Accadde un'estate

di CaskettCoffee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Ottavo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO 
21 Settembre 2015
La nascita di Jameson Andrew Fleming, fu un momento di grande gioia per un folto numero di persone. Bollicine galleggiavano nei calici di quasi 150 dipendenti sparsi fra varie sedi in tutto il Regno Unito, perché tutti i dipendenti dell’azienda Fleming abbandonarono il lavoro per prendere parte ai festeggiamenti ordinati dal loro presidente, nonché neo papà, il quale aveva accordato, per l'occasione, un giorno di riposo per tutti. Perché tutti avevano aspettato quel momento, per tanti anni. 
Mentre stava nella saletta fuori della sala parto, James Henry Fleming cullava quel bambino stringendolo come fosse la sua più grande ricchezza (ed era pur sempre uno fra i dieci uomini più ricchi del Regno Unito).
Ma quel figlio era un vero miracolo, arrivato dopo dieci anni di tentativi. Dopo i primi anni di tentativi, cure, delusioni, sua moglie aveva mostrato segni di cedimento. Ma lui desiderava un figlio, che gli succedesse come presidente dell’azienda come lui era succeduto a suo padre, e come suo padre era succeduto a suo nonno. Che senso aveva avuto tutto quello, che senso avrebbero avuto le ricchezze accumulate, se non aveva un figlio a cui lasciare tutto?
Nove mesi prima, come un fulmine a ciel sereno, Mary lo aveva informato che era in attesa. Era apparsa pallida, stanca, impaurita nel riferirgli la notizia. L'esultanza immediata di James fu smorzata dalla sua cupa decisione che nulla - assolutamente nulla -avrebbe fatto sì che questa gravidanza andasse storta. Sua moglie fu relegata a letto. Il migliore primario ginecologo di Londra veniva portato a visitarla ogni settimana. E così per nove mesi.
E poi, finalmente, arrivò il momento della verità. Tutto il personale della casa, le infermiere che avevano seguito la signora in quei mesi, il fratello di lei, Harry, i dipendenti dell’azienda, tutti pregavano che quel bimbo ce la facesse, perché tutti sapevano che quella era l'ultima possibilità, per James e Mary, di diventare genitori. In pochi si ricordarono di pregare per la sua mamma, che era diventata emaciata e esile anche se il suo ventre era diventato rotondo.
E le preghiere di tutti furono esaudite, il figlio di James, Jame-son, era nato, ed era sano e perfetto, e il neo papà ringraziò la moglie di quel meraviglioso regalo con un bacio di gioia sui capelli scuri della moglie, appiccicati dal sudore. Infine, mentre i dottori vestivano il piccolo e lo portavano a riposare nella culla, decise di correre in azienda, la sua seconda casa, la sua prima figlia, il lavoro di una vita, a raccontare dal vivo la notizia, a festeggiare, perché tutti sapessero che lui e Mary e l’avevano finalmente fatta. Giusto una mezz'ora, il tempo che - gli aveva assicurato il dottore- avrebbero impiegato per gli esami di routine a madre e figlio prima di ricongiungerli in camera.
Ma mentre James sfrecciava fra le strade di Londra colmo di gioia, nella camera della clinica sua moglie, debole e pallida, stringeva il figlio fra le braccia. La donna fece in tempo a sorridergli, e lui quasi capendo, le sorrise. Fu il tempo di un sorriso e poi Mary scivolò in un sonno profondo, nonostante tutti intorno a lei urlassero, compreso il suo bimbo. Emorragia interna, aveva continuato a perdere sangue dal parto cesario, ma nessuno se ne era accorto. Qualche ora dopo, con al fianco suo marito disperato, Mary scivolò via per sempre.
 
21 Settembre 2025, dieci anni dopo...

"Tutti quegli anni passati a pregare per avere un figlio, ed è questo che mi sono meritato. Una eternità di solitudine” L’amarezza che trasudava dalle parole di James Fleming colpì Harry come un pugno allo stomaco. “ Non puoi parlare di solitudine James, hai un figlio” Harry non sopportava di vedere suo cognato ridotto così, ancora, dopo dieci anni. Anche lui aveva sofferto della morte di sua sorella, profondamente. Ma aveva un nipote, ed esserci per lui era stato il motivo che lo aveva spinto a riprendere spirito e andare avanti. Sua sorella avrebbe voluto che lui fosse, per Jameson, il migliore zio possibile. E credeva di esserlo, si era impegnato per questo. Ma a Jameson serviva anche e soprattutto un padre, e per quanto Harry gli fosse sempre vicino, non era suo padre.Ma James ignorava il figlio, e anche oggi, per il suo decimo compleanno, aveva trascorso la giornata a lavoro, poi al cimitero, e poi chiuso nel suo studio in casa. Senza neppure un cenno, un saluto, al ragazzino.
"Potresti almeno salutarlo. Oggi è una giornata difficile per tutti, per me come per lui. Noi abbiamo perso una meravigliosa sorella e meravigliosa moglie, ma almeno l'abbiamo avuta per anni. Lui ha perso sua madre, senza averla neppure mai conosciuta. Si merita almeno un padre"
"Non riesco nemmeno a guardarlo, non posso nemmeno sopportarne la vista”
Jameson sussultò da dietro la porta, è con tutto l’istinto dei suoi dieci spalancò la porta. “Come puoi dire questo? Io sono tuo figlio”. Era solito origliare, non era certamente qualcosa di cui vantarsi, ma di rado trascorreva tempo con suo padre, e sentirlo discutere di affari da dietro la porta era quasi l'unico modo che avesse di sentire la sua voce.
Dieci anni trascorsi cercando in ogni modo di farsi benvolere dal padre, tentando in ogni modo di superarsi ed eccellere in ogni aspetto della sua vita, per rendersi degno di lui, degno del suo affetto, degno della sua stima. Degno del sacrificio della vita di sua madre. E adesso scopriva la verità, che nonostante tutto suo padre non sopportava nemmeno la sua vista.
Per tutti quegli anni non aveva mai detto nulla, aveva accettato la distanza fra lui e il padre come un dato di fatto. Aveva accettato il collegio, aveva accettato di pranzare seduto a tavola con lui due volte l’anno. Aveva accettato di non festeggiare il suo compleanno, mai, perché il suo compleanno in casa Fleming era soltanto e solamente il giorno della morte della signora Mary, di sua madre. Era stato difficile tenere sotto controllo le proprie emozioni. L’aveva sempre fatto. Ma sentire il padre pronunciare quelle parole gli aveva fatto ribollire il sangue.  
Harry iniziò a sospirare irrequieto, cercò di pensare a qualcosa da dire, a qualsiasi cosa che potesse appianare quella spaventosa situazione. Amava suo nipote, sinceramente. Era intollerabile vederlo soffrire. 
Ma fu il giovane Jameson a cavarlo d’impiccio.
"Io sono tuo figlio," disse ancora, "e mi dispiace che la mia nascita sia stata la causa della morte di mia madre…" Improvvisamente la gola gli si chiuse. Suo padre neppure lo guardava, assorto come era a girare il bicchiere di whiskey fra le dita.
"Vattene in camera" gli ordinò a bassa voce. "E domani te ne torni in collegio, a studiare. Non c'è posto per te qui."
Jameson sentì il rifiuto del padre fin dentro alle ossa, sentì un dolore insinuarsi nel cuore. E poi fu l'odio, e sotto l’effetto di quel connubio di emozioni fece un giuramento solenne. Se non poteva essere il figlio che suo padre voleva - ed era impossibile per lui esserlo, qualunque sforzo facesse- si sarebbe impegnato a meritarsi di essere, in tutto e per tutto, il figlio da odiare.


 

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


CAPITOLO PRIMO

Dopo aver declinato l’invito al primo party dell’estate sullo yatch del magnate del petrolio Sommers, i Castle hanno onorato della loro presenza la buona società newyorkese - riunita per l’estate negli Hamptons – in occasione della festa in spiaggia organizzata dalla cittadinanza per l’apertura della stagione estiva.
Un evento assai raro, perché i Castle sono di gran lunga la famiglia più sfuggente del jet set newyorkese. Sono ormai un lontano ricordo i tempi in cui Richard Castle animava in modi sempre più creativi i weekend della nostra adorata città. Ormai dedito alla stesura di testi sempre più pluripremiati, l’ex maestro del macabro è apparso - sbiancato, ma pur sempre affascinante - al braccio dell’adorata moglie, senatrice Beckett, reduce di una campagna elettorale che l’ha vista sbaragliare, incontrastata, ogni avversario, accumulando al pari del marito un ennesimo successo carrieristico.
Ma non si può dire che la coppia in passato sia dedicata soltanto a giornate – e nottate- di impegni lavorativi, in quanto l’industriosità della coppia si è palesata anche fra le mura della camera da letto, avendo avuto non uno, non due, ma ben tre figli, pur riconoscendo che due dei tre sono gemelli.
Non è sfuggito agli occhi dei presenti che la vista della senatrice e di tutti i suoi tre figli insieme è sufficiente ad incutere il timore di vedere doppio, o triplo. Mai New York ha visto un gruppo di fratelli così assurdamente simili nel loro aspetto fisico.
Tutti possiedono la stessa corporatura slanciata, i gli stessi folti capelli castani, gli stessi tratti delicati e lo stesso sguardo acuto. La senatrice, oltre i suoi successi politici, può vantare di aver regalato alla città tre fra i suoi più affascinanti abitanti, seppure così monotoni. Possiamo quindi concludere che la signora Castle si è fatta perdonare per averci privato anzitempo di uno dei più favolosi e appetibili scapoli della città, togliendo dal mercato colui che tutte le single di NY avrebbero voluto nella lista degli scapoli ancora per molti anni…

New York Ledger's, PAGE SIX, 16 maggio 2045

 
"Mio Dio!" Kate Beckett sbattè il suo tablet sul tavolo, e l'urto fece vistosamente vibrare la tazza di caffè.
Suo marito saggiamente non fece commenti e finse di essere intento a mangiare le sue smorelettes. "Hai letto cos'ha scritto? " chiese Kate. "Hai letto?"
Castle adocchiò lo schermo, che ora giaceva pericolosamente vicino alla caraffa della spremuta. "Non ne ho avuto l'opportunità prima che tu, beh, lo leggessi." "Leggilo, allora”
Castle quindi posò la sua forchetta sul piatto, e si allungò a recuperare il dispositivo. Accense lo schermo e lesse il paragrafo sulla sua famiglia. Sbattendo le palpebre, guardò la moglie. "Non è così male, Kate. In effetti, è una passeggiata di salute se paragonata a quello che ha scritto il Post la settimana scorsa."
"Come posso meritarmi la fiducia dei miei elettori se leggono sul giornale tutte queste notizie maliziose? Ha insinuato che noi trascuriamo il lavoro per divertirci a letto!”
"No," disse Castle lentamente. Era sempre saggio procedere con cautela mentre contraddiceva sua moglie. "Veramente, quello che ha detto è che ci siamo dedicati alla missione di mettere su famiglia, mettere su letteralmente, con la stessa dedizione che abbiamo messo nella carriera. Il che è praticamente un complimento" "Non avrebbe nemmeno dovuto sollevare l'argomento camera da letto" Kate sospirò rumorosamente.
"Beckett, è l'autrice di una pagina di gossip. E' il suo mestiere sollevare argomenti di questo tipo."
E mentre Beckett si alzava da tavola per andare in cucina, e sbuffava offesa, Castle abbassò gli occhi per scorrere il resto del giornale. A parte le quattro righe spese su di loro, il resto della sezione gossip era dedicato agli avvenimenti del party sullo yatch di Sommers. Lui e Beckett non avevano partecipato, poiché proprio ieri Lily era tornata definitivamente a NY, dopo ben due anni di studi nel Regno Unito, e riavere tutti e tre i loro bambini – ex bambini- sotto lo stesso tetto era indubbiamente un evento, e i Castle facevano sempre una gran trambusto quando c'erano di mezzo dei festeggiamenti.
"Stai leggendo ancora…"  Beckett lo colse subito in fallo. D’altronde, era stata una detective, ed era difficile che le sfuggisse mai qualcosa. Castle la guardò colpevole. "Fa un resoconto del party di Sommers. Fa menzione di chi parlava con chi, cosa indossava..." "E suppongo che abbia sentito il bisogno di fare un editoriale su questo evento storico" lo interruppe la moglie. Castle sorrise maliziosamente. "Oh, andiamo, Beckett. Sai bene che morivo dalla voglia di sapere se la signora Sommers ha osato mettersi delle piume in testa anche quest’anno." Beckett cercò di non sorridere. Castle poteva vedere gli angoli della sua bocca incurvarsi mentre cercava di conservare il contegno.
Ma dopo due secondi, sorrise e si sedette accanto al marito, portandosi la sedia appiccicata a quella di lui. "Fammi vedere," disse, strappandogli il giornale. Buttò l’occhio sulla pagina di gossip e nel frattempo iniziò a sgranocchiare due noci, pescate dal piatto del marito.
"Davvero, Castle, con tutti i resoconti sui giornali, sui social, le foto, non c'è bisogno di andare a nessun ricevimento." Accennò al giornale. " E’ quasi come essere stati lì. Probabilmente meglio" Castle si riprese il tablet, e all’occhiataccia indignata della moglie ostentò una finta compostezza. "Lo stavo leggendo io."
E mentre si scambiavano occhiatacce reciproche per il possesso del tablet, fu Jake a fare capolino dalla porta del salone, gli occhi ancora gonfi dal sonno, i capelli arruffati. Intento a soffocare uno sbadiglio si avvicinò ai genitori per augurargli buongiorno, e tempo di un affettuoso sfioragli la guancia, che buttò l’occhio sul tablet aperto e lo prese fra le mani, portandoselo vicino al viso.
"Ieri si sono fatte le ore piccole al party di Sommers. Ho sentito che anche quest’anno sono stati spennati vari pavoni per provvedere alla acconciatura della signora. Di questo passo la protezione animali segnalerà rischio estinzione pennuti negli Hamptons ”
I coniugi Castle lo guardarono storti, si era appropriato del loro tablet, ma Jake era troppo impegnato a sfogliare le pagine e a guardare le foto per accorgersene. “Questa sì che è una notizia. Sentite…” E lesse: "Lo scapestrato, e già ben noto ai nostri lettori, Jameson Fleming ha finalmente ritenuto appropriato di omaggiare gli  Hamptons con la sua presenza. Benché non si sia degnato di fare apparizioni a nessun avvenimento mondano yankee, l’inglese è stato avvistato più volte a passeggio intorno alla sua proprietà". Si fermò per azzannare un pankake. "Fleming vive negli USA ormai da dieci anni, primo nel suo corso di laurea a Yale, dottorato in scienze economiche ad Harvard, ha un ufficio all’angolo fra la 58esima e Park Avenue. Investiment banker di altissimo profilo, tratta grandi aziende raccogliendo ottimi riscontri. Nonostante si definisca sposato al suo lavoro, non disdegna relazioni extraconiugali di brevissima durata e grandissima frequenza. Incurante di prendere le redini dell'impero del padre, con cui la distanza oceanica non è solo geografica, è da sempre saldo in vetta alla lista degli scapoli più ricchi e appetibili della città” Il ragazzo alzò lo sguardo. "Avete capito è finalmente tornato a farsi vedere in giro… Jameson Fleming! Credevo che avrebbe venduto la casa, sono due estati che non si fa più vedere. Eppure ai tempi dell’università stava sempre qui per l’estate, Jameson" 
"James, sai che odia essere chiamato Jameson” Beckett disse automaticamente, "e sì, in effetti è da tanto che non si fa vedere negli Hamptons. L’ultima volta noi lo abbiamo visto a teatro quando, sei mesi fa? " Aggrottò la fronte e il suoi occhi si socchiusero, sovrapensiero.  
"Io sicuramente non c’ero, o almeno non nel pubblico. Forse eravate solo te e papà. Se Lily o Reece l’avessero incontrato, me lo avrebbero detto. Eravamo amici, me lo avrebbero sicuramente raccontato" mormorò Jake. “ E comunque Lily era ad Oxford per il suo dottorato sei mesi fa, e Reece è più probabile che fosse chiuso da qualche parte a studiare, lavorare, scartoffiare" "Rischio che tu non corri mai eh …” lo rimbeccò il padre.
“E’ un artista! E come diceva nonna, è normale che passi le giornate a bighellonare in mutande aspettando le corse dei cavalli, o dedicandosi a qualsiasi altro tipo di passatempo possa venirgli in mente” Lily entrò nella sala da pranzo dalla porta finestra che dava sul giardino. Era uscita a prendere una boccata d'aria prima di colazione, e ad ammirare il mare, che tanto le era mancato.
Castle sorrise con calore alla figlia. “Ebbene sì, ma una volta ogni tanto dormisse più di 4 ore per notte sono sicura che anche il suo genio creativo ne godrebbe!” Lily lo guardò storto per un secondo, poi scoppiò a ridere. “La nonna raccontava certe cose di te, che dubito che alla nostra età tu dormissi la metà delle ore che dorme lui!” 
“Touché” finì il padre avvolgendo il braccio intorno alle spalle della figlia minore. La ragazza lo salutò con un affettuoso bacio sulla guancia. “Siamo solo noi stamattina?” domandò.
“Sì, Reece è uscito presto per andare a correre in spiaggia” le rispose la madre. “E anch’io mangio una cosa al volo e esco, il tempo sembra magnifico e vorrei uscire con la barca e sfuggire da certe paternali” aggiunse il fratello alla sorella, mentre si scoccavano un bacio dalla parte opposta del tavolo.
“Almeno rimarrò finalmente solo con le mie donne!” fu il commento borbottato del padre. Reece finse di offendersi ma ridacchiava sotto i baffi, Lily roteò gli occhi e canzonò il padre. “Io l'ho sempre detto che avreste dovuto fermarvi a me! Voglio dire papà, saresti rimasto beato fra tre donne meravigliose, quattro con la nonna, il sogno di qualunque uomo! Avete voluto perseverare, e l’universo ti ha punito non con uno, ma con ben due maschi!”
"Ma se non avessi avuto i gemelli, come avremmo potuto giocare a baseball?" Beckett si intrufolò nel discorso, il volto fintamente riflessivo, dimentica ormai della piccola arrabbiatura di poco prima. Si rivolse alla figlia: "Serviva un buon battitore… ” “… e sia io che papà siamo pessimi con la mazza in mano!” Lily appoggiò la testa sulla spalla della madre, per salutare anche lei. La mattina era sempre stato l’unico momento in cui era certa di potere stare con sua mamma. Sua madre usciva di casa prima di loro figli, era suo padre a portarli a scuola, e il pomeriggio dopo la scuola era sempre suo padre che li accompagnava nelle varie attività. Ma sua madre non mancava mai di fare colazione con loro, di chiacchierare con loro figli, mentre suo padre, sempre acuto, si faceva piccolo dietro il bancone della cucina, a lasciare sua moglie godersi i ragazzi, e i ragazzi godersi la loro madre, e lui godersi la scena. 
E ogni mattina, Lily si accoccolava un po’ sulla spalla della madre, qualche minuto prima di sedersi al suo posto a tavola. Era la prima colazione con sua madre dalle feste di Natale, e le era mancata. Come le era sempre mancata, all'università prima e a Londra poi, e come le sarebbe mancata a settembre, quando sarebbe finalmente andata a vivere nel suo primo appartamento newyorkese. 
Ma aveva ancora l’estate per godersi colazioni, pranzi, e momenti preziosi con tutta la sua famiglia. Aveva i suoi fratelli, che nonostante fossero impegnati non rinunciavano mai ai weekend estivi nella casa paterna, sua sorella Alexis che li avrebbe raggiunti con il marito e il piccolo Ricky per il 4 di luglio, e poi mamma e papà.
Suo padre era un uomo meraviglioso, e sua madre era una donna meravigliosamente diversa da lui, ma ugualmente meravigliosa. Il loro era un matrimonio meraviglioso, pieno di tante difficoltà, ma sempre pieno d'amore. Per Lily, l’esempio dei genitori era importante, e sognava per sé un compagno simile, e un famiglia ugualmente piena d’amore, ma ora i suoi successi in tal senso erano alquanto scarsi. Troppo concentrata sul salvare il mondo, sosteneva il padre. "Spero davvero di riuscire di uguagliarti, se non come battitrice almeno come compagna, e come mamma” mormorò stranamente nostalgica. 
 "Lily" la chiamò Beckett, mentre gli occhi le si inumidivano. Castle pure appariva toccato dall'inaspettata lode mattutina "che cosa bella hai detto" le sussurrò. Lily non era facile alle lusinghe, e seppur aveva ereditato un talento nell'oratoria che contraddistingueva suo padre e sua nonna, tendeva nei sentimenti ad essere molto schiva e riservata, come la madre.
Lily si avvolse una ciocca dei capelli castani di sua madre intorno al dito, un gioco che faceva da quando era bambina, e sorrise, lasciando che il momento sentimentale si stemperasse in uno più divertente. "Sono felice di seguire le vostre orme quando si tratta di famiglia, e di figli, ma non fino al punto di averne tre. Davvero mamma, 3 figli?!"




 NOTE DELL'AUTRICE: Intanto salve a chiunque stia leggendo. Ho scelto di pubblicare insieme prologo e primo capitolo, perché si capisse un pochino di più l'idea della storia. Ho scelto di cominciare il racconto dei Caskett Kids partendo da Lily, la maggiore, che sarà la protagonista di questa storia. Ho seminato qua e là riferimenti alla serie, quotes, date che ricordano messe in onda di episodi iniziali e finali. Spero tutto ciò possa piacervi. 

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo ***


CAPITOLO SECONDO


In quello stesso momento, Jameson Fleming, affascinante giovane inglese trapiantato negli States nonché precedente argomento di conversazione della famiglia Castle, era seduto a prendersi un caffè al tavolo di un delizioso locale del porticciolo. Il suo compagno non era nient'altri che Reece Castle , il fratello minore di Lily.
 
I due erano una coppia che colpiva lo sguardo, entrambi giovani, alti, quasi imponenti, con folti capelli scuri. Ma mentre gli occhi di Reece erano dello stesso castano scuro di quelli di sua sorella, quelli di Jameson erano di un bellissimo blu zaffiro, con uno sguardo stranamente penetrante. Uno sguardo affascinante, accattivante e magnetico per chiunque. Ma non Reece. I due si conoscevano da troppi anni, e Reece rideva quando Jameson ammiccava alla cameriera regalandole un sorriso sornione. "Tu dimentichi che ti ho visto prendere delle buche irripetibili" gli aveva detto poco prima Reece. "E’ dura prenderti sul serio!" Al che James aveva replicato, "Sì ma, se ben ricordo, tu eri un ragazzino che mi veniva dietro cercando di imparare le mie tattiche di seduzione" "Uno dei momenti di cui meno più fiero, questo è certo. I risultati delle emulazioni delle tue tattiche con la ragazzina del gruppo degli Smith furono penosi" Reece si concesse un sorriso mentre ricordava quel giorno, quando un quindicenne Reece aveva provato a conquistare una splendida quasi diciottenne amica californiana in visita agli zii newyorkesi per le vacanze. Californiana che, neanche a dirlo, aveva occhi solo per James.
 
Reece era un buon amico, proprio il tipo d'uomo su cui si sapeva sempre di poter contare. Era stato la prima persona che aveva contattato al suo ritorno in America, ormai quasi nove mesi prima. "E' bello averti di nuovo qui, James," Reece disse una volta che si furono accomodati al loro tavolo. “Anche se mi risulta che ormai sei per tutti Jameson"
 
"Almeno tu," disse James con una certa enfasi. "Jameson sarà sempre il nome del figlio di mio padre" fece una pausa. "Fra noi, voglio che mi si chiami col mio nome” disse alla fine.
 
"Sono felice che tu sia tornato qui per l’estate,  James. E sono sicuro di non essere il solo." gli rispose Reece, ammiccante. James si inclinò all'indietro, incrociando le lunghe gambe all'altezza delle caviglie. “Mi sembra che tu voglia alludere a qualcosa. O qualcuno."
 
Reece sollevò un sopracciglio. Se l’allusione di James era andata a segno, Reece non lo diede a vedere e agitò la mano con noncuranza. "Immagino che tu stia progettando di prendere parte alla vita sociale qui. Non hai più 20 anni. Non puoi tirarti indietro dalla giostra di cene, pranzi, feste in spiaggia…" "Immagini male." "Ma ho saputo da fonti certe parteciperai al party della Meyers a bordo in piscina della prossima settimana" disse Reece. "Solo perché sono inspiegabilmente affezionato a quella festa. Era una tradizione, ci ritrovavamo sempre lì. Era una cosa informale, c’erano sempre tutti i ragazzi… era l’inizio delle vacanze. Ma ho intenzione di accettare solo quell’invito” concluse.
 "E va bene. Così non hai intenzione sottostare come noi al circo di spettacoli, feste in barca, feste in piscina, concorsi, regate, e tutto quello che hanno da offrire gli Hamptons d’estate. Ma permettimi di avvisarti - anche se scegli di non partecipare alle feste, loro ti troveranno."
 
James, che aveva scelto quell'istante per bere un sorso del suo caffè, tossì nel vedere l'espressione della faccia di Reece mentre diceva "loro" Dopo alcuni momenti passati a tossire e sputacchiare, finalmente riuscì a dire. "Prego, chi sono "loro"?" “Ora stai facendo finta di non capire. Le linci in età da marito che vengono negli Hamptons a caccia di un buon partito. Non riuscirai mai a nasconderti da loro. Non ci riesco io, e tu sei molto più ricco di me."
 
"E notevolmente più affascinante” Reece fulminò l'amico con un'occhiata di leggero compatimento. "Ho letto stamattina che per il Ledger sei il numero uno nella classifica dei single da accalappiare di quest’estate. Ti daranno la caccia. E quando ti troveranno, ti troverai intrappolato in una conversazione con una donna che non farà altro che ridere qualunque cosa tu dica e lanciarti occhiate allusive e palpatine ammiccanti" Un'aria divertita attraversò i lineamenti di James. "Lo devo interpretare, quindi, come un'ammissione del fatto che sei diventato anche tu un buon partito?”
 
"Nessuna aspirazione a questo ruolo da parte mia, ti assicuro. Se dipendesse da me, eviterei gli avvenimenti mondani come la peste. Ma mia madre è stata eletta al Senato, di nuovo, e sono obbligato ad accompagnarla di tanto in tanto." “Salutamela tanto, tua madre. Le avevo promesso che sarei passato a trovarla, mesi fa, ma non sono mai andato. “ Reece lo guardò sorpreso. "Vi siete incontrati?" "Si," ammise James, "a teatro, mesi fa, ero appena rientrato."
 
"Beh, James," disse improvvisamente Reece, sporgendosi in avanti, " Potresti salutarla di persona. Stasera siamo a casa, una cena tranquilla in famiglia, forse qualche amico di famiglia. Sono sicura che sarebbe felice di avere te, e tuo zio ovviamente, come ai vecchi tempi, ti ricordi?” James alzò uno dei scuoi scuri sopraccigli. Come poteva non ricordare?
 
James aveva una dozzina di altre cose da fare in quei giorni, ma prima che potesse ricordarsi che doveva metter in ordine i propri affari, si udì rispondere, " Se mi garantisci che non ci saranno linci, ci sarò. Ho piacere di rivedere tua madre e tuo padre."
 
“E Jake e Lily. Siamo per la prima volta dopo anni tutti nello stesso stato nello stesso momento, e abbiamo promesso a mamma che ci saremmo impegnati per stare qualche weekend tutti insieme, ora che Lily è rientrata da Londra. Saremo tutti insieme, dai, come ai vecchi tempi.”
 
James non era certo che sarebbe stato tutto esattamente come era ai vecchi tempi.

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


CAPITOLO TERZO

Per le sette della sera, tutti i peggiori timori che Lily potesse immaginare si erano materializzati. James Fleming era lì negli Hamptons. Aveva incontrato suo fratello quella mattina. E, cosa peggiore, suo fratello lo aveva invitato a cena. E molto peggio ancora, lui aveva accettato l’invito.
 
“Vuoi smetterla?” le disse Kate tra i denti, mentre le dava una gomitata nelle costole. “Smettere cosa mamma?” “Di avere quello sguardo” Lily sbattè le palpebre. “Che sguardo?” “Come se volessi incenerire tuo fratello con la forza del pensiero”. “Oh” Lily arrossì, il tipo di rossore dovuto al senso di colpa.
 
“Ammetto che avrebbe potuto avvertire prima di invitarlo” ammise la madre . “Ma James è stato di casa qui per anni. E io stessa lo avevo invitato a passare a trovarci, qualche mese fa. E’ solo una cena. E poi non ci sarà solo lui. Andrà bene.”
 

James fu l’ultimo a presentarsi a cena, con un ritardo di quasi un’ora. Volutamente. Il giovane si incamminò nel vialetto che portava alla casa dei Castle, conscio di essere maleducatamente in ritardo. Suo zio aveva subito declinato l’invito, il jet leg era troppo stressante per lui, e doveva ancora riprendersi. Avrebbe affrontato la situazione in soliaria. Non era tipo da tirarsi indietro all’ultimo, ovviamente, non era così maleducato. Ma era abbastanza indulgente con se stesso – e furbo- da capire che forse, arrivando alla fine, avrebbe potuto risparmiarsi un bel po’ di chiacchiere.
 
Naturalmente avrebbe porto le sue scuse alla padrona di casa. Ma sapeva bene che i Castle erano una coppia di persone affabili, che non si sarebbero risentiti con lui per quel ritardo.
 
Tirò un sospiro di sollievo quando trovò la porta aperta, e l’ampio ingresso vuoto, a riprova del fatto che evidentemente avevano già iniziato la cena senza di lui. Man mano che percorreva il corridoio che conduceva al salone, il suono del vociare del gruppo diventava sempre più rumoroso, giungendo finalmente al salone, dove gli ospiti attendevano l’inizio della cena.
 
Lo avevano aspettato. E questo lo fece sentire un po’ in colpa. Ovviamente nessuno sembrava particolarmente irritato da quell’attesa. Al contrario, parevano tutti divertirsi moltissimo, in particolare un gruppo di ragazzi in un angolo della sala, e James riconobbe già a un primo sguardo una serie di volti familiari.  
 
“Guardate chi si è finalmente ti sia unito a noi, Fleming!” Il sarcasmo di Reece scosse James dalle sue fantasie. Ignorò l’amico, volgendo invece la sua attenzione alla madre di lui. La donna aveva sempre avuto un’eleganza innata, un portamento fiero, e nonostante non fosse più giovanissima era ancora così bella, che era facile immaginare che, ai tempi della sua gioventù, qualsiasi uomo - anche uno scapolo impenitente come era stato Richard Castle- avesse capitolato senza condizioni. “Mi scuso molto per il ritardo” iniziò James. “E permettetemi di dirvi, signori Castle, quale piacere sia rivedervi”
 
La donna fu gentilissima. “Non preoccuparti, James. E’ un piacere anche per noi. In realtà, ci hai dato di più tempo per chiacchierare”
 
“Ora sei un uomo importante, mi dicono” continuò Richard mentre anche lui stringeva mano al ragazzo. “Speriamo però che, come vicino di casa, di rivederti in questi mesi” continuò appoggiando la mano sulla spalla del ragazzo, in un gesto affettuoso. “E ora che ci siamo tutti, sarebbe ora andare a tavola” continuò il padrone di casa, con voce abbastanza alta che tutti potessero sentire.
 
Quel cortese richiamo ebbe l’effetto sperato, e gli invitati, uno dopo l’altro si allontanarono per prendere posto alla tavolata apparecchiata nella sala da pranzo. James salutò qualcuno al volo, qualche veloce stretta di mano, qualche sorriso. Finché non restò per ultimo Jake, la cui somiglianza con il fratello continuava ad essere impressionante, seppur lo sguardo di questo gemello fosse notevolmente più scanzonato. Alla sua destra, lei. Ed era spaventosamente più bella di quello che ricordava.
 
Lily aveva i capelli raccolti in una treccia che sembrava quasi troppo pesante per il suo collo sottile, ma James dovette riconoscere con i capelli scostati completamente dalla fronte, i suoi occhi sembravano più belli del solito. Jake si spostò per andare verso la sala, accompagnandola con la mano sulla schiena della sorella, quasi a incoraggiarla. Tempo pochi secondi, e James e lei erano a un palmo di distanza. Dopo due anni.
 
Poi Lily gli passò accanto, diretta al suo posto al centro della lunga tavolata. Ignorandolo.
 
Lui prese posto a tavola accanto alla madre di lei, un posto d’onore che era stato tenuto per lui, l’ospite più atteso dopo anni di lontananza, un caro amico di famiglia, di cui però non era un membro. Chiacchierò educatamente con la senatrice, con una amica di lunga data di lei, Lanie, una graziosa signora molto loquace che aveva incontrato già molte volte, e Reece, seduto alla sua sinistra. Durante il pasto, James tentava di ignorare l’attività al centro della tavolata, dove erano seduti il maggior numero di ragazzi, ma gli era impossibile ignorare Lily stessa.
 
Il giovane Jake intratteneva raccontando una stupida storia su un giornalista e una festa. Lily si sciolse in una risata insieme con il resto del gruppo, euforico. James tornò a guardarsi il piatto.
 
Si sforzò molto per concentrarsi sul pollo, perché sapeva di non doverla guardare, ma tutto in lei urlava di guardarla. Era sempre stato così, e nonostante le distanze, bastava ritrovarsi nella stessa stanza e continuava a sentirsi allo stesso modo. Aveva fatto bene, due anni prima, a respingerla bruscamente. Lily era troppo, si sarebbe perso in quella donna meravigliosa. E lo avrebbe distolto dal suo intento.
 
L’esplosione di una risata lo riportò alla realtà del momento, della serata. La conversazione era passata all’editoria, ed era il giovane Josh West, figlio dell’editore del signor Castle, a tener banco, narrando all’intera tavolata del grande successo della ristampa della saga di Nikki Heat.
 
Lily ascoltava rapita, il suo sguardo scintillante incollato su West, e una fitta di insofferenza divampò nell’animo di James. Un tempo era lui il ragazzo che lei guardava incantata. Poi toccò alla simpatica amica della senatrice, Lanie, inserirsi nel discorso, raccontando vari aneddoti sugli anni in cui Richard Castle aveva seguito quella che sarebbe diventata sua moglie, allora detective della omicidi, per trovare ispirazione per i suoi polizieschi.
 
“Inutile dirlo, non ho mai visto due persone tanto destinate l’uno all’altra” affermò concludendo Lanie, e James non poté non notare comei quel Josh indugiasse un po’ troppo con lo sguardo su Lily, che sorrideva. “È un peccato che abbiano impiegato molto più tempo di noi per capirlo, e perso un sacco di anni!”
 
James si tese contro lo schienale della sua sedia. Conosceva West abbastanza da dire che era totalmente sbagliato per lei. Di indole troppo buona. Troppo affabile. Lei avrebbe finito col maltrattarlo prima che lui si potesse accorgere di cosa lo aveva travolto. James guardò istintivamente il signor Castle, sperando che il padre di lei avesse notato quella discutibile occhiata a sua figlia da parte del giovane editore, ma Castle aveva occhi solo per sua moglie, tanto che sollevò il bicchiere e fece un brindisi. “A mia moglie, alle cose che ci siamo persi, e a quelle che non ci siamo persi”
 
James sviò lo sguardo, a disagio per l’evidente manifestazione di affetto tra marito e moglie. Sentiva di non appartenere a quella situazione. Di non appartenere a lei. Alla sua famiglia e al modo in cui tutti si comportavano con tale sicurezza, disinvoltura, mostrando affetto, euforia, entusiasmo, riuscendo a mettere a proprio agio anche tutti gli invitati. Tanto diversi dalla sua famiglia. Così coinvolgenti. Non facevano per lui. La sua attenzione tornò su Lily, i suoi occhi azzurri addolciti da quel momento di intimità. Un momento di eccessiva intimità.
 
Conscia di avere tutta l’attenzione su di lei, Kate Beckett sollevò anche lei il suo bicchiere. “Dal momento che brindiamo, dovremmo approfittarne per dare a James il nostro bentornato, dopo quasi due anni ” Quelle parole erano indirizzate dalla senatrice altra parte del tavolo, dove a capotavola sedeva suo marito. Il marito allora alzò il calice. “Idea eccezionale, Beckett. A James, bentornato fra noi ragazzo, con la speranza di averti dei nostri quest’estate”.  Intorno al tavolo si levarono i bicchieri, e Reece si chinò verso di lui con un sorriso d’intesa, interrompendo i suoi pensieri. “Considerati avvisato. Ora che papà ha detto che sei dei nostri, non potrai più nasconderti”
 
Tutti risero. Tutti tranne James, che si sforzò di rivolgere un sorriso educato e prese un drink. “Vi confesso di essere dispiaciuta per James” intervenne Lily, con una leggerezza nel tono che James non riuscì a comprendere appieno. “Immagino abbia sperato, dopo due anni di lontananza, di poter sfuggire definitivamente alla nostra compagnia. E invece neanche 24 ore che è arrivato e ha dovuto accettare il nostro invito.”
 
Per essere le prime parole che Lily gli rivolgeva, dopo quella sera di due anni fa, non gli stava andando troppo male. Fingendo uno sguardo di noia, lui affermò: “Non si è trattato certo di un dovere accettare il vostro invito” “La tua magnanimità ci imbarazza. Ti siamo grati dell’onore che ci hai concesso.” concluse Lily, sarcastica.
 
Ci fu un momento di momento di silenzio, poi Reece rise, e tutti convenuti appresso a lui. Tranne Lily, che abbassò lo sguardo e fissò il suo piatto.
 
James ripensò al loro passato, a ciò che si erano detti, ai modi in cui si erano attaccati, augurandosi di riuscire a graffiare o addirittura ferire. Riascoltò le parole che le aveva detto anni prima, il modo tagliente con cui le aveva parlato. Sapeva, oggi più che allora, che non era possibile fare un passo indietro, non dopo lo sforzo che aveva dovuto fare due anni prima, con cui era riuscito a mettere una distanza fra loro. Ma dentro di sé, pur sapendo di aver agito per il meglio, era pentito delle cose che le aveva dovuto dire per allontanarla l’ultima volta che si erano visti.
 
Adesso che ce l’aveva di fronte, dopo due anni, ripensava a due anni prima, e voleva dirle che non la trovava né infantile, né problematica. La trovava invece praticamente incredibile.
 
E c’era ben altro dietro. Se solo le cose fossero state più semplici.


 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto ***


CAPITOLO QUARTO

 
I gossip degli Hamptons segnalano Jameson Fleming come il partito più corteggiato di questa stagione estiva, come previsto da queste colonne. Forse l'unica giovane donna che non ha mostrato interesse per Fleming è la signorina Lily Castle, la figlia del noto scrittore Richard e della senatrice Beckett. Fonti ben informate rivelano che il suo comportamento verso l’inglese sembra rasentare l'ostilità. Se la giovane promette di aver ereditato dai genitori non solo i tratti estetici, ma anche il caratterino - e sappiamo tutti essere così- è ragionevole immaginare che l’accoppiata tra Fleming e Castle sarà ciò che animerà una stagione estiva altrimenti mortalmente noiosa. 

New York Ledger's PAGE SIX, 23 maggio 2045

 
L’allegro gruppo si era spostato in giardino per il dolce e qualche chiacchiera. James ascoltava Reece raccontare un aneddoto a lui e ad altri amici, ma la testa era certamente da un’altra parte. E anche lo sguardo. “James, non hai ancora salutato i miei fratelli credo. Quando sei arrivato non ce ne è stato il tempo”. Con lo sguardo Reece cercò il fratello e la sorella, individuandoli poco distanti, intenti a chiacchierare con la madre e la zia Lanie. Reece li richiamò, e James si sentì legittimato a volgere lo sguardo verso di lei.
 
Quando Lily ricambiò il suo sguardo, accennò un cauto cenno al fratello. Era ovvio che l'ultima cosa che desiderava era attraversare la stanza per unirsi a loro... a lui, e James non poteva biasimarla. “Non ce bisogno, Reece, si stanno godendo la compagnia di tua madre e…”
 
Il sollecito richiamo del fratello aveva avuto effetto, ed eccoli vicino a lui.
 
“James Fleming!” stava dicendo Jake, con la voce stranamente distaccata, per un ragazzo affabile come lui. . “Infine ci rivediamo” A James non sfuggì l’occhiata che Jake rivolse a sua sorella. I dettagli che tradivano il suo disagio. “E’ un piacere rivederti Jake” James gli rispose con studiata indifferenza, stringendogli la mano.
 
“Anch'io sono incantata di rivederti di nuovo, Jameson” Lily lo chiamò volutamente con il nome completo, che odiava, mentre allungava la mano verso di lui. “E tanto incredibilmente presto dopo il nostro ultimo incontro” concluse con ironia.
 
James sorrise tra sé e sé. Fu uno scambio di un secondo, poi l’attenzione di tutti sembrò catalizzarsi sull’idea di un’uscita in barca la settimana seguente, proposta da una ragazza che James non conosceva. Tutti sembrarono molto concentrati a scegliere una giornata e organizzare la cosa.
 
“Beh Lily” mormorò senza pensare “mi sembri in splendida forma”. Se prima l’atteggiamento di lei era sembrato vagamente ironico, a quel punto divenne apertamente ostile. James si disse con un rimbrotto mentale per aver detto la cosa sbagliata. Non avrebbe dovuto dirlo. “E tu, Jameson” rispose con un tono che avrebbe gelato lo champagne che avevano fra le mani “sei rimasto esattamente uguale all’ultima volta che ti ho visto”. Quindi lei volse deliberatamente lo sguardo al gruppo di amici, per distoglierlo da lui. “Credo di aver bisogno di un altro bicchiere di champagne” disse. “Sembra un’ottima idea. Anch’io ho bisogno di bere qualcosa” rispose lui. Non si sarebbe fatto liquidare così. “Ah bene, fammi fare allora gli onori di casa. Ti faccio portare subito qualcosa.” 
 
“Lily, scusami” le si rivolse Jake “Se rientri in casa, potresti prendermi per favore il palmare? Stiamo decidendo per l’uscita e non ricordo se venerdì pomeriggio posso liberarmi” Lily non rispose subito, ma lo guardò benevola. Il fratello le stava dando una scusa per dileguarsi. Era unico. “Ma certo”
 
“Ti accompagno” si inserì James, nel discorso
 
“Sono sicura che questo non sarà necessario” Lily gli lanciò un altro sguardo iroso, “Oh, ma si che lo è”
 
“Davvero, non ho alcuna voglia di farmi accompagnare da…”
 
James appoggiò con decisione la mano sul braccio di Lily. Era tesa, la postura era in tensione, la voce vibrava di una certa collera. E Jake se ne era accorto, e li fissava, teso. Reece sembrava aver notato la tensione del fratello, e alzò lo sguardo perplesso verso tutti e tre.
 
Non era quello il momento, non lì, non con i fratelli vicino. Le porse il braccio, galante, e le lanciò un’occhiata complice. Dopotutto, in tanti anni avevano costruito una certa complicità. Non si poteva cancellare, con due anni di distanza, una vita di vicinanza. Lei si lasciò accompagnare verso la cucina, dopo aver rivolto un sorriso ai fratelli.
 
 “Mi scuso per averti zittita prima. Ma credo proprio che, se tu avessi continuato lì, davanti a tutti, te ne saresti pentita” “No” disse lei, e la sua voce aveva il tono di chi parlava seriamente “io non mi pento proprio di nulla” e nell’istante successivo, rovesciò il bicchiere di champagne sulla camicia di lui.



  
 “Ebbene” mormorò lui qualche istante dopo, mentre tentava di smacchiarsi la camicia con un panno bagnato . “Hai volutamente rovinato una splendida camicia di squisita manifattura italiana. Mi odi a tal punto?”
 
“Scusa, come hai detto?” Lei lo guardava, fintamente innocente. “Non mi trattare come se fossi un cretino” “E' stato un incidente” “Perché - disse lui in tono dubbioso – dovrei crederti?”
 
“Perché- rispose lei con un malizioso sorriso, - dovresti sapere che se ti avessi versato lo champagne addosso di proposito, te lo avrei detto”
 
A lui venne da sorridere.
 
 “Questo è qualcosa che mi riesce facile credere” commentà lui, e lei allora sorrise, a lui, come un tempo. Lui aspettò che finisse di sorridere prima di dire: “Non hai risposto alla mia domanda”
 
Un sospiro uscì dalle labbra di Lily. Non aveva pensato che lui le ripetesse la domanda. O almeno aveva sperato che non lo facesse. “Io non ti odio” rispose, scegliendo le parole con molta attenzione. Aveva gli occhi fissi sul mento di lui, ma visto che non tollerava la codardia, ancor meno in se stessa, si obbligò a guardarlo negli occhi e aggiunse: “Ma avrei preferito non averti mai conosciuto”
 
Quelle parole lo ferirono, più di qualunque altra cosa lei gli avesse mai detto.
 
“ E’ incredibile, se ci ripenso. Da ragazzina i miei genitori mi hanno ripetuto sempre, fino allo sfinimento, di non dare confidenza agli sconosciuti. E proprio quel giorno ho pensato bene di fare un’eccezione, con te” sospirò malinconica. “Immagino che avrei fatto meglio ad ascoltare le raccomandazioni dei miei genitori” concluse amara, allontanandosi da lui.
 
James rimase solo, con il fazzoletto umido in mano e una chiazza d’acqua sulla camicia. E in quella cucina, la mente tornò indietro di quasi vent'anni anni, e si rivide davanti un paio di grandi occhi color nocciola che lo fissavano. James era solo quel pomeriggio, perché suo zio era in città a sbrigare degli affari. Era la prima volta che trascorreva l’estate lontano dall’Inghilterra nei sui quattordici anni di vita, ma suo zio aveva ritenuto che così fosse per il meglio. A New York c’erano degli affari, c’erano dei corsi prestigiosi per James, e c’era un oceano di distanza fra James e suo padre. Sembrava che affittare una casa al mare in un altro continente fosse la soluzione idilliaca per l'armonia familiare
 
Lui si era sistemato su una sdraio e aveva appena cominciato a studiare latino, quando un rumore gli aveva fatto alzare gli occhi. Ricordava ancora esattamente l’aspetto di Lily quel pomeriggio: due occhi vispi, due codini ai lati della testa, una grossa mela rossa mezza mangiata in mano.
 
La mela- pensò James anni dopo - era una perfetta metafora di quello che lei sarebbe stata.
 
“Stai studiando latino?” gli chiese lei, mordendo energicamente il frutto.
 
Lui si accigliò a quella domanda, piuttosto sconcertato. Possibile che una ragazzina di 11, 12 anni sbucasse dal nulla per rivolgergli la parola? “Scusa?” le disse “Veritas” disse lei, senza mostrare alcun ritegno nel parlare a bocca piena. Possibile che gli americani fossero tutti così sguaiati? Masticò e inghiottì, poi indicò il libro con la mela mangiucchiata. “Lo stavi dicendo ad alta voce. Conosco quella parola. E’ verità, in latino.” Lui abbassò gli occhi verso il grosso volume che teneva aperto nel grembo, poi tornò a guardare in alto. “Sì, sto studiando latino”
 
“Oh” Lei rifletté sull’informazione per un momento, fissandolo, quindi affondò i denti nella mela e si tolse il frutto di bocca con la mano sinistra. “Io sono Lily”  disse, porgendogli la destra. James la guardò storto. Almeno, dimostrava qualche rudimento di educazione. Americani. “Io sono Jameson Fleming” disse stringendogli la mano, decidendo che la cosa più educata da fare era quella di dare confidenza a quella ragazzina per qualche minuto. Ma lei non sembrò impressionata dal fatto che lui le concedesse un po’ del suo tempo, e dette un altro morso alla mela, poi gli porse il frutto sbocconcellato. “Ne vuoi un po’? La mangiamo insieme”
 
 Dopo tanti anni, James ricordava ancora vividamente il delicato profumo di mela sotto il naso e il sapore aspro e pungente che aveva sentito staccandone un morso: da quel momento, la sua vita non era stata più la stessa. “Studiare latino non sembra molto divertente” disse lei, mentre James masticava e inghiottiva il frutto. “Non preferiresti fare un bagno?”
 
Pur tentato dalla proposta, lui scosse il capo. “Grazie, ma devo studiare” “Potremmo tuffarci da quello scoglio là”  continuò lei, come se James non avesse parlato, indicando un grosso scoglio che si allungava al di sopra della spiaggia a una ventina di metri da loro. Lui fu vinto dalla curiosità. “ Perché proprio quello?” le chiese.
 
“ Perché è di fronte casa mia. Ho il permesso di passeggiare un po’ sola purché mi tenga sempre dove possano vedermi, ma se voglio fare il bagno al mare, devo farlo lì perché mia sorella Alexis è stesa al sole proprio lì davanti”
 
A lui sembrò un motivo giusto,  e fare un tuffo da quello scoglio aveva l’aria di essere divertente, soprattutto in un caldo pomeriggio d’estate, con il latino come alternativa. James scosse il capo con risolutezza. “Non posso. Devo studiare. Inoltre, non ho il permesso di fare il bagno.” “Non c’è problema - mormorò lei, guardandolo con un sorriso. - Non lo dirò a nessuno. “
 
James ricordava ancora quel sorriso. Fin da allora, aveva avuto il potere di indurlo a fare cose molto, molto sbagliate. Lui aveva ceduto alla tentazione, lasciandosi trascinare in un tuffo proibito da una ragazzina americana che non avrebbe dovuto nemmeno parlargli, comprendendo che un ragazzino di ben 14 anni aveva di meglio da fare che starle appresso.
 
Risultato: scivolando sullo scoglio si rotto il braccio, tre settimane di reclusione in camera e una bella strigliata dallo zio. Lui sorrise mestamente tra sé. Fin dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lei, Lily Castle era stata una calamità nella sua vita.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo Quinto ***


CAPITOLO SESTO
 
Steso sul letto, Richard Castle guardava il soffitto della camera da letto, la testa di Kate appoggiata sul suo petto. Finalmente soli dopo quella lunga cena, potevano concedersi un po’ di tenerezza e quattro chiacchiere in santa pace. “ Che ti è sembrata la serata?” domandò lui alla moglie
 
“E’ andata. Mi è sembrato si siano divertiti tutti” “E Lily?” lui le disse posandole una mano sul braccio. “Non era entusiasta quando ha saputo che Reece aveva invitato James. Ma mi sembra che se la sia cavata bene”. “E’ testarda. Anche se rivederlo l'avesse turbata, non lo avrebbe comunque mai dato a vedere” disse Rick aggrottandosi.
 
“Sicuramente non le è rimasto indifferente” disse la moglie “Speravo che a questo punto lo avesse ormai superato” le rispose il marito. “Andiamo Castle, proprio tu vieni a dire a me che nostra figlia avrebbe dovuto superarlo? Tu che hai perseverato testardamente con me tutte le volte che ti ho respinto?” lo stuzzicò Kate. “Avrei voluto che non riprendesse questo particolare tratto da me” le rispose il marito, cupo. “Era già abbastanza che avesse ripreso da me il fascino irresistibile” ammiccò alla fine.
 
Kate rise volentieri, poi lo abbracciò.
 
“Comunque Castle, possiamo sempre sperare che con il tempo...” “Il tempo è servito a poco fino ad ora, Beckett. E da quello che ho visto stasera, non penso servirà a qualcosa”.
 
Kate immerse il suo sguardo negli occhi azzurri di suo marito scuotendo al testa.
 
“Non c’è molto che possiamo fare, per ora, se non starle vicino” insistette Kate, poi gli prese il mento e lo obbligò a guardarla. “Cerchiamo di non farle pressioni  - continuò – e vediamo cosa succede”. Castle appoggiò il viso sulla spalla di sua moglie. “Hai ragione” rispose lui con voce soffocata “Dobbiamo starle vicino, ma lasciarla libera di fare come vuole”
 
“Lasciarla libera veramente, Castle, non come quando a 11 anni ti ha chiesto se era giusto baciare un ragazzino che le piacesse, e tu le hai risposto che poteva fare come voleva, ma che con i baci avrebbe potuto prendersi l’herpes o la mononucleosi” “Con i baci si trasmette l’herpes o la mononucleosi Beckett, era giusto educarla sin da subito” “Quindi per questo glie lo hai detto, per una corretta informazione, non per dissuaderla” “Ovviamente, come avrebbe fatto qualunque buon padre”.
 
Beckett sorrise accarezzandogli i capelli neri striati di grigio. Sapeva che dirgli di tenersene fuori era molto da chiedergli. Per quanto al mondo si mostrasse affabile, gentile, pacifico, Richard Castle amava spasmodicamente i suoi figli, e adorava le sue ragazze in modo particolare. E non era facile per lui vederle soffrire. Non lo era stato neppure quando era stata lei quella a soffrire. Ma lui l’aveva salvata, averlo vicino l’aveva salvata. E anche i suoi figli potevano contare su quella presenza rassicurante nella loro vita, quell’uomo che vegliava su di loro assecondandoli nelle loro battaglie, sempre pronto a fare la sua parte. “Ti amo” gli mormorò all’orecchio. "Ti amo anch'io Kate"

Beckett cercò le sua labbra e lo baciò teneramente. “Per fortuna, tu sei qui” disse lei abbracciandolo.
 
 ---
 
 “Gli hai versato addosso lo champagne?” 
 
 Kate strabuzzò gli occhi. Lily lanciò un’occhiata di traverso a sua madre, mentre attraversava a grandi passi il salotto verso il tavolo della colazione.
 
“Che tu ci creda o no, non l’ho fatto apposta - rispose, voltandosi davanti al camino per tornare indietro. - Ero tesa e volevo punirlo. Sarà stato il mio subconscio”
 
 “Non sarà stato il tuo momento migliore" disse sua madre con un sorriso, sollevando dal tavolo la caraffa di vetro con un succo di frutta; versò due bicchieri, poi ne porse uno alla ragazza.
 
“Quante erano le probabilità che lui si facesse rivedere proprio ora?” chiese Lily, prendendo il bicchiere senza smettere di camminare. “Voglio dire, quante erano le probabilità che tornasse negli Hamptons proprio quando ci sono anch’io?”
 
“Le coincidenze a volte accadono” osservò sua madre, in tono così ragionevole che Lily si sentì solo più contrariata. “Be’, non dovrebbero.” Si lasciò cadere su una sedia. “Ero così felice di poter stare tutti insieme dopo tutto questo tempo. Papà è talmente entusiasta di averci qui, non vede l’ora che arrivino Alexis e… - Si interruppe, premendosi il palmo sulla fronte - Non voglio andarmene di qui e deluderlo.” confessò Lily, mettendo da parte il bicchiere.
 
Si lasciò cadere sulla sedia, poggiando un gomito sul ginocchio e la guancia sulla mano. “Suvvia, Lily. Non devi neppure farti venire l’idea che una cosa del genere possa deludere tuo padre, o me” la rassicurò la madre. “Tu credi che dovrei restare?” “Sì, credo di sì. Tu no?” Lily si appoggiò allo schienale, riflettendo sulle parole della madre. Dopo la serata precedente, il primo istinto era stato quello di preparare le valigie e tornarsene a New York. Quella mattina però si era svegliata e aveva deciso che era più saggio discutere la situazione con sua madre e prendersi tempo per pensarci. Ora, però, a mente fredda, dopo aver raccontato tutto alla madre, con qualche sorso di succo e un po’ di riflessione, non vedeva alcun motivo per cambiare i suoi piani.
 
“Hai ragione. Non ho intenzione di andare altrove — rispose con un pizzico di spavalderia. —Sono stata lontana dalla mia famiglia per troppo tempo, e non vedevo l’ora di poter stare qualche giorno tutti insieme. Non intendo rinunciarci solo perché quell’uomo ci abita accanto. Perché dovrei? E se presto un po’ di attenzione sono sicura che non dovrò incontrarlo più di tanto. E poi non è detto che starà qui tutta l’estate. Inoltre... — Si fermò a riflettere. —Non voglio certo dargli l’importanza che gli darei se me ne andassi. Può andarsene lui se non sopporta la mia presenza” aggiunse scuotendo il capo.“ No, mi ha già costretta una volta a comportarmi così. Non ci riuscirà di nuovo” 
 
“Tieni presente, comunque, che non potrai completamente ignorarlo. E non potrai neppure versagli ogni volta addosso qualcosa per sfuggirgli” le ricordò la madre.
 
Lily ripensò a come le era apparso quella sera, ai cambiamenti che il tempo aveva portato sul suo volto. Le tornò in mente la sua immagine come era un tempo: gli occhi dello stesso azzurro intenso, ma traboccanti di ilarità; i capelli più chiari, schiariti dalla salsedine e dal sole; il viso simile nei lineamenti, però molto più rilassato, lo stesso viso che sapeva procurare al suo cuore di una ragazzina una stretta di piacere. Per un solo istante, Lily provò di nuovo il potente spasimo del primo amore: tutta la gioia, lo struggimento, l’incertezza. “Lily?”  La voce di sua madre interruppe le sue fantasticherie, e alzando gli occhi lei incontrò lo sguardo preoccupato. “Stai bene?”  “Certo. Non dovrei?” “Sembravi perplessa all’idea di non poterlo completamente ignorare. Un tempo lo amavi. Quando lui ti allontanò, eri sicura che non saresti mai più stata felice”
 
Mentre sua madre le parlava, il momento nostalgico passò, e Lily tornò a essere se stessa: una donna e matura di ventisette anni, non una diciassettenne innamorata. “Hai ragione tu, mamma. Posso affrontarlo” “C’è un’altra cosa che dovresti sapere” Kate si fece avanti sulla sedia, e il suo angelico viso rotondo si incupì in un’espressione preoccupata. “Parteciperà alla festa in piscina dei Meyers”
 
Lily cominciava a sentirsi un po’ provata. “Anche la festa dei Meyers vuole rovinarmi? Ne sei sicura?” Su madre posò il bicchiere e annuì. “Me lo ha detto Reece, a cui l’ha detto lui stesso quando si sono incontrati a colazione.” “Mi sta sfidando” mormorò Lily con un gemito e incrociò le braccia con ostinata contrarietà. “Sa che Sarah è la mia più cara amica - disse. - Sapeva che sarei andata a quella festa. Prima si presenta a cena a casa, poi questo…” “Lily... - La voce di Kate si affievolì, mentre rivolgeva alla figlia uno sguardo ammonitore -  Non è questo il modo giusto per affrontare la situazione”  “Sì, sì - la interruppe lei, con un pizzico di frustrazione.- Hai ragione.”
 
Ignorando lo sguardo scettico di sua madre, Lily lanciò un’occhiata all’orologio. “Si è fatto tardi. Accompagno papà alla lettura di oggi” aggiunse alzandosi. Anche sua madre si alzò in piedi. “Se hai proprio deciso, confermo a Violet Meyers che ci saremo tutti alla festa”. 

“Dai mamma - disse Lily sorridendo davanti al volto preoccupato della madre. - Non fare quella faccia preoccupata. Mi innervosisco a vederlo, è vero, ma è una cosa istintiva perché mi infastidisce il suo atteggiamento spocchioso. Uccide la mia pazienza. Ma sto bene. L’ho superato” Kate Beckett non appariva affatto convinta. “Spero tu sappia ciò che fai.” “Lo so perfettamente” rispose Lily, rifiutandosi di credere il contrario.
 
--- 

“ Eccoti dove eri” Harry interruppe la colazione solitaria di James, che se ne stava a bere un tè su una sdraio rivolta verso il mare.“E’ andata bene la cena dai Castle ieri sera?”

“Bene” tagliò corto James, che non aveva alcuna voglia di raccontare allo zio quello che era successo. Ma lo zio non sembrava aver intenzione di troncare il discorso. “I signori Castle stavano bene?” “Sì, bene”  ripeté James, fingendo di non capire dove suo zio volesse andare a parare. Lui e suo zio erano sempre stati legati, era l’unica famiglia che avesse mai conosciuto ed era solito confidarsi con lui, pur con i suoi limiti, perché non si poteva dire che fosse un tipo espansivo. Ma c’erano delle eccezioni, e Lily Castle era fra quelle, dato che Harry aveva avuto un certo ruolo in quello che era successo due anni prima. A quel pensiero, fu trafitto da un lieve senso di colpa.

“Chi altro era presente?” lo distrasse suo zio dai suoi pensieri. James sospirò, consapevole di non poter fare altro che dire la verità. Poggiò la tazza di tè sul tavolino. “C’erano quasi tutti i ragazzi del vecchio gruppo, qualche amico di famiglia, e ovviamente tutti e tre i ragazzi Castle”
 
“E come è andata con lei?” James incrociò le braccia e, poggiando la schiena sul cuscino della sdraio, guardò lo zio negli occhi.  “Le ho a mala pena parlato. Abbiamo scambiato soltanto un saluto, per educazione”. Suo zio si accigliò perplesso. “Ma perché ti ostini a comportarti così?” “Dopo quel che mi avete fatto, come puoi rivolgermi questa domanda?”
 
“Non posso credere che stiamo ancora parlando di questo. Lei è Lily” gli ricordò Harry, accigliandosi. “Se io e lei abbiamo agito alle tue spalle, in passato, è stato per il tuo bene. E credo che tu sia stato già abbastanza crudele con lei” James si irrigidì, punto sul vivo dall’accusa. “Non sono stato crudele”
 
“Oh, sì che lo sei stato. Io mi ricordo la sua espressione quando è uscita da questa casa quel giorno. Ho sentito quello che le hai detto. Sei stato deliberatamente crudele, e io non avrei dovuto permettertelo -  mormorò, scuotendo il capo con incredulità. - Non conoscevo questo lato del tuo carattere.”
 
James emise uno sbuffo. “Non capisco a cosa ti riferisci zio.” “Non sapevo che tu potessi essere tanto vendicativo e rancoroso, così simile a…”

A tuo padre. Quelle parole gli restarono sospese sulla punta della lingua, ma Harry le trattenne. Era arrabbiato con James, ma non al punto di ferire la persona che più amava al mondo. Serrò la mascella e si voltò verso il nipote. “A volte non ti capisco. È di Lily che stiamo parlando. Lei non è certo una di quelle manipolatrici piene di sé che guardano solo al proprio interesse” A quelle parole, James si bloccò. “No?”” No, accidenti a te! E tu lo sai bene quanto me. La conosciamo da anni, entrambi. Giocavate insieme da ragazzini. Passavate intere giornate insieme! Non vedevi l’ora di tornare qui per l’estate, per rivedere lei. L’hai dimenticato?”
 
James non ebbe il coraggio di rispondergli subito, distolse lo sguardo da suo zio e lasciò che vagasse sul prato, verso la staccionata che separava il loro giardino da quello dei Castle, fino a quella porticina nascosta nel legno…
 
E nella sua testa, Lily era là, sulla soglia della porta, i capelli legati in una lunga treccia, pronta per uscire, con indosso una delle sue canotte e un paio di calzoncini di jeans.
 
“Perché ci metti tanto?” gli aveva chiesto. “Dovevamo uscire per la passeggiata mezz’ora fa. Di questo passo non arriveremo mai al bosco per l’ora di pranzo” Tentò di ricordare quanti anni avesse Lily a quel tempo. Era molto prima dell’università, persino del liceo. Doveva averne tredici o quattordici, perché era ancora alta e allampanata.
 
Lui le aveva sorriso. “Sarei arrivato da voi fra un minuto” Lui aveva lanciato un’occhiata alle sue gambe lunghe. “E con quella tua falcata, tu arriverai di certo in tempo anche per il brunch”

“Ti sembra questo il momento di prendermi in giro?” aveva replicato Lily, seria in volto. Lui sapeva come odiasse il fatto di essere così alta. Sembrava non smettesse mai di crescere, e svettava sopra tutti i ragazzini, con suo grande disappunto. Lui si dispiacque per quel commento un po’ pungente. “Ci sono cose peggiori che essere alte, anche se adesso ti pesa essere più alta di tutti”
 
“Ora parli soltanto per farmi contenta” aveva replicato lei. “Be’, comunque sia ci sarò sempre io ad essere più alto di te” la rassicurò “oltre che più veloce a correre” “Davvero?” gli aveva domandato lei, e una strana luce le aveva illuminato lo sguardo. “Davvero. L’ultimo che arriva a casa tua porta per tutto il tragitto lo zaino con i panini” aveva dichiarato lui. Con un grido Lily gli era schizzata davanti, correndo per il giardino, sparendo in un lampo davanti ai suoi occhi. E scomparve anche nel ricordo, così, dietro la staccionata.
 
“È passato molto tempo" disse, e tornò ad armeggiare con la tazza. Harry lo ignorò. “Il tempo non è una scusa per dimenticare il passato. E questo me lo dici sempre tu quando cerco di intercedere fra te e tuo padre. E adesso mi vieni a dire che alla prima occasione di rivedervi praticamente la ignori? Un comportamento così, da te...” “E va bene!” gridò James, irritato oltre ogni sopportazione da quell’accusa. “Va bene! Smetterò di ignorarla e alla prima occasione possibile mi scuserò. Ma solo questo”. Harry gli dette una pacca sulla schiena. “Ora sì che si ragiona. Posso uscire tranquillamente ora”
 
Un primo passo è stato fatto, rifletté Harry rientrando in casa. Era il caso di muovere qualche altra pedina.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sesto ***


CAPITOLO SESTO


Quel tempo ventoso e piovoso non era forse il clima migliore per l’evento della lettura e firma del nuovo libro di Richard Castle, ma il clima non scoraggiò il pubblico dall’andare nella piccola libreria dove si teneva l’evento. Qualche minuto prima delle dieci, quando le commesse iniziarono a tirare su le saracinesche, la coda arrivava a metà dell’isolato. Lily sorrise, sbirciando dal retro della vetrina verso la lunga fila in attesa, che strepitavano per dare un’occhiata. Rivolse quindi uno sguardo al padre, che stava seduto dietro una grande scrivania disposta di fronte ad alcune file di sedie. Lo le vide annuire in segno d’approvazione, e poi fece cenno di aprire la porta. Da quel momento in poi, fu un gran chiasso. Alle dieci e mezza non c’era più spazio nella libreria neppure in piedi. Alle undici non c’era più nemmeno un libro di suo padre. Per le due ore successive, suo padre continuò a firmare incessantemente copie del suo libro, a sorridere, a farsi foto. Lei osservava seduta lì vicino, come quando era bambina e suo padre la portava con se. Adorava accoccolarsi su una delle poltrone di quelle librerie, e si incantava ad osservarlo firmare o ad ascoltarlo leggere. Adorava suo padre, e trascorrere del tempo con lui era una delle cose che continuava ad adorare di più.
 
Distratta dai suoi pensieri, non si accorse di un volto familiare che si avvicinava. “Vorrei anche io una copia, per favore”. La voce le sembrò familiare, e alzò lo sguardo: in piedi di fronte al bancone c’era Harry Simms, lo zio di James, con un largo sorriso. Nel vederlo, Lily provò un amichevole senso di calore e gli restituì il sorriso. Anche suo padre parve contento di vederlo.  “Mi piacerebbe molto” gli rispose suo padre, non nascondendo un sorriso compiaciuto “ma temo che siano finite. Non ne è rimasta neanche una copia.” Concluse soddisfatto. I due si scambiarono un affettuoso saluto, prima che Harry, sollecitato dai mormorii delle persone in fila dietro lui, si spostasse verso Lily.
 
“Nemmeno una copia, eh? Posso averle per domani, allora?” Lily si rivolse alla commessa della libreria, che, che aspettava accanto allo scrittore per prendere i nominativi delle prenotazioni. “Non si preoccupi. Penso io a prendere la prenotazione di questo signore”
 
I due si allontanarono verso un angolo della libreria, e si scambiarono anche loro un saluto affettuoso. “Vuoi davvero una copia?” “Certo che la voglio. Due, se è possibile” “Che te ne fai di due copie?” Lily aggiunse il nome e il numero delle copie su una lista “Ne prenderò una copia anche per James, quel ragazzo legge talmente poco che temo smetterà di parlare correttamente la nostra lingua, prima o poi” rispose lui sperando di farla ridere, ma l’accenno a James non parve avere quell’effetto felice che aveva un tempo. “Ti faccio mandare le copie a casa?” “Eccellente, ma non è questa la vera ragione per cui sono venuto da te”
 
Lily si mise in allarme. Harry era un uomo garbato, ma era pur sempre lo zio di James, e temeva che c’entrasse suo nipote. “Harry... “ cominciò, ma lui la interruppe. “Ho bisogno del tuo aiuto”. Lei si scurì in volto, perplessa. Lo invitò ad accomodarsi in un salottino fra gli scaffali, e fece cenno al padre che si stava allontanando per qualche momento.
 
“Vedi, ultimamente mi sono sentito un po’ inutile; con la pensione, senza più lavorare non sapevo cosa fare della mia vita e volevo un modo per occupare il tempo, un lavoro” “Un lavoro?” “Sì, sto cercando disperatamente di evitare l’ozio” Lui le sorrise di fronte all’espressione della ragazza, perplessa. “So che non dovrei fare altro che giocare a poker, visitare il mio club del golf e riposare. È quello che fanno i miei amici, ma mi annoio. È per questo che mi serve il tuo aiuto.” “Vuoi fare a cambio di vita per qualche settimana? Penso che adorerei giocare a poker con i tuoi amici, ma temo di essere scarsa nel golf”
 
Harry rise, contento che quella battuta rilassasse l’atmosfera, perché stava per dirle qualcosa che non avrebbe gradito. “James ha notato questa mia insofferenza, e senza neppure che glie lo chiedessi mi ha dato qualcosa da fare. L’ufficio di James ha deciso che sarebbe una buona pubblicità trovare una causa benefica da patrocinare, e James mi ha affidato l’incarico di occuparmene. Mi è stata già assegnata una grossa cifra e devo decidere come destinarla, credevo che sarebbe stato semplice, invece ora sto scoprendo com’è dannatamente difficile occuparsi di queste cose. Poi però mi sono ricordato che l’avvocato Philip, l’ultima volta che ci siamo incontrati ad una cena a Londra, mi ha raccontato di una sua allieva, un’avvocatessa di grande talento, che dopo averlo assistito in una complessa causa che aveva visto morire molti dipendenti di una grande azienda per inadempienze nei protocolli di sicurezza , aveva pensato bene di istituire di borse di studio per gli orfani dei dipendenti e, non contenta, di istituire una fondazione che si occupasse di elargire borse di studio per gli orfani non solo di quella azienda…” ma era già da qualche secondo che Lily scuoteva la testa.
“Non hai bisogno di me per questo. Puoi istituire tu stesso delle borse di studio, puoi accordarti con delle università direttamente...” “So che potrei, ma non voglio. Quello che voglio è destinare tutta la cifra, e si parla di una cifra a sei zeri, alla tua fondazione” .

Lily deglutì a fatica, incredula. Aveva istituito quella fondazione perché aveva conosciuto tanti ragazzi promettenti, che erano stati costretti a abbandonare gli studi per sostenere le famiglie dopo la morte prematura di uno o addirittura entrambi genitori. Le sembrava qualcosa di talmente ingiusto che valeva lo sforzo del suo impegno. I suoi genitori promuovevano una quantità enorme di opere filantropiche ed erano sempre stati una famiglia molto dedita alle cause giuste. Tuttavia, per quanto ricchi e influenti, erano pur sempre uno scrittore e senatrice. La quantità di denaro che potevano spostare era limitata. I fondi di un ufficio legale che fatturava milioni di dollari l’anno erano una cifra che i Castle, pur con tutto l’impegno, non potevano mai sperare di raccogliere. E con una tale quantità di denaro si sarebbe potuto provvedere a borse di studio universitarie ma anche a fondi per incoraggiare l’avviamento professionale specifico, borse di studio per i licei più prestigiosi… Lily sentì l’euforia spumeggiare dentro di lei.

“ Allora - Harry interruppe i suoi pensieri – sono riuscito a tentarti?” Il suono della voce di lui la riportò alla realtà. “Non posso - disse con un gemito. – Non credo che James sarebbe d’accordo. Il denaro....”

“L’idea di entrare a far parte di una famiglia tanto ricca e influente deve averti tentato…” Gli occhi della ragazza si spalancarono. “Voglio sperare che tu stia scherzando James...” “No. Hai cercato di incastrarmi. Era questo il tuo scopo. Credevi che facendomi riavvicinare a mio padre avresti ottenuto non solo la sua benedizione e quella di mio zio, ma anche l’accesso ai loro portafogli. E ti riconosco che avrebbe potuto funzionare con un uomo meno maturo. Ma ti assicuro che non funzionerà con me. Io non sono te. Non sono figlia di papà infantile, ed anche alquanto problematica” Lui aveva un tono calmo e risoluto, come se avesse ripetuto innumerevoli volte questa stessa conversazione in precedenza, e lei fosse solo una che gli aveva intralciato la strada, un moscerino finito per sbaglio nel suo tè.

Lily ricordò quelle parole e l’espressione con cui James le aveva pronunciate. “Sì che lo sarà. Sarà un problema, e sinceramente i miei rapporti con tuo nipote si sono raffreddati negli ultimi due anni. Non ho voglia di avere a che fare con lui” “Non verrà neanche a saperlo, almeno per un bel po’. Alla fine di questa settimana partirà per New York, e tornerà solo pochi giorni prima della festa dei Meyers”

Ma Lily, scosse il capo con decisione. “Non ho alcuna intenzione di avere a che fare con lui, men che meno che agire alle sue spalle. Ci siamo già passati” “Non si tratta di agire alle sue spalle” “Lui scopre sempre la verità - continuò Lily, come se Harry non avesse parlato - forse hai dimenticato quel progetto che tu e io avevamo organizzato due anni fa?”

“Non l’ho dimenticato. Ti sei presa più colpe del dovuto per quella storia, e io non ho fatto nulla. Questa è la mia occasione per rimediare.” Harry si interruppe, e quando Lily restò in silenzio,  lui fece un colpetto di tosse imbarazzato. “Sì, be’, in ogni caso, qui non si tratta di te, né di me, né di James alla fine. Si tratta di aiutare delle persone e di fare la cosa giusta. E so che per te è importante fare sempre la cosa giusta”

Ma quale fosse la cosa giusta era una questione discutibile. Lily aveva creduto che fosse la cosa giusta aiutare Harry a riavvicinare James a suo padre. Ma era stato davvero giusto aiutare qualcuno che non voleva essere aiutato? Ne aveva comunque pagato le colpe. Come poteva però rifiutare l’opportunità che Harry le stava offrendo?

Fece un respiro profondo, cercando di smorzare l’ansia quanto bastava per riflettere.  La mia è una fondazione nuova. Sei sicuro di volermi affidare tutto quel denaro?” “Stai scherzando? Mi fido di te più di chiunque altro. Mi rendo conto dei nostri trascorsi, ma davvero credo che tu sia la persona più giusta per portare a termine un simile impegno”.

“Accetto” decise d’impulso, prima che avesse il tempo di rinsavire. Harry, sollevato, fece un largo sorriso. “ Sapevo di poter contare su di te”. Da parte di Harry era il miglior complimento possibile, e Lily ricambiò il sorriso. “Grazie a te per la tua fiducia”

“Non preoccuparti per mio nipote. Ci penserò io ad assicurarmi che non faccia il prepotente. Mi assumerò tutta la responsabilità” Il sorriso svanì sui volti di entrambi. “ Non lascerò che avvenga quel che è successo l’ultima volta” Nei suoi occhi comparve qualcosa, un lampo di un senso di colpa. Ma fu tanto veloce che Lily pensò di esserselo immaginato.

“ Farei meglio ad andare, ora - disse lui, avviandosi verso la porta. – Mi aspettano fra poco per un torneo di carte. Farò preparare dall’assistente un fascicolo con tutte le informazioni che ti servono e te le farò inviare entro pochi giorni” “Perfetto. Quando avrò studiato la situazione ed individuato quelle che sono le varie destinazioni del vostro denaro, tu dovrai approvare la cosa. Impiegherò almeno qualche giorno per consultarmi e preparare un piano. ” Concluse lei mentre si alzavano. Dopo un gesto di commiato al padre di lei, ancora impegnato a firmare, si allontanarono verso la porta.

“Possiamo discuterne a casa tua, quando sarà il momento?” Propose lei, pur era perplessa. Casa sua in quei giorni era piena di gente, i suoi fratelli i loro amici (e amiche ) presto sarebbero arrivati anche altri amici dei suoi genitori, Espo, Ryan e Jenny, e sicuramente anche Alexis e la sua famiglia sarebbero passati per qualche giorno. In più, sperava di tenere nascosto a Jake ciò che stava accadendo. Non avrebbe apprezzato di saperla di nuovo in mezzo agli affari di quella famiglia inglese. 

“Potremmo incontrarci a casa mia, prima che torni James” Suggerì infine lui, un po’ esitante. “Come ti ho detto, starà via fino alla festa dei Meyers. Potresti passare giovedì e saremmo solo noi” “Andrà benissimo” Lily annuì, e Harry si congedò.

Mentre guardava dalla vetrina quell’uomo che si allontanava sul marciapiede, Lily non riusciva ancora a credere che lui le avesse appena affidato quel progetto. La tranquillità di poco prima sparì, soppiantata da un panico improvviso e travolgente. Aveva appena accettato non solo una quantità di soldi spaventosamente grande, di cui si sarebbe assunta la responsabilità della gestione. E i soldi di James, per di più. Lily si premette una mano sullo stomaco, con un improvviso senso di nausea. Cos’aveva fatto? Era fuori di testa. E come avrebbero reagito sua madre, suo fratello, persino James nel sapere quello che stavano facendo? Malgrado le rassicurazioni di Harry, Lily non era minimamente convinta di aver agito nel bene facendo la cosa giusta. Non se fare la cosa giusta significava prendersi tutti quei soldi agendo alle spalle del diretto interessato. Qualunque spiegazione Harry gli avesse offerto, James ne avrebbe tratto le peggiori conclusioni possibili. Come era già successo.

Con un profondo respiro, Lily mise da parte ogni preoccupazione per ciò che Jameson Fleming poteva pensare. In fondo aveva perso la sua stima già da molto tempo, e ormai non si curava nemmeno di ciò che lui potesse pensare. Un uomo che aveva pensato il peggio di lei, non era certo un uomo la cui considerazione dovesse interessarle. Harry le aveva appena offerto l’occasione di poter fare la differenza per quei ragazzi. Era diventata un avvocato per aiutare le persone, aveva istituito quella fondazione per aiutare i tanti ragazzi. Stava facendo la cosa giusta.
E, ammise a se stessa con un guizzo di sfida, che James lo scoprisse pure.

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“Mi ha fatto un’offerta di lavoro.”

Richard Castle sedeva sul sedile del passeggero, accanto a sua figlia che guidava. Era una di quelle cose della vita che lo lasciavano ogni volta un po’ stupito. Lily era la sua bambina, lui ricordava come se fosse ieri quando la legava con tutte quelle cinte e ganci nel suo seggiolino. Ricordava anche, come se fossero trascorse solo poche ore, tutti i pomeriggi trascorsi cercando di insegnarle che bisognava sempre guardare nello specchietto prima di ripartire, e che affidarsi a tutti quei sofisticati sistemi di assistenza alla guida non era un buon motivo per non guardare. Aveva imparato anche troppo bene, ed eccolo ad avere a che fare con un’altra brunetta che non lo faceva guidare.

Lui le fece un cenno del capo. “Se vuoi chiedermi cosa fare, ti dico che, per come conosco Harry, dovrai inventare un ottimo motivo per tirarti indietro, o ti continuerà a ripetere qualsiasi cosa ti abbia proposto fino a prenderti per sfinimento. Per fortuna tua hai un padre che inventa storie per professione”

“Non ce ne sarà bisogno” “Sei riuscita a dissuaderlo subito?” “Ho accettato”

 Richard aggrottò la fronte. “Ho promesso di non impicciarmi, ma Lily, questa è una curva pericolosa segnalata” l’avvertì il padre. “Fa’ attenzione. Solo i guidatori impudenti, o poco esperti, sottovalutano la difficoltà di una svolta del genere. Con disastrosi risultati.”

A lei si disegnarono le fossette sul volto. “Beh, è da qualche anno che riesco a prendere una curva stretta senza farti rovesciare il caffè addosso.” Suo padre sorrise, ma non sembrò essersi distratto più di tanto. “Non ho intenzione di essere impudente. So sempre quello che faccio.”

Lui sollevò un sopracciglio. “Non sempre” “Stavolta è diverso” spiegò lei. Lui proseguì: “Io ti conosco, Lily, e so come ti senti. Ci sono passato. E’ frustrante, e non sarà certo io a dirti di arrenderti con lui…” Lily fece per aprire la bocca e ribattere su quel punto, ma suo padre continuò: “Risparmiati la fatica di negare. Credi forse che sia soltanto l’irresistibile fascino a renderci padre e figlia? Pensi che non sappia cosa vuol dire vedere qualcuno che ami intestardirsi per qualcosa? O che non sappia cosa vuol dire amare qualcuno che ti tiene a distanza?”

Seguì una lunga pausa. “È diverso, papà” “Non è vero.” “Tu non hai avuto da mamma quello che ho avuto io. Dopo dieci anni” Richard non finse di fraintendere. “No, forse non lo so. Ma so che sei come me, e sei testarda come tua madre. Non ti credo se mi dici che non pensi ancora a lui”

Come faceva a saperlo suo padre? Richard si chinò in avanti, i suoi occhi chiari risoluti. “Lo so. So com’è. Ma sono tuo padre, e ti dico che tu non meriti questo” Lily voleva credergli.

“Se pensi di poter avere a che fare con lui, io ti credo. Ma è davvero la verità?”

Era stato un colpo al cuore rivederlo, la notte precedente. Se suo padre avesse saputo che era stata sveglia tutta la notte, a rigirarsi nel letto, gli sarebbe preso un colpo. “Gli ho versato addosso dello champagne ieri” “Sì, be’, sono sicuro che se l’è meritato. Glie lo avrei voluto versare addosso io. Però Lily, ..." Si interruppe e si instaurò tra loro il silenzio. “Ascoltami. Tu sei imprevedibile, sei intelligente e affascinante. Certo, sei testarda e irritante, quando ti ci metti, ma è parte del tuo fascino, e questo devo dirti che lo hai ereditato da tua madre. Puoi avere chiunque tu voglia, e lo sai bene”
“Non chiunque”

Lo sguardo di suo padre si rabbuiò. “Allora è ancora James che vuoi” Lei scosse la testa. “Non voglio lui. Ma devi riconoscere papà, che anche lui non vuole me”

Richard agitò una mano sdegnoso. “Ora basta. Innanzitutto, James non mi è mai piaciuto” Lily non riuscì a trattenere una risatina a quella palese bugia di suo padre, e Richard sorrise al sentire quel suono. “Come ci si può fidare di un ragazzo che non beve caffè?” fece un sorrisetto.

Lei rispose con un sorrisetto. “Non sembravi disapprovarlo, ai tempi” Quella frasi le sfuggì di bocca prima che potesse accorgersene, e immediatamente se ne pentì. Non voleva che suo padre si sentisse in colpa per aver accolto quel ragazzo in famiglia.

“Lui ti piaceva. Sin da quando eravate ragazzini. Io ho sempre creduto che fosse un po’ troppo rigido per te, troppo serio. Quando eravate all’università ti chiamavo, ed ogni sera eravate a studiare. E io ogni volta pensavo quanto fosse ridicolo il suo comportamento. Perché avere vent’anni e un sacco di soldi, se non si ha intenzione di goderseli?”

Lily non trattenne un risolino. Suo padre nell’animo rimaneva sempre così scanzonato. “L’offerta di suo zio è qualcosa di irripetibile. Sarebbe stato sciocco da parte mia rifiutarlo” Lei gli spiegò la questione, e lui rifletté per un attimo. “Mi sembra effettivamente avere molti pro” “Ed un unico, grande contro” Il padre le rivolse un’occhiata comprensiva.

 Ancora silenzio. Fu Richard a riprendere il discorso. “Non fingere di esserti messa tutto alle spalle, Lily. Vorrei tanto che fosse così, ma non lo è. Non puoi ignare questo”

Lily chiuse gli occhi a quelle parole. “Vorrei solo che mi fosse indifferente.” “Einvece non solo non ti è indifferente, ma ti importa ancora di quel che pensa lui” Lei sbarrò gli occhi. Era davvero tutto così palese? Sul volto di Richard si dipinse un sorriso sarcastico. "Dimentichi che anche io sono stato nella tua posizione. Volevo dimostrare di poter gestire la cosa, dimostrare a me stesso di poter accettare quella distanza, frmela scivolare addosso. E nello stesso tempo continuavo a pensare cosa avrei potuto fare di diverso per cambiare la situazione. E pensavo, sotto sotto, di non essere abbastanza”

Era proprio così. Lei si sentiva esattamente così. “Per te è diverso” replicò Lily, odiando il broncio che trapelava dalla sua voce.

“Per me è diverso perché ora so cosa significa sentirsi giusto agli occhi della persona che ami” Il significato delle sue parole era chiaro. “Mamma” Lui annuì. Lily sorrise di cuore.

Richard incrociò il suo sguardo carico di serietà. “Non dico che devi trovarti un'altra persona, Lily. Al contrario, se preferisci continuare a stare sola, hai tutto quel che serve per farlo in libertà. Ma devi chiedere a te stessa che tipo di vita vuoi, ed agire di conseguenza” La figlia fece per aprire la bocca e rispondere, rendendosi conto di non poter replicare. Non ci aveva mai riflettuto a fondo. A vent’anni immaginava che dopo la laurea si sarebbe sposata, poi sarebbero arrivati i figli, ma erano argomenti così lontani da lei che non ci aveva mai pensato più di tanto. Era convinta di stare con la persona giusta, e che il resto sarebbe venuto da sé. Ora doveva ricominciare dall’inizio, e da se stessa, sola.

Fermò l’auto nel cortile senza nemmeno prestare troppa attenzione.

Ignaro dei suoi pensieri, suo padre le si avvicinò.“Non avrei mai creduto di poterlo dire, ma è la tua vita. La tua. Non deve essere nessun’altro a decidere per te”.

Lei scosse la testa. “Hai ragione papà. E’ la mia vita. Non lascerò più che siano altri a decidere per me. Per cui hai ragione. Devo decidere io. E decido che basta, è finita definitivamamente con James. Ho chiuso.”

Richard le rivolse un ampio sorriso. “Questa l’ho già sentita. L’ho detta io... Ma fa’ attenzione. Sembrerebbe che non sia qualcosa di semplice, per noi.”

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Capitolo 8
*** Capitolo Settimo ***


CAPITOLO SETTIMO 

Lily si sentiva soffocare. Sembrava che metà dei newyorkesi partecipasse a quella serata a casa dei Meyers. Era arrivata da mezz’ora, aveva potuto scambiare solo qualche parola con la sua amica Sarah, che poi era stata risucchiata dalla madre nel giro di saluti. E quella sera non era assolutamente dell'umore giusto per chiacchierare o fare baldoria. 

“Pensi che ci sarà qualcuno in giro per le strade stasera, o tutti gli Hamptons sono qui?” una voce scanzonata le sussurrò in un orecchio senza che lei lo sentisse neppure avvicinare. 
“Papà!” Suo padre aveva un passo felpato, anche se a vederlo non si sarebbe detto. "Be’, quest’anno la Meyers si è superata. Speriamo che le fondamenta della casa reggano!” Lily rise alla battuta di suo padre, la prima vera risata della serata.

“Che cosa è che deve reggere?” La senatrice Beckett rivolse loro la sua attenzione, il dorso di un dito ad accarezzare il braccio del marito.
Richard si rivolse alla moglie con un sorriso sfavillante di felicità. “Stavamo giusto notando che la signora Meyers ci ha stipati nel suo salotto come sardine quest’anno. Ed ha invitato praticamente qualsiasi uomo single sotto i 60 anni. Sarà una lunga serata per Sarah” 

“E come fai tu a sapere che tutti questi uomini single?” Beckett gli rispose, con sguardo perplesso. “Sono un ottimo osservatore” la rimbeccò lui.  “Magari è così, oppure sei solo un ottimo pettegolo” lo canzonò allora sua figlia. Beckett rise di gusto.“Prendimi pure un giro così, alla prossima festa li inviterò tutti anche io per te, e vedremo chi riderà per ultimo” Lily alzò allora entrambe le mani in segno di resa, e padre e figlia sorrisero.

Girandosi verso Castle, sua moglie aggiunse: “Potresti venire a salutare i Carson? Mi servirebbe che tu chiacchierassi con la moglie per un po’ mentre discuto di una faccenda col marito”. Castle rivolse lo sguardo oltre la spalla della moglie verso la coppia in questione, un duo piuttosto compassato, entrambi con labbra strette e guance cadenti. L’uomo roteò gli occhi e porse il suo bicchiere di whiskey a Lily. “Vedi cosa riesci a scoprire mentre non ci sono. Mi aspetto un resoconto completo al mio ritorno.”

Dopo un attimo non c’era più, come ingoiato dalla folla, a compiere il dovere di marito della senatrice Beckett, ruolo che ricopriva da anni con ottimi successi. Per quanto la gente vedesse nel matrimonio dei suoi genitori quel rarissimo incontro di anime gemelle, era innegabile che il loro rapporto fosse tanto una splendida collaborazione quanto una storia d’amore. Erano partners nel lavoro e nella vita. Era stato così sin dall’inizio, in un sodalizio che si era evoluto in molti modi, ma che andava avanti da anni senza mai vacillare.

Lily di nuovo alla sera della settimana prima, a James, a quello che erano stati. C'era stato un periodo in cui anche lei aveva creduto di aver trovato quell'amore unico e speciale che i suoi genitori le avevano insegnato con l'esempio della loro storia. Ma era stato un sogno.
E quando dopo qualche istante mise a fuoco ciò che c’era sotto i suoi occhi, si accorse che – neanche a farlo apposta- stava fissando James. Nemmeno se avessero gridato "a fuoco a fuoco!", Lily avrebbe potuto voltarsi più più velocemente. O con più indelicatezza. Urtando un mobile alle sue spalle, un massiccio candelabro d’argento barcollò rumorosamente, per poi finire a terra. La sua goffa scena non era stata notata quasi da nessuno, ma lei sapeva che lui – che stava parlando con la padrona di casa e con Sarah- se n’era accorto, e così anche le due donne.
Un’enorme ondata d’imbarazzo la travolse, e decise di sfuggirvi inginocchiandosi sul pavimento per recuperare il luccicante soprammobile. Doveva essere finito sotto una poltrona, perché non si vedeva da nessuna parte. Impegnata com’era in quella ricerca alla cieca, non sentì il rumore di qualcuno che si accovacciava. Sollevò il capo, si trovò a fissare gli occhi di Josh, il figlio dell’editore di suo padre.

“ Sicura di volerlo recuperare? Quel candelabro era orrendo” le sussurrò, con un tono di allegra spensieratezza. Lily incrociò i limpidi occhi castani di lui, e toccò infine con le dita qualcosa di freddo e liscio e finalmente afferrò il candelabro caduto. “Troppo tardi”

Con lungo respiro, consentì all’uomo di aiutarla a rimettersi in piedi. Avvertiva alcuni sguardi su di sé, ma rivolse la sua attenzione a Josh, in un sorriso forzato: “Ho dato spettacolo, non è vero?” Il ragazzo le rispose divertito, parlando da un angolo della bocca: “Sciocchezze. Mezz’ora fa la signora Gillian mentre raccontava del suo viaggio a Lisbona, ha chiamato il marito con il nome dell’amante” Simulò un brivido. “Terrificante.” Lei rise, sollevata e in egual modo divertita. Josh era bello, affascinante e gentile e… Josh le sorrise.

Lei alzò il candelabro verso Sarah e sua madre, mimando con le labbra la parola “salvo”. Sarah rise, battendole le mani in segno di complimento. Il sorrisetto di James era ambiguo, ma lei non volle dargli troppa attenzione. 

La sua amica Sarah le si avvicinò poco dopo, mentre Josh si era allontanato con suo padre. 

“Spettacolo interessante poco fa” Lily sussultò, si voltò e incrociò lo sguardo di Sarah. “Scusami per il candelabro. Ultimamente sono diventata anche impacciata”

“Ah” Un sorrisetto affiorò sulle labbra dell’amica. “Perché avrei giurato che ti fossi voltata in tutta fretta perché ti eri accorta di stare fissando Jameson Fleming” “Perché dovrei fare una cosa simile?” domandò Lily. Sarah riprese a indagare. “Vuoi dire che l’altra sera non stavi quasi bisticciando con lui?” Lily scosse il capo e sussurrò: “ Sarah! Piantala”

“Lui ti sta guardando” sussurrò Sarah. “Non mi sta guardando” ribatté a bassa voce da un lato della bocca. Non poté comunque fare a meno di girare la testa. Non la stava guardando. “Ti stava guardando.” “Be’, io non sto guardando lui.”

E non lo guardò.
Non lo guardò per tutto il tempo del buffet, né quando fu il momento dei dolci. Non lo guardò nel momento dei brindisi in onore della padrona di casa, né quando la band iniziò a suonare. Non lo guardò quando Josh la invitò a ballare, quando altri uomini la invitarono, né quando si trattenne a chiacchierare con alcuni avvocati. Non lo guardò fino a quando non venne invitata a ballare da suo fratello Reece, e con lui si stava avvicinando alla pista. E desiderò non averlo fatto. Perché James stava ballando con una Elise Lexington, la sua mano possente che la sosteneva per il gomito, accarezzandole delicatamente il braccio.

E Lily si rese conto che le era impossibile distogliere lo sguardo. E James rivolse la sua attenzione a Lily, ricambiando appieno il suo sguardo. Data la distanza e le luci soffuse, non ne era certa ma, sì, la stava osservando.

E d’improvviso sentì che aveva bisogno di prendere un po’ d’aria. “Ho un cerchio alla testa. Esco a prendere un po’ d’aria.” Suo fratello strinse gli occhi. “Vuoi che ti accompagni a casa?” “No, no... dovrei riprendermi. E’ che c’è tanta gente” Sorrise debolmente. Reece esitò, e Lily sapeva cosa gli stesse passando per la testa. Una volta a diciassette anni si era allontanata da una festa. Con disastrose conseguenze.

Poco dopo, Lily era nel giardino, vuoto, di nuovo in grado di respirare. Una fresca brezza le stava schiarendo le idee e Lily si sentiva già molto più tranquilla.
“Perché sei qui fuori?” La donna trasalì per quelle parole condite d’irritazione. L’aveva seguita. Come osava parlarle così?

Si voltò, tentando di apparire calma. “Perché tu sei qui fuori?” L’uomo si accigliò a quelle parole.
“Ti ho vista allontanarti sola”. “Sono uscita qualche minuto per prendere fiato. Reece sa che sono qui” Lui le si avvicinò. “Ti può accadere di tutto qui fuori. Non devo certo dirtelo io” “No, non devi dirmelo tu, ovviamente. Eppure me lo hai dovuto ricordare”

James aggrottò la fronte, rimanendo per un po’ in silenzio. “Mi dispiace”. Lui non se lo era meritato. Nient’affatto. Ma Lily non l’avrebbe ammesso.

Entrambi rimasero per un lungo momento senza proferire parola, e Lily si aspettava che si allontanasse, mentre lui ammise con delicatezza: “Mi dispiace per molte altre cose” La donna si girò di scatto a quell’ammissione.

“Quindi, sei qui per scusarti, dopotutto”

 “Senti Lily, tu hai sbagliato ad agire alle mie spalle, ma Harry ha ragione, io non avrei dovuto essere così duro”

Erano scuse quelle?
Presa dal disappunto, Lily fece del suo meglio per nasconderlo. “Beh, ringrazia Harry per la considerazione”

Le labbra strette dell’uomo dimostravano che il sarcasmo di quelle parole era giunto a destinazione.
“Abbiamo sbagliato entrambi, dovrai pur ammetterlo. Non avevi alcun diritto di agire alle mie spalle. Ma io non avrei dovuto urlarti contro le cattiverie che ti ho detto. Io ci penso e…” C’era qualcosa in quelle parole, un misto di irritazione e un’emozione che Lily stentava a riconoscere, prontamente svanita quando lui aggiunse freddamente: “Ma ho sbagliato anche io, tutti quegli anni che siamo stati vicini, come amici, ti ho illusa e assecondata e non avrei dovuto”

Illusa. Assecondata. Il significato di quelle parole si palesò immediatamente. Non era stato innamorato di lei. Non lo era mai stato.
Il dolore arrivò pungente, come una stilettata. Come era possibile che lui avesse ancora quel potere su di lei? Come aveva potuto permetterglielo? Non si sarebbe fatta ferire. Si sarebbe arrabbiata. La rabbia almeno era un’emozione che riusciva a controllare.

“Assecondarmi?” chiese Lily, faccia a faccia. “ Tu saresti quello che per tutti quegli anni mi ha illusa e assecondata? Tu?” James irrigidì la mascella a quelle parole, e lei insistette. “Non mi è sembrato affatto che mi stessi assecondando la prima volta che mi hai baciato, e certamente non mi stavi assecondando quando io e te dormivamo insieme”

Era così arrabbiata. “Tu non mi hai mai assecondata. Tu mi volevi, più di quanto io volessi te. E forse l’unica cosa che ti fa male davvero, è pensare che io ti abbia avvicinato solo per avere i tuoi soldi. Quindi, se c’è qualcuno fra noi due che ha illuso e assecondato l’altro, quella sono io” sussurrò.

Lui si avvicinò e a lei mancò il respiro.
“Beh, se non altro adesso non hai più bisogno di me. Hai un rampollo sul palmo della mano.”

Lily era confusa. “Un rampollo?” “Ti ho vista con Josh che ridevate. C’era una certa intimità.” Le gettò addosso quell’affermazione come una grossa pietra. “Vuoi parlare di Josh adesso?”

Nello sguardo di James lampeggiò qualcosa tutt’altro che rassicurante. “Non dovresti farti vedere così presa dalla gente. Ci ricameranno sopra. E finirai sui giornali in men che non si dica, e tu lo odi”

Un filo di eccitazione la pervase. Sembrava arrabbiato. No, era furibondo. Forse geloso . Quell’impressione svanì, celata dietro uno sguardo prudente, prima che Lily potesse gustarsela.

Trovando il coraggio sufficiente per sfoggiare un piccolo sorriso canzonatorio, Lily fece per allontanarsi. “Io faccio quello che voglio. E’ la mia vita. E non hai nessun diritto di interferire, non più”.

Ritornò verso la casa, sola, resistendo all'impulso di sapere se lui la stava guardando. 

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Capitolo 9
*** Capitolo Ottavo ***


CAPITOLO OTTAVO

James Fleming continuava a sbadigliare sulle sue carte, invece di concentrarsi sulle -tante- cose che doveva ancora fare.
 
Ma la notte precedente non era riuscito a dormire. Ed era una settimana che continuava a dormire, male. Nel buio della sua stanza, notte dopo notte, i suoi pensieri avevano continuato a tornare a Lily Castle, e persino ora pensava a lei, quando invece lavorare era sempre stata l’unica cosa in grado di distrarlo. Se la rivide davanti agli occhi come l’aveva vista ieri sera, mentre rientrava verso la casa dopo la loro discussione.
 
Bellissima, lo era sempre stata. James aveva realizzato quello stesso pensiero per la prima volta molti anni prima, quando erano ragazzini, e precisamente quando gli era apparsa davanti, quindicenne, in un vestito azzurro.
 
Era dal settembre precedente che non si vedevano di persona, e posando gli occhi su di lei al diciassettenne James venne spontaneo pensare che non poteva essere la stessa ragazzina che aveva salutato a settembre, perché lui non aveva mai visto nulla di più bello di quella ragazza che aveva di fronte. Poi, quando lei lo aveva guardato, era rimasto di colpo senza fiato.

Gli era familiare la carnagione ambrata, che portava già qualche traccia dell'abbronzatura estiva, così come riconosceva i capelli scuri che le cadevano sulle spalle. Ricordava quel bel viso, gli zigomi alti, il naso sottile e diritto, la fossetta sul mento, le labbra color ciliegia. Tutto gli era familiare, eppure in quel momento gli appariva completamente diverso.

Poi lei aveva alzato lo sguardo verso di lui, con le sue lunghe e folte ciglia scure, che le incorniciavano gli occhi suoi quasi più scuri scuri, contribuendo a un'immagine d'insieme esotica quanto seducente. 
 
Lily però gli aveva strizzato l’occhiolino, scanzonata, e gli era bastato quello a ritrovare in lei la ragazzina con cui aveva combinato un sacco di guai solo un anno prima. Poteva essere cambiata – e lo era, molto- ma lo sguardo era sempre quello della sua Lily.
 
Quel ricordo di tanti anni prima portò quasi un sorriso sulle labbra di James, ma gli bastò tornare a ripensare alla sera prima, e subito quell'accenno di sorriso scomparve. Anche la notte precedente Lily gli era sembrata più bella che mai. Possibile che avesse dimenticato quanto lo fosse?
 
Naturalmente non era stato il solo uomo ad averla notata.
 
Aveva visto quel Josh scherzare con lei - era già la seconda volta- toccarle in modo fintamente casuale il braccio, stringerla in maniera eccessivamente affettuosa mentre ballavano. Aveva tutta l’aria di aver perso la testa per lei...
 
E come biasimarlo? Lily era splendida, e seducente... e consapevole di esserlo. Lo aveva cominciato a capire quando tutti i ragazzini avevano iniziato a ronzarle intorno, intorno ai suoi quindici anni. Lui l'aveva guardata sin da allora incantare tutti i loro amici, farli pendere dalle sua labbra.

E, per quanto da fuori quel ragazzino era sempre parso immune al suo fascino - e James stesso si era sempre detto che non si sarebbe certo fatto incantare da quel bel faccino, lui sapeva che caratteraccio si nascondeva dietro quelle ciglia lunghe -  la verità era che anche lui, a modo suo, pendeva dalle sue labbra.
 
C'era sempre stato fra loro un legame molto particolare. Sapeva quanto Lily fosse gentile e incredibilmente leale... Certo, non si poteva certo trascurare il fatto che i suoi genitori l'avessero viziata, che la sua fosse una vita privilegiata, e che un destino generoso le avesse fatto dono di un'eccezionale bellezza. Lily era consapevole di tutto ciò, ma per il tempo della loro infanzia a lui tutto questo non gli era mai importato.
 
Quello che gli era importato, invece, era che lei era l'unica a saperlo capire alla perfezione, tanto che a volte James aveva l'impressione che conoscesse i suoi pensieri anche quando lui li taceva. E quante volte era capitato a lui di indovinare i pensieri di Lily senza che lei dovesse esprimerli con le parole?
 
Per i primi anni la loro amicizia era stata un legame puro, pulito, sincero.

Poi lui era stato travolto dall’adolescenza, dalla tempesta ormonale, e aveva scoperto le donne. A essere precisi, aveva scoperto il sesso, e tutte le sue convinzioni su amicizia, affinità, capirsi al volo, erano finite sepolte chissà dove. Tutto si era complicato, perché per quanto lo negasse, per quanto volesse convincersi che Lily era una cosa, e le ragazze erano un’altra cosa, provava per lei una vaga eppure innegabile attrazione.

In tre anni, quella vaga attrazione nei confronti di Lily aveva smesso di essere vaga, ed era diventata impossibile da ignorare. Fino al giorno in cui non fu più in grado di controllarsi. 

Quel giorno pioveva. Lui aveva intenzione di uscire con la barca per qualche ora, e aveva invitato Lily ad accompagnarlo, ma un acquazzone estivo lo aveva sorpreso prima ancora che potesse levare le cime, ed ora era bloccato nella barca al porto.
 
Credeva di essere solo - Lily doveva aver visto la pioggia e non essere uscita per niente da casa- e stava i cuscini del divano per potersi almeno stendere e rilassarsi, quando un rumore lo distrasse, e all’altro capo della piccola cambusa, apparve lei.
 
La guardò e sul suo viso apparve un sorriso un po’ ironico: “Non sei esattamente puntuale.”
 
“Lo so, ma ero in bici quando è cominciato a piovere, e ho dovuto rallentare perché non vedevo nulla” ammise Lily. “Pensavo che i tuoi non ti avessero fatta uscire, per via della pioggia.” “Quando sono uscita di casa era solo nuvoloso, e comunque mamma e papà sono a New York, e mia nonna mi ha lasciato uscire senza nessun problema”
 
Lui la guardava come se si aspettasse che lei gli desse qualcosa. “Che cosa vuoi?” lei gli chiese. “Il tuo giacchetto, è zuppo.” Slacciandosi la giacca, lei gliela porse insieme allo zainetto che aveva sulla spalle, e lui le portò in un angolo, appendendole a un gancio nel muro. “Cerco qualcosa in cucina, per scaldarti, tu prendi pure nel bagno tutti gli asciugamani che vuoi dall'armadietto” le disse, e si avvicinò alla cucina alla ricerca di qualcosa che potesse andar bene, mentre Lily recuperava gli asciugamani.
 
“Sfortunatamente – le annunciò qualche minuto dopo James, rientrando dalla cucina- sembra che nella barca di mio zio non ci sia nulla che sia bevibile prima delle dieci di sera. O anche prima dei 18 anni, a dire la verità. Ma almeno la cosa buona della collezione di alcolici di mio zio, è che a modo suo, scalda” e così dicendo le porse una coppa colma di champagne.

“Champagne francese, alle quattro di pomeriggio. Vizioso” ammiccò Lily prendendo il calice che lui le porgeva.  “E illegale per te. Spero non vorrai dirlo a tua madre. O peggio” lui le disse rabbrividendo. “A chi potrei dirlo peggio di mia madre ex capitano della polizia di New York?” “Beh, potresti dirlo a tuo padre”.
 
A Lily venne da sorridere, e bevve d’un fiato la coppa. Le capitava occasionalmente di bere qualche sorso di champagne, durante i brindisi alle feste, ma non le era permesso bere. Tuttavia, nutriva una certa predilezione per le cose che non le erano permesse, così era capitato ogni tanto di bere con gli amici qualche sorso di birra, che la faceva sentire così grande. E così si sentiva in quel momento, con James che le porgeva quella coppa di champagne come se fossero due compagni di bevute. 

I suoi capelli, raccolti in una comoda coda, erano zuppi. Lei si tolse i due fermagli che li trattenevano ai lati, scuotendo la testa. Ignara della seduzione del suo gesto su di lui, alzò le mani, pettinandoli con le dita e sollevandoli. “Siediti sul divano e copriti con il plaid, o ti verrà un raffreddore” la riprese lui. Lui si sedette nell’angolo più lontano possibile da lei, e invece di farle compagnia con lo champagne, decise che quella era l’occasione di bersi finalmente un po’ di whiskey irlandese, che nessuno gli faceva toccare ma che aveva visto assaporare da suo zio talmente tante volte. Lo buttò giù tutto di un colpo - era così che si doveva bere, d'un fiato- guardandola mentre rannicchiava le gambe per riscaldarsi.
 
Fuori il temporale continuava sempre più forte, e per la successiva ora trascorsero il loro tempo sul divano a chiacchierare, e sorseggiare un po’ impudentemente. Un’ora e mezza dopo, erano mezzi ubriachi, e ridacchiavano senza grande ritegno parlando di un amico di James - venuto a trovarlo dall’Inghilterra per trascorrere alcuni giorni con lui- che Lily aveva appena definito “un vero idiota”, pentendosene. 
 
“Un vero idiota, dunque” la rimbeccò lui. “Non avrei dovuto dirlo così liberamente” disse lei mortificata. “Lui è un tuo amico, e io l’ho visto solo ieri sera. Penserai che sono un’insolente.”
 
Lei aveva abbassato gli occhi. A lui sembrò talmente sbagliato non poterla guardare dritta in viso. Le sollevò il mento con la mano. “Io penso che tu sia” disse lui piano “straordinaria.”
 
La roca sincerità nella sua voce profonda le tolse il fiato. Aprì la bocca, cercando disperatamente qualche risposta allegra che riportasse il facile cameratismo di prima, ma invece di parlare riuscì soltanto a tirare un profondo e tremulo respiro. “Ma tu lo sai già, vero?” continuò lui, “Lo sai da quanto, un anno?”
 
Questa non era la solita schermaglia a cui era abituata con lui, e Lily ne fu terrorizzata. Ritraendosi impercettibilmente contro il bracciolo del divano, si disse che esagerava quelli che in fondo non erano che complimenti. “Credo,” riuscì a dire lei con una risata leggera che stentava a uscirle di gola, “che tu ci trovi straordinarie in molte” “E perché dici questo?”
 
Lily alzò le spalle. “Ieri sera a cena, per esempio, sembravi trovare alquanto straordinaria quella bellissima ragazza, bionda con gli occhi verdi, che ti era seduta vicino al cinema”. Il cipiglio di lui si trasformò in un sorriso. “Gelosa?”
 
Lily alzò il mento e scosse il capo: “Non più di quanto lo fossitu di Thomas”. Lei ebbe una piccola soddisfazione quando la sua aria divertita svanì. “Non riuscivo a capire come non riuscisse a parlarti senza toccarti. E’ stato tutta la sera a palpeggiarti. A un certo punto volevo schiaffeggiargli la mano. Hai ragione tu, è un vero idiota!”
 
Una risata di stupore le sgorgò prima che la potesse fermare. “Non è vero,” ridacchiò Lily. “Ah, no?” chiese lui piano. Non per la prima volta, Lily trovò impossibile capirlo. Ed era strano, perché loro si erano sempre capiti.
 
Improvvisamente la presenza di James le parve vagamente minacciosa. Scostandosi i capelli dalla fronte, Lily guardò fuori della finestra. “Ha smesso di piovere”. Si alzò, e l’improvviso cambio di posizione le fece girare la testa. Troppo champagne. “Devo rientrare prima che siano a casa i miei... “
 
“Lily” disse lui con tono di tenera spavalderia “tu non uscirai da qui così.” “Che cosa?” ansimò lei.
 
La mano di lui si alzò sfiorandole la guancia pallida, poi lisciandole i capelli, fermandosi alla nuca. Con dolcezza spiegò: “Non possiamo più ignorare quello che sta succedendo.”
 
“Devi essere impazzito!” disse lei con voce tremante.

“È quel che penso anch’io,” bisbigliò lui, e chinando la testa le premette le labbra sulla fronte, stringendosela al petto. “Non credevo davvero che sarebbe successo Lily, ma è successo.”

“Oh, per favore,” implorò Lily disorientata, “che ti è preso James? Io non capisco cosa vuoi da me, mi gira la testa, non capisco più niente, non so che cosa vuoi.”
 
“Voglio te.” Le prese il mento tra due dita, e lo alzò, obbligandola a incontrare il suo sguardo fermo, mentre aggiungeva quietamente: “E tu vuoi me.”
 
Lily cominciò a tremare in tutto il corpo mentre le labbra di lui si avvicinavano alle sue, e cercò col ragionamento di ritardare ciò che in cuore sapeva inevitabile. “Non posso, non puoi tu!” “Sì, che posso,” bisbigliò lui, mentre le sue labbra le tracciavano una linea dalla guancia all’orecchio, per poi tracciare una scia di baci lungo il collo e la spalla di lei. “Non avere paura di me”
 
Rassicurata dalle sue parole e dal suo tono, Lily si aggrappò a lui, e voltò la testa per abbandonarsi a quel bacio. Che lei gli offrisse la bocca così strappò a James quasi una risata, e le labbra afferrarono quelle di lei.   
 
Improvvisamente, senza che neanche lui sapesse bene quel che stava facendo, la stava stendendo sul divano, mentre si chinava su di lei.
 
Quando dopo alcuni minuti lui staccò la bocca da quella di lei, respiravano tutt’e due con affanno. Sentendosi quasi sfinita, Lily sollevo le palpebre pesanti per guardarlo. Sdraiato al suo fianco sul divano, lui era chinato su di lei, col viso arrossato dalla passione. Alzando una mano, James le scostò teneramente una ciocca di capelli dalla guancia, e cercò di sorridere, ma aveva il respiro affannoso come lei. Lily spostò lo sguardo sulla bocca di lui, che qualche secondo prima era sulla sua, e lo vide trarre un respiro incerto. “Non guardarmi la bocca” l’avvertì lui, roco, “se non vuoi che ricominci.”
 
Ma lei non era certo intenzionata a rendergli le cose facili. Quando mai qualcosa con lei era stato facile?   
 
James trasse un profondo respiro, e cedette nuovamente alla tentazione, e questa volta fu Lily a toccargli le labbra con la lingua. Lui la conosceva bene: sapeva che aveva baciato un paio ragazzi nei suoi sedici anni, perché Lily era una seduttrice per natura, ammaliava chiunque e le piaceva anche. Ma lei gli aveva anche raccontato di quei baci, impacciati e casti. Eppure Lily aveva un istinto naturale che la portava ad agire sapendo sempre quel che faceva, e l’istinto le stava dicendo che quello che faceva era giusto.
 
E come poteva lui resisterle? Non era mai stato in grado. Figurarsi dopo tre bicchieri di whiskey e con quei vestiti bagnati che le aderivano addosso in un modo… Cominciò a baciarla con passione sfrenata, la mano lungo il suo fianco fino al seno, accarezzandola tutta, spogliandola di quella canotta troppo accollata e di quei pantaloni leggeri troppo lunghi. Non aveva più il controllo di se stesso. Per quanto l’aveva desiderata? Non gli sembrava vero di poter poggiare le mani sulle sue gambe, che il corpo di lei fosse sotto il suo.
 
Improvvisamente lei lo strattonò, e lo spinse facendolo cadere dal divano.
 
I sensi di lui, offuscati, cominciarono a ritornare alla realtà, prima lentamente, poi di botto. La passione, l’oblio del whiskey, cedette il passo alla paura, e poi a un angosciante sensazione di vergogna, quando si rese conto di averle strappato di dosso la canottiera e di averla spogliata dei suoi pantaloni. Si rese conto che erano già un paio di minuti che lei si stava divincolando fra le sue braccia, cercando di sfuggire alla sua incontrollata brama di toccarla e baciarla ovunque.
 
E la verità di quello che aveva appena combinato gli apparse di fronte grossa come un macigno. Lily aveva sedici anni, e quello era il suo primo vero bacio. Lui l’aveva fatta bere fino a sbronzarsi, l’aveva buttata su un divano e le aveva strappato i vestiti di dosso fino a che lei non aveva dovuto scalciarlo via da dosso.
 
“Mi dispiace” le sussurrò con voce strozzata dal disgusto di sé.
 
Voltandole le spalle, si allontanò verso l’attaccapanni e afferrò la giacca appesa. Lei si mosse così piano che lui non seppe di averla vicino finché lei non le mise le mani sulle spalle di lui, rigide. “Non essere arrabbiato con me” lei sussurrò.
 
Tutta la confusione e l’angoscia di James esplosero in uno scoppio di furia diretta a se stesso, ma che strillò contro di lei. “Arrabbiato con te!” gridò. “Tu sei una ragazzina che non sa quello che fa, io invece avrei dovuto saperlo, cosa mi è venuto in mente... “ “Non è successo nulla” la interruppe lei con voce controllata e tesa, “ti sei fermato quando te l’ho chiesto. Va tutto bene.”    
 
James le passò la giacca e si allontanò, temendo la propria debolezza. “Mi dispiace per quello che ti ho fatto. Non avrei dovuto approfittare di te. L’alcol mi ha stordito.” Si voltò e si diresse alla porta.
 
 “Lo so” replicò Lily con dolcezza. James afferrò la maniglia e spalancò la porta. “E’ meglio se torni a casa ora. Fai un bagno caldo per scaldarti, e dimenticati tutto.”    
 
“Non mi accompagni?” chiese lei, troppo agitata per domandargli cosa intendesse per dimenticati tutto, troppo spaventata domandarsi il perché di quel senso di vuoto all’idea che lui volesse cancellare quel momento. “E' meglio che vai da sola” la respinse lui, “spero potrai dimenticare tutto questo e perdonarmi.” 
 
In quel momento, vedendola allontanarsi da lui sulla banchina, James pensò che aveva commesso un grande passo falso. Che avrebbe dovuto avere cura di lei, che aveva promesso da ragazzino di avere cura di lei, sempre. Era giusto riflettere e capire cosa provasse per lei, era giusto anche desiderarla. Ma non era giusto imporsi a lei così. Sperò di poter rimediare, di farsi perdonare.
 
Rinnovò a se stesso la promessa di proteggere Lily, e di avere cura di lei, tutta, e del suo cuore.

Ignaro che quella promessa sarebbe stata infranta tragicamente, entro poche settimane. Che entro l’estate avrebbe avuto cose ben più gravi per cui sentirsi in colpa. Ignaro che la sua vita, e quella di Lily, stavano per cambiare, per sempre.

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