Please, come in

di Sky Reiner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome ***
Capitolo 2: *** My Dilemma ***



Capitolo 1
*** Welcome ***


Reiner si sbatté la porta alle spalle e si tolse gli stivali, gettandoli poi con noncuranza nel porta scarpe. Recuperò i vestiti -che aveva preparato quella mattina- appoggiati sul divano e si diresse con passo deciso in bagno, desideroso di lasciare che il getto d’acqua bollente della doccia lavasse via i suoi pensieri e le sue fatiche –non prima di aver gettato sul tavolo della cucina cellulare e portafogli-.
Accese l’acqua e si tolse la cintura prima di tutto il resto, scaraventando anche questa in un angolo remoto della stanza; poi fu il turno di pantaloni, calze e boxer, che ebbe la decenza di appoggiare sopra alla lavatrice, e infine si sfilò la maglietta e la camicia, entrambe intenzionalmente troppo strette per lui, così che tutti potessero ammirare il risultato di tutti quegli anni spesi a frequentare abitualmente la palestra.
Fece per aprire la porta scorrevole della doccia quando un suono proveniente dalla cucina catturò la sua attenzione; lo squillo assordante del suo cellulare gli fece ricordare di un avvenimento risalente a quella mattina.
Fece appena in tempo a scendere dalla macchina prima che l’aggeggio nella tasca laterale dei suoi jeans smettesse di squillare;
“Sì, pronto? Stavo guidando,” nel frattempo chiuse la macchina e si avviò di tutta fretta verso alla via in cui si trovava il bar in cui lavorava.
“Ehm, ah… scusa, chiamo perché sono interessato a condividere l’appartamento, spero di non disturbare…” rispose una voce alquanto bassa e tremante. Reiner si bloccò sui suoi passi e per poco non andò a sbattere contro a un lampione della luce. Pochi giorni prima aveva postato un annuncio in cui aveva scritto di essere in cerca di un coinquilino, ma impegnato com’era, tra lavoro, studi e palestra, se n’era completamente dimenticato.
“Ahah ma certo, senti, ti offendi se ti dico che mi stai disturbando? Sto andando al lavoro e non posso stare al telefono.”
Il ragazzo dall’altra parte della linea sussultò e Reiner quasi si sentì in colpa.
“Ah, mi dispiace! Quando puoi parlare? Così magari ti richiamo,” Reiner non stette a rifletterci per più di un paio di secondi, essendo già in ritardo.
“Esco alle cinque quindi chiamami a quell’ora; scusa ancora eh,”
“Non fa niente, scusami tu, buona giornata…”
Ma perché era così sbadato di quei tempi? Maledì sé stesso per non essersi fatto un promemoria si catapultò in cucina, senza nemmeno degnarsi di mettersi qualcosa addosso –tanto viveva da solo-. Accettò la chiamata e si portò il telefono all’orecchio.
“Pronto!” forse aveva usato un tono di voce troppo entusiasmato.
“Mh, chiamo per l’appartamento… ti ricordi di stamattina?”
“Certo che mi ricordo, allora mi dicevi di essere interessato?” il biondo prese a giocherellare con gli oggetti appoggiati sul tavolo: un orologio, una matita, dei post-it;  avrebbe dovuto mettere un po’ a posto prima dell’inevitabile visita di…
“Esatto, mi chiamo Bertholdt Hoover, ho 21 anni… ho visto che cercavi un coinquilino intorno alla tua età, insomma… spero vada bene.”
“Ma dai, abbiamo la stessa età! Senti, ti andrebbe di passare domani, che ho il giorno libero? E poi devo mettere in ordine perché è un casino in giro per casa,” ridacchiò Reiner, già escogitando un piano per rimettere a posto tutto nel giro di qualche ora.
“Domani…verso le 3 del pomeriggio? Andrebbe bene?”
Finirono la telefonata mettendosi d’accordo sull’orario- si sarebbero visti, appunto, alle 3. Reiner riuscì finalmente ad entrare in doccia e quando ebbe finito indossò la tuta più comoda che possedeva, pronto a spostare mobili per fare la polvere e a cambiare lenzuola che erano rimaste le stesse per mesi.
 
 
Bertholdt si guardò allo specchio per l’ennesima volta, alzò la testa, raddrizzò la schiena, controllò che la cerniera dei pantaloni non fosse abbassata e che i risvoltini fossero alla stessa altezza. Meno male che si era svegliato con i capelli in ordine, erano più morbidi del solito.
Cacciò uno sguardo all’orologio e si decise ad uscire dalla porta una volta per tutte; recuperò il portafogli –che non gli sarebbe servito-, i documenti, una bottiglietta d’acqua, il cellulare carico al 100%, il caricatore del cellulare e le chiavi della macchina, e uscì di casa, pronto ad affrontare il pomeriggio.
Mentre metteva in moto la macchina ripensò all’annuncio trovato grazie al prezioso aiuto del suo amico Marco, che pareva essere in grado di risolvere qualunque problema con una calma e una precisione quasi disumane. Gli tornarono in mente le sue parole, pronunciate con un sorriso;
“Vedrai che sarete molto più che coinquilini.”
Ah no, quelle erano le parole di Jean, onnipresente quando si trattava del suo fidanzato Marco. Probabilmente doveva essere un riferimento a come i due si misero insieme una volta andati a convivere essendo entrambi studenti fuori sede.
E allora che cosa gli aveva detto Marco? Non aveva tempo per pensarci; uscì dal viale di casa sua con le mani strette al volante e la fronte già sudaticcia per l’agitazione: sarebbe stata una lunga giornata.
 
Reiner sistemò il cesto della frutta perfettamente al centro della tavola; era stato su fino all’una di notte per far sì che tutto fosse perfettamente in ordine e che non ci fosse nemmeno un granello di polvere in tutto l’appartamento, lasciando per la mattina soltanto camera sua, pur dubitando che Bertholdt l’avrebbe vista.
Ovviamente ci aveva messo così tanto anche perché scoprì di non essere in grado di pulire per più di un’ora di fila, infatti dopo ogni 40 minuti di duro lavoro lo aspettavano una ciotola di patatine e un episodio a caso di qualche serie, sempre a caso, che stavano dando in tv.
Si sistemò la camicia infilandosela nei pantaloni e si sedette sul divano, in attesa che il suo forse-futuro coinquilino suonasse il campanello. Per l’occasione aveva anche tolto il copri divano e aspirato le eventuali briciole che erano rimaste incastrate tra le sedute.
Che cos’è che gli aveva detto Ymir la sera prima in videochiamata?
“Non importunarlo!”
Ah…no, quello glielo aveva detto Historia. Proprio lei, la ragazza di cui era perdutamente innamorato, peccato però che tutti i suoi piani di confessarsi a lei andarono in fumo quando scoprì che lei e Ymir si erano messe insieme. A proposito di Ymir, cosa gli aveva detto?
 I suoi pensieri furono interrotti dal suono del campanello e da quello delle campane della chiesa: questo Bertholdt doveva essere davvero puntuale… corse ad aprire e pochi istanti dopo le porte dell’ascensore del palazzo si spalancarono, rivelando la figura alta e atletica di un ragazzo che doveva trattarsi del fantomatico Bertholdt.
Reiner non poté fare a meno di notare il contrasto tra il corpo ben modellato e l’espressione gentile e nervosa del ragazzo, il quale si fece avanti di qualche passo e gli porse la mano grande e tremante. Reiner batté le ciglia e gliela strinse:
“Piacere, Bertholdt, sono il ragazzo di ieri,”
“Reiner! Vieni dentro, mica ti mangio,”
Il corvino ridacchiò nervosamente e si lasciò guidare da Reiner, che lo condusse in salotto e lo fece accomodare sul divano in pelle color sabbia. Notò con piacere che l’appartamento pareva pulito e ordinato.
“Posso offrirti qualcosa? Sai, lavoro in un bar, quindi sono specializzato in caffè e cappuccini.”
“N-No grazie,” Bertholdt scosse la testa, e Reiner si sedette dall’altra parte del divano, “Ma devo dire che questa zona è davvero bella, in più è vicina all’università che frequento,”
“Ah sì? Beh, è un buon inizio direi. Che studi?”
“Scienze Motorie e Sportive.”
Reiner cominciò a capire il perché di quel fisico scolpito, doveva essere una persona sportiva come lui. Magari questa sarebbe stata la volta buona per prendere qualche attrezzo che non fosse un peso troppo piccolo o una banalissima corda per saltare.
“Grande! Anche a me piace lo sport; faccio palestra,”
Durante la conversazione al corvino balenarono in testa svariate domande: quando mi fa fare il giro della casa? Avrei dovuto accettare il caffè? Magari si è offeso… lavora in un bar… ho caldo. Sto arrossendo? Perché?!
Notò con orrore che i loro sguardi si erano incrociati per un istante; distolse immediatamente il suo e sentì le sue guance diventare calde come una fornace.
Reiner era un bel ragazzo; poco più basso di lui, aveva i capelli corti e biondi platino, la faccia squadrata e due zigomi scolpiti come quelli che lui pensava possedessero soltanto le celebrità. I suoi occhi erano color ambra e sottili, le sue sopracciglia sottili e dritte si alzavano ad ogni suo ampio e gioioso sorriso.
Il suo viso dai tratti decisi addizionato al corpo atletico lo rendevano, almeno agli occhi di Bertholdt, attraente. Ma non voleva dire niente, vero? Il fatto che lui lo trovasse affascinante? Reiner si alzò e lui fu costretto a rivolgergli nuovamente lo sguardo.
“Vieni, ti faccio fare un tour dell’appartamento. Ma non aspettarti chissà cosa, anche nella descrizione ho scritto che è piccolo.”
Aprì per prima la porta che conduceva alla cucina, poco più avanti dall’entrata e sulla sinistra, piccola ma ordinata e illuminata. A sinistra del salotto –la stanza più spaziosa e curata dell’appartamento- vi era un piccolo corridoio con delle porte che conducevano alle camere da letto e al bagno.
Reiner si posizionò davanti a una di queste e sorrise;
“Questa è la camera degli ospiti, ma se deciderai di venire ad abitare qui diventerà la tua. È un po’ spoglia,” aprì la porta e condusse Bertholdt al suo interno.
“Wow, è davvero bella,” commentò il corvino, notando come la stanza pareva essere più lunga che larga. Per un instante mise da parte i pensieri che si era fatto su Reiner ed ammirò la camera che avrebbe potuto arredare a modo suo, avesse deciso di trasferirsi lì.
“Ma dimmi, quanto ci metti per venire all’università?”
Bertholdt distolse lo sguardo dal letto perfettamente rifatto alla sua destra;
“Un’ora… più o meno. Da qui mi ci vorrebbero al massimo dieci minuti, e in più mi piace veramente questo posto. Sicuramente più di quello in cui abito adesso.”
“Beh, se lo vuoi è tuo. E poi sono abbastanza sicuro che andremo d’accordo!”
Bertholdt annuì senza esitazione; Reiner pareva essere una persona carismatica e amichevole e l’appartamento si era rivelato più accomodante di quanto se lo fosse aspettato. Inoltre aveva un disperato bisogno di essere più vicino all’università, sentiva che se avesse preso anche solo una volta di più il treno e la metro per arrivarci avrebbe avuto una crisi di nervi.
 
 
Passarono un po’ di giorni; Reiner si occupò di avvisare il proprietario del complesso in cui viveva che da lì a poco un altro ragazzo sarebbe andato a vivere insieme a lui, e tutti i documenti necessari per il trasloco vennero firmati.
Reiner scattò in piedi al suono assordante del campanello, che servì anche come sveglia dato che evidentemente non si accorse delle tre che aveva puntato la notte prima per svegliarsi prima del solito.
“Oddio, oddio, arrivo!” annunciò a nessuno in particolare mentre si dirigeva verso la porta. Aprì il cancelletto e non si preoccupò neanche di mettersi addosso qualcosa per apparire presentabile, tanto Bertholdt lo avrebbe visto in pigiama per uno o due anni come minimo.
Spalancò la porta quando udì il familiare rumore delle porte automatiche dell’ascensore e si ritrovò davanti il suo nuovo coinquilino con le mani occupate da due scatoloni all’apparenza pesanti.
“Scusa, ti ho svegliato?”
“Sì ma avrei voluto svegliarmi prima, dammi che ti aiuto,”
I due trasferirono tutte le cose di Bertholdt dalla macchina alla sua nuova camera, che cominciava già ad apparire più piena. Su ogni scatolone c’erano scritte le cose che conteneva, il corvino rivolse lo sguardo a quello denominato ‘Vestiti’.
“Uhm, se vuoi lavarti e vestirti io intanto comincio a svuotare quello e a mettere le cose nell’armadio,”
Reiner lo fissò con un’espressione indescrivibile stampata in volto prima di ridacchiare e avvicinarsi a lui, che fece un passo indietro e si maledisse internamente quando avvertì una familiare sensazione di calore cospargersi dalla punta delle orecchie fino alle guance.
“C-Cosa? Che ho detto?”
“Ahah, niente, sei solo divertente. Non credo di avere voglia di vestirmi, tanto oggi devo solo passare in palestra alle sei. Quindi fino ad allora volevo aiutarti a mettere in ordine,”
Bertholdt sospirò alla vista del biondo già intento ad aprire lo scatolone senza neanche fare uso di una forbice.
“…Graz-“
“O magari non vuoi che io veda la tua collezione di perizomi?”
Bertholdt per poco non si strozzò con la sua stessa saliva; come se possedesse qualcosa di simile! Rivolse a Reiner uno sguardo che, se non fosse stato per il rossore in viso, sarebbe stato fulminante.
“Svuota pure tutti gli scatoloni, ti assicuro che non troverai niente,”
“Sì, sì, stavo solo scherzando! Ammettilo che sono una persona divertente,” Bertholdt sbuffò, ma si lasciò sfuggire una risata ed il biondo non fece finta di niente, “Ecco, infatti.”
La mattinata passò più in fretta del previsto; insieme riuscirono a mettere tutto al proprio posto in un paio d’ore e cambiarono anche la disposizione dei mobili; spostarono la scrivania vicino alla porta finestra che dava sul balcone mentre il letto venne trasferito alla sinistra della porta, così da venire parzialmente coperto dall’armadio in legno di ciliegio.
Reiner notò con piacere che pur avendo una personalità e dei gusti diversi da quelli del suo nuovo coinquilino, parevano avere qualcosa in comune: svuotando uno degli scatoloni più pesanti si ritrovò davanti un vecchio giradischi ed una collezione di dischi in vinile, cosa che lui non si era mai potuto permettere.
“Ti piacciono i Metallica? E gli Oasis?” chiese, pur aspettandosi già un ‘sì’ come risposta. A Bertholdt si illuminarono letteralmente gli occhi:
“Sì, e amo collezionare dischi, quindi se trovi altro che ti piace e vuoi ascoltare le canzoni fai pure,”
“A proposito…dove lo metto il giradischi?”
Il ragazzo dagli occhi verdi fece per indicare la scrivania alle sue spalle ma si fermò e parve avere una specie di illuminazione; si avvicinò al biondo e lo aiutò a sollevarlo.
“Visto che ci piacciono più o meno le stesse cose… ti andrebbe bene metterlo in salotto?”
“E perché no? Però mi aspetto delle serate karaoke, non pensare di lasciarlo lì solo di bellezza,”
Dopo aver fatto spazio al giradischi Reiner annunciò che era ormai l’ora di pranzare; Bertholdt osservò curiosamente dal tavolo della cucina il biondo alla presa con i fornelli. La scena del suo coinquilino con indosso solo una maglietta grigia e un paio di pantaloni della tuta neri, intento a girare la frittata così che non si bruciasse da nessuno dei due lati, lo aiutò a sentirsi un po’ più a suo agio in quell’appartamento che non considerava ancora suo.
Si rese conto di aver avuto paura per niente; e si perse pure nei suoi pensieri, il che fece sorridere Reiner, che lo chiamò una seconda volta quando si accorse che il corvino era troppo assorto da qualunque cosa avesse in testa in quel momento.
Bertholdt alzò lo sguardo, leggermente scosso, e si scusò, al che Reiner esordì con un ‘Stavi pensando a che sex club ci sono in zona?’ prima di porgergli con una nonchalance indescrivibile un piatto di frittata e verdure scongelate.
 
 
Reiner si infilò un paio di scarpe da ginnastica particolarmente rovinate;
“Dovrei tornare tra un’oretta o due, tu sei libero di fare quello che vuoi. Divertiti da solo,” sorrise maliziosamente e prima che il corvino potesse replicare si chiuse la porta alle spalle.
Quest’ultimo sbuffò e scosse la testa, e dopo qualche istante di riflessione decise che quello sarebbe stato il momento giusto per fare una videochiamata con i suoi amici, a cui aveva promesso di raccontare tutto nei minimi dettagli.
Si recò in camera sua ed accese il portatile, ritenendolo più facile e pratico da usare per questo genere di cose. Gli altri non ci misero molto ad accettare la chiamata; dopo pochi secondi le facce di Jean, Marco e Armin fecero la loro comparsa sullo schermo.
“Ciao Bert, ciao anche a voi ragazzi,” Marco rivolse a tutti un sorriso più dolce di un cucchiaino di miele e zucchero. Armin ricambiò il sorriso e Jean fece un occhiolino, civettuolo come sempre.
“Jean, ma dai,” Armin storse il naso; aveva ancora indosso gli occhiali e i suoi capelli, solitamente pettinati e ordinati, erano raccolti in uno chignon alto e spettinato.
“Va bene, ho capito. Ma a parte questo, ce lo racconti o no com’è andata col tuo nuovo coinquilino?”
Bertholdt sorrise all’atteggiamento dei suoi amici ed annuì, procurandosi un ‘alleluja’ da parte di Jean.
“Si chiama Reiner, è biondo, adesso è andato in palestra e torna tra una o due ore…” provò a ricordarsi altro, alla fine avevano solo messo a posto la sua camera, quindi non c’era niente di così interessante di cui parlare. Ma Jean pareva più interessato del dovuto;
“Quand’è il matrimonio?”
“Jean! Non lo conosco da neanche un giorno, smettila,”
“Sei sempre il solito,” sbuffò Armin, senza distogliere lo sguardo dal libro che aveva davanti, “Ma mi pare di capire che ti ci trovi bene per adesso?”
“Beh… non posso dire di trovarmici male. È un tipo abbastanza estroverso e gli piacciono anche gli stessi gruppi che piacciono a me,”
“Sono felice che tu ti stia trovando bene,” intervenne Marco con il suo solito sorriso, “Avevo paura di averti fatto scegliere la persona sbagliata ma sembra che andiate già d’accordo. Che ne dici di presentarcelo prima o poi?”
Non riuscì a comprenderne bene il motivo, ma Bertholdt di punto in bianco arrossì. Evidentemente non così tanto dato che nessuno dei suoi amici parve notarlo e nemmeno Jean menzionò nulla a riguardo, ma sentì le sue guance scaldarsi. Forse era per come gli era stata posta la domanda, in modo che sembrasse che stessero parlando della sua ragazza o… del suo ragazzo.
“Ah, io sono impegnatissimo con lo studio. Non credo di poter uscire…”
“Armin, non fare il solito. Guarda che i corsi non devi frequentarli per forza,” precisò Jean alzando gli occhi al cielo.
“E poi è da un po’ che non ci vediamo tutti insieme, a me sembra una bella idea,” Marco recuperò il suo cellulare e digitò qualcosa su Google, “Magari c’è qualche posto carino per trovarci da quelle parti?”
“Reiner lavora in un bar quindi magari potremmo vederci lì?” suggerì Bertholdt, che si rese conto di non avergli mai chiesto in quale bar lavorasse. Tutti sembrarono essere d’accordo con lui, persino Armin, che pareva aver rinunciato all’idea di starsene a casa come al solito.
Parlarono ancora per un po’ di tempo, nessuno di loro controllò che ora fosse ma Bertholdt giunse alla conclusione che fosse abbastanza tardi quando sentì la porta d’ingresso aprirsi a chiudersi, e poi due giri di chiave nella serratura.
“Ahm, adesso io stacco… scusate, ma Reiner è tornato e dobbiamo cenare tra poco.” Annunciò, già pronto a spegnere la videochiamata.
“Fai la brava moglie e cucinagli qualcosa,” fu il commento irrichiesto di Jean.
 
Bertholdt rimase fermo ad ascoltare lo scoppiettare dell’olio sulla piastra, controllando di tanto in tanto che gli hamburger non stessero bruciando. Forse avrebbe dovuto cominciare a cucinare prima che Reiner arrivasse, ma a quanto pare le sue docce duravano una quarantina di minuti quindi ebbe tutto il tempo di cercare gli ingredienti e preparare qualcosa.
Una volta che gli hamburger furono pronti li posizionò accuratamente su due piatti di ceramica, vicino a qualche foglia di insalata condita con sale e olio –si limitò a quello dato che non sapeva se a Reiner piacesse l’aceto- e dei pomodori.
Proprio nel momento in cui appoggiò i piatti sul tavolo Reiner uscì dalla doccia, accompagnato da una nuvola di vapore che donò alla scena un aspetto alquanto drammatico. Sbuffò e si asciugò la fronte con la mano;
“Uff, mi ci voleva proprio… ma cos’è questo profumo di cibo?”
Si incamminò in cucina e notò con piacere che la tavola era già stata apparecchiata, ed il cibo era già stato servito. Bertholdt abbassò lo sguardo;
“Ho pensato di cucinare io visto che tu devi essere stanco dopo la palestra. Spero sia di tuo gradimento.”
Reiner non aspettò neanche un minuto di più e si sedette a tavola, affamato e impaziente di divorare quella cena dato che, se fosse stato per lui, si sarebbe accontentato di un piatto di pasta al sugo finto con un misero cucchiaio di grana sopra.
“Bertholdt, scherzi? Godo solo a guardarlo quell’hamburger.” Bertholdt lo prese come un complimento –abbastanza originale, ma era pur sempre un complimento- e si sedette a sua volta, pensando a che cosa dire per iniziare una conversazione.
“Com’è andata in palestra? Sei stato fuori un bel po’.” Si portò la forchetta alla bocca per assaggiare l’hamburger. Non si definiva sicuramente uno chef, ma i suoi piatti erano mangiabili e Armin gli aveva anche insegnato a fare delle composizioni esteticamente gradevoli con il cibo.
“Bene, ahah, c’era questo mio amico… Connie… si è iscritto da poco e-“ fece una pausa per ingoiare un pomodoro, “-e si è dimenticato di portarsi la salvietta da usare per gli esercizi. Ha sempre la testa pelata tra le nuvole.”
“E quindi…che ha fatto? Ti ha guardato mentre facevi gli addominali?”
“No no, gliene ho prestata una io. Sono un uomo preparato io,” alzò gli occhi  dalla sua cena per rivolgergli un sorriso malizioso, “Piuttosto, tu come stai messo? Non mi sembri esattamente uno pantofolaio.” A Bertholdt venne d’istinto darsi un’occhiata;
“Oh, facevo palestra ma ho smesso, adesso mi alleno per conto mio.”
“Dovresti fare un salto a quella che frequento io, lì ci sono un sacco di belle ragazze che apprezzerebbero sicuramente la tua presenza.”
 
 
Il biondo spense la luce dell’Abat-jour e tirò indietro le lenzuola, pronto per andare a dormire, svegliarsi alle 8 come al solito e farsi le sue nove ore di lavoro per portare a casa qualcosa. Aveva dato la buonanotte al suo coinquilino –a cui aveva anche riso dietro per i suoi gusti stilistici; invece che una collezione di perizomi Bertholdt sembrava averne una di pigiami brutti- e poi si era dileguato in camera sua, essendo già abbastanza tardi.
Durante la cena era riuscito a scoprire che Bertholdt era single, e trovargli una ragazza era diventato il suo obbiettivo numero uno in quel momento. Si sdraiò sul letto e cominciò a scorrere la sua lista dei contatti, cercando delle possibili candidate tra le sue conoscenti e amiche.
Christa…no, spettava a lui conquistarla. E poi era fidanzata con Ymir…ma quello era solo un dettaglio irrilevante. E Ymir era con Christa, in più aveva come l’impressione che lei e Bertholdt non sarebbero andati d’accordo.
Sasha era innamorata di Connie e il suo unico scopo nella vita era quello di diventare pasticcera per ingozzarsi dei suoi stessi dolci. Ok, forse non era interamente vero, ma una relazione tra i due non gli sembrava fattibile.
Mikasa aveva un’inquietante ossessione verso Eren e poi non la conosceva abbastanza bene per dare una valutazione finale. Avrebbe dovuto vedersi con lei per analizzare il suo carattere in modo più profondo…
E infine c’era Annie. Annie era solitaria e riservata, ma come loro due amava lo sport e per questo era abbastanza in forma. Aveva anche un lato dolce. Non che lui lo avesse mai visto, anzi, non si erano mai parlati… ma era sicuro che ci fosse e che Bertholdt sarebbe riuscito a tirarglielo fuori. E in più frequentava la sua stessa palestra! Era ovvio che i due fossero anime gemelle.
Come aveva ottenuto il suo numero? Tramite qualche malcapitato della palestra che pareva conoscerla, ovviamente.
Avrebbe organizzato un incontro tra loro tre per farli conoscere. Si addormentò con un sorriso determinato stampato in volto.
 
Bertholdt non riusciva a dormire: non sapeva esattamente quale fosse l’origine di questa sua insonnia improvvisa. Forse si trattava del materasso troppo duro, oppure del fatto che la stanza non era quella in cui era abituato a dormire.
Si rigirò per l’ennesima volta e sospirò; stava per alzarsi e andare a prepararsi una tazza di latte quando il suo telefono vibrò. Chi poteva essere a quell’ora della notte?
Un nuovo messaggio da: Annie lesse, la luminosità troppo alta per quell’ora della notte per poco non lo accecò.
“Com’è andata oggi?” diceva il messaggio. Lui ed Annie erano diventati amici alle superiori ed essendo le persone più taciturne della classe avevano legato particolarmente nel corso degli anni. Se c’era una persona a cui avrebbe potuto parlare sinceramente di quella giornata, quella persona era lei. E forse anche Marco… ma con Annie era amico da più tempo.
“Bene, mi sa che starà già pensando a un piano per farmi rimorchiare. Non che la cosa mi renda felice.”
“E diglielo che non ti fa piacere. Cerca un lavoro invece di cercare ragazze.”
“Infatti è quello che sto facendo. E poi sembra che si diverta a importunare la gente.”
“Quindi ti piace quel tipo di ragazzo? Nascondi un lato oscuro e ne vengo a conoscenza solo adesso.”
Bertholdt fissò quel messaggio per un minuto buono, incerto su cosa rispondere. Gli piaceva quel tipo di ragazzo… ragazzo. Nella sua vita se lo era chiesto tante volte; negli spogliatoi a scuola, davanti a riviste con immagini particolarmente provocanti di uomini, quando Jean gli rivelò di aver finalmente trovato se stesso e con quello anche la sua dolce metà, ossia Marco.
Magari era solo attrazione fisica; doveva esserlo, lui e Reiner si conoscevano appena, ma una cosa era certa: non era mai arrossito così tanto in presenza di una ragazza, o almeno non era arrossito per un’affermazione maliziosa da parte di lei o simili.
Trovò il coraggio di rispondere a Annie;
“Non ne ero a conoscenza neanche io.”
 
N/A: Ciao a tutti, questa è la mia prima pubblicazione e spero che l’inizio della mia storia vi piaccia ;) Se vi va potete lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate… A presto!

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Capitolo 2
*** My Dilemma ***


Bertholdt si voltò in direzione della porta quando la sentì spalancarsi. Mise da parte i libri e si alzò dal divano per accogliere Reiner, che era appena tornato dal lavoro.
“Oggi non vado in palestra,” lo informò il biondo togliendosi le scarpe più eleganti che era solito indossare al bar, e indossandone un paio più sportivo, “Ti va di andare a mangiarci qualcosa? Magari a un fast food.”
Il corvino gli fece segno con la mano di aspettare un attimo mentre era intento a cercare una certa conversazione di Whatsapp, “Ehm, in realtà volevo già farti una domanda simile. Ti andrebbe di vederci con i miei amici, così vi conoscete?”
“Mh, c’è qualche bella ragazza?” Bertholdt gli rivolse uno sguardo ben poco divertito che non fece altro che farlo sorridere, “Ok, faccio il serio. A me va bene anche subito.”
Nel giro di dieci minuti riuscì ad avvisare i suoi tre amici che con loro ci sarebbe stato anche Reiner e a ricevere un ‘ok’ da ognuno di loro, e quando Bertholdt fu pronto uscirono di casa insieme, per la prima volta.
Erano passati appena quattro giorni dal trasloco di Bertholdt e quest’ultimo si era già reso conto di una cosa abbastanza ovvia: Reiner era disordinato. La casa pulita, gli utensili da cucina perfettamente ordinati nei cassetti e le scarpe allineate all’entrata dell’appartamento erano ormai un’illusione. Ogni volta che il biondo si faceva la doccia il bagno si trasformava in una piscina e se avesse potuto fare il bagno sarebbe stato anche peggio; due pacchetti di patatine aperte e mai finite giacevano indisturbati sul tavolino da caffè ormai da giorni.
 
“Sono per le occasioni speciali.” Aveva affermato Reiner, afferrando il polso del corvino prima che potesse andare a riporle in cucina.
 
Aveva anche detto a Bertholdt di buttare i vestiti sporchi tutti nello stesso catino, tanto sarebbero andati tutti in lavatrice… prima o poi. Quando? Probabilmente quando si sarebbe riempito.
 
Nonostante questo piccolo grande difetto Reiner pareva una persona per bene, si svegliava sempre con il sorriso, gli offriva di preparargli la colazione anche se sapeva benissimo di essere lui a dover andare a lavorare, mentre Bertholdt avrebbe benissimo potuto prepararsi qualcosa da solo e poi poltrire fino al suo ritorno.
 
Scoprì che andava a lavorare dal lunedì al venerdì, dalle nove di mattina alle cinque di pomeriggio, e che andava in palestra quasi tutti i giorni dopo il lavoro, era come se non si stancasse mai. Bertholdt quel giorno, poco dopo a mezzogiorno, scrisse ai suoi amici dicendo di decidere in che posto trovarsi e che avrebbe costretto Reiner ad accompagnarlo, emettendo una delle ragioni della sua determinazione: voleva passare più tempo con lui.
 
“Guido io.” Bertholdt salì in macchina per primo, al posto del guidatore, e Reiner non si oppose; forse alla fine anche lui era in grado di stancarsi.
 
“Che palle oggi, certi clienti non sanno proprio scherzare!” si lamentò il biondo non appena il corvino mise in moto la macchina. “Arriva questo e fa, ‘Un caffè lungo’, e io gli faccio, ‘Se fossi in te lo prenderei corto’ e lui mi minaccia con la solita palla del manager!”
 
Bertholdt tirò un sospiro esasperato ma non tentò di nascondere il suo sorriso; ogni giorno Reiner tornava a casa con una storia nuova. La vittima delle battute poco simpatiche di Reiner era sempre diversa: il primo giorno era stato un omaccione biondo a cui Reiner aveva suggerito di spazzare via le briciole del cornetto con le sue sopracciglia, ad esempio.
Il suo coinquilino non si capacitava del fatto che avesse ancora un posto di lavoro in quel bar, a quel punto.
 
“Guarda che se vai avanti così ti licenziano,”
 
“E non sarebbe neanche la prima volta!”
 
“Ah, e me lo dici così…?”
 
Il tempo parve volare e dopo pochi minuti passati a chiacchierare i due giunsero a destinazione; il fast food in cui gli amici di Bertholdt li stavano aspettando non era dei più grandi o gettonati della zona, ma il cibo non era male e comunque avrebbero dovuto soltanto parlare e conoscersi, non avere un’intervista o una cena chic e seducente.
 
Bertholdt notò subito la chioma bionda di Armin e fece segno a Reiner di seguirlo verso il tavolo a cui i suoi amici erano seduti; Marco li vide avvicinarsi e rivolse loro un sorriso raggiante, salutandoli con la mano.
 
“Eccoci, era da tanto che ci aspettavate?” chiese Bertholdt sedendosi di fronte ad Armin; Reiner si accomodò sulla sedia alla sua destra. Jean mise da parte qualunque conversazione stesse avendo con gli altri due per concentrare tutte le sue attenzioni sul biondo.
 
“Ah, ma allora sei tu il famoso Reiner. Bertholdt ci ha parlato di te!”
 
“Ma è ovvio Jean, è il suo coinquilino.” Intervenne Armin, che venne naturalmente ignorato.
 
“Io sono Jean, piacere,”
 
Si strinsero la mano scambiandosi un sorriso.
 
“Ahah, ma veramente? Allora sono famoso,”
 
Dopo le introduzioni varie e aver finalmente ordinato il cibo –Reiner era stato l’unico a prendere un maxi hamburger- il biondo cominciò a sentirsi più a suo agio intorno agli amici del suo coinquilino, che gli aveva riferito che, nel caso si fosse sentito fuori luogo, avrebbero potuto tornare a casa.
 
Quello non sembrava essere il caso però: anzi, aveva già raccontato di svariate sue imprese al bar nel quale lavorava e sembrava andare particolarmente d’accordo con Jean, che non fece altro che lanciare occhiatine a Bertholdt per tutto il tempo, come per dirgli, ‘Guarda, sto parlando con la tua crush’. Marco non pareva essere disturbato da questa cosa –si erano messi d’accordo?- e pure Armin pareva più vivace del solito.
 
Bertholdt fece per dare un ennesimo morso al suo hamburger quando il suo cellulare, appoggiato sul tavolo, vibrò, catturando l’attenzione dei presenti.
 
“Chi è che ci interrompe?” chiese Reiner con la bocca ancora piena di patatine.
 
“Nessuno, è solo Annie che si scusa ancora per non essere potuta venire.” Gli rispose il corvino. A quelle parole Reiner smise di masticare.
 
“Ahm…hai detto Annie?”
 
“Annie è la migliore amica di Bertholdt,” lo informò Marco, “Sono amici da anni ormai.”
 
“Siamo diventati amici in prima superiore, poi al nostro gruppo si sono aggiunti Armin, Jean e Marco,” Bertholdt mise giù il cellulare e cominciò a narrare la storia di come lui e la sua amica reclutarono gli altri membri del gruppo –Jean era amico di Marco, che era amico di Armin, che avevano conosciuto nella biblioteca della scuola-.
Ma nella testa di Reiner c’era solo un pensiero in quel momento: Annie chi? Se il suo cognome fosse stato Leonhart allora il suo piano di far mettere Bertholdt insieme a lei sarebbe fallito miseramente! Doveva avere un altro cognome… Annie Muller, Annie Smith… qualunque cognome sarebbe andato bene.
 
“Ehi Bert, ma come si chiama di cognome questa qua? Perché forse la conosco anche io,” chiese dopo un breve periodo di riflessione, in cui Bertholdt aveva continuato imperterrito il suo racconto.
 
“Eh? Leonhart, è bassa, bionda, occhi azzurri. Va in palestra qua vicino,” gli rispose lui, e Reiner fece di tutto per nascondere la sua delusione. Adesso Bertholdt sarebbe rimasto single a vita.
 
“Eh sì, è proprio lei. La conosco solo di vista in realtà, ahah!”
 
Delusioni e vicende adolescenziali a parte il gruppo uscì dal fast food che ormai erano le sette e mezza di sera; Reiner e gli amici di Bertholdt si scambiarono i numeri di telefono, promettendosi di rivedersi il prima possibile magari in un posto un po’ più interessante, e Reiner si offrì anche di guidare –che gentiluomo-.
Una volta tornati a casa Bertholdt gli rivolse uno sguardo, come se volesse chiedergli qualcosa;
“Che è quella faccia?”
“Niente; allora, ti sono simpatici i miei amici?”
Reiner fece finta di pensarci su;
“Mh, non sono male dai. Ma Jean ci stava provando con me o sbaglio?”
Bertholdt ridacchiò, pensando a come il ragazzo in questione avesse fatto commenti inopportuni o simili per attirare l’attenzione del biondo per tutto il tempo. Ovviamente era solo un modo per far ingelosire Bertholdt… ma questo non poteva mica dirlo.
“Lascia stare, è fatto così. Ma come ti ha detto lui, lui e Marco stanno insieme e ogni volta che ci sentiamo mi parlano l’uno dell’altro… quindi dubito che sia interessato a te.” Disse con un sorrisetto.
“E come si sono messi insieme?” chiese Reiner sedendosi sul suo amatissimo divano. Bertholdt seguì il suo esempio e si sedette al suo fianco.
“Sono diventati coinquilini e hanno scoperto di piacersi a vicenda.”
“Chissà, magari anche tra noi due nascerà una storia d’amore avvincente come la loro, eh Bertholdt?”
Il corvino provò a pensare a delle parole per ribattere ma non gli venne in mente nulla, si limitò a fissare Reiner, che stava ancora ridacchiando. Forse sta ridendo perché era solo uno scherzo, o una cosa improbabile per lui, pensò, giocherellando con il bordo della sua camicia.
Erano passati pochi giorni dal suo arrivo, e quindi avrebbe potuto benissimo trattarsi di semplice agitazione intorno a un ragazzo che non conosceva ancora tanto bene. Si era fatto quella e mille altre ipotesi nel giro di neanche una settimana, ma ogni giorno Reiner pareva fare qualcosa di intrigante o affascinante.
Uscire dal bagno solo con un asciugamano avvolto intorno alla vita perché aveva dimenticato i vestiti in camera, indossare quelle magliette troppo strette per lui, anche solo sedersi al suo fianco dopo una dura giornata di lavoro per chiedergli come fosse andata mentre lui non c’era, con le gambe troppo allargate e una lattina di birra in mano; erano tutte cose che facevano battere il cuore di Bertholdt a mille.
Reiner fece finta di nulla al silenzio improvviso dell’amico; continuò a parlare dei suoi amici, a commentare delle cose che avevano detto quel pomeriggio, ribadì anche che fosse stupito del fatto che entrambi conoscessero Annie, ma non distolse quasi mai lo sguardo dagli occhi verde oliva di Bertholdt.
Abbassò solamente una volta lo sguardo e lo fece solo per accertarsi che non si stesse immaginando il rossore presente sulle guance del corvino. A cosa stava pensando? Era tornato taciturno dopo il suo commento riguardante i coinquilini. Non ci voleva un genio per capire il motivo del suo silenzio.
Si alzò, annunciando che sarebbe andato a fare la doccia per primo. Bertholdt lo seguì con lo sguardo fino a che non entrò in bagno.
Il biondo si guardò allo specchio, perplesso; si svestì ed entrò in doccia, ripensando agli avvenimenti di pochi minuti prima e di quelli dei giorni precedenti.
Avrebbe tanto voluto pensare a qualcos’altro, ma nella sua testa pareva esserci solo Bertholdt. Bertholdt che si era agitato alle sue parole di poco prima, che sarebbero dovute essere soltanto uno scherzo. Bertholdt che non parlava mai di ragazze, neanche delle sue amiche. Bertholdt che cercava di guardare ovunque tranne che nella sua direzione quando usciva dal bagno a petto nudo.
E mentre si insaponava i capelli, che ormai erano diventati troppo lunghi per i suoi gusti, ebbe un’intuizione: non è che piaceva a Bertholdt?
Di riflesso volse lo sguardo alla porta, al si là della quale si trovava il ragazzo in questione. Dei segni sembravano esserci, e lui voleva scoprire se fosse vero o meno. Non sapeva neanche perché trovasse così indispensabile saperlo, ma dato che la missione ‘Trova una ragazza a Bertholdt’ era fallita, se ne affidò una diversa: scoprire se Bertholdt era effettivamente interessato a lui.
 
La mattina seguente Bertholdt si svegliò per via del bussare alla sua porta; si era addormentato tardi, con il cellulare in mano, e quando accese lo schermo per controllare che ore fossero si ritrovò davanti la conversazione che aveva avuto con Annie la notte prima. L’ultimo messaggio, da parte di lei, diceva, “Fatti vedere interessato”.
Lasciò perdere il cellulare e andò ad aprire la porta, ritrovandosi davanti agli occhi un Reiner ancora in pigiama con in mano due buste di affettati.
“Ah, ti sei svegliato finalmente. Ma che hai fatto stanotte? Hai due occhiaie enormi,”
“Niente di interessante,” al che Reiner gli rivolse un ghigno e alzò un sopracciglio, “…Ma perché hai del cibo in mano?”
“Ah! Giusto, volevo chiederti se preferisci il prosciutto o lo speck stamattina?”
Bertholdt guardò perplesso prima Reiner, poi le buste contenenti gli affettati. Da quando Reiner si metteva a cucinare di prima mattina?
“Speck, ma…che stai facendo esattamente? Sono tipo le sette…”
Il biondo gli fece cenno di seguirlo e si avviò in cucina, dove aveva già preparato la tavola; persino i fornelli erano già accesi, e sul tavolo in legno giacevano dieci fette di pane, due piatti, le posate e una bottiglia contenente succo alla pesca, oltre a utensili e cibi vari che dovevano ancora essere cucinati.
“Stamattina mi sono svegliato e mi sono detto… Reiner! Perché non provi a darti alla cucina? E allora ho cominciato dal pasto più importante della giornata, preparare una colazione all’americana mi sembrava carino.”
Bertholdt fissò per qualche secondo la tavola e, invece di sedersi, si avviò verso il frigorifero;
“Sai, non sono un grande intenditore ma… penso manchi qualcosa,”
“Ah sì? Io stavo improvvisando, come viene, viene.”
Il corvino afferrò diversi componenti mancanti –come delle classiche uova e dei frutti che non fossero mele o pere- e li appoggiò di fianco a tutto il resto, poi si mise a frugare negli armadietti, in cerca di qualcosa.
“Tu intanto cuoci lo speck, magari lava la frutta, io provo a preparare i pancake,” e come per magia estrasse un pacchetto da uno degli armadietti, contenente proprio le frittelle dolci in questione, “Ci vorrebbe troppo per prepararli dall’inizio… magari lo possiamo fare quando sei a casa dal lavoro.”
A Reiner si illuminarono gli occhi; seguì le istruzioni di Bertholdt e spense i fornelli per occuparsi prima di mirtilli, lamponi e fragole.
Dalla finestra della cucina entrava una leggera arietta, non abbastanza fredda da essere fastidiosa. Quella mattina il cielo era particolarmente azzurro e non sembrava esserci traccia di neanche una nuvola. Le giornate avevano cominciato ad essere più lunghe già da un pezzo, e da lì a poco Bertholdt, essendo ormai metà Maggio, avrebbe dovuto sostenere l’esame di anatomia umana.
Il corvino posizionò accuratamente i pancake fumanti su entrambi i piatti, per poi recuperare un barattolo di Nutella acquistato da Reiner pochi giorni prima. Era pronto per l’esame? Forse sarebbe stato il caso di iscriversi al prossimo appello, dato che aveva dovuto concentrarsi di più sul trasloco e tra una cosa e l’altra aveva come la sensazione di non aver studiato abbastanza.
Notò con piacere che Reiner aveva quasi finito di preparare lo speck e che la frutta era stata già lavata e tagliata; dopo aver spalmato un po’ di Nutella su ogni pancake decise di occuparsi delle uova.
“Bert, dov’è che hai imparato a cucinare? Sembri uno di quei tizi nei programmi di cucina che spiegano le ricette agli spettatori,”
Bertholdt arrossì al complimento del biondo, che fortunatamente non se ne rese conto essendo girato dalla parte opposta;
“Premessa: adesso mio padre sta bene, ma qualche anno fa finì in ospedale e io e mia madre dovemmo prenderci cura di lui. Lei mi insegnò a cucinare…” spiegò il corvino, “M-Ma non che io sia bravo! Cioè, c’è di meglio e lo sai.”
“Ma smettila di svalutarti,” Reiner intanto aveva finito di cuocere lo speck, che ripose su dei piatti a parte, “Anche l’hamburger dell’altro giorno mi è piaciuto. Vai a Master Chef o che ne so io, vinceresti,”
“Lo farò, appena avrò imparato a cucinare roba come il pesce gatto cotto in argilla, con salsa al vermouth e riso in cagnone. Allora avrò qualche chance,”
I due si ritrovarono a scherzare sui nomi improbabili di ricette sconosciute al genere umano, e in men che non si dica la colazione fu pronta in tavola. Due uova con sottiletta e spezie, speck croccante cotto in padella, pancake americani con Nutella e due ciotole di macedonia attendevano i ragazzi, che si sedettero finalmente a tavola, impazienti di consumare la colazione che loro stessi avevano cucinato.
 
Ben presto fu l’ora di andare a lavorare per Reiner. Dopo quella colazione abbondante si sentiva carico e pronto per affrontare la giornata; si sistemò la polo bianca nei pantaloni e lanciò un ultimo sguardo a Bertholdt, che stava piegando i vestiti ritirati dall’asciugatrice sul divano. Evidentemente rimase con lo sguardo fisso su di lui per un po’ troppo dato che il corvino alzò la testa, con un’espressione sconcertata stampata in volto.
“Reiner, cosa c’è?”
“Eh? Ahah, niente, pensavo a una cosa. Ci vediamo stasera, buon divertimento in compagnia di te stesso!”
“Ma devi proprio dirlo ogni volta che esci?”
Il biondo tuttavia si chiuse la porta alle spalle prima che Bertholdt potesse finire di parlare.
Reiner schiacciò i tasti dell’ascensore e, mentre aspettava che esso raggiungesse il suo piano, si guardò alle spalle. La porta del suo appartamento era, ovviamente, chiusa. Ma perché non poteva rimanere a casa con Bertholdt invece di andare a lavorare? Il suo lavoro non gli piaceva neanche.
 
Quel sabato sera Bertholdt si infilò il pigiama per primo; dopo la riflessione mattutina di qualche giorno prima, aveva ricominciato a studiare con regolarità ed era anche riuscito a vedersi con Armin il venerdì pomeriggio, per farsi aiutare con alcune materie. Non che i due frequentassero la stessa università, ma il biondo si era offerto di dare un’occhiata al suo programma e di aiutarlo a capire determinati concetti.
Quindi, dopo tutto quel duro lavoro, decise di dedicarsi a se stesso e di mettere su un film da vedere insieme a Reiner: aveva innanzitutto scartato i film erotici, non gli sembrava proprio il caso. Anche i film comici non lo ispiravano molto, e poi non facevano quasi mai ridere veramente. Non aveva trovato film romantici intriganti e guardare un horror o un thriller a Maggio non avrebbe fatto lo stesso effetto di guardarlo in un mese più freddo.
Ricontrollò la lista di film disponibili su Netflix per la terza volta, ma proprio non riusciva a decidere. Giunse alla conclusione che ci sarebbe voluto l’aiuto di Reiner, che al momento era in doccia.
 
Reiner spense l’acqua della doccia e gli venne un brivido all’improvviso cambio di temperatura; si posò davanti allo specchio e fece un respiro profondo, pronto a mettere in atto il suo piano.
Aveva provato ad essere più gentile del solito con il suo coinquilino ed aveva notato con piacere che le guance di quest’ultimo parevano essere perennemente tinte di rosso in sua presenza, ma era ora di fare un passo avanti.
Sapeva di essere un buon attore, quindi non ebbe bisogno di prepararsi ulteriormente.
 
Bertholdt stava tranquillamente leggendo la trama di un film selezionato completamente a caso quando un urlo proveniente dal bagno lo fece sobbalzare;
“Bert! Ho bisogno,”
Di cosa esattamente? Si chiese il corvino, mettendo da parte il telecomando e incamminandosi verso la porta del bagno. Una volta davanti ad essa rispose,
“Cosa c’è?”
“Ah, mi sono dimenticato i vestiti in camera, potresti andare a prendermeli?” chiese il biondo. Bertholdt sbatté le palpebre ma cercò di ricomporsi, “Sono sul letto!”
“Uhm, arrivo subito,”
Nonostante il bagno e la camera di Reiner si trovassero letteralmente a tre metri l’uno dall’altra, al corvino parve di intraprendere un viaggio itinerante nelle Dolomiti in pieno inverno. Non avrebbe dovuto entrare lì dentro, vero? Sarebbe bastato passarglieli rimanendo fuori dalla porta. Almeno questo era quello che avrebbe fatto una persona normale.
Recuperò il pigiama del biondo –che consisteva in una maglietta nera personalizzata con il disegno di un boccale di birra, un paio di boxer neri e un paio di pantaloni della tuta grigi- e si riposizionò davanti alla porta del bagno.
“Te li passo?”
“Ehm, in realtà mi sto facendo la barba. Non è che entreresti tu?”
Bertholdt cominciò a sudare freddo; quella doveva essere una normalissima serata rilassante, ma perché capitavano tutte a lui?
“S-Sei sicuro?”
“Ma sì, tanto siamo tutti e due uomini. Hai paura del-“
“Ok! Ok, entro.” Esclamò nella speranza che Reiner smettesse di parlare. Afferrò la maniglia con una lentezza pari a quella di una lumaca e cercò di prepararsi psicologicamente a quello che avrebbe dovuto affrontare una volta varcata la soglia.
Aprì finalmente la porta e una nuvola di vapore lo avvolse, facendolo tossire per via del caldo soffocante. Reiner era davanti allo specchio, rasoio a mano libera in mano e schiuma da barba sul mento. Bertholdt rimase come ammaliato dalle goccioline d’acqua che rotolavano lungo la sua schiena robusta, rivolta verso di lui.
Reiner incrociò il suo sguardo con quello riflesso sullo specchio di Bertholdt, che non appena si accorse del fatto che il biondo lo stesse guardando raddrizzò la schiena e strinse la presa sui vestiti che aveva ancora tra le mani.
“Ce ne hai messo di tempo,” commentò il biondo, con un sorrisetto alquanto malizioso stampato in volto. Il corvino intanto fece di tutto per non abbassare gli occhi, “Dammi qua.”
In un attimo Reiner appoggiò il rasoio sul lavello e si voltò verso Bertholdt, a cui parve di andare in escandescenza. Se un attimo prima la sua faccia era pallida, adesso era di un rosso acceso. Porse i vestiti a Reiner con mani tremanti e fece per uscire, ma il biondo sembrava non essere soddisfatto e si avvicinò pericolosamente a lui.
“Ahah, grazie Bert, come farei senza di te? Adesso vai a scegliere il film,” gli appoggiò una mano sulla spalla in segno di riconoscenza, e fu un miracolo se Bertholdt non svenne in quel preciso istante.
“P-Prego, Reiner-“ balbettò il corvino prima di fare dietrofront e chiudersi la porta alle spalle con una velocità disumana. Si avviò in salotto, ancora rigido come pezzo di legno, e si sedette sul divano davanti alla televisione ancora accesa.
Solo allora si accorse di quanto velocemente il suo cuore stesse battendo, per un attimo temette di star per avere un infarto, ma fortunatamente pochi secondi dopo i battiti si fecero più regolari. Si portò una mano al petto e fece dei respiri profondi per calmarsi del tutto prima che Reiner tornasse dal bagno.
Oh mio Dio. Cosa avrebbe fatto una volta che Reiner sarebbe stato lì con lui? Che imbarazzo, pensò, ma alla fine non ho fatto niente di male… è stato lui a chiedermi di entrare. E non sembrava disturbato dal fatto che lo stessi osservando… cosa gli dico però?
Chiuse per un attimo gli occhi e per qualche motivo la prima cosa che gli tornò in mente fu il corpo tonico di Reiner, le sue braccia nude e vigorose, le mani grandi del biondo che sfiorarono le sue quando gli passò i vestiti. La sua espressione fiera nonostante avesse in volto quella stupida crema da barba e fosse completamente nudo davanti a lui.
Improvvisamente la sua voglia di guardarsi un film in compagnia di Reiner svanì nel nulla e fu sostituita da quella di chiudersi in camera sua, e non mettere piede fuori da essa per un periodo indeterminato di tempo. Decise che, se fosse saltato fuori che Reiner lo aveva fatto apposta, avrebbe fatto a pezzi sia lui che i suoi pettorali invidiabili ed il suo sorriso impertinente.
 
Reiner uscì dal bagno rinfrescato e raggiante; ormai aveva quasi la certezza che Bertholdt provasse qualcosa per lui, altrimenti non avrebbe agito in quel modo, giusto? E per di più lo aspettava una serata insieme al suo amato coinquilino.
Una volta giunto in salotto, però, si ritrovò davanti la televisione ancora accesa e il divano vuoto; non pareva esserci alcuna traccia di Bertholdt.
Aprì la bocca per chiamarlo ma si fermò immediatamente; forse aveva esagerato e adesso il corvino era rimasto traumatizzato a vita, sarebbe stato meglio lasciarlo da solo per un po’. Si sedette sul divano in compagnia soltanto del suo cellulare e di Netflix e selezionò uno dei film che non gli pareva di aver visto.
 
Quella notte Bertholdt non dormì per niente; eppure era sicuro di essersi abituato al materasso un po’ troppo duro e alla lieve luce della lampada sul balcone di fronte al suo che entrava dalle tapparelle. Ma aveva troppe cose per la testa evidentemente, e quando all’alba delle tre e qualcosa udì la maniglia della sua porta abbassarsi ebbe un sussulto.
Alzò la testa dal cellulare e il suo sguardo incrociò quello stanco di Reiner; non ebbe neanche bisogno di ripercorrere gli eventi della serata per ricordarsi di quello che era successo poche ore prima, e arrossì al solo pensiero di dover rivolgere la parola al biondo.
“Non dormi?” Reiner parve stupito dal fatto che il suo coinquilino fosse ancora sveglio, “E poi che stavi facendo? Sei sparito.”
“Avevo… delle cose da fare.”
“Delle cose?” nonostante la stanchezza il biondo gli rivolse un sorrisetto malizioso. Bertholdt avrebbe tanto voluto sotterrarsi.
“P-Piuttosto, anche tu sei ancora sveglio.”
“Mi sono visto un film e poi alla tv davano Magic Mike, dovevo rivederlo,” si lasciò sfuggire uno sbadiglio, “Adesso vado a letto, domani non svegliarmi. Notte, Bert.”
“…Buonanotte, Reiner.”
Il biondo richiuse la porta e Bertholdt siritrovò nuovamente da solo, avvolto dal buio della notte. Prese a fissare il suo cellulare, ormai tutti i suoi amici erano andati a dormire a parte Annie, che doveva essere stanca di sentirlo parlare dei suoi drammi amorosi.
Avrebbe tirato mattina guardando qualche video a caso di Youtube.
 
Reiner ignorò beatamente il casino che aveva lasciato in salotto e si sdraiò sul letto, con l’intento di addormentarsi il prima possibile. Adesso che sapeva di interessare a Bertholdt, che cosa avrebbe fatto? Trovava le reazioni del corvino divertenti, forse pure carine anche se non l’avrebbe mai ammesso, ma non poteva di certo mettersi con una persona che conosceva da neanche un mese.
Si fosse trattato di una ragazza conosciuta per caso il sabato sera in un locale, allora ci avrebbe anche fatto qualche pensiero, ma il fatto che si trattasse del suo coinquilino, ragazzo alto e con una personalità che era completamente l’opposto della sua… Reiner non aveva la più pallida idea di come agire.
E poi c’era anche Historia; non si erano sentiti molto in quel periodo. Forse avrebbe dovuto mettersi il cuore in pace ed accettare che lei e Ymir erano fidanzate e che non si sarebbero lasciate da lì a poco, e forse avrebbe dovuto dare una chance a Bertholdt, ma le cose sono molto più semplici a dirsi che a farsi.
Si addormentò senza aver trovato una soluzione al suo dilemma.
 
 
 
N/A: Ciao guys ;) rieccomi con un nuovo capitolo, sinceramente quando ho cominciato a scriverlo avevo l’intenzione di dilungarmi di più sulla parte in cui Bert e Reiner si trovano con gli amici, ma poi non è andata esattamente così ahahah
Ogni tanto mi sembra di far succedere le cose troppo in fretta quindi magari, se vi va, lasciatemi pure una recensione per dirmi se effettivamente è così :’) però ovviamente ogni tipo di recensione mi fa piacere, lol
Eh vabbé… noi ci vediamo al prossimo capitolo ;) ok, bye!

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