We'll never change

di Ace of Spades
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Internet non si limita a collegare macchine, connette le persone ***
Capitolo 2: *** Ogni lunedì mattina si inizia una settimana che sarà perggiore di quella precedente e migliore di quella successiva ***
Capitolo 3: *** È molto più sicuro essere temuti che amati ***
Capitolo 4: *** Il caffè, come con arte va preparato, così con arte va bevuto ***
Capitolo 5: *** La mente si lascia sempre abbindolare dal cuore ***
Capitolo 6: *** Le idee migliori non vengono dalla ragione ma da una lucida visionaria follia ***
Capitolo 7: *** Davanti a certe persone ci si sente nudi e non è una questione di vestiti ***
Capitolo 8: *** L'amore piega chiunque, anche le persone più orgogliose ***
Capitolo 9: *** Tra moglie e marito non mettere il dito ***
Capitolo 10: *** “ Probabilmente non esiste nessuna intimità che possa competere con due sguardi che si incontrano con fermezza e decisione e che semplicemente rifiutano di lasciare la presa ” ***
Capitolo 11: *** Dai genitori si ereditano solo i lati negativi ***
Capitolo 12: *** La pazienza è la virtù dei morti ***
Capitolo 13: *** Certi occhi il lavoro te lo fanno completo, iniziano a strapparti uno sguardo e concludono strappandoti il cuore ***
Capitolo 14: *** Niente in questo mondo accade per caso ***
Capitolo 15: *** La fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo ***
Capitolo 16: *** E’ raro che due amici, ogni tanto, non si scambino gli occhi ***
Capitolo 17: *** Il rosso e il caffè fa bello chi non è; il verde e il turchino ci vuole un bel visino; il rosa invece non è per chi ha gli occhi color pece ***
Capitolo 18: *** Prendi l'aspetto del fiore innocente ma sii il serpente sotto di esso ***
Capitolo 19: *** Ho gusti molto semplici, mi accontento solo del meglio ***
Capitolo 20: *** Non mostrare ferite, il sangue attira gli squali ***
Capitolo 21: *** Ciò che il cuore conosce oggi, la testa comprenderà domani ***
Capitolo 22: *** Tu non mi piaci affatto ***
Capitolo 23: *** La cosa che ci fa più paura ci è già successa ***
Capitolo 24: *** Il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è in piena vista ***
Capitolo 25: *** Se le formiche si mettono d'accordo, possono spostare un elefante. Se due volatili uniscono le forze, riescono a far ridere un coccodrillo. ***
Capitolo 26: *** Qualcuno ha detto che nel momento in cui ti soffermi a pensare se ami o meno una persona, hai già la risposta. ***
Capitolo 27: *** Cercavo la soluzione ma, in realtà, flirtavo col problema. ***
Capitolo 28: *** Trova ciò che ami e lascia che ti uccida ***
Capitolo 29: *** Se fa vacillare la tua sanità mentale e non riesci a trovare una spiegazione ai tuoi stessi comportamenti, allora è la persona giusta ***
Capitolo 30: *** Le belle giornate, iniziano bene e finiscono male, le brutte giornate iniziano male e finiscono peggio. ***
Capitolo 31: *** Quando accendi una candela a Dio, accendine due per il Diavolo ***
Capitolo 32: *** Una volta avevo un lato dolce, poi l'ho mangiato. ***
Capitolo 33: *** Cadere. Cadere e non rialzarsi. È per questo che si usa lo stesso verbo affiancato alla parola amore. ***
Capitolo 34: *** È amore quando devi scegliere tra due fette di torta e scegli quella più piccola ***
Capitolo 35: *** Se il destino di un uomo è annegare, annegherà anche in un bicchier d’acqua. ***
Capitolo 36: *** Ognuno di noi ha un punto di rottura; la cosa brutta è che scopri dov'è solo quando ci arrivi. ***
Capitolo 37: *** Le speranze le hanno le persone, ma i destini li distribuisce il diavolo. ***
Capitolo 38: *** I giorni vengono distinti fra loro, ma la notte ha un unico nome. ***
Capitolo 39: *** Gli scherzi del destino non fanno ridere. ***
Capitolo 40: *** Ducunt volentem fata, nolentem trahunt. ***
Capitolo 41: *** La morale è che non c'è nessuna favola ***
Capitolo 42: *** L'unica giornata tranquilla è ieri ***
Capitolo 43: *** Tutte le cose che mi piacciono sono illegali, immorali oppure fanno ingrassare ***
Capitolo 44: *** L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi. ***
Capitolo 45: *** Per far guarire una ferita devi smettere di toccarla. ***
Capitolo 46: *** Tutto cambia per non cambiare nulla ***
Capitolo 47: *** Le cicatrici dicono molto di più della spada che le ha causate ***
Capitolo 48: *** La lingua sa essere molto tagliente ma non sarà mai affilata quanto un silenzio. ***
Capitolo 49: *** Stai attento a chi concedi la tua fiducia, il Diavolo una volta era un angelo, ed era il preferito di Dio. ***
Capitolo 50: *** I segreti che ti porti dentro ti segnano fuori ***
Capitolo 51: *** Se si tiene davvero a qualcosa, l'ultimo tentativo è sempre il penultimo. ***
Capitolo 52: *** A volte il miglior modo per attirare l'attenzione di qualcuno è smettere di dargli la tua ***
Capitolo 53: *** Il bello delle fotografie è che rimangono sempre uguali anche se le persone cambiano ***
Capitolo 54: *** Quando c'è di mezzo l’amore, l’orgoglio è una qualità di cui si parla spesso ma che si applica raramente. ***
Capitolo 55: *** Quando si chiude una porta la si riapre, perché è così che funzionano le porte. ***
Capitolo 56: *** Dio li fa e non dovrebbe. ***
Capitolo 57: *** Si ama ciò che non si ha, come il giorno ama la luna. ***
Capitolo 58: *** Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te. Ma anche tutto quello che non dirai, se è per questo. Hai il diritto di tacere o di parlare, vedi tu. ***
Capitolo 59: *** La venerazione tributata fa onore a chi la esercita. ***
Capitolo 60: *** L'etica dei ricordi è pari a quella dei pirati: l'unica differenza è quello che ti rubano. ***
Capitolo 61: *** extra - [その時のこと] ***



Capitolo 1
*** Internet non si limita a collegare macchine, connette le persone ***


1) “ Internet non si limita a collegare macchine, connette delle persone








Quel giorno non voleva proprio smettere di piovere, fortuna che era domenica e poteva stare in casa. Lui odiava la pioggia, anche se la cosa peggiore era dimenticarsi l'ombrello e bagnarsi dalla testa ai piedi; la sensazione della maglietta bagnata attaccata alla pelle lo faceva sentire in trappola.
Crocodile sbadiglió e tornó a fissare il libro di matematica.
'Che palle, quella strega della professoressa Kalifa ci ha dato due pagine di esercizi per lunedì, come se non avessimo altri compiti da svolgere' pensó appoggiando il mento sul palmo della mano destra e tornando a fissare fuori dalla finestra.

'Anche quel giorno pioveva.'

La sua mente lo riportó a molti anni prima, quando suo padre lo aveva accompagnato all'asilo. Si era appena trasferito a causa del lavoro dei genitori, sua madre era una giornalista molto famosa grazie ai suoi articoli di cronaca, mentre suo padre era un avvocato di grande successo, tanto da venire richiesto anche all'estero.
Nonostante avesse quasi 5 anni e fosse ancora piccolo, i suoi lo trattavano come un adulto, ad esempio lo rimproveravano sempre quando piangeva perchè quello "era un comportamento da deboli", per citare suo padre.
Dopo averlo lasciato all'ingresso della scuola, suo padre se n'era andato senza neanche salutarlo e lui era rimasto da solo a guardare la porta davanti a lui.
Fortunatamente una bidella lo aveva notato e lo aveva fatto entrare, gli aveva spiegato cosa doveva o non doveva fare all'interno dell'edificio e poi lo aveva portato nella sua nuova classe.
Non si era messo a piangere nè aveva chiesto quando tornavano i suoi genitori; si era limitato ad annuire e a seguirla.
"Oh ecco il vostro nuovo compagno! Forza, non siate timidi e salutatelo!" aveva esclamato la maestra, una donna grassottella dai capelli rossi.
"Ciao"  avevano risposto in coro una ventina di marmocchi col moccio al naso, poi la maestra si era riseduta e aveva ignorato i bambini mettendosi a parlare al telefono.
C'era chi piangeva, chi giocava con i Lego, chi tirava oggetti, chi si mangiava la colla Pritt e chi giocava col Vinavil.
A quella vista aveva sospirato rassegnato all'idea di restare da solo tutto il giorno, mettendosi a sedere in un angolo e cercando di ignorare chi gli stava attorno.
Ecco dove aveva incontrato i suoi due attuali migliori amici (o presunti tali), in quell'aula dalle pareti bianche illuminata dalla luce fioca delle lampadine.
Anche se si era messo in un angolo, un bambino gli si era avvicinato per poi sedersi di fianco a lui senza dire niente. Ció che lo aveva colpito maggiormente erano i suoi occhi, di un colore giallo dorato.

"Ehi voi due! Avete intenzione di stare lì seduti senza fare niente per tutto il giorno? Forza venite a giocare a palla con me, sapete, siete le uniche persone interessanti qua dentro"

Quelle parole erano state pronunciate da un bambino biondo poco più alto di lui che, nonostante stesse piovendo e si trovassero all'interno di un edificio, sfoggiava un paio di occhiali da sole calati sugli occhi.
"Piacere, io mi chiamo Doflamingo, e voi?"
"Mihawk"
"Crocodile"

Sorrise continuando a fissare la pioggia; da quel giorno avevano continuato a giocare insieme e, anche se i loro caratteri erano molto diversi, avevano fatto amicizia. Anzi, forse era proprio per quello che erano così uniti.
Quelli erano stati gli anni più divertenti della sua infanzia dato che lui non aveva mai avuto delle persone con cui parlare o che poteva considerare amiche.
In realtà, più che giocare, provava una sorta di sadico piacere a lanciare addosso a Doflamingo ogni genere di oggetto, dai Lego alle sedie, anche se l'altro schivava magistralmente ogni cosa. Gli stava sul cazzo il ghigno perenne che quel biondino aveva sempre stampato sul volto, ma alla fine si divertiva a passare il tempo in sua compagnia, soprattutto quelle volte in cui riusciva a tirargli i Lego in testa. Mihawk invece non parlava molto, ma gli stava sempre vicino e a volte si addormentava appoggiando la spalla contro la sua.
All'ultimo anno dell'asilo, peró, dovette trasferirsi di nuovo, ma prima lasció il suo numero di telefono ai due bambini. Sì, perchè l'unica cosa che i suoi gli avevano dato era un cellulare personale da usare per le emergenze, visto che non erano quasi mai a casa.

"Non preoccupatevi, ci terremo in contatto!"
"E chi si preoccupa Doflamingo, io non sentiró la tua mancanza"
"Ahi Croco-chan, sei crudele!"
"Grazie, lo useró"
"Di poche parole come sempre, eh Mihawk?"

Dopo essersi trasferito, seppe da Doflamingo che anche lui aveva cambiato città ed ora tutti e tre si trovano a chilometri di distanza l'uno dall'altro.
Nonostante tutto, continuarono a chiamarsi almeno una volta a settimana, finchè non furono abbastanza grandi da poter usare un computer ed iscriversi ad un sito in cui potevano parlare liberamente nella chat. Il sito in questione si chiamava One Chat ed era molto in voga tra gli adolescenti che volevano esprimere le loro idee o semplicemente conoscere persone nuove, dato che l'account era anonimo. Nessuno sapeva chi fosse l'amministratore, si conosceva solo il suo nickname, "Re dei Pirati".


Crocodile tornó a fissare il libro sperando che gli esercizi si fossero risolti da soli, ma ovviamente era una speranza vana. Il suo sguardo si spostó dal libro al pc, sbuffó, prese il computer e lo mise sopra il quaderno, lo accese, poi entró in One Chat nel loro gruppo privato.
Sorrise notando che uno dei due era connesso.

*Taka no Me è entrato in chat*

*Mister Zero è entrato in chat*


- ciao Crocodile

• Mihawk, come mai sei già qui? Di solito a quest'ora dormi

- lo so, stavo provando a studiare storia, ma penso che lo faró dopo cena, ora non mi va

• non lo farai dopo cena

- esatto

• sei sempre il solito pigrone, non so come tu faccia ad avere una media alta

- perchè studio il giorno prima della verifica

*Joker è entrato in chat*

> buongiorno!

- Doflamingo

• anche tu qui

> eh già! Sapete, domani ho un'interrogazione di geografia, ma ho studiato abbastanza ed ora non mi va di ripassare

- andrai bene

• prenderai 9 come al solito

> fufufu~ certo che andrà bene, io sono molto bravo negli esami orali

• smettila con questi doppi sensi e torna a studiare

- doppi sensi?

> ahahah! Mihawk sei sempre il solito

• lascia stare Mihawk, non ne vale la pena

- se lo dici tu

> ok, allora torno a rileggere per la 12382619 volta, a più tardi!

*Joker si è disconnesso*

• vado anche io, ho una marea di esercizi da fare, ciao Mihawk

- ok, allora io torno a dormire

*Mister Zero si è disconnesso*

*Taka no Me si è disconnesso*


Crocodile chiuse il pc e sbuffó assumendo il suo solito sguardo deciso.
"Ed ora a noi due matematica"











 

Salve a tutti! Inizio ringraziando chi ha letto questo primo capitolo; per chi mi ha seguito anche in altre storie sa che amo la coppia Doflamingo x Crocodile, con Mihawk come terzo non-incomodo xD
Anche questa sarà incentrata sui tre, ma ci saranno anche altri personaggi di One Piece, come ad esempio Kalifa, che qui vediamo essere la prof di matematica di Crocodile~
Nella chat:
- si riferisce a Mihawk
• a Crocodile
> a Doflamingo
Il sito di One chat collega molti dei personaggi, ma lo vedremo andando avanti con la storia!
Ditemi la vostra, a presto ^^

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Capitolo 2
*** Ogni lunedì mattina si inizia una settimana che sarà perggiore di quella precedente e migliore di quella successiva ***


2) “ Ogni lunedì mattina si inizia una settimana che sarà peggiore di quella precedente e migliore di quella successiva











Lunedì. Il giorno peggiore della settimana. Va bene, lui era una persona molto pigra, ma iniziare la scuola alle 8.10 di mattina era un crimine. Le lezioni sarebbero dovute iniziare come minimo a mezzogiorno, così si aveva tempo per dormire ed aumentava la produttività.
'Gli orari scolastici li fa Satana' pensó mentre fissava il muro sopra di sè. Non aveva alcuna voglia di alzarsi, vestirsi ed andare in quell'aula a fingere di ascoltare delle persone che, per la maggior parte del tempo, dicevano cavolate. Alla fine lui andava a scuola solo per scaldare la sedia.
Mihawk strisció fuori dal letto uscendo dalle morbide coperte che lo avevano accolto durante la notte.
Poteva andare a scuola in piagiama.
Una volta lo aveva fatto, non per scelta, ma semplicemente perchè si era dimenticato di cambiarsi.
Sbadiglió mettendosi in piedi e strofinandosi gli occhi col dorso della mano, poi si decise a vestirsi con l'uniforme della scuola, che consisteva in una camicia bianca e jeans blu, ed uscì di casa facendo meno rumore possibile. Quanto invidiava sua madre che poteva dormire fino a metà mattina!
Mentre si dirigeva a passo lento verso l'edificio scolastico, passó davanti ad una pasticceria e si fermó a guardare la vetrina.
Cinque minuti dopo si trovava davanti a scuola con una brioche al cioccolato.
"Ehi Mihawk!"
Il ragazzo si giró trovandosi davanti una massa di capelli rossi ed una faccia sorridente.
"Ciao Rosso" rispose mentre l'altro metteva il broncio.
"Ti ho già detto un milione di volte di chiamarmi per nome!"
Quel tipo troppo euforico era Shanks, un suo compagno di classe, ma molti lo chiamavano Rosso per via del colore dei suoi capelli, che erano, appunto, di un rosso acceso.
"Come fai ad essere sempre così pieno di vita la mattina?" chiese mentre salivano le scale per raggiungere la loro aula.
"Perchè non dovrei? Oggi è una giornata splendida, splende il sole e-"
"Ed è lunedì. Non puoi essere felice il lunedì."
"Quante storie. Il lunedì è un giorno come un altro" proruppe una voce dietro di loro.
"Benn!" esclamó Shanks sorridendo.
Il nuovo arrivato, che rispondeva al nome di Benn Beckman, un ragazzo poco più alto di lui con i capelli neri raccolti in una coda bassa, era l'ombra del Rosso; lo seguiva ovunque andasse e gli dava sempre una mano. Quei due erano un po' come il sole e la luna: mentre Shanks era un ragazzo gentile, ottimista e con una gran voglia di vivere, Benn aveva un atteggiamento distaccato e sospettoso verso chiunque.
"È arrivata la balia" commentó prendendolo in giro ed entrando in classe mentre il ragazzo dai capelli neri gli riservava un'occhiata di disappunto.
Fortuna volle che il professore non fosse ancora arrivato.
"Cosa abbiamo la prima ora?" domandó sedendosi nel banco di fiano alla finestra.
"Matematica purtroppo. E io non ho fatto i compiti... Questa volta Lucci mi uccide" disse rassegnato Shanks sedendosi di fianco a lui.
"Ho fatto una copia dei miei, dato che immaginavo che non li avresti svolti" commentó con un sorrisetto Benn mentre si sedeva dietro al Rosso e gli porgeva delle fotocopie.
"Oh Benn, sei il mio salvatore!"
"E tu Mihawk?"
"Non ho bisogno di fare i compiti, Beckman. Io li so svolgere quei problemi" disse atono guardandolo.
"Sei sempre il solito"
In quel momento il professore entró nell'aula sbattendo con forza la porta.
"Buongiorno professor Lucci" cinguettarono in coro un paio di ragazze.
Chissà cosa ci trovavano in quell'uomo; era moro con i capelli mossi e lunghi raccolti in un codino, mentre gli occhi neri incutevano timore con un solo sguardo; sembrava di avere davanti un leopardo. Ogni volta che interrogava, se non avevi sangue freddo o una faccia tosta come poche, ti sbranava vivo. Ecco chi era il loro prof di matematica, Rob Lucci.
"Dato che oggi sono di buon umore verifica a sorpresa." commentó ghignando mentre tutti i suoi compagni di classe stavano pensando ad un modo per suicidarsi, come buttarsi dalla finestra o pugnalarsi con il righello.
"Fantastico, e io che volevo dormire" sussurró Mihawk sbuffando preparandosi a passare due ore a riflettere sugli esercizi impossibili del compito.

"Quell'uomo è un demonio!" esclamó Shanks dopo che Lucci fu uscito dalla classe con le verifiche in mano.
"Verifica a sorpresa? E per fortuna che era di ottimo umore! E poi avete visto che razza di problemi ha messo? Neanche Einstein avrebbe saputo risolverli! Sono sicuro che ci gode a mettere dei 2, non c'è altra spiegazione"
Benn annuì riponendo la penna nera nel suo astuccio e Mihawk sbadiglió incrociando le braccia al petto.
"Fortuna che ora abbiamo storia dell'arte con Kokoro, almeno lei è più simpatica di quello là... Ma che dico, qualsiasi cosa è più simpatica di Lucci!"
"Ehm, scusate se vi disturbo, posso chiedervi una cosa?" domandó una voce alle loro spalle.
"M-Makino! Ciao, ehm, chiedi pure" balbettó imbarazzato Shanks grattandosi la nuca mentre Benn tratteneva un sorriso.
"I lavori di arte sono da consegnare oggi? Perchè io ho lasciato i miei a casa" commentó la ragazza sorridendo.
"Shanks" sussurró Benn non ricevendo risposta dall'altro, che si era incantato a fissare la mora.
Mihawk tiró una gomitata al ragazzo di fianco a lui, che sbattè più volte gli occhi e finalmente le rispose:
"N-no, sono da consegnare la prossima settimana"
"Ah! Per fortuna! Grazie mille Shanks" commentó sorridendo la ragazza per poi allontanarsi.
"La tua faccia ha lo stesso colore dei tuoi capelli" disse Mihawk guardandolo.
"Sembri un pomodoro" aggiunse Benn appoggiando il mento sulla mano destra.
"L-la volete smettere!" esclamó imbarazzato Shanks incrociando le braccia al petto.
"Guarda che si vede che ti sei preso una cotta per quella ragazza" continuó Benn "in effetti non è niente male, capelli neri lunghi fino alle spalle, occhi dello stesso colore, un sorriso raggiante e un bel corpo"
"Ehi. Non ti azzardare. L'ho vista prima io." sibiló Shanks girandosi a guardare l'amico.
"Visto che ti piace?"
"Un bambino di 3 anni" commentó Mihawk scuotendo la testa e beccandosi un pugno sul braccio da parte del Rosso che gli rispose:
"Piantala occhietti belli"
Il ragazzo assottiglió lo sguardo che divenne più glaciale del solito; quello stupido soprannome glielo aveva affibbiato quando una ragazza che aveva una cotta per lui gli aveva lasciato una lettera d'amore sopra il banco scrivendogli che aveva degli 'occhi belli'. Shanks l'aveva letta non appena lui l'aveva buttata nel cestino e da alcuni mesi lo chiamava con quel nomignolo odioso.
"Sta' zitto Rosso"

Le altre ore della giornata trascorsero in modo più o meno normale, Kokoro si addormentó seduta davanti alla cattedra mentre leggeva un brano sul Barocco; era risaputo che avesse il vizio di alzare il gomito, anche prima di venire a scuola, e a volte capitava che dormisse durante le lezioni, ma nessuno degli altri professori era mai riuscito a beccarla in flagrante.
Dopo aver salutato Benn e Shanks, Mihawk si incamminó verso casa, dove non trovó nessuno; evidentemente sua madre era ancora al lavoro.
Una volta fatta la doccia, si infiló dei pantaloni di una tuta e si mise sul letto con il pc, lo accese ed entró su One Chat.

*Taka no Me è entrato in chat*

Mentre aspettava che Crocodile e Doflamingo si connettessero, guardó chi era online. Quel sito era frequentato da molte persone, tutte con dei nickname strani.
La polizia aveva tentato più volte di chiuderlo e di capire chi fosse il suo creatore, anche usando degli hacker esperti, ma tutti avevano fallito, nessuno era mai riuscito a capire chi fosse il misterioso "Re dei Pirati". Nella schermata iniziale, in cui dovevi fare il login ed inserire la password, c'era un gigantesco jolly-roger, cioè un teschio con le ossa incrociate che si trovava sulle bandiere dei pirati.
Evidentemente quel tipo aveva un debole per quel genere di cose.


*Joker è entrato in chat*

>ciao Mihawk!

Il ragazzo dagli occhi dorati smise di guardare il sito ed entró nella chat privata.


- ciao Doflamingo

> cavolo, ho una fame! Non ho ancora pranzato

- ora che me lo fai notare neanche io

> uffa :(

*Mister Zero è entrato in chat*

> Croco-chan!

• Doflamingo, ti ho già detto di non chiamarmi in quel modo.

- ciao Croco-boy

• Mihawk non ti ci mettere anche tu. Com'è andata la tua interrogazione Doflamingo?

> bene, ho preso 9,5! :))

• il solito secchione. Io oggi non ho fatto molto, Kalifa ha ritirato gli esercizi di matematica, per fortuna che ieri li avevo finiti.

- non parliamo di matematica. Oggi il professore è entrato dicendo di essere di ottimo umore, poi ci ha fatto una verifica a sorpresa.

> si chiamano sadici xD

• solo un bastardo di prima categoria potrebbe fare un lavoro del genere!

- almeno il resto della giornata l'ho passato dormendo

> dovrebbero scopare di più! Di solito i professori se la prendono con i loro alunni se la loro vita fa schifo~

• per una volta sono d'accordo con te

- se fossi un professore passerei le mie ore a non fare niente

• il lunedì ho sempre bisogno di una tazza di caffè extra per alzarmi, almeno è finito per questa settimana-

> se fossi lì con te ti farei alzare io~

• Doflamingo. Piantala.

- scusate ma non ho capito

> fufufufu~~

• in pratica sta dicendo cazzate, lascia perdere

- comunque ho fame, vado a cercare qualcosa di commestibile nel frigorifero, ci sentiamo più tardi

> ciao falchetto! :3

- ciao Mihawk

*Taka no Me si è disconnesso*


Il moro si alzó dal letto e si diresse in cucina; se non si ricordava male, da qualche parte dovevano esserci delle patatine...
"Bingo" disse vedendo il tubo colorato delle Pringles.
"Penso proprio che faró un sonnellino" commentó mangiando una patatina. "Magari domani mi viene l'influenza e non posso andare a scuola, che peccato" 
Dopo aver finito di mangiare tornó in camera ed entró nuovamente nel sito; sulla sinistra dello schermo venivano riportati i nomi delle persone connesse.
Mihawk assottiglió lo sguardo notando un nome alquanto stravagante.
"Red Force..."
Ignoró l'istinto di chiudere il pc e scrisse nella pagina comune:

-Domani penso che salteró scuola e andró a dormire al parco

Tutto si sarebbe aspettato tranne una risposta di quel Red Force.

~vai a scuola scansafatiche che non sei altro!

Mihawk alzó un sopracciglio; come si permetteva quel tizio a rivolgergli la parola e soprattutto a parlargli in quel modo!

-faccio quello che mi pare, non sei mica mia madre. E a volte non ascolto neanche lei quindi fatti gli affari tuoi.

~ci vediamo domani occhietti belli! ;)

"No, non dirmi che-"
Quella piattola rossa lo aveva trovato anche lì. 
Maledizione.














 

Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo in cui il protagonista è Mihawk.
Finalmente si comincia a capire qualcosa in più di questo sito strano anche se ancora le informazioni sono poche-
Qui vengono presentati alcuni compagni di classe di Occhi di Falco, il nostro amato Shanks, il suo braccio destro Benn e la dolce Makino per cui il Rosso ha un debole (vedremo tra i due cosa succederà)
Il professore di matematica qui è Rob Lucci, io avrei una paura fottuta...
E Kokoro come prof di arte mi piaceva.
Scopriamo anche che Mihawk non capisce i doppi sensi a natura sessuale di Doflamingo (al contrario di Crocodile) e che Shanks si è iscritto al sito sotto il nome di Red Force che, per chi non lo sapesse, è il nome della sua nave nel manga.
Bhe, direi che vi ho annoiato abbastanza, lasciatemi un vostro parere! A presto

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Capitolo 3
*** È molto più sicuro essere temuti che amati ***


3) “ E' molto più sicuro essere temuti che amati.











Stava dormendo così bene mentre era abbracciato dalle calde coperte del suo letto quando la porta di camera sua si aprì di scatto.
"Signorino, si svegli, sono le 7, la colazione è pronta e lei deve andare a scuola"
Un borbottio di proteste non fermó la cameriera che alzó le tapparelle facendo entrare la luce nella stanza e svegliandolo completamente.
"Ho capito, ora mi alzo" riuscì a mugugnare tra uno sbadiglio e l'altro Doflamingo, mentre con la mano destra tastava il comodino di fianco al letto in cerca dei suoi inseparabili occhiali da sole. Una volta che le sue dita toccarono le lenti, li afferró e se li mise per poi alzarsi in piedi e stiracchiarsi.
Non aveva proprio voglia di andare a scuola in mezzo a quel branco di idioti.
Dopo aver indossato la divisa scolastica, che consisteva in una camicia bianca e dei pantaloni rossi, uscì dalla camera e si diresse nel salone, dove un'altra cameriera gli servì la colazione.
Non aveva voglia di andare a scuola semplicemente perchè lì gli leccavano tutti il culo solo perchè il suo cognome era Donquixote.
Suo padre, come lavoro legale, era a capo di una catena di alberghi chiamati Dressrosa , ma in realtà era a capo di una delle famiglie mafiose più influenti in circolazione, ecco perchè tutti gli studenti e i professori lo trattavano con rispetto qualsiasi cosa facesse, e questo gli dava il voltastomaco.
Non aveva ancora incontrato qualcuno con abbastanza palle da dirgli di no o da tenergli testa.
Aveva frequentato un asilo insieme ad altri bambini solo grazie a sua madre, alle medie aveva studiato a casa propria grazie a degli insegnanti privati, e poi era riuscito a convincere suo padre a fargli frequentare il liceo pubblico nella speranza di trovare qualcuno di interessante con cui confrontarsi, ma si sbagliava.
"E' molto più sicuro essere temuti che amati." gli ripeteva il suo vecchio.

Dopo la perdita di sua madre, che era morta di cancro quando lui aveva 5 anni, suo padre era diventato molto più apprensivo e protettivo nei suoi confronti, tanto da fornirgli una scorta di minimo due uomini armati dovunque andasse.
Era logico che le persone lo evitassero o gli facessero fare qualsiasi cosa volesse.
Doflamingo si sistemó gli occhiali utilizzando il dito medio mentre ingoiava l'ultimo biscotto con le macchie di cioccolato.
Gli occhiali da sole. Lui non se ne separava mai, li toglieva solo quando andava a dormire.
No, non aveva una strana allergia o cose del genere.
Quando sua madre morì, ogni volta che suo padre lo guardava si rattristava e se ne andava non rivolgendogli più la parola. Solo un giorno gli sfuggì il motivo di tale comportamento.

"Hai gli stessi occhi di tua madre"

Doflamingo era piccolo, ma non era un idiota; da quel momento cominció a nascondere i suoi occhi azzurro cielo dietro a degli scuri occhiali da sole.


Il biondo si alzó ghignando dirigendosi verso l'uscita mentre ogni persona al suo passaggio si inchinava. Avrebbe mentito se avesse detto che quel trattamento gli dispiaceva; era bello vedere le persone piegate al suo volere, ma non c'era alcun gusto se non era lui a piegarle.
Uscito dalla villa salì in macchina e l'autista partì diretto al liceo; si prospettava un'altra giornata noiosa.
Sceso dall'automobile, si diresse a passo spedito all'interno dell'edificio, deciso a sedersi il prima possibile nel suo banco.
'Prima si inizia, prima si finisce' pensó aprendo la porta dell'aula e raggiungendo il proprio posto. 
Poco dopo arrivarono altri suoi compagni di classe, una ragazza dai lunghi capelli neri e dagli occhi azzurri di nome Boa Hancock e Gekko Moria, un ragazzo dalla faccia allungata con capelli sparati in aria e la carnagione tendente al grigio che gli ricordava uno zombie.
Quando un suo compagno di classe le spostó la sedia per aiutarla a sedersi, Hancock sbuffó infastidita e lanció uno sguardo carico d'odio al malcapitato.
"Gli uomini sono tutti uguali, degli esseri inferiori che non appena vedono una bella ragazza perdono la testa. Che pena" sibiló con astio mentre accavallava le gambe e sorrideva.
Quella donna era davvero un demonio; a volte il suo comportamento gli ricordava quello di un serpente velenoso.
Moria nel frattempo si era seduto ignorando tutto e tutti fissando un punto indefinito davanti a sè.
La prima lezione era fisica con il professore Blueno, un uomo alto, ben piazzato con i capelli neri acconciati in due punte che sembravano due corna.
Un botto improvviso fece sobbalzare gli studenti, che si girarono verso la fonte di quel rumore.
La porta si aprì rivelando la figura di Blueno, che entró massaggiandosi il naso. Quel tipo aveva dei problemi con le porte, soprattutto con quella dell'aula dato che almeno una volta a settimana ci andava a sbattere pensando di trovarla aperta.
'Avrà avuto un trauma infantile' pensó Doflamingo mentre il ghigno sul suo volto si allargava.
"Bene ragazzi, oggi parliamo dei principi della meccanica"

Dopo una mattinata di lezioni insopportabilmente noiose con compagni altrettanto noiosi, finalmente l'ultima campanella suonó e il biondo potè lasciare l'istituto.
All'esterno della scuola trovó la solita Audi nera ad attenderlo, mentre attorno a lui si creava il vuoto.
'Tsk, cagasotto'
Arrivato a casa, si fece una doccia, si avvolse un asciugamano in vita e si sdraió sul letto con il pc, che venne subito acceso.
L'unico scopo delle sue giornate era quello di arrivare verso sera per poter parlare con Mihawk e Crocodile su One Chat.
Aveva scoperto quel sito quasi per sbaglio, poi aveva deciso di iscriversi. 
Di solito quando ci si iscrive ad un forum o a siti del genere si inserisce la propria mail, poi si sceglie un nome e una password.
Invece, per registrarti su One Chat dovevi superare una specie di quiz con domande del tutto assurde, come "cosa faresti se fossi il capitano di una nave pirata e la marina ti attaccasse?" oppure "qual è il tesoro più prezioso che un uomo possiede?"
Dopo aver compilato il quiz, se lo avevi superato ti appariva una schermata nera con un jolly roger disegnato e ti chiedeva (finalmente) di inserire nome e password. Se non superavi il quiz, si apriva un'altra schermata, anch'essa nera, su cui comparivano delle sbarre, come se ti trovassi improvvisamente in una prigione di massima sicurezza, poi la pagina si chiudeva.
Lo sapeva perchè anche un sottoposto di suo padre aveva provato a registrarsi ma aveva fallito.
Quel sito era strano quanto il suo creatore.
"Re dei Pirati... Ecco cosa succede quando si guarda troppe volte 'Pirati dei Caraibi'." commentó rivolto al computer mentre effettuava il login.


*Joker è entrato in chat*


Il biondo si sorprese di trovare già attivo Crocodile, così entró nel gruppo privato.

> Croco-chan! Ah, non sai quanto mi sei mancato oggi~ ♡

• Doflamingo non mi interessa. E piantala di chiamarmi Croco-chan!

> ogni volta che ci sentiamo sei sempre così scontroso... Per caso ti sto antipatico? Oppure hai solo bisogno di sfogarti in camera da letto?

• finalmente l'hai capito che non ti sopporto.
Perchè il discorso va sempre a finire sul sesso quando parliamo?

> perchè è un bell'argomento.

• tu sei pazzo

> felice che tu l'abbia capito dopo tanti anni :)

• mi stai facendo innervosire. Oggi non è giornata, è da stamattina che ho mal di testa per colpa di quei deficienti delle poste.

> poste?

• dovevo spedire una lettera per conto di mia madre. Ed ovviamente c'era una fila infinita.
Persone ovunque che si lamentavano della loro vita e parlavano dei loro problemi. Ho considerato l'opzione di ucciderli tutti a mani nude o usando una biro.

> ahahahahahaha! Povero Croco-chan xD 

• piantala di sfottere deficiente

> fufufu~ la mia giornata non è stata molto meglio, andare in quella scuola mi fa venire la nausea.
Tutti che si scusano e mi salutano o si inchinano, che branco di cagasotto.

• per forza, sei figlio di un boss mafioso, che cosa ti aspettavi?

> e tu cosa faresti se mi avessi davanti?


Doflamingo fissó lo schermo aspettando la risposta di Crocodile. Nonostante non gli interessasse l'opinione altrui, quella del ragazzo con cui stava parlando gli importava eccome.


• ti prenderei a calci nel culo anche se fossi il figlio del Papa, non preoccuparti.


Il biondo sorrise passandosi una mano tra i capelli ancora bagnati.
Gli piaceva il modo di fare di quel tipo, non aveva peli sulla lingua e diceva sempre quello che pensava.
Ecco perchè lo rispettava.
Per lui il rispetto era di essenziale importanza,  suo padre glielo aveva insegnato fin da piccolo. 


> Croco-chan, indovina cos'ho addosso?♡

• non mi interessa.

> ho appena fatto la doccia e ho ancora i capelli bagnati, mentre ho solo un asciugamano legato in vita~
Quanto vorrei che fossi qui con me :3

*Mister Zero si è disconnesso*


Rise. Adorava punzecchiarlo, era uno dei suoi passatempi preferiti.
Sorrise alzandosi e dirigendosi verso il bagno per finire di asciugarsi, lasciando il pc acceso.
"Magari continuo a rompergli le palle anche dopo cena~"


















 

Buonasera miei cari! Ecco a voi il nuovo capitolo questa volta incentrato su Doflamingo.
Figlio di un boss mafioso, il biondo non trova nessuno alla sua altezza se non il suo amico di infanzia Crocodile.
Mi sono inventata il motivo per cui Doflamingo porta gli occhiali da sole fin da piccolo... è un po' triste, ma ormai lui non ci fa nnache più caso agli occhiali, sono un'estensione del suo corpo.
Qui vediamo che il fenicottero ha come prof di fisica Blueno (sì ce l'ho con la CP9 in questo periodo) il quale ha un problema con le porte. 
Nel manga Blueno riesce ad aprire delle porte dimensionali e a spostarsi nello spazio, per questo ho messo chea volte si dimentica di aprirle e ci va a sbattere contro xD
Anche stavolta si scopre qualcosa su One Chat: un quiz per potersi registrare formato da domande assurde...
Mah.
Bene, per il momento è tutto! Lasciatemi un commento se volete, a presto
 

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Capitolo 4
*** Il caffè, come con arte va preparato, così con arte va bevuto ***


4) “ Il caffè, come con arte va preparato, così con arte va bevuto










Ce la poteva fare.
Poteva sopportare un'altra giornata di scuola senza commettere uno sterminio di massa, l'importante era autoconvincersi.
Crocodile si versó la seconda tazzina di caffè; ormai era al penultimo anno del liceo, doveva riuscire a resistere un altro po'.
La pazienza purtroppo non era una delle sue virtù migliori, quindi dubitava fortemente che in quel lasso di tempo non avrebbe spaccato la faccia a nessuno, ma pur di raggiungere il suo obbiettivo era disposto a tutto.
"Il fine giustifica i mezzi" e questo valeva sempre, in ogni situazione.
Quindi avrebbe fatto un sacrificio e si sarebbe comportato da bravo studente ancora per un anno, poi si sarebbe trasferito in un'altra città per frequentare l'università e si sarebbe allontanato definitivamente da quel posto.

Dopo aver bevuto il caffè uscì di casa diretto verso quell'edificio dalle pareti gialle e bianche, in perfetto stile ospedale; peccato fosse una scuola.
Un ragazzo dalla pelle abbronzata e dai capelli rasati lo salutó con un cenno del capo e lo lasció passare spostandosi di lato. Quel tipo dall'aria poco raccomandabile si chiamava Das Bornes e, da quando l'anno prima lo aveva sconfitto in una rissa, si comportava come se fosse un suo sottoposto chiamandolo addirittura 'Boss'.
Crocodile lo salutó frettolosamente dirigendosi verso l'aula seguito dall'altro, poi entró e si mise a sedere sbuffando.
Mentre stava cercando di distendere i nervi contando mentalmente fino all'infinito, venne investito da un'ondata di profumo a suo dire nauseante.
"Buongiorno Croco-boy!" trilló una voce acuta alle sue spalle.
"Bon Clay" sibiló girando la testa per fissare il ragazzo appena arrivato.
In fatto di stranezze quel tipo non aveva rivali; veniva a scuola con gli occhi truccati da una matita nera e solo dopo essere stato ripreso svariate volte dal preside aveva smesso di mettersi il rossetto. Il fatto che venisse preso in giro a causa del suo orientamento sessuale non lo turbava affatto, anzi, molte persone erano finite in infermeria a causa dei potenti calci ricevuti dal ragazzo, che usava uno stile di combattimento a metà tra la danza classica e il taekwondo.
Per questo Crocodile lo rispettava; a lui non interessavano affato i suoi gusti, la cosa importante era che facesse valere le sue idee.
L'unica cosa che proprio non poteva sopportare era quel tanfo che l'altro chiamava profumo e che si metteva tutte le mattine.

"Che cos'è questa puzza" disse massaggiandosi le tempie prevedendo un'emicrania in arrivo.
"Oggi ho provato Chanel numero 19! Non è buonissimo Boss?" gli rispose quasi cinguettando l'altro mentre faceva una piroetta.
"Questo fa più schifo di quello di ieri" commentó atono Das mentre agitava una mano davanti a sè cercando di far dissolvere quel profumo che gli invadeva le narici.
"Oh, andiamo Das-chan! Non hai gusto! Questo l'ho preso da Limoni, e mi è anche costato una fortuna!"
"Potevi evitare una spesa inutile"
"Sei senza cuore!"
"Basta, smettetela voi due. Almeno questo non puzza di cane bagnato come quello di due giorni fa." si intromise mentre incrociava le braccia al petto.
"Oh Boss, tu sì che mi capisci, non come questo screanzato qui!" esclamó Bon Clay guardando Das che, per tutta risposta scosse la testa e si sedette al suo posto.
Adesso che anche quel tipo cominciava a chiamarlo Boss poteva benissimo mettere in piedi un'organizzazione criminale, bastava solo trovare altri membri ed il gioco era fatto.

Il fatto che Bon Clay avesse a disposizione una quantità esagerata di profumi non lo sorprendeva più di tanto dato che era il figlio di Emporio Ivankov, o meglio 'della grande Iva', il suo nome d'arte. Quell'uomo era famoso in tutta la città perchè gestiva molti bar per omosessuali, lesbiche e bisex, e inoltre era molto attivo nell'ambito per i diritti dei gay. Oltre ad essere un omone gigante dal trucco pesante, era anche maledettamente forte ed un esperto di intrugli che poi vendeva spacciandoli per filtri.
Aveva sentito che alcune persone che avevano tentato di dar fuoco ai suoi locali alla fine erano andati a lavorare per lui, finendo per mettersi rossetto e gonnella. Come avesse fatto lo sapeva solo Ivankov.

Crocodile sbuffó nuovamente quando vide il professore entrare in classe. Quella mattina era stato troppo ottimista a pensare che due tazzine di caffè sarebbero bastate.
Quando mancava solo un'ora alla fine delle lezioni si alzó per andare a comprare un'altra dose di caffeina. Non appena rientró in classe vide Bon Clay parlare con Galdino, chiamato da molti 'numero 3' a causa della sua strana acconciatura a forma, appunto, di tre.
"Ti dico che la cera è la massima forma d'arte, si puó modellare ed una volta indurita diventa dura quanto il cemento" sbottó Galdino sistemandosi gli occhiali da vista sul naso.
"Non dire cavolate, Tre-chan. L'arte è soggettiva e il suo unico scopo è l'espressione! La cera è solo uno dei tanti materiali che si possono usare!" ribattè Bon Clay sorridendo.
In pratica quei due stavano monopolizzando l'ora di arte con i loro dibattiti, come sempre d'altronde.
Crocodile tornó a sedersi mentre sorseggiava il suo caffè cercando di disconnettere il cervello da tutto ció che gli stava intorno.
"E tu che ne pensi Boss? Secondo te chi ha ragione?" domandó spazientito il ragazzo truccato guardandolo.
Crocodile sollevó gli occhi dal bicchiere vuoto ed assunse un ghigno sinistro.
"Penso che l'arte come la intendiate voi sia una perdita di tempo. Il solo modo che ha di essere interessante ai miei occhi è quando grazie ad essa ci si puó guadagnare dei soldi. Noi chiamiamo "arte" il patetico tentativo di dare un senso alle nostre esistenze, quando l'unica arte veramente importante è quella della parola; perché la forza dell’ uomo è nella lingua, e la parola è più potente di ogni arma."
Il resto della classe deglutì spaventata mentre Das, Bon Clay e Galdino sorrisero.
"Sono d'accordo con te Boss" disse il primo nello stesso istante in cui suonó la campanella che annunciava la fine delle lezioni.
Crocodile si alzó riassumendo la solita espressione scazzata per poi dirigersi verso l'uscita seguito dagli altri tre.
Finalmente quella tortura era finita, almeno nell'ora di arte si era divertito un po' con quella massa di pecore che si trovavano nella sua classe. Le uniche persone che tollerava erano le tre che lo stavano seguendo, le altre per lui erano solo un branco di incapaci.
"A domani zuccherini! Vedrete che il prossimo profumo vi piacerà!" esclamó contento Bon Clay mentre si allontanava eseguendo passi di danza.
"Speriamo solo che non ci intossichi" commentó Galdino incamminandosi nella direzione opposta.
"A domani Boss" aggiunse Das per poi dirigersi verso casa sua.
Crocodile sbuffó nuovamente scuotendo la testa per poi seguire l'esempio degli altri e tornare a casa.
Ovviamente non c'era nessuno ad aspettarlo, quindi potè fare una doccia in santa pace e prepararsi un piatto di pasta. Dopo aver sparecchiato accese il pc e si connesse su One Chat.

*Mister Zero è entrato in chat*

Mister Zero... Quando anni prima aveva dovuto scegliere un nickname si era ritrovato spiazzato. Non aveva idea di cosa mettere poi aveva riflettuto. Sarebbe andato bene qualsiasi cosa, anche un numero, così decise per lo zero, che, oltre ad essere il primo di tutti gli altri, aveva anche svariati significati.
Pur non avendo alcun valore proprio apparente, è comunque capace di influire sul valore di ogni altro numero. Simboleggia il non essere, ma la sua forma geometrica, il cerchio, è l’immagine dell’eternità; è il serpente che si morde la coda e nel linguaggio alchemico rappresenta la rigenerazione.
La sua perfezione grafica ben si adattava ad un perfezionista come lui. Così decise di chiamarsi Mister Zero mantenendo l'anonimato.
Non si stupì dei nickname di Mihawk e Doflamingo.

"Taka no Me" cioè Occhi di Falco.
Ogni persona che Mihawk incontrava veniva messa in soggezione da quegli occhi gialli dorati e dallo sguardo gelido del ragazzo.
"I tuoi occhi sono strani" gli aveva detto quando frequentavano ancora l'asilo. "Ma strani in senso buono, non ne ho mai visti di così ipnotici e taglienti, sembrano quelli di un falco"
Mihawk lo aveva guardato sbattendo più volte le palpebre per poi accennare a quello che doveva essere un sorriso. Anche Doflamingo era d'accordo con lui. "A quanto pare abbiamo entrambi degli occhi particolari" aveva aggiunto il biondo sorridendo.

"Joker" era il nickname di Doflamingo e, ogni volta che lo leggeva, gli veniva in mente il cattivo psicopatico di Batman, ma dato che conosceva il biondo, sapeva bene che quel "Joker" non si riferiva ad un personaggio dei fumetti, bensì ad una carta del mazzo da scala. Doflamingo adorava questo genere di cose e aveva scelto il joker proprio perchè è la carta più imprevedibile.
"E anche perchè ha un bel sorriso~" aveva aggiunto "proprio come il mio!"

Ogni volta che effettuava il login, Crocodile si chiedeva chi si nascondesse dietro il nome di "Re dei Pirati" e per quale motivo avesse creato quel sito.
In rete girava una strana voce: si diceva che alcune volte, nel cuore della notte, uno strano personaggio si connettesse e rimanesse in linea per una decina di minuti, per poi sparire.
Il suo nickname era "Re Oscuro" e molti pensavano fosse un aiutante dell'amministratore, ma se sul "Re dei Pirati" si sapeva poco, sul "Re Oscuro" si sapeva ancora meno.
In effetti sarebbe stato divertente vivere nell'era della pirateria, razziare città e conquistare interi paesi con la forza. 
I suoi pensieri vennero interrotti da Mihawk che lo salutó entrando in chat.

*Taka no Me è entrato in chat*


- ciao Crocodile, come va?

• questa giornata mi ha fatto venire mal di testa, per fortuna che è finita

- ti capisco, oggi ho rischiato di tagliare il braccio di Shanks con un compasso.

• il tipo dai capelli rossi?

- sì. Proprio non capisce la definizione di 'spazio personale'

• posso immaginare


*Joker è entrato in chat*


> salve!

- Doflamingo

• ciao Doflamingo

> noto con piacere che siete entrambi di buon umore

• io ho dovuto sopportare per tutto il giorno il profumo nauseante di Bon Clay.

> no povero! E dove lo ha comprato?

• Limoni

> volentieri, ma prima rispondi alla mia domanda~

• sarai cretino

- perchè? Limoni non è una profumeria?

• ... Sì Mihawk. Esatto.
Comunque ogni giorno arriva con un profumo nuovo e sono uno peggio dell'altro

> e a te che profumo piace?

• non sono appassionato di queste cose.

> e tu Mihawk?

- quelli dolci

• non avevo dubbi

> ahahah il solito ;)

• ora devo andare, ho una verifica domani. Magari ci sentiamo più tardi

- ciao Crocodile, io vado a fare un pisolino

> ciao Croco-chan~ 


*Mister Zero si è disconnesso*


Il ragazzo moro chiuse il pc e si diresse in cucina per prepararsi un the caldo. 
Aveva bisogno di riposarsi prima di iniziare a studiare e soprattutto di farsi passare il mal di testa che lo affliggeva da quella mattina.
















 

Buonasera a tutti! Ecco il nuovo capitolo in cui vediamo Crocodile a scuola con come compagni di classe Bon Clay, Das Bornes e Galdino.
Anche qui il coccodrillo ha una dipendenza per la caffeina e senza il caffè non puó iniziare bene la giornata.
La frase che dice Crocodile nel dibattito sull'arte (“Per poter essere forte, diventa un artista della parola; perché la forza dell’ uomo è nella lingua, e la parola è più potente di ogni arma”.)  è una citazione del maestro spirituale egizio Ptahhopte.
Ivankov padre di Bon-chan ci stava troppo, non sono riuscita a trattenermi.
Mi sono divertita a descrivere la conversazione in chat di questo capitolo, Doflamingo riesce a tirare fuori doppisensi anche da una frase in apparenza normale.
Pare che in alcune notti un certo "Re Oscuro" si connetta per qualche minuto su One Chet e poi scompaia senza lasciare tracce... Inquietante.
Bene, per il momento è tutto! I commenti sono ben accetti! A presto

-La citazione del titolo è di Abd el Kader.

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Capitolo 5
*** La mente si lascia sempre abbindolare dal cuore ***


5) “ La mente si lascia sempre abbindolare dal cuore.
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
Mihawk non ce la faceva più.
Per lui era già uno sforzo enorme alzarsi dal letto ed andare a scuola rimanendo sveglio, non poteva anche sorbirsi le chiacchere di Shanks su Makino! Da quando aveva capito che 'Taka no Me' era il suo nickname, non lo lasciava in pace neanche a casa.
"È così bella, i suoi cappelli neri sono come una notte senza stelle e i suoi occhi sono-"
"Se non stai zitto ti taglio la lingua" sibiló rivolto all'altro. "Perchè non vai a parlare con Benn di queste cose?"
"Gliene ho parlato, ma lui ha detto che dovevo venire da te dato che sapevi ascoltare molto meglio di lui" commentó il Rosso imbronciato.
Mihawk inspiró profondamente; questa Beckman gliela avrebbe pagata con gli interessi.
"Hai detto che vuoi un consiglio, giusto?" domandó guardandolo negli occhi mentre Shanks annuiva.
"Allora smettila di parlare con me e vai a parlare direttamente con lei" disse sbrigativo per poi uscire dall'aula diretto ai distributori automatici. Proprio non le capiva certe persone, se qualcuno ti piace vai da quel qualcuno e glielo dici, cosa c'era di così complicato?
'La mente si lascia sempre abbindolare dal cuore.' pensó mentre chiudeva la porta.


 
•••


 
Shanks guardó Mihawk uscire; per lui era facile parlare, mica si era innamorato di una splendida ragazza come lui.
Il Rosso si sedette sconsolato al suo posto, incroció le braccia al petto ed assunse un'espressione pensierosa.
'Ma forse ha ragione, dovrei provare a chiederle di uscire... Non è neanche la prima volta che esco con una ragazza!'
 
Il suo sguardo si posó inevitabilmente sulla protagonista dei suoi pensieri, che in quel momento stava chiacchierando con un'altra compagna di classe.
 
'Già, non è la prima volta che invito fuori una ragazza, ma è la prima volta che una persona mi piace così tanto!'
 
Il Rosso sbuffó di nuovo spostando il suo sguardo sulla lavagna; doveva smettere di farsi mille paranoie.
 
"Ciao Shanks"
 
Sì, glielo avrebbe chiesto la prossima volta che le avrebbe parlato, era deciso!
 
"Shanks, ci sei?"
Il ragazzo alzó lo sguardo fino ad incontrare un paio di vispi occhi neri.
Improvvisamente sentì di avere molto caldo.
"M-Makino! Ciao!" disse imbarazzato grattandosi la nuca mentre tutto il suo sangue aveva deciso di concentrarsi sulle sue guance.
"Scusami, ti disturbo?" chiese la ragazza guardandolo.
"No, ma figurati, tu non mi disturbi mai, anzi, dovresti disturbarmi più spesso"
"Che gentile! Volevo chiederti una cosa, dato che io sono una frana in arte e i progetti non li ho ancora consegnati nonostante la scadenza fosse la settimana scorsa, ecco, mi chiedevo se potevi darmi una mano" disse Makino sorridendo.
 
Il cervello di Shanks ebbe un blackout momentaneo.
 
"Se sei impegnato posso chiedere a qualcun'altro" commentó la ragazza mentre sul suo volto si dipingeva un'espressione delusa.
"N-no no figurati! Sono liberissimo!" esclamó il Rosso balzando in piedi ed arrossendo, se possibile, più di prima.
"Oh mi fa piacere! Allora tieni" disse la mora porgendogli un biglietto. "Questo è il mio numero di cellulare, dopo la scuola ci mettiamo d'accordo meglio. Grazie ancora!" concluse allontanadosi mentre un dolce sorriso faceva capolino sulle sue labbra.
Shanks rimase imbambolato per un minuto con il foglietto in mano. Se il suo cuore riusciva a restargli nel petto invece che finirgli in gola il giorno dopo sarebbe uscito con Makino.
Lui.
Con la ragazza più bella e gentile che avesse mai conosciuto.
"Oh. Mio. Dio." sussurró sedendosi ed infilandosi il biglietto in tasca.
"Devo assolutamente dirlo a Mihawk."


 
•••


 
Dopo aver mangiato un Kinder Pinguì, Mihawk rientró in classe ma, non appena vide l'espressione del Rosso, si pentì di essere tornato così in fretta.
"Mihawk vieni qui devo dirti una cosa"
Rassegnato, il ragazzo si avvicinó all'altro. "Dimmi, ma che sia breve"
"Domani esco con Makino! E mi ha anche dato il suo numero!" disse Shanks sussurrando.
"Mi fa piacere che tu ti sia deciso a chiederle di uscire"
"Ehm... Sì, bhe, quello che conta è il risultato"
Mihawk lo guardó più attentamente, poi sollevó gli occhi al cielo.
"Te lo ha chiesto lei"
"Non importa chi ha fatto cosa. Io esco con Makino!"
"Ho capito non c'è bisogno di ripeterlo"
"Salve, che mi sono perso?" domandó Benn avvicinandosi.
"Benn, oh Benn, non immagini neanche cos'è appena successo!" esclamó il Rosso girandosi verso il nuovo arrivato e dando le spalle a Mihawk, il quale incroció lo sguardo di Beckman e si fece passare il pollice sul collo, segno che se lo avesse trovato da solo lo avrebbe sgozzato.
Benn ghignó in risposta e poi distolse lo sguardo per concentrarsi sul fiume di parole di Shanks. A quanto pare era riuscito ad ottenere un appuntamento con Makino, era ora. Quei due si piacevano da un po', ma nessuno aveva il coraggio di fare il primo passo. Dalla mora poteva anche aspettarselo, ma dal ragazzo dai capelli rossi no, lui era un tipo fin troppo estroverso. L'unica spiegazione era che doveva piacergli veramente tanto quella ragazza.
Se gli avessero chiesto dove fosse stato durante tutto l'intervallo, lui avrebbe negato di essere andato da Makino e avrebbe anche negato di averle detto che Shanks era disponibile per aiutarla con i progetti.
 
"Sono felice per te, finalmente hai avuto il tuo appuntamento" commentó sorridendo mentre si sedeva al suo posto.
Mihawk guardó il sorriso di Beckman e capì che in quella storia doveva esserci il suo zampino.
"Ragazzi, ognuno al proprio posto, l'intervallo è finito"
La voce del professore lo distolse dai suoi pensieri.
Non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma era felice per Shanks.
Anche perchè questo voleva dire che non avrebbe più dovuto sopportare le sue inutili chiacchiere.
 
Quando finalmente arrivó a casa sua e chiuse la porta sentì i nervi rilassarsi. Il giorno dopo Lucci avrebbe interrogato su tutto il programma svolto, per questo lui sentiva una gran voglia di dormire per tutto il pomeriggio.
L'unica cosa che lo fece desistere fu il piatto sul tavolo pieno di dolcetti lasciato lì da sua madre.
Dopo essersi tolto i vestiti ed averne indossati di più comodi, si sedette in cucina e cominció a mangiare.
Lui non avrebbe studiato per una stupida interrogazioni di matematica, tanto gli esercizi o li sapevi fare o non li sapevi fare.
E sicuramente ci sarebbe stato qualcun'altro che non avrebbe aperto il libro perchè troppo preso a pensare ad un certo appuntamento.
Dopo aver finito i pasticcini si sdraió sul letto e si addormentó.
Quando si sveglió erano quasi le 3 di notte; così, non avendo più sonno, prese il computer e lo accese, connettendosi subito su One Chat.
Di solito a quell'ora non c'era molta gente online e lui ne approfittava per dare un'occhiata al sito.
Non che gli importasse scoprire l'identità dell'amministratore, ma un po' di curiosità l'aveva anche lui.
Per passare il tempo potevi fare dei minigiochi, ce n'erano di ogni tipo, da Pac Man a giochi di ruolo.
Il ragazzo guardó chi fosse connesso e deglutì.
Il nome di "Re Oscuro" si materializzó davanti ai suoi occhi.
Aveva letto diverse teorie a riguardo, c'era chi pensava fosse il braccio destro del "Re dei Pirati", chi fosse semplicemente un account di una persona normale, chi diceva che fosse una specie di guardiano del sito, e chi pensava fosse un hacker.
Tutte campate in aria ovviamente, non c'era nessuna prova a riguardo.
Proprio come era apparso, il nome scomparve.
Mihawk diede una rapida occhiata al sito per vedere se era cambiato qualcosa. A quanto pareva era tutto normale.
Lui non era una persona curiosa, ma in quel caso doveva ammettere che gli sarebbe piaciuto svelare l'aura di mistero che avvolgeva quel sito.
Probabilmente neanche Adam Kadmon sarebbe riuscito a capirci qualcosa, anzi, lui avrebbe incolpato gli Illuminati e avrebbe chiuso la questione.
Mihawk tornó a fissare lo schermo quando vide online qualcun'altro che conosceva bene.
 
 
*Joker è entrato in chat*
 
 
> yo Mihawk! Sei il solito sonnambulo
 
- Doflamingo, come mai sei connesso a quest'ora?
 
> sono dovuto andare ad una festa a cui avevano invitato mio padre e sono appena tornato a casa...
 
- ho capito, io invece mi sono appena svegliato. Domani ho l'interrogazione di matematica ma non apriró il libro.
 
> bhe, tu hai una buona media
 
- il trucco sta nel credere in se stessi.
   E nella buona sorte.
 
> ahahahah! Falchetto sei fantastico!
 
- sisi certo. Io invece mi sono dovuto sorbire le chiacchere di Shanks sulla sua cotta
 
> ah ma dai, e chi sarebbe la fortunata?
 
- una nostra compagna di classe, Makino. Non mi chiedere altro su di lei perchè non ne posso più.
Sappi solo che dietro a tutto questo per me c'è Beckman.
 
> il tipo che fa da balia al tuo amico?
 
- già
 
> fufufu~ hai capito il baby sitter!
Anche io a volte esco con delle ragazze, ma non sono così schizzinoso come il tuo amico, a me vanno bene anche i ragazzi
 
- me lo immaginavo. Sei libero di fare quello che ti pare basta che non vieni a raccontarlo a me, ne ho già abbastanza di uno
 
> oh tranquillo, per queste cose c'è Croco-chan! È così divertente parlare con lui e farlo incazzare~
 
- ecco.
 
> stavo pensando che sarebbe bello se ci rivedessimo, è dall'asilo che non ci incontriamo faccia a faccia
 
- sì, ma ti ricordo che viviamo a km di distanza, e tu sei sempre sotto scorta...
 
> già, ma non preoccuparti, penseró a qualcosa! ;)
Ora vado a dormire che ho sonno, a domani falchetto!
 
- a domani Doflamingo
 
 
*Joker si è disconnesso*
 
 
Mihawk chiuse il pc, lo appoggió sopra il comodino e tornó a sdraiarsi sul letto.
'Incontrarsi dopo tanti anni...'
Con questo pensiero si addormentó nuovamente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Salve! Grazie a tutti quelli che perdono del tempo a leggere questa storia e a commentarla!
In questo capitolo vediamo Shanks alle prese con la sua cotta e Benn che da brava balia (per citare Doflamingo e Mihawk) lo aiuta ad ottenere un appuntamento con la bella Makino~
Alla fine appare il "Re Oscuro" anche se non si sa ancora niente di lui.
I tre che si incontrano... Magari riusciranno a mettersi d'accordo!
Lasciatemi un parere come sempre, a presto ;)

- La citazione del titolo è di François de La Rochefoucauld.

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Capitolo 6
*** Le idee migliori non vengono dalla ragione ma da una lucida visionaria follia ***


6) “ Le idee migliori non vengono dalla ragione ma da una lucida visionaria follia












Anche quella mattina il ragazzo con gli occhiali da sole si sveglió a causa della luce che si diffondeva nella camera. Era da un paio di giorni che pensava a come liberarsi della scorta che gli aveva dato suo padre.
Sapeva bene che, essendo il figlio di un potente boss mafioso poteva essere bersaglio dei nemici della sua famiglia e per questo gli avevano fatto prendere lezioni di autodifesa.
Doveva trovare un modo per liquidare i due uomini armati senza che suo padre lo venisse a sapere, ma più ci pensava e più capiva che era impossibile.
Il solo momento in cui lo lasciavano da solo era quando andava a scuola, quindi, se voleva rivedere Crocodile e Mihawk, avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per far venire loro da lui.
'È l'unica soluzione' pensó mentre, come ogni mattina, l'autista lo portava davanti all'istituto.

Durante le lezioni fece una lista di tutte le idee che gli venivano in mente, non prestando la minima attenzione a ció che gli succedeva intorno.
Dopo aver riletto il foglio, capì che la migliore era la seguente:

-inviare i biglietti della metropolitana ad entrambi e saltare la scuola per poi tornare in tempo per l'ultima campanella —> ma come inviarli?

Già, l'unico problema era mandargli i biglietti; se lo avesse fatto lui lo avrebbero di sicuro scoperto e questo non poteva permetterselo.
E non c'era dubbio che avrebbe lasciato pagare a Mihawk e a Crocodile, sia perchè, dato la lunghezza del tragitto, il prezzo era elevato, sia perchè erano loro che dovevano venire da lui, quindi avrebbe pagato lui, tanto i soldi non gli mancavano.

"Donquixote, dato che il tuo compagno di classe non è riuscito a rispondere alla mia domanda, potresti farlo tu? Fai un discorso generale sulla follia" chiese il professore di filosofia che, a quanto pareva, aveva iniziato ad interrogare.
Doflamingo alzó gli occhi dal foglio con un'espressione scocciata, poi riassunse il solito ghigno, si alzó e si andó a sedere sulla cattedra mentre sentiva tutti gli occhi puntati su di sè.

"Nel corso dei millenni è profondamente variato sia il concetto di follia sia la sua interpretazione. Nel mondo classico la follia era legata alla sfera sacra: il folle rappresentava la voce del divino. Nel Medioevo, invece, il folle diventò il rappresentante del demonio, perciò bisognava liberarlo dal male e quindi esorcizzarlo. Un’interpretazione opposta si ebbe nel Rinascimento, basti pensare all’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam; in questa epoca il folle venne considerato una persona diversa, sia per i valori sia per la sua filosofia di vita, e quindi andava rispettato. Se nel Medioevo i folli rischiavano il rogo, ancora alla metà del Settecento erano detenuti nelle carceri, poiché mancavano le strutture sanitarie specifiche. Nel Novecento, Freud con l'intuizione della guarigione perseguibile tramite una ricerca interiore ed un rapporto più umano con il terapeuta, e Jung, con la sua indagine dei contenuti simbolici degli elementi della follia e l’introduzione degli archetipi per definirla con più chiarezza, mutarono nuovamente la storia del folle e del significato della follia. La “follia” in psicoanalisi potrebbe essere definita come una sovrapposizione della parte istintuale su quella razionale. Secondo Sigmund Freud il comportamento ordinario non è altro che il risultato di un continuo processo dialettico tra la parte più selvaggia e disorganizzata del cervello, l’Es, e quella più pesata e razionale, il Super-io. Nel momento in cui una delle due parti prevale in maniera eccessiva sull’altra il comportamento può apparire irrazionale e privo di logica. Riflettere sulla follia vuol dire riflettere sulla nozione di identità, su come percepiamo le cose, su che cos’è la realtà. Tradizionalmente, folle è colui che, per comportamenti e opinioni, si distacca da ciò che la norma definisce accettabile. Qui inizia il problema della definizione della pazzia: nei vari ambiti sociali e nei differenti contesti storici cambiano i parametri che dividono ciò che è normale da quello che è deviante. In generale, fino all’Ottocento la letteratura e l’arte previlegiano la rappresentazione della follia associata a ciò che sfugge al controllo della ragione, soprattutto alla passione amorosa; l’amore impossibile che porta alla perdita della ragione diviene un topos letterario tra i più utilizzati..."
"Bene, direi che puó bastare" commentó il professore mentre i suoi compagni erano rimasti a bocca aperta.
"Come vuole" disse alzandosi dalla cattedra sorridendo.
"Megalomane" sibiló Hancock spostandosi una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio.
Doflamingo, per tutta risposta, fece un inchino aprendo le braccia, poi tornó al suo posto.
Il programma l'aveva già studiato anni prima a casa propria grazie agli insegnanti privati che aveva assunto suo padre; il fatto che amasse mettersi in mostra in ogni situazione e che adorasse mettere in imbarazzo gli altri era un'altra storia.

Il biondo si rimise a pensare alla soluzione del suo problema quando gli venne un'idea: poteva chiedere a Vergo, il figlio del braccio destro di suo padre.
Quel ragazzo gli era molto fedele e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, poteva chiedergli di comprare i biglietti e spedirli per posta.
Era un'idea a dir poco geniale.
'D'altra parte le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia, e io di follia ne ho da vendere' pensó mentre il sorriso sul suo volto si allargava a dismisura.

Finite le lezioni, uscì dall'edificio e salì sull'Audi nera poi, una volta arrivato a casa, chiese ad una cameriera dove potesse trovare Vergo. La donna gli rispose che lo aveva visto nel salone al primo piano così si diresse lì, ma non lo trovó.
"Signorino, mi cercava?" commentó una voce alle sue spalle.
"Vergo!" esclamó il biondo girandosi verso il ragazzo dai corti capelli neri e dalla muscolatura sviluppata. "Sì, ho bisogno di chiederti un favore"
"Ma certo, cosa devo fare"
Doflamingo sorrise e gli spiegó il suo piano; Vergo ascoltó in silenzio e poi annuì. "Ho capito, tra un paio di giorni mio padre dovrebbe assentarsi per andare a controllare gli alberghi Dressrosa e gli affari di vostro padre. Compreró i biglietti e li spediró, lei mi faccia avere gli indirizzi a cui devo inviarli"
"Grazie Vergo, conto su di te. Ti faró avere quello che hai chiesto il prima possibile"
Il ragazzo moro fece un lieve inchino e si allontanó; se Doflamingo rideva sempre in ogni situazione, Vergo non sorrideva mai, anzi, aveva sempre un'espressione seria e concentrata.

Il biondo salì le scale e arrivó in camera sua, chiuse la porta ed accese il pc. Sperava di trovare connessi Crocodile e Mihawk per spiegargli il suo piano, così entró in One Chat.


*Joker è entrato in chat*


> ci siete?

- io sto mangiando ma ci sono

• anche io

> in questi giorni ho pensato ad un modo per poterci incontrare ed ho avuto un'idea geniale

- sentiamo

• sarebbe?

> dato che io non posso muovermi sarete voi a venire da me usando la metropolitana

- sì, mi basterà inventare una scusa con mia madre

• io non ho questo problema dato che i miei non sono mai a casa

> tra un paio di giorni vi invio per posta il biglietto della metro; ho calcolato che Crocodile dovrebbe impiegare circa due ore, mentre Mihawk è quello più lontano ed impiega mezz'ora in più. La linea che dovete prendere è la stessa quindi faró in modo di prendere due posti vicini così potrete farvi compagnia~

- ok mi sembra un buon piano

• va bene, ma questo vuol dire che ti devo dei soldi.

> oh, non preoccuparti, quelli non mi mancano

• non mi interessa, non voglio essere in debito con te, me lo compro io il biglietto.

> così peró non sarai vicino a Mihawk

• allora ti restituisco i soldi quando ci vediamo.

> fufufu~ d'accordo, se proprio ci tieni

• bene

- l'idea di dovere qualcosa a qualcuno ti dà così fastidio?

• non immagini quanto.

- sei proprio strano

> hahahah!


Una voce che proveniva da dietro la porta lo distrasse.
"Signorino! Farà tardi alla lezione di autodifesa!"
"Che due palle" sibiló.

> ora devo andare, scrivetemi i vostri indirizzi e appena torno me li segno. Ciao! ~


*Joker si è disconnesso*


Chiuse il pc e lo rimise sulla scrivania.
"Eccomi" disse uscendo dalla camera per poi scendere le scale.
Moriva dalla voglia di rivedere quei due bambini con cui aveva passato le giornate più divertenti della sua infanzia. Chissà com'erano cambiati nel corso degli anni.
Salì in macchina e sorrise; la sua curiosità sarebbe stata appagata molto presto.













 

Salve! Ecco a voi il nuovo capitolo.
Lo so, non succede molto, ma almeno Doflamingo è riuscito a trovare un modo per rivedere Crocodile e Mihawk. Compare per la prima volta anche Vergo che aiuterà il biondo in questa impresa. Il discorso sulla follia dovevo per forza farlo dire a Doflamingo, lui è il folle per eccellenza, e lo immagino che fa il secchione solo per mettersi in mostra-
Vedremo cosa succederà nei prossimi capitoli!
A presto~

- La citazione del titolo è di Erasmo da Rotterdam

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Capitolo 7
*** Davanti a certe persone ci si sente nudi e non è una questione di vestiti ***


7) “ Davanti a certe persone ci si sente nudi e non è una questione di vestiti ”









Crocodile si rigiró nel letto per la millesima volta; non riusciva proprio ad addormentarsi, aveva la mente piena di pensieri. 
Il giorno dopo avrebbe rivisto Mihawk e Doflamingo, anzi, per essere più precisi quella mattina dato che erano le 3 di notte.
La sera aveva pianificato di andare a letto presto così da potersi alzare alle 6 per andare a prendere la metropolitana.
L'unico problema era che il suo cervello non voleva proprio spegnersi e lui aveva  dormito solo qualche ora, ecco perchè ora si trovava a fissare il soffitto.
Ogni volta che doveva fare qualcosa di importante non riusciva a chiudere occhio, o se ci riusciva, era solo per poche ore.
Non poteva farci niente, la sua mente era fatta per elaborare informazioni.
Dopo aver sbuffato si giró su un fianco per trovare una posizione comoda, concentrandosi sul ticchettio dell'orologio.
Sicuramente Doflamingo avrebbe avuto ancora quello stupido ghigno stampato in faccia insieme a quegli occhiali da sole, mentre Mihawk avrebbe avuto il solito sguardo glaciale...

Il suono della sveglia gli fece spalancare gli occhi, si alzó a sedere di scatto e guardó l'orologio. Incredibilmente era riuscito a dormire un paio d'ore.
Crocodile si mise in piedi e, dopo essersi stirato i muscoli e le articolazioni, si diresse in cucina per preparasi un caffè.
Dopo una mezz'ora buona si era vestito con una camicia verde scuro e dei jeans, aveva preso il portafoglio con dentro il biglietto della metro, il cellulare ed era uscito di casa in perfetto orario.
Una volta arrivato alla stazione, si appoggió ad una colonna ed aspettó il treno.



•••



Mihawk aprì gli occhi di scatto; che cavolo era quel rumore assordante che non lo faceva dormire?
Si mise a sedere sul letto e guardó sul comodino da cui proveniva quel fastidioso trillo.
Ma certo, quella mattina doveva alzarsi presto per prendere la metro, ecco perchè aveva puntato non una, non due, ma ben tre sveglie alla stessa ora! 
Dopo aver raccolto le forze, si mise in piedi e si tolse il pigiama per infilarsi una felpa rossa e dei jeans blu, poi prese cellulare, portafoglio e biglietto della metro ed uscì senza far rumore.
A sua madre aveva detto che quel giorno sarebbe andato a trovare un conoscente e che non sapeva quando sarebbe tornato e lei non gli aveva fatto domande.
Sbadigliando e con lo stomaco che brontolava, Mihawk arrivó alla stazione giusto in tempo per prendere il treno.
Quando salì, guardó il biglietto per trovare il suo posto e rimettersi a dormire, peccato che non avesse un gran senso dell'orientamento, così percorse tutto il treno per almeno due volte prima di capire che era salito nella cabina giusta e sedersi scocciato, mentre il suo stomaco, invece che brontolare, ruggiva.



•••



Doflamingo si sveglió prima che la cameriera venisse ad aprire la sua finestra.
Quel giorno avrebbe dovuto ingannare le guardie che suo padre gli aveva affibbiato e poi andare in stazione a prendere Crocodile e Mihawk.
Dopo aver fatto colazione, salì in macchina insieme alla scorta e l'autista lo portó davanti a scuola in pochi minuti.
"Buona giornata signorino"
Doflamingo sorrise in risposta e si incamminó verso l'entrata dell'istituto. Quando ebbe varcato i cancelli la macchina nera si allontanó e, dopo che fu scomparsa dalla sua vista, il ragazzo fece dietro front ed uscì.
"Donquixote, oggi niente scuola?" domandó divertita la voce di Hancock alle sue spalle.
Il biondo voltó la testa per riservarle un ghigno sinistro, poi si mise l'indice davanti alla bocca come per farle intendere che era un segreto, infine si giró e continuó a camminare allontanandosi.
"Tsk, gli uomini" commentó la ragazza scuotendo la testa ed entrando nell'edificio.



•••



Crocodile era ancora appoggiato alla colonna quando il treno arrivó e si fermó.
Il ragazzo si staccó dal pilastro ed entró nella cabina più vicina, poi guardó il biglietto per trovare sia il suo posto sia Mihawk.
'Cabina 3, posto 7N' pensó camminando ed entrando nello scomparto successivo.
Non ebbe bisogno di guardare il numero sui sedili per capire di essere arrivato.
Davanti a lui si trovava un ragazzo dagli scompigliati capelli neri, con una felpa rossa e jeans blu, seduto in modo composto con le braccia incrociate al petto.
Crocodile lo guardó trattenendo un sorriso; era incredibile come Mihawk potesse addormentarsi ovunque, non faceva fatica a credere che avrebbe potuto dormire tranquillamente anche in una bara.
Senza dire niente prese posto di fianco a lui e ripose il biglietto in tasca.
"Crocodile, non sei cambiato neanche un po' dall'ultima volta" disse Mihawk continuando a tenere gli occhi chiusi.
"Neanche tu" commentó ma venendo interrotto da un brontolio.
"Non hai fatto colazione?" chiese girandosi a guardare l'altro, che, per tutta risposta, aprì gli occhi e disse:
"Mi sono dimenticato"
Crocodile sbuffó ghignando; in effetti anche lui non aveva mangiato nulla, se non il suo solito caffè.
"Mangeremo dopo"
Mihawk annuì, poi richiuse gli occhi e si addormentó nuovamente finendo per appoggiare la propria spalla su quella del ragazzo di fianco a sè.
Crocodile alzó gli occhi al cielo ma non disse niente; tiró fuori il telefono e passó il tempo a fare le parole crociate.

"Mihawk"
Nessuna risposta.
"Mihawk svegliati, la prossima fermata è la nostra"
Il ragazzo mugugnó infastidito e a Crocodile parve di sentire un 'non rompere mamma ancora 5 minuti', ma non si fece intenerire e lo afferró per le spalle.
"Andiamo, è pronta la colazione"
Gli occhi dorati si spalancarono improvvisamente e si fissarono nei suoi neri come la pece.
"Non è divertente" sibiló rivolto all'altro che stava ghignando.
"Non te la prendere, ma siamo arrivati"
Mihawk sbadiglió e si alzó in piedi per poi seguire Crocodile davanti alle porte che, dopo qualche minuto, si aprirono; così i due ragazzi scesero dal treno.
"Ho fame"
"Lo hai già detto, adesso andiamo a fare colazione"
"Se non mangio qualcosa di dolce ammazzo qualcuno"
"Cerca di calmarti, ci sarà una pasticceria nelle vicinanze"
Nessuno dei due si accorse che a poca distanza da loro un ragazzo dai capelli biondi stava seguendo la loro conversazione.
"Fufufu~ passano gli anni ma certe cose non cambiano mai"
Crocodile e Mihawk si fermarono e si girarono.
"Doflamingo, è inutile che sfotti, anche tu sei rimasto uguale" commentó Mihawk fissando il nuovo arrivato.
'Capelli biondi, ghigno, camminata sgraziata e, oddio ma quella è una cintura rosa?' pensó Crocodile aggrottando le sopracciglia. 'Gli occhiali sono diversi, ma per il resto è identico'

"Croco-chan, lo so che sono bellissimo, ma se continui a fissarmi così mi sciupi"
Crocodile ringhió; era rimasto anche il solito rompicoglioni. "Stavo guardando quell'affare rosa"
"Oh, non è bellissima?"
"È orribile"
"Scusate" intervenne Mihawk "potete continuare dopo? Prima troviamo del cibo"
I due si girarono a guardarlo interrompendo quello scambio di battute che da sempre divertiva entrambi, anche se non lo avrebbero mai ammesso.
"Ma certo! In effetti neanche io ho mangiato... Conosco una buona pasticceria nelle vicinanze~" commentó Doflamingo incamminandosi verso l'uscita della stazione.
"Bene, ho proprio voglia di mangiare bignè e pasticcini" aggiunse Mihawk seguendolo imitato da Crocodile che, scuotendo la testa, disse:
"Il livello di zuccheri nel tuo sangue sarà alle stelle... Io ho bisogno di un altro caffè"
"Non accetto rimproveri da un drogato di caffeina"
"A te farebbe comodo dato che ti addormenti ovunque"
"Non mi piace, è troppo amaro"
"Mettici lo zucchero"
"Se devo aggiungerci lo zucchero allora tanto vale mangiarsi un pezzo di torta"
"Ma cosa c'entra"
"Calma ragazze!" intervenne Doflamingo dopo qualche minuto, cercando di non scoppiare a ridere, ma guadagnandosi un'occhiataccia da parte di entrambi. "Siamo arrivati! Scusate se vi ho fatto prendere delle stradine secondarie, ma se avessimo preso quelle più frequentate avrebbero potuto riconoscermi" aggiunse mentre entrava nella pasticceria Neri.
Un uomo dietro al balcone sgranó gli occhi per la sorpresa non appena vide il ragazzo biondo, poi, ripresosi dallo shock iniziale, gli corse incontro.
"Signorino! È sempre un piacere averla nel mio umile negozio, prego, si sieda pure, penseró personalmente a servire lei e i suoi amici" disse emozionato il proprietario del locale inchinandosi un paio di volte.
Doflamingo sorrise e fece un segno con la mano, come per scacciare una mosca fastidiosa, e l'uomo si allontanó, poi il biondo si incamminó verso un tavolino più appartato, che si trovava dietro un'enorme colonna di marmo. Dopo che si furono seduti, Crocodile lanció un'occhiata al ragazzo davanti a sè.
"Certo che la gente ti lecca il culo in un modo impressionante"
"Ovvio, e solo perchè io metta una buona parola con mio padre"
"Che gusto c'è?"
"In che senso?"
"Intendo dire, che gusto c'è se le persone si inchinano perchè hanno paura di tuo padre? Sarebbe molto più divertente se lo facessero perchè temono te" commentó Crocodile mentre Doflamingo sorrideva; incredibile, quel ragazzo la pensava esattamente come lui.
Per molti aspetti si somiglivano, ma per altri erano completamente agli antipodi.
"Sono totalmente d'accordo con te"
In quel preciso istante arrivó il proprietario con un enorme vassoio pieno di dolci di ogni genere, dai pasticcini alla crema, alle fette di torta al cioccolato, per poi passare ai babà e alle macedonie di frutta.
Mihawk deglutì fissando tutto quel cibo.
"Grazie, ora puoi andare" disse Doflamingo all'uomo, che fece un inchino e li lasció soli.
Crocodile cominció a mangiare una macedonia, mentre il ragazzo dagli occhi dorati si buttó sui pasticcini.
"Non ne ho mai mangiati di così buoni" commentó atono.
"Lo so falchetto, questa è la migliore della città~" rispose il biondo mentre con la forchetta tagliava un pezzetto di saker.
Mihawk non era cambiato di una virgola: sempre di poche parole, con uno sguardo gelido che a molti incuteva timore, ma che, per quei pochi che ne sapevano leggere le sfumature, potevano esprimere ogni emozione; inoltre aveva lo stesso debole per i dolci di quando era un moccioso.
Mentre assaporava un altro pezzo di torta, si perse a guardare l'altro ragazzo seduto di fronte a lui.
Anche lui non era cambiato molto nei modi di fare e nel comportamento, ma i suoi occhi, se possibile, erano diventati più scuri e magnetici, quasi come un pozzo senza fondo che ti attrae inesorabilmente a sè.
Anche Crocodile aveva sollevato lo sguardo e lo stava fissando con una tale intensità che gli provocó un brivido lungo la schiena; sembrava che lo stesse guardando anche dentro.
'Davanti a certe persone ci si sente nudi e non è una questione di vestiti' pensó ghignando mentre Crocodile tornava a fissare la macedonia.
'Interessante'















 

Salve! Finalmente i nostri tre protagonisti si sono rincontrati!
Mihawk ha dovuto impostare tre sveglie, mentre Crocodile proprio non ne voleva sapere di prendere sonno.
Doflamingo li aspettava in stazione ma prima di salutarli si è goduto il loro piccolo battibecco.
Arrivano in pasticceria e cominciano a mangiare, ma al nostro biondo pare interessare di più Crocodile, mentre il falchetto, ignaro, si ingozza di dolci~
Vedremo cosa succederà nel prossimo capitolo, ditemi la vostra come sempre! 
A presto ;)

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Capitolo 8
*** L'amore piega chiunque, anche le persone più orgogliose ***


8) “ L'amore piega chiunque, anche le persone più orgogliose ”














Mihawk non aveva mai mangiato dei pasticcini così buoni, ognuno era un'esplosione di sapore.
Il suo unico problema era che quando si concentrava sul cibo perdeva di vista tutto quello che gli stava attorno, infatti si accorse di cosa stava succedendo solo quando ingoió l'ennesimo pasticcino e sollevó gli occhi dorati dal piatto.
Quei due si stavano fissando da un po' ecco perchè c'era tutto quel silenzio, così spostó lo sguardo prima su uno e poi sull'altro per cercare di capirci qualcosa finchè Crocodile tornó a guardare la macedonia che aveva davanti.
Doflamingo deglutì e riassunse il solito ghigno.

"Allora" inizió il biondo "dopo che abbiamo finito qui vi porto in un altro posto divertente"
Crocodile, finita la frutta, prese un pasticcino alla crema e lo mangió, poi si leccó le labbra e il pollice sporco di glassa.
"D'accordo"
Doflamingo appoggió il mento sul palmo della mano destra; non poteva andare avanti così, quel ragazzo lo stava provocando e non se ne rendeva neanche conto.
Inoltre, mentre stavano camminando per arrivare alla pasticceria, si era preso la libertà di guardarlo meglio; fisicamente, Crocodile era il suo tipo ideale, alto, dalla muscolatura sviluppata ma non troppo e sguardo omicida.

"Va bene" commentó Mihawk distraendolo dai suoi pensieri "ma prima fammi finire i dolci. Comunque come hai fatto a liberarti della scorta?"
"Oh, bhe, l'unico momento in cui mi lasciano solo è a scuola, quindi ho aspettato che si allontanassero e sono venuto a prendervi alla stazione" rispose il biondo facendo spallucce.
"Quindi immagino che dovremmo percorrere strade poco frequentate per tutto il giorno" si intromise Crocodile incrociando le braccia al petto.
"Eh già, ma penso di aver risolto anche questo problema~"
"E da quando pensi?"
"Davvero simpatico Croco-chan"
"Grazie, ma non è facendomi complimenti che riuscirai ad ottenere quello che vuoi"
Doflamingo inclinó la testa da un lato. "E che cos'è che voglio?"
"Questo pasticcino al cioccolato, ho visto che lo stavi fissando prima" rispose Crocodile prendendo il suddetto pasticcino e portandoselo all bocca. "Quindi dato che lo volevi me lo mangio io"
Doflamingo tiró un sospiro di sollievo; per fortuna che l'altro non aveva capito che stava guardando quel dolcetto per distrarsi dai pensieri poco casti che stava facendo su di lui. Non poteva farci niente, la sua mente era perversione allo stato puro, solo che non gli era mai capitato di avere fantasie su una persona che gli faceva saltare i nervi.

"Se è per questo, di quei pasticcini posso mangiarne quanti ne voglio, mi basta chiedere"
"Tsk, non pensavo fossi così viziato"
"E da quando pensi?" domandó il biondo sogghignando.
Una vena sulla fronte di Crocodile cominció a pulsare pericolosamente.
"Devi ancora spiegarmi come fai, con la tua sola presenza, a farmi perdere il controllo"
"Mi fa piacere sapere che ho questo effetto su di te~"
Il moro si passó una mano tra i capelli corvini per cercare di riacquistare la calma; in quel momento avrebbe voluto alzarsi e tirare la sedia sulla testa di quell'idiota e poi riempirlo di pugni.
"Smettetela di litigare. Voi due non riuscite ad avere una conversazione normale" affermó Mihawk prendendo un fazzoletto di carta e pulendosi le mani.
"Tu invece ti sporchi sempre ovunque quando mangi dei dolci" commentó Crocodile porgendogli un altro fazzoletto ed indicandosi la guancia.
"Bene, direi che possiamo andare" disse Doflamingo alzandosi per poi dirigersi verso l'uscita seguito dagli altri due.
"Arrivederci Signorino, torni a trovarci!" esclamó il proprietario aprendogli la porta.
"Certo~" rispose il biondo per poi fare qualche passo nella sua direzione e aggiungere "mi raccomando, lei oggi non mi ha visto"
"Visto? Visto chi?" disse il proprietario sorridendo, così il ragazzo si giró ghignando e raggiunse gli altri due.

I tre ragazzi uscirono dalla pasticceria con le pance piene.
"Non ci metteremo molto ad arrivare, seguitemi" disse Doflamingo svoltando in una stradina secondaria e procedendo tra vicoli stretti e tortuosi.
Mihawk non fece domande, sia perchè aveva soddifatto la sua fame, sia perchè non aveva la più pallida idea di dove si trovassero.
Crocodile invece cercó di memorizzare il percorso segnandosi mentalmente alcuni punti di riferimento.
"Certo che tu non ti fidi proprio di nessuno" commentó il biondo.
"Esatto, così evito brutte sorprese. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, e questo vale in ogni situazione"
"Bha. Comunque siamo arrivati"
Dopo aver svoltato l'angolo, si ritrovarono su una strada senza uscita un po' più grande delle precedenti in cui c'era un solo edificio con un bel giardino davanti.
"Questa abitazione è di proprietà della mia famiglia, ma nessuno la usa più da anni" inizió il biondo oltrepassando il cancello. "E dato che nessuno la usa ne ho fatto la mia base"
Crocodile e Mihawk seguirono l'altro all'interno dell'edificio e si trovarono davanti un casa ben arredata, con troppo rosa a parere del coccodrillo. Vista dall'esterno sembrava quasi in rovina, mentre all'interno era dotata di ogni confort, anche troppi: biliardo, tv al plasma, vasca ad idromassaggio...
"Ti sei dato da fare" commentó Crocodile mentre Mihawk gironzolava per la casa.
"Sì, posso avere tutte queste cose anche dove abito, ma preferisco avere un posto in cui nessuno possa disturbarmi, un posto in cui stare da solo"
"Capisco"
"Ma queste sono spade" disse Mihawk da un'altra stanza.
Quando Crocodile e Doflamingo lo raggiunsero, lo trovarono ad armeggiare con una katana. Rimasero a fissare per un po' i suoi movimenti leggeri e puliti; sembrava quasi che fosse nato con una spada in mano.
"Da quand'è che prendi lezioni?" chiese il biondo mentre Crocodile incrociava le braccia al petto.
"Lezioni? E di cosa?" rispose Mihawk mentre gli altri due si guardavano increduli.

Quel ragazzo aveva un talento innato nel maneggiare le spade e non se ne rendeva neanche conto.

"Dovresti prendere lezioni di kendo e di scherma, fidati"
"Già, potresti diventare davvero bravo"
Il ragazzo dagli occhi dorati guardó la katana, poi la rimise al suo posto di fianco alle altre tre. "Se lo dite voi"
"Certo che qui hai proprio tutto" commentó Crocodile dando un'occhiata alla stanza e trovando, oltre alle katane, disposte ognuna su una mensola differente, pistole dal calibro diverso, una libreria piena di ogni genere di libro, un divanetto nell'angolo e un tappeto persiano per terra.
"Ci ho messo un po', ma grazie all'aiuto di Vergo sono riuscito a mettere da parte queste cose senza che nessuno sapesse nulla" disse Doflamingo seguendo ogni suo movimento.
"Quel ragazzo ti è molto fedele, proprio come un cagnolino"
"Fufufu, già, mi è sempre utile, è lui che vi ha mandato i biglietti"
"Deve esserci un buon motivo se esegue i tuoi ordini senza battere ciglio"
"Rispetta il suo ruolo. Aaah, aspetta, cosa stai insinuando, che ha un debole per me?"
"Se così fosse sarebbe davvero patetico, solo gli idioti si fanno guidare dalle emozioni" disse Crocodile sedendosi sul divanetto ed accavallando le gambe.
"Su questo non sono totalmente d'accordo. I sentimenti sono un'arma a doppio taglio, certo, ma senza di essi saremmo come dei robot" commentó Doflamingo sedendosi sul tappeto di fronte all'altro per poi incrociare le gambe. "Sin dal primo momento in cui veniamo al mondo proviamo dei sentimenti: dolore, gioia, paura e rabbia. Impariamo a nascondere quelli che ci spaventano, prima agli altri e poi anche a noi stessi, ma nasconderli non vuole dire non provarli"
"Certamente, ma è meglio farsi guidare solo dal lume della ragione invece che dall’incontrollabile forza delle emozioni. È il destino inevitabile del sentimentale: tutte le sue opinioni mutano e si trasformano in quelle opposte non appena si innamora, cambiando il suo modo di agire e di pensare."
"L'amore piega chiunque, anche le persone più orgogliose" disse Doflamingo guardandolo con un ghigno divertito. "Comunque a te interessa sapere se ho scopato con Vergo, vero?"
Crocodile alzó un sopracciglio infastidito. "Assolutamente no, a me non me ne frega niente della tua vita sessuale, mi interessa solo la mia"
Il biondo si fece immediatamente più attento mentre sul suo viso il ghigno si allargava. "E con chi esci al momento?"
"Non sono affari tuoi Donquixote"
"Quindi non esci con nessuno"
"Non vengo a dirlo a te chi vedo nel mio tempo libero"
"Allora perchè non esci con me?"
"Non credo ti converrebbe, sai sono in quell'età in cui si pensa solo ad una cosa"
"Il sesso?"
"L'omicidio" rispose il moro con un sorriso sinistro stampato in faccia.
"Hahahaha!"
Doflamingo rise di gusto; parlava sempre con Crocodile in chat e anche lì bisticciavano, ma avere davanti qualcuno che ti tiene testa era un'altra cosa, era quello che aveva sempre desiderato. Di persone che avevano paura di lui ce n'erano ovunque , per questo provava una sorta di strana eccitazione nel parlare con quel ragazzo che non distoglieva mai lo sguardo dal suo.

Nel frattempo Mihawk aveva dato un'occhiata ai libri che si trovavano nella libreria, scoprendone alcuni che non aveva ancora letto.
"Oi Doflamingo, mi presti questi libri di Agatha Christie?" chiese girandosi verso il tappeto.
"Certo, li ho letti tutti! Ti piacciono i libri gialli?" chiese il biondo.
"Sì"
"Fufu~ ok, prendi quelli che ti interessano, dopo ti do una borsa con cui trasportarli"
Mihawk annuì e ne prese tre per poi andarsi a sedere di fianco a Crocodile sul divanetto iniziando a leggerne uno.
Il biondo nel frattempo era tornato a fissare il ragazzo dagli occhi neri quando improvvisamente gli venne un'idea.

"Ehi Croco-chan, ti va di giocare con me~?"
























 

Salve a tutti! Doflamingo, Crocodile, smettetela di flirtare insomma!
Ed ora il biondo ha anche fatto una proposta alquanto strana al coccodrillo... Io avrei paura se fossi in lui.
Mihawk in tutto questo legge libri gialli e scopre di avere un'abilità innata nell'uso delle spade
Nel prossimo capitolo vedremo cosa vuole fare Doflamingo-
Lasciatemi la vostra opinione come sempre!
A presto ;)

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Capitolo 9
*** Tra moglie e marito non mettere il dito ***


9) “ Tra moglie e marito non mettere il dito ”











"Ehi Croco-chan, ti va di giocare con me~?"

Crocodile alzó un sopracciglio; chissà perchè quella proposta non gli faceva venire in mente che cose strane o estremamente perverse.
"No"
"Oh, andiamo! Sono sicuro che ti divertirai" commentó Doflamingo con un tono di voce per nulla rassicurante mentre con la mano destra faceva segno al moro di sedersi sul tappeto di fronte a lui.
Crocodile si giró verso Mihawk per cercare un aiuto, ma il ragazzo era totalmente immerso nella lettura.
Maledicendo Agatha Christie, si alzó dal divanetto e si sedette di fronte al biondo. "Allora?"
Doflamingo per tutta risposta gli porse un dado; da dove lo avesse tirato fuori lo sapeva solo lui. "Scommettiamo su che tipo di numero esce, pari o dispari, e chi perde dovrà rispondere ad una domanda dell'altro"
"In pratica è verità o verità"
"Esatto"
"E perchè dovrei giocare ad un gioco così idiota?"
"Perchè muori dalla voglia di farmi delle domande e perchè sei fin troppo orgoglioso per poter rifiutare e darmela vinta"
"Primo, non mi interessa farti domande di alcun tipo; secondo, proprio perchè io ho ancora un po' di orgoglio non mi abbasseró a questa pagliacciata"
"Lo sapevo, hai paura di perdere"
"Io non ho- La psicologia inversa funziona solo con i bambini"
"Ci ho provato, vorrà dire che ti faró le domande senza tirare il dado e non staró zitto un solo minuto da qui fino-"
"Passami quel dado e chiudi quella fottuta bocca"
"Tieni" disse allegramente Doflamingo passando l'oggetto all'altro. "Bene, pari o dispari?"
"Pari"
Crocodile lanció il dado.
"3. Pare proprio che il primo round l'abbia vinto io Croco-chan~"
"Muoviti e dimmi cosa vuoi sapere" commentó scocciato il moro.
"Esci con qualcuno al momento?"
"Allora sei fissato. Sì"
Doflamingo digrignó i denti ma non perse il suo solito sorriso; sapere che Crocodile si vedeva con qualcuno gli dava fastidio e non sapeva il motivo. "Bene, ora tocca a me decidere e dico dispari" disse mentre Crocodile lanciava il dado.
"6. Perchè non ti togli mai gli occhiali da sole?"

Il biondo deglutì a vuoto; quella domanda non se l'aspettava.
Crocodile fissó il ragazzo che era seduto di fronte a lui e sentì che aveva abbassato lo sguardo. Sì perchè nonostante quelle lenti scure gli impedissero di guardarlo negl'occhi, sentiva quando Doflamingo aveva lo sguardo puntato su di lui, provava una strana sensazione allo stomaco che non sapeva descrivere.
Ed ora il biondo sembrava completamente assente, forse a causa della domanda che gli aveva posto. Non pensava che fosse una cosa seria, credeva li indossasse per qualche motivo idiota come "perchè mi stanno bene" o "per non far vedere le occhiaie".
Crocodile si grattó la nuca e poi sbuffó.

"In realtà volevo sapere se sei andato a letto con Vergo"

Doflamingo sollevó nuovamente lo sguardo e tornó a fissarlo ma, al posto del solito ghigno, sul suo volto c'era un sorriso sincero.
"No, non l'ho fatto"
Crocodile allungó la mano per porgergli il dado, ma il biondo gli afferró il polso.
"Grazie" disse soltanto per poi lasciarlo andare e prendere il cubo.
Crocodile ritiró la mano sbuffando. "Non capisco a cosa ti riferisci. Comunque dispari"
"Certo, certo." commentó tornando a ghignare mentre il dado rotolava. "Fufufu~ pare che sia uscito 4 quindi tocca di nuovo a me. Vediamo... qual è il tuo fiore preferito?"
L'altro lo guardò in modo interrogativo ma rispose comunque. "Il girasole"
"Ma dai, ti facevo più un tipo da rosa"
"No quello sei tu."
"Fufufu~ ma che bel gioco di parole! Anche l'iris e l'ibisco non sono male. Oh guarda, hai perso di nuovo. Dimmi, chi è la persona con cui esci?"
Il moro assottiglió lo sguardo; lui odiava tante cose ed una di quelle era quando la gente ficcava il naso nella sua vita privata. "Non mi va più di giocare. Dov'è il bagno?" chiese alzandosi in piedi.
"In fondo al corridoio~" rispose Doflamingo mentre il suo sguardo si posava sul divanetto e, più precisamente, sul cellulare del ragazzo che era appena uscito dalla stanza. "Fai con calma" disse più a se stesso per poi gattonare, prendere l'apparecchio elettronico e cominciare ad usarlo.



Dopo qualche minuto Crocodile ritornó e vide Doflamingo seduto nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato. 'Ok tu sei al tuo posto' pensó mentre il suo sguardo vagava fino al divanetto 'tu no invece... mi ricordo di averti lasciato con lo schermo girato verso il basso' 
"Cos'hai combinato?" sibiló rivolto al biondo che lo guardó con aria fintamente innocente.
"Chi, io? Niente"
Ovviamente non si fidó e, dopo aver raggiunto a grandi falcate il divanetto, prese il cellulare e lo controlló; stranamente era tutto in ordine.
"Te lo dico io, tu sei paranoico" commentó il ragazzo con gli occhiali da sole ghignando sinistramente.
"Con te non sono mai tranquillo"
"Mi fa piacere. Comunque che ne dite di passare le ultime ore a guardare un film? Nella stanza di fronte a questa ho un divano e una tv con lettore dvd"
"Perchè no" disse improvvisamente Mihawk chiudendo il libro ed appoggiandolo sopra gli altri "magari un film horror"
Crocodile aggrottó le sopracciglia; i film dell'orrore non erano mai stati una sua passione, al contrario del ragazzo dagli occhi dorati.
"Fantastico! Ne dovrei avere qualcuno" disse Doflamingo alzandosi con un colpo di reni.
"Guardare un horror è uno spreco di tempo" commentó Crocodile seguendo gli altri due nell'altra stanza.
"Non è vero, alcuni fanno anche ridere" disse Mihawk sedendosi dal lato sinistro del divano.
"Ridi perchè hai dei problemi."

Doflamingo guardó il moro in piedi; era estremamente rigido e il suo sguardo era più tagliente del normale. Forse era dovuto al fatto che non volesse vedere un horror perchè... 
Il biondo, dopo aver preso un dvd da uno scaffale di fianco alla porta, si avvicinó di soppiatto a Crocodile e, quando fu abbastanza vicino, gli saltó addosso avvolgendo le proprie braccia attorno ai fianchi dell'altro.
"Non preoccuparti, ti terró la mano per tutto il tempo" gli sussurró nell'orecchio ghignando come al solito.
Un brivido percorse la schiena del moro; non poteva farci niente, era sempre stato molto sensibile alle orecchie e Doflamingo sembró capirlo quando cercó di scrollarselo di dosso con una marea abbastanza colorita di insulti. Dopo essersi liberato dalla stretta di quella piovra umana, si diresse velocemente verso il divano e si sedette di fianco a Mihawk che lo guardava con uno sguardo strano.

"Che succede?"
"Niente."
Il biondo, dopo aver inserito il dvd nel lettore, si sedette di fianco a Crocodile e, rivolto a Mihawk
"Ho scoperto una cosa molto interessante" disse guadagnandosi un'occhiataccia da parte del ragazzo dagli occhi neri "anzi, due~"
Crocodile gli molló una gomitata che Doflamingo paró mettendo in mezzo il braccio sinistro.
"Questo non l'ho mai visto neanche io" commentó premendo il tasto play per poi aggiungere "Croco-chan, se vuoi posso accendere una lampad- ouch!"
"Muori"
Mihawk scosse la testa sbuffando; quei due proprio non riuscivano a parlare normalmente per più di 2 minuti. "Non vorrei interrompere i vostri bisticci da coppia sposata, ma il film è iniziato"
"Sta' zitto Mihawk" dissero entrambi per poi ammutolire di colpo.
Crocodile schioccó la lingua sul palato ed incroció le braccia al petto mentre Doflamingo amplió il suo sorriso ridendo con la sua solita risata gutturale.
Non era del tutto sicuro di riuscire a vedere la fine del film prima che uno dei due ragazzi di fianco a sè cercasse di mettere le mani addosso all'altro, il primo per uccidere, il secondo per scopi meno casti.

'È proprio vero che tra moglie e marito non bisogna mettere il dito...'

















 

Ciao a tutti! Prosegue l'incontro tra Crocodile, Mihawk e Doflamingo.
Il biondo escogita uno stratagemma per cercare di sapere qualcosa di più sulla persona misteriosa con cui si vede Croco-chan usando un dado.
Lui si diverte a fare questi giochetti, ma il coccodrillo finisce per trovare un punto debole nell'altro, i suoi occhiali.
Mihawk non vede l'ora di vedere un film horror per la gioia di Crocodile che, a quanto pare, ha le orecchie molto sensibili...
Nel prossimo capitolo vedremo come andrà a finire, per il momento è tutto,
A presto e lasciatemi una vostra opinione!

(Sì, anche in 'Business Problems' Crocodile non sopportava gli horror, ma mi piace troppo quest'idea quindi la riuseró)

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Capitolo 10
*** “ Probabilmente non esiste nessuna intimità che possa competere con due sguardi che si incontrano con fermezza e decisione e che semplicemente rifiutano di lasciare la presa ” ***


10) “ Probabilmente non esiste nessuna intimità che possa competere con due sguardi che si incontrano con fermezza e decisione e che semplicemente rifiutano di lasciare la presa ”
 


















Lui non aveva paura dei film horror, semplicemente trovava che fossero una perdita di tempo, d'altra parte lo sapevano tutti che fantasmi, zombie e mostri mutanti non esistevano!
Ma anche se era certo che quelle cose fossero solo frutto di menti malate, sadiche e completamente disagiate, non riusciva a non pensare che attorno a lui potessero trovarsi delle presenze di persone morte, o che qualcuno, chissà dove, stesse conducendo esperimenti su cadaveri per farli ritornare in vita.
Peccato che non ci fossero film come Frankestein Jr in cui tutto veniva messo sul ridere.
Mentre stava guardando di malavoglia quello stupido film, gli vennero in mente le parole che Igor disse nel cimitero quando stava aiutando il dottor Frankestein a dissotterrare un corpo.
'Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere' pensó mentre in televisione il protagonista tornava a casa con la cena e trovava la moglie morta dissanguata perchè le avevano strappato la lingua.
'Ma tra tutti i film che ci sono proprio quello con le bambole da ventriloqui dovevamo vedere!'
Crocodile si morse il labbró e sbuffó; a lui non erano mai piaciute le bambole, soprattutto quelle di porcellana, con quegl'occhi vuoti e inespressivi.



Doflamingo sollevó un sopracciglio; tutti i protagonisti dei film horror erano dei veri idioti, la prima regola era non separarsi mai dagli altri e, puntualmente, quei cretini si dividevano in gruppi; la seconda era che se si vedeva qualcosa di strano bisognava avvertire qualcuno e non andare a vedere, soprattutto nelle soffitte buie o negli scantinati non illuminati. Se fosse finito lui in un film dell'orrore, sicuramente avrebbe ammazzato il cattivo e avrebbe preso il suo posto, giusto per divertirsi un po'. Oh, e avrebbe fatto di tutto per spaventare Crocodile dato che sembrava non avere particolare simpatia per il sovrannaturale. La cosa divertente era che il moro non batteva ciglio davanti a scene crude e splatter in cui volavano arti o scorrevano fiumi di sangue, ma quando guardava dei film in cui spuntavano persone indemoniate o fantasmi particolarmente cattivi arricciava il naso e aggrottava le sopracciglia.
Con l'orgoglio che si ritrovava non avrebbe mai urlato dal terrore, piuttosto si sarebbe fatto tagliare una mano, per questo lui non vedeva l'ora di farlo urlare, che fosse per un film di paura o per qualcos'altro, bhe, questo era irrilevante.



Mihawk sbadiglió per poi tornare a fissare lo schermo; non c'era niente da fare, a lui quei film non facevano paura, anzi, certe volte doveva sforzarsi per non ridere talmente erano assurde alcune scene.
Come poteva la gente spaventarsi davanti a dei pupazzi che si muovono da soli? Era logico che nella realtà non potesse mai avvenire e che quello fosse il frutto di attori, registi ed effetti speciali. A quanto pareva peró, Crocodile non era della sua stessa idea. Continuó a fissare le immagini che si susseguivano, in cui, in un flashback, il bambino scendeva nella cantina del padre, trovava il corpo di una donna trasformato in una bambola e, per vederla meglio, si arrampicava sopra il lettino, ma perdeva l'equilibrio e se la faceva cadere addosso.


'Strano che non abbia detto niente' pensó Mihawk guardando di sottecchi Crocodile, il quale, come se nulla fosse, sbattè più volte gli occhi e disse: "Penso di aver appena avuto un infarto"
Mihawk sorrise e Doflamingo si mise una mano sulla bocca per non scoppiare in una fragorosa risata.
"Che cazzo avete da ridere voi due?"
Il biondo non rispose e continuó a fissare lo schermo imitato da Occhi di Falco. Dopo qualche minuto entrambi si misero a ridere commentando una scena in cui la vecchia sbucava da dietro un angolo con una faccia "che faceva morire dalle risate".
Crocodile non sapeva cosa fare, quei due ridevano durante un film horror. Ridevano
"Voi due avete dei problemi" sussurró schiacciandosi contro lo schienale del divano.
"Ma dai, questa scena è troppo idiota!" esclamó Doflamingo indicando lo schermo.
"Come si fa ad aver paura" commentó Mihawk incrociando le braccia al petto.
Il resto del film Crocodile lo passó a spostare lo sguardo dalla televisione ai due ragazzi di fianco a sè, non sapendo per cosa essere più scandalizzato.
Quando i titoli di coda finirono, Doflamingo si alzó per togliere il dvd mentre sul suo volto si dipingeva un ghigno sinistro. "Mihawk, che dici, ne guardiamo un altro?"
"Perchè no" rispose il ragazzo dagli occhi dorati mentre Crocodile si spalmava la mano destra sulla faccia.
'Ho trovato un nuovo passatempo~' pensarono entrambi i ragazzi.


"E' stato davvero divertente, dovremmo guardare horror più spesso!" disse Doflamingo spegnendo il lettore dvd.
"In effetti è molto più interessante vederli con voi." aggiunse Mihawk stiracchiandosi sul divano.
"Certo, come no" grugnì Crocodile alzandosi in piedi.
"Ora capisco perchè lui si diverte tanto a bulleggiarti" disse Occhi di Falco girandosi a guardare il moro che gli dedicó uno sguardo omicida.
"Merda, è tardissimo!" esclamó il biondo guardando l'orologio che aveva al polso sinistro. "È proprio vero che il tempo vola quando ci si diverte"
Mihawk prese i libri di Agatha Christie e li mise in una busta, poi seguì Crocodile e Doflamingo fuori dalla casa. 
"Bene, ora vi riaccompagno in stazione e poi corro a scuola"
"Vedi di non farti scoprire"
"Per chi mi hai preso Mihawk?"
"Forza andiamo"

Dopo aver percorso la stessa strada che avevano fatto all'andata, arrivarono in stazione giusto in tempo.
Doflamingo sapeva bene quanto il ragazzo dagli occhi dorati odiasse il contatto fisico e quanto l'altro moro non sopportasse le smancerie, quindi decise di agire di nascosto.
Mentre gli altri due erano davanti a lui, si avvicinó e li abbracció da dietro appoggiando le braccia sopra le loro spalle. "Grazie per essere venuti~"
Mihawk giró la testa e guardó da un'altra parte bofonchiando un "figurati, ma adesso togliti", mentre Crocodile sbuffó reprimendo un sorriso.
Il biondo voleva davvero fermarsi all'abbraccio, ma ovviamente non ci riuscì.
"Doflamingo" ringhió il coccodrillo mentre la solita vena sulla fronte faceva la sua comparsa "togli la mano dal mio culo"
"Ops, scusa, ma l'ho fatto apposta" commentó alzando le mani in segno di resa e ghignando come suo solito "sai, era da prima che volevo farlo"
"Io è da prima che voglio farti finire sotto un treno"
"Anche io voglio farti finire sotto, ma non centra il treno"
"Idiota"
L'altro gli sorrise in risposta.


Anche mentre stavano litigavano, nessuno dei due distolse mai lo sguardo, uno per orgoglio, l'altro perchè voleva imprimersi nella mente quegli occhi neri come la pece che lo avevano stregato fin dalla prima volta in cui li aveva visti.
Crocodile si divertiva un po' troppo a tirargli dei nomi, ma non poteva farci niente, l'altro aveva una faccia che ispirava gli insulti più fantasiosi e coloriti; l'unica cosa che gli dava fastidio erano quegli occhiali dal bordo bianco allungati verso la fine che non gli permettevano di piantare i suoi occhi in quelli del biondo. Prima o poi glieli avrebbe strappati e avrebbe scoperto il motivo che lo spingeva ad indossarli in ogni situazione.

In tutto questo, Mihawk li guardava scuotendo la testa; una persona normale si sarebbe preoccupata o sarebbe scappata a gambe levate se avesse visto due ragazzi che discutevano tra parolacce e doppi sensi, ma lui ormai aveva capito che quello era il loro modo di comunicare.
Se li avesse visti conversare normalmente allora si sarebbe fatto qualche domanda; comunque decise di intervenire quando Doflamingo disse una parola di troppo e Crocodile lo afferró per il colletto della camicia pronto a tirargli un pugno.

"Smettetela di dare spettacolo" commentó mettendosi in mezzo e separandoli.
"Falchetto, sai bene quanto io sia teatrale"
"Mihawk, lascia che lo infili in un cassonetto, giusto per togliermi la voglia"
"Crocodile, le persone non si buttano nei cassonetti"
"Tsk"

Dopo aver discusso qualche altro minuto sull'utilità dei cestini e della raccolta differenziata, Mihawk e Crocodile salirono sul treno.
Mentre il coccodrillo saliva i gradini per entrare nella carrozza, lo sguardo del biondo scese a fissargli il fondoschiena; certo Doflamingo non si aspettava che l'altro mettesse una mano in mezzo e sollevasse il dito medio mandandolo bellamente a quel paese.
"Hahahaha! Ma guarda te" commentó il biondo ridendo mentre il treno si allontanava. "Bene, e ora torniamo a scuola"

Una volta arrivato davanti all'edificio scolastico, sentì la campanella che decretava la fine delle lezioni e tiró un sospiro di sollievo; era riuscito ad arrivare in tempo, ma ora iniziava la parte più difficile.
"Ti sei divertito?" domandó una voce femminile alle sue spalle.
"Non immagini neanche quanto"
Hancock lo superó mentre sollevava gli occhi al cielo; proprio in quel momento arrivó l'Audi nera con dentro la scorta, così si avvicinó e salì in macchina.
"Salve Signorino"
"Buongiorno~"

'Per il momento va tutto secondo i piani, non si sono accorti di niente, e come potevano?'

Una volta arrivati alla residenza Donquixote, il biondo scese dalla macchina ed entró in casa per poi dirigersi verso le scale, intenzionato ad andare in camera sua.
"Doflamingo"
Il ragazzo si fermó con il piede alzato e si giró verso il salotto. "Salve padre"
"Oggi ti sei divertito" 

'Merda'





















 

Buonasera a tutti! In questo capitolo vediamo l'amore di Crocodile verso i film horror, la perversione di Doflamingo e la comparsa del signor Donquixote!
Ma una cosa per volta; per chi volesse saperlo, il film che i tre guardano, quello con le bambole, si chiama 'Dead Silence' (sì, esiste davvero).
Sapevamo già che il fenicottero fosse la perversione fatta persona e qui ne abbiamo l'ennesima conferma, ma vediamo anche che Crocodile lo capisce fin troppo bene, tanto da anticiparlo e mandarlo a quel paese mettendo tra il suo fondoschiena e lo sguardo di Dofla il dito medio.
Mihawk ormai si è rassegnato e assiste ai litigi della coppia sposata.
Nella parte finale entra in scena il padre di Doflamingo che, a quanto pare, ha capito cos'ha combinato il figlio... Ma lo vedremo meglio nel prossimo capitolo.
Anche i vostri genitori, quando fate qualcosa che non dovevate, vi scoprono quasi subito o riuscite a non farvi beccare?
Personalmente mia madre riesce a rivoltarmi come un calzino, probabilmente ha qualche superpotere-
A presto e ditemi la vostra come sempre! ;)

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Capitolo 11
*** Dai genitori si ereditano solo i lati negativi ***


11) “ Dai genitori si ereditano solo i lati negativi ”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
"Oggi ti sei divertito"
Doflamingo assottiglió lo sguardo e appoggió il piede di fianco all'altro, rinunciando a salire le scale.
"Non capisco a cosa tu ti riferisca"
Sentì distintamente la risata gutturale di suo padre, così simile alla sua ma così odiosa alle sue orecchie.
"Pensi davvero di poter riuscire ad ingannarmi? Lo sai con chi stai parlando"
Il ragazzo tornó sui suoi passi ed entró in salotto dove trovó suo padre seduto sulla poltrona con di fianco il loro cane dal pelo bianco. Quell'animale era affezionato solo al capofamiglia, gli gironzolava sempre attorno e ringhiava quando percepiva qualcosa che non andava; un vero e proprio cane da guardia.
'Se fosse stato un gatto, mio padre sarebbe stato un perfetto cattivo per i film di James Bond' pensó continuando a ghignare come se nulla fosse.
L'uomo si alzó in piedi: era un uomo piuttosto alto, con i capelli biondi e corti ed un caratteristico ciuffo biondo che gli ricadeva davanti all'occhio sinistro, mentre sull'occhio destro portava una lente circolare, era vestito con giacca e cravatta e indossava sempre dei guanti neri in pelle.
 
"Devo ammettere che sei stato bravo, hai preso tutte le precauzioni possibili, ma non hai calcolato una cosa molto importante"
"E sarebbe?"
"L'imprevisto. Uno dei nostri uomini stava per caso passando davanti alla pasticceria Neri e ti ha visto uscire in compagnia di due ragazzi."
Doflamingo si morse il labbro non perdendo il suo solito ghigno strafottente.
"L'unico problema è che non vi ha seguito, ma ha ritenuto più importante venire ad avvisarmi"
Il biondo ringrazió mentalmente la stupidità di quel tipo; se li avesse seguiti avrebbe scoperto il suo nascondiglio segreto che non sarebbe più stato così segreto.
"Che idiota. Comunque gradirei una risposta sincera da parte tua"
Doflamingo sbuffó incrociando le braccia al petto. "Semplicemente ho incontrato degli amici"
"E hai saltato la scuola, ma hai fatto in modo di trovarti davanti ad essa al suono della campanella in modo che la scorta non sospettasse nulla."
"Già"
"Geniale"
"Grazie"
"Ma hai imparato che se vuoi veramente che i tuoi piani abbiano successo devi mettere in conto che possa succedere qualcosa che non hai programmato"
"Ho capito, la prossima volta faró più attenzione"
"E un'altra cosa." commentó il padre guardandolo mentre sul suo viso si dipingeva lo stesso ghigno inquietante di suo figlio. "Non c'era nessun uomo, me lo sono inventato. Prima di riuscire ad ingannare me ne devi fare di strada"
Doflamingo rimase senza parole per la prima volta in vita sua; si era fatto mettere nel sacco come un principiante con un trucchetto da quattro soldi.
"Kukukuku~ i genitori hanno un sesto senso per queste cose, ricordalo"
"Lo terró presente la prossima volta. Ma come hai fatto a sapere che-"
"A sapere che sei stato in quella pasticceria e che eri con due persone? Semplice, so che tra tutte, quella è la tua pasticceria preferita e, se avessi dovuto portare qualcuno a mangiare, saresti andato lì; per il resto Virgo mi ha informato che suo figlio Vergo ha acquistato due biglietti per la metropolitana e mi è bastato fare 2+2" 
"E come sapevi che erano entrambi ragazzi?"
"Di solito le ragazze te le porti a letto solo per una notte, non sprechi del tempo per degli appuntamenti"
 
Non poteva credere di essere stato scoperto così facilmente; sapeva che Vergo non era uno sprovveduto e che aveva preso le dovute precauzioni per non farsi scoprire, ma sapeva anche che Virgo, il braccio destro di suo padre nonchè padre di Vergo, era uno dei sicari migliori in circolazione, allenato dall'FBI e con molta esperienza sul campo. Era stato troppo ingenuo.
 
"I genitori conoscono i figli molto meglio di quanto loro conoscano se stessi. Mi dispiace dal profondo del cuore, ma dovró metterti in punizione"
"Fufufu~ smettila con questa recita, non ti dispiace affatto"
"Hai ragione, ma una punizione te la meriti dato che sei scappato da scuola eludendo la scorta. Poteva succederti di tutto."
"Ma non è successo niente. E poi non sono un bambino"
"Questo non vuol dire niente, un padre si preoccuperà sempre del figlio, sia che abbia tre anni, sia che ne abbia quaranta"
"Sì,sì, allora quale sarebbe questa punizione?"
"Niente computer per un mese"
"Ah, ok" commentó tranquillamente il ragazzo ritrovando il suo ghigno caratteristico per poi girarsi e dirigersi verso l'uscita.
"Strano, pensavo ti arrabbiassi di più" disse suo padre sedendosi nuovamente sulla sua poltrona rossa bodeaux.
"Penso di aver già appreso la lezione sugli imprevisti~" rispose uscendo dal salotto e salendo le scale.
"Kukukuku~ mio caro Spino" disse l'uomo rivolto al cane che cominció a scodinzolare "è proprio mio figlio! Non ti pare che mi assomigli?"
L'animale rispose abbaiando ed appoggiando il muso sul ginocchio del padrone. "Già, anche per me diventerà un ottimo capo"
 
 
Doflamingo chiuse la porta della sua camera sospirando; prima o poi sarebbe riuscito ad ingannare suo padre.
Si sdraió sul letto e si perse a fissare il soffitto. Niente computer significava niente chat con Crocodile e Mihawk; ma, fortunatamente aveva pensato ad un piano di riserva proprio nel caso in cui fosse capitata una cosa del genere.
Ghignó estraendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni. "Croco-chan non sarà per niente contento~"


 
 
-

 
 
Crocodile e Mihawk erano saliti sul treno, ma lo avevano trovato pieno: i posti a sedere erano tutti occupati, i corridoi erano stracolmi di gente che cercava un appiglio a cui tenersi e loro erano riusciti a malapena a trovare un posto in piedi davanti all'uscita.
"La prossima persona che si appoggia a me gli taglio un braccio" sibiló Mihawk nell'orecchio di Crocodile. I due si erano ritrovati spalmati uno contro l'altro a causa della mancanza di spazio.
"Cerca di sopportare, siamo a metà del viaggio, speriamo che alla prossima fermata scenda qualcuno" disse il coccodrillo tenendosi con una mano all'unico palo; dato che erano tutti schiacciati in quella zona, doveva tenersi saldamente anche perchè Mihawk si teneva a lui e non dubitava affatto che se il treno avesse inchiodato avrebbero fatto un volo contro il muro di fronte.
"So quanto odi il contatto fisico, ma cerca di resistere"
Mihawk fece un respiro profondo provando a rilassarsi, ma quando la grassona dietro di lui appoggió nuovamente la schiena contro la sua, emise un ringhio di frustrazione e si spostó in avanti appoggiando il petto contro quello di Crocodile.
"Scusa, ma quella tizia ogni volta che mi sposto si sposta e mi tocca." commentó Occhi di Falco attaccandosi all'altro in stile koala.
"Fai pure. Pensavo odiassi il contatto fisico in generale"
"Vero, ma solo se non è voluto. E poi tra te e la grassona preferisco di gran lunga te"
"Grazie per il complimento" disse Crocodile ridendo.
Il resto del viaggio lo passarono in quella posizione, dato che la gente, invece che scendere, saliva.
"La prossima fermata è la mia, vedi di non uccidere nessuno"
"Crocodile, stai dicendo che mi lasci qui da solo con la grassona dietro di me?"
"Mi dispiace"
"Mi ospiti stanotte?"
"Eh?"
"Domani mi faccio venire a prendere da mia madre. Sappi che se mi lasci qui da solo io faccio una strage" disse atono Mihawk guardandolo negli occhi.
Crocodile non faticó a credere che lo avrebbe fatto sul serio; già vedeva i titoli di giornale.

 
-Adolescente uccide a mani nude un centianaio di persone perchè lo disturbavano-

 
"Ok, ok, peró dopo avverti tua madre, non vorrei si preoccupasse"
"Certo"
Dopo una decina di minuti, i due ragazzi scesero dal treno e si fermarono un po' a respirare l'aria fresca, poi si recarono alla fermata dell'autobus e, dopo una mezz'ora, arrivarono a casa Crocodile.
"Entra pure"
"Grazie"
"Figurati, fai come se fossi a casa tua" disse il moro dopo essersi tolto le scarpe.
"Ma i tuoi non ci sono mai?"
"Sono sempre molto impegnati, troppo per ricordarsi di avere un figlio"
Mihawk annuì e si sedette sopra il divano, poi estrasse il telefono e mandó un messaggio.
"Mia madre dice che mi verrà a prendere dopo pranzo, fortuna che domani è festa"
"Già, almeno niente scuola"
Proprio mentre stavano iniziando a rilassarsi, il cellulare di Crocodile cominció a squillare.
"Chi è?" chiese Mihawk riaprendo gli occhi.
"È un numero che non conosco, non ne ho idea. Pronto?" 



 
"Croco-chan!"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 




 
Ecco qua il nuovo capitolo!
Il padre di Doflamingo fa un po' paura, ma sembra tenerci al figlio dopotutto. Il loro rapporto è strano, ma si chiarirà andando avanti, non temete.
Per chi si chiedesse perchè dovrebbe assomigliare ad un cattivo di James Bond, la risposta è che in un film c'è un uomo seduto sulla poltrona con in braccio un gatto bianco, e se non ricordo male, ha anche la lente davanti all'occhio.
"Ci incontriamo ancora signor Bond"
Non so perchè mi sia venuto in mente quel pezzo, ma ho deciso di inserirlo e di modificarlo un po', per quello c'è un cane al posto del gatto.
Scopriamo anche che il padre di Vergo si chiama Virgo (ho una grande fantasia) e che è il braccio destro del capofamiglia.
La parte del treno mi sono divertita un sacco a scriverla, Mihawk ha poca tolleranza verso chi lo tocca senza il suo consenso e qui infatti rischia di provocare una strage.
Grazie a Crocodile viene evitato l'omicidio di massa.
Vi starete chiedendo come faccia Doflamingo ad avere il numero di Crocodile. Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
A presto ;)

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Capitolo 12
*** La pazienza è la virtù dei morti ***


12) “ La pazienza è la virtù dei morti "
 















"Croco-chan!"

Crocodile sgranó gli occhi e rimase imbambolato per qualche secondo, così l'altro ragazzo gli tolse il telefono dalla mano.

"Pronto?"
"Falchetto!"
"Penso che gli sia venuto un ictus"

"Ma quale ictus!" sbottó il moro passandosi una mano tra i capelli "come cazzo fa ad avere il mio numero?"

Mihawk mise il vivavoce.

"Ti ricordi quando sei andato in bagno? Bhe, diciamo che ne ho approfittato per leggere il tuo numero di cellulare~"
"Io lo strozzo" ringhió Crocodile cominciando ad andare avanti e indietro cercando di controllarsi.
"Oh, andiamo! Ho anche quello del Falchetto!"
"Hai rubato anche il suo?"

"No, me lo ha chiesto" si intromise Mihawk appoggiandosi allo schienale del divano.
Crocodile sbuffó masticando insulti e poi inspiró profondamente. "Bene. E perchè mi hai chiamato?"

"Per il prossimo mese non potró connettermi, mio padre mi ha sequestrato il pc..."
"Allora ti ha scoperto" commentó Mihawk.
"Aaaah! Lascia stare per favore. Comunque non siete contenti? Ci sentiremo più spesso e ad ogni ora del giorno" aggiunse la voce divertita di Doflamingo.


Crocodile si fermó ed impallidì.


"Stavolta l'ictus gli è venuto sul serio"
"Dio, che cos'ho fatto di male per meritarmi questo?" domandó il moro ricominciando a camminare avanti e indietro.
"Che cos'hai fatto di buono per meritarmi volevi dire. Ehi, Mihawk, tu cosa ci fai con Croco-chan? Non dovresti essere ancora sul treno?"


Il ragazzo dagli occhi dorati sospiró e gli raccontó tutto, della poca aria, delle persone schiacciate, della grassona e della voglia di uccidere.
"Ahahahah! Ho capito"
"Per fortuna che Crocodile mi ospita per stanotte"
"Quanto ti invidio, vorrei essere al tuo posto"
"Tranquillo, lo coccoleró anche per te"
"Grazie Falchetto"

"Vi siete dimenticati che io sono qui e vi sento?!" esclamó Crocodile incrociando le braccia al petto mentre la solita vena faceva capolino sulla sua fronte.

"Si è arrabbiato" commentó atono Mihawk.
"Che peccato, ora devo proprio lasciarvi, ci sentiamo più tardi!"
"Ciao Doflamingo"
"Ciao"



Mihawk chiuse la chiamata ed allungó il cellulare a Crocodile che lo rimise in tasca.
"Sei troppo nervoso"
"Non ti ci mettere anche tu. Piuttosto, cosa vuoi mangiare a cena? Potrei fare le penne con la panna e il salmone..."
"Sì grazie"

Il padrone di casa ghignò e si diresse in cucina mentre l'ospite si sdraiava meglio sul divano ed accendeva la televisione.
Dopo una quarantina di minuti, Crocodile tornò in salotto con un vassoio abbastanza grande su cui erano disposti due piatti fumanti di pasta e due ciotole di frutta tagliata a pezzetti.

"Uau"
"Aspetta, prendo da bere. Qualche preferenza?"
"Acqua naturale o magari Coca-Cola fredda"
Il ragazzo tornò con due bicchieri e una bottiglia d'acqua. "Meglio non bere le bevande fredde mentre mangi, potrebbe venirti una congestione"

"Va bene mamma"
"Stai zitto e mangia"

Tra un boccone e l'altro, i due discussero riguardo al documentario sugli squali che veniva trasmesso in quel momento.

"Davvero buono" commentò Mihawk appoggiando la forchetta nel piatto.
"Dato che vivo praticamente da solo ho dovuto arrangiarmi" disse Crocodile alzandosi per portare i piatti in cucina.

Il ragazzo dagli occhi dorati lo guardò sparire nell'altra stanza; doveva essere stato difficile avere dei genitori a cui non importasse niente di quello che facevi, ma ora si spiegava perchè l'altro fosse così diffidente verso tutti e concedesse la propria fiducia molto raramente.
Mentre era immerso in questi pensieri, spense la televisione e si posizionò meglio sul divano finchè non arrivò anche il padrone di casa, che si sedette ai suoi piedi.

"C'è una leggenda che dice che al mondo esistano 7 persone tali e quali a noi, se non identiche"
Crocodile si girò a fissarlo aggrottando le sopracciglia. "Che cavolata"
"Già."
"Sette persone uguali a te... aspetta. Questo vorrebbe dire che, se la leggenda fosse vera, ci sarebbero sette Doflamingo sparsi per il mondo."
"Che bello"
"No. Ne ho già abbastanza di uno, figurati se ce ne fossero di più. Ma perchè stiamo facendo questi discorsi? ... Mihawk?"
Il ragazzo si girò e trovò l'altro addormentato, così decise di seguire il suo esempio e di concedersi un sonnellino dopo pranzo.







Crocodile aprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre; non era abituato a dormire al pomeriggio ed ecco perchè si ritrovava mezzo rincoglionito. Dopo aver allungato le braccia in un goffo tentativo di svegliarsi, il ragazzo si decise ad alzarsi in piedi constatando che il suo ospite era ancora immerso nel mondo dei sogni.
L'unico suo pensiero in quel momento era bere del caffè, così si diresse nuovamente in cucina per prepararselo.
Dopo neanche un minuto sentì vibrare la tasca dei pantaloni e si ricordò di non aver messo il cellulare in carica. Masticando una parolaccia, estrasse il dispositivo e vide che gli era arrivato un messaggio.



-da Numero Sconosciuto:
Croco-chan ♡ mi sto annoiando, questa lezione privata di geografia è una palla




Crocodile assottigliò lo sguardo ed espirò lentamente; si era dimenticato che quell'idiota potesse contattarlo anche col cellulare.
Rapidamente salvò - suo malgrado - il numero nella rubrica, giusto per sapere quando non doveva rispondere alle chiamate di quel maniaco, infine digitò una risposta e lasciò il telefono sul tavolo mentre si versava il caffè in una tazzina.



-Doflamingo, ascolta quella dannata lezione e non disturbarmi.



Poco dopo sentì nuovamente vibrare il cellulare, così si sedette e aprì il messaggio.



-da Doflamingo:
Le so già queste cose, potrei benissimo farti una lezione a riguardo e poi, se non sapessi darmi una risposta, sarei costretto a darti una bella ripassata~




Crocodile fissò lo schermo cercando di rimanere calmo e di non tirare il cellulare contro la parete di fronte; l'unica cosa che lo tratteneva era il fatto che Mihawk stesse dormendo nella stanza di fianco, e sapeva bene che se veniva svegliato senza una buona, buonissima ragione, come la fine del mondo, l'avrebbe scatenata lui la fine del mondo.
Si passò una mano tra i capelli corvini e rispose per poi bere un sorso di caffè.



-davvero divertente. Piuttosto, dato che hai tutta questa voglia di parlare, perchè non mi illumini su come abbia fatto tuo padre a scoprirti?



In effetti era una cosa che si stava chiedendo da prima di pranzo; Doflamingo non era uno sprovveduto, anzi, di solito pianificava tutto nei minimi dettagli pur di ottenere quello che voleva. Suo padre doveva essere davvero un mostro.

Dopo qualche minuto gli arrivò la risposta.



-da Doflamingo:
Una serie di sfortunati eventi.




Crocodile alzò gli occhi al cielo; adesso si metteva anche a citare film. Certo era che l'orgoglio del biondo doveva averne risentito.



-scommetto che la prossima volta non ti scoprirà anche se avrà 'i soliti sospetti'



-da Doflamingo:
Hahaha! Certamente. ♡




Il moro rimise il telefono in tasca scuotendo la testa ed alzandosi per lavare la tazzina; perchè doveva mettere tutti quei cuori ovunque?
Si girò verso la porta quando sentì un borbottio indistinto e si trovò davanti un Mihawk appena svegliato, con gli occhi semichiusi, la felpa stropicciata e un' espressione assente, mentre si passava la mano destra tra i capelli.

"Ma come siamo adorabili" lo prese in giro ghignando mentre l'altro gli dedicava un'occhiataccia e si sedeva a tavola spalmandosi sulla sedia.
"Sonno, sete"
"Sei ancora più loquace del solito" commentò versandogli un bicchiere d'acqua e porgendoglielo.
"Hm"

Crocodile alzò gli occhi al cielo già pronto per dirgli di andare a dormire in camera, quando l'altro lo anticipò.

"Oggi esce Sherlock. Hai delle patatine? Però a letto"
Il moro alzò un sopracciglio e sbuffò. "Va bene che ti sei appena svegliato, ma potresti parlare in modo normale senza omettere parti del discorso?"
Mihawk piantò i suoi occhi dorati in quelli neri dell'altro. "Tanto hai capito"

Ancora non sapeva come facesse a leggerlo come se fosse un libro aperto. "Vuoi vedere Sherlock mangiando delle patatine, ma vuoi sdraiarti e quindi il divano non va bene" Crocodile ripose la tazzina lavata e asciugata nel ripiano apposito poi si rese conto di una cosa e la sua poca calma se ne andò bellamente a quel paese.
"Mihawk! Non ti addormentare quando ti parlo!"

Quel giorno aveva avuto fin troppa pazienza.


























 

Si è conclusa la riunione dei tre ragazzi dopo un bel po' di capitoli.
Mihawk è un personaggio strano da descrivere e so che sotto sotto anche quello vero non ama il contatto fisico, ecco perchè invade casa di Crocodile e si fa venire a prendere dalla mamma .
Doflamingo che ruba il numero di telefono di Crocodile... d'altra parte è un po' stalker-
Vedremo come si evolveranno le cose!
A presto e buone feste! ;)

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Capitolo 13
*** Certi occhi il lavoro te lo fanno completo, iniziano a strapparti uno sguardo e concludono strappandoti il cuore ***


13) " Certi occhi, il lavoro, te lo fanno completo; iniziano a strapparti uno sguardo, e concludono strappandoti il cuore "



















Doflamingo sospirò nuovamente; era sdraiato a letto e si stava godendo il tepore delle coperte, ma non riusciva a stare fermo.
Erano passate ormai due settimane da quando aveva incontrato Crocodile e Mihawk, e per tutto quel tempo, ogni fottuta notte, si sognava quegli occhi neri che lo fissavano. Ormai erano diventati una persecuzione.
I primi giorni aveva pensato che fosse colpa della sua libido, così era uscito con delle ragazze e si era sfogato, ma ogni volta che stava per venire, guardava la persona sotto di sè e gli compariva l'immagine di Crocodile. Avrebbe voluto che ci fosse lui al posto dei soliti patner occasionali, moriva dalla voglia di vedere che espressioni poteva fare in camera da letto quel ragazzo dallo sguardo omicida che gli teneva testa in ogni discorso.
Stava cominciando a preoccuparsi seriamente, non era da lui comportarsi così.

Il ragazzo si mise gli occhiali e si alzò, deciso a fare qualcosa per distrarsi da quei pensieri.
Una volta in salotto una cameriera gli portò un the caldo alla pesca che lui iniziò subito a bere.
"Non è da te essere già sveglio" disse suo padre sedendosi di fronte a lui; subito arrivò un' altra cameriera che portò dei biscotti e del latte.

"Non mi andava di stare a letto" rispose distrattamente appoggiando la tazza sul piattino.
"Lo sai che se hai un problema puoi parlarne con me" commentò l'uomo per poi addentare una pagnotta.
"Non ho nessun problema"
"A me non sembra"
Doflamingo sollevò gli occhi e guardò suo padre che improvvisamente si era fatto serio. "È da un po' di tempo che esci quasi tutti i giorni con una persona diversa a notte"
"E allora? La mia vita privata non è affare tuo" sbottò il biondo più piccolo.
"La questione è più seria del previsto. Di solito non perdi la calma per così poco"
Doflamingo sbuffò e mangiò un biscotto distogliendo lo sguardo; non aveva proprio voglia di affrontare questa conversazione con suo padre.
"Come vuoi. Quando vorrai parlarne sai dove trovarmi" concluse l'uomo alzandosi e prendendo la tazza di latte con sè.
Una volta che suo padre fu uscito dalla stanza, il ragazzo rilassò i nervi.






Crocodile si alzò di malavoglia; quella mattina si era svegliato con il mal di gola e l'idea di doversi muovere dal letto non lo elettrizzava affatto.
Guardò il telefono e vi trovò un messaggio di Mihawk che gli diceva che aveva cambiato cellulare e non sapeva usarlo.
L'ultima volta che lo aveva visto era stato quando gli aveva occupato casa; alla fine avevano guardato Sherlock mangiando patatine e poi sua madre era venuta a prenderlo il giorno dopo. Doveva ammettere che invidiava un sacco il suo amico, aveva una madre molto simpatica e permissiva, al contrario della sua che era quasi del tutto assente.
Avevano dormito nello stesso letto e lui, mattiniero com'era, si era alzato per preparsi del caffè. Certo non si sarebbe mai aspettato che una volta tornato in camera avrebbe trovato il suo letto completamente occupato da un Mihawk che aveva deciso di dormire con braccia e gambe aperte.
Tossì scuotendo la testa per poi rispondergli che lo avrebbe chiamato nel pomeriggio per vedere se riusciva a dargli una mano.
Adesso che ci pensava era da un bel po' che Doflamingo non gli mandava un messaggio per rompergli le palle con i suoi vaneggiamenti.
Così digitò velocemente qualche parola e le inviò. Non che gli importasse qualcosa dell'altro, solo aveva voglia di scrivergli, tutto qui.
Rimise il telefono in tasca e si decise ad alzarsi dal letto. Proprio quel giorno doveva prenotare una visita di controllo dal dentista.







Mihawk non ne poteva proprio più. Quando era tornato da casa di Doflamingo qualche settimana prima sperava di aver evitato il problema 'appuntamento', ed invece si sbagliava.
Infatti, appena tornato a scuola, venne investito da un tornado rosso che lo sommerse di parole.

"Shanks. Prima di tutto buongiorno, seconda cosa ti calmi altrimenti ti butto giù dalla finestra"
"Dov'eri? Devo raccontarti com'è andata con Makino!"
"Deve essere una santa se è riuscita a sopportarti"
"Divertente. Siediti che ti racconto.
Ci eravamo dati appuntamento davanti ad una gelateria e io ovviamente sono arrivato in anticipo, cosí mi sono seduto ed ho ordinato un bicchiere di rhum mentre il mio cappello di paglia mi riparava dal sole bollente del pomeriggio, quando-"

"Rosso, se devi raccontare almeno non dire cavolate"

"Uffa ok, era per rendere la storia più interessante. Stavo dicendo, mentre l'aspettavo ho ordinato un succo di frutta. Dopo qualche minuto l'ho vista: aveva una maglietta bianca aderente lunga fino alla vita, dei jeans verdi che sembravano una distesa incontaminata di erba fresca-"

"Shanks."

"Ok, ok, salterò la parte descrittiva. Si è seduta di fianco a me e abbiamo preso un gelato, poi abbiamo approfittato del tavolino per disegnare le tavole. Dovevi vedere com'era bella!"
"E quante volte hai balbettato?"
"Q-questo non è importante"
Mihawk sorrise appoggiandosi più comodamente alla sedia; fortunatamente era arrivato Lucci.
"Dopo ti racconto il resto"
"C'è un resto?"
"Ma certo! Le mi improssioni sui suoi movimenti aggraziati, la sua voce melodiosa e-"
"Rosso. Per me non c'è un resto. Mi fa piacere che tu ti sia divertito, ma non mi interessano i particolari."
Shanks lo guardò assumendo l'espressione che più gli veniva bene e con la quale aveva conquistato non poche ragazze: quella da cane bastonato con occhi giganti da cucciolo.
"Piantala, sei inquietante"
"Dai occhietti belli, ora tocca a te raccontare."
"No"
"Dove sei stato invece di venire a scuola? Ma soprattutto con chi?"
"Smettila"
"Voi due, finitela di fare i piccioncini e state attenti alla lezione!" ringhiò Lucci tirando un gessetto in mezzo alle loro teste.
"Sì prof, ma si rilassi, dovrebbe prendersi una camomilla" commentò Shanks incrociando le braccia.
Mihawk ghignò e si mise comodo per il suo sonnellino giornaliero.




-




Doflamingo stava guardando fuori dalla finestra; aveva finito da qualche minuto il problema che il prof aveva scritto alla lavagna ed ora doveva aspettare che quelle capre dei suoi compagni lo risolvessero.
'Potrei mettermi a costrure barchette di carta' pensò, ma la vibrazione del suo telefono lo distrasse.
'Chi è che mi cerca?'



-da Croco-chan♡:
Oi, tutto bene?




Il biondo fissò lo schermo per qualche secondo senza sapere cosa fare, poi digitò la risposta e la inviò.



-da Doflamingo:
A meraviglia, tu?




Crocodile fissò il testo inarcando un sopracciglio.



-da Croco-chan♡:
Certo. È da un po' che non mi disturbavi, stavo cominciando a credere che tutte le maledizioni che ti ho mandato avessero avuto effetto.




Doflamingo sorrise.



-da Doflamingo:
Felice di deluderti :) come vedi sono ancora vivo e vegeto anche se devo sopportare una noisa lezione di matematica




Crocodile sollevò gli occhi al cielo; tipico del biondo cambiare discorso per non esporsi.



-da Croco-chan♡:
Per fortuna che io esco prima, oggi manca la prof di informatica, ma poi devo andare dal dentista. Quand'è che tuo padre ti restituisce il computer?




Doflamingo invidiò l'altro che poteva andarsene a casa prima del tempo.



-da Doflamingo:
Che culo... alla fine di questa settimana penso :)




-da Croco-chan♡:
Capito. Ora devo a dare, ci sentiamo




Il biondo si rimise il cellulare in tasca e tornò a fissare fuori; stava per piovere.











*extra*

"Virgo"
"Sì mi dica Boss"
"Hai la lista che ti ho chiesto?"
"Sì eccola" disse l'uomo allungandogli dei fogli.
"Non sembrano avere delle caratteristiche particolari, se non che..."
Il biondo ampliò il suo ghigno.
"Virgo, devi scoprire chi sono i due ragazzi che sono venuti in metropolitana a trovare mio figlio"
"Sarà fatto" commentò il moro uscendo dall'ufficio.
























 



Ed ecco il nuovo capitolo! Le cose cominciano ad evolversi finalmente.
Doflamingo sta cominciando a capire qualcosa che non vorrebbe, cioè di essere attratto da Crocodile.
Mihawk deve sopportare Shanks e i suoi racconti su Makino,mi scuso ma ho dovuto mettere quella battuta di Lucci sui 'piccioncini', quei due mi fanno morire insieme, hanno caratteri troppo opposti...
Ma la parte più importante è l'extra, ovvero la parte sul padre di Doflamingo. Non svelo altro, lo vedremo più avanti.
Grazie a tutti quelli che leggono e commentano!

A presto

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Capitolo 14
*** Niente in questo mondo accade per caso ***


14) " Niente in questo mondo accade per caso "


















 





Mihawk si asciugò il sudore con un asciugamano, poi si sedette sulla panchina dello spogliatoio e si rivestì.
Educazione fisica era una delle poche lezioni che gli interessavano, anche se si facevano solo cose inutili, come calcio o pallavolo.
Per questo, finito il riscaldamento con corsa e addominali, lui si prendeva un materassino e schiacciava un pisolino.
Il prof non poteva dirgli nulla dato che era il migliore della classe.
Uscì dallo spogliatoio e vide Shanks che parlava con Benn, così decise di uscire dal retro; quel giorno non aveva proprio voglia di stare a sentire le cavolate del Rosso.
Dopo un po' che camminava diretto verso casa, si guardò intorno e capì di essersi perso. Continuò a camminare finchè non passò davanti ad uno strano locale; decise di entrare sia perchè gli era venuto un buco nello stomaco, sia perchè era incuriosito.
Con una mano abbassò la maniglia ed entrò: da una prima occhiata sembrava un bar, ma l'atmosfera semi-buia gli faceva dubitare che lo fosse.

"Benvenuto, posso esserti utile?" gli chiese una voce femminile; dietro il balcone si trovava una donna con dei capelli corti a caschetto. Dalla sua posizione non poteva vedere altro.

"Stavo passando e mi è venuta fame" rispose semplicemente avvicinandosi.
Notò così che c'erano diversi tavolini, tutti vuoti, disposti intorno al balcone che si trovava di fronte all'entrata.

"Ti vanno bene un panino e una brioche? Ho anche del the freddo alla pesca"

Il brontolio del suo stomaco fu una risposta più che soddisfacente per la donna, che appoggiò il piatto che stava asciugando e si diresse verso un cucinino dietro al balcone.
Mihawk appoggiò lo zaino di fianco alla sedia e si sedette.
Solo in quel momento si rese conto di non essere solo, ma che qualcuno lo stava fissando, così si girò e piantò i suoi occhi in quelli neri dell'uomo.

"Ma che sguardo cattivo! Certo che i giovani d'oggi non sanno proprio cosa sia il rispetto" commentò bevendo un sorso dal bicchiere di quella che doveva essere una bevanda alcolica.

"Signor Rayleigh, guardi che anche lei è giovane. E poi lo sa che fissare gli altri è maleducazione" si intromise la donna tornando con un panino e una brioche fumante appoggiati su un piatto.
Mihawk ignorò l'uomo e si girò addentando il panino; sentiva ancora su di sè lo sguardo di quel tipo, come se lo stesse analizzando per scoprire qualcosa.

"Sai ragazzo, con una semplice occhiata riesco a scoprire i punti deboli e i punti di forza di una persona, è un' abilità che ho da quando sono nato" cominciò mentre con la mano destra prendeva il coltello di fianco al bicchiere ed iniziava a farlo volteggiare in aria. "Inoltre riesco a capire anche se si hanno abilità innate che non si sono ancora sviluppate"

L'uomo fermò il coltello e senza preavviso lo lanciò verso il ragazzo che era girato verso il balcone.
Mihawk fermò il coltello prendendolo per l'impugnatura senza neanche voltarsi, ma portando la mano sinistra dietro la schiena prima che lo colpisse.

"Odio essere disturbato mentre mangio" commentò lasciando cadere a terra il coltello e tornando a prestare attenzione al panino.

Rayleigh sorrise soddisfatto; non aveva affatto visto male, quel ragazzo aveva lo spirito di uno spadaccino.

"Hai mai pensato di imparare ad usare la spada?"
Il ragazzo ingoiò l'ultimo pezzo di pane e dedicò uno sguardo gelido all'uomo. "Non è la prima persona che me lo chiede"

"Non per vantarmi, ma sono piuttosto bravo, potrei darti qualche lezione"

"E lo farebbe gratuitamente?"

"Quando hai finito voglio vedere come te la cavi, se sarai abbastanza convincente allora sì, le lezioni saranno gratis"

Mihawk soppesò le parole di dell'uomo; in effetti le spade lo avevano sempre affascinato e gli sarebbe piaciuto imparare a maneggiarle, ma, da come parlava, quell'uomo doveva davvero essere bravo.
Avrebbe fatto come ogni volta, si sarebbe lasciato guidare dall'istinto.

"D'accordo"




 

Quando era entrato in quel bar non si aspettava che dietro al locale ci fosse uno spazio così grande; sembrava una palestra ma l'illuminazione scarsa dovuta alle candele negli angoli le dava un tono spettrale.

Inutile dire che gli piaceva.

"Tieni" disse l'uomo porgendogli una spada di legno "ah, non mi sono ancora presentato, io sono Silver Rayleigh"

In quel momento potè osservare meglio con chi aveva avuto il piacere di parlare: era un uomo abbastanza alto con una muscolatura sviluppata, il che faceva pensare che da giovane si fosse sottoposto a molti allenamenti e che non aveva abbandonato durante gli anni; aveva un pizzetto nero diviso in tre e i capelli corti biondicci, indossava una t-shirt e dei pantaloncini a pinocchietto con sopra un largo cappotto bianco. Inoltre portava degli occhiali da vista tondi e sull'occhio destro, svettava una cicatrice verticale.
Doveva avere all'incirca una trentina d'anni.

"Drakul Mihawk"

Non appena finì di pronunciare il suo nome, Mihawk dovette schivare un fendente che stava per colpirlo al fianco destro ruotando verso sinistra ma ritrovandosi con la schiena scoperta.
Rayleigh ruotò il polso ed eseguì un affondo per colpirlo di punta, ma la spada di legno del ragazzo deviò il colpo.

'Proprio come prima, anche se mi dava le spalle ha fermato l'affondo portando la spada dietro la schiena facendola passare sopra la spalla destra... sta usando solo l'istinto, ma è riuscito a difendersi come se sapesse esattamente cosa fare. Non ci avevo visto male, questo ragazzo ha talento'

Rayleigh si ritenne soddisfatto, così ruotò nuovamente il polso, questa volta più velocemente, e disarmò Mihawk facendo cadere la sua spada sul pavimento.

"Ti darò lezioni gratuitamente. Hai del talento e se sviluppato, potresti diventare uno dei migliori, se non il migliore" commentò l'uomo per poi aggiungere "e poi mi stavo annoiando, deve essere stato il destino a farti capitare qui. Niente in questo mondo accade per caso, è come se tutto succedesse per un motivo"

Il ragazzo lo guardò piegando la testa, poi annuì. "A dire il vero mi sono perso"

Rayleigh non riuscì a trattenere le risate, quel moccioso era davvero uno spasso.

"Ti disegnerò una mappa per trovare questo posto"

"Ok. Quando ho finito le lezioni a scuola vengo qui, quindi nel tardo pomeriggio"

"Perfetto! Shakky, portaci un bel bicchiere di rhum per festeggiare!"

"È il solito ubriacone, e poi non vede che è un ragazzo?"

"Quante storie!"

Mihawk guardò quei due che bisticciavano e ridevano e sospirò; aveva come l'impressione di essersi trovato un maestro alquanto problematico.




 

•••




 

Crocodile stava tornando a casa dopo un'estenuante giornata di scuola: Bon Clay si era messo il più puzzolente dei profumi mai sentiti così aveva fatto arrabbiare Das che non lo aveva lasciato in pace un minuto dicendo che doveva farsi una doccia e che li avrebbe avvelenati; Galdino aveva fatto una nuova scultura con la cera, ma non si sa come, era esplosa lanciando pezzettini bianchi ovunque, inutile dire che per quello si era sporcato la camicia pulita; la prof Califa sembrava in calore, arrossiva ogni due minuti guardando il cellulare e si faceva aria coi fogli.

Aveva decisamente bisogno di tranquillità.

Arrivò a casa dopo poco, inserì la chiave nella serratura e la ruotò, ma trovò la porta già aperta. Entrò e trovò i suoi genitori, suo padre seduto sul divano e sua madre in cucina a preparare il caffè.
Scambiò con suo padre un cenno del capo a mo' di saluto per poi dirigersi in cucina.



"Ciao coccodrillino, siamo tornati! Vuoi il caffè vero?" cinguettò sua madre.



Quando lo chiamava usando epiteti come quello non era un buon segno.



"Mamma. Non dovevate tornare la settimana prossima?" chiese mordendosi il labbro mentre pensava che quella giornata non poteva andare peggio di così."Sì, ma io devo partire subito per gli Stati Uniti, e tuo padre ha un caso importante in Germania, quindi siamo venuti qui per vedere come stavi" commentò la donna versando il caffè nelle tazzine e allungandone una a suo padre che si era appoggiato al tavolo."Non ne dubito""E per dirti che non puoi stare sempre in casa, devi fare qualcosa, quindi io e papà abbiamo pensato che per migliorare il tuo caratteraccio ti serviva un aiuto, ecco perchè ti abbiamo iscritto ad un corso di yoga! Non sei contento?"

"...."

"Tesoro, è rimasto senza parole! Bene, noi andiamo, sul tavolo trovi tutte le informazioni, è già pagato. Divertiti!" esclamò sua madre finendo di bere ed uscendo di casa seguita dal marito che chiuse la porta.

Crocodile era ancora fermo nella stessa posizione.
Quella giornata non poteva andare peggio? Ma perchè non stava mai zitto.

Yoga.

Lui.

Aveva una gran voglia di urlare, così prese 
un respiro profondo, andò in camera, si tolse i vestiti e si immerse nella vasca lasciando fuori solo la parte superiore della testa, dal naso in su. In quel momento sembrava davvero un coccodrillo in attesa della preda.

Yoga.
Merda.





 

•••




 

Doflamingo si sdraiò sul letto sbadigliando; la sua giornata era stata una noia terrificante, non era successo assolutamente nulla, niente di niente.
Quando sentì bussare alla porta si alzò a sedere. "Avanti"

Suo padre entrò e gli porse il pc.

"La punizione è finita, non sei contento?"

"Contentissimo" rispose prendendo il computer e appoggiandolo sul letto.

"Per stasera hai dei programmi?"

"No, penso studierò e poi userò un po' il pc"

"Capisco. Bhe, allora a domani" disse suo padre uscendo e chiudendo la porta.
L'uomo percorse il corridoio fino ad arrivare al suo studio.
Aveva richiesto a Virgo una lista di tutte le persone con cui era uscito suo figlio da quando aveva saltato la scuola per vedersi con quelle due persone, e aveva scoperto una cosa interessante.

Tutti, sia ragazzi che ragazze, avevano gli occhi neri. Una cosa insignificante, ma non per lui.
Sapeva che suo figlio non faceva mai niente per caso, e se era uscito solo con persone che presentavano quella caratteristica doveva esserci un motivo, e il motivo era di sicuro collegato ai due ragazzi della metro.
Avrebbe scoperto cosa affliggeva il figlio, anche a costo di rivoltarlo come un calzino.








 


*Joker è entrato in chat*


》 cavolo, non entro da un sacco di tempo e trovo tutto diverso!


*Mister Zero è entrato in chat*


○ io ci sono entrato qualche giorno fa e ho notato che la chat è completamente nuova, avranno aggiornato il programma. Comunque noto che tuo padre ti ha ridato il pc

》già, era anche ora!


*Taka no Me è entrato in chat*


□ qua è successo qualcosa

》hahah ciao falchetto

○ alla buon ora

□ scusate ma ero ad allenarmi

》 ?

○ allenarti?

□ ah, non ve l'ho detto. Ho trovato un uomo che mi dà lezioni di kendo e scherma gratis. Dice che ho talento.

》ma dai! Che bello :)

○ nessuno fa niente gratis, magari è un impostore. Oppure vuole qualcosa da te.

》ecco la mammina che si preoccupa.

○ stai zitto Doflamingo.

□ no non mi sembra una cattiva persona.

》ti fidi sempre dell'istinto

○ anche troppo

□ non mi ha mai tradito.

○ dato che volete ridere, mia madre mi ha iscritto ad un corso di yoga.

》 tu. A yoga. Allora ti vedremo al telegiornale! 
"Adolescente uccide con tappetini una ventina di persone perchè gli avevano fatto saltare i nervi"

□ Magari ti aiuta

○ divertente. Aiutarmi per cosa, per farmi incazzare ancora di più?

□ no, in effetti dovrei vederti.

》anche io. Croco-chan a yoga. Una barzelletta. Potresti impare delle belle posizioni~

○ è sempre un piacere allietarvi le giornate con le mie disavventure

□ non fare il tragico, è solo yoga

》tu tendi sempre ad analizzare troppo le situazioni. Dovresti lasciarti andare un po' di più, magari quando ci sono io nelle vicinanze ♡

□ magari quando non ci sono io

○ Doflamingo, prima che succeda una cosa del genere devo vedere un asino volare.

》ok, io vado.

□ e dove?

》ad allenare un asino per farlo volare, ovvio~


*Joker si è disconnesso*


○ ma quanto è cretino

□ che cosa romantica

○ Mihawk.

□ cosa

○ niente...

□ ah, ho capito come funziona quel telefono. Andava solo riconfigurato, per quello non si connetteva ad internet.

○ e tu lo sai perchè...?

□ perchè lo ha fatto Shanks. Io non so neanche cosa voglia dire riconfigurare.

○ hahaha! Mi sembrava strano. Vado anche io, non andare a letto troppo tardi.

□ le 4 non sono tardi.

○ ti devi alzare alle 7.40

□ stupida scuola

○ a domani

□ ciao

*Mister Zero si è disconnesso*

*Taka no me si è disconnesso*




 

Crocodile chiuse il pc e lo appoggiò sulla scrivania, poi si sdraiò nuovamente sul letto.
Asini che volano. Ce lo vedeva quell'idiota a spingere asini giù da grattaceli e a lamentarsi perchè cadevano come pere.
"Che cretino" commentò sorridendo per poi addormentarsi.

-

Mihawk uscì dalla chat e pensò a cosa fare per passare il tempo. D'altra parte era solo l'una, poteva iniziare a leggere un nuovo libro, magari uno di quelli che gli aveva prestato Doflamingo.
" 'Polvere negli Occhi'. Vediamo un po', dai primi capitoli sembrava interessante"
Così si immerse totalmente nella lettura e finì con l'addormentarsi con il libro sulla pancia.

-

Doflamingo chiuse il pc e si sedette sul letto, perdendosi a fissare la lancetta dei secondi dell'orologio appeso alla parete di fronte.
Far perdere il controllo ad una persona composta.
Decisamente divertente.
E se questa persona era Crocodile avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche far volare un asino, peccato che non avessero le ali.
"Una volta Einstein ha detto: 'il calabrone non ha la struttura fisica adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso'. Potrei provare a spingere un asino giù da un palazzo e vedere che succede." commentò ghignando sdraiandosi per poi addormentarsi.

Alla fine sognò di cavalcare un asino rosa volante.

























 




 


Ecco un nuovo capitolo! Bhe succede un bel po' di roba, compare Rayleigh che si propone come maestro di spada di Mihawk; Crocodile a yoga è da vedere, e Doflamingo riottiene il pc, ma il padre scopre qualcosa di molto importante.
Chissà cosa succederà quando scoprirà perchè il figlio ha scelto quelle persone.
Per il resto, è tornata la chat, ma qualcuno ha aggiornato il programma.
È tutto.

Se sognate asini volanti io non mi assumo nessuna responsabilità.

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Capitolo 15
*** La fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo ***


15) " La fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo "
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era da un paio di settimane che sentiva che qualcosa non andava.
Avete presente quella sensazione che vi parte dalla parte posteriore della testa, quella specie di prurito, come se qualcuno vi stesse analizzando?
Ecco, era così che si sentiva ogni volta che entrava nella stessa stanza in cui si trovava suo padre.
All'inizio aveva semplicemente ignorato gli sguardi che il capo famiglia gli lanciava, poi però non potè più fare a meno di constatare che sì, ce l'aveva proprio con lui.
 
E questo non era un bene.
 
Doflamingo si passò stancamente le dita tra i capelli biondi mentre l'auto che lo aveva accompagnato si fermava davanti all'istituto.
Non voleva chiedere direttamente al padre cosa ci fosse sotto -nonostante lui fosse una persona diretta- perchè aveva paura di sapere la risposta.
Stava camminando con il suo solito passo sgraziato quando sentì vibrare la tasca.
 
 
 
-da Croco-chan♡:
Stamattina ho una verifica di italiano (un tema) quindi ti avverto ora. Mihawk voleva parlare con te di non so cosa, dopo mandagli un messaggio.
 
 
 
Doflamingo alzò un sopracciglio sorpreso; quando aveva visto il nome del mittente il suo stomaco si era accartocciato come un pezzo di carta. Ignorò la sensazione strana e si concentrò sul contenuto del messaggio; chissà cosa voleva dirgli il falchetto.
Ovviamente con 'dopo' Crocodile intendeva 'dopo le 11' perchè sapevano entrambi che l'amico era fisicamente a scuola fin dalla prima ora, ma o si addormentava oppure rimaneva in uno stato catatonico fino a pranzo causa le poche ore di sonno.
Sorridendo come suo solito ripose il cellulare nella tasca ed entrò in classe.
 
 
 
 
 
•••
 
 
 
 
 
Aveva appena trovato una posizione comoda per sonnecchiare, quando il cellulare vibrò in maniera insistente.
Chi è che rompeva a quell'ora? Diamine, mancava un quarto alle undici e lui si trovava su una scomoda sedia spalmato su un altrettanto scomodo banco mentre fingeva di ascoltare un noioso professore. Chiunque fosse doveva avere un buon motivo per disturbarlo.
Molto buono.
Grugnendo qualcosa di indistinto, fece scivolare la mano fino alla tasca dei pantaloni ed estrasse il telefono.
 
 
 
-da Doflamingo:
Lo so che avrei dovuto aspettare ma non resisto. Croco-chan ha detto che dovevi parlarmi, di che si tratta?
 
 
 
Mihawk sollevò gli occhi al cielo; si era dimenticato di dover parlare con lui.
Stancamente alzò la mano e chiese ed ottenne il permesso di andare in bagno.
Quando fu fuori dalla classe digitò il numero dell'altro e lo chiamò. Sapeva bene che nessuno avrebbe detto niente al biondo.
Infatti Doflamingo, nonostante il professore stesse spiegando cosa fosse un gerundivo, tirò fuori il telefono e lo mostrò all'uomo.
 
"È una chiamata importante, vado fuori a rispondere" disse con il solito tono strafottente per poi uscire dalla classe senza aspettare la risposta.
 
 
 
"Oi falchetto! Qual buon vento"
 
"Ciao"
 
"Su, non arrabbiarti con me, lo sai che una delle mie tanti doti è quella di avere una curiosità fuori dal comune"
 
"Già, e io che mi stavo addormentando... comunque ti ho chiamato perchè si stanno avvicinando le vacanze estive"
 
"Eh sì, sai potremmo cogliere l'occasione per vederci di nuovo."
 
"Esatto. E potremmo andare a casa di Crocodile, tanto i suoi hanno ottenuto un nuovo lavoro e non torneranno presto"
 
"Splendida idea! Ovviamente Croco-chan non sa niente"
 
"Ovviamente"
 
Doflamingo sogghignò passandosi la lingua sul labbro superiore; l'idea di vedere quel rettile lo faceva fremere dall'impazienza.
"Falchetto quando fai così ti adoro~"
 
"Sì, sì. Il problema qui è un altro."
 
"Parlerò con mio padre. È da un po' che mi guarda in modo strano e la cosa non mi piace, di sicuro trama qualcosa"
 
"Sono sicuro che te la caverai. Ci sentiamo stasera quando avrai parlato con lui"
 
"Ok, ciao e buona dormita!"
 
"Grazie"
 
 
 
 
Doflamingo rimise il cellulare nella tasca e rientrò in classe.
Hancock guardò il ragazzo camminare fino a raggiungere il suo banco; non voleva sapere perchè sulla faccia del megalomane per eccellenza troneggiava un ghigno sinistro e perverso, ma ringraziò mentalmente di non esserne la causa.
 
 
 
 
 
•••
 
 
 
 
 
Tre caffè.
 
Tre. 
 
Quella giornata era iniziata male ed evidentemente non aveva intenzione di migliorare.
Forse doveva capirlo quando aveva rotto un bicchiere prima di uscire, oppure quando non aveva visto una pozzanghera e ci aveva messo dentro la scarpa, o forse doveva capirlo prima, quando di notte aveva sognato Doflamingo con un ghigno perverso che lo rincorreva per fargli indossare delle stupide orecchie da gatto.
 
Forse.
 
Ed invece aveva ignorato tutti questi segni del Destino ed era comunque andato a scuola.
 
Com'era andata a finire?
 
Verifica a sorpresa di chimica; Bon Kure si era messo un profumo nauseante, tanto che Das lo aveva trascinato in bagno e ficcato sotto l'acqua corrente; Galdino aveva fatto esplodere un contenitore in cui aveva messo la cera calda sporcando classe e studenti; e per finire in bellezza, aveva fatto un volo per le scale cadendo sul suo povero fondoschiena.
 
"Qui qualcuno ce l'ha con me, oppure il Karma mi sta punendo, anche se non ricordo di aver fatto qualcosa" sibilò massaggiandosi il didietro mentre si dirigeva verso casa.
In quel momento gli vibrò il cellulare.
'Karma del cazzo, anche lui adesso?' pensò dopo aver visto il mittente del messaggio.
 
 
 
-da Doflamingo:
Croco-chan~ ho parlato con il falchetto! Comunque com'è andata la verifica?
 
 
 
Il moro entrò in casa e si sedette sul divano stremato, poi digitò la risposta e aspettò.
 
 
 
Doflamingo guardò il telefono e appena lo schermo si illuminò sorrise.
 
 
 
-da Croco-chan♡:
Questa giornata deve finire, tra verifiche a sorpresa e pozzanghere nascoste non ne posso più. E mi fa anche male il culo
 
 
 
Il biondo fissò per qualche secondo lo schermo; una vena cominciò a pulsare sulla sua tempia.
 
 
 
-da Doflamingo:
Mi dispiace che tu abbia tutta questa sfiga~ ah sì? Probabilmente l'hai usato troppo.
 
 
 
Crocodile inarcò un sopracciglio non capendo cosa volesse dire l'altro, ma dopo aver letto il suo messaggio capì. In effetti non si era spiegato molto bene... bhe, dopo tutte quelle sfortune un po' di divertimento se lo meritava, no?
 
 
 
-da Croco-chan♡:
Forse hai ragione, dovrei controllarmi durante la settimana, almeno quando vado a scuola, grazie del consiglio.
 
 
 
Doflamingo strinse così forte la matita che la spezzò in due. Si ricordava che il moro gli aveva detto che frequentava qualcuno ma aveva cercato di dimenticarlo. Quando lo aveva rivisto qualche mese prima, nel suo cervello si era formato un solo pensiero:
 
MIO.
 
In quel momento capì che gli interessava un po' troppo cosa facesse nel suo tempo libero e con chi.
 
 
 
 
-da Doflamingo:
Già, sarebbe il caso.
 
 
 
 
Crocodile non riuscì a trattenere un sorriso; quel tipo era un maestro nel fargli saltare i nervi, quindi una piccola lezione se la meritava.
 
 
 
-da Croco-chan♡:
Non dirmi che sei geloso? Tranquillo, farò in modo di non divertirmi troppo.
 
 
 
Doflamingo sbuffò; lo stava prendendo per i fondelli o era serio? Maledizione.
 
 
 
-da Doflamingo:
In questo momento vorrei spaccarti quel bel faccino che ti ritrovi.
 
 
 
-da Croco-chan♡:
Stessa cosa. Comunque starò più attento a non cadere di culo per le scale la prossima volta ;)
 
 
 
Doflamingo ringhiò; aveva capito male ed era caduto nella trappola di quell'orgoglioso testa di cazzo con un didietro da premio Nobel.
Merda.
 
 
 
-da Doflamingo:
Non pensavo fossi così goffo Croco-chan~
Dovresti guardare dove metti i piedi
 
 
 
-da Croco-chan♡:
Hai ragione, la prossima volta mi assicurerò di metterli sulla tua faccia.
 
 
 
-da Doflamingo:
Non preoccuparti, se dovessi cadere ti prenderei al volo.
Poi però voglio una ricompensa per averti salvato il culo~
      
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Crocodile tirò il cellulare dall'altra parte del divano e si morse il labbro. Quel giorno non poteva andargli bene qualcosa.
 
 
 
 
•••
 
 
 
 
Una volta finite le lezioni, tornò a casa e passò il pomeriggio a studiare aspettando che suo padre tornasse.
Si era preparato psicologicamente ad un discorso con lui, ma sapeva che avrebbe dovuto tentare l'impossibile per convincerlo.
Mentre era immerso nei suoi pensieri sentì bussare alla porta.
 
"Signorino, Donquixote-sama richiede la sua presenza"
 
Doflamingo si alzò di scatto dal letto; possibile che il vecchio leggesse nel pensiero?
Uscì dalla camera e si diresse verso l'ufficio scortato da Virgo. Una volta arrivati, il braccio destro del padre -o cagnolino come amava definirlo lui- se ne andò chiudendosi la porta in legno alle spalle.
 
"Siediti" gli ordinò il padre con un tono che non ammetteva repliche; se lo aveva chiamato di sicuro non era per giocare a carte o prendere un the.
 
"Stavo pensando che le vacanze estive si stanno avvicinando e che potresti invitare i tuoi amici qui, che ne dici?"
Doflamingo lo guardò assottigliando lo sguardo; questo slancio di generosità nei suoi confronti non era sospetto, di più.
 
"E come mai posso fare una cosa del genere?"
 
"Perchè ci tengo a vederti felice e so quanto sia difficile farsi degli amici per uno come te. Ma se non vuoi basta dirlo"
 
"Ne parlerò con gli altri" commentò alzandosi e dirigendosi verso la porta.
 
"Fammi sapere"
 
Il ragazzo si chiuse in camera e accese il pc.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Joker è entrato in chat*
 
》ci siete ?
 
*Taka no Me è entrato in chat*
 
□ sì
 
*Mister Zero è entrato in chat*
 
○ dimmi
 
》allora la cosa mi puzza ma ve lo dirò senza tanti giri di parole: per le vacanze estive siete invitati a casa mia
 
□ e tuo padre?
 
》ha detto che potevo invitarvi. Per questo mi puzza
 
○ anche a me suona male
 
□ io vengo
 
》hahah per me siete i benvenuti! Evvai! E tu Croco-chan?
 
○ a questo punto vengo anche io, e poi mi ha incuriosito questo strano comportamento
 
》non lo dire a me
 
□ se ce la vediamo male ti usiamo come ostaggio per scappare
 
○ idea geniale, e magari chiediamo anche un bel riscatto
 
□ poi viviamo di rendita fino alla fine dei nostri giorni
 
○ e ovviamente non ti liberiamo, ma ogni 6 mesi mandiamo un pezzo del tuo corpo al papà per fargli sapere che stai bene
 
□ poi però i pezzi finiscono...
 
》RAGAZZI SMETTETELA
 
□ non sai stare agli scherzi
 
○ infatti
 
》non mi sembrava uno scherzo-
 
○ kuhahaha! Tu guardati le spalle
 
*Mister Zero si è disconnesso*
 
□ esatto
 
*Taka no Me si è disconnesso*
 
》no ehi stavate scherzando vero?
VERO??
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[nel frattempo, in una stanza del palazzo Donquixote]
 
Un uomo fissava la fotografia che si trovava sulla sua scrivania nella quale un bambino biondo con dei buffi occhiali da sole sorrideva.
 
"Dato che ti comportavi in modo strano, e intendo più strano del solito, ti ho chiesto di confidarti con me, ma tu non lo hai fatto, quindi ho dovuto arrangiarmi e scoprirlo da solo. Capisco che tu sia un adolescente e che sia in piena tempesta ormonale, ma portarsi a letto così tante persone in così poco tempo... bhe, non poteva non insospettirmi. So bene che non dovrei immischiarmi nella tua vita privata, ma quando ho visto che tutte le mattine avevi una faccia da funerale, ho deciso di fare delle ricerche. Ho rintracciato tutte le ragazze e i ragazzi con cui sei stato e ho scoperto una cosa interessante. Tutti quanti avevano gli occhi neri"
 
Si fermò per accarezzare il cane Spinone che stava scodinzolando ma non distogliendo lo sguardo dall'immagine.
 
"Per me è stata una sorpresa scoprire che uno dei due ragazzi con cui hai saltato la scuola presentava questa caratteristica. Ovviamente tu non mi hai detto niente, d'altra parte non ti sei mai fidato troppo delle persone, e questo è un bene. O semplicemente non ti sei neanche accorto di avere un debole per lui. Oh bhe, se quel tipo non mi piacerà allora lo farò uccidere."
 
Il cane scodinzolò felice e si stese ai piedi del capo famiglia che aveva assunto il solito ghigno sinistro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

Salve! Sì, il padre di Dofla a quanto pare ha scoperto un po' troppo.
Ma passiamo al punto: i tre si incontreranno di nuovo per le vacanze estive! Scommetto che ne succederanno di tutti i colori...
E vogliamo parlare dei messaggini che si mandano Croco e Dofy?
A presto e fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 16
*** E’ raro che due amici, ogni tanto, non si scambino gli occhi ***


16) " E’ raro che due amici, ogni tanto, non si scambino gli occhi "















 

Crocodile si sgranchì le gambe e decise di alzarsi dal letto; la domenica doveva essere un giorno di relax, invece era solo un giorno noioso. Odiava rimanere con le mani in mano per troppo tempo, era una persona attiva e non gli piaceva sprecare tempo a non fare niente.
Fortunatamente quel pomeriggio sarebbe uscito con Akane e si sarebbe svagato un po'.
Era da un paio di mesi che si frequentavano, si ricordava ancora come l'aveva conosciuta. E come dimenticarlo!

Stava tornando a casa da scuola quando, girando l'angolo prima della salita che portava ad una strada più trafficata, aveva sentito un urlo acuto, così si era girato trovando due tipi che cercavano di trascinare in una macchina una ragazzina.
Ci aveva messo due secondi a pestarli e a metterli in fuga, poi con una rapida occhiata, si era accertato che lei stesse bene.
Fisicamente non sembrava aver riportato ferite, ma stava tremando come una foglia e stava tenendo le braccia avvolte attorno al busto, come per difendersi.
Allora si era avvicinato porgendole una mano e presentandosi, la ragazza lo aveva guardato e si era messa a piangere. Non sapendo cosa fare era rimasto immobile finchè lei non lo aveva abbracciato.

"Ho fame" gli aveva detto tra un singhiozzo e l'altro, così l'aveva portata in un bar.

"Io sono Akane, ti ringrazio per avermi aiutata poco fa..."

"Figurati."

"Hai detto di chiamarti Crocodile, quanti anni hai?"

"17"
Akane lo aveva guardato con la bocca spalancata e, dopo aver appoggiato il panino sul piatto, aveva esclamato: "Io ne ho 15 quindi vuol dire che sei un mio senpai!"
Era così contenta che non se l'era sentita di smorzare il suo entusiasmo. D'altra parte era solo una ragazzina e a quanto poteva capire, lo aveva appena scambiato per il principe azzurro.

Da quel giorno si erano sentiti diverse volte e anche incontrati dopo la scuola; Akane era come una sorellina che stravede per il fratello maggiore, lo seguiva ovunque facendogli un sacco di complimenti, ma Crocodile proprio non sapeva perchè con lei non riusciva ad essere se stesso e diventava più...umano. Forse perchè era una bella ragazza, con corti cappelli marrone scuro, grandi occhiali da vista e occhi chiari, o forse si stava rammollendo.

Dopo aver pranzato uscì di casa diretto ad una gelateria nelle vicinanze dove era solito incontrare la ragazza e vide che era già arrivata.

"Ciao senpai!" lo salutò raggiante per poi sedersi ad un tavolino.

"Ciao Akane, come stai?" disse sedendosi di fronte a lei. Quel giorno indossava una maglietta azzurra a sbuffo e dei pantaloncini bianchi.

"Bene! Sai a scuola è una noia, sono tutti inutili, mi piacerebbe un sacco essere in classe con te"

"Ti capisco, anche da me è pieno di mentecatti. Eh, mi dispiace, ma sei ancora piccola"

"Salve, volete ordinare?" chiese una cameriera di fianco al tavolino.

"Io vorrei un gelato alla fragola e stracciatella" rispose il ragazzo.

"Io uno zabaione e cioccolato"
Dopo che la donna si fu allontanata, i due ripresero a parlare.

"Quindi Bon-chan continua a mettersi profumi orribili! Prova a consigliargliene uno che ti piace, così non dovrai sopportare il tanfo!"

"Potrebbe funzionare, ma non ho idea di quale profumo possa piacermi. Non sono esperto in queste cose"

"Ti aiuto io! Dopo andiamo in una profumeria e ne scegliamo uno"

"Ti ringrazio"

Akane sorrise inclinando la testa da un lato e in quel momento arrivarono i loro gelati, così cominciarono a mangiare.

"Senti senpai, perchè non ci ripensi?" domandò improvvisamente la ragazza.

"Ne abbiamo già parlato, sei troppo piccola"

"Ma a me tu piaci sul serio!"

"Ti credo, ma non voglio approfittarmi di te. Probabilmente ti sei innamorata di me solo perchè ti ho salvato. Se ci fosse stata un'altra persona sarebbe successa la stessa cosa"

"Non è vero! Il nostro era un incontro voluto dal destino!" sbottò gonfiando le guance in un broncio tipico di una bambina di 5 anni a cui hanno appena detto che non può giocare.

'Troppo adorabile.'

"Ma guarda come siamo maturi" commentò sogghignando il moro tirandole una guancia senza farle male.

"Uffa! Quando sarò cresciuta però prenderai in considerazione la mia proposta?"

"Sì, te lo prometto. Ora però finisci il gelato e pulisciti il naso che è sporco di cioccolata"

Alla fine gli piaceva avere qualcuno di cui prendersi cura; quella ragazzina sembrava indifesa ma nascondeva un bel caratterino dietro quel musino angelico.

"Cosa??Oh no, che figura!" esclamò prendendo un fazzoletto e togliendosi il cioccolato mentre un lieve rossore compariva sulle guance fino ad arrivare sulle punte delle orecchie.

'Decisamente troppo adorabile'






 

•••






 

Domenica.

Il giorno del riposo per eccellenza, in cui si dormiva, si mangiava, si dormiva ancora e si stava in pigiama dalla mattina alla sera. Anche Dio non aveva fatto nulla la domenica dopo 6 giorni di creazione!
Allora perchè certe persone non capivano questo semplice concetto? E perchè doveva conoscerne una??

"Mihawk! Quanto ci hai messo ad aprire la porta?"

Shanks guardò il ragazzo di fronte a lui: indossava un pigiama blu con degli orsetti degno di un bambino, aveva l'espressione di uno zombie ma più incazzato e delle belle borse sotto gli occhi.

"Spero tu stia scherzando" sibilò il moro prendendo un profondo respiro.

"Scherzando? Su cosa? Comunque non parliamo di sottigliezze, su vestiti che mi devi accompagnare!"

"È domenica. L'unico posto in cui devo andare è il letto"

"Su, su, sono le 11, è tardi, e io ho bisogno di un consulente! Dai vestiti!"
 

Dopo aver fatto l'espressione più incazzata che conosceva ed aver spiegato a quell'iperattivo che le 11 per lui era l'alba pensava di averlo convinto, ed invece si ritrovava a camminare per le strade affollate vestito con i primi indumenti trovati e una gran voglia di strangolare qualcuno.
Come avesse fatto Shanks a convincerlo non lo sapeva, si ricordava solo che aveva nominato la parola 'colazione' seguita da 'dolci'.
Maledizione a lui e ai suoi punti deboli!

"Adesso mi spieghi cosa ci facciamo in centro di domenica mattina"

"Ma è semplice, shopping!"

Mihawk si fermò in mezzo alla strada.
Sperava di aver capito male.
Lo sperava per l'incolumità del ragazzo che ora lo fissava con un'espressione interrogativa.

"Scusami puoi ripetere"

"Ho detto, S-H-O-P-P-I-N-G! La prossima settimana mi vedo con Makino e non ho nulla da mettermi, quindi... ehi Mihawk mi stai ascoltando? ... M-Mihawk, da dove l'hai tirato fuori quel coltellino a serramanico?"
 

Dieci minuti dopo si trovavano in un bar a fare colazione; Shanks si era salvato appena in tempo dall'ira del pelide - mica tanto - Mihawk.

"No sul serio, tu giri con un coltellino a serramanico? E dove lo tieni?"

"In tasca" rispose l'altro come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Il Rosso deglutì e sorrise; la prossima volta doveva presentarsi con una brioche in mano se non voleva perdere la testa. Letteralmente.

"Non ti azzardare a venire a casa mia prima dell'una, chiaro?"

"Chiarissimo. Ora però mi accompagni a comprare dei vestiti?"

"Per forza" sibilò sbuffando il moro mentre appoggiava la tazzina sul piattino. "Tanto sono già sveglio, più o meno"

"Oh che bello! Allora prima di tutto iniziamo da H&M, poi Pull&Bear e dopo..."

Mihawk fissò Shanks che parlava e parlava e parlava senza fermarsi un attimo e per un secondo invidiò la sua forza d'animo e la sua vivacità. Per un secondo, perchè poi si ricordò che doveva andarci anche lui in tutti quei negozi.

"Frena Rosso. Sono troppi posti"

"Come troppi? Ok, magari andiamo in quelli più importanti per primi così se trovo subito quello che mi serve finiamo in fretta"

"Molto meglio" commentò alzandosi subito seguito dall'altro che trotterellò fuori dal bar, felice come un bambino la mattina di Natale.

'Tsk, ma guarda te cosa mi tocca fare'
 

-
 

Il primo negozio in cui entrarono era pieno di gente e di vestiti di ogni genere, dai pantaloni normali a quelli dalle tinte più impossibili. Si divertì a vedere quella massa di capelli rossi sfrecciare avanti e indietro, come se gli avessero appena somministrato una dose di adrenalina.

"Ok, ho trovato due camicie, quattro jeans e altre cose belle, ora seguimi nei camerini" disse il ragazzo mentre trasportava quella che era la più grande montagna di vestiti mai vista in tutta la sua vita verso una parte del negozio.
Arrivati nei camerini, si sedette e aspettò che l'altro si cambiasse; tutto quella situazione gli faceva venire un gran sonno.
La tendina si spostò ed uscì Shanks vestito con degli improbabili jeans blu elettrici e una maglia rossa.

"Non puoi essere serio"

"Perchè? Mi piacciono i colori appariscenti! Ma forse hai ragione, ne provo altri" commentò grattandosi il mento per poi sparire nuovamente.
Le volte dopo non furono migliori; la sobrietà era un concetto sconosciuto al ragazzo iperattivo, che mischiava colori accesi tra loro senza un minimo di logica.

"Mihawk! Non ti addormentare!"

Dopo quella che sembrò un'eternità, il moro prese una decisione; si alzò e scomparve tra la gente.
Shanks uscì con una camicia giallissima e dei pantaloni arancioni e si guardò attorno senza trovare nessuno.
Probabilmente l'amico si era stancato ed era tornato a casa, d'altra parte sapeva di avere un carattere troppo esuberante...

"Tieni, prova queste" disse una voce a lui nota, così sollevò gli occhi e si trovò davanti due iridi gialle.

"Occhietti belli! Pensavo te ne fossi andato"

"Non tentarmi e vai a provare questi" disse dandogli una lieve spinta verso il camerino per poi tornarsi a sedere.
Shanks sorrise e sparì nuovamente dietro alla tenda divisoria; dopo qualche minuto uscì e si specchiò: portava una semplice camicia bianca e dei jeans blu con una cintura marrone fatta di corde intrecciate.
Lo stile era normale e non aveva niente di speciale, ma stava comunque bene.

"Non c'è bisogno di esagerare" commentò Mihawk guardandolo "a volte sono le cose semplici che ti valorizzano di più"

Il Rosso lo guardò sbattendo più volte le palpebre per poi scoppiare a ridere.

"Ahahaha! Già ti vedo a condurre 'Ma come ti vesti' insieme ad Enzo e Carla!" commentò circondandogli il collo con un braccio.

"A condurre cosa con chi? Comunque l'importante è che siamo riusciti a comprare quello che ti serviva, e togli quel braccio"

"Ok, ok, ora pago queste cose e andiamo nel prossimo negozio"

"Cosa?"

"Giusto per essere sicuri che non ci sia altro di interessante"


 

Incredibile cosa si possa arrivare a fare per un amico, svegliarsi all'alba e passare l'unico giorno di riposo a fare shopping per uno stupido appuntamento.

"Tu vuoi proprio morire oggi"

"Hai detto qualcosa Mihawk?"
Il moro sospirò e si passò una mano tra i capelli.

"No, niente, ma sappi che dopo questa epopea la prossima settimana esigo un dolce al giorno"

"Già, lo immaginavo. Tranquillo, sono sicuro che da Terranova troviamo qualcosa anche per te"

"Cos'ho fatto di male." sibilò mentre il Rosso lo prendeva per un polso e lo trascinava dentro l'ennesimo posto pieno di gente.


 

•••


 

*Taka no Me è entrato in chat*


□ finalmente è finita.


*Mister Zero è entrato in chat*


○ finita cosa?


*Joker è entrato in chat*


》salve a tutti!

□ finita la giornata. Sapete cosa vuol dire che quel pazzo di Shanks si è presentato a casa mia alle 11! E ha avuto anche il coraggio di portarmi in giro a fare shopping per uno stupido appuntamento

》cavolo, per te le 11 sono le 7 di mattina... quindi hai passato la domenica a fare shopping? Hahaha falchetto se non hai ucciso qualcuno oggi hai un grande autocontrollo!

□ stavo per strangolarlo. In più occasioni.

》lo immaginavo xD

○ oh andiamo! Le 11 non sono così presto, come fai a dormire così tanto, poi sprechi tutto la giornata a letto e non concludi nulla

□ tu sei pazzo, una persona con un orologio biologico settato alle 7 non può permettersi di dire la sua su questo argomento

○ tsk, ti piacerebbe. Solo perchè dico la verità, cioè che sei un pigrone non vuol dire che non possa parlare.

》sono punti di vista! Una persona dorme fino a quando vuole

□ esatto

○ tu potresti dormire anche tutto il giorno

□ certo

○ pigrone

□ Crocodile, com'è andato il tuo appuntamento con Akane?

》appuntamento con chi?

○ ...la prossima volta che ti vedo ti metto le mani addosso.

□ uhuh

》le mani le devi mettere solo addosso a me. E ora voglio sapere chi è Akane.

□ io torno a dormire, ciao :)

○ muori


*Taka no me si è disconnesso*
 




Mihawk chiuse il pc sogghignando; Crocodile non avrebbe dovuto raccontargli certe cose, e poi se l'era andata a cercare. Non vedeva l'ora di leggere la loro conversazione, Doflamingo di sicuro non  l'avrebbe lasciato in pace tanto facilmente, ma prima voleva fare un sonnellino.
 

》chi è Akane

○ nessuno che tu debba conoscere, non preoccuparti

》non te la caverai così. È la persona con cui esci ?

○ e se anche fosse?


Doflamingo lanciò il suo peluche rosa contro il muro di fronte.


》niente, sono solo curioso


Crocodile fissò lo schermo; sapeva che il biondo se l'era presa perchè ne aveva parlato con Mihawk e non con lui. Peccato che gli fosse sfuggito in una conversazione.


○ mi è sfuggito il nome durante una conversazione con lui, non mi piace parlare della mia vita privata, lo sai

》certo che lo so, ma pensavo fossimo amici

○ stai cercando di farmi sentire in colpa

》ovvio, e ci sto riuscendo ~

○ è una ragazza più piccola di me con cui esco ogni tanto. Contento ora?

》oh che carino~ e ci sei già andato a letto?

○ ora stai esagerando

》mmmh? Tu dici? Ma mi interessa quindi rispondimi e non ti chiederò altro

○ si può sapere perchè sei così interessato alla mia vita privata?

》perchè siamo amici?

○ ottimo salvataggio

》grazie~♡ però non mi hai risposto.
 


Crocodile sbuffò masticando insulti incomprensibili; possibile che quel tipo riuscisse a fargli saltare i nervi in così poco tempo?
Alla fine il loro era un punzecchiarsi all'infinito, proprio non ce la faceva a non farlo incazzare.


○ no...

》oh ti ci è voluto tanto?

○...n ancora
 

Doflamingo fissò lo schermo ghignando; brutto bastardo, lo stava pigliando per i fondelli. Ok, magari brutto no, ma bastardo sì, e anche tanto.
 

》bene, allora divertiti

○ certo, come sempre

》perfetto

○ ottimo

》fantastico

○ stupendo

》fenomenale

○ incredibile

》meraviglioso

○ spettacolare

》ora vado a letto, buonanotte

○ anche io buonanotte

》ok

○ ok


Crocodile rimase a fissare lo schermo mentre un lieve sorriso incurvava gli angoli della sua bocca.

Doflamingo sorrise giocherellando con i suoi occhiali e scuotendo la testa.


○ buonanotte idiota

》buonanotte cretino


*Mister Zero si è disconnesso*


*Joker si è disconnesso*





















 


 


Salve a tutti! Questo capitolo è stato più complesso del previsto; nonostante non succeda niente di eclatante, è stato assurdo immaginarsi Mihawk alle prese con lo shopping per colpa di Shanks-
Crocodile come principe azzurro mi piace un sacco, il personaggio di Akane è inventato, ma almeno si spiega con chi esce al momento il nostro coccodrillo e perchè.
Infine la chat conclude il capitolo, e Mihawk si vendica rivelando qualcosa che non dovrebbe a Doflamingo.
Alla fine è uscita una cosa mezza fluff.

Ditemi la vostra, siete più come Mihawk, intolleranti allo shopping, o più come Shanks, super attivi con una gran voglia di fare?
A presto

-
 La citazione del titolo è di Dino Basili

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Capitolo 17
*** Il rosso e il caffè fa bello chi non è; il verde e il turchino ci vuole un bel visino; il rosa invece non è per chi ha gli occhi color pece ***


17) " Il rosso e il caffè fa bello chi non è; il verde e il turchino ci vuole un bel visino; il rosa invece non è per chi ha gli occhi color pece "
















 

Finalmente erano arrivate.
Le tanto agognate vacanze estive.

Quell'anno sembrava non finire mai e anche i giorni di scuola parevano eterni, ma alla fine la tortura era finita, e con le vacanze si prospettava una nuova gatta da pelare.
Già, perchè passare due settimane nella casa di uno dei boss mafiosi più influenti di tutto il paese non era proprio una cosa da niente; aggiungiamoci anche che il figlio di questo boss altro non era che un maniaco pervertito con un amore smodato per il rosa e si capisce perchè Crocodile non fosse così felice di preparare la valigia.

Il moro ricontrollò velocemente la lista delle cose da prendere; gli avevano detto che era una persona fin troppo organizzata, ma non gli importava. Doveva avere tutto sotto controllo in ogni situazione altrimenti non si sentiva tranquillo.
Dopo aver appurato che non aveva scordato nulla, chiuse il trolley e si passò una mano tra i capelli corvini; aveva preso un caffè appena sveglio ma pensò bene di andare a prepararne un altro prima di chiamare Mihawk.
Già si immaginava come sarebbe stata la telefonata e aveva bisogno di una dose extra di caffeina.
Appoggiata la tazzina sul tavolo, estrasse il cellulare sospirando e digitò il numero dell'amico.
 

-Pronto.

-Mihawk, hai fatto la valigia?

-Buongiorno Crocodile.

-Sì, buongiorno

-Valigia. La stavo giusto preparando.

-Che bugiardo... senti, ti invio la lista delle cose essenziali da prendere, non devi fare altro che seguirla ok?

-Va bene, grazie mammina.

-Smettila. Chiamami quando hai finito.

 

Crocodile chiuse la chiamata sospirando; immaginava che l'altro non avesse ancora preparato niente; dato che sapeva come ragionava aveva pensato che Mihawk avesse intenzione di fare la valigia alle 3 di notte e non aveva torto.
D'altra parte mica avevano il treno alle 7.
La disorganizzazione di quel ragazzo lo faceva sempre preoccupare.

"E mi chiama anche mammina! Ma guarda te" sbottò alzandosi dalla sedia prendendo il portafogli per poi dirigersi verso la porta.

"Magari una passeggiata mi calma i nervi"





 

Il sole splendeva nel cielo e di nuvole non c'era neanche l'ombra, tempo perfetto per fare due passi se non fosse che...

"Boss, che bello vederla!" cinguettò una voce fastidiosamente conosciuta.

"Bon Clay, cosa stai facendo in giro a quest'ora? Non dovresti essere nel negozio di Ivankov?" Domandò spazientito il moro mentre la sua solita aura omicida aumentava d'intensità.

"Stavo giusto per andarci, mi accompagni vero? Che bello, così saluti anche Iva-chan" rispose allegro l'altro ragazzo facendo una giravolta e trascinandolo per un braccio.

"Che strano, sento una strana sensazione, come di pericolo... va bhe, muoviamoci!"





 

Non poteva crederci.
E dire che mentre faceva colazione aveva letto il suo oroscopo e non era così male... di solito Paolo Fox non sbagliava, ma quel giorno aveva fatto decisamente cilecca.

"Zuccherino, sei arrivato finalmente!" esclamò una voce potente non appena misero piede nel locale Kamabakka.

"Mammina, guarda chi è venuto a salutarti!" commentò allegro Bon Clay trascinandosi dietro Crocodile che stava contando mentalmente fino ad un numero imprecisato per non commettere una strage.

Appena entrati nel locale si era frastornati da un forte profumo di incenso e dai colori sgargianti delle tovagliette che coprivano i molti tavolini disposti davanti ad un enorme palco coperto da un sipario, dal quale uscì teatralmente un omone alto e truccato, con un rossetto rosso e i capelli ricci blu su cui troneggiava una corona.

"Ma guarda chi c'è, Croco-boy!" disse scendendo agilmente dal rialzo del palco e camminando incontro ai due ragazzi.
Nel frattempo tutti i dipendenti del Kamabakka, che stavano svolgendo diverse mansioni come pulire o sostituire i fiori vecchi con quelli nuovi, si fermarono a fissare i nuovi arrivati, per poi cominciare a fare apprezzamenti di dubbiosa natura.

"Croco-boy, ciao!"

"Ma che carino, è proprio il mio tipo"

"Sembra un aristocratico di altri tempi..."

"Ha proprio un bel sederino~"
 

Crocodile lanciò un'occhiataccia ad ogni singolo individuo - non riusciva a definire uomini quei cosi truccati in gonnella - finchè non tornò il silenzio, poi si rivolse ad Ivankov.

"È sempre un dispiacere vederti"

"Oh, ma quanto siamo velenosi! Dovresti lasciarti andare un po' di più, lo sai? Su, siediti che prendiamo un the, ho giusto giusto il gusto che fa al caso tuo" disse dandogli uno spintone e facendolo indietreggiare fino ad una sedia.

"Non ho alcun interesse a bere un the in questo posto" sibilò il moro mentre Bon Clay faceva giravolte di fianco a lui e gli altri 'dipendenti' erano tornati a fissarlo in maniera maniacale.

"Se ci tenete alla vita vi conviene tornare al vostro lavoro, altrimenti vi strappo gli occhi con il cucchiaino da the e ve li faccio mangiare." commentò con voce bassa ma abbastanza alta da far sentire a tutti le sue parole.
Dopo neanche 30 secondi ognuno dei presenti era tornato a svolgere la sua occupazione.

"Hahahah! Sei proprio un violento Croco-boy!"

"E oggi sono anche di buon umore"

"Ecco a lei il the" commentò uno strano tizio con delle orecchie da coniglio, gli occhiali da sole con indosso giacca e cravatta.
Crocodile inspirò lentamente e aspettò che quella copia mal riuscita del bianconiglio gli servisse il the, il quale, dopo aver aggiunto lo zucchero e mescolato con il cucchiaino, fece un lieve inchino e si allontanò.

Ivankov ringraziò il suo dipendente e lanciò un'occhiata al ragazzo seduto di fronte a lui; per tutto il tempo era rimasto appoggiato allo schienale, con le braccia incrociate, gli occhi chiusi e le gambe accavallate, aspettando che qualcuno lo servisse. Nonostante quel comportamento fosse decisamente arrogante, trovò che quel moretto sembrasse un nobile, sia nel portamento, sia nell'aspetto.

"Sei proprio una prima donna" commentò mentre il ragazzo piantava gli occhi color pece nei suoi e prendeva la tazzina portandosela alla bocca.
In realtà non si fidava così tanto di quella che chiamavano la Regina e che ora lo stava osservando con un sorriso a 32 denti, ma era anche curioso di sapere quale gusto avesse scelto per lui.

"Allora, ti piace vero?" domandò Ivankov sorseggiando il the e sorridendo mentre vedeva Crocodile fissare curioso il contenuto scuro della sua tazzina.

"Non è male" disse sorpreso continuando a bere.
Non aveva un gusto forte ma neanche troppo delicato, non era fruttato e soprattutto non sembrava uno di quegli antibiotici che prendeva da bambino quando si ammalava. Aveva un gusto dolciastro ma non nauseante e il profumo era molto piacevole.

"Si chiama Rosa di Bosco, è un eccellente tonico per fronteggiare l'esaurimento e la stanchezza, e inoltre aiuta a sconfiggere lo stress. La leggenda narra che il dio del vino si invaghì di una ninfa e, come al suo solito, tentò di conquistarla, ma lei terrorizzata fuggì finché non inciampò in un cespuglio. Provò più volte a rialzarsi ma Bacco la raggiunse. Consumato l’atto, Bacco, trionfante e soddisfatto per l’impresa, non esitò a ringraziare il cespuglio e lo trasformò in rosa, facendogli spuntare splendidi fiori di un delicato color rosato, il colore delle guance della sua ninfa."

"Grazie per la lezione di erbologia e epica"

"Decisamente un the che in pochi possono apprezzare pienamente"
Crocodile sbuffò ma Bon Clay capì che non era uno di quegli sbuffi che faceva sempre il Boss quando era infastidito, ma era diverso, forse perchè la Grande Iva ci aveva visto giusto anche stavolta e lui non voleva ammettere apertamente che quel the in fondo gli piaceva.

"Ora, per ripagarmi, che ne diresti di farmi vedere come stai con questo bellissimo vestito rosa a balze?"

"No Boss, metta giù il tavolo! Iva-chan scherzava!"

"Hahaha! Che adorabile ragazzino!"

 

Decisamente una giornata da dimenticare.



 

•••



 

Mihawk appoggiò il cellulare sul comodino, ma quello vibrò qualche secondo dopo. Evidentemente era la lista che Crocomama gli aveva inviato per fare la valigia, che rottura.
E dire che lui voleva farla più tardi, magari dopo cena o anche stanotte prima di dormire, ed invece si ritrovava in piedi davanti all'armadio per decidere quali erano le 'minimo 7 magliette' da portare, o i 'farai meglio a farci stare anche 4/5 pantaloni'.

Preparare una valigia non era cosa per lui, quindi fece quello che tutti i ragazzi fanno quando non hanno voglia di fare qualcosa.

"Mamma!"

 

Fortunatamente sua madre era una donna paziente e sapeva meglio di lui che non aveva voglia di preparare una valigia, così dopo un'ora e molto sforzo, riuscì a chiudere il trolley e ad appoggiarlo vicino alla porta in modo da non dimenticarlo il mattino seguente.
Non aveva programmi per quel giorno se non dormire, dormire, dormire, mangiare e ancora dormire, ma aveva il presentimento che qualcuno presto lo avrebbe disturbato ancora.
Mihawk tornò a letto raggomitolandosi sotto le coperte, e si addormentò.
Stava sognando di mangiare casa sua, che incredibilmente si era trasformata nella casa della strega di Hansel e Gretel ed era tutta commestibile e splendidamente dolce, quando il suono di un cellulare lo distrasse e lo fece svegliare.

-Crocodile, l'ho già fatta la valigia, ora lasciami dormire

-Fufufu~ falchetto, mi dispiace deluderti, ma non sono Croco-chan

-Doflamingo?

-Già! Ti ho chiamato per sapere se avevi bisogno di una mano per la valigia ma pare che Crocomama mi abbia anticipato

-La sua organizzazione è quasi fastidiosa

-Lo sai com'è fatto, è un maniaco del controllo, non puoi farci nulla

-Bha. Comunque il treno lo abbiamo alle 7, io un po' prima ma tanto dormo durante il viaggio.

-Bene, vi verrò a prendere alla stazione! Non vedo l'ora che siate qui, scommetto che ci divertiremo un sacco~

-Dato il tono della tua voce non sono più tanto sicuro di voler venire

-Fufufu~ non ti preoccupare, farò il bravo.

-Non ti offendi se dico che non ti credo neanche un po', vero? E comunque vengo soprattutto per i dolci della Pasticceria Neri.

-Sapevo ti sarebbe piaciuta! Non preoccuparti, domani ne avrai finchè vorrai

-Ottimo. Ora torno a dormire, ci vediamo domani

-Perfetto, buona dormita falchetto!


 

Doflamingo chiuse la chiamata scuotendo la testa e sorridendo; in effetti si aspettava che Crocodile avesse già aiutato Mihawk, ma era sempre meglio controllare. Non che non si fidasse del falchetto, ma sapeva che non avrebbe avuto voglia di fare una valigia decente e avrebbe messo le prime cose che trovava nell'armadio.
Il biondo si lanciò sul letto e incrociò le braccia dietro la testa; finalmente dopo tanto tempo sarebbero stati tutti e tre insieme per più di qualche ora.
Certo, aveva comunque una brutta sensazione per quanto riguardava il comportamento fin troppo permissivo di suo padre, ma non lo avrebbe perso d'occhio e sarebbe andato tutto bene.
Doflamingo fissò il cellulare e digitò un altro numero; aveva chiamato uno, perchè non chiamare anche l'altro?



-Stai lontano da me, tu e quel vestito! Pronto!

-Croco-chan, tutto bene?

-Bene? BENE? Sono chiuso in un bagno mentre fuori ci sono esseri in gonnella che cercano di farmi indossare un fottuto vestito rosa con delle cazzo di balze, ti sembra che vada tutto bene? E no che non mi piacciono le autoreggenti!

-...



Doflamingo si mise una mano sulla bocca cominciando a ridere, mentre nella sua mente si materializzava l'immagine di Crocodile con un buffo vestitino.


-Lo so che stai ridendo, brutto stronzo, vorrei vedere te al mio posto!


Il biondo cercò di prendere aria agitando una mano davanti alla faccia mentre con l'altra si asciugava le lacrime, poi riprese in mano il cellulare.


-Se fossi lì io sarei già entrato nel bagno~

-Vaffanculo! Adesso scappo dalla finestra, maledizione a te a quell'invasato di Ivankov!

-Oh non te la prendere, magari il rosa ti dona!

-Domani facciamo i conti.


 

Doflamingo continuò a ridere anche dopo che Crocodile aveva chiuso bruscamente la chiamata; proprio non riusciva a non pensare al moro in gonnella e la cosa era terribilmente divertente.
Si alzò improvvisamente dal letto e uscì dalla camera, dirigendosi dall'altra parte della villa, dove sapeva avrebbe trovato Vergo, e infatti lo trovò che stava dando degli ordini alle cameriere.

"Vergo, fammi un piacere, entro domani dovresti procurarmi un vestito rosa"

Il ragazzo lo guardò in modo interrogativo.

"Qui non abbiamo nulla del genere, ma posso chiedere alle dipendenti se hanno qualche vestito. Mi dia un' ora" commentò senza chiedere spiegazioni ed allontanandosi.

Dopo una quarantina di minuti, Vergo tornò con una scatola.

"Questo è abbastanza imbarazzante?"
Doflamingo la aprì e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

"Io stavo pensando ad un vestito rosa, ma questo è addirittura meglio, o peggio, dipende dai punti di vista! Fufufufu~ ottimo lavoro"

"Si figuri, se posso mettere in imbarazzo uno dei suoi due amici chieda pure, è sempre divertente far vergognare gli altri" commentò serio e senza la minima emozione per poi fare un lieve inchino ed allontanarsi.
Il biondo tornò a fissare il contenuto della scatola e sogghignò.
 

"Croco-chan, con questo starai divinamente, fufufufu~"


















 




 


Salve a tutti! Finalmente sono arrivate le vacanze estive e Mihawk e Crocodile sono alle prese con le valige, il primo risolve la questione chiedendo a sua madre e tornando a letto, il secondo con una lista.
Crocodile e Ivankov hanno uno strano rapporto, ovviamente il coccodrillo lo odia ma penso lo rispetti anche... o forse mi sbaglio. Certo che il vestitino rosa potevano evitarlo.
Io non voglio sapere cosa c'è nella scatola che Vergo ha portato a Doflamingo, ma purtroppo lo scopriremo.
Il solito pervertito.
[Comunque, per chi se lo stesse chiedendo, la Pasticceria Neri esiste sul serio]
Bene, nel prossimo capitolo li rivedremo di nuovo insieme!

Domanda di fine capitolo: qual è il vestito più imbarazzante che vi abbiano mai fatto indossare?

Grazie a tutti e a presto

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Capitolo 18
*** Prendi l'aspetto del fiore innocente ma sii il serpente sotto di esso ***


18) " Prendi l'aspetto del fiore innocente, ma sii il serpente sotto di esso. "

















 

Come ci fosse arrivato alla stazione non se lo ricordava, probabilmente lo aveva accompagnato sua madre; prendere il treno a quell'ora era un suicidio, e lui aveva troppo sonno per maledire qualcuno, quindi non appena individuò il suo posto, si mise a dormire sapendo che l'altro lo avrebbe trovato comunque.

 

"Mihawk"

Nessuna risposta. Provò a chiamarlo un'altra volta ma il ragazzo seduto davanti a lui non dava segni di volersi svegliare, così lasciò perdere e si mise a guardare fuori dal finestrino scuotendo la testa.
In effetti ammirava la capacità che avevano alcune persone di riaddormentarsi durante la giornata, lui non ci riusciva, aveva sempre qualcosa a cui pensare e il suo cervello si rifiutava di fermarsi per più di due minuti.
Crocodile si appoggiò più comodamente allo schienale e chiuse gli occhi cercando di riposarsi il più possibile mentre si mordeva distrattamente un labbro; avevano ancora un paio d'ore di viaggio, l'unica cosa che lo preoccupava era svegliare Mihawk per dirgli che erano arrivati. Doveva pensare ad uno stratagemma efficacie così da non rimetterci la testa.
 

"Mihawk sveglia, la prossima fermata è la nostra"

Il ragazzo gli rispose con un mugugno indefinito.
Crocodile sbuffò.

"Mihawk, il treno ha fatto una deviazione e siamo davanti alla tua pasticceria preferita"

Il ragazzo spalancò gli occhi gialli e fissò fuori dal finestrino, per poi girarsi verso l'altro sussurandogli serio:
"Il treno non fa deviazioni"

"Lo so, ma era l'unico modo per farti aprire gli occhi, la scusa della colazione l'avevo già usata la volta scorsa"

Mihawk sbadigliò stiracchiandosi mentre Crocodile si alzava in piedi e recuperava i trolley dallo scompartimento sopra le loro teste. Pochi minuti dopo e molte lamentele sui risvegli più tardi, il treno si fermò e i due scesero trovandosi in mezzo ad una massa di gente, cosa che neanche il carnevale di Rio.

"Come facciamo a trovare l'uscita con questo casino?"

"Come facciamo a farci trovare da Doflamingo vorrai dire. Ti ricordo che aveva detto che sarebbe venuto a prenderci qui"

"Quanto odio quando ci sono troppe persone"

"Aspetta, proviamo ad andare verso quella colonna là in fondo, poi lo chiamiamo" urlò Crocodile, per poi prendere per il polso Mihawk trascinandoselo dietro; era sicuro che se lo avesse lasciato lo avrebbe perso in quel casino e dato il grande orientamento del suddetto ragazzo poteva anche andare a finire a Narnia.
Erano quasi arrivati quando una mano lo strattonò, facendolo finire contro un altro corpo.
"Finalmente vi ho trovato~"



Crocodile alzò lo sguardo e si ritrovò davanti quel ghigno strafottente che tanto odiava. Stava per rispondergli per le rime, quando Mihawk gli finì addosso; si era dimenticato di lasciare andare il polso dell'altro ragazzo e a causa dello strattone che gli aveva dato Doflamingo ora era bellamente schiacciato tra due corpi.
E sentiva caldo. Troppo caldo. Di certo non era perchè aveva il volto di quell'idiota a pochi centimetri dal suo. Era sicuramente colpa della temperatura troppo alta.

"Oh ciao" commentò tranquillamente Mihawk rivolto al biondo.

"Ciao falchetto, ti trovo in ottima forma! Che ne dite di uscire da qui? Comincia a mancarmi l'aria"
Le guardie del corpo, che si trovavano a poca distanza da loro, non appena sentirono queste parole, cominciarono a spingere e a farsi spazio, così i tre ragazzi riuscirono ad arrivare all'uscita in pochi minuti. Una volta fuori dalla stazione, presero tutti una bella boccata d'aria pulita.

"Come hai fatto a trovarci?" domandò Mihawk a Doflamingo, il quale sorrise ed indicò Crocodile.

"Ho seguito la sua aura omicida"

Il ragazzo in questione si girò e gli dedicò un'occhiataccia.

"Non ti azzardare a strattonarmi un'altra volta"

"Oh, allora ti salto addosso direttamente"

"È un ottimo modo per morire"

"Non vorrete passare tutto il tempo a litigare spero"

"No falchetto, io pensavo anche di impiegare il tempo a fare altro, non so se mi spiego~"

"Non preoccuparti Doflamingo, se vuoi giocare a freccette ti accontenterò, tu farai il bersaglio"

"Signorino, andiamo?" domandò una delle guardie del corpo avvicinandosi.

"Certo, andiamo" rispose il biondo non distogliendo lo sguardo dal moro che ghignava malignamente.
I due uomini caricarono i trolley nel bagagliaio dell'auto - anche se definirla solo una semplice auto era riduttivo dato che'paparino' aveva dato loro il permesso di usare una limousine nera - e si sedettero nei posti davanti, mentre i tre ragazzi si misero dietro.

"Adoro queste macchine" commentò Mihawk mentre cominciavano a muoversi.

"Non pensavo ti intendessi di auto" disse sorpreso Crocodile sistemandosi meglio sul sedile.

"Infatti, ma queste hanno sempre da mangiare" rispose cominciando a sgranocchiare M&M's come se nulla fosse.

"Cosa te lo chiedo a fare..."

"Fufufu~ vedrai che troveremo qualcosa che piace anche a te. Sei molto restio a dare informazioni sui tuoi gusti"

Crocodile alzò un sopracciglio.

"Un'altra cosa che abbiamo in comune a quanto pare"

 

Il lato sinistro della sua bocca si incurvò; decisamente troppo divertente, quelle due settimane se le sarebbe proprio godute.
Anche perchè ora che aveva Crocodile nelle vicinanze dubitava di riuscire a controllarsi per molto tempo.
Con quella camicia era illegale, con i primi bottoni non allacciati che lasciavano intravedere una parte del torace, per non parlare di quei fastidiosi jeans che gli fasciavano in modo osceno le gambe...
Poco prima se l'era ritrovato spalmato addosso e se non avesse avuto un minimo di autocontrollo se lo sarebbe fatto contro la colonna.

"Falchetto, alla fine ce l'hai fatta a preparare i vestiti e tutto il resto!" esclamò cercando di distrarre il suo cervello dal fare pensieri poco casti.

"Già, ho lasciato fare a mia madre"

"Sei irrecuperabile."

"Scommetto che ti sei svegliato presto per preparare la valigia e poi non hai fatto altro per tutto il giorno"

"Qualcosa del genere..." ringhiò Crocodile incrociando le braccia mentre Mihawk lo guardava con la coda dell'occhio per poi girarsi verso Doflamingo in cerca di spiegazioni.

"Ah, voleva dire che dopo è andato a provare un vestito molto carino e mascolin-"

"Chiudi quella bocca"

"Hahaha! Tranquillo, vedrai che saprò farti sentire a casa anche qui"

"Dio me ne scampi, non so cosa ti sia passato per l'anticamera del cervello, ma la risposta è no"

"Continuo a non capire"

"Falchetto, te lo spiegherò in privato. Ah, siamo arrivati"


 

Crocodile e Mihawk guardarono fuori dal finestrino; la macchina aveva appena girato in una strada privata e alla cui fine si trovava una casa enorme. Il viale era circondato da alberi di ogni genere e prima di entrare nella proprietà si trovava un enorme cancello con videocamere di sorveglianza e guardiani armati.

'Iniziamo bene'

L'uomo alla guida mostrò il cartellino di riconoscimento e la guardia aprì il cancello. L'auto ripartì e percorse il pezzo finale della strada. Dopo aver superato quel punto il giardino era curato e pieno di fiori e piante, vicino alla casa si trovava una fontana con un fenicottero sopra ad un cavallo e da cui usciva l'acqua. Inutile dire che la casa aveva dimensioni mastodontiche e vicino si trovavano altre due abitazioni più piccole; per accedere alla residenza principale bisognava salire delle scale in marmo bianco con uno scorrimano ricamato.
Si potevano vedere delle persone che camminavano nel parco e che si prendevano cura delle piante, mentre altre pulivano sia dentro sia fuori casa.

Crocodile scese dall'auto e sbattè più volte gli occhi, seguito da Mihawk, il quale non mutò di espressione ma fece un fischio di apprezzamento.

"Che brutta casa."

"Mi fa piacere che ti piaccia"

"A chi non piacerebbe? È una reggia!"

"Già è molto grande..." rispose al ragazzo dagli occhi neri, per poi fare un sorriso enigmatico e sussurrare "purtroppo".
Crocodile lo guardò cercando di capire a cosa si riferisse, ma venne distratto da qualcuno che aveva deciso di dare sfoggio delle sue abilità nell'orientamento.

"Mihawk dove vai, la porta è dall'altra parte!"


 



 

•••





 

"Certo che è proprio enorme" commentò Mihawk grattandosi la nuca mentre le cameriere portavano i trolley su per una scala.

"Sono sicuro che ti perderai più volte" disse sorridendo Doflamingo per poi affiancarlo.

"Su questo non c'è il minimo dubbio" concluse Crocodile oltrepassando la porta d'ingresso e cominciando a guardare tutto ciò che lo circondava, finchè il suo sguardo non si posò su un ragazzo piuttosto alto con degli scuri occhiali da sole e un pezzo di crostata attaccata alla guancia sinistra.
Doflamingo stava discutendo con Mihawk illustrandogli le stanze principali quando si rese conto della tensione che si era creata attorno a lui e, girandosi, capì il motivo.

Crocodile e Vergo si stavano fissando in cagnesco, ci mancavano solo le saette che uscivano dagli occhi e la scena sarebbe stata perfetta.
'Questo è quello che chiamano `odio a prima vista`...'



"Croco-chan, Falchetto, lui è Vergo" disse mentre il suddetto ragazzo si avvicinava e si posizionava di fronte a Crocodile.

"È un vero piacere fare la vostra conoscenza. Per voi è Vergo-san." sibilò.

"Piacere" commentò Mihawk cercando di non fare alzare l'angolo destra della sua bocca, perchè era terribilmente divertente vedere quello scazzato di Crocodile provare a trattenersi dallo strangolare una persona.

"Il piacere è tutto tuo" rispose infatti il coccodrillo, per poi girarsi e camminare verso una finestra al lato della porta.

"Vergo, non essere scortese, di solito Croco-chan non si comporta così" commentò Doflamingo divertito.

"Non si preoccupi Signorino. Quel tizio non mi piace, ma dato che è un suo amico cercherò di controllarmi" rispose cordialmente ed in modo neutro, anche se dal suo tono di voce si poteva percepire un certo veleno.

"Ti ringrazio" disse sorridendo il biondo posandogli una mano sulla spalla mentre Vergo gli riservava un mezzo sorriso, cosa che non sfuggì a Crocodile, il quale si girò dall'altra parte.
 

Non aveva mai odiato Doflamingo come in quel momento.
C'era bisogno di dispensare sorrisi a destra e a manca? Proprio non capiva che quel tizio con un pezzo di crostata sulla faccia aveva una cotta colossale nei suo confronti? Che nervoso, aveva voglia di tirare un pugno al muro per calmarsi, a Doflamingo perchè era un idiota, e a se stesso perchè non era da lui incazzarsi per queste cose.
Sbuffò chiudendo gli occhi per un secondo per poi riaprirli e fissare fuori; era davvero una bella casa, molto grande, pulita e arredata con gusto - cosa di cui aveva dubitato prima di vederlo con i suoi occhi conoscendo i gusti del fenicottero - quindi almeno il padre aveva un minimo di decenza.


Erano arrivati in quella casa da neanche una decina di minuti e già si stava divertendo come un bambino.
Tra Vergo e Crocodile che volevano uccidersi a vicenda e Doflamingo che si comportava da idiota non sapeva cos'era meglio, forse Crocodile che stava affrontando il suo primo attacco di gelosia.
Poteva scommetterci anche la sua scorta di cioccolatini Lindor che il biondo si era reso conto di tutto e proprio per quello stava continuando a sorridere a Vergo come se avesse una paralisi facciale.
Parlava poco, è vero, ma osservava molto, ecco perchè riusciva a capire prima degli altri cosa succedeva e cosa pensavano le persone attorno a lui.

Il soprannome di  'Occhi di Falco' non gli era mai sembrato più appropriato come in quel momento.





 

"Bene, vi faccio fare un giro della casa, forza seguitemi!" esclamò Doflamingo cominciando a salire le scale.

"Al piano terra c'è un salone molto grande situato dopo l'ingresso in cui eravamo poco fa, e di fianco si trova la cucina. Le abitazioni che avete visto prima sono riservate al personale, le camere sono al primo piano, eccoci arrivati" concluse salendo l'ultimo gradino mentre Crocodile e Mihawk lo raggiungevano.

"Devo solo memorizzare dov'è il bagno" commentò pacato il secondo.

"Tranquillo Falchetto, ne abbiamo uno in camera!"

"Oh, bene"

"Aspetta, abbiamo una camera in tre?" domandò Crocodile guardandolo.

"Certo, è una camera inutilizzata, quindi l'ho fatta preparare nei giorni scorsi ed ora vi ci porto così la vedete"

Dopo aver percorso un altro corridoio e aver visto una stanza con giochi da tavolo, playstation, biliardo, una con un televisiore gigante con un sacco di cuscini che ricordava un cinema, passarono davanti ad una porta con sopra un fenicottero rosa.

"Deduco che questa sia camera tua" commentò Crocodile indicandola.

"Ottima deduzione Holmes~"

Mihawk non perse tempo a parlare ed abbassò la maniglia; davanti a lui si trovava un letto abbastanza grande con lenzuola viola, il comodino di fianco aveva una lampada e una custodia per gli occhiali sopra, alla sua sinistra si trovava una scrivania con molti libri accatastati uno sull'altro, mentre a destra si trovava l'armadio di un colore verde scuro.
Una volta entrati videro che davanti al letto si trovava un orologio rosa a forma di fenicottero e sotto di esso un peluche rosa di un uccellino.

"Decisamente camera tua" disse soltanto il ragazzo con gli occhi dorati guardando quell'esplosione di colori che variavano dal viola al rosa, escluso l'armadio, che era di colore verde.

"Mi piace l'armadio" commentò infatti
Crocodile incrociando le braccia, per poi aggiungere "non posso dire lo stesso per il letto"

"Oh è comodissimo, dopo che lo avrai provato cambierai idea~"

"Tsk" rispose soltanto il moro mordendosi le labbra ed uscendo dalla stanza senza rispondere con una delle solite frecciatine.

"Fufufu~ ma guarda, allora avevo ragione"

"Smettila" gli sussurrò Mihawk per poi seguire l'altro fuori.

"Falchetto, sei sempre troppo sveglio" sibilò uscendo. "Bene! La prossima camera è la nostra!" esclamò incamminandosi.

 

Se si era reso conto che Vergo aveva un debole per lui? La risposta era sì, come si era reso conto che Crocodile lo aveva capito e si era innervosito quando aveva sorriso all'altro. Non sapeva bene il motivo, ma era felice che quell'orgoglioso testa di cazzo provasse gelosia nei suoi confronti.
Nella sua testa c'era un bel po' di confusione a riguardo, ma era convinto di una cosa: entro due settimane Crocodile sarebbe stato suo e avrebbe usato ogni stratagemma a sua disposizione.



















 





 


Salve a tutti! Ecco qua il nuovo capitolo! Cavolo, siamo già al diciottesimo e nonostante tutto siamo ancora all'inizio della storia.
Quanto mi sono divertita a scrivere questo capitolo, QUANTO.
Crocodile che ha un attacco di gelosia, Doflamingo che lo provoca, Vergo che dichiara guerra al coccodrillo e Mihawk che, zitto zitto, osserva e capisce più di tutti.
La casa del fenicottero è enorme, qui ne vediamo solo una parte, ma scopriamo anche com'è fatta camera sua. La camera del Trio ci sarà nel prossimo capitolo, come qualcun'altro di nostra conoscenza.
Ma non mi prolungo oltre, grazie per aver letto!
Domanda di fine capitolo:
Vi è mai capitato di incontrare per la prima volta una persona e capire di odiarla già a pelle? XD
A presto

-La citazione del titolo è di William Shakespeare.
 

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Capitolo 19
*** Ho gusti molto semplici, mi accontento solo del meglio ***


19) " Ho gusti molto semplici, mi accontento solo del meglio "











 

Doflamingo uscì da camera sua richiudendosi la porta alle spalle; i suoi due ospiti lo stavano aspettando, uno guardando il muro e l'altro scuotendo la testa.
Probabilmente aveva esagerato un po' dato che Mihawk lo aveva ripreso, ma se il falchetto pensava che si sarebbe fermato a questi semplici giochetti, bhe, si sbagliava di grosso.

Mentre camminava verso l'ultima stanza di quel piano, ovvero la loro, seguito da entrambi i ragazzi, disse:
"Mio padre al momento non si trova qui, tornerà tra qualche giorno; eccoci arrivati"

Crocodile lo superò senza degnarlo di uno sguardo, ed abbassò la maniglia per poi entrare nella stanza.
Incredibilmente era normale, con mobili comuni - anche se era convinto che costassero quanto una Ferrari - e niente di rosa.
Alla sua sinistra si trovava una finestra che dava su un balcone, a destra c'era un tavolino in legno con attorno una poltrona e un divanetto, in fondo si trovavano tre letti uno di fianco all'altro, con un comodino tra il muro e il primo materasso.
Appena entrati si aveva sulla sinistra un armadio enorme e una bella pianta nell'angolo; non era male nel complesso.

"Carina" commentò infatti Crocodile gironzolando all'interno e fermandosi davanti alla finestra che dava sul balcone.
Guardando il vetro vide il riflesso del biondo; si sorprese a vedere che sul suo volto era spuntato un sorriso malinconico.

"Alcune stanze le ha arredate mia madre..."

Ecco perchè quell'espressione gli sembrava familiare; era la stessa che aveva assunto quando gli aveva chiesto il motivo per cui portasse gli occhiali. Tempo prima Doflamingo aveva detto loro che sua madre era venuta a mancare a seguito di una malattia quando lui era ancora piccolo, ma nulla di più. Doveva essere ancora una ferita aperta.

"Capisco. Bhe, non ci mostri il terrazzo?" chiese Crocodile indicando fuori dalla finestra.
Doflamingo ritrovò il suo sorriso inquietante ed annuì aprendo la porta-finestra ed uscendo; Mihawk chiuse gli occhi riuscendo a reprimere un sorriso ma non riuscendo a fermare l'angolo sinistro della sua bocca che si sollevò appena.
Una volta usciti si ritrovarono davanti uno spettacolo mozzafiato: da lì si vedeva tutto il parco che si estendeva dalla casa al cancello e anche un po' oltre; le piante in fiore davano l'idea di trovarsi in una riserva, mancavano solo gli animali.

"Bello eh?" si lasciò sfuggire il ragazzo con gli occhiali.
Gli altri due non poterono che essere d'accordo con lui.

Dopo qualche minuto passato in totale silenzio, rientrarono in casa e trovarono le loro valigie vicino alla porta, così si sistemarono sotto lo sguardo divertito di Doflamingo, che si era seduto su una poltrona.
Quando giunse il momento di decidere chi avrebbe dovuto dormire in quale letto, sia Doflamingo che Mihawk concordarono che Crocodile doveva stare in quello di mezzo, per due semplici motivi: il primo voleva avere il moro di fianco a sé per divertirsi e tormentarlo, il secondo non voleva avere il biondo di fianco a sè perchè sapeva bene quale manico fosse e lui voleva dormire la notte, avrebbe finito per soffocarlo e poi sarebbero stati uccisi dal padre quindi era meglio evitare.
Crocodile sbuffò borbottondando cose incomprensibili ma acconsentì.

"E quella porta?" domandò Occhi di Falco indicando una porta in legno nell'angolo, quasi di fronte ai letti.

"Ah, quello è il bagno! Te l'avevo detto che ne avevamo uno privato" rispose semplicemente Doflamingo sdraiandosi sul suo letto.

Crocodile incuriosito si alzò e andò ad ispezionare il nuovo ambiente mentre gli altri due erano mollemente sdraiati sui loro letti. Entrando si percepiva un buon profumo di pulito, segno che la donna delle pulizie si era data da fare per far risplendere quel posto. Come ogni stanza in quel palazzo, anche il bagno era molto grande: aveva una doccia sulla sinistra in cui ci si poteva benissimo stare in due, mentre sulla destra c'era una bella vasca da bagno, abbastanza spaziosa da poter ospitare due o tre persone. In fondo, dietro la doccia, si trovavano un gabinetto e un bidet, con di fronte un bel lavandino e uno specchio nei cui angoli erano stati aggiunti dei bei disegni circolari.
Dando un'occhiata più approfondita, il ragazzo constatò che c'era tutto l'occorrente per tre persone: tre spazzolini di colore diverso - uno verde, uno rosa e uno giallo - , tre asciugamani dei medesimi colori e shampoo con balsamo e bagnoschiuma nell'angolo della doccia.
Doflamingo doveva essersi impegnato.
Dopo aver ispezionato il bagno, uscì tornando in camera e trovando i suoi due compagni di fronte ad un pc che capì essere del biondo dopo aver visto un adesivo di un fenicottero sopra la parte esterna.

"Allora, ti è piaciuto eh?"

"In questa casa la parola semplicità non è ammessa"

"E la cosa ti dispiace?"

"Affatto" rispose sedendosi di fianco al suo interlocutore, il quale non si era mosso dalla sua posizione con il computer sulle gambe e la schiena appoggiata a muro.

"Sta cominciando a venirmi fame" commentò il terzo di loro, mentre guardavano recensioni di film scadenti su YouTube.

"Penso che tra poco verrà servito il pranzo, comunque si può sempre andare a vedere" commentò Doflamingo chiudendo il pc e appoggiandolo sul letto per poi alzarsi seguito dai suoi ospiti.

Usciti dalla camera ripercorsero la strada fatta l'ora precedente, inutile dire che Mihawk sbagliò strada più volte, al contrario di Crocodile che aveva già memorizzato la pianta della casa.

"Che c'è per pranzo?" domandò con un tono normale Occhi di Falco, ma che sembrava nascondere una certa impazienza.

"Mmm, non lo so, so solo che ci sarà una torta millesfoglie come dessert" disse facendo una pausa ad effetto per godersi quegli occhi gialli che sgranavano "e le fragole con la panna" e a quel punto si girò in tempo verso il moro per vederlo leccarsi le labbra.

Nel corso degli anni aveva imparato alcune cose sui suoi due ospiti:

Crocodile aveva un grosso debole per le fragole, ma non sopportava i capperi nè l'odore del mais, rifuggiva il Lerdammer e le gelatine, ma adorava la carne al sangue;
il Falchetto invece amava ogni tipo di dolce, tranne il caramello, che trovava nauseante, inoltre non perdeva occasione per riempirsi lo stomaco con ogni snack disponibile, ma anche lui aveva dei cibi che evitava come la peste, ad esempio tutte le cose sott'olio e l'ananas, che trovava asprissima e quindi non adatta al suo palato da dolciomane.

Si era premurato di far sapere ai cuochi quelle piccole informazioni ed ecco spiegato il motivo per cui stava sorridendo raggiante quando arrivarono nel salone adibito ai pranzi.

Mihawk si guardò intorno con il suo solito atteggiamento menefreghista, ma analizzando ogni piccolo dettaglio, dalla tavola lunghissima posta al centro della stanza, alle sedie con uno schienale rivestito, che gli trasmettevano l'idea di essere molto comode. Inoltre nella parete opposta all'entrata, c'era un grosso camino, usato sicuramente nei giorni di freddo invernale, davanti al quale erano posizionate due poltrone.
Crocodile diede una rapida occhiata alla stanza ma si fermò a guardare la tavola, decisamente molto lunga per due persone.

"Di solito tu e tuo padre mangiate qua?" chiese mentre nella sua mente prendeva forma un pensiero.

"Sì, sempre, d'altra parte c'è molto spazio" rispose Doflamingo aprendo le braccia per enfatizzare il concetto.

"Capisco."

Il moro cominciò a collegare i pezzi, ma preferì tacere.

In quell'istante entrò una cameriera dai capelli verde scuro raccolti in una coda bassa appoggiata sulla spalla sinistra; portava una maglia a maniche corte nera e un grembiule bianco che si apriva in una gonna vaporosa. Calze e scarpe con fiocco completavano l'abbigliamento in perfetto stile maid.

Ora capiva da chi avesse ereditato l'essere stravagante, neanche il padre era molto normale.

Come se avesse percepito il suo sguardo curioso, la donna si girò verso di lui e piantò le sue iridi verde chiaro nei suoi occhi.

"Minako, tra quanto verrà servito il pranzo?" domandò Doflamingo rivolto alla donna, che gli sorrise gentilmente.

"Tra una decina di minuti Signorino. Se volete accomodarvi" commentò facendo un gesto con la mano per poi uscire.
Aveva un aspetto giovanile, ma doveva essere sulla quarantina; la cosa che lo aveva lasciato perplesso era il suo comportamento gentile ma al tempo stesso freddo e distaccato.
I suoi pensieri sulla cameriera vennero interrotti dal biondo, che, vedendolo sovrappensiero, lo aveva tirato per una manica.
Mihawk si sedette a capotavola, mentre lui e il rompiscatole si misero ai suoi lati, trovandosi uno di fronte all'altro.

"Croco-chan, ti vedo pensieroso, non dirmi che ti piacciono le maid~"

"Non sono così depravato come te"

"Che c'è di male nei giochi di ruolo?"

"Giochi di ruolo? Come D&D?"

"No Mihawk, lui intendeva altri tipi di giochi di ruolo"

"Già, quelli vietati ai minori"

"Ma se sei minorenne pure tu"

"Per queste cose non lo sono più da un pezzo. Quindi hai semplicemente un debole per le cameriere"

"Non ho un debole per nessuno"

Il discorso fu interrotto da Minako, che rientrò nel salone e si avvicinò a loro.
"Scusate l'interruzione, ma dalla cucina mi chiedono se sarebbe gradito un aperitivo alcolico" disse con voce calma fissandolo nuovamente con quello sguardo gelido.

"Assolutamente sì" rispose Doflamingo appoggiando il mento sulla mano sinistra e ghignando sinistramente.

"Perfetto" commentò per poi cominciare ad allontanarsi ma venendo fermata dalle parole del biondo.

"Minako, come sta tua figlia? È da un po' che non la vedo"
La donna si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, gesto che nascondeva un certo nervosismo.

"Monet sta benissimo, al momento è all'estero per un viaggio-studio" tagliò corto per poi inchinarsi ed allontanarsi in tutta fretta.

"Perchè hai minacciato quella donna?" domandò Crocodile incrociando le braccia al petto e mordendosi un labbro.

"Minacciarla? Ho semplicemente chiesto notizie della figlia, sai, io e lei siamo molto amici" 
Il moro si girò dall'altra parte; anche un idiota avrebbe capito che Doflamingo aveva velatamente messo in soggezzione Minako, ma la motivazione ancora gli sfuggiva. Certo era che quando sul volto dell' amico si dipingeva quel sorriso sadico era meglio stargli alla larga.

Qualche minuto più tardi un'altra cameriera, questa volta più vecchia, venne a posizionare bicchieri, posate e tovaglioli di tessuto con un ricco ricamo blu.
Poco dopo tornò con un vassoio su cui c'erano tre bicchieri più grandi, tutti riempiti con un liquido marroncino accompagnato da cubetti di ghiaccio.
Dopo averli posati di fronte ai tre ragazzi si ritirò nuovamente in cucina.

"Dato che abbiamo gusti molto diversi per quanto riguarda gli alcolici, ne ho cercato uno che potesse andare bene a tutti~" proruppe il biondo sollevando leggermente il suo bicchiere.
Mihawk, alquanto sospettoso, portò il liquido alle labbra e ne assaporò un sorso; di solito gli alcolici erano aspri e avevano un retrogusto acido, ma quello era quasi dolce, sembrava panna.
Anche Crocodile trovò il contenuto del bicchiere di suo gradimento, era un liquore dolce ma non troppo, così da non renderlo nauseante. Ne bevve un altro sorso e capì quale fosse; inutile dire che rimase sorpreso.

"Bayleys. È uno dei miei preferiti"

Doflamingo ingoiò l'ennesimo sorso e gli sorrise di risposta; gli sembrava quasi futile dire ad alta voce che era anche uno dei suoi favoriti, infatti il moro capì lo stesso e ne rimase scocciato. Gli faceva sempre un certo effetto sapere di avere gusti simili al fenicottero depravato.

Poco dopo altre cameriere servirono il pranzo: spaghetti alle vongole e filetto di carne, patate al forno così dolci da sciogliersi in bocca, per non parlare del pesce spada di prima scelta.
Mihawk si ritenne più che soddisfatto, poche volte aveva mangiato così bene.
E non aveva ancora sentito il dolce.
Crocodile non si sorprese più di tanto, aveva immaginato che anche il cibo, come la casa, fosse costoso e soprattuto ottimo.
Aspettando le ultime portate si misero a chiacchierare.

"Spero vi sia piaciuto il pranzo~"

"Niente male"

"Fufufu~ e tu Croco-chan?"

"Davvero buono, devi avere dei cuochi in gamba al tuo servizio"

"Logico, d'altra parte ho gusti semplici, mi accontento solo del meglio, in ogni ambito"

"La cameriera dai capelli verdi non si è più fatta vedere"
Crocodile sapeva che era meglio non affrontare la questione data la reazione che aveva avuto l'altro poco prima, ma quando aveva in testa una cosa non era considerata l'opzione di lasciare perdere.

"Dici Minako? Mah, starà facendo altro" cercò di tagliare corto Doflamingo, ben conscio del fatto che il moro non si sarebbe accontentato di una risposta così superficiale. Ed infatti non aveva torto.

"Mi è parsa turbata quando le hai chiesto della figlia, cos'hai combinato?"

Il biondo sembrò pensarci un attimo, più per come rispondere che se farlo.
"Come dire... diciamo che la conosco fin da quando era piccola, qualche volta ci sono andato a letto ma nulla di più"

Mihawk lo guardò privo di qualsiasi 
interesse. "Lo avevo immaginato"

Il ragazzo gli sorrise.

"Ora capisco la sua reazione" commentò Crocodile per nulla sorpreso dal comportamento dell'altro.

"Non era niente di serio, siamo solo buoni amici. Lei non è proprio il mio tipo" chiarì subito il biondo, quasi dovesse giustificarsi davanti ad una giuria. Di solito non si giustificava mai, faceva quello che faceva per puro piacere personale, e delle opinioni altrui se ne fregava altamente. Eppure c'era qualcosa che lo aveva spinto a mettere le cose in chiaro, quasi si sentisse colpevole di tradimento.

Il problema era che non sapeva cosa. Solo sentiva il bisogno di farlo.

"Tsk, sarei proprio curioso di sapere quale sia, il tuo tipo" ghignò Crocodile per poi distogliere lo sguardo dalle lenti colorate sotto cui si celavano gli occhi vispi del ragazzo di fronte a sè, che mai come in quel momento ringraziò di avere gli occhiali calati, così da nascondere il suo sguardo divertito. Non riuscì però a reprimere un mezzo sorriso, che non sfuggì a colui che era rimasto in silenzio per quasi tutta la discussione.
Non gli sfuggì e capì anche ciò che significava, per questo sollevò al cielo gli occhi dorati.

In quel momento vennero servite le fragole con la panna e la torta millesfoglie, tagliata in tre fette e disposte in tre piattini riccamente disegnati.
Ma ciò che colpì maggiormente il ragazzo con gli occhi neri fu il calice con dentro le fragole; si prese qualche minuto per osservarlo mentre Mihawk si era già buttato sulla torta.

Doflamingo era già arrivato a metà della sua fetta quando si fermò con la forchetta a mezz'aria e la bocca aperta.
Di fronte a lui c'era la persona più scorbutica e scazzata che conoscesse, che in quel momento stava gustando i frutti rossi contenuti nel calice con un' espressione beata e assorta.
Dopo averne mangiata una, si leccò il labbro sporco di panna, per poi ricominciare da capo quella che per il biondo era una delle torture più terribili che avesse mai subito.
Terribile e dolce.

Si rese conto di essere rimasto imbambolato per un tempo che a lui era parso rallentato ma che erano in realtà pochi minuti. Certo era che distogliere lo sguardo sarebbe stato uno spreco.
Ricominciò a mangiare la torta gongolando proprio come gli altri due, anche se per un motivo molto diverso.
In quel momento provava invidia per le fragole che avevano il privilegio di essere vezzeggiate da quella bocca che aveva sognato per molte notti.
Finì tutto il cibo che aveva davanti mentre la sua mente lavorava per costruire dei perfetti film vietati ai minori usando il ragazzo di fronte a sè come ispirazione.

"Se mangiamo sempre così penso diventerò una palla" commentò Mihawk appoggiandosi allo schienale e ponendo termine ai viaggi mentali del biondo con le sue parole.

"Tranquillo, se è quello ciò che ti preoccupa faremo molta attività fisica~"

"Non quella che intendi tu" sibilò Crocodile pulendosi le mani e la bocca con il fazzoletto e appoggiandolo di fianco ai piattini.

"Sei un guastafeste"

"E tu un maniaco daltonico con due neuroni che si cercano e non si trovano mai"

"Grazie, troppi complimenti, non adularmi così che potrei pensare che tu abbia secondi fini~"

"Non ho nessun secondo fine, dico solo la verità"

"Oh, tanto ho tempo, ti farò cambiare idea"

"Non credo proprio"

"Non preoccuparti, anche io sono ateo. E ti farò cambiare idea, contaci."

Dato che la situazione stava degenerando, come al solito, Mihawk decise di alzarsi dalla sedia prima che Crocodile potesse usare la faccia di Doflamingo come decorazione per i muri.

"Ho sonno" disse dirigendosi verso la porta del salone.

"Aspetta, ti accompagno in camera dato che immagino che ti perderai se ti lascio andare da solo" commentò l'altro moro alzandosi ma non dimenticando di lanciare un'occhiata carica di odio al fenicottero, che di risposta gli mandò un bacio con la mano, cosa che lo fece fumare di rabbia.
Doflamingo si mise a ridere vedendo sparire Crocodile dietro la porta, e si alzò per seguirli.

Come si divertiva a torturarlo.

Era più di un semplice passatempo, era un hobby a cui non avrebbe rinunciato, neanche per tutto l'oro del mondo.

Quando arrivò in camera trovò Mihawk disteso sul letto che già dormiva - d'altra parte sapeva che al Falchetto piaceva fare il sonnellino post pranzo - e il suo hobby a sedere su una poltrona con le gambe incrociate.

Sapeva che era una pessima idea, ma lo fece lo stesso.

Si avvicinò alla suddetta poltrona, si sedette sul bracciolo dando le spalle all'altro, e si lasciò cadere all'indietro finendo sdraiato sulle gambe del moro con la testa appoggiata sull'altro bracciolo.
Incrociò le braccia dietro la testa mentre Crocodile distendeva le proprie gambe sbuffando.

"Stai comodo?" gli domandò ironico.

"Comodissimo, potrei stare in questa posizione per il resto dei miei giorni~"

Il moro ci rinunciò; era inutile tentare di parlare normalmente con quella cosa che ora era sdraiata su di sè e aveva un'espressione beata dipinta sul volto.
Era inutile ma lui lo faceva lo stesso.

"I tuoi giorni stanno per ridursi notevolmente se non ti alzi"

"Correrò il rischio. E poi io punto a fare alzare qualcos'altro~"

Crocodile si diede una manata sulla fronte scuotendo la testa mentre Doflamingo ghignava; sarebbe stata una lunga vacanza.
























 

 

•••

Salve a tutti! Dico subito che ho amato scrivere questa parte soprattutto per le battute tra i tre; Crocodile e le fragole con la panna penso rappresentino il sogno proibito di ogni fenicottero.
Mihawk come al solito cerca di non far degenerare le cose e poi finisce per addormentarsi mentre Doflamingo usa il coccodrillo come cuscino personale~
(Usano anche me come cuscino nonostante minacci di morte certa... deve esserci un modo per evitarlo ma non l'ho ancora trovato)
Ringrazio come sempre quelli che leggono e che recensiscono lasciandomi un loro parere! A presto☆

-

Ps. Ringrazio in modo particolare ShadowMoonLady  per aver aggiornato al mio posto ♡

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Capitolo 20
*** Non mostrare ferite, il sangue attira gli squali ***


20) " Non mostrare ferite, il sangue attira gli squali "


















Ormai era fermo in quella posizione da un po', anche se non avrebbe saputo dire con esattezza da quanto.

Crocodile si era rassegnato ed aveva rilassato i nervi per poi distendersi sullo schienale della poltrona e incrociare le braccia sopra alla pancia dell'altro che sembrava fin troppo felice di trovarsi in quella posizione.
L'unica cosa che poteva trovare piacevole era il fatto che il corpo del biondo fosse caldo - al contrario suo che era freddoloso di natura - così da scaldarlo; d'altra parte era solo per quello che aveva permesso a Doflamingo di restare sdraiato sopra di lui.
Dato che non aveva possibilità di movimento, si mise a pensare; era da poche ore che si trovava nella residenza Donquixote, eppure era riuscito a capire diverse cose, come la cotta colossale che aveva quel tizio di nome Vergo per l'Affare con gli occhiali, oppure che il padre del suddetto Affare avesse gusti alquanto strani che non aveva mancato di trasmettere al figlio. Ma solo dopo aver visto la casa e la tavola nel soggiorno aveva capito perchè Doflamingo avesse la fissa di avere una famiglia nonostante ne possedesse già una. Era perchè...




"Ohi Croco-chan, a cosa pensi?"

Crocodile abbassò lo sguardo fino ad incontrare quelle fastidiose lenti colorate.
"A niente di importante"

 

Bugia.
 

Doflamingo non era un idiota, ma semplicemente uno di quelli che chiamano 'curiosi di natura'. Si sa che la curiosità uccide, però non essere al corrente di quello che per lui era importante gli trasmetteva un senso di inquietudine.
Il moro non si era lamentato più di tanto dopo che gli era praticamente crollato addosso, e non aveva neanche tentato di spostarlo. Strano, molto strano. Di sicuro lo aveva fatto per qualche motivo.
Quando sentì il corpo sotto di sè vibrare leggermente capì.
Alzò leggermente la testa e, con la mano sinistra afferrò la mano sinistra di quell'orgoglioso del cazzo, che pur di non ammettere che aveva freddo sarebbe morto di ipotermia.
Crocodile lo guardò accigliandosi ma non disse niente, semplicemente chiuse gli occhi godendosi il calore della mano che in quel momento stava stringendo la sua.

"Mi stai usando come coperta"
"Tu come materasso, direi che siamo pari"
"Per il momento. Ma tanto noi due non saremo mai pari"

Passò qualche minuto in cui gli unici rumori che si diffondevano nella stanza erano il ticchettio dell'orologio da polso del biondo e il respiro pesante di Mihawk.
Doflamingo aveva cominciato a massaggiare le dita del moro che, pian piano, cominciavano a scaldarsi.
"Hai il sangue freddo, decisamente molto da rettile"

"Tsk"

"Però sai come si dice, 'mani fredde, cuore caldo' ~"

Ruotò gli occhi al cielo Crocodile, dopo l'ennesima battuta del biondo per poi mordersi il labbro.
"Come va con tuo padre?"

Il ragazzo con gli occhiali deglutì ma sorrise.
"Bene, il suo slancio di generosità mi preoccupa ancora un po' ma forse sono io ad essere paranoico"


 

Bugia.

 

Continuarono a rimanere in silenzio e Doflamingo cominciò a sentirsi stanco, gli occhi si chiudevano e la stanza sembrava sfuocata, ma lui non voleva dormire, no, voleva stare sveglio tenendo la mano del ragazzo moro che stava usando come materasso. L'improvvisa voglia di rimanere vigile non era affatto dovuta al timore di non trovarlo più lì quando si fosse svegliato. Voleva solo continuare a tormentarlo un altro po', come faceva sempre.

 

Bugia.

 

Ciò nonostante non riuscì proprio a non abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.
 





•••



 

Doflamingo si svegliò sbattendo più volte le palpebre; aveva dormito proprio bene, soprattutto grazie al nuovo materasso.
Il ragazzo spalancò gli occhi trovando la poltrona vuota, c'era solo lui sdraiato lì sopra e del moro neanche una traccia, come non c'era traccia di Mihawk. 
La stanza era strana, i rumori erano completamente ovattati se non inesistenti e la luce era di un colore bluastro.
Si alzò in piedi dirigendosi verso la porta, poi la aprì.
Non c'era nessuno neanche nel corridoio, nessuno nelle camere e nei bagni. Si mise a correre per la casa cercando qualcuno, anche solo una persona, ma era come se tutti si fossero volatilizzati.

"Una persona come te non può avere degli amici, nè può avere qualcuno a cui importi qualcosa. Tanto vale morire no? Era meglio se tu non fossi mai nato"
 

Quella voce. Quell'uomo. Ancora lo tormentava, ma perchè non lo lasciava in pace? Cercò di non sentire più quelle parole tappandosi le orecchie con le mani, ma fu inutile.
 

"L'unica che ti abbia mai voluto bene è stata tua madre, ma è morta, e lo saranno anche tutte le altre persone a cui ti affezionerai e sai perchè? Perchè sei debole, un debole ragazzino viziato"

"Basta stai zitto!"

"Neanche tuo padre ti ha mai amato, gli servi solo come erede, sei una cosa, come una matita, quando si rompe, si butta"

"Chiudi la bocca! Brutto-" improvvisamente non riuscì più a parlare, la voce non usciva.
Si mise le mani sul collo cercando nuovamente di urlare, inutilmente.
Non sentiva più niente, nè riusciva a dire qualcosa, era da solo, completamente solo.
Anche l'aria cominciava a diventare calda e pesante, tanto da non riuscire più ad entrare nei polmoni.
Bruciava. 
Faceva male respirare. 
Forse aveva ragione Lui, era meglio smetterla di aggrapparsi alla vita come se ne valesse la pena.
Si guardò le mani mentre solo una parola gli uscì dalla bocca, un nome, il Suo, ma nessun suono venne emesso, niente di niente.
Preso dal panico si strinse le mani attorno al corpo cercando di urlare. 
Niente di niente.








 

"Calmati sono io!" urlò una voce. C'era qualcuno che lo stava tenendo per le spalle ma in quel momento aveva la vista annebbiata e il respiro corto, non riusciva a vedere chi fosse, così chiuse gli occhi e si appoggiò a quel corpo così accogliente.

 

Crocodile non sapeva cosa fare.
Mentre stava cominciando a rilassarsi, Doflamingo aveva cominciato a contorcersi nel sonno e a lamentarsi fino ad afferrarsi per le spalle stringendo più che poteva. 
Aveva capito che stava avendo un incubo ma non aveva mai visto l'altro in quello stato.
Lo aveva scosso per le spalle e chiamato ripetutamente, solo dopo un po' il biondo si era svegliato ansimando per poi appoggiarsi a lui.
Crocodile cominciò a passare la mano sulla fronte sudata di Doflamingo cercando di tranquillizzarlo ma senza successo. Solo allora, abbassando lo sguardo, vide la mano sinistra rivolta verso l'alto, come se stesse aspettando che qualcosa la afferrasse. Senza farsi ulteriori domande gliela strinse sperando di riuscire a calmare quel corpo scosso da brividi.
Ci volle qualche minuto per regolarizzare il  respiro, ma alla fine tornò normale.
Il biondo continuò a stringere la mano dell'altro, mentre mentalmente si stava dando dell'idiota in tutte le lingue a lui conosciute.

"Mi dispiace"

"Non farlo"

"Non volevo che mi vedessi in questo stato...Dio, che vergogna"
Doflamingo si passò la mano libera tra i capelli cercando di darsi un minimo di contegno.

"Stai bene?" chiese il moro guardandolo con i suoi soliti occhi neri.


Cos'è quella, preoccupazione? Si sta davvero preoccupando per me?


"Sì" rispose sorridendo leggermente.

"Questa volta sì che ho rischiato l'ictus"

"Fufufu~ mi dispiace Croco-chan" commentò ridendo per poi tornare serio improvvisamente. "Ho detto qualcosa di strano mentre stavo sognando?"

Crocodile lo guardò negli occhi.
"No, ti sei lamentato e basta"

 


Bugia.
 


Il corpo sopra di sè si rilassò.
"Ora riposati un po', tranquillo, qualsiasi cosa fosse era solo un incubo"

Il biondo lo fissò sorridendo nuovamente.
"Ti ringrazio per non avermi chiesto se ne volevo parlare"

Il moro sbuffò infastidito.
"Anche io a volte faccio brutti sogni e l'ultima cosa che voglio fare appena mi sveglio è parlarne. Ora stai giù e riposati"

"Sì mamma" rispose guardagnandosi la solita occhiata omicida.

Nella sua mente rieccheggiavano ancora quelle parole, ma pian piano la preoccupazione svanì, sostituita da un senso di completezza dovuta al calore che il corpo di Crocodile gli trasmetteva.
E pensare che prima era così freddo, sembrava scottare, come se avesse la febbre. 
Se non si fosse addormentato nuovamente e avesse alzato lo sguardo, avrebbe visto gli occhi del moro e si sarebbe spaventato.
In quel momento il nero pece caratteristico delle sue iridi si era fatto addirittura più intenso, e le sfumature giallognole che circondavano la pupilla si erano ampliate prendendo possesso di quasi tutta la parte scura.

Crocodile ribolliva, ma di rabbia.
 




▪▪▪
 




Mihawk allungò le braccia in un vano tentativo di risvegliare la mente e il corpo, poi si mise a sedere sul letto e fissò la scena che aveva davanti.
Doflamingo dormiva placidamente sopra Crocodile con un' espressione beata.
Ma ciò che lo fermò dal fare una battutina fu lo sguardo del moro.
Aveva il gomito appoggiato sul bracciolo della poltrona e il mento sopra la mano sinistra, la sua espressione era quella di sempre, se non fosse che avrebbe potuto uccidere qualsiasi persona soltanto guardandola.
Si stava mordendo il labbro mentre il resto del corpo era immobile.

Mihawk continuò a fissarlo; non lo aveva mai visto così arrabbiato e dato che con la mano destra stringeva la mano del biondo dedusse che non era colpa del pervertito.
Decise di aspettare il momento più opportuno per chiedere spiegazioni, quello sguardo metteva in soggezione pure lui.

"Ben svegliato" sussurrò Crocodile distogliendolo dai suoi pensieri.

"Grazie" rispose soltanto mentre si alzava in piedi. "Che ore sono?"

Il moro diede una rapida occhiata al polso di Doflamingo. 
"Sono le 15.40 più o meno"

"Mmh"

Quello voleva dire che era ancora orario di pisolino.

Camminò fino alla poltrona che ospitava i due ragazzi e si fermò di fronte a loro con un'espressione enigmatica.
Crocodile sapeva che quando sulla faccia di Mihawk si dipingeva quella specie di ghigno celato non era un bene, ed infatti cominciò a preoccuparsi.
Proprio in quel momento Doflamingo aprì gli occhi sbadigliando.

"Che succede perchè fai quella faccia?" gli chiese per poi girarsi e trovare il falchetto in piedi poco distante.

"Ok perchè ride" sussurrò spingendosi di più verso il corpo dell'altro che gli rispose con un "non lo so" che non nascondeva una certa inquietudine.

"Io non rido" commentò il ragazzo dagli occhi dorati mentre faceva un passo verso di loro.

"Tu stai ridendo. Internamente. Lo so" sibilò Doflamingo stringendo convulsamente la mano dell'altro.

Mihawk sbattè più volte le palpebre facendo un'espressione innocente che fece immobilizzare i due ragazzi, poi, senza nessun preavviso, saltò in braccio al biondo che mugugnò dal dolore.

"Che diavolo ti salta in mente?" sbottò infatti.
"Chiudi la bocca, i materassi non parlano"
"Croco-chan digli qualcosa! Croco-chan?"

Crocodile aveva gli occhi ridotti a due fessure dato che con quei due corpi sopra di sé non riusciva a respirare.
Mihawk se ne rese conto e cambiò posizione, mettendo le gambe a penzoloni sul bracciolo e sdraiandosi sopra Doflamingo, con la testa sulla sua spalla.
Quando il moro ricominciò a respirare li fissò con astio.
"Ma mi avete preso per un letto o cosa?!"

Il biondo sorrise e fece spallucce.

"Oh andiamo, non vorrai buttarci sul pavimento vero?" commentò avvolgendo un braccio attorno alla vita del falchetto che non oppose resistenza.

'Strano' pensarono entrambi fissandolo per poi rendersi conto che si era già addormentato.

"Fufufu~ che carino! Cioè, è un po' inquietante che dorma con gli occhi aperti, ma rimane carino"
"Non un po', molto" sussurrò Crocodile scuotendo la testa.

 




•••
 




Vergo aveva appena finito di svolgere le espressioni di matematica che la professoressa gli aveva assegnato, così si era messo a girare per la casa.
Dato che voleva essere utile al Signorino decise di andare a vedere se aveva bisogno di qualcosa.
Quando arrivò davanti alla porta della camera degli ospiti e non sentì alcun rumore si insospettì e decise di dare un'occhiata all' interno.
Quello che vide lo bloccò sul posto.

Tutti e tre i ragazzi stavano dormendo , ma in una posizione alquanto strana ed esilarante. 
Il ragazzo scorbutico era a sedere sulla poltrona con sopra di sè il Signorino sdraiato che appoggiava la testa sul bracciolo, mentre il tipo che si perdeva ovunque era sdraiato a sua volta sopra al biondo e dormiva con gli occhi aperti.

Entrò, tirò fuori il cellulare e scattò una foto. L'occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
Soddisfatto se ne andò richiudendo la porta.

Non aveva mai visto quell' espressione rilassata sul volto del Signorino; a lui non stavano particolarmente simpatici i due ospiti, ma se quello era il risultato della loro presenza allora se li sarebbe fatti piacere. 

 



•••



 

Doflamingo aprì lentamente le palpebre e sentendo il peso di un altro corpo sopra di sè si fermò. 
Ricordandosi gli avvenimenti delle ore precedenti inspirò ed espirò profondamente.
Proprio non si aspettava che quell'incubo tornasse a perseguitarlo in un momento del genere, con Croco-chan che ne era stato testimone. Dimostrare le sue debolezze agli estranei era sempre stato una cosa da evitare, essendo figlio di un boss mafioso non poteva permettersele; in quell'ambiente era essenziale avere un comportamento deciso e una faccia tosta come poche.

"Non mostrare ferite, il sangue attira gli squali" queste erano le parole che suo padre gli ripeteva da piccolo e non poteva non essere d'accordo.

E lui si era mostrato ferito davanti a qualcuno, credeva che l'altro lo avrebbe sfottuto ma incredibilmente Crocodile non aveva detto nulla se non suggerirgli di ritornare a dormire.
L'unica nota positiva era che non avesse parlato nel sonno.

"Pensavo ci tenessi al tuo braccio"

Doflamingo abbassò lo sguardo e vide due pupille dorate che lo fissavano minacciose.

"Falchetto sei sveglio! Cosa centra il mio-"
Non finì la frase perchè capì cosa volesse dire; non poteva farci nulla, a lui piaceva abbracciare tutto quello che lo circondava nel sonno.
Il biondo, per nulla intimorito dalla minaccia, lasciò il proprie braccio dov'era, attorno alla vita del ragazzo, anzi aumentò la presa.

Mihawk lo pizzicò sul dorso della mano sperando mollasse la presa, ma non ottenne nessun risultato positivo.
Dato che non poteva muoversi, decise di impiegare il proprio tempo in modo costruttivo. 
"Strano che ti abbia permesso una cosa del genere"

Doflamingo sorrise guardando il soffitto. 
"A pancia piena i coccodrilli diventano docili"

Passò qualche minuto in silenzio in cui l'altro non rispose, così abbassò gli occhi e vide che era impegnato a fissare la sua mano che stringeva quella di Crocodile. 
"Molto docili"

"Un po' troppo"
Il Falchetto non era affatto un idiota, aveva capito che era successo qualcosa mentre dormiva, ma non aveva chiesto nulla. Era per quello che gli piaceva, non si immischiava mai negli affari delle persone, ma se gli chiedevi un aiuto faceva il possibile; anche se il suo modo indifferente e silenzioso metteva in soggezione ed era difficile catturare la sua attenzione, per un occhio esperto non era impossibile capire cosa gli passasse per la testa, oltre ai dolci ovviamente, quello era un pensiero fisso.

"Ho fatto un incubo" disse con nonchalance riportando il suo sguardo in alto. "E Croco-chan da brava mammina si è preoccupato più del dovuto"

"Capisco"

Lo scambio di battute venne interrotto dal mugugno del terzo ragazzo che, dopo aver mosso lievemente il collo, aprì gli occhi.
"Che diavolo siete ancora qui? Perchè non vi alzate e andate a fare salotto da un' altra parte?"

Doflamingo sospirò ridendo e scuotendo il capo. "Che tsundere di merda che sei, in realtà ci vuoi bene e sei contento di esserti svegliato con noi sopra ma non lo vuoi ammettere"

Due secondi dopo Mihawk e Doflamingo erano spalmati per terra.
"Perchè non stai zitto" sibilò il primo.
"Tranquillo, lui dimostra così il suo affetto~" gli rispose il secondo mentre il diretto interessato si appallottolava sulla poltrona dando loro le spalle.

Mihawk si alzò massaggiandosi la nuca per poi andare nel bagno personale; Doflamingo si mise in ginocchio di fianco al moro e cominciò a punzecchiarlo.

"Oh andiamo, sveglia dormiglione"

L'occhiata truce e minacciosa che gli rivolse in risposta lo fece sorridere ancora di più.

"Pensavo volessi un caffè, ma dato che hai sonno..."

L'altro borbottò e Doflamingo si alzò ed uscì dalla stanza.
Dopo qualche minuto Mihawk tornò e si mise a sedere sul letto.
"Dov'è andato?"

Crocodile gli rispose mugugnando.

Il biondo ritornò sorridendo e buttandosi sul letto a pancia in giù.
"È ora della merenda~"
Mihawk fu totalmente d'accordo.

Una decina di minuti più tardi qualcuno bussò alla porta.

"Avanti"

Minako, la cameriera dai capelli verdi, entrò spingendo un carrello fino ad arrivare al tavolino in legno situato davanti alla poltrona, poi cominciò ad appoggiare le cose sopra di esso.
Tre piattini e tre tazze finemente ricamate con disegni floreali; biscotti con gocce di cioccolato e biscotti con un cuore di marmellata; una teiera con acqua bollente e una scatolina di metallo; una tazzina di caffè fumante.

Sentendo il profumo della bevanda, Crocodile si alzò a sedere e si girò fino ad incontrare gli occhi freddi della donna.

"Due cucchiaini di zucchero, già mescolato" gli disse allungandogli la tazzina.

"Grazie" rispose dedicandogli un'occhiata incuriosita ma sorridendole.
I due continuarono a fissarsi anche mentre il moro sorseggiava il caffè.

Doflamingo si sentì infastidito dall'intera situazione, quella cameriera non aveva il diritto di godersi quegli occhi neri.
"Molto gentile Minako, ora puoi andare" disse alzandosi e sedendosi di fianco a Mihawk sul divanetto. Quando si era alzato?

Crocodile porse la tazzina alla donna che la prese sfiorandogli le dita, la appoggiò sul carrello, poi si inchinò leggermente ed uscì portandosi dietro tutto.

Il biondo digrignò i denti.
Mihawk lo distrasse dai suoi pensieri.
"Cosa c'è in quella scatola?"

"Bustine di the" rispose allungando la mano e prendendola. "Potete scegliere il gusto che più vi piace"

Il ragazzo dagli occhi dorati scelse Vaniglia, lui prese il suo preferito, l'Earl Grey, poi passò la scatolina a Crocodile che rimase a fissare le bustine per un bel po', ma alla fine scelse la Rosa di Bosco sospirando.

Di solito era una persona decisa, ma scegliere quel gusto era come ammettere che Ivankov ci avesse visto giusto e questo gli dava ai nervi.

Mentre gli altri due parlavano dei biscotti e si versavano l'acqua calda, ripensò a Minako. C'era qualcosa in quella donna che lo incuriosiva, ma non sapeva dire con certezza cosa.
Aveva degli occhi inespressivi, ogni volta che la fissava sentiva dei brividi di freddo, come se si trovasse in mezzo ad una tempesta di neve. Decisamente strano.

"Vuoi?" 
Crocodile si girò a guardare Doflamingo che gli stava porgendo una confezione di biscotti.
"Sì grazie"

Lo sguardo che gli rivolse era così pungente che lo sentì sulla pelle nonostante l'altro indossasse i soliti occhiali.

"Buoni" commentò Mihawk ingoiando il terzo.
Doflamingo tirò su il biscotto che aveva immerso nel the e quello si spezzò cadendo nella bevanda.
Il biondo storse il naso.

"Sapere il momento giusto in cui un biscotto ha assorbito abbastanza the e tirarlo fuori senza che si spezzi è un' arte"

"Falchetto non ti ho mai sentito parlare così tanto"

"La tua è solo invidia"

Sorrise in risposta senza aggiungere altro, perchè spiegare che si era distratto a causa dei pensieri che stava facendo sarebbe stato complicato.
L'avrebbe volentieri strangolata, avvolgendo le sue mani attorno a quel collo così bianco e delicato, avrebbe sentito il suo cuore rallentare fino a fermarsi del tutto mentre sul suo volto sarebbe comparsa una smorfia di dolore. Sarebbe stato terribilmente facile e soddisfacente e si sarebbe liberato del corpo in modo altrettanto semplice.
Perchè nessuno doveva osare toccare o solo sfiorare le sue cose.

E quello stupido rettile era suo dal primo momento in cui l'aveva visto.













 

-

*extra*


Crocodile non sapeva cosa fare.
Mentre stava cominciando a rilassarsi, Doflamingo aveva cominciato a contorcersi nel sonno e a lamentarsi fino ad afferrarsi per le spalle stringendo più che poteva. 
Aveva capito che stava avendo un incubo ma non aveva mai visto l'altro in quello stato.
Ansimava pesantemente, quasi come se non riuscisse a respirare.
Il moro provò a scuoterlo e a chiamarlo senza risultato fin quando non vide le labbra dell'altro muoversi fino a sussurrare un nome.

"Ikki Yukimura"

.

Ho detto qualcosa di strano mentre stavo sognando?"

Crocodile lo guardò negli occhi.
"No, ti sei lamentato e basta"




 

Bugia.

























 




 


Salve a tutti! 
In questo capitolo succedono parecchie cose, ma quella più importante è l'incubo di Doflamingo. Chi sarà il Lui che nomina mentre delira?
Crocodile gli dice che non ha detto niente ma ha ovviamente mentito e viene svelato il nome. 
Mihawk invece si gode i biscotti e spiega l'arte dell'inzupparli. Scopriamo anche una parte del suo carattere e che dorme con gli occhi aperti.

Vergo mandami su What's app la foto del trio che sonnecchia sulla poltrona.

Vedremo cosa accadrà nel prossimo capitolo, grazie a tutti quelli che seguono e leggono!
Un grazie particolare a quelli che trovano del tempo per recensire☆

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Capitolo 21
*** Ciò che il cuore conosce oggi, la testa comprenderà domani ***


21) " Ciò che il cuore conosce oggi, la testa comprenderà domani. "
 



















 

 

Finito di prendere il the con i biscotti, passarono le ore precedenti alla cena davanti al computer a guardare un film d'azione.
Quando una cameriera li venne a chiamare scesero le scale per dirigersi in sala e Crocodile gettò un' occhiata fuori dalla finestra al primo piano; sembrava che le guardie fossero aumentate da quella mattina.
Si fermò per osservare meglio ma non notando nulla di strano riprese a camminare.
La cena fu servita da cameriere e maggiordomi, ma l'atmosfera che regnava era tesa e neanche Doflamingo faceva le solite battute, segno che qualcosa gli stava tenendo occupata la mente e questo non era un bene.
Mihawk aveva pensato cosa potesse centrare il sogno fatto dal biondo con lo sguardo di Crocodile ma non capendoci niente aveva lasciato perdere, ben sapendo che presto o tardi la questione sarebbe tornata fuori.
Al momento era più occupato a mangiare e a ricordarsi che il Karma colpiva tutti; la prova lampante ce l'aveva di fianco.
Doflamingo aveva cercato di far ingelosire Crocodile ma alla fine si era ritrovato nella stessa situazione dell'altro.

Dopo aver consumato la cena, il biondo si alzò dicendo che doveva fare una telefonata, lui rimase in sala a fissare la spada sul camino, mentre Crocodile ne approfittò per fare un giro della casa.
Il fatto che le guardie fossero aumentate non era certo un buon segno.
Qualche minuto più tardi si ritrovò in una stanza con una enorme libreria.
Entrò e cominciò a leggere i titoli su ogni scaffale finchè il suo sguardo non venne catturato da una fotografia che ritraeva quattro persone.
Un uomo dai capelli biondi ed un ciuffo che gli copriva un occhio abbracciava una donna molto bella, dai capelli mossi e castani; entrambi erano vestiti molto eleganti, il primo in giacca e cravatta, e la seconda con un bell'abito lungo rosso.
Davanti a loro si trovavano due bambini, il più piccolo aveva i capelli biondi davanti agli occhi e teneva un libro con una mano, mentre con l'altra teneva la mano dell'altro bambino che sorrideva alla fotocamera.
Riconobbe immediatamente Doflamingo in quel moccioso sorridente, ma anche se non portava gli occhiali non riuscì a vedere i suoi occhi dato che li teneva chiusi.
La cosa che lo colpì fu un'altra: chi era quell'altro biondino con i capelli sugli occhi?
Mentre cercava una risposta il suo sguardo tornò sulla figura femminile e lì rimase nonostante un rumore gli fece capire che qualcuno era entrato nella camera.

"Tua madre era davvero bella."

Doflamingo non gli rispose.
Crocodile riappoggiò la foto sullo scaffale e lo raggiunse di fianco alla porta.
"Torniamo da Mihawk." disse sorpassandolo.

Il biondo rimase qualche secondo fermo e poi lo seguì; si era dimenticato dell'esistenza di quella fotografia, pensava che suo padre le avesse distrutte tutte quelle raffiguranti loro quattro.
"Era molto bella" proruppe affiancando il moro. "Ora sai da chi ho preso"

"La modestia non ti è mai mancata"

"Quella è uno dei miei pregi"

"Ho notato" rispose con uno sbuffo divertito l'altro entrando nella sala per poi aggiungere "abbiamo un problema"

"E quale sarebbe?"
"Dov'è Mihawk?"

Doflamingo si passò una mano tra i capelli.
"Ahi ahi-"

"Guardate che sono qui"

Entrambi si girarono verso il punto da cui proveniva la voce e si avvicinarono ad una delle due poltrone.
"Che ci fai seduto per terra? Ehi ma quella spada non era appensa sopra al camino?" domandò il biondo.

"Già, lo era."

Crocodile lo fissò e sorrise.
"Volevi vederla da vicino e l'hai staccata, poi ti sei messo a sedere e noi non ti abbiamo visto perchè eri nascosto dalla poltrona"

Il ragazzo non rispose, troppo preso a fissare l'elsa intarsiata con incisioni circolari.

"Basterà rimetterla al suo posto dopo che hai finito" disse l'altro per poi aggiungere "Torno subito" ed uscire nuovamente.



Crocodile si sedette a tavola che probabilmente era stata sparecchiata quando lui era andato in perlustrazione.
Dopo qualche minuto il biondo ritornò tenendo in mano un mazzo di carte e si sedette di fronte a lui.
"Giochiamo?"

Il moro annuì e Doflamingo cominciò a distribuire le carte.
"Potremmo giocare a stip-poker"

"Potresti stare zitto e prepararti a perdere"

"Ti piacerebbe"

"Certo, e sarà quello che accadrà"

Passarono le ore successive a lanciarsi improperi , sembrava quasi che Briscola, Rubamazzo e Tre Sette fossero passati in secondo piano, e che il vero gioco fosse far innervosire l'avversario.

"Manca solo Scopa"

"A quello se vuoi ci giochiamo dopo in camera"

Crocodile sollevò gli occhi al cielo.
"GIOCA E TACI"

"Guarda che sono molto bravo a quel genere di gioco"

"Non immagini quanto sia bravo io, anzi, potrai solo immaginarlo" disse con noncuranza il moro mordendosi un labbro e pescando il tre di Denari.

"È una scommessa? Perchè non ti conviene scommettere quando Briscola è Bastoni, vinco sempre io~"

Inspirando profondamente cercò di ignorare l'ennesima cazzata uscita dalla bocca del ragazzo di fronte a lui, inutilmente dato che non accennava a voler tacere.

"Comunque per immaginare lo immagino, e anche molto bene. Ma preferirei verificare personalmente. Più volte, non si sa mai"

"Ti faresti male"

"Tu ti farai male"
 

Quand'è che si erano avvicinati così tanto?


"Lo spero, sai, non vorrei annoiarmi"

"Non c'è pericolo"

"Stiamo ancora parlando di carte?"

"Tu che dici?"

"Dico che ho vinto di nuovo" commentò Crocodile con un tono di voce più basso del normale mentre sul suo volto si dipingeva un ghigno di scherno.

"Sempre detto io che hai un gran culo" rispose sorridendo Doflamingo lanciando le carte sul tavolo e appoggiando il mento sulla mano sinistra.

Il moro non rispose nè indietreggiò; sarebbe stata un'ammissione di inferiorità e lui di certo non voleva perdere. In niente.
"Tocca a te dare le carte"

L'altro ampliò il suo ghigno rimanendo con il volto a pochi centimentri da quello del moro.
"Al momento sono un po' impegnato, penso le darò dopo. Perchè, ti disturbo?"

"Se togli il punto interrogativo la frase è perfetta"

"Smettila"

"Di fare cosa?"

"Di fare quello che stai facendo. Se continui non rispondo delle mie azioni"

"E quando mai lo fai?"

Doflamingo lo prese per il colletto della camicia strattonandolo verso di sè e avvicinandolo ulteriormente, tanto che le punte dei loro nasi si sfioravano.

"L'idea di spaccarti la faccia in questo momento è molto allettante, oppure potresti trovare un modo più piacevole per impegnare la bocca che non sia parlare o morderti il labbro."

"Mordermi il labbro?"

"Lo fai spesso quando sei sovrappensiero"

"Già, è un vecchio tic. Se ti dà così fastidio avresti dovuto dirmelo prima così lo avrei fatto più di frequente"

"Non avevo dubbi."

"Hai qualche problema con le mie labbra?"

"Ne ho molti. E ne avrai presto anche tu di problemi, è una promessa"
 


Mihawk si schiarì la voce e i due ragazzi si girarono verso di lui.
"Scusate non volevo interrompere... quello che stavate facendo, ma sta arrivando lo spuntino di mezzanotte"

Doflamingo lasciò il colletto della camicia di Crocodile e lo fissò incuriosito.
"E quando è successo?"

"Una cameriera è venuta a chiedere se volevamo qualcosa e ho risposto io, voi eravate impegnati" commentò senza malizia il falchetto sedendosi con loro.
Solo un cieco non si sarebbe accorto dell'atmosfera che si creava tra i due quando si guardavano o si rivolgevano la parola, anche se si trattava solo di insulti.
In effetti l'unico che avrebbe potuto mai tenere testa a qualcuno come Doflamingo era proprio Crocodile, Mihawk provò a pensare ai due ragazzi sistemati con altre persone e sollevò un sopracciglio; si sarebbero sposati con una donna solo per far un dispetto all'altro.



"Stavamo giocando." commentò con noncuranza il coccodrillo riappoggiandosi allo schienale ed allontanandosi dal biondo.

"Già" rispose sorridendo il fenicottero incrociando le braccia a malincuore; avrebbe volentieri continuato il discorso con quell'idiota, ma al momento doveva mettersi l'anima in pace ed attendere.
E lui odiava aspettare, ma per ottenere ciò che voleva avrebbe fatto questo ed altro.

'In tutte le cose il piacere più grande è quello di pregustarle, d'altra parte l'attesa del piacere è essa stessa un piacere.' pensò guardando di fronte a sè nascosto dalle lenti colarate.

Crocodile sbuffó; di certo non si aspettava che la situazione degenerasse in quel modo, ma la cosa che proprio non riusciva a capire era il suo comportamento.
Perchè invece di tirargli un calcio lo aveva assecondato?
Perchè si divertiva, ecco perchè.
Si divertiva a insultarlo, a fargli saltare i nervi, si diveritiva a provocarlo in ogni modo possibile solo per vedere quanto potesse resistere. E questo non era un bene.

Quasi non si riconosceva, quel tipo seduto di fronte a lui gli faceva perdere il controllo e lo trasformava in un'altra persona. Doveva assolutamente controllarsi.
 

Iniziarono a giocare a carte seriamente, ma Mihawk riusciva sempre a vincere, per la gioia degli altri due.
Qualche partita dopo e molte lamentele sulla sfiga più tardi, la cameriera portò loro delle patatine e i ragazzi rimasero nel salone fino alle 2 a sgranocchiare schifezze.
Dopo aver perso l'ennesima volta decisero di tornare in camera; Doflamingo tirò fuori da sotto il cuscino un pigiama rosa confetto ma riflettendo attentamente su chi si trovava di fianco e sui suoi propositi poco casti, si infilò solo i pantaloni e gettò per terra la maglia rimanendo a torso nudo.
Crocodile si mise un pigiama blu normalissimo, mentre il falchetto tirava fuori dalla valigia un capo d'abbigliamento che fece sgranare gli occhi agli altri due.

"Ma..." provò a dire il biondo fermandosi per trattenere una risata.

"Pensavamo stessi scherzando quando ci hai detto che avevi dei pigiami singolari." concluse per lui il moro sedendosi dul letto.

"A me non sembra singolare" commentò Mihawk finendo di infilarsi nel pigiama bianco con disegnate nuvolette blu e alcuni uccellini.
Sembravano quelle tutine che si mettevano ai neonati, con disegni strani o dai colori sgargianti.

Doflamingo annuì rimuovendo lo sguardo, certo lui aveva il pigiama più bello.

Crocodile si sdraiò pensando che i suoi due compagni di camera non avessero il minimo senso del gusto nel vestirsi.

Si sdraiarono tutti e tre, ognuno nel proprio letto, e il biondo spense la luce.


 

•••


 

Caldo.

Perchè aveva così caldo? Eppure si ricordava di avere solo un lenzuolo a coprirlo.
Tentò di spostarlo ma non ci riuscì; aveva il braccio bloccato.
Allora provò con l'altro, ma una presa ferrea lo bloccò.
Non sapendo cosa fare aprì gli occhi lentamente, cosa che gli costò un' immensa fatica; aspettò che i suoi occhi neri si abituassero all'oscurità -fortunatamente un fascio di luce entrava dalla finestra e gli rese il compito più facile - e poi abbassò lo sguardo.

Doflamingo si era addormentato abbracciato a lui: con le gambe circondava le sue, con le braccia gli avvolgeva la vita e aveva la testa appoggiata sulla sua spalla destra.
Mihawk stava usando il suo braccio sinistro come cuscino, tenendolo fermo con entrambe le mani e dandogli le spalle.

I due letti erano vuoti mentre il suo era occupato da un po' troppa gente.

"Che palle" sussurrò sconsolato mentre tornava a dormire e sperando che al suo risveglio quei due non gli avessero staccato uno un braccio e l' altro la spalla.





 

"Croco-chan svegliati"

Nessuna risposta.

" Croco-chan "

Doflamingo si passò una mano tra i capelli; si era svegliato poco prima e si era rimesso gli occhiali; di provare a svegliare il Falchetto non se ne parlava, non voleva mica morire.
Era a sedere sul suo letto da qualche minuto e sbuffando decise di stendersi nuovamente; si rimise nella stessa posizione, di fianco all'altro, e si girò a fissarlo.

Aveva delle ciglia lunghe e i capelli neri sembravano morbidi al tatto; erano cresciuti dall'ultima volta che li aveva visti. Prima che se ne potesse rendere conto stava passando le dita tra i ciuffi mori, un po' troppo lentamente per farlo sembrare un caso. In quel momento se ne fregò altamente di cosa potesse dirgli l'altro, continuò a ripetere quei movimenti più volte finchè uno sbuffo non lo fece fermare.
Crocodile gli sembrò un enorme gatto.
Abbassò lo sguardo fino alle labbra dischiuse del moro e lì si piantò senza muoversi di un millimetro.

Appoggiò la mano destra di fianco ai capelli così da sorreggersi mentre si abbassava verso una meta ben precisa.
Stava dormendo, non si sarebbe mai accorto che gli aveva rubato un bacio innocente, cosa poteva mai essere?

Quando arrivò a sfiorare le labbra del moro con la sue sentì Mihawk muoversi e si distese velocemente, tornando nella posizione iniziale.

Il falchetto si mise a sedere dando un'occhiata in giro per poi girarsi verso di lui.

"Stai bene?" gli chiese con la voce impastata dal sonno.

"Certo" rispose a bassa voce sorridendo.

"Uhm. Sei tutto rosso. Io torno a dormire." concluse sparendo sotto la coperta mentre il biondo sgranava gli occhi e si girava dall' altra parte.

" Ma quale rosso " borbottò a bassa voce nascondendosi sotto il cuscino.


 

•••


 

Si svegliò nuovamente dopo quella che gli sembrava un'eternità, ma che in realtà era solo qualche ora.
Incredibilmente il suo letto era occupato solo dal suo corpo - dato che Mihawk si era completamente avvolto nella coperta in stile bruco e si vedevano solo i capelli - così, dopo essersi stiracchiato ed essersi passato una mano tra i capelli neri per riordinarli, si alzò.
Dieci minuti dopo stava scendendo le scale vestito con camicia bianca e jeans, con capelli pettinati all' indietro e raccolti in un codino basso. Alcuni ciuffi gli ricadevano davanti agli occhi ma non se ne curò.

L' idea di svegliare Mihawk non gli era neanche passata per la mente; era meglio lasciarlo alzare con i suoi tempi; se volevi suicidarti invece era un modo facile per passare a miglior vita.

Si diresse a passo spedito verso il salone credendo di trovarci anche quel maniaco dal cervello di gallina, ma la stanza era vuota, eccezione fatta per qualche cameriera.
Si sedette al tavolo e chiuse gli occhi cercando di abituarsi alla luce fastidiosa che entrava dalla finestra.

Li riaprì quando sentì il profumo dell'unica cosa che riusciva a svegliarlo completamente: il caffè.
Ciò che non si aspettava era di trovare Minako in piedi al suo fianco.
"Assomigli molto a Sakyū" commentò sorridendo leggermente ed uscendo dalla stanza, lasciando il ragazzo senza parole.

Doflamingo entrò nel salone e trovò Crocodile con gli occhi sgranati, davanti a lui una tazza di caffè freddo, cosa che lo preoccupò dato che sapeva quanto il moro amasse la bevanda calda.

"Ohi Croco-chan, tutto bene?"

Crocodile si riscosse e lo guardò dedicandogli un sorriso palesemente tirato e falso.
"Certo" rispose prendendo la tazzina e portandosela alla bocca mentre nella sua mente una domanda continuava a tormentarlo.
 

Come faceva una cameriera al servizio di un mafioso a conoscere sua madre?

















 




 


Salve a tutti! In questo capitolo succedono alcune cose importanti (come la rivelazione di Minako)
Per chi non fosse in pari con il manga forse c'è un piccolo spoiler nella scena della fotografia, chi è in pari avrà capito di chi parlo.
Passiamo alla scena delle carte.
Quei due flirtano e Mihawk arriva e li batte (ha il solito culo); i suoi pigiami imbarazzanti sono un tema ricorrente nelle mie storie.
Scopriamo anche il nome della madre di Crocodile, che ho dovuto inventare, così mi sono ispirata ad una tecnica del Signor Mister Zero; Sakyū significa falce.

○ Duna Falce di Luna Crescente (三日月形砂丘(バルハン) Mikazukigata Sakyū: crea una falce di luna con la sabbia che può essiccare la parte inglobata, risucchiando l’acqua al suo interno e rendendola inabile. Particolarmente efficace se usata su gli arti (braccia e gambe), ma, ancor più, se risucchia tutta l'acqua corporea, in quel caso la vittima diventa una vera e propria mummia.
 
A presto☆


-La citazione del titolo è di Seneca.

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Capitolo 22
*** Tu non mi piaci affatto ***


22) " Tu non mi piaci affatto. "



















 

Doflamingo fissò il ragazzo di fronte a lui che lo stava palesemente ignorando.
E questo lo infastidiva. 
"Croco-chan?"

Continuava a fissare la tazzina vuota invece che la sua faccia.

"Muoio dalla voglia di montarti come un mobile dell'Ikea"

Niente. Neanche un mezzo insulto.
' Mi sta ignorando '

"Scusa, non stavo ascoltando. Dicevi?" chiese Crocodile alzando finalmente lo sguardo.

"Niente, ti ho chiesto se il Falchetto sta ancora dormendo"

"Sì, credo di sì" 


Il biondo sollevò un sopracciglio; il ragazzo di fronte a lui sembrava essere tornato normale, ma c'era qualcosa nel suo sguardo che lo tradiva. 
Indubbiamente era bravo a fingere, lui però sapeva che nonostante il suo corpo e le sue espressioni fossero controllate, i suoi occhi facevano capire sempre il suo stato d'animo. 
E in quel momento era confuso.


"Meglio aspettare che si alzi, così pranziamo insieme dato che è quasi ora"

Crocodile sembrò riscuotersi.
"Ottima idea. Vado a vedere la cucina"

"Vai a vedere...la cucina?" domandò curioso Doflamingo.

"Sì, perchè? Voglio dare un' occhiata. Vuoi venire anche tu?"

Il biondo rispose ridendo.
"No grazie, lo so com'è fatta. Ne approfitterò per fare qualche telefonata"

"Come vuoi"
Crocodile si alzò ed uscì dalla stanza; in realtà non voleva il fenicottero tra i piedi, quindi aveva dovuto usare la psicologia inversa.
La cosa importante era che ora poteva andare in cucina e questo significava che poteva cercare Minako.


 

-

 

Doflamingo tirò fuori il cellulare dalla tasca e digitò velocemente un numero.
"... Pronto?"

"Salve padre. Volevo sapere tra quanto è previsto il vostro ritorno"

"Un paio di giorni. Va tutto bene?"

"Sì, a meraviglia. Ora devo andare"

"Certo. Ci sentiamo"

Il ragazzo chiuse la chiamata e rimise il cellulare a posto, poi si alzò.
Sapeva che era un suicidio e che stava per rischiare la vita; si sentiva come uno di quegli avventurieri che doveva fronteggiare una belva feroce.

Una di quelle che non mangiavano da settimane.
 

Aprì lentamente la porta della camera ed inquadrò la bestia addormentata, quindi si avvicinò con passo furtivo.
Fece una smorfia mentre nella sua mente si materializzava l'immagine del suo braccio tagliato di netto, così cambiò direzione e si diresse verso l'armadio, lo aprì e afferró il bastone prendiabiti.
Preso un respiro profondo e tornò ad avvicinarsi al letto finchè il Falchetto non fu a distanza di bastone.

Se qualcuno lo avesse visto si sarebbe messo a ridere data la serie di precauzioni che stava prendendo, neanche avesse una tigre sotto le coperte. 
"Tigre?" Avrebbe risposto a quei poveri stupidi "altro che tigre, lì sotto c'è molto peggio"



Data la quantità di miscredenti, dovete sapere che una volta Mihawk aveva raccontato loro di quando un fattorino lo aveva svegliato per firmare la ricevuta di un pacco.
Erano le 9 di mattina e, nel linguaggio del Falchetto questo voleva dire che erano le 3 di notte. Si era alzato trascinando la coperta e aveva aperto la porta; il poveretto lo aveva guardato e si era cagato sotto data l'occhiata assassina che il ragazzo gli aveva rivolto.
"Per avermi svegliato a quest'ora" aveva sibilato mentre abbassava leggermente la testa e il suo sguardo si intensificava facendo venire i brividi al fattorino - che mentalmente pregava ogni divinità a lui conosciuta - "dovrei tagliarti prima le dita e poi ogni arto guardandoti dissanguare sul pavimento mentre mi godo gli ultimi spasmi del tuo corpo facendo colazione" aveva detto con un tono del tutto normale prendendo il foglio dalle mani ora tremanti dell'uomo.
"Ma facciamo che ti levi dai piedi. Finchè sono ancora attaccati alle gambe."
Dopo aver preso il foglio firmato e lasciato - quasi gettato - il pacco, il tipo era corso via a gambe levate.



Doflamingo prese un respiro profondo e cominciò a punzecchiare il ragazzo con la punta del bastone finchè non sentì un ringhio, quindi si fermò. 
Dopo qualche secondo però ricominciò a punzecchiarlo sempre più insistentemente e poi accadde.
Successe tutto in pochi secondi ma il biondo avrebbe rivisto quella scena nei suoi incubi per molto tempo.

Il bastone prendiabiti era stato tagliato di netto.

Tac.

Andato.

Deglutendo guardò Mihawk e vide una mano che impugnava un coltellino a serramanico uscire dalle coperte, mentre profondi occhi dorati lo fissavano minacciosi.

"Doflamingo" sibilò "spero tu abbia una valida ragione per avermi svegliato a quest'ora"
Un brivido percorse la schiena del biondo.
"Perchè altrimenti" continuò il moro mettendosi a sedere e passandosi una mano tra i capelli mentre l'altra giocherellava con l'arma "Ti frantumo tutte le ossa e quando avrò finito ne avrai 412."

"Falchetto, pranzo" disse solamente mollando ciò che restava del bastone e alzando le mani in segno di resa.
Il volto del moro si distese e il coltellino venne richiuso.
"Perchè non l'hai detto subito?" Domandò alzandosi e stiracchiandosi, mentre Doflamingo ricominciava a respirare, segnandosi mentalmente di non commettere mai più un errore del genere.
Mihawk uscì dalla camera e lui lo seguì annuendo di risposta ai suoi pensieri.

"Col cazzo, domani lo sveglia Croco-chan"


 

-


 

Crocodile stava percorrendo uno dei molti corridoi di quella casa; fortunatamente aveva una memoria fotografica e quindi sapeva dove andare per arrivare alle cucine.
Sapeva che i suoi genitori ultimamente stavano lavorando a qualcosa di grosso, ma di certo non si aspettava che avessero a che fare con la yakuza.
Camminò per qualche minuto, girando a sinistra dopo la porta del mini - salotto e si trovò davanti alla sua meta.
'Bingo' pensò assottigliando lo sguardo.
Cautamente abbassó la maniglia e diede una sbirciata dentro; tranne le numerose cameriere e i cuochi vestiti di bianco, non vide i capelli verdi che tanto cercava.
Scocciato per il viaggio a vuoto, richiuse la porta e tornò sui suoi passi.
Mentre tornava indietro guardò ovunque, ma della donna neanche l'ombra.
Ritornato nel salone trovò uno scenario alquanto strano ad attenderlo: Mihawk era seduto con le gambe rannicchiate, ovviamente ancora in pigiama, e di fianco a lui c'era un Doflamingo con una smorfia in faccia - che capì essere di puro terrore - spalmato contro lo schienale della sedia, quasi come se cercasse di essere inglobato dalla suddetta sedia.
Quando si avvicinò, il biondo gli dedicò un sorriso tirato, quasi di circostanza.

"Sei sveglio" cominciò con noncuranza mentre si sedeva di fronte al biondo.

"Già" rispose soltanto Mihawk.
Era sempre molto loquace.

"Tra poco servono il pranzo" commentò Doflamingo, ma quando stava per rilassarsi un po' sentì un "Lo spero per te" sussurrato dal Falchetto che lo fece deglutire.

Crocodile appoggiò il mento sul palmo della mano e ghignò guardando la scena.
'A quanto pare il fenicottero ha paura del falco...penso che quest'anno migrerà in anticipo' concluse una vocina nella sua mente.


 

Per la gioia del biondo, poco dopo arrivarono le cameriere a servire il pranzo che come sempre si rivelò buonissimo, e grazie alla tempestività dei suoi dipendenti, la testa di Doflamingo rimase attaccata al proprio collo.
Finito il dolce - che consisteva in una torta millesfoglie - i tre si spostarono in giardino, o meglio, nel parco privato che avvolgeva la residenza Donquixote. 
Era una bella giornata di sole e la temperatura era gradevole; ciò favorí una bella passeggiata. 
Camminarono tra le aiuole piene di boccioli e fiori colorati, fino ad arrivare ad una distesa di erba verde con alberi ai lati e un fiumiciattolo che delimitava la proprietà.
Mihawk si sdraiò sotto un albero godendosi il tepore del sole mentre Crocodile e Doflamingo si avvicinarono al fiume per dare un'occhiata.

Il ragazzo si sentì in pace e rilassò finalmente i nervi; dopo la mangiata che aveva fatto - probabilmente il biondo aveva detto ai cuochi di cucinare quanta più roba dolce potessero per farsi perdonare di averlo svegliato - ne aveva bisogno. 
L'unico problema fu il suo cellulare che decise di mettersi a squillare proprio in quel momento.
Inspirando profondamente estrasse l'apparecchio diabolico dalla tasca e rispose.

"Cosa."

"Occhietti belli!"

Oh no. La piattola rossa era tornata.

"Shanks."

"Come te la passi? È da un po' che non ci sentiamo e se non mi faccio vivo io tu non ci pensi minimamente"

"Va tutto bene, mi stavo riposando"

La risata cristallina dell'altro lo raggiunse.
"Non avevo dubbi! Io sono andato in piscina ieri con Makino e Dio, dovevi vederla in costume, aveva delle forme perfette e ... "

Mihawk appoggiò il cellulare sull'erba smettendo di ascoltare i vaneggiamenti di quello che purtroppo era un suo compagno di classe.
Dopo qualche minuto riprese il cellulare sperando in un miracolo.

"... il gelato. E poi ci siamo seduti sotto un ombrellone..."

Incredible. Stava ancora parlando.
"Rosso" lo interruppe "ho capito che ti sei divertito, ma ti prego, dimmi che non mi hai chiamato solo per raccontarmi questo"

Shanks sorrise mentre con la mano libera girava il cucchiaino nella granita alla menta.
"Mmm, no, non solo. Volevo sapere come stava andando lì" disse guardando il cielo terso di nuvole; andare al parco era stata davvero una bella idea.

"Bene, al momento mi sto divertendo" commentò il moro mettendosi a sedere per poi alzare gli occhi al cielo; i suoi due 'amici' si stavano schizzando con l'acqua come fossero due bambini.

"Ooh~ quando torni mi devi raccontare un bel po' di cose. Sono curioso di conoscere questi due. A proposito, non mi hai detto come si chiamano" ribattè il Rosso accavallando le gambe e distendendosi maggiormente sulla panchina.

"Se mi offri il pranzo forse potrei pensarci" commentò Mihawk mentre Crocodile aveva atterrato Doflamingo e stava cercando di affogarlo.
"Non ti avevo detto i loro nomi?"

"Certo! No, li hai chiamati solo con dei soprannomi, vediamo, quelli che mi ricordo sono: lo tsundere, il maniaco, il coso, la mammina, il rompiscatole e ... mmm ... mi sembra di ricordare qualcosa riguardo a Cenerentola ma potrei sbagliare"

Il ragazzo sogghignò.
"Ah. Bhe, lo tsundere e la mammina si riferivano a Crocodile, mentre il maniaco e il coso a Doflamingo. Rompiscatole lo sono entrambi." disse evitando di rispondere al nomignolo su Cenerentola, cosa che all'altro non sfuggì.

"Poi mi dirai di più su Cenerentola. Però sono sorpreso"

Mihawk alzò un sopracciglio mentre Doflamingo ribaltava le posizioni e gettava Crocodile nell'acqua di schiena.
"Cioè?"

"Non ti ho mai sentito parlare così tanto, devi divertirti davvero tanto" disse facendo una pausa sapendo che il moro aveva assottigliato lo sguardo "oppure hai un debole per me e ti lasci andare più facil-"

*tututututu*

Shanks rise di gusto; sapeva che gli avrebbe buttato giù il telefono, ma almeno aveva avuto la conferma che il suo amico stava bene.
Riprese a bere la granita e si perse a fissare le nuvole; chissà cosa centrava Cenerentola...




 

Mihawk gettò il telefono lontano da sè e si ridistese.
"Idiota" sibilò mentre un certo biondo volava nuovamente a metri di distanza atterrando nell'acqua.



 

•••


 

Quel deficiente.
Non solo aveva iniziato a schizzarlo con l'acqua senza nessuno motivo apperente, ma lo aveva anche placcato facendolo finire col culo per aria, cosa che al suddetto deficiente non era affatto dispiaciuta, anzi, probabilmente l'aveva fatto di proposito.
Si passò una mano tra i capelli bagnati per rimetterli in ordine e lanciò un'occhiata omicida a Doflamingo per poi rimanere imbambolato. 
Quell'idiota, essendo fradicio dalla testa ai piedi anche lui, aveva pensato bene di togliersi la camicia per strizzarla rimanendo così a torso nudo.
In quel momento era voltato quindi poteva vedere ogni singola goccia scendere dalle spalle alle scapole, fino al bordo dei pantaloni dove sparivano, lasciando sulla schiena un percorso delineato.
Alzò lentamente lo sguardo fino ai capelli biondi, spettinati e luminosi, che, alla luce del sole, sembravano brillare.
In quel momento trovò l'altro decisamente troppo bello.

'Ma che diavolo vado a pensare? Devo aver sbattuto la testa troppo forte poco fa'

`Non sarebbe male se sbattesse me da qualche parte`concluse la solita vocina nella sua testa.

Doflamingo si girò infilandosi la camicia e sorrise fissando la scena.
"Croco-chan, perchè stai tirando testate all'albero?"



 

-


 

Il biondo scosse la testa passandosi una mano tra i capelli bagnati; Crocodile camminava davanti a lui con quell'adorabile camicia bagnata che aveva deciso di diventare un tutt'uno con la pelle del rettile, appiccicandosi il più possibile al suo corpo e delineando i muscoli in modo perfettamente illegale. Per non parlare dei pantaloni che gli stavano gridando in ogni lingua conosciuta e non di posare le mani su quel dannatissimo fondoschiena.
Guardò Mihawk camminare con uno sguardo non molto amichevole mentre stringeva il cellulare quasi volesse romperlo; per fortuna lui non centrava con il suo malumore. 
La mattina aveva pensato bene di svegliarlo per avere un po' di compagnia data l'assenza mentale dell'altro moro, ma aveva appreso una preziosa lezione di vita.
Almeno era stata una bella giornata di sole e si erano divertiti nel parco.

"Doflamingo" sibilò Crocodile fermandosi a guardarlo.
"Dimmi Croco-chan"
"La tua mano."

Solo in quel momento si accorse che la sua mano destra aveva approfittato della sua distrazione per posarsi placidamente sul suddetto culo in esame.

Indietreggiò appena in tempo per evitare un pugno diretto alla sua splendida faccia e scappò in casa inseguito dall'altro.

Mihawk li guardò sbattendo le palpebre e come se non fosse successo nulla li seguì camminando lentamente.
Quando raggiunse la camera trovò il biondo che si massaggiava la testa, segno che l'altro gli aveva assestato un pugno di avvertimento.
Sentì l'acqua scorrere e capì che Crocodile si stava facendo una doccia.
Il ghigno che troneggiò sul volto del ragazzo di fronte a sè non gli piacque per niente.
"No" disse solamente sedendosi sul suo letto.

"Ma se non ho detto niente" rispose con un tono innocente l'altro.

"La risposta è comunque no."

Doflamingo sbuffò guardando la porta del bagno.
Mihawk alzò gli occhi al cielo quando lo sentì borbottare un "domani devo ricordarmi di togliere la chiave".

Lo sapeva.

 

Crocodile uscì dal bagno con un asciugamano bianco stretto in vita e un altro in mano per asciugarsi il collo e i capelli.
Il Falchetto gli passò di fianco.
"Se continui così gli farai venire una sincope" poi lo superó e si chiuse la porta alle spalle; una doccia calda se la meritava eccome.

 

Non capendo si girò e trovò il biondo che sorrideva normalmente - anche se il suo ghigno strano era tutto fuorché normale - e quindi decise di ignorarlo dirigendosi verso l'armadio dove si trovavano i suoi vestiti.

Stava per aprire l'anta quando una pressione lo spinse contro il mobile, ritrovandosi schiacciato tra il legno e il cretino ridens.

"Cosa vuoi adesso." ringhiò facendo forza sulle mani per spingersi indietro.
"Te lo avevo detto che se avessi continuato a provocarmi non avrei risposto delle mie azioni" gli sussurrò l'altro direttamente nell'orecchio, cosa che gli fece venire un brivido lungo la schiena ma che ritenne fosse colpa della mancanza di vestiti.

"Se ti sposti mi vesto" gli rispose guardandolo male e segnandosi mentalmente di portarsi il cambio in bagno il giorno successivo.
"Non sono tanto sicuro di volerlo~" commentò sorridendo per poi leccargli il lobo.
A quel contatto Crocodile si riscosse e ruotò su se stesso riuscendo a mollare una gomitata nello sterno all'altro ma trovandosi con la schiena contro il legno e una mano bloccata da una del biondo.
Doflamingo soffocò una smorfia di dolore continuando a tenere ferma la mano destra del moro per poi sollevare lo sguardo ed incontrare le iridi scure che tanto gli piacevano.

Crocodile digrignò i denti; quella vicinanza non andava affatto bene, soprattutto perchè poco prima aveva capito che il corpo dell'altro non gli era del tutto indifferente, e questo era uno smacco terribile.
Doveva spostarlo prima che la situazione degenerasse come al solito.

"Togliti" gli ordinò con voce ferma e bassa fissandolo con astio, ma tutto quello che Doflamingo vide fu il movimento delle sue labbra.
E da lì decise di non pensare più.

Crocodile rimase di sasso mentre le labbra dell'essere più insopportabile che avesse mai incontrato stavano placidamente appoggiate sulle sue.
Dopo poco sentì l'altro allontanarsi e guardarlo. 
"No così non va" disse rivolto a se stesso; il moro lo fissava senza sapere più che pesci prendere quando Doflamingo gli liberò la mano per afferrargli le spalle e sbatterlo contro l'armadio.
Crocodile socchiuse gli occhi non aspettandosi una reazione simile, stava per insultarlo quando l'altro lo baciò nuovamente, stavolta in modo più rude.
La timidezza del contatto precedente era sparita; approfittando della sua distrazione gli aveva ficcato la lingua in bocca cercando la sua ed iniziando un duello personale.
A quel punto il suo cervello decise di interrompere la sua funzione non prima di aver formulato un ultimo pensiero.
Quello di non perdere quella guerra.
Sottrarsi voleva dire essere inferiore, quindi era una questione d'orgoglio 
E lui non aveva intenzione di perdere.

Gli afferrò i capelli biondi facendoci passare le dita in mezzo e spingendoselo contro fino a quando non sentì i loro corpi attaccati; Doflamingo a quel punto se ne fregò altamente di tutto, cominciando a mordere in modo leggero quelle labbra così fastidiose che gli avevano fatto perdere il controllo.
Con le mani scese fino all'asciugamano legato alla vita e le posizionò dove dovevano stare, esattamente su quel bellissimo e sodo fondoschiena che, esattamente come aveva immaginato, era la fine del mondo.
Interruppè il bacio solo per lasciare una serie di morsi sul collo nella zona sotto l'orecchio per poi ricongiungere le loro bocche.
Crocodile non dimostrò in nessun modo di apprezzare il trattamento, neanche quando strinse di più le ciocche tra le dita con insistenza e corrispose nuovamente al bacio, o neanche quando afferrò con l'altra mano la camicia ancora bagnata del biondo.

 

Mihawk uscì dal bagno, si fermò e tornò indietro richiudendosi la porta alle spalle.
Quei due non avevano un minimo di decenza.


 

Quando sentì la porta sbattere il suo cervello si ricollegò; prese per le spalle il biondo e lo spinse come prima aveva fatto con lui.
Doflamingo indietreggiò e caddè sul letto continuando a fissarlo in un modo che non gli piaceva per niente. Sembrava un uomo che non mangia da giorni davanti ad un piatto di pollo fumante.
E lui faceva la parte del pollo.

Ignorando la sensazione che quello sguardo gli provocava si girò ed aprì l'armadio tirando fuori i vestiti per poi richiuderlo con forza.
"Non metterti in testa strane idee. Tu non mi piaci affatto" ringhiò oltrepassandolo.

"Tranquillo," rispose Doflamingo leccandosi le labbra. "mi piaccio abbastanza per tutti e due"

 

Ora che ne aveva avuto un assaggio non vedeva l'ora di averlo tutto.





















 




 


Salve~
Non svegliate mai Mihawk. M A I.
Anche Doflamingo lo ha compreso, purtroppo a sue spese.

Crocodile sta cominciando a capire di non essere del tutto indifferente al prestante fenicottero, ma ci vorrà ancora qualcosa prima che ceda del tutto.
Le chiacchierate tra Shanks e il Falchetto sono sempre belle, il Rosso è un vero maestro nel far saltare i nervi all'altro.
Chissà chi è Cenerentola...

Grazie mille a tutti quelli che leggono e che mi lasciano una loro opinione! 
A presto ☆ 

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Capitolo 23
*** La cosa che ci fa più paura ci è già successa ***


23) " La cosa che ci fa più paura ci è già successa. "

(The things we fear the most have already happened to us)




















 

Mihawk uscì dal bagno per la seconda volta, sperando di non dover ritornarci di nuovo causa ormoni adolescenziali dei suoi due compagni di camera. 
Fortunatamente sembrava che gli animi si fossero placati; Doflamingo infatti lo oltrepassò sorridendo tranquillamente per poi chiudersi la porta alle spalle.
Crocodile aspettó che l'altro fosse scomparso per iniziare a vestirsi; di certo non lo avrebbe fatto di fronte al fenicottero dopo quello che era successo qualche minuto prima. 
Il Falchetto si stese sopra il suo letto a pancia in su chiudendo gli occhi. La voce del moro lo raggiunse.
"Non una parola"

"Io non ho detto niente" rispose aprendo un solo occhio per sbirciare il ragazzo che si era seduto di fianco a lui.

"Ma la prossima volta avvertite prima di..."

"Ho detto 'Non. Una. Parola.' "

Mihawk sorrise leggermente senza farsi vedere dall'altro.
 

Nel frattempo Crocodile decise di riposarsi un po', almeno fisicamente dato che la sua mente non voleva saperne di spegnersi; aveva una tale confusione in testa da farlo quasi impazzire.
Ed ovviamente il tema principale dei suoi problemi era quell'essere biondo che stava uscendo dal bagno con un asciugamano striminzito stretto in vita; non poteva vestirsi in bagno? 
Stava minando alla sua sanità mentale, lo sapeva, entro la fine di quella che non avrebbe mai definito vacanza sarebbe impazzito.

Doflamingo si vestì con tutta la calma di questo mondo, mentre sul suo volto troneggiava il ghigno più strano che Mihawk gli avesse mai visto fare. Non era uno di quelli perversi o sadici, era più...rilassato.
Il soggetto in questione si sedette sul suo letto cominciando a giocherellare con un peluche di un pulcino rosa tirato fuori da chissà dove.

Crocodile tirò fuori il cellulare dalla tasca e controllò e-mail e messaggi; quelli dei suoi genitori - in cui sua madre si sbizzarriva con i nomignoli e con le sdolcinatezze - non li lesse neanche; ignorò Bon Clay che lo invitava a prendere un the a casa sua - sapeva benissimo la velata minaccia di ritrovarsi Ivankov tra i piedi e non ci teneva affatto a rivederlo - e rispose in modo affermativo solo ad Akane, che gli chiedeva se stava bene e se quando tornava si sarebbero potuti vedere.

Colpi sulla porta spezzarono quella strana tranquillità che si era creata.
Doflamingo si alzò in piedi e rispose di entrare.
Vergo aprì la porta con una faccia che Mihawk e Crocodile definirono a dir poco funerea.
"Signorino, non vorrei disturbarla, ma abbiamo un grosso problema" disse lievemente agitato.
Il biondo lo fissò incuriosito continuando a sorridere. "E quale sarebbe?"
"Ikki Yukimura è qui"

Bastarono quattro parole a mutare l'espressione del fenicottero, che sbiancò e strinse i pugni.
Mihawk se ne accorse e si girò verso Crocodile per cercare una risposta, ma si trovò ancora più confuso quando lo vide contrarre la mascella e assottigliare lo sguardo.
Doflamingo uscì dalla camera seguito da Vergo.

"Dov'è"

"Nel salotto del primo piano"

"Vai a vedere che fine hanno fatto le guardie fuori, io cerco di tenerlo occupato"

"Ma Signorino-"

"Vai."

Il moro si congedó di malavoglia; non aveva una buona sensazione a riguardo, anche perchè sapeva bene che se Yukimura si trovava lì non era certo per fare due chiacchiere in compagnia.
Anzi, probabilmente aveva saputo della mancanza del capofamiglia e aveva deciso di approfittarne.
Con mille dubbi si allontanò.

 

Doflamingo si diresse subito nel luogo in cui si trovava quell'uomo e lo trovò in piedi nel salotto, con due guardie all'ingresso della stanza.

"Guarda chi si vede!"

L'uomo si girò verso di lui; altezza nella media, un po' in sovrappeso ma con muscoli ben sviluppati, capelli (o quelli che rimanevano) tirati indietro dalla brillantina, vestiti beige eleganti e scarpe nere, sul volto svettavano un paio di occhi grigi.

"Yukimura, non aspettavamo una visita da parte vostra" disse quelle parole con tutto il veleno che era capace, pronunciando il 'vostra' con falso rispetto, cosa che non sfuggì all'uomo.

"Oh, su, pensavo fossimo amici." Fece una pausa dedicandogli un'occhiata fredda che gli ricordò lo sguardo di un avvoltoio mentre guarda una carogna.
"Era da un sacco di tempo che non venivo a farvi visita, ho saputo proprio ora che tuo padre non c'è" commentò avvicinandosi a lui.
'Che bugiardo' pensò, mentre le due guardie entravano nella stanza calpestando i preziosi tappeti persiani con quelle che Doflamingo ritenne fossero scarpe da quattro soldi; esattamente quanto valeva il loro Boss.



 



 

Crocodile si alzò in piedi e cominciò a camminare avanti e indietro; il biondo era uscito senza dir loro niente, ma lui sapeva bene chi fosse il tizio che si era presentato senza preavviso, o almeno sapeva che non era una buona cosa lasciare andare l'altro da solo.
"Mihawk, io vado a dare un'occhiata, tu rimani qui"
Il Falchetto gli dedicò uno sguardo enigmatico ma assentì con la testa.



 

• 

 

"Vedo che ti mantieni in forma, come va con la scuola?" commentó l'uomo mentre Doflamingo deglutiva; ovviamente quel tizio era venuto lì per provocarlo.

"Tutto bene, grazie per l'interessamento"

La risata sgraziata del Boss mafioso gli fece venire la nausea.

"Su, su,  non essere così freddo con me, ormai ci conosciamo da tanto tempo, da quando la tua povera madre ci ha lasciato"

Doflamingo strinse i pugni rimanendo in silenzio.

"Quanto era bella, tuo padre è stato molto fortunato, aveva un bel corpo e una grande personalità, ma ciò che più mi piaceva di lei era il suo sguardo"
 

Nominare sua madre era un colpo basso, degno di un uomo vile e senza scrupoli; da quando aveva capito che il suo tallone d'Achille era lei non mancava mai di parlarne, giusto per fargli perdere la calma.
Maledizione, c'era troppo caldo in quella stanza, da quando era diventato così afoso lì dentro?

 

"Aveva degli occhi davvero particolari, sai, mi ricorda molto il tuo adorabile fratellino... povero, lui è quello che ha sofferto di più, se mi concentro riesco ancora a sentire le sue urla di dolore davanti al corpo senza vita di vostra madre..."
 

Suo fratello. Il suo volto rigato dalle lacrime calde e la sua voce rotta dal pianto. Gli ritornò in mente tutto, ogni cosa che cercava di dimenticare inutilmente, gli sembrava di vedere la scena davanti a sè talmente era nitida nella sua memoria.
Il respiro si stava facendo pesante; non poteva avere un attacco in quel momento, non poteva dargliela vinta.

 

"Non ti azzardare a nominare mia madre e mio fratello" ringhiò Doflamingo alzando finalmente lo sguardo e trovandosi vicino all'uomo che sorrideva.

"Stavo solo rivangando il passato, non arrabbiarti. A proposito, da quanto porti questi occhiali? E dire che hai gli occhi uguali a tua madre, non dovresti coprirli." disse allungando una mano verso il volto del ragazzo.
"O forse" continuò "lo fai per poter parlare con tuo padre e con i tuoi amici? Ahaha ma quali amici, tutte le persone a cui tieni finiscono male"

Doflamingo non si mosse più, di nuovo colpito dalle parole troppo vere e velenose che quell'uomo gli aveva rivolto per la seconda volta, distruggendolo dall'interno. Sentì la mano dell'uomo vicinissima al suo viso e chiuse gli occhi per non vedere, come un bambino che si nasconde sotto le coperte per sfuggire a demoni immaginari.
Quando sentì un crack seguito da un urlo strozzato riaprì le palpebre e si trovò davanti ad una schiena che conosceva bene.

"...Croco-chan" sussurrò mentre il moro lasciava il polso ormai rotto del mafioso, che cadde in ginocchio.

"Mi dispiace Signor Yukimura, ma è proprio ora che lei se ne vada"

"Brutto ragazzino impertinente, chi diavolo sei? E come ti permetti di parlarmi in questo modo irrispettoso?" ringhiò l'uomo fissandolo negli occhi neri.

Crocodile sorrise con uno di quei ghigni che ricordavano più l'altro ragazzo che lui.
"E dire che mi sono anche trattenuto e non le ho detto dove deve andare"

"Maledetto-"

Le due guardie si mossero in avanti verso di loro, ma finirono a gambe all'aria cadendo all'indietro e sbattendo la testa rimanendo stordite per qualche secondo.
Gli altri tre si girarono verso la porta trovando un Mihawk piuttosto tranquillo che teneva in mano un lato del tappeto.
"Questo tappeto non si abbinava al resto dei mobili, andava rimosso" disse semplicemente mentre Yukimura fumava di rabbia.

"Ragazzini, voi non sapete contro chi vi siete messi" ringhiò nuovamente alzandosi mentre le due guardie si alzavano e tiravano fuori una pistola dalla giacca.

"Contro una persona che non ha il minimo gusto nel vestirsi" commentò Crocodile.
"E che ha un polso rotto e una voce sgradevole" concluse affiancandolo Mihawk.
In quel momento entrarono nella stanza degli uomini armati capeggiati da Vergo.

"Le visite a quest'ora non sono per niente gradite, la pregherei di andarsene, fategli vedere dov'è l'uscita"
L'uomo li fissò nuovamente per poi dedicare un sorriso divertito a Doflamingo, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo.

"Decisamente non potrai mai essere un degno successore" commentò uscendo dalla stanza seguito dai suoi uomini.
Il biondo si rilassò. Forse aveva ragione Yukimura, non avrebbe potuto essere un boss mafioso perchè non era abbastanza cattivo.

"Grazie" disse guardandoli.
Crocodile annuì distrattamente guardando altrove.

"Io cercavo il bagno" commentò Mihawk grattandosi la nuca e facendo sorridere Doflamingo mentre il coccodrillo si spalmava la mano sulla faccia.

"No seriamente, dov'è il bagno?"
"Ne abbiamo uno in camera, testa di rapa!"
"Giusto... e dov'è la camera?"
"Oddio santo!"

Sorrise mentre Crocodile trascinava per un polso Mihawk; si sentiva uno straccio ma vedere quei due lo tirava su di morale come nient'altro.
Era ancora lontano dal diventare il perfetto successore di suo padre, per avere una famiglia, persone che vedessero in lui un punto di riferimento e lo considerassero degno di rispetto.

'Una famiglia...'


 

"Ti muovi o devo prendere per mano anche te?" sbottò Crocodile rientrando nella stanza scocciato.

"Mi sa che ti toccherà prendermi per mano perchè anche io potrei perdermi" rispose raggiungendolo.

"In casa tua."

"Sarà che ultimamente ho una costante fonte di distrazione nelle mie vicinanze e sono parecchio distratto..." commentò dedicandogli un sorrisetto di scherno che fece alzare un sopracciglio al moro.

"Ma non mi dire..."
Crocodile lo superò ma lasciò il braccio indietro e aprì la mano.
Doflamingo prese la rincorsa e avvolse il proprio braccio attorno al collo del moro.

"Uno ti dà la mano e tu ti prendi il braccio." ringhiò di risposta.

"In realtà quello che voglio prendermi è un'altra parte del tuo corpo, anzi, diverse, probabilmente tutte, sai, non faccio differenze, poi potrebbe sembrare che io sia razzista~"

"Ma ti ascolti quando parli?"

"Dio sì, ho una voce meravigliosa, adoro ascoltarmi"

Crocodile scosse la testa mentre si trascinava dietro - o meglio addosso - il biondo, sul cui viso era tornato il solito ghigno sprezzante e sadico.






 

Dopo circa un'ora erano a tavola per cenare.
"Mihawk ti abbiamo lasciato da solo un secondo e tu sei sparito! Come hai fatto a finire nella serra se dovevi semplicemente salire delle scale non lo so" commentò incredulo Crocodile mentre tagliava un pezzo di carne a cottura media.
Vergo annuì, un pezzo di pane si era attaccato alla sua guancia ma lui sembrava non essersene accorto; quella sera si era unito a loro anche lui.

Il ragazzo preso in causa finì di masticare e rivolse uno sguardo infastidito al moro.
"Questa casa è un labirinto"

"Fufufu~ Falchetto, ho come l'impressione che se giocassimo a nascondino non ti vedremmo mai più. Fortuna che io conosco questa casa fin troppo bene e alla fine ti troverei" si intromise il biondo con gli occhiali pulendosi la bocca con un fazzoletto di tessuto finemente ricamato.
I quattro ragazzi si guardarono.

"Suona come una sfida" commentò Mihawk.

"Per una volta hai avuto un'idea interessante." disse Crocodile.

"Si potrebbe fare una scommessa. Estraiamo a sorte chi conta, e se non riesce a trovare gli altri entro un tempo limite ha perso; al contrario perdono tutti quelli che vengono scoperti, facciamo a turno così ognuno di noi deve trovare gli altri una volta" disse Vergo guardando il Signorino che capì immediatamente cosa volesse dire.

"Chi vince dovrà dare un ordine al perdente; nel caso in cui chi conta non trovasse una persona sarà quella a darglielo, altrimenti, se tutti vengono trovati in tempo, si cambia chi conta e si ricomincia finchè qualcuno non perde." esclamò con enfasi Doflamingo.

"Ci sto" disse Mihawk.
"Io pure" rispose Vergo aggiustandosi gli occhiali.
"Ho una pessima sensazione a riguardo ma ci sto anche io" commentò Crocodile.

 

Dopo aver decretato che chi pescava la carta più bassa contava, vennero scelte le parti: Vergo venne estratto per primo; avrebbe dovuto trovare gli altri, che si sarebbero nascosti all'interno della casa, in un tempo di 1 ora e la conta sarebbe stata di 60 secondi.

Quando il moro diede il via, tutti e tre i ragazzi partirono in direzioni differenti.

"Devo fare in modo che Croco-chan perda contro di me, così dovrà mettersi quel bel completino che gli ho preso con l'aiuto di Vergo. Fufufufu ~ " sussurrò Doflamingo mentre saliva le scale.

Sfortunatamente per i due ospiti, anche il ragazzo con la fetta di pane sulla guancia era pratico della casa e non ci mise molto a trovare Crocodile - che si era nascosto dietro una poltrona nel salotto del primo piano - e Doflamingo - che si era ficcato sotto un letto.
Per trovare Mihawk impiegò più tempo ma alla fine lo vide nella stanza delle armi che fissava una spada con aria assorta.
Il secondo estratto fu proprio quest' ultimo.
L' unica cosa che nessuno aveva previsto era che il Falchetto si addormentasse durante la conta. I tre andarono a vedere cosa gli fosse succcesso dopo un quarto d'ora che non sentivano più nulla e lo trovarono in piedi contro il muro con gli occhi aperti nel mondo dei sogni. 
Lo svegliarono recitando ogni possibile dolce (sembrava che stessero evocando un demone) ma funzionò. Mihawk riprese a contare e i tre andarono a nascondersi.

Vergo camminava in un corridoio del primo piano, nell' ala opposta a quella in cui il nemico stava contando. Si scelse un posticino dietro ad una enorme pianta in un salottino, sicuro che lì nessuno lo avrebbe trovato.

Doflamingo si trovava al secondo piano e anche lui cercava un posto adatto per far perdere le sue tracce. Diede un' occhiata all' armadio davanti a lui; in legno non molto spazioso, era il luogo ideale. Lo aprì e tolse le scope che si trovavano al suo interno, poi si infilò al loro posto e chiuse l'anta.

Crocodile stava all' erta ascoltando ogni minimo rumore proveniente dalle scale che aveva appena salito; al momento si trovava al secondo piano dato che nel primo non aveva trovato un nascondiglio decente.
Camminò per un po' vagliando ogni possibilità, fino a trovarsi in un corridoio. Camminò ancora pensando che forse Mihawk avrebbe giranto a vuoto dall' altra parte. 
Stava pensando se fosse il caso tendergli una trappola con qualcosa quando una mano lo afferrò per la spalla e lo trascinò dentro un armadio.

"Sssh" sussurrò una voce alle sue spalle mentre la mano ora gli stava tappando la bocca.
Ora, chi poteva essere così idiota da nascondersi in un armadio?

Non dovette neanche impegnarsi per arrivare alla risposta dato che gli comparve un nome a lettere cubitali nella sua mente.

"Doflamingo che diavolo fai?" sussurrò il moro rimuovendo la mano dell'altro e girando leggermente la testa mentre gli occhi si abituavano all' oscurità.

Il biondo rise a bassa voce; Crocodile poteva sentire il suo respiro caldo sul collo, proprio dietro l' orecchio.
"Ti sto aiutando a trovare un nascondiglio sicuro"

"A me sembra che tu stia aiutando solo te stesso"

Dei passi li fecero immobilizzare; solo quando non sentirono più nessun rumore si rilassarono.

"Ti ho appena salvato il culo stronzo, un grazie non guasterebbe" rispose in un sussurro dal quale il moro potè capire quanto si stava divertendo.

"Io non ti ho chiesto nient- che diavolo fai?" ringhiò mentre una mano gli teneva fermo il mento costringendolo a guardare davanti a sè e l' altra lo avvolgeva bloccandogli i movimenti e schiacciandolo di più contro l' altro corpo.

"Ssshh, non vorrai farci scoprire"
Non poteva farcela, non con quel bastardo che invadeva il suo spazio personale; i capelli neri e lisci gli solleticavano il naso e il suo corpo aderiva fin troppo bene al proprio.
Inclinò il collo fino ad avere a portata di labbra quella porzione di collo dietro l' orecchio, che iniziò a mordicchiare e baciare lentamente.

Crocodile sobbalzò non aspettandosi un contatto del genere; poteva tirargli un pugno ma sapeva bene - come lo sapeva Doflamingo - che chi era lì fuori si stava aggirando ancora nelle loro vicinanze e non volendo perdere gli toccava stare in silenzio, riducendosi ad emettere dei bassi ringhi di disapprovazione.
E Doflamingo era proprio sull' orgoglio di Crocodile che faceva affidamento; anche un cieco avrebbe visto quanto fosse orgoglioso e quindi perdere sarebbe stato uno smacco. Questo voleva dire che per il momento il coccodrillo era inoffensivo e totalmente nelle sue mani.

Il moro imprecò a denti stretti e si dimenò leggermente; stava valutando se buttare fuori quell' imbecille era una scelta appropriata quando il suddetto cervello di gallina affetto da aviaria morse un punto sul suo collo particolarmente sensibile e lui non riuscì a trattenere un piccolissimo gemito che mascherò subito con un grugnito.
Sperare che l' altro non lo avesse sentito era pura utopia.

Doflamingo si immobilizzò immediatamente e il suo ghignò diventò qualcosa di enorme.
"Ah~ quindi è questo il punto!" commentò vittorioso ricominciando a torturarlo.

Crocodile sollevò una gamba pronto a tirargli un calcio quando successe qualcosa che nessuno dei due aveva previsto.


























 

---

Mi scuso per l'aggiornamento a singhiozzo, ma prometto che proverò ad essere più veloce :(
Siamo arrivati alla fine di un altro capitolo con una mega gara a nascondino. 
Nella prima parte si mostra finalmente l' uomo che disturba il sonno del fenicottero, che si rivela essere un boss mafioso concorrente alla famiglia Donquixote.
Grazie all' intervento di Crocodile e Mihawk le cose sembrano essere tornate a posto. Per il momento.
E il coccodrillo sembra cominciare a capire di non essere del tutto indifferente al fenicottero ed era ora.
Ma! Cosa succederà che nessuno dei due ragazzi aveva previsto?

Lo vedrete.

A presto ☆

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Capitolo 24
*** Il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è in piena vista ***


24) " Il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è in piena vista.















 

Crocodile sollevò una gamba pronto a tirargli un calcio, quando successe qualcosa che nessuno dei due aveva previsto.
 

". . . eEEEETCIÙÙ!" 
 

Doflamingo starnutì senza riuscire a trattenersi, tutto per colpa di quei maledettissimi capelli neri che gli avevano solleticato il naso.
Sfortunatamente lo starnuto era stato un bel po' forte e non aspettandosi una cosa del genere Crocodile era capitolato in avanti, appoggiandosi alle ante socchiuse che non ressero il suo peso, quindi si ritrovò per terra tirandosi dietro anche il biondo, che gli si spalmò sopra.

Si stavano ancora lamentando per la caduta quando una voce li colse alla sprovvista.

"Tana per voi" disse Mihawk abbassandosi e mettendosi a chinino, dando un buffetto sulla fronte di Crocodile e uno scappellotto sulla nuca di Doflamingo; il primo sbuffò passandosi una mano tra i capelli e il secondo rotolò di lato mettendosi a pancia in su.

"Mancavate solo voi" commentò Vergo arrivando dal corridoio.

"Come ha fatto a trovarti?" domandò curioso il biondo al nuovo arrivato.

"È alquanto imbarazzante dirlo, ma è inciampato ed è caduto sopra la pianta dietro la quale mi ero nascosto" rispose grattandosi la nuca.

"E poi sono andato a caso, sono passato qui davanti e non c'era nessuno, ma poco dopo ho sentito uno starnuto" concluse Mihawk guardo l' armadio.
"Ma eravate entrambi... no, non voglio saperlo. Tocca a uno di voi due"

Crocodile si alzò in piedi scocciato mentre una vena pulsava pericolosamente sulla sua fronte; la causa del suo malumore si pulì i pantaloni un po' impolverati e si girò a fissare gli altri.

"Bhe, dato che manchiamo solo noi ti lascio volentieri andare per primo" commentò rivolgendosi al coccodrillo, il quale assottigliò lo sguardo.
Non sprecò neanche tempo a chiedergli il motivo dato che l'altro concluse con un "io ti sto dietro, come sempre~" che gli fece alzare gli occhi al cielo.

Crocodile si mise in posizione e cominciò a contare; se pensavano veramente che avrebbe perso si sbagliavano di grosso. Sarà anche stata una pagliacciata ma ormai era una questione di principio.

I tre sfidanti corsero via e si sparpagliarono.
Il moro finì di contare e si passò stancamente una mano tra i capelli.
Volevano giocare? Ottimo. Avrebbe fatto in modo che nessuno di loro ne uscisse vincitore.

Dopo qualche minuto si mosse con un ghigno sul volto e un piano in mente ben  preciso.
Trovare Mihawk fu facile; bastò andare nelle cucine, prelevare una fetta di torta, posizionarla sulle scale e attendere che il dolce profumo fungesse da esca al povero falco.
E così accadde.

"Tana per te" gli disse passandogli una mano sui capelli e oltrepassandolo, lasciando che si gustasse il suo dolce seduto su un gradino.

Ora toccava al cagnolino del rompipalle. Probabilmente era quello più difficile da trovare dato che non lo conosceva bene e non sapeva che posti preferisse o come farlo uscire allo scoperto.
Poi però gli venne un'idea.
Si nascose dietro un angolo al primo piano e cominciò a parlare.

"È ovvio che quel menomato non potrà mai battermi, io sono molto meglio di lui. Non capisco proprio come faccia a mostrare la sua brutta faccia in giro ogni giorno, quegli occhiali sono ridicoli e la sua camminata sgraziata lo rende decisamente divertente. E pensare che qualcuno lo reputa intelligente, ma per favore, scommetto che è scappato con la coda tra le gambe per non farsi trovare dal sottoscritto e-"

"Rimangiati quello che hai detto sul Signorino"

Crocodile si girò verso il corridoio sorridendo.
"Tana per te"

Vergo aprì la bocca per dire qualcosa ma capì di essere caduto in una trappola fin troppo stupida e non riuscì a dire niente.

"Niente di personale, sapevo che non avresti resistito a difendere il tuo amichetto"

Il ragazzo lo guardò curioso.
"Come facevi a sapere che ero qui?"

"Non lo sapevo, era una possibilità."

"E se avessi trovato il Signorino?"

Crocodile si allontanò salendo le scale.
"Non correvo nessun rischio dato che so esattamente dove si è nascosto quella testa bacata"

Il moro arrivò al secondo piano e sospirò; alla fine era stato piuttosto semplice, ora ne rimaneva solo uno.
E per sua sfortuna lo conosceva abbastasta.

Camminò fino ad una porta con attaccato un fenicottero rosa; abbassò la maniglia ed entrò.
La camera era in penombra, si distinguevano i mobili ma non c'era nessuno.
Fece un passo all'interno finchè una mano non lo strattonò facendolo finire sopra il letto orribilmente rosa.

"Fufufu~ Croco-chan come facevi a sapere dov'ero?"

Il moro sollevò gli occhi al cielo per la milionesima volta e si girò trovandosi il volto di Doflamingo troppo vicino.
Il fatto di essere sdraiato con i gomiti piantati sul materasso non aiutava.

"Perchè sei prevedibile" commentò godendosi la smorfia fintamente offesa dell'altro.
"Non avevi detto che mi avresti fatto provare questo letto? Dato che pensi con le parti basse era più che logico che saresti venuto qui e avresti aspettato che entrassi da quella porta per soddisfare le tue più sfrenate fantasie"

"Per risponderti" sussurrò divertito il biondo a pochi centimentri dalla sua bocca "penso con le parti basse solo quando ci sei tu nelle vicinanze. E comunque non sapevo fossi così interessante ai tuoi occhi, pensavo che la maggior parte del tempo non mi ascoltassi"

"Non montarti la testa, io ascolto e ricordo, non si sa mai cosa potresti dire, magari potrei pure ricattarti"

"Ne dubito. Ma dato che sapevi cosa ti sarebbe successo se fossi venuto qui deduco che tu non abbia obiezioni a riguardo" concluse sbrigativo Doflamingo infilando una mano sotto la camicia del moro.

Crocodile sorrise e si avvicinò ulteriormente alle labbra dell'altro.
"Vedi" disse prendendolo per il colletto della maglietta "con me non dovresti abbassare la guardia in questo modo".
Prese con entrambe le mani il colletto e posizionò i piedi sulla pancia del biondo, poi spinse all'indietro e lo fece ribaltare alle sue spalle, mandandolo a gambe all'aria sul suo stesso letto.
"Tocca a te contare. Ah, tana per te" concluse uscendo dalla camera.

Doflamingo portò le mani sotto la testa e sorrise.
"Quanto ti odio"



 

Crocodile scese le scale e raggiunse gli altri due al piano terra; data la faccia soddisfatta, Mihawk aveva gradito la torta.
"Manca solo Doflamingo" disse quando lo vide arrivare. "Lo hai trovato?"

"Certo, ora tocca a lui stare sotto" rispose sorridendo mentre il biondo in questione scendeva le scale e si avvicinava.

'Allora non era un bleuff, sapeva sul serio dove trovare il Signorino' pensò Vergo guardandolo.

"Sì, l'unico momento in cui io potrei mai finire sotto" commentò Doflamingo affiancandolo.

Crocodile non gli rispose ma non gli sfuggì il mezzo ghigno sul suo volto.

Proprio mentre stavano per dare il via all'ultimo round, una voce li interruppe.

"Scusate"
Minako apparve con la solita espressione indifferente.
"Non volevo disturbarvi, ma pensavo voleste sapere che Vostro Padre è appena tornato"

Doflamingo sbuffò mentre Crocodile e Mihawk si scambiavano un'occhiata. Vergo rimase impassibile ma la cosa preoccupava pure lui.

"Non doveva tornare oggi" sussurò il biondo rivolto alla cameriera.

"Non so molto, prego vi accompagno da lui" disse Minako voltandosi e camminando.

Il gruppo di ragazzi non parlò in quel tragitto, ognuno preso dai propri pensieri.

Dopo poco sentirono una voce profonda e alterata che capirono appartenere al capo famiglia.
"Com'è potuto accadere che quel pezzo di merda entrasse in casa mia senza che nessuno lo fermasse? Voglio delle spiegazioni! Qui qualcuno- oh, figliolo"
L'uomo si interruppe quando vide Doflamingo.
"Padre"

Crocodile e Mihawk si ritrovarono a fissare un uomo abbastanza alto, con capelli biondi e un buffo ciuffo; su un occhio portava un monocolo ed era vestito con giacca e cravatta. Sarebbe stato quasi perfetto se non fosse stato per le scarpe viola e bianche e i calzini arancioni.

'Decisamente un Donquixote' pensarono entrambi.

"Come mai siete tornato prima?"
"Ho concluso l'affare in poco tempo"

Vergo si era allontanato ed era andato di fianco ad un uomo che sembrava la sua versione più adulta; doveva trattarsi di suo padre, il braccio destro del boss.

"Comunque mi fa piacere fare finalmente  la vostra conoscenza" commentò sorridendo "io sono Homing Donquixote" disse allungando la mano.

"Drakul Mihawk" rispose il falchetto stringendo la mano davanti a sè.

L'altro moro pensò che quel sorriso era così falso che anche un bambino lo avrebbe capito.
"Crocodile"

Strinse la mano con forza senza rimuovere i suoi occhi da quelli verdi smeraldo dell'uomo.
 

'Occhi neri come la pece, sguardo deciso ed espressione annoiata. Deve essere per forza lui'
 

"Ora si è fatto tardi, parleremo domattina" concluse Homing lasciando la mano del coccodrillo e girandosi dando loro le spalle.

"Certo" rispose Doflamingo uscendo dalla stanza, seguito subito dagli altri tre ragazzi.
Minako fu l'ultima ad uscire e chiuse le porte del salone.

"A domani" disse brevemente la cameriera allontanandosi senza dare modo a Crocodile di parlarle.
Fortunatamente al momento il ragazzo aveva altro a cui pensare.

"Ora sappiamo da chi hai preso il tuo orrido gusto nell'accostare colori" commentò Mihawk mentre salivano le scale e il biondo gli rispose con uno sbuffo divertito.

Salutarono Vergo e camminarono fino alla loro camera.

"Direi che domani sarà una lunga giornata" sussurrò Dofamingo mentre si sdraiava.

Gli altri due non potero che essere d'accordo con lui.



 

▪▪▪


 

Crocodile si svegliò per primo; aveva dormito le sue 5 ore e dati i pensieri che gli frullavano nella mente era molto se era riuscito a chiudere occhio.
Si guardò intorno e mosse il collo; ormai non si stupiva più di trovare i due compagni di stanza attaccati a lui e sopra il suo letto.
Senza far rumore si alzò e andò in bagno a cambiarsi; dopo qualche minuto, con indosso una camicia blu e dei jeans chiari, scendeva le scale diretto al salone.
Non sapeva cosa aspettarsi dal padrone di casa, ma lui aveva bisogno di un caffè.
Si legò i capelli neri in un basso codino e girò l'angolo ritrovandosi davanti alla porta. Nella stanza non c'era nessuno a parte un maggiordomo che puliva i mobili.

Si sedette a quello che aveva battezzato il suo posto e si rilassò sulla sedia imbottita; per fortuna non aveva fame e la casa era immersa nel silenzio.

Dopo quelle che sembrarono ore, un rumore a lui famigliare lo fece riscuotere dallo stato di trance.
Aprì gli occhi e si trovò davanti Minako, la quale aveva appena appoggiato davanti a lui una tazzina di caffè fumante e una zuccheriera in porcellana dai ricami floreali.

Aprì la bocca per chiedere finalmente spiegazioni alla donna quando la porta del salone si aprì e Homing fece la sua entrata nella stanza.
Minako gli rivolse uno strano sguardo che non seppe decifrare, sembrava preoccupazione, poi si allontanò.

"Oh buongiorno! Crocodile, vero? Sei mattiniero" esclamò allegro Donquixote senior sedendosi un po' lontano da lui.

Il ragazzo annuì e girò lo zucchero nel caffè.

Non era affatto intimidito da quell'uomo ma la sensazione di essere squadrato da capo a piedi non era molto bella. E in quel momento gli sembrava di essere sotto i raggi X.
Quel tipo avrebbe potuto collegarlo alla macchina della verità per sapere cose su di lui senza il minimo rimorso.

"Ecco a lei Donquixote-sama" disse una cameriera dai tratti orientali servendo la colazione all'uomo che le sorrise di rimando senza però distogliere lo sguardo da lui.

Finito di bere il caffè, Crocodile alzò lo sguardo leggermente irritato e lo puntò in quello di Homing.
"Se deve chiedermi qualcosa lo faccia, non mi piace essere fissato in quel modo" 
Il boss mafioso ampliò il suo ghigno e dimostrò come il famoso detto corrispondesse a verità.

'Che caratterino, ora capisco perchè ha catturato l'attenzione di mio figlio' pensò addentando un pezzo di fetta biscottata.

"Mi farebbe piacere sapere come vi siete conosciuti voi tre. Sai, mio figlio non mi racconta molto della sua vita privata, e se lo fa si perde in dettagli di natura... come posso dire..."

"Carnale" finì per lui il ragazzo.

"Esattamente" commentò sorridendo.

"Non c'è molto da raccontare, ci siamo incontrati all'asilo" disse sbrigativo Crocodile incrociando le braccia al petto.

Quel gesto non sfuggí al mafioso che aveva imparato da tempo a leggere il linguaggio del corpo; si incrociano le braccia come difesa verso un'altra persona, segno quindi che il moccioso si sentiva minacciato.

"Capisco"

Crocodile capì che l'unico modo per far finire quella tortura era mettere in chiaro le cose, e dato che era sempre stato diretto non vedeva alcun problema nel dire le cose come stavano.

"Se vuole sapere se ci siamo avvicinati a lui con l'intento di derubarlo o sfruttarlo per non so quale fine è sulla strada sbagliata. Se pensa che siamo minacce per suo figlio invece ha ragione, oggi pomeriggio ho provato ad affogarlo nel fiume ma con scarsi risultati" concluse non abbassando lo sguardo. 
Non si sarebbe mai permesso di parlare in quel modo a qualcuno che non conosceva, in special modo ad un boss mafioso, ma la persona che aveva di fronte gli sembrava troppo Doflamingo e quindi l'unico modo era rispondergli a tono.

Il boss mafioso rimase qualche secondo immobile poi scoppiò in una fragorosa risata.
"Interessante"
Era la prima volta che si sbagliava ad analizzare il comportamento di qualcuno.
Aveva incrociato le braccia non per difesa, ma come atto di superiorità. 

In quel momento la porta si spalancò e Donquixote junior entrò in fretta nel salone.
Sapeva che Crocodile era mattiniero e sapeva anche che suo padre non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione di psicanalizzare lui e Mihawk.
Gli vennero i brividi quando, scese le scale, sentì suo padre ridere. Ridere di gusto.

Velocemente si sedette di fronte al moro rivolgendosi al padre.
"Salve padre"

"Doflamingo. Ho delle questioni da concludere, ci vediamo più tardi" commentò alzandosi e lasciando il fazzoletto affianco al piatto.
"È stato un piacere chiacchierare con te ragazzo"

Una volta uscito dal salone il biondo cominciò a fissare insistentemente Crocodile.
"Dio anche tu! Cosa vuoi?"

"Cosa ti ha chiesto? Non ti ha minacciato? Ti ha fatto qualcosa?"

"Ti calmi? Mi ha solo chiesto come ci siamo conosciuti, tutto qui."

L'altro sembrò rilassarsi un po' e si mise più comodo sulla sedia.
"Ok. Ma sai, era da tanto che non lo sentivo ridere, cosa gli hai detto?"

Crocodile lo guardò sorridendo sinistramente.
"Che non ci siamo avvicianti a te per spillarti dei soldi o per qualche altro motivo, ma che non garantiamo la tua incolumità fisica"

Doflamingo ghignò divertito; decisamente una risposta da Croco-chan, schietta e decisa.

Non disse altro e cominciò a mangiare un panino con la Nutella.











 

*ufficio privato di Donquixote Homing*

L'uomo si sedette davanti al pc e sollevò la cornetta.
"Sì sono io. Potete mandarmi i video della sorveglianza? Grazie" concluse riattaccando.
Poco dopo sul suo pc arrivarono i video delle ultime 24 ore di tutta la casa.
La prudenza non era mai troppa, per quello tempo prima aveva fatto installare telecamere in ogni stanza.
Visionò parecchi video fino a quando non comparvero suo figlio e Yukimura.





 

"Vedo che ti mantieni in forma, come va con la scuola?"

"Tutto bene, grazie per l'interessamento"

"Su, su,  non essere così freddo con me, ormai ci conosciamo da tanto tempo, da quando la tua povera madre ci ha lasciato. Quanto era bella, tuo padre è stato molto fortunato, aveva un bel corpo e una grande personalità, ma ciò che più mi piaceva di lei era il suo sguardo. Aveva degli occhi davvero particolari, sai, mi ricorda molto il tuo adorabile fratellino... povero, lui è quello che ha sofferto di più, se mi concentro riesco ancora a sentire le sue urla di dolore davanti al corpo senza vita di vostra madre..."

 


 

"Figlio di puttana" sibilò guardando lo schermo.



 

"Non ti azzardare a nominare mia madre e mio fratello "

"Stavo solo rivangando il passato, non arrabbiarti. A proposito, da quanto porti questi occhiali? E dire che hai gli occhi uguali a tua madre, non dovresti coprirli.
O forse lo fai per poter parlare con tuo padre e con i tuoi amici? Ahaha ma quali amici, tutte le persone a cui tieni finiscono male"





 

Homing strinse i pugni, ma si rilassò quando vide il ragazzo moro che stringeva saldamente il polso di Yukimura.




 

"...Croco-chan"

"Mi dispiace Signor Yukimura, ma è proprio ora che lei se ne vada"

"Brutto ragazzino impertinente, chi diavolo sei? E come ti permetti di parlarmi in questo modo irrispettoso?"

"E dire che mi sono anche trattenuto e non le ho detto dove deve andare"

"Maledetto-"




 

Quel ragazzo gli piaceva sempre di più, aveva un atteggiamento strafottente e deciso.
Quando le due guardie fecero un capitombolo rise. Gli sembrava una scena presa da Paperissima.






 

"Questo tappeto non si abbinava al resto dei mobili, andava rimosso"

"Ragazzini, voi non sapete contro chi vi siete messi"

"Contro una persona che non ha il minimo gusto nel vestirsi"

"E che ha un polso rotto e una voce sgradevole"





 

"Non ha mai avuto gusto in niente" commentò annuendo in risposta ai ragazzi, come se potesserlo realmente sentirlo.



 

"Le visite a quest'ora non sono per niente gradite, la pregherei di andarsene, fategli vedere dov'è l'uscita"




 

Quando Yukimura fu scortato fuori dalla stanza sorrise e quando vide il ragazzo dagli occhi dorati che diceva che cercava il bagno e che si era perso stava per chiudere il video, credendo di aver visto tutto, ma si fermò.




 

"Ti muovi o devo prendere per mano anche te?"

"Mi sa che ti toccherà prendermi per mano perchè anche io potrei perdermi"

"In casa tua."

"Sarà che ultimamente ho una costante fonte di distrazione nelle mie vicinanze e sono parecchio distratto..."

"Ma non mi dire..."

"Uno ti dà la mano e tu ti prendi il braccio."

"In realtà quello che voglio prendermi è un'altra parte del tuo corpo, anzi, diverse, probabilmente tutte, sai, non faccio differenze, poi potrebbe sembrare che io sia razzista~"

"Ma ti ascolti quando parli?"

"Dio sì, ho una voce meravigliosa, adoro ascoltarmi"




 

L'uomo osservò la scena ma si concentrò soprattutto su suo figlio; non aveva mai visto un'espressione così felice sul suo volto.
Chiuse il pc e si appoggiò allo schienale della sedia.

"Davvero interessante"























 



Angolo dell'Autrice:
Siamo alla fine del capitolo, come sempre mi scuso per l'aggiornamento in ritardo, ma mi sono rimessa a scrivere quindi saranno più regolari (impegni permettendo)
Nascondino si conclude (ammettetelo che non vi aspettavate lo starnuto) ed entra in scena Donquixote senior.
A quanto pare gli piacciono le persone che gli tengono testa, proprio come al figlio, ma non riesce ad abbinare i colori. Deve essere una caratteristica di famiglia, saranno tutti daltonici.
Dopo aver visionato i video chissà cosa vorrà fare.
Lo vedremo presto.

( La citazione del titolo è di Edgard Allan Poe, 'La lettera rubata' )

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Capitolo 25
*** Se le formiche si mettono d'accordo, possono spostare un elefante. Se due volatili uniscono le forze, riescono a far ridere un coccodrillo. ***


25) " Se le formiche si mettono d'accordo, possono spostare un elefante. Se due volatili uniscono le forze, riescono a far ridere un coccodrillo. "


















 

Mihawk si alzò a mattina inoltrata; ormai era abituato a svegliarsi senza nessuno nei paraggi, così se la prese comoda.
Dopo una quaratina di minuti lasciò la stanza sbadigliando.
Esattamente come aveva pensato, trovò Doflamingo che correva lungo i corridoi al piano terra, inseguito da un Crocodile per nulla contento.

Tutto nella norma.

Fece colazione con calma ed uscì in giardino; era una bella giornata di sole e sarebbe stato un peccato restare in casa.
La stessa idea la ebbero gli altri tre ragazzi che scorrazzavano in quella reggia.

 

Lui passò la giornata a girovagare nei giardini, scoprendo che il cane dei Donquixote era molto simpatico e che sotto gli alberi si dormiva benissimo.

Vergo rimase nelle vicinanze della casa, alternando studio a ordini e portandosi dietro un sacchetto di patatine.

Crocodile invece si sedette su una sedia bianca di metallo, proprio come il tavolino rotondo davanti a lui su cui gli venne servito il the alla Rosa Canina che tanto gli piaceva e lo rilassava, mentre leggeva 'Il Segno dei Quattro' di Sir Arthur Conan Doyle.

Poco distante, sotto due alberi, esattamente su un'amaca, Doflamingo si riposò ascoltando musica e usando il pc. Aveva scelto quel posto per avere una visuale su tutta la casa e soprattutto sulla sua distrazione preferita.
Quando la riproduzione casuale del cellulare gli fece capire che non avrebbe passato il pomeriggio in pace facendo partire 'I hate you' di Simon Curtis, 'I want your bite' di Chris Crocker e 'S E X' dei Nickleback, passò il resto del tempo a fantasticare su cose vietate ai minori e che avrebbero inorridito anche alcuni adulti.

Crocodile aveva uno sguardo concentrato mentre leggeva, a volte si mordeva distrattamente un labbro e accavallava le gambe. Adorava il modo in cui girava le pagine, in special modo quando si leccava l'indice per aiutarsi.


S is for the simple need
E is for the ecstasy , 
X is just to mark the spot 'cause that's the one you really want

Yes, SEX is always the answer
Is never a question
'Cause the answer's yes
'Cause the answer's yes


Canticchiò mentre la canzone proseguiva, così come il pomeriggio.





 

Alla fine della giornata erano tutti più rilassati essendosi dedicati ad occupazioni più traquille.
Stare lontani da Doflamingo era un vero toccasana per i suoi nervi, e Crocodile rimpianse che quel giorno fosse già agli sgoccioli.
Quando vide Mihawk tornare si stupì che non si fosse perso nei giardini, poi notò il cane davanti e capì che lo aveva semplicemente seguito e sorrise.
Era strano che per tutto il giorno non avesse subito attacchi da parte del biondo, concentrato com'era sulla lettura si era scordato di lui.
Si girò trovandoselo davanti sorridente.
Stava per dirgli qualcosa quando l'altro lo anticipò.
"Scusa ma oggi mi faccio io la doccia per primo" disse allontanandosi velocemente.

"Ma è ancora presto per farsi la doccia. Ah, chi lo capisce quello lì" sibilò mettendosi il libro sottobraccio.

"Che bel pisolino" commentò Mihawk affiancandolo. "Dovrei farlo più spesso. Crocodile?" Si interruppe girandosi. "Che stai facendo su quell'albero"

Il moro da parte sua, si schiarì la voce dandosi un contegno.
"Osservo il panorama. Ora riporta quel sacco di pulci dove l'hai trovato"

Mihawk alzò un sopracciglio ma fece quello che gli aveva detto l'altro; si girò verso il cane e gli disse di tornare dal suo padrone, l'animale abbaiò e scomparve trotterellando felice.

"Osservavi il panorama" disse entrando in casa.

"Già"

"Tranquillo" gli sussurò Occhi di Falco appoggiandogli una mano sulla spalla. "Non dirò a nessuno che hai paura dei cani"
Poi si allontanò lungo un corridoio.

Crocodile sgranò gli occhi e arrossì di botto ringhiando parole sconnesse per poi spalmarsi la mano destra sulla faccia e urlare:
"Mihawk di là vai alle cucine! Devi salire le scale!"






 

-




 

Crocodile entrò in camera non trovando nessuno ma sentendo il rumore dell'acqua capì che il cervello di gallina era ancora sotto la doccia.
Mihawk fece la sua comparsa dopo qualche minuto con un pacchetto di patatine; evidentemente aveva incontrato qualche cameriera gentile che gli aveva dato qualcosa da sgranocchiare (oppure lo aveva semplicemente rubato a Vergo).
Appoggiato il sacchetto sul comodino, fece per sedersi sul letto ma venne fermato dalla voce dell'altro moro.

"Non vorrai sederti sul letto con i vestiti con cui sei stato fuori tutto il giorno spero."

"Sì"

"Non credo. Prima fai la doccia e poi cambiati i vestiti. Sporchi il letto."

"Sembri mia madre" commentò sbuffando Mihawk togliendosi la maglia e gettandola a terra.

Crocodile lo imitò, ma prima di appoggiarli sul pavimento, piegò tutti i vestiti.

In quel momento Doflamingo uscì dal bagno con dei boxer e un asciugamano appoggiato sulle spalle, mentre una nuvola di vapore lo seguiva.
"Ci voleva proprio~"

Crocodile si alzò con boxer e pantaloni puliti sottobraccio e lo oltrepassò, chiudendosi la porta alle spalle.

"Falchetto, ti sei divertito con Spino oggi?" domandò il biondo sdraiandosi sul letto mentre il moro sgranocchiava le patatine e annuiva in risposta.

"A quanto pare non sono l'unico ad aver passato un pomeriggio piacevole~" commentò mangiando una patatina che l'altro gli aveva concesso e che ora lo fissava in modo interrogativo.

Dopo qualche minuto si aprì la porta del bagno e fu il suo turno di farsi una bella doccia rilassante. Probabilmente quel giorno non avrebbero rischiato di distruggere la camera.

Crocodile si asciugò i capelli e appoggiò l'asciugamano su un mobile.
Preferì non chiedere a Doflamingo perchè stesse canticchiando 'Gimme more' dei Bodybangers e guardò i messaggi ricevuti.
Sapeva che canzone fosse perchè nel locale di Ivankov si sentivano solo cose del genere.
Un messaggio strano di sua madre lo distolse da quei pensieri.
"Scusa devo uscire un attimo" disse atono il moro infilandosi velocemente una maglietta e sparendo chiudendosi la porta alle spalle.
Doflamingo lo fissò preoccupato.

Una volta raggiunto il giardino, dove c'erano alberi e piante, compose il numero.
"Mamma, avevi bisogno?"

La voce di sua madre si fece attendere un po'.
"Sì, scusa, in questo periodo io e tuo padre siamo occupati. Allora dimmi, come vanno le tue vacanze?"

Il ragazzo rispose che andava tutto bene, che mangiava tanto e che si divertiva. Insomma, ogni cosa che una madre vuole sentirsi dire.

"Ottimo! Mi fa proprio piacere!"

"Cosa sai di una donna che si chiama Minako?"

Dall'altra parte del telefono si udì un sospiro di sorpresa e un silenzio di tomba.
"Crocodile. Come fai a conoscerla?"

"È la cameriera a casa di un mio amico"

"L'amico da cui sei andato a trascorrere due settimane non sarà il figlio di Homing Donquixote?"

Non rispose e dopo qualche secondo dovette allontanare l'apparecchio elettronico dall'orecchio per non diventare sordo.

"Ti ha dato di volta il cervello?! Sei impazzito!" Esclamò la donna. "Ok, ora ascoltami, comportati bene e non dare nell'occhio, ora non posso parlare ma quando torneremo ti spiegherò meglio. Stai attento e non parlare a Minako"

Detto questo riattaccò lasciandolo stordito e più confuso di prima.
Da quando, giorni prima, la cameriera gli aveva rivelato il nome della madre si era fatto un'idea sul perchè quelle due si conoscessero, e ora ne aveva avuto quasi la conferma.

Rientrò in camera e si buttò sul letto in mezzo ai due ragazzi che stavano parlando.
"Tutto bene?" gli chiese Doflamingo.

 

Non era possibile che sua madre stesse indagando sulla famiglia Donquixote e che suo padre la stesse aiutando.


"Benissimo"

 

Sakyū era una donna decisa e testarda, quando si metteva in testa una cosa non c'era modo di farle cambiare idea, neanche suo padre ne era capace e il più delle volte si faceva trascinare dal suo entusiasmo e la aiutava.
Preferì credere che lei e Minako si conoscessero per altri motivi.
Forse aveva ragione Mihawk, si preoccupava troppo.


 

"A quanto pare stasera c'è una sorta di cena di non so bene cosa e mio padre ci va. Questo vuol dire che avremo casa libera. Dopo mangiato vi porto in una delle residenze qui affianco, ancora non le avete viste ma sono sicuro che vi piaceranno" disse entusiasta Doflamingo incrociando le gambe.

"Se sono come questa casa dubito che sarà il contrario" aggiunse Mihawk.

Entrambi si girarono a guardare Crocodile che stranamente se ne stava in silenzio a giocherellare con una ciocca di capelli neri.

Il ragazzo dagli occhi dorati guardò il biondo in cerca di spiegazioni, ma l'altro alzò le spalle, segno che ne sapeva quanto lui.
"Croco-chan?"

Il moro si riscosse. Non era il caso di lasciarsi influenzare da teorie senza avere la minima prova a sostegno della sua tesi; era meglio mettere da parte la cosa, almeno per il momento.
"Sì?"

"Hai sentito quello che ho detto prima?"

"Padre fuori, casa libera, residenze. Sì, ho sentito. Vedremo con cosa ci stupirai questa volta" rispose tirandogli un cuscino in faccia.

"Quello era il mio" sibilò Mihawk assottigliando lo sguardo e saltandogli addosso, bloccandolo sul materasso.

Doflamingo porse il cuscino all'altro.
"Ora che ci penso non sappiamo se soffre il solletico"

"È vero"

"Non lo soffro" sibilò con quel poco fiato che aveva a causa del peso che gli gravava sulla schiena.

"Adesso vediamo" ghignò il biondo muovendo le dita come se se le stesse sgranchendo e iniziando a fargli il solletico ovunque.

Crocodile cercò in ogni modo di levarsi di dosso Mihawk ma quello non ne voleva proprio sapere di lasciarlo, anzi, imitò l'altro idiota.

"Io vi... uccid... o..." disse tra un mugugno e un altro mentre si tappava la bocca 
contro il materasso.

Non doveva ridere.
Non doveva ridere.
Non. Doveva. Ridere.

Uno sbuffo divertito li fece quasi fermare, ma ciò che li lasciò a bocca aperta fu quando Crocodile scoppiò a ridere, una risata cristallina, di quelle sincere che fanno di solito i bambini.

Doflamingo rimase imbambolato e Mihawk sgranò gli occhi. Entrambi si guardarono e scapparono dalla stanza quando intercettarono lo sguardo omicida del moro.

"È inutile correre" sibilò riprendendo fiato e alzandosi in piedi, mentre un'aura nera circondava il suo corpo.

"Potete nascondervi ma non potete sfuggirmi" urlò prima di inseguirli tra le stanze e i corridoi.




 

Tutti e tre impararono una lezione quel giorno.
Mihawk imparò che Crocodile poteva essere molto vendicativo quando tornò in camera e non trovò più la sua scorta di cioccolatini.
Doflamingo imparò che Crocodile aveva una risata meravigliosa, ma che era meglio non fargli più il solletico se non voleva rivedere il suo amato peluche impiccato con il carica batterie del suo pc.
Crocodile imparò che Doflamingo e Mihawk formavano una temibile e quanto mai improbabile squadra e che se mai si fossero alleati di nuovo avrebbe dovuto emigrare in Egitto.






 

Dopo essersi ridati un contegno - data la battaglia per i corridoi e le cuscinate in camera - scesero a cenare nel salone.
Il biondo indossava una camicia viola e dei jeans blu scuri, Crocodile una camicia verde scuro e jeans chiari, Mihawk invece una camicia bordeaux e pantaloni neri.
La cena fu servita da poche cameriere e fu consumata quasi in totale silenzio data la fame dei tre ragazzi.

"Bene, seguitemi" disse entusiasta Doflamingo uscendo dal portone di casa e dirigendosi verso uno dei due impianti.
Quelle due abitazioni erano molto vicine tra loro ma separate dalla residenza principale, essendo infatti situati nel retro, a un centinaio di metri da essa.

L'entrata era una porticina in metallo alta circa 2 metri sopra a tre scalini in pietra; il biondo abbassò la maniglia ed entrò seguito a ruota dagli altri due che avrebbero mentito se avessero detto che non avevano neanche un pochino di curiosità.

Appena dentro si veniva accolti da una stanza piuttosto spoglia per gli standard Donquixote: c'era un tappeto per terra che ricopriva la parte iniziale e un paio di mobili, uno alto e l'altro basso e lungo.
Un lampadario di cristallo con una piuma di pavone infilata tra le lampadine ricordava lo stile stravagante dei proprietari.

"Tenete" disse Doflamingo prendendo dal mobile più basso delle ciabatte e allungandole a loro "vi serviranno"

Dopo essersi tolti tutti le scarpe si incamminarno verso la porta davanti a a loro; stranamente questa volta il biondo fece andare avanti gli altri e il motivo fu subito chiaro.

Una volta aperta la porta ci si trovava davanti a una piscina gigante, in stile olimionica, collegata ad altre piccole piscine, una tonda con idromassaggio, una quadrata che finiva sotto delle colonne in marmo bianco e una con uno scivolo incorporato.

Si godette le espressioni di sorpresa sorridendo; quella stanza faceva sempre un certo effetto.

"Allora che ve ne pare?"

"Uau" commentò Mihawk sbattendo le palpebre; lo faceva sempre quuando era interessato a qualcosa.

"Penso dormirò qui" aggiunse Crocodile cominciando a camminare lungo la piscina.

"E non è finita qui, quest'impianto è collegato con un piccolo corridoio all'altro di fianco che è stato arredato con tutte le comodità possibili per viverci, cuscini, frigorifero, piccolo bagno... ma faccio prima a mostrarvelo"

E infatti il biondo aveva ragione; una volta sulerato il corridoio di una decina di metri di lunghezza  (arredato con quadri a dir poco inquietanti) , si entrava in una stanza enorme, con un divano al lato e vari cuscini per terra, una tv sul muro, un armadio enorme e un frigorifero in fondo. C'erano perfino il condizionatore e un camino!

Una piccola porta confermava anche il bagno annesso.

Mentre Mihawk si buttava sui cuscini, Crocodile aprì l'armadio e vi trovò all'interno vari vestiti e soprattutto costumi.
"È attrezzato" confermò richiudendolo sotto lo sguardo soddisfattodel padrone di casa, che nel frattempo aveva aperto il frigorifero e aveva tirato fuori diverse bottiglie d'alcool, appoggiandole tutte su un tavolino rotondo in legno al centro della stanza.

"Devo ancora testare la vostra capacità di reggere alcolici"

"A me non fanno impazzire i superalcolici" rispose Mihawk alzando lo sguardo.

"Neanche a me, io preferisco il vino" aggiunse Crocodile.

"Ah, e io che pensavo foste dei degni avversari, peccato"

"Cosa c'è in palio?"

"Mihawk non assecondarlo!"

"Se mi batti ti farò preparare una torta a grandezza naturale. Sarà grande quanto te e-"

"Andata"

Crocodile si spalmò la mano sulla faccia.

"Se non partecipa anche lui non se ne fa niente" disse Doflamingo indicando il moro che in quel momento pensava all'Egitto e alle piramidi.

"Lui partecipa" rispose Mihawk.

"Come prego?"

"Non vorrai mica che mi lasci sfuggire la tua piccola debolezza" disse con noncuranza lanciandogli uno sguardo di sfida.

"Brutto-" ringhiò assottigliando gli occhi riducendoli a due fessure cariche d'odio.

"Bene. Partecipo." sbuffò sedendosi di fianco agli altri due.
 

Ora ne aveva la certezza, non che ci fossero mai stati dubbi a riguardo.
Quei due alleati erano la cosa peggiore che potesse mai capitargli.

Doflamingo e Mihawk lo guardarono, il primo sorridendo e il secondo con un'aria angelica.

 

Chissà come mai aveva l'impressione che non ne sarebbe uscito indenne.











 




 


Angolo dell'Autrice:
Crocodile è ovvio che non ne uscirai indenne, il che è strano perchè in ogni mia storia sei sempre quello più sfigato. Non si direbbe proprio che è il mio personaggio preferito.
Mihawk ormai lo ricatta come hobby e Doflamingo si fa venire strane idee. Se non conoscete le canzoni che vengono citate, cercatele e leggetevi il testo, meritano.
La situazione con Minako e Sakyū si fa sempre più complicata...

Grazie per aver letto, a presto ☆

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Capitolo 26
*** Qualcuno ha detto che nel momento in cui ti soffermi a pensare se ami o meno una persona, hai già la risposta. ***


26) " Qualcuno ha detto che nel momento in cui ti soffermi a pensare se ami o meno una persona, hai già la risposta.

-Carlos Ruiz Zafón



















 

"Le regole sono semplici" iniziò il biondo posizionando davanti a loro tre bicchieri da shot "chi ne beve di più vince, chi si sente male oppure perde i sensi perde"

"Facile" concluse Mihawk guardando le bottiglie.

"Sappiate che in tutti questi anni non mi sono mai ubriacato e sono imbattuto"

Crocodile sollevò gli occhi al cielo.
"Allora vogliamo parlare tutta la notte o ci diamo una mossa?"

"Come siamo impazienti dolcezza~"

I tre ragazzi si lanciarono un'occhiata di sfida e la battaglia iniziò.

Uno, due, tre, quattro, dieci, sedici, arrivarono al diciannovesimo giro e Doflamingo dovette ammettere che stava iniziando a divertirsi.

Arrivati al venticinquesimo cominciò a sentirsi euforico, ma poi si accorse dello stato in cui versavano gli altri due.

Mihawk aveva l'indice sulla tempia e continuava a ripetere il suo numero di telefono ma incredibilmente sembrava padrone della situazione.
Crocodile invece... bhe lui non rideva affatto, anzi, aveva cominciato a girare per la stanza ripetendo di avere caldo.
Il biondo si distrasse un attimo per chiedere al falchetto se stava bene (ricevendo come risposta un biascicato "sì, ma non mi vengono in mente i nomi dei sette nani" ) e perse di vista il moro.
Quando se ne rese conto lasciò Mihawk con in mano un cuscino con cui dialogare e seguì l'altro avendo una mezza idea di dove si fosse cacciato.
Entrò nell'impianto affianco e trovò le ciabatte nere sul bordo della piscina, poi sentì il rumore dell'acqua e guardò nella direzione da cui proveniva il suono.
Crocodile riemerse passandosi una mano tra i capelli bagnati girandosi a guardarlo; aveva la camicia aperta e le goccioline gli scivolavano lungo il petto.
Doflamingo deglutì pesantemente a quella vista sentendo che il suo cervello stava elaborando possibili risvolti, e tutti quanti si concludevano nello stesso modo.

"Croco-chan esci da lì"

L'altro gli fece no con la testa e lo guardò con uno sguardo lascivo che lo lasciò senza parole.

"Sei ubriaco"

Il moro sorrise.
"Dovrai essere più convincente" disse con un tono strascicato.

Il biondo sbuffò e si avvicinò al bordo tendendogli una mano.
"Su"

L'altro sembrò soppesare l'offerta, ma essendo ubriaco si vedeva benissimo che stava fingendo, quindi quando gli afferrò la mano si sorprese.
Nel giro di pochi secondi però capì il perché ma era ormai tardi; si alzò in piedi rimettendosi a posto gli occhiali bagnati.
Quel cretino lo aveva tirato in acqua con lui e ora lo stava prendendo in giro in un modo neanche molto velato.

"Quanto siamo maldestri fenicottero~"

"E tu hai i minuti contati"

"Uhuh ma davvero"

"Ti conviene cominciare a correre perchè se ti prendo non ti alzerai domattina"

Crocodile sorrise e fece un passo verso di lui.
"Lo spero"

Doflamingo sgranò gli occhi e indietreggiò; quella versione ubriaca e perversa del coccodrillo non gli dispiaceva affatto, intendiamoci, ma sapeva che non avrebbe resistito a lungo e non voleva approfittarsi di lui.
Almeno non in quello stato.

"Sei ubriaco, ora usciamo e ci asciughiamo, poi andiamo a dormire ok?" disse continuando ad indietreggiare fino a che la sua schiena non incontrò la colonna di marmo.

Crocodile aveva smesso di rispondergli ma il modo con cui lo guardava era abbastanza eloquente sulle sue intenzioni.
Il moro gli si avvicinò e lui provò a fermarlo, ci provò in tutti i modi, tenendolo per le spalle o con le parole, ma, porca puttana, ora che la lingua ruvida dell'altro gli solleticava il collo non riusciva più a ragionare in modo coerente.
Quando poi cominciò a mordere e a lasciargli succhiotti sentì la parte ragionevole del suo cervello spegnersi e salutarlo con il fazzoletto bianco.
Ribaltò le posizioni spingendo Crocodile contro la colonna.
"Poi non venirmi a dire che non ti avevo avvertito" gli sussurrò prima di coinvolgerlo in un bacio più passionale di quello che si erano scambiati precedentemente.
Le loro lingue si cercavano ed esploravano la bocca dell'altro, mentre il coccodrillo circondava il collo del biondo con le braccia.
Doflamingo passò le mani sugli  addominali esposti e scese incontrando la chiusura dei jeans, che venne presto aperta.

Crocodile si lasciò sfuggire un mezzo gemito quando l'altro infilò una mano nei suoi pantaloni e cominciò a toccarlo, il tutto senza mai staccarsi dalla sua bocca, come se ne andasse della sua vita.
Il moro passò le dita in mezzo ai capelli biondi; era da quando li aveva visti risplendere al sole quel giorno al fiume che voleva farlo.
Aveva la testa leggera e l'unico suo desiderio al momento era che Doflamingo non si fermasse, così cominciò ad andare incontro ai movimenti della sua mano.

Il biondo si staccò dalla sua bocca solo per lasciargli un succhiotto enorme e rosso sul collo, poi appoggiò la fronte su quella del moro e si perse in quegli occhi neri e liquidi che tanto gli piacevano e che ora lo stavano fissando con un'intensità tale da seccargli la bocca. 
Aumentò la velocità della mano e si abbassò fino a raggiungere l'orecchio destro.
"Vieni" gli sussurrò mordendolo e giocando con l'orecchino usando la lingua.

Sembrava che le sue sensazioni fossero amplificate, e quel sussurro fu il colpo finale per il suo quasi inesistente autocontrollo; il corpo di Crocodile fu scosso da un tremito mentre le sue dita gli graffiavano le spalle.
Il moro gli ansimò direttamente nell'orecchio, e Doflamingo stava per mandare a fanculo tutto e prenderlo lì, in una piscina e contro una colonna, quando il rumore di un oggetto che cadeva lo fece tornare alla realtà.

"Ops colpa mia scusi" sentì dire da Mihawk nel corridoio, segno che si era alzato ed era andato a sbattere contro qualcosa, un quadro probabilmente.

Il biondo sospirò e guardò il coccodrillo che se ne stava placido e calmo tra le sue braccia; ci mancava solo che facesse le fusa.
Con un sorriso tiratissimo se lo caricò in spalla e lo riportò nell'altro impianto trascinandosi dietro anche il falchetto.
Una volta messi sdraiati entrambi sui cuscini, andò in bagno perché di certo non poteva girare con un'erezione in mezzo alle gambe.
Per quella volta passava, ma la prossima non si sarebbe fatto sfuggire Crocodile da sotto il naso.


 

-

 

Fitte lancinanti gli augurarono un buongiorno, mentre gli occhi sembravano non volerne sapere di aprirsi.
Finalmente riuscì a schiudere le palpebre compiendo uno sforzo immane e rimanendo abbagliato dalla luce del sole che entrava da una finestra.
La prima cosa che realizzò fu di essere completamente bagnato, la seconda di non essere in camera ma su qualche cuscino.
Si mise a sedere massaggiandosi le tempie; proprio non si ricordava cosa aveva fatto la sera prima.
La cena, gli impianti e poi? Ah giusto, la gara di bevute indetta da quel cervello di gallina.

Dopo il vuoto.

Crocodile si alzò in piedi e fece un passo, o almeno, ci provò dato che i pantaloni gli caddero fino alle caviglie ed inciampò, cadendo per terra e salutando il pavimento con una testata.

Ringhiando di rabbia si sollevò nuovamente e si allacciò i jeans per poi fermarsi inorridito.

Perché ho i pantaloni slacciati?

Deglutì mentre un'idea gli passava per la testa.
Lo sapeva che non avrebbe dovuto bere, l'ultima volta non si ricordava niente ma Das e Bon Clay il giorno dopo lo avevano guardato il primo con terrore e il secondo con divertimento.
Quando aveva scoperto cosa aveva fatto aveva giurato di non bere più così tanto, ma ovviamente rifiutare una sfida avrebbe destato sospetti.

Si guardò intorno e vide Mihawk che beveva un succo di frutta in un angolo; lo sguardo di puro istinto omicida lo fece desistere dal chiedere informazioni riguardo alla sera prima.

Uscì dall'impianto e trovò Doflamingo con le gambe a mollo nella piscina, seduto sul bordo con in mano un gelato.
Appena lo vide avvicinarsi gli sorrise e questo gli fece gelare il sangue nelle vene.
Perché gli sorrideva in quel modo?

"Oi Doflamingo"

"Buongiorno Croco-chan! Dormito bene?"

"Salta i convenevoli. Cos'ho fatto ieri sera?"

Il biondo, che si era distratto a fissare il gelato, tornò a guardarlo questa volta con un'espressione indecifrabile.
"In che senso?"

"Come in che senso? Nel senso che non mi ricordo niente! Mi succede sempre quando bevo troppo e ..."

Crocodile si fermò notando l'ombra scura che aleggiava sul volto dell'altro.
"Quindi non ti ricordi niente?" gli chiese di nuovo.

"Già"

Doflamingo si girò tornando a dedicarsi al gelato senza il solito sorriso di scherno sul volto.
"Non hai fatto nulla, ti sei buttato in acqua e io ti ho ripescato"

"E perché avevo i pantaloni slacciati?"

"Ho provato a cambiarti i vestiti ma ti sei addormentato e ho lasciato perdere" concluse alzandosi e incamminandosi verso l'uscita.
"Vado a sentire per la colazione"
Una volta richiusa la porta alle sue spalle buttò il gelato sul prato ed infilò le mani in tasca.

Non si ricordava niente, assolutamente nulla.
Ma d'altra parte che cosa si aspettava, che il loro rapporto sarebbe cambiato?
Che idiota.






 

Crocodile rimase qualche secondo a fissare la piscina mentre il mal di testa non accennava a diminuire.
Doflamingo aveva un'espressione molto strana, quasi triste.
Probabilmente era di cattivo umore anche lui; così tornò nella stanza ed andò in bagno mentre Mihawk aveva deciso di svuotare il frigorifero.
Entrò e si chiuse la porta alle spalle appoggiandosi ad essa; sospirando si tolse i vestiti e li stese su un mobiletto asciugandoli come meglio poteva usando il phon.
Quando si ritenne soddisfatto entrò nella doccia; la sensazione di pace che l'acqua che scorreva sulla pelle gli donava venne presto sostituita da flesh.

Improvvisamente era in piscina e lasciava succhiotti su un collo, sollevò lo sguardo e si imbatté in un paio di occhiali.

Uscì velocemente dalla doccia con il fiatone e appoggiò le mani sul lavandino; che diavolo erano quei ricordi?
Si guardò allo specchio ed impallidì.

Perché ho un succhiotto enorme sul collo?





 

-



 

Mihawk si ritenne soddisfatto quando svuotò anche l'ultima confezione di ... di qualsiasi cosa fosse quello che aveva appena ingurgitato.
Aveva una fame chimica che non si spiegava ma per fortuna l'aveva placata.
La sola cosa che non riusciva a placare era la vergogna; come aveva potuto perdere il controllo in quel modo e ripetere il suo numero di telefono fino allo sfinimento? Per non parlare del quadro a cui aveva chiesto scusa dopo che gli era andato addosso.
Non doveva ripetersi.
Mai più.
Anche a costo di allenare il suo fegato a sopportare quantità ingenti di alcool.

Annuì ai suoi pensieri mentre finiva la bottiglia di succo.
 

Brontolo, Dotto, Cucciolo, Pisolo, Eolo, Gongolo e Mammolo.
Maledetti sette nani. 





 

-






 

Doflamingo si alzò in piedi dopo circa un'ora; si era dimenticato dell'assenza quasi totale dei camerieri e si era seduto sulle scale a riflettere.
Ci era rimasto decisamente male quando Crocodile gli aveva detto che non ricordava niente.
Sperava che qualcosa del suo comportamento fosse dovuto a qualche suo recondito desiderio, ma forse era stato troppo naif.
Il problema è che avrebbe voluto evolvere la loro relazione in qualcosa di diverso, in qualcosa di più, ma non aveva nessuna idea su come si facesse.

Chi l'aveva mai avuta una storia seria?

Non aveva la minima esperienza nel campo e quindi non sapeva come affrontare la situazione, ma soprattutto non sapeva neanche che sentimenti stesse sviluppando verso l'altro, era un bel po' complesso mettere in ordine le sensazioni che lo travolgevano ogni volta che guardava Crocodile, ci parlava, gli stava vicino o solo pensava a lui.
Non aveva le farfalle nello stomaco, lui proprio non aveva più uno stomaco quando lo sguardo simile ad una pietra onice si posava su di lui.
Il suo cervello non lo aiutava affatto, fornendogli materiale degno dei peggio film porno la notte e facendogli pensare a cose non del tutto consone nei momenti meno adeguati durante il giorno.
Aveva sempre avuto una mente maliziosa, ma stava dando il meglio di sé in quel periodo.

Che quello fosse ... amore?
Ma non scherziamo, ne aveva sentito parlare in tutte le salse di quell'emozione che la gente definiva 'il Re dei sentimenti ', ma vedere come riduceva le persone, dolci, gentili e schifosamente stucchevoli e romantiche, bhe, non era molto allettante.
Non voleva certo perdere la sua capacità di giudizio per qualcun altro, ma soprattutto non voleva diventare uno di quei damerini con problemi al cervello.

Immaginò di chiamare Croco-chan 'tesoro' o 'amore'  e dovette trattenere una risata. Lo avrebbe decapitato all'istante se solo si fosse azzardato e in parte lo capiva. Le coppiette sdolcinate erano una delle piaghe che sarebbero dovute essere sterminate dalla faccia della terra.
Eppure la sola idea di farlo incazzare lo rendeva euforico, pensare di vederlo scazzato lo faceva sorridere; non poteva essere amore quindi. 
Tranquillizzato da questa conclusione, si incamminò verso gli impianti con il suo solito passo sgraziato e ghigno di scherno sul volto.

Una volta messo piede dentro la stanza si trovò spalmato contro il muro, a malapena riusciva a respirare data la presa ferrea che lo bloccava.
"Prova a dire a qualcuno quello che ho fatto o detto ieri sera e io taglio il tuo corpo in tanti piccoli pezzetti e li spargo in un campo" disse tranquillamente Mihawk fissandolo negli occhi con quelle pupille dorate che mettevano in soggezione chiunque.
Doflamingo cercò di dire che non lo avrebbe fatto ma non riuscendoci annuì come meglio poteva.
Il moro parve soddisfatto e lo lasciò andare; dato che si era reso conto che Crocodile non si ricordava nulla non aveva avuto bisogno di minacciarlo.
Il suddetto Crocodile stava fissando un punto vuoto quando lo vide e si rianimò rivolgendogli uno sguardo infiammato. Si avvicinò e lo prese per un polso trascinandolo in bagno e chiudendo la porta alle sue spalle.

"Cos'è questo?" ringhiò indicandosi il collo.

"Così su due piedi direi che è un succhiotto" rispose trattenendo un sorriso.

"Ma davvero." commentò incrociando le braccia al petto.

"Davvero davvero"  rispose prendendolo in giro.

"Puoi ritrattare. Cos'è successo ieri sera."

Doflamingo lo guardò e sogghignò.
"Te l'ho detto prima, nulla. Ti ho solo fatto un succhiotto."

"E allora perchè-" Crocodile si fermò mordendosi un labbro ed espirando pesantemente. "Perchè mi ricordo che in quella piscina abbiamo fatto altro?"

Doflamingo continuò a sembrare impassibile mentre dentro soppesava ogni pensiero gli venisse in mente.
"Non pensavo avessi sogni hot con  me come partner, sono lusingato~"

"Smettila di dire cazzate e dimmi la verità. So bene come divento quando bevo e-"

"E come diventi?" lo interruppe il biondo facendo un passo verso di lui e facendolo arretrare.

"Come non sono"

"Quindi ti sei già trovato in questa situazione." Un altro passo. Gli prudeva il retro della testa, le mani non volevano sapere di stare ferme, aveva un gran nervoso addosso.

Crocodile arretrò ancora fino ad appoggiare la schiena contro la porta.
"Già. Non hai risposto alla mia domanda"

"Già. Non l'ho fatto" disse Doflamingo stirando le labbra in un sorriso che non prometteva nulla di buono.

Crocodile digrignò i denti e lo fissò con astio.
Quindi quello che aveva visto mentre faceva la doccia era successo davvero.

"Bene la questione è chiusa" ringhiò il moro girando i tacchi ed uscendo dal bagno.

"La questione è chiusa?" domandò Doflamingo ghignando.
"Ma se ho appena iniziato."




















 

---
Salve, eccoci la fine del capitolo più scemo che ho scritto nell'ultimo periodo-
Tra ubriachi e scommesse sapevo non sarebbe uscito qualcosa di buono, e infatti Crocodile ci è andato di mezzo. Già da adolescenti sia lui che Mihawk hanno una blanda resistenza all'alcool e devono subirne le conseguenze e che conseguenze.
A quanto pare Doflamingo sta perdendo la pazienza... chissà fino a quando resiste, certo è che se i pensieri che fa sull'amore sono così scemi ne ha di strada da fare.
I sette nani...ah Mihawk! (Non li ricordo quasi mai neanche io ops)

Ringrazio sempre chi commenta o semplicemente legge la storia, e come al solito scusate il ritardo,
A presto ☆

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Capitolo 27
*** Cercavo la soluzione ma, in realtà, flirtavo col problema. ***


27) " Cercavo la soluzione ma, in realtà, flirtavo col problema. "











 

"Boss continuavi a dire che ti prudevano i denti! Mi hai morso sul collo!"
"Ah Croco-boy eri un vero spasso, dovresti lasciare che le tue inibizioni ti controllino più spesso~"
"Non si preoccupi Boss, ho cercato di contenere, ehm, i danni"
"Già, Das-chan ti ha fermato quando stavi per farti una tipa sui divanetti, e pure quando il barista ti ha lasciato un foglietto con il suo numero!"
Bon Clay si mise a ridere sguaiatamente per poi proseguire "per non parlare delle proposte sconce che continuavi a fargli, povero Das-chan"
"Non lo diremo a nessuno Boss, vero?" chiarì mollando una gomitata all'altro.
"Ovviamente~ ma lo rifaremo!"








 

Ecco perché non voleva bere.
Scosse la testa al ricordo di quel dialogo il giorno dopo che si era ubriacato seriamente.
Si era dato mentalmente dell'idiota e anche in quel momento avrebbe voluto affogare in quella dannatissima piscina che ora aveva davanti.
Non si ricordava tutto ma alcuni dettagli sì, e fin troppo bene.
Cosa aveva trattenuto Doflamingo da fare peggio non lo sapeva, ma ringraziò mentalmente qualsiasi divinità lo avesse protetto. Lui e il suo culo.

Mihawk gli passò di fianco guardandolo in modo interrogativo.
"Tutto bene?"

"Sì, perché?" chiese guardandolo.

"Mm, hai una faccia strana."

"Forse perché ho dormito poco" commentò non convincendo neanche se stesso.

Il ragazzo dagli occhi dorati lo osservò più attentamente; espressione scazzata, confusa e arrabbiata. Non ci voleva un genio a capire chi fosse il responsabile, se poi si aggiungeva il succhiotto sul collo, beh, la situazione era piuttosto chiara.
Ricominciò a camminare verso la porta esterna.
"Ti fai troppi problemi. Lui ti piace." disse soltanto prima di uscire e lasciare un Crocodile con gli occhi spalancati.


 

Lui mi piace? Seriamente mi piace?
Non mi sono mai soffermato troppo a pensare ai miei sentimenti verso le altre persone, l'ho sempre trovato uno spreco di tempo.
E poi lui non mi piace.
Non può piacermi.
A me non piace nessuno.


 

I ricordi lo investirono nuovamente.
Era di nuovo schiacciato contro quella colonna, con le mani del biondo che lo toccavano ovunque, con la sua bocca sulla sua.

 

Merda.
Merda merda merda.

 

Ok aveva un problema.
E non aveva la minima idea di come affrontarlo.
Continuò a pensare, perché non era possibile che quella fosse la risposta che cercava.
Lui non gli piaceva. Era tutta colpa dell'alcool.
Quando beveva perdeva il controllo sulla sua mente e quindi faceva cose di cui la mattina si pentiva.

"Ma di questo non ti penti affatto"

Relegò nel cervello quella consapevolezza, annuendo alla sua conclusione.
Era molto meglio dare la colpa all'alcool che contemplare l'ipotesi assurda che avesse un debole per l'altro.




 

Doflamingo uscì dalla stanza e arrivò in piscina dove vide il moro seduto contro il muro con lo sguardo fisso davanti a sé.
Senza dire nulla si sedette di fianco a lui e rimase in silenzio.

Dopo qualche minuto si alzò in piedi e tornò nella stanza per poi rimaterializzarsi in piscina.
Crocodile lo guardò incuriosito.
Quando cominciò a sbottonarsi la camicia assottigliò lo sguardo.

"Che c'è? Ho voglia di farmi un bagno, e sta volta ho il costume" chiarì Doflamingo imbronciato mentre il moro sbuffava sollevando gli occhi al cielo.
"Fai come vuoi, anche se pensavo che il bagno di ieri sera ti fosse bastato" commentò con noncuranza lanciandogli un'occhiata.

Il biondo buttò la camicia per terra e si slacciò i pantaloni.
"Questa volta preferirei farlo senza vestiti" rispose sorridendo e lasciando che anche l'ultimo indumento finisse sul pavimento.

Crocodile si fece immediatamente più attento; di certo non poteva entrare in piscina con gli occhiali quindi avrebbe dovuto toglierseli per nuotare.
L'altro gli diede le spalle e si tolse i suddetti occhiali mentre lui, senza neanche accorgersene, si stava sporgendo nella sua direzione per poter vedere qualcosa.
Avrebbe mentito se avesse detto che vedere gli occhi del biondo non lo incuriosiva.
Quando Doflamingo si girò Crocodile quasi cadde in avanti per la sorpresa; quel demente si era messo degli occhialini indecenti di un colore rosa shock, con lenti oscurate ovviamente.

Il moro digrignò i denti, neanche quella volta era riuscito a vedere ciò che gli interessava.
L'altro ragazzo non si accorse di nulla, semplicemente si tuffò in piscina e cominciò a nuotare a stile libero.

'Almeno il costume non è rosa ma blu, se solo non avesse un cazzo di fenicottero stampato sulla natica destra sarebbe perfetto' si ritrovò a pensare mentre la figura del biondo sgusciava tranquilla nell'acqua.

Mihawk rientrò nell'impianto e trovò che l'idea di farsi una nuotata nelle piscine infondo non fosse così stupida, così oltrepassò Crocodile e rientrò nella stanza, indossò il costume, lasciò i vestiti ammucchiati come capitava e si buttò in piscina.

Doflamingo si fermò e cominciò a schizzarlo, con il Falchetto che non se lo fece ripetere due volte e rispose al fuoco.

Mentre i bambini giocavano lui si alzò e raccolse i vestiti rimettendoli in ordine.
Quei due erano senza speranza.
Stava per ritornare nelle piscine quando sentì il suo cellulare suonare, così rispose non appena vide che sullo schermo c'era il nome di Akane.


 

Evitò l'ennesima schizzata per miracolo ed era pronto a rispondere per le rime a Mihawk quando vide Crocodile nel corridoio parlare al telefono e sorridere.
Si abbassò fino ad avere l'acqua sotto il naso cominciando a fare le bolle con la bocca.
Il Falchetto guardò nella sua stessa direzione e capì perché sembrava avere improvvisamente tre anni.

"Dovresti dirglielo" commentò scompigliando i capelli biondi dell'altro che si riscosse e si girò.

"Dirgli cosa?"

 

Perché gli altri sono così scemi? O sono io ad essere intelligente?
Probabilmente la seconda.


 

Mihawk sospirò sconsolato premendo la testa dell'altro sott'acqua.

Non ce la potevano fare.





 

Crocodile chiuse la chiamata e rimise il cellulare in tasca; era da un po' che non aveva sue notizie, almeno stava bene. E dire che lo chiamava per cose anche futili, poco prima aveva appreso che la sua kouhai aveva trovato un gatto randagio e lo aveva portato a casa. Sua madre non voleva animali e lei lo aveva nascosto sotto il letto.
Chissà cosa si sarebbe inventata pur di aiutare quell'animaletto, quando ci teneva a qualcosa era in grado di pensare a mille stratagemmi pur di riuscire nell'intento.
Guardò sconsolato Mihawk che tentava di affogare Doflamingo tenendogli la testa sott'acqua e sospirò.



 

E quelle sarebbero le persone che mi conoscono meglio?

 

Uno splash lo informò che il biondo si era liberato e che ora era guerra aperta.


 

Perché sono così scemi? O sono io ad essere intelligente? 
Probabilmente la seconda. 



 

Si sedette guardando i due che si davano battaglia e si concesse un sorriso.
 

•••
 

Doflamingo uscì dalla piscina decisamente più rilassato; essersi sfogato nuotando e scatenando una sorta di lotta con il Falchetto lo aveva distratto dai pensieri di prima.
Si passò l'asciugamano sul collo e si girò a guardare allibito Crocodile che asciugava i capelli di Mihawk con un altro asciugamano, ripetendogli che si sarebbe ammalato e altre cose che avrebbe detto una madre al figlio zuppo.
Sospirò ridendo mentre guardava la scena.

 

Certo che quel tipo ha proprio l'istinto da mamma. E dire che non mi pare si comporti così con tutti, probabilmente lo fa solo con il Falchetto.
 

Suo malgrado ripensò alle parole che gli aveva detto poco prima.
 

'Perché non glielo dici', eh?
Dirgli cosa? 

 

Dirgli che lo faceva incazzare quando sorrideva ad altri, che gli veniva una sorta di prurito nel retro della nuca quando pensava che qualcuno potesse toccarlo o peggio, che averlo nelle vicinanze lo rendeva nervoso?
Forse che si divertiva a torturarlo con ogni mezzo a suo disposizione per ottenere la sua attenzione, che andava guadagnata e che per lui era di essenziale importanza.
Era questo che doveva dirgli?

In pratica sembrava una liceale alle prese con la sua prima cotta e nel bel mezzo di un attacco di gelosia.

Merda.
Merda merda merda. 

"Tsk ma non scherziamo" sussurrò mentre si dirigeva nella stanza per andare a farsi una doccia.

Forse era quella ciò che provava, gelosia o smania di possedere qualcosa che non è tuo.
Perché Crocodile non era suo.


 

'Non ancora.' Pensò automaticamente, senza neanche rendersi conto di aver completato la frase un po' troppo in fretta perché si trattasse di una svista.

 

Che gran casino.













 

---
Salve!
Fine del 27° capitolo e comincia a vedersi qualcosa, o almeno Crocodile e Doflamingo cominciano a capire che provano non proprio solo amicizia l'uno verso l'altro.
Mihawk sembra il più sveglio, nonostante fatichi ancora a capire i doppi sensi è quello che coglie più spesso le cose che accadono intorno a lui.

Grazie per aver letto, come sempre, e buone feste a tutti,
A presto ☆

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Capitolo 28
*** Trova ciò che ami e lascia che ti uccida ***


28) “ Trova ciò che ami e lascia che ti uccida. ”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Doflamingo lasciò i vestiti per terra e si infilò nella doccia aprendo il getto d'acqua e appoggiando la fronte contro il muro.

Di solito non era così che andavano le cose; gli interessava qualcuno > gli parlava > ci faceva sesso > fine.

Ed invece si ritrovava invischiato in una situazione da romanzo rosa che neanche in ‘Quattro amiche e un paio di jeans’.

 

Sospirò lasciandosi cullare dall’acqua calda e si passò una mano sul volto, ora privo della sua difesa personale.

Doveva rilassarsi altrimenti sarebbe scoppiato.

 
 

Nell’altra stanza uno scocciato Mihawk fissava un Crocodile molto sovrappensiero.

In tutta quella situazione alla fine lui ci aveva capito più degli altri e faticava a comprendere il perché, nonostante ora fossero più che chiari i sentimenti che quei due provavano uno verso l’altro, nessuno facesse nulla, anzi!

Si stavano persino evitando! Constatò nel pomeriggio quando a pranzo non si guardarono mai in faccia e non restarono nella stessa stanza per più di due minuti.

Ora, a lui non poteva fregare di meno della situazione amorosa delle persone, era proprio una sfera che non lo aveva mai attirato.

Ma se quei due avevano intenzione di rovinargli la vacanza perché troppo stupidi e orgogliosi per ammettere quello che provavano, allora era anche un suo problema.

Ed era ben disposto a risolverlo.

 

A metà del pomeriggio, sotto un albero, gli venne un’idea.

Se solo i suoi due amici avessero visto il ghigno soddisfatto che era spuntato sul suo volto avrebbero fatto le valigie all’istante.

 

Crocodile stava finendo di leggere il libro quando il suo cellulare vibrò e catturò la sua attenzione.

 

-penso di essermi perso, vienimi a prendere-

 

Il moro alzò gli occhi al cielo, pensando che Mihawk fosse il solito imbranato. Gli chiese dove si trovasse.

 

-c’è un’enorme libreria e delle foto-

 

Crocodile capì al volo dove l’altro si fosse cacciato e si alzò, dirigendosi verso il posto indicato, non dimenticandosi di sbuffare più volte.

“Proprio ora che stavo per scoprire chi fosse l’assassino…”

Entrò nella stanza dove aveva visto le fotografie del biondo e vi trovò il suddetto cretino all’interno che gli rivolse un’espressione sorpresa.

“Che ci fai tu qui?”

“Potrei chiederti la stessa cosa”

“Il Falchetto mi ha detto che si era perso allora-”

“Anche a me-”

 

Un click li fece fermare e girare verso la porta.

“Ci ha chiuso dentro vero” affermò Doflamingo incrociando le braccia al petto.

Crocodile provò più volte ad aprire la porta, senza risultati.

“A quanto pare vuole morire giovane”

Entrambi cominciarono ad essere terribilmente nervosi; quella vicinanza forzata non li aiutava molto, soprattutto perché era lampante il motivo per cui Mihawk li avesse intrappolati lì.

Infatti il ragazzo si stiracchiò e si diresse verso la loro stanza, appuntandosi mentalmente di andare a tirarli fuori la mattina dopo.

Ovviamente si ritrovò nella serra finendo per perdersi sul serio.

 
 

Doflamingo si sedette per terra appoggiando la schiena contro il muro; a parte la libreria e uno scrittoio, quella stanza era vuota e fin troppo piccola.

Lanciò uno sguardo a Crocodile che sembrava calmo ma dal movimento delle sue dita, che picchiettavano sulle braccia, era evidente che non fosse così.

 

“Dobbiamo parlarne?”

“Non mi pare il caso” rispose velocemente il moro dandogli le spalle.

“Non vuoi sapere cos'è successo?” lo punzecchiò, notando il suo corpo irrigidirsi di colpo.

“No”

“Me lo hai chiesto tu”

“Ho detto che non voglio saperlo”

“Avrei potuto fotterti contro quella cazzo di colonna”

A quel punto Crocodile si girò lanciandogli uno sguardo furente.

“...ma non l’ho fatto”

“Dovrei ringraziarti forse?”

“Non te l’ho chiesto”

“E allora perché mi stai dicendo questo? So bene come sono quando bevo, per quello cerco sempre di controllarmi!” sbottò.

“Vedi è questo il problema” sussurrò con una smorfia Doflamingo distogliendo lo sguardo e cominciando a fissarsi le mani.

 

Quando capì che il biondo non sarebbe andato avanti strinse i pugni.

“Quale? Quale sarebbe il tuo problema? Mi pare di capire dal succhiotto che ho sul collo che tu non ti sia fatto molti scrupoli a divertirti col mio corpo!”

L’altro sbatté il pugno sul pavimento facendolo sobbalzare.

“Il mio problema sei tu” ringhiò tornando a fissarlo.

“Anche tu lo sei per me”

“No, non hai capito.” disse alzandosi in piedi “io non ho mai avuto alcun senso di colpa a scoparmi una persona diversa a settimana, non me ne fregava niente se ferivo i suoi sentimenti o se questa aveva un debole per me. Erano cazzi suoi. Ma tu” ringhiò facendo un passo nella sua direzione e puntandogli un dito contro “tu. Tu riesci a farmi andare in confusione, all’inizio volevo solo passare il tempo e allora com’è possibile che durante gli anni io sia arrivato a sviluppare qualcosa nei tuoi confronti?”

 

Crocodile indietreggiò.

 

“Quando mi hai detto che non ricordavi niente è stato come se mi avessi tirato un pugno in faccia, per non parlare del fatto che da ubriaco diventi così accondiscendente!” continuò Doflamingo, ormai completamente incazzato “la sola idea che tu ti sia comportato in quel modo con qualcun' altro mi fa ribollire il sangue nelle vene. Per non parlare di quando rivolgevi le tue attenzioni verso quella maledetta cameriera! Che cos’ha di speciale? Probabilmente è meglio che la licenzi se ha attirato la tua attenzione!” esclamò facendo altri due passi verso di lui. “In quella cazzo di piscina ho perso il controllo perché si tratta di te e quando ci sei tu di mezzo io non ragiono. Ma non avrei mai voluto farlo mentre eri in quelle condizioni”

Crocodile andò a sbattere contro il muro. Lo guardò e sollevò un sopracciglio.

Doflamingo si fermò a prendere fiato e si passò una mano tra i capelli; non si era reso conto di aver alzato la voce.

“Se fossi stato uno qualunque non ci avrei pensato due volte.” sussurrò mentre un’espressione che non aveva mai visto gli si dipingeva sul volto.

 

Era...tristezza?

 

Crocodile si rese conto di aver smesso di respirare in modo normale e cercò di deglutire, inutilmente.

“Ho capito” riuscì a dire con voce ferma.

Il biondo sembrò tranquillizzarsi.

Il moro abbassò lo sguardo; era chiaro cosa stava cercando di dirgli anche se in un modo completamente assurdo.

Nessuno dei due aveva mai affrontato un discorso del genere, si erano semplicemente lasciati scivolare addosso le vite altrui.

Questo finché non avevano capito che anche loro non erano affatto immuni dai sentimenti umani.

Aveva un tale casino in testa che sembrava fosse esplosa una bomba, e le parole dell’altro non aveva fatto altro che scompigliare tutto di più.

 

Quando vide le scarpe del biondo vicino alle sue alzò lo sguardo incontrando le lenti colorate che tanto mal sopportava.

“Mi dispiace, dimenti-”

 

Eh no dimentichiamo tutto un cazzo!

 

Il moro annullò la distanza tra i loro corpi e lo abbracciò. Se ne pentì il secondo dopo ovviamente, dandosi del cretino.

Doflamingo rimase immobile per qualche attimo e poi gli circondò la vita con le braccia, appoggiando il volto nell’incavo del collo.

“Non puoi lanciare il sasso e nascondere la mano” sibilò Crocodile dandogli un pizzicotto sul fianco e sentendo l’altro sorridere.

“Hai ragione” gli rispose sfiorandogli il collo con le labbra e facendolo rabbrividire.

“Ora staccati”

“No”

“La mia non era una domanda”

“E la mia non era una risposta. Sto benissimo dove sono grazie”

 

Il moro espirò; rimasero in quella posizione per diversi minuti.

“È stato l’anno scorso. Sono uscito con due miei compagni di classe e ho bevuto troppo, il giorno dopo non ricordavo niente ma loro si sono premurati di farmi sapere che aveva attentato al fondoschiena di uno dei due e gli avevo morso il collo, mi ero fatto una ragazza e avevo flirtato col barista”

Sentì il corpo di Doflamingo irrigidirsi all’istante.

“Perché vuoi farmi incazzare?” ringhiò direttamente nel suo orecchio.

 

Perché?

Perché mi diverto e non so il motivo.

 

“Dato che sei stato sincero ho ricambiato”

L’altro si allontanò quel che bastava per guardarlo in faccia.

“Molto gentile”

“Vuoi sapere cosa ho fatto la volta dopo?” chiese inclinando la testa sorridendo guadagnandosi un’occhiataccia.

“Avevi detto che non c'era stata un’altra volta”

“Devo aver detto una bugia”

 

Doflamingo deglutì e nel suo cervello fu il vuoto tranne che per un solo pensiero.

Mio.

 

Sciolse l’abbraccio e lo prese per le spalle sbattendolo contro il muro e provocandogli dolore.

Sorrise soddisfatto e prima che Crocodile potesse mandarlo a fanculo - perché lo sapeva dall’espressione sul suo volto che lo avrebbe fatto - lo baciò.

 

Gli occhi neri si sgranarono per la sorpresa mentre la lingua dell’altro premeva contro le sue labbra per avere l’accesso.

Il moro socchiuse le labbra e quando la lingua calda del biondo si avvolse alla sua nella sua mente le cose tornarono ognuna al proprio posto prima di scomparire e lasciare posto alla libido.

Si attaccò ai suoi capelli con una mano spingendoselo contro ancora di più, mentre con l’altra si attaccò alla sua schiena.

Doflamingo non chiuse gli occhi, ma si godette tutto, dalle ciglia lunghe al leggero rossore sulle gote.

Bellissimo.

 

Si staccò e passò a dedicare attenzioni al collo, questa volta in modo più efficace, assicurandosi che il succhiotto della notte prima non fosse l’ultimo.

Crocodile si agitava leggermente senza però opporre una vera resistenza.

Lui e il suo cazzo di orgoglio.

 

Gli leccò un orecchio e gli ficcò dentro la lingua facendolo rabbrividire più volte, sentendo la presa sulla sua schiena farsi più forte.

Si distrasse un secondo, uno, e bastò all’altro per ribaltare le posizioni, senza sapere come si ritrovò schiena al muro con il moro che gli mordeva una clavicola.

Pensava di aver raggiunto la massima eccitazione possibile, ma Crocodile fece una cosa che lo mandò definitivamente fuori di testa; alzò lo sguardo, che era diventato liquido, e si leccò un labbro.

E allora vaffanculo.

 

Il suo unico pensiero era disfarsi dei vestiti che erano diventati troppo stretti; lo spinse di nuovo facendo finire entrambi per terra e gli levò la camicia senza prestare attenzione ai bottoni, che saltarono via spargendosi ovunque.

L’altro gli riservò lo stesso trattamento e finirono per rotolarsi sul pavimento restando però avvinghiati, non mancando di torturarsi, lasciando morsi mentre si spogliavano.

Quando Doflamingo riuscì a fermarlo sotto di sé gli lanciò un’occhiata piuttosto eloquente; il corpo leggermente muscoloso del moro era un vero spettacolo.

“Come ho fatto a farti solo una sega non lo so” sussurrò.

“Cosa”

Sorrise e gli baciò il petto poi scese e baciò gli addominali mentre una mano entrava nei boxer neri e afferrava l’erezione dell’altro, che emise un leggero ringhio.

“Su Croco-chan, stai buon-”

Dovette fermarsi a metà frase dato che Crocodile lo aveva imitato e ora lo stava toccando con un ghigno soddisfatto.

“Stai zitto”

Il biondo appoggiò la fronte sulla sua mentre entrambi si davano piacere continuando a guardarsi negli occhi.

I respiri si fecero più pesanti, segno che stavano per arrivare al limite.

Doflamingo si fermò e il moro lo imitò in un tacito accordo.

 

“Gli occhi” disse con voce spezzata Crocodile “voglio vederli”

Il corpo sopra di sé si immobilizzò all’istante come se avesse subito una scossa elettrica.

Deglutì e rimase in quella posizione, notando che il moro non gli stava mettendo fretta, anzi, in quel momento stava notando tutti i dissidi interiori che trasparivano sul suo volto.

Deglutì di nuovo; poteva farlo, se era Crocodile a chiederlo poteva toglierli.

Quella realizzazione lo fece sorridere.

 

In che razza di sentimentale mi hai trasformato, maledetto

 

Doflamingo annuì e lentamente si levò la difesa che per anni l’aveva protetto dal mondo, la sola cosa che gli ricordava la madre e l’unica che lo faceva apparire un mostro senza sentimenti.

Li appoggiò poco distante e rivolse la sua attenzione a Crocodile.

Fu il turno del moro di rimanere senza parole e paralizzato.

Davanti a sé c'erano gli occhi più belli che avesse mai visto; erano azzurri tendenti al bianco tanto erano chiari e cristallini, e vicino alla pupilla si notavano delle pagliuzze rossastre che donavano allo sguardo una profondità inaudita.

Ma la cosa che lo scandalizzò di più fu che quelle iridi chiare non avevano filtri, esprimevano una marea di emozioni contrastanti.

Per lui, che era abituato a mascherare il suo sguardo, erano assolutamente diversi.

 

E Bellissimi

 

“Ti prego, dì qualcosa” sussurrò Doflamingo riportandolo alla realtà .Tutto quello che riuscì ad articolare fu “Uau”

Il biondo rimase sorpreso e il battito del suo cuore acellerò.

Crocodile sorrise perché senza quei cosi a fargli da scudo l’altro era un libro aperto. Lesse sul suo volto stupore, felicità e soprattutto sollievo.

 

Quando hai gli occhi che parlano è un vero casino, inutile omettere.

 

Per togliere entrambi da quella situazione imbarazzante, gli allacciò le gambe alla vita e lo tirò verso di sé.

“Allora ti muovi o devo fare tutto io?”

 

Le iridi azzurre subirono di nuovo un cambiamento repentino; da sollevate si trasformarono in due pozzi di malizia e lussuria. Non sarebbe riuscito a stargli dietro, e non sarebbe mai riuscito ad abituarsi a quella che, si rese conto, era diventata la sua più grande e pericolosa debolezza.

 

Doflamingo lo baciò nuovamente, prendendosi tutto il tempo per godersi quel contatto che aveva desiderato da mesi.

Quando le loro erezioni si toccarono e mandarono scariche di piacere lungo la schiena, capì che doveva fare in fretta.

“Non abbiamo il lubrificante” commentò ansimando.

Crocodile alzò gli occhi al cielo; dove avrebbe voluto trovarlo se erano in una libreria, dentro la Bibbia?

Gli afferrò una mano e cominciò a leccargli le dita sentendo l’altro mugugnare.

Il biondo aspettò pazientemente che finisse, appuntandosi mentalmente di fargli ripetere quella pratica ma ad una parte diversa del suo corpo.

Il moro gli lasciò il polso e lui cominciò a prepararlo ma vedendo la smorfia di fastidio si fermò.

Era vero che era andato con persone dello stesso sesso ma probabilmente dato il suo carattere…

 

“È la prima volta che stai sotto vero?”

“Tsk”

“Dirmelo prima no?” chiese sbuffando e sorridendo.

Il solito orgoglioso, piuttosto che ammettere una cosa del genere avrebbe taciuto nonostante il dolore.

Che testa di cazzo.

 

Lo preparò lentamente, come mai aveva fatto prima di quel momento, e quando entrò in lui quasi morì.

Ah, se la sarebbe ricordata per tutta la vita quella che era la scopata migliore che avesse mai fatto, con Crocodile che gli piantava le unghie nella schiena e lo insultava tra un ansimo e un altro direttamente nell’orecchio.

Perse il conto di quante volte lo fecero quella notte.

 

Quando si svegliò aveva il coccodrillo sopra il suo corpo che ancora dormiva; si allungò facendo in modo di non svegliarlo e si rimise gli occhiali per poi guardare per la prima volta in che condizioni era la stanza.

 

“Che casino…”

 

Sospirò lasciandosi ricadere sul pavimento; il respiro lento e regolare del moro gli donava una certa tranquillità. Aveva dormito poche ore ma rimase lo stesso a guardarlo mentre meccanicamente la sua mano gli accarezzava i capelli morbidi.

L’altro braccio andò a posizionarsi sulla vita, in un abbraccio fin troppo naturale.

 

Per la prima volta in vita sua formulò  quel pensiero e si rese conto di essere fottuto in tutti i sensi possibili.

 
 
 

Merda, io lo amo sul serio.

 

Cazzo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

*extra*

 

“Grazie per avermi tirato fuori” disse Mihawk sgranchendosi le spalle; si era perso di nuovo ed aveva dovuto passare la notte nella serra. Non che gli fosse dispiaciuto - avrebbe potuto dormire anche in una bara - ma farsi salvare da Vergo non era nei suoi piani.

“Di nulla” gli rispose il ragazzo.

“Ah vai nella libreria e apri la porta, ho dimenticato due persone lì dentro da ieri sera”

Vergo impallidì e lasciò l’altro a sedere sui gradini dirigendosi nel posto indicato.

Aprì la porta e trovò il Signorino sdraiato per terra con sopra quel tizio insopportabile che dormiva.

Il biondo gli fece segno di fare silenzio mettendosi l’indice davanti alla bocca, così annuì e andò a chiamare qualcuno che pulisse quel disastro.

Incredibile.

Quel sorriso.

Era da anni che non lo vedeva.

Era da…

 

Da quando c'era ancora sua madre.

 

Gli angoli della bocca si alzarono verso l’alto e si allontanò; forse quel ragazzo aveva davvero una buona influenza sul biondo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

---

Salve! Ebbene sì, siamo arrivati al punto di svolta, ed era anche ora data la tensione che si era accumulata tra quei due!

Mihawk ha idee geniali, se solo non finisse per perdersi e finire tra le piante…

Grazie a tutti, a presto!

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Capitolo 29
*** Se fa vacillare la tua sanità mentale e non riesci a trovare una spiegazione ai tuoi stessi comportamenti, allora è la persona giusta ***


29) “Se fa vacillare la tua sanità mentale e non riesci a trovare una spiegazione ai tuoi stessi comportamenti, allora è la persona giusta”

















 

Crocodile si svegliò lentamente, cullato da un rumore calmo e continuo che identificò qualche secondo dopo con il battito del cuore di qualcuno.
Aprì gli occhi sbuffando, ricordandosicosa era successo qualche ora prima e appoggiò il mento sul petto dell’altro che lo fissava nuovamente da dietro le lenti.

“Buongiorno tesoro ~ ” disse tranquillamente Doflamingo ridendo mentre il moro mugugnava infastidito.
“Buongiorno un cazzo e tesoro a chi” sibilò passandosi una mano tra i capelli e mettendosi a sedere.
La scarica di dolore che gli arrivò direttamente dal fondoschiena lo fece sbilanciare in avanti, mentre una smorfia di fastidio si dipingeva sul suo volto.
Il biondo lo fissò preoccupato, cosa che fece venire ancora più il vomito a Crocodile.

“Non guardarmi così”

Doflamingo non rispose ma gli sorrise gentilmente, facendogli inarcare un sopracciglio.
Proprio quando pensava che l’altro lo avesse sorpreso a sufficienza, il biondo gli sfiorò una guancia con i polpastrelli per poi alzarsi di botto ed allontanarsi, balbettando qualcosa sui vestiti sparsi.
Crocodile rimase immobile e nascose un sorriso divertito dietro la mano che andò a coprirgli il volto.

Non pensava che una persona come lui potesse avere anche un lato dolce.

 

Il moro era sempre stata una persona estremamente razionale e riservata, soprattutto in ambito sentimentale. Le emozioni - che non fossero fastidio, ira, odio e scazzo - le esprimeva raramente e solo con pochi riusciva ad aprirsi; fin da piccolo non aveva mai considerato un’opzione saggia quella di lasciarsi trascinare da esse.

Analizzare la situazione a mente fredda e cercare di trovare una spiegazione logica ad ogni cosa; ecco cosa gli aveva insegnato suo padre che, essendo avvocato, aveva affrontato diversi casi a riguardo in tribunale.

 

Gelosia, denaro, invidia, vendetta, passione, rabbia, potere, eredità.
Leggendo i suoi appunti aveva capito che l’omicidio è la vera arte dell'uomo. Quindi lui, che era solo un bambino, aveva trasformato un atto violento in un qualcosa che andava capito e psicanalizzato: per giudicare bisognava comprendere.

Forse era grazie a suo padre che mentalmente era cresciuto in fretta; essere invischiati in affari amorosi portava solo guai o divorzi, in ogni caso ci si rimetteva tempo e denaro.

 

Guardò il ragazzo che era riuscito a bucare la corazza che si era costruito durante gli anni; era davvero buffo che si trattasse dell’essere più fastidioso e rompicoglioni che avesse mai avuto la sfortuna di incontrare.
Ed era ancora più divertente se si pensava al fatto che entrambi avessero deciso da tempo di non innamorarsi.

 

Chi si assomiglia si piglia.

 

Aveva capito che c'era qualcosa che non andava quando non era riuscito a spiegarsi certi suoi comportamenti, come il ghigno che sbucava ogni volta che l’altro lo prendeva per il culo, o come il fatto che nessuno reggesse il confronto con il biondo dato che lui era l’unico che gli rispondeva a tono.
Mentre si rivestiva, gli ritornò in mente un dialogo avuto anni prima con sua madre, il cosiddetto “discorso di quando si cresce”.


Stava finendo di pulire la scrivania quando sua madre entrò in camera e chiuse la porta.

Lui la ignorò e lei si sedette sul letto.

“Coccodrillino, come stai?” cominciò la donna sorridendo gentile e chiamandolo con quel soprannome che significava solo guai.

“Vai al sodo mamma” rispose, ben sapendo che quel sorriso era uno specchio, dietro si celava il volto concentrato di una giornalista esperta che sa come ottenere informazioni.

“Lo sai che mi preoccupo per te” commentò seria facendogli segno di sedersi.

Lui sbuffò ma si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania, girandosi verso di lei.

“Lo so”

“Bene” borbottò agitandosi un poco. “So che sei un ragazzo con la testa sulle spalle, ma vorrei sapere se al momento esci con qualcuno…”

Il moro la guardò sbuffando.

“Mamma”

“Sì, non sono affari miei, lo so, ma non ti chiedo le generalità, solo vorrei sapere se stai bene. Sai, non parliamo mai” concluse con un’espressione triste guardando il pavimento.

Crocodile alzò gli occhi al cielo.

“No. I sentimenti sono per i deboli. Voglio avere il controllo sulla mia mente e non rischiare di essere tradito o peggio” rispose incrociando le braccia al petto.

La donna lo fissò sbalordita per poi scoppiare a ridere.

“Ma cosa dici! Questo è un discorso che aspetterei mi rivolgesse una zitella di 50 anni!”

“Non mi interessa”

Lei lo guardò attentamente, con quello sguardo che aveva ereditato anche lui.

“Tu hai paura di amare”

Il moro non rispose.

“Non ho paura”

“Sì invece”

“No”

“Ti dico di sì e io ho sempre ragione”

“E come si fa a sapere di essere innamorati?” commentò guardandola esasperato.

Sakyū aprì la bocca e sorrise in modo inquietante; Crocodile si morse la lingua.

“Quindi te lo sei chiesto”

“Non mi hai risposto”

“Mmh, potrei risponderti con una frase fatta in stile ‘farfalle nello stomaco’ o alla Titanic ‘Ti fidi di me? Sì Jack’, ma ne utilizzerò una da romanzetto rosa che rende abbastanza l’idea.

Se fa vacillare la tua sanità mentale e non riesci a trovare una spiegazione ai tuoi stessi comportamenti, allora è la persona giusta.
Crocodile arcuò un sopracciglio.

“Non puoi razionalizzare tutto” disse lei in risposta “i sentimenti umani sono la cosa più imprevedibile di questo mondo.” concluse alzandosi ed aprendo la porta.

“E per fortuna, altrimenti io e tuo padre non avremmo un lavoro” sorrise ed uscì.



Non se lo spiegava. Era impossibile dire cosa provasse per lui, un secondo prima voleva rompergli la faccia fino a farsi male alle mani, l’attimo dopo voleva baciarlo fino a togliergli tutto l’ossigeno disponibile.
Ad un certo punto aveva pensato di essere impazzito.

“Le relazioni non sono esattamente il mio campo” disse guardando Doflamingo che si stava abbottonando la camicia.

Sentì il suo sguardo su di sé ma rimase immobile finché il biondo non si fece serio.
“Tu hai esattamente un solo campo da adesso in avanti, e quello sono io.”

Il moro rimase senza parole, ma capì cosa volesse dire e annuì.

Chiamala come ti pare, relazione, rapporto esclusivo, accordo, amicizia con benefici, qualcosa, non mi interessa. D’ora in avanti sarai mio e di nessun' altro.


Con le parole non ci sapevano proprio fare, ma rimaneva il fatto che riuscivano a capirsi meglio con uno sguardo.
Si rivestirono in fretta ed uscirono diretti in camera a farsi una doccia.
“Spero di trovarlo lì così da poterlo uccidere con le mie mani” sibilò il moro.
Sfortunatamente Mihawk non c'era, così poterono lavarsi entrambi, Doflamingo nella doccia e Crocodile nella vasca.
Qualche minuto dopo sentirono la porta aprirsi e il ghigno che si dipinse sul volto del moro mise i brividi al biondo.
Infatti Crocodile si allacciò un asciugamano in vita ed uscì velocemente dal bagno.
Lui rimase in allerta dentro in vano doccia ed uscì poco dopo sentendo un gran trambusto.

La porta del bagno si aprì e non capì bene come ma cadde all’indietro dentro la vasca insieme a Crocodile - che evidentemente aveva deciso di far fare un bagno a Mihawk - e il suddetto Falchetto, che stava cercando di levarsi l’altro di dosso.

Risultato?

Erano finiti tutti e tre nella vasca piena d’acqua, lui contro la superficie bianca, Crocodile in mezzo e Mihawk spalmato contro di lui.

“Ti odio” sibilò il falchetto guardando le iridi nere.

“Ci hai chiuso dentro una stanza per tutta la notte e te ne sei andato. Dovrei affogarti”

“Calma, calma” commentò Doflamingo ridendo e constatando che era la seconda volta in meno di due ore che si trovava l’altro appoggiato al petto, anche se in quel momento gli dava le spalle.

Crocodile inveì pure contro di lui.

Mihawk li fissò mentre battibeccavano e inclinò la testa; sperava che la sua trappola avesse avuto successo ma vedendoli non sembrava fosse cambiato granché.
Certo era che i soggetti in questione non si sarebbero scambiati frasi d’amore o gesti romantici, quindi per capirlo doveva inventarsi qualcosa di più elaborato.

“Quindi gli dai ragione?” ringhiò il moro mollando una gomitata all'altro.

“Ouch! No, ma penso che affogarlo non risolva niente”

“D’accordo” disse Mihawk facendo fermare gli altri due “mi dispiace Crocodile ho sbagliato” concluse per poi abbracciarlo.

Crocodile si immobilizzò pensando che fosse giunta la sua ora, perché Mihawk non abbracciava mai nessuno.
Ma quello che fece dopo lo fece ricredere. Non solo era giunta la sua ora, ma le porte dell’Inferno si stavano spalancando solo per lui.
Il falchetto, con l’espressione più innocua di questo mondo, si allontanò leggermente e gli accarezzò i capelli.
Mentre stava ancora sgranando gli occhi sentì un braccio tirarlo indietro e una mano avvolgersi attorno alla sua testa, sottraendolo dal tocco del ragazzo di fronte a sé.

Mihawk sorrise soddisfatto guardando Doflamingo, che, senza pensare, aveva tirato indietro Crocodile.

Alzò gli occhi al cielo il biondo, rendendosi conto di essere caduto in una trappola fin troppo evidente.

“Scusa di nuovo” disse Mihawk al coccodrillo, che ormai non capiva più niente, ma prima che potesse fare domande l’altro lo illuminò.

“Mi fa piacere che il mio scherzetto abbia ottenuto il risultato sperato”

 

Mihawk ha fatto leva sulla gelosia di Doflamingo per vedere come reagiva e dedurre se era successo qualcosa o meno.

 

Sbuffò infastidito per poi schizzare Mihawk, il quale lo guardò e rispose al fuoco.
Doflamingo, che portava gli occhiali -ancora nessuno capiva la sua capacità di tirarli fuori in qualsiasi situazione, forse aveva un marsupio in stile canguro in cui li riponeva? Mah - non vide più nulla a causa dell’acqua e si limitò a scuotere la testa sorridendo.

Probabilmente doveva ringraziare il Falchetto, in parte era merito suo.

Dopo averlo schizzato ed essersi assicurato che i suoi vestiti fossero bagnati fradici ovviamente, ma lo avrebbe fatto.


-


Uscirono dalla vasca e si rivestirono, Mihawk dovette cambiarsi gli abiti dato che perdevano acqua più di un rubinetto.
La sua idea di starsene al sole per asciugarsi era stata rigettata dal coccodrillo, che gli aveva elencato una decina di possibili malattie più o meno mortali che avrebbe potuto contrarre standosene fermo su un prato al sole. Probabilmente stava diventando germofobico o qualcosa del genere, e per evitare ulteriori discussioni lo accontentò. Chiuse la porta alle sue spalle e seguì Doflamingo, che, come sempre, li stava portando in giro.

Quel giorno esplorarono l’ala est del palazzo, trovandovi una palestra adibita ad ogni sorta di sport. Al suo interno vi erano alcuni uomini che si stavano allenando e lui ne individuò uno che faceva al caso suo.

“Se volete sgranchirvi un po’ i muscoli qui c'è la palestra” stava spiegando il biondo.

“Hai perso un vagone del treno” commentò Crocodile indicando Mihawk che aveva già una spada in mano.

“Oh, beh, tanto vale! Tu che vuoi fare?”

“Ho appena fatto la doccia, non mi va proprio di sudare di nuovo. Finirò di leggere il libro, voi divertitevi pure” rispose uscendo e lanciando uno sguardo di incoraggiamento al falchetto.

Doflamingo alzò le spalle e si mise a fare flessioni; quel giorno scoprì che Mihawk non solo era migliorato molto nell’arte della spada, ma, riuscendo a battere tutte le persone in quella stanza, gli fece capire che un giorno non avrebbe avuto rivali.

 

Crocodile si sedette davanti al tavolino in giardino e cominciò a leggere; con la coda dell’occhio vide il cane della volta precedente avvicinarsi scodinzolando e cercò di mandarlo via guardandolo male. In effetti funzionò dato che il sacco di pulci si fermò, ma non molto dato che si era messo a poca distanza dai suoi piedi.
Il moro decise di ignorarlo; aveva guardato gli occhi dell’animale e aveva capito che al momento era innocuo.
Dopo qualche pagina la sua mente gli riportò davanti agli occhi la faccia preoccupata della cameriera e lui non poté fare altro che chiudere il libro, spazientito.
Ormai sapeva che in quella casa stava succedendo qualcosa di strano, ma cosarealmente stesse accadendo ancora non lo sapeva.
L’unica certezza era che non gli piacesse; era da anni che aveva capito di avere un intuito molto sviluppato, e più stava tra quelle mura, più sentiva che stava per succedere qualcosa di brutto.
Tornò a concentrarsi sulle pagine e questa volta riuscì ad ignorare la sensazione alla bocca dello stomaco, finendolo e riponendolo davanti a sé dopo qualche ora.

Si stiracchiò e si mise a fissare il cielo; guardare le nuvole lo rilassava sempre e lo distraeva dalla miriade di pensieri che popolavano la sua mente.

Il cane era ancora lì.



 

-


Si ritrovarono come ogni sera in camera qualche ora prima della cena.
Mihawk aveva un ghigno soddisfatto sul volto e, come il biondo, dovette rifarsi la doccia.
Crocodile era sempre più teso e Doflamingo non riusciva a capirne il motivo, nonostante si fosse sforzato di osservarlo per notare qualche cambiamento.
Si prepararono e scesero le scale, arrivando nel salone e trovandolo già imbandito.
Per tutto quello che il falchetto definì ‘un banchetto reale’ parlarono di cose futili e di quello che avevano fatto nel pomeriggio, anche se il biondo non perdeva occasione di lanciare sguardi indagatori al coccodrillo.
Forse avrebbe potuto chiedergli se c'era qualcosa che lo preoccupava - nonostante la risposta fosse evidente - dato che stavano insieme.

Il biondo si fermò e fece una smorfia strana, realizzando quello che aveva pensato e dandosi mentalmente del cretino.

Complimenti, Dofy si disse la tua trasformazione in ragazzina innamorata è arrivata alla fine

Si alzarono e decisero che quella sera avrebbero guardato un film uscito da poco.
“Amo i film sui Supereroi, e Deadpool credo mi piacerà molto” commentò il biondo mentre gli altri due erano seduti sul divano, uno con i popcorn e l’altro che stava aprendo la bocca per rispondere.
Crocodile infatti amava quel genere di film, ma preferì tacere e annuire; sapeva che Mihawk preferiva gli horror e ringraziò che quella volta non gli toccasse assistere a quella visione.
Si riscosse quando Doflamingo gli chiese di aiutarlo con le bevande e lo raggiunse davanti al mini-frigo.

“Ehi”

Il moro si girò a fissarlo.

“So che probabilmente non vorrai parlarne, ma se c'è qualcosa che ti turba, sì, insomma, puoi dirmelo, ecco. Prendi i bicchieri nel ripiano” commentò mentre balbettava l’ultima frase; a Crocodile sfuggì un sorrisetto.

“Grazie. È solo una brutta sensazione, nulla di cui preoccuparsi”

“Ma io mi preoccupo se si tratta di te. La coca-cola e la pepsi vanno bene”

Il moro abbassò la testa nascondendo il suo sguardo divertito; era così impacciato da risultare quasi tenero.

“Croco-chan, perché ti sei dato una manata sulla faccia?”

Per evitare che vedessi la mia faccia da coglione.

“Perché mi andava. Va bene, ma al momento non c'è nulla, davvero.”

 

Mihawk ingoiò un popcorn guardando la scena sospirando, poi si voltò nuovamente verso il televisore.
“Quando avete finito di tubare come due colombe possiamo iniziare a guardare il film?”
I due si riscossero e si allontanarono, come se avessero preso la scossa.
Alla fine Deadpool piacque pure al falchetto, che solitamente trovava stupide quel genere di trame.

Andarono a letto e Doflamingo li informò che il giorno dopo sarebbero andati a Mirabilandia, quindi di riposarsi perché la sveglia era stata impostata ad un orario non consono per persone non mattiniere quali Mihawk, il quale infatti non mancò di dedicargli una smorfia contrariata.

L’unica cosa che il fenicottero aveva deciso era che non toccasse a lui svegliarlo.







 

-

Salve, siamo alla fine del ventinovesimo capitolo e mi rendo conto di quanto la storia sia fino a questo punto carina e fluff. Che bello, godetevelo finché dura. Da liceali sono abbastanza facili da trattare, sono delle persone più o meno normali, con ancora pochi traumi e tante speranze per il futuro.  Sì, questo commento è fatto apposta per mettervi ansia ~     Non siamo neanche a metà storia, tranquilli. Chissà quando la finirò… Prossimo capitolo li troviamo a Mirabilandia e potrebbe succedere di tutto. A presto e grazie a chi segue questa long che è veramente molto long.

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Capitolo 30
*** Le belle giornate, iniziano bene e finiscono male, le brutte giornate iniziano male e finiscono peggio. ***


30) “Le belle giornate, iniziano bene e finiscono male, le brutte giornate iniziano male e finiscono peggio”













 

Svegliarsi fu un dramma, questo lo aveva messo in conto, alzarsi lo fu ancora di più, e non c'era niente di strano dato che erano le sei del mattino e dovevano essere in auto entro un’ora.
Il vero dramma shakespeariano, che neanche Macbeth e Amleto messi insieme, fu svegliare Mihawk. Doflamingo non aveva mancato di raccontargli cosa era successo quando ci aveva provato lui giorni prima, e quando lo vide schiacciarsi contro il muro infondo alla stanza gli diede del fifone.

Il fenicottero quel giorno assistette ad un vero miracolo, che non mancò di ricordare per gli anni a seguire come ‘il caso Lazzaro’.

Aveva dimenticato che Crocodile la mattina era completamente un’altra persona: era molto intrattabile, e fin qui nulla di strano, ma era anche più propenso a dispensare affetto e fu proprio quello che, oltre a provocare sgomento nel biondo, gli salvò la vita.

 

Il moro si avvicinò alla coperta che copriva Mihawk e la abbassò un poco notando che l’altro era ancora addormentato. Senza caffeina non riusciva ad ingranare e soprattutto la sua mente era completamente bianca e priva di qualsiasi controllo, questo spiegava a grandi linee perché si ritrovò ad abbracciare il falchetto e a dirgli di svegliarsi che era tardi, in un tono che a Doflamingo ricordò quello di una madre.
A quel punto il biondo pensava di averle viste davvero tutte, ma si sbagliava.
Mihawk emise un suono non identificabile ed aprì un occhio, cullato da una mano che gli accarezzava i capelli.

Perché doveva alzarsi?

Mirabilandia

Emise un altro grugnito e cercò di sottrarsi al tocco della mano, che lo avvicinò e lo abbracciò di nuovo.
“Puoi dormire in auto se ti alzi”
A quel punto Mihawk decise di mettere nelle gambe la forza necessaria solo per raggiungere il sedile e si mise a sedere con gli occhi chiusi.
Doflamingo aveva tirato fuori il cellulare,  troppo stranito per dire qualcosa, e si limitò a fare un video dell’intera scena, da Mihawk che alzava le braccia, a Crocodile che gli toglieva il pigiama e lo vestiva.
Salvò il file con il nome di ‘caso Lazzaro’ e pensò che prima o poi gli sarebbe servito ricattare gli altri due.
Si vestì e attese che gli altri fossero pronti; uscirono dalla stanza e scesero le scale, Mihawk attaccato al braccio di Crocodile sempre con gli occhi chiusi, Doflamingo in testa.
Arrivati alla fine dell’ultimo gradino, trovarono Minako con tre tazze su un vassoio.
Il biondo sorseggiò il suo tè alla pesca, Crocodile fece sparire tutto il caffè in pochi secondi, Mihawk riuscì a bere metà tazza di latte per poi sprofondare nel sonno di prima.
“Divertitevi!” disse ai ragazzi dedicando loro un sorriso.
Crocodile, che sentiva la caffeina entrare in circolo e il suo cervello cominciare a mettersi in moto, la guardò e le rispose in tono gentile, ridandole la sua tazza e quella del falchetto.

“Incredibile, funziona a risparmio energetico. Dorme e cammina”
Doflamingo sorrise e raggiunsero finalmente l’auto.
Una volta a sedere, con Mihawk tra le braccia di Morfeo appoggiato alla sua spalla e il biondo alla sua destra, partirono in perfetto orario.

“Ma chi lo ha svegliato lui?”

Doflamingo continuò a ridere e non rispose, guardando la faccia del moro e cercando di trattenersi dal dire tutto quello che aveva visto.

 

Non ora, un giorno forse, ma non ora.



 

-


Il viaggio in macchina passò tranquillamente, l’autista guidò per le successive due ore e loro si riposarono.
Doflamingo e Crocodile scambiarono qualche parola, Mihawk dormì per tutta la durata del tragitto.
Parcheggiarono l’auto e il biondo scese subito, facendo una linguaccia al moro e lasciandogli il compito ingrato di svegliare l’altro.
Di nuovo.

Il coccodrillo gli rispose con un dito medio e si girò verso il bell’addormentato.
Doflamingo non capì una parola essendo fuori dall’abitacolo, ma dopo qualche minuto, il falchetto era in piedi e con gli occhi aperti che lo salutava.
“Ora mi dici come hai fatto” commentò il fenicottero affiancandolo mentre si dirigevano all’entrata per fare i biglietti.
“Ci sono due regole nel mondo degli affari. Regola numero uno, mai svelare quello che sai” rispose con noncuranza.

Dopo una mezz'oretta erano seduti al bar a fare colazione; il biondo aveva convinto le guardie a restare nel parcheggio e che un GPS nella cintura era più che sufficiente, così erano rimasti da soli.
“Come ci siamo arrivati qui?” chiese Mihawk dopo aver spazzolato la colazione.
“Certo che la mattina siete uno più sveglio dell’altro”
“Che intendi dire?” chiese Crocodile finendo di bere il secondo- e di sicuro non ultimo - caffè della giornata.
“Nulla, lascia stare. Allora, dato che oggi sono previsti una trentina di gradi, direi di iniziare dai giochi d'acqua.”
“Niagara!” esclamò il falchetto e l’altro annuì.
“Dal nome non promette niente di buono” sussurrò Crocodile legandosi i capelli scuri in un codino basso. “Devo tagliarmi i capelli, stanno diventando troppo lunghi”
“No!” sbottò troppo velocemente Doflamingo, e, rendendosi conto di averlo quasi urlato e che gli altri due lo guardavano, aggiunse “stai bene con i capelli lunghi”
“Vero, magari spuntali, ma vanno bene” commentò Mihawk e Crocodile alzò le spalle.

Si diressero verso il Niagara e si misero in fila.

Doflamingo trasse un sospiro di sollievo quando cambiarono discorso; era meglio non far sapere che gli piacevano i capelli scuri dell’altro, magari la prossima volta doveva ricordarsi di sorridere e rispondere in modo normale.
Quando fu il loro turno Crocodile deglutì.
“Quindi siamo su questo affare che viene lasciato cadere ad una inclinazione imbarazzante mentre l’acqua ci finisce addosso”
“Sì”

Il vagone partì e si diresse verso la cascata.

“Voglio scendere”
“Troppo tardi Crocodile” commentò sadico il falchetto mentre Doflamingo rideva.
Si allontanarono dall’attrazione bagnati dalla testa ai piedi, mentre il coccodrillo tremava.
“Voi siete pazzi, e poi con questo vento proprio il Niagara?”
“Ma se si muore dal caldo”
“Falchetto, lui ha il sangue freddo”
Mihawk fece una ‘o’ con la bocca mentre camminavano verso il RioBravo.

Inutile dire che il gommone si girò in modo tale che fu solo Crocodile a venire bagnato dall’acqua gelida che cadeva dai muri.

Inutile aggiungere che gli altri due lo presero in giro per il resto della mattinata.
Prima di pranzo decisero di fare il Katoon, così da evitare di vomitare dopo.
Quell’attrazione mise d'accordo tutti e tre, infatti le montagne russe li divertirono abbastanza da fare un secondo giro.

 

Mangiarono dei panini seduti su una panchina al sole, rilassandosi per la prima volta durante quel giorno.
Crocodile e Doflamingo, troppo impegnati a discutere su quale attrazione fare dopo, non si accorsero che una bambina di quattro anni o poco più si era avvicinata a loro.
Mihawk la guardò incuriosito.

“Ciao” disse dedicandogli un sorriso sdentato “io sono Bibi, tu come ti chiami?”

A poca distanza da loro c'era un uomo abbronzato che fissava in modo dolce la bimba, che il falchetto lo identificò subito come il padre.
“Mihawk, piacere” disse in tono piatto, stupendosi che quell’esserino non fosse già scappato alla vista dei suoi occhi. Di solito i bambini non si avvicinavano a lui per paura, ma lei non sembrava per nulla intimorita.
“Ciao Mipo, ora devo andare, divertiti” e detto questo gli fece un sorriso e si allontanò.
Crocodile e Doflamingo cominciarono a ridere con una mano davanti alla bocca.
“Il primo che si azzarda a chiamarmi in quel modo finisce sopra al Katoon senza protezioni”
Crocodile tornò serio.

“Hai ragione, scusa Mipo
“Che soprannome tenero, Mipo. Sembra il nome di un orsacchiotto”

La bimba, che corrispondeva al nome di Bibi, vide passargli accanto due ragazzi di corsa inseguiti dal moro dagli occhi gialli, e sorrise pensando che aveva fatto come gli aveva consigliato e si stava divertendo.
In realtà Mihawk voleva commettere un fenicottericidio e un coccodrillicidio per poi occultare i cadaveri, ma era ancora troppo piccola per saperlo, così tornò a stringere la manina del suo amico Koza e si allontanò.



 

-


Dopo aver digerito il pranzo ed aver convinto il falchetto a non ucciderli, decisero di provare l’I-Speed, ma per colpa della fila ci impiegarono quasi un’ora.
All’uscita Crocodile non si accorse dello sguardo d'intesa che si scambiarono gli altri due, capì di essere in trappola solo quando lo trascinarono di peso davanti al Phobia, la casa degli orrori.

“Voi siete pazzi, io lì non entro”
“Sì invece”
“Su Croco-chan non fare il bambino”
“Non faccio il bambino! Lasciatemi andare”
“No” risposero in coro trascinandolo dentro al tunnel buio; si ritrovò in mezzo ai due, con Doflamingo davanti che camminava tranquillo mentre persone travestite - che evidentemente avevano avuto dei traumi pesanti - sbucavano da ogni possibile nascondiglio urlando e toccandoli.
Mihawk sembrava stesse facendo la spesa, ma lui non era normale; il biondo sorrideva e li indicava come un deficiente. Lui voleva uscire, ogni volta che vedeva qualcuno assalirli sentiva la mano scattare per colpirlo, ma poi si tratteneva pensando che doveva sopportare, e che il vero inferno lo avrebbero sperimentato quei due una volta messo il piede fuori.
Ad un certo punto si ritrovarono ad un bivio e Doflamingo si allontanò fissando il muro, mentre Mihawk guardò ed analizzò entrambi i passaggi, coperti da delle corde intricate e sporche.
“Io torno indietro. Non ci passo lì, non vedete che è sporco?”
Si era già voltato quando il falchetto lo afferrò per un polso e il biondo lo girò spingendolo in avanti.
“Sei arrivato fin qui, ora dobbiamo arrivare in fondo, non vorrai uscire senza finirlo vero?” cinguettò Doflamingo spingendolo verso la schiena di Mihawk.
“L’unica cosa che finirò” disse prima che il moro davanti a lui decidesse di andare a destra “sarà la vostra esistenza”

Passarono in mezzo alle liane e Crocodile rischiò di vomitare sentendo quelle cose appiccicose e sicuramente piene di batteri e germi sul suo corpo, aprì gli occhi e si ritrovarono in un luogo dalle luci violacee e dai muri spogli. Cominciarono a girare inutilmente.
“Non posso stare davanti io” disse Mihawk poco dopo.
“Perché? Io non ci vado davanti” commentò Crocodile artigliando le spalle all’altro.
“È un labirinto e mettete davanti me? Ok, affari vostri”

Ed infatti si persero più volte mentre uno zombie, preso dallo sconforto, provava a dar loro indicazioni nonostante Mihawk facesse l’opposto di quello che gli veniva detto.
Dopo venti minuti rividero la luce del sole e Crocodile respirò profondamente mentre il suo corpo si rilassava.
Doflamingo lo guardò e per poco non si mise ad urlare dal terrore, rifugiandosi dietro a Mihawk.
“Dopo questa bravata dovrei piantarvi un paletto nel cuore e appendervi con delle corde ad un palo” disse con voce dolce mentre un sorriso gentile si dipingeva sul suo volto “ed invece aspetterò il momento più propizio per farvi passare queste belle idee che vi vengono, non siete contenti?”
Mihawk fischiò sorpreso e il biondo gli strinse il braccio.
“Quella voce sembrava provenire direttamente dall’inferno” commentò infatti il primo, mentre il secondo sibilava un ‘la voce di Lucifero, ci ucciderà tutti’ che lo fece annuire.
Dopo la fantastica esperienza del Phobia, provarono le Torri e Crocodile decise che non ci sarebbe più salito dati i conati di vomito che lo assalirono subito dopo.
Tornarono nel parcheggio e trovarono l’auto ad attenderli, parcheggiata di fianco a quella di scorta ovviamente.

Quando uscirono dal parco dei divertimenti caddero tutti in un sonno profondo, Mihawk sulla spalla di Crocodile e Crocodile appoggiato a Doflamingo, che aveva posizionato il braccio dietro le loro teste.

 

Si svegliarono quando sentirono il motore spegnersi e scesero dall’auto; Crocodile aveva deciso che sarebbe stato il primo a farsi la doccia per togliersi di dosso tutto lo schifo accumulato, poi Doflamingo e infine Mihawk, che ci mise molto come al solito.
Si sdraiarono sul letto mentre il coccodrillo ripiegava i vestiti e li metteva al proprio posto, uno sull’altro.
Mihawk e Doflamingo avevano cominciato a prendersi a cuscinate senza un apparente motivo quando il suo cellulare squillò.

La chiamata proveniva da sua madre, così sorrise pensando a come lo avrebbe rimproverato sul fatto che aveva rischiato una polmonite.

 

“Pronto mamma?”

“Salve, lei è Crocodile?”

 

Una voce maschile che non conosceva gli rispose e lo indusse a controllare di aver letto bene il nome sullo schermo.

 

“Lei chi è? Perché ha il telefono di mia madre?”



 

Tu-tum tu-tum tu-tum



 

I due ragazzi sul letto si bloccarono e lo guardarono.

 

“Io sono un agente dell’unità speciale della Polizia, mi dispiace comunicarle che i suoi genitori sono venuti a mancare questo pomeriggio a causa di un incidente stradale mentre tornavano a casa”

Crocodile lasciò scivolare il telefono dalla mano, che cadde sul pavimento producendo un suono simile ad un crack, mentre il suo sguardo rimaneva fisso sul muro.
Doflamingo si alzò e raccolse il cellulare.

“Pronto chi parla?”

Mihawk fissò preoccupato il moro, che aveva abbassato lo sguardo e ora si guardava i piedi.
Crocodile non aveva più nessuna percezione, sentiva solo un ronzio persistente e il battito del suo cuore accelerato.

Nient'altro.


Tu-tum tu-tum tu-tum


Non vide Doflamingo sbiancare e riporre il suo cellulare sul mobile, non lo vide neanche dire qualcosa a Mihawk.
Ciò che sentì fu il crack di prima, che non veniva dall’apparecchio elettronico, ma da dentro di lui.

Qualcosa si era rotto per sempre, e lui continuava a fissare le ante del pavimento.



 

Tu-tum tu-tum tu-tum










 

-

Salve! Potrei capirvi se mi volete tirare un pugno, ma lasciate che vi dica che siamo solo all’inizio, aspettate e conservatevelo per i capitoli che verranno. Fare morire i genitori di Crocodile era già previsto, ma mi è dispiaciuto sia per lui, sia perchè da adesso in poi i personaggi cambieranno fino ad arrivare a come li conosciamo noi.
La giornata a Mirabilandia è liberamente ispirata a una che ho vissuto io qualche anno fa, Phobia compreso. Tenetevi in mente il soprannome del falchetto perchè verrà riusato più avanti.
Come sempre grazie a chi legge e lascia un commento, a presto~

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Capitolo 31
*** Quando accendi una candela a Dio, accendine due per il Diavolo ***


31) “Quando accendi una candela a Dio accendine due per il Diavolo.










 

Doflamingo concluse la chiamata e appoggiò il cellulare sul tavolo; Crocodile era fermo in quella posizione da qualche minuto, immobile, e più lo guardava, più si sentiva male.

Disse a Mihawk ciò che quell’uomo aveva detto a lui e poi non seppe cos'altro fare se non passarsi una mano sul volto e abbracciare il moro; il falchetto lo imitò.

Crocodile stava osservando le venature del pavimento, che erano diventate estremamente interessanti. Il suo corpo stava diventando via via più freddo, la testa gli pulsava e aveva la gola secca. Lo stomaco era accartocciato e sentiva che avrebbe rimesso da un momento all’altro, il che era un gran peccato perché avrebbe rovinato quelle belle venature.

La visuale gli venne bloccata da un paio di scarpe e poi sentì delle braccia avvolgerlo; sentiva il calore sprigionato da quegli arti e per contrasto percepiva il freddo dentro di sé farsi più intenso.

Nonostante la pelle si scaldasse leggermente, continuò a sentirsi gelare, come se lo avessero messo dentro un frigorifero.

 

Incidente stradale

 

Immaginò il volto di sua madre sfigurato, con gli occhi aperti e vuoti, il sangue sparso ovunque nell’abitacolo.

Suo padre al volante con gli occhi chiusi e i suoi vestiti firmati, che tanto gli piacevano, strappati e sporchi.

Il respiro si fece più pesante.

Non riusciva a capire perché l’ossigeno non gli bastasse. Da quanto stava tremando?

Sentì le braccia stringerlo con più forza e capì che sarebbe crollato sul pavimento se non ci fossero state loro a sostenerlo.

Nonostante tutto le venature erano sempre lì, si disperdevano in strani disegni e poi sparivano sotto la suola delle scarpe di qualcuno.

Chissà com'erano fatte in quel pezzo mancante, se si incontravano oppure no.

 

Doflamingo si rese conto che il corpo di Crocodile era scosso da brividi e si sentì male, si sentì terribilmente male perché per la prima volta in vita sua non sapeva cosa fare.

Anche Mihawk era preoccupato, lo vedeva dal suo sguardo, sembrava quasi che l’iride, di solito di un oro acceso, ora fosse sbiadita, spenta.

 

“Mihawk, acqua” disse solo e l’altro annuì.

Doflamingo strinse Crocodile e lo spostò verso il letto, gli sembrava di avere tra le mani una marionetta fredda e priva di vita, e questo gli fece venire la nausea.

Mise il moro a sedere e si inginocchiò davanti a lui.

“Ehi”

Nessuna risposta.

Il falchetto tornò con un bicchiere d'acqua e lo porse al moro.

 

Crocodile decise che si era stancato delle venature, avevano disegni troppo complessi e lui non aveva voglia di seguirle una per una.

Si accorse che qualcuno gli stava porgendo un bicchiere, e in effetti aveva la gola secca.

Lo prese e bevve qualche sorso.

“Le venature sono noiose” disse soltanto e Doflamingo si alzò e gli diede le spalle, due lacrime gli solcarono il viso mentre a poca distanza assisteva alla distruzione di una delle persone più forti che conoscesse, pezzo per pezzo, come un castello di sabbia travolto dalla marea.

Mihawk provò a capire cosa cercasse di dire e il suo sguardo cadde sul pavimento.

“Sì” gli rispose “dopo un po’ diventano noiose” e il coccodrillo annuì.

 

Il biondo si riprese ed uscì dalla stanza, comunicando all’autista di preparare la macchina; nel mentre Mihawk metteva la loro roba nei trolley.

Non badò molto alla disposizione, anzi alcuni vestiti li buttò dentro quasi a pugni, poi si girò per scusarsi con l’altro e sentì una morsa al petto quando vide il coccodrillo ignorarlo.

Doflamingo tornò poco dopo e si preparò qualche vestito da portarsi dietro, Vergo entrò nella stanza e fissò il ragazzo a sedere, sentendosi strano quando quello non gli dedicò neanche uno sguardo. Aiutò Mihawk a portare in auto i tre trolley; il biondo prese la mano di Crocodile e lo aiutò ad alzarsi.

“Ora ti porto a casa, ok? Non sarai solo, io non ti lascio”

Dopo aver constatato che riusciva a camminare, lo trascinò giù per le scale, sentendo la mano fredda nella sua rispondere timidamente alla stretta.

Giunti davanti alla porta vide suo padre che lo guardava con un cipiglio irritato.

“Dove pensi di andare?”

Doflamingo si girò verso l’uomo, che non vedendo il solito sorriso alzò un sopracciglio.

“A casa con lui. E ci starò per un po’, non posso lasciarlo da solo ora che-”

“So cos'è successo” lo interruppe alzando una mano “ma questo non ti autorizza a fare quello che ti pare. Sei diventato debole per colpa loro”

L’uomo fissò suo figlio girarsi verso di lui, vedendo il suo corpo irrigidirsi e i muscoli del collo scattare, e, per la prima volta in vita sua, ebbe paura.

“Chiudi la bocca” sibilò il biondo mentre una vena pulsava sulla sua fronte.

 

Il capo della famiglia Donquixote seppe che se non avesse stretto la mano dell’altro ragazzo, suo figlio lo avrebbe ucciso.

Quando vide la porta chiudersi, cominciò a ridere in modo sguaiato.

“Niente male, ci siamo quasi”

 

In un'altra stanza, nello stesso palazzo, una donna vestita da cameriera con lunghi capelli verdi era riversa sul pavimento in una pozza di sangue.

 

“Ripulite” concluse brevemente l’uomo tornando nel suo studio.



 

-


Casa di Crocodile era distante e sicuramente ci avrebbero messo più di tre ore ad arrivare.

Nessuno dei tre parlò, Mihawk si limitò a stringere la mano del moro, Doflamingo lo abbracciò, passandogli una mano tra i capelli.




 

I suoi genitori erano morti, questo significava che non aveva più nessun parente, e quindi nessun legame di sangue. Era solo. Avrebbe potuto lasciare il dentifricio aperto e i panni da stendere, non avrebbe più udito la voce di sua madre che lo rimproverava o suo padre che gli diceva che era un figlio degenere, prendendolo in giro quando cercava di mettere ordine nel suo studio, sempre pieno di fogli e polvere.

Era una sensazione strana, gli sembrava di essersi spento come una candela sotto una cupola di vetro.

Sapeva cosa gli stava succedendo, aveva assistito suo padre parecchie volte in casi giuridici e quello che stava avendo era un crollo psicologico coi fiocchi, e non solo.

La sua parte razionale aveva preso il sopravvento e relegato le sue emozioni - tristezza, felicità o dolore - in un angolo sperduto del suo cervello.

Semplicemente non sentiva più nulla e forse, si disse, era meglio così.



 

“Perché siamo in auto un’altra volta?” chiese il coccodrillo dopo qualche ora e i due quasi sobbalzarono dalla sorpresa.

Di certo non si aspettavano che l’altro si riprendesse così in fretta, ma, non appena lo guardarono, ad entrambi si gelò il sangue nelle vene.

Lo sguardo del moro era completamente spento, vuoto, li fissava ma era come se non gli interessasse ricevere realmente una risposta.

In quel momento seppero che la persona che conoscevano era morta per sempre.

 

“Stiamo andando a casa tua” rispose Mihawk dato che Doflamingo non riusciva a parlare.

“Stiamo? Perché venite anche voi?”

“Perché non stai bene” commentò il biondo deglutendo.

Crocodile lo guardò sbattendo le palpebre.

“Sto benissimo. Me la sono sempre cavata da solo, non è un problema” rispose monocorde.

I due tacquero.

 

Arrivarono dopo poco e scesero dall’automobile; il moro prese il suo trolley e tirò fuori le chiavi da una tasca. Mihawk e Doflamingo si guardavano cercando di capire qualcosa, ma non riuscendo a trovare una risposta si limitarono a seguirlo in casa.

Crocodile accese la luce e guardò in giro.

“Vi prendo le ciabatte, scusate il disordine, devo pulire in effetti”

 

Doflamingo continuò a fissarlo per tutto il tempo: si muoveva in modo normale, dava l’aspirapolvere, parlava, ma il suo sguardo era sempre più vuoto. Quello sguardo che aveva sempre amato, deciso, orgoglioso, pieno di odio e con quella corona dorata vicino all’iride che si espandeva quando era felice o quando si arrabbiava.

Vederlo in quello stato lo destabilizzava.

 

“Avete fame? Metto su la pasta”

Fu in quel momento che Doflamingo capì.

L’immagine di Crocodile che apparecchiava e cucinava si sostituì a quella di un bambino biondo con gli occhiali che leggeva libri e tirava con l’arco sorridendo.

Sorridendo perché piangere era da deboli.

Sorridendo perché mostrare i propri sentimenti era da codardi.

Sorridendo perché se si comportava come sempre le persone non gli avrebbero chiesto come stava.

Era tutta una finzione.

Moriva dentro insieme a sua madre, mentre fuori un sorriso scherzoso svettava sul suo volto.

Continuare a muoversi come un automa e recitare la parte che aveva sempre interpretato, era ciò che bisognava fare.

 

Era la stessa cosa che aveva fatto lui.

 

Si girò verso Mihawk, ma non ebbe bisogno di spiegargli niente, anche lui aveva capito.

Crocodile era quello di sempre, ma ogni secondo che passava lo era sempre meno.

“Falchetto, ho bisogno di restare da solo con lui”

L’altro annuì e camminò fino ad arrivare dall’altra parte della casa ed uscire in terrazza.

Si sedette sul gradino mentre il freddo vento notturno gli solleticava la pelle.

Rimase a fissare il cielo in silenzio e attese.

Se c'era qualcuno che avrebbe potuto rimettere insieme i pezzi rotti di Crocodile quello era Doflamingo.



 

“Adesso basta” disse il biondo alzandosi in piedi ed attirando l’attenzione dell’altro.

“Non ti va la pasta?”

“Smettila di fingere”

“Fingere?”

“I tuoi genitori sono morti”

Crocodile sgranò gli occhi.

“Devi sfogarti, se ti tieni tutto dentro finisce che-”

“Cosa?” sbottò il moro “Finisce male? Finisce che non lo supero?”

“Finisce che diventi come me” commentò con un sorriso amaro Doflamingo mentre il moro stringeva le labbra.

“Non ti permetterò di fare il mio stesso errore. Non riuscirai ad andare avanti e ti porterai dietro i loro fantasmi per sempre.” si avvicinò al moro e lo abbracciò passando una mano tra i capelli neri lentamente.

“Non ti permetterò di distruggerti davanti ai miei occhi”

Sentì le mani del moro artigliarsi alla sua schiena.

“Sfogati, questo non ti renderà debole, ma solo umano”

 

E Crocodile lo fece.

Sentì gli occhi bruciare e lacrime calde colare sul suo volto, per poi venire assorbite dalla camicia dell'altro; non riuscì più a tenersi dentro il dolore, aveva provato a farlo, ma quelle parole lo avevano mosso nel profondo e in quel momento non poté fermare i singhiozzi trattenuti e il fremito del suo corpo.

Doflamingo non disse nulla, lo abbracciò fino a quando non lo sentì rilassarsi contro di lui.

 

“Ora sto bene” sussurrò il moro.

“No, non starai mai bene. Questo genere di ferita non guarirà mai, sarà sempre aperta. Puoi solo accettare la situazione e andare avanti.”

Crocodile annuì e il biondo gli porse un fazzoletto.

“Grazie”

Doflamingo gli dedicò un sorriso dolce, uno di quelli che non aveva mai visto, e si mise a cucinare al suo posto.

“Ah, ho lasciato Mipo fuori dalla finestra, non è che andresti a recuperarlo?”

Crocodile si alzò e prese qualcosa dalla giara in salotto.

Mihawk era a sedere sul davanzale, si girò quando sentì la finestra aprirsi e si alzò quando riconobbe il moro.

“Tieni” gli disse porgendogli un cioccolatino al latte.
“Raffaello?” chiese sorridendo.

Crocodile indicò il salotto e non disse altro.
Si sentiva spossato e senza energie, e la sola idea di mangiare gli faceva venire la nausea; tornò a sedersi sul divano e aspettò.

“Ti va del gelato?” chiese il biondo porgendogli una vaschetta e un cucchiaio.

Crocodile annuì e ne mangiò qualche cucchiaiata, mentre i suoi due ospiti facevano sparire il piatto di pasta al pomodoro.
Doflamingo sapeva cosa dire e cosa fare perché ci era passato.

Lui si sentiva vuoto esattamente come prima, ma forse qualcosa era cambiato.

Forse a qualcosa poteva appoggiarsi.

Ritornò con la mente a sua madre che gli sorrideva, a suo padre che se la filava quando vedeva che la donna era di pessimo umore, ripensò a Mihawk in treno che si addormentava contro di lui e al biondo che gli sorrideva dolcemente.

 

Io non ti lascio”


Si addormentò sul divano.

Quando aprì gli occhi qualche ora dopo era sul suo letto, stretto tra due corpi che gli si erano addormentati addosso.

Gli angoli della bocca si alzarono leggermente e tornò a dormire, mentre un leggero calore si diffondeva nel petto.














 


Ok, ok. Vi avevo avvertito che sarebbe stato doloroso, quindi non ho colpe.

La morte di un genitore deve essere una cosa terribile, perderli entrambi ti distrugge. Anche se non si va molto d'accordo con loro, continui a volergli bene, ad appoggiarti a quelle figure che, in un modo o nell'altro, ci saranno sempre, se non fisicamente, almeno nel vostro cuore. La donna morta avete capito che si tratta di Minako… già...
Grazie a tutti come al solito,
A presto~

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Capitolo 32
*** Una volta avevo un lato dolce, poi l'ho mangiato. ***


32) “Una volta avevo un lato dolce, poi l’ho mangiato.










 

Aveva dormito un paio d'ore con quei corpi affianco, era notte fonda quando decise di alzarsi e andare in cucina.

Crocodile chiuse la porta della camera e si mise a girare per casa, mettendo in ordine alcuni oggetti; aprì un cassetto e trovò un pacchetto di sigarette aperto. Sicuramente sua madre lo aveva lasciato lì dimenticandosene subito dopo.

Lo osservò per qualche secondo e poi lo afferrò, dirigendosi verso il terrazzo.

Si sedette su una delle sedie in legno ed estrasse una sigaretta, mettendosela in bocca e accendendola con l’accendino nel pacchetto.

Espirò una boccata di fumo e appoggiò la testa contro lo schienale.

“Che schifo” commentò sorridendo ma continuando a fumare, scoprendo che quel gesto lo rilassava.

Sentì dei passi avvicinarsi e non si girò, continuando a fissare il cielo scuro e il fumo che si librava nell’aria gelida della notte.

“Non hai freddo?”

Scosse la testa.

Si aspettò che l’altro gli facesse la ramanzina sul fatto che fumare facesse male e che avrebbe dovuto spegnerla, invece Doflamingo si sedette di fianco a lui e gli rubò una sigaretta, accendendola subito dopo.

“Una volta fumavo, ma sono riuscito a smettere anche se qualche volta una me la concedo”

Il moro non commentò e tornò a fissare il cielo.

Non c'erano nuvole e le stelle erano particolarmente luminose, anche se a lui più di tutti quei pallini luminosi piaceva la luna, a falce o intera, era lei che cercava con lo sguardo.

Mi piace guardare altri corpi invece di quelli celesti.” commentò il biondo mentre a lui sfuggiva uno sbuffo divertito.

“Non avevo dubbi” disse atono non muovendosi ma espirando una nuova boccata di fumo e lasciando che si disperdesse in spirali.

Passarono il resto del tempo in silenzio, guardando il cielo rischiararsi e finendo il pacchetto di sigarette.

“Devo organizzare i funerali, tu puoi occuparti di Mihawk e della casa? Torno stasera”

Doflamingo lo guardò.

“Non ho bisogno di aiuto, e non ho altri parenti che possano occuparsene” aggiunse e l’altro annuì distrattamente.

“Va bene”

 

Crocodile si alzò, lasciò le chiavi di casa sul tavolo, si ficcò il portafoglio e il cellulare nelle tasche ed uscì di casa.

Quel giorno lo passò ad organizzare il tutto, usando i soldi per comprarsi tre pacchetti di sigarette e saltando il pranzo, sentendo lo stomaco ancora chiuso. Fece un salto in banca e scoprì che, oltre ad avere il suo conto, i suoi avevano redatto un testamento lasciandogli ogni cosa, abitazione compresa. Il notaio, contattato dall’agente bancario incaricato di gestire i suoi beni, gli disse che poteva usufruire dei soldi fin da subito e gli consigliò di rivolgersi ad un agente delle pompe funebri ben specifico, che si sarebbe occupato del funerale sotto compenso. Lui fu d'accordo e lasciò il suo numero al notaio, andando poi dall’uomo indicatogli.

 

Doflamingo e Mihawk fecero la spesa e cucinarono una torta, o almeno ci provarono con pessimi risultati.

Quando il moro tornò e vide il falchetto seduto sul tavolo con la farina ovunque scosse la testa.

“Non voglio neanche sapere cosa volevate fare”

Il fenicottero sbucò da dietro il frigorifero con della crema sul collo e sulla guancia.

“Oh sei tornato! Abbiamo fatto un salto al supermercato e poi abbiamo provato a fare un dolce”

Crocodile lasciò il contenuto delle tasche dentro un cestino all’ingresso e si arrotolò le maniche.

“Io so fare solo la crostata alla marmellata e dei biscotti, ora vi mettete a sedere lì e guardate”

E i due ragazzi obbedirono.

In effetti il coccodrillo sembrava pratico, segno che non era la prima volta che eseguiva quei movimenti.

 

“Io me la sono sempre cavata da solo”

 

In quel momento capirono il significato di quella frase.

Con la pasta rimasta della crostata, il moro realizzò dei biscotti aggiungendo dei cornflakes sopra ed infornò il tutto.

In un’ora e mezza pulì il casino fatto dagli altri due, i quali, sotto velata minaccia, avevano dovuto farsi un bagno e darsi una ripulita, poi estrasse la crostata fumante alla marmellata di fragole e una decina di biscotti.

“Sai che non li ho mai visti biscotti così?” commentò Mihawk prendendone uno.

“Si chiamano Rose del Deserto, sono i miei preferiti” rispose Crocodile facendogli cenno di provarlo dopo avergli messo sopra un leggero strato di zucchero a velo.

“Buofi”

“Falchetto, non si parla con la bocca piena”

“Fai fiffo”

“Certo, come no”

“Mi piacerebbe sapere come avete finito per sporcarvi con la farina e la crema che, per la cronaca, ho dovuto buttare”

“Io so come si fa la crema!” esclamò Doflamingo punto sul vivo “solo che mentre la facevo questo qui con la bocca piena che doveva portarmi la farina è inciampato ed è caduto spargendola ovunque. Mentre lo aiutavo ho bruciato la crema, lui me l’ha spalmata sulla guancia e io gli ho fatto la doccia di farina” concluse annuendo per poi prendere un biscotto.

“oh, ma è buono!”

Crocodile si passò una mano sul volto sospirando sconsolato.

“Povera cucina”

Gli altri due sorrisero imbarazzati con la bocca sporca di briciole e lui proprio non ce la fece a non unirsi a loro, sorridendo leggermente e scuotendo la testa.

Quella casa non era mai stata così affollata.

 

La sera la passarono guardando un film in televisione e facendo zapping fino all’una, poi andarono a letto.

Come la notte precedente, quando l’orologio scoccò le tre di notte, il proprietario della casa aprì gli occhi e si mise a sedere; senza fare alcun rumore uscì in terrazza e si accese una sigaretta.

Espirò sentendo i nervi rilassarsi e il ricordo del sogno di poco prima svanire tra le spirali di fumo.

Per lui dormire poco non era mai stato un problema, ma quella era la seconda notte di fila e cominciava a sentirsi stanco fisicamente, la sua mente invece non voleva saperne di spegnersi, se non pensava ai suoi, gli venivano in mente altri dettagli del tutto immaginari.

La mente umana può giocare brutti scherzi, brutti e terribili, che riescono a piegare la psiche e a distruggere un uomo dall'interno.

Solitamente il corpo è progettato per consentire l’autoconservazione e la vita, infatti non riusciamo a strangolarci da soli, ma quando si tratta di dolore mentale siamo dei veri maestri ad ingigantire e ad immaginare scenari mai successi ma che potrebbero essere accaduti.

Quando qualcuno a noi caro ci lascia, la prima cosa che pensiamo è che non possa essere vero - rifiuto - per poi incolpare noi stessi, magari perché non gli abbiamo detto quanto tenevamo a lui in tempo - rimorso - ed infine arrivano i ricordi; qualsiasi cosa tu faccia, ripensi a quella persona e ti attacchi come un bambino alla sottana della madre a quei brandelli di memoria, rivivendoli ancora, e ancora e ancora - dolore - fin quando non senti più nulla, fin quando una parte di te non muore con lui - accettazione - e si riesce ad andare avanti, con una cicatrice sul cuore che non guarirà.

 

L’odore acre di quelle sigarette gli ricordò quando sua madre era piegata sui fogli e digitava in modo quasi assatanato sui tasti del computer, segno che la consegna del suo articolo era agli sgoccioli.

Suo padre fumava sempre dove era seduto in quel momento, ma lui preferiva i sigari cubani, che avevano decisamente un altro profumo.

Nonostante questo, nessuno dei due genitori aveva mai fumato in sua presenza per non fargli prendere il vizio.

Si appoggiò allo schienale e chiuse le palpebre.

“Sei impazzito?”

La voce di sua madre lo riscosse e gli fece spalancare gli occhi, trovandosi davanti la donna che lo fissava arrabbiata.

“Che diavolo ti salta in mente? Spegnila subito! Tesoro, tuo figlio fuma, è colpa tua, vieni qui e digli di smettere”

Crocodile rimase immobile a fissare quella figura dai mossi capelli neri e lo sguardo fiero che camminava avanti e indietro per la terrazza.

Suo padre sbucò dalla finestra.

“Non dare la colpa a me se il tuo coccodrillino ha preso il tuo vizio, quando fumerà dei sigari ne riparleremo” commentò sorridendo e sparendo di nuovo, non prima di avergli fatto l’occhiolino.

“Ma guarda te questo” sbottò la donna non trattenendo un sorriso “fai in modo che sia l’ultima, ci siamo capiti? Ora devo finire di scrivere, voglio vederti con denti lavati e sigarette buttate entro dieci minuti, signorino” disse sorridendo.

 

Crocodile aprì gli occhi di scatto e respirò affannosamente, guardandosi attorno in maniera spasmodica, trovando solo piante e vento a fargli compagnia.

Respirò ancora e cominciò a ridere mettendosi una mano sul volto, mentre calde lacrime scendevano sul suo volto.



 

Doflamingo si stiracchiò e si alzò velocemente, togliendosi il pigiama e mettendosi maglietta e jeans.

Erano quasi le sette e di Crocodile ovviamente neanche l’ombra; ormai aveva capito che per lui era diventato un problema dormire e che andava in terrazza ad affrontare i suoi demoni da solo, con un pacchetto di sigarette come spettatore ignaro.

Andò in cucina trovando il soggetto dei suoi pensieri a sedere davanti alla tavola preparata per la colazione.

Stava bevendo un caffè, ma le occhiaie che vide lo spaventarono.

“Buongiorno”

L’altro gli rispose con la stessa parola.

“Hai mangiato qualcosa?”

Il moro lo guardò senza aprire bocca.

Incrociò le braccia e rimase in piedi di fianco a lui non distogliendo lo sguardo.

“Se non mangi dovrò ficcarti un imbuto in gola”

Crocodile non era stupido, sapeva che non sarebbe andato avanti molto senza mettere qualcosa nello stomaco.

Riluttante, tagliò una fetta di crostata e la mise nel piatto. Doflamingo non accennava a muoversi.

Sconsolato, cominciò a mangiare. All’inizio fu dura mandare giù, ma pian piano sentì la fame tornare e riuscì a finirla.

Dopo aver bevuto tutto il caffè si girò finalmente verso l’altro, che lo guardava soddisfatto.

“Non era difficile”

Il biondo mangiò senza riserve e lui lo ringraziò mentalmente di essere lì, come ringraziò Mihawk che, neanche fosse stato buttato giù dal letto, alle nove era in piedi e con lo sguardo assonnato.

Quel giorno si sarebbero tenuti i funerali.

Dopo pranzo si vestirono di nero e si incamminarono verso la chiesa, trovandola già piena.

Molti gli fecero le condoglianze, altri gli riservarono solo occhiate cariche di pietà.

Bon Clay lo abbracciò piangendo e non si staccò finché lui non corrispose; Daz Bornes gli mise una mano sulla spalla e Ivankov gli passò una mano tra i capelli.

Doflamingo e Mihawk rimasero quasi in disparte, ma sempre nelle vicinanze dell’altro, assicurandosi che stesse bene.

Il falchetto dovette trattenere per un polso il biondo quando l’ennesima persona parlò con la vicina ‘di quanto fosse sfortunato quel povero ragazzo e di come sicuramente non lo avrebbe superato’.

Dopo la cerimonia, Crocodile, seguito dai suoi due coinquilini improvvisati, Daz, Bon Clay, Ivankov e Inazuma, si diresse al cimitero per controllare che i suoi ricevessero una degna sepoltura.

Lui li aveva sempre odiati i funerali, pieni di persone che piangono, molte delle quali ipocrite e approfittatrici. Alcuni si imbucavano, neanche conoscevano il morto, ma godevano del dolore della gente.

Non serve una cerimonia per dire addio a qualcuno, quando riesci ad accettarlo dentro di te sai già che il tuo addio lo hai dato.

Piagnucolare su una lapide, sopra un corpo morto, era inutile.

 

Uscì dall’edificio e trovò quelle persone ad aspettarlo; Ivankov cercava di confortare Bon-chan, Daz aveva le braccia incrociate e guardava la strada, Doflamingo e Mihawk scambiavano qualche parola con Inazuma.

Li ringraziò per essere venuti e disse che sarebbe andato a casa a farsi una doccia.

 

“Zuccherini” disse l’uomo truccato rivolgendosi ai due nuovi arrivati “a quanto pare lui tiene molto a voi, cercate di stargli vicino. Ha un carattere difficile e non vi permetterà di farlo, ma anche solo il fatto che voi siate in quella casa è di grande aiuto”

Doflamingo sorrise e Mihawk annuì, poi seguirono il moro a poca distanza.

“Povero Boss…”

“Bon clay, non essere debole. Può superarlo, ha solo bisogno di tempo”

“Daz-chan, a volte invidio il tuo sangue freddo”

“Lo conosco abbastanza per poterlo dire”

Inzauma si mise a posto gli occhiali e Ivankov sospirò.

“Hai ragione”




 

-



 

I giorni successivi passarono esattamente come i precedenti, con Crocodile che dormiva un paio d'ore e si svegliava nel cuore della notte per fumare in terrazza, loro che gli tenevano compagnia e qualche volta lo convincevano ad uscire per fare una passeggiata, promettendogli che sarebbero passati da un tabaccaio.

L’unica cosa che cambiò fu che il moro cominciò a mangiare di più, non si strafogava, ma almeno metteva qualcosa nello stomaco.

Dopo una settimana, Mihawk dovette preparare le valigie per tornare a casa propria, non avendone la minima voglia. Lo accompagnarono alla stazione in modo che non si perdesse, e lo salutarono con un lungo abbraccio.

“Chiamami” disse solo a Crocodile, il quale annuì; poi dedicò uno sguardo intenso a Doflamingo, che capì e sorrise, salì nel vagone e si sedette.

Non se ne sarebbe andato se sua madre non avesse insistito, ma soprattutto aveva visto che il moro stava cominciando a riprendersi e che il peggio era passato; limitarne ancora la libertà sarebbe stato controproducente.

 

E poi, pensò mettendosi le cuffie nelle orecchie e facendo partire Beethoven sono sicuro che Doflamingo sarà più utile di me













 

*extra*

 

Una figura ricurva, appoggiata ad un muro scolorito di un palazzo vecchio stile, si accese una sigaretta, estraendo un telefono e aspettando una risposta.

“Pronto Signore? Sì, sappiamo dove abita. Ok, continuerò a tenerlo d'occhio”

L’uomo dall'altra parte del cellulare sorrise e si passò una mano sul completo beige.










 

-

Ebbene sì, siamo alla fine di questo ennesimo supplizio, e Crocodile sta cominciando a riprendersi. La vicinanza dei due ragazzi è stata essenziale per ricucire la ferita che la perdita dei genitori gli ha inflitto, ma una cosa del genere ti segna nel profondo e ti insegna ad apprezzare ciò che hai in maniera maggiore.

E l’extra? È preludio di problemi a quanto pare...

Grazie a tutti quelli che sono riusciti a non buttarsi dalla finestra, ci vediamo al prossimo capitolo~

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Capitolo 33
*** Cadere. Cadere e non rialzarsi. È per questo che si usa lo stesso verbo affiancato alla parola amore. ***


33) “ Cadere. Cadere e non rialzarsi. È per questo che si usa lo stesso verbo affiancato alla              parola amore.









 

Lasciata la stazione, i due tornarono a casa. Il biondo sapeva che nel giro di qualche giorno sarebbe dovuto ripartire anche lui, e decise di fare qualcosa in quel lasso di tempo. Doveva trovare un modo per far dormire l’altro, anche a costo di dargli una botta in testa.
Crocodile riempì la vasca con acqua calda e si tolse i vestiti, immergendosi fino al petto e appoggiando le braccia sul bordo di marmo.
Si rilassò per qualche minuto, almeno finchè Doflamingo non entrò dalla porta e si mise a sedere contro la vasca, dandogli le spalle.
“Non si sa mai che perdi i sensi e affoghi” gli disse solo, giustificando la sua presenza lì.
Il moro non disse nulla e chiuse gli occhi.
Quando decise di voler uscire, il biondo si alzò ed uscì, mettendosi a sedere sul divano, aspettandolo.
“Vieni qui”
“Non darmi ordini” commentò il padrone di casa, ma fece comunque quello che gli aveva detto.
Se anche il biondo lo aveva notato doveva essere ridotto proprio male;  aveva sonno, era stanco e le palpebre si chiudevano, ma la mente non voleva saperne di lasciarlo in pace per più di un’ora, proponendogli una vasta gamma di ricordi, dai compleanni coi genitori, alle vacanze al mare.
Aveva rischiato davvero di addormentarsi nella vasca, ma la presenza dell’altro lo aveva mantenuto vigile.

Doflamingo si sdraiò sul divano e lo trascinò con sé, facendolo stendere a pancia in giù su di lui e bloccandolo avvolgendogli le braccia in vita.
“Prova a dormire”
Voleva rispondergli che era inutile, che il problema non era che non volesse, era che non poteva, ma tacque e sospirò, chiudendo gli occhi e concentrandosi sul battito cardiaco dell’altro.
In quel momento rivide la scena della libreria, con Mihawk che li aveva chiusi dentro e lui e il biondo che si erano parlati senza difese per la prima volta in vita loro.
Il corpo si rilassò all’istante e Crocodile si addormentò, cullato da quel tu-tum che gli trasmetteva un senso di pace.
Doflamingo non si mosse se non per passargli una mano tra i capelli quando vedeva che cominciava ad agitarsi; rimase in quella posizione per ore prima di cedere anche lui a Morfeo.

Il primo ad aprire gli occhi fu il fenicottero, che si rese conto immediatamente del corpo addormentato sopra di lui. Diede un’occhiata all’orologio e scoprì che avevano dormito lui circa otto ore, il moro più di dieci.
Stava albeggiando e dei suoi demoni neanche l’ombra.
Per una volta era riuscito a dargli una mano.
Sorrise abbracciandolo e fissando il soffitto; aveva fame e doveva andare in bagno, non sentiva più la gamba destra e doveva sgranchirsi le braccia, ma piuttosto che muoversi sarebbe morto.
Crocodile si svegliò dal letargo solo due ore dopo, muovendosi leggermente e sedendosi sul divano, dando modo a Doflamingo di alzarsi, andare in bagno e preparargli il caffè.
Quando guardò l’orologio sbiancò; dodici ore di sonno non le aveva mai fatte, neanche da bambino, al massimo era arrivato a nove.
Fissò la figura del biondo aggirarsi in cucina mentre canticchiava ‘Primadonna girl’ e sorrise; se non ci fosse stato lui probabilmente non avrebbe chiuso occhio neanche quel giorno.
Fu in quel momento che capì la portata dei suoi sentimenti, quando lo vide preparare una moka - cosa per il fenicottero del tutto nuova dato che a lui non piaceva il caffè e che aveva imparato a fare in quei giorni - per poi porgergli una tazza fumante, fu lì che capì che la presenza del ragazzo con gli occhiali era diventata essenziale.
Tempo prima sarebbe scappato, invece si ritrovò a sorridere, cosa che provocò una sincope e diversi infarti a Doflamingo, il quale appoggiò la tazza sul mobile più vicino e gli posò una mano sulla fronte per sentire se avesse la febbre.
Forse farlo dormire così tanto non era stata una grande idea.
Crocodile sorrise ancora notando il suo comportamento e decise di dargli il colpo finale tirandolo per il colletto e baciandolo lentamente, in modo quasi logorante.
Un bacio del genere non lo aveva mai ricevuto e questo gli provocò debolezza alle ginocchia e mandò in tilt il suo poco controllo; il biondo si staccò e lo fissò in modo interrogativo.
“Che c'è?” chiese il moro lasciandolo e sedendosi meglio.

Che c'è dice, pensò il ragazzo allungandogli nuovamente la tazza, c'è che per poco non mi viene un attacco cardiaco e non sputo il cuore, ecco che c'è

Il padrone di casa sorseggiò tranquillamente il caffè, mentre di fianco a lui il suo ospite si stava torturando le mani.
Perché quello era un bacio di una persona che ama, di certo non uno che si dà tanto per fare.
“Mangiamo?” chiese Crocodile alzandosi, passando davanti alla radio e accendendola.


 

I wanna live life, and never be cruel,
I wanna live life, and be good to you.

I wanna fly,
And never come down,
And live my life,
And have friends around.

We never change, do we?
No, no.
We never learn, do we?
So I wanna live in a wooden house,

I wanna live life, and always be true,
I wanna live life, and be good to you...





 

Si diresse in cucina sulle note dei Coldplay, Doflamingo annuì e lo seguì; spensero la radio non appena finì la canzone e mangiarono.
Durante la cena battibeccarono come la prima volta che si erano incontrati, tirando in ballo gli argomenti più svariati, dal colore delle tende agli abbinamenti di vestiti. Il biondo stava quasi per mettersi a piangere quando l’altro gli dedicò un ghigno divertito e uno sguardo intenso, di quelli che tanto gli piacevano e che gli erano mancati.
Finito di sparecchiare, si spostarono nuovamente sul divano a guardare la TV, facendo una pausa per fumare una sigaretta. 
Quando fu abbastanza tardi, il fenicottero lo costrinse ad andare a letto.
“Ho dormito abbastanza”
“Non importa, anche Capitan America ha dormito settant'anni in ibernazione, però qualche ora di sonno deve farla pure un super soldato come lui”
“Le tue argomentazioni fanno così schifo che non so neanche da dove iniziare per smontarle”
“E allora non lo fare e mettiti a letto, almeno ti riposi, Capsicle”

Divertito, si infilò sotto il lenzuolo del suo letto a una piazza e mezzo, subito seguito dall’altro, che si sdraiò di fianco a lui a pancia in su.
Crocodile non aveva sonno neanche un po’, anzi, dopo quella dormita il suo cervello era tornato più attivo di prima. In quel momento, la vicinanza del biondo gli faceva venire in mente solo cose vietate ai minori.
Ignaro dei pensieri dell’altro, Doflamingo si girò dandogli le spalle e il moro lo considerò un invito bello e buono.
“Croco-chan” 
“Dimmi”
“Cosa stai facendo?”
“Vuoi un disegno?” rispose sarcastico direttamente nel suo orecchio mentre la sua mano si infilava nei pantaloni del biondo, il quale pensò che probabilmente era finito nel mondo dei contrari dato che di solito i ruoli erano invertiti.
Si girò verso il moro facendo sfiorare le punte dei loro nasi.
“Sei sicuro?”
“Questa volta lascia fare a me” commentò Crocodile fissandolo con uno sguardo deciso che lo fece deglutire.
Sapeva che Doflamingo non era mai stato sotto e che la sua richiesta poteva sembrare azzardata, ma sentiva il bisogno fisico e mentale di unirsi a lui, di fare quello che ormai non poteva più essere definito solo sesso.
Continuò a fissarlo non aprendo bocca, aspettando che il biondo capisse.
Il fenicottero si mise a sedere e si voltò verso il comodino, appoggiando sopra gli occhiali e permettendo al moro - grazie alla poca luce che entrava dalla finestra - di incontrare nuovamente quelle iridi strane e magnetiche.
In quel momento gli avrebbe concesso qualsiasi cosa gli avesse chiesto.
“Va bene” disse soltanto, accordandogli una fiducia che non sapeva neanche di avere. Ma ovviamente con Crocodile non valevano le sue convinzioni, lui riusciva ad abbattere qualsiasi muro si costruisse.
Il moro annuì e si avvicinò, posizionandosi sopra di lui e baciandogli il collo lentamente, per poi passare a suggere e mordere ogni tanto, alternando i movimenti.
Nel mentre la sua mano era tornata dove era prima, cominciando a toccarlo in maniera più insistente ma sempre in modo lento e calcolato.
Era snervante.
Il coccodrillo si muoveva in modo così logorante che più lo toccava e più aveva voglia che non si fermasse. Anche il loro modo di fare sesso era agli antipodi: lui era irruento e passionale, a tratti violento, quasi come un fiume in piena che rompe gli argini; l’altro invece era calmo, spossante, come la goccia che scava la pietra, si prendeva tutto il tempo per farlo impazzire.
Il suo respiro si fece pesante e vide i suoi pantaloni cadere sul pavimento; stava per dirgli di smetterla di andarci così piano, quando Crocodile lo baciò nello stesso modo in cui poche ore prima gli aveva mandato in pappa il cervello.
Cosa che successe di nuovo.
Lo vide staccarsi solo per leccarsi le dita e da lì non riuscì più a formulare un pensiero coerente, neanche a formare frasi che contenessero più di un monosillabo.
Non pensava che stare sotto fosse così piacevole, che sentire una persona dentro di sé fosse così totalizzante da annullarlo completamente.
Ed invece dovette ricredersi, mentre le loro mani si stringevano in una morsa quasi dolorosa.
Vennero quasi insieme, il biondo non riuscendo a trattenere un gemito, il moro mordendogli il collo.

Si diede dello stupido. Non era lo stare sotto ad essere così bello, era stare sotto con qualcuno che si amava che rendeva l’esperienza irripetibile.

Ansimò cercando di riprendersi mentre il coccodrillo faceva lo stesso sdraiato al suo fianco.
Passarono diversi minuti in cui solo il rumore dei loro respiri rompeva il silenzio.
“Permettimi di ricambiare”
E Crocodile ghignò. Con uno di quei sorrisi sghembi che tanto piacevano all’altro e che da tempo non riusciva più a fare.
“Se proprio devi”
“La solita prima donna”
“Il solito cretino”


 

-

Alla fine dormirono tre o quattro ore, passando il tempo a rotolarsi tra le lenzuola e a tirarsi sberle, prendendosi per il culo in ogni senso possibile.
Doflamingo si alzò sbadigliando e cercò i suoi vestiti sparsi sul pavimento, mentre Crocodile grugniva qualcosa di incomprensibile assumendo la forma di una palla.
Si diresse in cucina e pulì la moka, ricaricandola e accendendo il fornello; ormai era diventato pratico.
Prese due tazze e le appoggiò sul tavolo, la sua la riempì con il tè freddo alla pesca, in quella del moro mise due cucchiaini di zucchero e un goccio di latte; quando la caffettiera borbottò, spense il fornello e versò il caffè, sedendosi poi davanti al tavolo per bere.
“È già pronto?” domandò Crocodile sbucando dal corridoio; Doflamingo sputò il tè e appoggiò la tazza cominciando a tossire.
“Ah, i vestiti”
Il biondo sospirò passandosi una mano sul volto, ora privo degli occhiali; stranamente si sentiva a suo agio anche senza.
“Questa è istigazione allo stupro!” esclamò dalla cucina mentre il cellulare del moro suonava.
“Ciao Mihawk” commentò entrando nuovamente in cucina con addosso pantaloni e maglietta mentre il biondo puliva il tavolo.
“Sì, va tutto bene”
“Salutami Mipo” disse il fenicottero ridendo.
“Ti saluta anche l’altro”
E mentre parlava al telefono piantò il suo sguardo in quello dell’altro, rimanendoci impigliato per tutta la durata della chiamata.













 



Con questo capitolo mi avete perdonata per la sofferenza dei precedenti, lo so.
Questi due sono dei patatini in questo stato da piccioncini che quasi non li riconosco-
E Doflamingo che sta sotto è una novità ma mi piace il reverse.
Prossimo capitolo sarà interamente su Mihawk, anche lui avrà i suoi grattacapi per colpa di una testa rossa, ma non la solita che conosciamo.
A presto ☆

ps. La canzone alla radio è dei Coldplay e si intitola We never change, la ascoltavo quando ho scritto il primo capitolo di questa storia, che ha finito per assumerne il nome.

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Capitolo 34
*** È amore quando devi scegliere tra due fette di torta e scegli quella più piccola ***


34) “ È amore quando devi scegliere tra due fette di torta e scegli quella più piccola











 

Mihawk era arrivato a casa e aveva parlato a sua madre, spiegandole il motivo per cui si era trasferito a casa di Crocodile per oltre una settimana. La donna capì e gli disse che quella sera avrebbe cucinato una torta per festeggiare il suo rientro e lui non fu che felice.
Una volta sistemati i vestiti decise di uscire per fare una passeggiata e si portò dietro un libro da leggere; dopo che Doflamingo gli aveva prestato quello di Agatha Christie, aveva deciso di fare una lista con quelli che gli mancavano e di comprarli volta per volta, in modo da leggerli tutti.
Così, con ‘ Il Mistero del Treno Azzurro ’ sotto braccio, si diresse verso il parco, più precisamente in una zona poco frequentata e che sapeva essere perfetta per la lettura.
Si trattava di un pezzo di verde situato dietro un mucchio di alberi, provvisto solo di una panchina che si reggeva in piedi per miracolo; poco distante si sentiva l’acqua di un canale aperto scorrere tranquilla.

Una volta arrivato alla sua panchina, si sedette ed estrasse il cellulare, digitando un numero che ormai aveva imparato a memoria.

“Pronto?”
“Ciao Mihawk”
“Lo hai già ucciso? Come va?”

Crocodile rise in risposta.

“Sì, va tutto bene, grazie. Ti saluta anche l’altro”
“Allora è vivo. Pensavo lo avessi già defenestrato”
“Mi prepara il caffè la mattina e cucina, mi è utile”

Il falchetto poté sentire distintamente un ‘ehi!’ di protesta che lo fece sorridere.

“In tal caso tienilo finché funziona bene, poi rimpiazzalo con un modello più all’avanguardia”
“Guarda che ti sento! C'è il viva-voce stronzo!”
“Impegnati di più fenicottero, fai la brava casalinga”
“Sei fortunato che non ti ho a portata di pugno, Mi-Po”

Il soprannome cantilenato fece assottigliare lo sguardo al ragazzo.

“La prossima volta ti sgozzo. Crocodile, se hai problemi chiama”
“Tranquillo, non esiterò a farlo”
“Ciao Mipo stammi bene!”
“Brutto-”

Mihawk guardò lo schermo; gli aveva anche chiuso la chiamata in faccia, quel maledetto.
Sbuffò divertito, sicuro che nessuno lo avrebbe visto, e ripose il cellulare in tasca per poi aprire il libro nel punto in cui era arrivato.
Lesse qualche riga e si sentì strano, come se fosse sotto un microscopio.
Alzò lo sguardo e di fronte a lui, a circa un paio di metri di distanza, sotto un albero, notò una ragazza e capì il perché di quella sensazione.
Era seduta composta, anche lei con un libro tra le mani; i suoi occhi erano di un caldo color nocciola che gli ricordò il gelato omonimo, ma furono i capelli a fargli storcere il naso.
Rossi.
E non rossi sbiaditi o quasi arancioni, segno che erano il risultato di una tinta.
No, proprio rossi. Rossi come li aveva quella piattola di Shanks, anche se forse i suoi erano più scuri, tendenti alla ciliegia.
La ragazza non accennava a distogliere lo sguardo e lui sbuffò infastidito, ritornando a leggere e provando ad ignorarla.
La sensazione però non scomparve e fu costretto a chiudere il libro di scatto, ripiantando i suoi occhi dorati in quelli divertiti della seconda piattola rossa.
“Piantala di fissarmi”
“I tuoi occhi” disse soltanto. Aveva una voce calma, quasi calda, cosa che lo infastidì ancora di più.
“Lo so, sono strani, ora lasciami in pace”
“Sono belli, le persone non sanno apprezzare le cose che esulano dalla normalità perché non riescono a classificarle.”
Detto questo distolse lo sguardo e cominciò a leggere.
Mihawk rimase qualche secondo inebetito, non sapendo bene cosa rispondere a un complimento del genere, così si limitò a lanciarle un’altra occhiata, per poi tornare a leggere.
Passarono le ore e quando fu ora di cena si alzarono quasi contemporaneamente, guardandosi un’ultima volta.
Si diedero le spalle e si allontanarono; il falchetto non sapeva bene come comportarsi, non era mai stato bravo a rispondere ai complimenti, così si limitò a pensare che le avrebbe parlato se mai l’avesse rivista.

Il giorno successivo si dedicò agli allenamenti con Rayleigh, il quale non gli permise di distrarsi un secondo e lo sfiancò per bene.
Andò a letto presto e si svegliò tardi, mangiò, prese il libro e si diresse al solito posto.
Quasi si offese quando trovò la panchina occupata dalla ragazza della volta precedente, ma non disse nulla, sedendosi dalla parte opposta e cominciando a leggere.
Le ragazze erano tutte uguali, non stavano mai zitte, erano superficiali e piene di romanticismo, cosa che a lui disturbava molto.
Quindi si aspettò che anche lei lo avrebbe tartassato di parole e posto domande assurde.
Cosa che ovviamente non accadde, anzi, passarono tutto il pomeriggio a leggere in silenzio, uno affianco all’altra, senza proferire verbo.
Giunta una certa ora si alzarono, si guardarono, e ognuno andò per la sua strada.
Quella sorta di strana routine si ripeté per una settimana, finché non cominciarono a parlare, quasi per caso.

“Da quanto vieni qui a leggere?”
“Da prima di te”
“Non credo, io non ho mai visto nessuno”
“Neanche io”
“Quindi venivi ad un orario diverso”
“No, è sempre questo”
“Allora non è possibile”
“Forse ero appoggiata al tronco dalla parte opposta, per quello non ci siamo visti”
“Capisco”
“Mi ricorderei di te altrimenti”
“Era un complimento?” chiese Mihawk girandosi per la prima volta a guardarla.
“Forse” rispose lei tornando a leggere, e lui la imitò.

Anche quella volta lei era riuscita a metterlo a tacere.
Dopo quella conversazione però, i due stabilirono con un accordo non verbale che avrebbero sopportato la presenza reciproca.

Il giorno successivo Mihawk si recò da Rayleigh per l’allenamento, che durò le solite tre ore.
“Come si fa a rispondere ad un complimento? Un grazie mi pare imbarazzante” si lasciò sfuggire mentre beveva un succo.
Shakky lo fissò sorridendo.
“Te lo ha fatto una ragazza? In tal caso potresti farle un complimento anche tu” disse lei pulendo un piatto.
“Ma non è normale”
Rayleigh lo fissò interrogativamente.
“Nel senso che non è una ragazza che si definirebbe normale, è più come me” spiegò, e l’uomo capì.
“Allora non c'è bisogno di parole, non ti pare?” commentò facendogli un occhiolino.

Mihawk uscì dal bar più confuso di prima.
 

-
 

“Shanks, se io ti facessi un complimento, tu cosa risponderesti?”

Il ragazzo dai capelli rossi fissò stralunato lo schermo del telefono.

“Mihawk ma che-”
“Rispondi”
“ehm… grazie?”
“Ok, ora metti che te lo abbia fatto una ragazza, ma che abbia il mio carattere”
“Ti stai dichiarando?”
“Non fare il cretino, ma perché ti ho chiamato?”
“Ok, calma. Fammi pensare”

Shanks si grattò l’orecchio; se Mihawk gli stava chiedendo una cosa del genere probabilmente era perché non sapeva come rispondere ad una ragazza, ma che ne avesse trovata una col suo stesso carattere, beh, quello era un miracolo!

“Se una ragazza così mi facesse un complimento probabilmente rispondere grazie servirebbe a poco”
“Già”
“Un regalo.”
“In che senso?”
“Se tu mi facessi un complimento, ti regalerei un libro oppure dei fiori, delle rose rosse!”
“Per una volta mi sei stato d'aiuto, grazie”
“Di nulla”

Shanks chiuse la chiamata appoggiando il telefono sul tavolino del bar.
Era felice che finalmente Mihawk mostrasse interesse per qualcuno, anche se, ad essere sinceri, qualcosa dentro di lui non lo faceva gioire totalmente, anzi, gli aveva fatto pure chiudere lo stomaco.
“Ecco qua!”
“Oh, Makino, scusa se non ti ho aiutata coi caffè”
“Figurati”

Scacciò quella sensazione e sorrise alla ragazza.




 

Mihawk uscì prima del previsto; anche quel giorno avrebbe avuto gli allenamenti, ma prima di recarsi alla palestra doveva fare una cosa.
 

La ragazza dai capelli color ciliegia raccolti in una coda bassa, arrivò puntuale come ogni giorno e si lasciò scappare un sorriso divertito alla vista di una rosa rossa sulla panchina.
Quel giorno il ragazzo dagli occhi dorati non si presentò, ma lei tornò comunque a casa contenta, stringendo tra le dita lo stelo di quel fiore.
Mentre camminava gli venne in mente un modo per ricambiare.

 

Il giorno successivo Mihawk arrivò per primo, sedendosi sulla solita panchina e iniziando a leggere. Chissà se la ragazza aveva capito che la rosa era per lei, non era affatto pratico di queste cose, ma sicuramente era meglio che intavolare una discussione. Adesso che ci pensava non conosceva neanche il suo nome.
Dopo una decina di minuti la ragazza si sedette di fianco a lui, questa volta più vicino, e gli porse qualcosa.
Lui alzò lo sguardo e vide che gli stava dando un segnalibro plastificato con delle margherite dentro.
“Mi chiamo Sora” disse lei mentre Mihawk prendeva il segnalibro e lo guardava attentamente.
“Drakul Mihawk”
“Hai anche un nome singolare, non avevo dubbi. L’ho fatto io, per rispondere alla tua rosa” disse guardandolo dritto negli occhi, tornando a leggere subito dopo.
Il moro rimase a guardarla come la prima volta, non sapendo nuovamente cosa dire e, sentendosi in imbarazzo come mai prima d'allora, la imitò.
Non vide un leggero sorriso increspare quelle labbra che sempre erano state dritte, donandole un’espressione seria, illuminarle il volto.
Mihawk usò il segnalibro da quel momento in avanti, e pensò a cosa fare la volta successiva, dato che si trovava nuovamente in svantaggio.

Il giorno dopo le portò una scatola di cioccolatini, resistendo in un qualche modo all’impulso di farli sparire.
Sora sorrise e cominciò a mangiarli; in effetti non sapeva se li avrebbe apprezzati dato che solitamente le donne sono sempre a dieta, ma quando vide che le piacevano si ritenne soddisfatto.
“Secondo te cos'è l’amore?” chiese lei accartocciando una cartina.
Mihawk ci pensò qualche secondo.
“È amore quando devi scegliere tra due fette di torta e scegli quella più piccola” rispose.
Lei sbatté le palpebre e annuì, allungandogli un cioccolatino.
“È vero amore quando non devi dire 'mi dispiace, ho mangiato l'ultimo Pandistelle’ ”
Il moro si girò a guardarla e lei fece lo stesso.
“Ti aspettavi fossi a dieta?”
“Non lo siete tutte?”
“Meglio per me, più roba da mangiare”
Il falchetto proprio non riuscì a trattenere un sorriso, che venne corrisposto dalla rossa.
E non riuscì più a trattenerlo, quando incrociava i suoi occhi nocciola nasceva spontaneo; pensò che, se lei glielo avesse chiesto, le avrebbe volentieri ceduto la fetta più grande.












 

*extra*

Per quanto la compagnia di Makino fosse piacevole e amasse passare il tempo in sua compagnia, la sua mente proprio non voleva saperne di non pensare a Mihawk, almeno due volte al giorno si chiedeva se avesse fatto passi avanti con quella ragazza.
Cercò di convincersi che la sua preoccupazione era quella che si provava verso un amico, d'altra parte si era sempre dovuto occupare del moro fin da quando lo conosceva: si perdeva ovunque, sapeva cucinare poco o niente e spaventava le persone.
Lui si divertiva a dargli una mano e sapeva di essere uno dei pochi individui di cui l’altro si fidasse. Non aveva mai preso in considerazione l’idea che qualcuno potesse prendere il suo posto, che qualcuno potesse ottenere più della fiducia da Mihawk.
Makino gli sorrideva e gli stava raccontando qualcosa riguardo ad un cane, sapeva di non stare ascoltando una sola parola e, invece che sentirsi in colpa, sorrise e annuì, facendole una domanda in modo che continuasse a parlare e che riempisse il senso di inadeguatezza e perdita che si stava facendo spazio in lui.














 

-
Ed ecco il capitolo dedicato a Mihawk.
Ebbene sì, a quanto pare il falchetto si è innamorato per la prima volta in vita sua. Di una rossa ahaha già e a quanto pare un certo rosso non ne è proprio contentissimo.
Sta diventando un gran casino, lo so, ma non immaginate neanche cosa deve succedere ancora.
Che bello l’angst-
A presto e grazie come sempre a tutti quelli che leggono/recensiscono/mettono la storia tra le seguite o preferite!

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Capitolo 35
*** Se il destino di un uomo è annegare, annegherà anche in un bicchier d’acqua. ***


35) “Se il destino di un uomo è annegare, annegherà anche in un bicchier d’acqua.












 

I giorni successivi li passarono in modo normale, pulendo, mangiando, facendo passeggiate e picchiandosi appena ce n'era l’occasione.
Questo fino a quando anche Doflamingo non dovette tornare a casa; quella mattina prepararono le valigie e chiacchierarono, pensando che in un modo o nell'altro si sarebbero rivisti presto, magari facendo un salto da Mihawk.
Il biondo acconsentì ad andarsene solo perché aveva visto che Crocodile si era ripreso, almeno quel tanto che bastava da mangiare due volte al giorno e dormire quattro o cinque ore a notte.
Il moro lo accompagnò alla porta e, prima che potessero varcarla lo baciò; Doflamingo corrispose quasi subito, stringendolo e passandogli una mano tra i capelli. Si staccarono e il biondo si mise gli occhiali, poi si diressero alla stazione senza dire una parola. Non ce ne sarebbe stato bisogno, quello che volevano dirsi lo avevano detto attraverso quell’atto.
“Mangia e dormi”
“So occuparmi di me stesso”
“Ma se fai appassire pure le piante!”
“Cosa vuol dire, non è colpa mia se muoiono”
“È colpa mia allora”
“Vedo che cominci a capire”
“Ma vai a cagare”

Crocodile sorrise e Doflamingo ghignò di rimando, salendo le scale e sparendo nel vagone.
Il moro aspettò che il treno partisse e poi tornò a casa, trovandola silenziosa e senza strani ingredienti sparsi per la cucina.
Uscì in terrazza e si accese una sigaretta.

 

-


Mihawk arrivò puntuale come ogni giorno e poco dopo fu raggiunto da Sora, la quale si sedette affianco a lui e gli sorrise cominciando a leggere.
Dopo circa un’ ora di silenzio, parlarono di film horror e passarono il pomeriggio.
“Ma se hai paura perché li guardi?” le chiese curioso “Anche un mio amico non li sopporta, ma per lui è una questione di orgoglio”
Lei sembrò pensare alle parole giuste.
“È come quando un bambino che ha paura dell’acqua perché non sa nuotare decide di andare in piscina per imparare. Anche io mi sto allenando così un giorno non avrò paura”
“Strano modo per affrontarlo”
“Gli esseri umani sono masochisti di natura, il più delle volte sono consapevoli che una certa cosa gli farà male, ma non riescono a farne a meno. Forse perché li fa sentire vivi, o probabilmente hanno bisogno di autocommiserarsi”
“Credo sia più importante il motivo per cui si fa qualcosa, se la motivazione non é abbastanza valida allora il bambino affogherà anche in piscina”
La ragazza gli sorrise e si alzò.
“Non c'è nulla di male nel chiedere aiuto, siamo persone non robot. Il bambino non affogherà semplicemente perché avrà altri bambini affianco che lo sosterranno.”
Mihawk annuì pensieroso e si alzò.
“Forse ho capito. Mi piace parlare con te.”
“Anche a me. Ci vediamo domani”
“A domani”
Si fissarono un’ ultima volta e poi si allontanarono in direzione opposte.

Il giorno dopo Mihawk arrivò in orario e aspettò la ragazza, ma di lei neanche l’ombra; attese fino a tardi poi tornò a casa.
Probabilmente aveva avuto un contrattempo.
Il giorno successivo - complice una sbronza del suo maestro - tornò e si sedette sulla panchina, aspettando.
Anche quel giorno lei non venne.
Si alzò amareggiato senza aver letto neanche una riga, troppo distratto dalla mancanza della sua compagna di lettura. Il fatto che stesse piovendo non sembrava interessargli molto.
Passò davanti al solito bar con uno sguardo pensieroso.

“Hai sentito di quella ragazza? Hanno trovato il suo corpo nel canale qua vicino due giorni fa, pare che abbiano tentato di derubarla e lei si sia ribellata”

Mihawk si fermò sentendo il rumore della pioggia sparire.

“L’hanno trovata subito grazie ai suoi capelli rossi, almeno non ha sofferto troppo. Chissà cosa stava facendo in quella zona di pomeriggio”

Il ragazzo tornò indietro, le sue gambe avevano deciso di muoversi da sole e di riportalo davanti alla panchina, su cui si lasciò cadere.
Fissò un punto fisso davanti a sé mentre un sorriso amaro si stirava sul suo volto.
“Anche il cielo* sta piangendo”
L’acqua gli scivolò sul volto, e gocce di pioggia si mischiarono a gocce salate che caddero dai suoi occhi.
Si sentiva come quel bambino che voleva imparare a nuotare, senza nessuno però che gli desse una mano. Lei stava venendo a leggere nel loro posto ed era morta, mentre lui era lì ad aspettare. Lei era quella finita in un canale, ma era lui che stava affogando.
Quel giorno, in quel preciso istante, i suoi occhi dorati, che tanto piacevano alla ragazza, si gelarono, trasformandosi in due pezzi di oro freddo, esattamente come il suo cuore; mai più avrebbe permesso a qualcuno di avvicinarsi tanto da ferirlo in quel modo.
Rimase sotto la pioggia fino all’ora di cena, senza nessuna voglia di mangiare, tornò a casa e sua madre provò più volte a chiedergli che cosa non andasse, senza ottenere risposta.

Anche Rayleigh notò che il suo allievo aveva uno sguardo diverso, e più lo guardava, più gli sembrava di avere davanti un adulto.
“Tutto bene figliolo?”
Mihawk annuì e bevve il solito succo, mentre il suo sguardo notò il bicchiere d'acqua appoggiato al bancone.
“Secondo me la Rana lo sapeva che lo Scorpione l'avrebbe punta, sapeva che sull'altra sponda non ci sarebbero mai arrivati. Era destino, ed era nella sua natura, non capisco cosa si aspettasse” 
E con queste parole uscì, lasciando Shakky preoccupata e l’uomo pensieroso.
Non disse nient'altro a riguardo, e da quel momento cominciò ad essere accompagnato da una calma fredda, riuscendo nei giorni successivi a tenere testa al suo maestro.

Esattamente come un robot.


-

 

Crocodile cominciò ad uscire più spesso; camminava, andava ad allenarsi in palestra, prendeva lezioni di aikido e qualche volta di karate e pugilato. Daz lo seguiva come un’ombra non invadendo mai i suoi spazi ma facendo in modo che ci fosse sempre qualcuno quando si voltava; delle volte pure Bon Clay si univa a loro, per poi trascinarli nel locale di Ivankov a bere, ma Crocodile cominciò a trovare meno irritante la loro presenza. L’unica cosa di cui si premurava era tenere la mente occupata e allenare il corpo, in modo da avere sonno e dormire senza sognare nulla.

Doflamingo ricominciò anche lui ad allenarsi e a prendere lezioni private di ogni materia, alternandole a visite al poligono di famiglia e alla palestra.
La sera chiamava il moro per assicurarsi che stesse bene e, se non ci riusciva, gli mandava un messaggio.
Stranamente Mihakw in quel periodo si era fatto più silenzioso e non rispondeva quasi mai dicendo che era occupato con i suoi allenamenti.
Ovviamente Crocodile non l’aveva bevuta e aveva riferito i suoi dubbi a lui.
“Lo sai com’è fatto, quando vorrà parlare lo farà, è inutile insistere”

Passarono quasi due settimane immersi nella solita routine, questo fino ad una domenica mattina.
Il fenicottero si alzò tardi e si concesse un bagno caldo; non aveva programmi quel giorno e l’unica prospettiva era quella di mangiare schifezze sul divano e disturbare Crocodile.
Come se gli avesse letto nel pensiero, il cellulare vibrò e lo avvertì che era arrivato un messaggio.
Si vestì ed indossò gli occhiali, prendendo l’apparecchio elettronico in mano.
Lesse il messaggio e sentì il cuore perdere un battito.

Senza pensarci due volte, prese le chiavi di una delle auto di sua proprietà e partì diretto a casa dell’altro.
La patente l’aveva da poco ma le lezioni le prendeva da quando aveva 13 anni.
In quel momento non pensò al codice stradale e superò i 210 chilometri orari.

-Sono nel garage e non riesco a muovermi, è caduta una libreria e sto per perdere i sensi-

Aveva provato a chiamarlo, inutilmente.
Aveva provato a mandargli un messaggio, senza ottenere risposta.
Dopo un tempo da record parcheggiò e si catapultò fuori dall’abitacolo, scavalcando il cancello in metallo ed entrando nella zona dove sapeva si trovasse il garage del moro.
Corse fino alla porta ed entrò guardandosi intorno.
Il posto era in ordine, senza librerie rovesciate o altro, l’unica cosa che mancava era l’automobile.
“Quanto sei prevedibile”

Quella voce-

Fece in tempo a capire di essere nei guai e poi vide tutto nero.

 

Crocodile stava guardando la televisione con una tazza di caffè in mano; si era vestito per uscire a comprare le sigarette, ma prima aveva deciso di finire di vedere il film.
“Ovviamente se non è stato il maggiordomo, è per forza il giardiniere” commentò divertito spegnendo con il telecomando mentre il suo cellulare vibrava.

-scendi in garage, c'è una sorpresa per te-

Il moro fissò lo schermo arcuando un sopracciglio. Che Doflamingo fosse ubriaco? Non c'era neanche una delle sue solite emoticon, forse stava male sul serio.
Si fermò sulla soglia e decise di dare un'occhiata prima di andare dal tabaccaio, giusto per togliersi ogni dubbio.
Prese l’ascensore e aprì la porta del garage, notando la mancanza dell’auto e una sedia con sopra seduto qualcuno al centro della stanza.
La luce si accese, mentre Crocodile sgranava gli occhi riconoscendo il biondo in quella figura, legato e imbavagliato con un ematoma sulla tempia da cui perdeva sangue.
“Salve ragazzo! Da quanto tempo, ti ricordi di me?”

Il moro si voltò lentamente per vedere Ikki Yukimura fare un segno a due uomini armati di uscire, lasciandoli soli.
“Come-”
“Come ho fatto? È facile craccare un telefono, ancora più facile mandare un messaggio. Sai, devo ringraziarti, perché fino a poco tempo fa non avevo la minima idea di come mandare in rovina la famiglia Donquixote, ma poi sei arrivato tu e sei diventato il suo punto debole”
Crocodile guardò Doflamingo muoversi leggermente e alzare lo sguardo, privo di qualsiasi protezione.
“Non sei stato per niente carino, il polso mi fa ancora male”
“Succede quando si rompe un osso” rispose monocorde il moro, mentre con lo sguardo cercava un’arma da usare contro quell’uomo e la individuava poco distante da sé.
Certo, definire una chiave inglese di una trentina di centimetri un’arma era un eufemismo, ma era meglio di niente. Cominciò ad indietreggiare in quella direzione.
“Oggi hai imparato una lezione. Se non hai potere non sei nessuno” commentò estraendo dalla fondina nella giacca una pistola e puntandola verso di lui “Se non sei nessuno sei debole”
Vicino a quel garage si trovavano delle condutture del gas e quello che pensò il coccodrillo fu che sarebbero saltati in aria nella peggiore delle ipotesi.
“Aspetta!” provò a dire ma l’uomo gli sorrise e cambiò il suo bersaglio, puntando la canna verso il biondo.
“E la debolezza è un peccato**”
Crocodile allungò una mano, afferrò la chiave inglese e, con uno scatto di cui neanche lui credeva di essere capace, riuscì ad annullare la distanza tra lui e l’uomo, disarmandolo e finendo per terra insieme a lui. Non aveva calcolato che potesse avere una presa tanto ferrea e, nella colluttazione, al mafioso partì un colpo che andò ad infrangersi contro un muro alle sue spalle.
Un’esplosione li buttò nuovamente a terra, mentre la struttura in metallo che sosteneva quel posto si incrinò pericolosamente verso di loro.
Il mafioso fu più rapido di lui e, notando la lontananza della pistola, si diresse invece verso il pilone di metallo dandogli la spinta necessaria per farlo cadere.
Crocodile si alzò, sicuro di aver fatto in tempo a schivarlo, ma si sa che alcune volte le nostre certezze vengono deluse.
Cadde nuovamente con un peso sulla mano sinistra che gli provocò un dolore lancinante, tanto da farlo urlare.
Quando riaprì gli occhi capì che aveva l’arto incastrato sotto un tubo di metallo e anche solo provare a muoverla gli faceva talmente male da farlo quasi piangere.

Un leggero odore di bruciato si diffuse nello spazio, segno che si stava sviluppando un incendio, ma gli attori in scena erano troppo impegnati a recitare il copione che il fato aveva scritto per loro da accorgersene.

Doflamingo, che per tutto il tempo aveva trattenuto il fiato, cercò di liberarsi dalle corde senza risultato. Allora fece l’unica cosa possibile: caricò il mafioso, che stava per raggiungere la pistola e lo buttò sul pavimento cominciando a colpirlo con ogni parte del corpo disponibile. 
Non si accorse che l’uomo stringeva nella mano la pistola e, nella confusione della colluttazione, partì un colpo.
Crocodile si era girato per vedere la scena ma l’unica cosa che sentì fu il suo respiro farsi ancora più corto fino a scomparire.
Sgranò gli occhi alla vista della maglietta rosa che pian piano si colorava di rosso scarlatto ed incrociò lo sguardo del biondo, che gli rivolse un sorriso strano.

E il tempo, che fino a quel momento era sembrato scorrere troppo velocemente, rallentò.

















 



… …. L’unica cosa che posso dire a mia discolpa é che vi avevo avvisati. 
Mihawk doveva subire un trauma emotivo per spiegare il suo carattere chiuso e distaccato; Doflamingo e Crocodile mi astengo perché non voglio dire nulla, solo nel prossimo capitolo le cose saranno leggermente diverse.

*Sora in giapponese significa cielo - 空
Per quello Mipo dice ‘anche il cielo piange’

**questa è una delle frasi di che Crocodile usa nel manga, più precisamente quando mette fuori combattimento Shaka ad Alabasta
‘Weakness is a sin’

So che volete linciarmi ma conto sul fatto che la vostra curiosità prevalga sulla sete di sangue.
A presto~

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Capitolo 36
*** Ognuno di noi ha un punto di rottura; la cosa brutta è che scopri dov'è solo quando ci arrivi. ***


36Ognuno di noi ha un punto di rottura; la cosa brutta è che scopri dov'è solo quando ci arrivi.









 

Chiuse il plico di documenti e si appoggiò stancamente alla poltrona in pelle nera, socchiudendo gli occhi.

L’unico rumore presente era il suo respiro, lento e regolare, che si infrangeva nel silenzio del suo ufficio.

Un leggero prurito lo distolse dalla sua tranquillità, prurito che ben presto si trasformò in fastidio; la mano destra cominciò a grattare l’altro polso, trovandolo particolarmente sensibile.

Avendo finito di svolgere ciò che si era prefissato, si era permesso di lasciar vagare la mente per staccare la spina; peccato che il cervello umano giocasse brutti scherzi, soprattutto nei momenti meno appropriati.

 

Il fastidio si intensificò nuovamente col procedere delle immagini che affollavano la sua mente; quei ricordi dolorosi passavano in rapida sequenza davanti a lui, costringendolo a spalancare gli occhi neri dai fieri riflessi dorati.

Rimise a posto la scrivania, ordinando in modo maniacale le matite e le penne in ordine di lunghezza; posizionò i fogli di carta allineati uno sopra l’altro e si alzò solo quando fu soddisfatto del risultato.

In qualche modo era riuscito a distrarsi, dopo aver visto una colonna famigliare cadergli addosso ed aver avvertito l’odore di bruciato. La mancanza di sonno, le troppe ore di lavoro e adesso anche il dolore al polso: doveva per forza rimediare, quindi sarebbe dovuto andare in quel posto.

 

Era ormai tardi e nell’edificio dove lavorava rimanevano poche persone, solo alcuni degli impiegati più fidati che dovevano svolgere mansioni non del tutto legali e soprannominati da lui ‘l’ élite’.

Afferrò il cappotto, ed aprì la porta.

Pulsava, pulsava terribilmente. Forse il problema non era suo, ma di qualche ingranaggio che andava oliato.

Si diresse verso l’ascensore notando Paula, una donna alta dai corti capelli corvini e dai ricci ribelli, che si versava una tazza di caffè, e Bon Clay, sommerso da appunti ed intento a venire a capo di alcuni calcoli, date le tre calcolatrici.

L’uomo entrò nell’ascensore e spinse il pulsante che lo avrebbe portato al piano terra, passandosi una mano tra i capelli e lasciando che un ciuffo gli ricadesse stancamente sul volto.

Il fastidio non accennava a diminuire.

Era il caso di andare a trovare quel moccioso ribelle.

 

Ormai erano passati tre anni da quando lo aveva incontrato, quasi per caso, in una strada poco frequentata della città. Causa traffico, aveva dovuto fare una deviazione e si era ritrovato da quelle parti; inoltre la rottura del motore lo aveva costretto a proseguire a piedi. La buona sorte non lo aveva abbandonato dato che, dopo pochi metri, individuò un’ insegna sgangherata appesa con chiodi, pezzi di legno e un po’ di fortuna.

Dentro quell’officina improvvisata, che sembrava scavata nel muro, aveva posato gli occhi su due ragazzini di circa vent'anni, uno dai buffi capelli rossi sparati per aria, e l’altro con lunghi capelli biondicci e il volto coperto da una maschera. Gli parve di avere davanti un assassino con un rossetto rosso sulle labbra e la versione wrestler messicano di Barbie.

Chiese ai due soggetti dove fosse il meccanico, dato che la sua auto necessitava di un’occhiata, e quando il rosso gonfiò il petto dicendogli che lo aveva davanti, sorrise prendendolo in giro, rivolgendogli un sorriso di scherno.

Si dovette ricredere una decina di minuti dopo, quando la zazzera ribelle tornò dopo aver messo in moto la sua Audi.

Aveva del talento, era innegabile. Ecco perchè si ritrovò ad offrire ad entrambi di lavorare per lui, in un’officina più grande e più attrezzata. Aveva occhio per certe cose, e quei due facevano al caso suo.

I ragazzi si fissarono e acconsentirono, ma soltanto se avessero avuto la possibilità di tornare di tanto in tanto in quel quartiere malfamato che li aveva visti crescere. Riparavano auto per passione, anche a chi non poteva permetterselo. Crocodile acconsentì.

 

Uscì dall’edificio e si diresse verso la sua Audi nera.

Si sedette al posto di guida e si appoggiò allo schienale, sospirando.

Il suo sguardo cadde involontariamente sulla mano sinistra, e vi rimase ancorato mentre nella sua testa riviveva la scena.

 

Eustass Kidd, così si era presentato il rosso, mentre guardava interessato il suo uncino dorato, posizionato dove doveva essere la sua mano.

Eustass Kidd, che entrava nel suo ufficio qualche giorno dopo e lo trovava piegato sulla scrivania, senza uncino a coprire il moncherino.

Aveva odiato quel ragazzo, aveva odiato se stesso per essersi fatto sorprendere in un momento di debolezza, ma aveva odiato di più la sua mano, che continuava a fargli male nonostante non fosse più parte di lui.

Stava per cacciarlo in malo modo quando Kidd lo sorprese ancora.

“Posso aiutarti”

Scoprì che aveva frequentato i corsi di ingegneria, e che aveva una predilezione per la meccanica applicata, costruendo nel tempo libero dei piccoli robot.

Non si mostrò affatto disgustato né gli rivolse sguardi di pietà; al contrario lo fissava con uno scintillio negli occhi.

Voleva ripagarlo per avergli offerto un lavoro ma soprattutto vedeva in quell’uomo la possibilità di mettere alla prova le sue abilità, e questo lo eccitava terribilmente.

Nel giro di un paio di settimane portò a termine un bozzetto, e alla fine del quarto mese si presentò nel suo ufficio con una mano meccanica, di una lega molto resistente.

 

Crocodile accese l’auto e partì, diretto alla poco distante officina chiamata ‘Il Capitano’.

Le aveva dato lo stesso nome della precedente.

Come immaginava trovò Kidd sotto il cofano di una macchina, intento a riparare qualcosa.

Quando sentì dei passi decisi avvicinarsi, seppe di chi si trattava ancora prima di uscire da sotto l’auto.

In mezzo allo sporco dei motori, alle macchie d'olio e alla polvere, quell’uomo dai capelli ordinati tirati indietro e vestito di tutto punto sembrava decisamente fuori posto.

Crocodile infatti si fermò nel punto che reputò più sicuro, al riparo da germi o sporco.

“Mi dà fastidio” disse soltanto, e Kidd annuì facendogli segno di andare nel suo studio.

Quella stanza, che teneva pulita per ordine dell’uomo, era come se fosse una parte di un edificio super tecnologico; il moro si sedette e attese che l’altro si desse una pulita.

Kidd sapeva quanta fiducia aveva ottenuto dal suo capo solo per il fatto che si mostrasse davanti a lui senza mano. Quando la rimosse vide una smorfia passare sul volto di Crocodile, rimpiazzata subito dalla solita indifferenza.

Mise quello che osava definire il suo capolavoro sotto una grande lente e cominciò a controllare ogni filo e vite.

Dopo un'attenta analisi e qualche ingranaggio oliato, la rimise al suo posto.

“Ora dovrebbe andare”

Crocodile mosse le dita e notò il tomo di medicina sulle terminazioni nervose posizionato sopra una mensola.

Per ricostruire una mano usando solo fili e pezzi di metallo bisognava essere davvero bravi, ma quel moccioso era un fenomeno.

Almeno per quanto riguardava quell’ambito, per il resto era quasi totalmente inaffidabile.

Quando aveva raccolto quei due dalla strada e li aveva incorporati nella sua organizzazione immobiliare, la Baroque Works, aveva dovuto fare i conti con la dura realtà.

Quei due erano completamente allo sbando: non sapevano cucinare, non avevano interesse per altre materie se non erano implicati dei motori, scoprì addirittura che organizzavano gare illegali e dovette proibire loro di farlo. Ne andava della sua reputazione, dopotutto.

Così decise, appena li vide coinvolti in una rissa, di farne strumenti da utilizzare nei momenti difficili.

Si procurò diversi maestri per insegnare le basi della grammatica a quelle due capre e a far loro capire che esistevano altre parole oltre agli insulti. E così pure per altre materie, aggiungendo corsi di cucina e soprattutto lotta libera, tra cui arti marziali e box, per farli sfogare.

Sorprendentemente, Killer, la Barbie bionda, mostrò un'attitudine verso le lame, mentre Kidd per il corpo a corpo a mani nude.

Oltre ovviamente alla passione spasmodica verso il trucco e la cura del corpo, che lui non incoraggiò troppo ma non ostacolò neanche, reputando Bon Clay più adatto per quel genere di discorsi.

 

Il rosso stava pulendo gli strumenti che aveva appena usato per controllargli il polso, mentre Crocodile stringeva ed apriva le dita metalliche.

Fissò un punto nel muro e sentì il battito del suo cuore fin nelle orecchie, l’odore di bruciato e sangue gli invase le narici e il respiro si bloccò.

 

“Non puoi morirmi addosso, pezzo di merda! Respira!”

“Ma che è successo? Croco-boy… la tua mano!”


“Crocodile”

Inspirò profondamente chiudendo gli occhi mentre un’espressione stanca faceva bella mostra sul suo volto.

“Cosa c'è”

Non era una domanda, era solo una frase buttata lì.

Kidd lo fissò e schioccò la lingua sul palato per poi grattarsi la nuca con le unghie smaltate di nero.

Non era mai stato una persona che si poteva dire sensibile, quindi avrebbe usato lo stesso tono di sempre e vaffanculo ai convenevoli.

“La mano non c'entra, il problema è un altro, e lo sai”

Crocodile alzò lo sguardo; poche persone si permettevano di parlargli in quel modo, e quasi tutte finivano in una bara due metri sotto terra, non sempre da morti.

Ma quel moccioso non era mai cambiato; pur rivolgendogli parole sprezzanti e dicendo come la pensava, improperi inclusi, lo guardava con rispetto.

In fondo si assomigliavano: nessuno dei due aveva problemi a far valere la propria opinione, diretti e testardi, sapevano anche schiacciare chi si prendeva la libertà di contraddirli.

 

“Non sono affari tuoi” rispose non muovendosi, ma piantando lo sguardo stanco ma pur sempre orgoglioso negli occhi ambrati dell’altro.

“E invece sono cazzi miei, da quando sono entrato a far parte della tua organizzazione. Mi hai aiutato e ti devo molto, sarebbe da imbecilli non riconoscerlo, ma il fatto che tu venga qui per cullarti nella fantasia che il tuo problema sia una questione fisica, bhe, è una gran minchiata. E qualcuno doveva dirtelo, ora se vuoi fare a botte ti capirei”

Crocodile sbuffò, tra il divertito e il seccato. Sapeva che l’altro avesse ragione, ma non voleva affrontare minimamente un problema che era rimasto in sospeso negli ultimi vent'anni.

“Non faremo a botte” commentó il moro mentre il rosso si accigliava ed incrociava le braccia, imbronciandosi.

Da quando lo aveva battuto in un corpo a corpo, Kidd gli aveva dato la sua totale fiducia, e non perdeva mai occasione di lanciargli una sfida, sperando prima o poi di ottenere una rivincita.

“Killer mi ha detto che quello di cui soffri probabilmente è un disturbo post-raumatico”

“Post-traumatico forse”

“Sì, quella roba lì. A quanto pare ha conosciuto uno studente di psicologia e si diverte a rubargli i libri per farlo impazzire, solo che poi se li legge anche e mi spara ‘sti cazzo di paroloni che-”

“Kidd”

“Dicevo, quello. Quindi devi provare a parlarne con qualcuno o risolvere ciò che ti dà fastidio andando alla radice del problema. Credo. Quando mi ha parlato di questa roba stavo giocando alla play quindi non ricordo molto”

Crocodile scosse la testa.

“So cos'è e so come va curato, ma io sto benissimo”

Kidd lo fissò negli occhi, tornando serio.

“Sai che non è così”

 

Certo che lo so, ma non posso ammetterlo perchè poi dovrei affrontare il problema e-

 

“Non pensavo fossi un codardo”

“Prego?”

“Codardo, uno che scappa con la coda fra le gambe davanti ad un ostacolo”

Crocodile si alzò di scatto senza dare la possibilità al ragazzo di capire cosa stesse succedendo. Quando Kidd vide la mano sana del moro avvicinarsi chiuse gli occhi aspettandosi un pugno.

Invece sentì una pressione sui capelli.

“Bel tentativo, psicologia inversa. Ne devi fare di strada ancora” commentò Crocodile accendendosi un sigaro e rivolgendogli un sorriso sardonico mentre lo teneva fermo per la testa, facendola muovere avanti e indietro.

“Io mi riterrei offeso” esclamò Kidd mettendosi a posto la cresta rossa mentre l’uomo usciva dallo studio alzando la mano a mo’ di saluto.

“Mi riterrei tanto offeso da fare a botte! CROCODILE, NON FINISCE QUI! UN GIORNO AVRÒ LA MIA RIVINCITA”

Quando sentì la porta d'ingresso chiudersi, sbuffò rimettendosi a posto la fascia nera sulla fronte.

“Maledetto coccodrillo”

 

 

Quando rientrò a casa sua, sentì i nervi distendersi; quel posto era uno dei pochi rifugi sicuri in cui si permetteva di abbassare la guardia.

Essendo a capo di un'agenzia famosa, che trattava soprattutto affari non legali, dalla mercificazione di opere d'arte al traffico di armi, non disdegnando neppure omicidi su commissione, aveva pochi luoghi in cui poter trarre respiro.

Certo era che le cose erano cambiate nell’ultimo mese, più precisamente da quando era arrivata quella lettera.

All’inizio l’aveva scambiata per semplice posta, poi aveva notato che la busta era completamente bianca, pulita, senza nessuna piegatura o francobollo.

Il che era parecchio strano.

Quando l’aveva aperta aveva capito che sarebbe stata fonte di guai.

Si era chiesto chi ancora spedisse messaggi cartacei e non inviasse una mail o un messaggio.

Dopo aver visto lo stemma della Cyper Pool, nota anche come CP, aveva riso.

Doveva per forza essere un'unità governativa super segreta, che probabilmente aveva visto troppe volte Harry Potter e aveva deciso di mandargli una missiva. Mancava solo il gufo fuori dalla porta.

Su quel foglio non vi era scritto molto, ma con una calligrafia molto elegante, gli chiedeva, anzi chiedeva a Mister Zero - nome da lui usato negli affari illegali - di presentarsi il giorno 7 del mese successivo in un pub fuori città, di andare da solo e possibilmente disarmato. La motivazione non era chiarita, ma essendo sottolineata tre volte la parola ‘gradita partecipazione’, aveva intuito di non poter mancare allo strano appartamento.

Quella data si stava avvicinando, ma Crocodile aveva già deciso cosa fare.

Sarebbe andato, ovviamente armato e ovviamente accompagnato.

Perchè andava bene richiedere la sua presenza, ma nessuno poteva arrogarsi il diritto di impartirgli degli ordini, neanche il Governo Mondiale o la CP.

 

Respirò profondamente allentando il nodo del foulard verde e accendendosi un sigaro.

La tranquillità venne rotta da un bussare insistente alla porta.

“Croco Boy, aprimi sono io”

L’uomo tolse la mano dalla pistola, appoggiandola sul tavolino di fianco al divano, prima di dirigersi verso la fonte di tanto trambusto e salutando la possibilità di poter schiacciare un pisolino.

 

Aprì di malavoglia, ritrovandosi davanti la fastidiosa figura di Ivankov.

Negli anni quel tizio non era cambiato: stessi capelli ricci viola e fisico muscoloso, ancora non sapeva cosa volesse dire vestirsi in modo consono.

In pochi sapevano l’ubicazione di casa sua, e tra quei pochi sfortunatamente figurava quella cosa.

“Ivankov”

“Non mi fai entrare zuccherino?”

Si spostò di lato per far passare quell’individuo; si aspettava di vedere anche la sua ombra, Inazuma, ma invece si sorprese nel constatare che era venuto da solo.

“Non ti ho disturbato, vero?” chiese sedendosi su uno dei due divani per poi sorridere raggiante.

“Sì, quindi taglia corto. Cosa sei venuto a fare qui? Non hai i tuoi locali da tenere d'occhio?”

 

Non aveva aggiunto degli aggettivi per descriverli perchè l’altro non gliel'avrebbe fatta passare liscia, e non voleva risse di alcun genere in casa sua.

 

“Ho lasciato Inazuma a svolgere le mie mansioni. Era da qualche tempo che non ci vedevamo, che ne dici di un tè? Sì, è proprio quello che ci serve” commentò alzandosi e sparendo in cucina, non lasciando il tempo al moro di replicare.

Finì di fumare e spense il sigaro; poco dopo entrò Ivankov con un vassoio su cui vi erano due tazze e una teiera, oltre allo zucchero.

Appoggiò tutto sul tavolino davanti ai due divani e cominciò a versare l’acqua calda.

Quell’uomo si prendeva sempre troppe libertà nei suoi confronti, anche fargli il tè in casa sua.

“Ecco fatto” disse mescolando il suo alla vaniglia e caramello dopo averci messo due zollette di zucchero.

“Come va Croco-boy? Non mi racconti mai niente, lo sai che sono una persona curiosa”

Crocodile portò alle labbra il tè alla rosa canina e alzò lo sguardo verso di lui.

“Sei venuto qui per questo? Stai sprecando oltre al tuo, anche il mio tempo”

Ivankov si fece improvvisamente serio.

“La mano fa male, vero?”

 

Quel giorno si erano messi tutti d'accordo per fargli la paternale su come dovesse comportarsi? Che diavolo volevano dalla sua mano?

 

“Sto benissimo, grazie dell’interessamento non richiesto”

L’uomo finì di bere il tè e si alzò in piedi guardandolo con uno sguardo intenso.

“Ci conosciamo da un bel po’, sai bene che mi preoccupo per te. Come sai che io sono a conoscenza del tuo piccolo segreto.”

Gli occhi neri sgranarono per poi ridursi a due fessure.

“Non ti azzardare.”

“Adesso basta. O prendi provvedimenti a riguardo, oppure farò arrivare una voce a tu sai chi e questo peso che ti grava da anni verrà svelato, sono venuto qui per dirti di fare una scelta, e di farla in fretta. Attenderò una settimana a partire da oggi.”

Detto questo Ivankov uscì di casa, lasciandolo a fissare il tè nella tazza, che cominciò a vibrare a causa dei tremori delle sue mani dalla rabbia.

Appoggiò la tazzina e si sdraiò sul divano chiudendo gli occhi.

 

Fumo.

Fumo ovunque.

Finalmente vide una luce e cercò di trascinarsi verso quel punto; il corpo di Doflamingo, appoggiato al suo, gravava ancora di più sul suo respiro, che si stava facendo via via più debole.

“Non puoi morirmi addosso, pezzo di merda! Respira!” disse provando a scuoterlo con le ultime forze ed ottendendo in risposta un mugugno.

Una volta fuori da quella trappola mortale e dalle fiamme, sentì l’aria pulita invadergli i polmoni e la testa cominciare a pulsare.

Aveva perso troppo sangue.

In lontananza vide una figura violacea avvicinarsi velocemente, prima di perdere l’equilibrio e cadere al suolo, trascinando con sé anche il biondo.

Le gambe non riuscivano più a sostenerlo e il dolore lancinante alla mano stava diventando insostenibile.

“Ma che è successo? Croco-boy… la tua mano!”

Ivankov estrasse il telefono e chiamò un’ambulanza.

“Che è successo alla tua mano?”

Crocodile sollevò lo sguardo e sorrise.

Dopo aver risposto perse i sensi a causa del dolore, ma l’uomo dai capelli viola, nonostante quella frase fosse quasi un sussurro, capì ogni parola e nascose il volto truccato dietro una mano, mentre sentiva il proprio cuore stringersi dalla tristezza. Le sirene dei pompieri e dell’ambulanza si stavano avvicinando velocemente.


Ivankov tornò al suo locale più famoso, gestito personalmente da lui, il Kamabakka, il regno del piacere.

Il suo sguardo corrucciato fece preoccupare i suoi piccoli zuccherini, così sorrise e li rassicurò, dando il via alla gara di ballo.

Dopo qualche drink di routine, riuscì a chiudersi nella sala vip.

Era da quando Bon Clay gli aveva fatto conoscere Crocodile che aveva deciso di portare nella sua vita un po’ di felicità, ma non ci era ancora riuscito, anzi, il carattere del moro si era indurito col tempo e per lui era stato sempre più difficile parlargli.

Ora, per ottenere la sua attenzione e per prendersi cura di lui doveva addirittura ricattarlo con quello che era il suo più grande segreto.

Perchè il peso che gravava su Crocodile non era qualche conto bancario all’estero o dove nascondesse i cadaveri delle persone che eliminava.

Il suo più oscuro segreto era quello di possedere un cuore.

E Ivankov avrebbe fatto di tutto pur di farlo stare bene, come si era ripromesso tanti anni prima, quando quel ragazzino dai capelli mori gli aveva rivolto uno sguardo seccato facendolo sorridere.



 

Salve a tutti! Come avrete capito, la narrazione riprende dopo un po' di anni, una ventina circa, in modo che i personaggi abbiano l'età con cui sono stati presentati nel manga. Il buco di trama è voluto e mi odierete un pochino ma spero apprezzerete gli sconvolgimenti che d'ora in poi si verificheranno, tra cui l'aggiunta di altri personaggi. Qui ad esempio vediamo Kidd e Killer...
scusate come sempre per i pochi aggiornamenti, presto arriverà il capitolo 37 con Doflamingo.
A presto

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Capitolo 37
*** Le speranze le hanno le persone, ma i destini li distribuisce il diavolo. ***


37) “ Le speranze le hanno le persone, ma i destini li distribuisce il diavolo. 







 

Il rumore di una tenda spostata gli fece aprire un occhio, ma la luce che entrò dalla finestra lo destò definitivamente.
“Buongiorno Signorino, la colazione sarà servita a breve” disse Monet con un sorriso, uscendo dalla stanza e lasciandogli tutto il tempo di liberarsi da quell’intrico di corpi.
La notte precedente doveva essersi proprio dato alla pazza gioia, poi era tornato a casa con due donne e aveva concluso in bellezza. Si alzò in piedi e si sgranchì i muscoli intorpiditi; gli occhiali scuri che troneggiavano sul suo volto erano l’unica cosa che gli copriva il corpo muscoloso e tonico.

Il solito sorriso comparve sul suo volto, indossò tranquillamente i boxer e i pantaloni bianchi con un motivo floreale viola.
Non trovando la camicia lasciò la stanza a petto nudo, massaggiandosi il retro del collo.
Attraversò il giardino che lo separava dalla residenza principale dei Donquixote ed entrò sbadigliando.
“Vergo” disse soltanto mentre camminava diretto al salone.
“Mi dica”
Un uomo dai corti capelli neri, sul cui volto si trovavano un paio di occhiali da sole, barba curata e una salsiccia a forma di polipo, gli apparve davanti.
“Butta via la spazzatura”
“Sì Signore”

Doflamingo si sedette a capotavola e sbadigliò di nuovo; non aveva dormito molto, ma contava sul fatto di poter rimediare quel pomeriggio.
Nella casa c'era già un leggero chiacchiericcio, segno che i membri della Famiglia si erano svegliati prima di lui.
Una cameriera gli portò latte e brioche e lui la ringraziò con un cenno del capo.

Doflamingo odiava il silenzio; era qualcosa che non riusciva a tollerare, e di contro, si rilassava solo quando sentiva la voce delle persone che affollavano quella abitazione.
Il silenzio era negazione, assenza di qualcosa, che fosse una persona o una risposta, e lui non voleva rimanerci intrappolato dentro ancora una volta.
Sapeva che altrimenti i suoi pensieri avrebbero preso una piega che non gli sarebbe affatto piaciuta.
Vide Baby-5 correre inseguita da Dellinger e, date le urla riguardanti le scarpe, la ragazza doveva aver cercato ancora una volta di rubare i tacchi a spillo al ragazzino.

Addentò la brioche e si appoggiò allo schienale; da quando aveva preso il comando della Famiglia Donquixote era riuscito a raggiungere diversi obiettivi che si era prefissato.
Ora la gente lo temeva, anche solo pronunciare il suo nome era pericoloso; aveva persone fidate al suo servizio e occhi ovunque dati i suoi recenti sviluppi nell’ambito degli stupefacenti.
Arruolare quel chimico che sembrava un clown per fargli sviluppare una droga nuova si era rivelata un’idea geniale.
Caesar, questo era il suo nome, aveva posto un’unica condizione, quella di poter avere dei bambini su cui fare esperimenti.
E dato che Doflamingo, o Joker, come era noto nella malavita, poteva procurarsi tutto con un semplice schiocco di dita, non c'erano stati problemi.
La peculiarità di quella droga era che, oltre a provocare dipendenza, trasformava le persone in bellissimi burattini accondiscenti, ogni ordine impartito era eseguito all’istante.
Inoltre era riuscito a costruire un legame solido con i suoi impiegati più fedeli, quelli che erano entrati di diritto nella sua Famiglia.
Oltre a Vergo, che era da sempre il suo braccio destro, poteva contare su persone fuori dal comune come Trebol, che era un esperto di esplosivi, o Diamante, che possedeva il monopolio di tutti i siti di gioco d'azzardo e delle partite illegali di poker con puntate superiori ai cento milioni.

Eh sì, pensó leccandosi il pollice sporco di marmellata, aveva fatto proprio bene ad eliminare suo padre, stava diventando una palla al piede.

“Signore, ho fatto” commentò Vergo facendo un lieve inchino e uscendo dalla stanza.
Non c'era stato bisogno di chiarimenti, l’uomo aveva capito subito che cosa intendesse per ‘spazzatura’, quindi questo voleva dire che, nel giro di qualche ora, sarebbe potuto tornare nella stanza di prima e riposare, senza nessuno con cui condividere il letto.

Le persone sono utili solo se ti procurano qualcosa, denaro, armi o piacere. Quando hanno adempiuto al loro compito perdono interesse e possono essere sostituite.
Questo era quello che pensava degli altri, quelli che lo circondavano erano lì per servirlo, per dargli qualcosa, altrimenti potevano morire, sprecavano solo ossigeno.

Finì di mangiare e si alzò in piedi; fece una deviazione nel suo studio e controllò di non avere cose in sospeso, poi ritornò a letto, posizionò un disco sul grammofono e lasciò che la musica fluisse tra quelle mura, concedendosi finalmente  le sue meritate ore di sonno.

 

 

“Noia, noia, noia, noia”
Lao-G sospirò raccogliendo i fogli che il suo capo aveva gettato per terra, in un vano tentativo di imitare Sandra Mondaini ai tempi d'oro.
“Signorino, non può comportarsi come un bambino, questi sono incontri importanti!”
“Sono tutti idioti che si credono migliori di me. No-ia” scandì bene appoggiando il mento sul palmo della mano.
“E quella cos'è?” chiese indicando una lettera completamente bianca che sbucava dal plico di fogli e richieste di gente che voleva qualcosa da lui.
Si sporse leggermente in avanti per afferrarla con la punta delle dita e poterla vedere bene.

Niente mittente, niente francobollo, niente pieghe o segni di riconoscimento.
Nulla.

Lao-G lo fissava in silenzio, sconsolato; ormai aveva capito che se qualcosa non catturava l’attenzione del biondo di due metri nel giro di qualche secondo, era catalogato subito come seccatura e quindi non importante.
Doflamingo aprì la lettera ed estrasse un foglio su cui vi era scritto, con una calligrafia molto elegante, di presentarsi il giorno 7 del mese successivo a quella che sembrava una trappola coi fiocchi.
“Certo che il Governo Mondiale non sa più cosa inventarsi” commentò ridendo e piegando l’invito per poi infilarlo nel portafoglio.
“Finalmente, questo è interessante”

“Signorino, l’ospite è arrivato”
La voce di Vergo proveniente da fuori dalla stanza lo fece sorridere.
Disse a Lao-G di uscire e di portare via le cose importanti, mentre con la coda dell’occhio notò l’uomo che stava aspettando, in piedi vicino allo stipite, un tizio di cui non ricordava neanche il nome, sapeva solo che gli doveva dei soldi. Esattamente come il tizio che sarebbe venuto una decina di minuti dopo.
Quando l’uomo e le sue due guardie furono entrate, Vergo fece un lieve inchino e se ne andò chiudendo la porta e lasciando Doflamingo da solo con loro.
Tornò all’entrata ad aspettare il seguente appuntamento, sgranocchiando qualche dixi per passare il tempo.
Dopo una decina di minuti infatti, accompagnò anche un altro uomo davanti alla stessa porta ma stavolta si fermò prima di bussare.
I rumori che provenivano dalla stanza erano molto chiari e non lasciavano nulla all’immaginazione.
Inspirò e bussò due volte.
“Avanti” rispose la voce del suo capo, leggermente roca e divertita.
Quando posò gli occhi sull’interno non battè ciglio.
Le due guardie giacevano scomposte di fronte a lui, fissandolo con lo sguardo vitreo di chi non potrà più vedere altro.
Dalla torsione del corpo dovevano avere l’osso del collo rotto o quantomeno una lesione alla colonna vertebrale.
Doflamingo se ne stava a cavalcioni sul terzo, ormai irriconoscibile a causa dei colpi che gli aveva inferto al volto.
Le mani completamente sporche di sangue, così come la maglietta, piena di schizzi. Qualche goccia scarlatta era arrivata fin sul suo viso, conferendogli un aspetto ancora più grottesco.
Vergo sentì l’uomo dietro di lui indietreggiare.
“Contanti, vero?” ebbe la forza di dire, e Monet alzò un braccio per fargli strada.
Una volta soli, Doflamingo si alzò in piedi e lo guardò con quel solito sorriso sghembo.
“Vedi Vergo, nessuno tenterà mai di fotterti con delle patetiche scuse se hai il sangue di qualcuno sul volto”

E Vergo annuì, perché sapeva che l’uomo, oltre al sesso, amava usare la gente fino a spezzarla, fino a che non la vedeva in pezzi davanti a sé e non poteva usarla come più gli piaceva.
“Manderò qualcuno a pulire” disse soltanto.
Sentiva la mancanza di quel sorriso sincero che tempo prima compariva spesso sulle labbra di Doflamingo.

Scacciò quel pensiero e si mosse per compiere i suoi doveri.





-


 

Quello che lo aveva destato dal suo sonno era un suono prolungato, un suono fastidioso che non accennava a smettere.
L’uomo aprì lentamente gli occhi, inspirando ed espirando due o tre volte prima di alzarsi dal letto e avvicinarsi alla fonte del problema, la porta d'ingresso.
Girò la chiave e aprì, trovandosi davanti una figura purtroppo a lui nota.
Il rumore del campanello si fermò e l’uomo, che ora lo stava fissando in maniera interessata, non si mosse.
Dopo qualche secondo, l’ospite si schiarì la voce.
“Occhietti belli, dormi sempre con pantaloni singolari, ma hai dimenticato la maglia”
“Spero tu abbia un'ottima ragione per venire qui a svegliarmi di notte”
“Sono le nove della mattina”
Di notte” ribadì l’uomo non facendo il minimo segno di volerlo lasciare entrare.
“Ce l'ho! Dovevo consegnarti questa” disse allungando una busta bianca, per poi aggiungere “se non venivo io chissà quando l’avresti vista”

Il padrone di casa alzò un sopracciglio e prese la lettera tra due dita, leggermente infastidito.

“Ora puoi andare” commentò atono chiudendo la porta ma, venendo raggiunto da un’ultima frase, si bloccò e la riaprì.
“Cosa hai detto?” chiese comunque per essere certo di aver capito bene.
“Ho detto, Ho portato la colazione”
La porta venne aperta del tutto e l’uomo dai corti capelli neri si spostò per farlo entrare.
“Non credere che questo valga come scusa per avermi svegliato, Rosso”
“Se vuoi stasera ti porto a cena fuori, Mihawk”
Occhi di Falco chiuse la porta e si voltò a guardarlo seccato.
“Se ci arrivi, a stasera”

Shanks si incamminò verso la cucina sorridendo.
Doveva fare attenzione a non perdere qualche pezzo del suo corpo.

Shanks appoggiò il sacchetto di plastica sul tavolo e cominciò a girare per la cucina, cercando di trovare il necessario per preparare una colazione dignitosa.
Mihawk tornò poco dopo con indosso una camicia bianca con scollo a ‘v’ e jeans neri, la lettera ancora in mano.
“Cos'è?” chiese sventolandola per poi sedersi a tavola mentre il Rosso trovava l’ubicazione dei piatti.
“Un invito”
“A cosa, al ballo del liceo?” lo prese in giro mentre la apriva senza ulteriori preamboli.
“Mi dispiace deluderti principessa, ma niente ballo” rispose l’altro beccandosi uno sbuffo in risposta.
Il moro guardò la bella calligrafia e lesse attentamente, lesse due volte per essere sicuro di aver compreso e poi alzò lo sguardo, trovando la tavola apparecchiata e Shanks che versava il tè caldo nelle tazze.
“Spero sia uno scherzo”
“Non è così”

Mihawk si appoggiò allo schienale mentre il Rosso prendeva posto di fianco a lui.

“Quindi il Governo Mondiale ha accettato la tua proposta”
L’uomo sorrise addentando un biscotto; sapeva che lo spadaccino avrebbe capito subito di che cosa si trattasse.
“A quanto pare. Ovviamente quello che ti ho detto è confidenziale e quindi non dovresti saperlo”
“Mi fingerò sorpreso” rispose mentre versava lo zucchero nella tazza.
“Hai già deciso chi saranno gli altri?”
“Ho provveduto a mandar loro la stessa lettera, alcuni sono tue vecchie conoscenze”

Mihawk guardò il biscotto a forma di cuore con il cioccolato.
Quindi li rivedrò, pensò addentandolo.

“Non mi interessa” disse soltanto, per poi non pronunciare più parola.
Shanks lo fissò senza aggiungere altro; poche cose riuscivano ancora a scalfire l'animo duro dello spadaccino dagli occhi gelidi, anzi, pochissime, ma lui sapeva che una di quelle era un legame vecchio di oltre vent'anni, assopito nei meandri più profondi del suo essere, ma sempre presente.


Improvvisamente si ricordò quando rivide l'amico tempo dopo quella chiamata riguardo a quella fantomatica ragazza.
Quel giorno, per la prima volta, ebbe paura di Mihawk.
Gli aveva chiesto se potevano vedersi per scambiare le solite quattro chiacchiere, e l'altro aveva rifiutato.
Sentiva che qualcosa non andava, quasi mai il suo intuito sbagliava; così, sapendo dove abitasse l'amico, si era fatto trovare sotto casa e l'aveva visto.
Aveva visto lo sguardo atono e privo di ogni emozione, e allora aveva capito che il Mihawk che conosceva non c'era più, o se era ancora presente, era stato sepolto da qualche parte, ma molto in fondo.
Gli aveva rivolto qualche parola e l'altro gli aveva detto di sparire. Quel gioco proseguì per una settimana finchè non toccò il tasto della 'ragazza particolare'; vide gli occhi sgranare e si sentì afferrare per la camicia.
"Non nominarla mai più. Io e te non siamo amici, smettila di parlarmi, sei una seccatura"
Ma Shanks ovviamente non lo fece; cercò notizie su quella ragazza e le trovò; giusto qualche riga su un sito di cronaca, ma gli bastò per collegare tutti  i pezzi. E ovviamente non si fermò lì; un giorno era riuscito perfino a pedinare l'altro senza che se ne accorgesse, fino a trovarsi davanti ad un insolito bar.
Aveva aspettato ore nascosto e lo aveva visto uscire, così era entrato in azione.
Dentro vi aveva trovato una donna dietro al bancone che fumava, e, poco lontano, un uomo dalla barba singolare e dai piccoli occhiali tondi.
Ancora un sorriso gli nasce spontaneo se ripensa ai coltelli che aveva dovuto schivare quel giorno e al sorriso mefistofelico di quello che poi si propose di diventare il suo maestro.
Non aveva detto nulla a Mihawk.
Le prime volte che aveva impugnato una spada si era divertito, ma nulla di che; aveva pensato di poter imparare per duellare con lui e poter ancora avere indietro l'amico di sempre.
"È da quando quella ragazza, Sora mi pare, è ... beh, lo avrai letto sul giornale"
"In realtà ho cercato su Google"
"Ah, internet, vero. Comunque ora che ha messo da parte ogni emozione sta migliorando a vista d'occhio."
"Non mi interessa, quello non è Mihawk. Imparerò anche io e quando lo avrò battuto dovrà ricominciare a parlarmi e a considerarmi suo amico!"
Rayleigh lo aveva guardato con uno strano sorriso, ma aveva acconsentito.
Shanks aveva dovuto sacrificare le uscite con Makino, ma la sua priorità era diventata un'altra.
Occhi di Falco non scoprì mai che cosa stava facendo, almeno fino a quando non si trovò davanti il Rosso con una spada.



Mihawk finì di mangiare e si alzò guardando l'ospite di fronte a lui fare lo stesso.
"Deduco ci vedremo il giorno 7" commentò il Rosso sorridendogli per poi uscire di casa, diretto al quartier generale di sua competenza.
Il moro sentì la porta chiudersi e rimase qualche secondo fermo nella stessa posizione.
'Vecchie conoscenze, eh?' pensò chiudendo gli occhi. 'Amici... io non ho amici'
Espirò e la solita espressione indifferente tornò prepotente sul suo volto; sarebbe andato ad allenarsi nella solita palestra per passare il tempo, prima di svolgere il compito che gli era stato assegnato.
Non moriva dalla voglia, ma andava fatto; magari dopo poteva anche concedersi un momento di riposo.


-

 

Doflamingo si sedette sulla poltrona e chiuse gli occhi sospirando. Era ancora presto per mettere qualcosa sotto i denti, erano appena le tre del pomeriggio.

 

“Mio padre non era così, prima di perdere mia madre era un'altra persona. Di sicuro non una dolce e carina, ma almeno era una persona. Dopo la morte di sua moglie è diventato un mostro senza sentimenti, animato solo da ciò che ci potrebbe essere di più oscuro dentro un cuore vuoto.”

Degli occhi neri lo fissarono.

“Come se avessero aperto il Vaso di Pandora”
“Aperto? Direi più che è caduto al suolo e si è frantumato. Quando si perde una persona amata in modo traumatico è come perdere il sostegno che ti teneva sulla retta via, come la colonna su cui posava il Vaso. Senza quella, le piaghe dentro al tuo cuore prendono vita e ti divorano da dentro”

“Ho sempre trovato quel mito abbastanza insulso”

“Come mai?”

“Sai perchè esiste il detto ‘la speranza è l’ultima a morire’? Perchè è l’ultima che esce dal Vaso di Pandora. Ma perchè dovrebbe essere l’ultima se è ciò di cui si ha più bisogno?”

“Perchè le speranze le hanno le persone, ma i destini li distribuisce il diavolo.”



L’uomo balzò in avanti scontrandosi con la scrivania in legno, che scricchiolò sotto la pressione delle sue mani.
Doflamingo ansimò leggermente, provando a ristabilire la calma e appoggiandosi allo schienale.
L’ufficio era vuoto e regnava il silenzio.

Un silenzio opprimente.

Come quel giorno.

Scoppiò a ridere in modo sguaiato per poi passarsi una mano tra i capelli.
“La mia colonna se n'è andata da tempo ormai e di speranza non ne è rimasta alcuna”

Era così impegnato a scacciare le ombre di un vecchio ricordo che non si accorse di un paio di occhi grigi che lo fissavano da dietro la porta.






 



Ed ecco il nuovo capitolo come promesso.
Doflamingo e Mihawk fanno la loro entrata in scena, e spero che il cambiamento dei due si noti, scrivere del fenicottero così privo di quel qualcosa che era riuscito a trovare mi fa male al cuore. Mipo invece aveva già avuto la sua evoluzione prima del salto temporale dei vent'anni, ma il rapporto con Shanks è molto cambiato, anche se non vi dico come ovviamente. Croco non compare tranne che alla fine, in quel ricordo sfumato che tormenta Dofla. Apprezzo molto la mitologia e a volte mi piace inserirla nei discorsi. E gli occhi grigi di chi saranno? Nel prossimo capitolo verranno introdotti altri personaggi noti a tutti, forse avete già capito. Della serie che mi piace complicarmi la vita ;)
Detto questo, grazie a tutti e spero di vedervi nell'angolo recensioni, se no a presto!

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Capitolo 38
*** I giorni vengono distinti fra loro, ma la notte ha un unico nome. ***


38) “I giorni vengono distinti fra loro, ma la notte ha un unico nome.








 

Gli occhi grigi scrutarono la figura dell’uomo e si chiusero; il loro proprietario fece due passi indietro e si allontanò, intuendo non fosse il momento migliore.

Quando Doflamingo parlava da solo non era saggio disturbarlo; primo, perchè era completamente pazzo, e non ci voleva la sua laurea in medicina per capirlo, e secondo, perchè non lo sopportava, ma stare con lui significava poter dare libero sfogo alla sua vena creativa.

Tornò nel laboratorio chiudendosi la porta alle spalle; quel posto si trovava sotto il piano terra della residenza, aveva più l’aspetto di un seminterrato degli orrori che di una vera e propria stanza, ma doveva ammettere che non gli dispiaceva affatto avere un ascendente del genere sui membri esecutivi di quella Famiglia. Avere la nomea di persona senza scrupoli era una garanzia di rispetto lì dentro. Non ce n'era uno normale, ecco perchè era perfetto.

Lui non aveva più nulla di normale da tanto tempo.

Guardò le miriadi di provette catalogate in ordine alfabetico su una sorta di mobile in legno improvvisato. Era stato Cora-san a regalarglielo dopo che gli aveva fatto visita e aveva decretato che in casa sua non ci avrebbe più messo piede, dato che ce n'erano fin troppi, di piedi. E non solo quelli.

Il ragazzo si sgranchì le spalle e si passò una mano tatuata tra i corti capelli neri; il suo sguardo indugiò ancora sul plico di fogli e appunti. Con un scatto li afferrò e si sedette sulla poltrona in pelle.

Ormai conosceva a memoria il loro contenuto, ma nonostante ciò, non riusciva ancora a capire chi fosse il suo uomo.

Circa una settimana prima quel cretino di Doflamingo gli aveva assegnato quella missione. Quasi mai gli veniva dato qualcosa che lo coinvolgesse direttamente, di solito lui era quello che estorceva informazioni, non era pratico nel trovare o scovare qualcuno.

Il biondo di due metri aveva sminuito la cosa con un gesto della mano, dicendogli che in quel momento tutti gli altri suoi agenti migliori erano impegnati con un grosso carico di armi da far passare in più di quattro stati diversi, e quindi non gli rimaneva altra carta se non il suo Dottore, o, come era soprannominato nel campo della malavita, il Chirurgo della Morte.

Aveva acconsentito di malavoglia, ben sapendo che la protezione di Doflamingo gli serviva, come gli servivano i suoi soldi per poter mandare avanti le sue ricerche.

Quindi si trovava a far fronte ad un caso che avrebbe volentieri fatto concorrenza a quelli del Detective Conan.

Nell’ultimo mese c'erano state più di sette morti, o almeno sette erano quelle accertate, di prostitute, tutte alle dipendenze di Doflamingo.

Dopo qualche giorno di indagine aveva però scoperto che non erano le uniche donne che il killer aveva eliminato, ma interessandogli solo quelle di cui il biondo gli aveva fornito informazioni, non aveva cercato altro.

Ognuno bada alle proprie puttane, di certo non si sarebbe interessato anche a quelle di quell'uomo.

Finì di rileggere gli appunti che aveva preso dopo l’amichevole conversazione avuta con uno spacciatore della zona e si impose di ripensare da capo.

Indossò un paio di guanti bianchi in lattice, tirandoli e facendoli schioccare sul polso, afferrò un bisturi e cominciò ad aprire un torso umano privato di braccia, gambe e testa.

Dissezionare gli forniva la calma necessaria per poter pensare lucidamente.

 

Ha ucciso bionde e more, donne in carne e magre, neanche i vestiti avevano un qualche simbolo di riferimento, quindi non centra l’aspetto fisico. Cora-san mi ha confermato che anche il trucco usato era di diversa provenienza.

Che altro c'è? Cosa potrebbe spingerlo a preferire una donna al posto di un’altra? L’esperienza forse? O l’età? No, il range di anni variava tra i 20 e i 32.

 

Estrasse il fegato e lo guardò.

“Inutilizzabile, come immaginavo era un bevitore incallito” commentò mettendolo in un contenitore metallico.

 

Continuo a non vedere il nesso.

 

Con la punta delle dita toccò il cuore e gli venne un’idea.

Quando aveva dovuto svolgere delle ricerche su malattie cardiovascolari, si era dovuto procurare un’ enorme quantità di dati per poter arrivare ad una conclusione effettiva.

Gli mancavano i dati.

Si era fermato ad analizzare solo le sette donne in questione ma avrebbe dovuto ottenere informazioni anche fuori da quella zona.

Il che significava solo una cosa.

“Questa sera si esce” disse rivolgendosi al torso e accarezzandolo sulla spalla, mentre sul suo volto si stampava un ghigno sinistro.

 

-

 

Eustass Kidd era un meccanico, e non uno qualsiasi, era il più bravo in circolazione.

Quindi per quale cazzo di motivo doveva  occuparsi di un killer di prostitute?

Crocodile evidentemente non aveva altre persone a cui affidare la patata bollente, o forse si divertiva a metterlo in situazioni merdose.

Era quasi certo fosse la seconda.

Cinque donne uccise in due settimane e neanche un indizio su cui poter trarre conclusioni.

Lui non era un piedi piatti, quindi non capiva proprio cosa avessero quelle donne in comune.

Quando aveva chiesto una mano a Killer, lui gli aveva risposto che forse avevano una caratteristica che le rendeva uniche, e quindi bersagli precisi.

Così aveva guardato le foto messe in bella vista su un parabrezza rotto e aveva constatato che no, non avevano un cazzo in comune. Capelli, occhi, altezza, età, provenienza, nulla!

Fece roteare una chiave inglese sopra la testa mentre il biondo dai capelli lunghi camminava avanti e indietro alle sue spalle.

“Killer, porca troia, sto per vomitare, smettila di muoverti”

“L’aspetto fisico non centra” commentò ignorando il rosso. “Eppure deve essere qualcosa legato alla fisionomia, altrimenti non avrebbe potuto sceglierle e ucciderle in modo tanto rapido se fosse qualcos’altro”

“Ho già controllato ogni millimetro dei loro corpi, neanche un tatuaggio”

“I cosmetici?”

“Mi hai preso per deficiente Killer? Basta guardare le fotografie per capire che erano di marche diverse”

“Qui ci manca qualcosa”

“È quello che ti sto dicendo da due giorni!”

“Rimane solo una cosa da fare, e non ti piacerà per niente”

“Sarebbe?”

“Andare all’obitorio Thriller Bark e controllare i corpi da vicino”

Kidd lo fissò come se gli avesse appena tirato una sberla.

“Io lì non ci vado”

“Neanche io, mi cago addosso in quei posti lo sai, ma il compito è stato affidato a te quindi ti tocca”

Il rosso fissò di nuovo le fotografie.

“Avrò bisogno di alcool”

“Per dare fuoco ai corpi?”

“Per berlo”

 

-

 

Quella sera Law salutò il suo cane, un bellissimo golden retriever color panna, ed uscì di casa diretto all’obitorio della zona.

Sapeva che il Dottor Moria non lo avrebbe lasciato passare, quindi avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per distrarlo il tempo necessario per dare un’occhiata ai cadaveri delle donne che lavoravano per Mister Zero.

Indossò il suo cappello bianco maculato e si tirò su il cappuccio della felpa nera.

Le uniche cose visibili erano le profonde occhiaie nere e il pizzetto nero sul mento.

Arrivò davanti all’ospedale e si diresse a passo sicuro sul retro; entrò senza far rumore e sgusciò tra le pareti fino alla fine. Quando vide una figura di una donna dalla parte opposta della porta aspettò il momento opportuno e si nascose dietro una pianta. Magro com'era gli era facile trovare nascondigli improvvisati.

Stava per muoversi ancora quando sentì dei passi provenire dal corridoio.

 

-

 

Kidd si scolò il secondo bicchiere di rhum e si alzò in piedi di scatto.

“Non fare il senza palle, sono solo corpi morti” disse ad alta voce controllando di avere la pistola carica e un pugnale negli scarponi.

“Morti che non torneranno in vita”

Aveva giocato a troppi videogame di zombie per non poter prendere sul serio l’intera situazione.

Uscì di casa senza pensarci due volte in più e si diresse a passo rapido verso l’obitorio. Una leggera nebbiolina gli fece compagnia, insieme alla consapevolezza di essere entrato in Silent Hill.

Una volta arrivato davanti all’ospedale, si infilò nella strada laterale che lo circondava, sapendo dell’entrata sul retro.

La prima cosa da fare era mettere fuori gioco quel pallone gonfiato di Moria; chissà cosa gli avrebbe chiesto se gli avesse detto il vero motivo della sua visita. O se l’avrebbe lasciato uscire vivo.

Entrò nell’edificio e un lungo corridoio dalle pareti bianche lo accolse; si chiuse lentamente la porta alle spalle e cominciò a camminare con le mani in tasca e gli occhi vigili.

Le luci tremavano e più di una si accendeva e spegneva da sola.

“Cominciamo bene, che posto di merda”

Aprì una seconda porta che dava su un ultimo corridoio, questa volta più corto e non illuminato. L’unica fonte di luce presente era quella che filtrava dalla porta sul fondo dove immaginava si trovassero Moria e i suoi scagnozzi.

Sentì la risata distintiva di Hogback, un medico legale con occhiali tondi scuri e qualche capello rimasto in testa, di lui si vociferava che amasse fare esperimenti sui cadaveri, e che li tagliasse e li ricomponesse come pezzi di un puzzle.

Si fermò storcendo il naso e, girandosi verso sinistra, si trovò davanti ad una donna dai corti capelli biondi e uno sguardo vacuo.

 

“Ok Kidd, quando entrerai a Thriller Bark dovrai riuscire ad ingraziarti la segretaria di Hogback, Cindry. Anni fa era una famosa attrice, molto bella anche, ma a causa di un incidente di lei si persero le tracce. Solo in pochi sanno.”

Kidd lo aveva guardato facendogli cenno di proseguire.

“Te la faccio breve. Hogback si era invaghito di lei, alcuni dicono addirittura che sia stata colpa sua che la donna fosse caduta dal palco. A causa di vari interventi chirurgici, numerose cicatrici che le solcano il corpo, è più simile ad una bambola morta che ad una persona. Alla fine il buon dottore se l'è presa come segretaria nel suo circo degli orrori”

“Perchè devi raccontarlo con questo tono melodrammatico?”

“Fa più effetto, ora ricordati che per portarla dalla tua parte dovrai fare solo una cosa”

Kidd deglutì.

“Sarebbe?”

 

Killer aveva ragione, sembrava davvero una bambolina rotta.

Erano ancora distanti dalla porta, quindi non correvano il rischio di essere sentiti.

“Tu sei Cindry” sussurrò il rosso con un tono di voce basso, non accennando ad allontanarsi da lei nonostante fossero molto vicini.

Lei annuì in risposta.

Kidd la osservò a lungo; doveva davvero essere stata uno spettacolo quando era un’attrice.

“Sei bella come dicono i giornali”

La donna schiuse le labbra; il rosso pensava che avrebbe chiamato Hogback, ma non lo fece, il che era un buon segno.

“Voglio solo dare un’occhiata ai corpi di quelle donne, nient'altro. L’uomo che le ha uccise è ancora là fuori e io voglio prenderlo.” Mentre parlava aveva alzato una mano e con le dita aveva cominciato a sfiorarle una guancia. “Mi puoi aiutare?”

Solo in quel momento si rese conto della presenza di un banco contro il muro opposto, su cui troneggiavano una pila di piatti. Pian piano la sua vista si abituava all’oscurità e riusciva a scorgere dettagli di quel posto che avrebbe voluto non vedere.

Come una pianta poco distante dalla forma stranamente umana.

La donna lo guardava, il suo sguardo si era fatto più languido.

 

“Ricorda Kidd, se vuoi avere i suoi favori dovrai trattarla come una donna. Tutti la vedono solo come un mostro, ma per portarla dalla tua parte dovrai conquistare il suo cuore freddo”

“Devo flirtare con lei?”

“No idiota, devi trattarla come se l’amassi, hai presente? E poi i tuoi flirt fanno pena, sembrano quelli di un camionista”

“Avrò bisogno di più rhum per questo”

“Che Dio ti aiuti”

 

Cindry alzò una mano e si toccò i capelli a caschetto, cercando di metterli in ordine, poi distolse lo sguardo dal suo e annuì ancora, ma questa volta Kidd fu sicuro di scorgere dell’imbarazzo sul suo volto.

Bingo pensò.

“Posso darti cinque minuti, non di più. Il Signor Moria dovrebbe arrivare tra un’ora, la sola persona presente qui è Hogback” commentò con un filo di voce, incrinata ma pur sempre suadente.

 

Trafalgar Law era rimasto con la bocca aperta per tutta la durata di quella conversazione. I passi che aveva sentito dovevano appartenere a quel tizio muscoloso e dai capelli sparati per aria.

Non sapeva cosa aspettarsi da quella figura, ma quando sentì quella voce bassa rivolgersi alla donna, tutto il sangue che aveva in circolazione si diresse verso il cavallo dei pantaloni.

Non riusciva a muoversi, neanche per sbattere le palpebre. Che razza di tono aveva quel tizio, non era possibile riuscire a parlare in quel modo.

La consapevolezza che anche lui, se fosse stato al posto della bionda, lo avrebbe aiutato, gli fece digrignare i denti.

La donna alzò nuovamente lo sguardo e lo piantò su di lui.

“Tu che intenzioni hai?”

 

Law sospirò ed uscì dal suo nascondiglio.

L’altro uomo si girò verso di lui e rimasero a scrutarsi nell’ombra.

“Le sue stesse intenzioni, sono un suo amico”

 

Kidd assottigliò lo sguardo; proprio ora che era riuscito ad ottenere l’aiuto dell'attrice!

Quello stronzo era furbo, sapeva che se avesse negato, lei avrebbe chiamato Hogback, il che lo poneva in una situazione senza uscita.

Gli dedicò un'occhiata carica di ribrezzo, poi si girò verso la donna e le sussurrò all’orecchio qualcosa che Law non riuscì a capire, ma si ritrovò a piantarsi le unghie nel palmo della mano.

Lei annuì e alzò un braccio, indicando la porta di fronte a quella illuminata.

“Nascondetevi lì, cinque minuti”

Kidd annuì e la ringraziò accarezzandole nuovamente la guancia, poi fece segno al suo nuovo amico di seguirlo.

Il moro vide il leggero rossore sulle gote della bionda e camminò tranquillo dietro il signor casanova, immaginandosi di piantare le mani dentro quel petto florido e stringerle il cuore fino a farlo scoppiare.

Entrarono nella stanza e aspettarono.

“Non so chi cazzo ti credi di essere e che vuoi fare, ma dopo aver controllato quei cadaveri ne aggiungerò uno nuovo come regalo ad Hogback” sibilò Kidd, mentre il ragazzo di fianco a sè scuoteva la testa.

“Anche io sono qui per i corpi, quindi non ho alcuna intenzione di ostacolarti. Ma se proprio ci tieni ad uccidermi puoi sempre provarci”

“Mi fa piacere che tu stia entrando nell’idea”

“Mi piacerebbe entrare in altro”

Il rosso si voltò a guardare quella figura dalla voce strafottente e represse l’istinto di tirargli un pugno.

Qualche secondo dopo la porta davanti a loro si aprì e la luce li travolse, trovandosi finalmente faccia a faccia per la prima volta.

 


 



Salve a tutti, ebbene sì non sono morta,ancora ho la speranza di vedere la fine di questa storia.Ho altri capitoli pronti che metterò presto, spero di ritrovare l'ispirazione perchè tengo molto a quasta trama.
Quando iniziai a scriverla mi ricordo che pensai 'Sarà la storia di una vita' e infatti ho scritto fino al capitolo 45 e ancora la fine non la vedo. Davvero, spero che ancora qualcuno si ricordi di questa storiella ahaha a volte mi scordo pure io di lei.
Abbiate pazienza, spero a presto,
Ace of Spades

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Capitolo 39
*** Gli scherzi del destino non fanno ridere. ***


39) “Gli scherzi del destino non fanno ridere.








 

“Cindry, mia cara, non vedevi l’ora di vedermi, vero?”

La voce stridula di Hogback si diffuse nell’aria; a dividerli da lui c'era solo la porta dietro cui erano nascosti entrambi, uno accanto all’altro.
Finchè il dottore non si fosse allontanato dalla sua posizione avrebbero dovuto rimanere fermi.
Trassero l’opportunità di studiare l’altro usando la luce disponibile.

Un armadio, capelli sparati di un bel rosso scarlatto, rossetto scuro, occhi ambrati e pelle bianchissima. Davvero niente male.

 

Occhi gelidi, belle gambe, ottimo culo, ghigno del cazzo, faccia di merda, ma bocca niente male.

Si fissarono in cagnesco per qualche altro secondo mentre un rumore di piatti infranti proveniva da fuori.
“Trafalgar Law, piacere” disse il moro continuando a sorridere come se avesse una paralisi.
“Non ti ho chiesto il tuo nome del cazzo”
“Dovrai pur scriverci qualcosa sul cartellino se vuoi mettermi tra quei cadaveri”
Kidd ghignò. “Coglione non va bene?”
“Per te è perfetto”
“Eustass Kidd, e non è un piacere”
“Per ora, magari dopo cambi idea”
“Siamo in un obitorio e tu flirti?”
“Senti chi parla, mister casanova”
“Era necessario per avere il suo aiuto, non sono mica malato come te”
“È da quando ho aperto il primo corpo in una sala autopsie che voglio farlo in un obitorio”
“Stai scherzando?” sibilò il rosso fissandolo mentre non accennava a smettere di sorridere.
“Assolutamente no. Potrei anche aprirti il torace durante l’amplesso e vedere il tuo cuore pulsare per me, sarebbe un orgasmo fantastico”

A quel punto Kidd si tappò la bocca con una mano per non rischiare di scoppiare a ridere. Quello era completamente fuori, ma in un modo davvero impressionante.
E la cosa non lo disturbava affatto.

Sentì i passi di Hogback allontanarsi assieme a quelli di Cindry.
“A quanto pare iniziano i nostri cinque minuti”

I due aprirono la porta e si infilarono nella stanza di fronte.
Law si muoveva in modo sicuro; se prima aveva qualche dubbio, quando lo vide infilarsi dei guanti e controllare il primo cadavere, non ne ebbe più alcuno.

“Spero che tu possa durare più di cinque minuti” gli disse tastando il collo del corpo.
“Sei un dottore”
“Ottima deduzione, Holmes” rispose senza distogliere lo sguardo dalla donna.

Kidd scosse la testa ed aprì uno sportello metallico, estraendo un altro corpo.

“Non c'è nulla di strano”
“Stiamo sbagliando, questi corpi sono già stati lavati e trattati, dopo l’autopsia è inutile. Ci servono freschi”
Il meccanico rimise il corpo al suo posto, imitato dall’altro, ed entrambi si voltarono verso i due ancora vestiti.

Kidd chiuse gli occhi e sospirò.
Le guardò senza toccarle, dato che ci pensava già il dottor Stranamore, ma continuava a non vedere nessun nesso.

Law provò a guardare i vestiti, i capelli, qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano, ma nulla.

Il rosso si avvicinò di più e solo allora lo sentì.
Aggirò il primo corpo e si mise di fianco al secondo, avvicinando il volto a quello della donna.

Non c'erano dubbi.

“Lo senti?” chiese indicandola.

Law lo guardò in modo interrogativo.

“Hanno lo stesso profumo”
Il dottore si avvicinò; Mister Muscolo aveva ragione, era poco dato che avevano potuto controllare solo due cadaveri, ma era l’unica traccia che avevano.
“Finalmente qualcosa, niente male Eustass-ya
“Come mi hai chiamato?” sbottò il rosso.

Entrambi si immobilizzarono al suono di passi che si avvicinavano.

Hogback aprì la porta ed entrò nella stanza.
“Cindry, come farei se non ti avessi! Potevi evitare di tirarmi dei piatti anche mentre bevevo il tè, ma è stato comunque gentile da parte tua prepararmelo”

Kidd e Law, nascosti dietro la porta, sgusciarono fuori dalla stanza e si diressero a passo rapido verso l’uscita.

Si fermarono prima di ritrovarsi in strada, sentendo uno sguardo fisso sulle loro schiene.

Kidd si girò e mosse le labbra lentamente, mimando un ‘grazie’ alla donna, che sorrise gentilmente per poi inoltrarsi nel buio di Thriller Bark.

 

I due si ritrovarono sotto un cielo senza stelle a fissarsi.

Successe tutto nel giro di qualche secondo: Kidd estrasse la pistola e la puntò contro Law, il quale cominciò a rigirarsi il bisturi tra le dita.

Dottore, ora mi faccia il piacere di dirmi chi è e che cosa voleva ricavare dai cadaveri. Direi che non sei un poliziotto”

“Immagino tu l’abbia capito dal commento sull’obitorio”

“Anche per quello, ma soprattutto perchè mi dai i brividi”

“Oh, anche tu”

Kidd ringhiò. “Chi sei?”

Law lo fissò e sorrise “Potrei farti la stessa domanda, ma immagino che sia meglio per entrambi non saperlo, non ti pare?”

“Decido io cosa è meglio sapere o no, non rompermi i coglioni”

“Vediamo” cominciò Law per poi passeggiare tranquillamente avanti e indietro. “Sono un dottore che cerca di risolvere un crimine per conto di una persona. E tu?”

Il rosso spostava la canna della pistola ad ogni movimento sinuoso del corpo del moro.
Non distrarti. Non guardargli il culo. No, Kidd.

 

“Io sono un meccanico, ma la seconda parte è uguale anche per me”

“Meccanico, eh? Interessante”

“Siamo ad un punto morto” ribattè il rosso.

“Il mio preferito”

“Stai ad un metro di distanza, la sola idea che tu possa toccare il mio cadavere mi ha fatto decidere ora di voler essere cremato”

L’altro gli sorrise in risposta.

“Immagino che ci incontreremo ancora dato che seguiamo lo stesso caso, quindi tanto vale fare una tregua”

“Tregua? Con te? Sei più pazzo di quello che credessi”

“Tranquillo Eustass-ya, ci vedremo solo lo stretto necessario, qualche volta a cena magari, e se fai il bravo ti faccio vedere la mia stanza dei giochi”

In risposta sentì Kidd caricare la pistola.

“Tu non mi piaci, ma su una cosa non hai torto. Purtroppo dovrei incontrare il tuo brutto muso ancora e quindi meglio programmarlo, così so quando devo portarmi un paio di armi”

“Molto bene, il tuo numero?”

“Prego?”

“Il numero, come faccio a contattarti altrimenti? Sei proprio stupido Eustass-ya

“Non chiamarmi in quel modo”

“Ti chiamo come mi pare”

“Vuoi che ti spari adesso vedo”

“In realtà vorrei facessi altro con le dita invece che premere un grilletto”

“Magari un’altra volta”

Law sorrise e ripose il bisturi nella tasca.

“Tregua”

Di malavoglia Kidd abbassò l’arma.

“So già che me ne pentirò. Tregua.”

 

-

 

Kidd tornò all’officina e trovò Killer ad aspettarlo.

“Era ora! Si può sapere dov’eri finito? Ha funzionato vero? Racconta”

Il rosso si passò una mano sulla nuca e cominciò il suo racconto, quando finì il biondo sembrava diventato una statua di gesso.

“Killer? Ci sei?”

“Un dottore con tatuaggi sulle dita e la scritta ‘DEATH’? Dimmi che non girava con un bisturi in tasca”

“Lo conosci?”

Il biondo si alzò in piedi e lo prese per le spalle.

“Kidd porca troia!”

“Cosa? Vuoi stare calmo e dirmi che ti prende? E poi come facevi a sapere come calmare Cindry? Direi che sei tu qui quello che deve parlare, cazzo”

Il suo migliore amico alzò le braccia e annuì tornando a sedersi.

“Ho letto dei file secretati nell’ufficio del Capo, lui non c'era, quindi…”

“Volevi morire?”

“Ho letto solo il minimo indispensabile! Giusto le informazioni sulle persone più pericolose della zona, e tra essi c'era un fascicolo su Moria e i suoi zombie dell’obitorio, ecco perchè sapevo cosa fare con lei.”

“Bene, comincio a capire”

“Poi tu ti cacci sempre nei casini, sapevo mi sarebbe servito prima o poi” commentò Killer incrociando le braccia.

“E ora torniamo al fottibile dottore. Data la tua reazione, direi che c'era un adorabile fascicolo pure su quella testa di cazzo”

“Eccome.”

Kidd lo fissò aspettando.

“Vuoi parlare o devo andare nell'ufficio di Crocodile a leggere di persona?”

“Ok. C'era solo una foto, abbastanza sgranata, ma si riconoscevano le scritte sulle dita e il pizzetto, il resto era coperto da una felpa nera e un cappello calato sugli occhi.”

“Direi che la descrizione coincide”

“Il tuo bel dottore” cominciò, ignorando il commento “non è mio” del rosso “è anche noto come Chirurgo della Morte, ed è una delle due persone più abili nello scucire informazioni alle persone, l’altra è anche nota come la Rana, ma non si sa molto se non che ha avvelenato un centinaio di persone con un veleno di una rana amazzonica”

“Un centinaio?” chiese Kidd fischiando ed aprendosi una birra “Però! Questa Rana deve essere proprio cattivella”

“Intendevo dire che li ha uccisi tutti in meno di mezz'ora”

Kidd scoppiò a ridere.

“E cosa sai dirmi del Chirurgo? Si spiegano molti commenti, altro che dottore, quello apre la gente e ci fruga dentro, lo sapevo”

Killer sbuffò.

“Su di lui c'era scritto solo che è un mago nelle torture e nel farti male, sa esattamente quale corde tirare per farti cantare come un uccellino. Lo hanno chiamato così perchè sembra che giochi perennemente con la morte, nonostante sia giovane, il suo nome è parecchio noto”

Kidd finì la sua birra in pochi secondi, sentendo la bocca secca.

“Non mi hai detto tutto, vero?”

Killer rimase in silenzio.

“Sembra sia collegato a Donquixote Doflamingo”

A quel punto il rosso si bloccò.

“Quel Doflamingo di cui non dobbiamo parlare davanti a Crocodile immagino, lo stesso che rivaleggia con lui nel traffico di armi e di droga”

“E che a quanto pare ha deciso di mandare il suo chirurgo ad indagare sulla morte delle prostitute di Crocodile? Non ha senso!” sbottò Killer appoggiandosi nuovamente allo schienale.

“A meno che” continuò il biondo “Doflamingo non abbia lo stesso problema di Crocodile, il che spiegherebbe perchè abbia dovuto vedere i corpi. Cercava la stessa cosa che cercavi tu, un collegamento tra le vittime”

Kidd stava immagazzinando le informazioni e annuì; sembrava la sola ipotesi plausibile.

“Sapevo io che non avevo abbastanza alcool in corpo per affrontare questa notte”

Il biondo si alzò e si prese una birra.

“E la cosa divertente è che gli hai pure dato il tuo numero. Non ho ancora capito cosa voglia da te, strano non ti abbia ucciso”

“Potrei sbagliarmi, ma credo voglia che lo scopi” commentò Kidd, con la solita schiettezza di una persona che parla del tempo.

Killer cominciò a tossire, sentendo il naso prudergli a causa della birra che gli era andata di traverso.

“Ottimo! C'è altro?”

“Poteva andare peggio”

“Illuminami ti prego, perchè al momento sei nella merda fino al collo, e questo vuol dire che ci sono anche io”

Kidd alzò lo sguardo e lo puntò sulla maschera leggermente alzata del suo amico, un sorriso sardonico sulle labbra dipinte.

“Potevo farmelo in un obitorio”

Killer sputò il resto della birra sul pavimento e alzò le mani in segno di resa.


-

 

Law tornò velocemente alla residenza Donquixote, trovando Diamante davanti alla porta.

“Dottore, come è andata l’uscita?”

“Avevo dimenticato una testa nel microonde” gli rispose godendosi l’espressione schifata dell’uomo che lo lasciò passare.

Una volta dentro all’edificio si diresse nella sua stanza e si chiuse dentro; prese il portatile e si sedette sul letto.

Quando la chiamata Skype partì si rilassò e si tolse il cappello.

“Ehilà Law! Qual buon vento?”

Nello schermo la faccia del suo amico Penguin gli sorrideva cordiale.

“Scusa ma devo disattivare la funzione video” gli disse facendo una smorfia dispiaciuta e puntando la telecamera del cellulare verso la vasca piena di pezzi di corpi.

Law annuì. Penguin era il nome in codice che il suo amico ormai usava da sempre, non si ricordava neanche più quale fosse il suo vero nome. Da quando era diventato un killer su commissione era sempre chiamato a risolvere questioni delicate, il che, aggiunto al suo comportamento scherzoso, metteva a disagio chiunque se lo trovasse nelle vicinanze.

 

Penguin si infilò le cuffie e ricominciò a versare l’acido sui corpi.

“Sbaglio o ultimamente sei nella zona di Crocodile?” gli chiese Trafalgar mentre l'altro fischiettava.

“Esatto! Ho dovuto trovare il testimone chiave di un caso giuridico e farlo fuori, non sai quanto mi ha fatto penare questo qui” disse spingendo una gamba dentro la vasca mentre i vapori salivano in aria.

“Cosa sai di Eustass Kidd?” chiese, andando direttamente al punto.

Penguin rise. “Hai messo gli occhi su un pesce grosso, ma meglio se mi racconti in ordine, non credi?”

Law annuì e raccontò l’avventura di quella notte.

Penguin rimase in silenzio fino alla fine per poi scoppiare a ridere in modo sguaiato, della sua solita risatina sarcastica non c'era più nulla.

“Cristo Law! Che sfiga!”

“Immaginavo che si trattasse di qualcuno che era meglio non incontrare” commentò sorseggiando un po’ di caffè freddo.

“Eustass Kidd è uno degli uomini più fidati di Sir Crocodile, quel bel personaggio che tanto si diverte a mettere i bastoni tra le ruote a Doflamingo” rispose Penguin sedendosi sul bordo della vasca.

“E quello che non bisogna nominare se non si vuole finire con una pallottola in testa, capisco”

“Già. E tu gli hai dato il tuo numero.”

“Già.”

“Che intenzioni hai?”

“Ci giocherò un po’, ma al momento è meglio fare squadra se vogliamo trovare questo tizio che ammazza prostitute, e soprattutto se vogliamo evitare una guerra tra le due famiglie malavitose più potenti in circolazione” concluse Law passandosi una mano tra i capelli.

“Concordo. Direi che sei in una brutta situazione”

“Poteva andare peggio”

“Ti ascolto”

“Potevo farmi scopare nell’obitorio”

Penguin rise così tanto che quasi cadde nella vasca insieme ai corpi delle sue vittime.




 



Salve, sì sono viva. Ancora.
Ho da parte altri capitoli già scritti, ma non trovando più tempo e ispirazione per continuare mi riduco a pubblicare una volta al mese. Mi dispiace perchè ci tengo a questa storia, ma voglio avere tempo per scriverla bene, quindi vi prego di avere pazienza finchè non finirò esami e altro, poi ricomincerò a pubblicare più spesso come prima, giuro.
Nel mentre godetevi il simpatico incontro tra due personaggi che diventeranno importanti per quasta storia, Kidd e Law sono sempre divertenti da scrivere.
a presto, grazie ancora a chi mi segue, se volete lasciarmi un commento risponderò volentieri.
Ace of Spades

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Capitolo 40
*** Ducunt volentem fata, nolentem trahunt. ***


40) “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt.
(Il fato guida chi vuole lasciarsi guidare e trascina chi non vuole, Seneca)







 

“Signorino è sicuro?” la voce baritonale di Trebol lo distrasse dal pulire la canna della pistola in avorio.

“Se il governo pensa che mi presenterò solo e disarmato si sbaglia di grosso” gli rispose continuando la sua opera.

Era da quando aveva ricevuto quella strana lettera che aveva deciso di presentarsi, ma accompagnato da Vergo e dalla sua fidata pistola. Di certo i pezzi grossi o chiunque ci fosse dietro a quella pagliacciata non erano tanto stupidi da pensare che qualcuno si sarebbe presentato davvero privo di qualsivoglia protezione. Sempre che lui fosse l'unico ad aver ricevuto quella strana missiva.

Lo avrebbe scoperto presto, il giorno stabilito era finalmente arrivato.

 

Nello stesso momento, a qualche chilometro di distanza, Crocodile aveva appena finito di farsi controllare la mano meccanica da Kidd, l'aveva ricoperta con un guanto nero ed era salito in auto. Daz Bornes, il suo fidato braccio destro, lo avrebbe accompagnato a quella che sembrava una trappola a tutti gli effetti, ma a cui non poteva sottrarsi.

Sapeva di essere un tassello importante della malavita e sapeva anche che, proprio come i tasselli del domino, non era l'unico a controllare quel mondo fatto di inganni, sangue e denaro. Tolti i pochi che reggevano i fili si sarebbe creato il caos, e di certo il Governo non voleva questa conclusione.

L’indirizzo segnato sulla busta era una via fuori città, abbastanza isolata ma molto vicina al quartiere più malfamato.

Daz Bornes parcheggiò la macchina di fronte all’unico edificio nelle vicinanze e si fermò a guardarlo incuriosito e divertito.

Davanti a lui si trovava una casetta di un paio di piani, completamente in disuso, che si reggeva in piedi quasi per miracolo. L’insegna in legno rovinata dal tempo recava la scritta di un nome, ma era così sbiadito da non essere quasi leggibile. L'unica cosa che si capiva era che si trovano di fronte ad un fruttivendolo.

Entrambi gli uomini scesero dall'auto, Crocodile si pulí di riflesso la giacca alla vista del posto e del conseguente sporco, Daz caricò la pistola e la ripose nella fondina.

Poco dopo, accanto alla loro Audi nera, parcheggiò una limousine bianca con un disegno di un serpente nero sulla portiera.

Una donna dai corti capelli verdi acceso scese per aprire la portiera con il serpente: una gamba nuda e lunga fece la sua comparsa.

Dalla macchina di lusso scese colei che in poco tempo si era fatta strada nell'ambiente della profumeria e si era affermata come modella di ogni tipo di capo d'abbigliamento, Boa Hancock, anche detta la Principessa Serpente. Una donna dai chiari occhi azzurri e lunghi capelli neri che riusciva a stregare qualsiasi persona, uomo o donna che fosse, era riuscita anche a sorreggere lo sguardo di un cobra reale che le era stato lasciato da qualcuno nel camerino, evidentemente per ucciderla. Il risultato fu che si guadagnò quel soprannome uscendo col serpente avvolto attorno al braccio e presentandosi in passerella come se nulla fosse, creando attorno alla sua persona una vera leggenda.

Crocodile squadrò la donna, avvolta da un aderente vestito rosso con un profondo spacco sulla gamba destra; ora era chiaro che il Governo o chiunque lavorasse per esso avesse chiamato piú di qualche pezzo grosso. E la conferma gli arrivò quando da altre auto scesero Gecko Moria, con il suo fidato dottor Hogback, e Jinbe.

La loro fama era nota anche ai bambini: il primo perché poteva benissimo passare per l’uomo nero degli incubi, quello che ti guarda dormire e poi riporta in vita i morti; il secondo, chiamato da molti Il Cavaliere del Mare, passava la sua vita nei maggiori porti delle città e regolava l’afflusso e l'uscita di persone e carichi, ma si diceva che non gli importasse granché della vita altrui, la sola cosa a cui tenesse era il mare.

Nonostante sembrasse palesemente uno scherzo il fatto di aver radunato quei quattro in quel posto, tutti si decisero ad andare verso la strana casupola per togliersi ogni dubbio sul fatto che davvero il Governo li avesse voluti lí.

Hancock, col suo passo elegante ma deciso, ondeggiava sui suoi tacchi rossi, sperando che si trattasse di uno scherzo e che potesse levarsi dai piedi quei tizi, così da tornarsene a casa a farsi un bel bagno rilassante.

Jinbe, l'unico venuto da solo, aprí la porta del fruttivendolo ed entrò cercando di abituarsi alla mancanza di luce e, riuscendoci in poco tempo, si accorse di essere osservato.

Una donna sull’ottantina se ne stava dietro ad un bancone, sorridendo in modo mefistofelico e fissando i presenti che a poco a poco entravano dalla porta.

“Salve” pronunciò con voce rauca “cosa desiderate?”

Moria estrasse dalla tasca la lettera che li aveva portati lí e il sorriso della donna si fece più largo.

“Reparto banane, in fondo a destra, prendete il cesto sulla cassetta bianca” e detto questo tirò fuori un giornale e li ignorò.

Jinbe guardò Crocodile ed entrambi si incamminarono, seguiti da Daz, Boa e la sua accompagnatrice, Moria e Hogback.

Nessuno parlava, ma la tensione si poteva sentire respirare sui loro colli.

Troppe persone importanti tutte nello stesso posto, c'era qualcosa di strano sotto.

 

Arrivati davanti alla parete piena di banane, individuarono la cassa bianca; senza tanti problemi Hancock le tirò un calcio e questa si abbassò. Uno scatto secco si diffuse nell’aria e lo scaffale davanti a loro si aprí, rivelando una porta nascosta dietro i cesti di banane.

“Chiunque ci sia dietro ha parecchi problemi” commentò Moria, e i presenti non poterono fare altro che assentire.

Con una mano su pistole e pugnali nascosti, aprirono la porta ed entrarono in quello che capirono essere un ascensore abbastanza spazioso per contenere una decina di persone.

Quando anche Hogback fu entrato, le porte si chiusero e l'apparecchio cominciò a muoversi verso il basso.

Proprio quando pensavano di averle viste tutte, dall’autoparlante partí una musichetta.

“Davvero.” disse in tono sarcastico Crocodile quando riconobbe Vamos a la Playa.

“O è mancanza di rispetto, o è presa per i fondelli, in ogni caso qui c'è dietro un uomo. Una donna non avrebbe questa mancanza di classe” sibilò Boa incrociando le braccia al petto.

La canzone finí e l'ascensore si fermò.

Qualche secondo dopo le porte si aprirono e tutti i presenti rimasero immobili per qualche secondo.

Davanti a loro c'erano persone che camminavano per il lungo corridoio, sparendo in stanze o in altre zone, tutte vestite in giacca e cravatta. Il luogo era perfettamente verniciato, arredato come se fosse un ufficio di ultima generazione, con monitor agli angoli e computer nelle aule di fianco all'ascensore.

Se non fossero certi di aver parcheggiato davanti a quella rimessa cadente di un fruttivendolo avrebbero giurato di aver messo piede al Pentagono.

Una donna dai capelli biondi raccolti si avvicinò a loro e si mise a posto gli occhiali da vista.

“Voi dovreste essere i signori Crocodile, Jinbe, Moria e la signorina Hancock, prego seguitemi, io sono Kalifa e sono stata incaricata di portarvi nella sala riunioni adibita alla vostra divisione.” concluse girandosi e cominciando a camminare senza aspettare una risposta.

“Quale divisione?” chiese Jibe avvicinandosi e venendo subito seguito dagli altri.

“Benvenuti nella sede centrale della CP, divisione segreta della CIA adibita al controllo della malavita. Il capo vi spiegherà tutto non appena raggiungerete gli altri.” concluse Kalifa senza aggiungere altro.

Dopo aver attraversato due corridoi, arrivarono davanti ad una porta in legno a due ante, l'unica in quella parte di edificio.

La donna bussò, fece un breve inchino e si allontanò.

Qualcuno aprí e li fece entrare. In mezzo a quella sala si trovava un enorme tavolo bianco con otto sedie, di cui tre erano già occupate.

Quando un paio di occhi dorati e un paio di occhiali scuri si voltarono a fissarlo gli sembrò che il mondo si fosse fermato.



 

Doflamingo e Vergo scesero dall'auto e salutarono Pica, che annuí e ripartí, lasciandoli davanti a quella strana casa in rovina.

“A me pare un fruttivendolo”, disse Vergo avvicinandosi.

“A me una presa per il culo” ghignò il biondo.

I due di certo non si sarebbero mai aspettati di trovare un ascensore nascosto in una parete piena di banane, e tantomeno di trovare una sezione operativa della CIA sotto la casetta quasi distrutta.

Ma ciò che bloccò il respiro di Doflamingo non fu l’ascensore, non fu neanche la scoperta di cosa ci fosse sotto e neppure la stanza con il tavolo. Ciò che lo fece bloccare sul posto fu incrociare lo sguardo con Drakul Mihawk, appoggiato con la schiena al muro, al suo fianco una spada enorme dalla lunga lama nera e dall’elsa finemente ricamata.

Vergo preoccupato si girò e lo vide sbiancare, ma lo smarrimento del suo capo durò poco.

“Ehilà Falchetto, come va?” domandò col suo solito sorriso, questa volta tirato, per poi sedersi in una delle sedie.

Mihawk era rimasto a fissarlo qualche secondo, poi si era avvicinato con la spada in mano e si era seduto di fronte a lui.

“Doflamingo” disse solo.

Poco dopo dalla porta entrò Bartholomew Kuma, che non dedicò uno sguardo a nessuno, si sedette di fianco a Mihawk e cominciò a leggere la Bibbia che teneva sotto braccio.

Vergo, in piedi dietro al suo capo, stava cominciando a preoccuparsi. Sapeva che Doflamingo non aveva punti deboli, che era un uomo forte sia fisicamente a causa degli allenamenti continui, sia mentalmente per colpa dei risvolti che aveva preso la sua vita. Ma essendo sempre stato al suo fianco fin dall'inizio, conosceva anche la sola cosa che poteva mandare in frantumi lo spirito del suo capo, e quella cosa era un legame vecchio di oltre vent'anni. Vergo inspirò tenendo d'occhio i due uomini davanti a sé; sapeva di star mentendo anche a se stesso.
Sapeva che Doflamingo un punto debole lo aveva eccome, e che esso poteva mandare a monte tutto, poteva farlo precipitare nel vortice di disperazione dal quale lui e il resto della attuale famiglia Donquixote erano riusciti a salvarlo.

La porta di legno si aprí ancora e il respiro di Vergo si bloccò nella gola alla vista dei nuovi arrivati.

Perché il punto debole del biondo aveva un volto, e quel volto era appena entrato nella stanza.


-

 

Kidd si rotolò nel letto ad una piazza, cercando di fondersi con il materasso e il lenzuolo. Tutto, pur di non rispondere al telefono.

Non gli dava fastidio ricevere chiamate, ma dato che sapeva benissimo chi lo stava disturbando si prese tutto il tempo per assaporare gli ultimi istanti di pace di quella che in effetti gli era parsa fin da subito una giornata troppo tranquilla.

La sigla di Doctor Who rieccheggiò nel piccolo appartamento ancora per qualche secondo, fino a quando il ragazzo dai capelli rossi si alzò di scatto e afferrò l'apparecchio.

Dare una suoneria personalizzata a quel demente era stata una grande idea.

“Cazzo vuoi Trafalgar” sbottò controllandosi il rossetto, ancora in perfette condizioni.

“Preparati Eustass-ya, questa sera ti porto fuori”

“Prego?” domandò in modo sarcastico appoggiando il rossetto della Mac.

“Oh figurati, di nulla, mi ringrazierai dopo, vengo da te alle sette. A proposito, dov'è che abiti?”

Kidd fissava il suo riflesso, pensando di essere in un incubo, o più probabilmente quello là aveva abusato della morfina.

“E secondo te io te lo vengo anche a dire, coglione”

Sentí la risatina del moro e gli si accavallarono tutti i nervi possibili.

“Immagino che vada bene anche davanti alla tua officina, sai, ho fatto delle ricerche. A casa tua mi ci porti dopo cena. A più tardi Eustass-ya” detto questo riattaccò.

 

Kidd fissò il cellulare per qualche secondo per poi scoppiare a ridere da solo.

“Porca puttana, stasera ci sarà da divertirsi”










 

-

Ed ecco l'inizio della fine. No scherzo, ma i tre si sono rincontrati, ora resta da vedere lo sviluppo della situazione.
E resta anche da scoprire cosa combineranno Kidd e Law… Aiuto.

Grazie a tutti quelli che leggono, come sempre, e a presto! 
ps. ho ripreso a scrivere finalmente ;;

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Capitolo 41
*** La morale è che non c'è nessuna favola ***


41) “La morale é che non c'è nessuna favola






 

Era l'unico tra i presenti a sapere il motivo per cui si trovassero in quel posto e perchè fossero stati scelti proprio loro.

Mihawk deglutí senza fare alcun rumore mentre il suo sguardo passava silenzioso da Doflamingo a Crocodile, seduti a debita distanza. Entrambi guardavano ovunque tranne che nella direzione dell’altro; ci pensavano i due uomini dietro di loro ad esprimere agitazione dai loro sguardi.

Gli altri occupanti di quella stanza erano a lui ben noti, come alla maggior parte delle persone.

Boa Hancock, la bella Principessa Serpente: modella, attrice, a capo della linea di vestiti Amazon Lily, diventata famosa però grazie ai suoi profumi, di cui molti ritirati dal commercio a causa della loro potenza e degli effetti che potevano suscitare a chi li inalava.

Kuma, il cosiddetto robot del Governo Mondiale, compiva ogni genere di missione, moralmente discutibile o meno, senza lamentarsi, si diceva addirittura non avesse mai chiesto un giorno di ferie.

Moria e i suoi zombie dell’obitorio a Thriller Bark non gli interessavano molto, anche perché dubitava fosse davvero riuscito a riportare in vita un novello Frankenstein, cosa che Mary Shelly stessa sarebbe uscita dalla tomba per ridere in faccia a chi aveva messo in giro queste fandonie.

Jinbe era quello che meno si uniformava al gruppo, era un uomo dalla morale forte e dallo spirito deciso di un uomo libero, di quelli che ormai è un regalo trovarne in giro, il cosiddetto uomo incorruttibile. Per quello gli ispirava simpatia. Per quanto uno come lui potesse provarne.

E poi c'erano loro.

Crocodile e Doflamingo.

Due spettri del suo passato usciti da chissà dove per mettere in scena quell'incontro forzato, che nessuno voleva, ma che, per forza di cose, non avevano potuto controllare.

 

‘Il destino gioca a carte con la vita delle persone, e a volte ci si chiede se siano le carte che ci ha dato ad averci portato dove siamo o il modo in cui le abbiamo giocate. In ogni caso, i fili destinati ad incontrarsi possono dibattersi quanto vogliono, se si devono incontrare ed incrociarsi da lí in avanti, nessuno ha il potere di evitarlo.’

 

Questo pensò Occhi di Falco, spadaccino migliore al mondo e cecchino di professione nel tempo libero, guardando i due più grandi spacciatori di droga, armi, e a capo di due delle organizzazioni più potenti della malavita.

Quando una testa dai capelli rossi entrò nella stanza sorridendo chiuse gli occhi e si appoggiò alla sedia.

Alla fine era un modo come un altro per ammazzare il tempo e la noia.

 

-

 

Crocodile era seduto davanti a quel tavolo da troppo tempo. Da secoli, si disse.

Tutto, pur di non pensare a lui.

Ad aiutarlo nella sua opera di distrazione ci si mise il polso e la sua mano fantasma, che leggendo i suoi pensieri meglio di quanto potesse fare se stesso, si mise a pulsare in modo insistente.

Ammise di aver provato un senso di vertigine alla vista di quell'uomo, prima che il suo corpo prendesse il sopravvento sulla sua mente e si decidesse a sedersi, il piú lontano possibile dalla fonte dei suoi pensieri.



 

“Cosa hai detto?”

La voce roca e stanca del ragazzo biondo gli arrivò alle orecchie e gli fece male quanto una pugnalata.

Guardò l'occupante del lettino di fronte a lui, reprimendo l’istinto di vomitare e di crollare a terra dal dolore che la mano gli stava provocando.

Aveva il braccio sinistro nascosto dietro la schiena e respirava a stento.

“Ho detto” ricominciò, cercando di far entrare ossigeno ai polmoni, sentendo una stretta ancora piú forte al petto.

“che è finita. Non voglio piú vederti, mi sono stufato.”

Il biondo lo fissò per qualche secondo; il viso già pallido a causa della perdita di sangue e dell’intervento sostenuto qualche ora prima per rimuovere le due pallottole lo avevano stremato, ma quelle frasi gli diedero il colpo di grazia.

“Perché” disse soltanto, con una voce cosí flebile da sembrare un sussurro.

Crocodile si sentí mancare ma tenne duro, ancora nella sua convinzione di essere nel giusto.

Dopo qualche minuto riuscì a rispondere.

“È stato solo un passatempo, una persona come me non può provare amore, lo sai. Ci siamo divertiti per un po’, ma ora è il caso che ognuno torni alla sua vita. Ti pregherei di non cercarmi piú. Addio.” concluse mantenendo un tono di voce stabile senza crollare.

Si complimentò con se stesso, continuando a ripetersi come un mantra che era la Cosa giusta, per quello faceva cosí male. Fare qualcosa per il bene altrui era nuovo per lui, ma sapeva che avrebbe fatto male, ad entrambi.

Allungò la manica della veste ospedaliera per nascondere la mancanza della mano ed uscí dalla camera riuscendo a barcollare poco.

Sapeva che non doveva voltarsi indietro, ma lo fece.

E fu quella la decisione che rimpianse per vent'anni.

Vide il volto di Doflamingo contorto dal dolore, mentre le lacrime gli solcavano il viso, cadendo da quel paio di occhiali nuovi che qualche suo sottoposto aveva provveduto a portargli. Con una mano cercò di nascondere il suo volto, ma questo non impedí ad un gemito strozzato di disperdersi in quella stanza ed arrivare alle sue orecchie.

Si voltò, non riuscendo più a sostenere la vista del suo ora ex compagno di avventure.

Era riuscito dove tutti avevano fallito. Aveva appena distrutto per sempre il restante cuore di Donquixote Doflamingo.

E il suo.





 

Crocodile sbatté le palpebre al rumore di una porta che si apriva e ritornò nel presente. Quel ricordo lo perseguitava da troppo tempo. E ora non poteva piú evitare di pensarci, ora lo aveva davanti il suo ricordo, più vivo che mai.


-


Doflamingo era sicuro di non aver mai avuto un sorriso più tirato di quello che sfoggiava in quel momento, seduto in quella stanza, tra quelle persone.

Piú tirato e piú finto, aggiunse mentalmente.

I suoi pensieri si erano fermati e ora aveva la testa sgombra da ogni cosa, piacevole o meno. Il vuoto.

Si guardò le mani, le dita intrecciate tra loro e le unghie perfettamente curate, e si concentrò sul solo suono che giungeva alle sue orecchie, il battito del suo cuore. Come un bambino appena nato, trovava quel suono ritmico e regolare di una tranquillità imbarazzante, ma quel suono pulsante gli ricordava che un cuore lo aveva, e questo gli dava estremamente fastidio. Amava molto di più il rumore assordante, quello totalizzante che annullava ogni pensiero.


Quando era uscito dalla sala operatoria aveva trovato suo padre al suo capezzale, con uno sguardo indecifrabile. Appena aveva visto che era vivo era uscito, lasciando Vergo fuori dalla porta.

Se il suo unico erede ci lasciava le penne sarebbe stato un bel problema, ecco cosa gli interessava, non che suo figlio fosse vivo, ma che fosse vivo per lui.

Per mandare avanti i suoi affari, per ereditare l'impero Donquixote.

Cosa si aspettava, l'empatia di un padre?

Pensava di aver sofferto abbastanza dopo che i due proiettili gli erano entrati in corpo; si dovette ricredere quando si svegliò dopo la sala operatoria, il dolore era lancinante e sembrava gli avessero ficcato degli aghi lunghi un metro nella carne.

Ma si sbagliava ancora.

Il dolore più forte lo subí dopo, quando vide l'unica persona che pensava non lo avrebbe mai tradito, che aveva tutta la sua fiducia e anche tutta la passione del primo amore, voltargli le spalle dopo averlo lasciato con qualche parola di circostanza. Quel silenzio che passò prima di ricevere una risposta, quel silenzio eterno, lacerante ed estenuante gli si era infilato sotto la pelle, come quelle parole gli si erano impresse nella mente.

La lingua sa essere molto tagliente ma non sarà mai affilata quanto un silenzio.

Perché dare la propria fiducia a qualcuno se l'unica persona che avesse mai voluto se n'era andata? Tanto valeva vivere la vita al massimo per riempire la sua vita, ma soprattutto per non sentire più silenzio.

 

Doflamingo inspirò continuando a sorridere ricordandosi il periodo di convalescenza, in cui vomitava ogni cosa mettesse nello stomaco e non riusciva a chiudere occhio.

Poi un giorno si alzò, fece una colazione abbondante, andò in camera di suo padre, prese la pistola in avorio che tanto gli piaceva, la pulí e si sedette in salotto accavallando le gambe, canticchiando qualche motivetto spagnolo sentito alla radio.

Gli uomini di suo padre si allontanarono lasciandolo da solo; appena tornò il capo famiglia Doflamingo sorrise.

Sorrise di nuovo come prima, come quando era piccolo e sua madre era morta, quando doveva fingere di stare bene.

Si ricordò di quando suo padre entrò nel salotto e gli si avvicinò con quel suo sguardo strafottente chiedendogli come stava.

 

Doflamingo strinse le dita delle mani e si rilassò, pensando al profumo inebriante della polvere da sparo, all’urlo di dolore di suo padre quando gli sparò ad entrambe le ginocchia. L'odore si intensificò appena sparò in testa a Virgo, che stava per estrarre una pistola dalla cintola.

Quando tornò ad accavallare le gambe e a pulire quel gioiellino che sarebbe poi diventata la sua arma prediletta.

“Nulla parla più di esecuzione di un proiettile di piombo” spiegò a suo padre mentre rantolava per terra, dissanguandosi poco a poco.

Qualche anno dopo, ripensando alla scena, avrebbe ricordato altri particolari, tra cui la risata gutturale del capo famiglia, fiero di essere riuscito a creare finalmente una macchina e un degno successore.

 

Aver ucciso suo padre e aver riformato le alte sfere della famiglia Donquixote lo aveva tenuto impegnato, come i continui allenamenti a cui si sottoponeva.

C'era stato un periodo in cui partecipava anche a gare clandestine, vincendo sempre. Nel corpo a corpo era diventato un maestro, amava vedere il sangue scorrere e sentire l'aria riempirsi di applausi, ovazioni e urla di dolore.

Era stato così divertente spezzare gli altri che aveva dimenticato Crocodile.

 

Fino a quel momento.

La verità è che chi è stato distrutto sa come distruggere. Per questo lui era tanto bravo nel piegare le persone, che fosse per avere un vantaggio o semplicemente per ottenere piacere fisico.

Piegare gli altri era estremamente gratificante.

 

Inspirò e si voltò verso la porta registrando chi fosse appena entrato nella stanza.

“Oh, oh, guarda guarda chi c'è dietro a questa buffonata! ”














 

-

Salve! Questo capitolo è stato fatto in modo da capire solo una parte della storia, cioè dal punto di vista di Doflamingo. Di Crocodile non ho appositamente svelato nulla perchè serve più tempo per quello, e di Mihawk e Shanks si sa ancora poco. Ci arriveremo.

Nel frattempo Kidd e Law non li ho dimenticati, a breve torneranno anche loro!

Mi mancava scrivere angst…

A presto e grazie a tutti come sempre! 

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Capitolo 42
*** L'unica giornata tranquilla è ieri ***


42) “L'unica giornata tranquilla è ieri.






 

L'uomo dai capelli rossi lasciò che la porta dietro di sé si chiudesse per poi rivolgere un sorriso ai presenti.

“Immagino che qualcuno mi conosca già” cominciò avvicinandosi al tavolo mentre gli occhi di tutti erano fissi su di lui.

Doflamingo riprese la parola.

“Shanks detto Il Rosso, personalità di spicco degli ultimi anni, sempre implicato in casi scottanti, l'uomo che riesce sempre a trovare un modo per far funzionare le cose.”

Moria gli rubò la frase successiva.

“È quello che chiamano quando ci sono problemi che nessuno sa risolvere, ma non credevo fossi al servizio del Governo”

Boa si mise a posto una ciocca nera.

“L'avevo detto io che c'era un uomo dietro questa presa in giro. E uno piuttosto famoso anche”

“Potevi risparmiarti la musichetta in ascensore” soggiunse Jinbe incrociando le braccia al petto.

Shanks scoppiò a ridere, con una di quelle risate cristalline che imputeresti ad un bambino ingenuo e non ad un adulto.

“Lasciate che vi spieghi il motivo per cui ho voluto farvi venire qui oggi.”

Si sedette a capo tavola e cominciò a parlare.

“In realtà ho sempre collaborato con delle parti del Governo per risolvere certi problemi tramite soluzioni poco legali. Non si poteva certo dire che la sicurezza delle persone fosse in mano ad un organo che usava mezzi coercitivi per mettere a posto le cose. Quindi sono entrato in gioco io. Non per vantarmi, ma riesco sempre ad arrivare ad un compromesso con chiunque, e questo alle sfere del Governo piaceva, cosí sono stato messo a capo di una divisione sotto la CP, a tutti nota, di cui nessuno sapeva l'esistenza. Col tempo questo piccolo arto è cresciuto, ma ho capito che da solo non avrei potuto compiere i miei compiti appieno. E qui entrate in gioco voi sette, perché chi meglio di chi controlla la malavita o ha un nome in essa può fungere da controllo e da blocco? Alla fine vogliamo la stessa cosa, che il traffico di droga e di altre merci resti come è ora, non vi chiedo di fare un patto col Governo ma di farlo con me. Non sarò il vostro capo, ma semplicemente un referente a cui dovrete riferire eventuali spostamenti strani o problemi da risolvere. Dato che questa divisione non esiste non sto a dirvi che ufficialmente non ci siamo mai parlati eccetera, eccetera. L'obiettivo è aiutarci a vicenda, solo tre persone in alto sanno di questa divisione, non collaborate con i buoni, ma diciamo che è meglio stringere un patto di non aggressione e aiutarci a vicenda. Alla fine l'importante è che la malavita non prenda piede, quindi le cose devono restare come sono ora, non vi arresterò nè altro, anche perché io non faccio parte del Governo. Spero solo di avere una risposta positiva da tutti voi. Non voglio che mi rispondiate subito, ma ci rincontreremo tra un paio di giorni e mi darete la vostra risposta e di direte se vorrete entrare a far parte della ‘Flotta dei Sette’.”

Detto questo Shanks sorrise nuovamente.

“Qualche domanda?”

“Quanto siamo gentili.”

La voce profonda di Crocodile fece girare tutti nella sua direzione.

“Mi sembra molto una favoletta per i bambini quella che ci hai raccontato. Credi davvero che ti crederemo o che risponderemo di sí? Io non prendo ordini da nessuno o non mi alleo con altre persone.”

“Immaginavo una risposta del genere da te, ‘Sir’, ma ti posso assicurare che non c'è nessun inganno. Infatti vi ho dato due giorni anche per permettervi di fare ricerche sul mio conto e su questa divisione” rispose cristallino il Rosso.

Doflamingo spostò lo sguardo sui presenti e vide che tutti stavano valutando le parole dell'uomo che riusciva a stupire chiunque. E anche quella volta non era stato da meno, aveva sentito voci sul suo conto ma non si aspettava di trovarsi davanti davvero un uomo che poteva incutere timore con uno sguardo o passare per un idiota nel giro di qualche secondo di tempo.

“E se ci rifiutassimo?” domandò Hancock, la quale non sprizzava gioia da tutti i pori all'idea di allearsi con un infimo uomo.

“Mi pare una domanda legittima, a quel punto dovrei distruggere voi e qualsiasi organizzazione abbiate costruito in questi anni nel giro di pochi giorni”

Il silenzio calò nella stanza e in un battito di ciglia successe quello che Mihawk aveva previsto.

Ogni presente estrasse un'arma e la puntò verso Shanks, il quale rimase fermo e non diede l'impressione di essere sorpreso.

“Se volete un' assicurazione sul fatto che le parole di quest'uomo siano vere sono io” commentò senza scomodarsi.

Crocodile si voltò a guardare lo spadaccino con aria interrogativa, cosí come gli altri.

“Collaboro con lui da qualche mese, nessuno conosce questa divisione all'infuori delle persone che avete visto qua fuori, noi e quelle tre persone del Governo. Ho fatto le mie ricerche. Liberissimi di non credermi.”

 

Hancock guardò l'uomo dagli occhi dorati che aveva appena preso la parola e digrignò i denti. Drakul Mihawk era una garanzia più che sufficiente, quel tizio non era certo noto per dare la sua amicizia o i suoi servizi al primo che capitava, e di certo non era un allocco.

In realtà sperava fosse una farsa solo per far esplodere tutto.

Di mala voglia si sedette nuovamente chiudendo il ventaglio ripieno di lame imbevute di veleno.

Quasi fossero marionette anche gli altri la imitarono, evidentemente cullati dalla stessa rivelazione della donna.

Crocodile fissò ancora Shanks, sapeva che qualcosa gli stava sfuggendo, ma non ricordava cosa fosse. E questo lo irritava terribilmente.

“Bene, direi che il nostro appuntamento rimane tra due giorni, al nostro prossimo incontro spero di ricevere solo risposte positive.” si alzò in piedi ed uscí con la stessa calma di quando era entrato, seguito quasi subito da Mihawk.

Hancock non gli aveva tolto gli occhi di dosso, e non perché fosse un bell'uomo, o almeno quello era risaputo, ma perché era riuscita a scorgere un’ inquietudine nel suo modo di fare, quasi come se non volesse trovarsi in quella stanza, o almeno non più del necessario. E quell’uscita di scena confermava i suoi sospetti.

Come se fosse stato spinto da una molla, anche Crocodile e il suo vice tolsero il disturbo. Jinbe lo seguí quasi subito mentre Kuma rivolse due parole a Moria prima di lasciare la stanza con lui e Hogback. Hancock guardò Doflamingo, che sembrava ancorato alla sedia, e gli diede le spalle uscendo. Rinomata erano i suoi dissidi con Crocodile, tanto che pensava di vederli saltare alle armi nel giro di qualche minuto, invece sembrava quasi volessero scomparire alla vista dell'altro, come se non volessero vedersi.

Rientrò nella sua limousine e chiuse gli occhi, rincuorata dal rumore del motore.

Ben noto è il sesto senso di una donna, e lei sapeva che c'era molto più di quello che aveva avuto davanti agli occhi.

 

Crocodile non aprí bocca per le ore successive, tanto che Daz stava per chiamare i rinforzi dato il problema che si era presentato. Si ricordava bene Doflamingo e il passato che condivideva col suo boss, anche se non aveva mai chiesto troppi dettagli a riguardo, qualcosa aveva capito.

Crocodile lo chiamò per chiedergli un caffè e lui obbedí, come sempre aveva fatto e avrebbe continuato a fare. Aveva totale fiducia in lui.

Diversa invece era la situazione che Vergo stava affrontando con il suo di capo.

Doflamingo aveva cominciato a camminare avanti e indietro per il suo ufficio, tanto che il vice pensava sarebbe riuscito a scavare un solco nel pavimento.

Questo fino a quando non lo aveva visto fermarsi e dirigersi verso la palestra.

Aspettò fuori fino a tarda notte che il capo della famiglia sfogasse le sue emozioni contro diversi sacchi da pugilato perché quello era il suo compito fin da bambino.

Sostituire i genitori che il biondo non aveva mai avuto e fargli da spalla in ogni situazione.

 

Mihawk entrò in casa sua e lanciò le chiavi nel cestino di paglia all'ingresso, appoggiò la spada al muro e si tolse le scarpe e i vestiti mentre si dirigeva verso il bagno.

Solo quando fu sotto il getto dell'acqua calda distese i nervi che non ricordava di avere contratto.

Quella giornata era stata pesante e lui aveva bisogno di mangiare una pizza e bere alcool fino ad addormentarsi.

Uscí dalla doccia e si avvolse un asciugamano in vita. Ancora con gocce sul corpo si diresse in salotto mentre si passava una mano tra i capelli bagnati.

“Che bello spettacolo”

Mihawk si girò verso la poltrona, trovandola occupata da una testa rossa di sua conoscenza.

“Ti ho detto di non entrare in casa mia”

“Lo so ma questa sera non ho nessun impegno quindi ho pensato di farti compagnia” commentò Shanks mentre il suo sguardo scendeva a fissare il corpo tonico dello spadaccino.

Mihawk assottigliò gli occhi fino a ridurli a due fessure.

“Non dovevi disturbarti, sai dov'è la porta”

L'uomo sulla sua poltrona sbuffò divertito. “Non ti darò fastidio, e poi ho pure annullato il mio appuntamento con quella bellissima bibliotecaria, te l'ho detto che ha un corpo con delle curve che-”

“Sai dov'è la porta” ripetè Mihawk chiudendosi in camera da letto.

Era evidente che quella giornata non la volesse smettere di fare schifo.

Mise in ordine i vestiti e scelse una maglietta blu scura e dei pantaloni dello stesso colore, poi si diresse in cucina sperando di non trovare la piattola rossa.

E infatti di Shanks non c'era traccia, come era venuto si era dileguato .

Al suo posto un biglietto con scritto sopra una stupida raccomandazione di mangiare e di andare a letto presto.

Aveva ancora la brutta abitudine di prendersi cura di lui, come se fosse una mamma chioccia, anche se erano passati anni da quella volta in cui aveva incrociato la lama con lui per la prima volta, ancora persisteva nel mettere il naso nella sua vita.

Mihawk prese una bottiglia di vino dal frigo e decise di saltare la cena per fare un dispetto al rosso, e non perché avesse lo stomaco chiuso. D'altronde era sempre colpa di Shanks.

Proprio come quella volta in cui se l'era trovato sotto casa con due spade. Lo aveva guardato per capire le sue intenzioni e lui gli aveva lanciato una delle due armi. Allora aveva capito, gli era bastato guardarlo negli occhi.

“Imparerò a usare la spada se questo è l'unico modo per parlare con te, noi due siamo amici, non puoi mettermi da parte. E se dovrò combatterti per fartelo capire, così sia.”

Quella frase gli era rimasta impressa nella mente, come tutti i loro incontri successivi. Ogni volta, dopo il loro scontro, parlavano per qualche ora, volta dopo volta il tempo aumentava senza che se ne accorgesse. Nonostante passassero gli anni Shanks era lí, davanti a casa sua o dovunque lui si trovasse, e almeno una volta al mese incrociavano le lame, tanto che i loro combattimenti erano diventati leggenda.

 

Mihawk bevve un lungo sorso di vino e respirò lentamente. Una piattola rossa che era una costante presenza nella sua vita, nonostante lui volesse solo essere lasciato in pace. Sperava che si stancasse, che si sposasse con una donna e che lo dimenticasse, invece dopo la storia con Makino nessuna era riuscita a fare breccia nel cuore del Rosso, che amava cambiare partner ogni volta.

 

Se solo avesse potuto trasferirsi su un'isola solitaria abitata solo da scimmie, avrebbe vissuto dentro un bel castello gotico al lume di candela ed evitato ogni contatto umano.

No, probabilmente Shanks lo avrebbe trovato pure lí.

 

^

 

Kidd sperava davvero che stesse scherzando, davvero. E invece, preciso come un orologio svizzero, pronto a fracassargli le palle in ogni modo possibile, il buon dottore era arrivato davanti alla sua officina vestito con una bella camicia bianca e dei jeans attillati con alcune macchie sulle caviglie che ricordavano terribilmente il cappello che aveva in testa.

Kidd lo fissò con una smorfia di disgusto mentre Killer dietro di lui era diventato un ritardato dato che stava mandando ultrasuoni dalla bocca come un cretino.

“Come vedi c'è gente che lavora” commentò Eustass indicandosi.

Law fissò lui, la salopette unta di olio nero, i bicipiti terribilmente bianchi e il trucco leggermente sbavato, e deglutí sorridendo.

“Fai con comodo, mi stai dando dell'ottimo materiale per le mie sedute in solitaria”

Kidd aumentò la smorfia mentre Killer sbuffò contro la maschera ed indietreggiò.

“Fatti una doccia e vestiti bene, oggi ci diamo al pedinamento”











 

Salve a tutti!
Ebbene, le vere intenzioni di Shanks sono state rivelate, sarà stato sincero o in realtà vuole davvero mettere tutti in prigione?
Chissà, nel mentre i personaggi cominciano ad incontrarsi e la trama si infittisce.
Se state ancora leggendo questa storia siete davvero carini, dati i miei aggiornamenti a singhiozzo non so quante persone ancora mi seguano, ma ho intenzione di continuare a scrivere perché tengo molto a questa long.

Le recensioni sono ben accette, come gli scleri o i messaggi!

A presto. 
 
 

 
 

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Capitolo 43
*** Tutte le cose che mi piacciono sono illegali, immorali oppure fanno ingrassare ***


43) “Tutte le cose che mi piacciono sono illegali, immorali oppure fanno ingrassare.


(Alexander Woollcott)










 

Kidd lo fissò stralunato.

“Ci diamo al che cosa?”

“Al pedinamento, stalking, raccolta di informazioni o come la tua testa bacata lo vuole chiamare” sbuffò Law.

“Ok prima di avere a che fare con i tuoi evidenti problemi mentali ho bisogno di una doccia e di mangiare”

“Per la doccia non c'è problema, ma per il cibo andiamo fuori, ti spiego dopo, ora porta il tuo bel culo pallido sotto un getto d'acqua e muoviti, odio aspettare.” commentò il dottore uscendo ed appoggiandosi al muro senza rivolgergli altre parole.

Kidd si voltò verso Killer e alzò le braccia in segno di resa.

Non appena il rosso scomparve dall'officina, il suo vice preparò la sua arma a dovere, di certo disarmato non poteva uscire data la compagnia.

Kidd tornò dopo un tempo relativamente breve dato che le sue docce duravano in media dalla mezz'ora in poi, per non parlare del trucco e dei capelli.

In una quarantina di minuti si era lavato, vestito con camicia bianca e giacca nera, con al collo la solita collana con un serpente avvolto attorno ad un cerchio lunare, e dei pantaloni neri. Inutile dire che trucco e gel erano stati messi in maniera impeccabile.

Perché se voleva far sfigurare qualcuno, Kidd era capace di vestirsi a dovere.

Killer gli lanciò la pistola e si fece il segno della croce.

Kidd la posizionò nella fondina sotto la giacca e raggiunse Law, che nel frattempo si era acceso una sigaretta e stava fissando il cielo.

“Sei un dottore e fumi?”

“Curo gli altri, non me stesso. E come medico posso scegliere in che modo morire.” rispose brevemente il moro, dandogli poi un'occhiata più lunga del previsto.

“Allora si può sapere che cazzo dobbiamo fare?”

“Ricordi il nostro momento nell'obitorio, quando abbiamo scoperto il profumo?”

“Come dimenticarlo”

“Immagino che tu non sappia quale profumo sia”

“Immagini male, ero convinto di averlo sentito prima, quindi sono andato nella profumeria più grande e fornita che conosco e l’ho cercato.”

“Che donna. Allora sai anche tu con chi avremo l'onore di cenare questa sera”

Gli occhi di Kidd sgranarono.


Un'ora dopo erano seduti ad un tavolo rotondo, in un attico di un grattacielo, dove si trovava il ristorante più esclusivo della città, il Moby Dick, la cui specialità era il pesce.

I tavolini erano sistemati vicino alla vetrata circolare che dava sulla città, uno spettacolo unico di luci e ombra si stagliava sotto di loro.

“È quasi impossibile trovare un posto qui” disse Kidd appoggiandosi alla sedia.

“Non se fai il nome di Doflamingo”

“Ah, giochiamo con la paura”

“Funziona sempre. Ma non credo che qui ci abbia aiutato quella.”

Entrambi diedero un'occhiata in giro e notarono solo personalità di spicco come detective, sindaci o magistrati, e pure dipendenti di entrambi i loro boss. In quel posto vigeva la neutralità assoluta, anche perché nessuno voleva fare i conti col capo del ristorante, un certo Edward Newgate, meglio conosciuto come Barbabianca, che, dall'alto dei suoi settant'anni, era comunque una delle persone più temute e forti in circolazione.
Aveva un gran numero di dipendenti, che amava chiamare figli; nel giro di anni si era costruito una famiglia molto numerosa e nessuno sano di mente toccava un membro della famiglia di Newgate se non voleva guai.
D'altra parte il primogenito, che a volte serviva al ristorante, di mestiere faceva il giornalista, il secondogenito, che era una testa calda, era un pompiere, e via dicendo per tutti i primogeniti che erano a capo di un certo numero di uomini.
Ognuno aveva il suo lavoro, ma se sorgevano dei problemi erano tutti pronti a darsi man forte, ecco dove stava la forza terribile di Edward Newgate. Oltre al fatto che poteva spezzare un braccio con due dita dato che era un omone di oltre due metri.
L'insegna di un teschio con un paio di baffi bianchi troneggiava sull’entrata, mentre i camerieri si davano da fare per servire ai tavoli.

Kidd stava per chiedere a Law chi sarebbe stato l'oggetto del loro pedinamento, ma non fece in tempo a proferire parola che la bocca gli rimase aperta: davanti a loro, sotto l'entrata del posto, si trovava la donna più bella del mondo, Boa Hancock in persona, avvolta in un bel vestito rosso scuro aderente e con uno spacco generoso sulla gamba destra, con al collo una sciarpa bianca molto voluminosa, era pronta per fare il suo ingresso nel ristorante. Tutti i presenti si ammutolirono e l'unico suono era il passo elegante della donna e il tintinnare dei suoi due orecchini con un serpente dorato, un marchio di fabbrica che la contraddistingueva.

Il silenzio tombale durò solo qualche secondo, fino a quando la donna non si sedette al tavolo insieme alle due sorelle.

 

“Il profumo è il famoso Poison Kiss della linea Amazon Lily, come avrai capito anche tu, e quindi il nostro pedinamento è arrivato”

Kidd si voltò a guardare Law.

“Eustass-ya chiudi la bocca che ti entrano le mosche”

Kidd obbedí; aveva visto diverse foto di Hancock sui giornali o in televisione, ma mai avrebbe pensato di potersela trovare a così poca distanza.

“È ancora più bella dal vivo”

Law sbuffò. “Sí, ora che abbiamo apprezzato la bellezza femminile torniamo a noi. È evidentemente che il nostro killer ha un problema con le donne che indossano il Poison Kiss, e quindi abbia un problema con Hancock.”

“Magari uno stalker, sai quanti ne può avere? Non lo troveremo mai”

In quel momento arrivarono due camerieri che servirono gli antipasti di pesce e i due si presero una pausa per riflettere.

“In realtà” cominciò Law pulendosi la bocca con il fazzoletto “per avere piú informazioni a riguardo dovremmo chiedere alla polizia”

Kidd lo fissò ridendo.

“Sai che mi sto abituando alle tue stronzate?”

“Tu sai vero chi sono i quarantatrè primogeniti di Barbabianca?”

“So che sono un sacco, ma tutti conoscono solo quelli che fanno più parlare, mi ricordo di una decina di loro, perché?”

“Se ti dico Portgas D. Ace?”

Kidd sogghignò.

“Lui sí che vorrei conoscerlo, ho sempre pensato che fosse un genio. Un pompiere che per mettere fuori gioco i suoi avversari usa petardi ed incendi controllati? Un genio” ripetè annuendo.

“Conosco suo fratello minore per una serie di sfortunati eventi, e mi è capitato di incontrarlo più volte, ma questo non è importante. Quello che è importante è che Ace mi ha parlato del quarto primogenito a capo della quarta divisione, Satch.”

“Ho capito dove vuoi arrivare, questo Satch è quello che compare sempre in tv nei programmi di cucina”

“E che però fa il detective nella polizia locale”

Kidd bevve un sorso d'acqua; quell'uscita si stava rivelando estremamente utile. Non pensava che Trafalgar avesse tutti quei contatti.

“Immagino si trovi qui stasera, con un'ospite quale La Principessa Serpente sará in cucina”

“Allora non sei così stupido Eusass-ya”

“Vaffanculo” commentò mollandogli un calcio sotto il tavolo.

Law sorrise e per il resto della cena non parlarono più del caso.

 

Come era prevedibile, Hancock se ne andò appena finito di mangiare senza degnare di uno sguardo nessuno, ma i due ragazzi erano troppo impegnati a battibeccare per accorgersi della dipartita della bella donna.
Quando il locale si fu svuotato della maggior parte dei clienti, si avvicinarono alla cucina da cui proveniva una voce baritonale che cantava ‘O sole mio’, incredibilmente intonata.
Quando si rese conto di essere osservato, Satch sollevò lo sguardo e sorrise.

“Cosa posso fare per voi?”

Law e Kidd si trovarono davanti un uomo sulla quarantina, con occhi neri e curiosi, un ghigno di un ragazzino e una strana capigliatura a banana che ricordava molto Elvis Presley. Tutti in quella famiglia avevano qualcosa di strano.

“Mi aspettavo di trovare anche Ace ma meglio cosí, avrei qualcosa da chiederti” disse Law.

“Oh conosci quello scavezzacollo! Prego, sedetevi, gli amici di Ace sono sempre i benvenuti nella mia cucina. Nel frattempo non vi secca se finisco di asciugare i coltelli” commentò assumendo un'espressione angelica che mal si sposava col resto del volto.

Law e Kidd capirono che, nonostante la gentilezza, quello che avevano davanti era pur sempre qualcuno da non sottovalutare.

“Mi chiamo Law e lui è Kidd, senza troppi giri di parole stiamo svolgendo delle indagini per i nostri capi sulle prostitute morte. Volevamo sapere se la polizia aveva fatto qualche progresso” concluse il dottore incrociando le braccia al petto.

Furbo a non scoprire le informazioni che abbiamo raccolto, ma non so quanto possa essere stato comodo rivelare per chi lavoriamo’ pensò Kidd avvicinando il braccio alla fondina. Era pur sempre terreno neutro, ma quello che avevano davanti era comunque un poliziotto.

“Ah! Ho davanti i due cuccioli di Sir Crocodile e di Doflamingo, interessante il fatto che siate venuti qui insieme” rispose tranquillamente continuando a pulire posate. “Fare questo è inutile dato che ci sono le lavastoviglie, ma sono uno vecchio stile e mi rilassa pulire i miei strumenti di lavoro”

Law e Kidd rimasero immobili aspettando che parlasse ancora.

“Trafalgar Law eh? Mi dispiace non poterti essere d'aiuto dato che a quanto pare abbiamo lo stesso obiettivo, ma il caso non è mio. Ti avrei volentieri passato il fascicolo dato che devo parecchi favori a Rocinante, ma sfortuna vuole che il detective incaricato sia Smoker, e non credo sarà facile estorcergli qualcosa” concluse con una smorfia triste.

A Kidd non era sfuggito quel nome pronunciato in maniera referenziale, ma decise di tacere, almeno per il momento.

“Grazie lo stesso, ci sei stato d'aiuto” rispose Law.

Kidd sogghignò. “Adesso sappiamo cosa dobbiamo fare”

Entrambi gli uomini si girarono a fissarlo.

“Dobbiamo farci arrestare”








 

Sto ridendo tantissimo perché ho appena finito di scrivere questo capitolo di getto, ammetto che Barbabianca volevo metterlo nella storia ma non avevo idee, poi come sempre gli intrecci sembrano semplici quando scrivo perché trovano una loro collocazione da soli.
E Law conosce Rufy chissà come.
Kidd vuole conoscere Ace ma al momento ha solo idee pericolose.
Non poteva essere così facile sapere cosa sa la polizia, quindi mettiamo in mezzo l'unico marine che non ha intenzione di allearsi con nessuno.
E… Rocinante?
Ci sono parecchi punti bui, ma con calma si risolverá tutto. Senza calma però.

Grazie a chiunque legga, a presto! 

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Capitolo 44
*** L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi. ***


44) “L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi











 

“Dobbiamo farci arrestare?” domandò Law.

“Se vuoi giocare con le manette possiamo pensarci dopo a casa tua, ma non sono così propenso a finire dietro le sbarre”

“Divertente. Ma se vogliamo arrivare al fascicolo di Smoker non possiamo certo entrare dalla porta principale” rispose Kidd accavallando le gambe mentre Satch stava riponendo i coltelli e rideva di nascosto.

“Questo è vero, ma mi pare estremo”

“Piú di entrare in un obitorio di notte per guardare i cadaveri di Moria?”

“Questo è un gradino sopra”

Kidd sbuffò.

“Allora l'opzione B è fotocopiarlo, ma dato che non possiamo andarci noi deve farlo qualcuno che è già dentro”

“Se mi permettete” si intromise Satch “Smoker tiene i fascicoli nel cassetto della sua scrivania ed è sempre chiuso a chiave, quindi servirebbe tempo”

I due ragazzi si appoggiarono allo schienale.

“Ma” continuò l'uomo “per vostra fortuna c'è una persona che non vede l'ora di dar fastidio a Smoker, e sarebbe un ottimo diversivo mentre io scassino il cassetto e faccio una copia” commentò ridendo.

“Davvero ci daresti una mano?” chiese Kidd, “cosa vuoi in cambio?”

“Che veniate ancora a trovarmi qui al ristorante e mi raccontiate le vostre avventure, a partire dall'obitorio”

Law ghignò. “Direi che si può fare, cosí oltre a mangiare bene potrò portare fuori la ragazza”

Kidd gli mollò un pugno sul braccio, accompagnato da un ‘coglione’ digrignato tra i denti.
Satch assottigliò lo sguardo.

“Bene, ecco il mio biglietto da visita, nei prossimi giorni vi farò sapere quando venire qui a pranzo che organizziamo il colpo, ho sempre voluto fare un dispetto a Smoker, non perché mi stia antipatico, ma è troppo professionale, dovrebbe lasciarsi andare un po’ di più” concluse l'uomo allungando a Law un biglietto.

“Grazie ancora”

 

Una volta usciti i due ragazzini, Satch cominciò a ridere in modo sguaiato.

“Oh questa chi se l'aspettava, i due cuccioli innamorati. Sarà davvero divertente vedere lo svilupparsi degli eventi, ora che ho due nuovi clienti di certo non mi annoierò piú, era ora che le acque si muovessero.” poi prese il cellulare e compose un numero.

“Pronto Ace? Devi aiutarmi a dare una mano a Romeo e Giulietta, dobbiamo incastrare Don Rodrigo”

“Ma don Rodrigo non era nei Promessi Sposi?” gli rispose la voce.

“E bravo fiammifero, ma fidati che gli attori in campo non possono essere nominati in altro modo. Faremo un mix di Shakespeare e Manzoni!” esclamò ridendo.

“Tu sei pazzo, ma non ti sentivo così euforico da tanto, ci sarà da divertirsi. Vengo domani mattina prima di andare al lavoro così mi racconti”

 

Satch confermò e chiuse la chiamata.
Il sorriso non voleva sapere di andarsene.



 

^

 

Law e Kidd uscirono dalle porte del grattacielo e si fermarono.

“Andiamo a casa tua?” ammiccò Law sorridendo poi per la faccia sconcertata di Kidd.

“Non dovresti giocare col fuoco, sai bene che non puoi”

“Neanche per bere qualcosa? Poi tolgo il disturbo, non cercherò di avvelenarti promesso”

Tutto gli stava urlando che era una pessima idea, ogni campanello d'allarme stava suonando in modo assordante, ma si sa che alle tentazioni si cede quasi sempre.

“Se non ti levi dalle palle appena hai finito di bere ti butto dalla finestra”

 

Kidd aprí la porta di casa e si fece da parte, facendo passare il suo indesiderato ospite.

“Carino, pensavo vivessi in una topaia” commentò il moro guardandosi in giro mentre il padrone di casa sbuffava e chiudeva la porta.

“Felice di averti deluso”

Law si sedette davanti al tavolo rettangolare in cucina e accavallò le gambe.

“Non sono abituato a mangiare cosí tanto, devo ammettere che Satch ci sa fare”

Kidd aprí un’anta ed estrasse una bottiglia di rhum.

“È piú cuoco che poliziotto, per nostra fortuna”

“Non avevo intenzione di accelerare cosí i tempi, anzi stasera avevo voglia di restarmene a casa a leggere, ma Doflamingo era di pessimo umore quindi ho pensato bene di togliere il disturbo.”

“Che strano” commentò il rosso sedendosi e allungando un bicchiere con del ghiaccio all'altro “anche Crocodile oggi era parecchio nervoso, l’ho visto di sfuggita perché poi si è chiuso nel suo ufficio. Quando fa cosí è meglio togliersi dai coglioni se non si vuole finire male”

Entrambi si guardarono negli occhi. Quante possibilità c'erano che entrambi i loro capi fossero nervosi nello stesso momento?
Specialmente se…

“Per caso Doflamingo non doveva uscire per andare in un posto che-”

“Che non poteva dire ma era obbligato” concluse il dottore.

“Ho letto la lettera che ha ricevuto giorni fa. Non è mia intenzione spiare gli altri, ma ero troppo curioso e Crocodile l'aveva lasciata in bella vista”

“Credo di aver letto anche io quella del cretino gigante”

Kidd ghignò bevendo un sorso.
“Lo stimi proprio”

“Mi piacerebbe averlo sotto di me agonizzante e in mio potere, non hai idea di quante volte ho immaginato di ucciderlo”

“Sento il rispetto strabordare da ogni tua parola, cosa ti ha mai fatto per meritarsi il tuo odio?”

“Affari miei” tagliò corto Law bevendo tutto d'un fiato il poco rhum che era rimasto.

“A quanto pare entrambi sono stati nello stesso posto”

“Quindi si sono incontrati” concluse Kidd fischiando. “Ora si spiega il buonumore”

“So quasi tutto di Doflamingo, ma Crocodile è un tabú. Nonostante abbia indagato durante gli anni non sono mai riuscito a scoprire niente a riguardo”

“Oh, che smacco piccolo Law”

“Giá, non ci sono abituato”

“Mi fa piacere che tu stia entrando nell’idea che non sei invincibile, dottore di sto cazzo. La tua aria saccente mi fa saltare i nervi”

“Mi farebbe più piacere se tu entrassi in altro”

Kidd piantò i suoi occhi ambrati in quelli quasi grigi dell'altro.
“A provocare poi si ottiene quello che si vuole”

“Non vedo l'ora”

“Sparisci dalla mia vista”

“Sei troppo fedele al tuo padrone, piccolo Eustass, non dobbiamo mica avere una relazione, si tratta solo di un atto muscolare con rilascio di endorfine che si conclude in uno o piú orgasmi”

Kidd svuotò il suo bicchiere e lo afferrò per il colletto della camicia.
“Non andare a piangere da papino se ti faccio male”

“Mi riterrei offeso se non lo facessi”

Si guardarono ancora negli occhi mangiandosi prima con lo sguardo e poi con la bocca, divorandosi a vicenda.
Il rossetto di Kidd lasciava ulteriori macchie rosse sul corpo di Law, sposandosi bene con i tatuaggi che gli ricoprivano il torace e le braccia.
Le mani di Law non vedevano l'ora di finire in mezzo ai capelli rossi di Kidd, restandoci attaccate come un'ancora ad uno scoglio, tirandoli prima leggermente e poi con più ferocia, il tutto per esporre il collo e mordere. Ma in realtà era per fargli male.
Lasciare marchi significava una sorta di possesso, quando faceva sesso con qualcuno non si preoccupava dei preliminari, ma la pelle di Kidd era cosí bianca che sarebbe stato uno spreco non sfregiarla, non lasciarci la propria impronta.
Graffi, morsi e succhiotti, segni di rossetto e lividi. I loro vestiti adornavano la cucina e l'ingresso, che avevano percorso con le bocche unite e le mani sulla pelle, tutto per arrivare in camera, cadere sul letto e donarsi piacere a vicenda.
L'espressione di puro piacere di Law mandò fuori di testa Kidd; la lingua di Kidd sul suo collo e nella sua bocca fece perdere parecchi battiti a Law.
Non si accorsero del tempo che passava, troppo distratti a perdersi tra loro in un atto muscolare che stava rilasciando un po’ troppe endorfine per essere normale.

 

Quando la sveglia sul comodino suonò le undici, Kidd allungò una mano per spegnerla ma nel tragitto toccò un corpo caldo affianco a sé.
Rimase con la mano alzata e il fiato corto alla vista dei tatuaggi e del volto dormiente di quello che avrebbe dovuto essere un nemico da eliminare. Ed infatti aveva ragione, quel tizio era pericoloso e doveva stargli lontano, peccato che sembrassero due magneti dai poli opposti.

Law aprí gli occhi.

“Spegnila, ho sonno”

Kidd ubbidí, poi si girò; il tempo necessario per permettere a Law di allungare una mano verso i pantaloni, afferrare con due dita il bisturi e girarsi di scatto.

Il rosso si trovò con l'altro seduto sul suo bacino e con un'arma puntata al collo.

“Vuoi uccidermi?”

“Dal primo momento in cui ti ho visto”

“Stessa cosa, quindi ti consiglio di affondare la lama ora che ne hai l'opportunità, dottore, perché potresti non essere più così fortunato”

Law si leccò le labbra alla vista di una goccia di sangue che colava dal collo bianco di Kidd; era un contrasto che gli dava alla testa.

“Oppure potresti fare altro in questa posizione, ma decidi in fretta, non ho molta pazienza”

Law si mosse leggermente e si maledí; entrambi erano eccitati dall'intera situazione, l'adrenalina e l'attrazione facevano il resto.
Avrebbe dovuto ucciderlo subito, prima di andarci a letto e scoprire che avevano troppa intesa sessuale da farlo solo una volta.
Con un colpo al polso il rosso fece volare il bisturi, che si conficcò nel muro.
Afferrò Law per la gola e lo spinse verso il basso, divorandogli le labbra, mordendole fino a farle sanguinare. Law non fu più gentile con il suo collo.




 

Killer si mise uno straccio sulla spalla e si lasciò cadere su uno sgabello. Aveva bisogno di una doccia dopo quelle ore intensive di lavoro, dato che Kidd non si era presentato all'officina aveva dovuto sudare il doppio.
Sperava si fosse dimenticato di mettere la sveglia, o che per sbaglio si fosse ubriacato,perché pensare all’alternativa che si fosse intrattenuto con Il Chirurgo della Morte, beh, era una condanna a morte per entrambi.

“Ehilà! C'è qualcuno?” una voce giovane e allegra lo richiamò alla realtà.

“Siamo chiusi” rispose seccato da sotto la maschera bianca e blu.

“Massacratore, non insultarmi. Non sono qui per un'auto” la voce si era abbassata ed era diventata profonda.

Davanti ai suoi occhi si materializzò un uomo vestito con una tuta bianca firmata Adidas e un buffo cappello con la scritta Penguin.

 

‘Pinguino? Perchè mi suona un campanello d'allarme grande quanto la collezione di smalti di Kidd?’

 

“Ci conosciamo?” chiese al suono del suo soprannome pronunciato dalle labbra stirate in un ghigno sardonico.

“Non ancora ma mi piacerebbe molto”

“Peccato che tu non mi piaccia affatto, nè il tuo modo di fare, nè quel cappello”

“Ahi che male, a me invece piace la tua maschera, ma troverei molto più eccitante vedere cosa c'è sotto, proprio come una gonna indossata da una bella donna con gambe magre e toniche, ti chiedi che tipo di mutande porti”

“Tu sei pazzo”

“Non sei il primo a dirmelo”

“Se continui sarò l'ultimo”

“Se flirti con me in questo modo ci sto, ci sgranchiamo un po’?”

Killer si alzò in piedi e fece un cenno al tizio, che lo seguí senza fiatare, peccato che il biondo sentisse il suo sguardo fisso sulla nuca. Non gli andava a genio essere messo in soggezione in quel modo, quindi avrebbe messo in chiaro chi aveva davanti come sapeva fare lui, facendo parlare le sue lame.
Aprí la porta sul retro che dava su un giardinetto interno quadrangolare, un giardino di cemento in cui lui e Kidd si divertivano a scontrarsi.

“Niente lame stavolta, solo del sano corpo a corpo”

Killer lo guardò; era ovvio che quel tizio fosse più che informato su di lui.

“A quanto pare sai un po’ troppo su di me”

“Ti prego, è il mio lavoro sapere le cose, anche se poi mi sono specializzato nell'eliminazione di problemi”

Entrambi si posizionarono in una guardia, Penguin bassa, tipica di chi ha ricevuto insegnamenti su arti marziali, e Killer alta, molto rappresentativa del pugilato.
Nessuno dei due capì chi aveva cominciato, ma finirono per prendersi a pugni e a calci per ore, togliendosi le maglie che erano solo un impedimento ai movimenti.

 

“Niente male Kira-chan, sei il primo che riesce a tenermi testa cosí a lungo” disse Penguin sorridendo mentre riprendeva fiato prima di girare velocemente il polso e ribaltarlo a terra con una presa di judo.

“Ma ne devi fare ancora di strada per battermi ragazzino”

“Ragazzino a chi?” ringhiò Killer, ferito nell’orgoglio.

Penguin, che si trovava a sedere sul fondoschiena del biondo e gli teneva bloccate le mani da dietro, fischiò.

“Non mi sono presentato, che vergogna. Mi chiamo Penguin”

“Che fantasia”

“Il mio vero nome si è perso negli anni, come il tuo, vero?”

“Fatti i cazzi tuoi”

“Mi piacerebbe farmi anche il tuo ma sarei un pedofilo”

“Non sono minorenne, ho venticinque anni” ringhiò nuovamente Killer.

“Io ne ho trentacinque”

Dopo qualche secondo di silenzio, il biondo rise.

“Ma fammi il piacere… Vecchietto”

“Le hai appena prese dal vecchietto in questione, fossi in te starei zitto altrimenti potrei decidere di prendermi come ricompensa questo bel fondoschiena che ti ritrovi”

“Sí, potresti provarci”

Penguin si abbassò verso le sue orecchie.

“Oltre ad essere il cagnolino di Eustass Kidd ci vai pure a letto per caso?”

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso; Killer fece pressione sui polsi, tanto che Penguin li dovette lasciare per non romperli. Si ritrovò la maschera a pochi centimetri di distanza dal volto e i suoi occhi nero pece si immersero in un mare di azzurro, anzi, due.

“Chiudi quella cazzo di bocca, di me puoi dire quello che ti pare, ma non nominare Kidd altrimenti ti ucciderò, fosse l'ultima cosa che faccio, ti apro in due.”

Penguin deglutí e sbattè le palpebre.

“Quindi non ci vai a letto?”

“È il mio migliore amico, imbecille!”

“Ottimo, perché credo di essermi appena innamorato di te”

“Tu sei pazzo, levati dai piedi”

“Esci con me stasera?”

“Sono le 4 di mattina”

“Andiamo a fare colazione allora”

“No”

“Potrei esserti utile”

“Non vedo come”

“Sono un amico di Trafalgar Law, ora ho la tua attenzione?”

“Ci vediamo tra tre ore al bar all'angolo tra la quinta e la sesta”

“Conterò i minuti”

“Togliti dalla mia vista”

Penguin trotterellò via raccogliendo la maglietta e dirigendosi verso l'uscita dell'officina, prima però non mancò di voltarsi e mandare un bacio volante con la mano a Killer, che era rimasto seduto a farsi domande esistenziali.

Perché a me.
È sempre colpa di Kidd.

 

Dopo essersi fatto una doccia e aver indossato un paio di jeans e una camicia blu decise di passare per l'ufficio, magari era fortunato e il capo era assente.
Trovò tutto deserto, si intrufolò in uno dei pc e digitò qualcosa; avrebbe cercato notizie su quel pinguino nel server dell'azienda, sicuramente avrebbe trovato qualcosa. E infatti qualcosa trovò, e si spiegò perché quel nome stupido gli suonava.

“Fantastico, pure un mercenario, d'altronde dopo un chirurgo direi che sta diventando tutto una immensa barzelletta!” esclamò chiudendo il computer ed uscendo, preparandosi psicologicamente all'incontro con una delle persone meno raccomandabili in circolazione.

Perché se appartenevi ad una famiglia o ad una organizzazione avevi una qualche idea di lealtà, ma un mercenario? Quello cambiava partito a chi meglio lo pagava.
E ovviamente Kidd quando serviva era irraggiungibile.

 

Fantastico, davvero fantastico.













 

Ed ecco sfornato un altro capitolo! Anche questo scritto di getto, non vedevo l'ora di arrivare al punto KiddLaw, e ho voluto ficcare dentro pure l'inizio di Killer e Penguin perché sí.

Satch mi fa morire perché mi ha sempre dato l'idea di un buontempone, che si gode la vita e fa di tutto pur di non annoiarsi. Mi piaceva l'idea di metterlo come poliziotto, oltre che cuoco.

Bhe che dire, come sempre un grazie a chi legge e recensisce! A presto! 
 
 
 
 

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Capitolo 45
*** Per far guarire una ferita devi smettere di toccarla. ***


45) “Per far guarire una ferita devi smettere di toccarla.







 

Aprí stancamente una palpebra sentendo dolore un po’ ovunque. Eustass era stato di parola quando aveva detto che non ci sarebbe andato leggero. Per fortuna.
Anzi, si corresse, per sfortuna, considerata la situazione era meglio se mi avesse fatto schifo, così lo avrei archiviato come sempre. E invece no, doveva per forza essere il mio tipo pure a letto.
Law aprí pure l'altro occhio e, cercando di fare meno rumore possibile, si alzò dal letto guardando, prima di uscire con i vestiti sotto braccio, la bella addormentata.

Kidd non era bello, non era simpatico, non era gentile nè amichevole.

Quando si rese conto di star sfiorando un ciuffo rosso con la punta dell'indice si ritrasse di scatto e si precipitò fuori.
Sul pianerottolo capí di essere completamente nudo a causa di un urletto della vecchietta sul pianerottolo, a cui caddero le chiavi di mano e si sgranarono gli occhi. Lui la salutò educatamente e si vestí fischiettando, poi uscí da quell’edificio che si era mangiato un giorno della sua vita, data la luce crepuscolare che filtrava tra gli alberi. Inspirò per la prima volta da quando si era svegliato, riempiendo i polmoni di ossigeno e cercando di rimuovere il profumo di quel tizio.
Mise le mani in tasca e si diresse verso casa.
Quell’odore non voleva saperne di andarsene, si era proprio attaccato alla sua pelle.

Spero che ci sia qualcuno da aprire e qualche organo da estrarre, almeno Doflamingo si renderebbe utile per una volta.

 

Kidd si svegliò e sbadigliò, con un rumore simile ad un ruggito di un orso bruno.
Stese un braccio alla sua sinistra quasi aspettandosi di trovarci qualcuno, ma incontrando solo aria non si sorprese più di tanto.
Si mise a sedere facendo leva sui gomiti e ciondolando il collo all'indietro.

Stupido idiota disse a se stesso.

Ci mancava solo che si affezionasse alla presenza sarcastica di quella merda di dottore che invece che curare gente si divertiva ad ucciderla.
Sbuffò nuovamente e decise di alzarsi per cucinare qualcosa; quel tour de force lo aveva sfiancato e ora necessitava davvero di divorare un bue intero.
Si mise ai fornelli non preoccupandosi di indossare vestiti e si grattò la base del collo, dove si trovava il segno di un morso piuttosto evidente.
“Fanculo” sibilò, e nessuna voce sarcastica gli rispose.


“Alloooora” cantilenò Penguin mentre Killer sperava che qualcuno gli sparasse in testa.
La cameriera aveva appena lasciato i loro ordini sul tavolo che condividevano e il biondo piantò la cannuccia nel liquido aranciato e bevve un sorso senza togliersi la maschera.
Almeno il tè era buono.
“Chiariamo subito una cosa. Sono venuto qui solo perché voglio informazioni su Trafalgar Law, e non perché ti trovo simpatico o altro”
Penguin annuí con il solito sorriso sornione stampato sul volto.
“Nessun problema, c'è tempo per farti innamorare di me, e almeno posso esserti utile. Così otteniamo tutti e due quello che vogliamo, tu le informazioni e io te”
Killer fece finta di non aver sentito e continuò a bere.

“Cosa vuoi sapere di Trafalgar?”

Penguin deglutí quando i due occhi azzurri del ragazzo di fronte a lui si piantarono nei suoi. Nonostante la maschera li riusciva ad intravedere e il suo sguardo si sentiva.
Se lo avesse saputo, gli avrebbe detto pure il segreto della vita eterna e sproloquiato tutti gli omicidi che aveva compiuto nel corso degli anni e a cui nessuno era riuscito a collegarlo.
Avrebbe confessato anche quelli che non aveva commesso se questo avesse voluto dire trattenerlo lí per un altro minuto.



 

^


Doflamingo fischiettava allegramente e leggeva il giornale, con un adorabile sorriso gentile stampato sul volto.
Inutile dire che tutta la ‘Family’ se l'era data a gambe, ed inutile aggiungere che l'unico a restare nelle vicinanze era stato Vergo, che comunque non si azzardava a disturbarlo.
Ma questi segnali non vennero colti da Law che, imperterrito, entrò nell'edificio e, immerso com'era nei suoi pensieri, non vide neanche i cenni del vice.
Doflamingo non aspettava altro che qualcuno con cui distrarsi, perché non c'è nulla di meglio che impicciarsi dei problemi altrui per dimenticare i propri.
Quando vide Law passare davanti al salone chiuse il giornale. Vergo si fece il segno della croce; se era fortunato avrebbe dovuto chiamare solo un'agenzia immobiliare per sostituire i mobili rotti.

“Ehilà Law, qual buon vento?”
Il ragazzo si girò colto di sorpresa.

“Doflamingo” commentò con falsa deferenza, cosa che non sfuggí all'altro. “Non ti avevo visto”
“Oh tranquillo, perché non ti siedi? Ti vedo piuttosto spaesato” insinuò con quella che non era propriamente una domanda, ma piuttosto un ordine.
Il dottore capí di essere nei guai troppo tardi, proprio come una mosca capisce di essere impigliata nella ragnatela di un ragno solo quando non può più muoversi.

Ottimo, si disse, avevo proprio bisogno di sfogarmi e fare a botte.

Si sedette di fronte al biondo ed incrociò le braccia.
“Hai avuto una giornata un po’ esuberante, noto” iniziò Doflamingo indicandosi il collo e il colletto della camicia. “La ragazza con cui sei stato non ci è andata molto leggera”
Law estrasse velocemente il cellulare ed usò la telecamera interna per controllare. Come aveva immaginato, rossetto rosso ovunque, sbaffato ma pur sempre visibile sulla pelle scura e sul colletto bianco.
“Capita, dovresti saperlo bene data la quantità di donne che ti scopi a notte”

Doflamingo incassò senza fare una piega e rincarò la dose.

“E pensare che credevo che preferissi gli uomini, errore mio”
Law assottigliò lo sguardo ma rilasciò un ghigno degno del suo interlocutore.
“Capita anche i migliori”

“Hai qualche notizia per me riguardo al caso che ti ho affidato? O hai passato il tempo a divertirti?”
Law sbuffò e raccontò cosa aveva scoperto, omettendo ovviamente la questione Eustass e la giornata a casa sua.
Il biondo ascoltò con attenzione ed aspettò che finisse il racconto.
“Ottimo lavoro, non mi aspettavo altro” poi, come preso da un'idea improvvisa, se ne stette in silenzio per qualche minuto. Il ragazzo lo fissò con curiosità.
Sapeva che non avrebbe dovuto, sapeva che sarebbe finita male, ma era proprio di una lezione corporale che aveva bisogno per distrarsi dai pensieri che la sua testa stava facendo su quel dannatissimo rossetto.

“Per caso centra Crocodile?”

Il cambiamento fu istantaneo: la fronte di Doflamingo si riempí di vene pulsanti e il sorriso scomparve, sostituito da una smorfia che di strafottente non aveva nulla.
“Lo immaginavo” commentò Law aspettandosi un pugno o un calcio, oppure un tavolino in testa, cose che però non arrivarono.
Doveva ammettere che tutta la questione legata a questo Crocodile lo interessava un sacco, proprio come Crocodile stesso. Un uomo che riusciva a tenere a bada Doflamingo e che riusciva a conquistare il rispetto di uno come Eustass… Beh, non si vedeva tutti i giorni.

Law, chiudi la bocca

La voce bassa ridotta ad un sussurro lo fece deglutire, ma come sempre non diede retta ai campanelli d'allarme.
“Io e te non ci sopportiamo, questo è vero, ma con qualcuno dovrai pur parlare.” Si alzò e si diresse verso l'uscita del salotto. “Mi trovi in cucina, ho fame”
 

Law camminò mentre il suo stomaco brontolava senza sosta; mai che Doflamingo si rendesse utile quando aveva bisogno di distrarsi. Certo che era strano che non avesse reagito in alcun modo a quel nome. Negli anni passati, solo nominare Crocodile era sentenza di morte o di un trauma cranico, solo quelli della Family se la cavavano con meno.
Era evidente che era successo qualcosa durante la sua assenza.
Estrasse il barattolo di Nutella con scritto sopra ‘di Sugar’ ed inforcò un cucchiaio. Avrebbe fatto come ogni persona normale.

Avrebbe affogato i suoi pensieri nel cibo grasso e pieno di calorie.

 

Doflamingo strinse le nocche fino a che non diventarono bianche; il moccioso non aveva tutti i torti e lo sapeva, ma non poteva proprio parlarne.

 

Raschiò il barattolo cercando di mangiare anche la Nutella rimasta sulle pareti, inutilmente.
“Sugar non sarà felice”
Law si girò con ancora il cucchiaio in mano e la bocca sporca di cioccolato, cosa che fece sghignazzare Doflamingo.
“A quanto pare abbiamo entrambi un problema”
I due si guardarono negli occhi, anche se uno fissava un paio di lenti.

Si assomigliavano per certi aspetti, come il fatto che odiavano farsi vedere deboli o vulnerabili, soprattutto davanti all'altro.
Era una sorta di guerra civile la loro, in cui era permesso usare qualsiasi arma per abbattere l'avversario, vincere una discussione o semplicemente riuscire a spaccargli qualche osso con un tiro mancino.
Law era curioso di sapere di Crocodile perché un po’ lo invidiava, quell'uomo di cui sentiva parlare troppo spesso ma che non aveva mai visto, si era messo più volte in mezzo alla loro disputa, distraendo l'altro.
I suoi genitori e sua sorella minore erano morti a causa di una rara malattia e anche lui stava per seguire il loro destino, se non fosse stato per i fratelli Donquixote. Rocinante si era preso cura del suo cuore a pezzi, Doflamingo del suo animo spento.
Entrambi, a modo loro, lo avevano aiutato a crescere e a superare quegli incubi che di notte lo tenevano sveglio con attacchi di panico e sudori freddi.
Segretamente avrebbe voluto che Doflamingo riconoscesse la sua forza, avrebbe voluto essere lui ad abbatterlo, ma da piccolo non capiva cosa sbagliasse, cosa non avesse in più di quel Crocodile.
Col tempo qualcosa lo intuí, ma, a modo suo, cercò di concentrare l'attenzione del capo famiglia su di sè.
Entrambi non avrebbero mai ammesso di avere un problema all'altro, figuriamoci se avessero dovuto pure parlarne e discuterne!

Eppure il corso degli eventi li aveva portati lí, in cucina, uno di fronte all'altro, il più giovane armato di cucchiaio e il più vecchio di giornale.
Armi incredibilmente potenti e di ampio raggio.
Law gli tirò il cucchiaio in testa e Doflamingo lo colpí sulla nuca col giornale arrotolato, poi si sedettero sul pavimento uno di fianco all'altro senza guardarsi in faccia.
Perché farlo avrebbe significato una sorta di tregua, mentre cosí potevano sempre fingere di star parlando con il muro e che casualmente ci fosse qualcun altro lí a sentire.

“E comunque il mio problema è più grande del tuo” commentò Law, che di perdere non aveva voglia, neanche in quel frangente.

“Spero per te di no”

“Una frase a testa”

“Cosí saremo pari” disse Doflamingo.

“Non saremo mai pari” bofonchiò Law.

Per decidere chi avrebbe dovuto iniziare giocarono a sasso-carta-forbice.

 

“Per una serie di motivi, me lo sono trovato davanti e non credo neanche sarà l'ultima volta”
“Il rossetto appartiene ad un uomo”

Entrambi si girarono a fissarsi.
“Hai visto Crocodile?”
“Un uomo col rossetto? Lo sapevo che Roci aveva una pessima influenza su di te”
“Certo, lui ha una pessima influenza” rispose sarcastico il moro tornando a fissare davanti a sè, imitato dall'altro.

Avevano parlato quasi contemporaneamente, sperando che la persona affianco non capisse davvero tutta la frase, e cosí anche la seconda volta.

 

“Ci ho fatto sesso per un giorno intero e continuo a fare pensieri che non riguardano organi o torture”
“A volte penso ancora a quella discussione e mi chiedo cosa sia andato storto”

 

Questa volta non commentarono, ma rimasero in silenzio.

 

“Tu lo amavi” commentò Law guardando di sottecchi il biondo, che si irrigidí all'istante.
“Questa conversazione non è mai avvenuta” rispose monocorde facendo per alzarsi.
“È un sí”

Tornò il silenzio.

Doflamingo odiava il silenzio.
“Capita anche ai migliori” disse soltanto prima di uscire, rimarcando le parole che poco prima il moro gli aveva rivolto.
Law rimase da solo insieme al giornale e al cucchiaio, unici testimoni di quella strana conversazione.
Per quanto si fosse impegnato, non sarebbe mai riuscito a sostituire Crocodile. Un cuore si rompe davvero solo una volta, il resto sono graffi.

Quella conversazione non era mai avvenuta.



 

^


Aveva deciso di passare in officina, ma trovandola chiusa aveva deciso di dirigersi verso il quartier generale della Baroque Works, magari avrebbe trovato qualcosa da fare visto che Killer non rispondeva al cellulare.
Entrò in ufficio che era appena diventato buio, le persone stavano lasciando il loro posto di lavoro mentre lui andava nella direzione opposta.
Una volta raggiunto il piano, camminò imperterrito con le mani in tasca verso l'unica porta presente.
Bussò due volte e una voce bassa gli disse di entrare.
Davanti a lui, seduto su una poltrona in pelle nera e con un sigaro tra le labbra, Crocodile lo fissava.

“Yo”

 

Doveva molto a quell'uomo, oltre al suo lavoro gli aveva insegnato molte cose, aveva ampliato le sue conoscenze in ambito scientifico e letterario, e gli aveva permesso di mettere le mani su motori che prima poteva solo sognarsi.
Nonostante la loro non troppo recente conoscenza, aveva fiducia nel suo capo. Certo, per uno come lui prendere ordini era decisamente fuori questione, ma in tutto quel tempo solo un paio di volte Crocodile era stato irremovibile su sue decisioni, erano più le volte che gli lasciava carta bianca e che gli dava solo qualche consiglio.
Per quello lo rispettava, e non era una cosa da poco per lui. Aveva avuto la conferma che il sentimento era reciproco quando gli aveva permesso di creare una protesi in una lega nuova e molto resistente, per Kidd era stata una prova personale per vedere se era all'altezza delle sue aspettative e di quelle del moro.
Il risultato finale era stato più che soddisfacente: era riuscito a creare qualcosa di complesso e nel mentre aveva sfruttato l'occasione per conoscere quell'uomo che sembrava sempre sulle sue. Raramente parlava di sé, Kidd sapeva solo che marca di sigari preferiva e che prediligeva i gatti ai cani, nient'altro.
Ma con il tempo stranamente Crocodile gli aveva affidato molti incarichi importanti, preferendolo ai membri dell'organizzazione, e alcune volte lo aveva invitato a bere con lui, fortuna che solo i primi due numeri della Baroque Works potevano vantare.
Anche Killer all'inizio era rimasto sorpreso, il suo amico e il boss non avevano praticamente nulla in comune: uno fumava sigari, l'altro sigarette; uno amava i gatti, l'altro i cani; uno era irruento e impulsivo; l'altro metodico e calcolatore. Eppure riuscivano a comunicare in un qualche modo.
Kidd si era guadagnato il nomignolo di ‘cagnolino del boss’ all'interno dell'edificio.

Che mi chiamino come cazzo vogliono, sono solo invidiosi. Pensava, e infatti in pochi gli rivolgevano la parola, Mister One e Mister Two erano tra questi.

 

“Kidd, cosa fai qui?” domandò Crocodile fissandolo con due iridi nere che misero in soggezione il rosso.

“Passavo da queste parti” rispose sedendosi di fronte all'uomo.

“La tua capacità di dire balle è peggiorata”

“Preferirei non parlarne”

“Dimmi del caso”

Kidd tirò un sospiro di sollievo; il moro era solito rivoltarlo come un calzino, quando fiutava problemi nella sua vita fino a quando non gli aveva detto anche cosa aveva mangiato a colazione.

“Interessante” commentò l'uomo distendendosi sulla sedia, “a quanto pare Hancock è un buon punto di partenza, vedrò se sa qualcosa la prossima volta che la vedo”

Kidd lo fissò ad occhi spalancati.

“Che culo! Stai dicendo che hai visto Hancock e le hai pure parlato?”

“Modera il linguaggio. Per una serie di coincidenze che non sei tenuto a sapere, credo la vedrò spesso purtroppo. Quella donna è insopportabile, ma non credo mi ignorerà, ho ancora qualcosa sul suo passato su cui poter fare leva” concluse abbassando leggermente le palpebre in modo da intensificare lo sguardo.

“Un giorno dovrai raccontarmi perché la conosci, cazzo, quella donna dal vivo è uno spettacolo!”

“Dal vivo?”

Merda.

“Sí, beh, l’ho incontrata al Moby Dick, volevo vedere se in quell'ambiente è conosciuta per tornarci e magari chiederle qualcosa sul caso”
Crocodile annuí.
“Capisco, ben fatto. Peccato tu stia mentendo ancora”

Ma come cazzo fa? Legge nel pensiero?

“Un giorno ti racconterò”
“Non funziona cosí, ti ricordo che sono il tuo superiore”
“Questo è ingiusto” ringhiò Kidd assumendo il broncio di un bambino, cosa che fece sorridere l'altro.
“La vita è ingiusta. Quindi?”
“Ho una fonte” fece vago agitando una mano per sminuire la cosa.
“Questa fonte è affidabile?”
“Ma manco per sbaglio”

Crocodile lo fissò alzando un sopracciglio.

“Cioè, sí e no ecco. È complicato”
“Quindi ti affidi a questa persona per sapere informazioni ma anche per altro. Interessante, te la sei già portata a letto?”
“Ok, esci dalla mia testa, e che cazzo è fottutamente inquietante!”
“Linguaggio.”

Kidd sbuffò. “È cosí evidente?”

Crocodile espirò una boccata di fumo ed incrociò le dita delle mani tra loro.

Eustass lo guardò veramente per la prima volta da quando era entrato in quella stanza.

“Non hai una bella cera”
“Avrò dormito poco”
“Ora sei tu che menti”
“Non impicciarti ragazzino”
“Quindi centra Doflamingo”

Le pupille nere si dilatarono come una macchia di inchiostro sulla carta. Forse aveva esagerato.

“Grazie per le informazioni sul caso, continua a tenermi aggiornato”

Kidd distese i muscoli che non si era ricordato di aver contratto, e si alzò in piedi.

“L'odio è un liquore prezioso: perché è fatto con il nostro sangue, la nostra salute, il nostro sonno. E due terzi del nostro amore.”
“Charles Baudelaire”

Kidd annuí ed uscí.












 

Salve a tutti! Questo capitolo è più lungo del solito, ma non volevo dividere le due parti con Law e Dofla e Kidd e Croco. Probabilmente risultano un pochino ooc anche se ho cercato di far intendere che il rapporto che c'è tra questi personaggi esula da tutti gli altri, forse perché i due uomini si rivedono un po’ nei due mocciosi, chissà. Li vedo più come genitori improvvisati…

Prossimo capitolo è tempo del secondo incontro con Shanks!

A presto e grazie as always! 

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Capitolo 46
*** Tutto cambia per non cambiare nulla ***


46) “Tutto cambia per non cambiare nulla.
 


 
 
 
Erano passati i due giorni stabiliti, e nuovamente le sette persone si ritrovarono una di fronte all’altra, sedute davanti ad un tavolo, in una stanza anonima, sotto uno strano negozio. 
Il silenzio regnava sovrano, nessuno dei presenti osava rompere quella strana atmosfera che sembrava portare solo guai. 
Shanks entrò dalla porta come un uragano, quasi inciampando sui suoi piedi, ma non riuscendo ad evitare che il plico di fogli che teneva in equilibrio cadesse a terra. 
Il Rosso abbassò lo sguardo e cominciò a ridere, rompendo finalmente quella tensione sospesa. 
“Ops, che sbadato”
Quasi tutti sbuffarono, ma non in modo infastidito. 
Mihawk continuò a fissare l'uomo, che da quando era entrato non faceva altro che blaterare parole. 
 
Ora capisco perché gli uragani portano il nome di persone
 
Un paio di minuti e molti fogli raccolti dopo, Shanks poggiò il suo sguardo giocoso sui presenti. 
“Quindi, immagino voi abbiate una risposta per me. C'è qualcuno tra i presenti la cui risposta è negativa?”
Le sette persone si fissarono ma nessuna mosse un muscolo. 
Nessuna avrebbe potuto d'altronde, in quanto era palese che il Governo non volesse nuocere a nessuno di loro, anzi, quasi gli andava bene che fossero quei sette a tenere le briglie del mondo illegale. Meglio conoscere il proprio nemico. 
 
“Ottimo!” esclamò Shanks “spero che la nostra collaborazione sia proficua. Attualmente non ho molto da dirvi sul vostro primo incarico, stiamo ancora investigando, ma ho fatto delle fotocopie che potrete leggere con calma. Ci ritroveremo la prossima settimana, nel mentre, se sentite qualcosa di utile… Beh, non sto qui a spiegarvi come fare il vostro lavoro.” commentò allungando il plico di fogli che poco prima gli era caduto. 
“Scusate ma ora ho un impegno, ciao”
E come se nulla fosse, uscí dalla porta fischiettando. 
 
“E ci fa venire qui per parlare due minuti? La prossima volta neanche mi muovo, se volete fare una chiamata Skype sarebbe meglio” sbottò Hancock stizzita, alzandosi ed uscendo, seguita a ruota da Kuma e Jinbe. 
Moria sollevó lo sguardo ed indugió qualche secondo sui tre uomini ancora seduti, poi decise di lasciare la stanza. 
Improvvisamente l'atmosfera si era fatta pesante. 
Vergo e Daz si lanciarono uno sguardo neutro, attendendo ordini, ma con una mano già sulla fondina. 
Mihawk inspiró ed alzó gli occhi dal foglio alle lenti colorate. 
“All'ultima persona che mi ha guardato così a lungo ho tolto le orbite con un cucchiaino da tè”
Un uomo normale si sarebbe alzato e sarebbe scappato il più lontano possibile da quella figura minacciosa, ma Doflamingo non era noto per il suo amor proprio e per essere del tutto normale, per quello non riuscí a non distendere le sue labbra in un sorriso. 
“Non era mia intenzione metterti a disagio Falchetto” commentò, marcando il nomignolo, “stavo solo osservando”
Crocodile era rimasto immobile, permettendo solo al suo sguardo di spostarsi da un uomo all'altro. 
Sapeva bene che Doflamingo lo stava ignorando di proposito e la cosa gli andava più che bene, se non che anche Mihawk era giunto alla sua conclusione, e dato che si annoiava era il doppio più pericoloso. 
“Mi aspettavo di vederti fumare” gli disse infatti lo spadaccino. 
“Finiti i sigari”
“Meglio, quello dell'ultima volta puzzava”
“Non uno dei migliori”
“Siete nella stessa stanza a meno di due metri di distanza e ancora fingete di ignorarvi, adorabile” sbuffó Occhi di Falco alzandosi. 
“Quindi se me ne vado dovrete per forza avere un'interazione. Ciao” concluse dando loro le spalle ed uscendo non prima di sentire Doflamingo dirgli “Smettila di ridere, sei inquietante”. 
Non riuscí a fermare l'accenno di un sorriso spontaneo, che, proprio come era nato, morí il secondo dopo. 
 
 
Nella stanza regnó il silenzio per quella che sembrò un'ora ma che erano solo un paio di minuti, poi entrambi gli uomini si alzarono ed uscirono senza rivolgersi neanche un insulto. Entrambi non volevano dare alcuna soddisfazione a Drakul Mihawk. 
 
 
Shanks, davanti al computer nel suo ufficio, guardó i due uomini uscire e spense la telecamera che aveva saggiamente fatto installare nella stanza. 
 
 
-
 
 
Durante i giorni successivi i Sette ricevettero una lettera con scritto che dalla volta successiva i vari incontri si sarebbero tenuti in un altro luogo, nel piano sotto il Moby Dick. Non era stato scelto a caso in quanto quello rappresentava sempre terreno neutrale, e, sotto il ristorante, si trovavano delle sale adibite a vari usi, casinó, partite di poker private, camere con spogliarelliste e via dicendo. Era il posto migliore per far incontrare sette persone del loro calibro e farlo passare per una casualità. D'altronde si sa che se si vuole nascondere qualcosa bisogna metterla in bella vista. 
 
Tutto questo era ovviamente ignorato da Kidd e Law che, come avevano concordato, erano tornati al Moby Dick per parlare con Satch della rapina a Smoker. 
Nessuno dei due aveva parlato con l'altro dopo quella che entrambi volevano far passare per una scappatella, ma non fu un problema. 
Quando si incontrarono davanti all'entrata Law dedicó a Kidd un dito medio e Kidd lo insultó in risposta.
“Dovremmo smetterla di incontrarci così, Eustass-ya”
“Dovremmo smetterla di incontrarci proprio”
Entrarono nell'ascensore che li avrebbe portati all'ultimo piano. 
“Cosí mi spezzi il cuore”
“Se solo ne avessi uno” ribattè il rosso ghignando. 
Law lo fissó per nulla intimorito mettendosi una mano sul petto. 
“Mi hai solo usato per soddisfare i tuoi bisogni, sono ferito”
“Dovresti proprio recitare in un teatro”
“O Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?” cominció Law non accorgendosi che l'ascensore era arrivato a destinazione. 
 
“Oddio ma siete proprio voi, Romeo e Giulietta! E chi fa Don Rodrigo?”
 
I due si girarono e si trovarono davanti un ragazzo più o meno della loro età, con lentiggini sparse sulle guance sotto a due vispi occhi neri. 
Kidd sorrise “Portgas D. Ace, finalmente ci incontriamo, Eustass Kidd”
Ace gli strinse la mano sorridendo. “E quel cazzone lí dietro che stava stuprando Shakespeare è Trafalgar Law”
“Come osi” borbottó fingendosi offeso, ma venendo tradito dal ghigno sardonico sul suo volto. 
“Torao lo conosco” rispose il moro mentre Kidd storceva il naso al soprannome. “Seguitemi, ho un tavolo prenotato per aspettare che Satch finisca di lavorare, e per mangiare ovviamente. Dio ti ringrazio per aver inventato il cibo.” commentó Ace facendogli strada. 
Dopo essersi seduti li guardó e chiese loro di spiegare perché volessero i fascicoli di Smoker. 
Kidd e Law annuirono e cominciarono a raccontare, tra una spaghettata allo scoglio e un branzino al forno.
 
-
 
Crocodile si mise a posto il colletto della camicia in un gesto quasi stizzito; i sigari riposavano nella tasca destra, questa volta aveva optato per una marca più dolce, e non per far un favore a Mihawk, che adorava i profumi zuccherati, sperava solo di essere lasciato in pace, anche se sapeva che prima o poi avrebbe dovuto parlare con il fenicottero. 
Fenicottero perché solo un idiota poteva andare in giro con un cappotto di piume rosa, era evidente che nel corso degli anni la sua malattia mentale era peggiorata. 
Quella sera si sarebbero dovuti incontrare per una riunione preliminare nel piano sotto al Moby Dick, detto Mary Joy. Ci si poteva entrare solo se si sborsava una gran cifra e se si era conosciuti, in pratica era un circolo privato di gente ricca che si annoiava e voleva trascorrere del tempo in compagnia o semplicemente giocando d'azzardo. 
Non era propriamente un casinó in quanto molte stanze erano usate anche per concludere affari non legali; si ricordava di aver visto anche un giudice scendere a patti con un avvocato e commissionare un omicidio di un testimone ad un mercenario con un nome insolito, qualcosa a che fare con un animale. 
Quella sera non vi erano nuvole in cielo e le previsioni non davano pioggia; la temperatura era piacevole e perfetta per camminare e lui avrebbe pagato fior di quattrini pur di non dover entrare a Mary Joy. 
Invece, un'ora dopo era seduto in una stanza simile a quella della volta precedente ma con un tavolo rotondo in mezzo. 
Shanks come sempre si fece attendere. 
E per fortuna che la prima donna dovrei essere io pensó Boa sbuffando quando vide entrare l'uomo con dieci minuti di ritardo. 
 
“Salve a tutti, vedo che avete ricevuto la mia lettera, bene. Vi ho chiamato qui per parlare di un problema che riguarda da un po’ questa città. C'è qualcuno che si diverte ad uccidere prostitute e la polizia brancola ancora nel buio. Immagino che voi due possiate mettere al corrente meglio di me gli altri”
Crocodile e Doflamingo lo guardarono, poi il primo cominció a parlare e spiegó brevemente la situazione. 
“A quanto pare questo simpaticone ce l’ha con te, Principessa Serpente”
“E perché mai dovrebbe, io non conduco alcun traffico di quel genere” sbottó incrociando le braccia al petto. 
“Perchè, mia cara,” si intromise Doflamingo “tutte le donne uccise indossavano il tuo profumo, Poison Kiss”
“E alle coincidenze nessuno ci crede più da tempo” concluse Crocodile. 
“Ora vi completate pure le frasi a vicenda, e per fortuna che non vi sopportate” sibiló la donna. 
“Non cambiare argomento” proruppe Mihawk “se sai qualcosa dilla, altrimenti taci”
La donna gli rivolse uno sguardo velenoso. 
“Ho molti ammiratori, ovviamente, alcuni più insistenti di altri, ho ricevuto minacce di morte, ma a chi qui dentro non è successo? Peró non so nulla a riguardo, le lettere minatorie non le leggo mai”
“Credo sia un punto di partenza leggerle e vedere se c'è qualcosa sull'argomento” concluse Jinbe. 
“Se quello che dicono quei due è vero” insinuó lei, punta sul vivo. 
“Puoi pensarla come vuoi, ma ti assicuro che non avrei motivo per mentire” rispose Crocodile accendendosi un sigaro mentre Kuma, impassibile, guardava le persone discutere. 
“E come avresti saputo questa informazione?”
“Mi sono documentato, sai, dopo la terza donna uccisa in meno di due settimane ho cominciato ad innervosirmi”
“Il problema è quindi il tuo profumo” rispose brevemente Doflamingo, “ho dato l'incarico ad uno dei miei sottoposti preferiti, sono certo di quello che affermo, anche se una collaborazione da parte di Moria sarebbe gradita, cosí la prossima volta non devo mandare gente dentro il tuo obitorio”
Moria si sentí punto sul vivo. “Che vorresti dire? Hai mandato delle persone nel mio regno?”
“Era l'unico modo per ottenere informazioni dopo che la polizia ci ha messo il naso” grugní Crocodile, non nascondendo una certa irritazione dovuta alle parole del biondo. 
“Quindi entrambi avete violato il mio obitorio!” esplose Moria sbattendo un pugno sul tavolo “inconcepibile”
“Non preoccuparti, mi interessava solo il problema delle prostitute, non ho chiesto di sapere altro dei tuoi esperimenti sulle persone. Almeno parlo per me” concluse Doflamingo ridendo come suo solito, e Jinbe si spalmó una mano sul volto, ben sapendo cosa sarebbe successo da lí a qualche minuto. 
 
“Spero tu non stia insinuando qualcosa” rispose Crocodile senza neanche guardarlo. 
“Da quel che so sei famoso per essere una palla al piede” gli rispose senza mezzi termini Doflamingo. 
 
Il silenzio che si diffuse nella stanza sembrava molto simile a quello del suo obitorio, pensó Moria. 
Crocodile sentí un familiare clic nella testa, e non seppe se era saltato un interruttore o una sicura. 
 
“Doflamingo, non tirare troppo la corda” commentó Jinbe. 
“Non mi pare” disse Crocodile con un tono di voce più basso del solito, che fece deglutire il biondo “dato che respira ancora”
 
I due uomini si guardarono in faccia per la prima volta dopo settimane e nessuno dei due si mosse. 
Mihawk li fissó aspettando che succedesse qualcosa ma i due uomini sembravano congelati, e lui, purtroppo, sapeva il motivo.
Perché un conto è far finta che l'altro non esista e che tutto sia cambiato, un conto è aprire la bocca e avere la certezza che anche dopo più di vent'anni certe cose siano restate le stesse. 
 
“Direi che il punto è chiaro, il profumo. Vedi di scoprire qualcosa Principessa.” concluse Shanks sorridendo. 
“Meglio occuparci di queste faccende prima che diventino dei problemi più grandi. Ovviamente immagino abbiate degli impegni e che non tutti riescano a venire qui una volta a settimana. Ci incontreremo quando avremo delle novità, nel mentre trovate il modo di contattarvi.”
Kuma annuí ed uscí dalla stanza; Moria sbuffó, ancora indignato per la situazione del suo obitorio e se ne andó a giocare a poker in una delle stanze adiacenti. 
Jinbe e Boa guardarono Mihawk, Crocodile e Doflamingo uscire senza dire una parola e si dileguarono a Mary Joy per passare la serata. 
 
-
 
Quando il locale cominció a svuotarsi, Ace fece strada verso le cucine. 
“Che sorpresa! I miei due clienti preferiti, venite, venite!” esclamò Satch. 
Come la volta prima stava pulendo le posate. 
“Hai trovato un modo per arrivare a quei fascicoli?” chiese Law appoggiandosi al muro con la schiena. 
“Ovviamente, lasciate quel punto a me, Ace qui presente distrarrà Smoker per la città abbastanza a lungo, non importa come ma tienilo impegnato” commentó al fratello puntandogli una forchetta contro. 
“Agli ordini! Questo è proprio il genere di passatempo che preferisco, quasi quasi chiedo a Rufy se è libero”
“Vuoi cacciare nei guai pure tuo fratello minore? Che pessimo esempio” commentó ridendo Law. 
“Mio fratello adora Smoker, e credo che sia reciproco. D'altra parte, chi non ha un debole per il mio fratellino? È biologicamente impossibile volergli male”
E Law non potè fare a meno di annuire e abbassare lo sguardo, ricordandosi di come quel mocciosetto lo aveva convinto a mangiare con lui solo perché lo aveva visto giù di morale. 
Kidd notó l'espressione addolcita sul volto del dottore e alzó un sopracciglio. 
“Bene, quindi quando avete intenzione di mettere a frutto il piano?”
“Domani, Smoker odia i lunedì e sarà ancora più irritante del solito, una passeggiata. E poi non vede l'ora di arrestarmi, non ce l’ha ancora fatta poverino.”
Il volto di Ace in quel momento assomigliava a quello di una peste pronta a fare più danni possibile, e loro poterono solo ringraziare di avere quei due preziosi alleati dalla loro parte. “Immagino ci rivedremo tra un paio di giorni Romeo” esclamó Ace salutandoli con un inchino ed uscendo per finire di mangiare. 
“Perché ha chiamato me Romeo?” chiese incredulo Kidd mentre Law scuoteva la testa, segno che ne sapeva quanto lui. 
“Ora che ci penso anche prima ci ha chiamato in modo simile” sussuró il dottore mentre entravano nell'ascensore. 
Kidd fece spallucce e il canto di Satch li accompagnó finchè le porte non si chiusero. 
 
Giulietta ti si addice”
Law gli dedicó quello che doveva essere uno sguardo minaccioso. 
Il problema di quando assaggi è che se quello che hai assaggiato ti è piaciuto, dopo, vuoi mangiare. E Trafalgar voleva mangiare ancora, pensó, mentre il suo sguardo si abbassava sulle labbra tinte di rosso. 
Erano tanto impegnati a fissarsi che non sentirono il suono delle porte che si aprirono. 
I due ragazzi si girarono verso le porte e sentirono il sangue gelarsi. 
 
 
 
I tre uomini erano arrivati davanti all'ascensore senza rivolgersi una parola, ma il silenzio era una cosa che Doflamingo proprio non tollerava.
“Preferisco starti sul cazzo che leccarti il culo” proruppe, mentre Mihawk si voltava a fissarlo. 
“Se vuoi starmi sul cazzo almeno cerca di muoverti bene” gli rispose Crocodile continuando a guardare davanti a sé imponendosi di non ghignare, sentendo comunque Mihawk sbuffare ma non dalla noia e Doflamingo guardarlo in un modo che lo riportó indietro nel tempo. 
 
“Wow” 
I tre uomini si accorsero delle porte aperte e dei due ragazzi che li fissavano. 
“Scusate se abbiamo interrotto questo fantastico momento, scendiamo subito” commentó Kidd mentre Law spingeva più volte il pulsante per scendere. 
E avrebbe pure funzionato se Crocodile non avesse messo un gamba davanti al rilevatore e un braccio davanti alle porte. 
“Ma che bella sorpresa”
Doflamingo si limitó a fissare Kidd notando il rossetto sulle labbra, per poi passare a Law, inclinando leggermente la testa e assottigliando lo sguardo. 
 
“Siamo così fottuti” sibiló Trafalgar a Kidd, che per la prima volta fu d'accordo con lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

E infine, l'incontro è avvenuto. 
Ovviamente dovevo farlo finire sul più bello. 
Quanto mi era mancato scrivere di quei due che flirtano, davvero. Per non parlare di Mihawk che si finge tonto e indifferente ma che invece capisce sempre prima degli altri cosa succede. 
A presto!

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Capitolo 47
*** Le cicatrici dicono molto di più della spada che le ha causate ***


47) “Le cicatrici dicono molto di più della spada che le ha causate” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Ma che bella sorpresa”
 
Mihawk gongoló internamente; non che avesse qualche tipo di curiosità nei confronti dei suoi due vecchi amici d'infanzia, ma sapeva benissimo chi fossero i due ragazzini nell'ascensore, e sapeva altrettanto bene chi fossero per i due uomini. Amava fare ricerche sia perché si annoiava facilmente, sia perché se si fosse trovato in queste situazioni, si sarebbe goduto ogni secondo, anche se non gli era molto chiaro il motivo per cui quei due ragazzini erano insieme o perché Doflamingo fissasse Law in quel modo poco rassicurante; gli ricordava sua madre quando lo beccava a stare sveglio fino a tardi per guardare serie televisive. 
Crocodile invece sembrava più tra il divertito e lo sconcertato.
 
“Immagino scendiate” sibiló il biondo piazzandosi in mezzo ai due, non mancando di lanciare uno sguardo omicida al rosso. Mihawk seguí Crocodile all'interno e spinse il pulsante facendo chiudere le porte, alzando gli occhi al cielo quando vide il coccodrillo afferrare per il colletto Kidd prima che tirasse un pugno a Doflamingo.
L'uomo con gli occhiali colorati non sembró neanche farci caso, impegnato com'era a rivolgere la sua attenzione al ragazzino con i tatuaggi. 
“Io e te abbiamo molto da dirci” commentò allegramente mettendo un braccio attorno alle sue spalle e spingendolo fuori dall'ascensore. Quando i due scomparvero Crocodile molló Kidd, che lo fissó di rimando. 
“Che c'è? Quel tizio mi sta in culo”
“Non ti chiedo neanche se Trafalgar Law è la fonte di cui mi hai parlato”
“Bene, così non devo inventarmi scuse”
“Stai lontano da quel tizio, non ho alcuna voglia di trovare il tuo corpo in un canale” concluse Crocodile espirando una boccata di fumo e spegnendo il sigaro. Si giró per fare un accenno a Mihawk a mo’ di saluto e se ne andó, seguito dal ragazzino coi capelli sparati. 
“Che vuol dire in un canale? Io quello lo distruggo”
Crocodile scosse la testa e lo riafferró per il colletto, trascinandolo in macchina. 
 
Mihawk tornó a casa passeggiando mentre nella sua testa si affollavano diverse immagini strane. 
Doflamingo non era mai stato bravo con i bambini, ma si vedeva che a quel piccolo, adorabile ragazzino porta-morte ci teneva. 
Crocodile invece non faceva neanche lo sforzo di nasconderlo, quel tipo col rossetto gli ricordava un po’ un felino, forse dovuto al suo ringhiare nei confronti del biondo e alla strana presa di cui era stato vittima. 
L'uomo si riscosse dai suoi pensieri quando intravide Shanks in un pub poco distante con una donna bionda seduta sulle sue gambe. Quando vide le mani di lei sparire sotto la camicia di lui sentí una familiare sensazione salirgli dalla bocca dello stomaco, e quando vide il Rosso afferrarle il volto e baciarla distolse lo sguardo e ricominció a camminare senza pensare più a nulla. 
Perché Mihawk poteva anche essere considerata una persona menefreghista, ma non era stupido; sapeva di essersi innamorato dell'unico uomo che non avrebbe mai potuto avere. 
 
 
-
 
 
Vergo vide Doflamingo trascinare Law nel suo studio e ricominció a pregare. Nelle ultime settimane aveva pregato così tanto che stava quasi considerando l'opzione di diventare credente. Trattenne Sugar per un braccio quando la vide pronta a scagliarsi contro il dottore, invocando la sua Nutella, vittima indifesa. 
 
Quando l'uomo chiuse la porta Trafalgar finalmente trovó la forza per parlare. 
“Non ti azzardare mai più a trascinarmi in quel modo” sibiló girandosi e trovandosi faccia a faccia con il biondo. 
Nessuno dei due sorrideva. 
“Spero tu ti sia divertito perché d'ora in poi ti è vietato vedere quel buzzurro”
“E da quando decidi chi posso frequentare?”
“Non toccare questo tasto con me, Lawrence.
 
Il moro incassó il nome completo e schioccó la lingua sul palato. 
 
“So badare a me stesso e ti assicuro che è del tutto innocuo, posso ucciderlo quando voglio”
Doflamingo continuó a fissarlo per qualche secondo. 
“Quindi se ti chiedessi di portarmi il suo cuore lo faresti” commentó. Non era una domanda. 
Law sapeva che Doflamingo era un uomo pericoloso, che se avesse voluto lo avrebbe davvero rinchiuso da qualche parte solo per fargliela pagare o perché aveva dormito col nemico. Eppure non aveva mai abbassato lo sguardo di fronte a lui, non si era mai tirato indietro ad una discussione, e non avrebbe certo iniziato quel giorno. 
 
“Ovviamente.” rispose sedendosi sulla scrivania e accavallando le gambe.
“Farei come Il Cacciatore. Ti porterei il cuore di qualcun altro spacciandolo per quello di Biancaneve, mia cara Strega Cattiva. E non perché mi piace la ragazza ma perché sei stato tu a chiedermelo. Per principio.” concluse, aspettandosi una sfuriata. 
 
 
“Croco-chan, se potessi ti donerei il mio cuore. Tu mi daresti il tuo?”
“Davvero.”
“Sono serio! Stai al gioco e rispondi”
“No”
“Perché no?”
Un paio di occhi neri lo fissarono da sopra le pagine del libro. 
“Come faccio a darti qualcosa che è già tuo?”
“Mi fate cosí senso che non so se soffocare per l'imbarazzo o vomitare per lo schifo” commentó Mihawk. “Guarda cos’hai fatto, ha pure le orecchie rosse! Io vado in bagno ad affogarmi nel water”
La risata di Crocodile se la ricordava ancora. 

 
“Doflamingo?”
Il biondo sbattè le palpebre e sorrise, il che non era un buon segno. 
“Non preoccuparti Lawrence, ho capito.” disse per poi afferrarlo per la camicia e strattonarlo verso di sè. 
“Vediamo se cosí sono più chiaro. Se vengo a sapere che avete condiviso di nuovo lo stesso ossigeno gli faró recapitare una mela avvelenata, poi gli estrarró il cuore e te lo porteró in uno scrigno.”
Concluso il discorso molló la presa facendo barcollare il moro ed uscendo. 
“Lo faccio per il tuo bene”
 
Trafalgar rimase qualche secondo a fissare la porta chiusa, con una mano intorno al collo. 
Doflamingo non lo stava fissando, non stava parlando con lui. 
Ma allora con chi? 
 
 
-
 
 
Kidd cominció a lavorare su una macchina senza sosta, continuó a tenersi occupato per un giorno intero, perché sapeva che quando era così arrabbiato fare una stronzata di porzioni colossali era un'opzione. Quando era tornato a casa aveva trovato il bisturi conficcato nel muro, e gli era venuto ancora più il nervoso. 
Purtroppo finí di lavorare solo dopo un giorno intero, e si ritrovó più incazzato di prima, coperto di olio, con in mano una chiave inglese. 
 
“Kidd”
“Cazzo vuoi Killer”
“So che Doflamingo non ti piace ma ti prego, ti prego, non fare stronzate come progettare di ammazzarlo, perché quella sarebbe la stronzata suprema e lo sai.”
Il rosso si sedette su una cassa e ringhió di frustrazione, sapendo che il suo amico di una vita aveva ragione. 
 
“Quello ha una faccia di merda”
“Ok, me lo immaginavo” commentó il biondo sedendosi di fronte a lui.  “Ma ho sentito che c'era pure Crocodile con te”
 
Kidd alzó lo sguardo e si accorse che sí, c'era anche il capo con lui, e aveva totalmente rimosso la scena del flirt davanti all’ascensore dalla mente, troppo preso a pestare Doflamingo nei suoi pensieri. 
“Già” rispose sorridendo “E tu non immagini neanche lontanamente quanto quei due vogliano scoparsi a vicenda”
Killer lo fissó come si fissa uno che dice di aver cavalcato un unicorno su un arcobaleno. 
“No, sono serio, non potevo crederci ma poi l’ho visto”
“Cosa?”
“L'espressione divertita di Crocodile e lo sguardo innamorato di quel coglione rosa, cazzo Killer, come si fa ad indossare un cappotto di piume rosa? Porca troia, quel tizio è completamente matto”
“Frena, frena” lo interruppe Killer “vai per ordine”
Il rosso annuí e cominció a raccontare dall'inizio. 
 
“Hanno davvero detto cosí?”
“Te lo giuro sulla mia collezione di fondotinta”
“Scusa ma allora non capisco” borbottó Killer. 
E in effetti neanche Kidd stesso capiva granché, dopo aver visto persone che morivano al solo nominare il biondo con gli occhiali, dopo aver visto la rabbia sul volto di Crocodile ogni volta che lo si nominava, dopo che aveva sentito ovunque che l'odio tra quei due era risaputo, ora davvero non riusciva a comprendere. 
“Pensavo fosse una differenza caratteriale insormontabile o un passato di uccisioni e battaglie sotto la bandiera nera con il teschio, e invece qui c'è qualcos'altro.”
 
E questo qualcos'altro era un punto interrogativo. 
“Pensa se quei due avevano una storia”
Dopo qualche secondo di silenzio entrambi si misero a ridere. 
“Kidd stavolta l’hai sparata grossa, cosí grossa che è una possibilità”
“Ma hai presente di chi stiamo parlando, sí?”
“Sei stato tu a dire del flirt”
I due si presero un po’ per pensare. 
“Si spiegherebbero un bel po’ di cose”
Kidd parve essere quasi d'accordo, restando a fissare il pavimento sporco. 
 
“E quindi si è portato via il tuo dottore” disse Killer cambiando argomento. 
“Lo ha trascinato e lui non ha opposto resistenza, che cazzo di rapporto c'è tra quei due?” sbottó Kidd, di nuovo infuocato come prima. 
 
Killer non commentó il fatto che Kidd non avesse detto nulla al tuo dottore. 
 
“Mentre tu te ne andavi in giro, io mi sono dato da fare e ho ottenuto delle informazioni su Law”
“Da chi?”
“Da un suo amico”
“Quello non ha amici”
“Fidati che quei due potrebbero benissimo esserlo”
“Ti sto ascoltando” disse Kidd appoggiando la chiave inglese e cominciando a passarsi uno straccio sul collo. 
Killer prese un bel respiro e gli raccontó del suo incontro con Penguin e del loro randez vous in un bar per fare colazione. 
 
“Quel Penguin? E ti vuole scop-”
“Se mi interrompi ancora non saprai mai cosa ha detto” ringhió il biondo. 
“Già cosí non so come ho fatto a non scoppiarti a ridere in faccia”
Killer lo ignoró e continuó. 
“Facendola breve. La famiglia di Law è stata colpita da una grave malattia, una sorta di intossicazione dovuta alle sostanze che avevano usato per costruire la loro casa. Sua sorella minore di sei anni e i suoi genitori sono morti, lui si è reso conto di avere i giorni contati e ha cominciato a girovagare per le strade. Diciamo pure che cercava un posto dove morire, all'età di tredici anni, ricordiamo. Fortuna volle che venne trovato da un uomo della polizia che, colpito dal suo sguardo vuoto e privo di ogni voglia di vivere se lo è portato a casa. Questo tizio era, rullo di tamburi”
 
Kidd prese la chiave inglese e la usò come bacchetta sulla cassa. 
 
“Rocinante Donquixote, fratello minore di Doflamingo.”
“Mi prendi per il culo”
“No. Dicevo, lo ha portato a casa e ha chiesto aiuto al fratello, in pratica sono riusciti a curarlo, peccato che mentalmente fosse distrutto. Mi hai chiesto quale sia il rapporto tra Doflamingo e Law, beh. Mentre Rocinante è sempre stata una figura paterna per lui, Doflamingo è stato eletto dal piccolo Law come arcinemico quando il suddetto lo ha inseguito per casa brandendo una baguette e lanciandogli delle fette di pane dopo aver scoperto poco prima che il pane gli provocava il vomito”
 
Kidd lo guardó per qualche secondo e sorrise. 
“Rocinante gli ha ridato un cuore ma Doflamingo gli ha fornito una ragione per vivere”
 
Killer annuí, sapendo che il suo amico ci sarebbe arrivato. Ogni persona dimostra affetto in modo diverso, e, dato che il capo dei Donquixote di normale non aveva nulla, era riuscito a trovare un modo per salvare un ragazzino che aveva perso tutto trasformandosi nel centro dei suoi problemi. 
 
“Quel coglione sembra avere sempre una faccia di bronzo stampata in faccia, ma forse qualcosa lo riesce a smuovere.”
“Crocodile sicuro” rispose Killer e l'altro annuí. 
“Questo non vuol dire che mi stia simpatico, voglio ancora spaccargli il naso e pestargli quegli occhiali del cazzo” sbottó Kidd buttando a terra lo straccetto. 
Killer sorrise. 
“Ed ora parliamo di questo Pinguino”
“Ciao Kidd”
“Killer torna qui!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo dell'Autrice:
Siamo alla fine di questo capitolo, pian piano cominciamo a collegare qualche punto anche nell'ambito personale. Kidd e Killer best bro, Crocodile ha sempre l'istinto da mamma e Mihawk? 
Ammetto che ci ho pensato dall'inizio della storia, solitamente è sempre Shanks il più espansivo, quello che dimostra emozioni ed interesse verso Mihawk. E se la situazione fosse invertita? Vediamo come me la cavo. 
E quindi eccoci qui con un po’ di plot twist. 
Vedremo come si evolverà la situazione. 
Chissà Romeo e Giulietta come faranno a vedersi (ammetto che i soprannomi non sono a caso LOL) 
A presto e grazie a chiunque continui a leggere! 

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Capitolo 48
*** La lingua sa essere molto tagliente ma non sarà mai affilata quanto un silenzio. ***


48) “La lingua sa essere molto tagliente ma non sarà mai affilata quanto un silenzio. 
 
 



 
 
Doflamingo chiuse la porta dello studio lasciandosi alle spalle un confuso Trafalgar Law. 
Camminó fino alla sua camera e si barricó dentro lasciandosi poi cadere sulla poltrona in pelle rossa. 
Da quando aveva rivisto Crocodile i suoi incubi stavano peggiorando, diventando sempre più frequenti e pesanti, portando l'uomo a svegliarsi di soprassalto in un bagno di sudore e senza ossigeno. 
Senza ossigeno. 
Esattamente come quel giorno. 
 
Era la prima volta che gli sparavano, ricordó che il suo primo pensiero fu che quel coglione lo avesse mancato tanta era l'adrenalina nel suo corpo. Quando vide lo sguardo allarmato di Crocodile e sentí una sensazione di gelo che partiva dal petto capí che la sua era una mera illusione. 
Pensare che quello non fu neanche il momento più brutto fece nascere un sorriso amaro sul suo volto. 
 
Appoggió il collo all'indietro e chiuse gli occhi, riportando la mente a quando si sveglió in ospedale. 
Suo padre non si scomodó a venire neanche una volta, Vergo era quasi sempre al suo capezzale ma non riusciva bene a capire lo scorrere del tempo conciato com'era, bloccato sul letto e pieno di antidolorifici. Ogni tanto si svegliava, si guardava intorno e tornava a dormire. 
Solo dopo quella che Vergo gli disse essere una settimana riuscí a svegliarsi quasi completamente e a pensare all'unica cosa che contava in quel momento. 
“Lui dov'è?”
Vergo gli rivolse uno sguardo preoccupato ma non disse nulla. 
Il giorno dopo si sveglió e vide quegli occhi che tanto amava che lo fissavano. 
Si spaventó e cominció ad agitarsi quando si accorse che non c'era traccia di alcuna emozione dentro quelle orbite, neanche uno sguardo divertito o scazzato, nulla. 
Si soffermó a guardare Crocodile, che stava fermo ai piedi del suo letto: lo sguardo vuoto era sottolineato da due occhiaie nere, sembrava addirittura aver perso peso, ma non poteva dirlo con certezza data la posa che aveva assunto. Le braccia erano dietro la schiena e il corpo era innaturalmente arcuato in avanti, quasi stesse soffrendo. 
Sapeva che c'era qualcosa che non andava, non ci voleva un genio per capirlo. 
Aprí la bocca per parlare ma l'altro lo precedette. 
“Non voglio più vederti, non chiamarmi, non seguirmi, non voglio più avere questo tipo di problemi.” la voce era gracchiante e sembrava che il moro stesse facendo un enorme sforzo per parlare. 
 
“Cosa hai detto?” si ritrovó a dire, stralunato, mentre il cuore gli martellava nel petto. 
“Non voglio più averti nella mia vita, chiaro? È stato divertente giocare con te ma ora mi sono stufato”
“Stai scherzando. Perché.” fu tutto quello che riuscí a sussurrare, perché la bocca gli si era seccata a tal punto da non riuscire più a dire nulla. Sentiva un ronzio nella testa e poi il suo cuore rallentó quando incroció nuovamente il suo sguardo. Pensava di leggerci tristezza, oppure l'ombra di uno scherzo di cattivo gusto. Invece non ci lesse nulla, se non il vuoto. 
Il silenzio che si diffuse nella stanza fu la goccia che fece traboccare il vaso. 
“Che cazzo vuol dire! Ti sei bevuto il cervello?” quasi scattó a sedere, ma il suo corpo gli ricordó delle recenti ferite e dovette accontentarsi di alzare solo la poca voce che gli era rimasta. 
Crocodile rimase immobile nel suo silenzio, poi scosse la testa e si voltó, diretto alla porta. 
“È stato solo un passatempo, una persona come me non può provare amore, lo sai. Ci siamo divertiti per un po’, ma ora è il caso che ognuno torni alla sua vita. Ti pregherei di non cercarmi piú. Addio”
Ed uscí, lasciandolo nel silenzio più opprimente che potesse mai essere anche solo pensato. 

 
Doflamingo aprí gli occhi di scatto trovandosi di fronte il soffitto familiare della sua stanza. Il ricordo delle lacrime che versó quel giorno ancora ancorato nella mente. 
Fu l'ultima volta che pianse, l'ultima volta che si comportó come un essere umano. 
Si mise a ridere, soffocando le risate nel palmo della mano. 
 
L'unica volta in cui amó cosí tanto qualcuno da permettergli di distruggerlo. 
Non vide più il moro da quel giorno, non lo cercó e non ci pensó piú. 
Quando uscí da quell'ospedale era un'altra persona. Nei mesi successivi allenó il suo corpo fino allo sfinimento, uccise suo padre e i suoi più stretti collaboratori e prese la guida della famiglia Donquixote. 
Chiunque avesse qualcosa da ridire veniva lasciato sul ciglio della strada con una pallottola nel cranio. 
Non lasció mai a nessuno il privilegio di vedere veramente cosa si celava sotto quegli occhiali, perché sotto di essi si trovava una persona rotta, una marionetta senza fili che aveva trovato il modo di muoversi da sola, senza marionettista, ed era diventato non un bambino vero, ma un incubo a due gambe. 
Le persone cambiano e quando succede è solo perché riescono ad aprire gli occhi, oppure chiudono il loro cuore per sempre. 
Solo nei momenti in cui alzava il gomito si permetteva di lasciarsi cullare in ricordi lontani e ovattati, di tre ragazzini che si rincorrevano per i corridoi con dei cuscini, di un paio di occhi dorati che brillavano alla vista di un dolce, o di un sorriso sghembo da cui uscivano prese in giro. 
Si malediva ogni volta, eppure si chiedeva, a distanza di anni e anni, cosa avesse fatto per rovinare l'unica cosa preziosa e vera nella sua vita. 
Giungeva sempre alla stessa conclusione
 
è perché sono io, tutto quello che tocco lo distruggo, ma meglio cosí, le emozioni ti rendono debole. 
 
E fingeva di accontentarsi della spiegazione e di stare bene.
 
 
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Crocodile si sedette alla scrivania e cominció a sentire il familiare diffondersi del dolore. La protesi non lo tradiva mai, ma la sua ferita sí. Era come una bestia addormentata che annusava la sua paura e ne traeva vantaggio, risvegliandosi e portando con sè i pezzi rotti del passato. 
Cominció a massaggiarsi il polso, ma quando si rese conto che non funzionava neanche fumare, estrasse dal cassetto una bottiglia di scotch e cominció a berla. 
Quando notó che non aveva altro da buttare giú tornó a fissare il vuoto davanti a sé. Chiuse gli occhi e lo sentí, puntuale come sempre. 
L'odore di gas e di bruciato. 
Il suo respiro si fece pesante e dovette sforzarsi per non aprire le palpebre. 
Trascinava il corpo di Doflamingo, ma sapeva che l'adrenalina avrebbe smesso di fare effetto e avrebbe cominciato a stare male. Non voleva neanche guardare la sua mano destra, si limitó ad uscire da quel garage e a buttarsi quasi sulla strada. 
Non voleva guardarla perché avrebbe visto che non c'era più. 
Il garage era ancora avvolto dalle fiamme ma i soccorsi stavano arrivando, non si aspettava di vedere Ivankov correre verso di lui. 
 
“Oh Croco-boy! La tua mano! ”
Sorrise. 
“Non potevo lasciarlo morire”
 
Crocodile tossí violentemente e annaspó qualche secondo prima di rendersi conto di non essere su un'ambulanza, ma di trovarsi nel suo ufficio, da solo e con la mano che pulsava. 
Inspiró lentamente e si rivide, sveglio, nel lettino dell'ospedale con la mano fasciata. 
Si rivide fissare il soffitto e capire che se non ci fosse stata la vita di Doflamingo in gioco, non si sarebbe mai tagliato la mano di sua spontanea volontà. Invece, la sola vista del suo sangue, del suo corpo cadere quasi privo di ossa, quello era bastato perché non pensasse alle conseguenze, ma agisse. 
Se era disposto a buttare via i suoi arti come fossero fazzoletti per lui, che cosa avrebbe fatto in futuro?
In quel lettino, sotto sedativi e senza una mano, lì, capí davvero la portata dei suoi sentimenti. 
E questo lo spaventó a morte. 
Doveva finirla prima che succedesse altro, per il bene di tutti e due. 
Doflamingo sarebbe stato sicuramente meglio senza di lui, e lui doveva allontanarsi il più possibile da quel ragazzino e dai suoi occhi, che ancora vedeva in sogno, a volte accoppiati con un paio dorati. 
Si ricordó dello sforzo che fece a pronunciare quelle parole, di come nascose il moncherino dietro la schiena e di quanto male sentisse anche solo a stare in piedi. 
Il mugugno soffocato di dolore che sentí dentro la stanza quando si chiuse la porta alle spalle era uno di quei suoni che non avrebbe mai potuto scordare. 
Sapeva, come Orfeo, che non doveva voltarsi verso la fonte dei suoi sentimenti, eppure, come il musicista, lo fece, e l'immagine del suo amico, distrutto dal dolore, rimase pietrificata per sempre nella sua mente. 
Neanche le lacrime calde che imperterrite bagnavano le sue guance poterono aiutarlo. Le lasció cadere mentre tornava nella sua stanza, e il giorno dopo uscí dall'ospedale, contro il parere dei medici. 
Nessuno doveva sapere cosa fosse successo alla sua mano, cosí, trascorsi diversi anni, si preoccupó di far circolare notizie false. 
Piú gli anni passavano e piú capiva di aver preso la scelta giusta, a capo di una organizzazione così potente come la sua di certo non avrebbe avuto senso avere emozioni a bloccargli la strada. Ciò che voleva lo otteneva, e chiunque si mettesse sulla sua strada era ritrovato sul fondo di canali con mani e piedi legati. Se li ritrovavano. 
Col tempo aveva scoperto che era più facile non pensare, bastava non avere il tempo per farlo. 
Una volta aveva sognato quei giorni in cui aveva avuto il biondo in casa, dopo la morte dei suoi genitori, aveva sognato di come si erano avvinghiati su quel letto troppo piccolo per due persone e di come tutto il mondo gli sembrasse insignificante quando era stretto in quella morsa che l'altro spacciava per abbraccio. 
Non sai mai quando è l'ultima volta, le cose finiscono sempre quando sei distratto.
Un abbraccio del genere non lo aveva più ricevuto. 
 
 
 
Il bussare insistente alla porta lo riportó alla realtà. 
“Non voglio essere disturbato”
“Croco-boy!” esclamó una voce baritonale a lui purtroppo nota, prima che l'uomo dai ricci blu e dalla presenza ingombrante entrasse nel suo studio. Lui e tutto il profumo che era riuscito a ficcarsi addosso. 
“Ivankov, ti ho detto che non è il momento” provó a dire, sbuffando e lanciandogli uno sguardo minaccioso. 
“Non è mai il momento, quindi devo per forza crearne uno! Sono venuto qui per ricordarti la nostra chiacchierata dell'ultima volta”
 
Fantastico, pensó, sono proprio dell'umore adatto per parlare di quello. 
 
“E cosa vorresti?”
“Nulla. Ho sentito che hai rivisto vecchi amici in questo periodo”
Crocodile continuó a fissarlo senza mutare di espressione. 
“Speravo di trovarti un po’ più rilassato ma noto che avrai bisogno del tuo cagnolino”
“Non ho bisogno di Kidd”
L'uomo sorrise. “Allora hai capito che la protesi non centra niente con il male”
Crocodile sbuffó infastidito. 
“Hai altro di cui discutere?”
Ivankov sogghignó e lasció cadere una busta di plastica sulla scrivania. 
“Riguardati Croco-boy, spero ci rivedremo presto, vieni a farmi visita qualche volta”
E proprio com'era entrato, il matto truccato uscí lasciandolo solo con la sportina. 
L'uomo si sporse leggermente, pregando internamente di non trovarci autoreggenti o intimo per uomo. Un odore dolce gli arrivó alle narici e lo fece alzare. 
Dentro la sporta si trovavano diverse paste alla crema con guarnizione di fragola. 
Sbuffó fingendosi infastidito ma allungando una mano verso il vassoio in poco tempo ne fece sparire il contenuto. 
 
 
-
 
 
Mihawk si sdraió sul divano non preoccupandosi di vestirsi, l’accappatoio era decisamente troppo comodo per muoversi. Accese la televisione e fece un po’ di zapping prima di fermarsi su un canale che trasmetteva una sfida tra cuochi. Non ebbe bisogno di consultare la guida per saperne il nome. 

 
“Falchetto, perché dobbiamo guardare questa roba?”
“Doflamingo stai zitto, Masterchef è un capolavoro di programma, di certo meglio della schifezza che guardi tu”
“In effetti Il Segreto e Il Mondo di Patty sono abbastanza imbarazzanti”
“Croco-chan non sai quello che dici, e poi lui vuole vedere programmi di cucina perché è pigro e vuole rifarsi gli occhi con piatti di gente che sa cucinare. Al contrario suo, ricordiamoci che fa esplodere le uova nel frigorifero”
“Quando te le cerchi…”
“In che senso?... Falchetto, Mipo di mamma ti prego posa il candelabro”
 
 
Quando si rese conto di stare sorridendo sbattè più volte le palpebre e prese il telecomando, ma non riuscí a cambiare canale. 
Pian piano il sonno lo accolse tra le sue braccia e lui si lasció cullare in sogni pieni di cibo grande quanto grattacieli e candelabri volanti. 
Un fruscio lo fece svegliare.
Fluido come una goccia che scivola su un bicchiere, afferó l'impugnatura della sua lama e la puntó alla gola della persona che si trovava a poca distanza da lui. 
“Occhietti Belli, sono io non uccidermi”
Riconobbe la voce di Shanks ma invece di abbassare l'arma la tenne alzata. 
“Esci da casa mia” sibiló. Non aveva alcuna intenzione di avere a che fare con lui quella notte. 
Shanks fissó quegli occhi dorati brillare quasi nel buio dell'appartamento. 
“Stavi ridendo. E parlavi anche”
Mihawk deglutí. 
“Fuori.”
L'uomo dai capelli rossi sbuffó divertito ma si allontanó. Solo quando sentí la porta chiudersi Mihawk rilasció un sospiro quasi di sollievo. Spense la televisione e andó a sdraiarsi sul letto, non prima di aver messo la sicura alla porta. 
 
Shanks si diresse verso casa sua godendosi l'aria fresca della notte; ogni volta che si annoiava andava a dare fastidio a Mihawk, e un po’ lo capiva se non lo sopportava, ma lo considerava il suo migliore amico e proprio non riusciva a stargli lontano quando vedeva quel velo di indifferenza su suoi occhi. 
Quegli occhi. Erano i più belli che avesse mai visto, anche se erano passati anni continuava ad usare quel nomignolo. 
Chissà cosa centravano i candelabri, almeno stava facendo un bel sogno. 
Non avendo ancora sonno si diresse al pub più vicino per passare la notte tra le braccia di una bella donna. 
 
 
Il risveglio non fu dei migliori, tra l'emicrania assillante e il ricordo del sogno passato, ma Mihawk decise ugualmente di dare una possibilità alla giornata appena iniziata. 
Si alzò e si vestí con l'intenzione di fare colazione fuori e dirigersi alla palestra di sua proprietà. 
Non ci andava spesso ma in alcuni casi gli serviva per scaricare lo stress, peccato che battersi contro ogni persona lí dentro non reggesse il confronto di un allenamento con Shanks. 
Si chiuse la porta alle spalle e respirò l'aria frizzante che solo la mattina porta con sé; data l'ora, difficilmente avrebbe trovato persone in giro. 
Si incamminò verso il solito bar quando i suoi occhi si posarono su una figura seduta poco distante da casa sua. Guardando meglio vide che si trattava di una ragazza, piú o meno sui venticinque anni, vestita con maglietta bianca a maniche corte e salopette di jeans, che teneva stretta una borsa nera con disegnati dei pipistrelli. 
La cosa che lo colpí furono i capelli rosa, simili a quelli di una big babol. 
La ragazza alzò lo sguardo e lo vide, e cosa fece? Cominciò a piangere. 
Mihawk non era una persona impressionabile, non era neanche quella che si definirebbe sensibile al dolore altrui, ma davanti a qualcuno in lacrime si comportava come un cervo davanti a dei fari, si immobilizzava e rimaneva con lo sguardo fisso. 
Quando si riscosse decise di avvicinarsi. 
 
“Cosa fai ragazzina?”
Lei tirò su col naso e si asciugò una lacrima con l'indice. 
 
“Diciamo che il mio padre adottivo mi ha sfrattata e non so dove andare, ma questi non sono affari tuoi, neanche mi conosci”
Mihawk alzò un sopracciglio alla risposta passiva aggressiva. 
“È vero, ciao”
“No aspetta!”
Si girò a guardarla non fingendosi sorpreso. “Ok, se vuoi ti racconto, ma magari davanti a qualcosa da mangiare, non metto cibo sotto i denti da ieri”
 
Mihawk sbuffò ma le fece cenno con la testa di seguirla. Cinque minuti dopo stavano facendo colazione. 
“E quindi mi ha cacciato perché la direzione della videosorveglianza del suo ufficio era affidata a me, ma alcune persone sono riuscite ad entrare. Se solo non avessi dovuto coprire anche i compiti di quel cretino di Absolom che ha pensato bene di mollarmi per uscire con una, forse avrei evitato tutto questo”
L'uomo appoggiò la tazza e la fissò. 
“Absolom? Come hai detto che si chiama il tuo padre adottivo?”
 
Sapeva che non lo aveva detto ed ora era in preda ad un dubbio. 
 
“Gecko Moria… Mi ha adottata anni fa quando ho perso la mia famiglia in un incidente stradale”
 
Bingo. 
 
“Moria. Quindi tu sei Perona”
La ragazza lo guardò sgranando gli occhi. 
“Sei un mago?”
“No, ma conosco quel tizio. Ci dovrò lavorare insieme purtroppo.”
“Tu non parli molto, vero?”
Mihawk la fissò. 
“Immagino di no. Senti, non è che hai una stanza in più? Posso trovare un lavoro part-time e pagarti l'affitto, inoltre sono brava a cucire e cucinare, e posso pure fare le pulizie e il bucato!”
“Ti sembro una persona che fa carità?”
“No, ma” cominciò abbassando la voce “non voglio dormire per strada, e tu mi pari un uomo per bene. Credo. Beh, sempre meglio che stare da soli”
Il moro finí il suo cappuccino e la guardò; poteva essere vantaggioso averla in casa alla fine, e se avesse dato problemi l'avrebbe cacciata. 
 
“Bene, ho una casa abbastanza spaziosa, una camera ce l'ho. L'affitto puoi pagarlo occupandoti della casa, del cibo, e del bucato. I soldi non mi mancano tienili per te.”
Il volto della ragazza si illuminò. 
“Certo! Mi occupo io di tutto”
“Ti lascerò i soldi per la spesa due volte a settimana, mi piacciono i dolci e l'alcool, quelli non devono mai mancare. E non devi mai svegliarmi altrimenti non assicuro la tua incolumità. Sono stato chiaro?” concluse tornando a guardarla e scoprendo che stava scrivendo sul cellulare. 
“Chiarissimo, ho segnato tutto.”
 
Mihawk sospirò, quasi divertito. Magari avere in giro per casa qualcuno gli avrebbe migliorato l'umore. Sicuramente lo avrebbe migliorato non preoccuparsi della spesa e delle lavatrici. 
“Sto andando alla palestra, vieni con me. Poi domani penseremo al duplicato delle chiavi” disse alzandosi venendo seguito a ruota da Perona. 
“Sai che non ti sei presentato, vero?”
“Serve che lo faccia?”
Perona sorrise facendogli l'occhiolino. “Immagino di no”
 
Sapeva benissimo chi fosse Drakul Mihawk, non pensava però che fosse un uomo cosí gentile. Le apparenze ingannano. 
Lo seguí fino a che non arrivarono alla palestra in questione, poi si sedette contro un muro e guardò il suo nuovo datore di lavoro massacrare ogni singola persona. 
La sua bravura era nota, ma Perona si rattristò a vederlo trattenersi, sembrava che neanche si divertisse. Forse solo con il Rosso riusciva a esprimersi al meglio,peccato non si sfidassero piú da anni, a quanto ne sapeva. 
Stava quasi per tirare fuori il cellulare per giocare, quando un botto la fece sussultare. 
Si voltò verso l'entrata della palestra e vi trovò un ragazzo dagli strani capelli verdi che, data la mano premuta sulla fronte e l'espressione di dolore, era andato a sbattere contro la porta. 
“Horo Horo Horo, che scemo!” si lasciò sfuggire mentre il tizio le dedicava un'occhiataccia. 
“Chiudi la bocca” e lei gli fece una linguaccia, per poi notare come l'attenzione dell’imbranato si era spostata sull'uomo in mezzo alla palestra. 
“Tu sei Drakul Mihawk vero? Sono venuto qui per sfidarti!”
 
Lei lo fissò con la bocca aperta. Fissò i due darsele di santa ragione con la bocca sempre più aperta, e probabilmente avrebbe avuto bisogno di un'altra mascella alla fine della giornata perché quel tizio era di una risolutezza assurda. Più Mihawk gli dimostrava quanto fossero distanti in fatto di abilità, più il ragazzo si rialzava e riprendeva a combattere. 
Doveva ammettere che quasi gli stava simpatico. Non erano molti quelli che, battuti, sfidavano ancora l'uomo dagli occhi di falco, sia per paura, sia per l'evidente impossibilità di batterlo, o anche solo di raggiungerlo. 
 
“Ragazzino, qual è il tuo nome?” chiese il proprietario della palestra in stile dojo. 
“Roronoa Zoro”
“Interessante. Non ci sono molte persone come te”
“Testarde?”
“Pazze”
Zoro sorrise nonostante non riuscisse a muovere più un muscolo; dopo ore non era riuscito neanche a fargli un graffio. 
“Allora aspetterò qui e ti sfiderò anche domani, e dopodomani, e cosí il giorno successivo, fino a quando non riuscirò a batterti”
Mihawk fissò il ragazzino coi capelli colorati sdraiato per terra. 
“Sei pure ottimista. Ma ti conviene tornare a casa, non verrò qui prima della prossima settimana.”
“Allora aspetterò, tanto non ho un posto in cui tornare”
L'uomo lo guardò alzando un sopracciglio, poi vide Perona affiancarlo. 
“Magari ti può essere utile anche lui, non come lo sono io ma in un altro modo” gli disse guardandolo negli occhi. 
 
Può esserti utile per avere qualcuno con cui combattere in modo serio. 
 
Drakul Mihawk si ritrovò a sospirare per la seconda volta in un giorno. 
“Bene.” disse quasi ringhiando “in piedi moccioso, a quanto pare vieni con noi”
E l'uomo proprio non seppe che diavolo gli fosse preso, in meno di ventiquattro ore aveva raccattato due ragazzini e gli aveva permesso di vivere a casa sua.
 E lui odiava la gente. 
Aveva dato troppe chances a quella giornata. 
 
“Avremo bisogno di un paio di chiavi in più” commentò quasi sconsolato. 
Quasi, perché Perona non era molto sicura delle emozioni provate dallo spadaccino senior, aveva una faccia da poker illeggibile, ma immaginava che non fosse molto sicuro di quello che stava facendo. 
“Scusa ma dov’è che stiamo andando?” le chiese Zoro affiancandola e arrancando per starle dietro, mentre seguivano Occhi di Falco per le strade. 
 
Sarà davvero difficile. 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo dell'Autrice:
Ed eccomi alla fine di un altro capitolo. Qui si spiegano molte cose, praticamente i puntini di tutti i capitoli precedenti si sono uniti, e alcune cose hanno trovato spiegazione, come il cosa sia successo tra Dofla e Croco, o Mihawk che è innamorato di Shanks ma non si sa bene perché. 
E infine si aggiungono Zoro e Perona, finalmente la MiZorOna family è al completo. A presto! 
 
 

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Capitolo 49
*** Stai attento a chi concedi la tua fiducia, il Diavolo una volta era un angelo, ed era il preferito di Dio. ***


49) “Stai attento a chi concedi la tua fiducia, il Diavolo una volta era un angelo, ed era il preferito di Dio 









 
Zoro entrò nella casa di Mihawk portandosi dietro le sue tre spade; ancora non aveva capito cosa fosse successo, e lo fece notare anche all'uomo. 
“Perché hai deciso di darci un tetto? Non ho bisogno della tua pietà”
Mihawk non si girò neanche, facendo finta di non averlo sentito. Alzò un braccio e cominciò ad indicare. 
“Camera con bagno tua, ragazzina. Camera con bagno tua, moccioso. Camera mia e bagno mio, vietato l'accesso. Cucina là, salotto lí. Camera senza uso là in fondo”
“Domanda!” esclamò Perona alzando la mano. 
“Cosa”
“Se non posso entrare nelle tue stanze come faccio a pulire?”
 
In effetti era una cosa sensata. 
 
“Ci entri solo per pulire, non toccare o spostare nulla in più dello stretto necessario” le rispose. 
“Ok! E la spesa sempre due volte a settimana? Tu quanto mangi?” chiese rivolta a Zoro che continuava a capirci sempre meno. 
“Abbastanza? Ma io voglio dell'alcool”
“Fantastico, fortunatamente avete gusti simili, non sarà un problema. Scrivete quello che volete sulla lista che lasceremo qui nell'ingresso” 
Zoro fece spallucce. 
 
Poi Mihawk inspirò massaggiandosi le tempie. 
“Dove sono i vostri vestiti”
Perona alzò la mano “Moria li ha bruciati, ho solo un cambio”
Zoro incrociò le braccia. “Quali vestiti?”
Mihawk voleva davvero spararsi in bocca. 
Prese un bel respiro. 
“Roronoa, tu metterai una mia maglia per oggi, e domani vi svegliate presto. Andiamo a comprare dei vestiti. E facciamo la spesa.”
Concluse passandosi una mano tra i capelli. 
Zoro lo fissò annuendo. 
“Ma perché io sono qui? Lei ti serve, ma io?”
Mihawk lo guardò. 
“Non ne ho idea. E ora fuori dai piedi, andate a farvi una doccia. Perona ordina la pizza, tieni i soldi, chiama quando arriva”
E si chiuse in camera. 
 
I due ragazzi, rimasti da soli nell'ingresso, si guardarono.
“Non pensavo fosse così” si lasciò sfuggire Perona. 
“Che ne sai, magari ci mette all’ingrasso e poi ci cuoce nel forno per mangiarci” rispose Zoro. Anche se non capiva avrebbe vissuto lí, non che avesse altra scelta, ma avrebbe sfruttato questa apertura dell'uomo e avrebbe carpito ogni suo segreto e debolezza per poi usarlo contro di lui.
Ma per il momento era meglio lavarsi. 
La camera non era male, c'era tutto quello che gli serviva. Un letto. 
Si era sempre accontentato di poco per vivere, non aveva avuto molti soldi da spendere in sciocchezze e la maggior parte del tempo la passava allenandosi a spostare pesi piú grandi di lui. 
Solitamente viaggiava facendo l’autostop e dormendo dove riusciva, passando da una città a un'altra seguendo un percorso tutto suo, fatto apposta per prepararlo al suo scontro con Mihawk. Uno dei suoi migliori amici gli aveva detto che sembrava Ash dei Pokémon, che viaggiava andando nelle varie palestre per sfidarne i capi. Lui gli aveva risposto che con quel cappello di paglia perennemente sulla testa sembrava Sanpei.
Appoggiò le spade in un angolo e sospirò, sentendo per la prima volta l'adrenalina scemare, lasciando il posto a tutta la stanchezza accumulata. 
Abitare col nemico era un vantaggio e uno svantaggio insieme, non aveva ancora capito se l'uomo lo stesse facendo per pietà o solo perché si annoiava. Era noto a tutti che i suoi scontri con Shanks, che erano divenuti leggendari e per cui avrebbe pagato con un rene anche solo vederne uno, erano finiti da anni. 
E la noia è sempre stata una cattiva consigliera. 
Avrebbe potuto cogliere l'occasione al volo e allenarsi con lui, col tempo sarebbe sicuramente riuscito ad arrivare al suo livello e poi a batterlo. 
Si tolse la maglietta e decise che ci avrebbe dormito sopra. 

 
Il giorno dopo Perona si svegliò verso le nove, riposata e incredula ancora dell'accaduto. Si guardò intorno e decise che avrebbe cercato un lavoretto e che con il primo stipendio avrebbe addobbato la sua cameretta per renderla piú adatta a lei. I candelabri e l'armadio in legno da film horror erano perfetti, ma mancavano peluche, drappi neri e merletti un po’ ovunque. 
Nel complesso la casa non era male, anzi, era esattamente come l'aveva immaginata: una villetta che si trovava in una via, trasversale alla strada principale più trafficata, costeggiata da cipressi e tigli e dall'aspetto leggermente lugubre. 
La casa fuori di per sé sembrava come tutte le altre, ma dentro si vedeva che mancava un tocco femminile. Arredamento spartano, ispirato a qualche castello ottocentesco, aveva finestre alte e strette adornate con tende damascate. Il resto era molto elegante, ma l'atmosfera rimaneva leggermente paurosa; se le avessero detto che era morto qualcuno anni prima, magari dentro la sua stanza, ci avrebbe creduto. 
E le sarebbe piaciuto da impazzire. 
Adorava i fantasmi e tutte le cose più terrificanti che una ragazza normale rifugge: zombie, spettri, pipistrelli, ragni, era tutto di suo gusto. 
Vivendo con Moria e presenziando alla sorveglianza del suo obitorio tanto normale non doveva esserlo. 
 
Si alzò e si vestí, andò in bagno - per trovarlo scarno e bisognoso del suo tocco da arredatrice - e verso le dieci bussò alla porta dell'altro coinquilino.
Bussò. E bussò. E bussò. 
Dopo dieci minuti buoni Zoro le aprí la porta con un grugnito. 
“Che c'è?”
“Ricordi? Shopping”
“Oddio” e si diresse verso il bagno. Lei aspettò pazientemente in cucina, preparando la colazione con quello che c'era in casa. 
Quando vide Zoro gli andò incontro. 
“Direi che è tardi, dici che dovremmo…”
“Svegliarlo?”concluse lui alzando un sopracciglio. “In effetti ha detto che ci saremmo dovuti andare presto”
I due si incamminarono e si fermarono davanti alla porta. 
Perona abbassò la maniglia per ritrovarsi immersa nell’oscurità più totale.
“Ehi, Mihawk, non dovevamo-”
Entrambi si immobilizzarono allo spostamento d'aria tra le loro teste. Si girarono per trovare il pugnale a forma di croce che l'uomo portava al collo conficcato nel muro alle loro spalle. 
Si girarono nuovamente verso la porta per poi trovarsi davanti a due occhi dorati che brillavano nel buio. 
Entrambi scapparono urlando. 
 
Drakul entrò in cucina qualche minuto dopo. 
“Quando dico presto” sibilò “intendo dopo mezzogiorno, chiaro?” e i due abusivi annuirono. 
In quel momento presero la decisione di non svegliare mai più lo spadaccino. Mai più.

 
-

 
“Quei villani, filibustieri, figli di una brava donna, buoni a nulla, peni muniti che danno ordini a me” 
Cavendish, seduto comodamente su una poltrona in pelle dell'ultima collezione, stava sorseggiando la sua aranciata quotidiana quando vide entrare nell'ufficio della sua socia la sua socia, appunto. 
Di ottimo umore per giunta. 
Hancock chiuse la porta con un calcio e si voltò verso la sua direzione, con uno sguardo poco amichevole sul volto. 
 
“Immagino che la tua ‘riunione con pezzi grossi di cui non devo sapere nulla ma so tutto perché siamo 'partner in crime' sia stata uno spasso” commentó appoggiando il bicchiere vuoto e alzandosi in piedi, mettendo a posto il cappello Fedora che portava in testa. 
 
“Tu non hai idea” sibilò la donna sedendosi alla scrivania. 
“No, ma oggi sono uno spettacolo” disse tra sé e sé Cavendish guardandosi nello specchio verticale con intarsi barocchi. 
“Quegli, quegli, uomini.” continuò lei ignorandolo. 
“Piano con le offese” sbuffò mettendosi a sedere di fronte a lei. 
“Sai che sei un'eccezione Cav. Ma, dato che sono parecchio alterata, cercherò di farti un riassunto esplicativo del perchè sono circondata da idioti”
Il biondo ascoltò senza battere ciglio, toccandosi i capelli raccolti in una treccia laterale ogni tanto. 
 
“Ti ci vuole del cioccolato” le propose alla fine del racconto, e lei emise un verso tra il sí ti prego e il ho voglia di uccidere. 
“Comunque, se quello che i barbari austroungarici ti hanno detto è vero, allora dovremmo davvero dare un'occhiata alle lettere, o alle mail, o a qualsiasi cosa sia arrivata qui in agenzia da quando sono iniziate queste morti”
“Sì, conviene, la prossima volta non mi faró trovare impreparata. Chiama le mie sorelle e dí loro che incarichino del compito Margaret e la sottosezione Amazzoni.”
 
Perché Boa Hancock era una modella, un'attrice e anche un'icona di stile, ma nel tempo aveva capito che al mondo vive piú a lungo chi non ha scrupoli, e chi ha più frecce al suo arco. 
Per quello aveva instituito una parte dei fondi ad un gruppo di sole donne, guardiane della sua sicurezza e dei suoi affari, chiamando questa sezione Amazzoni per ricordare che le donne non sono solo bei visini a cui regali fiori per farti perdonare qualcosa.
‘L'uomo sarà anche il capo, mia cara,’ le ripeteva sua madre ‘ma la donna è il collo, e muove il capo come vuole’. 
 
Aveva fatto di quella frase uno stile di vita; gli uomini si fermavano sempre al suo aspetto fisico, al suo seno prosperoso e alle sue curve, accentuate dai vestiti che sceglieva, non riuscivano a vedere quanto fosse velenosa la sua presenza. E quando se ne accorgevano era troppo tardi. Chi si perde nello sguardo di Medusa si perde per sempre.
Rivolse uno sguardo al suo socio. Anche Cavendish aveva una sua agenzia, la Noblesse Oblige, e anche lui era a capo di un gruppo di persone fidate a cui poteva chiedere qualsiasi cosa, lui li chiamava i Cavalieri.
Boa era rinomata, oltre che per la sua bellezza, anche per il suo odio verso il genere maschile, eppure il biondo dai capelli dorati e gli occhi azzurri tanto simili ai suoi quanto completamente diversi, lui era diverso. 
Primo, non voleva portarsela a letto, e secondo, aveva un comportamento simile ad una sorta di spirito cavalleresco di altri tempi che lo portava ad essere sincero e diretto, e anche rispettoso e galantuomo. 
Non mancava di riempirla di complimenti, ma ciò che Hancock apprezzava di lui era la sua innegabile autostima, che rivaleggiava con la sua. Era noto a tutti col nome di Superstar, aveva un sacco di fan club e poteva contare un numero spropositato di seguaci. Eppure il suo fan numero uno rimaneva se stesso.
 
“Fatto! Ora scusa ma ho un appuntamento con quel buzzurro dai capelli verdi che deve venire oggi ad impestare il mio ufficio con il suo gusto nel vestirsi inesistente e le sue doppie punte. Ci vediamo Gorgone” concluse, facendole l'occhiolino ed uscendo. 
Cavendish era un ottimo alleato alla pari, ma soprattutto era un mostro nel combattimento con la spada.
Aveva solo due piccoli problemi: era sonnambulo, e quando succedeva cambiava totalmente personalità, tanto da arrivare a pestare a sangue la gente che incontrava, senza ovviamente ricordare nulla il giorno dopo. Per questo aveva assunto Bartolomeo, il buzzurro dai capelli verdi. In una delle sue sortite sonnambulesche, era uscito di casa e aveva iniziato a far male a chiunque; lui era l'unico che era riuscito non solo a resistere ma addirittura a fermarlo e a contenere i danni. 
Il secondo problema di Cavendish era che Satana al confronto era un tenero uccellino. 
Aveva più volte dimostrato alla donna quanto bene sapesse manipolare la gente quando riusciva a mettere da parte i suoi complimenti su se stesso. Era bravo ad usare le parole ed era ancora più bravo a capire i punti deboli nella psiche della persona che aveva davanti. 
Perchè nessuno si aspetterebbe un doppia faccia da un ragazzo dal volto pulito, vestito bene, dall’apparenza angelica con quei boccoli biondi e gli occhi azzurri.
La gente spesso si dimentica che il Diavolo non è un mostro orribile con le corna e il corpo grottesco. Sa essere suadente e bellissimo, solo come un angelo sa fare. 
 
Sogghignò tornando a guardarsi allo specchio. 
“Se mi fanno venire le rughe li denuncio”

 
-

 
“Quindi Donquixote le ha offerto questa cifra?”
Crocodile si rilassò sulla poltrona nera, tamburellando con le dita sulla scrivania in mogano. 
“Le offro il due percento, anzi, il cinque percento in più” 
L'uomo dall'altro capo del telefono si perse in balbettii e sospiri, ma dopo qualche secondo acconsentì alla transazione. 
“Molto bene, è un piacere fare affari con lei” e chiuse la chiamata. “è un piacere per lei”
Appoggiò il cellulare davanti a sé; con la consapevolezza di aver rovinato la giornata a quella persona aveva dato un senso alla sua di giornata.

 
Doflamingo sbattè un pugno contro il muro; Crocodile gli aveva soffiato da sotto al naso un affare non da poco, e sapeva, sapeva, che a lui non interessavano le scommesse sulle corse di cavalli e tantomeno i cavalli stessi. 
Sapeva che lo aveva fatto apposta. 
“Bene” disse. “che guerra sia”

 
Dopo una settimana Crocodile afferrò il cellulare e spinse rabbiosamente sullo schermo. 
Doflamingo accettò la chiamata dal numero salvato sotto il nome di Non Rispondere. Perché era una persona matura, lui. 
“Non dovevi soffiarmi quell'affare”
Cominciò, mentre camminava per il corridoio, finendo in salotto. 
“Mi hai iscritto ad un sito porno, quanti anni hai, 10?” sbottò il moro arcuando la schiena e catturando l'attenzione di Kidd, che stava passando davanti all'ufficio. Il ragazzo capì che quello era il momento per testare i suoi nuovi giocattoli, o meglio, quelli che aveva fabbricato insieme a Killer. 
Si nascose dietro la porta, fuori dalla visuale dell'uomo, ed estrasse dalla tasca il suo telefono, ci posizionò un marchingegno quadrangolare dietro e spinse il bottone, poi se lo mise all'orecchio e cominciò ad ascoltare. 
 
“Mi sembrava che ti piacesse il bdsm”
“Hai dato la mia carta di credito, come fai ad avere il numero della mia carta di credito?”
“E tu allora? Mi hai mandato a casa un ordine di 50 pizze, 30 torte, 4 buffet da matrimonio, per non parlare delle bambole gonfiabili. Davvero divertente. Per non parlare della carne da barbecue, i capperi, un set di bambole di porcellana e le tende coi gufi, sai che non sopporto nulla di tutta questa merda”
 
Kidd riusciva a stento a respirare; era indeciso se scoppiare a ridere o avere un blackout cerebrale. Nel dubbio continuò ad ascoltare. 
 
“Sai, dopo il tuo adorabile scherzo ho pensato ad un modo per ricambiare”
“Non dovevi disturbarti, di cibo ne abbiamo e non ho bisogno di bambole finte per scopare”
“No, immagino di no. Hai bisogno solo di immaginarti qualcun altro per venire, al posto delle troie che usi per passare il tempo”
 
Crocodile sapeva che Doflamingo aveva smesso di ridere. 
 
“Non essere cosí pieno di te, Crocodile. Non è stato nulla di speciale, ho avuto di meglio.”
“Magari se lo ripeti altre sei o sette volte finirai per crederci. Ed ora smettila di usare la mia carta di credito per comprarti vestiti su Zalando che, tra le altre cose, fanno davvero schifo. Perizomi? Scarpe col pelo?? Jeans fosforescenti con buchi dove non dovrebbero esserci??? Giuro che se continui a casa tua smetteranno di arrivarti cose così piacevoli”
 
Crocodile chiuse la chiamata di scatto, rendendosi conto di stare respirando pesantemente dal nervoso. Era da tempo che non perdeva cosí le staffe. 
Sapeva che avrebbe potuto bloccare semplicemente il suo conto e aprirne uno nuovo, senza per questo dover iniziare quella piccola rappresaglia. 
E questo lo sapeva anche Doflamingo, che fissò il telefono digrignando i denti.
Aveva promesso a se stesso che non avrebbe ripetetuto lo stesso errore, figuriamoci con la stessa persona. 
Lo aveva promesso, ma quando sentiva la voce di Crocodile nelle orecchie gli veniva un prurito addosso, simile a quando senti che stai per urlare dalla rabbia, e proprio non riusciva a smettere di provocarlo o di rispondere alle sue di provocazioni. 
Perché doveva essere quell'uomo a farlo sentire così, come se avesse ancora diciassette anni e come se fosse davvero vivo?
Perché aveva ancora tutto quell'ascendente su di lui? 
Non pensava di essere masochista a tal punto.
Mise il cellulare in tasca e inspirò profondamente; se Crocodile voleva giocare avrebbe giocato. 
Provocarlo non era mai stato saggio, ma a quanto pare neanche il bel coccodrillo aveva molto spirito di autoconservazione. 
 
Il moro si appoggiò allo schienale e si passò una mano sul volto; quando perdeva le staffe in modo serio non aveva un controllo così saldo delle parole che pronunciava.
Ed infatti non capiva il motivo per cui avesse detto quelle cose; era ovvio che non le pensava davvero. L'unico suo scopo era stato quello di vedere se riusciva a farlo crollare, a farsi urlare contro. Quello avrebbe potuto sopportarlo, ma non poteva rischiare di ricadere di nuovo in quel vortice. Non poteva rischiare di finire come allora, ora non poteva permetterselo, e la sola idea di sentirsi ancora cosí, fragile e preoccupato per qualcuno tanto da mandare all'aria la sua integrità fisica e morale, gli faceva prudere la mano e accelerare il respiro. Si ricordava cos'era capitato a Icaro, già una volta le sue ali si erano sciolte perché non era riuscito a distogliere lo sguardo dal sole. 
 
Quindi ci aveva messo una pietra sopra tanto tempo fa, eppure era come se quella pietra si stesse sgretolando col tempo. 
Doflamingo era sempre stato una palla al piede, ma aveva sempre avuto un pregio: quando voleva davvero qualcosa non rinunciava per niente al mondo, esattamente come l'acqua scava la pietra con pazienza, il biondo rimaneva fermo nelle sue convinzioni. 
E Crocodile sapeva che era solo questione di tempo prima che arrivassero entrambi ad un punto di rottura.
Peccato che l'unico modo per capire quando ci si è arrivati sia troppo tardi. 






 
Kidd si chiuse in la porta alle spalle di uno degli uffici vuoti. 
“Dottore, credo che di aver bisogno di una consulenza”
Law fissò il cellulare e sorrise riportandosi l'apparecchio all'orecchio. 
“Questa notte credo di essere libero, verrò da te. Spero che questo implichi un controllo alla prostata”
Il moro sorrise sentendo il suono vuoto della chiamata interrotta. 













 
Angolo Autrice:
Ed eccoci qui, nell'angolo a fine capitolo. Come sempre vorrei dire qualcosa di sensato ma preferisco che siate voi a dirmi cosa ne pensate, vi lascio con qualche curiosità:
>
La frase che la madre di Boa le ripete è tratta da Il mio grosso grasso matrimonio greco; Noblesse oblige è un detto e significa ‘La nobiltà comporta obblighi’ ed è pure il nome di un rossetto; Doflamingo che compra la roba su Zalando è ripreso da un'altra mia storia, Matter of Time. 
A presto! 

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Capitolo 50
*** I segreti che ti porti dentro ti segnano fuori ***


50) “I segreti che ti porti dentro ti segnano fuori” 







 
Kidd uscì dall'ufficio, non prima di essersi assicurato che non ci fosse anima viva che lo aveva visto comportarsi come un pazzo. 
Poteva essere giustificato, d'altronde chiunque fosse stato testimone di quella chiamata tra le due persone in esame si sarebbe messo a correre per nascondersi in un ufficio vuoto, inciampando in un tappeto e finendo a gambe all'aria. 
Con discrezione se ne tornò nel suo appartamento, fece una doccia lunga e rilassante e si truccò ad opera d'arte; quella sera aveva ospiti. 
Si infilò una canotta bianca e un paio di pantaloni gialli a macchie marroni, poi si spostò in cucina e perse di vista il tempo. 
Quando sentí un suono strano, simile a qualcuno che bussa, provenire dal vetro della finestra dietro di lui lo ignorò, ma non potè più farlo quando il bussare si fece insistente. 
Si girò e si trovò la faccia di Trafalgar davanti. 

“Vorrei chiederti come sei arrivato alla mia finestra, ma non lo farò”
O Romeo, Romeo! No aspetta, abbiamo le posizioni invertite, sei tu quello che dovrebbe entrare da qui e-”
“Vuoi continuare a farneticare cazzate o entri?”

Law sorrise e si spinse in casa con un balzo, rivelando a Kidd che fosse molto più agile di quello che sembrava. 
Il rosso gli fece cenno di sedersi e gli piazzo davanti un piatto di zucchine e patate al forno con un pezzo di carne rossa a cottura media. 
“Se volevi invitarmi a cena potevi dirlo” ammiccò il dottore senza però rifiutare. 
“Merda no, il motivo per cui ti ho chiamato lo riservo per il dolce, solo che sembri così fottutamente magro che per me non mangi da giorni”
I due si guardano e non dissero altro, utilizzando la bocca solo per masticare ed ingoiare. Quando i piatti furono sistemati nel lavello dal padrone di casa, Trafalgar incrociò le braccia, aspettando. 
Kidd si sedette nuovamente di fronte a lui, estrasse il cellulare sotto lo sguardo interrogativo dell'altro e fece partire una registrazione. 
Law riconobbe subito entrambe le voci, trattenne il fiato e immagazzinò l'intera conversazione. 
Quando il rosso interruppe la registrazione, si rilassò. 

“Eustass-ya”
“Non chiamarmi cosí” sibilò di risposta, mentre l'altro si faceva più vicino piegando la schiena in avanti. 
“Doflamingo mi ha detto che se respiro ancora il tuo stesso ossigeno ti cava il cuore e me lo porta” sussurrò, quasi non volesse farsi sentire. 
“Mi piacerebbe vederlo provare” ringhiò Kidd, che quel tizio proprio non riusciva a digerirlo. 
“A me non piacerebbe affatto”

Gli occhi ambrati si puntarono su quelli del suo ospite; avrebbe voluto urlargli che lui poteva benissimo tenere testa ad un coglione con un cappotto di piume rosa, ma l’implicazione di quella frase lo aveva colpito più di quello che avrebbe voluto. 
“Cosa ne pensi?” chiese il rosso dopo qualche secondo, cercando di cambiare argomento. 
Law si schiarí la voce e sorrise divertito. 
“Quello che evidentemente pensi anche tu”
“Dici che è una finta il fatto che si odino?”
“Non credo. Sono convinto invece che l'odio che provano l'uno verso l'altro sia il risultato del troppo coinvolgimento, diciamo cosí, che hanno avuto in passato. Anche se non so nè quando sia successo nè perché sia finita o come”
Eustass parve riflettere. 
“Quindi si parla di più di vent'anni fa”
“Sicuramente”
 
I due ragazzi rimasero in silenzio. Nessuno dei due era un ficcanaso, ma i soggetti in causa erano troppo importanti per non suscitare stupore e curiosità, e soprattutto ognuno dei due era guidato da ragioni diverse. 
Law voleva sapere cosa fosse successo sia perché avrebbe scoperto finalmente il punto debole di Doflamingo, sia perché, in tanti anni, non lo aveva mai sentito parlare con quel tono, sembrava vibrasse come una corda di basso. Un tono che di ironico non aveva nulla, ma che urlava risentimento e disperazione. Lui non era mai riuscito a suscitare una reazione del genere nell'altro. 
Kidd voleva capire cosa avesse scatenato una reazione del genere nel suo capo; era da quando lo conosceva che lo provocava in ogni modo, una volta aveva addirittura rovesciato dell'inchiostro nel suo ufficio e messo in disordine delle carte, ben sapendo che l'uomo mal sopportava disordine e sporco. Il nulla, solo uno sbuffo e un richiamo. 
I segreti che ti porti dentro ti segnano fuori, e per quanto vantasse di essere una delle poche persone che conoscesse Crocodile, ancora non aveva idea di come avesse perso la mano o del perché avesse problemi di fiducia così marcati. Un'idea se l'era fatta, ma ora era di nuovo tutto in discussione. 
Era il momento di arrivare a capire quale fosse la portata del passato che legava i due uomini. 
 
“Come hai fatto a registrare quella conversazione?” chiese il moro guardando Kidd alzarsi per raggiungere il frigo. 
“Io e Killer abbiamo inventato questo affare che può craccare un cellulare e quindi ho potuto sentire la conversazione come se avessi il suddetto telefono in mano, praticamente crea una copia provvisoria. Ci stiamo ancora lavorando, non è perfetto” concluse allungandogli una birra.
Il rosso si rese conto dello sguardo dell'altro. 
“Che c'è testa di cazzo? Pensavi fossi un idiota? Ti permetto di provare ad uccidermi, non di insultarmi”
Law bevve un paio di sorsi. “Diciamo che non è proprio la prima cosa che ho pensato la prima volta che ti ho visto, o meglio, sentito dato che era buio pesto”
Kidd svuotò metà bottiglia per poi abbassarsi piegandosi in avanti, appoggiando la mano sinistra sul tavolo. 
“Posso immaginare cosa la tua mente abbia pensato”
“Chiedimelo.”
 
Erano cosí vicini da sentire il respiro caldo dell'altro sulla pelle. 
“Quindi perderó presto il cuore”
“Non preoccuparti, lo imbalsamerò e lo terrò con me sul comodino”
Kidd sogghignò. 
“Che cosa romantica. Ho improvvisamente voglia di buttarti fuori a calci in culo”
“È l'unica voglia che ti viene in mente riguardo al mio culo?”
Il rosso si sollevò leggermente senza distogliere lo sguardo dagli occhi dell'altro, finí la birra, la appoggiò sul tavolo e afferrò il suo collo. 
“Giochiamo al dottore, ma non dirlo a papino”
“Solo se alla fine posso aprirti in due e vedere il tuo cuore battere mentre vieni per l'ultima volta”
Kidd lo sollevò e lo spinse contro il muro più vicino, smorzandogli il respiro. 
“Cazzo, sei cosí deviato”
Law si riprese e cosí il suo sorriso sghembo. “Ti piaccio per quello”

Aprí la bocca per dire altro ma la mano smaltata dell'altro che si infilava senza troppe cerimonie nei suoi pantaloni lo fece sospirare. Il rosso non si sorprese più di tanto nel trovarlo eccitato; tenendolo sempre ancorato al muro con una mano, utilizzò l'altra per intrattenerlo, facendola scivolare prima lentamente e poi rafforzando la presa, ma senza mai dargli piacere per troppo. Law aveva cercato di dimenarsi nei primi attimi, poi si era attaccato alla mano che lo reggeva contro il muro e aveva cercato di creare un piano d'azione per liberarsi dalla presa. Peccato che pensare il quel momento fosse difficile, davvero difficile. 
Kidd continuava a fissare il cambio di espressioni sul volto dell'altro, sorprendendosi nel vedere quanto era diverso dal solito dottore rompicazzo. La bocca socchiusa e il leggero rossore sulle guance erano quasi adorabili, ma gli occhi, che lo guardavano come se fosse pronto a ribaltare le posizioni, quelli lo facevano sentire come se stesse in una fornace, e stesse bruciando, lentamente. 
Voleva vedere di più, voleva che lo guardasse ancora, che non si azzardasse a distogliere lo sguardo da lui. 
Law si riscosse quando vide il rosso estrarre la mano dai suoi pantaloni e avvicinarla ai propri. Aspettò, curioso. 
Kidd si tolse la cintura con una mano e gli afferrò entrambi i polsi, lasciando la presa sul collo, optando per legarlo direttamente. 
Il moro sembrava divertito; se pensava che sarebbe stato fermo solo perché aveva i polsi legati dalla cintura si sbagliava di grosso. 
Peccato che lo sguardo beffardo del rosso non lo rassicurò più di tanto. Quando lo vide alzare la cintura e spingerla contro il muro non capí, poi lo vide. 
“Nel caso tu volessi muoverti” disse Eustass rigirandosi il bisturi in mano e piantandolo nella cintura in mezzo ai polsi; Trafalgar si ricordava di averglielo puntato contro l'ultima volta che era venuto a casa sua, in tutti i sensi. 
Gli rivolse un sorriso divertito constatando che non riusciva davvero a muoversi. Si rese conto di non essere in una bella situazione, legato ed eccitato davanti al nemico, o presunto tale. Se non avesse saputo con certezza che i pensieri che avevano a riguardo corrispondevano, non si sarebbe certo fatto immobilizzare in quel modo. 
Kidd ghignò. 
“Goditi lo show, dottore.
Con uno scatto gli abbassò pantaloni e boxer, facendoglieli scivolare fino alle caviglie. 
Non c'era la minima possibilità che lo facesse, si ripeteva Trafalgar, non c'era. 
Quando vide la testa rossa leccarsi le labbra e abbassarsi riconsiderò i suoi pensieri, fino a quando non sentí il calore della sua bocca avvolgerlo, da lí non riuscí più a formulare un pensiero coerente che non fosse un’incitazione o un verso. 
E Kidd si prese tutto il tempo per assaporare quella piccola vittoria. L'altro non gli tolse mai gli occhi di dosso.
 
La mattina iniziò con una telefonata, o meglio, uno squillo impertinente sulle note di Celine Dion. Aveva dimenticato che Kidd gli aveva rubato il cellulare, evidentemente era riuscito a cambiargli suoneria. 
Law, ricoperto da un corpo caldo, proprio non aveva voglia di muoversi, ma allungò stancamente il braccio per afferrare l'apparecchio rumoroso e capire chi doveva uccidere quella sera. 
 
“Spero ci sia una motivazione altrimenti ti apro come una scatola di tonno” borbottò, non sapendo nemmeno chi stesse minacciando. 
Sopra di lui Kidd continuava a dormire come se nulla fosse, con la testa appoggiata nell'incavo del suo collo. 
“Giulietta!”
 
Law riconobbe la voce di Ace, un po’ affannata notò, ma quello che lo fece svegliare completamente furono dei botti in sottofondo, come se stesse saltando in aria qualcosa. 
 
“Ace. Che diavolo-” non riuscí a finire la frase. 
“Satch ha preso quello che serviva ma dovete venire a darci una mano, Smoker oggi aveva in programma un incontro con nostro nonno e ora siamo parecchio nei guai… Rufy, muoviti!”
 
Law si alzò leggermente e notò che Kidd stava ascoltando, parecchio divertito dallo svolgersi degli eventi. 
“Accendi la posizione sul cellulare, ti salviamo il culo noi” rispose Kidd ridendo all'ennesima esplosione. 
“Grazie Romeo, fate in fretta! NONNO METTI GIÚ IL PALO!”
 
La comunicazione si interruppe bruscamente ma Law attivò la posizione. I due si guardarono e saltarono giù dal letto, vestendosi a tempo di record. 
Law fece in tempo ad afferrare il suo bisturi e Kidd una strana borsetta, poi saltarono il macchina. 
“Carina Eustass-ya, una Panda rossa, davvero” commentò Law infilandosi nel posto di guida. “E perché fai guidare me?”
Kidd per tutta risposta inserí le chiavi per poi girarle; il rombo che fece il motore fu impressionante. 
“Primo, una Panda non attira l'attenzione; secondo, ha il motore e le ruote modificate; e terzo, guidi tu perché io mi devo truccare.”
Law partí scuotendo la testa mentre fissava il pallino blu che indicava la posizione di Ace. 
“Se mi avessero detto che sarei finito cosí” 
“Guida e muoviti” 
 
Inutile dire che Law guidò, eccome, ma si prese la libertà di sterzare più del dovuto nelle curve, solo per vedere se riusciva a fare in modo che l'eyeliner si ficcasse nell'occhio del buzzurro di fianco a lui. Si sarebbe accontentato anche del rossetto sbaffato, ma nulla, quel tizio sembrava aver conseguito un master in make-up in condizioni estreme. 
Kidd aveva finito di truccarsi alla perfezione, non trattenendo un ghigno ai vari tentativi di Trafalgar, quando davanti a loro si materializzò una folla che andava nel loro verso contrario e del fumo in lontananza. 
“Nel caso avessimo avuto dubbi, siamo nel posto giusto” 
 
Kidd scorse un cappello di paglia e una felpa bordeaux con delle fiamme aranciate sulle maniche. Schiacciò un pulsante e le portiere posteriori si aprirono da sole. 
Ace e il ragazzo col cappello si buttarono nell’abitacolo appena lo avvistarono. 
Richiuse le porte, Kidd si voltò verso Law. 
“Ora ci scambiamo le posizioni” 
Trafalgar gli rispose ridendo e alzando le sopracciglia, cogliendo il doppiosenso. 
“Sai quanto mi piace stare sopra” 
Ace rise e li interruppe. “Non vorrei fare il guastafeste, ma abbiamo fretta” 
“Torao!”
Law, dopo essere scivolato nel sedile del passeggero, si voltò verso Rufy. 
“Ehi Mugiwara-ya, è da un po’ che non ci vediamo” 
La Panda emise un rombo e Kidd partí, in tempo per sfrecciare davanti a Smoker e Garp. 
Inutile dire che il proprietario dell’auto abbassò il tettuccio e fece divertire i due infiltrati, guradandoli nello specchietto mentre uscivano e facevano le linguacce ai due uomini.
Kidd si rilassò un po’, ma Ace lo scosse. 
“Abbiamo visite” 
Due auto della polizia a lampeggianti spiegati e sirene avevano cominciato ad inseguirli. 
Law sollevò gli occhi al cielo e si mise la cintura, poi si girò verso Kidd in tempo per vederlo abbassarsi gli occhiali da aviatore sugli occhi. 
“Speravo lo facessero. Ora cominciamo a divertirci” 
“Tenetevi” urlò il dottore ai due dietro, in piedi sui sedili e girati verso la strada. 

Kidd accelerò, poi, una volta assicuratosi che dietro avessero solo la polizia, spinse una leva al lato del volante e da sotto l'auto cominciò a fuoriuscire un liquido nero oleoso, che imbrattò la strada. 
La prima auto ci finí sopra e sbandò, andando a finire contro un muretto, la seconda sterzò in tempo. 
“Kidd, ma che auto hai!” urlò ridendo Ace. 
“E non hai ancora visto niente, la mia bambina è una tosta”
Law ghignò; quella giornata era iniziata decisamente bene. 
“Dobbiamo riuscire a toglierci dai piedi anche l'altra” commentò, spingendo un pulsante giallo. Il portabagagli si aprí e una rete ricoperta da bucce di banana volò dritta contro il parabrezzi della seconda auto, facendola fermare. 
Kidd richiuse il portabagagli e voltò in una strada meno trafficata, rallentando e alzandosi gli occhiali. 
“Che noia” commentò, mentre Ace e Rufy lo guardavano con gli occhi in estasi e Law gli riservava il solito sorrisetto. 
“Cresta rossa, la tua auto sembra quella di Mario Kart, è fantastica!”
Kidd allungò la mano. 
“Fa sempre piacere quando qualcuno coglie le reference del tuo lavoro, Eustass Kidd” 
“Mokey D. Rufy!”
“Monkey D.? Tu sei il nipote dell'eroe Garp? Fantastico, conosco sempre più gente interessante”

E mentre Ace si prolungava in un racconto assurdo di come lui e il fratello avessero preso di mira Smoker, non aspettandosi il nonno, ma cominciando comunque a dare fuoco ai cassonetti e lanciando petardi in giro, un contraccolpo fece volare l'auto sul fianco destro, facendola rotolare. . 
Kidd grugní e sproloquiò insulti, spingendo altri tasti, mentre dalla Panda usciva un braccio meccanico che la riportò con le ruote sulla strada. 
Davanti a loro si trovava una moto con quattro tubi di scappamento e tra ruote grandi quanto quelle di un monster track, con sopra ovviamente il commodoro Smoker, che fumava tranquillamente i suoi due sigari. 
Kidd strinse il volante sorridendo. 
“Finalmente qualcuno con cui poter scambiare quattro chiacchiere” 
Law fischiò in segno di approvazione. “Comincio a capire perché lo chiamino Cacciatore Bianco” 
Eustass e Smoker si guardarono per qualche secondo dalla fessura del finestrino del guidatore, poi il primo spinse sull'acceleratore e ripartí, inseguito dalla moto mostruosa del uomo. 
“Ma non era un marine? Che cazzo ci fa sulla terra ferma?” chiese curioso il rosso. 
“Marine e ora arruolato nella polizia secondo raccomandazione di nonno” rispose Rufy tenendosi al sedile di Law. 
Ace continuava a sorridere. “Beh, direi che il Principe vuole catturarci, dovremmo scappare, e in fretta, non è da sottovalutare il buon Smoker”
“Il Principe?” ripetè il fratello minore, e Law sbuffò. 
“Ancora con questa metafora di Shakespeare? Non era Don Rodrigo?” disse il dottore, dandogli corda. 
“La situazione è cosí divertente che non potevo non cogliere i segnali. Shakespeare in love con un po’ di Fast&Furious!”
 
La moto li aveva quasi raggiunti e Kidd riconobbe che il marine ci sapeva fare. 
“È ora di fare sul serio” 
Rufy ghignò. 
Ace pure. 
Law si spalmò una mano sulla faccia. 
“Questo non va bene. Finiremo in televisione, e sai cosa vuol dire, Eustass-ya” 
E Eustass lo sapeva. Non dovevano farsi vedere insieme e questa era decisamente una situazione spinosa. 
“I vetri sono oscurati, possono riconoscere me e quei due dietro, ma tu dovresti passare come irrintracciabile” gli rispose sterzando mentre gli veniva un'idea. 
“Fratelli, dovreste trovare delle armi sotto i sedili, usatele.”
“Non voglio fare del male a Fumoso”
“Tranquillo Cappello di Paglia” ghignò “quest'auto è pur sempre un kart” 
E Rufy capí appena vide il fucile spara pallottole a forma di guscio verde. 
“Tu sei troppo un mito” 
Ace fissò la sua pistola gialla con un fulmine e sorrise. 
Rufy cominciò a bombardare il marine ma la moto era troppo resistente per essere scalfita; Ace guardò bene la forma delle ruote e capí. 
“Ho paura che da qui non riusciremo mai a farle dei danni, dobbiamo-” 
“Andargli dietro, lo so, stavo aspettando quel palo, reggetevi” 
Il braccio metallico di prima sbucò da sotto la Panda e si attaccò al palo in questione, facendo fare alla vettura un giro completo. I quattro si ritrovarono dietro alla moto, e Ace uscí di nuovo dal tettuccio, mirò al motore e sparò. 
Il proiettile elettrico mandò in cortocircuito la moto che rallentò visibilmente. 
La Panda la superò e Smoker fece in tempo a riconoscerla come la macchina di quella peste di Eustass, per non parlare dei due fratelli che lo salutavano dal tettuccio aperto. 
Sbuffò nascondendo dietro alla solita espressione infastidita un sorriso; sapeva che non doveva provare simpatia per quei guastafeste, ma non ci riusciva proprio ad odiarli. 
“Smoky mi farò perdonare! Ti mando una confezione di cioccolatini!” urlò la voce allegra di Ace e allora si dimenticò dei pensieri di poco prima. 
“Portgas, maledetto moccioso impertinente” 

 
-

 
Doflamingo guardò in televisione quello che doveva essere un inseguimento della polizia a discapito di una Panda rossa, e quando vide due facce conosciute si incuriosí. Cercò online e vide che quell'auto era del ragazzo coi capelli rossi e rossetto, e quasi sperò lo prendessero. 
Però doveva ammettere che era bravo, d'altronde era uno dei favoriti di Crocodile, non poteva essere altrimenti. 
 
Crocodile guardò il televisore con una tazza in mano, in piedi in mezzo al suo salotto. 
“Kidd, sei sempre il solito” sibilò bevendo un sorso di caffè, ma sbuffando divertito quando vide l'auto allontanarsi con due ragazzini che salutavano Smoker. 
“Lo sapevo che non dovevo regalargli Mario Kart per il compleanno” 












 

Salve! Che dire, sono decisamente morta mentre scrivevo questo capitolo, spero vi sia piaciuto! 
A presto! 
Ao. Spades

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Capitolo 51
*** Se si tiene davvero a qualcosa, l'ultimo tentativo è sempre il penultimo. ***


51) “Se si tiene davvero a qualcosa, l'ultimo tentativo è sempre il penultimo” 
 
 
 

 
 
 
 
 
Mihawk fissò sconsolato il ragazzo di fronte a sé. 
“Perché mi hai dato questa spada?” borbottò confuso Zoro. 
Quella mattina aveva deciso di portare entrambi gli occupanti di casa sua in palestra per svagarsi un po’. Immaginava che la testa verde non possedesse molte basi, ma non credeva che gli mancassero completamente. Perona, seduta con la schiena appoggiata al muro di fronte alla pedana metallica, li guardava curiosa. 
 
“Quella è una sciabola, e ti ho chiesto di metterti in guardia” 
La risposta di Zoro fu sollevare le sopracciglia. 
Mihawk inspirò; quel ragazzo aveva battuto molti maestri di spada solo usando l'istinto, gli ricordava molto lui da ragazzino alle prese con un Rayleigh mezzo brillo. 
Ammise che insegnargli tutto era una prospettiva interessante e capí in parte il suo ex maestro. 
“Sei mancino?”
“È indifferente”
“Piede destro davanti dritto, piede sinistro dietro, i talloni si devono toccare, ora amplia lo spazio, esatto devono formare un angolo retto. Piega le ginocchia, baricentro in mezzo, braccio destro ad angolo retto, coccia rivolta verso l'avversario, lama piegata leggermente verso l'interno, l'altra mano distesa o dietro la schiena. Questa è una guardia.”
 
Zoro lo fissò attento. “E poi? Quand'è che attacco?”
Mihawk espirò scuotendo la testa andandogli vicino. 
“Prima devi imparare a colpire” 
Il ragazzo lo guardò come se gli avesse appena tirato una sberla, e l'uomo represse un ghigno divertito. 
 
Shanks aveva suonato diverse volte ma a casa Mihawk non c'era nessuno, così si era incamminato verso la palestra, sapendo che quel giorno non erano previsti corsi e che quindi il suo vecchio amico si sarebbe potuto allenare senza distrazioni. 
Certo non si aspettava di trovarlo a fare una lezione privata ad un ragazzino dai capelli verdi. Guardò la scena nascosto dalla porta, notando le microespressioni del moro e notando che, nonostante tutto, si stava divertendo. 
Questo, capí, non gli faceva piacere. 
Si riscosse quando vide una ragazza dai capelli rosa avvicinarsi ai due; Perona era un nome che gli sembrava familiare, Zoro invece non gli diceva granché. 
 
“Roronoa sei un disastro, manchi di tecnica e disciplina” 
 
La voce di Mihawk lo riscosse; Roronoa Zoro, ma certo. Roronoa
Il cognome gli fece collegare i punti e si ricordò che lo aveva sentito nominare parecchie volte in altre città, era conosciuto come il Cacciatore di Taglie perché sfidava tutte le persone che erano abbastanza potenti da essere riconosciute, e non si preoccupava che fossero capi di palestre o malavitosi. Nel secondo caso, dopo averli battuti, li lasciava direttamente davanti al commissariato più vicino, da lí lo strano soprannome. 
Nessuno sapeva come fosse fatto, giravano voci che fosse un samurai di altri tempi, oppure un eroe mascherato. 
Ed invece era solo un ragazzino, assurdo. 
Se era venuto a sfidare Mihawk non capiva perché quest'ultimo gli stava dando lezioni di scherma. E Perona, la sottoposta di Moria? Un'accoppiata decisamente fuori dal comune. 
Si allontanò dalla porta ed uscí dalla palestra senza far rumore. 
 
 
Mihawk guardò Perona con la coda dell'occhio; Zoro aveva capito come fare gli affondi e come girare la lama per riprodurre le varie parate. 
Ma la ragazza stava passando in esame le varie armi da taglio con occhio attento, come se stesse cercando qualcosa. 
L'uomo riportò la sua attenzione alla testa d'alga e al manichino di fronte con indosso la maschera in metallo. 
“Parata di quarta, terza, quinta e seconda” disse mostrandole mentre le elencava, muovendo il braccio in maniera fluida. 
Zoro lo fissò stralunato; era palese che non si trovasse davanti ad una persona comune, ma ogni movimento che eseguiva era accompagnato da una grazia disarmante. Il dislivello che c'era tra loro era più simile ad un abisso, e questo non faceva altro che eccitarlo di più; voleva impegnarsi per riuscire a batterlo, poi poteva anche morire. 
“Tu non sai neanche la differenza tra le varie parate” 
“Certo che la so!” sbottò, punto sul vivo. 
“Ah, e quale sarebbe, illuminami”
“I numeri”
 
Drakul Mihawk non era una persona nota per il suo senso dell'umorismo, ma dovette davvero impegnarsi per non ridere in faccia al ragazzino. 
“Ci sarà molto lavoro da fare” disse invece, mentre Zoro ghignava dicendo che sapeva che aveva riso, con gli occhi, ma aveva riso. 
Mentre stavano parlando uno spostamento d'aria li fece immobilizzare: si girarono verso il manichino trovandolo con una freccia conficcata dove ci sarebbe dovuto essere il cuore. Non fecero in tempo a voltarsi che un'altra freccia si conficcò esattamente dentro l'altra, aprendola come un bulbo di cavolo, e cosí anche la terza. 
Quando riuscirono a distogliere lo sguardo, si voltarono dalla parte opposta per vedere Perona con in mano un arco che, per tutta risposta, nascose l'arma dietro la schiena e sorrise in modo angelico. 
Mihawk alzò nuovamente gli occhi al cielo; aveva dato una casa a due persone normali. 
“Ma sei un cecchino!” 
“Ho preso qualche lezione da piccola”
“Assurdo, e che altro sai fare?”
“Cucino, pulisco, mento benissimo, so lanciare il malocchio e pratico esorcismi”
 
Normalissime. 
 
 
 
-
 
 
 
Dopo aver lasciato Ace e Rufy al Moby Dick e aver preso da Satch i fascicoli fotocopiati del caso, Kidd e Law rientrarono in macchina e si diressero all'officina. 
Law sfogliò e lesse qualcosa ma notò che molte informazioni erano già in loro possesso. 
Kidd parcheggiò l'auto all'intero e scese, imitato dall'altro, entrambi si sgranchirono i muscoli. 
 
“Ti ho detto tutto quello che sapevo, ora mi merito un premio”
“Il premio è il fatto che respiri ancora. Si può sapere perché sei ancora qui?”
“Perché la tua presenza mi rilassa, cioè, non così tanto, ha anche un altro effetto che non definirei proprio rilassante”
“Vattene”
 
Kidd si girò in tempo per schivare una chiave inglese. 
“Killer porca troia!”
Law, che aveva riconosciuto la voce con cui stava parlando la Barbie assassina, rimase interdetto; guardò il rosso avvicinarsi al duo, che si trovava vicino ad una macchina col cofano aperto. Osservò meglio Penguin, che non aveva distolto lo sguardo neanche un secondo da Killer e scoppiò a ridere. 
I tre si voltarono a fissarlo, non abituati a vederlo in quello stato; Trafalgar Law non ride, al massimo sorride o sogghigna. 
E invece, notando la palese infatuazione del suo vecchio amico per Killer non potè fare altro, perché la situazione era di uno humor terribile. 
 
“Law! Quanto tempo, ti trovo in forma” gli buttò lí il mercenario, sapendo quanto il dottore potesse essere una palla al piede per certe cose. Avrebbe dovuto notare la sua presenza, ma era talmente imbambolato a mangiarsi con gli occhi l'intera figura di Killer che non si era accorto di lui. 
Capí di aver fatto un errore quando lo vide sghignazzare. 
 
Trafalgar conosceva Penguin da anni, era una delle poche persone di cui si fidava e su cui sapeva di poter fare affidamento nei momenti difficili. Il tipico amico che ti aiuta a nascondere un corpo, a distruggerlo e a procurarti un alibi, letteralmente, ma era anche un buon confidente. 
Sapeva quindi che durante tutta la sua vita, Penguin non aveva mai provato attrazione verso un altro essere umano che non fosse fisica, non gli era mai venuto in mente di conoscere qualcuno nel vero senso della parola. Era già abbastanza il suo lavoro, mercenario e informatore, non aveva voglia di sprecare tempo per qualcuno che poi sapeva si sarebbe rivelato noioso. 
Il dottore non si aspettava certo di vedere il tipico sguardo perso e innamorato sul volto del suo amico, era un pensiero che non gli era mai passato per la mente. 
Ed invece,eccolo lí, in un brodo di giuggiole davanti al migliore amico del tizio che lui si stava portando a letto e verso cui cominciava a provare qualcosa, oltre alla semplice voglia di tortura, ovviamente. 
 
La situazione era paradossale. 
E Penguin lo capí soltanto guardandolo e capendo che era meglio andarsene e portarsi via Law prima che aprisse la bocca. 
“Penguin, ti trovo bene anche io, anzi, un po’ troppo bene, mangiato troppi zuccheri a colazione?”
Killer arricciò il naso. “Come diavolo fa a sapere cos'hai mangiato?”
Law ampliò il suo sorriso. 
“Siete già andati a mangiare fuori e non mi dici niente?” commentò mentre l'uomo dal cappello si alzava e si avvicinava. 
“È da tanto che non ci vediamo, è il caso di fare una rimpatriata, non credi?”
“Pensavo fossimo amici, tra amici ci si confida e-”
Il mercenario lo caricò in spalla come un sacco di patate e si diresse all'uscita. 
“Kira-chan ti chiamo io” disse alzando l'altra mano, quella non impegnata a tenere fermo un Trafalgar parecchio divertito. 
“Ciao Eustass-ya, fammi sapere cosa ne pensi dei fogli! Penguin, quante cose abbiamo da dirci, quante.
 
Kidd fissò lo strano duo uscire dalla porta e si voltò verso Killer. 
“Penguin. Quel Penguin.”
“Kidd non ne voglio parlare”
“Chiedimi se mi interessa, l'ultima volta sei scappato senza darmi nessuna informazione” grugní il rosso incrociando le braccia al petto. 
“Pensavo fossimo amici” aggiunse, mentre un ghigno sinistro si formava sul suo volto. 
“Trafalgar è una pessima influenza” 
“O sono io una pessima influenza per lui, considerando Doflamingo”
Killer lo fissò abbassando il volto, in modo che il suo sguardo preoccupato gli arrivasse senza ostacoli. 
“Dimmi che non c'entra la corsa in macchina di poco fa”
“Do ut des. Io ti racconto se tu ricambi”
“Vado a prendere il rhum”
 
 
 
-
 
 
Mihawk chiuse la porta di casa trascinandosela dietro mentre entrava in casa. Zoro si diresse nella direzione opposta alla sua camera e Perona lo spinse indietro, dicendo che perdersi in casa propria era davvero da idioti. 
L'uomo imitò i due ragazzi e si concesse una doccia calda per lavare via la stanchezza.
Una volta rivestito uscí e ordinò la pizza; Zoro e Perona ne furono stanchezza contenti. 
Dopo cena, mentre Perona sparecchiava e portava una bottiglia di scotch sul tavolo, Mihawk le rivolse la parola. 
“Ho visto Moria di recente, sicura che non vuoi tornare da lui?”
La ragazza assunse un cipiglio degno di un bambino a cui hanno tolto le caramelle. 
“È lui che mi ha cacciata, non tornerei nemmeno se mi pregasse. Gli devo molto ma ho una dignità.”
Zoro sorrise, annuendo, per poi voltarsi verso il suo oramai maestro. 
“Come hai fatto a vederlo? Che sfiga, quell'uomo non ha una buona fama”
“Una serie di sfortunate coincidenze”
I due annuirono. 
Perona si riscosse. “Mentre mettevo a posto il salotto ho dimenticato di dirti che ho trovato questo in mezzo ai libri che mi hai chiesto di rimettere nella libreria” commentò alzandosi e prendendo qualcosa dal mobiletto. 
Allungò la mano con il segnalibro e entrambi i ragazzi si fermarono sbigottiti. Mihawk deglutí alla vista dei fiori e il suo sguardo si addolcí mentre sfiorava l'oggetto ancora nella mano di Perona. 
Come se si fosse riscosso dai suoi pensieri lo prese velocemente, non senza grazia, e lo mise sul tavolo davanti a sé. 
“Non pensavo fosse importante, perdonami” sussurrò lei sedendosi di nuovo, mentre Zoro aveva perso improvvisamente la voglia di bere alla vista dello sguardo ferito dell'uomo. 
Lo conosceva da poco tempo, ma non lo aveva mai visto esprimere molte emozioni, sapeva che non ne era privo, ma vedere quel velo di commiserazione sul suo viso, anche se si era trattato di qualche secondo, lo destabilizzò. 
“È un vecchio regalo” commentò sbrigativo distogliendo lo sguardo e riassumendo la solita espressione fredda. 
I due ragazzi annuirono e non chiesero altro, cambiando argomento. 
 
Quando fu sicuro che dormissero tutti e due, Mihawk aprí la porta della sua camera e lanciò uno sguardo infastidito all'orologio, che segnava le due di notte. 
Prese la bottiglia mezza piena di quella sera e la portò con sé in salotto; era da tanto che il suo pensiero non si fermava in quel determinato giorno in cui aveva incontrato Sora. 
Dopo anni, ricordare il suo volto si era fatto più difficile, ma la sua voce invece era sempre chiara, dolce come i cioccolatini che lui le aveva portato per rispondere ai suoi complimenti. La sua prima cotta. 
 
Stappò la bottiglia e ne bevve due sorsi, poi appoggiò la testa alla poltrona e fissò il soffitto. 
 
Nella sua vita aveva provato attrazione per due persone: la prima era finita uccisa in un canale, e la seconda aveva come obiettivo averlo come amico, non mancando mai di ricordargli quanto gli piacessero le donne, soprattutto formose. 
Prima lo aveva considerato come un compagno, poi, quando la piattola rossa si era messo in testa di imparare ad usare la spada solo per tornare a parlare con lui, nonostante la cosa all'inizio non lo interessasse, quello lo aveva smosso. Smosso come quei complimenti del tutto sinceri sui suoi occhi e come aveva fatto quel segnalibro. 
Si ritrovava in una situazione paradossale; aveva provato amore nel corso della sua vita, per sua madre, per i suoi amici, per lei, ma con lui era diverso. 
Voleva cose che non aveva mai desiderato, provava emozioni quasi amplificate quando era in sua presenza, e questo lo destabilizzava.
 
Bevve un altro sorso e chiuse gli occhi. 
 
“Drakul! Lo so che mi hai visto, non ignorarmi”
Mihawk continuò per la sua strada. 
Shanks lo affiancò sbuffando. 
“Sono arrivato addirittura ad accamparmi sotto casa tua per parlarti, so che c'è qualcosa che ti ha fatto soffrire, puoi anche non parlarmi, ma non puoi rifiutare una sfida!”
Il moro si fermò a guardarlo alzando le sopracciglia per poi ricominciare a camminare, seguito dall'altro. 
Una volta arrivati alla palestra estrassero le spade e combatterono; Mihawk odiava ammetterlo, ma il Rosso migliorava ogni volta, durava sempre qualche minuto in più, qualche minuto in più, ancora e ancora. 
Erano arrivati a far durare un duello ore, espellendo il mondo esterno dalle loro menti e concentrandosi solo sui movimenti e sulle lame. 
Rayleigh non mancava mai di dirgli che quando le persone del vicinato sentivano la voce squillante di Shanks urlargli di combattere si radunava sempre una folla davanti al bar, e Shakky ne approfittava per far decollare gli affari. 
In poco meno di qualche mese erano diventate una sorta di rituale, il giovedì pomeriggio, alle sei, Shanks e Mihawk incrociavano le loro spade e le persone che accorrevano per vedere le leggendarie sfide erano sempre di più, tanto che i due si guadagnarono i soprannomi che si sarebbero portati dietro per tutta la vita: Rosso e Occhi di Falco. 
E per Mihawk, quello era l'unico momento della settimana a contare, l'unico in cui riusciva a sentire una connessione completa con qualcuno. 
I loro duelli durarono nel tempo, non più tutte le settimane, ma mantenendo sempre giorno e ora. Entrambi erano cresciuti e avevano un'arma personale, Gryphon, la spada di Shanks dalla lama bianca e dalla coccia dorata, trovava una degna avversaria in Kokutou Yoru, la spada a due mani dalla lama nera con un’elsa dorata intagliata finemente. 
 
 
Mihawk aprí gli occhi e sbattè più volte le palpebre; i problemi erano iniziati quando aveva capito che il sentimento che provava quando trascorreva il tempo a leggere con Sora, in silenzio in mezzo ad un parco, cullato dal vento che accarezzava le foglie degli alberi, era meno intenso di quello che provava quando duellava con Shanks, circondato dal rumore del metallo su metallo e dal silenzio del mondo. 
In quei momenti si sentiva capito, compreso, leggero. 
Ed era troppo da sopportare, soprattutto se l'uomo dai capelli rossi non mancava mai di invitarlo agli strip club che frequentava o gli raccontava delle donne con cui passava il tempo. 
Dopo che la storia con Makino era finita, Shanks non aveva più cercato storie serie, dicendo che l'unica donna al mondo che avesse mai amato era lei, e questo non sarebbe mai cambiato. 
Una volta aveva provato a chiedere il motivo della conclusione della storia storica dell'amico. 
 
“Come hai detto?”
“Ho chiesto cosa è successo con Makino, blateri sempre di lei da anni, ma è da qualche settimana che non la nomini”
Shanks lo aveva guardato con uno sguardo vacuo, quasi preoccupato, per poi riprendere il suo sorriso sornione e alzare le spalle. 
“Ci siamo lasciati, ma siamo rimasti amici, è stata una decisione condivisa, nulla di cui tu ti debba preoccupare, sto bene” 
Mihawk lo guardò negli occhi, confuso ma non accennando a chiedere altro. Si sarebbe accontentato di quella spiegazione semplicistica per il momento.
 
Erano passati parecchi anni da allora, eppure il Rosso non gli aveva ancora spiegato niente, anzi, quando affrontava un discorso che non voleva tirare fuori si rintanava dietro il solito sorriso e le solite battute. 
Una maschera che ormai si era cucito addosso, quella della persona gentile e sorridente, che sembrava impossibilitata ad arrabbiarsi per natura. Mihawk sapeva, come avevano imparato anche altre persone come il Governo e i capi malavitosi, che quella era una mezza finzione. Shanks era capace delle più grandi gentilezze e delle più terribili crudeltà. Proprio come da lui nessuno si aspettava un sorriso comprensivo, dal Rosso nessuno si aspettava uno sguardo gelido o un atto di violenza. 
Quando per la prima volta lo vide perdere la calma, davanti a degli uomini che cercavano di spingere una donna dentro una macchina, molestandola verbalmente e toccandola, Mihawk smise di respirare. 
Quando si ricordò di farlo deglutí, con davanti a sé l'immagine di quattro uomini in un bagno di sangue e Shanks con il volto e le mani sporche di rosso; gli occhi neri che bruciavano con una fierezza incomparabile sarebbero rimasti a lungo un pensiero fisso. 
 
Per questo aveva deciso di smettere di combattere contro di lui, di punto in bianco, senza dare una vera spiegazione all'altro, che ovviamente aveva deciso di invadergli casa ogni giovedì, o quasi. 
‘Non vuoi darmi una spiegazione?’ aveva detto, ‘bene, se pensi di liberarti di me in questo modo ti sbagli’. 
E infatti si era sbagliato, più cercava di espellerlo dalla sua vita, più il soprannome che gli aveva affibbiato a scuola diventava calzante. 
Una piattola rossa. 
 
“Ehi” 
Mihawk distolse lo sguardo dal soffitto e si voltò verso l'entrata del salotto. 
Quando si parla del Diavolo… 
 
“Esci da casa mia, non è nemmeno giovedì” rispose a bassa voce; non che giustificasse totalmente le intromissioni in quel particolare giorno, ma gli sembravano più sopportabili. 
“Perché parliamo a bassa voce?” commentò Shanks ignorandolo e avvicinandosi, sedendosi poi sulla poltrona affianco alla sua. 
Il moro digrignò i denti. 
“Perché c'è gente che dorme” 
Alzò lo sguardo in tempo per vedere la mascella dell'uomo contrarsi e il sorriso sparire. 
“Non pensavo avessi visite” rispose, il tono completamente atono e dissonante rispetto al solito allegro. 
Mihawk lo guardò incuriosito; era irritato, questo era palese, ma non capiva da cosa, dal fatto che ci fossero persone che dormivano in casa sua? 
“Non ho mai capito i tuoi gusti in fatto di donne, non me ne hai mai parlato.”
 
A quanto pare mi piacciono i capelli rossi. 
Pensò distrattamente, per poi fermarsi a guardarlo con gli occhi leggermente più sgranati del solito. 
“Ho detto gente, non donna, ho dei nuovi coinquilini e sono due ragazzini senza casa” rispose, riconoscendo lo sguardo di Shanks in uno che aveva visto anni prima, quello di un Doflamingo che guardava Crocodile chiedendosi chi fosse al telefono con lui. 
Uno sguardo di gelosia. 
Ma il perché lo stesse rivolgendo a lui era un mistero, mai aveva espresso un interesse in quello che faceva nel suo tempo libero. 

Perché solitamente a me non piacciono le persone e non esco con nessuno. 
Scosse la testa scacciando il pensiero e vide l'uomo di fianco a sé rilassarsi leggermente. Ma non del tutto. 
“Ragazzini? Sei diventato caritatevole tutto d'un tratto?” 
 “Chissà”
I due restarono in silenzio per qualche minuto fino a quando non sentirono dei passi nel corridoio. 
Zoro, palesemente sonnambulo, passò davanti alla porta del salotto dirigendosi in cucina; i due uomini aspettarono e poco dopo lo videro ripassare con in mano una bottiglia d'acqua. 
Quando sentirono la porta della camera chiudersi, Shanks si rivolse nuovamente a Mihawk. 
“Roronoa e Perona? Ragazzini normali” 
Occhi di Falco gli scoccò uno sguardo infastidito, non dandogli la soddisfazione di chiedere come facesse a sapere chi fosse Zoro e dell'esistenza di Perona, ben sapendo delle fonti dell'uomo. 
“Le persone normali mi annoiano. Sei venuto per un motivo preciso?”
Il Rosso alzò le spalle. 
“Nulla di importante, devo avere un motivo preciso per venire da te?”
Il proprietario di casa continuò a fissarlo senza dire nulla. 
“Se ti chiedessi di passare la notte qui mi butteresti fuori o mi lasceresti restare, come i due ragazzini?”
“Ho finito le camere per gli ospiti e le poltrone non sono comode”
Shanks continuò a fissarlo negli occhi, senza dire altro, poi inspirò e si alzò velocemente, sotto lo sguardo interrogativo dell'altro. 
“Buonanotte Mihawk” 
 
Il moro rimase a guardare il punto in cui qualche minuto prima si trovava il corpo dell'altro, prima che saltasse come una molla ed uscisse da casa sua. 
L'occhiata che gli aveva rivolto era stata molto intensa, come se volesse dire qualcosa che non doveva e potesse solo limitarsi a guardare. 
Mihawk non era uno stupido, ma non era neanche un ottimista. 
 
Di letto ce ne sarebbe un altro, ma perché mai dovrebbe dormire nel mio di letto. 
 
Si chiuse la porta alle spalle e si sdraiò, addormentandosi. 
 
 
-
 
 
Shanks uscí dalla casa di Mihawk e si diresse verso l'auto che lo stava aspettando per riportarlo a casa. Si chiuse la portiera alle spalle e guardò fuori dal finestrino. 
 
‘È fantastico se ci pensi’, gli aveva detto un pomeriggio Shakky mentre puliva un bicchiere, con lo sguardo fisso su Mihawk che si allenava in palestra, ‘un cuore non produce alcun rumore quando si rompe, ma può rompersi davvero soltanto una volta’. 
Lui non aveva capito al principio, poi quella frase gli era tornata in mente quando Makino aveva deciso di parlargli, finendo per arrivare alla conclusione che la loro storia doveva concludersi. 
Doveva concludersi perché Shanks non passava più tanto tempo con lei, preferendo a lei l'allenamento e la spada, ma soprattutto Mihawk. 
‘Non puoi non avere capito cosa provi per lui’ aveva detto mentre gli stringeva la mano, ‘so che mi ami, lo vedo da come mi guardi, ma quando guardi lui i tuoi occhi brillano.’
 
Dopo che si erano lasciati ed avevano deciso di rimanere amici, Shanks aveva cominciato a bere più del solito, pensando che Makino fosse impazzita, ma amandola troppo aveva deciso di rispettare la sua decisione. 
Aveva cominciato ad uscire con altre donne per passare il tempo; in vita sua ne aveva rotti di cuori, aveva visto le speranze e la felicità in lui riposte sgretolarsi nello sguardo di tante. 
Non era colpa loro e neanche sua, forse non era fatto per amare, non di nuovo. 
Sulle sue spalle aveva qualche cotta e diverse infatuazioni, ma la sola relazione seria che aveva avuto era finita a causa sua. 
Amava Makino, ma di un amore dolce e confortante, non distruttivo, che ti travolge come un fiume in piena, che ti tiene sveglio la notte, che ti uccide lentamente. Lei era la sua roccia, la calma e la tranquillità in una giornata di sole. 
 
Amare voleva dire dare all'altra persona un pistola carica sperando non ti spari; amare voleva dire morire un po’ tutti i giorni, era una morte lenta quella che ti riservava Amore. 
E lui lo sapeva, lo aveva capito che qualcosa era cambiato da quando l'idea di farsi logorare lentamente da Mihawk gli era sembrata una dolce morte, del tutto apprezzabile. 
Aveva sempre ucciso pezzo per pezzo gli altri, e ora che era nella stessa situazione capiva come mai si arrivasse a fare pazzie nel nome di quel sentimento che ti promette il mondo. 
Il mondo, che diventa quella persona. 
Lo sapeva che la sua era una speranza vana, ma se si tiene davvero a qualcosa, l'ultimo tentativo è sempre il penultimo.
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 

Angolo dell'autrice:
Booom, questo capitolo mischia molto le carte e mostra finalmente il rapporto tra Shanks e Mihawk. 
Dopo quei 50 capitoli, dai, sono stata veloce. 
Ho preferito dedicarlo interamente ad entrambi, con l'intermezzo di quei quattro disgraziati (Kidd, Law, Penguin e Killer) perché meritavano più spazio, almeno per capire quella frase pensata da Mihawk qualche capitolo fa sul ‘si era innamorato dell'unico uomo che non avrebbe mai avuto avere’. 
Spero vi sia piaciuto, a presto! 
AO. Spades. 

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Capitolo 52
*** A volte il miglior modo per attirare l'attenzione di qualcuno è smettere di dargli la tua ***


52) “A volte il miglior modo per attirare l'attenzione di qualcuno è smettere di dargli la tua.









 
“Hai detto che entrambi sono dei rompiscatole” cominciò Shanks mentre apriva un pacchetto di Ringo, “ma devi ancora spiegarmi cosa c'entra Cenerentola”
Mihawk sorrise.
“Crocorentola vorrai dire. Crocodile ha un problema con lo sporco e con il disordine, è più che appropriato.”

 
E Shanks capí che con gli anni la battaglia coi germi era solo peggiorata, quando, al primo incontro con i Sette, notò distrattamente Crocodile pulire la sua porzione di tavolo con un fazzoletto.
Se pensava che Mihawk era stato amico di quei due si metteva a ridere; era un trio parecchio inusuale, soprattutto per la mancanza di cose in comune, per non parlare delle differenze caratteriali.
Da quando il moro gliene aveva parlato aveva deciso di nominarli Golden Trio.
Durante gli incontri aveva notato diverse cose, e,anche se lo spadaccino non si era troppo espresso a riguardo, era riuscito a capire abbastanza, unendo i racconti ai comportamenti: Doflamingo e Crocodile, noti per il loro odio verso l'altro, avevano avuto una relazione; Mihawk li vedeva ancora come persone interessanti e, anche se non se ne era accorto, come amici; Doflamingo aveva ancora un grosso debole per Crocodile; Crocodile stava nascondendo qualcosa di importante.
Il tempo avrebbe chiarito ogni punto oscuro, al momento non gli restava altro che restare nell'ombra e osservare.
 
Oppure poteva dare una spinta al corso degli eventi, pensò, sgranchiendosi le dita e digitando velocemente sulla tastiera.


 
-


 
Boa Hancock si presentò nell'aula conferenze del suo palazzo in perfetto orario, con quindici minuti di ritardo.
Una signora si fa desiderare in ogni occasione.
Le Amazzoni erano già tutte presenti, e al suo ingresso si ammutolirono e presero posto, sedendosi.
Il gruppo di donne, vestite alla perfezione con tailleur e gonne a tubino, allenate al corpo a corpo e al tiro al piattello, rivolse uno sguardo adorante alla Principessa Serpente.
 
“Margaret, che cosa avete scoperto dalle mail e dalle lettere?”
Margaret, una donna dai corti capelli dorati, si alzò in piedi quando sentí il suo nome.
“Ci sono diverse lettere preoccupanti, abbiamo ristretto il campo a cinque individui che, dato il lessico usato e le minacce velate, potrebbero essere pericolosi.” rispose la donna.
Boa le fece segno di continuare.
 
“Abbiamo torturato tutti e cinque dopo averli rintracciati, ma non è venuto fuori niente, sono solo della spazzatura.” concluse per poi tornare a sedersi.
Hancock si accarezzò i capelli.
“Molto bene, quindi abbiamo appurato che questo schifoso ha preso di mira il Poison Kiss, ma non ce l'ha con me, o almeno non è tanto stupido da mandare minacce scritte.”
 
Ringraziò le sue sottoposte e ricordò loro di segnalare qualsiasi cosa ritenessero interessante per la loro ricerca, poi uscí, dirigendosi al suo ufficio.
Aprí il pc e si trovò una mail da parte di un certo redgryphon.
Proprio non sapeva chi potesse essere.
La mail era stata inoltrata ad altri sei contatti, e conteneva un link per un gruppo Skype, segno che la sua lamentela era stata ascoltata.
Cliccò il link e la schermata del pc si divise in otto rettangolini.
Pian piano ogni sezione da nera si colorava, mostrando il volto di uno dei Sette.
Quando anche Jinbe aprí il link, Shanks prese la parola.
 
“Vi avevo detto di trovare un modo per contattarvi ma immagino che nessuno mi abbia ascoltato. Ho rimediato. Ora, qualcuno ha delle novità a riguardo?”
 
Boa si schiarí la voce e disse quello che aveva scoperto.
“È evidente che, non morendo altre persone se non prostitute al servizio di Crocodile e Doflamingo, la spazzatura responsabile ce l'ha anche con voi, quindi consiglierei di guardarvi le spalle”
 
Crocodile per tutta risposta sorrise.
“Mi piacerebbe vedere quel codardo provarci”
Doflamingo si leccò le labbra.
“Giá, un uomo non se la prende con una donna se ce l'ha con un altro uomo. È da vigliacchi.”
Per una volta Hancock fu d'accordo con lui; l'immagine del volto del Doflamingo di quel momento si sovrappose per qualche secondo a quella del Doflamingo che veniva a scuola con lei.
Scosse la testa.
 
“In ogni caso è un campo parecchio amplio, voi due avete molti nemici” commentò Jinbe.
 
“Dovreste confrontare gli appunti, sicuramente dimezzereste i tempi” aggiunse Shanks per poi notare cinque sguardi allarmati puntati su di lui.
“Ok, potreste uccidervi nei primi due minuti, vi serve una persona che faccia da intermediario e che sia abbastanza spaventosa da tenervi testa. Mi fa piacere che tu ti sia offerto Mihawk. Ci riaggiorniamo quando avrete dei risultati, in tempo breve magari. Ciao!”
E come era comparso, Shanks scomparve, lasciando un quadratino vuoto e degli sguardi allibiti.
 
“Non l'ha detto davvero” commentò divertito Moria per poi scoppiare in una fragorosa risata.
“Kishishishi! Divertitevi, e se uno crepa tanto meglio”
Concluse, disconnettendosi.
Jinbe scosse la testa.
“Vi prego, provate a essere ragionevoli, muoiono delle persone. Sono sicuro che riuscirete ad ottenere dei risultati se vi impegnate”
Pian piano aumentarono i quadratini neri, Boa fu l'ultima a togliersi.
“Spero davvero riusciate a capire quello che ci serve.”
Chiuse il pc e alzò lo sguardo, notando sulla porta Cav e Bartolomeo, il primo con una confezione di pasticcini e il secondo palesemente irritato.
Avrebbe aspettato i risvolti della situazione che si era creata, ben sapendo che poteva concludersi solo in un modo: o quei due si ammazzavano e Mihawk si addormentava, o finalmente sfogavano anni di tensione accumulata.
Prendere il killer era solo una questione di tempo alla fine.



 
“Bene, dato che non abbiamo scelta direi di trovarci in un posto neutrale, in cui non possiamo ucciderci e siamo abbastanza rilassati da non perdere la testa. Una pasticceria. Quella all'angolo qua vicino. Domani alle tre di pomeriggio.”
Mihawk aspettò che gli altri due acconsentissero alle sue richieste e poi si disconnesse.
 
Shanks lo aveva fatto apposta.


 
-


 
Crocodile si svegliò di malumore solo al pensiero di doversi alzare per incontrare Doflamingo e Mihawk.
Sapeva già che sarebbe andata a finire male, quindi tanto valeva prepararsi.
Si vestí con una camicia blu notte e dei pantaloni neri, si avvolse la sciarpa tartan verde e blu scura attorno al collo, si infilò il suo trench coat grigio ed uscí, dirigendosi al lavoro.
Si assicurò di bere minimo due caffè prima di aprire la porta del suo ufficio. Poco dopo Miss All Sunday entrò e la richiuse alle sue spalle; il sorriso falso dipinto sul suo volto sparí, ben conscia che davanti a quell'uomo era inutile fingere.
Nico Robin era entrata a far parte degli impiegati della Baroque Works da adolescente; per colpa del suo passato turbolento aveva bisogno di qualcuno di potente che potesse proteggerla dai cacciatori di taglie e Crocodile, resosi conto che la ragazzina possedeva un'intelligenza fuori dal comune, la accolse sotto la sua ala, non facendo domande.
E lei gli era sempre stata riconoscente, anche quando avrebbe potuto andarsene non lo aveva fatto del tutto.
Ufficialmente, lavorava al museo archeologico della città e insegnava storia all'università, ma qualche volta tornava per dare il suo contributo al gruppo di Mister Zero. Il suo carattere diplomatico era molto utile in diverse situazioni spinose, compresa la sua abilità oratoria.
Quella volta era stata incaricata di contrattare con un convento di suore per il prezzo di alcune armi pericolose appena testate, e aveva capito subito perché quel compito era stato affidato a lei.
Quelle donne erano davvero brave a condurre i loro affari e non ci pensavano due volte a far sparire qualcuno nei sotterranei, magari dentro ad una delle tante tombe di guerrieri cristiani senza nome.
 
Nico Robin si schiarí la voce e raccontò i problemi che aveva riscontrato.
 
“Anche un uomo di chiesa può essere corrotto, per quanto possa essere credente, e  sai perché?” chiese Crocodile guardandola, espirando una boccata di fumo.
“No, perché?”
“Perché è, appunto, un uomo, come un uomo politico; tutti, per definizione, vogliono qualcosa, basta solo sapere cosa.”
“Ah, ognuno ha un prezzo.”
“Ovviamente. Che siano soldi, fama, donne, automobili o un lavoro, l'essere umano brama e bramerà sempre cose materiali.”
“Credo sia inevitabile.”
“Ma non farti fregare. Sai, esistono persone che non sono così.”
 
“Così come?”
La donna lo guardò curiosa, appoggiando la schiena al muro.
 
“Bisogna essere consci del fatto che il comportamento umano è la cosa più imprevedibile su questo pianeta, oltre al meteo a Natale.” cominciò l'uomo.
“Secondo te esistono ancora persone non corruttibili?”
“Forse, chissà, è probabile. I sognatori ci sono in ogni epoca storica, alla fine sono loro che cambiano il corso degli avvenimenti. Si alzano e decidono di fare una cosa che nessuno avrebbe mai pensato di fare perché ritenuta impossibile dalla gente comune, ma loro se ne fregano e la fanno. Questo è il genere di persona che più temo, non chi usa la violenza, quello posso farlo anche io.”
Crocodile si passò una mano tra i capelli sorridendo leggermente.
 
“Sentiamo, come si fa con loro?”
“Beh, come ho detto, vogliono tutti qualcosa, e se non la vogliono si fa in modo che cambino idea, basta giocare con il più grande problema umano ed il gioco è fatto.”
 
“Il problema sarebbe?”
Robin era sempre stata affascinata dal moro, molte volte aveva dimostrato di essere una persona arguta e deduttiva, per quello le interessava il suo punto di vista. Riteneva sempre che fosse troppo violento, ma non si può essere perfetti.
 
“La capacità di provare emozioni, ciò che ci distingue dalle bestie e di cui andiamo tanto fieri, l'empatia in realtà è un'arma a doppio taglio.”
“Ti sto ascoltando.”
“Durante la nostra vita commettiamo l'errore di legarci a qualcuno, una madre, un padre, fratelli, sorelle, amici, amanti… Succede sempre, anche contro la nostra volontà.” commentò Crocodile appoggiando il sigaro sul posacenere. Robin lo guardò attenta, notando la pausa.
“È successo anche a te, Boss?”
“Non cambiare discorso. Come dicevo, tutti vogliono qualcosa, ad esempio che si risparmi la vita di chi si ama.”
“Questa è cattiveria.”
“No, questi sono affari.” concluse Crocodile allungando un fascicolo rilegato.
“Qui troverai tutto ciò che ti serve, torna da me quando hai concluso l'affare”
 
Robin annuí, prese i fogli ed uscí.
Poco dopo, seduta all'interno di un caffè, nell'angolo più isolato, sfogliò il fascicolo e sbuffò, divertita.
‘Queste suore sono cattive ma pur sempre donne di chiesa, fanno donazioni tutti i mesi ma a quanto pare sono affezionate ad un orfanotrofio specifico, le loro donazioni sono più alte per questi bambini.’
Continuò a leggere e scoprí che più di una suora aveva avuto una relazione con un uomo, da cui erano nati dei bambini che, per non destare sospetti, erano stati affidati alle cure del suddetto orfanotrofio.
‘Tutti hanno una debolezza, basta trovarla, e quando la si trova, si ha in mano la situazione. Sir Crocodile è davvero malvagio, ma rispetto il fatto che prima di passare alle mani ricatti le persone, nessuno si fa male almeno’.
 
Finí di bere il suo tè nero alla vaniglia ed uscí, passeggiando e godendosi la giornata di sole.



 
Crocodile, una volta uscita Nico Robin, si alzò in piedi e raggiunse la vetrata che dava sulla strada, finendo di fumare e cercando di staccare il cervello.
Qualche minuto dopo sentí un leggero bussare e si voltò, trovandosi davanti Miss Golden Week. La bambina indossava una magliettina violetta e aveva i capelli sciolti, gli occhi grandi color nocciola lo fissavano.
“Boss, mi fa i codini?”
 
L'uomo si liberò del sigaro e si pulí le mani in una salvietta profumata, poi fece segno alla bambina di avvicinarsi. Si sedette e la prese in braccio, mettendola sulle sue gambe mentre lei appoggiava sulla scrivania in mogano davanti a sé un pettine e due elastici.
“Bon Clay non c'è?” chiese mentre cominciava a pettinare i capelli castani.
“È impegnato, e poi oggi ho visto che sei di cattivo umore quindi ti sono venuta a fare compagnia cosí non stai da solo. Fumi troppo, fa male, sai? L’ho letto in un libro”
Crocodile sorrise, conscio che la bambina non poteva vederlo.
“Brava, non fumare mai, io sono un cattivo esempio.”
 
Mentre le faceva i codini, lei gli raccontò della scuola e dei bulletti che prendevano in giro le altre bambine e di come lei, senza lasciare prove, li aveva chiusi nello sgabuzzino per tutta la giornata, procurandosi poi un alibi perfetto. Nessuno aveva sospettato nulla, tranne i tre bambini che, col viso rigato dalle lacrime, se ne erano tornati a casa, non mancando di guardarla intimoriti.
Crocodile annuí dicendole che era stata brava, e che se aveva bisogno di lezioni di autodifesa poteva insegnarle qualche trucco.
I codini erano stati legati perfettamente ma la bambina rimaneva seduta su di lui, e lui la lasciò lí per tutta la mattinata; le persone che entravano nel suo studio rimanevano sbigottite per un attimo e poi tornavano a parlare.
Quando l'ora fatidica dell'incontro era quasi giunta, il moro dovette portare Miss Golden Week da Das, mentre lei, percependo il nervosismo dell'uomo, si era attaccata saldamente alla sua gamba, non volendo lasciarlo andare.
Una volta liberato dalla morsa della bambina si incamminò verso la pasticceria prescelta, non accorgendosi dello sguardo determinato di quest'ultima.

 
-

 
Mihawk si svegliò a mezzogiorno, guardando il soffitto e restando immobile a letto per un'altra ora.
Quando si alzò per fare colazione, non si accorse dello sguardo preoccupato di Perona, che lo guardò per tutto il tempo, notando il suo comportamento assente e quasi rassegnato. Quando lo spadaccino uscí, lei aveva preso la sua decisione.

 
-

 
Doflamingo era irrequieto.
E nervoso.
Non dormire le sue otto ore di sonno era già indice di una giornata no, ma quella giornata era davvero un no grande quanto l'ego di Hancock.
Passeggiando avanti e indietro per casa, non si accorse di essere seguito da Sugar, che, nel mentre, sgranocchiava la sua colazione, incuriosita dal comportamento inusuale del capo famiglia. Senza che se ne accorgesse gli infilò una bambolina delle dimensioni di una biro nel cappotto di piume  e, quando il biondo uscí di casa, Sugar sgattaiolò fuori ed estrasse il cellulare, guardando il rilevatore di posizione brillare sullo schermo.

 
-

 
Crocodile fu il primo ad arrivare, come sempre.
In ogni situazione preferiva essere cinque minuti in anticipo, era diventata un'abitudine che si portava dietro da ragazzino e non l'aveva abbandonata durante l'età adulta.
Si sedette in un tavolino all'esterno, sapendo che gli sarebbe servita della nicotina a breve.
Doflamingo vide la pasticceria e notò subito dopo l'uomo seduto con le braccia incrociate e un cipiglio corrucciato; inspirò e si piantò le unghie nel palmo della mano, poi si incamminò verso di lui.
Senza dire una parola si sedette e cominciò a tamburellare sul tavolino con le dita della mano destra.
Se si accorsero degli sguardi allarmati e dei bisbigli delle persone che passavano e che si allontanavano in fretta, nessuno dei due lo fece notare apertamente, preferendo mantenere la politica di ignorarsi finché era possibile.
Mihawk arrivò quasi cinque minuti dopo, incredibilmente in orario per uno come lui, o forse aveva semplicemente paura di quello che avrebbe potuto trovare al suo arrivo.
Si sedette alla sinistra di Crocodile e alla destra di Doflamingo, sbuffando.
Se prima le persone attorno erano allibite, in quel momento nessuno sembrò respirare; solo dopo qualche secondo, evidentemente convinti che non si trattasse di un miraggio, la strada si svuotò e i passanti decisero di passare dalla parte opposta, lasciando lo spazio della pasticceria deserto.
 
“Abbiamo intenzione di restare in silenzio a fissarci per tutto il pomeriggio? A me va bene” commentò Mihawk alzandosi e dirigendosi verso la cameriera, capendo che non si sarebbe mai avvicinata per chiedere gli ordini.
Dopo averla rassicurata e aver ordinato per tre, ritornò a sedersi, trovando la situazione esattamente come l'aveva lasciata.
“Vediamo di fare una cosa veloce” sbottò Doflamingo accavallando le gambe.
“Come vogliamo procedere?”
“Conviene guardare mail e spostamenti delle persone più pericolose, il metodo di Hancock non è sbagliato” rispose atono Crocodile.
La cameriera lasciò sul tavolo un tè alla rosa canina, uno alla vaniglia e uno all'Earl Grey, con un vassoio di pasticcini alla fragola, al cioccolato e allo zabaione, poi si allontanò velocemente.
I due uomini si girarono a fissare lo spadaccino che, per tutta risposta alzò un sopracciglio.
“Immagino che i vostri gusti siano rimasti invariati” commentò, versandosi il tè alla vaniglia.
Crocodile sbuffò ma non disse nulla, Doflamingo invece sorrise.
 
“Questa cosa è una farsa, nessuno dei tre vuole stare qui” irruppe il moro dopo qualche secondo. “È parecchio stupido, ma a quanto pare non abbiamo scelta”
 
Mihawk posò la tazza sul piattino.
“Dipende, io sto benissimo qui, il tè buono.”
“Credo si riferisca al grado di stupidità della situazione” commentò il biondo. “E devo ammettere che è abbastanza alto”
Degli occhi dorati si spostarono verso l'altro uomo. “E secondo te qual è l'apice massimo della stupidità?”
Crocodile ingoiò un pasticcino alla fragola, leccandosi le labbra, movimento che catturò lo sguardo del fenicottero.
“Quanto sei alto?” rispose guardando con aria di sfida Doflamingo, che per tutta risposta distese le labbra in un sorriso sardonico.
“Divertente Croco-chan
 
Quando si rese conto di aver pronunciato quel soprannome si irrigidí; era da anni che era passato ad usare il nome completo e il fatto che gli fosse sfuggito così facilmente non era un buon segno.
Contro i sentimenti siamo disarmati, poiché esistono e basta, e sfuggono a qualunque censura; possiamo rimproverarci un gesto, una frase, ma non un sentimento.
Su di esso non abbiamo alcun potere.
 
Crocodile abbassò lo sguardo sul tè e non commentò.
“Avete un sacco di rabbia repressa voi due, dovreste parlarne”
Gli sguardi sarcastici che si beccò gli fecero schioccare la lingua sul palato.
“Oppure potreste continuare a sfogarvi uccidendo persone, ignorarvi e farvi la guerra, ottimo piano” disse Mihawk fermandosi per mangiare un pasticcino.
"A volte il miglior modo per attirare l'attenzione di qualcuno è smettere di dargli la tua, ma voi state portando questo gioco a un livello superiore.”
“E tu continui a parlare con la bocca piena” borbottò Crocodile allungandogli un fazzoletto.
Lo spadaccino lo fissò quasi divertito, e poi lo accettò, pulendosi il naso dallo zucchero a velo.
 
C’è una storia dietro ogni persona, c’è una ragione per cui siamo quello che siamo, non ci comportiamo così solo perché lo vogliamo. Qualcosa nel nostro passato ci ha resi tali e alcune volte è impossibile cambiare, o semplicemente siamo così e basta.
Lui continuerà sempre ad avere un istinto materno più sviluppato del normale, e l'altro rimarrà sempre un inguaribile goloso, pensò sconsolato.
 
Doflamingo si riscosse dai suoi pensieri.
“Direi di fare una lista e incrociare i risultati per vedere se qualche nome combacia. Se poi riuscissimo a capire anche cosa centri il Poison Kiss non sarebbe male.”
I due uomini annuirono e ripresero a mangiare o a bere, tornando a far regnare il silenzio.
 
“No, ferma! Torna qui!”
I tre si girarono verso la strada, dove una imbarazzata Perona, con una Sugar sulle spalle, cercava di tenere ferma una Miss Golden Week parecchio agitata.
“Perona, cosa stai facendo?” chiese Mihawk alzandosi in piedi e notando le bambine che correvano, una si attaccò alla gamba di Doflamingo e l'altra a quella di Crocodile.
“Posso spiegare” commentò lei alzando le mani in segno di resa. “Stamattina non eri proprio in te, e quando ho visto che a colazione non hai mangiato molto ho pensato che qualcosa ti preoccupasse. Dato che Zoro era già uscito ho deciso di seguirti per vedere se-”
“Mi hai pedinato” concluse lui e lei annuí sorridendo, per nulla imbarazzata.
“Se vogliamo dirla cosí. E a quanto pare non sono l'unica ad averlo pensato” concluse indicando con un cenno del capo le due bambine.
“Quella coi capelli azzurrini ha pure un rilevatore di posizione! Geniale”
Doflamingo la prese in braccio, poi si mise una mano in tasca, estraendo una bambolina.
“Sugar, ti ho detto che non devi andare in giro da sola”
La bambina lo guardò con una finta aria angelica.
“Ops?”
 
Crocodile sollevò Miss Golden Week.
“Io e te facciamo i conti dopo”
E lei sorrise alla faccia fintamente arrabbiata.
 
“Visto? Se parlassi di più non avrei dovuto pedinarti- che stai facendo?” sbottò Perona mentre Mihawk la tirava per un braccio.
“Voi due sapete cosa fare, tra una settimana qui alla stessa ora” disse rivolto ai due uomini prima di trascinare via la ragazza.
 
“Stamattina a colazione, ha detto. Interessante. E ha nominato un certo Zoro, dove ho già sentito questo nome?” si chiese Doflamingo ad alta voce, e Miss Golden Week alzò la mano.
“Io lo so! Roronoa Zoro, conosciuto anche come Il Cacciatore di Taglie, è il famoso spadaccino che va in giro a sfidare la gente”
Il biondo le sorrise.
“Che memoria”
Sugar annuí. “Domani ci troviamo dove abbiamo stabilito” e l'altra bambina annuí, con aria complice. “Ora andiamo Signorino”
Crocodile e Doflamingo guardarono le bambine e sollevarono lo sguardo, fissandosi per qualche secondo.
Senza dire una parola si allontanarono, ognuno diretto in direzioni diverse.









 

Angolo dell'autrice:
Che dire, le cose cominciano a farsi interessanti. Adoro l'idea della combriccola improvvisata formata dalle ragazze, chissà cosa vorranno fare le due bambine…
Nel discorso con Nico Robin, quando Crocodile parla dei sognatori si riferisce ad un ipotetico Rufy ovviamente.
A presto, e buone feste,
Ao. Spades

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Capitolo 53
*** Il bello delle fotografie è che rimangono sempre uguali anche se le persone cambiano ***


53) “Il bello delle fotografie è che rimangono sempre uguali anche se le persone cambiano






 
Perona fissò le due bambine davanti a sé, erano davvero adorabili, si tenevano per mano e parlottavano di storie d'amore e matrimoni futuri. Quando capí che non stavano discutendo il loro, ma quello degli uomini che stavano parlando con Mihawk inorridí.
 
Altro che bambine, pensò, queste sono due demoni, anche se sono adorabili.
 
Decise che alla fine le piacevano, d'altronde lei adorava i demoni. Si aggiunse alle due dietro al muretto, presentandosi e dicendo che era lí perché aveva seguito l'uomo con gli occhi gialli; entrambe annuirono, perse nei loro discorsi che inclusero immediatamente lo spadaccino.
“Perché io lo so che da giovani loro tre erano amici” sussurrò la bimba coi codini.
“Il Boss non parla mai della sua vita privata, ma una volta sono stata a casa sua, e ho trovato in un cassetto una foto incorniciata, erano loro tre, ne sono certa! Il Boss beveva il caffè, e di fianco a lui il ragazzo con gli occhiali mangiava delle patatine, mentre quello con gli occhi dorati rideva con lo zucchero filato in mano. Era inverno perché avevano i cappotti e le sciarpe, ma erano loro!”
Sugar annuí convinta.
“Ti credo, oltre a quella io ne ho trovata una in cui stavano dormendo uno sopra l'altro su una poltrona. Erano giovani ma sono sicura”
 
Perona rimase senza parole.
Mai si sarebbe aspettata che un tipo come Mihawk potesse essere stato in un qualche modo collegato a Sir Crocodile e a Donquixote Doflamingo; sapeva che aveva degli amici o presunti tali, ma loro?
Incredibile.
 
La bimba coi capelli azzurri riprese la parola.
“Il Signorino non parla mai di quando era giovane, ma una volta sono stata alzata e ho visto che si ubriacavano tutti, allora ho fatto delle domande a Dellinger e mi ha detto che Doflamingo è arrabbiato con Crocodile perché gli piace ancora, e quando ci piace qualcuno con cui abbiamo litigato siamo sempre arrabbiati con noi stessi”
La bambina coi codini sorrise.
“Il Boss è sempre triste quando sta tanto da solo, e si tocca sempre la mano. Voglio che sia felice”
 
Perona le guardò, apprezzando la dolcezza e l'innocenza di quando si è ancora piccoli e sembra tutto semplice.
“Sono cose da grandi, sapete, quei tre non hanno un carattere facile” aggiunse.
Poco dopo cercò di far cambiare idea alle bambine, ma quando vide quella coi codini correre in mezzo alla strada saltò fuori dal suo nascondiglio senza pensarci due volte.


 
-


 
Mihawk si chiuse la porta alle spalle.
“Non ficcare mai più il naso nella mia vita privata”
La ragazza sapeva che aveva ragione, ma anche a costo di farsi cacciare doveva provarci. Doveva molto a quell'uomo.
“Lo sai che quei due hanno ancora delle foto di voi tre da piccoli? Me lo hanno detto le bambine. Se eravate tanto amici perché avete smesso di parlarvi? So che sono un'impicciona ma voglio davvero aiutarti, a volte hai uno sguardo cosí spento che mi fa stringere il cuore.”
L'uomo la fissò sorpreso.
“Se non vuoi parlarne con me fallo con Shanks, lui è tuo amico da più tempo, magari può aiutarti”
 
E Mihawk fece una cosa che non faceva da tanto: rise.
Perona rimase sbigottita a fissare lo spadaccino; la risata, proprio come era iniziata, finí, ma durò abbastanza a lungo da farle pensare che fosse davvero un bel suono.
 
“Non credo sia saggio parlare con il Rosso, dato che è la fonte di metà dei miei problemi, ma ti ringrazio per l'offerta.” disse, ed uscí dalla cucina.
Perona rimase ferma qualche secondo poi lo vide rientrare con un portafoto in mano.
Lei lo guardò incuriosita e lui glielo porse. L’immagine era come quella descritta dalla bambina che si chiamava Golden Week: tre ragazzini uno di fianco all’altro, nessuno dei tre guardava in camera, segno che qualcuno doveva avergli scattato quella fotografia di nascosto mentre passeggiavano per strada durante una giornata d'inverno.
 
“L'unica volta in cui siamo riusciti a vederci quando era freddo, solitamente ci incontravamo durante le vacanze estive. Quel giorno abbiamo saltato la scuola e ci siamo incontrati in una città a metà strada e abbiamo girato per le vie del centro. Proprio non c'eravamo resi conto che Vergo aveva seguito Doflamingo, quel tizio ci ha scattato più di una foto in diverse occasioni, non pensavo che loro le stessero conservando ancora”
 
Perona guardò i tre ragazzini, immortalati per sempre in una cornice. L'espressione sul volto di Mihawk era serena, aveva uno sguardo limpido, Crocodile era intento a bere il caffè caldo mentre Doflamingo… Non aveva gli occhiali.
Lo fece notare anche allo spadaccino e lui alzò gli occhi cielo.
 
“È stata l'unica volta in cui Crocodile è riuscito a farglieli togliere, anche se quell'idiota si è messo delle lenti a contatto nere.”
 
La ragazza annuí mentre sul suo volto si dipingeva un sorriso dolce.
“Eravate davvero un bel trio, inusuale, certo, ma sembra che questo non vi abbia fermati”
“Il trio dorato” sussurrò l'uomo.
“Shanks ha coniato l'espressione Golden Trio e all'epoca sembrava davvero stupido”
 
Lei gli porse la fotografia e lui la guardò un'ultima volta prima di ritornare in camera.
La ragazza abbassò lo sguardo pensando che giudicare una persona dalle apparenze era davvero una cosa cretina.
Mihawk la guardò.
“Non ho mai saputo perché abbiano smesso di parlare, nel tempo ci siamo persi di vista.
Vado in palestra, se viene la piattola non farla entrare”
“Se una persona cambia, lo fa per due motivi: o perché gli si sono aperti gli occhi, o perché gli si è chiuso il cuore.” commentò a bassa voce, non sapendo che l'uomo l'aveva sentita.


 
Quando la porta dell'ingresso si chiuse, Perona si sedette davanti alla tavola e appoggiò il mento sul palmo delle mani.
Golden Trio era davvero appropriato.
Un legame così bizzarro da funzionare comunque doveva per forza avere il nome del metallo usato per sancire le unioni tra le persone.



 
-

 
Crocodile guardò Miss Golden Week passargli davanti; non aveva alcuna intenzione di lasciare uscire la bambina da sola, ma poteva sempre seguirla a debita distanza per controllare che non si cacciasse nei guai. Certo che venire a sapere dell'amicizia tra lei e Sugar era stata una sorpresa.
Non era la prima volta che usciva da sola, ma era la prima volta che doveva incontrarsi con un membro della famiglia Donquixote. Voleva davvero dirle che non poteva andarci, ma sapeva quanto era difficile per la bambina stringere amicizia e non volle imporsi più di tanto.
In ogni caso aveva già preso la decisione di seguirla, quindi discutere era del tutto inutile.
 
Quando la vide entrare nel parco e sedersi su una panchina decise di appostarsi al bar più vicino, da cui si aveva un'ottima visuale.
Stava per sedersi quando un colpo di tosse lo bloccò.
Si girò e nel tavolino dietro notò dei capelli biondi uscire da dietro un giornale.
Non dirmi che…
 
Prese una sedia e un altro quotidiano e si mise a sedere di fianco a Doflamingo, vestito con un girocollo nero e una giacca grigia scura.
Crocodile lo fissò cosí a lungo che il biondo se ne accorse.
“Che c'è? Se avessi messo qualcosa di rosa mi avrebbe notato subito”
“Tipico della tua testa bacata vestirsi bene per un appostamento, devo ammettere che forse c'è ancora qualche speranza per il tuo armadio” commentò il moro tornando a fissare Miss Golden Week, che era stata raggiunta da Sugar. Entrambe stavano scarabocchiando su un blocco da disegno.
Questa volta fu Doflamingo a girarsi per fissare l'uomo di fianco a sé, notando come fosse sempre vestito alla perfezione.
Una stretta al petto lo fece voltare nuovamente verso il parco.
Era sempre dannatamente attraente, cicatrici e protesi incluse; cominciava a sospettare di aver bevuto una pozione d'amore da piccolo, o semplicemente era nato masochista.
Anche se era finito bruciato una volta, non ci pensava due volte ad entrare nell'orbita del moro ancora e ancora, come una falena che si brucia un'ala dopo essersi avvicinata troppo alla fiamma non smette però di battere l'unica rimasta per tornare ad essere vicino a quel calore avvolgente.
Lo aveva odiato, lo aveva odiato con tutte le sue forze in quegli anni. Pensava di meritarsi una spiegazione e non il trattamento che Crocodile gli aveva riservato, un silenzio opprimente e parole stupide, messe una in dietro l'altra per formare scuse patetiche.
Avrebbe voluto ucciderlo, stringergli la gola fino a quando il cuore che era stato suo anche se solo per poco non avesse smesso di battere.
Lo avrebbe volentieri riempito di botte fino a quando non si fosse rotto le nocche delle mani e non avesse più avuto fiato.
Lo aveva odiato cosí tanto che non era riuscito a dimenticarlo, i suoi pensieri erano rivolti a lui almeno una volta al giorno, pieni di insulti sí, ma pur sempre rivolti a lui.
Il problema dell'odio è che ti lega troppo strettamente all'altra persona, e lui non era preparato a rivederlo, né in quella stanza con il Rosso e il Falchetto, né mai.
Ora non sapeva più se ammazzarlo di botte e poi urlargli contro o rompergli le ossa, strangolarlo e baciarlo prima di togliergli la vita.
 
Doflamingo deglutí e rimase in silenzio.
Crocodile sembrava essere a suo agio nell'assenza di dialogo, con lo sguardo fisso davanti a sé.
 
Dopo qualche minuto il moro cominciò a battere il piede per terra, in un evidente gesto di stizza.
“Questa volta non credo tu possa fumare, quanto mi dispiace” lo prese in giro, non nascondendo un ghigno sardonico allo sguardo nervoso che gli rivolse l'altro.
“Ero rimasto alle sigarette, come mai sei passato ai sigari?”
Crocodile lo fissò scocciato.
“Dovremo pur far passare il tempo”
Il moro sbuffò. “Un uomo deve avere qualche vizio, se possibile di classe, altrimenti quando arriva alla vecchiaia non ha nulla da cui redimersi.”
E Doflamingo sorrise.
 
“A volte mi chiedo cosa ti passi per la mente, ma non sono certo di volerlo sapere” continuò, notando l'espressione dell'altro.
“Se pensassi ad alta voce sarei ai domiciliari.”
 
Il moro chiuse gli occhi e sorrise, sentendosi dilaniare dalla nostalgia di quei giorni passati davanti al pc ad insultarsi.
Era stata dura tagliare i ponti con il passato, estraniare dalla sua vita le persone a cui teneva di più, ma lo aveva fatto sapendo che il vero debole era lui. Non era riuscito a sopportare il fatto che a lui quei due piacevano.
Aveva rotto il cuore di Doflamingo, lo stesso cuore che era rimasto chiuso per anni, aveva tradito la sua fiducia e aveva preso le distanze anche da Mihawk.
Pensava che col tempo le cose si sarebbero aggiustate e che entrambi lo avrebbero dimenticato, rifacendosi una vita.
Non era abituato a sbagliare.
La vicinanza costretta era diventata quasi insostenibile, il polso non gli aveva dato così fastidio come in quelle settimane, quasi traendo piacere dalla sua sofferenza.
Ora allontanarsi era diventato impossibile, sia perché non ci sarebbe più riuscito, sia perché sembrava che più cercava di essere indifferente e più il caso o le scelte altrui lo spingessero nella vita di quei due.
Assurdo.
 
Entrambi rimasero in silenzio a guardare le due bambine per un'altra ora.

 
“Sugar”
“Dimmi”
“Dici che ora possiamo andare?”
“Decisamente, come primo appuntamento non è andato male, ho visto che si sorridevano”
“La prossima volta che ci facciamo pedinare dove andiamo?”
“Il bar lo abbiamo fatto, direi che come prossima location un ristorante è perfetto, conosco una gelateria che ha di fronte un bellissimo posto specializzato in pesce”
“Ok! Ci sentiamo per messaggio così ci mettiamo d'accordo”
 
Le due bambine misero i blocchi negli zainetti e si salutarono con un abbraccio, separandosi.
Crocodile e Doflamingo aspettarono una trentina di secondi e si alzarono dal tavolino, si rivolsero solo uno sguardo veloce prima di dividersi, tornando a seguire le due bambine.


 
-


 
Kidd lesse il fascicolo per l'ennesima volta; Smoker era arrivato alle loro stesse conclusioni ma in più aveva interrogato alcune prostitute di cui non riportava il nome, ricavando un piccolo dettaglio che lui e il dottore non avrebbero potuto sapere: un ringhio.
Il rosso appoggiò la tazza piena di tè sul tavolo davanti a sé mentre sentiva Killer lanciare improperi ad una Nissan.
Alcune donne avevano sentito, in diversi momenti, un ringhio che sembrava appartenere più ad un animale che ad un uomo.
Smoker si era soffermato su questo dettaglio, che all'apparenza poteva essere superfluo per le indagini, solo dopo che una delle testimoni si era ricordata di aver visto l'ultima vittima salire in auto con un uomo, e che lo aveva sentito distintamente ringhiare prima che si chiudesse la portiera.
Inoltre aveva visto di sfuggita le sue mani, affermando che fossero ricoperte da profonde cicatrici.
 
Ricapitolando: ce l'ha con le donne che indossano il Poison Kiss, ma solo con quelle alle dipendenze di Crocodile e Doflamingo.
 
Anche le ultime due vittime rientravano nel profilo.
 
Ma perché quel profumo? Ci deve essere un motivo specifico. Quel coglione deve avercela anche con Hancock.
 
La porta si aprí e Trafalgar entrò abbassandosi il cappuccio di un cappotto blu.
“Sono entrato dal retro e no, non mi ha seguito nessuno, ma ho pensato ad una cosa che forse non abbiamo considerato” iniziò il dottore appoggiandosi al tavolo.
“Buongiorno anche a te”
Law lo ignorò.
“Se ce l'avesse non con Hancock, ma con ciò che rappresenta?”
 
Kidd alzò il sopracciglio aspettando.
 
“Rifletti. Quando pensi alla Principessa Serpente, qual è la prima cosa che ti viene in mente?”
Kidd ghignò ma quando aprí la bocca il moro alzò una mano. “La seconda”
“Che è una donna tosta, ha un impero, è potente, può schiacciarti come un insetto…”
“Esatto” lo interruppe “lui non sopporta le donne forti, o più semplicemente quelle che si comportano come tali. Da lí ad odiare tutto il genere femminile il passo è breve”
 
Kidd rimase in silenzio, contemplando le parole del dottore.
“Potrebbe essere un'idea, in effetti le prostitute sono un target facile, e quelle che lavorano per Crocodile e Doflamingo non devono essere donne deboli”
 
Law annuí e concluse il discorso.
“Donne forti, al servizio di uomini forti, che le lasciano agire come vogliono sotto compenso mensile. Questo tizio pensa come uno del Medioevo, le donne devono servire l'uomo e abbassare la testa, non può sopportare che facciano quello che vogliono. Probabilmente le altre che ha ucciso oltre alle prostitute erano prove, o semplicemente è stato troppo irruento.
Crede di far un favore sia a Crocodile sia a Doflamingo, pensando che non sappiano che le donne che lavorano per loro si intascano una percentuale extra, quando so abbastanza a riguardo da poter affermare che Doflamingo ne è a conoscenza, ma se c'è una cosa che ha sempre disprezzato è la violenza sulle donne. Almeno non giustificata. E lui sicuramente non punta i suoi affari solo sulla prostituzione, quindi questo problema non esiste.”
Kidd sorrise.
“Stessa cosa per Crocodile. Ho sempre pensato che fosse un po’ troppo gentiluomo, ma credo sappia benissimo cosa fanno i suoi sottoposti. Il fatto che lo ignori non vuol dire che non ne sia a conoscenza. E anche lui punta su altro, penso ritenga il giro di prostituzione al suo servizio come un passatempo, alla fine alcune lavorano nei suoi casinò per arrotondare, e lui ci guadagna il doppio.”
 
Law sorrise, imitato dal rosso.
 
“Bravi”
La voce di Killer li distrasse, facendoli voltare.
“Quando andate a riferire del ringhio e di tutto il resto, ricordatevi di dire anche che c'è un uomo che corrisponde alla descrizione, con precedenti di abuso e tentato stupro”
Killer lasciò sulla scrivania un foglio ed uscí.
“Absolom? Ma non lavora per Moria?” commentò Kidd.
“Ringrazia Penguin!” gli urlò Law beccandosi un dito medio, che uscí tra i cofani delle auto.
 
In quei giorni erano riusciti a collegare i punti, stranamente come squadra funzionavano nonostante di quattro non ce ne fosse uno normale.
“È ora di andare a riferire i risultati, non credi?”
“Dopo pranzo, prima andiamo a mangiare”
“Posso invaderti casa di nuovo quindi”
 
Kidd gli rispose con un sorriso tutto denti.
 
Arrivati a casa sua, il rosso si mise a preparare della pasta all'amatriciana e Law si sedette davanti al tavolo, assicurandosi un'ottima visuale sulla schiena e sul fondoschiena dell'altro.
La scena quasi domestica venne interrotta dallo squillo del cellulare del rosso, Dancin’ Queen risuonò per tutto l'appartamento facendo fare un salto ad entrambi.
“Porca troia stavo per rovesciare tutto.”
Kidd estrasse il cellulare dalla tasca.
“Bon Clay che cazzo-”
 
“Kiddino, ascolta un secondo. Ho parlato con Goldy e mi ha detto parecchie cose interessanti, dammi due minuti e non vorrai più uccidermi”
 
“Ti sto ascoltando”
“Si tratta del Boss e di Doflamingo”
“Aspetta. Metto il vivavoce”
 
Una volta appoggiato il cellulare sul tavolo davanti a Law gli disse di continuare.
“Vivavoce? Hai visite?”
“Trafalgar Law, piacere” commentò il moro, godendosi l'espressione contrariata dell'altro, ben sapendo che voleva restasse zitto.
 
“Kiddy, frequenti persone strane e pericolose, ma sono contento per te. Comunque, quello che volevo dirvi è ciò che è successo nei giorni scorsi e che sicuramente tu non sai, e nemmeno il tuo boy”
 
Kidd stava già per insultarlo quando Bon Clay cominciò a parlare; la bambina gli aveva detto del pedinamento, dell'incontro tra i tre uomini a cui aveva assistito, della foto, e del successivo incontro tra lei e l'altra bimba al servizio di Doflamingo.
I due ragazzi rimasero in silenzio, Kidd si ricordò di scolare la pasta in tempo ma nessuno dei due parlò.
 
“Quindi” disse Law quando Bon Clay ebbe finito il suo racconto “Si devono incontrare tra qualche giorno per parlare del caso.”
Alzò gli occhi e li piantò in quelli ambrati del rosso; il messaggio era chiaro: non avrebbero detto nulla della loro scoperta per un altro po’, giusto il tempo per costringerli a incontrarsi ancora.
 
“Sí esatto, e non mi aspettavo certo questo retroscena! Il Boss era amico anche di Occhi di Falco, in effetti me li ricordo quei due, anche se li ho visti solo una volta! E finalmente è confermato che aveva una storia con il pallone rosa, lo sapevo! Ora che l'ho detto a te devo andare a dirlo ad un'altra persona”
“A chi?” chiese Kidd, ben sapendo quanto fosse pettegolo il collega.
 
“Oh, lo dirò solo a lei, ma dato che conosce Crocodile da quando era piccolo devo informarla. Sto parlando della grande Iva, naturalmente! Ciao bambini, buon pranzo!”
 
La chiamata si interruppe e i due rimasero a fissarsi.
Kidd trovò la forza di distogliere la sua mente dai mille pensieri che si erano formati nella sua testa ed impiattò.
“Che trio inusuale” commentò Law ingoiando gli spaghetti.
“Ivankov lo conosce da tempo, lo sapevo, ma non credevo da cosí tanto. Chissà quante cose ancora non sappiamo su di loro”
“Io voglio sapere come si sono conosciuti, chi è stato sotto, qual era la loro posizione preferita e perché è finita” rispose il dottore e Kidd rise.
“Sempre ottime priorità”
“Sono anche una persona romantica, un giorno te lo dimostrerò”
“È una minaccia” Confermò, non ponendosi nemmeno la domanda.
Law inforcò altri spaghetti e lo guardò con una strana luce negli occhi.
“Assolutamente.”













 

Angolo dell'autrice:
Un capitolone bello lungo ma ho deciso che proverò a farli tutti cosí da qui in avanti. La foto che viene nominata più volte in questo capitolo esiste ed è un capolavoro di Anso, la trovate su Instagram con il nome di @thegreatanso, adoro come disegna il Golden Trio e ho fatto in modo di usare un suo disegno per l'occasione.
I fili pian piano vengono al pettine e abbiamo il nome del killer; ho preferito usare un pg non inventato per ragioni di trama, anche perché è per colpa sua che le vite di tutti si sono intrecciate nuovamente. Vedremo cosa succederà, solo guai si prospettano…
A presto!
Ao. Spades



 
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Capitolo 54
*** Quando c'è di mezzo l’amore, l’orgoglio è una qualità di cui si parla spesso ma che si applica raramente. ***


54) “Quando c'è di mezzo l’amore, l’orgoglio è una qualità di cui si parla spesso ma che si applica raramente.








 
Quando Bon Clay ebbe finito il suo racconto, concentrato più sul fatto che lui lo aveva capito che quei due avevano una storia all'epoca, nonostante non fosse confermato, Ivankov sbuffò divertita.
“Oh, Bon-chan, ma io queste cose le sapevo giá”
L'uomo truccato sgranò gli occhi, bevendo subito dopo tutto il tè che aveva davanti.
L'ufficio della Grande Iva era cosí colorato e piacevole, con quegli incensi negli angoli e quel tavolino squadrato a tema Alice nel Paese delle meraviglie.
 
“Ma come!”
Ivankov inspirò, mentre sul suo volto si dipingeva un'espressione triste.
“Glielo avevo detto che doveva parlarne, ma non mi ha ascoltato, come sempre. Questa volta però tocca a me aiutarlo, non starò certo in disparte”
L'omone si alzò in piedi sotto lo sguardo in estasi dell'altro.
“Darò una mano al destino, ma che dico, IO sarò il destino! IH-AH!
Bon Clay lo fissò cominciare a fare piroette e annuí, anche se non sapeva bene per cosa.


 
-


 
Mihawk stava leggendo seduto in cucina; era da poco passata l'ora di cena e Zoro e Perona si erano spostati in salotto a giocare con la Wii.
Quando sentí il telefono vibrare pensò di non rispondere, ma dato che il suono non accennava a smettere si alzò dal suo posto.
 
“Pronto”
“Falco-boy, non so se ti ricordi di me”
 
Mihawk fissò il numero sconosciuto e alzò un sopracciglio.
“Ivankov?”
“Esatto! Ci siamo visti solo una volta quando eri piccolo, ai funerali dei genitori di Croco-boy”
“E perché mi hai chiamato”
 
“Credo sia il caso che tu mi raggiunga nel mio locale. Devo dirvi una cosa molto importante su di lui e ho bisogno che veniate stasera”
 
L'uomo notò il plurale.
“Chi sono il ‘veniate’?”
 
“Ma tu e Mingo-boy, ovvio! L'ho già chiamato e ha acconsentito a vederci tra un'ora, spero tu possa venire, ti aspetto! Ah, ho richiesto espressamente che mi portassero i dolci della migliore pasticceria in circolazione, giusto perché tu lo sappia. A dopo!”
 
Lo spadaccino fissò il cellulare un'altra volta, come se si fosse appena immaginato tutto.
Doflamingo aveva acconsentito?
Una cosa importante su Crocodile?
Dolci??
 
L'uomo inspirò, sapendo che il ricatto finale lo aveva fatto cedere per metà; ammettere di essere un po’ curioso era una novità per lui, ma decise comunque di uscire, ignorando la sensazione.
Prese il cappotto nero e un pugnale, fissandolo nel retro dei pantaloni e incastrandolo nella cintura.
“Io esco, non so quando torno. Non state alzati fino a tardi” disse, passando davanti al salone.
“Ok! Ciao!” lo salutò Perona mentre Zoro annuiva, distratto dal gioco.
Mihawk uscí nella fredda aria della sera e si incamminò tranquillamente.

 
Il locale di Ivankov era parecchio chiassoso, colorato e troppo pieno di vita per i suoi gusti, ma, preso un respiro profondo, entrò lo stesso.
Le persone si spostavano non appena lo riconoscevano, il che rendeva tutto più facile.
Un uomo con gli occhiali e dei capelli strani gli andò incontro, dicendogli di seguirlo.
Salirono una rampa di scale dietro al bancone d'ingresso e si trovarono davanti ad una porta rossa, con una maniglia a spirale.
L'uomo bussò, fece un leggero inchino e sparí.
Mihawk sentí distintamente la risata di quell'uomo prima che la porta si aprisse.
 
Si trovò davanti un altro paio di occhiali, questa volta però li conosceva bene.
“Doflamingo”
“Falchetto” rispose spostandosi e facendolo entrare, per poi richiudere la porta.
Dietro l'enorme scrivania blu e azzurra si trovava Ivankov, sorridente come sempre e truccato in maniera eccessiva.
“Ora che ci siamo tutti zuccherini direi di iniziare, sedetevi pure al tavolo, ho preparato per voi dolci e alcool, so che vi piacciono”
 
I due fecero come aveva detto, ignorando il nomignolo.
Doflamingo si versò mezzo bicchiere di vodka.
“Sono tutto orecchie, spero che tu non mi abbia fatto venire per nulla”
Ivankov preferí restare dietro la sua scrivania per avere una buona visuale sui due uomini e per restare a debita distanza.
Sapeva di non essere debole, ma doveva ammettere che, proprio come Croco-boy, quei due mettevano in soggezione.
 
Inspirò e il suo sorriso svaní.
“Posso chiedervi il motivo per cui avete litigato?”
 
Mihawk alzò lo sguardo e Doflamingo appoggiò il bicchiere sul tavolo, quasi sbattendolo.
“No”
“C'è un motivo preciso per cui ho posto questa domanda, puoi rispondere anche in maniera vaga ma mi serve per capire quanto sapete”
I due uomini si girarono a guardarsi.
“Non c'è stato un motivo preciso” rispose Mihawk.
“Invece io ce l'ho un motivo preciso ma non alcuna intenzione di parlarne” ringhiò Doflamingo, il ghigno solito era sparito.
Si alzò in piedi di scatto con la precisa intenzione di andarsene da lí, non capiva nemmeno perché aveva acconsentito a quella pagliacciata.
“Cosa sapete sulla sua protesi?”
 
Doflamingo si bloccò.
“Quello che sanno tutti, che ha perso la mano in uno scontro con un uomo parecchio tempo fa”
Ivankov sospirò abbassando lo sguardo.
“Immaginavo. La verità non è mai perfetta, pone sempre dubbi e domande, la menzogna al contrario è credibile al cento per cento, perché non deve spiegare la realtà ma semplicemente dirci quello che vogliamo sentirci dire. E lui è stato davvero abile ad insabbiare tutto.
Non aveva previsto la mia presenza purtroppo”
 
Il biondo tornò a sedersi sul divanetto di fianco a Mihawk, che aveva preferito restare in silenzio.
 
“Cosa vorresti dire?” incalzò l'uomo con gli occhiali, che stava cominciando a perdere la pazienza.
Lo spadaccino lo guardò di sottecchi; il suo nervosismo era palese.
 
Ivankov li guardò negli occhi.
“Non c'è un modo facile per dirlo. Quello che sanno tutti è una balla, esattamente come la ragione per cui ha perso la mano e come l'ha persa.”
Aspettò qualche secondo, facendo in modo che i due immagazzinassero l'informazione.
“Ed è anche per quello che vi ha mentito, e ha preso le distanze da tutti e due”
 
Mihawk sbattè le palpebre, per poi abbassare gli occhi. Sentí Doflamingo irrigidirsi di fianco a lui.
“Non sono affari miei, ha avuto la possibilità di dire quello che pensava” sibilò il biondo, con un tono carico di disprezzo. “L'ha fatto. Il motivo per cui ha perso la mano è irrilevante”
“È irrilevante anche se ti dico che è stata colpa tua?”
 
A quel punto Mihawk alzò gli occhi e guardò Ivankov, notando che l'uomo non stava mentendo, anzi, sembrava gli costasse un'estrema fatica esprimersi.
Doflamingo perse la capacità di parlare.
 
L'uomo truccato inspirò profondamente.
“Immagino tu abbia ancora le cicatrici dovute a quel giorno, nel garage, Ikki Yukimura… Devo proseguire?”
“No”
Mihawk si girò a guardarlo; il biondo si stava passando una mano sulla fronte dove si stava creando del sudore.
Non era a conoscenza della storia e non sapeva neanche che quel tizio fosse tornato a fare danni.
 
Ivankov ebbe pietà di Doflamingo e parlò per lui.
In poche frasi raccontò allo spadaccino la vicenda e si fermò, aspettando che anche l'altro uomo, che aveva tenuto lo sguardo basso per tutto il tempo, tornasse a guardarlo.
 
Doflamingo si sentiva male, gli era venuta la nausea al solo ripensare a quel giorno, ma aveva deciso di ascoltare fino in fondo.
 
“Tu hai perso i sensi nel garage, non sai come sei uscito da lí, vero?”
“Mi ha portato fuori lui” rispose svuotando il bicchiere pieno di alcool.
“Aveva la mano bloccata sotto una colonna. Non l'ha mai persa in uno scontro, se l'è tagliata lui per poterti salvare la vita. Immagino che ti abbia detto quello che volevi sentirti dire pur di allontarsi da te. Quando c'è di mezzo l’amore, l’orgoglio è una qualità di cui si parla spesso ma che si applica raramente.”
 
Ivankov rimase in silenzio; i due uomini erano immobilizzati.
 
“Voi due lo conoscete molto meglio di me” sussurrò stringendo una mano dentro l'altra.
“Immagino possiate immaginare il motivo per cui lo ha fatto, e anche perché cerca sempre di non restare in vostra compagnia.”
Sorrise per un attimo.
“Deve essere difficile fingere di odiare qualcuno, magari ci si può autoconvincere quando si è da soli, ma ci vuole un grande autocontrollo per recitare quella parte.”
Si schiarí la voce.
“Glielo avevo detto di parlare con voi quando sono stata da lui, quel testone fa pure finta che il polso non gli faccia male”
 
Quando finí di parlare e alzò lo sguardo si rese conto del perché non sentiva nemmeno respirare.
Mihawk aveva le labbra serrate e uno sguardo vacuo, quasi stesse da un'altra parte con la mente; non poteva vedere gli occhi di Doflamingo, ma la testa abbassata e le mani strette attorno alle ginocchia erano abbastanza.
 
Ivankov si alzò ed uscí dallo studio, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandoli da soli. Un leggero sorriso increspò le labbra al pensiero che, nonostante tutto, quei due forse ci tenevano ancora a Crocodile.


 
Nessuno dei due parlò per molto tempo.
Mihawk si mosse per primo, versando ad entrambi un bicchiere pieno.
“Hai detto che si era già espresso abbastanza. Devi raccontarmi un po’ di cose”
E Doflamingo sbuffò, cercando di riprendere il controllo sulle sue mani, che tremavano come se avesse freddo.
“È vero”


 
-

 
Kidd si svegliò presto, cosa inusuale per uno come lui, che prima dell nove non era neanche una persona.
Il motivo era di fianco a lui e lo stava abbracciando.
Non era la prima volta che dormivano nello stesso letto, ma non era mai successo che fosse Trafalgar a cercare contatto fisico, anche mentre dormiva se ne stava nella parte del letto che aveva deciso fosse la sua.
Alcune volte appoggiava la schiena al suo corpo, altre si svegliava con la sua mano sulla spalla o sul braccio.
Questa volta invece era completamente disinibito, con la testa sotto il suo mento, la gamba destra gli avvolgeva il busto e il braccio destro lo teneva fermo.
La mano sinistra sbucava dal cuscino e finiva in mezzo ai suoi capelli rossi.
Non sapeva se essere indignato, sbalordito, stordito oppure divertito.
Decise di chiudere gli occhi e rimanere immobile per aspettare che fosse Trafalgar a svegliarsi e a rendersi conto di come stava dormendo.
Si sarebbe goduto la sua espressione impanicata, anche se gli sarebbe piaciuto di più se fosse arrossito.
 
Quando sentí la mano tra i suoi capelli muoversi pensò che fosse arrivato il momento.
Percepí Law muoversi leggermente e sentí anche quando si svegliò abbastanza per capire la situazione.
Kidd aprí lentamente un occhio e lo fissò, ritrovandosi lo sguardo dell'altro puntato su di lui.
Il moro riappoggiò la testa dov'era e non si mosse. Il rosso gli passò una mano tra i capelli e il suono che sentí in risposta gli fece sgranare gli occhi, sembrava fossero fusa.
“Eustass-ya, sei tutto rosso, non si vede più neanche dove iniziano i capelli. Le orecchie le abbiamo perse per sempre.” sussurrò divertito il dottore, non muovendosi ma guardando la faccia del ragazzo sotto di sé nel riflesso della lampada di fianco al letto.
“Chiudi la bocca Trafalgar”



 
-


 
La sera si è sempre più fragili, si fanno sciocchezze che poi al mattino si rivelano per quello che sono.
Quella volta però, presentarsi da Ivankov era stata una scelta giusta.
Doflamingo, dopo aver passato quelle che dovevano essere state ore in compagnia di Mihawk, tornò a casa, richiudendosi in camera e lasciandosi cadere su una delle poltrone.
Era da tanto che non parlava così con lui, in effetti il Falchetto non si esprimeva molto ma sapeva ascoltare.
 
L'uomo si tolse gli occhiali e si passò una mano sul volto.
Per la seconda volta in vita sua non sapeva cosa fare.
Doveva confrontarsi con Crocodile? Per dirgli cosa, che sapeva tutto? Che sapeva che gli aveva mentito, che sapeva che lo aveva fatto perché non voleva guardarli in faccia e dir loro delle balle?
Perché non si era confidato con lui?
Per paura della sua reazione?
Forse pensava che si sarebbe reputato un debole, o forse che avrebbe considerato lui un debole.
 
Si alzò in piedi.
Era decisamente arrabbiato, stava fumando di rabbia, il cuore pompava il sangue velocemente e ne sentiva il battito veloce nelle orecchie.
Erano passati vent'anni ma lui una spiegazione se la meritava, anche a costo di andare a casa sua o al lavoro e prenderlo a pugni.
 
Non era una cattiva idea rompergli la faccia, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare se la meritava una lezione.
Lo  amava, concetto sconosciuto per una persona come lui, eppure lo aveva amato, e si sentiva tradito e arrabbiato come non gli era mai successo. Aveva pensato che restargli lontano fosse la scelta giusta, che se non lo avesse visto se ne sarebbe scordato prima o poi.
 
Si è tagliato la mano per colpa tua.
 
Si alzò in piedi e senza pensare tirò un pugno al muro, rompendolo insieme a qualche osso.
Vergo entrò nella stanza qualche secondo dopo e lo guardò senza dire niente. Tornò poco dopo per avvolgergli le dita con una garza, curandole come meglio poteva, poi uscí, lasciandolo nuovamente solo.


 
-


 
Mihawk tornò a casa all'alba, non sapendo bene come ci fosse arrivato, probabilmente mettendo un piede davanti all'altro.
Era in uno stato catatonico; quella sera aveva saputo cosí tante cose che ignorava che si era ritrovato sopraffatto.
Quando lui e Doflamingo ebbero finito di parlare, decise che non avrebbe dormito, e come avrebbe potuto? Cosí rimase nel locale a bere, immerso nel rumore quasi non riuscí a sentire i suoi pensieri, e questo lo aiutò.
 
Entrò in casa e si tolse il cappotto.
Dopo una doccia calda si sedette sul letto; mentre si asciugava i capelli bagnati con un asciugamano, aprí il cassetto del comodino, guardando la foto all'interno.
Lo richiuse subito dopo.
 
Se Crocodile si era comportato in quel modo doveva aver avuto le sue ragioni, ma era solo una questione di tempo prima che Doflamingo esplodesse e decidesse di prenderlo a pugni.
Poteva capirlo in parte, ma poteva capire anche Crocodile.
Condivideva con lui il fatto di essere a disagio di fronte alle proprie emozioni, ma non sapendo cos'altro nascondesse il coccodrillo non riuscí a pensare oltre.
 
Sapeva che la situazione aveva raggiunto un punto critico, sperava solo di poter essere nelle vicinanze per arginare i danni.
Si sdraiò lanciando l'asciugamano per terra.
Era un peccato non potesse chiuderli in una stanza come l'ultima volta.
 
O poteva?



 
-


 
Crocodile aprí gli occhi, conscio che ci fosse qualcosa che non andava.
Tutta quella giornata era trascorsa in modo fin troppo tranquillo per i suoi gusti, e, per esperienza, sapeva che quando si verificavano queste condizioni era preludio di guai.
La tipica calma prima della tempesta.
 
Quando sentí dei botti contro la porta dell'ingresso di casa sua non fu troppo sorpreso, alla fine aveva sempre ragione.
 
I guai stavano bussando alla porta.
 
Aprí il cassetto del mobile di fronte al letto, si vestí e afferrò la Magnum dal manico in legno.
Aveva una mano sulla pistola, infilata nel bordo dei pantaloni dietro la schiena, quando aprí la porta.
 
“Doflamingo?”
 
Non c'era l'ombra di un sorriso sul suo volto, e nonostante lo avesse preso alla sprovvista, non si stupí più di tanto quando l'uomo gli tirò un pugno alla bocca dello stomaco, facendolo piegare in avanti.
Si ritrovò sostenuto da un braccio mentre cercava di riprendere fiato; distintamente aveva sentito il rumore della pistola che cadeva sul pavimento, ma la sua attenzione si focalizzò sulla porta che veniva chiusa.
Non ha il cappotto con le piume.
 
Crocodile sorrise al pensiero che il biondo fosse venuto per ucciderlo, in effetti pensava che ci avrebbe provato molto prima.
Come sempre, anche il fatto che lo volesse colpire sul volto non era una sorpresa.
Schivò il montante destro e colpí il gomito e il ginocchio, ottenendo un ringhio come risposta.
Doflamingo perse l'equilibrio ma recuperò usando un piede per farlo cadere nella stessa situazione. Entrambi gli uomini finirono a terra e si guardarono per qualche secondo, nel silenzio che regnava in quella casa.
 
Qualche secondo dopo erano di nuovo in piedi.
Pugni, calci, testate, prese e leve.
Finirono per pestarsi, sfogando la rabbia accumulata in quegli anni.
Crocodile riuscí a tirargli un calcio particolarmente potente da farlo cadere all'indietro; la porta del salone si staccò dai cardini sotto il peso dell'uomo.
Si passò la mano tra i capelli, pulendosi l'occhio destro da un rivolo di sangue; non ebbe il tempo di prendere fiato che Doflamingo lo afferrò per la maglietta e lo ribaltò, facendolo sbattere contro il mobile dietro di lui.
 
Crocodile si riprese in fretta, si alzò in piedi e sferrò una gomitata al fianco che l'altro decise di incassare, solo per poi afferrarlo per la gola e sbatterlo sul pavimento.
Il moro perse la vista per qualche secondo, provò a prendere fiato ma sentí la mano attorno al collo stringersi.
Alzò gli occhi e si ritrovò il volto di Doflamingo a poca distanza dal suo; entrambi sapevano che se avesse voluto avrebbe potuto liberarsi facilmente dalla presa ferrea.
Quando Crocodile alzò la mano sinistra, Doflamingo era pronto al colpo.
Il moro infilò le dita tra le asticelle degli occhiali e tirò, facendoli scivolare in avanti, poi riappoggiò la mano di fianco al suo corpo tenendoli stretti.
 
Ah, dopo tutto questo tempo, sono ancora così belli.
 
Quando perse i sensi lo fece con un sorriso sul volto.











 

Angolo dell'autrice:
Non ho molto da dire ah ah
Ciao.

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Capitolo 55
*** Quando si chiude una porta la si riapre, perché è così che funzionano le porte. ***


55) “Quando si chiude una porta la si riapre, perché è così che funzionano le porte.








 
Alla fine aveva agito d'istinto, comportamento che non approvava spesso, ma in quel frangente non aveva avuto tante alternative.
Era andato a casa di Crocodile e aveva fatto quello che voleva.
Nessuno dei due aveva parlato dopo che il moro lo aveva guardato sorpreso quando aveva aperto la porta.
 
Stava per stringere ancora la presa quando la mano di Crocodile, quella che non c'era più, si era mossa. Sapeva che il modo più veloce per liberarsi da una presa del genere fosse puntare al volto, era già pronto al prossimo colpo.
 
Che non arrivò.
Invece sentí il tocco freddo sul volto e gli occhiali scivolargli sul naso finché non gli furono tolti del tutto. La mano, come si era alzata, si riabbassò, crollando sul pavimento.
Crocodile gli sorrise e lui si perse in quegli occhi che tanto adorava e che lo stavano fissando davvero per la prima volta dopo tanti anni.
Lo vide perdere i sensi e staccò la mano di scatto, come se stesse prendendo fuoco.
Si abbassò di poco per sentire il respiro lento del moro e si rese conto che la visione offuscata non era dovuta ad uno dei tanti colpi ricevuti.
Lacrime.
 
Scoppiò a ridere.

 
-

 
Il dolore fu la prima cosa che percepí.
Dolore ovunque.
Inspirò profondamente, sentendo la gola tirarsi.
Quando fu certo di aver respirato abbastanza aria, fece leva sui gomiti e si trascinò sulla schiena verso il muro dietro di lui; solo dopo alzò lo sguardo.
Pensava lo avrebbe ucciso, ed invece era ancora vivo; pensava se ne sarebbe andato, ed invece, notò, Doflamingo era nella sua stessa posizione, appoggiato con la schiena al muro di fronte al suo, entrambi si trovavano ai due lati della stanza mezza distrutta.
Aveva il volto abbassato, ma stava in silenzio, non lo guardava neanche, ben sapendo che senza lenti era privo della sua difesa.
Gli occhiali erano ancora dove li aveva lasciati, per quale motivo non li aveva ripresi?
 
“Dopo tutto questo tempo”
La voce del biondo era gracchiante, quasi roca.
“Puoi smettere di mentirmi?”
Crocodile deglutí ignorando il fastidio; rimase immobile, ma non riuscí a sbattere neppure le palpebre quando si ritrovò immerso nello sguardo dell'altro.
Sapeva, sapeva che non poteva dire bugie se lo guardava senza lenti, non riusciva a pensarne una decente in ogni caso.
In risposta al suo silenzio ottenne un sospiro.
“Perché hai detto quelle cose in ospedale? Per una volta dimmi la verità e non mi vedrai mai più, te lo prometto”
 
La morsa che gli attanagliava lo stomaco prese in ostaggio anche il suo respiro.
“Uccidimi o vattene”
 
Doflamingo strinse le labbra tra loro, abbassando lo sguardo.
“Almeno i tuoi sentimenti sono mai stati sinceri?”
 
Crocodile si sentí morire, gli sembrava di essere stato catapultato indietro nel tempo e di trovarsi in quell’ospedale. Anche la mano cominciò a pulsare fastidiosamente.
“Non ti ho mai mentito”
 
Doflamingo chiuse gli occhi, in un palese tentativo di ritrovare la calma; lo vide dal tremore delle sue mani che avrebbe voluto ricominciare a picchiarlo.
“Eppure non vuoi darmi una spiegazione. Perché”
 
Dimmi la verità e non mi vedrai mai più.
 
Crocodile lo fissò ma senza provare astio, e Doflamingo lo notò, guardandolo semplicemente negli occhi.
“Se ti rispondo uscirai dalla mia vita”
La voce ferma con cui pronunciò quelle parole sorprese anche lui.
 
“Fosse cosí facile starti lontano o smettere di pensarti lo avrei fatto tanto tempo fa. Non ha funzionato, e ci ho provato, credimi.”
Il moro non disse nulla.
“Crocodile”
“Cosa vuoi.”
“Lo so come hai perso la mano, ti sto chiedendo perché hai fatto quella sceneggiata in ospedale. Voglio che tu me lo dica”
 
E Doflamingo vide per la prima volta l'altro sbiancare, gli occhi sgranati lo fissavano quasi impauriti.
Quasi. Erano avvolti da uno strato di preoccupazione che rendeva quell'uomo più umano di quanto non lo avesse mai visto.

 
“Se lo sai che cosa vuoi che ti dica, eh?”
Il tono basso era pieno di qualcosa che assomigliava a rabbia.
“Vuoi sentirmelo dire?” sbottò il moro sbattendo una mano per terra con forza. Una smorfia di dolore passò come un'ombra sul suo volto, ma sparí poco dopo.
“Vuoi che ti dica che quando ti ho visto in una pozza di sangue ho smesso di respirare? Oppure vuoi che ti dica che non ho dovuto pensarci due volte prima di strappare la mia stessa mano dal polso?”
Crocodile ansimò riprendendo fiato, chiuse gli occhi e li riaprí, sorridendo amaramente.
“Se ho rinunciato ad una mano per te, a cos'altro potrei rinunciare la prossima volta? Una gamba? Un polmone? La mia vita?”
 
E Doflamingo capí.
L'uomo dai profondi occhi neri non lo aveva mai considerato un debole, ma si era allontanato da lui perché era lui la fonte della sua debolezza.
“Ero un ragazzino, e tu eri figlio di un mafioso. Sai, tuo padre ha fatto uccidere i miei genitori, l'ho scoperto qualche anno dopo, come ho sentito di come tu lo abbia ucciso.”
Il biondo annuí.
“Non sapevo che altro fare”
“Credi che sia così solo per te? Anche tu mi rendi debole. Guardami.”
 
Il riferimento agli occhiali era implicito.
 
“Non meritavo quelle parole.”
“Lo so”
“Ma sai qual è la cosa più divertente?”
 
Crocodile alzò lo sguardo e i due uomini si guardano negli occhi.
“La cosa divertente è che dopo tutto quello che mi hai fatto io non ho mai smesso di…”
“Non lo dire.” lo interruppe bruscamente l'altro.
 
Doflamingo appoggiò la nuca al muro sorridendo; qualche secondo dopo si alzò in piedi, barcollando, prese gli occhiali e li rimise a coprire gli occhi.
Uscí da quella casa senza aggiungere altro.
Non si voltò.

 
-

 
Mihawk entrò in cucina e si fermò; davanti a lui c'erano i due mocciosi e un uomo che non doveva essere nella sua casa alla mattina.
“Rosso, fuori da casa mia”
Tre teste si girarono nella sua direzione.
“Perché? È simpatico!”
L'eccitazione di Zoro non gli migliorò l'umore, anzi, sommata a quella di Perona, che sorrideva e arrossiva come una scolaretta gli fece venire voglia di spaccare qualcosa.
“Stiamo facendo colazione, unisciti a noi” disse allegra la ragazza, indicandogli il piatto su cui si trovavano dei cornetti ripieni di cioccolato.
“Shanks è stato così gentile da portarci le paste”
 
Mihawk si sedette di fianco all'uomo, guardandolo per la prima volta in faccia da quando era entrato nella stanza.
Addentò un cornetto ed inspirò; quel sorriso finto poteva ingannare i ragazzini, ma non lui.
“Non avevate cose da fare?” disse quando notò che i due avevano finito di mangiare.
Il suo sguardo bastò per mettere a tacere ulteriori lamentele.
Quando furono soli, Mihawk bevve il tè e lo guardò.
“Ora. Posso sapere cosa ti porta di nuovo non richiesto in casa mia?”
 
Shanks decise di abbandonare la maschera che portava e si appoggiò allo schienale, mentre un sorriso tirato faceva bella mostra sul suo volto.
“Ho saputo che frequenti il locale di Ivankov, oltre ai tuoi gusti in fatto di donne avrei dovuto chiederti anche quelli sugli uomini forse”
Mihawk gli riservò uno sguardo glaciale.
“Stai attento a quello che dici” commentò “sei in casa mia, non ti conviene usare questo tono strafottente”
Ci fosse stata un'altra persona al posto del Rosso sarebbe scappata, o perlomeno avrebbe chiesto scusa. L'uomo non fece nessuna delle due cose.
 
Il moro si girò per bere; gli entrava in casa anche per fargli domande sui suoi gusti sessuali, era il colmo.
“Non mi hai risposto.”
“Vuoi sapere che uomini mi piacciono fisicamente, quelli con cui andrei a letto, o quelli con cui sono stato? Devi essere un po’ più specifico”
Occhi di Falco non era una persona provocatoria, ma ammise che stuzzicare quell'uomo fosse parecchio soddisfacente.
Shanks si morse il labbro inferiore prima di tornare a distenderlo in un sorriso, finto come il precedente.
“Interessante”
 
La parola, sussurrata quasi ridendo, lo fece allertare, ma non si aspettava certo che il Rosso lo prendesse per il colletto della camicia e lo tirasse verso di sé.
Mihawk si immobilizzò; le labbra dell'altro erano davvero morbide, proprio come le aveva immaginate. Shanks gli riservò un bacio tutto denti e lingua, senza alcuna traccia di calma o controllo.
Quando lo lasciò andare il moro lo guardò negli occhi e rimase interdetto, trovandosi davanti le pupille dilatate e piene di qualcosa che non poteva definire in altro modo se non carnale.
“Potevi dirlo prima, quindi adesso ho finalmente una scusa per entrarti in casa”
La piattola sorrise e tornò al suo tè, mentre lui era ancora immobile; chiuse gli occhi e allungò una mano verso il giornale, aprendolo davanti a sé e prendendo la tazza per finirne il contenuto.
“Ah, questo vuol dire che inizierò a corteggiarti”
Mihawk tossí violentemente, mentre sentiva il tè strozzarlo.
“Fuori da casa mia”
“Dicono che l'amore sia un ospite inatteso”
“Non giustificare le tue sortite con frasi fatte”
L'uomo sorrise.
“Non hai idea di quello che vorrei farti”
Mihawk abbassò il giornale.
“Se non sono le polpette con le patate e la millefoglie a pranzo puoi uscire”
“La millefoglie è nel frigo, le polpette posso farle, so cucinare io”
Occhi di Falco gli dedicò l'ennesimo sguardo scocciato, per poi alzare gli occhi al cielo e rimettersi a leggere il giornale.


 
-

 
Kidd entrò nell'ufficio di Crocodile quasi di corsa.
Quella mattina era arrivato al lavoro come se nulla fosse, pensando che il piano stabilito con Trafalgar fosse perfetto: avrebbero aspettato che i tre uomini si fossero incontrati ancora prima di divulgare le loro informazioni.
Non si sarebbe mai aspettato che Bon Clay lo fermasse e gli dicesse che il Boss era pieno di lividi in faccia e indossava un girocollo molto probabilmente per nascondere altre ferite.
E a Kidd non serviva certo un'intelligenza superiore per capire cosa fosse successo.
 
Aprì la porta e si fermò.
Davanti a lui Crocodile stava leggendo un foglio, seduto in maniera elegante come sempre, ma gli occhi stanchi e le occhiaie, accentuate da lividi rossastri lo immobilizzarono.
In quel momento prese una decisione.
Non poteva aspettare che si rivedessero se il risultato era quello, non voleva che si ammazzassero ed era abbastanza certo che non fosse nemmeno il fine di Law.
“Devo dirti che cosa ho scoperto”
Solo in quel momento Crocodile alzò lo sguardo.
“E il fondotinta che hai usato è terribile, lascia fare a me”



 
Law guardò Doflamingo per diversi minuti prima di parlare e scuoterlo dal suo silenzio.
Aveva un livido sul volto e si muoveva a rilento, segno che il suo avversario non doveva esserci andato leggero, e poteva esserci solo una persona capace di tenergli testa e ridurlo a non parlare per ore.
Il piano che aveva architettato con Kidd non era più un'opzione.
“Ho scoperto cose interessanti sul caso” commentò muovendosi dalla porta e andandosi a sedere di fronte al biondo.

 
-

 
Boa aprì la comunicazione Skype e gli otto quadratini si illuminarono, mostrando otto volti.
 
“Hancock, mancavi solo tu” La salutò la voce di Shanks.
“Abbiamo finalmente il colpevole, Moria è uno dei tuoi sottoposti, Absalom”
Vide l'uomo digrignare i denti e chiedere spiegazioni, che gli furono presto fornite dal Rosso.
 
In effetti tutto tornava, quel tizio aveva creato problemi in passato ma non pensava che avrebbe potuto arrivare a tanto.
Quando stava per disconnettersi, vide Mihawk voltarsi indietro.
 
“Roronoa, cosa vuol dire che hai visto quel tizio poco fa?”
Tutti gli occhi si puntarono su di lui e sulla voce fuori campo di un ragazzino.
“Sì, al parco, stava parlando con Perona. Lei mi ha detto che per farsi perdonare per averle fatto perdere il lavoro le ha regalato un profumo dal nome strano, centrava un veleno mi pare”
 
Boa deglutì; quel tizio aveva scelto la prossima vittima e forse, sentendo che Crocodile, Doflamingo e Mihawk si erano incontrati, aveva deciso di colpire anche lo spadaccino.
Probabilmente era venuto a conoscenza della nuova dimora di Perona e aveva pensato che fosse perfetta, d'altronde il moro non si affiancava a figure femminili.
La donna espirò ed aprì la bocca, pronta a chiedere come si doveva procedere, ma rimase immobile senza proferire parola.
Gli altri uomini ebbero la stessa reazione alla vista del volto contratto in una smorfia di pura ira di Occhi di Falco. Dopo qualche secondo il suo quadrato si tinse di nero, segno che l'uomo si era disconnesso.
 
Shanks si schiarì la voce.
“Non credo dovremmo preoccuparci più di lui, Moria, ti consiglio di trovarti del nuovo personale”
 
Boa chiuse il portatile e fissò il muro di fronte a sè; quegli occhi gialli brillavano anche attraverso lo schermo.
Il brivido che provò al pensiero di essere la fonte della rabbia dello spadaccino la fece annuire alle parole del Rosso.
Probabilmente non si sarebbe trovato più nulla di Absolom.

 
-

 
Zoro non capiva cosa fosse successo, sapeva solo di aver seguito Mihawk fuori di casa e per strade secondarie fino a quando non si erano trovati davanti alla scena.
Quando vide Absolom con una mano stretta attorno al collo di Perona appoggiò le dita sull'elsa della spada che aveva afferrato prima di uscire, ma non riuscì a fare altro se non guardare.
Mihawk, prima che Zoro potesse fare qualcosa, muovendosi rapido e silenzioso, arrivò di fianco ad Absolom, gli afferrò il polso e lo piegò, rompendoglielo e facendogli mollare la presa.
Perona crollò a terra ansimando e tossendo; lui la prese in braccio e si allontanò di qualche metro, ma anche con le spalle girate riuscì a sentire il rumore sinistro di ossa che si spezzavano.
Mentre si allontanava fece lo sbaglio di gettare uno sguardo alle sue spalle e in quei pochi secondi vide solo quegli occhi gialli bruciare.
Cominciò a correre con Perona in braccio senza curarsi più di niente, il suo obiettivo era tornare a casa e mettere quanto più spazio possibile tra lui e quel mostro.
 
Perona riprese a respirare in modo normale, cominciando a sentire qualcuno che chiamava il suo nome.
Sbattè le palpebre e mise a fuoco la faccia preoccupata di Zoro che, oltre a parlare, le passava un panno caldo sulla fronte.
“Cosa-” provò a dire, ma le uscì un rantolo; la gola le faceva male e faticava a respirare lentamente.
Zoro la zittì e ricominciò a parlare notando che aveva la sua attenzione.
“Non so cosa sia successo davvero, ma quell'uomo non ti farà del male un'altra volta.”
Lei annuì, troppo stanca e disorientata per fare domande, e si lasciò cadere in un sonno profondo, cullata dalla carezza sul suo volto.
 
Zoro controllò che la ragazza respirasse e si concesse un respiro di sollievo; forse doveva chiamare un medico per accertarsi delle sue condizioni, ma non sapeva a chi rivolgersi e neanche quando sarebbe tornato Mihawk.
Afferrò il cellulare.
 
“Ehi Zoro!”
“Rufy ascolta ho bisogno di aiuto”
“Cosa, che succede?”
“Non per me ma necessito di un dottore, che sia bravo e che sia anche veloce a venire qui”
 
Poco dopo Rufy gli diede un numero, dicendo di chiedere di Torao e di fare il suo nome.
Zoro fece come gli aveva detto e solo dopo che ebbe la conferma da parte di Trafalgar si sedette sul pavimento, prendendo Perona dal divano e appoggiandosela addosso.
Avrebbe sentito il suo cuore battere e si sarebbe accertato che respirasse, non avrebbe permesso ad un'altra donna che le stava simpatica di morire, soprattutto sotto i suoi occhi.


 



Angolo dell'Autrice:
ehilà, non sono morta, a volte mi ricordo di aggiornare, mea culpa per averci messo tanto!
In questo capitolo avrei voluto inserire la frase che ho preso come ispirazione per scriverlo (che credo sia una bella descrizione per il termine 'amicizia'), ma ve la lascio qua sotto, a presto!

 
Ci sono persone che aspetteremo sempre, non importa quanto le nostre vite siano andate avanti, per strade differenti. Non importa se non ci parliamo più. Continuiamo ad aspettarle, e se dovessero tornare, le accoglieremo come se non fossero passati giorni, settimane, mesi, anni.

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Capitolo 56
*** Dio li fa e non dovrebbe. ***


56) “Dio li fa e non dovrebbe







 
Trafalgar non era solito concedere favori al prossimo, ma sapeva bene che quando Mugiwara-ya chiedeva una mano era davvero importante, per questo chiamò Eustass e gli disse di venire il più velocemente possibile con l'auto, facendogli capire che era urgente.
Kidd non fece domande, e i due scesero dall'abitacolo una decina di minuti dopo, davanti all'indirizzo che gli era stato dato dalla voce al telefono.
Suonò e salì le scale, seguito a ruota dal rosso, che si guardava attorno con circospezione.
Law si trovò davanti un ragazzo poco più alto di lui, dai buffi capelli verdi e dalla muscolatura sviluppata che li fece entrare per poi chiudersi la porta alle spalle.
“Tu devi essere Zoro-ya, Trafalgar Law piacere, e quello dietro di me è Eustass Kidd”
“Piacere, ora puoi visitare lei? Dopo vi fornirò una spiegazione ma per il momento devi dirmi se sta bene”
 
Law posò lo sguardo sulla ragazza stesa sul letto pieno di pizzi bianchi e neri; respirava a fatica e tremava leggermente.
“Ok” commentò estraendo un paio di guanti in lattice dalla tasca “non ho con me nessuno strumento del mestiere ma posso fare anche senza”
Almeno per ora, pensò.
 
Zoro rimase a poca distanza a guardarlo, visibilmente scosso ma anche parecchio arrabbiato.
Kidd poteva capirlo, era la tipica reazione di una persona che non era riuscita a fare niente davanti ad un evento spiacevole. E non perché mancasse di forza di volontà o coraggio, ma semplicemente per tempistica o per fattori esterni.
 
Il moro si girò verso di loro e sorrise sollevato.
“Ha bisogno solo di un altro cuscino sotto la nuca e di aria fresca. Apri la finestra Eustass-ya. Per il resto ha subito una costrizione della laringe e respirerà un po’ a fatica, come se avesse l'asma, ma solo per qualche giorno, deve solo diminuire l'infiammazione”
 
Zoro annuì e le mise un cuscino sotto la nuca.
“Vado a prendere dell'alcool”
Dopo poco tornò con una bottiglia dal liquido ambrato e tre bicchieri.
Kidd, dopo aver aperto la finestra, si era messo a sedere sul pavimento in legno di fronte al letto e con la schiena appoggiata all’armadio.
Gli altri due ragazzi lo imitarono.
“Scusate se non vi offro di andare in cucina, ma preferirei restare qui”
“Nessun problema, per questo whisky puoi chiedermi anche di sdraiarmi nudo in mezzo alla neve, cazzo che buono”
Zoro sorrise.
“Mihawk ha un ottimo gusto in fatto di alcool”
I due ragazzi alla sua sinistra si irrigidirono.
“Mihawk, Drakul?” chiese Law mentre sgranava gli occhi, divertito dall'intera faccenda.
“È casa sua”
“Zoro, credo tu debba iniziare dal principio, perché per quanto io possa assecondare il maniaco qua di fianco non ho intenzione di farmi trafiggere da parte a parte da Occhi di Falco. E dov'è che ho già sentito il tuo nome?” rispose Kidd svuotando il contenuto del suo bicchiere.
Zoro appoggiò la nuca e raccontò di come era finito ad abitare nella villa dello spadaccino più forte in circolazione, raccontò anche di Perona e di quello che era avvenuto poco prima.
 
Kidd e Law sgranarono gli occhi e si fissarono.
“Perona quella dell'obitorio di Moria dove siamo entrati” disse il primo.
“Absolom il killer di prostitute che abbiamo identificato giorni fa” aggiunse il secondo.
Zoro li guardò mentre i due scoppiavano a ridere.
 
“Ora siete voi a dovermi spiegare”
Kidd lo fissò ghignando.
“Oh, ti piacerà un sacco. Tutto ha inizio da un'invasione di proprietà privata piena di cadaveri e popolata da attrici scomparse e mezzi zombie”
 
Zoro ascoltò di come fossero riusciti ad entrare e a farla a Moria, dei rendez vous nell'officina, di Penguin e Killer, di Crocodile e Doflamingo, del Moby Dick e della fuga da Smoker in auto.
“Voi siete completamente pazzi” commentò, sorridendo per la prima volta in quel pomeriggio.
“Certo che lo siamo, se no col cazzo che facevamo tutte ‘ste stronzate” rispose Kidd svuotando l'ennesimo bicchiere.
“E quindi voi siete i sottoposti di Crocodile e Doflamingo.”
“Già”
“Non credo corriate dei rischi stando qui allora”
 
E Law si passò una mano tra i capelli, pensando che Zoro avesse ragione in fondo. Dopo gli ultimi sviluppi di quelle settimane era chiaro a tutti e tre che Mihawk non avrebbe mai toccato qualcuno che stesse simpatico ai due uomini.
I tre rimasero in silenzio per un po’, ognuno perso nei propri pensieri, fino a quando la porta d'ingresso non si aprì cigolando.
Zoro scattò in piedi, imitato dagli altri due.
Mihawk passò davanti alla porta della stanza guardando Perona dormire e Zoro notò che si stava pulendo le mani con un fazzoletto rosso.
Lo sguardo di ghiaccio dell'uomo si posò poi su Trafalgar e Kidd, riconoscendoli subito nei due ragazzini dell'ascensore.
 
“Ho chiamato un dottore per sapere se stava bene” spiegò brevemente Zoro.
“Hai fatto bene”
Trafalgar deglutì. “Deve riposare e mangiare cose liquide per un po’, la gola le darà fastidio ma nulla che non possa guarire in un paio di giorni”
Quando gli occhi dorati si fissarono nei suoi sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
“Ti ringrazio. Restate pure, devo farmi una doccia ma dopo chiamerò i vostri genitori per farvi venire a prendere”
Kidd sbuffò rassegnato.
“E chi ti dice che vogliamo restare qui?”
Mihawk si girò per qualche secondo e distolse lo sguardo.
“Questo fazzoletto era bianco prima.”
 
I tre ragazzi gelarono sul posto mentre lo spadaccino si allontanava.
“Non so te Eustass-ya ma io devo tenere monitorata la mia paziente”
“Fai pure, io sono venuto a trovare un amico”
E Zoro sorrise.
“Come mai volevate scappare? Mihawk mette paura ma non penso sia quello il motivo”
“Il motivo è che Doflamingo mi ha promesso che se respiro ancora la sua stessa aria gli strappa il cuore e me lo porta” rispose Law appoggiando indice e medio sul polso di Perona per controllare la frequenza cardiaca.
“Già, abbiamo saltato la parte in cui noi due iniziamo a scopare e i nostri genitori, come ha detto prima quello lá, non ne sono entusiasti”
Zoro scosse la testa; nel giro di qualche ora in quella casa si sarebbero ritrovate persone parecchio pericolose.
 
Ci manca solo Shanks, pensò.

 
-

 
Mihawk si vestì con calma e mandò un messaggio ad entrambi gli uomini, dicendo che aveva in ostaggio i loro sottoposti.
Con la mente lucida potè ripensare agli avvenimenti di quel pomeriggio e si rese conto che non aveva fatto caso ai lividi sul volto dei due, ma che ora risultavano allarmanti.
Dato che quella giornata era da buttare avrebbe almeno fatto chiarezza su quel punto.
Il primo ad arrivare fu ovviamente Crocodile, che lanciò solo uno sguardo infastidito a Kidd prima di seguire Mihawk in cucina.
 
“Ti ringrazio per avermi chiamato, ma ora posso anche andare”
Il padrone di casa fece finta di non averlo sentito, dandogli le spalle per prendere tre calici e appoggiarli sul tavolo.
“Aspetti qualcun altro?” chiese Crocodile notando il terzo bicchiere, venendo però interrotto dal suono del campanello.
“Sì, l'altro genitore” rispose, andando ad aprire a Doflamingo mentre Crocodile abbassava lo sguardo.
Il biondo entrò e si fermò davanti alla porta della stanza di Perona.
“Lawrence, ti avevo avvertito che se lo avessi rivisto ci sarebbero state conseguenze”
Trafalgar lo guardò in modo interrogativo; per quanto la frase risultasse minacciosa, il tono usato era neutro, piatto, strano.
Kidd assottigliò lo sguardo davanti ad un Doflamingo stanco, che comunque non mancò di riservargli una smorfia di disapprovazione.
“Questa è casa mia, fai qualcosa che non approvo ed uscirai a pezzi da quella porta”
Mihawk lo affiancò solo per fargli un cenno col capo e mandarlo in cucina, ma prima di seguirlo si girò verso i tre ragazzini.
“In realtà capitate a proposito” disse soltanto indicandosi un occhio per poi sparire.
Kidd e Law si girarono e capirono immediatamente cosa avesse voluto dire lo spadaccino.
“Cosa vuol dire?” chiese Zoro, che di tutta la faccenda sapeva poco.
“Vuol dire che vuole sapere perché sono venuti alle mani” rispose Law.
“E noi non abbiamo intenzione di perdercelo” aggiunse Kidd.
Zorro sogghignò.


 
Mihawk chiuse la porta della cucina e si girò a guardare Crocodile, seduto davanti al tavolo, e Doflamingo in piedi appoggiato con la schiena al frigorifero.
“Non sono affari miei quello che è successo, ma non posso dire di essere sorpreso” iniziò, versando a tutti del vino. “Una volta eravamo amici quindi forse un po’ sono affari miei se finite così. Che pena. Volete dirmelo voi o devo tirare ad indovinare?”
I due uomini se ne stavano in silenzio; Mihawk sapeva benissimo che nessuno li obbligava a stare lì e che, se avessero voluto, sarebbero potuti andare via anche in quel momento, ma aveva l'impressione che nessuno si sarebbe mosso per il semplice motivo che era giunto il momento di comportarsi da adulti.
 
“Ivankov ci ha chiamato nel suo ufficio e ci ha raccontato della mano. Sappiamo che te la sei tagliata da solo per salvargli la vita, Crocodile. Posso anche capire la tua reazione di staccarti da ciò che reputavi ti rendesse debole, ma tu hai la brutta abitudine di decidere per gli altri, senza prima chiedere. Doflamingo avrá tanti difetti, ma credo che quello che lo caratterizza di più sia la testardaggine e la convinzione nelle sue idee. Probabilmente se glielo avessi detto si sarebbe fatto ammazzare pur di dimostrare che aveva ragione.
Che bella coppia di idioti che siete, l'ho sempre pensato, fin da quando Doflamingo ti moriva dietro e sprizzava gelosia da ogni poro ogni volta che uscivi con qualcuno. O quando vedevo Crocodile provare a sembrare una persona che non era per non far vedere che ci teneva a te. O a me.”
 
Mihawk si interruppe per bere due sorsi di vino.
“Sapete, vi reputavo idioti ma non ho mai smesso di considerarvi miei amici, e non ho mai smesso di credere che voi due sareste finiti insieme, in un modo o nell'altro. Un detto dice Dio li fa e poi li accoppia, ma nel vostro caso Dio li fa e non dovrebbe.”
Crocodile sentì le labbra distendersi leggermente in un qualcosa che non poteva essere altro che un abbozzo di un sorriso; Doflamingo non ci provò neanche a nascondere il suo.
“Sei sempre stato un gran romantico, Falchetto”
“E voi non siete più dei ragazzini. Quale scusa avete ora?”
Crocodile chiuse gli occhi e incrociò le braccia al petto.
Nessuna, pensò, ora non ci sono scuse.
 
Mihawk piantò il suo sguardo sul moro, intuendo i suoi pensieri, e sorrise. Appoggiò il calice sul tavolo e si alzò in piedi.
“Inoltre” aggiunse avvicinandosi alla porta con passi silenziosi “non sono l'unico a preoccuparmi per voi” concluse abbassando la maniglia spostandosi ed evitando la porta che si spalancò sotto il peso dei due ragazzini che si erano attaccati ad essa per origliare.
 
“Che piano geniale Eustass-ya”
“Ma stai zitto”
 
Crocodile alzò gli occhi al cielo e Doflamingo scoppiò a ridere; Law e Kidd li guardarono mentre erano distesi a terra, notando la mancanza di tensione che c'era poco prima.
Zoro fece capolino dietro di loro.
“Ho chiamato Rufy per aggiornarlo e ora capisco perché suo fratello vi chiama Romeo e Giulietta”
 
“Ti ci metti anche tu adesso, pensavo fossimo amici” sbottò Kidd alzandosi in piedi ed estraendo il cellulare dalla tasca. “Già che ci sei salvami in rubrica i numeri di quei due cretini, che ho come l'impressione che dovrò andare a salvar loro il culo di nuovo”
Law affiancò Doflamingo.
“Credo sia il caso di usare un fondotinta”
“Cominci a parlare come Rocinante, smettila” commentò ridendo il biondo mentre il ragazzo di fronte a sè alzava gli occhi al cielo.
“Eustass-ya, come si chiama la marca che usi tu?”
 
Mihawk finì di bere e si schiarì la voce.
“Law, domani torna per visitare Perona. Per quanto sia bello questo momento ho raggiunto il mio livello di sopportazione per oggi, quindi fuori da casa mia”
Una volta usciti tutti sul pianerottolo, Crocodile si girò verso Mihawk prima che chiudesse la porta.
“Che cosa ne hai fatto di quel tizio?”
Lo spadaccino inclinò la testa da un lato e distese le labbra.
“Buonanotte Croco-chan”
 
Quando la porta si chiuse, Kidd e Law si precipitarono fuori.
“Perché glielo hai chiesto, ora non dormo per una settimana” sussurrò Doflamingo al moro che rise chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.
“Il più pericoloso è sempre quello più silenzioso”
“E dovevi chiederglielo per avere la conferma di una cosa che sapevi già?”
“Buonanotte Doflamingo” disse Crocodile cercando di non ridere davanti all'espressione scioccata dell'altro.
Kidd salutò Law con un cenno e il dottore gli fece segno di chiamarlo.

 
“Non pensare che questa storia sia finita qui” sibilò il biondo al dottore mentre salivano in auto.
“Domani ne riparliamo, ora sono davvero stanco”
“Hai ragione” rispose Law mentre partivano “domani parliamo della tua storia adolescenziale con Crocodile”
Doflamingo inchiodò di scatto sbalzandolo in avanti e facendogli tirare una testata sul cruscotto.
“Oh no, Law, ma che combini, lo sai che la sicurezza è importante” lo rimproverò l'uomo ridendo davanti alla faccia nera del ragazzo mentre si massaggiava la fronte.
“Un giorno. Un giorno ti ammazzo”
“Certo, certo”


 
Crocodile guardò Kidd allacciarsi la cintura.
“È il caso che ti intensifichi le ore di autodifesa dato che non hai alcuna intenzione di staccarti da Trafalgar Law”
Kidd sbuffò infastidito.
“Non ne ho bisogno, è lui che deve fare allenamento”
Il moro alzò gli occhi al cielo.
“Altro che staccarmi da Law, sarò il suo nuovo incubo, brutto stronzo deve solo darmi un motivo, un motivo, lo distruggo quello” ringhiò il rosso beccandosi uno scappellotto.





 
Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti! Sono qui per pubblicare il nuovo capitolo e dirvi che gli aggiornamenti saranno più frequenti perchè ho finito di scrivere questa storia!
Spero che qualcuno continui a leggere, come sempre le recensioni e i commenti sono ben accetti,

a presto,
A. of S.

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Capitolo 57
*** Si ama ciò che non si ha, come il giorno ama la luna. ***


57) “Si ama ciò che non si ha, come il giorno ama la luna.”






 

Kidd aprì la porta sgocciolando dappertutto; aveva appena finito una mattina massacrante di allenamenti e finalmente era riuscito a farsi una doccia e a lavarsi via il sudore di dosso, stava per sdraiarsi nudo sul letto in compagnia di una birra e invece il maledetto campanello aveva iniziato a suonare.

Law alzò le sopracciglia davanti al corpo dell'altro. 

“Apri sempre così la porta o sono io che ti provoco queste reazioni?”

Il rosso inspirò e tirò in casa il dottore, chiudendo la porta dietro di sè.

“Prima di tutto devo bere, poi posso riconoscere il fatto che tu sia in casa mia”

Trafalgar fece finta di non aver sentito, sedendosi sul tavolo ed appoggiando i piedi sulla sedia.

“Sono uscito prima che Doflamingo mi trovasse. Pensa, ha dormito fino all'ora di pranzo”

“E hai avuto la brillante idea di venire qui senza chiamare”

“Non rispondevi” rispose il moro rubandogli la birra e bevendone un po’. 

“E la tua soluzione è stata venire a rompere il cazzo”

“Non vorrei mai romperlo, mi serve funzionante”

 

Law appoggiò la bottiglia di fianco a sè per avvolgere le braccia attorno al collo di Kidd e tirarselo contro, facendogli spazio tra le gambe.

“Oggi in palestra ho fatto un movimento che non avrei dovuto fare” commentò Kidd afferrando la birra con una mano mentre l'altra trovava la sua posizione sul fondoschiena del moro.

“E quale?” chiese il dottore baciandogli la mandibola.

“Ci sono andato”

Kidd finì la birra e Law ghignò.

“Visto che ti mancano i pantaloni…”

Il rosso finì seduto contro il muro con l'altro tra le gambe e non ebbe nemmeno il tempo di imprecargli contro qualche maledizione che la bocca di Law le fece svanire.

Quella dannatissima bocca, che in quel momento si stava intrattenendo poco più in basso, gli fece tirare una testata contro il muro per evitare di finire nei primi due minuti.

Eustass Kidd aveva ricevuto molti lavori orali nel corso della sua esistenza, ma questo, questo era decisamente meglio di qualsiasi cosa avesse mai avuto il piacere di provare.

Alzò il mento e provò a fissare il soffitto ma gli occhi si abbassarono contro la sua volontà, trovandosi davanti alla schiena arcuata del moro.

La felpa si alzava dopo ogni movimento, rivelando una porzione in più di pelle e Kidd decise che ci voleva mettere le mani sopra. E lo fece.

 

Dei botti contro la porta li fecero sobbalzare entrambi.

“Law! Lo so che sei qui, apri!”

“Che cazzo ci fa Doflamingo qui?” ringhiò il rosso mentre Law sbiancava.

“Esci”

“Cosa?”

“Fuori dalla finestra, ora”

 

Doflamingo guardò la porta aprirsi e Law guardarlo con un'aria innocente.

“Che bella sorpresa non voluta, cosa ci fai qui?”

“La vera domanda è cosa ci fai tu qui. Lui dov'è?” chiese spostandolo ed entrando in casa.

“Quando sono arrivato non c'era, perchè, volevi parlargli anche tu?”

Il biondo scosse la testa, segno che credeva poco a quello che gli stava dicendo, ma dopo un giro completo dell'appartamento dovette ammettere che del moccioso non c'era traccia.

“Vuoi una birra mentre lo aspettiamo?” 

“No grazie, ti aspetto fuori tra due minuti, lasciagli pure scritto che non potrai venire per un po’ ” commentò guardando un'ultima volta la cucina ed uscendo.

Law corse ad aprire la finestra dove trovò due mani smaltate appese.

“Eustass-ya, dammi la mano, veloce”

Dopo averlo fatto rientrare richiuse la finestra.

 

“Mi hai chiuso fuori di casa”

“Lo so”

“Casa mia.”

“Sì lo so”

“Nudo, appeso ad una finestra”

Il moro gli afferrò il volto e lo baciò.

“Ti ho salvato la vita, cretino. Non fare cazzate mentre mi tortura, non ho idea di quando potrò tornare qui, ma mi metterò in contatto io, ciao Eustass-ya” sussurrò baciandogli la guancia e correndo fuori dall'appartamento.

 

Kidd sentì la porta chiudersi e si passò una mano tra i capelli ancora leggermente bagnati.

“Nudo, appeso alla finestra di casa mia, con un'erezione. Porca troia.”



 

-


Law entrò nell'ufficio di Doflamingo; sperava che l'uomo lo avrebbe portato nella residenza Donquixote, invece aveva scelto un posto più privato.

“Quale sarebbe il problema se frequento qualcuno? Non è la prima volta che vado a letto con un uomo”

Meglio tentare un approccio diretto.

 

“Il problema è che non c'è un solo problema. Non lo conosco, è un sottoposto di Crocodile, potrebbe usarti oppure spezzarti il cuore. Quindi non sono molto favorevole”

“Direi che sono adulto e questo genere di affari posso trattarlo da solo”

Law si appoggiò al muro guardando Doflamingo grattarsi la nuca.

“Lo pensavo anche io”

 

Il moro non disse nulla, guardando l'uomo camminare dietro la scrivania e sedersi sulla poltrona.

“La verità è che ti abbandona una sola persona, e poi ti senti solo con chiunque altro. Basta che ti lasci la persona giusta e crolla tutto come un castello di carte, voglio evitarti questa delusione”

“Il ricordo delle cose belle non vale come felicità. Fossi stato in te avrei agito in maniera diversa”

Il rumore della mano sul legno fece alzare gli occhi azzurri sulle lenti.

“Tu non sai niente.”

“Ma qualcosa ho sentito. Non so niente, è vero però non puoi dirmi cosa devo fare in questo modo, non ho tre anni”

 

Doflamingo aprì la bocca ma la richiuse, un sorriso sghembo si dipinse sul suo volto.

“Oh Law, tu non lo hai ancora capito”

Il moro sbuffò irritato.

“Capito cosa?”

“Credi che mi comporterei così per una cotta o una scopata senza futuro? Quanto sei stupido”

Il ragazzo continuava a fissarlo come se gli avesse appena detto di essere una fata.

“Credo dovresti fare chiarezza sui tuoi sentimenti prima di continuare questa conversazione” concluse il biondo spingendo un pulsante ed evocando Vergo, che aprì la porta e portò fuori un Trafalgar piuttosto confuso.

 

“Stupido ragazzino, neanche ti rendi conto che sto cercando di aiutarti”



 

-


Crocodile stava apprezzando il silenzio di quella giornata, la pace del suo ufficio, l'atmosfera rilassante della musica jazz soffusa e la magia di una tazza di caffè fumante in mano.

Alzò lo sguardo deglutendo e cercando di riacquistare la calma davanti ad un Kidd scocciato seduto davanti a lui.

“Ti ho dato per caso l'impressione di essere un consulente di agenzie matrimoniali?”

“Il tuo amico si è presentato a casa mia per trascinarsi dietro Trafalgar, ed eravamo nel bel mezzo di-”

“Non voglio saperlo” sbottò il moro passandosi una mano tra i capelli. “E come mai sei vivo?”

“Quel dottore del cazzo mi ha detto di appendermi alla finestra!”

“Aspetta. Ti sei appeso alla finestra di casa tua?”

“Sì, nudo, e non ti dico in che stato! Brutto coglione”

 

Crocodile provò a respirare lentamente, ma non riuscì a fermare la risata sguaiata che gli scoppiò nel petto al solo pensare alla scena. Eustass appeso senza vestiti come uno di quei Babbi Natale attaccati ai davanzali, e Doflamingo che apriva gli armadi e guardava sotto il letto. Fantastico.

 

Kidd lo fissava stralunato.

“Questa giornata migliora ogni secondo”

“Oh, mi fa piacere che le mie sfighe ti illuminino la giornata, come cazzo faccio adesso a contattarlo se quello stronzo si mette in mezzo?” sbottò il rosso incrociando le braccia e digrignando la mascella.

“A volte Kidd, la soluzione è un approccio non diretto.”

“E questo che minchia vuol dire?”

“Linguaggio.”

 

Kidd sbuffò e si alzò in piedi.

“Come fa a piacerti quel tizio lo sai solo te”

Crocodile sbattè le palpebre e incassò senza alcun cambiamento di espressione.

“Lo sanno le persone che contano allora”

E Kidd si zittì sbuffando nuovamente ed uscendo dall'ufficio.

Non mi ha contraddetto, facciamo passi avanti.

 

Magari la soluzione era far scopare i loro capi, un po’ di distrazione e di orgasmi non fanno mai male.

“E questo sarebbe un Signor Approccio Non Diretto” commentò ad alta voce mentre un ghigno sinistro faceva bella mostra sul suo volto.

Bon Clay lo vide e scosse la testa; ogni giorno che passava quel moccioso assorbiva sempre più le brutte abitudini del Boss.




 

-



 

Perona si era rimessa in pochi giorni, tra i dolcetti che le portava Mihawk e i tessuti che le comprava Zoro aveva pure sfruttato il tempo a letto per riposarsi. Incredibilmente i due spadaccini, di tacito accordo, avevano pulito casa e fatto la spesa, per non parlare del bucato e dei pasti.

Era quindi prevedibile che sia lei che Zoro decidessero di uscire per cambiare aria dopo i tre giorni di reclusione per convalescenza.

Il ragazzo aveva deciso di passare da Rufy e Ace e si era portato dietro anche lei, così Mihawk si pregustava già la sensazione di avere casa libera per il weekend.

Gli sembrava di essere tornato adolescente, quando non vedeva l'ora che sua madre facesse qualche trasferta di lavoro per mangiare in salotto e addormentarsi con pc e televisione accesa senza essere rimproverato.

 

Passò la mattinata a dormire sul divano e nel tardo pomeriggio ordinò due pizze perchè aveva decisamente appetito.

Stava cominciando a rabbuiarsi quando sentì un rumore nell'ingresso, e, sapendo che poteva esserci solo una persona capace di entrare dalla porta principale di casa sua senza temere le conseguenze perché troppo stupido, appoggiò il bicchiere nel lavello, si lavò le mani e si diresse alla fonte del rumore.

Poco dopo, come aveva previsto, la porta si aprì e si richiuse dietro una figura a lui nota.

“Ho sentito che i bambini sono fuori”

“Rosso, non mi pare di averti detto di venire”

“Non lo fai mai” rispose Shanks togliendosi il cappotto e appendendolo.

“Cosa stiamo facendo?” Mihawk non potè evitare di fare la domanda che poteva far finire qualunque cosa ci fosse tra loro, ma era stanco dei giochetti degli altri.
E ora era stanco anche di quelli di Shanks.

“Stiamo ballando” rispose l'altro uomo, ancora immerso nell'ombra della casa; il moro sapeva che lo stava fissando perché sentiva il suo sguardo come una carezza, e questo lo innervosì, così non rispose. 

“Stiamo ballando da un po’ direi”

Shanks fece un movimento verso di lui, come se volesse avvicinarsi. “Vuoi fermarti?”

 

Mihawk si rabbuiò, sapendo benissimo cosa gli stesse chiedendo il suo ospite indesiderato, sapeva che poteva rispondergli di sì e lui si sarebbe allontanato. 

“Rosso, a te non piacciono gli uomini, non prendermi in giro e sparisci”

“In realtà ho avuto qualche storia con persone del mio stesso sesso, ma nulla di importante, solitamente l'avventura di una notte, sai, per curiosità.” commentò con nonchalance facendo un passo verso di lui.

“E ora vorresti entrare nel mio letto perchè non hai trovato di meglio stasera?” lo rimbeccò mentre l'uomo davanti a lui accorciava ancora le distanze.

“Sai che non è così.”

“No, non lo so.”

 

Shanks si fermò a un braccio di distanza e lo fissò negli occhi con un sorriso amaro sul volto.

“Davvero? Ti basta chiedere. Cosa vuoi?”

Il moro alzò leggermente il mento, atto che sembrava un cenno di superiorità ma che in quel frangente fece sentire il Rosso sotto un microscopio.

“Io non mi accontento degli scarti, o ottengo tutto, o non voglio assolutamente niente” sibilò Mihawk mentre Shanks deglutiva e abbassava lo sguardo sul suo collo esposto, notando il pulsare delle vene e sentendo il proprio battito cardiaco rimbombargli nelle orecchie.

Sapeva che non sarebbe stato semplice parlare con lui, ma in quel momento realizzò anche che quel giorno Makino aveva capito la situazione molto meglio di quanto lui avesse mai potuto fare. Nonostante le storie che aveva avuto si era sentito sempre più vuoto, le persone andavano e venivano e non ce n'era nessuna che vedesse al suo fianco.
Nessuna tranne l'unica che non se n'era mai andata.

“Avrai tutto” concluse, facendo l'ultimo passo verso di lui. Fu così veloce che non diede tempo a Mihawk di reagire; con una mano sulla nuca gli tirò leggermente i capelli per esporre ancora di più la gola, leccandola fino alla mandibola per mordere leggermente l'osso sottostante.

Sentì le dita del moro avvolgersi attorno alla sua gola e stringere, staccandolo e portando il proprio volto all'altezza del suo.

I due uomini si ritrovarono a respirare velocemente uno nella bocca dall'altro, strattonando capelli, vestiti o qualsiasi cosa riuscissero ad afferrare.

Mihawk portò entrambe le mani ai lati del viso di Shanks e lo fermò.

“Letto. Ora.”

Il Rosso non gli rispose nemmeno talmente era impegnato a guardare le labbra dell'altro spadaccino, che se lo trascinò dietro a forza. Poteva vantare una certa esperienza nell'ambito, anche se gli uomini non erano la sua scelta preferita nella ricerca del partner, aveva comunque avuto rapporti con lo stesso sesso, più per capire cosa si provasse che per voglia vera e propria. Quella la ritrovava solo quando aveva una donna sotto di sè, e quindi si sarebbe dovuto sorprendere della reazione del suo corpo dal momento in cui aveva toccato Mihawk con quell'intento in mente.
Non si era sorpreso.

“Questo avverrà secondo i miei termini” continuò il moro, con un tono di voce più basso del normale mentre entrava in camera e spingeva il Rosso verso il letto fino a farlo cadere all'indietro. “Sono stato chiaro?”

Shanks lo fissava con occhi scuri e pieni di bramosia; annuì deglutendo mentre si issava sui gomiti, non sentendosi in grado di affidare la risposta alla sua voce.

“Bene” sussurrò il moro facendo un passo indietro e cominciando a togliersi i vestiti; il Rosso rimase incantato a fissare i movimenti fluidi dell'uomo, dimenticandosi per un secondo della sensazione di costrizione nel cavallo dei pantaloni. Gli sembrava un crimine distogliere lo sguardo dalla scena di fronte a lui.

Mihawk finì di spogliarsi e si girò, un lato della bocca alzato verso l'alto alla vista del suo ospite ancora totalmente vestito.

Senza commentare, afferrò la croce che portava al collo, tirò, staccandola e, dopo aver sfoderato la lama nascosta al suo interno, tornò a rivolgere la propria attenzione davanti a sè.

 

Shanks aprì la bocca per respirare, parlare, fare qualcosa, ma l'uomo si avvicinò nuovamente e mosse il polso della mano armata.

Sentendo un click abbassò lo sguardo e vide i suoi pantaloni completamente strappati. Alzò gli occhi rivolgendogli uno sguardo divertito; si tolse tutto, anche i boxer prima che Mihawk potesse riservare loro lo stesso trattamento.

Purtroppo la sua camicia non fu così fortunata e finì a fare compagnia a quello che restava del resto dei suoi vestiti.

Shanks non provò nemmeno a pensare mentre Mihawk afferrava una bottiglietta di quello che doveva essere lubrificante; gli afferrò la mano all'altezza del polso per spalmarne il contenuto sulle sue dita e guardarlo come per ricordargli le parole di poco prima. Secondo i suoi termini. Gli stava dicendo che quello era una concessione, e lui doveva semplicemente fare quello che gli veniva permesso.

Il Rosso deglutì mentre l'altro lo lasciava fare: una, due, tre dita; il respiro dell'uomo gli solleticava l'orecchio e le unghie, piantate saldamente nelle sue spalle, lasciavano dietro di loro una scia rossa.

Un movimento diverso delle dita fece vibrare il corpo di Mihawk che spinse Shanks sul letto con una forza disumana per poi guardarlo con il solito sguardo di ghiaccio, non riuscendo appieno a mettergli paura.

“Lascia che chiarisca una cosa” sibilò alzandosi leggermente sulle ginocchia.

“Sei in casa mia perché io lo permetto” disse abbassandosi e accogliendo il corpo dell'altro nel suo. Shanks emise un suono gutturale, quasi un ringhio strozzato, e provò ad alzarsi a sedere, ma le mani del moro lo tenevano saldamente ancorato al letto.  “E sei nel mio letto perché io lo permetto” sibilò abbassandosi in avanti e piegando la testa da un lato, baciandolo e succhiandogli le labbra.

“Sì, sì ho capito” riuscì a rispondere Shanks prima di leccare nuovamente la gola dell'altro e ricominciare a baciarlo, questa volta piantando lui le unghie nella schiena e nei fianchi del moro.

“Bene.”



 

-



 

Bon Clay guardò sconsolato il fattorino bussare alla porta dell'ufficio del suo capo. Ormai erano tre giorni che la stessa scena si ripeteva e c'erano davvero poche persone che potevano mandare tulipani rossi la mattina presto, dopo qualche ora vestiti pitonati, mutande leopardate o altra schifezza del genere. Per non parlare del cibo che arrivava a pranzo, fragole con panna e un contenitore pieno di caffè nero senza zucchero del migliore bar della città, ovviamente ancora caldo.

Era palese che qualcuno avesse deciso di corteggiare il Boss, oppure avesse deciso di morire, alla fine era la stessa cosa trattandosi di Crocodile.

L'uomo sembrava del tutto indifferente al via vai e agli oggetti recapitati, ma Bon Clay era sicuro di averlo visto rilassarsi leggermente quando beveva il caffè misterioso.

Dentro al termos rosa.

Davvero, probabilmente era finito in un universo parallelo.

 

Al sesto giorno gli venne un infarto, o meglio, un blocco cerebrale a causa di quello che stava vedendo.

Doflamingo.

In mezzo all'ufficio.

Con il caffè in mano.

Quando lo vide entrare dal Boss estrasse il cellulare per chiamare Ivanokov mentre il resto dei suoi collaboratori prendeva un sospiro profondo e scattava nella sala riunioni dalla parte opposta.

Bon Clay li seguì ma non prima di aver visto Kidd avvicinarsi furtivo alla porta del Boss.

Alzò gli occhi al cielo e rispose alla Grande Iva, sperando solo che il moccioso non si facesse ammazzare.

 

Crocodile alzò lo sguardo appena la porta del suo ufficio si chiuse, notando anche la mancanza di chiacchiericcio nel resto del piano.

Appoggiò le carte che stava leggendo e si tolse gli occhiali da lettura appoggiandoli sulla scrivania in mogano.

“Ti ho portato il caffè” disse Doflamingo, non accennando a smettere di sorridere come un ebete “e quindi gradirei puntassi quell'arma da un'altra parte”

Il moro sbuffò quasi divertito e appoggiò anche la pistola davanti a sè; ne teneva sempre una attaccata alla scrivania nel caso servisse.

“Hai finito?”

“Mi conosci, ho appena cominciato”

Crocodile allungò il braccio accettando il solito termos e le solite fragole, stavolta ancora intere e senza panna.

“Ti pregherei di no”

“Mi preghi già? Speravo di ottenere questo privilegio alla fase successiva” commentò il biondo sedendosi di fronte a lui.

Crocodile aveva notato che l'uomo si era vestito con un girocollo grigio e una giacca nera, nemmeno i pantaloni erano sgargianti ma di un grigio scuro.

Non disse una parola a riguardo e non pensò nemmeno che quell'idiota si fosse vestito così per lui.

 

“C'è una fase successiva” disse invece, affermando una cosa di cui avrebbe volentieri fatto a meno.

“Assolutamente, ho preparato un grafico”

Doflamingo

“Sì, ho qui la chiavetta con una presentazione Power Point, e sì, ho tutta l'intenzione di seguirlo alla lettera.” rispose annuendo.

Il moro sapeva che non avrebbe potuto impedirgli di fare altri danni o di mandare altre cose nel suo ufficio; quando si metteva in testa una cosa il fenicottero era un treno ad alta velocità senza freni.

 

E adesso ha deciso di ritornare adolescente e corteggiarmi come si farebbe con una ragazzina, che gioia.

 

“Basta il caffè”

Doflamingo smise di sorridere per qualche secondo, inclinando la testa da un lato.

“Nel senso che posso continuare?”

Crocodile sbuffò alzando un sopracciglio. “Avresti smesso se te lo avessi chiesto?” 

“Sì” rispose quasi subito il biondo.

Rimasero in silenzio per un altro po’ fino a quando Doflamingo non ricominciò a sorridere.

“Quindi ti fa piacere se lo faccio”

“Ma per favore”

“Adoro quando mi preghi, se continui svilupperò un nuovo kink”

“Nuovo?”

“Ok, non è nuovo ma hai capito”

 

Crocodile inspirò chiudendo gli occhi e portandosi una mano sulla fronte. 
“Il tuo completo narcisismo tocca vette più alte ogni volta che ci parliamo” commentò l'uomo riaprendo gli occhi.

“Già, e pensa, ti basterebbe solo chiedere per avermi in ginocchio”

Il moro deglutì e roteò gli occhi in un atto di fastidio, ma Doflamingo allargò il suo sorriso notando l'aria divertita dell'altro.
“Doflamingo” disse alzandosi e aggirando la scrivania per fermarsi di fronte all'uomo seduto.

Il moro assottigliò lo sguardo e con una mano gli sollevò il volto per poi piegarsi in avanti così da essere alla sua stessa altezza. 
“Trovo piacere in ogni forma di controllo, soprattutto se riguarda il mio corpo. Adoro arrivare al limite e negarmi il conforto di un piacere momentaneo, posso andare avanti per ore, quindi ti assicuro che se ti lasciassi fare quello che dici sprecherei tutto il pomeriggio e non finirei la revisione dei documenti che mi ero ripromesso di leggere. E tu,” commentò mantenendo sempre un tono di voce neutro, non riuscendo a fermare il pollice dallo scorrere sul labbro inferiore del biondo, “tu usciresti di qui in condizioni pietose” concluse alzandosi e togliendo la mano, facendo un enorme sforzo.

Aveva notato che Doflamingo aveva smesso di ridere, come aveva notato il suo respiro caldo farsi leggermente più rapido.
Si sedette di nuovo alla scrivania per poi incrociare le gambe.
“Ora se non ti dispiace devo finire, grazie per il caffè.”

Doflamingo si schiarì la voce cercando di frenare i pensieri riguardo alla scrivania e alle fragole, fallendo.
Si alzò in piedi sorridendo come se nulla fosse e dedicò uno sguardo all'uomo che ora lo stava ignorando, preferendogli dei documenti.
Aprì la porta e sbuffando diverito.

“Chiudi la porta quando esci, per favore

 

E Doflamingo lasciò quell'ufficio ridendo in modo sguaiato, cosa che non gli accadeva da diverso tempo.


Kidd dietro la porta si allontanò e si precipitò in bagno, con il cellulare ancora in mano.

“Trafalgar”

“Eustass-ya, porca troia”

Credo sia la prima volta che esprimi alla perfezione i miei stessi pensieri”

“Vorrei vedere, non so che altro dire”

“Io sì, ho la soluzione. Approccio Non-Diretto”

“Scusa?”

“Se quei due sono distratti l'uno dall'altro non gliene fregherà a nessuno se scopiamo”

“Potrebbe quasi essere un'idea decente”

“Trafalgar, è un'idea geniale. Non posso prendere ordini da quella merda col cappotto rosa, se voglio venire da te e appenderti al muro lo faccio”

“Non è detto che poi tu riesca ad uscire”

 

Kidd ghignò.

 

“Mi sta bene. E comunque se i Capuleti e i Montecchi senior non avessero avuto delle cazzo di discussioni tutta la tragedia dei figli si sarebbe evitata. Sempre colpa dei genitori”

“Eustass-ya, sono impressionato, hai fatto i compiti”

“Ma stai zitto, sai cosa voglio dire”

 

Law si distese sul letto e guardò il soffitto.

 

“Giulietta e Romeo devono riuscire a far innamorare i loro genitori single. Di nuovo. Shakespeare gay love.”

“Non credo ci sarà molto da fare, ma una spinta non fa mai male”

“A meno che tu non sia Mufasa”

“Trafalgar.”






Angolo dell'Autrice:
Ed eccosi con il nuovo aggiornamento, cercherò di pubblicare gli ultimi capitoli una volta a settimana o massimo ogni dieci giorni.
Mihawk e Shanks finalmente risolvono i loro problemi alla vecchia maniera, e Kidd e Law fanno le comari di paese e ascoltano conversazioni altrui, certo che Crocodile dovrebbe ricordarsi di essere nel posto di lavoro...

a presto,
A. of S.


 

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Capitolo 58
*** Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te. Ma anche tutto quello che non dirai, se è per questo. Hai il diritto di tacere o di parlare, vedi tu. ***


58) "Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te. Ma anche tutto quello che non dirai, se è per questo. Hai il diritto di tacere o di parlare, vedi tu."











 

Non sapendo da che parte iniziare, fece quello che ogni donna fa quando si trova in queste situazioni: comprò riviste per matrimoni, riviste di abbinamenti astrologici, riviste per l'appuntamento perfetto, qualsiasi cosa potesse tornargli utile.

Kidd aveva sempre ammirato la capacità delle donne di avere dei giornaletti pieni di ogni cavolata possibile, alla fine però potevano dargli l'idea che cercava per togliersi quei due dalle palle.

 

O almeno così pensava.

Killer lo trovò sdraiato in casa sua, in mezzo al salotto, ricoperto di fogli e quaderni.

"Ho passato il pomeriggio a leggere cazzate per cosa? Nulla!" Sbottò il rosso mettendosi a sedere e facendo volare tutto per la stanza.

Killer scosse la testa.

"Sei ridotto davvero male se cerchi la soluzione in quelle schifezze"

"Non lo nego"

Poteva fare solo un'altra cosa.

Estrasse il cellulare.

 

"Bon Clay?"



 

Bon Clay si stava godendo il suo pomeriggio di shopping sfrenato quando vide lo schermo del telefono illuminarsi.

Il povero Eustass era davvero a corto di idee se chiamava lui, ma almeno poteva risollevargli un po' il morale.

 

"Non preoccuparti, Kiddy-boy. Sugar e Goldy ci hanno già messo lo zampino, fidati che nelle prossime settimane se tutto va bene avrai più tempo per il tuo doc! Buona giornata!"

 

Era ora di provarsi quel tacco quindici.



 

Kidd fissò Killer ancora più confuso di prima.

"La sola cosa che mi frega è che non dovrò preoccuparmi di trovarmi di nuovo Doflamingo in casa" commentò alzandosi e accendendo la Playstation.

"E tutti questi giornaletti? Che casino!"

"Metto a posto dopo, ora o giochi con me o esci di casa".

E Killer non se lo fece ripetere due volte.

"Chi muore prima mette in ordine".


-


Sugar e Golden Week, fedeli alla loro parola, decisero di incontrarsi in un ristorante, questa volta alla sera. Sapevano che i due uomini non avrebbero permesso che uscissero da sole a quell'ora, e che di certo avrebbero trovato una scusa per accompagnarle se sia Vergo che Daz fossero stati indisponibili. Così avevano concordato coi due bracci destri che proprio quella sera dovessero prendersi una pausa.

"Signorino, io vado allora!"

"Tu non vai da nessuna parte, dov'è Vergo?"

"Aveva un impegno" rispose ingenuamente la bambina, spostando il peso da un piede all'altro. 

"È una fortuna che Dellinger abbia annullato il suo appuntamento, verrà lui con te".

"No!" Sbottò per poi mettersi le mani sulla bocca. Così non andava bene, quello scemo dalla faccia da pesce gli avrebbe rovinato i piani.

"No? Sugar." 

La bambina sospirò sconsolata.

"Volevamo un altro appuntamento tra te e Crocodile"

E Doflamingo capì; aprì la bocca e la chiuse, sorridendo mestamente.

"Siamo stati raggirati dalle nostre figlie, che brave"

Sugar si guardò i piedi, perché sapeva che era andato tutto all'aria. 

"Se devo vedermi con lui è il caso che mi metta dei bei vestiti, non ti pare? Riferisci a Golden che arriveremo in orario." 

Detto questo si alzò dal divano e si diresse nelle sue stanze. Sugar lo guardò con la bocca aperta: era stata raggirata anche lei dal Signorino oppure no? L'importante alla fine era che venisse con lei.

 

Golden Week era riuscita nel suo intento di trascinarsi dietro Crocodile anche un po' troppo facilmente, per questo fissava il profilo dell'uomo mentre guidava con un'espressione interrogativa. 

"Devi chiedermi qualcosa?" 

"Tu lo sai dove stiamo andando"

"Mmm" annuì il moro non distogliendo lo sguardo dalla strada.

"E sai anche chi troveremo al ristorante"

"Mia cara bambina, devi ancora farne di strada per riuscire ad imbrogliarmi." Il sorriso sardonico del suo capo le fece storcere il naso.

"E se lo sai perché ci stai venendo lo stesso?"

L'uomo continuò a sorridere ma non rispose, e la bambina rinunciò a capirci qualcosa.

Robe da adulti, come aveva detto Perona.


Sugar e Golden Week avevano prenotato una stanza intera del ristorante Moby Dick, una delle sale riservate a cene di affari o per chi voleva stare in pace, anche se il più delle volte venivano usate da coloro che non volevano farsi vedere in giro.

In quel caso le due bambine pensavano sarebbe stato meglio la privacy e lo spazio, e, dato che poteva anche finire a botte, dovevano essere preparate a tutto.

Crocodile si sfilò il trench Burberry nero e si sistemò il collo alto del maglione grigio scuro; in quel posto faceva abbastanza caldo ma non troppo. Era ansioso di vedere cosa avessero in serbo le due bambine.

Un cameriere dal rossetto rosso e vestito con un bel kimono li accolse e li portò in una saletta al cui centro si trovava un tavolo in legno scuro apparecchiato per due, nessuna tovaglia, i piatti erano bianco avorio e le posate dorate, bicchieri e calici anch'essi con bordo dorato; il centrotavola consisteva in un teschio con in bocca una rosa rossa fresca.

L'uomo si girò verso il cameriere e lo trovò chinato di fianco alla bambina, entrambi sorridevano.

"La cena è per due, abbiamo già preso accordi di occuparci noi delle due bambine" commentò notando che anche gli ultimi ospiti erano arrivati.

Sugar corse ad abbracciare Golden Week e, mano nella mano, uscirono dalla porta dirigendosi verso un uomo dai capelli biondi.

"Non preoccupartevi, Marco adora i bambini, quando avete finito e volete andare siamo nella stanza in fondo" commentò uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.

Doflamingo ancora non aveva aperto bocca.

"Hanno davvero pensato a tutto, che brave" disse Crocodile prendendo posto a tavola così da evitare di guardare il fenicottero che aveva deciso improvvisamente di vestirsi bene.

Cappotto blu scuro con taglio medio lungo, camicia bianca e pantaloni tartan grigi.

Non ha iniziato a vestirsi bene, pensò accavallando le gambe, si è vestito così per me.

Quindi anche lui aveva capito.

 

Doflamingo sorrise e si accomodò di fronte a lui.

"A quanto pare sì, sono state molto efficienti a trascinarci qui. Oh guarda, un palmare per ordinare! Geniale, e immagino che la porticina lì dietro serva per far arrivare i piatti."

"Nessun contatto umano non richiesto. Comincia a piacermi questo posto" commentò il moro.

"Rosso o bianco?"

"Mangiamo pesce, direi bianco"

"Frizzante"

"Meglio"

Una volta scelto il vino si girarono entrambi verso la porticina in legno in mezzo al muro; attesero qualche minuto fino a che non sentirono un beep.

Il biondo si alzò e la aprì, estraendo la bottiglia in questione. "È un mini ascensore! Ne voglio uno a casa mia"

Crocodile espirò aria dal naso in uno sbuffo divertito; quell'uomo aveva ancora l'animo di un ragazzino per le cose più stupide.

Ordinarono e si versarono il vino, restando di tanto in tanto in un piacevole e confortante silenzio.

Crocodile stava per mangiare il primo boccone di pesce quando alzò gli occhi e rimase con la forchetta a mezz'aria e la bocca aperta. Doflamingo, come se nulla fosse, si era tolto gli occhiali e li aveva appesi allo scollo della camicia, cominciando a mangiare.

"Che c'è, non avevi fame?" Lo rimbeccò ridendo.

Il moro scosse la testa; era una gara che durava da una vita la loro, alla fine piaceva ad entrambi cogliere l'altro impreparato.

"Quindi" disse sorseggiando il vino, "dopo che hai lasciato l'ospedale che cosa hai fatto?"

"Do ut des?"

"Come sempre."



 

-



 

Sugar e Golden Week si erano proprio divertite, avevano mangiato, guardato i cartoni animati e Marco aveva dato loro un blocco da disegno nuovo.

Era da poco passata la mezzanotte quando Crocodile e Doflamingo le vennero a riprendere, entrambi sembravano molto più rilassati di quando erano arrivati e le bambine si ritennero soddisfatte.

Una serata proficua.



 

-


Qualcuno gli stava accarezzando i capelli, era una bella sensazione. Mihawk aprì gli occhi lentamente e si trovò davanti un paio di occhi che lo fissavano in una maniera così amorevole che si svegliò completamente. 

"Cosa è questa roba?" Sibilò senza spostarsi.

"Affetto" rispose Shanks imperturbato.

"Che schifo. Continua"

Il rosso sorrise e lo avvolse in un abbraccio.



 

-


Zoro aveva davvero sonno, e Perona, che continuava a parlare, non migliorava certo la situazione.

Aprì la porta di casa e buttò lo zaino per terra passandosi una mano nei capelli.

"Spero ci sia del cibo in frigo, ho pure fame"

"Anche io ora che ci penso"

I due entrarono in cucina e si trovarono davanti uno Shanks senza vestiti girato di spalle, che beveva del latte dalla bottiglia.

Perona cacciò un gridolino mettendosi le mani sugli occhi arrossendo e Zoro sgranò gli occhi.

"Ah, siete già tornati"

"Sono passati due giorni, cosa vuol dire già tornati? E mettiti dei vestiti addosso! Anzi, perché sei nudo?" Sbottò lo spadaccino più piccolo.

Shanks lo fissò assottigliando lo sguardo sorridendo.

"Potete chiamarmi Mamma"

Se una mandibola avesse potuto allargarsi fino a toccare il pavimento probabilmente quella di Zoro ci sarebbe riuscita in quel momento.

Uno spostamento d'aria lo distrasse e vide Shanks afferrare qualcosa con il medio e l'indice.

 

Quel tizio ha fermato un pugnale con due dita prendendolo per la lama. Un pugnale tirato da Mihawk. 

 

"Rosso, vestiti. E voi due andate a lavarvi, puzzate di alcool e sigarette."

I due ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, bordeaux in volto e fame dimenticata. 

"Non pensavo fossero già passati due giorni, il tempo vola quando ci si diverte" commentò Shanks porgendo il pugnale al padrone di casa.

"Uso la tua doccia"

 

Mihawk inspirò profondamente.

Purtroppo dopo circa mezz'ora si ritrovò i tre inquilini seduti bellamente al tavolo in cucina. 

"Quindi state insieme adesso? Che bello!" Squittì Perona sorridendo.

"Basta che stabiliamo dei limiti" commentò Zoro incrociando le braccia al petto, "primo, in casa girate vestiti per favore, e secondo, non… copulate con noi in giro o fuori dalla vostra camera" concluse facendo una smorfia di terrore.

Dire che Shanks si stava divertendo sarebbe stato dire una bugia.

"Nemmeno il tavolo della cucina?"

I due si allontanarono di scatto dal suddetto mobile.

"Che schifo!"

Mihawk li guardò impietrito fino a quando non perse la poca calma accumulata.

"Silenzio."

I tre lo guardarono.

"Primo, nessuno ha usato il tavolo se non per mangiarci sopra; secondo, quella è camera mia non nostra; terzo, questa è casa mia e decido io cosa fare e quando farlo. Chiaro?"

Zoro e Perona annuirono rimettendosi a sedere.

Shanks si alzò e si avvicinò al moro, circondando la sua vita con un il braccio.

"Perché tratti così i bambini, non hanno detto nulla di male Papi, e poi dovresti fare un po' di educazione sessuale, sono già grandi per questo discorso"

E come se fossero stati punti da un'ape, i due ragazzini si volatilizzarono correndo in salotto.

"Come mi hai chiamato?" Sibilò Mihawk voltandosi a fissarlo.

"Dovremmo fare questo discorso anche noi forse" sussurrò il Rosso appoggiando il mento sulla sua spalla.

"Dimmi, cosa ne pensi del daddy kink?"



 

-



 

Crocodile tornò al lavoro e nel giro di qualche giorno finì le pratiche arretrate sulla scrivania, mise in ordine crescente matite e biro, diede la polvere e l'acqua alle sue piantine grasse nell'angolo vicino alla finestra, poi si sedette nuovamente espirando soddisfatto.

Aver parlato con Doflamingo di tutto quello che era successo in quegli anni era stato come farsi una doccia fredda in piena estate, rinfrescante, rinvigorente e soprattutto si era tolto un peso che non pensava di avere.

Forse Mihawk aveva ragione, pensava sempre di essere a posto anche se in realtà era più facile mentire a se stessi e ignorare i problemi.

Si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi fino a quando la porta non si aprì di scatto, come se fosse esplosa una bomba. E c'era solo una persona che non bussava ma buttava giù porte con l'irruenza di un ragazzino in piena crisi ormonale. 

 

"Kidd ti ho detto di bussare" sbuffò non aprendo nemmeno gli occhi ma passandosi una mano tra i capelli.

"No senti, qui stiamo rasentando il ridicolo. Stamattina mi sono trovato sotto cosa quel tizio con gli occhiali e i capelli dritti che fa parte dell'allegra famigliola del tuo futuro scopamico to rendi conto?"

 

Crocodile aprì gli occhi e lo fissò.

"E cosa ci faceva Gladius sotto casa tua? Immagino abbia cose più importanti che spiare te"

"Era venuto a controllare se Law era nei paraggi! 'Sono qui a fare un giro' un paio di palle! Levami dai coglioni questi psicopatici o giuro che comincio a diventare violento" sbottò Kidd pestando un piede per terra ed incrociando le braccia al petto, incassando la testa nell'incavo del collo.

Crocodile lo guardò e sorrise.

"La vera domanda Kidd è perchè non sei ancora venuto alle mani? Ti arrabbi per molto meno"

Il rosso aggrottò le sopracciglia in un evidente gesto di stizza.

"Come perché? È ovvio, mi hai detto tu di non attaccare briga con loro"

"No, io ti ho detto di non provare a batterti con Doflamingo, non ho nominato i suoi subordinati." Commentò il moro inclinando la testa a destra.

"Se vuoi fare a botte fai pure, non sono mica tua madre"

 

Kidd sogghignò.

"Questa è la prima volta che siamo d'accordo su una cosa, ottimo."

Detto ciò girò i tacchi e si diresse verso la porta.

"Ah, sono passate due settimane, anche di più, devo controllarti la mano?"

Crocodile deglutì e si fissò la protesi.

"No, non mi fa male"

E lo disse con un tono così sorpreso che Kidd uscì sorridendo senza dire altro; aveva sempre pensato che il suo dolore fosse cronico e non collegato al suo impianto e finalmente lo stava capendo anche il diretto interessato.

 

Chiuse la porta e con passo spedito uscì dall'edificio. Ora che aveva carta bianca e poteva menar le mani era tutta un'altra storia. 

Siamo nel mio territorio sfigati.


-


Doflamingo stava scorrendo le notizie sul cellulare quando vide entrare nel salotto Gladius e Senor Pink pieni di ferite e zoppicanti. Appoggiò il telefono e li guardò incuriosito; era da tempo che qualcuno non si permetteva di alzare le mani sulla sua famiglia,ma soprattutto quei due non erano certo avversari facili, e qualcuno era riuscito a far loro molti danni.

"Ok, immagino fossero in una ventina ma chi è stato?" Chiese lo stesso vedendo che i due temporeggiavano.

"Glielo dico io chi è stato Signorino, quel bastardo di Eustass Kidd! Prima mi vede sotto casa sua che faccio una ricognizione come mi aveva chiesto lei, poi se ne va ringhiando. Dopo una quarto d'ora ritorna e nel frattempo avevo chiamato Senor perché dovevamo andare dal parrucchiere. E questo moccioso non ci sfida entrambi dicendo di, testuali parole, 'fatevi sotto mammolette'?"

"E come se non bastasse", commentò Pink, "nel corpo a corpo fa davvero paura, incassa come se uno lo avesse appena toccato e ti colpisce con una violenza inaudita!"

 

Doflamingo, che era restato in silenzio fino a quel momento, si mise una mano sul volto e rise.

"A quanto pare il giovane Eustass ha perso la pazienza. Forse è il caso che non vi mandi più sotto casa sua."

 

Dopo aver portato entrambi da Lao G, recuperò il cellulare e chiamò.

 

Crocodile era nel bel mezzo di una riunione con i vertici dell'azienda, questa volta riguardava i controlli doganali e i nuovi trucchi per far passare la droga senza essere scoperti. 

Il telefono cominciò a vibrargli in tasca, lo estrasse per vedere chi fosse, non intenzionato a rispondere, ma quando vide chi era a chiamarlo cambiò idea.

 

"Dimmi"

"Il tuo amabile cagnolino ha quasi mandato all'ospedale due dei miei stamattina"

"Quasi. Credo che tu abbia sottovalutato Kidd, è vero, si dà un sacco di arie ma quando si tratta di risse da strada non è un cliente facile."

"Immagino che tu gli abbia detto che poteva fare quello che voleva"

"Io gli ho detto di non infastidire te, non ho mai parlato dei tuoi sottoposti. E poi sai bene cosa devi fare se vuoi calmarlo un po'."

"Law al momento rimane dov'è"

"E dove sarebbe Trafalgar?"

"Non credo ti darò questa informazione"

"No, anche perché so che hai mandato il tuo figlioccio fuori città, e c'è solo una persona a cui potresti affidarlo e per cui Law partirebbe subito, tuo fratello"

"..."

"Perdonami, avrei dovuto fingere un po' di più"

"Ti odio, possibile che una persona non possa avere dei segreti con te?"

"Abbiamo visto tutti com'è finita l'ultima volta. Comunque non dirò nulla a Kidd, dormi tranquillo Doflamingo. Ora sono in riunione, richiama se manda altre persone all'ospedale"

 

E detto questo chiuse il cellulare e lo rimise in tasca.

"Io non mi do un sacco di arie!" Sbottò Kidd dall'altra parte del tavolo.

Bon Clay rise e lo prese in giro mentre gli altri cominciarono a parlare tra loro.

"Che cazzo vuol dire che non mi dici dov'è?"

Crocodile sbuffò e si alzò in piedi.

"Quello che ho detto, non credo sia salutare darti un'informazione del genere" 

Tamburello con le dita sui fogli davanti a lui.

"Credo andrò fuori a fumare" ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Kidd lo fissò con astio.

"Ma non fumava qui due minuti fa?" Commentò Double Finger e il rosso saltò in piedi e si buttò sul tavolo, afferrando i fogli di Crocodile e sfogliandoli velocemente.

"Ah! Ecco dove si trova!" Prese il cellulare e fece una foto ad un foglio, poi corse fuori sotto lo sguardo allibito dei presenti.

 

Crocodile fumava tranquillamente davanti ad una finestra quando Das Bornes lo raggiunse.

"Manipolare gli eventi e le persone è un vizio che non hai mai perso"

Il moro sorrise.

"Immagino che tu abbia implicitamente consigliato a Kidd di fare a botte, sapendo che Doflamingo da casa sua avrebbe mandato Law in un altro posto, e tu sapevi già dove lo avrebbe mandato, come sapevi che Kidd avrebbe rovistato in quei fogli. Per quello ti sei portato alla riunione quelle informazioni. Sei davvero cattivo Boss"

"Il lato positivo è che nessuno si farà male per ora. E poi io non ho mentito, non ho detto niente, lo ha scoperto da solo"

Das scosse la testa e sorrise, Crocodile espirò una boccata di fumo.

"Sai che 'essere alla frutta' in realtà significava 'commettere un omicidio' perché nel mondo antico, quando si voleva uccidere di qualcuno, lo si faceva a fine banchetto, quando il soggetto in questione era ormai debole dopo tutto il cibo e il vino? Non mi rimane che usare un po' di alcool"

 

E Mister 1 lo guardò, pensando che a volte il suo capo fingesse di parlare con qualcuno quando parlava più con se stesso.

Chissà cosa aveva in mente ora.









 

Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti, stiamo procedendo con la storia e finalmente sbuca un altro personaggio che a breve si farà vedere!
Crocodile tira i fili ma sarà davvero così? 
E Kidd ce la farà a ritrovare Law?

A presto,

A.o.S 

 

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Capitolo 59
*** La venerazione tributata fa onore a chi la esercita. ***


59) "La venerazione tributata fa onore a chi la esercita"











 

"Law? … Law!"

Il moro si voltò a fissarlo.

"Scusa Cora-san, dicevi?"

 

Rocinante Doflamingo, marine, era stato in guerra e aveva addestrato diverse reclute, aveva alcune medaglie di cui andava molto fiero e si era fatto un nome nel quartier generale centrale.

Rocinante Doflamingo, marine, non sapeva come tirar su di morale il suo figlioccio.

Aveva riconosciuto i sintomi ma all'inizio si era dato del cretino, perché Law non si innamorava, poi aveva cominciato a collegare i punti.

Suo fratello che lo chiamava da un telefono usa e getta dicendogli che c'era un'emergenza e doveva far sparire Trafalgar per un po'.

Suo fratello che non si perdeva in chiacchiere come faceva di solito e non gli spiegava niente.

Law che arrivava in macchina con Vergo con uno sguardo rassegnato.

Law che guardava fuori dalla finestra e non lo ascoltava.

 

Rocinante doveva fare qualcosa, anche se ancora non sapeva cosa.

"Come si chiama?" Provò, cambiando discorso.

Il moro lo fissò sbattendo le palpebre.

"Ok, non ti stavo ascoltando, non so come si chiami il rossetto di cui parlavi e nemmeno la palette di ombretti della TooFaced, che tra l'altro ha dei colori che con il tuo incarnato non starebbero bene"

"No, non intendevo… aspetta, come fai a sapere quali colori ci sono, io non te l'ho detto" commentò Rocinante sorseggiando il tè nero che aveva fatto qualche minuto prima.

Law lo fissò.

"Ah, non me lo hai detto?"

"No. Come si chiama Law? Mi hai preso per un idiota? Vuoi che non mi renda conto quando il mio figlioccio soffre di problemi di cuore? Sei rimasto in silenzio per due giorni a guardare fuori dalla finestra! Deve essere una ragazza che si trucca molto se sei diventato così esperto di makeup."

 

Law lo fissò di nuovo, stavolta con una smorfia disgustata.

"Io non ho problemi di cuore"

"E a cosa hai pensato fino ad ora?" Gli chiese il biondo portando le tazze in cucina e lasciando il moro, stavolta la smorfia di disgusto rivolta a se stesso.

"Tranquillo, l'amore non è un problema! Guarda mio fratello, quando era un adolescente innamorato era un'altra persona, mai visto così stabile nella sua pazzia. È vero, io e lui non andiamo d'accordo perché abbiamo due caratteri e due modi di risolvere i problemi completamente opposti, ma sai che gli devo molto, e nonostante tutto ci vogliamo bene"

Law entrò a passi pesanti in cucina.

"No senti, tu sei troppo buono e Doflamingo non se lo merita un fratello così. E poi sì, c'è un enorme problema qui. Io. Innamorato. Di quello lì. Non credo. No." 

 

Rocinante lo guardò andare avanti e indietro per la cucina.

Quello lì, eh? Interessante.

 

"È una cosa tanto brutta?"

"Sì! Hai visto cosa è successo a Doflamingo con Crocodile? Giusto per fare un esempio che conosciamo tutti. Romeo e Giulietta? Tristano e Isotta? Achille e Patroclo? Tony e Ziva? Hannibal e Will? Finisce sempre male, meno te ne importa, meglio vivi."

Il biondo lo guardò sbalordito.

"Allora prima di tutto Tony e Ziva David tornano insieme nell'ultima stagione, e Hannibal e Will alla fine realizzano i loro sentimenti l'uno per l'altro. Secondo, e non pensavo te lo avrei mai detto, sei un idiota."

 

Law lo fissò indispettito. "Scusa cosa?"

"Mi hai sentito ragazzino, che diavolo sono questi esempi stupidi? Mi fai solo capire che vorresti davvero provare ad innamorarti in quella maniera, ma che ti rifiuti solo per principio e questo è da idioti. Hai un ottimo istinto e se mai questa persona fosse stata non adatta a te lo avresti capito subito, invece no, stai qui a guardare fuori dalla finestra a rimuginare sul fatto che ti manca e non so che altro! Cosa pensi, che busserà alla porta di questa casa?"

 

Dei botti li fecero sobbalzare.

"Qualcuno sta bussando alla porta d'ingresso."

"Grazie Law, non lo avevo capito." Rispose sarcasticamente Rocinante beccandosi un sorrisetto dell'altro mentre andava a vedere chi fosse.

 

Aprì la porta e si trovò davanti un folta chioma rossa.

"Lui dov'è?"

"Scusami, tu chi saresti?"

Un paio di occhi ambrati lo fissarono duramente.

Rossetto rosso.

Ombretto sfumato.

Fondotinta.

Cipria.

Gel per capelli.

 

Ah. Interessante. 

 

"Sono Eustass Kidd e tu sei la copia venuta bene di quel pennuto di merda a quanto pare. Ora dimmi dov'è Law così non devo prenderti a sberle."

Rocinante sorrise guardandolo meglio.

Aveva il fiatone, uno zaino, sembrava avesse corso e forse era così perché la corriera che doveva aver usato per raggiungere quel posto arrivava solo nella via principale, poi era mezzo chilometro a piedi.

Adorabile.

 

"Entra pure" disse soltanto ridendo ancora.

"Sai che mi rimangio quello che ho detto? Essere inquietanti deve essere un tratto di famiglia"

Kidd entrò e appoggiò lo zaino per terra.

"Che cosa ci fai tu qui?"

"Sono felice anche io di vederti Trafalgar"

Il moro deglutì.

"Se Doflamingo dovesse scoprire dove sei-"

"Non lo scoprirà" rispose semplicemente il rosso mentre Rocinante chiudeva la porta e si sedeva sul divano.

"E la tua sicurezza da dove viene?"

"Sai", cominciò Kidd sedendosi di fronte al biondo, "mentre venivo qui su quella corriera di merda, ho avuto ore per pensare. Ho come l'impressione di essere stato usato da quel bastardo di Crocodile."

Law lo fissò incuriosito.

"Direi che siamo stati un po' fuori dal mondo, racconta" lo incalzò Rocinante.

 

Qualche minuto dopo il rosso sbottò.

"Capito? Ha fatto in modo che mi levassi dai piedi e che venissi qui, che Doflamingo non ne sapesse nulla, insomma, mi ha lasciato pestare due sottoposti del pennuto e mi ha lasciato dei soldi in casa per il viaggio! Poteva anche scrivermi un bigliettino di augurio già che stava!"

Law si mise a ridere.

"E nonostante questo, tu sei venuto lo stesso"

Kidd fece spallucce. "Certo, conosco Crocodile, evidentemente ha un piano che riguarda il coglione in rosa, per quello mi voleva il più lontano possibile, e poi a me interessava scoprire dov'eri, chissenefrega se mi ha sfruttato, io ho sfruttato lui. 50 e 50."

 

"Ooooh"

Law e Kidd si voltarono verso Rocinante che li fissava con un'espressione molto più simile a quella maniacale del fratello.

"È un vero piacere conoscerti Kidd, dimmi, per caso hai usato una palette della NewFaced di recente?"

E Law sbiancò.

"Sì, perché?"

"No, curiosità."

"Piuttosto, chi cazzo lo sapeva che Doflamingo avesse un fratello minore e soprattutto nella parte opposta! Sei un poliziotto o una cosa così, vero?"

 

Il biondo sogghignò.

"Una cosa così, sono specializzato in lavori sotto copertura se vuoi la specifica."

"E come mai non ho mai sentito parlare di te?"

"Perché il mio cognome è secretato. Mi faccio chiamare Rocinante Corazon, che sarebbe il mio nome in codice. Lui ha detto che mi avrebbe dato meno problemi"

Kidd si grattò il mento.

"Sento che qui c'è sotto più roba di quel che si vede"

"Per farla breve, avevamo una situazione familiare un po' disastrata, e lui mi ha aiutato a scappare. Dei due sono sempre stato quello più debole emotivamente, e lui si è fatto carico di tutto il resto. Ho conosciuto un marine che all'epoca era un semplice maggiore e che ora è il grand'Ammiraglio - Sengoku, non so se ti dice qualcosa - che mi ha accolto in casa sua e mi ha cresciuto e allenato come un figlio. Sparodicamente sentivo mio fratello sempre su numeri bruciati. Questo molto in breve."

Kidd fischiò.

"Però, è stato - non pensavo lo avrei mai detto - gentile"

 

Rocinante si alzò dirigendosi verso la cucina.

"Quindi stasera cosa mangiamo, costolette e carne?"

"Oh, che meraviglia. Faccio io!" Commentò Eustass lanciandosi dietro al biondo.

"Come vuoi Hannibal Lecter."

"Poi mi fai vedere i tuoi trucchi, come mai te ne intendi?"

"Sotto copertura li uso spesso."

"Ah, ecco. Aspetta, come mi hai chiamato?"

 

Law rimase seduto sul divano a sbuffare.

"Solo perché io ho un cane non vuol dire che debba essere Will Graham, io ho una laurea in chirurgia!"



 

-


Crocodile era appena arrivato a casa sua, non aveva avuto nemmeno il tempo per appoggiare le chiavi sul mobile quando il campanello aveva cominciato a suonare insistentemente e con un jingle noto.

 

Drin drin drin drin driiiin driin driiiiiiiiiin!

 

Sbuffando, appese il cappotto e aprì il cancello e la porta, sapendo chi fosse il cretino che poteva fare una cosa del genere.

"Croco-chan!"

"Prima di tutto togliti le scarpe, poi puoi entrare in casa. Sono appena tornato dal lavoro quindi voglio un caffè."

Doflamingo chiuse la porta e si tolse le scarpe come richiesto, indossando un paio di ciabatte e seguendo l'altro in cucina che stava già maneggiando la moka.

"Ok, sono venuto qui per dirti che forse ho esagerato un po'." Disse sedendosi davanti al tavolo.

Crocodile gli rivolse uno sguardo da sopra la spalla che voleva dire non mi dire.

"Ho esagerato" continuò ignorandolo "perché è nella mia natura farlo e quindi ho deciso che permetterò a Kidd di vedere Law solo dopo che avrà parlato con me però. Quindi dimmi, dov'è l'adorabile bestiola?"

Crocodile chiuse gli occhi. Merda.

 

"Sai cosa ho sempre amato di te? Il fatto che, non essendo a conoscenza del quadro generale, tu riesca comunque a rovinarmi i piani. Sei troppo imprevedibile, direi che il soprannome di Joker è azzeccato."

Doflamingo stava ancora pensando al cosa ho sempre amato di te per avere una risposta pronta nei secondi successivi.

Il moro mise a posto la cucina, notando solo in quel momento che le tapparelle semi abbassate lasciavano entrare gli ultimi raggi del sole in una maniera molto rilassante.

Si voltò verso Doflamingo che ancora lo stava fissando.

Probabilmente aveva avuto un ictus come sempre.

 "Quindi, Kidd?"

"Fuori città, l'ho mandato in vacanza, appena torna ne riparliamo."

Si girò per versare il caffè nella tazza mentre il biondo abbassava lo sguardo.

"Hai finito di guardarmi il fondoschiena?"

Crocodile si voltò appoggiandosi al ripiano e portandosi la tazza alle labbra.

 

Doflamingo annuì distrattamente, ricominciando a guardarlo. Collo, spalle, torace, gambe.

Si perse a fissarlo come se avesse trovato la religione e Dio in persona fosse davanti a lui.

"Una tale visione merita devozione"

Il moro finì il caffè e appoggiò la tazza dietro di sé senza distogliere lo sguardo.

"Devozione eh? Ci sono due modi per dimostrarmi quanto tu sia fedele"

Il biondo inclinò la testa, sorrise e si alzò, aggirando il tavolo e fermandosi davanti a lui.

"E quali sarebbero, Sir?"

"Il primo, come erano solito chiamarlo gli antichi, è il sacrificio" rispose afferrando un coltello poco distante per portarlo vicino alla giugulare del biondo, facendo scivolare la lama da sinistra a destra delicatamente, dando l'illusione di star tagliando la pelle.

Il brivido che corse lungo la spina dorsale di Doflamingo non era certo dovuto alla paura. Deglutì inutilmente. 

"E l'altro?" Riuscì a sibilare, cercando di ignorare il tremore nella sua voce.

"Venerazione" gli rispose sussurrando Crocodile, portando la lama sulla spalla dell'altro e spingendolo verso il pavimento fino a che non fu in ginocchio davanti a lui.

Il biondo sorrise; in quella luce crepuscolare gli sembrava davvero di avere davanti una divinità antica. Gli slacciò la cintura e i pantaloni e sorrise pensando che fosse bello, come allora anche adesso.

Il moro lo guardava con un'espressione intelligibile, solo lo sguardo tradiva un certo divertimento. Allungò la mano destra e gli tolse gli occhiali, appoggiandoli di fianco alla tazza solo per essere accolto da un paio di iridi affamate.

Dovette distogliere lo sguardo gettando la testa all'indietro quando Doflamingo lo accolse nella sua bocca. Avanti e indietro, aiutato da quella lingua che avrebbe tanto voluto tagliargli, portò le mani ad aiutarsi e a sostenerlo, afferrando saldamente il fianco sinistro per dettare il ritmo che volesse lui.

Sapeva che Crocodile avrebbe colto l'occasione per prendere il controllo e afferrargli volto, nel vano tentativo di strozzarlo.

La prossima volta, pensò.

 

Il biondo era estasiato dagli sbuffi e dal suo nome che veniva detto in quel modo che non potevi essere certo se fosse una benedizione o un insulto.

"Doflamingo" 

E davvero, in quegli anni vantava di aver raggiunto un buon livello di autocontrollo, ma incredibilmente si era impegnato nella sua costruzione solo per vederlo frantumarsi in quel momento.

Lentamente si fermò e si alzò in piedi, beccandosi un'occhiataccia a cui non badò, si caricò il moro sulla spalla e si diresse verso la camera da letto.

"Che stai facendo, mettimi giù"

Il biondo ghignò e lo lanciò sul letto matrimoniale.

"Avrebbero dovuto esserci fiori e musica in sottofondo" commentò togliendogli le ciabatte, i boxer e i pantaloni per poi spogliare se stesso.

"Rimanderò la parte romantica alla prossima volta"

"Ne faccio a meno" rispose Crocodile togliendosi la cravatta e lasciandola sul letto, mentre la camicia raggiunse il resto sul pavimento.

Doflamingo scese su di lui e lo baciò sulle labbra, con un contatto così leggero che rischiò di mancargli il respiro. Per risposta gli tirò un calcio nello stomaco e, mentre l'altro tossiva, gli legò i polsi con la sua cravatta e ribaltò le posizioni.

"Ora," disse guardando il fenicottero cercare di liberarsi "fai il bravo e smettila di strattonarla, è molto costosa e mi piace."

Doflamingo gli rivolse uno sguardo indignato e eccitato allo stesso tempo.

Crocodile gli prese i polsi e li alzò sopra la testa bionda.

"Sai qual è l'altra cosa che gli Dei amano della devozione?" Chiese mordendogli il lobo.

"L'obbedienza."



 

-


Mihawk non ne poteva davvero più di restare in casa sua, ultimamente gli sembrava di essere in uno zoo e gli mancava un po' la sua solitudine. 

Sapeva che c'era un'altra persona ad amare la propria indipendenza ed era per quello che aveva deciso di andare a trovarla. Trovò il cancello appoggiato ed entrò, finendo per bussare alla porta. Era relativamente presto, metà mattina, ma sapeva che Crocodile si svegliava sempre all'alba.

La porta si aprì e si trovò davanti Doflamingo nudo con gli occhiali calati sugli occhi.

"Chi diavolo è- oh, Falchetto!"

"No. Di nuovo no" e Drakul Mihawk se ne tornò indietro da dove era venuto perché improvvisamente casa sua sembrava il posto migliore in cui trovarsi.

Sarà la primavera, oppure, come diceva Shakespeare, sarà colpa della luna, quando si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti.







 

Angolo dell'Autrice:
E con questo capitolo possiamo cominciare a vedere che tutti i nodi stanno venendo al pettine! Posso dirvi che questa storia è conclusa, e sono 60 capitoli, forse 61? Chissà. 
Spero vi sia piaciuto!

A presto, 
A.o.S 

Ps. Si vede che la mia serie preferita è Hannibal? 

 

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Capitolo 60
*** L'etica dei ricordi è pari a quella dei pirati: l'unica differenza è quello che ti rubano. ***


60) "L'etica dei ricordi è pari a quella dei pirati: l'unica differenza è quello che ti rubano"









 

Doflamingo tornò in camera trovando Crocodile ancora sdraiato a pancia in giù.

"Chi era?" Mugugnò muovendo leggermente la testa.

Si sdraiò di fianco a lui spingendoselo contro, in modo da far combaciare la schiena al suo petto.

"Il Falchetto, ma è andato via subito"

"Sei andato ad aprire senza vestiti, cosa ti aspettavi"

"Una standing ovation"

Crocodile sbuffò mentre l'altro riprendeva a leccargli e a mordergli il collo e le orecchie; ora che aveva avuto di nuovo accesso al corpo dell'altro dubitava fortemente di non sviluppare una nuova dipendenza. 

Dopo poco sentì il respiro del moro farsi più lento e regolare e sorrise, districandosi senza svegliarlo.

Prese in prestito la doccia e si concesse un bel bagno, poi raccolse i vestiti che indossavano il giorno prima e li mise in lavatrice, infine si diresse in cucina.

"Vediamo se mi ricordo ancora come si fa" disse fra sé e sé guardando la moka.

 

Acqua, coperchietto, togli acqua in eccesso, caffè che forma una montagnetta, non schiacciare, chiudere.

 

Nel mentre guardò in frigorifero cosa potesse esserci di commestibile, pensando di trovarlo vuoto, e invece era ben fornito. Conoscendo le abitudini quotidiane del moro non pensava di trovare del cibo in casa, ma si sbagliava.

Pulì e lavò della frutta, la tagliò aggiungendo poco zucchero un po' di limone, poi scaldò il pane nel forno e prese burro e marmellata di fragole dal frigorifero. Trovò addirittura yogurt bianco non zuccherato e muesli, che mischiò aggiungendo un cucchiaio di miele e mezza banana a testa.

Spense la moka e si girò, trovandosi davanti un Crocodile meno sveglio del solito con addosso una maglia a maniche corte.

Dopo la colazione finalmente il moro sembrava essersi riappropriato delle sue funzioni mentali.

"I vestiti?"

"In lavatrice"

"Ah, ecco perché hai dei miei pantaloni addosso"

"Sono un po' corti ma almeno non scandalizzo il prossimo che suona alla porta." Commentò sarcastico il biondo sorseggiando il suo latte macchiato.

"Credo farò una doccia"

"La prossima volta rimani a letto"

Il moro si voltò assottigliando lo sguardo.

"Perché?"

"Così ti porto la colazione"

"Questo tuo lato romantico a quest'ora mi fa venir voglia di vomitare tutto"

"Abituatici"

Crocodile sbuffò ancora scuotendo la testa e dirigendosi verso il bagno. A questo punto non si sarebbe stupito se il pennuto avesse già in mente matrimonio e viaggio di nozze.

 

Lui odia il freddo quindi destinazioni calde, matrimonio semplice… ahahah assolutamente no, matrimonio enorme, in spiaggia, in una villa?

Una villa al mare. Sono una genio.

Magari con i fuochi d'artificio, pieno di fiori, con buffet a tema pesce, potremmo usare il Moby Dick, e alcool. Tanto alcool. Perfetto.

Intanto è meglio finire di pulire.



 

-


Mihawk tornò a casa e si diresse verso in cucina, estrasse una bottiglia di whisky e cominciò a bere.

"Bhe Buongiorno, che stai facendo?" Chiese Shanks fissandolo incuriosito.

"Bevo per dimenticare"

"Cosa devi dimenticare"

"Doflamingo nudo a casa di Crocodile con succhiotti, graffi e lividi, per non parlare dei segni di corda nei polsi" e con una smorfia ricominciò a bere.

Shanks invece scoppiò a ridere.

"Era ora! Finalmente forse ci sarà un po' più di pace adesso"

Mihawk rise.

"Pace? Tu non hai idea di cosa voglia dire quei due che fanno squadra. Pace non è sicuramente il termine adatto. Armageddon, Ragnarok, Apocalisse, questi sono i termini giusti."

Il Rosso si avvicinò e gli tolse la bottiglia dalle mani, appoggiandola sul ripiano.

"Non preoccuparti, ti faccio dimenticare io quello che hai visto"

"Non sono proprio dell'umore per il sesso"

"E chi parlava di sesso? Guarda, ho trovato un profilo su instagram pieno di video di cuccioli di animali" commentò tirandosi dietro lo spadaccino fino ad arrivare al tavolo.


Zoro e Perona fissavano la porta d'ingresso da qualche minuto.

"Dici che entriamo e basta oppure dobbiamo farci sentire così hanno tempo per rivestirsi?" Chiese Perona.

"Ma Shanks non ha una casa?" Commentò Zoro alzando le braccia al cielo.

"Credo di sì, ma immagino preferisca stare dove si trova Mihawk piuttosto che in una casa vuota. Alla fine anche noi viviamo qui abusivamente"

"Vero"

"Bhe, allora direi di aprire e fare casino"

"Opzione migliore"

I due ragazzi presero coraggio e aprirono la porta.

"Siamo a casa rivestitevi!"

"Guarda che non siamo sempre nudi" gli rispose una voce dalla cucina.

"Meglio mettere le mani avanti, non si sa mai" borbottò Zoro appoggiando lo zaino in camera sua.

"Oddio ma sono video di gattini!" Sentì esclamare Perona, e allo spadaccino junior venne voglia di schiacciare un pisolino. 

Lui era venuto in quella città per sfidare Mihawk e ora era finito ad abitarci insieme, con una ragazza che lanciava malefici e malocchi, e uno degli uomini più influenti in circolazione.

E stanno guardando video di gattini in cucina.

 

"Zoro guarda ci sei tu! Un leoncino che va a sbattere contro un muro!"

 

La mia vita è uno scherzo.



 

-



 

Rocinante chiuse silenziosamente la porta, lasciando Kidd e Law a dormire avvinghiati sul divano. Ogni tanto nel sonno si tiravano delle gomitate o si strattonavano ma per il resto erano adorabili.

L'uomo si sedette fuori su una vecchia sedia in legno e cominciò a fumare; non era il caso di aggiornare suo fratello sui recenti sviluppi considerando che il tipo di sviluppo non gli sarebbe piaciuto.

Avrebbe atteso ancora qualche giorno, magari una settimana, oppure avrebbe direttamente aspettato la chiamata.


Doflamingo starnutì.

"Oh? Ti sei ammalato?" lo rimbeccò Crocodile sbuffando una boccata di fumo in faccia all'altro, che da circa mezz'ora se ne stava seduto sulla sua scrivania cercando di distrarlo.

"No, qualcuno starà pensando a me" rispose il biondo arricciando il naso. 

"Non ti dovevano fischiare le orecchie se qualcuno pensava a te?"

"Quando penso a te non mi fischiano certo le orecchie" commentò Doflamingo appoggiando il gomito sul ginocchio della gamba destra sorridendo.

"No" disse il moro alzandosi in piedi e afferrandogli i capelli alla base della nuca, "immagino di no."

Doflamingo venne coinvolto in un bacio aggressivo, in cui gli sembrò di star venendo divorato e la foga gli provocò una vampata calda all'altezza dello stomaco; la sola cosa che lo distrasse fu un pizzico sul collo.

"Mi hai spento il sigaro sulla pelle" affermò staccandosi leggermente dalla bocca dell'altro uomo.

"Tra noi è la stessa cosa" sibilò Crocodile strattonando nuovamente la nuca all'indietro per leccare il punto rosso sul suo collo.

E Doflamingo pensò che avesse ragione, alla fine per loro spegnere sigari sulla pelle equivaleva a lasciarsi succhiotti. Dolore e piacere vanno sempre a braccetto, e uno non esisteva senza l'altro nella loro relazione.



 

-


Rocinante si alzò e si rese conto che in quella casa c'era troppo silenzio. Uscì e trovò sotto il portico i due ragazzi seduti, con zaini appoggiati sui gradini in legno.

"Quindi avete deciso di tornare?" Chiese appoggiandosi alla porta mentre si accendeva una sigaretta. In realtà anche lui stava finendo i giorni di permesso, ma si sarebbe volentieri inventato una scusa se Law avesse avuto bisogno di lui.

"Non possiamo restare qui per sempre" rispose il moro alzandosi e posizionandosi lo zaino in spalla, imitato dall'altro. "E poi ho una conversazione in sospeso con Doflamingo e ho tutta l'intenzione di finirla."

Rocinante e Kidd si guardarono incuriositi.

"Grazie mille Cora-san" disse, e lo abbracciò. "Andiamo Eustass-ya"

Kidd lo fissò allontanarsi, poi si rivolse al minore dei Donquixote.

"Il mio numero ce l'hai"

"Non preoccuparti, appena mi arriva il messaggio di sconto da Sephora ti chiamo. E nel caso tu abbia bisogno di scappare in Messico…" concluse il biondo sorridendo.

"Non preoccuparti, io non vado da nessuna parte. Doflamingo al contrario andrà all'ospedale, quel brutto stronzo, pezzo di merd-"

"Kidd, ti muovi?"

 

Il rosso sbuffò e salutò di nuovo il biondo, raggiungendo Law.

Rocinante rimase fuori anche dopo aver finito la sigaretta, si lasciò cullare dal rumore del vento tra le foglie degli alberi e dal canto delle cicale.

Era davvero contento per il suo figlioccio, magari, se avesse smesso di uccidere così tanta gente nei modi più svariati, lui sarebbe riuscito a far dimenticare ai suoi superiori la sua esistenza.

"Ci manca solo che scoprano che lui e la Rana sono la stessa persona e potrebbero davvero ordinarmi di arrestarlo" disse rivolto al vento, mentre, ridendo, si ricordò di un piccolo Law con in mano una rana morta e un'espressione cupa.

"Spero davvero che tu sia felice."



 

-


Law riuscì a convincere Kidd a staccarsi da lui, promettendogli di raggiungerlo in serata. Sapeva che Doflamingo non si aspettava certo di vederlo davanti alla porta del suo ufficio, e infatti il biondo lo fissò sorpreso quando se lo trovò davanti.

"Come mai sei tornato? Non ti avevo detto di-"

Law non lo lasciò finire, bloccandolo alzando una mano.

"Io e te abbiamo una conversazione in sospeso."

Doflamingo inclinò la testa da un lato, in un gesto incuriosito. "È vero."

"Bene. Ho capito perché hai insistito tanto, ma non devi più metterti in mezzo, ho intenzione di continuare a vedere Eustass-ya, e se proverai a fermarmi allora dovrò passare alle maniere forti, e lo sai che non ti conviene avermi come nemico."

"Ok."

"Diventerò una spina nel fianco e- aspetta, cos'hai detto?" Domandò il moro fissando l'uomo che se ne stava seduto in maniera rilassata di fronte a lui.

"Ho detto, ok. Mi fido del tuo giudizio, ma non pensare nemmeno per un secondo che ci andrò d'accordo o che non proverò a rompergli qualche osso" concluse Doflamingo. Non ricevendo risposta, appoggiò la biro sulla scrivania e alzò lo sguardo per poi scoppiare a ridere.

"Law, sei ridicolo, che faccia è quella?"

 

Law non lo sapeva che faccia stesse facendo, ma era abbastanza certo che se gli fosse passato di fianco un venditore di pane non avrebbe mosso un muscolo.

"Ok. Quindi ora vado a casa di Kidd" disse non distogliendo lo sguardo dal capo dei Donquixote, che per tutta risposta annuì.

"Sì, sì, divertiti, mangia, uccidi, nascondi i cadaveri dove non possono trovarli, le solite cose insomma."

 

Probabilmente sono morto e mi sto immaginando tutto. O forse mi sta prendendo in giro, all'ultimo momento mi dirà che sta scherzando e che lo ucciderà nel modo più doloroso possibile.

 

Il moro si voltò lentamente dando le spalle all'uomo, con tutta l'intenzione di uscire da quella stanza alla velocità della luce.

 

"Ah, Law?"

Ecco, lo sapevo.

 

"Sì?"

"Chiudi la porta quando esci"

 

Trafalgar chiuse la porta alle sue spalle e rimase a fissare il vuoto per una ventina di secondi, poi decise che Doflamingo aveva ricominciato a drogarsi e non era un suo problema, se i risultati sono questi, pensò, gliela compro io la droga.



 

.


Dopo aver ricevuto una chiamata da Kidd, in cui lanciava improperi non ripetibili e affermava con sicurezza che, testuali parole, 'se quel piccione colorato come Peppa Pig prova ad entrare ancora in casa mia nei prossimi giorni, io lo uccido', Crocodile decise che il suo ruolo era concluso.

Con Kidd e Law di nuovo in giro, era questione di tempo prima che il dottore e Doflamingo si confrontassero ancora, e sperava davvero che non finisse in un disastro.

 

Si massaggiò le tempie ricordandosi di avere ancora addosso la maschera di bellezza che Eustass gli aveva regalato per natale. Non lo avrebbe mai ammesso, ma facevano davvero miracoli.

La porta d'ingresso si aprì senza che nessuno bussasse o si facesse riconoscere, e lui ebbe il tempo solo di alzare gli occhi verso la fonte del rumore prima di ritrovarsi un Doflamingo nervoso davanti.

Crocodile lo fissò indispettito.

"Non ti chiederò perché hai addosso una maschera per i punti neri se me ne dai una."

"E io non ti chiederò come hai fatto ad entrare in casa mia."

"Ho fatto una copia delle chiavi, ovvio."

 

Il moro sbuffò e si decise ad alzarsi, mentre il biondo si toglieva il cappotto e si slacciava i primi bottoni della camicia.

"E poi perché sei sempre di cattivo umore?"

"Per esperienza" grugnì Crocodile lanciandogli un contenitore.

Doflamingo si sedette di fianco a lui sul divano e si tolse gli occhiali, appoggiandoli sul tavolino di fianco al bracciolo.

"Ho detto a Law che può vedere quel mostro del tuo sottoposto" affermò spalmandosi la sostanza nera sul volto. Crocodile, seduto di fianco a lui, distese le gambe sopra il divanetto di fronte.

"Direi che puoi anche lasciar loro un po' più di libertà."

"Sì ma non mi piace"

 

Dopo qualche secondo di silenzio, in cui il biondo finì di spalmarsi la maschera su tutto il volto, Crocodile inspirò profondamente e parlò, rivolto al soffitto.

"Sai cos'ho pensato quando sono stato a casa tua per la prima volta? Ricordi le vacanze?"

Doflamingo annuì.

"Ho pensato che fosse un bel posto, ma molto sterile. Tutto era enorme, grandi spazi e poche persone, e quelle che c'erano, erano del tutto insignificanti. Ho capito perché ti comportassi in quel modo da sbruffone; anche io stando molto per i fatti miei ho dovuto abituarmi a condividere il mio tempo con il silenzio e me stesso, e questo mi ha portato ad interiorizzare qualsiasi cosa. Tu, al contrario, hai deciso di espanderti in tutto lo spazio che avevi a disposizione, dominando ogni stanza in cui decidevi di entrare, pensando che se fossi stato all'altezza e avessi controllato tutte le persone che avevi accanto, nessuno ti avrebbe mai più abbandonato. Il più delle volte però finivi per non lasciarti coinvolgere, così da non rimanere deluso. La delusione deriva dall'aspettativa dopotutto, e se non ti aspetti nulla da qualcuno non puoi rimanere ferito."

 

Il biondo si era voltato a fissarlo con gli occhi sgranati. Sentendoli pizzicare cominciò a sbattere le palpebre più volte.

 

"So che Law ti ha sempre ricordato te stesso, e che, impedendogli di vedere Kidd, volevi evitargli una delusione, ma so anche che, in fondo, se ti piace qualcuno, lo stai anche ad ascoltare. Non succede mai, ma capita" concluse voltandosi finalmente a guardarlo. "Sapevo avresti fatto la scelta giusta, ed è per questo che ho mandato Kidd dove tu avevi mandato Law, perché a volte bisogna perdere per vincere."

 

"Ah sì?" Commentò con una voce troppo roca per appartenergli. Si schiarì la gola.

"Perdendo il controllo della situazione hai vinto un po' del suo rispetto." Concluse il moro sorridendo e chiudendo gli occhi.

"Devi smetterla di leggere Sun Tzu sul gabinetto, Croco-chan"

"Devi ancora capire quando tenere la bocca chiusa però."

Doflamingo si rizzò a sedere. 

"Dato che ci stiamo facendo la maschera è il caso di esagerare, non ti pare?"

Crocodile lo fissò. "Ho quasi paura a chiederti cosa intendi dire"

"Non preoccuparti" sorrise il biondo "la mia filosofia di vita è 'Go big or go home', quindi tanto vale provare"

Crocodile continuò a fissarlo sempre più preoccupato.






 

Shanks stava insegnando a Zoro come giocare a poker, mentre Perona aveva deciso di fare una mega torta a tre strati con cioccolata e menta. I tre sentirono vibrare un cellulare, videro passare dall'ingresso una scheggia e sentirono chiudersi la porta.

"Quello era Mihawk?" chiese Perona con il cucchiaio sporco di mascarpone in mano.

"Non so cosa sia successo ma vedrete che tornerà presto" disse Shanks scoppiando a ridere, "quando c'è una torta in forno non si allontana mai troppo."




 

Mihawk si stava allontanando troppo dalla torta in forno, ma aveva ricevuto un messaggio da Crocodile che parlava di un'altra torta ed era schizzato in auto come se lo avesse punto un alveare di vespe.

 

Parcheggiò e si precipò fuori, aprendo la porta e chiudendosela alle spalle con una spinta. Si tolse le scarpe e si diresse in salotto.

"Crocodile dov'è la t-"

 

Si trovò davanti il padrone di casa, sì, ma con una fascia per capelli bianca su cui svettavano un paio di orecchie da gatto, una maschera per il viso e due cetrioli sugli occhi, sdraiato per terra, con la nuca appoggiata al divano, mentre Doflamingo con i capelli tirati indietro da una decina di mollette colorate e la stessa maschera, gli stava mettendo dello smalto.

In mezzo a loro un portatile e un contenitore con dentro della frutta tagliata.

 

"Oh, hai visto che ha funzionato?" Commentò divertito il biondo mentre Crocodile si alzava un cetriolo dagli occhi con la mano prostatica.

"Io non centro niente, lui mi ha preso il cellulare"

 

Mihawk inspirò profondamente e fece finta di non vedere Doflamingo che lo invitava a sedersi con loro. 

"Mi hai scritto che avevi fatto la torta di mele" disse lo spadaccino, ricordandosi di quanto fosse buona.

"Sì, bhe, ho mentito" gli rispose il maggiore dei Donquixote, "ma volevo farti venire qui, immagino tu sia stressato."

 

Dopo qualche minuto, i tre uomini erano appoggiati spalla a spalla a guardare un horror su Netflix, tutti con una maschera di bellezza in faccia e con la manicure fatta. Mihawk aveva tra i capelli alcune di quelle stupide mollette rosa, gialle e verdi, e, mentre mangiava un pezzo di melone e commentava un film davvero brutto, sorrise.









 

Angolo dell'Autrice:

Salve a tutti! Inizio dicendo che questa doveva essere la fine della storia, in quanto tutti i personaggi hanno concluso le loro vicende.

Non so se vi ricordate la Rana, nominata da Killer nei primi capitoli, quando enunciava a Kidd le persone più pericolose in circolazione. Una era Law e l'altra era la Rana, che, appunto, è sempre Law 🤣

Inoltre c'è un'altra domanda a cui viene data risposta, anche se dopo una quarantina di capitoli: quando Crocodile entra in casa di Doflamingo e pensa di aver capito una cosa importante sull'altro… ma non viene mai detta. Fino ad ora.

L'altra cosa che mi piaceva era far finire tutto come è iniziato, con il Golden Trio insieme che ride.
Da notare che Mihawk non si fa domande ma si mette anche lui la maschera in faccia ehehe. 

Comunque.
Questo doveva essere l'ultimo capitolo MA come in ogni mia long metterò un extra, quindi aspettatevi la fine vera e propria.

 

Che dire, grazie a tutti e già mi piange il cuore sapendo che anche questa storia, piena di mie avventure, battute e ricordi, stia volgendo al termine.

Come sempre, ringrazio le mie due migliori amiche per continuare ad essere la mia ispirazione nonostante siano passati anni, senza di loro Doflamingo e Mihawk non sarebbero così simpatici.

 

A presto con l'ultima parte!

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Capitolo 61
*** extra - [その時のこと] ***


60+1) EXTRA






" I hope someday
We'll sit down together
And laugh with each other
About these days, these days
All our troubles, we'll lay to rest
And we'll wish we could come back to 
these days, these days. "









"Doflamingo, se fai girare quella foto da qualche parte o la mostri a qualcuno giuro che i tuoi subordinati non troveranno di te nemmeno un'unghia." Sibilò Mihawk chiudendo la chiamata e rimettendosi il cellulare in tasca.
"Quale foto?"
Il moro sgranò gli occhi voltandosi verso Shanks.
"Rosso, la devi smettere di apparire in questo modo o ti dovrò mettere una campanella al collo."
Il sorriso sghembo dell'altro gli fece alzare gli occhi al cielo.
"Più che altro cosa ci fai qui? Non avevi detto che dovevi sistemare una questione?" 
L'uomo si appoggiò al muro della cucina ed estrasse dalla tasca un mazzo di chiavi.
"Saluta il tuo nuovo vicino di casa"
Mihawk lo fissò senza muovere un muscolo.
"Tu hai già una casa"
"L'ho venduta"
"Io vivo in una villetta, non ho vicini"
"Ora sì. Non ti sei chiesto perché in questi mesi non sia stato molto presente? O perché vicino casa tua stessero costruendo un'altra villetta?"
"No" rispose con un verso quasi strozzato. "Non ci ho fatto caso"
"Pensa, ho pure chiesto di collegarle! Saremo vicini di casa e coinquilini! Non sei contento?"
Il moro rantolò una risposta mentre Zoro e Perona si erano alzati per andare incontro a Shanks, ormai eletto a parte integrante della loro strana e disfunzionale famiglia.
"Stai dicendo che costruiranno un muro attorno alla casa?"
"E nel giardino ci sarà pure la piscina e una mini-casa separata in legno in cui andare in estate con gli amici!"
"Mihawk dove vai?"
"Fuori"



.



Crocodile rise guardando la foto che gli aveva mandato Doflamingo: non si aspettava certo che si sarebbero fatti dei selfie, soprattutto con mollette e fasce per capelli in testa, ma quell'uomo era imprevedibile, ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Mentre stava per posarlo sulla scrivania cominciò a vibrare.
 
"Pronto?"
"Crocodile"
"Mihawk? Tutto bene? Non preoccuparti, quella foto non verrà condivisa da nessuna parte"
"Cosa me ne frega della foto, accompagniami a bere"
"A bere?"
"Ti va di ubriacarti? O hai ancora la stessa resistenza di quando eri un bambino?"
Crocodile sorrise.
"Ti accompagno volentieri, non c'è bisogno di provocare"
"Bene, tra mezz'ora, al Kamabakka"
 
E Crocodile si era preparato ed era uscito per andare a raccattare il suo vecchio amico, che aveva deciso di voler annegare chissà quale problema nell'alcool, sicuramente perché non poteva annegare la vera fonte dei suoi problemi.
 
Quindi, ancora prima di parcheggiare davanti al locale di Ivankov, sapeva già che Shanks aveva di nuovo combinato un casino.
 
"Capisci. Una casa. Di fianco alla mia. Saremo coinquilini e vicini! Senza nemmeno chiedere."
Mihawk ringhiò un altro insulto e fece sparire l'ennesimo shottino di tequila.
Crocodile lo guardava nascondendo un sorriso tra le dita della mano su cui aveva appoggiato il volto; era sempre divertente assistere a quei rari momenti in cui lo spadaccino migliore che conoscesse decideva di spogliarsi della sua aura intimidatoria per assumere le sembianze di una persona normale con problemi normali.
 
"E quei due mocciosi ovviamente pendono dalle sue labbra. Non avrò più pace. Io ho bisogno di pace, tu puoi capire." Sibilò puntandogli un dito in mezzo alla fronte.
"Ti devo ricordare che sto con Doflamingo?"
"Ah, adesso state insieme? Condoglianze"
"Reciproche"
"Io non ti ho mai detto di essere in una relazione romantica con Shanks" disse storcendo il naso.
 
Se riesce ancora a parlare in questo modo non è ancora abbastanza ubriaco.
 
"Veramente me lo hai appena confermato"
"Ah."
"Tieni, bevi"
"Come fai a stare in pace?"
 
Crocodile lo guardò e sorrise ancora.
"Ti piacerebbe davvero tornare all'anno scorso, dentro una casa vuota e al buio, con pranzi e cene con il cibo che trovavi in frigorifero, quando ti ricordavi di mangiare?"
Mihawk rimase in silenzio.
"Io non ti sopporto. Perché devi essere sempre ragionevole?"
"Lo sei anche tu di solito, ma a volte capita a tutti di avere dei momenti di debolezza. E poi sono abituato ad essere la voce della ragione, tra noi tre sono sempre stato quello più stabile"
Mihawk scoppiò a ridere.
"Oddio, devo chiamare Doflamingo e dirgli la cavolata che hai appena detto"
"Scusami?"
 
Ivankov fissò i due uomini punzecchiarsi nel tavolo in fondo, con davanti una fila interminabile di bicchierini vuoti, che ridevano come i bambini che non erano mai riusciti ad essere.



-



"Non ho capito perché c'è lui" commentò Mihawk indicando un punto a sinistra di Doflamingo.
"Perché sei così ubriaco che non sai nemmeno indicare dove sono, in più hai coinvolto anche Croco-chan" gli rispose trascinandosi dietro l'altro uomo in questione, che sogghignava tra sé e sé.
"E ora vi porto a casa"
"No!" Sbottò lo spadaccino, "non voglio tornarci lì, forse domani"
E il biondo non sapeva davvero cosa fare se non ridere, tra Mihawk che non aveva più il senso della percezione spaziale e non riusciva a sedersi in auto, e Crocodile che diceva che il suo cappotto di piume era comodo e lo voleva per dormirci in mezzo.
"Voi due siete un pericolo pubblico" sussurrò una volta alla guida, mentre i due passeggeri dietro dormivano uno appoggiato all'altro.
 
Il giorno dopo Doflamingo preparò la colazione trovandosi davanti un Crocodile con un'espressione più cattiva del solito e un Mihawk che sarebbe riuscito a tagliare anche un albero con uno sguardo.
"Bella serata eh, ieri sera vi siete proprio divertiti" disse mentre versava il caffè in una tazza e la allungava a Crocodile.
I due lo fissarono in cagnesco e non risposero. Fece davvero una fatica immane a non scoppiare a ridere di fronte ai capelli spettinati del padrone di casa e alla maglietta enorme che lo spadaccino aveva addosso, ma in un qualche modo riuscì a controllarsi.
"Cos'è che abbiamo fatto ieri sera?" Sibilò Crocodile appoggiando la tazza davanti a sè mentre Mihawk lo guardava sconsolato.
E Doflamingo rise di gusto.
 
"Le regole sono semplici" iniziò il biondo posizionando davanti a loro 3 bicchieri da shot "chi ne beve di più vince, chi si sente male oppure perde i sensi ha perso"
"Facile" concluse Mihawk guardando le bottiglie. "Sappiate che in tutti questi anni non mi sono mai ubriacato e sono imbattuto"
Crocodile sollevò gli occhi al cielo.
"Allora vogliamo parlare tutta la notte o ci diamo una mossa?"
"Come siamo impazienti dolcezza~"
 
Era sempre la stessa storia.
 
"Aspetta. Croco-chan, ieri sera non hai messo le mani o altre parti del tuo corpo addosso a qualcun altro, vero?" Non potè controllare il tono di voce, che gli uscì più alto del solito al solo ricordo di come era finita quella bevuta a casa sua.
Crocodile lo fissò infastidito.
"No? Non me lo ricordo. Non credo."
 
Mihawk sorseggiò il tè alla pesca godendosi l'espressione allarmata del biondo.
"Tu te lo ricordi?" Gli chiese il moro e lui sospirò.
"Sì, l'unica cosa che hai fatto è stata consolarmi"
"Scusami?"  La voce del biondo si alzò ancora.
 
"Nel senso" continuò ridendo internamente "che mi hai abbracciato, ma a quanto pare non hai più la brutta abitudine di diventare un libertino quando bevi pesantemente"
Vide il corpo di Doflamingo rilassarsi e distendersi sulla sedia.
"Dai degli ottimi abbracci"
"Grazie?"
Crocodile era sempre più confuso, si ricordava poco o niente della sera precedente e, in quel momento, con un mal di testa da manuale, si ricordò di non avere più vent'anni.
"Vado a fumare in terrazza"
La nicotina avrebbe aiutato.
 
Doflamingo ingoiò un'altra fetta biscottata.
" 'Sei diventato un bell'uomo, ma io sono già impegnato, però sono sicuro che si risolverà tutto' ha detto. Interessante, vero? Da ubriaco gli si scioglie ancora la lingua" commentò Mihawk sogghignando davanti alle guance rosse dell'uomo seduto di fronte a lui.
"E voi due continuate a farmi venir voglia di vomitare con tutto questo sentimentalismo"
"A proprosito di sentimenti!" Sbottò il biondo uscendo dalla trance. "Cos'è successo con Shanks? Ieri sera continuavi a dire che era tutta colpa sua mentre cercavo di metterti a letto"
E fu il turno di Mihawk di arrossire per l'imbarazzo; dopo aver tratto un bel respiro, decise di raccontare tutta la faccenda anche a lui.
 
"Che carino! È stata un'idea geniale!"
"No. Non lo è stata"
 
Mihawk lo guardò disgustato, rendendosi conto solo in quel momento di quanto il fenicottero e il rosso si assomigliassero sotto certi aspetti.
"Croco-chan, potrei-"
"No."
L'uomo si imbronciò mentre Crocodile rientrava e gli lanciava un'occhiataccia.
"In ogni caso" continuò lo spadaccino "non mi ha consultato, ha agito senza chiedere niente e soprattutto mi ha negato un posto in cui stare in silenzio a leggere o per conto mio."
"Ogni relazione si basa sulla comunicazione, è il caso che tu glielo faccia notare, così potete trovare una soluzione insieme." Crocodile gli rispose mentre svuotava la moka per metterne un'altra sul fuoco.
"Come sei ragionevole"
"Quello più stabile dei tre, ti ricordo"
 
E i due scoppiarono a ridere, il tutto davanti a Doflamingo, che scosse la testa e sorrise.
"Quello più stabile sono ovviamente io" aggiunse e gli altri due uomini risero ancora più forte.



.



Shanks si era assicurato che i ragazzi avessero tutto per il loro pigiama party a casa di Rufy, poi, una volta solo, aveva pulito tutta la casa e aveva stirato le ultime magliette.
Quando Mihawk rientrò in casa, lo trovò davanti ai fornelli con un grembiule, mentre canticchiava e ondeggiava.
"Perché non mi hai detto della casa?"
Il Rosso si voltò sorridendo.
"Perché mi avresti risposto di no, ma pensavo che avere più spazio per te ti sarebbe piaciuto"
Il moro lo fissò stralunato.
"Più spazio per me?"
Prima di rispondere si asciugò le mani sul grembiule.
"Cosa credevi, che avrei costruito una casa attaccata alla tua per farci festini ogni notte e invitare persone sconosciute? Perché mai dovrei volere altra gente in casa a farmi compagnia quando l'unica compagnia che voglio è la tua?"
Mihawk continuò a guardarlo ma sapeva che il suo sguardo si era addolcito.
"Ah, ti ho lasciato una fetta di torta, è nel frig-"
Shanks non finì mai la frase, e, si disse, se Mihawk lo baciava in quel modo ogni volta che dichiarava il suo amore per lui, avrebbe continuato a farlo per il resto dei suoi giorni.




.



Quando Mihawk se ne fu andato, Crocodile lasciò che fosse Doflamingo a mettere in ordine in cucina, preferendo sdraiarsi sul letto in una quasi oscurità.
Si svegliò dopo quelli che sembravano cinque minuti solo perché qualcuno gli stava accarezzando i capelli.
Mugugnò, anche se quello che uscì fu più un grugnito, e Doflamingo rise.
"Come sei ridotto male, dovrò prendermi cura di te per tutto il resto del giorno"
"Un sogno che si avvera" rispose sarcastico.
"Eh sì"
Crocodile si girò a guardarlo sentendo il tono serio.
"Beh" continuò il biondo sdraiato di fianco a lui "quando mai potresti permettermi di occuparmi di te? A parte nel sesso, ovviamente, adoro servirti e farti venire in ogni modo a me conosciuto"
Il moro socchiuse le palpebre alzando le sopracciglia.
Doflamingo si mise dietro di lui, abbracciandolo, facendo combaciare il suo petto alla schiena dell'altro.
Con le mani cominciò a massaggiare prima le spalle e il collo, poi i fianchi. Il corpo del moro si rilassò e lui ne approfittò per baciargli la mandibola.
Quando le sue dita sparirono nei boxer, oltrepassando l'elastico, Crocodile si arcuò come se fosse stato mosso da fili invisibili. 
Con il respiro accelerato, si sentì come una di quelle marionette negli spettacoli per bambini, il fenicottero sapeva quali punti toccare per farlo uscire di senno; nonostante fossero passati anni, ci aveva messo poco a prendere di nuovo familiarità con il suo corpo.
Parlavano di fare sesso ma alcune volte non era sesso quello che facevano, e lo sapevano entrambi. Non si erano ancora esposti tanto da rivelare i loro sentimenti ma Crocodile sapeva che non ce n'era bisogno, che le parole erano utili ma tra loro funzionavano più le azioni.
Col tempo, sarebbero arrivate anche quelle.
 
"Vieni a vivere con me"
Il moro si morse un labbro.
"Me lo chiedi quando hai le mani attorno ai miei genitali per convenienza?" Commentò per poi sospirare più profondamente.
La risata rauca di Doflamingo nelle orecchie gli fece venire i brividi.
"Te lo chiederò ogni giorno da qui in avanti se è per questo"
"Puoi sempre venire tu qui quando vuoi"
Il biondo gli morse il collo ottenendo un ringhio in risposta.
"Non è pratico in effetti, almeno per adesso. Allora sposami"
Crocodile spalancò gli occhi e si piegò in avanti.
"Non ti azzard-"
"Ti farò la proposta prima o poi, non potremo vivere insieme per un po', lo so, ma sappi che ho tutta l'intenzione di portarti all'altare"
Crocodile rise soffocando un gemito.
"È una minaccia o una proposta?"
"Sì" gli rispose Doflamingo prima di prendergli il mento con due dita e girargli il volto verso di lui, facendo combaciare le loro labbra senza preoccuparsi di nascondere la sua foga.
Ho sigillato un patto col Diavolo con un bacio.
 
E a Crocodile stava bene così, lui in Paradiso non ci era mai voluto andare.




.




Law portò Kidd in casa Donquixote quando sapeva che il capo della famiglia era altrove solo per vedere come avrebbe reagito il suo ormai-ragazzo al suo studio pieno di parti del corpo.
"Sapevo che eri deviato, grazie per la conferma" gli disse, senza battere ciglio.
Nel caso avesse avuto dei dubbi a riguardo, quella sera ebbe la conferma che era quello giusto.
 
"Sai cosa stavo pensando?" Sbottò di colpo mentre Kidd stava pulendo il cofano di un'auto.
Quel giorno aveva deciso di accompagnarlo anche se non si aspettava di trovare nell'officina anche Penguin, ovviamente seduto nella posizione migliore per poter guardare lavorare Killer.
"Cosa?" Gli grugnì in risposta un Eustass ricoperto di olio e dal trucco sfatto.
"Che alla fine non abbiamo mai portato a termine la promessa che mi hai fatto la prima volta che ci siamo incontrati"
L'altro smise di pulire l'auto e parve quasi riflettere, per poi ghignare senza ritegno.
"Vuoi davvero che ti scopi in un obitorio?"
 
"Scusate? Che schifo?" Commentò Killer indignato poco distante, "non voglio nemmeno ricordarmi di quando vi siete conosciuti, il destino doveva essersi fatto con droghe pesanti per far succedere una cosa del genere"
 
Penguin annuì per poi prendere la parola.
"Però, se ci pensi, se non si fossero mai incontrati non si sarebbe mai sistemata la questione tra i loro boss, e, probabilmente, nessuno avrebbe più riallacciato i rapporti, continuando a vivere un'esistenza grigia e cupa fino alla fine dei loro giorni."
 
I tre ragazzi si fissarono a guardarlo.
 
"Wow Penguin, il solito ottimista" gli rispose Law giocherellando con una chiave inglese. "Anche se questa volta mi tocca darti ragione. Romeo e Giulietta è finito bene solo perché abbiamo mischiato Manzoni, il Re Leone e Mario Kart."
 
Killer storse il naso da sotto la maschera.
"Eh sì, d'altronde è un filo sottile che lega l'ossitocina con la CIA passando per il Mossad, gli illuminati con i Savi di Sion e i bonobi di Vamos a la playa"
I quattro ragazzi scoppiarono a ridere.
 
"Kidd ma quindi Doflamingo non ha più tentato di ucciderti?" Chiese Penguin, parecchio incuriosito dalle dinamiche strane che si erano create.
"Oh no, ci prova, solo che tenta di farlo passare per un incidente. Una volta ha provato a farmi lo sgambetto per farmi cadere giù dalle scale, la volta dopo ha finto di provare una cerbottana ma stranamente ha mirato alla mia testa, per non parlare di quando ci sono le riunioni di famiglia e tenta di avvelenarmi a tavola!" 
Law sorrise. "Te lo avevo detto che gli saresti piaciuto"
"Se questo è piacere a Doflamingo non immagino nemmeno com'è quando qualcuno non gli piace" commentò Killer facendo spallucce.
"Quando qualcuno non gli piace non prova ad uccidere, semplicemente uccide." Rispose tranquillamente il dottore, per poi sorridere. "E quando gli piaci molto sei Crocodile. Se solo sapesse che Doflamingo sta già organizzando la luna di miele…"
 
"Stai organizzando che cosa?"
La voce profonda li fece girare tutti verso l'ingresso dell'officina.
"Non fingerti sorpreso, mi conosci"
"Sono abbastanza certo che tu ci stia pensando da quella volta in cucina"
"Cavolo, mi conosci davvero bene!"
 
"Ehm, Boss?"
Crocodile si voltò verso Killer.
"Cosa ci fa qui? Con lui??"
"Siamo venuti a prendere quei due, stasera andiamo a cena e sicuramente si sarebbero inventati una scusa per non venire"
Law guardò l'orologio. "Sono le tre di pomeriggio"
Crocodile gli riservò un sorrisetto poco rassicurante.
"E questo vuol dire che non potete andare da nessuna parte, che peccato. E ora muoversi, in macchina e dritti a farvi una doccia, che siete in condizioni pietose"
Law e Kidd sbuffarono e si diressero sconsolati all'esterno, salutando Penguin e Killer con un cenno.
"E dire che pensano tutti che sia io quello sadico" commentò Doflamingo ridendo prima di seguire gli altri tre.
 
"Penguin?"
"Sì?"
"Ti ricordi quando hai detto che nell'agire del Destino c'è sempre qualcosa di terribilmente rassicurante, perché sai che comunque, anche se sei solo, qualcuno là fuori è fatto per te, e che un giorno, quando meno te lo aspetti, finirai per incontrare persone che ti sembrerà di conoscere da sempre?"
"Sì certo, perchè?"
"Perché tu lo hai descritto come se fosse la cosa più romantica del mondo."
"E non lo è? La speranza è sempre l'ultima a morire."
"Non so te, ma io la vedo più come una condanna a morte." concluse Killer, guardando da lontano Kidd che cercava di spaccare un arto a Doflamingo con una chiave inglese, mentre Law rideva e Crocodile scuoteva la testa.








 
Fine







 

 
Angolo dell'Autrice:
 
E questo è quanto, con un ricordo della prima ubriacatura, la conclusione definitiva di tutte le storylines e con un pizzico di sarcasmo verso il signor Fato, vi ringrazio nuovamente per aver seguito questa storia durante gli anni. 
 La canzone che fa da titolo è These Days, di Rudimental, con Jess glynne Macklemore & Dan caplen; quando cominciai a scrivere questa storia ancora non era uscita, altrimenti le avrei dato il suo titolo. Il ritornello descrive davvero bene il sentimento dolceamaro che ti lascia un ricordo felice, che, a distanza di anni, riesce ancora a farti sorridere e a farti desiderare di riviverlo con chi lo hai vissuto.
Un po' come il nostro Golden Trio.
 
Non pensavo questa storia sarebbe durata così a lungo e non pensavo sarei riuscita a gettare nella mischia così tanti personaggi.
Ormai lo so che ho un debole per le coincidenze e finisco per far intrecciare le vite di gente che non dovrebbe mai incontrarsi.
Questo fa di me il Fato?
 C'è un motivo se oltre One Piece la mia opera preferita è Baccano.
Se mi verranno nuove idee continuerò la mia raccolta di oneshot, che è da tanto che non la aggiorno.
Altrimenti potrete sempre ritrovarmi tra le righe delle mie storie.
 
As always, a presto,
Ace of Spades.
 
...e ricordate di stare attenti, perché non si può mai sapere cosa potrebbe succedere in un giorno qualunque, potreste alzarvi una mattina e finire in un obitorio a flirtare con uno sconosciuto nascosto in mezzo alle piante.
 

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