con delicatezza ed incontrò il suo sguardo «Scherzavo Thor.» sorrise poi.

Thor si incantò sul sorriso del moro e si sentì improvvisamente felice a quella vista, ma ne voleva di più.

«Ah è così? Allora me la pagherai!» e prese a fargli il solletico bloccandolo sotto di sé col suo corpo.

«Ahah Thor b-basta…ti-ti prego»

«Soffri in silenzio fratellino o sveglierai Hela che mi rimanderà nelle mie “lussuose” stanze nel seminterrato! Vuoi questo Loki?»

Loki allora si morse il labbro per trattenne le risate poi cercò di supplicarlo in silenzio «Ti prego…farò tuto quello che vuoi.» sussurrò con le lacrime agli occhi per il solletico.

Thor allora si fermò e lo guardò intensamente mentre l’altro recuperava un po’ di respiro «Allora voglio un bacio.»

Loki lo guardò dolce «Sei un viziato Thor!» poi tacque come se si stesse mettendo in ascolto di qualcosa «Sai che non appena mi accosterò per baciarti quella porta si aprirà e nostra sorella ci darà una doppia punizione vero? L’avremo di sicuro svegliata.»

«E cosa può farci? Dare altre mille faccende di casa a me e far esercitare te su incantesimi noiosi?  Lo farebbe ugualmente e sinceramente mi disturba di più che mi mandi a dormire senza di te.»

Perché in effetti quella camera nella stanza più alta della torre era solo di Loki. Hela aveva stabilito che invece Thor dormisse nel sotterraneo accanto alla caldaia perché a detta di lei era al caldo e poteva continuare a buttarvi legna durante la notte.
Ma fin da piccoli Loki aveva fatto di tutto per essere sempre al fianco di Thor e siccome “non riusciva a dormire” senza di lui i due dormivano insieme praticamente ogni notte.
A Hela la cosa non sembrava andare molto a genio e se ad un certo punto aveva semplicemente smesso di combattere coi fratellini ogni scusa era buona per rispedire Thor nei sotterranei; ecco perché  anche quella volta i due ci tenevano a non svegliarla .

Loki arrossì, ma gettata un’occhiata veloce alla porta e vedendo che restava chiusa tornò su Thor «Vieni a prendertelo.» sorrise malizioso.

Thor accettò la sfida e lentamente si protese in avanti.
Quando avvertì le labbra morbide all’altro chiuse gli occhi sentendo poi le mani di Loki prendergli il volto e accostarselo di più. Durò pochi, ma lunghi secondi e separandosi da lui Thor posò sul naso del moro un altro bacio.

«Hai visto? Nessuna porta spalancata o doppie punizioni. Non si è svegliata. Dopotutto abbiamo anni di pratica Loki…»

«Si oppure…. Il mio incantesimo silenziatore alle pareti funziona benissimo.» ghignò Loki.

«Maledetto! Vuoi dire che non ci avrebbe sentito comunque?» lo fissò incredulo Thor.

Il moro lo guardò con una giocosa aria di sfida. 

«Nemmeno se mi avessi fatto urlare Thor.» disse fissando il biondo negli occhi e sorridendo, ma a quelle parole Thor arrossì di botto e Loki comprese che forse quella frase era un po’ troppo ambigua.

Thor e Loki da sempre si volevano molto bene, no era una bugia, si amavano a vicenda ed era così fin da bambini.
Raggiunta l’adolescenza quel sentimento non era cambiato, ma si era per così dire evoluto e approfondito. Thor si era ritrovato ad essere attratto dal corpo di Loki e a desiderarlo in maniera diversa senza poterlo controllare in alcun modo. Loki dal canto suo si trovava spesso ad osservare il fisico statutario del fratello sbavando praticamente ogni volta che lo vedeva senza camicia.
Alla fine una volta, un po’ per gioco e un po’ per attrazione reciproca, i due si erano baciati. Era stato un bacio breve dove le loro labbra si erano appena appoggiate l’une alle altre, ma i due avevano immediatamente compreso che da quel momento in poi quello sarebbe stato il loro modo di cercarsi. 
Thor amava Loki come un fratello, un amico, ma soprattutto come il suo amore e dopo quel bacio non aveva avuto bisogno di altre conferme: lo avrebbe amato per sempre e se anche un giorno fosse uscito da quella torre e avesse conosciuto altre persone era sicuro che quel sentimento per Loki non sarebbe mai cambiato. E non era il solo a pensarla così.
Loki, che invece poteva uscire e conoscere chi voleva, era arrivato alla sua stessa conclusione.
Ma il destino aveva giocato ai due giovani un altro brutto tiro e per quanto il loro amore fosse vero e probabilmente destinato a durare in eterno c’era qualcosa ad intromettersi.
Che non avessero mai fatto l’amore, Loki e Thor, era una menzogna perché lo avevano fatto e lo facevano continuamente. 
Lo facevano scambiandosi dolci baci. Lo facevano quando si abbracciavano e rimanevano l’uno stretto all’altro per ore. Lo facevano persino scambiandosi dolci carezze mentre l’azzurro degli occhi dell’uno si perdeva nel verde dell’altro. 
Ma diventare un corpo solo nell’amore…quello non lo avevano mai fatto, né null’altro che coinvolgesse così intimamente i loro corpi; questo perché si amavano l’un l’altro a tal punto da doversi proteggere a vicenda. 
Infatti Hela, che non era di certo cieca davanti a quello che succedeva ai suoi fratelli, aveva confessato a Loki una terribile verità.
I due non potevano unirsi come avrebbero voluto. Se ciò fosse accaduto il tremendo maleficio che gravava su Thor avrebbe legato a sé anche Loki. 
Era un fatto di sangue, diceva Hela. Grazie alla sua magia lei poteva tenere lontana la malattia dal corpo di Thor, ma essa era comunque presente dentro di lui, nel suo sangue.

“Già siete due incoscienti anche solo a baciarvi, ma se succedesse qualcosa di più…ecco la malattia riconoscerebbe nel tuo sangue lo stesso di Thor, Loki. Siete fratelli del resto! Avete lo stesso sangue! Si insidierebbe anche dentro il tuo corpo e a quel punto l’incantesimo di protezione si spezzerebbe. Sai cosa vuol dire? Che la peste vi coglierebbe entrambi immediatamente e nemmeno io sarei in grado di fare qualcosa per salvarvi!”

Era per questo che Hela li riempiva di punizioni ogni volta che li sorprendeva a scambiarsi delle dolci attenzioni: era la sorella maggiore e voleva proteggere entrambi da quella tremenda eventualità.

“Mi sembra che tu stia già illudendo nostro fratello di poter avere una vita normale quando invece dovrà stare chiuso qui al sicuro in eterno, Loki. Smettetela di illudervi a vicenda o potreste farvi male irrimediabilmente”.

Thor e Loki avevano affrontato insieme la questione e il solo pensare di smetterla anche con le sole dolci attenzioni che si rivolgevano era per entrambi impensabile. Si sarebbero amati come avevano sempre fatto fino a quella scoperta né più né meno con la speranza  di trovare un giorno una soluzione e di poterlo fare senza alcun tipo di vincolo. 
Ma erano pur sempre esseri umani e alla volte non era facile far finta di nulla…per nessuno dei due…

«C-coraggio adesso. Dobbiamo dormire davvero.» trovò la forza di dire Thor.

Loki annuì e lasciò che il biondo si sollevasse da lui e gli si mettesse al fianco.

Dopodiché senza che ci fosse alcun bisogno di chiedere Thor lo avvolse nel suo abbraccio e Loki lo lasciò fare.

«Va meglio?» chiese il moro. 

«Adesso si.» sorrise il biondo. «Loki?»

«Mmm?» mugugnò l’altro.

«Ti voglio bene.» sussurrò il biondo.

Da che erano piccoli i due si rivolgevano quelle tre semplici parole. In apparenza erano sempre le stesse eppure, proprio come il legame che univa i due, persino il valore di quelle tre parole si era intensificato ed aveva assunto per Thor e Loki tutt’altro significato. 

«Ti voglio bene anche io Thor…» disse l’altro di rimando facendo sorridere felice il compagno che in pochi secondi si addormentò beato.

Per Thor infatti esisteva solo un modo per riprendere sonno quando si svegliava nel mezzo della notte colto dall’ansia o dalla paura: stringendosi il suo Loki tra le braccia. 

 

Quando quella mattina il sole sorse penetrando dalla sorta di feritoia che si ritrovava per finestra Hela contemplò l’idea di scagliargli contro un maleficio che lo eclissasse per sempre. 
Purtroppo per lei la sua magia non era così forte e perciò si limitò a sbuffare e a scendere dal letto. 
Si trascinò fino ad un lavabo su un treppiede in ferro e dopo essersi sciacquata con abbondante acqua fredda il viso si guardò al grande specchio davanti a lei. Lo specchio le rimandò il suo riflesso. Era una bella donna, dalla pelle bianca e gli occhi di un verde spento. Tra i suoi lunghi capelli neri non v’era traccia di bianco e il suo viso non presentava una sola ruga.
Sorrise soddisfatta; pur avendo cresciuto due marmocchi fino a farli diventare giovani uomini era rimasta bella come in gioventù.
Era un peccato che nessuno a parte i suoi fratelli potesse godere della sua bellezza. Fuori della torre era sempre costretta a travestirsi e a celare la sua identità dietro mentite spoglie e un nome fasullo.

“Perché?” Le aveva chiesto ingenuamente Loki la prima volta che lo aveva portato con sé al villaggio vicino.

Hela infatti con la sua magia si era travestita da donna anziana e gli aveva ordinato di non chiamarla mai e per nessuna ragione col suo vero nome. Voleva invece che la chiamasse “Gothel” un nome fasullo che aveva scelto per quando si trovava fuori dalla torre.

“Vedi fratellino noi maghi e streghe facciamo molta paura agli uomini e per questo veniamo spesso perseguitati. É più al sicuro nostro fratello chiuso in quella torre che noi qua fuori in mezzo alla paura delle persone. Se mi mostrassi col mio vero aspetto sono certa che tutti capirebbero subito che sono una strega. Così invece sembro solo una cara vecchietta.”

“Capisco, quindi anche io dovrei travestirmi?”

“Per ora vai bene così, quando crescerai si vedrà” aveva riposto lei e a detta sua anche crescendo Loki non aveva bisogno di alcun travestimento.

La donna continuò a contemplarsi e quello che vide allo specchio le piacque molto benché non poté nascondere il suo fastidio davanti  alle leggere occhiaie sul suo viso.
Non aveva dormito bene quella notte e per una volta non poteva dare la colpa a Thor e al fatto che non avesse riscaldato a dovere la torre.
Quella volta infatti il problema era stato il nervosismo che l’aveva perseguitata mentre cercava di prendere sonno. 
Sostò un ultimo istante nel suo riflesso.

«Saresti stata una bellissima regina, principessa Hela» sussurrò tirando un sospiro prima di guardarsi intorno.

La sua stanza si trovava esattamente al centro della torre, era grande, ma poco luminosa e in quanto all’arredamento aveva dovuto accontentarsi. Per essere stata una principessa si era adattata fin troppo bene a quella sorta di reclusione forzata.
Alzò le spalle poi si vestì con un lungo abito nero e si diresse verso la porta della sua stanza.  Una grande scala a chiocciola partiva dalla base della torre arrivando fino all’ultimo piano e una volta fuori dalla sua camera Hela salì i gradini per raggiungere proprio quello. 
Gradino dopo gradino si chiedeva perché non riuscisse a smorzare la tensione che sentiva addosso.
A non darle tregua era  il pensiero che quello fosse l’ultimo giorno prima della maggior età di Loki.
Continuava a ripetersi che non c’era motivo di preoccuparsi: in tutti quegli anni infatti aveva calcolato ogni mossa e studiato ogni bugia con minuzia. Eppure non era tranquilla e mentre si avvicinava alla porta della stanza più alta della torre avvertiva in sé un terribile presentimento. 
Era come se al posto dei solidi mattoni del castello di bugie che lei stessa aveva costruito in quegli anni con sforzi e sacrifici si fossero improvvisamente sostituite fini carte da gioco pronte a cadere alla prima leggera brezza di vento… 

 

Molti anni prima, molto lontano da quella torre…

In quelle che oramai erano le ultime ore di una cruenta battaglia durata alcuni mesi per decidere della sovranità su un paese lontano, Odino, un giovane re dedito alla guerra, alla conquista e alla vittoria, ricevette notizia che in quel giorno di primavera, freddo come l’inverno, l’erede che lui e sua moglie la regina stavano aspettando aveva finalmente visto la luce.
Era una bambina e il giovane re la presentò presto al suo popolo come principessa Hela, primogenita di Odino e legittima erede di un florido e glorioso regno.
Crescendo la bambina si rivelò di animo identica al padre, fiera e battagliera, ma nell’aspetto, e non solo, era identica alla madre.
Questa era una strega ed Hela ne aveva ereditato i poteri. La madre le aveva insegnato a gestirli e la figlioletta era in gamba a tal punto che l’avrebbe  di certo superata in bravura un giorno. 
Le arti magiche della regina però non erano ben viste da tutti i sudditi ed alcuni sostenevano persino che essa avesse stregato il cuore del sovrano con un sortilegio poiché egli la amava molto e le era davvero devoto.
La verità era che il giovane re aveva ritrovato nella sua consorte un animo simile al suo, dedito alla conquista, alla ricchezza e alla gloria e se n’era profondamente innamorato.
L’autenticità del suo sentimento, purtroppo, fu provata dal destino e chiunque avesse avuto dei dubbi dovette ricredersi poiché la regina morì e il re ne rimase distrutto. Fu a causa della peste. La regina contrasse quella terribile malattia e nessun incantesimo o prodigio poté salvarla dalla morte. 
Dopo quell’evento il re cadde in un profondo stato di lutto e giorno dopo giorno si fece sempre più burbero e cupo. Iniziò a trascorrere molto tempo chiuso nel suo studio pianificando nuove strategie militari per ore, rifiutando le visite di chiunque e dimenticandosi quasi di avere una figlia. 
Hela dal canto suo aveva solo nove anni quando perse sua madre e questo, unito alla chiusura del padre, provocò in lei un dolore profondo e un vuoto incolmabile.

Per quattro anni padre e figlia versarono in quelle condizioni e il loro rapporto si incrinò irrimediabilmente. Un giorno il re partì in guerra per aiutare un paese alleato a sconfiggere un popolo nemico; stette via per quasi due anni, ma la figlia quasi non avvertì la sua mancanza.
Un pomeriggio, che aveva tutta l’aria di essere come gli altri, la ragazza si dedicò ad esercitarsi nel combattimento coi pugnali: aveva scoperto che quel tipo di lotta le piaceva molto e stava mandando a segno ogni singolo colpo sennonché un suono lontano, di un corno, richiamò la sua attenzione. 
Corse sulle mura vedendo apparire l’esercito del re all’orizzonte. Suo padre era di ritorno e portava i vessilli della vittoria. 
Il re raggiunse presto la sua reggia e alla vista della figlia, in un gesto del tutto inaspettato, l’abbracciò sorridendole felice. 
La ragazza, sorpresa da quello slancio affettuoso nei suoi confronti, si prese un attimo per studiarlo. Suo padre sembrava diverso: il suo volto era disteso, l’espressione seria e burbera era stata sostituita da una felice e allegra. Aveva perso un occhio, ma questo non sembrava smorzare il suo entusiasmo.

 «Ho una sorpresa per te tesoro!» Le disse e Hela, avendo un debole per i regali, si aspettava già di ricevere doni meravigliosi e degni della principessa che era.

Il padre però tornò verso le sue truppe e fino ad una carrozza aprendone una porticina. Ne discese una donna bellissima, dai lunghi capelli castano dorato, gli occhi azzurri come un cielo terso e un sorriso dolce che avrebbe sciolto anche un cuore di pietra.
Hela rimase confusa alla vista della donna e ancora di più dal fatto che Odino la stesse conducendo da lei: dov’era la sorpresa?

«Hela» disse Odino sempre con un sorriso stampato in volto  «Ti presento Lady Frigga la regina del paese alleato, presto diventerà la mia nuova moglie»

La ragazza a quella dichiarazione sgranò gli occhi e rimase senza parole. 
Una nuova moglie? 
Ma perché?
La donna intanto le sorrise dolce  «Sono felice di conoscerti Hela, non sai quanto» e disse il vero.

Ma la principessa, ancora allibita, spostò lo sguardo da lei a Odino.
Com’era possibile? Suo padre era stato per anni chiuso in sé stesso e lontano da tutti, sopratutto da lei, a causa della morte della madre e adesso era tutto passato?
Adesso la chiamava “tesoro” abbracciandola e le presentava quella donna nella speranza di cosa? Che l’avrebbe accolta e l’avrebbe accettata a corte come una nuova madre?
Nella giovane improvvisamente si fece strada qualcosa di nero e profondo che avvolse il suo cuore gettandolo nell’oscurità più totale.
Non avrebbe accettato quell’imposizione, nemmeno se quella donna fosse stata la più buona del mondo.
Sul momento però decise di tenerlo per sé e si limitò a risponderle «Anche per me, non sapete quanto» ma disse il falso. 

I giorni passarono e la giovane principessa si ritrovò ad odiare la nuova sposa di suo padre sempre di più nonostante quest’ultima facesse di tutto per piacerle o anche solo per passare del tempo con lei. Frigga era una donna buona e sapeva che la ragazza aveva perso la madre tanti anni prima perciò non ebbe alcuna pretesa verso di lei eppure Hela giorno dopo giorno erse un muro sempre più alto tra loro due senza avere l’intenzione di farlo crollare.
Odino dal canto suo non volle darci peso, disse che Hela era rimasta senza una mamma per troppo tempo e che questo doveva essere il motivo della sua freddezza verso Frigga.
La donna infatti era così buona e dolce da essere riuscita a far breccia persino nel cuore ferito del sovrano aiutandolo a diventare saggio e giusto; il re era sicuro che sarebbe accaduto anche con sua figlia, ma la ragazza la pensava diversamente. 
I giorni divennero mesi e poi anni e intanto Hela divenne sempre più forte, bella e fiera. Era l’erede del regno e perciò voleva esser pronta quando sarebbe diventata regina e almeno in questo trovava la piena approvazione di suo padre.
La giovane però non mancò di continuare a studiare la magia esercitandosi sui vecchi libri di sua madre. Era bravissima e otteneva sempre ottimi risultati, ma cercò di tenere quel lato di sé lontano dagli sguardi indiscreti dei suoi sudditi.
A corte infatti tutti sembravano temerla e molti erano preoccupati per le sorti del regno che la principessa prima o poi avrebbe ereditato da suo padre.

Ma ci pensò il destino beffardo ad intromettersi di nuovo nella vita della ragazza…

Una sera bussò alla porta del palazzo un vecchia chiedendo riparo dalla fredda notte invernale e magari un pezzetto di pane da mangiare. La regina stessa la accolse e fece molto di più di quello che la povera donna le aveva chiesto:  la condusse davanti ad un bel fuoco, le fece preparare del brodo caldo e le offrì abiti puliti e una bella camera in cui dormire. La donna accettò tutte le generose offerte della regina, ma non le sfuggirono le occhiate di disgusto che la giovane principessa le rivolse  per tutta la sera.
Quando l’anziana si fu ritirata per la notte Hela ne approfittò per parlare con Frigga.

«Adesso diamo rifugio persino ai mendicanti?» Le chiese con un disprezzo per niente velato. 

Frigga rimase delusa da quelle parole, ma le rispose con sincera dolcezza.

«Bisogna dare aiuto a chi ne fa richiesta, non importa che sia un re o uno schiavo. Un letto caldo e un po’ di conforto non si nega a nessuno, Hela».

«Di questo passo però tutti i vagabondi del regno busseranno alle porte del palazzo per chiedere aiuto, non vi pare?» 

«E la famiglia reale glielo darà! Ricorda Hela una buona regina risponde sempre alle richieste di aiuto del suo popolo» concluse Frigga decisa.

La giovane non poté che odiarla ancora di più, ma non finì così.

L’indomani infatti l’anziana donna si recò dalla regina e dal resto della corte «Vostra Maestà, sarei stata persa senza il vostro aiuto. Se c’è qualcosa che posso fare per sdebitarmi per la vostra infinta bontà non esitate a chiedere»

A quelle parole la giovane principessa emise uno sbuffo beffardo guadagnandosi un’occhiata di rimprovero dalla regina che poi si rivolse all’anziana.

«Non potrei chiedervi niente, cara donna. Sarebbe da villani volere qualcosa in cambio da coloro che nella difficoltà chiedono aiuto. L’abbiamo fatto volentieri»

La vecchia allora sorrise commossa e  proseguì nel suo discorso «Permettetemi almeno di farvi un umile dono. Ecco vorrei che accettaste questo raperonzolo» disse estraendo l’ortaggio da sotto il mantello nuovo che la regina le aveva regalato «Vi prego Maestà vogliate farmi il privilegio di dargli un solo morso prima che lasci il vostro castello; purtroppo era tutto ciò che avevo con me.»

La regina rimase stupita da quella richiesta, ma non esitò e accettato il raperonzolo dalle mani della donna lo portò alle labbra.
Hela fu tentata di fermarla dal compiere quel gesto: chi assicurava loro che l’ortaggio non fosse avvelenato? Ma in quel caso…beh, tanto meglio per lei! Si sarebbe liberata di quell’ingenua che suo padre si era messo al fianco al posto di sua madre una volta per tutte. 
Perciò rimanendosene zitta seguì quell’operazione con occhi pieni di cattiveria. 

Dopo aver morso l’ortaggio Frigga guardò l’anziana che le sorrise più felice di prima «Ci vedremo ancora Maestà, ve lo posso assicurare» e senza aggiungere altro se ne andò tutta allegra.

Passarono diversi mesi da quell’evento in cui Frigga non morì avvelenata come Hela aveva sperato e tutto proseguì come sempre. Solo sei mesi dopo la principessa avrebbe compiuto ventun anni raggiungendo così l’età adulta e avvicinandosi di un altro passo al trono di suo padre. 
Era quasi il tramonto e Hela stava studiando delle carte quando venne convocata nella sala del trono insieme al resto della corte.
A quanto pareva un uomo si era presentato alle porte del palazzo dicendo di voler parlare con la regina. Costui era un tipo piuttosto strano: indossava abiti sgargianti e colorati, aveva gli occhi truccati e corti capelli grigi ben acconciati.
Si era annunciato come il Gran Maestro, un mago buono e pellegrino e quando tutta la corte fu riunita la regina gli chiese come mai fosse venuto a far loro visita.
Il mago le sorrise dicendo che in realtà quella non era la prima volta che si incontravano e di fatti davanti agli occhi di tutti assunse l’aspetto della vecchia mendicante per poi tornare alle sue stravaganti sembianze e sorridere soddisfatto.

«Nessuno si agiti sono un muta forma, posso fare quello che voglio col mio aspetto. Sorpresi? Oh allora questa vi piacerà ancora di più! Mia Regina sono rimasto profondamente colpito dalla vostra bontà d’animo perciò sono qui per dirvi che grazie a quell’unico morso di raperonzolo che mangiaste su mia richiesta voi avete potuto concepire il figlio di vostro marito che portate in grembo. Si lo so: volevate fosse una sorpresa, ma sono costretto a fare io l’annuncio per primo.»

Tutti gli astanti a cominciare dal re puntarono gli occhi sulla regina che arrossì e guardò il mago con una punta di rimprovero: ciò che diceva era vero, ma avrebbe dato volentieri la notizia al suo sposo al compleanno di lui come regalo.

«Ad ogni modo» proseguì lo straniero «Sono qui per annunciarvi che tra sei mesi, prima che quella sorta di vipera diventi maggiorenne… sto parlando di te moretta» disse guardando storto la principessa che in vero non seppe dove trovò la forza di contenersi e non uccidere quel tipo seduta stante «vostro figlio nascerà. Sarà un maschio. Un incantesimo indissolubile veglierà sulla sua salute ed egli crescerà forte e sano senza che alcun male possa ferire il suo corpo. Un grande amore proteggerà invece il suo animo e il suo cuore preservandoli dall’oscurità. Infine il suo destino lo salverà. Costui sarà l’erede nonché futuro re di questo regno. Così è scritto.»

Hela sgranò gli occhi mentre un coro di voci e bisbiglii si diffuse nella sala, ma il re lo zittì e prese la parola. 

«Mi spiace mago, ma quest’ultimo dettaglio è impossibile. Io ho già una figlia. Sarà Hela ad ereditare la corona.»

«Spiacente Mio Re, io sono solo un umile messaggero degli interpreti del cosmo e questo è ciò che il cosmo dice. Vostra figlia…» disse e il suo sguardo si fece improvvisamente duro incontrando quello della principessa dall’aria tutt’altro che rilassata «non sarà mai una regina.»

A quelle parole un pugnale volò nella sua direzione, ma il mago si dissolse in una nuvola di fumo e questo cadde a terra con un suono metallico. 
Nella sala calò il silenzio più totale mentre la principessa, con la mano ancora alzata, fissò il punto dove era sparito il mago con profondo odio.

 

Da quel giorno Hela si fece ancora più crudele con Frigga: la insultava ogni volta che poteva e trattava male i sudditi che iniziarono davvero a detestarla e a sentirsi sollevati dalla premonizione del mago.
Questa parve trovare un principio di conferma il giorno prima del compleanno di Hela quando la regina diede alla luce il principe Thor. Era un bambino biondo, con gli occhi chiari come quelli della madre e un sorriso che faceva innamorare chiunque lo guardasse.
Essendo nato alla vigilia del compleanno di Hela tutti gioirono della nascita del bambino e della maggior età della principessa, tutti tranne Hela ovviamente.
La giovane non riusciva a smettere di pensare a quel mago e alle sue parole.
Tra l’altro benché all’inizio fosse convinta di avere il pieno sostegno di suo padre, che sosteneva che sarebbe comunque diventata regina, le convinzioni di Hela crollarono a causa dello sgorbietto biondo. A nemmeno un anno dalla nascita del principino il re si era già visibilmente convinto che la profezia si sarebbe avverata, Odino infatti non aveva occhi che per lui e lo trattava con una dolcezza che Hela sotto sotto invidiava perché sicura di non averla mai ricevuta.
L’odio l’accecò completamente e, iniziando a convincersi che se quello che considerava il suo fratellastro non sarebbe diventato re grazie alla profezia lo sarebbe diventato per volontà di suo padre, si decise a prendere provvedimenti.
Non poteva semplicemente uccidere il marmocchio né farlo uccidere perché ovviamente tutte le accuse sarebbero ricadute su di lei; i sudditi infatti sapevano bene quanto grande fosse l’odio di Hela verso il principino così scelse un’altra strada.
Propose a Frigga di dare una piccola festa per il primo compleanno del suo fratellino, una festa all’aria aperta e quale scenario migliore degli splendidi prati in fiore appena fuori della città?
Erano distese verdi e piene di fiori di ogni colore che costeggiavano il bosco tranquillo e pieno di socievoli animaletti.
A Frigga parve una splendida idea e nella speranza che quello potesse essere un primo passo per riunire la loro famiglia l’accettò di buon grado. Hela non avrebbe potuto sperare in niente di meglio. 

 

Giunse il giorno del primo compleanno del principe Thor. Il cielo era leggermente coperto dalle nuvole, ma era pur sempre una calda giornata di primavera. Il piccolo principe gattonò per tutto il tempo allegro nell’erba verde prendendo i fiori tra le manine e ridendo felice.
All’improvviso però un lupo spuntò dal bosco. 
Fu un attimo: la bestia prese il bambino tra le fauci e se lo portò via nel bosco tra le urla disperate di Frigga. 
Fu Hela a seguirlo prontamente per salvare il suo fratellino e nemmeno le guardie del re riuscirono  a stare dietro alla veloce corsa della principessa. Hela seguì la creatura nel folto del bosco senza fermarsi o guardarsi indietro.
Corse e corse e quando fu davvero certa di non avere nessuno alle spalle si fermò e il lupo….la imitò. La creatura appoggiò il piccolo a terra e si dissolse in una nuvola verde mentre Hela si avvicinò al bambino piangente con un pugnale affilato nella mano destra.

«Oh padre ho cercato di salvarlo, ma quella bestia l’aveva già divorato.» disse incominciando di già a versare false lacrime.

Avrebbe ucciso il fratellastro e avrebbe portato come prova a suo padre il suo abitino insanguinato fingendosi disperata.
Doveva fare presto prima che le guardie la raggiungessero. Si chinò accanto al bambino e guardò con odio profondo quegli occhi chiari e innocenti che piangevano disperati «Sogni d’oro principino» sussurrò crudele prima di abbassare il pugnale sul fratellastro, ma…sorpresa?
Prima che anche solo potesse sfiorarlo il pugnale si dissolse in una sabbia scura. 
Hela guardò la sabbia nella sua mano incredula facendola cadere a terra.
Senza pensarci due volte prese un grosso sasso accanto a sé, ma il risultato fu lo stesso. 
Perché non poteva ucciderlo?
Come se avesse appena ricevuto una secchiata d’acqua gelida si ricordò improvvisamente  di un dettaglio. Le parole della profezia riecheggiarono nella sua testa.

“Un incantesimo indissolubile veglierà sulla sua salute ed egli crescerà forte e sano senza che alcun male possa ferire il suo corpo…”

Quel bambino era protetto! C’era un incantesimo indissolubile sul suo corpo e per quante volte lei potesse provare non lo avrebbe mai ucciso, mai! E adesso?
Se fosse tornata indietro senza suo fratello l’avrebbero accusata di aver architettato tutto, d’altra parte poteva uccidere un animaletto del bosco e abbandonare il bambino prendendone almeno le vesti. Con un po’ di fortuna ci avrebbe pensato qualche animale selvatico a fare il lavoro per lei.
Si, avrebbe fatto così. Ecco però giungere alle sue spalle le voci dei soldati di suo padre. 
Non aveva più tempo, ma non voleva tornare a palazzo e assistere alla crescita di quello sgorbietto e alla sua ascesa al trono, non avrebbe sopportato tanto!
Le voci si fecero più forti e dovette decidere d’istinto: se lei non sarebbe diventata regina nemmeno suo fratello avrebbe avuto il trono! Raccolse il bambino da terra e a tutta velocità sparì nel folto del bosco.

Camminò a lungo senza mai fermarsi e senza mai riposare. 
Il fratellino pianse senza sosta e lei si chiese perché non lo stesse semplicemente abbandonando per darsi alla fuga, ma a quel punto sarebbe stato troppo facile.
Con la fortunata profezia dalla sua parte come minimo qualche cacciatore avrebbe raccolto il marmocchio e lo avrebbe riportato tra le braccia di suo padre.
No, lei doveva assicurarsi che suo fratello non arrivasse mai al trono anche a costo di dover sopportare quei pianti disperati. Camminò per un giorno intero. 
Il tramonto stava per calare anche su quella giornata e Hela si sentiva ormai senza forze. Il fratellino aveva smesso di piangere e dormiva, ma lei sarebbe potuta crollare da un momento all’altro.
Giunse ai piedi di un’alta parete di roccia dalla quale sgorgava una piccola fonte d’acqua. Appoggiò Thor contro un masso e accostandosi alla fonte bevve quanto più poté concedendosi di sedersi un istante su una roccia lì accanto. Il sole morente illuminava la parete di roccia di un bel colore aranciato scaldando un poco anche il suo viso. 
Aveva una fame terribile e avrebbe dato di tutto per un pezzo di pane.

“Un misero pezzo di pane…io che ero destinata al trono di mio padre” si disse sentendo le forze abbandonarla gradualmente. 

Era così stanca, avrebbe solo voluto dormire “Magari solo un po’…” si disse avvertendo le palpebre appesantirsi e il corpo cedere.
In quel momento qualcosa si mosse tra i cespugli ed attirò immediatamente la sua attenzione mettendola in allerta. Ma era solo una capra.

“Perfetto!” Pensò. 

Poteva catturarla e sfamare lo sgorbio col suo latte e poi ucciderla e procurarsi una cena per lei, ma la capra non la considerò minimante e agilmente saltellò sulla roccia proprio a pochi metri sopra la sua testa e…. Sparì.
Hela rimase interdetta da quella visione, gettò un rapido sguardo a Thor e vedendo che dormiva ancora si arrampicò sulla roccia seguendo il percorso fatto dalla capra. 
Scoprì una fenditura nella parete e vi si inoltrò.
Per un attimo pensò di star sognando: oltre la fenditura c’era una verde radura circondata da alte montagne di roccia. Era pieno di capre e pecore che pascolavano libere, c’erano alberi da frutto qua e là e proprio nel centro quella che sembrava un’antica torre di guerra.
Era il luogo perfetto dove nascondersi.

Quella sera Thor bevve latte di capra mentre Hela ne arrostì un po’ sul falò di fortuna che aveva acceso grazie alla sua magia. Aveva perlustrato la torre trovandola come si aspettava disabitata, ma fornita di tutto il necessario che potesse servire a sopravvivere.  Nel sotterraneo c’era addirittura una caldaia e alla base della torre una cucina. Poi c’erano altri tre piani: una stanza era vuota e perciò ci si poteva mettere di tutto mentre quelli più in alto erano stanze con un letto ciascuna e qualche vecchio e polveroso mobile in legno che conteneva però delle coperte. 
Doveva essere disabitata da molto, ma con l’aiuto della sua magia magari avrebbe potuto farvi qualche lavoretto per renderla più accogliente.
In fondo da quel giorno quella sarebbe stata la sua vita: da principessa sarebbe diventata la bambinaia e carceriera del suo tanto odiato fratellastro.
Osservò il bambino nell’erba strofinarsi i pugnetti sugli occhi mentre il sonno tornava a chiamarlo a sé. Di certo avrebbe dovuto inventarsi qualche cosa per quando sarebbe stato più grande, ma aveva tanto tempo per pensare ad una storia. 
Una cosa era certa: nessuno doveva vedere in giro Thor, il rischio sarebbe stato troppo grande.
Le parole di quella profezia tornarono intanto a perseguitarla. 

“Un incantesimo indissolubile veglierà sulla sua salute ed egli crescerà forte e sano senza che alcun male possa ferire il suo corpo. Un grande amore proteggerà invece il suo animo e il suo cuore preservandoli dall’oscurità. Infine il suo destino lo salverà…”

Beh magari non poteva ferirlo né tantomeno ucciderlo, ma una cosa era certa: non avrebbe mai amato quello sgorbio e avrebbe fatto di tutto per rendergli la vita un inferno e impedirgli il compiersi del suo destino!

Per un intero anno Hela si occupò del mostriciattolo cercando intanto di fare del suo meglio per mettere “a nuovo” la torre. Aveva scoperto che solo a mezz’ora di strada c’era un piccolo villaggio e per non farsi riconoscere da nessuno si travestiva da vecchietta con la sua magia. Con tutta probabilità infatti suo padre doveva aver fatto perlustrare i boschi e non trovando il cadavere suo e di suo fratello di sicuro aveva capito che il bambino era stato rapito dalla figlia maggiore.
Meglio non rischiare e con quel travestimento nessuno avrebbe sospettato di lei. Aveva persino scelto un altro nome con cui farsi chiamare al villaggio: Gothel. 
Un giorno, che come sempre aveva lasciato Thor solo nella torre per recarsi al villaggio “Tanto non può succedergli nulla!”, udì nel bosco un pianto disperato, il pianto di un bambino!
Sul momento si pietrificò temendo che qualcuno avesse trovato per qualche assurda ragione suo fratello e si precipitò nella direzione di quei lamenti.
Raggiunse dei cespugli di iperico dove il pianto si faceva più forte, ma quando si aprì la strada tra questi trovò a terra un neonato. Doveva essere stato abbandonato.
Dapprima la cosa non la colpì molto, sapeva che in molti abbandonavano i figli nei boschi, lei stessa vi aveva pensato per suo fratello, ma poi notò uno strano medaglione al collo del piccolo.
Era argentato e pieno di ghirigori con al centro una piccola pietra verde.
Si avvicinò al bambino e sfiorando il medaglione avvertì la magia scorrere nelle sue mani. Quell’oggetto era magico e incuriosita Hela sfiorò la fronte del bambino avvertendo subito anche in lui la magia.
Doveva essere il figlio di qualche strega o mago; chissà magari lo avevano messo in salvo perché qualcuno li inseguiva o magari era solo nato poco amato.
Sfiorò ancora la fronte del piccolo e percepì che era al mondo da poche ore.
Si prese un momento per osservarlo: aveva i capelli neri come i suoi ed era pallido e al contrario di Thor, che era nato bello paffuto e forte, quel piccolo era magro e scarno.
I suoi occhietti erano aperti sul mondo con le loro iridi di un color verde intenso, ma sembrava stesse soffrendo molto. 

Lo sollevò e lo prese in braccio «Ti hanno abbandonato piccolo? La vita è ingiusta. Io lo so bene…Io sono Hela e tu chi dovresti essere?»

Girò il medaglione dove per magia apparve una semplice scritta.

«Loki» lesse ad voce alta. 

Hela ci pensò su un secondo: quel piccolo era magico come lei. Magari avrebbe potuto insegnargli la sua magia e chissà forse gli sarebbe stato utile avere qualcuno con cui far giocare l’altro moccioso.
Crescendo forse i due si sarebbero vegliati l’uno l’altro dando meno lavoro da fare a lei e allo stesso tempo Hela avrebbe condiviso con qualcuno il peso di dover sopportare Thor. 
In fondo marmocchio più marmocchio meno…
Certa che potesse essere un buon piano  si rialzò e portò il neonato con sé nella torre.
Aveva deciso velocemente e forse fu per la stanchezza e la fatica di quell’anno appena trascorso e di quella che sarebbe arrivata in quelli a venire che tralasciò un dettaglio…
Quel giorno la giovane fece inconsciamente avverare un’altra parte della profezia, quella che diceva che un grande amore avrebbe protetto l’animo e il cuore di Thor, e ciò accade dal primo istante in cui i due bambini vennero riuniti.

 

E proprio in quel momento nella torre…

Non c’erano dubbi che tra i due il preferito di Hela fosse il moro: a lui la sorella maggiore aveva dato la stanza più bella della torre, gli insegnava tutto quello che sapeva e trascorreva ore a parlargli di incantesimi. 
Il moro era più pacato di Thor, più ubbidiente, almeno davanti a lei, più elegante, più riservato…e soprattutto non era Thor!
Ovviamente però anche il suo adorato Loki aveva un difetto…
Quando lo aveva preso con sé Hela aveva sperato che i due fratelli si occupassero l’uno dell’altro, ma le sarebbe stato bene che si limitassero a prepararsi il pranzo o si lavassero i vestiti vicendevolmente; sotto sotto infatti sperava che Loki la imitasse e imparasse ad odiare Thor quanto lei. 
Quei due invece non solo andavano d’amore e d’accordo, ma avevano finito per innamorarsi.
Hela aveva dovuto ammettere a sé stessa di aver fatto al suo fratellastro nient’altro che un favore portandogli Loki e visto che giorno dopo giorno le tenerezze tra i due si intensificavano questo per lei poteva essere un problema.
Aveva ovviamente dovuto inventarsi qualcosa per tenere Thor chiuso nella torre; voleva infatti che la vendetta su suo fratello si compisse del tutto e per farlo non gli avrebbe mai permesso di uscire. Cosa sarebbe successo se qualcuno lo avesse in qualche modo riconosciuto o peggio se lui avesse scoperto la verità da solo?
Così si era inventata una bella storiella piena di fiocchi, dolore e dettagli vari.
Primo punto della sua grande bugia era che lei, Loki e Thor fossero tre fratelli nati in quella torre dove vivevano coi loro genitori.
Aveva appositamente scelto di mentire a Loki sulla sua adozione.
Infatti se Hela non faceva che cercare di rendere la vita un inferno a Thor non avrebbe mai sopportato di far star male Loki a cui invece si era molto affezionata negli anni.
Perciò, per non ferirlo, aveva deciso che non avrebbe mai scoperto la verità.
Il secondo punto della storia prevedeva che i loro poveri genitori fossero morti di peste e che anche Thor si fosse gravemente ammalato.
Lei e Loki invece si erano salvati; la malattia non li aveva colti perché entrambi magici.
Terzo e più importante punto della storia per salvare Thor dalla morte Hela aveva dovuto legarlo ad un incantesimo che avrebbe mantenuto in vita il corpo del giovane finché fosse rimasto nella torre. Se fosse uscito l’incantesimo si sarebbe spezzato e lui sarebbe morto.
Facile, semplice e, ovviamente, falso!
Non c’era nessun incantesimo; Thor era in perfetta salute e lo sarebbe stato sempre, lei lo sapeva bene purtroppo…
Per sua fortuna i due bambini avevano creduto a quella storia e per questo Thor non era mai uscito.
Solo una volta il fratellastro aveva tentato di fuggire alla sua prigionia.
Era notte fonda, ma Hela non riusciva a prendere sonno. Aveva provato lei stessa a cucinare quella sera. 
Pessima idea! In quello Thor la superava con le mani legate dietro la schiena, ma a parte questo… Per distrarsi aveva deciso di controllare i fratelli. Per accertarsi che Thor fosse sempre nella torre aveva stregato un piccolo specchio che portava sempre con sé e messo uno specchio in ogni stanza della costruzione. Solo in cucina, cioè alla base della torre, non ve n’era nemmeno uno perché uno specchio lì sarebbe stato parecchio strano e sospetto.
Anche quella volta aveva aperto il suo piccolo specchietto aspettandosi di vedere il volto di Thor comparire di sicuro nel letto di Loki, ma con sua grande sorpresa aveva visto tutt’altro. 
Lo specchio mostrava Loki di spalle e sporto dal piccolo balcone di camera sua, ma accanto ai piedi del moro Hela aveva scorto distintamente una corda di lenzuola. Si era precipitata alla finestra della sua camera, che allora era ancora una finestra, vedendo Thor calarsi giù dalla torre.
Mancavano pochi metri a che toccasse terra così Hela gli aveva lanciato contro un incantesimo. 
Niente di troppo complesso, una semplice illusione, ma il ragazzo aveva vissuto per un istante e come fosse reale il suo incubo peggiore: il venir ucciso dalla malattia.
Quello sciocco non si era nemmeno reso conto che fosse stata tutta un’allucinazione, ma l’incantesimo doveva esserle riuscito proprio bene perché il fratellastro si era così spaventato da non aver mai più riprovato a ripetere l’esperienza.
Da allora sembrava tutto tornato alla normalità poi Hela aveva iniziato ad accorgersi degli sguardi e dei gesti affettuosi che Loki e Thor si scambiavano. 
Ripensando alle parole della profezia si era ricordata di un grande amore per Thor ed avendo dedotto che potesse essere proprio Loki, le aveva provate tutte per tenerli lontani.
Si era persino inventata quella stupida storia che il biondo avrebbe potuto passare al moretto la sua maledizione e far spezzare la sua protezione, ma niente sembrava fermarli dallo starsene attaccati come sanguisughe.
Più di tutto Hela temeva che se Loki avesse deciso di aiutare Thor ad uscire da quella torre nulla lo avrebbe fermato e ormai che era grande lei non avrebbe certo potuto impedirglielo. 
E c’era di più.
Per convincere Loki della veridicità delle sue parole Hela lo aveva legato ad un incantesimo.
Era come una costante illusione; Loki infatti riusciva a percepire l’incantesimo di protezione che avrebbe dovuto proteggere Thor dalla malattia come se fosse reale e per questo ogni giorno si adoperava per trovare una soluzione. Ma si può trovare una soluzione a qualcosa che non esiste?
Loki era ancora giovane e inesperto, ma comunque un mago formidabile ed Hela era sicura che presto o tardi si sarebbe reso conto di trovarsi sotto effetto di un incantesimo. 
Era questo che la faceva essere così nervosa dopotutto, ma ancora per quel giorno poteva proseguire con la sua storiella e poi entro la sera successiva si sarebbe procurata il suo asso nella manica da giocare in caso di necessità…

 

Hela si fermò davanti ad una porta di legno e vi accostò l’orecchio: dalla camera di Loki non proveniva suono. L’aprì lentamente cercando di fare piano e sbuffò quando vide una lunga treccia bionda sbucare dal letto del moro.
Comunque non se ne stupì particolarmente: quei due le disobbedivano sempre, ma li aveva rimproverati talmente tante volte che si era stufata di lottare…almeno su quello. 
Mosse qualche passo verso il grande letto che ospitava i giovani e quasi inciampò nella lunga treccia di Thor. Prima o poi gliel’avrebbe tagliata e ce lo avrebbe impiccato!
Si prese comunque un secondo per osservare meglio i fratelli.
Thor si teneva Loki stretto tra le braccia e il moro se ne stava tutto accoccolato e al sicuro contro il suo petto.
Erano talmente sdolcinati che avrebbe potuto vomitare!

«Ma che bel quadretto.» sbuffò.

Si guardò intorno puntando una brocca piena di acqua sotto al lavatoio di Loki.
Ghignò perfida e mossa la mano per aria la brocca si sollevò attraversando la stanza fino alla testa del biondo sulla quale si fermò sospesa.

“Scusa fratellino” pensò lei, ovviamente riferita al moro, dopodiché schioccò le dita e l’acqua si rovesciò sulla testa di Thor, ma qualche schizzò finì anche addosso a Loki.

I due si svegliarono di soprassalto.

«Buongiorno pelandroni, quante volte devo dirvi che chi dorme non piglia pesci?»

I due ragazzi guardarono la sorella stupiti e appena imbarazzati, ma lei non vi fece troppo caso.

«Avanti Loki, devi ripassare i tuoi incantesimi prima di stasera. Non sappiamo in cosa consisterà il rituale. E tu…» disse con tono sprezzante rivolta a Thor «Questa è la lista delle cose da fare.» e una lunga pergamena apparve tra le mani del biondo «E che sia tutto fatto entro il nostro ritorno. Bene adesso vedete di darvi una mossa fratellini.» terminò con un sorriso inquietante prima di lasciarli soli. 

Thor sbuffò osservando la lunga pergamena «E ti pareva… mi ha dato da ribaltare l’intera torre! Tra un po’ mi chiederà di disfarla e rimettere i mattoni insieme»

«Non fare così, è solo il suo modo per tenerti impegnato.» disse Loki scendendo dal letto e infilandosi una tunica verde. 

Il biondo scosse la testa e borbottò «Si, continua a ripetertelo Loki!»

«Prego?» lo riprese il moro, ma Thor cambiò immediatamente argomento. 

«Allora…lei non ha proprio idea di come si svolgerà questo “rituale”?»

«No. Gli stregoni del villaggio ci hanno detto che il passaggio all’età adulta per un mago o uno stregone prevede una specie di rituale, ma pare sia segreto. Hela non l’ha fatto a suo tempo perché ha studiato da sola la magia e non ne era a conoscenza. Comunque non è una cosa fondamentale, è più una sorta di tradizione…»

Thor lo guardò dubbioso «Non è che ti faranno bere sangue da un teschio o ti chiederanno di fare cose strane vero?»

«Idiota! Non sono stregoni dell’occulto!»

«Sarà come dici, quello che conta per me…» disse avvicinandoglisi all’orecchio e parlandogli in un sussurro, cosa che fece rabbrividire piacevolmente il moro «è che il mio fratellino torni in tempo per festeggiare il suo compleanno con me.» sorrise facendo arrossire Loki.

«Te l’ho promesso, no? L’unica cosa che so del rituale è che non durerà a lungo. Sarò a casa entro l’alba e per una volta…da solo.»

Thor sorrise e si sistemò i lacci della sua camiciola morbida.

«A proposito, perché vi separate stavolta?»

«Hela andrà a nord. Ha bisogno di alcuni ingredienti per le sue pozioni e sarà di ritorno domani sera. E siccome ha detto che secondo lei vado solo a perdere tempo non ho ritenuto di doverle dare alcun tipo di dettaglio, nemmeno sulla durata del rituale.»

Thor assunse una finta espressione di rimprovero «Loki…Hai davvero tenuto nascosta una così alla nostra sorellina? Proprio tu?»

Loki arrossì ancora, ma stavolta era quasi mortificato. 

«M-ma veramente ventun anni sono un’età speciale e…e io volevo passarli con te…. Tu-tu sai quanto Hela detesti i compleanni…voi due siete nati praticamente lo stesso giorno e lei ha sempre vietato che li festeggiaste. Ho-ho fatto male a non dirglielo?» chiese con due occhioni puri e innocenti. 

Thor vi si incantò e si avvicinò sistemandogli una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.

«Sei stato bravissimo. E sono d’accordo con te. È un momento importante! Finalmente potrai iniziare a fare quello che vuoi senza che Hela debba per forza saperlo e poi potrai andare dove vorrai Loki…» il suo sguardo si fece triste e Loki lo intuì.

«Sta tranquillo Thor. Mi sono esercitato tantissimo e da domani il vincolo dell’età sarà spezzato e potrò studiare anche gli incantesimi più complessi. Ne troverò uno che ti aiuti!»

«Tsk non c’è riuscita Hela in tutti questi anni!»

«Beh, ma lei non poteva certo lasciarti solo troppo a lungo! Immagina se ti fosse accaduto qualcosa con lei lontana? Io non avrei potuto fare niente…adesso invece potrò andare anche in capo al mondo, ovunque, ma ti tirerò fuori di qui.»

Thor annuì e lo abbracciò. 

Attendevano quel giorno da tanti anni e Loki non smetteva mai di ripetergli quelle parole; da una parte il suo cuore sperava che avesse ragione, dall’altra si chiedeva se non dovesse smettere di illudersi una volta per tutte.

«Coraggio adesso, mettiamoci all’opera prima che Hela venga a tirarci per i capelli.» gli sorrise Thor.

«Solo i tuoi, i miei sono troppo corti.» scherzò Loki mentre l’altro raccoglieva la sua lunga treccia e iniziava ad avvolgerla a spirale sulla testa. 

Non aveva più tagliato i capelli dal giorno della sua promessa con Loki e lasciandoli andare giù dalla torre quelli sarebbero arrivati benissimo oltre la metà. Era rimasta una cosa loro anche se Thor non vedeva l’ora di tagliargli. Un po’ per ciò che significava e un po’ perché iniziavano ad essere davvero difficili da gestire!
Una volta raccolti il più possibile i due si diressero alla base della torre. 

 

Per tutta la mattina Loki si esercitò con la sua magia mentre Thor si occupò delle faccende: cucinava, puliva, metteva la legna nella caldaia, faceva piccole riparazioni e di nuovo cucinava, puliva e metteva la legna nella caldaia. Solo quando Hela era fuori si allenava un po’ sollevando i ceppi di legna a mo’ di pesi, leggeva qualche libro, infatti sua sorella aveva insegnato a leggere a entrambi i fratelli e almeno in quello erano uguali, oppure apriva l’anfora della musica. 
Non era quella che Loki gli aveva portato quel giorno lontano, quella l’aveva distrutta Hela arrabbiandosi molto con Loki per quel gesto sconsiderato, ma questo non aveva impedito al moro di portargliene una nuova e più piccola che Thor teneva nascosta sotto al letto. 
Poco prima di pranzo Thor prese una pausa e si affacciò alla porta aperta del primo piano della torre dove Loki si stava esercitando con la magia; Hela lo aveva adibito a mo’ di studio per il fratellino mettendoci tanti libri e un piccolo scrittoio per Loki.
Il moro in quel momento aveva gli occhi chiusi e sembrava molto concentrato. Thor rimase in silenzio e lo osservò mentre una sfera di luce verde si creava nella sue mani assumendo una forma sempre più piccola finché al posto di quella il moro si ritrovò tra le mani un pettirosso.
L’uccellino prese il volo e uscendo dalla stanza iniziò a volare per le scale, ma Loki non aprì gli occhi: doveva rimanere concentrato fino a quando lo avrebbe richiamato tra le sue mani. 
Thor seguì un istante l’uccellino mentre volava verso l’alto della torre poi in punta di piedi entrò nella stanza e raggiunse Loki fermandosi di fronte a lui.
Hela, in camera sua, vide l’uccellino entrare in volo e sorrise soddisfatta osservandolo mentre faceva il giro della stanza e…
Thor rimase un momento a contemplare Loki: era bellissimo e molto concentrato. Si sporse verso di lui e appose un casto bacio sulle sue labbra.
Il moro riaprì gli occhi sorridendo alla vista di Thor «Scusa non ho resistito.» si giustificò il biondo, ma il moro gli gettò subito le braccia al collo e lo baciò  appassionatamente.
…Il pettirosso si dissolse in una polvere verde davanti agli occhi di Hela. La donna sbuffò infastidita. «LOKI RESTA CONCENTRATO!»  Gridò.
Al piano di sotto i due giovani si separarono di corsa.

«Ops.» sussurrò Thor, ma ad entrambi sfuggì una risatina complice. 

 

I tre si ritrovarono all’ora di pranzo per mangiare insieme e solo dopo Hela e Loki furono pronti per partire.
La torre in cui vivevano era molto alta e dalla fuga di Thor Hela aveva trasformato tutte le finestre in feritoie che aveva poi incantato. 
L’unica ad essere rimasta normale era quella della stanza di Loki su richiesta del moro, richiesta ovviamente accolta da Hela certa che dopo il suo scherzetto il biondo non avrebbe più tentato alcuna fuga. 
E poi l’uscita di Thor e Loki dalla torre calandosi con la treccia del biondo era più che altro un simbolo. 
Benché infatti la torre in apparenza non avesse porte sull’esterno, al piano terra una porta c’era eccome e solo Loki ed Hela potevano usarla.
Era una grande porta pesante in legno e ferro e per uscire i due maghi pronunciavano un certo incantesimo; aprendola poi vi trovavano fuori il mondo esterno. La stessa formula valeva per rientrare.  
A volte Thor aveva provato ad aprire quella porta e questa si apriva senza problemi, ma al posto della radura lui si trovava sempre davanti una parete di mattoni! L’incantesimo perdeva il suo effetto non appena Hela e Loki entravano o uscivano; anche quella era opera della strega la quale sosteneva che per il bene di Thor era meglio che il biondo non avesse tentazioni. 
In quel momento i tre si riunirono proprio lì davanti.

«Bene allora sai che devi fare.» disse Hela assumendo con uno schiocco di dita il suo travestimento da vecchietta «Saremo presto di ritorno Thor, non scappare è? Haha» terminò con il suo tipico “tatto” dopodiché pronunciò una formula e aprì la porta trovandosi davanti la radura. Uscì senza nemmeno voltarsi, ma Loki non la seguì subito. 

«Ci vediamo presto. Fa il bravo mentre non ci sono fratellone.»

«Non scapperò stanne certo.» rispose sarcastico, ma con un sorriso Thor. Loki scosse la testa e avvicinandoglisi lo abbracciò.

Hela si voltò in quel momento e vedendoli roteò gli occhi; i soliti sentimentali.

Fortunatamente per loro però era comunque abbastanza lontana per non sentire.

«Farò presto vedrai.» sussurrò Loki all’orecchio del biondo.

«Ti aspetterò alzato.» disse Thor stringendolo di più.

«Fate pure tranquilli voi due! Tanto ho solo mezza giornata di cammino!» gridò la strega con una certa stizza nella voce.

I due si separarono e dopo essersi sorrisi Loki si diresse alla porta «A stanotte.» sussurrò guardando il biondo; anche Thor gli sorrise di rimando dopodiché il moro si tirò la maniglia dietro. Non appena sentì il tonfo della porta chiusa il sorriso di Thor svanì sostituito da una profonda amarezza. 

 

Hela, sotto false spoglie, e Loki si incamminarono verso l’uscita nella montagna. La strega si era preoccupata di incantarla perché a chiunque sembrasse una semplice parete di roccia e in effetti  in tutti quegli anni i tre non avevano mai ricevuto una sola visita da parte di intrusi.

«Allora come ti senti fratellino?»

«Bene, sinceramente non avere la minima idea di come si svolgerà il tutto…non lo so, ma non mi spaventa affatto anzi mi incuriosisce molto.»

La donna annuì. Quando aveva scoperto il villaggio Hela si era accorta che vi fosse una piccola comunità magica, ma aveva cercato di evitarla. Purtroppo per lei invece Loki aveva fatto di tutto per avvicinarvisi e alla fine l’incontro era stato inevitabile. 
Erano tre stregoni e dapprima Hela aveva avuto timore di essere riconosciuta anche perché con loro non poteva certo mantenere il suo travestimento o la scusa fornita a Loki non avrebbe retto.
Aveva solo chiesto a Loki di continuare a chiamarla col suo falso nome in loro presenza e di non accennare mai a Thor perché lei voleva proteggere il suo “amato fratello” e non bisognava fidarsi di nessuno se non della famiglia. 
I tre comunque non le avevano mai fatto domande sul suo passato anzi pareva non gliene importasse proprio; si erano più che altro limitati ad insegnare a Loki alcuni incantesimi nelle poche volte che i due fratelli andavano a far loro visita ed Hela col tempo si era rilassata.
Era da quei tre che Loki stava andando per sostenere il rituale della maggior età. 

“Ventun anni…” si disse Hela.

Dopotutto era orgogliosa del giovane che aveva cresciuto, Thor non lo contava nemmeno tanto quello sarebbe cresciuto con o senza di lei, ma di Loki andava particolarmente fiera. E nonostante il moro rischiasse di mandare a monte tutto il suo lavoro ormai gli si era troppo affezionata.

«Loki…non sei costretto a farlo lo sai vero?»

«Oh avanti Hela. Cos’è tutta questa apprensione?»

Hela si morse un labbro, ma cercò di camuffare il suo nervosismo. Sospirò «È solo che…quasi non mi sembra vero che domani compirai ventun anni.»

«Ahah perché? Thor li ha compiuti due anni fa eppure era molto più tranquilla.»

«Ma non c’entra nulla! Tu sei il nostro fratellino più piccolo, la mamma è morta poco dopo averti partorito, ti ho praticamente fatto da madre, Loki. È normale che io sia emozionata.»

Loki sorrise.

«Lo capisco, però Hela… non vedo l’ora che sia domani. Il vincolo d’età si spezzerà. Ci pensi? Potrò mettermi all’opera con nuovi incantesimi e provare ad aiutare anche io Thor!»

A quelle parole la donna si fermò e il sangue le si congelò nelle vene. 

Vedendo i continui sforzi di Loki per liberare Thor, Hela, tra le varie bugie, aveva detto una mezza verità. Fino al raggiungimento dei ventun anni maghi e streghe non potevano usare a pieno il loro potere; lei non lo sapeva, ma glielo avevano detto gli stregoni del villaggio, perciò questo doveva essere vero. 
Ma aveva convinto Loki che a causa di questo motivo la sua magia fosse ancora troppo debole per aiutare Thor e questo era falso. 

«Hela va tutto bene?» chiese Loki notando la strana reazione della sorella.

Hela non ci pensò, ma ripose d’istinto. 

«Loki. Devi smettere di fare questi discorsi. Credi che non ci abbia già provato? A liberare Thor? Credi che in tutti questi anni io non abbia provato a salvare davvero mio fratello?»

Loki rimase interdetto dalle sue parole «Ma Hela…non volevo dire questo. Se da domani non avrò più vincoli anche la mia magia diventerà più potente e magari insieme noi due potremmo trovare un modo per…»

«NON C’È UN MODO LOKI! Devi smetterla di illudere Thor! Di riempirgli la testa di stupide fantasie! Non capisci che continui a fargli male così? Dandogli solo false speranze?!»

Loki si paralizzò e turbato abbassò di colpo lo sguardo. Sapeva bene quanto Thor ci stesse male, ma lui voleva davvero liberarlo per questo continuava a cercare di infondergli coraggio. Stava forse sbagliando senza rendersene conto?

«Mi dispiace.» sussurrò Loki mortificato.

Hela allora cercò di riprendersi «Loki…io vi ho cresciuti. Ho visto i nostri genitori morire di quella tremenda malattia e hai visto cosa sarebbe potuto accadere a Thor la notte in cui voleva scappare no?» 

Si, lo aveva visto eccome o meglio lo aveva sentito.
Thor quella sera era parecchio agitato e lui non era riuscito a fermarlo nemmeno volendo. Lo aveva visto calarsi dalla sua finestra implorandolo a bassa voce di fermarsi, ma quello non aveva voluto ascoltarlo.
Fuori era buio perciò non aveva visto bene, ma aveva udito Thor urlare forte e si era precipitato fino alla base della torre. Fortunatamente sua sorella lo aveva anticipato e provveduto a ricondurre l’altro dentro. Ricordava di come fosse corso a stringerlo: il biondo era pallido in volto e sembrava terrorizzato.
Continuava a guardarsi le mani con le lacrime agli occhi mentre Loki lo stringeva e piangeva perché quell’urlo gli aveva quasi fermato il cuore. 
Loki rabbrividì al solo ricordo e annuì appena.

«Non discutiamone oltre» concluse Hela e senza aggiungere una parola riprese a camminare imitata in silenzio dal moro.

I due continuarono a camminare finché non si trovarono di fronte ad una piccola biforcazione. Si abbracciarono salutandosi e dandosi appuntamento per il giorno seguente davanti all’entrata segreta della montagna.
Non capitava mai che entrambi rimanessero fuori casa per più di una notte o se succedeva i due maghi erano sempre insieme e non si separavano mai.
Hela non voleva infatti che i fratelli rimassero soli senza il suo controllo e non perché temesse una fuga da parte di Thor; sapeva che non sarebbe fuggito e comunque aveva sempre con sé il suo specchietto per sorvegliarlo. Temeva però che se i due fossero rimasti soli insieme avrebbero scoperto qualcosa senza che lei avesse una soluzione a portata di mano. 
Per questo doveva andare a procurarsi l’Assenzia, un’erba magica di cui aveva sentito parlare da giovane; una volta lavorata la sua proprietà era quella di cancellare la memoria di chiunque la ingerisse, ma doveva essere colta direttamente da chi ne avrebbe preparato una pozione. Era quello il suo piano di riserva, cancellare la memoria ai suoi fratelli e se fosse stato necessario lei e Thor si sarebbero separati da Loki per sempre. Procurarsela era divenuto ormai necessario perché più il tempo passava più Hela si rendeva conto che quella sarebbe stata la sua unica possibilità in caso di bisogno e doveva farlo prima  che Loki ottenesse la libertà datagli dalla maggior età. 
Fortuna aveva voluto che, per quel che ne sapeva lei, quella sera il fratellino dovesse sostenere quel lungo rituale così lei poteva star tranquilla:  Loki non avrebbe potuto raggiungere Thor prima del suo ritorno. 
Perciò quando prese la via di sinistra non sospettava minimamente che i due giovani avessero in mente tutto un altro programma in cui lei non era contemplata. 

 

«Ti senti tranquillo giovane Loki?» chiese lo stregone dai capelli corti e grigi e un pizzetto sul mento. Era più alto di Loki, indossava un abito blu e aveva le mani coperte da guanti di cuoio. Camminava con passo tranquillo accanto al moro mentre il sole era in procinto di tramontare su quella giornata.

«Beh siete stato voi stesso ad assicurarmi che sarebbe stata una cosa facile e veloce Stephen.»

I due stavano percorrendo un sentiero appena fuori dal villaggio diretti ad una grossa e vecchia casa isolata, col tetto spiovente e una strana vetrata rotonda per finestra. 
Quello era il luogo dove vivevano gli stregoni di quel villaggio, ma tra la gente del posto si facevano passare per curatori e tutti sembravano credere a questa versione.

«Loki…» disse lo stregone fermandosi e cercando lo sguardo del giovane moro «Ormai mancano poche ore al rituale. Dalla mezzanotte tu diventerai a tutti gli effetti maggiorenne e questo ti consentirà di ampliare i tuoi poteri con incantesimi nuovi e molto potenti. Ma prima di questo devo dirti che tu dovrai entrare completamente in contatto con te stesso…»

«Non capisco Stephen. Credevo fosse solo una sorta di tradizione…» disse Loki restando confuso da quella confessione.

«Quella era come dire…la scusa ufficiale, ma in realtà c’è molto di più. Loki ognuno di noi maghi  o stregoni nasce con la magia è chiaro, ma spesso molti si fermano solo alla sua parte superficiale. Per utilizzarla a pieno dovrai conoscerti davvero.» 

Il ragazzo lo guardava senza capire. 

 «Ti faccio un esempio: quando avevo vent’anni vivevo in un piccolo paesino molto lontano da qui. La terra era arida e c’era poca acqua. Allora io cercavo di evocarla dal terreno, ma riuscivo a richiamarne solo piccole pozze. Dopo il rituale ho capito che c’era qualcosa che mi bloccava e dopo sono riuscito ad evocare persino un grande corso d’acqua. Riesci a seguirmi?»

«Si, ma certo.»

«Quello che voglio dire è che anche a te come a tutti noi è nascosta una parte di te stesso e quando la scoprirai dovrai essere pronto ad affrontare la verità.»

Loki lo guardò diffidente per un istante «Perché mi metti al corrente di questo solo adesso? Avresti potuto dirmelo prima.»

Stephen sospirò «Credimi se te lo avessi detti prima stasera non saresti qui e non per tua volontà.»

Loki si zittì un istante. Aveva intuito cosa volesse dire lo stregone. In tutti quegli anni infatti non c’era stata volta che Hela lo avesse lasciato solo con lui o con gli altri due stregoni. Non si fidava molto di loro nonostante Loki si sentisse tranquillo. Quell’evento era un’eccezione e guarda caso Stephen stava ammettendo che c’era qualcosa che sua sorella non doveva sapere o non gli avrebbe permesso di partecipare a quel rituale. 
Provò a non pensarci, tanto ormai era in ballo, e i due ripresero a camminare silenziosamente dirigendosi alla casa.

 

Era la prima volta che visitava quel luogo senza sua sorella e quasi gli sembrò un’esperienza del tutto nuova. Loki si fece condurre al piano superiore in una camera vuota senza mobilio. Lungo tutto il perimetro della stanza erano state sistemate candele bianche per permettere di avere luce.
Al centro, con tanti rametti di legno, era stato tracciato un cerchio e in punti diametralmente opposti vi erano quattro cuscini: uno era occupato da un uomo paffuto e dai tratti orientali che si chiamava Wong, uno era vuoto, uno era occupato da una donna calva che gli dava le spalle e avvolta in una tunica gialla e l’ultimo da una figura incappucciata. Quella per Loki era una presenza nuova.
Prima che il giovane potesse anche solo dire qualcosa la donna parlò.

«Ben trovato Loki. Lascia le tue cose a terra e raggiungici nel centro del cerchio.»

Loki era leggermente inquietato: non si aspettava certo le candele, il cerchio e il tizio incappucciato, ma dietro di lui Stephen gli appoggiò una mano sulla spalla.
Loki lo guardò e l’altro gli rivolse un sorriso rassicurante così il giovane obbedì. Abbandonò all’ingresso della stanza il suo mantello, un borsellino e un piccolo fagotto: prima di incontrare lo stregone infatti aveva trascorso molte ore d’attesa al villaggio e aveva comprato i dolci promessi a Thor. 
Poi, una volta raggiunto il centro del cerchio, restò in piedi dando le spalle alla figura incappucciata e guardando in volto la donna. 
Lei era l’unica di cui in tutti quegli anni non avesse conosciuto il nome, ma sapeva che fosse a capo anche degli altri due. 
La donna gli sorrise.

«Sta tranquillo ragazzo, non ti faremo del male e il tuo cuore lo sa.»

Loki annuì e la donna gli fece cenno di sedersi. In quel mentre anche il mago Stephen li raggiunse e rimase in silenzio come gli altri tre.
La donna proseguì.

«Ti spiego il rituale. È abbastanza semplice. Tra poche ore, allo scoccare della mezzanotte, tu compirai ventun anni. In quel momento dovrai cercare di mantenere la tua mente vuota da ogni pensiero come una pagina bianca. Quando ti sentirai pronto me lo dirai e dovrai pronunciare la frase che io ti dirò. A quel punto una verità di te ti sarà svelata. Potrebbe essere qualcosa che ignori o che sai, ma hai dimenticato. Quando l’avrai ritrovata la tua magia sarà come sbloccata e tu potrai usare a pieno il tuo potere. Ma dovrai essere pronto ad affrontare questa verità. Te la senti ancora ragazzo?»

 «Si.» rispose sicuro Loki. “Devo farlo anche per Thor” si disse e quel pensiero lo motivò. 

La donna annuì «Bene mancano ancora diverse ore al momento propizio, adesso medita con noi ragazzo.» 

 

Mancavano cinque minuti alla mezzanotte quando la donna disse a Loki di incominciare a concentrarsi. Si sentiva strano. Non si era aspettato tutto quel discorso da parte dello stregone e della donna. Credeva sarebbe stata più una prova per testare le sue capacità magiche, ma a quanto pareva non c’entrava proprio niente.
Non aveva ancora scoperto chi fosse la figura dietro di lui e non aveva osato interrompere la meditazione per chiederlo, ma sentiva di avere i suoi occhi addosso anche mentre meditava.
Cercò di concentrarsi meglio e prese un respiro cercando di fare della sua mente un foglio bianco. 
Era abbastanza semplice; lui aveva imparato a farlo per apprendere certi incantesimi perciò gli ci volle solo qualche minuto.

«Sono pronto.» disse tenendo gli occhi chiusi. 

«Molto bene e sarà mezzanotte esattamente tra…» tacque un istante come se potesse avvertire i secondi scorrere nella sua mente «Bene Loki adesso hai ventun anni. Congratulazioni. Adesso pronuncia queste parole “Aver nut danà” e resta concentrato. Ci vediamo al tuo risveglio»

Loki non comprese in pieno il senso di quell’ultima affermazione, ma obbedì «Aver nut danà

Sul momento non accadde nulla poi uno strano torpore si impadronì dei suoi sensi.
Fu come ritrovarsi in quella fase tra la veglia e il sonno. 
Sentì la mente libera e priva di ansie o paure.
I suoi sensi si addormentarono eppure nella sua mente apparve un’immagine e lui la vide chiaramente. 
Era il volto di un uomo ed era proprio sopra di lui come se Loki fosse sdraiato. Lo osservò. Aveva i suoi stessi occhi verdi, ma era privo di espressione. Forse era suo padre. Sentì come se la sua mano si stesse alzando verso quel volto, la vide, ma questa era piccola come quella di un neonato. 
L’uomo appoggiò qualcosa di freddo sul suo petto e lo allontanò dal suo viso. Loki lo vide chiudere gli occhi e sussurrare qualche parola. 
Anche lui chiuse gli occhi e quando li riaprì quell’uomo non c’era più. Al suo posto c’erano alti cespugli verdi pieni di macchie gialle, no, non macchie, fiori.
Avvertì  il bisogno di piangere e lo fece. Dalle sue labbra uscì un pianto lungo e disperato. Aveva paura. Aveva bisogno che qualcuno venisse da lui. 
Le foglie dei cespugli si scossero e qualcuno di quei fiori delicati cadde intorno a lui. Intravide il volto di una donna anziana. La donna gli sfiorò la fronte un paio di volte prima di sollevarlo. Se la trovò faccia a faccia. 

“Ti hanno abbandonato piccolo? La vita è ingiusta. Io lo so bene…Io sono Hela e tu chi dovresti essere?”

Si girò tra le mani una sorta di medaglione.

“Loki” terminò.

Loki spalancò gli occhi e avvertì il respiro quasi mancargli. Aveva l’affanno e brividi di sudore freddo gli attraversavano la schiena. Qualcosa di caldo però rigò il suo viso. Aveva iniziato a piangere senza nemmeno rendersene conto. 
Cercò di mettere a fuoco la situazione e vide davanti a sé la figura della donna.

«Stai bene ragazzo?» chiese lei apprensiva.

Loki scosse la testa ancora scioccato. Non stava bene per niente. Non poteva credere a quello che aveva appena visto. 
Sua sorella…gli aveva mentito. E lui lo aveva scoperto come uno spettatore impotente. Come a dar voce ai suoi pensieri la donna parlò.

«Da come sei sconvolto capisco che devi aver scoperto qualcosa di molto doloroso. Un segreto che era rimasto celato dentro di te per tutti questi anni.»

Loki cercò di riprendere il controllo di sé provando a calmare il respiro seguendo la voce lenta e pacata di lei.

«È normale che tu ti senta sconvolto, succede a chiunque si sottoponga al rituale. Ma ti assicuro che il dolore che proverai non farà altro che aiutarti a crescere.» gli appoggiò delicatamente una mano sulla spalla «Loki, ora starai soffrendo. Vai a casa e cerca il conforto di chi ami. Quando il tuo cuore ferito si sarà quietato potrai vedere tutto più chiaramente.» 

Loki era fuori di sé e provava un dolore terribile. Era stato abbandonato e Hela…Hela non era sua sorella di sangue, lo aveva solo trovato e gli aveva mentito per tutti quegli anni.
E Thor… nemmeno Thor era…
Un pensiero attraversò la sua mente.
Annuì con urgenza e sollevandosi corse alla porta raccogliendo velocemente le sue cose e uscendo da quella casa.

«Non dovevamo imbrogliarlo così. Avremmo semplicemente dovuto dirgli quello che sapevamo subito! È un bravo ragazzo.» disse Wong scuotendo la testa.

«Sai che non potevamo.» lo riprese Stephen «Se lo avessimo fatto prima del tempo avremmo deviato il corso del suo destino. Mentirgli conducendolo a compiere il rituale era l’unica via perché trovasse il primo tassello che condurrà lui e l’altro giovane a scoprire la verità. Era così che doveva andare. Lo avevamo predetto.»

«Stephen ha ragione amico mio. E adesso è tempo che la verità sia rivelata.» disse infine la donna, poi si rivolse alla figura incappucciata davanti a lei. «Ora è il tuo turno. Ma dai tempo al ragazzo. In questo momento ha bisogno di quietare il suo cuore ferito.»

La figura annuì, dopodiché si alzò e uscì con tutta calma dalla stanza.

 

Loki era uscito dalla casa con urgenza nemmeno fosse un ladro e  aveva iniziato a correre senza fermarsi mai. Era buio e se non fosse stato per la luna non avrebbe nemmeno visto gli alberi davanti a sé nel bosco.
Correva e intanto si sentiva agitato come non mai. Voleva scacciare tutto ciò che aveva scoperto almeno finché non fosse arrivato a casa, ma aveva così tante domande. 
Aveva visto bene gli occhi di quell’uomo: erano freddi e privi di qualsiasi emozione. 
Come se non bastasse non riusciva a smettere di pensare che Hela, sua sorella maggiore, la sua mentore, la persona che aveva cresciuto lui e Thor, gli avesse mentito. Perché poi?
Avrebbe potuto confidargli semplicemente la verità.
E poi perché quella storia dell’incantesimo  e del sangue e che lui e Thor dovevano stare lontani?

“Thor…”

Era sconvolto eppure in quel momento voleva arrivare a casa, buttarsi tra le sue braccia e lasciarsi avvolgere  dal suo calore. Era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento. 

 

Si arrampicò sulla roccia della parete con talmente tanta foga che quasi si ferì la mani e inciampò nei suoi passi correndo a perdifiato verso la torre che si ergeva silenziosa al centro della radura nella notte scura.
Corse veloce e pronunciò la frase di apertura della porta ancor prima di raggiungerla. La porta si materializzò e lui entrò spalancandola e sbattendosela alle spalle velocemente. La base della torre era buia e silenziosa e non c’era nessuno perciò Loki prese le scale e in tutta fretta sorvolò tutti i piani fino a raggiungere l’ultimo. Spalancò la porta della sua stanza e…trovò tutto buio e silenzioso, ma il letto era fatto.

Ancora con l’affanno mosse qualche passo fino al centro della stanza.

«T-Thor?» chiamò incerto.

Alle sue spalle una luce si accese e Loki voltandosi vide il volto di Thor illuminato dalla fioca luce di una candela che il biondo teneva in mano. Nell’altra reggeva un dolce e lo guardava sorridendo. 

«Buon compleanno!» gridò allegro il biondo «Ti ho visto arrivare dal balco…» in quell’istante notò il volto sconvolto del moro.

Loki aveva un’espressione distrutta e i suoi occhi erano pieni smarrimento. Lasciò cadere qualcosa a terra, ma non se ne curò.
Il biondo rimase paralizzato, ma dovette riscuotersi. Appoggiò velocemente la torta e la candela su un comò e gli si avvicinò apprensivo.

«Loki, che è successo? Che cosa ti hanno fatto?»

Loki lo guardò immobile poi abbassò lo sguardo iniziando a singhiozzare.

«Ehi.» disse Thor cauto prendendogli le mani «Sono qui, qualunque cosa sia successa io…sono qui.» disse rassicurante cercando i suoi occhi. 

Loki sollevò lo sguardo e Thor incontrò i suoi occhi arrossati e le guance umide «Che succede Loki?» chiese ancora gentile, ma anziché rispondergli il moro gli prese il volto tra le mani e lo baciò con slancio.

Fu un bacio intenso e pieno di disperazione. Il corpo di Loki si spinse contro quello di Thor con foga e passione. Il biondo comprese chiaramente le intenzioni del moro e questo gli fece spalancare gli occhi e irrigidirsi. 
Lui e Loki si erano baciati, tante volte, ma mai cercando quel contatto! Quello andava oltre…

«Lo-Loki mmm… n-no! Aspetta!» provò Thor tentando di separarsi da lui, ma Loki premette di più le labbra contro le sue e con le mani si aggrappò alla sua camicia strattonandogliela per attirarlo a sé.

Thor di nuovo e con più decisione si separò da lui e appoggiò le mani sulle sue fermandolo e guardandolo dritto negli occhi.

«Loki! Non voglio che ti succeda qualcosa di male. Non possiamo!»

«P-possiamo in-invece…» ansimò tra i singhiozzi Loki sulle sue labbra mentre ancora le lacrime gli rigavano il volto «Possiamo! Ab-abbiamo s-sempre p-potuto!»

Thor rimase sconvolto dalle sue parole. Loki era tornato sconvolto e in lacrime e adesso voleva…Doveva cercare di capirci qualcosa.

«Che-che stai dicendo Loki?»  chiese cauto il biondo. 

Il moro lo guardò e altre lacrime scesero dai suoi occhi e gli bagnarono le guance. Si costrinse a prendere un respiro.

«Thor io…io non sono tuo fratello»

Gli occhi di Thor si sgranarono increduli. 

«Cosa?!»

 

Se ne stavano entrambi in silenzio adesso.
Thor aveva fatto sedere Loki sul letto e aveva atteso che si calmasse.
Il moro gli aveva raccontato quello che aveva visto tutto d’un fiato senza tralasciare nulla. Entrambi erano increduli che Hela avesse tenuto loro nascosta una cosa così importante. 

«Forse…forse voleva solo che non soffrissi.» sussurrò Loki fissando il pavimento. 

Thor annuì. Gli stava tenendo una mano e ne accarezzava il dorso col pollice, ma non guardava l’altro.

«P-però…» cercò di farsi coraggio Loki «Non capisco perché ci abbia mentito sulla storia del sangue e dell’incantesimo. Sa che…insomma noi due…» sussurrò con un filo di voce. 

Thor strinse la mano libera a pugno e serrò la mascella.

«Per far soffrire me…è chiaro» 

«Thor, ma che dici?» domandò Loki incredulo.

«Perché tu non lo pensi? Sii onesto con te stesso Loki. Sai che nostra sorella farebbe di tutto per vedermi infelice. Anche se dovesse ferire te in questo caso…» 

Ma Loki scosse la testa con forza.

«Non dire così Thor, non voglio nemmeno pensarlo! Deve esserci una spiegazione e domani gliela chiederemo…insieme. Va bene?»

Ma Thor non rispose: era sicuro che Hela l’avesse fatto apposta altrimenti che problema c’era a tenere il segreto e lasciarli in pace? 
Non lo avrebbero scoperto ugualmente.
Non era abbastanza per lei che fosse rinchiuso in quella torre da tutta la vita? Doveva anche inventarsi qualcosa per spaventare lui e Loki tentando di tenerli lontani? Ma ci avrebbe pensato dopo. 
Prese un respiro. 

«Loki…quello che è successo prima..»

Il moro arrossì e trattenne il fiato.
Sul momento aveva solo sentito di aver bisogno di lui come non mai e aveva agito d’istinto, ma ora si sentiva leggermente in imbarazzo per la sua impulsività. Magari Thor non lo voleva…

Il biondo però gli sollevò il mento e lo guardò negli occhi «Sei sicuro?» chiese.

Loki inchiodò gli occhi ai suoi e…annuì.

Thor sorrise imbarazzato «A-allora non ti resta che-che chiederlo, no?» E inaspettatamente si alzò raggiungendo la candela ancora accesa e la spense. 

Loki rimase spiazzato un istante, ma Thor, al buio, tornò da lui e sistemandoglisi davanti cercò qualcosa nei calzoni. Ne estrasse una scatolina che conteneva dei fiammiferi. Ne accese uno e lo portò vicino a Loki.

«Devi esprimere ancora il tuo desiderio.»

Loki rimase in silenzio. Thor aveva due occhi grandi e spauriti e lui era sicuro che anche i suoi fossero identici in quel momento.
Ma il moro non esitò e protendendosi baciò le labbra del biondo. Un istante dopo si separò da lui e rivolse le labbra alla fiamma.
Con un soffio la spense lasciando la sola oscurità ad avvolgerli. 

 

Aveva sentito talmente tante volte il battito del cuore di Thor. Quel battito calmo e leggero lo cullava ogni notte mentre se ne stava al caldo tra le sue braccia o spesso completamente steso sul suo petto usandolo a mo’ di cuscino. 
Qualche volta però quando Thor era emozionato o aveva paura di qualcosa quello batteva veloce e sembrava suonasse come i tamburi che aveva sentito al villaggio qualche volta nelle sere di festa. 
Spesso invece, quando si baciavano o si perdevano nelle loro carezze, andava veloce, ma restava silenzioso come se non volesse disturbarli facendosi sentire.
Adesso faceva proprio così e mentre se ne stava sdraiato contro il petto di Thor dopo aver fatto l’amore con lui per tutta la notte, Loki sorrise. 
Anche Thor sorrideva e intanto gli passava una mano tra i capelli neri e guardava verso il piccolo balcone il cielo chiaro. Di lì a poco sarebbe sarebbe stata l’alba.

«A che pensi?» gli chiese Loki sollevando la testa e guardandolo coi suoi occhioni verdi. Erano sereni ora. 

Thor lo guardò e gli accarezzò una guancia «A parte che sei sempre uno spettacolo anche più bello del sole che sorge?» chiese sorridendogli.

Loki sorrise timidamente «Sentimentale. A parte questo?»

Thor prese un respiro e distolse lo sguardo da lui tornando al balcone «Continuo a chiedermi perché ci abbia mentito. Perché che ce l’abbia così con me…» poi guardò Loki. Aveva abbassato lo sguardo che sembrava essersi velato di nuovo di tristezza «Tu come stai?» chiese Thor cautamente.

«Non lo so… in un primo momento, quando ho realizzato di essere stato abbandonato, credevo…non lo so…mi sono sentito ferito e credevo fosse quella la cosa peggiore, ma…a dirla tutta…mi fa più male pensare che nostra sorella mi abbia ritenuto tanto debole da non sopportare la verità. Io…meritavo di saperla…tutti e due lo meritavamo.»

Thor smise di accarezzarlo e rifletté un istante.

«Loki»

Il moro incontrò i suoi occhi.

«Tu…tu credi che ci abbia mentito su qualcos’altro?»

Loki comprese il suo dubbio e rimase un momento in silenzio «Thor…io…»

Ma quell’istante un rumore di pentole e tegami arrivò dalla base della torre. I due scattarono in piedi e si guardarono. Hela era già tornata? 
Eppure non erano seguite imprecazioni ed Hela era tipo da lanciarne parecchie per molto meno. 
Scesero velocemente dal letto e si rivestirono. Thor raccolse al volo la sua treccia dopodiché i due si diressero alle scale. 
Non poteva essere entrato qualcuno eppure Thor aveva sistemato tutte le pentole nelle credenze il giorno prima; non erano certo cadute da sole! I due stettero attenti a far piano fino a raggiungere l’ultima chiocciola che li separava dalla base della torre.

«Resta dietro di me.» sussurrò Thor a Loki.

«No, tu resta dietro di me! Se c’è un intruso posso lanciargli un incantesimo.»

Thor dovette ammettere che quell’osservazione fosse corretta così lasciò che Loki lo precedesse. Il moro discese ancora qualche gradino fino a notare la porta di casa aperta e una figura incappucciata di spalle che trafficava nella dispensa. C’era davvero un intruso, ma come avesse fatto ad entrare era un mistero! 
Loki sollevò le mani, ma non fece in tempo a pronunciare un incantesimo che quella  figura parlò.

«Suvvia non c’è bisogno di fare così, Loki.»

Il moro rimase spiazzato. Era una voce maschile che però lui non conosceva. Come faceva quel tizio a conoscere il suo nome?
La figura incappucciata si girò «Sono arrivato da ore seguendoti qui, ma ho preferito rendervi partecipi della mia presenza solo adesso per lasciarvi “il vostro spazio”. Avrei voluto fare la tua conoscenza ieri sera, ma sei scappato via.» disse sfilandosi il cappuccio e rivelando il volto di un uomo dai capelli grigi e occhi truccati «Ero presente alla cerimonia. Sai il tizio incappucciato dietro di te? Ero io. Sono il Gran Maestro. Sono un mago.»
Il moro abbassò le mani e studiò quel tizio. Era parecchio strano.

«Oh e mi piacerebbe conoscere anche la bella principessa dalla chioma dorata alla tue spalle, se a lui sta bene.» sorrise quasi malizioso  lo sconosciuto.

A quel punto anche Thor scese gli ultimi gradini che lo speravano da Loki guardando perplesso lo sconosciuto.

«E tu chi diavolo sei?»

«Oh, ma insomma mi sono appena presentato. Sono il Gran Maestro. Un mago molto potente. Carino l’incantesimo sulla vostra porta. Certamente è ottimo contro i ladri, ma…non con me.» Sorrise quello «Ora che ne dite di fare colazione e di scambiare quattro chiacchiere? Avevi cucinato un dolce se non baglio Thor vero? Si sente ancora il profumo nell’aria, ma non sono riuscito a trovarlo. Ah! Forse ho capito dove lo tieni nascosto.» 

E schioccando le dita il dolce con cui Thor aveva accolto Loki la notte precedente comparve tra le mani del mago.

Questi lo annusò. «Mmm mirtilli, sarà delizioso. Su coraggio accomodatevi. Non fate i timidi. Questo è il luogo adatto per parlare, libero da specchi di sorveglianza» disse tutto tranquillo sedendosi al tavolo e facendo comparire un coltello per tagliare il dolce.

I due giovani si guardarono perplessi poi obbedirono.

«Prima i festeggiati. Allora…» iniziò quello porgendo a Loki una fetta di torta «Ieri sera sembravi davvero sconvolto. Ti senti meglio adesso?» 

Il moro annuì mentre l’altro porgeva una fetta di torta anche a Thor. 

«Dunque vi starete chiedendo perché io sia qui giusto?» disse addentando il dolce mentre i due annuirono «Mmm è davvero ottimo! Sai biondino saresti da sposare e non solo per come cucini.» disse facendogli un occhiolino che imbarazzò appena Thor «Comunque è andata più o meno così.

I miei amici stregoni che vivono al villaggio e che conosci anche tu mi hanno mandato a chiamare. Sai Loki io la signora in giallo ci conosciamo beh…da secoli direi. Ad ogni modo mi hanno invitato al “rituale dei tuoi ventun anni” dicendomi che quella strega di tua sorella Hela non ci sarebbe stata»

Loki sgranò gli occhi «Io non gli ho mai detto il vero nome di mia sorella. Come facevano a…»

«Oh avanti ragazzo, sono stregoni supremi! Hanno capito subito che usasse un nome falso e scoperto immediatamente chi fosse, ma purtroppo loro sono come dire “custodi del tempo”…non possono intromettersi col destino di nessuno perciò non ti hanno mai rivelato niente. Sapevano anche di te biondino naturalmente. Ad ogni modo tutta la storia del rituale non era che una sciocca scusa per liberarsi per una volta di Hela e permettere a te di scoprire la verità sulle tue origini. La formula che hai pronunciato era un semplice incantesimo di memoria. Se vuoi saperlo il tuo potere non è mai stato limitato dell’età, è una bugia che si sono inventati con Hela per rendere il tutto più credibile e lei non se n’è nemmeno accorta. Oh pardon…»

Fece apparire un bicchiere di latte e lo bevve tutto d’un fiato «Latte di capra appena munto mmm delizioso. Stavo dicendo… ah si. Per quanto la vostra “sorellina” ci abbia provato secondo gli stregoni è il momento che si avveri la profezia che avevano predetto su Thor e qui servivo io. Sono venuto a rispondere a tutte le vostre domande e a raccontarvi come sono andate davvero le cose. Ed era anche l’ora. Principe Thor, ti ho lasciato che dovevi ancora nascere e venir rapito dalla perfida principessa Hela e guardati adesso? Sei un uomo fatto e finito e detto tra noi sei venuto proprio bene biondino.» 

Thor e Loki lo fissarono a bocca aperta.

«M-ma di che diavolo parli?» chiese Thor con un filo di voce.

«Si, l’attenzione non è un tuo punto forte vero? L’ho appena detto. Parlo del fatto che tu sei un principe e la tua sorellina ti ha rapito e portato in questo luogo isolato perché io avevo predetto che saresti diventato re al posto suo, ma lascia che ti racconti meglio…»

 

Il mago raccontò loro della notte in cui conobbe la famiglia reale, del raperonzolo donato a Frigga, della gelosia della principessa e della scomparsa, nonché probabile rapimento, del piccolo principe. 

«E la profezia termina così: Un incantesimo indissolubile veglierà sulla sua salute ed egli crescerà forte e sano senza che alcun male possa ferire il suo corpo. Un grande amore proteggerà invece il suo animo e il suo cuore preservandoli dall’oscurità. Infine il suo destino lo salverà. Costui sarà l’erede nonché futuro re di questo regno. E questo è quanto…ci sono domande?»

Thor e Loki erano pietrificati.

«Ma-ma se quello che dici è vero» balbettò Loki « la malattia di Thor e l’incantesimo…»

«Tutta fuffa. Non c’è nessun incantesimo»

«Ma io…io posso percepire l’incantesimo che aleggia intorno a Thor e non sono mai riuscito a spezzarlo.» 

«Si può spezzare una cosa che non esiste Loki? Tu lo percepivi perché senza che te ne rendessi conto Hela ti ha stregato la mente, per questo hai creduto che Thor fosse malato. L’incantesimo si è spezzato durante il rituale quando hai scoperto la verità sul tuo passato. Te ne sei liberato inconsciamente, ma i tuoi occhi erano velati per tutto questo tempo. Per questo non potevi vedere che Thor sta bene! Prova adesso? Percepisci ancora la sua malattia?»

Loki esitò un istante e guardò verso Thor. Dopo le scoperte di quella notte non aveva certo pensato di fare un controllo e poi perché avrebbe dovuto? 

Chiuse gli occhi e si concentrò. Li riaprì incredulo pochi secondi dopo «Io…non sento niente…»

Il mago sorrise  come se se lo aspettasse, ma qualcun altro ebbe da obiettare.

«No!» esclamò sicuro Thor «No, io ho visto le mie…le mie mani la notte in cui sono fuggito… erano diventate nere e …»

«Tsk probabilmente era un’illusione. Ti avrà mostrato le tue peggiori paure o una cosa così. Un trucco da dilettanti.»

Calò il silenzio.

«Qui-quindi questo…questo vuol dire che…che non sono malato?» chiese Thor esitante.

«Esatto e ti dirò di più tu non puoi ammalarti né ferirti. È impossibile! E lo sai perché? Ma grazie al raperonzolo ovviamente! Era magico e perciò l’incantesimo ti proteggerà finché la profezia non si compirà del tutto. Tu ragazzo mio sei e sei sempre stato sano come un pesce!»

A quelle parole Thor si pietrificò e sentì il respiro mancargli.

«T-Thor?» provò Loki esitante.

Il biondo boccheggiò prima di scattare in piedi e scappare per le scale della torre.

«THOR!» gli urlò dietro Loki seguendolo preoccupato, ma il biondo non si fermò. 

Corse facendo i gradini a due a due. Ma per scappare dove? 
Aveva la testa che gli scoppiava, il cuore che gli martellava nel petto e sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro e non riusciva quasi a respirare. Ad un certo punto la sua enorme treccia si sciolse e lui inciampò sui gradini.
Cadde e batté il viso.
Le lacrime salirono prepotenti agli occhi. Non si era fatto male, non era per questo.
Diede un pugno alla pietra dura e il suo corpo fu scosso dai singhiozzi.

«Thor.» la voce di Loki lo raggiunse subito alle sue spalle «Thor…» disse cauto il moro avvicinandosi a lui e facendolo voltare.

Thor incrociò il suo sguardo mentre le lacrime scendevano copiose a rigargli il viso.

«S-sapevo che mi…mi odiava.» singhiozzò «m-ma non credevo fino a…fino a questo punto!»

«Thor…forse…forse quello straniero mente forse…»

«SMETTILA DI DIFENDERLA!» gli urlò contro Thor per poi proseguire sconvolto «Ventitré anni Loki! Mi ha tenuto rinchiuso qua dentro per ventitré anni! Ogni giorno mi ha reso la mia vita un inferno, ti ha mentito, CI ha mentito per cercare di allontanarci. Ci ha cresciuti su una bugia! E tu ancora la difendi? Non ti sei nemmeno reso conto che ti aveva stregato la mente!»

Loki si bloccò e lo guardò mortificato «Thor questo…questo non è giusto…Sai che ho fatto di tutto per te. Hanno mentito anche me. Hela, gli stregoni…Credevo…credevo che la mia magia fosse troppo debole per via della mia età e…» 

«Beh potevi arrivarci! Ma ti sei così tanto fidato di lei da caderci come un ingenuo!»

Loki sgranò gli occhi incredulo e ferito abbassando lo sguardo subito dopo.

A quella vista Thor si riprese rendendosi conto di cosa aveva appena detto «Mi dispiace.» disse abbassando lo sguardo a sua volta e vergognandosi di sé stesso «Non-non è affatto colpa tua…tu-tu…se non fosse stato per te io….io sarei stato perso Loki. Hai ragione. Non è giusto. Perdonami ti prego. Forse in fondo sono crudele come lei…»

Ma Loki risollevò lo sguardo e scosse la testa «No, no non è affatto così.» Disse prima di avvicinarsi a lui e posargli un bacio sulla fronte. L’altro singhiozzò più forte e gli si strinse contro. 

Il moro lo strinse tra le sue braccia come nelle tante volte in cui voleva solo consolarlo e dargli conforto. 

«Lo-Loki io sono così… confuso. Non-non so cosa pensare.»

«Shhh sta tranquillo Thor. Vedrai che andrà tutto bene. Ci deve pur essere un modo per saperne di più su questa storia.»

«In effetti…» disse la voce del Gran Maestro da qualche gradino più in alto di loro come se vi fosse appena comparso «un modo c’è. O scusate mi sono intromesso! Però un modo per sapere la verità c’è. Vi basterà andare nella capitale del regno e parlare con la regina Frigga. Che poi è tua madre biondino. Lei ti racconterà tutto. E io posso farvici arrivare.» 

I due giovani lo guardarono e poi si scambiarono un’occhiata. «Come?» chiese Loki sospettoso.

Il Gran Maestro scese di un paio di gradini verso di loro e mosse la mano sinistra in aria. Nel suo palmo comparve un medaglione.

«Loki questo è tuo. Ho dato una sbirciata durante la tua visione e ho potuto vederlo. Hela lo teneva nascosto dal giorno in cui ti ha trovato. L’ho stregato. Con questo potrete andare alla capitale e cercare tutte le conferme di cui avete bisogno prima che torni Hela. Vostra sorella sarà via fino a sera no? Se partite adesso avete circa dodici ore per andare, parlare coi reali e tornare.»

Lo porse al moro, ma la mente di Thor fu attraversata da un pensiero «Aspetta.» obbiettò ricordandosi di un dettaglio «Hela…non si accorgerà che manco in qualche modo?»

Il mago sospirò.

«In realtà potrebbe, questo luogo è pregno di magia oscura, ne ho percepita parecchia. Finestre incantate, porte magiche, persino gli specchi. Deve averne uno con cui controlla che tu rimanga sempre nella torre e può vederlo tramite qualsiasi specchio presente.» 

Thor si fece triste «Ma se io…se io vado via…ed Hela dovesse controllare…si…si accorgerà subito che manco.»

«No, non lo farà.» asserì il mago «Perché per lei tu sarai sempre rimasto qui.»

«E come?»

«Così.» disse il mago prima di schioccare le dita e diventare identico a Thor. I due giovani rimasero a bocca aperta «Oh scusate non vi ho detto che sono un muta forma posso assumere l’aspetto che voglio! Adoro cambiare!» 

«Quindi…quindi stai dicendo sul serio?» Chiese Loki.

«Ma certo ragazzi. In parte è colpa mia se si è creata tutta questa situazione. Avrei dovuto agire diversamente davanti al cuore nero di Hela. Sono stato imprudente e voglio tentare di aiutarvi. È il minimo che possa fare.» disse il mago sempre sotto mentite spoglie.

I due si guardarono.

«Te la senti?» domandò il moro.

«Si, si voglio farlo.» rispose il biondo sicuro.

«Ah e dico non è che prima vuoi fare qualcosa per quella massa informe che hai per capelli? Non vorrai mica andare da tua madre conciato così spero? Vuoi farle prendere un infarto? Certo se sopravvive a quello che lo provocherà trovarsi suo figlio davanti dopo tutti questi anni…»

Thor ci pensò prima di annuire. Il mago-Thor sorrise e fece comparire un pugnale che porse al biondo.

«Fallo tu.» disse Thor passandolo a Loki e sedendosi meglio sui gradini.

Il moro annuì e gli si avvicinò. Prese un respiro, scompose la lunga treccia e la afferrò poco sopra la sua base «Oggi esci di qui Thor.»

Il biondo sorrise ed esclamò deciso «Fallo!» 

Loki impugnò meglio il pugnale e diede un taglio netto. 
La lunga treccia cadde a terra mentre i capelli sciolti di Thor ricaddero sulle spalle; subito Loki gliene raccolse una piccola parte legandola e lasciando liberi gli altri sotto.
I due giovani si sorrisero e tornarono sul mago-Thor che intanto si stava studiando i muscoli «Niente male davvero. Oh avete finito? Bene allora il mio pugnale, grazie mille Loki…che state aspettando? Andate, penserò io a portare questa nella vostra stanza. Arriverete il più vicino possibile alla capitale. Lasciate che siano i suoni a guidarvi. Troverete la famiglia reale seguendo l’istinto. Loki stringi forte il medaglione per cinque secondi e arriverete dove dovete» disse iniziando a raccogliere la treccia tranquillo «Coraggio state perdendo tempo!»

Thor e Loki si guardarono un istante «E se…» iniziò Thor «E se…uscissi di qui e…la malattia…»

Loki incontrò deciso il suo sguardo «Se non vuoi andare nessuno ci costringe.»

Thor tacque un istante.

«No. Io…io devo sapere. Voglio sapere la verità.»

«Saggia scelta ragazzo mio.» commentò il mago-Thor.

Il biondo annuì mentre il moro gli prese la mano e con l’altra strinse il medaglione. I due tornarono un ultimo istante sul mago-Thor.

«Divertitevi.» fece loro l’occhiolino quello mentre una luce verde lì avvolgeva trasportandoli fuori e lontano da quella torre. 

 

Entrambi avvertirono un piacevole calore espandersi nei loro corpi ed avvolgerli. Durò pochi secondi, ma fu come se i sensi gli si addormentassero. Le palpebre si fecero pesanti costringendoli a chiudere gli occhi; quando avvertì il suolo sotto di sé Thor si rese conto di non volerli riaprire. Aveva paura di quello che avrebbe visto. Di vedere il colore della morte sulla sua pelle. 
Strizzò di più gli occhi e si irrigidì. Cosa aveva fatto? Adesso…adesso di certo avrebbe avvertito di nuovo quella sensazione tremenda di mancanza d’aria e i brividi e il dolore…Ma invece di tutto quello avvertì la carezza della mano di Loki sul volto.

«Va tutto bene. Apri gli occhi…» sussurrò la voce del moro tranquilla.

Thor eseguì e li riaprì con cautela per poi sgranarli per lo stupore.
Erano arrivati in mezzo ad un bosco e dapprima il biondo non poté che guardarsi intorno incredulo. Non aveva mai visto un bosco per davvero, solo sui libri.
La luce proveniva dall’alto e le foglie colpite dalla luce brillavano. Gli uccellini cinguettavano e c’era un ronzio di api poco distante.

«È…bellissimo.» sussurrò il biondo mentre l’emozione quasi gli impediva di parlare. Si inginocchiò e tastò il terreno. 

Era morbido e l’erba era ancora bagnata dalla rugiada del mattino; non era una sensazione nuova al tatto, ma era strano: non ricordava di averli mai potuti toccare prima.

Sorrise felice e risollevò lo sguardo su Loki «Sono uscito…» sussurrò.

Il moro, che lo fissava emozionato quanto lui, gli sorrise e annuì.
Thor non riuscì a trattenersi: si risollevò di scatto e presogli il volto tra le mani gli diede un bacio bagnato da lacrime di gioia.
Appoggiò la fronte contro la sua. 

«È…è tutto vero?» chiese Thor quasi timoroso che quello fosse solo un altro dei suoi sogni. Di quei sogni in cui lui e Loki erano finalmente liberi di vedere insieme il mondo fuori dalla torre.

Ma il moro lo rassicurò «Lo è Thor.» disse felice «Lo è!» gli sollevò il mento e lo osservò. I capelli biondi gli incorniciavano perfettamente il viso «Stai molto bene così lo sai?»

«E mi sento anche più leggero.» scherzò l’altro.

Il moro rise poi gli diede la mano. «Coraggio adesso, dobbiamo cercare la regina.»

Il biondo annuì «Da che parte…da che parte andiamo?»

Loki si guardò intorno in cerca di qualche indizio. In effetti non avevano idea di dove andare poi avvertì un suono, come uno squillo di tromba lontano «Lasciate che siano i suoni a guidarvi…Viene da là. Coraggio Thor, proviamo a seguirlo.»

La tromba continuava a suonare e si incamminarono seguendo quell’unico indizio. 
Thor si guardava intorno meravigliato. Per chiunque quello sarebbe stato un semplice bosco, ma non per lui. 
Lui si sarebbe fermato ad ammirare ogni fiore ed ogni animale, ma non avevano tempo così si limitò a seguire Loki fino a che  gli alberi davanti a loro si diradarono permettendogli di scorgere un grande prato verde. Era pieno di persone, tendoni colorati e invaso dalla musica. 

«Thor guarda! Sembra una fiera…Ma certo! Oggi è San Giovanni qui devono festeggiarne la festa. E se è una ricorrenza cittadina magari ci sarà anche la famiglia reale! Coraggio andiamo.» disse allegro Loki facendo per avanzare, ma avvertì una sorta di resistenza nella mano di Thor.

Si voltò. Thor era pietrificato e sembrava…terrorizzato. E come dargli torto? Quella era la prima volta che metteva piede fuori dalla torre e davanti a lui era pieno di persone e musica e rumori e…

Loki gli strinse di più la mano e gli pose una carezza su una guancia. Il biondo lo guardò spaurito, ma gli occhi verdi dell’altro lo rassicurarono. «Sarò con te per tutto il tempo. Andrà tutto bene, te lo prometto.» 

Thor annuì e ricambiò la sua stretta. I due si incamminarono verso la festa.

 

“Magia” ecco cosa doveva essere pensò Thor quando si immersero tra i carretti e le bancarelle della festa. C’era un tizio che mangiava il fuoco e poi lo sputava dalla bocca e poi faceva la stessa cosa con delle spade. I bambini si rincorrevano allegri e le persone ridevano e alzavano i boccali.
Stavolta la voglia di Thor di fermarsi a vedere tutte quelle cose nuove si fece spazio prepotentemente in lui e Loki lasciò che la sua curiosità vincesse.
Rallentò il passo apposta per permettere al biondo di guardarsi intorno. 
Thor aveva gli occhi che brillavano e sorrideva davanti a tutto ciò che vedeva, un sorriso così spontaneo e puro che Loki gli vedeva solo quando gli portava una cosa nuova da fuori.
I due avanzavano tra la folla, ma il biondo non lasciava mai la mano del moro. Gli dava sicurezza avere Loki con sé e faceva sentire il suo animo più tranquillo in quel mondo così grande e nuovo. Così quando Loki gliela lasciò si guardò intorno smarrito e impaurito, ma il moro era proprio dietro di lui e lo guardava teneramente. Gli fece cenno di attendere con la mano e raggiunse un banchetto dove era disteso un enorme maiale arrostito e laccato. 
Disse qualcosa all’uomo che vi stava dietro, un uomo alto e bello robusto, dal viso affabile. Quello annuì e gli porse due bei pezzi di pane con della carne sopra e riempì due grossi boccali da cui fece capolino una bella schiuma bianca.
Li porse a Loki e lui a sua volta diede uno di ogni cosa a Thor.

 «Vogliamo provare?» domandò sorridendogli.

Thor annuì anche perché quella carne aveva un profumino molto invitante.  Gli diede un bel morso e non riuscì a trattenere un gemito di piacere. La carne era morbida e salata e allo stesso tempo grassa e gustosa.

«Affifenfi.» disse con la bocca piena «è fuoniffimo.» 

Loki a quella vista rise divertito perché Thor era davvero buffo. Poi il biondo bevve dal boccale «E questa birra è ottima!» asserì convinto prendendone un bel sorso dissetante.

Loki invece per poco non si strozzò.«Si…ed è anche fortissima cough.»

Stavolta fu Thor a ridere vedendo Loki diventare paonazzo «Dai te la finisco io.» disse gentile.

«Grazie!» sorrise quello passandogliela sollevato, poi si guardò intorno «Allora secondo te come facciamo a trovare la regina.» 

«Cercate la regina?» chiese alle loro spalle l’uomo che gli aveva venduto il pasto.

I due si voltarono a guardarlo annuendo.

«La troverete alla gara di ballo.»

«Gara di ballo?» chiese Loki senza comprendere.

«Ahha non siete di queste parti vero? Ogni anno per la festa di San Giovanni si tiene una gara di ballo. La coppia che vince riceve in dono un mazzo di fiori di iperico. È un simbolo di buon augurio ed è proprio la regina a consegnarlo ai vincitori.»

Thor e Loki si scambiarono un’occhiata veloce. 

«Dove si svolge questa gara?» chiese il moro con urgenza.

L’uomo alzò il braccio sinistro puntando un dito «Proprio laggiù. Inizia sempre alle tre, quando il re e la regina arrivano alla festa. Siete ancora in tempo ad iscrivervi se volete.»

I due ringraziarono infinitamente l’uomo per tutte quelle informazioni e si diressero nel luogo da lui indicato. Era uno spazio circolare nel prato circondato da balle di fieno e spalti in legno. 
C’erano poi due palchetti in legno l’uno diametralmente opposto all’altro in linea d’aria: sul primo c’erano tanti sgabelli bassi segno che probabilmente fosse destinato ai musicisti, sul secondo invece c’erano due comode sedute e una tenda. Probabilmente i reali avrebbero seduto lì.

Loki osservò quel luogo e si voltò verso Thor «Se vogliamo avere una speranza di incontrare la regina dobbiamo vincere la gara o per lo meno sperare che ci noti mentre balliamo.»

Il biondo diventò immediatamente rosso «M-ma Loki…. Io conosco pochissimi passi!»

«Saranno sufficienti. Ho visto queste gare qualche volta. Di solito la coppia che vince è quella che resiste di più. E noi due abbiamo parecchi balli da recuperare non credi?» sorrise il moro.

Il biondo deglutì «Spero che questo sia sufficiente.»

 

E così Loki e Thor si iscrissero alla gara, ma poiché mancavano ancora diverse ore approfittarono per stare un po’ alla fiera. 
Thor si incantò nel vedere un giocoliere e la sua abilità con delle palline di cuoio e volle fare una sorta di gioco in cui per vincere si doveva lanciare un ferro di cavallo e centrare un chiodo.
E vinse!
Il primo premio era una gallina, ma Thor e Loki, dopo che il biondo ebbe studiato l’animale da vicino con vivo interesse e guadagnato una beccata sull’indice della mano destra, la cambiarono volentieri col secondo premio, una bella crostata di confettura di pesche che divorarono in pochi secondi.
Thor vide poi da vicino un cavallo mentre alcuni animali li conosceva già come le capre o le pecore. 
Il tempo sembrò volare e in men che non si dica una tromba suonò per annunciare che di lì a breve sarebbe incominciata la gara di ballo. 
Tutte le coppie dovevano portarsi nel cerchio e attendere l’arrivo dei reali; il re e la regina non si fecero certo attendere e quando vide Frigga Thor perse un battito.
Era bellissima e…familiare. Il suo volto però sembrava segnato da una tremenda sofferenza che lei tentava di nascondere dietro ad un sorriso dolce e buono. Il re invece era serio e anche lui pareva aver sofferto molto, ma al contrario della regina non era bravo a nasconderlo allo stesso modo.
Thor si irrigidì e Loki se ne accorse subito. Gli carezzò un braccio e lo guardò con un sorriso. Doveva rimanere calmo perché quella era la loro unica possibilità.
Di lì a pochi secondi la regina prese parola e Thor se possibile perse un altro battito avvertendo quella voce calma e armoniosa.

«Miei carissimi sudditi. Come ogni anno nel giorno caro a San Giovanni siamo tutti qui riuniti. Questo è il giorno dell’anno in cui il sole vince sulla notte, la luce sulle tenebre. La luce è…una forza invincibile e noi non dobbiamo dimenticarci di cercarla anche nei momenti…più bui della nostra vita. Non dobbiamo perdere mai la speranza…» fece una pausa e accanto a lei Odino le prese un mano, la donna lo guardò sorridendo triste, ma riprese «Come sempre ora si svolgerà la gara di ballo e i nostri suonatori ci delizieranno con la loro splendida musica. La coppia che resisterà più a lungo senza lasciare il cerchio vincerà il mazzo di fiori di iperico che io stessa sarò lieta di consegnare. E adesso… si dia il via alle danze!»

La regina concluse così e si sedette accanto al suo consorte. 

Thor prese un respiro e si voltò verso Loki «Sai quando hai detto che mi avresti portato a ballare …non immaginavo una cosa del genere.» disse nervoso. 

«Sta tranquillo, piuttosto…» fece il moro prendendo le mani del biondo e conducendosele alla vita prima di gettargli le braccia al collo «vedi di mettere a frutto quello che ti ho insegnato. Ci sono quindici coppie da battere.» gli sorrise.

“E speriamo di fare in tempo” si disse Loki, ma quel pensiero preferì tenerselo per sé. 

I suonatori presero a suonare e tutti incominciarono a ballare.
Il primo ballo era allegro e veloce forse apposta per stancare rapidamente le prime coppie. Infatti di lì a poco quattro coppie abbandonarono il cerchio e andarono a sedersi col resto del pubblico sulle balle di fieno e sugli spalti.

«Meno quattro.» sorrise Thor «Ne restano undici.»

«Però sei bravo in matematica biondino.» rise Loki.

«Oh, ma sono bravo anche in molto altro.» e inaspettatamente sollevò Loki facendogli fare un giro perfetto per poi riportarlo a terra.

Thor sorrise soddisfatto mentre Loki arrossì «E-e questo dove l’hai imparato?»

«Diciamo che ho improvvisato.»

Loki rise e scosse la testa spostando lo sguardo e notando che la regina guardava nella loro direzione sorridendo «Beh forse hai trovato il modo per farci notare.» 

Thor seguì il suo sguardo e comprese cosa volesse dire. Quel sorriso gli diede sicurezza e tornò subito sul moro «Coraggio Loki, vinciamo questa gara!» disse entusiasta.

I due ballarono e ballarono e il sole era appena calato quando finalmente una delle tre coppie rimaste abbandonò il cerchio stremata.
Loki e Thor erano ancora in gara, certo distrutti e con il sudore che imperlava loro le fronti, ma avrebbero vinto, dovevano vincere!
L’altra coppia però era dura da battere, eppure era abbastanza anziana! Lei aveva candidi capelli bianchi non molto lunghi e raccolti dietro la nuca e lui baffetti bianchi, capelli grigi e un paio di buffi occhiali colorati.  Al contrario dei due giovani non sembravano per niente affaticati.

«Ma dove…uff.. le tengono tutte quelle energie?» chiese Thor con l’affanno. 

«Non lo so, ma…uff spero di arrivare alla loro età con…uff la stessa grinta.» 

A quel punto però iniziò una danza allegra e ritmata e a Thor brillarono gli occhi «Loki, la musica! È la stessa di tanti anni fa!»

Loki la riconobbe e annuì. Perfetto! 
Conoscevano perfettamente i passi e forse avevano ancora una possibilità. Raccolsero tutte le  energie che gli rimanevano e ripresero a ballare. Era come se fossero tornati indietro di tanti anni a quella prima volta in cui Thor aveva ascoltato la musica allegra del villaggio racchiusa nell’anfora. 
Thor sorrise e si strinse più contro Loki: sembrava quasi che avessero dimenticato la gara e la posta in gioco; per tutto il tempo infatti si erano divertiti sorridendosi e ballando felici.
Stavano finalmente realizzando uno dei sogni della lista di Thor e ce n’erano ancora tanti altri! Si! Avrebbero cancellato ogni singola voce da quella lista e l’avrebbero fatto insieme…
Thor sorrise felice come non mai a quel pensiero e sollevò Loki per un nuovo giro.
Forse però fu per la stanchezza o perché non era abituato a muoversi così tanto, fatto sta che un tremendo dolore gli bloccò la gamba e il biondo crollò a terra trascinandosi dietro anche il moro. 

«AH!» disse lanciando un mezzo grido.

«Thor che succede?!» si preoccupò subito Loki scansandosi da lui e mettendoglisi al fianco.

«L-la gamba, mi fa male!»

Anche l’altra coppia si fermò e si avvicinò di corsa per soccorrere i due «State bene ragazzi?» chiese la donna.

«Sta tranquillo ragazzo, di certo è solo un crampo. Sono cose che succedono.» disse l’uomo anziano e dalla faccia simpatica «Coraggio stendila. Eeeh bisogna essere abituati a ballar così tanto.» 

Loki benché preoccupato per Thor non poté evitare di osservare quella coppia. Sembravano molto affiatati come se stessero insieme da sempre.

«Temo che non siamo abituati.» disse il moro timidamente.

«Ahaha ci vogliono anni di pratica.» disse l’ometto aiutando Thor a rialzarsi «Ecco apposto! Ve la sentite di tornare in gara?»

Thor lo desiderava molto, ma sentiva ancora dolore e la gamba non reagiva come avrebbe voluto. Abbassò la testa e la scosse a mo’ di diniego. 

«Che peccato ragazzi, eravate davvero bravissimi.» disse la donna guardando il marito «in tutti questi anni non avevamo mai ballato contro nessuno a lungo come con voi.» 

«È  già siete duri da battere e…ehm va tutto bene?» chiese l’ometto.

Thor quasi non li sentiva e aveva le lacrime agli occhi. Aveva fallito e adesso la loro possibilità era sfumata, ma la mano di Loki cercò la sua.
Il biondo lo guardò.

«Abbiamo fatto del nostro meglio Thor.» sussurrò il moro.

«Ma non è bastato. Non incontrerò mai la regina e non potrò chiederle niente.» 

«Volete incontrare la regina?» chiese l’ometto studiandoli.

I due annuirono.

«Sembra che ci teniate proprio tanto.» constatò la donna.

«Si, si era così.» sussurrò Thor «Grazie del vostro aiuto e… complimenti.» 

I due vecchi si fissarono per poi sorridersi «Beh dopo tutti questi anni potremmo anche fare a meno di un altro mazzo di fiori, non credi cara?» 

La donna annuì e sorrise ai due giovani prima che il marito lanciasse un grido.

«AH LA MIA POVERA SCIATICA!» fece quello.

Thor e Loki lo guardarono stupiti, ma l’ometto continuò a fingere di star male.

«Signor Stan, non mi dica che sta di nuovo male.» disse una voce dolce alle loro spalle che fece sobbalzare i due ragazzi.

«Che volete farci Mia Regina, è l’età che avanza.»

«Negli ultimi anni state male spesso direi ahah.»

«Eh già. Bisognerebbe far largo ai giovani come questi due ragazzi. Credo che meritino loro il premio.» disse la moglie con un occhiolino. 

«Sarò felice di consegnarglielo.» 

I due giovani ancora bloccati di spalle presero coraggio e si voltarono lentamente ritrovandosi la regina Frigga a pochi centimetri di distanza. 
Vedendola così da vicino entrambi trattennero il fiato: i suoi occhi erano identici a quelli di Thor.

«Vi ho osservati per tutto il tempo.» disse lei gentile «Stan e Joan sono ormai i nostri campioni indiscussi da anni, ma voi… non vi avevo mai visti.» aggiunse mentre i due vecchietti lasciavano il cerchio. «Come vi chiamate?»

I due si guardarono e il moro parlò per primo « Maestà io sono Loki e lui…lui si chiama…» disse esitante guardando il biondo.

La regina sembrò studiare il giovane biondo con vivo interesse e questi prese coraggio «Thor.» rispose.

Udito quel nome la donna si paralizzò e sgranò gli occhi chiari «Co-come?»

«È il mio nome Maestà» disse quello deglutendo a fatica. 

La regina boccheggiò un istante «Quanti… quanti anni avete ragazzo?»

«Ne ho ventitré Maestà.» disse lui con le labbra che tremavano mentre nel pubblico tutti li guardavano curiosi.

La donna si portò una mano alla bocca lasciando cadere i fiori e scosse la testa «Non…non può essere.» disse incredula per poi avvicinarsi e prendergli il volto tra le mani.
A quel tocco il biondo fu percorso da un brivido; come con il terreno e come quando aveva visto il volto della regina, quel tocco non era nuovo per lui.

«Frigga che sta succedendo?» chiese il re raggiungendola alle spalle e bloccandosi subito alla vista del ragazzo. 

Anche Thor vedendo il re così da vicino si paralizzò. Messi vicini i due erano davvero simili benché quello fosse molto più anziano.

Ma la donna non si curò del marito e proseguì come se già sapesse. «Dove sei stato per tutto questo tempo?»

«In-in una torre…lei mi teneva lì…»

«Lei? Di chi stai…» chiese Frigga.

Ma il biondo rispose di getto «Hela.»

«HELA?!» Gridò il re «DOV’È LEI? È QUI?!»

A quella reazione Thor si pietrificò. Se il re reagiva così allora… una carezza di Frigga lo distrasse dai suoi pensieri.  La donna lo guardava con gli occhi lucidi e arrossati. 

«Sei diventato bellissimo…figlio mio.» 

A quelle parole Thor non poté più resistere e scoppiò in un pianto a dirotto abbracciandola forte. 
Tutti nella folla si alzarono curiosi e un coro di voci si sollevò.

«Ma chi è?»

«È il principe? Il principe Thor?»

«Ma allora è vivo!»

«No, non può essere…»

Loki pur sentendoli aveva occhi solo per i due che si stavano abbracciando. Entrambi si stringevano come se si fossero mancati terribilmente.
Anche gli occhi di Loki si fecero pieni di lacrime: vedere il suo Thor così felice era tutto ciò di cui aveva bisogno.
La regina si separò dal figlio e gli sorrise «Venite con noi, andiamo in un posto più tranquillo.»
Thor annuì e prese la mano di Loki poi i due seguirono la regina e il re.

 

«Quindi…è tutto vero…» sussurrò Thor tenendo lo sguardo puntato a terra.

Lui, Loki, Odino e Frigga erano nella grande tenda bordeaux dedicata ai reali appena fuori dal resto della fiera.
Era stato Loki a raccontare chi fossero e da dove venissero lui e Thor e subito dopo la regina aveva confermato la versione del mago e aveva fornito al figlio qualche altro dettaglio sulla sua scomparsa.

«Purtroppo si.» disse lei « Abbiamo intuito subito che fosse un trucco di Hela per portarti via da noi, ma non siamo riusciti a rintracciarla in alcun modo.»

«E…e non…non avete mandato qualcuno a cercarmi?» chiese Thor esitante.

«Lo abbiamo fatto.» disse Odino con aria stanca «E non solo in questo regno. I miei soldati hanno perlustrato mari e monti alla tua ricerca. Alcuni di loro sono ancora in terre lontane per ritrovarti, ma nessuno è mai tornato con tracce di te o di Hela.» 

Frigga accarezzò una spalla del figlio. «Ma adesso sei qui ed è tutto finito.»

Thor la guardò con tristezza «Temo di no. Noi due…dobbiamo tornare alla torre…»

I due reali rabbrividirono «Cosa? Perché?»

«Per poter venire qui il mago ha assunto il mio aspetto, ma se Hela tornasse senza trovarci…di certo verrebbe a cercarci e…non potremmo star comunque tranquilli.»

«E che venga allora!» disse il re convinto e fiero «Hela non è più né la principessa di questo regno, né mia figlia. Non mi farò scrupoli a punirla per tutti i suoi terribili crimini!»

«No.» era stato Loki a parlare.

«Come dici ragazzo?» chiese il re stupito.

«Maestà sono certo che voi saprete bene quanto noi che Hela possiede poteri magici. In questi anni non ha fatto che incrementarli e credetemi se vorrà vendicarsi non esiterà a sfogare la sua ira persino sul vostro popolo.» spiegò Loki cupamente. 

«Loki ha ragione.» gli diede man forte Thor «Bisogna sconfiggerla per stare tranquilli. Per questo devo tornare.»

Ma di nuovo Loki intervenne e le sue parole spiazzarono Thor.

«No, non devi.» disse il moro.

Thor si voltò e lo fissò stupito «Loki, ma che dici?»

Lo sguardo di Loki era deciso e il moro prese coraggio «Thor, Hela va sconfitta è vero, ma non devi essere tu a farlo. Sarò io a tornare.»

Ci fu un attimo di silenzio.

«No, non se ne parla! Non andrai senza di me!» esclamò Thor.

«Thor rifletti. Hela non si aspetta niente. Quando scoprirà cosa è successo, se non l’ha già scoperto, farà di tutto per vendicarsi. Lei ha la magia, ma anche io ce l’ho. In questo caso tu saresti solo in pericolo.»

«Ma il mago ha detto…ha detto della profezia…c’è un incantesimo che…»

«La profezia valeva finché non si fosse compiuto il tuo destino Thor, ma adesso…non sappiamo se valga ancora.» Loki gli si avvicinò e lo guardò dritto negli occhi «Hai scoperto le tue origini, sei a casa adesso… questa è la tua famiglia.» disse con le lacrime che gli riempivano gli occhi, ma Thor gli prese il volto tra le mani e premette la fronte contro la sua.

«Tu sei la mia famiglia Loki. Io non posso vivere senza di te…» lo supplicò il biondo travolto dai suoi stessi sentimenti. 

Ma Loki voltò la testa e baciò una delle sue mani. 

«Devo farlo Thor. E voglio che tu sia al sicuro.»

«Lo faremo insieme!» 

«No! Tu devi rimanere qui!»

«Ti farà del male! Ti renderà suo prigioniero!» 

«No, se la intrappolo prima io!» disse deciso il moro «In tutti questi anni non ho fatto altro che cercare di liberarti Thor. Ho letto pagine su pagine di incantesimi di prigionia credimi! Ho già in mente qualcosa, ma ti voglio qui!»

Thor lo fissò. Conosceva bene quello sguardo determinato e sapeva che non lo avrebbe convinto in nessun modo. Prese un respiro mentre un terribile groppo gli saliva in gola.

«Come farò a ritrovarti?»

«Sta tranquillo. Chiederò un ultimo piacere al Gran Maestro e gli dirò di venire da te e dirti dove sono. Se qualcosa dovesse andare storto saprai dove trovarmi.» 

Thor lo guardò ancora. Aveva paura. Sapeva che Hela avrebbe fatto di tutto per non farsi scappare Loki. D’altra parte il moro era deciso a cercare di intrappolare la strega. E poi gli avrebbe mandato il mago a dirgli dove si trovava e Loki non gli aveva mai mentito.

Sospirò «Promettimelo.»

«C-come?» chiese il moro senza capire.

«Promettimi che mi farai sapere dove sei perché possa venire da te.»

Loki lo fissò in silenzio con occhi smarriti un istante, ma Thor lo guardò scuotendo la testa.

«No, ma che dico. Posso fidarmi di te. So che…andrà tutto bene.» Disse il biondo poi lo strinse forte «Ti voglio…ti voglio bene Loki.» gli sussurrò.

L’altro chiuse gli occhi e cercò di prendere quanto più calore possibile da quell’abbraccio, ma aveva bisogno di separarsi o non sarebbe più andato via. 
Si staccò da lui e mosse qualche passo all’indietro, senza che i loro sguardi si separassero mai. Era ora di andare.
Strinse il medaglione e rimase nei suoi occhi.

«Ti voglio bene…» sussurrò e un istante dopo Loki scomparve dalla vista di Thor.

 

Il moro si ritrovò in quella stanza che conosceva bene. La stanza che per molti anni aveva condiviso con l’unica persona che amasse e che era sicuro lo amasse davvero. Gli vennero le lacrime agli occhi al pensiero di cosa aveva fatto, ma si costrinse a ricacciarle.
Fuori era quasi buio ed Hela sarebbe di certo arrivata di lì a momenti.

«Meno male, stavo iniziando a preoccuparmi. Mi sono abbuffato di dolcetti che ho trovato in un fagotto a terra» disse una voce allegra alle sue spalle. Loki si voltò ed ebbe quasi un sussulto incontrando il Gran Maestro-Thor seduto sul bordo del suo letto «Come ha fatto quel povero ragazzo a stare chiuso qua dentro per ben ventitré anni? Io mi sono stufato in nemmeno dodici ore! A proposito dov’è il biondino?»

Loki si riprese e lo fissò con tristezza «È con la sua famiglia. Ha scoperto la verità….Non ci avevi mentito.»

L’uomo seduto si alzò e tornato al suo aspetto normale lo raggiunse «Mi dispiace. Tutto questo…la verità sulle tue origini…Thor e la sua famiglia…deve essere dura per te.»

Il moro annuì, ma sostenne il suo sguardo «Ti ringrazio per…tutto quello che hai fatto per noi. Sei tornato normale? Ma lo specchio…»

«Mi sono preso la libertà di fare uno scherzetto alla nostra perfida strega. Dovrebbe aver funzionato, ma il corpo di Thor era così…beh, diciamo che non mi dispiaceva. Comunque Loki… non devi ringraziarmi. Volevo aiutarvi, credimi. Piuttosto…che intendi fare adesso?» chiese il mago.

«Mi libererò di Hela e…e poi tornerò da Thor.»

Il mago annuì. «Coraggio dammi il tuo medaglione. Lo rimetterò al suo posto prima che Hela se ne accorga.»

Loki obbedì e fece come l’altro gli aveva chiesto.

«Hai in mente un piano?» chiese ancora il mago.

«Ho una mezza idea e i capelli di Thor mi saranno utili.» disse individuando la lunga treccia raccolta su sé stessa vicino al letto.

«Bene…allora io andrei. Non c’è nient’altro di cui hai bisogno? Nessuna richiesta?»

Loki tacque un istante e lo guardò «No, niente.» 

 

 

Hela arrivò nei pressi dell’ingresso della roccia un paio di ore in ritardo sbuffando infastidita.
Glien’erano successe di tutti i colori durante quel viaggio, nemmeno qualche entità superiore l’avesse presa di mira.
Prima aveva incontrato delle guardie del re lungo la strada ed era stata costretta a fare una deviazione. Poi aveva trovato l’Assenzia sulla parete di un burrone e non aveva potuto usare la sua magia perché a quanto pareva non poteva usarla per coglierla. Così dopo mille acrobazie aveva raggiunto la pianta, ma un temporale l’aveva sorpresa lungo la strada di ritorno infradiciandola da capo a piedi.
Come se non bastasse qualche ora prima, mentre stava per controllare il suo odiato fratellastro, era inciampata in un sasso che sembrava comparso apposta per farla inciampare. Così il suo specchietto era caduto frantumandosi in mille pezzi. 
Meno male aveva controllato quell’idiota di Thor la sera precedente prima di accamparsi e quella stessa mattina e quello se n’era come al solito sdraiato a far nulla nella camera di Loki. 
E a proposito di Loki sperava che il moro la stesse aspettando ancora nel punto di incontro come erano d’accordo di fare. D’accordo che il suo fratellino avesse compiuto ventun anni e poteva fare come voleva, purtroppo, ma era pur sempre Loki. Di certo era rimasto ad aspettarla con pazienza. Ne era così sicura che si stupì molto quando non lo vide all’ingresso. Strano, che fosse in ritardo anche lui?
Ma un altro pensiero la turbò: che Loki fosse rientrato senza di lei? No, lui non era tipo da disobbedirle!
Il dubbio però la assalì ugualmente e arrampicatisi sulla roccia raggiunse la radura segreta. 
Era buio ormai, ma i raggi della luna illuminavano ugualmente quel posto rischiarando le alte rocce delle montagne, facendo brillare d’argento l’erba. Le stelle risplendevano nel cielo. 
In fondo quella vallata era un incantevole prigione…
Osservò la torre rischiarata dalla luna, ma notò qualcosa di strano. La treccia di Thor penzolava libera. Perché diavolo quell’idiota la stava lasciando penzolare così dalla finestra? Non lo ritenne importante, se la treccia era lì c’era anche il suo proprietario perciò non si stupì quando aprendo la porta di casa non trovò nessuno in cucina.

«Saranno in camera a sbaciucchiarsi magari…Ci scommetterei il calderone!» Disse incominciando a salire le scale fino a raggiungere la porta della stanza di Loki. 

Come suo solito entrò senza bussare, ma rimase sorpresa quando nella stanza non trovò i due  fratelli, ma solo Loki in lacrime sul letto.

«Loki.» disse preoccupata precipitandosi da lui «Che succede? Che fai qui?»

«He-Hela.» iniziò il moro tra i singhiozzi «Thor…è…Thor è…»

La strega si irrigidì, ma attese la fine della frase.

«Morto.» terminò Loki.

La strega sbiancò «C-cosa?» chiese con un filo di voce.

«Si è…si è calato dalla torre con i suoi capelli…e io…io…ho visto la sua pelle diventare nera e poi ha gridato e si è…si è come disintegrato.» 

Lei rabbrividì, ma andò d’istinto a sporgersi dal balcone e vide che effettivamente quei capelli non erano che tagliati e legati al parapetto. Una tremenda ansia si impadronì di lei.
Non era possibile che fosse morto, era tutta una bugia! Forse l’effetto dell’incantesimo su Loki gli aveva mostrato la sua morte, ma Thor…doveva essere vivo ed anche…in fuga!

«Devo ritrovarlo.» disse solo lei staccandosi dal piccolo balcone «Devo ritrovarlo subito.»

«Ma che stai dicendo?» chiese Loki tra le lacrime «Hela lui è…lui è m-morto!»

Ma lei scosse con forza la testa «No! No, non mi sfuggirà, non dopo tutti questi anni di fatica. Lo riprenderò fosse l’ultima cosa che faccio!»

«Hela…io…io non capisco! Di cosa….HELA DOVE VAI?!»

La strega stava già correndo alla porta «Resta qui Loki!» gridò lei, ma la porta della stanza le si chiuse in piena faccia.

«Non credo proprio.» disse la voce di Loki alle sue spalle improvvisamente calma e controllata «Almeno non da solo…principessa Hela» 

La strega rabbrividì voltandosi e incontrando lo sguardo deciso del giovane, ma provò a far finta di nulla ancora un istante.

«Ma fratellino mio cosa stai…»

«Fratellino si… certo sei stata un’ottima sorella con me. Mi hai preso con te, mi hai allevato, ma di sangue…non siamo fratelli e questo vale anche per me e Thor o sbaglio?» disse guardandola con astio.

L’espressione di Hela mutò e allo stupore sul suo volto si sostituì un ghigno beffardo.

«Quindi…tu sai.»

«Che sei solo una bugiarda? Oh si, lo so bene credimi.»

«Tsk sapevo che questo giorno sarebbe giunto prima o poi, ma speravo non così presto. Dov’è lui?»

«Dove non potrai più fargli del male. Sta compiendo il suo destino.»

La strega si congelò e i suoi occhi divennero duri «Senza di te però… »

«È stata una mia scelta tornare qui ed affrontarti.»

«Affrontarmi? Cosa credevi Loki che mi avresti lanciato contro un incantesimo e saresti fuggito? Coraggio perché non provi?»

Loki rimase un istante immobile e abbassò lo sguardo «Come desiderate principessa.» 

E un istante dopo lanciò un incantesimo che colpì i suoi occhi. La donna vide chiaramente il palazzo di suo padre, il suo trono e seduto sopra…c’era Thor.

«NO!»

Loki approfittò di quel momento e indietreggiò fino al piccolo balcone. Alzò le mani al cielo «Uk naà fue eternita»

Nella finestra aperta davanti a lui si erse uno scudo magico e dorato, un maleficio di reclusione forzata. Hela non sarebbe mai più uscita dalla torre.

La donna però, ancora preda dell’illusione di Loki, gridò. «IO NON LO PERMETTERÒ.» strizzò gli occhi con forza sciogliendo l’illusione e notando che Loki stava già per calarsi con la treccia. La strega allungò una mano verso di lui e Loki dovette bloccarsi. 

Sotto di sé, ai piedi della torre il moro vide un corpo, un corpo morto…il corpo di Thor «NOOOO!» gridò. 

In quell’attimo di esitazione si sentì trascinare da una forza invisibile che lo fece sbattere a terra. Lo scudo davanti alla finestra non c’era più. In poche falcate Hela raggiunse Loki.

«Sei un ingenuo! Credevi di illudermi con una semplice allucinazione?»

Loki fece per rialzarsi, ma lei lo afferrò per il collo e lo sollevò da terra. Era forte, dannatamente forte. 

«Io sono nata per essere regina Loki! E una regina non si lascia indebolire dalla paura, mai!» 

E puntò la mano libera oltre il balcone verso la base della torre. Dal terreno spuntarono rovi pieni di spine acuminate che salirono alti fino alla metà della torre. Dopodiché gettò Loki dentro la camera; il moro si rimise in piedi senza perdere tempo e puntò alla porta, ma Hela lanciò un pugnale a un millimetro dal suo viso e un altro appena sopra la maniglia.

«Il prossimo ti arriverà al cuore se provi ad aprire quella porta.» 

Loki si voltò deciso, lei lo stava guardando minacciosa. La sorella sorrise e fece qualche passo verso di lui fino a raggiungerlo. Senza batter ciglio gli colpì con forza lo stomaco e lo fece piegare in due.

«Credevo di averti insegnato meglio. Dovresti sapere che non basta pronunciare una formula per creare un maleficio indissolubile! Ma te ne darò prova volentieri.»

Staccò il pugnale da sopra la maniglia e afferrò il polso sinistro del moro facendovi un piccolo taglio con la lama. Loki provò a dimenarsi, ma la stretta si fece più forte. Hela raccolse una goccia di sangue sulla punta del pugnale e lasciò il polso del ragazzo che la osservò attento e trattenendo il fiato. 

«Vuoi vedere cos’è il vero potere Loki?» sorrise sadica per poi alzare la mano libera «Uk naà fue …» Tutte le pareti, il pavimento, la porta, la finestra e il soffitto della stanza si illuminarono di una flebile luce dorata. Hela puntò la lama al pavimento facendovi cadere il sangue sopra «eternita!» terminò. La stanza tornò al suo normale aspetto tranne per la finestra che continuò a brillare ed Hela soddisfatta abbassò la mano. 

«Ecco questo è un maleficio indissolubile e che ti terrà chiuso qui in eterno senza che niente o nessuno possa spezzarlo!» Il suo sguardo si fece cupo «Nemmeno io…» 

«Uccidimi allora!» Ringhiò Loki a quelle parole.

«Non voglio ucciderti Loki. Credimi.»

«Ti conviene farlo perché io continuerò a combattere finché potrò.» Disse il moro deciso. 

«Non ce ne sarà bisogno. Domattina presto non ti ricorderai né di odiarmi, né di essere stato adottato. Non ti ricorderai nemmeno di Thor.»

Il moro si tenne lo stomaco e strinse i denti guardandola pieno di odio.

«Perché lo fai? Conosci la profezia. Tu non sei destinata ad essere una regina!»

«Io non faccio decidere del mio destino da nessuno, tantomeno da una sciocca profezia. Ricordati Loki: ognuno di noi può cambiare il suo destino. Ma lo sai meglio di me no? Hai rinunciato a tutto quello che avevi e che saresti potuto diventare, per cosa poi? Per amore? Ora che Thor è libero credi che ti amerà ancora? Si dimenticherà di te e vivrà una vita migliore cercando di dimenticare. E anche se quell’idiota sapesse dove venire a cercarti, non ha che da farsi vedere. C’è il tuo sangue in questo incantesimo, non potrai mai uscire di qui! Ma sta tranquillo.» il suo sguardo si raddolcì improvvisamente. «Ti assicuro che non soffrirai per lui, ti darò una pozione e te ne dimenticherai così torneremo a vivere una vita normale. Saremo di nuovo una famiglia.»

Il moro la guardò con decisione «Thor è la mia famiglia e io…non lo dimenticherò mai.»

Hela roteò gli occhi al cielo «Cambierai idea vedrai. Ne sono certa.»

«E come mi giustificherai che non potrò mai uscire da qui?»

«Oh mi inventerò qualcosa.  Del resto sono solo una bugiarda no?» disse con un ghigno beffardo.

Dopodiché aprì la porta e la richiuse dall’esterno.
Loki si risollevò, afferrò la maniglia della porta e provò tutti gli incantesimi che conosceva, ma quella non si aprì per lui.
Stessa sorte per la finestra ancora illuminata dallo scudo magico dorato. 
Ricadde ai piedi del letto stanco e spossato. Era un debole. Non aveva mai lottato in tutta la sua vita e si trovava piegato a terra per pochi colpi. 
Se ci fosse stato Thor…ma Thor non c’era. Thor era al sicuro e questo era l’importante e se intanto il suo destino si fosse compiuto…Thor sarebbe stato salvo. 
Non c’era nient’altro che importasse. 
Piegò le ginocchia e vi poggiò la testa sopra. Le circondò con le braccia arrivando alle sue spalle e si concentrò. Cercò di immaginarsi che al posto delle sue braccia ci fossero quelle di Thor a stringerlo in quella lunga notte che non avrebbe passato nel suo abbraccio. 
Piegò leggermente la testa di lato e osservò quella stanza. Quel luogo era pieno di ricordi, momenti bellissimi e momenti terribili, ma tutti passati con l’uomo che amava. Anche quel letto dietro la sua schiena ne era pregno, l’ultimo era proprio della notte precedente in cui aveva finalmente accolto la loro unione.
Allungò la mano sinistra e percorse le venature del legno e gli venne in mente una cosa. Si chinò quasi stendendosi e allungò un mano fino alle doghe di legno. Tastò un po’ finché non trovò quello che cercava, una piccola anfora che lui stesso aveva portato a Thor.
Si risollevò e l’aprì. Da quella uscì della musica. Sorrise pensando che fino a poche ore prima lui e Thor avevano potuto ballare insieme felici dimenticandosi per un attimo degli anni di prigionia, delle menzogne, della paura. Lo aveva portato a ballare come gli aveva promesso.
Si voltò allungandosi verso il materasso; ne sollevò appena un angolo dal lato dove dormiva sempre Thor e recuperò una lunga pergamena piegata su sé stessa più e più volte.
La spiegò ed iniziò a leggere qualche punto.

“Vedrò il tramonto oltre le montagne.
Io e Loki mangeremo dolcetti di marzapane fino a scoppiare.
Troveremo una cura…
Faremo una corda coi miei capelli e ci caleremo giù dalla torre.
Porterò Loki a vedere le stelle dell’altro entisfero…
Loki mi porterà a ballare.
Andremo a vedere il mare…”

Loki la osservò e sorrise. Ora Thor poteva fare tutte quelle cose…senza di lui, ma non importava…andava bene così…
Ripiegò la lista con mani tremanti e se la mise in tasca. Dopodiché non riuscì più a trattenere le lacrime e strizzando forte gli occhi pianse in silenzio tutto il suo dolore. 

 

Una volta Loki aveva portato a Thor un grosso libro dalla copertina rossa, rigida e dagli angoli dorati. Dentro c’erano molti racconti e alcune figure tra cui quella di un castello, ma quello disegnato in quel libro non era niente in confronto al castello di suo padre. 
Si ergeva alto su una collina e le sue torri quasi superavano il monte verde che gli compariva alle spalle. Le alte mura erano imponenti e maestose. Nel cortile interno c’erano splendidi giardini con siepi piene di fiori, ma l’interno era ancora più magico. 
Mobili ben lavorati, statue di marmo e tende di splendidi tessuti abbellivano le stanze. Già solo in quella che i genitori avevano assegnato a Thor per la notte c’era un lusso e uno sfarzo che il giovane non aveva mai nemmeno sognato.
Eppure a Thor non sembrava interessare. 
Attraversava la stanza a grandi passi da un lato e dall’altro e ancora. Avanti e indietro. Avanti e indietro. Da ore ormai. 
Non appena Loki era ripartito lasciandolo solo coi suoi genitori questi avevano voluto condurlo a palazzo dove avrebbe potuto rifocillarsi e stare ancora un po’ in loro compagnia. 
Thor era rimasto a cena con loro cercando di mascherare il più possibile la sua preoccupazione, ma non appena si era ritirato nella stanza aveva lasciato che pensieri e ansie vagassero libere.
La notte era sopraggiunta da tempo e il Gran Maestro non era ancora arrivato. E se qualcosa fosse andato storto? Se Hela fosse rientrata prima e li avesse scoperti?
Si fidava di Loki e sapeva che sarebbe stato attento eppure non riusciva a smettere di preoccuparsi. 

“Sei a casa adesso… questa è la tua famiglia

Quando glielo aveva detto Thor sapeva che era sincero, ma aveva letto anche una profonda tristezza in quegli occhi. Loki era felice per lui e aveva voluto proteggere questa sua felicità lasciandolo lì e andando ad occuparsi da solo di Hela, ma come lo aveva visto sparire Thor si era pentito. Avrebbe dovuto essere con lui in quel momento e non in una camera sfarzosa a scavare una trincea nel pavimento!
Emise una sorta di ringhio di frustrazione verso sé stesso e affondò un pugno in un cuscino del grande letto a baldacchino dopodiché si sedette sul bordo morbido prendendosi la testa tra le mani.
Gli stava scoppiando. 
In quell’istante qualcuno bussò alla porta e lui quasi sobbalzò sorpreso. In tutti quegli anni alla torre nessuno bussava mai, le porte venivano per lo più…spalancate con poca grazia. 

Si riprese subito cercando di darsi un contegno «C-Chi è?»

La porta si aprì piano e sullo stipite comparve Frigga.

«Sospettavo che ti avrei trovato sveglio.»

Il giovane sorrise e la donna, avvolta in una lunga camicia da notte con una mantella di lana ben lavorata sulle spalle, lo raggiunse.

«Ancora nessuna notizia?» chiese apprensiva.

Thor scosse la testa «Niente e ho sempre più il timore che sia accaduto qualcosa di terribile.» 

«Ti capisco figlio mio, so bene cosa voglia dire preoccuparsi per chi si ama…»disse triste «E tu ami molto quel giovane vero?» fu la domanda diretta, ma dolce della regina.

Thor si voltò e la guardò con occhi sinceri «Più della mia stessa vita!»

Frigga annuì «Per tutti questi anni ho sperato che fossi vivo. Le parole della profezia di quel mago mi davano speranza perché sapevo che almeno in salute saresti stato protetto, ma tutto il resto mi preoccupava. Ho pianto e pregato ogni giorno di rivederti e ho sperato che tutto il mio amore ti arrivasse e ti potesse aiutare ad avere speranza. Ma prima…quando ti ho visto con quel ragazzo ho capito che se un amore aveva potuto proteggere il tuo animo e il tuo cuore…quello era stato il suo.» sorrise dolce «E sono sicura che lui sia anche il tuo destino Thor. Vedrai che tutto si sistemerà.» 

Thor annuì e la guardò con una punta di amarezza. 

«Se penso che sarei potuto crescere con una madre come voi e…e invece..»

«Forse non era ciò che era scritto per te figlio mio. E per quanto il mio cuore ha pianto ogni giorno  la tua lontananza se Hela non ti avesse strappato da noi forse non avresti mai incontrato Loki. Forse il vostro amore era più importante di ogni altra cosa. Anche più del fatto che tu potessi tornare da me.»

Thor la guardò con profonda tristezza e chinò il capo sospirando. 

«Ma potremo recuperare tutto il tempo perduto insieme. Ora però devi cercare di riposare figlio mio.» e dicendo questo gli posò un bacio sulla fronte. Un bacio pieno di tenerezza che Thor avrebbe tanto voluto ricevere prima se solo avesse saputo. 

Poi la regina si alzò e lo lasciò solo. 
Il biondo si sdraiò sopra le coperte, ma non dormì. Sperava che da un momento all’altro Loki gli mandasse un segno o qualsiasi altra cosa, ma anche se non l’avesse fatto l’indomani stesso sarebbe partito. Non gli importava quanto avrebbe dovuto vagare. Avrebbe cercato ovunque finché non avesse ritrovato il suo Loki. 

 

Il cero della sua candela si era spento da ore mentre continuava a fissare il telaio del baldacchino senza avvertire il minimo sentore di sonno.
Improvvisamente la porta della sua stanza si aprì lentamente. Chi poteva essere nel cuore della notte?

«Toc-toc!» disse una figura entrando nella stanza «Potresti accendere una luce bel biondino? Non si vede niente» 

Il cuore di Thor sussultò. Era la voce del Gran Maestro. Accese subito una candela ritrovandosi l’uomo nella stanza.

«Hai visto che lusso principino? Questo castello è ancora una locanda a cinque stelle.»

«Perché ci hai messo tanto?!» saltò su l’altro «Sono ore che ti attendo.»

«Ma dai? Allora ho fatto bene a venire anche se il tuo Loki non me lo ha chiesto.»

A quelle parole Thor si gelò «C-come?»

«Si è così, ma il ragazzo aveva le migliori intenzioni credimi. Forse pensava davvero di intrappolare quella strega di tua sorella o che in ogni caso tu così saresti stato salvo. Un vero ingenuo non credi? Non ha capito che LUI è il tuo destino e che non ti saresti dato pace finché non lo avresti ritrovato, concordi?»

Thor si costrinse a riprendersi. Loki pur di salvarlo avrebbe sacrificato persino sé stesso. La sola idea che adesso lui non fosse al suo fianco lo piegò. 

«Ti prego dimmi dov’è! Devo andare da lui!»

«Certo che devi! E di corsa direi! Se vuoi saperlo Hela lo ha imprigionato dentro la sua camera nella torre con un incantesimo indissolubile. Ma la cosa peggiore è che vuole fargli bere una pozione che gli cancellerà la memoria.»

«Cancellare la memoria? Un-un incantesimo? Devo andare subito!» esclamò Thor con urgenza «Puoi materializzarmi alla torre?»

«Spiacente Mio Principe. Posso indicarti la strada, ma tu devi montare su un cavallo bianco e d’azzurro vestito recarti a salvare il tuo amore imprigionato nella torre.»

Thor rimase un po’ perplesso da quella strana formula, ma annuì deciso «Farò tutto quello che serve, dimmi solo la strada!»

Il Gran Maestro lo fissò un momento in silenzio per poi… scoppiare a ridere «Ahah non posso credere che tu ci sia cascato. Dico, ma lo sai chi sono io? Certo che posso materializzarti lì biondino e in un baleno. Ecco prendi questo.» 

Disse lanciandogli il medaglione di Loki.

«Funziona allo stesso modo di prima. Puoi andare, recuperare il tuo amore e tornare qui con lui. Ma devo avvisarti.» e stavolta il suo tono si fece serio «L’incantesimo che tiene Loki prigioniero è indissolubile. Hela ha usato il sangue di Loki per legarlo alla torre. Non potrà uscire da quella stanza a meno che il suo sangue non venga cambiato con quello di qualcun altro. Quella persona resterà in trappola in eterno. Ma questa….potrebbe anche essere una cosa positiva. Capisci quello che ti dico?»

Thor tacque confuso da quelle parole, ma non c’era tempo! Se ne sarebbe preoccupato più tardi! «Si, credo di si…»

«Cerca di ricordarlo…ah dimenticavo.»

Disse passandogli lo stesso pugnale con cui Loki aveva tagliato i suoi capelli «Ti servirà…bene buona fortuna Mio Principe. E restate vivi se potete. Tu e il tuo fidanzatino siete così adorabili.» disse con un sorriso prima di sparire.

Thor rimase immobile un istante. Aveva il medaglione in una mano e il pugnale nell’altra. Non aveva compreso per davvero le sue parole, ma… Gli passò per la testa un’ipotesi; forse aveva capito dove volesse arrivare il mago, ma non volle perdere altro tempo. Strinse forte il medaglione e scomparve. 

 

Si ritrovò nella radura sotto la torre. La notte nera andava scemando e di lì a un’ora sarebbe sopraggiunta l’alba. Guardò davanti a sé e scorse con stupore l’enorme montagna di rovi sotto la torre. Sembrava inaccessibile. 
Se avesse passato i rovi avrebbe potuto arrampicarsi magari cercando di non slittare sulle pietre della torre. Ma c’era qualcos’altro lungo il muro, una sorta di corda dorata e intrecciata. Non era una corda!Era la sua treccia! Alzò lo sguardo e capì che doveva essere legata al piccolo balcone della stanza di Loki.
Che il giovane si aspettasse il suo arrivo? O magari voleva usarla per scappare lui stesso?
In ogni caso per raggiungerla doveva passare quei rovi, non c’era altro modo. 
Si mise al collo il medaglione nascondendolo sotto la camicia e impugnò meglio il pugnale. Facendosi coraggio e cercando di non ferirsi né di far rumore si inoltrò in quella matassa informe. 

 

Le spine lo graffiavano e gli bucavano la pelle, ma lui non aveva paura. Il pugnale poi tagliava quei rovi come fossero di burro e questo gli facilitò parecchio il raggiungimento della treccia. Con non poca fatica ed estrema attenzione riuscì a raggiungere la sua meta.
Si sistemò il pugnale alla cintura e afferrò la treccia aggrappandovisi e provando a tirare. Sentendo che reggeva incominciò la sua arrampicata.  Un passo e poi un altro “Resisti Loki, sto venendo da te”.
La sua treccia era davvero lunga e lui si arrampicò e si arrampicò e il balcone di Loki era sempre più vicino, sempre di più.
Saliva e andava sempre più in alto.
Era quasi…strano. 
Per anni aveva sperato di lasciare quella torre per sempre e adesso si stava addirittura arrampicando per rientrarvi.
Ma non avrebbe fatto mai a meno di Loki, non avrebbe mai fatto a meno del suo unico vero  amore.
Cercò di fare estremamente piano e continuò a salire e salire e infine raggiunse il piccolo balcone.
Dalla finestra dorata vide Loki seduto a terra accanto al loro letto e chino su sé stesso.

«Loki.»  chiamò.

Il moro sollevò la testa senza capire. Cercò nella stanza poi rivolse lo sguardo alla finestra e sgranò gli occhi incredulo. Thor gli sorrise, ma…

«Una corda di ottima fattura, devo riconoscerlo…» la voce di Hela lo colse di sorpresa. Si voltò restando aggrappato alla treccia. Lei lo guardava da terra, al di là dei rovi tagliati, con occhi carichi di odio «Peccato che l’appiglio non sia dei migliori»

Alzò una mano e Thor sentì il balcone tremare. Fece in tempo a vedere Loki raggiungerlo alla finestra e rimanere bloccato sulla soglia battendo i pugni disperato e poi…il suo sostegno crollò.
I sensi di Thor si intensificarono.
Avvertì la sensazione di cadere nel vuoto senza nessun appiglio a cui aggrapparsi. 
La voce di Loki arrivargli in un urlo disperato che accompagnò tutta la sua caduta.
I rovi che lo accolsero in loro come a rinchiuderlo in un guscio di spine.
Infine…divenne tutto buio.

 

Avvertiva qualcosa sotto di sé. Era qualcosa di vivo che andava veloce e batteva all’impazzata. Era…un cuore?
E una sensazione familiare… Due braccia che lo stringevano e lo cullavano. Quella stretta dolce e consolatoria l’avrebbe riconosciuta ovunque come il buon profumo del suo proprietario. 
Eppure qualcosa non andava era come se Loki stesse…no anzi Loki stava piangendo.
Si mosse, ma faceva tutto male e sentiva sparsi ovunque punti che bruciavano in maniera costante. 
E più di tutto gli bruciavano gli occhi, terribilmente, ma solo in quel momento si accorse di averli chiusi.

«E-ehi…» la voce di Loki lo colse al buio «no-non… sforza…rti…» parlò tra un singhiozzo e l’altro.

«Lo-Loki?» chiamò.

«S-si.» rispose quello e Thor si sentì stringere di più contro il petto del moro.

«Ma…ma che?» chiese titubante Thor.

«Sei caduto quando il balcone si è staccato dalla torre ovviamente. E poi con la mia magia ti ho portato qui nella stanza di Loki. Sai dovresti imparare a fare più piano, pensavo ci fosse una capra tra i rovi.» 

La voce di Hela. C’era anche lei! 

«Ti sei ferito gli occhi con le spine. Tienili pure chiusi tanto ormai non ti serviranno più. Il buio ti accompagnerà per sempre.»

Thor realizzò il senso di quelle parole. Era diventato cieco. Non avrebbe più potuto vedere niente, non avrebbe più visto il volto di Loki. 

«Ma guarda a volte il caso, allora la profezia non era così vera, non trovi fratellino? Ti sei ferito dopotutto!» 

Il moro intanto sussultava per i singhiozzi mormorando «Non dovevi…non dovevi venire.»

«Non-non ti avrei mai lasciato qui!»  rispose Thor dolce. Sollevò una mano cercando di trovare il suo viso, ma Loki la prese subito e se la portò alla guancia. Thor accarezzandogliela la sentì umida e rigata dalla lacrime.

«Non…non saresti dovuto venire. I-io ti volevo al sicuro!»

 Singhiozzò ancora.

«Non potevo vivere senza di te…tu sei il mio destino» disse il biondo.

Loki sorrise amaro stringendosi a lui per abbracciarlo. 

Hela invece alzò gli occhi al cielo «Patetico.» disse. «Ad ogni modo quando ho visto che eri ancora vivo stavo per porre fine alla tua miserabile esistenza, ma mi è venuta in mente un’idea migliore. Sai ho legato Loki ad un incantesimo. Dovrà rimanere qua dentro per sempre, ma se qualcuno prendesse il suo posto…no. Così ho pensato di cambiare il suo sangue con il tuo per sbarazzarmi di te, Thor, una volta per tutte. Non mi occorre granché, di sangue ce n’è parecchio; sei talmente mal ridotto che ne hai lasciato una scia ovunque mentre ti trasportavo qui, ma…mi serve che tu sia d’accordo. Però tu vuoi che Loki sia salvo vero? Se è così vero che lo ami…»

«Non te lo permetterò… » ringhiò Loki verso di lei, ma furono le parole di Thor a spiazzarlo.

«E sia.» Disse il biondo. Loki lo guardò spaurito «Fallo Hela. Purché Loki sia libero da questa prigionia.»

«T-Thor…no…ti prego.» boccheggiò incredulo l’altro.

Ma il biondo sorrise «Va bene così Loki. Voglio che tu stia bene.»

«Beh…» li interruppe subito Hela «Se questo è il tuo volere…niente di più facile.» alzò entrambe le mani al soffitto così come la testa e pronunciò di nuovo la formula magica. Come prima le pareti brillarono.

Loki stava per scattare verso di lei «Devo fermarla», ma Thor lo trattenne tirandolo a sé.

 «Lascia che lo faccia.» 

 «No, io devo.» 

 «Loki!»  chiamò deciso e il moro tornò subito su di lui. Il biondo si avvicinò al suo orecchio e vi sussurrò qualcosa.

«Devi stringerti a me e non lasciarmi per nessun motivo!» e detto questo cercò una sua mano portandosela sul petto e facendogli avvertire la consistenza del medaglione. 

Loki sgranò gli occhi credendo di intuire le sue intenzioni.

«Io non ti lascio qui.» disse con un filo di voce.

«Non mi lascerai, non ce ne sarà bisogno. Devi fidarti di me Loki.» 

Loki esitò un istante, guardò verso Hela e…capì.

«Va bene.» sussurrò in riposta mentre Hela abbassava le mani e tutto tornava normale. Notando i due ancora abbracciati sbuffò.

«Avete finito? No perché se avete finito io mi prenderei il mio fratellino traditore e lascerei te, bell’idiota, qui a morire di stenti.» 

«Sei perfida.» ringhiò Loki verso di lei.

«Oh Loki, Loki, Loki. Ora sei arrabbiato con me, lo capisco, ma sta tranquillo. La pozione sarà pronta a momenti e con un solo sorso nemmeno ti ricorderai di lui.» sorrise perfida lei.

Ma Loki deglutì amaro e proseguì. 

«Come hai potuto? Noi ci fidavamo di te Hela. Ti volevamo bene io, io te ne volevo! Credevo…credevo che anche per te fosse così.»

«Ma è così. Proprio perché tengo a te ti porto via da lui. Da lui e dal suo destino che non ha fatto che rovinare la vita a tutti e tre. Ma da oggi le cose saranno diverse. Niente più profezia, sarò io a riscrivere il destino, il mio destino! E ti assicuro che Thor non è contemplato. Non c’è modo che l’incantesimo si spezzi!» Poi guardò con disprezzo verso il biondo «Così finalmente non ti rivedrò mai più!  Perciò avanti Loki. Di pure “addio”…»

Loki la fissò ancora un istante, poi carezzò una guancia di Thor. La mano scese da quella al collo e fino sotto alla camicia del biondo a stringere il medaglione.
Thor, sopra la stoffa, vi pose la sua come a voler rafforzare quella stretta.

Loki accostò di più il compagno a sé sospirando «Eri importante per me, ma mi hai ferito terribilmente….» poi tornò sulla strega «Addio…Hela.»

Hela nemmeno capì cosa fosse successo, ma accadde in un attimo. Un attimo in cui i due giovani sparirono sotto ai suoi occhi lasciandola per sempre prigioniera della sua stessa magia.

 

Un attimo.
I due giovani si ritrovarono a terra sul pavimento della nuova stanza di Thor. 
Loki aprì gli occhi senza davvero capire dove si trovassero. Non aveva mai visto quel posto, ma di certo non erano più nella torre. 

«L-Loki?» 

Sotto di sé Thor richiamò la sua attenzione e il moro si accorse che ancora lo stava stringendo. 

«S-sono qui Thor.» gli sfuggì un singhiozzo «S-sono qui…»

«Loki…» lo chiamò il biondo preoccupandosi «Perché piangi?»

«P-Perché…non h-ho potuto pr-proteggerti…e adesso i-i tuoi occhi…non è…non è giusto…ed è..s-solo colpa mia» balbettò mentre sentiva un dolore terribile al petto e avvertiva le lacrime salire nuovamente.

Si, era ingiusto.
Ingiusto che lui e Thor fossero vissuti per tutti quegli anni circondati da bugie.
Ingiusto che a causa di quelle bugie Thor avesse provato paura del mondo esterno.
Ingiusto che adesso che era finalmente libero…non potesse più vederlo.

«Non è colpa tua.» disse Thor alzando una mano e cercando alla cieca il suo viso. Loki gliela prese e la baciò. «Loki ascoltami…» proseguì l’altro con tono fermo, ma dolce.

Il moro guardò le sue palpebre chiuse e ferite e Thor avvertendo quello sguardo su di sé riprese «Non mi pento di essere tornato da te. Non avrei potuto vivere senza di te, lo capisci? Te che in tutti questi anni…hai…hai vegliato su di me. Mi hai protetto e hai protetto il mio cuore e la mia anima. Adesso sarà…difficile certo, ma ringrazio di aver potuto vedere per tutta la mia vita lo spettacolo più bello di tutti. Ogni singolo giorno. E lo sai qual è? Tu…sei tu, amore.»

Loki non riuscì a trattenere oltre ciò che dentro di lui premeva prepotente  per uscire. Strinse di più Thor contro di sé e pianse. Pianse a lungo buttando fuori tutto il suo dolore.
Un dolore che gli tolse quasi il respiro. Bruciò dentro al petto. Lo scosse con singhiozzi così forti da togliergli l’aria. Lo lasciò debole e lo fece sentire impotente. 
Avrebbe dato tutto per avere Thor salvo, la sua stessa vita se fosse stato necessario. 
Mentre stringeva l’altro con disperazione avvertì le braccia di Thor circondarlo e ricambiare con lente e dolci carezze il suo abbraccio.
Avvertì il suo calore in quella stretta e il coraggio che il biondo voleva infondergli. Avrebbe dovuto essere lui quello forte. Da quel momento avrebbe dovuto essere gli occhi per il suo amore, la sua guida in quel buio eterno.
Ma Thor non lo stava giudicando, voleva consolarlo  come aveva fatto il moro tante volte con lui.
Dopo qualche minuto, benché quasi privato totalmente delle forze, Loki riprese a respirare lentamente, i singhiozzi terminarono mentre Thor lo dondolava appena per calmarlo. 
Il moro incominciò ad avvertire un po’ di quel coraggio e di quella forza farsi strada in lui nonostante l’amarezza fosse grande. 
Voltò il viso verso la fronte del compagno e vi appose un dolcissimo e lungo bacio mentre le ultime lacrime impossibili da trattenere lo costrinsero a strizzare forte gli occhi.
Le avvertì cadere bagnate dai suoi occhi, sfiorargli appena la pelle delle guance e proseguire nella loro caduta.
Caddero e incontrarono le palpebre ferite di Thor. 
Come accadono i miracoli? Cosa li scatena? Come possono realizzare l’impossibile? 
Chi può dirlo, nemmeno chi li ha vissuti riesce a darsi una spiegazione.
Nemmeno Thor poté trovarla, né tantomeno Loki quando separandosi dalla fronte del biondo avvertì le punte delle sue ciglia tremare e pizzicargli appena il mento.
Riaprì gli occhi arrossati dal pianto un istante dopo e osservò le palpebre di Thor che si alzavano rivelando due occhi chiari che lo guardarono come fosse la prima volta che si aprivano sul mondo. 
Si fermarono nei suoi increduli, l’azzurro perso nel verde. 

«L-Loki…» sussurrò il biondo.

Il moro rimase immobile senza riuscire a proferire parola. Ma il biondo sorrise.

«Io ti…ti vedo.»

A Loki uscì una risata strozzata dal pianto, un misto di sollievo e paura.
E mentre si concedevano qualche istante per guardarsi l’un l’altro con dolcezza fuori il cielo diventò chiaro.
Thor prese un respiro. Si sentiva bene come se quelle lacrime non avessero fatto bene solo ai suoi occhi, ma anche a tutto il suo corpo. 

«Come….» riprese Loki «Come hai fatto a trovarmi?…io volevo che tu-tu fossi al sicuro…e il medaglione poi…»

«Per fortuna il mago è venuto a farmi visita senza invito e mi ha dato il medaglione. Ma in fondo è colpa mia: avrei dovuto fartelo promettere. Tu mantieni sempre le tue promesse.» sorrise il biondo.

Loki annuì poi si fece serio «Hai corso un grosso rischio lo sai?»

«Dovresti essere più specifico; sai ho passato una foresta di rovi, scalato una torre, perso la  vista…»

«Riguardo l’incantesimo! Se…se lei se ne fosse accorta…»

«Era troppo presa dal suo momento di gloria per ricordarsi che, per quanto lo detesti con tutta sé stessa, io e lei…siamo davvero fratelli e abbiamo lo stesso sangue. Le servirà da lezione.» disse convinto Thor «Però l’abbiamo davvero imprigionata per sempre, giusto?» 

Loki annuì convinto.

«Si. Si è finita.» Rispose guardandolo felice. 

Thor si risollevò mettendosi seduto «Stai bene?»

Il moro esitò prima di annuire ancora: era successo tutto in un giorno. 
Aveva scoperto la verità sulle sue origini e le bugie di Hela. 
Hela che per lui era stata davvero una sorella, ma li aveva traditi. 
E poi c’era Thor. 
Thor che finalmente poteva amare liberamente e da cui non si sarebbe mai più separato.
E per il biondo non era diverso. 
Loki si staccò appena da lui e cercò qualcosa nei suoi calzoni.

«Guarda che cos’ho?» disse mostrandogli i suoi tesori.

«L’anfora! E… ehi! La mia lista!» sorrise stupito Thor.

«Così potremo finalmente spuntare tutti i punti insieme. Le ho prese perché volevo averle con me. Speravo che mi avrebbero aiutato a non dimenticarmi di te, ma sono sicuro che non avrei comunque potuto dimenticarti Thor.» disse Loki guardandolo dolce.

Thor contraccambiò quello sguardo commosso e baciò il moro tra i capelli corvini.

«Coraggio, andiamo dai miei genitori adesso. Vuoi Loki?» 

Loki annuì ancora mentre Thor alzandosi lo aiutò a fare altrettanto. Poi inaspettatamente il biondo si fermò davanti a lui.

«Che c’è?» chiese Loki guardandolo senza capire.

Thor gli sorrise e se lo tirò contro «Prima potrei avere un bacio?»

Loki scosse la testa , ma sorrise «Sei il solito viziato.»

Poi gli gettò le braccia al collo e lo baciò intensamente mentre il biondo lo ricambiò sollevandolo e facendogli fare un giro; proprio come quando stavano ballando felici e pieni di speranza per un futuro pieno d’amore e soprattutto insieme.

 

«Guarda! È la Croce del Sud vero?» 

«Però te la stai cavando bene, biondino.» scherzò Loki con lo sguardo rivolto al cielo notturno. 

Era avvolto in un mantello verde mentre Thor alle sue spalle, in uno rosso, gli aveva circondato la vita e lo stringeva. Si trovavano su un alto promontorio e la sera era arrivata da poco.

«Ehi non prendermi in giro.» ribatté Thor posando un bacio sul collo del corvino e facendolo sorridere. 

«Tra quanto hai detto che arriverà la nave?»

«Un mese. Saremo a casa giusto in tempo per la promessa fatta ai miei genitori.»

Poco dopo essere sfuggiti alle grinfie di Hela, Loki e Thor avevano incontrato il re e la regina. 
Gli avevano raccontato cosa fosse accaduto assicurandogli anche che Hela era rimasta intrappolata per sempre nella torre. Infatti, come detto da lei stessa, l’incantesimo era eterno ed era abbastanza improbabile che qualcuno la trovasse offrendosi di prendere volontariamente il suo posto. Thor aveva promesso a suo padre che avrebbe fatto tutto quello che serviva per diventare un degno erede al trono, ma prima aveva chiesto ai suoi genitori una piccola concessione e anche… due cavalli. 
Ma questo era stato due anni prima. 
Thor e Loki erano partiti praticamente subito da palazzo con la promessa di farvi ritorno due anni dopo entro la festa di San Giovanni.
Non avrebbero ritardato per niente al mondo, in primo luogo per partecipare e vincere la gara di ballo, in secondo perché fossero celebrate le loro nozze già fissate per quello stesso giorno. 
Mentre erano via però avevano viaggiato e viaggiato e visto il mondo. 
I punti sulla lista di Thor erano ormai quasi tutti barrati e se n’erano aggiunti di nuovi.
Un leggero venticello si alzò sul promontorio e Thor strinse di più Loki nel suo abbraccio «Dobbiamo andare o non raggiungeremo il villaggio sulla mappa prima che faccia troppo buio amore.»

«Hai paura del buio Mio Principe?» scherzò il compagno. 

«Oh no…quando ci sei tu a proteggermi non ho paura di niente.» ridacchiò Thor mentre il moro si voltava a guardarlo. 

I suoi capelli erano cresciuti così come quelli di Thor che erano di nuovo intrecciati. Dopo anni di abitudine il biondo non era riuscito a farne a meno, però stavolta senza esagerare!

«Nemmeno di diventare re e di governare un popolo?» 

«Nemmeno di questo. E poi tra noi due tu sei il più intelligente. Pensavo di cederti tutte le questioni noiose e importanti.» rise Thor.

«Beh almeno in questo devo ammettere che sei molto saggio» lo ricambiò l’altro.

Thor lo fissò dritto negli occhi.

«E quando ti sposerò lo diventerò ancora di più. Diventerò il più saggio di tutti i principi e farò di tutto per renderti felice Loki.»

Loki lo guardò dolce.

«Oh Thor…ma io lo sono già. Sono la persona più felice del mondo, come lo sono stato in tutta la nostra vita insieme, mi basta averti al mio fianco.»

«Bene perché fidati: non ti libererai mai di me. Anche se detto così suona più come una minaccia.»

Ma l’altro gli sorrise.

«Promesso?»

Il biondo contraccambiò quel sorriso «Promesso» poi, dopo aver posto un bacio sulla fronte del moro, lo strinse ancora in un caldo e dolce abbraccio sotto il cielo stellato. 
Thor e Loki…
Ben presto fecero ritorno nel regno di Odino.
Magari siete curiosi di sapere di come nel giorno del loro matrimonio il sole, splendendo luminoso sulla loro unione, sembrava non voler tramontare mai o di come di lì a pochi anni quando divennero entrambi re furono amati e il regno prosperò sotto la loro guida.
O ancora di quando ricevettero la visita inaspettata di un vecchio amico, un certo mago dagli occhi truccati e dalle vesti sgargianti e di come costui, prima di salutarli, lasciò uno splendido  dono nella loro camera da letto, anzi due. Due gemelli, un bambino e una bambina, e di come loro li amarono e furono dei genitori affettuosi e buoni.
O di come dalla loro stanza, la più alta della torre più alta del castello, potevano vedere tutto il loro regno e la sera sentirsi così vicini alle stelle che gli sembrava di poterle toccare solo allungando una mano. 
O magari, e nessuno ve ne farebbe rimprovero, attendete solo che compaia la parola “fine” per aprire una finestra e come loro alzare il vostro sguardo per rivolgerlo ad un bellissimo cielo stellato.

Fine 

 

Note:

 

Raperonzolo: https://www.grimmstories.com/language.php?grimm=012&l=en&r=it

Ciao a tutt*!
Devo veramente decidermi ad accorciare le mie storie o non ce la farò mai a pubblicare la serie nuova!
Ma torniamo a questa versione di Raperonzolo! Se volete mollo la scrittura e mi do all’ippica o simili, sono accolti suggerimenti. 😂
Come sempre nel link trovate la fiaba, ma in questo caso ve l’ho messa col testo a fronte. Quella italiana infatti cambia in alcuni dettagli e non sono riuscita a trovare la versione che volevo. 
Tornerò alla carica con profezie e maledizioni varie, è una minaccia!, ma intanto mi eclisso di nuovo per un po’ 😩
Ma! Torneròòò statene certi 😎
Un grande abbraccio e... alla prossima storia!💕

 

Isidar27

 

 

 

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Capitolo 6
*** Un tuo bacio il sonno spezzerà…? ***


Un tuo bacio il sonno spezzerà…?

Quando si avvicinò al roveto, 
non trovò che fiori bellissimi che si scostarono spontaneamente al suo passaggio,
ricongiungendosi alle sue spalle,

 sicché‚ egli passò illeso.

C’era una volta un paese lontano ed era così lontano che nemmeno gli esploratori più esperti lo avevano raggiunto e tracciato sulle carte. 

Era un territorio vasto ed impossibile da governare per uno solo. Così, nel tempo, vi erano sorti molti regni; nove per essere precisi.

Tra questi vi era quello di Asgard noto per le sue enormi ricchezze ottenute da svariate conquiste terriere e vittorie in battaglia. Il suo re, che si chiamava Odino, era un condottiero fiero e forte che non temeva nulla se non la sconfitta.

Asgard era così ricca e florida che certo tra i Nove era la più potente. Le sue mura erano alte e massicce, i suoi campi rigogliosi come anche le sue foreste e il suo castello ricoperto d’oro.

Ma nonostante tutte queste ricchezze il re sentiva di non essere ricco affatto.

Aveva ormai superato i cinquant’anni e adesso che la pace regnava pressoché ovunque e che la sua terra fioriva si ritrovava ad invidiare i suoi cortigiani che avevano tanti figli e con loro godevano dei frutti del proprio paese.

Lui invece aveva trascorso tanto tempo in battaglia e poco a casa.

Aveva la gratitudine del suo popolo che amava lui e la sua regina, ma a chi avrebbe risposto quel popolo quando lui non ci sarebbe stato più?

Egli infatti non aveva nessun erede.

Oramai anche sua moglie, la regina Frigga, non avrebbe più potuto avere figli e seppur sembrasse soffrirne diceva al marito che era fortunata ugualmente avendo lui al fianco.

Un giorno il re passeggiava lungo la spiaggia con la sua amata moglie. La marea aveva portato a riva ogni tipo di cosa quella notte: grosse alghe carnose, lucide e marroni, pezzi di gusci d’ostriche e di conchiglie, paguri e anche qualche parte di vecchie imbarcazioni.

Tra tutto questo la regina vide qualcosa guizzare argenteo sulla sabbia. Si avvicinò un poco e trovò un pescetto.

Boccheggiava con sofferenza, ma era ancora in vita e saltava sulla sabbia bagnata. 

La regina subito lo raccolse con cura tenendolo con delicatezza tra le mani e lo avvicinò all’acqua salata. Come ve lo posò si aspettava che il pesce nuotasse via, quello invece riemerse dal mare e con grande meraviglia dei due reali parlò.

«Cara donna.» iniziò «Poiché siete tanto buona meritereste i doni più grandi del mondo. Io esaudirò quello che avete messo a dormire nel vostro cuore. Vi dico che non molto tardi avrete un figlio.» e detto questo se ne sparì nel mare.

Immaginate la meraviglia e la gioia quando mesi dopo la regina diede alla luce un bambino!

Il re era talmente felice che decise che avrebbe dato una grande festa per celebrare la nascita del suo erede, il principe Thor.

E del resto perché non avrebbe dovuto? Aveva tutto finalmente: un regno prospero, una vita di vittorie ed adesso anche un erede.

Era così fiero nell’animo che volle che persino i suoi vicini dei regni confinanti venissero a rendergli omaggio.

Ora dovete tuttavia sapere che il re aveva in amicizia molti dei regni vicini e di conseguenza i loro re e le loro regine, ma ve n’erano invece altri che avrebbe preferito non invitare. 

Con certi, infatti, non aveva mai stipulato proficue alleanze mentre con due in particolare aveva a lungo lottato prima di vincerli in battaglia e stipulare un trattato di pace.

Ma non poteva non invitarli e rischiare di causare così nuovi motivi di attrito. 

Tuttavia il re era stato un abile stratega in guerra e così pensò al da farsi.

Chiamò otto messaggeri e ad ognuno affidò una lettera con un invito. 

Quattro erano tra i migliori che avesse e li inviò nei regni che voleva che senz’altro non mancassero alla festa.

Quattro invece lì aveva messi insieme in taverna. Nessuno di loro aveva mai fatto da messaggero. Uno non sapeva nemmeno come ritrovare la via di casa, uno non faceva che tossire e sembrava prossimo alla morte, uno aveva chiesto di venir pagato in anticipo e certo non si sarebbe visto più e l’ultimo era un ragazzetto di quindici anni che aiutava l’oste e che aveva paura persino della sua stessa ombra.

A costoro affidò le lettere di coloro che avrebbe preferito non invitare. 

“Così” si disse “non si potrà dire che avrò fatto torto a qualcuno”, ma sapeva bene che gli ultimi quattro non avrebbero mai raggiunto le destinazioni affidate. 

Ogni regno distava dieci giorni da quello di Asgard e il re pensò che il suo piano avesse funzionato quando una mattina vide dalle sue stanze quattro enormi cortei giungere verso il suo castello.

Ognuno aveva vessilli e colori diversi, ma erano tutti dei più cari amici del suo regno.

Degli altri quattro invece non vi era traccia. 

Il re accolse i suoi amici nella sua corte e li invitò a prendere parte ai festeggiamenti per la nascita di suo figlio. 

Aveva fatto apparecchiare per i suoi ospiti più importanti quattro sedute con stoviglie d’oro forgiate apposta per la festa. 

Non ne aveva fatte creare di più dall’orafo; tanto sapeva bene che quelli sarebbero stati i suoi unici invitati. E così con grande gioia di tutti iniziò la festa. 

Mentre tutti ballavano e si divertivano una guardia venne ad annunciare al re che un altro corteo avanzava verso la reggia.

Il re si raggelò. Come era potuta accadere una cosa del genere? 

Presto le porte del palazzo si aprirono e il re constatò con fastidio che di tutti era proprio giunto uno dei regni con cui era più in inimicizia.

Re Malekith, un re dai lunghi capelli bianchi e dagli occhi neri come un abisso senza fine, fece il suo ingresso ed andò ad inchinarsi al re «Perdonate il ritardo Re Odino. Il vostro messaggero ci ha messo un giorno di troppo a raggiungerci, ma va capito. È ancora molto giovane ed inesperto. Gli avete fatto grande prova di fiducia.»

Il re spiò oltre il nuovo arrivato e scorse il ragazzetto che aiutava l’oste che se ne stava in piedi tutto orgoglioso per aver compiuto la sua missione. 

Tornò a guardare re Malekith e gli rivolse un finto sorriso bonario «Sono stato un po’ azzardato lo ammetto, ma do molta fiducia a ciascuno dei miei sudditi. Per fortuna siete arrivato.»

L’altro re fissò lo sguardo nel suo «Non mi sarei perso il lieto evento per niente al mondo.»

Presto tutti sedettero per il pranzo. 

Ora c’è da dire che un ospite previdente tiene sempre un coperto di riserva nel caso si aggiunga alla tavola un invitato in più.

Ma re Odino era stato incauto. Così quando tutti presero posto quattro re avevano davanti piatti e posate d’oro mentre a re Malekith furono preparate stoviglie in argento. Questi non disse niente e si limitò a prendere posto.

Dopo il pasto i re invitati si raccolsero intorno alla culla del principe per fargli ognuno un dono. 

Sapete quella era un’epoca dove la magia regnava ancora in certi regni così alcuni sovrani avevano portato con loro i propri maghi e fate.

Re Frey, signore di Alfheim fu il primo ad avvicinarsi con la sua fata. Studiò un po’ il bambino e scoprì che aveva due bellissimi occhi azzurri come la madre, ma i lineamenti sembravano già duri e forti come quelli del padre. Siccome era un re molto vanesio seppe esattamente quale dono fare.

«Al principe Thor noi di Alfheim doniamo una grande bellezza. La più bella del mondo.» e la fata che accompagnava il re alzò le mani ed una lieve polvere dorata ne uscì posandosi sul piccino che la guardò incantato per tutto il tempo.

Fu poi il turno di altri due regni: Midgard e Nidavellir. 

Era chiaro a tutti che il principino sarebbe cresciuto come un grande combattente grazie al padre.

Così il primo gli donò la forza fisica e il secondo un martello forgiato per lui e finemente decorato; l’arma era simbolo della forza che sottomette ed edifica.

Sarebbe stato il turno del regno di Vanaheim e già il suo signore si stava facendo avanti, ma il suo mago non era d’accordo. 

Aveva notato che la regina sembrava preoccupata. Lei aveva detto al marito dell’eventualità che anche gli altri re ricevessero l’invito, ma lui non aveva voluto ascoltarla ed ora temeva che al turno del re di Svartálfaheim quello potesse cercare vendetta. 

Così il mago, che sapeva che il suo signore avrebbe voluto donare al principino una grande saggezza, lo fermò con un incantesimo che lo fece cadere a terra addormentato. 

Re Odino e la regina Frigga non compresero cosa fosse successo, ma il mago avanzò di corsa dicendo «Deve aver la pressione bassa, non c’è motivo di agitarsi. Ma sarà meglio cedere il turno a re Malekith.» e trascinò il suo signore indietro sul pavimento chinandosi su di lui e fingendo di passargli dei sali sotto al naso.

E così fu la volta del re di Svartálfaheim. Re Malekith avanzò sicuro fino alla culla del bimbo. Con sé non aveva doni materiali e poiché lui stesso era un mago non aveva portato nessuno con sé.

«Al principe Thor faccio dono…» incominciò solenne e puntò lo sguardo sul re. Sul suo volto comparve un ghigno perfido.  «Della morte. Quando compirà ventuno anni il principe Thor morirà. Non ci sarà luogo sicuro né regno che potrà proteggerlo. E il come… vediamo…» si guardò intorno in modo del tutto tranquillo e dietro al trono del re scorse un grande arazzo. 

Era enorme e ricamato con filo d’oro. Rappresentava la grande gloria di Asgard, i campi rigogliosi invasi dal grano, l’amicizia con altri regni e persino le vittorie in battaglia. Una parte in particolare rappresentava la vittoria di re Odino sul popolo di Svartálfaheim.

Re Malekith sorrise malevolo «Che bell’arazzo, siete abili a filare qui. Direi che allora il fuso di un arcolaio andrà bene. Il principe si pungerà nel giorno del suo ventunesimo compleanno e morirà.»

Una polvere nera uscì dalle sue mani ed andò a posarsi sul principino Thor dopodiché il re malvagio batté le mani e sparì nel nulla in una nuvola di fumo e come lui anche i suoi sudditi.

Subito tutti si agitarono. La regina, in lacrime, corse a prendere suo figlio tra le braccia. Ma c’era ancora il mago di Vanaheim che per fortuna era stato previdente.

Si fece avanti e chiese di fare silenzio ai presenti poi si rivolse ai reali «Vostre Maestà non posso cancellare l’incantesimo di un mago così potente, ma posso cercare di trovare un rimedio con la mia magia.»

Pensò nervosamente ad una soluzione e poi lo sguardo gli cadde sul suo re che ancora dormiva a terra. 

E così gli venne in mente un’idea «Trasformerò il sonno della morte in un sonno delle membra. Il principe toccherà il fuso e non morirà, ma si addormenterà profondamente.»

Rivolse il suo sguardo alla regina che col volto rigato di lacrime stringeva il piccolo con disperazione e singhiozzava, ma guardava l’uomo con occhi carichi di speranza.

Pensò a quanto quella donna amasse suo figlio e che vi erano ben poche forze che potessero sconfiggere la morte.

«Il sonno verrà spezzato…» disse quindi «Dall’amore. Una forza talmente grande da potere l’impossibile. Basterà un bacio.»

E una polvere arancio scuro si diffuse dalle sue mani e raggiunse il neonato tra le braccia di sua madre. 

Ne ricoprì il bimbo e sparì come già avevano fatto le altre. 

E quella fu la fine dei festeggiamenti.

 

«Devo dichiarare guerra a Re Malekith.» Esclamò con decisione quella sera re Odino negli appartamenti suoi e della moglie.

«E a che servirebbe?» commentò mestamente la regina cullando suo figlio tra le braccia «Una guerra non spezzerebbe comunque la sua maledizione.»

«Non può sfidarmi in questo modo!»

«Ti importa che ti abbia sfidato quando in gioco c’è la vita di tuo figlio?!» si alterò lei. Si alzò decisa ed andò a posare il piccolo principe nella sua culla. 

«Ho atteso tanto per avere un figlio, Odino.» disse stringendo la stoffa soffice che ne circondava i bordi. 

«E ho pianto molto credendo che non me ne sarebbero stati concessi.»

Si voltò decisa.

«Ed è colpa della tua arroganza se ora il nostro unico figlio rischia la vita.»

«Non puoi farmene una colpa. Volevo evitare tutto questo.»

«Volevi evitare un ospite sgradito alla tua tavola e guarda cosa hai ottenuto? Sei vecchio mio re come lo è anche lui. Entrambi sprechereste solo giovani vite in una battaglia.»

Il re strinse i pugni, ma non ribatté. Sapeva che sua moglie aveva ragione.

«Allora devo far qualcosa per proteggere Thor. Potrei far bruciare gli arcolai di tutto il regno.»

«Ah si? È tutta qui la tua saggezza? E poi come fileremo la lana per le vesti e le coperte? Come combatterai il freddo dell’inverno?»

Quelle ultime parole fecero venire al re una sorta di illuminazione. 

«Inverno… Forse ho la soluzione Frigga.»

 

«Venite a chiedermi udienza, re Odino, e aiuto dopoché non ho mai ricevuto un invito alla vostra festa?»

«Re Laufey, sono mortificato per i miei messaggeri, ma vi assicuro che non potevo sapere che non vi avrebbero raggiunto con l’invito.» mentì il re.

Era al cospetto di un altro antico rivale, re Laufey del regno di Jotunheim che aveva cercato di non invitare allo stesso modo di re Malekith.

Laufey era un re fiero che governava un regno estremamente a nord, freddo e con poche risorse, ma non per questo meno forte nello spirito. 

Il sovrano del regno dei ghiacci era più giovane d’età dell’altro re, con barba e capelli neri come la notte e freddi occhi color del ghiaccio. 

«Ma sono qui a chiedervi supporto contro re Malekith che un tempo ha tentato di esser nemico anche vostro.»

«Non posso aiutarvi con una guerra. Il mio popolo è troppo debole ormai.»

«Non è per una guerra che vi chiedo aiuto, ma per la situazione che vi ho antecedentemente spiegato. C’è in gioco la vita di mio figlio. Anche voi siete padre e mi capite, non è vero?»

Il re del regno dei ghiacci lo studiò per un po’, ma annuì. Anche lui aveva un bambino di poco meno del principe Thor ed era il suo unico erede.

Al contrario di re Odino però re Laufey era molto più malvisto dagli altri sovrani perciò non aveva dato nessuna festa sfarzosa per la nascita di suo figlio.

«Faremo così allora: vi aiuterò se come avete promesso darete al mio popolo l’aiuto e le risorse di cui necessita.»

«Dividerò con voi in equa parte i raccolti, le messi e i prodotti delle nostre bestie.»

Re Laufey si ritenne soddisfatto. «Allora va bene. Terrò vostro figlio al sicuro quando sarà il momento. Nel nostro paese non c’è materia tessile da filare. Compriamo le nostri vesti nei paesi vicini perciò qui sarà al sicuro. Siamo gli unici a non avere ciò che Malekith ha ordinato.»

«Vi ringrazio re Laufey.»

«Ma prima di stringervi la mano e saldare il nostro patto aggiungo un’altra condizione.»

Re Odino lo guardò con sospetto, ma quello si affrettò ad aggiungere «Mio figlio, Loki, è nato piccolo e fragile e le condizioni avverse del mio regno sono troppo dure perché possa sopravvivere.»

L’altro lo guardò confuso «E cosa vorreste dunque?»

«Vorrei che portaste mio figlio con voi ad Asgard perché cresca sano e forte per ereditare il mio regno. Quando compirà quattordici anni me lo riprenderò così che possa imparare le nostre tradizioni e venir preparato alla vita da re.»

Odino rimase stupito da quella richiesta, ma in ballo c’era la vita di suo figlio così acconsentì.

Tornò ad Asgard con un patto ed un bambino coi capelli neri tra le braccia.

 

Circa quattordici anni dopo.

Loki se ne stava nei pressi di un laghetto e osservava attento un gruppetto di girini. Qualcuno aveva già le zampe, altri erano ancora troppo piccoli mentre qualcuno già prendeva la forma di un piccolo ranocchio.

Stare a contatto con la natura lo rilassava molto. 

Lo faceva sentire in pace.

Il giorno dopo sarebbe partito per tornare a Jotunheim la sua terra natale e la cosa…beh…era molto combattuto in effetti.

Il giovane principe era cresciuto ad Asgard alla corte di re Odino e c’era da dire che quel regno non l’avesse fatto sentire molto a casa.

Erano tutti alti e forti, con occhi chiari e capelli dorati. Lui invece era moro, dalla pelle quasi cianotica e aveva due occhi verdi come smeraldi. Aveva un fisico magrolino e secco e i capelli, per quanto li tagliasse, crescevano ad un ritmo molto più veloce degli asgardiani. 

Gli abitanti di Asgard non lo facevano sentire diverso per il suo aspetto però sembravano piuttosto sollevati. 

Raccontavano che suo padre fosse grande e grosso ed estremamente forte mentre lui, che avrebbe dovuto ereditare il suo regno, era piccolo e scarno. Per niente una minaccia insomma.

Ma il giovane Loki era di grande intelletto.

Da che re Odino lo aveva portato ad Asgard era stato affidato alle cure della regina che gli aveva insegnato molto sullo studio e sulla scienza. 

Loki aveva appreso ogni lezione della regina con avidità di sapere ed era il giovanotto più sveglio della sua età, ma non aveva molti amici e si sentiva sempre solo. 

Questo perché lì ad Asgard i giovani si dedicavano sin dall’infanzia all’arte della guerra mentre lui né era stato escluso. 

Re Odino gli aveva detto che fosse un bimbo troppo fragile, troppo piccolo e che sarebbe stato meglio per lui dedicarsi ad altro.

Naturalmente da piccolo Loki ci aveva ben creduto, ma crescendo aveva capito che dietro ci fosse una ragione ben diversa: re Odino non voleva insegnargli a diventare un bravo combattente perché sarebbe potuto diventare un potenziale rivale di Asgard. 

Ma al giovane Loki non importava così tanto. Lui non amava la guerra, non gli piaceva la lotta e lo infastidiva il rumore delle spade che cozzavano tra di loro. 

Per difendersi aveva imparato a maneggiare i pugnali e la cosa gli riusciva bene. Ma il giovane si diceva che era una questione di calcoli del vento, della forza di calcio e della velocità. Insomma anche nell’arte della difesa aveva trovato il modo di inserire lo studio. 

Sospirò.

L’indomani le cose sarebbero cambiate. Sarebbe dovuto tornare da suo padre che di certo lo avrebbe addestrato a diventare un bravo principe e avrebbe dovuto lasciare le sue passioni. E poi Asgard era soleggiata e rigogliosa mentre si diceva che Jotunheim fosse fredda e grigia, ma non poteva fare diversamente.

«Dovresti pensare di meno.» disse una voce alle sue spalle «O ti farà male la testa.»

Il giovane Loki alzò gli occhi al cielo ed emise un verso esasperato «Lo stesso pericolo non lo corri tu, Thor.» e si voltò verso il nuovo arrivato.

Alle sue spalle c’era un giovane alto come lui e biondo con due occhi azzurri. Il principe Thor aveva un fisico snello ed asciutto, ma anche se aveva pochi muscoli Loki era certo che sarebbe diventato forte e bello come gli altri asgardiani.

Si diceva infatti che avesse ricevuto dei doni alla nascita: la bellezza, la forza fisica, persino un’arma…peccato che nessuno avesse pensato di donargli anche un po’ di intelligenza!

Il principe biondo avanzò fino al moro tenendo le mani dietro la schiena e lo fronteggiò fiero «Non mi diresti così se sapessi la cosa che io so e che tu non sai.»

«Fammi indovinare.» Sghignazzò l’altro «Ti sei intrufolato in cucina e hai scoperto che il cuoco sta preparando le tortine di vino cotto, fichi e noci che piacciono ad entrambi.»

Thor fece tanto d’occhi «E tu come lo sai?»

«Mmm intuito o magari ho sentito tua madre parlarne.»

Thor ridacchiò «Sei sempre un passo avanti a me Loki non c’è che dire.» 

Il moro arrossì, ma sorrise «Quindi sei venuto a dirmi questo?»

«Si e visto che domani devi partire sono venuto a proporti anche un’ultima avventura insieme.»

 

Thor proponeva spesso a Loki di avere un’avventura insieme, ma erano per lo più delle bravate da ragazzi. 

Sgraffignare un’oca arrosto dalle cucine, andare dal sarto e rubare delle stoffe preziose per costruirvi corde resistenti e discendere per piccoli dirupi fino ai nidi degli uccelli, scappare di notte per andare a farsi un bagno nel fiume…

Erano due ragazzi e quelle erano le loro avventure più grandi.

Erano due giovani profondamente diversi uno impegnato a diventare l’erede perfetto per un regno di combattenti l’altro a dedicarsi alle arti e allo studio, ma quei momenti li tenevano insieme e creavano tra loro un legame stretto e forte.

Loki entrò nelle cucine reali tutto composto ed avanzò sicuro individuando i dolci appena sfornati. Facevano un tale profumo! Ed il leggero vapore che si sollevava da quelli usciva direttamente dalla finestra aperta sopra cui erano stati messi a raffreddare.

Loki avvertì le narici riempirsi ed inebriarsi di quel profumo delizioso, ma rimase concentrato e subito la sua presenza richiamò l’attenzione della persona che cercava.

Il cuoco lo raggiunse subito e conoscendo i precedenti suoi e del principe Thor si frappose fra il giovane e i dolcetti.

«Questi dolcetti non sono a disposizione, vostra Maestà.» disse l’uomo che era un rosso alto e barbuto.

«Oh no buon Volstagg. I vostri dolci hanno un profumino delizioso, ma so che devono riposare per la festa di questa sera. Mi piaceva solo sapere se in cantina non ci fosse un vino che potrei portare in dono a mio padre domani.» 

Mentre lo diceva una mano spuntò dalla finestra e si allungò fino ai dolcetti afferrandone uno e ritirandosi fuori.

«Sapete non so cosa potrebbe piacergli e mi chiedevo se ce n’è uno che vi sentite di consigliarmi.»

Il cuoco lo guardò stupito «Ma mio signore, non sarebbe meglio chiedere al coppiere di corte?»

La mano spuntò ancora ed arrivò ad afferrare un secondo dolcetto.

«Oh si, ma non mi riesce proprio di trovarlo. Voi che dite?»

Di nuovo un dolcetto sparì oltre la finestra.

Il cuoco ci pensò su qualche istante e poi disse «Beh il vino rosso delle scorso anno era davvero eccellente, dovrebbe essercene ancora una botte piena giù nelle cantine. E tuttavia anche il bianco non è male per accompagnare le carni di coniglio o…»

«FERMO LÀ FURFANTE!» se ne uscì una cuoca prendendo una scopa e dirigendosi veloce verso la teglia di dolci. 

Il cuoco si voltò sorpreso e subito Loki si affrettò a dire «Credo che una botte di rosso andrà bene. Grazie mille del vostro prezioso aiuto.» e sgattaiolò via prima che il cuoco facesse due più due.

 

Loki uscì di corsa dalle cucine e passando vicino ad un grande arazzo si sentì afferrare per le vesti e trascinare sotto. 

Rise ritrovandosi ad un centimetro dal naso di Thor illuminato da una fioca luce che proveniva da una piccola feritoia nel muro. «Ti sei fatto scoprire sull’ultimo dolcetto. Così ne avremo solo tre.»

«Shhh parla piano. E comunque è colpa tua che non hai visto la cuoca.» disse passando a Loki un dolcetto caldo. 

Il moro lo accettò ed iniziò a gustarselo. Thor lo imitò e scostò appena l’arazzo per vedere fuori. Quel nascondiglio era minuscolo, ma nessuno lo conosceva. Per due adulti starci sarebbe stato impossibile, ma per i due ragazzi era piccolo, ma fattibile. 

Il biondo avvertì il cuoco inveire nelle cucine e rise silenziosamente «Quante storie per tre dolcetti.»

«Ahah ci casca ogni volta, dovrebbe farsi più furbo.» disse il moro finendo in due morsi il suo dolce.

Thor annuì e lo imitò «Beh da domani non sarà più tanto facile.»

«Oh avanti Thor. Ti farai un altro compagno di bravate tra i tuoi amici. Mi sostituirai presto.»

Il biondo lo fissò nella semioscurità e sul suo volto si dipinse una sorta di malinconia «Non credo che qualcuno sarà capace di sostituirti Loki.»

Il moro, che aveva ancora un boccone in bocca, ebbe una certa difficoltà ed imbarazzo nel mandarlo giù.

Subito però Thor gli porse anche il terzo dolcetto «Mangialo tu. Da domani non avrai chi te li cucinerà»

«Ne mangeremo a sazietà stasera Thor. Dividiamolo adesso che è caldo.»

«Ma Loki…»

«Facciamo così ti dico. Non mi dispiace.»

Il biondo annuì e si divisero anche quell’ultimo dolce.

«E comunque non capisco perché devi partire.» se ne uscì Thor.

Loki lo guardò stupito «Thor devo pur andare ad imparare le usanze della mia gente.»

«Si, ma mio padre ha detto che per l’accordo di pace con tuo padre tra meno di sette anni dovrò venire nel vostro regno a fare altrettanto. Non si poteva aspettare fino a quella data?»

Loki lo fissò e scoppiò a ridere divertito tanto che l’altro dovette premergli una mano sulla bocca e metterlo a tacere. 

«Shh ci scopriranno.» disse lasciandolo di nuovo libero.

«Scusa, è il tuo modo per dirmi che ti mancherò?»

Il biondo arrossì «Non ho detto questo.»

Loki scosse la testa divertito e gli appose un innocente bacio sulla guancia.

Il biondo spalancò gli occhi per la meraviglia e balbettò «E q-questo per cos’era?»

«Per aver condiviso con me il dolce e perché sei dispiaciuto per la mia partenza, anche se non vuoi ammetterlo.» e detto ciò uscì dall’arazzo.

Thor voleva ribattere che non fosse vero; ma non ci credeva nemmeno lui, così si limitò a seguirlo fuori.

 

Quella sera era stata organizzata una bella festa per la partenza del principe Loki. I musici suonavano mentre alla grande tavola reale venivano serviti cibi di ogni varietà. Maialetti arrostiti sullo spiedo, verdure stufate, oche arrosto e  frutta secca e candita.

Dopo il pasto il principe Loki vide che tutti si alzavano per una danza ed accanto a lui Thor fece altrettanto. Gli allungò una mano.

«Aha. Non pensateci mio principe.» commentò subito il moro. «Sapete bene che non so danzare.»

«Non è vero. Lo fate divinamente. Coraggio Loki è di buon augurio.»

Loki stette un po’ lì a guardare la mano sospesa, ma ne avvertì un’altra posarsi sulla sua spalla. Si voltò e scoprì essere la regina col suo dolce sorriso «Accettala mio caro. È l’ultima sera che passi qui. Devi divertirti.»

Lo disse con dolcezza, ma vi era malinconia nella sua voce. Ella infatti si era molto affezionata al principe Loki come fosse figlio suo e le piangeva il cuore a sapere che l’indomani sarebbe dovuto partire. 

Loki allora, per farle piacere, si rivolse a Thor ed accettò la mano che ancora gli protendeva.

I due si portarono in mezzo alla sala da ballo ed iniziarono a danzare con gli altri. 

Il principe Thor aveva ragione: Loki era un ottimo danzatore.

«Non capisco perché tu non abbia accettato subito il mio invito. Balli divinamente.»

Il moro abbassò lo sguardo imbarazzato «Sai il perché.»

Thor si rabbuiò appena «é perché i miei amici ti hanno detto che sembri una damigella? Guarda che gli ho detto di non scherzare.» gli fece fare un giro e tornò a guardarlo «E poi a me non dispiace affatto il tuo modo di ballare. Lo trovo molto elegante.»

«Sul serio?» 

«Sul serio.»

Il moro sorrise e più sereno continuò a danzare con lui. Alla fine del ballo il principe Thor lo prese per mano e lo condusse con sé nei giardini del palazzo perché potessero scherzare e ridere un po’. Dopo tutti quegli anni insieme si volevano molto bene e sapevano che l’uno sarebbe stato  profondamente triste senza l’altro. 

«Thor?»

«Si?»

«Credi che piacerò a mio padre e al mio popolo? Non so niente delle loro tradizioni ed usanze.»

«Imparerai Loki. E sarai un ottimo re vedrai.»

Loki sorrise imbarazzato. Ma Thor aggiunse «Certo ora sei un po’ magrolino e con pochi muscoli, ma sono cose che si possono sistemare no?»

Il moro lo guardò infastidito «Che vuoi dire? Che perché non sembro un re forte allora non lo sarò?»

«No…cioè….forse potresti mettere su qualche muscolo ed imparare a lottare magari.»

Loki lo guardò allibito «Credi che in un sovrano conti solo l’abilità in battaglia e la forza fisica Thor?»

«No ci vuole anche un po’ di saggezza immagino, ma…»

«Immagini? Stento a crederlo visto che dai tuoi discorsi è chiaro che ti manca parecchio di intelletto!»

«Ehi!»

«Sai una cosa? Non ero così convinto di volermene andare domani, ma mi hai convinto del tutto tu! Addio Thor!» e si voltò infuriato lasciandolo solo.

 

Passarono gli anni…

Il principe Thor si ritrovò a sospirare pensando all’ultimo abbraccio che aveva dato alla madre e chiedendosi se avrebbe potuto mai godere di un altro. 

Quello era il decimo giorno di cammino e il giovane principe stava per raggiungere la valle dove avrebbe dovuto trovare la reggia del re di Jotunheim. 

Lui e i suoi soldati si erano ritrovati ad attraversare le folte foreste sempreverdi di quel regno freddo per giorni e il principe non vedeva l’ora di raggiungere la meta per poter fare un bagno e mettere qualcosa sotto i denti che non fosse cacciagione di giornata. 

Con loro viaggiavano due carri pieni di provviste che suo padre mandava da anni al regno di re Laufey come promessa di pace e sebbene  fosse carico di buon cibo né il principe, né i suoi soldati avevano osato intaccare quel dono anche solo per un pasto. 

«Eccoci arrivati mio principe» disse uno dei suoi a Thor indicandogli le porte della città ormai vicine.

Il biondo quindi spronò il suo cavallo e le raggiunse. Come quelle vennero aperte il principe si ritrovò stupito. Oltre un lungo ponte di pietra vi era il castello del re. 

Era la prima costruzione della città. Un enorme palazzo di pietra bianca alto e possente arroccato su un dirupo circondato da cascate ghiacciate.

Illuminandolo il sole lo faceva brillare come una pietra preziosa.

Sulla facciata vi era un enorme rosone dalle vetrate verdi e dorate mentre tetto e guglie erano color del ghiaccio.

Le case del popolo erano al sicuro dentro le mura interne.

Davanti al portone di ingresso il principe scorse re Laufey, che era esattamente come glielo aveva descritto suo padre, e molti dei suoi sudditi. Subito vi guardò in mezzo alla ricerca di qualcuno in particolare, ma rimase deluso. Il re intanto lo salutò rispettosamente e con eleganza.

«C’è molto da mostrarvi del nostro amato regno principe Thor.» disse il sovrano dopo i convenevoli.

«Non vedo l’ora maestà. Il vostro castello è una meraviglia e sono certo che anche il resto del vostro regno sia della stessa bellezza. Vi confesso che ho sempre creduto che questa fosse una terra fredda e desolata e invece è di una bellezza straordinaria.» si confessò l’asgardiano.

«Pensare non è mai stato il vostro forte principe Thor…» intervenne a quel punto una voce familiare.

Thor rivolse lo sguardo davanti a sé ed allora vide finalmente chi cercava emergere dalla piccola folla.

Loki si fermò alla sinistra del padre. Indossava una tunica verde che gli fasciava il torace perfettamente come i calzoni facevano con le gambe. I dettagli della tunica erano dorati come il fermaglio che teneva i capelli completamente raccolti dietro la nuca. Indossava un mantello verde anch’esso.

Il suo volto era più maturo e così anche il suo fisico non più secco e magrolino, ma snello e ben equilibrato.

Era bellissimo.

Il principe Loki avanzò fino a raggiungerlo «Ma per fortuna non vi è spesso richiesto di farlo.» terminò.

Thor, che senza accorgersene, aveva spalancato la bocca, la richiuse immediatamente e si schiarì la gola «S-sono lieto di rivedervi principe Loki.»

Il moro gli sorrise e si rivolse al padre «Padre vorrei essere io a condurre il nostro ospite alla scoperta del nostro meraviglioso regno.» disse con tranquillità. 

Re Laufey guardò prima suo figlio poi il nuovo arrivato ed annuì «Principe Thor, non c’è guida migliore di mio figlio vi assicuro. E tuttavia vi consiglio di fare caso al tramonto.»

Sorrise bonario. 

«Loki ama tanto girare le nostre terre che a volte dimentica anche di cenare, ma questa sera ci sarà una festa per celebrare il vostro arrivo e il vostro compleanno che non sarà che domani. Perciò mi raccomando! Non tardate.»

Thor annuì, ma il suo sguardo si andò ad incrociare con quello di Loki; i due si sorrisero complici.

 

Jotunheim era una terra particolare. Certamente era il regno più freddo dove Thor fosse mai stato anche se era piena estate!

Ma la cosa assurda era che le genti del posto vestivano di pochi pezzi di stoffa incrociati sul petto  e di calzoni corti e di pelliccia. 

Le case erano molto semplici, pietra e paglia per lo più, ma soprattutto pietra. Le persone che incontravano Loki chinavano il torace verso il suolo e si portavano una mano sul petto salutando con rispetto «Principe Loki.» dicevano.

Loki sorrideva loro e ricambiava con un gentile cenno del capo. 

Thor li osservò attento e notò che quando i sudditi si accorgevano invece di lui si fermavano e lo fissavano per diversi istanti limitandosi poi a chinare brevemente la testa. 

«I tuoi sudditi ti tengono in gran stima Loki.»

«Mpf non è stato subito così. Quando sono arrivato nessuno mi considerava come il vero erede del re. Ero visto più che altro come il principe che era cresciuto in una terra di vecchi nemici. Ci ho messo molto tempo a guadagnare la loro fiducia. Ho aiutato alcuni dei miei sudditi a perfezionare i sistemi di irrigazione dei raccolti, ad altri ho insegnato modi per tenere più al caldo le loro case. Tutte cose che avevo imparato ad Asgard o letto sui libri. Col tempo da che nessuno faceva caso alla mia presenza mi sono accorto che invece mi salutavano, mi sorridevano, mi chiamavano tra loro. Mi riconoscevano. È stato bello.» 

Thor lo osservò un istante ed avvertì un moto di orgoglio nei confronti dell’altro, tuttavia c’era pur sempre qualcosa che doveva sistemare, ma non sapeva proprio da dove cominciare…

Cammina e cammina i due raggiunsero una conca lontana dalla via con al centro una quercia piccola e rinsecchita. Lungo le pareti di pietra vi erano fontanelle da cui zampillava acqua cristallina che ricadeva in una vasca di pietra bianca. Lì alcuni sudditi di Loki stavano chinati con dei secchi e raccoglievano l’acqua per le loro case. Thor notò che dell’acqua arrivava anche alla quercia, circondata da fiori ed erba. 

Questo avveniva perché nel pavimento erano scolpiti piccolissimi canali che partivano dalla vasca. Come fosse un sistema di irrigazione.

«È stata una mia idea.» Disse Loki e Thor lo guardò interrogativo. 

«La quercia doveva essere abbattuta, ma ho proposto a mio padre di tentare di ridarle vita. E così ho ideato questo sistema di irrigazione e poi i miei sudditi hanno piantato semi e radici ed è cresciuto questo piccolo giardino.»

«É bellissimo Loki. E solo tu potevi avere un’idea tanto intelligente ed attenta verso la natura.»

Loki sorrise e scosse la testa.

«Ce l’hai ancora con me per quella storia?» buttò lì Thor con fare casuale avvicinandosi ad un fiore ed allungando la mano per toccarlo.

«Tu che dici? Quello è velenoso.» 

Il principe asgardiano ritirò la mano «Ero un ragazzino Loki. Ho parlato senza riflettere.» e ritentò con un fiore aranciato.

«Non mi sembra di aver ricevuto scuse né prima né dopo la mia partenza. Anche quello è velenoso.  La vuoi smettere di voler toccare tutto quello che vedi?!»

«É che questi fiori sono tutti così particolari e bellissimi…» e nel dirlo si rivolse a Loki che però distolse lo sguardo con fare orgoglioso.

«Senti Loki: non volevo offenderti. Davvero. E sono stato stupito a non venirti subito dietro, ma proprio non capivo di aver detto una sciocchezza tanto grande.» fece due passi e gli fu davanti «E me ne sono pentito ogni giorno. Perché ogni giorno mi sei mancato e sapevo che ci eravamo salutati nel peggiore dei modi.»

Il principe jotun lo guardò e ci pensò su «Beh forse anche io sono stato esagerato. Del resto cosa potevo pretendere da uno con così tanti muscoli se non poco cervello?» 

Rise e Thor lo fece a sua volta.

«Ne ho messo su altri sai?»

«Oh lo vedo bene.»

«Eeeh mi sono allenato molto da che sei andato via. Dovevo ammazzare il tempo in qualche modo.»

Un  ghignetto si dipinse sul volto del moro.

«A proposto di ammazzare il tempo. Ti va di…vivere un’avventura?» gli domandò.

Il biondo gli sorrise «Non mi tirerei mai indietro se ci sei anche tu.»

Loki lo contraccambiò «Vieni allora, per di qua.»

 

In sella a due cavalli, dopo più di un’ora di strada e passata una folta boscaglia, i due raggiunsero una pozza d’acqua. Era così pura e brillante che sembrava fatta di cristallo. 

Intorno vi erano solo erba ed alberi, ma una parte era circondata da un’altissima roccia da cui sgorgava un rivolo d’acqua.

Loki scese da cavallo e posò un istante la fronte contro il naso dell’animale chiudendo gli occhi. Poi si separò da lui. Li riaprì rivolgendosi a Thor. 

«Sai al di là della roccia c’è qualcosa di incredibile. Vorresti sapere di che si tratta?»

«Fremo dalla voglia di scoprire cosa sia. Ma come facciamo ad andare di là?»

«Beh ovviamente nuotando.»

«M-Ma sembra gelida.»

«Qualcuno ha paura per caso?»

Thor si mise su tutto impettito «Tsk certo che no…»  disse scendendo da cavallo. Guardò il muso dell’animale chiedendosi se dovesse imitare Loki in qualche modo, magari era un’usanza di lì, ma proprio non capiva come. Si voltò impacciatamente per chiederlo al moro, ma si bloccò. 

Loki si era sfilato  in un battibaleno le vesti che gli coprivano il torace. Il suo fisico era cambiato. Non era più quello di un ragazzo magrolino e secco. Il suo corpo era snello, slanciato, tonico e muscoloso. Il moro poi si sfilò il fermaglio che gli teneva i capelli raccolti. Quelli, di un nero brillante, ricaddero lunghi e mossi sulle spalle del giovane.

Il biondo arrossì di botto nel vederlo.

 «P-Però…hai messo su qualche muscolo anche tu.»

«Ho avuto modo di allenarmi con più costanza ed il mio fisico è cambiato con me.» disse Loki  e istintivamente si stava sfilando anche i calzoni, ma si fermò e rimase com’era.

«Scusa di solito nuoto da solo e non mi faccio problemi.» spiegò ridacchiando. 

«Oh non preoccuparti. T-ti ho viso nudo così tante volte che non ci ho fatto nemmeno caso.»

Loki sorrise e si chinò a raccogliere i vestiti cosa che diede tempo a Thor di buttare fuori tutta l’aria che aveva trattenuto quando lo aveva visto in procinto di spogliarsi del tutto.  

Subito si affrettò ad imitare il moro e a svestirsi della parte superiore.

I due lasciarono i loro indumenti nelle sacche dei cavalli e raggiunsero poi la pozza. 

Thor quasi tremava ed avvertiva sulla pelle una leggera pelle d’oca, ma Loki pareva non percepire il suo stesso freddo, tutt’altro!

Il moro prese dell’acqua nelle mani unite a conca e chiuse gli occhi. Se le portò sulla testa e bisbigliò qualcosa. Poi lasciò che l’acqua gli scendesse lungo la fronte, il volto e sul torace nudo. Riaprì gli occhi e si immerse. 

Thor lo guardò nuovamente confuso, ma il moro si limitò a riemergere e a chiamarlo «Dai vieni, non è nemmeno fredda.»

Il biondo lo seguì, ma come fu dentro fino alla vita quasi cacciò un grido. Non era fredda un corno! Era gelida! Di quel freddo che entrava nelle ossa. 

«M-ma come diavolo fai…brrr… a dire che non è f-fredda?!»

«Coraggio Thor vedrai che ti abituerai. Seguimi!»

Il biondo lo maledisse mentalmente, ma lo seguì. 

Si immerse dietro a Loki e subito il moro nuotò verso un punto scuro della pozza, dove la luce non arrivava. Thor lo seguì come meglio potè e avrebbe giurato di avvertire un piede di Loki in faccia, ma aveva davvero troppo freddo per pensarci!

Forse Loki gli aveva fatto uno scherzo e si sarebbe vendicato di lui dopo anni lasciandolo a morire lì?

Per un attimo ci pensò, ma di colpo l’acqua divenne chiara e riemergendo Thor si trovò circondato da uno spettacolo bellissimo.

Erano riemersi in una pozza che sembrava sospesa nel cielo: sotto di essa vi erano altre dieci o venti pozze d’acqua! 

Thor avvertiva distintamente il suono di una cascata ed alzando lo sguardo si accorse che quella era sopra le loro teste e si divideva in due a causa di una grossa roccia. Le due cascate quindi cadevano rispettivamente in delle pozze e poi da quelle partivano altre piccole cascate che facevano la stessa cosa con le pozze più in basso per kilometri..

Era chiaramente la parete di una montagna, la più particolare che Thor avesse mai visto. 

Si sentì afferrare una mano «Vieni Thor!»

«Loki che vuoi…?!»

Ma il moro lo tirò con sé fino ad un bordo della pozza, là dove c’era un getto della cascata. Ve lo trascinò sotto e per magia, perché non poteva essere altro, Thor si sentì trascinare via su una superficie liscia. 

Il suo cervello non comprese subito, troppo impegnato ad urlare dallo spavento, ma un attimo dopo il biondo si ritrovò nell’acqua di un’altra pozza. Quella che avevano lasciato era almeno venti metri sopra le loro teste.

«Ma sei impazzito?» gridò a Loki che invece rideva divertito.

«Ahah non te l’aspettavi vero? Tutte le terrazze sono collegate da scivoli di roccia liscia e le cascate ti danno la spinta. Non devi aver paura. Non si rischia di cadere. È divertente!»

Thor si riprese e guardò in alto. In effetti era stato proprio divertente anche se avvertiva il cuore andargli talmente veloce da togliergli il respiro. 

«P-perciò…tutte le pozze sono collegate?»

Loki ridacchiò vedendo quanto l’altro fosse ancora agitato «Si.»

«E tu lo sai perché?»

«Perché le ho provate tutte Thor.»

«Si ma come l’hai scoperto? E se una non fosse stata collegata all’altra?»

«Ti preoccupi per me Thor?» sghignazzò Loki.

«Beh si se ti lascio come un giovane pacato e tranquillo e dopo pochi anni ti butti nelle cascate per divertimento.»

Loki lo studiò attentamente e si morse un labbro «Lasciamo le spiegazioni a dopo. Adesso continuiamo a divertirci. Va avanti tu stavolta!»

Il biondo guardò oltre il bordo della pozza dove si trovavano. Ce n’erano veramente tante verso il basso.

«Ma Loki. Poi come risaliremo? Voglio dire: la cascata scende parecchio.»

«Sta tranquillo e fidati di me.»

Thor esitò mezzo secondo, ma avere Loki lì e potersi divertire con lui…gli sembrò che non fosse passato un giorno senza il moro.

Lo fissò e disse «E va bene allora.» e prendendo per mano il moro lo trascinò con sé ad una nuova piccola cascata laterale. 

I due scivolarono. Un po’ a destra e un po’ a sinistra. Scivolarono fino a raggiungere l’ultima pozza e risero tanto che non sembravano passati tanti anni lontani l’uno dall’altro.

L’ultima era una normale pozza molto ampia e profonda. Loki si immerse e nuotò un po’ in quell’acqua cristallina. 

Thor lo osservò per tutto il tempo. Si, Loki era bello e sembrava un tutt’uno con l’acqua.

Il suo modo di nuotare lo faceva sembrare una creatura marina e nei movimenti, fluidi ed armoniosi, vi era una grazia che solo lui poteva avere.

Il moro tornò da lui e il biondo allora insistette. «Adesso però devi dirmelo.»

«Cosa?»

«Come hai scoperto queste pozze. Ti ci ha portato tuo padre?»

«No, le ho scoperte per caso. Qui non viene mai nessuno ed è qui che mi rifugio quando voglio stare un po’ per conto mio. Ho trovato il passaggio seguendo un pesce e quando sono arrivato   alle cascate ho provato con cautela. Qui posso nuotare o mettermi a leggere sotto un albero a riva.» poi gli indicò una via in mezzo agli alberi che circondavano la pozza «La via di casa è di là. È facile.»

«Accidenti Loki. Sei sempre il ragazzo in gamba che ho salutato anni fa.»

Loki arrossì ed abbassò lo sguardo.

«E a proposito di questo. Voglio dirti ancora quanto mi dispiace per quella sera. Io non volevo…»

«Oh avanti Thor. È acqua passata ormai. Smettila di pensarci. E comunque… non è stato il fisico il problema al mio arrivo qui, soprattutto per mio padre.» Si rabbuiò appena.

«Tuo padre si è arrabbiato perché non sapevi combattere?»

«Tsk no. Ed è questo il peggio! Ha detto che non c’era bisogno che sapessi combattere. Lui ha….ha combinato un matrimonio per me.»

Thor si raggelò e Loki proseguì.

«Con un principe di un paese vicino. È un condottiero.»

«Loki…ma… come? Perché?!»

«Perché? A sentire lui per fare la cosa migliore per me. Ma la verità è che ha scoperto che usare suo figlio come merce di scambio per la sicurezza e la longevità del regno era un ottimo affare. In fondo anche con Asgard ha ottenuto benefici che hanno aiutato Jotunheim quando…» Si morse la lingua. «Insomma…quando lui e tuo padre hanno stipulato il trattato di pace.»

Ma Thor lo stupì.

«Si una bella storia quella del trattato di pace. Ma forse sarebbe più corretto dire: quando tuo padre ha accettato di aiutare il mio con la maledizione che grava su di me.»

Loki lo fissò ad occhi sgranati.

«Tu…tu sai?»

«L’ho scoperto. Come anche tu immagino.»

Loki abbassò lo sguardo triste «Si, quando mio padre ha detto che dovevo fidanzarmi per assicurare sicurezza al regno. Abbiamo litigato quando è successo. Io continuavo a ripetergli che l’amicizia con Asgard e con te era importante. Che ci avreste aiutato voi in caso di pericolo e lui si è lasciato scappare “Ti avrei promesso al loro principe se non fosse stato maledetto” e mi ha raccontato tutto.»

Thor ingoiò amaro a quella rivelazione, ma annuì.

«E tu come l’hai scoperto?» gli domandò Loki.

Il biondo sospirò. «Mio padre organizzò una festa per i miei vent’anni. Una festa sfarzosa. Proprio non capivo perché. Non avevo molta voglia di parteciparvi. Senza di te la vita a palazzo non era più la stessa.»

Loki sorrise colpito, ma lasciò che proseguisse.

«Così mi sono nascosto nelle cucine per mangiare qualcosa e ritirarmi nelle mie stanze. Lì ho trovato il cuoco. Il vecchio Volstagg aveva bevuto per festeggiare come gli altri quella sera. Mi sono seduto con lui e abbiamo parlato e bevuto e mi ha messo davanti una teglia di dolci ai fichi.  Mi ha detto “Ho perso il conto di quanti ne avete sgraffignati voi e il principe Loki” e mi ha confessato che gli erano mancate le nostre marachelle. Che tu mi rendevi felice e si vedeva. Aveva ragione. E mi ha detto che gli dispiaceva che dovessi morire.»

Prese una pausa.

«A quel punto gli ho chiesto cosa volesse dire. Lui ha parlato solo di un…arcolaio…e di una maledizione e poi è crollato sbronzo sul tavolo. L’indomani avrà pensato di aver sognato, ma io no. Così sono andato dall’unica persona a palazzo di cui mi fidassi. Mia madre. Lei mi ha raccontato tutto.»

Strinse i pugni.

«Sul momento mi sono infuriato. Avevo il diritto di sapere prima! Ho detto a mio padre che sarei partito per una battuta di caccia e invece sono andato a Svartálfaheim a cercare re Malekith. Volevo che spezzasse la maledizione, lo volevo affrontare, ma quando sono arrivato di lui non ho trovato traccia. Era sparito da molti anni e dato per morto. Così sono andato in cerca di chiunque potesse aiutarmi e la risposta era sempre la stessa: l’unico modo per spezzare una maledizione è il modo in cui è scritto che si spezzi. Nel mio caso che io mi punga e cada addormentato e che un bacio d’amore mi risvegli.»

«Ma Thor…domani compirai ventuno anni…Sapendo come sarebbero andate le cose…sei venuto lo stesso qui? Come potrai salvarti se la maledizione si dovesse avverare?»

Thor esitò un istante. Avanzò verso Loki creando dietro di sé piccole onde che si dispersero nell’acqua cristallina.

Lo guardò intensamente e Loki lo fissò a sua volta immobile.

Il biondo gli prese le mani «Io…volevo rivederti prima che mi succedesse qualcosa.»

Loki sgranò gli occhi.

«Mi sei mancato. Mi è mancato trovarti nella sala dei banchetti ogni mattina, passare del tempo con te, mi è mancato sentirti ridere e prendermi in giro. Mi…mi sei mancato tu Loki.»

Nel pronunciare quelle parole senza accorgersene si era fatto più vicino al suo viso. I loro occhi si incatenarono per un istante. Thor si avvicinò di più mentre Loki rimase senza fiato. I loro nasi  si sfiorarono ed il respiro si fuse.

Il biondo chiuse gli occhi e il moro…si ritrasse.

Abbassò lo sguardo «Mi dispiace Thor, non posso.»

«Perché?» chiese solo l’altro con malinconia. «É per il tuo promesso sposo? Te ne sei innamorato?»

«No, non è questo. Tu sai cosa dice la maledizione. Se non fossi io la persona destinata a te. Tu…tu non ti sveglieresti più e io…non potrei sopportarlo.»

Thor sgranò gli occhi ed un barlume di speranza attraversò il suo sguardo «Quindi anche tu…anche tu provi lo stesso.»

Loki si lasciò sfuggire un mezzo sorriso amaro.

«Si, da molto tempo…ma…non posso Thor.» indietreggiò un poco da lui «Io non so cosa sia l’amore. Non so se ciò che provo per te sia tale o sia solo un profondo affetto e…non posso rischiare. Né far rischiare te.»

«Non mi importa Loki. Ho maledetto il giorno in cui ho dovuto perderti e la mia stupida boria. Io voglio stare con te. Ti prego.»

Ma l’altro scosse la testa «Mi dispiace Thor non ce la faccio.» ed uscì dall’acqua. 

Thor lo seguì mestamente. Forse si era aspettato troppo e troppo in fretta. Ma ormai sapeva di non avere più tempo e sprecare il poco che gli restava sarebbe stato inutile.

I due giovani trascorsero del tempo in silenzio al sole e solo quando ebbero entrambi i calzoni asciutti Loki mostrò a Thor come tornare. Presero un sentiero in mezzo al bosco e come ne uscirono scorsero i loro cavalli. 

«Il gesto che ho fatto prima.» spiegò Loki «Ho insegnato al mio cavallo a ritrovare la strada fino a qui. E l’altro l’ha seguito. Siamo a meno di un’ora da palazzo.» sorrise il moro.

Thor annuì e dopo essersi rivestito completamente montò in sella. Mentre tornavano nessuno dei due disse granché. 

Quando i loro sguardi si incrociavano entrambi li distoglievano per togliersi d’imbarazzo. Fu in uno di questo momenti che Thor scorse in lontananza una cosa strana.

Avrebbe detto che fossero alberi, poiché erano ricoperti di foglie verdi, ma avevano la forma di vette di un castello.

«Loki cosa c’è là?»

Il moro guardò nella sua direzione e scosse la testa «Non lo so. Molto tempo fa, tornando verso casa, me lo domandai anche io. Avevo ancora molto da scoprire su questo regno così decisi di avventurarmi. Credo siano delle antiche rovine abbandonate, ma sulla via per raggiungerle il mio cavallo ha indietreggiato. Era come se quel luogo fosse pervaso da una strana aura maligna. Non ci sono andato più. Non andarci da solo Thor. Credo sia un posto pericoloso.»

Thor fissò quel punto lontano ed annuì.

 

La festa di quella sera fu una delle più semplici a cui Thor avesse mai preso parte. I canti non erano alti e rumorosi come quelli su Asgard e anche nel cibo non vi era l’esagerazione dei banchetti asgardiani.

Era chiaro che quel popolo avesse sofferto a lungo la fame e che avesse imparato a vivere del minimo indispensabile: una zuppa sostanziosa, un pezzo di carne, del buon pane caldo…

Thor si ritrovò a constatarlo mentre gustava una cucchiaiata di brodo e della morbida carne che vi aveva bollito. Era semplice, ma piena di gusto e capace di restituire energie.

Il principe apprezzava che in quel regno non vi fosse sfarzo eccessivo e regnasse la semplicità. Se avesse avuto il tempo magari sarebbe anche riuscito a conoscere ed apprezzare le altre usanze del posto, ma sapeva di non possederne.

Non aveva paura ed era pronto ad affrontare il suo destino allo stesso modo in cui il padre lo aveva preparato ad affrontare le battaglie. 

Solo che c’era una cosa che temeva rimanesse nient’altro che un rimpianto…

Mandò giù un bel sorso di brodo e tornò a guardare chi gli sedeva accanto.

Loki beveva il brodo in assoluto silenzio e con la stessa eleganza che aveva sempre posseduto. 

Thor aveva parlato con lui per tutta la sera. Tutta la sera. 

Passare del tempo con Loki lo faceva tornare a tanti anni prima quando erano solo ragazzi e non potevano sapere ciò che il destino aveva in serbo per uno di loro.

Più di una volta da che Loki se n’era andato da Asgard Thor si era chiesto perché fosse stato tanto stupido da lasciarlo andare senza seguirlo. 

Perché in fondo…era Loki tutto ciò che aveva sempre voluto. 

Non era arrabbiato per le sue parole. Loki aveva paura, era giusto. C’era un’enigma troppo complicato sulla loro strada, una domanda terribilmente grande.

Da sempre si erano voluti molto bene, ma poteva essere amore il loro? Un amore abbastanza grande da spezzare una maledizione?

Il brodo praticamente andò di traverso al biondo che iniziò a tossire con forza. 

Loki si lasciò sfuggire un sorriso e gli passò un tovagliolo.

«Il solito disastro.» ridacchiò.

Thor, nonostante il volto arrossato per la tosse, strizzò gli occhi e rise. «Mangiare con…con eleganza non è il mio forte.»

«Diciamo che l’eleganza non è il tuo forte in generale.» 

«Ehi!»

Loki si alzò e gli protese una mano «Balliamo?»

«Come?» chiese Thor confuso.

«Mpf l’ultima volta tu l’hai chiesto a me, ma ora che sei qui…mi sembra giusto fare gli onori di casa.»

Thor guardò quella mano che gli veniva protesa e sorrise. La accettò. Si alzò. 

Pose le mani sulla vita di Loki imitando quello che facevano gli altri danzatori con i loro partner.  

Il solo sfiorarlo gli riportò alla mente l’ultima volta che era successo: l’ultima danza insieme prima che Loki lasciasse Asgard. 

Da allora entrambi erano cresciuti, entrambi avevano imparato a conoscere meglio sé stessi, ma erano sempre loro due: Loki e Thor.

«Anche dopo tutti questi anni non hai perso la tua eleganza, tutt’altro…»

«Thor.» lo rammonì scherzosamente l’altro «Sai che i tuoi complimenti rischiano di diventare potenziali disastri.»

«Lo so bene. Ma è la verità Loki. Tu sei unico.»

Il moro lo guardò sorridendo e come fosse la cosa più spontanea del mondo chiuse gli occhi e accostò il volto al petto del biondo. 

Thor trattenne il respiro, ma continuò a ballare. Istintivamente si guardò intorno, ma nessuno sembrava fare caso a loro o se lo facevano sorridevano nella loro direzione. Per un attimo Thor si chiese perché, poi si accorse che le genti di Jotunheim non guardavano lui, ma il loro principe. 

Era Loki colui a cui sorridevano, Loki a cui auguravano felicità, Loki che aveva il loro rispetto. In quel momento Thor realizzò ancora di più quanto fosse stato stupido anni prima. Non era stata la forza del corpo ad aver fatto guadagnare al moro il rispetto della sua gente, ma il suo animo gentile e la sua intelligenza. 

Loki era amato e rispettato dalla sua gente che per lui, con evidente chiarezza, desiderava solo la felicità. 

Thor si accorse che anche un’altra persona sorrideva. Re Laufey guardava verso suo figlio e aveva un sorriso in volto, ma al contrario dei suoi sudditi Thor trovò quello del re di Jotunheim enigmatico.

Sembrava gli stesse rivolgendo una domanda silenziosa. Gli parve per un istante di vedere suo padre che gli domandava “Sicuro di aver considerato attentamente le tue azioni?”.

No, in effetti avrebbe dovuto considerarle, essere forte e lasciare da parte i sogni come un erede pronto a diventare re.

Avrebbe dovuto, ma separarsi da Loki in quel momento gli sembrava l’impresa più difficile che avesse mai dovuto compiere.

Semplicemente non voleva.

Voleva stare così, con Loki tra le braccia come se fosse una sera di festa qualunque e non il possibile preludio della sua fine.

E si domandava eppure non capiva come sarebbe potuto succedere. Sapeva che Jotunheim non aveva un solo arcolaio…

«Thor?» la voce di Loki lo fece riscuotere. Il moro lo guardò apprensivamente come se conoscesse i suoi pensieri. Il biondo si era istintivamente irrigidito e forse questo aveva ridestato l’altro. 

Thor si diede dello stupido per aver concesso alla sua mente di bruciare quell’unico momento di tenerezza che certo avrebbe avuto con Loki, ma il moro gli prese una mano.

«Vieni, c’è un’altra cosa che voglio mostrarti.» disse a bassa voce cosicché nessuno lo sentisse.

Thor lo seguì ben volentieri e si lasciò condurre. 

Pensava che il moro lo avrebbe portato a scoprire qualche parte nascosta del castello di suo padre, qualche ala segreta magari…per questo rimase sorpreso quando quello lo condusse alla stanza che lo avrebbe ospitato quella notte.

Thor si fermò sulla soglia «Ehm… lo so che questa è la mia camera da letto. Mi ci ha condotto il paggio prima della festa per prepararmi.»

«Si ma…c’è qualcosa che… non hai ancora visto.» disse l’altro invitandolo a precederlo. Il suo tono adesso pareva lievemente  teso e Thor si preoccupò. 

«Loki va tutto bene?» chiese entrando ed accendendo alcune candele su un grosso comò per fare luce.

Il moro si limitò ad entrare a sua volta e a chiudere la porta a chiave accostandovisi di spalle. 

Thor lo guardò interrogativo e fece per avanzare verso di lui, ma Loki protese una mano a fargli cenno di aspettare. 

Fissò lo sguardo nel suo. «Volevi sapere come ho scoperto che le pozze comunicano tra di loro oggi.»

Il biondo annuì.

«Io…l’ho scoperto perché…ho rischiato di….perdervi la vita.»

Thor fece tanto d’occhi.

«Che vuoi dire?»

Loki prese un respiro.

«Quando sono arrivato qui è stata dura per me Thor. Cercavo continuamente di evadere dalla vita di corte, di farmi accettare e poi mio padre mi disse del matrimonio e di te. Io…ne rimasi terribilmente sconvolto. La sera che accadde me ne andai da solo nel bosco senza una meta precisa, senza sapere realmente cosa fare. Lì un cinghiale mi inseguì. Corsi più velocemente che potei, ma raggiunsi la pozza.» 

Rise nervosamente. 

«Ero spacciato e per un istante mi chiesi se valesse la pena continuare a cercare una via di fuga.»

Prese una pausa nella quale si bagnò le labbra.

«Ma in quell’attimo pensai a te. Pensai a che tu non ti saresti arreso e che avrei fatto di tutto per rivederti. Così mi sono buttato e…e ho visto la coda di un pesce brillare nel buio. L’ho seguito e sono sbucato dall’altra parte, ma troppo vicino ad un bordo. La corrente mi ha trascinato e sballottato, ma ho scoperto che le pozze comunicano tra loro. È stato un momento spaventoso eppure…il più forte della mia vita. Mi sono reso conto che non ero pronto a morire. Che ciò che avevo appena vissuto era insignificante da vivere senza di te.»

Thor sentì il respiro mancargli, ma non ebbe la capacità di muoversi verso di lui. 

«E la verità è che ho pregato di poter vivere ancora mille avventure con te. E non sapere cosa potrebbe succederti mi terrorizza Thor perché non voglio perderti.»

Prese una pausa e scosse la testa energicamente.

«Nè voglio sposarmi con qualcuno che non amo, né immaginare la mia vita senza di te, ma non so che fare per trovare una soluzione a qualcosa che non è certo. L’unica certezza che ho è che sei qui con me adesso. Perciò…»

Sotto lo sguardo di Thor si sfilò l’elegante mantello che portava. Poi si portò le mani al torace e  con dita tremanti sfilò uno ad uno i bottoni dalla asole della camicia di seta che indossava quella sera. 

Thor avvertì la bocca farsi arida. Non riusciva a realizzare che quello che stava accadendo fosse reale. 

«So che è strano.» disse il moro «Ma se davvero deve succederti qualcosa io…io voglio capire se posso salvarti.»

«Loki» Thor scosse la testa «non devi fare questo per forza.»

«Il fatto è Thor…» confessò il moro imbarazzato «che non lo sto facendo affatto per forza.» e si sfilò anche il fermaglio dai capelli lasciandoli ricadere sciolti sulle spalle ormai nude.

Poi passò ai calzoni e lì Thor fu percorso da un fremito che gli fece venire i brividi.

Loki rimase nudo davanti a lui. Non lo aveva mai visto così, non così tanto. Anche quel giorno si era fermato un attimo prima. 

Nemmeno in tutti i loro anni insieme era accaduto, ma adesso…

Loki mantenne lo sguardo nel suo e lo raggiunse.

Era dannatamente bello e Thor sperò che quello non fosse un sogno. 

Fu un istante fermo nel tempo. Si guardarono, le palpebre si fecero pesanti e si socchiusero.

Il moro sfilò la camicia del biondo che non si oppose; lo lasciò fare tornando subito a guardarlo nei suoi bellissimi occhi verdi.  I petti si sfiorarono.

Le mani di Thor finirono sui fianchi di Loki e li carezzarono con delicatezza. Erano freddi, freddi e perfetti.

«Non so cosa fare.» si confessò Loki.

E nemmeno Thor lo sapeva in quel momento. Non poteva credere che stesse succedendo. 

Alla fine l’uno si protese un poco verso l’altro come attirati da una forza magnetica. Sentivano i respiri mischiarsi come tante volte era successo, ma mai le labbra erano state così vicine. E poi entrambi volevano solo che quella distanza tra loro sparisse.

Si baciarono. 

Le labbra si unirono in un bacio caldo e dolce e morbido. 

Si baciarono e le mani di Thor condussero delicatamente a sé i fianchi di Loki. Il moro portò le mani sulle guance del biondo e tenne quelle labbra a sé. 

Bellissimo, un istante bellissimo. 

Le fronti si accostarono e i nasi si sfiorarono appena poi Thor indietreggiò conducendo Loki con sé. Il moro sedette cavalcioni sul biondo e Thor sollevò lo sguardo a contemplarlo.

Era bello, era tanto bello. 

Loki prese il volto di Thor tra le mani e lo sollevò un poco. «Cosa c’è?» sussurrò.

Ma Thor non rispose a parole. Lo baciò ancora e carezzò la pelle della schiena dell’altro. Loki si lasciò sfuggire un sospiro e gettò le braccia al collo del biondo cercando di tenerlo il più stretto possibile a sé sperando con tutto sé stesso che bastasse, ma nessuno dei due poteva saperlo… 

 

Il mattino seguente Thor si svegliò sentendosi bene. Avvertiva calore vicino a sé. Il calore di un corpo. Quello di Loki. 

Si erano amati quella notte e adesso Thor sapeva per certo, come lo aveva sempre saputo, che Loki era l’unico che volesse accanto.

Era la risposta alla sua domanda. Lui era il suo amore.

Carezzò il fianco del moro e lo sentì sospirare. Era meraviglioso anche mentre dormiva. 

Pensò che sarebbe stato bello portare un fiore al suo amore. 

Scese nei giardini che nonostante il freddo erano rigogliosi e pieni di piante ed animali di diverse specie.

C’era addirittura una vasca di pesci carnivori di quelli argentei, grossi e pericolosi che Thor riconobbe perché già ne aveva incontrati nei suoi viaggi.

Ma non vi diede particolare peso, individuò invece i cespugli di rose. Sapeva che c’erano diverse varietà di fiori velenosi in quel regno, lo aveva scoperto proprio il giorno prima, così pensò che con le rose sarebbe andato sul sicuro. 

Scelse un cespuglio di rose bianche dove i fiori delicati profumavano a tal punto che l’aria era pregna del loro aroma. 

Vi si avvicinò con passo sicuro, ma non fece in tempo a coglierne una che re Laufey spuntò proprio lì vicino.

«Buongiorno principe Thor. Avete riposato bene?» chiese quello tranquillo.

«La nottata migliore della mia vita Maestà.»

Il re sorrise soddisfatto.

«Quale risveglio migliore per il proprio compleanno?»

Quelle parole fecero tremare il biondo. Era il suo compleanno, aveva compiuto ventuno anni…

«Che ne direste di una bella cavalcata per incominciare la giornata? Tempra lo spirito.»

«Vi ringrazio, ma pensavo di tornare a riposare.» rispose Thor gettando un veloce sguardo alle sue spalle.

Voleva tornare da Loki. Sentiva di dover tornare da lui. 

«Oh così mi offendete principe Thor. Il re del regno che vi ospita vi propone una cavalcata e voi rifiutiate?» 

Thor si sentì in difficoltà e non volendo offendere il padre di Loki accettò.

Forse quella poteva essere l’occasione per parlare col vecchio e magari convincerlo a ripensare al matrimonio del figlio.

Così i due montarono in sella ai destrieri preparati per loro per una cavalcata veloce. Re Laufey esibiva un  portamento fiero e sicuro a cavallo. 

Doveva essere stato davvero un grande condottiero.

Cavalcava veloce e spronava il suo cavallo con tanto entusiasmo che Thor quasi faticava a stargli dietro, ma non poteva mostrarsi in difficoltà. Che figura avrebbe fatto?!

Così il biondo si limitò a seguirlo e presto i due si ritrovarono a cavalcare tra gli alti pini profumati di Jotunheim. Man mano che vi si inoltravano la vegetazione si faceva più fitta e la luce faticava a filtrare dall’alto. 

Thor avvertì uno strano senso di inquietudine, ma non poteva fermarsi visto che il suo compagno era molto più avanti di lui. Presto lo vide intraprendere un sentiero circondato da rovi.

Il cavallo del principe sembrò agitarsi e al contrario di quello del re pareva non voler proseguire, ma Thor dovette spronarlo se non voleva perdere l’altro. Era talmente difficile orientarsi in quella parte di bosco che non era certo di riuscire a tornare indietro da solo.

Ad un certo punto il principe sbucò in una sorta di piccola radura e vide che re Laufey scendeva da cavallo. Si domandò il perché, ma guardando davanti a sé vide uno spettacolo a dir poco spettrale. 

I due erano arrivati in mezzo a delle antiche rovine circondate da rovi. 

Lì un tempo doveva esserci stata una costruzione imponente e maestosa, un castello forse, ma adesso ne restava solo un ricordo. Vi era un silenzio di tomba ed era un luogo cupo ed abbandonato. Le scale conducevano ad una porta scardinata sormontata da una vetrata enorme, ma distrutta.

Le cupole dovevano essere state di fine cristallo perché ciò che si intravedeva dall’edera che le aveva avvolte riluceva come un arcobaleno brillante.

La pietra era vecchia e ricoperta di muschio.

A terra vi erano armature arrugginite e lance conficcate nel terreno.

«Perché siamo qui?» chiese quindi il principe a re Laufey che, dandogli le spalle, avanzava tranquillo in quel cimitero di pietra e silenzio. 

Si fermò e rivolse lo sguardo verso l’alto. 

Thor scese da cavallo ed attese che parlasse.

«Questo una volta era il palazzo di mio padre. Era un luogo maestoso simbolo della grandezza di un popolo altrettanto grande, come quello di Jotunheim. Quando ero piccolo mio padre mi disse che un giorno sarebbe stato mio, che tutto il regno lo sarebbe stato e che sarei dovuto diventare un grande condottiero per difenderlo.»

Prese una pausa.

«Credevo che mi avrebbe insegnato a guidarlo invece morì che ero solo un ragazzo. Mi impegnai ogni giorno per diventare un re degno del mio popolo, ma vedevo che i miei sudditi non mi rispettavano davvero. E del resto come si poteva vedere in un ragazzo un re? Si aggiunse un inverno gelido come la morte stessa che portò con sè. Finché mio padre era in vita la mia gente aveva vissuto di poco, ma perlomeno vissuto. Io invece la vidi che moriva di freddo e fame. Non trovai altre soluzioni e a soli tredici anni dichiarai guerra ai paesi vicini. Fu allora che Jotunheim iniziò a vincere. Grazie alla guerra diventavamo più forti nello spirito, temuti dagli altri e il mio popolo aveva di che nutrirsi. Di che sfamarsi. Ma un giorno arrivò vostro padre.»

Strinse impercettibilmente i pugni, ma Thor lo notò.

«I suoi alleati, i regni che aveva come amici,  gli avevano chiesto aiuto contro di noi che pur piccoli eravamo estremamente forti. Mi dichiarò guerra e io, con la boria di un ragazzo troppo orgoglioso di sé, schierai le mie truppe. Fui uno stolto. Asgard ci massacrò. Odino combatteva con una furia che mai avevo visto in un uomo e propria forse solo di un dio. Quando ebbe vinto pensai che fosse finita per il mio regno. Invece, dopo aver tolto vite e vite al mio popolo, distrutto il palazzo di mio padre e fattomi provare la vergogna più grande che avessi mai conosciuto, mi lasciò vivere. La miseria sarebbe stata la mia sconfitta eterna. Da allora vivemmo senza entrare più in guerra e cercando di vivere di poco come avevamo già fatto in precedenza…»

Guardò in alto portandosi le mani unite a coppa sopra la testa come Thor aveva già visto fare a Loki.

«Nàdur» sussurrò. 

«La natura unica grande sovrana che ci concede i suoi doni. È grazie a lei che il mio popolo è riuscito a sopravvivere dopo la guerra. Mi votai a lei cercando di sedare il mio cuore pieno di odio e rabbia. Molti anni dopo, però, si presentò alla mia corte un mercenario e mi consegnò l’invito alla festa della vostra nascita.»

Emise una risata che era simile ad un grugnito.

«Trovai quasi buffo il modo in cui vostro padre aveva cercato di non invitarmi, ma non me ne curai. Era una cosa stupida e io avevo ben altri pensieri. Ma poi Odino venne da me e mi chiese di proteggervi dalla maledizione di Re Malekith.»

Si voltò verso Thor e il principe notò che sul suo volto vi era una tremenda serietà.

«Riuscite anche solo ad immaginare cosa posso aver provato? Dopo tutto ciò che aveva fatto al mio popolo quel miserabile chiedeva aiuto a me. In quel momento tutto l’odio che avevo cercato di sedare riemerse prepotente, ma pensai di usare bene la situazione a mio vantaggio. Ottenni favori per il mio popolo e per il mio unico figlio.»

Rise senza allegria.

«Quando Loki nacque io sapevo che non ce l’avrebbe fatta, ma sapevo che se doveva sopravvivere l’unico modo era con le cure presenti ad Asgard. Mi aspettavo che vostro padre non lo avrebbe mai istruito a diventare un condottiero per non avere una nuova minaccia. Siamo padri, si,  ma siamo stati per troppo tempo strateghi per credere nella bontà umana. Così anche io mi preparai a dovere. Seppellendo la nostra antica rivalità iniziai una piacevole corrispondenza con Re Malekith.»

A quelle parole Thor si mise sulla difensiva. Toccò d’istinto il fianco del suo cavallo, dove normalmente teneva le sue armi,  ma si ricordò di non averne portate con sé in quell’occasione.

L’altro proseguì.

«Gli ho proposto di allearci contro re Odino e lui è stato ben contento di accettare. L’ho invitato a Jotunheim e condotto in questo luogo. Insieme abbiamo preparato un dono per voi principe Thor.»

Thor avvertì un rumore di rami che sfregavano tra loro e voltandosi verso la via da cui erano venuti scoprì che i rovi dietro di sé erano diventati alti come un muro bloccando il passaggio.

«Da qui non potrete uscire e la maledizione che grava su di voi dovrà compiersi per forza. Ho persino ucciso re Malekith personalmente cosicché nessuno potesse convincerlo a spezzare ciò che aveva fatto, nemmeno voi.»

«Quindi era tutta una trappola!» si infervorò Thor a quel punto. 

«Un piano di pazienza. A quest’ora l’esercito del futuro sposo di mio figlio viaggia verso Asgard, il suo re è troppo vecchio per combattere e il suo principe troppo lontano per difenderlo.»

Thor guardò l’altro duramente «Siete un folle! Pensate che Loki non vi fermerà quando lo saprà?»

«Oh no. Non lo saprà. Se voi non andrete spontaneamente incontro al vostro destino lui dovrà morire.»

Una lingua di ira e paura percorse tutta la spina dorsale di Thor «Non osate toccarlo.» soffiò minaccioso.

Re Laufey rise malevolo «Perché lo amate?»

Thor si fermò e l’altro annuì come qualcuno che sa.

«Sapeste quanto lui ama voi. Da che è qui ha sempre avuto più Asgard nel cuore della sua terra.» assunse un’espressione schifata. «All’inizio pensavo che fosse solo perché non conosceva il regno che avrebbe ereditato. Poi capii che non era questo. Lui amava quella terra perché là era dove eravate voi. Non faceva che parlare di voi, principe, come un’ossessione! Ho capito subito che se qualcuno poteva amarvi a tal punto di spezzare la maledizione quello era Loki.»

«Perché gli avete detto della maledizione allora?! L’ha appreso da voi stesso!»

L’altro lo guardò fissamente «Volevo che la disperazione, il sapere che voi non avreste avuto un futuro, gli facesse abbandonare per sempre i suoi sciocchi sogni. Sarebbe cresciuto come ho fatto io a mio tempo, ma invece il suo amore per voi si è fatto più grande. Loki non tiene al suo regno come suo padre perciò se morirà non credo che le mie genti lo piangeranno. Se vivrà sposerà qualcuno che invece è destinato a governare per natura.»

Thor lo guardò minaccioso «Voi mi fate ribrezzo!»

«Mpf se foste cresciuto con un popolo sulle spalle come un re, principe Thor, capireste le ragioni di un attaccamento tanto grande. Jotunheim può tornare alla sua gloria passata e io glielo permetterò  sacrificando uomini non miei.»

Poi si voltò verso la porta d’ingresso del castello «Il vostro dono è dentro che vi aspetta. È scortesia rifiutare un regalo.»

Thor lo guardò fissamente e con durezza.

«Vi accompagnerei.» proseguì l’altro «Ma purtroppo una guardia ben istruita e a me fedele mi aspetta per mezzogiorno. Non credo sia nel vostro interesse che faccia tardi, ma se siete disposto a correre questo rischio…» aggiunse assumendo un tono derisorio, ma Thor rimase dov’era.

«Credetemi vorrei il piacere di uccidervi io stesso, ma sarebbe come sprecare tutto il tempo che ho atteso, e potete credermi se vi dico che è stato davvero tanto.»

Si fece da parte.

Thor avrebbe voluto combatterlo, picchiarlo, ucciderlo con la sola forza delle sue mani, ma il pensiero di Loki e di quello che sarebbe potuto accadergli…lo atterriva.

Infine si arrese e si diresse verso la porta del castello. 

«A mai più principe Thor.» disse il re di Jotunheim osservandolo entrare e sparire nel castello, ma Thor non lo considerò. 

Mosse un passo e un altro, gradino dopo gradino. 

Improvvisamente essere coraggiosi sembrava estremamente difficile. 

Asgard era minacciata da un folle, Loki in pericolo nelle mani di quello stesso folle che era anche suo padre e lui, un principe che mai aveva temuto di affrontare le sfide, sarebbe caduto vittima della maledizione che tanto aveva provato a spezzare.

Il suo avanzare lo condusse in cima a delle scale a chiocciola fino ad una stanzetta dalla porta aperta. Là, appuntito e pericoloso, un arcolaio di nera pietra lucida troneggiava al centro della stanza.

La ragione gli suggeriva di fermarsi, di interrompere il suo avanzare! Ma era come se non avesse controllo di sé. Una forza invisibile lo attirava verso quell’oggetto oscuro come fosse la cosa più naturale e giusta del mondo e impediva ai suoi sensi di contrastarla. 

Gli si avvicinò odiandolo profondamente per tutto ciò che gli avrebbe fatto perdere.  Pensò a sua madre, pensò al suo regno, ma soprattutto pensò a Loki…a quanto egoista era stato il suo desiderio di averlo, a che da quel momento Loki lo avrebbe perso per sempre e al dolore che avrebbe provato a causa sua.

Strizzò gli occhi ed ingoiò amaro.

«Perdonami amore.» sussurrò in ultimo.

Poi allungò le dita della mano destra. 

 

Sarebbero passati anni. Il regno di Jotunheim avrebbe vinto su quello di Asgard e re Laufey avrebbe finito il resto dei suoi giorni finalmente da vincitore.

Loki avrebbe pianto il suo amato infiniti giorni e notti anche in quello delle sue nozze forzate.

E del principe Thor niente più si sarebbe saputo poiché nessuno poteva conoscere dove si trovasse e come raggiungerlo. 

Questo era ciò che sarebbe potuto accadere…ma fortunatamente non è così che andarono le cose.

Loki riemerse dall’acqua gelida e si guardò intorno nella speranza di scorgere qualcosa, qualsiasi segno. 

Il primo sole del giorno illuminò la terraferma, ma non vi era nessuno là se non gli alberi. Cacciò un grido di frustrazione e rabbia, ma senza perder tempo nuotò verso la riva uscendo dall’acqua fredda. Era bagnato fradicio, ma non se ne curò. Si incamminò invece tra gli alberi più velocemente che potè e facendo attenzione a non essere seguito. Presto raggiunse il suo cavallo che fedele e ben istruito lo aspettava nello stesso punto di sempre. 

Aprì una sacca sui suoi fianchi e vi sfilò delle vesti asciutte iniziando al contempo a spogliarsi delle sue fradice. 

Era esausto. 

Era già un giorno che lo cercava, che cercava Thor. Si era svegliato la mattina dopo la loro notte d’amore e con sua sorpresa non lo aveva trovato accanto a sé.

Subito aveva ricordato che quello era il giorno in cui il principe aveva compiuto ventuno anni e non si era impedito di pensare al peggio.

Perché per quanto la corte di Jotunheim potesse essere sicura le maledizioni potevano essere infime come gli uomini da cui venivano lanciate.

Lo aveva cercato ovunque, ma senza successo. Mentre raggiungeva i giardini aveva visto suo padre rientrare a cavallo. 

Era solo, ma con due cavalli con sé e la cosa gli era naturalmente parsa strana. 

L’uomo si era guardato intorno con fare sospetto come se non volesse farsi troppo notare. 

E ancora più strane erano state le parole che quello aveva scambiato con la guardia che aveva preso i due cavalli. 

«Sei libero dal tuo impegno.»

«Tutto è andato come doveva, Maestà?»

«Non esattamente. Contavo di ucciderlo una volta che tutto si fosse compiuto.»

«Non capisco Maestà. La maledizione non ha fatto il suo corso?»

«Oh no, si è compiuta. Il rampollo reale di Asgard era lì che dormiva completamente abbandonato a terra.»

Loki trattenne il fiato.

«Sul suo dito indice vi era una sola goccia di sangue. È bastato davvero poco. E tuttavia…quando ho provato ad avvicinarmi per ucciderlo nel sonno con la mia spada era come se una forza invisibile mi respingesse.» 

Scosse la testa.

«In ogni caso nessuno lo troverà mai ed intanto l’attacco ad Asgard è iniziato. Senza il loro giovane principe a proteggerlo il regno di Odino non avrà scampo.»

«Avete ben pensato a tutto, mio re.»

«Anni di attesa sono valsi a qualcosa. AH!» esclamò il re guardandosi una mano. 

Delle spine gli si erano impigliate tra la stoffa della veste e senza farvi caso lui le aveva toccate. Abbassò lo sguardo e scoprì che una parte della pelliccia del suo mantello si era lacerata. Evidentemente quando era uscito dal roveto.

«Adesso andiamo; devo trovare mio figlio ed imbastirgli la scusa che il suo amato principe lo ha lasciato per tornarsene nelle sue terre.»

«Ma maestà: siete sicuro che vostro figlio non si insospettirà se gli giungerà notizia della caduta di Asgard?»

«E che cosa potrà mai fare? Un giovane principe senza un esercito non potrà certo correre in soccorso del regno del suo spasimante. E poi mio figlio farà quello che dico io altrimenti troverò metodi tutt’altro che persuasivi per convincerlo a stare della parte del suo regno una volta per tutte!»

Udite quelle parole Loki non aveva perso tempo. Aveva buttato in fretta e furia alcune cose in una bisaccia e poi era sceso nelle scuderie. 

Lì aveva visto la guardia con cui suo padre aveva parlato pochi minuti prima intenta a sistemare il cavallo del re. Senza farsi sentire aveva preso una pala messa lì per spalare il letame e altrettanto silenziosamente era arrivato alle spalle della guardia colpendola alle ginocchia così forte che quasi gliele aveva fiaccate.

«Dimmi dov’è il principe Thor!» 

«I-io non lo so!» aveva provato quello a terra. 

Nemmeno con altri colpi “persuasivi” il povero Loki era riuscito a farsi dire dove si trovasse Thor perché il re non lo aveva rivelato al suo complice. 

Ma almeno un’informazione l’aveva ottenuta. 

Non l’aveva condotto lontano perché doveva tornare in tempo per impedire alla guardia di uccidere Loki. 

Con quell’unica informazione dalla sua parte il principe Loki era saltato in sella al suo destriero e aveva lasciato la sua corte alla ricerca di Thor. 

Un giorno e una notte intera aveva impiegato per setacciare una parte della foresta e sul far del mattino aveva raggiunto le pozze dove aveva portato Thor. 

Per setacciare tutta Jotunheim ci avrebbe messo anche più tempo e doveva sempre fare attenzione a non esser visto perché era sicuro che suo padre lo stesse cercando tramite le sue guardie.  

Salì a cavallo e riprese la solita via facendo attenzione a qualsiasi rumore lo circondasse. Era talmente impegnato a pensare a dove andare che solo il nitrito spaventato del suo destriero fu in grado di distrarlo.

Ma perché era spaventato? 

Loki alzò la testa e si rese conto che inconsciamente stava conducendo il suo cavallo nel luogo abbandonato di Jotunheim dove aveva già provato tempo prima ad avventurarsi. 

Ma certo lì non poteva esserci nulla…si fermò. O forse…forse poteva essere?

In ogni caso avrebbe guardato anche sotto ogni roccia del regno pur di ritrovare Thor.

 

Presto Loki discese dal suo destriero trovandosi davanti ad una foresta di rovi spessi e fitti.

Era alta ed immensa.

Come poteva Thor essere dall’altra parte? Il suo cavallo nitrì di nuovo, ma Loki non gli badò. Sapeva che era spaventato e nemmeno lui era tanto sicuro che quello fosse il posto giusto. 

Il destriero agitò la testa.

«Buono, sta buono.» 

Ma quello gli sfuggì e si avvicinò troppo ai rovi impigliandovisi. Loki lo raggiunse per recuperarlo e riuscì ad afferrare le redini saldamente e a tentare di calmarlo. 

Ecco però che il suo sguardo notò qualcosa tra le spine. Non era una pianta, né sembrava un insetto. Protese la mano e si accorse che si trattava di pelliccia…

E allora fu sicuro!

Sfilò una spada, che aveva portato con sé, dalla bisaccia e la impugnò saldamente pronto a tagliare ogni singolo rovo di quella foresta, ma…non ce ne fu bisogno. 

Come tentò di sferrare il primo colpo si ritrovò a fendere l’aria. Perché in effetti i rovi in parte si ritrassero. Loki rimase confuso. Ma che diavolo di magia era quella? Mosse un passo avanti e tentò di nuovo, ma di nuovo i rovi si scansarono.

Il giovane allora abbassò la spada e provò a sfiorarli; anche senza usare l’arma i rovi si ritraevano ad ogni suo passo e gli lasciavano libera la via.

Stupito, ma comunque deciso ad uscire da quella situazione continuò a camminare e i rovi si aprirono e si aprono fino a che, in ultimo, gli rivelarono una radura dove troneggiavano vecchie rovine abbandonate. Non vi era nessuno, ma Loki scorse distintamente delle tracce a terra ancora fresche e le seguì con lo sguardo fino ad una porta su delle scale. 

Ingoiò la paura e senza esitare un minuto di più le prese. 

Percorse ogni gradino delle scale a chiocciola in silenzio ed attento perché non sapeva se dovesse aspettarsi dei nemici in agguato anche se non credeva davvero di trovarne. 

Quando giunse in cima si ritrovò davanti ad una porticina semiaperta. La spinse di più e dovette farsi forza perchè le gambe non gli cedessero.

Thor giaceva a terra e pareva morto. 

Non c’era nessun altro in quella stanza. Solo lui sul pavimento di legno polveroso…

Per Loki fu il momento peggiore della sua vita. 

Si gettò sul corpo del biondo. Era freddo, gelido anzi. Dalle sue labbra usciva un respiro debolissimo.

«Thor!» lo chiamò più volte, ma quello non si voleva svegliare. 

Si protese per baciarlo, ma  trattenne il fiato.

Si ricordava da ciò che gli aveva detto il biondo che un bacio lo avrebbe salvato.

Ma avrebbe funzionato?

Seppur pieno di timore si chinò sul suo principe e baciò le sue labbra fredde come il ghiaccio. 

Non accadde niente. 

Per diversi secondi tutto rimase silenzioso ed immobile come il corpo di Thor tra le sue braccia. Loki quindi si disperò davvero. Non aveva funzionato. Forse non era lui il suo amore destinato a salvarlo…

Che crudele scherzo del destino! Entrambi si erano illusi che l’uno avrebbe salvato l’altro, che tutto sarebbe andato bene e invece…

Le lacrime scesero copiose dai suoi occhi; strinse a sé il corpo di Thor e lo cullò contro di sé tenendoselo più stretto che potè.

Vide la piccola ferita sull’indice della destra del biondo e se la avvicinò alle labbra baciandola come se volesse guarirla.

“Posso anche morire” si disse. 

E certo sarebbe rimasto lì ben volentieri.

Thor gli era stato al fianco per tutta la sua vita. Lo aveva amato e di certo fino alla fine.

Senza Thor nulla valeva la pena. Nemmeno la vita…

Ma la vita vale sempre la pena d’essere vissuta. 

Thor sollevò piano le palpebre e la prima cosa che vide fu la stoffa che copriva il petto di Loki dove il cuore del moro batteva e lo richiamava alla vita. Alzò lo sguardo e scorse il volto rigato dalle lacrime e gli occhi chiusi di Loki.

Gli carezzò una guancia e quello li riaprì di colpo sorpreso e spaventato al tempo stesso.

Si ritrovarono a guardarsi negli occhi. A riconoscersi. Infine a sorridersi sull’orlo delle lacrime.

«Ero sicuro che mi avresti trovato.» sussurrò Thor.

Loki annuì «La prossima volta che sparisci senza dir nulla non credere che ti verrò a cercare.» cercò di scherzare.

Thor sorrise e voltò appena lo sguardo.

«É sparito.» sussurrò.

«Che cosa?» domandò Loki confuso.

Ma Thor scosse la testa «Nulla di importante.» poi attirò il volto di Loki verso di sé per poterlo baciare di nuovo. 

Passarono istanti che potevano essere lunghi minuti fino a che Loki non si separò con urgenza da lui.

«Dobbiamo salvare il tuo regno!» 

«Come?» domandò l’altro.

«Il tuo regno è in pericolo! Mio padre lo attaccherà!»

Thor rimase a guardarlo per qualche istante negli occhi poi sorrise teneramente.

«No, non dobbiamo.» 

Loki sgranò gli occhi per lo stupore «Ma cosa dici?»

Ma l’altro si fece appena forza sui gomiti mettendosi quasi a sedere «Vedi Loki, quando sono partito da Asgard per venire qui non ero sicuro se vi avrei fatto ritorno o meno. C’erano troppe incognite in ballo e così ho usato il cervello per una volta. Ho preso da parte mio padre e abbiamo concordato entrambi che qualora mi fosse accaduto qualcosa Asgard sarebbe rimasta incustodita. Insieme abbiamo mandato delle lettere. Gli alleati ed amici del mio regno sono arrivati lo stesso giorno in cui io sono partito. I loro eserciti sono là a difenderlo.»

Non potè trattenersi e gli scappò uno sbadiglio.

«Credo che tuo padre vi rimarrà assai  male quando lo scoprirà, ma ben gli sta.»

Loki rimase a fissare il compagno, sinceramente colpito dalla sua arguzia.

«Perché non me ne avevi parlato?»

«Ti confesso che è stato mio padre a suggerirmelo.» disse gravemente «Si fidava del patto con Laufey si, ma…erano pur sempre stati nemici. Se lo avesse scoperto probabilmente si sarebbe organizzato ancora meglio di come aveva programmato.»

«E per questo dobbiamo punirlo! Mio padre merita di pagarla per ciò che ti ha fatto.» disse Loki con durezza.

Il biondo annuì, ma mentre Loki faceva per alzarsi lo trattenne senza forza per le vesti. 

Il moro spostò lo sguardo su di lui.

Il biondo lo guardò e gli sorrise.

«Ero sicuro che mi avresti trovato.»

Il moro sorrise appena «Questo l’hai già detto Thor.» mormorò imbarazzato.

L’altro lo ricambiò «Ti amo Loki.»

Il moro lo fissò stupito e il biondo ridacchiò.

«Questo non te lo aveva ancora detto mi pare.»

Il moro lo fissò a bocca aperta poi cercò di bagnarsi leggermente le labbra e sussurrò «No, in effetti non questo.»

E i due si accostarono scambiandosi un dolce bacio.

 

Ora forse vorreste sapere come finisce la storia.

Ebbene i due principi uscirono insieme da quel posto dimenticato e poi dalla foresta.

Giunti a corte scoprirono che re Laufey era partito per Asgard, ma nessuno in verità ne capiva il perché tranne i due principi. 

Erano certi infatti che egli avesse voluto raggiungere le truppe del suo futuro genero per presentarsi da vincitore nel regno di re Odino. 

E infatti fu così che andò; re Laufey raggiunse il regno dell’altro sovrano già convinto di trovare l’accoglienza che si confà ad un nuovo re. E tuttavia non fece in tempo ad arrivare alle mura della città che scoprì che il suo esercito era stato sterminato.

Odino inoltre aveva fatto prigioniero l’alleato del suo nemico e fattogli confessare il piano dell’altro. 

Così quando re Laufey si trovò schierato davanti un intero battaglione fece ben presto a comprendere come fossero andate le cose e a tornare da dove era venuto. 

Intanto nella corte di Jotunheim Loki aveva raccontato ai suoi sudditi la verità e quelli avevano deciso di comune accordo che fosse giusto che lui salisse al trono mentre suo padre andasse destituito. 

Il principe Loki inoltre presentò Thor al suo popolo come suo futuro sposo. Tutti gioirono nel sapere che il loro saggio principe avrebbe sposato quello di un regno forte come Asgard e che tra i regni sarebbe nata la più lunga e duratura delle alleanze.

Intanto, seppur con l’esercito di Asgard alle calcagna, re Laufey riuscì comunque ad arrivare salvo nella  sua corte, ma non poteva sapere di non esserne più il re. 

Le guardie quindi lo presero e lo trascinarono al cospetto dei nuovi sovrani che in quel momento si trovavano nei giardini. 

Quando Laufey vide suo figlio al fianco del principe Thor, vivo e vegeto, impazzì di rabbia.

Si liberò dalla stretta delle guardie e sfilando la spada di una di loro caricò in direzione dei due giovani. Ma la rabbia è sempre cattiva consigliera.

Il vecchio re infatti inciampò in un sasso e finì dentro alla vasca dei pesci carnivori che in pochi attimi lo divorarono. 

Re Odino e la regina Frigga, che avevano seguito i loro soldati temendo realmente per la vita di loro figlio, arrivarono a Jotunheim solo poche ore dopo.

Scoprirono con sollievo che invece Thor stava bene e furono felici di apprendere che lui e Loki si sarebbero presto sposati.

I due nuovi re di Jotunheim quindi indissero festa in tutto il regno per festeggiare il loro matrimonio e non capitò mai che nei loro anni al governo quando ci fosse da celebrare un’occasione di gioia mancassero di invitare i loro vicini che fossero amici o nemici. 

Fine 

 

Note:

Rosaspina: https://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/rosaspina

La bella addormentata nel bosco: http://www.letturegiovani.it/Perrault/BellaAddormentata.htm

 

Ahoy! ❤️

Sono tornata anche se questo tremendo lavoro dopo ben più di due mesi di latitanza.😱

Chiedo perdono per entrambe le cose, ma trovare il tempo di scrivere va, ahimè, sempre peggio…

Vi ho messo due link perché oltre alla “Bella addormentata nel bosco” di C.Perrault mi sono ispirata anche a “Rosaspina” dei fratelli Grimm e le due fiabe hanno molti elementi diversi perciò se siete curiosi leggetele entrambe =) 

Ci tenevo a pubblicare questa fiaba oggi per festeggiare il secondo anno dall’uscita di Trust my love! 🎉🎉🎉

Grazie a tutti voi per averla letta, votata e commentata e talvolta riletta!!😍

Vi ringrazio davvero di tutto cuore per esserci stati e non solo per quella storia, ma anche per tutte le altre!!

Un grande abbraccio e alla prossima storia!!

Isidar27

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Capitolo 7
*** Per sempre noi ***


Note d’incipit: Ahoy! Per chi di voi non avesse ancora visto la serie “LOKI”, oltre ad andarla immediatamente a recuperare, sappiate che in questa fiaba ci saranno due personaggi proprio della serie, ma in chiave rivisitata. Ecco, così non mi sento in colpa per eventuali spoiler 😇 Ci vediamo in fondo e buona lettura!

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Per sempre noi

Sul manoscritto l'inchiostro sarò

E mi avrai nero su bianco

Saranno gli occhi o i tarocchi, però

Saprò quello che ancora non so

Quello che ancora non so

Mi dirai di sì o mi dirai di no

Mi dirai di sì o mi dirai di no

 

“Da dove vieni narratore?”

È una domanda che mi sono posta spesso leggendo i racconti di molti. 

Io vengo da una cittadina a nord della Toscana dove la natura è stata generosa. C'è il mare. 

Se ci penso persino d’inverno i miei sensi sono pervasi dal suo profumo di salmastro, dalla sensazione della sabbia bagnata sotto i piedi, dal piacere di sdraiarsi sugli scogli al sole, dalla bellezza di un tramonto riflesso nell’acqua.

E poi nuotare libera nell’acqua salata…Non posso restare troppo lontana dal mare, lo sento parte di me.

Spesso mentre me ne stavo a bagno ho dovuto compiere una scelta.

Guardare in avanti, verso l’orizzonte, immaginando cosa ci potesse essere oltre. Fantasticavo di mille avventure alla scoperta di luoghi nuovi. È domandarsi cosa ti riserva l’ignoto, cosa ti attenda in futuro. 

Ma se mi voltavo vedevo le montagne, ciò che c’è da sempre, i luoghi del passato. 

Quelle montagne verdi racchiudono i luoghi da cui vengono i miei nonni. Da loro arrivano gli aromi della nostra cucina tipica, le fiabe di paese raccontate dai vecchi e gli intriganti boschi che scatenano la fantasia. 

In mezzo a queste montagne c’è un fiume. La sua acqua è limpida, cristallina e gelida. Quel gelo può entrarti fin nelle ossa, ma fin da piccola l’ho sfidato tante volte. 

Mi bastava immergermi nelle sue acque per sentirmi rigenerata nel corpo e nello spirito. 

Lungo quel fiume si trovano more selvatiche grosse come pollici, sambuco, origano fresco da cogliere e mettere a seccare a testa in giù e persino rigogliose piante di fico. Alzando lo sguardo i boschi e  la grandezza di ciò che mi circondava mi faceva sentire tanto piccola, quanto grata di essere nata in una terra del genere.

É proprio vero che le nostre origini sono parte di noi. 

Ora non abito più là, ma ci torno qualche volta e tutto ciò non è scritto a caso tanto per annoiarvi…

Vi voglio raccontare infatti la storia di due, un fratello ed una sorella, che vivevano in luogo simile a quello di cui vi ho già parlato.

C’erano una volta due gemelli. I due, che si chiamavano Loki e Sylvie, avevano perso i genitori troppo presto e già in tenera età imparato a sbrigarsela da soli. Vivevano in una casina ai confini di un bosco di faggi, castagni, betulle e cespugli di piante di ogni varietà su una montagna. 

I due, seppure molto giovani poiché andavano per i quattordici anni, erano molto abili nell’arte della sopravvivenza. 

Sylvie vantava di essere la maggiore per qualche minuto di vita.

Era una giovanetta bionda e ricciuta con gli occhi chiari e un caratterino tutto pepe. Era molto abile a cacciare e a pescare e tra i due fratelli era quella che si preoccupava sempre di calcolare il giusto consumo delle provviste .

Loki, il suo gemello, al contrario di lei aveva i capelli neri, mossi e gli occhi verdi; come nell’aspetto anche nel carattere era diverso dalla sorella.

Era molto abile e paziente con le bestie di casa, la coltivazione dell’orto e d’animo appariva più calmo e pacato dell’altra. 

I due vivevano in una casina davanti cui avevano coltivato un piccolo orto, costruito alla bella e meglio un pollaio per le galline ed un recinto per le capre.

I due fratelli trascorrevano la vita tranquilli e quasi tutto il loro tempo lo passavano insieme andandosene in giro per il bosco o al fiume che attraversava la foresta sotto casa loro. Un giorno come tanti, però, qualcosa nelle loro vite cambiò.

«Schizzami ancora e ti butto in acqua, Sylvie!» minacciò Loki indicando sotto di sé una pozza dal fondo scuro e la cui acqua perciò doveva essere davvero fredda ed alta.

La sorella rise e si asciugò le mani a dei calzoni morbidi che portava «Eddai Loki! Per un po’ d’acqua. È solo l’inizio dell’autunno. Solo poche settimane fa ci sguazzavi nemmeno fossi una trota.»

«Si ma era qualche settimana fa! Adesso l’acqua è molto più fredda.»

«É solo una tua impressione perchè è più freddo fuori.»

«Si come no!» sbuffò il moro aggrappandosi ad una roccia soprastante e salendovi per esporsi bene al sole. Si sedette e lasciò che la sua camiciola si asciugasse perchè in effetti la sorella lo aveva bagnato davvero troppo. 

L’altra lo raggiunse e restò in piedi troneggiando sulla roccia «Ci sono già le prime foglie arancioni. Quest’anno l’autunno arriverà prima credo.» disse osservando attenta gli alberi che circondavano il fiume dove lei e il fratello avevano portato le capre ad abbeverarsi.

«Speriamo solo che l’inverno non sia freddo come lo scorso.» 

«Mmm potrei cacciare un orso magari?»

«Ma dico sei impazzita?»

«Beh dovremo pur coprirci meglio in qualche modo no?» disse lei come fosse la cosa più ovvia del mondo e sedette accanto al fratello che scosse la testa con fare esasperato. 

«Aaah sorellina la tua sconsideratezza ti metterà nei guai prima o poi.»

Lei ridacchiò e gli batté una spalla con la propria «Ti preoccupi per me fratellino?» 

«No, affatto. In effetti senza di te potrei mangiare tutta la marmellata di more che voglio visto che io le raccolgo e io le cucino.»

«Si e ne mangi anche troppa. Dobbiamo stare attenti con le scorte Loki! Lo sai bene.» chiuse gli occhi. 

Solo il gorgoglio dell’acqua di fiume li circondava e le cicale che cantavano. 

Sylvie si sdraiò mettendosi il più comoda possibile sulla roccia sconnessa ed inspirò profondamente «Fiu-fiu-fiuuuu Fiu-fiu-fiu-fiu-fiu-fiuuuuu.»

«Che cosa fischietti?» le domandò il fratello.

«Un motivetto di mia invenzione.» commentò lei «Mi piace stare così al sole in silenzio, ascoltare la natura…e il cinguettio è un modo per comunicare»

«Ah capisco, in effetti sarebbe rilassante se non fossi simile ad una gallina.»

«Ehi!» gli diede un colpetto la sorella. I due risero «Prova tu adesso!»

«Mmm no, magari dopo.»

La sorella si tirò su e lo guardò seriamente «Guarda che lo so che è perchè non sai fischiare. Ci devi almeno provare Loki. Può tornarti utile. Coraggio di che ti vergogni?»

L’altro ci pensò su poi arricciò le labbra. «Fi-fi…fi-fiu»

La sorella lo fissò con vivo interesse «Hai ragione: sei negato.» 

Il fratello le sganciò a sua volta un colpetto così lei si alzò e gli tese la mano «Coraggio fratellino dobbiamo tornare a casa ora o la volpe tenterà di nuovo di mangiarci le galline.»

Loki annuì ed accettò la sua mano «Si hai ragione, ma se si avvicina non tirarle dietro il randello come tuo solito. È pur sempre una creatura del bosco ed è ancora piccola.»

«Ah Loki tu e le creature del bosco. Ci sono animali buoni e animali meno buoni, dovresti saperlo! è così anche con gli esseri umani! Se non sai distinguerlo per gli animali come farai a sapere di chi fidarti nella vita?»

«Guarda che non devi sempre proteggermi da tutto! Saprò badare a me stesso quando andrò nel mondo.»

«Certo certo. Sono sicura che la prima volta lontano da casa mi toccherà venire a riprenderti perchè ti caccerai in qualche guaio!»

«Perfida.»

«Gne gne gne.» 

I due continuarono a ridere e battibeccare tra loro per un po’ e intanto presero un sentiero che dal fiume li avrebbe riportati sulla via di casa. 

Il bosco non era un luogo pericoloso. Non vi erano animali particolarmente feroci in quella zona ad abitarlo e i due vi passeggiavano tranquilli. Però la vegetazione cresceva molto in fretta e i due, anche se oramai conoscevano a memoria la via di casa, avevano inventato un metodo per non perdersi per sicurezza. 

Una volta, per fare uno scherzo al fratello, Sylvie si era nascosta dietro ad un fico mentre lui ne raccoglieva i frutti e lo aveva spaventato sbucandone fuori di colpo. 

Per la paura il fratello aveva istintivamente stretto i frutti al petto schiacciandoli e sporcandosi tutto.

Per vendicarsi Loki aveva atteso il momento buono. Mentre la sorella ronfava su un sasso caldo e concavo lungo il fiume lui aveva immerso la mano nell’acqua e fino sul fondo del fiume. Ne aveva tirato fuori una pasta densa e biancastra con cui aveva praticamente spalmato tutta la faccia della sorella. 

Come fosse riuscito a sfuggire alla sua ira ancora se lo domandava visto che lei si era infuriata tantissimo, ma i due avevano notato che la pasta una volta asciutta brillava leggermente al sole. 

Quando poi si asciugava del tutto diventava come una polvere bianca e brillante. Con quella avevano segnato gli alberi sulla via casa e che fosse giorno oppure notte bastava che un po’ di luce filtrasse dalle chiome per farla brillare. 

I due risegnavano il percorso ogni tanto, soprattutto dopo le giornate di pioggia, e così non si erano mai persi. 

«Allora stasera mangiamo le uova?»

«Se vai così lento la volpe se le mangerà insieme alla gallina.»

«Oh insomma Sylvie, ce l’hai davvero troppo con quella volpe!»

«Mmm magari potrei cacciarla e farci una bella pelliccia calda.»

Il fratello la fulminò con lo sguardo «Non dirla nemmeno per scherzo una cosa del genere. È un pensiero orribile.»

La sorella borbottò qualcosa, ma non aggiunse niente; sapeva bene quanto il fratello tenesse agli animali perciò se ne stette zitta.

Loki intanto si voltò indietro; lo faceva ogni tanto per assicurarsi che le capre ci fossero tutte. Proprio in uno di questi momenti si accorse che una stava prendendo un’altra strada. 

«Vado a recuperarla prima che si perda.»

«Vuoi che andiamo insieme?»

«No tu guarda le altre o ci perderemo pure loro.» disse il fratello che intanto aveva già preso la via per seguire la fuggiasca.

La sorella, che sapeva che Loki aveva tutto sotto controllo, alzò le spalle e continuò a camminare col piccolo gregge. 

Loki seguì la capretta che si inoltrò per un po’ nel bosco e scosse la testa quando la vide fermarsi intorno ad un cespuglio di bacche rosse.

«La solita golosa.» rise e fece per raggiungerla. Mosse qualche passo, ma si accorse che il terreno era pieno di fanghiglia forse dovuta all’umidità del luogo. Avanzò con attenzione, ma purtroppo il piede gli scivolò e il giovane cadde a terra ritrovandosi a scivolare sul terreno. 

Avvenne troppo velocemente per trovare un appiglio a cui aggrapparsi e in pochi secondi Loki percorse diversi metri di schiena. Sbucò su una parete rocciosa e scoperta del monte e per sua fortuna riuscì ad artigliarvisi.

La roccia finiva a strapiombo sul fiume che era davvero troppi metri sotto di lui. Se fosse caduto da quell’altezza sarebbe morto. 

«AIUTO!» gridò mentre cercava disperatamente di risalire, ma la roccia era troppo liscia per potervisi aggrappare a dovere. 

Loki si ferì le mani cercando di risalirla e rischiò di perdere le presa. «Aiuto!»

«LOKI!» gridò Sylvie diversi metri sopra di lui dal bosco. La sorella per fortuna si era fermata non vedendolo tornare e lo aveva sentito gridare. 

«SYLVIE STA ATTENTA!» 

La giovane intanto si guardava attorno per capire come raggiungerlo. Si lasciò scivolare piano sul terreno aggrappandosi da un albero all’altro. 

Quando fu abbastanza vicina al precipizio voleva allungarsi, ma sarebbe stata troppo distante. 

«Devo cercare un ramo a cui farti aggrappare!» gli urlò. 

«Fa presto non resisto!» disse il moro che cercava di tenersi come meglio poteva. C’era del muschio secco sulla roccia e Loki provò ad aggrapparvisi per scivolare di meno, ma quello si sfaldò e gli venne negli occhi rendendogli persino difficile vedere. La sorella intanto tentava disperatamente di scalciare un ramo secco di un castagno e di staccarlo. 

Ci riuscì e tenendosi con un braccio ad un albero allungò il ramo verso il fratello «L-lo devi afferrare Loki!» gli disse con non poca fatica.

Il moro allungò una mano, ma solo le punte delle dita riuscivano a sfiorare il legno. Fece uno sforzo enorme e riuscì ad allungarle quel tanto che bastò per aggrapparvisi.

Con tutta la forza che aveva Sylvie cercò di tirarlo a sé. Strinse i denti e chiuse gli occhi emettendo un grido di fatica. Loki riuscì a guadagnare qualche centimetro sulla roccia e coi piedi si spinse come meglio potè . 

Si ferì il volto strusciandovi contro, ma la paura era così grande che salvarsi era la sola priorità.

Ma l’alberello a cui si teneva Sylvie era troppo debole e cedette un po’ nel terreno rischiando di spezzarsi. 

La ragazza gridò e naturalmente il suo corpo si sbilanciò in avanti. Il ramo scivolò un poco sulla roccia e Loki perse quel poco vantaggio che aveva guadagnato. 

Per un attimo gli sguardi dei due si incrociarono  disperati e pieni di lacrime di paura.

«Loki non ti lascio!» gli gridò la sorella, ma il moro sapeva che presto sia lei che l’alberello avrebbero rischiato di cadere.

Che potevano fare?

Improvvisamente un giovane biondo uscì dalla boscaglia. Senza paura raggiunse la roccia e gridò a Loki «Vengo a prenderti! Lascia il ramo o lei cadrà.»

Sylvie spostò lo sguardo dall’estraneo al fratello «No Loki, se lasci il ramo non potrò tirarti più su.»

Ma già il suo appiglio sembrava voler cedere. Temendo il peggio per la sorella Loki gettò un’occhiata in direzione del biondo e lo vide che già scendeva piano sulla roccia facendo attenzione. 

Si era legato una corda in vita e ora era vicinissimo a Loki.

Si voltò e Loki incrociò i suoi occhi blu e spaventati, ma decisi «ALLUNGA LA MANO CORAGGIO!»

Il moro esitò ancora un istante e gettò un ultimo sguardo alla sorella.

Sembrava lo implorasse di non lasciare la presa tanto era terrorizzata, ma Loki voleva che non le accadesse niente. Lasciò la presa e Sylvie perse la sua sul ramo con un mezzo grido. Quello scivolò tra il moro e il biondo e finì oltre il precipizio spezzandosi tra gli alti sassi del fiume con uno schianto. Loki allungò la mano e il giovane riuscì ad afferrargli il polso. 

«Devi spingerti verso di me. Fidati!»

«Ho paura.» gridò Loki che ormai non sentiva più forza nelle dita dell’altra.

«Fallo e basta!»

Ingoiando la paura Loki chiuse gli occhi e quasi si buttò verso il giovane che lo afferrò stretto per la vita.

Riaprì gli occhi e si rese conto che stavano scivolando entrambi.

«Stringiti forte a me!» disse solo quello. Loki lo guardò mezzo secondo prima che il giovane si desse una spinta coi piedi e staccasse entrambi dall’appiglio del monte. 

Loki gridò e si tenne all'altro che grazie alla spinta fece oscillare entrambi oltre il muro di roccia e  verso un alberello che vi cresceva accanto.

Vi si scontrarono, ma il biondo si aggrappò ai suoi rami facendovi appigliare anche Loki. 

Il cuore del moro batteva all’impazzata ed entrambi ansimavano terribilmente, ma erano salvi.

«B-beh ha funzionato.» commentò lo sconosciuto con una mezza risata.

Loki, ancora troppo spaventato, lo fissò inabile ad emettere una sola parola.

«LOKIIII!» si sentì intanto gridare con disperazione  poco sopra di loro.

«STO BENE! SONO SALVO! ASPETTAMI Lì!» il moro vide che sotto l’albero vi era il terreno fermo così vi saltò. Il biondo tagliò la corda che lo legava e lo imitò in fretta. 

I due risalirono il monte scoprendo che intanto Sylvie era riuscita con fatica a risalire da dove era venuta. La aiutarono a tirarsi su dall’ultimo pezzo di arrampicata e quando tutti si trovarono in salvo lei abbracciò stretta il fratello.

«Credevo saresti morto!» mormorò lei.

«Credevo saresti caduta!» aggiunse lui. 

Si separarono ed entrambi guardarono con urgenza allo sconosciuto. «Hai salvato mio fratello. Non so come ringraziarti.»

Il biondo scosse una mano «H-ho solo fatto…quello che serviva.»

«Chi sei? Da dove vieni?» chiese la ragazza al giovane che doveva avere poco più dei loro anni.

«Mi chiamo Thor. Vengo da est. Stavo andando al villaggio più vicino quando vi ho sentiti.» guardò Loki con apprensione. I loro sguardi si incrociarono un istante. Il biondo gli sorrise «Ti sei ferito il viso. Stai bene?» gli domandò.

A quel sorriso il moro annuì ed abbassò lo sguardo imbarazzato portandosi una mano alla guancia «Si, si non mi serviva aiuto.»

Gli altri due lo fissarono ad occhi sgranati «Ma che cavolo dici Loki? Ancora un po’ e di aiuto ne sarebbe servito a me per raccattarti tra le rocce del fiume! Thor ti ha salvato.»

Si voltò verso il giovane e con tono sicuro gli disse «Io sono Sylvie e l’idiota che aveva tutto sotto controllo è mio fratello gemello Loki.»

Thor ridacchiò divertito mentre il moro sbuffò.

«Vieni a mangiare a casa nostra, è il minimo che possiamo fare per ringraziarti!» aggiunse Sylvie.

Il giovane alzò le mani e voleva rifiutare, ma Sylvie insistette così tanto che alla fine accettò.

Una volta a casa il moro fece per mettere una pentola nel camino e il biondo voleva dargli una mano. L’altro lo lasciò fare, le mani del resto gli facevano ancora male, ma sembrava essersi incupito molto. 

Sylvie allora lo prese un po’ in giro «Scusalo Thor. È solo molto orgoglioso.»

Il moro nemmeno rispose, ma borbottò tra sé e sè. Thor lo guardò e di nuovo sorrise divertito. 

«Vivete soli qui?» 

«Si i nostri genitori sono morti che eravamo piccoli. Siamo solo noi due. E tu Thor? Hai una famiglia o sei in giro per il mondo a cercare fortuna?»

Il giovane scosse la testa «Né l’una, né l’altra cosa ad essere sinceri. La mia sola famiglia è il mio maestro. Vivo con lui da molti anni ormai.» 

«Oh sei un apprendista! E di quale mestiere?» chiese Sylvie interessata.

Il biondo arrossì ed abbassò lo sguardo «Veramente…sono un apprendista ladro.»

Loki si voltò e lo guardò storto mentre Sylvie non batté ciglio.

«Oh, un mestiere ehm…insolito.»

Il giovane sospirò «Purtroppo è quello che mi hanno insegnato. Ma non temete. Non rubo alla povera gente. Prendo solo a chi possiede troppo.»

«Tsk, ma certo.» commentò aspramente Loki tornando a dedicarsi al fuoco nel camino. 

«Come?» domandò Thor.

«Cosa dovresti essere, un ladro gentiluomo? Sei comunque un ladro e anche se ora risparmi chi non ha niente non vuol dire che il tuo sia un mestiere onesto.»

«Beh grazie al mio “mestiere onesto” avevo una corda con cui ti ho salvato la vita!»

«Oh grazie tante! L’hai rubata ad un morto sulla forca magari?»

Thor fece tanto d’occhi e si alzò offeso. «Forse è meglio che me ne vada.»

Il moro si voltò e lo fissò dritto negli occhi.

«Si è meglio prima che ti autoricompensi rubando qualcosa qui.»

Sylvie spostò lo sguardo dall’uno all’altro e quando vide che Thor prendeva la porta andò da suo fratello e gli diede un bel colpetto sulla testa.

«Va là fuori e riportalo qui!»

«Cosa e perché?»

«Temi che ci rubi la marmellata di more? Oh no come faremo a fare colazione l’inverno?!» lo canzonò lei.

«É un ladro Sylvie, è gente disonesta.»

«Ti ha salvato la vita. Il minimo che puoi fare è andarlo a ringraziare e chiedere scusa!»

Il moro sbuffò, ma la sorella lo guardò minacciosa. A quello sguardo Loki ci ripensò: Sylvie sapeva essere davvero vendicativa e non aveva certo voglia di svegliarsi rapato a zero. 

Così uscì di casa. Vide che il biondo stava già per sparire nel bosco e lo raggiunse «Ehi aspetta!» gli gridò dietro.

Thor si voltò, ma era chiaro che fosse ancora offeso «Che vuoi?»

I due si fermarono fronteggiandosi l’un l’altro. Loki prese un respiro e per quanto gli costasse caro abbassò la testa «Scusa.» mormorò.

«Come?»

«Scusa.» disse ancora più piano.

«Non ho sentito.»

«Beh sei sordo forte.» scalciò l’erba sotto i suoi piedi e sbuffò. «Mi dispiace va bene?! Ti sono grato per averci aiutati oggi.»

«Non c’è di che figurati!» sbuffò l’altro e si voltò per andarsene, ma Loki fece un passo in avanti ed aggiunse.

«É che non sono abituato a fidarmi delle persone, mi riesce meglio con gli animali.» si confessò. Il biondo si fermò, ma senza voltarsi. «E tu per di più sei un ladro quindi….ecco non voglio che tu ci faccia del male.»

Thor quindi si voltò e lo guardò tra il ferito e il comprensivo «Io non voglio farvi del male. Sono un ragazzo proprio come te e tua sorella. Volevo solo aiutarti.»

Loki sospirò «Questo l’ho capito. Mi…mi dispiace di averti ferito.»

Il biondo ci pensò su e sorrise nella sua direzione «Va bene scuse accettate.»

Loki annuì e si portò una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.

Thor lo osservò compiere quel gesto in silenzio e con sorpresa di Loki aggiunse «Ma voglio qualcosa in cambio per averti salvato.»

Loki lo fissò di traverso “Ecco lo sapevo che non c’era da fidarsi” pensò.

Ma il biondo gli si avvicinò e gli sorrise «Voglio un bacio.»

Il moro si sentì avvampare e sgranò gli occhi scioccato «Prego?»

«Hai capito bene, ti ho salvato la vita e mi sei debitore. Perciò voglio un bacio da te.»

«Tsk te lo puoi scordare.» rispose Loki orgoglioso e deciso. 

Ma il biondo sorrise ancora «Non essere così precipitoso. Facciamo così: tornerò tra un mese e allora mi darai il mio bacio.»

«Ti darò un calcio adesso se non te ne vai e un altro tra un mese se ritornerai!»

Il biondo ridacchiò e in risposta si frugò nelle tasche dei calzoni. Ne estrasse una piccola fiala di vetro che conteneva dei pistilli di un rosso intenso. 

«Che cos’è?»

«È una spezia. È molto buona.»

Il moro assottigliò lo sguardo fissandolo indagatore «Ma l’hai pagata spero.»

Il biondo alzò le spalle «Beh è costosissima per solo pochi fili.»

«Allora di certo l’hai rubata!»

«Aaah prendila e basta. E sappi che continuerò a portarti bei doni rubati fino a che non avrò il mio bacio.»

«Cosa? Non accetterò mai né di baciarti né i tuoi doni rubati.»

Thor rise «Li accetterai vedrai.» gli si avvicinò e in un solo passo, quasi avesse volato, si trovò ad un centimetro dalle sue labbra «Certo sempre che tu non voglia darmelo adesso.»

Il moro si sentì avvampare. 

In effetti poteva accettare il dono dell’altro. Avrebbe rotto il vetro e lo avrebbe piantato nella gola del biondo. Si, si poteva fare. Ma l’altro si separò da lui «Ci vediamo tra un mese Loki.» e così dicendo prese la via del bosco e sparì.

Il moro non capì come avesse fatto a scomparire tra gli alberi tanto velocemente, ma ne fu sollevato. Tuttavia si accorse solo allora di stringere qualcosa di freddo in una mano. La aprì e vi trovò la fiala che l’altro gli aveva offerto poco prima. 

Ma come diavolo aveva fatto?!

Rimase incantato a fissarla fino a che sua sorella lo richiamò e lui corse dentro a raccontarle tutto.

 

Un mese passò velocemente e presto Thor si ripresentò alla porta dei due fratelli. Loki lo vide arrivare dalla finestra di casa ed avvisò la sorella.

Lei era rimasta stupita dal racconto del fratello, ma non aveva commentato granché. Solo fatta qualche domanda.

Quando Loki la avvisò però saltò su ed afferrò una scopa che era accanto al camino.

«Ci penso io.» disse rivolta all’altro e dirigendosi alla porta. Come Thor bussò lei impugnò la scopa decisa ed aprì. «Thor bentornato. Stavamo giusto dando una rassettata oggi.» lo salutò con un sorriso a trentadue denti «Entra pure.»

Il fratello la guardò allibito non capendo se la sorella stesse scherzando o se il suo fosse un piano per colpire il biondo una volta in casa, ma quando quella lo fece sedere e gli domandò tranquillamente come avesse trascorso quel mese Loki fece una grande fatica a non urlare di esasperazione.

Uscì di casa diretto all’orto e la sorella ne approfittò per fare due chiacchiere con il nuovo arrivato «E così ti piace mio fratello. Lo avevo capito subito.»

Il biondo ridacchiò ed arrossì «In effetti mi piace molto, ma non credo di piacergli a mia volta.»

«Beh ammetto che domandargli un bacio così su due piedi è stato abbastanza spavaldo da parte tua. Ma sai che ti dico: tu mi piaci Thor.»

«Davvero?»

«Eccome e ti aiuterò con mio fratello. Secondo me anche tu gli piaci, ma non vuole ammetterlo. Però ad una condizione.»

«E cioè?»

«Che anche se ti prenderai quel bacio continuerai a portarci quella spezia che hai dato a mio fratello. Era davvero ottima nella zuppa.»

«Ahah e stavolta ne ho una anche migliore.»

I due risero complici. 

 

Passarono diversi mesi che in breve si fecero anni in cui Sylvie non faceva che elogiare Thor quando non c’era e lasciare da solo il fratello con lui quando invece c’era.

Thor andava e veniva come un fantasma senza mai dare troppi dettagli della sua vita e senza lasciare traccia di sé alle spalle. Letteralmente!

Nemmeno di inverno quando c’era la neve alta. Tempo che facesse pochi passi e già le sue impronte sembravano sparire.

Il giovane veniva a trovarli solo una volta al mese e ogni volta portava a Loki un dono diverso. 

Loki si irritava sempre moltissimo ben sapendo da dove provenissero quei doni, ma gli altri due lo trovavano spassoso. 

Una volta Sylvie e Loki ebbero difficoltà a passare l’inverno e Thor se ne venne con una mucca da latte.

Si offrì inoltre di aiutare i due giovani a costruire una piccola stalla dove farla stare.

A quel punto Loki volle vendicarsi un po’ e gli chiese di costruire non solo la piccola stalla, ma anche una rimessa dove tenere il fieno, i semi e le conserve.

Thor, che ancora non si era arreso con lui, accettò la sfida.

Un giorno di primavera inoltrata, dopo circa tre anni da che si erano incontrati la prima volta, Thor stava lavorando appunto alla rimessa. Stava inchiodando delle mensole alla parete quando qualcuno entrò alle sue spalle. 

Immaginò che fosse Sylvie visto che Loki cercava il più possibile di non dargli considerazione e così non si voltò nemmeno «é venuta bene vero? Chissà se a quel bisbetico di tuo fratello piacerà.»

«Al bisbetico piace molto.» commentò la voce divertita di Loki.

Il biondo si voltò di scatto imbarazzato e vide che in effetti era il moro ad essere appena entrato nella piccola rimessa. Teneva in mano una borraccia. «Ho pensato che avessi sete.» disse passandola al biondo.

Thor la accettò «Ehm grazie.» ma prima di bere avvicinò il naso al beccuccio a sentirne l’odore.

Loki alzò gli occhi al cielo esasperato «Non l’ho riempita di tarassaco, non stavolta almeno.»

«Si l’ultima che l’hai fatto la mia pancia se la ricorda bene grazie!» commentò Thor bevendo mentre il moro ridacchiò divertito. «Allora ti piace?»

«É venuto un gran bel lavoro» 

«Non male per un giovanotto vero?»

«Si, adesso potrò portarci anche tutte le spezie rubate di cui mi hai riempito la casa.» rise il moro.

Thor si asciugò le labbra con poca eleganza, ma rise «Beh non è colpa mia se non mi hai ancora dato quel bacio.»

Loki lo guardò fiero e non ribatté «Io vado al fiume con le capre.»

«Posso venire con te?»

«Devi proprio?» scherzò Loki. Nonostante fosse il bersaglio preferito di Thor e Sylvie si era affezionato al biondo e la sua presenza gli faceva piacere. «Dai vieni.»

Thor lasciò perdere il suo lavoro ed accompagnò il moro al fiume. 

«Dov’è Sylvie?» 

«A caccia. Ha visto dei fagiani credo. Ha detto che stava via tutto il giorno.»

«Mmm capisco.» ridacchiò Thor. Era certo infatti che Sylvie in realtà non avesse visto nessun fagiano. Ogni tanto la ragazza si inventava qualche scusa per lasciarlo solo con Loki e quando tornava gli domandava “E stavolta? Ti ha baciato?” Ma ogni volta restava delusa e doveva inventarsi di non aver trovato niente. 

Probabilmente anche adesso stava dormendo all’ombra di qualche castagno.

I due lasciarono le capre libere tra i sassi lungo il fiume per un po’ e intanto Thor ne approfittò per spogliarsi e fare un bagno. Nel farlo però si sentì osservato. Voltandosi si accorse che Loki aveva immediatamente voltato la testa, ma probabilmente lo stava fissando. 

In fondo non era affatto cresciuto male, ma Loki non lo avrebbe mai ammesso.

Fece finta di nulla. Negli anni i tre avevano spesso fatto il bagno insieme perciò si tenne su solo i calzoni e si immerse. Riemerse dall’acqua schioccando le labbra e scuotendo la testa a destra e a sinistra tanto era fredda.

Si immerse e nuotò come un pesce fino sul fondo avvertendo il freddo sovrastarlo. Aprì gli occhi ritrovandosi davanti l’azzurro intenso dell’acqua e il bianco delle sue rocce sul fondo e marrone di quelle più grandi in mezzo a cui passare. 

Tenne il fiato più che potè e riemerse buttando fuori l’aria. Quell’acqua era freddissima, ma adorava nuotare nel fiume; ogni volta lo faceva sentire bene.

Avvertì ancora lo sguardo di Loki su di sè, ma di nuovo il moro non si fece cogliere in castagna e lo spostò su una cascatina tra le rocce. Stette un po’ a bagno invitando anche Loki, ma per lui l’acqua era ancora troppo fredda per un bagno e preferì rimanere a riva. Quando il biondo uscì gli si sdraiò accanto ad asciugarsi. 

«Ci sono tutte le capre?» chiese ad occhi chiusi.

Il moro si mise a contarle, ma qualcosa non gli tornava «Ne conto nove, ma dovrebbero essere solo otto.» guardò meglio «Ah ecco. Quella marrone non è mia.»

«Da oggi lo è, è il mio regalo di questa volta.» ridacchiò Thor.

Loki scosse la testa esasperato «Sei incorreggibile.»

«Ahaha te l’ho detto: è colpa tua. Sono anni che te lo ripeto » 

«Certo certo….anche se ti avessi baciato anni fa continueresti a portarci doni rubati. A Sylvie fa piacere. E sai che ho ragione.»

Thor ridacchiò e si sollevò aprendo gli occhi su di lui. «In effetti è così. Posso rubare di tutto, ma non posso mentirti. Eppure tu ancora non ti fidi del tutto di me.»

Loki lo guardò e sorrise enigmatico «Ah no?»

«No perchè sai bene, e lo so anche io e anche Sylvie, che ti piaccio, ma che non ti fidi di me.»

Il moro guardò l’acqua cristallina scorrere tranquilla «A volte mi domando cosa vorresti dopo.»

Il biondo lo guardò interrogativo «Dopo cosa?»

«Dopo aver ottenuto un bacio da me.» disse spostando lo sguardo dall’acqua a Thor.

Il biondo lo guardò e nei suoi occhi sembrò dipingersi pura ingenuità «Tutto ciò che vorresti tu, Loki.» abbassò lo sguardo imbarazzato «Sono anni che cerco di convincerti dei miei sentimenti per te, ma io ancora attendo una risposta da te.»

Loki a quel punto sorrise ed in silenzio allungò due dita fino al mento di Thor sollevandoglielo un poco. Il biondo rimase immobile per quel gesto inaspettato e vi rimase ancora di più quando Loki avvicinò le labbra alle sue e senza nessun preavviso le baciò.

Quando Loki si separò da lui Thor si morse le labbra assaporando il sapore che Loki vi aveva lasciato sopra, la sensazione di morbidezza, le sue labbra così fresche. 

E pensò amaramente che quello sarebbe stato il solo bacio che avrebbe ricevuto da quelle labbra  perfette. Lo aveva avuto e non ci sarebbe stato più. 

Loki però lo fissava sensualmente.

«Mettiamo una nuova condizione. Se la smetti di rubare per me ne riceverai altri.» lo sorprese.

Thor rimase a bocca aperta e sorrise «M-ma Sylvie ci rimarrà male.»

«Ahah infatti ho detto rubare per me, ma se vuoi farlo per mia sorella non ti posso trattenere.»

Thor lo fissava stupito «Perchè adesso? Dopo tanti anni.» lo guardò indagatore «Non sarà perché sono il solo ragazzo in circolazione spero?»

«No, ma in effetti sei il solo che mi ha corteggiato all’esasperazione. E tuttavia il fatto che tu non ti sia arreso mi ha fatto capire quanto ci tenessi. Ho pensato male?»

Thor rimase ancora qualche istante nei suoi occhi poi gli passò una mano dietro al collo e gli sorrise «No affatto.» e se lo avvicinò per poterlo baciare di nuovo. 

 

Circa tre anni dopo 

Loki staccò un pomodoro bello maturo dall’orto e poi un altro. Avevano un tale profumo. Ne passò sulle vesti uno piccoletto e rotondo e lo mangiò assaporandone il gusto fresco e saporito. Erano maturati tutti insieme quell’estate e doveva sbrigarsi a raccoglierli se non voleva che i merli vi andassero a banchettare. 

I semi di quel frutto tanto strano glieli aveva portati Thor e lui li adorava, soprattutto con un po’ di cipolla fresca, basilico e foglie di origano appena colte. Vide che Sylvie stava rientrando dalla caccia e portava con sé alcune lepri e anche qualcosa di un po’ più grande.

La sorella infatti era accompagnata da un giovane alto e biondo che rideva e scherzava con lei. 

Loki sorrise nel vederli arrivare e lasciata la cesta sulla porta di casa li raggiunse.

«Guarda che cosa ho trovato sulla via di ritorno a casa fratellino? Il tuo fidanzato.»

Loki incrociò le braccia al petto «Vuoi dire quello che doveva essere qui di buon mattino e invece è arrivato giusto giusto per pranzo.»

Il biondo abbassò lo sguardo «Mi dispiace, ma sai che se avessi potuto sarei venuto prima.»

Il moro sospirò, ma annuì. Thor continuava a tornare da loro una sola volta al mese.

Uno dei motivi per cui Loki era sempre stato reticente verso il biondo era che quello veniva quella sola volta e per il resto del tempo non dava sue notizie. 

Inoltre il biondo non diceva mai dove tornava o perché.

Thor gli aveva assicurato che non dovesse preoccuparsi: Loki era la sola persona del suo cuore e lui tornava dal suo maestro che ancora gli insegnava il mestiere.

“Ci vuole così tanto ad imparare a fare i ladri?” E Thor gli aveva risposto di darsi pazienza, ma il tempo passava e il biondo ogni volta tornava e ripartiva.

«Mi farò perdonare.» Il biondo lo prese per la vita e gli diede un dolce bacio. 

«Mio Dio siete così sdolcinati. Se lo avessi saputo anni fa mi sarei impegnata io perché Loki non ti desse quel bacio» scherzò Sylvie.

I tre risero poi entrarono per pranzare e raccontarsi la loro vita di quel mese. Sylvie ormai era una cacciatrice provetta mentre Loki se la intendeva bene di piante e rimedi curativi e faceva delle ottime marmellate. I due fratelli vivevano ancora insieme ed erano legati come da bambini.

Thor invece raccontò loro del suo ultimo viaggio al villaggio e porse a Sylvie una rete bella spessa che aveva rubato per lei perchè la usasse a caccia.

Dopo pranzo la giovane dichiarò di essere piena ed esausta e se ne andò a fare una passeggiata così Loki e Thor rimasero soli. 

Il biondo si alzò e come prima cosa abbracciò Loki «Mi sei mancato davvero tanto amore.»

«Se rimanessi qui una volta per tutte non ti mancherei così.» ridacchiò l’altro, ma quella finta allegria nascondeva sempre una grande malinconia e Thor lo sapeva bene.

«Ti va di andare anche noi nel bosco? Una passeggiata.» propose il moro.

Il biondo alzò un sopracciglio «Solo una passeggiata?»

«Non è che tutte le volte che ti propongo di andare nel bosco è perché voglio saltarti addosso.»

«Ah si…intendi come quella volta che avevi fatto un fioretto per la Quaresima? Avevi detto che non ti saresti concesso a me durante tutto quel periodo.» gli sollevò il mento incrociando il suo sguardo carico di malizia «E invece quello stesso giorno mi hai implorato di farti mio ben tre volte.»

«Non credo di aver mai detto una stupidaggine simile, probabilmente mi avevi fatto arrabbiare e volevo trovare qualche scusa.»

Il biondo rise e lo baciò sulla fronte dopodiché i due uscirono nel bosco. Passarono davanti a Sylvie che dormiva all’ombra di una grossa quercia con una cordicella di una trappola in mano. Risero notando un leprotto che addirittura le saliva in braccio, ma quella russava talmente tanto che nemmeno se ne accorse.

Camminarono per un po’ e passarono accanto ai rovi carichi di more. Alcune  erano grosse quanto pollici e dolci e succose, altre un po’ più piccole ed ancora asprognole. Loki ne colse qualcuna e la diede a Thor che intanto aveva scoperto dell’origano fresco e ne stava tagliando con un coltello i gambi. 

Il biondo mangiò di gusto le more che Loki gli porgeva e quando ebbe invece abbastanza origano colse un filo d’erba spessa e diede quattro giri al mazzolino. 

«Lo appenderemo in casa vostra a testa in giù. Sai che buon profumo?»

Loki però, sotto lo sguardo del biondo, mangiò una mora un po’ troppo lentamente e un po’ troppo di proposito. Il succo gli bagnò le labbra che si passò con la lingua. 

Thor scosse la testa divertito.

«Lo sapevo io che non sarebbe stata una semplice passeggiata.»

 

Il tramonto arrivava sempre troppo presto. Thor ci pensava mentre stringeva a sé il corpo nudo di Loki seduto di schiena tra le sue gambe. Avevano fatto l’amore nel bosco e anche con una certa foga visto che si era sentita Sylvie urlargli di non svegliare anche i tassi. La giovane del resto aveva un udito finissimo grazie alla caccia e talvolta poteva essere uno svantaggio. 

I due poi erano scesi al fiume dove avevano nuotato e fatto l’amore nell’acqua limpida e cristallina. Poi si erano seduti contro le rocce calde e se ne stavano lì, circondati dai grilli e dall’acqua che scorreva a godersi il poco tempo che avevano insieme.

«Mi manchi già.» disse Thor ad un certo punto.

«Sei ancora qui con me Thor.»

Il biondo annuì e gli pose un bacio sul collo e sulla pelle fresca. Era vero, erano insieme, ma il biondo sapeva che le ore erano troppo poche. Poteva attendere fino all’alba, ma non restava mai di più. 

La cosa peggiore per Loki era che non sapeva dove andasse Thor e non solo. Quando il biondo andava via lui non si svegliava mai. Il biondo doveva essere davvero molto abile e silenzioso e Loki si diceva che in quanto ladro dovesse padroneggiare perfettamente la tecnica. 

Solitamente lui e Thor per non disturbare Sylvie facevano l’amore nella rimessa sulla paglia morbida. Si amavano col solo suono dei grilli a circondarli e avvolti dal buio totale eccezion fatta per i raggi della luna che filtravano da una finestrella a far luce. Ma poi ogni mattina Loki si svegliava e il posto accanto al suo era freddo ormai.

Ogni volta era peggiore della precedente. Si sentiva abbandonato, solo e distrutto e piangeva di dolore. 

Una volta Sylvie lo aveva scoperto in quelle condizioni e da allora la sorella lo raggiungeva ogni mattina dopo che Thor se ne andava. Sedeva accanto a lui e lo stringeva teneramente per tutto il tempo di cui lui aveva bisogno. Non voleva che suo fratello soffrisse, ma non poteva fare di più per aiutarlo.

Per Loki quei risvegli erano terribili.

Sapeva che Thor si tratteneva la notte solo per stare con lui ancora un po’, ma che se si fosse presentato oltre l’alba il suo maestro lo avrebbe punito.

Una volta Loki gli aveva chiesto di portarlo con lui a conoscere questo maestro, ma Thor era rabbrividito e gli aveva detto di non chiedergli mai più una cosa simile. 

Preoccupato da quella reazione del compagno qualche volta Loki aveva tentato di rimanere sveglio tutta la notte, ma il sonno calava sempre sulle sue palpebre e non avvertiva Thor lasciarlo. 

Ma il moro era stanco di non poter stare con l’uomo che amava e per quella notte in particolare aveva studiato un sistema perché non accadesse più.

«Ti va di rientrare? È quasi il tramonto.» propose Loki.

Il biondo accettò, ma quando si furono rivestiti Loki si avvicinò all’acqua del fiume e vi si chinò «Raccolgo un po’ di alghe per il concime dei fiori.» buttò lì a Thor. 

Il biondo non fece troppe domande così il moro immerse una mano in acqua e scavò un po’. Ma anziché alghe raccolse una generosa manciata di sabbia bagnata di quella che lui e Sylvie usavano da ragazzi. La infilò in una piccola sacca di tela e senza farne parola con Thor tornò con lui a casa. 

Quella notte nella rimessa, prima di addormentarsi e col massimo silenzio, Loki si sollevò dall’abbraccio di Thor. Recuperò il sacchetto di tela che aveva nascosto e passò la pasta su tutte le suole delle scarpe del compagno. Poi legò un filo di spago in una piccola fenditura nella porta di legno e legò l’altro capo al suo alluce destro. Infine tornò tra le braccia di Thor per godere del suo calore per il tempo che restava loro.

 

Ad un certo punto della notte Loki avvertì qualcosa tirargli l’alluce. Sbattè appena le palpebre e gli sembrò di avvertire la porticina della rimessa chiudersi. Allungò una mano accanto a sé e si accorse che là dove avrebbe dovuto esserci Thor non c’era nessuno, ma la paglia era ancora calda. Si tirò su di corsa e raggiunse la finestrella. Vide che Thor guardava la rimessa e seppur illuminato solo dai raggi della luna si accorse che il biondo sospirava con malinconia. Poi si voltò e prese la via del bosco. 

Loki infilò di corsa i vestiti ed uscì nella notte. 

Sapeva che Thor aveva un’abilità magistrale nello sparire nel nulla, ma per sua fortuna la polvere del fiume brillava nella notte. 

La seguì silenziosamente e pregò con tutto sé stesso di averne messa abbastanza per raggiungere Thor prima che finisse. 

Se non fosse stato per la polvere si sarebbe arreso perché le impronte del biondo sembravano sparire nel nulla; ma superando un cespuglio di ginepro, dovette fermarsi. Thor era fermo davanti ad un alto faggio. Al centro del tronco vi era un grosso buco. Il biondo vi stava estraendo qualcosa e riempiendo la sua sacca. In effetti non era mai giunto a casa di Loki e Sylvie con della refurtiva con sé e Loki si era domandato spesso dove la tenesse. Probabilmente la lasciava lì fino al momento di doverla recuperare. 

Loki trattenne il respiro pur di non farsi sentire, ma quando ebbe finito Thor prese tranquillamente una via tra gli alberi, ma ormai il cielo aveva iniziato a farsi azzurrino e il moro potè seguirlo abbastanza facilmente. Thor camminò per un’ora buona e Loki si sentiva parecchio esausto quando il biondo arrivò davanti a due tigli cresciuti l’uno a due metri dall’altro. Al di là di questi vi era un’alta parete di edera. Thor passò tranquillamente tra i tigli quindi si guardò intorno e si intrufolò tra le foglie d’edera scomparendo. 

Il moro attese qualche istante per essere sicuro che il biondo non tornasse. Raggiunse i tigli e sbirciò la parete di edera.

Avvertì uno strano suono provenire dalle chiome degli alberi e si distrasse ad osservarle. Che fosse un ronzio? Oppure un brusio? No, impossibile. Non lo ritenne importante e non volendo perdere Thor avanzò raggiungendo la parete di edera e passandovi attraverso.

 

La prima impressione che ebbe quando sbucò dall’altra parte fu di stupore. Oltre le foglie infatti c’era una piccola grotta che si apriva su un giardino. Lì troneggiava una casa con un mulino ad acqua. Tutto intorno il terreno era ben coltivato di ortaggi di ogni specie. 

L’erba attorno era verde e rigogliosa e vi crescevano fiori di ogni varietà e colore. Vi erano alberi da frutto e persino animali.

Alcuni erano semplici conigli o roditori, altri uccelli strani dai colori brillanti, gatti dai lineamenti maestosi, tartarughe grosse quanto una balla di fieno. 

Loki si guardò intorno incredulo.

Già di per sé tanta meraviglia sarebbe stata sufficiente, ma se a quella si aggiungevano una zappa che arava da sola il terreno senza che nessuno la reggesse, un secchio pieno di avanzi che si riversava nella mangiatoia dei maiali e una coperta sotto al portico che si tesseva da sola, si faceva davvero troppa.

Come era possibile tutto quello? Rimase lì come un baccalà e vi sarebbe rimasto per ore probabilmente se Thor, voltandosi, non lo avesse visto.

«Che cosa fai qui?!» chiese con urgenza il biondo raggiungendolo. 

Loki si accorse subito dal suo tono di voce che fosse terribilmente preoccupato, no…era piuttosto…spaventato. 

«I-io ti ho seguito.» si confessò il moro.

«Seguito?! Ma come…io…credevo dormissi.»

«Ho fatto in modo di svegliarmi. Volevo solo vedere dove andavi.»

Il biondo scosse la testa realmente preoccupato e Loki volle andare più a fondo.

«Thor che cosa c’è? Che c’è che ti spaventa tanto?»

«Loki non dovresti essere qui…sei in pericolo…»

«Non lo definirei un pericolo in realtà.» Si intromise una voce alle spalle del moro. Loki si voltò scorgendo un uomo dalla pelle nera, una barbetta ad incorniciargli il mento e vestito con uno strano abito viola. Sembrava avere non più di quarant’anni. Ma quando era arrivato? Non lo aveva proprio sentito.

«Se non vogliamo farlo diventare tale.» aggiunse affabilmente. 

«Maestro Loki voleva solo…»

«Loki? Loki? Loki? Non mi dice niente…. Mm Loki…Aspetta! Sei tu? Sei proprio tu?» il volto di quello si illuminò come fosse realmente interessato al nuovo arrivato «Finalmente! Erano anni che mi chiedevo chi si celasse dietro alle lunghe giornate che Thor passava al villaggio.»

Sia Thor che Loki lo guardarono confusi e il moro domandò «Voi sapevate della mia esistenza?»

«Si beh indirettamente. Questo ragazzone qui si tiene i segreti un po’ troppo stretti, ma anche i segreti sono qualcosa che si può rubare.» rise quello.

Il biondo a quel punto si mise davanti a Loki  «Maestro vi prego. Loki era solo preoccupato per me. Lui, lui non voleva spiarvi…»

«Ah ta-ta-ta-ta.» lo fermò l’altro alzando le mani  «Ammetto che sia una situazione abbastanza delicata. Vedi Loki questo posto è davvero molto segreto e tu…sei venuto senza invito.»

Guardò Thor che sembrava essersi gelato sul posto.

Batté le mani tra loro «Ma d’altra parte voglio premiare l’impegno di averci trovato. Puoi restare anche tu.» dichiarò soddisfatto «Ora scusatemi, ma ho molto da fare. Ti lascio a conoscere il posto Loki. Tanto ti fermerai per un po’, anzi un bel po’!» e così dicendo si diresse al mulino e lasciò i due da soli.

Il moro lo seguì con lo sguardo. Che tizio strano era il maestro di Thor. Si voltò verso il biondo che gli dava le spalle «Che voleva dire?» domandò il moro.

Il biondo si voltò e lo guardò tristemente «Significa che non puoi più andare via di qui.»

 

Thor aveva condotto Loki dentro il grande mulino. C’erano molte più stanze di quelle che potevano sembrare da fuori. Una di queste era di Thor.

Era arredata abbastanza semplicemente. Il biondo fece sedere il moro sul suo letto e prese un respiro «Non ti ho mai raccontato di questo posto perché volevo proteggerti.» iniziò.

«Ma ormai è tardi perciò posso dirti tutto. Una volta avevo una famiglia e un fratello ed una sorella. Vivevamo in povertà in un villaggio ad est di qui. Mio padre era un uomo molto burbero e scontroso, ma lavorava nei campi senza tregua per poterci tenere in vita. Una sera si ubriacò in cantina. Troppo sbronzo per trovare la via di casa trovò riparo dalla notte in una chiesa e domandò per la prima volta a Dio che fare. Non era un uomo molto religioso, ma la fatica era sempre di più, la fame era tanta e noi eravamo troppo piccoli per poterlo aiutare.»

Si mise meglio a sedere ed accompagnò coi gesti il suo racconto. 

 «Il crocifisso gli rispose “Manda tuo figlio a fare il ladro.” Sul momento a mio padre venne un colpo e stava per gridare al miracolo poi si accorse che il sagrestano era nascosto dietro l’altare e se la rideva sotto i baffi. Gliele menò di santa ragione, ma tuttavia l’indomani fuori da casa nostra si presentò l’uomo che hai conosciuto. Si offrì di occuparsi di uno dei figli di mio padre e gli disse che gli avrebbe insegnato a fare il ladro. Mio padre a quella proposta si rifiutò, essendo un uomo onesto, ma l’altro gli promise che avrebbe istruito suo figlio come un gentil ladro. Che avrebbe rubato solo a chi possedeva troppo e nemmeno una briciola di pane a chi non possedeva niente. E così mio padre si convinse e l’uomo scelse me perché ero il più piccolo e quindi poteva istruirmi già dalla tenera età.»

Sospirò.

«Avevo solo otto anni all’epoca, ma il mio maestro mi permetteva di tornare a casa ogni settimana a trovare la mia famiglia e intanto mi insegnava le migliori tecniche di ladroneria, ma non solo quelle.»

Loki lo guardò fissamente «Lui…è uno stregone vero?»

Il biondo annuì «é un ladro stregone. Lui è convinto che la magia sia qualcosa che risiede nell’animo di chiunque, ma solo in pochi sono capaci di risvegliarla. Lui aveva preso me perché potessi crescere come suo apprendista. Rubava ciò che più lo dilettava, cose materiali e non e nessuno poteva mai scoprirlo anche grazie alla sua magia. È capace di mutare forma e di farla mutare a ciò che vuole. Il mio maestro mi fece promettere di mantenere il segreto della magia ed andò avanti così per diversi anni.»

«Quindi anche tu possiedi la magia?»

Thor gli sorrise dolcemente «L’ho risvegliata con i suoi insegnamenti ed è venuta fuori da me. Ci sono voluti anni, ma si la possiedo e la esercito al bisogno.»

Guardò fuori dalla finestra accanto al letto e sospirò.  

«Una sera d’inverno mio fratello e mia sorella maggiori stavano morendo di freddo. Senza  pensarci accesi per loro un fuoco. Capirono che avevo la magia. Lo raccontarono a mio padre che comprese immediatamente che il mio maestro fosse uno stregone. Non voleva più farmi tornare da lui, ma il maestro venne a prendermi. Rivoleva il suo apprendista. Solo schioccando le dita fece perdere memoria di me alla mia famiglia. Per loro non ero più nessuno. Il mio maestro mi impose quindi di non uscire più, solo una volta al mese per andare ad esercitarmi a rubare nei villaggi vicini. Io continuai ad andare al villaggio in cui ero nato, ma ahimè non solo la mia famiglia, nessuno mi riconosceva! E ogni volta c’era una persona la cui indifferenza mi feriva più di tutti.»

Fece una pausa ed ingoiò un groppo in gola.

«Mia madre…vederla era un tremendo colpo al cuore. Speravo che si ricordasse di me, ma non accadeva mai. Così cambiai strada e decisi di dirigermi ad ovest e non tornare mai più nel mio villaggio. Il giorno che accadde ti incontrai. Mi innamorai di te all’istante e mi promisi che non avrei più permesso al mio maestro di portarmi via chi amavo.»

Loki apprese mestamene tutta la storia.

Non avrebbe mai pensato che si celasse un tale segreto dietro alle sparizioni di Thor, né tantomeno che il biondo sapesse usare la magia.

«E perchè non sei mai scappato?»

«Perché quando si passa dai tigli si resta per sempre legati a questo posto. È una sorta di cerchio magico che tiene in sé ciò che vi è dentro e non gli permette di uscire. Solo il mio maestro poteva autorizzarmi ad uscire liberamente. Ma ho sempre temuto che se non fossi tornato per tempo avrebbe indagato e ti avrebbe trovato e fatto del male. Spesso sono stato io a farti addormentare perchè non ti accorgessi che partivo da te.»

Il moro rabbrividì ad un pensiero.

«M-ma Thor quindi come potrò tornare da Sylvie?»

Thor lo guardò tristemente «Mi dispiace, ma non potrai tornarci.»

 

Le prime settimane che Loki passò nella dimora dello stregone quasi non parlo, né mangiò. 

Su suggerimento di Thor fece attenzione a non pronunciare mai il nome di Sylvie.

Il biondo non era sicuro se lo stregone fosse a conoscenza dell’esistenza della ragazza, ma per non farla rischiare era meglio che i due giovani facessero attenzione. 

I giorni però passavano e Loki era sempre più triste e preoccupato e si vedeva troppo bene.

Un giorno il maestro lo trovò da solo al tavolo di legno della cucina del mulino. Senza chiedere permessi si sedette tutto sorridente di fronte a lui.

Tra le mani aveva un mazzetto di tarocchi che iniziò a mescolare allegramente.

«Pensavo Loki: visto che sei qui potremmo conoscerci meglio. Sembri uno che se ne sta molto sulle sue.»

Il giovane lo guardò senza espressione  «Sono una persona molto riservata.» disse privo di tono. 

«Tagli tu?» domandò l’altro indicandogli il mazzo «Conosci i tarocchi? Te li hanno mai letti?»

Loki scosse la testa e l’altro aggiunse «No? Coraggio allora sarà la prima volta. Facciamo qualcosa di facile.»

Il moro allungò la mano destra, ma l’altro disse «Aha non con quella, con la sinistra.»

Loki sbuffò, ma eseguì. Il maestro gli pose tre carte coperte davanti.

«Vedi come avrai capito io non sono un ladro comune.» girò la prima carta, una mezza luna dipinta nel cielo «Ah la luna. Un’infanzia dolce e amara. Sei un animo sensibile e pacato, preoccupato per chi ti circonda. Dicevo: io rubo cose molto preziose e anche cose che non sono cose. »

«Ad esempio?» domandò Loki. 

«Adesso sto rubando il tuo tempo.» sorrise quello.

Loki lo guardò confuso «Ehm perchè stiamo parlando?»

«Più in generale quello che stiamo trascorrendo insieme ed è propriooooo» sfilò una fiala di tasca e Loki osservò che conteneva una polvere violacea e brillante che fluttuava nell’aria «qui. Adesso guarda.»

L’uomo aprì la fialetta ed allungò una mano sul tavolo della cucina. Vi rovesciò un po’ del contenuto e la pelle di quella mano si fece ruvida, fine e grinzosa quasi rattrappita. Era invecchiata.

Loki la guardò ad occhi sgranati e lo stregone rise soddisfatto «Capisci che voglio dire? Chi possiede la magia e sa districarne i segreti può appropriarsi di ciò che vuole, anche del tempo della vita. Ma anche tu pur non possedendo alcuna magia sei molto abile.»

Girò la seconda carta.

 «Gli amanti. Certo ha molto senso in effetti.»

Guardò intensamente Loki e per la prima volta sembrò realmente serio.

«Tu hai rubato una cosa che mi apparteneva, una cosa preziosa di quelle che io adoro avere per me. Riesci ad immaginare cosa sia?»

Loki rimase interdetto e il maestro voltò l’ultima carta. Una persona si chinava ad una fonte e attorno a lei vi era un cielo pieno di stelle «Le stelle. Un meraviglioso futuro. Bene, molto bene.» sorrise lievemente, ma il suo sorriso era enigmatico.

In quell’istante la porta della cucina si aprì e Thor vi entrò portando con sé due secchi d’acqua. Il maestro quindi raccolse le carte e sorrise al moro.

«Cerca di tirarti su Loki. Questo posto è pieno di ogni ben di Dio e puoi goderne quanto vuoi. Ah e Thor: aggiungi anche quelle stelle d’anice che mi piacciono tanto alla lista di cose da prendere.»

Il biondo annuì e il maestro tutto soddisfatto uscì di casa e si diresse in giardino e fino ad un’enorme gabbia di uccellini di ogni specie.

Thor andò a sedersi accanto a Loki. «Che ti ha detto?»

«Una cosa strana.» mormorò il moro ancora soprappensiero. 

Il biondo allora guardò oltre la finestra per accertarsi che il maestro fosse abbastanza distante «Domani andrò al villaggio a ovest per le commissioni. Adesso che il maestro sa che sei qui dovrò sbrigarmi a tornare, ma cercherò di trovare Sylvie.»

Loki fece tanto d’occhi «Davvero?»

«Si la troverò e le dirò che stai bene.» sorrise il biondo. 

Loki si emozionò moltissimo, ma un pensiero lo fulminò.

Pensò alle parole del maestro: forse aveva già dedotto dalla sua malinconia che qualcuno gli mancasse? E inoltre, sapendolo prigioniero, Sylvie non sarebbe  venuta a liberarlo?

Ingoiò amaro e cercò una mano di Thor stringendola. «Non andare da lei. È meglio così.»

Il biondo lo guardò stupito «Ma Loki…»

«Mia sorella verrebbe di corsa a cercarmi e sarebbe in pericolo. Ti prego Thor la voglio proteggere come tu lo volevi con me.»

Il biondo lo guardò gravemente, ma comprese ed annuì.

In giardino lo stregone batteva appena sulle fini barre di ferro della gabbia dei suoi uccellini. Estrasse di tasca le carte del suo mazzo di tarocchi. Le mischiò un po’ e sedendo davanti alla gabbia se ne mise tre davanti. 

Dalle prime due che girò non sembrò particolarmente colpito poiché l’eremita e il mondo erano le sue due carte più familiari. Ma alla terza arricciò le labbra in un’espressione amara «Il giudizio.» sussurrò. Guardò i suoi uccellini e sorrise lievemente «Suppongo non sia così distante.»

 

Le settimane successive le cose cambiarono. Rassegnandosi all’idea di non poter fuggire Loki aveva accettato la proposta dello stregone. Ogni giorno trascorreva ore tra i suoi tesori e aumentava la sua cultura in fatto di animali e piante. Si dedicava poi alla cucina con tutto il ben di Dio dell’orto e degli alberi da frutto a disposizione.

Aveva notato che lo stregone non andava mai oltre il muro di edera. Diceva infatti di non amare più il vedere il mondo, lo aveva girato per anni e visto ogni tipo di luogo tanto che ormai si limitava a stare a casa a studiare come rubare i segreti della vita e del tempo.

Qualcosa doveva averlo imparato visto che dimostrava solo pochi anni in confronto a quanti avrebbe dovuti averne per aver fatto tanta esperienza.

E mentre i giorni passavano Loki quasi si dimenticava di avere avuto una vita al di fuori di quel posto. Poi però Thor tornava al villaggio e quando quell’unica volta al mese si avvicinava sua sorella gli tornava alla mente e lo riportava alla realtà. 

Cinque mesi dopo da che entrambi i giovani erano prigionieri dello stregone Thor si stava dirigendo nuovamente al villaggio.

Passò come sempre nella strada in mezzo al bosco, ma stranamente avvertì un fruscio tra i cespugli.

Si scansò giusto in tempo per evitare quella che doveva essere un tagliola per orsi a terra. Mosse due passi a destra pensando di averla schivata, ma di colpo sentì come lo schiocco di una frusta e si sentì sollevare da terra. 

Era caduto in trappola ad una rete spessa e ben fatta.

Si ricordava di quella rete poiché lui stesso l’aveva rubata. Pensò immediatamente ad un incantesimo, ma…

«Proprio te cercavo.» Sylvie sbucò da dietro un albero.

«Sylvie!» esclamò Thor in un misto di sollievo ed ansia.

«Dimmi dov’è mio fratello.» ordinò lei lapidaria.

«Non posso dirtelo.»  rispose onestamente Thor. «É per il suo stesso bene.»

«Sciocchezze!» esclamò lei minacciosa. Si portò quasi sotto la rete e Thor potè vederla meglio. Il suo volto era stanco e sembrava invecchiato di preoccupazione. «Tu e mio fratello siete spariti senza lasciare tracce. Credi che basti dirmi che è per il suo bene che non sappia dove sia? Che gli hai fatto?!» 

Thor la guardò serio come non mai «Non penserai davvero che gli abbia fatto del male? Sai che lo amo!»

Sylvie fissò lo sguardo nel suo. Era decisa come non mai.

«Allora dimmi dov’è!»

Il biondo sospirò gravemente «Credimi vorrei davvero dirtelo, ma se lo facessi saremmo tutti e tre in grave pericolo. Sylvie siamo cresciuti insieme, credi che non te lo direi se potessi?»

Lei continuò a fissarlo e Thor a quel punto abbassò lo sguardo.

«Ma immagino non sia facile fidarsi di un ladro.»

La giovane rimase in silenzio indecisa ancora per qualche istante poi estrasse un pugnale dalla cinta e si diresse ad un faggio. Con un movimento deciso tagliò la corda tesa che vi era legata e Thor si ritrovò a cadere a terra. Si risollevò scansandosi i resti della rete di dosso e fronteggiò la ragazza che lo guardava con ancora il pugnale in mano.

«Io rivoglio mio fratello Thor. Non importa di niente. È il mio gemello. Io lo sento che qualcosa non va. Perciò non mi interessa se dobbiamo rischiare. Lo rivoglio con me.»

Mentre pronunciava queste parole Thor si accorse che la sua voce appariva lievemente incrinata. E come avrebbe potuto essere diversamente? 

«Ti condurrò da Loki allora, ma devi promettermi di fare quello che ti dirò. Hai capito? Un passo falso e sarà Loki a pagare il prezzo più alto, credimi.»

 

Loki era ai piedi di uno dei due tigli, in attesa. Faceva sempre così quando Thor andava via. Lo aspettava sapendo che sul far del tramonto lui sarebbe tornato.

 E la domanda era sempre la stessa.

“Sei riuscito a vederla?”

 E la risposta era sempre uguale. 

“Non stavolta”.

Per questo quando lo vide sbucare dagli alberi con sua sorella al seguito per poco non cadde. Non sapeva se il cuore gli battesse all’impazzata per il sollievo e la gioia di vederla o per la paura.

«Sylvie.» mormorò.

Lei lo vide e gli corse incontro. Avrebbe voluto avvicinarsi, ma come raggiunse i due tigli si dovette fermare. E lì gli occhi di entrambi i fratelli si riempirono di lacrime. 

«L-Loki.» sussurrò lei. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma Thor l’aveva messa in guardia. 

Non poteva superare i tigli o sarebbe rimasta prigioniera per sempre a sua volta e non potevano sperare nuovamente nella misericordia dello stregone. «Ti cacci sempre nei guai.»

Loki sorrise, gli occhi velati dalle lacrime «Si, è vero.»

Thor si avvicinò ai tigli e li superò. Sylvie strinse i pugni a quella vista. Anche lei avrebbe tanto voluto raggiungerli. 

«Thor mi ha raccontato tutto Loki. Ditemi come faccio a tirarvi fuori di qui.»

«Non c’è modo temo.» mormorò Loki amaro.

Thor li osservò entrambi. Erano davvero spezzati perchè non potevano stare insieme. Sospirò. 

«Un modo…esiste.»

I due fratelli guardarono Thor stupiti e lui si affrettò a spiegare.

«Non siete i primi che sono giunti in questo posto a recuperare qualcosa che gli apparteneva. Molti sono arrivati da lontano perché lo stregone restituisse loro ciò che gli aveva rubato. Lui concede loro di passare il cerchio magico in tutta sicurezza e pone a tutti un quesito. Chiede di indovinare in cosa è mutato il bene rubato. Ma se questi non lo indovinano prende loro qualcos’altro che gli appartiene.» un brivido lo percorse, scosse la testa «No, lasciate perdere è una pessima idea.»

«Che cosa Thor? Che cosa vuole?» chiese Loki deciso.

Il biondo alzò le spalle e sospirò  «Solitamente gli anni che gli rimangono da vivere.»

I due fratelli rabbrividirono e Thor aggiunse «Per questo sembra tanto giovane. In realtà lui ruba il tempo che resta ad una vita e lo usa per sé stesso. Per continuare a vivere e scoprire i segreti del mondo e di ciò che c’è oltre.» 

«E nessuno indovina mai ciò che chiede?» domandò Sylvie titubante.

Il biondo scosse la testa «Di quelli che ho visto passare di qui nessuno ci è riuscito. E ne ho visti veramente tanti dissolversi in cenere.»

Calò il silenzio.

«Io lo risolverò.» esclamò Sylvie sicura.

«Cosa? NO!» ribatté Loki preoccupato.

«É troppo pericoloso. Potresti morire.» aggiunse Thor.

«Perché credete che così stia meglio? Non poter stare con voi è come morire ogni giorno. Sei mio fratello Loki e non accetterò di vederti prigioniero per tutta la tua vita.»

«Sylvie ascolta! Non importa se sarò prigioniero, io ti voglio viva!»

La sorella lo guardò decisa. «Io vi libererò e rimarrò in vita.»

Thor si voltò di scatto verso il muro di edera «Dobbiamo andare o la scoprirà.»

Loki guardò implorante lui e poi la sorella «Non farlo ti prego!» 

Ma lei lo fissò dritto negli occhi «Io non ti lascerò mai solo Loki, mai.»

 

L’indomani la giovane tornò ai due tigli. Aveva trascorso tutta la notte in quel bosco a riflettere. Loki e Thor erano dovuti sparire dietro il muro di edera prima che lo stregone si accorgesse che qualcosa non andava. Aveva visto il puro terrore dipinto sul volto di suo fratello; ma era grata che Thor gli avesse rivelato quella soluzione. Non si era data pace per mesi nella speranza di ritrovarli e adesso avrebbe rischiato tutto, persino la sua stessa vita, pur di riaverli con sè. 

Sollevò lo sguardo sui due alberi e prese un respiro. «Esci fuori stregone!» urlò a pieni polmoni rivolgendosi alla parete di edera. 

Per diversi minuti non accadde niente. Poi le foglie si scostarono come mosse da un forte vento per lasciare passare qualcuno. Sylvie si ritrovò davanti quello che era lo stregone che come prima cosa alla sua vista le sorrise gioviale.

«Ma guarda chi ci ha portato il destino. E tu chi sei? Magari la sorella di Loki?» La giovane però non batté ciglio «Si lo sei, avete lo stesso sguardo deciso. Sai tuo fratello non mi ha mai parlato di te. Immagino non volesse farmi sapere della tua esistenza. Ma credo che tu sia disposta a tutto per riaverlo.»

«Rivoglio entrambi. Sia mio fratello che Thor.»

L’uomo annuì «Si se sei qui l’avrai seguito e scoperto il mio nascondiglio. Va bene. Puoi tentare. Ma ti avverto.» e qui si fece serio «Se brucerai la tua occasione mi dovrai in cambio qualcosa.» La giovane annuì decisa e l’altro tornò a sorriderle «Allora puoi passare liberamente.» disse schioccando le dita «Per di qua.» e si incamminò oltre il muro di edera.

La giovane non esitò nemmeno un istante e lo seguì.

Fu colpita dallo stesso stupore del fratello quando si ritrovò nel piccolo regno dello stregone. Quello la invitò a seguirlo fino alla sua casa e si fermò davanti alla porta di ingresso.

«Ho predetto il tuo arrivo. Me lo avevano detto le stelle. Perciò non ero stupito. Potrai riavere sia Loki che Thor, ma a patto che tu sappia riconoscerli. Se così non sarà io li terrò con me e tu mi dovrai un prezzo per il mio tempo. Qualsiasi ti chiederò. Abbiamo un patto?» domandò.

La giovane annuì e lo stregone soddisfatto le disse:

«Guardati attorno, cerca pure ovunque tu voglia. Cerca chi desidera il tuo cuore in qualsiasi cosa ti circondi e quando sarai sicura dammi la tua risposta.»

La giovane non perse tempo e studiò il luogo attorno a sé. Vi erano fiori bellissimi, grossi frutti maturi, animali di ogni specie. Come avrebbe potuto riconoscere suo fratello e Thor? Si morse un labbro. Da sola quell’enigma sarebbe stato davvero difficile da risolvere.

Se ci fosse stato Loki.

Insieme avevano affrontato mille difficoltà, insieme avevano risolto qualsiasi problema e superato qualsiasi inverno. Ma adesso lei sola poteva salvare le persone a cui teneva. 

Tuttavia, seppur lo sembrasse, non era affatto sola.

«Fiu-fiu-fiuuuu Fiu-fiu-fiu-fiu-fiu-fiuuuuu.»

Sentì. 

Si voltò alla ricerca di quel fischio. Lo udì di nuovo.

«Fiu-fiu-fiuuuu Fiu-fiu-fiu-fiu-fiu-fiuuuuu.»

Affinò l’udito come sempre faceva nel bosco durante la caccia e seguì quel suono. 

Veniva da una grande gabbia di uccellini di ogni specie. 

Lì un tordo fischiava e un altro gli stava accanto con la testolina china sulla sua. 

«Fiu-fiu-fiuuuu Fiu-fiu-fiu-fiu-fiu-fiuuuuu.» fischiettò di nuovo quello e Sylvie fu sicura.

Si ricordava di quel motivetto.

«Sono loro.» esclamò felice.

In un attimo e davanti ai suoi occhi i due uccellini volarono fuori dalla gabbia andandosi a posare ognuno rispettivamente su una spalla della giovane. Mutarono aspetto e Sylvie si ritrovò circondata dall’abbraccio di Loki e Thor. 

Li strinse forte mentre le lacrime scendevano copiose dagli occhi di tutti e tre.

Il ladro stregone li raggiunse e li guardò sorpreso. 

«Incredibile. Come ci sei riuscita?»

La giovane, ancora circondata dall’abbraccio degli altri due, lo guardò fiera «Perchè noi tre siamo una famiglia. E chi ti ama non ti lascia mai solo.»

L’uomo annuì con brevi cenni del capo «Ebbene un patto è un patto. Siete liberi. Potete andare via di qui tutti e tre.»

Poi fissò Loki e gli sorrise.

«Ma ricorda. Tu hai qualcosa che rivoglio Loki. E prima o poi avrò voglia di venire a riprendermelo.»

Poi si rivolse a tutti e tre.

«Ma per adesso siete liberi di andare.»

 

Si erano lasciati i tigli diversi metri dietro quando Sylvie chiese a Loki «A che si riferiva lo stregone?»

Loki, che aveva avuto modo di riflettere in quei lunghi mesi, le rispose «Lo stregone ruba solo cose estremamente preziose, non per il loro valore materiale. Non un gioiello perché vale mille scudi, ma per l’affetto che vi legava colui che lo indossava.» si fermò rivolgendosi a Thor «Quando ti ha preso dalla tua famiglia ha rubato loro l’amore che provavano per te e quello che tu provavi per loro. Ogni giorno che hai passato con lui ha potuto godere di questo bene. Ti ha sempre tenuto in suo potere. Ma quando…»

Prese un respiro e la sua voce si riempì di emozione.

«Quando ti sei innamorato di me…è cambiato qualcosa. Io ti ho rubato…»

«Il cuore.» disse Thor come avesse finalmente capito.

Loki sorrise imbarazzato «E devo averlo fatto davvero. Altrimenti non lo vorrebbe indietro.»

I due si sorrisero dolcemente. Sylvie li guardò ed abbassò lo sguardo imbarazzata. Ridacchiò e disse «No, ma prego vi ho appena salvati, ma fate come non ci fossi.»

I due le sorrisero e Loki le prese le mani nelle sue «Me lo avevi detto.»

«Che cosa? Che i bei ragazzi biondi portano guai?» domandò lei facendo una strizzata d’occhio a Thor.

«Che la prima volta lontano da casa ti sarebbe toccato venire a salvarmi. Lo hai fatto davvero.»

Lei gli lasciò le mani; le portò al volto del fratello «Sei il mio fratellino. Ti salverò sempre.»

 

Passarono tre anni. Loki e Thor vivevano felici con Sylvie che aveva voluto costruirsi una casetta per conto suo accanto alla loro.  In quella felicità la famiglia si era quasi dimenticata dello stregone.

I guadagni andavano bene. La ragazza continuava a cacciare, Thor spaccava legna e Loki si occupava di casa e di vendere marmellate, erbe e rimedi naturali. 

Certo c’era da dire che qualche volta Thor e Sylvie si divertivano ad arrotondare i guadagni sfruttando le abilità di Thor. 

Il biondo aveva continuato ad esercitarsi nei suoi incantesimi e sapeva mutare perfettamente aspetto. Una volta era diventato un meraviglioso esemplare di cane da caccia e al fianco di Sylvie era arrivato in città. Vedendolo molti cacciatori si erano offerti di pagarglielo bene, fino a che addirittura un nobile lo aveva voluto per le sue battute di caccia.

Sylvie glielo aveva venduto per molti soldi e una volta sulla carrozza il cane aveva morso il servo alla buona ed era scappato raggiungendo la ragazza che lo aspettava nel bosco. 

I due si erano divertiti moltissimo e ne avevano combinate anche delle altre. Loki naturalmente passava il tempo a rimproverarli, ma finiva sempre che Thor si scusava e la notte lo convinceva a perdonarlo.

Una mattina di sole Loki uscì di casa e diede un bacio a Thor che stava sistemando un buco nella rete del pollaio. 

Negli anni Loki aveva impedito a Sylvie di uccidere la volpe che spesso aveva mangiato le loro galline o le loro uova e quella, anche se vecchia, non si arrendeva e ogni tanto tornava a far visita al pollaio. 

Sylvie era furiosa perchè proprio due giorni prima la volpe aveva ucciso il loro ultimo gallo. Voleva farne una pelliccia, ma Loki glielo aveva nuovamente impedito.

Si diresse nell’orto ormai grande e rigoglioso. Si ritrovò ad osservare una farfalla posata tranquilla su un fiore di patata. Si sentiva felice, innamorato e non riusciva a togliersi dalla testa la notte appena trascorsa. 

Lui e Thor si erano amati con dolcezza e si erano sorrisi felici perché non avrebbero potuto desiderare nulla di più nella loro vita. A un certo punto Thor si era vestito e aveva avvolto Loki nella morbida coperta ottenuta da una delle tante marachelle con Sylvie.

Lo aveva condotto fuori alla luce della luna e gli aveva proposto una cosa. Di diventare suo sposo. Gli aveva donato un anello e quello non lo aveva rubato, ma comprato vendendo la legna spaccata con tanta fatica. 

Loki adesso lo osservava alla luce del sole, era d’oro, la testa era piatta e una pietrina verde vi era incastonata. 

Vedendo spuntare qualcuno dal bosco sperò che fosse Sylvie.

Era uscita per la caccia di buon mattino e quando sarebbe tornata glielo avrebbero detto. 

Sorrise, ma quando la figura si fece più vicina, tremò.

«THOR!» gridò. Il biondo, destato dal suo urlo, guardò nella sua direzione. Loki gli indicò chi stava arrivando. 

Non fu difficile per entrambi riconoscere lo stregone.

Il moro raggiunse il biondo e gli si mise accanto mentre lo stregone li salutava allegramente.

«Ecco i miei ragazzi. Come state?»

«Che vuoi da noi?» chiese diretto Thor.

«Oh dopo tanti anni è così che saluti il tuo vecchio maestro?»

Il biondo lo fissò minaccioso, ma quello aggiunse subito.

«E va bene, sono venuto per quella piccola questione in sospeso con Loki.»

«Non c’è nessuna questione in sospeso.» rispose il moro deciso «Mia sorella ci ha liberati e io e Thor siamo felici insieme.»

«Ed è proprio per questo che sono qui. Vedete mi sento solo nella mia casa e vorrei tanto che Thor tornasse a farmi compagnia.»

D’istinto il moro si pose davanti al biondo «No.»

«Suvvia Loki tutto ciò è inutile. Sono un ladro stregone. Posso riprendermi Thor e farti dimenticare di lui per sempre. Lo sai vero?» si rivolse al biondo «Come ho fatto coi tuoi genitori ricordi?»

Il biondo a quel punto stava per scattare e colpirlo, ma Loki lo trattenne mentre il suo maestro si ritraeva ridendo.

«Non ti permetterò di ripetere quello che mi hai fatto. Ero solo un ragazzo, ma ora sono cresciuto.»

«Oh e vorresti provare a tenerti ciò a cui tieni vero?»

«Si. Perciò ti sfido.»

«Thor come sai sono contro l’uso delle armi.» fece quello alzando le mani.

«Nessuna arma.» scansò gentilmente da parte Loki e fronteggiò l’altro «Mi hai insegnato a usare la magia per qualcosa.» 

Gli occhi dello stregone brillarono «Un duello magico…mmm interessante davvero interessante. E così sia! Iniziamo adesso?»

«No, non qui. Al fiume. Dove non ci sarà nessuno a rischiare di farsi male.»

 

I due uomini si fronteggiavano. Accanto a loro scorreva il fiume. Il suo percorso incontrava una grande pozza naturale di una profondità di almeno tre metri, il fondo era di un blu intenso. Lì una volta da ragazzi Thor e Sylvie vi avevano fatto il bagno d’estate con Loki che invece era rimasto sui sassi. Essendo tanto profonda l’acqua li aveva praticamente congelati. 

Loki si ricordava che sua sorella era uscita dell’acqua con le labbra di un viola intenso e tremando terribilmente. Aveva davvero temuto che si sentisse male o peggio e si era preoccupato moltissimo.

Ma Thor aveva abbracciato la ragazza e detto a lui di non preoccuparsi. 

In pochi secondi lei stava già visibilmente meglio e aveva ringraziato il giovane. 

Solo molti anni dopo Thor aveva confessato loro di aver usato un incantesimo su di lei per scaldarla e così farla riprendere.

In quel momento Loki non provò nemmeno a dissuadere Thor. Il giovane era deciso a difendere il loro amore ad ogni costo e quella era l’unica via. Lo stregone era stato talmente spavaldo da presentarsi alla loro porta e pretendere di diritto di riavere Thor perciò tanto valeva tentare di batterlo ancora.

Il moro quindi si fece da parte e lasciò che i due duellassero. Lo stregone lanciò un incantesimo ad un albero di castagno secco che prese fuoco. Ne invocò le fiamme scagliandole contro Thor. Il biondo richiamò l’acqua dal fiume e la scagliò contro il fuoco e contro l’albero in fiamme. 

Il maestro allora ingrandì l’onda del biondo perchè lo investisse e lo trascinasse via, ma Thor chiamò a sé il vento che la spinse contro lo stregone che cadde nella pozza profonda e gelata. 

Divenne una biscia d’acqua nera, Thor lo seguì tuffandosi e diventando a sua volta una biscia d’acqua, ma screziata.

Nuotarono nell’acqua fredda fino a raggiungere un bordo della pozza. Vi strisciarono riassumendo il loro aspetto umano completamente fradici. 

Il maestro guardò l’ex-allievo indispettito e d’improvviso mutò in corvo. Si sollevò in volo e puntò  ad artigli tesi verso Loki. Il moro, colto alla sprovvista, non potè che pararsi la testa, ma un falco colpì il corvo e lo fece allontanare da Loki. Si sollevarono in volo, ma il volatile nero beccò forte il falco facendolo gemere di dolore. Lo scansò e già stava per scendere in picchiata su Loki quando una freccia lo ferì ad un’ala.

Loki alzò lo sguardo sul bosco e scorse sua sorella; la giovane impugnava ancora la faretra. Doveva aver assistito alle trasformazioni ed aveva colpito lo stregone.

Quello volò via alla bella e meglio.

La ragazza intanto raggiunse il fratello e nello stesso tempo il falco atterrò e si ritrasformò in Thor. Era ferito al torace e sanguinava.

«Dov’è lo stregone?» domandò Loki.

«É ferito.» disse Thor «si sarà andato a nascondere.» digrignò i denti per la ferita. 

«Dobbiamo tornare a casa e medicarti!» disse Sylvie con urgenza.

I tre risalirono il fiume e il bosco fino ad arrivare alla loro casa. Là, che si teneva un braccio ferito, vi era il maestro stregone che li attendeva seduto vicino al pollaio. 

«Un buon colpo, ma non sono ancora sconfitto.» si risollevò e Thor si pose davanti a Loki e Sylvie. 

«Sei ferito!» esclamò Loki preoccupato, ma il biondo era deciso a finirla lì. 

Si mosse verso l’avversario e i due si guardarono decisi. Loki e Sylvie si guardarono non sapendo che fare. 

I duellanti erano feriti e certamente lottando uno dei due sarebbe anche potuto morire.

Poco distante dal pollaio vi erano dei cespugli. Tremolarono lievemente e Loki lo notò. 

Gli venne un’idea, folle, ma era la loro unica possibilità.

«Ehi!» Gridò ai duellanti.

I due lo guardarono e Loki aggiunse «Thor è ferito! Se continuerete così lo ucciderai e avrai perso comunque. Propongo una sfida più accettabile per entrambi.»

«E sarebbe?» Chiese lo stregone.

Loki indicò loro il pollaio.

«Non ci sono galli in quel pollaio. Trasformatevi in galli. Chi canterà più forte avrà vinto il duello.»

Thor guardò il moro sconvolto, ma quello sembrava sicuro e per quanto folle voleva fidarsi del suo compagno. Guardò il suo vecchio maestro e disse: «Io ci sto. È la cosa migliore per entrambi.»

Lo stregone ci pensò su e studiò prima il biondo poi il moro domandandosi dove fosse l’inganno. 

«Butta via la faretra e sarà affare fatto.» gridò a Sylvie.

La ragazza guardò il fratello indecisa, ma lui le rivolse un cenno d’assenso con la testa. Così lei lanciò l’arma lontano da loro.

Lo stregone soddisfatto si rivolse a Thor. In un istante divenne un gallo, grosso, dalle piume brillanti e dall’aria maestosa. 

Prese un bel respiro e cantò forte e sicuro…

Non aveva ancora finito che una vecchia volpe balzò fuori dai cespugli. Gli saltò addosso mordendolo al collo ed uccidendolo all’istante. 

Thor, colto di sorpresa, fece un balzo indietro osservando l’animale che senza pietà metteva fine per sempre alla vita del pennuto trascinandosi poi via la sua carcassa. 

Anche Loki e Sylvie videro la scena.

«D-direi che è morto.» mormorò la ragazza.

«E morto rimane.» aggiunse Loki, incredulo che il suo piano avesse funzionato.

I due raggiunsero Thor che fissava le piume brillanti a terra che erano appartenute all’animale.

«Una vita a rubare il tempo che apparteneva agli altri con l’astuzia. E alla fine ha trovato qualcuno più furbo di lui.» mormorò.

«É finita Thor. Siamo liberi davvero adesso.» gli disse Loki facendoglisi vicino.

Il biondo si voltò a guardarlo e gli sorrise.

Il moro e Sylvie lo aiutarono a sorreggersi perchè la ferita gli faceva davvero male.

Si incamminarono verso la piccola casina «Avevi ragione fratellino.» se ne uscì Sylvie. «Quella vecchia volpe alla fine è stata utile.»

«Visto sorellina?  Per fortuna non ci hai fatto una pelliccia!»

E tutti furono d’accordo.

Fine 

 

Note:

Il ladro e il suo maestro: https://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/il_ladro_e_il_suo_maestro

 

Ahoy! ❤️

Eccomi con questa fiaba un po’ meno nota.

L’incipit invece è tratto da “L’apprendista stregone” di Branduardi che mi ha ispirato questa storia insieme ai luoghi di casa.

Lo giuro, lo giuro ricavarmi del tempo per scrivere è diventato quasi impossibile, ma tengo duro. 

Questo per annunciarvi che per cause a me ignote la mia testa pazza ha ben pensato di immaginarsi una nuova serie/mini serie/vediamo come va sempre thorki, ovviamente, in stile…pirati!

Se pensate che sia una pessima idea e che per me sia venuto il momento della carriera nell’ippica sappiate che ci sto facendo un pensiero. 🤣

Mi impegnerò al massimo anche in fatto di tempi, vediamo cosa tiro fuori da qui a Natale. 

Per il momento un grande abbraccio e…alla prossima storia!

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