Déjà vu

di Juliet8198
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 31 ***
Capitolo 32: *** 32 ***
Capitolo 33: *** 33 ***
Capitolo 34: *** 34 ***
Capitolo 35: *** 35 ***
Capitolo 36: *** 36 ***
Capitolo 37: *** 37 ***
Capitolo 38: *** 38 ***
Capitolo 39: *** 39 ***
Capitolo 40: *** 40 ***
Capitolo 41: *** EPILOGO ***
Capitolo 42: *** RINGRAZIAMENTI ***
Capitolo 43: *** REVISIONE ***
Capitolo 44: *** DREAMLAND ***



Capitolo 1
*** 1 ***


4 maggio 2020 

h 8:57

 

Hoseok era in ritardo. Era decisamente in ritardo. Jungkook glielo avrebbe fatto sicuramente pesare una volta arrivato. Lui, d'altro canto, non avrebbe potuto ribattere. Non era mai in ritardo, soprattutto quando si trattava di preparare la coreografia per un'esibizione. Come al solito, c'era molto in ballo, le aspettative per il loro gruppo diventavano ogni anno più alte e ogni volta doveva sfidare se stesso a superare i suoi limiti. Ogni tanto si ritrovava a chiedersi quando avrebbe raggiunto il capolinea. E allora si chiedeva se quella sarebbe stata la sua fine come artista. 

Per tutti questi motivi messi insieme, era rimasto in sala prove la sera prima a definire le transizioni fino alle due di notte. Quando, la mattina seguente, fu svegliato dalla soave voce del manager che cordialmente lo invitava a portare le sue "bellissime chiappe" di sotto, dove la macchina lo aspettava da ben venticinque minuti, capì che la giornata gli avrebbe riservato una dose non indifferente di stress. 

 

H 9:03 

Diede un'occhiata di sfuggita all'orologio dopo essersi infilato qualsiasi cosa ci fosse nel suo armadio (suo, o forse del suo compagno di stanza, lo avrebbe appurato strada facendo) e si fiondò giù per le scale dell'edificio. Divorava i gradini freneticamente, cercando di guadagnare più tempo possibile senza al contempo rischiare una morte imminente. 

Con suo grande disappunto, non appena mise piede fuori dalla porta scoprì che il cielo di Seoul aveva deciso di dargli il buongiorno con una torrenziale pioggia, che nel giro di qualche istante gli aveva già infradiciato i vestiti e incollato i capelli al viso. 

"Bene. La giornata è iniziata decisamente nel migliore dei modi."

Alzando lo sguardo vide la macchina nera che lo attendeva dal lato opposto dell strada con le quattro frecce che lampeggiavano disperatamente, quasi a voler sottolineare i venticinque minuti di attesa e il fatto che si sarebbe già dovuto trovare in sala prove da ben tre minuti. Iniziò a correre curvandosi in avanti, cercando inutilmente di riparare il volto dalla pioggia che gli offuscava la vista. Fece giusto tempo a mettere un piede sul ciglio del marciapiede che sentì improvvisamente una mano afferrargli il braccio e tirarlo dolcemente indietro. Sorpreso, si voltò di scatto per vedere chi fosse la causa del suo ulteriore ritardo e i suoi occhi incontrarono quelli di una ragazza occidentale. Il suo sguardo percorse velocemente i suoi capelli rossi riparati da un ombrello, la sua pelle talmente chiara da riflettere il colore della pioggia e una giacca bordeaux che sembrava abbinarsi alle sue ciocche ramate. 

Dopo averla osservata attentamente, si ritrovò a fare a fare un paio di considerazioni fra sé e sé. Si trovava in una strada pubblica in piena mattinata senza cappello, mascherina o occhiali. L'ultima volta che aveva compiuto quello stesso errore, si era ritrovato a correre disperatamente rincorso da un paio di ragazze  che urlavano: 

"È J-Hope dei BTS! Oppa!*". 

Mentre nella sua testa elaborava ciò che tutto questo comportava, un rumore dietro di sè di copertoni bagnati che strisciavano sull'asfalto e sollevavano  schizzi di fango lo riportò alla situazione corrente. 

-Chiedo scusa, J-hope-ssi*, potrei chiederle un autografo?- disse la ragazza prendendo la parola con un inchino. 

Dopo qualche istante di silenzio mentale, causato dal brusco risveglio e dall'assenza della dose di caffeina mattutina necessaria per la buona riuscita della giornata, si rese conto che effettivamente non era stata una buona idea uscire senza coprirsi e che doveva aspettarsi che una cosa simile accadesse. Il suo corpo rispose da solo per istinto, plasmato dall'esperienza di numerose situazioni simili a quella in cui si trovava in quel momento. Sorridendo cordialmente le tolse la mano dal suo braccio e si allontanò di qualche centimetro.

-Mi dispiace, sono di fretta. Important business.-

Facendole un occhiolino, forse per alleviare il senso di colpa, si congedò con un altro inchino mentre la ragazza chiedeva scusa per averlo disturbato. Si inchinò a sua volta e, quando tornò a guardarlo, un sorriso le incurvò leggermente le labbra raggiungendo gli zigomi. Ma non arrivò ai suoi occhi.

Lo conosceva quel sorriso. Compariva anche sul suo di viso ogni qualvolta era stanco ma doveva comunque interpretare la sua parte. Il suo ruolo. Essere la speranza di tutti: i fan, i membri del gruppo, se stesso. Essere J-hope. Ogni tanto era stanco. Ma sorrideva comunque. 

"Quale ruolo stai interpretando tu, invece?" pensò, rivolgendo un ultimo, fugace sguardo alla ragazza. 

 

Dopo essersi reso conto che di fronte a sè aveva un semaforo, aspettò che arrivasse il verde cercando di attirare meno attenzione possibile e vide la ragazza allontanarsi lungo il marciapiede. Un po' gli dispiaceva averla mandata via. Nonostante ciò, cercò di non soffermarsi troppo su quel pensiero, perché sapeva bene che non avrebbe mai potuto dedicare a tutti i loro fan l'attenzione che cercavano. E anche questo, un po', gli dispiaceva.

Una volta attraversata rapidamente la strada, si ritrovò finalmente in macchina, dove poté abbandonarsi sul sedile scuro e asciugarsi con il panno che il manager gli porse velocemente. 

"Al sicuro. Finalmente."

L'uomo, che si trovava sul sedile anteriore, non si girò nemmeno. Gli lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore che esprimeva tante fantasiose parole che esploravano le profondità della lingua coreana, provocando un brivido di terrore lunga la colonna vertebrale del ragazzo. 

"Al sicuro? Speriamo."

 

Quando si ritrovò di nuovo nella sua stanza erano già le undici di sera. Era talmente devastato da non voler neanche mangiare; si infilò in bagno cercando di essere il più veloce possibile, sia perché il suo corpo stava implorando un po' di riposo, sia perché altre sei creature maleodoranti quanto lui attendevano il proprio turno. 

"Sia ringraziato il giorno in cui siamo venuti ad abitare in una casa con più di un bagno!"

Quando uscì ancora leggermente umido, fece in tempo a vedere Jungkook infilarsi una merendina intera in bocca per poi affogarla in un'abbondante sorsata di latte al cioccolato, Taehyung spaparanzato addosso a Jimin, il quale sedeva insieme a lui sul divano, entrambi troppo devastati per compiere qualsiasi azione e Jin che cercava di preparare un pasto decente almeno per sè. Augurò la buona notte a quei pochi superstiti e si diresse rigido come un automa verso il letto. 

Quando chiuse gli occhi, impiegò poco tempo per raggiungere il sonno profondo. Quella notte sognò, come non succedeva da tanto. 

 

Aveva appena fatto due passi sull'asfalto quando si sentì improvvisamente sbalzare in avanti. Dopo qualche secondo realizzò di essere a terra e di avere la faccia sfracellata. Sentiva il gomito leggermente dolorante ma sembrava riuscire a sorreggerlo, perciò si alzò leggermente per guardare dietro di sè e capire cosa era successo. A qualche centimetro dal suo corpo c'era una macchina ferma in mezzo alla strada con il parabrezza ammaccato. Davanti ad essa, giaceva un corpo inerme e sanguinante. Era il corpo di una ragazza. Il sangue che fuoriusciva dalle sue tempie si mescolò ai suoi capelli, tingendo le ciocche ramate di un rosso più cupo. 

 

 

 

DEAR FUTURE READER

Caro lettore che leggi dal lontano anno 2020, se stai leggendo questa storia dal futuro e ti stai facendo domande abbi pietà di me, povera autrice del passato. Sto scrivendo questa storia nel 2019 perciò, benché inserirò  date precise in riferimento al 2020 non so cosa accadrà a nostri cari BTS. Per quanto ne sappiamo, potrebbero già essere tutti nei militari con un taglio rasato e il titolo ufficiale di ARMY. Speriamo che la Corea migliori prima di allora. 

Scherzi a parte, ho dovuto ambientare la storia nel futuro per potere essere più libera di sviluppare gli eventi come li avevo in mente (ed ero troppo programma per farli combaciare con le loro schedule nella realtà, desolata). Perciò se nella data in cui è ambientato il capitolo che state leggendo i BTS non si trovano a Seoul ma in Uruguay non ne abbiate a male e siate comprensivi. 

 

Purtroppo, non ho ancora finito (abbiate un po' di pazienza). Generalmente non amo che si inseriscano parole coreane nella narrazione, ma ho mantenuto gli onorifici per rendere più chiara la formalità del linguaggio. Metterò sempre una spiegazione nell'angolo autore nel caso alcuni di voi non siano ancora abituati a queste espressioni.

*-ssi: si usa nel linguaggio formale, potrebbe corrispondere all'italiano signore o signora ma in realtà non ha una vera e propria traduzioni

-hyung: lo usano nel linguaggio informale gli uomini nei confronti di uomini più grandi

-oppa: lo usano nel linguaggio informale le ragazze nei confronti dei ragazzi più grandi

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Capitolo 2
*** 2 ***


13 maggio 2020

H 12:47

 

-Hyung, non è il caso di fare una pausa?-

Jimin si voltò verso Jungkook e non riuscì a trattenere il fiotto di gelosia che istintivamente sorse nella sua mente. 

"Se avessi talento come te avrei già imparato la coreografia."

Imbrigliando quel pensiero e cercando di ricacciarlo nei recessi della sua coscienza, tentò di sorridere al ragazzo più giovane e rispose:

-No, voglio finire di preparare il ritornello, la parte finale non va ancora bene.-

Jungkook storse leggermente la bocca e Jimin sapeva che era tentato di ribattere ma che, al tempo stesso, non voleva mancargli di rispetto. 

"Non mi guardare come se provassi pietà per me. Anche tu hai ballato fino a crollare."

Di nuovo, Jimin cercò di allontanare da sè quel filo di pensieri che lo amareggiava ma sapeva che, come in una catena, ogni anello era attaccato ad un altro. Tirandone uno, venivano fuori tutti uno dopo l'altro. 

-Va bene hyung, vado a mangiare qualcosa. Se vuoi ti aspetto.- fece un ultimo tentativo il più giovane. 

Con un altro sorriso, si rialzò in piedi e si diresse verso il mixer. 

-No, vai pure, non ti preoccupare.-

"Per raggiungere il tuo livello devo lavorare il doppio, il triplo di te."

Jungkook allora annuì con accondiscendenza prima di voltarsi e uscire dalla stanza. 

 

Jimin tornò rapidamente a concentrarsi sulla sua immagine nello specchio, focalizzandosi sulle sue gambe. Non riusciva ad eseguire la combinazione in tempo con la musica; si ritrovava sempre a ripetere lo stesso punto o una battuta in anticipo o due battute in ritardo. Continuava a provare e riprovare ma il suo corpo sembrava tradirlo ogni volta, per quanto lui cercasse di forzarlo sotto la sua volontà. 

"Se fossi bravo come Hoseok-hyung ci avrei messo dieci minuti ad imparare la coreografia."

Odiava quella parte di sè. Quella parte insicura e ipercritica. Ma non poteva farci niente. 

Ogni pensiero negativo lo attirava verso un baratro, in cui la sua mente iniziava ad affogare velocemente nel vortice delle sue insicurezze. Più si dimenava per cercare di uscire e più si ritrovava a criticare se stesso e gli altri. Era come essere risucchiati dalle sabbie mobili. Era come morire. 

 

La sua mente era talmente assorbita nei pensieri che gli offuscavano la ragione da non accorgersi che, prima che la porta si chiudesse dietro a Jungkook, una persona era entrata e lo guardava dalla soglia. Ne vide il riflesso offuscato nello specchio e solo allora si rese conto che stava sudando così copiosamente da avere la vista annebbiata. 

-Chiedo scusa se interrompo le sue prove, Jimin-ssi.- udì mentre si asciugava la fronte con l'orlo della maglietta.

La ragazza che si trovava sulla soglia della porta si era inchinata in segno di scuse. Quando alzò nuovamente la testa, Jimin notò che era occidentale. 

-Nessun problema, ha bisogno di qualcosa?-

La BigHit, la loro etichetta, si stava espandendo ancora e negli ultimi tempi stava continuando ad assumere nuovo personale. Jimin, dopo una veloce valutazione, attribuì a questo il motivo per cui non l'aveva mai vista prima. 

-Le devo purtroppo chiedere di uscire da questa stanza. C'è stato un guasto al sistema elettrico; non è nulla di grave ma i tecnici hanno chiesto di portare i dipendenti nell'area caffetteria, dove si potrà eventualmente evacuare in sicurezza.- 

Dopo un attimo di esitazione, Jimin annuì e afferrò la sua borsa, portandosela sulla spalla. Fermandosi per un istante, sentì i muscoli tremare dallo sfinimento. Stringendo i denti, si stabilizzò sulle gambe e si avvicinò alla ragazza. 

Quando questa si voltò uscendo dalla stanza, i suoi occhi studiarono per un breve istante i suoi capelli rossi. Sulla giacca bordeaux che indossava era attaccato il tesserino identificativo con la sua foto, ma non riuscì a leggere il suo nome. 

Seguì la ragazza lungo il corridoio disseminato di porte che portava dalla sala prove principale alle scale e, in fondo, alla seconda sala prove, quella normalmente usata dai trainees.

Mentre scendevano le scale in silenzio, Jimin si sorresse alla ringhiera cercando di non farsi notare. Non appena aveva iniziato a fare i gradini, il ginocchio aveva ricominciato a fargli male. Stringendo violentemente il metallo sotto i polpastrelli insensibili al freddo materiale, cercò di zittire il dolore e il tremore. 

"Forse oggi ho davvero esagerato un po' troppo."

Dopo aver preso coraggio, decise di interrompere il silenzio che si portavano dietro dalla sala prove.

-Non l'ho mai vista qui, è nuova?-

La ragazza si voltò leggermente verso di lui e annuì sorridendo cordialmente.

-Sono qui solo da qualche mese. Lavoro nel reparto Pubbliche Relazioni e normalmente sono sempre incollata al computer, perciò è normale che non ci siamo mai incontrati.- disse lei. 

Jimin aggrottò leggermente le sopracciglia, chiedendosi come mai un'impiegata delle Pubbliche Relazioni avesse il compito di radunare le persone nella caffetteria. Decise, comunque, di tenere per sè le sue considerazioni. 

 

Una volta arrivati in caffetteria, la ragazza fece un breve inchino, congedandosi da lui. Prima che si allontanasse, il ragazzo le rivolse un'ultima domanda.

-Chiedo scusa, può togliermi una curiosità? Come si pronuncia il suo nome? Non riesco a leggerlo dal tesserino.-

La giovane piegò leggermente la testa e non si mostrò sorpresa nel sentire  la richiesta. Probabilmente gliel'avevano già rivolta in diversi. 

-Il mio primo nome è Beatrice. Usi pure quello, noi italiani non siamo abituati a chiamarci per cognome.-

"Quindi è italiana? Namjoon-hyung aveva detto in effetti che gli italiani sono più informali."

Salutandolo con un sorriso cordiale, Beatrice si girò e uscì dalla porta secondaria della caffetteria. 

 

Dopo aver passato con lo sguardo i tavoli, trovò quello dove si trovavano i suoi amici e li raggiunse zigzagando tra la marea di dipendenti dal momento che avevano affollato la caffetteria. 

Una volta giunto a destinazione, si sedette fra Jin e Taehyung, il quale gli infilò prontamente in bocca le sue bacchette cariche di kimchi. Di fronte a sè, notò Hoseok fissare la porta secondaria, quella da cui la ragazza con i capelli rossi era appena uscita. 

-Tutto bene hyung?- chiese con la bocca ancora carica di cibo. 

-Mmh? Sì, non è niente.- rispose il maggiore scrollando la testa. 

Da qualche giorno era strano. A quanto pareva, le passate notti non era riuscito a dormire bene; si svegliava con un umore pessimo e per tutta la giornata non sembrava migliorare. Ogni tanto succedeva, quando era particolarmente particolarmente stanco; i suoi compagni avevano imparato a conoscere quando la loro "hope" stava esaurendo le batterie. 

Jimin, assorto in quei pensieri, si accorse improvvisamente che qualcosa gli premeva  contro la bocca e abbassando gli occhi vide di nuovo le bacchette di Taehyung. Stava nuovamente cercando di fargli mangiare una manciata di riso. Quando allontanò il viso dal cibo, il suo amico protestò.

-Mangia qualcosa.-

Jimin lo guardò di traverso, provando a ribattere, ma sapeva che una discussione con TaeTae finiva sempre con lui che lo guardava sorridendo come un bambino e se stesso che eseguiva esattamente ciò che lui voleva. 

Il suo migliore amico sentiva quando il suo umore non era alle stelle ed era consapevole dei pensieri negativi che, come in quella giornata, occasionalmente gli affollavano la testa. Non succedeva spesso, ma quando accadeva teneva un'espressione seria per tutta la giornata. Quando succedeva, Taehyung gli si appiccicava addosso come un koala, non lasciandogli un attimo libero. Era un po' irritante all'inizio, ma lo apprezzava. La sua vicinanza spezzava la catena di pensieri negativi che continuava ad emergere dal suo inconscio. 

 

Quando finalmente si sdraiò sul letto, sentì la stanchezza prendere il sopravvento sul suo corpo, risvegliando con violenza tutti i dolori che aveva cercato di soffocare nell'arco della giornata. La sua mente, però, era ancora più stanca. Forse proprio per questo, non appena chiuse gli occhi essa lo trascinò in un sogno. Un incubo.

 

Continuava a provare e riprovare ma il suo corpo non assecondava i suoi ordini. Mentre ogni pensiero negativo che emergeva nella sua mente ne tirava fuori un altro, in una catena di rabbia e frustrazione, Jimin si ritrovò il petto scosso dalla tosse. C'era uno strano odore e l'aria secca gli asciugava la gola. Forse si era ammalato il giorno prima, quando era uscito sudato fradicio dallo studio.

Dopo qualche minuto però, si accorse del fumo che stava scivolando dentro la stanza da sotto la porta. E l'odore che sentiva sapeva di fuoco e materiali distrutti. 

Nel giro di un istante, l'allarme antincendio iniziò a perforargli i timpani e senza esitazione si fiondò contro la porta. La maniglia, però,  girò a vuoto. Si era dimenticato che era rotta e che talvolta faceva fatica ad aprirsi. Di solito la lasciavano socchiusa per sicurezza. Evidentemente doveva essersi chiusa dopo che Jungkook era uscito. 

Aveva i polmoni in fiamme, gli occhi lacrimavano e non riusciva a respirare. Non lo aiutava il fatto che il panico gli stesse offuscando la mente e ostruendo la gola qualora il fumo la lasciasse libera. 

Afferrò con forza la maniglia e grugnendo diede una spallata alla porta, ma non si mosse. 

Tossiva.

E quando non tossiva, urlava. 

Si guardò disperatamente intorno ma non vedeva altre vie d'uscita. C'era solo una porta e la stanza si trovava al quarto piano dell'edificio. Se fosse saltato dalla finestra non sarebbe atterrato vivo. 

Si accasciò a terra, con gli spasimi della tosse che lo piegavano a carponi mentre sentiva sulla lingua il sapore del sangue. 

L'aria era pregna di fumo; ad ogni respiro gli stritolava i polmoni. Si alzò la maglietta fino a coprire naso e bocca e si fiondò di nuovo con tutto il peso sulla porta. Stavolta, probabilmente, si era lussato la spalla. E la porta non si muoveva. 

Mentre trascinava un respiro dietro l'altro, si ritrovò sdraiato per terra, rannicchiato su se stesso. 

Una voce lo stava chiamando. Non la conosceva e non riusciva neanche a capire da dove venisse. Mentre ascoltava distrattamente quella voce disperata, aveva chiuso gli occhi in lacrime. Dall'altra parte della porta sentiva dei rumori. Qualcuno cercava di aprire: batteva i pugni, urlava, tossiva, calciava, tirava. Un rumore di metallo stridente annunciò la rottura della maniglia e, nonostante ciò, la porta rimase ostinatamente sigillata. 

Jimin perse definitivamente i sensi nel momento in cui le fiamme raggiunsero l'angolo nella stanza. 

Circondarono il suo corpo lentamente, come un predatore che si avvicina cautamente alla preda. 

E, alla fine, lo ricoprirono interamente.

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Capitolo 3
*** 3 ***


16 maggio 2020

H 14:36

 

Taehyung aveva passato gli ultimi giorni costantemente vicino a Jimin. Lo accompagnava ovunque, stava con lui in sala prove fino a quando non riusciva a trascinarlo via e si assicurava che mangiasse regolarmente. Aveva notato i segni di una ricaduta. Questa volta, però, voleva essere il suo paracadute. Non lo avrebbe lasciato andare, anche se lui lo avesse allontanato. 

I cambiamenti di umore erano piuttosto frequenti in tutti i membri del gruppo e Taehyung stesso non ne era affatto esente, soprattutto a causa delle grandi dosi di stress a cui spesso erano sottoposti. Ma aveva imparato che Jimin era più sensibile degli altri. Era una persona innocente e, per questo, era più vulnerabile. 

La prima volta che aveva iniziato a subire le conseguenze di questa sua fragilità, Taehyung non si era accorto di niente. Era troppo preso da se stesso e dai suoi problemi per accorgersi che il suo migliore amico si stava autodistruggendo, schiacciato dal mondo e dalle sue stesse insicurezze. Non si riusciva a perdonare di non essergli stato accanto allora. Di averlo lasciato affogare da solo, senza offrirgli una mano.

"Questa volta sarà diverso."

Questa volta, non lo avrebbe lasciato andare. 

 

Quel giorno Jimin si perdeva spesso nei suoi pensieri. In diverse occasioni Taehyung lo aveva scoperto a fissare un punto nel vuoto, con un espressione vacua e stanca. Si trovavano entrambi in una piccola stanza adibita a sala trucco all'interno di una sorta di vecchio magazzino sotterraneo. Il luogo era piuttosto fatiscente, ma decisamente calzante per il tema del photoshoot che stavano per realizzare, "Underground". 

Mentre la truccatrice finiva di applicargli il lucidalabbra, con la coda dell'occhio Taehyung osservò l'amico. Non appena fu libero di muoversi, prese la sua macchina fotografica e la puntò vicino al viso di Jimin, il quale in quel momento aveva gli occhi chiusi. 

-Jimin-oppa, fammi un sorriso- disse cercando di suonare più adorabile possibile, per quanto la sua voce profonda lo permettesse. 

Gli angoli della bocca del suo amico si alzarono leggermente ma emise un verso contrariato.

-Lasciami dormire e allontana quella vecchia caffettiera da me.- rispose cercando di suonare assonnato. 

La bocca di Taehyung si spalancò in un'esagerata e plateale espressione di puro shock.

-Questa è una macchina fotografica d'epoca! Non la offendere! E poi non stai veramente dormendo!-

Jimin non poté più trattenersi e si lasciò sfuggire una leggera risata che diede grande soddisfazione al ragazzo. 

-Che senso ha mettersi a fare foto adesso che stiamo che fare un photoshoot?-

-Sono un naturalista, mi piace ritrarre la spontaneità della natura. Ad esempio, adesso mi piacerebbe ritrarre la spontaneità dell'enorme brufolo che hai sul naso.- affermò Taehyung con tono saccente.

Il suo amico spalancò improvvisamente gli occhi e si catapultò contro lo specchio di fronte a sé.

-Dove? Perché non l'hanno coperto con il fondotinta?-

Quando, analizzando attentamente il suo volto non trovò nessun segno, Jimin decise che il ragazzo accanto a sé avrebbe necessitato di un calcio nel sedere. Con il desiderio di realizzare quel pensiero, scattò improvvisamente dalla sedia e iniziò a rincorrerlo fuori dalla piccola stanza mentre la preda davanti a sè rideva e scappava senza neanche guardare dove andava. 

 

H 15:13

 

Quando lo staff ebbe finito di sistemare l'attrezzatura, furono condotti nel lato sud del magazzino, dove la scenografia era stata impostata magistralmente. I due ragazzi, insieme a Jungkook, si accostarono alla parete, lungo la quale si trovavano tre finestre che davano sulla strada. Si appoggiarono l'uno all'altro, seguendo le istruzioni del fotografo, e ogni tre scatti della macchina fotografica cambiarono posizione della testa o espressione del volto. Taehyung aveva notato che, quando si trovava insieme ai suoi amici, riusciva sempre ad essere più rilassato e a tirare fuori quella sicurezza che piaceva così tanto al pubblico. 

Il lavoro terminò in modo veloce e senza particolari interventi del fotografo, che si ritenne presto soddisfatto. Dopo essersi inchinati e aver ringraziato i membri dello staff per la loro pazienza, si diressero nei camerini. Mentre camminava, Taehyung notò che rispetto a qualche ora prima l'espressione di Jimin sembrava più serena. Sorridendo tra sè, sentì il cuore un po' più leggero.

 

H 15:07

 

Namjoon fece scorrere la portiera della macchina scura e scese con i suoi compagni. Insieme a Hoseok, Yoongi e Jin si diresse verso l'ingresso del vecchio magazzino che si trovava a qualche metro di distanza. La zona residenziale che li circondava appariva abbastanza tranquilla, infatti non notò  persone per strada ad eccezione di un gruppo di bambini che giocavano vicino a quello che sembrava proprio il luogo dove dovevano entrare. Namjoon, con una punta di nostalgia, si ritrovò a pensare ai giorni in cui anche lui passava il tempo con i suoi amici spensierato e sereno. 

"Le cose sono un po' cambiate da allora."

-Che succede Hobi? Tutto bene?- disse Jin. 

Hoseok si era improvvisamente fermato, bloccando la marcia dei ragazzi, e osservava il gruppo di bambini. Vicino a loro, accovacciata per essere alla loro stessa altezza, una ragazza dai capelli rossi stava rivolgendo un sorriso al bambino più grande, il quale teneva in mano una palla. Dopo aver piegato leggermente la testa, sembrò porgli un quesito. L'interpellato riflettè per un istante per poi confrontarsi con il resto del gruppo. Dopo aver aver ricevuto una serie di consensi, lui e i suoi amici si allontanarono dal magazzino. 

-Hobi?- ripetè il maggiore. 

-Quella ragazza l'ho già vista.- rispose il ragazzo. 

La persona in questione si alzò, si sistemò la giacca bordeaux e la borsa sulla spalla e si diresse verso una strada alberata, senza voltarsi indietro. Hoseok dopo un attimo di esitazione scosse la testa, come faceva ogni volta che qualcosa lo contrariava, e riprese a camminare. 

Namjoon allora si voltò verso l'ingresso del magazzino. 

-Andiamo, forza, o i nostri dongsaeng avranno motivo di lamentarsi di noi.- disse incitandoli ad allungare il passo. 

 

 

Una ragazza dai capelli rossi si dimenava, trattenuta da due guardie di sicurezza, attirando l'attenzione di tutti i presenti. Il vecchio magazzino prese a riverberare delle sue urla. 

-Voi non capite, fatemi spiegare per favore. Sono in pericolo!- 

Più urlava e scalciava e più le guardie la spingevano indietro, finché non incontrò gli occhi di Taehyung e gli rivolse uno sguardo disperato. Sembrava sull'orlo delle lacrime.

-Che sta succeden- 

Le sue parole furono improvvisamente coperte da un assordante rumore di vetri infranti. Senza sapere perché o come, il ragazzo si ritrovò in ginocchio, boccheggiante. 

Un istante dopo era steso a terra e sentiva la parte destra del corpo avvolta in un calore estraneo. 

Vedeva Jungkook con gli occhi spalancati e Jimin sembrava gridare qualcosa in preda al panico. Lo raggiunse anche la voce della ragazza, che suonava ancora più disperata. 

Ogni respiro era doloroso e sembrava inutile, perché non arrivava aria nei suoi polmoni. Annaspava, come se stesse affogando. 

Il lato sinistro del corpo era diventato freddo e immobile. Non riusciva più a respirare. Dei rantoli estranei uscivano dalla sua bocca, impedendogli di formulare formulare parole. 

L'ultima cosa che vide prima di chiudere gli occhi, fu il volto in lacrime del suo migliore amico. E lui avrebbe solo voluto dirgli due parole. Ma non ci riuscì. 

"Non piangere."

 

 

 

 

Come promesso, vi metto la spiegazione dei termini coreani che ho usato e ne approfitto anche per chiedervi cosa ne pensate della storia. Avete già delle teorie in merito? Sicuramente avrete già capito di cosa si tratta ma spero comunque di stupirvi con effetti speciali.

PS : sono desolata per tutte le Tae stans, gli ho fatto fare una fine davvero poco bella, sorry. 

 

Dongsaeng: termine del linguaggio informale per riferirsi a un membro della famiglia o a un amico/a più giovane.

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Capitolo 4
*** 4 ***


17 maggio 2020

H 9:14

 

-Hyung, mi passi un altro po' di riso?-

-Kookie, non parlare con la bocca piena, non si capisce niente.-

-Oh mio Dio, sono secoli che non faccio una colazione decente!-

-Questo kimbap è stratosferico, hyung!-

-Ehi, mangia la roba nel tuo piatto!-

-Tu non lo stavi mangiando.-

Jin osservò il branco di ragazzi affamati che stava divorando la colazione che aveva preparato e sorrise. Finalmente potevano godersi una mattina di riposo, perciò ne voleva approfittare per mangiare insieme a tutto il gruppo. Da qualche mese erano tutti talmente indaffarati che, al di fuori della sala prove e degli altri impegni di lavoro,  non riuscivano a trascorrere più neanche i pasti insieme. Benché iniziasse già ad avere mal di testa per la confusione che i suoi dongsaeng stavano facendo, sentì che gli era mancato vederli così vivaci. Quella mattina sembravano tutti riposati e carichi di energie. Tranne uno. 

-Hai dormito male, Tae?- chiese Jin notando le occhiaie marcate sul volto del ragazzo. 

L'interpellato si girò sorpreso, smettendo di masticare e focalizzando la sua attenzione sul suo hyung. Sembrò riflettere per un momento sulla domanda e infine distolse lo sguardo.

-Ho fatto un sogno strano stanotte.- rispose spostando il riso nella sua ciotola con le bacchette. 

Jimin, seduto accanto a lui, si girò a guardarlo. 

-In che senso?-

Il suo amico fermò le bacchette che continuavano a giocare con il riso e alzò lo sguardo fissando un punto impreciso di fronte di sé.

-Ho sognato di morire.- 

Il chiacchiericcio che fino a poco prima dominava la stanza si spense improvvisamente e l'attenzione di tutti si spostò su Taehyung. 

-Era strano. Mi è sembrato di rivivere esattamente  la giornata di ieri, solo che durante il photoshoot succedeva qualcosa. L'ultima cosa che ricordo è che stavo morendo.-

I suoi compagni continuarono a mangiare, ascoltando attentamente. 

-Anche a me è successo la settimana scorsa.-

Tutta l'attenzione rimbalzò sul lato opposto del tavolo, da dove Hoseok era appena intervenuto.

-Davvero? Cosa hai sognato?-

Il ragazzo appoggiò le bacchette sul piatto e sembrò scavare nella memoria. 

-Era un po' diverso. La prima volta mi è capitato di sognare la giornata che avevo appena avuto ma non ero io a morire, era una fan che avevo incontrato quella mattina. Le notti seguenti mi sembra di aver sognato sempre lo stesso episodio ma ogni volta finiva in modo diverso. Spesso capitava che ero proprio io a morire. In un incidente stradale, mi sembra.-

Il silenzio calò nuovamente, lasciando spazio ad una leggera inquietudine. Un altro ragazzo avrebbe voluto intervenire e parlare anche delle preoccupazioni che avevano attanagliato la sua mente, ma decise di non intervenire. Non voleva aggiungere le sue ansie a quelle dei suoi compagni, che sembravano già abbastanza provati. 

-Secondo gli psicologi, noi sogniamo ciò che succede nella nostra vita di tutti i giorni. Forse c'è stato qualcosa che vi ha un po' turbato in quelle giornate e così la vostra mente ha creato questi incubi. È normale che succeda.- 

Namjoon cercò di rassicurare i suoi compagni, sapendo che lo stress poteva giocare brutti scherzi. Avrebbe voluto fare qualcosa per distrarli un po', magari passare del tempo da soli, a divertirsi e basta. Invece avrebbero dovuto  accontentarsi di quelle poche ore libere, perché di certo il loro programma non gli avrebbe permesso molto presto di prendersi una giornata intera di riposo. 

 

Mentre il chiacchiericcio riprendeva e la conversazione verteva sulla grande sapienza del sommo leader del gruppo, Jin si alzò e si diresse verso le scaffale dei medicinali. Osservando le etichette davanti a sé, afferrò le vitamine che lo aiutavano ad alleviare il dolore muscolare. La sua mano indugiò, finché non prese anche le pillole per il mal di testa. Da due mesi ormai non c'era mattina che si alzava senza sentirsi poco bene. E da due mesi non c'era notte che riuscisse a dormire. 

Era assurdo il fatto che, pur essendo stanco da morire, ogni volta che si sdraiava non chiudeva più occhio fino alla mattina seguente. Era un supplizio e si stava ripercuotendo sul suo lavoro. Non riusciva a mantenere la concentrazione quando cantava e ballare era ancora più faticoso del solito. Qualche giorno prima il suo manager gli aveva lasciato una scatola di sonniferi abbastanza leggeri, consigliandogli di farne uso se proprio non riusciva a trovare un altro metodo per migliorare la situazione. 

Inizialmente era stato restio ad accettare, ma aveva raggiunto un punto in cui la mancanza di sonno lo stava facendo impazzire. Era davvero stanco. Con silenziosa rassegnazione, decise che quella sera avrebbe provato a prendere qualche pillola, nella speranza di potersi finalmente riposare un po'. 

 

H 16:36

 

-Il manager ha detto che stanno valutando di inserire "Hold me tight" fra le canzoni del muster.- annunciò Namjoon rientrando dalla porta della sala prove secondaria. 

Avevano dovuto trasferirsi lì a causa di lavori di riparazione alla porta della sala che usavano di solito e i trainees erano stati spostati nel vecchio edificio della BigHit.

La notizia annunciata dal leader fu accolta con diversi sospiri di dissenso. 

-Ma la scaletta delle canzoni è già stata pubblicata e manca meno di un mese al primo concerto del muster!- si ritrovò a dire Jin, suo malgrado. 

Namjoon sospirò e sollevò un angolo della bocca in una smorfia.

-Lo so, è quello che gli ho detto, ma a quanto pare è stata richiesta da diversi ARMY e la vogliono far diventare un bonus a sorpresa.- 

Diversi sospiri riempirono la stanza e tutti i presenti stavano facendo lo stesso pensiero.

Avevano già le esibizioni individuali da prepare, oltre alle variazioni delle coreografie delle canzoni che erano già state scelte. Aggiungere le prove di un'altra canzone avrebbe significato ancora più tempo a lavorare e ancora più dettagli da definire. Comunque, non potevano farci niente. 

Decisero che avrebbero cominciato subito a ripassare la canzone dopo una breve pausa, perciò Jin si sedette contro la parete vicino alla porta. Appoggiò la testa al muro, apprezzando la piacevole sensazione che la superficie fredda gli dava, anestetizzando il fastidioso martellare che gli rimbombava nel cervello. Chiuse gli occhi, sospirando grato per quei brevi istanti di sollievo.

Qualche secondo dopo, fu costretto a riaprirli quando qualcuno bussò alla porta. Si alzò un po' barcollante e abbassò la maniglia. 

-Salve, Seukjin-ssi, chiedo scusa se interrompo le vostre prove.- 

Davanti a sé, una ragazza occidentale con i capelli rossi si inchinò mentre pronunciava le sue scuse. Il ragazzo sorrise debolmente prima di inchinarsi a sua volta.

-Non ci hai interrotti, non ti preoccupare. Cerchi qualcuno in particolare?-

-Stavo cercando proprio lei. Il suo manager mi ha detto di darle queste.- rispose allungando una mano verso di lui. 

Vide una scatola simile a quella che aveva ricevuto qualche giorno prima e la afferrò per studiarla meglio.

-Ci dev'essere un errore, me le aveva già date queste.- affermò alzando leggermente un sopracciglio.

La ragazza sembrò capire immediatamente a cosa si riferiva, perciò si affrettò a rispondere. 

-Ha detto che quelle che le aveva dato erano le medicine sbagliate. A quanto pare il dottore aveva scambiato la scatola con una medicina per il cuore. Si è raccomandato di prendere questa e di non esagerare con le dosi.-

Dopo un attimo di perplessità, Jin si inchinò nuovamente e ringraziò la ragazza. 

Una volta chiusa la porta si voltò e si accorse che erano già tutti pronti con i microfoni in mano, perciò si diresse a prendere anche il suo per poi porsi al centro della stanza.

-Ehi hyung, cosa ci faceva qui quella ragazza?- chiese Jimin avvicinandosi.

-Doveva darmi una cosa per conto del manager, perché?- 

I ragazzi non sapevano dei suoi problemi di insonnia; aveva preferito non caricarli ulteriormente con i suoi problemi. Inoltre, voleva evitare che sapessero che prendeva dei sonniferi perciò, con discrezione, si infilò la scatola nei pantaloni.

-Strano. L'altro giorno l'ho incontrata anch'io e aveva detto di essere dell'ufficio Pubbliche Relazioni. Chissà perché le fanno fare questo genere di lavori.-

Jin scrollò le spalle, chiudendo la conversazione per non dover approfondire il motivo di quello scambio e perché, in fondo, non gli interessava più di tanto la questione. Jimin, con la mente immersa in una tempesta di dubbi e pensieri, si voltò verso lo specchio e incastrò il microfono sull'asta, concentrandosi sulle note che stavano iniziando a risuonare nella stanza.

 

H 00:47

 

Dopo una mezz'ora passata a girarsi nel letto ogni minuto,  Jin decise alla fine di alzarsi. Recuperò la scatola che aveva infilato nei pantaloni e si diresse in cucina. Dopo aver letto la prescrizione, prese nel palmo della mano due pillole e le ingoiò insieme a qualche sorso d'acqua. 

Quella notte, finalmente, dormí. Dormí così profondamente che quando si svegliò non ricordò nemmeno se avesse sognato o meno.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Jungkook si diresse verso la cucina. Si stropicciò i capelli, ancora sorpreso dal fatto che Jin non fosse venuto a svegliarlo quella mattina. Rivolgendo un'occhiata annebbiata, vide i fornelli spenti e privi di pentole, notando il maggiore non si trovava neppure lì. Afferrò un cartone di latte dal frigorifero e ingoiò qualche sorso; dopo qualche istante, percepì le voci sommesse dei suoi compagni in salotto. 

Quando li raggiunse, la scena che gli si propose davanti lo lasciò fermo sui suoi piedi che, indugianti, temevano di compiere un altro passo nella stanza. 

Hoseok  stava piangendo a dirotto, raggomitolato su se stesso. Taehyung era in preda a dei violenti singhiozzi, mentre Jimin lo abbracciava nascondendo il volto nella sua felpa. Yoongi aveva semplicemente lo sguardo fisso nel vuoto e Namjoon si teneva la testa fra le mani, tirandosi i capelli color cenere tanto che sembrava stesse per strapparseli. 

-Hyung.-

L'attenzione di tutti i presenti si rivolse a Jungkook, dopo che ebbe emesso quella tremolante parola. 

-Cosa sta succedendo?-

Confuso, il ragazzo si guardò intorno e vide che anche i manager e Bang Si-hyuk, il loro direttore, si trovavano lì. Portavano le stesse espressioni afflitte dei suoi amici, ma non proferirono parola nè  osarono guardarlo negli occhi per più di un istante. Improvvisamente, una realizzazione lo schiaffeggiò, spaventandolo al punto da far sorgere un lieve tremore sulla punta delle dita e lo spinse a parlare di nuovo.

-Dov'è Jin hyung?-

Il leader finalmente alzò la testa e appoggiò i suoi occhi rossi sulla figura di Jungkook. Dentro di essi, il più giovane si sentì risucchiare da un buco nero di dolore e devastazione. 

-Hyung...è stato male questa notte.-

Il silenzio che seguí quella frase lo soffocava. Più i secondi passavano e più sentiva i respiri strascicarsi, pesanti come macigni.

-Quando ci siamo svegliati e ce ne siamo accorti....era già troppo tardi.-

 

18 maggio 2020

H 7:25 

 

Con gli occhi ancora pieni delle immagini che avevano invaso i suoi sogni, Jungkook si ritrovò improvvisamente catapultato nella realtà quando sentì delle dita che gli strizzavano i capezzoli. Schiaffeggiando chiunque lo stesse violando in quel momento, si alzò di scatto dal cuscino.

-Svegliati, scansafatiche! Sei sempre l'ultimo, possibile che ogni volta devo ricorrere a questi sporchi trucchi per farti alzare?!- 

Quando il ragazzo realizzò che davanti a lui c'era un lamentoso Jin, sentì l'aria tornare nei polmoni e il cuore riprendere il suo posto. Nonostante ciò, poteva ancora assaporare in gola l'amarezza della bile mentre gli occhi presero a bruciare, minacciare di tradire il suo stato d'animo. 

-Arrivo subito hyung.- rispose alzandosi prontamente dal letto e dirigendosi verso il bagno. 

Jin alzò le mani, scioccato dalla velocità con cui era riuscito a svegliare il suo dongsaeng. Solitamente gli ci volevano almeno altri tre tentativi e una buona mezz'ora di ramanzine per compiere l'impresa. Ma non si sarebbe lamentato. 

 

20 maggio 2020

H 8:56

 

-State scherzando, spero.-

Il tono di Yoongi risultava  più duro e irriverente di quanto in realtà intendeva essere. Molti ormai avevano imparato che spesso il suo modo di parlare non rispecchiava quello che lui aveva veramente provava. 

-Purtroppo non abbiamo alternative. Per fare in modo che non ci siano momenti morti e per riuscire ad introdurre la nuova canzone, dovremo fare così.-

Il manager guardò Yoongi per poi passare lo sguardo sul resto del gruppo ed infine fermarsi su Jungkook. Quest'ultimo, sentendo di essere chiamato in causa, annuí senza riflettere troppo, scuotendo inconsapevolmente i capelli scuri che gli coprivano gli occhi. 

-Sì va bene, ce la posso fare.-

Il suo hyung allora si voltò verso di lui, squadrandolo con fare intimidatorio.

-Jungkook, hai più di due ore di concerto da fare. Non puoi rientrare sul palco con il tuo assolo nella seconda metà del live dopo solo tre minuti di pausa! Dobbiamo trovare un'altra soluzione, non possiamo allungare lo skit?-

Il manager scosse la testa desolato. Comprendeva perfettamente le preoccupazioni che gli stavano esternando ma aveva le mani legate. 

-Hyung, non ti preoccupare, ce la posso fare. Si tratta solo di quattro concerti, non sarà così pesante.-

Namjoon, dopo un momento di riflessione, prese la parola bloccando un nuovo intervento di Yoongi. 

-Cercheremo di alleggerirti nelle altre canzoni. Magari possiamo togliere la coreografia dell'ultimo pezzo prima dello skit in modo da non sovraccaricarti. Tu però non devi strafare come tuo solito.- affermò. 

Agganciò lo sguardo del più giovane, fissandolo negli occhi scuri. Quegli occhi così stanchi eppure sempre così fieri, selvaggi, avidi di nuove conquiste. Il leader li tenne incollati ai suoi, sperando di trasmettere un minimo di autorità di cui neanche lui stesso era convinto. 

-Trattieniti nelle coreografie iniziali così avrai abbastanza energie per arrivare alla fine.-

Jungkook annuì senza dire una parola, passando ad osservare il pavimento sotto di sé.

Sapeva come funzionava la cosa. Lui era il lead vocalist. Il talento naturale. Il suo ruolo nel gruppo era simile a quello dell'asso in una squadra di basket. Era la persona che doveva realizzare quello che gli altri non riuscivano a fare. Doveva superare le aspettative. 

Ogni tanto, però, aveva paura. Temeva che un giorno la gente si sarebbe resa conto che in fondo non aveva chissà quale talento eccezionale. Un giorno avrebbe deluso le aspettative del pubblico e dei suoi compagni. E quando quel giorno sarebbe arrivato, lui non sarebbe servito più a niente. Sarebbe stato gettato via perché diventato inutile. E allora ogni volta lavorava fino allo stremo delle forze pur di tenere lontano l'arrivo di quella infausta sorte. 

 

Alla fine della riunione, i ragazzi si alzarono e uscirono velocemente dalla studio del manager, lasciando dietro di sé la scrivania asettica e le sedie rigide. Mentre si infilavano in macchina per raggiungere il luogo in cui avrebbero tenuto un'intervista radiofonica, iniziarono a parlare della scaletta per il muster. 

Yoongi, seduto vicino a Jungkook, aveva notato che il ragazzo era rimasto assorto nei suoi pensieri più del solito. Sbuffando sommessamente, rivolse lo sguardo verso la strada, percorrendo velocemente il marciapiede affollato di colori, parole, piedi frettolosi e visi indefiniti. 

-Ehi, guarda che so che ce la puoi fare.- disse dando un leggero colpetto con la spalla al più giovane. 

Il suo dongsaeng si voltò per guardarlo, alzando un angolo della bocca.

-Dico sul serio.- continuò, tenendo ostinatamente gli occhi lontani dal ragazzo. 

 -È solo che non vorrei che morissi nel tentativo di dimostrare a tutti che puoi farcela.- concluse infine con una risatina. 

A quel punto Jungkook si lasciò scappare una smorfia divertita, facendo rimbalzare ritmicamente le gambe su e giù. L'imbarazzo gli tendeva sempre i muscoli, facendoli scattare come animali impazziti. 

-Grazie hyung.- disse abbassando lo sguardo. 

Yoongi non rispose, gli diede semplicemente un altro colpetto con la spalla. 

 

H 18:24

 

Dopo l'intervista radiofonica, quel pomeriggio avevano ottenuto un po' di tempo libero. Jungkook aveva trascorso un paio d'ore davanti ai videogames, ritrovandosi poi con gli occhi stanchi e la mente annebbiata. Strofinandosi le palpebre si alzò dalla sua postazione di gioco. Osservò per qualche istante la scrivania traboccante di disegni, cuffie abbandonate, matite solitarie e qualche maglietta mollemente stesa. Infilandosi la prima mascherina scura che trovò a portata di mano, afferrò le chiavi e abbandonò dietro di sé la stanza caotica quanto la sua mente. 

Era diventata un'abitudine per lui percorrere il tratto che portava dal loro dormitorio al piccolo parco del quartiere. Era una strada tranquilla, anche se costellata di negozi. Nascosto dalla mascherina, osservava la  gente passargli accanto indifferente. Persone anziane camminavano ricurve, piegate dagli anni e dalla fatica. Uomini e donne d'affari avevano il passo affrettato e le mani occupate dai cellulari. Giovani studenti nelle loro linde uniformi parlavano e scherzavano fra di loro. 

Gli piaceva vedere le persone che vivevano la loro quotidianità. Anche se spesso non riusciva a comprenderle. 

 

La sua attenzione fu improvvisamente catturata dalle voci di due donne. Vide sul ciglio della strada due macchine accostate con le quattro frecce inserite; quella davanti con il paraurti leggermente ammaccato, quella dietro invece con il cofano notevolmente  schiacciato e bitorzoluto. 

-Per l'ultima volta, io non ho inchiodato! Ho semplicemente rallentato! Se avesse mantenuto la distanza di sicurezza non mi sarebbe venuta addosso!- affermò una ragazza dai tratti occidentali.

 Si portò stizzita una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio e si strinse nella giacca bordeaux, come a volersi proteggere dall'altra donna, più anziana di lei.

-Brutta bugiarda che non sei altro! Mi vuoi solo spillare dei soldi, non è vero?- disse quest'ultima puntando un dito contro la spalla della ragazza.

-Signora, per favore, si calmi. Non ci sono testimoni a conferma della sua versione dei fatti, perciò la colpa ricade su di lei per aver tamponato la signorina.- 

Un agente di polizia dall'espressione esasperata stava cercando di mediare il conflitto mentre il suo collega era intento a finire placidamente tutto il caffè di un termos, seduto comodamente in macchina. 

"La prossima volta che mi chiede un cambio per le ferie lo mando a quel paese." pensò il giovane posto fra le due donne, con un moto di stizza. 

 

Jungkook, pur prestando attenzione alla scena, decise di continuare a camminare fingendo di non avervi fatto caso. 

I suoi passi furono bruscamente interrotti quando sentì due mani afferrarlo e immobilizzargli le braccia. Un altra mano gli strappò la mascherina e gli ficcò in bocca un panno bagnato, che gli provocò conati nella profondità della gola. L'odore pungente del liquido in cui era imbevuto gli colpì le narici, trasmettendogli un vago senso di nausea. 

Il ragazzo vedeva un uomo davanti a sé, ma esso portava a sua volta una mascherina ed un cappello ben calato sugli occhi. Non era sicuro se fosse la persona dietro di lui ad essere molto forte oppure se fosse lui a diventare sempre più debole. Per uno di questi motivi, non riuscì a divincolarsi dalla sua presa e fu trascinato verso un vecchio furgone sbiadito. All'improvviso, udì in lontananza un urlo che tentò di raggiungerlo. 

-Oh mio Dio! Un ragazzo è stato aggredito! Due uomini hanno aggredito un ragazzo!- 

La vista di Jungkook iniziava a tradirlo e la sua mente sembrava immersa nella gelatina, sospendendo i suoi pensieri in uno stato catatonico. 

-Maledizione, sbrigati, altrimenti arriva la polizia!- incitò uno dei due uomini. 

L'altro gli afferrò le caviglie inermi e lo scaraventò nel retro del furgone aperto, facendogli sbattere la testa. Li sentì accendere il motore e cercare di farlo partire concitati. 

Aveva sonno. Aveva anche paura. Aveva male alla testa e non riusciva a muovere un solo muscolo. 

Senza neanche lottare, chiuse gli occhi e si lasciò scivolare in un rassicurante stato di oblio. 

 

 

 

 

HELLO!

Sapete perché sono qui, non è vero? Va bene la faremo breve e andremo direttamente alle spiegazioni coreane. 

-nim: è un suffisso del linguaggio formale simile a -ssi. A differenza di questo però si usa non con nomi propri ma con le professioni.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Uscendo dal torpore in cui il suo intero corpo era immerso, Jungkook aprí lentamente gli occhi. Il buio dell'ambiente circostante, insieme alla fredda umidità e al pressante odore di muffa gli provocarono brividi violenti lungo tutto il corpo. Le pareti della stanza erano appena visibili nella scarsa luminosità in cui si trovava, ma notò comunque le incrostazioni dell'intonaco che stava per staccarsi. Abbassò lo sguardo e notò che era seduto su un materasso macchiato e rotto a tratti. Infine, voltò la testa e vide, in piedi appoggiata alla parete, una ragazza. 

-Ti sei svegliato. Come ti senti?- 

La giovane, dopo aver preso la parola, si staccò dalla parete tenendo le braccia incrociate e, lentamente, si avvicinò. Man mano che avanzava, Jungkook poté vedere più chiaramente i dettagli del suo viso. I capelli ramati riflettevano la poca luce dell'ambiente mentre i suoi tratti occidentali si stringevano in un'espressione accigliata. 

Era confuso. Non solo. Era frastornato, confuso e frastornato. Tutte queste circostanze  distolsero il suo cervello dalla domanda che gli era stata rivolta e iniziò ad elaborare la situazione in cui si trovava.

-Dove sono? Tu chi sei? Perché siamo qui?- 

La stanchezza e la voce che gli raspava la gola ad ogni parola non gli impedirono di formulare tutte le sue domande in un solo fiato. La ragazza si fermò ad un passo da lui e sospirando si lasciò cadere sul materasso, sedendoglisi affianco.

-Sei stato rapito da due uomini, che probabilmente vorranno chiedere un riscatto. Io sono qui perché ho provato a chiamare la polizia e...beh, semplicemente, mi hanno beccata.- rispose infine sollevando le mani. 

-Mi chiamo Beatrice, comunque. Non ti preoccupare, so già chi sei.- aggiunse, vedendo che il ragazzo stava per presentarsi. 

Jungkook spostò lo sguardo alla parete di fronte a sé, dove si trovava una porta di metallo. Più elaborava quello che gli era stato detto, più il suo corpo si caricava di energia nervosa che gli elettrizzava i muscoli. La sua gamba iniziò a muoversi freneticamente su e giù alla velocità dei suoi pensieri. 

Ricordava di essere stato afferrato da una persona. Ricordava che un'altra persona gli aveva infilato qualcosa in bocca. Forse era quella cosa che lo aveva fatto addormentare. 

-Sto abbastanza bene.- disse, costringendomi a fermare il nervoso tic della gamba.

La ragazza lo guardò confusa.

-Non avevo riposto alla tua domanda. Sto abbastanza bene, grazie. Tu invece?-

Dopo un attimo di esitazione, lei annuì, più sollevata. Il cipiglio se ne stava andando dalla sua fronte.

-Tutto a posto, grazie. Mi hanno dato una botta in testa, ma ce l'ho ancora attaccata al collo, perciò direi che mi è andata alla grande.- rispose lei con una scrollata di spalle e un leggero sorrisetto.

Jungkook spalancò gli occhi per poi focalizzarli sul collo sporco di sangue nascosto sotto i capelli di lei. 

-Sicura di stare bene? Hai perso sangue.-

Lei annuì nuovamente.

-Sembra peggio di quello che è realmente. Non mi fa troppo male e non ho la nausea perciò non dovrei avere un trauma serio.-

Il ragazzo tornò a guardare di fronte a sé. La gravità della situazione lo assalí come un'onda e lo fece soffocare. 

Pensò ai suoi compagni, che probabilmente sapevano già della situazione e si sarebbero sentiti in colpa per averlo lasciato uscire di casa da solo. Pensò alla sua famiglia, che si sarebbe angosciata. Sua madre non avrebbe dormito la notte al pensiero che lui era in pericolo. Se non lo credevano già morto.

Improvvisamente, un altro brivido gli scosse la colonna vertebrale.

-Tu non hai paura?- disse infine, tenendo lo sguardo di fronte a sé. 

-Sinceramente, no. Non per me almeno.-

Jungkook si girò stupito verso la ragazza. 

-I tuoi amici saranno preoccupati a morte per te.- aggiunse infine lei.

-Anche la tua famiglia. E i tuoi fan.- continuò. 

Il ragazzo posò gli occhi su di lei facendo rotolare la testa contro il muro.

-Anche la tua famiglia lo sarà.-

Sembrò che quest'affermazione l'avesse colta di sorpresa, tanto che annuì ma mantenne un'espressione turbata sul viso. 

 

-Come hai detto che ti chiami?-

-Beatrice.- ripeté lei.

-Da dove vieni?-

La ragazza fece un altro sorrisetto.

-Sono italiana. Vengo dalla patria della carbonara.-

Anche Jungkook a quel punto si lasciò andare ad un leggero sorriso che metteva in mostra i suoi incisivi. 

-Sei una fan?-

Lei annuì senza guardarlo negli occhi.

-Grazie per avere provato a salvarmi. Mi dispiace che sei finita in questa situazione per colpa mia.-

La guardò e cercò trasmetterle tutto il calore di cui era capace, combattendo la sua indole impacciata all'espressione delle proprie emozioni. 

-Non è colpa tua.- rispose semplicemente lei.

Un silenzio sottile ma pressante invase la stanza. Sembrava amplificare la portata dei loro respiri. Le loro menti erano talmente tanto assorte che i loro pensieri avrebbero potuto prendere una forma fisica e popolare l'ambiente intorno a loro.

Poi, Beatrice scattò in piedi, punta da determinazione. 

-Dobbiamo trovare un modo per uscire di qua. Siamo in due, se uniamo le forze forse possiamo arrivare ad una soluzione.-

Iniziò a studiare attentamente la stanza, concentrandosi inizialmente sulla piccola finestra sopra le loro teste e passando infine ad osservare la porta. 

-La finestra è troppo in alto per poter essere raggiunta. Anche se ti salissi sulle spalle non riuscirei comunque ad arrivarci.- disse prima di voltargli le spalle. 

-La porta si apre dall'esterno, perciò  non possiamo provare a smontarla dai cardini. E non ho la più pallida idea di come forzare una serratura. Perciò, a meno che tu non possieda delle doti nascoste da scassinatore, l'unica opzione che ci rimane è cercare di sfondarla.-

Jungkook apprese tutte quelle informazioni e, dopo averle considerate, si alzò in piedi sgranchendosi le gambe. 

-Forse, se la colpiamo entrambi contemporaneamente, ci riusciremo.- disse.

La ragazza annuì e si mise affianco a lui, pronta a partire. 

-Al tre. Uno...due...tre.-

Quando pronunciò l'ultima parola, entrambi scattarono in avanti protendendo la spalla all'ultimo secondo per colpire la porta. Sentirono un tonfo sordo diffondersi nel vuoto della stanza, ma la porta non si mosse. 

-Ancora.- disse Beatrice. 

-Uno...due...tre.-

Colpirono nuovamente. Un dolore acuto pervase la spalla di Jungkook, percorrendo tutto il braccio fino ad arrivare alla mano. Al decimo tentativo capirono che era uno spreco di energie. Si sedettero nuovamente sul materasso macchiato, tenendosi entrambi la spalla dolorante.

-Altre idee?- sussurrò il ragazzo.

Beatrice sembrò riflettere fissando il soffitto con la mascella contratta.

-Credi di riuscire a mettere fuori gioco uno dei tizi se io lo distraggo?- 

Jungkook la fissò come se fosse impazzita ma poi considerò sinceramente l'idea e provò a fare una stima della sua forza attuale. 

-Non sono al massimo, ma potrei riuscirci. Come pensi di fare?-

La ragazza fece una smorfia contrariata.

-Dovrebbero venire a darci da mangiare prima o poi. E non è un lavoro che hanno bisogno di fare entrambi, perciò credo che sia probabile che ne verrà solo uno. Se così sarà, quando entrerà cercherò di attirare la sua attenzione mentre tu proverai a prenderlo alle spalle.-

Era un piano piuttosto approssimativo, forse anche abbastanza speranzoso. Ma non avevano alternative. 

-E cosa faremo una volta usciti se incontriamo l'altro?-

La ragazza sospirò e socchiuse gli occhi abbandonando la testa contro la parete. 

-Dovremo improvvisare qualcosa. Prima però, vediamo di uscire di qua.-

 

Quando sentirono finalmente la chiave girare nella serratura, erano già in posizione pronti ad accogliere il loro rapitore. La porta si aprì, rivelando fortunatamente un solo uomo, benché assai ben piazzato, con in mano un vassoio. 

-Ehi!- gli gridò contro la ragazza mentre avanzava verso di lui, non avendo pensato ad un modo più intelligente per distrarlo. 

L'uomo le si avvicinò leggermente, realizzando che mancava una persona all'appello. Quando si rese conto della presenza di Jungkook alle sue spalle, si voltò e gli conficcò il suo massiccio pugno nella mascella, mandandolo contro la parete per la forza del contraccolpo. 

Beatrice decise di gettarglisi sulle spalle, stringendogli le braccia attorno al collo e cercando di immobilizzargli le gambe con le proprie, ma si rese presto conto che era un tentativo inutile. L'uomo la prese dalla sua schiena e la scaraventò al pavimento, generando un tonfo raccapricciante. 

Prima ancora che Jungkook potesse tornare ad attaccare con il labbro sanguinante e la mascella dolente, il rapitore aveva estratto dai pantaloni un oggetto che catturò la luce sulla sua superficie metallica. E sparò. 

Jungkook seguí la traiettoria del proiettile e del grido che aveva generato. Aveva colpito Beatrice in pieno petto. 

Al primo colpo ne seguì un altro. Accompagnato da un altro grido soffocato dal sangue. 

Il ragazzo era senza fiato. Senza voce. Vedeva la vita uscire dagli occhi della ragazza e sentiva anche la sua sfuggirgli via. 

Al terzo colpo, aveva cercato di afferrare la pistola. Il risultato fu un foro all'altezza dello stomaco. 

"Non fa così male."

Sentiva il sangue uscire da sé portandosi via anche le sue forze. Era in ginocchio. Una mano appoggiata a terra, l'altra che tentava inutilmente di tamponarsi la ferita. 

Arrivò un altro colpo. Alla testa. Il dolore cessò. Il freddo cessò. La paura cessò. Insieme alla sua vita.

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Capitolo 7
*** 7 ***


20 maggio 2020

H 22:01

 

Yoongi fissava il tubicino trasparente che collegava la sacca della flebo al braccio del suo dongsaeng. Al suo interno, un liquido scorreva lento, calmo, procedendo una goccia alla volta fino alle vene del ragazzo. Non voleva guardare il suo viso inerme e inespressivo, perciò si concentrava su quei dettagli che non gli facevano salire il cuore in gola. 

Quando Namjoon lo aveva chiamato nel suo studio per dirgli che Jungkook era stato quasi rapito e che era stato portato in ospedale in stato di incoscienza, lui aveva mantenuto il sangue freddo nonostante una scossa elettrica gli avesse attraversato i muscoli e il cervello. Aveva domandato se i rapitori erano stati fermati e se i ragazzi già lo sapevano; dopodiché, aveva aiutato il leader a calmare un collerico Jin e un ansioso Hoseok, minimizzando la gravità della situazione. 

Nonostante ciò, in quel momento, seduto in quella sedia striminzita accanto al letto di Jungkook, sentiva tutta l'adrenalina accumulata liberarsi e finalmente pervadere il suo corpo. Avrebbe voluto distruggere la stanza. Avrebbe voluto prendere quella schifosissima e scomodissima sedia e spaccarla in faccia a quei rifiuti di esseri umani che erano la causa di tutto questo. 

Era in ansia e sentiva male al cuore, perché il solo pensiero di perdere uno dei suoi fratelli era stranamente insostenibile. Per quanto in altre situazioni avesse cercato di respingere quei sentimenti, non ci riusciva più. Perdere i suoi amici, la sua famiglia, sarebbe stato il dolore più insopportabile della sua esistenza. E mai come allora se ne era reso conto. 

 

Nella stanza d'ospedale regnava un silenzio angoscioso e imbarazzato, principalmente perché i sei ragazzi non sapevano come comportarsi in presenza del poliziotto che, insieme a loro, attendeva il risveglio del ragazzo. Era arrivato con il suo collega, che piantonava la porta dall'esterno, una mezz'ora dopo di loro dicendo di avere bisogno della testimonianza della vittima su come si erano svolti i fatti. Fortunatamente, grazie ad un passante che aveva denunciato l'aggressione e alla presenza della polizia già sul posto, i rapitori erano stati fermati in tempo e si trovavano sotto interrogatorio. 

Yoongi ebbe un impercettibile sussulto quando le ciglia di Jungkook fremettero prima di aprirsi e mostrare i suoi occhi rossi e stanchi. La prima cosa che guardarono fu proprio il volto dello hyung che, imbarazzato dal suo stesso enorme sollievo, fece schioccare sonoramente la lingua. 

-Era ora. Anche in queste occasioni devi sempre prendere il tuo tempo per svegliarti.- 

Il suo dongsaeng sbattè le palpebre diverse volte, inebetito. Lo fissava come se non lo riconoscesse o come se cercasse di capire perché era lì. Anche gli altri ragazzi a quel punto si avvicinarono al letto, chi lamentoso, chi titubante, chi eccitato. 

-Sei all'ospedale. Ti hanno portato qui mentre eri incosciente.- spiegò Namjoon con delicatezza.

Il ragazzo ancora non proferiva parola. Si guardò in giro, riassumendo tutto ciò che la stanza gli presentava. Poi, con un gesto fulmineo e inatteso, si portò una mano all'addome, tastandolo con stupore crescente. 

-Sono stato rapito?- chiese infine spalancando gli occhi. 

Un sospiro uscì dal leader, prima che potesse rispondere.

-Si, ma per fortuna la polizia è intervenuta prima che potessero portarti via.- 

Non aggiunse altro, vedendo il disagio negli occhi del ragazzo sdraiato sul letto. Quest'ultimo, scrutò ancora intorno a sé, prestando maggiore attenzione e soffermandosi su tutti i presenti. 

-Dov'è la ragazza che era con me?-

A quel punto il poliziotto, che fino a quel momento era rimasto in disparte in un angolo, si fece avanti prontamente.

-Quale ragazza?-

Gli occhi di Jungkook sembravano colmi di ansia e di confusione. Si esaminò ancora una volta l'addome all'altezza dello stomaco, ma sembrò fallire nel trovare quello che cercava. Allora spostò gli occhi sul soffitto e rimase a fissarlo con il volto chiuso in un'espressione preoccupata. 

-Non c'era nessuno con te quando sono venuti a salvarti.- aggiunse infine Namjoon, cercando di capire cosa passava per la testa del suo dongsaeng. 

Il ragazzo, dopo aver indugiato ancora un po' a contemplare il soffitto, scosse la testa e scacciò dal suo volto la preoccupazione. 

-Non è niente hyung....mi sono sbagliato.- 

Il poliziotto, che continuava ad assistere alla scena, non apparve soddisfatto della risposta, ma non fece domande al riguardo. 

-Ti devo chiedere di raccontarmi tutto quello che ricordi dei fatti accaduti.- 

Non era una richiesta, anche se era stata posta come tale, e per questo suscitò un verso contrariato da parte di Yoongi. 

-Si è appena svegliato, non può aspettare?-

Nonostante ciò, ricevette un leggero gesto di assenso da parte di Jungkook che si issò debolmente sui gomiti per alzare la testa e guardare meglio il suo interlocutore. Jimin fu subito al suo fianco per aiutarlo a sistemare il cuscino più in alto e chiedendogli delicatamente se era comodo. 

 

Quando il ragazzo ebbe finito di rispondere a tutte le domande che gli venivano poste, il poliziotto uscì dalla stanza per rispondere al telefono che aveva attirato la sua attenzione. Dopo qualche minuto tornò dentro insieme al suo collega che fece un lieve inchino piegando la testa. 

-L'interrogatorio è finito ed è confermato che i rapitori non avevano complici, perciò non corri altri rischi.-

La stanza si riempì del sollievo dei presenti che ciondolavano stanchi l'uno accanto all'altro. 

-Posso sapere chi è stato a denunciarli?- intervenne Jungkook. 

-Per questioni di privacy non posso rivelarti il nome del testimone che ha chiamato la polizia.- rispose seccamente il poliziotto.

"Chi gliel'ha infilata la scopa su per il..."

Per fortuna Yoongi fermò quel pensiero prima che potesse sfuggirgli dalle labbra e metterlo nei guai, come altre volte era successo. Decise comunque di trasmettere il suo malumore al "simpatico" individuo con uno sguardo freddo e provocatorio, prima che questo potesse girare sui tacchi e uscire dalla stanza tallonato dal collega senza nemmeno congedarsi. 

"Se non ci ha pensato nessuno, gliela infilo io la scopa la prossima volta che lo vedo."

 

-Io, Casadei Beatrice, nata a.... Chiedo scusa, non sono certo della pronuncia.... Bologna il 5 settembre 1996 e residente a Seoul dichiaro di aver assistito all'aggressione e tentato sequestro di persona del signor Jeon Jungkook e di aver denunciato il fatto alle autoritá presenti sul posto in qualità di mediatori nel caso di sinistro stradale in cui sono stata coinvolta. Dunque, se mi conferma che questa è la sua dichiarazione la prego di firmare sotto il suo nome.-

Il commissario dalla barba incolta e i capelli sbiaditi dall'età porse alla ragazza due fogli appena usciti dalla stampante. Dopo aver fatto come richiesto, la testimone li restituì alla persona seduta davanti a lei. 

-La ringrazio.....Beatrice-ssi.- rispose l'uomo dopo aver controllato il nome un'ultima volta. 

La ragazza si alzò dalla sedia sorridendo e fece un profondo inchino al suo interlocutore. Quando la porta si fu chiusa dietro di lei, il commissario iniziò a sistemare i fogli appena firmati nello schedario, sbuffando sonoramente. Il giovane che sedeva nella scrivania in fondo al piccolo ufficio sollevò lo sguardo verso il suo superiore. 

-C'è qualcosa che la lascia perplesso, signore?- chiese incuriosito. -Mi sembra un caso abbastanza semplice.-

L'uomo si strofinò le dita sulla barba, assorto nei suoi pensieri, mentre la sua bocca assumeva una smorfia insoddisfatta. 

-Ci sono un po' di cose che mi puzzano. Non ho dubbi sui colpevoli, sono stati colti in flagrante e in più hanno confessato loro stessi.....- 

Lasciando in sospeso la frase, portò per l'ennesima volta l'attenzione alle foto scattate sulla scena. 

-È una coincidenza ben fortuita che le gomme  del furgone si fossero forate con dei vetri di bottiglia. Soprattutto perché i pezzi erano presenti intorno ai copertoni ma non sotto.- continuò scuotendo la testa e prendendo in mano le fotografie. 

-In più, i rapitori non erano degli stupidi. Sapevano che quella zona veniva raramente pattugliata e avevano studiato le abitudini della vittima per trovare il posto perfetto per rapirlo senza attirare l'attenzione. Il caso ha voluto che la pattuglia fosse lì proprio in quel momento, proprio vicino a quella strada. E la testimone, nonostante stesse parlando con la colpevole dell'incidente stradale, ha casualmente visto i rapitori e capito che cosa avevano intenzione di fare. Ed è pure riuscita ad identificarli pur avendoli intravisti di sfuggita. Sono tutte circostanze piuttosto rare e messe insieme sembrano quasi....studiate. Come se qualcuno avesse orchestrato l'arresto.-

Il sottoposto rivolse un ultimo sguardo al commissario prima di tornare alla pila di documenti che aspettavano di essere compilati. 

-Forse il ragazzo è stato davvero molto fortunato. E se fosse invece come dice lei, beh...penso che chiunque ci sia dietro ci abbia fatto un bel favore, non crede?-

Il suo superiore non aggiunse altro e chiuse i suoi dubbi nello schedario insieme alla deposizione della testimone.

 

 

HEI BEAUTIFUL PEOPLE!

Non sono qua per spiegare termini coreani, volevo solo chiedere un parere. Avrete notato che i capitoli si stanno gradualmente allungando e volevo sapere se vi andava bene o se preferivate avere capitoli della stessa lunghezza. Sto cercando di mantenerli simili come numero di parole, ci sono però capitoli in cui voglio scrivere certe cose e mi scoccia terminarli prima di averlo fatto. Cosa ne dite voi?

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Capitolo 8
*** 8 ***


...ritrovato il corpo del lead vocalist dei Bangtan Sonyeondan Jungkook a cinque giorni dal rapimento. Secondo il riscontro del medico legale, la vittima è stata uccisa due giorni fa con tre colpi di arma da fuoco, nonostante il giorno prima l'etichetta del gruppo si fosse spesa per fornire il riscatto richiesto e avesse collaborato con la polizia all'operazione di soccorso...-

Il rumore della televisione riempiva lo studio, risuonando tra le pareti. 

La stanza era piena di persone. E, nonostante ciò, era vuota. 

 

21 maggio 2020

H 07:35

 

-Verrà dimesso dall'ospedale questa mattina il lead vocalist dei BTS Jungkook, ritrovato in stato di incoscienza dopo il tentato rapimento avvenuto ieri sera. In seguito ad accertamenti, i medici hanno assicurato che ha riportato solo una lieve contusione alla testa che non avrà conseguenze gravi. I rapitori, colti in flagranza di reato, si trovano ora in carc- 

Il rumore della televisione fu fermato dal telecomando, che l'aveva bruscamente spenta. 

Beatrice finì di indossare la giacca bordeaux e prese la borsa, pronta a partire per andare a lavoro. Passando davanti al magro specchio in salotto, ignorò gli occhi cerchiati dalla mancanza di sonno e le lievi rughe che iniziavano a solcarle la fronte. 

 

-Tu non hai paura?- disse infine, tenendo lo sguardo di fronte a sé. 

-Sinceramente, no. Non per me almeno.-

Jungkook si girò stupito verso la ragazza. 

-I tuoi amici saranno preoccupati a morte per te.- aggiunse infine lei.

-Anche la tua famiglia. E i tuoi fan.- continuò. 

Il ragazzo distolse gli occhi da lei facendo rotolare la testa contro il muro.

-Anche la tua famiglia lo sarà.-

 

Arrivata vicino all'ingresso dopo essersi infilata le scarpe, Beatrice tirò fuori il telefono dalla tasca della giacca. Mentre chiudeva la porta dietro di sè sentì gli squilli risuonare. 

-Pronto?-

Un sorriso le rasserenò il volto mentre i frammenti della sua mente tormentata si riavvicinavano impercettibilmente, senza però riuscire a ricucirsi. 

-Ciao mamma. Sì, sto bene, volevo solo sentirti e sapere come state.-

 

Nonostante il sonnifero, l'irrequietezza della sera precedente non lo aveva lasciato. Jin aveva dormito, questo è vero, ma aveva avuto un sogno angoscioso, di cui non ricordava neppure i dettagli se non il fatto che lo aveva lasciato stordito e confuso. Era stato sicuramente merito di tutti gli avvenimenti del giorno prima che lo avevano sconvolto. Forse, era stata anche quella chiacchierata che avevano avuto un po' di tempo prima riguardo a sogni strani sulla morte che lo aveva impressionato un po'. Fatto sta che aveva passato una notte d'inferno e la mattina si prospettava immersa nell'angoscia. 

Mentre preparava distrattamente la colazione, sentì i passi strascicati di Namjoon portarlo in cucina. 

-Hyung, hanno chiamato adesso e hanno detto che arriveranno tra poco.-

All'idea che Jungkook sarebbe tornato provò un moto di sollievo. Sarebbe voluto rimanere a dormire in ospedale, come tutti gli altri, ma dopo l'interrogatorio il personale aveva comunicato loro che non potevano rimanere perciò, nonostante le sue proteste, dovettero tornarsene a casa. E il risultato era che sembravano tutti dei cadaveri, quattro dei quali erano stravaccati sul tavolo della sala da pranzo. Avevano speso talmente tante energie a preoccuparsi per il maknae il giorno prima che erano rimasti svuotati. 

-Sarà meglio che arrivi in fretta perché altrimenti la colazione si fredda.- replicò fingendo un'aria stizzita.

Namjoon si lasciò scappare un sorrisino.

-Penso che abbia già fatto colazione in ospedale.-

-E credi che si farà problemi a farla un'altra volta? Quel ragazzo è più sfondo di me per il cibo.- rispose Jin.

-E comunque lo aspetteremo a prescindere così saremo tutti insieme.- aggiunse infine. 

Con un sorriso ampio, il più giovane non poté contraddirlo. 

-Hai ragione hyung, lo vado a comunicare agli zombie di là prima che si divorino a vicenda.-

 

Quando Jungkook entrò seguito dal manager, Jin gli fu addosso in un istante, sparandogli addosso una raffica di parole come faceva ogni volta che preparava la ramanzina per qualcuno di loro. 

-Taehyung stava per mangiarsi il tavolo a forza di aspettare, muoviti dai! Scommetto che ci hai messo tanto perché neppure le infermiere riuscivano a svegliarti. Che cosa ciondoli così, siediti che è pronto!- 

Mentre lo hyung lo spingeva verso la sala da pranzo, iniziò a vedere tutti i ragazzi seduti davanti alla colazione che lo aspettavano sorridenti e gli venne improvvisamente una gran voglia di piangere. Nonostante ciò, si trattenne con tutte le sue forze, perché sapeva che lo avrebbero preso in giro fino alla fine dei suoi tempi. Non riuscì comunque a contenere il sorriso che gli si formò sulle labbra, soprattutto dopo aver visto il piatto pronto con il suo cibo preferito davanti lui. 

 

H 11:34

 

-Non penso sia una buona idea.-

Namjoon non esprimeva spesso i suoi dubbi davanti al direttore. Ma non poté proprio farne a meno in quell'occasione. 

-Ragazzi, i fan sono molto preoccupati per la situazione perciò dobbiamo fargli vedere che va tutto bene, che Jungkook sta bene e che tutto è tornato alla normalità. Non vi costringerò a riprendere le vostre schedule oggi, ma non sposteremo le riprese di RUN BTS.-

I ragazzi non fiatavano e, anche se cercavano di non farsi notare, guardavano Jungkook per capire la sua reazione. 

-Sono d'accordo riguardo al fatto di fare la LIVE di gruppo per spiegare cosa è successo e rassicurarli, ma non mi sembra il caso di fare le riprese subito. I fan potrebbero pensare che stiamo sottovalutando quello che è successo.- continuò Namjoon.

-Hyung, non ti preoccupare, andrà bene. Io sto bene e in più non voglio che gli ARMY si preoccupino.-

Il leader si voltò verso il ragazzo che era il centro della conversazione, insicuro.

-Sei uscito dall'ospedale oggi e quello che è successo non è uno scherzo.- cercò di dissuaderlo. 

Il silenzio si impadronì nuovamente della stanza.

-Lo so, ma non voglio starmene rintanato in dormitorio in preda alla paura a non fare niente. Tanto vale che riprendiamo la nostra vita normale.-

Dopo qualche istante, il maggiore assentì concordando con il ragazzo. 

-Molto bene, allora come previsto il 25 gireremo l'episodio nel parco nazionale di Bukhansan. Nel frattempo lascio a voi decidere se riprendere con gli allenamenti subito o prendervi una piccola pausa.- concluse il direttore. 

 

Distendendo le braccia dietro la schiena, Beatrice staccò gli occhi dallo schermo del computer e li strizzò cercando di mandare via le scritte che ancora le viaggiavano davanti alla vista. Insieme all'ufficio stampa quel giorno avevano una bella dose di lavoro. Il telefono non aveva smesso di squillare per tutta la mattina, portando le domande dei giornalisti di ogni parte del mondo che volevano informazioni sul rapimento e lo stato di salute di Jungkook.

Notando che era ora della pausa pranzo, si alzò dalla sedia seguita dal suo collega, che aveva la scrivania di fronte alla sua.

-Beatrice-ssi!- 

Sulla soglia della porta, la ragazza si girò sentendosi chiamare dal capo reparto.

-Avevi chiesto un giorno di ferie per il 25, giusto? Ti è stato concesso. Però vi avviso tutti e due, credo proprio che oggi dovremo fare gli straordinari.- disse indicando sia lei che il suo collega. 

La ragazza ringraziò prima di fare un inchino ed uscire dall'ufficio. 

 

 

HELLO!!!

Scusate! Il capitolo è più corto del solito, abbiate un po' di pazienza. Nel prossimo le cose si muoveranno un po'. Intanto, anche se immagino che sappiate già il significato, vi metto una parola nuova. 

Maknae: si riferisce al membro più giovane in un gruppo.

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Capitolo 9
*** 9 ***


25 maggio 2020

H 8:24

 

Fuori dal finestrino, Yoongi poteva osservare le aree urbane sciogliersi velocemente a mano a mano che si avvicinavano alla loro destinazione e la natura divorava sempre di più edifici e asfalto. Dal centro di Seoul non era difficile raggiungere il parco di Bukhansan, benché fosse fra i più grandi della zona. Era sorto in mezzo alla modernità dell'uomo circondato da città come un'enorme cicatrice verde e questo lo rendeva tremendamente attraente agli occhi del ragazzo. Il pensiero di allontanarsi dal caos della capitale ed immergersi nel silenzio e nella quiete rasserenava il suo animo in maniera sorprendente. 

Stare in mezzo alle persone non era mai stato il suo forte. Era sempre stato convinto che il tempo passato da solo fosse molto più fruttuoso e molto meno stressante. Le cose erano un po' cambiate da quando aveva iniziato a vivere con gli altri ragazzi e aveva dovuto rinunciare alla sua privacy. Alla fine si era abituato ad averli sempre intorno e aveva iniziato a pensare che la loro assenza portava un silenzio troppo pesante perfino per lui. 

Nonostante ciò, c'era una parte di sé che ancora faticava a cambiare. Quella parte che in passato aveva divorato la sua mente e il suo cuore con l'ansia e la paura. Quella parte che era terrorizzata dalle persone. Gli impediva di guardarle negli occhi. Gli sussurrava i giudizi crudeli e impietosi nascosti dietro a quelli sguardi scrutatori. Lo risucchiava sempre più nel baratro della depressione. E per quanto lui cercasse di risalire in superficie e di comprimere quella parte di sé nell'angolo più remoto del suo inconscio, essa lo afferrava e lo trascinava sempre più in fondo. 

 

Ebbe un momento di spaesamento quando Hoseok gli toccò la spalla per attirare la sua attenzione. Era rimasto talmente assorto nei suoi pensieri che non si era accorto che erano già arrivati. Uscito dal fuoristrada, si stiracchiò le braccia prendendo una grande boccata d'aria e liberando uno sbadiglio. Insieme ai suoi compagni, fu condotto in un'area che stavano adibendo per farli sedere, in attesa che tutta la troupe di cameramen arrivasse e potesse prepararsi alle riprese di RUN BTS.

Non appena vide una sedia pieghevole, non esitò a sistemarcisi sopra stravaccandosi completamente. Accanto a lui presero posto Hoseok e Jimin, seguiti dal resto del gruppo che chiacchierava sommessamente. 

Fingendo di schiacciare un pisolino, Yoongi diede uno sguardo intorno a sé. Jin stava tormentando Jungkook per l'ennesima volta, il quale fingeva di fare il sostenuto ma poi si ritrovava a sorridere sotto i baffi. Da quando il maknae era tornato dall'ospedale, il più grande gli stava addosso costantemente, come una petulante madre apprensiva. In compenso, forse anche a causa di ciò, il più giovane non appariva più turbato da quello che era successo e sembrava aver ripreso la serenità di un tempo. Questo rasserenava un po' Yoongi. 

Dopo aver studiato per un po' i battibecchi tra Taehyung e Jimin, voltò lo sguardo verso la persona seduta accanto a sé, il cui volto era da un po' di tempo segnato da profonde occhiaie. Il ragazzo dovette ammettere a se stesso che ultimamente Hobi era troppo silenzioso perfino per i suoi gusti. Negli ultimi giorni poi sembrava perfino più carente di sonno. All'inizio non si era fatto tante domande, considerando il periodo stressante che stavano affrontando e dando la colpa alla pressione per le esibizioni che dovevano prepare per il muster. Ma col passare del tempo, iniziava a capire che qualcosa non andava. Considerando ciò, Yoongi si ripropose di cercare di parlare con l'amico non appena avrebbero avuto un momento da soli. A quel punto, decise che provare a dormire per davvero non sarebbe stata una così brutta idea, perciò chiuse gli occhi fino al momento in cui li chiamarono per iniziare le riprese. 

 

H 10:36

Il ragazzo ciondolava in mezzo agli alberi cercando di  scorgere intorno a sé qualche indizio. La caccia al tesoro non era certo fra le cose che adorava di più al mondo, sopratutto perché comportava un certo dispendio di energie fisiche, dettaglio decisamente rilevante per un bradipo come lui. Erano momenti come quelli che gli facevano rimpiangere nuovamente di non essere nato in forma di roccia. 

"Che malinconia."

Si ricordò a malincuore di avere ancora la GoPro in mano puntata verso di sé perciò iniziò a pensare ad alta voce descrivendo quello che aveva intenzione di fare. Il quale possibilmente includeva  trovare un modo per ostacolare Jungkook e impedirgli di vincere. 

Arrivato al centro di un'intersezione di sentieri, si guardò attorno. Notò in mezzo agli alberi una via che portava ad uno strapiombo. Non si trovava poi così in alto, ma la vista sembrava essere niente male. Incuriosito, cercò di avvicinarsi, quando sentì un fruscio accanto a sé. Improvvisamente, si trovò la strada sbarrata da una striscia di sicurezza e una persona con un gilet arancione fluorescente che la legava agli alberi ostruendo il passaggio. 

-Chiedo scusa, purtroppo dobbiamo chiudere questa sezione a causa di rischio di frane. La prego di prendere un'altra strada.- disse inchinandosi profondamente. 

Dalla voce Yoongi aveva potuto intuire che era una ragazza, ma a causa del berretto ben calato in testa che le nascondeva anche i capelli e dalla fretta con cui si era allontanata non era riuscito a scorgere altri dettagli. Un po' deluso, diede un'ultima occhiata oltre il nastro al panorama che faceva capolino dallo strapiombo. 

 

Hoseok era stanco, aveva sonno e sembrava che ogni parte di quella radura fosse progettata per irritarlo, dai fastidiosi insetti che gli volavano addosso ai rami spinosi degli alberi che lo frustavano in continuazione. Mentre la mancanza di riposo e l'irritazione gli irrigidivano i nervi, procedeva in silenzio in mezzo al sentiero dimenticandosi di rendere più intrattenente la ripresa per la telecamera. 

La monotonia del paesaggio lo stava portando in uno stato di ipnosi, quando il suo sguardo fu catturato da un guizzo di colore. Una persona, una ragazza, che indossava un gilet arancione fluorescente attraversò il suo campo visivo marciando velocemente attraverso la natura. Inizialmente Hoseok non vi fece molto caso, fino a quando non intravide i tratti di un viso occidentale e una ciocca di capelli rossi che era sfuggita al cappello che si era ben calata sul viso. Si paralizzò. Non sapeva cosa fare. Le sue gambe rimasero impiantate al suolo mentre una serie di immagini attraversava la sua memoria. La strada, la caffetteria, il magazzino....

Si ritrovò a correre nella direzione in cui si era diretta la ragazza senza rendersene conto. Dopo qualche secondo però, si guardò intorno e si accorse che l'aveva persa di vista. 

 

Il silenzio era talmente sublime da amplificare il paesaggio rendendolo ancora più vivo. La natura davanti a sé creava un mare verde, le cui onde si increspavano e si muovevano sinuosamente al comando del vento fino a infrangersi contro la città. 

La pace che lo aveva avvolto fu rotta da un'improvvisa e terribile sensazione alla bocca dello stomaco molto simile a quella che lo prendeva quando si trovava sulle montagne russe. Quando davanti agli occhi si trovò la roccia e sentì il braccio stritolato da un dolore lancinante realizzò la situazione. Alzando lo sguardo, per quanto riuscisse, vide una ragazza sdraiata sull'orlo dello strapiombo, con una mano ancorata alla roccia e l'altra protesa ad afferrarlo. I capelli rossi le erano caduti davanti al viso ma, nonostante ciò, Yoongi riuscì a scorgere un'espressione di angoscia nei suoi occhi, mentre tentava con tutte le sue forze di tenere la sua mano gridando a pieni polmoni per chiedere aiuto. 

Con un immenso sforzo, il ragazzo protese l'altra mano verso uno spuntone di roccia che però si era rivelato troppo lontano. Allora disperato agitò i piedi nel tentativo vano di trovare un appiglio. 

Sentiva la mano sudare e scivolare sempre di più dalla presa della ragazza, che gridava ancora più forte e conficcava le unghie nella sua carne nel tentativo di trattenerlo. Un centimetro alla volta, la loro pelle si allontanava lentamente ma inesorabilmente. 

Infine, la gravità lo attirò  a sé e il vuoto lo circondò con il suo angoscioso abbraccio. La caduta sembrò infinita. Quando arrivò l'impatto, aveva già chiuso gli occhi. Ci fu il dolore. E poi più nulla. 

 

 

 

DEAR FUTURE ARMY, 

Si, parlo ancora a voi che mi guardate dal futuro. Ho inventato questa ambientazione pensando ad un fantomatico episodio di RUN BTS e per questo vale lo stesso discorso che avevamo fatto nel primo capitolo. Ho ideato questo episodio perché mi serviva questa ambientazione perciò non ne abbiate a male se non rispecchia la realtà. Detto ciò, grazie della vostra pazienza e spero che la lettura vi piaccia. Tra poco si giungerà ad una svolta perciò tenetevi stretti ai sedili e allacciate le cinture di sicurezza.

Ps: l'immagine del capitolo non è del parco di Bukhansan, però mi piaceva perché rendeva abbastanza la scena.

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Capitolo 10
*** 10 ***


I rami degli alberi gli graffiavano le gambe mentre correva con tutte le sue forze. Il terreno cosparso di radici, sassi e arbusti rendeva la sua corsa incerta e zoppicante a tratti, ma non si fermò. Seguiva quella voce che urlava disperatamente aiuto. Ogni istante che perdeva guardandosi attorno in cerca della fonte accresceva l'apprensione nel suo cuore e l'adrenalina nelle sue vene, perciò ricominciava a correre. 

Le grida di aiuto si erano trasformate in un lungo e disperato urlo. Dopo di esso, ci fu il silenzio assoluto. 

Arrivato al centro di una radura, Hoseok vide da lontano una ragazza inginocchiata sul bordo di uno strapiombo. Corse verso di lei maldestramente, con le gambe stanche e i muscoli che bruciavano come carboni ardenti. 

La ragazza si voltò e ad ogni passo che lui faceva poteva notare sempre di più le lacrime che le rigavano il viso. 

-Che cosa è successo? Hai bisogno di aiuto?- le chiese continuando ad avvicinarsi. 

Lei non rispose. Rivolse gli occhi arrossati lontano dai suoi, riportandoli di fronte a sé. Allora fu la voce di Hoseok che iniziò a gridare vedendo il corpo della ragazza scivolare nello strapiombo, come se esso stesso l'avesse attirata a sé. 

Si protese in avanti, ma era troppo tardi. 

Afferrò soltanto l'aria.

 

Ingoiato nel baratro degli incubi che lo perseguitavano, il corpo di Hoseok ebbe uno spasmo facendolo contorcere nel letto, prima che la sua mente lo trascinasse in un nuovo scenario. 

 

Entrando nel magazzino dove si sarebbe tenuto il photoshoot, Hoseok sentì la voce di una ragazza.

-Voi non capite! Fatemi spiegare per favore! Sono in pericolo!-

Fece appena in tempo a voltare l'angolo del corridoio che stava percorrendo e vederla dibattersi stretta fra due guardie, che un suono di vetri rotti attirò la sua attenzione. 

La ragazza aveva smesso di muoversi e fissava qualcosa di fronte a sé con le pupille dilatate e la bocca contratta in un urlo mancato. Quando seguì i suoi occhi fino a ciò che stava osservando, una scossa elettrica gli percorse il corpo. 

C'era tanto sangue. Jimin piangeva e Jungkook gridava. E Taehyung stava affogando in un mare di sangue.

 

Hoseok voleva svegliarsi. Voleva disperatamente aprire gli occhi, ma il suo inconscio prese di nuovo il sopravvento, dissolvendo i volti dei suoi amici e trasformando l'ambiente. 

 

Cercando di tenersi vicino ai suoi compagni, venne condotto un po' dalla folla e un po' dalle guardie ad uscire velocemente dalla caffetteria. Da quando era suonato l'allarme antincendio la gente non faceva che spingere ed essere spinta, perché a quanto pare non si trattava della solita esercitazione. 

In mezzo a quella marea in concitazione, vide una ragazza avvolta in una giacca bordeaux risaltare come un'isola deserta in un immenso oceano a causa della sua immobilità. Se ne stava lì, ferma, a fissare ogni persona che le passava davanti e a scrutare in lungo e in largo con aria apprensiva. Quando posò gli occhi su Hoseok, si mise finalmente in movimento, ma non seguì la corrente. Invece, si diresse proprio da lui, contrastando la folla con lunghe falcate.

-Dov'è Jimin?- gli chiese improvvisamente lei. 

Il ragazzo fu inizialmente spiazzato dalla stranezza della domanda, posta da una completa estranea in una situazione così assurda. Poi realizzò effettivamente che il suo amico non era con loro in caffetteria. E  non era con loro neanche in quel momento. 

-Non lo so, penso che sia ancora in sala prove.- rispose allora, sentendo salire un moto di panico allo stomaco. 

La ragazza sembrò provare gli stessi sentimenti e ricominciò a scrutare la folla, prima di imboccare le scale che portavano ai piani superiori. 

-Ehi, ma dove vai?!- urlò vedendola salire due gradini alla volta.

Il panico gli salì alla gola e Hoseok tentò di ricacciarlo in giù deglutendo più volte. Poi, senza riflettere, seguì le gambe che lo portarono a sua volta verso le scale. Sentendo Jungkook che lo chiamava, gli disse di andare avanti e tornò a nuotare nel mare di persone fino a che non raggiunse la ringhiera, a cui si aggrappò come un salvagente. 

Ogni gradino era accompagnato da un battito del suo cuore, che risuonava nella sua gabbia toracica vuoto e funesto come un gigantesco gong.

 

Arrivato in cima si voltò in direzione della sala prove e vide la ragazza di prima attaccata alla maniglia della porta. Con un grido frustrato puntava i piedi a terra e tirava con tutte le sue forze. Quando si accorse delle urla che venivano dall'altro lato, Hoseok si trovò in un attimo accanto a lei. 

-Jimin! Jimin, mi senti?- 

Il ragazzo non fu in grado di capire la risposta ma riconobbe la voce del suo amico. Così si ritrovò a tirare con tutte le sue forze insieme alla ragazza. Lei aveva iniziato a tossire e le lacrime avevano preso a scendere sulle sue guance contratte. Anche lui si ritrovò in breve con gli occhi e la gola in fiamme, il petto scosso dagli spasmi della tosse. 

Quando sentirono il rumore metallico della maniglia che si rompeva, rimasero immobili. Lei infine si accasciò contro la porta, cercando di amalgamarsi con essa. Lui si ritrovò a fare lo stesso, stanco, impotente e disperato. 

Le grida di Jimin dall'altro lato della porta si erano interrotte. Hoseok si ritrovò il volto rigato di lacrime. Non poteva salvare il suo amico. Aveva sentito le sue grida e non riusciva a salvarlo. 

Guardando di fronte a sé vide le fiamme iniziare a divorare il corridoio come una bestia  affamata. La ragazza accanto a sé era svenuta a causa del fumo, stretta contro la porta con le mani piagate e sanguinanti avvolte attorno alle ginocchia. 

Hoseok valutò che avrebbe potuto ancora dare un senso alla sua esistenza, salvando almeno quella ragazza. Provò a prenderla fra le braccia e sollevarla ma, indebolito dallo sforzo e dal fumo, fu tradito dalle gambe tremanti che lo mandarono in ginocchio. Afferrò nuovamente il corpo inerme stringendolo di più a sé e fece un passo cercando di sollevarsi ma si ritrovò nuovamente a terra. 

Il fuoco avanzava inarrestabile, tagliandogli l'accesso alle scale e all'uscita d'emergenza. Non era riuscito a salvare il suo amico. Non era riuscito a salvare quella ragazza. Non era riuscito a salvare neppure se stesso. 

Osservando i capelli rossi della persona fra le sue braccia illuminarsi come le fiamme che li stavano accerchiando, Hoseok appoggiò la testa su quella di lei, scivolando in un dolce oblio che profumava di vaniglia.

 

 

26 maggio 2020

H 6:58

 

Hoseok si strofinò il viso fradicio di sudore e scalciò via il lenzuolo con le gambe doloranti. Una volta seduto, dovette aspettare qualche secondo che la testa smettesse di girare. Sentendo le tempie martellare ancora impietosamente, si diresse in bagno e si diede una rinfrescata. Per due volte immerse la faccia nell'acqua gelida strofinando poi energicamente con l'asciugamano per cancellare i segni residui del sonno tormentato. La sua vista fu invasa da tanti puntini bianchi ma la sua mente era tornata lucida e riesaminava freneticamente il viaggio che aveva percorso quella notte, ricordando solo alcuni dettagli. 

Una cosa però rimaneva ormai indelebile nella sua memoria. Il volto che lo perseguitava ogni notte da settimane. 

 

-Hai una faccia che fa paura.- 

-Che?- 

Hoseok aveva risposto d'istinto al "delicato" complimento di Yoongi con un tono irritato. Subito dopo, si rese conto che lo hyung stava cercando a modo suo di capire come stava e cercò di rilassarsi.

-Scusa, non ho dormito molto bene.- disse tornando a mangiare la sua colazione. 

-È dall'inizio del mese che ti svegli in queste condizioni e dici di non aver dormito bene.-

Il più grande fece una pausa facendo schioccare la lingua. 

-Se c'è qualcosa che non va, sappi che ti ascolto.- aggiunse infine senza distogliere lo sguardo dal piatto. 

Hoseok rimase un po' sorpreso da quell'improvvisa apertura. Solitamente Yoongi non iniziava spontaneamente quel genere di conversazioni, perciò il ragazzo apprezzò lo sforzo con un sorriso. 

-Grazie hyung.-

 

L'idea di Yoongi per aiutarlo a dormire meglio sarebbe stata fondamentalmente buona, se non gli fosse un po' sfuggita di mano la situazione. Iniziarono entrambi a rimpiangere di aver chiesto al resto del gruppo di unirsi alla serata soju quando si erano ritrovati Jungkook sul tavolo intento a twerkare energicamente, Namjoon che cantava a squarciagola una canzone strappalacrime con tutto il sentimento e il falsetto di cui era capace e Jimin che piangeva in un angolo appeso a Taehyung mentre continuava a ripetere piagnucolando "Vi voglio bene ragazzi!". 

Taehyung però rideva e guardava la stanza come se non fosse in mezzo ad un vero e proprio manicomio, ma fosse invece nel posto più bello sulla faccia della terra. Quando ebbe realizzato ciò, Hoseok si ritrovò a pensare che anche per lui forse non era così male. Allora, riscuotendosi dallo stato di silenziosa ipnosi in cui l'alcol normalmente lo trascinava, si alzò in piedi incurvando la bocca in un sorriso vero, come non ne faceva da tempo, e salì sul tavolo iniziando a ballare insieme a Jungkook. 

 

 

HELLO, IT'S ME

Scusate, l'unico motivo per cui scrivo questo spazio è che il capitolo è venuto diverso da come l'avevano studiato e non sono sicura che mi soddisfi pienamente. Sono contenta però della scena finale, volevo staccare un po' da tutta l'atmosfera pesante e divertirmi un po'. Se stavate pensando a quel bellissimo episodio di RUN BTS in vestiti vintage quando avete letto di Jungkook che twerkava beh... devo ammettere che ho pensato proprio a quello.

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Capitolo 11
*** 11 ***


1 giugno 2020

H 9:43

 

Kang Sunbin non era molto diverso dal modello del tipico uomo coreano di mezza età. Leggermente stempiato, ma con la barba sempre rigorosamente curata, dedito al lavoro e alla famiglia, rispettoso dell'autorità. 

Al contrario di molti suoi amici, aveva avuto la fortuna di trovarsi in un'azienda fiorente sotto un buon contratto, il che gli permetteva di pagare la scuola di sua figlia e di risparmiare per comprare una casa nuova. Non amava stare via a lungo per i suoi viaggi di lavoro, ma sua moglie ad ogni anniversario aveva iniziato ad esigere regali sempre più costosi e a spingerlo a guadagnare di più. Le richieste passarono da una collana di perle, ad un anello con diamante, fino ad arrivare ad una sera in un hotel di lusso. Dopo qualche anno, stare lontano da casa era diventata per lui anche una necessità per disintossicarsi dalla sua petulante presenza. 

Non amava particolarmente il suo lavoro, ma si trovava bene con i Bangtan. Erano dei bravi ragazzi ed erano sempre educati con lui. Lavorando come loro traduttore, li aveva seguiti sin dagli esordi e li aveva visti crescere sotto le luci della ribalta. Si trovava bene anche con Bang PD-nim, che era sempre stato un onesto datore di lavoro. 

Sunbin si trovava in quell'azienda sin da quando aveva aperto i battenti, perciò era annoverato fra i dipendenti più esperti e tutti nel suo reparto glielo riconoscevano. Tutti tranne una. 

L'uomo non alzò gli occhi all'avvicinarsi di quel fastidiosissimo rumore che facevano le scarpe della sua hoobae e non lo fece nemmeno quando posò la tazza sulla sua scrivania così delicatamente da non provocare il minimo rumore. 

-Ecco il caffè, sunbaenim.- disse la ragazza con un inchino profondo e un irritante sorriso stampato in faccia. 

Tenendo ostinatamente gli occhi sullo schermo, Sunbin prese la tazza e se la portò alle labbra. Dopo un sorso, la appoggiò malamente sulla scrivania, facendo schizzare il caffè sul legno. 

-È tiepido. E ha ancora quel sapore di tappo. Ti ho detto di metterci un cucchiaino di zucchero. - 

La ragazza si profuse in un inchino ancora più profondo del precedente, facendo saltare un altro nervo all'uomo. 

-Perdonami sunbaenim, domani te lo porterò esattamente come lo desideri.-

Prima che Beatrice potesse tornare alla sua scrivania, Sunbin le rivolse un ultimo ordine secco. 

-E asciuga il caffè prima di andartene.-

La ragazza, senza replicare, prese un fazzoletto e iniziò a pulire il disastro che lui stesso aveva combinato. Sempre con un dannatissimo sorriso sulle labbra. 

Sunbin si era sempre considerato un uomo paziente. Ma quella ragazza aveva la capacità di fargli venire il mal di testa con una sola parola. Da quando era arrivata alle Pubbliche Relazioni, non aveva fatto altro che fare la saccente. Ad ogni domanda che le veniva fatta, aveva la risposta pronta sulla punta della lingua, ad ogni critica che le veniva rivolta rispondeva con una sequela di inchini e finta umiltà. Terminava sempre il lavoro prima di lui e talvolta svolgeva addirittura compiti che ancora non le erano stati assegnati. Sin dal primo giorno, l'uomo non aveva potuto sopportare tutta quella pomposità e quella falsa sottomissione dietro cui nascondeva la sua alterigia occidentale. Ogni parola, ogni inchino, ogni sorriso erano un affronto per lui. Ma da buon sunbaenim quale era, aveva accettato la sfida e si era preso carico personalmente di mostrare a quella giovane saputella come funzionava la gerarchia coreana. Purtroppo, sembrava che ogni critica e ogni rimprovero che le rivolgeva cadesse nel vuoto e venisse inghiottito da quel sorriso di cortesia. 

 

Il flusso frenetico dei suoi pensieri fu interrotto dall'arrivo del capo reparto, che si avvicinò alla sua scrivania con un plico di fogli.

-Dunque, qui c'è la schedule per il viaggio in America. Fate un ultimo controllo e ricontattate le strutture per confermare che sia tutto a posto. Controllate anche che tutti i visti siano validi. Questi sono i suoi documenti per il viaggio.- 

A quel punto, il capo reparto gli lasciò il suo biglietto aereo insieme alla copia della prenotazione dell'hotel e infine appoggiò sulla scrivania di Beatrice un altro plico di fogli. Riportando gli occhi sullo schermo, Sunbin iniziava già mentalmente a programmare i dettagli del viaggio, quando fu distratto da un fastidioso dolore all'addome. Era un paio di giorni che gli succedeva, ma non era mai stato particolarmente forte perciò l'uomo non se n'era mai preoccupato, dando la colpa alla sua acidità di stomaco. Dopo qualche secondo, decise di alzarsi e dirigersi in bagno.

 

3 giugno 2020

H 18:53

 

Beatrice contemplava il cielo che iniziava ad indossare i colori del tramonto come un'elegante veste per onorare la morte del sole. Il cielo di Seoul non era mai azzurro come quello che osservava in Italia. Era sempre offuscato dallo smog. Nonostante ciò, quando tornava a casa dal lavoro non poteva fare a meno di salire sul tetto, sedersi sulla sedia che ormai aveva lasciato lì per abitudine e sentire di essere un po' più vicina a casa, perché quello stesso cielo che era sopra di lei copriva anche la sua terra. Non pensava di essere un tipo così nostalgico, ma più di una volta si era sorpresa a cercare con la mente il ricordo delle pianure verdeggianti, degli sterminati campi di grano e delle variopinte colline disseminate di viti e alberi. 

Stringendo il telefono in una mano, osservò il taccuino appoggiato sulle ginocchia. Finalmente, sentì le note  della suoneria e con un sospiro rispose. 

-Beatrice-ssi, mi dispiace chiedertelo con con così poco preavviso, ma ho bisogno che sostituisci Sunbin-ssi come traduttrice per i BTS. Purtroppo, ha la dissenteria e non può allontanarsi da casa.-

La ragazza lasciò scivolare la voce del suo superiore nelle sue orecchie e aspettò qualche istante prima di rispondere.

-Certo, non c'è problema, sunbaenim.- rispose, cercando di suonare sorpresa. 

-Grazie mille, provvederò subito a cambiare la prenotazione dell'aereo e dell'hotel a tuo nome. Presentati alle 8 in ufficio così potrò darti i documenti e aggiornarti sulla scaletta. Partirete da Incheon alle 15.- 

Detto ciò, sentì la linea cadere. Il Capo reparto non era un uomo di molti convenevoli. 

 

Beatrice aprì il taccuino con i fenicotteri rosa disegnati sulla copertina mentre scorreva la rubrica. 

-Buongiorno, Miss Jones.- disse una volta che gli squilli cessarono.

La ragazza ascoltò la sua interlocutrice rispondere. 

-Sì, parto domani. È tutto pronto?-

La voce elettronica del telefono riempiva il vuoto intorno a lei. 

-Benissimo. La ringrazio.-

Attaccando il telefono, non poté trattenere il fiotto di nausea che le solleticò la gola. Riportando gli occhi al cielo, ne scrutò la sua vastità in cerca di quella pace che cercava di riguadagnare così disperatamente, senza risultato. 

"Sarà l'ultima volta?"

"Finirà tutto questo?"

"Una volta che sarà finito, che cosa farò?"

L'ultima domanda era quella che più la perseguitava. Decise di trascriverla sul taccuino e osservarla. Sua madre le aveva insegnato che guardare i problemi da un prospettiva esterna aiutava a trovare una soluzione. Lei forse aveva preso il consiglio un po' troppo alla lettera. Infatti, non sembrava funzionare. Decise comunque che se ne sarebbe preoccupata se fosse sopravvissuta alla giornata seguente. 

 

4 giugno 2020 

H 14:02

 

Come al solito, i fan e i giornalisti  si erano radunati fuori dall'aeroporto di Incheon per poterli vedere partire. A Taehyung piaceva avere la possibilità di salutare gli ARMY, anche se non apprezzava quando questi si dimostravano troppo "entusiasti". 

Quel giorno sembravano abbastanza tranquilli ed educati, perciò si concesse qualche istante per sorridere ad un paio di ragazze in lacrime e salutare la folla, mentre i bodyguard lo spingevano per farlo proseguire. Una volta entrati nell'area VIP, si sdraiò sulla poltroncina accanto a Jimin appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo che, indifferente, continuava a guardare il telefono. Notando che il resto del loro staff li stava raggiungendo, socchiuse gli occhi in attesa che l'aereo fosse pronto per ospitarli. 

Improvvisamente, sentì un sobbalzo nel posto accanto a sé e alzò la testa per vedere cosa lo aveva provocato. Hobi hyung sembrava essere stato punto da qualcosa, perché continuava a muoversi come un'anguilla sulla poltrona, fissando in tralice qualcuno di fronte a sé. Anche Jimin sembrò non essere più così interessato al suo telefono e cominciò ad alzare  occasionalmente lo sguardo verso una ragazza che parlava con il loro manager. Spostandosi un po', notò anche Jungkook rivolgere tutta la sua attenzione alla stessa persona ma, al contrario degli altri due, non cercava minimamente di mascherarlo e la fissava intensamente senza distogliere un attimo gli occhi. 

Taehyung decise che quello poteva essere potenzialmente oggetto di interesse perciò, notando che nessuno dei tre sembrava voler fare la prima mossa, si alzò lui stesso avvicinandosi alle due persone che parlavano. 

-Ah, Taehyung! Questa è Beatrice-ssi, sarà la vostra traduttrice per questo viaggio.-

 

 

GERONIMO!

Scusate, non sapevo come iniziare questo angolo autrice e la cosa più intelligente che mi è venuta in mente è stata usare una citazione del Doctor Who. 

Dunque, capitolo un po' diverso dal solito. Inizia con un point of view inusuale, spero non vi abbia annoiato, e se siete un po' confuse è normale, l'intento era esattamente quello XD. Ci tenevo a inserire un personaggio esterno e mi piace la caratterizzazione che ne è venuta, anche se non è particolarmente originale. Ma sono convita che una storia per essere ricca deve avere anche dei personaggi veri. 

Non temete comunque, al prossimo capitolo le cose si muoveranno. Sopratutto per una certa persona. 

Ora, come promesso, piccolo angolo di coreano per i termini di oggi.

Sunbaenim: titolo usato per chi è superiore al lavoro o a scuola per esperienza. 

Hoobae: è il contrario di sunbaenim, usato per chi è inferiore al lavoro o a scuola per esperienza. 

Sono titoli speculari come hyung e dongsaeng.

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Capitolo 12
*** 12 ***


"Allora, primo, calmati. E secondo...panico!"

"Che diavolo devo fare?!"

"Non posso andare lì e dirle: -Ciao, sai, è un mese che non dormo perché ti sogno ogni notte e mi sembra di incontrarti nelle situazioni più assurde, perciò o sei una stalker o sto diventando pazzo o sei la donna della mia vita.-"

Hoseok si rese conto allora che, benché riponesse più speranza nella terza opzione, era assai più probabile la seconda. Il che non lo aiutava comunque a risolvere l'enigma che gli si parava davanti. 

"Che fare?"

Mentre i pensieri del ragazzo correvano per la sua mente, scontrandosi e unendosi, incrociandosi, litigando, ma senza trovare una soluzione, i suoi occhi osservavano Taehyung presentarsi alla ragazza con un inchino e un sorriso. Non riusciva a sentire quello che i due si stavano dicendo, ma aveva notato che il suo dongsaeng le stava facendo diverse domande a cui lei rispondeva in modo conciso ma educato. 

"Ok, adesso ti alzi e ti presenti. Semplice. Devi solo dire il tuo nome. Anche il tuo cervello limitato ce la può fare."

"Ok, andiamo."

"Adesso vado."

"Ora."

"Al tre."

"Uno..."

"Due..."

Mentre i muscoli di Hoseok iniziavano già a contrarsi per aiutarlo a sollevarsi, un movimento al suo fianco lo dissuase immediatamente facendo morire l'azione ancora prima che venisse compiuta. Jimin si era alzato e con passo lento ed elegante si dirigeva verso la ragazza il cui nome, aveva appreso, era Beatrice. 

"Pessimo tempismo, Park Jimin."

Spostando il peso sull'altro fianco, cercando di sembrare naturale quando in realtà il suo corpo era rigido come un pezzo di legno, vide il ragazzo passarsi la mano fra i capelli, come era solito fare sempre, e sorridere mentre si inchinava verso la ragazza. Di nuovo, Hoseok non riuscì ad udire quello che l'amico disse all'interlocutrice, ma sembrava che i due già si conoscessero. 

Dopo che si furono scambiati qualche frase, il manager prese la parola e fece avvicinare anche il resto del gruppo per potergli presentare la nuova traduttrice che li avrebbe seguiti in quel viaggio. Il ragazzo notò che tutti le stavano rivolgendo un sorriso cordiale mentre si presentavano individualmente. Tranne uno. Jungkook se ne stava in disparte, dietro alle spalle di Namjoon, e osservava Beatrice con espressione assorta sul viso. Una volta che tutti si furono presentati, Hoseok fece un passo avanti per provare nuovamente ad iniziare una conversazione, quando il suo cervello gli tirò le briglie bloccandolo sul posto. 

"Dove vai idiota?! Il piano era solo di presentarsi ma l'hai già fatto, che cosa le vai a dire adesso?"

"Non hai ancora pensato a come fare per portare avanti una conversazione normale!"

Realizzando ciò, i piedi del ragazzo ruotarono su loro stessi con un movimento quasi robotico e lo condussero al suo posto, dove si abbandonò con un sospiro e il cervello in subbuglio nel tentativo di ideare un piano B.

 

Quando furono introdotti nell'aereo, Hoseok si mise a sedere nella fila di posti centrali. Da una parte, seduto al centro, aveva Yoongi, che aveva già tirato fuori il portatile e le cuffie, mentre dall'altra aveva il corridoio. Nonostante si fosse allacciato la cintura, il suo corpo continuava a spostarsi da un fianco all'altro, dal bracciolo allo schienale, dalle gambe incrociate a stese. Quando sentì al suo fianco l'occhiata bruciante di Yoongi, decise di impegnarsi a stare fermo, continuando però ad osservare i passeggeri che lentamente entravano e trovavano posto. 

Dopo qualche minuto, vide Beatrice percorrere il corridoio e sistemare la borsa sopra ad un posto poco più avanti del suo, nella fila laterale. Dopo essersi sfilata la giacca bordeaux, si sedette e si voltò per porgere un breve saluto alla truccatrice che sedeva alla sua destra, accanto al finestrino. Il posto alla sua sinistra, quello che dava sul corridoio, sembrava libero. 

"Ok, se quando partiamo non si è seduto nessuno, vai e inizi a parlare."

"Non importa di cosa parli, dì delle stupidaggini, falla ridere...non ha importanza cosa, ma di sto passo se non ti muovi non ce la farai mai."

 

4 giugno 2020

H 15:00

(Ora locale di Seoul) 

 

Il sibilo acuto dei motori annunciò che l'aereo stava per partire. Mentre i piloti lo portavano in posizione e gli facevano acquistare velocità, il rumore si trasformò in un rombo che riempì l'abitacolo e fece tremare i sedili. Infine, le ruote si staccarono dalla pista e l'aria divenne l'unico appoggio su cui l'apparecchio poteva contare. 

Dopo che ricevettero il segnale, i passeggeri si slacciarono le cinture e iniziarono a rilassarsi, conversando, dormendo o scegliendo qualche film da guardare. Hoseok notò che il posto accanto alla ragazza era ancora libero.

"Ok. Adesso si parte."

"Si va e basta."

"Al tre."

"...tre!"

Questa volta, il sedere di Hoseok fece in tempo a staccarsi dal sedile prima di ricaderci pesantemente sopra. Jungkook si era appena seduto proprio nel posto a cui lui puntava e sembrava intento a fare alcune domande alla persona con cui lui voleva parlare.

"Deve essere una congiura."

Mentre malediva mentalmente il tempismo dei suoi compagni, Hoseok si trovava a desirare sempre più di conoscere l'argomento di conversazione dei due.

 

 

-Buongiorno.-

La ragazza si voltò verso la persona che aveva appena preso posto accanto a lei. 

-Buongiorno a te.-

Jungkook era a corto di idee e non era mai stato molto ferrato nei convenevoli, perciò si trovò ad arrancare cercando di portare la conversazione nella direzione in cui voleva. 

-Quindi...Sunbin-ssi non poteva venire?-

-Già, ha avuto un attacco di dissenteria.- rispose Beatrice.

Jungkook annuì sovrappensiero, decidendo che era inutile continuare a girare intorno al punto in cui voleva arrivare. 

-Senti, posso farti una domanda?- chiese cautamente.

Dopo aver ricevuto un cenno di assenso decise di proseguire.

-Se non sbaglio, tu eri vicino al luogo in cui sono stato.... rapito. Mi chiedevo se per caso hai visto chi ha chiamato la polizia per aiutarmi.- 

Vide un lampo di esitazione negli occhi scuri della ragazza, ma fu subito spazzato via da un sorriso mesto.

-Mi dispiace, ma non l'ho visto. Ho sentito qualcuno urlare che un ragazzo era stato rapito, ma in quel momento non stavo guardando perciò non ti so dire chi sia stato.-

Jungkook non era stupido. Pensava spesso di essere ignorante, ma questo non gli impediva di dubitare fortemente delle parole con cui gli era stata data risposta. 

-Che peccato. Neanche la polizia me l'ha potuto dire. Volevo solo ringraziare questa persona per avermi salvato. Se non fosse stato per lei, a quest'ora forse non sarei qua.-

Mentre pronunciava quelle parole, cercava di cogliere nella ragazza una qualche traccia, un qualche segnale che confermasse i suoi dubbi. Ma lei semplicemente si scusò con lui per non essere in grado di aiutarlo e infine si alzò per andare in bagno. 

È decisamente lei. 

"Se i miei sogni c'entrano qualcosa, allora non c'è dubbio che lei sia implicata in qualche modo. O forse no."

"Se è stata davvero lei a chiamare la polizia, ci deve essere una qualche ragione per cui non me lo può dire. Ma anche provando a indagare ulteriormente, non ho nessuna prova a parte qualche strascico di memoria e dei sogni sconclusionati."

 

Mentre la mente di Jungkook lo trascinava in teorie e ragionamenti, il suo corpo sobbalzò quando qualcuno gli toccò la spalla. Voltandosi vide Hoseok dietro di sé, che lo guardava con urgenza.

-Che c'è?- 

-Facciamo cambio posto.- rispose seccamente lo hyung.

Gli occhi del maknae scorsero le file fino a vedere il posto vuoto. 

-Scherzi? Accanto a Yoongi-hyung?! Che sta dormendo, tra l'altro!-

Ma Hoseok non sembrava voler ascoltare repliche.

-Muovi le chiappe, forza. È una questione importante.-

Jungkook alzandosi si chiese quale questione importante valesse rischiare di svegliare Yoongi e di conseguenza di rischiare la vita, ma decise comunque di obbedire. 

 

 

Tornando dal bagno, Beatrice salutò il suo nuovo vicino di posto e gli chiese che fine avesse fatto il suo dongsaeng. 

-Ah, Jungkook voleva sedersi vicino a Yoongi-hyung.- rispose sfacciatamente Hoseok, pronunciando comunque una preghiera silenziosa per il povero ragazzo. 

-Capisco.- disse semplicemente lei. 

-Dunque....tu fai la traduttrice.- le chiese improvvisamente lui.

-Eh già.- rispose sorridendo. 

"Brillante. Complimenti, davvero. Adesso cosa le chiederai? Se è femmina?!"

-Da dove vieni?-

-Dall'Italia.- 

-Davvero? Da quanto sei qui?-

-Da cinque mesi circa.- disse lei portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

-E come ti trovi qua? Ti manca casa tua? Dev'essere difficile vivere lontano da casa, io ne so qualcosa.-

"Adesso sembra un interrogatorio! Lasciala respirare, impiccione!"

-Beh, ogni tanto sì. Ma mi trovo bene in Corea perciò non sento troppo la nostalgia, anche se mi manca la mia famiglia.-

A quella frase, la vide abbassare lo sguardo e giocare con gli anelli argentati che portava alle mani. 

-Capisco. Anche io sono felice di visitare così tanti posti diversi, ma spesso vorrei vedere la mia famiglia.- replicò lasciando morire le parole in gola. 

-Ma sai che....ho l'impressione che ci siamo già incontrati prima?- aggiunse infine lui.

Beatrice fece una leggera risata.

-In effetti è così. Un mese fa ti ho fermato per strada per chiederti un autografo.-

-Ah sì! Ora ricordo! Quindi sei una nostra fan? Mi dispiace per non averti fatto l'autografo, purtroppo ero di fretta.-

"Complimenti per la non-chalance, comunque. Potresti ricevere un Oscar."

-Sì, sono un'ARMY e non ti preoccupare, capisco perfettamente. So che può sembrare un po' strano l'averti chiesto un autografo pur lavorando per la BigHit, ma non avevo mai incontrato nessuno di voi di persona prima.-

Hoseok si trovò a contemplare la riposta che aveva ricevuto, ma dovette ammettere che sembrava logica perciò non ebbe modo di replicare. 

Dopo una buona mezz'ora passata a parlare di musica, cibo, hobby e ogni cosa che destasse l'interesse di entrambi, Hoseok avrebbe voluto continuare per tutte le restanti ore di volo. Si era reso conto, guardando Beatrice da vicino, che benché fosse attraente non era priva di difetti. La sua pelle era chiara e delicata, ma aveva qualche imperfezione. I suo occhi erano scuri ed espressivi ma il suo naso era un po' grande. Aveva delle forme piene ma non era magra. Nonostante ciò, più i suoi tratti gli diventavamo famigliari più li trovava interessanti e peculiari. Osservando la pioggia di rame dei suoi capelli che veniva incendiata dal sole, pensò che avrebbe voluto toccarli e vedere se fossero veri o se fossero davvero fatti di metallo. 

Dopo un po' decise che era il caso di salvare Jungkook, che per tutto il tempo aveva trattenuto il respiro per evitare di svegliare Yoongi. Dopo aver salutato la ragazza, decise di spingersi fino a proporle di parlare ancora quando sarebbero arrivati. E magari anche quando sarebbero tornati a Seoul. Fu soddisfatto quando lei rispose affermativamente. 

 

 

4 giugno 2020

H 15:11

(Ora locale di New York)

 

Quel pomeriggio al JFK si mescolavano molti rumori.

C'erano le urla delle fan.

C'era il rombo dei motori e lo squillo dei clacson delle macchine ferme davanti all'aeroporto.

C'erano gli ammonimenti dei bodyguard, che spingevano i sette ragazzi verso l'uscita. 

Un rumore però, li sovrastò tutti. Improvviso, lungo quanto un battito del cuore ma con un eco strascicata nell'aria. 

Uno sparo attraversò l'atmosfera della città scatenando un caos ancora più forte. 

Nella confusione, la gente si spingeva, piangeva e correva. 

Finché non fu trovata una ragazza con ai piedi una pistola e la pozza di sangue della persona che era appena colpita. 

 

 

 

ALLONS Y!

Scusate, un'altra citazione del Doctor Who. Abbiate pazienza. 

Sarò molto breve, faccio solo un piccolo chiarimento. L'orario sembra uguale in due punti perché tra Seoul e New York ci sono 14 ore di differenza e il volo dura esattamente 14 ore, perciò arrivati a New York ci si ritrova con lo stesso orario di partenza. Spero sia abbastanza chiaro. 

 

PS: ma quanto è venuto lungo questo capitolo?!

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Capitolo 13
*** 13 ***


Per qualche secondo, l'enorme confusione che lo circondava aveva trasformato la mente di Namjoon in colla, nella quale i pensieri nuotavano a rallentatore senza riuscire a raggiungerlo. Dopo che il colpo di pistola riverberò nell'aria, le persone intorno a lui sembrarono impazzire. Lui invece era rimasto paralizzato sul posto, bloccato dalla paura in un eterno presente. 

Non appena la sua mente riprese lucidità, la prima cosa che fece fu controllare uno ad uno i suoi compagni per vedere se stavano bene. Erano tutti sani e salvi vicino a lui e anche loro si guardavano intorno in preda allo smarrimento mentre i bodyguard li comprimevano ancora di più tra i loro corpi massicci. L'attenzione di Namjoon fu infine catturata dall'esclamazione preoccupata di Hoseok, che lo portò a voltare la testa.

-Beatrice-ssi!-

Quando la folla fece spazio vide la ragazza, che doveva essere la loro traduttrice, tremante e scossa da respiri ansimanti stesa a terra. Inzuppando i suoi eleganti pantaloni scuri, il sangue aveva iniziato a colare fino a raggiungere il pavimento. Vicino a lei giaceva una pistola e sopra di essa una ragazzina si dimenava imprecando in inglese, stretta fra due guardie di sicurezza. Mentre analizzava la scena, i suoi occhi inciamparono in quelli di Beatrice. Percepì su di sé lo sguardo intenso della ragazza, che lo guardava come se fosse lui quello ricoperto di sangue. 

Namjoon riportò l'attenzione ai suoi compagni e notò in particolare due reazioni che lo colpirono in particolare. Quella di Jungkook, che era sbiancato quanto la sua maglietta e aveva iniziato a sudare, e quella di Hoseok, che continuava a chiamare la ragazza cercando di avvicinarsi a lei. I ragazzi fecero appena in tempo a vedere la guardia medica  arrivare vicino al corpo sanguinante e sempre più debole prima di essere spinti dentro la macchina che li attendeva e che serrò le porte dietro di loro. 

-Aspettate! Dove la porteranno? Dobbiamo almeno accompagnarla all'ospedale!- 

Namjoon rimase sorpreso dal tono ansioso di Hoseok, ma anche lui effettivamente sentiva una certa apprensione nell'andarsene così.

-Era troppo pericoloso rimanere lì. Quando sapremo in che ospedale verrà ricoverata manderemo qualcuno ad assisterla.- fu la riposta concitata del manager. 

Il ragazzo allora decise che era il momento di prendere la parola. 

-Io credo che quella ragazza si sia appena presa una pallottola al posto nostro.- affermò con convinzione, lasciando che le parole appena pronunciate ricadessero con il loro peso sugli ascoltatori. 

-Come minimo, dovremmo essere noi ad andare in ospedale a vedere come sta.- concluse con fermezza ancora maggiore. 

Accanto a lui, il suo hyung annuiva energicamente e perfino Jungkook uscì dal suo stato di shock per dargli ragione. 

Dopo che anche gli altri membri del gruppo lo ebbero appoggiato, il manager dovette cedere con un sospiro, a patto che prima fossero rimasti un po' in hotel fino a che le acque non si fossero calmate. 

 

Non appena furono entrati, si sedettero nel'area comune con l'intento iniziale di decidere la divisione delle stanze. Quando però si furono tutti accomodati sul divano angolare e sulle varie poltrone, nessuno prese la parola. Nessuno si guardava in faccia, ma lo sguardo di tutti era fisso su qualche oggetto dell'arredamento. Namjoon capì che l'ingrato compito di rompere quel silenzio carico di pensieri rumorosi toccasse a lui. 

-Cosa pensate di quello che è successo?-

Il primo a rispondere, dopo un attimo di riflessione, fu Yoongi.

-Era sicuramente una nostra hater, non c'è altra spiegazione.- 

Sentendo la risposta del suo hyung, il ragazzo non poté che annuire. 

-Non trovate che stiano accadendo un po' troppi incidenti ultimamente?- 

Jimin, con un tono più basso del solito e con gli occhi oscurati, sembrava turbato. 

-Prima il rapimento di Jungkook...poi questo...di solito la BigHit sa gestire in anticipo queste situazioni.-

L'ultima affermazione si guadagnò un sibilo sarcastico da parte di Yoongi. 

-Anche se più di una volta ci sono andati molto vicino. Si vede che oggi è andata male.-

A Namjoon non piaceva la piega che stava prendendo la conversazione ma decise comunque di non intervenire.

-Sono cose che purtroppo sono difficili da prevenire, non possiamo biasimare loro. Il nostro lavoro ci espone costantemente a questo genere di pericoli.- 

Jin, in un insolito moto di serietà, era riuscito a zittire ogni replica. 

 

H 17:43

 

Quando finalmente arrivò la conferma che la situazione era di nuovo sotto controllo e che la ragazza non era in pericolo di vita, il loro manager li fece portare all'ospedale dove, a quanto pareva, era stata ricoverata.

Entrarono in via eccezionale da un ingresso solitamente usato dal personale medico e furono immediatamente accompagnati da un'allegra infermiera sulla quarantina fino alla stanza. 

-È uscita da poco dalla sala operatoria ed è andato tutto bene. Il proiettile è penetrato abbastanza in profondità, ma non ha danneggiato la gamba in modo permanente. Si sta svegliando dall'anestesia, perciò potrebbe essere un po' confusa.-

Dopo che Namjoon ebbe tradotto per tutti quanti, abbassò la maniglia ed entrò. Forse a seguito di una richiesta specifica dell'agenzia, Beatrice era stata messa in una stanza singola, perciò non incontrarono altre persone al di fuori della ragazza sdraiata sull'ingombrante letto.

Quella stessa figura solitaria si guardava intorno con gli occhi ancora offuscati e le palpebre semichiuse. Quando essi, dopo aver perlustrato la stanza, trovarono i sette ragazzi, si spalancarono. 

-Che giorno è oggi?- 

La sua voce rauca trasudava ansia ma i suoi occhi, ora più chiari, sembravano affaticati.

-È il quattro giugno.- rispose Hoseok titubante, ma facendo comunque un passo in più verso il letto. 

La ragazza lo scrutò confusa e dubbiosa.

-Non è il quattro novembre?-

Poiché come risposta ricevette solo delle espressioni confuse, replicò ancora più preoccupata. 

-Ditemi che non è il quattro novembre!- 

Questa volta per rafforzare le sue parole e infonderle un po' di serenità, Hoseok le prese una mano e fece un lieve sorriso. 

-No, non è il quattro novembre. Va tutto bene, sei al sicuro, non hai niente di cui preoccuparti.-

Quando gli occhi di Beatrice misero meglio a fuoco il ragazzo che le stava parlando, una nuova consapevolezza sembrò prendere piede nella sua mente. A quel punto, scrutò il resto del gruppo, soffermandosi su ognuno di loro fino a raggiungere Namjoon e fare una pausa. 

-Stai bene?- chiese la ragazza con una nuova apprensione, diversa dalla precedente. 

Il ragazzo non potè che rimanere muto per la sorpresa e prima di poter rispondere fu interrotto da un'altra domanda.

-State tutti bene?- 

La ragazza percorreva freneticamente con lo sguardo i loro volti, come a cercare qualche segno particolare. 

-Sì, stiamo tutti bene. Sei tu quella che si è beccata una pallottola, dovresti preoccuparti per te stessa.- rispose nuovamente Hoseok, con una risatina che voleva sdrammatizzare la situazione ma che apparve solo nervosa. 

-È finita?-

Gli occhi della ragazza era nuovamente offuscati, ma questa volta dalle lacrime che le imperlavamo le guance.

-È davvero finita? Siete tutti salvi?-

Ad ogni parola, ad ogni nuova consapevolezza, corrispondeva una lacrima che indugiava sulle sue ciglia prima di abbandonarsi e scivolare lungo gli zigomi fino a scomparire ingoiata dal cuscino.

-Posso continuare a vivere?-

L'ultima frase lasciò un senso di inquietudine in un ognuno dei ragazzi. Jungkook era talmente agitato che continuava a muoversi sul posto, finché non sbattè il fianco contro il comodino facendo cadere un oggetto sul pavimento. Un taccuino leggermente macchiato di sangue giaceva a faccia in su e con le pagine timidamente aperte. Le scritte che vi erano sopra erano tutte in una lingua famigliare a Namjoon che però non era in grado di leggere, ma ciò che attirò la sua attenzione fu l'immagine che vi era incollata sopra.

 

Alzando lo sguardo, vide che la ragazza aveva richiuso gli occhi e che, mentre aveva ancora il petto scosso da respiri ansimanti, scivolava velocemente in un sonno tormentato. Vedendo ciò, decise di abbassarsi velocemente e prendere in mano l'oggetto, soffermandosi ad analizzare il soggetto della Polaroid al centro della pagina.

-Questa...non è la strada davanti al nostro dormitorio?- disse alzando la foto in modo che gli altri potessero guardare.

-Sì, è vero... E perché c'è scritto "J-hope" sopra?- chiese Jin di fianco a lui. 

In effetti Namjoon non l'aveva notato, ma effettivamente c'era scritto il nome del suo compagno in caratteri occidentali. Voltando pagina, riconobbe un'altra immagine famigliare.

-Questa è la nostra sala prove! E c'è scritto Jimin!- esclamò Hoseok. 

-Ragazzi, non dovreste ficcanasare tra le cose altrui.- li ammonì debolmente Yoongi. 

Nessuno però gli diede ascolto. Continuavano a scorrere le pagine e trovarono altri nomi e altre foto: Taehyung e il vecchio magazzino in cui avevano fatto un photoshoot qualche settimana prima; Jin e la sala prove dove si allenavano i trainees; Jungkook e la strada che lui stesso aveva riconosciuto essere quella in cui era stato rapito; Yoongi e l'immagine di una radura. Infine, l'ultima pagina scritta riportava il nome di Namjoon e un'immagine che ritraeva l'uscita del JFK. 

-Perché c'è questa foto? E questo è l'orario in cui siamo usciti oggi...- disse Jimin, senza  il coraggio di terminare la frase. 

-Ragazzi, invece di fare i cospirazionisti, rimettete a posto quella roba, forza.- 

Il tono di Yoongi era ancora disinteressato ma aveva assunto una sfumatura più severa. 

-Hyung...questa ragazza è legata a degli avvenimenti...strani. Dovremmo cercare di capirci qualcosa.- 

Un concitato Jimin si era fatto avanti, stupendo se stesso e i suoi compagni.

-E cosa vorresti fare esattamente?- 

Yoongi aveva alzato un sopracciglio con una buona dose di scetticismo. 

-Hyung, stiamo solo...- 

Namjoon non fece in tempo a finire la frase che fu interrotto bruscamente. 

-State dicendo delle scemenze.- 

Detto ciò, con un gesto rapido il maggiore prese il taccuino dalle mani del leader e lo sbattè sul comodino. 

-Hyung...- la voce di Hoseok fu nuovamente interrotta, questa volta dal suono di qualcuno che bussava alla porta. 

Voltandosi, videro entrare una donna in giacca e pantaloni eleganti con un distintivo legato alla cintura ed esposto bene in vista, seguita da due uomini anch'essi vestiti elegantemente.

-Salve, sono il detective Garcia. Siete voi il gruppo di cantanti coinvolti nella sparatoria di oggi avvenuta al JFK?-

Namjoon non fece in tempo a rispondere che l'uomo alla destra, dai tratti orientali, aveva preso la parola iniziando a tradurre in coreano le parole del detective. Quando ebbe terminato, tutto il gruppo annuì.

-Molto bene, vorrei farvi qualche domanda riguardo agli avvenimenti di oggi, se non vi dispiace. Eravamo venuti per prendere la testimonianza della vittima, ma dato che siete qui e che lei non è ancora in grado di rispondere, inizieremo da voi.- 

Dopo che l'interprete pronunciò le ultime parole, li invitò a seguirlo. 

-Dove stiamo andando?- chiese il leader in inglese.

-Al distretto di Polizia. Verrete interrogati e poi verrete riaccompagnati al vostro hotel.- gli rispose direttamente il detective Garcia.

Namjoon non poté fare a meno di notare gli sguardi confusi e un po' preoccupati che aleggiavano tra i suoi compagni, ma tentò di non farsi influenzare a sua volta e, con una pacca sulla spalla di ognuno, cercò di rasserenarli.

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Capitolo 14
*** 14 ***


-Mi può descrivere cosa è successo da quando avete lasciato l'aereo, Taehyung-ssi?-

-Insieme ai membri dello staff, siamo stati portati dalla zona VIP all'uscita dove ci aspettavano le macchine. Eravamo circondati dai bodyguard e c'era una grande confusione perciò non riuscivo a rendermi conto di cosa succedeva intorno.-

 

-Quindi lei, Jimin-ssi, ha sentito lo sparo ma non ha visto la ragazza sparare?-

-No, ho visto la ragazza solo dopo che la gente ha fatto spazio e ho notato la pistola per terra vicino a Beatrice-ssi.-

 

-Dove si trovava lei, Seukjin-ssi, quando ci fu lo sparo?-

-Come le ho già detto, ero davanti a Taehyung e dietro a Namjoon e avevo a entrambi i lati due bodyguard.-

 

-È assolutamente sicuro di non aver visto niente, Yoongi-ssi?- 

-Eravamo circondati da fan urlanti che si spintonavano e dai bodyguard che ci strizzavano come sardine, non riuscivo a vedere neanche i miei piedi, come avrò fatto a vedere una ragazza in mezzo alla folla?!- 

Il ragazzo si appoggiò pesantemente allo schienale della sedia sbuffando infastidito. Sentì lo sguardo di fuoco del detective Garcia che gli perforava il cranio ma poco gli importava. La donna allora  pronunciò una frase nella sua direzione, ma vide il traduttore tentennare per poi evitare di ripetere, anche se Yoongi pensò di averne comunque intuito il senso. Doveva assomigliare a qualcosa del tipo: "Se questo ragazzino non si dà una calmata gli insegno  un po' di buone maniere a suon di schiaffoni." 

-Perché ci dovete torchiare in questo modo? Non avete già preso la colpevole? Sembra quasi che siamo noi i criminali.- 

Benché il ragazzo tenesse gli occhi sul tavolo, il suo tono trasmetteva tutta la sua freddezza. Sentì nuovamente lo sguardo di fuoco della detective e capì che forse aveva oltrepassato il limite. 

-Stiamo cercando di ricostruire i fatti con precisione. È l'unico motivo per cui vi stiamo interrogando.- rispose con la calma di un coccodrillo la detective. 

Yoongi sapeva che qualcosa non tornava, ma decise che aveva messo già abbastanza alla prova la pazienza della donna per quel giorno, perciò rimase in silenzio. 

 

Uno ad uno, tutti i ragazzi erano stati portati nella stanza degli interrogatori per dichiarare la loro versione dei fatti. Mentre aspettava che anche Yoongi uscisse, Namjoon studiava il corridoio in cui era seduto con i suoi compagni. Alle pareti scure erano attaccati numerosi attestati e riconoscimenti. Le luci appese al soffitto gli davano una fastidiosa emicrania, che forse era anche dovuta a tutto lo stress accumulato nella giornata. Passandosi una mano dietro al collo per sciogliere i muscoli in tensione, vide il suo hyung uscire e seguì l'interprete che lo invitava ad entrare. Era l'ultimo rimasto a dover essere interrogato. 

-Dunque, Namjoon-ssi, ci racconti come sono avvenuti i fatti da quando avete lasciato l'aereo. Cerchi di essere il più preciso possibile.-

Il ragazzo iniziò a parlare cercando di descrivere ogni dettaglio, ogni persona che aveva notato, ogni rumore che la sua memoria aveva registrato. Quando ebbe finito di raccontare, sentì il detective lasciarsi andare ad un sospiro.

-Quindi, neanche lei ha visto chi stava sparando?- 

Namjoon negò incerto e vide gli occhi stanchi e un po' delusi della donna. 

-C'è qualche problema con la colpevole?-

Il ragazzo non era riuscito a trattenere la domanda che gli era sorta spontanea sulla punta della lingua. Il detective Garcia alzò stancamente lo sguardo su di lui. Appoggiò le braccia sul tavolo degli interrogatori incrociando le mani e fece una pausa prima di rispondere.

-Questi non sono affari di cui vi dovete preoccupare. Se fossi in voi invece, penserei piuttosto a stare più attenti la prossima volta e cercherei un modo per ringraziare la ragazza che è in ospedale, perché siamo quasi certi che la pallottola che si è presa fosse indirizzata ad uno di voi. E c'è anche la possibilità che lei se ne fosse accorta e abbia tentato di salvarvi. Ma questo è ancora da verificare. Perciò adesso le consiglio di farsi una bella dormita e di tornare domani in ospedale con un bel mazzo di fiori. Il resto lo lasci a noi. Intesi?- 

Mentre Namjoon lasciava che le parole che aveva appena ricevuto si sedimentassero nella sua mente, cercò di trattenere l'ondata di sentimenti e pensieri che queste avevano scatenato e annuì alzandosi e stringendo la mano prima alla donna e poi all'uomo accanto a lei. Una volta che tutti ebbero firmato le loro deposizioni, furono accompagnati alla macchina e vennero perfino scortati da una volante fino all'hotel. 

 

H 21:33

 

La cena era stato un susseguirsi di piatti appoggiati, bacchette cadute e bicchieri tintinnanti. I rumori della tavola riempivano la stanza ma non riuscivano a colmare  la mancanza di dialogo fra di loro. Nessuno parlò. 

Namjoon riusciva a vedere i pensieri dei suoi compagni come scariche elettriche che gli tendevano i muscoli e gli bloccavano la gola. Erano tutti stanchi, stressati, ansiosi e provati dalla giornata. Sapeva che avrebbe dovuto lasciarli andare a letto e affrontare poi il giorno seguente con tutti quanti quello che era successo. Nonostante ciò, la sua mente non aveva smesso di lavorare freneticamente. Le ultime parole che il detective gli aveva rivolto si erano incastrate come il frammento di un puzzle alle immagini che aveva visto nel taccuino all'ospedale. Capiva che ancora a quel puzzle mancavano molte parti ma Namjoon sentiva una sensazione, come un fastidioso prurito, che gli suggeriva la soluzione e lo incitava ad indagare. 

Il flusso incessante dei suoi pensieri fu interrotto dal primo rumore umano della serata. Taehyung aveva lasciato andare un lungo sospiro prima di alzarsi da tavola e andare nella sua stanza. I ragazzi si guardarono a vicenda confusi finché non lo videro ritornare e sedersi pesantemente con un grugnito. Infine, alzò un braccio e appoggiò un oggetto sul tavolo. Il taccuino. 

-Come l'hai preso quello?- chiese immediatamente Jimin con gli occhi spalancati mentre Namjoon notò Yoongi sollevare la testa dal piatto. 

-L'ho preso prima di andarcene e me lo sono infilato in tasca.- ammise il suo amico con tono grave. 

-E si può sapere, per grazia divina, che diavolo ti diceva il cervello quando l'hai fatto?!- 

Le parole uscirono dalla bocca di Yoongi taglienti con rasoi e graffianti come l'asfalto. Taehyung lo guardò ma non ebbe il coraggio di replicare. Fu Namjoon a decidere di farlo al posto suo. 

-Oggi il detective Garcia mi ha detto che è possibile che Beatrice-ssi ci abbia difeso volontariamente.- 

Fece una pausa per guardare negli occhi il suo hyung con eloquenza. 

-Penso che lì troveremo la risposta.- disse infine indicando con la testa l'oggetto.

La speranza del leader di far ragionare Yoongi si infranse quando vide il ragazzo alzarsi bruscamente e sbattere sul tavolo le bacchette.

-Molto bene, fate quello che vi pare. Io me ne tiro fuori.-

Detto ciò, si girò ed entrò in bagno sbattendo la porta. 

Jin, seduto accanto a lui, tirò un sospiro. 

-Adesso che facciamo?- 

La domanda sembrava avere due soggetti : Yoongi e il taccuino. La risposta al primo arrivò quando Hoseok si alzò da tavola. Per il secondo, intervenne Jungkook.

-Dobbiamo tradurlo per capire cosa c'è scritto.- 

La riposta si guadagnò una scettica espressine di Jimin, che alzò gli occhi al cielo.

-Buona fortuna, è scritto in italiano. E Google traduttore non mi sembra un'opzione che ci può aiutare.- 

-Hai detto che è italiano?- 

Namjoon si allungò sul tavolo e con le lunghe braccia afferrò il taccuino. Dopo aver osservato nuovamente le scritte, capì perché gli sembravano famigliari. 

-Posso chiedere a quel mio amico che mi ha accompagnato in Italia di tradurlo. Lui lo sa leggere.- 

Guadagnandosi sguardi sorpresi e leggermente speranzosi, prese il telefono a iniziò a fotografare ogni pagina per poi mandarla al contatto appena aperto. 

-Bene. Adesso però tutti a letto e domani ci penseremo a mente fresca.-

 

Yoongi aprì il rubinetto e si buttò l'acqua gelata addosso, lanciando schizzi sullo specchio. Con le mani intorpidite si sfregò il viso e i capelli sotto il rubinetto. Poi si strofinò  con l'asciugamano fino a farsi diventare la pelle rossa e irritata, ma non asciugò lo specchio. Non voleva guardarsi. 

Strinse le mani sui bordi di ceramica del lavandino fino a far ingrossare le vene e risaltare i tendini. Le dita gli divennero bianche dallo sforzo. Strizzò gli occhi più forte che poteva mentre cercava di non annegare nei suoi respiri. 

"Sto bene."

"Non ho paura."

"Non è successo niente."

"Siamo tutti al sicuro."

"Non ho paura, maledizione!"

Le braccia tremanti faticavano a sorreggere il peso del suo corpo indebolito. Ogni respiro era un macigno. Cercava di concentrarsi sul fare arrivare aria ai polmoni ma sembrava un'impresa impossibile. Si sentiva come in cima ad una montagna, con la testa leggera e il petto pesante. 

Gli attacchi di panico lo avevano lasciato in pace negli ultimi anni. Purtroppo, dal rapimento di Jungkook Yoongi aveva iniziato a sentire i suoi nervi d'acciaio sciogliersi nuovamente sotto il calore dell'ansia e della paura. La giornata appena trascorsa lo aveva spezzato definitivamente in un modo che non succedeva da tanto tempo. 

Aveva avuto paura. Quando aveva sentito lo sparo aveva pensato di morire. Quando realizzò di essere vivo, aveva all'istante preferito non esserlo, perché fu preso dalla consapevolezza che uno dei suoi amici poteva essere l'obbiettivo. Quando aveva visto la ragazza stesa per terra, vigliaccamente aveva tirato un sospiro di sollievo. Era una persona orribile, se ne rendeva conto, ma non rimpianse il pensiero che seguì.

"Almeno non è uno di loro."

Da quel momento era entrato in modalità di attacco. Qualsiasi cosa sembrasse fonte di pericolo, la respingeva con violenza. E tutto ciò che stava intorno al mistero di quella ragazza sembrava pericoloso. Non voleva permettere che i suoi amici corressero ulteriori rischi. Perciò si comportò come lo aveva portato a fare l'istinto. Sentiva un po' di rimorso per il modo in cui li aveva trattati. Ma avrebbe fatto di tutto per proteggerli, anche farsi odiare da loro, se fosse stato necessario. 

Il suono della porta che si apriva leggermente lo fece distogliere dal lavandino. Prima che potesse lanciare un insulto, vide una mano famigliare appoggiare sul pavimento il suo telefono e le sue cuffie. Poi, in silenzio come era arrivata, la mano si ritirò e chiuse nuovamente la porta. 

A Yoongi sfuggì un sorriso stanco e scosse la testa. 

-Stramaledetto Jung Hoseok...se non ci fossi ti dovrebbero inventare.- 

Prese le cuffie e, sedendosi sul pavimento, si appoggiò alla porta. I suoi respiri sembrarono prendere il ritmo della musica, regolarizzandosi sempre di più ad ogni battito fino ad assumere la forma di una meravigliosa melodia.

 

Jin sapeva che quella notte sarebbe stato difficile dormire. Prima di sdraiarsi sul letto, tirò fuori dalla tasca interna della valigia la scatola di sonniferi. A malincuore, si rese conto che nella fretta aveva preso la scatola sbagliata perciò nelle mani si trovò quella che il manager gli aveva dato inizialmente. Se ne accorse perché, benché i colori fossero simili a quello del sonnifero che gli aveva dato Beatrice, il nome era diverso. Uno sprazzo di memoria gli fece improvvisamente tornare in mente la foto che aveva visto nel taccuino della ragazza. Spinto dalla curiosità, aprì la scatola e ne tirò fuori il foglietto delle controindicazioni. 

Farmaco indicato per soggetti che soffrono di insufficienza cardiaca. 

"Allora era davvero un farmaco per il cuore."

Scorrendo con gli occhi la frase successiva, un brivido freddo gli percorse la schiena e gli fece cadere il foglietto dalle mani. 

ATTENZIONE: in soggetti non affetti dalla patologia può essere letale.

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Capitolo 15
*** 15 ***


Uno sparo attraversò l'atmosfera della città scatenando un caos concitato. 

Nella confusione, la gente si spingeva, piangeva e correva. 

Namjoon, per qualche motivo, sentiva un leggero fastidio all'altezza del cuore. Ma era talmente scombussolato dalla confusione che lo circondava da non riuscire a realizzare cosa stava succedendo. Finché non si appoggiò la mano al petto. Era bagnato. Si osservò la mano e vide che era rossa. Rossa del suo sangue. 

Il dolore lo colpì improvvisamente come un pugno, costringendolo ad appoggiarsi alla persona davanti a sé. Jungkook si voltò e spalancò gli occhi, mentre il suo volto sbiancava e si imperlava di sudore. 

-Hyung!-

-Namjoon! Qualcuno chiami un'ambulanza!- 

La voce di Jin gli rimbombava fastidiosamente nelle orecchie. Quando urlava, diventava troppo acuta per i suoi gusti. 

-Hyung! Hyung, mi senti? Hyung, adesso arriva l'ambulanza. Ti porteranno in ospedale e andrà tutto bene. Hyung, guardami ti prego!-

“Taehyung, perché mi guardi con quegli occhi disperati se dici che andrà tutto bene?”

Il suo dongsaeng cercava qualsiasi cosa che gli capitasse sotto mano per appoggiarla sulla sua ferita. Iniziò a premere sul suo petto con il foulard di Gucci che amava tanto, ma gli tremavano le mani. Gli tremava anche la voce. 

Il dolore continuava ad aumentare e Namjoon si sorprese di sentire la sua gola emettere un grido strozzato. 

-Hyung! Scusa, hyung. Lo so che fa male. Ma va tutto bene, andrà tutto bene.- 

Taehyung tremava sempre più forte mentre Jin gli urlava di calmarsi. Il ragazzo alzò debolmente la testa, perché si era ritrovato semi sdraiato a terra, e scrutò i volti del resto del gruppo. Jimin piangeva e si era aggrappato a Jungkook che lo fissava come se stesse per essere travolto da un treno. Yoongi cercava di calmare Hoseok, che era in iperventilazione, ma si ritrovava a sbraitare come una belva ogni volta che qualcuno provava ad avvicinarsi.  

Il leader riportò gli occhi su Taehyung e gli afferrò la mano con cui gli stava tamponando la ferita. Voleva dirgli che andava tutto bene. Ma la voce sembrava morirgli in gola, stroncata da ogni respiro sibilante che il suo petto rilasciava. Perciò gli strinse semplicemente la mano e si appoggiò a lui, mentre il dolore portava via la sua coscienza. 

-Hyung!-

 

5 giugno 2020 

H 7:36

 

La suoneria del telefono inizialmente gli parve parte del sogno. Gli sembrava che la confusione delle urla fosse stata zittita da una canzone accattivante. Aprendo gli occhi, ci mise ancora qualche secondo per realizzare che il suono che sentiva era reale. Emettendo un grugnito rauco, allungò la mano per afferrare il dispositivo e portarselo all'orecchio. 

-Sì, manager-nim?- 

Mentre ascoltava la voce dell'uomo, si alzò massaggiandosi le palpebre e generando un formicaio di puntini bianchi davanti ai suoi occhi. 

-Avevamo intenzione di tornare in ospedale, ieri era ancora sotto effetto dell'anestesia.-

Arrivato nella sala da pranzo, vide Hoseok chiacchierare con Yoongi e Jungkook che si infilava in bocca metà toast al formaggio. 

-Sì, per favore. Ah, e riusciresti anche a prendere dei fiori da portarle?- chiese dirigendosi verso il carrello del servizio in camera per esaminare quello che avevano ordinato gli altri. 

-Non ne ho idea....quale fiore si porta ad una persona ricoverata?- 

-Anemoni azzurre.- 

Namjoon voltò di scatto la testa colto alla sprovvista. 

-Come prego?- chiese rivolto al suo hyung. 

Hoseok continuava a spalmare il suo pane tostato con il burro, con ostentata indifferenza. 

-Le anemoni sono i suoi fiori preferiti e l'azzurro è il suo colore preferito. Perciò digli di prendere delle anemoni azzurre.-

Namjoon guardò stupito il maggiore, cercando di capire da dove avesse tirato fuori quelle informazioni, mentre il diretto interessato teneva ostinatamente gli occhi sulla sua colazione, a cui aveva aggiunto le uova strapazzate. 

-Uhm...prendi delle anemoni azzurre, per favore...- ripetè il ragazzo, incerto.

Non fece in tempo a finire di sentire la replica all'altro capo del telefono, che l'oggetto gli fu sfilato di mano lasciandolo nuovamente di stucco. Un Seukjin irrequieto come un animale in gabbia si fiondò nella stanza e sbattè la mano libera sul tavolo. 

-Manager-nim, ho bisogno di farti una domanda. È una cosa importante.- annunciò imperiosamente. 

Dopo un momento di silenzio, in cui probabilmente stava ascoltando la risposta, il maggiore continuò.

-Sei stato tu a chiedere a Beatrice-ssi di darmi la medicina giusta?- chiese puntando gli occhi su Namjoon. 

-Mi sto riferendo al sonnifero che mi hai dato. Beatrice-ssi è venuta da me dicendo che era la scatola sbagliata e che mi aveva portato quella giusta sotto tua richiesta.- 

Namjoon lo fissò in totale confusione. Non aveva idea di cosa Jin stesse parlando, ma sembrava avere a che fare con qualcosa di serio. 

-Come immaginavo, grazie.- concluse prima di attaccare il telefono senza ulteriori convenevoli. 

A quel punto, prese una scatola dalla tasca del pigiama e la appoggiò sul tavolo. Senza proferire parola, lasciò la stanza e vi ritornò trascinando per il colletto del pigiama gli ultimi due membri che erano rimasti nel letto. I due malcapitati furono catapultati sulle sedie con occhi ancora chiusi dal sonno e capelli scompigliati dal cuscino. Infine, Jin si sedette con solennità a capotavola e li guardò uno ad uno. 

-Che succede, hyung?- 

Jungkook fu l'unico ad avere il coraggio di prendere la parola. In risposta, il maggiore afferrò la scatola che aveva precedentemente appoggiato sul tavolo e la alzò in modo che fosse visibile a tutti. 

-È da un po' di tempo che faccio fatica a dormire perciò qualche settimana fa ho chiesto al manager di procurarmi qualcosa che potesse aiutare.-

Fece una pausa, scrutando gli ascoltatori che lo guardavano con aspettativa. 

-Il manager mi diede questa scatola, dicendo che era un sonnifero. Qualche giorno dopo, Beatrice-ssi mi portò un'altra scatola, dicendo che la prima era una medicina per il cuore che mi era stata data per errore e che il manager le aveva chiesto di farmi avere quella giusta.- 

A seguito di quelle parole, Jimin sembrò uscire dal torpore del sonno e spalancò gli occhi, come se avesse appena avuto un'illuminazione. 

-Ricordi cosa mi dicesti quella volta Jimin? Che era strano che una persona che lavora alle Pubbliche Relazioni venisse impiegata per questi compiti?- 

Jimin, sempre più consapevole, annuì assorto. 

-Ebbene...il manager non ne sapeva niente. Disse che non era stato lui a chiedere a Beatrice-ssi di portarmi il sonnifero. Non sapeva neanche che la scatola era sbagliata. Ma non è questa la parte più importante.-

Fece nuovamente una pausa, osservando l'oggetto che ormai stritolava in mano. 

-Questo farmaco...può causare la morte se assunto da persone che non hanno problemi di cuore.-

Un altro pezzo. Il puzzle iniziava ad assumere i contorni di un'immagine che nella mente di Namjoon prendeva sempre più nitidezza. Si alzò risolutamente dalla sedia e prese la scatola per osservarla meglio. 

-Dobbiamo fare qualche domanda a Beatrice-ssi.- dichiarò con gli occhi fissi sull'oggetto.

Poi però, riacquistando consapevolezza, li alzò e li posò con esitazione sul ragazzo all'altro capo del tavolo, aspettandosi un'altra replica collerica. Invece, Yoongi rimase in silenzio con le braccia incrociate. Infine, emise quel tipico sibilo che faceva ogni volta che valutava qualcosa, prima di fare schioccare la lingua sonoramente.

-Beh, se dobbiamo farle vuotare il sacco, mi sa che ci vorrà più di un mazzo di fiori.- rispose in tono leggero, causando un calo di tensione nella stanza. 

-Sono contento che ti sia passata l’acidità.- 

Namjoon sentì il cuore balzargli in gola mentre un fiotto di panico gli prendeva lo stomaco. Solo Jin poteva permettersi di fare quel genere di battute a Yoongi, nessun altro si azzardava ad arrivare a tanto. Di solito, il maggiore manteneva un tono abbastanza leggero, ma quella mattina aveva lanciato una vera e propria bomba, sopratutto contando l'umore instabile del minore negli ultimi giorni. Fortunatamente, e con grande sorpresa dei presenti, quest'ultimo replicò con una semplice scrollata di spalle. 

-Anche te a volte non scherzi.-

Una risata improvvisa ruppe la quiete della tavola. Jungkook si stava tenendo la pancia guardando l'espressione indignata di Jin, che era passato ad attaccare il maknae per la mancanza di rispetto insieme, probabilmente al calo di coraggio. Questo però portò ad alimentare ancora di più la vittima, che si era ritrovata quasi col sedere per terra e aveva contagiato anche Jimin e Hoseok. Il leader osservò la tavola trasformarsi in un campo di battaglia, attraversato da granate di pane e brioche lanciate da un capo all'altro fra grida e risate. Scuotendo la testa sconsolato, il ragazzo addentò il suo toast beandosi del ritrovato rumore del suo gruppo. 

 

H 9:57

 

Beatrice osservava le gocce di pioggia aggrapparsi disperatamente al vetro della finestra e allungarsi fino a crollare, formando dei piccoli rigagnoli che si congiungevano sul bordo dell'infisso. Le nuvole rendevano la stanza più grigia e scura di quanto in realtà fosse, ma a lei non dispiaceva. Era rilassante per la sua mente e per i suoi occhi. 

Si sentiva combattuta fra pace assoluta e ansia, aspettativa e insicurezza. 

Sentì delle voci famigliari in attesa dietro la porta, seguite dal sommesso bussare di qualcuno che chiedeva il permesso di entrare. Quando fu concesso, sette ragazzi inondarono la stanza, portando la luce e il calore che le nuvole le avevano tolto. 

-Buongiorno Beatrice-ssi, come stai oggi?-

Namjoon si era fatto avanti con tono cordiale. Gli occhi della ragazza si illuminarono quando videro il mazzo di anemoni azzurre che portava in mano. 

-Sto molto meglio grazie...ma non dovevate.- rispose osservando i fiori con sguardo adorante. 

Una volta che li ebbe fra le braccia, li cullò come fossero un bambino e ne studiò ogni stelo e ogni venatura di colore. Adorava quei fiori. Erano così aggraziati e sembravano così eternamente belli. E invece erano fragili. I loro petali si staccavano con grande facilità, rendendoli il simbolo della caducità della vita, ma anche della speranza di un nuovo inizio. In un qualche modo, si sentiva legata a quei fiori come se rappresentassero la sua vita stessa. 

Scacciando quei pensieri malinconici, sollevò gli occhi e rivolse un sorriso alla persona che doveva avere avuto quella splendida idea. 

-Ti ricordavi che erano i miei preferiti? Grazie mille, sono davvero bellissimi.- 

Vide un Hoseok che non aveva mai conosciuto, un timido Hoseok, annuire con una risatina nervosa e guardare il pavimento pur di evitare i suoi occhi. Poi, si fece avanti e le pose sul grembo una scatola azzurra. 

-E questo?- chiese colta alla sprovvista. 

-Non è niente...è solo una cosa che ho visto e che ho pensato ti potesse piacere.- 

Beatrice era semplicemente incredula. Non sapeva davvero come reagire. Normalmente, le situazioni non la coglievano mai impreparata. La vita era diventata come un copione scritto per lei. Ma ora si trovava fuori dalla sua comfort zone. Questa nuova consapevolezza le trasmise un fiotto di adrenalina nelle vene. Incuriosita, aprì la scatola dopo aver appoggiato i fiori sul comodino. 

-Oh mio Dio!- esclamò prima di scoppiare a ridere quasi commossa.

-Grazie mille! È bellissimo!- aggiunse sollevando il morbido peluche di un gatto nero con gli occhi verdi. 

-Kiki ne sarebbe gelosa da quanto è adorabile!- disse riportando l'attenzione sul ragazzo, che finalmente la guardava negli occhi e sembrava leggermente arrossito. 

-Ecco, Beatrice-ssi, noi....-

-Visita del medico.- 

Un'infermiera sulla cinquantina, diversa da quella che li aveva accompagnati il giorno prima, era piombata nella stanza come un tornado senza neanche bussare e interrompendo la frase di Jimin a metà. 

-Dovete uscire dalla stanza.- ordinò iniziando a condurre i ragazzi verso la porta. 

-Ma aspetti, noi...- 

La replica del leader fu subito zittita dalla piccola donna che con braccia straordinariamente forti e tono risoluto gli ripeteva che non potevano stare lì. Un po' restii, i ragazzi uscirono e si accomodarono nella sala d'attesa in fondo al corridoio ingombro di stanze. 

 

-Si può sapere quando diavolo hai trovato il tempo di prenderle un peluche?- 

Yoongi aveva improvvisamente sbottato girandosi verso l'amico.

-E come fai ad essere così informato sui suoi gusti?- rincarò il leader, curioso. 

-Ecco, io....- 

Hoseok fu salvato miracolosamente dal suono del telefono di Namjoon, che vedendo il nome del manager sullo schermo, capì che i loro piani avrebbero incontrato un ostacolo. 

-Una conferenza stampa? Fra mezz'ora?!- 

Il leader sospirò evitando gli sguardi delusi dei suoi compagni, che avevano già iniziato a sbuffare sonoramente. 

-Ok, capisco. Partiamo subito.- concluse incitandoli silenziosamente ad alzarsi. 

Una volta chiusa la chiamata, iniziarono le repliche dei più giovani.

-Ce ne andiamo così? Senza chiederle niente?- 

-Non abbiamo neppure fatto in tempo a salutarla.-

-Lo so ragazzi, lo so. Cercheremo un'altra occasione, si tratta di una cosa urgente. Dobbiamo rilasciare almeno qualche dichiarazione su quello che è successo ieri. Appena ci liberiamo, faremo in modo di tornare qua e parlare per bene con lei.-

Quelle parole sembrarono accontentare il gruppo che, sistemandosi mascherine e cappelli, percorse il corridoio fino agli ascensori. 

 

 

ANGOLO COSPIRAZIONISTI

Ok, questo non sarà propriamente un angolo autrice. So che questo non è probabilmente il posto più adatto per parlare di queste cose, ma sono ancora troppo gasata per le esibizioni degli MMA e MAMA perciò ho bisogno di sfogarmi. Perciò, per chi NON vuole spoiler sul nuovo album, abbandoni subito la nave. Per gli altri malati di teorie come me, benvenuti a casa.

 

Dunque, dato che ormai è evidente che il titolo del nuovo album sarà Shadow (i VCR l'hanno confermato abbastanza chiaramente) tutto sta a capire qual è l'indizio riguardante la title track. Dato che l'hanno scorso nei VCR avevano chiaramente scritto sia Map of soul che Boy with Luv, mi aspetto anche quest'anno che quello che hanno scritto abbia una stretta relazione che il titolo della nuova canzone. Secondo me, in base a quello che hanno fatto vedere agli MAMA avrà a che fare con il tempo e con i titoli con cui le varie esibizioni sono state introdotte. 

I. FUTURE MEETS PAST: CALLING

II. PAST MEETS PRESENT: WORLD

III. PRESENT MEETS FUTURE: ETERNAL JOURNEY

Che siano tutti e tre indizi sulla nuova canzone? O sarà solo l'ultimo? Potrebbe essere che Eternal Journey è proprio il titolo? Troppe domande! 

Voi cosa ne pensate? Condividete le vostre teorie con me e cospiriamo insieme! Io penso anche che stavolta sarà Suga a fare l'intro perché...andiamo, chi meglio di lui può rappresentare Shadow? 

 

PS: due capitoli in due giorni! Non vi ci abituate però, è solo perché sono a casa ammalata.

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Capitolo 16
*** 16 ***


Non appena il medico lasciò la stanza con la promessa che in un paio di giorni sarebbe stata dimessa, l'ambiente tornò al suo silenzio originale. Sperava che il gruppo di ragazzi avrebbe potuto riportare un po' di calore, ma dovette rinunciare all'idea quando le fu riferito che erano dovuti andare via. 

"Forse è meglio così."

Posando lo sguardo sul comodino e vedendo i fiori che vi erano adagiati sopra con cura, un docile sorriso indugiò sulle sue labbra. 

 

-Uhm....colore preferito?-

-Azzurro.-

-Ok, allora....fiore preferito?-

-L'anemone. In realtà amo tutti i fiori, ricoprirei tutta la mia casa di piante, se solo....-

Notò Hoseok pendere dalle sue labbra con aspettativa.

-Se solo...?-

La ragazza allora si coprì il viso con le mani, disperata.

-Se solo non fossi il Terminator dei vegetali!- esclamò con la  voce ovattata a causa delle mani che la attutivano.

Il ragazzo non poté trattenersi dal scoppiare a ridere sguaiatamente. 

-Dico sul serio! Faccio morire qualsiasi cosa! Perfino le piante grasse! Ti rendi conto?! Sono arrivata dove il deserto ha fallito!- 

A quel punto Hoseok non riusciva più a smettere di ridere fino a sentir male alle guance.

 

Mentre con il dito accarezzava il contorno dei petali e sfiorava i delicati pistilli, la sua mente ripercorse la conversazione che ormai conosceva a memoria. 

 

-Potresti farmi un favore, Hoseok-ssi?-

Il ragazzo la guardò leggermente sorpreso.

-Ma certo.-

-Chiamami senza onorifico per favore. Beatrice andrà bene.-

Hoseok distolse lo sguardo, con un sorriso vagamente imbarazzato.

-Ci proverò, se te farai altrettanto.-

 

Posando gli occhi sulla scatola azzurra che era rimasta semi aperta ai piedi del comodino, la sollevò per contemplare con gioia e un po' di nostalgia il morbido gattino. 

 

-Quindi tutta la tua famiglia è in Italia.-

-Sí. Ho dovuto lasciare là anche la mia gatta, Kiki. La adoro, ma non volevo che un cambiamento così grande le facesse male, perciò ho pensato sarebbe stata meglio nella sua casa.- 

-Davvero? Anche a me manca tanto Micky!- replicò il ragazzo con un grande broncio sulle labbra.

-Quando siamo in tour, vorrei sempre averlo tra le braccia per coccolarmelo. È il migliore anti-stress del mondo!- aggiunse fingendo di piagnucolare per scatenare una risata nella ragazza. 

-Ah, non me lo dire! Quando vado a dormire, mi manca tantissimo quando Kiki mi si accoccolava affianco e iniziava a fare le fusa!- disse, tirando fuori il suo telefono e accendendo lo schermo. 

-E poi mi guardava con quei suoi grandi occhioni verdi! Era troppo carina!- aggiunse rinforzando le sue parole con la foto del gattino che fissava lo schermo annoiato.

Il ragazzo, vedendo la foto nello sfondo, iniziò a fare dei versi inteneriti. 

 

Il sorriso della ragazza divenne più deciso man mano che notava la premura che Hoseok aveva dimostrato con quei regali. Abbassando gli occhi verso il peluche che stringeva fra le braccia, intravide sul fondo della scatola qualcosa che prima le era sfuggito. Allungando la mano, prese il bigliettino leggermente decorato a motivi floreali e lo girò in modo da scoprire cosa vi era scritto. 

"Spero che con questo regalo ti possa far sentire più vicina a casa." 

Leggendo quella frase, sentì un leggero formicolio al cuore. Un nuovo calore e una nuova luce, diversi da quelli che i ragazzi avevano portato nella stanza precedentemente, si diffusero nella sua mente e nel suo animo. Poi, però, la abbandonarono improvvisamente, lasciando dietro di sé solo freddo e una rassegnata solitudine, quando scorse l'ultima frase del biglietto.

"PS: Chi sei tu veramente?"

La sua memoria tornò al momento in cui i ragazzi avevano lasciato la stanza. Alla loro scomparsa, era avvenuta per contro un'apparizione misteriosa. Sul comodino, infilato sotto al mazzo di fiori, il suo taccuino coi fenicotteri sulla copertina spuntava timidamente. Beatrice era sicura che prima non ci fosse. Ne era sicura perché l'aveva cercato disperatamente rivoltando la sua borsa, seppellendo le mani nelle tasche della giacca e perlustrando ogni scomparto del mobile al suo fianco. Con un sospiro rassegnato, prese quella decisione che la sua mente le aveva già in passato suggerito. 

 

Il silenzio malinconico della stanza fu rotto al bussare deciso della porta. Quando essa si aprí, rivelò una donna sulla quarantina dalla figura alta e slanciata avvolta in un anonimo completo, seguita da un uomo poco più giovane di lei. 

-Buongiorno Beatrice. Io sono il detective Garcia e lui è il mio collega, il detective Beckett. Come stai oggi? Te la senti di rispondere a qualche domanda?- 

Beatrice si prese qualche istante per guardare la donna negli occhi, mentre si avvicinava cautamente al letto. Dietro al suo sguardo, percepiva un'enorme forza. Una forza vera, non fasulla. La forza di una donna che sa far sentire la sua voce. Ma oltre a quella forza, sentiva anche un grande calore. Era come una fuoco, che poteva essere violento e distruttivo, ma anche rassicurante e piacevole. 

-Sto meglio grazie, risponderò volentieri alle vostre domande.- disse infine la ragazza. 

Con un sorriso, la detective si accomodò sulla sedia accanto al letto e il collega la imitò subito dopo, rimanendo comunque in silenzio. 

-Ho bisogno che mi racconti con più dettagli possibili quello che è successo ieri all'aeroporto. Se non ti dispiace, vorremmo registrare la tua deposizione.- 

Ogni richiesta della donna era accompagnata da quel calore quasi materno, che metteva Beatrice a suo agio. Una volta che ebbe acconsentito, la ragazza ricordò a se stessa ogni parola appositamente studiata per quel momento. 

-Io lasciai l'aereo poco dopo i BTS. Inizialmente, i bodyguard ci condussero nell'area VIP finché non si erano assicurati che delle altre guardie fossero pronte all'uscita. Ovviamente, i bodyguard si tenevano vicino ai membri mentre noi dello staff li seguivamo. Mentre cercavamo di arrivare all'uscita, c'era una grande confusione fra i fan e i paparazzi. Una volta attraversate le porte del JFK, la situazione peggiorò. C'era ancora più gente ed era difficile riuscire a vedere ciò che ci circondava. Mentre cercavo di scorgere se i ragazzi stessero bene, ho visto  la ragazza con la pistola in mezzo alla folla, abbastanza vicina ad RM. In quel momento non ragionai. Tutto ciò che feci fu dettato dall'istinto. Mi buttai in avanti e le abbassai la mano che stringeva la pistola. Poi partí il colpo e da quel momento ricordo poco. Mi sembra che subito dopo sono riuscita a farle cadere la pistola dalle mani e poi mi sono ritrovata a terra. Questo è tutto ciò che ricordo.- concluse con sguardo fermo Beatrice. 

"Quando sono diventata così brava a dire bugie?"

-Capisco. Saresti in grado di riconoscere la ragazza se ti mostrassi delle foto?-

Alla domanda della detective, la ragazza rispose annuendo con convinzione. Infatti, quando la donna le fece scivolare sul grembo tre foto di tre ragazze dai lineamenti simili, Beatrice senza esitazione afferrò quella al centro. 

-Ti ringrazio, sei stata molto utile per il caso.- aggiunse il detective Garcia con un sorriso. 

Il gesto che fece in seguito però, stupì Beatrice. La donna aveva preso il registratore e l'aveva spento infilandoselo in tasca, per poi riportare gli occhi su di lei con anticipazione.

-Devo farti un'altra domanda prima di andarmene. Come vedi, non farà parte della deposizione, perciò non ti devi preoccupare.- 

La ragazza guardò con esitazione la donna, tendendo involontariamente i muscoli del collo. 

-Tu ti trovavi indietro rispetto ai membri, giusto?-

La donna non attese la risposta ma proseguí.

-A causa della confusione, nessuna delle persone che abbiamo interrogato è riuscita a vedere la ragazza che teneva in mano la pistola. Nè i membri del gruppo, nè le guardie, nè il resto dello staff. Tu invece, che ti trovavi anche piuttosto lontana, sei riuscita a vederla. E non solo, ma hai fatto anche in tempo a correre davanti a lei e a deviare la pistola prima che sparasse.- 

Anche se quella appena uscita dalla bocca della detective era un'affermazione e non una domanda vera e propria, Beatrice intuì comunque l'interrogativo che vi era nascosto dietro. 

-Che cosa vuole sapere, detective?- chiese infine, cercando di suonare naturale ma risultando piuttosto dura. 

La donna la guardò con una nuova emozione. Empatia. Voleva farle capire che non era sua nemica e che non stava cercando di incastrarla in qualche modo. 

-Ti ho appena rivolto un'obiezione che farebbe un buon avvocato se mai questo caso dovesse finire in tribunale. Non voglio mettere in dubbio le tue parole o le tue motivazioni. Vorrei solo che tu sia pronta all'eventualità. Perché non voglio che una potenziale assassina la faccia franca.- 

"Neanche io."

Beatrice, dopo un attimo di riflessione, guardò negli occhi la detective con uno sguardo che accese nuovi interrogativi nella donna. Non le sembrava più di avere di fronte una ragazza di ventitré anni. Aveva l'impressione di vedere un'entità astratta, senza tempo. 

-Sono stata molto fortunata e ho un buon istinto. Facciamoci bastare questo, detective.- dichiarò con risoluzione la ragazza. 

 

-Tu le credi?- 

David marciava accanto alla donna cercando di vedere indizi di ciò che realmente pensava. Ma Alexandra Garcia era sempre stata un mistero per lui sin dal primo momento in cui era diventato il suo partner, cinque anni prima. 

-Diciamo che ho deciso di crederle. Mi ha detto quasi tutta la verità e quello che non mi ha detto non può essere usato contro di lei in tribunale.- rispose la sua collega. 

-Allora perché volevi sapere di più?- le chiese nuovamente.

-Perchè ero curiosa.- 

Il detective Beckett rimase sorpreso dalla semplice e spontanea risposta della donna. Ma sapeva anche che lei era fatta così. Era imprevedibile. 

La camminata risoluta dei due fu rallentata improvvisamente dalla suoneria del detective Garcia, che si fermò vicino all'ascensore per rispondere.

-Che cosa?!- 

La voce della donna aveva perso tutto il calore con cui si era rivolta alla ragazza e aveva assunto la risonanza del ruggito di una leonessa. 

-La vittima ha appena riconosciuto Anna Johnson in un confronto fotografico, non ha gli estremi per...- 

David notò la vena sulla tempia della donna ingrossarsi pericolosamente, cosa che le succedeva ogni volta che un caso prendeva una piega che non apprezzava.

-Non me ne frega niente!- esclamò, ignorando lo sguardo ammonitore del collega che le intimava di abbassare la voce. 

-Ah....che bello. Non vedevo l'ora. Aspetta che arrivi io e che lo distrugga, quel pezzo di merda.- dichiarò aspramente chiudendo la chiamata. 

Tutta la frustrazione del detective Garcia si trasmise nell'aria e fu ancora più palpabile quando le porte dell'ascensore si chiusero.

-Il padre della ragazza è al distretto che ci aspetta con la figlia e l'avvocato che, a quanto pare, è pronto a farla scagionare.-

-Ma la ragazza non era sotto custodia?- chiese l'uomo sollevando un sopracciglio. 

-Certo, ma papino avrà probabilmente pagato il giudice per farla uscire. Maledetto riccone della finanza.-

Quando le porte scorrevoli si aprirono, il detective Beckett fece fatica a stare dietro alla marcia infuriata della donna.

-Cosa hai intenzione di fare quindi?- 

Senza voltarsi o distogliere lo sguardo dal suo obbiettivo, la detective riprese la parola. 

-Rivolto la ragazza come un calzino e poi faccio in modo di sbatterla in galera. E preghiamo che il procuratore sia dalla nostra parte.- 

 

 

ANGOLO ANTEPRIMA

Ciao a tutti cari! Che ne pensate del detective Garcia? Mi sto appassionando un sacco al suo personaggio e mi piacciono le diverse interazioni con gli altri personaggi. Presto entrerà in contatto con un altro personaggio secondario che mi piace ancora di più. Non vedo l'ora di scriverlo! 

In questi giorni stavo rimuginando un'idea per una storia che ho già in mente da un po' e che spero di poter pubblicare quando avrò finito questa. Il tono sarà MOLTO diverso da questa, infatti si tratterà di una storia molto più ironica e frizzante, che vuole prendere un po' in giro tutte quelle storie dark sui rapimenti e gli AU dove i Bangtan sono dei delinquenti. Volevo condividere con voi una breve anteprima per vedere se potrebbe piacere, fatemi sapere cosa ne pensate.

 

I sei ragazzi pensavano di aver finalmente trovato l'affare del secolo. Rapire la figlia di Jung Wook, il CEO milionario di uno dei più importanti brand del paese. Dopo aver ottenuto il riscatto, sarebbero finalmente diventati ricchi. Se solo non ci fosse stato un piccolo intoppo....

 

-Sentite, banda bassotti al quadrato. Capisco che dividere un neurone in sei debba essere faticoso. Ma fatevelo dire, come delinquenti fare davvero pena.-

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Capitolo 17
*** 17 ***


5 giugno 2020 

H 14:11

 

Il detective Garcia percorreva a passo spedito i corridoi spogli del suo Dipartimento con impazienza, seguita a ruota dal collega. Appena il tenente la vide entrare dalla porta a vetri, le scoccò un'occhiata eloquente indicando con la testa la sala interrogatori, le cui tende erano leggermente aperte. All'interno si potevano vedere tre figure in tre atteggiamenti molto diversi. Un uomo in un completo gessato grigio stava serenamente seduto con nonchalance al centro e sembrava pronunciare verso la ragazza alla sua destra le più dolci e amabili parole. Quest'ultima invece, un'adolescente stravaccata all'indietro con le braccia incrociate che mettevano in risalto le unghie laccate e lunghi capelli castani perfettamente in piega, rivolgeva la sua attenzione solamente al tavolo e la sua espressione suggeriva che avrebbe pagato qualsiasi prezzo per essere altrove in quel momento. Alla sinistra dell'uomo in gessato invece, sedeva un altro uomo immerso fino al naso in un plico di documenti, ignorando il mondo circostante. 

Alexandra Garcia, osservando la scenetta davanti a sé, iniziò ad affilarsi le unghie contro le braccia. Poi, rivolse un'occhiata al tenente Logan prima di emettere un ringhio. 

-Upper East Side, eh?- 

Dopo essersi guadagnata un'alzata di spalle come risposta e aver preso in mano il fascicolo della ragazza, fece il suo ingresso in sala interrogatori. Salutando con un sorriso secco e minaccioso le tre persone nella stanza, si mise a sedere dopo aver stretto la mano ai due uomini e aver studiato David fare altrettanto. 

-È un piacere conoscerla, detective Garcia, ho sentito molto parlare di lei.- 

Il padre della ragazza, Nicholas Johnson, aveva parlato con voce calda e tono basso, tipico di una persona che cercava di ammaliare o di mettere il suo interlocutore a suo agio. Alexandra era più convinta della prima. 

"Abbiamo appena iniziato e già punta alla giugulare."

-Vorremmo che questo increscioso incidente venga chiuso il prima possibile, per evitare a voi del lavoro inutile e a noi, beh...della cattiva pubblicità.- 

La donna non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso divertito, a cui sottofondo si aggiunse uno sbuffo della ragazza. 

-Increscioso incidente? Da quando un tentato omicidio è un incidente?- chiese con voce altrettanto soave all'uomo di fronte a lei. 

-Suvvia detective...tentato omicidio? Penso che tutto questo sia solo un immenso malinteso.- 

Prima che la donna potesse rispondere, l'avvocato aveva già prontamente girato il plico di documenti che stringeva in mano verso la sua direzione. 

-Non ci sono testimonianze di persone che abbiano visto la mia cliente sparare e non ci sono neppure registrazioni della scena. Dai video di sorveglianza dell'aeroporto non si vede chiaramente da dove venga lo sparo. E la mia cliente è una minorenne senza precedenti. L'unica cosa che avete è il fatto che era vicino alla pistola e alla vittima. Non è sufficiente per avanzare un accusa.- 

Seguendo la voce monotona ma sicura dell'avvocato, Alexandra perdeva sempre di più la pazienza. 

"Si sono bene informati, vedo..."

-Una cosa ce l'abbiamo. La vittima ha appena riconosciuto la signorina come la colpevole.- affermò la donna, fissando arrogantemente il signor Johnson. 

Quest'ultimo però non sembrò minimamente scomporsi alla notizia, aprendosi invece in un accogliente sorriso. 

-Capisco. Nonostante ciò, resta la sua parola contro la nostra. La testimonianza di una sola persona non basta.- 

-Questo lo deciderà la giuria.- replicò immediatamente la detective. 

Aveva fatto delle veloci valutazioni e sapeva che la conversazione non stava prendendo la giusta piega. Per quanto avrebbe preferito evitare di andare in tribunale, non restava altra scelta. Nuovamente, il signor Johnson non sembrò scomporsi, ma si piegò in un sorriso mesto, quasi compassionevole. 

-Non penso sia necessario arrivare in tribunale, detective Garcia, suvvia. Siamo persone ragionevoli. D'altronde, i miei avvocati sono pronti all'eventualitá e hanno tutti i documenti per fare scagionare mia figlia già al Gran Jury.-

Questa volta la donna sentì un brivido correrle lungo la schiena quando il sorriso dell'uomo divenne freddo e calcolatore, simile a quello di un predatore che ha inchiodato la preda in un angolo. Spostando tutto il peso in avanti, era in procinto di replicare per le rime, quando sentì due colpetti al vetro che separava la stanza al corridoio del Dipartimento. Sapeva già cosa la attendeva dall'altro lato.

Alzandosi con un breve congedo lasciò la sala interrogatori al suo collega, mentre incontrava all'esterno il tenente. Inizialmente, nessuno dei due disse niente. Alexandra aveva già intuito il motivo per cui l'aveva fatta uscire e non le piaceva per niente. 

-Non mi dire di rilasciarla perché è evidente che- non fece in tempo a finire la frase, uscita come fuoco dalla sua bocca, che il suo superiore l'aveva già spenta. 

-Ha chiamato il vice procuratore. Ha detto che senza video e solo con la testimonianza della vittima non abbiamo possibilità.- 

La donna fissò il suo superiore con cocente irritazione negli occhi. 

-Stai scherzando spero. Abbiamo il riconoscimento della vittima.- 

Il tenente Logan scosse la testa, abbassando le spalle già incurvate dagli anni. 

-Abbiamo solo quello, il resto sono solo prove circostanziali. Sai meglio di me che in tribunale i suoi avvocati potrebbero convincere la giuria che la vittima era confusa a causa del caos e possa essersi sbagliata.-

Alexandra sentì i tendini diventare acciaio e la mente trasformarsi in lava. 

-Quindi? La dobbiamo rilasciare? Una potenziale assassina?!- esclamò sputando con disprezzo ogni parola. 

Il tenente la guardò come aveva sempre fatto. Con l'affetto di un padre e il rimpianto di un ufficiale di polizia che non poteva portare a termine il suo lavoro. 

-Per il momento sí. Ma continueremo le indagini.- rispose guadagnandosi la "marcia furiosa della morte", come l'avevano soprannominata i suoi colleghi. La detective infatti si diresse verso il suo ufficio con una camminata furente e incurante delle circostanze. Non appena arrivò alla sua sua scrivania, vi sbattè la mani sopra osservando tutte le informazioni che aveva raccolto su Anna Johnson. Sentendo David raggiungere il suo fianco, la donna non diede segno di calmarsi ma rilassò leggermente i muscoli. 

-C'erano centinaia di fan con i telefoni puntati, che fine hanno fatto tutti i video?- chiese l'uomo scompigliandosi i capelli.

-Li abbiamo passati al setaccio uno per uno, ma nessuno inquadra chiaramente la sospettata. Ho il dubbio che gli unici che avrebbero potuto inchiodarla siano stati già eliminati.- rispose in tono basso e rabbioso Alexandra. 

-Se non troviamo qualcosa, non possiamo portarla neanche al processo.- aggiunse infine con un sospiro. 

Scannerizzando con gli occhi ogni riga dei documenti davanti a sé, la detective cercava un qualche appiglio, un qualsiasi errore che le avrebbe potuto dare una mano. Ma a quanto pare il signor Johnson era stato molto meticoloso nel fare in modo che la figlia risultasse completamente pulita. 

Mentre la sua mente lavorava freneticamente, cercando di ricreare la situazione dell'incidente per osservarla da ogni angolazione, sentì il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni. Strizzandosi gli occhi stanchi, lo sfilò e diede uno sguardo al mittente. 

"Sam?"

 

Da: Sam

Ciao dolcezza come stai? :D 

È un secolo che non ci si sente! Dobbiamo recuperare! 

Che ne dici se ci vediamo al nostro solito posto stasera a cena? 

Ti ho preso un regalino, per farmi perdonare l'assenza ;) perciò devi venire per forza! 

 

Alexandra rimase qualche istante scioccata. Non vedeva  la sua ex-partner praticamente da quando aveva lasciato la polizia e, a parte qualche chiamata, non si erano neanche sentite più di tanto. Facendo una veloce valutazione però, la donna pensò che una serata fuori non le avrebbe fatto male, perciò decise di accettare. 

 

H 19:26 

 

La detective non si era neanche presa la briga di cambiarsi, facendo il suo ingresso nel ristorante con il completo che indossava a lavoro. Scorrendo con gli occhi i tavoli, notò una donna vestita con un tubino nero che le metteva in risalto le forme salutarla da lontano. Quando fu di fronte a lei, si ritrovò stritolata in una morsa di ferro. 

-Tesoro! Da quanto tempo! Non sei invecchiata di un giorno! E non hai perso neanche le tue brutte abitudini, non mi dire che ti lavi ancora i capelli con il doccia schiuma!- esclamò la donna che la stringeva e teneva in mano una ciocca dei suoi capelli sfibrati. 

-Beh, invece te sei cambiata parecchio. Queste non me le ricordavo.- replicò Alexandra posando lo sguardo sul seno dell'amica. 

-Ah sí, sai com'è...dopo una rottura tutte le donne hanno bisogno di un cambio di look.- affermò con nonchalance Samantha. 

La sua amica non poté trattenere un ghigno.

-Di solito si ricorre ad un taglio di capelli, non a una mastoplastica. Ora capisco dove hai messo i soldi del divorzio.- 

Sedendosi con grazia, Samantha la guardò languidamente. 

-Oh fidati...queste sono solo un dieci percento dei soldi del divorzio... ho spillato un mezzo milioncino a quel porco spilorcio.- affermò la donna scuotendo la spalle bronzee per pavoneggiarsi. 

-Scherzi?! Mezzo milione?!- esclamò scioccata la sua amica.

-Assolutamente no... il bastardo aveva un po' di conti qua e là... e con la minaccia di una denuncia sono riuscita a incastrarlo per bene. Adesso non può neanche mantenere più la sua amante russa con le gambe lunghe due metri.- 

La donna si portò una ciocca di meches all'indietro in un ulteriore tentativo di mostrarsi in tutto il suo splendore. 

-Quindi adesso ti godi la vita da divorziata ricca e basta? Che noia...- disse Alexandra nel tentativo di stuzzicarla.

Ma la donna di fronte a sé alzò gli occhi su di lei con uno sguardo indecifrabile. Nel giro di un istante sembrò cambiare  pelle con una persona completamente diversa. 

-Oh no...Ho i miei passatempi...e a proposito di questo.- 

Samantha uní alla frase un oggetto, che posò di fronte alla sua amica. 

-Ti avevo detto che ti avevo fatto un regalo.- affermò con un sorriso sornione. 

Alexandra fissò circospetta la scatola rossa prima di sciogliere il fiocco che la teneva chiusa e alzare il coperchio. Sporgendo la testa, intravide una borsa nera di pelle che doveva costare quanto un mese del suo stipendio. 

-Sam...- iniziò con voce lamentevole.

-Oh taci! Vai sempre in giro con quella roba sciatta! Sarai anche una poliziotta, ma datti un po' di contegno, donna!- esclamò l'amica dalla pelle bruna. 

-E poi...- aggiunse abbassando la voce -...il vero regalo è all'interno.- concluse con un sorrisetto saccente. 

Un po' perplessa, la detective aprì la borsa e vide spuntare dei fogli piegati in due. Senza sfilarli, li aprí leggermente per intravedere cosa c'era scritto. Quando lesse la prima riga, alzò di scatto la testa verso la sua amica.

-Come diavolo hai fatto ad avere questa roba?!- esclamò scioccata. 

-Beh sai...ho ancora qualche contatto, anche fra l'FBI.- rispose enigmatica la donna, godendosi l'espressione di Alexandra. 

-So che c'è un caso un po'....intricato. È un piccolo regalo per darti una mano.- 

La sua amica strinse i manici della borsa fra le mani, combattuta. 

-Sam...questa roba...come facciamo ad usarla? Contesteranno le nostre fonti.- 

La donna nel tubino nero le fece un occhiolino ammaliatore.

-Digli che un informatore anonimo ha voluto condividere delle informazioni. Un detective privato che non può svelare la natura del suo lavoro. Segreto professionale.- concluse appoggiandosi l'indice alle labbra carnose. 

Alexandra la guardò ancora più scioccata, ma con una consapevolezza che la prese alla sprovvista. 

-È questo che hai iniziato a fare?-

Sorprendentemente, ricevette una risposta secca e sincera.

-Proprio così. Vedi, dopo il divorzio ho iniziato ad investire in una nuova attività e mi sono fatta anche un certo nome nel campo...-affermò Samantha abbassando ulteriormente il tono. 

-Perché? A quel punto non potevi rimanere direttamente in Polizia?- 

La detective vide lo sguardo della sua amica raffreddarsi e assumere un'oscurità che non aveva mai visto. 

-Per cosa? Per vedere assassini evitare la galera per un cavillo legale? Per dover dire alle famiglie delle vittime che non avrebbero potuto avere giustizia? Per vedere stupratori uccidere le donne che avevano perseguitato perché non siamo riusciti a incastrarli prima?- 

Dal tono della donna trasudavano una grande quantità di emozioni represse e ribollenti. Sdegno, rabbia, rancore, rimpianto.

-Ero stufa. Ho lavorato per quindici anni della mia vita per un sistema che mi deludeva ogni giorno di più. Ero stanca di giocare. Adesso, faccio giustizia a modo mio e per le persone che scelgo io.- 

Per la seconda volta in quella giornata, Alexandra sentì un brivido camminare sulla sua colonna vertebrale. 

-Usa quello che ti ho dato, Alex. E fai in modo che venga fatta giustizia.- affermò la donna nel tubino nero fissando l'amica dritta negli occhi.

 

-Ehi zuccherino! Come te la passi?- 

La voce squillante di Samantha riempí l'abitacolo della Porsche su cui era appena salita. 

-Beh, buone notizie. Il pacco è stato consegnato. Presto lo squalo finirà in gabbia.- disse con soddisfazione rivolgendo lo sguardo alla strada davanti a lei. 

Tamburellava le dita sul volante di pelle, per poi accarezzarlo percorrendone le cuciture raffinate mentre ascoltava la voce all'altro capo del telefono. 

-Oh sí, stai tranquilla, zuccherino. La conosco molto bene, so che con la roba che ha in mano li sistemerà entrambi. Tu adesso rilassati e riposati, un colpo di proiettile non è uno scherzo.- aggiunse con una leggera apprensione. 

-Ricordati che mi avevi promesso un tè insieme quando saresti arrivata in America. Non appena il caso sarà chiuso, ti rapisco dall'ospedale e ti porto nel locale più raffinato di New York.- 

Il tono canzonatorio della donna tentava di nascondere la pressante curiosità che la dominava da quando aveva preso in mano quel caso. Dall'interfono sentì giungere una lieve risata.

-Va bene Miss Jones. Una promessa è una promessa.- 

 

 

ANGOLO INNOMINATO

Ecco finalmente Samantha! Avete capito i vari collegamenti? Avete intuito il suo ruolo? Mi sono divertita un sacco a studiare il suo personaggio perciò non vedevo l'ora che arrivasse questo capitolo. A livello tematico è fra i personaggi più importanti, perché pone una questione sulla giustizia e su come viene amministrata. Spero che questo capitolo non vi abbia annoiato, so che volete sapere che fine hanno fatto i ragazzi e presto l'attenzione tornerà su di loro. Allo stesso tempo però dovrete avere un po' di pazienza, perché si deve sciogliere la questione di Anna Johnson. So che questo personaggio può sembrarvi molto stereotipato, ma aspettate a giudicarla perché avrà anche lei il suo spazio e verrà fuori un po' della sua personalità e delle sue motivazioni. Farò un angolo autore solo per parlare di lei, perché è un personaggio molto importante. 

Che dire, ci vediamo prossimamente!

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Capitolo 18
*** 18 ***


 

Hoseok si lasciò cadere pesantemente sul grande divano del salotto. L'area dell'albergo che condivideva con i suoi compagni rispecchiava la stessa opulenza delle loro camere personali. I mobili di design minimal si stagliavano come bizzarre costellazioni, la più evidente di tutte il grande televisore LED che dominava la parete. Dopo aver fatto pigramente vagare gli occhi sulla stanza nel tentativo di svuotare la mente da pensieri superflui come aveva fatto per l'intera giornata, il ragazzo tirò un lungo sospiro abbandonando la testa all'indietro.

"Che cacchio mi è passato per la testa di scriverle quel biglietto?!"

"E poi....regalarle un peluche?! Avrà pensato che la ritengo infantile? O avrà pensato che IO sono infantile? Era almeno l'animale giusto?"

Hoseok rammentò come quella mattina era uscito presto perché non riusciva a rimanere nel letto dopo non aver chiuso occhio tutta notte e aveva stupidamente preso quel regalo. Era stato più forte di lui. Mentre vagava senza meta per le strade di New York, senza scorta, con il rischio di perdersi e con la mente carica di onerosi pensieri, il suo sguardo era caduto sulla vetrina di un negozio di giocattoli. I suoi piedi si fermarono ancora prima che la sua mente potesse comandare loro di farlo e lo portarono davanti al peluche di un gatto nero dagli occhi verdi. Mentre le parole di Beatrice gli risuonavano nella testa insieme alla sua risata, ripensò alla fotografia che gli aveva mostrato con tanto orgoglio. Nuovamente, i suoi piedi presero il controllo sulla mente, conducendolo all'interno del negozio. L'unico sprazzo di lucidità gli tornò quando ormai era fuori dalla porta con in mano una scatola azzurra e un biglietto intonso. 

Tentando di scacciare il ricordo imbarazzante di lui che appoggiava il regalo sulle gambe della ragazza e di lei che scoppiava a ridere dopo aver visto cosa c'era all'interno, Hoseok si rese conto dell'inutilità dei suoi sforzi. La scena continuava a ripetersi e riavvolgersi come un nastro inceppato, a voler sottolineare quanto era apparso ridicolo. 

Il flusso dei ricordi si interruppe solo quando sentì il divano avvallarsi accanto a sé sotto al peso del maknae che, sfinito quanto lui, si sdraiò appoggiando la testa sulle sue gambe. Era stata una lunga giornata e il maggiore poteva vederlo dalla pigrizia dei movimenti dei suoi compagni e dall'oblio nei loro occhi. 

-Qualcuno mi può spiegare com'è possibile che una semplice conferenza si sia trasformata in un'intervista vera e propria? E cosa c'entravano le foto nel backstage?- 

Jin fu il primo a dare voce all'irritazione di tutto il gruppo. Avevano finito per passare tutta la giornata fra domande e foto, circondati da famelici giornalisti e divorati dalle telecamere. La risposta piccata di Yoongi fu bloccata sul nascere dall'ingresso del leader, che si era fermato nel corridoio per parlare con il manager. 

-Brutte notizie ragazzi.- annunciò mestamente Namjoon chiudendosi pesantemente la porta alle spalle. 

-Di che si tratta?- aveva risposto sulla difensiva Jin. 

Il leader si prese un momento per respirare profondamente, come se avesse dovuto urlare la notizia a pieni polmoni. Invece, quando aprì bocca, la sua voce uscì come poco più di un sussurro. 

-Domani torniamo a Seoul.- 

Quando brontolii spazientiti e increduli gli strapparono la parola, il ragazzo alzò una mano per attirare nuovamente la loro attenzione. 

-Hanno detto che ci sono problemi con la giustizia. Sembra che la colpevole della sparatoria sia in libertà, perciò la nostra sicurezza è compromessa. Bang PD-nim ha ordinato il nostro ritorno immediato in Corea per evitare rischi.- 

-E che ne sarà di Beatrice-ssi?- 

La domanda di Hoseok era suonata più indisponente di quanto avesse voluto. 

-Un legale della Big Hit sta venendo qua e la seguirà nella procedura. Per il resto, non so altro.- ammise titubante Namjoon. 

-E noi come faremo? Come facciamo a chiederle informazioni?- intervenne Jimin con tono ansioso. 

-Direi che ci conviene aspettare che torni a Seoul e ottenere le risposte di cui abbiamo bisogno. Non è certo un argomento che possiamo affrontare per telefono.- dichiarò fermamente il leader. 

-Ma almeno abbiamo qualcosa da fare nell'attesa.- continuò tirando fuori il cellulare dalla tasca. 

-Il mio amico mi ha risposto. Ci ho dato un'occhiata e...avremo un po' da indagare.-

 

6 giugno 2020

H 10:49 

 

La detective era orgogliosamente seduta sulla sedia della sala interrogatori, tamburellando le unghie sui documenti stesi di fronte a lei sul tavolo. Come un predatore che pregusta il suo pasto, aspettava l'arrivo delle sue prede, che erano state gentilmente convocate quella mattina. Ironia della sorte, si trovavano in posizioni opposte rispetto al giorno prima. Questa volta era lei ad attenderli al varco con gli artigli affilati e la gabbia sollevata. Sentì perfino un fiotto di adrenalina quando vide le figure che già conosceva percorrere il corridoio fino alla porta della sala. Oltre alle tre del giorno prima però si era aggiunta anche una donna che non aveva mai visto. Una volta entrati, strinse con gioia la mano della "serpe" in gessato nero e dell'avvocato dall'aria trafelata. Infine, si presentò alla  sconosciuta. 

-Oh salve, detective, è un piacere conoscere una donna che compie così bene un lavoro così difficile. Io sono Tiffany Johnson.- 

Alexandra la scrutò mentre le stringeva la mano e non poté fare a meno di notare i segni del suo disperato attaccamento alla sua passata giovinezza. Ogni cosa del suo aspetto, dall'abbigliamento un po' troppo provocante ed eccentrico, alla tinta innaturale dei capelli fino al trucco sbarazzino e alle tracce evidenti della chirurgia sul suo viso da cinquantenne, indicavano quanto disperatamente lei avesse voluto rimanere la bella ragazza che sicuramente era stata. La detective provò un po' pena per lei. 

-Vi abbiamo convocato qui alla luce di nuove prove emerse sul caso di vostra figlia, Anna Johnson.- dichiarò cercando di individuare la reazione del padre. 

-Pensavo che la faccenda fosse ormai chiusa, detective.- replicò infatti l'uomo, con tono tranquillo. 

-Pensava male, signor Johnson.- rispose la donna fissandolo con un sorriso sulle labbra. 

Senza aggiungere altro, aprì lo schermo del portatile accanto a lei e fece partire il video che già in precedenza aveva preparato. Dopo aver premuto Play, apparvero le immagini mosse, probabilmente registrate da un telefonino, che ritraevano l'arrivo dei cantanti con il sottofondo di urla eccitate e qualche "Oh mio Dio! Sono loro!". Il video si focalizzò su uno dei cantanti in particolare, inquadrando anche Anna Johnson che si trovava poco distante da lui, mentre una voce più forte delle altre esclamava "RM ti amo!". La frase si trasformò in urlo disperato quando la colpevole alzò entrambe la mani stringendo una pistola e puntandola contro il cantante. Un'altra figura allora entrò nell'inquadratura correndo e afferrando le mani della ragazza abbassandole la pistola, mentre lo sparo risuonava ammortizzato dalle grida. Il video si interruppe bruscamente. La detective riportò le immagini al momento prima dello sparo, fermandosi proprio nel momento in cui Anna Johnson alzava l'arma. Voltandosi a guardare la diretta interessata, la donna cercò di catturare il suo sguardo pigro. 

-E se questo non bastasse, sono arrivati i risultati dell'esame balistico, che confermano la presenza di polvere da sparo sulle tue mani.- rincarò la detective rivolgendosi direttamente alla colpevole, che fissava ostinatamente il tavolo. 

Sbattendo una mano proprio nel punto che la ragazza osservava, le fece sollevare gli occhi con un sussulto.

-Hai qualcosa da dichiarare al riguardo?- chiese minacciosamente la donna puntando gli occhi fiammeggianti nel profondo di quelli azzurri di fronte a lei. 

-Adesso sta esagerando detective, queste prove non hanno validità! Da dove sono spuntate fuori? E poi, come abbiamo già dichiarato, la ragazza non ha precedenti, perciò anche la giuria chiuderà un occhio.- si affrettò a rispondere l'avvocato. 

"Ve lo chiudo io, un occhio...e anche l'altro se c'è bisogno."

Invece procedere la conversazione come avrebbe voluto (a schiaffoni), girò verso il suo uditorio i fogli che teneva gelosamente sotto le unghie. 

-Abbiamo miracolosamente ritrovato delle denunce per percosse e bullismo che erano misteriosamente sparite dai registri. Ben cinque negli ultimi tre anni. La signorina non è nuova a comportamenti violenti, ma stavolta ha fatto il colpo grosso.- dichiarò sibilando le ultime parole verso l'avvocato, che osservava i fogli iniziando a sudare. 

La donna infine riportò la sua attenzione alla ragazza, che sembrava essere caduta nuovamente in uno stato di apatia. 

-Tentato omicidio e lesioni aggravate. Passeresti buona parte della tua vita in cella se ricevessi la pena massima. Se confessi, il procuratore potrà abbassare la pena a 30 anni.- 

Il fastidioso grattare della sedia sul pavimento suonò come un'aspra riposta alla sua proposta. Il signor Johnson in un attimo era in piedi, con un sorriso tirato e la mano allungata.

-Grazie dell'interessamento, valuteremo con calma la sua offerta.- aveva detto con voce non più così tanto suadente.

Alexandra allora, con tutta la calma del mondo e la soddisfazione di un predatore dalla pancia piena, gli fece un cenno con la testa.

-Le conviene sedersi signor Johnson. I signori dell'FBI la aspettano fuori e una volta uscito da questa stanza non tornerà più a casa.- 

Gli occhi dell'uomo in gessato saettarono da lei al vetro che dava sul corridoio, notando solo in quel momento la presenza di due uomini che lo fissavano da fuori la stanza. 

-Di che cosa sta parlando?- chiese lasciandosi scappare un fiotto di panico.

La donna gli sorrise mestamente come aveva fatto lui stesso il giorno prima. 

-Vede, non è stato molto saggio da parte sua pagare la cauzione di sua figlia e la bustarella per il giudice con i soldi del suo piccolo conto segreto alle Bahamas. In questo modo l'FBI ha potuto chiudere l'inchiesta su di lei per evasione fiscale. Non appena metterà piede fuori da quella porta, finirà dentro per almeno tre anni. Ora, prima che apra un'inchiesta anche per il suo concorso in reato, che le farebbe guadagnare altri dieci anni come minimo, le conviene lasciare che sua figlia patteggi.- 

La detective presentò all'uomo scioccato e impallidito l'elenco dei suoi contatti negli ultimi giorni in cui risaltava una chiamata, evidenziata in giallo. Per dargli il colpo di grazia, Alexandra si avvicinò abbassando il tono della voce.

-È assai curioso che il giorno prima che è stato commesso il reato lei abbia contattato il suo avvocato. Di cosa vi siete parlati? Di come scagionare sua figlia da un'accusa di omicidio?- 

Vedendo gli occhi vitrei del signor Johnson, la donna seppe di aver vinto. La battaglia era ormai finita. L'uomo infatti si rivolse con sgomento verso la figlia incitandola  a parlare. 

-Stai scherzando?! Non lascerò che mia figlia finisca in prigione come una criminale!- aveva esclamato la signora Johnson diventando rossa dalla rabbia ma non riuscendo a esprimere appieno il suo disappunto a causa della chirurgia. 

-Sto per finire in prigione e avranno già confiscato il conto, cosa pensi che possa fare?!- 

La voce del marito era esplosa nella stanza con astio e rimorso, mischiata ad un'altra bizzarra emozione. Gelosia. La donna tacque incrociando le braccia, come una bambina a cui era stato fatto un torto. 

Alexandra rivolse gli occhi verso la ragazza dagli occhi azzurri, che osservava i genitori con ribrezzo. 

-È la tua ultima occasione. Ti conviene confessare ora.- esclamò infine la donna. 

Dopo un gesto di incitamento del padre, accolto con stizzita arroganza, Anna spostò il suo peso sulla sedia incrociando le gambe. 

-Sì, è vero, ho sparato io.- furono le prime parole che pronunciò da quando aveva messo piede nella stanza. 

-E per quale motivo lo hai fatto?- chiese la detective scrutandola attentamente. 

Odio? Gelosia? Invidia? Alexandra si era interrogata spesso sul movente della ragazza, ma sembrava non riuscire a coglierlo. Dopo un lungo istante di silenzio, la colpevole riprese la parola con una scrollata di spalle. 

-Perché mi andava di farlo.-

Quelle parole colpirono la detective come una secchiata di acqua ghiacciata. Osservò con circospezione gli occhi di Anna Johnson nel tentativo di vedere gli indizi di una bugia, ma non ve ne erano. Per contro, vide tante altre cose, emozioni che si aspettava di trovare nello sguardo di un serial killer, non di una sedicenne. Noia, indifferenza, superiorità, irritazione. Ma niente rimorso, paura o rabbia. La realizzazione di tutto ciò le fece male più di quanto avesse potuto prevedere. Quella ragazza aveva quasi ucciso delle persone perché le andava. Ed era stato estremamente facile per lei farlo. Tutto ciò terrorizzava Alexandra in una maniera che non si aspettava. 

 

 

APPOGGIATE I FORCONI!

So che la motivazione di Anna può spiazzare e sembrare assurda e superficiale, ma non è finita qui. Il prossimo capitolo sarà incentrato su di lei e andrà a fondo nella sua personalità, perciò aspettate a vedere il personaggio. 

Comunque, volevo dire che questo Hoseok mi fa troppo tenerezza XD è uscito diverso da come lo avevo originariamente studiato, ma mi piacciono la sua esitazione e la sua insicurezza.

 

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Capitolo 19
*** 19 ***


Tu sei la nostra principessa, Anna.

 

Qualsiasi cosa tu voglia, mamma e papà te la daranno.

 

Sei la persona più importante del mondo e non lasciare mai che qualcuno dica il contrario. 

 

Queste frasi avevano popolato l'infanzia di Anna accompagnandola nella sua crescita. Sin dalla più tenera età aveva appreso il suo ruolo nel mondo. Lei era una principessa. Lei era la persona più importante sulla faccia della terra e per questo quello che voleva lo otteneva, sempre. I suoi genitori avevano fatto in modo che qualsiasi suo desiderio fosse accontentato e di certo il lavoro di suo padre aveva aiutato a fare in modo che ciò avvenisse prontamente. Se voleva una casa per le bambole, la otteneva. Se voleva un cane, lo riceveva. Se si stufava del cane e non lo voleva più tra i piedi, ecco che questo spariva. Ogni sua richiesta era un ordine. Non aveva mai neanche imparato a formulare domande per richiedere ciò che desiderava. Sapeva solo pretendere ubbidienza. 

Quando aveva iniziato a frequentare la scuola, si era brutalmente scontrata con un mondo che non era così servizievole nei suoi confronti. Allora, qualora gli ordini perentori non funzionavano, aveva trovato un altro mezzo efficace. La violenza si era rivelata alquanto appagante oltre che essere un ottimo deterrente per chi volesse metterle i bastoni tra le ruote. D'altronde, lei aveva diritto di fare tutto ciò che il cuore le comandava. Se una mattina si svegliava e incontrava una ragazza che aveva una borsa più bella della sua o che girava intorno al ragazzo a cui lei aveva puntato, bastava afferrarla e strapparle una ad una le ciocche di capelli dal cuoio capelluto. Lei era una principessa e in quanto tale doveva proteggere il suo dominio con ogni mezzo possibile. Era questo quello che le aveva insegnato suo padre. 

 

-Ottieni ciò che vuoi ad ogni costo. Lotta, difendi, corrompi. Nessun prezzo è troppo alto per detenere il potere.- 

 

Anna aveva imparato col tempo che era in questo modo che suo padre era diventato un pezzo grosso nel suo campo, qualsiasi esso fosse. Non si era mai preoccupata di ricordarselo. Nicholas Johnson avrebbe stretto la mano anche al Diavolo, se questo gli avrebbe permesso di ottenere di più. Più soldi. Più fama. Più prestigio. 

Sia lui che sua madre avevano sempre lottato per lei. Sua madre era riuscita a far licenziare un'insegnante per averle proibito di usare il telefono in classe. Suo padre si era fatto prontamente avanti quando giunse la prima denuncia per bullismo da parte di una sua compagna di classe. 

 

-Non ti preoccupare di nulla tesoro, ci penso io.-

 

E ci aveva pensato. Due giorni dopo, la denuncia era sparita, la ragazza era stata trasferita in un'altra scuola e lei aveva continuato la sua vita come nulla fosse. Aveva pensato che tutto fosse perfetto. Tutto girava intorno a lei, come doveva essere. 

Le sue certezze si incrinarono il giorno in cui scoprì che sua madre era un'egoista della peggior specie. Una sera, mentre era chiusa in camera sua, aveva sentito suo padre tornare a casa straordinariamente presto. Sentendo la sua voce alzarsi come poche volte, Anna si era affacciata alla balaustra delle scale che conducevano al piano inferiore per origliare ciò di cui i suoi genitori stavano discutendo. Se la faceva con un uomo di trent'anni. Era una sgualdrina, questo le aveva urlato il marito schiaffeggiandola. In disgustato silenzio, aveva ascoltato suo padre sciorinare tutti i dettagli del tradimento alla moglie, sbatterle in faccia le foto che li ritraevano insieme, strattonarla finché non aveva confessato. 

Quel giorno Anna aveva capito che sua madre era un'egoista. Non aveva pensato a sua figlia quando aveva iniziato a frequentare il suo amante, nonostante le avesse sempre ripetuto che fosse la persona più importante della sua vita. Non aveva minimante considerato le conseguenze che le sue azioni potessero avere su di lei. 

Suo padre, però, non era stato da meno. Nonostante la ragazza riponesse piena fiducia in lui, essendo l'unico genitore rimasto di cui si poteva fidare, anche lui si era rivelato un egoista. Pur di non perdere la faccia e dover ammettere pubblicamente di essere stato tradito, aveva nascosto la cosa e minacciato la moglie di farsi i suoi amanti in segreto. Lui non voleva vedere. Non voleva sapere. Anche lui aveva abbandonato Anna senza considerare i suoi sentimenti. 

Le due persone più importanti della sua vita era diventate i suoi peggiori nemici. 

 

Anna aveva sempre trovato conforto nella musica. La aiutava a sfogarsi, le permetteva di convogliare tutte le sue energie in qualcosa di soddisfacente. Da quando aveva scoperto il gruppo k-pop che le aveva conquistato il cuore, non aveva fatto altro che passare le sue giornate a seguirli, guardare le loro interviste, ascoltare le loro canzoni, fantasticare su di loro. Sopratutto dal tradimento dei suoi genitori, erano diventati il suo universo. I suoi pensieri vertevano unicamente intorno a loro. Li sosteneva con tutte le sue forze e con una buona quantità di denaro. Sarebbero stati il gruppo coreano più popolare al mondo. Se non fosse stato per quelle schifose nullità, ci sarebbero stati loro alla vetta delle classifiche. 

La mattina del 3 giugno, come ogni mattina, Anna aveva aperto gli occhi e come prima cosa aveva afferrato il telefono. Lasciando che il sonno le offuscasse ancora un po' lo sguardo, aveva aperto Twitter per controllare il profilo dei suoi idoli. Scorrendo nella home, era incappata in un tweet del Mnet. 

Ennesima vittoria per i BTS. Ancora. Quei falsi avevano vinto un'altra volta e il suo gruppo, che aveva partecipato alla stessa categoria, era stato messo da parte. Un'altra volta. 

Con un gemito frustrato, la ragazza aveva scaravento il telefono contro il pavimento, spaccando un angolo dello schermo. Nemmeno il mondo della musica assecondava i suoi desideri. Il mondo non era più ai suoi piedi. Nulla andava come voleva lei. Nulla. 

Riprendendo il telefono fra le mani, era pronta a scrivere un messaggio infuriato sulla vittoria dei BTS, quando incappò in un altro tweet. 

"Finalmente! Domani atterrano! Sono pronta a passare su un centinaio di cadaveri pur di toccare Jungkook!" 

 

Un'idea. Un modo per riprendere il controllo. Era sbocciata nella mente di Anna spontanea come un bocciolo primaverile. Senza esitare, si era alzata dal letto e si era diretta nello studio di suo padre. Aveva aperto il cassetto della grande scrivania di legno massiccio e ne aveva sfilato la pistola. Sapeva da sempre che suo padre la teneva lì. Gliel'aveva detto lui stesso. Per precauzione. 

 

-Se mai ne avrai bisogno, usala. Adesso sai dove trovarla.-

 

Non c'era tempo migliore. Non era difficile. Aveva incontrato un ostacolo alla sua felicità e l'avrebbe tolto di torno, come aveva sempre fatto. Come le era stato insegnato a fare. 

Suo padre si era accorto che lei aveva preso l'arma. Anna lo intuiva dalle continue occhiate che le lanciava mentre trangugiava velocemente la colazione pronto per andare in ufficio. Ma non le aveva chiesto niente. Lei d'altro canto non se ne preoccupava minimamente. Suo padre non meritava la sua attenzione. 

Quel giorno aveva preso un taxi e si era diretta al JFK dopo aver ricercato informazioni sul luogo e l'orario dell'arrivo del gruppo. Aveva perfino dovuto aspettare il loro arrivo in mezzo ad una folla urlante di ragazze impazzite. La pistola le pesava nella borsa, sussurrandole dolcemente di usarla contro le persone che le davano fastidio. Ma si trattenne. Doveva conservare i proiettili per il bersaglio migliore. 

Aveva visto le porte scorrevoli aprirsi e i bodyguard uscire per fare strada ai cantanti, che con spocchiosi sorrisi salutavano la folla. Quando si furono avvicinati a sufficienza, aveva prelevato la pistola, accarezzandola con le dita con soddisfazione paradisiaca, e stringendola fra le mani l'aveva sollevata. Prima di premere il grilletto, un pensiero le attraversò la mente. 

"Finalmente."

"Finalmente qualcosa andrà per il verso giusto."

"Finalmente il mondo tornerà al suo ordine. Il mio ordine."

E aveva fatto fuoco. Si era accorta troppo tardi della figura che le si era avventata addosso, abbassandole bruscamente le mani. Una volta che lo sparo era esploso, la pistola le fu strappata di mano. In qualche modo, si era ritrovata stritolata da due guardie e stigmatizzata dallo sguardo della ragazza sanguinante stesa sul cemento. 

Nulla era andato come voleva. 

 

Come ci era finita lei lì? In una stazione di Polizia, interrogata come una criminale, minacciata da una donna pazza e selvaggia, circondata da due genitori egoisti e inutili. Stava per andare in prigione. Ma non le importava più niente. Non riusciva a riprendere il controllo. Per quanto volesse, per quanto ci avesse provato, non ci era riuscita. Se non poteva comandare il mondo, non aveva senso continuare a lottare. Perciò, aveva confessato. Aveva raccontato gli eventi alla detective e aveva lasciato che la arrestassero. Prima di uscire dalla stanza, trascinata dall'agente più giovane, aveva sentito gli sguardi pieni di apprensione dei suoi genitori. Non si voltò. Non li degnò di un'ultima parola. 

Per lei loro non esistevano più.

 

7 giugno 2020

H 9:32

 

Con l'aiuto di un'infermiera, Beatrice era riuscita ad andare in bagno per farsi una doccia. Appoggiandosi alla parete dietro di lei dopo aver posizionato la gamba ferita in modo da essere comoda, aprì il getto della doccia. Il contrasto tra le mattonelle gelide sulla schiena e l'acqua calda sul resto del corpo le anestetizzò i pensieri, spegnendo le voci e le grida che la perseguitavano da ormai troppo tempo. La sua mente si era spenta lasciando il posto ai suoi sensi. Sentiva le gocce percorrerle il corpo come esploratori in una terra impervia e portarsi via la sua ansia, le sue preoccupazioni. Dentro ai suoi occhi chiusi, però, comparvero nuovamente. Il volto ricoperto di sangue e delle lacrime dei suoi amici. Lo sguardo privo di emozione del ragazzo che stava per essere accolto dall'abbraccio della gravità. Quello vitreo del corpo steso a terra, con delle pallottole conficcate nella carne che gli risucchiavano la vita. 

Spalancò gli occhi, respirando affannosamente e stringendosi le ginocchia. Cercò di incamerare più aria possibile, ma il suo petto sembrava un palloncino sgonfio e bucato. Si svuotava troppo velocemente, senza riuscire a trattenere ossigeno e provocandole un dolore all'altezza del cuore. 

"Basta!"

Tenne gli occhi bene aperti mentre si concentrava sul motivo delle mattonelle e iniziava a strofinarsi per mandare via l'odore di sudore e di medicinale dalla pelle. Il fatto di non avere il suo shampoo alla vaniglia la infastidiva un po', ma si accontentò di quello asettico dell'ospedale. 

A malincuore, dovette uscire dal bagno dopo essersi lentamente vestita. Gli abiti le erano stati gentilmente portati dalla make-up artist che era seduta vicino a lei in aereo e con cui aveva intrattenuto una piacevole conversazione. Non erano esattamente il suo stile, ma le calzavano abbastanza bene e avrebbero servito il loro scopo. 

Una volta chiusa la porta alle sue spalle, si voltò aiutandosi con le stampelle che le aveva fornito l'ospedale e i suoi occhi incontrarono un generoso seno avvolto in una maglia rossa piena di fronzoli. Alzando lo sguardo, vide il viso bruno e sorridente di una donna sulla quarantina. Questa si prese un momento per sollevare gli occhiali da sole firmati e analizzare la sua figura con occhi luminosi.

-Zuccherino! Che bello finalmente vederti! Sei più carina di persona che in fotografia!- 

La sua voce calda l'aveva avvolta insieme alle sue braccia, stringendola in un amichevole ma delicato abbraccio. La ragazza non poté fare a meno di sorridere maliziosamente. 

-E tu, miss Jones, sei un'investigatrice decisamente più brava di quello che mi aspettassi per aver scoperto la mia identità e l'ospedale in cui ero ricoverata.- 

La donna alzò le spalle con nonchalance ma un certo orgoglio che le aleggiava sulle labbra.

-Che vuoi farci, hai scelto la migliore....te ne devi prendere le conseguenze.- aveva affermato lanciandole un occhiolino languido. 

-Avanti forza! Ti devo portare nella tearoom più chic di New York per festeggiare la chiusura del caso e la tua dimissione!- 

Senza darle tempo di replicare, la donna le aveva già afferrato la borsa e la valigia e aveva aperto la porta della stanza. La ragazza, come ultima cosa prima di lasciarsi alle spalle l'ingombrante letto in cui aveva trascorso gli ultimi giorni, prese i due oggetti che giacevano ancora sul comodino, in attesa di ricevere la sua attenzione. Si infilò in tasca il taccuino e prese in braccio il bouquet di anemoni, guardando mestamente i petali iniziare a staccarsi e a cadere. 

 

ANGOLO AUTRICE SERIO

Come avevo promesso, questo capitolo approfondisce il personaggio di Anna. Volevo prendermi un piccolo spazio per spiegarvi il motivo della mia scelta nello sviluppare questo personaggio. Come avevo già detto, non sopporto i personaggi che sono cattivi solo per il gusto di esserlo. Infatti, i motivi dietro al comportamento violento e deviato di Anna sono l'educazione che ha ricevuto e la delusione da parte dei genitori, che la amavano, ma lo dimostravano nella maniera sbagliata. Un atto violento come uccidere qualcuno può sembrare banale alla luce solo di questo, ma volevo proprio sottolineare quanto sia facile commettere una cosa del genere, soprattutto in America, dove la legalizzazione delle armi è un grosso problema. 

Il nome stesso di Anna è ispirato ad Hannah Arendt, una filosofa che parlava della banalità del male. Questo per evidenziare ancora di più che non sono sempre grandi geni del male a commettere dei crimini, ma anche persone semplici e con motivazioni banali. Ci ho messo impegno per studiare questo personaggio, perché a livello tematico è importante quasi quanto la protagonista. Su questo punto ci tornerò prossimamente, quando avrete scoperto di più su Beatrice. 

Ho volontariamente evitato di mettere il nome del gruppo che Anna segue per evitare di offendere altre fan e scatenare hating. Il suo atteggiamento da hater non dipende dal gruppo che segue, ma dalle sue circostanze e dal suo atteggiamento sbagliato. 

Ecco, scusate la lunga nota, ma ci tenevo a precisare queste cose per evitare che questo personaggio venga frainteso. Non viene scusata per il suo comportamento, ma bisogna riconoscere che ogni azione ha un'origine per quanto non sia condivisibile. Questo è il mio punto di vista. Grazie dell'attenzione e non vi preoccupate, nel prossimo capitolo i ragazzi torneranno.

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Capitolo 20
*** 20 ***


7 giugno 2020

H 13:14

 

Gli occhi di Hoseok erano fissi sulla linea delle nuvole ma Taehyung poté notare che in essi non vi era il riflesso dell'orizzonte. Scrutavano il cielo ma non lo vedevano. Al loro interno erano incastrate altre immagini, che il ragazzo era curioso di conoscere. Seduto di fronte al suo hyung, lo aveva studiato dal momento in cui l'aereo aveva lasciato New York, volando via da tutti quegli eventi che li avevano sconvolti negli ultimi giorni. Nonostante ciò, Taehyung era ancora irrequieto. Lo erano tutti. In qualche modo, percepiva il loro malessere senza che essi dovessero esprimerlo a parole. Lo vedeva nei loro corpi tesi e nei loro occhi frenetici. Sentiva i loro nervi eccitati ed eclettici sotto la pelle. Provava nel suo cuore la stessa ansia e le stesse paure. 

Il ragazzo non sapeva se fosse perché aveva passato più tempo con loro che con la sua famiglia o se fosse perché era particolarmente sensibile all'umore di quelli che lo circondavano. Fatto sta che sentiva nel suo corpo e nella sua mente tutto quello che gli altri provavano. Sapeva che Jungkook era ancora scosso dal tentato rapimento, anche se non voleva mostrarlo per non fare preoccupare i suoi compagni. Sapeva che lo stress e l'insonnia lasciavano Jin ancora più stanco nelle ultime settimane. Sapeva che Namjoon in un qualche modo si stava incolpando e stava assumendo su di sé tutte le responsabilità e il peso degli eventi che li avevano coinvolti. Sapeva che Yoongi stava attraversando un altro periodo buio, di quelli che non gli succedevano da anni, e che stava raggiungendo il limite. 

Accoccolandosi contro la spalla di Jimin, sentì le sue emozioni risuonare ancora più intensamente di quelle di tutti gli altri. Anche lui era ancora flagellato dalle sue insicurezze e questo lo stava consumando come una candela. Taehyung sapeva anche che il suo migliore amico si vergognava di quei pensieri che lo tormentavano ossessivamente, perciò aveva imparato a non obbligarlo ad aprirsi quando non se la sentiva. La cosa migliore che poteva fare era abbracciarlo, farlo sorridere e fargli capire che c'era. Fargli sentire la sua presenza rassicurante. 

Il ragazzo sentì la testa del suo amico appoggiarsi sulla sua e sospirare. Aderendo al collo magro di Jimin e posando gli occhi sul suo torso, Taehyung constatò con amarezza che era dimagrito ancora. Riportando l'attenzione a Hoseok, decise di prendere la parola. 

-Cosa pensi che gli passi per la testa? Sembra distratto da quando siamo partiti.- aveva sussurrato in modo che solo il suo amico potesse sentire. 

Questo si spostò leggermente per mettersi più comodo.

-Non ne sono sicuro, ma credo si tratti di Beatrice-ssi.- aveva bisbigliato Jimin guardando con discrezione il suo hyung. 

Le labbra di Taehyung si fecero scappare un sorrisetto divertito. 

-In effetti, non lo vedevo così imbarazzato da...non so neanche quanto tempo. Era perfino diventato tutto rosso.- 

Il suo amico appoggiato a lui emise una silenziosa risata  e il ragazzo ne sentì la vibrazione dal suo petto. 

-Beh, se è davvero questo il motivo, allora non è poi una così brutta cosa...- aveva continuato con leggerezza, chiudendo gli occhi per riposare durante le ultime ore di volo.

 

Lo sguardo di Hoseok non era perso nella vastità del cielo o nella maestosità delle nuvole che assorbivano la luce del sole. Per quanto ci avesse provato, i suoi occhi non vedevano ciò che stava loro davanti. Invece, essi gli mostravano dei fili di rame incendiati dal sole e un sorriso gentile. Vedevano la profondità di due occhi scuri ma leggermente screziati e due guance imporporate. Le sue orecchie non sentivano il rumore dei motori del velivolo o le sommesse conversazioni dei suoi compagni, ma risuonavano di una risata buffa e una voce calda. 

 

-Raccontami qualcosa di te.- aveva affermato spudoratamente Hoseok. 

-Ma ti ho già raccontato praticamente tutto.- replicò la ragazza ridendo. 

-Beh, so che ti piacciono le anemoni e l'azzurro. E che ascolti la nostra musica.- aveva aggiunto con un occhiolino il ragazzo. 

Ad uno sguardo affermativo della ragazza, decise di proseguire. 

-Vieni dall'Italia, sei a Seoul da qualche mese e hai un gatto. Che altro?- 

Beatrice aveva scosso la testa alzando le spalle. 

-Che altro c'è da sapere?- aveva chiesto incuriosita. 

-Tutto. Queste cose non dicono che tipo di persona sei.- 

Hoseok vide dall'espressione interdetta e piacevolmente stupita della ragazza che la sua esclamazione l'aveva spiazzata. Probabilmente rendendosi conto che il suo interlocutore richiedeva una risposta esaustiva, si prese qualche secondo prima di rispondere, senza mai guardarlo negli occhi. 

-Mia madre diceva che avevo una personalità assurda. Mi piace l'Italia ma ho sempre desiderato vivere in Asia. Ascolto il K-pop, ma mi piacciono anche gli Aerosmith e Bach. Mi piace vestirmi solo di nero, ma anche indossare i colori più vivaci. Sono una persona romantica ma non mi piacciono le storie d'amore smielate. Secondo la mia famiglia, tutte queste contraddizioni erano sintomo del fatto che non sapevo cosa volevo dalla vita. Pensavano che fossi confusa e che non avessi una personalità ben definita. All'inizio lo pensavo anche io. Poi, col tempo, ho imparato invece che io sono tutto questo. Sono un insieme complesso e un po' caotico di contraddizioni.- 

 

Hoseok rammentava ogni parola come se fosse incisa permanentemente nella sua memoria. 

Gli piaceva. Gli piaceva lei e l'idea di lei. 

Se ne rendeva conto con un po' di titubanza ma anche molta curiosità. Dovette ammettere a se stesso di aspettare con impazienza il momento in cui avrebbe potuto incontrarla di nuovo. Forse, quando quel momento sarebbe arrivato, avrebbe avuto modo di chiarire ancora di più i suoi pensieri. 

 

Namjoon aveva passato le ultime ore del volo a studiare il messaggio che il suo amico gli aveva mandato. Lo leggeva e lo rileggeva e più lo faceva e meno sembrava capire. Sentiva che gli sfuggiva qualcosa e quella sensazione lo ossessionava fastidiosamente facendolo sentire impotente. Nuovamente, il peso dell'incompletezza delle informazioni a sua disposizione gli stavano impedendo di raggiungere la soluzione. Arrivò alla conclusione che avrebbe dovuto confrontarsi con i suoi compagni e forse anche con il personale della Big Hit. 

Aspettò pazientemente fino a che non furono arrivati a Seoul, sapendo che sull'aereo sotto la supervisione dei manager non era il momento giusto per affrontare l'argomento. Quando dovettero uscire dall'aeroporto di Incheon, potè constatare con piacere che non c'erano fan nè giornalisti ad attenderli. Il repentino cambio di programmi doveva rimanere segreto ed evidentemente aveva colto impreparati tutti quanti. 

Una volta arrivati al dormitorio, attese che tutti quanti avessero disfatto le loro valigie e sistemato le loro cose prima di chiedere loro di riunirsi nella sala da pranzo. Seduto al centro del lungo tavolo rettangolare, Namjoon tamburellava le dita sulla superficie di vetro generando una nuova melodia. Perso nei suoi pensieri, non si rese conto di stare producendo un ritmo ripetitivo ma accattivante. 

"Forse potrei usarlo per una canzone."

Riscuotendosi da quel pensiero, decise di tornare a concentrarsi sui suoi compagni, che si stavano radunando alla spicciolata sedendosi sulle sedie scure. Era curioso come ognuno di loro avesse il suo posto personale e rimanesse ad esso fedele, benché non avessero mai deciso nessuna regola al riguardo. Era come se esistesse un tacito accordo dettato dall'abitudine, per cui ognuno si sedeva  sempre al suo posto e non invadeva mai quello di qualcun altro. Namjoon si domandò quando avesse iniziato ad abituarsi a questo curioso fenomeno senza farvi più caso. 

 

-Dunque, ragazzi, ho letto la traduzione di quello che c'era scritto sul taccuino e non ci ho capito niente. Ho bisogno che mi aiutiate ricordando il più possibile gli avvenimenti che vengono citati.- aveva annunciato il leader prendendo la parola. 

L'attenzione dei suoi compagni era completamente diretta verso di lui mentre, scorrendo il dito sullo schermo del telefono, ripescava il messaggio.

-Ricordate che la prima pagina riportava il nome di Hoseok e la foto della strada di fronte il dormitorio? Una cosa che hanno in comune tutte queste pagine è che sotto sono riportate una data e un orario. Nella pagina di Hobi hyung c'è scritto: 

4 maggio 2020

H 9:03

Ecco, qui le cose si fanno interessanti, perché subito dopo c'è scritto:

Causa della morte: incidente stradale-

Il leader fece una pausa, riportando lo sguardo sui suoi amici. Scrutando ognuno negli occhi, poté vedere l'informazione venire assorbita dalle loro menti e colpirli con tutta la sua drammaticità. Infine, osservò l'oggetto del suo interesse con attenzione. 

-Hyung, ricordi qualcosa riguardo al quattro maggio?- chiese con circospezione al ragazzo. 

Questo sembrava affogare nei suoi pensieri e dovette riscuotersi violentemente per tornare a galla. 

-Sì. È la prima volta che ho incontrato Beatrice.- aveva risposto sommessamente. 

-Ricordo che ero in ritardo. Stavo uscendo di casa e fuori pioveva. Stavo per attraversare, quando lei mi ha fermato per chiedermi un autografo.- aggiunse con aria distratta. 

-Credo di aver sentito una macchina passare subito dopo...se non mi avesse fermato in quel momento...-

La sua voce si spense sull'ultima frase, calando le conseguenze della sua affermazione come una scure su ognuno di loro. 

-Da quel giorno in poi, praticamente ogni notte ho sognato quella scena. Ogni volta finiva in modo diverso. A volte io venivo travolto dalla macchina, a volte lei.- 

Namjoon notò il viso del suo hyung impallidire. 

-Anche a me è capitato di fare degli strani sogni da quando ho incontrato Beatrice-ssi.- 

La voce di Jimin aveva rotto il silenzio assordante che dominava la stanza. Spostando lo sguardo su di lui, Namjoon gli si rivolse con curiosità. 

-Cosa hai sognato?- 

-Ho sognato di morire in un incendio.- 

Il cuore di Namjoon affondò fino a raggiungere lo stomaco. Riportò freneticamente gli occhi al cellulare, prima di prendere aria nei polmoni. 

-Dove ti trovavi quando accadeva?-

-Nella sala prove. La porta era rotta e io rimanevo bloccato all'interno senza possibilità di fuggire.- aveva riposto Jimin con la voce leggermente rotta. 

Il leader allora riprese la parola, anticipando la confusione che avrebbe scatenato. 

-Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.-

Namjoon alzò nuovamente lo sguardo, notando come lo stupore negli occhi dei presenti si era moltiplicato. Jimin lo fissava con particolare apprensione. 

-Quel giorno Beatrice-ssi venne da me dicendo che c'era stato un guasto tecnico e che dovevamo evacuare le sale finché la manutenzione non era terminata. Quando le ho chiesto perché mi era venuta a chiamare lei, aveva risposto che gliel'aveva chiesto il manager.- 

Il ragazzo annuì ascoltando le parole del compagno più giovane, creando un promemoria mentale. 

"Chiedere all'ufficio manutenzioni se si ricordano del guasto e chi lo ha segnalato."

"Chiedere al manager se sapeva qualcosa di tutto questo."

L'ultima voce sembrava già avere una risposta agli occhi di Namjoon. Nonostante ciò, decise di andare avanti.

-Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone-

-Che diavolo vuol dire finestra rotta?- aveva sbottato Yoongi, confuso da tutte quelle strane rivelazioni. 

-Se il vetro della finestra viene rotto e una scheggia ti colpisce nel punto sbagliato, puoi morire.- spiegò Hoseok.

-Ho sognato anche questo. Quando arrivavamo nel magazzino per il photoshoot, Taehyung veniva colpito al collo da una scheggia vagante e moriva dissanguato.- continuò con voce cupa il ragazzo. 

Il leader spostò lo sguardo sul più giovane seduto accanto a sè. 

-Tae?- 

L'interpellato annuì distrattamente. 

-Sì, ricordo anche io una cosa simile. Ma quel giorno non ho incontrato Beatrice-ssi.- 

-Noi sì.- aveva affermato Hoseok riprendendo la parola con slancio. 

-Era fuori dal magazzino.- 

Ad ogni dettaglio che i suoi amici aggiungevano, il leader aggiungeva collegamenti alla intricata mappa che si dispiegava sempre di più nel suo cervello. 

-La prossima ci è più famigliare. 

Jin 

17 maggio 2020 

H 16:36 

Causa della morte: assunzione accidentale di Miozin 

Sostituire prima dell'assunzione

Dovrebbe essere il farmaco che avevi tu, hyung. Giusto?- 

Senza esitazione, il maggiore confermò. 

-Come vi ho detto, quel giorno Beatrice-ssi è venuta da me per scambiare i farmaci. Ma non ho sognato niente al riguardo.- affermò con decisione Jin. 

Namjoon pensò che effettivamente una morte come quella avveniva senza che la persona se ne rendesse conto, soprattutto se avveniva nel sonno. Con apprensione, passò alla voce seguente nella lista. 

-Jungkook 

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte...-

La voce del leader si spense, ritraendosi dalla sua gola come un animale impaurito. Lanciando uno sguardo di sbieco al maknae, che lo fissava sulle spine, continuò a leggere.

-Rapimento e omicidio da parte dei rapitori. 

IMPORTANTE: fare in modo che la polizia sia già sul posto. NON attirare l'attenzione dei rapitori. Forare le gomme per impedire la fuga.-

-Sì! Ho sognato che lei veniva rapita con me! Era stata presa anche lei perché aveva cercato di salvarmi! Abbiamo cercato di scappare e dopo...dopo...- 

Jungkook, che all'inizio della frase si era alzato in piedi impetuosamente, sembrava improvvisamente attanagliato dal panico.

-Le ha sparato. Il rapitore aveva una pistola e le ha sparato. E subito dopo...ha sparato a me.- 

Esausto e privo di forze come se avesse scalato una montagna, il giovane si lasciò cadere nuovamente sulla sedia. 

-Ricordi di aver incontrato Beatrice-ssi quel giorno?-

La voce di Namjoon cercò di rassicurare il minore con un tono caldo e tranquillo. Ma vedeva l'ombra della paura velare i suoi occhi, chiudendoli in un'oscurità irraggiungibile. 

-Sì. Aveva avuto un incidente in auto con una signora e la Polizia era presente per aiutarle a risolvere la questione. Durante il volo verso New York, le ho chiesto se aveva visto chi aveva denunciato i rapitori e lei ha risposto di no. Ma sono sicuro che stesse mentendo.-

 

-Dov'è la ragazza che era con me?-

 

Namjoon rammentava le parole che il maknae aveva pronunciato quando si era risvegliato dall'ospedale. Portando l'attenzione all'obiettivo seguente, il ragazzo si preparò ad incontrare opposizione. 

-Yoongi

25 maggio 2020

H 10:36 

Causa della morte: frana-

Il leader non aveva il coraggio di interpellare il suo hyung, perciò aspettò che fosse lui a farsi avanti. 

-È il giorno in cui siamo andati al parco di Bukhansan. Ma non ho incontrato la ragazza.- 

Namjoon fu sollevato di sentire Yoongi intervenire spontaneamente, ma rimase un po' deluso dalla scarsità di informazioni. Poi però, sentì il ragazzo schioccare la lingua sul palato. 

-È possibile però che...fosse travestita da membro dello staff del parco e mi abbia impedito di raggiungere uno strapiombo. Ed è possibile che abbia sognato di cadere da quello stesso strapiombo mentre tentava di salvarmi.- ammise infine con un sospiro. 

-Sì è vero! L'ho vista anche io! Era lei!- 

Hoseok era improvvisamente saltato sulla sedia sbattendo una mano sul tavolo con energia. Namjoon lo guardò un po' stranito, ma aggiunse le ultime considerazioni alla sua lista mentale. 

Infine, con solennità, fece calare l'ultimo pezzo della scacchiera. 

-Namjoon

4 giugno 2020 

H 15:11 (ora locale di New York) 

Causa della morte: colpo di pistola

Colpevole: Anna Johnson 

 

 

ANGOLO AUTRICE MALEFICA

Eh eh eh (strofinandosi le mani con soddisfazione) 

Ecco qua che iniziano le grandi rivelazioni. I ragazzi iniziano a scoprire qualcosa su Beatrice. Mi dispiace che sia venuto in capitolo spiegone ma era necessario e dovevo tenere insieme almeno queste parti per continuità alla spiegazione se no c'era ancora più caos. Nel prossimo le loro indagini andranno avanti e arriveranno ad interessanti conclusioni. 

Il capitolo è particolarmente lungo perché dovevo piegare diverse cose e, come ho detto, non potevano essere spezzate, perciò portate pazienza.

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Capitolo 21
*** 21 ***


Il silenzio si alzò nuovamente nella stanza come un'inesorabile marea mentre ognuno dei componenti del gruppo traeva le proprie considerazioni. 

-Quindi lei conosceva la colpevole?- aveva chiesto Jin abbandonandosi contro lo schienale della sedia a braccia incrociate. 

-È molto più di questo.- aveva risposto Namjoon -Quando Tae ha preso- 

-Rubato.- interruppe Yoongi seccamente.

-Preso a prestito!- replicò Taehyung con aria offesa. 

-Dicevo...quando Tae ha temporaneamente prelevato e poi restituito il taccuino...- disse il leader fissando i due ragazzi -...Beatrice-ssi era ancora sotto l'effetto dell'anestesia, non sapeva neanche che giorno fosse, perciò trovo difficile che abbia potuto scrivere la data e l'ora dell'incidente. Questo quindi vuol dire che li ha scritti necessariamente prima.- 

Per quanto l'assurdità delle sue parole lasciasse perplesso persino lui stesso, Namjoon si rendeva conto che non rimaneva altra conclusione. Ma le implicazioni di tutto ciò erano molto più grandi e inspiegabili di quanto volesse ammettere o potesse concepire. 

-Intendi dire...che lei ha scritto la data e l'ora di un evento che ancora non era avvenuto?- la voce di Jin aveva rotto la barriera di pensieri dietro cui il ragazzo si era chiuso riportandolo alla realtà. 

-Esattamente.- rispose abbassando la voce, come per paura di portare avanti il discorso. 

-Questo...che cosa vuol dire?- 

Jungkook si era rivolto al suo hyung con occhi spalancati e voce rauca, tentando di apparire naturale. Il suo corpo però lo stava tradendo, ribellandosi al suo controllo e tremando impercettibilmente. Nel tentativo di nascondere questa debolezza, il maknae aveva infilato le mai sotto le cosce e irrigidito i muscoli delle spalle e delle braccia il più possibile. Sentiva che da un momento all'altro avrebbero potuto esplodere a causa della quantità di energia con cui li stava contenendo. 

-Non ne ho idea. Beh, in realtà...un'idea ce l'avrei...ma è assurda e fisicamente impossibile.- 

Namjoon non aggiunse altro. Aveva l'impressione che se avesse dato voce ai suoi timori sarebbe diventato pazzo o peggio. Avrebbe potuto trovarvi conferma. Spazzando via dubbi e paure dalla sua mente strofinandosi la fronte, decise di ritornare al messaggio che ancora attendeva sullo schermo del suo cellulare. 

-Non è finita qui. Dopo la mia parte ci sono alcune annotazioni, come una specie di diario.- annunciò tenendo gli occhi incollati all'oggetto tra le sue mani. 

-Numero totale restart: 46-

-Cosa vuol dire restart?- aveva chiesto Jimin alzando la mano e interrompendo il leader. 

-In inglese indica qualcosa che ricomincia. Ma non ho idea a cosa lei stia facendo riferimento qua.- aveva spiegato il ragazzo. 

In realtà, si era già fatto una teoria al riguardo che si sarebbe incastrata al resto del quadro, ma anche in questo caso decise di non darle vita pronunciandola ad alta voce. 

-Mi chiedo cosa succeda ogni volta. Se la mia teoria è giusta, cosa implica per il resto del mondo? Il tempo continua a scorrere? Le loro vite vanno avanti normalmente? O altri incidenti occorrono? Cosa succede ai Bangtan? Si presentano comunque gli incidenti per ognuno?

I miei genitori sono costretti a piangere ogni volta la mia morte? 

È tutto inutile quello che sto facendo? 

Sto facendo ancora più danni con i miei continui tentativi?

Una volta che sarà finito tutto questo, cosa farò?-

 

Jungkook ascoltò con estrema attenzione ogni parola che Namjoon leggeva, cercando di registrarla nella sua mente il più precisamente possibile. Quando ebbe terminato, vide il sul hyung spegnere lo schermo del telefono e appoggiare i palmi sul tavolo, generando un fastidioso rumore contro la superficie di vetro. 

Lui voleva sapere. Ma al tempo stesso non voleva. Aveva paura di sapere cosa tutto questo significasse per ognuno di loro. Ogni informazione che aveva acquisito in quell'ultima ora era entrata in lui illuminando la sua mente ma calando come un pesante macigno, impossibile da spostare, impossibile da ignorare. Erano tutte lì, un gruppo di ingombranti, orribili, fastidiosi macigni che ostruivano ogni suo pensiero. La sua mente cercava freneticamente un rifugio sicuro, lontano da essi, per non doverli vedere, ma non ve n'erano. 

-Direi che abbiamo molte cose su cui riflettere e molte domande da fare a Beatrice-ssi quando arriverà. Mentre aspettiamo, chiederò un po' in giro per capire se c'è lei dietro agli eventi che voi ricordate. Speriamo che tutto questo ci porti un po' di chiarezza.- aveva annunciato gravemente il loro leader. 

Sentendo che quella specie di riunione era finita, le gambe di Jungkook scattarono in piedi sollevandolo dalla sedia ancora prima che potesse pensare di andarsene. La frenesia della sua mente stava trasmettendo ai suoi muscoli una grande quantità di elettricità, tanto che il ragazzo sentiva l'impellente bisogno di scaricarla con un po' di attività fisica. Uscire dall'edificio era fuori discussione, sopratutto alla luce degli ultimi fatti in cui erano rimasti coinvolti, anche se avrebbe apprezzato un po' di aria fresca. Decise allora di prendere i guantoni da boxe che teneva nella sua stanza e dirigersi verso la piccola palestra in fondo al corridoio che partiva dalla sala da pranzo. 

Infilando i guantoni e stringendoli con i denti, Jungkook posò il suo sguardo sull'obbiettivo che si stagliava di fronte a sé. Il sacco da boxe attaccato al soffitto non aveva un'aria minacciosa, ma la mente del ragazzo proiettò su di esso tutto ciò che gli incendiava i nervi. 

La paura per la sparatoria. Un gancio destro. 

La rabbia per la sua impotenza. Un montante. 

La paura di perdere i suoi amici. Un gancio sinistro. 

La sua incapacità di capire cosa stava loro succedendo. Due ganci a ripetizione. 

La paura che aveva provato al pensiero di essere rapito. La paura di morire. 

Jungkook tirò un ultimo, furioso gancio che spedì il suo avversario a ciondolare pesantemente avanti e indietro. Quando venne verso di lui lo prese con entrambe le mani e  vi si appoggiò contro, arrivando quasi ad abbracciarlo. La sua fronte già sudata scivolava sulla superficie liscia del sacco, che veniva colpito non più dai pugni del ragazzo, ma dai suoi respiri pesanti e affannosi. Il tremore non era andato via. Era ancora lì, insistente e recriminatorio. Gli ricordava la sua debolezza. La sua inadeguatezza. La sua fragilità. 

Quando una mano calda e famigliare gli si appoggiò sulla spalla, Jungkook sobbalzò per lo spavento. Si tranquillizzò solo quando, girandosi, vide che apparteneva ad un Jimin leggermente preoccupato. Tentando di cancellare nel suo hyung la sua espressione apprensiva, roteò le spalle per rilassare i muscoli e si asciugò con il braccio il sudore sul viso. 

-Hai bisogno?- chiese con indifferenza, girandosi dalla parte opposta per non mostrare al maggiore i suoi occhi irrequieti. 

Non ricevette risposta. Al posto delle parole, un paio di braccia spuntarono sui suoi fianchi avvolgendolo da dietro in un confortevole abbraccio. Sentì il petto del suo amico aderire alla sua schiena. La sua testa si appoggiò sulla sua spalla. 

-Basta fare il duro Jungkook-ah.- disse Jimin contro la sua maglietta. 

Il petto del più piccolo si alzò mosso da un sospiro tremante. Il suo cuore, che da qualche tempo batteva in modo irregolare, con un ritmo zoppicante, in quel momento seguì la sua voce del suo hyung. 

-So cosa stai provando, ti conosco troppo bene. Non ti chiudere in te stesso. Stiamo tutti passando la stessa cosa. Se la affrontiamo tutti insieme, forse avremo la possibilità di uscirne.-

Jungkook abbandonò il capo in avanti, scuotendo come una frusta la sua colonna vertebrale. Aveva una terribile voglia di piangere e non sapeva neanche il perché.

 

H 16:17 

(Ora locale di New York)

 

-Miss Jones, mi hai già offerto il pranzo, non posso accettare anche il tè.- rimproverò la ragazza entrando lentamente nel raffinato locale. 

-Ma zuccherino, sei la cliente più interessante che abbia mai avuto nella mia intera carriera, questo è il minimo!- aveva replicato la donna affianco a lei. 

Quest'ultima fece voluttuosamente ondeggiare i fianchi e i fronzoli della sua maglia mentre avanzava verso un ometto stempiato in livrea. Beatrice la seguì con lo sguardo fermandosi davanti all'ingresso e appoggiandosi alle stampelle con tutto il peso. Lo spostamento le faceva sentire un po' dolore alla gamba, ma gli antidolorifici lo rendevano abbastanza sopportabile, per quanto intrappolassero la sua mente in un lieve letargo. 

Scorrendo per la prima volta lo sguardo per il locale, la ragazza constatò l'opulenza dell'arredamento e dei clienti. Le sembrava di essere entrata in uno di quei libri del settecento inglese che la incuriosivano tanto, immergendosi in un ambiente dallo stile classico e quasi regale. La carta da parati chiara intervallata da quadri racchiusi in cornici dorate, circondava uno stanzone disseminato di tavoli elegantemente apparecchiati e sedie con rivestimenti in velluto. La luce naturale del sole, che entrava dalle grandi  finestre contornate da tende di broccato, colpiva le fragili gocce di diversi lampadari di cristallo, i cui rami pendevano dal soffitto come delicati rampicanti. 

Sentendosi sospinta dalla donna bruna che l'aveva presa sottobraccio, Beatrice iniziò a seguire l'ometto in livrea che le condusse ad un tavolo vicino, in modo che la ragazza non dovesse faticosamente attraversare lo stanzone zoppicando. 

-Due tè al gelsomino e lavanda e ci porti anche un assaggio pomeridiano, grazie.- ordinò Miss Jones con decisione, dopo averle chiesto se le sarebbe piaciuto provare il suo gusto preferito. 

Il loro accompagnatore, dopo aver memorizzato l'ordine, si congedò con un inchino. 

-Tu mi vizi, Miss Jones. Questo non è certo posto per tutti.- iniziò a parlare la ragazza, con un sorriso cordiale. 

-Oh non ti preoccupare, gli affari mi vanno molto bene perciò non è un problema. E poi mi piace troppo venire qui, mi sento davvero una Miss!- rispose la donna alzando eloquentemente le sopracciglia. 

-Volevo un posto tranquillo dove avremmo potuto parlare. Sai, ci sono cose che nemmeno io riesco a scoprire.- aggiunse la donna. 

-Ad esempio, non riesco a prevedere dove, quando e come un crimine avverrà. Non riesco a prevedere neanche il colpevole, sfortunatamente.- 

La voce della donna aveva perso ad ogni parola tutta la sua giocosità, lasciando il posto ad una venatura più oscura e professionale. La ragazza prese in mano il cucchiaino d'argento appoggiato alla sua destra, che le restituiva il riflesso di una persona che lei non conosceva più.

-Ci sono segreti che è meglio non vengano svelati, Miss Jones. Tu hai i tuoi, io ho i miei.- 

A quella risposta, la donna capì di dover interrompere l'indagine. Per quanto moriva dalla voglia di sapere di più, sentiva anche nel profondo che il suo non era un segreto che andava scoperto. Per lei stessa sarebbe rimasto un bellissimo, inspiegabile mistero, che avrebbe potuto contemplare negli anni avvenire con rinnovato stupore, nel tentativo di scioglierlo. 

In mezzo alle due figure, sedute l'una di fronte all'altra, furono poste una teiera in pallida ceramica ricoperta di fiori dipinti con maestria e un'alzatina colma di mignon dolci e salati. Afferrando con eleganza un sandwich al salmone, Samantha tornò a posare lo sguardo sulla sua interlocutrice, che aggiungeva il latte al suo tè. 

-Quindi adesso cosa farai?- le chiese tornando al suo tono leggero con cui aveva iniziato la conversazione. 

Beatrice rimase qualche secondo in silenzio, tenendo gli occhi sulle sue mani che lasciavano cadere una zolletta di zucchero nel liquido ormai chiaro. 

-Domani tornerò a Seoul e dopo andrò in Italia a trovare la mia famiglia. Sono molto preoccupati a causa di quello che è successo ed è da quando mi sono trasferita che non vado a trovarli.- rispose sorseggiando la bevanda. 

-Uhm...e che mi dici di quei fustacchioni asiatici? Non c'è nessuno che ti attizza un po'?- chiese allora la donna allungando le labbra e guardandola con bramosa curiosità. 

Beatrice si aprì in una breve risata e dovette appoggiare la tazza per evitare di versare tè sulla candida tovaglia in pizzo. 

-Beh, qualcuno ci sarebbe...- ammise la ragazza con lo sguardo basso e le guance imporporate. 

-E allora fatti avanti! Fagli vedere il fuoco di una vera italiana e conquistalo!- 

L'ultima affermazione della donna bruna scatenò un'altra risata nella ragazza. 

-Vedremo...- rispose semplicemente. 

Benché poteva vedere il divertimento indugiare ancora nei suoi occhi, Samantha vi scorse anche indecisione e l'ombra di un amaro rammarico.

 

 

7 IS COMING.........WHAT?! 

Bang PD-nim, vecchio volpone.....ci hai fregati tutti per benino. Io che ero convinta al 300% che il titolo del nuovo album sarebbe stato Shadow e che sarebbe stato viola....e invece si chiama 7 ed è azzurro. Io boh. 

Almeno avevo ragione sul fatto che avrebbe iniziato Suga stavolta e....diciamolo....Shadow è la canzone migliore che abbia mai fatto, cavolo! Questo album si preannuncia un capolavoro, non so voi ma sprizzando d'impazienza, anche perché ci attende un bel po' di roba da qui all'uscita dell'album. 

Dato che non mi ricordo se l'avevo già inserito, metto anche la spiegazione del suffisso coreano.

-ah: usato nel linguaggio informale per riferirsi in modo affettuoso all'interlocutore.

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Capitolo 22
*** 22 ***


8 giugno 2020 

H 9:46

 

Le sneakers di Namjoon scricchiolavano sul pavimento liscio del sesto piano dell'edificio della BigHit, rimbombando nel silenzioso corridoio. Gli occhi del ragazzo rimbalzarono da una parete all'altra, incontrando lunghe vetrate che davano uno sguardo su degli open space, gremiti di persone chine sui loro computer. Tutti gli uffici erano piuttosto asettici, nel loro bianco insipido e con le loro scrivanie tutte uguali. 

Quella mattina aveva deciso di iniziare le sue indagini, spinto anche dal fatto che Jin l'aveva cacciato dal dormitorio senza colazione per aver rotto la maniglia del frigorifero per la terza volta in due mesi. A poco era servito cercare di perorare la sua causa, spiegando che non era colpa sua se la maniglia era difettosa. Il maggiore del gruppo, senza ascoltare ragioni, lo aveva impietosamente afferrato per la maglietta e sbattuto fuori dalla porta. Perciò, dopo aver fatto una visita alla caffetteria per rimediare alla mancata colazione, si era diretto al sesto piano, dove si trovavano gli uffici amministrativi. 

Leggendo le varie targhette dorate che intervallavano gli ingressi degli uffici, i suoi occhi indugiarono per un istante su una in particolare. 

Ufficio Pubbliche Relazioni

"Se è l'ufficio di Beatrice-ssi, dovrei fare qualche domanda anche lì."

Tenendo mentalmente nota di ritornare in seguito, voltando la testa il ragazzo proseguì nella sua ricerca. 

Ufficio Manitenzioni

Riconoscendo il suo obbiettivo, Namjoon si voltò bussando alla porta alla sua destra. Ricevendo il permesso di entrare, si fece avanti abbassando la maniglia e incontrando un'unica scrivania dietro alla quale una donna alta e coi capelli stretti in uno chignon ordinato era seduta. Alzando lo sguardo su di lui, la donna apparve sorpresa dall'inaspettato visitatore. 

-Oh...salve Namjoon-ssi, posso aiutarla?- aveva chiesto riprendendosi dallo stupore. 

Sfoggiando il suo sorriso più cordiale ma cercando di sembrare al tempo stesso rilassato, il ragazzo si fece avanti timidamente. 

-Salve, dovrei chiedere qualche informazione, se possibile. Riguardo ad una manutenzione eseguita il mese scorso.- 

Se avesse potuto, si sarebbe schiaffeggiato da solo per non aver trovato una scusa valida per andare a chiedere quel genere di informazioni, ma ormai era già in ballo perciò decise di cercare di sembrare il più naturale possibile. 

-Ah...certo, può chiedere a me, ho il registro di tutte i lavori di manutenzione eseguiti nell'edificio perciò mi dica pure.- rispose la donna leggermente titubante. 

Namjoon tirò un sospiro di sollievo tra sè e sè e si sedette sulla sedia  posta davanti alla scrivania. 

-Avrei bisogno di sapere se il tredici maggio sono stati eseguiti dei lavori e di che natura.- riprese la parola il ragazzo. 

La donna, alzando i polsini della camicia immacolata per poter essere più comoda, iniziò a digitare qualcosa sulla tastiera, scorrendo con gli occhi lo schermo del computer. Nel tentativo di mascherare l'imbarazzo, Namjoon iniziò a studiare tutta la lunghezza della scrivania di legno scuro, semplice ma elegante. Sopra di essa vi erano appoggiati pochi oggetti, disposti secondo una logica e un ordine che non riusciva a comprendere. Perfino il contenuto del portapenne di acciaio lucido era ordinato maniacalmente per genere e per colore.

-Ah sì, ho trovato. Il tredici maggio sono stati fatti dei lavori all'impianto elettrico a seguito di una segnalazione.- 

La voce della donna fece sollevare nuovamente lo sguardo di Namjoon, riportando la sua mente alla matassa di pensieri che lo avevano perseguitato negli ultimi giorni. 

-Mi sa dire chi ha fatto la segnalazione?- 

Il ragazzo mosse impercettibilmente il labbro inferiore in avanti, tamburellando le dita sul mento e guardando l'interlocutrice con aspettazione. 

-Uhm...se non sbaglio è venuta una ragazza, una delle Pubbliche Relazioni.- rispose vagamente la donna, lo sguardo concentrato nel tentare di ripescare il ricordo. 

Annuendo inconsapevolmente, il ragazzo scrutò le mani che aveva congiunto sulle gambe. 

-Una ragazza occidentale?- 

-Ah sì! Era proprio occidentale ora che ci penso!- aveva esclamato la donna alzando leggermente la voce. 

"Come pensavo."

-Capisco. Mi potrebbe dire l'entità del guasto elettrico? Era...potenzialmente pericoloso?- 

Alla nuova domanda del ragazzo, la donna voltò la testa rivolgendosi nuovamente al computer e sollevandosi compulsivamente i polsini della camicia.

-Sì, da quello che hanno scritto i tecnici se il guasto non fosse stato prontamente segnalato avrebbe potuto generare gravi danni, perfino un incendio.- 

"Ci siamo."

Alzandosi, il ragazzo piegò la sua alta figura in un inchino sorridendo alla donna. 

-La ringrazio molto per il suo aiuto, è stata molto gentile.- 

La donna, adombrata dal corpo del ragazzo, si inchinò a sua volta alzandosi velocemente dalla sedia. Un po' incerta, congedò il cantante guardandolo uscire dalla porta del suo ufficio. 

 

L'ufficio che i loro manager condividevano non era molto diverso da quello della donna, anche se era più grande e recava due scrivanie gemelle, una delle quali occupata da un uomo con i capelli perennemente pettinati in avanti e gli occhiali neri ben calati sul naso. L'uomo che Namjoon stava cercando. 

-Manager-nim, posso chiederti una cosa?- 

L'interpellato sobbalzò, colto di sorpresa dalla voce profonda del ragazzo. Probabilmente immerso nel lavoro, non lo aveva sentito entrare e, considerando il fatto che avesse lasciato un giorno libero a tutto il gruppo, si trovò ancora più sorpreso nel vedere il leader nel suo ufficio. 

-Ah...Namjoon-ah, non mi ero accorto che eri entrato. Dimmi tutto.- esclamò il manager, fissando la figura davanti a sé. 

-Ti devo chiedere solo un'informazione. Per caso ti ricordi che il tredici maggio è stata fatta un'evacuazione a causa di alcuni lavori di manutenzione?- 

L'uomo fissò stranito il ragazzo che si era seduto e lo fissava sfoggiando un paio di fossette ai lati delle guance. Quella espressione la conosceva. 

"Che cosa stai tramando, Namjoon-ah?"

-Aspetta...il tredici...c'è stata un'evacuazione? Non me lo ricordavo. Perché?- 

Namjoon scrollò la testa con studiata nonchalance, ulteriore dettaglio che non sfuggì al suo interlocutore. 

-Niente di che...volevo solo chiederti se per caso quel giorno avevi chiesto a Beatrice-ssi di andare a chiamare Jimin in sala prove per l'evacuazione.- 

Nuovamente, il tono fintamente disinteressato del ragazzo non passò inosservato all'uomo seduto alla scrivania. Aveva notato lo strano interesse dei ragazzi verso la traduttrice e tutto ciò che stava succedendo non faceva che renderlo ancora più sospettoso. Decise comunque che se si fosse intromesso non avrebbe risolto niente. 

-Uhm...no, non mi sembra.- rispose semplicemente, continuando a studiare il volto del leader del gruppo. 

-Grazie, manager-nim, solo un'ultima cosa. Sai quando torna Beatrice-ssi?- 

L'uomo afferrò la penna appoggiata vicino alla tastiera del suo computer e iniziò a girarsela fra le dita distrattamente. 

-Oggi prende l'aereo, dovrebbe atterrare domani. Ma da quello che so ha chiesto le dimissioni.- 

Alzando lo sguardo dalla penna nella sua mano al ragazzo di fronte a sé, il manager incontrò due pupille spalancate. 

-Come hai detto?- 

 

H 11:54 

(Ora locale di New York) 

 

Il lieve bussare alla porta costrinse Beatrice ad alzarsi dalla comoda poltroncina della sua camera d'hotel e a muoversi lentamente per andare ad aprire. Girando il pomello argentato, la ragazza incontrò il volto leggermente truccato di una donna sulla sessantina. I suoi delicati lineamenti erano incorniciati dalle onde di ebano dei suoi capelli, che ciondolarono mollemente quando la donna chinò la testa. 

-Salve, Beatrice-ssi, sono il consulente legale della BigHit.- aveva annunciato con una voce limpida quanto i suoi occhi gentili. 

-Lei dev'essere Lee Jiwoo-ssi. È un piacere conoscerla, mi avevano avvisato del suo arrivo.- replicò la ragazza pronunciandosi in un profondo inchino. 

Dirigendosi verso la valigia di stoffa azzurra posta ai piedi del letto, Beatrice fece per afferrare la maniglia, quando si ritrovò a stringere l'aria. 

-Ci penso io a questa. Tu hai già difficoltà a camminare, non voglio farti faticare ancora di più.- 

La ragazza fissò la donna appoggiata all'oggetto e abbassò il capo ringraziandola. Dopo aver preso la borsa, infilò le braccia nei supporti delle stampelle e cominciò a lasciare la stanza in cui aveva passato una sola notte. Prima di attraversare la soglia della porta, i suoi occhi caddero malinconicamente sul piccolo cestino alla sua destra, all'interno del quale giaceva un mazzo di anemoni prive di petali, tristi e solitarie. 

A malincuore, riportò lo sguardo di fronte a sé ed uscì nel corridoio ricoperto da una moquette chiara, che attutiva ogni colpo delle stampelle. Dietro di sé, sentì Jiwoo-ssi chiudere la porta tirandosi dietro la valigia. Percorrendo il corridoio fino all'ascensore, attesero in silenzio il tipico tintinnio che ne annunciava l'arrivo. Una volta dentro, la ragazza si prese il tempo di studiare la donna con discrezione. Vestita di un tailleur grigio che le modellava la magra figura e slanciata da dei modesti tacchi, era l'emblema dell'eleganza e della raffinatezza. Beatrice pensò che la grazia stessa doveva aver vestito i panni di una persona e che quella persona si trovava proprio accanto a lei. In qualsiasi posa si trovasse, la donna sembrava costantemente eterea, immagine di una bellezza matura e ricca del fascino orientale. 

-Mi dispiace non essere arrivata in tempo per seguire le indagini, ma sono contenta che la faccenda si sia chiusa in fretta. Per fortuna riesco almeno ad accompagnarti nel volo di ritorno.- disse la donna, spezzando il ritmo creato dalla musica jazz che si diffondeva nell'abitacolo dall'altoparlante. 

-La ringrazio molto del suo aiuto.- replicò semplicemente Beatrice. 

Per qualche motivo, la perfezione della donna la metteva leggermente in soggezione, costringendola a rivolgersi a lei con un tono asciutto e formale. 

-Comunque, ho seguito il procedimento legale. A quanto pare, hai salvato RM.- 

I muscoli della ragazza si irrigidirono prima che lei potesse controllarli. Costringendoli a rilassarsi per mantenere la postura spontanea a cui si era appoggiata fino a quel momento, scrutò il pavimento di marmo lucido, cercando le parole più corrette e meno incriminanti a cui potesse pensare. Non sapeva se a causa della stanchezza o del torpore causato dall'antidolorifico, ma la sua mente sembrava non volerla aiutare nel processo e si ritrovò in silenzio. 

-Sei una ragazza coraggiosa. Ho saputo che sei anche un'ottima lavoratrice. È un peccato che la BigHit perda un elemento valido come te.- 

"È informata."

Beatrice cercò di spazzare via il senso di inquietudine che la pervadeva, scrollando le spalle nel modo più naturale possibile. 

"È questo il prezzo che devi pagare per vivere una vita di bugie. Dover essere sempre all'erta, braccata della paura di essere scoperta. Riuscirai a tornare ad essere te stessa dopo tutto questo?"

 

 

SNIFF

Sorry, sono ammalata perciò il capitolo è un po' gne. Perdonatemi se ci sono degli errori, mi sono accorta che nonostante controllo sempre prima di pubblicare mi capita di lasciare indietro qualche pezzo. Adesso ho preso l'abitudine di rileggere l'ultimo capitolo un'altra volta prima di scrivere quello nuovo perciò ho un'altra occasione per controllare e quando vedo degli errori aggiorno subito.. Abbiate pazienza, purtroppo è difficile starci dietro. 

Comunque, giusto una piccola curiosità, Michelle Yeoh è stata la mia ispirazione per Lee Jiwoo perché secondo è la quintessenza dell'eleganza.

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Capitolo 23
*** 23 ***


-Ha chiesto le dimissioni?!- 

La voce solitamente bassa e calda di Namjoon era stata risucchiata in una nota acuta e stonata. L'uomo dietro alla scrivania, dopo averlo studiato per qualche istante, riportò la sua attenzione alla penna con cui aveva ricominciato a giocherellare. 

-Sì e se non sbaglio tornerà in Italia tra qualche giorno.- rispose con voce atona il manager. 

Il ragazzo unì le mani davanti alla bocca sfregandosi le dita e scervellandosi nel tentativo di trovare una soluzione. 

"Deve essersi accorta che abbiamo preso il taccuino."

"Sta fuggendo?"

"Ma perché?!"

L'esplosione di teorie e dubbi nella sua testa lo portarono ad alzarsi velocemente dalla sedia e a rivolgere un breve saluto al manager prima di scivolare nel corridoio costellato di uffici. 

"Se sta scappando, vuol dire che ha qualcosa da nascondere."

"Non possiamo permettere che se na vada prima di aver ottenuto le riposte che ci servono."

"Ma se non verrà più a lavorare l'unico modo per incontrarla è..."

-È bello vedere che stai meglio Sunbin-ssi. Alla fine, è stata una fortuna che tu non sia andato in America.- 

Una voce sommessa e dal tono leggermente ironico fece voltare la testa del ragazzo verso una porta poco più avanti al punto in cui si trovava. 

-Ti ringrazio e in effetti non hai tutti i torti. Quello che è successo...è una vera disgrazia.-

Namjoon vide Kang Sunbin annuire al suo interlocutore e rivolgere una smorfia indefinita, traballante a metà tra dispiacere e sarcasmo. Accanto all'uomo, il luccichio dorato di una targhetta, su cui aveva già posato gli occhi in precedenza, attirò nuovamente la sua attenzione. 

Ufficio Pubbliche Relazioni

-Sunbin-ssi!-

L'esclamazione rimbombò tra le pareti raggiungendo il diretto interessato, che si voltò notando infine il giovane che gli si avvicinava velocemente. 

-Oh...Namjoon-ah. Vedo che siete già tornati. Mi dispiace non avervi potuto seguire questa volta. State tutti bene?- 

L'uomo si rivolse a lui con ritrovato calore, cancellando l'espressione che fino a poco prima danzava sulla sua bocca. 

-Sì, tutto a posto grazie...volevo chiederti se per caso conoscevi Beatrice-ssi, la traduttrice che ti ha sostituito.- disse concitatamente Namjoon. 

Gli occhi di Sunbin si raffreddarono nuovamente, perdendo empatia e sentimento mentre fissavano il pavimento. 

-Beh, sì, abbiamo lavorato insieme. Perché?- chiese, cercando di reprimere malamente il moto di fastidio che gli stava crescendo in gola.

-Ecco...avrei bisogno di sapere dove abita. Tu per caso lo sai?- 

Alzando un sopracciglio brizzolato come i suoi capelli, l'uomo riportò gli occhi al giovane in piedi davanti a lui. 

-No, per quale motivo?- 

Il tono di fastidio aveva lasciato posto ad uno che voleva suonare vagamente incuriosito ma che risultò comunque inquisitorio. 

-Ecco...devo parlare urgentemente con lei, ma ho saputo che ha chiesto le dimissioni. Si tratta di una cosa davvero importante, sai a chi potrei chiedere?- 

"Deve aver combinato qualcosa."

"Prima chiede le dimissioni, poi il leader del gruppo viene a chiedere dove abita?"

"Qui c'è puzza di bruciato."

Aprendo la bocca in un tentativo di negare, Sunbin si ritrovò interrotto dal suo primo interlocutore, che era rimasto accanto a lui per tutto il tempo. 

-Io sono il suo caporeparto, ma sono informazioni confidenziali che non potrei diffondere.- disse il suo superiore. 

Namjoon rivolse tutta la sua attenzione all'uomo, implorandolo con lo sguardo. 

-La prego, devo assolutamente parlarle prima che torni in Italia. Lo so che non dovrebbe, ma non potrebbe fare un'eccezione?- 

Lo sguardo di Sunbin rimbalzò dal ragazzo, che si stava umilmente inchinando mentre avanzava la sua richiesta, all'uomo al suo fianco, che lo osservava dubbioso. 

Infrangere le regole era una cosa che non veniva ben vista nel loro ufficio in quanto il caporeparto era per la maggior parte un uomo ligio, poco incline a venire incontro alle esigenze personali dei dipendenti. Sunbin lo aveva sempre rispettato per questo, sentendo il suo senso di giustizia trovare soddisfazione in quella rigida linea di condotta. Per questo, fissò il suo superiore con la salda ed incrollabile certezza di quale sarebbe stata la sua risposta. 

-Ho sentito un paio di cose qua e là riguardo a quello che è successo in America. Riesco ad immaginare il perché tu le voglia parlare così urgentemente.- rispose l'uomo fissando il giovane, che alzò la testa speranzoso. 

-Ma non posso proprio aiutarti. Mi dispiace.- 

Gli angoli degli occhi di Namjoon si abbassarono non appena udì quelle parole, perdendo quel bagliore di speranza che li aveva accesi. Ringraziando il caporeparto con un altro inchino si voltò e riprese la sua marcia lungo il corridoio. 

"Come faccio?" 

"Pensa. Pensa ad un'alternativa." 

Immerso nelle sue preoccupazioni, il ragazzo non si era nemmeno accorto che il manager si era posto di fronte a lui finché questo non gli scosse una spalla. 

-Ah, Manager-nim! Scusami, non ti avevo visto. Volevi dirmi qualcosa?- chiese con tono assente. 

L'uomo di fronte a lui non disse una parola, ma alzò la mano porgendogli un foglio. Non appena Namjoon scorse le lettere scritte sopra, che componevano un indirizzo, sollevò la testa pieno di stupore. 

-Manager-nim?- 

L'interpellato gli fece segno di tacere e con un lieve cenno della testa se ne andò, lasciandosi alle spalle il giovane inebetito. 

 

Un gradino alla volta, Beatrice fece il suo ingresso all'interno di un grande aereo, seguita prontamente da Jiwoo-ssi. Una volta entrata, lo staff sorrise cordialmente e, con sua grande sorpresa, la indirizzò verso la prima classe. Un po' incerta, si girò verso la donna dietro di lei.

-Jiwoo-ssi?- chiese sottovoce. 

Ad un cenno di assenso, la ragazza decise di seguire la hostess che le fece strada verso i loro posti, due poltroncine reclinabili in pelle ben più spaziose degli striminziti sedili a cui era abituata. Prendendo posto vicino al finestrino, Beatrice lasciò le stampelle alla hostess che le appoggiò non molto lontano, in modo che fossero a portata di mano all'occorrenza. 

-La BigHit ci teneva a farti viaggiare in comodità. E poi, io non prendo mai l'economy.- affermò con un occhiolino l'elegante donna che si era accomodata al suo fianco. 

Una volta che l'aereo ebbe lasciato la pista, Jiwoo afferrò le tende accostate al lato del suo posto e le tirò chiudendo entrambe in un'alcova di privacy. 

-Dunque, Beatrice-ssi, raccontami un po' di te.- affermò d'un tratto voltandosi verso la ragazza. 

Al movimento della testa si unì quello dei capelli, che la seguirono ondeggiando intorno al suo viso. La sua espressione era insondabile, perciò alla ragazza fu difficile intuire quali intenzioni nascondesse la domanda. 

-Non c'è molto da dire in realtà.- rispose portandosi una ciocca ramata dietro l'orecchio e abbassando lo sguardo. 

I suoi occhi caddero sul bracciolo della poltroncina, ricoperto di legno e scavato per lasciar posto ad un portabicchiere. Nel tentativo di distrarsi, iniziò a precorrerne i bordi con le dita. 

-Penso che invece ci siano molte cose da dire. Abbiamo quattordici ore di volo, dovremo pur passare il tempo in qualche modo.- aveva affermato la donna sorridendo con calore e lasciando che intorno ai suoi occhi si formassero delle piccole rughe.

Nonostante la cordialità e familiarità della sua voce, Beatrice non riusciva a sciogliere il nodo di tensione che le stringeva lo stomaco e le irrigidiva i muscoli e i pensieri. Cercò un modo spontaneo e diplomatico per rispondere, ma si ritrovò a contemplare il vuoto davanti a sè senza pronunciare una parola. 

Davanti al mutismo della ragazza, Jiwoo appoggiò il braccio accanto al suo, sfiorandolo delicatamente, e avvicinò il viso facendole percepire il suo costoso profumo.

-Allora, avrei una domanda con cui iniziare la conversazione.- disse con voce sommessa. 

Annuendo debolmente per allentare la tensione ma tentando al tempo stesso di allontanarsi dalla sua vicina di posto, Beatrice alzò gli angoli della bocca in un sorriso di circostanza. Gli occhi della donna la studiarono, penetrando dentro e oltre di lei, tanto da fare sentire la ragazza in qualche modo invasa. Come se qualcuno stesse cercando si forzare l'accesso ai suoi pensieri con mani abili e viscidamente esperte. 

-Hai raggiunto il tuo obbiettivo?- chiese infine la donna la cui voce era diventata appena udibile. 

Una scarica elettrica scosse il corpo della ragazza come una doccia fredda. 

-A cosa si riferisce, Jiwoo-ssi?- sorridendo questa volta con ostentata incertezza, i suoi occhi esitarono in quelli della donna.

-Li hai salvati tutti. Adesso ti fermerai?- 

Le mani di Beatrice artigliarono i braccioli, ferendo la pelle e lasciando probabilmente degli sgradevoli segni. 

"Non può davvero sapere."

"Non è possibile."

"Come avrebbe fatto a scoprirlo?"

-Non ti assillare di domande. Pensi davvero di essere l'unica ad aver scoperto quel trucchetto?- 

Questa volta il tono della donna assunse una nota di asciutta ironia e la ragazza non poté fare a meno di accigliarsi, lasciando che il suo stupore la tradisse. 

-Lascia che ti spieghi un po' di quello che so. Dopo di ciò, vorrei davvero sentire la tua storia.-

 

9 giugno 2020

H 17:33

 

Beatrice si appoggiò alla parete del vecchio e lento ascensore del palazzo in cui viveva. Ne sentiva i rumori cigolanti e le vibrazioni del metallo e si lasciò cullare dalla loro familiare accoglienza. La conversazione avuta con Jiwoo-ssi l'aveva lasciata con una serie confusa e contrastante di sentimenti. Ma arrivò alla conclusione che il più grande di essi fosse il sollievo. Perché finalmente sapeva. Finalmente aveva la conferma di quello che pensava. Non vagava più nella cieca oscurità della sua ignoranza, tentando ipotesi e rischiando cose di cui non era neanche consapevole. Finalmente conosceva quale strano fenomeno l'avesse coinvolta. Nonostante ciò, l'inquietudine rimaneva ancora. 

Sarebbe tornata in Italia, dalla sua famiglia. 

"E poi?"

La mancanza dello scopo che l'aveva trascinata per così tanto tempo la fece improvvisamente sentire vuota e disorientata. Era come vagare in una galleria buia inseguendo una luce lontana e promettente, fino a ritrovarsi in una stanza bianca e accecante ma priva di uscite. Non vedeva una via. La strada era persa. Cosa le restava? 

All'aprirsi delle porte, la ragazza portò  nel corridoio la sua valigia, appoggiandosi in parte ad essa. Voltandosi alla sua destra, con le stampelle da una parte e la maniglia dall'altra si fece faticosamente strada nel corridoio spoglio del suo pianerottolo. Alzando gli occhi, però, qualcosa le impedì di raggiungere la porta di casa. 

Sette ragazzi stavano seduti sul pavimento di fianco e di fronte ad essa e avevano alzato la testa all'unisono, fissandola. 

 

-Posso...offrirvi qualcosa?- 

La ragazza rivolse la domanda mentre tentava di mascherare l'imbarazzo e la tensione mettendo dell'acqua nel bollitore. Dietro di lei rispose solo il silenzio. Decidendo di affrontare finalmente la situazione, si voltò e fronteggiò il salotto. Per quanto fosse nervosa, la vista dei sette ragazzi schiacciati sul suo piccolo divano e seduti timidamente sulla moquette con lo stessa incertezza di un bambino al primo giorno di scuola la fece sorridere. Scacciando la tensione con una scrollata di spalle, si appoggiò al piano della cucina e li guardò uno ad uno. 

-Dunque, a cosa devo il piacere della visita?- si azzardò finalmente a chiedere. 

Una catena di sguardi si trasmise per il gruppo da un ragazzo all'altro. Sembrava che ognuno di loro cercasse una vittima a cui scaricare la patata bollente. Alla fine si fermarono tutti a fissare il loro leader. Questo, dopo aver preso fiato a pieni polmoni, alzò gli occhi verso di lei. 

-Vedi, Beatrice-ssi, avremmo un paio di cose da chiederti.- soggiunse Namjoon esitante.

Ad un cenno affermativo, il ragazzo deglutì e decise di andare avanti. 

-Vedi...abbiamo, per sbaglio, trovato il tuo taccuino...- iniziò a dire, abbassando vergognosamente gli occhi.

-E...potremmo averlo tradotto...- 

Il rumore sibilante del bollitore coprì il debole suono a cui si era ridotta la voce del ragazzo. Beatrice lo spense e si voltò giusto il tempo per versare l'acqua bollente nella sua tazza preferita, contenente già una bustina di infuso alla frutta. 

-E che cosa avete scoperto?- chiese con forzata leggerezza incrociando le braccia e riportando l'attenzione al portavoce del gruppo. 

Questo sembrò esitare in cerca delle parole giuste, ma fallendo nel tentativo scosse la testa e si fece avanti. 

-Per qualche motivo, tu sembri legata a misteriosi eventi che hanno coinvolto ognuno di noi. Sembra che tu eri consapevole in un qualche modo di certi...incidenti che sarebbero occorsi e abbia cercato di impedirli.- pronunciò in un solo fiato fissandosi le mani.

Infine, alzò gli occhi e la guardò per la prima volta con determinazione. 

-È così?- 

L'aroma di frutti di bosco scivolò nella stanza lentamente ma avvolgendone ogni angolo. La ragazza estrasse il filtro dalla tazza e vi aggiunse un cucchiaino di miele con un sospiro. Il rumore del metallo contro la ceramica rimbombava rumorosamente nel silenzio carico di aspettativa. Sedendosi lentamente su una sedia posta vicino al tavolo, strinse le mani intorno all'oggetto bollente, beandosi del suo accogliente calore nonostante fosse estate. 

-Sapete...all'inizio pensavo che ci fosse un ironico scherzo del destino dietro tutto questo.- 

Gli occhi screziati della ragazza non lasciarono il liquido violetto semitrasparente, leggermente perturbato dai suoi piccoli movimenti. 

-Beatrice. Colei che salvò Dante dall'inferno. Ma lo potè fare solo per un motivo.- 

La sua voce inizialmente inondò la stanza come una marea ma si ritrovò a ritrarsi in una lieve risacca. 

-Perchè era morta. La sua morte potè salvare Dante.- 

 

 

 

E DUNQUE....BLACK SWAN!!!!!

Army. Viviamo in una grande era. Shadow mi era piaciuta. Ma Black Swan è il non plus ultra dell'arte! E non è neppure la title track, ragazzi, ho paura di cos'altro tireranno fuori in questo album. 

Parentesi a parte, voglio fare un piccolo appunto. Ho appositamente evitato di riportare la conversazione tra Beatrice e Jiwoo perché rivela una parte fondamentale del segreto di Beatrice. Verrà rivelata solo alla fine con un flashback e spiegherà tutto quello che Beatrice non spiegherà nei prossimi capitoli. Detto questo, finalmente è arrivato il momento. Dal prossimo capitolo, si tornerà indietro nel tempo con un grande flashback e finalmente vedremo le cose dalla prospettiva di lei. Spero vi piacerà la spiegazione.

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Capitolo 24
*** 24 ***


-...continua avanzata economica a seguito della fusione con la famosa multinazionale Unravelled, la TooTouch mantiene alte le sue quotazioni in borsa con un aumento del...- 

Le parole della televisione scivolavano nell'orecchio di Beatrice evitando abilmente il cervello ed uscendone velocemente come erano entrate, mentre tentava di scrollarsi via il torpore mattutino con una generosa dose di caffè nel suo cappuccino di soia. Sua madre le diceva sempre che era un gufo notturno, come suo padre. Entrambi avrebbero potuto passare la notte a leggere un avvincente romanzo tutto d'un fiato o a fare una maratona massacrante di Star Wars fino all'alba. Ma la mattina il gufo cadeva in un profondo letargo e non c'era modo di farlo reagire. Suo padre ci aveva sempre riso sopra, affermando che fosse l'ennesima cosa in cui si assomigliavano, oltre alla passione per la lettura e al temperamento a tratti impulsivo. Quest'ultimo era l'aspetto che sua madre criticava di più. Una donna come lei, ligia e precisa come un metronomo, non poteva concepire come una persona prendesse decisioni senza aver prima passato al vaglio e soppesato attentamente ogni variabile. Per contro, questo era proprio il lato che suo padre prendeva in giro. 

 

-Sei più tinca di una pendola!- 

 

Così le diceva lui, anche se era il solo a capire il significato della metafora. D'altro canto, sua madre lo prendeva come un complimento. Un tecnico di laboratorio preciso e fiscale era un buon tecnico di laboratorio. Beatrice ancora si domandava come una donna come lei si fosse innamorata di un bislacco e trasandato professore di lettere, con un fare antiquato nel suo essere romantico e a tratti fin troppo sognatore. 

Crogiolandosi in pensieri e ricordi, la ragazza aveva perso la cognizione del tempo. Se ne rese dolorosamente conto solo quando i suoi occhi caddero sull'angolo dello schermo del televisore e inquadrarono l'orario. 

4 maggio 2020

H 7:56 

-Ma porca...-

Trangugiando tutto il caffelatte rimasto insieme ad una bestemmia, corse in camera e afferrò i pantaloni che aveva indossato anche il giorno precedente. Decise che darsi una rinfrescata e deodorarsi a dovere  fosse più urgente che truccarsi, in quanto comunque a poco sarebbe servito. I coreani badavano più alla pulizia fisica che ai suoi piccoli occhi non contornati di mascara o alla sua pelle lucida. Lo aveva imparato molto presto, benché si trovasse a Seoul da solo un mese. Le sue colleghe, d'altronde, non avevano avuto riserve nell'elencarle le cose del suo aspetto fisico che andavano migliorate. I coreani sono rispettosi di certo, ma non hanno peli sulla lingua. Era una verità che Beatrice aveva appreso nel peggiore dei modi. 

Dopo dieci minuti spesi a correre da una stanza all'altra, a tratti zoppicando nel tentativo di infilarsi un calzino o pettinandosi i capelli con lo spazzolino e lavandosi i denti con la spazzola, arrivò alla soglia del suo appartamento in uno stato, se non proprio accettabile, almeno presentabile. Uscendo trafelata si fiondò nel vecchio ascensore scricchiolante e premette con energia il tasto zero. 

Per sua fortuna, l'autobus era in ritardo di due minuti e le permise di arrivare alla fermata senza rimanere a piedi. Non abitava molto distante dalla piccola redazione in cui lavorava, perciò un quarto d'ora di strada, traffico permettendo, erano sufficienti. Il lavoro non la entusiasmava come aveva sperato, dovendo leggere e tradurre lunghi articoli di giornali stranieri da poter poi riassumere e archiviare. Avrebbe sperato in qualcosa di più elettrizzante, come contattare gli informatori esteri o essere mandata come inviata sul campo. D'altronde, la redazione gestiva un piccolo giornale locale, non abbastanza importante per avere inviati all'estero. Ma non se ne lamentava troppo. 

Aveva fatto carte false per riuscire ad arrivare a Seoul e aver l'opportunità di vivere lì. L'anno e mezzo passato a strofinare i pavimenti di McDonald per una paga misera le avevano infine permesso di realizzare il suo sogno. E anche se certamente non era come lavorare per i BTS, era già un grande traguardo per lei. 

Pensando al suo gruppo preferito mentre i rumori dell'autobus la bombardavano incessantemente, prese il telefono e iniziò a scorrere la home di Twitter. Sorrise, vedendo una foto di Taehyung imbronciato. Arrivò a farsi scappare un risolino quando partì un breve video di Jungkook che ballava una coreografia sensuale con una smorfia furba sul viso. Con la mente rinvigorita e carica di energia positiva, alzò lo sguardo pronta ad affrontare un'intensa giornata lavorativa. 

 

La porta del suo appartamento cigolò leggermente prima di schiantarsi contro lo stipite quando Beatrice rientrò. Sfilandosi una scarpa alla volta con i piedi e lanciandole in un angolo nascosto, si diresse come prima cosa verso il frigorifero. Crocchette di pollo. Patate fritte. Verdure. 

"E crocchette di pollo sia."

Afferrando la confezione, ne tolse malamente  la pellicola prima di scaraventare il cibo su un piatto e ficcarlo nel forno a microonde. Quando l'apparecchio iniziò a brontolare sommessamente, cominciò a spogliarsi dei vestiti formali che doveva indossare in ufficio. Il trillo famigliare la riportò in cucina, conducendola verso la sua cena che la accompagnò mentre si spaparanzava sul divano e accendeva la tv. Con la mente stanca e gli occhi affaticati, vide apparire le immagini di un telegiornale. Afferrando il telecomando, stava per cambiare canale, quando un viso famigliare le sorrise e la bloccò nel bel mezzo dell'azione. 

-È deceduto questa mattina uno dei membri dei Bangtan Sonyeondan, J-Hope, a seguito di uno sfortunato incidente stradale avvenuto vicino al dormitorio del gruppo. I compagni non hanno voluto rilasciare nessuna dichiarazione al riguardo...-

 

Per qualche motivo e in qualche modo, Beatrice si era ritrovata sul tetto del suo palazzo con in mano la sua tazza preferita e un'infuso alla camomilla, seduta a contemplare l'orma che Seoul lasciava sul cielo ormai scuro. La ragazza aveva da poco scoperto di avere accesso alla terrazza sul tetto e da quel momento passava quasi ogni sera lì. Osservava il cielo, udiva i rumori lontani della città, ne percepiva le eclettiche luci e si sentiva così calma e rilassata. 

Quella sera però quel luogo non riusciva ad avere lo stesso effetto su di lei. 

La sua mente era turbata come il mare in tempesta. Le sue emozioni si schiantavano sulla battigia del suo cuore come gigantesche e violente onde, divorando il fondale e scavando la roccia. I suoi pensieri vorticano come correnti di vento contrastanti, convogliando in pericolosi tornado. 

Cercò di ricordare che in fondo non doveva sentirsi così sconvolta. Non poteva dire di conoscere quei ragazzi. Non li aveva mai neanche incontrati. Eppure, nonostante ciò, erano parte della sua vita. Erano il motivo per cui aveva imparato il coreano e si era trasferita a Seoul. Il pensiero che uno di loro non ci fosse più la faceva sentire come una stanza abbandonata. Come una porta dimenticata aperta. Era, in un certo senso, incompleta. 

Il forte turbamento che provava la sconvolse. Non pensava che avrebbe provato così tanta, profonda tristezza. 

"Gli altri cosa staranno facendo?"

"Staranno piangendo?"

Contro il suo volere, la sua mente elaborò un'immagine in cui sei ragazzi si stringevano l'uno all'altro, alcuni scossi da violenti singhiozzi, altri che si asciugavano silenziosamente delle vergognose lacrime. 

Alzandosi dalla sedia che aveva lasciato qualche giorno prima, si avvicinò al parapetto nel tentativo di scacciare la spiacevole immagine. Una volta raggiunta la ringhiera di metallo eroso dalla ruggine, vi appoggiò sopra la tazza e si sporse per guardare meglio la città. Le luci, i rumori, le persone...tutti continuavano a vivere, respirare, muoversi. Per qualche motivo, invece, lei si sentiva bloccata nel ghiaccio. Sospesa in un eterno istante. 

Il suo corpo scattò improvvisamente quando uno scricchiolio sotto di lei la sbalzò in avanti. Non fece in tempo a ritrarsi. 

La ringhiera si buttò nel vuoto, seguita dal suo corpo che veniva risucchiato dalla caduta. 

Il cuore, prima così pesante, si fece leggero.

 

Una voce dolce e calorosa si insinuò nel suo sogno, facendole dubitare che fosse reale. Dopo qualche secondo, si rese conto che Jin stava cercando di svegliarla nel modo più delicato possibile e aprì gli occhi, interrompendo la canzone. Accecata dalla luce improvvisa, dovette sbattere diverse volte le palpebre prima di riuscire a vedere lo schermo del telefono. 

4 novembre 2019 

H 7:22 

Spostando il corpo sul fianco, inziò lentamente a srotolare la colonna vertebrale fino ad arrivare in posizione eretta. Sentiva una strana sensazione, come una fastidiosa vocina nel retro del cervello che non la faceva sentire a suo agio. 

"Quattro novembre?"

"Che strano..."

Un miagolio delicato attirò la sua attenzione su una morbida palla di pelo nera e due occhi verdi che la fissavano insistentemente. Kiki, vedendo che la padrona si era finalmente svegliata, saltò sul letto e iniziò a strofinare il collo sul suo corpo con la palese intenzione di richiedere la colazione. Scacciando la bizzarra sensazione che provava, prese sotto la pancia la gatta e si alzò iniziando a cullarla come un bebè. 

-Sì, sì, tesoro, adesso ti do da mangiare.- 

Dirigendosi verso la cucina, la voce della televisione la raggiunse prima che lei potesse aprire la porta.

-...drastico tracollo della TooTouch, che sembra dovrà chiudere da un giorno all'altro lasciando a casa migliaia di dipendenti. Passiamo al meteo per questa giornata...- 

Entrando nella stanza salutò con un bacio suo padre che, ancora in pigiama, si gustava lentamente le sue fette biscottate ricoperte di marmellata. Sua madre invece era già vestita e truccata e attendeva il marito sbattendo impazientemente e il piede. 

-Buongiorno cucciolo. Lavoro oggi?- disse l'uomo, ignorando ormai per abitudine il sottofondo.

Beatrice si limitò a mugugnare un assenso, aprendo il frigo per prendere il suo latte di soia. Ebbe un attimo di esitazione, prima di versarlo nel pentolino per metterlo a scaldare. La sua mano rimase a mezz'aria. La vocina nella sua testa stava gridando qualcosa che lei non riusciva a capire. Sbattendo gli occhi, riprese con la sua routine mattutina e finì di prepararsi il caffelatte. 

 

La porta del suo appartamento cigolò leggermente prima di schiantarsi contro lo stipite quando Beatrice rientrò. Sfilandosi una scarpa alla volta con i piedi e lanciandole in un angolo nascosto, si diresse come prima cosa verso il frigorifero. Crocchette di pollo. Patate fritte. Verdure. 

"E crocchette di pollo sia."

Afferrando la confezione, ne tolse malamente  la pellicola prima di scaraventare il cibo su un piatto e ficcarlo nel forno a microonde. Quando l'apparecchio iniziò a brontolare sommessamente, cominciò a spogliarsi dei vestiti formali che doveva indossare in ufficio. Il trillo famigliare la riportò in cucina, conducendola verso la sua cena che la accompagnò mentre si spaparanzava sul divano e accendeva la tv. Con la mente stanca e gli occhi affaticati, vide apparire le immagini di un telegiornale. Afferrando il telecomando, stava per cambiare canale, quando un viso famigliare le sorrise e la bloccò nel bel mezzo dell'azione. 

-È deceduto questa mattina uno dei membri dei Bangtan Sonyeondan, J-Hope, a seguito di uno sfortunato incidente stradale avvenuto vicino al dormitorio del gruppo. I compagni non hanno voluto rilasciare nessuna dichiarazione al riguardo...-

 

"Hobi è morto..."

"Hobi è morto?"

"Ma...Non era...giá morto?"

I pensieri si confusero nella sua testa ricordandole la fastidiosa sensazione che provava spesso da qualche mese. Era come essere incastrata in un lunghissimo déjà vu. La sua mente vorticava come una lavatrice impazzita mentre studiava l'annuncio del notiziario. Le sembrava così famigliare...tutto era così famigliare! Era assolutamente sicura di aver già sentito quella voce e visto quelle immagini, ma sapeva che era impossibile. 

In preda ad un'affannosa ansia, decise di prepararsi un infuso rilassante e di passare un po' di tempo sul tetto. L'avrebbe aiutata a schiarirsi le idee. Arrivata in cima alle scale, aprì la porta di pesante acciaio e fissò l'orizzonte. Non capiva perché, ma quel giorno la vista non era rassicurante. Normalmente, il panorama la invitava come un'accogliente carezza. Ma quella sera era come se la volesse attirare a sè, come la voce ammaliante di una mortale sirena. Nonostante la fastidiosa vocina le stesse urlando il contrario, il suo corpo si mosse verso il parapetto, ignorando la sedia posta a pochi metri. Tremando impercettibilmente, si sporse in avanti, appoggiando appena il suo peso sulla ringhiera. 

Non successe niente. Allora si sporse di più, abbandonando il busto contro la protezione arrugginita. 

Questa volta, sentì chiaramente il ferro cigolare fino ad emettere uno schiocco sonoro con cui si staccò dal resto della balaustra e cadde nel vuoto. Il suo corpo, già sbilanciato in avanti, la seguì. 

Stava cadendo. 

Di nuovo. 

 

 

OOOOOOOK

Quindi, cari lettori, iniziamo a svelare un po' della protagonista. In questo capitolo iniziamo a conoscerla un po' meglio e a vedere che tipo di persona è. Spero che sia abbastanza chiara la sequenza temporale. Il fatto che le date siano nascoste e che salto da un punto all'altro può confondere abbastanza. Ma c'è un motivo per cui ho smesso di scrivere le date all'inizio dell'azione. Perciò abbiate un po' di pazienza e se fate fatica a starci dietro ditemelo che cercherò di migliorare.

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Capitolo 25
*** 25 ***


Aprì gli occhi. Fissò il soffitto e una terribile sensazione la colpì. Guardò lo schermo del cellulare e realizzò che il suo timore era reale. Era di nuovo il quattro novembre. 

 

Alzandosi di scatto dal letto con la testa che vorticava e lo stomaco stretto in un nodo di nausea, si catapultò in cucina ignorando i miagolii del gatto che cercava di attirare la sua attenzione.

-...drastico tracollo della TooTouch, che sembra dovrà chiudere da un giorno all'altro lasciando a casa migliaia di dipendenti. Passiamo al meteo per questa giornata...-

Scannerizzando la stanza con occhi ancora impastati dal sonno, attirò gli sguardi sorpresi e un po' preoccupati di entrambi i suoi genitori. 

-Cucciolo...tutto a posto? Sei in ritardo per il lavoro?- chiese suo padre pacatamente. 

Il cervello della ragazza scappava da un pensiero all'altro, cercando di trovare un senso a quello che stava succedendo e temendo al tempo stesso di scoprirlo. I suoi occhi si rivolsero al televisore, che continuava a riempire il silenzio della stanza, e inquadrarono l'angolo in cui era scritta la data. 

4 novembre 2019

"Non è possibile."

"Io ero a Seoul."

"Era primavera."

"Era il quattro maggio."

"Tutto questo non ha senso!"

I suoi pensieri affogarono la domanda che suo padre le aveva posto, facendogliela dimenticare completamente, e le sue gambe la portarono a scappare dalla stanza, oppressa da un terribile senso di soffocamento. Fece appena in tempo a sentire le proteste di sua madre, che si ritrovò nuovamente in camera sua. Si sedette sul suo letto disfatto e si prese la testa fra le mani. 

"Ok, calma."

"Facciamo il punto della situazione."

"Era il quattro maggio."

"Ero a Seoul e avevo passato la giornata a lavorare."

"Al telegiornale hanno annunciato la morte di Hoseok. Io sono andata nella terrazza sul tetto e..."

Una scintilla si accese nell'oscurità della sua coscienza. Una realizzazione, funesta ma chiarificatrice. 

"Sono morta?"

"Perché sono qui allora?"

Con uno sbuffo ironico, si chiese se per caso fosse finita catapultata dentro quel film con Tom Cruise dove, cercando di fermare un'invasione aliena, lui tornava indietro allo stesso momento ogni volta che moriva. Se avrebbe potuto darsi uno schiaffo, lo avrebbe fatto. 

"Stiamo scherzando? Loop temporali, viaggi nel tempo... questa è roba da fantascienza, non da vita reale."

Nonostante ciò, sentiva in un qualche modo la assoluta certezza di quello che le era successo. 

"Ok. Se tutto questo è vero...perché io? Perché me ne rendo conto solo io? Non sembra che le altre persone siano coscienti di questo.... viaggio nel tempo? Perché io sì?"

"Risposta: sono pazza."

Emettendo un verso gutturale dal profondo della gola, si strofinò il viso con le mani, prima che queste la portassero verso il gesto forse più stupido che una persona poteva compiere in una situazione come la sua. Afferrarono il telefono, scorrendo sullo schermo finché non aprirono Google e digitarono "Viaggi nel tempo". 

"Internet, la fonte più affidabile dove trovare informazioni su misteriosi fenomeni paranormali" pensò con macabra ironia Beatrice. 

Comparvero una grande quantità di articoli scientifici (o che almeno avevano la pretesa di esserlo), riferimenti a film, libri, videogiochi, fumetti e molto altro. Scorrendo velocemente con gli occhi, catturò alcune parole chiave da ogni titolo, constatando che non si adeguavano alla sua situazione. 

"Tom Cruise come faceva a tornare indietro nel tempo?"

"Ah già, sangue di alieno. Non penso sia il mio caso."

Un titolo attirò improvvisamente la sua attenzione, bloccando le sue frenetiche dita che danzavano sullo schermo. 

"Loop temporali e punti fermi. 

Se il tempo fosse non una linea, ma bensì un circolo che si ripete, quali sarebbero le conseguenze? Se esso scorresse come un fiume, in un flusso inesorabile verso un'unica direzione, il viaggio nel tempo sarebbe impossibile. Ma se invece fosse un moto circolare, che si rincorre e si riavvolge, ciò diventerebbe teoricamente possibile. Alcuni avvenimenti, però, non potrebbero essere cambiati senza che esso si sgretoli nella sua struttura. Questi sono quelli che abbiamo chiamato punti fermi, eventi che non possono essere cambiati, pena lo rottura del flusso del tempo. Se in un qualche modo, uno di questi avvenimenti fosse modificato, l'azione potrebbe potenzialmente generare un loop temporale, atto a cercare di rimediare il danno. Finché il punto fermo non viene ristabilito, il loop potrebbe continuare all'infinito." 

 

Se c'era una cosa che sua madre le aveva insegnato alla perfezione, era il metodo scientifico. Quella teoria, per quanto assurda e assolutamente fuori dagli schemi della ragione, poteva fare al caso suo. Perciò decise che l'avrebbe testata. In un qualche modo gli eventi dell'ultimo giorno che ricordava, il quattro maggio, potevano essere dei punti fermi che avevano causato il loop.

"Ma quale?"

"La morte di Hobi?"

"Se l'incidente è un errore, questo vuol dire che se evito la sua morte il loop si ferma?"

Un altro pensiero seguì i precedenti, spuntando come una candida margherita in una terra arida. 

"Se riesco a evitare l'incidente  di Hobi....lui sarà vivo, loro staranno bene..."

Era una riflessione che doveva risultare meno urgente e pressante. Eppure, una volta nata nella sua mente, divenne la sua maggiore forza motivatrice. 

 

Beatrice conosceva ormai bene l'aeroporto di Incheon. Se tutto quello che la sua mente le suggeriva era corretto, quella era la terza volta che lo percorreva. Perciò, i suoi occhi non si soffermarono sull'ambiente circostante mentre marciava con furente determinazione seguita dalla sua valigia azzurra, con i tacchi degli stivali che risuonavano perentoriamente colpendo il pavimento. Giunta all'uscita, attese che le porte scorrevoli si aprissero e vi passò attraverso attirando l'attenzione del taxi più vicino. Quando l'ometto alto quanto un bidone della spazzatura si fece avanti con numerosi e ossequiosi inchini afferrando la sua valigia per sistemarla nel bagagliaio, la ragazza entrò nell'abitacolo, sistemandosi sul sedile posteriore del mezzo. Mentre l'autista accendeva il motore e lo faceva partire, Beatrice scrutò l'accozzaglia di strade, negozi e persone che dominava Seoul. 

"Un mese. Un mese per trovare il luogo dell'incidente e impedirlo."

 

C'erano alcuni dettagli che purtroppo la ragazza non aveva tenuto in considerazione. Tentò di spremersi le meningi, letteralmente e figurativamente, nel tentativo di riportare alla memoria ogni dettaglio. Ma era inutile. L'annuncio del notiziario che raccontava della morte di Hoseok non dava indicazioni precise sul luogo e l'orario dell'incidente.

"Accade di mattina vicino al loro dormitorio. Ma a che ora precisamente? E come diavolo faccio a scoprire dove si trova il dormitorio?"

In un moto di irritazione, si alzò dal piccolo divano nel suo appartamento, e percorse la lunghezza del soggiorno a piccole falcate, perché dopo tre passi si trovava già a fronteggiare la parete. Replicando l'immagine nella sua mente, ricordava la foto sorridente del ragazzo nell'angolo della schermata. La scena che avevano inquadrato mentre la giornalista esponeva i fatti sembrava essere la strada dove era avvenuto il fatto, perché si vedevano dei nastri della polizia e dei segnali per indicare il punto in cui il corpo era caduto. 

"Pensa, andiamo, pensa. Ci devono essere degli indizi..."

La sua mente scoppiettò di eccitazione quando un dettaglio, piccolo, sbiadito e insignificante, spuntò nella sua memoria come un ospite a sorpresa. L'insegna verde, arancione e rossa di un Seven Eleven sembrò sorriderle con calore. Afferrando prontamente il telefono, iniziò a digitare su Google maps il nome. Ad ogni istante in attesa che caricasse il risultato, il suo respiro si faceva sempre più impaziente. Quando finalmente la pagina si presentò davanti ai suoi occhi, emise un verso strozzato.

"Seriamente? Venti dannatissimi Seven Eleven solo nella città di Seoul?!"

Con un lungo, trascinato sospiro si lasciò andare sul divano, le cui molle cigolarono rumorosamente facendo sprofondare il suo corpo. 

"Un mese di tempo per controllare venti Seven Eleven e scoprire in quale strada l'incidente avviene, pur lavorando tutto il giorno. Semplice."

 

 

Quella mattina aveva impostato la sveglia per le sette ma i suoi occhi erano rimasti spalancati per quasi tutta la notte, causandole un terribile mal di testa. Alla fine, verso le sei, decise di alzarsi comunque dato che non aveva modo di dormire. Dopo aver studiato come poteva le schedule del gruppo, aveva scoperto che solitamente non uscivano dal dormitorio prima delle sette e trenta, perciò era probabile che l'incidente fosse avvenuto dopo quell'orario. Mentre si trascinava in cucina, con il corpo stanco ma teso in ogni nervo, ricordò a malincuore come aveva ottenuto quelle preziose informazioni. 

"Che sacrilegio...dover fare un patto con un diavolo del genere..."

Qualche settimana prima era entrata in contatto con una sasaeng che vendeva dettagli sui voli e le routine di ogni membro del gruppo. Inizialmente, Beatrice si era rifiutata categoricamente di dare i suoi soldi ad una stalker. Ma non aveva alternativa e alla fine decise di barattare con lei per ottenere ciò che le serviva. Non solo conosceva i loro orari ma sapeva anche con precisione l'indirizzo del dormitorio. 

"È per salvargli la vita... lo sto facendo per una buona causa."

Il pensiero doveva risultare rassicurante e incoraggiante, ma apparve nella sua mente esitante e colpevole. Ignorando i rimorsi, iniziò a prepararsi per la dura giornata che la attendeva. 

 

Beatrice si sentiva ridicola e tremendamente sospettabile. Era ferma alla stessa fermata dell'autobus da un'ora e mezza, fingendo di guardare qualcosa al cellulare e di aspettare il mezzo. Se qualcuno si fosse soffermato a guardarla e avesse notato che le si erano già fermati davanti quattro veicoli diversi, avrebbe iniziato a dubitare del suo vero proposito. Ma non aveva avuto scelta. Quella strada non possedeva panchine di alcuna sorta, perciò non poteva sedersi e semplicemente attendere l'arrivo di Hoseok. Non poteva neanche percorrere la strada per sembrare più naturale perché avrebbe potuto perdersi il momento. E non poteva certamente rimanere in piedi in mezzo al marciapiede come un'allocca per tutto il tempo. 

Appoggiandosi al palo che recava il cartello della fermata, sentì le gambe cedere leggermente, stanche di doverla sorreggere per così tanto tempo senza muoversi mentre la schiena si lamentava, rattrappendosi su se stessa. Come se tutto ciò non bastasse, aveva iniziato a piovere in maniera divinamente torrenziale da almeno un quarto d'ora. E lei, benché avesse un piccolo ombrello azzurro stretto fra le mani, si era in breve ritrovata bagnata dalle cosce in giù. 

Sfilando il telefono dalla tasca, osservò i grandi numeri che componevano l'orario per l'ennesima volta. 

9:02 

I suoi occhi si alzarono giusto il tempo di vedere una figura trafelata e prontamente infradiciata dalla pioggia chiudere un portone e dirigersi verso le strisce pedonali. Ebbe un tuffo al cuore quando vide finalmente il suo volto. Senza riflettere, ignorando tutto quello che aveva preparato nella sua testa per affrontare la situazione, si catapultò in avanti. 

-J-Hope-ssi!- 

Forse fu perché era scattata improvvisamente in avanti. O forse perché aveva urlato il suo nome con quella che poteva sembrare l'eccitazione di una fan. Fatto sta che il ragazzo guardò verso di lei e spalancò gli occhi. Poi, si voltò verso la strada puntando lo sguardo su una macchina ferma con le quattro frecce dall'altra parte della carreggiata. Abbassando il busto e la testa per evitare la pioggia, si protese in avanti ignorando completamente il semaforo rosso. 

Fece due passi sull'asfalto bagnato quando si udì il suono stridente dei freni di una macchina. Le gomme scivolarono, il battistrada impossibilitato nella frenata dall'acqua che lo ricopriva. 

L'ombrello azzurro cadde dalle mani di Beatrice, che si disposero davanti alla sua bocca, ammortizzando il grido soffocato che ne era uscito.

 

VERY IMPORTANT ANNUNCIO

Cari lettori, lettrici, passanti. Ripeto anche qua l'annuncio per tutti, così sono sicura che venite informati. Ho iscritto la storia ad un programma di recensioni gestito dai Pantheidi , somme divinità della scrittura Wattpdiana. Prossimamente, nel Tempio delle Storie, potrebbe uscire la recensione a questa storia a opera della dea Nemesi (possa ella avere pietà di una povera umana come la sottoscritta). Se siete curiosi di leggerla o di veder altre storie recensite, vi invito a seguire la loro pagina e a mettere la storia nella biblioteca. 

Devo dire la verità, mi sto già pentendo della decisione, perché immagino quale funesto giudizio arriverà.  Ma prometto che la prenderò con filosofia e probabilmente condividerò in un angolo autrice il verdetto in modo che possiate leggerlo. Ho messo tanto sentimento e passione in questa storia, ma so che è ben lontana dall'essere perfetta. Perciò un feedback impietoso mi potrà sicuramente aiutare a migliorare e renderla ancora più fruibile per voi. Grazie mille intanto a coloro che continuano a seguire e recensire la storia, siete delle persone preziosissime.

 

Ci tengo anche a precisare che la teoria del flusso del tempo e dei punti fermi che ho inserito qua trae ispirazione dal Doctor Who. So che forse è un po' difficile da capire ma spero che le cose si schiariscano man mano che le azioni continuano.

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Capitolo 26
*** 26 ***


Sapere della morte e vedere la morte sono due esperienze completamente diverse. Beatrice se ne rese conto quando vide il corpo di Hoseok contro la macchina. Sentì il suono terrificante che fece il suo busto impattando contro il parabrezza. Lo vide scaraventato per terra, privo di sensi. Ne vide il sangue uscire copioso dalla testa e tingere l'asfalto di un carminio sporco. Vide il suo viso. Inerme, chiuso in un'espressione sofferente. Percepì i suoi ultimi respiri, dei piccoli rantoli penosi e inutili. 

I suoi occhi erano chiusi. Il suo petto smise di muoversi. 

Lei sapeva che era morto in quel modo. Lo sapeva. Ma vederlo in prima persona era stato come guardare in faccia il mostro sotto al letto e vedere che effettivamente era terrificante come se l'era immaginato. Beatrice non era pronta. Lo sentì in ogni fibra del suo corpo, paralizzata dalla paura, ghiacciata fino al midollo dai brividi di adrenalina. Dal terrore. Dall'angoscia. 

Sentiva le voci di persone intorno a lei dire qualcosa, chiedere cosa era successo, chiamare l'ambulanza. 

"È troppo tardi."

 

La porta del suo piccolo bagno sbattè violentemente quando lei la spalancò per fiondarsi sul water. Afferrandone i lati con dita cadaveriche e tremanti, tossì spasimante e liberò la colazione dal suo stomaco. Le bruciava la gola, graffiata dall'acido del suo vomito. Gli occhi erano chiusi, lacrimanti per lo sforzo. Non si preoccupò neanche del fatto che i suoi capelli sciolti le pendevano davanti, sporcandosi e appiccicandosi. 

La morte le rimase in bocca con un sapore amaro e disgustoso. Le lasciò la gola ferita e gli occhi rossi. Lo poté constatare non appena si alzò a fatica e con la testa vorticante per dirigersi verso il lavandino. L'acqua fredda le intorpidì ancora di più le dita quando la raccolse fra le sue mani e se la spruzzò sul viso. Ne bevve un po', nel tentativo di lenire il bruciore ma ne risultò solo una scia dolorosa che fece fatica a deglutire. Esausta, si asciugò e si trascinò in salotto, abbandonandosi sul divano rosso e leggermente consumato. Si prese la testa fra le mani e iniziò a fare respiri lenti e profondi. 

"Devo tornare indietro."

"Devo provarci di nuovo."

La sua mente tormentata e pulsante di dolore le fece ripercorrere gli eventi che aveva vissuto le volte precedenti. Il tempo si riavvolgeva non alla morte di Hoseok, ma alla sua. Quando lei cadeva dal terrazzo. 

"Il punto fermo non è la morte di Hobi."

"È la mia."

"Se non vado sul terrazzo, io sopravvivo e il tempo smette di riavvolgersi. E Hobi muore."

Lei però rifiutò quel pensiero con la velocità con cui l'aveva formulato. 

"Se posso salvarlo...ci proverò finché non ci riesco. E poi continuerò a vivere."

 

Non aspettò che si facesse sera. Non poteva. Non con gli occhi pieni degli ultimi istanti di vita di Hoseok. Non con le orecchie ridondanti del rumore di freni e pneumatici contro l'asfalto bagnato. 

Era la prima volta che vedeva Seoul di giorno dalla terrazza. In effetti, perdeva un po' di quella sua magica poesia, quando il tramonto e le luci della notte non la impreziosivano. Ma Beatrice non le dedicò più di qualche pensiero. Marciò determinata verso la palizzata e la strinse sotto le unghie, scrostando parte della vernice che la ricopriva. Prese un lungo respiro, guardando lontano, verso la strada dove si trovava poco prima. E si buttò con tutto il peso contro di essa. 

 

Quando aprì gli occhi, si mise prontamente seduta sul letto, come sollevata da una forza esterna. Il sonno le impastava ancora la mente, ma se lo scrollò via con fretta, strofinandosi le palpebre. Pose la mano sul comodino di legno decorato per fermare la sveglia e vide un taccuino. Senza rifletterci lo prese in mano, osservando i fenicotteri rosa sulla copertina. Gliel'aveva regalato una sua amica poco prima, affermando che quello fosse il pattern più "in" del momento. Beatrice aveva scosso la testa, non volendo questionare la sua somma conoscenza in fatto di mode e aveva sorriso, grata del regalo. 

In un momento di lucidità, decise di aprire il piccolo cassetto del mobiletto e prendere una penna che teneva sempre lì a portata di mano. Sfogliò il taccuino, osservando la prima pagina intonsa. 

4 maggio 2020

Doveva scrivere il luogo e l'orario dell'incidente, così che non se li sarebbe dimenticati. La penna iniziò a segnare l'indirizzo del dormitorio. Poi si fermò. 

"Erano le nove...ma non ricordo altro, maledizione."

Con frustrazione, scrisse "9:05" e chiuse il taccuino, nascondendolo dentro al cassetto. 

"Stavolta ci riuscirò."

 

Beatrice si presentò alla fermata dell'autobus un quarto d'ora prima dell'incidente. Avrebbe evitato di aspettare un'ora e mezza in piedi sotto la pioggia. Osservando lo schermo del cellulare per controllare l'orario, ripercorse nuovamente la scena. Se lo avesse chiamato, si sarebbe buttato sulla strada.

"Devo afferrarlo?"

"Tirarlo indetto prima che attraversi la strada?"

La ragazza non era riuscita a trovare una soluzione migliore. Forse il suo gesto sarebbe risultato strano e invasivo. Provò a visualizzare la dinamica nella sua testa, calibrando come agire in quel momento. Era talmente presa dai suoi pensieri che non si era resa conto della figura che stava già uscendo dal portone e, china in avanti, avanzava sul marciapiede. 

Quando la ragazza alzò lo sguardo, Hoseok era ad un passo dalla strada. Abbandonò l'ombrello dietro a sé e iniziò a correre, protendendo già una mano in avanti. Il ragazzo aveva messo un piede nella strada, la macchina aveva iniziato a frenare inutilmente. 

Lei era dietro di lui, ma non riuscì ad afferrarlo. Allora, il suo corpo agì prima della sua mente. 

Si accasciò contro la figura davanti a sé, spingendola in avanti il più lontano possibile. 

Poi, Beatrice sentì l'impatto. Il metallo la schiacciò, riverberando fino alle ossa. Percepì il suo corpo sollevarsi e atterrare pesantemente sull'asfalto. Le faceva male la testa. Le faceva male tutto in realtà. Non riusciva ad aprire gli occhi. Non riusciva a respirare. Prese aria nei polmoni ma fu un timido e doloroso tentativo. 

Dopo un paio di respiri faticosi e strascicanti, si lasciò andare. 

 

Fu la stizza a svegliarla e a farla saltare dal letto. Profondamente irritata con se stessa, si afferrò le guance fra le mani con troppa violenza. D'altronde, voleva davvero prendersi a schiaffi. 

"Se non usi la testa non ne uscirai mai!"

"Se lo salvi ma tu muori non serve a niente! Dovrai rivivere tutto da capo!"

Questa volta decise che avrebbe provato un approccio più intelligente. Avrebbe dovuto trovare un modo per evitare che Hoseok raggiungesse la strada. Afferrò risoluta il taccuino appoggiato sul comodino e iniziò a scrivere con precisione indirizzo e orario dell'incidente. Poi, dopo un attimo di esitazione, aggiunse: 

NON chiamarlo da lontano. 

Avvicinarsi prima che attraversi la strada. Non spaventarlo. 

Chiedergli un autografo?

Urlare il suo nome poteva farla sembrare una fan impazzita. Ma chiedergli gentilmente un autografo per attirare la sua attenzione poteva funzionare. Punta da nuova determinazione, si alzò, pronta a mettere in atto il suo piano. 

 

Questa volta non avrebbe fallito. Doveva riuscire. Continuò a ripetersi inni motivazionali, soprattutto per calmare i nervi tesi. Con irritazione, cercò di concentrarsi sul piano. 

"Mi avvicino. Lo fermo per un braccio e gli chiedo un autografo. Fine. Non è difficile."

Certo, non era difficile. E sapeva che dalle sue azioni dipendeva la vita di tutti e due. Ma conosceva la causa del suo nervosismo e si sentì profondamente ridicola a rendersene conto. 

"Maledizione! Hai la vita di una persona nelle mani e tutto quello a cui riesci a pensare è il fatto che rivolgerai la parola al tuo bias?! Stupida!"

Dopo aver constato che prendersi a sberle da sola in un luogo pubblico poteva destare preoccupazione e sospetto nei passanti, cercò di fare pace con se stessa. Doveva accettare quella parte di sé che era effettivamente una fan e che stava per parlare con la persona che ammirava di più sulla faccia della terra. 

"Fai a patti col cervello, ragazza. Ne abbiamo bisogno."

Dopo questo pensiero, emise un respiro tremante e carico di aspettazione e osservò l'orario. 

9:00 

"Ci siamo."

Nel giro di due minuti, vide chiaramente la figura uscire dalla porta del dormitorio. Questa volta non fu colta impreparata e prese a passeggiare sul marciapiede, dirigendosi con nonchalance verso il ragazzo che si stava bagnando velocemente. Quando questo arrivò di corsa ad un passo dalla strada, il suo piede si fermò a mezz'aria non appena il suo braccio fu dolcemente afferrato dalla ragazza. Hoseok si girò sorpreso e incontrò il viso sorridente e sereno (o almeno questo era quello che lei sperava) di Beatrice. 

-Chiedo scusa...J-Hope-ssi.- disse lei timidamente, abbassando la testa in un inchino. 

"Non balbettare!"

-Posso...chiederle un autografo?- chiese infine esitante alzando lo sguardo giusto un momento e ritraendo velocemente la mano dal suo braccio. 

Vide un fulmine di consapevolezza attraversare gli occhi del suo interlocutore. Forse si era dimenticato di camuffarsi prima di uscire e stava cercando un modo per fuggire senza risultare scortese. Queste considerazioni persero velocemente importanza nella sua testa quando la ragazza percepì la macchina, proprio la stessa machina che stava per investire la persona di fronte a sé, sfrecciare sull'asfalto sollevando schizzi di fango. 

Con un sospiro leggero e tremante, riportò lo sguardo sul ragazzo la cui vita era ancora integra e lo osservò raggiante. 

Hoseok ebbe un attimo di esitazione, ma si riscosse e le rivolse un sorriso cortese. 

-Mi dispiace, sono di fretta. Important business.- rispose allora facendole un occhiolino che doveva stemperare la risposta. 

Suo malgrado, Beatrice sentì la fan che era intrappolata dentro di sè urlare impazzita e sventagliarsi per raffreddare i bollenti spiriti. Cercando di reprimere l'imbarazzo e mascherare quella parte che stava emergendo prepotentemente in superficie, fece un inchino senza accorgersi che il ragazzo aveva fatto lo stesso. Le loro teste si scontrarono fastidiosamente l'una contro l'altra con un rumore sordo e un dolore non indifferente. Immediatamente, entrambi si portarono le mani nel punto in cui avevano colliso, massaggiandosi con dei leggeri lamenti. 

"Voglio seppellirmi qui. Tremila metri sotto terra."

La ragazza sentì le guance scaldarsi per l'imbarazzo e si allontanò da lui, piegandosi in un altro profondo inchino e scusandosi. 

Davanti a sè, sentì Hoseok lasciarsi sfuggire una risata. 

-Tranquilla, è stata colpa mia. Non ti avevo vista.- disse prima di congedarsi nuovamente e girarsi verso la strada. 

 

Quel giorno aveva preso un permesso al lavoro per poter avere la mattina libera. Perciò, una volta che la figura si fu allontanata da lei ed ebbe attraversato la strada in sicurezza, decise di tornare a casa e riposarsi. 

Quando si accomodò sul divano, sentiva la testa immersa ancora nello zucchero filato. I neuroni erano diventati stringhe di caramelle gommose e i suoi pensieri erano dolci come caramello. 

"Gli ho salvato la vita." 

"E ho parlato con lui."

"E gli ho dato una capocciata."

Beatrice rammentò del punto dolente sulla sua fronte e si diresse a prendere del ghiaccio da appoggiarsi sopra. In bocca questa volta sentiva il sapore della vittoria. 

 

La sua vita era tornata alla normalità da allora. I suoi giorni erano un lento susseguirsi di lavoro, lavoro e altro lavoro. Andava ancora sulla terrazza sul tetto a sbirciare Seoul accendersi per la notte, ma non si avvicinò più al parapetto. E aveva continuato a vivere. 

Sentiva una certa nostalgia per quel brivido che aveva provato quando aveva scoperto del loop temporale. L'aveva fatta sentire speciale, in un certo senso. Ma era contenta di aver risolto la situazione. Aveva salvato la vita di una persona. Aveva salvato la vita di Jung Hoseok. Quel Jung Hoseok. E anche se lui non l'avrebbe mai saputo, la soddisfazione che provava le bastò. 

 

Come ogni sera, trangugiava la sua cena raffazzonata sul divano, cercando di non sporcare il tessuto rosso, mentre osservava il notiziario. 

-La TooTouch ha offerto centinaia di posti di lavoro grazie alla fusione con la multinazionale Unravelled, rendendola una nuova forza economica stabilmente affermata.-

La giornalista sembrò esitare, ascoltando qualcosa all'auricolare e riportando gli occhi seri sulla telecamera. 

-Abbiamo una notizia dell'ultima ora. È avvenuto oggi un incendio nel nuovo edificio della Big Hit Entertainment a causa di un guasto tecnico. Ad ora, si contano sedici feriti e tre vittime, tra queste anche il cantante del famoso gruppo BTS, Park Jimin.-

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Capitolo 27
*** 27 ***


"Impossibile."

I suoi occhi osservarono il televisore, le sue orecchie improvvisamente mute alle parole della giornalista. 

"Non può essere vero..."

Afferrò il telefono e aprì Twitter, con ansia e aspettazione. Il primo post che le si presentò davanti riportava l'articolo di un giornale online. Sotto una foto sorridente di Jimin il testo sciorinava i dettagli dell'incidente e alcune immagini  dell'edificio annerito della Big Hit. Chiuse l'articolo e continuò a scorrere la home, ma si trovò davanti una lunga serie di post, ognuno simile al primo. 

Sgomento. Confusione. Incredulità. Beatrice si sentiva chiusa in un vortice di emozioni che non voleva accettare. 

"Com'è possibile che a distanza di pochi giorni due membri incorrano in due incidenti mortali? Non ha senso...e le circostanze sono troppo strane per essere una coincidenza. Ma..."

"Che cosa faccio adesso?"

Emettendo un fiotto di aria dal naso, si afferrò i capelli fra le dita, passando più volte su ogni ciocca e tirandola leggermente. Dopo un po', la cute iniziò a farle male. 

"Posso salvarlo..."

"Ma funzionerà? Se mi butto adesso, in un giorno diverso dal quattro maggio, il loop ricomincerà?"

La verità che faceva fatica ad ammettere a se stessa era semplice. Aveva paura. Aveva paura di morire per davvero. Aveva anche paura di dover ripetere di nuovo gli stessi sei mesi della sua vita e di arrivare poi a fallire. 

"E se rimanessi incastrata nel loop all'infinito? E se fossi costretta a tornare indietro ancora e ancora...a morire ancora e ancora..."

Si morse forte il labbro in preda alla frustrazione. Verso se stessa e verso quella bizzarra situazione. Accese nuovamente lo schermo del telefono e fissò l'immagine di Jimin. Sorrideva in quel modo adorabile, con gli zigomi alti che gli facevano scomparire gli occhi. Scorrendo i post vide un'altra immagine. Gli altri membri stavano entrando in un edificio, sembrava il loro dormitorio. Erano accuratamente coperti da cappelli e mascherine ma i loro occhi erano comunque visibili. Lei li vide. 

Quelli di Jungkook erano arrossati e gonfi e Jin lo teneva per le spalle, come cercando di sorreggerlo oppure di sostenere se stesso. Taehyung era pallido come un cadavere e sembrava privo di anima. Namjoon era l'ultimo della fila e osservava con una profonda oscurità Hoseok in preda ai singhiozzi e Yoongi stretto in se stesso. 

Una voragine all'altezza del suo cuore risucchiava la luce intorno a sé. 

"Non posso guardarli soffrire sapendo che posso fare qualcosa."

"Non posso."

 

Il primo articolo che aveva trovato su Twitter sembrava il più ricco di dettagli e, dopo averlo letto attentamente, ne studiò altri cinque nel tentativo di raccogliere più informazioni possibile. Avevano trovato il corpo di Jimin nella sala prove perciò probabilmente si trovava lì al momento dell'incendio e non aveva fatto in tempo ad uscire. Le altre due vittime erano rimaste intrappolate negli uffici all'ultimo piano. Tutti gli altri si trovavano in caffetteria, in quanto era ora di pranzo, e per questo erano riusciti ad evacuare. Registrando attentamente le informazioni all'interno della sua mente, Beatrice si alzò con slancio dal divano. Ritrovatasi in piedi, osservò lo spazio circostante, aspettando che la testa smettesse di girarle per l'adrenalina. 

 

Ebbe un attimo di esitazione, prima di afferrare la ringhiera tra le mani. La paura era ancora nei recessi del suo inconscio, a bloccarle i muscoli e paralizzarla. Ma i suoi occhi videro l'obbiettivo. 

Un sorriso. 

Era tutto quello di cui aveva bisogno. 

 

Il sollievo di poter sentire il suo corpo e di vedere la sua vecchia stanza fu enorme. Il suo cuore fece una capriola. 

"Ha funzionato di nuovo. Non sono morta!"

Dando un cinque al proprio cervello, afferrò con determinazione l'ormai famigliare taccuino sul comodino e iniziò a scrivere freneticamente.

4 maggio 2020 

H 9:03 

Dormitorio 

Chiedere un autografo ad Hoseok. 

Una volta finito di scrivere i dettagli che ormai conosceva bene, passò alle informazioni che aveva più recentemente raccolto. 

13 maggio 2020

H 12 circa 

Edificio Big Hit, sala prove

Incendio per guasto tecnico

 

Come suo solito, non era riuscita a farsi venire idee accettabili per un piano. Ci aveva pensato intensamente per giorni e giorni. Da quando era arrivata a Seoul non aveva fatto altro che studiare l'edificio pieno di uffici che da lì a poco sarebbe andato in fiamme, passandovi davanti ogni giorno con ostentata nonchalance e adocchiando con sgomento i bodyguard all'ingresso. 

"Primo ostacolo: entrare senza essere placcata o cacciata."

"Secondo ostacolo: fare scattare l'allarme antincendio prima che l'incendio cominci così che le vittime possano evacuare in tempo."

"Terzo ostacolo: assicurarsi che Jimin esca dalla sala prove."

"Semplice...semplicissimo...in confronto, salvare Hoseok era facile come una passeggiata per Gangnam..."

In effetti era stato così. Una volta ripassato il piano, le era bastato ripetere i passi che aveva già compiuto ed era riuscita a salvarlo senza problemi. Aveva perfino evitato di abbatterlo con un colpo di testa, come invece aveva fatto la volta precedente. Questa però si prospettava una sfida assai più ardua. 

Alle undici e trenta era già seduta su una panchina all'altro lato della strada rispetto al suo obbiettivo e studiava le porte scorrevoli che si aprivano ogni volta che qualcuno vi si avvicinava. Decise che avrebbe aspettato un altro po' prima di tentare di mettere in atto il suo piano. Più tempo passava dentro l'edificio, più avrebbe rischiato di attirare indebita attenzione. 

"La mia non è fifa, è solo...istinto di autoconservazione" si disse. 

Tutti gli articoli che aveva letto d'altronde non erano precisi riguardo all'orario dell'incidente. Alcuni dicevano intorno alle dodici, altri alle tredici, altri ancora dicevano solo "all'ora di pranzo". Doveva sperare in una buona dose di fortuna, perché se avesse attivato l'allarme troppo presto, avrebbero potuto fare rientrare le persone dopo l'evacuazione e dopo aver pensato che era un falso allarme. Se lo avesse fatto troppo tardi, Jimin non sarebbe riuscito a fuggire in tempo. 

"No pressure, comunque..."

 

Alle undici e cinquanta si costrinse ad alzare il sedere dalla panchina e a dirigersi con passi che dovevano sembrare determinati verso le porte scorrevoli dall'altra parte della strada. Si prese un attimo per lisciare la camicetta elegante e matura che aveva indossato nel tentativo di apparire professionale. Il piano era apparire naturale e fingere di avere un appuntamento. 

Drizzando la schiena e ondeggiando i fianchi con disinvoltura cercando di apparire sicura di sè, raggiunse a lunghe falcate l'ingresso. Dopo aver fatto un passo oltre le porte scorrevoli, iniziò a sentire l'adrenalina fischiarle nelle orecchie. 

-Mi scusi signorina, non vedo il suo pass. Chi è lei?- 

Il bodyguard a destra si era avvicinato minacciosamente, ma tenendosi comunque ad una rispettosa distanza. 

Con un sorriso aperto e cordiale, che in realtà era teso e pieno di panico, la ragazza volse lo sguardo verso l'interlocutore. 

-Ah, chiedo scusa. Sono una giornalista.-

"Beh... più o meno..."

-Ho un appuntamento per un'intervista.- 

"Fa che se la beva...fa che se la beva..."

L'uomo alto con i capelli rasati e piccoli occhi scuri la scrutò poco convinto. 

-Il suo nome?- chiese con tono basso. 

-Casadei Beatrice.- rispose lei con prontezza. 

-E con chi sarebbe il suo appuntamento?- continuò l'uomo. 

"Cavolo...che faccio? Invento un nome o..."

-Con Bang-PD-nim.- 

"Brava. Di tutti i nomi che potevi dire proprio quello del direttore?! Adesso sì che sei credibile!"

Mentre litigava internamente con se stessa e con la sua stupidità, il bodyguard si allontanò da lei, lasciandola sotto lo sguardo indagatore del suo collega. Cercò di sopprimere la tensione con una disinvolta scrollata di capelli, ma probabilmente non sortì un grande effetto, in quanto l'uomo continuò a fissarla con disprezzo. 

Dopo qualche istante, il suo primo interlocutore tornò e le rivolse un occhiata indecifrabile. 

-Mi segua.-

 

Beatrice osservava la larga schiena contenuta in una giacca scura che marciava davanti a lei da ormai qualche minuto. Bodyguard numero uno non si era premurato di spiegarle dove la stava conducendo e, per qualche motivo, lei dubitava fortemente che la sua destinazione fosse effettivamente l'ufficio di Bang Si-hyuk. I suoi dubbi furono confermati quando, dopo una serie di scale in discesa e un paio di svolte, fu condotta all'interno di una stanza sterile, priva di ogni ornamento eccezion fatta per una scrivania essenziale e due sedie. L'uomo la invitò a sedersi in una di esse e lui stesso si accomodò sull'altra. 

-Allora signorina, mi potrebbe spiegare come mai ha tentato di entrare in questo edificio fingendosi una giornalista?- chiese senza mezzi termini. 

La sua domanda secca e diretta tolse il fiato alla ragazza, che rimase a fissare la persona seduta di fronte a lei con impotenza. Il cervello rallentato dalla paura non riusciva ad elaborare una riposta convincente. 

-Io...lavoro davvero per una redazione giornalistica. Se desidera, posso farla parlare col mio capo.- rispose con esitazione, rimpiangendo la risposta l'istante dopo che le era uscita dalla bocca. 

L'uomo continuò a fissarla con ostinata diffidenza.

-Beh...sarà anche così, ma lei certamente non aveva un appuntamento con Bang-PD-nim. Perciò la prego di dirmi il motivo della sua...visita.- disse lui, pronunciando l'ultima parola come un ringhio basso. 

-Io...- 

Le parole non uscivano. I pensieri non percorrevano la sua mente. Era bloccata, ferma davanti ad un camion che la stava per travolgere a ottanta kilometri all'ora e lei non riusciva a fare altro che fissarlo impotente. 

"Sei dentro l'edificio. Hai ancora una speranza di salvare Jimin."

Il pensiero risultò in qualche misura confortante e le diede quella piccola scossa di cui aveva bisogno per uscire dallo stato catatonico in cui era precipitata. 

-Stava cercando di incontrare i BTS? È un fan? Oppure era a caccia di uno scoop da diffondere?- chiese con tono più minaccioso il bodyguard. 

Beatrice abbassò gli occhi, fingendo vergogna, ma ne approfittò per puntarli sul polso, dove sfoggiava un piccolo orologio con il quadrante circondato di zirconi. 

12:05

"Cosa fare?"

"Aspetto a fare scattare l'allarme?"

"O provo ad uscire di qua e attivarlo subito?"

-La prego di rispondere, signorina.- 

La voce dell'uomo si intrufolò nella sua mente recidendo il corso di pensieri e valutazioni su cui era concentrata. Doveva prendere una decisione in fretta. 

"È più probabile che l'incendio sia avvenuto dopo le 12:30. Mi conviene aspettare e sfruttare l'interrogatorio per rimanere all'interno dell'edificio."

 

Con incredibili e insperate doti di attrice, Beatrice era riuscita a raccontare la storia di una fan disperata il cui unico sogno era solo quello di incontrare i suoi idoli. Alzando gli occhi al soffitto e fissando intensamente le luci fredde e abbaglianti, era perfino riuscita a spremere qualche lacrima dai suoi dotti lacrimali, rafforzando la credibilità della sua narrazione. L'uomo di fronte a lei fu preso in contropiede da questa sua ultima trovata e sembrò in difficoltà nel gestire la situazione. Allora, per rincarare la dose, aveva finto singulti e sospiri sconsolati, coprendosi la faccia con le mani per simulare un pianto ancor più disperato e abbassò nuovamente gli occhi sul polso. 

12:25

"È ora di agire."

-Cosa succederà adesso?- chiese fingendo di asciugarsi le lacrime. 

L'uomo sembrò rassicurato dalla domanda, forse perché era un fattore che poteva controllare e di cui sapeva la risposta. 

-Verrà condotta fuori dall'edificio e segnalata in modo che non possa più entrare e non possa accedere ai meet & greet. È la prassi per proteggere il gruppo.- rispose lui, con sicurezza. 

Detto ciò, si alzò dalla sedia, intimandole di fare lo stesso. Lei, fingendosi ancora scossa, lo fece e si avvicinò alla porta barcollando. Una volta usciti in corridoio, iniziò a camminare seguita a minima distanza dall'uomo. 

"Devo allontanarlo da me."

Iniziò a tastarsi la borsa. Con un'espressione di apprensione, la aprì e iniziò a rovistarci furiosamente dentro. 

-Il mio portafogli!- esclamò, facendo sobbalzare leggermente la persona dietro a sé. 

-Il mio portafogli non c'è! Sono sicura che prima di entrare ce l'avevo!- 

Con occhi sgranati, percorse la borsa fino a quasi rovesciarla interamente sul pavimento. Afferrò il cellulare e le chiavi di casa e se le infilò nelle tasche dei pantaloni. 

-Deve essere rimasto nella stanza di prima! Forse l'ho tolto cercando i fazzoletti!- disse con panico nella voce. 

-Per favore, può andare a vedere?- chiese sollevando lo sguardo sul bodyguard che la fissava dubbioso. 

Dopo un attimo di esitazione e un sospiro, l'uomo si girò e con un paio di passi fu di nuovo davanti alla porta da cui erano usciti. 

Non appena le aveva girato la schiena, Beatrice si era focalizzata sul suo obbiettivo. Un pugno sferrato alla sua destra con tutta la potenza e l'adrenalina che aveva in corpo. 

L'allarme antincendio riempì immediatamente il corridoio.

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Capitolo 28
*** 28 ***


Durò solo un attimo. La sensazione di essere nella direzione giusta, la soddisfazione di vedere le cose filare liscio. Assaporò quell'attimo con un brivido di eccitazione, quel tanto che le bastava per scattare in avanti e dirigersi verso le scale che portavano ai piani superiori. I suoi passi non la portarono molto lontano e quella piacevole sensazione ebbe vita breve. Sulla soglia delle scale, sentì il suo braccio venire tirato con forza e quando si voltò vide con grande sgomento il volto accigliato e infastidito del bodyguard. Cercando di sovrastare il grido assordante dell'allarme antincendio si rivolse a lei con rabbia. 

-Cosa diavolo pensi di fare?- 

Non attese una risposta, preferì invece trascinare la ragazza verso la stessa stanza da cui era da poco uscita, imperturbato dai suoi scalpiti. In pochi secondi si ritrovò scaraventata oltre la porta ed ebbe giusto il tempo di vedere il muso contrariato dell'uomo prima che questa le fosse sbattuta in faccia. 

-No! Accidenti!- urlò scaraventandosi contro la maniglia. 

Udì un suono di tintinnante metallo e poi degli ingranaggi ben oliati che scivolavano l'uno sull'altro. 

-No aspetti!- 

La sua voce cadde nella stanza vuota con lo stesso peso di una piuma. Dall'altro lato della parete, percepì l'uomo parlare con qualcuno e si schiacciò contro di essa nel tentativo di capire cosa stesse dicendo. 

-Falso allarme, fai rientrare tutti. Era solo lo stupido scherzo di una sasaeng impazzita.- 

"No...non fateli rientrare...se le persone non evacuano..."

Scivolando verso il pavimento, attirata a terra dal peso dello sconforto e della sconfitta, si ritrovò a maledire se stessa. 

"Morirò anche io quindi...di certo il signor Bodyguard sarà troppo occupato a salvare gli altri per ricordarsi della pazza sasaeng rinchiusa qui sotto..."

Prendendo atto di quello che l'aspettava, alzò lo sguardo al soffitto. 

"Nei film a questo punto c'è una finestrella grande appena il giusto per permettere la fuga. O un condotto di aerazione che conduce convenientemente vicino all'uscita."

I suoi occhi passarono pigramente lungo le pareti, percorrendole in lungo e in largo. Niente finestre. E i condotti di aerazione spuntavano dal soffitto in sottili strisce allungate, nelle quali a mala pena sarebbero passate le sue braccia. 

"Figuriamoci se riesco a condurre il mio regale deretano attraverso quelle trappole."

Seduta sul freddo pavimento di piastrelle, tirò un lungo sospiro. Non c'era via d'uscita. Aveva fallito. D'altronde, si chiese cosa poteva aspettarsi altrimenti. Il suo piano era a dir poco raffazzonato e fin troppo fiducioso. 

"Se c'è un lato positivo a tutto ciò, è che almeno potrò scoprire l'orario dell'incendio."

Con quel piccolo obbiettivo in mente, si circondò le ginocchia con le braccia e appoggiò la testa al muro emettendo un tonfo sordo. 

E aspettò. 

 

Erano le dodici e quaranta quando il fumo iniziò a penetrare nella stanza, silenzioso come la morte che preannunciava. Si intrufolò nel suo naso e nei suoi polmoni con velocità, attorcigliandole la gola nella sua morsa come un serpente dalle potenti spire. 

Alle dodici e quarantacinque le fiamme presero piede nella stanza, consumandone l'angolo destro. Il dolore era diventato insopportabile. Sentiva il fuoco dentro al suo corpo, lo percepiva bruciarle le vene e incendiarle i muscoli. La sua voce era svanita come l'ossigeno nell'aria. I minuti passavano, lenti e trascinati come se volessero ritardare ciò che lei sapeva già stava per accadere. Il tempo voleva fermarsi per lei, per salvarla. Ma non ci riuscì.

 

4 maggio 2020 

H 9:03 

Dormitorio 

Chiedere un autografo ad Hoseok.

 

13 maggio 2020

H 12:40 

Edificio Big Hit, sala prove 

Incendio per guasto tecnico

 

Numero salti nel tempo (?): 6

 

Questa volta si era preparata. Non si sarebbe fatta prendere dal panico, avrebbe pianificato tutto accuratamente. Aveva dovuto operare qualche mossa da stalker, ma era riuscita a scoprire che l'edificio della Big Hit aveva un secondo ingresso collegato al parcheggio dove i dipendenti lasciavano le macchine. Dopo averlo localizzato, aveva attentamente calcolato tempi e passi per arrivare all'obbiettivo. Non avrebbe commesso errori questa volta. 

"H 12:35  entrare dall'ingresso secondario"

"H 12:37  fare scattare l'allarme antincendio"

"Dirigersi all'ingresso mentre il personale evacua e controllare che Jimin esca dall'edificio."

Quella mattina aveva optato per un completo nero abbastanza elegante ma meno appariscente della camicetta che aveva indossato la volta prima. Voleva passare per una dipendente e mimetizzarsi il più possibile prima di far scattare l'allarme. Il parcheggio era sotterraneo e custodito da sbarre automatiche che si azionavano quando i dipendenti passavano il loro pass personale davanti al lettore. Aveva quindi accantonato l'idea di provare ad accedervi in macchina, constatando invece  con piacere che c'era abbastanza spazio per attraversarlo a piedi. 

Avvicinandosi alle sbarre, si guardò in giro per vedere se ci fosse qualcuno nei paraggi. A quell'ora e in quell'angolo di strada in cui avevano nascosto l'ingresso però non passava anima viva. Scivolando tra il sensore della sbarra e il muro, si ritrovò velocemente a percorrere la liscia discesa che conduceva al primo piano sotto terra. Fortunatamente, i mocassini che indossava avevano abbastanza presa sul terreno, perciò non fu costretta a rotolare giù col sedere per terra, ma dovette comunque fare attenzione e sorreggersi con l'aiuto del muro rugoso e impiastricciato dai gas di scarico. 

Non appena arrivò al piano dove le macchine erano ordinatamente disposte l'una accanto all'altra, si scrollò nervosamente il polso per guardare l'orario. Il cinturino di pelle del suo orologio scintillò sotto le luci al neon piantate sul soffitto. 

H 12:32

Addocchiò la porta che conduceva all'interno dell'edificio e con lunghe falcate iniziò ad avvicinarvisi, ansiosa di arrivare e al tempo stesso elettrizzata dalla paura. Una volta dentro si trovò davanti una breve rampa di scale che terminava in un pianerottolo con un ascensore ed un'altra rampa, più raffinata e curata della precedente. 

"Dev'essere qui da qualche parte... dovrebbe esserci..."

Scrutò freneticamente l'ambiente circostante  finché i suoi occhi non furono attirati dal bottone rosso protetto dal sottile vetro fissato alla parete. 

"Bingo."

Un'altra scrollata del polso scandì il suo respiro. 

H 12:35

 

Il caos dominava i piani dell'edificio, che si era trasformato in un fremente formicaio. A quanto pare si era sparsa la voce che l'allarme era vero e che c'era effettivamente un incendio in corso, perciò i dipendenti si erano riversati nelle scale cercando di scendere il più in fretta possibile, correndo e spintonando chiunque avesse la sfortuna di essere nelle vicinanze. Beatrice cercava di remare contro il fiume impetuoso di persone che la trascinavano giù nel fondale, una corrente violenta e forsennata. Nonostante ciò, si fece avanti schiacciandosi contro la ringhiera e percorrendo un gradino alla volta con ostinata determinazione. 

"La tigna paga...ricorda che la tigna paga!"

La sala prove si trovava al quarto piano. Risalendo le scale aveva scrutato attentamente la folla ma non aveva trovato traccia ne di Jimin ne del resto del gruppo, perciò continuò a risalire. Arrivata al terza piano, vide dei volti famigliari venire condotti fuori dalla caffetteria. Senza riflettere, si accostò al più vicino rispetto alla sua posizione.

-Dov'è Jimin?- 

La sua domanda doveva aver spiazzato Hoseok, che la fissò per qualche istante con quel broncio confuso e la testa leggermente inclinata che portava sempre per abitudine. 

-Non lo so, penso che sia ancora in sala prove.- 

Non appena terminò la sua risposta, sembrò realizzare l'entità di ciò che aveva appena detto e un cipiglio preoccupato invase i suoi occhi. Il cipiglio si allargò ulteriormente quando il ragazzo vide Beatrice voltarsi e dirigersi nuovamente verso le scale. 

-Ehi, ma dove vai?!- urlò, cercando di sovrastare la confusione della folla.

La ragazza non dovette faticare per raggiungere il piano superiore, in quanto si era ormai svuotato dai suoi componenti, che per la maggior parte dovevano già trovarsi in caffetteria quando l'allarme era scattato. Voltando la testa incerta, vide due porte gemelle, ai capi estremi di un corridoio. Poi sentì un tonfo. Un grido si stagliò benché ammortizzato dall'incessante lamento dell'allarme e dal metallo. 

In un batter d'occhio si fiondò contro la porta da cui esso proveniva e si attaccò alla maniglia, arrivando ad una terribile realizzazione. Era rotta. 

-Jimin! Jimin, mi senti?- 

Beatrice non aveva idea che Hoseok l'avesse seguita. Se ne rese conto solo dopo che se l'era ritrovato accanto, intento a tirare la maniglia insieme a lei. Tiravano con tutta la forza che avevano, puntando i piedi contro il pavimento. Le mani iniziarono a scivolarle lungo il metallo quando furono inondate dal sangue delle piaghe che le si erano aperte dallo sforzo. Respirava affannosamente, necessitando di più aria ma ricevendo invece la morsa dolorosa di quel perfido serpente fumoso che già conosceva. 

All'improvviso, la maniglia emise un terribile suono. Le era rimasta in mano. Beatrice fissò l'oggetto con lo sgomento della sconfitta. 

Non aveva più forze. Senza accorgersene, si era ritrovata le guance rigate di lacrime sporche e offuscate dal fumo. Accasciandosi contro la parete, si chiuse le ginocchia sotto alle braccia, cercando di proteggersi dalle fiamme che lentamente incombevano dal fondo del corridoio. Voleva alzarsi e riprovarci. Voleva davvero salvarlo questa volta. 

La sua coscienza però fu obnubilata dalla mancanza di ossigeno e fu trascinata nel baratro dell'oblio dell'anossia. Le grida che fino a qualche minuto prima le torcevano le orecchie erano cessate. Anche Jimin aveva smesso di lottare. 

Percepiva Hoseok piangere accanto a lei. Ma non aveva le forze per dirgli niente nè per aiutarlo. 

Sentì qualcosa sollevarla e cercare di trascinarla ma poi il suo corpo ritrovò di nuovo il pavimento, diventato bollente come lava. 

Di nuovo, qualcosa cercò di portarla in salvo ma fallì. 

Il calore era insopportabile. Ma in quell'inferno sentì un calore diverso. Era meno invasivo. Più umano. E più fragile. 

 

 

ANNUNCINO IMPORTANTE

Questa scrittrice è infaticabile (o sfaticata, dipende dai giorni) perciò ha deciso di partecipare questa settimana ad uno scambio di letture  organizzato da oceansVeins . Ho appena finito di leggere i primi 5 capitoli delle altre tre storie dello scambio e volevo lasciarvi qui il link perché sono tutte molto valide. È stata davvero un'esperienza interessante poter recensire queste opere così lontane dalla mia perciò se volete dateci un'occhiata. 

Retrovailles di Nalalalari 

come la casa sulla roccia di toglierelemaschere 

The Lights di Gold__wings 

Che dire, ho deciso di scrivere adesso questo capitolo cortino perché nel fine settimana sarò troppo impegnata ad affrontare l'onda di emozioni che il nuovo album porterà e ascoltarmelo in loop ogni giorno e ogni notte. 

È già Venerdì. Amen.

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Capitolo 29
*** 29 ***


Non voleva aprire gli occhi. Non voleva alzarsi e ricominciare tutto da capo. 

Persino il suo corpo cercava di impedirle di uscire dal letto, lamentandosi con dolori acuti alla schiena. Forse anche lui aveva ricordo di tutte le morti che aveva dovuto subire.

 

 

4 maggio 2020 

H 9:03 

Dormitorio 

Chiedere un autografo ad Hoseok.

 

13 maggio 2020

H 12:40 

Edificio Big Hit, sala prove 

Incendio per guasto tecnico

Porta rotta! Non entrare dall'ingresso principale. Non entrare dal retro troppo presto. Arrivare in tempo prima che la porta si chiuda. Quando si chiude la porta? 

 

Numero restart: 10

 

Con un sospiro sibilante, chiuse il taccuino. Restart. Ricominciare. In effetti, per lei era come ricominciare a vivere gli stessi sei mesi della sua vita. Ricominciare a tentare. Ma era come fare marcia indietro per piantarsi sempre contro lo stesso muro. Ogni restart era un nuovo tentativo che terminava sempre nello stesso misero modo. 

"Se entro dalla porta sul retro troppo presto, la guardia di sicurezza all'interno mi becca e mi rinchiude."

"Se entro troppo tardi non faccio in tempo a salvare Jimin."

"Se entro dall'ingresso principale il bodyguard mi placca e mi rinchiude."

Si prese i capelli nei pugni stretti e disperati. Aveva voglia di piangere, ma i suoi occhi erano asciutti. La testa però le faceva male dalle troppe lacrime che non riusciva a contenere. Pesavano come macigni sulla sua fronte, incastrate dalla paura e dalla stanchezza. 

"Perché sono così stupida?!"

"Se fossi più intelligente avrei già trovato una soluzione funzionante!"

"Se fossi più forte avrei respinto la guardia di sicurezza!"

Un singhiozzo secco la sorprese squarciandole il petto. 

"Se dietro a tutto questa storia c'è una qualche entità superiore che mi ha scelto per una qualche divina missione, ti prego...scegli qualcun altro!"

Un altro singhiozzo le tagliò il respiro violentemente. 

"Ti prego, liberami! Io non ho la forza!"

 

Quando arrivò in cucina, suo padre non aveva ancora iniziato a prepararsi la colazione. Sbadigliando, attendeva davanti alla macchinetta che il suo caffè fosse pronto. Udì i passi strascicati della figlia che conduceva il suo corpo nella stanza, ma quando vide la sua faccia si riscosse ed iniziò a fissarla. 

-Tutto bene cucciolo?-

Beatrice non alzò lo sguardo dal pavimento.

"No! Non va tutto bene! Sono impotente e stupida e debole!"

Non rispose, ma si diresse a passi lenti verso il frigorifero per prendere il cartone del latte. 

-Se c'è qualcosa che ti preoccupa, lo sai che ce ne puoi parlare.- aggiunse dolcemente l'uomo dai capelli spettinati. 

La ragazza prese il pentolino e lo appoggiò cautamente sul fornello per non fare rumore. Accese il fuoco, osservando le timide fiammelle azzurre tremare sotto alla superficie metallica. Quelle piccole fiamme, che a malapena si vedevano. Eppure avevano il potere di influenzare le cose circostanti. Potevano sembrare così deboli, eppure emettevano un calore superiore a quello del normale fuoco. 

-Se avessi la possibilità di salvare qualcuno...ma ti mancasse la forza, che cosa faresti?- chiese infine, voltandosi per guardare finalmente il suo interlocutore. 

Suo padre non sembrò spiazzato dalla domanda. La fissò negli occhi per qualche secondo e lei sentì la sua mente che sondava i recessi della sua esperienza. Passò un lungo istante in cui la stanza rimase in silenzio. 

-Non posso dirti cosa farei.- rispose infine. 

Lo sguardo di sua figlia assunse una punta di delusione. 

-Non posso dirtelo, perché io non sono come te.- aggiunse. 

"Hai ragione, tu sei più coraggioso di me."

-Ha ragione.- 

La voce di sua madre attirò improvvisamente la sua attenzione, talmente concentrata sull'altro genitore da non averla neanche notata nella stanza. 

-Sei impulsiva, come lo è lui. Vi buttate a testa bassa nelle situazioni, talvolta senza riflettere sulle conseguenze. Ma tuo padre è anche incosciente. Non solo non valuta le conseguenze delle sue azioni, ma niente conto neanche dei rischi. Non ha il senso del pericolo o della paura. E per questo è più stupido di te.- 

Beatrice non sapeva se scoppiare a ridere. Suo padre era più stupido di lei. Inaudito. E mai si sarebbe immaginata sua madre pronunciare simili parole. 

-Cosa intendi dire?- 

La donna la guardò con superiorità, ma nascondendo dietro di essa quell'amore materno che sua figlia aveva imparato a percepire negli anni. 

-Che inconsciamente anche quando ti butti a capofitto nelle situazioni valuti sempre i rischi. E quando ti fermi e ragioni a dovere, sei in grado di trovare soluzioni a cui nessuno avrebbe mai pensato.-

"Se fosse così, a quest'ora avrei già risolto il problema."

-Credo che ti sbagli.- replicò con un brontolio. 

Sua madre scosse la testa contrariata. 

-Ed è qui che emerge il tuo più grande difetto.- 

Beatrice alzò gli occhi verso la donna elegante e tirata alla perfezione. 

-Sei troppo insicura di te stessa. Prendi ogni fallimento come una cosa troppo personale e ti scoraggi facilmente. Non ho idea di cosa ti stia frullando per la testa, ma il fatto di aver compiuto degli errori vuol dire solo che hai più esperienza su cui contare. Usala per valutare le tue opzioni e trovare quella soluzione a cui nessuno penserebbe.- 

La ragazza, per la prima volta nella sua vita, guardò i suoi genitori e si sentì fiera di essere la loro figlia. Aveva sempre invidiato il genio estroso di suo padre e la mente scientifica di sua madre. Ma non aveva mai pensato di poter aver preso qualcosa di così prezioso da entrambi. Il coraggio indomito di suo padre. E la mentalità analitica di sua madre. 

Mentre la televisione gracchiava le notizie dell'ultima ora in sottofondo, il suo cervello iniziò freneticamente a lavorare. 

"Devo vedere il problema da un'altra prospettiva..."

"Ho sempre sprecato cinque mesi stando qua in Italia, ma se avessi modo di trasferirmi subito in Corea potrei avere più tempo per studiare meglio un piano..."

"L'unico ostacolo sono i soldi. Riuscirò ad avere i soldi per la caparra dell'affitto solo con la liquidazione dal contratto, fra tre mesi..."

"Devo trovare un modo per avere molti soldi in breve tempo..."

-...drastico tracollo della TooTouch, che sembra dovrà chiudere da un giorno all'altro lasciando a casa migliaia di dipendenti. Passiamo al meteo per questa giornata...-

La sua testa scattò verso la televisione, mandando una frustata alla sua colonna vertebrale. 

TooTouch...ho già sentito questo nome...

 

-...continua avanzata economica a seguito della fusione con la famosa multinazionale Unravelled, la TooTouch mantiene alte le sue quotazioni in borsa con un aumento del...-

 

-La TooTouch ha offerto centinaia di posti di lavoro grazie alla fusione con la multinazionale Unravelled, rendendola una nuova forza economica stabilmente affermata.-

 

-Cucciolo, dove stai andando?- 

La voce preoccupata di suo padre la seguì dopo che era scattata violentemente come una molla fuori dalla cucina. 

-Forse ho trovato una soluzione!- rispose velocemente urlando dalla sua stanza. 

Cercò con gli occhi il telefono e lo afferrò con veemenza, scorrendo la rubrica con il cuore a mille. 

-Luca? Ciao! Come stai? Ne è passato di tempo dalle superiori! Che fai di bello?-

La sua voce suonava forse troppo pimpante per essere prima mattina ma non badò ai dettagli. 

-Ah sì? Quindi stai ancora studiando economia, giusto?- 

-...sì, purtroppo, è un po' una noia, ma che ci vuoi fare...-

Una risata secca la raggiunse dall'interfono. 

-Allora, a questo proposito... posso chiederti un consiglio?- 

Attese la risposta dell'interlocutore con i muscoli tesi dall'impazienza. 

-Mi potresti spiegare come giocare in borsa?- 

-...ah, certo, che cosa vuoi sapere?- 

-Dunque, se io investissi in una ditta che sta fallendo, diciamo per esempio la TooTouch..-

Il suo discorso fu interrotto da una risata sguaiata. 

-Sarebbe come buttare i tuoi soldi nel cesso! La TooTouch è ormai morta e sepolta, se comprassi le sue azioni adesso le pagheresti una miseria, ma diventerebbero carta straccia nel momento in cui chiude i battenti. E la cosa non è affatto lontana!-

Beatrice si prese un attimo per meditare sulle sue parole. 

-Mettiamo il caso che la TooTouch non fallisca e riesca invece a riprendersi in qualche modo, magari tramite una fusione con un'azienda più grande...cosa succederebbe?- 

-Beh, mettendo il caso che succeda le azioni schizzerebbero alle stelle e i pochi rimasti a possederle potrebbero venderle a cifre esorbitanti. Ma è impossibile, perché nessuna azienda con un buon fatturato si andrebbe a impantanare con una ditta sull'orlo della bancarotta...- 

Beatrice osservò l'orso del lenzuolo, immersa nei suoi pensieri. 

-Ok, grazie mille della dritta. Ci sentiamo.- disse chiudendo velocemente il telefono. 

 

Ogni mattina aveva aperto gli occhi e come prima cosa aveva controllato le news e la borsa per vedere se c'erano novità. Aveva già fatto fare il visto per la Corea, in modo da essere pronta per partire non appena i soldi fossero arrivati. Iniziava a preoccuparsi. Aveva speso tutti i suoi risparmi per comprare le azioni della TooTouch. Se si fosse sbagliata, se si fosse ricordata male, avrebbe perso l'opportunità di andare in Corea. Un'altra chance buttata al vento. Un altro restart. 

Prendendo il telefono, scorse la home delle notizie. 

"Niente, niente, niente..."

I suoi occhi si illuminarono improvvisamente.

"Fusione della TooTouch con la multinazionale Unravelled!

Notizie stupefacenti per la morente azienda ormai sull'orlo del crollo, salvata dalla famosa Unravelled con una fusione in calcio d'angolo! Le azioni salgono del..." 

Beatrice non finì neppure di leggere l'articolo ma scattò sul letto afferrando il pc e aprendo la pagina del suo conto in banca. 

"Bene bene, è ora di raccogliere un po' di soldi..."

 

Il giorno di Natale era rintanata nel suo piccolo appartamento davanti alla tv guardando "Mamma ho perso l'aereo", avvolta in una calda coperta di pile con un motivo a macchie di mucca. 

"Che ci faccio adesso con 50.000 euro nel conto..."

"Con tutti quei soldi mi ci potrei comprare una Cinquecento...ma a che mi serve? È impossibile girare per Seoul in macchina..."

Cercando di ignorare il doppiaggio coreano del film che stonava così tanto con le immagini che aveva visto dalla sua infanzia, contemplò il televisore senza vederne veramente le immagini. 

"Alla fine, mi ritrovo sempre in questo sputo di appartamento...Cavolo, con quei avrei potuto prendere un attico a Gangnam..."

Negli angoli più remoti della sua mente però sapeva. Sapeva che doveva rimanere lì, in quel piccolo appartamento, con la terrazza dalla ringhiera pericolante che regalava la vista mozzafiato di Seoul. Lo sapeva, perché doveva valutare sempre il piano B, in caso avesse fallito nuovamente. 

 

In quel mese e mezzo di riflessioni aveva capito una cosa. Se voleva avere successo, doveva cambiare completamente prospettiva. Le aveva tentate tutte per riuscire ad entrare nell'edificio in tempo per salvare Jimin, ma come esterno non ce l'avrebbe mai fatta senza essere beccata. Le prospettive perciò erano due. O fingersi una dipendente della BigHit, rubando quindi il tesserino identificativo a qualcuno. Oppure farsi assumere. 

Sapeva che la BigHit era in cerca di personale da quando avevano aperto il nuovo edificio perciò aveva passato in rassegna ogni giorno il sito amministrativo. Finalmente, l'annuncio che cercavano nuovo personale era spuntato nella bacheca e lei, senza esitazione, aveva mandato il suo curriculum. 

Il tre gennaio, finalmente, qualcosa si mosse. 

-Parlo con...Casadei Beatrice-ssi?-

Nel momento in cui aveva visto un numero sconosciuto sullo schermo del telefono, la ragazza aveva iniziato a calare mentalmente ogni santo del cielo. 

-Sì, esatto, sono io.- disse con la voce più calma e professionale che riuscì a produrre. 

-Molto bene. Abbiamo ricevuto la sua candidatura e vorremmo avere un colloquio con lei per un posto presso il nuovo edificio della BigHit Entertainemnt. È libera domani mattina?- 

Passeggiando davanti alle colorate vetrine di uno store, Beatrice si fermò per osservare il suo riflesso sorridente. 

-Sì, sono libera.- 

 

 

7 IS OUT!!!

Army....come dobbiamo fare? Questo album è un colpo al cuore. Ogni canzone, dai singoli alle track individuali è un CA-PO-LA-VO-RO!!! Le mie preferite sono Louder than Bombs e UGH. Mi fa morire dal ridere anche solo a pensare a sto titolo eppure la canzone è così cool. Tra quelle individuali invece adoro Filter. Jimin mi ha ucciso con quella, non vedo l'ora di vedere la coreografia. E voi invece? Quali sono le vostre track preferite? 

Ne approfitto anche per fare i complimenti a Gold__wings che ha vinto lo scambio di letture di cui vi avevo parlato, grazie ad una storia avvincente e scritta con tanta maestria. E io sono contenta di un onesto e insperato secondo posto!

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Capitolo 30
*** 30 ***


Il lungo corridoio in cui era seduta era popolato da una decina di altri giovani che, come lei, attendevano di entrare per il colloquio. Erano tutti coreani, o almeno così le pareva, perciò sperava di non essere in svantaggio. 

Tamburellando nervosamente le dita sulla cartellina azzurra in cui conservava il suo curriculum e i suoi documenti, ripensò all'immensa soddisfazione che aveva provato una decina di minuti prima. Era entrata per la porta scorrevole dell'ingresso principale, con l'ansia nel cuore. Bodyguard numero uno si fece prontamente avanti, rivolgendole le stesse domande che aveva già sentito. Questa volta però lei era preparata. Dopo avergli detto che aveva un colloquio, vide il suo muso inespressivo darle il permesso di passare una volta constatato che effettivamente era così. 

Camminare a testa alta per i corridoi della BigHit. Sembrava un sogno, dopo tutte le volte che era dovuta sgusciare dentro pregando di non essere scoperta. La serenità e la rinnovata sicurezza le rilassarono le spalle, portandola a condurre il suo corpo in una posa rilassata e determinata. Quella sicurezza però si esaurì immediatamente nel momento in cui si sedette insieme agli altri candidati. 

"Siamo in diversi...come posso fare ad assicurarmi il posto?"

"Quante persone hanno intenzione di prendere?"

"Cosa dovrei dire per fare colpo?"

Immersa nei suoi pensieri, ci mise qualche istante per rendersi conto che era stato chiamato il suo nome. Saltando sulla sedia in modo ben poco elegante e composto, si alzò e seguì la donna in tailleur che le stava indicando la direzione. Si ritrovò in un ufficio piuttosto asettico, nel cui bianco acceso si stagliavano un paio di scrivanie scure, ricoperte di documenti. Un uomo sulla sessantina dal sorriso cordiale la salutò con un modesto inchino invitandola a prendere posto di fronte a lui. 

Beatrice iniziò a togliersi e rimettersi freneticamente gli anelli argentati che portava alle mani, spostandoli da un dito all'altro, girandoli, cambiandone l'angolazione, man mano che rispondeva alle domande di routine che il colloquio prevedeva. 

-Mi potrebbe gentilmente dire quale ragione l'ha spinta a presentare la sua candidatura?- 

La ragazza tirò un respiro profondo, cercando di controllare il tremore che le indeboliva la voce. 

-Ho sempre amato molto le lingue e vorrei poterle sfruttare in un lavoro in cui ho l'opportunità di interagire con diverse nazioni. Ho pensato che questo posto potesse soddisfare questo desiderio.- rispose lei fingendo naturalezza. 

-Capisco. E...posso farle un'altra domanda? Lei è un'army per caso?- chiese nuovamente l'uomo, fissandola negli occhi. 

"Cavolo, sono fregata...che cosa gli dico? Mento...perché chi la vorrebbe una fan scatenata nel proprio staff?"

Mentre la mente di Beatrice vorticava in un circolo vizioso di disperazione, delle parole emersero dalla sua memoria come un timido fiore in mezzo ad un deserto. 

 

-Quando ti fermi e ragioni a dovere, sei in grado di trovare soluzioni a cui nessuno avrebbe mai pensato.-

 

Un respiro. 

"Fermati."

"Pensa."

Un altro respiro. 

"Loro hanno modo di scoprire se menti. Basta aprire uno qualsiasi dei tuoi profili social per capire che sei un'army."

-Ecco...sì, in effetti sono un'army.- rispose infine, cercando di mascherare l'imbarazzo con una risatina nervosa. 

L'uomo non tolse lo sguardo penetrante da lei. 

-E mi dica...per quale motivo, alla luce di questa informazione, dovremmo assumerla in questa azienda? Capisce anche lei che metterebbe i cantanti in una situazione complicata avere una fan che ha accesso a loro e alle loro cose.- 

Beatrice fece un altro un profondo respiro.

"È questa la parte in cui fallisco e rovino tutto?"

"Allora tanto vale giocarci il cento percento."

Con una scrollata di spalle, portò gli occhi in quelli dell'uomo, cercando di rimandargli la stessa intensa sicurezza che mostrava lui. 

-In effetti, non sarebbero saggio assumere una fan. Potrebbe diventare un grosso problema e io ne sono consapevole.- 

Fece una pausa, nel tentativo di trovare il coraggio di continuare.

-Conscia di questo, ho risposto sinceramente alla sua domanda perché ero certa di una cosa. Bang-PD-nim ha basato tutta l'azienda sull'idea di trasparenza. Ho perciò considerato che un buon dipendente dovesse rispecchiare questo ideale, nonostante le conseguenze.- 

Fece ogni sforzo cosciente affinché la sua voce non si esaurisse nell'insicurezza mentre pronunciava le ultime parole. 

-Spero quindi che terrete in considerazione questo e il fatto che ho profondo rispetto per la privacy dei BTS e che il mio essere una loro fan non interferirà con il mio lavoro, in quanto tengo molto alla mia etica professionale.- 

L'uomo la fissò, restando inizialmente in silenzio. Lo percepì mentre la dissezionava, valutando e soppesando ogni sua componente. Infine, con un altro cordiale ma freddo sorriso, la congedò. 

-Grazie per il suo tempo, la contatteremo nel caso saremo interessati.-

Ringraziandolo con un profondo inchino, uscì dalla stanza. Con il petto tremante e la testa pesante, camminò per l'edificio in cerca dell'uscita. 

"Quindi...l'ho paccato, eh?"

 

Gennaio stava velocemente volgendo al termine. Non aveva mai passato l'inverno a Seoul, ma finalmente capiva il perché dicessero che era particolarmente freddo. Avvolta in una sciarpa di lana morbida che si era portata fin sopra il naso, si ritrovava seduta sul terrazzo del suo palazzo. Non era una grandiosa idea, contando la temperatura, ma il freddo l'aveva sempre aiutata a schiarirsi le idee. Le punzecchiava la testa, le mordicchiava le guance fino a farle diventare rosse e insensibili, le intorpidiva gli occhi. Era una sensazione dolorosa, ma stranamente piacevole. 

"Se ho davvero fallito il colloquio, dovrò procedere con l'alternativa."

Sospirò, compatendo se stessa. 

"Rubare il cartellino ad un dipendente...qua rischiamo la gattabuia..."

Sentendo il telefono vibrare nella tasca del cappotto, lo estrasse, immaginando che suo padre volesse sapere come stava. 

"Numero sconosciuto?"

-Pronto?-

-Casadei Beatrice-ssi, giusto?- 

L'operatore all'altro capo del telefono sembrava proprio quello che l'aveva chiamata per comunicarle che aveva un colloquio alla BigHit. La ragazza trattenne il fiato per un secondo, sentendo la testa girare. 

-Sì?-

-La chiamo per comunicarle che inizierà a lavorare presso la BigHit dalla settimana prossima, se conferma la sua disponibilità.-

 

12:17 

Il tempo non passava mai. Per la tredicesima volta, la ragazza guardò l'orologio, ma erano passati solo cinque minuti. Tutta la mattina era andata così. Lavorava e cercava sinceramente di concentrarsi, ma il suo sguardo cadeva sempre sull'orario. Era fortemente combattuta. Una parte di sé attendeva con ansia che arrivasse il momento di entrare in azione. L'altra parte era terrorizzata che sarebbe andato tutto in fumo come le volte precedenti. 

Dal momento in cui aveva messo piede alla BigHit, aveva iniziato a studiare e mettere in atto le sue mosse fino a quel giorno. Aveva contattato l'ufficio Manutenzioni, richiedendo un controllo all'impianto elettrico da cui, secondo i giornali, sarebbe partito l'incendio. Nel caso in cui la manutenzione avesse fallito, doveva assicurarsi che Jimin fosse fuori dalla sala prove. 

Gli occhi scattarono nervosamente verso l'angolo in basso del computer. 

12:35

"Forza e coraggio."

Si alzò dalla scrivania sulla quale era incollata da tutta la mattina, posta di fronte ad un non così tanto accogliente collega, che l'aveva squadrata male dal momento che aveva messo piede in ufficio. Con un inchino, si congedò con la scusa di andare a fare la pausa pranzo. 

I suoi tacchi di modesta altezza risuonavano sul pavimento in maniera ritmica e martellante, segnando i battiti del suo cuore che le sprofondava ad ogni passo sempre più verso la stomaco. Ritrovatasi al quarto piano, osservò il corridoio con le due porte gemelle, che si confrontavano l'una davanti all'altra. Inghiottendo un grumo di nervosismo si voltò, dirigendosi verso la sala prove dei BTS. Ad ogni passo sentiva una voce distinguersi sempre più chiaramente.

-Va bene hyung, vado a mangiare qualcosa. Se vuoi ti aspetto.- 

"Jungkook."

Un'altra voce dall'interno della stanza diede una risposta che non riuscì ad udire. Poco dopo, vide i capelli scompigliati e le sneaker di Jungkook comparire dietro la porta. Aveva la fronte sudata e lo sguardo incollato al pavimento, le spalle basse e cariche di qualche preoccupazione che Beatrice non riusciva a sondare. 

-Buongiorno, Jungkook-ssi.- 

Il saluto improvviso fece sobbalzare leggermente il ragazzo, che si riscosse dai suoi tenebrosi pensieri. 

-Ah-ah...buongiorno.- rispose velocemente sorridendo con un velo di imbarazzo. 

Con un inchino, la ragazza lo superò afferrando disperatamente la porta prima che si chiudesse. 

"Se la porta non si chiude, lui non rimane intrappolato dentro. Devo fare riparare anche questa nel dubbio."

Affacciandosi dentro alla stanza, Beatrice fu colpita dall'odore di sudore e dal calore intrappolato dentro. La figura davanti allo specchio si osservava con ossessionata attenzione, scannerizzando con gli occhi ogni singolo movimento ma giudicando con ostinata frustrazione ogni piccolo errore. Jimin non si era neanche accorto dalla sua presenza, preso com'era dalla sua immagine nello specchio. 

-Ehm...chiedo scusa, Jimin-ssi.- esordì lei, dopo essersi schiarita la voce. 

I due occhi scuri che fino a prima erano fissi davanti a sé si spostarono su di lei con sorpresa.

-Salve...ha bisogno di qualcosa?- 

La voce uscì dal petto ansimante del ragazzo in modo roco e affaticato. Stava spingendo il suo corpo oltre un limite che forse non doveva varcare. 

"Jungkook era preoccupato per lui?"

-Ah sì, ecco vede...a causa di alcuni lavori di manutenzione all'impianto elettrico devo chiederle di spostarsi in caffetteria.- 

Nonostante aveva provato e riprovato in anticipo, le parole uscirono comunque esitanti dalla sua bocca. 

Il ragazzo la squadrò stranito. 

-Ah...capisco.- 

Detto ciò, Jimin si diresse verso la sua borsa e se la caricò in spalla. Prima di avvicinarsi a lei, però, ebbe un attimo di esitazione. Fu impercettibile, ma Beatrice vide i suoi muscoli tremare per la fatica. Ingoiando il dolore, il ragazzo riprese a camminare non troppo stabilmente. 

Per non doverlo confrontare, la ragazza si era portata davanti a lui e aveva iniziato a scendere le scale in un teso silenzio. 

-Non l'ho mai vista qui, è nuova?- 

Sentendo la dolce voce prendere parola, Beatrice si girò sorpresa. 

"Sta parlando con me?"

-Ah, sì, ecco...io...lavoro qui da qualche mese alle Pubbliche Relazioni.- rispose balbettando in preda all'imbarazzo. 

"Insomma, ragazza, capisco che c'è un intero Park Jimin sudato dietro di te, ma cerca di mantenere un minimo di lucidità per favore."

Non era facile in effetti. Anche se si era abituata ormai ad interagire con Hoseok, date le molte volte in cui l'aveva salvato, quella era effettivamente la prima volta che incontrava Jimin. La cosa la stava mandando irrimediabilmente nel pallone. Quei pensieri però esplosero come una bolla di sapone quando i suoi occhi notarono le mani del ragazzo strette disperatamente attorno alla ringhiera, nel tentativo di sorreggersi. 

"Jimin...che cosa ti sta succedendo?"

 

Una volta giunti in caffetteria, tirò un sospiro di sollievo. Il viaggio della morte era finito. 

-Chiedo scusa, può togliermi una curiosità? Come si pronuncia il suo nome? Non riesco a leggerlo dal tesserino.-

La ragazza sbattè le palpebre un paio di volte guardando il ragazzo. 

-Io...mi chiamo Casadei Beatrice. Ma Beatrice andrà bene.- disse con malcelata insicurezza. 

Con un inchino, scappò via il più velocemente possibile. Temeva che, se gli fosse stata rivolta un'altra domanda, avrebbe mandato tutto all'aria. Mentre usciva dal locale, si aggiustò nervosamente la giacca bordeaux che indossava.

Osservando l'orologio al polso, sentì il cuore salire all'altezza della gola e la mente volare leggera verso la serenità che cercava da mesi. 

12:46 

"Non è successo niente."

"Jimin è in salvo."

Dopo qualche istante di felicità, un dolce pensiero prese il sopravvento. 

"Grazie mamma."

 

Il giorno dell'incidente era volto al termine. Era finito. Erano tutti in salvo. 

"Perché non riesco ad essere tranquilla?"

C'era qualcosa che la perseguitava nel profondo del suo inconscio, un famelico tarlo che la rodeva ancora. Non ne capiva il motivo. Nonostante ciò, ogni mattina e ogni sera guardava il telegiornale soffermandosi ad ascoltare ogni notizia. 

"È finita. Basta paranoie."

Quel terribile dubbio però non la lasciava.

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Capitolo 31
*** 31 ***


 

La gonna aderente di Beatrice produceva un lieve rumore ogni volta che i suoi passi la facevano strisciare contro le calze. I tacchi emettevano un suono alterato e indisposto quanto l'umore della loro padrona. 

 

-Signorina, è l'ora del caffè.- 

 

La ragazza si passò il bicchiere bollente nell'altra mano, mordendosi l'interno della guancia con stizza. 

"Ogni giorno così."

"Non un per favore o un grazie."

"Solo un ordine."

"Non sono la sua schiava, maledizione!"

Una volta arrivata davanti all'ascensore, si fermò ed osservò il liquido scuro e semitrasparente. L'adorato signor collega Kang Sunbin aveva evidentemente deciso di prendere molto a cuore il suo apprendistato,  lanciandole ordini a destra e a manca. Beatrice sentì una terribile tentazione salirle in gola sotto forma di saliva. Valutò la cosa giusto un attimo, prima di cedervi e lasciare uno sputo galleggiante nel caffè. Lo mescolò leggermente per evitare che si notasse e guardò infine davanti a sé con soddisfazione. 

"Spero che le piacerà il caffè, Sunbin-ssi. L'ho preparato con tanta cura."

Decise che le parole sarebbero suonate così dolci davanti all'espressione arcigna e scettica del collega che non poteva trattenersi dal pronunciarle per davvero. 

"Vegliardo maledetto..."

Uscendo dall'ascensore, si diresse con rinnovata positività e un sorriso brillante verso l'ingresso dell'ufficio. Non appena fu arrivata sulla soglia, delle parole le giunsero con la violenza di uno schiaffo. 

-...quando è arrivata l'ambulanza era già troppo tardi. Non ci posso credere, povero ragazzo.-

Proprio come se uno schiaffo l'avesse colpita, Beatrice sentì l'intorpidimento che l'adrenalina portava con sè. 

-Chiedo scusa...che cosa è successo?- si ritrovò a chiedere con voce esitante. 

Il suo capo reparto si voltò verso di lei sorpreso. 

-Ah...Beatrice-ssi. A quanto pare c'è stato un incidente nel luogo in cui i Bangtan stavano facendo il photoshoot. E...insomma, V-ssi è stato colpito dai vetri di una finestra rotta. Ha perso molto sangue e...-

La ragazza non realizzò subito da dove veniva l'improvviso calore che sentì alla caviglia. Solo dopo si rese conto che derivava dal caffè che le era scivolato di mano. 

-Oh mio Dio! Beatrice-ssi! Stai bene?- 

Il capo reparto si inginocchiò per vedere se si era ustionata la pelle mentre lei, dopo un lungo momento di confusione, si riscosse. 

-Sì, io...sì, sto bene.- rispose prendendo maldestramente un fazzoletto e tamponandosi la caviglia. 

-Quindi...erano al photoshoot? Ma...dove? Come?-

Il capo reparto la aiutò a sedersi sotto gli sguardi confusi e addolorati dei suoi colleghi e la guardò.

-Erano in un magazzino a Yongsan. Dovevano controllare meglio che la location fosse sicura, prima di organizzare il set. Accidenti...- disse l'uomo grattandosi la testa e fissando il pavimento. 

Poi, riportò gli occhi su di lei e alle sue mani tremanti e fredde. 

-Beatrice-ssi...torni a casa. Per oggi è meglio un giorno di riposo. Domani...avremo un bel po' di lavoro da fare.-

 

"Non è una coincidenza."

"Non può essere una coincidenza."

"Tre incidenti mortali nel giro di due settimane."

"C'è qualcuno dietro tutto questo?"

"Non è possibile. Hobi è stato investito perché pioveva e non aveva visto il semaforo."

"Jimin è morto perché la porta era rotta."

"E adesso...questo."

"Sono tutti incidenti."

"E allora perché?"

Mentre si arrovellava la testa su quel rompicapo senza logica, arrivò al suo appartamento. 

"Ok, va bene. Faremo tutto da capo. Se agisco dopo aver pianificato bene, ci riuscirò di nuovo."

 

4 maggio 2020 

H 9:03 

Dormitorio 

Chiedere un autografo ad Hoseok.

 

13 maggio 2020

H 12:40 

Edificio Big Hit, sala prove 

Incendio per guasto tecnico

Porta rotta! Entrare prima che la porta si chiuda. 

 

16 maggio 2020

H 15 circa

Finestra rotta.

Magazzino a Yongsan. 

 

Numero restart: 11

 

Non era stato difficile trovare il magazzino. Il notiziario della sera aveva mostrato la foto del luogo dell'incidente e dato che Yongsan non era un distretto particolarmente grande non ci aveva messo molto ad individuarlo. Il problema era sempre lo stesso. 

"Non riesco a vedere la causa dell'incidente. Perché la finestra si rompe?"

Camminando per una strada commerciale, rifletteva la sua immagine nelle vetrine senza vederne veramente il contenuto.

"Il problema comunque rimane l'orario. Se non capisco l'orario preciso, finirò per fallire anche questa volta."

Mentre rincorreva quel pensiero, tentando di elaborarlo, si ritrovò senza accorgersene a fissare un oggetto. Una Instax di un adorabile tono di azzurro. Senza sapere perché o come, si era ritrovata dentro al negozio con in mano la macchina fotografica. 

"È carina...ma che ci faccio con questa?"

"Non ho amici da fotografare."

Improvvisamente, un'idea assurda le balzò in mente. 

 

Il suo taccuino era più rigido e pesante, dal momento che era ornato di tre polaroid che separavano le pagine in modo netto. Nella pagina di Hoseok ce n'era una ritraente la strada davanti al dormitorio. In quella di Jimin, un'immagine dell'ingresso della sala prove. Nell'ultima, una che mostrava il magazzino dove Taehyung sarebbe morto. 

I suoi occhi fissavano le pagine, ormai consumate dalla pioggia, l'umidità e il continuo sfogliare, frenetico e disperato, nel tentativo di trovare un po' di chiarezza. O un'idea. 

Aveva pensato di appostarsi in una panchina in un parco vicino all'ingresso del magazzino. Fingendo di leggere un libro, lanciava  sguardi verso la strada e la porta cercando di essere il più discreta possibile.

14:40

Il suono del quartiere le arrivava alle orecchie, cercando di rasserenarla. Le macchine passavano di rado, lasciando giusto una lieve scia dietro di sè. Un paio di alberi frusciavano sommessamente al passare di un soffio di vento. Un gruppo di bambini rideva e discuteva riguardo a chi dovesse comandare il gioco che stavano per iniziare. Il più grande si fece avanti, stringendo sotto braccio un pallone da calcio e sembrò imporsi sul lamentoso assortimento. 

15:10

"Possibile che siano arrivati prima di me?"

"Sono già dentro all'edificio?"

"Sono in ritardo?"

Con respiro affannoso cercò di concentrarsi sulle linee scure che si offuscavano sempre di più davanti ai suoi occhi. 

"Non so cosa fare..."

"Cosa devo fare?"

"Come devo agire?"

In preda al panico, si alzò, infilando il libro nella borsa e si diresse verso la porta. 

"Ho il tesserino della BigHit. Gli dirò che devo consegnare una cosa."

Prese il suo pass personale e lo pinzò alla giacca bordeaux da cui ultimamente faceva fatica a separarsi. Con un sorriso tremante e il respiro intermittente, entrò dalla porta cigolante. 

"Nessuno."

Con un briciolo di fiducia, seguì la direzione delle luci che illuminavano leggermente il freddo corridoio che puzzava di chiuso e di muffa. Arrivata in fondo, vide per un momento la parete di fondo illuminata dalle luci del fotografo e tre ragazzi che si preparavano a mettersi in posa. Quel momento finì quando una figura in abiti scuri si sistemò davanti all'entrata. 

-La posso aiutare, signorina?-

"Ci risiamo."

-Ecco...io...sono una dipendente della BigHit, devo consegnare urgentemente una cosa a V-ssi.-

L'uomo non sembrò scomporsi davanti al tesserino che gli veniva sventolato in faccia. 

-Non è possibile in questo momento, la prego di uscire.- 

-Aspetti, io...- 

Le proteste sembrarono accenderlo di una qualche ostilità latente che si manifestò quando incrociò le braccia e le mostrò un muso contrariato. 

-La prego di uscire.-

-No, la prego, mi lasci spiegare...- 

 Non appena il rumore di vetri rotti giunse alle sue orecchie, non seppe da dove prese l'incredibile forza che la dominò e le fece spingere di lato l'uomo. 

C'era tanto sangue. 

Sentiva la nausea stuzzicarle la mandibola e il vomito bruciarle la gola. 

Il sangue scorreva dal collo di Taehyung, trasformando il suo bellissimo viso in una brutta maschera macchiata di rosso e di dolore. 

Jimin piangeva con le mani ricoperte del liquido che continuava ad uscire dal suo amico. 

Jungkook urlava, con gli occhi spalancati, il viso pallido e madido di sudore. 

E lei, per qualche motivo, si ritrovò in ginocchio. 

 

 

4 maggio 2020 

H 9:03 

Causa della morte: incidente stradale

Chiedere un autografo ad Hoseok.

 

13 maggio 2020

H 12:40 

Causa della morte:incendio per guasto tecnico

Porta rotta! Entrare prima che la porta si chiuda. 

 

16 maggio 2020

H 15:16

Causa della morte: finestra rotta.

 

Numero restart: 14

 

Rosso. Un mare rosso la soffocava, tagliandole le vie respiratorie. Si alzò velocemente dal letto e si precipitò in bagno, sentendo il bruciore famigliare del vomito eroderle la gola. Anche quando ebbe smesso di rimettere, i conati continuavano a spezzarle il respiro, piegandola in due con dolorosi spasimi. Ad ogni contrazione dei muscoli, apparivano contemporaneamente flash delle immagini che erano ormai impresse indelebilmente nella sua mente. 

Sangue. Troppo sangue. Perfino gli occhi di Taehyung erano sporchi di sangue, con le iridi scure che sembravano navigare in quel mare denso e disgustoso. 

"Basta! Basta, ti prego!" 

Appoggiandosi al water nel tentativo di sorreggersi, sentì ulteriori conati spremerle le lacrime aspre e pungenti fuori dagli occhi. Per quanto strizzasse gli occhi, quelle immagini non uscivano. 

"Basta..."

Quando finalmente il suo stomaco smise di cercare di strapparla in due, si prese la pancia dolente e affaticata, svuotata di ogni forza. Appoggiò la fronte alle piastrelle gelide mentre le lacrime scorrevano ancora inconsapevoli. 

 

Con la mente ancora immersa in una densa nebbia, si era ritrovata seduta sul letto, con lo sguardo fisso sul taccuino appoggiato sul comodino. I suoi pensieri erano morti, silenziosi come tombe. 

"Devo riprovare..."

Quella frase squarciò il cimitero pieno di lapidi anonime che era diventato il suo cervello. Come una sentinella notturna, spaventata e infreddolita, fece capolino dal cancello d'ingresso, ma si ritrasse velocemente. 

"Devo riprovare." 

Riprendendo un barlume di lucidità, lasciò che la sentinella illuminasse quel cimitero desolato. Prese il taccuino in mano e iniziò a sfogliare le pagine. 

 

Commetteva sempre gli stessi errori. Quando si ritrovava al centro della situazione andava in panico e agiva impulsivamente, cosa che la portava a fallire inesorabilmente. Ma questa volta ce l'avrebbe fatta. Aveva finalmente capito cosa doveva fare. 

Sentì una macchina accostarsi vicino al magazzino, ma non vi fece caso. Il suo obbiettivo era un altro. 

Camminava con leggerezza sull'asfalto, sollevando gli angoli della bocca in un sorriso. Chiuse gli occhi. Fece un respiro profondo e quando li riaprì sperò che nel suo sguardo fosse comparsa la luce accogliente e giocosa che dominava il gruppo di bambini raccolti vicino all'edificio. 

-Io sono il vostro hyung! Perciò sono io che comando!- 

Il bambino che reggeva il pallone sottobraccio cercava di ingrossare la voce per sembrare ancora più autorevole. 

-Ma non è giusto! Ci dai sempre ordini! Sei cattivo!- 

I bambini più piccoli lo guardarono con labbra arricciate dal fastidio. Poi, si accorsero di lei e la fissarono dal basso ammutolendo. Il più grande, notando il cambio di atmosfera, si girò incontrando il volto della ragazza, che si era inginocchiata per guardarlo negli occhi. 

-Ciao. Posso interrompervi un attimo?- 

Il bambino la guardò con deferenza ma scosse le spalle fingendo che non gli importasse.

-Sapete, conosco un gioco dove potete essere tutti uguali. Volete che ve lo dica?- 

I più piccoli la guardarono con grandi occhi estasiati dalla curiosità. Allora, lei si abbassò e mise la mano vicino alla bocca, come se stesse per confessare il segreto più grande dell'universo. Una volta scoperto, i piccoli volti la fissarono sorpresi ed entusiasti. 

-Proviamo, dai hyung!- 

Il maggiore non poté rifiutare la richiesta sollevata a furor di popolo perciò annuì con sufficienza. 

-Ma mi potete fare un favore? Potete andare a giocare dall'altra parte della strada? Qui è pericoloso.- 

Dopo una breve assemblea, il gruppo accettò la proposta e si spostò urlando al fine di stabilire il proprio ruolo nel gioco. 

 

Beatrice solo allora vide con la coda dell'occhio quattro figure in procinto di entrare nel magazzino. Una, però, era ferma sulla soglia, bloccata dietro ai suoi compagni. Gli occhi scuri di Hoseok la raggiunsero e la guardarono con curiosità e confusione. Infine, furono attirati dal richiamo degli amici e scomparvero dentro all'edificio. 

 

SCUSATE SONO UN PO' PIGRA

Ebbene sì. Scusate la mia pigrizia nello scrivere. Non solo per la lentezza degli aggiornamenti ma anche per il contenuto dei capitoli. Purtroppo è una parte di passaggio in cui mi sono un po' arenata, quindi spero di arrivare presto al finale. Ma è una gran fatica scrivere questi capitoli, ci metto quasi il doppio del tempo T.T

Comunque, dato che ci ho preso gusto, ho partecipato ad un altro scambio di letture indetto da francescaxgreco

Se volete dare un'occhiata alle altre storie dello scambio sono:

-My stalker di @mxstrx

-Riot's kids di @FiammaErinGaunt

(Non capisco perché non me li tagga, ma va beh.)

 

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Capitolo 32
*** 32 ***


Anche dopo che fu scomparso dietro la porta, Beatrice sentiva ancora lo sguardo di Hoseok addosso. 

"Mi ha riconosciuta?"

"Si è ricordato che sono la fan che gli ha chiesto l'autografo?"

Con un brivido nervoso, si passò una mano sui capelli, stropicciandoseli un po'. 

"No, non è possibile."

Ferma in piedi vicino all'ingresso del magazzino, Beatrice osservò le piccole finestre vecchie e polverose a livello della strada. I suoi occhi ansiosi si posarono allora sul cellulare, dove grandi numeri risaltavano sullo sfondo. 

15:15

La ragazza portò la testa indietro con gli occhi chiusi e il naso pieno di aria fresca e soddisfazione. Guardò il cielo, le nuvole e i rami degli alberi che ne ostruivano la vista. Poi, riportò lo sguardo alle piccole finestre e vi immaginò, sotto di esse, tre ragazzi ben vestiti intenti a cercare la posa perfetta. Sereni. Felici. Vivi. 

"Facendo spostare i bambini, la finestra non si rompe."

Sentì una punta di fierezza farsi spazio nel suo petto. Forse più di una punta. 

"In fondo...non sono così stupida."

 

17 maggio 2020

 

H 16:34

 

Ogni volta che qualcuno entrava dalla porta dell'ufficio precipitosamente, Beatrice saltava sulla sedia. Quando il suo capo le si avvicinava con aria grave, mille pensieri affollavano la sua testa. 

"Non è detto che succederà per forza..."

"C'è una probabilità però..."

"A questo punto, non so più cosa pensare..."

Con scetticismo, guardò dentro se stessa. 

"Ma davvero? Allora perché non hai ancora buttato il taccuino?"

La sensazione che qualcosa sarebbe successo non riusciva ad abbandonarla. Il senso di oppressione che la divorava insieme ai dubbi le stavano distruggendo la testa. Con un sospiro, tornò sul suo lavoro, provando a concentrarsi.

 

18 maggio 2020

H 9:25

 

-Oh mio Dio! È terribile!-

-Parlano di suicidio?!-

-Ma è impossibile! Seukjin-ssi non era il tipo!- 

-In questo settore non sai mai cosa aspettarti.-

L'ufficio era una cacofonia di voci sommesse e sussurri sconvolti. Nessuno sapeva spiegarsi come poteva essere accaduta una tragedia simile. Ma una persona era rimasta in silenzio, con un macigno nel cuore, a lavorare con occhi vitrei. 

"Jin è morto la notte tra il 17 e il 18 per arresto cardiaco dopo l'assunzione di un farmaco per cardiopatici."

"Perché ha preso il farmaco?"

"Ha davvero tentato il suicidio?"

Con la mente freneticamente al lavoro, Beatrice sentì la giornata scivolarle addosso.

 

J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

Causa della morte: assunzione di miozin. 

 

Numero restart: 15

 

Beatrice passava con lo sguardo ogni componente dei tavoli che la circondavano mentre avanzava per la caffetteria con il vassoio carico del pranzo fra le mani. Infine, vide una ragazza che sembrava avere all'incirca la sua età, con i capelli perfettamente sistemati in morbide onde tinte con striature caramello e truccata in modo sofisticato ma elegante. 

-Salve, chiedo scusa...posso sedermi?- chiese con esitazione. 

La ragazza alzò gli occhi dal suo pranzo e la vide in piedi di fronte alla sedia. 

-Prego, non c'è bisogno di chiedere.- rispose quella con un sorriso. 

Beatrice allora si accomodò timidamente di fronte a lei. 

-Grazie.-  disse semplicemente. 

-Sei nuova qui? Non ti ho mai vista in giro e di certo avrei notato dei capelli come i tuoi.- iniziò allegramente la giovane.

-In effetti sì, oggi è il mio primo giorno e non so bene come comportarmi...- 

"Ma sentila. Come sei brava a mentire..."

-Beh, allora posso darti una mano io!- 

Beatrice sollevò lo sguardo sulla sua interlocutrice. 

-Kim Minso.- disse la ragazza allungando la mano. 

-Casadei Beatrice. Ma mi chiami pure Beatrice.- disse ricambiando esitante la stretta. 

"Kim Minso. La make-up artist che segue Jin."

"Se c'è qualcuno in questa azienda che sa sempre tutto, sono le make-up artist."

-Allora, Beatrice, facciamo così...io ti aiuterò ad ambientarti solo se tu mi permetterai di farti il trucco, un giorno di questi. Ho sempre sognato di truccare una ragazza occidentale!- 

Con una lieve risata, Beatrice annuí. 

 

15 maggio 2020

H 12:13

 

-Tieni gli occhi chiusi!- 

La voce imperiosa di Minso la fece sorridere istintivamente. 

-Scusa unnie, ci sto provando ma lo sai che il mio corpo ha paura delle tue mani.- replicò Beatrice. 

-Seriamente, sarà la cinquantesima volta che ti faccio il trucco, il tuo corpo dovrebbe essersi abituato a quest'ora!- 

La ragazza cercò di trattenersi dal ridere, perché sapeva che avrebbe fatto infuriare ancora di più l'amica e avrebbe rovinato la riga di eye-liner che stava cercando di disegnarle. 

-E comunque, ti prego almeno di mettere un po' di rossetto alla mattina, sei talmente pigra da arrivare in ufficio assomigliando ad un cadavere!- 

Con il passare dei mesi, Beatrice aveva imparato ad abituarsi al carattere impetuoso e diretto di Minso. Anche se inizialmente l'aveva avvicinata semplicemente per ricevere informazioni, si era ritrovata ad apprezzare la sua compagnia fino a stringere una vera e propria amicizia. Ma non le aveva mai parlato delle sue circostanze. 

Mentre la ragazza più grande passava lo spazzolino del mascara sulle ciglia con una delicata mano esperta, lei si schiarì la mente, rammentando a se stessa che mancavano solo due giorni. 

-Cosa mi racconti? Come...come vedi i ragazzi? Sono stressati?- 

Minso poggiò il tubetto iridescente nella borsa e tirò fuori con un sospiro l'ultimo componente utile, un rossetto dal tono freddo e scuro. 

-Sì, sono tutti molto stanchi. Jimin ha ricominciato ad allenarsi senza sosta e Jin...ha sempre le borse sotto gli occhi. Temo che soffra di insonnia.-

"Insonnia?"

-Ah sì?- chiese Beatrice fingendo indifferenza. 

-Già....credo di avere visto il manager consegnargli dei sonniferi per aiutarlo...dev'essere davvero stressato per non riuscire a dormire nonostante la stanchezza.- 

La ragazza che riceveva le sue cure stette in silenzio osservando le mani sapienti dell'amica, persa nei suoi pensieri.

"Sonnifero...forse ha qualcosa a che fare con la causa della morte..."

-Ti ricordi più o meno quando gliel'ha dato?- 

Minso si allontanò dal suo viso, posando l'ultimo strumento e contemplando la sua opera. 

-Credo...qualche giorno fa. Non sono sicura. Come mai tutta questa curiosità?- 

La mente di Beatrice eresse una barriera di sospetto e paura. 

-Ero semplicemente preoccupata per loro...tutto qua.-

 

Il piano era stupido. Ne era consapevole. E sapeva che sicuramente sarebbe fallito. Ma doveva comunque provare. 

Guardandosi in giro con circospezione, si assicurò che non ci fosse nessuno nel corridoio del quarto piano. Osservò per un istante la porta segnata dal nastro protettivo della sala principale, in attesa di essere risistemata dai tecnici che aveva fatto chiamare. Poi, voltò la testa verso la parete opposta, dove invece si trovava l'ingresso della sala prove dei trainees. Quella che il gruppo stava usando in quei giorni. 

Si avvicinò ad essa, rimpiangendo ogni passo che stava compiendo e desiderando riavvolgerlo come una video cassetta. Abbassò lentamente la maniglia e aprí uno spiraglio grande quanto la punta di un dito. Sbirciò all'interno della stanza ma non vide nessuno. Lo specchio rimandava il riflesso di oggetti sparsi per tutto il perimetro della sala ma nessun essere umano. Il silenzio stantio le diede il via libera. 

Entrò con passo leggero, osservando nuovamente i contorni della stanza. Quando vide l'ammasso di borse da cui fuoriuscivano abiti, scarpe e altri oggetti meno identificati si sentì leggermente sconsolata. Poi, ne individuò una con un portachiavi di RJ. 

"Bingo."

Buttando uno sguardo dietro di sè e constatando che la porta era ancora chiusa, si diresse verso l'obbiettivo. Iniziò a cercare nelle tasche laterali della borsa, aprendo le zip e cercando di non spostare troppo le cose. 

"Qui niente."

"Qui neanche."

"Cavolo, se non l'ha lasciato in borsa sono fregata."

Finalmente, le sue dite toccarono i contorni di cartone di una scatola, che estrasse prontamente dalla tasca interna in cui era nascosta. 

"Miozin. È il farmaco per il cuore con il quale morirà."

"Se per caso..."

I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dal suono cigolante della porta che si apriva. La scatola le scivolò dalle mani per la sorpresa. 

-Che ci fa lei qui?! Cosa sta facendo vicino alle borse dei ragazzi?- 

Il coreografo la guardava con sospetto e una punta di astio. 

-Ah...ecco io...- 

Ovviamente, il suo cervello si spense. Niente. Calma piatta. Morto. 

Si ritrovò a fissare l'uomo con gli stessi occhi di un cerbiatto sul punto di essere investito. Sapeva che la tragedia stava per accadere, ma non riusciva a spostarsi. 

-Si allontani immediatamente! Sicurezza!- urlò l'uomo voltandosi verso il corridoio.

-No aspetti io sono una dipendente...- provò a replicare con voce tremante. 

-Ma davvero? E allora perché stava frugando nelle borse dei Bangtan?!- 

-Io...- 

Non fece in tempo a finire la frase, che Bodyguard numero uno era già entrato nella stanza e si dirigeva verso di lei con passo deciso e pesante. 

 

18 maggio 2020 

H 9:55

 

"Jin, senza di te, la mia vita non ha più senso!"

"Suicidio?! Ma quale suicidio! Questo è tutto un complotto!" 

"Qualcuno l'ha assassinato?!" 

"Secondo me c'entrano la SM e la JYP...."

"I ragazzi sono troppo devastati anche solo per dire qualcosa! Dobbiamo stargli vicino!"

Essere licenziata prima di poter risolvere la questione era stata una delusione difficile da superare. Non aveva modo di risolvere il problema da esterna alla BigHit, perciò non le restava scelta che ricominciare di nuovo. Chiudendo Twitter, aprí per l'ennesima volta la pagina di Google in cui ormai in cima alle sue ricerche trovava sempre la stessa cosa. Miozin. 

Con la mente svuotata di idee, scorse nuovamente le informazioni che ormai conosceva a memoria. Era un farmaco che, se assunto da persone non affette da problemi cardiaci, poteva portare alla morte. 

"Perché...perché Jin avrebbe dovuto assumerlo?"

I suoi occhi studiarono il logo e i colori della scatola con attenzione chirurgica. Poi, cambiò la scritta nel motore di ricerca e selezionò la seconda parola più cercata. Sonniferi. Scorrendo le immagini che comparvero sullo schermo, scosse la testa con delusione. La teoria che le era venuta in mente non sembrava trovare riscontro, ma nonostante ciò continuò a cercare. Il suo dito si fermò su un logo famigliare. 

 

H 19:30

 

-...le indagini sulla morte di Jin, cantante del famoso gruppo Bangtan Sonyeondan, hanno portato alla conclusione che l'assunzione di miozin è stata accidentale. La casa farmaceutica aveva già ricevuto lamentale a causa del fatto che il design del farmaco assomigliasse troppo a quello di un sonnifero comunemente usato e che questo abbia causato spiacevoli incidenti...-

 

STAY AT HOME AND WATCH BANGTAN!

Ecco 10 motivi per cui stare a casa ed evitare l'incoronazione:

1- potete leggere tutte le fanfiction che volete 

2- potete scrivere quelle fanfiction che avete in mente da tempo ma non avevate il coraggio di pubblicare

3- potete fare una maratona di RUN BTS

4- potete fare una maratona di BON VOYAGE

5- potete guardare BURN THE STAGE

6- potete guardare BRING THE SOUL 

7- potete spendere tutti i risparmi per guardare i live e le registrazioni dei muster

8- potete darvi al ricamo e fare un bel ritratto di Jungkook in punto croce

9- potete darvi al disegno e fare un bel ritratto di Tae 

10- potete contemplare la bellezza dei Bangtan in tutto il loro splendore 24/7!

Meglio di così! Scusate, ma volevo esprimere la mia in merito. State a casuccia, al sicuro, che tanto l'aperitivo lo potete fare anche a casa con il Bimby e un ombrellino hawaiano e poi ci sono i Bangtan sono pronti a coccolarvi. 

Ne approfitto anche per pubblicizzare la storia della vincitrice dell'ultimo scambio di letture a cui ho partecipato, @FiammaErinGaunt che ha scritto Riot's Kids. Se siete fan di Riverdale, adorerete questa storia. Complimenti alla vincitrice!

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Capitolo 33
*** 33 ***


J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

Causa della morte: assunzione di miozin. 

 

Numero restart: 16

 

15 marzo 2020

H 21:20

 

"Quale scusa potrei usare?"

"Come faccio a sostituire il farmaco senza essere scoperta?"

"Glielo consegno direttamente?"

"Devo darglielo entro la sera del diciassette...meglio consegnarglielo il pomeriggio stesso, per evitare che non li scambi di nuovo per sbaglio..."

-Ehi? Sei persa negli occhi ammaliatori di Johnny Depp?-

Voltando la testa con lo sguardo perso, vide la ragazza seduta accanto a lei. 

-Come?- chiese confusa. 

Minso lasciò che un lieve sorriso indugiasse sulle sue labbra. 

-È tutta la sera che sei distratta. Sembravi assorbita dagli occhi di quel gran figo di...-

-Oh, basta! A me non piace Johnny Depp! E non capisco come faccia a piacere a te!- replicò con voce lamentosa Beatrice. 

-Senti, non è che a tutte le coreane piacciono gli uomini glabri, pallidi e magri come cadaveri! Io apprezzo di più gli uomini forti e rozzi e barbuti...come lui!- concluse infine indicando lo schermo. 

La ragazza dai capelli rossi scosse la testa con un sorrisetto sconsolato, mentre posava gli occhi sulla televisione. Johnny Depp, in un elegante completo, stava facendo volteggiare Angelina Jolie sotto una meravigliosa volta veneziana. 

-Insomma...ma non ti stanchi mai di questo film? Sarà la centesima volta che lo vedi!- esclamò con uno sbuffo.

L'amica si girò verso di lei perplessa. 

-The Tourist è bello sempre! È uno di quei film che più lo guardi e più ti innamori! E poi è la prima volta che lo vedo con te, di che ti lamenti?- 

Paura. Tensione. 

-Beh...hai detto che è il tuo film preferito e conosci le scene a memoria. L'avrai visto come minimo una decina di volte...- 

Beatrice cercò di inghiottire il leggero tremore della voce e forzò un sorrisetto ironico sulle sue labbra. 

-Mah, come dici tu...- 

Nervosismo. Sospetto. 

Era diventata un blocco di pietra. I suoi muscoli erano rimasti incastonati in quella posizione in precedenza rilassata e annoiata e tentavano di trattenere l'adrenalina che le accelerava il battito cardiaco e triplicava il numero di respiri nel suo petto. 

"Idiota. Vi siete conosciute da poco, non confonderti con le azioni che avete compiuto insieme prima del restart!"

"Se fai altri errori come questo verrai sicuramente scoperta."

"E poi cosa succederà?"

"Cosa pensi di fare allora?"

Beatrice si sentiva ridicola. Ma, in quel momento, aveva voglia di piangere. 

Tentò disperatamente di scacciare un pensiero che sentiva premere nella parte più profonda della sua mente. Non lo voleva riconoscere. Ma lo sconforto e la paura lo trascinarono a galla, permettendogli di rubare prepotentemente il palcoscenico. 

"Vorrei essere normale."

"Vorrei una vita normale."

"Almeno in questi momenti."

Mordendosi il labbro con poca forza, a causa del tremore che le aveva rubato la mandibola, lanciò un'occhiata verso la persona al suo fianco. La voglia di piangere che le ostruiva la gola. 

"Sono sola." 

 

17 maggio 2020 

H 16:36

 

Con il cuore pesante, sentiva ogni passo riverberare nelle ossa delle gambe, tremanti. Paura. Tensione. Fallimento. 

Le emozioni prendevano il controllo del suo corpo ogni volta che si trovava nel momento dell'azione. Era il suo difetto fatale, ma doveva conviverci. Iniziò a fare lunghi respiri, contando quanti secondi ci metteva a incamerare aria nei polmoni. La rilasciava con lentezza, trattenendo il diaframma, in modo che durasse di più. Quando finalmente si ritrovò nel corridoio del quarto piano, la sua testa sembrava più leggera, forse per il maggiore afflusso di ossigeno. Le dava una lieve sensazione di ubriachezza, ma sembrava aver funzionato. 

La porta si stagliava di fronte a lei. La sua mano ne raggiunse la superficie e si appoggiò su di essa. Beatrice si morse l'interno della guancia e il sapore del sangue sulla lingua la riscosse. 

Due colpi sordi risuonarono flebilmente. 

"Mi avranno sentito?"

Ebbe la risposta quando la porta si aprì. I suoi occhi screziati si sollevarono sulla figura di fronte a lei. 

"Minso aveva ragione."

Jin aveva delle terribili occhiaie. Sopra di esse, gli occhi scuri e di solito splendenti di quella loro luce scherzosa sembravano offuscati e spenti. Dalla fronte, colavano gocce di sudore che rimanevano intrappolate nelle sopracciglia o scivolavano lungo il suo viso. Osservandolo nel suo complesso, Beatrice non poté trattenere il pensiero che ne conseguì. 

"Ha davvero le spalle larghe. Cavolo."

-Ehm...posso aiutarla?-

La ragazza spalancò gli occhi, ritornando mente e corpo nella situazione. 

-Ah sì, chiedo scusa di avervi interrotti, Seukjin-ssi...- rispose profondendosi in un inchino. 

-Non ci hai interrotti, non ti preoccupare. Cerchi qualcuno in particolare?- 

La voce del ragazzo la raggiunse come un abbraccio. Una mano gentile. Un sorriso accogliente. Per quanto sembrasse stanco, il suo tono e il suo modo di porsi trasudavano disponibilità e calore. 

-Sì, cercavo proprio lei in effetti...ecco, questo è per lei.- disse abbassando lo sguardo e porgendogli la scatola di sonniferi  che, fino ad un secondo prima, stritolava fra le mani.

Jin afferrò la scatola e la studiò confuso, corrucciando le sopracciglia in un'espressione che risultava alquanto buffa. 

-Ci dev'essere un errore, le ho già ricevute queste.- replicò infine. 

-Vede, a quanto pare c'è stato uno scambio di farmaci. Questo è quello giusto, perciò il suo manager mi ha chiesto di consegnarglielo.- 

Il ragazzo rimase qualche instante fermo, forse soppesando la situazione. Infine, alzò gli occhi e la ringraziò. Un sorriso le incurvò le labbra mentre si congedava con un inchino. Eppure, sentiva una strana sensazione. Come un prurito fastidioso, uno di quelli che vuole preannunciare qualcosa. La sensazione si trasformò in uno sguardo. Quando sollevò la testa dopo essersi inchinata, i suoi occhi incontrarono un riflesso nello specchio che la fissava con curiosità. 

Velocemente, si ritirò lasciando che la porta si chiudesse alle sue spalle. 

"Dimenticati di me, Jimin. Ti prego."

 

21 maggio 2020

H 7:37

 

-...l'evento che ha sconvolto i fan dei Bangtan Sonyeondan, il rapimento del lead vocalist Jungkook. Le squadre della polizia si sono mobilitate per iniziare le ricerche, in collaborazione con l'etichetta del gruppo. Al momento non sono arrivate richieste di riscatto...-

Beatrice si prese la testa fra le mani, appoggiando i gomiti sul piccolo tavolo al centro del salotto. Un lungo sospiro sibilante le uscì dalle labbra. Ultimamente, non le sembrava di fare altro che sospirare. 

"Come lo fermo adesso un rapimento?"

 

J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18 circa 

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori. 

 

Numero restart: 17

 

Beatrice osservò la pagina del taccuino. La penna aveva appena finito di scorrervi sopra, lasciando i segni della sua memoria sulla carta. La appoggiò sul comodino per poi passarsi la mano sugli occhi pigri e ancora leggermente chiusi. 

"Accidenti, non ho uno straccio di informazione. L'orario è come al solito troppo approssimativo, in più non ho idea di dove avvenga il rapimento..."

"Neanche al telegiornale hanno fatto vedere la strada in cui avviene."

"Hanno detto solo che era un tratto di strada vicino al dormitorio che Jungkook percorreva spesso..."

Chiudendo il taccuino, la ragazza si ritrovò improvvisamente le braccia cariche di un peso inaspettato. Kiki la fissava con le pupille dilatate a causa del buio e faceva le fusa strisciando il muso contro il suo collo in cerca di attenzioni. Con un lieve sorriso, passò una mano sul suo pelo morbido, sentendo il ventre del gatto vibrare in segno di approvazione. 

I suoi nervi si distesero e il mal di testa se ne andò in punta di piedi, lasciandola serena almeno per il momento. 

 

Con le mani incollate al tavolo, fissava l'arma piazzata davanti a sé con circospezione, dubbio e senso di colpa. 

"Non dovrei farlo."

"Mi ero ripromessa di non usarlo più."

"Non posso."

Con un grugnito frustrato, abbandonò la testa sul tavolo, provocando un tonfo poco piacevole. 

"Non ho alternative..."

"Non c'è altro modo."

"Devo farlo."

Prima di pentirsene di nuovo, afferrò velocemente il telefono di fronte a lei e iniziò a digitare velocemente le lettere sulla tastiera. 

"Maledetta sasaeng...piglia i miei soldi e aiutami a salvare Jungkook."

 

Nel giro di mezz'ora, aveva già l'informazione che desiderava ma dovette cercare di ignorare il brivido di inquietudine che le percorse la schiena non appena aprí il messaggio di risposta. 

"Tranquilla, conosco tutte le abitudini di Kookie! Il percorso che compie abitualmente è questo, va a camminare più o meno una volta a settimana quando la schedule non è troppo piena. Buona osservazione ;)" 

Beatrice osservò i dettagli del percorso, tentando di cancellare dalla memoria il resto del messaggio. 

"Non voglio sapere come diavolo ha fatto a scoprirlo..."

 

Sapeva la strada e sapeva all'incirca l'orario. 

"Ancora non è abbastanza."

"Come faccio a sapere quando esce e in che punto del percorso viene rapito?"

Alla fine, dopo aver vagliato diverse ipotesi, decise che l'unico modo era appostarsi vicino al dormitorio, aspettare che Jungkook uscisse per andare a camminare e seguirlo fino al punto del rapimento. 

"E poi?"

"La qui presente Wonder Woman vuole prendere a cazzotti i rapitori e omicidi da sola?"

Non lo sapeva. Non aveva la minima idea di come fare. Ma doveva almeno provare.

 

20 maggio 2020

H 18:24 

 

Era rimasta un'ora ferma ad aspettare e le gambe iniziavano a farle male. Il palo della fermata dell'autobus da cui aveva atteso Hoseok si era rivelato utile anche in questo caso. Finalmente, vide una figura incappucciata uscire dalla porta a lei ormai famigliare. Non lo vedeva in volto ma sapeva che era Jungkook. Lo vedeva dal modo in cui camminava, dal gesto che compieva inconsciamente per scostarsi i capelli dagli occhi e dalla postura bassa della testa. 

Lasciò che il ragazzo la precedesse di qualche metro prima di staccarsi dal palo e iniziare a seguirlo con nonchalance. Cercò con tutte le sue forze di non fissarlo, perciò tirò fuori il telefono e finse di chattare mentre camminava. Nel frattempo, aveva aperto la tastiera e digitato il numero della polizia. 

Passarono davanti a diverse vetrine luminose che cercavano disperatamente di attirare l'attenzione dei passanti, ma quella di Jungkook sembrava catturata da qualcos'altro. Beatrice pensò fosse solo una sua impressione, ma le sembrava che il ragazzo studiasse le persone intorno a lui. Appariva curioso. Forse affascinato. Non poteva saperlo di certo, dato che tutto ciò che vedeva era la sua schiena leggermente incurvata. 

Continuarono a camminare per qualche minuto, finché non giunsero in un tratto privo di passanti. I negozi sembravano abbandonati e più vecchi, privi di clienti e talvolta anche di commessi. Poco più avanti, un vicolo buio si affacciava sulla strada principale. Beatrice lo sentì sotto la pelle prima che succedesse. Era come se vedesse già la scena che stava per accadere e nonostante ciò, nonostante se lo aspettasse, nonostante fosse lì proprio per questo, era terrorizzata. 

Quando vide Jungkook sparire improvvisamente risucchiato dall'oscurità del vicolo, i suoi piedi scattarono in avanti e il suo telefono prese a squillare. 

-Pronto, parla con il centralino del distretto di polizia, come posso aiutarla?-

Le mani le tremavano, facendole sbattere il cellulare contro l'orecchio mentre si avvicinava ulteriormente all'angolo da cui il suo obbiettivo era scomparso. 

-Pronto, per favore, mandate una volante! Un ragazzo è appena stato rapito davanti ai miei occhi!- 

Era arrivata all'incrocio con il viottolo oscuro. Vide due uomini che tenevano Jungkook stretto e cercavano di legarlo, prima di sbatterlo nel retro di un furgone. Quando i suoi occhi trasmisero la scena al suo cervello, non sentì più le gambe. Le sembrava di essere caduta in uno stato di torpore. 

-Ho capito signorina. Si calmi e mi dica dove si trova, in modo che posso mandarle degli agenti.- rispose la voce calma e determinata dall'altra parte dell'apparecchio. 

-Io...- 

Il telefono cadde per terra, emettendo un tonfo. Le sue braccia non potevano raggiungerlo. Erano bloccate dietro la schiena da uno dei rapitori, mentre l'altro le ficcava in bocca con violenza un pezzo di stoffa lercio e puzzolente. Prima che la sua coscienza la abbandonasse, fece in tempo a sentire le voci dei due uomini. 

-Che ce ne facciamo di questa adesso?- 

-La carichiamo su e poi la eliminiamo insieme al principino.- 

 

GLI DEI HANNO PARLATO! 

Ebbene sì, cari lettori. Come vi avevo detto in precedenza, mi sono iscritta ad un servizio di recensioni offerto dai Pantheidi. Ed è arrivata! La dea Nemesi ha parlato ed il verdetto è stato oltre le mie aspettative. Cioè, sono finita sulla lista di Poseidone, ci pensate? E io che credevo che neppure gli Inferi mi avrebbero accolta XD. 

Comunque, vi linko di seguito la recensione, come promesso. 

https://my.w.tt/2tAkkJMvV4

Sono convinta di avere dei lettori ragionevoli e maturi, ma nel dubbio faccio un piccolo disclaimer. Non vi ho messo il link della recensione perché voi possiate insultare o prendervela con il servizio o la persona che l'ha scritta. Mi sono volontariamente sottoposta al servizio per ricevere delle critiche costruttive e così è stato. Nella recensione vengono messi in luce alcuni aspetti in cui la storia può migliorare e ho apprezzato molto i consigli ricevuti, tanto che penso di revisionare la storia per intero una volta finita. Perciò, se avete intenzione di leggere la recensione, vi prego di usarla come spunto. Se state scrivendo delle storie a vostra volta, potrete trovare dei consigli utili per le vostre stesse opere o può essere un modo per diventare lettori più critici. Ad ogni modo, se non me la sono presa io, di certo non c'è alcun motivo per cui dobbiate prendervela voi. Vi prego perciò di non lasciare commenti inappropriati o dissing gratuito. 

Scusate per la nota lunga, ma volevo mettere le cose in chiaro. Concludo ringraziando ancora i Pantheidi per il servizio e per i consigli.

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Capitolo 34
*** 34 ***


Il corpo di Jungkook giaceva privo di sensi sul materasso lercio appoggiato contro la parete e lei non riusciva a fare altro che fissarlo impotente. Quando il ragazzo aprì gli occhi, quello che lei vide fu oscurità e paura. 

 

Beatrice si girò sul fianco facendo frusciare i lenzuoli. Dopo qualche secondo si girò sull'altro fianco, spinta dai muscoli tesi e rigidi come legno.

 

-Tu non hai paura?- disse infine il ragazzo, tenendo lo sguardo di fronte a sé. 

-Sinceramente, no. Non per me almeno.-

"Sto morendo dalla paura. Ma non posso lasciare il mio peso su di te."

Jungkook si girò stupito verso la ragazza. 

-I tuoi amici saranno preoccupati a morte per te.- aggiunse infine lei.

-Anche la tua famiglia. E i tuoi fan.- continuò. 

Il ragazzo posò gli occhi su di lei facendo rotolare la testa contro il muro.

-Anche la tua famiglia lo sarà.-

 

Sbuffò, girandosi nel letto finché non si ritrovò a pancia in giù, la faccia affondata nel cuscino. Il mal di testa le perforava le meningi con attacchi acuti e meschini. In preda alla disperazione, si sarebbe anche lanciata contro il muro pur di farlo smettere. Magari, anche i ricordi sarebbero spariti.

 

-Come hai detto che ti chiami?-

-Beatrice.- ripeté lei.

-Da dove vieni?-

La ragazza fece un altro sorrisetto.

-Sono italiana. Vengo dalla patria della carbonara.-

Il volto di Jungkook si illuminò per un breve istante e sulle sue labbra comparve quell'adorabile sorriso che lo faceva tanto assomigliare ad un coniglietto. 

 

Si passò una mano sul volto, spingendo le unghie contro la carne. 

"Basta."

Aprì le palpebre e le sbattè un paio di volte, sentendo le ciglia solleticarle le guance. Poi le richiuse e iniziò a contare. Cercò di concentrare tutti suoi pensieri sui numeri.

 

Beatrice vide il rapitore entrare nella stanza e urlò più forte che poté per attirare la sua attenzione. Un barlume di speranza le fece credere, per un singolo istante, che ce l'avrebbero fatta. Quel barlume si spense nel momento in cui vide il corpo di Jungkook schiantarsi contro la parete. Spalancò gli occhi, in preda al panico. Le sue gambe si mossero prima che lei potesse riflettere, avventandosi contro l'uomo, ma era tutto inutile. 

Quando la scaraventò contro il pavimento, le sue ossa emisero un rumore sordo. 

"Potrei essermi rotta una costola."

"Forse anche qualcosa di più."

Le mancava il respiro. 

I polmoni non riuscivano a trattenere aria. 

Poi la vide. 

La pistola. 

 

Affondò nuovamente la faccia nel cuscino, soffocando per la mancanza di aria. Forse l'avrebbe aiutata a dimenticare. 

 

Vedeva la canna dell'arma puntata contro di lei. Aveva l'impressione di sentire perfino l'odore di polvere da sparo nell'aria. 

Vide il proiettile uscire, danzare e vorticare nell'aria come una graziosa creatura. Quando la raggiunse, sentì quel corpo estraneo entrare dentro di lei, farsi strada fra i suoi organi, fra le fibre muscolari, fino a raggiungere il cuore. 

Un secondo sparo arrivò. Un secondo visitatore si fece strada nel suo corpo. 

Sentiva la sua pelle sciogliersi di un calore che le deva i brividi e aveva voglia di appoggiarsi a terra e addormentarsi. 

Poi, però, arrivò il terzo colpo.

 

Una lacrima, timida e silenziosa come un fantasma, sfuggí dalla prigione delle sue ciglia. Passandosi una mano sulla guancia, tentò di scacciarla via, come una mosca fastidiosa. 

 

Jungkook si era messo davanti a lei. 

Si era beccato un proiettile. Al posto suo. 

Lo vide crollare in ginocchio e un urlo uscì dalla sua gola, straziato, disperato, impotente. 

Il quarto colpo gli perforò la fronte. Il corpo del ragazzo si accasciò a terra, inerme. 

Beatrice aveva la vista appannata, non sapeva se per le lacrime o per il dolore. Nonostante ciò vide i suoi occhi. Spenti, freddi. Morti. 

 

Si sedette sul letto, sbattendo la testa contro il muro. 

"Basta."

"Non voglio vedere."

"Esci dalla mia testa!"

Strizzò gli occhi ma le immagini erano ancora lì. Le dita fredde di Jungkook, protese verso di lei. La bocca leggermente aperta, sporca di sangue. Lo sguardo vitreo. 

La ragazza prese il taccuino dal comodino affianco al suo letto e lo aprì. 

 

Numero restart: 24

 

"Forse devo lasciare perdere. Forse ho raggiunto il mio limite o il fato mi vuole far capire che devo smetterla di giocare con la linea temporale."

Con un sospiro, si voltò per guardare la finestra. Fra le fenditure della tapparella, riusciva ad intravedere i colori dell'alba. Una consapevolezza dentro al suo cuore pose fine alle lamentele della sua mente. 

"Il suo cadavere non mi abbandonerà finché non riuscirò a salvarlo."

 

20 maggio 2020

H 18:14

 

Il vicolo buio vicino al quale era appostata emanava un'energia sinistra, che forse solo lei poteva sentire. Si affacciò con cautela, cercando di non farsi notare. Il furgone era parcheggiato qualche metro più avanti, con i due rapitori appoggiati al retro che chiacchieravano con una sigaretta in mano. Come due vecchi amici che si raccontano le ultime novità dopo essere usciti da lavoro. A guardarli così, da lontano, sembravano due persone normali. Non erano neanche particolarmente massicci. Nessuno avrebbe pensato a loro come due malviventi in procinto di commettere un reato. 

Il cuore le martellava nel petto con violenza, mentre si ritirava dall'angolo del vicolo e digitava il numero della polizia. 

-Salve, parla con il centralino del distretto di polizia, come posso aiutarla?- 

La ragazza si schiarì la voce e quando iniziò a parlare cercò di mantenerla ad un sussurro. 

-Salve, ho visto due uomini appostati vicino ad un furgone che parlano di rapire un ragazzo. Sembra che stiano aspettando che la vittima arrivi.-

Deglutendo sonoramente, ascoltò impaziente il silenzio del suo interlocutore. 

-Mi dispiace signorina, ma non è un elemento sufficiente per farci intervenire.- 

Beatrice strinse il metallo dell'apparecchio con tutte le sue forze. 

-E quando dovrei chiamarvi?! Quando già il fatto è compiuto?! O volete aspettare che venga ucciso qualcuno prima di intervenire?!- 

"Datti una calmata."

-Mi dispiace signorina, ma riceviamo molte chiamate che si rivelano dei falsi allarmi. Però può darmi la targa del furgone, così possiamo controllarne gli spostamenti.- 

Appoggiandosi contro il muro dietro di lei, si prese il ponte del naso con frustrazione. 

-Va bene, la targa è 25 7245.- 

La ragazza sentì il suono dei tasti del computer ticchettare leggermente. 

"Bene, almeno se l'è davvero segnata."

-La ringrazio, adesso le consiglio di allontanarsi dai due uomini e le assicuro che terremo monitorato il furgone. Stia tranquilla, se succederà qualcosa la contatteremo.- 

Con un sospiro, si staccò dal muro e riprese a camminare nella direzione da cui era venuta. 

-Va bene.- 

Chiuse la chiamata e osservò i suoi passi allontanarsi dal suo obbiettivo. 

"Hanno la targa."

"Se Jungkook viene rapito, possono seguire il furgone e trovare il luogo dove lo nasconderanno."

"Forse è questa la soluzione."

Con il cuore pesante, si fece strada verso il suo appartamento. 

 

21 maggio 2020 

H 16:24

 

-Non si hanno ancora notizie?-

-Ancora niente, la polizia non riesce a rintracciarli.- 

-Ma avevo sentito che avevano la targa del furgone dei rapitori!- 

-Ho sentito che Bang-PD-nim ha detto che metterà i soldi del riscatto di tasca propria pur di riaverlo indietro.-

Beatrice cercava di chiudere le orecchie e la mente, ma l'ambiente circostante sembrava bombardarla costantemente da tutto il giorno. Non faceva in tempo a poggiare il telefono che una nuova chiamata lo faceva squillare, portando le domande dell'ennesimo giornalista. Tutti volevano sapere i dettagli della faccenda. Ogni dipendente non aveva fatto altro che sussurrare, spettegolare, dibattere della notizia. 

"Hanno la targa."

"Riusciranno a trovarlo."

Continuava a ripetere nella sua mente queste due frasi come un mantra. Una filastrocca per mettere a dormire i suoi sensi di colpa e l'ansia. 

"Sarà da solo, in quella stanza buia e fredda."

"Senza qualcuno con cui parlare o che lo possa aiutare."

"Gli spareranno comunque?"

Le dita affondarono nella tastiera, provocando un fastidioso rumore. 

-Ehi tu! La romperai quella roba se continui a pigiarci sopra a quel modo!- 

La voce del suo collega le fece alzare lo sguardo frustrato dalle lettere. Kang Sunbin non la guardò neanche per un istante, ma continuò a concentrare la sua attenzione sullo schermo con il suo tipico cipiglio severo. 

-Chiedo scusa, Sunbin-ssi.- rispose stringendo i denti e contraendo la mandibola. 

In risposta, ottenne solo un grugnito e una smorfia di disgusto sulle labbra. 

 

22 marzo 2020

H 21:36

 

-Ritrovato il cadavere del lead vocalist dei Bangtan Sonyeondan Jungkook nel luogo in cui era tenuto prigioniero dopo essere stato rapito. Secondo il riscontro della polizia, sembra che i rapitori, trovatisi alle strette dopo che il loro mezzo era stato identificato, abbiamo deciso di liberarsi della vittima e fuggire su un altro mezzo. Al momento, gli agenti alla ricerca del...-

Beatrice fissava le immagini sulla televisione, ma non voleva vedere. Divennero nuvole di colore offuscate e fluttuanti, in cui navigavano una barella coperta da un telo e sei ragazzi. Non ne guardò le facce. Spense la televisione e si arricciò su se stessa chiudendo il suo corpo, il suo cuore e la sua mente. 

 

Non seppe quanto tempo passò a quel modo. Sembrarono ore. O forse minuti. La notte scivolava su di lei come un velo di seta che sembrava sfiorarla appena. 

"Devo fare il restart."

Il pensiero affondò nella sua mente, come un'eco caduta in un baratro vuoto. 

"Forza, è ora di alzarsi."

I suoi muscoli non risposero. 

Dopo qualche minuto, degli schiamazzi attirarono la sua attenzione, concentrandola verso la finestra. In uno stato quasi ipnotico, si alzò e si avvicinò ad essa. La aprì, lasciando entrare l'aria primaverile che verteva verso l'estate insieme a due voci concitate. 

-Me la deve ripagare nuova!-

Un uomo accostato ad una macchina dall'aspetto costoso si avvicinò ad un altro, dalla faccia rossa dalla rabbia. 

"Ah...hanno solo avuto un incidente stradale..."

"Che bisogno c'è di arrabbiarsi così?"

-Ma sta scherzando?! È lei che ha tirato dritto all'incrocio!- replicò aggressivamente l'uomo rubicondo. 

Con un sospiro, Beatrice si allontanò dal penoso spettacolo, sentendo il richiamo del divano. 

-Molto bene! Chiamiamo la polizia e vediamo chi avrà ragione. La avverto che la mia assicurazione le farà causa!- 

Era ormai giunta a destinazione quando si bloccò. Ferma, in piedi, dritta come un tronco.

"La polizia?"

Un folle pensiero prese piede nella sua mente. Era assolutamente assurdo e molto probabilmente inutile. Non avrebbe mai funzionato. Era geniale. 

"Ho bisogno di una macchina."

 

 

AGGIORNAMENTO DI COPERTINA! 

Qui ragazzi iniziamo a viaggiare in serie A. Abbiamo una vera e propria copertina creata apposta per questa storia! Ma che scherziamo?! Personalmente, la adoro, perché riprende il primo capitolo e perché è molto aesthetic con quella bella cornice arancione che si intona ai capelli della protagonista. Se i miei potenti mezzi me lo permettono, proverò ad inserirla anche su EFP, nel caso non mi sia possibile vi invito a fare un salto su wattpad per vederla.

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Capitolo 35
*** 35 ***


J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori.

IMPORTANTE: NON attirare l'attenzione dei rapitori.

 

Numero restart: 25

 

-Ecco a lei signorina.- 

Le chiavi tintinnarono contro il logo della Fiat nel momento in cui il venditore le alzò davanti al suo viso. Beatrice, con un sorriso più che soddisfatto, le afferrò in un baleno e le strinse nel pugno. Con un inchino, si congedò dall'uomo e si voltò verso la sua nuova creatura. L'azzurro cielo della carrozzeria in contrasto con il bianco acceso degli interni rendeva la Cinquecento ancora più adorabile, tanto che la ragazza non poté resistere. Sfilò dalla borsa la macchina fotografica del medesimo colore e scattò. Nel giro di un secondo si ritrovò in mano l'istantanea, che sistemò sul cruscotto dell'auto. Seduta al posto del guidatore, accarezzò la pelle del volante e inalò il profumo che permeava l'abitacolo. Il profumo di macchina nuova. 

Con un sospiro, osservò malinconicamente il suo nuovo acquisto. 

"Scusami bimba, tra un po' ti dovrò dare una bella botta."

 

20 maggio 2020

H 18:01

 

La strada in cui Jungkook veniva rapito non era particolarmente trafficata. Le  macchine vi scorrevano con calma e fluidità, come formiche che marciano determinate verso il loro obbiettivo. 

"Come faccio?"

"Dovrei tamponare qualcuno?"

"Accidenti, non c'è nessuno davanti a me e sono quasi arrivata!"

Con crescente apprensione, gettò uno sguardo allo specchietto retrovisore per vedere se aveva qualcuno dietro. Fortunatamente, una macchina nera si era accodata a lei e la seguiva da vicino. Riportando lo sguardo sulla strada, scorse a qualche metro di distanza il vicolo buio, dove due uomini dovevano già essere appostati vicino ad un furgone. 

Prese un lungo respiro stringendo le mani sul volante di pelle chiara e irrigidì i muscoli del collo. Infine, affondò i piedi nella frizione e nel freno. La macchina emise un lamentoso sibilo mentre gli pneumatici lottavano con l'asfalto. 

Poi, arrivò il colpo. Con il cuore sofferente, sentì il rumore di uno schianto. Il suo corpo fu sbalzato in avanti prima di ricadere pesantemente sul sedile. Il colpo di frusta la bloccò senza fiato sul posto, gli occhi chiusi nel tentativo di scacciare il dolore che partiva dalla base del collo e si diffondeva lungo tutta le schiena fino alle braccia. Sentiva che perfino ogni movimento della punta delle dita le provocava dolorose scosse. 

Mentre si slacciava la cintura lentamente, sentì il rumore di una portiera che si chiudeva. Dopo qualche secondo, vide una donna sulla cinquantina affacciarsi al finestrino. 

-Sta bene signorina?- chiese con sguardo preoccupato. 

"Cavolo...non ci avevo pensato. Se è una persona gentile non farà storie."

Aprendo la portiera, cercò di prepararsi mentalmente al ruolo che avrebbe dovuto interpretare. 

"Speriamo di dargliela a bere."

Aggrottando le sopracciglia, uscì dal veicolo fissando la donna con alterigia. 

-Le sembra che sto bene?! Rischiavo di finire paralizzata per colpa sua!- disse alzando il tono della voce. 

Marciando verso il retro della macchina, sentiva la donna dietro di lei mormorare delle scuse mentre la seguiva docilmente. 

-Maledizione, guardi qua! L'avevo appena comprata nuova! Me la dovrà ripagare interamente adesso!- aggiunse lanciando uno sguardo di fuoco alla donna. 

Questa la fissò esterrefatta e rimase qualche istante senza dire niente. Poi, con un profondo inchino prese la parola. 

-Sono desolata, ma non ho i soldi per ripagargliela. Però la mia assicurazione potrà preoccuparsi delle riparazioni. Vado subito a prendere i documenti.- 

Detto ciò, la donna si voltò e fece per entrare nella sua macchina, ferma dietro la Cinquecento con le quattro frecce che lampeggiavano. 

"No, così non va bene..."

Con uno scatto, Beatrice afferrò il braccio della donna e si avvicinò al suo orecchio. 

-Le pagherò i danni alla macchina più un trenta percento per il disturbo se farà finta di arrabbiarsi con me e mi permetterà di chiamare la polizia.- sussurrò con il fiato sospeso. 

Lasciando libera la sua interlocutrice, osservò la sua espressione confusa. Non avrebbe accettato. Probabilmente era una persona pacifica, di certo non avrebbe fatto un compromesso simile. Quando però la donna ritornò a fissarla, vide una scintilla nei suoi occhi. 

-Lei è pazza! Ha inchiodato improvvisamente in mezzo alla strada e adesso vuole che sia io a ripagare lei?! Non se ne parla proprio!- 

La voce che fino a poco prima era stata docile e sottomessa era diventata un ringhio inasprito da un pesante accento. 

"E brava signora...non sei così gentile come sembri."

 

H 18:20 

 

Dopo minuti di attesa, in cui gli occhi di Beatrice rimbalzano dall'orologio al marciapiede e i suoi piedi marciavano impazientemente avanti e indietro, una volante della polizia comparve finalmente sulla strada e si accostò alle due macchine ammaccate. Riportando sul suo viso un'espressione irritata, osservò l'agente che si stava dirigendo verso di loro, lasciando alle sue spalle il collega che evidentemente riteneva la propria presenza non necessaria. 

Quando il poliziotto ebbe raggiunto le due donne, osservò la scena e tirò fuori un libretto dalla tasca. 

-Ci hanno segnalato che c'è stato un incidente stradale. Mi potete spiegare la dinamica?- esordì l'uomo con tono cordiale. 

La donna accanto a Beatrice si fece avanti senza esitazione, pestando i piedi ad ogni parola. 

-La signorina ha inchiodato la macchina in mezzo alla strada dal nulla e pretende di avere ragione! Assurdo!- 

La ragazza si staccò dal suo veicolo e si mise le mani sui fianchi. 

-Per l'ultima volta, io non ho inchiodato! Ho semplicemente rallentato! Se avesse mantenuto la distanza di sicurezza non mi sarebbe venuta addosso!-

Non appena ebbe finito di parlare, nell'angolo del suo campo visivo vide emergere una figura familiare. Avvolto nella sua felpa scura e nascosto dalla mascherina, Jungkook sembrò buttare uno sguardo alla scena dell'incidente, senza però fermarsi.

-Brutta bugiarda che non sei altro! Mi vuoi solo spillare dei soldi, non è vero?- rispose la donna puntandole un dito contro. 

La ragazza tenne ostinatamente lo sguardo di fronte a sé, fingendo indifferenza verso la sua interlocutrice mentre ne approfittava per tenere d'occhio il ragazzo che camminava serenamente.

-Signora, per favore, si calmi. Non ci sono testimoni a conferma della sua versione dei fatti, perciò la colpa ricade su di lei per aver tamponato la signorina.- 

Il povero agente guardava le due donne con disperazione crescente, probabilmente già stanco dell'ingrato lavoro che gli toccava compiere. Beatrice ormai non sentiva più le voci delle persone intorno a lei. I suoi occhi stavano misurando attentamente quanti passi mancavano prima dell'inevitabile. Infatti, non appena Jungkook raggiunse il vicolo, una mano emerse dall'oscurità e lo trascinò via. I nervi della ragazza scattarono immediatamente.

-Oh mio Dio! Un ragazzo è appena stato aggredito!- 

L'agente si girò di scatto verso il marciapiede, analizzando con gli occhi ogni angolo della strada. 

-Dove?- chiese concitato.

-Lì, in quel vicolo! Un uomo lo ha afferrato e lo ha trascinato via!- 

La sua voce suonava carica di panico e preoccupazione, questa volta per davvero. Quei sentimenti dominavano ancora la sua mente, nonostante avesse rivissuto la stessa scena ormai una decina di volte. L'uomo abbandonò il libretto che stringeva in mano e si diresse verso la strada che gli era stata indicata. Beatrice sentì con un tuffo al cuore il rumore di un vecchio motore che veniva azionato e chiuse gli occhi. 

"Ti prego, fa che funzioni, ti prego!"

Il poliziotto in un istante era di nuovo dentro la volante e aveva afferrato la radio trasmittente, mentre il suo collega lo fissava confuso con il thermos del caffè ancora in mano. 

La ragazza vide i lampeggianti iniziare a illuminare la strada mentre la macchina partiva a tutta velocità, diffondendo nell'aria il rumore lamentoso delle sirene. Strinse le labbra per cercare di fermarne il tremore e osservò il mezzo infilarsi nel vicolo sparendo alla vista. 

 

-...nonostante la volante stanziata nei paraggi sia partita subito all'inseguimento del furgone, i rapitori sono riusciti a fuggire. Continuano comunque le ricerche del mezzo- 

Beatrice bloccò la voce della giornalista prima che potesse proseguire. Fissando lo schermo nero della televisione, sentì il mal di testa crescere. Senza rendersene conto, si era alzata dal divano e si era diretta verso il primo oggetto che aveva catturato la sua attenzione. Afferrò la sua tazza preferita e la scaraventò contro il muro. Quando il rumore di ceramica infranta la raggiunse, si risvegliò dallo stato ipnotico in cui era caduta e si accovacciò su se stessa, dondolandosi come una bambina. 

"Ancona non basta."

 

J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori.

IMPORTANTE: fare in modo che la polizia sia già sul posto. NON attirare l'attenzione dei rapitori.

 

Numero restart: 26

 

20 maggio 2020

H 17:25

 

Beatrice sfilò il cellulare dalla tasca e lo allungò oltre l'angolo della strada. Lo schermo scuro le rimandò il riflesso del furgone che ben conosceva. I due uomini non erano appoggiati al retro ma sembrava che conversassero all'interno del veicolo. Riportando il telefono nella tasca, la ragazza tirò un sospiro tremante. 

"Ce la puoi fare."

"Devi solo evitare di farti notare."

Le dita si irrigidirono sotto il lattice dei guanti che indossava, facendo stridere il materiale. Afferrando il sacco nero della spazzatura che aveva appoggiato per terra, i suoi passi la portarono a girare l'angolo della strada. Le gambe tremanti trascinavano il suo corpo verso il mezzo, appesantite dalla tensione. I suoi occhi si staccarono per un istante dall'asfalto su cui erano fissati e osservarono fugacemente l'obbiettivo. Gli specchietti laterali rimandavano un'immagine parziale dei volti dei due uomini, che sembravano però intenti a conversare tra di loro. 

"Ok, sono distratti."

La ragazza raggiunse il retro del mezzo, fermandosi a un passo dalla portiera posteriore, nell'angolo cieco degli specchietti. Cercando di fare meno rumore possibile, appoggiò il sacco per terra e lo aprì. La plastica scricchiolò sotto il suo tocco, come una sirena traditrice. 

"Cavolo, cavolo, cavolo!"

In preda al panico, estrasse in fretta i grossi cocci di bottiglia che aveva preparato all'interno e li pose davanti alle ruote. 

"Potrebbe non bastare."

Con un sospiro corto e  tremante, prese un pezzo di vetro più grande degli altri e pugnalò il copertone. Il materiale fece resistenza in un primo momento, ma quando aggiunse più forza cedette e iniziò ad emettere un leggero sibilo. Poi, sollevando il sacco in modo che non strisciasse per terra, si spostò sull'altra ruota. Questa volta dovette colpire due volte la gomma prima che anche questa si forasse. 

Dopo aver abbandonato un altro paio di cocci intorno ad essa, prese il sacco e attraversò la strada. Con un brivido freddo lungo la schiena, passò affianco al finestrino del guidatore, dirigendosi verso i bidoni dell'immondizia. Scaraventò il sacco dentro uno di essi e si sfilò i guanti dalle mani estremamente sudate. Per un singolo, terrificante istante, sentì gli occhi di uno degli uomini su di sé. Estraendo il cellulare, tentò di passare inosservata fingendo di controllare una chat mentre tornava verso la strada principale. Ad ogni passo il suo cuore batteva al triplo della velocità.

"Ti prego, fa che non mi abbiano notata, ti prego..."

Quando i suoi piedi raggiunsero l'angolo, non ce la fece più. Appena fu fuori dal campo visivo del furgone, iniziò a correre in direzione della sua macchina.

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Capitolo 36
*** 36 ***


-Oh mio Dio! Un ragazzo è appena stato aggredito!- 

Beatrice osservò il poliziotto dirigersi nella strada che gli aveva indicato e strinse i denti. Sentì il rumore del motore che si accendeva con un grugnito pigro e chiuse gli occhi. 

"Ti prego..."

"Ti prego..."

Quando li aprì, vide il poliziotto emergere dal vicolo buio. Invece di infilarsi dentro la volante, diede un colpo alla carrozzeria, attirando l'attenzione del suo collega, mentre stringeva la giacca consunta di uno dei rapitori. La ragazza non riusciva a staccare gli occhi dalla scena. Le sembrava quasi surreale. 

Il suo corpo si abbandonò contro la macchina dietro di lei, tentando di fermare il proprio tremore. 

"È andata bene."

"Ce l'hai fatta."

Le veniva voglia di ridere. Ce l'aveva fatta. In una situazione assurdamente pericolosa come quella, ce l'aveva fatta. Quando percepì una mano gentile sulla spalla si riscosse immediatamente, ricordandosi di dove si trovava, e si girò verso la donna accanto a lei. Questa rimase in silenzio ma la fissò con sguardo caldo e accogliente. 

 

25 maggio 2020

H 12:26

 

Gli occhi di Beatrice indugiarono pigramente sullo schermo del computer, danzando da una lettera all'altra, incastrandosi fra le parole, inciampando fra le virgole, finché non atterrò nell'angolo in basso, in cui era scritto l'orario. 

"Cavolo, è già ora della pausa pranzo."

Dal tentato rapimento di Jungkook, l'ufficio era costantemente sommerso da chiamate e email, perciò il tempo che spendeva al lavoro volava via alla velocità di un sospiro e la stanchezza arrivava con più solerzia del solito. Sbattendo gli occhi per un paio di volte, tentò di scacciare via il mal di testa che indugiava sulle sue tempie. Infine, osservò di nuovo l'orario e la data sopra di esso. 

"Cinque giorni di pace."

"Quanto durerà?"

 

Mentre raccoglieva i noodles con le bacchette, la mente della ragazza cercò di liberarsi da ogni pensiero superfluo. Osservando fuori dalla finestra, i suoi occhi stanchi trovarono un gradevole rifugio nell'azzurro sereno del cielo. Anche il suo corpo aveva iniziato a rilassarsi dopo il salvataggio di Jungkook. Il sollievo, però, finì con uno squillo del cellulare. 

-Unnie?- 

Beatrice posò le bacchette sulla ciotola di cartone e appoggiò la schiena alla sedia per stare più comoda, in attesa della voce all'altro capo del telefono. Quello che raggiunse le sue orecchie per primo però fu un singhiozzo. 

-Unnie?! Che succede?- chiese con tono allarmato. 

-Bea...Yoongi...Yoongi è...- 

La voce di Minso usciva strozzata e sembrava non riuscire ad emergere dalla sua gola. 

-Yoongi è...caduto in un dirupo...l'hanno trovato morto!- 

 

H 21:17

 

Le lacrime dell'amica bagnavano la maglia comoda che Beatrice aveva indossato per stare in casa e i suoi sospiri tremanti le colpivano la spalla, riscaldandola. La ragazza passò una mano sulla schiena di Minso, accarezzandola delicatamente e sollevandosi fino alla sua testa. 

-Scu...scusami...- disse la giovane dai capelli caramello. 

Sollevando il capo, la guardò con gli occhi oscurati dal trucco sciolto e dal dolore. 

-Non ti preoccupare. Te la senti di parlare?- chiese Beatrice con cautela. 

L'amica chiuse gli occhi e, dopo qualche secondo di esitazione, annuì.

-Io...vedi...dal rapimento di Jungkook...ho paura. Non pensavo potesse succedere una cosa del genere e...insomma ero spaventata che potesse capitare il peggio anche se, per fortuna non è successo. E poi questo...- 

Con un altro singhiozzo, le lacrime tornarono a scorrere sul suo viso come torrenti impetuosi. 

-Io ero lì...quando hanno scoperto che era caduto nel dirupo...quando la squadra di soccorso l'ha trovato...lo hanno portato via in un sacco...non vedo altro quando chiudo gli occhi...- 

La testa della ragazza crollò nuovamente in avanti, schiacciata dal peso delle immagini che portava. Beatrice, senza accorgersene, aveva preso ad accarezzarle i capelli, passandovi le mani attraverso e pettinandoli con le dita. 

"So bene cosa si prova."

"So il dolore che senti."

"È quello che provo anche io...ogni giorno."

-Io...lavoro con loro da sei anni...li ho visti ogni giorno, ho viaggiato con loro, li ho sentiti ridere e piangere...non posso credere che...- 

Le parole furono nuovamente ingoiate dai singhiozzi. Sembrava non avere più la forza di continuare. La ragazza che la sorreggeva, le mise le braccia attorno ai fianchi e la strinse, cullandola in un abbraccio. 

"Non ti preoccupare."

"Tutto andrà bene."

"Vorrei dirtelo, ma non posso."

 

J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori.

IMPORTANTE: fare in modo che la polizia sia già sul posto. NON attirare l'attenzione dei rapitori. Forare i copertoni per impedire la fuga.

 

Yoongi

25 maggio 2020

H 10-12

Causa della morte: frana

 

Numero restart: 27

 

25 maggio 2020

H 9:04

 

Beatrice aveva incontrato presto le macchine nere della BigHit, intravedendo al loro interno alcuni dei membri. Prima di arrivare al Parco di Bukhansan, sterzò a destra, infilandosi in un viottolo sterrato e apparentemente disabitato. Quando fu fuori dalla visuale, accostò la Cinquecento e ne uscì, impolverandosi i pantaloni. Prese un anonimo berretto che teneva nascosto nell'armadio da troppo tempo e si raccolse i capelli. Calandosi la visiera sugli occhi, tentò di nascondere più ciocche possibili sotto all'indumento. Poi, si girò nella direzione in cui le macchine erano scomparse e prese a camminare. 

"L'orario è un po' troppo approssimativo, ma non possiamo farci niente."

"So solo che si accorgono della scomparsa di Yoongi quando la sfida finisce e i ragazzi avrebbero dovuto radunarsi al punto d'incontro, alle undici e trenta."

"Ho segnato il punto sulla cartina ma non ho idea di quanto ci voglia a raggiungerlo."

"Infine, il telegiornale parlava di una frana del terreno."

Raccogliendo le informazioni nella testa, le revisionò un'ultima volta prima di approcciare il casello delle informazioni all'ingresso del parcheggio. 

-Chiedo scusa, ma questa zona del parco è chiusa per oggi.-

Un ragazzo sulla trentina si fece prontamente avanti verso di lei. Beatrice ne studiò con attenzione l'abbigliamento, passando velocemente gli occhi sulla figura. 

-Non sono qua per visitare il parco. Dovrei parlare con un responsabile se possibile.- disse con tono deciso. 

Il ragazzo la fissò confuso prima di mettersi le mani sui fianchi. 

-Per quale motivo ne avrebbe bisogno?- chiese con sospetto. 

La ragazza gonfiando il petto cercò di non mostrarsi intimidita, con le braccia incrociate e uno sguardo di sufficienza. 

-Vengo dall'Istituto di Ricerca, ho bisogno di segnalare delle irregolarità del territorio che potrebbero causare gravi incidenti.-

Nonostante si fosse impegnata per rimanere impassibile mentre esponeva la sua assurda messinscena, il ragazzo non sembrò impressionato. 

-Ma davvero? Quale Istituto di Ricerca?- chiese questo con crescente diffidenza. 

Beatrice fece esplodere il suo nervosismo con uno sbuffo poco convincente. 

-Senta, dato che lei non è evidentemente qualificato a ricevere queste informazioni, contatti il responsabile. C'è un alto rischio di frane in questo settore del parco, i visitatori non dovrebbero avere accesso all'area.- 

Il suo interlocutore rimase impassibile davanti alle sue parole. 

-Rischio di frane, dice?- 

Con un gesto lento e misurato estrasse il walkie-talkie dalla cintura e lo sollevò all'altezza dello sguardo della ragazza. 

-La prego di andarsene, prima che chiami la sicurezza.- aggiunse infine con tono aspro. 

Un sospiro fece crollare le spalle di Beatrice, portandola ad abbassare lo sguardo e analizzare la punta delle sue scarpe. 

"Come pensavo."

"Idea stupida, ma almeno ci ho provato."

"Dobbiamo passare al piano B."

-Molto bene, vi farò contattare direttamente dall'Istituto. Se qualcuno si farà male a causa della vostra incompetenza, la responsabilità sarà interamente vostra.- 

Pronunciate le ultime parole dopo aver già voltato le spalle al ragazzo, la giovane riprese a camminare nella direzione da cui era venuta. Quando fu lontana dalla visuale, si infilò nella radura a lato della strada, da cui iniziava già il terreno del parco. Avrebbe dovuto camminare un bel po' per evitare il blocco di controllo ma per fortuna non c'erano recinzioni perciò avvicinarsi alla tenda dello staff della BigHit non sarebbe stato un problema.

Quando finalmente iniziò a intravedere il piazzale in cui le macchine erano state sistemate, si fermò e si nascose dietro un albero. Vedeva le sette figure dei ragazzi in piedi vicino al regista che stava probabilmente spiegando loro le dinamiche della sfida e delle riprese. Poco lontano, sotto una tenda sistemata con qualche tavolo, scorse anche Minso che rovistava nella sua valigetta. Estrasse un pennello largo e si avvicinò per dare una veloce ritoccata di cipria alla pelle di Jin, prima di allontanarsi augurando ai ragazzi buona fortuna.

Mezz'ora dopo, era tutti partiti correndo in direzioni diverse. Osservando la strada che aveva percorso Yoongi, Beatrice si avviò cercando di tenersi più lontana possibile dal piazzale dove era sistemata la troupe e aprì la mappa del parco. Non aveva assolutamente idea di come usarla. Aveva trovato il parcheggio, ma non riusciva a capire come raggiungere il punto dell'incidente. Con frustrazione, ripiegò l'oggetto stropicciandolo maldestramente e continuò a marciare nella direzione in cui Yoongi era scomparso. 

Dopo diversi minuti di camminata incerta fra le radici degli alberi, aveva iniziato ad avere il fiatone e non aveva ancora avvistato il suo obbiettivo. 

10:36

"La finestra di tempo è troppo larga. Potrebbe già essere precipitato o potrebbe succedere poco prima che i soccorsi lo trovino."

Alzando lo sguardo, incontrò in lontananza un incrocio di sentieri libero dagli alberi. Improvvisamente, al centro comparve un ragazzo dalla camminata strascicata con in mano una videocamera che prese ad osservare un punto davanti a sé.

"Eccolo!"

Beatrice si nascose dietro al grosso tronco di un albero vicino a lei, affacciandosi velocemente per osservare Yoongi. Dopo qualche istante, il ragazzo prese a camminare sul sentiero che stava osservando con intensità, scomparendo alla vista della ragazza. Questa allora si spostò da un nascondiglio all'altro, avvicinandosi il più silenziosamente possibile. Purtroppo, le foglie e i rami che disseminavano il terreno sembravano non volerla aiutare, frusciando e scricchiolando ad ogni suo passo. 

Finalmente, intravide la schiena di Yoongi avvolta in un giubbotto sportivo. La sua figura era ferma davanti ad un immenso panorama e il suo corpo sembrava modellarsi con il paesaggio. 

"Oh no...oh cavolo..."

"Accidenti!"

I piedi di Beatrice divennero impazienti e incuranti del rumore mentre la portavano sempre più vicina al suo obbiettivo. Quest'ultimo non sembrò accorgersi di lei nonostante fosse arrivata ad ormai un metro da lui. 

Poi, in un istante, il terreno iniziò a tremare. La figura che prima era sul ciglio dello strapiombo, stava scomparendo velocemente, divorata dal baratro. 

-No!-

Con uno scatto in avanti, la ragazza si ritrovò sul bordo della roccia, una mano ancorata a terra per sorreggersi, l'altra tirata in basso dal peso di un corpo. 

-Aiuto! Qualcuno ci aiuti!-

Le parole uscivano dalla gola di Beatrice come urli disperati mentre sentiva il braccio tirare dolorosamente. Le sembrava che avrebbe potuto staccarsi da un momento all'altro ma non mollò la presa. Yoongi alzò la testa con difficoltà e la guardò negli occhi. Le ciocche rosse che le ricadevano sulla faccia non le impedirono di vedere la confusione e il panico nel volto del ragazzo, che calciò l'aria nel tentativo di trovare un appiglio. Il movimento però non fece che aumentare la distanza tra i due corpi, le cui mani scivolavano tra di loro come seta. 

-No!- 

Lo sentiva. Sentiva che stava per perderlo, ma fino all'ultimo, a costo di ancorarlo per un dito e romperglielo, non lo avrebbe mollato. Infine, Beatrice vide il vuoto negli occhi di Yoongi. Un vuoto freddo e distaccato che lo accompagnò quando il suo corpo fu divorato dallo strapiombo. Un ultimo, graffiante urlo uscì dalla sua gola e la ragazza si accorse che i suoi occhi stavano lacrimando. 

Dei passi concitati staccarono i suoi occhi dal mostro vorace che aveva appena portato via il corpo del ragazzo e li fecero posare su una figura ansimante. La sua vista offuscata non le permise di identificarla prima che ne sentisse la voce. 

-Che cosa è successo? Hai bisogno di aiuto?- 

Hoseok diventava sempre più vicino, mentre la mente di Beatrice veniva dominata da una serie di martellanti pensieri. 

"Hai fallito di nuovo."

"Devi ricominciare."

In uno stato di ipnosi, distolse lo sguardo dal ragazzo e lo riportò davanti a sè, abbracciando con lo sguardo il panorama.

"Devo ricominciare."

Il suo corpo si abbandonò alla carezza del vento e alla forza della gravità, protendendosi in avanti. Sentì il ragazzo urlare qualcosa, ma la sua voce fu divorata dal nulla. Il vuoto del baratro la ingoiò insieme alla sua coscienza. 

"Devo ricominciare."

 

HEI CASALINGHI!

Come ve la passate belle anime? Siamo in dirittura di arrivo, tenetevi stretti e allacciate le cinture di sicurezza. Quando uscirà l'ultimo capitolo stay tuned perché usciranno anche i ringraziamenti, mi raccomando non perdeteli. Perché voi, belle personcine, sì, dico proprio a voi, sapete con chi sto parlando, meritate di essere lodate e celebrate per avere sostenuto questa storia per così tanto tempo! Perciò non perdetevi il capitolo dedicato a voi! 

Dunque prima che mi dimentico, passiamo alle cose serie.

Unnie: termine del linguaggio informale usato dalle ragazze nei confronti di ragazze più grandi.

 

Per terminare vi metto anche una fanart di Tae che ho fatto in questi giorni (e che è uscita decentemente).

 

 

 

 

 

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Capitolo 37
*** 37 ***


J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori.

IMPORTANTE: fare in modo che la polizia sia già sul posto. NON attirare l'attenzione dei rapitori. Forare i copertoni per impedire la fuga.

 

Yoongi

25 maggio 2020

H 10:36

Causa della morte: frana

 

Numero restart: 28

 

Alessandro si precipitò nella camera della figlia, sbattendo la porta nella fretta e piombando sul letto. Lì, vi trovò una creatura che urlava disperata e si tappava le orecchie, come se volesse ignorare i suoi stessi lamenti e le lacrime che scorrevano sulle sue guance. Non appena la mente dell'uomo prese atto di tutto ciò, lo portò ad allungare le braccia e avvolgere la figura tremante intrappolata in se stessa. Non gli capitava di cullare la sua bambina in quel modo da davvero tanto tempo, ma non disse niente.

Portò una mano sui suoi capelli e li accarezzò come faceva quando era piccola e quando sentì che i singhiozzi non diminuivano, la strinse più forte. Le prime parole che sentì emettere dalla figura fra le sue braccia, poi, lo lasciarono confuso e in qualche modo turbato. 

-Devo ricominciare.-

 

25 maggio 2020

H 9:54

 

La felpa scura e i pantaloni militari che Beatrice indossava sembravano fondersi con il sottobosco sulla quale era seduta. La trama dei vestiti si intrecciava alla corteccia legnosa del grosso albero contro il quale era appoggiata e le macchie di colore rispecchiavano la variopinta accozzaglia formata dalle foglie sul terreno.  Dopo aver sbirciato velocemente il piazzale dove i sette ragazzi erano radunati, fece un ultimo check-up dell'attrezzatura, benché ormai l'avesse controllata un centinaio di volte. 

"Berretto, c'è."

"Walkie-talkie, c'è."

"Giubbotto, c'è."

"Nastro, c'è."

"Beh, grazie simpatico addetto del parco per avere un'uniforme così semplice da replicare."

"Almeno sei stato utile in qualcosa."

-Bangtan fighting!- 

Beatrice si riscosse velocemente dopo aver udito le voci lanciare l'inno d'incoraggiamento all'unisono e si alzò dal suo nascondiglio. Prendendo in mano il telefono, aprì la mappa virtuale e iniziò a seguire l'apparecchio che le indicava silenziosamente la via. Fare un sopralluogo qualche settimana prima le aveva permesso di trovare il punto preciso dell'incidente e segnarlo sul GPS. Grazie a questo, arrivò a destinazione nel giro di venti minuti. 

I suoi occhi analizzarono attentamente il paesaggio circostante incontrando solo alberi e arbusti, mentre le sue orecchie recepivano ogni singolo rumore della foresta. 

"Bene, sono in anticipo."

Nascondendosi all'ombra di un grande albero, estrasse il giubbotto catarifrangente dalla tasca della felpa e ne osservò la scritta STAFF sul retro. 

"Beh...abbastanza convincente, dai."

Dopo avere infilato l'indumento, prese in mano il nastro di plastica a strisce bianche e rosse e attese. Dopo qualche minuto, la figura magra di Yoongi emerse al centro della radura che dava accesso allo strapiombo. 

Il ragazzo non fece in tempo a fare un passo verso il paesaggio sconfinato davanti a sé che Beatrice aveva già invaso il suo campo visivo, dandogli la schiena. 

-Chiedo scusa, purtroppo dobbiamo chiudere questa sezione a causa di rischio di frane. La prego di prendere un'altra strada.- disse profondendosi in un breve inchino. 

Terminò velocemente di sistemare il nastro tra due alberi, legandolo maldestramente sul tronco del secondo. La striscia bianca e rossa prese a ondeggiare mollemente spinta dal vento, ma rimase ancorata ai sostegni e la ragazza si ritenne soddisfatta. Si girò verso la direzione da cui era venuta, sentendo gli occhi confusi del ragazzo su di sé e iniziò a camminare con decisione. Solo quando iniziò a intravedere il piazzale della troupe si rese conto di aver marciato come se fosse stata seguita da una bestia feroce. Con i polmoni in fiamme e gocce di sudore che le solleticavano collo e fronte, si appoggiò al tronco dietro al quale si era precedentemente nascosta e si sedette. 

10:50

Dopo aver guardato l'orario, si tolse il giubbotto catarifrangente e fece un lungo sospiro. 

 

H 11:30

 

Il primo rumore che ruppe la quiete del piazzale fu un grido frustrato. 

-Maledetto Jeon Jungkook!- 

La voce acuta di Jin tagliò l'aria raggiungendo nitidamente le orecchie di Beatrice, ancora raggomitolata nel suo nascondiglio. Il suono che seguì fu quello di un'adorabile risata accompagnata da una soddisfatta esclamazione di vittoria. 

-Jungkook, stasera dormi sul divano!- esclamò Jimin con un grugnito. 

Uno dopo l'altro, i membri del gruppo si radunarono sotto una tenda, iniziando a colpire scherzosamente il più giovane. 

-Cavolo, Jungkook, non è possibile...- 

Namjoon si lasciò sfuggire un lamento stonato, abbandonandosi su una sedia pieghevole. 

-Beh, direi che abbiamo il vincitore.- disse quello che doveva essere il direttore di camera, con una risata malcelata. 

-Ma...dov'è Yoongi-hyung?- 

Un brivido freddo scosse la colonna vertebrale della ragazza, che strinse le dita gelide in pugni. 

"No..."

"No, ti prego..."

Un rumore di foglie crepitanti attirò l'attenzione del gruppo, che si girò verso il percorso lungo il quale si era svolta la sfida. 

-Ragazzi...sono troppo vecchio per queste cose. La prossima volta vi seguo in moto.- 

La voce graffiante di Yoongi emerse dalla radura insieme alla sua figura ripiegata in avanti. Jin esordì con uno squillante rimprovero verso il minore, iniziando a blaterare sul fatto che gli avrebbero regalato un costume da roccia per il suo prossimo compleanno. 

Il petto di Beatrice si abbassò con un lungo, tremante sospiro mentre i suoi occhi presero a bruciare fastidiosamente. 

"È tutto a posto."

"È andato tutto bene."

Improvvisamente, sentì la pressante urgenza di vedere la scena con i suoi occhi. Voltandosi, espose leggermente il volto oltre il tronco e abbracciò con lo sguardo i sette ragazzi. Erano stanchi, sudati e lamentosi; si spingevano e si stuzzicavano, si abbracciavano e si sorridevano. Avevano il viso stanco ma gli occhi che brillavano. 

La ragazza sentì le palpebre cariche di lacrime, ma le trattenne. 

"Ne è valsa la pena."

 

31 maggio 2020 

H 23:01 

 

Lo sguardo di Beatrice continuava ad indugiare sull'inferriata arrugginita davanti a sé. Ne analizzava ogni centimetro di vernice scrostata e ogni crepa pericolante. 

"Dovrei farla aggiustare."

Scrollando la testa, emise un verso di scetticismo. 

"Dovrei?"

La sua testa si abbassò fino ad incontrare il taccuino consunto fra le sue mani. 

"Ormai hai imparato come funzionano le cose."

"Manca solo Namjoon."

Sospirando, alzò lo sguardo sulla veste scura del cielo notturno, adornata dalla luna che la illuminava come un maestoso gioiello. Non si vedevano le stelle. Erano oscurate dalla luce naturale del satellite e da quella artificiale della città. Chiudendo gli occhi, la ragazza lasciò che la quiete della notte dominasse su di lei e invadesse la sua mente e i suoi pensieri. 

"Hai mentito e ingannato."

"Hai commesso dei reati."

"Sei morta."

"Ma sai una cosa?"

"Hai incontrato le persone che ammiri di più al mondo."

"Hai il lavoro dei tuoi sogni."

"Hai trovato un'amica preziosa."

Un angolo della bocca di Beatrice si alzò involontariamente. 

"Li hai fatti sorridere."

"Ne è valsa la pena."

"E ne varrà ancora la pena, qualsiasi cosa succederà."

 

8 giugno 2020

H 21:11

 

-Sono cadute le accuse a carico di Anna Johnson, sospettata per l'omicidio del leader dei Bangtan Sonyeondan RM avvenuto durante una sparatoria all'aeroporto JFK di New York tre giorni fa. Il direttore del Dipartimento di Polizia addita l'insufficienza di prove come causa del rilascio della ragazza.-

Beatrice osservava attentamente la televisione, scrivendo con perizia ogni dettaglio sul taccuino appoggiato sulle ginocchia. 

"Insufficienza di prove?"

Mentre la giornalista iniziava a parlare della notizia successiva, la ragazza distolse l'attenzione dallo schermo. Studiando attentamente i suoi appunti, graffiò la copertina con il dorso della penna mente i suoi pensieri formavano una mappa intricata nella sua mente. 

"Il primo passo è fare in modo di essere con loro a New York."

"Per fare questo, devo togliere di mezzo Sunbin."

"Beh, non che mi dispiaccia."

"Devo anche scoprire di più su questa Anna Johnson."

"Ma non ho tempo per andare in America in avanscoperta..."

Prendendo in mano svogliatamente il telecomando del televisore, iniziò a navigare tra i vari canali in attesa che il cervello le suggerisse una soluzione.

"Ho bisogno di una persona che sia lì, una persona che possa darmi più informazioni possibili."

Dopo qualche minuto passato a percorrere la lunghezza del divano con lo sguardo e brevi falcate, si colpì la fronte con uno schiaffo. 

"Come ho fatto a non pensarci prima?!"

 

J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori.

IMPORTANTE: fare in modo che la polizia sia già sul posto. NON attirare l'attenzione dei rapitori. Forare i copertoni per impedire la fuga.

 

Yoongi

25 maggio 2020

H 10:36

Causa della morte: frana

 

Namjoon

4 giugno 2020 

H 15 circa (ora locale di New York) 

Causa della morte: colpo di pistola

Colpevole: Anna Johnson

 

Numero restart: 29

 

3 marzo 2020

H 23:14

 

Mister Jones' investigantions 

Beatrice scrutava diffidente il nome dell'agenzia che sembrava andare per la maggiore a New York. Esitante, lasciò che il pollice indugiasse sullo schermo prima di premere la cornetta. 

-Salve, ufficio di Mister Jones. Come posso aiutarla?- 

-Ehm...Salve, avrei bisogno di una consulenza, sarebbe possibile parlare con il direttore?- 

Il tono incerto portò la sua lingua ad incespicare sulle parole, ma cercò di riprendersi. 

-Di che tipo di consulenza avrebbe bisogno?-

-Dunque...dovrei scoprire alcune informazioni su una persona.-

La ragazza rimase in sospeso, ricevendo una breve pausa silenziosa come risposta. 

-Vuole far pedinare l'amante di suo marito?- chiese con nonchalance la voce all'altro capo del telefono. 

-No! No, per carità, non sono nemmeno sposata...si tratta solo...di una persona che dovrebbe essere tenuta d'occhio.-

Dopo un'altro breve silenzio, la voce cordiale della segretaria la raggiunse nuovamente. 

-Molto bene, se non le dispiace le chiedo i suoi dati e poi la metterò in contatto col direttore.- 

 

-Salve, con chi ho il piacere di parlare?-

Una calda e ammaliante voce emerse dopo che la segretaria ebbe reindirizzato la sua chiamata. Beatrice rimase per un istante in silenzio, frastornata e confusa dal fatto che la persona che aveva risposto non era un uomo. 

-Ehm...Mister Jones?-

Una risata piena come lo scroscio di una cascata piovve su di lei lasciandola interdetta. 

-Proprio così, non hai sbagliato. Parli con l'unico e solo Mister Jones. Ma tu puoi chiamarmi Miss Jones.- esclamò la voce femminile sprizzante di energia. 

-Sei delusa? Vedi, qui da noi le donne detective non hanno un gran successo. Per qualche motivo, la gente pensa che non sappiamo tenere i segreti. Perciò per fare affari bisogna usare qualche piccolo stratagemma.-

Un altro scroscio di risate raggiunse la ragazza, che lentamente stava mettendo insieme i pezzi di informazione che riceveva. 

-Capisco...allora, è un piacere conoscerla, Miss Jones.-

-Oh, il piacere è mio. Allora, dimmi tutto. Per quale motivo mi hai contattata?-

Beatrice strinse gli occhi, afferrando saldamente il telefono. 

-Ho bisogno che nei prossimi due mesi tenga sotto osservazione una ragazza di nome Anna Johnson.-

 

DISCLAIMER

IMPORTANTE! Ho dovuto cambiare il numero totale di restart da 54 a 46. Scusate la confusione, ho fatto un errore di calcolo di cui mi sono resa conto solo da poco.

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Capitolo 38
*** 38 ***


-C'è solo un piccolo problema, cara. Hai idea di quante Anna Johnson vivono negli Stati Uniti? Ho bisogno di un po' più di materiale.- 

Beatrice si colpì la fronte con uno schiaffo, frustrata. 

"Maledizione, avrei dovuto pensarci, che stupida."

-Ecco...penso che abiti a New York. E...dovrebbe essere un'adolescente.- rispose infine con incertezza. 

-Uhm...non riesci a darmi altro? Una foto, il nome di un parente...niente?- 

La ragazza fu costretta a negare con un sospiro avvilito. 

-Va bene, farò quello che posso. Ti manderò nel giro di qualche giorno una lista sommaria di tutte le possibili candidate e vedremo se così riusciremo a trovare il nostro obbiettivo.- 

Annuendo soprappensiero a se stessa, ringraziò la donna prima di chiudere la chiamata.

 

6 marzo 2020

H 21:23

 

DULCALAX

Si consiglia un dosaggio massimo di due compresse al giorno. 

 

"Questo dovrebbe andare."

 

Effetti indesiderati 

-crampi addominali

-dolore addominale

-diarrea

-nausea

-sincope

-infiammazione dell'intestino

 

"Ok, non lo voglio uccidere...però un semplice attacco di diarrea non è sufficiente a fargli saltare il viaggio."

"Potrei aumentare leggermente la dose...giusto un pochino..."

Pronunciando una silenziosa ma impenitente preghiera per il malcapitato collega, Beatrice decise che il giorno seguente avrebbe comprato il farmaco. 

"Dunque, il primo passo è fatto. Devo solo iniziare a somministrarlo a Sunbin qualche giorno prima della partenza."

"Però dovrei anche fare in modo di essere scelta al suo posto."

"Se utilizzo le conoscenze che ho accumulato nei restart precedenti, potrei riuscire ad eseguire il lavoro più velocemente."

"Devo impressionare il capo reparto, solo in questo modo avrò una chance."

La suoneria del telefono attirò la sua attenzione e la distolse dai suoi pensieri. Il nome che comparve sullo schermo le fece venire un tuffo al cuore di speranza e aspettazione. 

-Ehi zuccherino!- 

La voce calorosa di Miss Jones sembrava non avere perso energia dalla chiamata precedente. 

 

Mezz'ora dopo dalla chiusura della telefonata, l'unico rumore che dominava il piccolo appartamento era il fruscio della carta appena stampata fra le mani della ragazza. 

 

-Sono riuscita a restringere la lista a dieci ragazze. Ci sono foto, dati personali e alcune informazioni generali ricavate dai loro profili social. Se non trovi la tua Anna qua, dobbiamo ricominciare la ricerca.- 

 

Ogni pagina conteneva esattamente le caratteristiche descritte dalla donna. Beatrice le passò attentamente una per una, leggendo ogni dettaglio che potesse aiutarla ad identificare la colpevole. Non ricordava di averne visto la faccia sul notiziario, perciò le foto non le furono di aiuto. Scorrendo più volte i fogli, un fiotto di sconforto le appesantì il cuore. 

"E se non fosse fra queste?"

"Come faccio a trovarla?"

Riprendendo in mano il primo profilo che aveva analizzato, i suoi occhi scorsero nuovamente le informazioni. Una parola attirò la sua attenzione, prima con scetticismo, poi con maggiore trasporto. 

K-pop

Nel documento, venivano riportati i following del suo profilo Instagram e Beatrice notò numerose fanpage di un gruppo di cui aveva già sentito parlare. 

"Se non sbaglio, questo è il gruppo che è arrivato secondo all'ultima premiazione."

La ragazza studiò con attenzione i tratti del volto nella fotografia e se li impresse nella mente. Dei capelli castani contornavano ordinatamente un viso dai lineamenti dolci e occhi di un ammaliante celeste. 

"Credo proprio di averti trovata."

 

-Quella è la Anna Johnson che cercavi?- 

La scintilla scherzosa che normalmente dominava la voce della detective sembrò affievolirsi a quella domanda.

-Sì, credo proprio che sia lei.- 

Un silenzio la accolse all'altro capo del telefono. Infine, Beatrice udì un breve sospiro.

-Spero che tu non ti sia messa nei guai con quella ragazza. È una figlia di papà dell'Upper East Side...e che papà. Nicholas Johnson è un pezzo grosso della finanza che è riuscito a fare miliardi fregando il fisco...che spende per coprire le piccole scaramucce della figlia.-

Le orecchie della ragazza si affinarono istantaneamente. 

-Che cosa intendi?- 

-Beh, sembra che la figlioletta abbia qualche accusa di bullismo e aggressione a carico, ma sono state tutte minuziosamente occultate o soppresse ancora prima che la polizia se ne accorgesse. Papino a quanto pare  è stato molto efficiente.- 

Beatrice rimase in silenzio, accumulando le informazioni fino a comporre un'immagine chiara nella sua mente. 

"Tutto ha senso adesso...è riuscita ad essere scagionata dall'omicidio di Namjoon perché il padre ha tirato i fili giusti."

Quando la sua mente ebbe terminato di tessere quell'intricata tela di ragionamenti, una fredda consapevolezza si fece spazio nella sua coscienza. 

"Non basta impedire che uccida Namjoon, devo anche fare in modo di incriminarla."

"Se riesce ad uscirne indenne, nulla potrebbe impedirle di riprovarci di nuovo."

"Se è spinta dal fatto che è un hater, non demorderà così facilmente."

-Zuccherino?- 

La voce della donna al telefono la riportò violentemente alla realtà. 

-Miss Jones, ho bisogno che raccogli tutte le prove che riesci a trovare relative a queste accuse di cui mi hai parlato. Documenti persi, testimonianze...qualsiasi cosa.- 

Una risatina con un ritrovato tono di ilarità fu la risposta che ricevette. 

-Agli ordini, zuccherino.- 

Una volta chiusa la chiamata, la ragazza realizzò con sgomento che si era già fatta mezzanotte e che il giorno dopo sarebbe stata particolarmente dura svegliarsi per andare a lavorare. 

 

30 maggio 2020

H 9:24 

 

Beatrice era nel bel mezzo di un bivio. Un tortuoso, infido bivio fra corruzione e santità. Mentre la sua mente pendeva pericolosamente verso la prima, il suo cuore tentava di trascinarla affannosamente nella seconda. 

"Due pillole...o tre?"

Il dilemma morale la fece sbuffare con frustrazione davanti a quell''idea di bevanda che i coreani chiamavano caffè ma che la ragazza non riusciva ad accettare. 

"Due pillole potrebbero essere poche..."

"Tre pillole non lo ucciderebbero...credo..."

"Al massimo gli verranno un po' di coliche, niente di grave..."

Dopo qualche secondo, decise di abbandonarsi a una latente generosità di cuore e sbriciolare solo un paio di pillole bianche nella bevanda. Dopo aver mescolato attentamente e aggiunto una dose in più di zucchero per mascherare il sapore, fece ritorno al suo ufficio. 

 

-Sa di tappo! Ed è freddo!- 

Sunbin scaraventò il bicchiere sulla scrivania con un grugnito, sporcando anche la moquette con gli schizzi di caffè. 

"Per forza che sa di tappo."

-Ringrazia che non ti mando a rifarlo!- brontolò prima di tornare a guardare il computer mentre sorseggiava la bevanda con espressione schifata. 

"Ma che generoso. Goditi il lassativo, caro sunbaenim."

Con un profondo inchino, Beatrice si scusò con il collega e tornò alla sua scrivania con cuore e mente in perfetta sintonia. 

"Domani gliene metto tre di pillole."

 

4 giugno 2020 

H 14:02

 

La situazione si preannunciava più complicata di quanto aveva previsto. Non appena aveva fatto il suo ingresso nell'area VIP dell'aeroporto di Incheon e si era avvicinata al manager del gruppo, aveva iniziato a sentire pressantemente su di sé tre paia di occhi indiscreti. Hoseok si muoveva come un'anguilla sulla sedia mentre le lanciava sguardi fugaci; Jimin la osservava con discrezione distogliendo spesso lo sguardo dal telefono; Jungkook, infine, la fissava ostinatamente senza cercare di celare minimamente le sue intenzioni.

"Ok, non era esattamente così che doveva andare..."

"Insomma, è vero che sono la loro traduttrice e dovrei almeno un minimo interagire con loro, ma speravo di passare il più inosservata possibile, almeno nella prima parte del viaggio..."

Quando tutti i membri si avvicinarono per conoscerla, poté vedere le sue impressioni prendere forma nelle reazioni dei ragazzi che le si presentarono. Hoseok fece un breve inchino e distolse lo sguardo come se fosse a disagio. Jimin invece sembrava studiarla attentamente dal momento in cui si era avvicinato per salutarla e ricordarle che si erano già visti in precedenza. Il più giovane era invece rimasto in silenzio nascosto dietro al leader, osservandola con grandi occhi attenti e allo stesso tempo assorti in un pensiero lontano. 

 

Quando raggiunse il suo posto all'interno dell'aereo, si accomodò e salutò la donna seduta affianco a lei. L'aveva conosciuta di sfuggita una volta che era andata a trovare Minso al lavoro, in quanto era una sua collega. Doveva essere la truccatrice di Yoongi, a memoria di Beatrice. 

Con un leggero moto di sgomento, la ragazza rimpianse il fatto che l'amica non fosse lì con lei a distrarla dai tenebrosi pensieri che adombravano la sua mente in aspettazione di ciò che sarebbe successo una volta usciti dall'aereo. D'altronde, Minso aveva preso le ferie proprio quella settimana, prima di sapere che lei avrebbe partecipato a quel viaggio, perciò non poteva biasimarla. 

Congiungendo le mani al grembo, cercò di visualizzare lo scenario che l'avrebbe attesa quattordici ore dopo. Miss Jones avrebbe spedito un suo agente a pedinare Anna Johnson a partire dalla mattina, in modo che avrebbe potuto averla sotto osservazione una volta che sarebbe arrivata in aeroporto. La ragazza aveva dovuto a malincuore dare indicazioni molto superficiali alla detective per indicarle il piano da seguire. Di certo non poteva dirle "Questa ragazza commetterà un omicidio". Si era dovuta limitare ad un vago "Intervenite se tenta di fare qualcosa di stupido" nella speranza che potessero vederla estrarre la pistola. 

"È un piano alquanto abbozzato e speranzoso...come tutti i tuoi piani d'altronde."

Lasciando che un ghigno disilluso indugiasse sulle sue labbra, si rilassò sul sedile. 

"Beh, tu sei fatta così. Trovi la soluzione solo sbagliando tante volte, finché non ci sbatti contro."

 

Quando la pressante preoccupazione per ciò che la attendeva lasciò finalmente la sua mente, Beatrice cercò di abbandonarsi e trascorrere il resto del viaggio in serenità. 

-Buongiorno.- 

La voce pacata di Jungkook la fece voltare verso il sedile precedentemente vuoto accanto a lei, su cui era seduto il ragazzo che la fissava insistentemente. 

-...Buongiorno.- disse cercando di suonare spontanea. 

"Che diavolo ci fa lui qui?!"

-Quindi...Sunbin-ssi non poteva venire?- chiese di punto in bianco il nuovo vicino di posto, abbassando lo sguardo sulle sue mani intrecciate. 

Beatrice notò che le sue gambe saltellavano su e giù freneticamente, segno che il suo interlocutore probabilmente era nervoso o a disagio. 

-Eh già.- rispose semplicemente la ragazza, sentendo un'onda di imbarazzo divorarle le guance. 

L'atmosfera divenne stantia nel momento in cui il silenzio calò su di loro. Sembrava che nessuno dei due conoscesse le parole giuste per rianimare la conversazione, finché Jungkook non si fece avanti. 

-Posso farti una domanda?- chiese spostandosi i capelli dagli occhi con un gesto secco.

-Uhm...certo.- rispose lei con malcelata incertezza. 

Il ragazzo sembrò esitare un attimo prima di proseguire. 

-Se non sbaglio, tu eri vicino al luogo in cui sono stato.... rapito. Mi chiedevo se per caso hai visto chi ha chiamato la polizia per aiutarmi.-

"Cavolo."

"Come ha fatto a vedermi?"

"Come fa a ricordarselo?!"

"Che faccio adesso?!"

-Ehm...no, io non lo so, purtroppo...ho solo sentito qualcuno urlare e poi c'è stata una gran confusione...- rispose d'istinto la ragazza. 

"Non se la berrà."

Come aveva previsto, Jungkook prese a fissarla con dubbio e circospezione negli occhi. 

-Che peccato. Neanche la polizia me l'ha potuto dire. Volevo solo ringraziare questa persona per avermi salvato. Se non fosse stato per lei, a quest'ora forse non sarei qua.- affermò tenendo lo sguardo ostinatamente puntato su di lei. 

 

Sentendosi alle strette, si alzò con la scusa di andare in bagno e scappò dal ragazzo dallo sguardo indagatore. 

"Mentire a Jungkook è come picchiare un cucciolo di panda, ma non posso dirgli la verità, è già fin troppo sospettoso..."

Sperava che il ragazzo si fosse accontentato delle risposte che gli aveva rifilato e quando non lo vide seduto sul sedile accanto al suo, pensò di avere avuto successo. 

-Ciao.- 

Un nuovo cumulo di guai si presentò improvvisamente accanto a lei nella forma di un paio di occhi luminosi e un sorriso a forma di cuore.

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Capitolo 39
*** 39 ***


Beatrice osservò il suo nuovo interlocutore nella più totale confusione mentale mentre Hoseok, seduto accanto a lei, le rivolgeva un sorriso accogliente quanto un abbraccio. La ragazza distolse lo sguardo dagli occhi curiosi di lui e lo passò fra le file di posti, per scorgere dov'era Jungkook. 

-Ah, Jungkook voleva sedersi vicino a Yoongi-hyung.- disse Hoseok, interrompendo la sua ricerca. 

Beatrice tornò a guardare il suo nuovo compagno di posto, ma quando incontrò nuovamente il suo sguardo scherzoso seppur intenso distolse gli occhi, portandoli agli anelli che portava alle mani. 

-Capisco.- rispose semplicemente, sentendo una stretta all'altezza del cuore. 

"Datti una controllata."

"Che cos'è questa reazione?"

Non lo sapeva. O forse sì, ma non era un pensiero in cui poteva indugiare in quel momento. Perché il formicolio allo stomaco e le vibrazioni che agitavano i suoi nervi trasmettendole scariche elettriche lungo tutto il corpo erano distrazioni che non dovevano distoglierla dal suo obbiettivo. 

-Dunque...tu fai la traduttrice.- 

L'affermazione di Hoseok le fece riportare l'attenzione sul ragazzo, che aveva inclinato leggermente la testa mentre sulle sue guance comparivano timidamente le sue piccole fossette. Beatrice si rese conto di avere passato una buona manciata di secondi a studiare il viso del suo compagno di posto e che non aveva ancora replicato. 

-Eh già.- rispose infine. 

-Da dove vieni?- chiese il ragazzo imperterrito. 

-Dall'Italia.- 

La ragazza aveva abbassato nuovamente lo sguardo ai suoi anelli argentati, concentrandosi sul modo in cui il metallo catturava e rifletteva la luce. 

-Davvero? Da quanto sei qui?- continuò Hoseok. 

-Da cinque mesi circa.- 

Le mani e gli occhi di Beatrice erano incastrati in un circolo che iniziava sfilando l'anello nell'anulare e lo infilava nel medio, poi spostava quello nell'indice nell'anulare e infine passava quello nel pollice destro alla mano sinistra. Dopo averli rimessi tutti al loro posto, il ciclo ricominciava. 

-E come ti trovi qua? Ti manca casa tua? Dev'essere difficile vivere lontano da casa, io ne so qualcosa.- 

La ragazza sentì la sincerità nella voce che le porgeva la domanda e immaginò quegli occhi gentili che la rassicuravano, tentando di farla uscire dalla sua tana. E lei lo fece. 

-Beh, ogni tanto sì. Ma mi trovo bene in Corea, perciò non sento troppo la nostalgia, anche se mi manca la mia famiglia.-

Era vero. Ormai, la quantità di tempo che aveva passato a Seoul era paragonabile agli anni della sua vita che aveva trascorso in Italia. Non si sentiva più in un paese straniero, perché tutto le era diventato quotidiano. Ma la famiglia era quell'elemento che mancava sempre nella sua casa. Era come se essa non fosse veramente "casa" senza le persone che amava. Ma sentiva che andava bene così. 

-Capisco. Anche io sono felice di visitare così tanti posti diversi, ma spesso vorrei vedere la mia famiglia.- 

Beatrice sentì le parole di Hoseok venire risucchiate dalla nostalgia e alzò lo sguardo. In un qualche modo, in quel momento, erano come due campane che suonavano in perfetta risonanza, entrambi sull'onda dello stesso sentimento che indugiava nel loro cuore e che volevano accettare anche se questo richiedeva sacrificio.

-Ma sai che...ho l'impressione che ci siamo già incontrati prima?- 

"Fantastico. Sono fregata."

La risonanza si ruppe e la ragazza dovette alzare nuovamente le barriere della sua mente per decidere come procedere nella conversazione senza destare sospetti. 

-In effetti è così. Un mese fa ti ho fermato per strada per chiederti un autografo.- rispose con un sorriso cordiale. 

"Se si ricorda dell'incontro, mentire sarebbe controproducente. Ma devo inventarmi una scusa valida."

-Ah sì! Ora ricordo! Quindi sei una nostra fan? Mi dispiace per non averti fatto un autografo, purtroppo ero di fretta.- 

Il tono scherzoso e allegro nella voce del ragazzo sembrò un po' più forzato rispetto a prima. 

-Sì, sono un'ARMY e non ti preoccupare, capisco perfettamente. So che può sembrare un po' strano l'averti chiesto un autografo pur lavorando per la BigHit, ma non avevo mai incontrato nessuno di voi di persona prima.- 

A quella risposta, il suo interlocutore piegò nuovamente la testa e sembrò contemplare la sincerità della ragazza. Poi, con un nuovo sorriso, rianimò la conversazione iniziando a parlare del cibo italiano e di cosa gli sarebbe piaciuto provare. 

"Non abbassare la guardia, potrebbe rivolgerti altre domande."

Nonostante quel pensiero, Beatrice scivolò con spontaneità nella conversazione quando iniziò a parlare a cuore aperto del suo paese e della sua cultura. 

"Non avvicinarti troppo a lui."

"Non devi lasciare che scopra qualcosa su di te."

I sorrisi di Hoseok la ipnotizzavano, catturandola nella sua rete e allontanandola dai suoi pensieri ammonitori. 

"Solo un altro po'....un altro po' di tempo a parlare con lui, senza fingere o mentire..."

 

Aveva finito per passare diverso tempo con lui. L'aveva perfino portata a promettergli di parlare di nuovo. 

"Che cosa ti è saltato in testa?"

"Se uno di loro scopre tutta questa baracca che hai messo su, ti chiudono in manicomio e buttano la chiave."

Quando arrivò l'annuncio del pilota che l'aereo sarebbe atterrato di lì a poco, Beatrice sentì nuovamente la tensione e la consapevolezza crescere. Non aveva dimenticato il motivo per cui si trovava lì. 

 

H 15:11

(Ora locale di New York) 

 

Appena usciti dall'aereo, la ragazza si era infilata poco dietro i membri del gruppo, che procedevano in fila indiana circondati dalle guardie di sicurezza. Non appena intravide le porte scorrevoli dell'uscita, dietro alle quali si agitava una folla di fan, sentì il cuore in gola. 

La confusione dominava la scena, divorandola e annichilendo ogni suo tentativo di scovare tra la folla la ragazza con gli occhi celesti. Sentiva l'aspettazione che le irrigidiva i muscoli e mandava scariche elettriche al suo cervello. 

"Dove si troverà?"

"Quando sparerà?"

"È vicina a Namjoon o si trova in mezzo alla folla?"

La risposta arrivò nell'arco di un secondo. Uno sparo ruppe l'aria e zittì la gente. Un secondo sparo generò invece una confusione più grande di quella iniziale, amplificata dalle urla e dal terrore. Quando la folla finalmente si aprì, vide un ragazzo che non poteva avere più di venticinque anni accovacciato a terra con una mano che tentava inutilmente di tamponare l'addome sanguinante. A qualche centimetro da lui, un corpo giaceva a terra. Freddo e immobile. Beatrice sentì la gola chiudersi e gli occhi incendiarsi. 

Il corpo aveva la forma di una ragazzina che doveva avere al massimo tredici anni. Indossava una maglia con una foto dei BTS stampata sopra, imbrattata di sangue. Il suo piccolo e giovane viso era deturpato da un foro di proiettile all'altezza della fronte e un'espressione agonizzante negli occhi. 

Non aveva fatto neanche in tempo a gridare. 

Era morta prima di poter perfino sentire il dolore. 

Beatrice, con gli occhi paurosamente incantati ad osservare la scena, spostò l'attenzione ad un paio di sneakers vicino ai due corpi e alla pistola che si trovava fra di esse. Le scarpe facevano da base ad un corpo slanciato e vestito con cura, sopra al quale un viso freddo e imperturbato osservava la scena. 

"Anna Johnson."

 

J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori.

IMPORTANTE: fare in modo che la polizia sia già sul posto. NON attirare l'attenzione dei rapitori. Forare i copertoni per impedire la fuga.

 

Yoongi

25 maggio 2020

H 10:36

Causa della morte: frana

 

Namjoon

4 giugno 2020 

H 15:11 (ora locale di New York) 

Causa della morte: colpo di pistola

Colpevole: Anna Johnson

 

Numero restart: 30

 

Una volta che ebbe finito di scrivere, Beatrice appoggiò la penna, osservando i dati che le riportava la pagina. Chiuse gli occhi e pregò di poter dimenticare. Dimenticare il volto straziato di una ragazzina morta nel momento più felice della sua vita. Dimenticare il fatto che lei era colpevole della morte di due persone, perché aveva nuovamente accampato un piano con leggerezza. Si prese le tempie fra le mani e chiuse gli occhi. 

"Se faccio intervenire il detective di Miss Jones, lui proverà a fermare Anna e morirà nella commozione insieme alla ragazzina."

"Non posso farla disarmare prima che possa estrarre la pistola."

"Non posso impedirle di sparare senza che altri vengano feriti o uccisi."

"Non posso dire a Miss Jones tutto quello che so."

Lei in realtà sapeva già a cosa portava quel ragionamento. Non c'era altra soluzione che non mettesse a rischio la vita di altri innocenti. Lei lo sapeva e la accolse con serena accettazione. Non si trattava di un destino crudele o di una punizione divina. Era semplice logica. 

"L'unico modo per impedire che il proiettile colpisca Namjoon è che me lo becchi io al suo posto. Se riesco a sopravvivere, il restart non avviene e il tempo potrà andare avanti."

"Devo solo sopravvivere."

"Non sarà così difficile."

 

4 giugno 2020 

H 15:11 

(Ora locale di New York)

 

"Devo solo sopravvivere."

Quelle parole rimbombavano come un'eco nella sua testa. Se le era ripetute molte volte nell'arco di quei mesi, preparandola esattamente a quel momento. 

"Non sarà così difficile."

Questo aveva pensato, anche nel momento in cui identificava nella folla la ragazza dagli occhi celesti e si avvicinava ad essa con determinazione bruciante. Lo pensò anche quando questa estrasse l'arma dalla borsa e la puntò davanti a sé, mirando al leader. Lo pensò anche quando le afferrò le mani, deviando la traiettoria del proiettile, che affondò nel suo cuore. 

Solo allora, quel pensiero scemò scomparendo nella sua mente. La consapevolezza la raggiunse subito dopo e lei la accolse con serena rassegnazione. 

"Va bene così."

"Devo solo riprovare."

 

J-Hope

4 maggio 2020

H 9:03

Causa della morte: incidente stradale 

 

Jimin

13 maggio 2020

H 12:47

Causa della morte: incendio, porta rotta 

IMPORTANTE: evitare che la porta si chiuda. Chiamare l'assistenza per la manutenzione.

 

Taehyung

16 maggio 2020 

H 15:13 

Causa della morte: finestra rotta, bambini che giocano a pallone.

 

Jin 

17-18 maggio 2020

H 16:36

Causa della morte: assunzione di miozin. 

Sostituire prima dell'assunzione. 

 

Jungkook

20 maggio 2020

H 18:24

Causa della morte: rapimento e omicidio da parte dei rapitori.

IMPORTANTE: fare in modo che la polizia sia già sul posto. NON attirare l'attenzione dei rapitori. Forare i copertoni per impedire la fuga.

 

Yoongi

25 maggio 2020

H 10:36

Causa della morte: frana

 

Namjoon

4 giugno 2020 

H 15 circa (ora locale di New York) 

Causa della morte: colpo di pistola

Colpevole: Anna Johnson

 

La penna indugiò prima di affondare nuovamente sulla carta. 

 

Numero restart: 46 

 

Un ghigno invase le sue labbra. Le conquistò, espandendosi fino a trasformarsi in una risata soffocata, priva di ilarità. 

"Ventitré anni."

"Avrei quarantasei anni adesso se avessi vissuto una vita normale."

La risata divenne sguaiata mentre gli occhi le si inumidivano. 

"Sarei già in in crisi di mezza età."

"Forse sarei già in menopausa."

La risata fu soffocata da dei singhiozzi secchi. 

"E invece eccomi qui, ancora ventitreenne..."

Ogni suono e ogni pensiero tacque, unendosi in un unico coro. 

"Devo solo sopravvivere."

 

3 marzo 2020

H 23:14

 

-Salve Miss Jones.- 

Il telefono rimase in silenzio e Beatrice poteva percepire l'umore della persona all'altro capo. 

-...Salve, ci conosciamo?- 

La ragazza alzò un angolo della bocca. 

-Ma certo. Non è lei la migliore detective di New York?- chiese con una punta di ilarità nella voce. 

La sua interlocutrice non proruppe in una ricca risata. Invece, con tono ammaliato e basso mormorò qualcosa. 

-Proprio come dici tu. E allora parliamo di affari.- replicò la donna. 

-Anna Johnson, figlia di Nicholas Johnson. Dobbiamo raccogliere tutte le prove riguardanti le accuse di aggressione a carico della ragazza e fare in modo che il fascicolo dei federali a nome del padre sia bello pieno.- 

La richiesta fredda e secca della cliente fu accolta dal silenzio. 

-Hai delle belle informazioni...- sussurrò la voce della donna -...chi sei?- 

La ragazza emise un lieve sospiro. 

-Io ho i miei segreti, Miss Jones, come tu hai i tuoi...- replicò semplicemente. 

-Inoltre ho bisogno di un uomo all'uscita del JFK. Il 4 giugno alle 15 dovrà essere davanti alle porte con una telecamera puntata su Anna Johnson.- 

 

4 giugno 2020 

H 15:11

(Ora locale di New York)

 

Quel pomeriggio al JFK si mescolavano molti rumori.

C'erano le urla delle fan.

C'era il rombo dei motori e lo squillo dei clacson delle macchine ferme davanti all'aeroporto.

C'erano gli ammonimenti dei bodyguard, che spingevano i sette ragazzi verso l'uscita. 

Un rumore però, li sovrastò tutti. Improvviso, lungo quanto un battito del cuore ma con un eco strascicata nell'aria. 

Uno sparo attraversò l'atmosfera della città scatenando un caos ancora più forte. 

Nella confusione, la gente si spingeva, piangeva e correva. 

Una persona però, navigava in quel caos che le era così famigliare come una imperturbabile nave in mezzo ad un oceano in tempesta. La sua ancora la tenne ferma, stretta alla vita, nonostante essa le scivolasse dalle mani. 

"Devo solo sopravvivere."

Questa volta sì. L'avrebbe fatto.

 

WEEEEEEEEEEE

Non è questo l'epilogo, tranquilli. Abbiamo ancora un paio di capitoli, ma ormai ci siamo.

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Capitolo 40
*** 40 ***


Nella tazza che Beatrice stringeva fra le mani ormai non era rimasto più nient'altro che un residuo di liquido scuro. Esso, raffreddandosi, si era incrostato sulla ceramica assumendo la forma di una bizzarra stella. Questa piccola creazione fu il centro dell'attenzione della ragazza per tutto il tempo in cui la sua voce narrava la sua storia al silenzioso pubblico. I sette ragazzi non avevano emesso un fiato da quando lei aveva iniziato a parlare. Non fecero domande o commenti di alcuna sorta. Rimasero semplicemente lì, attenti ad ogni singolo dettaglio, alcuni assorti in ricordi sepolti, altri con le bocche dischiuse dall'incredulità. 

La narratrice sentiva la gola secca. Doveva aver parlato per un'eternità. Minuti, forse ore. Ma per lei furono anni. 

-Dopo la sparatoria, Miss Jones fece il resto del lavoro. Grazie al filmato e alle prove di frode fiscale riguardanti Nicholas Johnson, ha potuto dare alla polizia le basi per incriminare Anna Johnson.-

Le parole della ragazza caddero nel silenzio che dominava la stanza come un'alta marea. Beatrice era esausta. Si era trascinata lungo tutti gli eventi che l'avevano portata a quell'inaspettato culmine e realizzò che aveva paura di cosa sarebbe successo in seguito. 

-Se volete denunciarmi o chiudermi in un ospedale, beh, non vi biasimo. Capisco che tutto questo suoni assurdo...- 

L'affermazione aveva una nota scherzosa ma nascondeva la verità che lei si aspettava avrebbe seguito quel momento. 

"In fondo, perché dovrebbero crederti?"

 

Quando finalmente alzò gli occhi sul silenzioso gruppo, la scena che si trovò davanti la colse impreparata. Negli sguardi dei ragazzi sembravano racchiuse tante tumultuose emozioni: paura, confusione, dolore, rammarico. Un viso però recava qualcosa di diverso dagli altri. Le sue guance candide era rigate dalle lacrime, i suoi occhi luminosi la osservavano intensamente, facendola affogare in quel mare carico di tristezza. 

-Ehi...che succede?- chiese dolcemente la ragazza alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a Jimin. 

Quest'ultimo abbassò la testa, mordendosi le labbra e coprendosi il volto con le mani. Beatrice si pose davanti a lui e, vedendo che il ragazzo rimaneva chiuso nel suo nascondiglio, si sedette sulla moquette. Il rumore di un lieve singhiozzo uscì dal bozzolo dietro cui era nascosto il volto in lacrime, che finalmente si aprì portandolo ad osservare la persona di fronte a sé. Questa sorrise, cercando di rassicurarlo. Vedendo le lacrime che continuavano a scorrere, lente ma inesorabili, la ragazza gli prese delicatamente la mani. 

-Perché piangi?- gli chiese in un sussurro. 

Un altro singhiozzo sfuggì dalle labbra di Jimin, che cercava di fermare la pioggia che i suoi occhi avevano scatenato. Abbassando lo sguardo sulle mani che si erano appoggiate sulle sue, le afferrò e le strinse. 

-Io...non pensavo che avessi affrontato tutto questo per noi...- proruppe infine, con la voce altalenante a causa delle lacrime incastrate in gola. 

-Non riesco a credere a tutto quello che sarebbe successo se tu non fossi intervenuta...li avrei persi, tutti...- 

Jimin non riuscì a terminare la frase, che venne inghiottita dall'angoscia di quel terrificante pensiero. Infine, alzò gli occhi nuvolosi ma finalmente sereni e osservò la ragazza di fronte a sé. 

-Grazie.- 

Beatrice, nel profondo del suo cuore, lo sapeva. Non l'aveva mai voluto ammettere a se stessa e non voleva che quella fosse la motivazione che la spingeva ad agire. Eppure sapeva dentro di sé che le sarebbe solo bastato qualcosa di così semplice per farla sentire appagata. Un grazie. Un riconoscimento. Non se lo sarebbe aspettato, ma le avrebbe fatto sentire che tutti quegli anni, tutti quei sacrifici, tutte quelle morti avrebbero avuto significato. Perciò, quando Jimin le rivolse quell'unica, semplice parola, il suo cuore cedette. 

Sentì le lacrime raggrupparsi violentemente nei suoi occhi e non fece niente per combatterle. Lasciò che iniziassero a scorrere, a farsi strada impudenti sul suo volto. La sua testa, improvvisamente troppo pesante, si accasciò sulle sue mani intrecciate a quelle del ragazzo, mentre cercava disperatamente di trattenere i singhiozzi. 

Grazie. 

Era così semplice eppure significava così tanto.

Voleva rispondere, ma le parole venivano continuamente uccise dai suoi respiri mozzati.

-Non...non c'è di che...- disse, dopo aver forzato la sua gola ad emettere dei suoni coerenti. 

 

-Che cosa hai intenzione di fare adesso?-

La voce di Namjoon la raggiunse alle sue spalle mentre lei metteva sul fuoco la pentola carica di acqua. 

-Intendi se ho ancora intenzione di tornare in Italia?- chiese facendo scivolare il sale dalle sue mani. 

-Sì, esatto. In fondo, adesso che sappiamo tutto non hai motivo di andartene.- 

Mentre Beatrice appoggiava il coperchio, sentì l'attenzione del gruppo concentrarsi nuovamente su di lei. 

-In effetti, è così. Il motivo principale per cui me ne stavo andando era per evitare che indagaste ulteriormente, ma adesso... Beh, resta il fatto che sono senza lavoro.- concluse con una leggera risatina. 

-Quello non è un problema, potremmo farti riassumere anche domani.- borbottò Yoongi, restando accoccolato sul divano con finta indifferenza. 

-Esatto. Potrai tornare a lavorare immediatamente.- si affrettò ad aggiungere Hoseok. 

Da quando si era alzata e aveva preso a cucinare, il ragazzo aveva iniziato a svolazzare per la stanza come un colibrì impaziente, muovendosi freneticamente senza pace. 

-Grazie, ma ho già comprato il biglietto per l'aereo e non vedo la mia famiglia da un po'. In più, il mio visto sta per scadere, perciò ne posso approfittare per rinnovarlo.- rispose lei soprappensiero. 

"Quanti grammi di spaghetti ci vorranno per otto persone?"

Alla fine si era fatta sera e, dato che i ragazzi non sembravano intenzionati ad andarsene, aveva finito per offrirgli di provare la vera carbonara italiana e il gruppo aveva accolto volentieri l'offerta. 

-Quindi hai intenzione di tornare, giusto?- 

Beatrice sentì la presenza di Hoseok avvicinarsi a lei e comparire nel suo campo visivo, ma cercò di concentrarsi sulla bilancia su cui stava misurando la pasta. 

-Beh, credo di sì...perché?- 

Non sapendo resistere alla curiosità, dopo aver fatto la domanda si voltò verso il ragazzo e lo guardò alzando un sopracciglio. 

-Ah, ecco, così puoi tornare a lavorare alla BigHit...- rispose lui, mascherando l'imbarazzo con un risata nervosa. 

Con un sorriso divertito, Beatrice riportò l'attenzione ai fornelli. 

 

Dato che ne il tavolo ne il divano erano fatti per ospitare così tante persone, il gruppo optò per consumare la cena seduti sul pavimento. Da quando Beatrice aveva distribuito i piatti ad ogni ragazzo, nella stanza avevano iniziato ad echeggiare versi di approvazione e rumorosi "Amo la carbonara!" che compensarono il silenzio delle ore precedenti. 

-Quindi...come funziona questa cosa dei salti nel tempo?- eruppe con curiosità Namjoon, attirando l'attenzione dell'intero gruppo. 

La ragazza si prese qualche istante per riflettere.

 

-Che cosa sai riguardo ai salti nel tempo?- 

Il tono di Lee Jiwoo la incitò a rispondere, perentorio. 

-Lei...sa dei salti nel tempo?- 

La donna annuì, scuotendo i capelli fini. 

-Vedi, le persone come noi sono in grado di rendermene conto, in forma di ricordo, di sogno o di déjà vu.- 

-Le persone...come noi?- 

La sua interlocutrice prese a fissarla con gli occhi scuri.

-Certo. Le persone che rimangono direttamente coinvolte nei salti del tempo. Tu che sei, per così dire, l'occhio del ciclone, sei quella che ha la memoria maggiore riguardante gli eventi dei passati salti. Anche i ragazzi però avranno, in una certa misura, un ricordo.- 

Beatrice la osservò stupefatta. 

-Lei...come fa a sapere tutto questo?- 

Jiwoo accavallò elegantemente le gambe, portando lo sguardo lontano da sé. 

-Quando ero più giovane, mi successe qualcosa di simile a quello è successo a te. Morii in un incidente stradale ma, a quanto pare, non era ancora veramente la mia ora perciò fui riportata indietro ad un mese prima della mia morte. Mi ci vollero dieci tentativi prima di riuscire a risolvere il punto fermo.- 

La donna riportò la sua attenzione alla ragazza seduta accanto a lei. 

-Tu conosci la teoria dei punti fermi?- 

Beatrice, uscendo dallo stato di shock in cui era immersa, annuì semplicemente. 

-Bene, allora saprai che finché il punto fermo non viene risolto continuerai a tornare indietro. Non si sa esattamente con quale criterio il tempo si riavvolge, ma ogni volta che succede sappiamo che rimangono delle piccole crepe che generano quelli che vengono chiamati punti fantasma.- 

-Punti fantasma?- 

-Sì. È un po' complicato da spiegare ma, in breve, si tratta di eventi che normalmente non dovrebbero avvenire in questa linea temporale ma che compaiono in seguito a un ripetuto numero di salti nel tempo. Dopo che hai evitato la morte di Hoseok, hai innescato la morte di Jimin, di Taehyung e di tutti gli altri membri come punti fantasma, comparsi nella linea temporale a causa del fatto che tu continuavi a tornare indietro nel tempo.- 

La mente di Beatrice era oberata di informazioni. Si trascinava freneticamente cercando di assimilare tutto quello che la donna le aveva rivelato, arrivando ad un'oscura consapevolezza. 

"Le loro morti sono...colpa mia."

-Non so precisamente quante volte sei tornata indietro nel tempo, ma spero che adesso che tutti sono salvi tu ti possa fermare.- guardandola con un silenzioso ammonimento negli occhi. 

-Io...sì, mi voglio fermare. Non voglio più tornare indietro. Ho solo...cercato di salvarli.- rispose la ragazza, sconvolta dalle rivelazioni. La donna moderò il suo sguardo, annuendo con un sospiro. 

-Molto bene. Se avessi continuato a forzare la linea temporale avresti potuto causare danni enormi. I punti fantasma che hai creato potevano trasformarsi in punti fermi. Altri due o tre salti e la morte di ognuno dei ragazzi sarebbe diventata irreversibile.- 

 

La ragazza tornò prepotentemente al presente, ricordandosi degli ascoltatori che attendevano la sua risposta. 

-È complicato...ma in pratica sembra che io non debba morire adesso, all'età di ventitré anni. La mia morte era uno sbaglio, un'errore nel tempo. Per questo motivo, venivo riportata indietro per evitare che essa accadesse.-

Namjoon annuì, consapevole che le implicazioni dietro tutta quella faccenda erano maggiori di quanto la ragazza volesse raccontare. Nonostante ciò, decise che indagare ulteriormente non era necessario. Si fidava di lei. 

Se c'era una cosa che lei si era guadagnata, era certamente la sua fiducia. Perciò non avrebbe discusso dettagli che ormai non lo interessavano più. 

 

Erano ormai le dieci di sera quando i ragazzi decisero che era ora di andarsene. Prima di uscire dal piccolo appartamento, la salutarono uno per volta ringraziandola nuovamente per quello che aveva fatto per loro e promettendole che quando sarebbe ritornata a Seoul avrebbe potuto riprendere la sua scrivania alla BigHit. I ragazzi si accumularono infine nel corridoio del condominio, attendendo l'ultimo membro del gruppo, ancora indugiante sulla soglia della porta. 

"Andiamo, dillo."

Hoseok fissava la ragazza sorridendo, incapace di pronunciare un unico suono. 

"Avanti, deficiente! Dillo!"

-Bene, allora...buon viaggio!- esclamò con un inchino frettoloso prima di uscire dall'appartamento e rivolgere la schiena a Beatrice. 

Quest'ultima lo osservò leggermente sorpresa, prima di salutare il gruppo per un'ultima volta e chiudere la porta. Quando sentì il chiacchiericcio sommesso farsi sempre più lontano, decise di riaprire la porta e prendere la rampa di scale che saliva sul tetto. 

 

-Sei incredibile.- 

Il brontolio contrariato di Yoongi distolse l'attenzione di Hoseok dagli insulti che stava mentalmente rivolgendo a se stesso. 

-Dici con me?- chiese dubbioso al maggiore. 

Quest'ultimo alzò pigramente lo sguardo su di lui, guardandolo con incredulità. 

-Certo che dico con te, idiota. Non riesci neppure a chiedere ad una ragazza di uscire? Andiamo, da quando fai il timido?- 

Le parole dell'amico lo lasciarono spiazzato, fermando le sue gambe prima che scendessero l'ultimo gradino della lunga scala. Yoongi, vedendo lo stupore e l'incertezza negli occhi del minore, emise uno sbuffo fintamente irritato. 

-Muovi il culo, forza. Noi ti aspettiamo in macchina.- aggiunse prima di girarsi e porsi in cima al gruppo di ragazzi scioccati. 

Hoseok non se lo fece ripetere due volte. Si voltò e iniziò a risalire le scale due gradini alla volta. 

 

"Perché non risponde?"

Era la terza volta che il ragazzo bussava alla porta di Beatrice, ma questa sembrava non volersi aprire. Con un tonfo, appoggiò la fronte alla superficie di fronte a sé, sentendo la sconfitta e la delusione prendere il sopravvento. Un cigolio improvviso, però, gli fece alzare lo sguardo, speranzoso. 

-Cerchi Beatrice?- 

Non fu la porta della ragazza ma quella accanto ad aprirsi, rivelando una signora sulla settantina con un cordiale sorriso sul volto. 

-Ehm...sì, esatto.- rispose titubante il ragazzo. 

La donna lo guardò con una traccia di tenerezza nello sguardo. 

-A quest'ora di solito si trova sulla terrazza. Sali le scale fino in fondo, dovresti trovare la porta aperta.- 

Con un altro sorriso, la signora salutò il giovane, trascinandosi la porta dietro. 

 

Beatrice abbracciò con lo sguardo il luogo che le aveva dato e tolto così tanto. Le aveva dato opportunità, seconda possibilità, incontri, amici. Le aveva tolto umanità e talvolta la sanità mentale. Non sapeva bene come sentirsi nei confronti di quel luogo. Poi però, osservò la balaustra davanti a sé. E vi si avvicinò. Con un sorriso sulle labbra, vi appoggiò la mano sopra. 

"Devo farla aggiustare."

Con il sollievo nel cuore, osservò quell'arma che non poteva più farle male. 

"Non ho più bisogno di te, ora."

-Beatrice- 

La voce familiare la sorprese, facendola voltare precipitosamente verso la porta. Vedendo Hoseok emergere dall'oscurità delle scale, il suo cuore esplose in uno spettacolo pirotecnico. La magia però si interruppe quando un cigolio dietro di lei la trascinò a sé. 

-No!- 

La voce di Hoseok gridava, ma era troppo lontana. 

"No, ti prego..."

"No..."

 

 

HERE WE ARE!

Eh già. Il prossimo capitolo sarà l'epilogo e io come al solito vi lascio sulle spine. Sono indecisa sé pubblicarlo subito o farvi soffrire un altro po'....uhm, che dite? Aspetto o siete troppo impazienti? 

Comunque, scrivere questo capitolo è stato il processo più intenso di tutta la storia. Ero talmente presa dalle emozioni di tutti e dalla trama che mi è venuto un gran magone (non è esattamente italiano, ma non trovo sinonimi adatti). Spero che percepiate tutte le mie sofferenze in questo capitolo, che attendevo con ansia di scrivere dal momento in cui ho iniziato la storia. 

Ditemi, come pensate che andrà a finire? Come VOLETE che vada a finire? Fatemelo sapere, sono curiosa.

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Capitolo 41
*** EPILOGO ***


Una voce dolce e calorosa si insinuò nel suo sogno, facendole dubitare che fosse reale. Dopo qualche istante, realizzò che era la sveglia che stava cercando di strapparla al suo sonno perciò si stropicciò gli occhi afferrando il cellulare. 

4 novembre 

H 7:22

Con uno sbuffo, si alzò dal letto srotolando lentamente la colonna vertebrale e sentendo scricchiolare qualche vertebra. La sua attenzione fu allora attirata dal verso del piccolo animale che si avvicinava a lei, richiedendo la colazione. Con un sorriso, Beatrice si alzò seguendo il tenero ammasso di pelo che la conduceva in cucina. 

Il rumore della televisione la raggiunse prima che lei potesse aprire la porta, ma la sua mente lo ignorò, ancora troppo assonnata per darvi senso. 

Una volta entrata nella stanza, si avvicinò all'uomo seduto al tavolo, intento a spalmare la marmellata sulle sue fette biscottate, e gli diede un bacio. 

-Buongiorno amore.- 

 

 

 

...........

Ok. Quanto mi odiate da 1 a infinito? Lo so, vi ho lasciato in sospeso ma in fondo si capisce com'è andata a finire. Ero tentata di fare un finale completamente positivo, dove vi mostravo che Hoseok riusciva a salvarla, il restart si interrompeva e vissero tutti felici e contenti. Ma sarebbe stato troppo noioso, perciò ho deciso di mettere apposta questo finale ambiguo, per farvi prendere un bello spavento. Come credete sia andata? Cosa pensate sia successo? Ammettetelo, quando avete visto 4 novembre, mi avete pesantemente insultata. Lo so e lo accetto.  Che dire, this is it. Questo lungo viaggio è finito e non ce l'avrei mai fatta senza di voi, per questo vi invito a leggere il capitolo dei ringraziamenti perché vi meritate davvero un applauso. Nel frattempo, sto già pensando di iniziare un'altra storia, quella di cui vi avevo messo la trama e forse di revisionare interamente questa per eliminare alcuni errori di struttura. Ciao a tutti e ci vediamo nel prossimo capitolo!

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Capitolo 42
*** RINGRAZIAMENTI ***


Oh yes. Ho aspettato tanto questo momento. Come ho già detto nel precedente capitolo, voi siete il motivo per cui ho potuto finire la storia, perché il fatto di sapere che qualcuno continua a leggerla e ad apprezzarla mi ha spinto a scrivere anche quando volevo gettare la spugna. Perciò vi meritate un riconoscimento. 

Allora, procediamo con ordine. 

 

Per wattpad, vorrei davvero ringraziare Luna_d_Inverno per avere votato ogni mio singolo capitolo, già da quando ancora avevo pochissime visualizzazioni, grazie tante davvero. 

In più volevo ringraziare tutti coloro con cui ho fatto scambi di letture e coloro che hanno recensito la storia, grazie dei consigli e dei feedback. 

 

Per EFP, oh boy, abbiamo un bel po' da dire. 

Grazie a quelli che hanno seguito la storia:

-charaseyo

-crazy lion

-LadyTsuky

-Lyeesia

Grazie a quelli che hanno messo la storia fra le preferite:

-aryanna_freak

-PinkBlackDalia

-TRIZGA66

 

E infine tu. Sì, proprio te, che non solo hai seguito la storia e mi hai messo tra gli autori preferiti, ma hai recensito ogni singolo capitolo, accompagnandomi da quando ho messo piede su EFP fino alla conclusione della storia. La mia cara Aperonzina, stellina bella, ti ho dedicato un intero Park Jimin cuoricioso di copertina perché te lo meriti tutto. Grazie di avermi seguita e avermi motivato per la durata di questo viaggio, spero di poterti vedere di nuovo in prossime eventuali storie che scriverò. Nel frattempo, vi invito a fare un salto nella storia che lei sta scrivendo e di darle tanto amore. 

 

Grazie mille davvero, mi inchino a voi e vi saluto con affetto.

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Capitolo 43
*** REVISIONE ***


Ed eccoci di nuovo qui, miei cari. Dopo una settimana di ritiro spirituale ABEMUS REVISIONEM! Ebbene sì, ho voluto togliermela di mezzo subito in modo che potessi iniziare la nuova storia senza pesi nel cuore. Per amore di trasparenza, vi dico a grandi linee gli aspetti che sono cambiati a seguito di questa revisione. 

Prima di tutto, la trama non è cambiata, come neanche l’essenza della storia. I cambiamenti apportati sono più che altro strutturali. Ad esempio, ho aggiustato il lessico e gli errori di distrazione (oltre ai riferimenti maschilisti poco delicati). Inoltre, ho cambiato il modo in cui i pensieri vengono espressi dal corsivo alle virgolette, lasciando il primo quindi solo per i sogni e i ricordi. In questo modo c’è più equilibrio. Ho anche ridotto l’uso dei punti di sospensione (di cui ultimamente avevo decisamente abusato) e ho cercato di rendere i dialoghi più naturali. Ho aggiunto un po’ di descrizioni in più nella parte iniziale, che ne era fondamentalmente povera e le ho diluite nella sezione di mezzo, tagliando quelle che erano troppo cariche di dettagli. 

I cambiamenti più grandi hanno coinvolto alcuni avvenimenti come il coinvolgimento emotivo di Beatrice, a cui ho aggiunto alcuni episodi in cui mostra i segni della stanchezza per la situazione. Ho tagliato i sogni nella parte iniziale, lasciando unicamente la descrizione dell’incidente senza riprendere interamente la giornata. Inoltre, ho cercato di rendere alcune situazioni meno forzate: ad esempio, Namjoon non riceverà l’indirizzo di Beatrice dal caporeparto ma dal manager. Ho spostato la causa del rilascio di Anna Johnson più sull’insufficienza di prove valide in tribunale che sull’influenza del padre. Infine, ho cambiato leggermente il capitolo finale, tagliando i ringraziamenti di tutto il gruppo e limitandomi a quelli fatti da Jimin, in modo che la scena sembrasse meno teatrale. 

 

E dunque, questo è quanto. Voglio ringraziare AperonzinaRecensioni e i Pantheidi per i consigli che mi hanno dato nelle loro recensioni, che mi hanno permesso di seguire una direzione precisa nel revisionare questa storia. 

Detto ciò, a breve dovrebbe uscire la nuova creatura, per cui spero di vedervi anche lì e sentire il vostro parere. 

 

PS: alla fine non pubblicherò quella di cui vi avevo anticipato, perché sono una masochista recidiva, perciò farò uscire un’altra storia ansiogena.

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Capitolo 44
*** DREAMLAND ***


DREAMLAND OUT NOW!

Come vi avevo anticipato, stavo lavorando ad una nuova storia. 
Ebbene, oggi Dreamland ha avuto il suo grande debutto con ben quattro capitoli! 
Spero di sapere cosa ne pensate, se volete vederla anche su wattpad la trovate insieme a Déjà vu al profilo @Juliet8198. 

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