Remember me again

di fra_eater
(/viewuser.php?uid=538321)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la tempesta ***
Capitolo 2: *** una strana convivenza ***
Capitolo 3: *** panico ***
Capitolo 4: *** l'attenzione non è mai troppa ***
Capitolo 5: *** lacrime di pioggia ***
Capitolo 6: *** la luce oscurata ***
Capitolo 7: *** save me again ***
Capitolo 8: *** perchè? ***
Capitolo 9: *** non così diversi ***
Capitolo 10: *** so hot ***
Capitolo 11: *** only you and me ***
Capitolo 12: *** il tempo passa velocemente ***
Capitolo 13: *** Non ti dimenticherò mai ***



Capitolo 1
*** la tempesta ***


La pioggia cadeva velocemente e rendeva impossibile vedere qualsiasi cosa. Le onde si gonfiavano sempre di più, sommergendo il ponte e facendo rollare la nave e provocando conati di vomito a uomini ormai veterani delle più lunghe traversate, amanti del mare che in quel momento odiavano il giorno in cui avevano deciso di arruolarsi in marina per perseguire  i loro ideali.
“Ammainate le vele!” la voce dell’unica donna presente sul ponte si ergeva tra il boato del vento “Mettete al riparo la povere da sparo! Tu, al timone!” urlava i suoi ordini a destra e a manca, non sapeva a chi dava istruzioni, con o senza occhiali la sua vista era comunque annebbiata dall’acqua che cadeva sul ponte e rendeva difficile anche solo stare in piedi.
“Tashigi!” la voce forte di un uomo che cercava di muoversi fuori dalla cambusa richiamò l’attenzione della giovane che corse da lui “Viceammiraglio, comandi!”
Intorno ai due, i marinai correvano per impedire che la nave subisse danni. Un onda anomala investì la nave in pieno e Tashigi si ritrovò tra le braccia forti del suo superiore.
La ragazza sollevò lo sguardo per ringraziarlo, ma notò che l’uomo non aveva una bella cera, nonostante la tempra delle tante battaglie e del suo carattere, Smoker non poteva fare niente contro gli effetti collaterali del suo frutto del diavolo e l’acqua salata che lo aveva investito insieme al suo braccio destro, era bastato per affaticarlo.
“Signore, è tutto sotto controllo!” cercò di dire la ragazza “Si rifugi sottocoperta”
“Non se ne parla!” ringhiò l’uomo avanzando sul ponte bagnato e cercando di fissare i suoi uomini che si affannavano a combattere la pioggia e la stessa madre natura.
“Razza di bifolchi, il primo che vomita lo butto in mare!” urlò il viceammiraglio cercando lui stesso di trattenere un conato “Resistete!”
“Resistete!” ripeté Tashigi correndo verso prua per cercare di legare una delle cime dell’albero maestro prima che le enormi vele bianche si aprissero e venissero strappate dalla forza disumana del vento.
Non le fu difficile afferrare la corda rugosa e avvicinarla ad uno dei pioli del parapetto della nave, ma l’acqua rendeva anche la semplice operazione di legarla difficoltosa e i suoi uomini erano troppo impegnati nelle altre faccende e a controllare che Smoker non stesse troppo male.
Lo stomaco di Tashigi era in subbuglio, così come le acque scure che si sollevavano andando a sbattere fragorosamente contro la chiglia, se avessero continuato così c’era la possibilità che si sarebbe bucata.
“Che qualcuno scenda a controllare la chiglia e lo scafo!” urlò disperata al nulla,sperando che qualcuno l’avesse sentita.
Prese la corda e la strinse il più forte possibile contro il piolo di legno, mentre un’enorme onda la investì in pieno. Tashigi annaspava per eliminare l’acqua salata, toccandosi la testa per assicurarsi che gli occhiali non fossero caduti via e ringraziando di aver lasciato la spada dentro per avere maggiore mobilità. I capelli bagnati erano appiccicati al viso e i vestiti al corpo. Doveva assicurarsi che tutti i suoi sottoposti stessero bene prima di potersi ritirare.
“Capitano! Il timone!”
L’urlo del marinaio raggiunse le orecchie di tutti quei poveri diavoli che combattevano per non cadere in mare e salvare la vita loro e dei compagni.
“Ci penso io” urlò la ragazza quando vide il suo superiore avanzare sotto l’acqua battente verso il timone che ruotava vorticosamente senza nessuno a controllarlo.
Tashigi lo afferrò e mise tutte le sue forze per contrastarne il moto e  salvare tutti quanti. Le mani le scivolavano e i muscoli bruciavano, la presa era difficoltosa ma toccava a lei portarli in acque più sicure; non sentiva più il freddo, sentiva solo il senso del dovere che le imponevano di andare avanti e salvare tutti quanti.
“CAPITANO!”
L’urlo all’unisono dei suoi uomini la costrinsero ad aprire gli occhi, allarmata, si voltò seguendo le dita e gli sguardi preoccupati dei suoi sottoposti e del suo superiore. Mai aveva visto Smoker con una tale espressione di puro terrore.
Era un’onda enorme, corposo e alta più di dieci metri, Tashigi capì subito che non aveva scampo, non ce l’avrebbe mai fatta a scappare.
L’onda scura la prese in pieno, cadendo con tutta la sua forza e sferzando il suo corpo esile e stanco, trascinandola con sé nelle acque profonde.
I soldati e lo stesso Smoker combattevano contro i loro stessi corpi esausti per cercare con occhi attenti e preoccupati qualsiasi segnale che la loro amata capitanuccia fosse viva, ma niente.
Solo acqua e nient’altro.
 Ogni uomo presente su quella nave si era arruolato per difendere quelle acque e le terre che toccano. Ogni uomo presente su quella nave stava odiando quell’enorme massa di acqua che aveva portato negli abissi la donna che tutti loro rispettavano e adoravano.
Oltre all’ululato del vento anche le grida e i pianti di Smoker e dei suoi uomini si ergevano nel cielo plumbeo che continuava a infierire su di loro cominciando a diradare le nubi scure e lasciando scorgere i primi raggi di un sole caldo.
 
“Finalmente ne siamo usciti!”
Nami tolse la maglietta chiara per eliminare l’acqua piovana di cui era impregnata, si guardò intorno per vedere i danni che la tempesta di poco prima aveva causato.
Da quando erano giunti in quella parte del nuovo mondo aveva constatato che le tempeste erano decisamente violente e molti relitti di navi avevano incrociato il loro passaggio.
Zoro ammainava le vele mentre Usopp si assicurava che l’albero maestro non avesse subito danni, Franky era riverso sul timone, esausto. Loro quattro, insieme a Sanji, avevano lottato con tutte le loro forze contro la tempesta e contro i loro compagni che avevano costretto a stare sottocoperta.
Rufy aveva urlato che, essendo il capitano, quattro gocce non gli avrebbero mai permesso di nascondersi e impedire di salvare la sua nave e i suoi nakama, ma Nami era stata categorica: tutti i possessori di un frutto del diavolo dovevano stare al riparo dato che i cavalloni investivano in pieno il ponte della Sunny, sommergendo tutti coloro che si trovavano su di esso e la stessa navigatrice aveva rischiato di venire trascinata nelle acque oscure se non fosse stato per il pronto intervento di Zoro e Sanji che, per una volta, avevano deciso di unire le forze.
“Va tutto bene?”
Robin si era avvicinata alla sua amica con degli asciugamani in mano, la rossa ne prese uno per  i capelli fradici “Per fortuna è finito” esclamò sollevata “Se non fosse stato per Franky non ce l’avremmo mai fatta. Ha governato la nave con grande determinazione!”
Robin sorrise mentre guardava il suo compagno che era sottoposto a un controllo da parte del medico di bordo “Ogni genitore sa come gestire la propria bambina” disse enigmatica come solo lei poteva essere.
Il discorso tra le due donne fu interrotto da un brusco rumore di stoviglie proveniente dalla coperta e dalla corsa forsennata del capitano e del musicista scheletrico seguiti da un Sanji infuriato che brandiva una mannaia.
“Ma che succede?” esclamarono all’unisono le due amiche quando i due si nascosero dietro di loro come due bambini che chiedevano la protezione attaccati alle gonnelle della madre.
Sanji sbuffava come un toro che vedeva rosso, neanche la vista delle sue tanto decantate dee riusciva a non farlo fumare di rabbia “Questi due” sibilò, i capelli irti e gli occhi infuocati mentre le nocche della mano destra emergevano sulla cute per la forza con cui stava stringendo il manico del coltello.
“HANNO SVUOTATO LA DISPENSA!” urlò con tutte le sue forze, annaspando come alla ricerca del controllo che stava sfuggendo.
“Ma… Brook…” tentennò la rossa, guardando il suo compagno senza tessuti né organi. Come poteva essere stato anche lui a svuotare la dispensa?
“Mi sono dimenticato di non avere uno stomaco!” esclamò “Yohohohoho!” Rufy lo seguì nella risata, contagiato dalla situazione grottesca in cui si era immerso. Nessuno dei due si era accorto che anche Nami aveva stretto il pugno, ma dei suoi colpi in testa se ne accorsero eccome.
 
“EHI! TERRAAAAAA!”
La voce di Zoro attirò l’attenzione degli otto pirati intenti ad asciugare il ponte e a riparare i danni al parapetto di legno.
L’acqua cristallina era veramente più invitante delle acque scure e turbolente in cui si erano trovati poche ore prima, Brook calò l’ancora e, non appena, la nave fu perfettamente immobile, una piccola scialuppa venne calata in mare con a bordo Rufy, Nami, Zoro, Chopper e Robin.
La sensazione di gelo ai piedi nell’acqua fredda fu presto soppiantata dal calore e dal pizzichio della sabbia calda.
Il vento scompigliava i capelli dell’archeologa che gli spostava velocemente dalla sua vista per studiare il paesaggio: sabbia chiara, scogliere vicine con qualche insenatura e, poco lontano, i primi germogli verdi che preannunciavano una natura incontrastata ma che era stata sostituita da alcune case.
I primi curiosi non tardarono ad arrivare.
“La tempesta ha colpito pure voi?” a parlare fu un anziano ingobbito dal tempo che si avvicinava a capo di un gruppo di quattro persone.
“Esatto, nonnetto!” esclamò Rufy con un enorme sorriso che contagiò il vecchietto dalla bocca sdentata.
“Siamo rimasti senza provviste” spiegò Zoro “ E senza medicine” aggiunse Chopper, scatenando la sorpresa dei loro ospiti “Un procione parlante?!?”
“Non sono un procione! SONO UNA RENNA!!!”
“Avremo bisogno anche di travi” aggiunse Nami, sorridendo educatamente e pensando già come contrattare il prezzo “La nostra nave è stata danneggiata”
“E voi?” chiese una donna con una lunga e spessa treccia di capelli neri.
“Noi, cosa?” chiese Rufy, sospettoso sistemandosi il cappello di paglia in testa.
“Siete tutti?” disse la donna come a voler chiarire la sua espressione “O qualcuno di voi è stato trascinato dalle onde? Non sembrate di questi mari”
“In effetti non lo siamo” rispose Robin “Ma nessuno dei nostri compagni è stato portato via”
“Meno male” disse la donna portandosi la mano sul petto stretto e coperto da una camiciola avorio “Le tempeste in queste zone sono molto violente e spesso abbiamo trovato cadaveri di persone sulle nostre coste”
“Oppure persone vive” aggiunse il vecchio.
“Qualcuno è naufragato?” chiese Chopper istigato dal suo senso del dovere “Ci sono feriti?”
“Proprio ieri le acque ci hanno portato una ragazza” spiegò la donna “Si vede che non è di queste parti. Credevamo che fosse morta, ma fortunatamente non lo è.”
“Perché non gliela fai vedere?” chiese l’uomo anziano “La gente di mare spesso si incrocia e forse la conoscono”
La donna annuì ed invitò il gruppetto a seguirla fino ad una casa modesta con i mattoni rossi e il tetto di tegole blu come le porte esterne.
“Kevin!”urlò “Dov’è la ragazza?”
Un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi scese rumorosamente delle scale di ferro portandosi di fronte ai cinque sconosciuti e scrutandoli con aperta ostilità “Di sopra” rispose alla madre.
“Falla scendere, magari la conoscono”
Il ragazzo ciondolò un po’ sulle proprie gambe e solo dopo un incoraggiamento urlato della donna salì di corsa le scale.
“Accomodatevi” esclamò cordiale la donna indicando le sedie intorno a un tavolo.
Ben presto sentirono altri passi scendere dalle scale.
Forse fu il caso, forse uno scherzo del destino o il suo istinto di guerriero che riconosce subito un vecchio nemico quando lo incontra, ma appena vide le gambe snelle di donna e sentì i passetti piccoli, veloci e lievemente saltellanti sulle scale, a Zoro tornò subito alla mente una persona in particolare.
Nel vederla nella sua intera figura Rufy batté la mano sul tavolo, esterrefatto, mentre Nami e Robin si alzarono in piedi, la prima con una mano al clima tack, la seconda incrociando le braccia d’avanti al petto, solo Chopper e Zoro rimasero seduti ai loro posti, il medico scrollando il capo tremante alla ricerca di altri nemici, il secondo sorpreso e incredulo che i suoi pensieri si fossero materializzati.
“Ci siamo fidati di voi!” esclamò Nami furiosa contro la donna che spostava lo sguardo veloce e confusa dalla rossa alla ragazza con i capelli blu notte scesa con il figlio.
“Ma di che state parlando?!” esclamò Kevin.
La ragazza accanto a lui spalancò gli occhi e piegò il capo di lato “Ci conosciamo?” chiese sorpresa dalla reazione.
“Dov’è il fumoso, donna spadaccino?”
“A che gioco stai giocando, Tashigi?” esclamò Nami sempre in posizione difensiva.
Tashigi spalancò gli occhi ancora di più “Come conoscete il mio nome? Chi è il fumoso?”
Chopper si mise in piedi sulla sedia, in modo che tutti potessero sentirlo “Credo che abbia perso la memoria” esclamò.
Gli occhi di Nami ebbero un guizzo e si incrociarono con quelli dell’atra donna pirata che aveva posto le braccia lungo i fianchi.
Entrambe guardarono verso Zoro che non aveva ancora detto nulla.
Lo spadaccino si alzò dalla sedia, guardando il suo capitano “Quali sono gli ordini?”
Rufy corrucciò le labbra, come se non avesse capito cosa intendesse, poi guardò Chopper “Si può guarire?”
“Bhè, pian piano e con il giusto supporto sì” disse il medico.
Rufy spostò lo sguardo dalla marine al suo compagno che attendeva con la mano posta sull’elsa di una delle tre spade che portava alla cintola.
“Abbassa la guardia,Zoro.”ordinò “La riportiamo a casa!”
Un  ordine del capitano è pur sempre un ordine. E il cuore d’oro di Rufy era il vero comandante.
 
La reazione di Tashigi nel vedere il vessillo nero dei pirati fu allucinante, si dimenava sulla piccola imbarcazione rischiando di far cadere tutti in acqua e urlando che come marine non poteva assolutamente avere a che fare con loro e aveva cercato di fiondarsi sulle spade di Zoro per usarle,ma fu il pronto intervento di Robin e del suo frutto a fermarla e a imprigionarla.
Fu Zoro a portarla sulla nave in spalla con l’uso della scaletta di corda e poi la lanciò in malo modo sul ponte,sempre prigioniera delle braccia di Robin.
Dopo le dovute spiegazioni al resto della ciurma con Sanji che non poteva essere più felice nel ritrovarsi un’altra donna sulla nave, fu Nami a prenderla per la mano e a portarla in bagno. La navigatrice non era famosa per la sua delicatezza, anzi,a volte sapeva essere molto rude, specialmente quando si trovava una ragazzina urlante che minacciava di arrestarli tutti.
“Guardati!” urlò indicando lo specchio e la ragazza, un po’ titubante, obbedì.
“Noti nulla di strano?”
Tashigi fissava il suo riflesso toccandosi subito i capelli insolitamente lunghi “Ma che….”
Non riusciva a capire. Gli occhiali rossi, i capelli neri molto più lunghi del solito, le sue forme molto più sinuose e pronunciate “Cosa…”
“Hai perso la memoria” esclamò Nami sullo stipite della porta “Dimmi chi sei”
Tashigi la fissò perplessa, incredula “Sono il tenente di marina Tashigi”
“No” esclamò la rossa “Sei capitano di vascello, il braccio destro del viceammiraglio Smoker”
“Io … sono cosa?” la ragazza la guardò stranita e confusa. Gli occhi enormi sgranati che andavano dalla rossa alla sua immagine riflessa nello specchio.
“Sei un capitano” ripetè la navigatrice “Questo è il nuovo mondo e tu sei il capitano del G-5!”
Tashigi si portò le mani tra i capelli lunghi “Non ci sto capendo niente”
Nami era pronta a ribattere quando fu fermata dall’arrivo di Robin e Chopper “Non insistere” la rimproverò il medico “Ha bisogno di tempo e calma, non di tante informazioni insieme”
Robin superò i due compagni e si avvicinò alla ragazza confusa che la fissava con gli occhi sgranati da dietro le lenti chiare “Ti basta sapere una cosa” le disse “Pur se siamo pirati, siamo tuoi amici e il nostro capitano sta scrivendo una lettera da mandare  a Smoker. Sicuramente ti staranno tutti cercando”
“Rufy sta scrivendo una lettera?” Nami parve molto sorpresa dalla notizia “Sarà meglio che vada a controllare che cosa combina” e lasciò la stanza.
Chopper raggiunse Robin, zampettando piano verso di loro “La tua amnesia è sicuramente dovuta ad un trauma” spiegò in modo molto professionale “Dato che sei stata trovata su una spiaggia, credo che tu sia stata trascinata via dalle onde e il buco risale a circa tre anni fa dato che non ti ricordi di noi”
La ragazza annuì, un po’ incerta e ancora insicura nel decidere se si trattasse di un sogno.
“Non pensare minimamente che tu sia nostra prigioniera”la tranquillizzò l’archeologa con gli occhi di ghiaccio “sei nostra ospite”



Angolo dell'autrice: 
con tre challenge in corso cosa c'è di meglio di complicarsi la vita con una nuova storia? E, lo ammetto, era da parecchio che mi frullava in testa una long su Zoro e Tashigi ed è anche da tanto che ho cominciato a scriverla prima di cominciare la pubblicazione. Non nego che ci saranno accenni anche sulle altre mie coppie preferite, ma questa storia vedrà in primo piano i due spadaccini che sono fin troppo orgogliosi per ammettere anche a loro stessi i sentimenti che provano. 
Mi auguro che vogliate farmi sapere quel che pensate, non siate timidi, non sono molti quelli che ammettono di amare questa coppia, ma so che ci siete ;)
un abbraccio
Fra

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** una strana convivenza ***


Sanji aveva preparato i più sontuosi manicaretti per la loro nuova compagna, pardon, ospite, e serviva allegramente, piroettando più del solito e regalando un sorriso anche agli uomini. Era incredibile come la presenza di un altro membro del gentil sesso potesse rendere il suo umore così solare; non attaccava briga neppure con Zoro, anzi, serviva tranquillamente il sakè quando l’altro lo richiedeva senza chiamarlo testa muschiata neppure una volta.
“Allora, Tashigi” Usopp si servì di un’altra abbondante porzione di purè “Cos’è l’ultima cosa che ricordi prima che loro ti trovassero?”
La ragazza masticò lentamente il suo boccone di insalata mentre rifletteva “Veramente ho i ricordi un po’ confusi” ammise “Ricordo chiaramente il mio primo giorno all’accademia militare, gli allenamenti, il mio primo incontro con il capitan … volevo dire, con il  viceammiraglio Smoker”
Nessuno parve prestare molta attenzione al discorso tra i due che erano posti uno di fronte all’altra. Rufy era troppo impegnato a trangugiare enormi quantità di carne, approfittando del buono umore del cuoco, Zoro e Nami facevano a gara a chi beveva più velocemente da diversi boccali di birra, Chopper assisteva emozionato e al tempo stesso preoccupato alla disputa tra spadaccino e navigatore e a quella tra Franky e Brook che si sfidavano a braccio di ferro, lo scheletro aiutato da Robin con il suo potere per compensare il deficit di questi che mancava di muscoli, essendo tutt’ossa.
“E più recenti?” chiese ancora il cecchino, curioso di sapere cosa si provasse a stare senza ricordi “Non ricordi nulla?”
Tashigi chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Pensò a Kevin che l’aveva trovata sulla spiaggia, a quanto quel mattino il sole bruciava,alla sabbia sotto le dita, alla sua sorpresa di non trovare la sua fida spada al fianco e alla sua paura di averla persa per mare; si concentrò ulteriormente e ricordò le onde alte, gli abissi profondi e gente che urlava disperata il suo nome, poi dei bambini, tanti bambini, muffin, caffè, giochi, neve, una schiena calda, spade che si incrociano, pianti, gas viola, acqua, mare, guerra, morti, le sue ginocchia sul del suolo freddo, le spalle di Smoker, la consapevolezza della giustizia persa, poi sabbia, caldo, dune, cammelli, altri morti, altre spade, occhi rossi, occhi azzurri, una bomba, un cappello di paglia, spade, pioggia, tanta pioggia e una lotta, spada contro due spade, le spalle al muro, due occhi inquisitori, lo sfrigolio delle lame, la rabbia, uomini, occhiali rotti, una mano, un sorriso, un lavoro, soldi, spade, un braccio teso e una spada che lo sfiora…  
“Ho dei ricordi confusi” ammise la ragazza per poi voltarsi verso la navigatrice e il suo avversario. Tashigi piegò il capo “Io … io mi ricordo di lui” e nella sala, dapprima rumorosa, cadde il silenzio.
Gli occhi di tutti erano puntati sui due ragazzi.
Franky, con in mano il braccio di Brook, disse “Ti ricordi di Zoro?”
Lo spadaccino,sentendo il suo nome, interruppe la bevuta ed aprì l’unico occhio sano, studiando con la coda dell’occhio la situazione e inarcando un sopracciglio.
Tashigi si alzò dal suo posto, imbarazzatissima “Io …” biascicò “Io… credo di essermi ricordata di lui, ho qualche frammento di ricordo che sento essere associata a lui e quindi…”
“Ma cosa ti ricordi?” chiese Rufy, portandosi alle spalle del suo compagno e cominciando a toccargli il corpo “I capelli come la lattuga? I muscoli da scaricatore ? La pancetta alcolica? L’occhio guercio?”
“Ehi! Lasciami stare!” urlò Zoro, scrollandosi di dosso le mani del capitano.
“Di certo non il carattere amorevole o l’intelligenza” commentò sarcastico Sanji, guadagnandosi un’occhiata in cagnesco.
Tashigi portò una mano al viso “La puzza” rispose.
“La puzza?”
Lei annuì “La puzza di sudore e sakè” specificò seria.
Inutile dire che fu solo questione di pochi attimi prima che tutti scoppiassero a ridere dando ragione alla ragazza.
 “Niente riuscirebbe a rappresentare meglio Zoro!” singhiozzò Usopp tra una risata e l’altra.
Zoro si sentì deriso, mentre Tashigi sembrava sul punto di sprofondare.
Per liberarsi dall’impiccio, lo spadaccino si alzò e le risate si interruppero non appena si avvicinò alla ragazza, prendendole il mento tra due dita per costringerla ad alzare il volto e guardarlo negli occhi “Ciò vuol dire che ho lasciato il segno” commentò, con un sorriso beffardo per poi allontanarsi.
“Dove stai andando?” chiese Franky ma il ragazzo non rispose.
“Secondo me, a farsi una doccia” la battuta di Usopp scatenò una nuova serie di risate e Zoro ringraziò che nessuno potesse vederlo, dato che era rosso per l’imbarazzo di essere strato scoperto.
 
Smoker fissava il mare, sospirando nervoso. Era trascorsa una settimana da quando le acque avevano portato via il suo braccio destro e lui non riusciva a capacitarsi di quel che era accaduto, di come non fosse riuscito a salvarla.
Avrebbe dovuto fare al più presto rapporto ai suoi superiori, dichiarando il decesso della sua sottoposta, ma non voleva farlo, non voleva credere che Tashigi fosse morta, lei era una dura e non sarebbero state due gocce a  distruggere la sua tempra, ma la mancanza di notizie non presagiva nulla di  buono.
“Viceammiraglio!”
Smoker spostò i due sigari da un lato all’altro della bocca, infastidito che il marinaio brizzolato avesse interrotto il suo meditare “Che vuoi?” sbottò.
“C’è un gabbiano, signore!”
Smoker si massaggiò le tempie, possibile che fossero così stupidi? “Dove hai passato tutto questo tempo? Su una nave o in una caverna? Siamo vicini alla terraferma, è normale che ci siano gabbiani!”
“No, signore” il militare parve inquieto “Il gabbiano ha una lettera per lei”
Smoker si sorprese da questa affermazione e intimò all’uomo di fargli strada mentre lui lo seguiva a grandi falcate.
Era vero. Un gabbiano era appollaiato sul parapetto della nave e portava una busta da lettera appesa al collo su cui era scritto, con una calligrafia molto disordinata Per il fumoso.
Smoker la strappò dall’uccello che strepitò infastidito.
L’uomo aprì la lettera e cominciò a leggerla velocemente-
Ciao fumoso, come te la passi?
È da parecchio che non ci vediamo, ma è meglio così, significa che la marina non ci ha ancora preso.fufufufu.
Ti scrivo questa lettera perché Robin mi ha detto che era carino informarti per dirti che abbiamo trovato la donna spadaccino che sta sempre con te su una piccola isola e abbiamo deciso di riportartela.
Però ti avviso che ha una ammmensia, lamnesia, ha perso la memoria.
Noi la faremo tornare prima del nostro incontro.
Ricordati la carne.
Monkey D.Rufy”
Smoker rilesse la missiva più volte per cercare di comprendere alcuni punti. Cosa c’entrava la carne? Avevano effettivamente trovato Tashigi? Cosa le era accaduto? Dove dovevano trovarsi?
Mentre cercava di capire qualcosa, si accorse che dalla busta era scivolata un altro foglio di carta bianca, l’uomo la prese e notò una scrittura molto più elegante rispetto alla prima.
Immagino che dalla lettera del mio capitano non si sia capito nulla,le spiego io.
Ieri siamo sbarcati in una piccola isola per fare rifornimenti, e lì, per puro caso, ci siamo imbattuti nella vostra sottoposta, Tashigi, che non parve minimante a conoscenza della nostra identità.
Il nostro medico l’ha visita e il suo responso è un’amnesia retrograda dovuta a uno shock. Riteniamo che sia giusto che siate voi della marina ad occuparvi di lei, pertanto vi invitiamo ad inviarci le vostre coordinate per potervi raggiungere. È sottointeso che vogliamo l’immunità per questo favore. Siamo pur sempre pirati e nessuno ci vieta di uccidere la vostra sottoposta, quindi niente scherzi al nostro arrivo.
Il capitano vorrebbe della carne come compenso per il recupero di Tashigi-san, noi ci accontentiamo di non essere toccati (io vorrei del denaro), ma il capitano è lui e va assecondato. Quindi chiediamo dieci milioni di berry per il riscatto.
Il gabbiano ha avuto istruzioni di attendere una vostra risposta prima di abbandonare la  nave.
Non credo  che voi vogliate che la principessa del G-5 resti tra le mani di 9 sporchi pirati.
A voi la scelta.
Nami”
Smoker si fermò a soppesare le parole lette e non riuscì a trattenere un sorriso. Tashigi era viva.
“Portatemi carta e penna!” esclamò “E chiamate il navigatore! Voglio le coordinate dell’isola più vicina”
Vedendo che nessuno si muoveva, Smoker urlò “MUOVETEVI!”, dopo che fu accontentato, mentre era concentrato nello scrivere, un marinaio si avvicinò al superiore “Possiamo chiedervi cosa conteneva la lettera?”
Smoker aspirò a lungo dai suoi sigari, disegnando dei cerchi di fumo nel cielo “Tashigi è viva” annunciò,scatenando lo stupore e la gioia mal celati tra i suoi uomini “E dei pirati ce la riporteranno”.
 
Tashigi vagava per l’enorme nave annoiata, non sapeva che fare e il rumore delle onde che si infrangevano piano contro la nave la annoiava ancora di più.
Si mise a guardare l’orizzonte, incerta sul da farsi. I pirati,invece, erano tutti affaccendati a fare le cose più disparate e lei si trovava con le mani in mano. Non riusciva a capire come facessero a essere così spensierati e chiassosi con una marine come lei libera per la nave. Poteva girare ovunque, nessuno le diceva niente e questo la rendeva molto sospettosa: che avevano in mente con lei? Volevano chiedere un riscatto? Ucciderla nel sonno? Non riusciva a darsi una risposta.
“Tashigi!”
La ragazza si voltò, era Nami a chiamarla e a correre verso di lei con un secchio in mano “Vieni a raccogliere i mandarini con me?”
Tashigi non aveva mai visto un agrumeto su una nave, anzi, non aveva mai visto tante di quelle cose che la nave di quei pirati possedeva: un acquario, un agrumeto, una biblioteca, piscina ecc.
Mentre sorreggeva la scaletta per aiutare la rossa a scegliere la frutta migliore per la torta che voleva preparare il cuoco, la mora affermò che non sapeva cosa fare
“Che fai alla marina quando ti annoi?”
“Mi alleno”
Nami ci pensò su, poi un sorrisetto diabolico si dipinse sul suo volto “Perché non chiedi a Zoro di allenarti con lui? Sono certa che sarà felicissimo di prestarti una delle sue spade”.
 
“No!” secco, diretto, senza nemmeno aprire gli occhi o scomodarsi.
Tashigi gonfiò le guancie “Perché?”
“Non lascerò mai le mie spade a una fanatica come te”
La ragazza strinse i pugni “Io tratto benissimo le spade! Al contrario di te che non usi nemmeno i detergenti giusti per la manutenzione!”
“Ah!” Zoro aprì un occhio per guardarla “Questo vuol dire che hai aperto il mio armadietto!”
Lei arrossì “N-no, ecco… io … Senti, tu maltratti quelle spade e smettila di fare il superiore!”
“Ma io sono superiore” disse l’uomo rizzando le spalle, tronfio.
“Assolutamente no!” urlò lei
“Vuoi una sfida?” il ragazzo ghignò.
“Ci sto” .
 
Nami si massaggiò le tempie cercando di non scoppiare. Era abituata ad avere a che fare con gli idioti, ma non poteva immaginare che Tashigi fosse così caparbia da non accettare di perdere contro Zoro. Si sfidavano su tutto, dalle flessioni al salire e scendere su per l’albero maestro. Erano insopportabili.  Avevano gareggiato al salto della corda in cucina, sollevamento pesi nella sale caldaie, avevano persino cominciato a sfidarsi a chi mangiava più velocemente.
Al loro ennesimo giro di corsa della nave, la navigatrice e tutti gli altri ne avevano fin sopra i capelli e gridarono all’unisono “BASTAAAA!” pietrificando i due avversari che erano sul punto di sfidarsi in una nuova gara di sollevamento pesi.
“Non ne possiamo più” urlò Usopp.
“Spaventate i pesci!” aggiunse Rufy imbronciato e con una canna da pesca in mano.
Tashigi tratteneva a male pena l’affanno “Ma non abbiamo ancora deciso chi di noi due è il migliore!” protestò guardando il suo sfidante che, al contrario di lei , sembrava fresco come una rosa, e subito cercò di controllare i suoi respiri pesanti.
“E allora farete un’ultima sfida!” esclamò Brook “Rivogliamo la nostra quiete!”
I due spadaccini si lanciarono un’occhiata, non si erano resi conto di essere stati così molesti nei confronti degli altri e annuirono.
Un’ultima sfida e si sarebbe finalmente decretato il vincitore.


Angolo dell'autrice:
La rivalità tra i due spadaccini si fa sentire in ogni cosa, chi vincerà la super sfida? 
ringrazio dede_patataparabitai,Jack83 e Lyanna74 per aver recensito lo scorso capitolo :)
Alla prossima
Fra

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** panico ***


La mattina dopo i mugiwara e la marine si radunarono sul ponte, i due contendenti in costume da bagno che facevano un po’ di riscaldamento per i muscoli.
Usopp si mise al centro del gruppo “Benvenuti!” tuonò con voce grossa come se fosse il presentatore di una gara “Quest’oggi i nostri due spadaccini si cimenteranno in una sfida per vedere chi è il migliore senza l’uso delle spade! Proprio così, signore e signori, due spadaccini che si sfidano senza spade e ..:”
“Taglia corto, Usopp!” gridò Sanji stizzito, buttando la cicca della sigaretta “Mi raccomando Tashigi-chan, batti quel buono a nulla della testa d’alga”
Tashigi sorrise imbarazzata, mentre Zoro dedicò al compagno un’espressione di sufficienza, segnandosi in mente di affettarlo una volta battuta la ragazzina.
Usopp non rispose, ma decise di accorciare il suo discorso e passare subito a spiegare in cosa consistesse la gara  “I nostri due sfidanti cominceranno con un giro di corsa dell’intero ponte della nave, come potete vedere, il nostro capitano Rufy, che si trova sulla polena ammonirà eventuali scorrettezze”
Rufy corse alla sua posizione e salutò con una mano che allungò in cielo per potersi far vedere.
“Dopo il giro del ponte” continuò il cecchino “ci sarà la scalata dell’albero maestro, con Brook in vedetta che controllerà. Non lo facciamo per te, Tashigi, ma per Zoro”
“Che cosa?” lo spadaccino era indignato da tale comportamento, ma il colpo in testa da parte di Nami lo fece smettere con le proteste.
“Lasciatemi continuare, insomma!” Usopp sistemò la giacca “Dopodiché vi lancerete in acqua e nuoterete fino a Franky, il primo che torna indietro, scalando una delle due corde che la bella Robin ha appena fatto scendere, sarà decretato vincitore”
In mezzo al mare, Franky salutava sulla mini Merry.
“In posizione”
Zoro e Tashigi erano pronti a correre, scalzi per non dover perdere tempo nel momento in cui si sarebbero dovuti buttare in mare.
“Tashigi-san, sei bellissima!”
Zoro alzò gli occhi al cielo a sentire quel cascamorto di Sanji, ma con la coda dell’occhio sbirciò la sua avversaria. Il costume da bagno intero aderiva perfettamente al corpo, mettendo in risalto i glutei sodi, le gambe allenate e il petto prosperoso.
I capelli, legati in una coda alta, sbattevano come una frusta sulle spalle con ogni movimento del capo. Mentre correva di fronte a lui era uno spettacolo senza pari vedere i muscoli contrarsi e alternarsi nella corsa armoniosa; le spalle che si alzavano, le braccia alternate alle gambe nel movimento.
“Ma che fai? Dormi?” le parole dei suoi compagni risvegliarono lo spadaccino, il corpo della ragazza l’aveva distratto e non aveva sentito il via.
Partì a razzo, cercando di recuperare terreno quanto più era possibile dato che lei aveva accumulato un bel vantaggio.
 
Tashigi prestava moltissima attenzione a dove metteva i piedi. Per l’assenza delle lenti, temeva che sarebbe caduta da un momento all’altro, per questo, la sera prima, quando aveva saputo in cosa consisteva la gara, si era messa a controllare il percorso per evitare gli ostacoli.
Correva a perdifiato. Le sfide continue con lo spadaccino l’avevano tenuta in allenamento più di quanto avesse mai fatto con i cadetti della marina. Sapeva perfettamente che tutto quel che stava facendo, quel suo intrattenere una sorta di relazione, o meglio, rapporti con quei pirati, con tutti loro, era sbagliata ed andava contro ogni suo principio. Quegli uomini e quelle donne che viaggiavano con scopi illegali erano tutto ciò che lei aveva sempre odiato e quel pirata con cui stava gareggiando era il peggiore, considerando che portava alla cintola tre delle spade dalla più pregiata manifattura e che lei voleva a tutti i costi.
Ma se li trovava così disprezzabili, perché con loro, in quei giorni, si stava trovando così bene? Perché quelle due donne dividevano con lei la stanza, dormendo tranquille e trattandola come se fosse una loro amica? Perché le riempivano il bicchiere e le fornivano cibo come se fosse una di loro piuttosto che una nemica? Perché lei stessa si sentiva così a suo agio con loro? Eppure sapeva quel che doveva fare, sapeva quale era il suo compito, il suo scopo: farli arrestare tutti per il reato di pirateria.
Ma mentre i suoi pensieri fecero capolino si accorse di essere giunta a metà del percorso di corsa, vedendo l’insolito capitano di quella banda di pirati sorriderle amabilmente e subito dietro di lei i tonfi del passo pesante dello spadaccino.
Ed era lui quello che le provocava più disturbi. Perché si sentiva così a suo agio in sua presenza,nonostante le continue dispute? Perché continuava a cercare lo scontro proprio con lui, proprio con Roronoa, quello che più la derideva? Eppure stavano sempre a sfidarsi, a istigarsi e a saltarsi al collo, avrebbe dovuto odiarlo, evitarlo, invece lo cercava, faceva di tutto per parlargli e si divertiva a sfidarlo per poi beneficiare appagata del suo sorriso furbetto e canzonatorio quando accettava la sfida, certo della vittoria e stimolato dalla competizione.
Aumentò la velocità sentendo i muscoli delle gambe lottare contro di sé, ma fu tutto inutile, Zoro la raggiunse in pochi secondi.
“Credevi di esserti liberata di me?” la canzonò, aumentando l’andatura ed evitando di farle notare che aveva il fiatone per aver dato via a un movimento troppo veloce che stava già facendo sentire i suoi dolori.
Tashigi non rispose, doveva risparmiare quanto più fiato era possibile.
Raggiunsero insieme l’albero maestro e cominciarono la salita. Il legno, scuro e liscio, era difficile da scalare, ed entrambi trovarono un po’ di difficoltà, rischiando diverse volte di dover entrambi ricominciare daccapo.
Non senza fatica e con gli incoraggiamenti dei mugiwara, i due erano giunti a metà dell’albero maestro.
Zoro cercò con lo sguardo la sua avversaria e notò con un sorriso compiaciuto che la ragazzina era molto più in basso di lui. Mancava poco alla cima. Fece leva con le gambe e salì ancora.
Guardò giù, pronto a mostrarsi superiore con la marine, quando, con stupore, si accorse che non era più dove l’aveva lasciata.
La cercò con lo sguardo quando sentì la voce di Brook “Non si preoccupi signorina, nessuno mi vieta di aiutarla per un bacino”
Brook aveva aiutato Tashigi a salire tirandola su con l’impugnatura del suo bastone da passeggio.
“Ehi ! Così non vale!” urlò lo spadaccino, sperando che tutti potessero sentirlo.
“Io non ho visto nulla” gridò Usopp da sotto e nessuno provò a contraddirlo.
“Begli amici!” gridò il ragazzo, ignorando gli strilli di incoraggiamento che il cuoco rivolgeva alla ragazza.
Zoro toccò la vedetta e si lanciò giù, cadendo poco lontano dall’avversaria e facendola sobbalzare.
Sorpresa per il tonfo, Tashigi si fermò un attimo e subito la figura veloce di Zoro la sorpassò per dirigersi al parapetto.
“Ti aspetto al traguardo” la canzonò, per poi lanciarsi nel vuoto.
Tashigi si arrampicò velocemente sul parapetto di legno e si lanciò di sotto, pronta a buttarsi a pesce nelle acque.
Quando fai parte della marina e non hai ingerito un frutto del mare è importante sia per te e che per gli altri saper essere un ottimo nuotatore, e Tashigi non era di meno.
L’impatto con l’acqua dell’oceano fu agghiacciante. L’acqua fredda colpì inesorabilmente ogni affranto del suo corpo, ma non fu solo l’impatto a crearle qualche problema.
Aprì gli occhi  e quel che vide le fece palpitare velocemente il cuore.
Oscurità.
Un’oscurità immensa e un gelo che le attanagliava le ossa.
La sua mente vagò e il suo corpo fu scosso dai brividi. Vide gente che urlava, che piangeva, la pioggia che scendeva veloce, impedendole ogni movimento. Il mare aveva una forza sovraumana, che la trascinava via, portandola sempre più giù e rinchiudendola in una morsa glaciale e difficile da sciogliere.
La paura, un’enorme paura prese possesso delle sue membra e l’aria le mancò come se una mano invisibile le attanagliasse la gola.
 
Zoro raggiunse a grandi bracciate la mini Merry, aggrappandosi al parapetto per riposarsi un po’.
“Bella gara, amico!” esclamò Franky dandoli una pacca sulla schiena “La tipa non si vede ancora, sei in tempo per vincere!”
Zoro sorrise, certo di avere la vittoria in pugno, quando una terribile sensazione prese il sopravvento su di lui.
 Si voltò per vedere se la testa di Tashigi emergesse dall’acqua, ma della ragazza nessuna traccia.
Guardò verso la Sunny, distante circa dieci metri, dove i suoi compagni erano sporti sul parapetto per vedere meglio la gara.
“Ma è emersa?” urlò con quanto fiato avesse in gola, con un tono più allarmato del normale. Era da troppo tempo che stava giù anche solo per nuotare sott’acqua.
I sette pirati si guardarono a vicenda e Zoro capì che le cose non andavano bene nel momento in cui vide Sanji allentarsi la cravatta.
 
Zoro nuotava velocemente sott’acqua, lottando contro la pressione e cercando di mettere a fuoco il fondale.
Trovò Tashigi poco lontano con gli occhi chiusi e il corpo immobile, in balia della corrente.
Nuotò velocemente verso di lei e la afferrò per la vita, ma, non  vedendo nessuno reazione e constatando  dagli occhi chiusi e dalla bocca aperta che doveva aver bevuto molta acqua e che  si trovava sicuramente a corto di ossigeno, decise di soffiarle in bocca parte della sua aria, premendo con urgenza sulle sue labbra, e la trascinò velocemente in superficie.
Respirò ossigeno a pieni polmoni, tenendo la ragazza tra le braccia “Ehi! Quattrocchi!” tentò invano di chiamarla “Tashigi!” urlò, sperando che chiamarla per nome servisse a qualcosa, ma la ragazza non dava nessun segno di vita.
“Rufy!” gridò lo spadaccino nei confronti del suo capitano che aveva già cominciato ad allungare le braccia per prendere i due in mare.
Una volta che furono saliti a bordo, lo spadaccino adagiò con urgenza la ragazza sul legno e Chopper posò velocemente l’orecchio contro il petto di Tashigi “Il battito c’è, ma è debole!” esclamò “Dobbiamo effettuare la respirazione artificiale” e cominciò, dopo aver assunto forma umanoide, a fare pressione sul petto della ragazza con entrambe le mani per aiutare il cuore.
Sanji si stava inginocchiando, pronto a condividere la sua aria , quando rimase sorpreso nel vedere che qualcun altro stava prestando soccorso alla giovane e quel qualcuno era proprio testa muschiata.
Zoro soffiava al tre del dottore tutta l’aria che aveva in corpo. Era stanco, distrutto, sentiva i muscoli scoppiare così come i polmoni provati dalla nuotata sott’acqua e dalla pressione a cui erano stati sottoposti. Sentiva gli occhi di tutti su di sé ma non quelli di lei che giaceva ancora immobile sul ponte.
“Uno, due, tre”  Chopper contava le spinte che dava contro lo sterno e Zoro soffiava nella bocca della ragazza, assaporando con timore quel sapore di sale e temendo che, per colpa della sua stupida competitività, stava rischiando la vita una ragazza, quella ragazza.
“Svegliati, stupida! Svegliati!” continuava a ripetersi mentre ripeteva il bacio della vita con urgenza, forza e paura che quel cuore smettesse di pulsare.
Al quinto tentativo, strabuzzò gli occhi e sputò acqua salata insieme a Tashigi che si era voltata di lato per espellere ciò che era rimasto nei polmoni.
Un sospiro di sollievo si alzò tra i mugiwara mentre la marine,ritornata stesa, strabuzzando gli occhi e guardandosi intorno frastornata  allungava una mano verso il volto del suo salvatore. Zoro rimase sorpreso, ma afferrò il palmo chiaro. Era ghiacciata.
La ragazza li dedicò un piccolo sorriso prima di richiudere gli occhi, esausta.
 
“Puoi entrare, è inutile che continui a nasconderti là dietro”
Nami scoccò le labbra, era spazientita dalla presenza mal celata dello spadaccino dietro la porta dell’infermeria dove lei stava facendo la guardia a Tashigi che era stesa nel letto dopo aver perso nuovamente conoscenza. Chopper aveva detto che era stato sicuramente un attacco di panico e che aveva bisogno del riposo più assoluto.
Zoro entrò con passo pesante, con la testa alta ma con i pugni chiusi per il rammarico di essersi fatto scoprire come un pivello.
Nami sorrise “Non preoccuparti” disse “Chopper ha detto che si rimetterà del tutto, è solo stremata”
“Sai quanto me ne importa!” esclamò lo spadaccino grugnendo.
Nami lo guardò con sufficienza “E allora perché è da un quarto d’ora che sei dietro la porta?”
Zoro non rispose, ma lo sguardo cadde sulla figura addormentata della marine. I capelli scuri, sparsi sul cuscino, le guancie e le labbra rosee le davano una bellezza eterea, come una bambola di porcellana o una principessa destinata a rimanere per sempre così bella e intatta.
“Vuoi che vi lascio soli?” lo derise la navigatrice, con una risata soffocata. Zoro arricciò il naso, infastidito “Me ne vado” esclamò, ma la ragazza lo trattenne “Dai, sto scherzando!” esclamò “Devo dire che mi hai sorpreso quando le hai fatto la respirazione bocca a bocca” ammise “Non mi sarei mai aspettata questo da te”
“Se lasciavo fare al cuoco sarebbe morta soffocata dalla sua lingua in gola” sentenziò, come se fosse una cosa ovvia.
Nami provò a cambiare argomento, si era accorta che il compagno era sulla difensiva e che difficilmente avrebbe ammesso qualcosa se non con l’inganno.
Osservò Tashigi addormentata e le si avvicinò per sistemare una ciocco di capelli, con gli occhi dello spadaccino che studiavano ogni singola mossa “E pensare che un domani potrebbe essere la causa della nostra rovina” esclamò.
“Che vuoi dire?” Zoro sollevò un sopracciglio.
Nami lo fisso, seria “A volte penso che dovremmo lasciarla sulla prima isola che troviamo”
“Che cosa?” il ragazzo parve sorpreso, la navigatrice capì che stava abboccando all’amo.
“Ma certo!” rincarò la dose, avvicinandosi a lui con passo deciso “Se la portiamo con noi chi ci dice che, una volta portata da Smoker, lei stessa non ci arresti o non ci uccida? Chi ci dice che un domani non ci renda il favore? Lei è un marine ed è feccia come lo sono tutti. Lei non è diversa, lei è solo una persecutrice di pirati che vuole solo fare l’arrampicatrice sociale. Sono certa che si è fatta strada entrando nel letto di chissà quanti ufficiali e…” ma non riuscì a finire la frase, Zoro l’aveva sbattuta contro l’armadietto dei medicinali, facendo cadere alcune boccette di vetro e riducendole in frammenti contro il pavimento. Non l’aveva mai fatto prima, ma leggeva nei suoi occhi il disdegno per ciò che stava dicendo, come se lo avesse offeso in prima persona.
Nami lo guardò con sfida “E tu sei innamorato di lei”.
Il ragazzo non reagì, rimase per alcuni istanti immobile, a scrutare gli occhi vigili e furbi della compagna che sorrideva maligna “Deve essere difficile stare ogni giorno con lei, vederla sulla tua stessa nave e non poterla toccare”.
“Lei non è la quattrocchi che conosco io” fu la risposta secca dello spadaccino a cui ribatté con uno sguardo confuso la navigatrice, lui la lasciò “Lascia stare, non capiresti!” e se ne andò, non permettendo alla rossa nemmeno di replicare.
Nami passò lo sguardo dalla porta ormai chiusa  alla ragazza addormentata. Non era nemmeno riuscita a dirgli che il gabbiano con la risposta di Smoker era arrivato insieme ad una eternal pose.
“Hai sempre provocato un tumulto nell’animo di un guerriero freddo come lui. Sei l’unica persona da cui l’ho visto scappare. Ma che potere hai su di lui?”
Sapendo di non poter ottenere risposta, guardò ai suoi piedi “Mi conviene pulire, prima che Chopper veda tutto questo macello”. 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** l'attenzione non è mai troppa ***


 
Nei tre giorni che seguirono l’incidente, Tashigi non passò un attimo senza effettuare la seguente routine: controllo medico da Chopper, colazione abbondante e ben controllata da Sanji e ogni volta che passeggiava per il ponte sempre in compagnia di Rufy, Usopp o Brook.
Si sentiva in gabbia, controllata a vista e notò con un certo rammarico che lo spadaccino dai capelli verdi la stava evitando palesemente, come se non volesse nemmeno rivolgerle la parola.
 Dopo tre giorni, passati nella noia più totale dopo le continue e stimolanti sfide con il pirata, Tashigi si sentiva spenta, vuota e infastidita, ma era troppo orgogliosa per andare a implorare una parola o un spiegazione di tale ostilità al giovane che cambiava strada ogni volta che la vedeva in lontananza e che sedeva lontano da lei quando si mettevano a tavola.
Si era stesa su di una sdraio,in uno dei momenti in cui era stata stranamente lasciata sola, intenzionata a impegnare il suo tempo libero a leggere un libro che aveva preso in prestito dal’archeologa e a sopprimere il nervoso che la assaliva ogni volta che pensava al comportamento ostinato e senza senso del pirata con le tre spade.
Sentì dei passi sul ponte e sollevò lo sguardo dalle pagine; in lontananza vide lo spadaccino a torso e piedi nudi che passeggiava con dei pesi nelle mani, li poggiò a terra, prendendo l’asciugamano che teneva intorno al collo e passandoselo sui capelli corti. Non si era accorto di lei, dato che le dava le spalle, permettendole di rimanere estasiata da quelle spalle muscolose e potenti.
“Il libro non è abbastanza interessante?”.
Tashigi sobbalzò, facendo cadere il libro per terra e facendo ridacchiare il suo disturbatore.
Franky la guardava con gli occhiali da sole calati sul naso metallico e ridacchiava nel vedere la sua espressione stupita e imbarazzata.
 “Ecco…io…” era estremamente agitata, le sfuggiva continuamente il volume dalle mani; quando era nervosa era ancora più imbranata del normale. Non sapeva come cavarsi dall’impiccio, ma per sua fortuna, o sfortuna, il cyborg aveva già visto il motivo di interesse della marine e aveva deciso di non infierire. Almeno per il momento.
“Anche a me i libri annoiano” disse, facendo finta di niente “Perché non vieni in piscina con me e le altre ragazze? Ti distrai un po’”.
La ragazza ci pensò su, in effetti, stare lì con Zoro che aveva preso a fare le flessioni poco distante non era la cosa migliore per i suoi nervi.
“Accetto!” esclamò.
“Suuuuper!” rispose il carpentiere, alzando le braccia metalliche per far combaciare le stelle e renderla una sola.
 
Tashigi si guardò allo specchio nella stanza delle ragazze. Aveva chiesto a Robin il costume in prestito come per il giorno della gara, ma la ragazza aveva detto che era nella lavanderia per il bucato e quindi dovette prenderne uno da Nami, l’unico problema era che la navigatrice non possedeva costumi interi ma solo due pezzi e ciò la metteva in imbarazzo.
Cercò di sistemare il seno nel bikini a triangolo nero con fiori rossi, preoccupandosi che qualcosa potesse uscire da un momento all’altro. Era sempre stata molto pudica e quel costume da bagno, che metteva in evidenza fin troppa carne per i suoi gusti, la lasciava perplessa.
“Qualcosa non va?” la voce di Robin la chiamò da oltre la porta e l’archeologa entrò nel bagno senza attendere la risposta e sorrise nel vedere la ragazza “Ti sta molto bene” esclamò “dovresti scoprirti un po’ di più”.
La ragazza rispose con un semplice grazie, non abituata ai complimenti e seguì la piratessa fuori dalla cabina, passeggiando sul ponte ostentando una spavalderia che non le era propria e trattenendo il forte imbarazzo che sentiva fin sulla punta delle orecchie dato che l’archeologa le aveva proibito di mettere un pareo per coprirsi.
 
Zoro si asciugò il sudore dalla fronte con un braccio. Il sole era alto nel cielo e il caldo insopportabile non gli impediva di certo di dedicarsi ai suoi allenamenti. Si chinò per riprendere i pesi quando sentì i passi pesanti di Franky. Si alzò sorridente, intenzionato a chiedere all’amico di allenarsi con lui. Sollevando lo sguardo rimase  stupito dall’immagine che stava camminando nella sua direzione
Franky era accompagnato da Tashigi e Robin, entrambe in costume da bagno,che si dirigevano verso la piscina costruita dal cyborg.
Zoro si ritrovò a fissare il corpo della marine, incapace di distogliere lo sguardo: la pancia piatta, le gambe snelle e i muscoli ben allenati ma non in maniera esagerata, quel che bastava per armonizzare la sua figura. Il bikini metteva in evidenza più del costume intero le sue forme sinuose e i capelli, tirati in alto, mostravano il collo perfetto e mossero nello spadaccino pensieri che normalmente non avrebbe mai fatto: una voglia irrefrenabile di passare le labbra sull’incavo del collo, giusto per sentire da vicino che odore avesse.
Li vide passarli di fronte, senza che la ragazza lo salutasse, al contrario dei suoi compagni, ma lei non riuscì a  privarlo di un abbozzo di sorriso imbarazzato, anche leggermente  ostinato che la rendevano ancora più bella agli occhi dell’orgoglioso spadaccino. Ma dopo che lo oltrepassò, Zoro spostò lo sguardo, mesto.
Quella non era la Tashigi che conosceva lui pur se il corpo era lo stesso; lo leggeva nei suoi occhi che era ritornata la ragazzina ostinata e carica di pregiudizi che aveva conosciuta a Louge Town e non la donna forte, determinata e dolce che aveva combattuto al suo fianco a Punk Hazard. Sentiva che doveva farla tornare quella che era. Ma come fare? Starle accanto era difficile, impossibile per lui.
Si stava ostinando a starle alla larga per non permetterle di affezionarsi a lui come stava succedendo prima della gara.
 Non gli restava che lasciar fare alle cure del dottore.
Proprio mentre il ragazzo riprendeva a dare attenzione ai suoi pesi, Tashigi si voltò, cercandolo con lo sguardo.
“Va tutto bene?” la pronta domanda di Robin che si era accorta da parecchio degli sguardi di interesse che i due rivolgevano di nascosto l’uno all’altra, la ragazza annuì, rossa in viso, “Certo” e tornò a guardare d’avanti a lei, mesta.
 
“Ah, Chopper, Chopper, Chopper”.
Sentendosi chiamare tre volte, il medico di bordo lasciò il suo gelato e guardò il compagno cecchino che sorrideva come qualcuno che avesse capito un grande segreto “Cosa succede, Usopp?”
“Io l’ho già capito”.
“Cosa?”.
“Ma loro ancora no”.
“Chi?”.
“Si stanno innamorando e il nostro trio diventerà un duo”. (1)
“Ma cosa stai dicendo?”.
“Lascia stare, ho sbagliato film”.
“Te ne sei accorto pure tu, quindi”.
Usopp e Chopper si voltarono, sentendo queste frasi che avevano interrotto il loro scambio di battute, e, di fronte a loro, videro Nami in costume da bagno, pronta a raggiungere gli altri in piscina.
La ragazza portò dietro le spalle la lunga chioma “Che ne dite di aiutare i due ?”.
E un sorriso maligno si dipinse sui volti del trio dei fifoni dei mugiwara.


angolo dell'autrice:
chiedo veniaaaaa! dopo quasi un mese mi presento con un corto capitolo di transizione, non ho scusanti per questo ritardo (E invece sì, ma non voglio ammorbarvi)
avete notato quell'uno piccolo piccolo ? (qui non riesco a inserirlo) dovete perdonarmi, ma la scena che ho descritto mi ricordava troppo il re leone e Usopp e Chopper erano perfetti come nuovi Timon e Pumba e non ho resistito a inserire le stesse battute del film XD
cooomunque, voglio ringraziare tutti coloro che leggono questa storia e che stavano aspettando questo capitolo, spero di non deludere le vostre aspettative e spero che vogliate farmi sapere che ne pensate di questo nuovo capitolo.
un bacione 
Fra

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** lacrime di pioggia ***


Usopp camminava per la sala della biblioteca con una bacchetta in mano, pronto a picchiarla d’avanti a chiunque non prestasse attenzione alle sue parole, così come aveva fatto almeno cinque volte con Rufy.
“Insomma, avete domande?”.
La piccola mano di Chopper si alzò “Perché non ci sono Sanji e Robin?” si era guardato intorno, erano stati Nami ed Usopp a volersi improvvisare cupidi e a chiedere l’aiuto dei restanti membri della ciurma, ma all’appello mancavano proprio il cuoco e l’archeologa.
“Sanji non accetterebbe mai e poi mai di aiutare Zoro”spiegò la navigatrice “ Robin ha detto che non vuole immischiarsi, ma sta tenendo occupata Tashigi”.
“Ma perché dovremmo cercare di farli innamorare?”.
Brook sorseggiava una tazza di tè, non sembrava molto d’accordo con l’idea idilliaca e romantica dei suoi due nakama, ma aveva troppa paura della navigatrice per contraddirla dicendo che era un’idea orribile.
“Perché ci siamo accorti che quei due si piacciono, solo che sono troppo orgogliosi per ammetterlo” esclamò il cecchino, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“A me l’idea piace!” esclamò Franky, alzandosi in piedi e mostrando i bicipiti meccanici.
“Ehi , Nami” Rufy chiamò la sua amica a bassa voce, per non farsi sentire dagli altri mentre Usopp spiegava in che modo avrebbero dovuto creare l’atmosfera romantica, esaltato nell’idea di fare da cupido.
“Dimmi”.
La ragazza si sporse leggermente per sentire la domanda del suo capitano.
“Perché stiamo facendo tutto questo?”. Era una domanda lecita,in fondo, che diritto avevano loro di farsi i fatti dello spadaccino? Rufy non riusciva a capirlo, come non comprendeva perché stessero dando tutti così tanta importanza a qualcosa come l’amore, un concetto che non gli era mai stato spiegato, ma che sapeva benissimo che non si trattava di qualcosa da mangiare.
Nami sorrise “Perché sono troppo orgogliosi per ammettere i loro sentimenti. E noi dobbiamo dare una mano” disse facendo l’occhiolino.
Rufy piegò il capo, stringendo le labbra e portandole all’infuori “Ma cos’è l’amore?”.
La navigatrice strabuzzò gli occhi. In effetti era un concetto difficile da spiegare ad una mente semplice come Rufy che capiva le cose solo se le provava sulla propria pelle.
Ci pensò su, aggrottando pensierosa la fronte.
“L’amore è un sentimento che unisce due persone” disse semplicemente, ma dallo sguardo perso del ragazzo capì che non era sufficiente come spiegazione.
“L’amore è quella cosa che unisce due persone, che gli fa capire che senza l’altro uno non può vivere, è quella voglia di baciarsi come se non ci fosse un domani, quella voglia di assaporare l’uno l’altro e di essere un’unica cosa”.
Rufy inclinò il capo, l’espressione ancora più confusa, lei sorrise “Un giorno capirai”.
“Bene!” la voce del cecchino ruppe lo scambio di sguardi tra il capitano e il navigatore“Da oggi comincia l’operazione: cuori tra le spade! Il nome va rivisto” aggiunse le ultime parole a bassa voce.
“Qual è la prima operazione?” chiese Franky, interessato alla lavagna e ai disegni fatti da Usopp.
Il ragazzo sorrise sadico ed indicò dei segni bianchi con la bacchetta.
“Cominciamo con accidentali spinte di uno tra le braccia dell’altra, assecondiamo gli incontri e facciamo in modo che rimangano soli. Brook, tu ti occuperai dell’atmosfera romantica durante i pasti”
“Oh, posso usare il violino?” le orbite vuote dello scheletro brillavano “Non sto più nella pelle, anche se io non ce l’ho. Yohoho-ho!”.
Nami si alzò in piedi, mettendo le mani sul tavolo.
“Se siamo tutti d’accordo, l’operazione Cupido spadaccino, nome da revisionare, comincia questa sera stessa!” esclamò battagliera e tutti annuirono in segno di assenso.
 
Tashigi si passò una mano tra i lunghi capelli che portava come coda laterale mentre camminava sul ponte diretta alla cucina. Non si era ancora abituata a quella lunghezza e si chiedeva per quale motivo avesse deciso di crescerli, dispiaciuta per non riuscire a ricordarlo.
Da quando aveva capito che soffriva di amnesia, ogni suo pensiero era indirizzato a cercare di colmare con tutte le sue forze quel buco nella sua mente, ma, purtroppo, ogni suo sforzo risultava vano.
Quel che le premeva più di sapere era come avesse conosciuto quella strana ciurma e che cosa la legasse a loro.
Varcò la soglia e fu accolta dalle soliti e fin troppo stomachevoli attenzioni del cuoco che perdeva cuoricini dagli occhi come se fossero cascate.
Lo salutò con un sorriso sforzato e alzò lo sguardo per cercare la navigatrice o per lo meno un posto libero.
Nami sollevò le braccia indicandole il posto di fronte a lei “Zoro, spostati!” ordinò allo spadaccino che aveva le braccia incrociate sul petto “Fa’ sedere Tashigi”.
Zoro aprì l’occhio sano, spostando lo sguardo dalla compagna alla marine “E perché dovrei?”
“Ma che cafone!” lo rimproverò la navigatrice “Sii educato con gli ospiti” e con gli occhi cercava l’aiuto dei compagni che erano incerti sul da farsi.
“Lascia perdere” esclamò la marine, infastidita dall’eccessiva caparbietà del pirata “Mangerò dopo”
“Cosa c’è? Ti infastidisce mangiare con noi?”
Il tono di Zoro era derisorio e il silenzio cadde sulla tavolata che spostava gli sguardi preoccupati da uno spadaccino all’altra.
“Assolutamente no” rispose lei, austera “Sei tu che hai dei problemi con me”
Il ragazzo incassò il colpo, sollevandosi da tavola per avvicinarsi a lei a grandi passi e sostenendo il suo sguardo di sfida “Se ti infastidisco vado via, spadaccina senza spada”.
Fu il gelo. Il gelo più assoluto cadde nella sala e tutti rimasero pietrificati a guardare l’aura di furia omicida che si stava alzando intorno alla ragazza. Neanche Sanji sapeva cosa dire per intervenire a favore della ragazza.
“Come mi hai chiamato?”.
Ogni parola era tagliente ed erano accompagnati da un allungamento della dita prima di chiuderle in un pugno serrato.
Zoro si rese conto che aveva esagerato, l’aveva insultata pesantemente ma ormai il danno era fatto.
“Lascia perdere” disse e lasciò quasi di corsa la stanza.
“Col cazzo che te ne vai così!” urlò Tashigi gettandosi al suo inseguimento e facendo tremare i mugiwara. Doveva essere veramente furiosa per aver usato una parola che normalmente non sarebbe mai neppure entrata nel suo vocabolario.
“Mettiamo in pausa l’operazione?” chiese Franky dopo attimi di silenzio che parvero ore.
“Andiamo a salvare Zoro, piuttosto” esclamò Brook tenendosi il cappello e uscendo dalla sala sbloccando il gelo in cui tutti erano caduti.
 
“Come ti sei permesso?”
Tashigi urlava con tutte le sue forze contro lo spadaccino, ignorando il vento che si stava alzando.
Zoro si passò una mano tra i capelli ispidi “Quanto la fai lunga!” esclamò, nervoso “Non sai nemmeno che fine ha fatto la tua spada, che razza di spadaccina sei?”
La ragazza spalancò gli occhi e gonfiò le guancie, come se fosse sul punto di scoppiare e infine lo fece “TU CHE RAZZA DI UOMO CREDI DI ESSERE?”
Lui si voltò con il massimo della calma “Un uomo”.
Era stato un colpo basso, lo sapeva benissimo.
Quella Tashigi non era ancora quella matura che era riuscita a superare i problemi legati al suo sesso.
Le lacrime di rabbia salirono subito agli occhi della ragazza “Tu” parlava con voce grave “tu non immagini nemmeno quanto tu sia fortunato ad essere nato uomo e …”
“E finiscila!” Zoro urlò, interrompendola “Mi hai ripetuto questa solfa tante di quelle volte! Non me ne frega niente che hai perso la memoria! Sei incapace di reagire, sei solo una ragazzina che si lascia correre tutto quello che le succede sopra senza essere in grado di reagire! Come diavolo puoi avere l’orgoglio di una spadaccina se non sei in grado di prendere le redini della tua vita!?!”
Le parole erano uscite come un fiume in piena e Tashigi ne era stata investita. Quel tono, quello sguardo che le era stato rivolto aveva un non so che di famigliare, che già aveva visto ma non era capace di ricordare, come se mancasse qualcosa.
 
“Ma che razza di…” Sanji corse in avanti, ma Robin lo fermò, così come fece con gli altri “Lasciate che l’acqua segua il suo corso”.
Nami passò lo sguardo da lei all’altra ragazza. Non le piaceva come si stava volgendo la situazione e aveva paura di aver incrinato ulteriormente un vaso in bilico.
Sentì qualcosa tirarle la manica e si voltò, vedendo il visino paffuto di Chopper “Nami…” la chiamò dolcemente per nome, come a volerle dire che sarebbe andato tutto bene, ma la navigatrice non ne era del tutto sicura.
 
Zoro continuava a guardare la ragazza che rimaneva immobile e a pugni chiusi lungo i fianchi di fronte a lui.
Alle sue spalle vide i suoi compagni che erano accorsi curiosi a vedere cosa stesse succedendo. Si sentiva completamente impacciato, non sapeva che fare in quella situazione con il vento che sollevava i suoi capelli e la brezza marina gli schiaffeggiava piano il viso.
Improvvisamente Tashigi cadde sulle ginocchia e il suo singhiozzare fu ben udibile.
“Io… voglio … ricordare …”
 
“Io …  voglio… ricordare…”
Ai  mugiwara si strinse il cuore nel vedere la loro recente amica in quelle condizioni. Per lei doveva essere veramente dura stare senza memorie.
Franky corrucciò le labbra. Ci aveva pensato con il dottore, ma creare una macchina che le permettesse di recuperare i ricordi era oltre le sue possibilità.
Sanji sentiva l’impulso cavalleresco di correre dalla ragazza e picchiare a sangue quell’idiota del marimo per averla fatta piangere, ma la sua Robin-chan bloccava ancora tutti, scrutando con sospetto la scena di fronte a sé.
Usopp passava lo sguardo dai due a Rufy che era immobile e che, insieme a Robin, era i più inespressivo in quella situazione.
Brook piangeva, piangeva come un bambino che vedeva i genitori litigare e faceva di tutto per non farsi vedere scosso.
Nami fissava la scena come tutti del resto: Tashigi in ginocchio, Zoro in piedi, impassibile, le urla di lei che rivoleva la sua memoria, i capelli che si alzavano con il vento …
Il vento. Quel vento era strano, stava cambiando velocemente e anche la pressione stava aumentando.
Corse velocemente verso il parapetto, saltando la barriera di mani di Robin, per vedere il mare.
L’acqua era diventata scura come il cielo e le onde si alzavano andando a sbattere con un’altezza sempre maggiore contro il fianco della nave.
Non fece nemmeno in tempo a voltarsi per poter urlare istruzioni ai suoi compagni che un fulmine squarciò il cielo e l’acqua cominciò a scendere violentemente su di loro.
Era una tempesta peggiore dell’ultima che avevano affrontato.
 
Franky correva a destra e manca per prendere tutte le cose che vi erano sul ponte.
Usopp spingeva i suoi compagni che avevano ingerito il frutto del diavolo sotto coperta, mentre l’acqua marina invadeva il ponte.
Nami urlava istruzioni mentre cercava di impedire al timone di ruotare vorticosamente,ma il suo posto fu presto preso da Zoro che aveva delle braccia molto più forti rispetto a quelle della navigatrice.
“Tashigi, rifugiati sotto coperta” la invitò dolcemente Sanji, preoccupato per la salute della ragazza, ma la marine fece cenno di no con il capo “Non ho mangiato alcun frutto del diavolo, devo pur ripagarvi in qualche modo per la vostra gentilezza!” e si lanciò di corsa verso le vele, lottando contro la pioggia.
Sanji portò i capelli attaccati alla fronte indietro “Che donna!” esclamò.
 
“SONO IL CAPITANOOOOO!” le urla di Rufy sovrastavano il boato del vento “NON SARANNO DUE GOCCIE A FERMARMI!”
“Smettila di fare il cretino!” Usopp stava facendo una fatica tremenda a cercare di mantenere calmo il suo capitano e amico che lo spingeva per poter uscire fuori in balia della tempesta, e la pioggia , che faceva scivolare le sue mani lungo lo stipite della porta di legno, di certo non lo aiutava in quell’impresa titanica.
Gli altri di certo non lo aiutavano, Robin e Brook stavano prendendo il thè come se il rollio della nave in balia delle onde non esistesse, mentre Chopper inseguiva gli oggetti incantato dal loro oscillare.
“TI HO DETTO DI FARMI USCIREEEE!” continuava ad urlare, spingendo contro il corpo dell’amico e trattenendosi dal vomitargli addosso.
In aiuto del povero e stanco cecchino, ormai sul punto di cedere, giunse la navigatrice che lanciò con tutte le sue forze il palmo aperto sul volto del capitano, spingendo via il nakama dal naso lungo ed afferrando l’altro per il bavero della camicia “TU ENTRI DENTRO E TI STAI BUONO; SONO STATA CHIARA!?!?”
Era furibonda, sull’orlo di una crisi di nervi “Non preoccuparti per la nave” aggiunse quando vide il suo mutismo “Abbiamo già passato una tempesta del genere!”
Rufy la guardò dritta negli occhi e, senza preavviso, la baciò fugacemente sulle labbra “Volevo sapere che si provava” aggiunse subito parandosi da un eventuale colpo di lei che non arrivò mai. Nami era immobile, con gli occhi sbarrati e le mani ancora sulla camicia, prendeva l’acqua battente incapace di reagire.
“Ehi, Nami?”
Rufy cercò di parlarle, ma la ragazza non reagiva in alcun modo.
“Rufy” fu Usopp a parlare “Credo che tu l’abbia pietrificata! Perché l’hai fatta?”
Lui fece spallucce “Per farle capire che mi fido di lei”
“MA TE SEI TUTTO SCEMO!”
Nami era uscita dal suo stato di trance e lanciò con un calcio il suo capitano sotto coperta, rossa in viso e furiosa come non mai. Sbattè la porta con tutta la forza che aveva e si voltò verso il cecchino che subito rabbrividì “VAI A CONTROLLARE LE VELE!”
In quel momento Usopp non sapeva cosa temere di più, se il tempo o lei.
 
L’acqua che sferzava il suo viso aveva un aspetto terribilmente famigliare. Tashigi correva contro il vento, affacciandosi al parapetto e rimanendo spaventosamente colpita dalle onde che colpivano la nave e che per poco non toccavano anche il suo viso.
Sentiva il suo corpo scosso dai tremiti. Ma cosa per cosa stava tremando? Per la pioggia o per la paura?
“Ti sei addormentata?”
La voce di Zoro la richiamò dai suoi pensieri. Il pirata stava guardando nella sua direzione con ancora le mani alle cime bagnate e scivolose intorno alle vele, in cima all’albero maestro.
Lei gonfiò le guancie, calcando gli occhiali sul naso ma rendendosi conto che con tutta quella pioggia era terribilmente inutile.
“Tashigi!”  Nami la raggiunse in poco tempo, lottando con le braccia d’avanti al viso contro l’acqua battente che rendeva difficoltoso ogni passo.
Ben presto la marine apprese che doveva fissare una cima fuggiasca contro uno dei pioli del parapetto per evitare che le vele prendessero una strada in balia della corrente mentre la navigatrice si sarebbe occupata di sistemare quel lato.
Lei annuì e lottò a sua volto contro l’acqua che ormai aveva superato l’altezza del fianco della nave, allagandola completamente.
Prese la corda fuggiasca, ma la pioggia rendeva difficoltosa ogni minimo movimento. Cercò di annodarla con tutte le sue forze al piolo di legno, vi era una strana famigliarità in quei movimenti, e un’inquietudine la invase, come se si aspettasse che da un momento all’altro dovesse succedere qualcosa di brutto.
“Maledizione! Il timone!”
L’urlo del cuoco raggiunse le sue orecchie e la ragazza si voltò per vedere cosa stesse succedendo.
Il timone ruotava vorticosamente e se qualcuno non l’avesse fermato vi era il rischio che si rompesse.
“Me ne occupo io!” gridò la marine, lanciandosi di corsa verso il timone inciampo diverse volte sul pavimento reso scivoloso dalla pioggia.
La mente della ragazza vagò. Quel momento l’aveva già vissuto, con altra gente, su un’altra nave.
Afferrò i pioli, ferendosi le mani per contrastare la forza delle onde che mandavano la nave alla deriva.  Fece leva con tutto il suo corpo per riacquistare il controllo della nave e fu quando alzò lo sguardo verso il cielo plumbeo e squarciato dai fulmini che la vide. Era lì, pronta a travolgerla come l’ultima volta, era la causa della sua amnesia e in quel momento era la causa delle immagini confuse e disordinate che stavano facendo capolino nella sua mente.
L’onda anomala era alta il doppio della nave ed si apprestava a scagliarsi su di lei. impossibile evitarla, impossibile non darsi travolgere da quella forza.
L’enorme massa d’acqua la trascinò via sotto le urla dei pirati che invocavano preoccupati il suo nome.
Tashigi ricordò la paura che aveva provato in mare durante la gara e ricordò, ricordò la sua lotta per emergere, ricordò la corrente forte, ricordò i suoi uomini, ricordò Smoker, ricordò tutto.
 Sentì la pressione dell’acqua travolgerla, trascinandola con l’enorme forza della corrente e costringerla ad aprire la bocca, ma sentì anche qualcosa intorno alla sua vita che la opprimeva.
I ricordi si accavallavano in maniera più omogenea. Il calore del sole, le dune di Alabasta che si contrapponevano al gelo e alla neve di Punk Hazard mentre i suoi occhi si spostavano a mettere a fuoco quanto poteva senza occhiali e in balia della corrente e vide due braccia elisi intorno alla sua vita e dei lunghi capelli che fluttuavano seguendo le onde.
 
“Muoviti! Veloce!”
Usopp tirava per ultimo la corda, d’avanti a lui Zoro e Sanji davano fondo a tutte le loro forze per tirare su le ragazze.
Quando Tashigi era stata travolta dall’onda anomala, Nami non ci aveva pensato due volte a legarsi una corda alla vita e a dare a carpentiere l’altro capo per poi tuffarsi alla ricerca della ragazza travolta dalle profondità marina.
La tormenta aveva perso presto la sua furia e rendeva più semplice l’operazione di salvataggio.
“Eccole!”
L’urlo di gioia del cuoco tradiva un certo sollievo nel vedere il capo rosso della navigatrice sbucare per primo dalle acque amate e allo stesso tempo odiate.
Nami e Tashigi respiravano a piene polmoni e tossirono tantissimo per eliminare i pochi residui di acqua salata che era entrata nei loro polmoni.
Zoro si lanciò in acqua senza pensarci due volte, seguito a ruota da Sanji per assicurarsi della salute delle due fanciulle e per aiutarle a risalire sulla nave mentre Franky correva a chiamare il dottore.





angolo dell'autrice:
non ho scusanti, sono proprio in ritardo con questo capitolo, chiedo il vostro perdono e spero che il capitolo sia valsa la pena dell'attesa.
un bacione a tutti :*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** la luce oscurata ***


Nami aprì a fatica gli occhi. Sentiva la testa pesante e si guardava in torno con fare mesto, cercando di mettere a fuoco ciò che la circondava e cercando di ignorare la luce a neon sul soffitto che le dava un fastidio enorme.
“Ti sei svegliata, finalmente”
Si voltò e vide Tashigi stesa come lei in un letto, con la testa fasciata da delle bende.
Riconobbe l’infermeria della nave e cominciò a ricordare e capire il perché si trovasse lì.
“Ma che succede?” chiese, biascicando un po’ e toccandosi la testa. Si accorse che anche lei aveva delle bende morbide a tatto.
“Chopper è andato via poco fa” la informò la marine “Ha detto che voleva controllare le condizioni degli altri”.
Nami annuì, guardandosi intorno. La stanza era deserta oltre  a loro due e il capo le doleva molto così come i polmoni che sembravano fare fatica nel riprendere a respirare a condizioni di pressioni normali.
“Grazie per avermi salvato”
La navigatrice guardò verso l’altra. Tashigi si era alzata dal letto e l’aveva raggiunta. Nami sorrise “Non potevo permettere che ti succedesse di nuovo qualcosa. Ormai sei una mia amica”.
Fu un attimo. Tashigi si precipitò ad abbracciarla, piangendo come una bambina.
 “Ehi” Nami ricambiò l’abbraccio “Che ti succede?”
“Non lo so” piagnucolò la ragazza “Voglio solo piangere”
Nami le accarezzò i capelli. La paura, lo stress dovevano averla messa duramente sotto torchio; ne aveva passate tante e quello era l’unico sfogo  che aveva trovato.
Nami sorrise mentre la ragazza continuava a singhiozzare sulla sua spalla. Si era stranamente affezionata a lei, come se fosse un’amica di vecchia data che ha bisogno del suo conforto.
“Piangi quanto vuoi” le disse, accarezzandole i capelli “Ci sono io con te”.
Era come rivedere Bellemere nei suoi momenti più duri. Era come confortare la madre quando da figlia non vi era riuscita.
 
Quel cielo azzurro si era proprio preso beffa di loro. Neanche quindici minuti di maltempo in cui avevano rischiato di perdere due compagne e i danni che aveva subito la nave avevano fatto aggrottare le sopracciglia bullonate del carpentiere che si era lanciato insieme al cecchino a perlustrare l’intera imbarcazione. 
Zoro e Sanji erano stesi a terra, la schiena poggiata contro l’albero maestro con le vesti bagnate, talmente stanchi da non riuscire nemmeno ad insultarsi.
Rufy, poco lontano da loro, si muoveva velocemente lungo il ponte, incapace di stare fermo e visibilmente agitato.
“La vuoi piantare?!” esclamò Sanji, furibondo.
Il capitano lo guardò con occhi stupiti “Di fare cosa?”
Il cuoco stava per rispondere quando lo scalpiccio degli zoccoli di Chopper attirò la loro attenzione.
“Come sta Nami?” esclamarono all’unisono i due e il biondo aggiunse “E Tashigi?”
Al piccolo medico di bordo non sfuggì lo sguardo carico d’ansia che anche lo spadaccino gli rivolgeva. Il suo sguardo diceva molto più del fiume di parole con cui lo investivano gli altri due compagni.
“Tashigi si è svegliata poco fa” esclamò “Anche Nami sta bene, ma dorme ancora”
I tre emisero un sospiro di sollievo, tutti e tre con stati d’animo differenti e un moto di affetto differente nei confronti delle due fanciulle.
“Stanno bene e sveglie entrambe, le ho viste poco fa”
Robin era appena salita sul ponte, le lunghe gambe fasciate da jeans stretti e due enormi secchi in mano.
“Che dovremmo fare con quelli?” chiese Zoro, sollevando un sopracciglio.
La ragazza spostò i lunghi capelli “Conviene pulire il ponte, prima che Nami venga e…”
Ma non finì la frase. I cinque mugiwara sul ponte si ritrovarono distesi sulle assi di legno in seguito ad un boato provocato dall’onda d’urto di qualcosa che aveva colpito il fianco della nave.
Era stata una palla di cannone.
“Cosa è stato?”
La voce di Sanji venne sovrastata dalle grida di Nami che era accorsa sul ponte insieme a Tashigi. Entrambe si tolsero le bende dal capo velocemente.
“Che è stato?!” ripetè la navigatrice.
“Nami! Tashigi!” le richiamò la piccola renna, allarmato “Dovreste essere a riposare!”
“Con la Sunny sotto attacco? Non credo proprio!” rispose la rossa, cercando un cannocchiale che le fu subito strappato di mano dal capitano “Fammi vedere” rispose al suo sguardo furibondo facendo valere la sua autorità.
Rufy prese il cannocchiale con estrema cura, raramente lo si vedeva così delicato con un oggetto,porse l’occhio aperto all’oculare e impiegò diversi minuti per mettere ben a fuoco ciò che stava cercando.
“Ma …” si allontanò e si riavvicinò “Quella è una nave!”
“Fa vedere!” esclamò Tashigi, pochi attimi prima che si ritrovassero a terra per un altro colpo di cannone nell’acqua proprio vicino alla Sunny.
“Non credo che abbiano intenzioni amichevoli” commentò Robin mentre la marine, più velocemente del pirata, trovò la nave e il vessillo che sventolava sulla cima dell’albero maestro del galeone. Non era una bandiera pirata, ma una bandiera azzurra con una grande croce rossa.
“Lo sapevo!”
“Che cosa?” chiese Chopper dando voce ai pensieri di tutti.
“Sono cacciatori di pirati!” spiegò “Il G-5 è stato mandato in queste acque per investigare sul perché i pirati che venivano catturati da questa ciurma di cacciatori di pirati arrivavano tutti morti, neppure uno in vita”
“Tashigi-san?” Sanji e tutti gli altri guardavano la ragazza con occhi sbarrati.
Tashigi li scrutò con confusione “Cosa?”
“Tu ricordi?” esclamò Rufy, trattenendo a stento l’entusiasmo.
La ragazza si bloccò di colpo, guardando i pirati di fronte a sé e ricordando.
Guardò Nico Robin e ricordò dei suoi poteri e della spada alla gola ad Alabasta. Guardò Nami e ricordò di quando le chiese il permesso di occuparsi dei bambini. Sanji le ricordò di Punk Hazard e dei suoi uomini che avevano dato la loro vita per salvare lei, la capitanuccia. Guardò Chopper e ricordò la tenerezza e le feste.
Guardò Rufy e ricordò Marineford e il giorno in cui si chiese se quella era la giustizia che volesse veramente seguire.
Guardò Zoro e sorrise come un’ebete, arrossendo leggermente.  Ricordò Rouge Town e il negozio di spade, di come si fosse messa in ridicolo e di come l’avesse sgridata, Alabasta con la guerra con lei che lo seguiva speranzosa di incrociare nuovamente le lame, Punk Hazard e Monet e i bambini e lui che faceva il superiore e il senso di tenerezza e protezione che le provocava stare sulla sua schiena. Ricordò che avevano combattuto fianco a fianco e ricordò come aveva passato intere giornate a trovare informazioni su di loro. Su di lui.
“I-io…” balbettò “Ricordo! Ricordo tutto!”
“Ricordi anche me?”
I pirati si voltarono proprio nell’istante in cui un uomo dalla capigliatura fulva afferrò Tashigi per il braccio e la portò contro di sé, puntandole un coltello alla gola e annusandole i capelli, mentre dieci uomini che non avevano mai visto, imbraccianti le pistole e puntandole contro di loro, si portavano dietro di lui.
Tanto era stata la sorpresa della notizia dei cacciatori di pirati e l’entusiasmo nell’accorgersi che Tashigi aveva recuperato la memoria, che nessuno si accorse degli undici sconosciuti che si erano portati alle loro spalle, e Zoro si diede dell’idiota mentre lo sconosciuto dai capelli fulvi leccava viscido il collo della marine.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** save me again ***


 
La mano viscida dell’uomo stringeva il corpo di Tashigi e la palpava in ogni centimetro che riusciva a trovare, con l’altra mano invece reggeva il coltello, ficcandovi la punta affilata nella carne chiara, facendo scendere un lieve rivolo vermiglio che fece tremare la ragazza al pensiero di deglutire.
“Siamo famosi, amici miei!” esclamò l’uomo, portando dietro i capelli rossi con un movimento del capo e ridendo a squarciagola.
Poi ritornò a guardare le persone in posizione d’attacco di fronte a sé “Bene,” esclamò “lasciate che mi presenti. Il mio nome è Jack e, come ha detto questa bella signorina, io e i miei amici qui presenti, siamo cacciatori di taglie. Non c’è bisogno che mi diciate i vostri nomi, la ciurma di cappello di paglia è molto famosa, ma vi invito a stare buoni buoni e non fare scherzi, se non volete vedere se le budella di questa signorina sono belle come l’involucro esterno”
Nami, che si trovava vicino a Zoro, sentì il suo grugnito e riuscì a percepire nettamente l’aura omicida che circondava il compagno. Quel Jack aveva le ore contate, ma come fare a liberare Tashigi in maniera incolume?
“Vediamo un po’. Toby, che abbiamo qui?”
Un uomo piccolo e tarchiato fece un passo avanti, portava tra le mani un enorme gruppetto di fogli. Era completamente pelato, con degli occhietti neri e lucidi. Gli abiti, neri, erano molto eleganti, come se fosse un uomo di alta classe. Sfoderò degli occhiali con una catenella d’oro e li portò sulla punta del naso adunco.
Cominciò a sfogliarle, leccando le punta delle dita e leggendo ad alta voce quel che aveva di fronte agli occhi. Erano le loro taglie. “Allora” disse, con voce grave “Monkey D. Rufy, 500 milioni di berry. È il capitano”
L’espressione di Jack parve soddisfatta, Toby lanciò un’occhiata ai pirati ed andò avanti “Nami, la gatta ladra,  66 milioni. Nico Robin, la bambina demoniaca, 130 milioni. Tony Tony Chopper, il tenero peluche, 100 berry”
“C’è un errore! Un errore!” provò ad urlare il piccolo medico, ma nessuno gli prestò attenzione.
L’uomo continuò “Sanji Gambanera, 177 milioni e Roronoa Zoro, il cacciatore di pirati, 320 milioni”
“Un collega, eh? “ commentò Jack ridendo “E la signorina qui presente?” chiese, avvicinando il volto a quello di Tashigi che provò a divincolarsi ma senza successo.
Toby cercò tra i fogli più e più volte, ma del volto della ragazza nessuna traccia “All’appello mancano Franky il Cyborg, 94 milioni, Usopp il Dio, 200 milioni e Brook il canterino, 83 milioni, ma della ragazza nessuna traccia”
“Perché lei -…Ahio!” Sanji aveva appena tirato un calcio a Rufy. Stava per rivelare la vera identità di Tashigi, e questo sarebbe stato un vero problema per lei.
Per loro fortuna i cacciatori di pirati non parvero accorgersene. I pirati si scambiavano occhiate fuggiasche, mentre il capo di quegli uomini faceva cenno a due di loro di andare alla ricerca dei restanti membri della ciurma.
Sanji stava fremendo. Voleva prendere a calci quell’uomo che osava mettere le mani sulla sua Tashigi-chan, ma si sentiva completamente impotente, temeva che la minima mossa falsa potesse costarle la vita.
Osservava silenzioso otto uomini rimasti. Erano delle stazze più disparate,armati fino ai denti e dall’aspetto più diverso, ma tutti portavano un tatuaggio a x rossa su una parte del corpo, chi sul braccio, chi sulla mano, chi addirittura sul collo.
Erano troppi per batterli da solo.
Guardò i suoi compagni.
Chopper teneva le zampe lungo i fianchi, sicuramente stava cercando il momento opportuno per modificare il suo corpo.
Rufy si era portato lentamente alle spalle di Nami, in questo modo sarebbe stato lui a proteggerla.
Nico Robin era accanto a lui, ben attenta a studiare le mosse dei suoi avversari, il cuoco era certo che la bella archeologa stesse già elaborando un piano per eliminare il coltello che minacciava la marine.
Sanji spostò lo sguardo su testa muschiata e rimase sorpreso da quel che vide. Era agitato, estremamente agitato. Non era il solito freddo e distaccato spadaccino, sembrava una bestia in gabbia, incerto se scatenarsi o meno.
Gli occhi scuri di Jack erano sempre puntati sui Mugiwara.
“Ehi, Brad!” esclamò, senza mai distogliere lo sguardo “Prendi quelle belle manette di agalmatolite che abbiamo preso in prestito l’ultima volta dalla marina e mettile ai polsi della bellona con i capelli neri, del capitano e del peluche!”
Nico Robin spalancò gli occhi. Il suo piano era appena andato a rotoli. Aveva intenzione di rompere il polso a Jack, facendogli cadere il coltello e liberando la ragazza, ma non appena sentì quel comando le sue intenzioni caddero nel nulla.
“Non ci credo che te le ha date la marina!”
Tashigi si stava ribellando. Non poteva aspettare lì passiva che quei pirati la salvassero e non voleva nemmeno che lo facessero. Si sarebbe liberata da sola, senza l’aiuto di nessuno, ma Jack non era molto concorde con lei, portò il coltello verso l’interno e sferrò uno schiaffo sul volto della giovane, con il manico di legno, segnandole la guancia e rompendole il labbro.
“Stai buona!” la sgridò “La marina è molto gentile con chi la libera da un po’ di lavoro, ma ora ti svelerò un segreto che la marina non sa su di noi”
Tashigi annaspava mentre l’uomo le si avvicinava all’orecchio “Le persone come te, che non hanno una taglia sulla testa, le vendiamo come schiavi”.
Una forte risata arcigna fece allontanare il criminale dal volto della marine e gli altri uomini si guardarono intorno.
I mugiwara ne approfittarono subito, quella era sicuramente la risata di Brook che aveva sfruttato il suo potere per distaccare la sua anima dal corpo e rideva a squarciagola nella maniera più macabra possibile.
Zoro estrasse velocemente due delle sue spade e corse contro Jack, intimando al cuoco di farsi da parte. Quell’uomo doveva soffrire. Gli avrebbe fatto pagare ogni secondo che aveva passato stringendo pericolosamente la marine tra le braccia. Si sarebbe pentito di essere nato.
Franky e Usopp raggiunsero gli altri sul ponte, lanciando  su di esso privi di sensi gli uomini che erano andati a cercarli.
“State bene?” chiese Robin mentre rompeva il collo a tre persone dopo che Rufy aveva preso a pugni l’uomo con le manette e Franky picchiò un nemico che la stava per attaccare alle spalle “Ora sì!” esclamò il cyborg soddisfatto.
“Nami!” urlò il capitano e la ragazza capì all’istante.
Prese il suo climax tack e cominciò a ruotarlo in aria; velocemente nuvole scure si addensarono intorno a loro e alla nave dei nemici che si stava avvicinando per dar loro man forte.
“Stai bene?”
Tashigi sollevò lo sguardo e si ritrovò faccia a faccia con il naso lungo del cecchino. La ragazza annuì, le faceva male il collo e il labbro, ma tutto sommato stava bene.
Il ragazzo sorrise “Scusami” esclamò, prima di prenderla sotto braccio “Se non ti porto al sicuro Zoro mi ucciderà!” rispose mentre lei scalciava.
La marine cercò velocemente il pirata dai capelli verdi nel tumulto della battaglia che si era creato.
Jack era a terra, privo di sensi, con i vestiti a brandelli, mentre Zoro, fresco come una rosa, affrontava con calma e superiorità ben tre uomini armati di spada.
Abbassò il capo, lasciandosi trascinare. Alla fine era stata salvata da loro, di nuovo. Sperava solo che tutto sarebbe finito per il meglio.
 
“Ecco fatto!” esclamò soddisfatto Franky dopo aver legato gli undici uomini con una robusta corda.
“E ora che ne facciamo di loro?” chiese Brook con uno strano luccichio negli occhi.
Rufy si abbassò sulle ginocchia per trovarsi alla stessa altezza di Jack che, rosso come i suoi capelli, osservava arcigno i pirati che lo avevano messo nel sacco.
“Gli portiamo dal fumoso?” suggerì il capitano, in attesa di risposte.
“Dovremmo ucciderli” fu la secca risposta dello spadaccino che stava a distanza.
“Non ti è andata bene che abbiano fatto del male alla tua ragazza , eh?” lo schernì Usopp, beccandosi un’occhiataccia e un “Che cazzo dici? Quella lì non è la mia ragazza!”
“Non augurare una tale sfortuna a Tashigi-chan!” si precipitò ad aggiungere Sanji, facendo scattare subito lo spadaccino e i due iniziarono uno dei loro soliti teatrini.
“Tu che dici,Nami?”
La navigatrice si avvicinò al proprio capitano “Portiamoli sulla loro nave, leghiamo anche il resto della ciurma e mandiamo un gabbiano alla marina” disse “Credo che sia la soluzione migliore”
Anche Robin annuì e gli ordini vennero eseguiti.
 
Lo scalpiccio degli zoccoli di Chopper fece capire a Tashigi che era il momento di una visita.
“Come ti senti?” esclamò il piccolo dottore quando entrò nella cucina dove la ragazza era stata chiuso dal cecchino in attesa che le acque si calmassero.
“Un po’ dolorante” ammise lei.
Chopper prese uno sgabello e poggiò la borsa sul tavolo. “Ho gli zoccoli un po’ freddi” si scusò quando le toccò il volto per esaminare i vari tagli e ferite.
La ragazza lo lasciò fare, ricordava perfettamente con quanta perizia e professionalità avesse trattato i suoi uomini feriti a Punk Hazard e si fidava ciecamente delle sue doti di medico.
Chopper tastava piano le ferite, attento ad ogni minima reazione, il volto serio sotto la pelliccia bruna, poi le sopracciglia contratte si distesero come i lineamenti e la piccola renna sorrise “Ti metto subito una pomata per facilitare la cicatrizzazione del labbro e un cerotto al collo, poi preparo subito un unguento per evitare che ti si formi il livido sulla guancia”
“Devo dire che sei il miglior medico che mi abbia visitato, dottor Chopper!”
La piccola renna divenne subito rossa e cominciò a ridere “Oh, non chiamarmi dottore! Faccio solo il mio lavoro e tu sei mia nemica,ma anche nostra ospite… oh che adulazione!”
Tashigi rise, era veramente buffo.
“Gli altri come stanno?” chiese dopo un po’.
Chopper sorrise “Bene, nessun ferito. Ora abbiamo mandato un gabbiano alla marina, Nami riteneva che fosse la cosa più giusta e li stanno lasciando qui”.
“Capisco”.
“Zoro non lo ha ucciso, tranquilla”
“Come scusa?” Tashigi alzò lo sguardo, esterrefatta dalle parole del medico che subito divenne paonazza.
“N- no niente, niente!” farfugliò “Credevo che ci tenessi a sapere di Zoro e… aaaaaahhhh!” e scappò via.
La mora si alzò dalla sedia. Le doleva la testa ma era felice. Sapeva che Zoro non aveva mai ucciso nessuno ed era lieta nel sapere che non si fosse macchiato le mani a causa sua.
Guardò fuori dall’oblò. L’acqua del mare era nuovamente calma e azzurra come il cielo terso. Presto si sarebbe ricongiunta con i suoi uomini e con Smoker, ma stranamente non riusciva a sorridere al pensiero.
 
“Come sta Tashigi?” Sanji corse da Chopper non appena varcò la soglia che portava sul ponte.
“Bene” disse la renna, stranamente agitata e alla ricerca dello sguardo dei suoi compagni.
Nami, Sanji e Usopp erano sul ponte, gli altri erano sulla nave nemica.
“Dov’è Franky?” chiese il medico.
“Sta facendo la lista dei materiali che gli occorrono” spiegò la navigatrice “La nave ha subito molti danni  per la tempesta e quei signori gli hanno accentuati” il sarcasmo aleggiava come il nervoso. Non ci voleva proprio una sosta.
“Avete notato che testa muschiata era stranamente nervoso?” Sanji si accese una sigaretta “Non l’avevo mai visto così”
“Quando ti toccano qualcosa che ti app… Ahio,Nami!” la navigatrice aveva preso a pizzicotti il cecchino.
“Ma cosa dici,Usopp?” cercò di fare la vaga “Chissà che gli passava per la testa, ahahah”
“Hai ragione, ahahahha”l’assecondò il ragazzo, una volta capito il perché del suo gesto.
Nami non voleva che Sanji capisse il loro piano.
I due fifoni si guardarono negli occhi ed ebbero lo stesso pensiero. Ora che la marine aveva ripreso la memoria sarebbe stato più facile costringerli ad esternare i loro sentimenti.


Angolo dell'autrice:
chiedo perdono per il ritardo e mi auguro che abbiate tutti trascorso delle buone vacanze! Chiedo scusa se il capitolo è un pò povero, ma questo periodo è stato particolarmente stressante e mi sono resa conto che la mia scrittura ne stia risentendo un pò. Spero di migliorare in futuro, quindi consideratelo un proposito per il nuovo anno XD
un bacio a tutti e auguroni!
Fra

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** perchè? ***


“Va tutto bene?”
Robin era scesa proprio nel cuore della Sunny certa di trovarvi il suo creatore, quel che non si aspettava di trovare era  Franky con le enormi mani metalliche sulle tempie e uno sguardo preoccupato al legno della parete concava.
“Franky?” lo chiamò dolcemente facendo spuntare un braccio sulla sua spalla per richiamare l’attenzione. L’uomo si voltò “Sei tu Robin.” esclamò con poco entusiasmo, poi tornò a guardare la parete “Non riesco a trovare la perdita.”
“Perdita?” ripeté la ragazza, guardando con attenzione il pavimento; in effetti vi era una piccola superficie acquosa che si spandeva molto lentamente sulle assi.
“Non dovresti venire qui. È acqua salata” Franky la raggiunse a grandi falcate. L’acqua marina non dava problemi ai suoi circuiti,ma non voleva che la ragazza corresse il minimo rischio dato che aveva ingerito un frutto del diavolo.
“Hai bisogno di una mano?” chiese l’archeologa quando il carpentiere si avvicinò, l’uomo fece di no con il capo ma il suo sguardo tradiva una certa preoccupazione.
“La Sunny è stata violentemente danneggiata dalla tempesta e le palle di cannone hanno peggiorato il tutto. Non riesco a trovare la falla e se non lo faccio al più presto potremo imbarcarne troppa”
La ragazza accarezzò dolcemente il volto del cyborg che però non sembrò dare peso alla cosa.
“Spero solo che i ragazzi non facciano molti casini con la festa”commentò amaro.
Robin capì subito il riferimento. Sapeva benissimo che per i suoi compagni ogni momento era buono per bere e brindare, ed era certa che la tornata memoria della marine fosse una ragione più che sufficiente per il capitano per giustificare fiumi di alcool e banchetto carico di leccornie.
“Lascia fare a me” disse l’archeologa e si allontanò lasciando il povero carpentiere con un’espressione confusa in volto.
 
“Allora!”Rufy si era addentrato di corsa nella cucina, impugnando vittorioso una chiave dorata e seguito da un attento e meticoloso Sanji.
“Che cosa possiamo usare?” chiese il capitano aprendo la dispensa e trattenendo a stento la bava di fronte alla ben fornita e per lui da sempre inaccessibile.
Sanji si avvicinò al ragazzo di gomma a grandi falcate, le braccia tese pronte ad afferrare il capitano in caso allungasse un po’ troppo le mani nella dispensa.
“Vacci piano!” lo rimproverò “Dobbiamo decidere cosa cucinare per la festa di stasera! Il ritorno della memoria di Tashigi-chan va festeggiato come si deve!”
Ma Rufy non lo stette a sentire e si lanciò con la bava alla bocca tra gli scaffali colmi di cibo, per poi trovarsi a sbattere il naso contro le ante chiuse.
“ Ma che diamine?” urlò arrabbiato guardandosi intorno finchè non notò un fruscio di petali con cui normalmente comparivano o sparivano le braccia di Nico Robin. La donna era appena entrata nella stanza con passo deciso “La Sunny sta imbarcando acqua” annunciò, tetra “Rischiamo di morire tutti. Andate ad aiutare Franky se non volete che i pesci ci facciano compagnia!”
Robin era davvero il tipo di persona che non aveva bisogno di molti giri di parole per far comprendere un concetto e Rufy e Sanji lo potevano confermare.
 
Tashigi uscì dall’infermeria barcollando sulle gambe. Chopper aveva insistito per farle prendere un calmante, non sapeva per quanto tempo avesse dormito,ma gli effetti del medicinale non erano ancora passati.
Poggiò la mano destra contro la parete di legno mentre cercava di mettere ben a fuoco il ponte.
La nave era deserta, silenziosa. Che fine avevano fatto i pirati?
 
“RUFY, ATTENTO!”
Troppo tardi. Invano Usopp aveva urlato al suo capitano che era scivolato su uno straccio finendo nella pozzanghera più grande.
“CHIAMATE UN DOTTORE!CHIAMATE UN DOTTORE!” Chopper aveva cominciato a correre a destra e a manca con dei secchi in mano.
“TU SEI UN DOTTORE!” gli avevano urlato all’unisono Brook, Nami e Sanji e l’animaletto si era bloccato, pietrificato “Ah già!”. Poi si era guardato in torno “Ma c’è tanta acqua, non posso visitarlo!”
Franky, con enorme pazienza, prese in braccio il capitano che aveva cominciato a vaneggiare completamente fradicio e lo aveva posto sulle scale di legno, vicino a Robin che aveva un’espressione concentratissima perché stava usando le sue mani per trasportare secchi vuoti all’interno e svuotare quelli pieni nel mare come con una catena di montaggio fatta di candide braccia.
In poco tempo l’acqua si era diffusa velocemente e i pirati si erano rimboccati le mani non senza problemi.
Nami afferrò lo strofinaccio con cui stava asciugando il pavimento e lo strinse in un secchio vuoto; l’acqua che scrosciava tintinnava con il metallo e le faceva tornare in mente quel che era successo sotto la pioggia: Rufy l’aveva baciata.
Guardò verso il suo capitano e lo vide stramazzato sulle scale, il corpo elastico che aveva preso la forma degli scalini accanto all’archeologa che sorrideva intenerita.
Non aveva avuto il coraggio di parlargli e anche chi aveva assistito alla scena aveva deciso di tacere, forse per paura della sua reazione. Non sapeva che fare. Parlare o continuare a tacere?
“Qualcuno mi spiega perché quel fannullone dello spadaccino non è qui?”
Franky era sbottato. Era tornato carponi nell’acqua alla ricerca del foro ed era super teso per quella situazione.
“Sarebbe solo d’impiccio” commentò Sanji stringendo una sigaretta tra le labbra “Sta sbollendo in palestra” spiegò “Ed è meglio che stia lì”
Nami annuì. Ci era mancato veramente poco che Zoro perdesse la testa con quel cacciatore di teste.
Jack era riuscito a riprendere conoscenza e a muoversi carponi sul pavimento di legno nel tentativo di salvarsi la pelle. Quando lo spadaccino se ne accorse gli fu addosso, intento a porre fine alla sua vita se gli altri non glielo avessero impedito; Sanji e Brook erano dovuti intervenire per evitare che lo massacrasse.
“Non avevo mai visto il marimo perdere la testa in quel modo”  commentò a mezza voce il cuoco mentre la ramazza con cui stava asciugando il pavimento si  muoveva  veloce per occupare i pensieri.
Nessuno ebbe il coraggio di replicare.  Fu necessario anche l’intervento di Rufy per calmare lo spadaccino e allontanarlo dal corpo nuovamente privo dei sensi del cacciatore di taglie.
“Ho trovato la falla!”
La voce del  medico di bordo con il naso blu sul pavimento strappò i mugiwara ai ricordi di quella sera.
Franky si precipitò a vedere il punto indicatoli e vi trovò un piccolo buco da cui l’acqua sgorgava allegramente con diverse bolle d’aria scoppiettanti di varie dimensioni.
 
Tashigi camminò sul ponte  alla ricerca di qualcuno, ma non vi era nemmeno una luce accesa ,eccetto la coffa dell’albero maestro.
La sera era scesa e l’ora di cena doveva esser passata da tempo; chissà quanto aveva dormito.
La ragazza si guardò intorno. Nessun rumore, nessuna voce, l’unica fonte che potesse far pensare a delle persone era proprio la luce su per la coffa e si avvicinò a passo incerto su per le corde.
 
Concentrazione. Doveva stare concentrato.
Come fosse successo non lo sapeva. Era la prima volta che provava un così forte senso dell’omicidio, una voglia matta di veder scorrere il sangue che solo gli occhi terrorizzati dei suoi compagni lo avevano fatto tornare in sé.
Primo affondo.
 La Wado Ichimonji colpì l’aria .
Secondo affondo.
La passò dietro di sé con velocità, come a voler colpire un nemico invisibile.
Terzo affondo. La spada in alto, stretta tra le due mani. I muscoli tesi, pronti a tagliare in due un corpo invisibile e…
“Ma quella lama è sporca!”
La sorpresa nel sentire quella voce fece saltare Zoro che per poco non perse la spada dalle mani.
“Attento!”
“Che ci fai qui?” fu la risposta dello spadaccino nel vedere la marine correre da lui nel tentativo di analizzare la spada da più vicino.
Tashigi si fermò, leggermente intimorita essendosi resa conto di aver invaso la privacy del pirata.
Zoro la fissò attentamente. Era ancora vestita come quel mattino: la camicia viola di Nami e i jeans scuri, ma era a piedi nudi e li sfregava tra loro, in evidente imbarazzo.
“Che ci fai qui?” ripetè lo spadaccino rifoderando la lama.
La ragazza tentennò “Ero… sola…” rispose.
“E Nami?” chiese lui prendendo un asciugamano che portò dietro al collo. Con la meditazione aveva sudato molto e sentiva la maglia aderire fin troppo ai muscoli del petto.
“Non lo so” rispose lei portando gli occhiali sul capo. Si sentiva a disagio a stare sola con lui, ma non riusciva a capirne il motivo.
Zoro le lanciò un’occhiata penetrante, ma non disse nulla. Si chiedeva che fine avessero fatto quei beoti dei suoi compagni, ma non voleva farle credere che fosse preoccupato. Dovunque erano finiti stavano sicuramente facendo qualche danno.
 
“Nasone, muoviti con quel tappabuchi!”
Usopp guardò malissimo il carpentiere. Non era facile riuscire a chiudere quel buco così piccolo, ma la pressione dell’acqua era talmente forte che non riuscivano a compiere un lavoro così semplice.
“Fatemi passare, faccio io!” esclamò Rufy in piena euforia e spinse via il cecchino per infilarvi il dito.
Impiegò solo due secondi prima di accasciarsi su se stesso, completamente deprivato delle forze.
“Sei il solito idiota!” gridò Nami prima di strapparlo dal suo posto e lanciarlo a terra per essere subito soccorso da Chopper e Brook.
Franky scosse il capo mentre vedeva i suoi compagni cercare i modi più idioti per chiudere una piccola falla, ma fu quando Sanji disse che la cosa migliore fosse utilizzare fazzolettini di carta che pensò seriamente di lanciarli tutti in mare.
Robin gli posò una mano sulle spalle e fu il contatto a calmarlo subito.
Bisognava avere molta pazienza con i bambini.
 
Tashigi si avvicinò furtiva a Zoro che non le prestava più attenzione “Posso vedere le tue spade?” chiese speranzosa.
Il “No” secco in risposta le fece corrucciare le labbra.
Ma la curiosità era fin troppo forte e i suoi occhi erano guizzati alla ricerca delle else da lei conosciute.
 “Non vedo la Yubashiri” esclamò improvvisamente e lo spadaccino avvampò di colpo.
Come avrebbe fatto a dire a una fanatica come lei che si era distrutta e che l’aveva lasciata sulla tomba dei pirati Rumba a Thriller Bark? Sarebbe morta di crepacuore.
“Ecco…” si grattò la testa, impacciato. Ma perché doveva giustificarsi con lei? “NON SONO AFFARI TUOI!” sbottò all’improvviso.
Tashigi spalancò gli occhi, stupita da tale veemenza, e capì che vi era qualcosa sotto. Non poteva che pensare al peggio.
“L’hai distrutta,vero?”
Zoro si inorridì “Ma che diamine dici?” esclamò.
 La ragazza si avvicinò a lui per fissarlo dritto negli occhi, alla ricerca della menzogna. Un brivido di puro terrore attraversò la schiena del ragazzo.
“Non sono affari che ti riguardano!” aggiunse, cercando di togliersela dai piedi, ma Tashigi vide ciò come una confessione “Lo sapevo!” esclamò con impeto “Con te le spade non sono al sicuro! E queste le prendo io!” e si lanciò in avanti, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi.
Zoro afferrò le tre amate spade e si scostò, evitando la ragazza che partì al suo inseguimento.
“Sei una maniaca delle spade!”
Tashigi lo seguiva in ogni movimento. La coffa, adibita a palestra, era piuttosto grande e Zoro sapeva benissimo come muoversi là dentro al contrario di lei che rischiava di sbattere contro i pesi.
La ragazza gli stava dietro, allungando le mani verso le katana che lui portava sopra il capo, rischiando di cadere ogni volta.
Era come una strana danza impacciata, e loro i primi ballerini che improvvisavano i passi.
“Io non sono maniaca!” esclamò “Voglio solo salvare quelle preziose spade da gente come te che le distrugge! La Yubashiri faceva parte delle 50 spade di buona fattura presenti nel mondo e tu l’hai distrutta!”
“Io ho sempre le mie spade al fianco!” urlò lui, esasperato “La tua Shigure dov’è?”.
Pessima mossa. Lei si irritò tantissimo “Non hai il diritto di parlarmi così, pirata!”
La coordinazione non era mai stato il forte della ragazza e anche la forza fisica non era mai stata sua alleata, quindi il tentativo di sferrare un pugno sul volto del ragazzo la fece inciampare nei suoi stessi piedi e cadde con un tonfo sul petto dello spadaccino dai capelli verdi.
Zoro, steso a terra, si massaggiò il capo dolorante mentre teneva l’altra mano sulla schiena della ragazza che era su di lui.
Tashigi sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi di uno Zoro irritato. Le spade erano volate via per poterla afferrare e lei non potè che sentirsi responsabile.
La marine di sollevò leggermente, cercando di non pesare troppo sul ragazzo e portò il viso alla stessa altezza di quello di lui per poterlo fissare con sguardo dispiaciuto  “Mi dispiace” abbassò gli occhi “Ho esagerato e…” ma non finì la frase, la sua bocca era stata tappata da quella del pirata.
 
Che cazzo ho fatto?” questo pensiero prese il sopravvento della mente di Zoro un secondo troppo tardi.
Si era lanciato e l’aveva baciata. Il perché? Perché aveva trovato quello sguardo dispiaciuto così tenero.
 Lui, un pirata, un uomo famoso per la sua mente fredda come le lame, aveva trovato teneri due grandi occhi da cerbiatto malinconici e si era lanciato in avanti spinto dal desiderio di baciare chi possedesse quegli occhi.
Ma che diavolo gli stava succedendo?
Si staccò velocemente e si fissarono, incapaci di parlare. Lei era ancora su di lui, entrambi con gli occhi sgranati, incerti se dire se fosse avvenuto realmente.
Zoro aprì la bocca per parlare, ma nessun suono ne uscì.
Tashigi ebbe un sussulto, come se avesse appena realizzato cosa fosse successo. I suoi occhi si riempirono di lacrime e la sua mano destra colpì il volto del pirata e con altrettanta velocità si alzò dal pavimento e scappò via.
 
Robin scostò una ciocca tirata su dal vento. L’aria della notte era fresca e la luce della luna illuminava il ponte in ogni suo affranto.
Un rumore sordo attirò la sua attenzione e vide distintamente la marine alzarsi da terra e correre verso la cabina che divideva con lei e Nami.
Non si accorse di lei, sembrava come se stesse scappando da qualcosa o da qualcuno. Mentre correva via, Robin spostò lo sguardo verso il punto da cui era arrivata e lo alzò su, verso l’albero maestro dove la figura di Zoro si stagliava contro i vetri ed era reso visibile grazie alla luce.
Scosse il capo. Aveva deciso di non partecipare al piano dei suoi compagni perché temeva quel che sarebbe potuto accadere in futuro: una volta tornata dai marine, loro due sarebbero tornati ad odiarsi e tramutare un sentimento come l’amore in odio li avrebbe portati entrambi alla disperazione.
 Ma a volte il destino ha strani disegni e temeva che per loro due sarebbe stato un cammino tortuoso e carico di lacrime.
Zoro era sparito dalla sua vista, così come Tashigi.
Il vento scompigliò i capelli di Robin e la brezza marina le bagnò il viso candido.
“Questi amori violenti hanno fini violenti” recitò, ricordandosi il passo di un libro letto poco tempo prima “Mi auguro per voi che non sia così”.
E ritornò nella stiva, ben decisa a non rivelare quel che aveva visto e intenzionata a lasciare ai due il tempo necessario per far fronte ai pensieri che stavano sicuramente turbando le loro menti.




angolo dell'autrice:
lo so, dovrei vergognarmi, sono in un ritardo mostruoso ma spero che il capitolo sia di vostro gradimento.
ci tengo a precisare la scena finale, che potrebbe sembrare OOC: ho visto molte volte Zoro agire senza pensare, esempio lampante il primo incontro con Tashigi in cui gli ha distrutto gli occhiali, per questo ho pensato che dovesse essere lui, mentre Tashigi ha avuto una reazione tipicamente femminile, che forse a lei non si addice, ma anche lei è tipa da cedere all'instinto e,anche se non vuole, è pur sempre una donna.
vi chiedo perdono già da ora, ma non credo proprio che il prossimo capitolo arriverà presto, io farò tutto ciò che è in mio potere e spero che voi possiate attendere.
un bacione a tutti e grazie
Fra

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** non così diversi ***


Tashigi aprì gli occhi con fatica. Guardandosi intorno vide un fievole rivolo di luce entrare dalle finestre e capì che doveva essere appena l’alba.
 Le sue due compagne di stanza dormivano profondamente: Nami portava i capelli scomposti sul cuscino, le coperte fin sotto il mento e sul volto un’espressione di sofferenza; Robin, al suo contrario, dormiva serenamente e composta, meravigliosamente elegante come se si trovasse in una tomba. La marine rabbrividì leggermente al pensiero.
Si era affezionata alle due che, in quel periodo, l’avevano trattata come una loro.
E forse era proprio quello il suo problema: si era affezionata troppo a quei pirati, bene o male le piaceva la loro compagnia, si trovava proprio a suo agio sia con Robin che con Nami.
 E poi c’era lui.
La mano andò istintivamente alle labbra come a rievocare il ricordo di quel bacio a fior di labbra e si sentì avvampare.
Come si era permesso a baciarla? Certo non era rimasto impunito, ma come avrebbe fatto a guardarlo in faccia quel giorno?
Si sentiva infuriata per quel che era accaduto e al tempo stesso in colpa per lo schiaffo che gli aveva sferrato. Ma perché poi? In errore era lui, lei era solo la vittima.
“Ma chi voglio fregare?” commentò a mezza voce per poi assicurarsi che le ragazze stessero ancora dormendo; una volta accertata di ciò, inforcò gli occhiali, prese una giacca e affrontò l’aria frizzante e gelida che solo il mare alla luce dell’alba poteva donarle.
 
“Si è svegliata presto questa mattina”
Tashigi si voltò e sorrise nel vedere la figura dello spadaccino scheletrico avvicinarsi a lei e baciarle la mano. All’inizio lo trovava inquietante anche per le sue richieste da pervertito, ma sapeva essere molto galante quando voleva data l’educazione intrinseca dell’uomo d’altri tempi che aveva nelle ossa.
“Mi piace l’alba” rispose dolcemente la ragazza.
Brook la fissò con le sue orbite vuote, impossibile capire se stesse sorridendo o meno data la perenne espressione allegramente lugubre.
“E all’alba deve piacere lei signorina, o no, non arrossisca”
La marine si toccò le guancie, era sempre stata piuttosto sensibile ai complimenti dato che aveva una bassa autostima “Non sono abituata” rivelò.
Brook porse l’avambraccio “Mi permetta di farle compagnia in questa passeggiata mattutina”. La ragazza lo guardò per alcuni attimi interdetta, tanta galanteria non l’aveva mai vista dato che era abituata ad aver a che fare con uomini rudi di mare che o la trattavano come un uomo o come una principessina con cui non intrattenere rapporti confidenziali, da quando si trovava su quella nave era stata trattata veramente in modo diverso da quel che era la sua quotidianità in marina.
Accettò il braccio, provando un lieve senso di ribrezzo nel sentire le ossa sotto gli indumenti leggeri.
“Fa un certo effetto,vero?” disse l’uomo a cui non era sfuggito il gesto. Lei sorrise imbarazzata, ma data  la sua natura tenace strinse ancora di più la presa.
“Sotto la pelle anche io sono come lei” disse nel tentativo di togliersi dall’impicciò.
“Yohoho-ho” Brook emerse nella sua risata più cristallina, alzando il capo e permettendo alla marine di vedere da vicino il sistema di leve delle vertebre della cervicale “Anche una marine ed un pirata non sono poi così diversi” commentò lo scheletro.
“Come?” chiese interdetta.
“Lei è una marine, ma anche una dolcissima creatura del gentil sesso” spiegò “ e l’ho osservata in questi giorni. Tra lei e noi non vi è alcuna differenza”
“Bhè, dall’esterno no, ma io …”
“Lei ricopre un ruolo, madamigella” la interruppe con garbo “eppure in questi giorni con noi non una volta ho visto la marine che è in lei”
“Solo ieri ho recuperato la memoria” replicò, fredda.
Se le avesse avute, Brook avrebbe corrucciato le labbra. Nella sua longevità aveva visto molte donne comportarsi nei modi più disparati e stare sulla difensiva e Tashigi era proprio in quella modalità: la risposta secca, fredda, che non ammetteva repliche e sapeva che doveva dosare bene le parole, se non voleva rimetterci qualche osso.
“Le chiedo scusa per la mia mancanza di rispetto” disse inchinandosi.
Tashigi prese a scrutarlo, ben intenzionata a mantenersi sulla difensiva; dal canto suo lo scheletro portò lo sguardo verso l’orizzonte “Quest’aria frizzantina del mattino mette in movimento stomaco e cuore, peccato che io non abbia nessuno dei due! Yohoho-ho!”
La ragazza non potè far a meno di ridere rilassata e contagiata dall’allegria del mucchietto d’ossa che la accompagnava verso la cucina.
 
Sanji accolse Tashigi con un sorriso “Mia meravigliosa creatura!” esclamò mettendosi in ginocchio e portandosi la mano della giovane alle labbra “Sarò ripetitivo, ma è davvero meravigliosa quest’oggi!”
“Attento, qualcuno potrebbe sentirti” ridacchio Franky che era seduto a fare colazione insieme a Usopp, entrambi avevano l’aria esausta.
 Tutti e due, da bravi carpentiere ed aiutante, avevano lavorato tutta la notte per perlustrare lo scafo e rinforzare le zone più danneggiate in attesa del mattino per poi dirigersi all’isola più vicina.
“A cosa ti riferisci?” chiese il cuoco alzando l’unico sopracciglio visibile con aria nervosa.
Usopp si affretto a chiudere la bocca al cyborg prime che potesse rispondere, allarmato “Ma nulla,lo sai che non collega la lingua al cervello quando è stanco”
 “I suoi circuiti sono scarichi”
Robin entrò ridacchiando e fu subito acclamata e lodata dal cuoco “ Hai sempre le parole giuste, Robin-chan”. Franky roteò gli occhi all’aria, gesto che non sfuggì alla marine che trattenne una risata. Anche se era un cyborg le sue emozioni erano decisamente umane.
“Il capitano dorme ancora?” chiese l’archeologa ignorando le attenzioni zuccherose del cuoco.
Usopp annuì. Solo in quel momento Tashigi si accorse che tutti i presenti (escluso ovviamente Brook) avevano scure occhiaie sotto gli occhi, segno di una notte passata in bianco.
“Nami si è svegliata?” chiese lo scheletro schioccando le dita ossute. La donna annuì con il capo “Sta vedendo dove si trova la prossima isola” disse, allungando le mani verso la prima tazza di caffè..
Tashigi piegò il capo, gli occhi spalancati in un’espressione curiosa.
“Qualcosa non va?”.
Cinque paia di occhi la guardarono con fare tetro e i mugiwara presenti raccontarono alla loro ospite le peripezie di quella notte passata in bianco.
 
Nami strabuzzava gli occhi,stanca.
Erano passate poche ore da quando era andata a dormire ma sapeva perfettamente che doveva alzarsi per lavorare, dovendosi accontentare di un vano riposo per niente ristoratore.
Legò i capelli a coda alta per impedire che le andassero sugli occhi e studiò con attenzione le cartine geografiche e il loge pose d’avanti a lei.
I tre aghi si agitavano violentemente, attirati dal magnetismo delle isole circostanti. Tanto era concentrata nel suo lavoro che non si accorse della presenza di qualcuno che le toccò le spalle, facendola saltare dalla sedia.
“RUFY!” urlò dopo averlo preso a pugni.
Il capitano della Sunny sorrise mentre si massaggiava la testa dolorante “Ti ho spaventata, eh?”.
Nami decise di non rispondergli e tornò a dedicare la sua attenzione con un grugnito ai suoi calcoli.
“Fra quanto arriviamo? Dove andiamo?”
Rufy faceva le stesse domande di un bambino curioso, saltellando a destra e a manca e facendo innervosire non poco la ragazza.
“STA ZITTO!”.
L’urlo fu talmente forte che il ragazzo saltò sul letto poco distanze, accucciandosi sulle coperte.
Gli occhi di Nami erano furenti, le vene sulle tempie pulsavano all’impazzata. L’espressione stanca e al tempo stesso nervosa portarono il ragazzo a sedersi con le ginocchia al petto.
“Starò buono, giuro!”
Nami gli lanciò un’occhiata tagliente, girandosi lentamente verso i suoi appunti.
“Quanto è idiota”pensò mentre scarabocchiava un foglio con dei numeri “E pensare che un’idiota del genere mi ha anche bac..”
I suoi pensieri si bloccarono e le guancie diventarono subito paonazze. La sera prima, data l’emergenza, aveva evitato di chiedere, o meglio, non voleva sapere il motivo per cui l’aveva baciata.
Ma sapeva che la questione andava risolta. Rufy non poteva pensare che baciare gente così, di punto in bianco, fosse una cosa normale.
Si mise a riflettere, mordendosi le labbra e contorcendo la penna tra le dita, sporcandole di inchiostro insieme al foglio sottostante.
Cosa fare? Rufy era sicuramente un bambino; non doveva averci riflettuto molto prima di protendere le labbra contro le sue, ma era anche vero che a volte sapeva ragionare come una persona matura sorprendendo tutti, lei per prima.
Come fare a mantenere quel dubbio a lungo? Doveva ottenere risposte.
“Rufy ascolta” si voltò per guardarlo negli occhi, ma il suo volto assunse un’espressione di sufficiente sconforto quando si accorse che il suo capitano si era addormentato.
 
 
 
“Da questa parte”.
La voce dolce di Nico Robin guidava la marine per i vari vicoli del villaggio.
Dopo che erano giunti in una piccola insenatura sulla costa, Franky e Usopp si erano subito messi al lavoro allestendo un approssimativo cantiere navale per facilitarli.
 Con sollievo di tutti, il carpentiere aveva annunciato a gran voce che i danni non erano gravi e che ci sarebbero volute poche ore per rimettere in sesto la nave insieme all’aiuto del cecchino e dello spadaccino che stranamente si era offerto volontario per trasportare assi e attrezzi.
Il resto della ciurma ne approfittò per perlustrare l’isola e comprare il necessario che mancava.
Insieme a Sanji, Rufy e Brook, Nami era andata a fare provviste dato che considerava troppo morbide le maniere del cuoco nei confronti del capitano per quanto riguarda la spesa, mentre Robin, Tashigi e Chopper erano incaricati di comprare i farmaci e le bende che in pochi giorni erano finiti.
“Tashigi, il mantello”.
Chopper, nella sua forma da renna, rimproverò la ragazza che velocemente sollevò il cappuccio del mantello blu sul volto.
Aveva deciso, con il consenso degli altri, di nascondere il proprio volto nel caso qualche marine la vedesse in compagnia di pirati.
Era certa che solo Smoker sapesse dove si trovava, anche perché, se qualcuno di non fidato avesse saputo che era ospite del nemico sarebbe stata giudicata alla corte marziale per alto tradimento.
Portava gli occhiali sul naso, ben attenta a scrutare la gente intorno a sé. Non capiva come facessero i pirati a camminare così tranquillamente, a guardarsi intorno come se fossero semplici turisti.
“Se non ti rilassi risulterai sospetta”
La voce di Chopper fece trasalire la ragazza, ma il suo sorriso le fece capire alcune cose. Se si comportavano normalmente, tutti avrebbero creduto che fossero dei semplici civili.
Si guardò intorno, ben intenzionata a sembrare una semplice turista e quel che vide le fece capire che quell’isola aveva diversi aspetti nella sua popolazione: un uomo vestito in maniera pomposa camminava tronfio, mentre all’angolo della strada un vecchio vestito di stracci teneva il capo chino sulla strada.
Questa era solo una delle scene che le si parò d’avanti agli occhi.
“Il mondo è strano, vero?” Nico Robin sembrava averle letto nella mente.
La ragazza non rispose. Era già abbastanza strano che lei, una marine, andasse in giro con loro, dei pirati, e ancora più assurdo era che la sera precedente fosse stata baciata da uno di loro. Avvampò al ricordo.
Era la prima volta in quella mattina che ci pensava.
Come era potuto succedere? Come aveva potuto permettere che accadesse?
Erano così diversi, tra di loro non avrebbe mai potuto accadere nulla. Era impensabile, inconcepibile.
“La smetti di agitarti?”
Gli occhi dei due pirati guizzavano veloci da lei alla strada e Tashigi vide due marine parlare con l’uomo vestito in maniera pomposa. L’istinto la portò a sorridere, ma capì velocemente che non era il caso di gioire.
In quel momento capì come dovessero sentirsi quei pirati e non le piaceva per nulla. Erano così diversi.
I due Mugiwara si diressero con naturalezza verso un vicolo e lì si nascosero insieme alla ragazza.
“Che facciamo?” sussurrò Tashigi.
“Dai il mantello a Chopper” le ordinò Nico Robin “Due donne sono meno sospette di una renna”
“Non so come fate a vivere così” commentò la ragazza , obbedendo “Se non foste dei pirati non avreste questi problem…” non finì la frase, una delle mani di Nico Robin la inchiodò al muro.
“Robin, che stai facendo?” bisbigliò Chopper, allarmato dal comportamento dell’amica.
La piratessa indicò l’uomo pomposo che parlava con i marine “Guarda lì” disse, liberandola dalla sua presa.
La ragazza impiegò un po’ ad ascoltarla, ma si voltò.
 L’uomo pomposo non era molto alto, portava i capelli neri, irti, gli abiti dai colori cangianti e alla cintola portava un borsello. Ed era proprio a quel borsello che quatto quatto si stava avvicinando un bambino sporco, dall’aria malaticcia e dai vestiti di due taglie più grandi. Aveva sicuramente intenzione di rubarlo.
“Ti sembra forse quella la tua amata giustizia?”
La voce di Nico Robin era di sfida. Tashigi socchiuse gli occhi, arcigna “Che vorresti dire?”
La ragazza sorrise, un sorriso diabolico che sapeva di sfida “Scegli tu il suo destino” e incrociò le braccia al petto.
Tashigi si voltò velocemente a guardare la scena : due braccia erano comparse una sulle spalle del bambino, l’altra su uno dei due marine.
“Hai tre secondi per decidere se aiutare il bambino o farlo catturare. Se non risponderai lo farò arrestare”
“Che cosa?”
Tashigi non poteva credere alla crudeltà con cui quella donna la metteva alla prova.
“Uno”
“Non puoi farlo!” Chopper cercava di farla ragionare, ma la sua amica non permetteva repliche.
“Due”
Tashigi provò un groppo alla gola. Lo avrebbe fatto davvero? Non poteva farlo, ma Nico Robin era anche la donna che stava al fianco di Crocodile,con lei tutto era possibile.
“Tre”
“Aiutalo!”
Le era uscito spontaneo. Era il suo desiderio. Robin piegò il capo, compiaciuta. Le mani sparirono dalle spalle di entrambi, ma comparvero sulla cintola dell’uomo, strapparono il borsello e lo misero tra le mani del bambino che ,seppur terrorizzato e sconcertato, non ci pensò due volte prima di scappare via con il malloppo.
Tashigi fissò la donna “Perché l’hai fatto?”
“In fondo non siamo così diverse” rispose con un sorriso enigmatico.
 
 
“Viceammiraglio Smoker, il contrammiraglio Hina è qui”
Smoker alzò volentieri lo sguardo dalla montagna di scartoffie per accogliere la sua vecchia amica e collega che era appena entrata a passo lesto nella sua cabina-ufficio.
Quando il marinaio gli lasciò, Hina si avvicinò lesta alla scrivania di Smoker, portandosi una sigaretta alle labbra e accendendola con uno dei sigari che l’uomo fumava avidamente.
“TI diverti?” chiese il viceammiraglio.
La donna tirò una lunga boccata che emerse dalla sua bocca in cerchi concentrici “Molto” rispose senza sorriso.
“Che ci fa qui? Questa non è zona tua”
La donna si sedette sulla scrivania,accavallando le lunghe gambe fasciate da pantaloni viola come la giacca che indossava “Hina si chiede dove si trova la bambina”
“Bambina?” Smoker sollevò un sopracciglio, sapeva a chi si riferiva ma non voleva darle il gusto di assecondarla.
“Lo sai benissimo”
Smoker passò i sigari da un lato all’altro della bocca in modo naturale “Ho dato a Tashigi dei giorni liberi. Ora rispondi alla mia domanda!”
Hina sollevò un sopracciglio. Conosceva bene Smoker, talmente bene da capire che quel comportamento evasivo nascondeva qualcosa.
“Ricordi i pirati morti?”
“Quelli che venivano portati da quella banda di cacciatori di pirati?” Smoker corrucciò le labbra “Certo! Le indagini sono state affidate a me e…”
“Non c’è più bisogno del tuo intervento” lo interruppe la donna, aspirando grandi boccate dalla sigaretta sottile, riducendola in poco tempo a poco più di un mozzicone.
“Che vuoi dire?” Smoker la guardava con sospetto. Lei, senza dire una parole, inserì una mano nella giacca e ne cacciò una busta bianca che diede all’uomo.
Il cacciatore bianco la aprì senza porre domande e i suoi occhi si mossero veloci sulle poche righe scritte con una calligrafia ordinata.
“Odiata marina, normalmente nessuno di noi vi scriverebbe mai, ma questi bastardi che vi stiamo offrendo su un piatto d’argento meritano di finire in una cella prima che il nostro spadaccino li uccida, specialmente il loro capitano.
In tanti anni da vivo e da morto non ho mai visto gente così spregevole che sfrutta pirati e marine per i propri scopi di lucro. Considerate che voleva vendere una dei vostri come schiava.
In allegato il nostro navigatore vi mette le coordinate per recuperarli e portare tutti loro alla giustizia che voi, ufficialmente, rappresentate.
Per gente del genere c’è da sperare che un re del mare mangi le loro ossa così come farebbero con le mie.
Il mio capitano ci tiene a dire che tarderemo nell’incontro.
Che questo favore che noi tutti vi facciamo sia a buon rendere.
Cordiali saluti”
Smoker non impiegò molto a capire il mittente, ma sperava vivamente che Hina fosse lì per capire e quindi sviare i loro sospetti.
“Chi è che la manda?” chiese, cercando di fare il vago.
“Ovviamente non era firmata” esclamò lei, sollevando le spalle “Quando siamo andati a recuperare i cacciatori di pirati farfugliavano. Lo schock e il sole gli hanno messi ko. Ci metteranno un  po’ di tempo prima di rimettersi completamente”.
L’uomo trattenne un sospiro di sollievo. Il fruscio improvviso di carte sulla scrivania gli fece alzare il volto, in tempo per respirare il fumo acre della sigaretta.
Odiava quell’odore che non era minimamente uguale a quello dei suoi amati sigari.
E odiava ancora di più quando Hina faceva così.
“Che rapporto hai con i Mugiwara?”
Smoker provò un brivido lungo la schiena. Come aveva fatto a smascherarlo?
“O meglio” Hina scese dalla scrivania per avvicinarsi all’uomo, il volto a pochi centimetri dal suo “Che cosa ci fa il tuo braccio destro con loro?”
 

Angolo dell'autrice:
Dovrei definirlo angolo della vergogna, considerando il tempo che ho impiegato per scriverlo, ma purtroppo la vita quotidiana prosciuga ogni mio briciolo di vitalità. 
Mi auguro che mi perdoniate e che vogliate farmi sapere cosa pensate di questo capitolo e spero vivamente di riuscire presto a scrivere il prossimo.
un bacione
Fra

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** so hot ***


“Spiegate le vele! Levate l’ancora!”
Aggrappato alla testa di leone che era la polena della Sunny, Monkey D. Rufy urlava a gran voce ordini ai suoi compagni che li eseguivano di gran lena, coi volti sorridenti e allegri nel pensiero che quella sera avrebbero festeggiato alla grande con tutto ciò che Sanji aveva comprato al mercato per brindare alla ritornata memoria della marine.
Tashigi, dal canto suo, vagava per il ponte rimuginando su quel che era accaduto, su come era caduta nella trappola di Robin e sule sue parole “Non siamo poi così diversi
Il suo sguardo vagava veloce sui pirati, tutti impegnati nelle loro faccende con sui volti  dipinti i sorrisi che sapevano di avventura e libertà.
Lo stesso tipo di sorriso che spesso aveva visto sui visi dei suoi soldati e che era certa di avere lei stessa quando, in piedi a prua, guardava la terra ferma, speranzosa che il mare e il vento le donassero una navigazione tranquilla lungo la loro rotta.
Il suo sguardo vagò su quelle testa su cui pendeva una taglia finché non trovò quella verde muschiata del pirata con una cicatrice sull’occhio che tirava la corda di una vela fino al più vicino ormeggio. Fissava quell’armonia di muscoli, quel sudore scintillante che rendeva luminosa la pelle ambrata dal sole di tante navigazioni, le labbra erano corrucciate in un’espressione di concentrazione, come se anche loro fossero impegnate con il resto del corpo a lavorare per tirare la corda che gli rendeva le mani callose e rovinate; quelle stesse mani che brandivano l’elsa elegante, quelle mani che le sapevano di forza ma al tempo stesso di dolcezza, quelle mani che voleva sentire sulla sua pelle… Tashigi scosse il capo con veemenza; ma che andava a pensare? Doveva essere sicuramente stanca e ancora rimuginava su ciò che era accaduto in città quella mattina. Magari un bagno l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee.
 
“Puzzi come una capra, anzi, le capre profumano al tuo confronto”
Zoro sollevò un sopracciglio mentre passava l’avambraccio sulla fronte imperlata di sudore. Era alquanto strano che Usopp si rivolgesse a lui usando tali termini, ma, in effetti, non poteva darli torto.
Erano trascorse alcune ore da quando avevano preso il largo e sotto il sole cocente sentiva la fronte imperlarsi, in più aveva aiutato Franky nei lavori di manutenzione della Sunny senza fermarsi un attimo. Aveva bisogno assolutamente di farsi una doccia.
Si guardò in torno. Con lui, sul ponte, c’erano solo Rufy, Usopp e Robin, gli altri dovevano essere sotto coperta.
“Magari vado a fare una doccia” esclamò, passandosi una mano tra i capelli muschiati.
“Ti conviene aspettare che Nami esca dal bagno” rispose Robin aprendo una sdraio e sedendosi sopra prima che Sanji la raggiungesse con un cocktail dal colorito verde e dall’aspetto invitante.
 
Tashigi si spogliò velocemente e si immerse nell’acqua calda completamente coperta da schiuma sulla superficie, finalmente felice di immergere le membra stanche e decisa a rilassarsi. Sciolse i capelli e si immerse fino al naso, increspando l’acqua dopo aver spostato le bollicine bianche con il proprio respiro.
Era stata costretta ad aspettare una mezz’ora abbondante dato che Nami ne aveva preso il possesso e si era anche lamentate di esser dovuta uscire presto,che aveva bisogno di almeno un paio d’ore altre per riflettere, ma le bastò lanciarle un’occhiata per andare via con i capelli lungo la schiena gocciolanti e un’espressione contrariata in volto.
Riflettere.
Spesso anche lei aveva utilizzato il torpore dell’acqua per riflettere, ma le navi della marina non erano dotate di un bagno così grande,solo un’austera serie di docce che molto spesso i suoi uomini non pulivano, convinti che oltre a loro, l’acqua lavasse le stesse cabine.
La marine passava giorni senza fare docce complete quando andavano per mare. Lei ovviamente si rifiutava di lavarsi con gli uomini e i momenti in cui poteva stare sola con se stessa, lontano dai doveri che il suo stato le imponeva, erano davvero pochi.
I suoi capelli color della notte fluttuavano tra il bianco spumeggiante e chiuse gli occhi. Immagini confuse e buie fecero capolino nella sua mente: l’acqua nera sopra di lei, i capelli come rete; i granelli di sabbia su tutto il suo corpo e un ragazzino che la porta in un villaggio; donne che la abbracciano e la aiutano a ripulirsi; l’incontro con i mugiwara; altra acqua; i cacciatori di taglie; le labbra di Zoro.
Spalancò gli occhi, improvvisamente accaldata. Sperò che fosse per l’acqua calda e si sollevò, poggiando il capo stanco sul bordo della vasca e ripensando a quel momento, sorprendendosi nel trovarsi improvvisamente pentita di averlo preso a schiaffi.
“Ma che diamine mi sta succedendo?” chiese a se stessa e poi sprofondò nuovamente nell’acqua, immergendosi completamente, decisa a lavare via ogni cosa.
 
Zoro si sorprese di trovare la luce del bagno accesa, ma pensò che quella mocciosa di Nami doveva averla scordata e la sua tesi fu avvalorata dall’afa  provocata l’acqua calda presente nella vasca. Pensò che Nami doveva essere veramente innervosita per essersi scordata di svuotare la vasca, lei che era così attenta ad ogni minimo spreco, ma non sarebbe stato lui a farlo, non aveva la minima intenzione di togliere i suoi capelli dallo scarico del bagno.
Scrollando le spalle, tolse l’asciugamano dalla vita e girò la manopola della doccia, lasciandosi picchiare dolcemente dal getto ristoratore.
 
Quando ci si trova sott’acqua tutti i suoni provenienti dall’esterno risultano ovattati, come se ci fosse una soffice barriera che li separa da ciò che ci circonda, ma per un orecchio allenato a percepire il singolo rumore questi non sfuggono anche se la guardia è abbassata dal prepotente desiderio di relax.
Tashigi emerse velocemente dall’acqua calda, strabuzzando gli occhi per cercare di vedere meglio per poter adattare la vista annebbiata dal bagno e dall’assenza di lenti.
 
Sentendo il fragore provenire dalle sue spalle, Zoro sobbalzò, uscendo da sotto il getto con il sapone stretto tra le mani e, appena i suoi occhi incrociano quelli della ragazza nuda d’avanti a lui, non potè fare a meno di arrossire lasciando cadere la saponetta.
“Che ci fai qui?” chiese dopo attimi di silenzio passati a cercare invano di non spostare lo sguardo dal volto.
“Tu che ci fai qui?!” ribattè lei, furiosa.
Zoro però non ce la fece più e, dopo essersi coperto l’intimità con le mani, si voltò di spalle; solo in quel momento Tashigi realizzò che entrambi erano nudi e si rituffò nell’acqua, stringendo forte le gambe al petto nudo e sibilando “Pervertito”
“Ah, sarei io il pervertito?” disse con evidente sarcasmo lo spadaccino “Io sono di spalle mentre tu stai continuando a guardarmi il culo”
“N-non è vero!” urlò la ragazza, paonazza e distolse lo sguardo dall’immagine sfocata di fronte a lei.
Senza farsi sentire, Zoro ridacchiò, compiaciuto di aver centrato nel segno  “Senti, prendi l’asciugamano accanto a te, al bordo della vasca e io quello accanto a me, ok? Così almeno possiamo parlare più tranquillamente ”
“Come hai fatto ad accorgerti dell’asciugamano a bordo della vasca?”
Zoro non rispose. Anche la ragazza sapeva essere pungente quando voleva. Era normale che l’avesse notato: quando era emersa, l’acqua la copriva solo al livello delle ginocchia e i suoi occhi si erano mossi velocemente su tutto quel corpo, abbastanza a lungo da arrossire nuovamente al ricordo delle meravigliose forme. Incassò il colpo e prese l’asciugamano che poco prima aveva buttato via, legandoselo alla vita ben stretto, sperando che la ragazza non avesse gli occhiali o per lo meno non si accorgesse dell’erezione in corso.
Tashigi continuava a tenere un occhio fisso sullo spadaccino, attenta ad ogni movimento, mentre allungava un braccio verso il telo di spugna blu leggermente umido per l’afa che emergeva da quella stanza. La marine osservava i lineamenti perfetti della linea delle spalle, i muscoli ben scolpiti e non poté negare che il ragazzo avesse ragione: era veramente rimasta alcuni secondi ad ammirare le perfette natiche del pirata, arrossendo come una bambina che era stata scoperta a rubare le caramelle.
 
Lo spadaccino respirò profondamente prima di avvicinarsi alla porta, voleva andare via da quella situazione imbarazzante e in particolare voleva fuggire da lei.
 “Dimmi quando avrai finito il bagno” esclamò con fare austero e prese a tirare la maniglia senza attendere la risposta; ma, per quanto si sforzasse, la porta non faceva cenno di aprirsi.
“Che succede?” Chiese Tashigi, avvicinandosi a lui per vedere meglio perché stesse indugiando così, continuando ad alzare e abbassare ritmicamente la maniglia bronzea.
“Non si apre” rispose lo spadaccino a denti stretti.
Il caldo nella stanza stava diventano opprimente e Tashigi pensò che fosse andato il cervello in pappa al ragazzo; con estrema arroganza lo spinse di lato “Spostati” e si lanciò di prepotenza sulla maniglia, certa che avrebbe fatto di meglio. Ma alla quinta alternanza di spinte e tirate si rese conto che tutto era vano ed arrossì di botto, guardando il petto nudo dello spadaccino e stirando con un incredibile sforzo le labbra.
“Per quale motivo hai chiuso la porta a chiave?” Tashigi cominciò ad accusare il ragazzo, doveva pur essere colpa di qualcuno.
“CHE COSA?!?” Zoro la guardava con le orbite di fuori “Io non c’entro niente!”
“Qualcuno deve averla chiusa!” ribattè lei “ E di certo non sono stata io, dato che ero tranquilla nella vasca da bagno!”
“Senti,” Zoro si tratteneva da vomitarle insulti addosso “è stata Nami a dirmi che il bagno era libero e…”
I due si guardarono, fu come un lampo che attraversò entrambe le loro menti contemporaneamente.
“NAMIII!!! APRI SUBITO QUESTA PORTA!!”


 
“Bene!” Nami lanciò un’occhiata torva al suo compagno quando sentì i due spadaccini urlare il suo nome “Ora credono che la colpa sia mia”
“Ma l’idea è stata tua” le ricordò il cecchino, senza staccare gli occhi dalla porta che tremava pericolosamente.
“Tu hai detto che dovevamo chiuderli in una stanza” lo accusò la rossa “E ora che usciranno, cosa credi che ci faranno? La pelle, ovviamente!”
“Vuoi dire SE usciranno”
Bastò uno sguardo di sufficienza da parte della ragazza per portare Usopp a correggersi “Si, usciranno e ci ammazzeranno”
I due cominciarono a camminare intorno, mentre la porta continuava a tremare sotto i colpi dei due ragazzi chiusi dentro. La sola fortuna dei due fifoni era che Zoro non aveva con sé le sue spade.
“Ho un’idea!” il volto di Usopp si illuminò e anche in Nami tornò la speranza.
“Ascolta, Nami. Potremmo mettere una corda al pomello della porta, legare l’altro lato a Chopper che nel frattempo correrà su una ruota per criceti giganti e la porta non potrà mai aprirsi” spalancò le braccia in segno di fine, attendendo una risposta positiva “Lo so,lo so,sono un genio”
Ma il pugno che arrivò sul capo lo fece ricredere.
 
“Non ci posso credere che ci hanno chiusi qui!”
Tashigi cadde su se stessa, sedendosi sui talloni e incurante di farsi vedere così dallo spadaccino.
Zoro rimase in piedi, tirando un ultimo pugno sonoro alla porta per poi dedicarle la sua più totale attenzione.
“Quanto vorrei tornare a casa mia” sospirò la marine, in preda alla nostalgia.
“Ma ti stiamo portando” le fece notare il pirata, incerto su cosa fosse più giusto dirle.
La ragazza annuì “Lo so, e vi sono grata per questo”
“E allora qual è il problema?”
Tashigi trattenne il fiato. Ci riflettè un attimo e poi parlò.
“Tu”
Calò il silenzio.
 Zoro capì perfettamente che stava facendo riferimento al bacio che le aveva rubato. Si era pentito subito di quel che aveva fatto, anche se dovette ammettere a sé stesso che avrebbe rifatto volentieri quell’errore anche dieci volte. Ma vederla così afflitta, desiderosa di scappare, lo faceva sentire un idiota della peggior specie.
 In quel momento sperò ardentemente che la porta si aprisse e lo cacciasse fuori da quel pasticcio. O per lo meno, che liberassero lei.
 
“Non sento niente” commentò Nami, dopo attimi di sospettoso silenzio.
“Credi che stia andando tutto secondo i nostri piani?” Usopp avvicinò l’orecchio alla porta, ma non sentì nessun rumore “E se si fossero uccisi a vicenda?”


“Senti,non posso cancellare quello che ho fatto”
 Tashigi sollevò lo sguardo, attenta alle parole dello spadaccino; Zoro si passò una mano tra i capelli, facendo cadere goccioline a terra “Ma so come uscire da qui”
La ragazza saltò in piedi “E perché lo dici solo ora?”
Lo sguardo che le lanciò la fece rabbrividire “Perché io lo odio”
 
“Ma che succede?”
Dei passi di corsa si sentivano lungo il corridoio. Scatti pronunciati come bestiame impazzito lungo le assi di legno del pavimento.
Usopp e Nami si scambiarono sguardi preoccupati. Qualcuno o qualcosa si stava avvicinando. E anche con molta fretta.
“Non ne ho idea” la voce di Nami tremava mentre i passi si facevano sempre più vicini.
“Nami, SCAPPIAMO!”
E proprio mentre i due si dileguarono, un Sanji furibondo si scagliò contro la porta, distruggendola con un solo calcio.
 
Una volta che il polverone sparì, Sanji fece il suo ingresso, sbraitando come un ossesso e con i capelli irti sul capo “Chi? Chi osa fare del male alla mia Tashigi-chan???”
Si guardò intorno e il suo sguardo si addolcì di colpo alla vista di Tashigi praticamente nuda davanti a lui “Oh, mia cara” le prese la mano per baciarla delicatamente, si vedeva che si stava trattenendo dal saltarle addosso  “Come sono felice che tu mi stia facendo il dono del tuo meraviglioso corpo e… e tu che ci fai qui?”
Lo sguardo che dedicò allo spadaccino non poteva essere che dei peggiori . Non si era proprio accorto di lui, quanto era impegnato ad ammirare la ragazza.
“Ci hanno chiuso qui”fu la risposta del verde a braccia conserte sul corpo nudo.
Il cuoco gli si scagliò contro “Non le avrai fatto del male, vero? Non ti sarai mica permesso a toccarla, spero”
“E chi la tocca, quella?”
“Come osi!” Sanji era pronto a prenderlo a calci “Io ti…”
“Sanji, grazie”
Sentendo Tashigi chiamarlo per nome, il cuoco si ricompose e tornò a dedicarle la sua più totale attenzione.
“Qualsiasi cosa per te, mia adorata. Io accorro sempre quando una fanciulla in pericolo invoca il mio nome”
Ed era proprio questo quello che era successo.
Zoro aveva convinto Tashigi a gridare a gran voce il nome del cuoco, sapendo che i suoi modi di galant’uomo l’avrebbero spinto a correre da lei.
“Ma come ci siete finiti qui?” chiese il ragazzo, spostando lo sguardo da uno all’altro e cercando di trattenersi dal mostrare il suo disappunto per averli trovati entrambi con solo un asciugamano addosso.
“Ce lo chiediamo anche noi” fu la loro risposta in coro.
Sanji scosse il capo e porse la mano alla ragazza “Andiamo, mia cara. Ti preparo un thè”.
E mentre Tashigi si faceva accompagnare fuori da quella stanza tanto odiata, Zoro non potè far a meno di guardarla andare via, provando una morsa al cuore nel vederla a braccetto con il cuoco.
Perché si sentiva così male al pensiero di riportarla a casa?



angolo dell'autrice:
Si, signori! sono tornata!!! Dopo un tempo vergognoso torno ad aggiornare la mia storia, con la fereea intenzione di ultimarla in tempi non così prolungati.
ultimamente ho avuto problemi a livello personale e anche la voglia di scrivere era diventata un semplice ricordo, ma ora ho una nuova carica e sono ben decisa a far andare questa storia nel verso giusto.
grazie per la pazienza e un bacio a tutti
Fra

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** only you and me ***


Gli occhi azzurri di Robin guizzavano veloci sui membri della ciurma che si divertiva rimpiazzandosi di cibo e birra fino a scoppiare.
 Tutto nella norma se non fosse che lei li conosceva tutti decisamente troppo bene e quindi i suoi occhi erano in grado di cogliere ogni minima sfumatura di tensione. Tanti anni passati a scappare e a mentire le avevano insegnato a riconoscere quando qualcuno non si trovava a suo agio, quando sta fingendo una calma che non gli appartiene, proprio come stava facendo Nami, che chiacchierava con Brook, mostrando un sorriso forzato mentre con la coda dell’occhio seguiva i passi saltellanti del capitano alla ricerca di cibo; al contrario della navigatrice la marine non nascondeva il suo disagio nel trovarsi sotto le attenzioni moleste del cuoco e  di Franky che non si rendevano conto che la stavano mettendo in imbarazzo. Usopp invece cercava di seguire Rufy sfuggendo invano lo sguardo carico d’istinto omicida di Zoro che accarezzava distratto il capo a Chopper che non si curava del comportamento ambiguo del compagno troppo preso com’era a bearsi delle coccole.
Capire il perché Nami era così attenta le fu semplice: ricordava perfettamente il bacio che il capitano le aveva strappato sotto la pioggia e, a giudicare dal loro comportamento, sicuramente non ne avevano ancora parlato.
Per quanto riguardava Tashigi era piuttosto strana. Era vero che lei l’aveva messa sotto torchio quella mattina per farle capire che, in fondo, il disprezzo che provava per loro o meglio, per se stessa che si era affezionata a tutti loro, non doveva esserci, perché di fondo non erano diversi e  Tashigi era proprio quel tipo di persona che per comprendere aveva bisogno di uno scossone forte. Quel che si chiedeva era il motivo per cui Zoro sembrasse sul punto di ammazzare qualcuno e perché Usopp era così terrorizzato di incrociare il suo sguardo. Ma sicuramente quello era un problema secondario.
Robin si sedette a una panchina e, mentre Sanji, accompagnato da Brook, portava i piatti profumati e abbondanti che aveva cucinato, chiamò Franky.
Il gigante di ferro si avvicinò.
“Che succede?” chiese incuriosito dal suo sguardo assorto. La conosceva molto bene, quando fissava tutti così era perché aveva un piano.
“Credi che si piacciano?” chiese improvvisamente, non specificando bene i soggetti.
Franky seguì il suo sguardo, vagando fra le teste dei compagni e cercando di incrociare gli sguardi, ma tutti erano così movimentati e agitati dalla presenza del cibo che non riuscì a capire.
“Hai qualcosa in mente?” chiese senza un motivo ben preciso.
Robin sorrise “Ti ricordi quando provasti a creare quel supereccitante che però, dopo l’effetto iniziale, dava subito sonnolenza?”
“Sicuro!” rispose il cyborg, non del tutto fiero del suo esperimento andato a male “Ne tengo un po’ in laboratorio”
Il sorriso enigmatico di Robin, se fosse possibile, divenne ancora più misterioso “Che ne dici se movimentiamo un po’ la serata?”
 
Zoro non era tipo da postumi della sbornia. Da anni ormai, da quando vagava in solitaria, l’alcool era stato il suo compagno più fedele e non rappresentava per lui un fastidio, solo all’inizio aveva iniziato a provare le nausee, ma era sempre riuscito a reprimere i conati di vomito finchè il suo corpo non si era abituato a quella situazione, quindi, per uno come lui, svegliarsi con delle fitte allucinanti era fuori discussione, ma in quel momento li sembrava di avere un cannone che sparava a ripetizione in testa.
“Oh”
La voce di Robin, che era una sorta di sussurro, per lui sembrava come un tamburo che sbatte sulle sue tempie.
“Che è successo?” riuscì a biascicare notando che tutti i suoi compagni, eccetto lui, Robin e Franky erano a terra, addormentati.
“Abbiamo bevuto un po’ troppo questa notte” tuonò il cyborg, sghignazzando.
“Stavamo pensando di mettere tutti quanti a letto, prima che si raffreddino” aggiunse Robin con un sorriso.
Un rantolo poco lontano dallo spadaccino attirò l’attenzione dei tre.
Tashigi sollevò il capo, per poi prenderlo subito tra le mani “Che mal di testa” si lagnò.
“Non ti facevo tipa da ubriacarsi” commentò il ragazzo che pian piano stava riprendendo possesso delle sue abilità cognitive.
Robin e Franky si lanciarono uno sguardo: tutto secondo i loro piani. Sapevano che Zoro sarebbe stato il primo a svegliarsi dato che il suo corpo era ormai abituato alle continue sbornie, mentre Tashigi aveva bevuto solo un bicchiere, dicendo che lo faceva per compagnia, al contrario di tutti gli altri che avevano tracannato senza ritegno il liquore corrotto.
La spadaccina lo fulminò con lo sguardo, le faceva troppo male la testa per poter parlare.
“Zoro” Robin parlava piano, come a non voler far capire che lei fosse perfettamente sobria “qui ci occupiamo io e Franky, perché tu e Tashigi non andate fuori? L’aria fredda della notte è stata un vero toccasana per le nostre teste”
I due stavano per rispondere, ma la corsa improvvisa verso l’uscita della cucina di Tashigi, seguita dal suono inconfondibile di conati di vomito che cadevano in mare ebbero la precedenza e Zoro, fingendo un certo fastidio, si precipitò fuori.
Franky scoppiò a ridere “Questa sì che è stata un’uscita da cavaliere”
“Lascialo aiutare la sua donzella in difficoltà” scherzò l’archeologa, per poi spostare lo sguardo su due figure che si erano addormentate l’una sull’altra “Credi che dovremmo separarli?”
“Credo che con loro abbiamo sbagliato tattica” disse l’uomo, grattandosi i capelli radi.
Robin annuì “Si erano appena baciati d’avanti a tutti. Ora scommetto che Nami darà la colpa all’alcool e io non potrò avere bambini da coccolare e portare nelle fondamenta della nave alla ricerca di fantasmi”
Franky la fissò per alcuni secondi, poi portò lo sguardo su Nami e Rufy, profondamente addormentati “Non credo che Nami sarebbe così d’accordo”.
 
Zoro guardava altrove mentre sorreggeva la fronte alla ragazza che riversava il contenuto del suo stomaco nel mare.
“Capitano della marina che beve come una spugna” commentò sarcasticamente quando la ragazza si girò verso il ponte per riprendere fiato, gli lanciò uno sguardo glaciale “Senti, tu…” ma non riuscì a terminare la frase, dato che un altro conato era giunto prepotentemente.
Zoro ridacchiò “Certo che sei proprio buffa”.
“Non ridere!” si difese lei, per poi sedersi a terra, la schiena contro il parapetto freddo e lo sguardo verso il cielo stellato, sperando che un altro conato non facesse capolino.
Zoro le si sedette a fianco.
Rimasero in silenzio per un po’. Uno a fianco all’altra, ad ammirare le stelle e a riscaldarsi leggermente.
Entrambi stavano pensando a quella sera, a quando Zoro l’aveva baciata senza preavviso, quello probabilmente era l’occasione adatta per parlare ma entrambi erano troppo imbarazzati per farlo.
Fu Tashigi a rompere il silenzio “Grazie”
“Per cosa?”
“Per avermi aiutata a vomitare”
“Di nulla”
Silenzio.
 
“Perché hai archittetatto tutto questo?”
Chiese il Cyborg mentre controllava la situazione insieme alla sua complice. Robin aveva insistito per portare tutti nelle loro stanze eccetto Rufy e Nami, che giacevano ancora addormentati sul pavimento della cucina.
Robin guardò verso l’oblò, per ammirare il cielo stellato “Non trovi che sia una bellissima notte?”
Franky pensò che la cosa più quella notte fosse lei.
 
“Scusa per lo schiaffo”
Zoro si voltò verso Tashigi, erano passati diversi minuti da quando stavano in silenzio, uno vicino all’altra.
Sollevò un sopracciglio “Perché ti scusi ora?”
“Perché ho riflettuto bene su quel che è successo” disse.
Zoro rimase stupito, ma non rispose, allora la ragazza iniziò a parlare a ruota.
“La colpa è mia” esclamò “Ero troppo vicina! Era inevitabile che alzandoti mi avresti baciato, cioè non baciato, scontrato! Quindi ho sbagliato e…”
Ma la frase le morì sulle labbra, stroncata da quelle del ragazzo.
Nell’allontanarsi Zoro non smise di guardarla negli occhi .
Tashigi seguì il suo movimento con occhi fissi, incapace di proferire parola.
I due continuavano a fissarsi, seri.
Dopo attimi che parvero eterni Tashigi si decise a proferire parola “Perché?” chiese in un sussurro, quasi impercettibile.
“Perché è quello che voglio e non un tuo errore” rispose il ragazzo serio e sollevò una mano, portandola lentamente verso la guancia della fanciulla imbarazzata.
Se l’avesse scostata Zoro non l’avrebbe avvicinata mai più, era quella la sua decisione.
Tashigi sollevò la propria mano, bloccando l’avanzata di quella del pirata che si trattenne dal corrugare le labbra, ma mentre si allontanava la ragazza la strinse nella propria e la portò alla lebbra, baciandola delicatamente.
Quei giorni aveva riflettuto tanto. In quei giorni Tashigi aveva capito che se non fosse stata sincera con se stessa e con lui se ne sarebbe pentita per il resto dei suoi giorni.
Senza dargli il tempo di capire si lanciò in avanti, baciandolo sulle labbra.
Zoro, sorpreso e felice, ricambiò il bacio, stringendola tra le sue braccia.
I due si baciarono con un urgenza, facendo brevi pause (sempre a causa di lei che continuava a dire “E se ci vedono?”, “E ora che faremo?”, “Ma gli altri?”) senza mai sciogliersi dall’abbraccio.
Non avevano idea di cosa sarebbe successo da quel momento in avanti, sapevano solo che se non l’avessero fatto se ne sarebbero pentiti per il resto dei loro giorni.
 
Nami si alzò da pavimento duro guardando nella sala apparentemente deserta con un gran mal di testa.
“Ti sei svegliata!”
Non impiegò molto a riconoscere la voce di Rufy con la bocca piena, del resto, quand’era che non mangiava?
La ragazza si alzò, raggiungendo il frigorifero dove il suo capitano si stava rifocillando a ganasce aperte.
La navigatrice si guardò intorno “Gli altri?” chiese, cercando di ricordare quanto avesse bevuto.
“Bo” rispose il ragazzo, sempre continuando ad addentare il suo cosciotto, era strano che Sanji avesse lasciato la dispensa senza lucchetto “Forse si sono svegliati prima”.
Nami annuì, concorde,poi si rese conto che quello era il momento che stava aspettando. Erano soli e poteva finalmente chiederglielo.
“Perché mi hai baciato quella sera?”
“Perché mi andava” rispose lui senza neanche dedicarle uno sguardo.
Nami strinse il pugno, decisa a suonarglielo in testa con tutta la sua potenza “Ma sai almeno cosa significa un bacio?” ringhiò.
“Che sei la persona più importante della mia vita” rispose il capitano con semplicità e si alzò in piedi per poterla guardare negli occhi.
Nami non seppe che dire, si ritrovò a fissarlo con la bocca semi aperta, non si era mai trovata di fronte a un Rufy così maturo.
“Ti ha dato fastidio?” chiese lui, spalancando gli occhi e guardandola con curiosità.
Fu solo in quel momento che Nami si rese conto che quel che era accaduto non le aveva dato fastidio di per sé per essere un bacio, ma perché non aveva avuto la spiegazione che ora le era stata fornita. Per tutta risposta si lanciò in avanti, baciandolo sulle labbra che sapevano di salsa per arrosto.
 
Robin leggeva avidamente mentre accarezzava il ciuffo ribelle di Franky steso sul divanetto della biblioteca con la testa sulle sue gambe.
“Come fai a leggere con questa poca luce?” chiese il cyborg, curioso.
“Sono abituata” rispose lei senza smettere di leggere.
Franky la fissò “Credi che le cose siano andate a buon fine?”
Robin finì la pagina e chiuse il libro “Ogni storia deve avere il suo lieto fine” rispose con un sorriso e, forse contagiata dall’amore che si respirava nell’aria quella sera, stampò un bacio sulla fronte dell’uomo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** il tempo passa velocemente ***


Robin scrutava corrucciata la gente di fonte a sé.
 Qualcosa non andava.
C’era qualcosa ce non la convinceva.
Erano tutti troppo… Troppo…  tranquilli.
Zoro e Tashigi si ignoravano palesemente, anzi, sembravano odiarsi ancora di più.
Nami e Rufy si comportavano come al solito, bisticciando come cane e gatto per la mancata educazione a tavola del capitano.
“Cosa c’è che non va?”
Robin trasalì. Alle sue spalle, Franky la guardava con un sopraciglio alzato e le labbra corrucciate; la fissava preoccupato da quel volto troppo pensieroso. Lei lisciò le labbra in un sorriso poco convinto ma che gli lasciò capire che non aveva niente che non andasse.
“I miei piani non stanno andando come vorrei” rispose dopo un po’, fissandolo negli occhietti accigliati.
Franky le passò un braccio intorno alle spalle “Andiamo a rilassarci in piscina” disse “Tutte le cose prenderanno il verso giusto, basta solo attendere”.
 
“Tashigi, per favore, potresti ritirare il bucato?” chiese Nami alla ragazza seduta sul tavolino della cucina mentre lei lanciava un’occhiata dall’oblò alla cartina di fronte a sé “Presto inizierà a piovere”.
La mora annuì con il capo. Nella stanza c’erano solo loro due.
“Ti vedo molto concentrata, Nami” commentò la ragazza con un sorriso, ormai sentiva che il rapporto tra lei e la pirata si stava trasformando in un rapporto di amicizia. La navigatrice annuì, prendendo in mano l’Eternal Pose “Se i mie calcoli sono esatti ci spettano ancora due giorni di navigazione, forse anche meno”  esclamò con un sorriso soddisfatto.
Tashigi non rispose, prese il cesto per la biancheria e uscì fuori.
 
Il vento si stava alzando così come i nuvoloni neri che si stavano addensando all’orizzonte. Un altro temporale.
Tashigi si sbrigò a prendere le ultime lenzuola stese e a infilarle nel cesto, facendo leva sulle gambe per poterlo sollevare.
Nami l’aveva avvisata che presto sarebbe iniziato a piovere. Le nuvole si avvicinavano sempre di più. Non si sarebbe trattato di un temporale come quelli che l’avevano trascinata sott’acqua, ma ormai cominciava a guardare il cielo con un certo timore.
Con lo sguardo cercò una figura che sapeva addormentata contro una parete. Avevano deciso di continuare a comportarsi come al solito, come marine e pirata, per non far sospettare nulla agli altri, per non far capire cosa fosse successo quella notte.
Si portò il cesto al viso per nascondere a sé stessa il rossore  che le provocava il solo ricordo.
Ricordava perfettamente come Zoro l’avesse portata nella sua palestra, sulla cima dell’albero maestro. Lì l’aveva spogliata senza fretta dalle sue vesti e dalle sue paure, compresi i suoi pregiudizi e gradi, e lei aveva fatto altrettanto, anche se con maggiore impazienza, convinta che quella lei così impudica e menefreghista presto sarebbe scomparsa per far nuovamente posto all’insicura e testarda Tashigi a cui facevano capo i G-5.
Sul suo corpo sentiva ancora il sudore appiccicoso e dall’odore inebriante del pirata su di lei; era certa che con le dita avrebbe potuto disegnare il contorno del suo corpo marmoreo a memoria, senza sbagliare.
I suoi occhi saettarono sul ponte deserto e lo vide, addormentato come si aspettava, la schiena contro la parete, le braccia conserte e le gambe incrociate.
Possibile che fosse sempre così narcolettico? Non era neanche riuscita a dirgli due parole dopo che aveva fatto l’amore che subito si era addormentato sul pavimento di legno e lei l’aveva seguito tra le braccia di Morfeo, sopraffatta da tutte le emozioni di quella serata.
Fare l’amore.
Le batteva forte il cuore al pensiero di quelle parole che si erano scambiate, dei suoi baci sulla pelle, della sua incapacità di resistergli unita alla sua volontà di concedersi completamente a quell’uomo che era al tempo stesso luce e ombra nel suo cuore.
Ma quanto sarebbe durato? Due giorni altri e tutta quella magia sarebbe finita per sempre.
Strinse le estremità del cesto e camminò verso l’interno, passando vicino al pirata addormentato.
Fu questione di un attimo. Tashigi non si era accorta che il ragazzo aveva allungato una gamba nel sonno, facendole uno sgambetto che la fece ruzzolare su di lui, il cesto e il suo contenuto in aria.
Zoro aprì gli occhi quando sentì il peso improvviso su di sé e, riconoscendola, attese che uno dei lenzuoli cadesse su di loro per afferrare con urgenza quel volto arrossito per l’imbarazzo e baciare quelle labbra così dolci e succulente.
Voleva passare ogni attimo con lei. Imparare a memoria il sapore di quelle labbra in modo tale da sentirne la mancanza ogni attimo che non le aveva a portata di mano.
Ma il suo idillio durò poco. Tashigi si scostò con foga, togliendo il lenzuolo da dosso al ragazzo e rimettendo tutto nel cesto regalandogli uno sguardo sprezzante.
“Che ti piglia?” le sussurrò mentre l’aiutava a raccogliere i capi caduti.
Lei non rispose.
“Ei” insistette lui. Lei alzò lo sguardo, gli occhi rossi come sul punto di piangere.
Zoro si guardò intorno. Sul parapetto c’erano Usopp e Brook che stavano pescando, non poteva rischiare che lo vedessero in atteggiamenti intimi con lei.
“Fra un’ora in biblioteca” le sussurrò all’orecchio mentre metteva una camicetta a fiori nel cesto che lei reggeva.
Vedendo che non rispondeva si sporse un attimo per baciarle fugacemente il capo, tra i capelli corvini.
Lei arrossì per questo gesto di tenerezza e si limitò ad annuire.
 
Nami baciò un’ultima volta le labbra di Rufy prima di allontanarsi con un sorriso biricchino.
Si trovavano nella biblioteca della nave, unico luogo in cui potevano temere l’intrusione solo di Robin (anche se recentemente Tashigi era diventata un’assidua frequentatrice) ma erano ben certi che la bella archeologa fosse impegnata nella lettura di un pesante tomo sotto i caldi raggi del sole a bordo piscina.
“Nami, perché ci nascondiamo?” chiese il capitano della Sunny scrutando la sua sottoposta con occhioni a palla. Lei sbuffò, sicuramente quella non era la prima volta che il ragazzo le poneva quella domanda a cui doveva aver ampiamente risposto “Vuoi rischiare che Sanji ti proibisca di mangiare per il resto dei tuoi giorni?”.
Il ragazzo scosse il capo con veemenza.
“Allora sopporta in silenzio” sentenziò la ragazza.
“Va bene” lo sguardo di Rufy era basso, ma presto un sorriso gli piombò sul viso e allungò le sue braccia, avvinghiandosi quanto più poté intorno alla ragazza “Ma solo se continui a baciarmi”.
“Quanto sei idiota” esclamò Nami ridacchiando e assecondandolo. Mai e poi mai si sarebbe sognata tutto questo.
Continuarono a baciarsi con foga quando Nami si bloccò di colpo.
“Che succede?” chiese Rufy, sconcertato da tale comportamento.
“Ssh” Nami lo zittì con un cenno della mano.
Li aveva sentiti chiaramente. Il suono di passi che si muovevano veloci nella loro direzione. E non appartenevano ad una sola persona.
“Sta arrivando qualcuno!” esclamò, allarmata “Dobbiamo andarcene da qui! Ma non possiamo essere visti!”
“Possiamo nasconderci!” rispose Rufy, calmo.
“Certo, genio!” Nami era sprezzante come lo era tutte le volte che il ragazzo aveva qualche idea completamente idiota “E dove? Sotto i libri?”
“Dietro” disse con calma.
“Come se potessimo!” Nami cominciò a girare intorno, pensando al da farsi “Dobbiamo uscire, non c’è altra soluzion…” le parole le morirono in gola.
Rufy aveva spostato una libreria quel tanto che bastava per rivelare un varco nella parete “Entra, su. Me l’ha mostrata Franky” la incitò.
Senza fare domande- che poi sicuramente avrebbe fatto dopo- Nami entrò nel varco, mentre Rufy chiuse la porta/libreria lasciando solo uno spiraglio che gli permettesse di vedere quel che succedeva.
I due ragazzi cercarono di guardare dalla piccola fessura che era rimasta aperta, certi che ai loro occhi sarebbe comparsa l’archeologa in compagnia di qualcun altro della ciurma, sperando che il tempo che dovevano trascorrere in quella stanza fosse poco e garantire a loro una rapida fuga verso un luogo più sicuro, ma,invece della mora, due altre persone entrarono nella stanza.
Rufy e Nami non riuscirono a credere ai loro occhi quando Zoro e Tashigi entrarono nella sala mano nella mano, guardandosi in giro attentamente per essere certi di essere soli.
Zoro si avvicinò alla porta “Sarà meglio chiuderla a chiave” disse spostando una libreria per bloccare la porta.
“Perché non ci abbiamo pensato anche noi?” sussurrò Rufy, beccandosi una gomitata nello stomaco dalla ragazza per farlo tacere.
Tashigi si guardò intorno, allarmata.
“Qualcosa non va?” chiese lo spadaccino, avvicinandosi a lei e prendendole le mani, con dolcezza.
La ragazza scosse il capo “Credevo di aver sentito un rumore” rispose con un sorriso, poi poggiò il suo capo sul petto del ragazzo, facendosi circondare dalle sue braccia muscolose.
Nami e Rufy erano sempre più sorpresi, non era da Zoro essere così dolce e premuroso con qualcuno o qualcosa che non fossero le sue spade.
“Ora mi spieghi che ti è successo?” chiese dopo averle posato un bacio tra i capelli scuri.
Tashigi allontanò il volto e sospirò “Nami ha detto che fra due giorni raggiungeremo Smoker e gli altri. Anche meno probabilmente”.
“Sapevamo che sarebbe arrivato questo momento” rispose il ragazzo, freddo.
“Come?” esclamò Tashigi, il volto contratto in una smorfia di sgomento “Come fai a essere così freddo dopo stanotte?”
“Perché siamo diversi” sentenziò.
“Vuoi dire che mi hai solo usata per il tuo diletto?” chiese lei,pungente come mai era stata e allontanandosi da lui con un balzo, come un gatto che sfugge dal padrone.
“Quanto sai essere idiota?” chiese Zoro con sarcasmo “Io non mi sono divertito con te! Io…” ma non finì la frase, arrossendo di colpo e guardando da un’altra parte, cercando di mantenere un certo contegno.
Lei si avvicinò con passo leggero “Tu?” lo incalzò, ma Zoro guardò da un’altra parte, distogliendo lo sguardo dalla ragazza come se il soffitto fosse improvvisamente molto interessante.
“Roronoa Zoro” Tashigi parlò con autorità “Dimmi subito quello che stavi dicendo”
“Oppure?” chiese lui con fare sprezzante, arricciando il naso in segno di sfida.
Tashigi abbassò il capo. C’era una sola arma che potesse utilizzare, non ne sarebbe andata fiera dato che era una cosa che andava contro il suo essere, ma sapeva che se voleva ottenere quella risposta doveva giocare sporco.  Sollevò lo sguardo, rivelando un viso dall’espressione dolcissima che poche volte Zoro era stato in grado di vederle in viso eccetto quando si trattava di bambini “Dirò a Sanji che mi hai violentata”.
L’aveva detto. Aveva rivelato il suo lato da femmina subdola che odiava, ma a mali estremi…
Nella sua testa Zoro immaginò il cuoco urlargli contro, avvelenarli il cibo e, cosa ancora più preoccupante, impedito di dormire indisturbato.
La fissò con sufficienza. Non si sarebbe mai aspettato che Tashigi potesse ricorrere a certi trucchetti infami, quella doveva essere sicuramente la troppa vicinanza con Nami.
“Non mi è dispiaciuto” ammise arrossendo di colpo “Per essere…” e bofonchiò qualcosa di non facilmente udibile.
Tashigi si avvicinò il più possibile “Ripeti per favore”.
“Per essere la prima volta” sbottò lui, arrossendo di colpo.
Lei rimase un attimo interdetta, troppo concentrata a fissarlo mentre cercava di sostenere il suo sguardo in attesa di una reazione che tardava ad arrivare.
“Sono…” non poteva credere a quelle parole “… la prima?” e poi scoppiò a ridere, superando la risata che sfuggì dalle labbra della celata Nami che si guadagnò un’occhiata curiosa dal suo capitano.
“Smettila!” urlò Zoro “Non è divertente”
Tashigi tacque, cercando per alcuni secondi di bloccare la risata.
“Questa è una cosa molto carina, invece” disse con un sorriso “Significa che ci tieni a me”
Zoro sbuffò, poi la baciò sulle labbra, con calma e dolcezza “Su qualcosa sei riuscita a battermi”
“Un giorno lo farò anche con le spade” rispose pronta lei “Ma ora dobbiamo decidere che fare quando tornerò con i marine”
“Seguirai la tua vita e io la mia” rispose il pirata, di nuovo recuperata la serietà.
“Finisce tutto qui? Inizia e finisce con una notte?”
Il ragazzo la fissò a lungo prima di rispondere “Non finirà mai veramente” disse “Ma per il tuo bene non possiamo fare altrimenti. Se qualcuno lo scoprisse…”
“Sarei condannata a morte, lo so” concluse lei, lo sguardo triste “Ma come potrò mai rinnegare tutto questo? Io ormai credo di…”
Zoro le tappò la bocca con la mano “Se lo dici renderai tutto ancora più difficile”.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, lacrime che velocemente proruppero in un pianto sonoro che zuppò il petto del ragazzo che iniziò ad accarezzarle i capelli, ancora una volta dimostrava di avere una dolcezza celata che poteva essere presentata solo a determinate persone e Tashigi era una di queste, forse la sola che fosse riuscita a far emergere questo lato tenero.
“Stiamo insieme questi due giorni” esclamò la ragazza, fissandolo con gli occhi scuri e lucidi “Stiamo attenti a non farci scoprire, ma stiamo insieme”.
“Qualcuno sta perdendo il proprio orgoglio da spadaccino?” chiese Zoro alzando un sopracciglio.
Lei lo fissò con austerità, come se si stesse arrabbiando “Io so cosa voglio, Roronoa. Voglio che in questi giorni io e te passiamo ogni momento che ci è concesso insieme, come se non fossimo un pirata e una marine ma due persone comuni, dimenticandoci i nostri ruoli e il nostro odio. Una volta che avrò messo piede fuori da questa nave…”.
“Tu tornerai ad essere la solita antipatica, noiosa e fanatica delle spade”.
“Sarò nuovamente il capitano del G-5!” continuò ignorandolo  e regalandogli un’occhiataccia.
Lui portò le braccia al petto, incrociandole sotto il petto in posizione di attesa. Quei giorni passati con lei gli avevano insegnato a capire i suoi silenzi, i suoi sguardi.
Tashigi si lanciò in avanti, abbracciandolo e lui ricambiò  l’abbraccio, cullandola come una bambina.
“Perché non siamo delle persone comuni?” chiese, stringendo i pugni sulla sua veste “Perché non possiamo essere due ragazzi normali che dopo tanti litigi hanno capito di provare qualcosa di…” si bloccò, non lo voleva dire, sapeva perfettamente cosa provava per lui, ma dirlo ad alta voce… quel sogno che stava vivendo doveva presto fare i conti con la realtà e non sapeva come avrebbe fatto a salvarsi.
“Sarebbe stato tutto più noioso” esclamò lui, allontanandola leggermente “mentre il proibito rende tutto più eccitante” sussurro, baciandola con lussuria.
“Chi ti ha insegnato tutto questo?” chiese Tashigi, divertita mentre le mani di Zoro si spostavano senza ritegno sotto la sua maglietta bianca.
“Brook” rispose con calma , passando a torturare il collo della giovane “Quel vecchio pervertito ne sa una più del diavolo”.
Tashigi tentò di opporre resistenza, allontanandolo da lei con non molta forza “Che intenzioni hai?” chiese, con un sorriso furbetto da finta innocente.
“Hai detto che dobbiamo sfruttare il tempo che passiamo insieme, vero? E allora…” e si rifiondò sulle sue labbra, baciandole con urgenza.
“Rufy, non guardare!” sibilò Nami, cercando di mettere una mano sugli occhi del capitano.
“Ma che stanno facendo?” chiese il ragazzo allontanando la ragazza, spingendola verso il basso per cercare di vedere meglio.
“Non guardare!” esclamò, tirandoli una gomitata sotto il mento e facendolo sibiliare.
Zoro si allontanò repentinamente dalla ragazza,come fulminato, il capo che scattava veloce in tute le direzioni della stanza.
“Che ti prende?” esclamò Tashigi tenendosi su i pantaloni che il ragazzo le aveva sbottonato poco prima.
“Mi è parso di sentire un rumore” rispose, facendole cenno con una mano di non parlare mentre si muoveva furtivo nella stanza.
Rufy e  Nami trattennero il respiro. Se li avessero scoperti sarebbe stato un problema sia per loro che avrebbero dovuto spiegare il perché si trovavano lì e poi avrebbero messo in imbarazzo i due spadaccini e chissà come si sarebbero vendicati.
Zoro camminava lento e anche Tashigi iniziò a fare lo stesso. Una delle caratteristiche di ogni spadaccino a quanto pare era essere un cacciatore. Le loro movenze, placide, tranquille, come se l’aria stessa gli guidasse e fossero un tutt’uno con loro, toccavano le coste dei libri, osservavano attentamente tutto l’ambiente per essere cerci che nulla gli fosse sfuggito o se ci fosse qualcosa di insolito.
“Robin-Chaaan! Nami-swaaan! Tashigi-saaaan!”
La voce di Sanji riecheggiava per le scale.
Zoro si rilassò “È solo il beota” esclamò, poi prese Tashigi per la vita, portandosi alle sue spalle e annusandole l’incavo del collo “Non andare”
“Ma mi sta chiamando” ridacchiò lei “Devo andare”
“Non preferirai lui a me, vero?” gli occhi del ragazzo si ridussero a due fessure.
Tashigi lo guardò con sufficienza, poi gli regalò un ghigno “Lui almeno non è antipatico come te e mi riempie di attenzioni”
“Una di voi è in bibliotecaaa?” la voce di Sanji era sempre più vicina.
Zoro fissò Tashigi “Non lo fare”.
“Sono qui!” esclamò la ragazza ad alta voce, beccandosi un’occhiataccia “Serve niente, Sanji?”
“Oh, Tashigi- san! Ho preparato uno spuntino delizioso per voi mie dee”
“Perché vuoi andare?”
“Per non far sospettare nulla, lo sai”
Zoro arricciò il naso “E io che dovrei fare?”
“Esci dopo un po’ che sono uscita io e poi ti raggiungo in palestra. Abbiamo deciso di allenarci, no?”.
Sembrava quasi che lo avesse invitato a lanciarsi. Zoro si buttò in avanti, stringendo forte la ragazza e baciando con forza le labbra fino a farle arrossare.
Rufy e Nami non potevano credere che in intimità Zoro potesse essere così caloroso, per niente freddo, sembrava che in quei momenti non fosse lui, fosse un uomo senza difese, senza armature né spada.
Quando si sciolsero dal bacio Tashigi andò verso la porta “Non permettergli di toccarti” sibilò il ragazzo, ritornando a essere lo scontroso che tutti conoscevano.
Lei ridacchiò “Sei geloso di me o di lui?” e andò via senza attendere la risposta, con un sorriso sul volto e le guancie imporporate.
Zoro sospirò, passandosi una mano tra i capelli radi “Che mi hai fatto?” mormorò a se stesso fissando la porta.
Attese alcuni minuti in piedi, poi varcò anche lui la soglia.
Nami e Rufy ricominciarono a respirare.
Erano diventati blu a furia di trattenere il respiro e respirarono come mai avevano fatto in vita loro.
Uscirono piano dal loro nascondiglio, guardandosi intorno per essere certi che non ci fosse nessuno nei paraggi.
“Ma che stavano per fare?” fu la prima domanda che uscì dalla bocca del capitano, ma Nami lo ignorò, anzi, si rivolse a lui con un sorriso raggiante “Avevo ragione!” esclamò a gran voce, saltando su come una bambina “Sapevo che quei due erano innamorati e ora ne ho la conferma e…” si bloccò, sul volto ancora il sorriso quando un pensiero per niente gioioso le attraversò la mente.
“Che succede, Nami?” chiese il ragazzo, preoccupato da quel cambiamento improvviso.
“Sono destinati a soffrire” fu la sola risposta della ragazza “Non potranno stare insieme, loro non possono. Noi non possiamo”
“Che cosa?” Rufy balzò. Com’era possibile che ora il discorso era passato su di loro?
“Rufy, io e te dobbiamo smetterla qui” Nami sembrava in preda ad una strana paura “Io e te. se qualcuno della ciurma lo scoprisse, se un giorno dovremmo non amarci più che cosa succederebbe? La ciurma si scioglierà per colpa di stupidi sentimentalismi?”
Rufy non rispose.
Nami pensò che fosse un concetto troppo grande per lui “Ascolta, Rufy, io e te…”
“Ho capito benissimo” la interruppe lui “Non sono stupido” .
E andò via, lasciandola sola e interdetta nella biblioteca.
 
Robin assaporò il suo cocktail alla frutta scrutando Tashigi di fronte a sé.
Sembrava la solita, eppure c’era qualcosa di diverso il lei.
I capelli erano spettinati, scomposti; le labbra con cui tirava la cannuccia erano gonfie, quasi livide; ma quel che la lasciava più perplessa erano gli occhi. Erano raggianti.
Sembravano emettere felicità nonostante la sua solita compostezza e serietà.
“Capitano della marina” la chiamò. La ragazza sobbalzò, sorpresa “Dimmi, Robin?”
“Sembri felice” disse la donna, poggiando il bicchiere di fronte a sé “ Successo qualcosa di bello?”
La ragazza arrossì di colpo, poi prese a giocare con i capelli, quasi a voler giustificare il loro disordine “Nami mi ha detto che presto raggiungeremo i miei uomini” rispose “Questo è il motivo”.
“Oh, capisco” esclamò Robin “Sono felice per te”.
La ragazza si limitò a sorridere, imbarazzata.
L’archeologa si allungò verso di lei, intenzionata a carpirle quante più informazioni possibili, quando i suoi occhi furono rapidi dalla figura del capitano che si muoveva nervoso per la nave e di Nami, alle sue spalle, con un’espressione colpevole.
“Credi che abbiano litigato?” chiese Tashigi dopo aver seguito il suo sguardo.
Robin corrucciò le labbra “Mi chiedo cosa stia succedendo su questa nave”.





N.d.A. Da Novembre mi ripresento solo oggi?Purtoppo si U.U Mi dispiace farvi attendere, ma odierei ancora di più se dovessi proprio rinunciare a scrivere la storia per manacanza di tempo,quindi spero che abbiate ancora un pò di pazienza e aspettaite il prossimo e ultimo capitolo.
Grazie di tutto
Fra

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Non ti dimenticherò mai ***


Vi era una strana aria sulla nave.
Tutta la ciurma di Cappello di Paglia si era accorta che qualcosa non andava nel capitano, anche Tashigi, che si poteva benissimo considerare un’estranea, aveva visto che il ragazzo era strano, taciturno e con un’espressione accigliata.

I membri della ciurma non sapevano che fare. In tanti anni passati a solcare i sette mari mai e poi mai avevano visto Rufy con quell’espressione: lo sguardo cupo, le labbra lievemente arricciate, le spalle ingobbite. Sembrava emettere energia elettrica, come se, se qualcuno si fosse avvicinato a toccarlo, sarebbe saltato in aria seduta stante.
Era dalla sera prima che tutti si erano accorti di quel comportamento, ma nessuno aveva il coraggio di chiedergli cosa avesse né avevano pensato di interrogare qualcun altro dei suoi compagni per cercare informazioni.
Il mattino successivo erano tutti radunati sul ponte, intenti a fare le cose più disparate, ma quando Rufy si avvicinò a passo lento verso il parapetto della nave tutti gli rivolsero la loro attenzione.
Chopper e Franky si lanciarono uno sguardo interrogativo: dovevano assicurarsi che non si lanciasse di sotto? Non poteva farlo.
Sanji, Brook e Zoro smisero di piegare le vele e iniziarono a fissarlo con aria preoccupata.
Tashigi si sedette accanto a Robin che sorseggiava assorta il suo drink. Dallo sguardo che le lanciò, la marine capì che neanche lei aveva una spiegazione a questo comportamento.
Usopp si avvicinò a Nami che stava prendendo il sole, forse l’unica che non aveva dato al 100% la sua attenzione al ragazzo: “Ma te hai idea di cosa abbia?” le chiese, dando voce al pensiero di tutti.
Nami si mise a sedere, fissando la schiena del ragazzo che guardava assorto verso l’orizzonte.
Le si stringeva il cuore a vederlo così e sapeva perfettamente che la colpa di tutto ciò era soltanto sua e del suo stupido comportamento.
Lei voleva veramente bene a Rufy e anche alla ciurma.
Si alzò dal suo posto e si avvicinò al ragazzo, dando le spalle agli altri e imitando la sua posa: le braccia conserte sul parapetto e la schiena inarcata, lo sguardo fisso sul mare.
L’odore di Nami raggiunse le narici del ragazzo prima della sua proprietaria.
La scrutava con la coda dell’occhio, incerto se rivolgerle o meno la parola. Non gli era andato giù il fatto che lei non ritenesse giusta una loro relazione dopo che l’aveva baciato. Gli aveva fatto credere che non aveva più ripensamenti su di loro, che se ne importasse del giudizio altrui e che fosse consapevole di quello che lui provava, ma evidentemente non era così e si sentiva profondamente deluso da ciò.
Il suo tocco sulla spalla fu repentino. Rufy non degnò di uno sguardo quella mano sulla sua camicia, ma non poté ignorare la ragazza quando gli fu letteralmente al fianco a sussurrargli nell’orecchio “Ho sbagliato”
A quelle parole, il capitano della Sunny la guardò “Su cosa?”
“Su di noi”.
“Cosa te lo fa credere?”
Nami lo fissò, poi portò lo sguardo al resto della ciurma che li stava guardando in attesa. C’era solo una cosa da fare. E forse sarebbe servito non solo a loro due.
Brutalmente, Nami afferrò Rufy per la camicia e lo costrinse a voltarsi, per poi posare un altrettanto brutale bacio sulle sue labbra, lasciandolo di stucco. E non solo lui.
Dopo un attimo di pietrificazione, l’intera ciurma ebbe i modi più assurdi di reazione. Mai e poi mai Nami si sarebbe immaginata di vedere Usopp piangere di gioia né Zoro ridere sguainato.
Franky e Chopper cominciarono a saltellare per la nave, alternando risate isteriche a lacrime copiose.
Brook ebbe una delle reazioni più strane: si limitò a sedersi a terra, come se volesse fare yoga e non disse una parola.
Robin e Tashigi si lanciarono sguardi divertiti ed eccitati.
Quello che sorprese di più fu Sanji.
Nami si aspettava che il biondo cuoco cominciasse a urlare o perlomeno piangere, ma non si mosse, rimase fermo nella sua posizione, perfettamente immobile; sembrava pietrificato.
Al loro distacco, dopo essersi guardati in imbarazzo per un po’, Rufy e Nami spostarono lo sguardo verso Sanji.
Dopo l’ilarità generale tutti si voltarono a guardare il cuoco.
Furono attimi di silenzio, gli stessi che preannunciano una tempesta; poi Sanji sollevò le mani.
Rufy si piegò leggermente sulle ginocchia, pronto a parare un attacco del compagno furente, ma fu inutile.
Le mani del cuoco cominciarono a battere l’una contro l’altra in un fragoroso applauso, lasciando tutti di stucco.
La velocità e l’intensità aumentava insieme allo sconcerto dei ragazzi che mai sorpresi da una reazione del genere.
E poi sorrisero.
Sorrisero inteneriti nel vedere che Sanji cercava di nascondere le proprie lacrime con il fragore dell’applauso.
 
“Tu ne sapevi niente?”
Brook si era avvicinato con circospezione all’archeologa. Ormai erano passate alcune ore da quando il capitano e la navigatrice erano venuti allo scoperto e, dopo i primi minuti passati a impedire a Sanji, tornato in sé, di lanciare il ragazzo di gomma giù in mare legato come un salame; la rossa aveva informato tutti del forte legame che i due avevano maturato, pregandoli di non sentirsi in imbarazzo o comunque di non trattarli differentemente dal solito.
Robin sorrise “Sono sorpresa quanto te” rispose “Ma credo che sarà utile anche per qualcun altro”
Il vecchio canterino scoppiò in una risata fragorosa “Aspettiamo tutti la dichiarazione dello spadaccino” esclamò “E aspetto anche di vedere la signorina Tashigi pronta ad ammazzarlo”.
La ragazza sollevò un lato del labbro “Non credo che andrà così”
 
Tashigi prese dal frigorifero della cucina una cola e la porse al cyborg seduto al tavolo insieme allo spadaccino.
“Voglio una birra” esclamò il ragazzo dai capelli verdi.
Tashigi sistemò gli occhiali sul naso “Prenditela da solo” disse e si sedette accanto a Franky, ignorando palesemente l’ex cacciatore di pirati.
Il ragazzo le regalò un sorriso sghembo ma non disse nulla, si alzò e lasciò la stanza.
“Che odioso” mormorò Tashigi trattenendosi dal ridere. Lei e Zoro avevano deciso di comportarsi normalmente d’avanti agli altri, non dovevano sospettare minimamente che la loro relazione fosse cambiata.
Con la coda dell’occhio aveva seguito il suo percorso.
 Amaramente pensava che quegli sarebbero stati gli ultimi momenti in cui potevano stare insieme e vedere Rufy e Nami baciarsi di fronte a tutti, dimostrare così apertamente la loro relazione, l’aveva spinta a credere che anche lei potesse farlo, che anche loro due potevano venire allo scoperto per sfruttare al massimo quelle ultime ore, perché ormai sì, si trattava di ore prima che tutto quell’idillio fosse destinato a finire nell’oblio di ciò che non doveva esistere.
Aveva provato a parlarne con Zoro, ma il ragazzo non sembrava per niente intenzionato ad assecondarla. Dopo che tutti si erano avvicinati a consolare il cuoco, Tashigi si era avvicinata furtiva al ragazzo, provando timidamente a sfiorargli le dita con le proprie, ma Zoro si era allontanato bruscamente e allora la ragazza capì che non aveva speranza di convincerlo.
“Una testa dura, eh?”
Tashigi guardò il carpentiere che beveva avidamente dalla bottiglia di vetro in modo sgraziato.
La ragazza non rispose.
“Sai” continuò l’uomo “sono felice che tutti abbiano preso così bene la relazione del capitano e della navigatrice. Magari un giorno avrò il coraggio di dichiararmi anche io”
La marine rimase sorpresa da tale affermazione. Franky le lanciò un’occhiata da cucciolo malmenato.
“Vuoi dire… Robin?”
Il cyborg rise “Sei perspicace”
La ragazza gli si sedette accanto, non prima di aver preso dello scotch da dietro la dispensa.
“Il cuoco potrebbe ammazzarti per questo”
“Tu dici? Io credevo che non avesse mai toccato una ragazza” rispose lei versando due generosi bicchieri.
“Anche questo è vero” l’uomo bevve il contenuto del bicchiere tutto d’un sorso, imitato dalla moretta che si apprestava a versarne un altro.
“Vacci piano, marine!” esclamò Franky “Quello con le pene d’amore sono io”
La ragazza lo ignorò e il suo gesto fu più che eloquente.
Franky scioccò la lingua “In questa nave condividiamo il bere” disse strappandole la bottiglia di mano “E i pensieri”.
“In questi giorni siete stati molto carini con me e un po' mi dispiace di andar via”
“Per noi…” Franky giocherellò con il bicchiere dal fondo largo e tondo, guardandoci dentro come se fosse un cannocchiale “… o per lo spadaccino?”
Tashigi si strozzò con la sua stessa saliva, spalancando gli occhi e tossicchiando “M-ma per tut-tutti voi! Ovvio!”
Il cyborg ridacchiò “A me l’ovvio sembra altro”.
Si versò ancora un po' di scotch e riempì il bicchiere di Tashigi.
“Senti, non sei obbligata a confidarti con me” esordì “Una volta scesa da qui saremmo nuovamente nemici, ma ti posso assicurare che mai e poi mai, nessuno di noi, userebbe le tue debolezze contro di te e mi auguro che tu faccia lo stesso” la fissò negli occhi, lei gli abbassò.
“Non sono una vile” sibilò “Vi sono profondamente riconoscente per esservi presi cura di me e per non avermi mai trattato come una prigioniera”.
“Avremmo potuto farlo” sentenziò l’uomo “ma sono certo che Zoro ti avrebbe liberato nel giro di un fendente” ridacchiò “Sicuramente non te l’ha detto, ma ogni volta che vi incrociavamo era sempre eccitatissimo, l’idea di incrociare le spade con te deve avere qualche potere su di lui”
Tashigi arrossì e Franky capì che valeva anche per lei.
“Senti, marine,” Tashigi sollevò lo sguardo “se fossi in te mollerei quel bicchiere e andrei da quella testa di muschio. Domani raggiungeremo il tuo superiore”
Tashigi lo fissò. Andare via in quel momento significava far capire al cyborg che aveva ragione e presto l’avrebbero saputo tutti. Ma cosa aveva da perdere?
“Forse” disse mentre si alzava lentamente dalla sedia “dovresti affrontare anche i demoni dei tuoi sentimenti”
Si scambiarono un’occhiata eloquente e Tashigi lasciò la stanza.
“Non è carino origliare, Robin” esclamò il cyborg fissando il piccolo e chiaro orecchio alla parete dietro di lui. Un turbinio di petali si levò dalla sedia dove prima era seduta Tashigi e la copia di Robin si presentò accanto a lui “Hai avuto una buona idea” esclamò “Fingere di confidarti per convincerla a fare lo stesso è stata una tattica degna di uno stratega”
Franky ridacchiò, versandosi un altro bicchiere “Già” mormorò mesto “un’ottima tattica”.
 
 
 
“Hina sta osservando”
Smoker sudava freddo.
Odiava trovarsi in quella situazione e in particolare quello che stava facendo in quel preciso momento. Hina aveva insistito affinché Smoker la accompagnasse nella cabina di Tashigi. L’uomo aveva provato a ribellarsi, accusando che si trattava di violazione della privacy della sua sottoposta, ma Hina l’aveva gelato con uno sguardo e gli aveva fatto notare che, non avendo la centrale avuto sue notizie, poteva benissimo considerarla come morta anche se ben sapeva che non era così.
Hina osservava con attenzione le taglie appese alla parete della piccola e spartana cabina. Il letto era perfettamente rifatto e la fida spada del capitano di vascello giaceva su di esso immobile, così come la ragazza lo aveva lasciato prima della grande bufera che l’aveva portata via da loro.
Hina toccava appena le lenzuola, il legno della scrivania e l’elsa della spada, distratta. Maggiore attenzione invece era rivolta alla disposizione delle taglie. Erano tutti abili spadaccini, appesi in ordine maniacale a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, solo due taglie non erano con loro accanto al letto: la taglia di Roronoa Zoro era appesa alla parete di fronte al letto, come se dovesse essere l’ultima cosa che la ragazza vedeva appena andava a dormire e la prima al suo risveglio; l’altra era la taglia del membro della flotta dei sette Drakul Mihawke, il manifesto pendeva come un’avvertenza sulla porta interna.
Hina si soffermò sulla taglia di Zoro, piegando la testa di lato e passandosi lentamente la lingua sulle labbra.
“Quando è previsto il loro arrivo?”
Smoker parve sorpreso di essere stato interpellato, sollevò lo sguardo sulla ragazza che continuava a scrutare il poster “Domani mattina” rispose.
Hina non lo guardò “Tu e Hina andrete insieme al porto” ordinò “Nessun’altro”
“Cosa?” Smoker strinse i suoi tre sigari tra le labbra. Non gli piaceva che qualcuno gli desse ordini e in particolare se quel qualcuno era proprio lei.
“Hina non accetta discussioni”
 
 
 Zoro si lasciò cadere sul pavimento della Sunny, stanco e sudato. Il petto nudo tremava leggermente al contatto con la brezza della notte e il suo fiato condensava in graziose nuvolette dalla sua bocca. Aprì la mano destra, lasciando rotolare giù la spada di legno ormai consumata ai lati.
Sentì le dita della mano sinistra che venivano sfiorate da qualcuno e girò il volto. Tashigi lo aveva imitato, anche lei stesa alla ricerca di fiato sul ponte erboso della nave.
L’aveva sorpreso quando si era presentata con le due spade di legno e aveva iniziato a caricarlo. Fu una lotta senza esclusione di colpi, senza escludere anche i corpi a dirla tutta. Ogni volta che incrociavano le lame di legno anche le loro labbra si congiungevano e i passi avevano un’andatura dal feroce al dolce, quasi un tango appassionato che nessuno dei due voleva mollare.
Il resto della ciurma era rimasto ad osservargli per un po', incuriositi da questo strano e armonico allenamento che sembrava una sfida (ovviamente, di fronte a loro, avevano evitato qualsiasi tipo di effusione), ma quando il sole era tramontato si erano ben presto ritirati per la cena.
Le dita di Tashigi continuarono a cercare quelle dello spadaccino finché il ragazzo non rispose alla ricerca intrecciandole alle sue.
“Come mai questo allenamento?” chiese improvvisamente il ragazzo. Non era mai il tipo da iniziare una conversazione, ma era rimasto fin troppo incuriosito da quell’atteggiamento che non riuscì a trattenersi.
Tashigi sospirò “Domani andrò via”
“Lo so”
“Volevo passare i miei ultimi momenti con te”
Zoro non rispose. La ragazza sospirò “Mi costa molto tutta questa sincerità” ammise “Ma questi giorni con voi, con te, sono stati i migliori della mia vita” fece una pausa “Non che odi il mio lavoro, anzi. Ma qui ho assaporato quel che si chiama libertà e ho aperto gli occhi su cosa sia la giustizia, sulle sue facce. E, inoltre…” tacque.
“Inoltre?” la incalzò lo spadaccino.
“No, nulla” Tashigi fece per alzarsi, ma Zoro la trattenne per il polso.
“Inoltre?” ripetè il ragazzo, insistente.
La ragazza guardò in basso “Inoltre ho capito cosa vuol dire amare”.
Silenzio.
Un silenzio che parve durare secoli.
Tashigi si sentì una stupida e Zoro sentì la medesima sensazione. Che doveva fare in quel momento? Non volevano usare quella parola per non rendere il tutto più straziante, ma ora…
Zoro la trascinò a sé e l’abbracciò.
Lei ricambiò la stretta e si sforzò per trattenere le lacrime.
“Andremo avanti” disse Zoro dopo un tempo indefinito senza sciogliere l’abbraccio “Ma c’è una cosa che voglio che tu faccia”
“Cosa?”
“Non dimenticarti di me”.
 
 
 
Il suono delle onde che si infrangono contro la scogliera non tardò ad arrivare e con quello ne seguì la consapevolezza, in tutti i mugiwara, che da lì a poco avrebbero dovuto salutare la loro amica per re-incontrarla chissà quando come nemica.
I pirati si muovevano di gran lena su per il ponte, prima avrebbero portato Tashigi dai suoi uomini prima avrebbero potuto sfogarsi in pianti inconsolabili.
Anche se nessuno voleva ammetterlo tutti quanti si erano affezionati alla marine e l’idea di separarsi non andava bene a nessuno di loro, in particolare a Rufy e Brook che nel giro di 24 ore avevano chiesto alla ragazza di unirsi a loro almeno sette volte. Ma Tashigi sapeva quale fosse il suo posto e sapeva che non si sarebbe mai perdonata se avesse abbandonato Smoker e i suoi uomini. Era una donna d’onore, una militare tutta d’un pezzo che amava un pirata.
La consapevolezza di quell’amore ricambiato ma impossibile la faceva soffrire e non poco, ma Zoro era stato chiaro con lei: non voleva essere la causa della sua infelicità. Per quanto Tashigi si trovasse bene con i Mugiwara, lei sarebbe sempre stata sottoposta solo a Smoker e non avrebbe mai rubato per vivere come invece facevano loro. Purtroppo, il suo disprezzo per la pirateria non era sparito con l’amnesia e nemmeno con il ritorno della memoria, l’idea della giustizia onesta e legale che le era stata imposta e che tanto amava non se ne sarebbe andata così velocemente.
La bruna passeggiava per il ponte, aiutando i Mugiwara quando ne avevano bisogno e accettando grata i doni che le avevano offerto.
Sanji le aveva preparato una serie di barattolini sottovuoto pieni di leccornie, Nami un cesto pieno di mandarini, Nico Robin un romanzo di Shakespeare; Usopp una spada di legno di sua invenzione modificata da Franky: poteva rimandare un ologramma di Zoro con cui allenarsi; Chopper delle medicine per l’amnesia e delle bende, Rufy una delle sue canne da pesca e Brook uno dei suoi foulard preferiti. Solo lo spadaccino non le regalò nulla di materiale, ma la ragazza era ben consapevole che le avesse dato il dono più grande che potesse darle: amare e lasciarsi amare.
 
“Sei pronta?”
Nami si poggiò al parapetto accanto a Tashigi, spostandosi i capelli dal viso.
“Diciamo di sì” esclamò la moretta, con un sorriso triste.
Nami, senza preavviso, la abbracciò “Preferisco farlo ora che nel momento dell’addio”
La marine ricambiò l’abbracciò “Ti devo tanto” le disse, memore del salvataggio “Se mai verrai arrestata farò in modo di darti tutte le comodità”
La rossa rise “Sei un militare tutto d’un pezzo” esclamò “ma sei anche una buona amica”
Tashigi le sorrise “Lo sei anche tu”.
“TERRAAAAAAAAA”
La voce di Usopp strappò le due amiche dal loro momento. Nami corse a prua, seguita da Tashigi e presto raggiunta da Rufy.
“Ci siamo” esclamò il capitano.
“Usopp! Vedi qualcosa?” urlò il cuoco appena accorso al cecchino. Ben presto tutti i mugiwara si unirono ai tre vicini alla polena.
Usopp si concentrò, scrutando con il telescopio la costa alla ricerca di qualche porto, ma vi trovò una banchina e il fumo di tre sigari ben conosciuti levarsi nell’aria.
“Ho trovato Smoker!”
Il cuore di Tashigi ebbe un balzo. Smoker, il suo viceammiraglio, mai poteva sentirsi più felice al suono di quel nome.
“È solo?” chiese Zoro, avvicinandosi alla marine.
“No!” rispose il cecchino “C’è una donna con lui”
“Una donna?” ripetè Tashigi, sorpresa. Si aspettava qualcuno dei suoi uomini, oltre a lei non c’erano altre donne. Chi poteva essere?
“Una donna?” disse il cuoco “E com’è?” chiese sornione.
“È molto alta e bella!” rispose Usopp “Fuma una sigaretta e ha i capelli rosa e un completo viola”
“Hina!” esclamò Tashigi, esterrefatta “è il contrammiraglio del quartiere generale della marina!” spiegò.
“Dite che è una trappola?” Robin e Brook si scambiarono uno sguardo preoccupato.
“Brook!” il capitano della Sunny chiamò lo scheletro canterino “Va a parlare con loro”
Lo scheletro annuì e la sua anima si staccò dal corpo ossuto, volando veloce verso le due figure ufficiali.
I due marines cercarono di non dimostrare la loro impressione allo scenario raccapricciante che gli si presentava.
L’ectoplasma, con voce cavernosa, esclamò “Dichiarate le vostre intenzioni!”
“Le nostre intenzioni?!?” Sbraitò Smoker, sputando saliva “Ridatemi la mia sottoposta, come d’accordo”
“Hina è qui per garantire lo scambio e la non ripercussione della faccenda” esclamò la donna “Hina vuole parlare con il sottoposto di Smoker”.
Nel frattempo, la nave si avvicinò al porto e l’anima di Brook tornò al suo corpo per riferire il messaggio agli altri componenti della ciurma.
Il viso di Smoker si illuminò alla vista della sua sottoposta. Vederla viva e in salute era la cosa che più lo premeva, non vedeva ferite evidenti sul corpo della ragazza, anzi, sembrava felice anche lei di vederlo.
“Viceammiraglio!” urlò la ragazza sporgendosi dal parapetto della Sunny.
Il sorriso di Smoker si raggelò quando vide i nove membri della ciurma di Cappello di Paglia porsi alle spalle del suo braccio destro e in particolare nel vedere il sorriso sornione del loro capitano.
“Sana e salva, fumoso” gridò Rufy “come promesso!”
La nave si accostò al porto e una passarella di legno lasciata dal cyborg unì i due gruppi.
Tashigi prese tutti i suoi doni e si preparò a scendere dalla nave pirata, pronta a chiudere quel capitolo.
“Posso salutare?” chiese la ragazza al suo superiore, elettrica al pensiero di tornare alla sua vita ma allo stesso tempo dispiaciuta. Era stata bene con i Mugiwara, era riconoscente a tutti loro.
Smoker e Hina annuirono “Permesso accordato”
La ragazza si voltò e abbracciò tutti, uno a uno, ringraziandoli per tutto quello che avevano fatto per lei.
L’ultimo che la salutò fu Zoro, dopo il cuoco che scoppiò in lacrime. Lo spadaccino le mise una mano sulle spalle, non potevano tradirsi all’ultimo, lo sapevano bene. “La prossima volta che ci incontreremo” disse “Non andrò morbido”
“Neanche io” esclamò la ragazza per poi lanciarsi al suo collo e abbracciarlo. Era il loro ultimo momento, poteva lasciarsi andare prima di ri-considerarlo come il nemico. Zoro ricambiò per poco l’abbraccio e la accompagnò alla passerella.
A metà strada Hina la guardò “Hina vuole dirti che ora non sei né una marine né una pirata” esclamò guadagnandosi un’occhiata indagatrice da tutti, Tashigi compresa.
“Hina vuole dire che Tashigi, prima di tornare il capitano di vascello, deve essere coerente con sé stessa, nessun rimpianto”
Allora Tashigi capì. Mollò tutte le sue cose sulla passerella e si voltò, correndo verso Zoro e lanciandosi contro le sue labbra; tra lo stupore generale di tuti, esclusi Hina, Robin e Franky, lo spadaccino ricambiò il bacio, stringendo la ragazza e dondolandosi sul posto.
“Addio” mormorò la ragazza al loro distacco.
“Alla prossima” rispose il ragazzo baciandola sulla fronte.
Tashigi si avviò sulla passerella, riprese le sue cose e si avvicinò a Hina e Smoker, quest’ultimo incapace di proferire parola.
I Mugiwara stesero le vele e si allontanarono dal porto, salutando a gran voce la loro amica e i loro nemici.
Tashigi guardò l’orizzonte finchè la nave non scomparì alla sua vista.
“Di quello che è successo” disse Hina “non faremo parola con nessuno”
“Assolutamente” rispose Smoker, allucinato “Ma come…”
“Hina capisce una donna” rispose “Hina sa cosa significa mantenere un amore segreto e cosa significa per una marine cedere ai sentimenti. La ragazza sa il suo posto, ma è pur sempre una ragazza”
Smoker osservò Tashigi che a sua volta guardava l’orizzonte. Fiera e matura, non poteva avercela con lei per aver ceduto a un sentimento. La conosceva troppo bene, sapeva che non lo avrebbe mai abbandonato per amore.
La ragazza si voltò “Dove sono i miei uomini’” esclamò “E la mia spada?”
 
Zoro si sentì urlare nelle orecchie per le successive due ore. Da Sanji e Brook per averci provato (e avuto successo) con la ragazza, da Usopp, Chopper, Rufy e Nami fu preso in giro per aver tenuto nascosto la relazione.
Franky e Robin osservavano a distanza.
“Non credevo lo avrebbe fatto” disse l’archeologa, sorridendo.
“Non potevano avere rimpianti” rispose il Cyborg “E, a proposito” disse attirando l’attenzione della donna.
Cercò nella giacca e prese un libro che passò alla ragazza “Questo l’ho preso sull’ultima isola”
Robin guardò il titolo “Racconto d’inverno” lesse ed aprì la prima pagina, dove riconobbe nella dedica la scrittura frettolosa del carpentiere “Per i tuoi sogni ad occhi aperti”
Sorrise all’uomo “C’è qualcosa che vuoi dirmi?” chiese.
“Quando finirai il libro” rispose Franky “risponderò a tutte le tue domande” e le baciò una guancia.
 
Tashigi accarezzò il suo letto. Dopo tutto quel tempo passato a dividere la cabina con Nami e Robin era strano stare di nuovo sola.
I suoi uomini l’avevano accolta con tutti gli onori, piangendo e abbracciandola in continuazione finchè il viceammiraglio Smoker non gli riportò all’ordine.
La ragazza riosservò la sua stanza, soffermandosi sul manifesto da ricercato di Zoro.
Accarezzò quel volto, come se fosse quello del vero e sulle sue labbra riafforò il sapore del pirata.
“Non mi dimenticherò mai più di te”.



 
N.d.a.
Salve a tutti. Immagino avevate perso le speranze che io completassi questa storia dato che non la aggiornavo dal 2017, ma eccomi qua. L'ultimo capitolo ha finalemte visto la luce. Gli impegni di questi ultimi anni, i problemi personali e la manacanza di ispirazione per questo fandom mi avevano tenuto lontano, eppure il finale è  lo stesso che avevo pensato all'inzio di queesto racconto.
Serviva una quarantena per rimettermi a scrivere su One Piece? Probabile! Spero di essere più produttiva per questo fandom e in particolare per le OTP che tutti voi oramai conoscete.
Grazie per la pazienza.
un bacio a tutti.
fra_eater

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3269518