Riptide

di JessicaBuriola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Certezze ***
Capitolo 2: *** Disordine ***
Capitolo 3: *** Insofferenza ***
Capitolo 4: *** Scontrarsi ***
Capitolo 5: *** Rincontrarsi ***
Capitolo 6: *** Non comprendersi ***
Capitolo 7: *** Conoscersi ***
Capitolo 8: *** Oggi ***
Capitolo 9: *** Domani ***
Capitolo 10: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 11: *** Tutto quello che mi basta ***
Capitolo 12: *** Rivelazioni ***
Capitolo 13: *** Bugie ***
Capitolo 14: *** Ogni più piccolo centimetro ***
Capitolo 15: *** Attimi di quotidianità ***
Capitolo 16: *** Tutti insieme ***
Capitolo 17: *** Mamma ***
Capitolo 18: *** Cambiamenti inesorabili ***
Capitolo 19: *** Perdita ***
Capitolo 20: *** Tradimento ***
Capitolo 21: *** Freddo ***
Capitolo 22: *** Andare a rotoli ***
Capitolo 23: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 24: *** L'amore dei genitori ***
Capitolo 25: *** Mondi Paralleli ***
Capitolo 26: *** Timori ***
Capitolo 27: *** Consapevolezze ***
Capitolo 28: *** Luz ***
Capitolo 29: *** Dubbi ***
Capitolo 30: *** Camomilla ***
Capitolo 31: *** Processo ***
Capitolo 32: *** Ombre ***
Capitolo 33: *** Scelte dolorose ***
Capitolo 34: *** Abbi cura di te ***
Capitolo 35: *** Pronto? ***
Capitolo 36: *** Non è mai finita ***
Capitolo 37: *** Ricominciare ***
Capitolo 38: *** Amore ***



Capitolo 1
*** Certezze ***


Lunedì 16 settembre, ore 09:30

Il suo volo sarebbe partito tra un’ora esatta. Odiava fare le cose di fretta, per questo tendeva sempre ad essere in largo anticipo. Sedeva al tavolino di uno dei bar del London City Airport sorseggiando quello che si era rivelato essere un pessimo caffè annacquato. Fortunatamente avrebbe rimediato presto alle carenze culinarie di Londra: era infatti diretto in Italia, per un periodo più o meno variabile, sei mesi certi per il momento. Quel viaggio con tutta probabilità gli avrebbe fatto ottenere di diritto il posto come capo dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, agognato da ormai troppo tempo.

Nonostante il suo passato e le sue parentele, si era tirato su le maniche, aveva riabilitato il nome della sua nobile casata e aveva chiuso in un cassetto le pessime scelte fatte in gioventù. Era un uomo nuovo, sicuro, forte, ambizioso e soprattutto benvoluto. A soli ventisette anni era riuscito a rigenerare la sottile ragnatela di relazioni che un tempo era stata opera di suo padre, anzi, era riuscito addirittura ad ampliarla, mettendo da parte qualche astio e soprattutto certe antiche credenze, che oramai erano pressoché inutili e superate, ricreando così quell’aria di riverenza e rispetto che da sempre tutti, o quasi, avevano nei confronti della sua famiglia. Certo, preferiva ancora di gran lunga aver a che fare con purosangue anziché con mezzosangue, in fin dei conti era pure sempre Draco Lucius Malfoy.

Si rigirò tra le mani lo strano aggeggio chiamato cellulare che i babbani usavano per comunicare tra loro; gli costava ammetterlo, ma si era rivelato funzionale ed utile. Ormai tutto il Ministero, su consiglio di Wesley senior e su proposta ufficiale della Granger, lo aveva adottato al posto di gufi e messaggi volanti. La Granger: era riuscita a farsi strada fino ad essere segretaria personale del Ministro della Magia.

C’erano stati parecchi problemi tra loro in passato, inutile negarlo, ma una volta conclusasi la Seconda Guerra Magica, i rapporti si erano via via distesi e lo stesso si poteva dire con Potter e Weasley. Ormai erano adulti, Malfoy era conscio dei propri errori e voleva solo ricostruirsi una nuova vita in santa pace. Per questo motivo la riappacificazione con il fantastico trio che aveva salvato il mondo magico era risultata indispensabile, sebbene nessuno dei tre Grifondoro avesse ricevuto delle vere e proprie scuse ufficiali dall’orgogliosa serpe. Dovevano accontentarsi, in fondo tutti e quattro lavoravano al Ministero e tenere un clima sereno e disteso era sicuramente un beneficio per tutti. Non era necessario essere amici, il tollerarsi a vicenda era più che sufficiente, senza togliere il fatto che il Primo Ministro fosse in ottimi rapporti con il biondissimo Malfoy, il quale aveva una discreta influenza nelle sue decisioni, ruolo che un tempo aveva ricoperto anche suo padre.

Lucius, che aveva deciso di collaborare al processo intentato contro tutti i mangiamorte rintracciati alla fine della Seconda Guerra Magica. L’uomo, nonostante questo, aveva comunque ricevuto una condanna non clemente: 15 anni ad Azkaban. Draco si ritrovò a pensare per l’ennesima volta che c’erano solo tre persone che poteva ringraziare per non aver fatto la stessa fine del padre: Albus Silente, Severus Piton e naturalmente sua madre.

Narcissa, che testarda e tenace come solo una Black può essere, aveva stretto un patto infrangibile con Piton, affinchè quest’ultimo lo proteggesse a tutti i costi dalle medesime scelte sbagliate che erano state quelle di suo padre.
Severus Piton, che era riuscito a farlo capitolare, a fargli cambiare idea, a far sì che facesse la scelta giusta e che si rivolgesse a Silente con il cuore in mano.
Albus Silente, che lo aveva accolto senza batter ciglio, come una pecorella smarrita che torna all’ovile, e che grazie alla sua saggezza proverbiale, gli aveva dato il coraggio di ribellarsi e passare al lato chiaro, da Mangiamorte a spia dell’Ordine.

Un piano ardito e pericoloso. Però il professor Silente, pur di recuperare un ragazzo smarrito, avrebbe fatto questo e ben altro, e con lui, Severus Piton: perciò avevano inscenato la morte del vecchio professore per mano di Severus, con estrema dovizia, e Draco e Severus erano passati come i più fedeli servitori del Signore Oscuro, grazie soprattutto alle loro innate doti come legilimens.
Purtroppo però, anche il migliore dei piani ha delle variabili imprevedibili, dei punti ciechi che non si riesce a prevedere: e così, a causa della sete di potere irrefrenabile di Lord Voldemort, Severus Piton era caduto. Il resto era storia.

Draco aveva giurato di onorare per la vita quel sacrificio, mai avrebbe dimenticato quel silenzioso e burbero professore di pozioni che, molto più di suo padre, gli aveva insegnato cosa volesse dire essere un uomo.
Per ironia della sorte invece, l’uomo che avrebbe dovuto uccidere, Albus Silente, era praticamente diventato la voce della coscienza di Draco, l’unico al quale si rivolgesse per qualsiasi dubbio, l’unico che godesse della sua più totale e completa fiducia.

Lasciò alcuni spiccioli babbani sul tavolo, nonostante l’orrida bevanda appena ingurgitata non li meritasse e si avviò al gate. Si massaggiò le tempie, era piuttosto stanco. Il viaggio in Italia non era propriamente una visita di piacere, sebbene sperasse di trovare dei momenti di relax in quella splendida terra. Era solito andarci con la madre quando era bambino, alcuni parenti di Narcissa vivevano nella campagna toscana ed aveva passato lì numerose estati.

In ogni caso, lui era diretto molto più a nord, in una città unica nel suo genere: Venezia. Ci era stato diversi anni prima, in un pazzo tour per l’Europa con Blaise e Theodore. Non ricordava molto della città, le sue memorie erano offuscate da certe nottate bollenti passate in compagnia di ragazze per niente timide. Sorrise al pensiero dei suoi due amici, gli sarebbero mancati in quei mesi.

Il fatto più assurdo era che in quei mesi sarebbe stato costretto a limitare al minimo la magia, perché si sarebbe dovuto infiltrare tra i babbani. Draco Malfoy che si atteggiava da babbano: sicuramente i suoi antenati si sarebbero rivoltati nella tomba; però tutto questo era necessario per la delicata missione che gli era stata affidata e se c’era una cosa che il giovane Malfoy prendeva sul serio, era proprio il suo lavoro.

Lunedì 16 settembre, ore 10:15

Si accomodò sul sedile, rigorosamente in prima classe. Era già un supplizio non essersi potuto semplicemente recare in terra italiana con una passaporta, ma il tutto faceva parte della messa in scena che doveva recitare da quel momento in poi, quindi tanto valeva per lo meno trattarsi bene e non mescolarsi a bambini urlanti e famigliole isteriche. Il volo durava circa due ore, ne avrebbe approfittato per dormire un po’.

Una donna elegante, sulla trentina, prese posto accanto a lui. La guardò appena e lei per tutta risposta ammiccò provocante. Ci era noiosamente abituato. Non gli dispiaceva, ma nemmeno lo esaltava più di tanto. Sapeva di poter avere pressoché qualsiasi donna: infatti anche quelle che mostravano un po’ più di resistenza, finivano per cedere al suo fascino.

In ogni caso, da circa un anno, era più o meno ufficialmente fidanzato con Astoria Greengrass, sua ex compagna di casata, di facoltosa famiglia purosangue, discreta, di calcolata ed elegante freddezza, insomma, la perfetta compagna per lui. Si sarebbero dovuti sposare non appena avesse concluso quella missione, una volta ottenuto il posto come direttore dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Certo, il loro non era un amore passionale e sfavillante, ma un legame di affettuoso e reciproco interesse. Astoria sarebbe stata una perfetta madre e moglie, sembrava piacere a Narcissa e soprattutto si incastrava impeccabilmente nella vita che Draco credeva fosse adatta a lui.

Con questi pensieri e deciso ad ignorare i tentativi di approccio della sua vicina, chiuse gli occhi, lasciandosi andare al sonno, completamente ignaro che quell’aereo lo stesse portando allo stravolgimento pressoché totale di ogni sua convinzione.
 

Ciao a tutti:)
Spero questo primo capitolo non sia stato troppo noioso, ma necessariamente dovevo introdurre il contesto e il personaggio principale. Nel prossimo vi presenterò anche il nuovo personaggio che accompagnerà Draco in questa avventura: spero possiate avere un po’ di pazienza per scoprire cosa dovranno affrontare insieme.
Grazie a tutti e buona lettura!

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Capitolo 2
*** Disordine ***


Lunedì 16 settembre, ore 12:15

Il suono insistente della vibrazione del suo cellulare l’aveva svegliata: si era ritrovata sul divano, per l’ennesima volta, ormai si addormentava sempre lì. Era stato il suo relatore di tesi a svegliarla, chiedendole urgentemente un favore: doveva andare a prende all’aeroporto un suo collega in arrivo da Londra. Le aveva anche detto il nome, davvero inusuale, ma era talmente assonnata, che già se ne era dimenticata. Poco male, in qualche modo si sarebbe arrangiata.

Che le toccava fare per la tesi e per il posto come ricercatrice ed assistente accanto al professor Serranti! In realtà il professore era sempre molto gentile con lei e non le pesava poi molto aiutarlo.

Sofia guardò l’orologio constatando che ormai era mezzogiorno passato; anche precipitandosi all’aeroporto in quell’istante avrebbe comunque fatto tardi. Contava il professore avesse avvisato il proprio collega di un probabile ritardo, quindi tanto valeva finire di mettere qualcosa sotto i denti.

Draco si guardava intorno spazientito: nessuna traccia di Serranti. Chissà se quel vecchio pazzo amante dei babbani si ricordava a che ora dovesse passare a prenderlo: non aveva idea di come muoversi con i mezzi babbani, per quale maledetto motivo non aveva potuto smaterializzarsi?! La dannata copertura. Imprecò nuovamente contro i babbani a mezza voce, massaggiandosi la fronte con una mano. Sarebbero stati sei lunghissimi mesi. Non sapeva nemmeno se l’indagine che doveva fare sarebbe andata a finire bene o se si sarebbe rivelata solamente un buco nell’acqua.
Sospirò, era quasi l’una.

Lunedì 16 settembre, ore 13:00

Forse se l’era presa troppo comoda. La lancetta del vecchio orologio legato al suo polso scattò sulle tredici.
Merda, sussurrò tra sé e sé.
Sperò in cuor suo che il collega del professore fosse un tipo affabile e bonaccione come lui. Si trovò a pensare che tra l’altro non sapeva nemmeno che aspetto avesse, sospirò: di male in peggio. Beh, probabilmente aveva una tipica faccia da inglese: sicuramente dei piccoli occhialetti da vista, orridi abbinamenti di vestiti, di certo un maglioncino senza maniche dai colori improponibili, nonostante fosse appena inizio settembre e facesse ancora parecchio caldo, più o meno la stessa età di Serranti.

Peccato che, guardandosi intorno all’ingresso, non vedesse nessuno di minimamente simile all’ipotesi che si sera formata nella sua testa. Merda, imprecò di nuovo.
L’unica possibilità era chiedere alle persone lì intorno se avessero per caso visto quell’essere mitologico.

Stava seriamente cominciano a spazientirsi: babbani, e pure italiani. Era risaputo che gli italiani amassero prendersela comoda, dolce vita di qua e di là, un po’ di rispetto dannazione! Gli prudeva la mano, se solo avesse potuto affatturare qualcuno con la bacchetta; sorrise mellifluo al pensiero.
Improvvisamente i suoi occhi si posarono su una giovane ragazza, lunghi capelli color mogano raccolti in una treccia. Che diavolo stava facendo? Si agitava tutta passando da una persona all’altra, gesticolando come una pazza, mimando un pancione e dei presunti occhiali. Ma dove diavolo era capitato?! Sperò non venisse a seccarlo, ed invece…

Ovviamente veva già notato l’attraente uomo biondo, statuario, ritto in piedi accanto ad una colonna, però voleva evitare di rendersi ridicola anche con lui. Un conto era gesticolare disperatamente con qualche anziano sordo o qualche allegra famigliola, tutt’altra storia era rivolgersi a quell’adone che occupava il centro del salone d’ingresso, in attesa di chissà quale super modella. Insomma Sofia, un po’ d’amor proprio. Senza contare il fatto che fosse uscita abbastanza in fretta, colazione a parte, e quindi era struccata e vestita delle prime cose che aveva acciuffato dall’armadio. Un disastro, un disastro completo.
Sbuffò, doveva tentarle tutte, ne andava della sua tesi!

“Hi… Sorry. Do you speak English? Or Italian? Or a little bit of French? I really need your help.”

Due occhi seri e glaciali si posarono su Sofia. La percorse un brivido da capo a piedi, sembravano quasi grigi per quanto erano freddi.

Draco sperava solo che quella babbana non volesse chiedergli l’elemosina o chissà quale firma per sostenere chissà quale progetto strampalato. Notò che gli aveva parlato in un inglese privo di alcuna traccia di accento italiano, lo trovò insolito. Decise di sfoderare l’italiano appreso grazie ad un incantesimo di acquisizione automatica, dopotutto era la lingua che avrebbe parlato nei prossimi mesi.

“Capisco l’italiano e lo parlo. Ma se vuoi propormi di firmare a sostegno di qualcosa o di fare qualche donazione, parli con la persona sbagliata ed è meglio se te ne vai.” Sentenziò senza tanti giri di parole. A differenza della ragazza, tradiva le sue origini inglesi.

Bello e stronzo. Un classico, pensò Sofia, con un appiglio di disappunto.

“Niente di tutto questo. Sto cercando disperatamente una persona, è una storia un po’ ridicola in realtà, dato che non so nemmeno che aspetto abbia, quindi sto tirando un po’ ad indovinare, pensando ad una tipologia base, ecco…” Sospirò, non sapeva nemmeno lei cosa stesse dicendo.

Draco la guardava perplesso, era partita a parlare a raffica gesticolando, e quanto gesticolava. Era per caso un maldresto e stupido modo per provarci con lui? Beh, gli stava già dando ai nervi e non aveva tempo da perdere.

“Senti, tesorino, se è un modo per provarci con me ti consiglio di smettere all’istante. È abbastanza… Penoso.” Soffiò velenosamente.

Gli occhi color nocciola della ragazza si allargarono all’inverosimile. Poi scoppiò a ridere sprezzante.

“Oddio, tu soffri davvero di seri problemi di egocentrismo. Sei innegabilmente bello ma… Direi anche tetro. E stronzo. Tesorino.” Gli fece eco la ragazza, con lo stesso tono di superiorità che lui aveva usato con lei.

Una sconosciuta babbana gli stava dando dello stronzo? Fece per aprire la bocca e ribattere a tono ma lei alzò una mano per zittirlo.

“Senti, per chiarezza. Volevo solo sapere se avessi visto un tizio, con la faccia da inglese, che sembrasse tipo un professore. Credo sia un po’ stempiato, non molto in forma, insomma il classico insegnante di mezza età, magari indossa anche degli occhialetti. Se hai preso il volo diretto da Londra delle dieci e mezza forse lo hai visto, ma dubito che accecato dalla tua stessa luce tu riesca a vedere altro che non sia te stesso.” Ennesima frecciatina. Probabilmente stava esagerando, ma se c’era una cosa che non tollerava erano gli arroganti spacconi.
E poi, chi l’avrebbe mai più rivisto?

Draco guardava scioccato la ragazza: solitamente era lui a mettere a tacere gli altri e a lanciare frecciatine al veleno ma, soprattutto, nessuno aveva mai avuto la candida sfacciataggine di dargli dello stronzo dopo appena cinque minuti che lo conosceva, sebbene fosse ben conscio che come aggettivo gli calzasse a pennello.

“Serranti mi ucciderà.” Senti la ragazza mormorare tra sé e sé e capì al volo.

“Sono io il professore che cerchi.” Disse in tono piatto.

A stento riuscì a trattenersi dal ridere vedendo la ragazza letteralmente sbiancare.

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Capitolo 3
*** Insofferenza ***


Lunedì 23 settembre, ore 13:15

Alle due in punto aveva appuntamento nello studio del professor Serranti e ci sarebbe stato anche il famoso Draco Malfoy, aveva imparato il suo nome, meglio tardi che mai. Era una settimana esatta che non lo vedeva, dopo il disastroso primo incontro avvenuto all’aeroporto nel quale gli aveva dato dello stronzo. Ovviamente il ventisettenne professore oxfordiano aveva già rubato il cuore di tutte le studentesse: bello, tenebroso e pure capace. Serranti gli aveva detto che era un grandissimo esperto della letteratura inglese, uno dei più preparati, e questo spiegava perché nonostante fosse così giovane, fosse già insegnate in una delle università più prestigiose del mondo. Ma la cosa più assurda era un’altra: chi voleva laurearsi con una tesi che vertesse su un confronto tra i due pilastri della letteratura inglese ed italiana, rispettivamente Shakespeare e Dante? E fatto ancor più divertente, chi si trovava in Italia per approfondire la conoscenza della letteratura italiana, in particolar modo quella di Dante? Cominciò a prendersi a librate in faccia.

“Che diavolo fai?” Le sibilò Valentina togliendole di mano il volume. “Sei impazzita? Se vuoi ucciderti vai a farlo fuori dalla biblioteca, possibilmente con qualcosa di più serio di un libro.” Che adorabile amica.

“Vale non ci voglio andare all’incontro. Ma ti pare? Con che faccia mi ci presento?”

“Con che faccia vuoi presentarti? Ormai la figuraccia l’hai fatta, come al tuo solito. Serranti non ti abbandonerebbe mai come relatore, ti adora. E l’adone oxfordiano, beh al massimo si rifiuterà di aiutarti e ovviamente sarebbe un peccato, un nome prestigioso in meno sulla tesi e zero ore da passare in sua compagnia sola soletta: uno spreco, causato dalla tua lingua lunga.” L’amica fece spallucce.

“Grazie Vale, sei sempre di consolazione.” Sbuffò Sofia. “Comunque si dà il caso che l’adone oxfordiano sia anche un grandissimo stronzo e questo fa cadere tutto il suo fascino, più o meno.”

“Dai muoviti o farai tardi. Ancora.” Sorrisetto dell’amica, alla quale Sofia rispose con una linguaccia. Raccolse le sue cose e si avviò al patibolo.

Lunedì 23 settembre, ore 14:10

“Draco ti assicuro che qualcosa non va. Prima pensavo fosse solo qualche incidente scollegato, ma adesso ho la certezza che c’è qualcosa di oscuro e strano sotto e lo sai che non sono un tipo da allarmismi facili, ma è da un po’ che tengo le orecchie tese.” Michael Serranti versò per sé e per il giovane amico un po’ di scotch. In realtà Serranti era stato amico di Lucius, prima che questi tornasse a parteggiare per il lato oscuro in modo evidente. Aveva sempre avuto un occhio di riguardo per Draco e lo aveva aiutato a scrollarsi di dosso il suo invadente passato.

“Ed è per questo che sono qui, non metterei mai in dubbio le tue parole e nemmeno il Ministero. Sei una delle persone più fidate ad avere il compito di monitorare la situazione da qui: se dici che qualcosa non quadra, evidentemente è così, solo, non capsico questa tua insistenza per far sì che mi camuffassi tra i babbani… Non sei stato molto esaustivo nella tua lettera.” Disse Draco sorseggiando il suo scotch.

“Volevo essere il più prudente possibile non capendo cosa stia accadendo e in ogni caso sospetto sia una cosa che si muove tra gli studenti.” Aggiunse serio Serranti.

“Ma se sono tutti babbani? Com’è possibile? Non hanno idea di cosa sia la magia, al massimo ne avranno sentito parlare solamente in quelle favolette per bambini babbani che leggevano loro i genitori.”

Sofia arrivò in quel momento: che diavolo erano le favolette per bambini babbani? Quel Draco sarà pure stato un professore di Oxford, ma era fuor di dubbio che fosse un po’ suonato.

Mentre alzava la mano per bussare sentì il prof Serranti aggiungere: “Non sottovalutarli come il tuo solito. Qualcuno o qualcosa si sta muovendo tra loro.”

Non appena i due uomini sentirono bussare la conversazione s’interruppe improvvisamente e il professor Serranti esclamò: “Sofia, cara, sei tu? Entra pure!”

E dopo un lungo sospiro per farsi coraggio, Sofia entrò. Si concentrò sul viso bonario del professor Serranti, ignorando totalmente il biondo. “Buongiorno, scusate il lieve ritardo.” Accennò un sorriso.

“Quale novità.” Sibilò Draco. Sofia incrociò il suo sguardo stizzita e come la prima volta, quegli occhi grigi, le provocarono un brivido lungo tutto il corpo, ma non accennò minimamente ad abbassare lo sguardo.

“Non preoccuparti cara.” Ci pensò Serranti a stemperare la situazione. “Ti ho dato appuntamento perché il professor Malfoy ha accettato di buon grado di aiutarti con la tua tesi.”

Sofia era a dir poco sorpresa. “Come ti accennavo i vostri argomenti di ricerca si sposano alla perfezione, e come lui potrà essere una valida guida per la parte inglese della tua tesi, mi auguro che tu potrai essere altrettanto d’aiuto per le sue ricerche in campo italiano. D’altronde sei sempre stata la più brillante in ogni mio corso.”

Dopo un primo momento di smarrimento, Sofia annui “Sì, certo, nessun problema… Anzi grazie e soprattutto, mi dispiace per… L’inconveniente all’aeroporto.” Accennò un piccolo sorriso di scuse verso Draco.

Il biondo non batté ciglio. “Ti avverto, sono molto esigente. Mi aspettavo di essere aiutato dal professor Serranti, quindi ho aspettative piuttosto alte, non mi piace perdere tempo, incontri estremamente mirati, ti consiglio di venire il più preparata possibile. In orario.” Il tono era a dir poco scocciato.

Sofia si sentì toccare nell’orgoglio. Borioso. Ma chi si credeva? Si sentì ribollire il sangue. Almeno lei ci aveva provato a rimediare e di certo non faceva i salti di gioia al pensiero di collaborare con lui, nonostante questo giovasse non poco alla sua tesi. Si trattenne a fatica dal mandarlo a quel paese.

“Non si preoccupi, è fin troppo gentile, non vorrei approfittare un minuto di più del suo tempo, se non necessario, anzi cercherò di ridurre il più possibile i nostri incontri. Adesso se mi volete scusare, avrei da fare. Arrivederci professor Serranti. Signor Malfoy.”

E come era venuta, sparì dietro la porta dell’ufficio, lasciando nuovamente Draco Malfoy nell’impossibilità di ribattere, ed anzi, rimettendolo nuovamente al suo posto.

Serranti si mise a ridere. “Caro Draco, stai attento, Sofia non si lascia intimorire facilmente, sa rendere pan per focaccia senza tanti complimenti.”

“Vedremo.” Gli spuntò un sorrisino mellifluo. Era intrigato ed affascinato da una babbana, ma che gli prendeva?



 

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Capitolo 4
*** Scontrarsi ***


Lunedì 23 settembre, ore 19:30

“Devi credermi zia Maria se ti dico che insopportabile è solo un eufemismo.” Sofia non aveva fatto che parlare ininterrottamente di Draco da quando aveva messo piede nella cucina di quella che considerava come l’unica persona di famiglia che avesse mai avuto.

L’anziana donna rise divertita. “Almeno dimmi che è bello, perché se così non fosse, sarebbe davvero un disastro su tutta la linea.”

“Sì sì è bello.” Dannatamene bello. “Ma non è questo il punto! È spocchioso, arrogante, borioso…” Sexy. Affascinante. Scaltro. “E poi che razza di nome è Draco?! Ma da dove viene, dal secolo vittoriano, vedrai che salterà fuori che è un vampiro. Ma se pensa di farmi cadere come una sua qualsiasi vittima sacrificale, ha proprio sbagliato persona… Non siamo mica in Twilight qui.” La giovane ragazza sbuffò continuando ad apparecchiare il tavolo.

La donna di nome Maria continuò a punzecchiarla. “Per quanto odioso non hai smesso di parlare di lui da quando sei arrivata praticamente…”

“Beh! Certo! Mi ha completamente rovinato la giornata. Solo le tue lasagne possono porvi rimedio.” Le sorrise posandole un bacio sulla sua fronte. “Vado a chiamare Vale, devo aggiornarla, visto che per lei lo stallone oxfordiano non ha difetti.” E detto questo uscì dalla stanza come una furia.

Maria adorava quella ragazza. La forza di spirto che aveva, nonostante tutte le sofferenze patite in passato, era un qualcosa di incredibile. Sospirò, rabbuiata da tutte le cose che non le avevano mai confessato: avrebbe capito che lo avevano fatto solo per il suo bene? Sperava con tutto il suo cuore che il piano di Micheal funzionasse, anche perché perderla era fuori discussione.

Lunedì 23 settembre, ore 22:00

Come sempre Francesco l’aveva liquidata dopo appena dieci minuti al telefono. Tra l’altro aveva provato a raccontargli almeno qualche dettaglio della sua giornata, ma si era dovuta soltanto sorbire una discussione di politica globale e di come lì a Bruxelles fossero molto più avanzati praticamente in tutto, di come le persone fossero più interessanti, aperte, intelligenti e, ad un certo punto, aveva smesso di ascoltare. Che palle.
Perché stessero ancora insieme non lo sapeva nemmeno lei, probabilmente perché era il suo primo, ed unico, in molte cose. Francesco non l’aveva mai trattata da diversa nonostante il suo passato, le aveva insegnato a prendere la vita nel modo giusto, facendo sì che si lasciasse dietro le spalle una scia di sofferenze e privazioni che, fino a quel momento, erano state il suo pane quotidiano.
Ricordava ancora il loro primo incontro, l’ultimo anno di liceo; era appena andata vivere sull’appartamentino sopra la casa di zia Maria. Lui era praticamente perfetto: lunghi capelli neri, abbronzato, sicuro di sé, intelligente, simpatico, musicista, rugbista, attivista, rappresentante d’istituto. Lei, in confronto, si sentiva il nulla, un’orfanella che nessuno aveva voluto e che a fatica cercava di adattarsi in una scuola dove non conosceva nessuno. Per cercare di mantenersi e non pesare solo sulle spalle di zia Maria, aveva cominciato a lavorare in un piccolo pub, dove lui era solito andare con gli amici: e così uno sguardo ne chiama un altro, un sorriso ne chiama un altro, una parola ne chiama un’altra e, per la prima volta in tutta la sua vita, si era lasciata andare.
Francesco le aveva insegnato ad amare, a ridere di cuore, a stupirsi di ogni più piccolo dettaglio, ad essere curiosa, sicura di sé, determinata, felice. Tutto questo non si può cancellare da un giorno all’altro, anzi, probabilmente non avrebbe mai potuto cancellare quel profondo affetto che li legava. Però si trattava di affetto, non più di quell’amore bruciante che sentiva scoppiare dentro un tempo, ogni volta che lui la guardava e le sorrideva.

“Mi mancano i vecchi tempi Fra… anche se so che non potranno tornare più. Quando rientrerai, dobbiamo parlare. Ti stringo forte.”

Un messaggio che avrebbe cambiato tutto. Lanciò il telefono lontano, sul letto. Fissando il soffitto le tornò in mente il biondissimo Draco Malfoy. Perché non riusciva a toglierselo dalla testa? Risposta semplice: ne era intrigata, parecchio, non aveva senso negarlo. Si girò a pancia in giù, la testa sepolta nel cuscino. Dannazione a lui.
 
Lunedì 23 settembre, ore 23:45

“Sì Blaise, è pieno di ragazze carine, sono in un’università. E no, non mi darò alla pazza gioia, magari solo qualche notte o due. Non è nemmeno sicuro, in fin dei conti sono qui come professore, credo sia tecnicamente illegale spassarsela con le allieve. Già un vero peccato. Dai ti lascio che volevo farmi un giro questa sera, non ho ancora approfittato per vedere la città come si deve e a quest’ora deve essere spettacolare, soprattutto zero turisti e babbani tra i piedi. Ci sentiamo, ciao.”

La prossima volta che si fossero sentiti poteva proporre all’amico di passare a trovarlo per qualche giorno, di sicuro Blaise non se lo sarebbe fatto ripetere due volte. Rise divertito da quella idea. Mentre indossava scarpe e cappotto gli tornò in mente Sofia, la pupilla di Serranti. Ovviamente lui aveva preso sul ridere il fatto che gli avesse dato dello stronzo, anzi, gli aveva proposto che proprio quella sfacciata potesse essere una delle studentesse che lui poteva seguire e, il colloquio del pomeriggio glielo aveva confermato. Era insolita, aveva suscitato la sua curiosità, cosa non facile. Lo turbava un po’ il fatto che a farlo fosse stata proprio una babbana, ma si trattava solo di divertimento, perciò poteva anche passarci sopra. Inoltre Serranti si era decantato in lusinghe su di lei, descrivendola come brillante ed unica nel suo genere, alimentando la sua curiosità.
Che tipo strambo Serranti: era stato un mangiamorte amico di suo padre durante la Prima Guerra; a differenza di suo padre però, si era pentito ed aveva deciso di redimersi vivendo tra i babbani. Avvolto da questi pensieri camminava, l’aria era fredda, nessuno in giro, decise di smaterializzarsi nella piazza principale della città, San Marco. Pressoché vuota anche quella. D’altronde era una fredda mezzanotte di fine settembre.
Ripensò agli incidenti di cui gli aveva parlato Serranti, troppo strani perché fossero accidentali: una palazzina crollata come se fosse sabbia. Uno dei ponti principali della città era letteralmente esploso. Poi ancora i binari della stazione dei treni erano saltati durante la notte. La cosa più singolare era che numerosi babbani parlavano di strani fasci di luce nera che apparivano improvvisamente, per poi scomparire altrettanto velocemente lasciando distruzione dietro di sé. Che stava accadendo? Era forse qualche mangiamorte nostalgico? Istintivamente tocco il braccio con il marchio, oramai quasi del tutto sbiadito; non aveva percepito nulla in quel senso. Si fermò ad osservare la laguna scura: qualunque cosa ci fosse sotto, lui si trovava lì per scoprirlo.
 

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Capitolo 5
*** Rincontrarsi ***


Sabato 5 ottobre, ore 05:25

“Nasconditi dentro l’armadio. Forza corri! Corri ti ho detto! E non uscire per nessun motivo! Nessuno! Sofia muoviti!”

Era abituata ad obbedire alla mamma e la sua voce allarmata ed i suoi occhi terrorizzati erano un motivo ancor più valido per fare come diceva.

Si nascose tra i cappotti di mamma e papà, come quando giocavano a nascondino.

Un boato assordante proveniente dal piano di sotto la fece tremare da capo a piedi, strinse ancor più forte il suo peluche di Paperino al petto.


Le urla di sua madre erano tremende, si coprì le orecchie, non voleva sentire…

Sofia si svegliò in un bagno di sudore, sul divano, per l’ennesima volta.
Sospirò, la televisione era ancora accesa, trasmetteva quello che sembrava un film dell’orrore, una povera donna era inseguita da un tizio mascherato con un coltellaccio degno di un macellaio. Non ci pensò due volte e spense l’apparecchio.
Si mise a sedere stiracchiandosi, l’orologio appeso alla parete segnava le cinque e mezzo del mattino. Doveva smettere di mangiare pesante la sera e soprattutto di guardare la tv, finiva sempre per fare sogni orribili e svegliarsi all’alba.
Si massaggiò le tempie, il viso di sua madre ancora impresso davanti agli occhi. Forse sarebbe dovuta andare a trovarla, era da un po’ che non ci andava. Un altro lungo sospiro: una doccia era quello che ci voleva.

Sabato 5 ottobre, ore 08:10

Draco pensò che era una fortuna abitare praticamente accanto a quella piccola biblioteca: sapeva che non era del tutto casuale, Serranti lo conosceva bene. Necessitava di un posto tranquillo, poco frequentato, che non fosse casa, per fare le sue ricerche in santa pace e la cosa straordinaria era che quella era una delle poche biblioteche ad aprire prestissimo e a chiudere altrettanto tardi.
Aveva già individuato un posto perfetto, un piccolo tavolo per appena un paio di persone, in una rientranza tra gli scaffali in fondo alla sala, isolato come piaceva e serviva a lui. Estrasse dalla cartelletta che aveva con sé diversi tomi di storia della magia e affini, ed alcuni giornali babbani che parlavano delle recenti stranezze avvenute in città. Ringraziò mentalmente l’incantesimo di estensione irriconoscibile. Si stiracchiò sulla sedia e guardò il tavolo sommerso di materiali: aveva un sacco di lavoro da fare.

Il professor Serranti le aveva consigliato quella biblioteca, non esattamente vicina all’area universitaria, e proprio per questo poco frequentata; a Sofia piaceva andare a rifugiarsi lì, per poter stare tranquilla, in pausa dal resto del mondo per almeno un giorno.
Inoltre, le aveva fatto bene camminare per più di mezz’ora nell’aria fresca delle prime ore di luce, l’aveva tranquillizzata dopo il brusco risveglio di quella mattina.
Entrando salutò amichevolmente la bibliotecaria che ormai la conosceva bene e si diresse a passo sicuro verso il suo tavolo preferito, certa di trovarlo libero, soprattutto a quell’ora. Sicurezza vana dato che si trovò di fronte una testa bionda, ormai fin troppo familiare, china su alcuni grossi volumi.
“Dannazione.” Non riuscì a trattenersi dall’esclamare, non esattamente sottovoce. Era davvero una giornata no.
Draco alzò lentamente la testa, ormai consapevole a chi appartenesse quella voce incline ad imprecare in sua presenza: i suoi occhi grigi si scontrarono con quelli caldi della ragazza, che lo guardava scocciata.

“Hai intenzione di darmi il tormento ogni santo giorno De Benedetti? Non starai mica tentando di carpire il mio favore con metodi, come dire, poco ortodossi?” Sorrise mellifluo, già divertito dall’espressione che stava assumendo la ragazza.

“Esimio professor Malfoy.” Il tono era chiaramente sarcastico. “Mi chiedo se lei non stia facendo di tutto per incontrare me. Si dà il caso che io frequenti questa biblioteca pressoché quotidianamente e che solitamente mi sieda proprio dove si trova lei ora. Se vuole chiedere conferma alla signora all’ingresso.”

Tremendamente sfacciata. A Draco quasi venne da ridere. “Non ho visto nessun nome inciso sulla sedia, che peccato e mi risulta ci siano numerosi altri posti liberi. Dovrai accontentarti per oggi.”

“Evidentemente. Buon lavoro professore.” Sorrise come se gli augurasse di strozzarsi con la sua stessa saliva e senza aspettare risposta girò i tacchi e sparì oltre gli scaffali.

Quella ragazza lo intrigava tremendamente, c’era poco da fare.
Ultimamente le donne lo annoiavano.
Certo c’era Astoria, ma con lei aveva un diverso rapporto, era più una specie di contratto: la apprezzava, ovviamente, ma non era certo un tipo passionale con il quale stuzzicarsi e passare piacevoli notti di sesso. Era la sua perfetta ed immacolata futura moglie, tutto qui.
A lui piaceva giocare e divertirsi con il gentil sesso, passare piacevoli serate in compagnia di piacevoli signorine.
Purtroppo però diventava sempre più facile ottenere i favori delle donne, non doveva nemmeno sforzarsi più di tanto.
Quella ragazza invece, sembrava volergli passare sopra con una carrozza trainata da una mandria intera di thestral, e questo gli piaceva.

Avrebbe voluto passargli sopra con un rullo compressore, più e più volte, per assottigliare quel suo ego stratosferico.
Chissà quante studentesse e donne in generale erano cadute nella sua rete.
Certo non poteva negare che fosse tremendamente affascinante ed anche indubbiamente bello, decisamente ed indiscutibilmente figo, ma Sofia De Benedetti aveva un cervello e lo usava, anche troppo spesso a volte.
E poi quel suo modo di fare, beh, le dava semplicemente ai nervi, come se tutto fosse e dovesse essere ai suoi piedi.
Probabilmente era anche così, ma a lei non importava e tantomeno aveva bisogno del suo aiuto, si sarebbe arrangiata per la tesi.
Ma chi si credeva quel Draco Malfoy?
 
 

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Capitolo 6
*** Non comprendersi ***


Sabato 5 ottobre, ore 13:45

“Non hai intenzione di pranzare, De Benedetti? Non vorrai sciupare quel bel visino.”

Ancora lui. Doveva aspettarsi che uscendo sarebbe venuto ad importunarla con le sue frecciatine. Sofia alzò la testa, gli lanciò uno sguardo di fuoco accompagnandolo con un sorriso amabile.

“Perché, me lo vuole offrire lei il pranzo professore?”

“Se è così carina da accettare l’invito di un vecchio professore, sì.” Sottolineò accuratamente la parola vecchio, chiaramente per prenderla nuovamente in giro per la sua figuraccia all’aeroporto.

Maledetto, penso tra sé e sé Sofia, è peggio di una serpe.
Però un pranzo glielo poteva pure scroccare, in fin dei conti sicuramente guadagnava bene ad Oxford, non era certo nella sua stessa situazione, abituata a tirare la cinghia tra ripetizioni e altri lavoretti saltuari; senza contare che aveva davvero fame, avendo saltato la colazione, ed il pranzo esimio della mensa non era un’alternativa troppo alettante.

“Perché no.” Raccolse velocemente le sue cose e si alzò in piedi, precedendolo verso l’uscita.

Draco non l’aveva osservata bene quella mattina: indossava un vestitino a fiori a maniche lunghe, dai colori caldi, che scendeva morbido, non troppo corto, nessuna scollatura, e proprio per questo stuzzicava ancor di più la sua fantasia, nel cercare di indovinare le forme del corpo di lei.

“Sei pregato di smetterla di studiare il mio sedere, grazie.” Sentenziò lei una volta usciti.

“Siamo in un paese libero, direi che ognuno può guardare ciò che gli va di guardare. E da quando hai cominciato a darmi del tu? Sono pur sempre un tuo professore.”

Sfrontato, aveva perfino la faccia tosta di non negare e di riprenderla dall’alto della sua autorevolezza del cavolo, lo guardò scandalizzata e lui per tutta risposta fece spallucce sorridendo con quella sua fila di denti perfetti e bianchissimi. Irritarla all’inverosimile sembrava essere il suo obiettivo.

“Mi scusi, ha ragione, è che solitamente sono abituata a riprendere i ragazzini per le occhiate moleste.” Di nuovo quel sorriso amabile che nascondeva la voglia di prenderlo a schiaffi in pieno viso.

Non perdeva un colpo, Draco era seriamente divertito. “Beh Miss maturità ha in mente un posto dove poter andare a pranzare?”

“In effetti sì. Vorrei evitare le iniziative alimentari di un inglese.”

Camminarono i seguenti dieci minuti in silenzio, guardando l’altro quando questo era rivolto altrove, si studiavano in silenzio. Arrivarono in quella che era una piccola creperia.

“Crepes? La credevo una specialità francese.” Disse scettico Draco.

“Sarà anche una specialità francese ma Giulio le ha decisamente portate ad un livello superiore, si fidi.”

E in effetti la ragazza aveva ragione: era tra le cose più squisite che avesse mai mangiato, non era solo una crepes ma un concentrato di sapori. Ognuna era particolare, fatta con prodotti tipici e ricercati, ed era stato difficile scegliere cosa prendere.
Finì l’ultimo morso della crepes dolce che aveva preso come dessert, mentre aspettava che la ragazza uscisse dal localino, dove stava salutando il proprietario ridendo e scherzando con lui.
Si ritrovò a fissarla nuovamente: non era certo una bellezza appariscente, del tipo che ti giri a guardare per la strada, ma nella sua semplicità era indiscutibilmente bella, soprattutto quando rideva.
Era abituato ad altri tipi di donna, molto più composte, eleganti, curate fino ai minimi dettagli e che di certo non ridevano così sguaiatamente, ma c’era qualcosa che in quella ragazza lo attraeva; forse proprio la sua spontaneità, cosa così lontana dal suo mondo impostato.
Si ritrovò a pensare che averla tra le proprie lenzuola non sarebbe stato poi così tanto male, soprattutto se anche lì era sfrontata come mostrava di essere a parole.

“Allora ti sono piaciute le crepes Mister diffidenza?” Dopo un serrato botta e risposta le aveva dato il “permesso” di dargli del tu.

“Devo ammettere di sì. Un punto per te.” Si ritrovarono a ridere insieme.

“In ogni caso, parlando per un attimo di cose serie e quindi della nostra collaborazione, il tempo stringe, perciò dovremmo fissare un incontro. Ci sono alcuni aspetti che vorrei, come dire, approfondire.” Il sorriso che accompagnava quella affermazione era piuttosto eloquente.

Sofia non era di certo una bacchettona, Draco era attraente e sicuramente passare una notte con lui poteva essere divertente; la irritava ma allo stesso tempo la intrigava, era stimolante e le sapeva tenere testa. Ma ci teneva parecchio alla sua tesi e non le andava di sminuirla per del banale sesso, che probabilmente con lui poteva essere tutt’altro che banale.
“Ci tengo alla mia tesi. Non è una cosa tanto per fare, banale e volgare.” Rispose un po’ tagliente.

Draco si infastidì per il tono usato, sicuramente anche una studentessa babbana, per quanto brillante, doveva per lo meno essere grata e rispettosa dei suoi professori.
“Non ritengo che il mio contributo alla tua tesi possa essere né banale né volgare. Se la tesi ti serve per fare colpo su mammina e papino per farti fare i complimenti, ritengo che il mio aiuto ti sia più che necessario.” Rispose piccato.

Un’ombra, quasi impercettibile, passo sul viso della ragazza, i lineamenti delicati e gli occhi caldi diventarono di pietra.
“Non era quello che intendevo dire: ovviamente mi sarebbe utile il suo contributo, professore, un aiuto puramente accademico. Le farò avere i materiali che ho già raccolto il prima possibile.” Il tono era diventato freddo e distaccato.
Erano arrivati dalla biblioteca. “Rientro a studiare, con permesso. Buon pomeriggio.” Sofia rientrò mollando Draco lì come uno stoccafisso.

Il biondo era perplesso, quella ragazza era davvero… Ingestibile. Scrollò le spalle accendendosi una sigaretta. Le sarebbe passata.

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Capitolo 7
*** Conoscersi ***


Sabato 5 ottobre, ore 16:27

Draco Malfoy non era il tipo da preoccuparsi per gli altri, ma gli piaceva la chiarezza, perché voleva sempre avere il controllo delle situazioni.
Quella ragazza un po’ lo stava ossessionando e voleva saperne di più sul suo conto: chi meglio di Serranti poteva parlargliene un po’ di più? Così verso il tardo pomeriggio aveva lasciato la piccola biblioteca per un caffè con lui.
Sofia non aveva alzato lo sguardo dai suoi libri quando era passato. Cosa mai poteva averle detto di così grave?

“Quindi vuoi saperne di più su Sofia?” Disse Michael sorseggiando il suo caffè.

“Sì, dato che per la copertura sono un professore e devo collaborare a questa fantomatica tesi. Vorrei saperne un po’ di più sul suo conto, tanto per capire se sto totalmente perdendo il mio tempo a fare questo sforzo, anche perché lo sai che ho davvero un debole per la letteratura.” Fece spallucce Draco.

“Fingerò che sia solo questo il motivo, anche se ne approfitto per ricordarti che tecnicamente Sofia è tua studentessa.” Rise il vecchio professore. “In ogni caso Sofia ha quasi 22 anni, è una ragazza brillante, sebbene un po’ inconsueta, ma suppongo questo tu lo abbia già capito. In realtà so poco su di lei, perché lei stessa sa poco di sé stessa, è praticamente orfana.” La voce di Serranti si intristì. “Quando aveva circa due anni sembra che sua madre sia impazzita, probabilmente non ha retto la maternità, non lo so, e purtroppo… ha ucciso il padre di Sofia ed ha tentato il suicidio. Da quello che so, è rinchiusa in un istituto psichiatrico.”

A Draco si era improvvisamente gelato il sangue al ricordo delle parole che aveva rivolto alla ragazza e di come gli occhi di Sofia si fossero improvvisamente svuotati: ora aveva comprendeva perché la ragazza avesse cambiato atteggiamento, comprensibile.
“E che n’è stato di Sofia?” Chiese.

“Orfanotrofio, proprio qui a Venezia, fino ai 18 anni. Poi una pia donna se l’è presa a carico, lavorava lì e aveva conosciuto la ragazza, senza però essere riuscita ad ottenerne mai l’affidamento essendo una donna sola. Le ha offerto finalmente un po’ di affetto ed anche un posto dove stare, Sofia infatti abita in un appartamentino sopra la casa di Maria, mi pare sia questo il nome.” Concluse Serranti.

“Che storia. A quanto pare ognuno ha le proprie cicatrici.” Sentiva cresce un insolito moto di dispiacere per la ragazza. Aveva sentito storie simili, forse anche peggiori, ma solitamente le trattava in modo molto razionale: sono i casi della vita, era solito ripetersi.

“È una brava ragazza. Non superare il limite.” Serranti ora era piuttosto serio.

Draco annuì, insolitamente a corto di parole.

Sabato 5 ottobre, ore 22:57

Cara, ehi, coraggio svegliati, è ora di chiudere.” Sofia si svegliò con la mano della signora Elisa che la scuoteva dolcemente. “Forse dovresti riposare un po’ di più...” La donna a guardava un po’ preoccupata.

“Accidenti, scusami Elisa, è solo che questa mattina mi sono svegliata presto, ed ultimamente ho degli orari un po’ sballati.”

“Non ti preoccupare, piuttosto cerca di prenderti un po’ più cura di te. Coraggio, corri a casa a farti una bella dormita. Sono già le undici.” La donna sorrise allontanandosi.

Sofia si stiracchiò e cominciò a mettere via le sue cose, ma un pezzo di foglio piegato attirò la sua attenzione, lo aprì curiosa.

“Mi scuso se in qualche modo sono stato inopportuno oggi. Rinnovo la mia proposta di collaborazione, accademica, s’intende. La mia mail è d.l.malfoy@gmail.com, inviami pure qui il materiale. Ps. Sei davvero carina quando dormi.”

Le scuse più sfacciate mai ricevute, ciò nonostante si trovò a sorridere; probabilmente era stata un po’ troppo dura, non è che tutti potessero essere a conoscenza del suo passato, e tantomeno lei voleva che lo fossero, ma si trattava pur sempre di un argomento delicato che la faceva scattare.
Scacciò via i brutti pensieri. Quel Draco Malfoy aveva pure la calligrafia sexy. Rise tra sé e sé.
Uscendo augurò la buonanotte a quella santa della signora Elisa e si avviò per le calli buie della sua amata Venezia, verso casa.

Domenica 06 ottobre, ore 03:19

I signori Buriana stavano guardano tranquilli il televisore in salotto, giurarono alle autorità che non si erano accorti di nulla fino al boato assordante che li aveva fatti scattare in piedi. Poi avevano visto un fascio nero attraversare la casa da parte a parte e tutto aveva cominciato a bruciare: ovviamente erano usciti a gambe levate.
Lo stesso affermava l’anziana signora Rossi, che per miracolo ne era uscita illesa, nonostante fosse a letto già da un pezzo.
La famiglia Dentici non si trovava in casa al momento dell’incidente, mentre il signor Salemi era appena rientrato e aveva visto solo le fiamme divampare. Serranti era corso sul posto, chiamando anche Draco. Avevano modificato i ricordi dei presenti con pochi semplici gesti. Il mattino dopo si sarebbe parlato di un incendio improvviso, forse causato da qualche cortocircuito e la situazione, almeno con i babbani, era stata contenuta per l’ennesima volta.
Ma il dubbio che qualcosa nel mondo magico non andasse era ormai certezza.

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Capitolo 8
*** Oggi ***


Mercoledì 30 ottobre, ore 09:11

“Lo so benissimo Granger che devo trovare la causa di questi incidenti e sono qui per questo, ma non è esattamente facile. Sì ho già delle ipotesi, sto verificando ed aspettando alcune lettere di risposta via gufo. Non ho usato il telefono perché i miei interlocutori non sono avvezzi alla tecnologia e poi necessitavo di spiegare la situazione al meglio. A te cosa cambia? Dì al ministro che mi farò sentire io appena avrò un quadro più chiaro tra le mani. Sì ok ok, ciao.” Attaccò il telefono seccato.

Essere svegliato dalla voce pedante della Granger non era esattamente ciò che si poteva definire un bel risveglio. Soprattutto dopo la nottata che aveva passato con la biondina. Discreta, aveva soddisfatto quelli che erano i suoi bisogni ed era indubbiamente un bel vedere.
Però, non appena sentì le sue manine smaltate di rosso abbracciarlo da dietro, gli si gelò il sangue. Mica era in cerca di… coccole?

“Ciao tesoro.” Squittì.

Un momento quella voce non era dovuta al troppo alcol ieri sera? Ora poteva pure smetterla di parlare come un’idiota. Si scostò da lei.
“Dovresti andare. Io tra poco uscirò per andare al lavoro.”

“Ma come? Non vuoi passare almeno un’altra mezz’ora in paradiso?” Sorriso da perfetta gatta morta.

Draco alzò un sopracciglio e sospirò. “Vestiti e vai, credimi, è meglio Desireé.”

“Denise.” Lo rimbeccò lei, non più così sensuale. Sì bhe, praticamente uguale, pensò lui.

Gli vibrò il cellulare, un messaggio di Sofia:
“Ore 10 biblioteca. Riprenditi da qualsiasi sbronza. Devi leggere la mia analisi del sonetto 18 a tutti i costi. Qualcuno si deve laureare a novembre! E siamo già a fine ottobre. Offro brioche!”
Riusciva sempre a strappargli un sorriso. Guardò l’orologio, doveva muoversi.

Mercoledì 30 ottobre, ore 10:23

“Non ci credo che hai sbagliato il suo nome, almeno le basi! Poverina…” Sofia era combattuta tra il rimproverarlo e il ridere di gusto. “Lascerai una schiera di cuori infranti, metteranno un cartello con la tua faccia all’entrata di Venezia, tipo ricercato. Se pagano bene potrei addirittura pensare di consegnarti…”

“Ehi! Dovresti essere dalla mia parte… Era solo una distrazione di una notte, pensavo anche lei l’avesse recepita così, non farmi passare per un rubacuori senza scrupoli…” Disse il biondo con fare innocente.

“Va bene.” Rise lei poco convinta.

Era strano come in poche settimane le cose fossero totalmente cambiate tra loro: dopo il bigliettino della biblioteca avevano cominciato a lavorare insieme, si trovavano spesso in biblioteca e si facevano compagnia, mentre lui studiava su quei suoi strani tomi mai visti.
Avevano trovato un loro equilibrio, più o meno. Le frecciatine continue non mancavano di certo, ma c’era una nuova complicità e stavano bene uno in compagnia dell’altro.
Come amici. Anche perché c’era Francesco, il suo ragazzo tornato dall’Erasmus a Bruxelles qualche giorno prima.

“E tu e Francesco invece? Dove siete spariti? Ad un certo punto non vi ho più visti; è uno dei motivi per i quali sono stato rapito dalla biondina.” Accenò un sorriso, dal sapore un po’ amaro.

Sofia gli aveva detto praticamente subito che era fidanzata; se era per questo anche lui, anzi, lui addirittura era in procinto di sposarsi, o almeno era quello che si aspettavano tutti, ma aveva finito per convincersi che non importasse, almeno non in quel suo periodo in Italia.
Era strano ma gli sembrava quasi di essersi riscoperto e ritrovato: lì era semplicemente Draco, un uomo qualunque di 27 anni che poteva davvero essere sé stesso fino in fondo, senza costrizioni sociali legate al suo nome, alla sua posizione, alla sua carriera o al suo futuro.
Era semplicemente Draco, Draco e basta, un Draco che si era scoperto geloso di un babbano fricchettone dai capelli lunghi che studiava scienze politiche.

“Francesco era un po’ stanco.” Alzò le spalle lei rabbuiandosi un po’.

“Avete litigato vero?”

Lei lo guardò un po’ stupita: per la sua franchezza, che aveva imparato ad apprezzare, ma anche perché sembrava potesse leggere ogni suo più piccolo sbalzo d’umore e questo un po’ la metteva a disagio.
Dopo così poco tempo lei sembrava essere un libro aperto per lui, mentre lui per lei, beh, erano più misteri che altro.
Annuì. Le cose non erano semplici già da un po’, a causa della lontananza, in più lui l’aveva accusata di scambiarsi sguardi strani con Draco; l’aveva sorpresa e colta in fallo allo stesso tempo.
Effettivamente sentiva una strana connessione con quel biondo professore oxfordiano, ma non credeva fosse così visibile, anche se la stessa Valentina glielo aveva confermato: “Ti mangia con gli occhi Sofi. Conoscendo il soggetto, probabilmente è solo tensione sessuale, ma c’è.”.
Valentina era la solita candida voce della verità anche se, la cosa che più la turbava, non era che innegabilmente sentisse una spiccata attrazione nei confronti di Draco ma il fatto che per lui probabilmente si trattasse solo di sesso, mentre per lei, non era esattamente sicura fosse lo stesso.
Si era resa conto di non amare Francesco, non più, da molto prima di Draco e probabilmente anche Francesco era arrivato alla stessa conclusione: non si parlavano più, i tempi in cui condividevano tutto sembravano così lontani, a malapena sapeva cosa facesse lui nelle sue giornate, per non parlare del sesso, non aveva sentito alcun trasporto, era stato di certo piacevole, ma meccanico, privo di quella passione bruciante che li accendeva un tempo. Era rimasta solo l’abitudine, l’uno dell’altra, che li aveva portati in una strana spirale che aveva fatto sì che non fossero sinceri tra loro, che non guardassero in faccia la realtà delle cose: era finita.
E poi c’era Draco: non voleva finire nella sua collezione di bamboline, a costo di buttare le sensazioni che provava nei suoi confronti nella gola più profonda della terra.

“Ehi, Terra chiama Sofia! C’è nessuno?” Draco le stava facendo ondeggiare davanti una mano.

“Sì, scusa, pensavo.” Si era fatta più seria. “Dovremmo metterci al lavoro adesso, o almeno io dovrei, devo consegnare tutto la prima settimana di novembre se voglio laurearmi in tempo. Quindi hop hop.” Finalmente sorrise e lui non poté che ricambiare.

Non era uno da sorrisi, Draco Malfoy, non lo era mai stato, a meno che per sorrisi non s’intendessero ghigni sarcastici. Eppure quando Sofia curvava in alto quelle sue rossissime labbra, non riusciva a resistere e si trovava a sorriderle di rimando.
Quella ragazza babbana lo stava stregando.
Che strana ironia.

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Capitolo 9
*** Domani ***


Giovedì 21 novembre, ore 18:12

“Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima! Era ovvio che si trattasse di questo!” Esclamò Draco battendo il pugno sul tavolo.

“Shss, fai piano, siamo in biblioteca! Ma che ti prende? Hai scoperto la formula per sbarazzarti delle ragazze appena consumato l’atto? Niente più risvegli imbarazzanti!” Sofia se la rideva sotto i baffi.

Draco le lanciò un’occhiataccia. “Scema. No, devo andare da Serranti, diciamo che quasi sicuramente ho trovato la risposta ad una questione che ci affliggeva da un po’. Ceniamo insieme?”

“Zia Maria mi ha già fatto una testa tanta perché non ti vede da una settimana, quindi sì, ceniamo insieme. Hai rubato l’ennesimo cuore.” Alzò gli occhi al cielo esasperata. “A dopo Cristoforo Colombo.” E tornò a concentrarsi sui suoi libri.

Giovedì 21 novembre, ore 19:02

“Obscuriale. Teoria interessante…” Michael leggeva gli appunti di Draco.

“Non è solo una teoria, ne sono praticamente certo! Me lo ha confermato Albus Silente in persona, sua sorella era un obscuriale e in più è stato testimone di un altro caso in America, quando era ancora un giovane professore. Gli incidenti che gli ho descritto sono davvero simili a quelli che lui ha visto anni fa con i suoi stessi occhi.”

“Ma non se ne sente parlare da decenni. Voglio dire, perché mai a qualcuno dovrebbe essere impedito di sviluppare il proprio potenziale magico nel 21 secolo? È assurdo.”

“Ottima domanda, è da scoprire, ma sono certo di essere sulla strada giusta. Dobbiamo solo sperare che l’obscurus sia ancora legato alla sua persona, ma suppongo di sì, altrimenti le devastazioni sarebbero maggiori. Sembra quasi che in qualche modo questa persona abbia una minima influenza su proprio obscurus, perché evita vittime umane, agisce di notte, non c’è un’intenzione vera e propria di fare del male. Probabilmente è recuperabile…” Draco camminava su e giù per l’ufficio pensieroso.

“Lo credi davvero che sia recuperabile? Nel senso, che la persona sia salvabile o comunque non condannabile per le sue azioni?” Aggiunse Michael.

“Sì, quasi sicuramente. Dovrò sentire il ministro, gli scriverò subito una lettera, magari mi può mandare qualcuno di supporto ad indagare, non sarebbe male.”

“Vuoi già scrivere al ministro? Non è troppo presto?”

“Troppo presto? È due mesi che mi muovo nel buio, senza sapere esattamente che cosa sto cercando. Dovevo arrivarci molto prima, anche perché la Granger, l’assistente del primo ministro, mi sta con il fiato sul collo. Ma ci sei o ci fai oggi Michael?” Draco lo guardò perplesso.

“Ecco vedi, c’è una cosa della quale vorrei parlarti da un po’, solo che prima volevo che tu…”

Un leggero bussare interruppe le sue parole. I due si guardarono e con un colpo di bacchetta Michael fece sparire tutte le scartoffie dal tavolo.

“Avanti, prego.” Dalla porta fece capolino Sofia. “Oh mia cara, sei tu, entra, entra. Che bella sorpresa! Allora pronta per il grande giorno? Domai ci renderai tutti orgogliosi! Finalmente la laurea!”

Sofia sorrise un po’ imbarazzata. “Pensavo mi sarei sentita, come dire, più felice, invece devo dire che provo un po’ di nostalgia, è come la fine di un grosso capitolo della mia vita. È strano.”

“Suvvia, non vederla come una fine ma solo come un nuovo inizio! Domani voglio vedere solo sorrisi.” Disse bonariamente Michael. “Immagino tu sia passata per il mio caro amico Draco, effettivamente è ora di cena, ed anche la mia cara Giulia mi starà aspettando a casa.”

“In realtà mi dispiace avervi interrotto. Se dovete finire, aspetto fuori. Non c’è problema.” Sofia guardò Draco interrogativa.

Draco annuì. “Un attimo e sono da te.”

“Ok. Allora a domani professore, mi raccomando, cravatta.” La ragazza sorrise e lasciò la stanza.

“Allora?” Draco guardò interrogativo il vecchio professore. “Dimmi. Ho come l’impressione che tu mi stia nascondendo qualcosa.” Il tono si era fatto un po’ più duro.

“Non è un’impressione sbagliata in effetti, ma ti chiedo di fidarti di me ed avere ancora un paio di giorni di pazienza, prima di scrivere al primo ministro. Poi ti dirò tutto. Ti prego di credere che sono in buona fede. Se le mie parole non ti convinceranno, potrai prendere i provvedimenti che riterrai necessari, però ti chiedo, per l’affetto che ci lega, di fidarti di me ed aspettare. Un paio di giorni.”

Non aveva mai visto Michael così serio, si guardarono per un attimo in silenzio, poi il biondo annuì.

“Grazie Draco.”

“Non ringraziarmi. Spero per te sia qualcosa per cui ne vale la pena, non mi piace essere preso in giro.” Il biondo prese la sua giacca e uscì.

Giovedì 21 novembre, ore 22:14

“Zia Maria ti adora, è incredibile, non ha mai sopportato Francesco.” Avevano cenato dalla sua zia acquisita, come era diventata ormai per loro una consuetudine. Ancora una volta Sofia si stupì di come in poco tempo Draco si era insinuato in tutti gli aspetti della sua vita, senza alcuna difficoltà, in maniera inarrestabile. Aspirò dalla sigaretta che lui le aveva offerto, non fumava d’abitudine, ma voleva stemperare la tensione per il giorno dopo.

Un leggero vento scompigliò i capelli del biondo, che continuava a guardare le stelle. “Ci credo bene, non c’è paragone, o sbaglio?” Le puntò addosso quei magnetici occhi grigi e solo un brivido di freddo impedì a Sofia di perdervisi dentro.

Non accennava a distogliere lo sguardo da lei ed era pericolosamente vicino, sembrò voler dire altro, ma fu più veloce lei: “Sei stato pensieroso tutta la sera, cosa c’è che non va?” E prima che la ragione glielo impedisse, gli scostò un ciuffo di capelli ribelli dagli occhi, indugiando un po’ più a lungo del necessario nel toccargli la fronte.

L’uomo fece un lungo sospiro, da dove poteva cominciare? Quella ragazza lo stava stravolgendo dentro e non ci era minimamente abituato, smuoveva delle sensazioni alle quali pensava di essere immune, proprio lei, una giovane babbana, totalmente imprevista in quello che aveva pensato come il perfetto cammino della sua vita. Poi, a sorpresa, le prese il viso tra le mani, era serio come lei non lo aveva mai visto. “Noi dobbiamo parlare Sofia o diventerò pazzo. Non ora, magari domani, dopo la festa. Ok?”

La ragazza si trovò semplicemente ad annuire. “Ok, domani…”

“Ok. Domani.”
E così dicendo le posò le labbra sulla fronte, per poi rientrare in casa, lascandola lì, sulla terrazza del suo appartamento, confusa come non mai.

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Capitolo 10
*** Un nuovo inizio ***


Venerdì 22 novembre, ore 07:20

Aprendo gli occhi si ritrovò tra le fresche lenzuola del suo letto: le sembrava che un macigno le schiacciasse la fronte giusto al centro e non riusciva a ricordare come fosse finita lì.
Girando la testa vide Draco seduto su una sedia accanto al suo letto, appisolato. Che ci faceva lì?
Improvvisamente le tornò alla memoria la cena con nonna Maria e si mise a sedere. Draco si ridestò subito dal suo sonno leggero.

“Cosa pensi di fare? Stenditi. Subito.” La sua voce tradiva una certa preoccupazione. “Non erano questi i patti.”

“Patti? Di che parli? Che ore sono? Non…” Biascicò lei.

“Non ricordi cosa è successo?” La guardò interrogativo il ragazzo e lei per tutta risposta scosse la testa in segno di diniego. “Beh siamo saliti da te per una birra, eravamo fuori in terrazzo per una sigaretta, poi sono rientrato, ti aspettavo, ma ho sentito un tonfo, mi sono precipitato fuori e… Eri a terra, ti contorcevi. Poi…” Ho usato un incantesimo per calmarti, anche se non avrei potuto farlo, pensò. “Beh insomma, poi non so come è smesso tutto, improvvisamente. Sei rinvenuta e volevo portarti al pronto soccorso, ovviamente, ma dato che sei una testa dura ti sei rifiutata.” Sguardo di rimprovero. “Hai detto che era una crisi epitattica, non so…”

“Epilettica.” La face ridere. “Certe volte sembra che tu provenga da un altro mondo. Sei intelligente e colto ma ti perdi su delle sciocchezze allucinanti.” Rise ancora. “Come quella volta che non avevi nessuna idea di che cosa fosse un Kindle o di chi fossero i Coldplay… E sei pure inglese!”

Effettivamente lui proveniva da un altro mondo, ma come poteva dirglielo? “Non stiamo parlando di me adesso Sofi, mi hai davvero fatto spaventare ieri… Ti capita spesso?” Gli occhi di Draco tradivano una certa preoccupazione, era stato davvero terribile per lui vederla così, gli era quasi sembrato che qualcuno la stesse cruciando.

Sofia non sapeva cosa rispondere: le era già successo di svegliarsi senza ricordare come si fosse addormentata la sera prima, ma aveva imputato tutto all’eccessiva stanchezza. In effetti le crisi epilettiche le erano già capitate in presenza di nonna Maria e del professore Serranti, ma credeva fossero solo fonte di stress.“Beh, forse un paio di volte… Ma credo sia solo stress, insomma nulla per il quale preoccuparsi troppo.” Alzò le spalle noncurante, ma il biondo non sembrava per niente convinto. “Davvero Draco.” Cercò di rassicurarlo con un sorriso posando una mano sopra la sua.


Lo sguardo di lui era così ansioso e… Protettivo?
E così, dal nulla, le tornò alla mente il bacio che le aveva dato sulla fronte
 la sera prima, i suoi occhi erano così, profondi, non aveva mai notato tutte le sfumature di colori che racchiudevano, dal grigio chiaro all’azzurro cielo, le sembrava quasi di sentire il suo respiro caldo sulla pelle del viso…

Improvvisamente il rumore del canto di un gallo riecheggiò per tutta la stanza, assordante.
I due si guardarono in silenzio e poi scoppiarono a ridere. La sveglia.
 
 
Venerdì 22 novembre, ore 21:47

Draco non riusciva a pensare a nient’altro di diverso dal fatto che Sofia fosse bellissima: raggiante, con quella corona d’alloro in testa e quella gonna a ruota dai colori chiassosi che avrebbe reso ridicolo chiunque l’avesse indossata, ma non lei, su di lei era perfetta.
Era assurdo come ogni più piccolo dettaglio di quella ragazza, dalla sua risata, al modo nel quale inarcava le sopracciglia quando non era d’accordo con qualcosa, a come si morsicasse il labbro quando era nervosa o come gesticolasse sempre come una pazza furiosa, fosse per lui meravigliosa.
Era inspiegabile per uno come Draco Malfoy.
Certo, aveva provato attrazione per centinaia di donne, ma era diverso, era qualcosa di meramente sessuale che svaniva nel giro di una notte, invece Sofia lo aveva intrigato da subito, con quel suo modo che aveva di rimbeccarlo e di non dargliela mai vinta: era intelligente, brillante, straordinaria nella sua semplicità, lo aveva letteralmente travolto.

“Ti mangia con gli occhi, mi chiedo che cosa tu stia aspettando. Se guardasse me così mi sarei fatta trovare tra le sue lenzuola da subito.” Sentenziò Valentina sorseggiando il suo drink. “Cristo, è un adone. Sprizza sesso da tutti i pori!”

“Vale! Parla piano. E smettila di fissarlo. Sei incorreggibile.” Sofia sorrise a Draco che stava parlando poco lontano con alcuni ragazzi che erano in corso con lei. Lui per tutta risposta alzò il bicchiere in sua direzione e come sempre le regalò uno dei suoi affascinati sorrisi.

“Sofia è la verità. La verità ha bisogno di essere urlata ai quattro venti. E poi manco ti avessi detto che è il prof Serranti a volerti ispezionare più da vicino… Solo il pensiero mi fa vomitare. Tra l’altro, non è venuto alla festa, come mai?”

Sofia fece spallucce. “Non saprei. Si è solo scusato di tutta fretta dopo la proclamazione, dicendo che non poteva essere presente. Peccato. Mi chiedo solo se c’entri la discussione con Draco…”

“Hanno discusso? A causa tua?” Valentina sorrise maliziosamente.

“Ma sarai cretina.” Sofia alzò gli occhi al cielo sconsolata. “Non so, suppongo qualche scoperta che ha fatto Draco che al professore non è piaciuta. Scoperta accademica s’intende, prima che tu ti faccia chissà quale film a riguardo.”

“Peccato. Speravo in qualcosa di più scabroso. Francesco l’hai sentito?” Valentina si fece più seria.

Sofia annuì: avevano chiuso circa una settimana prima: avevano urlato, pianto e poi si erano stretti forte in un abbraccio.
Francesco avrebbe fatto per sempre parte di lei, un filo invisibile li avrebbe legati per tutta la vita, una piccola parte del suo cuore rimaneva affidata a lui.
“Sì, è stato davvero carino, mi ha mandato dei fiori e mi ha chiamato per farmi le congratulazioni, scusandosi per il fatto che non sarebbe venuto. Credo sia stato meglio così per entrambi, c’è ancora troppo imbarazzo tra noi, spero con il tempo passerà. Una parte di me pensa sia strano che non ci sia anche lui qui con me, a condividere l’ennesima esperienza di vita, ma da oggi si comincia un nuovo capitolo, no?” Alzò il drink come a brindare.

“Puoi dirlo sorella!” Valentina fece tintinnare il suo bicchiere contro quello di Sofia. “E quale miglior inizio dello stallone oxfordiano? Sei una donna libera.” Sottolineò l’ultima frase con un sorrisino.

“Ma certo che non ti arrendi mai, eh?” Rise Sofia.

In quel momento incontrò gli occhi di Draco per la centesima volta quella sera e per la centesima volta i due si sorrisero.
Sapeva così poco di quell’uomo, eppure sentiva un qualcosa di inesorabile che continuava a spingerla verso di lui, con una certa prepotenza ed insistenza. Solitamente era molto razionale con le persone, le teneva sempre ad una debita distanza, per evitare di soffrire; a poche aveva dato pieno accesso a ciò che stava oltre il suo muro di difesa, ma Draco, beh, lui non aveva chiesto il permesso e, senza che lei se ne rendesse conto, era arrivato alle porte del suo cuore, facendosi spazio giorno dopo giorno oltre ogni difesa.
Cosa poteva esserci di pericoloso?

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Capitolo 11
*** Tutto quello che mi basta ***


Sabato 23 novembre, ore 11:34

A svegliarla fu la luce che filtrava dal balcone. I ricordi della notte prima la invasero prepotentemente: festa di laurea, amici, alcool, musica, Draco.
Draco che le ballava sempre più vicino, sempre più sensuale.
Draco che la prendeva per mano e la portava fuori in giardino per una sigaretta.
Draco che la baciava e sapeva di fumo, e liquirizia e menta, di buono.
Draco che la teneva per mano mentre correvano per le calli veneziane verso l’appartamento di lui.
Draco che l’adagiava sul letto con la delicatezza che si riserva agli oggetti in cristallo e la spogliava lentamente, con ancor più cura.
Draco che le bruciava la pelle nuda di baci, insaziabili, incontenibili.
Draco che la faceva sua.
Draco che dormiva tranquillo accanto a lei, il suo respiro leggero le solleticava la schiena.
Si rigirò piano tra le lenzuola, in modo da trovarsi faccia a faccia con lui, lo osservò in silenzio, per poi timidamente spostargli il ciuffo biondo dagli occhi: dormiva sereno, come un bambino.

Lui inaspettatamente accennò un sorriso ad occhi chiusi. “Buongiorno…” Sussurrò con voce assonnata.

“Non volevo svegliarti, scusa…” Sussurrò lei a sua volta.

“Mhm, non so se posso perdonarti, effettivamente.” Aprì finalmente gli occhi e rimase sorpreso che potesse essere ancor più bella della sera prima, senza un filo di trucco, i lunghi capelli che le ricadevano disordinati sulle spalle e sul cuscino, quelle labbra così rosse delle quali sentiva ancora prepotentemente la necessità.

“Adesso mi caccerai di casa come le altre tue conquiste, per fare colazione in pace?” Lo guardò, piuttosto seria, quasi dura, non era abituato a vedere quello sguardo nei suoi caldi occhi nocciola.

Draco studiò la sua espressione. “Stai pensando che io abbia giocato con te?” È infastidito, il sorriso che le aveva riservato, sparì completamente dal suo volto.

“Io… Non… Io spero non sia così.” Sofia abbassò lo sguardo. “Nel senso che ieri sera abbiamo bevuto, e… C’era una bella atmosfera e… Non lo so. Forse ci siamo lasciati trasportare.” Si girò a pancia in su e guardò il soffitto, sospirò. L’incertezza e il timore di essere solo l’ennesima per lui le pulsava prepotentemente nella testa.

“Tu senti di esserti lasciata trasportare dalla situazione? Sei pentita?” Draco si mise a sedere con uno scatto, la fissò serio e… ferito? Eppure era ben conscio che Sofia avesse tutto il diritto di mettere in dubbio le sue intenzioni, ma pensare che non avesse percepito il desiderio sconvolgente che aveva di lei, ed anzi fosse pentita di essersi lasciata andare a lui, faceva quasi male, proprio lì, all’altezza del petto.

“No… Cioè… Non lo so, ok?” Si mise a sedere anche lei, cercò il suo sguardo, ma lui lo aveva distolto, fissava il muro davanti a sé, immerso in chissà quali pensieri. “Mi guardi? Per favore…” Draco lentamente voltò la testa, il suo sguardo indecifrabile si scontrò con quello confuso di lei. “Quello che intendevo è che… Sono un po’ spaventata perché… Mi piaci…” Si morse il labbro indecisa se continuare, poi prese coraggio. “Parecchio. Ed ho solo paura delle conseguenze… Tutto qui. Non sono pentita di un singolo secondo, come potrei?” Non si era mai sentita così amata, in una maniera talmente intensa che le sembrava quasi lui avesse consumato una parte della sua anima.

Era sollievo quello che leggeva negli occhi di Draco? “Vieni qui…” L’uomo aprì le braccia e Sofia andò subito a rifugiarsi contro il suo petto come una bambina; lui le baciò i capelli, stringendola forte, respirando il suo profumo.
Le conseguenze erano incalcolabili, molte più di quanto lei potesse solo immaginare e Draco ne era ben conscio, ma in fin dei conti era pronto a pagarle senza esitazione, se questo significava poterla continuare a stringere a sé in quel modo.
“Le conseguenze non sono così importanti.” Le sussurrò. “Tutto quello che mi basta adesso, è che siamo qui, io e te.”

Sofia non ribatté in alcun modo, sembrava credergli. Per il momento bastava anche a lei.

Sabato 23 novembre, ore 20:35

“Dovremmo vergognarci, abbiamo praticamente passato tutta la giornata a letto.” Rise Sofia, mentre si dava da fare ai fornelli.

“Ma vergognarci di cosa? Dovevamo recuperare un sacco di tempo perso… E poi non dirmi che non ti è piaciuto.” Sorrisino malizioso, le si avvicinò sornione alle spalle, le mordicchiò un orecchio, posandole le mani sui fianchi. Come aveva fatto a starle lontano in quei mesi? 

“Non mi sembra di aver detto questo.” Sorrise lei arrossendo un pochino. “Comunque la carbonara è pronta! Ho una fame…” E così dicendo la ragazza si scostò da lui, in modo da poter mettere la pasta nei piatti.

“Chissà perché.” Il biondo rise divertito, prendendo posto a tavola.

“Ma la vuoi smettere? Guarda che ti faccio saltare la cena…” Lo guardò esasperata, ma sorridendo, posando i piatti sul tavolo e dandogli un piccolo schiaffetto sulla nuca a mo’ di rimprovero.

 “Come ti permetti?” La prese per la vita facendola sedere sulle sue gambe, cominciò a baciarle il collo, mordicchiandoglielo. “Dici che devo smettere? Sicura?” Tono sensuale.

“Non mi riferivo a questo ma...” Sorrise inclinando il collo, lasciandolo continuare. “…alla pancia non si comanda ed io ho fame! E la carbonara fredda è orribile!” Scattò in piedi ridendo, per poi sedersi accanto a lui.

“Beh allora buon appetito cuoca sexy!” Draco alzò il calice di vino rosso con un sorrisino.

“Buon appetito a te stallone oxfordiano!” Anche Sofia alzò il bicchiere ridendo divertita della faccia stupita di Draco per il soprannome che gli aveva affibbiato con Valentina.

Essere lì, nella sua cucina, con i suoi vestiti addosso, a mangiare una carbonara, faceva sembrare tutto così naturale e semplice, però una parte del suo cervello continuava ad avere dubbi e timori; sapeva così poco di lui e soprattutto, tutto questo, che futuro poteva avere?
Si maledì mentalmente: perché non riusciva a godersi il momento? Perché il cervello aveva sempre la meglio su di lei?
Draco le piaceva, da impazzire, ogni centimetro del suo corpo vibrava non appena la sfiorava, la faceva ridere, era estremamente intelligente, chiacchieravano di ogni più piccola cosa, si sentiva in completa connessione con lui, sia a livello mentale, e decisamente anche a livello fisico.
Ma, perché la sua testa non le permetteva di non guardare quel gigante ma, lui sembrava incarnare un pericolo ingestibile per il suo cuore, che batteva anche troppo veloce in presenza di quel sorriso perfetto e di quegli occhi grigi nei quali aveva imparato a perdersi.
  
Domenica 24 novembre, ore 03:17

“Lurida puttana, dov’è tuo marito? Confessa! Crucio!”

Le urla di sua madre arrivavano fino al suo nascondiglio, cercava di ignorarle, canticchiando la canzoncina che suo padre era solito cantarle per farla addormentare.

Brilla brilla la stellina, su nel cielo piccolina…

La mamma non smetteva di urlare.

Brilla brilla la stellina, mi domando tu chi sei…

Il rumore di una porta che si apre. “Sono qui.” La voce di papà, finalmente!

Brilla brilla mia stellina, che la notte si avvicina…

“Hai smesso di scappare lurido traditore.” Un ghigno. “Avada Kedavra!”

Vieni vieni mia stellina, su nel cielo piccolina…

Silenzio di tomba. Solo i flebili lamenti della mamma.

Tu che non dormi mai, aspetti il sole e te ne vai…
 
“Sofia! Sofia! È solo un incubo, svegliati!” Draco si era svegliato a causa dei lamenti di Sofia che continuava ad agitarsi nel sonno.
La scuoteva, ma non c’era verso di svegliarla. “Sofi, ti prego! Apri gli occhi!”
Improvvisamente la ragazza si immobilizzò, dopo un attimo spalancò gli occhi, sembrava come in trance.
“Sofia?”
La ragazza sembrava non sentirlo, si mise a sedere e poi si alzò, diretta alla terrazza.
“Sofia dove vai, che diavolo stai facendo?!” Draco si alzò immediatamente, ma la ragazza aveva accelerato il passo, sfuggì dalla sua presa, spalancò la porta del terrazzo e si gettò nel vuoto.
“SOFIA NO!!!”
Draco corse in terrazza sconvolto, giusto in tempo per vedere il corpo della ragazza avvolto da un turbinio nero allontanarsi velocemente nella notte stellata.

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Capitolo 12
*** Rivelazioni ***


Domenica 24 novembre, ore 03:34

Correva come un ossesso, con la bacchetta sfoderata. Non era possibile. Non Sofia. Vide delle fiamme in un’isoletta dall’altro lato della laguna, doveva per forza essere lì: vi si smaterializzò all’istante. Il turbinio nero correva tutto intorno ad un’antica chiesa che aveva cominciato a prendere fuoco. Doveva pensare velocemente per contenere il più possibile i danni e far sì che i babbani non si accorgessero di niente.
“Stupeficium!” Urlò contro il turbine nero. Sembrò non accadere niente. “STUPEFICIUM!” Urlò più forte.
Il turbine cessò e vide il fragile corpo di Sofia sbalzare contro la parete dell’edificio accanto alla chiesa. Si sentì morire. Pronunciò un incantesimo per sedare le fiamme mentre correva a recuperare Sofia.
“Perdonami…” Sussurrò mentre la prendeva in braccio e, velocemente, prima che qualche babbano accorresse sul posto, si smaterializzò con lei.

Domenica 24 novembre, ore 4:05

“COME CAZZO TI È SALTATO IN MENTE DI NON DIRMELO???” Era fuori di sé, girava per la cucina di Serranti come un’anima in pena.

“Non urlare Draco… Sofia è di sopra, potrebbe… Calmati.” Il vecchio professore sedeva mesto al tavolo.

“Io mi calmo.” Disse con tono minaccioso sedendosi di fronte a lui. “Ma adesso tu mi racconti tutto per filo e per segno. Tutto.” Lo apostrofò con il dito puntato, i lineamenti perfetti tesi all’inverosimile.

L’uomo annuì guardandosi le mani. “È una storia lunga.” Sospirò. “Vedi i genitori di Sofia erano… Maghi, Melania e Gregory Stevenson. Gregory ai tempi della Prima Guerra Magica si era infiltrato tra i mangiamorte, era un ottimo Auror; la sua però si rivelò essere una posizione difficile, anche perché per fingere e non far saltare la sua copertura, vide e fece cose terribili; lui stesso non si riconosceva più. Al Ministero cominciava a risultare come un vero e proprio mangiamorte, perfino chi sapeva della sua missione cominciava a guardarlo con diffidenza.” L’uomo riprese fiato. “Beh con la caduta del Signore Oscuro finalmente questa tortura finì, ma non il clima di sospetto che si era formato intorno a Gregory, ritenuto poco attendibile dal Ministero stesso, tant’è che perse il lavoro, nonostante lui e la moglie avessero cercato di rintegrarsi nella comunità magica, senza successo. Quindi decisero di sparire, lontano dallo scalpore del mondo magico, e non si seppe più nulla di loro. Li rincontrai anni dopo per caso, ad una cena, ci conoscevamo già; io mi ero trasferito qui da poco, volevo ricominciare, come già sai, proprio qui, dove ho passato la mia infanzia. Nel frattempo Melania era rimasta incinta ed era nata Sofia: la famiglia Stevenson cercava di confondersi tra i babbani, volevano che la figlia crescesse il più serenamente possibile, Sofia aveva circa tre anni. Un giorno Gregory mi confessò che nascondeva un segreto, era turbato: di certo si trattava di qualcosa di grosso, qualcosa di cui era stato testimone, qualcosa che non aveva mai detto per paura; da un po’ si sentiva seguito, aveva ricevuto delle minacce, ma non sapeva cosa fare. Non ho avuto tempo di saperne molto di più, arrivai troppo tardi: Gregory fu ucciso, Melania ridotta alla pazzia dalla maledizione Cruciatus e Sofia era improvvisamente orfana, nessun parente diretto che la reclamava, anche perché in realtà nessuno sapeva di lei, Gregory e Melania l’avevano registrata solo all’anagrafe babbana, con il nome che conosci, De Benedetti, per proteggerla suppongo, ma da chi? Io avevo le mani legate. Finì in orfanotrofio, pensai fosse quasi meglio così, lì era al sicuro, era una comune orfanella babbana.”

Seguì un lungo, lunghissimo silenzio. Draco guardava fuori dalla finestra, Michael fissava il suo bicchiere.

Fu il biondo a riprendere la parola per primo. “Perché mi hai messo in mezzo a questa storia? Sei tu ad avermi chiamato qui, a spingermi a farmi mandare in missione dal Ministero, “Così otterrai di sicuro la promozione Draco”, questo mi hai detto. Ed invece c’è… Così tanto in ballo. Perché?” Draco serrò i pugni, guardava serio il vecchio professore.

“Di te mi fido, del Ministero molto meno, ecco perché ho voluto te, non so nemmeno ancora se ad uccidere Gregory siano stati Mangiamorte o persone del Ministero: proprio tu, che sei stato parte prima di un mondo e poi di un altro, sei perfetto per capire cosa ci sia sotto. Perché se verrà fuori che è lei l’obscuriale, se si verrà a sapere quali sono le sue origini, sicuramente qualcuno verrà a finire il lavoro.” Sospirò sconsolato. “Io non mi sono mai dimenticato di Sofia, come sai con Giulia non abbiamo potuto avere figli, però ottenere il suo affido voleva dire condannarla, essendo io entrato in contatto con Gregory, magari ero tenuto d’occhio a mia volta. Ovviamente lei ha manifestato fin da piccola poteri magici ed io ingenuamente credevo che questi si sarebbero sopiti, non essendo seguita ed istruita da nessuna guida magica. Sembrava stesse proprio andando così, ma… più cresceva più episodi strani erano collegati a lei e, a causa di questi, nessuna famiglia la voleva con sé, dopo il periodo di prova. Alcuni sostennero addirittura che fosse posseduta dal demonio. Credenze babbane. Poi quella santa donna di Maria si è interessata a lei, aveva capito, anche lei è una maga e quando Sofia ha fatto 18 anni l’ha presa in casa con sé. Io l’ho rincontrata ufficialmente all’università e da lì con Maria abbiamo sempre fatto squadra, anche se non abbiamo mai avuto il coraggio di dirle la verità… La sua situazione era già così delicata. Nel frattempo le manifestazioni magiche di Sofia sono diventate sempre più forti e distruttive, ingestibili. Dopo numerose ricerche compresi la sua natura di obscuriale, ma capii anche che non potevo più provvedervi da solo, anche perché gli incidenti erano sempre più frequenti, il ministero aveva già cominciato a chiedermi spiegazioni, ed è qui che sei entrato in gioco tu: ti ho spinto verso Sofia perché volevo che capissi quanto è speciale e soprattutto che non ha nessuna colpa e speravo anche, e spero ancora, che tu voglia aiutarci a fare chiarezza sulla sua storia, per capire finalmente cosa è successo quella notte e soprattutto cosa nascondeva Gregory di così importante. Non volevo ingannarti Draco. Solo tutelare lei. Mi dispiace, so di averti messo in una posizione difficile…”

Draco era una maschera indecifrabile. Si sentiva sommerso, soprattutto al pensiero di quanto Sofia potesse aver sofferto.
Si massaggiò le tempie con un gesto nervoso. “Non so che dirti Michael. Penso di aver bisogno di… Dormirci su. È stata una notte, difficile.”
Incrociò lo sguardo del vecchio professore. “Vero è che domani dovremo assolutamente parlare con Sofia e poi penseremo a qualcosa, non lo so…”
Si alzò in piedi, nonostante tutta la confusione, il suo cuore aveva già deciso: era ovvio che avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere pur di proteggere Sofia.

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Capitolo 13
*** Bugie ***


Domenica 24 novembre, ore 13:32

Sofia aprì piano gli occhi e subito un’acuta fitta sembrò spaccarle la testa in due. Si nascose gli occhi con un braccio, anche la poca luce che filtrava dalla finestra le risultava troppo fastidiosa da sopportare. Muovendosi tra le lenzuola percepì di trovarsi in un letto che non le era familiare; cominciò ad agitarsi, l’ultima cosa che ricordava era di aver mangiato una carbonara con Draco nel suo appartamento.
Draco, appunto: lo percepì improvvisamente seduto accanto a lei sul letto.

“Ehi…” Le mani fresche dell’uomo le accarezzarono il viso. “Ben svegliata.”

Sofia si decise ad aprire gli occhi. “Ma dove sono? Non ricordo nulla… Cosa ho combinato? Draco…” Guardò interrogativa il viso teso dell’uomo che tradiva una certa preoccupazione.

 “Dobbiamo parlare di molte cose Sofia, davvero tante. Ma prima vorrei che tu facessi una bella doccia e che mangiassi qualcosa. Vedi… Siamo a casa di Michael.”

“Cosa? E perché? Ma cosa diavolo…” Cercò di mettersi a sedere senza successo, dato che Draco l’aveva preceduta, tenendola delicatamente per le spalle.

“Lo so. Sei confusa e non capisci, è comprensibile. Ma puoi fidarti di me? Ti prego. Non ti farei mai del male, lo sai…”

“Mi stai spaventando.” Non lo aveva mai visto così serio e scuro in volto.

“Non devi aver paura. Ti puoi fidare di me? Sofi, per favore…” La guardò così intensamente che Sofia non poté che annuire.

“Ok… Solo una cosa… Io… Mi potresti abbracciare?” Le veniva da piangere, sentiva crescere un’angoscia che non riusciva a motivare.

Nemmeno il tempo di pronunciare quelle parole che si trovò avvolta dalle sue forti braccia e, nonostante ogni centimetro del suo corpo urlasse pericolo, si sentì al sicuro.

Domenica 24 novembre, ore 16:32

“Non vi aspetterete che vi creda. È la cosa più assurda che abbia mai sentito.” Sofia, seduta sul divano in pelle rossa del salotto del professor Serranti guardava allibita le facce preoccupate ed ansiose di quest’ultimo e di sua zia Maria.

Draco, invece, non tradiva alcuna emozione, la guardava e basta. Poi improvvisamente tirò fuori un pezzo di legno allungato e cominciò a spostare oggetti per tutta la stanza, accese un fuoco e lo spense con altrettanta facilità, aprì la porta della cucina dall’altra parte della stanza e la richiuse, il tutto senza muoversi minimamente, ma soltanto agitando quel pezzo di legno scuro.
Lo guardò senza parole, scioccata. Istintivamente si portò le gambe al petto, come per proteggersi.

“Così la spaventi Draco!” Maria scattò in piedi contrariata.

“Fallo ancora.” Sofia puntò i suoi occhi nocciola in quelli grigi di Draco. L’uomo eseguì nuovamente quella che adesso le sembrava una danza e, se prima l’aveva spaventata, ora ne rimase solo affascinata.

“Posso… Vederla più da vicino?” Allungò una mano verso quella di Draco, un po’ timorosa, in direzione della bacchetta.

Maria parve voler dire qualcosa, ma il professor Serranti le strinse un braccio per farla tacere.

Draco le si avvicinò con cautela, temeva che fosse spaventata da lui, da quello che rappresentava.
Lui, un mago purosangue, che si vergognava di esserlo perché la ragazza che gli stava di fronte, alla quale si era legato inesorabilmente, era cresciuta come una qualsiasi babbana. “Piano Sofi…”

Sofia sembrava rapita dall’oggetto che l’uomo stringeva in mano, lo sfiorò piano e poi l’afferrò saldamente, sentì uno strano calore sul palmo. Draco parve darle il permesso e lei l’agitò appena, e per tutta risposta i vetri della credenza esplosero. D’istinto lasciò cadere la bacchetta a terra e si coprì il viso con le mani. Sentì le mani di Draco farsi spazio tra le sue per costringerla a guardarlo. “È normale Sofi, non è la tua bacchetta e non sai come usarla. Capita a tutti la prima volta.” E così dicendo accennò un piccolo sorriso.

La ragazza non ricambiò il sorriso e guardò oltre le spalle dell’uomo. “Perché? Perché non me lo avete mai detto? Io… Ho sofferto così tanto, ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato in me.” Gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime.

“Tesoro… Noi volevamo solo proteggerti…” Zia Maria parve volersi avvicinare a lei, si mosse piano nella sua direzione.

“Proteggermi? Tenendomi all’oscuro della mia vera natura per tutta la vita?? Bella strategia… Adesso sono solo un vortice impazzito che distrugge tutto. Non sono niente di più… Né strega né… Non so nemmeno come li chiamate voi! Beh normale!” Si alzò in piedi di scatto, tremava.
Sentì la mano di Draco prenderle delicatamente un polso. Calde lacrime le rigavano le guance, voleva solo sprofondare in un buco nero e non riemergere più, le mancava l’aria.

“Andiamo a fare una passeggiata, ti va?” Le accarezzò una guancia con delicatezza. Sofia si trovò ad annuire, prese il cappotto posato su una sedia senza guardare né il professor Serranti né zia Maria.

“Sofi, ti prego, cerca di capire, non volevamo farti soffrire, è solo che anche noi non sapevamo cosa fare. Lo sai che sei come una figlia per me, io…” La donna cominciò a piangere.

Il vecchio professore, che fino a quel momento aveva taciuto, prese la parola. “Lasciala andare, ha bisogno di tempo. È giusto così. Ci sarà Draco con lei…” I due uomini si guardarono, come in un tacito accordo.

Poi Draco prese sottobraccio Sofia e uscirono tra le calli già buie. Le persone si affrettavano in ogni direzione, chi verso casa, chi verso la vicina stazione dei treni, solo qualche turista indugiava ancora per strada, per scattare le ultime foto. Ai piedi di un ponte, un uomo suonava una triste melodia con il suo violino: passandogli accanto Draco fece cadere qualche spicciolo nella custodia vuota dello strumento posata a terra. Continuarono a camminare l’uno accanto all’altra, in silenzio, mentre anche le ultime botteghe abbassavano le serrande.
Sofia si strinse nel capotto, voleva a tutti i costi pretendere che tutto quello che aveva sentito fosse solo uno strano sogno, voleva tornare alla sua normalità di sempre, pretendere che per davvero l’uomo accanto a lei fosse un normale professore di Oxford. E invece no, si trovava a camminare accanto ad un funzionario del Ministero della Magia, (così lo aveva chiamato?), mandato lì per capire a cosa fossero dovuti gli strani incidenti dei mesi passati e, guarda caso, la causa era proprio lei, la figlia di due maghi, uno ucciso e l’altra torturata, non si sapeva da chi e, come se non fosse abbastanza, il suo professore e la donna che considerava come unica famiglia, erano anch’essi legati a questo fantomatico mondo magico. Si massaggiò le tempie esasperata.

Draco improvvisamente si fermò, tirandola a sé. “Ehi testolina, che ne dici di mettere qualcosa sotto i denti?” Le regalò uno dei suoi rari e dolci sorrisi.

“Non ho moltissima fame…” Sospirò e poggiò la testa al petto di lui.

“Bugiarda.” Rise l’uomo. “Posso sentire la tua pancia brontolare da qui.”

“Cos’è adesso? Essere maghi dona anche i superpoteri, tipo il super udito?” Lo guardò alzando un sopracciglio.

“Forse. E non è tutto… Possiedo anche un costume blu e rosso e sparo ragnatele dalle mani. Come si chiamava quel coso che abbiamo visto al cinema?”

“Spiderman.” Finalmente riuscì a farla ridere.

Draco cominciò a muoversi camminando all’indietro, tendendole una mano. “Allora, crepes da Giulio, che ne dici? Vieni con me?”
Sofia sorrise ed afferrandogli la mano pensò che in quel momento era l’unica persona con la quale sarebbe andata ovunque, senza esitare un solo attimo.

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Capitolo 14
*** Ogni più piccolo centimetro ***


Venerdì 20 dicembre, ore 14:00

Sofia si crogiolava sotto l’acqua calda della doccia, lasciandola scorrere affinché le sciogliesse tutti i muscoli, uno alla volta.
Era passato quasi un mese da quella rivelazione che aveva completamente stravolto la sua vita, mese che aveva trascorso ad assillare Draco di domande sul mondo magico, a leggere dai suoi pesanti tomi qualsiasi informazione possibile le potesse dare un quadro sempre più preciso su quanto si era persa fino ad allora.

Draco che sapeva calmare ogni suo timore, che l’aveva fatta ragionare, che dopo infiniti sfoghi ed infinite lacrime l’aveva portata ad accettare quella che era la sua storia, facendo sì che si riappacificasse con zia Maria e con il professor Serranti: aveva compreso, aveva perdonato. Ora dovevano solo capire come muoversi, cosa fare, come sbloccare quella situazione così complicata senza che nessuno si facesse male, affinché la verità venisse a galla, ma anche qui, si era affidata a Draco: l’uomo, su consiglio di Silente, le stava preparando una pozione che l’aiutava a contenere le sue manifestazioni come obscuriale, pozione che non avrebbe potuto continuare a prendere molto a lungo, perché più la assumeva più l’effetto si vanificava. Sempre lui aveva preso tempo con il Ministero, sostenendo che gli incidenti fossero dovuti ad un mitomane e che, giorno dopo giorno, si stava avvicinando a scoprire chi fosse il colpevole.

Draco che, contro ogni sua previsione, le aveva aperto il suo cuore, le aveva raccontato la sua storia, a partire da quello strano tatuaggio sbiadito che portava sull’avambraccio sinistro; quando erano ancora solo una studentessa universitaria e un professor di Oxford, lui l’aveva spacciato per un colpo di testa giovanile, dicendole che per un periodo aveva fatto parte di un club di motociclisti, lei aveva riso e aveva detto che ora capiva perché le era sembrato sempre un po’ un bad boy, ma lui si era rabbuiato e lei non aveva più toccato l’argomento. Ed invece, una sera, mentre cenavano in una piccola osteria affollata le aveva raccontato ogni cosa: la Guerra Magica, la famiglia dalla quale proveniva, le credenze che gli avevano trasmesso, come anche lui avesse ceduto al lato oscuro, per poi ritrovare la luce grazie all’aiuto di chi aveva sempre creduto in lui.
Sofia era rimasta in silenzio, colpita da tutta quella sincerità, sembrava quasi le volesse chiedere scusa, che volesse redimersi ai suoi occhi, ma lei gli aveva preso una mano e l’aveva stretta forte tra le sue: “Draco è il tuo passato, gli errori che hai commesso non si possono cancellare, ma è anche vero che sono quelli che ti hanno reso l’uomo che ho qui davanti oggi, l’uomo che sento di amare”. Era arrossita visibilmente, dopo essersi resa conto di quanto avesse detto. Glielo aveva spiattellato così, senza filtri e senza remore. Eh sì, lo amava, che senso aveva negarlo?
Temeva la reazione a quelle parole, ed invece gli occhi grigi, sempre così attenti a trattenere qualsiasi emozione, sembravano essersi sciolti in uno sguardo caldo ed intenso, e così Draco le aveva baciato la mano con tenerezza e senza alcuna remora le aveva sussurrato: “Ti amo anche io Sofia.”

Sussultò appena quando sentì il contatto con il corpo di lui, le era arrivato piano, alle spalle, entrando nella doccia senza farsi sentire, non escluse che vi ci fosse materializzato. Non disse nulla, ma non appena le labbra di lui le sfiorarono la pelle del collo sorrise, lasciandosi andare senza remore. Era incredibile come il suo corpo reagisse in automatico ad ogni sua più piccola carezza, non era mai stata una ragazza nella quale l’istinto prevalesse sulla ragione, ma quando lui la toccava, le si spegneva il cervello. Lo lasciò fare, le mani di lui ormai navigavano senza segreti sul suo corpo, ben consce di quali fossero i punti più sensibili; la spinse deciso, ma senza farle male, contro la parete, ormai incapace di contenere il desiderio di lei. Gli fece capire di volersi girare, e finalmente se lo trovò davanti: bellissimo e sensuale. Lo baciò famelica, non era l’unico a bruciare di desiderio, e lui ricambiò passionale, prendendola in braccio. Entrò dentro di lei piano, aumentando il ritmo ad ogni suo gemito, voleva ogni centimetro di lei, perché lei ormai possedeva ogni centimetro di lui.

Venerdì 20 dicembre, ore 19:00

“Tra quanto arriveranno i tuoi amici?” Sofia si stava dando da fare con una lasagna che aveva voluto assolutamente cucinare per i loro ospiti, nonostante Draco le avesse ribadito più volte che non era necessario. Però lei aveva insistito, sostenendo che è quello che si fa in Italia per far sentire i propri ospiti ben voluti e accettati, come se fossero a casa, e lui, come sempre con lei, aveva ceduto.

“Due ore considerando il fuso orario, ma prenderanno una passaporta, come ben sai non siamo pratici di mezzi babbani.” E sorrise ricordando il loro primo incontro, sembrava quasi appartenere ad un’altra vita.

“E fortuna che siete maghi!” Rise la ragazza.

“Vado a comprare il vino, oltre ad essere una buona forchetta, diciamo pure che non si tirano indietro quando c’è da bere. A dopo.” E così dicendo le stampò un bacio a tradimento sulla bocca, e poi un altro e un altro ancora, finché non la distolse dalle sue faccende baciandola più seriamente.

“Draco…” protestò lei ridendo. “Il vino… Da comprare… Dai…”

“Agli ordini sergente.” E dopo un ultimissimo bacio, la lasciò libera, avviandosi verso le scale del condominio.

Era incredibile anche per lui questa necessità continua di lei, che si trattasse anche solo di sentirla ridere, leggere, cantare sotto la doccia, prenderla in giro, chiacchierare, litigare, farle una carezza, darle un bacio o di fare l’amore. Draco Malfoy che faceva l’amore e che aveva una necessità non solo fisica di una ragazza, era una cosa che lo lasciava letteralmente spiazzato; semplicemente si era riscoperto diverso con Sofia, lei, proprio lei, aveva risvegliato quella spontaneità di sentimenti che per una vita intera gli avevano insegnato a seppellire.

Era bastato stare lontano dal mondo al quale era sempre appartenuto, dove l’algido e temibile Draco Malfoy non era stato altro che un ragazzino viziato, egocentrico ed a tratti crudele; un giovane ambizioso, intelligente, privo di limiti; un uomo freddo, calcolatore, deciso. I sentimenti non erano mai rientrati nei suoi piani, un amore così travolgente per una donna, ancor meno. Per questo temeva l’arrivo di Blaise e di Theodore, perché per l’ennesima volta gli ricordavano la vita che aveva preteso di lasciare in Inghilterra, come se non esistesse più quel Draco Malfoy, ma solo quello che si era riscoperto essere con Sofia.

Sofia, che ancora non sapeva nulla di Astoria. Si maledì ancora una volta per non averglielo detto, ci aveva provato mille volte, ma aveva paura di leggere lo stesso tradimento che aveva visto nei suoi occhi quando aveva scoperto che le due persone alle quali era più affezionata le avevano mentito; per assurdo era stato più semplice dirle che era un mangiamorte: quella sera voleva parlarle anche di quella donna che il vecchio Malfoy voleva sposare solo per convenienza, quella donna che non era lei e che non amava, ma poi Sofia gli aveva confessato di amarlo e lui non aveva capito più niente. Come avrebbe potuto comprendere un ragionamento così gretto, sposarsi per convenienza, quella giovane e dolce donna che si era affidata a lui senza remore? Così i giorni erano passati senza che se ne rendesse conto e ora si trovava in questa disastrosa situazione: è vero, all’inizio per lui era solo un gioco, ma poi si era ritrovato risucchiato dal quel vortice incontenibile che era Sofia, in tutti i sensi.

Sofia che era davvero quanto di più lontano lui avesse immaginato per sé: praticamente babbana, talmente disordinata che discutevano ogni giorno per tutte le cose che si dimenticava in giro per la casa, orgogliosa, sfacciata, schietta, si divertiva a rimbeccarlo, a prenderlo in giro e lui, permaloso com’era, ci cascava ogni volta. E poi era confusionaria, chiacchierona, testarda, lo faceva impazzire ed arrabbiare mille volte al giorno, ma altre mille lo faceva innamorare: per quanto era determinata, curiosa, intelligente, fuori dagli schemi, spontanea; per come riuscisse sempre a spuntarla in ogni loro discussione, facendolo capitolare, con quei suoi sorrisi caldi, i modi dolci e per quel modo genuino che aveva di amarlo, senza freni, senza vergogna. Gli era entrata dentro, come mai nessuno prima e per nessuno motivo al mondo l’avrebbe persa.

Avrebbe sistemato le cose con Astoria e poi avrebbe confessato tutto a Sofia: certo, lei si sarebbe infuriata, ma lui si sarebbe fatto perdonare, l’amava e lei amava lui, non c’era altra certezza che lo pervadesse in modo così deciso.
Questo non poteva non bastare.

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Capitolo 15
*** Attimi di quotidianità ***


Venerdì 20 dicembre, ore 23:12

Inutile a dirlo, Theodore e Blaise avevano adorato Sofia dal primo istante, oramai Draco si chiedeva su chi non avesse quell’effetto.
Guardò attraverso la porta terrazza, appoggiato alla ringhiera del balcone, Blaise che come un comunissimo babbano le dava una mano a lavare i piatti, nessuna traccia di costrizione o imbarazzo nel viso dell’amico, si stava divertendo a far impazzire Sofia per quanto era maldestro e lei non perdeva occasione per metterlo in riga, spruzzandolo d’acqua.
Avevano concordato con Sofia che fosse meglio che nemmeno i suoi più cari amici sapessero le vere origini di lei, almeno per il momento: la ragazza era sembrata quasi mortificata, come se volesse scusarsi, per costringerli a non poter essere loro stessi. In realtà Draco era convinto che probabilmente questo li spingesse solo ad essere più veri.

"Per la barba di Merlino, non credevo avrei mai visto questo giorno, non in questa vita per lo meno.”

Draco era talmente assorto nei propri pensieri che quasi si era dimenticato della presenza di Theodore accanto a sé, lo guardò interrogativo, aspirando dalla sigaretta.

“Tu sei innamorato di lei.” Theodore era sorpreso, ma non c’era traccia di scherno nella sua voce.

Il biondo serrò la mascella, colto in fallo. Si girò, appoggiandosi alla ringhiera e guardando dritto davanti a sé. Allora era evidente.

“Ehi fratello, di che ti vergogni?” L’amico gli tirò un pungo sulla spalla con fare scherzoso.

“Non mi vergogno di nulla.” Sibilò per tutta risposta il biondo.

“Ritira le zanne.” Rise Theodore. “Senti, con Blaise ci eravamo accorti che c’era qualcosa di diverso in te. Attento, ho detto diverso, non sbagliato. Ad ogni chiamata sembravi essere tornato sempre di più quel Draco di dopo la fine della Guerra Magica, e noi con te. Te lo ricordi? Eravamo spensierati, padroni del mondo, felici di essere vivi e di poterlo urlare al mondo. Quante ne abbiamo combinate? E poi siamo dovuti tornare a guardare in faccia la realtà, ad affrontare le nostre responsabilità e quelle dei nostri padri, i loro processi, a riabilitare il nome delle nostre famiglie a causa di errori che non avevamo commesso. Ma quel periodo appena prima, così breve ed intenso, probabilmente è stato proprio quello in cui mi sono sentito di più me stesso, insieme a quelli che considero fratelli. Questa sera mi è sembrato proprio di tornare a quei momenti.”

Theodore era sempre stato il più saggio, quello dei tre che riusciva a vedere sempre un pochino più in là. “Sai, mi sono proprio innamorato e sono fottutamente nei casini.” Draco guardò l’amico, dirlo ad alta voce aveva tutto un altro sapore, era… liberatorio.

“Immagino ci sia dell’altro a preoccuparti, oltre al fatto che Astoria ti farà a pezzi.” Silenzio. “Ma ovviamente non me lo puoi dire. Ok, per ora. Però Draco, sai che puoi contare su di noi, non smetteremo mai di guardarti le spalle.” Theodore ora lo guardava serio, quasi solenne.

Draco annuì, grato come non mai prima di quel momento, di poter chiamare amici quei due.

Mercoledì 25 dicembre, ore 08:00

Draco aveva approfittato della passaporta di Blaise e Theodore per fare un salto a casa, diceva che altrimenti sua madre non glielo avrebbe mai perdonato; Sofia non aveva fatto fatica a credergli, vista l’espressione che avevano assunto i suoi due amici al nome di Narcissa. Era partito qualche giorno prima, affidandola alle cure dei due, con fare piuttosto solenne.
Doveva ammettere che si era divertita in compagnia di quei due e poi le avevano raccontato così tanti aneddoti imbarazzanti su Draco, che sentiva di avere abbastanza materiale per poterlo prendere in giro a vita. Fortunatamente il biondo aveva cambiato idea sul non dire ai suoi amici del fatto che lei sapesse dell’esistenza del modo magico: in questo modo aveva potuto continuare a fare le sue mille domande, mentre i due, come promesso all’amico, non le avevano chiesto mezza parola sulla sua storia personale.
Una cosa però continuava a frullarle per la testa: Draco non le aveva chiesto di seguirlo, nemmeno gli era balenata in testa l’idea di farlo e questo, sebbene continuasse a ripetersi che non volesse dire niente in particolare, un po’ le faceva male, e soprattutto riaccendeva quei dubbi che a fatica metteva a tacere: come avrebbero fatto a far combaciare le loro vite, una volta risolti tutti i problemi che si portava appresso? Non era sicura di essere pronta per il mondo magico o per lasciare Venezia, senza tralasciare il fatto che Draco sembrava appartenere ad una famiglia importante, fatta di apparenze e codici non scritti, quanto di più lontano potesse esserci da lei. Lo avrebbe di sicuro messo in imbarazzo, non era adatta. Chiuse gli occhi e sospirò, girandosi a pancia in giù.

Udì un leggero “pop” in salotto e qualcuno che si schiariva la voce nella stanza accanto, scattò in piedi immediatamente e si affrettò verso il soggiorno, per trovarlo lì, ritto in piedi in tutto il suo fascino, vestito come sempre in maniera impeccabile. Gli saltò in braccio e lui l’afferrò prontamente: chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni quel profumo ormai familiare, che le era così mancato in quei giorni.

“Mi sembra di capire di essere mancato a qualcuno…” La guardò lui, con un sorrisino soddisfatto.

“Non montarti troppo la testa Malfoy, ti sto distraendo così il mio amante può lasciare la camera da letto indisturbato.” Lo guardò con aria di sfida, divertita.

L’uomo sgranò gli occhi, si confermava la solita insolente. “Ah sì? Sto per mollarti a terra, te lo dico. Non so se il tuo bel fondoschiena possa reggere il colpo.”

“Permaloso.” La ragazza rise, per poi baciarlo con passione, ovvio che le era mancato.

Si spostarono in cucina per fare colazione, Sofia notò che era un po’ scuro in volto. “È andato tutto bene a casa, con tua madre? Sei un po’ cupo…” E così dicendo gli spostò il solito ciuffo ribelle di capelli dal viso, come ormai era sua abitudine fare.

“Diciamo di sì.” Le prese la mano, gliela mordicchio, per poi baciargliela dolcemente. Di poche parole come sempre. “Ma sto decisamente meglio qui.” Le sorrise.

Sofia decise che per il momento poteva farsela andare bene come risposta e cambiò totalmente argomento, con quella luce un po’ folle negli occhi che metteva sempre in allarme Draco. “Lo sai che a Natale ci si scambia i regali no?” Gli fece un enorme sorriso.

Il biondo non sembrava sorpreso. “Certo che lo so. Sono preparato, pensavi di prendermi alla sprovvista?”

“No, so che sei un galantuomo, più o meno.” Rise. “Voglio prenderti alla sprovvista con i miei regali, ovviamente. Aspettami qui.” E così dicendo si dileguò dalla cucina per tornarvici poco dopo, armata di due pacchetti, che gli mise sotto il naso. “Devi aprire prima quello morbido.” Sofia si appoggiò sui gomiti osservandolo attentamente.

“Ci credi se ti dico che ho quasi paura?” Il biondo alzò un sopracciglio verso la ragazza, che per tutta risposta se la rideva sotto i baffi. L’uomo scartò il primo pacchetto, ritrovandosi tra le mani quello che gli sembrava un ammasso di lana dai troppi colori. “Ma che diavolo…”

“Maglione a tema natalizio! Ta-dan!” Sofia non riuscì a trattenersi dal ridere vedendo la faccia che aveva fatto Draco.

“Sofi, mi hai mai visto con un maglione del genere addosso?” La guardava sconcertato. “E poi cos’è questo coso con il naso rosso davanti? Hai perso la ragione se pensi che mi metta una cosa de genere…”

Quanto era vanitoso, Sofia non poteva sperare in una reazione migliore e questo la faceva ridere ancor di più. “Allora, primo: no non ti ho mai visto con un maglione del genere, ed è proprio per questo che te ne ho regalato uno, dai devi rimodernarti, sempre tutti quei vestiti scuri, nessuna fantasia, noiosi. Secondo, quel coso è Rudolf, la renna di Babbo Natale. E terzo, devi mettertelo, proprio per il pranzo di Natale di oggi, perché altrimenti perderò la scommessa con Theodore...”

“Ma puoi capire cosa me ne frega della scommessa tra te e…”

“… e dovrò baciare Blaise.” La ragazza completò impassibile la frase, aspettando la sicura reazione dell’uomo seduto di fronte a lei.

“Aspetta… Tu cosa?!” Sgranò gli occhi così tanto che sembrò quasi gli uscissero dalle orbite. “Sofia. Io li affatturo entrambi, sia lui che Nott. Non sto scherzando.” Continuava a guardarla sconvolto.

Sofia in preda alle risate lo raggiunse, schioccandogli un sonoro bacio sulla fronte. “Amore, ma ti pare?”

“Se pensa di… Aspetta… Come mi hai chiamato?” La guardò interrogativo, un sorriso cominciava a spuntargli agli angoli delle labbra.

“Non so a cosa tu ti riferisca...” La ragazza, colta in fallo, arrossì visibilmente, guardando altrove.

“E invece sì che lo sai.” La tirò verso di sé, facendola sedere sulle sue gambe; cominciò a baciarle il collo, sapeva essere il suo punto debole e di fatti Sofia lo lasciò fare, inclinando la testa di lato. Continuò fino a raggiungere le labbra di lei, per poi fermarsi a pochi millimetri. “Dillo ancora…” Sussurrò.

Sofia lo guardo intensamente, la fronte posata a quella di lui, le braccia attorno al suo collo. “Amore…” Lo sussurrò piano, senza distogliere gli occhi dai suoi.

Draco sorrise. Non aveva mai sentito un calore simile dilagarsi all’interno del suo corpo, lo pervadeva completamente. Si alzò in piedi con Sofia ancora in braccio e, senza smettere di baciarla, si avviò a grandi passi verso la camera da letto.

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Capitolo 16
*** Tutti insieme ***


Mercoledì 25 dicembre, ore 10:26

“Dai Draco, dobbiamo ancora finire di aprire i regali! E poi dobbiamo prepararci, il pranzo da zia Maria è a mezzogiorno e mezzo!” Sofia cercava di protestare da sotto il corpo nudo di Draco e per farlo aveva dovuto fare appello a tutto il proprio buon senso, anche perché il biondo non smetteva di lasciarle scie di baci per tutto il corpo.

“E va bene.” Sbuffò mal volentieri il biondo. “Ma si metta agli atti che non sono per niente d’accordo.” E così dicendo si lasciò scivolare accanto a lei.

“Allora vado a prendere il mio secondo regalo.” Sofia sorrise, rivestendosi tra le proteste di Draco. Andò e tornò con il secondo pacchetto in mano, glielo posò in grembo, dato che nel frattempo si era messo a sedere.

“Spero non sia niente di imbarazzante questa volta…” Lo scartò, per ritrovarsi tra le mani quello che sembrava un libro rettangolare, dalla copertina rigida, color cuoio. Lo aprì e sulla prima pagina, Sofia, con la sia calligrafia sottile ed ordinata aveva scritto “We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded with a sleep.” *
*(Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.)

“Shakespeare…” Sorrise il biondo.

“Mi sembrava appropriato, visto che inizialmente ci siamo incontrati per ‘motivi accademici’.” Entrambi risero, poi Draco cominciò a sfogliare le pagine e si ritrovò a guardare foto di loro due in giro per Venezia, che nel corso di quei mesi lei lo aveva costretto a fare tra le sue mille proteste; erano ordinate per data e… si muovevano? La guardò interrogativo.

“Blaise e Theodore. Ovviamente sono stati loro a fare un incantesimo alle foto, mi hanno detto che nel mondo magico funziona così… Volevo fosse lo stesso anche per le nostre foto, sai, le rende… Più reali. Spero ti piaccia. Forse è una cosa troppo infantile…”

Draco continuava a sfogliare l’album senza parole, nessuno gli aveva mai regalato nulla di così… dolce. Non aveva album di famiglia, Narcissa preferiva di gran lunga i quadri e i Malfoy in generale non amavano le foto, se non quelle di circostanza per darsi un tono sui giornali, ma avere un album che raccoglieva emozioni reali, era tutta un’altra cosa.
“Assolutamente no. Mi piace, davvero, e mi piace soprattutto il fatto che ci siano pagine bianche, per metterci altre foto… È una bella promessa per il futuro. Grazie Sofi.”
Le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente. “E adesso tocca ai miei regali. Chiudi gli occhi e tendi le mani.”

Sofia, curiosa più che mai, non se lo fece ripete due volte. Sentì un oggetto piccolo e freddo tra le mani, sembrava… Una trottola? Aprì gli occhi e si ritrovò proprio una trottola tra le mani, fatta di vetro, decorata con un serpente verde e argento tutto intorno. Se la rigirò perplessa tra le mani.

“È uno Spioscopio tascabile. Apparteneva al mio bis-nonno. È una specie di detector… Se qualcuno di mal intenzionato è nelle vicinanze, suona, gira e si illumina.”

“Wow… Il mio primo oggetto magico.” Continuava a rigirarselo tra le mani affascinata, come una bambina con un giocattolo. “Ma è rotto…”
Draco la guardò senza capire.  “Beh scusa, perché non suona in tua presenza?” E così dicendo la ragazza scoppiò a ridere.

“Ma quanto puoi essere scema…” Draco scosse la testa sconsolato, sorridendo.

Lei gli rubò un bacio. “Grazie.”

“Non ho mica finito. Manca ancora un regalo.” Subito riattirò l’attenzione della ragazza. “Questo è più un esperimento, non sono sicuro vada a buon fine… Speriamo. Andiamo in salotto.” Si alzò, infilò i pantaloni e si diresse nell’altra stanza, seguito da Sofia.
Con un colpo di bacchetta aprì la borsa da viaggio con la quale era tornato e ne fece uscire una portantina, che lievitando andò a posarsi sul pavimento. La porticina si aprì, ma non ne uscì niente. Sofia era piuttosto perplessa.

“E dai Amelia… Lo so che non ti piace viaggiare e sei offesa. Ma potresti per favore non essere così maleducata anche con la nostra nuova amica qui fuori?” Silenzio e poi un breve miagolio, a seguito del quale un elegante gatto grigio fece capolino fuori dalla portantina; sembrava appartenere alla razza del certosino, grandi occhi arancione-gialli, un pelo folto, non troppo lungo, di colore grigio, piccole orecchie a punta, zampe grosse. Sofia si trovò a pensare che l’animale la stesse studiando, quindi si accucciò e lo guardò a sua volta: le due stavano lì a fissarsi, dopo di che Sofia sorrise alla gatta e tese una mano verso di lei e quella per tutta risposta si avvicinò, la annusò, per poi strisciarvici contro facendo le fusa.

“Incredibile… Cioè sapevo che alla fine le saresti piaciuta, ma non pensavo in così poco tempo. Che traditrice. Sì, sto parlando con te Amelia.” Il gatto per tutta risposta si voltò, mostrandogli il sedere e continuando a farsi accarezzare da Sofia, che continuava ad apostrofarla con frasi del tipo “Sei bellissima. Non ascoltare quell’invidioso.”.
Soddisfatta della dose di coccole ricevuta, Amelia cominciò ad esplorare la casa.

“E così hai un gatto.” Sorrise Sofia.

“Tecnicamente è mezzo gatto mezzo kneazel. Ti ricordi cos’è un kneazel? È su uno dei primi libri che hai letto del mondo magico, quello di Scamander.”

“Creature fantastiche e dove trovarle.”

“Esatto. Come saprai i kneazel somigliano ai gatti, ma sono molto più intelligenti e soprattutto hanno l’incredibile capacità di riconoscere i malintenzionati e i maghi che si celano sotto altri aspetti. In ogni caso Amelia ora è tua, o forse è meglio dire nostra. È con me da circa 5 anni, probabilmente è l’unica che mi ha sopportato così a lungo.” Entrambi risero.

“Ho sempre desiderato un animale domestico, te ne sei ricordato.” Sorrise Sofia passandogli le braccia intorno al collo. “Adoro i tuoi regali, grazie, mi fanno sentire un po’ più parte del tuo mondo, anche se entrambi hanno a che fare con la mia sicurezza, un po’ inquietante…”

“Puoi darmi torto Sofia? Ci sono dei figli di puttana là fuori che… Beh lo sai…” Serrò la mascella.

La ragazza sospirò, intristendosi.

“Ehi, andrà tutto bene…” La strinse a sé protettivo.

Sofia avrebbe voluto credergli, ma, giorno dopo giorno, sentiva crescere in lei una strana ed inesorabile inquietudine.

Venerdì 25 dicembre, ore 14:00

Sofia non aveva mai trascorso un Natale così sereno; gli scorsi anni lo aveva passato a casa di Francesco, ma si era sempre sentita un pesce fuor d’acqua, mentre ora, seduta attorno al tavolo della sala da pranzo di zia Maria, si sentiva proprio a casa, con quelle poche persone che le erano sempre state vicine, un nuovo amore e amici vecchi e nuovi.
Si alzò in piedi, nel chiacchiericcio generale, quasi tutti la guardarono incuriositi, si schiarì la voce: “Scusate, non voglio rovinare l’atmosfera con inutili discorsi sentimentali, ma davvero, sento di dovervi ringraziare uno ad uno, per essere qui, per essere parte della mia vita. Quindi volevo solo fare un brindisi ad ognuno di noi e beh… Voglio fissare questo ricordo nella mia memoria. Noi, qui, tutti insieme.”
E così dicendo alzò il calice, in direzione degli amici di Draco, che le sembrava di conoscere da sempre, di quel vecchio professore che non aveva smesso un giorno di avere un occhio di riguardo per lei, di Valentina, la sola e vera amica che avesse mai avuto, di zia Maria, semplicemente famiglia, e di Draco, quell’amore che mai si sarebbe sognata di vivere e meritare.
Temeva il futuro che le si prospettava di fronte, ma la forza che quelle persone le davano, era di gran lunga superiore a qualsiasi paura.

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Capitolo 17
*** Mamma ***


Domenica 29 dicembre, ore 15:15

Non era stato semplice, ma alla fine si era decisa, parlandone soprattutto con il professor Serranti, che era stato il maggior promotore di questa scelta: diceva che era importante per entrambe, ma soprattutto per sé stessa, in modo che potesse fare pace con il proprio passato; alla fine Sofia, nonostante tutti i dubbi e le rimostranze, aveva dovuto dargli ragione, era la cosa giusta da fare. Così adesso si trovavano di fronte alla porta dell’Istituto Psichiatrico che ospitava sua madre; Sofia prese un lungo sospiro e sentì Draco stringerle la mano per rassicurarla.

“Sei sicura che non vuoi che venga con te?”

“Sì, è una cosa che devo fare da sola. È giusto così.”

Draco annuì e le baciò la fronte, per poi lasciarla entrare nella struttura.

Odiava tremendamente trovarsi lì, era un luogo che le creava angoscia e fino a quel giorno vi si era recata sempre contro voglia: c’era stato un tempo nel quale aveva creduto nella colpevolezza di sua madre, un tempo in cui l’aveva incolpata per tutte le sue sofferenze; ora però sapeva e voleva che anche lei sapesse. Probabilmente per lo stato in cui versava la donna, non sarebbe cambiato nulla: era come una conchiglia vuota, che viene trascinata dalle onde del mare senza opporre alcuna resistenza. Tutto questo serviva a lei, a perdonarsi, per tutte le volte che ingiustamente l’aveva guardata con risentito distacco.

Una delle infermiere, che da sempre l’accompagnava in quelle visite, si fermò di fronte alla porta. “L’aspetto qui fuori signorina Sofia. Per qualsiasi cosa.” Le sorrise cordiale.

Sofia annuì: eh già, sua madre era considerata così pericolosa, tanto da ritenere che fosse meglio che qualcuno del personale restasse nei paraggi, in caso la donna si agitasse eccessivamente.

La ragazza spinse piano la porta della stanza, sua madre le dava le spalle, guardava fuori dalla finestra.
“Mamma… Sono io… Sofia.” Disse a mezza voce la ragazza.

Al suono del suo nome, la donna si voltò di scattò, qualcosa sembrò balenare in quei suoi occhi vitrei, ma un secondo dopo lo sguardo tornò desolatamente vuoto. Sofia ci era abituata.

“Ti ho portato un pezzo di costata, spero sia buona, ho provato una nuova ricetta… Beh, tieni.” Sofia le si era avvicinata e con cautela le posò tra le mani la fetta di torta; la donna studiò per un po’ quello che aveva tra le mani, guardò Sofia, poi la fetta, poi di nuovo Sofia e infine cominciò a mangiare il pezzo di crostata a piccoli morsi. Sembrò gradire.

Sofia sospirò, improvvisamente si sentì sciocca. Che senso aveva essere andata lì? Dubitava che sua madre riuscisse a distinguerla da una qualsiasi infermiera, ma una piccola speranza, sepolta nel suo cuore, le fece prendere coraggio. Si avvicinò ulteriormente alla donna e senza fare gesti troppo bruschi, le prese le mani tra le sue. Raramente aveva toccato sua madre e la donna ora la guardava smarrita.
“Mamma, io… volevo solo dirti che mi dispiace, tanto, per ogni cosa. Per come mi sono comportata in questi anni, per tutto quello che non ci è stato possibile vivere, come madre e figlia, e per aver perso papà... Sai non ricordo molto, di noi, della nostra famiglia, però adesso so. So cosa è successo, so che non è stata colpa tua, so chi sono veramente e… Ti voglio bene…” Sentì calde lacrime solcarle le guance.

La donna l’aveva fissata per tutto il tempo e improvvisamente le mise le mani sul collo, cominciando a tracciarle con le dita due linee invisibili che andavano a convergere al centro del petto di Sofia; iniziò a ripetere come in una cantilena, senza staccare gli occhi da quelli della ragazza: “Sofia… Figlia… Gringott…”

“Non capisco…” Sofia fece un passò indietro, facendo cadere le mani della donna, la quale però prontamente le afferrò un polso.

“Sofia… Figlia… Pericolo! Pericolo! Pericolo! NASCONDITI!” Ora la donna urlava in maniera incontrollabile.

Senza che Sofia nemmeno se ne rendesse conto, prontamente, una schiera di infermieri intervenne, portandola fuori dalla stanza proprio mentre sua madre gridava, con tutto il fiato che sembrava avere in corpo, il suo nome.

Domenica 29 dicembre, ore 19:02

Era rimasta accoccolata sulla poltrona quasi tutto il pomeriggio, con Amelia seduta in grembo, a guardare la pioggia che scorreva giù per la finestra del salotto. Draco aveva provato ad interagire con lei, le aveva fatto una tazza di the caldo non appena erano rientrati, ma Sofia, dopo averne bevuto un sorso, l’aveva appoggiata sul tavolino e la bevanda aveva finito per raffreddarsi. Il biondo aveva deciso di lasciarle un po’ di tempo, ma lo stato catatonico nel quale era scivolata la ragazza, sembrava non migliorare.

Si avvicinò con cautela, sedendosi ai suoi piedi, e poggiò il mento sulle gambe di lei, fino a dove poco prima c’era Amelia. La ragazza sembrò ridestarsi, gli spostò il solito ciuffo ribelle di capelli dalla fronte. “Sofi, ti prego, parlami…” E come era solito fare, le baciò dolcemente la mano.

“Sai, le uniche carezze che ricordo di avere ricevuto da mia madre sono quelle che mi ha fatto oggi, totalmente assurde certo…” E mimò sul collo dell’uomo il medesimo modo con il quale la madre aveva interagito con lei quel pomeriggio. “Ma è la prima volta che mi ha fatto capire che sa chi sono e mi ha chiamato per nome. In tutti questi anni sono andata da lei per dovere, la salutavo, le portavo una fetta di crostata e fine. Lei mi ignorava, se non per quel pezzo di dolce. Perché una crostata? Perché l’unica foto che ho della mia famiglia è una foto del mio primo compleanno, una crostata davanti a me sul tavolo, con la candelina numero 1 sopra, accanto a me i miei genitori che sorridono in direzione del fotografo. Credo di aver sognato quell’immagine per anni e per anni mi sono sempre svegliata in lacrime, così un giorno ho preso quella foto e le poche altre cose che mi rimaneva di loro e le ho chiuse dentro una piccola scatola di legno, che non ho mai più riaperto. Ma questa è un’altra storia.” Sofia riprese fiato, parlava come un fiume in piena e Draco non aveva nessuna intenzione di interromperla.

“Insomma lei mi ha sempre ignorato, capisci? Non che io le parlassi molto… Però oggi le ho preso le mani e le ho detto che mi dispiaceva e sapevo tutto e lei ha capito, ne sono certa, perché non smetteva di guardarmi e di ripetere il mio nome. Ho letto sui tuoi libri che la maledizione Cruciatus stravolge l’essere di una persona annullandolo, ma che dei frammenti rimangono e se sollecitati nel modo giusto, beh la persona può rispondere in modo positivo, anche solo per un attimo e magari, adesso che so tutto, a forza di andare a trovarla, lei potrebbe migliorare, non credi Draco?” Sofia lo guardò intensamente.

“Sofi, Io… Vorrei dirti di sì, ma non posso.” Le prese le mani tra le sue. “Vedi, purtroppo i pochi frammenti di cui parli, sono legati o al momento stesso dell’incidente o a qualche vecchio ricordo del passato. Questo è tutto ciò che si può recuperare, non… Non si può creare una coscienza nuova… Io, mi dispiace…” L’uomo le prese il viso tra le mani, proprio mentre due grossi lacrimoni lasciavano gli angoli di quei dolci occhi color nocciola. “Ehi, vieni qui…” Draco la tirò a sé, stringendola forte e cullandola.

E rimasero così, per un tempo indefinito, seduti a terra, come unico rumore i singhiozzi della ragazza che piano piano andavano ad affievolirsi.

Domenica 29 dicembre, ore 23:11

L’uomo era rimasto in ufficio tutta la sera ad aspettare notizie; amava ancora i canali di comunicazione di un tempo, sebbene si fosse dovuto adattare ai cambiamenti, perciò sedeva di fronte al caminetto in attesa.

Dal nulla, la forma della testa di un altro uomo si materializzò tra le braci che, senza lasciarsi andare ai convenevoli, parlò con tono piatto.
“Finalmente oggi la ragazza si è decisa a fare visita alla madre e come pensavi qualcosa si è smosso. Melania ha cantato: il luogo non è nient’altro che la Gringott. Purtroppo la donna non è in possesso di alcuna chiave, deve averla per forza la ragazza.”

Non ci credeva, tutto questo tempo e le prove che lo inchiodavano e rischiavano di rovinarlo erano sempre state sotto il suo naso. Maledetto Gregory Stevenson. Lasciare la ragazza in vita tutto quel tempo era stata un’ottima intuizione, sapeva che, presto o tardi, le sarebbe potuta tornare utile e di fatti così era stato: aveva sollecitato quel poco che restava della memoria della madre, ottenendo le risposte che a loro tempo i suoi genitori non avevano voluto dare a lui.

“Ci serve quella dannata chiave. Trovala ad ogni costo. E attento a Malfoy.” Quell’idiota si era innamorato della ragazza, ponendo una variabile non prevista nel suo piano, una variabile che poteva rovinare tutto. Avrebbe sistemato anche lui, a tempo debito. Povero stupido: si era rovinato con le sue stesse mani.

“Sarà fatto.” E così dicendo la testa svanì.
 

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Capitolo 18
*** Cambiamenti inesorabili ***


Mercoledì 31 dicembre, ore 21:04

Erano pronti ad uscire per festeggiare l’ultima notte dell’anno tra le calli veneziani, brindando sotto i fuochi d’artificio, tra la folla e la musica. Inizialmente Sofia si era dimostrata poco convinta, poi le insistenze di Draco, dei suoi due amici ed infine di Valentina, l’avevano fatta cedere. Avevano organizzato una piccola cena nell’appartamento di Draco e probabilmente avevano già bevuto troppo, dato che Blaise e Valentina stavano sfoderando doti canore che decisamente non possedevano.

Infilò gli orecchini che le aveva regalato zia Maria per Natale, due fiori stilizzati fatti con il filo dorato, piuttosto grandi ed una collanina con una piccola S che non metteva da tantissimo tempo, perché faceva parte di quei pochi ricordi legati ai suoi genitori; probabilmente gliel’avevano regalata per un compleanno, però come spesso capitava con cose che li riguardavano, non ne aveva ricordo.
Ripassò il rossetto rosso scuro, uno dei suoi preferiti e si accorse dallo specchio che Draco la guardava appoggiato alla porta, si voltò.

“Pronta a fare strage di cuori signorina De Benedetti?” Le si avvicinò, elegante e posato come sempre, fasciato in uno di quegli abiti neri che era solito indossare, ovviamente gli calzava a pennello.

“Si e no. In realtà credo, e spero, di avere l’unico che mi interessa.” Lo guardò, lisciandogli i bordi della giacca e lui le prese le mani tra le sue.

“Di questo non dubitare mai.” Restarono lì a guardarsi, come se entrambi percepissero aleggiare tra loro una serie di cose che reciprocamente non si erano detti. Si trovavano proprio lì, a fluttuare nell’aria che li circondava, rendendola pesante.

“Solo per questa sera, possiamo tornare ad essere la Sofia e il Draco dell’inizio, quelli che si sono svegliati la mattina dopo la mia laurea nello stesso letto, senza particolari implicazioni o problemi, spensierati e leggeri? Ho come la sensazione che questa notte se li porterà via definitivamente, come si porterà via questo anno appena passato, e voglio che ritornino, anche solo per qualche ora. So che ci aspettano cambiamenti inesorabili, ma solo per questa sera, possiamo dimenticare tutto questo?”

“Certo che possiamo.” Le accarezzò il viso. “Sai che Draco Malfoy è il re delle feste e non hai ancor visto me, Blaise e Theodore in azione insieme!” Sguardo eloquente.

La fece ridere. “Qualcosa mi dice che ho toccato un tasto che era meglio evitare…”

“Lo hai voluto tu.” Fece spallucce il biondo.

Sofia scosse la testa sorridendo. “Ti aspetto di là, non farti troppo bello, non vorrei litigare con qualche tua ammiratrice… o ammiratore.” Rise ed uscì.

Draco si guardò allo specchio, serio, turbato. Avrebbe voluto rassicurarla, ma in realtà anche lui brancolava nel buio più totale, non aveva risposte convincenti per sé, figuriamoci per lei. Eppure avrebbe dato qualsiasi cosa per farla tornare alla normalità che tanto desiderava: era sempre più inquieta, dormiva male, lo spirito determinato e inarrestabile che aveva conosciuto, sembrava affievolirsi giorno dopo giorno. Doveva trovare una soluzione a quella situazione e doveva farlo in fretta.

Giovedì 01 gennaio, ore 04:21

Erano finalmente arrivati all’androne del palazzo, correndo, tenendosi per mano e ridendo, proprio come quella notte della festa della laurea di Sofia, nella quale si erano trovati, uno negli occhi dell’altra.
Draco la appoggiò al muro, baciandola con passione e Sofia ricambiò senza remore, passandogli le braccia intorno al collo, tirandolo ancor di più a sé, come se non fosse abbastanza vicino. Gli mordicchiò il labbro, la necessità che aveva di lui sembrava incontenibile e a lui spuntò un sorrisino.

“Dovremmo proprio salire…” E così dicendo le infilò le mani sotto il maglioncino, accarezzandole la pelle della schiena.

“Sì, dovremmo. Decisamente…” Rise lei dandogli un altro bacio, poi lui la prese per mano, trascinandola su per le scale di corsa, tra le risatine di entrambi.

Aprì la porta dell’appartamento con un colpo di bacchetta, mentre non smetteva di baciarla, avanzarono nel buio più totale.
I loro piedi calpestarono una serie di libri a terra, che quasi li fecero inciampare.
C’era qualcosa che non andava. Senza troppe cerimonie Draco spinse Sofia dietro di sé e quasi con un ringhio sussurrò: “Homenum Revelio”. Nulla.
Sofia trattene il respiro, sentiva il cuore pulsarle veloce, tanto da rimbombarle nei timpani. Draco con uno scatto deciso della bacchetta pronunciò un altro incantesimo che andò ad illuminare tutta la stanza e lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era davvero disastroso: l’appartamento era completamente sotto sopra, oggetti rotti ovunque, le ante dei mobili aperte e il loro contenuto rovesciato a terra, nulla si trovava nella posizione originaria.

Avanzarono, Sofia sempre dietro le spalle di Draco, si guardavano intorno guardinghi ed increduli, poi un miagolio attirò la loro attenzione ed Amelia apparve dal terrazzo.
“Amelia!” Sofia le corse incontro e la prese in braccio, fortunatamente era illesa. Fece per dire qualcosa ma Draco non la guardava, era scurissimo in volto, misurava la stanza a grandi passi, concentrato.
Inizialmente, e fin troppo ingenuamente, Sofia aveva pensato a dei ladri, ma era chiaro che non fosse così e questa consapevolezza le piombò sulla testa come un macigno: erano venuti per lei.

Draco sembrò ridestarsi dai suoi fitti pensieri e con gesti eleganti della bacchetta produsse un fascio di luce azzurra, che prese la forma di quella che a Sofia sembrava una lince; l’uomo parlò con voce piatta: “Sono venuti qui. Dobbiamo assolutamente portare Sofia al sicuro, non stanno cercando solo lei, ma anche qualcos’altro che lei possiede evidentemente. Venite immediatamente, dobbiamo muoverci all’istante, probabilmente ci stanno osservando.” Appena finì di parlare, la presunta lince, corse fuori dall’appartamento verso l’oscurità.

Sofia pensò che probabilmente non avrebbe mai smesso di stupirsi di come funzionava quel mondo magico, che ogni giorno le sembrava sempre più estraneo e al di là di ogni sua possibile comprensione. Si sentì come Cenerentola, che viene riportata alla realtà dallo scoccare della mezzanotte: la bellissima carrozza torna una semplice zucca e il meraviglioso vestito da principessa torna ad essere un vestito da sguattera. L’ultima notte dell’anno si era davvero portata via la favola di quei mesi, forse i più felici ed intensi mai vissuti, ed i tanto temuti cambiamenti erano inesorabilmente piombati nelle loro vite.

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Capitolo 19
*** Perdita ***


Mercoledì 01 gennaio, ore 4:48

Draco guardò Sofia, che si era seduta a terra e lei ricambiò il suo sguardo: era sì smarrita, ma aveva anche una nuova consapevolezza negli occhi, come se il disastro che li circondava le avesse fatto comprendere che quel mondo magico, del quale aveva sentito parlare in quelle settimane, fosse tanto reale quanto pericoloso, non solamente una favola fatta di creature inusuali e magie affascinanti.

“Sofia, devi parlarmi della visita in ospedale a tua madre, è un discorso che abbiamo lasciato in sospeso ma ora abbiamo l’urgenza di capire cosa lei volesse dirti e soprattutto chi può avervi sentito, pensaci bene e prova a ricordare, qualsiasi dettaglio è utile.”

Due sonori pop la fecero sussultare e Draco sfoderò prontamente la bacchetta, ma si rivelarono essere solo Theodore e Blaise e pochi secondi dopo udirono un altro secco rumore, con il quale apparve anche il professor Serranti.

“State bene?” Chiese Theodore preoccupato ed entrambi annuirono.

Sofia prese la parola: “Allora, tutte le volte che ho fatto visita a mia madre sono sempre stata accompagnata da degli infermieri, che solitamente aspettano fuori dalla porta, in caso mamma si agiti eccessivamente. Le ho portato il pezzo di crostata come faccio sempre e… Beh è stata una delle pochissime volte nelle quali mi sono avvicinata a lei e l’ho… Toccata. Le ho, preso le mani, insomma…”
Si torturava le mani, provava un moto di imbarazzo a confessare a voce alta che in tutti quegli anni non aveva mai cercato un vero contatto con sua madre.
Prese un lungo respiro e continuò. “Poi le ho detto che mi dispiaceva e che sapevo cosa era successo, qualcosa del genere, ed è stato lì che mi è sembrato che lei avesse capito chi ero e cosa le avevo detto. Mi ha toccato il collo e mi ha chiamato per nome, ma diceva un’altra cosa incomprensibile…” Sofia cercò di richiamare alla mente la parola che ossessivamente sua madre aveva detto più volte. “Qualcosa come Gringott, mi pare… E beh poi sono intervenuti gli infermieri perché ha perso il controllo…”
La ragazza guardò i quattro uomini che la fissavano in silenzio.

“Ha senso… Probabilmente cercano la chiave di accesso alla camera blindata, scommetto che non tutti sono semplici infermieri.” Sentenziò Draco.

“Tu credi Draco? Quindi Gregory avrebbe nascosto questa famigerata cosa che queste persone vogliono, proprio alla Gringott?” Serranti sembrava perplesso.

“Beh, anche il Signore Oscuro aveva fatto conservare lì uno dei manufatti con un frammento della propria anima. È risaputo che le Gringott sia un luogo sicuro, solo la famiglia con in possesso la rispettiva chiave può accedere alla propria camera blindata.” Aggiunse Theodore.

“Si può sapere di che diavolo parlate?!” Sofia scattò in piedi esasperata, non riusciva a seguire il loro discorso.

“La Gringott è una banca per noi maghi, è uno dei posti più sicuri per conservare il proprio denaro o… Qualsiasi altra cosa; è gestita da folletti e sorvegliata da draghi.” Le spiegò paziente Blaise.

“Probabilmente tuo padre ha messo lì qualcosa, per proteggerla da chi è stato qui, gli stessi che hanno aggredito i tuoi genitori quella notte. Mi chiedo cosa diavolo sia di così importante…” Draco sospirò.

“Sofia, ricordi di avere una chiave o qualsiasi altra cosa possano averti lasciato i tuoi genitori? Tutto può essere utile.” Chiese il professore.

“Io… Ho una scatola, nascosta nel mio appartamento da zia Maria… Ci sono poche cose dentro, nessuna chiave, però forse, non lo so…”

“Dobbiamo andarci subito, potrebbero già essere stati anche lì. Ci andremo io e Nott. Blaise e Micheal restate qui con Sofia in caso tornino. Dov’è questa scatola Sofia?” Draco parlò sbrigativo, deciso, con fredda e calcolata autorità.

“Non esiste che io resti qui, ci andremo tutti insieme.” Sofia lo guardò stranita, incrociando le braccia.

“Senti Sofia non abbiamo tempo da perdere, non ha senso che…” Sbuffò.

“Non me ne frega niente Draco! Probabilmente non ha senso che venga perché sono pressoché inutile dato che non so agitare quella stupida bacchetta, ma lì vive l’unica donna che ho potuto chiamare famiglia ed io voglio sapere se sta bene, perciò andremo lì tutti, perché non ha un maledetto senso dividersi, soprattutto se ci stanno osservando. Sai come si dice, l’unione fa la forza di solito.” Lo squadrò piccata.

I due rimasero a guardarsi in modo sostenuto, finché non intervenne Theodore a stemperare la situazione. “Ha ragione Sofia, non ha senso dividersi, non sappiamo nemmeno quanti siano.”

Draco sospirò esasperato. “E sia, andiamo tutti. Nott smaterializzati con lei, ce la fai?”

Theodore annuì e prese Sofia sotto braccio. “Non è mai piacevole la prima volta, mi dispiace.”

La ragazza annuì, ma continuava a guardare Draco: quel suo modo distaccato di trattare la situazione, come se lei non fosse altro che un oggetto affidatogli, certo prezioso, ma un oggetto, l’aveva turbata. Nient’altro che una maschera di freddezza sul suo bel viso, che quasi ne tramutava i lineamenti e questo la colpì profondamente. Era un lato della sua personalità che non conosceva e che non era sicura di poter comprendere.

Uno dopo l’altro si smaterializzarono, per ultimi lei e Theodore, dopo che il ragazzo gentilmente le aveva chiesto se fosse pronta. Le sembrò quasi che gli organi le si staccassero dal corpo, ma fu solo una frazione di secondo: si ritrovò nella cucina di zia Maria, Theodore la sosteneva per un braccio, le girava la testa.

“Maria…” La voce di Serranti.

Sofia guardò il vecchio professore e poi verso la direzione in cui lui stesso guardava, ma c’era Draco che veniva verso di lei ad impedirle la visuale, le bastò guardarlo negli occhi per capire.
Si sottrasse al suo tentativo di fermarla, non percepiva le sue parole, solo un fischio sordo; lo superò in versione opposta e vide con i suoi occhi quello che aveva già letto in quelli di Draco: il corpo di zia Maria si trovava sul pavimento, in posizione scomposta, gli occhi sbarrati, vuoti, privi di quella luce che dava loro vita.
Vomitò.

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Capitolo 20
*** Tradimento ***


Mercoledì 01 gennaio, ore 05:39

Sofia si chiedeva se si potesse fermare quell’ondata di dolore che le si irradiava dal centro del petto, in tutto il corpo; sedeva in salotto, Theodore le aveva preparato una tazza di the, che stringeva tra le mani: non ne aveva bevuto nemmeno un sorso.
Perfino da quella posizione poteva vedere il lenzuolo bianco che Draco aveva fatto calare sul corpo senza vita di zia Maria.
Eccola arrivare, un’altra ondata di dolore, più forte delle precedenti. Ricacciò indietro le lacrime: doveva ricomporsi, prendere la scatola, capire quell’intricata massa che altro non era il passato della sua famiglia e, da quel momento, anche il suo presente.

Si alzò, dirigendosi verso la cucina, giusto in tempo per sentir dire a Draco: “Non vedo soluzione, darò la colpa a lei degli attacchi che ci sono stati in città in questi mesi, la faremo passare come una nostalgica dei vecchi tempi con il Signore Oscuro, così potremo prendere tempo con Sofia e nasconderla meglio. Ho già in mente dove portarla, non potrei affidarla a mani migliori…”

“Cosa vuoi fare scusa?” La ragazza lo guardava sconvolta, ritta in piedi vicino alla porta.

Draco sospirò: “Sofia. Adesso più che mai dobbiamo restare lucidi e… Fare quello che va fatto.” La guardò intensamente.

“Ma non possiamo sporcare così la sua memoria! Lei è l’unica che mi è sempre stata vicina, dal primo giorno, e adesso le facciamo ricadere addosso tutte le mie colpe? Che modo di ragionare è?!” Il tono era decisamente accusatorio.

Draco batté sul tavolo un pugno esasperato. “FARÒ OGNI COSA NECESSARIA PER PROTEGGERTI, CHIARO? OGNI COSA.”

Non aveva mai alzato la voce con lei, mai. Sofia lo guardò, ferita, le parole le morirono in bocca, si asciugò con un gesto brusco della mano una lacrima che le rigava una guancia.

“Sofia… Draco ha ragione. Capisco che fare questo alla signora Maria ti faccia soffrire ma… È necessario e lei sarebbe stata assolutamente d’accordo. Come dici tu, ti è sempre stata vicina dal primo giorno e non avrebbe esitato un minuto a fare questo pur di proteggerti.” Theodore guardò tristemente in direzione della ragazza.

Sofia serrò le labbra, non smetteva di guardare Draco, con un’espressione indecifrabile. “Vado a prendere la scatola, mentre voi fate quello che ‘va fatto’. Dopo qualcuno può riaccompagnarmi all’appartamento di Draco, così posso prendere un paio di cose, prima di essere trasportata come un pacco postale chissà dove?” E così dicendo uscì dalla cucina, per salire al piano di sopra.

Draco serrò la mascella e si mise al lavoro, aveva notato lo sguardo diverso che gli rivolgeva Sofia, e al di là della sofferenza per la sua terribile perdita, c’era dell’altro: il turbamento per essersi trovata ad avere a che fare con il suo lato più distaccato e pragmatico, quello che gli permetteva di ragionare lucidamente, a discapito di ogni sentimento.
C’era però una differenza sostanziale: se un tempo aveva escluso i sentimenti al solo scopo di raggiungere determinati obiettivi, ora questo aspetto della propria personalità gli serviva unicamente per tentare di proteggere proprio quei sentimenti, ma soprattutto l’unica persona che era stata capace di farglieli provare.
 
Venerdì 01 gennaio, ore 06:12

Sofia era tornata all’appartamento di Draco con il professor Serranti e Blaise; stava preparando un borsone con le sue cose e le ricapitò tra le mani lo spioscopio che le aveva regalato Draco a Natale: sospirò, rigirandoselo tra le mani, per poi metterlo in tasca.
Sembrava così lontana la felicità di quel giorno.

Amelia le gironzolava intorno inquieta; improvvisamente la sentì soffiare verso la porta e si voltò, il professor Serranti la stava guardando.
“Amelia stai buona. Mi dispiace è un po’ diffidente, penso sia scossa per quanto è successo.” Disse al professore, continuando a riempire la sua borsa.

“Poco male, non sono un amante dei gatti.” Sentenziò il professore. “Volevo chiederti se hai dato un’occhiata alla tua scatola, se ti è venuto in mente qualcosa sul suo contenuto che possa aiutarci a capire come entrare alla Gringott.”

Sofia lo guardò stranita. “Sinceramente no, non mi sembra il momento adatto. Perché me lo chiede?”

L’uomo cominciò ad avvicinarsi ed Amelia rizzò il pelo della schiena, soffiando più forte. “Vedi Sofia, il tempo stringe, è necessario che ti applichi… dobbiamo sapere.”

Sofia guardava confusa l’uomo, quell’espressione scura che aveva in volto, quasi folle e poi le si gelò il sangue nelle vene: lo spioscopio che aveva messo in tasca poco prima cominciò a girare e a suonare.
I due si guardarono per una frazione di secondo e poi la ragazza tentò di correre verso la porta ma l’uomo fu decisamente più veloce e con un colpo della bacchetta la fece volare sul letto.

“BLAISE!” Sofia urlò disperata, Amelia si lanciò verso l’uomo, ma fu schiantata in un angolo della stanza, sotto lo sguardo inorridito della ragazza.

“Non mi guardare così, ti ho detto che non mi sono mai piaciuti i gatti. In ogni caso eviterei di urlare inutilmente, il tuo amico è fuori uso, come il gatto. No, non ho ucciso nessuno dei due, tranquilla, uccido solo se sono messo alle strette, come nel caso di quella stupida di Maria…” Non c’era traccia di quello che era stato il suo gentile e bonario professore, davanti a lei c’era solo uno spietato assassino, che non mostrava alcuna traccia di rimorso.

“È stato lei… È sempre stato lei fin dall’inizio…” Sofia lo guardava sotto shock.

L’uomo la guardava beffardo, mimò un applauso. “Meglio tardi che mai. Ora mi chiederai perché… Perché tuo padre voleva incastrare anche me. Ho evitato Azkaban fingendomi pentito, ho recitato alla perfezione la mia parte, dando informazioni utili, così sono potuto venire a finire i miei ultimi anni qui, in santa pace, dove sono cresciuto durante l’infanzia, prima che la mia famiglia si trasferisse a Londra. Volevo solo stare in pace, capisci? Certo avevo fatto cose terribili, ma oramai era il passato; e invece no, salta fuori tuo padre a quella maledetta cena, minacciandomi che aveva delle prove e che avrebbe cantato. Non potevo permetterlo, capsici? E così siamo andati a sistemarlo… Se solo si fosse fatto i fatti suoi probabilmente ora non ci troveremo qui cara Sofia.” L’uomo alzò le spalle noncurante.

“Ha detto… Siamo andati a sistemarlo… Lei e chi?” A Sofia mancava l’aria.

“Basta con le domande. Ora ti concentrerai, aprirai quella fottuta scatola e proverai a pensare a come farci arrivare a quella camera blindata, chiaro?”

“Vaffanculo.” Lo guardò con aria di sfida. “Mi fa schifo, ha finto, per tutto questo tempo, è solo un miserabile…”

“Proprio perché sono un miserabile non ho paura di cruciarti, come ho fatto con la tua dolce mammina, vuoi andare a farle compagnia per caso?” L’uomo puntò minacciosamente la bacchetta verso Sofia.

La ragazza cominciò a tremare visibilmente, stava perdendo il controllo del proprio corpo, cominciò a sudare, le si stava annebbiando la vista...
 

“Dimmi quali sono le prove e dove le avete messe! Crucio!”

Dalla fessura dell’armadio Sofia vedeva la mamma contorcersi senza sosta, non voleva più sentire le sue urla. Si distese tra i vestiti dei suoi genitori, coprendosi con uno dei maglioni di papà.

“Non parlerà Micheal, ormai le hai mandato in pappa il cervello, maledizione…” Una voce profonda, rauca. “Dobbiamo andarcene da qui, abbiamo fatto troppa confusione, la polizia babbana non tarderà ad arrivare. Siamo salvi, ovunque siano le prove, i due che le potevano usare sono fuori gioco.”

“Che ne facciamo della bambina, la uccido?” Nessuna traccia di pietà nella voce.

“No. A suo tempo ci tornerà utile. Probabilmente è l’unica chance che ci rimane per trovare quello che cerchiamo.”
 

“Sofi, resta con me… Ti prego.”
A Sofia sembrò di sentire in lontananza la voce di Draco, prima che tutto intorno a lei diventasse nero.
 
 
 

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Capitolo 21
*** Freddo ***


Sabato 11 gennaio, ore 15:32

Sedeva sui gradini dell'ingresso del piccolo cottage, l'unico in tutta la pianura, un timido sole le baciava il viso. Si era sgranchita le gambe durante quello che ormai era diventato un appuntamento fisso, una camminata per la campagna circostante, per svuotare la mente; era una buona abitudine che le aveva consigliato l'uomo al quale era affidata: Albus Silente.
Un altro strambo nome, strambo tanto quanto l'uomo che lo portava.
Le piaceva Silente, sapeva crearle una serenità interiore che difficilmente riusciva a trovare da sola in quei giorni.

Ricordava ancora le parole di Draco: "Gli affiderei la mia stessa vita Sofi. Puoi fidarti di lui, non ti lascerei con nessun'altro al mondo."
Draco. Non lo vedeva dal giorno in cui si era svegliata lì, in un altro letto sconosciuto, in un'altra casa che non era la sua, ancora una volta nessuna cognizione di cosa fosse accaduto.

Draco stava bene, così come Blaise e Theodore, perfino Amelia si era ripresa.
Serranti invece, era morto.
Proprio quella notte che aveva cercato di aggredirla e le aveva rivelato che lei per lui non era stata altro che una faccenda da tenere d'occhio per il proprio tornaconto personale.
Aveva chiesto con voce tremante se era stata lei ad ucciderlo, ma Draco aveva scosso la testa con decisione: "No, quel traditore schifoso si è tolto la vita." Lo aveva detto con una freddezza tale da lasciarla turbata: non che rimpiangesse l’uomo che più di tutti l’aveva ingannata e che aveva distrutto la sua famiglia, il fatto era che nel giro di poche ore aveva visto un tratto della personalità di Draco al quale non era minimamente abituata, a lei sconosciuto, ma che sembrava caratterizzarlo profondamente.
Sospirò.

"Brutti pensieri mia cara Sofia?" La voce calda di Silente. Sì voltò a guardarlo, giusto in tempo per vederlo sedere in una delle sedie in vimini del portico. "È ancora troppo presto per stare fuori, fermi, a contemplare la campagna, rischiamo solo di alimentare il freddo che sentiamo dentro."

Restarono in silenzio per un po’, poi Sofia prese coraggio: "Professor Silente... Lei crede davvero che riusciremo a sbloccare la mia mente?" Lo guardò: questo per lo meno era quello che aveva detto a lei e Draco.

"Non vorrei sembrare arrogante, ma raramente mi sbaglio." Sorrise benevolo. "Vedi, probabilmente il buon Draco non te l'ha detto, per non spaventarti, ma mia sorella era un obscuriale; una storia tristissima e tragica per la quale non ho fatto abbastanza, accecato da altre futili cose... Purtroppo Ariana è morta. Sai, questo è il freddo che io mi porto dentro."

"Mi... Mi dispiace tanto."

"Mia sorella Ariana non è stata circondata da abbastanza amore, per questo è finita così. Sai, sono vecchio ma credo fermamente nel potere dell'amore e tu cara Sofia, ne sei stata toccata numerose volte, non per ultimo, proprio da quello del nostro amico Draco."
Sofia arrossì visibilmente e il vecchio professore sorrise.

"Perciò sì, credo davvero che potremmo sbloccare la tua mente: i frammenti del doloroso ricordo di quell’infausta notte che si portò via i tuoi genitori sono ciò che condiziona tutto il tuo essere. Una volta che riusciremo a metterli insieme e a dartene coscienza, sarai libera. L'unico inghippo è che ci serve tempo, ma temo che, se le mie ipotesi si riveleranno corrette, non ce ne resti molto... Per questo dobbiamo concentrarci." L'uomo guardò verso l'orizzonte. "Si sta facendo buio, quello che ci vuole ora è una bella tazza di the." Le sorrise e si alzò, offrendole il braccio.

Sofia indugiò un attimo, per poi prenderlo sotto braccio; e così rientrarono, cercando di lasciarsi alle spalle, per quanto possibile, quel freddo che li aveva attanagliati nel profondo.

Sabato 11 gennaio, ore 16:23

Seduto alla scrivania di quella che era stata la sua camera da ragazzo, Draco stava cercando di redigere il rapporto che la Granger, in quanto segretario del Ministro, gli aveva richiesto, dato che la missione affidatagli si era conclusa in maniera "poco consona"; proprio così aveva detto il Ministro, a dir poco infastidito.
Tradotto: poteva scordarsi la promozione, come se ancora gliene fosse importato qualcosa.

Continuò a scrivere:
"Gli incidenti si rivelano così essere frutto della mente malata di un nostalgico ex-mangiamorte, tale Micheal Serranti, e della sua amante, tale Maria Farinetti. Purtroppo quest'ultima veniva uccisa proprio dal Serranti, in quanto, dopo numerosi contatti con il sottoscritto, era proprio lei a confessarmi la vera natura degli incidenti: un'operazione volta a richiamare l'attenzione di altri potenziali nostalgici. Nel recarmi all'appuntamento che mi aveva dato la signora, faccio la tragica scoperta del suo cadavere e vengo attaccato da Micheal Serranti, riuscendo a neutralizzarlo dopo una furiosa lotta. Essendo innocuo e disarmato, ritengo di non legarlo e procedo quindi al suo interrogatorio, ma l'uomo sembra non voler collaborare, tant'è che lo avviso che sarò costretto ad usare il veritaserum al fine di sapere se ci sono altri collaboratori. Purtroppo non mi rendo conto che l'uomo ha una boccetta di veleno nella tasca della giacca, che ingurgita prima che possa fermarlo, dicendomi che non finirà ad Azkaban per colpa mia."

Aveva dovuto romanzare il tutto e sperò vivamente che quella versione risultasse credibile, perché anche il suo capo, nonché l'attuale capo dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, gli stava con il fiato sul collo: era sospettoso, gli faceva mille domande, una su tutte perché Michael Serranti avesse chiesto espressamente di lui per investigare sugli incidenti che egli stesso causava.
La risposta era balenata semplice nella testa di Draco: per il suo passato e per la sua personalità.
Semplicemente l'uomo cercava di tenere buono il Ministero cercandovi un alleato all’interno, e chi meglio dell'ambizioso e freddo Malfoy?
In realtà, Draco stesso aveva posto la medesima domanda a Micheal: perché aveva voluto espressamente lui?
E la risposta era stata proprio quella: “Perché sei freddo e ambizioso, o almeno così credevo.”

I ricordi di quella notte gli tornarono prepotentemente alla mente: lui e Theodore erano arrivati giusto in tempo, per un caso fortuito, perché non appena Sofia si era smaterializzata con Serranti e Blaise, una sensazione strana ed inspiegabile lo aveva attanagliato, tant’è che, seppur irrazionale, aveva deciso di darle ascolto.

"Non dovevi innamorarti della ragazza, questo non era nei piani, e quando ho capito che era andata così, ti ho chiesto di aspettare a parlare con il Ministro solo perché ci serviva tempo per capire dove si trovasse ciò che ci serviva, perché quella stupida capisse qual è la sua vera natura e decidesse di andare dalla madre, era l'unica che potesse risvegliare qualcosa nella mente della donna, in modo da ottenere qualche informazione."

Draco gli puntò la bacchetta alla gola, fuori di sé. “Sei un figlio di puttana, hai finto per anni! Hai ucciso tu Maria, sei tu che hai messo sottosopra casa mia.”

“Complimenti, sei perspicace.” Rispose l’uomo sprezzante. “La donna è stata un’altra variabile non prevista, fin dall’inizio, ma me la dovevo tenere buona. Il problema è che cominciavo ad avere fretta, tu parlavi di voler portare la ragazza al sicuro, dove non avremmo più potuto raggiungerla e a me serviva quella dannata chiave. Così non appena ho saputo cosa era successo nell’istituto psichiatrico sono andato da Maria, convinto che ce l’avesse lei. Forse sono stato un po’ toppo irruento, ha cominciato a fare domande, dicendo che avrebbe dato le cose personali di Sofia solo a lei. Nemmeno sotto tortura ha voluto dirmi qualcosa in più, non mi è restato che ucciderla.” Alzò le spalle noncurante, nessuna traccia di rimorso nella voce.

“Parli sempre al plurale, TU e CHI?!” Ringhiò Draco, le vene del collo tese ed ingrossate all’inverosimile, stava perdendo il controllo.

Serranti rise sprezzante: “Dai uccidimi, so che è quello che vuoi nel tuo profondo, il lupo perde il pelo ma non il vizio… O se preferisci, la mela non cade tanto lontano dall'albero, d'altronde sei figlio di Lucius, no?”

“Draco, non cadere trappola del suo gioco. Portiamolo al Ministero, contatta subito la Granger o il Ministro stesso, lì sarà costretto a parlare, a costo di dargli del veritaserum, così scopriremo tutto.” Theodore guardò Draco, che continuava a tenere la bacchetta puntata al collo dell’uomo.

Draco a fatica fece un passo indietro e abbassò la bacchetta, guardò Sofia, priva di sensi sul letto: poteva essere migliore di così, migliore di quello che era stato un tempo. Socchiuse gli occhi ed annuì.

“Non finirò ad Azkaban perché ti sei innamorato di una ragazzina ed anche volendo non potrei collaborare. Che spreco Draco, poteva essere meglio di così.” E così dicendo Micheal Serranti estrasse una boccetta che ingurgitò tutto d’un fiato.

“NO!!!” Draco si avventò su di lui, prendendolo per il collo, ma era troppo tardi, l’uomo dopo essersi contorto per alcuni secondi, era già morto, gli occhi spalancati, fuori dalle orbite.

Draco sospirò, massaggiandosi le tempie: era incredibile la spirale inesorabile con la quale tutto stava precipitando.
Mentiva al Ministero, per guadagnare tempo e capire chi collaborasse con quel farabutto di Serranti, però brancolava nel buio e la mente di Sofia sembrava essere più impenetrabile che mai.
Non si erano ancora recati alla Gringott perché non avevano idea di dove fosse la chiave, tra le cose di Sofia non avevano trovato nulla e comunque era chiaro che, chiunque ci fosse dietro, aveva il potere di venirlo a sapere e trarne così vantaggio.
Con un gesto di stizza buttò a terra le carte sopra la scrivania.

Un leggero bussare alla porta. Perfetto, ci mancava solo Narcissa.
“Che vuoi mamma? Sono occupato.” Disse piuttosto seccato.

“Sono Astoria.”

Di male in peggio.

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Capitolo 22
*** Andare a rotoli ***


Sabato 11 gennaio, ore 16:58

Draco e Astoria sedevano nell’ampio salotto del Manor, in silenzio.
L’ultima volta che si erano visti era stato quando era tornato a casa prima di Natale, per chiudere definitivamente con lei, senza però avere molto successo: la donna infatti non si era fatta andare bene le poche spiegazioni che lui le aveva fornito e lo aveva liquidato con un “prenditi del tempo per ritornare in te stesso.”

Astoria non era una donna impulsiva e tantomeno una stupida, conosceva il suo futuro marito e aveva ben chiari soprattutto i suoi difetti: l’avrebbe tradita fisicamente nel corso della loro vita, perché il Draco che conosceva aveva bisogno di quel sapore di libertà che ti dà il piacere della caccia e della conquista; era una cosa che aveva già messo in conto, quindi era preparata.
Però aveva chiare tante altre cose, ad esempio che avevano dei progetti e una rispettabilità da conservare. Inoltre avevano condiviso gli ultimi anni, raggiungendo un’intesa che non si cancella in pochi mesi: erano sulla stessa lunghezza d’onda, avevano lo stesso modo di vivere e di vedere la maggior parte delle cose, provenivano dallo stesso mondo e soprattutto lei era il tipo di donna che chiunque si sarebbe aspettato accanto a lui.

“Astoria non ho cambiato idea, se è per questo che sei qui, mi dispiace, davvero.”
La osservò: era ben conscio che lei non si meritasse tutto questo, ma era più forte di lui, la guardava e non vedeva altro che il riflesso di quella che oramai era una vita che non gli apparteneva più.

“Vedo che tornare a casa non ti ha fatto rinsavire.” Era serissima. “Non ho intenzione di fare scenate di gelosia, mi conosci, ma smettila di fare il bambino Draco, non puoi pretendere da un giorno all’altro di scappare dalla vita che hai sempre vissuto, per cosa poi?”

Per amore, quello vero, pensò lui: questa profonda consapevolezza lo investì in pieno.
Stava mettendo in discussione tutta la sua vita per amore, proprio lui, ed improvvisamente si sentì vulnerabile, indifeso, impaurito, come non gli succedeva da anni. Guardò Astoria a corto di parole: come poteva spiegarglielo?
Lei aveva conosciuto una persona totalmente diversa; un tempo erano stati due facce della stessa medaglia, agivano solo guidati dalla ragione, anche nei sentimenti, e proprio per questo si erano trovati così bene, ma ormai era cambiato tutto, almeno per lui.

“Hai intenzione di darmi almeno una risposta? Credo di meritarmela.” La donna lo fissava, leggermente spazientita.

“Non sono più il Draco che conoscevi e probabilmente prima lo accetterai meglio sarà per tutti. Non posso più condividere certe cose con te perché… Sono cose che non voglio, non più. E adesso ti prego, dammi tregua, ho bisogno di stare solo.”

“Ti lascio questa convinzione per ora, ma non finirà qui Draco, non in questo modo, ne sono certa.” E così dicendo Astoria si alzò in piedi stizzita, raggiungendo la porta a grandi passi.

Domenica 12 gennaio, ore 14:02

*Lady, running down to the riptide                                  
Taken away to the dark side                                            
I wanna be your left hand man                                        
I love you when you're singing that song                     
And I got a lump in my throat                                       
'Cause you're gonna sing the words wrong
(Riptide – Vance Joy)           
   
Sofia sedeva sui gradini del portico, suonava un ukulele mentre canticchiava una delle sue canzoni preferite.

“Mi mancava vederti suonare quel coso.” Draco era apparso dal nulla, sul prato di fronte: ricordava fin troppo bene che appena si era trasferita da lui avevano litigato per quell’aggeggio, perché Sofia non gli dava tregua e lui lo trovava troppo rumoroso; poi con il passare dei giorni si era abituato a sentirlo in sottofondo e i piccoli concerti improvvisati che faceva per lui, erano diventati una delle tante cose delle quali non poteva più fare a meno.

Sofia alzò la testa sorpresa, non lo aveva minimamente sentito arrivare. “Il professor Silente ha scoperto che mi piace, così me ne ha creato uno. Sai com’è, la magia.” Accennò un sorriso, anche se la prima cosa che aveva notato era che lui non gliene aveva fatto nemmeno mezzo. Era serio, teso, con quel suo sguardo indecifrabile.

“Entro un attimo, devo dirgli delle cose.” Le si avvicinò e la guardò fisso negli occhi. “Poi torno qui da te. Dobbiamo parlare, ok?”

Lei annuì, incapace di trovare qualcosa in più da dire.
Draco le baciò la fronte, sfiorandola appena con le labbra ed entrò in casa, lasciandola lì, avvolta da mille dubbi: sentiva chiaramente che c’erano tante, troppe cose, che li stavano allontanando, inesorabilmente.
Era una sensazione che aveva da quando Draco era ritornato a casa qualche giorno per Natale, come se così facendo si fosse rotta quella bolla nella quale avevano preteso di vivere, una parentesi lontana da tutti i problemi e da quelle che erano state le loro vite prima di conoscersi.

Le sembrò essere passato un secolo quando percepì nuovamente la sua presenza, inaspettatamente si era seduto sugli scalini dietro di lei. La circondò con le braccia e il corpo di Sofia rispose in maniera automatica: chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo, si lasciò letteralmente andare, poggiando la schiena al suo petto.
Restarono così per un po’, in silenzio.

“Sto per dirti delle cose che non ti piaceranno ed avrai tutte le ragioni per arrabbiarti con me, ma quello che voglio che tu tenga ben presente è che, come sai, nessuno di noi due aveva minimamente previsto tutto questo, anzi io avevo tutti altri progetti…”

Sofia si voltò di scatto, i grandi occhi spalancati, fece per parlare ma lui la fermò, prendendole il viso tra le mani.

“Ti prego fammi finire Sofi. Ti amo e amarti mi ha completamente stravolto la vita, non c’è una singola cosa che non rifarei e non c’è un minimo attimo del quale io sia pentito, se non di aver omesso una cosa per troppo tempo…” Prese un lungo sospiro.” Vedi, io ero legato ad un’altra donna prima di incontrarti, noi avremmo dovuto… Sposarci, proprio al mio ritorno dall’Italia.”

Quanti colpi può reggere un cuore prima di ammaccarsi in maniera irreversibile?
Sofia guardava Draco, senza vederlo; lui adesso l’aveva presa per le spalle e continuava a dire parole che lei non sentiva.
Perché tutte le persone che la circondavano, che le dicevano di amarla, di tenerci a lei, finivano per mentirle?

“Devi andare via. Adesso.” Pronunciò quelle parole con una voce che non le sembrava nemmeno la sua.

Le tornò alla mente quando si era chiesta quale potesse essere il pericolo di lasciarsi andare a Draco: volevi che qualcuno te lo dicesse, che ti mettessero in guardia, te lo ricordi Sofi?
Dimmi, in questo esatto momento, stai percependo i brandelli di quello che era il tuo cuore?
Ecco, questa è la tua risposta.

Draco continuava a parlare e a dire cose che non voleva più ascoltare, si scostò da lui, non voleva sentire nemmeno il calore del suo corpo e tantomeno il suo profumo; percepì un leggero tremore lungo la schiena, una sensazione che ormai le era diventata familiare, esattamente quella che precedeva una perdita di controllo.

Deglutì: “Ho detto che te ne devi andare.” Lo guardò dritto in quegli occhi grigi. “Vai via, ti prego Draco.”

L’uomo restò colpito dal modo in cui aveva pronunciato il suo nome, distaccata, priva di emozioni, con lo stesso vuoto che vedeva riflesso anche in quei suoi occhi nocciola; gli era sempre piaciuto sentirsi chiamare da lei, perché caricava quel “Draco” di così tanti colori che potevi leggere in ogni più piccolo centimetro del suo viso.
Non ora, ora quello che si trovava davanti agli occhi era un viso completamente svuotato.

Draco annuì, anche se nel profondo desiderava stringerla così forte, tanto forte da colmare il dolore che le aveva provocato; non gli restò che andarsene, con la certezza di averla spezzata tanto quanto sentiva di aver spezzato sé stesso.
 
*There's this movie that I think you'll like
This guy decides to quit his job and heads to New York City
This cowboy's running from himself
And she's been living on the highest shelf
Oh
And they come unstuck
(Riptide – Vance Joy)  

         

*CANZONE:
Spiego un attimo perché l’ho scelta, se vi va di leggere, altrimenti non importa, skippate pure che non voglio annoiare nessuno:)

Ho riportato due parti della canzone Riptide, di Vance Joy, perché è da qui che ho preso il titolo della storia, perché la parola vuol dire risacca, vortice, e mi sembrava appropriato alla storia, alla natura di obscuriale di Sofia, che ne è la protagonista, e all’amore che sta vivendo con Draco, che li ha letteralmente travolti, senza tralasciare il fatto che si tratta di una delle mie canzoni preferite in assoluto, ma questo è meno importante ahah.

Non ho scritto le parole corrispondenti in italiano perché non sono un’amante delle traduzioni delle canzoni, perché secondo me risultano troppo letterarie e se ne perde il senso, in più credo che le canzoni, essendo una piccola storia piena di emozioni, possono essere un po’ interpretate secondo la soggettività di ognuno, in base a ciò che stiamo vivendo in quel esatto momento.

Tornando al perché della canzone, le prime righe che ho riportato mi ricordano proprio Sofia, una ragazza che corre verso la risacca, portata via da questo lato oscuro: la trovo è una bella descrizione del suo essere un obscuriale; di seguito c’è Draco, vuole essere l’uomo che le sta accanto, ama sentirla cantare, ma c’è un problema, quel groppo in gola, e questo per me è riferito alla discussione che stanno per avere, lei reagirà con parole sbagliate, lui ne è già conscio.

L’ultima parte che ho riportato, invece, ovviamente è un po’ più difficile da incastrare, anche se secondo me Draco rientra in questa descrizione, un uomo che cerca di scappare da ciò che è stato, disposto probabilmente a lasciare tutto per lei, proprio lei che fino a quel momento ha vissuto sulla mensola più alta, come su un piedistallo, quel piedistallo che è il loro amore, dal quale cade perché le viene detta quella verità che lui le ha taciuto per tanto, troppo. E beh, vanno a rotoli…

Spero di non avervi annoiato, vi consiglio davvero di ascoltare la canzone se vi va, probabilmente la conoscete già ma, almeno per quanto mi riguarda, non c’è ragione per non riascoltarla per l’ennesima volta ahah!
Grazie a chiunque stia leggendo questa storia, davvero, spero continui a piacervi e perdonatemi se ci sono errori qua e là!
Un bacio
Jessica

 

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Capitolo 23
*** Ritrovarsi ***


Lunedì 20 gennaio, ore 15:37

Non riusciva a dormire bene da giorni. Si accoccolò sul divano con Amelia in grembo: la gatta era rimasta con lei, a vegliare sui suoi sbalzi d’umore, come era solito fare l’uomo che gliela aveva regalata.

Si era scottata la mano proprio l’ultimo giorno in cui aveva visto Draco, infornando una crostata che aveva preparato per lui; doveva decisamente smettere di preparare quel tipo di torta, cominciava a sospettare che le portasse sfortuna.
Silente si era subito offerto di curarle la scottatura con la magia, ma lei aveva rifiutato: voleva guardare quel segno sulla pelle, sentire che bruciava e che faceva male, vederlo scurire, indelebile, giorno dopo giorno, per dargli l’opportunità di guarire in modo normale, solo con l’ausilio del tempo.

Già, il tempo, quello che tutti indicavano come il magico rimedio a tutte le sofferenze, piccole o grandi che fossero, quello capace di portarsi via il dolore, presto o tardi, quello che ti aiuta a tornare libero e leggero e ti consente di andare avanti.
Questa però non era decisamente la sua teoria e si riteneva un’esperta in materia, dato che ne aveva fatto esperienza praticamente da quando ne aveva ricordo: il dolore non si cancella, rimane dentro e devi imparare a fargli spazio, ad accoglierlo, a tramutarlo e farlo aderire alla tua pelle; certo, modificherà chi sei, ma è l’unico modo per sopravvivergli e non farsi sopraffare.
Una consapevolezza dalla quale non si può fuggire.

Come non poteva scappare da un’altra profonda consapevolezza: anche Draco le era rimasto dentro, gli aveva fatto spazio, lo aveva accolto fino a farlo aderire alla sua pelle, e così lui aveva modificato il suo essere, irrimediabilmente.
Era ancora arrabbiata con lui, delusa, un altro macigno che l’appesantiva; però se chiudeva gli occhi, respirava ed ascoltava solo i battiti del proprio cuore, percepiva chiaramente che tutto quello che avevano vissuto era assolutamente reale, non ne poteva dubitare.

“Non dubitarne mai…” La voce dell’uomo le risuonò nelle orecchie: le mancava tremendamente.

Sospirò e poggiò la testa su uno dei cuscini del divano, aveva un disperato bisogno di chiudere gli occhi e dimenticare tutto, almeno per qualche ora. Draco sarebbe arrivato a momenti e lei aveva assolutamente bisogno di riposare, di prendere una pausa da tutto questo.

Lunedì 20 gennaio, ore 18:02

Non era la prima volta che si era ritrovato a guardarla dormire, soprattutto da quella notte in cui l’aveva vista volare giù dal balcone; al solo ricordo, un brivido lo percorse da testa a piedi.

Draco conosceva la paura, non gli era un sentimento nuovo: da piccolo era terrorizzato da Lucius, dall’idea di deluderlo, di leggere nei suoi occhi severi anche il più piccolo dispiacere causato da qualche suo comportamento sbagliato; nell’adolescenza era subentrato il timore di non essere abbastanza, di non essere all’altezza di portare il cognome Malfoy e questo lo aveva portato inesorabilmente verso il cammino che era stato quello del padre. Proprio così era arrivato a provare quella sensazione primordiale, quella che risiede nel profondo di ogni essere umano: la paura di morire. Tuttavia, non aveva mai provato quell’inquietudine pungente che lo attanagliava in quel momento: la paura di aver perso la persona che ami. Perché se in passato aveva imparato a non dipendere più da nessuno, a fare le proprie scelte solo per sé stesso, era ben conscio che ad oggi non fosse più così.

Si prese la testa tra le mani e sospirò: Dio, l’amava e comunque aveva tradito la sua fiducia, le aveva promesso che non le avrebbe mai fatto del male e poi aveva finito per non proteggerla, proprio da quel pericolo che conosceva fin troppo bene, sé stesso.
Forse Astoria aveva ragione: come pensava di poter scappare dalla persona che era stato? L’aveva ferita proprio perché aveva pensato solo a sé, come era da sempre era abituato a fare.

La tornò a guardare e trovò due occhi nocciola che lo fissavano.

“Il professor Silente non è ancora tornato?” Chiese lei con voce assonnata, mettendosi a sedere.

Draco scosse la testa in segno di diniego.

Restarono così, in silenzio, per un po’, mentre Draco si arrovellava il cervello su cosa le avrebbe potuto dire, su come le avrebbe potuto spiegare che era tremendamente dispiaciuto, che non era sua intenzione, che tutto questo era talmente nuovo per lui, che non sapeva ancora come comportarsi, ma alla fine fu lei a rompere il silenzio.

“Mi sei mancato. Probabilmente anche ad Amelia. Certo lei non lo darà mai a vedere, la conosci, anche perché credo sia dalla mia parte, quindi farà la sostenuta…” Sofia alzò le spalle, mordendosi appena il labbro.

La guardò a corto di parole: come sempre l’aveva spiazzato, con quella sua genuinità che faceva sembrare tutto così semplice, soprattutto nei sentimenti. Dannazione, era mancata anche a lui, ogni singolo minuto di tutti quei giorni passati a maledirsi per come si era comportato.
“Sofi, sono un coglione, io… Non so gestire queste situazioni.” Sospirò.

“Lo so che sei un coglione. Credimi, ho pensato ad epiteti ben peggiori, che avrebbero fatto impallidire lo scaricatore di porto più incallito.” Non era di certo una ragazza da mezze misure o da parole ponderate, Draco ne era ben conscio.
“Perché non me lo hai detto subito Draco? Credi che non sappia che inizialmente per te non si trattasse altro che di un gioco? Non sono una stupida.” Lo guardò seria. “Però so anche che dopo non lo è stato più, per nessuno dei due, posso percepirlo anche in questo momento che mi ami, da come mi guardi… Non capisco. Ok, avremmo litigato, mi conosco, ma pensare che tu abbia tenuto un segreto così grande con me, mentre io mi sono totalmente affidata a te, senza remore, senza freni… Fa male. Anche perché ero certa che tu non mi avresti mai mentito, non dopo tutto quello che abbiamo passato…”

Draco non solo poteva leggerle negli occhi il dolore e la delusione che aveva contribuito a creare, ma poteva anche sentirli addosso, perché ogni più piccola emozione che vedeva in lei, si rifletteva automaticamente su di lui. Prese un lungo respiro e finalmente fece uscire tutto, come un fiume in piena.

“Non sono mai stato la persona che sono con te, mai. Mi sarei sposato solo per convenienza, perché la donna che mi stava accanto è bella, elegante, intelligente, posata, di buona famiglia e vede le cose esattamente come le vedevo io: essere rispettati, invidiati, raggiungere una posizione sempre più alta nella scala della società, calcolare ogni mossa ed ogni sorriso per il proprio tornaconto, usare la testa prima di qualsiasi cosa, su ogni cosa. Questo ero io: l’amore non ha mai governato la mia vita… Fino a quando non ho incontrato te, mi hai stravolto ed io mi son lasciato trasportare, completamente, ed ho preteso di dimenticare la mia vita precedente, finché ho potuto. Da codardo, prima di Natale, sono tornato a casa per lasciare Astoria, pensando di poter sistemare tutto, semplicemente così. Perché io ci ho provato a dirtelo, ma ho avuto una fottuta paura di perderti, paura che non capissi che sono sì il Draco che conosci, ma che ce n’è anche un altro che ha vissuto un altro tipo di vita prima di te, una vita che non posso cancellare…”

La ragazza lo guardava in silenzio e per la prima volta Draco non riusciva a capire cosa le passasse per la testa, anche se poteva percepire il suo cervello elaborare quello che le aveva appena detto. Che conclusioni ne avrebbe tratto?

Si alzò, doveva colmare quella voragine che si stava creando tra loro, non riusciva più a sopportarla: le si sedette accanto e la tirò a sé, quasi con prepotenza, stringendola forte. “Io ti amo Sofia. Non c’è nient’altro che conti di più per me, non più.”

“Anche io ti amo…” Sofia chiuse per un attimo gli occhi, prendendo un lungo respiro. In quel respiro c’erano mille dubbi ai quali avrebbe voluto dare voce, ma che per l’ennesima volta mise a tacere, perché la necessità del suo amore, ancora una volta, era più forte di tutto. Quell’ amore, il loro, poteva davvero bastare? Voleva continuare a dirsi di sì.

Sofia sospirò. “Non devi mentirmi mai più… Io non lo farò.”

“Lo so e mi dispiace, davvero.”

“Sei proprio un idiota…”

Sofia poggiò la fronte a quella di lui, guardandolo intensamente e per tutta risposta Draco la baciò: il suo sapore caldo sembrava proprio la medicina della quale aveva bisogno. L’uomo si sentì improvvisamente sollevato, perché per un momento l’aveva sentita lontana, titubante, come se non fosse certa di poter tornare da lui.

“Non so se ti ho ancora perdonato…” Sofia strofinò il naso contro quello di lui.

“Cos’è, devi fare un meeting con Amelia e metterlo ai voti?” Disse lui per tutta risposta, sorridendo.

“Beh perché no, d’altro canto entrambe abbiamo il grande onere di doverti sopportare.”

“Ok, touché. Prima del meeting posso proporre un paio di istanze a mio favore?”

La ragazza sollevò appena le sopracciglia. “Prego.”

Draco esibì un sorrisino che Sofia conosceva fin troppo bene: la sovrastò con la sua figura, facendola stendere sul divano, le sue mani erano già corse sotto il maglione di lei e la sua bocca si alternava nel baciarle e mordicchiarle il collo. Lo lasciò fare, ad ogni suo bacio si sentiva più leggera: sì, le era decisamente mancato.

Cercò di non lasciarsi completamente andare, ma il suo corpo la stava già tradendo. “Sei… Un… Brutto… Opportunista… Malefico…”

“Pure del malefico mi devo prendere?!” La guardò tra il divertito e lo scandalizzato. “Allora mi fermo, bastava dirlo.” L’uomo alzò le mani con fare innocente.

“Non intendevo questo e comunque il professor Silente potrebbe arrivare da un momento all’altro…” Sentenziò lei incrociando le braccia.

“Magari è già arrivato e si sta godendo lo spettacolo.” Il biondo alzò le spalle con noncuranza.

“Draco!” Sofia lo guardò scandalizzata.

“E va bene, possiamo trovare una soluzione, quanti problemi per nulla…” E così dicendo si alzò in piedi, per poi prenderla in braccio senza troppo sforzo ed incamminarsi verso le scale.

“Sei incorreggibile, davvero, senza speranza, incredibile. Vieni qui, pensi di consumare l’atto e poi andartene? Ah, scordatelo.” Lo guardò sostenuta.

Draco sorrise: “E chi ha detto che me ne andrò, scusa?”

Sapeva di promessa.
 
I just wanna, I just wanna know                                                
If you're gonna, if you're gonna stay                                         
I just gotta, I just gotta know                                                    
I can't have it, I can't have it any other way                          
(Riptide – Vance Joy)
 
 

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Capitolo 24
*** L'amore dei genitori ***


Venerdì 24 gennaio, ore 09:23

Sofia sedeva al centro del salotto, sul tappeto, gli occhi chiusi, cercava di liberare la mente come mille volte le aveva detto di fare il professor Silente.

“Concentrati sul respiro Sofia”, le sembrò quasi di udire la sua voce, “Lascia che ogni turbamento scivoli via, lontano da te, lontano dalla tua mente”. Percepì come il suo respiro cominciasse ad essere più regolare, ritmato, ne aveva il controllo.

“Ce la puoi fare testolina, non arrenderti”. Un’altra voce, dai toni bassi, una voce che sapeva calmarla e faceva sì che un piacevole calore le si irradiasse dal petto. “Coraggio Sofi…”

 
“Sofi, amore, dove ti sei nascosta piccola peste?”

La bambina rise e si infilò sotto uno dei maglioni di papà.

“Un momento, da quand’è che questo armadio ride? È sempre stato un tipo silenzioso…” Gregory aprì lentamente una delle ante dell’armadio, la risata della bambina ormai era incontrollabile. “Ma non è colpa dell’armadio, è questo vecchio maglione che mi prende in giro! Ehi… Un momento…” L’uomo alzò il maglione e si ritrovò di fronte Sofia, che rideva con le manine sulla bocca. “Cosaaa? Questo vecchio maglione ha osato mangiarsi la mia bambina! Ah, vieni qui amore…”.

Prese in braccio la piccola e poi con un colpo di bacchetta fece levitare l’indumento sopra le loro teste, che improvvisamente si trasformò in una pioggia di coriandoli che fecero ridere ancor di più la bambina, intenta ad afferrarli con le manine.


“Non dirlo alla mamma, me lo ha regalato lei, ma sai, non mi è mai piaciuto.” L’uomo rise e le baciò la fronte.

“Ancora papà!” La bambina indicò i coriandoli a terra e l’uomo con un altro colpo di bacchetta li fece levitare nuovamente in aria: Sofia batté le manine entusiasta.

“Guarda pulcino, ti faccio vedere un’altra magia…” E così dicendo con un colpo di bacchetta aprì un cassetto e ne uscì una piccola chiave d’oro intarsiata, legata ad una catenella, che fluttuò fino a raggiungerli.

La bambina l’afferrò prontamente. “Stai attenta…” Il padre le sorrise, toccò appena la chiave con la bacchetta e sotto gli occhi stupiti della bambina quella si trasformò in una piccola S dorata. “Ti piace pulcino?” Gregory prese la collanina e la mise al collo della bambina. “Non la devi perdere mai, me lo prometti Sofi? È importante…”


La bambina annuì solenne. “Sofia non perde regalo di papà. Promesso.”

“Brava.” L’uomo sorrise e le stampò un altro grande bacio sulla fronte. “Ti voglio bene, non dimenticarlo mai Sofia…”

 
“Sofia, riesci a sentirmi? Ehi…”

La ragazza aprì gli occhi di colpo: era stesa sul tappeto, fradicia di sudore. Draco le era accucciato accanto, la guardava preoccupato.
“So dov’è la chiave della camera blindata.” E così dicendo si toccò la collanina che portava al collo.

Venerdì 24 gennaio, ore 17:47

Draco era intento a mettere nel borsone una serie di vestiti, senza fare troppo caso a quello che gli capitava sotto mano: dovevano andare alla Gringott e recuperare quello che di così importante il padre di Sofia vi aveva nascosto.
Era sicuro che a giorni il Ministero avrebbe aperto un’inchiesta sul suo viaggio in Italia, glielo aveva confermato la Granger: a quanto pare era stato proprio O’Brien, il suo capo, a fare pressioni in quel senso.
Gran pezzo di merda: evidentemente non gli aveva ancor perdonato il fatto che fosse intenzionato a sostituirlo mandandolo in pensionamento anticipato.
La questione era che Sofia non era ancora pronta, sbloccare i suoi ricordi e quindi la sua magia era un lavoro certosino, che richiedeva tempo, un tempo che si assottigliava sempre di più sopra le loro teste. Sospirò esasperato, tirando una pacca all’armadio.

“Ti pregherei di non rovinare i miei mobili Draco, sono resistiti per un secolo.”

Narcissa. Sua madre. Si voltò e la ritrovò in piedi, accanto alla porta della sua stanza, elegante ed altera come sempre.

“Ciao mamma, sono di fretta, ma sono vivo, sto bene, non so quando ci rivedremo.” E così dicendo sollevò la borsa dal letto, pronto a smaterializzarsi.

“Non così in fretta Draco Lucius Malfoy.” Il tono era deciso, non ammetteva repliche.

Sospirò. Ci mancava solo questa. “Cosa c’è mamma? Se è per la questione di Astoria, beh, perdi tempo e lo fai perdere anche a me.”

La donna scosse leggermente la testa. “Voglio conoscerla.”

Draco sgranò gli occhi, come diavolo faceva a saperlo? “Chi mamma?” Bleffò, anche se era ben conscio che una simile strategia, soprattutto con lei, non sarebbe servita a niente.

Narcissa infatti alzò un sopracciglio stizzita. “Sei mio figlio Draco, ti ho partorito, credi non mi sia accorta che sei innamorato?”

L’uomo restò senza parole: perché diavolo sembrava essere così palese a tutti? La donna continuò imperterrita. “Lo avevo percepito dalle tue telefonate dall’Italia, non ne ero sicura, ma mi è bastato vederti quando sei tornato per Natale: quella luce negli occhi, non l’avevo mai vista; poi Astoria si presenta qui e mi dice che la volevi lasciare: ah, non ci volevo credere, finalmente eri rinsavito!”

Draco era davvero incredulo ma la donna continuò imperterrita. “Non mi guardare così, non mi è mai piaciuta molto, sempre così attenta a volermi piacere ed assomigliare: cosa volevi, diventare una brutta copia mia e di tuo padre? Almeno noi ci siamo sposati per amore, anche se poi le cose sono andate come non dovevano.” Narcissa sospirò appena. “Ho giurato che non saresti mai diventato come lui, lo sai bene e nonostante quello che abbiamo passato durante la guerra, giorno dopo giorno ti ho visto inseguire cose che non ti rendevano davvero felice, fino a Natale, quando sei tornato e ti splendevano gli occhi, come non li vedevo fare da molto tempo. Sono tua madre e sai benissimo che non ci sarà mai niente che avrò più a cuore della tua felicità, quindi credo di meritarmelo.”
La donna concluse e senza smettere di guardarlo, incrociò le braccia.

“Mamma…” Le sorrise, genuinamente e il cuore della donna quasi perse un battito: da quanto non le sorrideva così? Draco era ben conscio che quanto sua madre avesse detto era vero, solo che il tempismo era davvero pessimo; la guardò cercando le parole giuste per farglielo presente, ma si rese conto che sarebbe stato inutile, Narcissa era irremovibile.

“Sei incredibilmente testarda, lo sai?” L’uomo la guardò esasperato.

“Da qualcuno avrai pur preso caro.” Le spuntò un piccolo sorrisino.

Draco alzò gli occhi al cielo. “OK, ma ci sono delle cose che devi sapere prima, non sono sicuro ti piaceranno, ma francamente poco m’importa, voglio ti sia chiaro questo.” La guardò serio.

La donna lo guardò impassibile. “Non credo ci sia niente di peggio di quando quello scellerato di tuo padre mi ha detto che eri diventato un mangiamorte. Ti ascolto.”

Draco ricordava bene quel giorno: Narcissa aveva urlato come una forsennata, lanciando tutto quello che le capitava a tiro contro il marito; poi improvvisamente si era zittita e aveva guardato lui, in un modo così intenso che gli sembrava quasi lo potesse trapassare da parte a parte. Probabilmente in quel esatto momento aveva giurato a sé stessa che lo avrebbe protetto ad ogni costo e così aveva fatto.

Le doveva tutto. Avrebbe capito.

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Capitolo 25
*** Mondi Paralleli ***


Venerdì 24 gennaio, ore 21:23

Quando Sofia aveva visto riapparire Draco in salotto, sottobraccio ad una donna dai lunghi capelli biondi, aveva sentito gelarsi il sangue nelle vene. Bellissima, elegante, posata, affascinante, proprio come il figlio, non c’erano dubbi su chi fosse: la famosa Narcissa Malfoy.
La ragazza aveva sentito montare dentro un imbarazzo incredibile, era a dir poco impresentabile. Pensò che fosse uno scherzo del destino, perché era successa la stessa cosa quando aveva conosciuto Draco: aveva i capelli raccolti alla ben e meglio in una coda, indossava un vecchio maglione informe color senape, fuseaux neri e degli imbarazzanti calzini a righe colorate.
Come se non bastasse, era ricoperta di farina, perché aveva deciso di preparare la pizza fatta in casa.
Sofia aveva immediatamente fulminato Draco con lo sguardo e l’uomo aveva sorriso un po’ preoccupato, accarezzandosi la nuca.
La cosa che non era passata inosservata a Narcissa, che aveva apprezzato; non era per niente facile tenere testa a suo figlio e lei lo sapeva bene.

Senza indugiare oltre Sofia, si era presentata: “Salve, immagino lei sia Narcissa, la madre di Draco. Mi dispiace accoglierla così…” Altra occhiata di fuoco al biondo. “Però non aspettavamo ospiti e stavo preparando la pizza. Magari avrei potuto cucinare altro…” Non le sembrava decisamente un tipo da pizza, anzi, sarebbe stata sicuramente meglio una cena di pesce a più portate.

“E perché mai? Mi piace molto la pizza e non se ne trova una decente in tutta l’Inghilterra, almeno ho l’occasione di mangiarla. Narcissa, il piacere è mio.” Allungò la mano affusolata verso Sofia e la ragazza la strinse senza mostrare timore, con energia, sorridendole.

“Io sono Sofia, piacere di conoscerla. Se vuole accomodarsi in salotto intanto, deve scusarmi, ma dovrei controllare delle cose in cucina. Draco, avrei bisogno anche di te se non ti dispiace. Subito.” Le aveva sorriso cordialmente e senza aspettare risposta dal biondo si era avviata con passo deciso verso la cucina.

Narcissa nel corso della serata non aveva finito di sorprendersi di come suo figlio sembrasse davvero splendere accanto a quella ragazza: i lineamenti del viso, sempre così tesi, erano rilassati, chiacchierava con disinvoltura, anche di cose futili, mentre un tempo si trattava sempre e solo di lavoro, cene, eventi, denaro, carriera. Però la cosa che l’aveva lasciata completamente senza parole era la complicità che legava i due, il modo nel quale si guardavano, come Draco, più o meno consapevolmente, cercasse di continuo un contatto con la ragazza, che fosse semplicemente per accarezzarle una mano, darle un bacio sui capelli o passarle un braccio intorno alle spalle per stringerla appena.

Era stato un bambino affettuoso nei suoi primi anni di vita, poi però Lucius aveva insistito per la linea dura, le aveva detto che stava crescendo un piccolo viziato rammollito, senza spina dorsale, che Draco, in quanto erede della loro casata, doveva essere preparato, ambizioso, feroce.
Lei si era lasciata convincere, perché aveva ricevuto la medesima educazione, l’educazione consona ad un vero purosangue.

“Incredibile il potere dell’amore, non credi anche tu, Narcissa?” Albus Silente le sorrideva benevolo.

Assorta nei suoi pensieri Narcissa non si era nemmeno resa conto di essere rimasta sola al tavolo con il vecchio professore.
“Sono le stesse parole che mi ha detto quando sono venuta da lei con Severus, proprio per salvare Draco da un cammino che non era il suo, ed oggi come allora, devo darle ragione.” La donna accennò un minuscolo sorriso. “Quanto è grave la situazione?”

“Ho delle ipotesi e temo che, se si riveleranno corrette, il primo a pagarne le conseguenze sarà proprio Draco.” Il professor Silente si rabbuiò e Narcissa sentì un brivido freddo correrle lungo la schiena: ovviamente non lo avrebbe mai permesso.

“Accompagnerò io Sofia alla Gringott. Daremo meno nell’occhio, soprattutto se è vero che stanno tenendo sotto controllo mio figlio; ci andremo lunedì, mentre lui è al lavoro. Sarà al sicuro con me.” Sentenziò la donna.

In un tempo lontano non avrebbe mai fatto nulla del genere, immischiarsi in faccende che non le competevano e che per di più riguardavano una ragazza praticamente babbana. A volte però le circostanze cambiano. Narcissa voleva continuare a vedere suo figlio ridere, come lo aveva visto fare quella sera, e se aiutare quella ragazza così inusuale glielo poteva assicurare, lo avrebbe fatto senza alcuna remora.

Venerdì 24 gennaio, ore 23:36

“Dici che sono piaciuta a tua madre?” Sofia, stesa sul tappeto di quella che era diventata la loro camera, guardava perplessa le travi del soffitto.

“Decisamente. Non si è mai offerta di accompagnare Astoria da nessuna parte, nemmeno per prende l’abito da sposa.” L’uomo uscì dal bagno e guardò la ragazza stesa a terra, che corrugò appena la fronte. Forse nominare Astoria come se niente fosse era ancora prematuro, quindi tentò subito di cambiare discorso. “Che cosa ci fai lì a terra comunque?” Le sorrise, ormai abituato alle sue stranezze.

“Penso.” Lo affermò come se fosse la risposta più ovvia al mondo.

“E a cosa pensi?” L’uomo le si sedette accanto.

La ragazza continuò a guardare in su. “A noi. Più che a noi, ai mondi paralleli dai quali veniamo.”

“E…?” Draco la guardò interrogativo, cominciò a tracciarle il profilo del viso con l’indice.

Sofia sospirò, finalmente lo guardò negli occhi. “Ho paura di non essere adatta a tutto questo, non lo so, delle volte mi sembrava di venire da un pianeta completamente diverso dal tuo.”

“Perché è effettivamente così, anzi, fortunatamente è così Sofia…” La guardò dolcemente.

Come poteva non credergli se la guardava in quel modo? Per l’ennesima volta, ricacciò ogni dubbio nel meandro più remoto della sua testa. “Sei troppo lontano…” Accennò un piccolo sorriso.

“Rimediamo subito allora…” L’uomo ricambiò il sorriso, per poi baciarla.

Sofia lo prese per la maglietta, tirandolo a sé con decisione: si chiedeva se sarebbe mai arrivato il giorno nel quale ne avrebbe avuto abbastanza di lui. Ne dubitava fortemente. Gli salì in braccio e si tolse la maglietta con impazienza, aggrappandosi alle sue spalle forti; Draco per tutta risposta cominciò a baciarle il collo, facendola sospirare appena, le spalline del reggiseno avevano già ceduto sotto le mani esperte di lui. Gli passò una mano tra i capelli e lui tornò a baciarla con passione, mordendole appena il labbro: Sofia improvvisamente si fermò e gli prese il viso tra le mani, studiandolo attentamente, per poi spostargli il solito ciuffo ribelle dalla fronte, facendolo sorridere, e lui come era solito fare le baciò la mano, mano che lei andò a posare al centro del suo petto nudo. Poteva sentire chiaramente il battere frenetico del cuore di Draco, che si univa al ritmo del suo.

“Non ho mai amato nessuno così, lo sai?” Sussurrò piano.

“Nemmeno io Sofi… Nemmeno io. A volte ne sono quasi spaventato…” Draco poggiò la fronte a quella di lei.

Sofia ricominciò a baciarlo con più insistenza, per poi sentirlo scivolare dentro di lei, prendendolo piano,con movimenti lenti, scanditi dal ritmo dei loro respiri, occhi negli occhi.

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Capitolo 26
*** Timori ***


Lunedì 27 gennaio, ore 11:23

Sofia camminava accanto a Narcissa, affascinata ed emozionata, non smetteva di guardarsi intorno, tutto quello che la circondava le sembrava essere uscito dalle pagine di un libro di fantasia: uomini e donne vestiti con strane tuniche e strani cappelli, gufi e civette in volo, negozi dalle vetrine colorate che vendevano calderoni, bacchette, scope volanti. Era a dir poco strabiliata.
Si fermarono di fronte ad un imponente edificio dalla facciata un po’ storta: la famosa Gringott.

“Eccoci arrivate, tieni la chiave a portata di mano Sofia, meno daremo nell’occhio meglio è. Appena finito è meglio che ti riaccompagni subito a casa.” E così dicendo Narcissa si incamminò verso l’ingresso, immediatamente seguita da Sofia.

La sala che si ritrovò di fronte era a dir poco imponente, ricoperta interamente di lucido marmo bianco e sovrastata da un enorme lampadario in cristallo. La cosa che però la affascinava maggiormente non era tanto l’edificio in sé, ma i piccoli impiegati che lì vi lavoravano: i folletti. Aveva letto di loro sui libri di Draco e l’uomo le aveva detto che erano creature molto intelligenti e scaltre delle quali, proprio per questo motivo, era meglio diffidare. A lei sembravano semplicemente buffi.

“Buongiorno. Le signore desiderano?” Uno dei folletti si sporse dall’alto bancone dietro il quale era seduto, guardando le due donne.

“Vorremmo accedere alle nostre camere blindate ovviamente, sono Narcissa Malfoy.” La donna guardò altezzosa la creatura che le stava di fronte.

“E la signorina che l’accompagna?” Il folletto spostò i suoi piccoli occhi su Sofia, che si sentì un po’ a disagio.

“Che ne dici se te lo spiego mentre ci avviamo verso le nostre camere blindate? Non sono una donna paziente, come ben sai.” Narcissa posò le due chiavi dorate sotto il naso del folletto. “Allora?”

Il folletto rimase impassibile ed esaminò quanto gli aveva dato la donna. “Da questa parte, prego.”

Le montagne russe erano di certo una barzelletta rispetto a quello che si ritrovò ad affrontare Sofia: mai, nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi, avrebbe potuto immaginare una banca organizzata in quel modo.
Si fermarono prima alla camera blindata dei Malfoy e poi, numerose curve dopo, arrivarono di fronte a quella che doveva essere la sua.
Scese dal vagone, il cuore le batteva fortissimo, non sapeva nemmeno lei cosa aspettarsi: il folletto che l’aveva accompagnate inserì la chiave dorata, che un tempo per Sofia era stata semplicemente una collanina con la propria iniziale, e poi toccò la pesante porta; si sentì un interminabile rumore di ingranaggi e finalmente la camera blindata si aprì.
Sofia si ritrovò di fronte numerosi gruzzoli di strane monete dorate: entrò timorosa, guardandosi intorno, c’era anche qualche gioiello, ma quello che attirò la sua attenzione fu una scatola di cartone con dentro delle cartelline, una boccetta con uno strano liquido e quello che sembrava un album di fotografie.
L’istinto le suggerì che era quello che stava cercando.
 
Quando uscirono alla luce del sole, Sofia si sentì un po’ stordita, aveva fatto fin troppa esperienza del mondo magico per quella giornata. Narcissa aveva infilato la scatola con tutto il contenuto nella sua borsa, sotto gli occhi di una meravigliata Sofia, alla quale aveva spiegato i prodigi dell’incantesimo estensibile. La donna le porse il braccio, pronta a smaterializzarsi con lei, quando si sentì chiamare da una voce che conosceva fin troppo bene.

“Signora Malfoy, aspetti…” Una donna dal portamento elegante e fiero, decisamente bella, dai lunghi capelli scuri e gli occhi verdi, venne loro incontro.

Sofia ed Astoria si guardarono, le presentazioni non erano necessarie: nella mente di entrambe si delineò in maniera inequivocabile chi l’altra fosse ed entrambe rimasero sconcertate, perché non potevano essere più diverse, proprio come le due anime dell’uomo che amavano.

“Astoria come avrai intuito sono di fretta, quindi…” Narcissa sembrava seccata.

“In realtà speravo potessimo parlare.”

“Credo sia una questione tra te e mio figlio, perciò non capisco di cosa tu voglia parlare con me. Tra le altre cose ti faccio notare che sono in compagnia e siamo per strada, non mi sembra il momento più opportuno.” E così dicendo la donna prese saldamente Sofia sotto braccio. “Se ci vuoi scusare. Buona giornata.”

Gli occhi verdi di Astoria e quelli nocciola di Sofia ebbero il tempo di incrociarsi un’ultima volta, prima che quest’ultima si smaterializzasse con Narcissa.

Lunedì 27 gennaio, ore 19:02

Si ritrovavano in mano prove inutilizzabili: le carte presenti nella scatola si erano rivelate essere i documenti di nascita di Sofia, che attestavano la paternità dei suoi genitori e prove di ingenti trasferimenti di denaro, avvenuti durante la Prima Guerra Magica. I
l problema era che le persone tra le quali erano intercorsi erano sotto pseudonimi. Per sapere a chi appartenessero avrebbero dovuto far partire necessariamente un processo, che non si sarebbe mai aperto con quelle scarne evidenze.
La boccetta conteneva sì un ricordo, il quale però, a causa della cattiva conservazione, si era rovinato: si poteva vedere a malapena un giuramento infrangibile, stretto tra Micheal Serranti, probabilmente l’artefice dei pagamenti, ed una figura che doveva essere del Ministero, perché il patto verteva sul passaggio di informazioni certe che questa persona prometteva, in cambio di denaro appunto.
Purtroppo però le immagini erano molto confuse e non si udiva bene la conversazione.

La chiave continuava a rimanere la mente di Sofia, che si era fatta silenziosa da quando era rientrata con Narcissa; la ragazza era intenta a sfogliare l’album di fotografie che aveva trovato all’interno della camera blindata: c’erano foto dei suoi genitori da giovani, probabilmente ai tempi della scuola, del loro matrimonio e anche di loro tre, a Venezia. Tutte ovviamente si muovevano, i due le sorridevano o la salutavano, a seconda delle foto. Si ritrovò a tracciare i contorni dei loro visi e a pensare che la sua famiglia era stata un qualcosa di reale, nonostante i suoi pochi ricordi confusi.

Chiuse l’album e sospirò, un altro pensiero si era fatto prepotentemente strada nella sua mente, e riguardava la bellissima donna che aveva incontrato quella mattina. Non le era servito chiedere nulla, perché era chiaro che fosse la famosa Astoria.
Non avrebbe potuto immaginarla diversamente, era davvero perfetta per stare al fianco di un uomo come Draco.

Perfino quella “gita” nel mondo magico, che inizialmente l’aveva entusiasmata, ora le lasciava l’amaro in bocca: ancora una volta le era stato messo sotto il naso come il mondo nel quale era cresciuto Draco fosse totalmente diverso dal suo, c’erano così tante cose che faticava a capire ed anche solo ad immaginare, cose che per lui erano normalità da quando era venuto al mondo.
Come avrebbero fatto a far combaciare tutto questo?

Senza contare che non riusciva a fare nessun progresso con quello che doveva essere il suo potenziale magico, nonostante le quotidiane esercitazioni con il professor Silente che pazientemente l’assisteva.
Era bloccata dai ricordi che faticava a sollecitare e che erano indispensabili, ora più che mai.

Si alzò esasperata, aveva bisogno di Draco, di averlo vicino e di sentirlo dire che sarebbe andato tutto bene. Cominciava a farsi tardi e non era ancora arrivato, strano.
Improvvisamente le si materializzò una figura di fronte: era sì una Malfoy, ma non quella che si aspettava di vedere. Narcissa, i lineamenti tesi, gli occhi che sembravano spuntare scintille per quanto erano agitati.

“Hanno arrestato Draco.”
 

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Capitolo 27
*** Consapevolezze ***


Martedì 28 gennaio, ore 09:00

Draco sedeva in una stanza dalle pareti spoglie, solo un tavolo con due sedie ai lati opposti; gli avevano perfino legato le mani con le manette magiche, come il più pericoloso dei criminali: in fin dei conti non poteva dar loro torto, si sarebbe volentieri sfogato contro qualcuno.
A sua grande sorpresa entrò la Granger: impettita come sempre, notò che non era tranquilla, probabilmente avevano fatto una bella lavata di capo anche a lei. Si sedette di fronte a lui.

“Devi essere completamente idiota Malfoy, non c’è altra spiegazione, dopo tutto quello che hanno fatto per te, ti metti ad escogitare cosa? Un ridicolo piano per sfruttare le sfortune di una povera ragazza a tuo vantaggio e per cosa? Ricreare un gruppo di nostalgici? A quale scopo?” Ci aveva azzeccato, non era per niente tranquilla, ma decisamente furente.

“Non è come pensi Granger. Non ho sfruttato proprio nessuno…” Sibilò velenoso, non avrebbe permesso ad anima viva di infangare il suo rapporto con Sofia.

“E allora vedi di illuminarmi, perché ci sono andata di mezzo anch’io, visto che in questi mesi sono stata la persona con la quale prendevi contatti e visto che in questi anni ho sempre promosso un atteggiamento di apertura nei tuoi confronti. Vorrei evitare di sentire ulteriori “Te l’avevamo detto”.” Con un gesto di stizza si portò i capelli dietro le orecchie.

Hermione lo guardò fisso, dritto negli occhi, restando interdetta per un attimo: il bambino, il ragazzo e poi l’uomo con il quale si era relazionata in quegli anni si era sempre contraddistinto per la sua imperturbabilità, tant’è che l’aveva sempre messa un po’a disagio, perché non riusciva ad interpretare i suoi modi e quindi a capirlo.
La persona che si trovava di fronte oggi, invece, tradiva una certa preoccupazione, la mascella era tesa e poteva quasi sentire il rumore dei pensieri che lo affliggevano. Lo trovò davvero insolito.

Draco non sapeva come indirizzarla sulla strada giusta, senza tradirsi, anche perché non aveva ancora idea di chi muovesse i fili da dentro il Ministero.“Granger, parlerò, a tempo debito, ma tu devi farmi il favore di fidarti di me e di andare dalla persona senza la quale non sarei qui oggi, ti prego.”

Draco Malfoy che la pregava di fidarsi di lui: ovviamente la ragione glielo sconsigliava, dati i loro trascorsi e data la sua posizione, eppure l’istinto la spingeva a credergli, perché le sembrava di percepire che il turbamento che vedeva riflesso negli occhi dell’uomo non fosse tanto per sé stesso, ma probabilmente proprio per quella ragazza che si trovava al centro di tutta quella storia.

Martedì 28 gennaio, ore 20:00

“Non avrei mai dubitato della parola del professor Silente, ovviamente, ma non potrei nemmeno dubitare degli occhi con i quali vedi tu Malfoy, Sofia.” Hermione era a dir poco sbalordita da tutto quello che aveva appena sentito: guardò la giovane donna che si trovava di fronte a lei e pensò che si trattasse di un miracolo, in tutti i sensi.

Primo tra tutti il fatto che fosse un obscuriale, già di per sé evento insolito, ma ancor di più nel suo caso, dato che non rispondeva a nessuna delle manifestazioni già conosciute, sulle quali lei ovviamente si era informata: innanzitutto Sofia sembrava aver una certa influenza sulle proprie crisi, ancor di più ora che conosceva la propria natura. Per di più la forza ingestibile dell’obscuriale sembrava non averla minimamente consumata, come invece purtroppo succedeva solitamente. Non andava nemmeno tralasciato il fatto che questo suo stato sembrasse dipendere dagli eventi traumatici dei quali purtroppo era stata testimone, eventi che la mettevano in pericolo, ora più che mai, dato che si sapeva della sua esistenza.

Al di là della sua natura, ciò che l’aveva lasciata completamente senza parole erano i fatti che le aveva descritto, più nello specifico, il ruolo che Draco Malfoy aveva assunto in tutta quella storia: l’aveva protetta, senza alcuna remora, mentendo al Ministero e mettendo in discussione la propria vita e la propria posizione. C’è solo una forza che ti spinge ad agire in maniera così poco razionale: l’amore.

“Grazie ma… Ho bisogno di capire cosa possiamo fare, anche Draco è in pericolo e dobbiamo fare qualsiasi cosa per allontanarlo da chiunque abbia escogitato tutto questo. Posso andare anche ora da questo Ministro della Magia, non mi importa, gli dirò tutto quello che vuole sapere.” Sofia guardò con decisione Hermione.

“Frena Sofia… Non è saggio, soprattutto per la tua condizione. Anche in questi tempi moderni i maghi tendono a temere ciò che non conoscono…” Il professor Silente guardò apprensivo la ragazza.

“E cosa dovrei fare? Stare qui ad aspettare che il mio dannato cervello decida di collaborare mentre Draco si prende colpe che non ha solo perché ha voluto proteggermi? Non esiste. Cosa rischia?” Sofia tornò a guardare Hermione.

“Il bacio di un dissennatore, visto che è accusato di tradimento e visti i suoi trascorsi e la famiglia dalla quale proviene.” Fu Narcissa a parlare questa volta.

Sofia cercò di chiamare alla memoria il significato di quella parola: le balenava davanti agli occhi solo l’orribile immagine di uno spettro incappucciato di nero. “Risucchia tutta la felicità di una persona Sofi, ecco cosa fa, è terribile…”. Le parole di Draco le rimbombarono nelle orecchie.

“Cosa significa bacio di un dissennatore?” Guardò interrogativa Narcissa, temendone la risposta.

“Che gli risucchieranno via l’anima…” Sussurrò Hermione.

Fortunatamente era seduta, altrimenti le gambe non le avrebbero retto: prese un lungo respiro, doveva rimanere lucida, per Draco. Un silenzio pesante era calato in tutta la stanza. Fu proprio Sofia a riprendere la parola.

“Faremo aprire il processo, con la nostra versione e le poche prove che abbiamo. Questo ci farà guadagnare tempo e soprattutto farà tornare a casa Draco, in custodia. E poi forzeremo la mia mente, non vedo alternative.” Concluse Sofia seria.

“Sofia, sai cosa vuol dire questo, ne abbiamo già parlato con Draco ed è un’opzione che abbiamo scartato di comune accordo, proprio per la sua pericolosità.” Il professo Silente guardava greve la ragazza, purtroppo ben conscio di non poterle far cambiare idea. “Senza contare che il legilimens più bravo che conosco sia proprio lui e sai quanto me che si rifiuterà di fare una cosa del genere, mentre io sono troppo vecchio ormai.”

"Fare cosa?” Narcissa guardò Sofia.

“Far forzare la mia mente da un bravo legilimens, facendogli estrapolare quei ricordi che la mia mente rifiuta di rivivere, perché troppo dolorosi, in modo da poter ricostruire in maniera accurata quanto è successo quella notte. Quei ricordi che sembrano scatenare il mio obscuriale.”

“Quali sono i rischi?” Narcissa continuava a guardare Sofia.

La ragazza sospirò. “Il meno grave che perda il mio potenziale magico e rimanga una babbana; con Draco e con il professor Silente mi stavo esercitando con fatica a cercare di governarlo, per poter usare la mia magia, ma ci vuole pazienza e soprattutto tempo, che non abbiamo. Il più grave, beh, non sopravvivere alla liberazione dell’obscuriale, sollecitato contro la mia volontà.” Guardò la donna intensamente, quasi pregandola con gli occhi, sapeva di poter trovare un’alleata solo in lei, l’unica capace di capire che tutto questo era più che accettabile se significava poter salvare Draco. “La prego Narcissa…” Sussurrò la ragazza.

La donna, per la prima volta nella sua vita, si trovò combattuta per una questione che riguardava suo figlio: da sempre era pronta a sacrificare qualsiasi cosa o persona pur di proteggerlo, ma guardando negli occhi quella giovane ragazza, vedendo la sua determinazione, il coraggio con il quale era pronta ad affrontare un destino incerto pur di preservare quello di Draco, si trovò interdetta.
Allo stesso tempo sentì un’altra consapevolezza arderle dentro: poteva proteggere anche lei, poteva salvarli entrambi, ne aveva le capacità e lo avrebbe fatto. “Lo farò io. Sono una legilimens probabilmente anche più brava di mio figlio, d’altronde è un’abilità che ha appreso da me e da Severus.”

Albus Silente scosse la testa contrariato. “Non è la strada giusta…”

Sofia ignorò deliberatamente il vecchio professore. “Hermione… Tutto questo sarebbe sufficiente per vincere il processo?”

La donna interpellata sospirò. “Probabilmente. I tuoi ricordi avvallerebbero di sicuro quello danneggiato di tuo padre, altrimenti inutilizzabile. Ci serviranno gli altri testimoni, che anche se sono amici di Draco, sono piuttosto credibili. Chiaro che la chiave di tutto rimane la tua testimonianza e ciò che ricordi. Questo però vuol dire mettere in allarme chiunque vi stia remando conto, mettendovi in pericolo, soprattutto te Sofia.” Hermione sospirò. “Senza contare il fatto che gli obscuriali sono sempre percepiti come una minaccia, non so come la potrebbe prendere Il Ministero e tutta la comunità magica…”

Era adrenalina quella che sentiva scorrere nelle vene?
Era pronta ad affrontare tutto questo e molto altro se questo significava salvare la vita a Draco.
Qualsiasi altra conseguenza le appariva come irrilevante.
 
 
 

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Capitolo 28
*** Luz ***


Venerdì 31 gennaio, ore 15:43

“Non esiste. Assolutamente no.” Non aveva mai visto Draco così deciso e arrabbiato.

Sofia sospirò. “È indipendente dalla tua volontà, perciò prima lo accetterai meglio sarà.” Lo guardò altrettanto seria.

“No, forse tu non hai capito Sofia. Non me ne frega un cazzo, io non te lo farò fare, a costo di prendermi la colpa volontariamente e confermare i fatti dei quali mi stanno accusando.” L’uomo si alzò spazientito e cominciò a misurare a grandi passi il salone del Manor, dove gli avevano concesso gli arresti domiciliari. “È completamente fuori da ogni logica, ora mi sentirà anche Narcissa.”

“Cosa sarebbe fuori da ogni logica? Lasciare che una schifosa cosa incappucciata si succhi via l’anima dell’uomo che amo? Ah, bella questa.” Sofia si alzò dal divano altrettanto arrabbiata.

“Certo! Ho fatto di tutto per proteggerti e invece adesso ti metti in mezzo ad un processo del quale ormai sa tutta la comunità magica, sei già alla mercé di tutti i giornali, sciacalli bastardi che pensano di avere a che fare con un fenomeno da circo.” Con un gesto di stizza buttò a terra una serie di giornali.

“Beh, c’è un lato positivo in tutto questo: chiunque mi voglia morta non può farmi fuori come se nulla fosse, sono troppo famosa, si tradirebbe.” La ragazza fece spallucce.

“Sofia ti prego…” Draco sospirò, massaggiandosi le tempie per poi tornare a guardarla: a questo punto, fosse dipeso da lui, l’avrebbe presa e sarebbe scappato nell’angolo più sperduto della terra. “Non rischieremo di perderti per me, assolutamente no.”

“Hai pensato, anche solo per un secondo, che non dipende tutto solo da te? Certo, non voglio che ti succeda nulla, ma voglio anche giustizia per i miei genitori e voglio che chiunque sia coinvolto in tutto quello che è successo, finalmente paghi. Io non mi sono messa in mezzo a questo processo, questo è il mio processo Draco.” Lo guardò con una determinazione tale da fargli capire che qualsiasi cose le avesse detto, non avrebbe spostato la sua posizione di un centimetro.

“Cazzo Sofia…” Gli uscì quasi come un ringhio. “Tu non vuoi perdere la persona che ami ed io cosa dovrei dire? Che sono felice che mia madre scandaglierà la testa all’unica donna che abbia mai amato, con l’altissima probabilità di ucciderla? Ok, fa come vuoi, ma non aspettare che ti ringrazi se resterò in vita e tu no.” E così dicendo lasciò la stanza, uscendo in giardino.

Sofia si lasciò andare ad una scia di improperi, dei quali il più carino era “ottuso del cazzo”, prima di rendersi conto che Narcissa era apparsa nella stanza.

“Io, mi scusi, non è il linguaggio che uso di solito… Più o meno.” La guardò mortificata.

“Non ti preoccupare, ho sentito cose di gran lunga terribili e posso anche affermare con una certa sicurezza che tante volte mio figlio si meriti di essere apostrofato in maniera peggiore.” La donna prese posto su un’elegante poltrona di pelle nera. “Vorrei dirti che capirà e si calmerà, ma dubito succederà e non possiamo nemmeno dargli torto. Non credere che ti abbia detto di sì a cuor leggero Sofia; certo, voglio salvare mio figlio, ma non sono per niente felice delle implicazioni, soprattutto del rischio concreto che corri. Però conosco lo sguardo di chi ha già deciso, come nel tuo caso, quindi voglio prendermi questa responsabilità, conscia di essere la migliore possibilità di successo per limitare al più possibile i danni, anche perché non credo sopporterei di poter vivere con il rimorso di aver tolto la vita alla donna che ha fatto rinascere mio figlio e che ha un coraggio tale da non avere esitazione alcuna nel rischiare la propria vita per lui.”

Le due donne si guardarono, Sofia non sapeva cosa dire, era completamente spiazzata. “Io… Beh… Grazie…”

“Non credi che dovrei essere io a ringraziarti Sofia?” Narcissa per la prima volta da quando la conosceva le sorrise. “Sei davvero speciale, era inevitabile che Draco si innamorasse di te.”

Sofia arrossì appena. “Sa, io… Non sono ancora convinta di riuscire ad incastrarmi perfettamente nella vita di Draco, ma più ne faccio parte, più fa male il pensiero di tutto quello che potrei perdere.”

Narcissa la guardò intensamente. “Nessuno perderà niente, quanto è vero che mi chiamo Narcissa Black.”

Il tono che la donna aveva usato non lasciava spazio a dubbi, era perentorio, una promessa solenne, alla quale Sofia non restò che aggrapparsi, con tutte le sue speranze.

Venerdì 31 gennaio, ore 23:36

Seduto sul suo letto, guardava dritto davanti a sé: non le aveva più rivolto la parola, era talmente arrabbiato che non riusciva a guardarla, o forse, era talmente spaventato da non riuscire ad incrociare il suo sguardo.
Sì, si trattava di paura, quella paura viscerale che aveva imparato a provare solo con lei: non c’era modo di metterla a tacere perché dipendeva da qualcosa che pervadeva ogni centimetro del suo corpo, in maniera del tutto irrazionale, e allo stesso tempo era esterna a lui, non poteva gestirla, perché si trattava di un’altra persona, della giovane donna che si trovava distesa accanto a lui, in silenzio, con le braccia incrociate, più sveglia che mai, più arrabbiata che mai, più bella che mai.

“Sai cos’è il luz Draco?” Dal nulla Sofia parlò, rompendo quel silenzio pesante.

L’uomo rimase totalmente spiazzato. Come sempre non riusciva a prevedere cosa quella sua testolina macchinasse e quali lidi a lui sconosciuti navigasse.

Sofia continuò: “Non penso tu lo sappia, riguarda una leggenda ebraica. Io l’ho scoperto nel libro di uno scrittore babbano di nome Grossman: il luz, secondo gli antichi ebrei, è un ossicino minuscolo, l’unica parte del corpo umano capace di resistere alla morte, alla distruzione più totale, quella dalla quale l’uomo rinascerà in una prossima vita. Però la cosa più interessante non è questa, ma che lo scrittore in questione, dopo aver cercato invano il proprio luz, ha improvvisamente un’illuminazione: ‘forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un’altra persona’.” (Che tu sia per me il coltello – David Grossman)

Calò di nuovo il silenzio, le parole di Sofia risuonarono nella mente di Draco, che comprese dove la ragazza volesse arrivare. “Sofi…” Si voltò a guardarla, ma lei continuava a fissare imperterrita il soffitto. “Io… Ho capito, tutto, tutte le tue ragioni, ciò che provi ma… Non posso accettare nemmeno per un secondo l’idea di perderti, semplicemente non posso. Ho già sconfitto la paura di morire, diversi anni fa, ma sono impotente se si tratta della paura di perdere te, lo capisci?”

Il tono che aveva usato l’uomo mise in allarme Sofia, percepì che il suo respiro era cambiato: si voltò di scatto e vide i suoi occhi lucidi, il petto che sia alzava e si abbassava velocemente, cercava di trattenere le lacrime, come un bambino che non vuole farsi vedere.
D’istinto lo abbracciò, stringendolo forte e accarezzandogli piano la nuca: quante volte lo aveva fatto lui con lei? Toccava a lei vegliare su quel dolore, così simile al suo.

“Quante volte mi hai detto che sarebbe andato tutto bene? Abbiamo smesso di crederci?” Sussurrò dolcemente la ragazza.

Draco la guardò e a Sofia quasi mancò il fiato nel vedere quei suoi occhi chiari così feriti, vulnerabili, bisognosi.
Lo baciò, d’impulso, stringendolo a sé, per cercare di rimediare a tutta l’angoscia che gli aveva letto dentro, e lui ricambiò, stringendola con più veemenza. L’uomo non smise di baciarla un secondo, mentre le saliva sopra e la sovrastava con la sua figura: la guardò, leggendo nei suoi occhi lo stesso disperato bisogno che era sicuro fosse riflesso nei suoi.
Due anime sul punto di rottura che cercano di aggiustarsi a vicenda, un gesto d’ amore disperato, dal sapore amaro.
 
 
 

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Capitolo 29
*** Dubbi ***


Mercoledì 26 febbraio, ore 20:22

Erano passate circa due settimane dall’inizio del processo e sembrava non stesse andando così male, tralasciando il fatto che non sapessero a chi rivolgere le proprie accuse, oltre che contro il defunto Michael Serranti.
Prevalentemente avevano ascoltato Draco, essendo il sospettato principale, il quale in sostanza aveva raccontato quella che era la loro storia; poi avevano sentito Blaise e Theodore, come testimoni dei fatti accaduti quella notte ed infine il professor Silente, il quale era stato una voce autorevole, davvero fondamentale per la credibilità della questione, soprattutto per quanto riguardava lo stato di obscuriale di Sofia: aveva cercato di tranquillizzare i timori di tutti sulla sua pericolosità, parlando di come la ragazza, se accuratamente seguita, migliorasse giorno dopo giorno.

Sofia non aveva ancora messo piedi in aula perché tutti, a differenza sua, erano convenuti sul fatto che fosse la cosa migliore per preservare la sua sicurezza e la sua privacy, considerando che i giornali non parlavano d’altro che non fosse il processo.
Però sapeva per certo che una donna si era sempre recata in aula, non perdendo nemmeno un’udienza: Astoria Greengrass.
Aveva visto una foto di lei e Draco in un giornale, dove veniva elogiata la forza d’animo della donna.

Ovviamente il primo istinto era stato quello di buttare tutto nel fuoco, ma un attimo dopo era subentrato un pensiero differente. Guardando quell’immagine dove i due conversavano, probabilmente durante una pausa, era giunta alla conclusione che fossero davvero belli da vedere insieme, così eleganti e posati, imperscrutabili, una coppia da copertina. Forse avrebbe dovuto semplicemente abituarsi all’idea che chiunque avrebbe immaginato una donna come Astoria accanto a Draco e non una come lei, perché risultava più naturale, più giusto.
Sospirò.

Lunedì sarebbe toccato a lei, ormai era arrivato il tanto temuto momento. In quelle settimane aveva provato a lavorare con Narcissa e questo l’aveva stancata molto: la donna stava cercando di penetrare i suoi ricordi più profondi e questo le portava via, oltre che l’energia, anche la pazienza e la lucidità, portandola a discutere continuamente con Draco, anche lui stressatissimo dal processo e dalla costante preoccupazione nei suoi confronti. Quasi non si parlavano più. Di sicuro non ridevano più come erano soliti fare un tempo.
Sospirò di nuovo.

“Cosa sono tutti questi sospiri, a cosa pensi? Non fa un po’ troppo freddo qui fuori?” Theodore le si accostò, poggiandosi alla ringhiera della terrazza.

“Se non vuoi incupirti è meglio che non ti dica a cosa sto pensando.” Accennò appena un sorriso. “In realtà sono uscita perché non ne posso più di sentir parlare del processo, soprattutto dato che a breve sarà il mio turno.”

Oramai il Manor era diventato una specie di quartier generale, si ritrovavano tutti lì, per stare insieme, condividere opinioni, farsi coraggio e rimanere uniti. Nell’aria alleggiava il timore che quella persona sconosciuta, che stava rovinando loro la vita, stesse continuando a muovere i propri fili e che presto o tardi li avrebbe tirati.

“Sofi, credi ai miracoli?” La ragazza lo guardò un po’ perplessa. “Lo so, lo so, sembra un argomento da visionari, ma io ho cominciato piano piano a crederci, inizialmente per il fatto che io, Draco e Blaise siamo usciti vivi dalla guerra, insieme e dal lato giusto. Non lo avrei mai dato per scontato… Ho visto morire troppe persone quella notte.” L’uomo fece una pausa, la mente lontana, immersa in ricordi di anni passati. “Però, sai, ci credo ancor di più da quando ti conosco…” Le sorrise. “Probabilmente è stupido, ma ho questa sensazione profonda ed incrollabile che andrà tutto bene, non saprei spiegarti perché, ma è così.”

“Non è che per caso puoi farmi una trasfusione di questa magica sensazione? Ne avrei decisamente bisogno…” Gli fece un altro piccolo sorriso.

“Mi ha preso forse per un vile spacciatore, signorina?” La guardò scandalizzato, facendola finalmente ridere.

“Che scemo…” Questa volta gli regalò un sorriso pieno, che quasi subito lasciò il suo viso. “Sai vorrei davvero che fosse come dici tu, ma mi sembra solo di portare distruzione, di stravolgere le vite di tutti, e non so, le persone muoiono, mentono, ci sono processi e siamo tutti in pericolo, mi sento tutt’altro che un miracolo… Io…”
Si ritrovò a piangere ed imbarazzata cercò di asciugare le lacrime con le mani, si sentiva incredibilmente stupida e debole.

“Ehi, Sofi… Non dire assolutamente queste cose, vieni qui.”

Theodore senza indugiare l’abbracciò, stringendola delicatamente e lei si ritrovò a piangere tutte le lacrime accumulate in quelle settimana, tra le sue braccia.
 
Draco si chiedeva che fine avesse fatto Sofia, ormai era uscita da un po’, avrebbe finito per congelarsi in terrazza. Si alzò dal tavolo, dirigendosi verso il salotto in penombra, totalmente impreparato alla scena che si trovò di fronte: sì, Sofia si trovava ancora sul terrazzo, ma di certo non stava soffrendo il freddo, avvinghiata com’era a Theodore.

Serrò la mascella e un moto d’ira, misto a gelosia, gli salì direttamente dallo stomaco, strinse forte i pugni. Chiuse gli occhi e s’impose di calmarsi. Sapeva che Sofia aveva cominciato a parlare con Theodore, era stato proprio Draco a chiedergli di intervenire, perché aveva confessato all’amico che la ragazza si stava chiudendo sempre di più in sé stessa e che questo lo allarmava, ed era stato sempre Theodore a suggerire che forse il comportamento di Sofia dipendesse dal fatto che lei stessa non volesse preoccupare ulteriormente Draco.
Sospirò.

Si trovò a pensare che probabilmente uno come Theodore sarebbe stato migliore per Sofia: nessuna zona d’ombra, era trasparente, genuino, affidabile, empatico. Di fatti con Theodore, Sofia riusciva a parlare, mentre con lui no. Ma che gli prendeva? Era difficile per tutti, soprattutto per lei, e lui sapeva solo comportarsi da idiota geloso. Datti una calmata. Piuttosto, perché non sei capace di starle vicino come sta facendo lui?
Sospirò di nuovo.

Guardò nuovamente verso il terrazzo: Sofia lo aveva visto e stava venendo verso di lui. Proprio lui. Era lui che amava. L’ingiustificata ira di poco prima venne immediatamente sostituita dal bisogno di stringerla, di sentire il suo profumo e di baciarla, ovunque.

Il tempo di un attimo: urla dalla cucina, rumore di ceramiche rotte, Theodore che si para davanti a Sofia e schianta qualcuno alle spalle di Draco, Draco che sfodera prontamente la bacchetta e si volta, chi sono, quanti sono? Lampi di luce corrono per tutta la stanza, non volano fatture per ferire, ma per uccidere. Sofia terrorizzata si fa piccola, in un angolo, le braccia sopra la testa, come se le servisse a proteggersi.
Non vede più Draco, Theodore è parato di fronte a lei, impedendole la visuale. Theodore che cade, ricoperto di sangue, lei grida, ma nessuno la sente. Gli tocca il petto disperata, le mani coperte del sangue di lui, si leva il maglione, cerca di tamponarlo come può, ma non serve a niente. Urla, piange, inorridita.

“Non te ne andare, non te ne andare…” Gli tocca il viso, lo scuote, lui respira piano. “Ti prego…” Calde lacrime le rigano le guance, le spazza via con le mani, sporcandosi del suo sangue.

Poi la sente, quella scarica lungo la spina dorsale, il corpo vibra, sempre più forte, perché dovrebbe reprimerla questa volta?
E così si lascia andare, in fin dei conti è la sua natura: un turbine nero, incontrollabile.
Buio.

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Capitolo 30
*** Camomilla ***


Giovedì 27 febbraio, ore 04:32

Le sembrava di soffocare, le mancava l’aria, annaspò, aprendo gli occhi di colpo: si ritrovò sul divano del salotto del Manor, coperta da un plaid a quadri, Draco seduto a terra, la bacchetta in mano. Sembrava essersi appena ridestato da un sonno leggero, a causa dei suoi movimenti.

“Ehi…”. L’uomo non sembrava nemmeno avere la forza di sorriderle, ma ci provò comunque.

Sofia gli buttò le braccia al collo, sollevata di poter sentire il calore del suo corpo. Draco la strinse delicatamente a sé sussurrando appena. “Piano, non sono messo benissimo, mi si era incrinata qualche costola… Fortuna che Blaise è bravo con gli incantesimi delle ossa.”

Lo guardò sconcertata, flash delle ore precedenti le tornarono piano piano alla mente. Si guardò intorno, tutto sembrava essere in ordine, come se non fosse successo nulla, poi un lampo: Theodore. Sgranò gli occhi e si guardò le mani, scioccata. Erano pulite.

Draco anticipò ogni sua domanda. “Sofi è vivo. Sta riposando lì…” Ed indicò con la testa il divano dall’altro lato.

Sofia scattò in piedi prima che il biondo potesse protestare; per un momento le girò la testa, ma si riprese, nonostante sentisse tutti i muscoli indolenziti. Si avvicinò piano al divano, inginocchiandosi sul tappeto: Theodore dormiva, il petto fasciato si abbassava e si alzava, vi ci posò delicatamente una mano sopra, anche il cuore batteva, ad un ritmo che sembrava normale. Si sentì incredibilmente sollevata, soprattutto perché le immagini di lui morente le continuavano a scorrere davanti agli occhi.

Si voltò a guardare Draco, interrogativa. “Cosa…?”

L’uomo la guardò serio. “Volevano uccidere te. Per non farti testimoniare. Mercenari, assoldati da chissà chi. Probabilmente ce l’avrebbero fatta, perché non saremmo riusciti a sovrastarli, erano troppi. Ma quando ti sei… Trasformata…” Fece una piccola pausa. “Si sono spaventati, perché sembrava tu li volessi attaccare con intenzione, come se sapessi cosa stavi facendo, e così sono scappati…”

“Stiamo tutti bene vero?” Lo guardò, doveva dirle di sì, non avrebbe accettato nessun’altra risposta.

“Noi sì… Uno di loro è morto.”

Sofia e Draco si guardarono, da un lato all’altro del tavolino che li divideva, in un silenzio che le sembrò eterno.
La ragazza aveva una specifica domanda in mente, sebbene conoscesse già la risposta, la sentiva rimbombare dentro, implacabile.

“Sofi… Sarebbe potuto capitare a chiunque di noi. Stavamo cercando di difenderci e di sopravvivere. Guarda cosa hanno fatto a Theodore…”

Sì. Lo aveva ucciso lei. E nemmeno se lo ricordava. Sentì mancare nuovamente l’aria, si trovò carponi, ad annaspare. Aveva ucciso un altro essere umano. Avrebbe voluto gridare, ma non le usciva alcun suono.

“Amore… Ti prego…” Draco le si era avvicinato. “Volevano ucciderti, ucciderci tutti, sono stati pagati per farlo… Guardami.” Le prese il viso tra le mani. “Se tu non ti fossi trasformata saremmo morti tutti, tutti. Io, te, Narcissa, Theodore, Blaise, il professor Silente. Ci hai salvato la vita, ok?”

Sofia non riusciva a respirare normalmente, il petto le si abbassava e le si alzava in maniera compulsa, le sembrava che le pareti della stanza la volessero schiacciare, si coprì la testa con le braccia, come aveva fatto poche ore prima, per proteggersi. Non riusciva più a sentire chiaramente la voce di Draco, era come ovattata, cominciò a singhiozzare.
L’ultima cosa che vide fu l’uomo puntarle la bacchetta contro e sussurrare qualcosa. Poi fu di nuovo buio.

Giovedì 27 febbraio, ore 17:32

Fiori di camomilla: forza nelle difficoltà.
Sofia non era per niente un’esperta di giardinaggio, le poche cose che sapeva gliele aveva dette zia Maria. Tristemente pensò che ne ricordava davvero una piccola parte, in confronto a quanto la donna avesse cercato di trasmetterle di quella sua grande passione. Le piaceva il fiore della camomilla perché era di una bellezza semplice, poco appariscente, quasi umile, aveva sempre pensato si adattasse a lei, soprattutto per quel suo significato nascosto.

Si era rifugiata nella serra di Narcissa, non voleva parlare con nessuno, non ne aveva bisogno: doveva solo assimilare quanto successo, fargli posto ed accettarlo, per poter andare avanti, ma doveva farlo da sola, perché era sempre stata abituata a fare così, perché così funzionava per lei. In quei mesi aveva fatto entrare così tante persone nella propria vita ed aveva creduto di poter trovare tutta la forza necessaria solamente in loro, attraverso il loro supporto e la loro presenza, dimenticandosi completamente di dove la trovasse prima di incontrarli: semplicemente in sé stessa.

Non avevano denunciato l’accaduto al Ministero perché il professor Silente era certo che questo avrebbe inficiato la posizione di Sofia, facendola percepire come una seria minaccia e non come un fenomeno assolutamente gestibile in sicurezza. Non voleva sapere cosa ne avessero fatto del corpo dell’uomo che, suo malgrado, aveva ucciso. Non voleva minimamente pensarci.

Sussultò appena percependo un’altra presenza poco lontano, si voltò, già conscia di chi si sarebbe trovata di fronte: Draco.

“So che vuoi stare sola e non ti va di parlare, ero solo preoccupato… Non hai nemmeno voluto pranzare, così ti ho portato almeno uno spuntino: mirtilli, yoghurt e fiocchi d’avena. E una tazza di the.” Le mostrò una ciotola in terracotta e una tazza fumante, che posò su un tavolino.

“Grazie.” Lo guardò e sembrò non voler aggiungere altro, così l’uomo si voltò per uscire.

“Draco… Mi dispiace, per quello che ci sta succedendo, è come se tendessi la mano verso di te, disperatamente, e non riuscissi ad afferrare la tua, in nessun modo... Io non so perché, solo, è così che mi sento.”

L’uomo non si voltò, stava cercando di fare i conti con quanto aveva sentito: faceva male. Per lui ogni cosa portava a lei, chiudeva gli occhi, li riapriva e c’era lei. Sempre.

“Draco…” Sofia aveva bisogno che lui comprendesse, che in qualche modo l’aiutasse a ritrovare la strada, a ritrovarlo, a ritrovarsi, insieme.

“Non stare qui fuori ancora troppo, rischi di prendere freddo. Se vorrai stare ancora sola, ti lascio la mia stanza, io posso dormire altrove.” E così dicendo, uscì, senza tenderle quella mano che lei cercava disperatamente di afferrare.

Le ritornò alla mente una conversazione che avevano avuto parecchio tempo prima, quando ancora non avevano capito di essere innamorati, o probabilmente, non avevano il coraggio di ammetterlo ad alta voce.


Avevano preso il vaporetto, perché Draco le aveva confessato di non esserci ancora mai salito. Così adesso si trovavano sul pontile dell’imbarcazione per guardare la città l tramonto, nonostante facesse freddo e tirasse un po’ di vento.

“È incredibile, sei a Venezia da più di un mese e non hai mai preso il vaporetto? Ma come è possibile? Come ti sei mosso fino ad ora? Sei un maratoneta!”

Draco si trovò a sorridere vedendola gesticolare come una matta: quanto si muoveva mentre parlava? Era davvero una forza della natura. “Mi smaterializzo ovviamente, da una parte all’altra della città.” Fece spallucce. Era serio, ma conscio che ovviamente la ragazza lo avrebbe preso come uno scherzo. Quasi gli venne da ridere.

Sofia alzò un sopracciglio. “Molto divertente. Il mago Houdini dei poveri.” Un brivido di freddo l’attraversò da testa a piedi.

“Senti freddo? Rientriamo al coperto prima che tu ti prenda un malanno…”

“Non sono mica vecchia come te eh! E poi abbiamo preso il vaporetto per farti vedere la città, se rientrassimo sarebbe un peccato mortale, soprattutto con questo tramonto. Resisto.” Sofia gli regalò uno dei suoi sorrisi caldi.

“Sei la solita testarda. Almeno vieni più vicino, così senti un po’ più di caldo…” Si accorse solo dopo aver pronunciato quelle parole che potessero apparire un po’ fuori luogo, troppo spesso si dimenticava che sulla carta era un suo professore.

Fece per aggiungere qualcosa, Sofia sembrava piuttosto interdetta, ma lo stupì, come sempre del resto. “Ok…” Gli si avvicinò, fino a toccare la spalla di lui con la sua, appoggiò le braccia sulla ringhiera del pontile, guardando diritto davanti a sé.

Sofia pensò che si stava addentrando in un campo decisamente troppo rischioso, però Draco per lei aveva la forza di una calamita, una forza alla quale non riusciva ad opporsi.

Draco notò che aveva le mani rossissime, sicuramente a causa del freddo. “Possibile che tu non riesca a ricordarti mai i guanti? Finirai per perdere le mani, si staccheranno per protesta prima o poi…” Si mise a ridere. Ma che gli prendeva? Non erano assolutamente discorsi da lui.

“Gne gne. Chi sei zia Maria? Fatti gli affari tuoi.” Sofia sorrise facendogli una linguaccia.

Draco scosse la testa sconsolato e prima che la ragione glielo impedisse andò a mettersi alle spalle di Sofia, di fatto sovrastandola con la sua figura e circondandola con le sue braccia. “Se ti riporto a casa raffreddata Maria è capace di schiaffeggiarmi, altro che…” Si ritrovò completamente pervaso dal suo profumo, così dolce, gli ricordava la camomilla.

Sofia non riusciva a formulare una frase di senso compiuto, sentiva solo il cuore rimbalzarle con prepotenza nel petto, le guance in fiamme. Pregò che lui non si accorgesse di niente. Poi un pensiero folle le attraverso la mente: era lui ad essersi avvicinato così, perché proprio lei doveva porsi un limite?

Andò quindi ad appoggiarsi con la schiena al suo petto, alzò appena il capo guardandolo. “Almeno sto comoda…” Sperava di risultare più decisa e divertente, ma le uscì come un sussurro, perché incrociare lo sguardo così intenso dell’uomo, le fece quasi mancare il fiato.

“Non ho nulla in contrario…” Come poteva essere così bella, senza un filo di trucco, con quelle gote rosse e i capelli disordinati a causa del vento?

Sofia tornò a guardare davanti a sé, per non perdere totalmente la ragione. Sei fidanzata. È un tuo professore. Che diavolo stai facendo? Eppure stava così bene, lì, circondata dal calore del suo corpo.

Restarono in silenzio per un po’ e poi fu proprio Sofia a riprendere la parola. “Sei mai stato innamorato Draco?” Ormai era completamente impazzita, non riusciva più a darsi un freno.

La domanda lo colpì profondamente perché non era certo di poter rispondere in maniera affermativa. Certo aveva provato la passione, quella che gli faceva desiderare il corpo di Astoria, ma non la sua anima.
Cosa si poteva considerare amore? Notare che una ragazza ha le mani congelate e temere che possa prendersi un raffreddore? E per questo stringerla a sé senza un secondo fine, sperando che il vaporetto sul quale state viaggiando non arrivi mai a destinazione?


“Non ne sono sicuro…” Si trovò a sussurrare, staccandosi da lei, improvvisamente impaurito da quella constatazione.

Il vaporetto stava rallentando, avvicinandosi alla banchina. “Mi sa che questa è proprio la nostra fermata…” Sofia accennò un sorriso nella sua direzione, ma Draco le sembrava improvvisamente lontano. “Ehi dobbiamo sbrigarci, o finiremo dall’altra parte della città.” Gli prese la mano, senza pensarci troppo, trascinandoselo dietro.

Draco la seguì senza protestare troppo, tenendo saldamente quella piccola mano fredda smaltata di viola, lasciandosi trasportare fiducioso verso un mondo che gli era stato estraneo fino a quel momento.
Un mondo di sentimenti che tutto d’un tratto sentiva di non dover temere più, perché c’era lei a guidarlo.

 

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Capitolo 31
*** Processo ***


Lunedì 02 marzo, ore 14:21

Sofia aveva passato l’intera mattinata seduta di fronte a tutto il Wizengamot riunito, rispondendo alle più svariate domande che le avevano posto sulla sua storia personale, su come avesse conosciuto Micheal Serranti e poi Draco e su tutti gli eventi avvenuti a Venezia; le avevano chiesto anche del lavoro che stava facendo per tenere sotto controllo il proprio potenziale magico, sotto la guida attenta di Albus Silente. Aveva risposto pazientemente, cercando frequentemente con lo sguardo il conforto di chi l’aveva accompagnata lì quel giorno: Narcissa, che le faceva cenni di incoraggiamento quasi impercettibili con il capo; Blaise che molto meno elegantemente alzava i pollici; il professor Silente che con sguardo sereno la incitava a proseguire; Theodore che le regalava sorrisi calorosi e Draco, che nemmeno per un attimo aveva staccato da lei quei suoi imperscrutabili occhi grigi.

Draco che l’aveva raggiunta nei bagni durante la pausa: era entrato quasi con prepotenza, ignorando le lamentele di una signora di mezza età intenta a lavarsi le mani. Aveva camminato con passo deciso verso di lei, che era rimasta a guardarlo senza reagire, e l’aveva stretta a sé, senza dire niente. Sofia aveva chiuso gli occhi, cercando di imprimere ulteriormente nella memoria il calore del suo corpo, il suo profumo, il battito del suo cuore. Poi lo aveva guardato e gli aveva sposato il solito ciuffo di capelli ribelli dalla fronte, accennando un piccolo sorriso: come sempre lui le aveva baciato la mano, con un sorriso che non aveva minimamente raggiunto il suo sguardo.

Narcissa prese posto accanto a lei, le posò appena una mano sulla spalla. Le due si guardarono e Sofia sentì una fiducia incrollabile pervaderla: ce l’avrebbero fatta.

“Ben ritrovati. Cominciamo con la parte più delicata di questo processo, che si svolgerà a porte chiuse e alla presenza di poche persone per ovvi motivi di sicurezza. Restano in aula: il sottoscritto, in quanto Primo Ministro, la signorina Hermione Granger, mia segretaria personale e redattrice degli atti del processo, la Presidente della Corte, la signora Mia Farrell, il Vice Presidente della corte, il signor Oliver O’ Brien, l’imputato Draco Malfoy, il professor Albus Silente ed alcuni auror, incaricati della sicurezza generale, la signora Narcissa Malfoy, in qualità di legilimens e la testimone, Sofia De Benedetti, nata Stevenson. All’attenzione della Corte vengono fornite le seguenti prove: un ricordo frammentario, già visionato, di un patto infrangibile stretto tra l’accusato della difesa, Micheal Serranti, e un non identificato membro del Ministero, vertente su uno scambio di informazioni in cambio di denaro; dei documenti comprovanti il legame di sangue tra la signorina De Benedetti e i coniugi Stevenson e dei documenti bancari che testimoniano ingenti trasferimenti di denaro, intercorse tra soggetti che stiamo cercando di identificare con la collaborazione del personale della Gringott. Abbiamo l’ausilio di un pensatoio che ci aiuterà nella visione dei ricordi della testimone. Quando le parti sono pronte, le invito a procedere.”

Sofia prese un lungo respiro e chiuse gli occhi. Narcissa fece altrettanto, per poi riaprirli e puntare la bacchetta verso la giovane, estremamente concentrata e determinata.

 
Sofia, il giorno della sua laurea, alza la tesi in segno di vittoria, zia Maria le mette la corona d’alloro in testa, si abbracciano in lacrime.

Sofia, sola in un angolo del cortile della scuola, guarda gli altri bambini rincorrersi per il cortile, uno di loro la indica e urla “stramba!”. Gli altri ridono.

Sofia, nascosta nell’armadio, si copre le orecchie, le urla di sua madre sono insopportabili, cerca di cantare una canzoncina per non sentirle.

Sofia, sta servendo una birra ad un ragazzo bruno seduto al bancone, lui le sfiora appena una mano, le dice che è bellissima e lei arrossisce imbarazzata, sorridendogli.

Sofia, ad una recita scolastica: è calato il sipario, tutti gli altri ragazzi dopo gli inchini corrono dai rispettivi genitori, lei si guarda intorno e vede solo la responsabile del proprio Istituto.

Sofia, dall’armadio sente la voce di suo padre e subito dopo quella sprezzante di Serranti che urla “AVADA KEDAVRA!”.

Sofia, al parco con i suoi genitori, Gregory la spinge sull’altalena e Melania le scatta delle foto, dicendo: “Guarda come vola in alto la mia bambina!”.

Sofia, stesa a letto, guarda Draco dormire, percorre attentamente i lineamenti del suo viso, finché l’uomo non si sveglia, le sorride e la bacia.

Sofia, seduta nell’armadio, tra i vestiti dei suoi genitori, un uomo apre l’anta: è Serranti, le punta una bacchetta contro. “Che ne facciamo della bambina, la uccido?” Nessuna traccia di pietà nella voce, si volta verso un altro uomo…

 
Un lampo di luce vola verso Sofia, il professor Silente e più veloce, estrae prontamente una bacchetta e una bolla circonda Narcissa e la ragazza, proteggendole. Hermione Granger è altrettanto veloce e schianta uno degli auror, autore di quell’ingiustificato attacco.

Draco corre immediatamente verso Sofia, è senza bacchetta, gliel’hanno tolta in via precauzionale, si guarda intorno: comprende che quelli non sono veri auror, solo ora riconosce un paio di facce, le stesse che ha visto la notte che li hanno attaccati al Manor. Un lampo di luce lo sfiora, riesce ad evitarlo per un soffio nascondendosi dietro una delle panche.

Narcissa si è parata davanti a Sofia, respinge gli attacchi: la ragazza è debole, fatica a comprendere cosa le stia accadendo intorno, le si chiudono gli occhi e sente una voce che conosce già, profonda, rauca.

Il capo di Draco. Oliver O’Brien. Ha schiantato il Ministro e la Presidente della Corte ed ha superato i banchi indisturbato, mentre tutti gli altri sono impegnati a fronteggiare l’attacco di quelli che altro non sono che i mercenari ingaggiati da lui. Si dirige verso Draco. “Malfoy, non ne uscirai vivo, fosse l’ultima cosa che faccio. È tutta colpa tua, hai rovinato tutto, per amore, proprio tu.”

Sofia non ha più alcun controllo del proprio corpo, sente che la sta lasciando, quel brivido così familiare la percorre da testa a piedi. Trema, ormai senza controllo: ed eccolo, un turbine nero la avvolge, si alza, irrefrenabile, lasciando tutti senza parole, increduli.

Cala impietosamente su O’Brien, l’uomo non ha nemmeno il tempo di urlare, il suo corpo viene sollevato in aria, come se fosse posseduto da qualcosa, si muove con scatti scomposti.

Tutti guardano verso l’alto sconcertati, non sapendo cosa fare.

“SOFIA! ASCOLTAMI, TI PREGO!  LASCIALO…” È Draco, guarda verso quel vortice buio, le mani in alto. “Sofi non sei questo… Ritorna… Torna da me. Mi avevi chiesto di indicarti la strada… Sono qui.”

Quel turbinio nero, informe, fluttuante, sembra comprendere quanto gli viene detto. Si ferma ed O’ Brien ricade a terra, privo di sensi.

Improvvisamente irrompe nella stanza una squadra di veri auror. Prima che chiunque possa dire qualsiasi cosa, prontamente e all’unisono, attaccano l’enorme massa nera, che si dissolve, con un boato che fa esplodere i vetri di tutte le finestre.

Un urlo disumano. Draco cade sulle ginocchia, inorridito.
 

Stava passeggiando sulla spiaggia del lido di Venezia, era solita andarci sempre con Francesco. Le piaceva molto, soprattutto d’inverno, perché era un’ambiente un po’ brullo, quasi selvaggio, le metteva serenità. Quante volte si era seduta su uno di quei tronchi abbandonati portati dalle onde?

Una figura le si sedette accanto: era sua madre. Si sorprese.

“Sofia… Quanto sei bella, sei così cresciuta.” La donna le accarezzò i capelli, sorridendole.

“Mamma…” Le si riempirono gli occhi di lacrime e la donna l’abbracciò.

“Oh tesoro, sei stata così coraggiosa, sono fiera di te. E lo è anche papà. Guardalo… Finalmente può andare…” Melania indicò alla figlia un uomo poco lontano, che alzò una mano, salutandole con un sorriso.

“Dove va?” Sofia guardò interrogativa la madre.

“Finalmente può riposare in pace, grazie a te, al tuo coraggio, alla tua determinazione. Ci hai reso giustizia.” La donna le sorrise dolcemente, per poi guardare verso l’uomo che camminava sul bagnasciuga, ormai sempre più lontano.

Anche Sofi lo seguì con lo sguardo, percependo una nuova serenità nascerle dentro. Sì, aveva reso giustizia alle persone che avevano dato la propria vita per lei: sua madre, costretta in una condizione paragonabile quasi alla morte, e suo padre e zia Maria, che non c’erano più. Persone che l’avevano amata profondamente e avevano cercato il meglio per lei, fino al loro ultimo respiro.

L’alba di un giorno nuovo si rifletteva sul mare calmo di fronte a lei: un nuovo inizio, privo di quegli incubi che l’avevano tormentata per tutta la sua vita.

Una famigliola passeggiava sulla spiaggia: la bambina, in mezzo a mamma e papà, teneva loro le mani e veniva sollevata con la forza delle braccia. Le sembrava di volare e quindi rideva e i suoi genitori con lei.

Così voleva ricordarsi con i suoi genitori: felici, pieni d’amore l’uno per l’altro ma soprattutto liberi.
 

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Capitolo 32
*** Ombre ***


Giovedì 02 aprile, ore 08:30

Una settimana di coma e di convalescenza, per un totale di un mese di ospedale. Oggi la dimettevano: era stato incredibilmente liberatorio potersi levare quelle orribili camice ospedaliere.

Era viva. Per miracolo. Sentì la voce di Theodore risuonarle nella testa: “Visto? Che ti dicevo? Sei un miracolo!”. Le spuntò un sorriso. Era quello che più di tutti le aveva tenuto compagnia in quelle settimane, essendo un medimago.

In realtà il miracolo era avvenuto grazie ad un uomo in particolare: Albus Silente. Il vecchio professore, con una prontezza in totale disaccordo con la sua reale età anagrafica, era riuscito a proteggere il corpo di Sofia con un potente incantesimo di protezione. L’obscuriale invece, quell’entità che tanto aveva tormentato la sua vita, era andato distrutto e con lui tutto il potenziale magico che possedeva. Adesso era una babbana a tutti gli effetti, anzi una magonò, come aveva avuto la cura di sottolineare Astoria.

Astoria che si era presentata in ospedale la settimana prima.
 

Sofia si trovava nel giardino interno, per godere del timido sole di fine marzo, seduta su una panchina, gli occhi chiusi; un’ombra inaspettata le si era parata davanti e quando li aveva riaperti era rimasta piuttosto interdetta, trovandosi di fronte un’elegante e slanciata figura, Astoria.
La donna si era seduta accanto a lei.


“Ho sentito che stai finalmente meglio. Mi fa piacere.” Così aveva esordito, lasciando Sofia piuttosto sorpresa. Se solo la ragazza avesse frequentato Hogwarts a suo tempo, avrebbe conosciuto la casata di appartenenza di Astoria, ed anziché sorprendersi si sarebbe preparata alla stilettata certa che avrebbe seguito quelle parole, apparentemente cordiali. “So anche che il tuo potenziale magico è andato perduto. Peccato.”

“Sei venuta ad informarmi delle mie condizioni per caso? Vorrei farti presente che le conosco bene, grazie.” Probabilmente Sofia sarebbe stata una grifondoro, tagliente, per niente spaventata di contrattaccare.

Astoria infastidita dal tono, aveva curvato quasi impercettibilmente le sopracciglia. “No. Sono qui per ringraziarti. Hai salvato Draco in fin dei conti.”

Sofia si morse la lingua, ricacciando indietro lo scaricatore di porto che troppo spesso si impadroniva della sua persona in queste situazioni. “Non credo ti offenderai se sono poco incline a credere a questi ringraziamenti così sentiti. Senza togliere il fatto che non vedo cosa c’entri con te il fatto che le accuse contro Draco siano cadute. Cosa vuoi?”

Insolente. Astoria si chiese cosa potesse trovare in lei, uno come Draco: certo era bella, non lo poteva negare, di una bellezza non canonica, un po’ selvaggia, inconsueta. Probabilmente quel suo modo di fare così sfacciato e anticonvenzionale lo intrigava, era sempre stato un cacciatore.

“Draco è diventato capo dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale come ben saprai, un posto di rilievo al quale ha sempre ambito, perché implica relazioni con le maggiori personalità di spicco in tutto il mondo magico. Infatti farà le veci del Ministro stesso in numerose occasioni.”

Sofia stava seriamente cominciando a perdere la pazienza, prese un lungo respiro, intenzionata a mandarla a quel paese con una certa eleganza, ma Astoria riprese prontamente la parola.

“Sai come si chiamano i figli di maghi che non sviluppano la propria magia? Maghinò. Una condizione… Triste, da esclusi. Conosci il mondo magico ma non ne fai parte, perché sei privo di magia, inutile per la società.”

Ed ecco arrivare la vera e propria pugnalata. Era venuta a sbatterle in faccia quella verità della quale era già ben consapevole, una verità che in quelle settimane aveva sempre cercato di zittire, grazie soprattutto alle rassicurazioni di Draco e alla forza del loro amore.

“Non mi fraintendere, magari troverai comunque il tuo posto accanto a Draco, insomma non credo tu voglia farlo rinunciare ad un sogno che per lui finalmente si realizza. Certo sarà strano spiegare alle più alte personalità di tutto il mondo magico che la donna che gli sta accanto è una magonò, senza contare il fatto che per te sarà altrettanto strano adattarti ad un mondo che probabilmente già prima ti sembrava estraneo… Strano ma non impossibile, d’altronde i tempi sono cambiati, viviamo in una società magica molto più aperta e moderna rispetto al passato.”

Astoria aveva uno sguardo soddisfatto, mascherato da un sorriso benevolo. Il colpo era andato a segno, le spirali della serpe si erano attorcigliate attorno alla preda, stritolandola.

 
 
Sofia da quel giorno non aveva fatto che pensare a quella conversazione, insistentemente, sviscerandola, ritrovandosi addirittura a fare quelle liste di pro e contro che tanto odiava. Purtroppo però non era servito a niente, perché da qualsiasi angolazione guardasse, non c’erano dubbi sul fatto che Astoria avesse ragione.
Non faceva più parte di quel mondo: per breve tempo era stato anche un po’ suo, ma ora apparteneva solo a Draco.

Giovedì 02 aprile, ore 23:47

Finalmente era tornata a casa da lui. Si trovava proprio lì, stesa sul divano, con la testa posata sulle sue gambe, il respiro leggero, il suo dolce profumo che lo circondava: Draco si sentiva di nuovo completo. Le accarezzò con dolcezza i capelli, non aveva praticamente seguito il film che stavano guardando, perché non riusciva a toglierle gli occhi di dosso o a smettere di toccarla. Aveva il timore che se si fosse distratto, sarebbe scomparsa, come dissolta nel nulla, esattamente come credeva fosse successo quando aveva visto l’obscuriale esplodere.

Un dolore lacerante lo aveva letteralmente spezzato a metà, si era sentito risucchiare in un buco nero dal quale non sarebbe riuscito a riemergere, ne era certo. Aveva rivissuto ripetutamente quella scena nei suoi incubi, svegliandosi tremante, coperto di sudore. Però Sofia era viva e Draco, ancora una volta, doveva tutto ad Albus Silente.

Tutta quella brutta storia era finalmente finita: Oliver O’Brien, il suo vecchio capo, era stato processato ed arrestato e con lui i mercenari che avevano cercato di ucciderli per ben due volte. Proprio il direttore dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale era risultato essere la talpa che cercavano, il burattinaio che aveva mosso tutti i fili. Era stato capo auror nelle Prima Guerra Magica, proprio nella squadra della quale faceva parte il padre di Sofia, che allarmato da suoi strani comportamenti aveva cominciato a tenerlo d’occhio e che per un caso fortuito aveva scoperto il suo segreto, assistendo al patto infrangibile tra lui e Micheal Serranti: O’ Brien, convinto che ormai Voldemort avrebbe vinto, aveva deciso di agire da spia, passando informazioni preziose ai mangiamorte, dietro pagamento, assicurandosi così anche un posto di rilievo nel nuovo mondo magico che si prospettava. Aveva fatto male i suoi conti: il bene aveva trionfato e lui si era ritrovato con dei sospetti concreti che aleggiavano attorno alla sua persona, motivo per il quale, approfittando della propria posizione, aveva dirottato le accuse verso il padre di Sofia. Il resto ormai era storia.

Sofia si era appisolata, sembrava dormire piuttosto tranquillamente, anche se l’aveva trovata stranamente silenziosa negli ultimi giorni. Scivolò con delicatezza di lato, per poi alzarsi e prenderla in braccio, avviandosi verso la camera.

“Mhmm… Draco…” Sofia bofonchiò, senza aprire gli occhi.

“Shss, è ora di andare a dormire.” Il biondo sussurrò dolcemente, le baciò la fronte per poi stendersi tra le lenzuola fresche con lei.

La ragazza brontolò qualcos’altro, si sgranchì appena, per poi accoccolarsi nuovamente contro il suo petto. Draco la strinse protettivo a sé.

Aveva capito che era preoccupata perché purtroppo il suo potenziale magico era andato perduto e di conseguenza aveva paura di non potersi adattare a quella vita. Lui però era certo che avrebbero trovato una soluzione, un compromesso, come sempre avevano fatto per stare insieme. Per l’ennesima volta il loro amore si sarebbe rivelato più forte di tutto il resto.

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Capitolo 33
*** Scelte dolorose ***


Sabato 11 aprile, ore 22:32

Su idea e supervisione di Narcissa, avevano organizzato una festa al Manor, per il suo ritorno a casa e per la promozione di Draco. Questo l'aveva messa ulteriormente in crisi, perché andava ad accendere il suo desiderio di poter far parte di quella realtà, inutilmente.

Draco stava conversando con alcuni ospiti, amici di famiglia, e le ritornò alla mente la sua festa di laurea, quando si era resa conto che non riusciva più a resistere a quel filo che inesorabilmente la tirava verso di lui. Quella sera si era ingenuamente chiesta cosa potesse esserci di così pericoloso nel lasciarsi andare: era incredibile come la sua vita fosse stata totalmente stravolta da quel punto in poi.
Si sentiva una Sofia completamente diversa rispetto a quella che era stata solo pochi mesi prima.

"Cosa ci fa la regina della festa in un angolo tutta sola? Vieni subito con me al centro della pista per ballare!" Blaise la prese per un fianco, sorridente e su di giri come solo lui era capace di essere, ignorando completamente ogni sua protesta.

Draco come sempre si ritrovò a guardare Sofia, incapace di non pensare a quanto fosse bella, in un modo che andava al di là della sola bellezza fisica, una bellezza rara, quella dell'anima, che aveva dato luce alla sua vita. Blaise non smetteva di farla girare, esibendosi in pose assurde che la facevano ridere. Adorava vederla ridere, si accendeva e le si illuminavano gli occhi, quegli occhi che ultimamente erano sempre coperti da un velo di malinconia. Pensò che forse le mancava casa: si sarebbe preso qualche giorno dal lavoro per riaccompagnarla a Venezia, così avrebbe potuto rivedere anche la madre. Una piccola vacanza, solo per loro.

La musica era cambiata, rallentando. "Che ne dice di cambiare cavaliere signorina?" La voce di Theodore.

"Sei venuto a soffiarmi la ragazza Nott?" Blaise alzò un sopracciglio divertito. "Tempo perso, ma sei fortunato perché sto morendo di sete, quindi decido volontariamente di affidartela. Vedi di trattarla bene..."

"Non ci sono dubbi sul fatto che la tratterò meglio di te. E ora smamma." Sentenziò Theodore ridendo.

"Questa me la paghi. Signorina, mi voglia scusare." E così dicendo si allontanò dalla pista, non prima di aver fatto un inchino a Sofia, facendola nuovamente ridere.

Theodore le prese una mano e andò a posare l'altra sul suo fianco, con delicatezza, avvicinandola appena, senza essere inopportuno, muovendosi a tempo di musica.

"Finalmente ti vedo ridere. Certo non posso darti torto, chi non reagirebbe così con quel folle di Zabini."

Sofia gli sorrise. "Fortuna che c'è lui. E che ci sei tu. È pieno di gente che non conosco. Credo Narcissa volesse "presentarmi in società" e farmi conoscere vari amici di famiglia, ma mi sento abbastanza un pesce fuor d'acqua se devo dirla tutta. Non lo so..." Tornò a rabbuiarsi.

"Ehi ehi, non volevo mica farti intristire! Se vuoi li faccio andar via tutti, così rimaniamo pochi ma buoni e ce la spassiamo come a Capodanno... Aspetta..." L'uomo fece per schiarirsi la voce, come per dare un annuncio.

Sofia gli tirò un leggero schiaffetto su una spalla. "Ma cosa fai, sei pazzo?" La face ridere.

"Cosa deve inventarsi uno per farti ridere, incredibile..." Le sorrise.

Sofia ricambiò il sorriso, ma durò poco. La ragazza ritornò quasi subito pensierosa.

"Sofi che succede? A me lo puoi dire..." Theodore la guardò preoccupato.

Sofia si mangiucchiò il labbro, indecisa su cosa dirgli. Chi meglio del migliore amico di Draco poteva aiutarla a capire?

"Quanto è importante tutto questo per Draco? Il lavoro, la carriera, la società magica, insomma tutto questo..."

"Perché me lo chiedi?" Theodore la guardò serio.

"Rispondimi Theodore. Per favore…"

Silenzio. Theodore continuava a fissarla diritto negli occhi.

"Vuoi sapere se rinuncerebbe a questo per te? Credo di sì. Io lo farei..."

Silenzio. A Sofia ci volle un attimo per realizzare quanto le aveva detto.

"Non credo di essere la persona più adatta per questa conversazione Sofi..." Le sorrise mestamente.

Prima che Sofia potesse dire qualsiasi cosa, arrivò Draco.

"Mi è concesso reclamare la mia ragazza o stai cercando di stregarla con il tuo fascino Nott?" Il biondo sorrise.

"Ci ha già battuti Blaise sul tempo purtroppo." Theodore riacquistò il suo solito sorriso scherzoso. "Sofi..." Le baciò delicatamente una mano, per poi allontanarsi.

Draco tirò dolcemente a sé Sofia, stringendola tra le sue braccia. La ragazza chiuse gli occhi poggiando la testa al suo petto, appesantita da un vortice di pensieri che non riusciva a frenare. Almeno così si sentiva ancora al suo posto.

"Tutto bene testolina?"

Sofia annuì. "Sì... È solo che sono un po' stanca e non conosco nessuno."

"Avevo detto a Narcissa di invitare poca gente, ma con il fatto che mi hanno promosso al lavoro, effettivamente devo fare già pratica con il mio nuovo ruolo istituzionale. Mi dispiace, non vorrei ti stessi annoiando troppo..."

Fosse solo la noia pensò Sofia, evitando però di dare voce ai propri pensieri. "Sei proprio contento di questo nuovo lavoro..."

"Decisamente. Ho lavorato molto per ottenerlo. Dopo tutto quello che è successo mi dà una certa soddisfazione, anche perché posso condividerlo con te."

Condividerlo in che modo Draco? Ancora una volta zittì i suoi pensieri e decise di rimanere semplicemente in silenzio.

Un uomo di mezza età si avvicinò chiamando Draco a gran voce, costringendoli ad interrompere il sia il ballo che la conversazione.
"Carissimo Draco! Congratulazioni!"

"Grazie Filius." Draco sorrise cordiale. "Posso presentarti Sofia? È la mia fidanzata."

"Ma certo. Piacere Sofia, ho letto di te e dei tuoi genitori su tutti i giornali, che storia terribile, mi dispiace." La guardò con un tale pietismo da infastidirla. Il fenomeno da baraccone.

"Si figuri. Piacere mio." Una risposta secca, forse troppo, che le fece guadagnare un'occhiata interrogativa da parte di Draco.

"Vorrai scusarci Sofia, ma voglio presentare Draco a dei miei colleghi per fargli un'interessante proposta. Ti dispiace se te lo rubo per un attimo?"

"Faccia pure, nessun problema."

Draco la guardò ancora, leggermente perplesso, prima di allontanarsi.

Sofia pensò che molte volte certe risposte ti arrivano in maniera del tutto inaspettata, facendoti precipitare di botto, senza paracadute.

Domenica 12 aprile, ore 03:34

Lo aveva amato con una disperazione tale da lasciarlo turbato: si era aggrappata a lui, tenendolo saldamente per le spalle, tant’è che gli sembrava quasi di sentire ancora le sue unghie conficcate nella pelle. Non aveva smesso di guardarlo negli occhi un secondo, mentre con un ritmo lento e costante si muoveva sopra di lui, con quella voglia di averlo che non era solo fisica; si era messo a sedere e l'aveva stretta a sé con più veemenza, perché gli sembrava che fosse sì lì con lui, ma che nello stesso momento stesse fuggendo lontano, chissà dove.

E quando il piacere di entrambi sembrava essere stato soddisfatto, in realtà lui aveva sentito ancor più prepotentemente la necessità di lei, stesa lì accanto, immobile, lontana: e allora le si era avvicinato, le aveva sfiorato la schiena nuda, per poi lasciarle una scia di baci, arrivando fino al collo. Questa volta l'aveva sentita cedere, completamente abbandonata a lui e si era fatto spazio in lei, per riaverla ancora.

Adesso sembrava dormire, la schiena contro il suo petto; lui continuava a stringerla a sé, ad accarezzarle la pelle morbida, a scrutarla, a respirare il suo profumo, incapace di dormire, con quel timore costante di cedere al sonno, di chiudere gli occhi e poi svegliarsi di colpo, non trovandola più lì, tra le sue braccia.

Domenica 12 aprile, ore 06:18

Ormai aveva maturato la consapevolezza di doverlo lasciar andare, senza se e senza ma.

C’era stato un momento nel quale aveva creduto che tutto sarebbe andato a finire bene, che ce l’avrebbero fatta, perché in fin dei conti avevano affrontato così tanto insieme, in così poco tempo, cos’altro poteva andare storto? Semplice: lei non apparteneva al suo mondo, non più, e lui non poteva far parte del suo. La sua vita era sempre stata così, arrivava ad un punto dove le chiedeva il conto per la felicità che le aveva concesso: prima i suoi genitori, poi Francesco, dopo era stata la volta di zia Maria, di Serranti e adesso toccava a Draco.

Lo guardò e pensare che le sue mattine, da quel momento in poi, non le avrebbero più concesso di svegliarsi e di vederlo così, mentre dormiva sereno disteso accanto a lei, le faceva mancare l’aria. Chiuse gli occhi e sentì calde lacrime rigarle le guance.

Basta Sofia, puoi sopravvivere.
Più aspetti, più sarà difficile, hai deciso no?
Vuoi che l’impietoso velo dell’infelicità si posi su tutto quello che è stato fino ad ora, rovinandolo?
Almeno fa sì che si conservino ricordi felici.
Risvegliarsi da un dolce sogno non è mai facile.
 

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Capitolo 34
*** Abbi cura di te ***


Mercoledì 16 settembre, ore 01:30 – Cinque mesi dopo

Caro Draco,
mentre scrivo, mi sembra di poter vedere l’espressione che di sicuro si sta già impadronendo del tuo bel viso, leggendo queste parole. Ti prego respira.
Sì sono una vigliacca e sì ti sto dicendo addio con una stupida lettera, perché siamo onesti, non ce l’avrei mai fatta a farlo guardando quei tuoi occhi magnetici. Avresti vinto tu e sarei rimasta, perché ti amo, in un modo così profondo e necessario, che probabilmente avrebbe fatto sì che vincesse la parte più egoista di me. Ed invece io voglio essere forte, come ho imparato ad esserlo con te in questi mesi, di certo i più felici della mia vita, nonostante tutte le difficoltà e le perdite.
Mai avrei immaginato di vivere un sentimento così travolgente, talmente intenso che si insinua sotto la pelle ed è impossibile che se ne vada, perché ormai la tua anima si è mescolata alla mia. So già che sulle tue labbra adesso sta spuntando questa frase: e allora perché?
Perché vorrei che questo amore bastasse, vorrei tornare nella nostra bolla a Venezia e vivere solo dei tuoi sorrisi, dei tuoi baci e delle tue mani su di me, delle nostre chiacchierate, delle nostre risate e di tutti quei progetti folli che avevamo. Ma c’è un mondo che ci aspetta là fuori, anzi due, ed il mio ed il tuo purtroppo sono diversi.
Non posso chiederti di rinunciare alla tua vita da mago, ma non posso nemmeno vivere una vita che mi è estranea: non riusciremmo ad adattarci a questi limiti per come siamo fatti e finiremo per rovinare l’amore sincero e genuino che ci ha legati. Io non lo sopporterei e sono certa, nemmeno tu. È questo il momento giusto per lo strappo che abbiamo rimandato anche troppo a lungo, preferisco un dolore bruciante e secco, piuttosto che un lento stillicidio.
Lo capisci Draco? Ti vedo scuotere la testa e so già che stai pensando di cercarmi immediatamente. Non farlo, ti prego respira. Non posso chiederti di snaturarti per stare con me, con quale diritto poi? So che lo faresti ma io non me lo perdonerei mai e probabilmente, a lungo termine, nemmeno tu.
E allora lasciami andare, io lo sto facendo: può rivelarsi l’atto d’amore più grande e coraggioso che ci sia. Ti avevo promesso che non ti avrei mai mentito ed è quello che sto cercando di fare.
E così ti penserò, ogni giorno, e mi mancherà sapere cosa fai, cosa pensi, come stai, cosa avrai mangiato, se avrai sorriso e se finalmente ti sarai deciso ad indossare qualcosa che non sia di colore nero o al massimo bianco.
Ricordami anche tu se puoi oppure, se ti fa stare meglio, rimuovimi da ogni tuo pensiero, voglio solo che tu stia bene.
“When you are no longer part of me, your memory will clip from the many small stars, then the sky will be so nice that everyone will love the night.” (Romeo and Juliet - Shakespeare)
[“Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello che il mondo si innamorerà della notte.”]
Porto il tuo amore con me e ti lascio il mio.
Abbi cura di te.
Sofi

Draco, giusto un anno prima, in quello stesso giorno, avrebbe preso un aereo che lo avrebbe portato dritto da lei. Quando la pensava, la sensazione era sempre la stessa: un vuoto incolmabile che gli prendeva la testa, il petto, lo stomaco e la certezza di non poter amare più, almeno non così. L’influsso che aveva avuto nella sua vita, senza la sua presenza, si era esaurito in fretta: era tornato quello di sempre.

Tornò a guardare la lettera che stringeva in mano, l’ultima cosa che gli aveva lasciato: il lunedì dopo la festa, rientrando, aveva trovato solo quella, tutte le sue cose, ma soprattutto lei, non c’erano più. Aveva sbraitato contro Narcissa, aveva chiamato chiunque, nulla, nessuno sapeva niente, volatilizzata. Aveva passato la notte a chiamarla e poi i giorni seguenti, fino a quando il numero era risultato irraggiungibile. Poi l’intuizione: era riuscito a recuperare il numero della sua amica dell’università, Valentina. Tutto inutile, si era trasferita e non si sentivano più. Non voleva farsi trovare, aveva previsto tutto.

“Devi lasciarla andare Draco…” Theodore lo aveva recuperato l’ennesima notte che si era ubriacato, nel tentativo di trovare rifugio nell’acool dal costante pensiero di lei.

Theodore che gli aveva confessato che se n’era innamorato anche lui: Draco lo aveva preso a pugni, per tentare di dare sfogo a tutto il suo dolore e la sua sofferenza, ma lui non aveva reagito. Poi erano finiti stesi l’uno accanto all’altro sull’asfalto freddo, di fronte ai cancelli del Manor.

“Mi dispiace. Non volevo, ma è successo…” Aveva sussurrato Theodore.

“Come sarebbe potuto non accadere?” Si erano guardati in silenzio e poi avevano volto lo sguardo verso il cielo stellato.

“Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle…”

Al dolore era subentrata la rabbia. Perché si era arrogata il diritto di scegliere per entrambi? Perché era più coraggiosa e meno egoista di lui, che non era riuscito a rendersi contro della posizione nella quale l’aveva costretta, accecato dalle sue ambizioni.
Si era buttato a capofitto sul lavoro, d’altronde gli restava solo quello.

Così i giorni, le settimane, i mesi erano passati: durante il giorno riusciva a tenere a bada il suo ricordo, le notti invece erano un inferno. Si ritrovava a rileggere quella dannata lettera che ormai sapeva a memoria e a guardare le foto di quell’album che gli aveva regalato quando erano stati felici. Che lusso la felicità, ti passa accanto e nemmeno te ne accorgi, riesci a renderti conto di averla provata solamente quando ormai se n’è andata.

Amelia si strusciò sul suo braccio, miagolando.“Lo so, manca tremendamente anche a me… Ma dobbiamo farcene una ragione.”

Ragione prima di ogni cosa, aveva sempre agito così prima di conoscerla. Doveva solo riabituarsi a farlo. Appallottolò la lettera e con un colpò di bacchetta la fece lievitare in aria: lentamente cominciò a bruciare.
Seduto sul pavimento della terrazza tornò a guardare le stelle di quella notte di metà settembre.

“…allora il cielo sarà così bello che il mondo si innamorerà della notte.”
 
Sofia aveva temuto l’arrivo di quella data. Giorno dopo giorno aveva guardato il calendario e si era sentita rimpicciolire sempre di più.
Ironia della sorte, si trovava ad Oxford. Aveva deciso di rifugiarsi proprio lì, perché le avevano confermato un progetto con l’università, per il quale aveva fatto domanda mesi prima, quando ancora chiamava Draco "stallone oxfordiano".
Adesso collaborava veramente con un giovane professore di origini italiane, per il quale faceva l’assistente, aiutandolo a tenere corsi di lingua italiana. Gli ricordava Draco.

Sii onesta con te stessa Sofi, tutto ti ricorda Draco: aveva smesso di mangiare le crepes perché non erano come quelle che prendeva con lui da Giulio, a Venezia; non suonava più l’ukulele, perché non c’era nessuno per cui valesse la pensa cantare e soprattutto nessuno che brontolasse per quel rumore in sottofondo; non aveva più aperto un libro di Shakespeare, li aveva completamente rimossi dalla propria libreria, regalando le copie che possedeva alle sue coinquiline; aveva abolito i cornetti al cioccolato per colazione, quelli che lui preferiva e mangiava fino alla nausea; niente più shampoo alla camomilla, quel profumo che gli piaceva tanto, e avanti così, in una quotidianità che era fatta di piccole autocensure che le permettevano di andare avanti senza rompersi in mille pezzi.

Così, per esorcizzare quella data, il loro primo incontro, aveva deciso di uscire con le sue coinquiline, una serata in una discoteca lì vicino: non era pienamente convinta, ma proprio perché non corrispondeva per niente allo stile di vita che aveva prima, le sembrò essere quel distacco che le serviva. Credeva che la musica assordante le avrebbe impedito di pensare o forse lo avrebbe fatto l'alcool. Si ritrovò immersa in un mare di corpi danzanti e sudati, con la testa alleggerita da qualche drink di troppo.
 

Si muoveva a ritmo, inconsapevole di essere dannatamente sensuale; era conscio di non essere l’unico a guardarla, però era altrettanto consapevole che gli occhi di lei fossero incatenati solamente ai suoi.

Dannazione. Non riusciva più a resisterle, non poteva, non se lo tentava in quel modo.

Posò il bicchiere, facendosi strada tra le persone, per arrivare a lei, come ammaliato da quegli occhi nocciola e da quei sorrisi caldi, che in quell'occasione, avevano assunto una sfumatura un po’ provocante.

Le sorrise e senza dire niente la tirò a sé, delicato ma deciso; lei per tutta risposta si voltò, poggiandosi a lui con la schiena, muovendosi a ritmo: lo stava decisamente provocando.

"Non credo di poter resistere a lungo se continui così..." Le sussurrò all'orecchio, sfiorandole appena il collo con le labbra.

Con l'ebrezza e il coraggio dell'alcool Sofia rispose: "Probabilmente non voglio che tu resista..."

L'uomo sorrise e senza indugiare oltre la trascinò fuori, nel silenzio della notte.

Adesso erano soli, lui e lei, la resa dei conti: che senso aveva continuare ad opporsi a quella forza incontenibile che li spingeva l'uno verso l'altra?

La desiderava, probabilmente già dalla prima volta che l'aveva incontrata.

Si accese una sigaretta, un po' inquieto: non era solo desiderio fisico, desiderava tutto di lei, entrare nella sua testa e sapere cosa pensasse, come vedesse il mondo, conoscere le sue paure, le sue passioni, voleva tutto.

Con un gesto improvviso puntò le braccia contro il muro al quale lei era appoggiata, da dove lo osservava, senza dire niente.

"Dimmi a cosa pensi..." Poggiò la fronte a quella di lei.

La ragazza restò per un attimo in silenzio, e poi sussurrò piano, guardandolo negli occhi: "Voglio che mi baci, non ce la faccio più..." E così dicendo posò le labbra su quelle di lui, assaggiando appena il suo sapore.

Quel lieve tocco scatenò in lui quel tumulto che fin troppe volte aveva tenuto a freno: Draco le prese il viso tra le mani e la baciò con passione.

Sì, voleva tutto di lei.
 
 
Era dovuta uscire, non aveva avuto scelta: il ragazzo che le si era avvicinato, provando a ballare con lei, l'aveva portata dentro il tunnel dell'ennesimo ricordo, il suo primo bacio con Draco.
Si appoggiò al muro dell'edificio, sola, in lacrime, prendendo boccate di aria fresca: perché provava tutto questo dolore se riteneva di aver fatto la scelta giusta?
Gli hai detto che lo lasciavi andare ed invece non ne sei capace.
Basta Sofi.
Basta.
Alzò lo sguardo verso le stelle, con quella piccola e silenziosa speranza che lui stesse facendo lo stesso.
Automaticamente prese un altro appunto mentale: quello sarebbe stato l'ultimo cielo stellato che avrebbe osservato, almeno per un po'.
Devi lasciarlo andare per davvero Sofi.
 
 
 

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Capitolo 35
*** Pronto? ***


Domenica 11 aprile, ore 09:12 – Un anno dopo

Il riflesso che gli ritornava lo specchio era a dir poco impeccabile: completo nero, fatto su misura, camicia candida; i polsini uscivano quel tanto che bastava a far brillare i gemelli che per generazioni gli uomini della sua famiglia si erano tramandati, serpenti in oro bianco; gilet grigio chiaro, stesso colore della cravatta sottile, annodata alla perfezione. I capelli biondissimi ricadevano ordinati, nessun ciuffo fuori posto.

Lei probabilmente gli avrebbe detto che sembrava pronto per andare ad un funerale, ridendo di lui, con quella risata cristallina che non smetteva di risuonargli nelle orecchie. Se solo per un momento provava a frenare la fredda ragione e lasciava parlare il proprio cuore, era proprio così che si sentiva: pronto per andare ad un funerale. Lo faceva quasi ridere la data che avevano scelto: il destino si divertiva a prenderlo in giro.

Gli occhi grigi, glaciali, gli restituirono uno sguardo severo: non essere ridicolo. L’unica nota stonata su quel viso quasi etereo erano due occhiaie nere, profonde, indelebili. Non aveva chiuso occhio. Niente di strano. Dopotutto era appena trascorsa la notte che aveva preceduto il suo imminente matrimonio.

Il riflesso che le ritornava lo specchio era abbastanza disastroso: la solita massa di capelli indomabile, una coda di cavallo fatta alla bene e meglio, la t-shirt di una band e una felpa con il cappuccio; aveva infilato i jeans più comodi che possedeva, slavati, trascurati, consumati, in fin dei conti rispecchiavano come si sentiva nel profondo.

Lui probabilmente le avrebbe detto che era la solita confusionaria, con quel tono serio, macchiato però da una nota di divertito affetto. Le sembrò quasi di avere il suo sguardo vigile ed attento addosso, dal quale non si sentiva più accarezzare da così tanto tempo. Aveva deciso lei, per entrambi, perché le era sembrato meglio così, perché aveva quella dannata abitudine di scappare di fronte ai problemi, di prendere le distanze per paura di stare male, di non essere abbastanza. Certo dubitava si potesse stare peggio di così, ma poco importava, ormai era troppo tardi, avrebbe dovuto pensarci prima: l’aveva perso. Con un battito di ciglia cancellò le lacrime pronte a cadere.

Gli occhi nocciola, attenti, le restituirono uno sguardo severo: non essere ridicola. Due occhiaie le segnavano profondamente il viso, il tocco finale su quell’ammasso disastrato che altro non era che lei. Non aveva chiuso occhio. Niente di strano. Dopotutto era appena trascorsa la notte che precedeva la sua imminente partenza: finalmente tornava a casa. Venezia.

Una sposa ritarda sempre, questa è la tradizione. E lui aspetta lì, ritto in piedi, immobile, sguardo impenetrabile. Aspetta.

Un aereo ritarda sempre, se chi deve partire è indeciso. E lei aspetta lì, ritta in piedi, immobile, sguardo impenetrabile. Aspetta.

La sposa si avvicina. Bellissima nel suo abito bianco. Quando le alza il velo è quasi sorpreso. Deluso. Cosa si aspettava?

Un uomo alto e biondo corre verso di lei. La supera senza degnarla di uno sguardo, è quasi sorpresa. Delusa. Cosa si aspettava?

“Siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio tra Draco Lucius Malfoy e Astoria Greengrass.” Involontariamente volta appena il capo all’indietro, nessuno. Trattiene il fiato e guarda avanti a sé. “Un giorno speciale che celebra l’amore, quello vero.”

“Sofia Stevenson è pregata di presentarsi al gate 9 con urgenza.” Involontariamente guarda per l’ennesima volta l’entrata dell’aeroporto, nessuno. Trattiene il fiato e guarda davanti a sé.  “L’aereo 12899 per Venezia è in partenza. Ultima chiamata.”

Poche ore prima, 02:34…

“Pronto?” Silenzio, nessuna risposta. “Draco?” Un brivido la percorre da testa a piedi nel pronunciare nuovamente a voce altra quel nome.

La voce dall’altro capo del telefono sembra stanca, leggermente roca, priva di colore. “Sei tu.” Non è una domanda, ma un’affermazione. Finalmente si era decisa a rimettersi in contatto con lui. Come si dice in questi casi? Meglio tardi che mai?

Minuti che sembrano ore, ore che sembrano minuti, poi finalmente la ragazza si decide a parlare.

“Così domani ti sposi.” Poche parole, incerte, vuote.

“Mi hai chiamato per chiedermi una cosa che già sai?” Un ringhio, un’accusa quasi.

No. Certo che no.

Ti ho chiamato perché mi dispiace.

Ti ho chiamato perché avevi ragione.

Ti ho chiamato perché ho sbagliato.

Ti ho chiamato perché mi manchi terribilmente.

Ti ho chiamato perché ti amo ed è una cosa che non si può decidere di ignorare.

Ti ho chiamato perché ho bisogno di te.

Ti ho chiamato perché non voglio che ti sposi.

Ti ho chiamato perché voglio che torni da me.

“Cazzo Sofia! Rispondimi…” Un pugno contro il muro. Frustrazione.

Lei copre il telefono per un attimo, nasconde il rumore di un singhiozzo, seguono parole sconnesse, laconiche, monocordi.

“Sai io… Sono stata ad Oxford tutto questo tempo. Per quel progetto al quale avevo fatto domanda con te… Non so se ricordi…”

Come potrebbe aver dimenticato qualcosa che la riguarda? Ricorda tutto di lei, ogni dettaglio più insignificante continua a pungerlo, in una lenta e continua tortura alla quale ormai crede di essere condannato per la vita.

Sofia continua. “È stato un bel progetto, non so, volevo che lo sapessi, in fin dei conti mi hai spinta tu a fare domanda quando ci siamo conosciuti...”

“Mi fa piacere. Congratulazioni.” Perché lo aveva chiamato?

“Grazie. Suppongo di doverle fare anche io a te.”

“Grazie.”

Gelo all’esterno, un fuoco che arde, nascosto, in fondo al cuore, nessuno dei due sembra volergli dare voce. Non più.

“Allora ciao…”

“Buona fortuna Sofia.”

Ancora silenzio. Solo i rispettivi respiri. Respiri che si sono intrecciati innumerevoli volte, che continuano a cercarsi senza tregua, inutilmente.

“Draco… Sei felice?” Un sussurro.

“Se lo sei tu.”

“Credo di sì…”

“Bene allora. Devo andare adesso.”

“Lo so…”

Un altro interminabile silenzio, in una notte lunga, che non lo sarà mai abbastanza.

“Abbi cura di te Sofia.”

Una pausa.

“Aspetta Draco! Io…” La voce ha una nota di disperazione.

Ma è troppo tardi. Dall’altro capo del telefono non si sente più alcun respiro, non c’è più nessuno ad ascoltarla.

A volte il tempismo può essere tutto.Sconsolata si abbandona alle lacrime.

Sola.
 

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Capitolo 36
*** Non è mai finita ***


Giovedì 16 luglio, ore 17:21 – Tre mesi dopo

Sofia, indaffaratissima, cercava di sistemare degli scatoloni di libri arrivati quella mattina. Ovviamente Riccardo si era volatilizzato. A volte si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta nel condividere con lui casa e lavoro. Sbuffò, continuando a sistemare i volumi sugli scaffali: gliene avrebbe dette quattro non appena si fosse deciso a riapparire.

In realtà era ben consapevole che quel ragazzo fosse una benedizione. Lo aveva conosciuto grazie ad un annuncio letto per caso: cercava qualcuno con cui gestire la storica libreria ereditata dal nonno defunto. Le era sembrato il lavoro perfetto per lei e quindi lo aveva contattato, scoprendo così che cercava anche un posto dove stare, per lasciare la casa dei genitori.

In questo modo aveva trovato un collega e un coinquilino: vivevano nella vecchia casa di zia Maria, che aveva provveduto a sistemare un po’. Non era stato facile tornare lì, ma ad oggi era felice della scelta fatta, perché si sentiva nuovamente a casa, nella sua città. Era riuscita ad affittare anche il piccolo appartamentino al piano di sopra, quello che era stato il suo rifugio per diversi anni.

Aveva anche cominciato a seguire dei progetti di insegnamento per i bambini in un paio di scuole private: le dava una certa soddisfazione, le piacevano quelle piccole pesti. Probabilmente a settembre si sarebbe iscritta nuovamente all’università, per la laurea magistrale, ma ci stava ancora pensando.

Insomma, una nuova vita, una nuova Sofia, nuove prospettive: andava tutto bene. Più o meno. Doveva solo ignorare quel gigantesco buco al centro del petto, sperando che giorno dopo giorno, piano piano, continuasse a chiudersi e a guarire.

“Ehi tesoro! Chi è andato a prendere la merenda? Gelato, il tuo preferito.” Riccardo era riapparso con un sorrisone, la solita faccia da schiaffi.

“Vorrai dire chi si è volatilizzato giusto quando è arrivato il momento di sistemare.” Sofi lo guardò con un cipiglio severo.

“Dettagli. Fortuna che ho optato per una merenda dolce, così almeno ti addolcisci un po’…”

Sofia esasperata alzò gli occhi al cielo, tradendosi però con un sorriso. “Ti perdono solo per quello. Porto gli scatoloni vuoti nel magazzino e le bolle della consegna in ufficio. Non fare disastri e soprattutto non mangiarti il mio gelato!” E così dicendo si avvio sul retro.
 

L’aveva osservata tutta la mattina. Non aveva avuto ancora il coraggio di entrare: era a pochi metri da lui eppure le sembrava che fosse ancora distante chilometri. Aveva notato tutti i cambiamenti: portava i capelli più corti, era dimagrita, troppo, era più abbronzata di come la ricordava ed aveva cambiato gli occhiali da vista che usava per leggere.
Nonostante queste piccole differenze, era sempre lei, la sua Sofia, probabilmente ancor più bella, sicuramente più donna.
Era abbastanza turbato dal ragazzo che stava con lei: sembravano avere parecchia confidenza, ma non era sicuro si trattasse di quel tipo di rapporto.

Draco sorseggiò l’ennesima bevanda che aveva ordinato per mantenere il tavolino al bar di fronte alla piccola libreria. Le si addiceva come luogo, si muoveva sicura, decisa, salutava i clienti cordiale e poi sembrava raccontare loro delle storie per aiutarli a scegliere un libro piuttosto che un altro, con quel suo infinito gesticolare.

Che cosa stai aspettando idiota? Entra. Il timore di averla persa però, continuava a pulsargli dentro: sembrava abbastanza serena, perché incasinarle la vita nuovamente se era riuscita ad andare avanti?
Perché in lui risiedeva ancora la piccola speranza che non lo avesse dimenticato, non completamente.
Ci aveva provato a lasciarla andare, a ricostruirsi una vita: non aveva funzionato, per niente. Ogni cosa finiva per farlo tornare sempre al punto di partenza, lei.

Si alzò di scatto, lasciando sul tavolino molti più soldi di quanti in realtà ne dovesse e si avviò con passo deciso. Doveva sapere, questa volta doveva dirglielo in faccia che non lo voleva più nella propria vita. Solo sentendolo dalla sua voce e vedendolo nei suoi occhi, avrebbe potuto finalmente accettarlo e mettersi il cuore in pace.

La campanella sulla porta suonò non appena la aprì: il ragazzo al bancone lo salutò cordialmente e Draco rispose con un cenno del capo. Si infilò subito dietro uno degli scaffali. Doveva capire come muoversi, era stato troppo impulsivo, probabilmente l’avrebbe solo spaventata.
E poi eccola, apparire dal retro, si guardava le mani perplessa.

Sofia non era sicura di aver compreso a pieno quello che le era appena successo: stava preparando alcuni pacchetti sul retro, per le spedizioni de prodotti acquistati online, quando si era accorta di non avere il nastro adesivo con sé. Avrebbe dovuto ricominciare da capo: aveva chiuso gli occhi sbuffando. Quando li aveva riaperti il nastro adesivo si trovava accanto a lei. Probabilmente il caldo di luglio le stava facendo venire le visioni.

“Sofi, tesoro, lo so che volevi mangiare il tuo gelato in santa pace, ma è appena entrato un inglese doc e sai che io non me la cavo per niente con la lingua. Ti faccio anche un favore, credimi, è uno stallone…” Riccardo le fece l’occhiolino.

Alla parola stallone Sofia sentì una piccola fitta. Prese un lungo respiro: non essere sciocca. “Vado.” Si avviò con decisione verso gli scaffali che le aveva indicato Riccardo, completamente impreparata a chi si sarebbe trovata di fronte.

Dovette appoggiarsi allo scaffale, perché le gambe sembravano non volerla reggere: Draco, la barba un po’ incolta, bellissimo e affascinante come sempre. Notò che non era vestito di nero: indossava dei pantaloni di lino grigio chiaro e una t-shirt bianca, decisamente sportivo per i suoi standard. Le sembrò anche più alto e più muscoloso.

Se ne stava lì, a guardarlo in silenzio, appoggiata allo scaffale di libri, il petto le si alzava e le si abbassava più velocemente del normale.

“Sofi…” A Draco uscì solo un debole sussurro, indeciso su come approcciarsi a lei.

Sì, decisamente il caldo di luglio le stava facendo venire le visioni.

Giovedì 16 luglio, ore 19:49

Camminavano uno accanto all’altra per le calli di Venezia, ancora piuttosto affollate, vista la bella stagione.
Il sole stava tramontando piano, non si erano detti molto.
Dopo lo shock iniziale in negozio, lo aveva abbracciato: aveva improvvisamente percepito il suo profumo, il suo calore, la sua stretta salda, tutto esattamente come lo ricordava. Quel buco al centro del petto si immediatamente chiuso, nel giro di pochi secondi.

Gli aveva chiesto come avesse fatto a trovarla: l’aveva cercata prima ad Oxford e chiedendo in giro gli avevano detto che era tornata a casa e casa non poteva che significare Venezia.

Non aveva potuto non notare che non indossasse la fede. I motivi potevano essere così tanti, non doveva farsi troppe illusioni.

“Hai fame? Potremmo andare in quell’osteria dove andavamo sempre…” Quella dove mi hai detto che mi amavi per la prima volta. Draco la guardò interrogativo.

Sofia scosse la testa con decisione. Niente tour del passato. Era già preda dei loro ricordi quotidianamente. “Non ho molta fame, però possiamo andare in un altro posto poco lontano da qui. Fanno una buona pizza ed è affacciato sulla Giudecca.”

Lo guardò, giusto il tempo di vederlo annuire, per poi fissare nuovamente lo sguardo davanti a sé. Non riusciva a mantenere un ritmo cardiaco che fosse lontanamente normale, il cuore le batteva impazzito nel petto, soprattutto quando a causa dei vicoli stretti erano costretti ad avvicinarsi.

Draco si trovò a pensare che probabilmente aveva sbagliato tutto: Sofia era sotto shock, faticava a guardarlo, l’aveva letteralmente stravolta. Però il solo fatto di averla vicino, gli aveva permesso di sentire nuovamente il cuore battere deciso, forte, vivo.
Vivo come non si sentiva da tempo.

Presero posto in uno dei tavolini all’esterno: Sofia guardava verso la laguna, più silenziosa che mai.
Draco aveva bisogno di sapere, tutto, tutto quello che le passava per la testa: si sarebbe battuto fino all’ultimo, contro ogni dubbio o incertezza di lei, per tentare di farla tornare da lui.

“Sofi…” Le sfiorò appena la mano appoggiata al tavolino e lei gli puntò addosso quegli occhi nocciola, lucidi, tristi, sofferenti.

“Mi dispiace…” Glielo sussurrò appena, senza riuscire a frenare le lacrime che ormai stavano abbandonando gli angoli dei suoi occhi. “Così tanto… Ho fatto un casino…”

“Ehi…” Le prese le mani tra le sue, sfiorandogliele appena con le labbra. “Ti prego, non piangere Sofi…”

Restarono così per un po’, finché Sofia non riuscì a calmarsi un poco. Fu proprio lei ad interrompere il silenzio.

“Te lo devo chiedere, prima di iniziare a pensare chissà cosa…” Lo guardò, questa volta seria, ma Draco fu più veloce nell’anticipare quello che era certo che lei gli stesse per domandare.

“No. Non mi sono sposato. Ci è mancato davvero poco ma…” Quasi sorrise per l’ironia di quanto stava per dire. “È stato Theodore. Ha interrotto la cerimonia chiedendomi a gran voce che cazzo stessi facendo. Pensa che Blaise si era perfino rifiutato di venire…” Fece un piccolo sorriso: era dannatamente fortunato ad averli come amici.

A Sofia tornò in mente la mezza confessione che Theodore le aveva fatto molto tempo prima e pensare che si fosse messo così di traverso, la lasciò davvero senza parole: era una persona straordinaria. Era lui il vero miracolo.

“Sai, ha conosciuto una ragazza davvero carina al lavoro, un colpo di fulmine, si sposeranno il prossimo anno, in questo periodo. Blaise invece è il solito uccel di bosco, gli piacciono tutte e nessuna.” Rise. “Invece naturalmente Astoria sta cercando di avere il mio scalpo e probabilmente anche il tuo…” A quel nome Sofia sentì ribollire il sangue nelle vene. “Ma non è importante questo.” Draco scosse la testa con noncuranza per poi guardarla diritto negli occhi. “Sofi, io ci ho provato a lasciarti andare, anche in questi mesi, dopo il matrimonio mancato, ho provato a fare quello che mi hai chiesto ma… La mia è una vita a metà senza di te e… Credo di poterti lasciare andare veramente solo se me lo chiedi guardandomi negli occhi… Devo sentirlo dalla tua voce che è finita.”

E come poteva anche lontanamente dirgli una cosa del genere? Non ne aveva avuto il coraggio in passato, figurarsi ora, che si sentiva di nuovo intera solamente per il fatto di averlo seduto lì di fronte.
Era così vicino adesso, con quel solito ciuffo ribelle che ricadeva fuori posto: con un gesto che aveva fatto innumerevoli volte, glielo scostò dalla fronte, per poi accarezzargli la guancia, un po’ pungente a causa della barba.
Come sempre lui le baciò la mano.

“Non è mai finita Draco…”
 
 
 
 

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Capitolo 37
*** Ricominciare ***


Venerdì 17 luglio, ore 02:21

Sofia aprì piano gli occhi, timorosa, quasi trattenendo il respiro. L'oscurità circondava ogni cosa. Il suo cuore ebbe quasi un tuffo nel percepire la presenza di un corpo caldo accanto al suo. La necessità di lui, repressa anche troppo a lungo, la spinse ad aggrapparsi letteralmente a quella schiena bianca, perfetta, dalle spalle larghe. Vi nascose il viso, inebriandosi del suo calore e del suo profumo, dimenticando tutto il resto. Doveva essere sveglio perché i battiti del suo cuore erano accelerati. Restarono così, immobili, finché lui non sentì calde lacrime bagnarli la schiena.

Draco in uno scatto repentino si voltò e la strinse al petto con forza. “Basta piangere adesso… Siamo qui. Insieme. Non vado da nessuna parte e spero nemmeno tu…” Sorrise e le baciò la fronte.

“Mi sei mancato tanto… Sempre. Ogni giorno, tutti i giorni…”

“Anche tu… Ogni ora, ogni minuto…” La cullò per un po’, fino a quando sentì il suo respiro ritornare regolare.

Si ritrovò a scrutare ogni più piccolo centimetro del suo viso, avrebbe voluto divorarla di baci. Certo che le era mancata: tutto quel tempo aveva vissuto a metà, come in apnea. L'amava, profondamente e completamente, ed aveva bisogno solo di lei per sentirsi felice, completo, al posto giusto. Nient'altro che lei. Con o senza mondo magico.

Venerdì 17 luglio, ore 08:32

Draco voleva prepararle la colazione, gli sembrava un bel modo per riappropriarsi della loro normalità, senza togliere il fatto che gli sarebbe piaciuto rivederla più in forze: aveva avuto quasi paura di romperla per quanto era dimagrita, temeva fosse un effetto collaterale della loro lontananza. Sapeva che era tremendamente pigra, probabilmente con la scusa di non mettersi a cucinare solo per sé stessa, aveva saltato parecchi pasti.

Si ritrovò in cucina con lo strano coinquilino di Sofia che lo squadrava: lo aveva salutato con un inglese stentato e lui aveva ricambiato cordialmente. Un po’ lo inquietava che stesse lì a fissarlo. Non aveva nemmeno chiesto a Sofia in che rapporti fossero, magari era geloso. Per quello che gliene poteva importare: 
se si fosse rivelato necessario lo avrebbe affatturato senza troppi complimenti.

Ed ecco arrivare Sofia, ancora assonata, con una maglietta di qualche taglia più grande addosso. Si fiondò letteralmente su di lui, circondandogli la vita con le braccia e poggiando la testa al suo petto: gli aveva rovinato la sorpresa, poco male.
Sorrise e le baciò i capelli, stringendola a sé con un braccio e continuando a preparare la colazione con l’altro.

Dopo un po' Sofia prese posto davanti ad uno sconcertato Riccardo: lo guardò e capì subito che stava per esplodere.

“Tu mi devi raccontare parecchie cose signorina.” Sussurrò in italiano. “Ti credevo una suora, mai un ragazzo in questa casa. Se non fosse stato per il sottoscritto, avrebbero scambiato questa casa per un convento…”

Sofia alzò un sopracciglio. “Vogliamo parlare dell’ultimo che hai portato a casa Riccardo? Mi sono svegliata e l’ho trovato che faceva yoga in salotto, nudo, “per ricongiungersi con la natura”. Ti prego…”

“Beh non puoi dire che non fosse un bel vedere… Certo non come lui.” Ed indicò Draco con un cenno della testa. “Tesoro, ritiro tutte le rimostranze, con un figo del genere recuperi tutti i punti persi in questi mesi. Ma che sedere ha?”

A Sofia venne da ridere ed anche Draco, di spalle perché ancora indaffarato con i fornelli, se la rideva sotto i baffi.

“Però tu devi dirmi il tuo segreto, assolutamente. Questo si presenta in libreria e ti rapisce. Immagino siate andati a cena, sorvolerò su come abbiate passato la notte per rispetto della tua privacy, però immagino non vi siate raccontarti storielle, e poi la mattina ti prepara pure la colazione? Tutti i casi umani li devo trovare sempre e solo io, ti pare giusto?” Riccardo sospirò alzando gli occhi al cielo.

Sofia sorrise. “Vuoi sapere un segreto ancor più scottante?”

“E me lo chiedi? Sputa subito il rospo!” Riccardo la guardò interessatissimo.

Sofia gli si avvicino, per sussurrargli qualcosa all’orecchio. “Draco parla e capisce perfettamente italiano.”

Sofia scoppiò a ridere di fronte alla faccia sconvolta di Riccardo.

Anche Draco si mise a ridere e gli servì un piatto bello ricco. “Buon appetito e… Grazie per i complimenti!”

Venerdì 17 luglio, ore 17:23

Riccardo le aveva perdonato quasi subito la gaffe che gli aveva fatto fare con Draco, anzi, probabilmente lo aveva soltanto spinto a prendersi maggiori libertà con il biondo. Era un ragazzo di buon cuore e di buona compagnia, Sofia gli doveva tanto, l’aveva fatta ridere in un periodo nel quale aveva dimenticata come si facesse.

Le aveva lasciato anche la giornata libera e questo un po’ la preoccupava; pensarlo in libreria da solo non la faceva stare tranquilla. Sperò non desse fuoco all'intero negozio, anche se al momento poco le importava. Non avrebbe voluto essere in nessun’altro posto che non fosse il suo letto: stesa tra le fresche lenzuola con Draco, semi nudi.
L’uomo aveva posato la testa sul suo ventre e lei gli accarezzava i capelli, mentre guardava le ombre distendersi sul soffitto.

Non si erano mossi molto da lì, in fin dei conti avevano parecchio tempo da recuperare: così le aveva risposto Draco quando aveva provato a protestare.
Sorrise. Aveva ragione.

Quando un po’ preoccupata gli aveva chiesto come avrebbero fatto a far combaciare di nuovo le loro vite, lui aveva alzato le spalle noncurante: le aveva confessato di aver dato le dimissioni al Ministero e di essere venuto con l’intenzione di restare.
Al massimo avrebbe fatto su e giù un paio di volte per i bagagli e per recuperare Amelia, ma era tornato, in pianta stabile, per restare con lei, per vivere una banale vita babbana.

Non appena gli aveva detto “vivere una banale vita babbana” si era arrabbiato molto.
Le aveva preso il viso tra le mani. “Basta con questa stupida idea. La mia vita non potrà mai essere banale, non se ci sei tu. Chiaro?”
Lei aveva sorriso con le lacrime agli occhi e gli aveva buttato le braccia al collo. 

E poi avevano parlato per ore, di tutti i pezzi di vita che avevano perso l’uno dell’altra, si erano scusati e si erano amati, ancora e ancora. Adesso sì che andava tutto bene.

“Questa sera possiamo finalmente andare alla nostra osteria o hai ancora qualcosa in contrario?” Draco si mise a sedere e la guardò sorridendo.

“Guarda che non mi freghi, non questa volta. Cosa credi, di potermi far cadere con gli stessi trucchetti del passato e per di più negli stessi luoghi? Illuso.” Sorrise, mettendosi anche lei a sedere.

“Ok allora proviamo così.” La guardò intensamente, sorridendo. “Sofia, ti amo, profondamente e per me non c’è niente di più bello ed importante che non sia tu e l’amore che provo per te.”

A Sofia si illuminarono gli occhi e gli regalò uno dei suoi caldi sorrisi: quanto aveva desiderato ritornare a vederla così. La ragazza gli salì in braccio, circondandogli il collo con le braccia.“Draco ti amo, ti ho sempre amato e non credo proprio di poter smettere di farlo, perché vorrebbe dire vivere a metà. Per me non c’è niente di più bello ed importante che non sia, mhmm, vediamo… Il tuo sodissimo e scolpitissimo sedere, patrimonio dell’umanità.” Sofia scoppiò a ridere sotto lo sguardo sconvolto di Draco.

“Incorreggibile signorina Stevenson. Dovrò tenere conto del suo comportamento nel voto finale…” La guardo, fintamente serio.

“Ah sì? Allora tenga conto anche di questo per cortesia…” E lo baciò con passione.

Tra un bacio e l’altro Draco sussurrò sorridendo. “Questo migliora decisamente la sua posizione…”

“Non avevo dubbi professore…”

Entrambi risero. “Allora è un sì per l’osteria?” Le chiese Draco.

“Sì.” Sofia sorrise. “Ma dobbiamo prenotare, non vorrei che non trovassimo posto”. Si guardò intorno in cerca del suo cellulare. Chiuse gli occhi e sbuffò. L’aveva lasciato in salotto.

“Che c’è testolina?”

“Niente, è il mio telefono… L’ho lasciato…” Ma prima di finire la frase sentì qualcosa accanto alla gamba: afferrò il misterioso oggetto e si ritrovò il cellulare tra le mani. “Com’è possibile…” Osservò stranita l’oggetto che stringeva in mano, ricordando improvvisamente anche l’episodio del nastro adesivo in libreria.

Guardò Draco, interrogativa. L’uomo ricambiò il suo sguardo, con una strana luce negli occhi.

“Amore… Chiudi gli occhi e prova a figurarti qualcosa che vuoi fortemente, un piccolo oggetto del quale hai necessità…” Draco la guardava incoraggiante.

Sofia aveva sete. Chiuse gli occhi e pensò alla sua borraccia verde in cucina. Un rumore metallico le fece aprire gli occhi di colpo: la borraccia era apparsa sopra il comodino.

Guardò Draco incredula e lui le fece un grande sorriso: “Mi sa che la nostra osteria dovrà aspettare ancora. Questa sera io e te è meglio se andiamo a trovare un nostro caro, vecchio amico…”

Completarono la frase insieme: “…il professor Silente.”

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Capitolo 38
*** Amore ***


Pochissime parole per salutarvi prima di pubblicare il capitolo finale: grazie per aver dedicato il vostro tempo alla lettura di questa storia, è davvero la primissima volta che ho il coraggio di far leggere qualcosa che ho scritto a più persone che non conosco ed è stato bello essere accompagnata sullo sfondo dai personaggi appartenenti al magico mondo della Rowling, un mondo che ho nel cuore da quando sono bambina.
Spero davvero che i personaggi e i risvolti della vicenda vi siano piaciuti, se vi va di farmi sapere cosa ne pensate mi farebbe davvero piacere.
È stato bello tenersi compagnia in questo strano periodo che stiamo vivendo: grazie ancora, di cuore.
Jessica

 
Sabato 17 luglio, ore 20:30 - Un anno dopo

La scintilla della magia non si era mai spenta in Sofia, si era solamente sopita: così aveva confermato loro Albus Silente; in seguito, anche l’equipe di medimaghi che avevano interpellato aveva dato loro la medesima notizia: il potenziale magico di Sofia stava tornando a farsi sentire, più vivo e forte che mai. Non c’era una vera spiegazione a riguardo, il professor Silente aveva detto loro che era come chiedersi perché esistesse la magia e perché si sviluppasse solamente in alcune persone, non aveva senso. Si trattava di una questione antica e imprevedibile, dai risvolti misteriosi, ed era giusto rimanesse tale.

Sofia non poteva credere alle proprie orecchie: era una strega. Tutto ciò da cui era scappata tornava prepotentemente a far parte della sua vita e non poteva che esserne più felice. In un bellissimo e caldissimo pomeriggio di fine luglio era finalmente andata a farsi scegliere dalla propria bacchetta magica, nello storico negozio di Olivander: 10 pollici, legno di ulivo, nucleo di corde di cuore di drago.

Non era stato facile capire come organizzarsi con l’altra sua vita: non poteva abbandonare Riccardo di punto in bianco, non sarebbe stato giusto e non era nemmeno sicura di voler lasciare totalmente Venezia, la sua città. Era stato Draco a fornirle una soluzione: lui, proprio lui, avrebbe preso il suo posto in libreria, permettendole di frequentare il professor Silente durante la settimana, in modo che la istruisse a dovere su come rapportarsi alla magia.

Sofia non era sicura di quella proposta, ma Draco sembrava più che convinto: in fin dei conti la magia gli permetteva di viaggiare in maniera immediata, in modo da essere con lei praticamente sempre, senza alcuna difficoltà. Inoltre l’uomo sosteneva di aver bisogno di una pausa dal mondo magico e dal Ministero, perché era finito al centro delle attenzioni di tutti giornali, sia per aver dato le dimissioni dal suo prestigioso posto di lavoro, sia per aver abbandonato Astoria all’altare.
Probabilmente con il tempo sarebbe tornato a lavorare al Ministero, Hermione Granger, papabile nuovo Primo Ministro, lo aveva cercato perché desiderava che facesse parte della propria squadra di lavoro: Draco non aveva accettato, ma nemmeno rifiutato.
Era solo questione di tempo.

Inutile dire che Riccardo fosse al settimo cielo di poter lavorare fianco a fianco con Draco, il quale, con il suo innato fascino, aveva contribuito ad alimentare gli affari della piccola libreria, facendola diventare la preferita di numerosi nuovi clienti, quasi tutte donne.

Così durante la settimana Sofia frequentava lezioni di magia private, mentre Draco si destreggiava tra le avances di Riccardo e delle clienti, raggiungendola in serata grazie alle passaporte o alla polvere magica; il weekend invece tornavano a Venezia. Riccardo una volta le aveva chiesto perplesso quanto spendessero in aerei, per poi aggiungere che era fortunata ad aver trovato un facoltoso rampollo come Draco: le era venuto da ridere, nonostante le comprensibili perplessità dell’amico, al quale aveva detto che l’avevano accettata in una prestigiosa università inglese.

Uno strano equilibrio che stava funzionando alla perfezione, perché finalmente Draco e Sofia erano tornati insieme.
Certamente si amavano, ma non erano cambiati poi molto: erano capaci di litigare per qualsiasi cosa, urlando come pazzi, tra un impropero e l’altro o discutendo per ore di piccoli dettagli insignificanti, fino allo sfinimento. Solitamente era Draco a cedere per primo, Sofia era quasi sempre la più testarda, ma era anche quella capace di farlo ridere di gusto con tutte le sue assurdità, delle quali lui andava pazzo.
Non avevano smesso di tenersi per mano da quando si erano ritrovati, vivendo la loro nuova vita insieme pieni di entusiasmo e meraviglia, con la semplice voglia di essere felici e di crescere insieme.

Con un po’ di timore Sofia aveva rincontrato anche le altre persone che si era lasciata alle spalle senza troppe spiegazioni, nonostante le fossero state vicine senza remore fin dal primo giorno.
Blaise l’aveva subito riaccolta nel suo modo scanzonato, stritolandola e schioccandole due sonori baci sulle guance al suono di “Bentornata principessa!”, per poi lasciarsi andare a frasi poco carine nei confronti di Astoria.
Theodore, più posato ed un po’ imbarazzato, l’aveva stretta delicatamente. Sofia lo aveva ringraziato perché era convinta che probabilmente senza il suo intervento provvidenziale lei e Draco non si sarebbero ritrovati. Si erano guardati e non era servito che si dicessero molto altro: qualsiasi cosa fosse rimasta sospesa tra loro ormai era acqua passata, anche perché lui era in procinto di sposarsi con una meravigliosa ragazza del quale era follemente innamorato.
Narcissa l’aveva guardata in silenzio per un po’, con quei suoi impenetrabili occhi neri e Sofia aveva temuto che lei, più di tutti, non riuscisse a perdonarla. Aveva ricambiato il suo sguardo, incerta sul da farsi: era stata Narcissa ad avvicinarsi e ad abbracciarla, lasciandola totalmente spiazzata. “Sciocca ragazza…” Le aveva sussurrato piano all’orecchio. “Se solo mi avessi parlato delle tue paure, avremmo trovato di sicuro una soluzione meno dolorosa per tutti.” Poi l’aveva guardata ed aveva sorriso. “Per fortuna sei tornata, così non ho dovuto assassinare Draco e quell’idiota che voleva prendersi per moglie.”

E così eccoli lì, un anno dopo, a festeggiare tutti insieme Theodore e sua moglie, felici e raggianti più che mai.

Sofia non si era mai soffermata molto sul pensiero di sposarsi o avere figli, l’aveva sempre percepita come un’eventualità estranea e lontanissima da lei: però, in quel momento, osservando i due novelli sposi ballare un lento su una romantica canzone, si ritrovò ad immaginare lei e Draco nella medesima situazione.

Due braccia forti la cinsero da dietro. Draco posò il mento sulla sua spalla. “A cosa pensi testolina?”

“Lo faresti un bambino con me Draco?” Glielo disse così, diretta, come al suo solito.

“Mhmm… Vediamo… Solo se mi dessero la certezza matematica che possa nascere bello come te, ma decisamente meno testardo e disordinato. Quindi non so…” L’uomo rise.

Sofia si voltò con le braccia sui fianchi. “Ah sì? E allora cosa dovrei dire io? Che spero che non nasca deficiente come il padre?” Sorrisino.

Draco la riprese per i fianchi ridendo, tirandola a sé. “Sei incredibilmente permalosa lo sai? Farei tutto con te, anche dieci bambini. Se vuoi possiamo già metterci all’opera…”

Sofia rise. “Incorreggibile.” Lo baciò, immaginando una piccola testa bionda correre per la casa di zia Maria.

“Per quanto io sia assolutamente più interessato a continuare questa conversazione su un livello diciamo, più pratico, avevo promesso a Narcissa un ballo madre figlio, quindi almeno per il momento mettiamola in pausa, così nel frattempo provo a capire come si vedrebbe lei nei panni di nonna…” Draco le diede un ultimo bacio prima di allontanarsi da lei.

“Guai a te se gliene fai parola! Era solo un’ipotesi. Draco…” Sofia lo guardò tra il serio e il divertito.

“Non prometto niente…” Alzò le mani ridendo, per poi allontanarsi.

Sofia si ritrovò a ridere da sola: ovviamente Narcissa ne sarebbe stata entusiasta, probabilmente avrebbe cominciato a progettare la camera per il nipote o la nipote al Manor già il giorno seguente.

“Ti trovo, oserei dire, in forma smagliante.” Una voce sgradevole alle sue spalle. Anche in mezzo a mille altre voci l’avrebbe riconosciuta: Astoria.

Sofia si voltò, stupendosi per l’ennesima volta di quanto fosse incredibilmente bella. Tanto bella quanto stronza, aggiunse mentalmente. Sapeva ci sarebbe stata, era una lontana cugina della sposa, però questa volta era pronta ad affrontarla, anche perché, a dirla tutta, si trovava in una posizione decisamente favorevole.

“Astoria. Vorrei dirti che è un piacere vederti, ma sappiamo entrambe che mentirei.” Sofia le sorrise amabile.

“Incredibile. Ci troviamo d’accordo su una cosa. Chi lo avrebbe mai detto…” Astoria non sorrideva, anzi, era furente.

Sofia si chiese che diavolo volesse ancora: era finita, una volta per tutte. Perché non poteva andare oltre, come avevano fatto tutti? Era una bella donna, di certo non le sarebbe stato difficile trovare un altro uomo da sposare, con il quale costruire quel prestigio e quella fama che aveva desiderato con Draco.

Notò appena in tempo che la donna stringeva in mano la bacchetta e che la stava alzando minacciosa verso di lei, chiaro segnale che non aveva buone intenzioni: i riflessi di Sofia furono decisamente più veloci. La ragazza gli sferrò un pungo in pieno viso, facendola cadere a terra con il naso sanguinante. Era cresciuta in un orfanotrofio: imparare a difendersi fisicamente era stato un requisito fondamentale per sopravvivere. Dubitava che Astoria avesse avuto di queste necessità nella sua perfetta vita in una ricca famiglia purosangue.

“Brutta stronza!” Sofia sentì la rabbia crescere dentro ed in un attimo le fu sopra, colpendola come una furia. “La devi smettere di tormentarci! Giuro che ti rovino se continui così!”

Ovviamente il clamore della scena attirò l’attenzione di tutti i presenti, che accorsero verso le due donne: prima di essere presa da dietro di forza da Draco, Sofia udì distintamente Blaise urlare: “È così che si fa Sofi, dagliele di santa ragione a quella stronza!”

“Si può sapere che succede qui?” Draco stringeva ancora Sofia incredulo, non era da lei reagire con la violenza. “Amore…” Guardò la ragazza preoccupato.

“Chiedilo a lei, mi ha puntato la bacchetta contro. Possibile che tu non abbia ancora capito? È finita, basta… Fatti una vita!” Sofia sembrava essersi calmata, ma Draco continuava a stringerla per prudenza.

Tutti gli occhi erano puntati su Astoria, che era stata soccorsa da alcune altre invitate: era conciata abbastanza male, però quello che bruciava maggiormente non erano i lividi che Sofia le aveva lasciato sul viso, ma la vergogna di averle prese da lei, davanti a tutti.
Ancora una volta aveva vinto su di lei.

“Non posso credere che volessi rovinare il mio matrimonio attaccando la ragazza del migliore amico di Theodore. È meglio che tu te ne vada. Subito.” La moglie di Theodore la guardò in modo deciso e quasi sprezzante.

“Non potrei essere più d’accordo tesoro.” Theodore cinse la vita della sua neo mogliettina.

Astoria guardò Draco e l’uomo ricambiò lo sguardo duro. “Astoria. Se ti avvicinerai ancora a Sofia con cattive intenzioni rimpiangerai il giorno nel quale sei nata. Questa è una promessa.” Gli occhi dell’uomo erano glaciali e la donna lo conosceva abbastanza bene da sapere che non scherzava.

Completamente umiliata, si alzò in silenzio, allontanandosi aiutata dalla sorella.

Seguì un silenzio imbarazzato interrotto da Blaise: “Beh che stiamo aspettando, torniamo in pista gente!”



“Certo che picchi forte. Devo ritenermi fortunato che in una delle nostre discussioni non mi hai mai fatto finire in ospedale…” Draco rise, passandole sulle ginocchia sbucciate un rimedio che aveva preparato in quattro e quattr’otto Narcissa, estremamente fiera e soddisfatta di poter avere un giorno Sofia come nuora.

“Sono felice che questo ti abbia fatto capire che è meglio non farmi arrabbiare.” Sofia seduta su un muretto guardò l’uomo sostenuta per poi sorridere. “Comunque se l’è cercata… Mi dispiace solo aver creato una situazione di disagio a Theodore ed Elizabeth…” Sospirò.

“Non preoccuparti di questo, io credo che tutti nel profondo pensino che Astoria se lo sia meritato.” Draco finì di medicarle le ginocchia, ma continuò a restare inginocchiato ai suoi piedi.

“Cos’è, ti è venuto il colpo della strega nonnetto?” Sofia rise.

“Forse…” Le sorrise. “O forse no…” L’uomo tirò fuori un cofanetto dalla tasca.

Sofia sgranò i grandi occhi color nocciola, per una volta a corto di parole.

“Avendo constatato che è decisamente meglio averti come amica piuttosto che come nemica e temendo che tu possa rompermi tutte le ossa del corpo… No dai, scherzo.” Draco rise, per poi tornare a guardarla negli occhi più serio. “In realtà è da mesi che ho questo cofanetto con me, però non mi sembrava mai il momento giusto, avevo sempre paura di spaventarti, perché so come la pensi sui matrimoni, sei uno spirito libero ed indipendente e probabilmente questo è uno degli innumerevoli motivi per i quali ti amo così tanto...” Draco prese respiro continuando a sorriderle. “Però davvero Sofi… Credo che prometterci in modo ufficiale quello che già ci promettiamo ogni giorno con il nostro amore, sia solo l'occasione per poter urlare a tutti che se penso alla mia vita ci sei solo tu e nient’altro. Quindi ecco la tanto spinosa domanda: mi faresti l’onore di diventare tuo marito e metterti un anello al dito?” Draco la guardò emozionato e un po’ teso.

Sofia percepì di avere le guance umide, sentiva il cuore battere velocissimo, come se volesse uscirle dal petto per unirsi a quello dell’uomo che le stava di fronte, l’unico con il quale avrebbe condiviso e affrontato qualsiasi cosa, senza timori, con la sola necessità di averlo accanto, per tutta la vita.

Gli scostò il solito ciuffo di capelli ribelli dalla fronte, lasciandosi baciare la mano, in quel semplice e dolce gesto d’amore che parlava di loro.

“Sì. Dieci, cento, mille, infinite volte sì.”

 
Sonnet CXVI – William Shakespeare
Let me not to the marriage of true minds
Admit impediments. Love is not love
Which alters when it alteration finds,
Or bends with the remover to remove:
O no! it is an ever-fixed mark
That looks on tempests and is never shaken;
It is the star to every wandering bark,
Whose worth's unknown, although his height be taken.
(…)
Sonetto 116 – William Shakespeare
Non sia mai ch'io ponga impedimenti
all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento,
o tende a svanire quando l'altro s'allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
(…)

 

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