Niente è facile, nulla è impossibile

di X_98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi spezzerò ma non mi piegherò ***
Capitolo 2: *** Ciò che è giusto ***
Capitolo 3: *** Con la forza della verità ho conquistato l’universo ***
Capitolo 4: *** Grida nel silenzio ***
Capitolo 5: *** Bisogna scegliere chi si vuole amare ***
Capitolo 6: *** L’artefice di tutto ***
Capitolo 7: *** Chi ama crede nell’impossibile ***
Capitolo 8: *** Qui ci sono i leoni ***
Capitolo 9: *** La bocca dello stolto è il suo castigo ***
Capitolo 10: *** Possedere non essere posseduti ***
Capitolo 11: *** Nessuno è obbligato a fare l’impossibile ***
Capitolo 12: *** Un baratro davanti, alle spalle i lupi ***
Capitolo 13: *** Le armi mantengano la pace ***
Capitolo 14: *** Tutto cambia ***
Capitolo 15: *** Dividi e comanda ***
Capitolo 16: *** Contro ogni speranza ***
Capitolo 17: *** La fortuna aiuta gli audaci ***
Capitolo 18: *** Vivere è combattere ***
Capitolo 19: *** Non smettere mai di amare ***
Capitolo 20: *** È stupido temere ciò che non si può evitare ***
Capitolo 21: *** Cogli l’attimo ***
Capitolo 22: *** La gioia di incontrarsi di nuovo ***
Capitolo 23: *** Il ricordo di un’antica rabbia ***
Capitolo 24: *** Se vuoi la pace prepara la guerra ***
Capitolo 25: *** La speranza non è mai così persa da non poter essere ritrovata ***
Capitolo 26: *** Non esiste separazione per chi ama con il cuore ***
Capitolo 27: *** Uno stregone arriva precisamente quando intende farlo ***
Capitolo 28: *** Gli occhi di chi ne ha passate tante, il sorriso di chi le ha superate tutte ***
Capitolo 29: *** Se la tempesta non passa, impara a ballare sotto la pioggia ***
Capitolo 30: *** Il mio niente ***
Capitolo 31: *** Le cicatrici più profonde ***



Capitolo 1
*** Mi spezzerò ma non mi piegherò ***


Thranduil si svegliò di colpo quando sentì un rumore metallico.

Era il loro modo di fare. Probabilmente le guardie si divertivano appena trovavano una scusa per infastidirli.

Quella cella era diventata familiare ma non per questo aveva abbassato la guardia.

Aveva scoperto presto che mostrarsi estremamente aggressivo lo avvantaggiava.

Non veniva mai messo assieme agli altri prigionieri ne per dormire ne per mangiare, ma solo per allenarsi nell’arena.

Colui che si definiva il suo padrone non voleva perdere la merce preziosa a causa sua e sapeva bene che un guerriero come lui era importante per il proprio guadagno. 

Non lo divertiva fare del male alle persone, ma era necessario perché lo rispettassero. Nel suo regno si era guadagnato la fiducia e la lealtà degli elfi non solo grazie al titolo, ma amministrando bene il regno affinché prosperasse e pensando solo al benessere ed alla sicurezza della propria gente.

Mentre qui, gli esseri umani con cui si trovava, sembravano veramente degli animali! Forse si comportavano in modo aggressivo solo per elevare la propria posizione come aveva fatto lui, oppure erano rozzi di natura.

Ma la curiosità riguardo ai gladiatori che lo circondavano era stata smorzata dal suo desiderio di fuggire. Non avrebbe creato legami con nessuno, altrimenti lo avrebbero svantaggiato, dando al nemico un’arma da usare contro di lui.

Così erano passati centosessant’anni .

In questo lasso di tempo era riuscito a conoscere bene i suoi carcerieri.

I romani erano un popolo prospero. Ampliavano il territorio attraverso numerose battaglie, i cittadini erano divisi in gruppi sociali ed il potere era in mano ad una manciata di uomini.

Ma la maggior parte erano uomini corrotti.

Avidi di potere, coglievano ogni occasione per accrescerlo ed il denaro sembrava l’unica cosa che bramassero.

Specialmente il suo padrone. Non si ricordava il suo nome, non che gli importasse, ma le poche volte che lo aveva potuto osservare era riuscito a vedere il suo sguardo di sufficienza che rivolgeva a chiunque, oltre allo smisurato ego che traspariva da ogni parola che pronunciava, esattamente come i suoi avi. 

L’elfo era consapevole che il padrone veniva sopportato  dai suoi simili solo grazie a lui.

Possedeva un guerriero fuori dal comune, che non era mai stato sconfitto ed il suo antenato era considerato un grande lanista visto che era riuscito a catturarlo.

Thranduil sapeva bene che i lanisti si trovavano nella scala sociale più bassa, ma intrattenere il popolo e rispettare le festività con grandi spettacoli era comunque molto importante.

Nonostante fosse passato molto tempo, non era riuscito a scappare.

Le catene, le torture ed i combattimenti caratterizzavano la sua esistenza. 

Le vittorie avevano accresciuto la fama e la paura che tutti provavano nei suoi confronti.

I romani l’avevano chiamato Azrael,  l’angelo della morte, per incutere timore ai suoi avversari. Anche se doveva dire che non erano eccellenti guerrieri, solo per questo era riuscito a sconfiggerli tutti.

Molti elfi sarebbero svaniti nel condurre una vita simile, ma in lui c’era ancora la speranza di poter fuggire e tornare da Legolas.

Si, suo figlio. Quel figlio che involontariamente aveva abbandonato con il peso di un regno sulle spalle. Era certo che non lo avrebbe deluso e sarebbe stato un grande sovrano, ma era triste al pensiero che, esattamente come era successo a lui, si era ritrovato giovane, solo e con una responsabilità così grande.

Probabilmente lo avevano già dato per morto tempo fa. Era impossibile non pensarlo.

Era scomparso una mattina di primavera non lasciando alcuna traccia di se.

Quel giorno in cui era cambiato tutto!

 

“Thranduil galoppava veloce verso il regno di Imladris. Si sarebbe tenuta un’altra riunione con il Bianconsiglio per discutere sull’aumentare dell’oscurità ed era di vitale importanza che ci fosse anche lui.

Legolas aveva insistito per venire, ma alla fine era stato convinto da suo padre a rimanere nel regno per occuparsene durante l’assenza del re.

Era stato più un ordine da sovrano a suddito che una conversazione tra padre e figlio e Thranduil si era ripromesso che una volta tornato avrebbe cercato di riavvicinarsi a suo figlio.

Il re e la pattuglia di elfi avevano fatto solo le soste necessarie per far riprendere i cavalli, senza rischiare di restare troppo in un posto ed attirare attenzioni indesiderate.

Erano quasi giunti a destinazione quando qualcuno li aveva attaccati.

La sorpresa più grande fu scoprire che erano solo umani, gli esseri avvolti in lunghi mantelli neri che li circondarono. 

“Qualunque cosa accada, proteggete il re!” Ordinò uno delle guardie reali.

“Gurth goth(rim)lye!” (Morte ai nostri nemici!) urlò un altro elfo per incoraggiare e farsi coraggio.

Ma l’elevato numero di umani aveva decretato la loro sconfitta. In quattro erano stati fatti prigionieri. Gli umani aveva fatto a pezzi i corpi dei caduti e gli avevano dato fuoco per far perdere ogni traccia.

Il viaggio era stato lungo e faticoso. Rinchiusi in una piccola cella posta su di un carro, gli elfi erano stati trattati come animali. Uno di loro era morto durante il viaggio a causa delle ferite riportate nello scontro e mai curate.

Thalion era il suo nome. Una giovane guardia che per la prima volta avrebbe viaggiato con il suo re, non sapendo che sarebbe stata anche l’ultima.

Gli altri due si chiamavano Narwain e Galdor, poco più grandi di suo figlio.

Una volta arrivati nella capitale del mondo umano erano stati venduti all’asta e Thranduil, da allora, non aveva più rivisto i due giovani elfi.”

 

I primi anni lo sottoposero a torture atroci. Ma non per ucciderlo, solo per umiliarlo ulteriormente. Con quella punizione volevano toglierli la poca dignità rimasta e fargli abbassare la cresta una volta per tutte! In parte ci erano riusciti, dato che ora ubbidiva, non a tutti, ma a molti degli ordini che gli venivano impartiti!

Il dolore era diventato il suo unico compagno e con sua meraviglia la sua sensibilità si era rafforzata....un disperato tentativo del suo corpo di sopravvivere.

Al dolore fisico ci si abitua!

Gli anni successivi li aveva passati senza far sapere a nessuno cosa stesse pensando. Rinchiuso in un mutismo che esprimeva quanto si sentisse ferito da se stesso per essersi piegato. Questo secondo lui, perché i suoi carcerieri pensavano solo di averlo domato.

Fu del tutto inaspettato. Un sera arrivò un nuovo carico di prigionieri. Schiavi, superstiti dei loro popoli massacrati e uomini strappati dalle loro famiglie, con la falsa promessa di libertà in caso di vittoria.

Un bimbetto in particolare attirò la sua attenzione. Non solo perché era l’unico ad essere così piccolo in quel gruppo di schiavi tutti molto giovani. .......Secondo gli anni umani non dovevano averne più di venti, ma per la vivacità che poteva vedere nei suoi piccoli occhi. I pochi bambini che aveva incontrato avevano perso quella caratteristica dell’ingenua gioventù, consapevoli che la vita che gli si prospettava non sarebbe stata facile.

Il piccolo aveva la pelle molto scura, il corpo esile ed i capelli corti e si mise, a sua volta, ad osservarlo con curiosità. Probabilmente non aveva più di cinque anni umani.

Con sua sorpresa venne messo in cella con lui visto che gli altri prigionieri lo picchiavano. Azrael non si era mai mostrato aggressivo con i bambini e non avrebbe iniziato a farlo.

Si sdraiò sulla sua branda e cercò di riposarsi un po’. Invano. Sentì una piccola manina aggrapparsi al suo braccio sinistro ed aprì gli occhi in tempo per vedere che il bambino era salito sul letto e cercava di stendersi al suo fianco.

Capì subito il perché. La sua branda era posizionata vicino alle sbarre della cella adiacente alla loro e forse temeva che i suoi occupanti potessero fargli del male. Mentre lui si trovava attaccato al muro.

Si poteva dire che questo bambino era molto ostinato oppure molto sciocco.

Era strano che gli si fosse avvicinato con calma e persino confidenza!

Thranduil sospirò e si girò sul fianco sinistro per fargli posto. Dopo un timido “Grazie” in netto contrasto con il suo comportamento, il bimbo si sdraiò accanto a lui e crollò esausto.

 

*

 

Il mattino seguente il piccolo decise di farsi sentire. Mentre facevano colazione iniziò l’interrogatorio.

“Come ti chiami?” “È vero che voi elfi non potete morire?” “Ma sai veramente combattere sia con la lancia che con la spada?...e la rete?” “Io sono Attico!”.

Doveva essere diventato schiavo recentemente dato che era ancora pieno di vita.

Thranduil sospirò e non rispose, decidendo di ignorarlo. Lui non sembrò prendersela, e la sua curiosità si manifestò come un uragano quando andò ad importunare i vicini di cella.

Durante l’allenamento Attico si doveva occupare dell’acqua da dare ai gladiatori. Essendo ancora troppo piccolo per iniziare l’addestramento, veniva sfruttato in altro modo.

L’elfo non si sorprese quando notò che gli altri facevano attenzione a trattare bene il nuovo arrivato, temendo una sua reazione se gli avessero anche solo fatto un graffio.

Era incredibile come gli esseri umani avessero la presunzione di sapere alla perfezione ciò che accadeva intorno a loro. A lui non importava niente della sorte del bambino.

La sera Attico venne messo con lui a mangiare. 

“La mia mamma cucinava molto meglio! Però litigavo sempre con i miei fratelli perché loro avevano molta fame! Il mio papà era un cacciatore molto bravo ma non catturava animali molto grossi!”

Non faceva altro che parlare della sua terra natia e della sua famiglia. Senza nostalgia, era felice.

E non la smetteva di agitarsi sul suo sgabello. Andando avanti così sarebbe....troppo tardi! Grosse risate arrivarono dalla stanza accanto, divisa dalla loro da delle sbarre, appena videro il bambino cadere in terra.

“Non resisterà una settimana!” Rise Dolor, colui che era secondo a Thranduil in quanto a bravura con la spada. “Se fosse stata una femmina avrebbe avuto molte più probabilità!” Disse un’altro alludendo a qualcosa di orribile e guadagnandosi uno sguardo mortale, da parte dell’elfo, che lo fece smettere di ridere all’istante.

Attico dimostrò di essere tenace rialzandosi con apparente calma e finendo di mangiare il suo pasto. Non si agitava più come prima, in parte intimorito dagli adulti ed in parte perché aveva imparato la lezione.

Volendo riposare comodamente, Thranduil fece a scambio di branda con il piccolo per essere sicuro che riposasse. Il fatto che non gli importasse di lui non significava che sarebbe stato crudele.

 

*

 

Al mattino l’elfo si stava allenando con Dolor. Poteva essere uno scontro letale visto che le spade di legno erano abbastanza robuste da spaccare un cranio, ma Thranduil sapeva che non era saggio accanirsi contro al secondo migliore gladiatore del suo padrone.

Lui prediligeva l’uso di due spade, anche se aveva imparato a maneggiare tutti gli altri tipi di armi usate nell’arena, mentre il suo avversario maneggiava una spada ed un grosso scudo.

Arrivati alla ventesima volta che atterrava il rivale, il maestro ordinò loro di cambiare compagno. Ma mentre si dirigeva verso il prossimo avversario, uno sconsiderato lo attaccò. Ci era abituato. 

Per farsi notare in molti tentavano di coglierlo di sorpresa cercando di sfruttare il vantaggio al massimo nella speranza di poter vincere e fare colpo sul padrone, anche se nessuno ci era mai riuscito!

Thranduil cadde a terra di schiena, ma si rialzò velocemente indietreggiando, poggiando un ginocchio ed una mano per terra, posizionando la spada dietro alla schiena pronto a bloccare il colpo successivo. Ma mentre il pazzo stava caricando il colpo, una smorfia di dolore gli si dipinse il volto e crollò anche lui in ginocchio.

L’elfo vide che Attico l’aveva colpito al ginocchio con una spada di legno e considerato il dolore che era riuscito a provocargli, doveva aver colpito il nervo.

Il piccolo si pentì subito del gesto ed urlò quando l’uomo l’afferrò per la gola sollevandolo in aria.

La paura venne sostituita dalla sorpresa quando Thranduil lo liberò sentendo con un colpo l’avversario.

Non contento, l’elfo continuò ad infierire sul pover uomo che non potè fare altro che subire in silenzio, nella speranza che le guardie lo salvassero!

Accadde ciò. Le guardie malmenarono Azrael con i loro bastoni perché capisse che non doveva farlo più e lo trascinarono in una piccola cella angusta dove lo incatenarono con la faccia di fronte al muro e le braccia tese in alto, per tenerlo in punizione senza acqua e cibo, fino a quando il padrone avesse deciso di liberarlo.

Thranduil si agitò inutilmente solo per poter sfogare un po’ della propria rabbia.

Ma non nei confronti dello scellerato.....

Perché? Perché aveva difeso il bambino? Perché si era sentito obbligato a farlo?

Continuava ad agitarsi facendo tintinnare le catene e sbattendo la testa contro al muro. Si odiava! Perché? Era un mortale che avrebbe vissuto una manciata degli anni degli elfi.....perché preoccuparsene? Non gli era mai importato niente degli uomini ed adesso, dopo tutto quello che gli avevano fatto, perché si sarebbe dovuto interessare ad una razza così corrotta e crudele?!

La porta della cella si aprì ed un colpo in testa gli fece perdere i sensi.

 

*

 

Quando si risvegliò capì di essere nella sua cella.

A fatica si mise a sedere. Tutte le nuove ferite protestavano ma non vi badò.

Un singhiozzo lo fece voltare verso la branda di Attico e lo vide.....il bambino aveva un occhio nero e parecchie contusioni alla testa, ma anche le braccia presentavano ferite, così come il resto del corpo.

Avevano punito pure lui.

Thranduil sorrise. 

Aveva protetto per secoli migliaia di elfi ed ora non era in grado di difendere un bambino!

Non capiva perché ma sentiva di dover proteggere quel fanciullo. 

Essere spaesato era una sensazione a cui si era dovuto abituare, mentre era uno schiavo, ma era certo di quello che voleva: tornare da Legolas!

Tutti gli altri gladiatori si trovavano nelle rispettive celle, stesi sulle loro brande.

Doveva essere sera. L’elfo si meravigliò, doveva essere svenuto per più tempo di quanto precedentemente aveva creduto!

Molto più probabile era che i romani lo avessero drogato per evitare che si facesse ulteriormente male.

“Non sei morto?” Una vocina raggiunse il suo orecchio e vide che Attico gli si era inginocchiato accanto.

“Ci vuole molto di più per uccidermi!” Rispose Azrael.

“Dieu merci!” Disse il piccolo “Come?” Chiese l’elfo sorpreso. “Ho detto meno male! La mia mamma parlava sempre in francese con me! Era così che parlavano nella città dove è nata!” Spiegò Attico.

Azrael si sedette sulla sua branda “Dove sono i tuoi?” Domandò, non sicuro di voler sentire la risposta “Non lo so! I romani hanno detto che non li rivedrò mai più. Hanno bruciato la mia casa e i miei fratelli sono stati venduti pure loro!” Disse il piccolo ad un passo dal pianto.

“Va bene. Ho capito! Ora dormi, domani sarà una giornata impegnativa!” Disse ad Attico il quale ubbidì senza fare storie.

“Siamo amici vero?” La domanda del bambino fu inaspettata, ma Thranduil non riuscì ad impedire che un sorriso gli si formasse in viso “Si Attico. Io sono Azrael!” Rispose prima di assopirsi.

 

Va bene, non so se come inizio è interessante, ma è un idea che ho deciso di scrivere!

Farò riferimenti sia al film Pompei del 2014 sia alla serie Spartacus oltre alla Terra di Mezzo di cui Thranduil sarà il protagonista.

Spero che stuzzichi il vostro interesse! E di non stravolgere completamente il Re di Bosco Atro! (Ho sempre molta difficoltà ad impersonarmi in lui e non vorrei farlo diventare un’altra persona rispetto al fiero e riservato sovrano del film!)

Fatemi sapere cosa ne pensate e se avete suggerimenti da darmi!

A presto,

X_98

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Capitolo 2
*** Ciò che è giusto ***


CIÒ CHE È GIUSTO

 

Passarono trenta lunghi anni.

Per un elfo era un battito di ciglia nella sua vita immortale, ma per Azrael furono gli anni migliori della sua nuova vita.

Attico era diventato un giovane uomo ed un caro amico.

L’elfo lo considerava alla pari di un figlio ed il loro rapporto si era rafforzato con il tempo.

Il ragazzo gli aveva insegnato il francese dopo averlo migliorato con un gladiatore morto pochi anni prima e Thranduil aveva cominciato ad interessarsi alle numerose lingue degli uomini, capendo che più ne avesse conosciute, maggiore sarebbe stato il vantaggio.

Coloro che lo avevano introdotto a nuovi idiomi erano morti ma le basi per imparare a parlare correttamente le nuove lingue c’erano, come gladiatori che le parlavano e così la conoscenza dell’elfo si era ampliata.

La loro vita aveva subito una notevole svolta. Se positiva o negativa bisognava aspettare per dirlo.

Il loro precedente padrone era stato assassinato e non avendo degli eredi, il suo patrimonio venne messo all’asta.

Questo comprendeva anche loro.

Al momento si trovavano dentro ad una cella, su di un carro. Diretti verso il luogo di vendita.

“Si nous avions des pièces avec nous, je parierais que le prix qu'ils vous vendront sera d'au moins 100 pièces!”(Se avessimo delle monete con noi scommetterei che il prezzo a cui ti venderanno sarà come minimo 100 monete!) disse Attico che adorava le scommesse.

“Mais nous ne les avons pas, alors essayez de vous calmer! Votre enthousiasme est hors de propos!”(Ma non le abbiamo, quindi vedi di calmarti! 

Questo tuo entusiasmo è fuori luogo!) si lamentò Azrael.

Fortunatamente nessuno degli altri gladiatori presenti parlava il loro idioma, così che potessero avere un minimo di privacy.

J'ai une idée!”(Mi è venuta un idea!) disse Attico.

Ça doit être mieux que "s'évader pendant l'enchère"!” (Deve essere migliore della “fuga durante l’asta”!) si lamentò l’elfo. Quel difetto di suo figlio era irritante. Era più forte di lui: non riusciva a stare zitto!

Vous avez dit que c'est un avantage de connaître plusieurs langues ......(Hai detto che è un vantaggio conoscere molte lingue......) continuò il ragazzo ignorando l’umore nero del padre.

Je le reconnais!” (Lo riconosco!) rispose Azrael atono.

 “Bien! Donc, si les humains croient que vous ne pouvez pas parler leur langue, ils parleront librement devant vous!”(Bene! Quindi se gli umani crederanno che tu non sai parlare la loro lingua parleranno liberamente davanti a te!) rivelò Attico come se avesse avuto un’illuminazione.

Et comment aurais-je obéi aux ordres dans le passé?”(E come avrei ubbidito agli ordini in passato?) chiese curioso Azrael. Era una buona idea. Coloro che l’avevano sentito parlare la lingua dei romani erano quasi tutti morti! Considerando che davanti alla plebe aveva solo combattuto e non tenuto discorsi.

Grâce à moi, j'étais traductrice et avant ..... de fouetter?”(Grazie a me che facevo da traduttore e prima.....frustate?). Una grande idea ed un grande vantaggio!

Anche se il loro futuro era ancora incerto, ma questa era una caratteristica della vita da gladiatore.

Tale cambiamento improvviso poteva essere vantaggioso o fatale.

Aveva imparato i movimenti di ogni guardia ed ogni servo in quegli anni, decidendo di non agire, ma aspettare che Attico fosse abbastanza forte ed esperto perché non rimanesse ucciso durante la loro fuga.........ed ora tutto quel lavoro era sfumato davanti ai loro occhi a causa di quel poveraccio che era stato il loro ex-padrone!

Una volta raggiunta la piazza principale vennero fatti scendere per essere condotti sulla pedana perché tutti i nobili potessero ammirare la merce.

Azrael non si meravigliò quando vide il gran numero di schiavi in vendita e quasi tutti gli sguardi puntati su di lui.

“Ammirate questa bestia mai domata! Ha ucciso più gladiatori nella casa del suo padrone che nell’arena! È un elfo che vive grazie alle anime di cui si impossessa! Quanto offrite per....l’angelo della morte?” A quella domanda rispose un coro di voci concitate.

L’elfo sospirò. Sarebbe stata una lunga giornata.

 

*

 

Alla fine l’acquirente era stato un certo Barahir. Un lanista di scarso successo che però aveva la borsa più gonfia degli altri. Possedeva così tante monete che oltre a lui ed Attico aveva comprato molti altri schiavi, gladiatori e servi.

Vennero stipati su di un carro tutti assieme ed iniziò il viaggio.

Come molti dei compratori, Barahir non era originario di quella piccola città. Si era mosso attirato dalla notizia che “l’angelo della morte” fosse stato messo in vendita.

Lui proveniva da una città portuale chiamata Napoli.

Delle risate attirarono l’attenzione dell’elfo. Due ragazze stavano parlando e ridendo fra di loro. Erano le uniche di buon umore presenti sul carro!

“Che ti ridi? Avrei potuto sposarlo e vivere per sempre nella nostra casa! Invece lui decide di pagarsi la libertà ed andare a morire in un bordello!” Commentò la bruna “Certo che te li scegli proprio matti questi “fidanzati immaginari”. Ti ha mai parlato o solo guardato? Poteva essere uno stronzo o semplicemente un violento! Credo sia meglio com’è andata!” Rispose la mora “Grazie sei sempre di grande conforto amica adorata, guida dei miei passi e........rompiscatole a vita non richiesta!” Commentò la prima.

Attico rise attirando l’attenzione delle due giovani.

“Stava ridendo di te!” Disse la castana “Non è vero! Sei stata tu l’ultima a parlare!” Si difese l’altra.

“Io sono Attico e ridevo della conversazione non di una di voi in particolare!” Cercò di recuperare la situazione. “Piacere io mi chiamo Sara, mentre la mia amica dimentica delle buone maniere è Hanna!” Disse la mora.

“Da dove venite?” Chiese Attico “Questa si che è una bella domanda!” Rispose Hanna incrociando le braccia al petto “Tu da dove vieni?” “Da una terra vicino al fiume rodano!” Rispose Attico.

“E....tu?” Chiese incerta Sara rivolta all’elfo che sedeva accanto al ragazzo con cui stavano conversando e che prestava attenzione alla conversazione.

Lui la fissò e Sara si sentì impotente. Era come se potesse leggerle l’anima con quei Lapislazzuli che si ritrovava al posto degli occhi.....

“E questa da dove mi è uscita?” Si chiese la ragazza mentalmente. Soprattutto perché i suoi occhi erano più simili all’acquamarina dato che erano di un meraviglioso celeste chiaro.

“Lui non parla la vostra lingua!” Intervenne Attico capendo con un occhiata che Azrael non era infastidito, anzi, sembrava divertito, il che era ancora più strano.

Poche cose riuscivano ad attirare l’attenzione dell’elfo come se nella sua vita millenaria avesse già visto tutto!.....probabile!

“E tu saresti così gentile da....” iniziò Sara per essere interrotta “Traduci!” Da Hanna.

Attico rise annuendo “D'où venez-vous?” (Da dove vieni?) chiese al padre riconoscendo che da quando l’aveva conosciuto non gli era mai venuto in mente di porgli tale domanda.

Ce n'est pas leur affaire!”(Non sono affari loro!) rispose seccato l’elfo, irrigidendosi.

Il ragazzo rimase sorpreso alla reazione del padre. Sembrava che non volesse ricordare....e forse non aveva tutti i torti. Lui non aveva memoria della sua vita precedente alla schiavitù poiché era stato troppo piccolo perché i ricordi mettessero radici, mentre suo padre sicuramente ricordava tutto come se fosse accaduto ieri!

“Ha detto che non ve lo dirà!” Tradusse per le ragazze “Maleducato!” Rispose la più temeraria “Se la mia domanda lo ha offeso chiedo scusa!” Disse Sara guardando l’elfo con timore.

“Non credo proprio, ci vuole ben altro per farlo arrabbiare!” La tranquillizzò Attico.

“Se lo costringessi a ballare la samba riuscirei a scalfire quell’autocontrollo pazzesco che ha, su ogni movimento che fa?” Chiese Hannah seria per poi autocriticarsi con un “Ho fattola rima! Direi che non era proprio una rima.....com’è che si chiama quella figura retorica....?”.

“Ma che.....” Sara venne interrotta dal suono di un pesante portone che veniva aperto.

Erano arrivati.

 

*

 

Vedendo la villa lussuosa dove viveva il loro padrone era diventato evidente che Barahir dovesse avere una storia molto interessante alle spalle.

Un semplice lanista non si sarebbe mai potuto permettere tutto quello!

Vennero subito divisi e Azrael fu stupito quando si ritrovò in una piccola stanza fatta con pareti di pietra ed arredata meglio di quanto avesse mai visto.

C’erano le sbarre alla porta però solo nella parte più alta, ed essendo quasi tutta in legno, gli davano più privacy di quanta ne avesse mai avuta!

Affacciandosi dalle sbarre vide che tutte le celle erano fatte così e non si sorprese della moltitudine di corridoi presenti.

“Azrael?” La voce di Attico gli fece capire che si trovava nella cella accanto alla sua “C'était quelque peu inattendu!”(Questo è alquanto inaspettato!) disse l’elfo riferendosi al miglioramento della loro situazione.

“Pas autant que ces filles!”(Non tanto quanto quelle ragazze!) rispose Attico sorridendo al pensiero delle due esuberanti giovani.

“Je crois qu'ils cachent plus qu'ils ne disent! C'est la première fois que vous vous souciez des femelles de votre race!“(Penso che nascondano più di quello che dicono! È la prima volta che ti interessi alle femmine della tua razza!) disse l’elfo certo di avere ragione e curioso di vedere come avrebbe reagito il figlio alla sua provocazione.

“Bien sûr! Les elfes femelles ne sont pas là! Je dois être satisfait!”(Certo! Gli elfi femmina non ci sono! Devo accontentarmi!) tentò di scherzare Attico.

“Ne changez pas de sujet!”(Non cambiare discorso!) lo riprese Azrael. L’ignoranza degli umani era incredibile!

“Je suis parfaitement pertinent!” (Sono perfettamente pertinente!) cercò di difendersi Attico.

Non riuscirono a dire altro che un fragore interruppe la quiete di quella splendida sera.

Quel rumore era una ragazza di un metro e sessanta con capelli castani di nome Hanna.

“No! Vi prego, no! Lasciatemi!” Urlava disperata la poveretta mentre le guardie la trascinavano senza alcuna cura.

Nous devons vous aider!” (Dobbiamo aiutarla!) disse Attico che non riuscendo a vedere Azrael non poteva sapere che si era comodamente disteso sul suo nuovo letto infischiandosene altamente della situazione.

Bonne chance!” (Buona fortuna!) disse l’elfo. Nonostante le pareti in pietra riuscivano a sentirsi bene solo perché Attico si era incollato alle sbarre con la faccia.

“Tu dois m'aider!” (Mi devi aiutare!) lo supplicò il figlio.

“Je n'y pense même pas!” (Non ci penso nemmeno!) rispose risoluto Azrael.

“Vous ne vous souciez pas des problèmes des autres, même avec vos semblables?“ (Ti infischiavi dei problemi altrui anche con i tuoi simili?) cercò di spronarlo il giovane“N'ose pas me parler de cette façon! Et ne les mentionnez plus!” (Non osare parlarmi in questo modo! E non nominarli più!) ringhiò l’elfo ricordandogli che parlare di certe cose, era un grave sbaglio, solo grazie al tono della voce.

“S'il te plait!” (Ti prego!) insistette il figlio testardo quanto il padre, forse di più.

“Tu sais ce qu'ils veulent lui faire?” (Sai cosa vogliono farle?) domandò Azrael disinteressato.

“Non, mais je m'en fiche!” (No, ma non mi interessa!) rispose Attico ostinato.

“Vous voulez avoir des ennuis sur le coup de tête d'une petite fille?” (Desideri metterti nei guai per il capriccio di una bambina?) chiese l’elfo. Quella ragazza aveva mostrato di avere carattere e non sembrava essere abituata a quel tenore di vita. Come schiava. Non l’avrebbe sorpreso scoprire che stesse facendo la ribelle per una semplice sciocchezza.....

“Aidez-la! Tu me dois un "pas de questions posées", tu te souviens?” (Aiutala! Mi devi un “senza fare domande”, ricordi?) disse alla fine Attico riferendosi ad un episodio avvenuto tempo prima.

“Tu te souviens que je n'oublie pas?” (Ricordi che io non dimentico?) chiese Azrael imbarazzato nel ricordare la spiacevole situazione nella quale si era ritrovato. Molti gladiatori avrebbero gioito nell’avere sei ragazze nella propria cella, ma lui no!

Ed Attico era stato più che grato nel toglierli quel dono non voluto pagando una guardia perché le ragazze venissero spostate nella sua di cella.

Allora aveva parlato del “senza fare domande” ma l’elfo aveva compreso a fondo cosa significasse solo in seguito, pentendosi di aver accettato!

“Bien sûr!” (Certo!) rispose il figlio sapendo che si trovava in guai seri ma divertendosi lo stesso visto che era riuscito a vincere.

“Soyez assurés que je vous ferai payer!” (Stai certo che te la farò pagare!) promise l’elfo prima di alzarsi da quel letto fin troppo comodo.

“Je m'inquiéterai le moment venu!” (Mi preoccuperò quando sarà il momento!) rispose il giovane cercando di sembrare sicuro e disinvolto ma sentendo la preoccupazione già iniziare a crescere dentro di lui.

“Vous les humains, vous êtes juste bizarres!” (Voi umani siete proprio bizzarri!) commentò Azrael prima di prendere una breve rincorsa, ruotare in aria e dare un pesante calcio alla porta. Al primo tentativo non cedette, ma quando venne colpita una seconda volta si aprì sbattendo contro la parete con un gran frastuono.

Le guardie gli furono subito addosso, ma per Azrael fu una passeggiata atterrarle ed ucciderle. Gli bastò seguire il suono delle urla per ritrovarsi davanti ad una scena orribile: le guardie stavano tentando di violentare la....Hanna!

Ci fu un momento di stallo appena si resero conto che lui si trovava fuori dalla cella, ma durò un attimo ed anche quegli uomini morirono ancora prima di poter provare paura.

“N-non avevo bisogno di a-aiuto!” Cercò di protestare la ragazza finendo per balbettare rivelando quanto fosse scioccata per l’accaduto.

Azrael cercò di non ridere ed il divertimento passò appena sentì le voci ed i passi di altri uomini che scendevano le scale. Come inizio non c’era male! Barahir avrebbe compreso presto che lui era diverso!

 

*

 

“Secondo te perché ti ha aiutato?” Chiese Sara scrutando l’elfo svenuto con curiosità “Perché Attico gli ha chiesto di farlo! Gli abbiamo appena parlato!” Le ricordò l’amica.

“Si, questo lo so. Ma perché? Avrebbe potuto rifiutare!” Puntualizzò la mora.

“Effettivamente lui non è famoso per andare d’accordo con gli umani! O è impazzito oppure voleva farsi ammazzare!” Disse Hanna. “Che poi non cambia molto! Solo un pazzo punterebbe alla morte!” Rispose Sara.

“Sei sicura? Una vita del genere non dev’essere facile.......” “Credi che venga dalla Terra di Mezzo?” Chiese Sara “Chiediglielo!” Rispose l’amica.

“Neanche morta! Manco se mi paghi! Dovrai....” “Ho capito!” La interruppe Hanna.

Le avevano rinchiuse entrambe assieme all’elfo. Loro erano prive di catene, mentre lui le aveva legate ai polsi. Punto a loro favore in caso si fosse svegliato.

“Non potevamo finire in un film fantasy? No! Noi ci ritroviamo nel passato senza avere la minima possibilità di usufruire della tecnologia per poter tornare a casa!” Si lamentò Hanna.

“Ma gli elfi sono creature immaginarie! E poi non credo che la tecnologia potrebbe aiutarci! Forse Gandalf! La magia mi sembra più appropriata per la nostra situazione!” Riflettè l’amica.

“Per fantasy io non intendevo creature fatate! Ma supereroi! Potevamo ritrovarci con i superpoteri! Sarebbe stato strafigo! Invece la cosa più interessante qui è vedere uomini mezzi nudi che cercano di ammazzarsi!” Protestò Hanna.

“E parlano latino!” Specificò Sara “E non esiste la coca cola!” Continuò l’amica “E non esiste la nutella!” Osservò atterrita la bruna “Nemmeno instagram!” Consatò la bruna “O facebook!” Terminò l’altra.

“Pensa a quanti like avremmo potuto ottenere!” Disse Hanna rivolgendo nuovamente la sua attenzione verso l’elfo ed indicandolo con una mano “Incontro con il grande sovrano di Bosco Tetro!” “È Bosco Atro!” La corresse l’amica “Fa lo stesso! L’importante è capirsi!” Rispose Hanna “E dubito che lui sia Lee Pace! Ho letto che l’elfo ha un carattere terribile!” Disse Sara.

La ragazza si avvicinò ad Azrael inginocchiandoglisi accanto. L’elfo era sdraiato di lato e dal respiro lento e regolare si capiva che era incosciente.

“Lo vuoi venerare ancora per molto?” Chiese Hanna divertita dallo sguardo adorante che l’amica rivolgeva all’elfo.

“No!” Ripose imbarazzata Sara cadendo seduta in terra “Giusto! A te piace Legolas!” Si corresse l’amica “Taci!” Sussurrò la mora guardando preoccupata l’elfo.

“Non credo si sveglierà tanto presto! L’hanno conciato per le feste!” Disse Hanna riferendosi alle numerose contusioni presenti sul viso, testa e sul corpo probabilmente. I vestiti fortunatamente, impedivano di accertarsene. Poteva dire che Thranduil era il gladiatore più pudico dell’antica Roma!

“Giusto!” Asclamò Sara “Cosa?” Chiese l’altra “Tu hai una cotta per Aragon! Normale che di lui non t’importi niente!” Disse la mora.

“No! Il mio personaggio preferito è un’altro!” Specificò Hanna “Bilbo?” Tentò Sara

“È un vecchio decrepito!” Commentò l’amica “Elrond?” Ci riprovò l’amica “È vecchio pure lui!” Insistette la bruna “Antico! C’è una bella differenza!!” Le fece notare Sara “E poi dipende dall’epoca in qui si trovano! Bilbo potrebbe non essere ancora partito con la compagnia! Oppure potrebbe non essere ancora nato! Purtroppo non è facile capire quanti anni abbia lui, solo guardandolo!” Constatò.

“Quindi dici che la profezia della fine dell’era, della seconda tenebra e del lieto fine che Elrond non riesce a vedere potrebbe non essere ancora stata pronunciata?” Chiese Hanna allibita.

“Mi fai domande alle quali non posso rispondere!” Si difese l’amica.

Nel frattempo anche Hanna si era avvicinata all’elfo e lo osservava curiosa.

“È bello vero?” Chiese Sara “Vacci piano! Legolas potrebbe diventare geloso!” La derise la ragazza.

“Guarda che forza! Le orecchie a punta sono proprio buffe!” “Attenta!” Sibilò Hanna all’amica appena si rese conto che nell’osservare più da vicino, lei aveva urtato la spalla dell’elfo con la sua, facendo si che quest’ultimo rotolasse, sdraiandosi di schiena.

Le ragazze trattennero il fiato temendo di svegliarlo, ma passato qualche secondo tirarono un sospiro di sollievo. Peccato che anche l’elfo sospirò profondamente facendole tremare.

“'Un ti posso nasconde che mi è pigliato un magone che dallo stoma'o mi sale dritto al cuore!” Disse Sara cercando di contenere il tono della sua voce.

“Piantala!” La riprese l’amica.

 

*

 

Passò una settimana. Da quanto aveva sentito, Attico poteva dire che le due ragazze avessero avuto molta fortuna. Non solo erano state salvate, ma ora si trovavano al servizio della padrona. 

Era uscito fuori che, a quanto pare, una delle guardie che avevano aggredito Hanna fosse l’amante della padrona e lei, per vendicarsi, avesse deciso di tenerle per se. Due boccioli non ancora in fiore erano considerati molto rari!

Suo padre si era già ripreso dal benvenuto riservatogli ed ora si stavano allenando con i suoni della frusta nelle orecchie.

Fortunatamente, nonostante i mille pensieri che gli affollavano la mente, Azrael riusciva a seguire l’allenamento, abbastanza perché suo figlio non sospettasse nulla.

Giorni prima si era risvegliato nella cella avvertendo e sentendo la presenza delle ragazze. Non se ne stavano zitte e lui aveva dovuto fare uno sforzo enorme per non reagire quando avevano nominato Gandalf ed il suo Bosco! 

Sapevano chi era ed erano a conoscenza del fatto che avesse un figlio!

Ma la cosa più scioccante era che sapessero della predizione di Lord Elrond! Non potevano essere spie! Erano troppo giovani ed ingenue!

Ed inoltre, quando parlavano della Terra di Mezzo sembravano tanto due bambine che si raccontano una storia!

Avevano detto tutto e niente!

Ed era certo che sapessero molto di più su di lui e gli abitanti di Arda!

Avrebbe scoperto i loro segreti! Per la sicurezza della Terra di Mezzo!

La spada di legno di Attico passò terribilmente vicino al suo viso ed Azrael decise che ne aveva abbastanza. Con lo scudo di legno riuscì a disarmare l’avversario per poi ruotare su se stesso prima di colpire Attico al fianco con la spada da allenamento.

Il poveretto gemette crollando in ginocchio ma l’espressione triste durò poco sul suo volto, prima che uno sguardo di sfida gli si dipingesse in viso.

Suo padre era stato clemente con la piccola vendetta! Non abbastanza dal trattenersi dall’umiliarlo, ma nessuno viene mai accontentato a pieno, quindi non si lamentava!

Azrael gli appariva più turbato del solito e si chiese il perché. A preoccupare molto suo padre era la sua sorte oppure quella toccata agli elfi che erano stati catturati con lui e di cui non avevano saputo più niente.

Alla fine Attico decise di non darsi pensiero, presto suo padre si sarebbe confidato oppure la curiosità lo avrebbe aiutato a far luce su tutto!

 

Avevo in mente di inserire le due migliori amiche fin dall'inizio!

E devo confessare che mi sono divertita molto a scrivere i dialoghi! 

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Buona serata,

X-98

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Capitolo 3
*** Con la forza della verità ho conquistato l’universo ***


CON LA FORZA DELLA VERITÀ HO CONQUISTATO L’UNIVERSO

 

Azrael schivò una lancia, la afferrò e con la spada spezzò il legno rendendo l’altra estremità inutile. Il gladiatore si fece prendere dal panico una volta persa l’arma e non fu difficile tagliarli la gola appena trovata un’apertura.

Per i romani lo scontro finale tra i due gladiatori migliori di due scuole, era la parte più interessante dello spettacolo, per Azrael era anche fin troppo breve.

Stanco degli esulti di fronte alla morte di un povero innocente, tornò verso i sotterranei ignorando tutto e tutti.

Non aveva mai mostrato rispetto o considerazione per colui che si definiva il suo padrone, ne per i suoi “ammiratori” e questo gli aveva fornito un ottima reputazione visto che era considerato senza cuore. 

Un assassino senz’anima che si nutriva con quelle delle sue vittime, talmente malvagio che persino la morte stessa l’aveva rifiutato.......

Pittoresco! Gli umani avevano una fervida immaginazione non c’era altro da dire!

Excellent travail! Ce salaud avait une excellente réputation que vous avez réussi à détruire en moins d'une minute! Les dieux vous favorisent!” (Ottimo lal lavoro! Quel bastardo aveva una reputazione eccellente che tu sei riuscito a distruggere in meno di un minuto! Gli dei ti favoriscono!) disse Attico una volta che fu tornato nei sotterranei dell’anfiteatro.

“Je ne crois pas en tes dieux!” (Non credo nei tuoi dei!) tagliò corto l’elfo.

“Et moi dans le vôtre. Peut-être que quand je serai libre, je changerai d'avis ou je pourrai vous convaincre du contraire!” (Ed io nei tuoi. Forse quando sarò libero cambierò idea o riuscirò a convincerti del contrario!) gli rispose i figlio.

Azrael sospirò. Ad Attico era bastato vedere una sola volta un gladiatore venire liberato per convincersi che la legge romana sarebbe stata rispettata e lui liberato.

Se un gladiatore si dimostrava degno veniva insignito del rudis, spada di legno con sopra incise tutte le sue vittorie e poteva definirsi un uomo libero.

Arrivata la sera vennero caricati nuovamente sul carro per tornare alla villa.

Ma la libertà non è un oggetto che puoi dare e riprendere! È la vera felicità..........

se per la tua gioia hai bisogno del permesso di altri, sei proprio un povero sciocco.

Questo suo figlio lo avrebbe imparato a sue spese. Era un uomo ormai. Doveva fare le sue esperienze e conviverci.

Verso sera, una volta conclusi quei giochi sanguinari, vennero nuovamente stipati sul carro per fare ritorno alla villa.

Guardandosi attorno per mera abitudine, Azrael notò le due ragazze salire sulla carrozza assieme alla padrona. La più caparbia si fermò, prima di entrare, a guardare il bellissimo tramonto e quando si voltò per seguire la padrona e l’amica, i loro occhi si incontrarono.

L’elfo rimase basito di fronte alla forza che vide trasparire da quei piccoli occhi verdi, pensando anche alla vita che ora conduceva quella fanciulla......si ritrovò a sorridere quando, la padrona, con poca, anzi, assente grazia femminile, la tirò dentro con un braccio rimproverando la sua lentezza.

 

*

 

Azrael non era mai stato così contento di tornare nella sua cella come quella sera.

Il lato negativo di questa nuova sistemazione era che gli umani chiedessero fin troppo da lui! Era stato costretto a misurarsi, oltre che nello scontro finale, anche in numerosi scontri “uno contro tutti”. Un’assurda idea dell’organizzatore dei giochi per mostrare al popolo quanto fosse pericoloso......l’aveva compreso sentendolo mietere complimenti e frasi d’ammirazione verso la propria persona.

Era certo che non tutti i suoi elfi sarebbero sopravvissuti ad una prova del genere ed al posto dell’orgoglio sentì una gelida furia attanagliargli le viscere!

Sta di fatto che a fine giornata fosse esausto e contento di aver resistito così a lungo.

Nella speranza che il padrone lo lasciasse tranquillo, senza incatenarlo di fronte agli ospiti invitati in onore della sua vittoria, come spesso faceva......si mise a sedere sul letto ricordando i bei momenti della sua lunghissima vita.

Le speranze furono vane.

La porta della cella venne aperta e con sua grande sorpresa Hanna fu gettata dentro come fosse stata un sacco di patate.

Lei riuscì ad attutire la caduta con gli avambracci, ma questo non significò che non prese una gran botta.

Fu talmente veloce ed inaspettato che Azrael rimase seduto sul letto a fissarla.

Lei si alzò, tremante e lo guardò in un modo che non riusciva a decifrare.

Senza dire niente si sdraiò sul letto e si tolse la tunica leggera che indossava.

Azrael si alzò di scatto ed indietreggiò confuso, capendo le intenzioni della ragazza anche se non era per niente convinta.

Que veux-tu?”(Cosa vuoi?) chiese scioccato “Non capisco la tua lingua!” Iniziò lei sembrando offesa dalla sua reazione “Ma sono qui per soddisfare i tuoi bisogni!” Disse abbassando gli occhi mentre cercava di nascondere le lacrime.

Azrael si sedette sul letto vicino a lei spaventandola a morte, ma dolcemente allungò una mano, alzandole il mento “Non ti stuprerò!” Disse con tono deciso, ignorando lo shock sul volto di lei, quando lo sentì parlare la sua lingua.

“Tu....” Hanna si zittì quando lui le poggiò il dito indice sulle labbra “Nessuno deve saperlo!” Sussurrò sorridendo.

La ragazza si sentiva leggera come una piuma. Quell’elfo non aveva mai smesso di stupirla ed ora era consapevole che non avrebbe mai smesso di farlo!

Le aveva mostrato moltissima fiducia rivelandole quel segreto e si era dimostrato nobile rispettando lei ed il suo corpo.

Una domanda le si formò in testa, ma temendo che le guardie sentissero, cercò di esprimersi con gli occhi dicendo solo una parola “Attico...?” L’elfo annuì capendo il quesito.

Hanna fece in tempo a vedere gli occhi di lui andare all’indietro prima che svenendo, le cadesse addosso. Non riuscì a reprimere un grido di sorpresa ed all’inizio temette il peggio, ma quando l’elfo rimase immobile capì. Non fingeva e non la stava aggredendo!

Anche se era solo il busto che era premuto contro al suo, faticò parecchio per toglierselo di dosso. Era veramente pesante! Non grasso, pesante! Meglio specificarlo, anche se solo nella sua testa!

Per precauzione controllò i segni vitali ma Azrael era vivo.

Visto che l’elfo era messo in posizione trasversale rispetto al letto, decise di sistemarlo meglio.

Si mise a cavalcioni sul suo busto e gli afferrò le spalle mettendolo a sedere. Abbracciandolo lo girò e trascinò per pochi centimetri prima di cadere con lui e su di lui...sul letto. Almeno la sua testa ora era poggiata sul cuscino. Fu meno difficile spostare le gambe e, leggermente, il bacino.

Dagli spalti aveva assistito al combattimento e non era sorpresa nel vedere quanto fosse esausto l’elfo. Dopo avergli sistemato la coperta addosso, gli si sdraiò accanto cercando di ignorare il calore che sentiva aumentare sulle sue guance.

Se fosse rimasta avrebbe evitato che il servo del padrone tentasse nuovamente di sedurla anche se si sentiva in colpa a lasciare Sara da sola!

 

*

 

Azrael si svegliò vedendo il sole passare una fessure nel legno. Si mise a sedere e trasalì quando si rese conto dell’umana che gli dormiva accanto.

I ricordi della sera precedente tornarono in un lampo e si chiese se le avesse fatto male crollandole addosso. La ragazza si mosse confermando all’elfo che avrebbe dissipato i suoi dubbi in poco tempo.

Dopo una sbadiglio Hannah si stropicciò la faccia e voltò la testa prendendosi un colpo quando notò che l’elfo era sveglio e la fissava.

“Non vi ho stuprato!” Urlò mettendosi a sedere, prima di darsi mentalmente della cretina. Ma che razza di buongiorno è? No, la domanda giusta era: che razza di affermazione, no.....quale donna avrebbe mai detto una cosa del genere ad un...maschio!?

L’elfo, con sua grande sorpresa, rise. “Siete svenuto!” Azrael divenne terribilmente serio. Perfetto! Aveva un tocco magico nel portare cattivo umore! Poteva definirlo un talento!

“Vi sentite bene?” Chiese cercando di riparare quell’inizio giornata disastroso.

Lui annuì “Vi ho fatto male?” Chiese con un tono di voce troppo alto.

“Shhh......no! No! Anzi, all’inizio credevo che foste morto!” Confessò lei. 

L’elfo rise di nuovo ed Hanna credette di aver assistito a due miracoli in rapida successione. Nel film non sembrava divertirsi molto e tantomeno così allegro! 

“Le guardie non ci sono e gli altri dormono ancora. Hanno chiuso completamente la porta” disse indicando le sbarre coperte dal legno che impedivano di vedere all’esterno “Nessuno può sentirci!” Disse.

“Perfetto! Diamoci dentro allora!” Disse Hanna alzandosi dal letto e, con un salto, atterrando in piedi sul freddo pavimento. Si lavò la faccia con l’acqua che si trovava dentro una tinozza di legno.

“Perché avete deciso di parlarmi?” Chiese curiosa mentre si asciugava con uno straccio lurido “Per tranquillizzarvi!” Rispose lui rimanendo seduto sul letto ma incrociando le gambe.

“Non solo per quello! Ho visto gli sguardi che mi lanciate....” “...ed io ho sentito voi e la vostra amica sussurrare alle mie spalle informazioni che solo io credevo di conoscere tra i romani!” Rispose l’elfo.

“Vi preferivo privo di sensi!” Disse lei furiosa “Come conoscete le terre da cui provengo? E le parole di Elrond?” Domandò Azrael inquieto.

“L’Unico sarà ritrovato, e allora tornerà la guerra, e sarà la fine di questa Era. E temo terminerà in una seconda tenebra, a meno che qualche caso fortuito non provochi quel che i miei occhi non sono in grado di vedere.” Ripetè la ragazza come se fosse stata cosa di poco conto.

“Se ti dico la verità........non penso che mi crederai!” Disse scettica.

“Mettimi alla prova!” Disse lui ancora più curioso. Hanna sospirò. Tanto valeva la pena rischiare!

“Io e la mia amica Sara....non siamo di questo mondo!... cioè lo siamo! Aspetta!” Si interruppe cercando di spiegare le cose nel modo più chiaro possibile. Non che fosse facile visto che anche nella sua mente erano tutte ingarbugliate.

“Nel nostro mondo, i romani.....sono....morti........tremila anni fa......poco meno! Ah, non sono brava in matematica! Per me è come se mi fossi ritrovata nel passato!

Nel nostro mondo siamo molto più evoluti! Abbiamo costruito invenzioni che ci permettono di non usare il cavallo e di percorrere lo stesso distanze considerevoli, mezzi che ci permettono di volare......qui invece siamo nell’era della pietra! Insomma...usano ancora la carrozza!” Poteva sembrare pazza, ne era certa!

“Come siete finita in catene? Avete una famiglia?” Sembrava che l’elfo fosse molto curioso e che le stesse credendo. Per il momento!

“Niente domande personali grazie! E per la prima.....non so! Sfortuna? Io e Sara stavamo passeggiando nel bosco quando siamo cadute per una ripida discesa piena di foglie, erbacce e radici. Quando ci siamo risvegliate i romani ci avevano circondato.....prima di rapirci! 

Non ricordo molto del viaggio visto che siamo rimaste in delle casse di legno come se fossimo oggetti. È durato molto e quando ci hanno venduto vi abbiamo incontrato!” Finì di raccontare la ragazza.

“Se vieni da un’altra epoca, come fai a conoscere la mia razza?” Chiese Azrael capendo che non mentiva. Glielo poteva leggere in faccia. Quel misto di emozioni che aveva provato ripercorrendo il suo passato non erano finte....

“Adesso arriva la parte interessante.....nel mio mondo gli elfi non esistono! Ed a quanto pare neanche qui li conoscono visto che vi trattano come una novità! Barahir ha detto che il vostro primo padrone non ha mai rivelato come fosse riuscito, ne dove vi abbia catturato!” Rivelò la ragazza terrorizzando l’elfo.

Non sarebbe più tornato a casa? Era intrappolato per sempre in un mondo sconosciuto come Hannah e Sara?

“Per noi, voi siete solo leggende! Uno scrittore si è inventato il vostro mondo e ce ne ha parlato attraverso i suoi racconti fantastici....anche se, a quanto pare, voi non siate proprio una fantasia!” Si corresse Hanna, cercando di non ridere. “È richiesto un po’ di tatto!” Le disse la sua coscienza. Realizzare che forse non sarebbe più potuto tornare a casa non doveva essere cosa facile!

“So chi siete! Ma non l’ho mai detto a nessuno per evitare guai ed una eventuale vendetta da parte vostra!” Ammise Hanna.

“Ti ringrazio!” Disse l’elfo dopo un lungo momento di silenzio “Credi che anch’io sia in un mondo diverso dal mio?” A quella domanda la ragazza rispose scuotendo la testa con un espressione smarrita ed un “Bo’!” Poco elegante.

“Per la fiducia mostrata nei miei confronti, ti permetto di darmi del tu, ma ti prego di non chiamarmi mai con il mio vero nome!” Disse Azrael dopo un attenta riflessione.

“Thranduil è un nome bellissimo ma al momento troppo strano!” Sussurrò lei sedendosi accanto a lui “Allora anche tu puoi darmi....del tu! Basta con questo voi! Sono una schiava, mannaggia!” Disse la ragazza.

Poi, inaspettatamente Hanna lo abbracciò sussurrando un grazie piena di sincera gratitudine. Una volta finito la vide arrossire mentre si pentiva di aver fatto un gesto del genere.

“Mi fido di te, so che sei un elfo nobile!” Cercò di tranquillizzarlo lei anche se si vergognava molto dell’abbraccio. Forse aveva percepito la sua sorpresa.

“Se ti fidi di me, perché temevi che potessi violentarti?” Chiese Azrael. 

“Non ho idea di cosa tu abbia passato! So che quelli della tua razza possono diventare malvagi e sapendo che ti hanno torturato e fatto chissà cosa.....temevo non fossi più quell’elfo nobile!” Rispose lei con inquietudine.

“E non intendo diventarlo! Ho resistito nella speranza di poter rivedere mio figlio!” Disse Azrael sentendo una stretta al cuore sapendo che forse non sarebbe mai successo. “Quindi è per questo che non sei morto?” Chiese Hanna stupita. 

Lui le rivolse un occhiata cupa “So che gli elfi possono morire dal dolore!...è vero?” Domandò l’umana curiosa “Si!” Rispose l’elfo “Ed ora....” “Proprio ora non puoi morire!” Disse la ragazza alzandosi in piedi “Ho intenzione di visitare la Terra di Mezzo e conoscere il Principe su cui ho sentito una miriade di storie!” Concluse incrociando le braccia al petto.

“Vuoi fuggire?” Chiese Azrael sorpreso “Tu no? Non volevi rivedere tuo figlio?” Le rispose lei. Lui sorrise “E così sia!” Rispose alzandosi quando sentì il cancello principale aprirsi. 

Stava per iniziare un’altra faticosa giornata.

 

*

 

“Tu sei una pazza, insensibile, incauta, idiota di prim’ordine!” Sibilò Sara una volta che l’amica l’ebbe confessato cos’era successo alle prime luci dell’alba.

“Su tre di questi aggettivi sono pienamente d’accordo, ma l’insensibile a cosa è riferito?” Chiese Hanna che si divertiva moltissimo quando riusciva a far infuriare Sara. Colei che si vantava di avere una tempra e pazienza fuori dal comune!

“Insensibile per quanto riguarda lui! Gli hai sbattuto in faccia che non rivedrà mai più l’unica famiglia che ha!” Spiegò Sara avvilita. Non conosceva Thranduil, ma ammirava gli elfi, e l’impeto unito al semplice fatto che la sua amica fosse fin troppo diretta nel dire le cose, avrebbe distrutto ogni minima possibilità di conoscerlo meglio!

“Cosa ci fate ancora qui?” La voce della padrona fece prendere alle ragazze lo spavento più grande della loro vita. Ok, forse era meglio viverla per intero prima di poter dire una cosa del genere!

“Chiedo perdono, ma non ricordiamo la strada per andare alle cantine!” Disse Sara chinando il capo in segno di sottomissione. Era vero che si trovavano in quella villa da un po’ di tempo ormai, ma il loro senso dell’orientamento unito alla grandezza di quel posto, prediceva solo guai!

“Siete proprio inutili! Mio marito è un imbecille, solo questo spiega come abbia potuto comprare due schiave tanto imbranate come voi due!” Urlò la padrona tirando un sonoro schiaffo a Sara. 

Poi le guardò come se avesse voluto incenerirle all’istante “Seguitemi! Attendiamo ospiti e purtroppo dovrò tenervi fino alla prossima asta!” Disse prima di avviarsi con molta fretta, verso un’ampia stanza.

Sara cercò di ricacciare indietro le lacrime iniziando a fare respiri profondi.

Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso!” La ragazza ripensò alle parole che il padre le aveva detto, molto tempo prima, quando era tornata a casa disperata a causa di alcuni bulli che le avevano tirato addosso delle uova.

Una volta nella grande sala non dovettero aspettare molto prima che l’ospite fosse accolto con risate, frasi di benvenuto ed un enorme banchetto.

“La fortuna arride a tutti da quando sei riuscito a procurarti quella bestia selvaggia! La benevolenza degli dei sarà ancora più grande se riuscirai a domarla!” Disse l’ospite mentre osservava Hanna con troppa insistenza.

“Presto i tuoi desideri saranno esauditi! Quell’elfo è rimasto in catene e nell’oscurità per molti anni, non mi sorprende che abbia stretto un patto con il diavolo pur di far cessare una tale tortura! L’ho acquistato perché ero certo di riuscire in tale impresa!” Disse Barahir con la sua solita boria.

“Hai scoperto come poter essere obbedito?” Chiese l’ospite esterrefatto.

Da sempre Azrael veniva liberato nell’arena e si lasciava che uccidesse chiunque tentasse di fare lo stesso. Non ubbidiva a nessuno, per questo nessuno dei suoi avversari era mai sopravvissuto!

“Gli ho solo dato ciò che ogni uomo desidera!” Rispose Barahir guardando Hanna.

La moglie fece una faccia schifata, ma appena si accorse chi, il marito, stesse guardando, scoppiò come un petardo “Come hai potuto! Loro sono di mia proprietà! Ora che le hai rovinate dovrai procurarmene altre!” Urlò alzandosi di scatto dalla sedia e rovesciando un intera caraffa di vino.

“Non fingerti oltraggiata! Dovresti considerarti fortunata ad avere come schiava personale la cagna dell’angelo della morte!” Rispose il marito con altrettanta ferocia.

Quei due erano identici! Peccato che non andassero d’accordo! Più passavano i giorni, più Sara desiderava conoscere la loro storia!

“Lui non è un uomo, ricordalo amico mio!” Disse l’ospite che sembrava essere perfettamente abituato alle liti dei due.

“Allora cercherò di aumentare la sostanza!” Disse Barahir rivolgendosi a Sara “Stanotte andrai anche tu da lui!” E la ragazza tentò di mostrarsi terrorizzata anche se dentro esultava entusiasta.

“È ciò che spero di fare io con gli umili doni che ti ho portato!” Disse l’ospite attirando l’attenzione di tutti i presenti e della sua guardia, che abbassò il capo per poi uscire dalla stanza. “Hai un talento amico mio! Come riesci a fare in modo che i tuoi interlocutori pendano dalle tue labbra?” Domandò curioso il padrone.

“Dopo oggi mi chiamerai fratello!” Disse l’altro indicando con una mano la guardia che rientrava, accompagnata da altri soldati e due prigionieri.

Hanna e Sara erano troppo sconvolte per mostrare la loro sorpresa e shock, urlando o facendo qualsiasi altra cosa a parte restare ferme come statue di marmo.....fissando i due elfi di fronte a loro!

 

*

 

Avete presente l’espressione “Perdere dieci anni in dieci secondi?” Bene. Perché Hanna e Sara la sperimentarono a pieno in un istante! O meglio, dieci secondi!

Quei due elfi sembravano più giovani di quello che conoscevano già! Per quanto potesse sembrare! Potevano essere anche più vecchi!

“Li ho trovati in una miniera! Sono stati gli dei a farmeli trovare. I loro precedenti padroni cercavano di nascondere le orecchie a punta ed i lunghi capelli, caratteristiche peculiari della loro razza!” Disse l’ospite.

“Metteteli in una cella! Me ne occuperò più tardi!” Ordinò Barahir alle sue guardie.

“Portate anche le mie schiave!” Aggiunse la moglie “Desidero avere la massima privacy nel mostrare a pieno la gratitudine che si deve ad un caro fratello!” Disse, rispondendo così allo sguardo confuso del marito.

Furono fortunati a non passare neanche lontanamente vicino allo spiazzo dove si stavano allenando i gladiatori. Le ragazze temevano una qualche isterica reazione di Azrael! Anche se ci stava! Avevano rapito altri elfi!

Quando la porta della cella fu chiusa e le guardie si furono allontanate a sufficienza, Sara si scatenò “È a dir poco pazzesco! Gli dei in cui credono i romani ci prendono per i fondelli! Questa è una coincidenza assurda!” Iniziò a dire camminando per la piccola cella come un uragano.

“Placati!” Tentò Hanna ottenendo però, l’effetto contrario.

“Lui non sarà per niente contento di vedervi! E non perché avete le orecchie a punta ma perché gli stramaledetti romani hanno avuto la brillante idea di schiavizzarvi!

Aspetta!......ma perché non siete dei gladiatori?” “I problemi della vita!” La derise Hanna “Da quello che so gli elfi sanno combattere! Fa parte dell’istruzione di base!” Continuò Sara ignorandola di sana pianta.

“Ora conosci la cultura e le tradizioni elfiche meglio di loro?” Chiese Hanna basita.

Anche se ad essere i più confusi e scioccati erano i due elfi!

Tutti gli umani incontrati fin’ora erano stati curiosi e terrorizzati da loro. Non conoscevano niente del loro popolo e credevano che non fossero in grado di parlare e capire la lingua corrente!

Ma queste umane erano l’eccezione! Sembravano trovarsi a loro agio e pareva fossero preoccupate per la loro incolumità!

Lasta lalaithamin! (Mi fai ridere!) disse l’elfo con i capelli castani.

Amin feuya ten’ lle!” (Mi Disgusti!) disse il biondo.

Sara li guardò con un enorme sorriso che le illuminò il viso “Che figata pazzesca!” Disse adorante. Era la prima volta che sentiva parlare elfico! Sindar, se voleva essere pignola!......si, voleva!

“Ora sviene!” Azzardò Hanna “No! Cielo, sarebbe imbarazzante!” Disse Sara con un tono di voce tutto nuovo, poggiando un palmo della mano sulla sua guancia destra, fingendosi scandalizzata, come se la sua amica avesse urlato la peggiore bestemmia mai sentita!

Sara si sedette in terra davanti ai due elfi e si rivolse a quello biondo “Come ti chiami?” 

Auta miqula orqu!”(Ma Va a baciare un orco!) gli rispose lui.

“Anche non capendo l’elfico, non credo ti abbia fatto un complimento!” Disse Hanna che era più divertita che spaventata.

“Il mio nome è Sara, mentre questa simpaticona è Hanna! Sappiamo che parli la nostra lingua e se le buone maniere elfiche non sono solo una leggenda, ti pregherei di rispondermi!” Disse la mora offesa per non aver capito un accidente ma sicura che l’amica avesse ragione!

Dina!”(Fa silenzio!) disse il biondo.

“A quanto pare, gli elfi sono cocciuti quanto i nani!” Osservò Hanna facendo un paragone sbagliato nel momento meno opportuno.

Man pedich?”(Cos’hai detto?) disse il biondo.

Entrambi si alzarono di scatto terrorizzando le due ragazze che indietreggiarono fino a trovarsi dalla parte opposta della cella. Ma non servì a molto visto che la stanza era decisamente minuscola!

“La mia era una constatazione! Argomentare sarebbe la scelta più saggia!” Tentò di salvare la situazione Hanna. Perché doveva dare voce ad ogni pensiero?

Dei rumori precedettero il passaggio di numerosi gladiatori.

Era l’ora della pausa pranzo. Capitata giusto in tempo per salvarle.

Appena spuntò Azrael, le fissò con sorpresa. Una ciotola di riso in mano.

Mae govannen Aran Thranduil! Amin naa tualle!”(Ben trovato Re Thranduil! Sono ai tuoi servigi) disse il biondo.

Mankoi naa lle sinome?”(Perchè Sei qui?) chiese l’altro.

La ciotola di Azrael scivolò dalla sua presa finendo in terra. Il riso venne sparso ovunque andando contro ogni legge fisica. Cioè, la sua velocità non era tale da creare un disastro! Il raggio sarebbe dovuto essere molto più ristretto. 

Questo fu tutto quello che Sara riuscì a pensare nel tentativo di sperare di non essere realmente dove, effettivamente, si trovava!

“Che spreco!” Osservò Hanna più interessata al cibo che ad altro. 

Per la cronaca: grazie alla dolce e premurosa padrone, loro non avevano ancora pranzato!

“Mankoi naa llie sinome?”(Perchè siete qui?) chiese Azrael ancora scioccato.

“È davvero fico, ma potreste parlare una lingua comprensibile? È anche peggio di quando gli altri si sussurrano segreti nelle orecchie!” Disse Hanna infastidita.

L’elfo biondo scattò furioso verso l’umana, ma la voce imperiosa del suo signore lo fece arrestare “Daro!” (Fermo!) disse Azrael.

“Che succede?” Chiese un Attico parecchio confuso nel ritrovarsi davanti altri due elfi “Hanna, Sara, tutto bene?” Domandò ancora più smarrito nel vederle dietro le sbarre.

“Si, grazie!” Rispose la mora “Davvero? Ma se vogliono ucciderci?” La smentì l’altra.

“Ma siccome Azrael ci ha salvate, direi che le cose vanno meglio di quanto sarebbero.......” “.....per il momento! La sua amicizia non ci salverà per sempre!” Urlò Hanna, furiosa che Sara la contradicesse sempre.

“Ma io parlo di adesso!” Disse l’amica arrabbiata per il fatto che non potesse mai avere l’ultima parola.

“Amicizia?” Chiese l’elfo bruno non capendo perché il suo signore avesse difeso due insulse mortali.

La conversazione venne interrotta dalle guardie che costrinsero i due gladiatori a tornare sui loro passi.

“Possiamo riniziare da capo?” Chiese Sara rivolgendosi ai due elfi che non le stavano guardando più così male. Loro annuirono.

“Piacere io sono Sara!” Disse l’una “Ed io Hanna!” Aggiunse l’altra.

I due elfi si inchinarono davanti alle due e facendo entrambi il baciamano....... rischiando veramente di far svenire Sara..... “Il mio nome è Narwain mentre il mio compagno si chiama Galdor!” Disse l’elfo biondo.

 

La storia scorre più lenta di quanto mi ero immaginata!

Spero questo non vi dispiaccia!

A parte qualche parola, cercherò di non essere troppo volgare, lo prometto!

Come pensate proseguirà? Fatemelo sapere perché per il momento ho esaurito le idee! 

L’ho detto all’inzio! È stata un idea lampo! Spero solo che ne seguiranno altre perchè non mi piace il pensiero di lasciare incompleta una storia!

A presto,

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Capitolo 4
*** Grida nel silenzio ***


GRIDA NEL SILENZIO

 

Passarono quattro mesi.

Hanna poteva dire che la loro nuova vita non fosse poi così male!

Servivano ancora la padrona, per loro fortuna, ed ogni sera venivano spedite nella cella di Azrael, modificata per avere un piccolo sportello che la rendesse comunicante con Attico. Dovevano essersi resi conto che era l’unico in grado di mitigare il temperamento esplosivo di Azrael.

Era strano chiamarlo così, anche inquietante! Ma alla fine si era abituata!

“Una giornata da dimenticare!” Sara si annunciò così prima di entrare nella cella di Azrael.

“Sono curioso! Continua!” Dichiarò Attico che si era comodamente seduto su della paglia fresca per lasciare il letto ai due elfi. Visto che le celle non erano spaziosissime, si erano divisi in quelle due per poter passare un po’ di tempo assieme.

“Questa mattina ho ricevuto l’ordine di passare la cera, ed Hanna ci è scivolata mentre portava la colazione dei padroni, poi......sono inciampata mentre sparecchiavo ed ho rovesciato i resti del pranzo contro Hanna che mi aveva appena insultato....non ricordo nemmeno per cosa........e per finire in bellezza....la bestiaccia dei padroni ha mangiato la mia cena per questo Hanna è arrabbiata con me per essersi vista “costretta” a fare a metà con lei!” Terminò Sara.

“Il cane? E come ha fatto?” Chiese Attico divertito, quelle avrebbero dovuto intrattenere spettacoli comici invece che essere le schiavi personali della padrona!

“Sono andata velocemente al bagno! Credevo Hanna rimanesse a controllare!” Si giustificò Sara.

“Credo che c’entri quello che voi umani chiamate....karma!” Disse Galdor trattenendo a stento le risate “Il kamra è alla base di tutto!” Disse Sara per poi ridere 

“Non la incoraggiare, Galdor!” Lo riprese Narwain.

“Non lo faccio!” Gli rispose l’altro. “Be’ se lei fosse più gentile con me....” “...tutto questo non potrebbe succedere?” La derise Attico conoscendo bene la goffaggine dell’amica visto che più volte ne era stato vittima durante i banchetti, quando aveva rovesciato qualcosa addosso a lui ed altri sfortunati gladiatori!

Risero tutti cogliendo il suo pensiero. Persino Narwain abbozzò un sorriso!

“Posso farti una domanda?” Chiese Hanna approffitando del fatto che gli altri sembrassero molto presi dal racconto dell’amica, mentre Azrael sembrava completamente disinteressato, come sempre.

“L’hai appena fatto!” Le rispose burbero lui “Non ti sei accorto che qualcosa non va?” Domandò Hanna facendo uno sforzo enorme per non rispondergli a tono.

L’elfo la guardò in maniera indecifrabile. Non doveva sorprendersi, un sovrano non avrebbe mai dovuto far capire cosa pensasse ai suoi nemici, punto!

“Narwain e Galdor non stanno bene! Non mi sorprende che il padrone non li abbia ancora fatti combattere! Vabbe’ che non erano uno spettacolo manco la prima volta che li ho visti, ma.....ho una strana sensazione al riguardo!” Confessò lei.

I due elfi erano magri e pallidi e l’unico ad avere ancora un po’ di senso dell’umorismo era Galdor! Forse era così anche quando vivevano nel regno degli elfi, ma erano troppo malinconici e taciturni perché Hanna non si preoccupasse!

Thranduil sospirò. Cioè che temeva stava per accadere!

I due erano troppo giovani per una vita del genere. 

Stavano svanendo!

Per esperienza sapeva bene che senza alcun affetto familiare questo percorso sarebbe stato irreversibile.

Ed era ancora più terribile che si era ritrovato a sperare  che trapassassero presto!

Come poteva? Era un suo compito proteggerli ed assicurarsi che tornassero a casa!

Forse era meglio così, la fuga non sarebbe avvenuta presto e lo struggeva sentirsi inutile! Aveva sempre avuto tutto sotto controllo e questa sensazione non era familiare ma estremamente fastidiosa!

Nelle sale di Mandos avrebbero aspettato con pazienza e senza sofferenze, di riunirsi con i loro cari, quando il tempo degli elfi sarebbe finito e si fossero ritrovati a navigare!

“Riderete meno quando vi mostrerò che non sono completamente tarda! Una volta liberi vi cucinerò il cheescake!” Disse Sara introducendola come una pietanza divina.

“Cos’è?” Chiese Galdor la cui curiosità per il mondo umano non era mai sazia.

“Una dolce delizioso con dentro il formaggio!” Rispose la ragazza.

“Sei google per caso?” La derise Hanna.

“Spesso dite cose senza senso!” Disse Attico non avendo capito l’ultima domanda dell’amica.

 

*

 

Hanna corse a perdifiato fino a raggiungere la cella nella quale erano stati confinati Narwain e Galdor. Preparati per la loro prima ed ultima arena!

Non erano nelle condizioni fisiche e mentali per uscirne! 

Ma l’ego del padrone aveva fatto danni irreparabili! Come poteva non comprendere che non fossero ancora pronti! Che la guerra non era lo stile di vita degli elfi? Che questo non avrebbe guarito i loro spiriti feriti!

“Apri!” La voce di Sara la fece sussultare per la prima volta “Cosa ci fai qui?” Le chiese furiosa. 

Voleva dire addio nella maniera più delicata e garbata possibile senza che la sua cara amica lo urlasse ai quattro venti ed ora non avrebbe potuto più farlo!

“Potrei farti la stessa domanda!” Le rispose Sara prima che entrambe entrassero.

I due elfi erano vestiti con maglietta e pantaloni lunghi dello stesso colore. Avevano delle protezioni ai polpacci e sugli avambracci per poter parare i colpi anche con gli arti. Inoltre indossavano un imbracatura di cuoio tipica dei gladiatori, però erano stati abbigliati in maniera differente visto che non erano umani!

“Siete venute per dirci addio?” Chiese Narwain che era più abbattuto di quanto non l’avessero mai visto “Veramente per augurarvi buona fortuna, ma se vuoi posso cambiare la frase!” Disse Hanna non riuscendo a trattenersi. Non le era mai stato simpatico il biondino, ma non per questo le dispiaceva!

“Azrael...il sovrano....” disse Sara sussurrando “...ha detto che questi umani sono scarsi nel combattimento!” La ragazza estrasse due protezioni di ferro avente ciascuna uno spunzone sull’ampia superficie “Però, per sicurezza, ho impregnato queste punte con un veleno molto particolare! Confonderà i vostri avversari affinché possiate dargli il colp.....” “Non morirò senza onore!” Infuriò Narwain “Ti ringrazio molto Sara, ma anch’io rifiuto la tua offerta, se questo è il nostro destino ho deciso di accettarlo!” Disse Galdor mantenendo una calma glaciale.

“Ma non è giusto!” Protestò lei distrutta “La tua famiglia Galdor! Non vuoi tornare da loro? Narwain, i tuoi figli cresceranno senza un padre!” Insistette inutilmente.

“Li rincontreremo nelle terre immortali!” Rispose Galdor sorridendo nel tentativo di calmare la ragazza “Vi ringrazio!” Disse accennando un leggero inchino assieme a Narwain.

“Per cosa? Per guardarvi morire?” Chiese Hanna mentre cercava di sostituire il dolore con la rabbia.

“Per averci mostrato che non tutti gli umani sono così corrotti e crudeli!” Spiegò l’elfo poggiando una mano sulla spalla di Sara.

Una luce abbagliante li avvolse entrambi e quando si dissolse la ragazza lo guardò confusa, il viso ancora rigato dalle lacrime.

“Ti ho donato la mia immortalità!” Disse Galdor “Promettimi che ti assicurerai che il re torni nel regno sano e salvo! La nostra gente ha bisogno di lui!” Chiese con occhi pieni di speranza.

Sara era talmente scioccata che riuscì solo ad annuire.

Narwain si avvicinò ad Hanna la quale arretrò impaurita “Va de retro! O ti ci rispedisco a calci in culo!” Disse con la sua solita eleganza.

“Siete molto forti per essere così giovani. Il mio compagno ha ragione, solo voi potete aiutarlo! Con voi si comporta in maniera diversa!” Ammise l’elfo biondo come se l’avesse compreso in quel momento. 

“Traduci!” Disse Hanna non capendo cosa intendesse “Vi permette di stargli vicino come non ha mai fatto con nessuno. Solo con sua moglie ed il Principe Legolas. E credo apprezzi la vostra compagnia più di quanto faccia vedere!” Spiegò Galdor così che l’amico non inveisse contro le pessime maniere dell’umana.

Narwain appoggiò la mano sulla spassa della ragazza mentre lei era impegnata ad elaborare le ultime parole di Galdor, non dandole il tempo di reagire.

Quando la luce abbagliante sparì la guardò con un’espressione strana “Promettimi che lo aiuterai!” Anche Hanna riuscì solo ad annuire.

“Ma se sopravvivrete al combattimento sarete mortali! Cioè.....invecchierete!” Disse Sara sentendosi tremendamente in colpa.

“Se torneremo vorrà dire che staremo ancora assieme! Non rinnego la mia scelta! Voi potete aiutare il nostro signore! Noi, no! Moriremmo tra poco lo stesso, con o senza l’aiuto di una spada!” Ammise Galdor affranto.

“Non ci uccideranno facilmente! Ho ancora un po’ del mio orgoglio e non intendo perderlo nell’ultimo scontro!” Disse Narwain sentendo la porta della cella venire aperta.

“Orgoglioso come un elfo!” Ripetè Hanna divertita dall’ultima affermazione.

“Buona fortuna!” Disse Sara prima di veder sparire i due amici oltre la porta.

 

*

 

Ancora prima di parlare con gli elfi Hanna era stata informata che Azrael era impazzito!

Non era sorpresa ed aveva chiesto al padrone di poter restare nella villa per andare da lui. Gli era stato dato il permesso e lei si era sentita incredibilmente sollevata.

Non voleva assistere alla morte dei due elfi! Anche se sarebbe stato meglio dell’affrontare Thranduil!

Non andò verso la cella dell’elfo, ma in quella dove incatenavano gli schiavi ribelli.

Una volta dentro se ne pentì amaramente!

La schiena di Azrael era ricoperta di sangue. Le frustate fresche erano ben visibili e poteva vedere numerose ustioni e lividi su tutto il corpo!

Avevano punito il suo pessimo comportamento!

Era rivolto con il viso verso al muro e le braccia erano tese verso l’alto a causa delle catene che erano troppo corte per arrivare fino in terra. 

L’elfo era inginocchiato sul pavimento, probabilmente sfinito dalle ore di tortura. 

Aveva saputo la sera prima che i suoi due elfi sarebbero stati mandati nell’arena ed essendo ormai pomeriggio, forse stavano combattendo e morendo proprio in quel momento!

I pugni serrati ed il respiro teso le fecero capire che era sveglio, ma non sapeva cosa dire! “Ciao, i tuoi elfi mi hanno donato l’immortalità prima di morire!” Non suonava bene neanche nella sua testa!

“Mi dispiace!” Disse alla fine. 

Era vero ed essere sinceri poteva aiutare!

Thranduil sospirò. Non si era sentito così impotente da tanto tempo, quando suo padre morì ed ebbe il peso della corona addosso troppo presto!

Aveva condannato suo figlio allo stesso destino! Ed anche se, dalla sua cattura, altri elfi non erano stati fatti prigionieri, temeva che i romani potessero riprovarci in futuro!

L’odio per questo popolo stava crescendo a dismisura dentro di lui e temeva in ciò che sarebbe potuto diventare se avesse lasciato che prendesse il sopravvento!

La voce di Hanna lo aveva sorpreso. Credeva che l’umana fosse con la padrona.

Il tono usato per dire quelle poche parole gli fece capire che non mentiva. L’aveva vista interagire con Narwain e Galdor e sapeva che anche lei si era affezionata a loro.

Gli umani, avendo molti meno anni da vivere, erano sempre stati molto diretti. Dove un elfo avrebbe impiegato del tempo per instaurare un legame, loro ci mettevano anche una manciata di giorni.

“So che è dura.....” “Lo sai? Tu, una giovane mortale, pretendi di sapere ciò che un re millenario prova!” Ringhiò Thranduil “Il mio popolo....trucidato per mero divertimento per mano di insulsi mortali! Vite immortali sacrificate per puntiglio!” Sibilò agitandosi nella stretta d’acciaio delle catene.

“No.....ma sono certa che solo tu puoi fermarli!” Disse Hanna guadagnandosi finalmente la piena attenzione furiosa dell’elfo. Una mezza vittoria.

“Ora sai che ci sono romani che catturano elfi! Possiamo fuggire ed avvertire gli altri del pericolo! Possiamo liberare quelli che sono prigionieri, in caso ne trovassimo!

Possiamo fare la differenza!

Non avrai resistito così a lungo per arrenderti adesso?” Chiese cercando di smuovere l’animo spezzato dell’elfo.

Lui non rispose. Si limitò ad abbassare il capo sconfitto.

“Li lascerai morire dimenticandoti di loro?” Chiese arrabbiata.

La reazione fu istantanea: l’elfo si alzò in piedi di scatto tirando le catene con tanta forza che i ganci appesi al muro tremarono leggermente, terrorizzando a morte la ragazza!

“Come osi?” Ringhiò lui.

“Se ti arrendi dimostrerai che di loro e di tutti quelli che verranno catturati non t’importa niente!” Disse Hanna con un coraggio inaspettato “Ma se combattiamo potremmo evitarlo! Io non li dimenticherò mai!” Finì di dire lei.

Era incredibile di come un umana, che aveva vissuto una vita brevissima in confronto alla sua, potesse avere molta più forza d’animo di molti nobili elfi che aveva conosciuto.

Rimasero fermi in silenzio per un tempo lunghissimo. Anche se potevano essere stati benissimo una manciata di minuti.

Alla fine Hanna decise di parlare “Posso pulirti le ferite?” Chiese con timidezza.

Aveva promesso. Avrebbe mantenuto la sua parola.

L’elfo inclinò leggermente la testa per poi rimettersi in ginocchio lentamente.

Prendendolo per un si, Hanna andò a chiamare la guardia affacciandosi dalla cella ed urlando come una straccivendola.

 

*

 

Sara abbassò lo sguardo affranta, non riuscendo a trattenere le lacrime ma sforzandosi di non singhiozzare. 

Non avrebbe dato soddisfazione ai romani dimostrando quanto la cosa la stesse struggendo dentro!

Si trovava nella tribuna d’onore, dietro ai suoi padroni comodamente seduti per godersi lo spettacolo, mentre lei era in piedi dietro a loro per provvedere ad ogni bisogno.

All’inizio si era illusa che tutto sarebbe andato per il meglio......

Narwain e Galdor avevano battuto i loro primi avversari, combattendo separatamente, ma mostrandosi nettamente superiori ai gladiatori sconfitti, in maestria ed abilità.

Ma non era finita lì!

Proprio come avevano fatto con il loro sovrano, i due elfi si erano ritrovati a dover combattere in quasi tutti gli scontri!

La boria dei romani, ma del loro padrone in particolare, si era manifestata costringendoli allo stremo pur di riempire la borsa del lanista!

Non erano nemmeno a metà dei festeggiamenti che l’incubo si era avverato!

Fortunatamente erano stati mandati assieme nell’arena, sfortunatamente i loro avversari erano venti uomini ben armati, freschi e riposati!

Uno in particolare aveva attirato l’attenzione della ragazza. 

Alto quasi due metri, largo come un armadio e con un fisico scolpito!

Era il campione di una città vicina, ma non ci voleva molto a capirlo! 

Per come la folla lo aveva accolto e per come si muoveva, come se l’arena fosse casa sua!

Narwain e Galdor erano sfiniti, glielo poteva leggere in faccia, ma non si erano tirati indietro!

Con attacchi combinati erano riusciti ad uccidere e ferire molti avversari.

Narwain diceva il vero quando aveva ammesso che non si sarebbe arreso facilmente.

Sara sorrise al pensiero che se Thranduil fosse stato presente, sarebbe stato molto orgoglioso del coraggio mostrato dai due giovani elfi, ne era certa!

 

“Lle desiel?” (Sei pronto?) Domandò Galdor al compagno 

“Dago 'ni ngurth!” (Combatterò fino alla morte!) gli rispose lui. 

Gli elfi si misero in posizione di attacco per poi iniziare a correre, senza aspettare che i loro avversari attraversassero di corsa la distanza che li separava.

“Gurth a choth-in-edhil!” (Morte ai nemici degli elfi!) urlò Narwain prima di affondare la spada nel petto di un uomo.

Combattevano come erano stati addestrati a fare. Anche se gli elfi di Bosco Atro prediligevano i pugnali, non si poteva dire che con le spade fossero scarsi.

La fortuna aveva fatto in modo che i due elfi fossero esperti a combattere assieme, avendo affrontato molte creature del male durante i numerosi giri di pattuglia.

Questi umani in quanto a cattivo odore, versi animaleschi e goffaggine era pari agli orchi, quindi non fu molto traumatico ritrovarsi a doverli sterminare per aver salva la vita.

“Ndengina (ta/ho)” (Uccidilo!) urlò Galdor all’amico mentre teneva fermo un gladiatore, per le spalle. Narwain fece appena in tempo ad ucciderlo che altri gli furono addosso.

Stavano cercando di separarli! Essere divisi significava morire!

“Tira ten’ rashwe!” (Attento!) disse Galdor alle sue spalle. Narwain si girò appena in tempo per vedere che il compagno aveva decapitato un nemico codardo che aveva tentato di ucciderlo con un colpo alle spalle. 

Un modo disonorevole di morire!

“Caela ie'lle!” (Prendi Questo!) urlò contro un avversario trafiggendolo con la sua stessa lancia. Sara aveva ragione! Erano scarsi questi umani!

Narwain sentì la speranza travolgerlo all’improvviso.

Credeva che non avrebbe mai più rivisto la sua adorata moglie ed i suoi cari figli, era convinto che l’idea di fuga del Re fosse frutto della pazzia che si era ormai impossessata della sua mente. 

Sperava che una volta tornato nel regno riacquistasse la ragione grazie alla sua gente e tornasse a regnare nel modo fermo e giusto come aveva sempre fatto.

Ora si rendeva conto che aveva ragione! 

Potevano farcela!

Sentendo centro di se una forza nuova nata dalla speranza, Narwain si girò verso l’avversario più grosso che era rimasto comodamente in disparte ad osservare mentre i suoi compagni venivano massacrati.

Corse verso di lui per niente intimorito dalla sua stazza. Come guerriero, sapeva bene che non era quella a fare la differenza fra la vita e la morte in un combattimento.

“Baw!” (Non farlo!) il grido di Galdor gli arrivò troppo tardi.

Iniziò un furioso scontro tra loro due. La folla urlava ed applaudiva ogni volta che le spade cozzavano fra loro.

Narwain si mosse con l’agilità della sua razza costringendo l’avversario a girare in tondo e parare i numerosi attacchi. Il suo scopo era confonderlo così che facesse una mossa falsa!

Accadde ciò che sperava. L’uomo affondò con troppo impeto sul suo scudo che Narwain lasciò cadere in terra prima di affondare la spada nello stomaco dell’avversario. Un esplosione di grida di gioia accompagnò la caduta in terra del gladiatore che era già morto ancora prima di toccare il suolo.

L’elfo sorrise e guardò il suo compagno cercando di fargli capire che c’era ancora speranza!

Rimase confuso quando vide uno sguardo pieno di orrore dipingersi sul volto dell’amico. 

Poi un dolore tremendo lo colpì al petto ed abbassando lo sguardo vide una freccia che spuntava da esso.

Le gambe cedettero all’istante e vide Galdor correre verso di lui chiamandolo a gran voce. 

Sentì le mani dell’altro afferrarlo prima che collassasse in terra.

“Cuio nim mellon!” (Addio amico) riuscì a dire Narwain prima che l’oscurità avvolgesse i suoi occhi.

“Las bedich? Las bennich? Mellonamin!” (Dove stai andando? Dove sei andato? Amico Mio!) urlò Galdor disperato.

Ma non ebbe il tempo di dire altro prima di schivare un colpo che l’avrebbe ucciso se non fosse stato per i suoi portentosi riflessi.

Rotolò di lato ed afferrò una spada che si trovava in terra per affrontare l’ultimo gruppo di uomini sopravvissuti.

Parò numerosi colpi riuscendo a tenere testa a cinque di loro che lo attaccavano da ogni lato. Ma le sue forze lo stavano abbandonando!

Sapendo che non avrebbe resistito ancora a lungo decise che avrebbe portato con se quanti più uomini possibili! Si concentrò su tre di loro.

In rapida successione li uccise uno dopo l’altro. Ma questo lo lasciò scoperto rispetto agli altri che si trovavano alle sue spalle!

Sentì il rumore della lama che lo trapassava per poi vedere la spada spuntargli dallo stomaco. Cadde in terra su un fianco e sorrise sapendo che i romani non avevano vinto.

Il loro Re li avrebbe vendicati e non avrebbe lasciato che fossero morti invano!

 

Sara chiuse gli occhi per non vedere cosa stava realmente accadendo e nel disperato tentativo di fermare le lacrime che ormai bagnavano il suo volto.

Era così che due nobili elfi perivano! 

Sotto scroscianti applausi!

 

AVVERTIMENTO: ho aggiunto una piccola parte finale nel capitolo precedente! Mi sembrava più coerente metterla lì che in questo!

 

Ed invece l’idea per continuare questa storia mi è venuta!

Ok va bene, è stato troppo brutale? Troppo strappa lacrime?

Thranduil è ancora freddo con le ragazze, anche se è vero quello che dice Galdor, con loro si comporta in maniera diversa e potrebbe aprirsi!

Avevo detto che ci spostavamo verso il mondo di Spartacus? Si! Lo ripeto!

Fatemi sapere cosa ne pensate! 

Commenti e suggerimenti li apprezzo davvero molto!

Anche le critiche, servono a migliorare!

Buona serata a tutti,

X-98

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Capitolo 5
*** Bisogna scegliere chi si vuole amare ***


BISOGNA SCEGLIERE CHI SI VUOLE AMARE

 

Sara sospirò sentendo i piedi bruciare a causa dei sandali che non facevano altro che farle venire le vesciche.

Erano almeno tre ore che la padrona girava tra i vari banchi del mercato.

L'arrivo di un gruppo di stranieri aveva attirato tutte le donne d'alta borghesia e si vociferava che le stoffe da loro vendute fossero pregiate ed estremamente preziose.

Questo era bastato per attirare la loro padrona e farle spendere una fortuna pur di poter essere invidiata dalle altre nobildonne.

"A quanto pare il buon vecchio Sesto vi ha ingannato!" Disse una del gruppo di amiche della padrona "Non ti invidiamo affatto cara. Anche se è una cosa risaputa: a tradirti sono sempre coloro che si professano innocenti!" Disse un'altra.

"La speranza è che presto Azrael possa cambiare a vostro favore l'idea che tutti si sono fatti degli elfi!" La difese una.

"Sono gli dei a guidare i suoi passi! Appena vorrà delle anime di cui sfamarsi noi lo asseconderemo!" Rispose la padrona innervosita.

La sconfitta di Narwain e Galdor non era stata vista di buon occhio!

Ora tutti credevano che l'immortalità degli elfi non fosse un dono ma una condanna!

E che Azrael fosse realmente guidato dagli dei visto che era l'unico della sua razza ancora in vita, non sapendo niente della lava che ribolliva sotto la superficie!

"Tuo marito verrà oggi all'asta? Ho sentito che ci saranno bestie molto rare!" Chiese una signora.

"Sarà presente! Chiedo scusa ma doveri urgenti mi costringono a tornare alla mia casa!" Rispose la padrona prima di affrettarsi verso la carrozza.

Hanna aveva fatto appena in tempo a salire quando un urlò le fece fare capolino dalla portiera.

Banditi!

Le stavano attaccando!

La padrona iniziò ad urlare istericamente mentre Sara tentava di proteggerla spingendola verso la carrozza e frapponendosi fra lei ed i banditi.

Le poche guardie al seguito vennero subito neutralizzate dimostrandosi inutili come credeva Hanna.

"Tu vieni con noi!" Disse un di loro rivolto alla padrona "E se tuo marito tiene veramente a te.....pagherà lautamente per salvarti la vita!" Già, peccato che stesse parlando con la persona sbagliata!

Però Sara aveva uno sguardo talmente feroce che era facile sbagliarsi!

Soprattutto perché la padrona sembrava una gallina spaventata, in quel momento nessuno avrebbe potuto pensare che fosse lei la vera padrona!

Hanna ci pensò su e capendo che i banditi potevano sbagliare bersaglio, visto che anche le loro vesti erano pregiate nonostante fossero delle schiave, lampante dimostrazione dell'ego smisurato della padrona, decise di agire!

"Se rapiscono la padrona lui se la prenderà con noi! Se prendono noi ......dato che non siamo delle principesse in pericolo e che Thranduil è in catene dodici ore al giorno, nessuno ci cercherà! Ed anche se fare la parte della damigella in pericolo che il Cavaliere deve salvare sarebbe intrigante, questo non è il momento adatto!"

Pensò Hanna in una manciata di secondi.

Scese di soppiatto dall'altra parte rispetto a dove si trovavano tutti gli altri e si diresse verso un bancone, rimasto incustodito, pieno di padelle ed altri oggetti di metallo.

Fortuna che fosse stata pazza e spericolata in gioventù, tanto da provare molti sport uno dietro l'altro. Tra cui lancio al piattello, tiro con l'arco, cavallo, nuoto, ginnastica artistica, kung fu.....alcuni praticati per pochi mesi ma sufficienti perché i rudimenti mettessero radici profonde.

Prese una grossa padella per il manico fece ruotare il busto assieme alle spalle e poi, come una molla, scattò, lasciando andare l'oggetto.

Appena il primo colpì il bersaglio iniziò ad afferrare qualsiasi cosa le capitasse sotto mano per lanciarla. Le urla della padrona le facevano molto comodo, così poteva essere certa di non colpire ne lei, ne Sara, per sbaglio!

I banditi furono colti di sorpresa ma cercarono di reagire.

Avrebbero raggiunto Hanna per fargliela pagare se Sara non avesse deciso di seguire l'esempio dell'amica ed avesse iniziato a lanciare bottiglie, piccoli vasi e altri oggetti pesanti contro gli intrusi.

I banditi si ritirarono nascondendosi fra le varie bancarelle, salvo per fuggire terrorizzati quando videro arrivare le guardie cittadine.

"Lo shopping più entusiasmante della mia vita!" Commentò Sara appena Hanna raggiunse lei e la padrona ancora sconvolta.

"Ed ecco altri like che vanno a farsi fottere!" "Meglio! Perché oltre quelli avresti potuto prenderti anche una denuncia!" Disse Sara cercando di smorzare l'entusiasmo dell'amica. 

"Ma qui non fanno multe?!" Osservò Hanna confusa "Vero! Ma se avessi potuto fare un video saremmo dovute essere per forza nel nostro mondo e lì le multe sono belle salate! ..... Ma io ho detto denunce! Che c'entrano le multe?" Le chiese Sara.

"Che ne so! Sei stata tu a seguire la mia assurda linea di pensiero senza battere ciglio!" La prese in giro Hanna prima di prendere la saggia decisione di non articolare più parola, sperando che una volta a casa il padrone non fosse abbastanza incollerito per prendersela con loro ed incolparle di tutto......come da prassi!

Era una fortuna che Azrael vegliasse su di loro perché altrimenti Barahir non si sarebbe di certo limitato solo ad urlarle contro!

 

*

 

"Altra giornata da dimenticare!" Era Sara.

"Ma se avevi detto che lo shooping era stato indimenticabile? Devi fare pace con te stessa, sorella!" Hanna.

"Ma a stare zitta dieci secondi ci riesci?" Sara di nuovo.

Silenzio.

"Fatto! Sei soddisfatta? Guarda che non sono io che urlo al vento tutti i nostri problemi!" Sempre e solo Hanna.

La porta della cella venne aperta e due ragazze incollerite entrarono mentre erano impegnate in una lotta di sguardi.

Thranduil non riuscì a trattenere un sorriso. Come facevano ad essere amiche se la maggior parte del tempo lo passavano litigando?

"Sono loro?" "Si loro, loro!" La seconda voce apparteneva ad Attico, ma la prima era sconosciuta!

"E tu chi sei?" Chiese Hanna mettendo la faccia davanti alle sbarre della piccola finestra che univa le due celle.

Un ragazzo. Giovane. Capelli ricci e scuri, come Sara, solo che lei li aveva lisci.

"Perché ti interessa saperlo?" Chiese il ragazzo.

"Perché vorrei sapere con chi sto parlando?!" Precisò Hanna.

"Il mio nome non deve interessarti! Tanto presto sarò morto o messo di nuovo all'asta!" Rispose il ragazzo.

"Ottimismo ammirevole!" Disse Hanna sarcastica.

"Comunque.....io mi chiamo Sara, mentre lei è....." "No!" La interruppe l'amica "Che?" Chiese l'altra confusa "Facciamo il suo gioco! Lasciamolo con il dubbio!" Disse Hanna con un sorriso perfido in volto.

Il ragazzo sbuffò "So chi siete! Sara e Hanna, le due amanti dell'angelo della morte!" Poi si voltò verso il suo compagno di cella" e tu sei Attico, gladiatore addestrato e cresciuto dall'unico elfo superstite della sua razza!" Concluse.

"Unico....superstite?" Domandò Sara divertita "Certo che i romani ne sparano di minchiate!" Commentò Hanna.

"Mi fate il piacere di tacere? Vorrei dormire e gradirei non dover sentire delle galline starnazzare per tutta la notte!" Disse il ragazzo mentre si stendeva sulla sua branda aggiunta proprio per lui.

"Faites attention à la façon dont vous parlez, mon enfant!" (Bada a come parli, bambino!) disse Azrael articolando le prime parole della settimana.

"Mi ricordo poco, siccome il mio francese è quello della scuola secondaria di primo grado, ma "enfant" non significa bambino?" Chiese Sara che voleva si, una conferma, ma il cui scopo principale era tutt'altro.

"Mi hai chiamato bambino?" Esplose il ragazzo come una bomba atomica. No, peggio! 

Però Sara sorrise entusiasta: aveva fatto centro!

"Be' il suo ragionamento non fa una piega! Rispetto ad una creatura millenaria tu sei solo un bambino!" Disse Hanna divertita.

"E tu sei solo la sua sgualdrina!" Rispose il ragazzo avvicinandosi molto e con fare minaccioso alle sbarre.

Il silenzio ed un gelo calò in quel poco spazio che i presenti occupavano.

Azrael fu talmente veloce che il ragazzo si rese conto di avere la sua mano serrata sul collo solo quando la stretta fu talmente forte da impedirgli di respirare.

L'umano prese il bicchiere di latta ed iniziò a batterlo sulle sbarre con concitazione mentre le ragazze avevano afferrato l'elfo una per le spalle e l'altra per un braccio, nel tentativo invano di fermarlo. Anche Attico era impegnato nel cercare di togliere la mano dal collo del ragazzo ma senza risultati!

"Lascialo andare!" Strillò Sara "Desidero prenderlo a calci nel culo di persona se non ti spiace!" Le diede man forte Hanna.

Nessuno potè fare altro perché le guardie entrarono e sedarono la rissa.

 

*

 

"Non è andata male!" Disse Hanna la mattina seguente.

"Ma ti senti quando parli?" Chiese Sara perplessa.

"Avrebbe potuto essere morto, invece è ancora vivo!" Le rispose l'amica solo per osservare l'altra dubbiosa "Tutto bene?" Chiese.

Sara sospirò guardandola spaventata "Hai visto la reazione che ha avuto? Non siamo riuscite a fermarlo!" Osservò preoccupata.

"Voleva difendere il mio onore! È stato nobile ed allo stesso tempo inutile da parte sua!" Spiegò Hanna.

"E se avesse una reazione del genere con noi? Cosa faresti? Manterresti fede alla promessa? Un'elfo non avrebbe mai reagito così! Non credo che sia chi crediamo!" Disse Sara mentre si tormentava le mani.

"Un'elfo non ha passato quello che ha passato lui! È normale che sia diverso!" Rispose Hanna con ferocia "Ed io mi fido di lui!" Finì di dire prima di iniziare a sfregare il pavimento con rabbia.

"Sara, Hanna...." una voce le fece subito zittire ed alzare. Era Barahir.

Le ragazze lo salutarono con un leggero inchino ed un "Padrone!" Rispettoso.

"...esigo che facciate comprendere all'elfo che quel ragazzino lo deve crescere e trasformare nel miglior gladiatore dell'intera Repubblica, non ammazzarlo!" Ordinò furente.

Quindi era stata una sua idea?! Altrimenti non si spiegava perché, improvvisamente, il povero Attico dovesse sopportare quel piantagrane!

Anche se poteva essere stata semplicemente sfortuna visto che i gladiatori acquistati dal padrone erano talmente numerosi che a volte in una cella ce ne dovevano stare tre assieme! Solo Azrael restava solo, e per una buona ragione: era una testa calda, punto!

"Farà i salti di gioia!" Pensò Hanna mentre Sara rispose con un "Come desidera lei, padrone!". C'era almeno una cosa che Hanna aveva imparato: tenere la bocca chiusa! Probabilmente era all'altezza di Marco Polo quando aveva scoperto l'America!

Poco tempo dopo, le ragazze, grazie al permesso di Barahir, andarono a trovare il nuovo arrivato. 

Scortate da guardie perché se fosse successo qualcosa Azrael non sarebbe più potuto essere controllato!

Appena dentro la cella constatarono con rammarico che il ragazzo era stato incatenato. Molto male!

Cioè, una persona normale non intrattiene una conversazione con l'altra che è in catene! Le loro buone intenzioni potevano essere viste in un'altra luce a causa di questo minuscolo particolare!

"Ti chiamano il celta!" Iniziò Hanna.

"Dicono che sei velocissimo! Il tuo avversario non fa in tempo nemmeno a vedere la lama trafiggerlo! Eppure sei considerato molto giovane per essere così bravo!" Continuò Sara rendendosi conto che lo sguardo d'odio del ragazzo nei loro confronti non si era minimamente ammorbidito! 

Adularlo era inutile!

"Perché ci odi?" Chiese Hanna decidendo di arrivare subito al punto.

"Perché dovrei farlo?" Domandò lui di rimando "Non so! A meno che tu non guardi tutti così, allora sospetto che non ti andiamo troppo a genio!" Rispose la ragazza.

Il ragazzo sospirò distogliendo lo sguardo.

"Credi che Azrael con noi si comporti come fa nell'arena? Se fosse così non gli starei manco a cento metri di distanza!" Disse Hanna.

Sara la guardò sospettosa. Cos'aveva in mente?

"Perché dovrebbe importarmi di quel mostro?" Chiese il ragazzo "Perché lo fissavi tutto il tempo?" Domandò di rimando la ragazza.

Lui esitò un momento, prima di parlare "Ci sono molte leggende! Ovviamente nessuno sa che persona è! ......ma quando l'ho visto......non saprei descriverlo! È stato sia incredibile che terrificante!" Disse il ragazzo come se stesse rivivendo quelle emozioni "Quando l'ho guardato negli occhi.....ero vulnerabile! Era come se.......potesse guardarmi fin dentro l'anima! Ci credo che i romani siano convinti che si nutra delle anime delle sue vittime!" Disse sinceramente.

"Ti ha fatto male?" Chiese Sara indicandogli il collo con un dito, contenta che si fosse finalmente aperto con loro.

Lui sorrise "No. Ho passato di peggio! Almeno ora so che non devo mancarvi di rispetto!" Disse divertito.

"È diverso: non devi manco pensarlo!" Lo corresse Hanna.

Tutti e tre risero.

Lui le fissò attentamente, prima di parlare "Come siete finite qui? Non siete nate schiave!" Chiese curioso.

"Come fai a saperlo?" Domandò Sara sorpresa. 

"Le vostre mani! Sono come quelle dei padroni a parte qualche ferita nuova che vi sarete procurate una volta diventate schiave! Ed il vostro atteggiamento! Credo che veniate sopportate solo grazie all'elfo!" Disse il ragazzo.

 "Siamo schiave da un po' di mesi!" Rispose Sara "Ma non credo che torneremo mai a casa!" Continuò Hanna.

"Ottimismo ammirevole!" La derise lui. "Quella battuta è mia!" Ringhiò la ragazza.

"Le nostre famiglie non sanno che siamo state catturate! Non saprebbero nemmeno dove cominciare a cercarci!" Ammise Sara con amarezza.

"La mia famiglia......è stata trucidata dai romani! Aspetto con ansia di poter pareggiare i conti, un giorno!" Disse il ragazzo.

"Ma sei matto a dire cose del genere?!" Chiese Sara guardandosi attorno e notando che le guardie, si le osservavano, ma ad una distanza tale da non riuscire a sentirli. Per fortuna!

"Andrai d'accordo con Azrael, allora!" Ammise Hanna.

"Perché dovrei mai?" Chiese lui stizzito "Anche lui vuole vendicarsi. Aspe....andando per ordine: vendetta, fuga, libertà e........vendetta!" Disse Hanna come se stesse elencando la lista della spesa.

"Veramente?" Domandò lui sbalordito.

"Si! Ma se vogliamo fare le cose per bene prima bisogna abbassare la testa ed ubbidire al padrone!" Introdusse Sara la vera ragione di quella chiacchierata.

"Spiegati!" Disse lui brusco. Allo sguardo torvo di Hanna rispose "Non era un insulto!".

"Sti gran cazzi.....era lo stesso molto maleducato!" Fece notare la castana.

"Ha parlato la regina delle raffinatezze!" La canzonò l'amica.

"Comunque, il padrone vuole che affini la tua tecnica con Azrael! Ti insegnerà tutto quello che sa.....no, forse non tutto, visto che ti ci vorrebbe molto più che tutta la vita per impararlo......ma quello che ci permetterà di fuggire ed assaporare la libertà!" Disse Hanna facendo anche un piccolo ragionamento durante la spiegazione.

Il ragazzo sorrise, alzandosi in piedi "Mi chiamo Milo!" Disse porgendo la mano destra. A turno, le ragazze la strinsero "È un piacere!" Disse Sara.

"Non ne sono sicura!" Ammise Hanna.

 

*

 

"So che non siamo partiti con il piede giusto...." iniziò a parlare Milo.

Attico osservava i due con crescente interesse per sapere sei il ragazzino sarebbe riuscito a farsi ascoltare.

Era sera e si erano ritrovati nuovamente assieme.

Azrael era comodamente seduto sul letto dalla parte opposta rispetto a dove si trovavano le ragazze che invece erano comodamente sdraiate, apparentemente disinteressate dalla conversazione.

"....ma abbiamo degli obbiettivi in comune!" Continuò Milo per lanciare uno sguardo ansioso al compagno di cella.

Attico non interruppe lo sguardo e prendendola come un incitazione a continuare il ragazzo decise di andare avanti "Voglio che i romani paghino per quello che hanno fatto! La richiesta de padrone è un occasione! Potrò migliorare in vista del giorno in cui avrò la mia vendetta!" Disse il ragazzo.

Azrael sembrava completamente assorto nei suoi pensieri, alla faccia della leggendaria educazione degli elfi........... quindi Hanna decise di rifilargli un piccolo calcio sul polpaccio, con il piede, per svegliarlo.

"Se vous pouvez survivre, vous apprendrez!" (Se riesci a sopravvivere, imparerai!)

Rispose atono l'elfo.

"Ma perché non impara a parlare la nostra lingua?" Chiese Milo infastidito anche se Attico aveva subito tradotto.

Le ragazze si irrigidirono e voltarono all'istante, dandogli le spalle, cercando di reprimere delle risate.

"Perché non impari tu il francese?" Chiese Hanna "Così ampli un pochino quella cultura che non hai!" Disse Sara per poi sgranare gli occhi.

Hanna ebbe la medesima reazione "Fai bene a non crederci! Questa è un insolenza all'altezza delle mie! Che ti succede?" Chiese trattenendo a stento le risate.

"È il risultato della tua compagnia!" Rispose Sara.

Le ragazze scoppiarono in una risata isterica che andò avanti per svariati minuti.

Fu Attico a salvarle dal rischio che venisse loro un gran mal di pancia per il troppo ridere "È vero quello che ho sentito dire? L'avete fatta ad un gruppo di banditi?" Chiese sicuro della risposta.

"Già......" rispose Hanna "A quanto pare!" Le si accodò l'amica.

"La padella più veloce del west non ha rivali!" Ammise Hanna.

"Che cos'è questo twest di cui parli?" Domandò Milo curioso.

Le ragazze si guardarono........e risero di nuovo.

"Qual'è il loro problema?" Chiese Milo che era già infastidito dal carattere delle due giovani.

"Non saprei da dove cominciare. Ma in questo caso direi che si divertono con poco e spesso dicono cose prive di senso!" Gli rispose Attico con un sorriso sulle labbra.

Fortunatamente l'allegria delle due amiche era contagiosa!

 

*

 

Milo non riuscì a trattenere un imprecazione quando si ritrovò a mangiare sabbia per la quinta volta nel giro di pochi minuti.

La velocità dell'elfo era sorprendente! Era sia terrorizzato che elettrizzato all'idea di dover passare le restanti ore di allenamento a farsi umiliare nel tentativo di imparare qualcosa!

Era una peculiarità degli elfi, oppure solo di Azrael, far provare all'avversario emozioni contrastanti nel medesimo istante?

Attico ed il gladiatore che si stava allenando con lui, interruppero lo scontro per lanciargli uno sguardo divertito e ridere assieme.

Ma se la risata dello sconosciuto era per schernirlo, quella di Attico sembrava più morbida e sincera. Milo si riprese nel giro di pochi secondi ignorando le sue sensazioni e concentrandosi sull'elfo che lo osservava serio non facendo trasparire nulla dal suo freddo sguardo.

Il ragazzo affondò di nuovo un colpo con la spada di legno, mirando dritto al petto dell'avversario. Ma la sua arma venne bloccata dal braccio dell'altro e tolta dalla sua presa appena lui fece un giro su se stesso, colpendolo alla schiena una volta completato. 

Era una mossa che conosceva bene, ma talmente veloce che riuscì a riconoscerla solo una volta che l'altro l'ebbe ultimata!

"Grazie a te.....non cadrò mai nell'arena!" Disse Milo sapendo bene che stava parlando da solo. Fu sorpreso quando Attico tradusse per lui.

"Il est convaincu que tu le feras invincible!" (È convinto che lo renderai invincibile!)

"Tous les hommes tombent. Seuls le chemin et le moment sont différents" disse Azrael con un tono talmente freddo da far venire i brividi al ragazzo.

Milo si riprese mentalmente. Suo padre avrebbe fatto abbassare la cresta a quest'essere con le orecchie a punta in meno di cinque minuti!

Non poteva mostrarsi da meno! In memoria del suo popolo!

"Tutti gli uomini cadono. Soltanto il modo e il momento sono differenti!" Tradusse Attico mentre lanciava uno sguardo incerto verso il padre.

A cosa voleva riferirsi? 

Per esperienza sapeva che c'era un significato nascosto in ogni parola da lui detta, ma al momento, qualunque esso fosse, non riusciva a coglierlo!

 

*

 

"Quindi i nani sono ancora dentro la montagna?" Chiese Hanna.

Sara accelerò il passo, velocizzando il suo camminare in tondo nella cella.

L'interrogatorio era iniziato.

"Perché non dovrebbero?" Chiese Thranduil curioso di sentire come si sarebbero giustificate.

"I regni nascono, prosperano e cadono! È la natura!" Disse Hanna "Diciamo che nel loro caso sono gli orchi!" La corresse Sara.

Degli orchi avrebbero attaccato Erebor? Con tanta forza da riuscire a conquistarla?

Poteva reputarlo impossibile, ma quelle ragazze gli avevano dimostrato che niente era impossibile, in tanti modi!

"Gli orchi fanno parte della natura di Arda!" Le fece notare Hanna.

"Sbagli anche stavolta! Gli orchi sono una progenie elfica corrotta nella mente e nel corpo da Melkor che storpiò e torturò gli elfi da lui imprigionati in Utumno durante la Prima Era!" Disse Sara per impallidire di fronte allo sguardo perplesso di Thranduil.

Avrebbe mai imparato a non spoilerare tutte le cose che sapeva sulla Terra di Mezzo, prima di dire qualcosa di troppo? 

"Che tedio! Oh meno male.......c'è il vino!" Disse Hanna afferrando una bottiglia per attaccarsi e bere grandi sorsate.

"Ma visto che il galateo non è un opinione, tu questa la lasci!" La riprese Sara strappandole la bottiglia dalle mani e dalla bocca.

"Lui è un elfo nobile e offre le sue cose agli ospiti!" Disse Hanna riprendendosi Il maltolto. "No! Non puoi saperlo! Hai detto tu stessa che non può essere lo stesso elfo di cui abbiamo sentito parlare!" Protestò l'amica recuperando il vino.

"Lo sarà se lo dico io!" Ribatté Hanna "Cosa?" Chiese Sara "Gentile ed accogliente!" Rispose l'altra attaccandosi nuovamente alla bottiglia.

"Non puoi pretendere che tutti stiano ai tuoi ordini per tutta la tua vita! Io e tuo padre ti sopportiamo perché in fondo sappiamo come sei veramente e ti vogliamo bene!" Disse Sara con sincerità.

"Mio padre ha sempre soddisfatto ogni mia richiesta! Ed è quello che pretendo da coloro che si definiscono miei amici!" Disse Hanna con la mente già annebbiata dall'alcol dato che il poco cibo mangiato quella sera, era già stato digerito.

"Bene! Allora mi destituisco dal ruolo di "migliore amica"!" Disse Sara prendendo la bottiglia e constatando che più della metà era ormai vuota.

"Sei una ragazzina viziata!" Disse l'elfo. "Se la cerca!" Sara tentò di dirigere la sua attenzione su di lei....fallendo miseramente.

"Tu un santo invece! Cresciuto in un castello, trattato come un Principe!" Lo derise Hanna. "Ma sei scema?!" La riprese l'amica temendo di perdere il favore dell'elfo.

"Il rispetto non me lo sono guadagnato solo con il mio titolo!" Sostenne Thranduil che non voleva farsi mettere i piedi in faccia da una giovane.

"Dimmi, chi può essere più arrogante e pieno di se di un ricco nobile rispetto ad un umile contadina?" Chiese Hanna con fare canzonatorio. "Lo prendo per un si!" Disse Sara mettendosi le mani nei capelli.

"Tu sei tediosa! Ma forse perché non hai ricevuto una buona educazione" Continuò a stuzzicarla Azrael. "Punto per lui!" Lo sostenne Sara.

"Da quanto posso sentire, dalle tue parti insegnano ad insultare le donne! Credevo che solo i nani fossero una compagnia terribile!" Disse Hanna sapendo di aver tolto la sicura ad una bomba a mano. "Pessimo paragone......come sempre sorella!" Commentò Sara.

"Mi hai dato del nano?" Protestò l'elfo.

"Vedi un po' tu!" Rispose lei lanciando un'occhiataccia all'amica che sembrava interessata solo a fare la telecronaca.

"Non osare....." Thranduil venne interrotto da Hanna che velocemente, si sedette accanto a lui sul letto, arrivandogli ad un palmo dal naso con il proprio viso "..fare cosa? Paragonarti a qualcuno a cui assomigli? O meglio, di cui sei la copia esatta?" Chiese lei con un ghigno. Altro che bomba, quella sera avrebbe dato vita alla terza e quarta guerra mondiale messe assieme!

"Ecco la prova lampante necessaria per appurare che il vino è dannoso per la salute!" Sara riuscì  a dire solo questo, temendo la prossima reazione dell'elfo.

Ma a farla rimanere a bocca aperta fu Hanna che eliminò la distanza fra lei e Thranduil poggiando le labbra sulle sue!

 

Ed ecco Milo! Ha solo 16 anni ma è già abbastanza sveglio per la sua età! Mi sembrava il minimo perché potesse sopravvivere ad un tipo di vita come quella!

È promettente, ma solo con Azrael potrà diventare un campione!

Hanna è troppo orgogliosa per lasciarsi andare o per mostrarsi com'è realmente a qualcuno....a parte Sara! Quindi ho deciso di darle una spinta con il vino!

Cosa ne pensate? Qualche idea?

Alla fine ho allungato più del previsto! Ci sposteremo verso la ribellione e Spartacus più in là, mi spiace di avervi illuso cari lettori!

Chiedo scusa se il capitolo è esageratamente lungo, come sempre ci sono troppe cose da dire e poco tempo per farlo!!

A presto,

X-98

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Capitolo 6
*** L’artefice di tutto ***


L'espressione di "Merda!" Oppure "Oh cazzo!" Anche se la prima si addiceva di più all'amica, la si poteva leggere sul viso di Hanna.

Appena si era resa conto di cos'aveva fatto, la ragazza, era retroceduta ad una velocità pazzesca, per ritrovarsi in terra, accompagnando la caduta con un grido, visto che il letto non era immenso....

Era seguito un lungo momento di silenzio che probabilmente serviva, ai presenti, per assimilare tutto quello che era successo in una manciata di secondi!

Thranduil era rimasto immobile. Perso in una miriade di pensieri che si erano scatenati non per il bacio in se, ma a causa di ciò che aveva provato.

Non era arrabbiato, non aveva sentito l'impulso di allontanarla. Al contrario!

Lo shock l'aveva colto appena si era reso conto di qualcosa che credeva morto da tempo: la desiderava! Ma perché se ne era accorto solo con un bacio?

Era una creatura millenaria. Un padre che aveva osservato Legolas per secoli, per poter cogliere tali segnali ed in caso di necessità, reinderizzarli verso una compagna degna del suo titolo!

Come poteva essere stato così cieco?

Il rumore delle bottiglie che cozzavano fra loro lo riportarono alla realtà.

Hanna ne aveva presa un'altra, aperta e.....versata quasi completamente addosso all'amica quando quest'ultima aveva cercato di strappargliela dalle mani.

Lo ignoravano entrambe!

"Come hai osato?!" Non avrebbe mai ammesso ciò che aveva appena provato. Non davanti a loro. Almeno fino a quando non ci avesse capito qualcosa!

Era strano pensare o persino temere di star tradendo la sua defunta compagna.

Erano passati secoli da quando l'aveva lasciato, ma mai una volta aveva mostrato un nuovo interesse verso qualcun'altra. In sua memoria e dell'amore che lo legava a lei.

Era davvero sbagliato?

Sara si era rifugiata in un angolo della stanza, poggiando le ginocchia al petto e abbassando la testa, come se fosse tutta colpa sua!

Hanna lo guardava male.

"Perché fai domande stupide? Non ho ricevuto una ..........buona educascione.......educazione, l'hai detto tu stesso! Hic!" Ci mancava solo il singhiozzo!

"Devo dedurre che sia unicamente colpa del vino!" Osservò Thranduil non sapendo se fosse il caso di toglierle la bottiglia dalle mani prima che vuotasse anche quella.

"Sherlock Holmes ha colpito di nuovo!" Esultò la ragazza euforica.

"Chi?" Chiese Azrael confuso.

"Sta delirando!" La giustificò Sara che voleva evitare di mettere ulteriormente alla prova la pazienza dell'elfo.

"Watson me lo ricordavo più tosto! E più grasso!" Disse Hanna indicando l'amica e guardandola smarrita. La bottiglia ormai vuota.

"Perdonala! Non ricordo di averla mai vista ad un livello di ubriachezza alla Richard Dawson!" Disse sovrappensiero Sara che si sentiva molto più rilassata vedendo che l'elfo era calmo.

Allo sguardo interrogativo di lui rise "Non è che si mette a baciare chiunque appena è un po' brilla! Credo sia dovuto a questo cambiamento!" Disse Sara allargando le braccia ma riferendosi alla nuova vita che conducevano.

"Lo so, lo so! Vi state chiedendo che cosa ci faccia un posto come me in una ragazza come questa!" Disse Hanna sedendosi in braccio a Thranduil che la spinse immediatamente sul letto.

"Ho capito! È ora di andare!" Disse Sara afferrando l'amica per un braccio e trascinandola verso la porta.

"Forse è meglio che restiate!" La voce di Azrael la congelò sul posto.

"Nono! Non preoccuparti! Staremo.....benissimo.....alla grande!" Cercò di giustificarsi Sara.

"Non siamo bellezze intese........altezze illese! Ma cosa sto dicendo!?" Urlò Hanna buttandosi nuovamente sul letto prima di finire in terra a causa del mal di testa che le stava spaccando il cranio.

"Ragazze indifese! Concordo con lei!" Tradusse l'amica non riuscendo a trattenere un sorriso. Se era cambiato tutto attorno a loro, poteva dire con certezza che anche loro erano cambiate con esso!

Azrael le ignorò sedendosi per terra accanto al letto.

"Deve essere abituato ad essere obbedito! Anche dopo così tanti anni di prigionia?" Si chiese la ragazza mentre restava in piedi, incerta sulla sua prossima mossa e parola.

"La mia era un offerta. Accettarla o meno è una vostra scelta......tua scelta!" Si corresse quando vide che Hanna si era già profondamente addormentata.

Sara sorrise. Un sorriso sincero, non nato dal divertimento, ma dalla gratitudine.

"Grazie!" Disse prima di spostare di peso l'amica che aveva gambe e braccia divaricate che occupavano tutto il letto, per farsi un po' di spazio.

Si rese conto solo allora che la sua veste era completamente sporca a causa del vino che le era stato rovesciato addosso. Rimase seduta sul letto a meditare come risolvere quella situazione più che imbarazzante.

"Domani facciamo i conti!" Pensò, guardando con odio l'amica.

L'elfo, si era sdraiato supino in terra ed aveva chiuso gli occhi, forse con l'intenzione di dormire, ma si tirò su appena percepì l'umore crescente della ragazza.

Sandra evitava il suo sguardo convincendosi che non fosse lì e che non avesse capito cosa le stava passando per la testa. 

Non avrebbe mai dormito nuda! Nossignore!

Un movimento attirò la sua attenzione e vide che Azrael si era tolto la maglietta a maniche corte che indossava e gliela stava porgendo.

Fissò lui per una buona manciata di minuti a causa della sorpresa, non tanto perché avesse fatto una cosa del genere, ma perché non aveva visto un minimo di esitazione o ripensamento nei suoi gesti!

Alla fine prese la maglietta e gli diede le spalle ma prima di togliersi la veste controllò per sicurezza. Thranduil si era nuovamente sdraiato in terra e le dava le spalle.

Era veramente un uomo......elfo d'onore!

Rimase catturata nell'osservare il suo busto. Perfetto e scolpito nonostante quegli anni di prigionia e tortura! Certo, c'erano delle cicatrici, ma non offuscavano la perfezione!

Cavolo! Non era il primo uomo mezzo nudo che vedeva! Doveva controllarsi!

Oppure, se proprio voleva provarci, bere come una spugna poteva essere la soluzione! Grazie sorella!

Per fortuna la maglietta era talmente grande da fungere da camicia da notte.

"Grazie!" Disse prima di rimboccarsi le coperte e crollare per la stanchezza.

Thranduil, dopo molti decenni, si addormentò sereno.

Avere delle amiche non sarebbe stato poi così male.

 

*

 

L'alba arrivò presto.

Poco dopo la luce del sole svegliò proprio chi avrebbe desiderato passare l'intera giornata a poltrire. In memoria delle vecchie abitudini!

Hanna si stiracchiò e scavalcò agilmente l'amica. Era sorpresa! Solitamente le si spiaccicava contro! Com'era possibile che non fosse ancora.......

Ogni dubbio sulla sua nuova agilità venne dissipato quando si ritrovò a cadere su qualcosa di caldo e morbido....o meglio, qualcuno!

Passato un primo momento di confusione, la ragazza si voltò verso colui che si era ritrovato a farle da zerbino.

"Stai sempre in mezzo ai cojoni?" Chiese alterata.

"Buongiorno Hanna!" Rispose Thranduil rivolgendole uno strano sorriso.

"Ma che gli prende? Non è mai stato tanto amichevole....figuriamoci sorridente.....e dove cavolo è la sua maglietta?" 

i pensieri si interruppero appena i ricordi della serata precedente la travolsero.

Lei che lo baciava! Lui, a cui non sembrava esserne importato niente!

"Che vuoi?" Chiese sgarbata. "Credevo che questa domanda spettasse a me!" Disse Azrael fingendosi offeso.

"Perché? Ieri sera.....ho bevuto! Ricordo solo questo!.....non ho fatto cose sconce vero?" Domandò cercando di sembrare il più smarrita possibile.

Thranduil non si sarebbe lasciato ingannare. Sapeva bene che cercava di evitare il problema, ma non aveva passato secoli seduto su di un trono per non riuscire a percepire una menzogna quando la sentiva!

"Con chi credi di parlare? Non eri ubriaca al punto da non avere più il controllo!" Scoppiò l'elfo anche se Hanna rimase seduta in terra a guardarlo come se stessero parlando di te e biscotti.

"Volevo provare come fosse baciare un elfo!" Disse lei atona.

"Non ti credo!" Rispose Thranduil guardandola furioso.

"Ed io non credo che potessi essere tanto entusiasta all'idea! Tanto stupida! Non è stato affatto speciale!" Ammise mentre sentiva le guance diventare incandescenti.

Maledizione a lei che non aveva un controllo assoluto del suo sistema circolatorio!

"La tua espressione dice il contrario!" La provocò lui.

"Dice .....che sono imbarazzata dall'ignoranza e dall'infantilità che traspare dal mio comportamento! Punto!" Urlò la ragazza livida di vergogna.

Azrael le accarezzò una guancia con la mano ed Hanna tremò, comprendendo che non sarebbe riuscita a mentire a se stessa ancora per molto.

L'alcol aveva abbassato così tanto le sue difese? Oppure le aveva rivelato qualcosa che da mesi cercava di evitare, persino nascondere! A se stessa poi!

"Eri sempre molto tesa, ma non credevo che fosse a causa della mia presenza!" Disse l'elfo.

Il riuscire a tornare nel suo regno diventò qualcosa di lontano ed astratto. 

Per una volta in tanti anni Thranduil decise che avrebbe vissuto a pieno il momento presente. Senza preoccuparsi delle guerre future! Senza dover essere solo nell'osservare il susseguirsi dei giorni.

Avrebbe colto quell'opportunità di essere felice! Anche se sarebbe durato solo un battito di ciglia, nella sua vita immortale!

Il suo viso si era avvicinato a quello di lei e le osservava le labbra. Piccole, carnose e perfette!

Hanna decise di lasciarlo avvicinare. Forse sarebbe morta durante la guerra che la loro fuga avrebbe provocato, quindi perché non provare un'ultima pazza esperienza prima di morire? Avrebbe ascoltato il suo cuore che improvvisamente sembrava essersi svegliato dopo tanto tempo e le diceva di rischiare.

Lui era sempre un arrogante, freddo e spocchioso Re degli Elfi, ma in qualche modo, era riuscita a conquistarla con i suoi silenzi e poche parole.

Eppure, durante tutte quelle sere passate assieme si era resa conto di quanto fosse forte e gentile. Nel mostrarsi perfettamente calmo e sicuro di se, aiutando pure loro in quella vita non desiderata; rivolgendosi loro educatamente ed accogliendole ogni sera accanto a se, forse per farle sentire protette.

Ormai erano vicinissimi. Hanna poteva sentire un fuoco indomabile crescerle dentro, aspettando di poter essere scatenato attraverso quel bacio che d'improvviso, bramava con tutta se stessa!

Un rumore metallico li fece sobbalzare ed allontanare a tempo record.

"Oh, scusate!" Disse Sara divertita. I bicchieri di latta cedono alla forza di gravità quando meno te l'aspetti!

"Scusa te! Ci eravamo dimenticati che c'era il terzo incomodo!" Disse Hanna cercando invano di nascondere il fastidio che provava nell'essere stata interrotta.

"Molto male!" La riprese l'amica senza velare la nota di sarcasmo nella sua voce.

 

*

 

"Dobbiamo osservare scrupolosamente i nobili romani nei modi di fare e di parlare! Non è il massimo, ma bisogna accontentarsi! È obbligatorio eliminare le volgarità dal nostro vocabolario! Credo che sia solo un promemoria dell'innata arroganza dei nani....." da quando lei e Sara erano tornate alla villa, l'amica non aveva più chiuso bocca!

"Come mai dobbiamo improvvisamente diventare l'opposto di ciò che siamo? Una volta tanto che possiamo eludere le regole del galateo tu le vuoi improvvisamente imporre di nuovo! Mai una gioia!" Si lamentò Hanna prima di scivolare sulla cera che aveva appena passato. Un classico!

"Se tu decidi di metterti assieme a......una delle persone più importanti di Arda, dobbiamo assolutamente mostrarci all'altezza! Non so te, ma io di figure di merda ne ho fatte a centinaia, ma non so se riuscirei a reggerne una davanti agli elfi! In presenza di Elrond? No, preferirei....." "....ma cosa stai dicendo!" Urlò Hanna prima di trovarsi costretta a sfregare il pavimento con forza quando la serva che le controllava le guardò male.

"Riflettendoci bene....io non ho assistito alle vostre dichiarazioni! Avete deciso di fidanzarvi ufficialmente?" Chiese Sara come se stessero parlando in un aula di scuola e fossero tornate ad essere due sedicenni!

"Non stiamo insieme! Pomiciare non equivale a stabilire una relazione seria!" Disse Hanna consapevole che fosse diventata rossa come un peperone.

"È un elfo! Con lui niente è "normale"! ....tu lo ami?" Chiese Sara con nonchalance.

"Maledizione Sandra! Ero ubriaca!" Disse a denti stretti la castana.

"E questa mattina è stata colpa della sbronza? Ti trasformi in Albert Einstein quando si tratta di inventare scuse!" La accusò l'amica delusa. Sperava che almeno con lei si sarebbe confidata! 

Hanna era diventata imprevedibile da quando la loro vita era cambiata! Era orribile non trovare più quella complicità tra amiche che si crea quando conosci qualcuno talmente bene, da poter dire cosa pensa e cosa farebbe, con certezza.

".....io.....credo di si!" Ok, va bene! Ora poteva dire con sicurezza che non la conosceva affatto! La vera Hanna non avrebbe mai ammesso qualcosa del genere......ed in così poco tempo! 

Avrebbe negato, insultato chiunque pur di cambiare argomento oppure semplicemente, fatto finta che lei non esistesse!

Hanna sospirò "Abbiamo sempre litigato tra di noi! Ma in qualche modo mi ha colpito....." la ragazza si interruppe quando vide lo sguardo dell'amica.

Oh no! Non quello sguardo! Un sorriso sapiente! Il suo ego avrebbe raggiunto vette sconosciute e non le avrebbe dato pace!

"....anche se sono certa che l'ottanta per cento sia solo attrazione sessuale!" Rimediò all'ultimo secondo.

"Il tuo romanticismo è all'altezza della passione che ho nel fare pulizie!" La riprese Sara ancora più affranta.

 

*

 

"Ça va?" (Stai bene?) chiese Attico quella mattina appena si ritrovarono nello spiazzo principale della villa, pronti per l'allenamento quotidiani.

"C'est la première fois que tu me demandes sans être fouettée!" (È la prima volta che me lo chiedi senza che venga frustato!) gli fece notare l'elfo.

"Vous semblez complètement absorbé dans vos pensées!" (Sembri completamente assorto nei tuoi pensieri!) sottolineò l'uomo.

"Je suis!" (Lo sono!) ammise Azrael mentre prendeva spada e scudo di legno.

"Hanna et Sara se sont-elles impliquées?" (C'entrano Hanna e Sara?) insistette il figlio anche se conosceva questa risposta.

"Pourquoi devraient-ils?" (Perché dovrebbero?) chiese Azrael sembrando disinteressato.

"Je ne sais pas, peut-être le fait qu'ils ont sauté de ta cellule ce matin?" (Non so, forse il fatto che stamattina siano uscite saltellando dalla tua cella?) domandò Attico che era rimasto più colpito di quanto potesse immaginare. Le ragazze erano strane, ma a tutto ce un limite. Ed i loro sguardi nascondevano una soddisfazione talmente grande da fargli temere cosa potesse averla provocata.

"Tu sais que je n'aime pas l'humour, c'est une façon stupide de se moquer de toi, en agissant de façon supérieure!" (Sai che non apprezzo l'umorismo, è un modo stupido per prendere in giro, atteggiandosi in modo superiore!) gli fece notare il padre. Si fronteggiarono, aspettando che fosse l'altro a dare inizio allo scontro.

"Dois-je leur parler ou allez-vous me répondre?" (Devo parlare con loro o mi risponderai tu?). Chiese Attico sapendo di averla avuta vinta.

"Avete chiarito la situazione senza parlare la mia lingua!" La voce di Milo distrasse i due dal litigio. "Devo per forza imparare la vostra se voglio farmi capire da te!" Disse indicando l'elfo.

"Nell'arena non stendi l'avversario grazie alle chiacchiere! Devi solo apprendere con la spada! Con lui puoi anche migliorare i riflessi e la strategia senza parlare! Come dicevo prima, non ti serve conoscere l'idioma dell'avversario!" Disse Attico mentre attaccava l'elfo.

Era vero che Milo si stava allenando duramente, ma appena poteva, non perdeva l'occasione di rinfrascarsi la memoria con qualche minuto di lotta.

Attaccò con un fendente seguito a ruota da un montante che il padre deviò con estrema facilità.

Attico non perse tempo e colpì con un imbroccata, cioè un affondo sulla lama avversaria indirizzando la sua al petto dell'avversario. Azrael non si scompose minimamente, come prevedibile, chinandosi all'indietro e schivando così il colpo.

La mossa successiva dell'elfo fu una stoccata e mentre Attico era impegnato a deviarla ruotò il busto in modo tale che il corpo accompagnasse il colpo di scudo rendendolo ancora più potente e colpendo il figlio alla spalla con una forza tale da farlo finire con la schiena in terra.

Attico sfruttò quello slancio per fare una capriola in terra con l'intento di riguadagnare posizione, mettendo però una distanza di sicurezza fra loro, mentre decideva come proseguire.

Dopo quella che sembrò un eternità, ma che per gli spettatori si trattò solo di un secondo, Attico mosse il piede destro in un passo avanti e si cimentò in una finta diretta alla spalla sinistra scoperta dalla guardia dell'avversario cercando d'indurre il movimento di parata in lui. Il suo intento era di scoprire le gambe per restituirgli il colpo e farlo finire a lui in terra!

 Azrael non sembrò intuire la finta e contrattaccò al braccio armato tentando di parare il colpo, opponendo la propria lama uscendo però di lato e facendo si che l'attacco risultasse inefficace.

Attico esultò interiormente. Con un rapido colpo fece passare il suo piede dietro al tallone dell'avversario costringendo la gamba a sollevarsi leggermente. Questo destabilizzò l'elfo e l'altro lo travolse con tutto il corpo.

La loro corsa all'indietro non si concluse in una caduta in terra come sperato.

Andarono a sbattere contro una colonna di legno. Il braccio destro di Azrael era incastrato fra lo scudo del figlio ed il suo corpo, mentre la mano che reggeva lo scudo era libera, ma non nella posizione adatta per sferrare un attacco potente.

Attico era soddisfatto per averlo messo alle strette. Era la prima volta che riusciva nell'impresa. 

Ma fu proprio questo particolare che lo fece bloccare. 

Cosa poteva fare adesso? Se lo avesse lasciato sarebbe tornato punto e a capo! Senza escludere che con suo padre era impossibile ripetere un attacco identico all'altro a meno che non desideravi regalargli la vittoria su un piatto d'argento!

Azrael notò l'esitazione dell'altro e ne approfittò.

Tirò una ginocchiata nello stomaco del figlio. Non fu molto forte da farlo piegare in due, ma gli diede la possibilità di scagliarlo lontano da sè con il braccio sinistro che sembrava inutile e bloccato.

Attico indietreggiò disorientato e in meno di un attimo della durata di un respiro colpì la sabbia di schiena. Azrael, con una velocità tipica della sua razza, gli era arrivato accanto ed aveva colpito da dietro le sue gambe, con la spada, decretando la propria vittoria.

Nonostante tutto Attico sorrise. Era stato un tale stupido a credere di potercela fare!.....però era comunque in ottima forma!

"Tout doute peut être fatal!" (Un qualsiasi dubbio può essere fatale) lo rimproverò Azrael mentee lo aiutava a rialzarsi.

"Vous devez pouvoir voir les intentions de l'adversaire! Tirez le meilleur parti des armes et de l'ingéniosité!" (Devi riuscire ad vedere le intenzioni dell'avversario! Usa al massimo sia le armi che l'ingegno!) aggiunse.

"Pouvez-vous me dire de saisir toutes les possibilités?! Même si vous l'avez, vous utilisez un petit bouclier!" (Mi parli di cogliere tutte le possibilitá?! Anche se ce l'hai, tu usi poco lo scudo!) cercò di rimproverarlo Attico anche se sapeva che era inutile. Suo padre era un maestro nel maneggiare ogni tipo di arma, per questo vinceva sempre! Quindi era difficile criticare un errore perché poteva benissimo essere un arma a doppio taglio!

"Les Romains apprennent à toujours l'utiliser! L'adversaire attend toujours un coup sûr et cela le distrait!" (I romani insegnano ad usarlo sempre! L'avversario si aspetta sempre un colpo e questo lo distrae!) spiegò Azrael.

Come volevasi dimostrare! Nessun'azione di suo padre era priva di significato.

 

10 ANNI DOPO

 

Ah, che bel vivere, che bel piacere (che bel piacere) per una servaaaa ......di qualità! (di qualità!) 

Ah, brava Hanna! Brava, bravissima! Brava! La la la la la la la LA! 

Fortunatissima per verità! Fortunatissima per verità! La la la la, la la la la, la la la la la la la LA! 

 

Se tua madre musicista, tenta di farti seguire i suoi passi senza successo, è così che ti ritrovi: a distruggere un'opera meravigliosa adattandola alla situazione attuale.

Il Barbiere di Siviglia l'aveva sempre affascinata, fin dalla prima volta che l'aveva visto a teatro! Troppo piccola per comprendere i dialoghi cantati, ma sufficientemente grande per appassionarsi a quella melodia! A quel "recitar cantando"!

 

Pronta a far tutto, la notte e il giorno sempre d'intorno in giro sta. Peggior cuccagna per una serva, vita piu nobile, no, non si ha. La la la la la la la la la la la la la! 

Secchi e pettini, strofinacci e sandali, al mio comando tutto qui sta. Secchi e pettini strofinacci e sandali, al mio comando tutto qui sta. 

 

Erano passati dieci lunghi anni. Milo era cresciuto ed ora era un giovane forte che si era già costruito una degna reputazione nel mondo dei gladiatori, grazie alle numerose vittorie accumulate nel giro di cinque anni.

Sara ed Hanna non erano cambiate molto nonostante il tempo trascorso.

Questo grazie alla fortuna che, nei loro confronti, sembrava non esaurirsi mai.

Si trovavano sul carro con i gladiatori solo perché la padrona aveva trovato un'altra schiava personale. 

Loro si occupavano sempre della pulizia della villa ma apparivano al fianco della padrona durante le feste o le cerimonie importanti, per illudere tutti i cittadini che la servissero ancora. Questo serviva per accrescere la fama del padrone e quella della padrona, visto che avere le donne di Azrael al fianco era ritenuta una benedizione degli dei.

Ma la maggior parte del tempo lo passavano con Azrael per ammansirlo.

Illusi!

Attico era diventato un uomo a tutti gli effetti ed era contento della sua vita, non condividendo l'idea di ribellione del padre.

 

Ahime, (ahime) che furia! Ahime, che folla! Uno alla volta, per carita! (per carita! per carita!) Uno alla volta, uno alla volta, uno alla volta, per carita!

 

Azrael sorrise. Lui ed Hanna erano sempre sul piede di guerra ma erano diventati lo stesso buoni amici. Si era stretto molto anche a Sara, ma sentiva che con Hanna poteva esserci qualcosa di più.

Doveva decidersi a fare il primo passo!

 

Dieci anni di qua, dieci anni di là, dieci anni di su, dieci anni di giù.

Son la serva del despotaaaa, sono la serva della despotaaa..

Pronta prontissima son meglio del fulmine:

Sono la serva del despota.

(del despota, del despota, del despota!)

 

 Stavano tornando a casa dopo aver vinto nell'arena.

Thranduil trasse un profondo respiro sentendo a pieno l'aria di mare.

Nonostante tutto non ne sentiva ancora il richiamo. Nonostante quella vita nella quale cercava di sopravvivere, percepiva che doveva restare.

Se fosse tornato nel suo mondo era sicuro che non avrebbe ripreso il controllo del regno. Aveva visto e sopportato troppo. Il suo odio verso gli umani poteva rappresentare la rovina del suo popolo.

Legolas era più giovane e caritatevole. Avrebbe commesso degli errori, ma sarebbe stato un buon sovrano, alla fine. Era certo che lo fosse anche adesso.

Era consapevole di vivere ed interagire e considerare una famiglia, proprio degli umani, ma loro aveva avuto modo di conoscerli. 

Come sovrano non avrebbe avuto questo privilegio e per questo non sarebbe più riuscito a fidarsi, ne era certo!

Vide Milo risalire sul carro, sorprendendosi di non essersi accorto che fosse sceso!

 

Ah, brava Hanna! Brava, bravissima; Ah, brava Hanna! Brava, bravissima; a te fortuna (a te fortuna, a te fortuna) non mancherà. 

Ah, brava Hanna! Brava, bravissima; Ah, brava Hanna! Brava, bravissima; a te fortuna (a te fortuna, a te fortuna) non mancherà. 

Sono la serva del despota, Sono la serva del despota, del despota, del despota, del despota!!!! Del deeespotaaaaaa!!

 

Doveva esserci un modo per riuscire a conquistarla. 

Fino a quel momento avevano evitato quel discorso, come se il bacio non ci fosse mai stato!

Ma poi Sara, da brava pettegola, gli aveva confidato che Hanna non si sentiva pronta ed aveva sperato che l'infatuazione passasse con il tempo.

Così non era stato! E Thranduil non si sarebbe arreso facilmente.

 

*

 

La mattina seguente sia Thranduil che Attico guardarono sorpresi l'amico che dopo aver mangiato la sua porzione in fretta e furia si stava lavando accuratamente.

Azrael sollevò un sopracciglio scettico ed Attico parlò "Non stiamo andando ad una festa, ma verso il massacro!".

"Lei sarà lì!" Disse Milo. Entrambi i suoi amici si guardarono perplessi "Lei?" Chiese curioso Attico. 

"L'ho incontrata eri mentre tornavamo! Si chiama Cassia! Non credevo che in questo mondo potesse esistere una creatura tanto bella quanto aggraziata!" Disse Milo con occhi sognanti.

"Oh giusto, ora ricordo! È quella a cui hai ammazzato il cavallo!" Disse Attico con scherno.

Thranduil scosse la testa prendendosela tra le mani "Tu es juste un peu naïf!" (Sei solo un piccolo ingenuo!).

Attico rise "Azrael ha ragione! Continua a fissarla una volta nell'arena così lei vedrà la tua gloriosa morte e si innamorerà subito!". Uno straccio volò nella cella finendo sopra il viso dell'uomo che non riusciva a smettere di ridere. 

Alla fine anche Milo si unì all'allegria perché sapeva che molto probabilmente avevano ragione....lei non lo aveva sicuramente notato!

Quella sera si stavano tenendo i festeggiamenti in onore della vittoria dei gladiatori del grande Barahir. Il lanista più famoso dell'intera Repubblica.

Il loro compito era stare fermi come belle statuine su degli sgabelli, per gioia degli invitati. Azrael era l'unico con le catene. Troppo pericoloso ed imprevedibile per stare senza!

"Quante lingue conosci?" Chiese sottovoce all'elfo, Milo. Credeva conoscesse solo il francese e la lingua degli elfi, oltre alla loro. Ma si era ricreduto quando l'aveva sentito tradurre le parole di un siriano a suo figlio, dieci secondi prima. 

"Troppe per poterle contare!" Rispose Attico al suo posto. 

Milo venne distratto da due occhi castani che catturarono il suo sguardo e la riconobbe: Cassia! Splendida ed aggraziata come al solito. Sembrava sorpresa di vederlo!

Il loro padrone, Barahir, si avvicinò. A giudicare dal suo senso dell'equilibrio momentaneamente mancante doveva essere piuttosto brillo.

"Dopo questa sera voi non sarete più i miei gladiatori, ma apparterrete a Batiato! Ho deciso di cedervi! Attico, Azrael e Milo. Anche Ariadne è stata venduta. E mi sembra....anche Hanna e Sara........si loro! Corvo voleva dare una lezione alla sua futura moglie e ha ceduto la sua dama al miglior offerente!" Dopodiché si allontanò furioso....con chi era un mistero!

"Credo che ci abbia perso al gioco!" Disse Attico che conosceva bene il loro ex padrone.

"Batiato?" Domandò Milo "Batiato!" Confermò Attico. "Chi è Batiato?" Chiese Milo confuso. "Sarà un lanista come Barahir!" Rispose Attico poco convinto.

Due guardie con armature nere li presero e scortarono su di un carro.

La povera Ariadne era terrorizzata, ma quando vide Milo sembrò rassicurata.

Mentre il ragazzo era preoccupato riguardo al destino della donna che amava, ora prigioniera del suo acerrimo nemico! 

Il senatore Corvo aveva sterminato la sua famiglia! Non poteva permettergli di portargli via anche lei!

Hanna e Sara sembravano due bambine che stavano andando a fare una scampagnata, per quanto fossero piene di entusiasmo.

"Dove ci portano?" Chiese Ariadne con le lacrime agli occhi. "Dal nostro nuovo padrone!" Rispose Milo per niente contento.

Dopo aver passato la notte rinchiusi lì dentro partirono all'alba e passate parecchie ore in viaggio finalmente le guardie li fecero scendere. 

Erano in un largo piazzale e un gran numero di gladiatori li stavano osservando. Quando Azrael scese tutti sussultarono per la sorpresa.

"Come diavolo avrà fatto il padrone a comprarlo?" Chiese Enomao a Gannicus "Che gli dei mi fulminino se lo so!" Rispose lui.

"Così ora l'angelo della morte sarà uno di noi! Sarà un onore chiamarlo fratello!" Disse Crisso che come tutti i presenti conosceva molto bene la leggenda.

"Solo se sarai abbastanza uomo da unirti alla confraternita!" Lo schernì Barca.

Lucrezia dal balcone sobbalzò "Ma quello è......." "No, non ci credo!" Sussurrò Gaia.

"Quanto l'hai pagato Quinto!" Quasi urlò la moglie. 

Lui ghignò "Assolutamente niente! L'ho vinto al gioco assieme agli altri due. Solo la schiave le ho pagate, ma la metà del suo valore perché i loro precedenti padroni mi dovevano un favore!".

Ariadne fu portata su e messa a servizio della padrona assieme a Sara ed Hanna mentre i tre nuovi futuri gladiatori furono messi in fila di fronte agli altri. 

Il padrone Batiato iniziò un discorso "Voi siete fortunati! Vi trovate nella scuola di Quinto Lentulus Batiato procacciatore dei migliori gladiatori di tutta la Repubblica! Nei giorni che verranno dimostrate di essere più che dei semplici uomini! Fallite e morirete, l'alternativa è il lavoro in miniera. Se sarete all'altezza farete parte dei miei titani!". Tutti i gladiatori alzarono un pugno urlando con orgoglio "Batiato! Batiato! Batiato!".

"Ma qui c'è un dono che gli dei hanno voluto concedermi! Un guerriero che non è mai stato vinto. Una bestia che non è mai stata domata. Una leggenda che in centocinquant'anni non è mai stata offuscata: Azrael, l'angelo della morte!" Disse il padrone con orgoglio.

Thranduil si guardava intorno con non tanto interesse, come se il discorso non lo riguardasse o gli importasse più di tanto.

Un colpo di frusta attirò la sua attenzione. Il Maestro sembrava spazientito dal suo comportamento. "Mostrate al padrone cosa sapete fare!" Disse alla fine.

Dopo che Attico e Milo ebbero fatto una bella figura battendo i loro avversari fu il turno di Thranduil.

Il suo avversario era Gneo un reziario. Se la cavava, doveva ammetterlo, ma lui si chiama Azrael, era l'angelo della morte per un motivo: nessuno sfidante sopravviveva ad un confronto!

Dopo averlo atterrato gli si accanì contro con tutta la rabbia che aveva in corpo. Come una furia colpì il suo fragile cranio con la spada da allenamento e con soli due colpi lo spezzò, ma non contento continuò a mettere a segno altri colpi sul quel corpo inerme e privo di vita.

Il suo portentoso udito percepì la frusta appena il Maestro la mosse e riuscì a bloccarla con una mano prima che potesse colpirlo. Tirò con tutte le sue forze ed Enomao, quello era il suo nome, cadde in terra come un sacco di patate. 

"Fermatelo!" Il padrone urlò alle guardie l'ordine le quali si mossero subito.

Per Azrael fu una passeggiata atterrarle ed ucciderle trafiggendole con le loro stesse spade. Nessuno lo avrebbe fermato.....

"Ora basta!" Va bene, qualcuno in grado di farlo c'era. 

Attico gli si avvicinò e gli tolse dalle mani la spada di legno insanguinata "Direi che questo basta a mantenere la tua reputazione!" Gli sussurrò. 

"Lo perdoni padrone. Quando inizia a combattere è molto difficile che si fermi! La sua sete di sangue e vite umane lo acceca!" Disse Attico inchinandosi di fronte al padrone.

Azrael lo imitò, così come Milo.

"Chiudilo in cella ed incatenalo non voglio altri spargimenti di sangue oggi!" Disse Quinto scosso sia positivamente che negativamente da tanta aggressività.

Quell'elfo per molti rappresentava solo un problema, per altri il volere degli dei, ma lui vedeva solo un opportunità unica da cogliere!

 

Ed eccoci qui! Finalmente!

Ho allungato troppo la storia d'amore fra i due? Credo che la certezza di avere un eternità da vivere davanti a sè abbia fatto prendere troppo tempo ad Hanna!

La canzone che canta è "Largo al Factotum" un'aria dell'opera "Il Barbiere di Siviglia" di Rossini, ma modificata dalla ragazza!

Il momento si avvicina e presto ne vedremo di corre e di crude!

A presto,

X-98

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Capitolo 7
*** Chi ama crede nell’impossibile ***


CHI AMA CREDE NELL’IMPOSSIBILE

 

Poteva dire con assoluta certezza che preferiva la vita di prima.

Hanna non aveva un momento libero! 

Mentre precedentemente si ritrovava spesso nella cella di Azrael a discutere, o meglio, ciarlare con Sara, adesso, se non doveva pulire la casa, che non era immensa rispetto a quella di prima, stava al fianco della padrona! 

Oppure era costretta ad intrattenere gli ospiti ballando quello che lei definiva “danza del ventre”! L’abbigliamento era molto....hot! Troppo per i suoi gusti! 

Inoltre lei era una più da danza moderna e si annoiava a morte con i movimenti lenti caratteristici dell’altra!

Come se non bastasse, non avevano potuto vedere ne Azrael, Attico o Milo una sola volta!

Ed era passato un mese!

Per fortuna l’elfo era pienamente d’accordo con lei! Evento raro! Almeno era quello che si era detta!

Un vociare le aveva riferito che Azrael fosse indomabile a tal punto che non veniva liberato nemmeno per allenarsi con gli altri gladiatori!

Era stato tenuto in catene fin dal loro arrivo!

Hanna sapeva che dovesse farsi vedere aggressivo per essere classificato pericoloso per essere rispettato. Così funzionava in quella gabbia di matti!...

Ma il fatto che la sua imprevedibilità fosse aumentata d’improvviso e così a lungo le dava pensiero. Perché agiva a quel modo? 

Si era affranta molto appena aveva saputo che lo avevano rinchiuso e che continuavano a tenerlo in catene. Una volta conosciuto meglio, lui le aveva confidato che il primo padrone di cui era stato schiavo l’aveva tenuto nell’oscurità per anni!

Non voleva che succedesse di nuovo! Non se lei poteva fare o dire qualcosa a riguardo!

Con questi buoni proposito si era diretta dal padrone Quinto Lentulus Batiato.

Aveva chiesto di parlargli tre settimane fa e non si era degnato di riceverla, quindi spettava a lei ricordargli le buone maniere!

“Posso dire di conoscerti benissimo!” Sara la fece sobbalzare.

“Che vuoi?” Chiese Hanna tirando ad indovinare sulla risposta “Visto che dovremmo essere a pulire la vasca, ho intuito che ti fossi stufata! Quindi ho deciso di rischiare la pelle con te!” Rispose l’amica per niente preoccupata.

“Che premurosa! Grazie mamma!” Disse Hanna affrettando il passo.

Forse contavano un po’ troppo nella protezione di Azrael! 

L’avrebbe scoperto una volta raggiunto il padrone!

 

*

 

“Come pensi di poterlo domare? In cinquecento anni nessuno ci è mai riuscito!” Disse Lucrezia. “Se lo mettete a combattere con i vostri rischiamo che uccida anche loro!” Disse Gaia, una cara amica loro ospite, con un entusiasmo fuori luogo. Lucrezia sorrise, la sua amica era raggiante e positiva nonostante la scomoda situazione! Cos’avrebbe fatto senza il suo costante supporto!?

“Nessuno ci è mai riuscito? Io sarò il primo allora!” Disse Quinto avviandosi verso la palestra. Ma le sue parole non rispecchiavano il pensiero!

In un mese la situazione non era cambiata! Se voleva salire nella scala sociale, la prima cosa da fare era diventare il più grande lanista della Repubblica e non poteva permettere che l’Angelo della morte gli sfuggisse dalle mani!

Una volta sotto andò a parlare con il maestro “Cosa ne pensi della leggenda?” Chiese impaziente di conoscere la sua opinione. 

“È imprevedibile e troppo pericoloso! Non lo voglio tra i miei uomini!” Rispose convinto il Maestro.

“Senti, abbiamo un problema, ma non voglio essere come tutti gli altri che si limitavano a toglierli il guinzaglio per poi rimetterlo in gabbia come se fosse una bestia selvaggia!” Disse seccato il padrone “Ma è una bestia selvaggia!” Insistette il maestro. 

“Si, e noi saremo i primi a domarla! Ci deve essere un punto di connessione! È un elfo, ma deve esserci qualcosa per piegarlo! Se riuscissimo ad ottenere la sua obbedienza avremmo tra le mani la leggenda più potente di tutta la Repubblica!” Insistette il padrone “Portalo da me! In catene con te e tre degli uomini migliori! Scoprirò il suo segreto!” Disse alla fine Quinto prima di risalire.

Enomao, Barca e Gannicus entrarono dopo Azrael circondato dalle guardie ed in catene.

Quinto si alzò dal suo seggio ed anche se con esitazione, si avvicinò a lui. Il Maestro fiancheggiava il suo padrone con i nervi tesi, pronto a difenderlo in qualsiasi momento. Era consapevole del rischio tremendo che stavano correndo!

Era cresciuto con storie e leggende su di lui! Ed in pochissimo tempo ne aveva appurato la veridicità: era una creatura che possedeva solo l’istinto di uccidere!

“Tu sei una leggenda! Ma prima di diventarlo sono certo che conducevi una vita tranquilla! Io posso aiutarti a ritrovare la tua famiglia se tu in cambio obbedirai ai miei ordini e mi chiamerai padrone!” Disse Batiato.

L’elfo rimase immobile, più di una statua, non intenzionato a rispondere.

Lo sguardo e la fierezza che emanava erano sufficienti a far tremare tutti i presenti.

“L’offerta del padrone è molto generosa. Rispondi!” Disse nervoso il maestro.

Azrael lo fulminò con lo sguardo poi riportò l’attenzione sul padrone.

Barca lo colpì con un bastone al fianco e questo fu sufficiente a farlo scattare.

Il maestro si mise tra il padrone e l’elfo con fare protettivo, mentre gli altri gladiatori sfoderarono le armi minacciosi. Un buon inizio non c’è che dire!

Ma le catene gli permisero solo di agitarsi mentre i suoi carcerieri aumentavano la presa su di esse costringendolo in ginocchio.

Azrael ringhiò. Dov’erano Hanna e Sara? Cos’aveva fatto loro?

 

*

 

La mattina seguente il maestro ed il padrone avevano convocato Attico.

Sia lui che il ragazzo erano stati tenuti in catene assieme al problema. 

Il maestro si era reso conto che erano gli unici in grado di calmarlo e farsi obbedire durante i suoi scatti d’ira!

“Conosci bene Azrael?” Chiese Batiato. “Si padrone. Da quando ero un fanciullo. È stato lui ad insegnarmi a combattere, è merito suo se sono sopravvissuto per così tanto tempo e sono diventato un campione!” Rispose l’interpellato.

“Oltre a te ha mai mostrato affetto o interesse per qualcun altro?” Chiese il padrone.

“Si!” Con quell’affermazione attirò la completa attenzione dei suoi interlocutori.

“Si chiamano Hanna e Sara. Sono al servizio della padrona. Da quello che so Azrael tiene a loro più di qualunque altra cosa. Trattatele bene e fate in modo che possano parlarsi con frequenza e lui ubbidirà a qualsiasi vostro ordine!” Spiegò Attico.

Una volta che il gladiatore fu uscito Lucrezia sbucò dal suo nascondiglio “Lo schiavo dice il vero!” Affermò con convinzione.

“Cosa vuoi dire?” Chiese sospettoso il marito.

“Ieri le due schiave in questione hanno abbandonato le loro mansioni.....un tentativo maldestro per provare a parlarti!” Raccontò Gaia che era l’ombra della sua amica.

“Per punizione hanno digiunato. Ora che so quanto siano preziose, posso dire di essere sollevata di non aver dato loro una punizione più severa!” Disse Lucrezia con soddisfazione.

Passò una settimana. Azrael era rimasto sempre chiuso nella sua cella in catene. 

Notò, con delusione, che Attico e Milo non non sarebbero riusciti a sopportare quella situazione ancora a lungo! Erano sempre più impazienti e lo stress era decisamente troppo!!

Ma il fatto che gli portassero più cose da mangiare del solito, cioè una pagnotta intera al posto di un minuscolo pezzo, gli faceva capire che il nuovo padrone, aveva in mente qualcosa.

Non rifiutava il cibo. Se lo avessero fatto combattere doveva essere in forze per riuscire a sopravvivere. 

Continuava a pensare alle due ragazze. Il loro comportamento era stato quello di sempre, ma da quanto aveva potuto comprendere, Batiato era ben diverso da Barahir! Avrebbero potuto mettersi in guai seri con una parola sbagliata!

Ed i romani non perdonano facilmente. Anche la più piccola scaramuccia!

Lucrezia guardò con interesse il prezioso bottino. Le due donne di Azrael erano di fronte a lei. Una aveva i capelli scuri lunghi, mentre l’altra li aveva ricci e castani scuro. 

Si erano mostrate molto capaci ed utili!

“Come vi chiamate?” Chiese Lucrezia “Io sono Sara!” Rispose la bruna “Io mi chiamo Hanna!” Disse la riccia.

“Conoscete Azrael?” Chiese Quinto. “Si, è nostro amico!” Rispose Hanna.

“Questa è una bella notizia!” Disse il maestro che era appena arrivato “Padrone lui è pronto!” Quinto sorrise e si avviò verso la palestra seguito da Enomao e le due ragazze.

Thranduil si alzò di scatto quando la porta della sua cella venne aperta.

Non poteva credere ai suoi occhi! Cosa ci facevano lì?!

Hanna fu la prima a corrergli incontro ed abbracciarlo, seguita a ruota da Sara.

Attico e Milo non persero tempo, inginocchiandosi di fronte al padrone, ma sorridendo in direzione delle due ragazze.

“Bene! Mi piace vedere queste riunioni di famiglia!” Disse il padrone con oscura soddisfazione. 

“Se tu combatterai e vincerai per me, chiamandomi padrone, ti prometto che loro saranno trattate con ogni riguardo. Non lascerò che nessun altro le tocchi a parte te e ti permetterò di incontrarle una volta a settimana!” Disse Quinto impaziente di scoprire se il su piano avesse funzionato. Azrael si staccò dalle ragazze e guardò male sia il Maestro che il padrone. 

Hannah si mise tra loro “Accetta! Sono certa che ci troveremo molto bene qui! Melitta è una serva che lavora in questa casa da molti anni ed è stata molto accogliente e premurosa!” Sara si accodò all’amica “Poi i gladiatori qui sembrano più civilizzati!”. 

Merda! Azrael avrebbe capito che mentivano! Ma era meglio farsi vedere fedeli ed ubbidienti invece di imprevedibili ed aggressivi, di questo Sara ne era fermamente convinta!

Alla fine l’elfo cedette. 

L’unica cosa che aveva sperato in quegli anni era di tenerle al sicuro e questa sembrava un occasione da non perdere.

Azrael si inginocchiò di fronte ai due uomini, la schiena gli doleva a causa della vergogna..... poi alzò la testa “Si je les connais en sécurité, je vous obéirai! J'exécuterai vos commandes........principales!” (Se le so al sicuro, vi obbedirò! Eseguirò ogni vostro ordine....padrone! ) Disse Azrael. 

“Ha detto che se ci trattate bene accetta!” Tradusse Sara “E chiede se possiamo vederci più spesso!” Aggiunse Hanna.

Le ragazze avevano imparato talmente bene il francese da sembrare delle cittadine di Parigi! E fu per questo che Sara rifilò una rapida occhiata all’amica .....per farle intendere di non allargarsi troppo! 

Quinto rise “Bene, sarai accontentato. Ora andate ad allenarvi! Ed ascoltate bene le indicazioni del Maestro!” Disse prima di uscire seguito da Hanna e Sara.

 

*

 

Gannicus era proprio di buon umore anche se Melitta, la moglie di Enomao, minacciava di guastarglielo temendo le tragedie prima che accadessero!

“Gannicus!” Una voce lo mise in allarme e si ritrovò ad inchiodare al muro Crisso, il gallo. La recluta si era preso un po’ troppe libertà.

“Non sorprendermi mai più alle spalle!” Lo ammonì prima di allentare la presa.

“Ti chiedo perdono! Hai qualche suggerimento da dare a una semplice recluta?” Chiese Crisso che però sembrava risentire comunque dell’avambraccio dell’altro premuto sulla sua gola.

“Segui le istruzioni di Enomao ed otterrai il marchio, fino ad allora, devi starmi lontano!” Ringhiò prima di lasciare la presa.

Fu sorpreso nel vedere proprio Enomao, raggiungerli in quel momento. Sembrava divertito dal suo comportamento, ma cercò di ignorarlo.

“Io non voglio solo ottenere il marchio, voglio diventare un campione!” Disse Crisso ansimando.

“C’é un solo modo per diventare campioni........” iniziò a rispondere Gannicus ma si fermò quando vide Azrael sbucare in fondo al corridoio “.......non farsi battere da nessuno!”.

Anche Crisso notò la presenza dell’elfo e decise saggiamente di tornare in cella.

L’angelo della morte avanzò, diretto verso i bagni, probabilmente.

Gannicus ebbe il coraggio di osservarlo a fondo. Non aveva avuto modo di farlo bene visto che da quando era arrivato, era rimasto in catene dentro un angusta cella.

Ma ora capiva cosa intendessero gli altri gladiatori quando li aveva sentiti parlare della leggenda.

L’elfo era veramente imponente, sia in altezza, sia nella costituzione fisica.

Il suo portamento era allo stesso tempo aggraziato che minaccioso, come se la sua incredibile forza trasparisse da ogni minimo movimento. Non solo quella data dai muscoli!

Ma la cosa che lo colpì di più furono i suoi occhi. Gelidi ed allo stesso profondi, come se potessero percepire anche il più piccolo dei suoi segreti!

Azrael non interruppe il contatto visivo fino a quando non gli passò accanto.

Gannicus era abbastanza accorto da non osare sfidarlo, nemmeno con il più innocuo dei gesti.

“È agghiacciante! Nemmeno con Teocoles mi sono sentito così impotente!” Disse Enomao osservando l’elfo sparire dietro la curva che conduceva ai bagni.

“E lo stiamo solo osservando! Pensa se dovessimo affrontarlo sulla sabbia!” Disse Gannicus che non riusciva a staccare gli occhi dal punto in qui l’elfo era sparito.

“A Gannicus, il grande campione di capua, tremano le ginocchia in presenza dell’angelo della morte?” Lo derise Enomao. Anche se poteva dire che non fosse il solo. Persino il Maestro ne aveva timore! E lui, con i gladiatori, aveva anni di esperienza alle spalle!

“Solo uno stolto non proverebbe timore!” Ammise l’amico lanciando all’altro uno sguardo preoccupato.

“Temo di doverti dare ragione!” Rispose Enomao.

Quell’elfo non premetteva niente di buono!

 

*

 

Passarono pochi giorni.

“Ti ringrazio per averci ascoltato, soprattutto perché ho visto quanto sia stato umiliante per te! Ora le cose vanno molto meglio!” Disse Hanna sedendosi sul letto presente nella cella di Azrael, accanto a lui.

“Dov’è Sara?” Chiese lui sorpreso di non vederla litigare con l’amica.

“È andata da Attico! Non avendo più le celle comunicanti ha detto che temeva si sentisse solo! Guarda te! Se voleva provarci bastava dirlo!” Si lamentò Hanna.

L’elfo si irrigidì. A quanto pare la ragazza non aveva intuito le vere intenzioni di Sara, invece lui si. Avrebbe trovato un modo per ringraziarla più tardi.

“Sara mi ha confidato che avrebbe desiderato diventare un medico, nel vostro mondo!” Iniziò il discorso. Doveva tastare il terreno.

“Si, ed io......volevo imparare a costruire...case!” Tutto ciò che dava per scontato, qui era molto più difficile da spiegare!

“Quello non è un lavoro solo per gli uomini?” Domandò curioso Azrael. Dalle poche descrizioni ricevute aveva potuto appurare che le cose, da loro, fossero ben diverse!

“Si, ma al progetto chi ci pensa? Devi avere bene in mente cosa vuoi costruire altrimenti uscirà fuori qualcosa di orribile!” Rispose Hanna prima di svuotare il bicchiere d’acqua tutto d’un sorso.

“La calura è insopportabile! E pensare che siamo quasi mezze nude tutto il tempo!” Osservò lei.

“Perché quando vengo nella villa mi stai sempre attaccata?” Chiese volendo capire il perché di quello strano comportamento. All’inizio era sempre stata al fianco della padrona, ma ultimamente lei e Sara diventavano la sua ombra ogni volta che veniva convocato. Sia privatamente che durante feste stravaganti.

Ma non per parlare, lo ignoravano restandogli ad un palmo dal naso, discorrendo fra loro!

“Forse perché non ci vediamo spesso rispetto a prima? Ma lo usi il cervello di tanto in tanto?” Chiese lei infastidita.

“Se è questa la tua motivazione, ti pregherei di smetterla. Faticheranno a credere che io sia senza cuore se permetto ad una ragazzina stupida di starmi tra i piedi!” Disse l’elfo deluso ed offeso che avesse eluso la sua domanda con tanta insolenza.

“Stupida? È così che vedi la mia amicizia con Sara? O sei solo geloso perché non ti coinvolgiamo?” Chiese lei sentendosi ferita “Bene! Mi inchino di fronte a sua maestà e prometto che rispetterò il vostro volere! Ma se mi salta addosso qualcuno la colpa sarà unicamente tua!” Ringhiò Hanna inferocita, alzandosi di scatto e facendo un inchino sgraziato.

“È successo qualcosa?” Chiese l’elfo la cui rabbia si era dissipata sotto un’improvvisa preoccupazione.

“Farebbe differenza? Il padrone ha detto che se ti ribelli ti farà frustare!” Cercò di spaventarlo lei.

“Dimmelo!” Odiava quando cambiava completamente discorso!

“Apri bene quelle antenne che hai al posto delle orecchie: io me la cavo benissimo da sola! Sono una donna ed anche se far pensare di essere la tua amante a tutto il mondo mi ha fatto elevare di posizione, non significa che non ce l’avrei fatta senza di te!” Disse Hanna mostrando una sfrontatezza fuori dal comune.

“Hai paura! Sei terrorizzata! Cos’è successo?” Insistette lui.

“Sono cavoli miei!” Urlò lei spazientita.

“Mi hai messo al corrente! Ora questi “cavoli” riguardano anche me!” Rispose Azrael usando la colorita terminologia di lei.

Hanna lanciò un verso esasperato. Quanto era insopportabile, lui e la sua cocciutaggine! Ma siamo sicuri che un qualche suo antenato non si fosse accoppiato segretamente con un nano?

“Se così stanno le cose, allora dimmi cosa ti hanno fatto durante i primi anni di prigionia!” Azrael si irrigidì di colpo. I ricordi, quei ricordi che non l’avevano mai abbandonato, tornarono come un uragano.

La guardò incollerito. Le aveva chiesto di non chiederglielo mai ed ora lei stava usando quella sua debolezza contro di lui. Non poteva averla vinta!

“So che non ti hanno solo tenuto al buio ed in catene! Mi “hai messo al corrente” e se devo ubbidire, gradirei, che tu ricevessi lo stesso trattamento per provare come ci si sente!” Spiegò lei con un sorriso soddisfatto in viso.

“Le mie esperienze non possono essere paragonate alle tue!” Ringhiò l’elfo. 

Ma Hanna non si lasciò intimorire.

“E cosa ne sai? Non sai niente! Non sai cos’ho passato! Niente della mia vita, eppure sei pronto a farmi la predica!” Urlò furibonda mettendo le mani sui fianchi con fare minaccioso.

“Non voglio sapere della tua vita passata! Ma di quella presente! Se non mi dici quello che ti succede non posso proteggerti!” Rispose lui sentendo la rabbia montargli dentro come un mare in tempesta.

“Chi ha detto che voglio la tua protezione?” Chiese lei offesa.

“Le tue azioni!” Fece notare lui.

“Hai frainteso! Non puoi capire cosa passa per la testa di una ragazzina stupida! Anche con migliaia di anni di vita alle spalle! E pensare che fino a poco fa ero convinta che con la vecchiaia si diventasse più saggi!” Disse Hanna con finta delusione.

“Sei spaventata! Riesco a vedere la paura nei tuoi occhi! Non respingermi! Se lo fai stai negando protezione non solo a te stessa ma anche a Sara!” Disse Azrael con voce gelida ed accusatoria.

“Lei lasciala stare! Non c’entra niente! Questa è una discussione tra me e te! Se io non voglio la tua inutile protezione non significa che lei condivida il mio pensiero!” Urlò Hanna accanendosi sulla brocca e lanciandola contro al muro. 

Non poteva....non doveva colpirlo! Sarebbe passata dalla ragione al torto in meno di un minuto!

Ma lui non doveva permettersi di mettere in mezzo Sara!

Azrael sorrise beffardo. Metterla alle strette era l’unico modo per farla cedere!

Hanna lo vide subito e soppesò bene le prossime parole che avrebbe usato, non poteva lasciarlo vincere!

“Dici che io ho paura?” Chiese Hanna furibonda. “Be’ se dalle mie azioni traspare la paura che provo, dalle tue è come se avessi appeso un cartello ai confini del regno di Bosco Vetro con scritto “Sono una creatura fatata codarda!”....” continuò a dire la ragazza gesticolando come se lui fosse stato sordo “.....visto che ti sei rinchiuso in un bunker come se la bomba atomica fosse imminente! Notizia lampo: da voi non esiste ancora!”

“Stai dicendo cose senza senso!” Le fece notare lui.

“Invece un senso ce l’hanno! Sei tu che sei tardo per capire! E poi perché tutto deve avere un senso? Perché non può essere confuso e disordinato invece di costringersi ad essere l’opposto?!” Sbottò lei.

“L’amore deve per forza avere senso?” Chiese Hanna lasciandolo senza parole. Lui rimase in silenzio aspettando che continuasse.

La ragazza ansimava, forse per il troppo gesticolare o urlare, e guardava in terra terrorizzata, come se non riuscisse a capacitarsi di aver fatto quella domanda.

Eppure era sobria! Solitamente era l’alcol a scioglierle la lingua!

Ognuno è responsabile delle proprie azioni! Chi è causa del suo mal pianga se stesso!

Poteva usare tutti i modi di dire, ma ormai la frittata era fatta! Decise quindi di ultimare quella pazzia lanciandosi a razzo.

“Io.....mi sento diversa quando sto con te! Ma in senso buono! Mi sento a casa, anche se probabilmente sono lontana mille miglia!” Disse lei con sincerità guardandolo diritto negli occhi.

Thranduil sorrise. Ma non c’era scherno nella sua espressione, stavolta.

“Non sono io a farti provare queste emozioni! Sei tu che in questi anni ti sei mostrata per chi sei veramente. Una donna forte e tenace che riesce a non farsi abbattere anche quando tutto sembra contro di te!” Disse Thranduil accogliendola fra le sue braccia quando lei gli si sedette sulle ginocchia.

“Sei stato tu ad insegnarmelo!” Rispose lei affondando in quell’abbraccio e mettendo il viso nell’incavo del suo collo. Le era mancato! Cavolo se le era mancato! 

Quel senso di sicurezza e protezione provato quando era bambina, quando sua madre la stringeva a se, oppure quando suo padre la tirava su per farle vedere che lui era la roccia su cui avrebbe potuto sempre appoggiarsi!

“Non è qualcosa che si può insegnare!” La riprese l’elfo.

Hanna si staccò da lui per guardarlo diritto negli occhi “Ti amo!” E si sentì colmare di gioia ed euforia quando lui disse quelle due parole semplicemente meravigliose!

Era a casa finalmente!

Cercò le sue labbra e si scambiarono un bacio appassionato fino a quando non dovettero staccarsi per poter respirare.

Hanna rise come una scema, anche Thranduil rise lasciandosi cadere di schiena sul letto con lei sopra. 

La sua risata era bellissima! Profonda ed articolata. Perfetta!

Qualcosa che i fan del film “Lo Hobbit” sognavano!

Hanna si mise a cavalcioni su di lui cercando nuovamente il contatto con le sue labbra. Le mani di lui, gentili ma forti accarezzavano il suo corpo facendole percepire un fuoco sconosciuto dentro di sé che cresceva rapido ed impetuoso!

La ragazza sapeva bene cosa stava per succedere, ma non aveva paura, non più!

 

*

 

Può nascere dovunque

Anche dove non ti aspetti

Dove non l'avresti detto

Dove non lo cercheresti

 

Era una sfortuna che Sara non possedesse il suo stesso talento canoro. Il fatto che riuscisse ad azzeccare la melodia di alcune frasi era pura fortuna!

In questo modo Francesca Michelin avrebbe potuto sentire la stonatura anche ad un mondo di distanza!

Come rovinare un brano meraviglioso!” Pensò Hanna prima di decidere di darci un taglio.

 

Può crescere su terra

Dove non arriva il sole

Apre il pugno di una mano

Cambia il senso alle parole

 

L'amore non ha un senso

L'amore non ha un nome

L'amore bagna gli occhi

L'amore riscalda il cuore

L'amore batte i denti

L'amore non ha ragione

 

“Ahi! Che male cane! Ma che bisogno c’era! Se non ti piace la canzone allora cambio playlist!” Protestò Sara massaggiandosi il braccio sul punto leso, dove il sandalo aveva colpito impietoso.

“Non credi di esagerare un tantino? Se ti comporti così adesso cosa farai quando mi sposerò?” Chiese Hanna divertita. Le mancava veramente ascoltare le canzoni del loro mondo e cercare di cantarle assieme alla cara amica stonata!

Divertimento puro!

“Avete intenzione di sposarvi?” Quella domanda le fece dimenticare la nostalgia all’istante!

Pessima scelta di parole!” Si riprese mentalmente.

“Io pretendo di essere la testimone numero uno! Il numero due sceglietelo voi! Ma ricorda, non può essere Attico. Cavolo! Visto che lui lo considera come un figlio.......vuol dire che sei già diventata madre!” Disse Sara con talmente tanta gioia da arrivare a commuoversi.

“Ma se è più vecchio di me!” Fece notare Hanna.

“Però qualche lavata di cervello gliel’hai fatta!” Le ricordò l’altra.

“Si, ma perché sono una rompiscatole di prim’ordine, non per dovere materno!” Specificò l’amica. Maledizione!

“Le intenzioni non erano quelle, ma alla luce dei nuovi eventi tutto cambia irrimediabilmente!” Constatò Sara.

Uscirono dalla stanza degli schiavi in gran fretta, solo per frenare la corsa davanti ad uno sconosciuto.

Un uomo anziano e con uno sguardo feroce.

“E voi due chi siete?” Chiese l’uomo in questione.

Le due ragazze abbassarono la testa in segno di rispetto. Tutto, di lui, gridava che non era una persona qualunque, il tono della voce, il portamento, i vestiti......

“Il mio nome è Sara, mentre lei è Hanna. Siamo le amanti di Azrael!” Rispose la ragazza mantenendo lo sguardo incollato sulle lastre di marmo. Se non l’avesse fatto avrebbe potuto godere a pieno dell’espressione terrorizzata sul volto del povero vecchio che riuscì a riprendersi piuttosto velocemente.

“Perdonatemi! Non mi avevano detto nulla riguardo alla vostra presenza! Posso dire che sono contento di conoscervi e colpito nel sapere che quella bestia selvaggia si sia lasciato avvicinare, anche se da due ragazze belle come voi!” Disse l’uomo mostrandosi molto più cortese del padrone.

“Non lo chiami così!” Hanna scoppiò come un petardo.

Sara, dopo essere invecchiata di colpo, ma non avendone risentito minimamente grazie alla sua immortalità, tentò di arginare i danni “So che trova difficile crederlo signore, ma non è ciò che tutti pensano! Noi gli siamo molto affezionate!” Disse riabbassando la testa, sperando che Hanna avesse il buon senso di fare altrettanto.

“Gli siete fedeli! Nella vita non si finisce mai di rimanere stupiti!” Disse l’anziano con una grande risata.

“Dov’è mio figlio?” Questa domanda le mandò nella confusione più totale.

“Figlio?” Chiese Hanna smarrita “Ma chi è lei?” Domandò Sara anche se osservandolo bene si accorse che l’estraneo le era fin troppo familiare!

“Sono Tito Lentulus Batiato, a capo di questa scuola di gladiatori! Possibile che non abbiate sentito parlare di me?” Chiese l’uomo sia colpito che oltraggiato.

Le ragazze non riuscirono ad impedire alle loro mascelle di abbandonarsi alla forza di gravità, fissandolo come due ebeti.

La prima a riprendersi fu Sara “Mi scusi molto.....padrone! So dove si trova....suo figlio! Mi segua!” Disse prima di voltarsi ed iniziare a camminare.

“E tu dove vai?” La voce del...nuovo padrone la fece voltare. Si era rivolto ad Hanna che temeva di avergli mancato di rispetto.

“A....pulire i pavimenti!” Rispose la ragazza abbassando la testa ed aspettandosi un rimprovero degno di quello che a volte le aveva lanciato il figlio del padrone.

“No, vieni con me! Quinto ha molto da spiegarmi!” Disse prima di incitare Sara a fargli strada.

Arrivarono vicino ad un letto con il baldacchino da cui provenivano suoni inappropriati.

Cioè, erano in mezzo al salone, cavolo!

Tito non ci stette a pensare molto e scostò le tende con furia.

Hanna e Sara si guardarono l’un l’altra per distogliere l’attenzione da quella scena inappropriata e cercare di ammonirsi a vicenda che quello non era il momento adatto per ridere. Quinto, Lucrezia e Gaia stavano festeggiando alla grande, per essere riusciti a piazzare il loro uomo alla sfida finale, durante i giochi imminenti per augurare la costruzione della nuova arena. 

“Ma perchè mi ritrovo a fare sempre la terza incomoda!” Pensò Sara avvampando di vergogna.

Anche se essendo in tre, gli occupanti del letto, doveva autodefinirsi quarta!

 

*

 

“Ho visto che hai comprato molti uomini, in mia assenza!” Disse Tito studiando la reazione del figlio.

“Si, e la maggior parte sono risultati molto promettenti! Seguendo i tuoi insegnamenti questa scuola ha prosperato!” Rispose Quinto adulandolo.

“L’ira di un uomo potente non è di buon auspicio!” Lo ammonì il padre.

Sapeva bene che aveva provocato la collera di Tullio, un abile e rispettato uomo d'affari che aveva investito denaro per la costruzione della nuova Arena di Capua. 

Suo figlio gli aveva rifiutato l’acquisto di un suo gladiatore perché riteneva fosse il campione della loro casa.....ma oltre a quello, c’era altro a turbare i pensieri del povero lanista.

“Nemmeno quella bestia di cui ho visto il nome! Perché non l’hai pagato? Il suo valore come minimo corrisponde ad una fortuna!” Chiese Tito impaziente.

“Azrael.........” iniziò a dire il figlio tentennando “.....l’ho.... vinto al gioco!” Ammise sapendo bene quale sarebbe stata la reazione.

“Tu insudici il buon nome della casa dei Batiato!” Lo accusò il padre.

“Lo innalzo su vette mai raggiunte!” Protestò Quinto.

“Provocando uomini influenti e facendoti carico di un essere tanto spregevole che potrebbe ucciderti seduta stante? Sei un pazzo! O lo tieni in catene o ci penserò io a disfarmi del problema!” Disse Tito furioso.

“Solonio mi ha confidato che l’ha visto allenarsi con gli altri! È per questo che sono tornato! Lui può distruggerci ed io non permetterò che accada!” Disse il padre quando il figlio lo guardò smarrito dopo la sua domanda.

Solonio?!” Pensò Quinto atterrito. Già i rapporti con il padre non erano idilliaci, ora ci si metteva anche il suo amico convocando suo padre a Capua solo per dargli degli altri grattacapi?

Quinto se ne andò ferito. Anche se era normale la paura di suo padre. Lui stesso si era sentito atterrito quando l’aveva convocato tempo fa. Ma non era uno stolto come credeva lui!

“Portatemelo!” Ordinò ad un servo.

Tito si era seduto a riposare e non fu contento quando lo vide arrivare. 

“I miei ordini sono stati eseguiti?” Chiese “Si, padre!” Rispose Quinto indicando due gladiatori che tenevano in catene un terzo.

“Sei uscito di senno?” Urlò il padre appena riconobbe l’angelo della morte.

“Hai detto di metterlo in catene! Così ho fatto, padre. Andate!” Disse ai due gladiatori e loro, dopo aver fissato le catene in terra, fecero come gli era stato detto.

“Ho imparato a conoscerlo! Ho compreso ciò che il suo cuore desidera. Così l’ho potuto domare! Puoi avvicinarti se lo desideri!” Disse Quinto sedendosi su di una sedia come se fosse stato il suo trono.

Tito rimase seduto, la paura sostituita dalla curiosità.

Azrael guardò l’uomo anziano. Quegli occhi erano privi della boria e dell’avidità caratteristica del figlio.

“Non posso credere che questo sia lo stesso elfo che ho visto in azione quando ero ancora un fanciullo!” Disse Tito incredulo. 

Sia Azrael che il figlio gli lanciarono uno sguardo interrogativo. 

“Era considerato ancora un animale allora! Gli avevano messo un collare di ferro al collo e scioglievano la catena solo quando doveva uccidere. Era entusiasmante per la folla vedere con quanta ferocia e crudeltà uccideva le sue vittime...invece adesso si comporta come un servo fedele! Come hai fatto, figlio mio, a domarlo?” Chiese guardando l’elfo con sospetto.

“È semplice! Gli ho ridato le sue donne, che ora vivono qui al servizio di mia moglie. E ho promesso di trattarle con ogni riguardo in cambio della sua obbedienza!” Disse Quinto cercando di calmare il padre e non perdendo occasione per vantarsi.

“L’obbedienza e la lealtà sono bene diverse! Tienilo a mente Quinto! Io non l’avrei mai comprato, nonostante tutta la sua fama! È una decisione che ti si ritorcerà contro, come sempre!” Disse il paters familia prima di ritirarsi.

“Riportatelo giù!” Disse Quinto con una nota di amarezza nella voce.

 

*

 

L’addestramento si rivelò molto più piacevole del previsto, ma solo perché i loro compagni erano delle mezze calzette!

Ogni colpo di frusta di Enomao segnalava di cambiare posizione d’attacco, e le reclute erano dispose l’una accanto all’altra di fronte a lui per mostrare ciò che richiedeva.

Il Maestro era morto la sera prima. In un attacco di rabbia incontrollato aveva attaccato Enomao finendo per essere ucciso. 

Ed ora avevano un nuovo maestro.

Insicuro, inesperto e che non era ancora rispettato!

“Azrael, in coppia con Dagan!” Disse il maestro. Un siriano. Diciamo più un caprone infuriato.

“Maestro....” tentò di fermarli Attico, quando colse lo sguardo omicida negli occhi del padre mentre si metteva in posizione di fronte al suo nuovo avversario.

“Obbedisci ai miei ordini senza fiatare!” urlò Enomao con rabbia.

L’uomo fece come gli era stato imposto, anche se di malavoglia.

“أنتكبير،لكنكتبدوامرأةصغيرةرعشةغزر!” (Sei grande, ma assomigli a una donnetta. Coglione merdoso!) il siriano fece una pessima scelta di parole e mostrò a pieno il suo carattere forte.....con la persona sbagliata!

Inoltre non poteva sapere che Azrael conosceva la sua lingua, mentre il figlio ne era al corrente!

Grandioso!” Pensò Attico avendo capito dal tono dell’energumeno, che non gli aveva fatto un complimento e nemmeno che si fosse presentato.

Milo, trovandoglisi di fronte, intuì il suo pensiero e si limitò a trattenere una risata. C’erano molti più pazzi in giro di quanto pensasse!

Azrael caricò il siriano come un toro infuriato e lo mandò in terra grazie all’effetto sorpresa visto che sarebbe stato più complicato senza, dato che erano molto simili nella costituzione fisica.

Partì una pioggia di pugni diretti al volto di Dagan. Lo schiavo tentò di rovesciare l’avversario, ma era come se l’elfo si fosse ancorato a terra con dei ganci dato che non riuscì minimamente a smuoverlo!

Nel disperato tentativo di ottenere un vantaggio, Dagan colpì Azrael allo stomaco, ma lui non sembrò risentirne. Dopo anni di torture, la suo soglia del dolore era estremamente alta ed un colpo debole come quello non lo avrebbe neanche sentito!

Dagan non si arrese ed afferrò i polsi dell’altro con le mani.

L’elfo si divincolò agitando le braccia con tanta furia, che se il siriano non avesse mollato la presa, si sarebbe rotto un polso!

Azrael inarcò la schiena per il dolore quando la frusta colpì impietosa! Ma, a parte che con il corpo, la sua espressione rimase neutra, non facendo trasparire il fastidio provato.

Commovente! Quel gladiatore era talmente insicuro da dare colpi gentili con la frusta!

Lo ignorò di sana pianta e riprese a colpire quel povero stolto che aveva osato sfidarlo così apertamente!

Si sentì afferrare da dietro e con sua sorpresa, si rese conto che non era Attico, ma il maestro.

“Falla finita, maledizione!” Urlò Enomao mentre cercava di bloccargli le braccia.

Il maestro era completamente appoggiato sulla sua schiena. Gli aveva afferrato le braccia all’altezza delle spalle, serrando la presa con i gomiti e gli avambracci rivolti verso l’alto. 

Fu sufficiente sollevarlo di peso, facendogli perdere l’appoggio a terra, prima di fargli fare una capriola e vederlo cadere, con soddisfazione, in terra di schiena!

Con la coda dell’occhio vide le guardie muoversi con l’intento di fermarlo, ma Gannicus fu più veloce. Con la forza nata dallo slanciò gli si accanì contro, afferrandolo per il busto e finendo nella sabbia assieme a lui.

Seguendo l’esempio del loro campione, gli altri gladiatori si unirono alla rissa, solo per trovare la strada sbarrata da Attico e Milo che non avrebbero lasciato che tutti si accanissero contro l’elfo.

Le urla attirarono l’attenzione dei padroni che corsero al balcone per capire cosa stesse succedendo.

“Siete impazziti, per giove!” Urlò Tito scioccato nel vedere i gladiatori accanirsi nuovamente l’uno contro l’altro. 

Era la seconda volta che accadeva in un lasso di tempo molto ristretto ed avrebbe giurato che la presenza dell’elfo fosse il motivo!

Ma con sua grande sorpresa nessuno sembrò sentirlo, tanto erano concentrati nel cercare di togliere Gannicus dalla stretta mortale che l’elfo esercitava con entrambe le mani, sul collo del campione!

“Padre!” Urlò Quinto terrorizzato quando lo vide dirigersi verso le scale che separavano la villa dalla palestra. Ma trovandosi più avanti di lui, Tito riuscì a scendere senza che potesse neanche provare a fermarlo!

Una volta ritrovatosi nello spiazzo dove la rissa imperversava, l’uomo anziano si era diretto verso la causa di tanto disordine che ora era intento a cercare di uccidere Barca e Auctus.

“Sei solo una disgrazia!” Urlò Tito riuscendo nell’intento di attirare completamente l’attenzione di Azrael.

Quinto si mise davanti al padre con fare protettivo comprendendo finalmente le parole che il genitore gli aveva rivolto qualche giorno prima in merito all’elfo.

Bruciava il suo orgoglio dover ammettere che avesse ragione!

“Stai lontano!” Urlò Quinto quando vide Azrael iniziare ad avvicinarsi con passo lento ma deciso “È il tuo padrone che te lo ordina!” Tentò di nuovo.

I gladiatori si disposero al fianco di Quinto e Tito pronti persino a sacrificare la vita per dei padroni che non avrebbero mai mosso un dito per aiutarli!

Attico rimase fermo. Non sapeva cosa stesse passando per la testa del genitore, ma era consapevole di non poter fare nulla! 

Aveva provato a fermarlo ed era stato respinto e se non ascoltava nemmeno lui allora non c’era niente da fare!

“Li mortacci tua!” 

Forse si sbagliava.

Quando vide Hanna superare tutti quegli uomini imponenti, pestando i piedi, il dubbio si trasformò in certezza!

“Si può sapere che......ah, no cavolo! Dimentico sempre che sei un asino ignorante.....

“Qu'est-ce que tu fais?” (Che cosa stai facendo?) chiese urlando.

“Je ne sais pas et je ne veux pas savoir pourquoi vous avez soudainement décidé de devenir fou en attaquant tout le monde, mais arrêtez-le immédiatement!” (Non so e non voglio sapere perchè improvvisamente hai deciso di dare di matto attaccando tutti, ma smettila subito!) disse alzando una mano quando Azrael sembrava in procinto di risponderle.

“Êtes-vous si handicapé que vous ne comprenez pas que le propriétaire pourrait nous blesser aussi à cause de votre comportement irresponsable? Je m'en fiche si ça peut être humiliant! Mais je ne resterai pas là pendant que vous détruisez ma vie! Tu as dit que j'avais peur, oui, c'est vrai! J'ai peur! Mais c'est toi qui me fais venir! J'espérais ....... après avoir enduré les cruautés de mes cousins pendant des années, pour la première fois, d'avoir quelqu'un qui se souciait de moi au point de mettre de côté la fierté et d'avaler un peu de fumier si cela cela signifiait me protéger! 

Va me faire foutre! 

Pour moi!(Sei talmente menomato da non capire che il padrone potrebbe fare del male anche a noi a causa del tuo comportamento irresponsabile?

Me ne frego del fatto che possa essere umiliante!

Ma non resterò a guardare mentre distruggi la mia vita!

Hai detto che ho paura, si, è vero! Ho paura!

Ma sei tu che me la fai venire!

Speravo ....... dopo aver sopportato le crudeltà dei miei cugini per anni, per la prima volta, di avere qualcuno a cui importava di me al punto da mettere da parte l’orgoglio ed ingoiare un po’ di sterco ........se questo voleva dire proteggermi!

Per me, cazzo!

Per me!)

Hanna regna!” Pensò Sara guardando l’amica con orgoglio. Non era certa che fosse nella ragione piena, visto che erano all’oscuro delle motivazioni dietro allo scatto d’ira di Azrael, ma fare leva sulla compassione era una buona strategia!

L’elfo rimase impassibile, come sempre, di fronte ad una tale sfuriata ed osservò a lungo la ragazza mentre Attico spiegava a Tito e Quinto, a grandi linee, che lei gli aveva fatto una bella ramanzina ed aveva lodato la gentilezza con cui era stata trattata dai padroni (bugia!)! Tralasciando i particolari che al momento non avevano alcuna importanza e mentendo per dare un senso a quel fiume di parole.

“In ginocchio!” Ordinò Hanna “Mostra un po’ di rispetto ai padroni!” Disse indicando il terreno con un dito.

Azrael obbedì e si mise in ginocchio di fronte ad Hanna ed una volta in terra, interruppe il contatto  con gli occhi di lei, che aveva mantenuto tutto il tempo, abbassando la testa.

“Che giove mi fulmini!” Riuscì a dire Gannicus esterrefatto.

Tito, molto più rilassato rispetto ad una manciata di secondi prima, si voltò verso il figlio “Sei riuscito ad ottenere la sua lealtà attraverso di loro!” Disse indicando le due ragazze, che si trovavano in piedi di fronte all’elfo, borbottando fra di loro parole incomprensibili.

Quinto e Lucrezia erano a più sorpresi del paters familias e dei gladiatori messi insieme!

“Allora non sei così stolto come pensavo! A quanto pare tuo padre ti aveva sottovalutato!” Disse il vecchio con un sorriso.

“Tu mi onori padre!” Rispose Quinto alzando la testa pieno d’orgoglio.

“Ti onori da solo! Quando agisci seguendo il buon senso e l’ingegno!” Gli disse Tito.

“Mi ero sbagliato anche su di te!” Disse rivolgendosi a Lucrezia.

“Solo una vera patrizia romana avrebbe compreso ed agito di conseguenza!” Disse sorpreso che quella che aveva sempre considerato una serpe, in realtà fosse una donna di buon cuore che era riuscita ad accattivarsi la benevolenza e l’ammirazione di due schiave in così poco tempo.

Hanna aveva incrociato le braccia al petto il suo respiro era teso e veloce, nel tentativo di non far scendere alcuna lacrima dagli occhi. Era stato difficile dire quelle cose! Ma ad averla distrutta era altro!

Sara le aveva cinto un braccio attorno alle spalle cercando di farle coraggio. Era bastato uno sguardo, tra le due, per fare un discorso intero senza dover articolare parola.

L’elfo di cui avevano letto non avrebbe mai ceduto così velocemente, soprattutto di fronte ad una ragazzina!

Thranduil si era spezzato.........

Per colpa loro!

 

*

 

Un nuovo padrone! 

Le cose stanno andando meglio di quanto io stessa mi aspettassi!

In questo capitolo ed in quello successivo farò riferimento agli eventi del Prequel della Serie Spartacus! 

Quando Spartacus ancora non era arrivato nella casa di Quinto Lentulus Batiato.

Azrael decide, per la prima volta, di inchinarsi di fronte al suo padrone arrivando ad un livello di sottomissione mai raggiunto.........per il bene di Hanna e Sara.

Quanto reggerà?

Per la prima volta dopo decenni, Thranduil (Azrael) viene lasciato libero di girare all’interno della palestra di gladiatori. Cosa ne pensate?

E finalmente la relazione con Hanna prende il via!

Come prevedibile Thranduil esplode! Credete che le ragazze abbiano ragione?

Vi auguro una buona serata,

X-98

 

 

 

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Capitolo 8
*** Qui ci sono i leoni ***


 

Da quel momento in poi Hanna e Sara erano molto rispettate fra gli schiavi della casa di Batiato.

Riuscire a domare la “bestia selvaggia” aveva procurato loro molta notorietà.

Una fortuna considerato quanto fossero goffe nel svolgere le varie mansioni giornaliere. Ora erano tutti un po’ più pazienti! 

Al momento stavano litigando con un candelabro.

Già era difficile dover posizionare le candele dentro alla minuscola base circolare, ma essendo questo diverso, bisognava inserirle negli spunzoni orizzontali che si trovavano in cima. Peccato che, come sempre, le candele si rompessero ad ogni loro tentativo!

Sara era riuscita a metterne una con successo, mentre Hanna si era ritrovata con candele grandi la metà rispetto a com’erano all’inizio.....

Una risata le fece voltare infastidite, era già umiliante, meglio non renderlo peggio!

Diona, una ragazza che doveva avere la loro età (di quando avevano smesso di invecchiare cioè all’incirca ventisei anni) e che era cresciuta lì, decise di aiutarle senza che lo chiedessero.

“Sembra quasi che non abbiate fatto mai lavori del genere!” Dall’espressione sul suo viso, le amiche capirono di aver male interpretato la risata di prima, non era affatto amichevole, tutto il contrario!

“È così! Il nostro precedente padrone ci usava solo per soddisfare Azrael!” Rispose Hanna cercando di restare impassibile come aveva visto fare ad un certo elfo.

“Allora smettetela di comportarvi come delle bambine! L’amicizia è un privilegio che una  prostituta non può permettersi!” Disse Diona arrabbiata.

Sara afferrò l’amica per un braccio impedendo che Katrina si scatenasse “Che ne sai tu......” rimase interdetta quando non trovò un giusto argomento con cui ribattere, ma appena vide Naevia, un altra coetanea, ebbe l’illuminazione “......ci ammonisci in qualcosa di cui anche tu sei colpevole!” Disse indicando l’amica di lei.

“Diona! Aspetta!” La chiamò Naevia quando vide l’altra in procinto di andarsene “Stai bene? Non ci siamo più parlate, ne abbiamo riso insieme!” Fece notare con un espressione triste in volto.

“Ora mi dai ordini anche tu? Deciderai tu anche chi potrà avermi? Non credere di essere superiore a me!” Le rispose Diona prima di voltarsi ed andarsene.

“Perdonatela!” Si scusò Naevia “Ultimamente non è in se!” Disse prima di seguire l’amica.

Hanna e Sara rimasero ferme ad osservarla mentre spariva dentro una stanza.

“Ha qualcosa in mente!” Disse la prima.

“Dobbiamo scoprire cosa!” Dichiarò l’altra.

“Allora cosa ci facciamo ancora qui?” Chiese Hanna.

Cercando di muoversi agilmente come due ninja e sperando di essere invisibili come Bilbo con l’anello del potere, le ragazze si appostarono dietro alla porta, non riuscendo a non spingersi a vicenda per poter sbirciare dallo spiraglio.

Naevia e Diona stavano facendo pace. Molto bene!

Questa era la vera amicizia!

Nevia stava porgendo all’amica qualcosa. Molto strano!

Appena sentirono la parola “fuggiasca” divenne tutto irrimediabilmente spaventoso e sbagliato!

Hanna entrò nella stanza come una furia, ma trovandosi dietro a Sara, la mandò di faccia a terra. “Cos’avete in mente?” Chiese con timore.

Diona e Naevia passato un primo momento di esitazione decisero che era meglio negare tutto “Le ho semplicemente ricordato che siamo amiche e non deve allontanarmi perché ci sarò sempre per lei!” Disse guardando l’amica con amore sincero.

Diceva la verità con quella frase, ma non nel dare la risposta!

“Non diremo niente! Vogliamo solo aiutarvi!” Disse Sara che si era rialzata e come se niente fosse successo, le aveva raggiunte.

“Devo andare via! Se rimango prestò mi uccideranno!” Confessò Diona distrutta.

“Ma cosa dici? Noi siamo  le amanti di Azrael da moltissimo tempo e siamo ancora qua!” Disse Hanna sapendo benissimo che se la ragazza avesse preso una scelta del genere, si sarebbe condannata a morte.

Era così che i romani trattavano i ribelli o i fuggiaschi.

“Se vuoi non avete un briciolo di dignità e lasciate che gli altri vi calpestino non è un mio problema! Io non riesco! L’allegria che percepisco intorno a me è un promemoria costante di ciò che ho perso!” Le aggredì Diona prima di scoppiare a piangere.

“Ho preso dei soldi dalle vesti di Gaia!” Iniziò a spiegare Naevia “L’amica della padrona uccisa da quel mostro di Tullio per vendetta?” Chiese Hanna che con i nomi era una frana.

“Esatto! Diona si pagherà un passaggio!” Concluse la ragazza.

“Ti sconsiglio di fare una cosa del genere!” Dichiarò Hanna.

“Parli tu perché non sei costretta a passare da un uomo all’altro o esibirti per il piacere di quella cagna!” La accusò Diona.

“Allora stai con....noi?” Chiese Sara pure a se stessa “Ma di cosa diavolo stai parlando?” Domandò Hanna basita e furiosa.

“Se Azrael la tiene sotto la sua protezione.....” “NO!” Lo scoppio di Diona interruppe il suo ragionamento a dir poco geniale.

“Non voglio soddisfare i desideri depravati dei nobili signori....e credi che mi prosterei di fronte a quella bestia selvaggia senza cuore?” Chiese offesa.

“Bene!” Sibilò Hanna livida “Allora vai a morì ammazzata!” Ringhiò prima di uscire come una furia.

Sara sospirò. L’amica non lo intendeva. Affatto. Ma recentemente poteva dire che l’elfo fosse diventato un argomento molto delicato.

“Se te ne vai adesso noteranno la tua assenza!” Osservò riconoscendo che non c’era nulla che potesse fare per dissuadere Diona.

“Il padrone, una volta marchiati tutte le reclute, organizzerà dei combattimenti per testare il reale valore degli uomini! Allora lei scapperà!” Rispose Naevia fiduciosa che tutto sarebbe andato bene.

“Buona fortuna allora!” Disse Sara rivolta alla ragazza prima di andare a cercare Hanna e sorbirsi la sfuriata che avrebbe placato la sua ira!

 

*

 

Era l’alba eppure per le reclute questo non faceva alcuna differenza. Si trovavano nello spiazzo a camminare in tondo, la schiena piegata sotto al peso della trave di legno che erano stati obbligati a portare per quasi tutta la notte.

Un colpo di frusta li fece bloccare. “Basta così! Ora mangiate, poi inizierà l’addestramento!” Disse Enomao.

Il Maestro insicuro era sparito. Ora c’era un uomo forte, il cui sguardo intimoriva chiunque lo guardasse.

“Ora dobbiamo pure allenarci?” Chiese Milo mentre poggiava le mani sulle ginocchia, curvo a causa della fatica. “Ti stai tirando indietro?” Lo provocò Attico “Quando avrò sconfitto Gannicus la smetterai di prendermi in giro!” Si vantò lui.

“Non credo......! Perché Gannicus?” Chiese il fratello con un sorriso provocatorio.

Presero la colazione senza problemi, avere la confidenza di Azrael aveva i propri vantaggi. Soprattuto perché non dovettero raccogliere il riso dal pavimento come le altre reclute!

“Forse perché è il campione di questa casa?” Domandò Milo guardandolo come se si chiedesse se fosse stato serio nel porre quella domanda la cui risposta era scontata.

“Perché non lui?” Chiese indicando Azrael che sembrava appena tornato da un bagno rinfrescante visto che era tutto bagnato, ma fresco come una rosa.

“Io al contrario di te non faccio pazzie!” Lo schernì il ragazzo “Nono, non sia mai!” Scherzò Attico.

“E so riconoscere i miei limiti!” Rispose Milo serio. “Se non provi non lo saprai mai!” Gli fece notare l’altro. “Sarò migliorato, ma battermi con lui....scherzi? Mi disarma dopo pochissimo solo in allenamento!” Iniziò a lagnarsi il giovane.

“Sembri un fanciullo a cui hanno negato un balocco!” Attico rise subito dopo aver fatto quel paragone.

La felicità venne smorzata appena notarono il maestro che legava una lunga catena al muro, prima di rivolgersi a loro.

“Legategliela al piede!” Disse Enomao lanciando ad Attico l’anello di trazione da legare alla caviglia. L’uomo rimase congelato sul posto mentre Milo ebbe la sfacciataggine di osservare la reazione dell’elfo.

Azrael era immobile. Fermo come solo lui riusciva a stare, sembrando una statua per davvero. Ma ne suoi occhi si poteva leggere una chiara furia che serpeggiava sotto l’espressione calma del viso, mentre osservava quel vincolo così leggero ma con un peso simbolico enorme.

“Maestro....” Attico tentennò. Sapeva bene che suo padre era stato per anni in catene, ma era da molto tempo che non aveva dovuto essere tenuto al guinzaglio. Da prima che lo incontrasse. Allora, quando era un bambino di appena cinque anni, l’elfo era libero da quei vincoli!

Il colpo di frusta raggiunse le sue orecchie molto prima che il dolore lo facesse irrigidire ed emettere un verso strozzato. L’aveva colpito al petto!

Azrael e Milo si alzarono in piedi di scatto e le guardie vennero fermate ad un cenno di Enomao. Il Maestro voleva farcela da solo.

Tutto si era bloccato. L’attenzione generale era su quelle tre reclute che osavano sfidare ancora, colui che li comandava.

“Non intendevo contraddirla......” iniziò Attico chinando la testa per far vedere che riconosceva la su superiorità “Ma io non posso farlo! Mi aggredirebbe!” Si giustificò.

Azrael lo guardò male. E se per molti sembrava che l’elfo gli stesse dando ragione, Attico sapeva che il padre era colpito dalle sue parole. Lui non gli avrebbe mai fatto del male! Quando aveva perso il controllo pochi giorni prima, una spinta, era ciò che aveva ricevuto. Doveva ritenersi fortunato!

“Tu obbedirai ai miei ordini, o ti staccherò la carne dalle membra!” Ringhiò Enomao.

“La sua donna! Lei potrà farlo! È l’unica a poterlo toccare senza subirne le conseguenze!” Tentò di nuovo Attico.

Il Maestro sembrò pensarci, ma alla fine accettò. Era meglio non tirare troppo la corda! E se quella ragazza l’avesse aiutato a domare quella bestia selvaggia, si sarebbe accontentato.

“Sembri Giove che lancia astri dal cielo!” Disse Gannicus sorpreso che l’angelo della morte non avesse reagito. “Merito delle parole di una moglie devota!” Rispose il Maestro. “Ora torna ad allenarti e non stare mai più all’ombra! Avremo perso la sfida finale, ma questo non vuol dire che tu possa oziare!” Disse Enomao prima di andare a parlare con le guardie perché mandassero giù la donna dell’elfo.

 

*

 

“Ma tu guarda quelli!” “Di chi parli?” Chiese Hanna all’amica.

“Gaia è morta e l’hanno spacciato per un incidente!” Protestò Sara. 

“Senti, già Tullio ed figlio del padrone si odiano! Tito ha fatto bene a spargere in giro la falsa notizia, altrimenti questa casa cadrebbe in miseria e noi rischieremmo di essere vendute!” Disse Hanna mentre versava acqua calda nella vasca. 

Dovevano preparare un bel bagno, per chi ancora non si era capito!

“Quell’uomo è un assassino! Non ti sembra ingiusto che non venga incolpato solo perché è un nobile?” Chiese Sara piccata.

“Storia già sentita! Lui può permettersi di agire così e passarla liscia. Ma perché Quinto ci tiene così tanto a Gannicus se ha Azrael!?” Si chiese Hanna.

“Fammi pensare......forse non vuole vendergli Gannicus perché Tullio ed il suo tirapiedi Vezio lo hanno pestato a sangue?” Domandò Sara sarcastica ricordando di quando avevano curato le ferite del figlio del padrone.

“Quindi solo per ripicca! Molto maturo! Comunque ho sentito il padrone che diceva al figlio che se Gannicus vincerà ai combattimenti organizzati allora potrà restare!” Rispose Hanna prima di versare altra acqua in una grossa pentola sul fuoco.

“Quali combattimenti?” Chiese Sara confusa. Perché Hanna riusciva sempre ad essere più aggiornata di lei? 

“Dopo la prova finale di stasera organizzerà degli duelli tra i vari uomini per testare il valore di ciascuno!” Rispose Hanna. “Anche lui parteciperà?” Domandò Sara curiosa.

“Questo non lo so!” Disse l’amica prima di accogliere il padrone appena giunto.

“Tu, vai a prendere i vestiti in camera mia e lavali. Devono essere pronti entro domani!” Disse Tito indicando Hanna. Lei annuì e fece come le era stato detto anche se detestava essere la piccola lavandaia.

“Padrone!” Una guardia raggiunse Tito prima che potesse andare spogliarsi per lavarsi “Cosa succede?” Chiese sorpreso.

“Il Maestro chiede che la donna di Azrael scenda il prima possibile!” Disse la guardia.

Tito non sembrava preoccupato e rispose con estrema calma “Va bene. Appena sarà libera di ad Enomao che verrà!” Rispose.

“Padrone!” Questa volta fu Sara a parlare. “Cosa vuoi?” Chiese lui prima di rimproverarsi. Stava parlando con una ragazza.

“Perdona i miei modi, ma rimettere in piedi questa scuola ha richiesto più di quanto credessi. Non temere chiedi pure!” Disse con uno sguardo accogliente e gentile.

“Posso andare io da Azrael!” Cercò di dire Sara con tutta la convinzione che possedeva.

“Perché non ci ho pensato prima!” Rispose allegro prima di fare un cenno alla guardia “Ti ringrazio! La tua lealtà è molto gradita!” Disse l’anziano prima di dirigersi verso il bagno.

Sara si ritrovò nello spiazzo principale e non potè fare a meno di guardarsi attorno confusa. Se c’era un problema chiudevano l’elfo in cella! Perché era lì?

Il sollievo la fece sentire più leggera quando vide Enomao ed Azrael aspettarla vicino all’entrata che conduceva alle celle.

L’elfo era seduto e sembrava di pessimo umore. Appariva sempre così, ma stavolta era diverso!

“Ciao Sara. Non ci siamo mai presentati ufficialmente! Io sono Enomao, è un piacere conoscerti!” Disse il Maestro accogliendola con un gran sorriso.

“Il piacere è mio! In cosa posso essere utile?” Domandò la ragazza allegramente cercando di non essere influenzata dall’umore crescente dell’elfo.

“Mettigli questo al piede e fissalo con il lucchetto” Spiegò Enomao.

Solo allora lei notò quella lunghissima catena che pendeva dal muro e l’anello di trazione che le stava porgendo il Maestro.

Si sentì gelare nonostante il caldo afoso! Non bisognava neanche chiedere perché, sapeva bene che temevano in un’altra sua reazione violenta e forse credevano che la catena potesse calmarlo invece che sorbire l’effetto opposto.

Ma per quale motivo avevano deciso di farlo dopo tanti giorni? Forse il padrone non era sicuro se fosse un idea saggia.....ed a quanto pare si era dato la risposta sbagliata.

Incerta, Sara afferrò l’anello e rimase a fissarlo anche quando Enomao si era allontanato. Passato un tempo lunghissimo, fece un sospiro e si decise a parlare “C'est un problème qui devra être résolu!” (Questo è un problema che andrà risolto!) disse cercando di cambiare discorso come se si fossero visti solo per chiacchierare.

“Un morceau de fer est faible par rapport à mon envie de m'évader!” (Un pezzo di ferro è debole in confronto al mio desiderio di fuga!) dichiarò l’elfo cercando di ignorare il freddo che sentiva anche attraverso il tessuto dei pantaloni.

Alors, pourquoi êtes-vous toujoursenchaîné après près de deux cents ans?”(Allora perché sei ancora in catene dopo quasi duecento anni?) chiese Sara soprappensiero per poi riscuotersi “Désolé, je deviens fastidieux! Faute d'Hanna!” (Scusa, sto diventando tediosa! Colpa di Hanna!) la ragazza cercò di recuperare la sua caduta di stile nervosa.

Si nous voulons réussir, nous devons être patients et attendre le bon moment! Cela nous donnera un avantage!”(Se vogliamo avere successo dobbiamo avere pazienza ed aspettare il momento propizio!) ripetè Azrael più a se stesso che ad altri.

Les humains ont tendance à baisser la garde lorsqu'ils se sentent en sécurité!” (Questo ci darà un vantaggio! Gli umani quando si sentono sicuri tendono ad abbassare la guardia!) rivelò con oscura soddisfazione.

Vraiment? Je n'ai jamais remarqué!”(Davvero? Non me n’ero mai accorta!) dovette riconoscere Sara alzandosi in piedi ma sentendosi felice all’idea che la libertà, ormai, non fosse più così lontana.

 

*

 

L’elfo non sembrò risentire della nuova limitazione, anzi. Spesso usava la catena come arma, per far perdere l’equilibrio all’avversario, per bloccarlo o semplicemente per colpirlo.

Era incredibile. Anche in catene incuteva timore!

Attico si divertì moltissimo durante questo nuovo allenamento. Scoprire un pericolo in qualcosa a cui prima non aveva dato il benché minimo peso era intrigante, sia nel vedere come il padre la usava, sia perché lo scontro era diverso dal solito e doveva impegnarsi di più se non voleva finire con l’ingoiare altra sabbia.

Dall’altra parte Enomao stava loro addosso, impartendo ordini su come attaccare o come parare. Stava mettendo alla prova Azrael e lui lo sapeva!

Milo rimase deluso dall’assenza di un’altro scoppio da parte dell’elfo, ma ci ripensò quando il maestro lo chiamo per allenarsi assieme a lui.

Arrivò presto la sera.

Era il momento. La prova finale li avrebbe ammessi tra i fratelli della confraternita o mandati nell’oblio eterno della morte.

Vennero chiamati prima tutti gli altri, cioè i due siriani. Dagan mostrò di sapersela cavare, Ashur di essere scarso anche se riuscì comunque  a passare la prova.

Attico si batte dando una prova del suo grande valore, contro Gannicus, venendo accolto con entusiasmo da tutti i gladiatori. Più eri bravo con la spada, più eri stimato e rispettato.

Milo, nonostante fosse più piccolo del suo sfidante Barca riuscì a tenergli testa per tutto il tempo permettendo al padrone di ritenerlo all’altezza.

Azrael, come prevedibile, uccise il suo avversario con un rapido e potente colpo in testa terminando lo scontro prima che iniziasse.

Una volta ultimato l’esame, come lo chiamavano gli umani, l’elfo venne spedito nella sua cella.

Quando il vociare si attenuò, Azrael capì che tutti i gladiatori si erano ritirati. Si sdraiò sul letto ripensando alla discussione con Sara. Sapeva bene che oltre al momento propizio doveva cercare alleati per poter avere anche la minima possibilità di riuscire a scappare. E questo era un problema. Essere asociale gli dava dei vantaggi, ma lo penalizzava visto che Atticus non si sarebbe unito a lui.

Il rumore delle chiavi lo fece sedere di scatto. Chi era? Hanna? Il padrone? Cosa volevano?

Si irrigidì quando vide due, tre, no quattro guardie entrare una dopo l’altra seguite da Enomao. “Tenetelo!” Disse il Maestro e l’elfo fu rapido a reagire.

Mandò due degli uomini a cadere l’uno sopra l’altro con una violenta spinta, spedì il terzo contro una parete con un poderoso calcio e l’ultimo lo sorpassò ritrovandoglisi dietro e facendogli ruotare un braccio spezzandolo. Fu impreparato all’attacco da parte del maestro, che lo colpì con un grosso bastone.

Cadde in terra stordito e le guardie furono rapide a sollevarlo e metterlo supino sul letto inchiodandolo ad esso. Ogni uomo gli bloccava un arto e l’elfo, stordito, non riuscì ad opporsi. Cosa stavano facendo?

Nella foschia che lo separava dall’incoscienza vide il ferro rovente. Comprese cosa stava per accadere, ma fu impossibile evitarlo.

Tornò pienamente in sé appena il fuoco toccò la sua pelle. Si irrigidì, ma non urlò. Mai avrebbe dato loro una soddisfazione così grande!

Il pezzo arroventato venne tolto pochi secondi dopo. E le guardie quasi corsero fuori dalla stanza. La porta venne richiusa prima che riuscisse a mettersi seduto.

La testa pulsava, così come l’avambraccio destro.

Thranduil sollevò il braccio osservando il marchio a forma di B impresso sulla sua carne che sanguinava.

Non era più un prigioniero. Ora era uno schiavo!

Con un urlo primordiale scaraventò il tavolino presente nella stanza contro il muro, frantumandolo. 

Le ferite erano fresche così come il suo desiderio di vendetta. 

Fuggire non bastava più!

Agognava una giustizia selvaggia, perché la vendetta e la giustizia spesso coincidono! 

Per Narwain e Galdor...........i romani avrebbero pagato!

 

*

 

La sera successiva si ritrovarono tutti nella cella di Azrael. Sara era stata liberata prima dalle sue mansioni per questo si trovava lì, mente l’amica stava terminando di assistere la padrona.

Dei lamenti precedettero l’entrata di Hanna. 

Era in lacrime!

Thranduil fu rapido a stringerla in un abbraccio rassicurante facendola sedere sul letto. Sembrava sconvolta, quindi decise di farla riprendere senza forzarla a dire cosa fosse successo.

Ma Sara non era dello stesso avviso “Ti hanno fatto del male?” Chiese atterrita. L’amica negò.

“Tullio!......” “Che cos’ha fatto ancora quella serpe?” Chiese Milo alterato nel sentire di nuovo quel nome. Rubare loro lo scontro finale a causa dell’astio nei confronti del padrone, non era stato sufficiente? Ed ora?

“Ha ucciso......Tito....e Melitta!” Singhiozzò Hanna. Sara ansimò scioccata.

“La moglie del maestro Enomao?!” Realizzò Attico atterrito.

“Ho bisogno di vino!” Disse Sara afferrando il bicchiere.

“No! Ferma!” Gridò Hanna che era impallidita di colpo appena aveva sentito cos’aveva detto l’amica. Scavalcò le gambe dell’elfo con un balzo e colpì con una mano il bicchiere che Sara teneva in mano facendolo frantumare in terra.

“Un bicchiere non è sufficiente a farmi perdere il controllo, sai? Ed inoltre era l’ultimo dono di Melitta! Aveva condiviso con me un po’ del vino offertole dalla padrona......” Spiegò l’amica offesa e delusa dallo spreco di tanto buon vino ed affranta nel ricordare l’ultimo scambio di parole che aveva avuto con la sua amica, poco tempo prima.

“Quel vino ha tolto la vita a Melitta ed al padrone!” Confessò Hanna facendo prendere un colpo a tutti i presenti “È avvelenato!”.

“Questa casa peggiora di giorno in giorno! Riesco solo a percepirne le mura opprimenti!” Si espresse Milo guardando le pareti di quella cella angusta, scioccato che l’amica avesse rischiato tanto.

I romani erano pericolosi anche tra di loro!

Andavano eliminati!

 

*

 

Nell’arena di Capua la folla rumoreggiava ed esultava con entusiasmo.

La magnifica costruzione era ultimata e finalmente potevano dire di far invidia al Circo Massimo di Roma!

“Gli occhi hanno mai goduto di una tale vista?” Chiese Batiato rivolto si presenti.

“La corona d’alloro della Repubblica!” Disse il magistrato elogiando la nuova arena.

“La sua maestosità è più evidente, se ammirata dalla tribuna!” Sottolineò Varo. Un nobil uomo ricco e potente.

“È un grande onore essere ospiti di Tullio!” Disse Lucrezia.

“Onore che temevo immeritato, ma non ci può sottrarre ai suoi desideri!” Finse di adularlo il marito.

“Strano che sia in ritardo. Non fa che parlare dell’inaugurazione dell’arena e non arriva in tempo per le celebrazioni!” Riflettè il magistrato rammaricato.

Non poteva conoscere l’amara verità. Batiato era stato astuto nel non lasciare alcuna traccia.

“Perdonatemi, Tullio si rammarica, ma non potrà essere presente!” Disse Vezio, un giovane ragazzo, proprietario di una scuola di gladiatori, che grazie a Tullio aveva cercato più volte di impossessarsi di Gannicus.

“Cosa lo distoglie da cotanto spettacolo!” Chiese il magistrato infastidito.

“Affari nella lontana Antiochia! La sua partenza è stata........ inaspettata!” Rispose Vezio porgendo uno sguardo di scuse.

“Quest’arena non darebbe sorta senza Tullio, non sarebbe qui se non fosse stato per lui!” Disse Lucrezia con falsa gratitudine. Quell’uomo aveva pagato il prezzo per i suoi crimini. Era stata veramente astuta nel far credere al marito che fosse stato lui ad avvelenare il vino del padre così che cercasse vendetta. Anche Gaia era stata vendicata!

“Rimandiamo le celebrazioni. Ora informo la folla!” Disse il magistrato ma venne fermato da Vezio “No, Tullio ha lasciato istruzioni affinché la cerimonia si tenga anche senza di lui! Quest’arena è un regalo per la sua amata città. Non sarebbe contento che la sua tempestiva partenza interferisse! Ora perdonatemi, ma anch’io ho deciso di intraprendere il viaggio!” Disse Vezio sorprendendo tutti i presenti.

“Mi ritirerò dalla modesta condizione di lanista!” Aggiunse il ragazzo.

“Che ne sarà dei tuoi uomini? Combatteranno proprio oggi!” Chiese Cossuzio curioso.

“Non vorrei vedere sprecato tutto il tuo, seppur breve, lavoro!” Disse Batiato trattenendo a stento la soddisfazione “Io e Solonio possiamo farti un offerta! Dividerci i tuoi gladiatori!” Disse come se un’idea lampo l’avesse colto sul momento.

“Ti ringrazio, ma ho già concluso un affare con Solonio! Gli ho ceduto la piena proprietà della mia scuola! Ora se mi scusate, devo proprio andare! Date a Solonio tutta la considerazione possibile per il futuro!” Disse il ragazzo, ansioso di sparire per aver salva la vita.

“La fortuna ti arride Solonio, la tua scuderia è diventata la più grande e ben fornita della città!” Disse il magistrato con ammirazione.

“Possano gli dei continuare a favorirmi!” Rispose Solonio chinando il capo.

Batiato li seguì giù per le scale, confuso da quello svolgersi di eventi.

Secondo i loro patti, dopo aver tolto di mezzo Tullio, vendicando il padre e eliminando colui che voleva sottrargli Gannicus ed escluderlo dai giochi, si sarebbero spartiti i gladiatori del ragazzo!

“Perché non hai rispettato il nostro accordo?” Chiese Batiato vedendo che il suo amico minacciava il giovane Vezio se avesse fatto parola con qualcuno riguardo alla sorte di Tullio o se fosse tornato in città. 

Una volta che il problema sparì dalla vista si rivolse al rivale “Ci sono voluti anni e fiume di sangue per capire chi sei veramente!” Ammise Solonio “Guardi solo il tuo profitto personale, ignorando tutti coloro che ti mostrano lealtà. Ti ringrazio per avermi aperto gli occhi, altrimenti non avrei mai avuto il coraggio di tradire chi si professava amico!” Disse prima di tornare sugli spalti.

Batiato ingoiò il boccone amaro prima di seguirlo.

Vennero annunciate le esecuzioni di schiavi ribelli.

“Conosco quella ragazza all’estrema sinistra! Non è una delle tue schiave Batiato? Non mi sovviene il nome!” Disse Cossuzio guardando il lanista.

Hanna, Sara e Naevia sussultarono.

“Diona!” Dissero in coro non riuscendo a velare il terrore nei loro toni a causa della sorpresa.

“Ti chiedo scusa Batiato! La ragazza è stata catturata stamane. Preferisci punirla di persona?” Chiese il magistrato come se stessero parlando di un animale male addestrato.

Nevia guardò il padrone speranzosa. Mentre Sara e Hanna abbassarono la testa affrante. Conoscevano già la risposta! Il padrone era spietato, non c’era spazio per indugiare nella speranza.

“No, proseguite pure. Desidero sia un monito per coloro che vogliono tradirmi!” Disse Batiato guardando l’ex amico con furia.

Hanna serrò la mascella. Era tutta colpa loro! Se avessero insistito lei ora si sarebbe trovata fra le mura della scuola. Non ad un passo dalla morte!

Chissà se la ragazza la pensava allo stesso modo?!

Era terrorizzata, glielo si leggeva in faccia, ma era orgogliosa di morire in nome della libertà che tanto aveva sognato!?

Non voler fare più la prostituta, valeva un tale prezzo?

 

*

 

“La sabbia è stata bagnata dalle nostre prime offerte di sangue! Ma questa giornata ne richiede molto di più! E voi tutti l’avrete!” La folla esultò all’introduzione del magistrato. Azrael, suo malgrado, si ritrovò ad ammirare la nuova arena. Era davvero imponente e magnifica allo stesso tempo.

E finalmente avrebbe avuto più spazio per combattere invece che ritrovarsi ad un braccio di distanza dagli spettatori.

Barahir li faceva esibire in un posto pressoché identico a questo.

“La casa di Solonio e la casa di Batiato si affronteranno in uno scontro mortale. Nessuna pietà verrà mostrata, non ci sarà clemenza. Ed i vincitori si scontreranno faccia a faccia nell’ultima sfida! Sarà uno spettacolo meraviglioso, un evento a cui nemmeno gli dei dell’olimpo hanno mai assistito!” Denigravano pure le loro divinità! “Gloria a Capua! Gloria alla città di Roma!” Concluse il magistrato.

Gli spettatori esplosero in un boato pieno di gioia ed aspettative!

Ognuno di loro venne fatto combattere contro gli uomini del rivale del padrone.

Per Azrael, addestrato a combattere per molte ore di seguito, fu una passeggiata affrontare due soli avversari in un ampio lasso di tempo.

“Azrael è sempre osannato dal popolo di Capua!” Disse il magistrato che si godeva la scena. L’elfo stava camminando in tondo rispetto ai cadaveri dei suoi avversari, come se li stesse sfidando a rialzarsi!

“Non dovremmo sorprenderci! Gli dei guidano i suoi passi. Rendendo omaggio a lui ci favoriranno!” Disse Varo osservando fin troppo attentamente l’elfo.

“Temo che i numeri ti saranno avversi nel gran finale Batiato! Solonio ha in campo il doppio dei tuoi uomini!” Osservò Varo.

“I numeri non hanno significato! È una lezione che il buon Solonio sta per imparare!” Ammise Batiato con ostentata alterigia.

I nobil uomini presenti risero, entusiasti di quella rivalità che permetteva all’adrenalina di aumentare sempre più.

“Voi che siete sopravvissuti fino a questo punto, potete sentirvi superati in potenza solo dagli stessi dei!” Disse il magistrato iniziando il discorso che avrebbe preceduto il gran finale.

“Non avevo mai partecipato ad uno scontro del genere!” Ammise Milo.

“Nemmeno io. Dobbiamo tenere alta la guardia e coprirci a vicenda se vogliamo uscirne vivi!” Disse Attico.

Azrael fece una smorfia. Convinto che parlare potesse cambiare poco l’esito dello scontro. Ed anche perché era sua premura mostrarsi il meno socievole possibile.

Prese il nastro rosso che serviva a distinguere i gladiatori del padrone e lo legò al braccio destro. Gli ricordò molto il dono di buon auspicio che le fanciulle davano ai guerrieri prima di vederli partire per la guerra.

Distogliendo l’attenzione dal passato decise di concentrarsi sul presente e seguì gli altri nell’arena.

Vennero ben accolti, specialmente lui. Ma solo perché apparteneva ad un’altra razza!

Si allarmò quando vide due schiavi passare loro accanto rovesciando in terra un liquido fino a formare un ampio cerchio dentro al quale si ritrovarono.

Cosa si sarebbero inventati stavolta?

“Il fuoco arde nei loro cuori, sarà dunque il fuoco a circondarli durante l’ultimo combattimento!” Azrael si irrigidì. Memore delle ferite inflittegli dal fuoco del drago anni addietro. 

“Se cadrete sulla sabbia al di là delle fiamme sarete eliminati da questa sfida! Se cadrete all’interno........sarete eliminati da questo mondo!” Dichiarò il magistrato.

L’elfo scosse la testa. Cercando di riprendersi. Erano passati anni, non poteva tremare di fronte ad un ricordo!

“Squarciate la volta celeste con il suono della vostra furia! Cominciate!” L’ordine diede il via ed i due gruppi di gladiatori che si stavano fronteggiando, partirono all’attacco!

Attico si ritrovò a combattere con due uomini contemporaneamente, ma essendosi esercitato con il padre e l’amico, gli sembrò più un allenamento che una sfida.

Milo si ritrovò con la schiena sporca di terra quando uno schiavo grande il doppio di lui gli assestò una gomitata sull’elmo, facendolo rovinare sul suolo.

Azrael passò loro accanto e con una semplice torsione del polso sgozzò colui che aveva osato umiliare il figlio ancora prima di iniziare. Due spade erano meglio di una.

Il reziario di Batiato decise di accendere un bel falò dando fuoco alla sua rete e scaraventandola contro ad un nemico.

L’elfo ne approfittò ed aggiunse legna gettandoci il suo avversario.

Gannicus falciava nemici uno dietro l’altro e tolse ad Attico uno dei tre uomini che l’avevano circondato. L’uomo, dopo un primo momento di esitazione, gli rivolse uno sguardo grato, per concentrarsi, subito dopo, sullo scontro successivo.

Milo si era ripreso da quell’inizio disastroso.

Combatteva agile e veloce, facendo capriole e giravolte. Muovendosi di continuo rendeva difficile al nemico capire la prossima mossa.

Rimase scioccato vedendo Dagan che aggrediva Ashur, l’altro siriano. 

Ma i due non erano amici? No, visto che il piccoletto aveva costretto l’energumeno ad andare con un nobile romano privo di buone intenzioni, facendogli capire il contrario.

Non conoscere la lingua era un grande svantaggio in certe occasioni! Specialmente se il romano voleva torturarti!

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. Si era risposto da solo!

Hanna cercò di rimanere il più composta possibile mentre Sara era talmente presa dallo scontro che si era messa a dare pugni all’aria dicendo brevi parole d’incitamento a bassa voce, tipo “Stendilo, attento alle spalle, para, affonda, schiva!”.

Gannicus, con un colpo ben assestato alla gamba, fece fare la capriola ad un nemico finendolo appena toccò terra.

Un’altro avversario riuscì ad affondare la propria spada nel petto di un alleato ma Attico ristabilì l’ordine squarciandogli la gola.

Crisso attaccava con una forza mai vista, ma la troppa sicurezza ebbe la meglio e si ritrovò in terra a causa di un calcio ben assestato in petto da parte di un’atro gladiatore.

Riuscì a schivare i due colpi successivi rotolando prima a destra e poi a sinistra, prima di rimettersi in piedi, solo per ricevere uno scudo in faccia. Usò lo slancio per fare una capriola e rialzandosi trafisse l’avversario che non si aspettava una reazione tanto veloce.

Azrael cadde in terra perdendo la presa sulle sue armi, quando due gladiatori lo atterrarono di peso. Mentre uno tentava di soffocarlo, l’altro impugnò la spada per infliggere un colpo mortale. Ma queste due mosse separate permisero all’elfo di lanciare via, letteralmente, colui che aveva tentato di strangolarlo aiutandosi con braccia e gambe e rotolare di fianco evitando il colpo diretto al suo stomaco.

Si mise in ginocchio ansimando per l’aria, ma fu veloce a schivare colui che aveva tentato di ferirlo prima di strappargli l’arma dalle mani e farla sua, decapitandolo.

Si girò in cerca del secondo aggressore e lo vide, sdraiato in terra.

Era caduto accanto ad uno scudo spezzato che gli aveva aperto una profonda ferita sulla gamba. Strisciava sulla schiena guardandolo terrorizzato mentre cercava di fuggire.

Azrael gli si avvicinò lentamente. Sembrava che improvvisamente fossero soli nell’arena, anche se tutti i suoi sensi erano allerta.

Non aveva mai provato pietà, neanche quando sapeva bene che le sue vittime erano perfettamente consapevoli che di lì a poco sarebbero morte. 

Quel gladiatore era giovane ma erano rari quelli più anziani. Un riflesso di luce dato dal fuoco gli fece notare che l’avversario aveva estratto un pugnale, nascosto abilmente nella sua leggera armatura.

Non volendo perdere ulteriore tempo, Azrael, lanciò la spada che teneva in mano contro al nemico che venne trapassato dalla lama morendo ancora prima di rendersi conto di cosa fosse successo.

“Peccato ti siano rimasti così pochi uomini Solonio! Ma neanche un esercito può niente contro l’angelo della morte!” Disse Batiato contento che le sue speranze non fossero state vane. Azrael lo avrebbe fatto vincere!

Venne distratto quando vide Milo uccidere Dagan, mentre il secondo stava cercando di eliminare Ashur.

“Gli uomini di Batiato stimano così poco il loro padrone che si uccidono tra loro!” Lo derise Solonio “Sono proprio animali male addestrati!”.

Attico raggiunse il fratello in modo originale: travolgendolo per non aver parato un colpo che l’aveva spinto all’indietro.

“Non intrometterti in scontri in cui non c’entri niente e concentrati sugli avversari!” Lo riprese. “Dagan ha insultato Azrael, ho semplicemente tratto un vantaggio quando ha abbassato la guardia per vendicarsi del suo ex amico!” Si giustificò l’altro soddisfatto di aver contribuito ad uccidere quel bisonte puzzolente.

Quella conversazione li distrasse quel poco perché un avversario li colpisse con un lungo bastone spedendoli oltre alla linea di fuoco, eliminandoli automaticamente.

“Merda!” Imprecò il ragazzo. “Questa me la paghi!” Ringhiò Attico per essere stato umiliato. “Ora è colpa mia?” Chiese Milo ancora più infervorato del fratello.

Mentre quei due se ne dicevano di cotte e di crude, lo scontro all’interno del cerchio, imperversava.

Azrael era rimasto disgustato nel vedere Crisso ferire gravemente Ashur solo per toglierlo di mezzo tra lui e la gloria. Gli aveva spezzato il perone ed il poveretto si era ustionato una spalla cadendo sulla linea di fuoco e poi all’esterno.

Gli avversari, in teoria appartenevano alla suola di Solonio, ma comprese che doveva considerarlo altrettanto pericoloso. Anche se dubitava che avrebbe rischiato di provocarlo! Si era sempre mostrato molto saggio in questo.

Capì che il suo obbiettivo era l’ultimo avversario rimasto in piedi che si stava scontrando con Gannicus.

Il gallo prese una rincorsa e saltando sopra ad un cadavere si staccò da terra, dando al suo colpo maggiore forza sfruttando quella di gravità.

Questo non destabilizzò minimamente l’avversario che era molto più alto di lui, forse anche leggermente più dell’elfo.

Crisso e Gannicus iniziarono a colpire assieme il nemico, ma per lui sembrava più un allenamento che un combattimento per la vita.

Riuscì ad atterrare Gannicus con un potente pugno e privò Crisso dello scudo ferendolo al ventre.

Mentre si apprestava a dare il colpo di grazia Gannicus tornò all’attacco, spingendo Crisso al di fuori della linea di fuoco e rischiando di colpire l’elfo.

Azrael cadde in terra ritrovandosi ad un palmo di naso rispetto alle fiamme e perdendosi attraverso di esse. Era una fortuna che a parte quei due, non ci fosse nessuno più in grado di combattere.

Era come se stesse vivendo la stessa esperienza di Hanna e Sara. Lui, un fanciullo che si allena con la spada, suo padre che lo rimprovera ed il suo inutile atto di coraggio mentre carica il drago a cavallo.

“Azrael!” Quel grido lo riportò alla realtà e si mise in ginocchio voltandosi per scorgere il nemico che si dirigeva verso di lui. Gannicus era in terra.

L’elfo si alzò di scatto, pronto allo scontro. Ma con sorpresa sentì il grido di Gannicus raggiungerli. L’avversario non era affatto intimorito nel ritrovarsi due avversari da combattere contemporaneamente e rivolse la sua attenzione a colui che lo stava caricando. Afferrò la sua lancia e la affondò contro Gannicus che intercettò il colpo, altrimenti mortale, spezzando la punta della lancia ed usandola per trafiggere in bocca il nemico.

Spezzò la mascella del gladiatore e lo uccise.

Azrael rimase a distanza osservando la scena mentre anche lui, dava il colpo di grazia ad uno schiavo agonizzante riverso sulla sabbia.

La folla esplose osannando i due vincitori.

Gannicus esultò con entusiasmo, chissà se per il fatto di essere vivo oppure per semplice orgoglio. Azrael proprio non sapeva darsi una risposta!

“Si! La casa di Batiato trionfa e vince su tutto e su tutti!” Urlò Batiato alzandosi in piedi più felice che mai “Ah! Chiedo perdono!” Disse rivolto al magistrato. Nel frattempo anche la moglie esprimeva a pieno la gioia ripetendo “Gannicus è il campione!”.

“Non preoccuparti, uno spettacolo davvero eccezionale!” Si complimentò il magistrato.

“La mia scuola onora questa città ed i miei campioni terranno alto il suo nome!” Disse Batiato pieno della sua solita superbia.

“Quando organizzerò i miei giochi voglio averli assolutamente!” Disse Cossuzio assaporando già quel momento. “Lo stesso vale per me! Sentite come riescono ad infiammare la folla!” Lo appoggiò Varo.

“Non credi che la folla ricorderebbe meglio questo giorno e chi l’ha reso così glorioso se Azrael venisse liberato?” Chiese Solonio al magistrato.

“Impossibile! Su di lui si erge la nostra bene amata città!” Disse Batiato scioccato.

“Batiato ha ragione! Quell’elfo viene guidato dagli dei. Sarebbe un offesa imperdonabile se decidessimo di ignorarli, mandandolo via!” Gli diede man forte Varo.

“Allora Gannicus!” Insistette Solonio.

“Ma di cosa parli?” Chiese Batiato oltraggiato da ciò che l’amico, offeso dalla sua vittoria, volesse fargli.

“Io stesso l’avrei concesso al mio se fosse sopravvissuto!” Ammise con falsa modestia Solonio.

“Tu potrai addestrare altri gladiatori, dimostrando che la tua scuola è la migliore della città e poi che c’è di male nel concludere la cerimonia d’apertura con una tale benedizione?!” Chiese il magistrato convinto.

“In fondo, la mia casa esiste per onorare questa città!” Disse Batiato mascherando la rabbia come meglio poteva.

Il magistrato si alzò in piedi cercando di convincere la folla a calmarsi perché potesse annunciare le loro decisioni.

“Gannicus ha dimostrato il suo coraggio davanti alla città di Capua! Che venga ricompensato: gli sia resa la libertà!” Disse.

Azrael rimase basito di fronte ad una tale notizia.

Erano anni che non assisteva ad un episodio del genere. E Quinto non gli sembrava la persona che potesse fare quel tipo di concessioni. L’idea non era sua!

Gannicus appariva più sorpreso dell’elfo. Il giovane si voltò nella sua direzione e gli si avvicinò.

“È stato un onore combattere al tuo fianco! Anche se hai tentato di uccidermi!” Disse l’uomo porgendogli la mano destra con un sorriso cordiale.

Dopo anni vissuti tra gli umani, Azrael sapeva bene cosa significasse tale gesto.

I mortali lo usavano per salutarsi, i gladiatori lo vedevano come un gesto di complicità o per fare le congratulazioni.

Rimase fermo a fissare la mano del ragazzo per decidere poi, di riconoscere le sue abilità. Era un abile guerriero e meritava rispetto per questo.

La afferrò e gli rivolse un piccolo sorriso. L’altro lo osservò a lungo, stava approfittando della loro vicinanza, ma Azrael ormai si era abituato all’irrispettosa curiosità umana. “Sappi che non ti dimenticherò, sei una persona unica e credo che le ragazze l’abbiano capito....” un sorriso imbarazzato si delineò sul volto di Gannicus “E non hai capito una sola parola di quello che ho detto.....” realizzò, per poi ridere apertamente.

 

*

 

Quella stessa sera Hanna decise che aveva aspettato abbastanza.

“Perchè hai dato di matto? Parlo di quando hai quasi rischiato di farci ammazzare!” Chiese Hanna.

“Ne vuoi parlare ora?” Domandò di rimando Azrael.

“Si!” Rispose lei con insistenza.

“Non mi interessano i tuoi desideri! Non condividerò niente con te!” Le disse lui riprendendo a mangiare.

“A parte il letto? Perchè su quello non ti sei tirato indietro!” Lo provocò lei. 

Sara si soffocò con un sorso d’acqua diventando bordeaux.

Ma in fondo.....cos’era il pudore!?

“Neanche tu!” Deviò il colpo lui.

Arieccoci con la terza incomoda! Sara si spostò dalla posizione centrale o meglio definita “ruota di scorta” o “reggicandela”, visto che si trovava fra i due litiganti e per evitare di venire schiacciata sotto gli sguardi di fuoco e le occhiate che i due si lanciavano.

L’amore fa girare il mondo tranne nel mio caso!”Pensò la ragazza “Nel loro caso è l’odio!” Si corresse.

“Vuoi sentirmelo dire vero? Va bene, mi dispiace! Ti chiedo scusa per averti fatto una cosa del genere! Puoi perdonarmi?” Chiese Hanna avvilita.

“Ma di cosa parli?” Domandò lui confuso.

“Quando ti ho dato ordini e tu hai obbedito senza fiatare.......” iniziò a spiegare lei, solo per essere interrotta “L’ho fatto per la vostra sicurezza!” Ammise l’elfo.

“Ed hai dimostrato che avevo torto! Ci tieni veramente a noi se decidi di farti umiliare in questo modo!” Osservò Hanna decisa a ricordare ai due la sua presenza.

“Tienimi fuori grazie!” La vocina di Sara si fece sentire timida.

“Mi hanno torturato per anni! Cosa possono farmi che non mi sia già stato fatto?” Chiese l’elfo con fin troppa calma. Non stavano parlando di hobby!

“Prima di adesso non ti eri mai prostrato ai piedi del tuo padrone però!” Fece notare Hanna sorpresa che Azrael non avesse inventato una scusa sciocca e balorda per giustificare il livello di sottomissione raggiunto.

“Meglio farlo per qualcuno che per mera sopravvivenza!” Sottolineò lui.

“Quindi alla fine sei un Re saggio!” Lo adulò Hanna credendo a pieno in ciò che aveva appena detto.

“È la prima volta dopo decenni, che qualcuno ricorda il mio titolo!” Disse Thranduil ridendo.

“Desideri carta e penna? No, così appendiamo un cartellone gigante nell’arena! Faremo prima di te nello svelare la sua identità!” Si lamentò Sara.

“Ma mica l’ho chiamato per nome e siamo rinchiusi in una cella! E non interrompermi, questo è un discorso serio!” Si giustificò l’amica “Dov’eravamo? Giusto.....quindi non ti da fastidio?” Continuò il discorso.

“Pensi che le motivazioni dietro a ciò che faccio possano togliere il senso di umiliazione che provo?” Chiese Azrael offeso “È meglio, se so che voi starete al sicuro!” Spiegò “Ciò non significa che presto pareggerò i conti!” Disse con un sorriso meditativo e soddisfatto.

“Sei proprio un vero sovrano! Metti gli altri prima dei tuoi desideri e del tuo orgoglio!” Stavolta fu Sara a complimentarsi.

“Un Re non si inchina a nessuno! Forse un giorno tornerò ad esserlo, ma ora sono solo uno schiavo!” Chiarì la situazione l’elfo.

Un sovrano è tale agli occhi della sua gente e di tutti quelli che lo rispettano. Per i romani lui era solo una vita con un valore ben preciso.

“Uno schiavo ribelle!” Disse Sara divertita. Anche da schiavo non era uno qualunque!

“Perché?” Chiese Hanna riprendendo il nocciolo della questione.

“Sei sicura di volerlo sapere?” Domandò Azrael cauto.

“No! Però dimmelo, ti prego! Se vogliamo che funzioni dobbiamo esseri sinceri!” Disse Hanna smettendo, per qualche minuto, di essere petulante e competitiva.

“È l’oscurità!” Rispose l’elfo.

“Ma.....non eri chiuso in cella!” Osservò la ragazza.

“Alcune volte mi chiedo se fingi o sei veramente stupida!” La prese in giro lui.

“Altre volte mi chiedo come riesca a trattenermi dal mandarti....” “Linguaggio!” Hanna fu interrotta dalla rompiscatole a vita non richiesta.

“Mia madre è resuscitata! Non provare a cambiare discorso e spiega!” Hanna fece sia un commento sarcastico, sia riprese il compagno.

“Sei per caso ancora connesso con il tuo bosco?” Chiese Sara piena di curiosità.

“Nonostante la magia che ho usato nel corso dei secoli per proteggerlo, sia potente, no. È da tempo che non riesco a percepire niente!” Dichiarò Thranduil.

“Non distrarlo!” Protestò Hanna, stufa che continuassero a girare intorno al punto, senza arrivarci mai!

“Lui parla di oscurità e la prima cosa che penso è il regno degli elfi! Cosa ci posso fare?” Sara riuscì a giustificare così la domanda di prima.

“Puoi stare zitta!” La ammonì l’altra.

“Si, ma guardandoti male!” Disse Sara decidendo di non aggiungere altro.

“Per un attimo.......volevo ucciderli tutti!” Confessò Azrael. Gli occhi persi davanti alle immagini di qualche giorno prima, come se stesse rivivendo tutto mentre raccontava.

“Allora si chiama vendetta!” Lo corresse Sara.

“Zitta!” Hanna non sopportava quei commenti fuori luogo!

“Mi sembrava così giusto! .......quello che mi hanno fatto gli umani.....” “Ha lasciato segni profondi!” Concluse lei la frase di lui.

“Ora comprendo! Non è un caso che voi siate comparse in questo mondo! Vi hanno mandato i Valar!” Disse Thranduil  esprimendo le teorie che, in quegli anni, si erano moltiplicate davanti a quel fatto inspiegabile.

“Di che parli?” Chiese Sara sconcertata da una tale affermazione.

“Io avrei ceduto all’oscurità da tempo se non fosse stato per voi.....per questo vi ringrazio!” Disse l’elfo piegando i lati della bocca in un sorriso pieno di riconoscenza.

“Prego, ma come cavolo avremmo fatto?” Chiese Hanna più a se stessa che ad altri.

“Forse abbiamo veramente dei poteri magici!” Disse Sara euforica.

“Ricapitolando, prima è stato Legolas a salvarti ed ora noi! Dobbiamo essere onorate! Dovremmo......” disse Hanna ragionando ad alta voce.

“Continuo a non capacitarmi del fatto che conosciate molto del mio mondo mentre io del vostro poco e niente!” Riuscì a dire l’elfo rendendosi conto che lei conoscesse anche dei dettagli così personali.

Si era sempre imposto di non chiedere di quali e come fossero a conoscenza di moltissimi dettagli su Arda per il bene di tutti, ma ora faticava a trattenere le domande che non facevano altro che aumentare.

Ma conoscere il futuro o troppe cose avrebbe influenzato e cambiato irrimediabilmente il futuro! Era un rischio troppo alto!

Anche se i romani avevano già fatto la loro parte! Se fosse rimasto nel regno le cose sarebbero andate diversamente, e Legolas non si sarebbe trovato addosso così tante responsabilità tutte in una volta!

“Sarebbe troppo complicato spiegarti tutto! Te lo immagini un mondo con soli umani?” Chiese Hanna che censurava l’accenno alla loro vita passata ogni volta che si presentava il rischio di parlarne.

“Ci siamo dentro. Quelli della vostra razza si sono mostrati avidi ed inaffidabili!” Rispose l’elfo con dispetto.

“Be’.....alcuni lo sono anche da noi!” Si ritrovò ad ammettere Sara “Quindi è colpa dei Valar se siamo qui? Non è che ci hanno donato dei poteri e noi non li abbiamo ancora scoperti?” Chiese osservandosi le mani come se non fossero state le sue.

“No, non li avete! Ciò che possedete è uno spirito forte!” Disse Thranduil.

“Tu hai resistito 150 anni....forse di più.....a torture atroci!” Evidenziò Sara non sicura che fosse saggio continuare a ricordarglielo.

“Mi sono illuso che i miei uomini sopravvissuti fossero riusciti a scappare. Mi sono cullato in un illusione!” Ammise Thranduil con sconforto provocato dal solo ricordo.

“Grazie a voi non sono sbiadito!” Dichiarò cercando di non far trasparire dai suoi occhi il turbinio di emozioni che provava.

Come poteva arrendersi senza neanche provare ad aiutare tutti gli altri abitanti del suo regno? Come poteva ammetterlo così facilmente? 

Se l’amore gli dava forza era suo compito accettare ciò che era successo senza lasciarsi abbattere. Senza dimenticare chi realmente fosse.

“Prego!” Rispose Sara piena d’entusiasmo. Si sentiva orgogliosa per ciò che, inconsapevolmente, aveva fatto.

“Non ci sta ringraziando, sta solo spiegando come sono andate le cose!” La riprese Hanna resa nervosa dal fatto che gli occhi di Thranduil avessero raggiunto una profondità che mai aveva visto. Dovevano andarsene, e presto! 

Ed era suo compito tirarlo fuori dal passato! Come aveva fatto lei con il suo!

Come sovrano lo faceva soffrire l’aver perso alcuni suoi sudditi, infrangendo la promessa che aveva fatto nel dichiarare che li avrebbe sempre protetti.

E ciò che aveva vissuto negli ultimi centocinquant’anni non lo aiutava per niente, ma lei voleva conoscere il vero sovrano! Non una sua pallida ombra!

“Per una volta che è gentile non riesci a stare zitta!” La riprese Sara.

“Come prego?” Chiese Thranduil infastidito da quel commento.

Se credevano che i romani fossero riusciti a cambiarlo, si sbagliavano di grosso! 

Ed anche se erano sue amiche non riusciva a restare zitto mentre gli mancavano di rispetto.

“Intendevo con lei! Voi due sembrate cane e gatto ogni volta che parlate!” Commentò Sara, per la prima volta, per niente intimorita dal suo sguardo di fuoco.

“Non ha detto grazie! Ha solo fatto una constatazione!” Insistette Hanna.

“Ed io fatico a credere che due mortali mi abbiano salvato!” Azrael decise di risponderle a tono.

“Cosa?” Domandò Hanna felice che finalmente si era ricordata di dovergli dire quel minuscolo particolare.

“Non gliel’hai detto?” Chiese Sara atterrita.

“Cosa?” Chiese Hanna cercando di recitare al meglio la parte della ragazza innocente. Ma perché doveva essere un suo compito riferire notizie così scottanti? 

“Lo sai bene!” Disse Sara rivolta all’amica che fingeva di essere smarrita quanto l’elfo! Non la sopportava quando faceva così!

“Cosa?” Domandò Azrael non capendo a cosa si riferissero.

“Il disco s’è rotto!” Lo canzonò Sara.

“Come?” Chiese Hanna anche se aveva compreso benissimo a cosa si riferisse l’altra.

“Chi?” Domandò Thranduil non sapendo cosa fosse questo “disco” a cui Sara faceva riferimento.

“Non l’hanno ancora inventato!” Gli spiegò lei.

“Però saremo vive quando lo faranno!” Osservò Hanna contenta. Almeno una cosa buona sarebbe successa di sicuro!

“Tra tanti anni, secoli, volevo dire!” Ammise Sara sapendo che non avrebbe mai potuto aspettare così a lungo. 

Promemoria per me, tornare nel nostro mondo solo per trovare il modo di portarmi dietro la mia playlist preferita!” Pensò, avvilendosi per il fatto che, alcune parole delle sue canzoni preferite, le avesse già scordate!

“Di cosa state parlando?” Chiese Thranduil più confuso che mai. Il loro mondo gli era sconosciuto sotto molti aspetti! 

“Quanto sei più vecchio di noi?” Chiese Hanna ignorandolo di sana pianta.

“Hanna!” La riprese lui che iniziava a sentire la rabbia aumentare.

“Antico!” La corresse Sara, come sempre.

“E riparte la lezione!” Si lagnò l’amica.

“Ma non fare tutte queste storie! È come se stessi parlando di un tempio o di un monumento! Usi l’aggettivo....” “Vecchio, sporco, logoro.....” parlare con Hanna equivaleva a sbattere ripetutamente la testa contro ad un muro di cemento armato!

“Ti stai auto-descrivendo visto che ora sei anche tu una creatura immortale!” Esplose di fronte alla testardaggine della sorella.

“Creatura! Essere vivente! Non un oggetto inanimato!” Specificò l’altra.

Entrambe si bloccarono sgranando gli occhi, capendo di aver svelato quel “minuscolo particolare” senza il benché minimo tatto!

Sara trattenne una risata di fronte all’espressione di Thranduil mentre Hanna si chiese “Può un elfo entrare in uno stato di shock?”“Perché mai avrebbero dovuto farlo?” Chiese lui con un fil di voce “Si!” Si rispose Hanna.

“Dicevano che con noi avresti protetto anche gli altri! Forse anche loro erano convinti che il nostro incontro fosse opera dei valar pur non conoscendo la nostra storia!” Rispose lei al posto di Sara che si era incupita al ricordo dei due amici.

Thranduil strinse i pugni sentendosi oltraggiato. Come avevano potuto fare una cosa del genere senza consultarlo, anzi senza informarlo! Anche se, ripensandoci, non avrebbero potuto visto che era stato rinchiuso in cella.....

Ma lo stesso non riusciva a non essere arrabbiato!

Fece un grosso sospiro cercando di calmarsi. Avevano agito di testa loro, ma credevano ancora in lui. Non poteva, non doveva deluderli.

“Com’è la terra di mezzo?” Chiese Hanna volenterosa di cambiare discorso.

“Semplicemente meravigliosa!” Rispose Thranduil.

 

Chiedo scusa se ho iniziato a scrivere un libro! Ma c’erano troppe cose fondamentali da dire! Cercherò di essere più breve nel prossimo capitolo, lo prometto!

La catena non ha risvegliato il pensiero di fuga di Thranduil, quello c’è sempre stato, ma gli ha fatto comprendere che ne ha abbastanza! 

Presto, con cautela o no, assaporeranno la libertà!

Anche con Sara si sta creando un profondo legame d’amicizia. Cosa ne pensate?

Sono certa che Thranduil non si sarebbe mai inginocchiato per farsi marchiare come se fosse stata la cosa più normale del mondo. Così, come per ogni cosa che lo riguarda, ho voluto rendere la scena molto originale!

Ora è Quinto Lentulus Batiato ad essere l’unico padrone della scuola! È un bene?

Lo scontro finale nell’arena è stato complicato da scrivere, è uscito qualcosa di decente?

E per concludere vi informo che mi sono divertita troppo a scrivere l’ultimo dialogo fra i tre!

Ora arriverà Spartacus e la situazione diventerà incandescente, ancora più del ferro rovente che ha osato incidere una ferita profonda nella carne e nell’orgoglio di Thranduil!

A presto,

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Capitolo 9
*** La bocca dello stolto è il suo castigo ***


È una caratteristica della vita immortale percepire meno lo scorrere del tempo non accorgendosi di come possa scivolare via dalle nostre mani senza esserne pienamente consapevoli?

Sebbene il desiderio di fuga fosse stato più vivo che mai Hanna e Sara avevano compreso che non avrebbero potuto smettere di abbassare la testa tanto presto.

Era sera e finalmente si sarebbero potute riposare dopo un’altra giornata stancante non consapevoli che nella palestra fosse arrivata la risposta a tutti i loro problemi.

Delle risate diedero il benvenuto alla nuova recluta sporca e malconcia.

Un uomo ferito e distrutto inciampò sui gradini all’ingresso dei bagni, alzando lo sguardo vide i gladiatori che lo scrutavano con divertimento. 

Alcuni erano nudi, altri, come lui, portavano un asciugamano sulla vita che dava un minimo di privacy.

“Non mi dire il cane trace è ancora vivo!” Lo accolse un uomo con un fisico scolpito e con uno sguardo pieno di presunzione.

“Sarebbe lui, lo Spartacus di cui tutti parlano?” Disse un altro che se ne stava comodamente seduto su di una panca di legno.

“Spartacus, ma il mio nome non è....” il nuovo arrivato non riuscì a terminare di parlare che il primo uomo lo interruppe “A nessuno importa chi eri trace!” Sbeffeggiandolo.

“Se è per questo non ci interessa neanche chi è adesso!” Gli si accodò l’altro.

“Dove ci troviamo?” Chiese Spartacus nel tentativo di placare quel cattivo umorismo.

“Tu sei l’ospite d’onore di Batiato, padrone della più grande palestra della città di Capua!” Rispose il primo con orgoglio.

Gli altri uomini presenti urlarono il nome della città “Capua!” con gioia e superbia.

“Palestra?” Chiese confuso. Dopo essere sfuggito alla sua esecuzione per aver disertato il campo di battaglia, dov’era finito?

“Una scuola per gladiatori, dove gli uomini si trasformano in dei!” Spiegò colui che l’aveva accolto in modo tanto caloroso.

“Gladiatori....” Spartacus sussurrò quella parola con estremo disprezzo.

“La più vera delle confraternite!” Continuò l’energumeno.

“Siiiiii!” Esultarono gli altri.

“Se sopravviverete, tra qualche giorno tu e le altre reclute potrete unirvi a noi gladiatori e fregiarvi del nostro marchio!” Gli svelò il secondo.

“Nel frattempo, possiamo offrirti qualcosa?” Chiese con improvvisa gentilezza il primo. “Acqua grazie!” Rispose Spartacus che sentiva la gola secca.

“È lento pure di pensiero!” Lo derise il solito uomo arrogante.

“Che ti aspettavi da un trace? Puzzano come il pesce marcio!” Disse il secondo distogliendo lo sguardo con un espressione schifata.

“Sono tutti così, a parte le femmine ......quelle puzzano di piscio e sterco!” Questo fu troppo e Spartacus lo affrontò decidendo di dargli un nome “E tu chi saresti?” Chiese con rabbia.

“Io sono il campione di Capua, il più eroico della mia razza: Crisso, il gallo invincibile!” Rispose lui con evidente alterigia.

“Un gallo, ora capisco, perché puzzi come una femmina!” Lo provocò Spartacus.

Il silenzio divenne assordante e la tensione palpabile. Tutti attesero la reazione del campione con curiosità e trepidazione.

Lui sembrò riflettere attentamente sulla risposta, prima di ridere “Ora pensa a guarire le tue ferite, poi riprenderemo questo discorso!” Disse alla fine.

Spartacus sospirò nervoso capendo di aver appena trovato una testa calda contro cui sarebbe, inevitabilmente, di nuovo andato a scontrarsi.

La sensazione di essere osservato lo fece voltare e rimase a bocca aperta nell’accorgersi della presenza di qualcuno che avrebbe dovuto notare ancora prima del gallo.

Era un uomo alto ed imponente, i capelli biondi gli incorniciavano il viso e ricadevano ordinatamente sulle sue spalle. Erano lunghi, caratteristica rara per uno schiavo dei romani, questo perché a lui erano stati tagliati anche se originariamente fossero stati nettamente più corti.

Osservandolo attentamente vide che, come tutti gli altri, era in perfetta forma fisica ed anche lui portava un asciugamano in vita. Ma la cosa che lo colpì di più furono le orecchie......a punta che spuntavano da sotto quella cascata d’orata.

I suoi gelidi occhi azzurri lo scrutarono facendolo sentire improvvisamente molto vulnerabile, sensazione sgradita che gli fece ricambiare lo sguardo con ferocia.

Una spinta interruppe quel contatto. 

Crisso si avvicinò al suo orecchio e lo avvertì “Sei più pazzo di quanto pensassi se osi fissare a quel modo l’angelo della morte!”.

L’unico pensiero di Spartacus fu “Chi?”.

 

*

 

“La siccità e l’afosità son calamità! Nessun ci aiuterà, nessun ci disseterà!

Mi riscaldo, è colpa del caldo....” “Se continui a cantare ti si seccherà la gola!” Disse Sara interrompendo quella cantilena che andava avanti da almeno mezz’ora.

Le ragazze erano intente a rimettere a posto lo sgabuzzino, facendo cadere più cose di quante ne mettessero a posto!

“Sono solo impaziente di poter vedere le nuove reclute! Per un po’ il padrone non le ha comprate......” Hanna venne nuovamente interrotta “E ha ragion veduta! È solo grazie ad Azrael che stiamo rimanendo a galla, economicamente parlando!” Puntualizzò l’amica.

“Hanna, Sara, il padrone inizierà il discorso a momenti!” Le chiamò Naevia.

Dalla morte di Diona avevano legato molto di più con la loro nuova amica.

“Desiderio esaudito!” Disse Sara prima seguire l’amica piena d’entusiasmo.

Arrestarono la corsa appena giunte sul balcone e videro sei gladiatori schierati nel piazzale sotto di loro.

Come se stesse recitando un copione, il padrone ripetè lo stesso discorso fatto quando erano state loro a giungere in quella casa. Paro paro, non perse neanche una congiunzione o cambiò una parola. Noioso!

Enomao camminava lentamente di fronte alle reclute, ma nonostante la distanza la sua voce arrivava chiara e potente.

“Un gladiatore non teme la morte. La accoglie, la abbraccia......la fotte!” Le risate di uno schiavo lo fecero dirigere verso di esso “Ogni volta che entra nell’arena infila il suo arnese nelle fauci della bestia e prega di concludere, prima che serri le sue mascelle!” Disse colpendolo lì dove non batteva il sole e costringendolo ad irrigidirsi.

“Nessuno di voi sopravvivrebbe nell’arena, eccetto uno di voi!” Continuò a parlare il Maestro fermandosi di fronte ad uno schiavo che portava i segni di un duro combattimento. 

“Questo trace, misero e malconcio ne ha affrontati quattro. Ha sfidato la morte, il fato e gli dei stessi!” Disse adulandolo.

“Osservatelo e ricordate che.....è una nullità! Ha combattuto contro gli uomini incapaci di Solonio, rivale del padrone!” Sbagliato! Stava incoccando il colpo prima di colpire.

“Se avesse sfidato nell’arena uno dei miei gladiatori, la testa giacerebbe molto lontana dal corpo!” Disse Batiato vantando la migliore preparazione dell’intera Repubblica.

L’uomo in questione iniziò ad osservare i gladiatori che aveva davanti come se non credesse a tali parole.

“Il trace è dubbioso! Vuoi darcene una dimostrazione?” Disse Enomao non contento del comportamento dello schiavo. “Crisso!” Chiamò.

Prese una spada di legno e la lanciò ai piedi del trace.

“Dimostraci che siamo in errore!” Gli ordinò. “Prendi quella spada!” Insistette appena vide che l’uomo rimaneva immobile. “Spartacus!” Urlò oltraggiato da tanta insolenza.

Attico rimase sorpreso quando sentì il padre mettersi accanto a lui. Era in catene ma non aveva mai mostrato interesse verso i discorsi del padrone e del Maestro, restando sempre seduto all’ombra, separato da tutti gli altri.

Enomao fece schioccare la frusta come avvertimento prima di dirigerla verso il trace quando si rese conto che non era bastato.

Lui la bloccò alzando un braccio e lasciando che gli si attorcigliasse attorno al polso. “Il mio nome non è Spartacus!” Disse con uno sguardo di sfida.

Il Maestro tirò con forza facendolo finire disteso in terra.

“Del tuo nome e della tua vita, saremo noi a decidere adesso!” Lo informò Enomao.

Il trace si rialzò e come se nulla fosse successo, riprese la sua posizione tra le fila delle reclute. 

Azrael sorrise. Quello schiavo poteva apparire calmo e disinteressato, ma lui percepiva bene la furia che risiedeva pure nel suo sguardo oltre che nello spirito. 

“Forse al trace serve un vantaggio per placare il tremore delle sue ginocchia! Gladio!” Disse il Maestro per poi conficcare la spada nel terreno davanti al trace.

Quando lui rimase immobile non intenzionato ad ascoltare, si rivolse al padrone “Non mi serve uno come questo, mandalo alle miniere!” Disse.

Spartacus colse quel vantaggio. Afferrò la spada per poi fare una capriola che lo avrebbe portato alle spalle del maestro, ma Crisso fu veloce ad intercettarlo mandandolo di schiena in terra, con una potente ginocchiata in viso.

Il gallo non perse tempo e lo attaccò facendolo indietreggiare. Lo schiavo tentò di ferire l’avversario, solo per perdere l’orientamento e parare male un colpo, finendo nuovamente in terra.

“Un attacco ha bisogno di un buon appoggio a terra, lui ha cercato l’affondo prima di ritrovare l’equilibrio!” Disse il Maestro.

Le spade cozzarono nuovamente fra loro, ma Crisso approfittò dello scambio per colpire Spartacus sulla schiena con la sua arma di legno. Lo sventurato cadde in terra emettendo un verso di dolore.

Si rialzò quasi subito, non intenzionato ad arrendersi. Questa volta fu lui ad attaccare, ma Crisso riuscì a fargli alzare la spada per colpirlo su di una gamba e quando finì in ginocchio lo colpì nuovamente sulla schiena, facendolo finire di faccia sulla sabbia.

“Porgi le spalle al tuo avversario e sei spacciato!” Disse il Maestro.

Spartacus si rialzò, tentando un nuovo attacco, ma il gallo gli afferrò i polsi con entrambe le mani costringendolo a rimanere con le braccia tese. Passato qualche secondo cedette e l’altro gli assestò un bel pugno nello stomaco.

“Cerca un corpo a corpo con uno più forte e tu....sei spacciato!” Disse il Maestro ancora.

Spartacus optò per un’altra strategia d’attacco e portò la spada all’indietro impugnandola con forza mentre prendeva la mira. Lanciò l’arma con tutta la forza che possedeva verso Crisso che gli dava le spalle.

Un millisecondo prima che l’arma colpisse il bersaglio, il gallo si voltò di scatto per deviarla. Ma volando e ruotando su se stessa, la lama colpì una recluta alla gola uccidendola all’istante.

“Lancia il gladio nell’arena ed ancora una volta sei spacciato!”

Crisso approfittò della sorpresa di Spartacus per ciò che aveva inconsapevolmente fatto e l’atterrò bloccandogli un braccio con un piede, l’altro con la mano libera e premendogli la spada di legno sulla gola.

“La tua follia è costata una vita. Mentre la tua può ancora essere salvata!” Disse Enomao raggiungendolo. “Due dita alzate in segno di resa. Chiedi clemenza all’organizzatore dei giochi” ordinò osservando la reazione dello schiavo.

Spartacus sembrava completamente disinteressato dal significato delle sue parole e lottava per liberarsi.

“Supplicalo di avere pietà vigliacco!” Insistette Enomao.

Il braccio sotto al piede del gallo si tese e la mano venne serrata a pugno. Spartacus non avrebbe ceduto! 

“Uccidilo!” Disse al campione ma una voce li interruppe “Crisso!” Disse il padrone.

Entrambi gli uomini lo guardarono meravigliati “È solo un allenamento!” Fece notare prima di ritirarsi.

Azrael osservò il trace con gli occhi ridotti a due fessure. Vedeva solo una pallida ombra dell’uomo che era stato. 

Ma come una brace ancora ardente, sarebbe bastato soffiarci sopra perché il fuoco divampasse!

 

*

 

Sara entrò nella palestra felice come una pasqua. Il padrone le aveva ordinato di rimanere tutto il giorno con i gladiatori. Il motivo le era sconosciuto ma non le importava molto visto che finalmente avrebbe soddisfatto la sua curiosità.

Andava sempre per incatenare l’elfo, ma poi era costretta a tornare alla Villa.

L’euforia era tale che andò a scontrarsi contro un gladiatore. Era uno dei nuovi, uno dei pochi ad essere amichevole.

“Che sorpresa gradita!” Disse l’uomo sorridendole “Sono proprio un villano, il mio nome è Varro!” Si presentò.

“È un piacere conoscerti anche per me, io mi chiamo Sara!” Rispose lei ricambiando il sorriso. Varro la guardò stupito e la ragazza sospirò. Lei ed Hanna erano famose quasi quanto l’elfo......

“Scusami, devo andare!” Disse prima di dirigersi verso Attico e Milo.

“Sembra che tu abbia visto un fantasma!” Disse Spartacus stupito che l’amico guardasse con timore una piccola e fragile ragazza.

“Non sai chi è vero?” Chiese Varro non gradendo l’ironia. “Lo scoprirò presto!” Rispose Spartacus “Sei uscito di senno!” Lo riprese l’amico quando si rese conto cosa stava per fare.

“Ora sono convinto che tu lo faccia apposta!” Milo accolse Sara ridendo “Ti ha trattato bene?” Chiese Attico guardingo.

“Si papà!” Rispose sarcastica lei prima di prendere la catena per adempiere all’unico compito davvero importante.

“Quoi de neuf?” (Cosa succede?) le domandò Azrael che si trovava comodamente seduto su di una panca di legno.

“Qu'est-ce que tu racontes?” (Di che parli?) chiese di rimando lei mentre finiva di chiudere il lucchetto.

“Je ressens ta joie, tu n'as jamais été aussi excité à l'idée de mettre la chaîne sur moi!” (Percepisco la tua gioia, non sei mai stata tanto eccitata nel mettermi la catena!) fece notare lui.

“Peut-être qu'il a découvert que c'est un véritable honneur de s'incliner devant l'ange de la mort!” (Forse ha scoperto che è un vero onore inchinarsi di fronte all’angelo della morte! ) scherzò Attico.

“Ou peut-être qu'elle n'a pas rencontré ce type par erreur!“ (O forse non è andata a sbattere contro quel tipo solo per sbaglio!) tirò ad indovinare Milo.

La ragazza si alzò in piedi furente“Comment osez-vous insinuer .....” (Come osi insinuare.....) Sara venne interrotta sentendo una mano afferrarle il braccio, ma subito dopo sentì un grugnito seguito dal rumore della catena.

Girò la testa per vedere Spartacus che osservava Azrael con aria di sfida.

Sarebbe stata una giornata indimenticabile sotto molti punti di vista!

“Non azzardarti a toccarla!” Disse Attico mettendosi al fianco della ragazza.

“Chi sei?” Chiese il trace rivolto a Sara “Ma che razza di domanda idiota è questa?” Protestò lei “Io sono io, chi ero e chi sarò, per sempre!” Disse con decisione.

Ok, forse non era l’influenza di Hanna, forse lei era realmente una maleducata, sfacciata e petulante ragazzina!

Attico e Milo risero sguaiatamente piegandosi addirittura per le troppe risate e Sara non riuscì a non unirsi a loro nel vedere l’espressione del trace, assolutamente unica!

Anche Azrael era compiaciuto, ma si limitò ad accennare un sorriso, mascherando il divertimento perché in realtà, non avrebbe dovuto capire una sola parola.

“Spartacus!” La voce del Maestro interruppe quell’attimo perfetto di allegria pura.

Il Maestro si mise tra l’elfo ed il trace dando le spalle al biondino.

“Sogni le miniere? Prova ad avvicinarti di nuovo all’elfo e sarai accontentato!” Disse prima di trascinarlo via.

“Udite, udite, oggi vi farò compagnia tutto il giorno!” Li informò Sara prima che andassero ad allenarsi “Perché?” Chiese Milo sia contento che sorpreso “Questa si, che è una bella domanda!” Gli rispose lei.

Azrael lanciò un occhiata preoccupata al balcone cercando Hanna con lo sguardo, dov’era? Perché le ragazze non stavano assieme? Batiato non le aveva mai tenute divise per così tanto tempo!

“Elfo?” Chiese Spartacus mentre si allenava con Varro. “Non sai davvero niente?” Domandò di rimando lui esterrefatto “Quello è Azrael, l’angelo della morte! Un elfo immortale, con poteri magici ed una bellezza soprannaturale che vive nutrendosi delle anime delle sue vittime!” Gli disse l’amico.

“Non ti credo!” Ammise Spartacus. “Fai come credi! È una leggenda! I suoi precedenti padroni hanno tentato di ucciderlo senza mai riuscirci. Nell’arena stermina ogni suo avversario....” continuò a raccontare Varro “Ha ucciso anche due guerrieri appartenenti alla sua razza pur di nutrirsi!”.

“Anche noi umani uccidiamo i nostri simili!” Fece notare Spartacus.

“Loro non erano dei combattenti scarsi, ma abili, temprati da mille battaglie.....e si dice che fossero i suoi figli!” Svelò Varro.

Spartacus lo guardò incerto, soppesando le sue parole “È la verità?” Chiese alla fine.

“Chissà, nel mondo dei gladiatori la fama e la gloria contano molto più della verità!” Gli rispose sinceramente l’amico.

“Fama e gloria, non mi interessano!” Mise in chiaro le cose lui.

“Cerchi la ricchezza, come me!” Tentò di nuovo Varro solo per vedere Spartacus correre verso il padrone che si apprestava ad uscire.

“Una parola padrone!” Disse il trace. “Allontaniamoci!” Rispose Quinto guardando gli altri gladiatori. “Hai notizie della mia sposa?” Chiese Spartacus speranzoso.

“È stata venduta ad un siriano, ma per ora non so altro. Le ricerche continuano! Tu vedi di combattere e vincere...... la sua libertà richiederà l’esborso una notevole quantità di denaro da parte tua!” Disse il padrone prima di uscire dal cancello.

 

*

 

Quel pomeriggio poteva essere definito insolito, se paragonato a quelli precedenti.

Hanna aveva potuto usufruire della vasca padronale e non si era mai sentita così pulita ed elegante.

Il padrone la accolse fuori dal bagno con un sorriso raggiante per farle segno di seguirla.

Entrarono in una stanza riccamente addobbata piena di gente.

“In onore del nostro riverito ospite, ecco la donna benedetta dagli dei, una creatura di rara bellezza, la magnifica Hanna, completamente a vostra disposizione!” La presentò il padrone ai due ospiti presenti.

La ragazza rimase impassibile fissando un punto davanti a se. Cosa intendeva Quinto?

Hanna odiava essere tratta come un oggetto. 

In più Sara era scomparsa, quindi non c’era nessuno a tirarla su di morale.

Il nobile Varo e Cossuzio avevano richiesto la sua presenza. Proprio all’ora di pranzo. Cioè, quello che per lei sarebbe stato il momento di pausa in cui poter mangiare, figurarsi se i nobil uomini rimanevano a bocca asciutta.

La stavano osservando da un bel po’, sotto lo sguardo attento del padrone.

“Sei davvero un grande lanista Batiato! Sai blandire un uomo per convincerlo all’acquisto!” Lo adulò Varo mentre studiava la ragazza di fronte a se.

“Riesci sempre a trovare persone interessanti!” Disse Cossuzio rivolto a Varo prima di alzarsi ed avvicinarsi alla ragazza.

“È veramente benedetta dagli dei!” Disse girandole intorno “Un vero peccato che tanta bellezza venga sprecata per soddisfare una bestia selvaggia!” Osservò.

“Azrael viene guidato dagli dei. Non bisogna essere blasfemi, potrebbero offendersi!” Disse Quinto che non perdeva tempo per ricordare a tutti quel particolare che aveva sempre dato molta notorietà al suo animale.

“Desidero godere nuovamente dei piaceri che questa casa ha da offrire!” Decise Varo alzandosi in piedi di scatto pieno di aspettative.

“Come desideri! Seguimi, così potrai scegliere con cura!” Gli rispose Quinto conducendolo verso un altra stanza.

“Cossuzio desideri assistere anche tu?” Chiese Lucrezia quando vide che il rispettabile uomo era rimasto ad osservare la sua schiava.

“Arrivo tra un momento!” Rispose lui non distogliendo l’attenzione dalla sua preda.

La padrona sembrava indecisa se restare oppure seguire il marito.

Fu Cossuzio a renderle le cose più facili “Vai pure, io devo confidarmi con gli dei! Così che possano assolvere tutti i miei peccati!” Rispose senza degnare Lucrezia di uno sguardo.

Lei decise di ubbidire, non volendo offendere un uomo di rango superiore.

L’uomo rimase a fissarla per un tempo che le parve lunghissimo. 

“Ma non doveva confidarsi?” Pensò Hanna stufa di quella situazione di stallo creatasi.

“Ho sentito molto parlare di te! Ma mai prima ho potuto godere della tua presenza!” Iniziò a dire Cossuzio “Mi perdonerai, se mi sono fatto attendere tanto?” Chiese con finto dispiacere.

“Non sarei dovuto venire in questa casa......” Continuò lui.

Hanna non lo ascoltava, più interessata a paragonarlo a quel porco di suo zio che le aveva reso l’infanzia un inferno trattandola più come una donna delle pulizie che come nipote. Per questo appena aveva potuto, si era trovato un impiego che le permettesse di affittare un piccolo appartamento il più lontano possibile dalla loro casa.

“....e non posso offendere gli dei rifiutando un dono fresco e pronto per essere gustato!” Questa particolare frase la riportò al presente, ma non abbastanza in fretta perché potesse reagire in tempo.

L’uomo, che si trovava di fronte a lei, la afferrò per la vita facendola sdraiare su di un tavolo. 

I piatti e le posate che spostarono accidentalmente caddero in terra con un grande frastuono e se quel verme non le si fosse trovato addosso, bloccandole le spalle con le mani e le gambe con il bacino, sarebbe corsa subito via.

Erano tutti improvvisamente diventati sordi? Perché non arrivava nessuno?

Hanna si dimenò con tutta la forza che possedeva, badando bene a non colpire il nobile. Nonostante la protezione di Azrael sapeva bene che un’azione del genere avrebbe portato delle conseguenze da cui nemmeno Thranduil, l’avrebbe potuto salvare!

“Ferma!” Ordinò Cossuzio ma lei non lo ascoltò iniziando ad emettere dei versi di fastidio prima che lui le tappasse la bocca. 

“Dovresti esserci abituata! Azrael non è così?” Chiese con un sorriso che non prometteva niente di buono.

“Rozzo e brutale! Perché nel nostro mondo il sublime e l’osceno.....” disse togliendole le spalline della veste “.....convivono!”.

Hanna aveva serrato entrambe le braccia al petto. Ostinata a non permettergli di vedere oltre le sue spalle.

“Non vi è l’uno senza l’altro! Sono due facce della stessa moneta!” Continuò lui.

“Non si può avere l’uno, senza la minaccia dell’altro!” Disse mentre cercava di spostare le sue braccia.

“E le parole non possono esprime a pieno questo contrasto! È necessario sperimentarlo!” Stavolta la forza dell’uomo fu eccessiva e riuscì ad abbassarle la veste fin sopra la vita.

Hanna urlò.

“Che cosa succede?” La voce del padrone li fece voltare entrambi.

Questo le diede un vantaggio minimo, ma il sussulto di lui le permise di divincolarsi, sfuggire alla sua presa e correre a più non posso lontano da lui.

La prima persona che le venne in mente fu Thranduil. Corse a perdifiato fino alle scale che portavano alla palestra, ma le sue gambe erano troppo molli e cedettero appena fatti due gradini. Scivolò sul sedere per quasi mezza rampa prima di riuscire a mettersi in piedi e ricominciare a correre.

Sentì il suo nome che veniva urlato in lontananza ma ignorò chiunque la stesse chiamando.

La fortuna volle che una guardia uscisse proprio in quel momento dal cancello di sicurezza, posto alla base delle scale, per evitare che i gladiatori potessero entrare nella casa senza il permesso del padrone.

Superò sia la guardia che il cancello e si ritrovò nel portico adiacente allo spiazzo dove tutti si stavano allenando.

Le lacrime ed il fatto che stesse tremando come una foglia al vento sfocarono la sua vista, ma non era difficile distinguere la chioma dorata dell’elfo in mezzo a tutta quella confusione.

Enomao le andò subito incontro “Hanna che succede? Cosa fai qui?” Chiese preoccupato, ma lei lo ignorò correndo verso l’unico che avrebbe potuto proteggerla.

Azrael era in procinto di parare una stoccata da parte di Attico quando lo vide fermarsi nel bel mezzo dell’attacco e fissare qualcosa davanti a lui con smarrimento.

Non fece neanche in tempo a voltarsi che qualcuno gli cinse le braccia attorno al busto. L’elfo si bloccò. Stava per dare a quell’impertinente una lezione quando dei singhiozzi lo costrinsero ad abbassare lo sguardo.

Capelli castano scuro e delle mani estremamente piccole: era Hanna!

Anche tutti gli altri gladiatori si fermarono di colpo appena si resero conto di quella scena inusuale.

L’elfo allontanò la ragazza da lui solo perché lei lo stava abbracciando da dietro, non permettendogli di vederla in faccia. 

Si mise in ginocchio davanti a lei che piangeva guardando il terreno e con una mano le sollevò il mento. Appena i loro occhi s’incontrarono lei lo avvolse in un nuovo abbraccio iniziando a singhiozzare più forte.

Azrael decise di non scacciarla nonostante lo sguardo di tutti puntato su di loro.

La prese in braccio e la portò all’ombra, sedendosi con lei sulla panca dove si trovava una Sara incredula.

“Allenatevi!” L’ordine del Maestro arrivò severo ed autoritario e nessuno lo contestò.

Enomao si avvicinò ai tre “Cos’è successo?” Chiese, sconvolto di vedere quella ragazza che si era sempre mostrata testarda e piena di spirito, ridotta in quello stato.

“M-mi hai m-mentito!” Disse Hanna tra i singhiozzi. Sara tradusse, l’amica era in uno stato tale da essersi dimenticata persino il loro segreto.

“A-avevi d-detto c-che mi avresti p-protetto!” Lo accusò lei.

Azrael notò solo allora la veste strappata che Hanna teneva su con un braccio.

“Milo, Attico!” Chiamò il Maestro capendo che la situazione stava diventando pericolosa. I due risposero prontamente ed in meno di un secondo furono al fianco di Enomao.

“Portatelo in cella e restateci! Adesso!” Ordinò con impazienza.

Attico e Milo obbedirono e non fu difficile convincere l’elfo ad andare.

Azrael si avviò verso un luogo più appartato con una facciata di calma piatta.

Doveva succedere questo per convincerlo a darsi una mossa? 

Era giunto il momento di spezzare le catene!

 

*

 

Era arrivata la sera eppure nella cella di Azrael il tempo sembrava essersi fermato.

Hanna era rimasta aggrappata all’elfo per tutto il tempo fino ad addormentarsi profondamente. Aveva avuto degli incubi, ma Thranduil era stato sempre pronto a calmarla.

Al momento lei ed Azrael erano sdraiati sul letto, mentre Attico, Milo e Sara erano seduti su di un’ampia coperta in terra.

Sara giocava con la cena, prendendo con il cucchiaio la minestra e facendola cadere nuovamente nella scodella, più volte. Nessuno aveva toccato cibo.

Finalmente Hanna si svegliò guardandosi attorno confusa, ma durò solo un attimo, prima di girarsi e controllare che fosse realmente l’elfo colui contro cui si era sdraiata.

“Ho interrotto il vostro allenamento!” Disse con tono colpevole visto che non aveva pensato ad altro di meglio da dire.

“Cos’è successo?” Chiese Azrael cercando di non essere troppo brusco a causa della rabbia che si era risvegliata assieme a lei.

La ragazza guardò gli altri e vide i loro sguardi curiosi ma pazienti.

Sospirò.

“Ci hanno provato!” Disse con un sussurro prima di iniziare a piangere.

Non ci voleva un genio per capire a cosa si riferisse.

“Com’è possibile? Il padrone aveva promesso sicurezza in cambio dell’obbedienza!” Chiese Attico esterrefatto “Forse la rissa che lui ha fatto scoppiare....” “È successo troppo tempo fa!” Milo contradisse Sara, non capendo perché il padrone avesse fatto una cosa del genere ben conoscendo i rischi.

“Avevi ragione fratello! Le promesse dei romani, sono tutte menzogne!” Ammise Attico con rabbia. Com’era potuto essere stato così cieco?

“Non credo che il padrone lo volesse......ma mi hanno lasciato sola con l-lui......e mi ha aggredito!” Iniziò a raccontare Hanna “N-non potevo difendermi! Colpirlo avrebbe portato nefaste conseguenze! N-non potevo fare niente!” Confessò tremando al solo ricordo di quei momenti.

“Non importa se lo voleva o no! Ci ha mentito!” Urlò Milo furibondo.

“Dimmi il nome del porco così appena scappiamo lo prendo a calci in culo!” Disse Sara alzandosi in piedi e calciando l’aria “E gli spezzo le braccia così non potrà più usarle per fare del male!” Disse mimando il gesto.

”Lascia un braccio a me, per favore!” La supplicò Milo “Ed a me le gambe!” Si aggiunse Attico.

“Si, però prima di fantasticare una succulenta vendetta dobbiamo decidere un piano d’azione!” Disse Sara sedendosi sul bordo del letto davanti ad Hanna.

“È imperativo tenervi al sicuro!” Sottolineò Azrael con un tono che non premetteva niente di buono “Resterete qui!” Sentenziò.

“Chiederò udienza dal padrone! Non dovrebbe essere difficile riuscire a convincerlo!” Ragionò Attico prima di voltarsi al suono della serratura che sbloccata.

Enomao apparve davanti a loro “Hanna, è bello rivederti di nuovo in forze!” Disse il Maestro contento. Sara si alzò per permettergli di vederla, andando al fianco di Attico.

“Il padrone si dispiace per quanto avvenuto. È rammaricato e vorrebbe porgerti le sue scuse....” un grugnito fece voltare tutti verso Azrael che aveva stretto la ragazza tra le sue braccia e come un predatore osserva la preda, guardava il Maestro.

Ne respirez pas la bouche inutilement mortelle! Elle ne reviendra jamais sur ces murs froids! Le maître ne m'enchantera plus de sa langue menteuse! (Non dare fiato alla bocca inutilmente mortale! Lei non tornerà più tra quelle fredde mura!

Il padrone non m’incanterà più con la sua lingua menzoniera!) disse l’elfo con voce bassa e gelida.

“Ho urgente bisogno di parlare con il padrone!” S’intromise Attico appena il padre smise di far tremare tutti con il suono della sua voce.

Il Maestro sembrava smarrito ma non sorpreso dal cambio di atteggiamento di Azrael “Mi dispiace, ma altre questioni richiedono la sua attenzione!” Rispose non smettendo di fissare l’elfo, guardingo.

“È importante! Non si è forse dimenticato chi è lui?” Chiese Milo alzandosi in piedi ed indicando Azrael.

“Siete voi che dimenticate il vostro ruolo. Lui è il padrone e voi gli schiavi!” Rispose Enomao in modo glaciale.

Attico si avvicinò al Maestro mettendoglisi di fronte “Allora vai da lui e fallo ragionare. Perché le nostre parole non riusciranno a trattenerlo ancora per molto!” Chiese cercando di usare un tono supplichevole.

“Non ho bisogno di voi per trattenerlo!” Disse Enomao con sicurezza “Guardie!” Urlò.

Appena entrarono gli uomini Milo, Attico ed Azrael si irrigidirono. L’elfo balzò in piedi spingendo Sara sul letto, pronto allo scontro.

“Reagite ed anche le ragazze pagheranno le conseguenze delle vostra azioni!” Minacciò il Maestro prendendo la frusta.

Attico e Milo si scambiarono uno sguardo d’intesa, prima di inginocchiarsi di fronte al Maestro, ma Azrael non li imitò.

Sara fu veloce a mettersi fra l’elfo e le guardie “Faites comme vous dites! Ca ira pour nous! Maintenant que nous connaissons le danger, nous ferons plus attention!” (Fa come dice! Noi staremo bene! Ora che sappiamo del pericolo faremo più attenzione!) lo rassicurò. “Ce n'est pas encore le moment!”(Non è ancora il momento!) disse con una calma ed una sicurezza tali da far ripensare l’elfo sulle sue intenzioni.

Appena Azrael si mise in ginocchio, le guardie lo afferrarono e trascinarono via.

Milo ed Attico vennero riportati nelle loro celle e le ragazze rimasero in quella diventata improvvisamente grande e spaziosa.

 

*

 

Una mattina il padrone entrò nell’ampia cella dove si trovava l’elfo incatenato al muro, seguito da due guardie che portavano un’altro prigioniero.

“Mi hai preso per uno stolto?” Chiese Quinto rivolto a Spartacus dopo che gli anelli vennero stretti attorno ai suoi polsi.

“No padrone!” Rispose lui con tono ravveduto.

“Eppure mi hai disonorato! Eravamo d’accordo, tu l’avevi giurato, avresti seguito l’addestramento, mi avresti chiamato padrone obbedendo alle regole! Ed io, in cambio, avrei cercato di rintracciare la tua preziosa moglie!” Lo riprese il padrone furente, svelando dei dettagli di cui Azrael era all’oscuro.

“Ma ti sei fatto vincere dalla fretta! Le tue manovre per mettere fuori combattimento l’avversario di Crisso nella sfida finale, per prenderne il posto, sono venute alla luce!

La tua prima lotta....con il campione della maledetta Capua!” Quell’uomo era veramente astuto. L’ignoranza del padrone stava giovando a suo vantaggio.

Azrael osservava entrambi standosene comodamente seduto in terra con la schiena poggiata al muro. Le catene erano sufficientemente lunghe da permettergli di stare abbastanza comodo.

Erano solo due giorni che si trovava rinchiuso e le guardie non passavano molto spesso per riempirlo di percosse. Quindi tutto sommato, le cose andavano meglio di quanto potesse sperare.

“Dei del cielo tu avevi la folla in mano! Ma ora il tuo nome viene pronunciato con disprezzo e questo rende il ricongiungimento con la tua sposa molto problematico!” Disse Quinto esasperato.

“Hai avuto suo notizie?” Chiese Spartacus speranzoso.

“Il siriano a cui è stata venduta era diretto a nord, ma non saprei dire con precisione dove!” Gli rispose il padrone.

“Non devi smettere di cercarla!” Lo supplicò Spartacus.

“E con quali soldi pagherai la sua libertà?” Domandò il padrone mostrando ancora la sua rabbia gridando quella semplice domanda

“Fammi combattere!” Disse Spartacus con sicurezza.

“Il favore della folla ha la consistenza del vento, l’interesse per te è ormai svanito!” Svelò Quinto affranto di non poter più sfruttare la sua fama per fare soldi.

“Ci dev’essere un luogo dove posso combattere!” Spartacus era proprio ostinato.

“Solo uno e lì non ci sono regole: le fosse!” Azrael cercò di rimanere impassibile.

Sapeva bene a cosa il padrone si riferisse. Anni addietro, quando era ancora considerato indomabile, ci aveva vissuto per un breve periodo.

Erano un luogo di sofferenza dove la malvagità umana poteva esprimersi liberamente, con gente comune che pagava e scommetteva su scontri fatti persino a mani nude. Dove gli schiavi venivano trattati peggio degli animali.

Il padrone uscì senza degnare l’elfo di uno sguardo.

“Dimmi che non sembro un escremento di cinghiale come te!” La voce di Spartacus interruppe il silenzio.

Azrael gli rifilò un occhiataccia prima di sdraiarsi in terra dandogli le spalle.

“È un piacere anche per me!” Disse Spartacus divertito.

La porta della cella venne aperta all’improvviso e Varro entrò con un grande sorriso sulle labbra.

“Non ti ha ancora ucciso?” Chiese guardando intimorito l’elfo.

“Al momento, con lui rischio solo di morire di noia!” Rispose Spartacus.

“È vero che andrai nelle fosse?” Chiese Varro spaventato. “Cosa sai di quel posto?” Domandò Spartacus capendo che l’amico sapeva bene di cosa stesse parlando.

“Anche troppo! Ci ho fatto delle scommesse tempo fa! E non vado fiero di averlo fatto!” Ammise tristemente “Queste lotte sono diverse dall’arena! Ho visto uomini d’onore perdere il senno! Trasformarsi in bestie!” Disse rifilando un occhiata all’elfo, che sembrava dormire profondamente ma non poteva esserne certo dato che dava loro le spalle.

“Dici che ci è stato?” Chiese Spartacus indicando Azrael con lo sguardo.

“Ne sono certo!” Rispose Varro sicuro “Aspetto con ansia il momento in cui ti riunirai con i tuoi fratelli!” Lo incoraggiò prima di uscire.

Attico e Milo si erano allontanati dagli altri gladiatori, per dare alle ragazze una tregua agli sguardi sgraditi dei loro fratelli e per poterle fare pranzare in pace.

“Quando riesco a farti cambiare idea, quei maledetti decidono di rinchiuderlo!” Disse Milo furioso per il fatto che l’elfo fosse ancora in catene.

Attico osservò le ragazze preoccupato, Hanna e Sara continuavano a guardarsi attorno come se qualcuno le stesse seguendo.

Cercando di non darci peso, per evitare un’altra rissa, decise di porre fine alle lamentele del fratello “Presto lo libereranno! E quando lo faranno, si pentiranno di averci incontrato sul loro cammino!”.

 

*

 

“Questo è il classico momento di stallo!” Disse Sara mentre percorrevano i corridoi della palestra. In quegli ultimi giorni erano rimaste confinate lì, perché, non lo sapevano.

Non avevano visto Azrael nemmeno una volta, però fortunatamente Attico le aveva ospitate nella sua cella ed assieme a Milo aveva fatto intendere che i gladiatori non dovessero nemmeno pensare di toccarle.

“Non vedo l’ora che finisca!” Disse Hanna nervosa.

“Intendi la prigionia?” Chiese l’amica con scetticismo.

“È ovvio! A cosa dovrei riferirmi?” Domandò Hanna offesa.

“Mah, non so....ultimamente sei strana!” Osservò lei.

“È il minimo! Ti rendi conto che i gladiatori non ascolteranno Attico e Milo ancora per molto! Ci guardano in modo diverso ora che lui è in cella!” Disse Hanna impaurita.

“Non dobbiamo cedere al panico. Se ci mostriamo sicure e se li minacciamo con una vendetta da parte di Azrael, dovremmo cavarcela!” Constatò Sara.

“Ci sono troppi se nella tua frase!” La riprese l’amica.

“Ma tu non ti accontenti mai?” Chiese Sara prima che l’altra la bloccasse e la trascinasse dietro al muro, poco prima del corridoio collegato alle scale che portavano alla casa.

“Che...” “Shh...!” Sussurrò Hanna affacciandosi.

Alla base delle scale c’era Naevia. Una guardia aveva appena accompagnato Crisso fin lì, prima di ritirarsi.

“Grazie!” Disse Naevia alla guardia.

“Aspetta!” Chiamò il gladiatore appena l’altro uomo si era allontanato abbastanza da non essere a portata d’orecchio.

“La padrona diventerà impaziente!” Cercò di evitarla Crisso.

“Ma non ti ha ancora convocato!” Svelò la ragazza nervosa.

“Perché sei qui allora?” Chiese lui sorpreso.

“La collana, tu l’avevi comprata per me!?” Domandò Naevia smarrita.

“Non dirmi cose che già so!” Le rispose burbero lui.

“E tu non osare parlare così!” Ringhiò Hanna.

“Ma di quale collana parlano?” Chiede Sara sussurrando.

“Naevia dovrà darci delle spiegazioni!” Decretò l’amica.

“E perché adorna il collo della padrona?” Domandò la ragazza.

“La mente di voi femmine! Prima rifiuti il mio dono e poi ti mostri contrariata! Tu non l’hai accettato!” Rispose Crisso che sembrava ancora avercela per il suo diniego.

“Esatto! Ma non mi hai lasciato finire di parlare!” Gli rispose a tono lei.

“Puoi farlo adesso!” La incoraggiò.

“Per me è impossibile tenerla, a dispetto dei miei desideri! Non possiedo nulla che non mi sia stato dato dalla padrona! Sei così ottuso da non averlo capito? Credi che non se ne sarebbe accorta?” Lo riprese Naevia stanca della testa dura contro cui doveva sbattere.

“Ho frainteso il vero motivo del tuo rifiuto!” Ammise lui amareggiato.

“Ma certo che l’hai fatto! Il tuo solo pensiero è vincere nell’arena. Ragioni solo con la spada e con lo scudo! Sei uno stupido.....” la ragazza non riuscì a finire d’insultarlo che lui la baciò.

Hanna e Sara si ritrovarono a rimanere a bocca aperta, sentendosi delle complete imbecilli per non aver notato nulla fino a quel momento!

“Tu sei pazzo!.....guardia!” Disse Naevia terrorizzata e con un sorriso sul viso, prima di chiamare nuovamente la guardia.

Crisso fece la pessima scelta di tornare nella sua cella passando per il corridoio sbagliato! Le ragazze s’impanicarono quando notarono altri gladiatori che bloccavano l’uscita impedendo loro di sparire dalla direzione intrapresa dal gallo.

Dopo varie spinte ed imprecazioni si appoggiarono al muro di schiena, una di fronte all’altra, fingendo di essere nel pieno di una discussione.

“Alla fine non posso fare altro che darti ragione!” Disse Sara parlando ancora meglio della voce pubblicitaria che è in grado di pronunciare centinaia di lettere in pochi secondi. “Come sempre sorella! Quando accetterai che l’avere ragione è una delle mie innumerevoli doti, allora potremmo riprendere questo discorso!” Hanna aveva decisamente più talento nella recitazione.

Crisso svoltò appena lei finì di parlare.

Le ragazze ed il gallo si fissarono.......o meglio, Hanna e Crisso si guardarono intensamente negli occhi, visto che quelli di Sara, inspiegabilmente, s’incollarono al pavimento.

Lui le studiò per un tempo fin troppo lungo, prima di indurire lo sguardo e passare oltre.

 

*

 

Una calda mattina i gladiatori erano impegnati negli allenamenti quotidiani mentre Quinto in una discussione con la moglie “Pensi che gli dei l’abbiano maledetto!” Disse il marito ad una furiosa Lucrezia “È così! È solo colpa sua se sei finito nelle fosse!” Urlò lei furiosa.

“Mi ha salvato la vita! Dei o non dei, ogni debito va pagato!” Pose fine alla discussione Quinto, prima di andare ad accogliere i suoi ospiti.

La decisione di togliere il trace dalle fosse era arrivata quando lui aveva dato una prova inconfutabile della sua lealtà, salvandolo da due sicari che avevano tentato di privarlo della vita nelle fosse.

Il mandante era ancora nascosto nell’ombra, ma lo sarebbe rimasto per poco.

“Magistrato, sono onorato dalla tua presenza!” Disse Quinto rimarcando lentamente l’ultima parola appena vide Solonio oltre a Tito Calavio.

“Mio buon Batiato, il buon Solonio mi ha parlato dell’efficenza dei tuoi uomini” disse il magistrato ansioso di appurare la veridicità di tali parole “Come sai bene la siccità ha ridotto la popolazione allo stremo! Abbiamo tentato di tutto per convincere il cielo alle lacrime, pure un ecatombe!” Spiegò.

“Abbia sacrificato cento buoi, ma niente è cambiato!” Raccontò Solonio.

“Gli dei preferiscono il sangue degli uomini, non quello degli animali. Ed il buon Solonio ci ha aiutato ad organizzare dei giochi per propiziare gli dei!” Disse il magistrato con entusiasmo.

“Combattimenti all’ultimo sangue. Nessuna grazia o parità!” Disse Solonio.

“Soltanto i migliori gladiatori saranno invitati a partecipare!” Confermò il magistrato.

Quinto si fermò sorridendo spavaldo “Solo i migliori vengono offerti nella casa di Batiato! Venite, esaminate la mia merce!” Disse guidando i due ospiti verso la balconata che affacciava sullo spiazzo principale, dove i gladiatori erano impegnati negli allenamenti.

“Selezione ammirevole! Che rivaleggia con quella del buon Solonio!” Lo adulò Calavio.

“Ma io ho il combattimento finale!” Precisò l’altro.

“Si però.......il contendente va ancora scelto!” Disse il magistrato osservando i gladiatori con interesse.

“Se desideri appagare gli dei devi avere un grande combattente!” S’intromise Quinto

“Crisso, il campione di Capua!” Lo presentò con orgoglio “Vincerà contro chiunque Solonio abbia da offrire!” Dichiarò sicuro di sé.

“Eccellente! Sarà uno scontro tra leggende!” Disse Calavio soddisfatto.

“Leggende?” Chiese Quinto capendo che l’avversario non sarebbe stato un gladiatore qualunque.

“Ho dimenticato di dirtelo.....il buon Solonio si è procurato il grande Teocoles per il finale!” Rispose il magistrato fingendosi rammaricato per la sua distrazione.

“Teocoles?!” Chiese Quinto scioccato.

“Si, l’ho convinto a venire nella nostra bella città, non a poco prezzo!” Evidenziò Solonio con soddisfazione.

“Hai la nostra gratitudine! E se gli dei non ci concedono la pioggia dopo un tale tributo, allo dobbiamo considerarci maledetti!” Disse il magistrato.

“Temo che gli dei non approverebbero, lo scontro è sbilanciato! Solo un uomo si è battuto contro Teocoles ed è sopravvissuto” fece notare Quinto terrorizzato all’idea di perdere un prezioso campione della sua casa.

“E se Crisso venisse affiancato da Spartacus? Era destino che venisse giustiziato, ma lui ha sfidato il fato e mi ha fatto perdere quattro uomini!” Propose Solonio impaziente di pareggiare i conti.

“I tuoi debiti sono ben noti Batiato! Anche se perdessi i tuoi uomini la ricompensa sarebbe sufficiente per risanarli tutti! A meno che tu non preferisca restare fuori da questi giochi e da quelli che seguiranno!” Lo minacciò Calavio così da non essere costretto a cercare un’altro contendente.

“No, saranno pronti per l’incarico!” Si affrettò a rispondere Batiato per sporgersi dal balcone e parlare ai suoi uomini.

“Miei titani! Ascoltate le gloriose notizie!” I gladiatori si disposero ordinatamente in fila appena sentirono la voce del padrone richiedere la loro attenzione. 

“Il magistrato Tito Calavio ha invitato i nostri uomini migliori a partecipare ai prossimi giochi! Crisso un passo avanti!” Chiamò con orgoglio “Spartacus un passo avanti” disse con fastidio “Siete stati scelti per combattere insieme contro Teocoles, L’ombra della morte!” Dichiarò facendo tremare Crisso e confondendo Spartacus.

 

*

 

“Questo Teocoles......la sua leggenda non può essere vera!” Disse Spartacus dubbioso.

“È stato ferito mille volte e non è mai caduto!” Cercò di convincerlo Varro.

“Se dovessimo vincere a quanto ammonterebbe la ricompensa?” Chiese il trace interessato a guadagnare monete per l’amata sposa.

“Basterebbero per riscattare anche dieci mogli!” Gli rispose Varro.

Nel frattempo nella casa le cose erano cambiate. Hanna e Sara erano state richiamate per servire la padrona ed ora potevano assistere alla sua scenata.

Crisso era diventato il suo amante una volta campione e lei stava tentando di salvarlo come meglio poteva.

“Li mandi verso morte certa! Lasciami combattere al loro posto! Ho un conto in sospeso con Teocoles!” Enomao tentava di far cambiare idea la padrone “Ottimo suggerimento!” Ben sostenuto da Lucrezia.

“Tu non sei stato richiesto anche se nessuno ha dimenticato il coraggio che hai mostrato scontrandoti con lui restando in vita!” Rispose il padrone stanco di tutte quelle polemiche “Si, ma senza vittoria!” Ricordò il Maestro.

“Rimani l’unico ad essere sopravvissuto!” Lo adulò ancora Quinto “Preparali allo scontro!” Ordinò. 

“Temo che nessuno sforzo  li salverà dalla stretta di Teocoles!” Disse Enomao. “Preparali ad una morte gloriosa!” Si corresse Quinto prima di congedarlo.

La mattina seguente Enomao era impegnato ad istruire i due gladiatori scelti, con scarsi risultati.....

Quando Crisso finì per terra per la decima volta consecutiva, diede un pugno a Spartacus quando lui cercò di aiutarlo a rialzarsi 

“Due gladiatori che combattono assieme......non esistono cose del genere nell’arena!” Urlò pieno di rabbia rivolto al trace.

“Tu pensi di poter sconfiggere quel gigante, da solo?” Chiese l’altro allibito.

“Sono sempre stato solo!” Fece notare il gallo.

“Questa volta non lo sei!” Spartacus cercava disperatamente un terreno d’incontro.

“Quando Teocoles soccomberà tutta la gloria sarà solo mia!” Disse Crisso con tono deciso.

“Ma se non combattiamo assieme solo la morte sarà nostra!” Gli rispose l’altro.

Il Maestro ne aveva abbastanza dei litigi di due fanciulli che non prestavano attenzione all’avversario, quindi, con due colpi ben assestati delle sue spade, li fece finire nuovamente a gambe all’aria “Vi ostacolate a vicenda! Combatterete contro il grande Teocoles! Cercate di esserne degni!” Li rimproverò.

“Formeranno una grande coppia!” Scherzò Attico osservando l’allenamento.

“Meglio combattere da soli!” Disse Milo che odiava il gallo.

“E morire di certo!” Rispose Attico. La leggenda di Teocoles eguagliava quasi quella di Azrael. Quasi per il semplice fatto che nessuno che avesse affrontato l’elfo era stato in grado di raccontarlo!

“L’ombra della morte? I romani non hanno molta fantasia!” Sussurrò Sara ad Hanna mentre si trovavano nella tribuna d’onore per osservare quello scontro tanto atteso.

“Quel gallo......è proprio il campione di Capua!” Disse Ilizia che osservava il gallo nell’arena con interesse.

“Nessuno può eguagliarlo!” Le diede ragione Lucrezia ammirando Crisso.

Appena entrò Spartacus le urla di gioia vennero sostituite con quelle di scherno.

“Finalmente quel trace incontrerà la sua fine! Ha disonorato Roma e mio marito disertando il campo di battaglia! Avrà ciò che merita!” Disse Ilizia con risentimento, pienamente condiviso da Lucrezia.

Teocoles venne accolto da grida piene di entusiasmo e gravide di aspettativa.

“Speriamo che gli dei accolgano benevolmente questo tributo!” Disse Solonio speranzoso.

“Sarebbe una buona notizia in un momento tanto buio!” Il magistrato si presentò apparendo afflitto.

“Il mio buon caro cugino Ovidio è stato assassinato in casa sua!” Informò i presenti.

“E di suo figlio che ne è? Era così piccolo?” Chiese Lucrezia sconvolta.

“La sua casa è stata bruciata e solo pochi corpi recuperati, ma non nutro alcuna speranza!” Ammise Calavio distrutto.

“Che tragedia! Mi chiedo cosa possa provocare un’azione simile!” Disse Quinto dando al rivale uno sguardo di sfida. Si girò per incontrare lo sguardo confuso della moglie, ma lo distolse appena nell’arena, i gladiatori, si fronteggiarono.

Uccidete quel bastardo figlio di una scrofa!” L’incoraggiamento del Maestro non aveva aiutato molto, almeno non da quando si erano ritrovati faccia a faccia con l’avversario.

“Crisso, è per la mia donna che combatto!” Disse Spartacus prima di attaccare.

All’inizio si alternarono nel parare i colpi dell’avversario con gli scudi, ma presto quella formazione venne rotta.

Crisso, mentre l’altro lo distraeva sferrò un colpo all’addome e riuscì a ferirlo.

Spartacus approfittò del momento per farlo indietreggiare con un calcio.

Il gallo riuscì a coglierlo di sorpresa strappandogli dalle mani una delle due spade con un potente colpo. Spartacus, che si trovava dalla parte opposta del compagno, mandò a segno un ulteriore colpo aprendo un altro squarcio sul ventre dell’avversario. Poi, con un potente calcio, lo mandò in terra di schiena.

L’attacco combinato era riuscito perfettamente!

Il silenzio che seguì avvolse tutti i presenti che attoniti, erano impazienti di vedere cosa sarebbe successo.

Crisso e Spartacus si tolsero gli elmi guardandosi dubbiosi. Poi risero.

La folla esultò in loro favore subito dopo. Avevano trionfato!

“Per Capua!” Urlò Crisso entusiasta.

Il silenzio si ripresentò, ancora più agghiacciante di prima, ma i due uomini non sembrarono notarlo, presi dall’euforia.

Teocoles si era rialzato!

“Capua, vuoi che io cominci!” Urlò articolando le prime parole. La folla lo incoraggiò iniziando a rumoreggiare e lui partì all’attacco.

La formazione di difesa iniziale venne subito sfondata facendo sbattere i due l’uno contro l’altro.

Crisso, furioso, spinse via Spartacus con un “Levati di mezzo!” Trovandosi da solo di fronte al nemico ed apparendo infinitamente piccolo di fronte alla sua stazza.

Con un calcio, il gallo venne mandato addosso al trace e finirono entrambi nella polvere.

“Levati di mezzo...” Ripetè Crisso “....o ti ammazzo con le mie mani!” Aggiunse.

Ma durante quest’attacco, in una parata ruotò troppo il corpo, lasciando il braccio che lo reggeva scoperto, permettendo all’avversario di colpirlo proprio in quel punto. Naevia, Sara e Hanna sussultarono, così come la padrona.

Teocoles lo fece cadere in terra con un colpo sui talloni, ma Spartacus, intromettendosi nello scontro, parò quello successivo.

Questa volta fu lui a volare all’indietro. Preso alla sprovvista dalla forza del nemico.

Crisso, ripresosi caricò l’avversario. Parando numerosi colpi con lo scudo, riuscì finalmente ad infilzare Teocoles al ventre. 

L’energumeno emise un verso sofferente, seguito da un urlo ed un colpo di testa contro quella dell’altro gladiatore. Crisso indietreggiò, disorientato dal colpo. Teocoles gli strappò la spada dalle mani e lo attaccò.

Ma quando il gallo parò un colpo con lo scudo, deviando la lama dell’avversario, non avendo lui una spada, si ritrovò scoperto e venne ferito profondamente al ventre.

Si girò, dando le spalle alla montagna ed ansimando per il dolore mentre Teocoles si apprestava a colpire nuovamente.

Il secondo fendente lo ferì alla schiena e Crisso cadde in ginocchio.

“Teocoles!” L’urlo di Spartacus distrasse il nemico dalla sua preda ed il gallo cadde in avanti, poggiandosi sullo scudo, tenendolo orizzontalmente come se stesse cercando di proteggersi.

Il trace ne approfittò evsi diede lo slancio saltando su di esso.

Iniziò uno scontro a due mentre Crisso crollò a terra ferito gravemente.

Teocoles privò dello scudo Spartacus e lui parava come meglio poteva i suoi colpi.

I due erano così concentrati l’uno sull’altro che non videro il gallo mentre si apprestava a prendere uno dei due elmi precedentemente indossati.

Crisso lo posizionò in modo tale che il riflesso con il sole accecasse l’avversario e Teocoles si ritrovò a doversi coprire gli occhi.

Spartacus rotolò di lato ed afferrò una seconda spada per attaccare il nemico con tutta la ferocia che possedeva.

Riuscì a farlo cadere in ginocchio ferendogli una gamba e non contento lo trapassò al ventre da parte a parte. Non perse tempo ed iniziò a colpirlo sul lato destro del collo con l’intenzione di staccargli la testa.

Lo scontro era realmente finito e Spartacus infierì il colpo mortale mentre la folla gridava “Uccidi! Uccidi! Uccidi!”.

Un giubilo di grida accolse quel sacrificio ed un rombo di tuono gli fece eco.

Minuscole gocce di pioggia iniziarono a cadere, prima di diventare un vero e proprio acquazzone.

Dopo mesi di siccità il popolo rimase lì a godere a pieno di quel dono tanto sperato.

Piene di gioia per la tanta sperata fine della siccità, le persone iniziarono ad acclamare il loro salvatore “Spartacus! Spartacus! Spartacus! Spartacus!”.

Spartacus il portatore della pioggia!

 

*

 

“Abbiamo affrontato innumerevoli sventure! Subito il bruciore della sconfitta, l’umiliazione dello stomaco vuoto. Dicevano che questa casa non sarebbe mai tornata agli antichi fasti! Che saremmo stati ignorati dalla storia, ma abbia provato il contrario!” Urlò Quinto di fronte ai suoi uomini, ergendosi vittorioso sulla sua balconata, mentre la pioggia cadeva incessantemente.

“Abbiamo dimostrato che il nome Batiato prospererà anche quando saremo ossa e polvere! Siate fieri e osannate il portatore della pioggia! Il carnefice dell’ombra della morte! Il nuovo campione di Capua: Spartacus!” Disse Quinto facendo cenno al trace di mettersi al suo fianco.

I gladiatori lo accolsero entusiasti e bagnati dalla testa ai piedi.

Attico e Milo sorrisero appena videro Azrael osservarli da sotto al portico, finalmente libero. L’elfo sembrava esausto, risultato delle numerose torture e privazioni, ma come sempre era calmo........almeno all’apparenza.

Hanna e Sara erano entusiaste per Spartacus e preoccupate per Crisso. In quella casa provare semplici emozioni era impossibile!

“E questo è solo l’inizio! Sul tuo nome costruirò un impero!” Disse Quinto pieno di gioia. “Non è stato il solo a combattere però!” Specificò Lucrezia che era preoccupata a morte per il suo amante.

“Crisso non verrà dimenticato, ma sarà lui a diventare una leggenda! L’ammirazione non farà che aumentare!” Continuò Quinto con un sorriso in volto che le ragazze non gli avevano mai visto.

“Ho sconfitto un uomo impossibile da battere! Cosa possono aspettarsi di più?” Chiese Spartacus con soddisfazione.

“Forse ti favoriranno pure contro....l’angelo della morte!” Lo derise Lucrezia.

“Non per adesso! L’elfo si è calmato finalmente, ma non è ancora arrivato il momento di mettervi a confronto!” Disse il marito.

“Non ora che gli dei lo favoriscono....” aggiunse sventolando un foglio di pergamena “.....e benedicono con notizie che alleggeriranno il suo cuore!” Concluse.

“Sura?” Chiese Spartacus timoroso e speranzoso.

“L’ho trovata!” Confessò il padrone forse più felice di lui.

“Come sta? E dov’è?” Domandò il trace impaziente.

“È stata venduta ad un siriano....approdato in questi giorni al porto di Napoli!” Gli rispose Quinto.

“È qui vicino?” Chiese il gladiatore impaziente. “Due giorno di viaggio!” Svelò il padrone. “Quando potrò partire?” Domandò Spartacus pieno di gioia.

“Uno dei mie è già in viaggio e la sta accompagnando qui!” Le sorprese non finivano!

“Sei un uomo d’onore Batiato! Avrai per sempre la mia gratitudine!” Disse Spartacus apparendo commosso.

“E tu la mia!” Gli rispose Quinto.

 

*

 

La sera seguente le ragazze avevano avuto il permesso di tornare da Azrael.

Hanna gli si era avvinghiata, intenzionata a non lasciarlo andare.

“Sembra di essere a Rio!” Osservò Hanna “Lì fanno cinque giorni di festeggiamenti consecutivi!” Spiegò Sara sentendo le grida provenienti da fuori la cella ed avendo visto il vino accompagnato da donne per tutti i gladiatori.

“Si, ma l’omicidio non è compreso!” Disse Hanna disgustata.

“Omicidio?” Chiese Attico confuso “Il padrone ha fatto uccidere un ricco commerciante!” Rispose la ragazza come se stesse raccontando la sua giornata.

“A quanto pare è stato lui a mandare i sicari che hanno attentato alla sua vita!” Rivelò Sara che aveva assistito alla conversazione dei padroni mentre Quinto chiariva i dubbi della moglie.

“Quell’uomo è pericoloso!” Dichiarò Milo scioccato da ciò che sentiva.

“Adesso ci sei arrivato?” Chiese Hanna prendendolo in giro e nascondendo il viso nel petto di Thranduil quando Milo la guardò male.

“Spartacus è intenzionato a scappare!” Disse Azrael attirando l’attenzione di tutti su di sé.

“E come cavolo fai a saperlo?” Chiese Sara sconvolta e fremendo all’idea di poter essere finalmente libera.

“L’ho sentito mentre esponeva il piano a Varro!” Rispose l’elfo “Prenderà il padrone in ostaggio e scapperà grazie ai cavalli legati al carro che la porteranno in questa casa!” Raccontò.

“E quando saresti stato a portata d’orecchio?” Chiese Milo assolutamente certo che l’elfo fosse stato sempre a debita distanza dal nuovo campione.

“Non ho bisogno di stare incollato al mio interlocutore per poter ascoltare ciò che m’interessa!” Rispose Azrael.

“Hai poteri magici?” Chiese Sara balzando in piedi.

“No!” Rispose lui “Giusto....” la ragazza raggiunse la consapevolezza solo in quel momento, dandosi della stupida per non averci pensato prima.

“Ci rendi partecipe della tua illuminazione?” Domandò Hanna infastidita che Thranduil facesse tanto il misterioso.

“Gli elfi hanno vista ed udito eccezionali!” Rivelò Sara euforica.

“Perché non ce l’hai mai detto?” Chiese Milo infastidito.

“Non è mia premura svelare i segreti del mio popolo!” Rispose l’elfo.

Azrael non era affatto socievole da quando era stato liberato.

“Perfetto! Allora domani mattina saremo liberi!” Disse Attico già pregustando il momento. “No!” La negazione del padre lo prese in contropiede.

“Ti sei affezionato alla tua nuova cella?” Lo prese in giro Milo non capendo quel cambiamento improvviso.

“Tu hai parlato di vendetta durante il nostro primo incontro!” Ricordò Azrael “È vero!” gli diede ragione il ragazzo.

“Come puoi accontentarti della semplice fuga?” Chiese l’elfo sorridendo con malvagia soddisfazione.

“Cos’hai in mente padre?” Chiese Attico incuriosito.

“Grazie ad Hanna e Sara conosciamo bene le mosse del padrone. Voi dovrete solo convincere i gladiatori.....e faremo crollare questa maledetta casa!” Disse Thranduil desideroso di vendicarsi.

La mattina seguente erano tutti sbronzi a parte Azrael, i suoi figli ed ovviamente Spartacus. I tre si sedettero su di una panca sotto al portico, impazienti di godersi lo spettacolo.

Il campione indossava la sua nuova armatura ed era più irrequieto di loro.

I padroni erano scesi nella palestra per poter accogliere la sposa di cui avevano tanto sentito parlare e che tanto avevano cercato. Le ragazze e Naevia erano con loro.

Appena il carro entrò nel piazzale il padrone si affrettò a parlare con l’uomo che lo conduceva e Spartacus lo raggiunse impaziente.

“Ma guarda un po’.....” Milo fece voltare i due per vedere un furente Enomao che procedeva a grandi passi verso il carro. 

“Non dirmi che l’ha scoperto!” Si chiese Attico dubbioso.

Varro cercò di fermare il Maestro ponendosi sulla sua strada......venendo messo da parte con una spinta ed un “Vattene!” Pieno d’ira.

Ma un verso sofferente fece fermare tutti. Colui che conduceva il carro scese cadendo in terra: era ricoperto di sangue!

Azrael si alzò sporgendosi per vedere meglio, seguito a ruota dai suoi figli.

“Sono sbucati dal nulla, sulla strada! Ci hanno attaccato.....! Erano in tanti.....!” Sussurrò l’uomo sofferente al padrone, accorso al suo fianco.

L’orrore si dipinse sul volto del campione che corse ad aprire gli sportelli dietro i quali si trovava la sua sposa. 

Una donna minuta con lunghi capelli neri cadde all’indietro tra le braccia del marito, quando la porta venne aperta e smise di sorreggerle la schiena.

Hanna, Sara e Naevia osservarono scioccate Spartacus mentre la prendeva in braccio con una delicatezza commovente e s’inginocchiava in terra continuando a stringerla a sé.

Sura, così si chiamava, riuscì solo a guardare un’ultima volta il compagno, prima di chiudere gli occhi per sempre.

“Sono qui tesoro!” Disse Spartacus piangendo e stringendola in un abbraccio disperato, dando sfogo al suo dolore.

Il padrone gli passò accanto come se niente fosse successo e si rivolse alla moglie “Ho mantenuto la promessa!” Disse per poi guardarla con un sorriso soddisfatto 

“Si sono ricongiunti!”

 

Mi sono contradetta! Questo capitolo è ancora più lungo del precedente! 

Ma non potevo spezzarlo! Avrei interrotto la storia dove non poteva essere spezzata!

È arrivato Spartacus finalmente!

E visto che non era abbastanza ho deciso di aprire gli occhi alle ragazze mostrando che la vita non è tutta rose e fiori.

Nascono nuovi amori e si presentano nuove difficoltà.

Cos’avete da dire sulla leggenda di Azrael?!

Si presenta un’imprevisto che impedisce la fuga, un cambio di piani......

Succedono tante cose!

Spartacus si è elevato in fretta riuscendo a liberare la moglie tanto cercata, ma purtroppo Quinto non aveva intenzione di risvegliare il suo spirito ribelle ridandogli la sua donna!

Cosa ne pensate? Spero che il capitolo piaccia nonostante la sua lunghezza!

A presto,

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Capitolo 10
*** Possedere non essere posseduti ***


Il giorno seguente si tennero i funerali della donna di Spartacus.

Venne allestita un’enorme pira al centro del piazzale e persino i padroni indossarono i colori del lutto. Stavano omaggiando il loro campione.

Spartacus era distrutto ed Hanna si ritrovò a riflettere sulla moglie di Thranduil.

Anche lui l’aveva persa, cosa stava provando in quel momento? Non gliene importava? Era un doloroso promemoria?

Varro consegnò la torcia all’amico rivolgendogli uno sguardo d’incoraggiamento.

Azrael era come sempre, in disparte ad osservare.

La frase detta dal padrone una volta scoperta la sorte della schiava gli dava pensiero. C’era di più ed era sua premura scoprire cosa!

Hanna e Sara trovarono Naevia che piangeva in un angolo e decisero di capire cosa l’affiggesse prima di andare a svolgere le loro mansioni.

“Tutto bene?” Chiese Sara avvicinandosi all’amica “Si, sono solo affranta per la triste sorte della moglie del campione!” Rispose lei tirando su col naso.

“Credi che ce la beviamo?” Chiese Hanna stufa che lei non si confidasse con loro “Finalmente Crisso si è dichiarato!” Sussurrò all’orecchio di Naevia.

Lei si ritrasse e la guardò atterrita “Tranquilla, abbiamo la bocca cucita!” La rassicurò Hanna “E siamo certe che il gallo ce la farà!” Le diede man forte Sara.

“Come fate ad esserne sicure?” Chiese Naevia più tranquilla ma ancora triste.

“Non credi in Crisso?” Domandò Sara “Certo che si! È un uomo forte!” Rispose Naevia “Allora guarirà! Se ti ama davvero tornerà da te!” Disse Hanna pensando al suo amato.

“Siamo solo dei pazzi a sperare che il nostro amore sia favorito dagli dei!” Disse Naevia sospirando.

“L’amore fa fare cose pazze!” Svelò Sara “Concordo! Non preoccuparti, troveremo un modo per farvi stare assieme!” Le promise Hanna.

“Come?” Chiese Naevia speranzosa “Questo ancora non lo so, ma non sono la donna dell’angelo della morte per puro caso. Se voglio una cosa la ottengo!” Si vantò Hanna.

“Avrei da ridire su questo!” Commentò Sara “Una volta guarito, Crisso potrebbe chiedere la libertà?” Tentò di indovinare “Chissà potrebbe rincontrare Barca che è stato liberato proprio ieri sera!” Aggiunse.

Le ragazze si bloccarono appena videro Naevia sbiancare di fronte all’ultima affermazione.

“Tutto bene?” Chiese preoccupata Sara guardandosi attorno. C’era qualcuno che le aveva sentite?

“No! Crisso non dovrà mai chiedere la libertà!” Le supplicò lei in preda al panico.

“Perché?” Chiese Hanna curiosa. L’amica distolse lo sguardo rifiutandosi di rispondere.

“Naevia, serviamo la padrona assieme da poco, ma puoi fidarti di noi! Non diremo niente di Crisso e nemmeno del motivo per cui temi la libertà!” La rassicurò Sara.

“Non è la libertà di cui ho paura, ma ciò che provocherebbe chiederla!” Decise di confessare l’amica. Naevia prese una grossa boccata d’aria prima di proseguire “Barca....non è stato liberato! Ho visto Batiato ucciderlo con le sue mani!”.

La notizia fu talmente scioccante che per qualche minuto nessuno disse una parola.

Hanna si riprese per prima “N-non importa! Troveremo un modo per farvi stare assieme, promesso!” Chiuse il discorso prima di tornare a svolgere i suoi doveri.

Non passò molto tempo prima che venissero convocate dalla padrona.

“Che gran casino!” Si premurò di commentare Hanna “Abbassa la voce!” La riprese Sara.

Erano iniziati i lavori per riportare la casa di Batiato agli antichi fasti, non c’era una parte della villa ad essere in ordine.

I padroni erano entusiasti.

Naevia ed il medico sopraggiunsero sorprendendoli: Crisso si era svegliato!

Mentre il padrone veniva aggiornato dal dottore sulle condizioni del paziente, Lucrezia si avvicinò al gallo.

“Sarebbe sconveniente venire a farti visita! Ma sappi che i miei pensieri sono rivolti solo a te! Manderò la mia schiava Naevia affinché provveda ai tuoi bisogni! Riposati e recupera le forze!” Disse la padrona guardando Crisso con sincero affetto.

Hanna e Sara si fissarono complici ben sapendo che questa era un opportunità per la loro amica. Seguirono la padrona emettendo delle piccole risate, che fortunatamente lei non sentì oppure ignorò.

 

*

 

Quella mattina gli allenamenti ripresero come di consueto. 

Azrael si era finalmente riunito a loro.

“Dividetevi in coppie!” Ordinò il Maestro. Milo decise di tentare la sorte mettendosi con l’elfo, mentre Attico optò per Varro, un gladiatore esperto.

“Spartacus!” Lo chiamò Enomao “Tu combatterai con me!”. Azrael e Milo si guardarono confusi. Il Maestro solitamente brandiva la frusta, non si allenava con i gladiatori!

Ma appena iniziarono a combattere fu subito chiaro il motivo di quel cambio improvviso. 

Il Maestro non era di ottimo umore “La tua sposa è morta! È stato un evento sfortunato, come il tuo piano di fuga!” Ringhiò prima di menare un fendente allo scudo del trace “Non bevo vino da moltissimi anni, ma un solo bicchiere non sarebbe mai stato sufficiente a farmi perdere i sensi!” Ecco com’era andata e perché il campione era stato smascherato!

“J'en étais sûr!”(Ne ero certo!) affermò Attico, sapendo che il padre poteva sentirlo. Aveva compreso fin da subito le vere intenzioni del Maestro il giorno prima: voleva fermare Spartacus!

“Se vuoi conversare, almeno parla una lingua comprensibile!” Gli fece notare Varro.

“È solo perché hai ucciso Teocoles vendicando la mia sconfitta che non ho informato il padrone! La morte sarebbe la giusta punizione!” Lo minacciò Enomao.

“Diglielo! A me non importa!” Urlò Spartacus che ancora non si era ripreso dal lutto.

“La prossima volta che cerchi di scappare, dovrai uccidermi!” Lo avvisò il Maestro.

Durante la pausa i tre si misero a discutere tra loro.

“Le Maître nous gênera!” (Il Maestro ci ostacolerà!) fece notare Attico.

“Petit mais sûr! Cela signifiera qu'il mourra!” (Poco ma sicuro! Vorrà dire che morira!) sentenziò Milo.

“Il pourrait devenir un bon allié à la place! Ne pensez plus qu'avec l'épée!“ (Potrebbe diventare un valido alleato, invece! Smettila di ragionare solo con la spada!) lo riprese il fratello che era contrario all’idea di uccidere altri schiavi.

“J'ai grandi comme ça, qu'attendez-vous?” (Sono cresciuto così, cosa ti aspetti?) chiese Milo protestando.

“Que vous commencez à utiliser votre cerveau!” (Che inizi ad usare il cervello!) rispose l’altro. Azrael non li stava ascoltando. La sua attenzione era stata catturata da una donna romana che parlava con Varro. Era sua moglie. Prova era il figlio che teneva in braccio identico al padre.

La donna era distrutta. Un’altro romano aveva approfittato dell’assenza del compagno e l’aveva violentata. L’elfo cercò di distrarsi osservando gli altri gladiatori che se la prendevano con il cuoco monco.

Ma l’idea del pericolo costante che correvano le ragazze non abbandonava la sua mente!

 

*

 

La fama di Spartacus aveva raggiunto persino la potente Roma. Nell’intera Repubblica non si faceva altro che parlare del portatore di pioggia.

“Ci sono delle nuove reclute!” Hanna esultò “Credi che ci sarà un futuro campione pure tra loro?” Si chiese Sara pensando a Spartacus.

“Ma come fate a non perdere l’entusiasmo di fronte ad una consuetudine?” Chiese Naevia ridendo, contagiata dalla loro euforia.

Persino nella palestra sottostante c’era allegria nell’aria. Erano tempi favorevoli, sia per il padrone che per i suoi uomini.

Les Romains sont convaincus que c'est vous qui l'avez instruit!” (I romani sono convinti che sia stato tu ad istruirlo!) Milo rise con quell’affermazione.

“Est-ce pour cela que le propriétaire est allé au marché chercher un autre gosse pour me former?” (Per questo il padrone è andato al mercato per rifilarmi un’altro moccioso da addestrare?) Chiese Azrael contrariato.

“Non. Sara m'a dit qu'elle chargeait les Romains de vous regarder vous entraîner!” (No. Sara mi ha detto che sta facendo pagare i romani per poterti osservare mentre ci alleniamo!) lo informò il figlio.

“Comme, comment?” (Come?) Chiese l’elfo infastidito. Già prendevano il suo sangue credendo che avesse dei poteri inebrianti, non accettava di essere rimirato come una creatura rara. Anche se riflettendoci bene, in quel mondo, lui lo era!

“Les Romains sont convaincus qu'en ayant guidé Spartacus, en lui donnant la bénédiction des dieux, en admirant seulement vous pouvez leur porter chance!” (I romani sono convinti che avendo guidato Spartacus, dandogli la benedizione degli dei, solo guardandoti tu possa portare loro buona sorte!) spiegò Milo.

“Surtout parce qu'ils ne peuvent que faire ça! Observez-le dans l'arène ou dans la maison du propriétaire!” (Soprattutto perché possono fare solo questo! Osservarlo o nell’arena o nella casa del padrone!) disse Attico ridendo.

“Leur fantaisie est très colorée et ne disparaît pas au fil des années!” (La loro fantasia è molto colorita e non appasisce con l’avanzare degli anni!) notò Azrael ironicamente.

Delle grida di scherno alternate ad insulti accolsero le nuove reclute.

“Ed ecco il sermone!” Si lamentò Hanna riferendosi al discorso con cui Batiato accoglieva le nuove reclute “Stai zitta!” La riprese Sara.

“Forse dovresti considerare di acquistarne uno!” L’affermazione della padrona distolse completamente l’attenzione delle ragazze dai nuovi schiavi.

Stava offrendo a Ilizia, moglie del legato Claudio Glabro, di comprare una delle reclute per poter vantare tale proprietà ed accrescere il proprio onore con le sue vittorie nell’arena.

“Come faccio a scegliere?” Chiese eccitata la patrizia romana.

“Posso offrire un consiglio per risolvere il dilemma?” Chiese Batiato prima di rivolgersi ad Enomao “Maestro, la nostra riverita ospite desidera osservare le loro virtù!” Ordinò.

Hanna e Sara puntarono gli occhi in terra mentre i gladiatori risero.

“Denudatevi!” Gridò il Maestro.

Ilizia scelse un uomo particolarmente dotato. Un gallo di nome Segovax.

Un uomo possente che, in futuro, avrebbe potuto diventare un grande campione. Arrivò l’ora di pranzo. Crisso era di nuovo in forze. Non che fosse una buona notizia, almeno non per intero.

Era in collera per essere stato spodestato e si preannunciavano degli scontri entusiasmanti contro colui che l’aveva fatto cadere dal piedistallo.

Come a voler rispondere alle aspettative di Milo e Attico, Crisso spinse malamente una recluta quando questa tentò di prendere la sua razione.

“Figlio di una scrofa, aspetta che i veri uomini si siano riempiti lo stomaco!” Si, era proprio il campione di Capua......ex campione!

“Crisso, lasciali mangiare!” Intervenne Spartacus in loro difesa.

“Devono patire dolore e privazioni per diventare dei gladiatori. È questa la regola!” Gli rispose il gallo.

“Non è affar tuo!” Insistette il trace facendo calare un silenzio pieno di tensione fra gli uomini. Azrael osservò i due che si fronteggiavano non riuscendo a reprimere un sorriso. La noia poteva dirsi finalmente conclusa!

“Lasciali mangiare!” Ordinò Spartacus a Crisso.

“Spartacus animo indulgente e generoso!” Lo derise lui. Il trace si alzò dal tavolo sul cui si era poggiato per mettersi di fronte al gallo.

“Non fraintendere le mie parole! Non ho a cuore il benessere di questi uomini. Ma tu non sei più il campione, vieni dopo....e quindi non dai più ordini!” Disse Spartacus imponendo il proprio volere in quanto nuovo campione della casa.

“Ricorda che colui che viene dopo ti sta attaccato alle spalle. Tienilo bene a mente!” Lo minacciò Crisso prima di farsi da parte.

“Gallo bastardo!” Sussurrò una recluta guardandolo con odio.

“C'est Agron! L'un des deux frères germaniques!”(Quello è Agron! Uno dei due fratelli germanici!) Milo iniziò a presentare ad Azrael le nuove reclute.

“Ils sont tous les deux prometteurs!”(Sono entrambi promettenti! ) osservò l’elfo.

“Je pense que nous pourrions les prendre à nos côtés. Dès que l'on trouve le bon levier!”(Credo che potremmo portarli dalla nostra parte. Appena troveremo la giusta leva!) affermò Attico con un sorriso soddisfatto.

Quella sera Hanna e Sara vennero lasciate andare nella palestra prima del solito.

Prese dall’entusiasmo, le ragazze si divisero mentre correvano tra i corridoi della palestra cercando l’elfo ed i loro amici che non si trovavano nelle rispettive celle. 

Forse erano ancora nei bagni.

“Quell’omuncolo sarebbe il grande campione?” Una voce attirò l’attenzione di Sara che si fermò accanto alla cella dentro cui erano rinchiuse le reclute. A parlare era stato Agron, il germano. Stavano osservando Spartacus sparire dentro un corridoio.

“I romani gonfiano sempre la leggenda, possiamo batterlo facilmente!” Seguito dal fratello minore Duro, molto sicuro di sé. Conosceva i loro nomi perché si era ben informata al riguardo!

“Lui ha sconfitto Teocoles, ed il cielo ha pianto per esaltare la sua vittoria! Voi soccombereste come un branco di porci al macello!” Rispose Segovax.

Sara si unì ai fratelli germanici ridendo a quell’affermazione ed attirando l’attenzione generale su di sé.

“Le mie parole ti divertono?” Chiese Segovax rivolto a lei.

La ragazza si spaventò a morte prima di rendersi conto che c’erano le sbarre a dividerla e tenerla al sicuro da quegli energumeni “No, sei tu che mi fai ridere! Dovresti ammirare qualcun’altro e non l’ultimo arrivato!” Decise di essere impertinente fino in fondo. Il trace si trovava in quella casa da a malapena un anno!

“Spartacus è un esempio per tutti! Lo schiavo che incendia l’arena!” Gli rispose lui non mascherando il fastidio provato nel doversi confrontare con una donna.

“Sparisci dalla mia vista p.....” quella lettera rimase sospesa e Sara comprese che qualcuno l’aveva raggiunta alle spalle quando vide gli occhi di tutti guardare oltre di lei con terrore.

Si voltò e sorrise: Azrael stava incenerendo con lo sguardo, uno ad uno, tutti gli uomini presenti nella cella!

“L’angelo della morte!” Balbettò una delle reclute sbiancando mentre osservava l’elfo imponente.

“È lui!” Disse Duro dando una gomitata al fratello come se temesse che lui non lo potesse vedere. Azrael poggiò la mano sulla spalla di Sara stringendola a sé, rivolgendo un’ulteriore sguardo di fuoco agli schiavi che aveva di fronte.

La ragazza rise e poggiò la testa sul suo petto guardando anche lei gli uomini.

Era la prassi, far capire ai nuovi schiavi chi lei fosse, per la sua sicurezza!

L’elfo si avviò verso la sua cella seguito a ruota dalle ragazze, Milo ed Attico che mostrarono anche loro astio nei confronti delle reclute, fissandole con odio.

“Azrael, l’angelo della morte!” Disse Agron incredulo di averlo potuto finalmente vedere. Anche se erano solo degli schiavi la storia della leggenda aveva raggiunto le loro orecchie più volte.

“Sono morto di paura!” Confidò uno degli uomini.

“Questo perché sei una femmina!” Lo derise Segovax che però condivideva il pensiero di colui che aveva avuto il coraggio di esprimerlo.

 

*

 

La mattina seguente un certo germano era in cerca di guai.

“Sei pazzo? Smettila di fissarlo!” Duro avvertì il fratello che da quando aveva visto l’elfo non gli staccava gli occhi di dosso.

“La leggenda non può essere vera!” Contestò Agron “È in catene! Questa è l’occasione per provare il mio valore!” Disse prima di dirigersi a grandi passi verso l’elfo.

“Padrone!” Gridò Hanna rendendosi conto che la situazione non sarebbe rimasta calma ancora per molto! Lei e Sara erano rimaste ad osservare gli allenamenti con interesse, fino a quel momento! Ma quello sconsiderato aveva avuto una pessima idea!

“Come osi rivolgerti a me in questo modo!” La riprese Batiato oltraggiato.

Attico era entusiasta quel giorno. Stavano facendo uno scontro a tre per prepararsi ad un momento simile nell’arena. Se combattere contro due avversari fosse diventato semplice, allora uno si sarebbe presentato come una passeggiata.

Con la coda dell’occhio vide uno dei germani avvicinarsi ignorando tutto e tutti.

Il giovane fissava suo padre con alterigia e sete di potere!

Il Maestro non sembrava essersi accorto di niente, distratto mentre dava istruzioni ad un’altra recluta!

Quella disattenzione permise al padre di farlo inciampare sulla catena che si trovava sempre in mezzo ai piedi.

Quelles pensées envahissent votre esprit qui vous rendent si distrait?” (Quali pensieri affollano la tua mente da renderti così distratto?) chiese Azrael con un sorriso in volto.

“Non, rien! Remarquez juste un imbécile qui va vous attaquer par derrière!” (Oh, niente! Solo notare uno stolto che ti sta per attaccare alle spalle!) rispose Attico rimanendo comodamente sdraiato in terra, poggiandosi sui gomiti.

L’elfo lo guardò confuso, ma subito dopo i suoi occhi si sgranarono quando il suo portentoso udito percepì il nemico avvicinarsi assieme al grido del padrone che richiamava l’attenzione di Enomao “Maestro! Fermali!”.

Schivò il primo fendente, voltandosi nel farlo, per poterlo vedere in faccia.

Agron, il germano.

Con un forte colpo della spada di legno privò l’avversario della sua e lo colpì in faccia con lo scudo, facendolo capitolare al suolo.

Avrebbe continuato ad infierire su quel folle se Attico e Milo non gli fossero saltati addosso atterrandolo, grazie al peso combinato.

“Combien de temps devrions-nous attendre? Ne vous enchaînez pas et la liberté viendra plus tôt que nous ne pouvons l'espérer!”(Quanto ancora dovremmo aspettare? Non farti mettere in catene e la libertà arriverà prima di quanto tutti noi possiamo sperare!) cercò di calmarlo Milo.

“Si vous voulez maintenir votre réputation, vous pouvez vous allonger!”(Se vuoi mantenere la tua reputazione puoi stenderci!) tentò di distrarlo Attico mentre si rialzavano in piedi.

“Qu'est-ce? Oh merde!”(Cosa? Oh, merda!) disse Milo capendo cosa stava per succedere.

I due erano così presi a parlare tra di loro che non si accorsero di trovarsi proprio sotto alla catena legata alla caviglia dell’elfo.

Azrael dovette solo tirarla perché si stendesse completamente, colpendo con forza i due figli in mezzo alle gambe!

Tutti i gladiatori risero vedendo i due uomini accasciarsi in terra doloranti.

“Vous êtes un damné infâme!” (Sei un maledetto infame!) Urlò Hanna dal balcone cercando di trattenersi dal ridere “Arrêter maintenant!”(Smettila subito!) Riuscì a dire tornando seria....per cinque secondi, per poi ridere assieme a Sara.

Azrael fissò le ragazze felici sul balcone e dovette ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per rimanere serio ed apparire profondamente infastidito.

 

*

 

Spartacus era finalmente solo.

Seduto nei bagni ripensava agli ultimi eventi accaduti.

La sua amata Sura gli mancava terribilmente ed ormai credeva fermamente alle sue parole: lei sarebbe stata l’unica donna che avrebbe mai amato.

Cosa doveva fare? Seguirla nell’oltretomba oppure abbracciare il fato scelto dagli dei in cui non credeva?

Si sentiva smarrito......

Percepì una stretta improvvisa sul collo per poi vedere di sfuggita una mano che avvolgeva una seconda volta la corda attorno alla sua gola!

Si lanciò all’indietro annaspando alla ricerca d’aria, nel tentativo di stordire l’aggressore.

Spartacus riuscì ad alzarsi in piedi e tirò una gomitata all’intruso che lo teneva ben saldo da dietro. Ma la mancanza d’ossigeno rese il suo pugno estremamente debole e l’estraneo non ne risentì minimamente.

Caddero entrambi in terra rotolando l’uno sull’altro prima che il trace si ritrovasse sdraiato sopra al nemico che rese la stretta mortale.

Spartacus sentì le braccia iniziare a formicolare e la vista farsi sempre più confusa.

Ma prima di cedere all’oscuritá un grido precedette la liberazione da quella presa.

Qualcuno era giunto in suo soccorso.

Crisso era riuscito a prendere di sorpresa l’intruso ed anche se era stato lanciato sul pavimento con fin troppa facilità, aveva salvato Spartacus, distogliendo l’attenzione dell’aggressore dal campione.

L’altro gallo lo aggredì, intenzionato ad ucciderlo.

Afferrò una delle lame con cui i gladiatori si radevano la barba e la usò come arma riuscendo a ferire l’altro alla gamba.

Questo non spaventò Crisso che bloccò la mano che impugnava la lama, prima di sollevare il braccio di Segovax e passarci sotto ruotando su se stesso, ritrovandosi alle spalle dell’avversario, per dargli un potente calcio che lo fece finire con la faccia in terra.

Segovax corse fuori dai bagni accompagnato da uno strano rumore. Forse era il coltello che teneva ancora in mano, Crisso lo ignorò inginocchiandosi quando le ferite protestarono per quello sforzo eccessivo.

“Perché....mi hai salvato la vita?” Chiese Spartacus che distrutto, era rimasto sdraiato in terra “Nella scuola siamo tutti fratelli! Ed un campione merita una morte onorevole nell’arena!” Gli rispose Crisso.

Segovax corse per i corridoi in preda al panico. A quell’ora sarebbero dovuti essere tutti nelle proprie celle. Quel pezzo di sterco gli aveva rovinato i piani!

Sapeva bene quale sarebbe stata la punizione per aver attentato alla vita di Spartacus, ma forse ripiegando su un’altra leggenda la padrona gli avrebbe concesso lo stesso la libertà!

Andò verso una cella precisa e fortunatamente la chiave per aprirla si trovava nel mazzo. Fece scattare la serratura e dopo un rapido sospiro aprì la porta.

L’effetto sorpresa era essenziale, quindi puntò subito all’elfo lanciandoglisi addosso.

Le ragazze urlarono appena si resero conto di cosa stava accadendo.

Azrael lo intercettò dandogli un potente pugno che lo fece finire in terra di schiena.

Ma grazie ad una capriola all’indietro, il gallo ritornò subito in piedi.

Si fissarono per un tempo lunghissimo.

Il rumore di voci ed i passi delle guardie che si avvicinavano diedero nuovamente il via allo scontro.

Il gallo avanzò muovendosi a scatti a destra e sinistra nel tentativo di confondere l’elfo, ma per Azrael non fu un problema capire dove fosse diretto. Gli umani avevano la pessima abitudine di guardare più volte verso la destinazione finale, svelando per tempo le loro intenzioni.

Si afferrarono entrambi le braccia aspettando che l’altro cedesse.

Appena il gallo comprese che non ce l’avrebbe fatta, tirò un calcio sul fianco dell’elfo e lui come risposta lo spinse con talmente tanta forza all’indietro, da farlo cadere in terra. 

Azrael si ancorò al terreno iniziando a menare fendenti sul volto dell’avversario mentre lui si difendeva come meglio poteva. 

Improvvisamente, il braccio destro di Segovax si allungò verso la cintura che portava in vita. Il movimento fu più rapido di quanto Azrael si aspettasse e non potè fare niente fino a quando non percepì un dolore al fianco.

Abbassò lo sguardo e vide che manico di coltello spuntava dal lato del suo addome.

Quando la lama venne tolta Hanna e Sara ripresero ad urlare ed in quel momento arrivarono le guardie.

Due uomini afferrarono per le braccia l’elfo che si dimenò, mentre una terza cercò di tenere a bada il gallo.

Azrael spinse entrambi in terra e con sollievo vide che le ragazze si erano rifugiate sul letto e nonostante fossero terrorizzate, stavano bene.

Non perse tempo ed afferrò la brocca contenente il vino che stavano consumando, frantumandola in testa ad una guardia.

L’elmetto che portava non fu sufficiente ad attutire il colpo e l’uomo cadde contro al muro stordito. Il secondo, rialzandosi, appoggiò un braccio sul letto facendo urlare le ragazze. Le guardò come se fosse infastidito dalle loro grida.

Forse fu il momentaneo pericolo, forse la sua rabbia o il suo istinto, a far partire Azrael all’attacco.

Fu sopra all’uomo in un secondo, atterrandolo ed una volta bloccato iniziò a colpirlo selvaggiamente.

“Attento!” L’urlo d’avvertimento di Hanna arrivò contemporaneamente al colpo sulla spalla destra. L’elfo digrignò i denti, emettendo un ringhio e reagì voltandosi di scatto, colpendo il nemico con un potente pugno con l’arto non offeso.

Preso alla sprovvista, Segovax non riuscì a compensare lo slancio dato dal colpo e finì col schiantarsi contro al muro di testa, svenendo.

Azrael si appoggiò al letto con la parte superiore del busto, respirando pesantemente. La testa era troppo pesante per tenerla alzata e rimase distesa sulle coperte.

Sentiva le voci delle ragazze chiamarlo, ma era tutto molto confuso.

Aveva mirato bene.......il gallo.

Sara, appena vide Azrael accasciarsi, non perse tempo e prese una coperta per tamponare la ferita alla spalla da cui stava fuoriuscendo troppo sangue!

“Toglilo di mezzo! Dobbiamo stenderlo!” Ordinò all’amica indicando il romano su cui l’elfo si era praticamente seduto. Fu più difficile di quanto pensasse, ma alla fine Hanna riuscì nell’intento.

Stesero Azrael sulla schiena cercando di essere il più delicate possibili.

Lui respirava velocemente ed appariva provato dallo scontro.

Hanna premette le mani sulla ferita presente sul fianco di Thranduil mentre Sara cercava di tenerlo sveglio dandogli leggeri schiaffi sulla guancia.

“Ehi! Azrael guardami!” Disse Sara con concitazione, prendendo tra le mani il viso di lui ma non vedendo alcuna risposta nel suo sguardo “Riesci a sentirmi?” Chiese.

“Cos’è successo?” La voce del Maestro le fece saltare e gridare all’unisono.

“Chiamate un medico presto!” Disse Sara alle altre guardie sopraggiunte, preoccupata che Azrael non le rispondesse. “Volete che muoia? Datevi una mossa!” Urlò Hanna furibonda quando vide gli uomini rimanere fermi a fissare la scena.

“Posso aiutare?” Si offrì subito il Maestro.

Sara sembrò pensarci su, prima di rispondere “Fate pressione sulla spalla!” Disse guidando l’enorme mano di Enomao a stendersi sul pavimento, poggiando sul suo palmo la spalla dell’elfo, così che la pressione esercitata sulla ferita fosse maggiore.

“Il tessuto è imbevuto di sangue!” Osservò il Maestro “Ne sta perdendo troppo!” Disse preoccupato.

Un lamento che fece prendere un colpo a tutti, provenne da Azrael il quale cominciò ad agitarsi.

“Ça va, c'est nous!”(È tutto a posto, siamo noi!) Lo tranquillizzò Sara felice di vedere i suoi bellissimi occhi blu fissarla con confusione.

“I-Il fait...froid!” (F-fa...freddo!) sussurrò Azrael iniziando a tremare.

La paura provata dai presenti fu sostituita dal sollievo appena arrivò il medico che non perse tempo ed iniziò a lavorare sul paziente.

 

*

 

Batiato era furibondo “Io esco dalla mia casa solo per qualche istante ed uno schiavo tenta di uccidere Spartacus e ferisce Azrael! Mi domando se sia un caso che sia proprio la recluta di Ilizia!” Hanna e Sara sentirono la rabbia aumentare quando compresero che l’aggressione non era avvenuta per caso.

Quella maledetta! Odiava davvero così tanto Spartacus? E perché aggredire pure Azrael? Se credeva negli dei, l’idea di ferirlo non avrebbe dovuto sfiorare nemmeno l’anticamera del suo cervello!

“E sarebbe riuscito a privare Spartacus della vita se non fosse stato per Crisso! La sua gloria non è appannata. Il suo momento non è ancora arrivato!” Fece notare Lucrezia che era l’unica ad essere di buon umore di fronte a quello svolgersi di eventi inaspettati.

“Manda un messaggio a Vibio, Crisso non è più in vendita!” Disse Batiato ad Ashur.

“Temo che l’accordo non possa essere....” tentò di negare lui “Me ne sbatto! Se dovesse sollevare questioni se la vedrà con me!” Gli rispose il padrone.

La gratitudine era uno dei pochi pregi che quell’uomo possedeva!

“Padrone....l’elfo è ferito gravemente!” Enomao sbucò da un corridoio facendo congelare le ragazze con una semplice frase. 

Hanna si guardò le mani, ancora sporche di sangue, terrorizzata all’idea di perdere il suo amato!

“Com’è possibile?” Chiese Quinto scioccato.

“Stava difendendo le ragazze dalle guardie ed il gallo ne ha approfittato!” Raccontò il Maestro esponendo velocemente i fatti.

“Dei del cielo! Non può morire! È l’oracolo degli dei, perderlo sarebbe un’onta imperdonabile!” Si preoccupò Batiato mettendosi le mani in testa e cominciando a camminare nervosamente in tondo.

“Voi!” Urlò indicando Hanna e Sara “Restate al fianco dell’elfo! Non lasciatelo se non per andare in bagno!” Ordinò e le ragazze obbedirono, per una volta veramente grate al loro padrone. Enomao le seguì.

“Ed ecco che arriva la serpe travestita da femmina!” Ringhiò Quinto vedendo arrivare Ilizia, giunta per assistere alla prova delle reclute.

“Non mi sarò persa l’esame finale?” Chiese eccitata prendendo le mani della padrona tra le sue.

“Cancellato purtroppo! A causa di un evento gravissimo!” Le rispose Lucrezia guardandola afflitta.

“Spartacus ed Azrael sono stati aggrediti!” Spiegò Quinto cercando di mantenere la calma.

“Aggrediti?” Domandò la patrizia romana apparendo scioccata.

“Dalla tua recluta, Segovax!” Continuò a spiegare la moglie.

“Che grande sventura!” Disse Ilizia con dispiacere.

“Si, ma per il tuo uomo!” Specificò Quinto dirigendosi verso la balconata.

“Mi dispiace, ma abbiamo dovuto punirlo in maniera esemplare!” Le confidò Lucrezia prima di affacciarsi assieme alla sua amica.

Il gallo era stato appena crocifisso ed il suo corpo era ricoperto da ferite causate dalle torture a cui era stato sottoposto.

“Spartacus è ancora vivo?” Chiese Ilizia sorpresa di vedere il gladiatore osservare Segovax con disprezzo, stando in piedi davanti a lui, in perfetta salute.

“Già!” Rispose Quinto atono.

“Ed Azrael?” Chiese Ilizia curiosa. “Non lo ha nemmeno sfiorato!” Mentì Batiato.

“Le torture non hanno sciolto la lingua di quello sporco infame! Non ti ha confidato niente durante il vostro incontro della notte scorsa?” Chiese Lucrezia anche se conosceva la risposta.

“No, questo è un mistero!” Ammise Ilizia sembrando molto turbata.

Nel piazzale l’attenzione generale venne distolta da quel pazzo ormai in fin di vita.

Crisso si avvicinò al trace fiducioso di essere tornato quello di un tempo. “Riguadagnerò la mia posizione campione!” Disse porgendo una mano a Spartacus.

“Accetto la sfida con piacere!” Rispose lui stringendo con forza la presa e cingendo l’inizio di un rispetto reciproco, nato grazie a quella fatalità.

 

*

 

Spartacus entrò nell’infermeria affliggendosi alla vista delle due ragazze che piangevano stringendosi in un abbraccio consolatorio.

L’elfo era disteso su di una branda che appariva minuscola in confronto alla sua stazza.

Il trace rimase ad osservarlo a lungo. Non l’aveva mai visto così vulnerabile e credeva che non sarebbe mai successo. Azrael aveva sempre avuto una carnagione molto chiara, ma ora era estremamente pallido, più del normale. Due cerchi neri gli circondavano gli occhi ed era talmente immobile da apparire morto!

Il medico era riuscito a fermare l’emorragia, ma non c’era la certezza che sopravvivesse!

Passato un tempo lunghissimo, Spartacus si avvicinò “Non l’ho mai visto di buon occhio.....” cominciò “...ma sappiate che i miei pensieri sono per lui! E non perdo la speranza che possa riprendersi!” Cercò d’incoraggiarle.

“S-sei qui per ucciderlo?” Chiese Hanna tirando su col naso “Perché dovrebbe venirmi in mente una pazzia del genere?” Chiese il campione scioccato.

“Fama?” Domandò la ragazza prendendo una mano dall’elfo tra le sue.

“Non ci sorprenderebbe se qualcuno ci provasse solo per accrescere la propria gloria....” Confessò Sara.

Spartacus si sedette su di uno sgabello dalla parte opposta del letto di dove si trovavano le ragazze “Non succederà!” Affermò “Vi prometto che nessuno oserà fargli del male!” Promise prima di rialzarsi.

“Perché lo fai?” Chiese Hanna confusa. Azrael non aveva mai avuto alcun tipo di rapporto con altri gladiatori a parte i suoi figli! Non c’era alcun debito da ripagare per costringere il trace a proteggerlo!

Spartacus si fermò sulla soglia della porta “Non lo faccio per lui!” Ammise “Io non ho potuto essere felice con la mia sposa.....” ricordò “....non desidero che altri provino il mio stesso dolore!” Confidò prima di uscire.

Dopo due giorni passati a sperare la situazione era rimasta invariata. 

Anzi, Thranduil bruciava di febbre.....

Enomao entrò con un sorriso triste sulle labbra.

“Da quanto lo conoscete?” Chiese curioso.

“Poco più di dieci anni!” Rispose Hanna immergendo nuovamente un panno nell’acqua fredda per poi poggiarlo sulla fronte di Thranduil.

“Quindi quando l’avete conosciuto eravate solo delle bambine!” Constatò il Maestro.

“Cosa vorresti insinuare? Eravamo delle giovani donne...e poi l’amore è sbocciato solo dopo molto tempo!” Rispose Hanna piccata.

Sara emise un verso strozzato, trattenendo a stento una risata, che si trasformò in una leggera tosse quando l’amica si voltò a guardarla, rossa di vergogna.

“Come siete riuscite ad avvicinarlo?” Continuò a chiedere Enomao.

“Fai queste domande per semplice curiosità o per avere qualcosa da usare contro di lui?” Domandò Hanna mostrando a pieno la sua sfiducia.

“È stato il nostro precedente padrone, Barahir, a mandarci nella sua cella per soddisfarlo!” Raccontò Sara omettendo molti dettagli e cambiando leggermente la storia.

“Parlavate già la sua lingua?” Chiese Enomao contento di essere stato in grado di ottenere delle risposte. Non gli piaceva dover scambiare per propria, la curiosità del padrone, ma lui avrebbe sempre eseguito gli ordini senza battere ciglio.

Però Batiato aveva ragione, con lui forse, si sarebbero aperte di più.

“Quando vai a letto con qualcuno devi tenere un discorso? No, perché questa mi mancava!” Rispose sfacciata Hanna.

Enomao rise “Non è un caso che ti abbia scelto. Sei forte ed hai molto carattere!” A parlare non fu lui, ma una figura minuta nascosta poco prima dell’entrata che si fece timidamente avanti.

“Io ti conosco! Tu sei Arudne!” Disse Hanna sperando di aver azzeccato il nome.

“Ariadne!” Sbagliato, come al solito! Anche Sara la riconobbe, era la ragazza vinta al gioco da Batiato contro al loro ex padrone Barahir! In passato era la schiava personale della figlia di un ricco commerciante di Pompei.

Da quando erano arrivate in quella casa non si erano frequentate molto, più impegnate a fare la guerra con Diona ed accattivarsi la simpatia di Naevia.

“Devo andare a seguire gli allenamenti!” Si congedò Enomao.

 “Che vuoi?” Chiese Hanna con il solito garbo “L’ora di pranzo è passata da un pezzo, ho solo pensato che poteste avere fame!” Si spiegò la ragazza.

“Pensiero giusto!” Disse Hanna afferrando una scodella piena di zuppa ed iniziando a divorarla. “Ti ringrazio!” Sara decise di esprimere gratitudine da parte di entrambe.

“È triste vedere che ora sia Naevia ad essere felice mentre voi no!” Tentò di rompere il ghiaccio Ariadne per non rimanere bloccata in quel silenzio imbarazzante.

“Che intendi?” Chiese Hanna con la bocca piena “Crisso stava per essere venduto a causa della sua lenta guarigione, ma dopo aver salvato Spartacus è potuto restare!” Rispose l’altra.

“Si, questo lo sapevamo!” La informò Hanna. “Sapete anche che Ilizia ha ucciso una patrizia romana? Licinia, la cugina di Marco Crasso!” Ad entrambe le amiche andò di traverso il pranzo.

“Quella è una serpe! Prima dubitavo su questo mio giudizio, ora ne sono certa!” Disse Hanna. “Sai perché abbia dato di matto?” Chiese Sara che moriva dalla voglia di conoscere l’intera storia.

Hanna non era dello stesso parere e decise di ignorarle per rinfrescare di nuovo la fronte rovente dell’elfo.

“La padrona le aveva promesso Crisso, ma si è ritrovata a letto con Spartacus!” Rispose Ariadne sussurrando e guardandosi attorno timorosa che qualcuno stesse ascoltando.

“No vabbe’.......i romani non parleranno che di questo per settimane...mesi! La moglie del legato Claudio Glabro a letto con l’uomo che stava per rovinarlo!” Disse Hanna per poi scoppiare a ridere. Questa notizia era una bomba che non poteva...non doveva essere ignorata!

“Licinia ha visto tutto....” “....e lei ha tolto di mezzo la testimone! Astuta!” Concluse Sara. Ariadne prese le ciotole vuote e si affrettò verso la porta ma prima che potesse uscire sentì la voce di Hanna “Puoi venirci a trovare quando vuoi!” Si voltò e vide Hanna che accarezzava delicatamente una mano dell’elfo stringendola tra le sue “Tanto non andiamo da nessuna parte!” Disse con uno sguardo afflitto.

 

*

 

Dopo un solo giorno Azrael si era svegliato ed Hanna e Sara si erano ritrovate a cantare “Never Give up” di Sia, seguita da movimenti di danza moderna, di fronte ad un elfo molto confuso.

 

And I won't let you get me down 

I'll keep gettin' up when I hit the ground 

Oh, never give up, no, never give up no, no, oh 

 

Thranduil sembrava ancora molto disorientato ed Hanna decise di rimandare i festeggiamenti.

“Ciao!” Gli sussurrò accarezzandogli la guancia delicatamente, sentendo il groppo in gola aumentare. Era salvo!

Sara era troppo concentrata a fare capriole e giravolte, lasciando loro un po’ d’intimità.

Thranduil avrebbe volentieri ceduto nuovamente all’oscurità, ma le lacrime di lei lo obbligarono a costringersi a restare sveglio.

“Qu'est-il arrivé?”(Cos’è successo?) chiese non sentendosi ancora lucido.

“Tu ne te souviens de rien?”(Non ricordi niente?) chiese Hanna preoccupata.

Lui sembrò pensarci su, poi i ricordi tornarono come un uragano.

“Ça va?”(Stai bene?) chiese non essendo certo di essere riuscito a rendere inoffensivo il nemico. Tentò di mettersi seduto, ma le ferite gli inviarono delle fitte lancinanti che gli permisero solo di muovere appena gli arti, prima di cedere.

“Calmez-vous, sinon vous risquez de rouvrir vos blessures!” (Calmati, o rischierai di riaprire le ferite!) lo avvertì Hanna poggiando delicatamente una mano sul suo petto.

“Le coq maudit a obtenu ce qu'il méritait!”(Il gallo maledetto ha avuto ciò che si meritava!) disse Sara una volta che si fu calmata a sufficienza da sedersi su di uno sgabello alla destra dell’elfo, di fronte alla sua amica.

“Ils l'ont torturé à mort!”(L’hanno torturato a morte!) raccontò con una vena di compiacimento.

“Un peu de satisfaction car ça t'a presque tué!”(Una piccola soddisfazione visto che ti ha quasi ucciso!) disse Hanna non riuscendo a mascherare la rabbia al solo ricordo di ciò che aveva rischiato di perdere.

Venne riscossa dai suoi pensieri dalla mano gentile di lui che accarezzava la sua.

Lo fissò negli occhi e sentì l’ira scemare in quello sguardo pieno d’amore.

Peter Jackson si era sbagliato. Non era il freddo sovrano che avevano visto nel film!

Era un elfo nobile, forte e gentile che le aveva rubato il cuore.

Hanna si chinò per rubare un piccolo bacio. I loro nasi strusciarono l’uno contro l’altro ed un sorriso fu sufficiente a togliere ogni dubbio. Sarebbe andato tutto bene.

Thranduil fece un grosso sospiro, prima di cedere nuovamente al sonno e le ragazze si abbracciarono. Contente, ora che un grosso peso era scivolato via dal loro cuore.

Ma se la situazione era migliorata per loro, tra le mura della villa si era consumata una tragedia. 

Il padrone aveva organizzato una sontuosa cerimonia per il figlio del magistrato Tito Calavio per il passaggio alla maggiore età.

Crisso e Spartacus, in quanto rappresentati delle vecchie e nuove glorie della casa di Batiato erano pronti ad esibirsi in duello in onore del giovane Numerius. Ma inaspettatamente il ragazzo aveva richiesto che fosse Varro l’avversario del campione. L’entusiasmo del giovane gladiatore si era spezzato così come la sua vita quando Numerius aveva decretato che il perdente andasse nell’oltretomba. Spartacus era stato costretto a fare qualcosa di orribile: uccidere un’amico!

“Non è facile vedere un’amico a cui si è voluto bene, giacere senza vita!” Disse Enomao vedendo come il campione osservava il corpo privo di vita, pronto per essere restituito alla famiglia del defunto.

“Non se lo meritava! La sua vita si è spezzata....per il capriccio di un ragazzo!” Rispose Spartacus pieno di dolore.

“Varro ha lasciato questo mondo da gladiatore e verrà ricordato per questo!” Lo incoraggiò il Maestro.

“No, lui era un buon padre, uno sposo devoto, un vero amico fra i nemici!” Lo corresse Spartacus non riuscendo a trattenere le lacrime.

Il giorno seguente Hanna e Sara furono felici di vedere Attico e Milo “Non siete ancora morti? Che peccato!” Li accolse Hanna occupata a cambiare le bende dell’elfo.

“Non creperemo fino a quando i romani non verranno travolti dalla nostra vendetta!” Sussurrò Milo. “È vero?” Chiese Azrael “Ne parlez pas la langue du Romains! Ils pourraient vous entendre!”(Non parlare la lingua dei romani! Potrebbero sentirti!) gridò Sara con concitazione.

“Non c’è nessuno capace di sentirmi.....ora invece si!” Rispose Azrael voltando lo sguardo verso la porta.

Due guardie entrarono portando di peso un incosciente Spartacus.

Lo stesero su un letto distante rispetto dove si trovava l’elfo ed il medico iniziò a medicargli una profonda ferita, inferta durante l’esibizione, che si era infettata.

Più in giorni passavano e più Azrael ritornava in forze.

Nel frattempo era giunta Mira una nuova schiava che sembrava aver legato molto con il campione, la quale affiancava il medico per prendersi cura del trace.

Quel pomeriggio Hanna si era addormentata al fianco dell’elfo mentre Sara riposava seduta su di uno sgabello poggiata con il busto sul letto.

Spartacus si svegliò di soprassalto ma Mira fu subito al suo fianco “Stai tranquillo! La febbre è finalmente passata!” Lo rassicurò. Lui si guardò intorno, fissando un altro uomo steso a dormire su uno dei letti dell’infermeria.

“Esci ed informami se arriva qualcuno!” Le ordinò lui “Ci sono le amanti....” “Fai come ho detto, per favore! Non sentiranno niente..!” La interruppe il trace. Mira decise di obbedire.

Spartacus alzò la maglietta dell’uomo addormentato, coricato su di un’altro giaciglio.

“Cosa fai? Cosa vuoi?” Chiese lui spaventato svegliandosi all’improvviso.

“Dimmi com’è andata! Parla!” Gridò il trace.

Azrael aprì gli occhi, destato dalle urla “La mia donna! Sura! La schiava che trasportavi da Napoli! Dimmi cosa le è successo!” Insistette Spartacus.

“Siamo stati attaccati....” tentò di dire il pover uomo trovandosi in difficoltà a causa del braccio premuto sul collo.

“E dov’è la ferita che hai riportato per difendere Sura?” Chiese il trace pazzo di dolore.

“Io ho eseguito solo gli ordini!” Tentò di giustificarsi. Il leggero movimento dell’elfo destò entrambe le ragazze che persero tutti i segni del sonno a tempo record, una volta notato cosa stava facendo il campione.

“Chi ha dato l’ordine di toglierle la vita?” Urlò Spartacus “Chi?!” Gridò.

“Bat...itato! Batiato!” Quelle furono le ultime parole del povero stolto che aveva servito fedelmente un uomo privo d’onore. Il rumore della porta fece abbassare le ragazze che finsero di dormire.

“Cos’hai fatto?” Chiese Mira scioccata.

“Aiutami a sistemarlo e non parlarne mai con nessuno!” Le disse lui prima di essere catturato dagli occhi verdi di Hanna che lo fissavano.

Rimasero a fissarsi per un tempo che parve lunghissimo, prima che il campione le si avvicinasse con fare minaccioso.

Azrael si mise a sedere di scatto fulminando il trace con lo sguardo.

“Hanno visto tutto!” Gli sussurrò nell’orecchio Mira notando con sorpresa che anche Sara si era destata.

“Non m’importa se lui vi protegge...” disse Spartacus rivolto alle ragazze “...dite una parola e sarete le prime a morire dopo Batiato!” Affermò sconvolgendo la sua compagna.

 

*

 

Finalmente Azrael si era completamente ristabilito. Mira le odiava ma questo era un dettaglio di poca importanza. Hanna e Sara erano impegnate a seguire Naevia, diventata improvvisamente schiva e riservata nei loro confronti. Stare lontane per poche settimane le aveva allontanate a tal punto? No, doveva esserci di più!

Il legato Claudio Glabro aveva tentato di umiliare Spartacus facendolo combattere contro sette uomini contemporaneamente, ma era stato costretto a ricredersi quando lui li aveva atterrati tutti con estrema facilità.

Ma quella piccola soddisfazione era stata sostituita dal terrore quando la padrona aveva scoperto la relazione tra Crisso e Naevia, cacciando la sua schiava dalla casa.

Si erano finalmente ritrovati assieme dopo tanto tempo e quella sera non l’avrebbero mai dimenticata.

“Patrocinio?” Chiese Sara “Avere la protezione di un legato aiuterà il padrone a salire nella scala sociale!” Hanna schiarii tutti i dubbi.

“È vero che se uno schiavo uccide il suo padrone, tutti gli schiavi vengono uccisi?” Chiese mettendo nuovamente alla prova l’amica.

“Si! Per questo è meglio se restiamo uniti! A morire saranno solo i romani!” Rispose Milo al posto di Sara.

“Una volta fuori potremmo andare a cercare Naevia!” Le rassicurò Attico.

“Avremmo dovuta proteggerla!” Protestò Sara afflitta “E come? Non sapevamo nemmeno che il padrone l’avesse concessa ad Ashur!” Tentò di consolarla Hanna.

“Ora anche Crisso ha qualcosa per cui sollevare la spada!” Disse Attico soddisfatto.

La porta della cella venne aperta, Spartacus entrò fissando l’angelo della morte con uno sguardo indecifrabile.

Hanna e Sara si allarmarono, ma non furono le uniche dato che Thranduil ricordava bene l’ultima minaccia fatta, dal trace, contro di loro.

“Non sono in cerca di una rissa” Tentò di allentare la tensione “La tua presenza afferma il contrario!” Urlò Attico alzandosi in piedi, consapevole di cosa fosse successo.

“Le fiamme divamperanno presto!” Disse Spartacus bloccando tutti sul posto.

“Di cosa stai parlando?” Chiese Milo eccitato e sicuro di conoscere la risposta.

“Non parlo di nulla!” Rispose il campione “Questo nulla mi suona come un piano di fuga!” Anche Attico era molto interessato dalla piega che il discorso stava prendendo.

Spartacus vide dei sorrisi malevoli dipingersi in volto alle ragazze, seguite dall’elfo una volta che ebbero tradotto le sue parole.

“Dimmi come questo niente potrà eludere le guardie di Batiato!” Lo provocò Milo.

“Esiste solo una via: ucciderli tutti!” Annunciò Spartacus.

 

 

*

 

“La nobile casa di Batiato rende grazie agli dei per le benedizioni che hanno voluto concederle ed anche per la presenza dei più stimati cittadini di tutta Capua. Unitevi a noi per celebrare il patrocinio concessomi dal legato Claudio Glabro” iniziò il discorso Batiato. I gladiatori erano disposti ordinatamente in fila sul piazzale, pronti a deliziare con un magnifico spettacolo gli ospiti, in onore alla celebrazione.

Tutti erano in catene, Azrael era stato ammanettato sia alle braccia che alle gambe, con catene che limitavano i suoi movimenti, ma se Spartacus fosse riuscito a convincere quel testardo di un gallo, non sarebbe stato un problema.

“Lui si scusa ma impegni al senato gli hanno impedito di essere qui con noi, ma ha voluto essere presente affidando le sue parole alla sua deliziosa sposa!” Disse il padrone ed Ilizia iniziò a leggere il discorso preparato dal marito.

“In onore a questo giorno glorioso, due leggende si affronteranno in uno scontro all’ultimo sangue. Senza pietà! Ecco a voi Crisso, l’indomito gallo!” Degli applausi accompagnarono la liberazione dalle catene del gladiatore “E chi oserà affrontarlo? Spartacus l’uccisore dell’ombra della morte!” Lo presentò Batiato.

Lo scontro iniziò, senza esclusione di colpi. Il gallo credeva ancora di potersi conquistare la libertà!

Ma proprio mentre la sfida sembrava all’apice Crisso tentennò. 

Azrael assottigliò lo sguardo, Spartacus aveva ragione: i padroni l’avevano drogato per lo scontro, condannandolo a morte!

“Vogliono ucciderti!” Sussurrò il trace verso il suo avversario “Se ti affidi a loro non rivedrai mai più Naevia!”.

Bastò uno sguardo tra Crisso e Spartacus per comprendere! Il gallo aveva deciso!

Hanna, Sara e Mira erano sgusciate via dalla balconata grazie al gran numero di ospiti che permisero di mascherare la loro assenza.

Andarono verso la porta che separava la palestra dalla villa. C’era una guardia a causa della protezione del legato, quindi finsero di essere lì per prendere da bere e di far cadere una brocca, procurandosi delle armi con i cocci dell’anfora.

Fu Mira, a menare il primo fendente, diretto alla gola dell’uomo, seguita a ruota dalle altre due che colpirono intenzionate a farlo morire il prima possibile.

Completata la prima parte del piano si diressero al portico che affacciava sullo spiazzo nel quale lo scontro stava avendo luogo.

Azrael le vide, coperte di sangue ma sorridenti. Non felici, determinate!

Era giunto il momento!

Anche Spartacus se ne accorse e prese una rincorsa diretto verso l’imponente casa.

Crisso si abbassò tenendo lo scudo sopra la testa, creando il primo gradino verso la libertà.

Con un urlo primordiale Spartacus saltò andando ad aggrapparsi alla ringhiera del balcone, affondando un colpo diretto al petto di Batiato.

La frusta del Maestro bloccò il colpo, permettendo al romano di scappare, seguito dagli ospiti.

Crisso recise la corda che ostacolava il trace, permettendogli di addentrarsi nella villa, per poi urlare ai suoi compagni “Uccidiamoli! Uccidiamoli tutti!” Questo fu sufficiente a far partire all’attacco tutti i gladiatori.

Le guardie presenti riuscirono a opporre una strenua resistenza che si rivelò vana quando Attico liberò Azrael.

L’angelo della morte usò la catena per togliere la spada ad una guardia trapassandola da parte a parte prima di passare a quella successiva.

Bloccò un uomo in procinto di uccidere un gladiatore, afferrandolo per la gola e sollevandolo di peso, poi con la spada lo trafisse al cuore facendolo morire con il terrore impresso sui lineamenti del volto.

“Grazie!” Disse colui che riconobbe come Duro. Lo ignorò e si buttò nella mischia.

Attico e Milo corsero a proteggere le ragazze quando le videro attaccare una guardia. Quelle due erano pazze!

Enomao bloccò Crisso furioso “Cosa stai facendo?” Chiese inorridito “Spartacus ci ha aperto gli occhi!” Gli rispose il gallo “Il trace è un bastardo maledetto!” Rispose urlando il Maestro “Questa casa è maledetta! Batiato ha fatto uccidere la sua sposa e la padrona mi ha condannato a morte perché mi sono innamorato di Naevia!” Gli spiegò nel tentativo di farlo ragionare.

“Questa casa rappresenta tutta la mia vita!” Disse Enomao più a se stesso che ad altri “Te l’hanno rubata la vita! Con menzogne ed inganni!” Urlò di rimando Crisso.

Il Maestro si arrese e decise di lasciarli fare inseguendo Ashur che gli aveva mentito!

Il padrone aveva ucciso Barca, come sostenevano le amanti di Azrael ed era certo che il siriano fosse la causa principale della morte dell’amico!

L’elfo raggiunse Hanna e Sara le quali, senza la minaccia delle guardie, si erano messe a fare una specie di danza della vittoria su di un tavolo!

“Non abbiamo ancora finito!” Le informò Milo, prima di inseguire gli altri che si stavano dirigendo verso le scale che conducevano alla villa.

Ilizia non ne poteva più. Aveva dovuto concedere il patrocinio a Batiato sotto costrizione di Lucrezia. Lei e suo marito erano stati ricattati grazie al suo sbaglio commesso con Licinia. Era il momento di pareggiare i conti.

Invece di chiamare le guardie, ordinò che l’uscita venisse bloccata, così che tutti i suoi problemi fossero tolti di mezzo da un pugno di schiavi ribelli!

“Amici, non è il caso di allarmarsi!” Tentò di rassicurare Batiato “In questo momento le guardie si staranno già occupando di....” venne interrotto dalle urla dei gladiatori penetrati nella villa.

I nobili signori iniziarono a correre da tutte le parti nel disperato tentativo di trovare una via di salvezza, in pochi cercarono di combattere gli schiavi....

“Dei del cielo....” sussurrò Lucrezia quando vide Azrael, privo di catene, sgozzare una delle ultime guardie ancora in vita “Andiamo via, scappiamo!” Disse Batiato afferrandole la mano e trascinandola in un corridoio, seguiti da Numerius e la madre.

Hanna frantumò una brocca in testa ad un nobile, non trovando altro da dire a parte “Quanto buon vino sprecato!”.

L’urlo di Sara la fece voltare e la vide rannicchiata in terra mentre un romano si apprestava a colpirla con un candelabro. Ma non riuscì a fare altro che minacciarla perché venne atterrato da Azrael. 

L’elfo lo uccise spezzandogli il collo con un potente calcio.

Thranduil fece alzare la ragazza ed appena Hanna si unì a loro, si diressero verso il salone principale dove sembravano essersi riuniti tutti dopo quel massacro.

Delle urla li fecero bloccare. “È Aurelia! La moglie di Varro!” Disse Hanna indicando la donna che aveva appena vendicato la morte del marito uccidendo il giovane Numerius.

Qualcuno si scontrò con l’elfo e lui fu rapido a puntare la spada al collo dello sciagurato. Per fermarsi appena si rese conto che era la ragazza venuta spesso a trovarlo quando era ferito.

“Ariadne!” La accolse Sara stringendola in un caloroso abbraccio.

“Cosa sta succedendo?” Chiese lei terrorizzata “Oh, giusto! Non ti avevamo informata!” Si scusò Hanna “Abbiamo iniziato una guerra contro i romani!” Spiegò.

Raggiunsero tutti gli altri e videro il trace, al centro di un salone, uccidere Quinto Lentulus Batiato.

“L’ho fatto perché era giusto!” Il campione iniziò a parlare “Troppo a lungo abbiamo sofferto a causa dei romani! Non sarà più così! Non assisterò più alla morte di un fratello per il divertimento dei romani! Non vedrò più un respiro spezzato a causa loro!” Disse Spartacus guardando Aurelia che sembrava aver finalmente capito che non avrebbe mai voluto uccidere Varro.

“So che non tutti lo volevate! Ma ormai è fatta e non si torna indietro! Andate per la vostra strada o unitevi a noi......ed insieme......faremo tremare Roma!” Urlò Spartacus appoggiato dalle urla concitate di tutti gli altri.

Era arrivata l’ora della vendetta!

*

L’amore sboccia e viene ostacolato!

La fama di Spartacus cresce! La vendetta alimenta pure le azioni dei romani.

Chi apprezza Ilizia?

Credevate mi fossi dimenticata di Ariadne? No! Chi se la ricordava?

Far stingere il loro rapporto in una situazione difficile lo renderà speciale!

Spartacus sa che deve favorirsi l’appoggio di Azrael, ma non cerca di stringere alcun legame! È giusto?

Cosa ne pensate?

La guerra è solo agli inizi! 

Commenti e consigli sono ben accetti!

A presto,

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Capitolo 11
*** Nessuno è obbligato a fare l’impossibile ***


La casa di Batiato era caduta.

Da settimane i ribelli terrorizzavano i cittadini di Capua sterminando qualsiasi gruppo di mercenari inviati dai romani.

Gli schiavi fuggiti dalla casa di Batiato si erano rifugiati nelle fogne sottostanti alla città. Un luogo dove il nemico non guarda è dove si sente più al sicuro!

“Altri otto romani, spediti nell’oltretomba!” Urlò Spartacus rientrato da un’altra sortita.

“Si evviva!” “Ce la faremo!” Degli esulti accolsero il trace “Gli faremo vedere chi siamo!” Forse con troppo entusiasmo.

“È tornato?” Chiese Spartacus rivolto alla sua compagna “Neanche l’ombra!” Rispose Mira afflitta.

Delle ulteriori grida attirarono l’attenzione.

“Rascos, dov’è Crisso?” Chiese Spartacus rivolto al gallo.

“È andato in cerca di Marcello, il bastardo che ha le prostitute” rispose il compagno.

“Vedo che avete da mangiare. Distribuite il cibo equamente fra tutti!” Ordinò il trace.

“Nient’affatto! I conigli devono cavarsela da soli!” Gli rispose Rascos furioso.

“Voi ne avete in abbondanza!” Fece notare Mira che per prima cosa, si preoccupava del benessere di tutti.

“Ci è costato fatica e sangue!” Protestò un’altro gallo.

“Potevate muovervi e andare a procurarvelo!” Lo sfidò Rascos.

“Dividetelo con equità! È l’ultima volta che ve lo chiedo!” Minacciò il trace.

Non passò molto prima che Rascos cedesse.

Spartacus e Mira si erano ritirati a parlare, in un luogo appartato, dei prossimi spostamenti che avrebbero fatto “Spartacus!” Quando la voce di Mira lo fece voltare e rimase senza parole per ciò che vide.

Azrael avanzava a grandi passi verso di lui. La spada legata in vita con le ragazze, Attico e Milo al suo fianco.

Subito dopo la fuga i cinque erano scomparsi ed il portatore di pioggia era convinto che non li avrebbe mai più rivisti.

“Vi credevo al di fuori della Repubblica!” Disse basito, rivolgendosi ad Attico ma restando di fronte all’elfo.

“Per perderci tutto il divertimento?” Chiese Milo sarcastico.

“Dove siete stati?” Domandò di rimando il trace.

“Abbiamo sterminato alcune truppe romane sporadiche! Giusto per ingannare il tempo......e studiare a fondo il territorio!” Rispose Attico.

“Come siete riusciti a non farvi scoprire? Un elfo non può passare inosservato!” Continuò a chiedere Spartacus stupefatto.

“Ed invece possono!” Lo contradisse Attico “Gli elfi sono in grado di conficcarti una freccia in fronte senza che tu te ne accorga, non prima di ritrovarti nell’aldilà!” Svelò Milo ricevendo una padellata in testa da parte di Hanna.

“Chiudi quella cloaca di bocca!” Lo riprese lei.

“Dove l’avete presa?” Chiese Mira indicando l’utensile da cucina, per niente contenta nel rivedere le ragazze “Un carro di passaggio! In un luogo molto distante da dove ci troviamo ora!” Rispose Hanna maneggiando l’oggetto come fosse una spada, prima di cercare un posto dove poggiare le poche cose che portava con se dentro ad un sacco. Coperte, armi, soldi rubati a cadaveri e del cibo, molto cibo che condivise subito con coloro che non erano in grado di impugnare una spada.

“Vi ringrazio! Per il cibo, ma soprattutto, per essere tornati!” Disse Spartacus con sincera gratitudine. Si voltò appena vide che l’attenzione dell’elfo era stata catturata da qualcosa alle sue spalle, o meglio, qualcuno.

“Sento che osi comandare i miei uomini!” Crisso era tornato.

“Gli ho solo ricordato i principi morali che ci accomunano!” Rispose il trace non infastidito dall’astio mostrato dall’altro.

“Gli parlerò! Sono tornati!” Disse il gallo indicando con lo sguardo Azrael ed i suoi figli.

“Si, e sono con noi. Porti notizie!?” Chiese Spartacus speranzoso.

“Marcello ha fatto un nome. Stasera parlerò con Trevius, lo schiavista!” Rispose Crisso. “Possiamo esultare allora!” Disse il trace sollevato che la meta fosse sempre più vicina.

“Il mio cuore esulterà quando avrò di nuovo Naevia fra le braccia! È da due mesi che siamo divisi!” Gli rispose il gallo.

“E tu credi alle parole di Marcello? Pronunciate frignando e con il coltello alla gola?” S’intromise Agron.

“Crisso andrà nel bordello di Arminio questa notte ed io sarò al suo fianco!” Decretò Spartacus.

“Ci facciamo comandare da quel gallo di merda?” Chiese Agron infastidito.

“Oh no!” Sussurrò Milo “Cosa c’è?” Chiese Attico allarmato “Sono d’accordo con il germano di merda!” Sibilò il celta inorridito.

“Io gli ho promesso di dargli una mano, voi no! Potete restare se non volete venire!” Disse Spartacus rivolto ai suoi uomini.

L’elfo li ignorò, andando a cercare le ragazze assieme ad Attico.

“Bene, allora io ed i miei compagni resteremo qui a fare la guardia!” Rispose Milo sedendosi in terra “Ti ringrazio!” Gli disse Spartacus venendo altamente ignorato.

“Sono con te!” Rispose Agron mostrando ancora una volta la sua lealtà “Io vado pazzo per i bordelli!” Gli si accodò un’altro gladiatore.

“Andare in città con tutti quei soldati è una follia!” Protestò Mira vedendoli partire.

“Esattamente come tutto quello che uno fa per conquistare una donna!” La fece tacere Agron prima di avviarsi.

“È una cosa che non ti riguarda!” Li bloccò Crisso.

“L’amore fraterno!” Commentò Milo.

“Ho dato la mia parola. La parola di un fratello, significa sangue e onore! Ricordi?” Domandò Spartacus non volendo tirarsi indietro.

“Andiamo a deliziarci con le urla di terrore dei romani!” Gli rispose il gallo contento.

 

*

 

L’assalto al bordello non durò molto. E poche ore dopo tornarono tutti, bagnati di sangue, feriti ma soddisfatti.

“Ha detto a sud?” Chiese Spartacus.

“Lontano dalle città. Dove si trovano numerose ville e case rurali!” Spiegò Crisso impaziente di partire per ritrovare il suo amore perduto.

“È stata venduta ad uno degli abitanti?” Chiese il trace ben sapendo che informazioni così dettagliate erano rare.

“No, se la sono passata uno dopo l’altro. Un dono di Batiato per assicurarsi l’appoggio per diventare edile!” Ringhiò Crisso pieno di rabbia.

“Quante guardie ci sono a protezione delle ville? Quante abitazioni ci sono? Come possiamo sapere dov’è Naevia? Dobbiamo essere cauti, per non rivelare la nostra posizione!” Tentò di calmarlo Spartacus.

“Tu che mi consigli cautela? È come se la tempesta dicesse alla brezza di calmarsi!” Lo derise il gallo.

“Dobbiamo riflettere sulle nostre azioni!” Continuò il trace imperterrito.

“Non c’è tempo per riflettere. Non l’abbiamo!” Lo contradisse il gallo dirigendosi verso gli altri per informarli della sua tremenda scoperta.

“Cosa intendi dire?” Chiese Spartacus confuso seguendolo.

“Con le sue ultime parole Trevius parlava di una grande legione in arrivo per sradicare la minaccia che rappresentiamo!” Confidò Crisso.

“Un esercito?” Chiese Milo sbucando da dietro un telo appeso per farlo asciugare.

Quella notizia aveva attirato l’attenzione di tutti così come il panico.

“Allora siamo condannati!” Si disperò un’altro schiavo.

“Se permetti, mi gratto le palle!” Gli rispose il celta.

Azrael si fece avanti e parlò per la prima volta da quand’era tornato. La sua voce, calma, profonda e minacciosa risuonò tra i corridoi delle fogne, apparendo come una maledizione per coloro che non ne comprendevano il significato.

"Si nous sommes unis, nous gagnerons, divisés nous succomberons!" Disse.

“Se siamo uniti vinceremo, divisi soccomberemo!” Tradusse Attico.

“Libereremo tutti gli schiavi sul nostro cammino!” Gli diede man forte Milo.

“Aspettavamo questo giorno. Qualcuno la temuto, altri l’hanno desiderato! Pochi ne colgono il significato profondo! Questo momento era fortemente voluto dal destino! Io ho fatto una promessa quando la casa di Batiato è caduta, che avremmo fatto tremare Roma! Uniti faremo vedere ai romani di cosa siamo capaci!” Iniziò a parlare Spartacus per infondere coraggio in tutti, trovandosi in accordo con le parole dell’elfo.

“Voi sarete quelli che tremeranno! Gli uomini di Glabro sono in numero sufficiente per sterminarvi! Il pretore farà un discorso al marcato all’alba per rassicurare la popolazione che verrete uccisi dal primo all’ultimo!” Li informò Enomao ricomparendo anche lui, dopo tanto tempo.

“Maestro!” Lo accolse Crisso entusiasta di vederlo sano e salvo.

“Non ho più diritto di essere chiamato così!” fisse affranto “Dove andrai?” Chiese il gallo abbattuto di vederlo così perso.

“Andrò nell’unico posto per un animale senza onore!” Rispose Enomao afflitto, prima di scomparire nuovamente in un cunicolo.

Un urlo interruppe il silenzio, ampliato dalle gallerie circostanti.

Spartacus e Azrael corsero verso l’origine delle urla trovando un Hanna sconvolta che parlava con se stessa mentre Sara la osservava, stordita dalla frequenza del grido e divertita dalla scenata.

“È ufficiale: Tolkien non sapeva di cosa cavolo stesse parlando! Era solo un pazzo a cui era partita più di una rotella! Ovviamente dovevamo farci notare.....Elros, Elrond, Arwen, Elladan ed Elrohir e tutti quelli venuti prima.... con nomi impossibili da ricordare..... non saranno soli! Be’ almeno mi consolo pensando che saranno i figli di Aragorn ad essere gli ultimi mezzelfi.....NO! Niente potrà aiutare! Ma perché adesso? Perché non dopo! Cioè.......per quale assurdo motivo le persone sono talmente rincoglionite da procreare nei momenti meno opportuni.......se credevo d’essere più sveglia mi ritrovo costretta ad ammettere il contrario e reputarmi una minorata mentale se paragonata.....” “Hanna?” Azrael interruppe quel fiume di parole, scioccato che la sua conoscenza sulla storia di Arda fosse così ampia.

“Sei finalmente uscita di senno?” Chiese Milo cercando di non ridere anche se non aveva compreso affatto il significato di tutte quelle parole.

"Non! Si j'ai l'air plus stressé que d'habitude, c'est à cause des hormones!"(No! Se sembro più svalvolata del solito è a causa degli ormoni!) rispose Hanna con improvvisa calma.

Poi si voltò di scatto verso Azrael “Je suis enceinte!"(Sono incinta!) sussurrò, la paura impressa nei lineamenti del viso.

 

*

 

Passate quattro settimane, si ritrovarono appostati al di fuori di una villa dove il gallo li aveva guidati. Spartacus aveva tentato di uccidere il pretore Glabro, rischiando di rimanere ucciso a sua volta. Solo l’intervento di Crisso aveva evitato una tale tragedia.

Erano stati visti in città e con sconforto avevano appreso la notizia che la padrona Lucrezia era ancora viva ed i pochi uomini mandati assieme ad Aurelia, per cacciare selvaggina e riprendere il figlio suo e di Varro, dalla casa romana dove era stato lasciato........ avevano trovato la morte per mano dei romani!

Aurelia, l’unica ancora in vita, era perita poco dopo a causa delle ferite e questo era riuscito a smuovere la coscienza di Spartacus che aveva abbandonato il proprio desiderio di vendetta, decidendo di seguire Crisso per ritrovare Naevia.

Ma per l’angelo della morte questo era niente in confronto alla scoperta di pochi giorni prima!

Per alcuni era stato scioccante, per altri un buon auspicio, per loro una benedizione.

Azrael sospirò stringendo forte a se la sua compagna.

“"Êtes-vous devenu plus câlin ou je me trompe?" (Sei diventato più coccolone o sbaglio?) lo derise Hanna felice di tali attenzioni.

"Ça te dérange?" (Ti da fastidio?) la provocò lui sorridendo.

"Mais comment diable l'avez-vous réalisé seulement maintenant?" (Ma come cavolo hai fatto a rendertene conto solo adesso?) li interruppe Sara.

"Peut-être parce que mon ventre était trop hémisphérique pour qu'il soit mou?" (Forse perchè la mia pancia era troppo emisferica perchè si trattasse di ciccia?) Scherzò l’amica accarezzandosi il ventre.

“Quand le cycle n'est-il pas venu pendant quatre mois? Ou quand tu es tombé malade il y a quatre mois?” (Quando non ti è venuto il ciclo per quattro mesi? O quando sei stata male quattro mesi fa?) chiese Sara per niente divertita.

“Environ! Semaine plus semaine moins! Il n'y a pas beaucoup de différence!”(Circa! Settimana più settimana meno! Non c’è molta differenza!) Specificò Hanna senza particolare preoccupazione.

“Je pensais que c'était du stress! Voyons voir si vous pouvez être plus aigu que moi!" (Credevo fosse lo stress! Vediamo se quando capiterà a te riuscirai ad essere più acuta di me!) si offese Hanna.

"Alors les elfes et les hommes peuvent s'accoupler!" (Quindi elfi e uomini possono accoppiarsi!) riuscì a salvare la situazione Milo prima che la litigata delle ragazze svelasse troppo presto la loro posizione, alle guardie poste a protezione della villa.

“Nous le faisons depuis des années! Quel genre de questions posez-vous?”(L’abbiamo fatto per anni! Che razza di domande fai?) rispose Hanna sorridendo nel sentire Thranduil irrigidirsi. Non era mai a proprio agio nel parlare di certe cose.

“C'est lent à comprendre! Vous devez être plus précis!”(È lenta di comprendonio! Devi essere più specifico!) la scusò Sara.

“Hawking a parlé!” (Ha parlato Hawking!) rispose Hanna offesa, capendo allora cosa volesse realmente chiedere Milo.

“Je n'ai pas compris ton humour, mais il me semble que je suis l'arriéré!”(Non ho compreso il tuo umorismo, ma sembra che sia io quello ritardato!) le rispose il ragazzo il quale non aveva mai sentito parlare di Hawking.

“La vérité fait mal, mais tôt ou tard, il faut y remédier!”(La verità fa male, ma prima o poi va affrontata!) lo derise sfrontatamente Hanna.

“J'essaye encore: les elfes et les humains peuvent-ils se reproduire? J'étais convaincu qu'appartenir à deux races différentes était impossible!”(Ci riprovo: elfi ed umani possono riprodursi? Ero convinto che appartenendo a due razze differenti fosse impossibile!) la curiosità vinse sull’orgoglio spingendo Milo ad ignorare il commento.

"C'est très rare, mais ça peut arriver!" (È molto raro, ma può succedere!) rispose Hanna.

“Vous aviez raison sur une chose tout en délirant à cause du choc. C'est le moment le moins approprié pour avoir des enfants!" (Su una cosa avevi ragione mentre deliravi a causa dello shock. Questo è il momento meno opportuno per fare figli!) Attico espresse il proprio pensiero apparendo estremamente preoccupato.

“Voulez-vous que je m'en débarrasse?" (Vuoi che me ne sbarazzi?) chiese Hanna infastidita.

“Bien sûr que non! Je n'hésiterai pas à le protéger, mais cette guerre peut durer des années! Nous devons trouver un endroit sûr pour vous!" (Certo che no! Non esiterò a proteggerlo, ma questa guerra potrà durare anni! Dobbiamo trovare un posto sicuro per voi!) si corresse Attico.

"Et partager le triste sort d'Aurelia?" (E condividere la triste sorte di Aurelia?) ricordò Sara con una nota di amarezza nella voce.

“Nous déciderons jour après jour. Pour l'instant je suis plus en sécurité à nos côtés!” (Decideremo giorno per giorno. Per ora sono più al sicuro al nostro fianco!) chiuse il discorso Azrael appena vide Spartacus dare il segnale per attaccare.

 

*

 

Furono silenziosi e letali come i felini quando attaccano la preda. 

Una volta dentro le mura della villa la loro copertura saltò. Le guardie erano numerose, ma non abbastanza esperte per tenere testa ad un gran numero di gladiatori.

Gli schiavi si fecero prendere dal panico ed iniziarono a scappare.

Una volta terminata la carneficina vennero fatti disporre tutti di fronte all’entrata.

“Che gli dei ci proteggano!” “Ci uccideranno tutti!” “Abbiate pietà!” Non avevano compreso che la possibilità di una nuova vita gli si era appena presentata.

“Calma, non vogliamo farvi del male. Cerchiamo coloro che si definiscono i vostri padroni! Un titolo privo di significato ai nostri occhi! Può essere così anche per voi, se è questo che volete! Potete scegliere: sottomettervi per sempre ai romani, o impugnare la spada e lottare per la libertà!” Si presentò il trace.

“E chi sei tu......” iniziò a deriderlo il patrizio romano prima di notare l’elfo dietro di lui.

“Sei Spartacus!” Comprese perdendo tutto il coraggio di qualche secondo prima.

“Chi è il padrone di questa casa?” Chiese Crisso impaziente di raccogliere ulteriori informazioni.

“Ce l’hai davanti!” Gli rispose il romano contento che l’angelo della morte lo stesse ignorando.

“Devo fare un discorso con te!” Disse Crisso prima di trascinarlo dentro la villa.

Quella notte si tenne una grande festa in quel rifugio ospitale che non puzzava quanto le fogne.

“Restate sempre vicino a noi!” Le avvertì Attico guardando i nuovi schiavi liberati con diffidenza.

“E perderci tutto il divertimento? Casomai sei tu che dovrai starci dietro!” Gli rispose Hanna prima di avvicinarsi ad un gruppo di schiave per presentarsi.

“Fa la dura, ma da quando quell’escremento d’orco l’ha aggredita è terrorizzata dagli estranei!” Disse Sara afflitta. Le catene dei romani non erano sparite! Non del tutto. Ci sarebbe voluto molto tempo!

“Non si direbbe!” Osservò Ariadne vedendo come appariva socievole l’amica.

“Perché gliel’ho fatto notare! Dille che non può toccare la luna e lei farà il possibile pur di smentirti!” Rivelò Sara affranta e divertita da un carattere che conosceva fin troppo bene.

 

*

 

Arrivata la sera trovarono una stanza abbastanza grande da poterli ospitare tutti, facendoli stare comodi.

“Da quanto non vedevo un letto!” Esultò Hanna facendoci le capriole sopra.

“Davanti a quello del padrone chiudevi gli occhi?” Chiese Sara non perdendo l’occasione per prenderla in giro.

“Uno con te non può parlare genericamente!....da quanto non dormivo su di un letto!” Si corresse l’amica “Io non l’avevo mai provato!” Rivelò Ariadne facendole tacere.

Di letti ce ne erano tre, come se il loro arrivo in quella casa fosse stato predetto e tutto sistemato appositamente.

Si addormentarono subito, mentre l’elfo ci mise molto a prendere sonno. Non si fidava dei nuovi schiavi liberati!

L’istinto non lo tradì, perché non molto tempo dopo appena era riuscito a prendere sonno, venne destato da un urlo e voci concitate.

Si alzò e facendo attenzione a non svegliare gli altri uscì dalla stanza.

Agron e Crisso stavano trascinando qualcuno in una stanza, che si dimenava emettendo versi animaleschi.

“Vuoi davvero addestrare questo bastardo?” Chiese Crisso fissando il siriano con odio. “Il ragazzo merita una possibilità!” Rispose Spartacus.

“Gliel’hai già data e lui ha tentato di ucciderti!” Protestò Crisso.

“Che gli dei mi perdonino, ma il gallo ha ragione!” Agron si mostrò in accordo con lui per la prima volta.

“Non ci si libera dalle catene in un giorno!” Puntualizzò Spartacus “Le sue non andavano spezzate!” Ringhiò Crisso.

“Se gli togliamo la vita, quale messaggio diamo? Che siamo come i romani?” S’impose il trace “Se ci prova ancora, lo ammazzo con le mie mani!” Crisso minacciò il ragazzo colpendolo in volto.

“E come addomesticherai il cane rabbioso?” Domandò Agron riluttante a offrire una seconda possibilità “Come Batiato ha fatto con me!” Rispose Spartacus.

“Allora stiamo tranquilli!” Disse Agron sarcastico.

Azrael si ritirò senza farsi notare.

Non sarebbero mai stati al sicuro. Gli umani erano imprevedibili e lui non cedeva facilmente la sua fiducia a chiunque incontrasse o per il semplice fatto che portasse un marchio di schiavitù!

 

*

 

“Attaccare un carro in pieno giorno. Solo noi possiamo essere tanto pazzi da farlo!” Commentò Hanna mentre ispezionava un cadavere in cerca di oggetti di valore.

Era trascorso poco più di un mese ed eliminando tre drappelli da ricognizione, scaricando i loro corpi altrove giusto per confondere i romani, erano riusciti a mascherare la loro posizione.

“Sto cercando una donna, di nome Naevia! È stata cacciata dalla casa di Batiato prima della sua caduta!” Iniziò ad indagare Crisso.

“Batiato? Allora tu sei Spartacus!” Chiese un uomo anziano facendo voltare tutti.

“Io mi chiamo Crisso! Spartacus è l’idiota alle mie spalle!” Gli rispose il gallo.

“L’angelo della morte!” L’uomo ne sapeva una più del diavolo. Anche se Azrael era l’unico elfo presente nella Repubblica.

L’elfo camminava tra i cadaveri come se fosse stata una gita di piacere. Crisso non l’avrebbe mai capito! Lo ignorò e riprese a chiedere informazioni agli schiavi liberati.

Agron si avvicinò al gallo timidamente “Naevia è morta!” Quell’affermazione gettò il cuore del gallo nella disperazione più profonda.

Tornarono alla villa.

Hanna e Sara piangevano silenziosamente straziate dalla notizia e nel vedere Crisso soffrire a quel modo.

“Je ne fais pas confiance au canard colvert!”(Io non mi fido del germano!) disse Azrael guardando sottecchi il ragazzo.

“Pourquoi devrait-il mentir?”(Perchè avrebbe dovuto mentire?) chiese Attico mentre si allontanavano dallo spiazzo principale.

“Parce qu'il ne tient compte que de sa vie!”(Perchè tiene in conto solo la sua vita!) rispose l’elfo prima di versarsi del vino in un bicchiere. Era disgustoso se paragonato a quello degli elfi, ma gli anni in catene lo avevano abituato a sopportare di tutto!

Persino un vino che sapeva di piscio!

“Bonne réponse! Je vais chercher de la nourriture. Je ne veux pas que vos doutes s'ajoutent à mes hormones folles!”(Bella risposta! Vado in cerca di cibo. Non voglio che i vostri dubbi si aggiungano ai miei ormoni impazziti!) disse Hanna asciugandosi le lacrime, divertita dal battibecco, prima di avviarsi.

“Nous devons être prudents! Ses sautes d'humeur sont devenues imprévisibles!”(Dobbiamo essere cauti! I suoi sbalzi d’umore sono diventati imprevedibili!) ammise Attico timoroso.

“Agrooon!” Un urlo interruppe la quiete, a quanto pare non era solo Hanna da cui dovevano guardarsi. Giunsero in un grosso spiazzo dove Spartacus divise il gallo ed il germano, impegnati in un violento corpo a corpo.

“Naevia è viva!” La voce di Crisso era cambiata nettamente.

“Nasir mi ha detto che è stata mandata nelle miniere!” Svelò il gallo.

“E allora? È come se fosse già morta!” Gli rispose Agron.

“Perché hai mentito?” Chiese Spartacus sconvolto “C’è in gioco la vita di Naevia!”

“E le nostre vite non valgono niente?” Urlò il germano “Crisso ci manderà tutti verso una morte certa....e solo per colpa del suo amore!” Si espresse Agron.

“Parleresti così.......se ci fosse tuo fratello al suo posto? Nessuno di voi desidererebbe essere liberato da coloro che considera dei fratelli? Sareste contenti se rimanessimo con le mani in mano a grattarci il culo mentre voi morite in catene?” Domandò Attico rivolto a tutti i presenti che si erano radunati, attirati dalla confusione.

“Tutte le vite hanno un valore! Ma se noi possiamo fare qualcosa....non me ne resterò con le mani in mano!” Ringhiò ritrovandosi ad un palmo di naso dal viso di Agron e riservandogli uno degli sguardi di fuoco appresi dal padre.

“Spartacus....” chiamò Attico “..mio padre guiderà i più deboli in salvo! Se ci muoviamo tutti assieme rischiamo che i romani ci scoprino ed annientino! Ma io verrò con te! Andrò con l’indomito gallo!” Urlò alzando un pugno verso il cielo.

La sua affermazione venne ben accolta dal campione e Crisso oltre che dal resto delle persone concordi, le quali esultarono felici.

“Cerca di tornare!” Gli disse timidamente Ariadne “Senz’ombra di dubbio!” Dissipò i suoi timori Attico per poi rivolgersi al padre “Protégez les!”(Proteggile!) Gli disse prima di scambiare un abbraccio affettuoso.

“Ariande est très intéressée par vous! Si vous survivez .... réfléchissez un peu!”(Ariadne è molto interessata a te! Se sopravvivi....facci un pensierino!) lo prese in giro Milo facendogli l’occhiolino.

“Va te faire foutre!”(Va a farti fottere!) Ringhiò Attico evitando lo sguardo.

“Ce pourrait être les derniers mots qu'il adresse à votre frère! Ils ne le seront pas! Va-t-il te baiser?”(Va a farti fottere? Potrebbero essere le ultime parole che rivolgi a tuo fratello!) lo riprese Sara sbucando alle sue spalle e facendogli prendere un colpo.

“J'ai tellement d'insultes à l'esprit et je n'ai pas l'intention de rater une telle opportunité en mourant comme un ver dans les mines!”(Non lo saranno! Ho in mente tantissimi insulti da lanciargli e non intendo perdermi un occasione del genere morendo come un verme nelle miniere!) disse Attico sorridendo prima di seguire Spartacus e gli altri.

 

*

 

“Siete fortunate voi!” Disse una biondina. “E tu chi sei?” Chiese Sara prima di addentare un pezzo di pane. Fame nervosa! Colpa di Attico!

“Di cosa parli?” Chiese Hanna incerta se sorridere o meno.

“Avete Azrael che vi protegge ed offre una posizione!” Disse con ammirazione Chadara. Una delle ex schiave di quella villa.

“Non credo accetti chiunque gli apra le gambe davanti! È suo?” Chiese indicando la pancia che ormai era ben visibile.

“No! E noi non stiamo con lui solo per un’accordo!” Rispose Hanna capendo che sbandierare la paternità del neonato non fosse la cosa più saggia da fare!

“Che tipo di patto avete stretto? Dite che mi accetterebbe nella sua alcova?” Chiese la ragazza con troppo entusiasmo.

“Te sto a ‘mbrutti!” Sussurrò Hanna livida di rabbia ed anche se non l’avrebbe mai ammesso, gelosia!

“È solo un animale! Credo che un sedere tondo e due seni sodi gli faranno cambiare idea!” Disse andandosene.

Sara, Ariadne ed Hanna  si scambiarono uno sguardo incerto, prima di seguirla.

Chadara entrò in una stanza e vide l’elfo con il figlio seduti su di un letto, intenti a costruire delle frecce.

I due si erano abituati agli sguardi curiosi degli altri, per questo la ignorarono.

La ragazza si lanciò verso l’elfo il quale reagì prontamente alzandosi in piedi di scatto e fermando l’incedere di quella piccola sfrontata. Delle imprecazioni precedettero la sua caduta, qualcuno l’aveva sbattuta in terra....

“In culo te c’entra, ma in testa no!” Hanna era furibonda!

“Me stai a sgara’ li cojoni!” Urlò Hanna “Non ti sopporto più!” Tradusse Sara.

Chadara non rispose, limitandosi a fissarla male mentre Azrael fissava le ragazze confuso dallo strano linguaggio della sua compagna. Ma aveva compreso le intenzioni della sconosciuta e non le aveva per niente gradite!

“Cos’è successo?” Chiese Agron giunto sin lì attirato dal rumore e dalle urla.

“È quello che mi sto chiedendo io!” Rispose Milo incerto se ridere o continuare a fissare la scena confuso.

“Wenn ich andere Frauen wollte, würde ich in ein Bordell gehen! Informiere die Sterblichen, bevor ich mich dazu entscheide!”(Se desiderassi altre donne, andrei in un bordello! Informa i mortali, prima che decida di farlo io!) minacciò l’elfo fissando il germano con uno sguardo che avrebbe fatto dubitare anche il più coraggioso degli uomini.

“Du sprichst meine Sprache!” (Parli la mia lingua!) realizzò Agron rimanendo senza parole.

Fortunatamente riuscì parzialmente a riprendersi  “Quante lingue conosci?” Chiese ancora sconvolto.

“Poni la domanda opposta, cioè quante lingue non conosce.....fai sicuramente prima!” Gli rispose Milo divertito dallo scambio anche se non aveva compreso una sola parola.

Nel frattempo le ragazze erano sparite, prese da un combattimento all’ultimo sangue.

“Io non ho un Azrael che mi protegge, ma state certe che risolverò questo mio problema il prima possibile e con l’unica moneta che possiedo!” Le minacciò Chadara con un sorriso beffardo in volto.

“Stai lontano da mio marito! Oppure ti farò vedere i sorci verdi!” Ringhiò Hanna.

“Costruisci il tuo futuro con le tue mani e senza aprire le gambe! Solo così potrai essere felice!” Le consigliò una più diplomatica Sara.

Chadara alzò il mento, infischiandosene delle sue parole e sparendo dalla vista.

“Si te cojo te sdrajo!” Sibilò Hanna facendo ridere l’amica.

 

*

 

Alle miniere le cose non erano andate affatto bene. I romani li stavano aspettando!

Era stato difficile sia entrare che uscire. Dopo tre settimane passati e controllare gli spostamenti delle guardie ed aspettare che la legione romana si ritirasse erano lo stesso caduti in trappola.

Erano riusciti nell’intento, Naevia era libera, ma molti compagni erano morti ed alcuni erano stati fatti prigionieri.

Spartacus correva veloce nonostante il peso di Nasir. Mira reggeva il ragazzo per l’altro braccio mentre Naevia ed Attico stavano al loro fianco.

Del voci li fecero voltare di scatto, ma a causa della nebbia non videro niente.

“Dov’è che sta l’avvoltoio?” Qualcuno chiese.

“Questa voce la conosco!” Osservo Mira felice “È Hanna!” Disse Attico cercandola con lo sguardo.

“Ehi geni! Ammirate il cielo azzurro!” Li chiamò Hanna.

Spartacus alzò lo sguardo e vide Azrael e tutti gli altri schiavi rimasti assieme all’elfo ed Agron, appollaiati sui rami degli alberi come....avvoltoi.

“Cosa fate lassù?” Chiese divertito nel vederli comportarsi come scimmie.

“Eludiamo il nemico!” Rispose Milo ritrovatosi a testa in giù, appeso ad un ramo con le gambe. La causa era di aver perso la concentrazione per un istante.

“I romani non guardano mai oltre il proprio naso! Ne sono passati decine sotto di noi senza accorgersi che li stavamo sputtanando col pensiero!” Disse Hanna con la sua solita eleganza.

La discesa risultò divertente, ma solo perché Azrael le aiutò, mentre le ragazze ammirarono e risero dei voli che alcuni fecero per mancanza di equilibrio, esperienza o semplicemente, cervello. Cioè, se un ramo è mezzo spezzato, tu non ti ci appoggi con tutto il peso!

“Oh, ma allora i romani non hanno sparso il tuo cervello sul terreno!” Urlò Hanna felice mentre si aggrappava ad Attico in un caloroso abbraccio.

“Vedi di smetterla! Non vorrai addolcirti troppo!” Le rispose lui contento nell’essere vivo e nel vedere tutto quell’entusiasmo.

“Ti mostrerò come ci siamo addolcite con l’addestramento di Azrael!” Rivelò Hanna.

Allo sguardo interrogativo di Attico Sara rispose mimando uno spadaccino che affondava il colpo “Vi state allenando con la spada?” Chiese esterrefatto.

“Siete gli unici superstiti?” Chiese Milo interrompendoli, vedendo che c’erano solo Mira, Naevia, Spartacus, un Nasir ferito e lui al posto del gruppo da venti uomini che aveva lasciato la villa. “I sopravvissuti sono stati catturati!” Disse Attico abbattuto.

Si avviarono verso le pendici del Vesuvio mandando alcuni dei più forti in esplorazione.

“L’idea degli alberi potrà tornarci utile!” Osservò Spartacus felice.

Agron tradusse nella sua lingua per l’elfo “È in grado di capirmi questo pezzo di merda!” Rispose Agron al suo sguardo interrogativo.

“Non ha mai mostrato di essere in grado di farlo!” Constatò sorpreso. Quell’elfo era veramente astuto!

“Credi che capisca quello che stiamo dicendo?” Domandò Agron infastidito da quel dubbio “Non penso. Hanna e Sara mi hanno detto che sono state costrette ad imparare la sua lingua per poter comunicare!” Rispose il trace.

“Non può capirvi se parliamo questa lingua!” Eliminò ogni dubbio Attico.

“Y a-t-il quelqu'un!”(C’è qualcuno!) la voce di Azrael gli fece alzare lo sguardo.

Spartacus avvertì dei passi e fece fermare l’avanzata.

Due dei suoi uomini sbucarono dietro da alcuni alberi.

“Ma come fa?” Chiese Agron infastidito dell’anticipo con il quale l’elfo li aveva sentiti arrivare.

“Abbiamo trovato qualcosa!” Lo informarono gli esploratori.

Un piccolo tempio circondato da mura, poco distante dalle pendici del vesuvio, pareva un ottimo rifugio.

“Un seul homme y vit!”(Un solo uomo lo abita!) Attico si premurò di tradurre le parole dell’elfo.

“Va bene, ora mi dici come fai!” Protestò il germano esplodendo.

“Diciamo che ha un udito fuori dal comune!” Rispose Milo sovrappensiero ricevendo l’ennesima padellata in testa da parte di Hanna.

“Questo ci darà molto vantaggio!” Disse Spartacus cercando di non fissare troppo Azrael, conscio che a lui desse fastidio.

Attico e Milo rimasero indietro con gli altri. Dovevano essere certi che non ci fossero romani!

Spartacus ed altri quattro uomini entrarono nel spiazzo davanti all’entrata del tempio con circospezione. L’elfo ed altri due uomini si addentrarono all’interno delle mura.

“Avremo un tetto sulla testa!....più o meno!” Osservò Agron notando le assi rotte e traballanti. Quel tempio era circondato da mura e caratterizzato da un largo spiazzo frontale. Anche il portico era ampio e sembrava possedere numerose camere scavate nella roccia.

“Ci riposiamo, e prepariamo la prossima mossa!” Gli rispose il trace guardandosi attorno.

“Non c’è nessun futuro per voi nel mio tempio, intrusi!” Li minacciò un vecchio incoccando una freccia e puntandola al petto del portatore di pioggia.

“Perdonaci! Pareva abbandonato!” Cercò di calmarlo Spartacus.

“E ora sapete che non è così! Andatevene!” Rispose l’uomo arrabbiato.

Dei rumori lo fecero voltare e la sua attenzione fu subito attirata da due occhi celesti, profondi come il mare.....che rispecchiavano una burrasca!

“Azrael.....l’angelo della morte!” Sussurrò con un’ammirazione fuori luogo.

“Tu sei Spartacus?” Chiese voltandosi di scatto verso il trace, incredulo “Allora gli dei non vogliono fottermi, questa è una benedizione!” Disse il vecchio abbassando l’arma e scoppiando a ridere. Lì invitò ad entrare e loro lo seguirono dubbiosi.

“Questo tempio è abbandonato da anni ormai, ma sarò felice di condividere le poche cose che possiedo!” Disse l’uomo poggiando il mantello e l’arco su di un tavolo, prima di porgere a Spartacus un’anfora.

“Accetti il vino da un romano bastardo?” Chiese Agron ostile.

“E tu che cosa sei? Un gallo a giudicare dalle belle maniere!” Lo derise il vecchio.

“Non sono un fottuto gallo. Mi chiamo Agron, sono un germano!” Gli rispose lui.

“Io sono Lucio, romano, della famiglia dei Celi. Molto piacere testa calda!” Lo salutò non apprezzando le maniere del giovane.

“Cosa ci fai qui?” Chiese Spartacus.

“Un tempo vivevo un’altra vita. Aveva una casa, una famiglia. Silla mi ha portato via tutto....un romano ha marciato contro il suo stesso popolo e contro chiunque tentasse di ostacolarlo!” Gridò furioso al solo ricordo del suo passato.

“Accade lo stesso agli schiavi!” Fece notare il trace.

“Ne ho avuti anch’io!” Rispose Lucio in difficoltà e con sorprendente vergogna “Se lo ritieni offensivo, prendi la mia vita!” Disse porgendo una lancia a Spartacus.

“Eri contento, quando hai visto Azrael e sentito il mio nome!” Notò il trace con soddisfazione. 

Lucio lanciò uno sguardo all’elfo che vacillava tra la paura e l’ammirazione “Tutti coloro a cui volevo bene, sono stati uccisi dai romani. Quello non è più il popolo a cui appartengo!” Affermò con rabbia “In compenso, chiunque mi aiutasse ad ottenere vendetta diventerebbe un fratello!” Confessò volgendo lo sguardo sul campione.

“Se avessi saputo che stavate arrivando, avrei riempito questo posto di scorte!” Disse con entusiasmo.

“Vi credevo morti nelle miniere in Lucania!” Lucio era felice che le notizie si fossero rivelate false “Dove l’hai sentito dire?” Chiese il trace sorpreso.

“Nei vicoli di Napoli esultano per la vostra imminente sconfitta!” Rispose il romano 

“I sopravvissuti moriranno nell’arena. Uno di loro è conosciuto come l’indomito gallo!” Li informò.

“Crisso è vivo!” Esultò Naevia facendo prendere un colpo a tutti tranne che Azrael, l’unico ad averla sentita arrivare.

“Fino a domani! Quando lo condanneranno a morte nell’arena!” Le rispose Lucio.

 

*

 

“Possibile che io abbia sempre fame!?” Si lamentò Hanna “Una vita immortale sta crescendo nel tuo ventre! Cosa ti aspettavi?” Chiese Sara mentre poggiava in terra la legna raccolta.

“Be’ a parte il gonfiarsi come un pallone, devo dire che il seno è un punto a favore!” Osservò Hanna mettendo le mani sui fianchi e la pancia in bella mostra.

“Spartacus vuole attaccare l’arena di Capua!” Sussurrò Milo con fare concitato.

Azrael si strozzò con l’acqua che stava bevendo.

“Ci voleva un’idea sconsiderata di Spartacus per farti sussultare?” Chiese Hanna divertita dall’aver potuto vedere l’elfo in un tale stato.

“Bene! Rischiare di morire ti fa vivere meglio!” Affermò Attico che già si godeva il momento.

Ariadne tremò a quell’affermazione.

“La piantate!” Urlò Sara “Di fare cosa?” Chiesero in coro i fratelli.

“Vi ho visto pomiciare! Smettetela di recitare la parte dei perfetti sconosciuti!” Li accusò la ragazza indicando Ariadne ed Attico con un dito. Sulle loro facce si dipinse l’espressione di due bambini colti a rubate marmellata!

“Mi hai ascoltato?” Domandò Milo prima di iniziare a ridere e scappare per sfuggire all’ira del fratello “Ti consegnerò ai romani se non chiudi quella cloaca di bocca!” Urlò Attico travolgendo qualcuno nella sua folle corsa.

“Quei due formano un duetto comico!” Rise Sara “Devi dirci tutto!” Disse Hanna trascinando la povera Ariadne per un braccio, alla ricerca in un posto abbastanza riservato per spettegolare in santa pace.

Il giorno seguente erano tutti pronti, quasi tutti.

“Dois-je rester ici? Essayez d'arrêter” (Devo restare qui? Prova a fermarmi!) Azrael era furibondo.

“Sei un elfo! Ti noterebbero subito e la nostra copertura salterebbe ancora prima di aver messo piede nell’arena!” Tentò di farlo ragionare Spartacus.

“Père, écoute-le! Tu dois protéger ....”(Padre, ti prego, ascoltalo! Tu devi proteggere....) tentò Attico.

“Je pourrais vous dire la même chose pour votre femme!”(Potrei dirti la stessa cosa per la tua donna!) rispose lui.

“Ce n'est pas ma femme!” (Lei non è la mia donna!) lo contraddisse il figlio.

“Amoureux?”(Amante?) tentò Milo.

“Je vous ai dit que vous n'avez pas à perdre votre souffle!” (Ti ho detto che non devi sprecare fiato!) Ringhiò Attico rifilando un’occhiataccia al fratello.

“Se noi soccomberemo tu sei l’unico che potrà guidarli!” Disse Spartacus.

“Je ne suis pas un humain!” (Non sono un umano!) il figlio tradusse.

“Questo non....” “Et je ne vais pas me mettre en charge d'un groupe de mortels!”(E non ho intenzione di mettermi a capo di un gruppo di mortali!) aggiunse gelido.

“Ma tu sei nato stronzo?” Chiese Agron reso furioso dal fatto che qualcuno sfidasse l’autorità di Spartacus. Anche se al momento, era l’unico che potesse farlo!

“Faites comme ils disent!”(Fai come dicono!) intervenne Hanna sbucata dal nulla.

“S'il vous plaît!” (Ti prego!) insistette quando vide che il suo sguardo era pieno di determinazione.

“Si nous vous perdons tout, nous serons trompés!“ (Se vi perdessimo tutti saremmo spacciate!) Azrael sgranò gli occhi sentendosi in colpa per aver permesso alla sete di vendetta di prevalere sull’amore che lo legava a lei.

“Vous pourrez bientôt combattre les Romains en plein champ!” (Presto potrai combattere contro i romani in campo aperto!) disse Hanna fiduciosa.

“S'il vous plaît!” (Ti prego!) tentò di nuovo vedendolo incerto.

“Je déteste les doublons!” (Odio le suppliche!) rispose lui infastidito ma divertito di come lei tentasse di manipolarlo.

“C'est peut-être pour ça que je les aime tellement!” (Forse è per questo che a me piacciono tanto!) rifletté Hanna come se l’avesse compreso in quel momento.

Azrael l’abbracciò voltandosi e chinando leggermente il capo verso Spartacus per fargli capire che avrebbe fatto come gli veniva richiesto.

 

*

 

“Sono tornati!” “Le nostre preghiere sono state ascoltate!” Le grida di giubilo accolsero Spartacus ed i suoi.

“Femminucce!” Commentò Hanna di fronte a quelle esclamazioni di gioia.

“La fottuitissima arena è crollata, facendo finire i porci romani in cenere!” Gridò Agron con entusiasmo alzando un pugno al cielo.

“Una situazione del genere mi fa venire in mente Kick Ass, di Mika! Il testo è molto azzeccato!” Commentò Sara prima di rendersi conto che stava parlando da sola.

Le sue amiche si erano dirette verso il povero Enomao che appariva mezzo morto mentre due uomini lo trascinavano di peso all’interno del tempio.

“Enomao è forte! Si riprenderà e spero che decida di abbracciare la mia causa!” Disse Spartacus rivolgendo le prime parole a Gannicus.

“La tua causa?” Lo derise l’altro.

“Tu sfideresti anche la potenza di giove con quattro schiavi! Voi siete solo una leggera brezza nella tempesta!” Gannicus era perso, esattamente come quando aveva lasciato la casa di Batiato.

“Dimentichi che l’arena ti è caduta in testa!” Ricordò Mira.

“Roma è molto più solida di una piccola arena! Io non andrò incontro alla morte!” Urlò Gannicus.

“Perché ci hai aiutato allora?” Domandò Spartacus.

“Non confondere i favori con i debiti in sospeso, lo dovevo ad Enomao! Se non fosse per questo, non saremmo qui a parlare!” Si difese Gannicus.

“Come puoi fidarti di lui!” Chiese Mira sospettosa vedendolo allontanarsi infastidito.

“Nasir ha tentato di uccidermi ed ora è un valido alleato. Forse anche lui un giorno sarà degno della mia fiducia!” Rispose Spartacus certo di quello che diceva prima di andare a discutere il piano d’attacco.

“Sotto di noi passano delle gallerie!” Constatò Spartacus rimirando una mappa.

“Se le unissimo al tempio avremmo una via di fuga!” Disse Agron.

“Impedendo che i romani ci intrappolino dentro!” Comprese Attico illuminandosi.

“Pochi uomini armati potrebbero trattenere i romani dando il tempo agli altri di scappare!” Osservò Lucio “Quanti di voi usano arco e frecce?” Chiese.

“Non sono armi richieste nell’arena!” Rispose Agron burbero.

“Ora non siete più nell’arena. Oppure credi che le spade crescano sugli alberi?” Gli rispose a tono Lucio.

“Mio padre è praticamente nato con l’arco in mano!” Disse Milo comparendo all’improvviso, facendo intendere che aveva origliato l’intera conversazione.

“Tuo padre?” Chiese Lucio confuso, non aveva notato alcun uomo a cui somigliasse!

“Azrael! Mi ha cresciuto ed addestrato!” Rispose Milo godendosi a pieno lo stupore del romano “Mentre eravate nelle miniere ci ha iniziato ad addestrare, sia con l’arco e le frecce, sia nel salire sugli alberi!” Continuò a spiegare Attico che si trovava accanto al fratello, con Hanna.

“A cosa vi servirebbe un’abilità del genere?” Domandò Agron che stava per ridere.

“Per osservare il territorio, attaccare avendo un vantaggio, nascondersi.....hai l’imbarazzo della scelta!” Chiarì i dubbi Milo per poi ritrovarsi a fissare Hanna che lo guardava sorridendo. Non riuscì a ricambiare il sorriso, prima di chiedersi perché lei fosse felice “Cosa?” Domandò confuso “L’hai chiamato padre!” Fece notare lei euforica. 

In quegli anni Milo non l’aveva mai chiamato così, ma non aveva nemmeno smentito le fantasie dei romani che sostenevano fosse un bastardo dell’angelo della morte.

Il ragazzo sbuffò infastidito, liquidando la cosa con un’alzata di spalle.

“Vai a Napoli e cerca di scoprire quali navi di schiavi sono in arrivo!” Ordinò Spartacus ad Agron “Dobbiamo aumentare di numero!” Spiegò prima di uscire dal tempio.

Era abbastanza certo che Gannicus non li avrebbe traditi, ma quel minimo dubbio non lo faceva stare traqnuillo!

“Ho già visto quello sguardo! Lo riservavi a me, quando eravamo ancora schiavi nella casa di Batiato!” Gli disse Crisso avvicinandoglisi.

“Vi siete conosciuti là. Anni prima del mio arrivo! Cosa pensi di lui?” Chiese il trace.

“Un grande campione, come noi!” Rispose sincero il gallo e con un po’ di ammirazione.

“Ha espresso molti dubbi sulla mia causa!” Gli fece notare Spartacus.

“L’abbiamo fatto in molti! Sono certo che riuscirai a convincerlo!” Lo rassicurò Crisso.

 

*

 

Passò un mese. Per cercare di allentare la tensione Spartacus decise di andare a caccia in compagnia di Gannicus. Conoscerlo di più gli avrebbe permesso di calargli il velo dagli occhi!

“Tu sei un uomo libero. Perché ti trovavi nell’arena, pronto a trucidare i tuoi fratelli? Cosa ti ha spinto? Una lauta ricompensa?” Chiese interrompendo il silenzio scomodo che era caduto appena avevano lasciato le mura del tempio.

“Che non avrò mai, per perché vi ho lasciato vivere! Ed a causa vostra ho perso il mio rudio, prova inconfutabile che io sono un uomo libero!” Gli rispose l’altro irato.

“La libertà non è un pezzo di legno da lanciare ad un cane obbediente!” Fece notare il trace.

“Noi siamo gladiatori. Quello che meritiamo è una morte onorevole!” L’altro espresse il proprio pensiero.

“Io ero un uomo libero! Vivevo in Tracia, con una sposa!” Iniziò a raccontare Spartacus “Che ne è stato di lei?” Chiese Gannicus.

“Batiato l’ha fatta uccidere! Ed io gli ho tagliato la gola!” Rispose il trace soddisfatto.

“Hai pareggiato i conti!” Constatò l’altro.

“È stato Glabro a condannarci alla schiavitù ed io non sarò soddisfatto, fino a quando  non l’avrò privato della vita!” Confessò il trace.

“È questo il motivo? È per questo che centinaia di schiavi vengono crocifissi ogni giorno se solo osano sussurrare il tuo nome?” Chiese Gannicus inorridito.

“Per amore! Il più alto degli ideali!” Gli rispose a tono il trace.

“Che ha rovinato più di un uomo! Preferisco cacciare da solo!” Chiuse il discorso Gannicus addentrandosi nel bosco.

Ma quando credeva di poter restare da solo con i suoi pensieri, una voce lo fece voltare di scatto.

“Le passé ne vous décevra pas!”(Il passato non ti da tregua!) Azrael sbucò da dietro un’albero assieme ad Attico che sembrava essere presente solo per tradurre le parole del padre. Non li aveva sentiti arrivare! Come avevano fatto a coglierlo di sorpresa?

“Non credevo mi avresti mai rivolto la parola!” Lo salutò.

“Ne soyez pas esclave!”(Non esserne schiavo!) lo ammonì l’elfo.

“Come pretendi di comprendere?” Chiese Gannicus furioso. Odiava le ramanzine!

“Je vis depuis plus de onze mille ans! J'ai vu naître et tomber des royaumes d'hommes!”(Ho vissuto per più di diecimila anni! Ho osservato regni degli uomini nascere e cadere!) disse Azrael facendo prendere un accidente ad Attico “C'est toi qui ne sais pas de quoi tu parles!”(Sei tu che non sai di cosa parli!) gli disse con un accenno di rabbia.

“Sei così vecchio? Avevi una famiglia?” Tentò di sviare l’argomento.

“Vous changez de sujet!”(Stai cambiando discorso!) ma l’elfo se ne accorse subito.

“Neanche tu hai accettato il tuo di passato!” Tentò di attaccarlo Gannicus.

“Vous avez tort! C'est la peur d'avoir perdu mon fils pour toujours qui ne me fait pas reculer! Ce qui n'est pas le résultat de nos choix nous tourmente. Mais je crois que la dette avec Oenomaus concerne les désaccords que vous avez créés de vos propres mains!”(Ti sbagli! È la paura di aver perso per sempre mio figlio a non farmi voltare indietro! Ciò che non è frutto delle nostre scelte ci tormenta. Ma credo che il debito con Enomao riguardi dei dissapori che hai creato con le tue mani!) Gannicus trasalì, ma si rirpese in fretta, intenzionato a non demordere “Hai un figlio?” Chiese.

“Je ne sais pas. Ce dont je suis sûr, c'est que je protégerai celui qui arrive de toutes mes forces!”(Non lo so. Quello di cui sono certo è che proteggerò quello in arrivo con tutte le mie forze!) Rispose Azrael.

“Le tue amanti....” comprese Gannicus “Hanna!” Puntualizzò Attico.

“Anch’io ho amato una donna ed è stata la mia condanna!” Rivelò Gannicus.

“Pourquoi ce n'était pas le vôtre! Melitta?”(Perché non era la tua! Melitta?) cercò d’indovinare l’elfo. Niente gli sfuggiva, neanche le occhiate che i due si erano scambiati poco prima della prematura scomparsa di lei!

“Tua moglie sarebbe contenta nel sapere che la tradisci? Non sei diverso da me!” Lo attaccò il giovane.

“Je ne peux plus le faire. Elle est morte!”(Non può più farlo. È morta!) rispose l’elfo atono. L’imbarazzo colse il giovane, ma durò poco.

“Enomao non mi perdonerà mai!” Gannicus decise di dargliela vinta urlando di rabbia.

“Il le sera. Soyez patient et donnez-lui du temps!”(Lo farà. Sii paziente e dagli tempo!) disse Azrael sorridendogli per la prima volta.

“Hanna e Sara sono fortunate ad averti!” Rispose Gannicus contento di non essersi sbagliato: era veramente una persona.....elfo unico!

 

*

 

Sara sospirò affranta. Quella mattina appariva come tutte le altre.

Enomao era ferito gravemente......sarebbe morto anche lui! I romani presto avrebbero attaccato!

La paura si trasformò in felicità appena vide una coppia riunita: Crisso e Naevia erano finalmente assieme. Naevia si stava lentamente riprendendo dall’esperienza traumatica passata grazie al gallo. Sara sorrise speranzosa di riuscire a trovare anche lei l’anima gemella, in futuro. Alzò lo guardo e li vide.........impegnati a......baciarsi appassionatamente.......

“Eh niente! Anche se mi allontano da voi, resto sempre la terza incomoda!” Protestò Sara raggiungendo le sue amiche.

“Cosa state facendo?” Chiese quando le vide intente a legarsi i capelli.

“Azrael vuole insegnarci a tirare con l’arco!” Spiegò Ariadne entusiasta.

“Io sono la prima!” Urlò Sara vedendo l’elfo ed i suoi figli in procinto di uscire, correndo verso di loro. Non serve dire che iniziò una gran bella litigata!

“Non c’è nessuno in grado di ascoltarci!” Diede il via libera Attico appena si furono addentrati a sufficienza nel bosco.

“E con questo cosa vorresti dire?” Chiese Sara che tentava già d’incoccare una freccia con uno degli archi di Lucio.

“Che posso parlare la lingua di Ariadne senza costringere Attico a tradurre!” Rispose Azrael facendo prendere un colpo alla ragazza.

“È un segreto e desideriamo che rimanga tale!” La pregò Hanna.

“Certo! Non dirò niente promesso!” Rispose Ariadne commossa di fronte a quella dimostrazione di fiducia.

“Per prima cosa dovete porvi perpendicolarmente al bersaglio ed alla linea di tiro, mettete la vostra gamba dominante in avanti!” Spiegò l’elfo mostrando la posizione stando di fronte ai suoi allievi.

“Ma cosa succederebbe se gli rispondessi che entrambe le mie gambe sono remissive, come Sheldon in Big Bang Theory?” Si chiese mentalmente Hanna.

Azrael porse a tutti e cinque un’arco.

“E questi dove li hai trovati?” Chiese Sara confusa. Era certa che nella villa vi fossero solo lance, spade e scudi! Ed i pochi archi forniti dal romano li stavano già utilizzando altri, lei era riuscita a procurarsene uno solo perché nessuno osava dirle di no!

“Li abbiamo costruiti mentre lui e gli altri tentavano il suicidio nelle miniere!” Rispose Milo osservando con ammirazione il suo arco. Le intagliature nel legno erano meravigliose! Come poteva non aver notato il padre che le faceva?

“Sai costruire gli archi?” Chiese Hanna basita. Azrael la guardò infastidito “Credevi non ne fossi capace?” Domandò.

“Ero convinta che non ti fossi mai piegato a fare lavori manuali, correndo il rischio che una scheggia avrebbe potuto rovinare le tue mani perfette!” Lo prese in giro lei.

“Perché non avrebbe dovuto farlo?” Chiese Ariadne confusa.

Dandosi della cretina, Hanna tentò di correre ai ripari il più presto possibile “Dopo esserci messe di fronte al bersaglio dobbiamo osservarlo?” Chiese provocatoria.

“Ponete i piedi a forma di T!” Continuò l’elfo mostrando la posizione, ignorando l’ultima domanda “Ed incoccate la freccia! La corda va tenuta delicatamente con tre dita! Rimanete rilassati!” Disse avvicinandosi agli allievi e correggendo qualche piccolo errore.

“Il vostro gomito dovrebbe essere parallelo al suolo. Osservate lungo l'asse della freccia per prendere la mira. Tendete la corda verso il viso fino al "punto di ancoraggio". Questo punto si trova in corrispondenza del mento, della guancia, dell'orecchio o dell'angolo della bocca. Questo sarà il vostro punto di riferimento, e deve essere lo stesso per ogni tiro. Fate attenzione a non rilassarti troppo e non tendete la corda oltre il punto di ancoraggio o ne risentiranno sia la potenza che la precisione!” Illustrò Azrael camminando fra i principianti ed osservando minuziosamente le loro posture.

“Per rilasciare la freccia basta rilassare le dita della mano che tendono la corda....” disse l’elfo. Quattro frecce partirono sibilando nell’aria. 

Una cadde in terra quando fu l’arco a muoversi e finire in faccia ad Hanna.

“Ho detto, la mano che tende la corda!” La riprese Thranduil non riuscendo a trattenere una leggera risata che terminò appena vide Hanna fissarlo terrorizzata.

Lo sguardo di lei si spostò verso il basso e notarono una pozza aprirsi tra le sue gambe “Le acque!” Sussurrò la ragazza con incredulità.

L’elfo le fu subito accanto, sollevandola delicatamente fra le braccia ed iniziando a correre verso il tempio.

 

*

 

Entrarono nello spiazzo principale come degli uragani.

Spartacus si fece loro incontro “Avete incontrato dei romani?” Chiese ricevendo in risposta il grido di Hanna ad una contrazione.

“È in travaglio!” Urlò Sara pentendosene subito appena vide tutti fissarli.

Il portatore di pioggia seguì l’elfo fin dentro al tempio.

Lucio sistemò una coperta su di un tavolo mentre la schiava più anziana della casa di Batiato cercava di rassicurare la ragazza non avendo il coraggio di far uscire gli uomini.

“Respira, fai respiri profondi assieme a me!” La incoraggiò la signora.

“È troppo presto!....manca ancora un mese! Perché così in anticipo?” Si disperò Hanna. Una mano gentile le accarezzò la guancia facendole voltare la testa verso due iridi blu profonde come il mare.

“Notre fils est impatient de venir au monde! Je resterai à tes côtés pour pouvoir l'accueillir dans nos bras!”(Nostro figlio è impaziente di venire al mondo! Resterò al tuo fianco per poterlo accogliere tra le nostre braccia!) Thranduil riuscì a calmarla con una semplice frase ed uno sguardo pieno d’amore.

Quel momento così romantico venne interrotto da una contrazione ancora peggio dell’ultima. Hanna urlò.

“Hai delle coperte?” Chiese Sara rivolta a Lucio “Certo seguimi!”.

“Milo va a prendere dell’acqua, non possiamo lavarlo con quella gelida!” Disse Attico prendendo una pentola di ferro ed il fratello obbedì senza obbiettare.

Spartacus dovette andare all’entrata per contenere la folla di curiosi che si accalcava. Come sarebbe stato il figlio di un elfo?

Hanna soffriva terribilmente, se ripensava al racconto di un amica di sua madre le veniva voglia di mandarla al rogo“Non ho sentito niente!” Come no!

“Possi campà quanto ‘na scoreggia!” Pensò Hanna maledicendo quell’imbrogliona!

“Mai più. Mai più, lo giuro… non te la darò MAI più!!!” Un’uscita nel suo stile era il minimo che Thranduil potesse aspettarsi.

“Stai tranquilla! Sei bravissima!” Disse la signora stringendole una mano cercando di rassicurarla. Hanna si sorprese di se stessa quando non la mandò a fanculo.

Le fitte erano sempre più debilitanti e le sembrava di stare rinchiusa in quel posto angusto da mesi e non da qualche ora! Già, da quanto?

“TU!” Urlò guardando l’elfo con uno sguardo omicida  “Giuro che quando sarà finita te la farò pagare cara!” Urlò prima di gridare di dolore.

“Devi spingere!” La riprese l’anziana signora. Cioè, stava sopportando le dodici fatiche di Ercole.......e la riprendeva pure!

“Fatemi l’epiduraleeeeee!” Urlò alla contrazione successiva.

“Cos’è l’apirudale?” Chiese Milo che assieme ad Attico si stava occupando dell’acqua “Lo devi domandare a lei.....quando sarà tutto finito!” Specificò, conscio che chiedere delucidazioni n quel momento avrebbe portato solo nefaste conseguenze.

“Posso aiutarvi?” Chiese Gannicus avvicinandosi ai due. Ormai era sera e voleva rendersi utile in qualche modo.

“Vedo la testa!” Si fece sentire Sara eccitata. Thranduil le fu subito accanto con una coperta fra le mani, pronto a prendere suo figlio.

Ma l’esclamazione della ragazza aveva spronato i curiosi a vincere la paura nei confronti dell’elfo ed affacciarsi dalla porta della stanza, poco distante dal tavolo dov’era sdraiata la neomamma. 

“State indietro!” Urlò Agron frapponendosi nella visuale e sul cammino di quegli incauti. “Placatevi per Giove!” Gridò Crisso che tentava invano di trascinare quante più persone lontano dall’entrata.

“Calmatevi!” Urlò Spartacus venendo, con suo sommo dispiacere, ignorato.

“Avete finito di far casino? Qui c’è gente che cerca di partorire!” Si lamentò Hanna appena notò tutti quegli occhi puntati su di lei.

“Hors de ma vue!” (Sparite dalla mia vista!) tuonò Azrael restando immobile al suo posto. Per la prima volta, non ci fu bisogno di alcuna traduzione perché bastò il tono della voce a far dileguare tutti in pochi secondi, lasciando spazio ad un silenzio di tomba interrotto solo dalle urla di Hanna.

“Se riesci a vedergli la testa perché non puoi tirarlo fuori?” Chiese la ragazza esausta. “Devi spingere!” Insistette la signora e questa volta Hanna le ringhiò contro.

Spartacus si avvicinò cauto e fu sorpreso quando Azrael non lo fermò.

Ormai il neonato era quasi del tutto uscito!

Con un ultima potente spinta Hanna comprese che ce l’aveva fatta grazie alle grida gioiose di Sara.

Thranduil fu veloce a ripulire il neonato e liberare le sue vie respiratorie ed il piccolo cominciò subito a piangere.

“Ha le orecchie di suo padre!” Rise Gannicus avvicinandosi spinto dalla curiosità.

“Me lo devo immaginare o me lo date mio figlio!?” Chiese Hanna furiosa.

“C'est une fille!”(È una femmina!) Annunciò Azrael porgendola alla madre.

“Come la volete chiamare?” Chiese Sara che aveva malamente spinto via la signora per prendere il suo posto accanto all’amica per poter ammirare quel meraviglioso tesoro.

“Non vi ho mai sentito discutere su questo!” Osservò Milo constatandolo solo allora, mentre ripensava alle mille litigate passate.

“Il suo nome è Aranel!” Rispose Hanna guardando la figlia con l’amore che solo una madre può provare. 

Thranduil rimase senza parole, ma rispose sorridendo allo sguardo fiero e felice che la sua amata gli rivolse subito dopo.

Aranel: la stella del Re!

 

Ed invece ce l’ho fatta! Ma a cosa serve dormire? Ditemelo, vi prego!

È iniziata la rivolta!

Vi è piaciuta la sorpresa? 

Io l’avevo in mente fin dall’inizio!

È cominciata la guerra e nonostante molti scontri ed incomprensioni alla fine sono ancora tutti vivi....la maggior parte almeno!

Hanna e Sara stanno imparando a combattere e credo che grazie a Thranduil diventeranno delle temibili guerriere.

Gannicus è tornato. Diventerà un alleato o un nemico?

Commenti e suggerimenti sono i benvenuti! 

Scatenatevi e date un caloroso benvenuto ad Aranel!

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Capitolo 12
*** Un baratro davanti, alle spalle i lupi ***


Un'altro mese era trascorso e finalmente avrebbero rimpolpato le fila!

Era una mattina nebbiosa, come se gli dei volessero celare i loro spostamenti.

"Non mi piace essere scomodato alle prime luci del mattino!" Si lamentò lo schiavista mentre accompagnava l'acquirente sulla sua barca.

"Toglieremo il disturbo quanto prima, te lo garantisco! E tu, verrai ben ricompensato per avermi permesso di esaminare la tua mercanzia, qualche ora prima dell'asta!" Rispose Lucio porgendogli un sacchetto pieno di monete.

"Devi averne un gran bisogno per viaggiare di notte!" Osservò l'altro rimirando l'oggetto con avidità.

"Domani mattina potrebbe essere troppo tardi!" Disse Lucio.

"Poco tempo e molte monete. Che uomini cerchi?" Chiese lo schiavista curioso.

"Uomini in grado di combattere!" Rivelò il romano.

"Gladiatori. Ho una vasta scelta e molti potranno soddisfare le tue esigenze!" Rispose contento l'altro.

"Sono benedetto dagli dei. Andiamo, voglio vedere cosa offri!" Lo incitò Lucio seguendolo sotto coperta.

Nessuna delle guardie si avvide di un elfo, nascosto sotto un ampio mantello, comodamente seduto sull'asse di legno alla base di una delle vele, che li osservava annoiato.

Attico fu il primo a saltare sulla barca, seguito da Spartacus ed i suoi. L'elfo uccise le guardie scoccando frecce letali, contro quelle troppo distanti dai compagni perché potessero essere uccise prima di lanciare l'allarme.

"Perdona il fetore. Nel loro paese vivevano tra i loro escrementi, è il loro odore naturale, impossibile da togliere!" Li denigrò lo schiavista.

"Come sono le femmine?" Chiese Lucio per dare un minimo di credibilità.

"Selvagge come i maschi! Non il genere che mi porterei a letto!" Scherzò l'altro.

Azrael ascoltava la conversazione pronto a lanciare il segnale agli altri per quando sarebbe giunto il momento di agire.

Fu Agron a dare dimostrazione della propria intelligenza svelando le proprie intenzioni, nella sua lingua si, peccato che uno dei mercanti di schiavi la capisse a pieno!

Lo scontro durò ancora meno di quanto si fossero aspettati. I prigionieri, anche se in catene, diedero una buona mano.

"Che lingua parlano?" Chiese Milo non capendo niente dei grugniti che emettevano quei porci.

"Quella di Agron! Sono germani!" Gli rispose Attico vedendo che Spartacus era molto infastidito nell'essere all'oscuro sulla provenienza degli schiavi. Effettivamente era sospetto che avendo mandato il germano, lui avesse puntato proprio su una barca piena di gente appartenente al suo popolo!

"Tedesco! Si capisce da quanto è tagliente la pronuncia!" Osservò Sara prima di seguire gli altri fuori da quella sudicia barca.

 

*

 

A quell'ora in giro non c'era nessuno. Ma quel particolare non bastò a far abbassare la guardia. Con i germani erano aumentati di numero così come la cautela.

Delle voci li fecero nascondere in un vicolo.

Spartacus si sporse per scrutare la strada principale, notando un gruppo di uomini ben armati che circondavano sei illlustre figure.

Cosa ci facevano in giro a quell'ora?

"Cosa diranno di te a Roma? Diranno che hai una moglie che non ti obbedisce! Pensa che reputazione ti faresti! Puoi anche sposarmi ma non mi piegherai mai!" Una giovane donna piena di spirito si stava opponendo ad un comandate romano.

"Oh si che ti piegherò e tu ti alzerai in piedi, ti metterai seduta o in ginocchio solo quando sarò io a dirlo, mi hai capito?" La minacciò lui.

Da come agiva una delle due coppie presenti, lanciandosi sguardi preoccupati, dovevano essere i genitori della giovane ragazza maltrattata.

I romani sapevano essere crudeli anche tra di loro!

"I giochi che terremo in onore di questo fidanzamento saranno i più sontuosi a cui i pompeiani abbiano mai assistito!" Disse un uomo anziano mentre stringeva a se la moglie.

Spartacus sentì qualcuno spingerlo e voltandosi rimase di stucco vedendo che Azrael sembrava sconvolto!

"Corvo!" Urlò Milo correndo contro il gruppo con una ferocia mai vista.

Attico e l'elfo gli furono subito dietro. Il trace non riuscì a fermare Sara.

"Andiamo!" Urlò ad Agron mentre si univa al combattimento assieme assieme a tutti gli altri. Nessuno doveva uscirne vivo! Eventuali testimoni avrebbero potuto allertare Glabro prima del tempo!

"I ribelli!" Urlò una guardia prima di essere messa a tacere per sempre.

Azrael stese con un calcio il suo ex padrone prima di essere distratto da una guardia che si era stoltamente lanciata all'attacco.

Milo aveva iniziato un corpo a corpo con il senatore. Calci e pugni venivano dati da entrambe le parti, ma Corvo, con un pugno in pieno viso, riuscì a disorientarelo e tentò di strangolarlo.

Spartacus lo colpì in testa facendogli perdere conoscenza e si voltò curioso di vedere Sara che si agitava nella stretta di Azrael in preda all'ira, lanciando maledizioni verso i romani che Attico aveva costretto in ginocchio. Marito e moglie, stretti in un'ultimo abbraccio disperato.

"Lasciami andare! Loro devono pagare!" C'era anche dolore nelle grida d'ira di Sara.

Milo si era rialzato e fissava l'uomo privo di sensi. Voleva godersi quel momento a pieno! La vendetta andava gustata! 

La sua gente dopo vent'anni, avrebbe avuto giustizia!

"Uccidilo!" Un sussurrò lo fece voltare verso l'altra coppia di romani. I genitori di Cassia, la fanciulla che anni prima l'aveva stregato!

Severo, il mercante, si avvicinò a Corvo tenendo ben stretto un pugnale in mano.

Il vecchio sussultò quando il ragazzo bloccò il suo braccio "Non spetta a te privarlo della vita!" Protestò.

Corvo, destatosi, approfittò di quel momento di stallo per afferrare la spada e trapassare il pover uomo da parte a parte. Le donne urlarono in preda al dolore nel vedere morire un loro caro.

Il celta si ritrovò con l'uomo morente fra le braccia e la sorpresa non lo fece reagire in tempo per fermare il senatore quando lo vide correre verso le donne.

Aurelia, la madre di Cassia si mise in mezzo, prendendo il colpo destinato alla figlia, morendo all'istante.

Fu un germano, Lugo, a ferire Corvo per poi costringerlo in ginocchio.

Milo si rese conto che non c'erano più guardie in vita a distrarre gli altri e questo aveva giocato a suo favore.

"Privarmi della vita non salverà la tua gente! Come io ho sterminato i celti, Roma manderà altre legioni per annientarvi!" Lo provocò il senatore che non aveva perso la sua arroganza neppure di fronte alla morte.

"Accoglierò il destino riservatomi dagli dei! Ma tu non sarai qui per poterlo vedere!" Gli rispose Milo prima di decapitarlo.

"Fermi!" Urlò contro i germani che avevano rivolto le loro sudice intenzioni alla ragazza. Le si avvicinò cercando di rassicurarla con gli occhi "Non ti faremo del male! Sei in salvo!" Le disse.

"Sono più al sicuro con voi che in mezzo alla mia stessa gente!" Rispose lei cercando di mostrare il suo orgoglio anche se offuscato dal dolore provato per aver appena perso entrambi i genitori.

Spartacus si avvicinò agli ultimi romani ancora in vita "Dobbiamo andare!" Disse ad Attico che non smetteva di fissare con odio la coppia.

"Emmenez-les avec nous!" (Portateli con noi!) ordinò Azrael lanciando delle corde al figlio, con cui legare i prigionieri.

Si dileguarono attraverso la fitta nebbia che avrebbe ritardato la scoperta di quella carneficina da parte dei romani.

 

*

 

Nel folto del bosco i ribelli correvano veloci.

Spartacus si guardava continuamente intorno per accertarsi che nessuno restasse indietro. Questo gli permise di vedere l'elfo fermarsi ai piedi di un grosso albero, seguito dai figli che spinsero in terra i prigionieri.

Erano ormai nei pressi del tempio, un luogo sufficientemente isolato per poter decidere la sorte dei romani.

Si avvicinò curioso "Intendete chiedere un riscatto?" Chiese ad Attico.

"No. La giustizia dobbiamo farla con le nostre stesse mani! Ed oggi, gli elfi trucidati dai romani l'avranno!" Rispose Attico con piena soddisfazione.

"Perché vi siete fermati?" Domandò Crisso raggiungendoli seguito da tutti gli altri schiavi giunti appena saputo dell'esistenza dei prigionieri. 

Anche Hanna si avvicinò, tenendo in braccio la piccola Aranel. La ragazza era rimasta indietro sotto la protezione di Crisso. Portare una neonata in una missione del genere sarebbe stato un suicidio!

Restò di sasso vedendo Ariadne abbracciare con gioia una sconosciuta che indossava vestiti romani. Avrebbe chiesto delucidazioni dopo!

Rimasero tutti a debita distanza, formando un vasto cerchio attorno ai due romani e fissando con curiosità ed aspettative lo svolgersi degli eventi.

Azrael si trovava di fronte alla coppia, li fissava con evidente odio.

Spartacus comprese che questi romani dovevano averlo offeso in maniera grave.......perché solo questo spiegava la perdita di controllo sulla sua espressione che solitamente era composta ed illeggibile.

L'elfo iniziò a camminare intorno ai prigionieri e le ragazze sorrisero, consce di poter finalmente ammirare il vero sovrano con i loro occhi!

"Telle est la nature du mal, dehors dans la vaste ignorance du monde, il se resserre et se répand, une ombre qui grandit dans le noir et dans le cœur des hommes. Ils ont la capacité de distinguer le bien du mal" (Tale è la natura del male, la fuori nella vasta ignoranza del mondo, s'inasprisce e si propaga, un'ombra che cresce nel buio e nel cuore degli uomini. Possiedono la capacità di distinguere tra bene e male) disse Thranduil gelido piegandosi leggermente in avanti per poter guardare Barahir diritto negli occhi "Et le droit de l'ignorer!" (E la facoltà di non tenerne conto!).

Il lanista ricambiava quello sguardo con un espressione di disgusto, non riuscendo però, a mascherare il proprio terrore.

Azrael si ritirò, raddrizzandosi in tutta la sua fiera altezza "La faiblesse des êtres humains est de laisser le mal s'infiltrer entre eux. Un insomniaque aussi noir que le mur imminent de la nuit. Cela a toujours été le cas. Il sera donc toujours" (La debolezza degli esseri umani è permettere al male insinuarsi tra loro. Un insonne malanimo tanto nero quanto l'imminente muro della notte. Così è sempre stato. Così sarà sempre) Continuò Thranduil riprendendo a camminare. 

Calmo, sicuro e minaccioso.

"Voir vos semblables mourir, les condamner de vos propres mains est normal pour vous. Je comprends ça! Il y a un abîme qui divise nos races en termes de traditions et de culture...." (Veder morire i tuoi simili, condannandoli con le tue stesse mani è normale per te. Lo capisco questo! C'è un baratro che divide le nostre razze in quanto a tradizioni e cultura....) Continuò l'elfo fermandosi, sorridendo e ritornando serio nel giro di pochi secondi.

"Vous avez agi selon les coutumes des hommes. Faire une erreur impardonnable!" (Tu hai agito seguendo le usanze degli uomini. Ma così facendo ha commesso un errore imperdonabile!) disse riprendendo a camminare.

"Personne ne reste impuni en privant mes frères humains de la vie! Des vies immortelles détruites pour le simple plaisir!" (Nessuno rimane impunito privando della vita i miei simili! Vite immortali distrutte per mero divertimento!) decretò fermandosi di fronte al lanista e fissandolo diritto negli occhi.

"Et personne qui ose m'offenser n'est épargné par ma vengeance implacable!" (E nessuno che osi offendermi, viene risparmiato dalla mia implacabile vendetta!) sussurrò l'elfo irato sollevando la spada e caricando il colpo mortale.

"No!" Una voce lo fece bloccare, prima di voltarsi e fissare con stupore chi aveva osato interromperlo.

"Questa vendetta spetta a me!" S'impose Sara con le lacrime agli occhi che non nascondevano l'odio nel suo sguardo.

"Sara!" Tentò di farla ragionare Azrael appena Attico ebbe tradotto, solo per non far intendere che capiva perfettamente la loro lingua....

"Ti dico che sono io che devo farlo!" Insistette lei avvicinandoglisi, mostrando un coraggio che mai avrebbe creduto potesse avere.

"Io ho ricevuto il loro dono, io ho quasi infranto la promessa di farti tornare nel tuo regno, io.......li ho visti morire!" Disse Sara con la voce rotta dal pianto.

"Nessuno più di te ha il diritto di prendersi la sua vita! Ma ti supplico.......permettimi di liberarmi da quel passato che mi tormenta da allora!" Azrael la guardò confuso quanto Attico che aveva tradotto a metà le sue parole. Di cosa stava parlando?

"Rivivo quei momenti ogni notte!" Continuò la ragazza mentre calde lacrime le bagnavano il viso "La freccia che colpisce Narwain, la spada che trapassa Galdor!".

L'elfo si ritrovò a dover chiudere la bocca che aveva inconsapevolmente aperto.

Ecco quali erano i terrori notturni che celava con tutte le forze!

Era il Sovrano di Bosco Atro, ma avrebbe mentito a se stesso se si fosse detto che Sara non meritava un onore del genere. Quella ragazza aveva mostrato le qualità di una vera guerriera, guadagnandosi il suo rispetto quando ancora si trovavano in catene!

Aveva compreso fin da subito che dentro di lei si celasse un animo puro e combattivo! Lei e pochi altri erano diversi dai loro simili!

"Faites ce dont vous avez besoin!" (Fa quello che devi!) Disse alla fine porgendole la sua spada.

"Êtes-vous sûr qu'il est prudent de la laisser faire?" (Sei sicuro che sia prudente lasciarla fare?) chiese Attico raggiungendolo alle spalle e sussurrandogli il quesito.

"C'est l'un des rares à en être digne!" (È una delle poche ad esserne degna!) disse Thranduil guardando l'umana con orgoglio.

"Molto bene! Se devo morire oggi, porterò nell'oltretomba la puttana di Azrel!" Disse Barahir mentre si alzava in piedi, con un ghigno.

"Forza Sara!" "Uccidilo!" "Uccidi quel cane rognoso!" "Staccagli la testa!" Molti incitamenti vennero dagli schiavi appena le spade cozzarono tra loro dando inizio allo scontro.

Ma la stazza dell'uomo lo avvantaggiava, nonostante l'età. Con una spallata mandò la ragazza nella polvere, ridendo della sua debolezza fisica.

"No!" Azrael fermò uno Spartacus in procinto d'intervenire.

"La gattina fa vedere gli artigli!" La sbeffeggiò il lanista.

"Sono stata istruita dall'angelo della morte!" Gli rispose lei affondando un'ulteriore colpo che l'avversario schivò per l'ennesima volta.

"Ho paura che non ti basterà! Sarò anche un lanista, ma ho ricevuto un educazione di prim'ordine nell'arte del combattimento!" Disse Barahir che sembrava divertirsi a parare i numerosi colpi della ragazza.

Sara menò molti fendenti diretti alla sua gola, ma l'uomo riuscì a schivarli facilmente spostandosi di lato.

"Ne vous laissez pas dominer par les émotions. Restez concentré!" (Non lascarti dominare dalle emozioni. Calmati e rimani concentrata!) le disse Azrael calmandola con il tono della sua voce.

Sara si voltò verso di lui e sorrise: credeva in lei! Mai avrebbe potuto sperare nello stringere un'amicizia così forte con un'elfo. Peter Jackson aveva mostrato solo una facciata della persona a cui si era così tanto legata!

"Le cose belle non durano!" La distrasse Barahir deridendola.

Sara si avvicinò troppo con l'attacco successivo ed un pugno in pieno petto la fece cadere in terra senza fiato, la spada scivolò fuori dalla sua presa. 

Non contento il porco infierì ulteriormente, ferendola al petto con la punta della spada. Il colpo sarebbe stato mortale se lei non fosse rotolata di lato tentando di schivarlo!

"Sara!" La chiamò Azrael avanzando di un passo, ma venendo fermato dalla ragazza.

"No! Lui è mio!" Urlò lei tentando di rialzarsi.

"Stai indietro! Io voglio ammazzare questo maiale per tutto quello che ci ha fatto!" Non si sarebbe arresa! Non avrebbe deluso Narwain, Galdor e Thranduil!

"O morire provandoci!" Gridò ripartendo all'attacco.

Ma Barahir non si divertiva più. Con un pugno allo stomaco la fece piegare in due, per poi costringerla in ginocchio con l'arma puntata alla gola.

"Le tue motivazioni mi sono indifferenti! Anche se morirò ormai ho scoperto come i primi uomini sono riusciti a trovarlo. Tra le alte alpi, c'è una grotta che conduce al regno degli elfi! I suoi simili sono condannati!" Svelò facendo congelare Thranduil.

L'espressione impaurita durò qualche secondo sul volto dell'elfo, prima di essere sostituita da una piena d'ira. Come si permetteva di minacciare il suo popolo!?

"Ed altri moriranno.....come le bestie che ho macellato di fronte ai tuoi occhi!" Sussurrò il lanista con una perversa soddisfazione nel far rivivere quei momenti a quella lurida schiava.

Sara urlò in preda alla collera cogliendolo impreparato mentre si allungava a recuperare l'arma ad una velocità sorprentende, colpendolo con la lama l'inguine sinistro.

Lui cadde in ginocchio emettendo un verso sofferente.

"Ferma!" Urlò l'uomo vedendola in piedi di fronte a lui, pronta a trafiggerlo "S-se mi uccidi....non potrai sapere dove si trova la grotta!" Tentò di salvarsi la vita, sorridendo. Convinto di venire risparmiato.

"In cambio della mia vita....e di quella di mia moglie, vi dirò ciò che volete sapere!" Disse Barahir dando alla consorte uno sguardo rassicurante.

Sara si voltò verso Thranduil e lui annuì in risposta.

Non gli serviva l'aiuto di quel porco! Avrebbero trovato quello che cercavano da soli!

"Non devi sottovalutare gli elfi!" Ringhiò la ragazza prima di ferirlo alla gola.

Barahir aprì la bocca gemendo dal dolore e cominciando a sputare sangue. 

"Credi c-che q-questo........cambierà q-qualcosa!" Sussurrò malevolo "La mia morte non guarirà le cicatrici che porti nell'animo, non cancellerà i ricordi......" disse iniziando a ridere ma fermandosi a causa del sangue che lo fece tossire e lamentare per il dolore.

"No.......non cancellerà tutto!" Gli diede ragione lei "Ma almeno i miei amici riposeranno in pace!" Ammise prima di cominciare a colpirlo ripetutamente alla gola fino a quando la testa non si staccò completamente dal corpo.

La donna cercò di urlare, ma la presa ferrea di Attico sulla sua gola le impedì di farlo.

Hanna, dopo aver dato la figlia al padre, le si avvicinò con uno sguardo indecifrabile in volto.

"Stai lontano da me lurida schiava!" Le urlò contro la partizia romana cercando di colpirla ma venendo bloccata da Milo.

"Tacci tua!" Esclamò Hanna che si era presa un colpo. 

"Arriverà il giorno in cui Glabro vi ammazzerà tutti!" Li minacciò la romana. 

"Ciccia ar culo!" Rispose Hanna estraendo un coltello.

"Anche tu eri su quegli spalti a goderti la scena. Ed ora eccoti qui, tremante come una foglia al vento, di fronte all'imbranata e paurosa schiava che hai umiliato per anni!" La derise puntandole la lama alla gola "Raggiungerai tuo marito sulle sponde dell'Averno così che i nostri amici possano avere un po' di giustizia!" Disse prima di voltarsi verso Thranduil chiedendogli un muto permesso.

Azrael si avvicinò parlando in Sindar "Gurth a choth-in-edhil!" (Morte ai nemici degli elfi!) disse con una voce talmente gelida da far sbiancare la prigioniera anche se non aveva compreso tali parole.

Hanna affondò la lama nella gola della donna che aveva scelto di dimenticare, ma appena si era parlato di vendetta era stata la prima a venirle in mente. E per una buona ragione!

"Per Narwain e Galdor!" Svelò, estraendo l'arma.

 

*

 

"Non c'è giustizia a questo mondo?" Si lamentò Hanna il giorno seguente. 

"Cosa vuoi dire? Barahir e la sua cara mogliettina l'hanno avuta!" Tentò di placarla Sara.

"Nove mesi nel mio ventre, dodici ore di parto, notti passate insonnie, dieci chili in più e poi.....somiglia tutta a suo padre!" Protestò Hanna guardando la figlia poggiata sul tavolo che muoveva gli arti minuscoli come se fosse stata nel pieno di una guerra.

Sara osservò la sua nipotina. Capelli biondi, orecchie a punta, occhi blu....non poteva negarlo!

"Non mi ero reso conto che fossi in attesa!" La voce di Enomao non le fece saltare come accadeva con chiunque dei germani.

"Enomao!" Lo salutò Sara abbracciandolo calorosamente "Manco io!" Rispose Hanna guardando dubbiosa Gannicus. 

Sembrava trovarsi in difficoltà in presenza del Maestro. Ma non erano grandi amici?

Poi notò che anche Enomao lo ignorava e non riusciva a nascondere a pieno il fastidio dovuto alla vicinanza "Devo scoprire cos'è successo!" Le disse la parte di lei curiosa e rompiscatole. Avvolse la figlia in una calda coperta prima di prenderla in braccio.

"Perché ci ammorbi con la tua presenza?" Chiese Enomao acido.

"Non sono qui per te! Devo controllare le ragazze mentre Azrael è a caccia visto che i suoi figli sono partiti per Pompei!" Gli rispose a tono Gannicus.

L'altro gli rivolse uno sguardo di fuoco, ma Hanna sedò la rissa con una semplice domanda "Vuoi tenerla?" Chiese al Maestro.

Lui sembrò trovarsi in difficoltà "Posso?" Domandò per la prima volta timoroso.

"Sono sua madre. Se te la sto porgendo significa che puoi!" Puntualizzò Hanna.

Il Maestro prese in braccio la piccola e non riuscì a trattenere un grande sorriso quando Aranel aprì i suoi occhietti "Ho sempre desiderato che gli dei mi concedessero un tale tesoro!" Disse sovrappensiero "È identica al padre!" Osservò.

"Ti ci metti anche tu?" Chiese Hanna infastidita facendo ridere Sara e di conseguenza Enomao "Una grande delusione! Come si chiama?" Domandò.

"Aranel! Nella lingua degli elfi vuol dire stella del Re!" Rispose Sara per ricevere una spinta da parte dell'amica. Cercò di ignorarla per non far capire di aver appena parlato troppo.

Hanna riprese sua figlia e mentre Enomao parlava con Sara ed Ariadne venendo aggiornato sugli ciò che era realmente accaduto nella casa di Batiato, si avvicinò a Gannicus.

"Sei fortunata ad aver trovato un compagno come lui. E lui lo è altrettanto! Per una volta dall'amore è sbocciato qualcosa invece di appassire!" Commentò Gannicus fissando la bambina.

Hanna non riuscì a reprimere uno sbadiglio.

Una risata li fece voltare e Naevia si fece avanti "Dammela e va a riposare!" Le disse.

Dopo averle rivolto uno sguardo pieno di gratitudine Hanna fece come le era stato detto.

"È bellissima!" Commentò Naevia "Anche nella sventura c'è qualcosa di buono!" Confessò felice. Ormai stava iniziando a superare il suo passato burrascoso e quella nuova vita le aveva dato la prova che le serviva per confidare nuovamente nel futuro, oltre all'appoggio del suo amato!

Delle grida gioiose precedettero il rientro di Azrael ed alcuni germani andati a caccia.

Naevia si bloccò appena vide l'elfo, dando subito la bambina a Gannicus che si impanicò, dato che non aveva mai tenuto in braccio un neonato. 

La ragazza sospirò e decise di riprendersela per evitare che la facesse cadere, ma stranamente l'elfo non sembrò infastidito vedendola con in braccio sua figlia.

Quella sera mangiarono tutti con gusto. Gannicus se n'era andato, ma questo non era bastato a guastare la serata alle ragazze.

"È la prima volta che mangio carne di cinghiale!" Ammise Hanna divorando la sua porzione "Quindi Cassia era la tua padrona?" Chiese Sara a Ariadne cedendo alla curiosità "Si, ma io l'ho sempre considerata una cara amica! Siamo cresciute insieme!" Rispose lei, felice nel ricordare gli splendidi anni della sua infanzia.

"Vado a prendere altra acqua!" Disse Naevia dirigendosi verso una grossa botte posta di fronte all'entrata del tempio "Vengo anch'io!" Disse Hanna seguendola con una brocca fra le mani.

La piccola era in mani sicure tra le calorose braccia di Thranduil.

"Bevete con me!" Un germano alto almeno due metri le sorprese alle spalle.

"No, grazie! Crisso mi aspetta!" Tentò di evitarlo Naevia. 

"Gallo!? Si ho visto suoi occhi..." disse Sedulus disapprovando con lo sguardo "Io no piace!" Disse bloccando la strada alle ragazze prima di posare lo sguardo anche su Hanna. Lei, lentamente, mise la mano sul manico del coltello appositamente nascosto in caso di pericoli inaspettati.

Le tornò in mente l'episodio accaduto con il porco romano e tremò notando che quell'uomo era alto il doppio del suo ultimo aggressore.

Si riscosse subito al pensiero di sua figlia! Doveva difenderla! Ciò significava che i pericoli da cui avrebbe dovuto tutelarla sarebbero stati tantissimi e peggio di un uomo arrapato. Non poteva gettare la spugna! E si rimproverò per aver ceduto alla paura anche se solo per qualche secondo!

Lei era la moglie di Azrael, l'angelo della morte! Doveva mostrarsi all'altezza!

Il germano bloccò Naevia contro il tavolo, ma la ragazza fu veloce ad afferrare un coltello, affondando la lama nel fianco di quel bastardo. Lui la scaraventò in terra furioso.

Questa volta fu il turno di Hanna. Si lanciò all'attacco sfoderando il pugnale ma un colpo in viso la fece retrocedere. Usò lo slancio per fare un salto all'indietro, in ginnastica chiamato flic indietro, atterrando in piedi, di nuovo in guardia.

"Però! Qualcosa della ginnastica artistica mi è rimasto!" Si sorprese osservando che la posa era a dir poco perfetta.

"No piace!" Sedulus non sembrò gradire quella dimostrazione d'agilità.

Fortunatamente Agron aveva notato la scena e si era messo subito in mezzo temendo le reazioni dei compagni delle ragazze. Afferrò l'altro per le spalle cercando di calmarlo "Sedulus macht es nicht!" (Sedulus fermo!) ma l'enorme stazza dell'avversario lo mise in seria difficoltà.

Il germano venne atterrato subito e colpito ripetutamente in viso.

"Azrael!" Lo chiamò Sara, allarmata da quel combattimento innocuo che sarebbe potuto peggiorare in un istante.

L'elfo la spinse, assieme ad Ariadne, dietro di sé appena la rissa cominciò. Cercando Hanna con lo sguardo.

"Sedulus!" Crisso si annunciò con un grido pieno di rabbia togliendo il gigante da sopra Agron. Ma il gallo venne aggredito da un'altro germano, giunto in soccorso del compagno.

Questo diede il via alla rissa.

Azrael si sarebbe unito volentieri se non fosse stato per Aranel. Non che non si fidasse delle ragazze, ma avrebbe rischiato troppo lasciandole sole!

"Basta calmatevi!" Spartacus era arrivato.

Saxa comparve accanto a loro, combattendo contro Mira e Sara si sentì in dovere di immischiarsi, tirando capelli, calci e pugni. Hanna avrebbe fatto lo stesso, se Azrael non l'avesse afferrata per i fianchi bloccandola!

Il campione si mise subito contro a colui che aveva dato il via alla rissa: Sedulus!

Si frappose tra lui ed Agron quando il primo aveva afferrato la spada con l'intento di ucciderlo. Le armi cozzarono tra di loro violentemente.

Bastò un solo altro colpo per porre fine allo scontro e per uccidere il germano.

"È questo che siete? Bestie assetate di sangue? Se non riuscite a stare tra noi come dei fratelli, allora andatevene!" Urlò Spartacus la cui pazienza si era esaurita.

"Io obbedisco a Spartacus! E se i germani si considerano veri uomini, devono fare altrettanto!" Urlò Agron mostrando una cieca lealtà che cancellò i dubbi dei giorni precedenti quando aveva reclutato guerrieri appartenenti al suo popolo.

Un silenzio teso fece trattenere il fiato a tutti.

"Uomo che uccide Sedulus, è grande guerriero! Lugo, obbedisce!" Bastò che uno di loro prendesse la decisione finale perché tutti gli altri lo seguissero, giurando fedeltà al portatore di pioggia.

 

*

 

Quella mattina la situazione era nettamente migliorata.

I germani erano molto più cordiali e più volte si erano rivolti a Spartacus mostrando grande rispetto. Il ritorno di Attico e Milo, con Cassia e gli schiavi liberati della sua casa, più tutti i beni che erano riusciti a portare via dalla Villa di Pompei, calmò ed incoraggiò i ribelli.

Azrael non era convinto della lealtà dei germani, ma sicuramente non lo sarebbe mai stato! E l'occhio nero di Hanna non rendeva le cose facili!

Si voltò verso l'entrata appena sentì dei passi pesanti avvicinarsi al tempio. Quattro persone! Ad essere andati a caccia erano stati solo Spartacus e Mira!

"Attico!" Lo chiamò andando al suo fianco ma continuando a fissare la porta aperta. Il figlio comprese che qualcosa non andava e mise una mano sulla spada che portava alla cinta. Le ragazze smisero di chiacchierare e si tennero pronte per eventuali pericoli.

Spartacus entrò trascinando qualcuno dietro di se.

"Per la barba di Giove!" Sussurrò Agron.

"Hai rapito la moglie di Glabro?" Chiese Crisso scioccato.

"No, l'ho solo presa in prestito, ed avrà la fine che merita!" Disse Spartacus trascinando la patrizia romana all'interno delle mura del tempio.

"È questa la nostra causa? Trucidare donne gravide ed indifese?" Chiese Lucio vedendo quella scena orripilante.

"Glabro non ha avuto pietà per la mia. Una donna ben più rispettabile di quella che abbiamo di fronte!" Si giustificò il trace.

Ilizia venne legata in una stanza ed Agron ed Nasir vennero messi a guardia, per sicurezza.

"Una donna tremante, con un figlio in grembo! Non sembra la serpe velenosa che descrivi!" Nasir espresse i suoi dubbi riguardo alla patrizia romana, bendata e legata.

"È la moglie di colui che ci vuole morti!" Rispose Sara.

"Ma non è lui!" Continuò il siriano.

"Naevia ci ha raccontato di come ha ucciso un'altra patrizia romana sfracassandole il cranio sul freddo marmo!" Ricordò Hanna.

"Il suo cuore è marcio come quello di tutti i romani!" Disse Agron.

"È l'unica canzone che conosci, testa calda?" Si presentò Lucio facendo ridere le ragazze e Nasir.

"Tu sai che ho ragione!" Lo sfidò il germano "E tu sai che condivido i tuoi pensieri, ma ora è il momento di cambiare canzone. Ho del cibo....per la temibile prigioniera!" Disse Lucio mostrando una piccola ciotola che portava in mano.

"Devo prepararle anche l'acqua per un bagno caldo?" Chiese Agron sarcastico.

"Nutriamo almeno la sua creatura. O temi che possa uscire da quel ventre brandendo una daga romana?" E niente, Lucio era in grado di tenere testa a tutti i ribelli messi assieme.

 

*

 

Arrivata la sera Thranduil era impegnato ad asciugare la figlia, dopo un bel bagnetto.

Era incredibile la somiglianza con Legolas! Lo riportava con la mente, agli anni in cui era solo un bambino, continuamente in cerca della sua attenzione.

Col tempo i loro rapporti si erano raffreddati e la distanza fra i loro cuori non aveva fatto che aumentare, con Aranel voleva che fosse diverso. Doveva fare in modo che fosse così!

Aranel rise, muovendo le mani come se volesse afferrargli i capelli. Anche senza denti, era il sorriso più bello che avesse mai visto. Era sempre felice e sorridente, caratteristica presa dalla madre!

"Quali pensieri affollano la tua mente?" Chiese Hanna dopo aver dato un occhiata ad Attico, il quale, capendo la muta richiesta, si mise a guardia della porta per evitare che qualcuno sentisse la conversazione.

Thranduil prese in braccio la sua minuscola bambina cullandola affettuosamente per farla addormentare. 

"Pensi a lui?" Chiese la ragazza intuendo chi fosse al centro dei pensieri del compagno "Continuamente!" Rispose lui.

"Credi che sarà già diventato Re quando torneremo?" Domandò lei curiosa.

"È probabile. L'oscurità è potente e senza una guida gli elfi di Bosco Atro sarebbero troppo vulnerabili!" Le spiegò.

Vedendola abbattuta cercò di tirarla su "Se tornerò per proteggere ed aiutare il mio popolo sarà solo grazie a te!" Disse dandole un piccolo bacio in fronte.

Era sempre stata Hanna quella più energica e positiva e desiderava che rimanesse tale. Quella gioia di vivere aveva guarito il suo animo spezzato e grazie agli umani, stava imparando a vivere giorno per giorno, consapevole che questa guerra avrebbe potuto reclamare le loro vite prima di riuscire a tornare a casa.

"E se ho vissuto questi anni felice e spensierata....porci a parte.....è solo grazie a te!" Disse Hanna reclamando un bacio come si deve.

"Melin le!" (Ti amo!) sussurrò Thranduil stringendola a se, facendo attenzione alla bambina che teneva fra le braccia.

Gli occhi di Hanna incontrarono i suoi, risplendendo di gioia "So cosa vuol dire!" Ammise commossa.

"Vorrei dare una risposta decente. Come si dice in elfico "Io ti amerò per l'eternità!"?" Chiese "Im melithon le an i uir!" Tradusse Thranduil.

"Ecco immagina che sia stata io a dirlo!" Gli disse lei mentre accarezzava la testa della figlia sentendosi al sicuro tra le sue forti braccia.

"Appena torneremo nella Terra di Mezzo mi premurerò di farti seguire dai migliori insegnanti di Bosco Atro!" Disse Azrael ridendo "Troverai un allieva maggiormente interessata in Sara! Credo che abbia delle mire verso....lui!" Si corresse all'ultimo. Meglio non pronunciare mai quel nome, per maggiore sicurezza.

"Rimarrà delusa. È molto improbabile che possano andare d'accordo, i loro caratteri sono troppo diversi!" Le tarpò le ali lui.

"Non esserne sicuro! Era la prima cosa che ho pensato di noi!" Disse Hanna "Chissà cosa penserebbero di me Carlo e Maria sapendo che ho conquistato il cuore di uno dei più potenti elfi della Terra di Mezzo!?" Disse riflettendo ad alta voce.

"Chi?" Chiese Thranduil curioso. Era quasi tenero quando gli interessava qualcosa!

"I miei stramaledetti cugini!" Hanna sospirò, lei sapeva molto di lui, diciamo di Arda. Ma sorprendentemente era stato lui ad aprirsi di più con lei, raccontandole qualche episodio di vita quotidiana con Legolas, oltre ad esprimere a pieno il suo amore. 

Si, Peter Jackson aveva fatto cilecca presentando il grande Re degli elfi come freddo e crudele.

Anche se nella Roma antica era conosciuto come l'angelo della morte, privo di pietà con chiunque, lei sapeva bene che la realtà era un'altra.

Alzò lo sguardo e rise nel vederlo aspettare pazientemente la risposta, come aveva fatto a capire che quello era un'argomento delicato se lei gli aveva appena riso in faccia?

"I miei genitori...sono morti quando avevo dieci anni, in un grave incidente...." forse era meglio lasciare da parte i dettagli. Se avesse aggiunto la parola "automobilistico" l'attenzione si sarebbe completamente spostata!

"Per questo sono stata affidata agli unici parenti che avevo, cioè i miei zii! Ma loro non mi hanno mai voluto. Il fratello di mia madre aveva tagliato qualsiasi rapporto con lei ancora prima che nascessi. Mi vedevano come un peso. Ero costretta a vivere in cantina, potevo uscire solo per andare a scuola. L'unico che mi trattava bene era un vicino, che ho sempre amato come un padre. A quattordici anni sono scappata andando a rifugiarmi da Sara!" era incredibile essere grata ai suoi zii per non aver sporto alcuna denuncia, anzi.....davanti ai giudici che si erano trovati costretti ad affrontare, per volere dei genitori di Sara, avevano ceduto la sua completa custodia a loro. Era l'unica cosa buona che avevano fatto per lei nella loro vita!

"Io e Sara andavamo nella stessa scuola ed è lì che siamo diventate amiche, sin da quando avevamo appena sei anni! Poi la sua famiglia si è trasferita in un paese lontano, dove veniva parlata un'altra lingua. Nel mio mondo è chiamata Irlanda!" Continuò a raccontare ricordando la gioia di non dover più incrociare i suoi cugini tra i corridoi di scuola!

”Avevo da poco finito la scuola e mi ero presa un po' di tempo per iniziare a fare dei piccoli lavori mentre decidevo quale lavoro accettare! Sara aveva ancora molti anni di studio davanti a sé.......! Una mattina abbiamo deciso di fare un escursione.....senza sapere che non saremmo più tornate! Stavamo passeggiando nel bosco quando siamo cadute per una ripida discesa piena di foglie, erbacce e radici. Quando ci siamo risvegliate i romani ci avevano circondato.....prima di catturarci!" Finì di raccontare.

"Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare tutto questo!" Disse Thranduil poggiando il mento sulla testa di lei ed accarezzandole dolcemente la testa.

"A me no! Sono le esperienze passate ad aver formato la donna che sono diventata e devo dire che non sono niente male!" Disse Hanna staccandosi ed abbassando la testa per ammirarsi "Soprattutto modesta!" La prese in giro lui.

"Ha parlato Mister simpatia!" Momento di pace finito.

Aranel interruppe il litigio sul nascere, iniziando a piangere per tutta quella confusione che non le permetteva di dormire in santa pace!

"Ora della nanna!" Disse Hanna sorridendo alla figlia, prima di scambiare un bacio con il suo amato e dirigersi all'esterno, dove i vari gacigli erano già stati preparati.

Azrael la seguì e notò che Spartacus era appena tornato da un faccia a faccia con Ilizia.

"Hai ottenuto la tanto agognata vendetta?" Domandò Gannicus rivolto al trace.

"No, appartiene ancora al mondo dei vivi!" Rispose lui.

"Ho accettato di essere marchiato a vita come nemico di Roma per consegnartela....ed ora le tue mani tremano davanti alla soluzione che potrebbe porre fine a questa inutile guerra? Ottieni la tua vendetta........e falla finita!" Gannicus fece sentire tutta la sua disapprovazione.

"Io non son Glabro! Capace di uccidere una donna indifesa, senza porsi il minimo scrupolo! E la guerra non può essere fermata da un giorno all'altro!" Rispose Spartacus saggiamente.

"Allora molti altri innocenti moriranno in nome della tua causa!" Rispose Gannicus furioso.

Azrael fece una smorfia. La libertà è un diritto, un valore di cui nessuno dovrebbe fare a meno. Il celta non aveva ancora rotto le catene con i fantasmi del passato. Fisicamente era libero, ma spiritualmente ancora prigioniero.

Appena lo vide avvicinarsi ad Enomao comprese la motivazione che l'aveva spinto ad agire così. Era un goffo tentativo per riavvicinarsi al Maestro.

Gli umani erano alquanto prevedibili......

"Spartacus sfoga il suo dolore contro i romani, senza decidersi a fare la mossa conclusiva, determinato a trascinare quante più persone nell'oblio della morte! Forse non avrei dovuto rischiare così tanto catturando la moglie del legato!" Disse il celta non avendo il coraggio di guardare negli occhi il suo interlocutore.

"Tu hai rischiato tutto con il solo scopo di alleggerirti la coscienza!" Gli rispose Enomao irato.

"Sto cercando di salvare innumerevoli vite che lascerebbero questo mondo per una causa inutile! E non voglio che tu, mio fratello, muoia!" L'altro non demorse, tentando nuovamente di riavvicinarsi.

"Noi due non siamo più fratelli!" Ammise il Maestro addolorato.

"Non c'è alcun modo per sanare questo legame?" Chiese Gannicus altrettanto distrutto nel sentire tali parole.

"È impossibile ricucire ciò che non c'è mai stato! Tu mi hai ingannato con tradimenti e menzogne!" Gli ricordò Enomao alterato.

"Credimi quando ti dico che è uno dei miei più grandi rimpianti! Darei la mia vita se questo servisse a far rivivere Melitta!" Gannicus aveva proprio una testa dura!

"Sarebbe uno scambio più che equo!" Ammise Enomao non pienamente convinto.

"Allora cosa stai aspettando!? Sei come Spartacus, hai la possibilità di vendicarti ma ti tiri indietro!" Lo accusò il celta.

"La tua morte ti alleggerirebbe solo la coscienza! Melitta l'ho persa per sempre, solo ed unicamente per colpa tua!" Gli rispose Enomao arrabbiato.

"Dunque mi condanni a portare il peso di questa colpa in eterno, finché le mie stanche membra non cederanno, facendomi ritrovare sulle sponde dell'Averno?" Chiese Gannicus distrutto.

"La tua unica colpa è l'egoismo! È con quello che devi fare i conti!" Disse Enomao prima di allontanarsi.

Sembrava una sfida impossible. Ma Azrael sapeva che una vera amicizia, un legame così forte, sarebbe sopravvissuto a tutto. 

O almeno era ciò che sperava per lui e suo figlio! 

Che nonostante il tempo trascorso e la convinzione di essere stato abbandonato, qualcosa dell'amore che lega un padre ad un figlio, fosse rimasto.....per permettergli di ricostruirlo.

 

*

 

Spartacus era pieno di sorprese, ma non aveva fatto i conti con il nemico.

Il tentativo di barattare la vita della prigioniera in cambio di armi era andato terribilmente storto e durante la fuga, Lucio, aveva trovato la morte.

Spartacus, comprendendo che tipo di mostro fosse Glabro.....colui che era capace di condannare la moglie e l'erede ad una morte atroce non poteva essere definito umano!

Il trace, mettendosi contro quasi tutti, aveva rilasciato la patrizia romana, rifiutandosi di mostrarsi altrettanto spietato, privando della vita una donna gravida.

Una sera la luna brillava nel cielo costellato da migliaia di stelle.

Azrael si alzò di scatto, Aranel dormiva beata in mezzo ai genitori, due sacche delimitavano il suo lettino per evitare che venisse schiacciata.

Scavalcando gli schiavi dormienti si avviò subito verso le mura.

Qualcosa si stava muovendo la fuori!

Le due sentinelle non sembravano essersi accorte di nulla. Ma non erano elfi con un portentoso udito!

"Lugo, vuoi tenere gli occhi aperti?" Lo riprese Nasir.

"Niente da vedere!" Rispose il germano sbadigliando "Tu sveglia quando alberi attaccano!" Disse stringendo la pelliccia che portava sulle spalle.

L'elfo li osservò e sussultò quando li vide cadere dall'altra parte, afferrati da qualcosa!

Sforderò la spada e si nascose sotto all'impalcatura posta accanto al muro.

La luna venne coperta dalle nuvole, come se l'oscurità volesse favorire gli intrusi!

Tre figure, armate di spade e scudi, scesero di soppiatto. Erano le armature romane!

Azrael scattò appena toccarono terra. Fece inciampare una con un calcio, la seconda la mandò in terra con un pugno e si lanciò sulla terza pronto a trafiggerlo con la spada!

"Azrael, fermo!" Un sussurro terrorizzato lo fece bloccare quando la sua lama si ritrovò a pochi millimetri dalla gola dell'intruso. Conosceva quella voce!

La luce della luna sbucò da dietro una nuvola, rivelando il volto di Gannicus.......che se l'era appena fatta addosso!

Alzò lo sguardo e riconobbe Crisso e Spartacus sotto agli altri elmi romani.

Erano pazzi a presentarsi vestiti a quel modo, all'improvviso e senza il minimo avvertimento!

Rimase ancora più sbalordito quando Spartacus gli fece cenno di fare silenzio.

Li lasciò andare osservandoli curioso mentre si addentravano nel tempio indisturbati.

Era la prima volta che non sapeva come agire!

"I romani!" Il grido di Naevia destò quelli con il sonno più leggero, mentre altri rimasero beatamente nel mondo dei sogni.

Come prevedibile, Attico si avventò su uno dei tre romani cadendo in terra con lui e Milo non perse tempo ad aiutarlo. Le ragazze scapparono all'interno del tempio urlando.

Di fronte agli altri due, molti caddero sotto i loro colpi.

Saxa accese una torcia e corse, mostrandosi feroce, contro gli intrusi, ma Spartacus la fermò appena in tempo perché la situazione non degenerasse troppo, togliendosi l'elmo.

"Basta così!" Decretò.

Tutti parvero calmarsi notando che era un falso allarme.

A parte Attico che fissando il padre, lo insultò con lo sguardo appena comprese che lui aveva notato tutto senza avvertire!

"Era solo un'esercitazione?" Chiese Agron, gridando offeso "Se fossero arrivati, a quest'ora..." "...solo Azrael vi avrebbe parato il culo!" Concluse Gannicus interrompendo il trace.

"Lui lo sapeva? E perché non ci ha avvertito?" Chiese Agron oltraggiato.

"Perché l'abbiamo fermato. Speravo non fosse l'unico ad essersi accorto di noi. Purtroppo mi sbagliavo!" Disse Spartacus "Però queste sue capacità potrebbero tornarci molto utili!" Osservò Crisso fissando l'elfo che lo insultò nella sua lingua.

"La prossima volta non ci coglieranno impreparati!" Promise Enomao.

"A queste parole, dovranno seguire i fatti!" Gli rispose il portatore di pioggia.

"Ora chi fa riaddormentare Aranel?" L'urlo furioso di Hanna accompagnato dal pianto della bambina fece congelare tutti sul posto.

 

*

 

L'addestramento procedeva "Lasciamo che romani varcano mura?" Con qualche intoppo!

"Così saranno in trappola fotti capre!" Ringhiò Crisso contro Nemetes.

"Come pesci nella rete!" Gli diede man forte Spartacus.

"Carro in avvicinamento!" Avvertì Gannicus seduto comodamente sulle mura.

Il gallo lo raggiunse muovendosi ad una velocità incredibile considerata la sua stazza.

"C'è Agron alla guida!" Li calmò Nasir.

"Ne ha attaccato un'altro! Di sua iniziativa!" Protestò Crisso.

"No, gliel'ho ordinato io!" Lo contraddisse Spartacus "Per quale motivo?" Chiese Gannicus curioso "Procurare ciò che ci serve per vincere!"

"Je ne le reconnais pas en le voyant si détendu!" (Non lo riconosco vedendolo così rilassato!) disse Attico fissando Spartacus che brindava assieme ai suoi compagni.

"Ce n'est pas le genre d'homme qui s'enivre!" (Non è il genere di uomo che si ubriaca!) Ricordò Milo.

"Son expression ne le révèle pas, mais il a quelque chose en tête!" (La sua espressione non lo rivela, ma ha qualcosa in mente!) disse Azrael sicuro.

"Solleva il cuore, avere lo spirito più leggero!" Iniziò a parlare Spartacus attirando l'attenzione generale "Essere uniti, non da un marchio, una lingua o una patria, ma da un ideale!" Disse con orgoglio.

"Che ogni uomo, donna o bambino abbia il diritto di nascere, vivere e morire con il dolce sapore della libertà sulle labbra!" Nel dire ciò suo sguardo indugiò sulla giovane vita fra le braccia di Hanna, consapevole che con i romani, la bambina, avrebbe trovato solo la morte. 

"Ma se vogliamo sconfiggere il nemico, dobbiamo mettere da parte le differenze e diventare un sol uomo!" Continuò.

"Voglio una sfida fra coppie! Ogni coppia sarà formata da due guerrieri in contrasto fra loro! Così scopriremo se la sete di vendetta avrà la meglio sull'odio!" L'idea proposta dal portatore di pioggia venne ben accolta.

"Maintenant, son but est évident!" (Ora il suo scopo è evidente!) disse Milo con entusiasmo.

"Donar! Nemetes! Prendete posizione!" Ordinò Spartacus "Lugo e Nasir, saranno gli sfidanti!" Aveva scelto bene!

"Noi vince! Tu da parte cerbiattino! Lugo combatte!" Il germano sbeffeggiò il suo compagno ancora prima di cominciare.

"Non chiamarmi mai più così caprone!" Gridò Nasir stufo di quell'orribile soprannome prima di lanciarsi contro ai suoi avversari.

"Quindi tu saresti Cassia, la romana!" Hanna sorprese alle spalle la fanciulla facendole prendere un colpo.

Da quando era tornata pochi giorni prima, si erano evitate, o meglio, lei le aveva evitate dato che era palesemente terrorizzata dall'elfo!

"Quello non è più il mio popolo!" Disse Cassia seria.

"Perché?" Chiese Sara anche se conosceva la risposta.

"Un senatore di Roma ha ricattato la mia famiglia per mesi. Ci ha tessuto addosso una rete tenendoci in gabbia, sfruttando il potere che il suo titolo gli concedeva! E per "la gloria di Roma".....ha assassinato i miei genitori!" Rispose lei  senza mascherare la rabbia che provava "Anche se fosse sopravvissuto non avrebbe mai pagato per ciò che mi ha fatto! Milo ha reso giustizia ai miei ed io.....non credo più in un popolo che mi ha tradita!" Concluse bevendo un grosso sorso di vino.

"Cosa provi per Milo?" Chiese Hanna con insolenza.

"E tu cosa provi per Azrael?" La prese in contropiede l'altra "Cassia, ci siamo legati molto a Milo. È un brav'uomo e se i sentimenti che prova per te sono sinceri, allora sei davvero fortunata!" Le disse Ariadne.

Cassia parve rilassarsi, scambiando con la sua cara amica un caloroso abbraccio.

"Potrai mai perdonarmi?" Chiese affranta "Per cosa?" Domandò Ariadne.

"Per aver lasciato che Corvo ti vendesse! Eri la mia schiava personale ed una sincera amica, mi sarei dovuta opporre!" Disse sincera l'amica.

"Non devi scusarti! Le tue preghiere hanno convinto gli dei a favorirmi!" Rispose Ariadne. Hanna mimò il gesto di spararsi in testa verso Sara, la quale si astenne eroicamente dal ridere "Sono stata messa al servizio della padrona. Una posizione tanto elevata mi ha protetto per tutto il tempo!" Hanna e Sara non credevano nei loro dei, perché se fossero realmente esistiti non sarebbero diventate schiave, vedendosi costrette ad abbandonare la loro vita di prima!

"Lo ami?" Cambiò discorso Ariadne "Non ti ho mai visto guardare un uomo a quel modo!" La prese in giro.

"Perché avrei dovuto guardarlo? Gli devo molto, mi ha salvato la vita!" Disse Cassia ripensando a quella mattina nebbiosa.

"Non so, forse perché era pieno di muscoli!" Continuò a scherzare Ariadne.

"Punto a suo favore!" Commentò Sara.

"Non è di quello che parlavo!" Rispose Cassia guardando male Sara ed Hanna che se la ridevano della grossa.

"Sei sicura?" Insistette Ariadne "Oh per favore!" La fece tacere l'altra.

"Perché hai paura dell'elfo? Non è pericoloso!" Chiese Sara "No? Ti ricordo che stai parlando del gladiatore più temuto dell'intera Repubblica!" Rispose Cassia.

"Tranquilla.....anche se sei Romana non ti ucciderà!" Disse Hanna cercando di rubare la brocca piena di vino a Sara che si ostinava a farla fingere di essere astemia "Lui non uccide persone indifese!" Le si accodò l'amica.

"Non per quello!" La riprese Hanna "Perché?" Chiese Sara confusa.

"Perché Milo prova qualcosa per te! Lo sguardo da pesce lesso che ti rivolge toglie ogni minimo dubbio!" Rispose l'amica.

"Che vuoi fare?" Chiese Ariadne comprendendo che i sentimenti erano ricambiati da entrambe le parti.

"Non saprei! Accanto a Milo ho la sensazione che niente potrebbe nuocermi! Che persino gli dei retrocederebbero, in caso se lo si ritrovassero davanti!" Confessò Cassia.

"Ma perché l'amore arde nel cuore di tutti tranne che nel mio?" Domandò Sara guardandosi attorno come se stesse sperando che il suo principe azzurro le si parasse davanti dicendole "Sei la donna a cui ho donato il mio cuore!".

"Dov'è tua figlia?" Chiese Cassia cambiando completamente discorso.

"È con il padre! Anzi già che ci sei andresti a prenderla?" Domandò Hanna notando che l'elfo in questione era dall'altra parte del piazzale.

"Perché io?" Chiese l'interpellata allibita "Oh sai, il sole, il caldo, la guerra!" Farneticò Hanna correndo all'interno del tempio.

"Lei non sarà in grado di mascherare le proprie intenzioni, ma sono concorde! Guadagnarsi il favore dell'angelo della morte ti garantirà protezione e farà in modo che gli altri ribelli ti accettino!" Disse Ariadne iniziando a spingerla verso il loro obbiettivo.

"Non ti ci mettere anche tu!" Protestò Cassia decidendo, però, di darle retta.

"Gradite del vino?" Le accolse un Milo sorridente "No, ti ringrazio!" Rispose lei.

Cassia non potè non sgranare gli occhi quando vide la sua amica lasciarsi avvolgere dalle possenti braccia di Attico, felice come non l'aveva mai vista.

"Hai omesso di dirmi qualcosa?" Chiese divertita e felice nell'apprendere tale notizia anche in quel modo.

"Non so di che parli!" Le rispose Ariadne per poi ridere.

Cassia rivolse l'attenzione verso l'elfo, fissandolo diritto negli occhi.

Lui ricambiò lo sguardo studiandola attentamente. Era proprio la ragazza di qualche anno prima! Quella per cui Milo si era innamorato solo guardandola!

"Ho sentito molte storie su di te!" Iniziò a dire cercando di apparire sicura "Stento a crederci vedendoti con quella creatura in braccio che ti fa la linguaccia!" Disse indicando con lo sguardo la bambina che teneva la lingua fra le labbra.

Attico sorrise, Milo invece rise, l'elfo rimase impassibile.

"È bellissima!" Disse Cassia osservando la piccola mentre faceva un minuscolo sbadiglio. Milo prese la sorellina dalle braccia del padre e gliela porse "Vuoi tenerla?" Chiese con un ampio sorriso in volto.

Cassia rivolse all'elfo uno sguardo dubbioso. Vedendo che non le stava prestando attenzione e prendendolo come un permesso, accolse quella creatura piccola ed innocente fra le sue braccia.

"La consideri veramente una sorella minore?" Chiese rivolta a Milo.

"Certo! Non è il sangue a fare le famiglie!" Rispose lui sincero.

"È incredibile come pochi giorni fa tremassi all'idea di stringere fra le braccia il figlio del senatore Corvo, mentre adesso ho l'onore di tenere la figlia del gladiatore più temuto della Repubblica!" Disse Cassia intenerita da quella bambina troppo dolce.

"Avresti dovuto opporti al matrimonio!" La rimproverò Milo cercando di addolcire la voce per non sembrare troppo burbero.

"Non avevo scelta!" Ammise lei.

"C'è sempre una scelta!" Insistette lui.

"Si, avrei scelto di condannare a morte la mia famiglia!" Lo fece tacere lei.

Cassia sospirò e presa dalla conversazione, ridiede la figlia al padre senza il minimo timore.

"Sei stato tu a darmi la libertà di scegliere....quando hai ucciso quel bastardo!" Disse prima di tornare dalle due ragazze che sembravano essersi perse all'interno del tempio.

Milo la guardò orgoglioso, si era scelto una donna tenace ed esuberante!

"Più aspetti, più rischi di perderla!" Lo avvertì Attico senza alcuna intenzione, per la prima volta, di deriderlo o indispettirlo!

 

*

 

Un'altra faticosa giornata di allenamenti si era conclusa. 

Il trace vide Gannicus aggiungerlo sull'impalcatura sulla quale si trovava, per controllare l'avvicinarsi di eventuali pericoli.

"Resto convinto che andremo incontro a morte sicura, ma almeno sarà una morte gloriosa!" Disse Gannicus ridendo.

Spartacus si voltò quando sentì un colpo sulla spalla. Azrael guardava verso la montagna.

"Il segnale!" Disse Gannicus vedendo una torcia muoversi nel buio della notte, capendo che era arrivato il momento.

"Glabro comanda dalle retrovie! La posizione del vile. Farà avanzare le sue truppe in formazione compatta, per esaltarne la potenza! È la tattica romana!" Illustrò Spartacus prima di guidare i ribelli contro ai romani.

Cassia cullava la piccola Aranel. La fiducia nei suoi confronti era forte ormai. Lei ed Ariadne si rifugiarono all'interno del tempio per evitare pericoli inutili e nel tentativo di nascondere l'esistenza della bambina.

Azrael stava cominciando a stancarsi di essere lasciato indietro, ma almeno poteva proteggere le ragazze le quali erano state irremovibili, volendo combattere a tutti i costi!

Peccato che restando nelle mura si sarebbero persi la festa.

I suoi pensieri vennero ascoltati quando il combattimento si spostò all'interno delle mura, ma i romani dovettero dividersi per scavalcarle e questo risultò fatale per loro.

"Undici!" Disse Hanna quando un'altra freccia colpì il bersaglio "Quattordici!" Contò Sara soddisfatta. "Mi ritornano in mente Legolas e Gimli!" Sussurrò Sara all'amica.

"Taci per carità! Comunque loro erano molto più divertenti!" Le rispose lei lanciando un'occhiata ad Azrael che però sembrava troppo impegnato a combattere per prestare attenzione alle loro parole.

"Ha detto di non voler conoscere il futuro! Piantala di fare il contrario! Anche una sola affermazione potrebbe essere sufficiente per cambiare tutto irrimediabilmente!" Cercò di farla ragionare.

"Ma è sicuramente già cambiato qualcosa!" Protestò Sara prima di doversi ritirare all'interno del tempio vedendo una palla di fuoco volare nella loro direzione.

"Spartacus!" Fu Mira ad avvertire i guerrieri. A parte l'elfo......che già fissava l'oggetto in arrivo!

I pochi romani ancora in vita perirono, sotto quella pioggia di fuoco, mentre i ribelli fuggirono attraverso la galleria.

"Glabro ha vinto una battaglia, non la guerra!" Ringhiò Attico vedendosi costretto a ripiegare assieme agli altri.

Nel bosco, Azrael deviò una lancia salvando la donna anziana che aveva aiutato Hanna a partorire, da una morte certa.

"Romani!" Urlò Milo vedendoli avanzare verso di loro.

"Prendiamo il sentiero, presto!" Ordinò Spartacus.

"È l'unico che porta in cima! Saremo in trappola!" Protestò Crisso.

"Non c'è altra scelta! Sbrighiamoci!" Urlò il trace prima di seguire i suoi uomini.

 

*

 

La montagna si rivelò una salvezza, ma anche una condanna. 

Non offriva molto come sostentamento e l'impazienza cresceva così come il tempo trascorso in quel luogo inospitale.

"Pane! Per bambina!" Disse Lugo porgendo la fetta ad Hanna "Perché ci aiuti?" Chiese lei dubbiosa. Lui alzò le spalle prima di andarsene appena notò lo sguardo di fuoco dell'elfo.

"Les faveurs ne suffiront plus! Les filles mange trop peu!" (Tra poco i favori non basteranno più! Le ragazze mangiano troppo poco!) Protestò Attico.

"Je sais pourquoi cette fichue chose nous aide!" (So perché quel maledetto ci aiuta!) Rivelò Milo "Pendant le combat il y a une semaine, j'ai empêché son cerveau d'être dispersé sur le sol!" (Durante la fuga verso la montagna ho evitato che il suo cervello venisse sparso per terra!) raccontò.

"Spartacus! Nemetes e i suoi sono scesi a valle!" La voce di Crisso li fece voltare.

"Per quale motivo?" Chiese il trace sconvolto per essere stato ignorato.

"Attaccare l'avamposto che sorveglia il sentiero!" Gli rispose Gannicus.

Azrael fece per seguirli, ma Attico lo fermò. 

"La situation est dangereuse! Plus que jamais, vous devez rester à leurs côtés pour les protéger!" (La situazione è pericolosa! Ora più che mai devi restare al loro fianco per proteggerle! ) disse correndo verso il sentiero non aspettando una risposta.

Appena tornarono gli occhi di tutti notarono Mira inerte fra le braccia di Spartacus il quale si avventò sul germano subito dopo averla poggiata in terra.

"Sei contento adesso?" Urlò pieno di rabbia e dolore "Valeva la pena sacrificarla per trovare qualcosa da mangiare?" Gridò prendendo a pugni Nemetes dopo averlo atterrato "Mira ha perso la vita per colpa tua!" Lo accusò.

"Per colpa tua siamo tutti condannati!" Nemetes espresse finalmente il suo pensiero "Se n'è andata non stremata di fame come noi!" Urlò il germano.

"Le pareti del vesuvio sono a strapiombo! Siamo in posizione elevata!" cercò di recuperare la situazione Spartacus.

"Non conta niente! Tra poco saremo stremati dalla fame e non potremo più combattere!"  Gli rispose Nemetes.

"Nessun uomo sarà mai troppo debole o menomato per combattere! Se si batte per un ideale che vale più della sua stessa vita!" Disse Enomao che nell'ultimo scontro aveva perso un'occhio.

"C'è movimento sul sentiero!" Li avvisò una vedetta.

"Ashur!" Crisso sputò il nome della persona che più odiava.

"Vengo con un messaggio da parte di Glabro!" Lo fermò lui.

"Vuole porre fine a questo conflitto, così che il suo erede possa nascere a Roma!" Tentò di tirarla per le lunghe, sperando che a loro potesse interessar qualcosa dei desideri del loro nemico.

"Dovrebbe importarmi?" Chiese Spartacus e delle risate risposero alla sua domanda.

"T'importa la vita dei tuoi uomini? Se vi arrendete, potrete vivere, altrimenti lui ucciderà ognuno di voi!" Tentò di nuovo il siriano.

"Io non voglio morire!" Disse Nemetes guadagnandosi numerose occhiatacce "Ma se questo è il mio destino, me ne andrò nell'oltretomba combattendo! E non in catene!" Urlò appoggiando il trace e dimostrando di credere in lui. 

"Meglio morire liberi che vivere come schiavi!" Gridò un'altro schiavo, sostenuto da tutti gli altri.

"Hai avuto la tua risposta!" Disse Spartacus ad Ashur.

"Molto bene. Ora scendo a riferire!" Cercò di svignarsela lui.

"Dove credi di andare?" Lo fermò Crisso.

"Il pretore mi aspetta! Devo riferire la vostra risposta!" Tentò di tagliare corto il coniglio solo per venire nuovamente fermato.

"La tua testa potrebbe servire ugualmente allo scopo!" Disse il gallo.

"Spartacus!" Ashur cercò un'ultimo appiglio per la salvezza "Io penso che non abbia tutti i torti!" Ritrovandosi in trappola.

Per Naevia fu un immenso piacere uccidere di quel porco che tanto l'aveva fatta soffrire. Liberandosi completamente da quel passato che tanto l'aveva fatta soffrire.

 

*

 

Il giorno seguente Spartacus decise che era arrivato il momento d'agire.

"Abbiamo usato tutti i tralci che c'erano, bastano per cinque!" Annunciò Nasir mostrando cinque lunghe funi.

"Agron, Crisso, Gannicus, Azrael, voi verrete con me!" Li chiamò il trace.

"Cette fois, c'est nous qui serons laissés pour compte!" (Questa volta siamo noi che resteremo indietro!) Disse Attico stringendo con forza la mano del genitore.

Azrael diede un bacio sulla fronte di sua figlia e dopo aver rivolto ad Hanna uno sguardo d'incoraggiamento si avviò sul fianco della montagna afferrando una delle funi.

"So che la paura vi attanaglia, ma c'è una buona ragione per provare timore. I romani sono più numerosi di noi. Ma ci hanno mostrato il loro punto debole! Quello di credere che la tattica romana sia l'unica vincente. Sono convinti che c'è una sola ed unica via per scendere dal Vesuvio. Impareranno che noi sappiamo aprirci nuove strade.....e che tutto è possibile quando il cuore e la mente hanno uno scopo comune!" Li incoraggiò Spartacus.

"Oggi daremo loro una lezione che non dimenticheranno!" Decise trovandosi in accorto con tutti. Un rombo, accompagnato da un forte vento li travolse.

"I tuoni coprono la nostra discesa! Gli dei ci favoriscono, il fato è dalla nostra!" Urlò Agron poco prima di cominciare la discesa.

"L'uomo libero se lo forgia da solo!" Spartacus fece capire che ancora non credeva negli dei "Questa notte saremo degli dei e la nostra ira si abbatterà sui romani!" Nel modo più assoluto possibile.

Gli altri mantennero una presa salda sulle funi create per i loro compagni e la discesa cominciò.

Arrivati poco prima del suolo Azrael vide due vedette romane annoiate che si guardavano attorno aspettando impazientemente di ricevere il cambio.

Agron poggiò un piede su di una sporgenza con una grazia che credeva appartenere solo ai nani, dovuta all'ansia e dei sassolini caddero, facendo voltare le guardie.

Fortuna volle che non guardarono in alto. Ma erano allerta!

L'elfo si lasciò cadere sfoderando un pugnale ed atterrando colpì da dietro uno dei due uomini alla collo, Spartacus lo imitò e riuscirono ad ucciderle prima che venisse dato l'allarme.

"Noi non avremo mai un vero esercito, come quello dei romani!" Ammise Crisso arrabbiato.

"Il loro unico vantaggio è il numero!" Osservò Spartacus.

"Serviamoci delle loro catapulte!" Disse Azrael facendo prendere un colpo agli altri quattro "Le useremo contro di loro!" L'elfo sorrise vedendo i loro sguardi attoniti.

"Per le tette di giunone!" Gannicus riuscì a dire questo, rimanendo fermo a fissare l'altro con la bocca aperta.

"Da quando hai imparato a parlare la nostra lingua?" Chiese Crisso che era riuscito a superare lo shock iniziale.

"Da sempre!" Rispose Azrael non riuscendo a non sorridere.

"Sei veramente astuto!" Si complimentò Spartacus.

"Elfo merdoso!" Lo insultò Agron.

"Gradirei che rimanesse un segreto. L'ignoranza degli altri è molto utile!" Chiese l'angelo della morte ancora troppo divertito per notare l'insulto.

"Se volevi che nessuno lo sapesse, allora perché ci hai svelato il tuo più grande segreto?" Chiese Crisso offeso di non averlo capito da solo.

"Stiamo andando in cinque contro un esercito, la comunicazione è fondamentale per avere una minima possibilità di vittoria!" Spiegò Azrael guardando male il gallo.

"Hai ragione! Ti ringrazio per la fiducia!" Disse Spartacus stringendogli una mano prima di fare un cenno agli altri "Muoviamoci!".

Arrivarono di soppiatto alle spalle delle poche guardie che sorvegliavano le catapulte, mettendole a tacere per sempre senza che nessuno li notasse.

"Bisogna agire subito, prima che si accorgano di noi!" Ordinò Spartacus ed Azrael si arrampicò sulle catapulte per tagliare le corde che ne bloccavano i meccanismi.

"Muoviti ipocrita!" Sibilò Agron per essere travolto subito dopo da un elfo che si era inciampato nelle corde e gli era accidentalmente caduto addosso.

Spartacus e Gannicus si ritrovarono costretti a dividerli, appena iniziarono a darsele.

"Alt!" La legione romana arrivò poco dopo, ma il campo con l'altra metà dell'esercito era ormai ridotto ad un falò, i romani erano stati decimati dalle loro stesse armi. 

Il legato Claudio Glabro era in testa alla colonna.

I cinque guerrieri si disposero di fronte all'esercito, per niente intimoriti della stragrande maggioranza di soldati di fronte a loro.

"Nervi saldi!" Sussurrò Glabro quando vide i suoi uomini indietreggiare appena notarono l'elfo.

"Una morte gloriosa! È ciò che ho sempre agognato!" Disse Gannicus per poi ridere spavaldo prima di sguainare le spade imitato dagli altri.

Glabro e Spartacus si scambiarono uno sguardo d'odio "Uccideteli!" Urlò il romano.

Bastò questo per dare inizio al finimondo.

I ribelli attaccarono a sorpresa sul fianco della schiera nemica. Spartacus e gli altri quattro si unirono alla mischia con entusiasmo.

Azrael uccideva un romano dietro l'altro e dopo poco la sua spada si schiantò contro quella di Attico. I due si scambiarono sguardi complici prima di darsi le spalle e proseguire nella lotta.

"Retrocedere!" "Indietro!" Le grida di Glabro e del suo sottoposto attirarono la loro attenzione e l'elfo fu uno dei primi a correre dietro ai romani codardi in fuga.

"Dobbiamo avanzare, siamo ad un passo dalla vittoria!" Urlò Spartacus seguendo il suo acerrimo nemico.

Azrael correva veloce nella foresta, intravide le mura del tempio, ora diventato la base operativa dei romani. Con un cenno del capo, Attico lo superò e pose il suo scudo sulla testa per permettergli di salire senza particolare fatica.

I romani vennero colti di sorpresa. Quegli sciocchi credevano che un muro rendesse quel luogo inviolabile.....

All'elfo bastarono due colpi per ogni romano che gli si parava davanti per riuscire ad ucciderli tutti, uno dopo l'altro. All'ultimo che gli venne incontro riservò un trattamento speciale. Lo ferì alla gamba facendolo cadere in ginocchio e lo decapitò.

Prese la sua testa e la esibì come trofeo di fronte agli altri soldati terrorizzati.

Era un atteggiamento da orco, ma per fortuna quei mortali già lo consideravano un mostro e nessun abitante della terra di Mezzo poteva essere testimone di quello scempio!

Spartacus lo raggiunse sorpassandolo di corsa, sfiorandolo per un pelo.

Giusto per ricordare che nemmeno loro fossero al sicuro, Azrael tirò un calcio in pieno stomaco al ribelle successivo che ebbe la malaugurata idea di passargli troppo vicino.

Sopraggiunsero altri schiavi, tra cui Milo ed Attico. Sembravano star bene a parte qualche ferita superficiale e si unirono con entusiasmo allo scontro.

I romani caddero come foglie al vento sotto i loro colpi.

Thranduil tagliò la gola ad un soldato che stava per dare il colpo di grazia ad uno schiavo ferito. Non lo conosceva, ma era giovane ed inesperto, quindi concedergli una seconda possibilità non era proprio una cattiva idea.

Un grido lo fece voltare e con sgomento vide Sara che si era aggrappata sulla schiena di un romano il quale si dimenava selvaggiamente nel vano tentativo di farla cadere.

La distanza tra loro non era amplia, ma all'elfo sembrò di percorrere chilometri prima di raggiungerli ed uccidere il nemico prevenendo una fine terribile all'amica.

"Tu es fou!" (Sei uscita di senno!) urlò contro alla ragazza.

"Hanna a menacé de rejoindre la bataille! Pour l'apaiser, j'ai dû m'offrir en victime sacrificielle!" (Hanna minacciava di unirsi alla battaglia! Per placarla mi sono dovuta offrire io come vittima sacrificale!) si spiegò lei.

"Tu es fou?" (Sei pazza?) anche Attico l'aveva notata.

"Pouvez-vous lui expliquer? J'en ai assez de devoir me justifier auprès de chaque gladiateur que je rencontre!" (Glielo spieghi tu? Sono stanca di dovermi giustificare con ogni gladiatore che incontro!) chiese rivolta ad un elfo molto arrabbiato.

"Votre cerveau a-t-il disparu de temps en temps?" (Ti è andato di volta il cervello?) e come ciliegina sulla torta non poteva mancare Milo.

"Il est possible qu'il soit si difficile de reconnaître une bonne action en tant que telle!" (Possibile che sia così difficile riconoscere una buona azione come tale!) urlò Sara indignata da quella fredda ed aggressiva accoglienza.

Azrael sbuffò prima di correre al fianco di Spartacus che era stato circondato da due uomini.

Sara era al sicuro! Non dalla sua pazzia, ma non si poteva avere tutto dalla vita!

Con un colpo deciso l'elfo deviò la spada del nemico approfittando di quel varco per trafiggerlo mortalmente. Ora Spartacus era da solo contro al legato.

I due si afferrarono i polsi bloccando le armi, ma un lamento del romano fece spostare lo sguardo del trace su una profonda ferita al braccio che obbligò il legato a lasciare la presa. 

Glabro indietreggiò ansimando per lo sforzo "Non intendo morire per mano di un fottuitissimo schiavo!" Sibilò il romano guardando il trace con odio.

"Io, ora, sono un uomo libero!" Gli rispose lui.

Spartacus colpì la mano dell'avversario che teneva la spada, disarmandolo.

Appena l'arma toccò terra quella del trace affondò nello petto del legato.

Lui trattenne a malapena un urlo di dolore ritrovandosi in ginocchio.

Glabro si voltò vedendo che gli ultimi soldati in vita, venivano uccisi in quell'istante.

I ribelli si radunarono nello spiazzo di fronte all'entrata del tempio, osservando il loro nemico prossimo alla morte.

"N-non hai ancora v-vinto!" Ringhiò il romano mentre lottava per respirare "Roma invierà altre legioni......a-anche dopo la m-mia m-morte! Ed un giorno.......tu a-andrai incontro al destino......che meriti!" Glabro venne interrotto da un conato di sangue che gli impedì di parlare.

Era talmente concentrato a respirare che non si accorse della lama puntata sul suo collo fin quando Spartacus non gli alzò il mento con essa.

"Può darsi!" Rispose il trace apparendo abbattuto "Ma non sarà oggi!" Urlò così che tutti i suoi uomini potessero sentirlo.

Affondò la spada nella trachea del suo acerrimo nemico osservando con soddisfazione quando la luce della vita abbandonò i suoi occhi. Il corpo senza vita si accasciò per terra, ma lui si prese ancora qualche momento prima di parlare.

"Lasciamo che Roma invii le sue legioni! Le affronteremo! Ed i suoi soldati subiranno la sorte di Glabro!" Annunciò Spartacus venendo sostenuto da grida di gioia.

"Si!" "A morte i romani!" Moriranno tutti!" "Siamo invincibili!" "Non ci batteranno mai!" Ma un grido si elevava più alto di altri "Lunga vita a Spartacus!".

"I romani impareranno che niente è facile e nulla è impossibile per coloro che si battono per un ideale forte come la libertà!" Urlò Spartacus alzando un pugno al cielo.

"Adesso diventeremo un vero esercito!" Disse il trace rivolto a Crisso il quale sorrise assaporando a pieno quel momento.

"Vive Spartacus!" (Lunga vita a Spartacus!) gridò Azrael sollevando la spada verso il cielo.

 

Scusate l'attesa! Premio chiunque abbia avuto la pazienza di aspettare l'aggiornamento, con un capitolo estremamente lungo!

Ed ecco conclusa la seconda stagione!

La guerra contro i romani non è finita purtroppo!

Ora dovranno confrontarsi con Crasso!

Barahir è morto. Scusate, ma è stata una grande soddisfazione!

Stessa fine è stata riservata al senatore Corvo che ha sterminato il popolo a cui apparteneva Milo! 

Finalmente è stato svelato il passato di Hanna. Direi che dopo un infanzia del genere se la merita un po' di felicità!

Cassia è bella tosta, ma questo non impedirà ad Hanna e Sara di riuscire a stringere una grande amicizia!

Aranel ha ancora pochi mesi, ma presto mostrerà di essere la degna figlia di Thranduil ed Hanna e già tremo al pensiero dei salti mortali che mi ritroverò a fare!

Anche il prossimo capitolo sarà tra un po'....lo sto già scrivendo, ma inizierà la parte interessante, con Crasso che entra in scena e vorrei far uscire qualcosa di decente! 

Mi dispiace!

A presto (più o meno),

X-98

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Capitolo 13
*** Le armi mantengano la pace ***


Su di una vasta pianura due schieramenti si erano dati battaglia.

Il sangue bagnava il terreno ed i guerrieri cadevano da entrambi i lati.

Ma la tecnica dei gladiatori era superiore a quella dei soldati romani che in uno scontro uno ad uno si ritrovavano svantaggiati.

Gli schiavi ribelli lo sapevano, per questo miravano a dividere ed isolare le varie legioni durante la battaglia.

“La cavalleria di Spartacus ha sfondato il fianco sinistro!” Disse un soldato con il fiatone.

“Maledetto selvaggio!” Ringhiò Cossinio “Ordina che si ricompattino a sud!” Comandò.

Ma un urlo fece alzare loro lo sguardo: Spartacus li stava caricando a cavallo, Azrael era dietro di lui!

“Fermateli!” Ordinò Cossinio prima di fuggire assieme al compagno spronando i cavallo al galoppo “Uccideteli!” Gridò un soldato.

Spartacus venne disarcionato ed Azrael scese dal cavallo per coprirlo.

I romani erano numerosi, la formazione a testuggine poteva essere imbattibile, ma una volta rotta si sfaldava con fin troppa facilità. I soldati vennero divisi ed uccisi uno dopo l’altro.

“Dobbiamo andarcene!” Disse Furio appena vide Cossinio fermarsi a poca distanza rispetto dove l’angelo della morte ed il portatore di pioggia stavano massacrando i loro uomini. 

“Che tu sia maledetto Spartacus!” Ringhiò Cossinio prima di decidersi a scappare.

“Bastardi vigliacchi leccaculo!” Milo decise di salutare i senatori in modo originale.

“Spartacus! I romani hanno suonato la ritirata!” Esultò Crisso.

“Abbiamo vinto!” Disse Naevia prima di dare il colpo di grazia ad un soldato agonizzante.

“Niente affatto! Cossinio e Furio ci sono sfuggiti un’altra volta!” Disse Spartacus guardando i due codardi allontanarsi al galoppo.

“Non si può dire la stessa cosa dei loro soldati! Il terreno è pieno di cadaveri!” Osservò Gannicus con entusiasmo.

“Destino meritato!” Rispose Spartacus “Che spetta a chiunque voglia metterci di nuovo in catene!” Disse fissando l’aquila romana in cima al bastone che stringeva con rabbia.

“Noro lim!”(Corri veloce!) sussurrò Azrael rivolto al cavallo una volta risalito in groppa, seguito da Milo e Attico, diretti verso il campo dei romani abbandonato e pieno di risorse preziose.

“Abbiamo spogliato il campo di armi e cavalli!” Disse Crisso una volta giunto nella tenda di Spartacus.

“Il bottino è come sempre ragguardevole!” Specificò Agron contento.

“Dov’è Gannicus? Come sempre manca il suo rapporto!” Chiese Spartacus impaziente.

“Sai bene che ama celebrare le vittorie. Con vino e donne per molti giorni!” Crisso rise ricordando le abitudini dell’amico.

“La cosa mi vedrebbe favorevole, una volta liberati da Furio e Cossinio!” Rispose Spartacus nervoso di essere giunto così vicino alla vittoria per vederla sfumare in pochi secondi.

“I quali hanno dimostrato di essere scaltri! Aspettiamoci qualche mossa ardita!” Disse Crisso osservando la cartina che indicava le varie legioni sparse nel territorio.

I romani erano divisi, ma non per questo meno pericolosi.

“Raddoppia le sentinelle sulle colline! Non ci coglieranno impreparati!” Ordinò il trace.

“Dai troppo credito a quei porci!” Agron espresse a pieno i suoi dubbi.

“Sottovalutare l’avversario è una caratteristica dei romani! Non cascarci anche tu!” Lo riprese Spartacus.

“Cossinio e Furio sono finiti, spacciati! Ogni giorno che passa centinaia di schiavi spezzano le catene per unirsi a noi!” Rispose Agron come se il portatore di pioggia non sapesse.

“Agron sta dicendo il vero! Presto li schiacceremo con la forza dei nostri numeri!” Disse Crisso guardando fuori dalla tenda il vasto campo di tende che si estendeva a perdita d’occhio nella valle.

“Misura il loro valore e livello di preparazione! Alla prima opportunità colpiremo di nuovo e manderemo un ulteriore messaggio a quegli stolti romani che ci vorrebbero schiacciare sotto al tallone!” Ordinò Spartacus.

 

*

 

Un possente cavallo nero sbuffò impaziente. Erano da poco tornati dalla battaglia eppure lui era già pronto per ripartire.

Aegnor (fuoco funesto) questo era il suo nome. Indomabile e fiero, come il suo padrone.

“Sedho, mellonamin!”(Calmati, amico mio!) La voce di Thranduil calmò il possente animale e dopo che la sella venne tolta andò a brucare tranquillo assieme al resto della mandria.

Un botto seguito da risate fece voltare l’elfo. Le nuove reclute erano assolutamente incapaci di cavalcare, come nel fare tutto il resto....

Nuovi schiavi ribelli si univano a loro ogni giorno, quindi il lavoro di addestramento non finiva mai!

In migliaia si erano uniti a loro dopo la liberazione dalle miniere in Lucania!

Schiavi fedeli alla Repubblica. Umili e grati ai loro padroni per tanti anni, avevano tradito di colpo, attratti dalla crescente leggenda di Spartacus!

La fedeltà non si costruisce sotto allo scoccare della frusta, con torture ed umiliazioni......verità di cui molti romani erano venuti a conoscenza troppo tardi!

Dopo la sconfitta del senatore Scrofa sul fiume Calore, erano aumentati ancora.

La guerra imperversava senza esclusioni di colpi da entrambe le parti. Spartacus ed i suoi avevano bisogno di scorte per il sostentamento della loro gente e le razzie erano alla regola del giorno.

Sconfitto Glabro le guerriglie erano andate avanti per due anni senza che i romani prendessero sul serio la loro minaccia, mandando qualcuno a sterminarli. Solo delle piccole legioni vennero inviate nella speranza che potessero disperdere gli schiavi.

Una volta compreso quanto laceranti erano diventate le ferite inflitte dall’esercito ribelle, due senatori, Furio e Cossinio, avidi di gloria e prestigio si erano mossi con l’intento di poter vantare una tale vittoria.

Ma si erano mostrati solo degli uomini mediocri che pensavano poco alla strategia credendo erroneamente, che la forza bruta avrebbe assicurato loro la vittoria.

Thranduil raggiunse la sua tenda, salutando con un cenno della testa Tigris, messo a guardia, prima di entrarvi.

Tigris era un gallo possente, alto quasi quanto l’elfo, orgoglioso e forte. 

In passato nominato campione della scuola dov’era cresciuto, attaccata e saccheggiata da Spartacus, nell’intento di avere uomini validi in battaglia.

Non si era unito subito ai ribelli, ma quando aveva aperto gli occhi, spezzando le catene che lo tenevano ancorato alla sua vita di prima, aveva trovato posto nella cerchia ristretta del trace, accanto a Crisso. Salvare la vita di Sara in battaglia gli aveva assicurato il rispetto e gratitudine dell’angelo della morte, che erano cresciuti con il passare del tempo fino a farlo diventare uno dei suoi sottoposti più leali.

“Desideri che ti dia il cambio, fratello!” Chiese Attico rivolto a Tigris.

“Solo quando è ora di mangiare! Ti ringrazio, ma preferisco obbedire agli ordini!” Gli rispose l’altro.

“Lui si che usa il cervello! Resta qui e non è costretto ad assistere ai penosi allenamenti dei nuovi arrivati!” Lo elogiò Milo che nonostante gli onnipresenti contrasti con il fratello, era diventato la sua ombra.

“Addestrarli e puntare a trasformarli in gladiatori ci assicura vittorie future! Dovresti essere grato della loro presenza invece che rifiutarla!” Lo riprese Attico.

“Hai frainteso le mie parole! Io cerco un avversario degno. Che riesca a movimentare queste noiose giornate!” Precisò Milo.

“Metti di nuovo del pesce nel suo letto e sarai accontentato!” Scherzò Tigris ridendo in quanto non era mai stato una vittima di uno degli scherzi del celta. Per ora....

“Si, nel trovare una morte gloriosa!” Disse Attico prima di entrare nella tenda.

“Perché quando si parla di un nostro eventuale scontro, da per scontato la sua di vittoria?” Chiese Milo infastidito di essere sminuito così tanto.

“Ico!” Aranel salutò Attico alzando le manine verso il cielo in una muta richiesta di essere presa in braccio. Lui l’accontentò.

“Sei sola?” Chiese non notando nessuno nella stanza “No! Ma non sono presentabile quindi le ho lasciato l’onore di accoglierti!” La voce inconfondibile di Sara provenne da una stanza adiacente divisa solo da uno spesso telo.

“Dici che questo mi dona?” Chiese Sara sbucando con indosso un abito romano riccamente ricamato, tesoro acquisito durante uno dei numerosi saccheggi.

“Solo tu nel bel mezzo di una guerra riesci a pensare all’abbigliamento!” Anche Milo si era deciso ad entrare.

“Ma non intendo usarlo adesso! Lo metterò via in attesa di quando la piaga di roma non ci aliterà più sul collo, quelli inadatti li brucio! Spostandoci spesso non posso portarmi dietro una miriade di cose ogni volta!” Le rispose lei.

“Non mi taccerei su qualcosa che già fai! Il tuo cavallo lo hai trasformato in un mulo!” Continuò Milo.

“Dandogli dell’asino dai per certo che sia stupido! Il mio Pegaso non è stupido!” Protestò Sara.

“Gli hai cambiato di nuovo nome?” Chiese Milo confuso “No, questa è la settimana di Pegaso, la prossima sarà di nuovo quella di Bucefalo!” Rise Attico prima di sollevare la bambina in aria facendola ridere.

Aranel era cresciuta molto in quei lunghi anni, resi tali dalla guerra.

Aveva da poco cominciato a parlare, ma già riusciva a capire la maggior parte delle cose dette. Il padre le stava insegnando la lingua degli elfi, che persino Hanna non conosceva! Ed era a lui che somigliava sempre più con il passare del tempo.

L’unica differenza era che la piccola fosse sempre di buon umore, al contrario del padre, circondata da persone che l’amavano. 

Per Aranel quella tenda sporca in compagnia di quei volti divenuti familiari era casa!

“Sfottete pure, voi che parlate solo per dare aria alla bocca!” Disse Sara nervosa.

“Niente brutte parole per favore!” La pregò Milo.

“Temi nefaste conseguenze?” Chiese la ragazza divertita.

Milo le lanciò uno sguardo di morte. Stava alludendo ad un episodio avvenuto tempo fa, ma che mai avrebbe potuto dimenticare......soprattutto se pensava alla conseguente furia di Hanna!

 

"Siamo nella merda!" Disse Milo osservando l’accampamento di fortuna appena costruito. L’inverno li aveva spinti a nascondersi dall’esercito romano, per preservare le energie che già il freddo provvedeva a prosciugare!

"Questo posto è una merda!" Gli rispose Attico mentre tentava di togliere la neve dalla sua barba.

"Diciamo che la situazione attuale è una vera merda!" Decretò Milo tremando come una foglia al vento. Stare di guardia davanti alla tenda era una punizione, non un dovere!

"Me....melda!" I due diventarono statue di ghiaccio prima di girarsi lentamente, abbassare lo sguardo ed accorgersi che c'era un terzo uditore indesiderato!

"Qual è stata la prima parola di Arenel?" Chiese Attico dubbioso.

"Mamma!" Rispose Milo atterrito da ciò che avevano appena fatto! 

 

Non bisognava dire che la piccola Aranel aveva migliorato la pronuncia quella sera stessa, di fronte ai genitori. Il resto era storia!

“Metteresti la cuffia ad Aranel? Tra poco è ora di pranzo!” Chiese Sara porgendo l’oggetto ad Attico, il quale non perse tempo visto che Aranel, con le mani sulle orecchie ed il volto imbronciato, sembrava contraria a quell’idea.

Con l’aumentare del loro numero era diventato prioritario nascondere l’esistenza della bambina per la sua e la loro sicurezza. Fortuna che fosse ancora sufficientemente piccola per non destare sospetti con indosso una cuffia per bambini.

“Hanna ed Azrael?” Chiese Milo guardandosi attorno “Sono da Spartacus!” Le rispose Sara prima di uscire e sbattere contro qualcuno.

“Felice di vederti anch’io!” La salutò Proximo. Anche lui ex campione, era uno dei pochi gladiatori liberati dai romani. Si era unito ai ribelli appena gli era giunta voce che la scuola che l’aveva formato, era caduta.

Aveva sfidato apertamente Azrael in combattimento, mostrando doti eccezionali, venendo risparmiato per ordine di Spartacus ed era diventato un buon amico di Attico e Milo. L’elfo ci aveva messo di più per accettarlo, ma alla fine era divenuto uno dei suoi uomini più fidati, venendo messo al corrente della vera identità di Aranel solo perché aveva la pessima abitudine di palesarsi senza avvisare o chiedere il permesso.

“Se non ti fossi messo ad origliare avrei notato la tua presenza!” Rispose la ragazza.

“Se non ti guardassi i piedi mentre cammini forse sapresti dove vai!” Contraccambiò la gentilezza lui.

“Proximo, dov’è Hagen?” Chiese Attico una volta uscito.

“Starà facendo vedere i sorci verdi a Felix!” Rispose Proximo prima di avviarsi verso la tenda del grande condottiero.

Hagen era un germano. Anche lui imponente come prestazione fisica ma non ex campione. Era stato addestrato dagli uomini di Spartacus. Ritenuto insoddisfacente come gladiatore, il suo destino sembrava essere stato segnato una volta mandato nelle miniere in Lucania!

Era stato il primo ad unirsi ad Azrael e questo non gli aveva reso le cose facili. Ammirava l’elfo per le storie che aveva sentito sul suo conto, per questo gli aveva ronzato attorno per un po’, prima di essere invitato a condividere un pasto da Sara.

Da quel momento la fiducia era iniziata a crescere fino a consolidarsi del tutto.

Aveva ben accolto prima Tigris e poi Proximo assieme a Milo, dato che essendo da poco stati liberati, e non sapendo prendere scelte con la propria testa, a parte che in combattimento, erano estremamente accondiscendenti. 

Felix era colui che veniva chiamato “il nuovo arrivato” anche se si era unito da svariati mesi. Ma il non aver ancora conosciuto Aranel, l’inesperienza con la spada e la giovane età gli facevano mantenere quel nome.

Tutti loro conoscevano il segreto di Azrael, ovvero che comprendeva ed era in grado di parlare la lingua di Spartacus, ma avevano giurato di mantenerlo anche a costo della vita.

Felix era un ragazzo mingherlino con capelli castani corti. Liberato da una delle tante ville saccheggiate, si era mostrato un grande ingenuo saltando in groppa ad Aegnor. 

La sua passione per i cavalli aveva avuto vita breve!

Hanna e Sara si erano gentilmente offerte di curare la ferita in testa procuratagli dal cavallo imbizzarrito ed erano state loro ad accoglierlo nel gruppo.

 

*

 

Naevia si era messa a raccogliere radici. Il cibo rubato dalle abitazioni saccheggiate aveva iniziato a non essere sufficiente quando il loro numero era cresciuto oltre ogni aspettativa. Quindi qualsiasi cosa potesse offrire la natura del territorio dove si stabilivano, veniva colta.

Non stavano mai molto in un posto, con timore che i romani potessero prendere posizione e circondarli.

Otto uomini a cavallo la circondarono. Uno di loro portava un lungo bastone con sopra l’aquila romana dorata!

“Donna!” La chiamò uno di loro “Cosa ci fai così vicino al campo dei ribelli?” Chiese imperioso. Naevia sembrava una giovane fanciulla terrorizzata e rimase in silenzio a fissare il terreno.

“Parla, se non vuoi che ti costringa!” La minacciò lo stesso uomo “C’è qualcun’altro con te?” Chiese sempre più impaziente.

“Si!” Rispose con un sussurro lei prima di tirare fuori un coltello e colpirlo alla gola.

Gli altri sfoderarono le armi ma vennero colti di sorpresa da altri ribelli che sbucarono dalla vegetazione circondandoli.

Azrael ed Attico si premurarono di far scendere da cavallo l’unico rimasto in sella, mentre Hanna e Sara si alternarono con uno combattendo per divertimento, prima di stufarsi e mandarlo all’altro mondo.

Gannicus, Agron, Crisso e Spartacus si occuparono degli altri.

“Azrael, l'un d'eux portait un message!”(Azrael, uno di loro portava un messaggio!) Disse Sara porgendo il piccolo foglio all’elfo. Thranduil sorrise nel comprendere di avere finalmente in pugno quei due senatori che continuavano a sfuggire loro da numerosi mesi.

Poi si rabbuiò, rendendosi conto che quei soldati erano gli unici ad essere passati troppo vicino al loro accampamento!

I soli e con un messaggio recante l’informazione sulla loro posizione!

Perché? Volevano far sapere dove si trovavano? E l’illuminazione lo colse: era una trappola!

Spartacus gli si avvicinò e lui gli porse il biglietto decidendo di tenere per sé i suoi dubbi. Se i romani credevano di poterli sconfiggere con una mossa così elementare si sbagliavano di grosso!

E presto se ne sarebbero resi conto!

 

*

 

Sara si mise ad osservare gli allenamenti con Tigris e Proximo che vegliavano su di lei e sulla bambina. Aranel si era messa a fare un....castello di terra ed essendo abituata al suono del cozzare di spade, non faceva caso agli scontri.

Spartacus, Gannicus e Crisso si erano sbarazzati di Cossinio e Furio mentre Agron attaccava attirandone la maggior parte lontano dalla villa, ed i tre avevano aggredito i senatori come comuni tagliagole e ladri entrando di soppiatto nella loro villa.

Attico e Milo, accanto alla ragazza si diressero verso Agron appena il loro sguardo registrò la sua presenza.

“Diotimo, Spartacus chiede di te!” Lo chiamò Agron.

Andarono veloci nella tenda del trace ed il pover’uomo temeva di venire rimproverato per aver ucciso un cavallo ferito in battaglia ed averne distribuito la carne per sfamare quante più bocche possibili.

“La costa meridionale?” Chiese incerto l’uomo trovandosi impreparato di fronte ad una domanda che non si aspettava.

Anche Attico e Milo cascarono dal pero con quella rivelazione. Essere arrivati tardi alla riunione aveva avuto le sue conseguenze, dato che Azrael non sembrava minimamente sorpreso. 

Hanna non si vedeva da nessuna parte, ma questo non era un problema. In quegli anni era diventata una temibile guerriera ed inoltre, nessuno avrebbe osato sfiorarla. 

Quasi tutti conoscevano il suo viso dato che stava sempre accanto all’elfo, la maggior parte del tempo almeno.

“L’esercito di Crasso dovrà marciare più a lungo per giungere fino a noi! Consumerà energie e viveri!” Illustrò il piano Spartacus.

“Però alla fine del viaggio noi saremo altrettanto esausti!” Osservò Crisso.

“Tutto ciò che ha da offrire la città ci rianimerà, conforto di cui Crasso sarà privato!” Precisò il trace “Diotimo, ho bisogno di un consiglio!” Lo consultò.

“Perdona, ma sono impreparato in quanto a strategie di guerra!” Chiarì lui.

“Il tuo contributo sarà di altra natura!” Lo corresse Spartacus.

“Ci ha parlato di una città protetta da mura, lambita dalla brezza del mare!” Ricordò.

“La città di Sinuessa! Ho vissuto la per molti anni!” Disse Diotimo.

“Conoscerai le sue difese!” Fece notare Milo, comprendendo l’obbiettivo da raggiungere.

“Vuoi conquistarla?” Chiese l’uomo allibito rivolto al trace.

“Le modalità dipendono da ciò che tu dirai!” Gli rispose lui.

“Due ingressi, la porta principale guarda a ponente, aperta ai mercanti tutto il giorno, chiude al tramonto. L’altra è orientata a monte, in direzione della dorsale della Melia! Invalicabile nei mesi invernali e l’inverno arriverà molto presto!” Iniziò a parlare Diotimo. Azrael non riuscì a trattenere una smorfia.

Non l’entusiasmava l’idea di assediare una città, consapevole della miserabile fine a cui avrebbero condannato gli abitanti. Ma le loro speranze di sopravvivenza risiedevano nel numero, che a sua volta si aggrappava alla necessità di trovare rifugio dal gelido inverno.

Gli anni passati non erano morti molti a causa del freddo, ma qualcuno non ce l’aveva fatta e questo problema andava risolto! Specialmente perché a rischiare di più erano i giovani come Aranel.

Ora che Cossinio e Furio non erano più un problema dovevano e potevano concentrarsi a fondo su quello provocato dal cambiare delle stagioni, prima di pensare a Crasso.

“Potremmo ritrovarci in trappola!” Si lamentò Attico.

“La porta principale?” Chiese Crisso impaziente di andare in guerra, specialmente se si trattava di massacrare civili innocenti, ignorando l’ultima osservazione.

“Inviolabile una volta chiusa!” Rispose Diotimo.

“Ritieni possibile aprirla dall’interno, di notte?” Chiese Spartacus mentre rifletteva su come agire.

“È sorvegliata e voi sareste disarmati. L’edile teme attacchi ai danni delle guardie per questo tutte le armi vengono riposte in un deposito all’ingresso” li disilluse l’uomo.

“Requisiscono le spade all’entrata?” Chiese Spartacus contrariato.

“Non esistono prospettive un po’ più favorevoli!” Scherzò Crisso sapendo che sarebbe stato inutile entrare senza avere la possibilità di difendersi o attaccare.

“No, un momento! Durante i miei viaggi ho conosciuto un uomo che veniva da quella città! Si chiama Attius, dovrebbe fare il fabbro!” Disse Gannicus come se fosse impaziente di rincontrare il suo vecchio amico.

“Si, so chi è! Il mio padrone ne parlava con aperto disprezzo!” Diotimo dissolse ogni dubbio.

“Dovremmo fidarci di un romano?” Chiese Milo contrariato, il cui pensiero era ricambiato da quasi tutti coloro che si trovavano nella tenda.

“Di romano ha soltanto il nome che porta! Porgigli una borsa piena di monete sonanti e si dirà Trace o Gallo di madre!” Rispose Gannicus. Azrael comprese che un uomo del genere era solo molto più pericoloso!

“Andiamo ad informare gli altri!” Disse Spartacus ormai sicuro di come agire.

“Voi ci seguirete!” Ordinò rivolgendo lo sguardo prima ad Azrael, poi ad Agron “Resterete alla macchia finché non verrà il tempo!” Finì di spiegare.

“E quel marchio?” Una domanda spezzò l’entusiasmo “Se lo vedono ogni sforzo sarà stato vano!” Disse Agron guardando il marchio della casa di Batiato inciso profondamente nell’avambraccio destro e ben visibile, come se volesse continuamente ricordare loro tutto ciò che avevano passato. Solo Thranduil portava dei vestiti a maniche lunghe, che celavano quel marchio e le cicatrici inferte dai romani, ma lui sarebbe stato troppo riconoscibile se avesse osato entrare in città.

“Giusta osservazione!” Ammise Crisso non contento di dover dare ragione al germano.

“Il mio padrone ha una certa influenza sull’edile. Fa pure il nome di Lauro, di che siete in affari, così ti eviterai complicazioni!” Consigliò Diotimo felice.

“Quando lo rivedrai, Lauro si inginocchierà ai tuoi piedi e ti chiamerà padrone!” Disse Spartacus con oscura soddisfazione.

 

*

 

Quella notte sembrava essere quel momento in cui tutto diventa più tranquillo e silenzioso, aprendo la strada ai sogni e pensieri profondi, esattamente come tutte le altre. 

Ma i ribelli erano pronti a renderla unica, con il cozzare delle spade, le grida di guerra, accompagnate da follia e caos che di li a poco avrebbero travolto i romani!

Dopo alcune settimane di viaggio, facendo attenzione a restare nascosti all’occhio dell’esercito romano, erano giunti presso il loro obbiettivo.

“La luna è quasi al culmine!” Disse Agron impaziente e preoccupato per l’incolumità dei suoi compagni.

“E quella maledetta porta non si apre!” Anche Milo sembrava trovarsi nella stessa patetica situazione.

“Io so che l’apriranno!” Disse Crisso il cui orgoglio l’aveva convinto che niente avrebbe potuto fermarli.

“O moriranno provandoci!” Aggiunse Attico.

“Allerta gli altri! Quando la porta si aprirà, inizierà la carneficina!” Disse Crisso a Nasir che obbedì senza fiatare.

I rumori del primo scontro con le guardie, alla porta delle città, giunsero alle orecchie di Thranduil come se gli stessero combattendo davanti.

“È ora!” Disse Azrael e Crisso comprese che era arrivato il momento di far avanzare gli uomini.

“Tutti alla porta della città!” “Non devono entrare!” Le urla provenirono dalla fessura creatasi dalla porta che stava cominciando ad alzarsi.

Azrael non attese oltre e rotolò all’interno senza aspettare che fosse completamente aperta, imitato da altri.

Iniziò il combattimento e Proximo assieme a Lugo sollevarono di peso la porta così che gli altri potessero entrare il più in fretta possibile.

Le guardie vennero travolte dal fiume in piena rappresentato dai ribelli che invasero le strade ad una velocità incredibile.

Gli scontri raggiunsero ogni via di Sinuessa ed una volta tolte di mezzo le guardie, l’ira dei ribelli si scatenò contro la popolazione indifesa.

“Capturez autant de prisonniers que possible!”(Catturate quanti più prigionieri possibili!) Ordinò Azrel rivolto a Hagen e Tigris.

“Puis-je connaître les intentions derrière un tel acte de clémence?”(Posso sapere le intenzioni dietro ad un tale atto di clemenza?) chiese Milo come se non fossero nel bel mezzo di una guerra.

“Je suis contre le meurtre de femmes et d'enfants sans défense, même s'ils sont romains!”(Sono contrario a trucidare donne e bambini indifesi, anche se sono romani!) rispose Azrael. I suoi decisero di obbedire agli ordini, mostrandosi però, molto riluttanti.

“Ils peuvent devenir une précieuse monnaie d'échange!”(Possono diventare una preziosa merce di scambio!) alla fine l’elfo riuscì a convincerli del tutto.

“Suivez-moi! Nous devons nous assurer que les vivres ne sont pas détruits!”(Seguitemi! Dobbiamo assicurarci che le scorte di cibo non vadano distrutte!) disse rivolto ai suoi figli, avviandosi verso il granarium, dove il grano era stato riposto.

Uccisero ogni guardia che si presentò sul loro cammino e riuscirono ad irrompere nell’edificio appena in tempo, evitando di perdere scorte di cibo preziose che i romani intendevano cospargere di pece.

Le caraffe si frantumarono in terra ed il sangue si mischiò alla pece appena iniziarono gli scontri. Azrael si fermò qualche secondo ad osservare il granarium. Era un edificio imponente e probabilmente i romani stavano mettendo da parte le scorte per l’inverno, solo questo spiegava la presenza di una quantità spropositata di grano. Ogni scaffale era pieno e rischiava di cedere sotto al peso della preziosa merce.

Un uomo riccamente vestito lì attaccò con il coraggio dato dalla disperazione, ma non poteva tenere testa a due ex gladiatori ed un guerriero elfico temprato da innumerevoli battaglie, anche con cinque guardie romane al seguito.

Il celta ferì al braccio colui che doveva essere l’edile, l’uomo più ricco della città, e con un calcio lo spedì in terra.

“Arrêtez!”(Fermo!) Milo si ritrovò a trattenere un grido di disapprovazione quando il padre bloccò il suo fendente mortale.

“Vous ont-ils déjà dit que vous étiez un vrai amortisseur?”(Te l’hanno mai detto che sei un vero guastafeste?) chiese irritato.

”Il est l'homme en charge de la ville, c'est à Spartacus de décider quoi faire de lui! Il doit rester en vie!”(È l’uomo a capo della città, spetta a Spartacus decidere cosa fare di lui! Deve rimanere in vita!) rispose Azrael parlando come se si trovassero davanti ad una tazza di tè e non stesse combattendo contro due uomini contemporaneamente.

“Vivo est un terme très générique, même un homme sans main est .....”(Vivo è un termine molto generico, anche un uomo senza una mano è.....) Milo venne interrotto dall’improvviso colpo in viso da parte dell’edile che aveva colto la sua distrazione al volo, afferrando una piccola asse di legno nella speranza di poter scappare.

L’uomo riuscì a liberarsi dalla stretta mortale del celta, ma indietreggiò e fuggì impaurito appena vide l’elfo fare un passo verso di lui, furioso.

Altre guardie accorsero appena in tempo per coprirgli la fuga, tenendo impegnato l’angelo della morte e sacrificando le loro vite.

L’edile afferrò una torcia ed una caraffa piena di pece e si diresse verso il cancello che lo divideva dai ribelli.

Cosparse velocemente quel liquido altamente infiammabile bagnando il portico, conscio che essendo un edifcio costruito quasi interamente di legno, avrebbe facilmente preso fuoco.

“Avvicinatevi e non rimarrà neanche un chicco di grano, luridi porci schifosi!” Minacciò agitando la torcia che teneva in mano. Un’espressione inorridita gli si dipinse in volto quando vide la moglie accerchiata da quell’orda di selvaggi.

Lei gli si avvicinò terrorizzata “Ti credevo morta!” L’accolse lui sollevato “E presto lo sarò, così come molti altri se non apri questa porta!” Lo supplicò lei.

“Quanti sono sopravvissuti?” Chiese lui distrutto “Troppo pochi! Ti supplico, apri la porta!” Tentò di nuovo lei.

“È il lavoro di tutta la nostra vita!” Gridò tra i denti lui “Non mi piegherò davanti a dei luridi schiavi!”.

“Allontana il pensiero degli schiavi. Se la prenderanno presto la nostra vita! Apri la porta, fallo per coloro che sono ancora di questo mondo, per la nostra gente!” Lo supplicò Leta.

Il marito non riuscì a rispondere perché una lancia gli trapassò il petto da parte a parte, uccidendolo all’istante. Spartacus aveva agito appena la consorte era riuscita a distrarre quel poco il marito.

Crisso l’aveva raggiunto alle spalle grazie al varco aperto dall’elfo ed era giunto appena in tempo per afferrare al volo la torcia, che stava cadendo assieme al cadavere, prima che colpisse la pece.

Leta si disperò alla vista dell’amato privo di vita davanti ai suoi occhi, prendendosela con Spartacus, convinta che il marito l’avrebbe di certo ascoltata....

Nel frattempo Azrael ed Attico si erano diretti verso le porte della città, per far entrare le donne ed i bambini e tutti coloro che non si erano uniti alla battaglia.

Milo, ferito nell’orgoglio, si era separato, inseguendo insieme a molti altri, i fuggitivi che cercavano una via di fuga correndo verso la porta nord.

 

*

 

Nonostante la confusione, la piccola Aranel dormiva profondamente cullata dal caldo abbraccio della madre. Hanna si trovava in groppa ad Aegnor, sfinita dal sonno ma contenta, dopo molto tempo, di poter dormire in una vera casa.

Il suo cavallo era legato a quello di Sara visto che Aegnor non sopportava di avere altri suoi simili troppo vicino. Aveva scelto lui perché in caso di guai, era il più forte, intelligente ed in grado di proteggerla dato che era stato addestrato da un elfo.

Ed invece ora si era ritrovata a varcare il cancello della città di Sinuessa.

Vedendo alcuni uomini ammassare i corpi dei romani caduti, ringraziò il cielo che la figlia dormisse perché non dovesse assistere ad uno spettacolo del genere.

Aranel aveva vissuto quel tipo di vita fin da piccola per questo la viveva a pieno e con naturalezza, permettendo anche a lei e Sara di apprezzarla nonostante fosse lontana anni luce da ciò a cui erano abituate.

Ma era viva, innamorata e con un uomo....elfo che l’amava, una figlia meravigliosa, non importa se nel fango e nella povertà dato che possedeva tesori ben più preziosi!

Parlando del diavolo spuntano le corna, infatti, una volta addentratasi nei vicoli stretti della città, lontano dalla folla eccitata per la vittoria, Thranduil salì sul cavallo dietro di lei, abbracciandola con un amore ed una dolcezza di cui godeva fino in fondo.

“Nous avons trouvé une maison qui nous convient! Bientôt, vous pourrez vous reposer!” (Abbiamo trovato un’abitazione che fa a caso nostro! Presto potrai riposare!) le disse.

Entrarono in un ampia stalla dove lasciarono Aegnor, a lui ci avrebbero pensato Milo ed Attico curando anche gli altri cavalli.

Una volta dentro casa vide che nonostante qualche mobile rovesciato sembrava essere perfetta, senza una macchia di sangue.

“Les propriétaires se sont enfuis dès notre entrée même si je ne pense pas qu'ils soient allés très loin!” (I padroni sono scappati appena siamo entrati anche se non credo siano andati molto lontani!) le spiegò Thranduil mentre infilavano Aranel fra le coperte di un grande letto.

Si erano abituati a dormire con lei in mezzo, non era educativo per lei, ma sicuro!

“Y a-t-il des survivants?”(Ci sono dei sopravvissuti?) chiese Hanna speranzosa.

I soldati, che non esitavano nel tentare di ucciderli, li privava della vita senza pensarci, ma trucidare dei civili non la rendeva contenta. Anche se sapeva che per la loro sopravvivenza, quella città avrebbe fatto la differenza!

“Oui, ils ont été enchaînés!”(Si, sono stati incatenati!) le rispose Thranduil dandole un bacio sulla fronte.

“Je t'aime!”(Ti amo!) disse Hanna abbracciando il suo amato. Lui sorrise e la fece volteggiare in aria “Moi aussi! Tu es mon lever de soleil, mon coucher de soleil, c'est toi qui a recommencé à battre mon cœur et pour qui je vis!”(Anch’io! Sei la mia alba, il mio tramonto, sei colei che ha riniziato a far battere il mio cuore e per cui vivo!) confidò Thranduil prima di baciarla.

“Vas-y doucement! S'il se réveille, il commencera par le troisième degré!”(Vacci piano! Se si sveglia partirà con il terzo grado!) Hanna ricordò la curiosità infinita della figlia che riusciva ad interessarsi anche se una foglia cadeva poco più lenta del normale.

“Où allez-vous?”(Dove vai?) chiese delusa di non addormentarsi tra le sue braccia quando lui si alzò dal letto.

Je dois faire rapport à Spartacus et vérifier qu'il n'y a pas de Romains cachés! Je serai bientôt de retour, vous vous reposez pour que demain la peste nous réveille bientôt!” (Devo fare rapporto a Spartacus e controllare che non ci siano romani nascosti! Torno presto, tu riposa che domani la peste ci sveglierà presto!) le rispose lui prima di uscire. Delle voci le confermarono la presenza di Proximo e Tigris nella stanza adiacente alla sua, per questo riuscì ad assopirsi quasi subito.

 

*

 

La sera seguente in città risuonavano le grida gioiose dei ribelli e di tutti gli schiavi liberati che potevano godersi la prospettiva di alcuni mesi di pace all’interno di quelle mura.

“Dove stiamo andando?” Chiese Attius guardandosi intorno. Il fabbro era sopravvissuto a quella carneficina ed aveva compreso che restare al fianco dell’amico era l’unico modo per restare vivo.

“Voglio mostrarti una cosa!” Disse Gannicus.

“Siamo nella periferia della città. La festa è dall’altra parte!” Si lamentò lui.

“Anus, Anus!” Un bambina con lunghi capelli biondi corse tra le braccia di Gannicus che la sollevò felice.

“Chi è Anus? E chi è lei?” Domandò Attius guardando l’amico come se gli fosse spuntata una seconda testa.

“Sono io! Il mio nome è troppo glorioso perché labbra tanto piccole possano pronunciarlo!” Si vantò Gannicus. 

“Liquame di porco è molto difficile, lo riconosco!” Lo canzonò l’altro.

Il romano tremò appena notò dei particolari che aveva sentito descrivere da tutta la sua vita: occhi azzurri, lunghi capelli biondi....orecchie a punta!

“L’angelo della morte!” Sussurrò basito “Chi avrebbe mai pensato che apparisse tanto innocuo!” Osservò Attius.

“Hai perduto il senno?” Chiese Gannicus allibito prima di voltarsi verso una ragazza che rideva a crepapelle.

“Hanna che succede?” Chiese Sara comparendo alle sue spalle, ma l’amica non potè fare altro che indicare i due uomini a causa delle risate che le impedivano di articolare anche una sola sillaba.

Sara guardò Gannicus in cerca di risposte ma lui evitò di rispondere “Desidero mantenere intatto l’onore del mio amico!” Disse entrando in casa.

“Aranel non è l’angelo della morte! Ma sua figlia!” Spiegò ad Attius una volta seduti attorno ad un grande tavolo.

“Aranel? Che razza di nome è?” Chiese il romano “Quello deciso dai suoi genitori!” Rispose Gannicus.

“Non avrei mai pensato che un infame come te potesse affezionarsi ad una bastarda!” Disse Attius ridendo.

“Nemmeno io. Se ci tieni alla vita, ti consiglio di trattenere i complimenti e far tacere la tua lingua tagliente!” Gli sussurrò Gannicus guardando un punto imprecisato alle spalle dell’amico.

“Che gli dei mi fulminino!” Tremò Attius una volta voltato, vedendo l’elfo che lo guardava male mentre aggiungeva altra legna nel camino.

“Dove sono i tuoi cagnolini fedeli?” Chiese il celta guardandosi attorno e notando che solo Hanna e Sara erano presenti.

“Stanno festeggiando con una sbronza che probabilmente si ricorderanno a vita!” Rispose Sara offrendo del vino all’amico “Tu chi saresti?” Chiese guardinga.

“Colui grazie al quale siamo riusciti ad impadronirci della città!” Rispose Gannicus.

“Prova a dire qualcosa della bambina ad anima viva e non vivrai tanto a lungo da pentirtene!” Lo minacciò Hanna prima di uscire per prendere altra acqua.

“Sono simpatici vero?” Chiese Gannicus prima di ridere.

“Succhiami l’uccello scrofa capelluta! Perché ti diverti a mettermi in situazioni del genere? Prima con la conquista, adesso con questa......adorabile bambina!” Si corresse quando l’elfo gli si avvicinò togliendo la piccola dalle braccia di Gannicus.

“Volevo solo godermi la tua reazione. Sono perfettamente consapevole che non dirai una parola!”  Gli rispose Gannicus.

“Dammi il vino, così che possa dimenticare tutto questo e svegliarmi domani mattina credendo che sia stato solo un brutto sogno!” Gli chiese Attius porgendogli il bicchiere.

“Non siamo qui per bere!” Disse Gannicus rivolgendo uno sguardo d’intesa ad Azrael.

“Potresti essere un po’ più chiaro mostrando apertamente i tuoi propositi?” Chiese Attius reso nervoso dalla presenza dell’angelo della morte.

“Sei un fabbro molto abile. Almeno è quello che dice il tuo amico.....avremmo dei lavori da commissionarti e la ricompensa sarà molto generosa!” Disse Sara poggiando sul tavolo, di fronte al romano, degli schizzi su carta.

“Questi sono i disegni di un fanciullo, ma cercherò di replicarli. Vi avverto che il costo sarà più alto del dovuto!” Disse Attius osservando gli scarabocchi con interesse.

“Il prezzo è a tua completa discrezione!” Gli rispose Hanna.

“Perfetto! Ora ho voglia di godere anch’io delle spoglie di guerra!” Disse il romano alzandosi ed avviandosi verso la porta.

“Vai, io ti raggiungo!” Gli disse Gannicus restando seduto.

“Sembra un tipo a posto!” Affermò Sara una volta che Attius fu sufficientemente lontano da non sentire. “Lo è. Non ci metterà molto ad abbracciare la causa!” Disse Gannicus prima di mandar giù un intero bicchiere in pochi sorsi.

“Con il tempo si vedrà. Per ora l’abbiamo in pugno!” Constatò Hanna.

“Perché Aranel non portava la cuffia? Speravo di non doverlo caricare di un segreto tanto importante quanto pericoloso!” Chiese Gannicus sorpreso.

“Se l’è tolta di nuovo e non ti aspettavamo!” Rispose la madre sapendo che quella era una battaglia persa.

 

*

 

Azrael aprì gli occhi appena sentì Aranel che tentava di salire sul letto.

Hanna dormiva ancora profondamente. La prese per metterla in mezzo a loro e si distese nuovamente sul letto di fianco.

Doveva essersi svegliata presto non riuscendo a risalire una volta scesa. La curiosità di sua figlia li aveva costretti a prendere numerose precauzioni, come il chiudere a chiave la porta della stanza per evitare che uscisse senza essere vista. Era giovane, ma essendo per metà elfo già possedeva il passo dei suoi simili!

“Ada!” Disse la piccola sistemandosi comodamente fra le sue braccia.

Thranduil le diede un tenero bacio in testa accarezzandole la schiena con una mano.

Perché i Valar gli avevano concesso un tale tesoro quando si trovava sull’orlo del baratro? 

Forse per ricondurlo sulla retta via, abbandonando la sete di vendetta e concentrandosi sul tornare dal suo popolo. Certo, era imperativo aspettare che Aranel diventasse abbastanza forte per il viaggio, ma non dubitava che Legolas se la sarebbe cavata qualche anno in più! Si fidava di suo figlio!

Una volta svegli si cambiarono e lavarono, cosa che, per suo sommo dispiacere, era tanto che non faceva per bene.

“Havo dad!”(Siediti!) cercò di calmare la figlia ma senza successo. Fare il bagno ad Aranel equivaleva a farne un secondo anche lui.

Lei si divertiva molto con il sapone ed essendo una cosa rara se la godeva a pieno ogni volta che capitava. Thranduil la risciacquò un’ultima volta prima di voltarsi e prendere l’asciugamano.

“Mani naa lle umien?”(Cosa stai facendo?) chiese una volta che la sua attenzione fu di nuovo sulla figlia, vedendola seduta e completamente immersa nell’acqua della bacinella mentre sembrava stringere qualcosa sott’acqua con le manine.

“En!”(Guarda!) le disse lei e lui fece come gli era stato detto avvicinandosi per vedere meglio. Un secondo dopo si ritrovò i capelli completamente bagnati a causa di Aranel che aveva usato le mani ed i piedi per fargli uno scherzo ed ora se la rideva della grossa. Thranduil sorrise. Meno male che Hanna non era presente, altrimenti non ne avrebbe più sentito la fine!

Finì di vestire la figlia prima di lasciarla con la madre, intenta a preparare la colazione, prima di uscire.

Una volta fuori incontrò Hagen, Milo ed Attico e mandò il primo a controllare la casa anche se era consapevole che Hanna era perfettamente in grado di difendersi da sola.

Girarono per un po’ nella città, controllando le scorte di grano, l’entrata dei nuovi schiavi che riuscivano sempre a sapere dove si trovavano e qualche addestramento.. Incrociarono Nasir che li informò la chiusura della porta a causa di un gruppo di sconosciuti che non sembravano ex schiavi.

Entrarono in una piazza in tempo per vedere l’inizio di uno scontro tra due civili romani che si battevano per un tozzo di pane.

Azrael odiava i romani, ma punizioni tanto barbare non le apprezzava nemmeno lui.

Afferrò per un braccio uno dei due contendenti e lo scaraventò in terra, parandosi di fronte al secondo che buttò la spada a terra inginocchiandoglisi davanti terrorizzato.

Anche gli schiavi indietreggiarono allarmati. Il Gallo fu il solo a restare al suo posto!

“C'est assez!”(Basta così!) Decretò e Milo fu così gentile da tradurre per lui.

“Sono i romani che ci hanno messo in catene!” Lo fronteggiò Crisso “È arrivato il momento di ripagarli con egual moneta! Non ho intenzione di nutrirli e trattarli come loro non hanno mai fatto!” Ringhiò il gallo appoggiato da tutti i presenti.

“J'ai dit ..... assez!”(Ho detto.....basta!) sussurrò l’elfo irato. Non si sarebbe mai abituato che i suoi ordini venissero contestati.

“Si Spartacus donne la permission pour de tels jeux barbares, alors je me retirerai ..... jusque-là ....”(Se Spartacus darà il permesso per giochi tanto barbari, allora mi farò da parte.....fino ad allora....) disse Thranduil sfilando la spada del gallo dal fodero e lanciandola in terra, disarmandolo “... sortez de mon chemin et faites ce que je dis!”(....togliti dalla mia strada e fa come dico!).

Un silenzio surreale avvolse i presenti dopo che Attico ebbe tradotto e lo stallo perdurò per svariati minuti. Alla fine, Crisso, lentamente si ritirò con nello sguardo una promessa di morte.

“Vous vous faites de plus en plus d'amis!” (Ti fai sempre più amici!) Scherzò Milo che condivideva l’antipatia nei confronti del gallo.

Azrael lo ignorò e si diresse da Spartacus per controllare chi fossero gli intrusi in avvicinamento avvistati da Nasir.

 

*

 

“Sanus! Cosa vedono i tuoi occhi?” Chiese Spartacus ad una vedetta.

“Quattro uomini in avvicinamento!” Rispose lui.

“Sono romani?” Chiese Spartacus sospettoso.

“Hanno un aspetto ben diverso, all’apparenza almeno!” Disse l’altro.

“Girate l’argano!” Ordinò Spartacus restando allerta.

L’elfo indossava un ampio mantello con un cappuccio che celava le caratteristiche peculiari della sua razza, pronto ad intervenire al primo accenno di pericolo.

“Chi accidenti sono?” Chiese Milo sospettoso.

“Briganti di cilicia!” Rispose Gannicus che aveva sperato di non rincontrarli più.

“Pirati dici?” Chiese Agron.

“Voglio parlare con l’uomo che comanda questa città!” Si presentò il capo.

“Le sue orecchie ti stanno ascoltando! Di quali notizie sei portatore?” Si mostrò Spartacus con un tono minaccioso invece di accogliente.

“Tu sei Spartacus?” Chiese lo straniero osservandolo bene.

“È così che mi chiamano!” Rispose il trace.

“Saresti quel pazzo che ha distrutto l’arena di Capua? Che ha sconfitto Glabro sul Vesuvio? Provocato indicibili sofferenze alla Repubblica romana ed al suo popolo?” Era ben informato il pirata.

“Cose che per me sono motivo di vanto!” Specificò Spartacus.

Un silenzio carico di tensione calò tra i presenti, ed Azrael si preparò ad attaccare.

“Quand’è così permettimi di chiamarti fratello!” Urlò felice il pirata riempendo di baci ed abbracci un trace incredulo.

Se non fosse stata per la sfiducia nei confronti degli sconosciuti, quella scena sarebbe potuta essere molto divertente.

“Che scorrano fiumi di vino! Beviamo alla disfatta del nostro comune nemico!” Rivelò lo straniero.

“Vai ad avvertire Tigris di stare allerta!” Disse Attico rivolto a Milo “Perché io?” Chiese lui che voleva restare a sentire cos’avevano da dire i pirati.

“Perché sei il più veloce!” Gli rispose il fratello “Sei una cima nel convincere gli altri, enorme lumacone!” Disse Milo correndo via sentendo un eco dell’imprecazione di Attico.

Entrarono nella villa più sontuosa della città, divenuta la base principale.

“Aderbal apri il barile e mesci vino per tutti!” Disse il capo dei pirati con entusiasmo.

“Preferisco scambiare due parole finché la nostra mente non è ancora offuscata!” Lo fermò Spartacus.

“Eraclio obbedisce al tuo volere sono tuo ospite in fondo. È un grande onore per me stare di fronte ad un uomo che è riuscito ad impadronirsi di una città intera!” Lo adulò Eraclio.

“Per colpa dei romani che ci hanno privato della libertà!” Disse Crisso che sperava di vederli uscire dalla città il prima possibile.

“Appoggio pienamente la vostra causa fratelli! C’è qualche romano in vita a Sinuessa?” Chiese Eraclio fingendo che la cosa non lo interessasse più di tanto.

“Qualcuno!” Rispose Spartacus.

“Il magistrato edile è fra loro?” Insistette il pirata.

“Lui è morto!” Dissipò i dubbi il portatore di pioggia.

“Ne siete sicuri?” Chiese Eraclio che sembrava continuare a sperare che non fosse vero.

“La sua villa è il nostro quartier generale!” Rispose Gannicus.

“È andato nell’oltretomba per mano mia!” Tolse ogni dubbio il trace.

“In poche parole sono parte lesa!” Ammise Eraclio afflitto.

“Quest’uomo si diverte a parlare per enigmi!” Ringhiò Attico stufo che lo straniero girasse attorno al punto.

“Esprimiti con chiarezza o levati dalla nostra vista!” Lo incitò Spartacus.

“L’edile ed io avevamo un accordo d’affari!” Iniziò a parlare Eraclio.

“L’avevate stretto alla luce del sole?” Chiese il trace sicuro della risposta.

“Apertamente? No! Ma gli uomini di mondo comprendono la pericolosità del mare, specialmente per coloro che è ragionevole considerare tuoi nemici!” Spiegò il pirata.

“Ed il compenso per i tuoi servigi?” Chiese il portatore di pioggia.

“Soltanto qualche informazione sulle rotte di vascelli mercantili. Le merci rubate entravano in mio possesso....con il sigillo dell’edile che ne attestava la legittimità!” Svelò Eraclio mostrando un vecchio documento con l’immagine del sigillo.

“Che bisogno ha un pirata di mare di documenti in pergamena e sigilli?” Chiese Crisso che non credeva nella sua bella storiella.

“Un documento ufficiale allontana ogni indesiderata curiosità che possa turbare la nostra attività commerciale nei porti! Vantaggio dissolto nel nulla, grazie alla vostra infausta iniziativa!” Rispose lui convincendo tutti.

“Che ti possa cascare la lingua!” Lo insultò ill germano “Agron!” Tentò di zittirlo Spartacus “Di che cosa ci stai minacciando? Di pisciarci addosso dal mare?” Senza successo.

“Rimarresti sorpreso dalla gittata del mio piscio!” Rispose Eraclio a tono.

“Prendiamoci una pausa di riflessione. E cerchiamo di calmare i bollenti spiriti!” Spartacus sedò la rissa sul nascere trattenendo il germano dal colpire il pirata.

“Una coppa in vino ci gioverà!” Tentò di nuovo Eraclio.

“Torna quando la luna sarà alta in cielo e vedremo se ci sarà un motivo per riempire le coppe!” Ordinò il trace.

“Obbedisco al tuo volere, Re Spartacus! Tornerò più tardi!” Si sottomise Eraclio avviandosi verso l’uscita.

Azrael lo fissò con aperto odio, nascosto sulle scale, dove il suo mantello non avrebbe dato nell’occhio dato che era l’unico a portarlo.

Era gente abituata a mentire e parteggiare per coloro la cui promessa di ricchezze era maggiore, in poche parole, Crasso avrebbe potuto corromperli facilmente.

Inoltre Spartacus interagiva con loro nel modo sbagliato, trattandoli come sottoposti invece che pari e dallo sguardo di Eraclio, capiva di avere ragione, potendo vedere che non lo apprezzava affatto.

“Quest’uomo sfiderebbe Giove stesso a chi ce l’ha più lungo!” Rise Gannicus sbeffeggiando colui che non sapeva se definire alleato o nemico.

“Sbattiamolo fuori in fretta e facciamola finita!” Crisso espresse il pensiero di tutti.

“Eppure può esserci utile! Trovate il sigillo, valuteremo quali vantaggi può portare!” Disse Spartacus mostrandosi molto ingegnoso.

Un accordo avrebbe potuto garantire loro rifornimento di cibo necessari per rimanere al sicuro dietro a delle solidi mura.

“Tu sei un pazzo a fidarti di un uomo avvezzo a sotterfugi ed inganni!” Disse Azrael togliendosi il cappuccio ed avvicinandosi al trace.

“So guardarmi da tipi come lui!” Gli rispose Spartacus sicuro di sé.

“È quello che dicono gli stolti!” Disse Azrael prima di uscire dalla villa per accertarsi che i pirati uscissero veramente dalla città.

“Pirati cilici! Quando aprono bocca sputano sterco!” Imprecò Attius quando Gannicus lo informò riguardo alle novità del giorno.

“Ti è capitato di vederlo?” Lo derise il celta divertito che condividessero la stessa opinione su certa gente “Se volete sapere dove si trova il sigillo, perché non lo chiedete alla dolce consorte di quel porco?” Lo illuminò il fabbro.

Alla fine la pista suggerita da Attius si rivelò corretta ed il sigillo venne trovato all’interno di una statua di un dio protettore.

“A che prezzo me lo vendi?” Chiese Eraclio rimirando il tanto agognato oggetto.

“Te lo darò per niente, quando lasceremo la città, il sigillo sarà tuo!” Rivelò Spartacus.

“E prima di tale fausto evento?” Chiese il pirata impaziente di impadronirsene.

“Raggiungiamo un accordo. Oro contro cibo! La prima consegna riguarda tutti i viveri stivati nelle tue navi!” Svelò il portatore di pioggia.

“Saresti capace di chiedere a Poseidone di mettersi in ginocchio ed obbedire ai tuoi ordini!” Scherzò Eraclio, contrario ad uno scambio così svantaggioso.

“Si se fosse davanti a me, ma non è così!” Rispose Spartacus mostrando la boria intrinseca dell’animo dei mortali più delle altre creature della Terra di Mezzo.

“Le mie provviste sono della migliore qualità, frutterebbero diciottomila denari se vendute nei porti!” Tentò di convincerlo Eraclio per cui perdere anche poche monete, era un opzione tremenda.

“Anche in mancanza del sigillo?” Chiese Spartacus certo di avere il coltello dalla parte del manico.

“Tu sei un uomo pieno di sorprese!” Disse Eraclio capendo che un piccolo sacrificio con la prospettiva di futuri guadagni sicuri, era fattibile e necessario. 

Si guardò attorno ed un’espressione avida e soddisfatta gli si stampò in volto “Facciamo duecento libre d’oro e ci aggiungiamo la moglie dell’edile!” Disse afferrando la povera donna e tenendola con una stretta per niente delicata mentre lei si lamentava e tentava di sfuggirgli.

“Non sono un romano, mi spiace. Io non traffico in schiavi!” Rispose Spartacus serio.

“Neanch’io lo farei se fossi in possesso di questa mela succosa!” Disse Eraclio alludendo ad un comportamento che apparteneva solo alla feccia come lui “Trecento libre d’oro, un’ora prima del sorgere del sole. L’approdo scelto sarà fuori dalla città!” Decise infine.

“Fuori dalla città?” Chiese Crisso dubbioso.

“Terreno neutro fratello. Non ho intenzione di entrare in porto per farmi sopraffare!” Rispose il pirata mostrando che la sfiducia era reciproca.

“Fuori dalla città, un’ora prima che sorga il sole!” Concordò Spartacus capendo le sue motivazioni, ma essendo conscio che si esponevano ad un rischio uscendo dalle mura delle città.

“Siamo d’accordo!” Disse Eraclio soddisfatto. Troppo contento per l’elfo, che spiava la conversazione nascosto ma a portata d’orecchio.

“Ora possiamo finalmente bere?” Chiese il pirata che sembrava non aspettare altro.

 

*

 

“Non è vino, è piscio fetente quello che ci offre Eraclio!” Disse Attico con l’euforia data dall’alcol mentre tentavano di raggiungere la loro nuova casa.

“Lo chiamano assenzio! Una volta ne ho mandate giù sei coppe e mi hanno trovato che pestavo a sangue un romano immaginario!” Disse Milo ridendo come uno scemo.

“Allora prosciughiamone il doppio e diamo inizio ad una rissa come si deve!” Esultò Attico con un equilibrio precario.....i vicoli che cambiavano continuamente direzione non aiutavano affatto!

“Sarò anche Romana di nascita, ma vengo da Pompei, le mie origini non comprendono che sappia tutto di quello che una volta era il mio popolo!” Disse Cassia rivolta a Sara che non la finiva di fare domande.

“Crasso è molto famoso fra i romani. Credevo che avendo un padre commerciante potessi sapere qualcosa, ma a quanto pare mi sbagliavo. Per il momento è solo dalla Sicilia che Crasso alimenta le truppe!” Rispose Sara.

“A cosa vi serve un informazione del genere?” Chiese Ariadne curiosa.

“Niente cibo per i soldati significa esercito debole e sarebbe molto vantaggioso per noi dato che ci superano di gran lunga con i loro numeri!” Spiegò Hanna mentre asciugava alcuni piatti, lavati nella fontana subito fuori dall’appartamento.

Azrael era seduto su di una comoda panca con una piccola Aranel esausta fra le braccia. Era molto tardi e la bambina era crollata a causa della stanchezza dopo aver passato molto tempo a perlustrare quello che per lei era una novità.

“Si può sapere dove sono tutti gli altri?” Domandò Proximo furioso di perdere la festa a causa della necessità di dover proteggere le ragazze.

“Eccomi! Ciò che resta di me almeno!” Si annunciò Milo una volta sul portico di casa.

“Stare saldo sulle gambe è un impresa titanica!” Gli si accodò Attico barcollandogli addosso prima di sedersi con mancata grazia, accanto al padre.

“Non vorrei che svegliaste Aranel, io ed Hanna ci ritiriamo!” disse entrando nella stanza da letto con la compagna che condivideva a pieno il suo pensiero.

“Mi ricordi molto gli ubriaconi che vedevo in porto quando andavo ad accogliere mio padre!” Cassia riprese Milo che era talmente brillo da non capire niente e quindi non spaventarsi di fronte alla rabbia della compagna.

Aridne venne bloccata nell’intento di riprendere anche lei il marito dall’uscita di Azrael dalla stanza e di casa. Proximo non era riuscito a reagire in tempo, quindi, decise di restare e meditare come farla pagare ai due ubriaconi, dato che per colpa loro non poteva più uscire.

Spesso l’elfo si allontanava da loro senza dare alcuna spiegazione e sempre perché il suo portentoso udito aveva sentito qualcosa, facendolo intervenire sempre al momento giusto, ma essendo Milo ed Attico fuori gioco, Proximo non potè seguirlo per potergli dare una mano....non che gli servisse, o per mera curiosità!

Thranduil aveva sentito in lontananza dei potenti colpi che potevano appartenere a delle catapulte. Non gli risultava che i pirati ne fossero provvisti, quindi o erano loro oppure i romani.

Mentre camminava verso il suo obbiettivo, incrociò Naevia che andava decisa da una parte. Non fu la sua sicurezza ad attirare l’attenzione, ma la furia che traspariva da ogni suo movimento.

“Dove sono?” Urlò la ragazza una volta giunta nella bottega del fabbro.

“Di cosa stai parlando?” Gli chiese l’altro infastidito “Te ne stai andando?” Chiese Naevia sorpresa.

“Si, se l’accordo con i cilici andrà bene, allora mi comprerò un passaggio!” Disse lui mentre il rumore di monete fece intendere all’elfo che stava radunando i guadagni fatti in quei giorni.

“Lo comprerai pure per i romani che hai aiutato a far fuggire?” L’accusò Naevia attaccandolo. Dei rumori metallici fecero capire a Thranduil, che la ragazza l’aveva mancato.

“Aspetta, io non so niente dei romani fuggiti!” Tentò di fermarla Attius.

“Io non credo più alle menzogne che tu e la tua gente vomitate appena aprite bocca!” Urlò Naevia furiosa prima di riuscire a colpirlo.

“Hai voglia di sangue?” Chiese Attius arrabbiato di essere giudicato solo in base alle sue origini “Allora fatti sotto. Io ti darò più soddisfazione di un povero romano affamato!” La provocò.

Thranduil riflettè attentamente su come muoversi. Attius era si, un’amico di Gannicus, ma aveva visto e forse sentito troppo avendo vissuto svariati giorni fra di loro.

Se fosse capitato nelle mani di Crasso, o peggio fosse andato di sua spontanea volontà, guidato dalla brama di denaro, avrebbe potuto metterli in grave pericolo.

Inoltre, lui sapeva quel segreto che tanto faticosamente avevano custodito che per una leggerezza del celta, era stato rivelato.

Alla fine decise di lasciarla fare. Naevia gli avrebbe tolto un grosso problema!

Nel frattempo l’incontro neutrale con i pirati aveva avuto un risvolto amaro, con Eraclio che non aveva portato con se le merci promesse, ma voleva ugualmente il denaro come garanzia.

Fortunatamente i romani avevano deciso di attaccare in quel momento, costringendoli a collaborare e stringere così un’alleanza sul campo di battaglia.

Naevia uscì dalla bottega come una furia e Thranduil attese che si fosse allontanata a sufficienza prima i seguirla.

Arrivarono in tempo per vedere Spartacus e gli altri rientrare.

“Io volevo venire, ma Nemetes si è rifiutato di aprire la porta!” Disse Nasir ad Agron contento che fosse illeso.

“Ha ubbidito agli ordini!” Lo elogiò Spartacus,

“È strano che ci abbiano attaccati in numero così esiguo capeggiati da un ragazzo!” Osservò Gannicus mentre deponevano in terra quattro corpi di compagni caduti.

“Infatti non ha alcun senso!” Lo appoggiò Crisso il cui sguardo s’indurì appena i suoi occhi incrociarono quelli dell’elfo. La ferita era ancora aperta!

“La risposta la conosce un morto! Uno di quelli che erroneamente definiamo amici!” Si fece sentire Naevia avanzando coperta del sangue di Attius, prima di guidarli alla bottega del fabbro.

“Mi ha aggredito quando l’ho accusato di aver liberato Upianus e gli altri romani fuggiti!” Spiegò quando Gannicus si inginocchiò accanto al corpo dell’amico afflitto per la sua perdita.

Azrael li raggiunse e fece una smorfia. Era stata lei ad attaccare. Voleva ucciderlo, non discuterci. Ma da quando erano arrivati in città e si erano trovati costretti a confrontarsi con i prigionieri romani, l’ira assopita di Naevia era esplosa, mostrando una ragazza ancora ferita che rispondeva con aggressività di fronte ai ricordi.

“Perché aiutarci a prendere la città per poi rischiare la vita facendo fuggire Upianus?” Chiese Agron confuso, come tutti.

“Rivoltiamo la città alla ricerca dei fuggitivi!” Disse Spartacus temendo per l’incolumità di coloro che non sapevano difendersi.

 

*

 

“C’è stato un attacco alle porte delle città!” Li informò Proximo entrando in casa come un uragano “Tacci tua, un corpo che me pija!” Lo riprese Hanna che stava lavando dei vestiti.

“Hanno ucciso gli intrusi?” Chiese Milo che scalpitava impaziente di combattere.

“Si, ma non ne sono sicuri!” Rispose Proximo con concitazione.

“Cosa intendi dire?” Chiese Attico attirato dall’ultima risposta del compagno.

“In molti sono entrati durante la confusione creatasi, senza aver mostrato il marchio!” Svelò Proximo facendo gelare tutti i presenti.

“Hagen, Tigris mettetevi a guardia delle due entrate e non muovetevi per nessun motivo!” Disse Azrael comprendendo la gravità della situazione, i due lasciarono le scodelle del pranzo appena consumato e fecero come gli era stato detto.

“Hanna, Aranel lascia la casa solo con me!” Ordinò rivolto alla moglie “Va bene!” Decise di non controbattere lei “Dove stai andando?” Chiese quando lo vide uscire con la figlia in braccio.

L’elfo raggiunse il trace nella villa dell’edile mentre discutevano dell’ultima piega presa dagli eventi di quella mattina.

“È necessario scoprire perché Crasso si astiene dall’avanzare!” Disse Spartacus “Che si fotta quel bastardo, crede che bastino pochi a sconfiggerci!” Ringhiò Agron teso come una corda.

“Crasso non è uno stolto come coloro che l’hanno preceduto!” Si annunciò Azrael facendo sobbalzare lo stesso i quattro uomini “Mi spieghi come fai? Specialmente con in braccio questo fiore delicato!” Disse Gannicus prendendo la piccola Aranel.

“È un uomo astuto. Ribadisco che non è un caso che abbia preso il comando subito dopo la dipartita di Cossinio e Furio. Una staffetta non sarebbe passata vicino al nostro campo per sbaglio. Ha giocato bene persino con la sua gente!” Ragionò Azrael sperando di essere ascoltato.

“È stata solo fortuna!” Lo liquidò Agron ricevendo uno sguardo di fuoco da parte dell’elfo. Una pernacchia seguita da una risata calmò i loro spiriti ancora prima che la tempesta si scatenasse.

“Vuoi rimanere concentrato!?” Agron riprese Gannicus che si divertiva più di Aranel mentre faceva facce assurde.

“No, Azrael dice il vero. Cossinio e Furio erano impreparati al nostro agguato!” Disse Spartacus “È stato Crasso ad inviare quel messaggio per farci prendere la decisione da lui voluta per permettergli di avere il comando. Azrael aveva ragione: quell’informazione non è giunta a noi per caso! Era una trappola, messa in atto da una mente acuta!” Svelò il portatore di pioggia.

“Maledetto bastardo!” Lo insultò Agron.

Azrael sorrise. Erano rari uomini come questo Crasso. Finalmente si era presentato un rivale interessante!

“Consiglio maggior cautela! E che le porte rimangano ben chiuse!” Continuò il discorso Crisso.

“Non negherò accoglienza a chi si è liberato dalla schiavitù rischiando la vita!” S’impose Spartacus “E comunque ormai è troppo tardi!” S’intromise Agron “Molti sconosciuti sono già entrati per unirsi alla nostra causa. Ammesso che l’aspetto innocuo non celi oscure intenzioni!” Svelò il germano.

“Se si annidano fra noi persone equivoche dobbiamo identificarle e punirle!” Decise Spartacus.

“C’è un’altro aspetto da considerare e non è di poco conto. Se uno dei tuoi schiavi erranti riesce ad ucciderti....lascia andare i miei capelli, per giove!......” Si lamentò Gannicus contro una bambina fin troppo vivace “.......cosa farà, il resto del gregge senza la tua guida?” Chiese preoccupato.

Spartacus sembrava non aver valutato una così oscura opzione e ci mise qualche secondo a rispondere volgendo lo sguardo verso Azrael per poi cambiare idea all’ultimo momento “Crisso, assumerà il comando al mio posto. Con l’aiuto ed il supporto di voi come consiglieri!” Disse infine.

“Io prego gli dei, che quel funesto giorno non arrivi mai fratello!” Rispose Crisso colpito da tale scelta “Ma se dipendesse da me...non esiterei un solo momento a muovere contro Crasso!”. 

Azrael sospirò nervoso. Quel gallo non era atto a comandare e mai lo sarebbe stato! Li avrebbe portati alla rovina.

“Su questo io concordo con lui!” Lo appoggiò Agron “Siamo combattenti, amiamo il sangue e la battaglia. E invece ci stiamo perdendo in ozi e chiacchiere senza costrutto!” Il gallo espresse i suoi dubbi a pieno.

“Dobbiamo attenerci al piano che avevamo stabilito. Le mura della città sono un rifugio perfetto per noi. Le legioni di Crasso in pianura sono meno protette! Nel frattempo moltiplichiamo le braccia che spediranno il nemico fiaccato nell’oltretomba!” Disse Spartacus.

“Magari Attius fosse ancora in vita, per moltiplicare anche le armi!” S’intromise Gannicus.

“Rimpiangi la morte di un traditore che ha assalito Naevia con lo scopo di ucciderla? Che la morte di Attius sia un monito perenne per tutti coloro che vogliono ridurre in schiavitù i nemici di Roma!” Minacciò il gallo furioso.

“Non siamo certi che sia stato lui a fare ciò! Fino a quando i fuggitivi non verranno ritrovati la verità rimarrà ammantata nell’oscuro velo dell’incertezza!” Disse Azrael parandosi di fronte al gallo con fare intimidatorio. Lui ricambiò lo sguardo con ira a malapena contenuta, conscio che in uno scontro avrebbe sicuramente avuto la peggio.

“Adesso concentriamoci sul presente. Valuta le doti belliche dei nuovi rifugiati!” Li calmò Spartacus frapponendosi fra i due.

“I romani fuggiti sono introvabili, Crasso è quasi alle porte e mi chiedi di addestrare un branco di inetti?” Senza successo, purtroppo.

“Ti chiedo di osservarli con particolare attenzione. Se qualcuno di loro supera le aspettative, rischia di rivelare molto di più di quanto non voglia!” Spartacus ebbe l’ultima parola con quella rivelazione.

“Tu va con lui!” Disse rivolto a Gannicus che restituì la bambina al padre prima di avviarsi.

“Perché l’hai portata con te?” Chiese il trace sorpreso. Non che non l’avesse mai visto con la figlia in braccio, ma solitamente la lasciava con la madre quando dovevano discutere.

“Sei sempre stato molto lungimirante nelle tue scelte. Ma ora, ci sono delle spie all’interno delle mura!” Disse poggiando in terra la piccola e guardandola camminare in giro piena di curiosità “Lei è una rarità tra la mia gente! Temo per quello che i romani potrebbero farle se sapessero della sua esistenza!” Confidò.

“Umani ed elfi, non possono procreare?” Chiese Agron sorpreso.

“È successo poche volte. Talmente poche che posso contarle con le dita!” Rispose l’elfo.

“Sei unica!” Disse Agron inginocchiandosi di fronte alla bambina.

Lei lo guardò e scoppiò a piangere andando ad aggrapparsi alla gamba del genitore, facendolo ridere “Come tuo padre!” Concluse offeso.

“Posso prenderla?” Chiese Spartacus chinandosi per poi guardare l’elfo. Lui annuì ed il trace la sollevò delicatamente. Aranel cominciò ad accarezzare la barba del trace con interesse. “Ciccio!” Disse la bambina indicando la morbidezza della barba con l’aggettivo sbagliato.

“Quando lei sarà abbastanza forte, inizierò un viaggio per tornare nel mio regno!” Decise di rivelare trattenendosi dal colpire il germano solo grazie alla presenza della figlia.

“Sarà triste vedere le nostre strade separarsi. Ma quando verrà il momento spero che tu riesca a tornare nella tua terra!” Spartacus accolse quelle parole meglio di quanto si fosse aspettato.

“Sempre che Crasso non riesca a fermarci!” Osservò l’elfo.

“Non è il primo romano che si cimenta nell’impresa!” Rispose Spartacus poggiando la bambina sul tavolo che si mise a giocare con le piccole statuine in legno, distruggendo il piano strategico creato sulla mappa.

“Chi l’ha preceduto non possedeva una mente sagace come la sua!” Lo contradisse Azrael “Stai allerta!” Lo avvertì.

“Sono d’accordo con lui!” Ammise Agron anche se sembrava inorridito da ciò che aveva appena detto “Sei ancora vivo per fortuna e baderò che tu lo rimanga a lungo!” Disse facendo meravigliare sia l’elfo che il trace “Finché non sventeremo la minaccia, ho intenzione di diventare la tua ombra!” Disse mostrando a pieno la sua lealtà, non che ce ne fosse di bisogno.

“Allora aguzziamo l’ingegno e vediamo di scoprire cos’ha in mente il nemico!” Gli rispose il trace prendendo la bambina e restituendola al padre prima di uscire contento di fronte a quella promessa.

Nel frattempo Nasir era già impegnato ad addestrare i nuovi arrivati.

“Se io fossi un romano, la mia lancia ti avrebbe già impalato!” Riprese una delle reclute.

“Se quello smidollato si rivela un assassino, io ho il membro di Giove!” Scherzò Milo vedendo una recluta finire nella polvere dopo un solo affondo.

“No, non vale niente! Non sei per niente dotato!” Rispose Hanna che aveva iniziato a guardarsi intorno con ansia, sapendo che il pericolo per sua figlia non era mai stato così alto.

 

*

 

“È uno dei nuovi arrivati?” Chiese Hagen a Crisso “Esatto! Nemetes dice che ha sete di sangue romano. Lo metterà alla prova assieme a Druso, per vedere la sua vera natura!” Rispose il gallo guardando con sospetto quell’uomo. 

Liciscus, così si chiamava uno dei nuovi arrivati, si guardò attorno curioso. In quella città erano più organizzati di quanto pensasse. Si era unito ai ribelli ed era impaziente di guadagnarsi la loro fiducia ed una posizione. Erano svariati mesi che i ribelli si trovavano in città e finalmente era riuscito ad unirsi a loro. L’inverno era al culmine, ma per sua fortuna, aveva trovato riparo grazie alla protezione offerta da Nemetes.

Non era stato l’unico ad avere una tale fortuna dato che un’altro nuovo arrivato di nome Druso si trovava nella sua stessa situazione cioè circondato da uomini sospettosi!

Vide il germano in fondo al vicolo che stavano percorrendo e decise di staccarsi da lui. 

Poteva sembrare sospetto, visto che non si fidavano ancora di lui, ma doveva assolutamente raggiungere il porto. Da lì avrebbe potuto rendersi conto quanto fosse grande il carico di grano appena giunto e se c’erano opportunità per fare soldi facili con i pirati.

Si ritrovò in una strada mediamente grande e si bloccò appena lo vide.........

Azrael, l’angelo della morte. Non era solo una leggenda. Le voci erano vere: era rimasto al fianco di Spartacus!

Davanti a lui giocava un bambino, con una buffa cuffia in testa. Il piccolo sembrava essere molto in confidenza con l’angelo della morte, mentre si aggrappava alle sue gambe tra una corsa e l’altra. C’era solo un’altra strada collegata a quella dove si trovava l’elfo, ma un uomo imponente la sorvegliava oltre a quello che gli si era parato davanti e lo guardava male. Molto male!

Azrael si voltò verso di lui ed una sensazione stranissima lo travolse, perdendosi in quegli occhi azzurri profondi come il mare che rispecchiavano una burrasca.

“Non fissare angelo di morte a quel modo!” Lo riprese Nemetes dandogli una spinta ed interrompendo quel contatto.

“Non è una menzogna! Lui è con voi!” Disse incredulo Druso, sbucando alle spalle di Nemetes, vedendo che l’elfo sembrava molto interessato alle notizie che gli aveva appena portato uno dei suoi sottoposti. 

“È con Spartacus!” Lo corresse il germano prima di proseguire.

“Aspetta!” Tentò di fermarlo Liciscus “E la creatura che gli si aggrappa alla gamba?” Chiese impaziente di sentire la risposta, seguendo di corsa il germano.

“Sei proprio nuovo! È figlia! Bastarda che non è elfo o umano!” Rispose Nemetes entrando in un grosso spiazzo ghermito di gente.

“Avete guadagnato nostra fiducia! È giusto ricambiare!” Spiegò ”Pochi sanno segreto mortale!” Disse soddisfatto “Non ditelo a Pirzius! Io no credo a sua storia! È troppo gentile con i romani! Sarò felice quando lo ucciderò con mie mani!” Rivelò.

“Tu ci onori con questa dimostrazione. Permettimi di ricambiare dando ai romani ciò che meritano!” Disse Liciscus guidando il suo nuovo compagno e scambiando uno sguardo d’intesa con Druso.

Tornarono verso la piazza principale dove si trovavano molti romani in catene decisi a prendersi la loro vendetta. Crisso aveva appena atterrato Gannicus a causa di una discussione degenerata in violenza.

“Lui protegge romani, come nostro potente capo che è impazzito!” Urlò Nemetes rivolto a Crisso sapendo che se avesse convinto lui, tutti gli altri gli sarebbero andati dietro.

“È per questo che abbiamo rischiato tutto unendoci alla vostra causa?” Lo appoggiò Liciscus “Non è il momento di ripagarli con egual moneta?” Domandò Druso a gran voce.

Quelle due semplici frasi misero Azrael in allerta.

Stava facendo un giro di perlustrazione alla ricerca dei fuggitivi quando decise di tornare verso casa “Amenez ces Romains à Spartacus!”(Portate questi romani da Spartacus!) ordinò a Milo ed Attico indicando un gruppo di prigionieri davanti a loro.

“Cosa succede?” Chiese Hagen vedendolo arrivare.

L’elfo entrò in casa come una furia “Prendete le vostre cose!” Disse rivolto alle ragazze.

“I romani ci attaccano?” Domandò Ariadne sconvolta “No, ma dobbiamo andare nella villa! Solo lì sarete al sicuro!” Stabilì Azrael prendendo Aranel in braccio.

“Hagen, pensa ai cavalli!” Disse l’elfo prima di uscire seguito dalle quattro ragazze.

“D'accord, mais arrête de crier comme un chiffonnier! Sinon, le secret se dissoudra comme de la neige au soleil!”(Va bene, ma smettila di urlare come uno straccivendolo! Altrimenti il segreto si dissolverà come neve al sole!) Lo zittì Hanna prima di ritrovarsi a corrergli dietro a causa delle sue gambe corte.

Si diressero in gran fretta alla villa. L’elfo non voleva che la figlia assistesse ad un’atrocità del genere.

Hanna provò per la prima volta paura, in mezzo a quella che considerava la sua gente. Poteva già sentire le urla di terrore dei romani superstiti che impotenti, non potevano fare altro che soccombere di fronte alla sete di sangue degli schiavi!

L’odio distrugge le persone ed in questo caso tutte quelle vite innocenti.

Per la protezione di Aranel, non potè fare altro che seguire il marito verso la Villa, dove avrebbero evitato di rischiare di venire travolti dall’ira dei ribelli.

“Uccidiamo questi bastardi!” Urlò Nemetes in preda all’entusiasmo. Liciscus sorrise quando Druso attirò la sua attenzione con una gomitata ed i loro suoi occhi vennero catturati da qualcosa di appariscente in quello scenario fatto di sangue e morte: Azrael, seguito da coloro che dovevano essere le sue amanti che per la prima volta potevano vedere con i loro occhi!

 

Ecco la terza stagione!

Inizia la parte difficile del viaggio. 

Sono aumentati di numero, ma ciò non garantisce la vittoria finale.

Cosa ne pensate dei nuovi guerrieri inseriti?

Aranel ha circa due anni e mezzo, quasi tre! E presto inizierà a parlare e nessuno potrà fermarla più.

Conquistano una città intera! Dite che è una buona idea fidarsi dei pirati?

Nuovi pericoli si trovano all’orizzonte? Aranel continuerà ad essere al sicuro?

Ringrazio tutti coloro che hanno aspettato pazientemente l’aggiornamento!

A presto,

Girl98x

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Capitolo 14
*** Tutto cambia ***


Da quella notte di sangue era passato poco più di un giorno.

Un cratere si era aperto tra Crisso e Spartacus, rischiando di dividere i ribelli in due gruppi separati.

Ma i malanimi non finivano qui.

“Ti ha dato proprio una bella botta!” Osservò Hanna mentre medicava la ferita sulla testa di Gannicus. Il celta e Saxa avevano scoperto che Attius non c’entrava niente con la fuga dei romani, in quanto era stata Leta a farli fuggire.

Da lì era nata una discussione degenerata in rissa tra Crisso e Gannicus, con Naevia che l’aveva attaccato alle spalle quando il gallo stava per perdere.

“È solo un graffio!” Rispose lui “Sei sicuro di non voler venire con noi?” Chiese rivolto ad Azrael impegnato a lucidare i pugnali che Attius era riuscito a costruire prima di morire.

“Altre questioni mi spingono a restare!” Disse l’elfo guardando verso Milo che inseguiva la piccola Aranel in un’acchiaparella infinita, mentre lei urlava “Glamhoth!”(Orco!). Ormai aveva tre anni ed il suo vocabolario non faceva che ampliarsi.

“Non c’è motivo più nobile per ritirarsi da una battaglia!” Osservò Gannicus intenerito “Vorrà dire che ucciderò qualche romano in tuo onore!” Disse il celta prima di uscire ridendo. L’elfo lo seguì, prendendo una strada diversa, dirigendosi verso Spartacus.

“Lo riconoscono come loro capo dopo il massacro dei prigionieri!” Disse Agron mentre lui ed il portatore di pioggia osservavano il gallo che si allenava con altri gladiatori.

“E tu che ne pensi? Con chi vuoi stare?” Chiese Spartacus guardando però l’angelo della morte che li aveva appena raggiunti.

“Con te! Sarò sempre al tuo fianco sul campo di battaglia!” Rispose il germano convinto.

“Ritorna alla villa. Voglio che sorvegli Leta e gli altri romani in mia assenza!” Disse Spartacus avvicinandosi all’elfo, ma venendo fermato dall’amico.

“Credi sia saggio partire lasciando la questione in sospeso? Una parola da parte tua sanerebbe tutte le ferite!” Chiese Agron sapendo che la situazione era delicata.

“Ora non è più tempo di parole!” Rispose il trace avvicinandosi ad Azrael ed avviandosi in un luogo più appartato per parlare.

“Sei certo di non voler venire con noi?” Chiese speranzoso. L’elfo annuì.

“Ti chiedo di aiutare Agron mentre sarò via! Molti più di quanti pensi prendono in considerazione la tua parola, anche se spesso non capiscono la tua lingua!” Disse Spartacus sorridendo. In quegli anni Azrael si era mostrato un alleato prezioso, avrebbe osato dire persino un amico, ma non sapeva se per lui fosse lo stesso.

“Farò come dici, niente di più! Sei tu a capo di questa ribellione ed hai mostrato molto più discernimento di tutti gli uomini che ho incontrato fin’ora!” Rispose Azrael atono.

“Mi ha sorpreso scoprire che non hai cercato vendetta con i prigionieri!” Disse Spartacus curioso.

“Noi elfi non permettiamo a sentimenti tanto primitivi di dominarci. Ho avuto giustizia per i miei uomini con la morte di Barahir. Ed anche se questi romani possedevano degli schiavi, non sono loro i diretti responsabili della mia cattura e della morte dei miei simili. Molti sono donne e bambini innocenti, ritrovatisi sul nostro cammino. Ed inoltre, nonostante la mia reputazione, non provo piacere nella sofferenza altrui!” Chiarì le cose Azrael prima di dirigersi alla villa seguito da uno sguardo pieno di ammirazione da parte di Spartacus.

 

*

 

I giorni passarono e la situazione sembrava essere ad un punto morto.

Nella villa si respirava un aria tesa tra i prigionieri ed i ribelli. La costante presenza dell’angelo della morte non aiutava affatto!

“Grazie per il cibo e la protezione che ci offrite!” Disse Leta rivolta ad Agron.

“Eseguiamo gli ordini!” Rispose lui con una scusa pronta.

“Comunque è un gesto molto apprezzato” Tentò di nuovo lei.

“Sentito, la romana apprezza!” Rise Donar come se a loro potesse importare il parere dei prigionieri.

“Tu e la tua maledetta gente, ci avreste già mandato nell’aldilà....” Ringhiò Agron svelando di non essere d’accordo con la decisione di Spartacus.

“E forse noi avremmo fatto la stessa cosa, se Spartacus non vi avesse protetto!” Ricordò incutendo timore nella romana sul cui viso calò un’espressione di terrore.

Il germano sorrise soddisfatto e si allontanò.

Leta tremò a quelle parole. Sarebbero stati al sicuro solo una volta liberi!

Una risata innocente precedette l’apparizione di una bambina.

“Ciao!” La salutò facendola fermare. Esitò appena vide gli sguardi di tutti puntati su di lei. “Lo vuoi un po’ di pane?” Chiese sentendo la paura scemare fissando quegli splendidi occhi blu. Era piccola, ma già bellissima! 

Portava una buffa cuffia in testa che sembrava detestare mentre tentava di togliersela, ma il nodo che la teneva in posizione era troppo stretto per darle anche una sola possibilità.

“Aspetta, ti aiuto!” Disse afferrando i lacci “Non la toccare!” Le urlò una donna allontanando la bambina e prendendola in braccio.

“Ariadne, va tutto bene?” Chiese Nasir attirato dalle sue urla.

“Fai capire ai romani che indicibili sofferenze li attendono se osano toccare i nostri figli!” Minacciò mentre Aranel rideva.

“Da quando sei diventata una madre protettiva?” Chiese divertito nel vederla così feroce. Lei rivolse la sua ira contro di lui e lo fece retrocedere “Va bene!” Disse Nasir prima di ridere nuovamente.

“L’angelo della morte!” Sussurrò terrorizzato un prigioniero.

Leta ansimò nel vederlo per la prima volta da quando la città era stata presa, camminava sembrando disinteressato da ciò che lo circondava, ma nonostante questo i suoi occhi lanciavano saette.

Se non fosse stato per le orecchie a punta avrebbe detto solo che era un uomo imponente e con una bellezza disarmante. Leta si riscosse ricordandosi che era solo un bestia assetata di sangue.

Il rumore della porta che veniva aperta con violenza fece voltare tutti in una direzione. Il Gallo era tornato alla carica.

“Digli di farmi passare o gli stacco la testa!” Urlò Crisso rivolto ad Agron afferrando per il collo una delle due guardie poste all’ingresso.

“Qualunque cosa cerchiate sappiate che io non vi permetterò di toccare i prigionieri!” Li avvertì il germano. Anche Azrael si mise in posizione, stufo di quella testa calda che accecata dalla sete di vendetta, aveva smesso di distinguere gli amici dai nemici.

“Noi ce ne fottiamo dei tuoi animaletti da compagnia!” Disse Naevia furiosa.

“Perché Spartacus ha lasciato la città?” Chiese Crisso sorprendendo sia l‘elfo che il germano.

“Dove l’hai sentito?” Chiese Agron scioccato. Nessuno avrebbe dovuto saperlo a parte loro!

“Devi darmi una risposta!” Insistette Crisso sempre più alterato.

“Te la darà lui stesso al suo ritorno!” Gli rispose Agron ansioso di levarselo dai piedi.

“Lo consideravo un guerriero, non un codardo che trama alle spalle dei compagni!” Ringhiò Crisso libero di poter esprimere a pieno i suoi pensieri senza che l’interpellato potesse rispondere.

“Così come tu hai fatto massacrando i romani!” Gli tenne testa Agron.

“Loro sono il nemico! Loro ci hanno resi schiavi....e si sono presi la vita di tuo fratello!”  Gli ricordò il gallo “Tempo fa non avresti esitato a massacrarli tutti! Che cos’è cambiato?” Chiese sperando di poterlo portare dalla sua parte.

Agron esitò ed Azrael potè vedere chiaramente quel dolore mai sopito, tornare a galla. “Siamo uomini diversi oggi!” Rispose il germano dimostrando a pieno ciò che aveva appena detto, non abboccando all’esca.

“Non tutti!” Sussurrò Crisso furibondo “Quando torna, di a Spartacus che ho bisogno di parlargli!” Disse prima di uscire.

 

*

 

Naevia rimase, dirigendosi verso la stanza dove sapeva esserci le sue amiche. Se fosse riuscita a portarle dalla sua parte anche Azrael si sarebbe unito e con lui quasi la metà delle forze di Spartacus.

“Anche se non c’è il wifi devo dire che questo posto è migliore della nostra vecchia casa!” Disse Sara rovistando in una grossa cassapanca di legno piena di vestiti.

“Cosa faresti con il wifi?” Le chiese Hanna incuriosita.

“Darei un occhiata alla mail, Facebook, Instagram....insomma, mi ricollegherei al mondo!” Rispose Sara con un espressione nostalgica in volto.

Quella vita era pazzesca, ma avrebbe mentito se avesse negato che le mancava quella di prima.

“Credi sia passato molto tempo?” Domandò Hanna sovrappensiero

“Credi che i miei ci credano morte?” Chiese Sara più preoccupata.

“Non saprei! Mi dispiace del peso che debbano sopportare a causa di questo dubbio!” Si confidò.

“Vorrei poterli contattare solo per dirgli che sto bene e sono felice. Sai, dirgli addio per bene! Almeno si calmerebbero!” Disse Sara non riuscendo ad impedire alla sua voce di incrinarsi leggermente.

Era figlia unica, era l’intero mondo dei suoi genitori. Coloro che le avevano dato sempre tutto oltre ad un amore infinito.

“Già, dire addio sarebbe doloroso, ma meno del non sapere niente! Ne da parte nostra o dalla loro!” Sospirò Hanna.

“Pensi a tuo padre?” Domandò Sara “Non è mio padre!” Si difese l’altra.

“Con te non si può mai essere....lasciamo stare va! Pensi a colui che consideri alla strenua di un padre?” Chiese sorridendo. Con Hanna era impossibile essere tristi.

Lei la guardò malissimo prima che un ghigno le comparisse in volto e rispose “Si, sono certa che anche lui si chieda dove siamo finite!”.

“Se solo potessi parlargli...anche per poco tempo!” Gemette Hanna affranta.

“Beep! Ciao Pa, ciao Ma, sono finita nel passato, sto combattendo contro l’esercito di Marco Licinio Crasso ed una volta finito andrò nella Terra di Mezzo di Tolkien con il signore elfico più figo di tutti. Insomma sto bene, quindi smettetela di preoccuparvi!

Hanna è una rompipalle come sempre, da questo potete dedurre che anche lei sta in gran forma! Bye!” Recitò Sara prima che Hanna le lanciasse contro un vestito.

 

*

 

Neavia aveva capito poco e niente di quella conversazione. Ma ora che sapeva le due ragazze erano state strappate alle loro famiglie, aveva qualcosa su cui fare leva!

Una strana sensazione la fece voltare e si prese un colpo quando si rese conto che alle sue spalle si trovava Azrael. Non l’aveva sentito arrivare!

Fece per sfoderare la spada appena si rese conto che era molto arrabbiato......lui la colpì con un calcio facendola sbattere contro la porta che si aprì a causa della botta.

“Wha! I romani ci attaccano!” Urlò Sara cercando di districarsi da sotto la montagna di vestiti dov’era finita.

Le ragazze guardarono curiose i due nuovi arrivati e quando l’elfo chiuse la porta compresero “Ci stavi spiando?” Chiese Hanna guardinga, ripercorrendo ogni parola detta per paura che lei avesse potuto comprendere qualcosa sulle loro origini.

No, alle orecchie di un ignorante, sarebbero sembrate solo parole a vuoto a parte quelle sulla famiglia......maledizione!

“Sono qui per parlarvi!” Disse Naevia restando in terra ma rifilando un occhiataccia all’angelo della morte.

“Ci stavi spiando?” Domandò Sara esigendo la risposta con lo sguardo.

“Se vi unite a noi, non perderemo tempo ad attaccare Crasso ed il suo esercito e voi presto vi ritrovereste fra le braccia di coloro che amate e che vi sono stati ingiustamente strappati!” Continuò Naevia.

“Ci stavi spiando?” Insistette Hanna.

“No, non volevo interr.....” “Quindi hai origliato!” Comprese Hanna.

“Accettate la mia offerta oppure no?” Ringhiò Naevia che voleva anche lei una risposta immediata.

“Andresti contro Spartacus?” Domandò Sara sorpresa anche se avrebbe dovuto aspettarselo dopo il massacro dei romani. Con quell’azione avevano già disubbidito al portatore di pioggia.

“Gli dobbiamo molto, non lo dimentico. Ma è giunto il momento che le nostre strade prendano direzioni diverse! Adesso è il tempo di forgiare da soli il nostro destino!” Dichiarò Naevia.

“No grazie. Se non fosse stato per mia figlia mi sarei gettata nella mischia volentieri, ma devo pensare a lei!” Rispose Hanna cercando di nascondere il fastidio provato nel sapere che all’amica non le importava niente della parola privacy. Anche se le dispiaceva che l’amicizia di qualche anno prima si stesse dissolvendo con il passare del tempo, a causa del loro modo opposto di vedere le cose.

Naevia agiva ancora guidata dai sentimenti, mentre loro mettevano molta più testa in quello che facevano. Per questo motivo, l’incomprensione aveva aperto una spaccatura!

“Io non ho una figlia. Ma preferisco restare al fian....” Sara venne interrotta dall’arrivo di Crisso che impiegò qualche secondo, guardando la sua donna in terra e l’elfo che torreggiava su di lei, per partire all’attacco.

Anche se Azrael si aspettava una mossa del genere, non riuscì a spostarsi in tempo prima che l’altro usasse il peso e lo slancio per trascinarlo in terra.

Lo scontro si articolava in pugni e calci, ma era più una battaglia nel tenere l’avversario in terra, per questo si ritrovarono a rotolare sul pavimento l’uno nella stretta dell’altro.

“Piantatela!” Urlò Hanna “Ma lo fermi o resti qui a mo’ di statua come facevamo quand’eravamo schiavi, impossibilitati a fare qualsiasi cosa?” Sara si scaraventò contro Naevia sapendo bene che immischiarsi era una pessima idea.

“È una questione fra loro!” Tagliò corto lei.

“Cosa succede?” Chiese Cassia entrando, tenendo per mano Aranel seguita da Ariadne.

“Portala via!” Per Hanna il divertimento era finito lì.

Cassia prese la piccola in braccio, ma il Gallo sbatté contro di lei prima che potesse uscire a causa di un calcio da parte dell’elfo.

La ragazza riuscì a pilotare la caduta così da finire in terra di schiena, attutendo la botta alla bambina grazie al suo corpo. Ma non fu sufficiente.....Aranel si spaventò ed iniziò a piangere.

Questo fece scattare l’elfo!

Thranduil afferrò Crisso per gettarlo giù dalle scale. Hanna e Sara si frapposero fra Naevia e l’elfo, preparate in quanto sapevano, grazie a Gannicus che avrebbe attaccato alle spalle chiunque avesse tentato di far del male al suo amato!

“Fatevi da parte!” Le minacciò Naevia per la prima volta aggressiva nei loro confronti.

Azrael stordì il Gallo colpendolo in testa con una brocca, strappata dalle mani di Sibilla, una degli schiavi liberati dalla città, appena Crisso si ritrovò in fondo alle scale.

Non perse tempo e lo afferrò per un piede, trascinandolo fuori dalla Villa sotto lo sguardo terrorizzato dei romani e degli schiavi.

Agron decise saggiamente di restare a guardare, godendosi a pieno la scena. Era sempre stato un suo grande desiderio far abbassare la cresta al Gallo.

Azrael lasciò andare Crisso e gli diede un calcio che lo fece finire in terra, di fronte ai suoi uomini che incenerì con uno sguardo di morte.

Rimasero a fissarsi per molto prima che una voce bloccasse chiunque dal commettere uno sbaglio.

“Che succede?” Chiese Spartacus appena tornato assieme a Gannicus.

“Ha...perduto completamente la ragione!” Ringhiò Crisso ripresosi mentre tentava di rimettersi in piedi.

“Lo stai sfottendo? Tu che hai aggredito una bambina indifesa?!” Urlò Milo venendo fermato dal cenno della mano di Azrael dall’aggredire il Gallo.

Spartacus si allarmò ed entrò in gran fretta nella Villa seguendo Gannicus che sembrava più preoccupato di lui.

Si fermò quando vide che Crisso non se n’era andato. Gli si parò davanti con fare intimidatorio “Fatti da parte!” sussurrò furioso.

Ma lui non sembrava intenzionato a cedere. Il portatore di pioggia fece un cenno all’angelo della morte, ma neanche questa volta venne ascoltato.

“Hai annebbiato la mente di tutti! Se attaccassimo Crasso adesso, manderemo in rotta il suo esercito in poco tempo!” Lo attaccò Crisso.

“Uscite dalla città e le porte si chiuderanno per sempre dietro di voi!” Minacciò Spartacus.

“Non sono il solo a domandarsi cosa ti passi per la testa!” Urlò il Gallo in preda alla collera.

“Ed io mi chiedo se sia giusto...........”  iniziò a dire Spartacus voltandosi verso l’elfo che in volto aveva lo sguardo del predatore quando avvista la preda “...........riporre fiducia in te, per il futuro!” Crisso urlò e caricò, venendo fermato da alcuni uomini del trace.

Il portatore di pioggia si avvicinò all’elfo con l’intento di entrare nella villa.

“Ha aggredito Naevia! Se non proteggi i tuoi fratelli allora è il momento che io cominci a farlo, prendendo il comando!” disse Crisso attirando nuovamente l’attenzione su di sé.

“Non è vero!” Ammise lei ritrovatasi in difficoltà “È mia la colpa!” Confessò “Ho spiato Hanna e Sara! Lui non aveva intenzione di farmi del male!” Disse rivolta a Crisso riuscendo a farlo allontanare.

Spartacus entrò seguendo l’elfo “La situazione è degenerata in fretta, non ho potuto fare niente!” Si giustificò Agron andando incontro al trace.

Una volta nella stanza dove si erano sistemate le ragazze, vide Hanna che cullava la figlia cantandole una canzone per calmarla mentre la piccola singhiozzava, ancora scossa dall’accaduto.

“La prochaine fois que je le verrai approcher de ma fille ... la mort sera son seul destin!”(La prossima volta che lo vedo avvicinarsi a mia figlia....la morte sarà il suo unico destino!) Ringhiò Azrael ancora su di giri. Attico, giunto attirato dalla confusione tradusse nervoso.

“Gli parlerò! Anche se sono certo che senza i romani fra i piedi si calmeranno tutti!” Tentò di tranquillizzarlo Spartacus

“Allez-vous les tuer?”(Intendi ucciderli?) chiese l’elfo allerta.

“No, ho in mente di rilasciare i nostri ospiti!” Rispose il portatore di pioggia prima di uscire dalla stanza.

 

*

 

Il giorno seguente, naturalmente, Crisso ed i suoi uomini diedero non pochi problemi appena seppero della decisione di Spartacus.

Coloro che erano fedeli al trace si ritrovarono costretti a proteggere i romani creando una via sicura che li avrebbe portati fuori dalle mura della città.

“Presto verseremo tuo sangue!” Ringhiò Nemetes contro Leta provocando Spartacus che lo spinse via malamente.

“La vostra fortuna è che Spartacus ha completamente perso la ragione!” Urlò Crisso furioso.

Nonostante il cibo scarseggiasse, gli schiavi ne lanciarono molto contro i romani, oltre ad insulti ed una pioggia dorata cadde sui prigionieri mentre varcavano il portone diretti verso la libertà.

“Ci esponi ad un rischio!” Urlò Crisso dietro a Spartacus avendolo seguito nella villa appena i romani erano spariti oltre l’orizzonte, accolti da una piccola legione romana appostata in avanscoperta.

“Al contrario mi assicuro la vittoria!” Lo contraddisse il trace.

“E come? Liberando i romani?” Domandò il Gallo non comprendendo il piano del fratello.

“Non riversare la tua ira su di loro, il nemico è Crasso!” Ricordò Spartacus.

“Tu gli offri un arma! Sono rimasti con noi fin troppo a lungo. Potrebbero aver sentito o visto qualcosa!” Fece notare Crisso allarmato.

“Ciò che hanno visto sono due fratelli divisi ed è un baratro che va colmato!” Spartacus aveva la risposta pronta.

“E che tu hai creato con la spedizione in sicilia!” Lo accusò Crisso.

“Non sarei mai andato se fossi venuto a conoscenza delle tue intenzioni!” Lo ammonì il trace mostrando delusione oltre che rabbia.

“Quello è stato un incidente!” Si giustificò Crisso conscio che la spaccatura con l’elfo sarebbe stata se non impossibile, molto difficile da risanare e solo perché aveva seguito i suoi più bassi istinti senza ragionare. Come quando aveva condannato Naevia alla schiavitù.

“Spiegalo ad Azrael!” Disse Spartacus abbassando la voce nella speranza di non attirare attenzioni indesiderate.

“Io me ne frego di quel porco! Dovresti mandarlo via!” Replicò Crisso che mai avrebbe ammesso apertamente il suo torto.

“È un’alleato prezioso.....ed un fratello!” Gli ricordò Spartacus inorridito dalle parole che aveva appena sentito.

“Mi ha aggredito! È a causa anche sua se ci siamo dividisi!” Urlò Crisso.

“Solo perché mi appoggia. E non osare insinuare una cosa del genere! Sono state le tue azioni ad allontanarti! Ma l’importante è che ci creda Crasso! Quando Leta glielo riferirà!” Disse Spartacus.

“L’hai liberata solo.....perché Crasso venga informato dei tuoi piani?” Chiese Crisso esterrefatto, comprendendo solo allora una parte del piano.

“E se proverà a contrastarli sarà la sua fine!” Disse Spartacus con entusiasmo.

Entrarono di corsa dentro la stanza dove si trovava la mappa, Gannicus, Agron ed Azrael li stavano aspettando.

“Eraclio trasporterà metà delle nostre forze in sicilia!” Iniziò ad illustrare il piano Spartacus.

“E io rimarrò in città!” Disse Crisso affranto.

“Con coloro che ti sono fedeli! Lo faremo credere a Crasso. Porremo sulle mura i corpi dei romani abbigliati come noi a simulare una presenza! Tu uscirai dalla porta nord andando sulla dorsale della Melia! Noi andremo in sicilia a saccheggiare altro grano!” Proseguì il trace.

“Crasso distaccherà  delle legioni per proteggere i depositi!” Spiegò Gannicus ancora alterato da ciò che era successo.

“Indebolendo le sue truppe!” Comprese Crisso.

“Tu valicherai i monti e li attaccherai quando vi crederanno ancora all’interno delle mura!” Disse Spartacus mostrandogli la strada che avrebbe dovuto percorrere.

“Non avrò i numeri per sconfiggerli!” Ammise Crisso ancora scettico.

“Da solo forse no! Ma non lo sarai! Lasceremo la Sicilia una volta arrivati gli uomini di Crasso e sbarcheremo su queste coste unendoci ai fratelli!” Disse Spartacus svelando tutte le carte.

“Attaccando su due fronti un esercito indebolito!” Si convinse Crisso capendo che non era male come piano.

“Tu lo sapevi quando abbiamo parlato?” Chiese rivolto ad Agron.

“Lo avevo impegnato al silenzio, così come Azrael ed ho informato Gannicus durante la traversata! Non potevo rischiare che Leta e gli altri scoprissero le mie intenzioni!” Disse Spartacus sperando che il fratello comprendesse le sue ragioni.

“Maledetti bastardi!” Sussurrò Crisso contento in vista della guerra che tanto bramava.

“Ultimamente eri inavvicinabile, ti stupisci tanto che ti abbiamo tenuto all’oscuro?” Chiese Gannicus burbero.

“Dobbiamo superare i conflitti o soccomberemo!” Li calmò Spartacus.

“Diotimo diceva che i monti sono invalicabili in questa stagione!” Ricordò Crisso.

“È quello che credono anche i romani e tu dimostrerai che sono in errore!” Disse il trace mostrandosi arrogante di fronte al rischio di una morte al gelo per molti dei suoi uomini.

Uno sbuffo fece voltare tutti verso l’elfo “Si è preso il raffreddore?” Chiese il Gallo freddo.

“No!” Rispose Spartacus “Non è concorde con la mia strategia!” Disse amareggiato.

“Non hai un piano di riserva! Se Crasso riuscisse ad entrare in città quando è deserta? Se qualcosa andasse storto in sicilia, i rinforzi non arriverebbero! Dai per scontato che tutto vada come hai stabilito. L’arroganza porta solo sventura!” Azrael diede voce ad una prospettiva che Spartacus non aveva preso in considerazione.

“Non succederà! Crasso ha già usato questa tattica con noi! Fidati di me!” Tentò di convincerlo il trace, venendo ignorato dall’elfo che in risposta alzò gli occhi al cielo.

“È tanto che attendo questa occasione!” Crisso li ignorò, eccitato al pensiero che, nonostante tutto, quell’attesa era servita a qualcosa.

 

*

 

Erano in corso i preparativi. Quella sera non ci furono feste o sbronze collettive dato che tutti erano pronti per l’imminente partenza.

La sera seguente si sarebbero divisi, una parte verso le montagne e gli altri in Sicilia.

Ma l’avvicinarsi dello scontro non sembrava appesantire gli animi dei fratelli.

Attico ed Ariadne stavano godendo a pieno di un breve momento di pace, stretti l’una nell’abbraccio dell’altro, sdraiati su di una panca, sotto al portico.

“Per le tette di Giunoneee!” Urlò Sara scivolando contro alcune casse piene di scorte di cibo, presentandosi con la sua solita eleganza.

Breve momento, appunto!

“Ma ti ci impegni?” Chiese Milo ridendo.

“No, ma in questo si!” Rispose lei rovesciandogli addosso del vino.

“Che gran spreco di buon vino!” Commentò Attico divertito.

“Indicibili sofferenze attendono chi osa sfidarmi!” Disse Milo prima di cominciare una lotta con Sara. “A volte Aranel appare più matura di loro!” Scherzò Cassia che essendo di buona famiglia non si lasciava andare a delle semplici risse. Aveva imparato a combattere si, diventando pure una temibile guerriera, ma il suo orgoglio le impediva di rotolarsi nella terra come stavano facendo il suo uomo e la sua amica.

“Non che ci voglia molto!” Le diede ragione Hanna che alzò gli occhi al cielo vedendo che sua figlia sembrava interessata alla lotta.

Hagen arrivò e si gettò nella mischia accorrendo in aiuto dell’amica.

Anche Proximo, Felix e Tigris si unirono alla rissa.

Sara decise di farsi da parte appena giunsero gli altri e si ritrovò a ridere di gusto assieme alle amiche quando anche Attico non riuscì a trattenersi, unendosi alla combriccola.

Azrael si avvicinò con tutta la calma del mondo, come se nulla stesse accadendo e si sedette accanto ad Hanna.

Aranel scese dalle gambe della madre e si diresse verso quegli uomini che si stavano comportando in modo molto strano. Poteva essere abituata al cozzare di spade, ma non alle risse dato che i suoi non l’avevano mai portata ad una delle feste degli schiavi.

Hanna esitò, chiedendosi se era il caso di fermarla, ma la mano del compagno la fece voltare verso di lui che la rassicurò con lo sguardo.

“Fratellone!” Rise la piccola indicando Attico e sedando la rissa con quella semplice parola. Gli uomini la osservarono come se fosse stata una creatura molto bizzarra.

“Ieri mi ha chiesto cosa fosse un fratello......ed io le ho risposto che sono quelle persone con cui si ha un'amicizia molto profonda ed a cui si vuole molto bene!” Confessò Ariadne che assieme a Cassia si stava trattenendo a stento dal ridere delle facce assurde assunte dai loro compagni.

“Non ha capito na’ mazza!” Commentò Hanna ancora sorpresa.

“Ed invece è molto più sveglia di quanto credi!” Contrattaccò Sara “Attico e Milo si sono sempre comportati come fratelli maggiori e sono sempre stati al suo fianco, fin da quando era piccolissima!” Spiegò.

“Che Giove mi strafulmini!” Commentò Proximo rimettendosi in piedi assieme agli altri.

“Sono onorato di essere tuo fratello!” Disse Attico prendendola in braccio.

“Si, molto commovente. Ma devi capire che lui è il fratello numero due ed io il numero uno!” S’intromise Milo gesticolando di fronte ad Aranel con una mano i numeri e con l’altra indicando a chi appartenessero.

“Ma se sono molto più vecchio di te!” Gli fece notare Attico.

“Qui gli anni non c’entrano. Anche se la mettessi così, io sono più giovane...e più forte!” Si vantò Milo.

“Ed estremamente ingenuo!” Concluse per lui Attico.

“Altro che fratelli! Voi sembrate una vecchia coppia di sposi!” Disse Hagen sarcastico scatenando l’ilarità generale.

Aranel attirò l’attenzione di Atticus indicando il nuovo arrivato con un misto di timore e curiosità negli occhi “Cara sorellina, questo è Felix!” Disse avvicinandosi a lui.

“Come cavolo è possibile che non l’abbia mai vista in questi mesi passati all’interno della città?” Chiese Felix sorridendo alla bambina.

“Cavolo!” Ripetè la piccola “Ecco svelato l’arcano!” Disse Milo cercando di trattenersi dal ridere per evitare di incoraggiare Aranel con quel tipo di vocabolario.

Felix era impallidito di colpo, voltandosi istintivamente verso i genitori. Hanna sembrava più divertita che infastidita, Azrael era un mistero, come sempre.

Aranel si agitò di colpo scendendo in gran fretta dalle braccia di Attico e correndo in direzione della porta.

Proximo fu l’unico a correrle dietro per poi fermarsi di fronte a Spartacus ed Agron che erano appena arrivati. Rivolse al portatore di pioggia un cenno rispettoso del capo prima di vederlo sparire in una stanza della villa.

Non vedendo Gannicus, Aranel si interessò ad un grosso pezzo di legno, prendendolo in mano “Aspetta!” La chiamò Sara inginocchiandosi accanto a lei “Ti insegno uno dei migliori sport esistenti!” Disse.

“Scannarsi nell’arena?” Chiese Proximo sarcastico.

“Lei è una femmina e per giunta molto più sveglia di te!” Rispose Sara infastidita.

“Ora vai sul personale!” Si finse offeso lui “Anche se era quello che mi ripeteva continuamente quel porco del mio padrone!” Osservò.

“Linguaggio!” Li riprese Hanna.

“Tu sei l’unica che non può parlare!” Le andò contro Sara.

“Da quando sono madre è diventata mia premura stare più attenta. Gradirei che i miei sforzi non risultino vani!” Rispose Hanna per niente offesa, era la verità in fondo!

“Ma per combattere non devi essere bravo con la strategia, ergo molto sveglio?” Chiese Sara rivolgendo nuovamente l’attenzione a Proximo.

“Era il mio padrone ad essere un incapace! E pensare che ho rischiato la mia vita nel tentativo di salvarlo dai ribelli! Dovevo aver perso il senno!” Osservò Proximo disgustato.

“Non è cambiato molto!” Commentò Sara “Un complimento da parte tua sarà molto più appagante del conquistare Roma!” Disse Proximo divertito.

“Non accadranno mai entrambe le cose!” Ammise lei orgogliosa.

“Donna di poca fede!” La criticò lui.

“Visionario!” Rispose lei.

“Ed ecco altri due sposini!” Rise Tigris.

“Questo si chiama baseball!” Disse Sara tornando a pensare al suo proposito iniziale ed ignorando il commento.

“Ecco vedi, devi colpire la palla così!” Illustrò facendo muovere il bastone che Aranel stringeva verso una piccola palla trovata in una delle abitazioni romane.

La piccola sembrava molto incuriosita da quel gioco e caricò il colpo con decisione, mirando alla pallina nella mano di Sara.

Lei era preparata ad una legnata sul braccio, sulla mano o in faccia, il rischio era calcolato. Si ricordò di essere una frana in matematica quando il bastone, andando indietro, colpì Proximo sui gioielli di famiglia, facendolo cadere in ginocchio e subito dopo sdraiato in terra, con un verso di dolore.

Tutti risero di gusto e Sara dovette fermare Aranel dal colpire di nuovo Proximo avendolo trovato divertente, probabilmente incoraggiata dalle risate. 

Non era una pignatta, mannaggia!

 

*

 

La sera successiva la partenza era imminente.

Aegnor cominciò a battere uno zoccolo in terra appena Felix gli si avvicinò troppo ed il ragazzo fece saggiamente qualche passo indietro.

“Come riesci ad avvicinarti?” Chiese il ragazzo impaurito.

“Devi capire come prenderlo!” Rispose Hanna ridendo, legando strette delle sacche sul dorso dell’animale. Il terreno era scosceso e per evitare una caduta sarebbero andati a piedi.

“Non riesco!” Ammise lui dirigendosi verso il suo di cavallo, molto più piccolo e mansueto. 

“Allora...” Hanna decise di fare mente locale “Cibo, acqua, vestiti, la tenda, coperte, il fieno....mi sembra non manchi niente!” Decretò alla fine afferrando le redini di Aegnor ed avvicinandosi agli altri che erano più avanti rispetto a lei, già pronti.

Hagen tentava di tenere un’eccitata Aranel in braccio. 

Una salita impervia ed un cavallo indomabile erano sufficienti per quel viaggio, il germano era molto più forte e resistente di lei ed Aranel non rifiutava di stare in braccio a qualcuno che conosceva, anche se non erano lei o il padre.

“Potremmo farci chiamare “il popolo dei cavalli” per quanti ne abbiamo!” Commentò Hanna “Meno male! I cavalli sono la pietra miliare della civiltà! La storia stessa è stata forgiata dallo scalpito dei loro zoccoli!” Disse Sara accarezzando il suo.

“Che vai farneticando?” Le chiese Hanna divertita. Ubriacarsi di documentari era servito a qualcosa!

“Per millenni il cavallo è stato usato in battaglia!” Raccontò “Se non fosse stato per i cavalli dici che Alessandro sarebbe stato chiamato “Il grande”?” Chiese provocatoria.

“Pensa a Napoleone che conquista la Francia a piedi!” Scherzò Hanna decidendo di stare al gioco. 

“Come fai a sapere tutte queste cose?” Chiese Felix interessato.

“Ho scritto un blog sulla storia dei cavalli!” Rispose Sara “Il mondo ne sentiva un gran bisogno!” La schernì Hanna.

Tutta quell’allegria venne interrotta dall’arrivo di Milo.

“Perché non siete ancora partiti?” Domandò il celta che aveva sperato di non trovarli.

In caso di un attacco, trovarsi in coda sarebbe stato pericoloso!

“Smettila di preoccuparti! Ci prenderemo cura di loro!” Disse Proximo rivolto a Milo.

“Dov’è Azrael?” Chiese Felix non vedendolo con loro.

“È da Spartacus con Attico, pronti a partire per la Sicilia!” Rispose Milo “Giusto! Ma non vai con loro?” Domandò il ragazzo.

“Senti rompicoglioni, sono venuto per controllare che tutto fosse a posto prima della vostra partenza! Perdona se mi preoccupo per....” “Non è il momento adatto per litigare!” Li riprese Tigris dividendoli.

“Peccato, mi sarebbe piaciuta un’ultima rissa prima del gelo!” Disse Hanna avvolgendo la figlia in un’altra coperta mentre Hagen la teneva.

“Sembra una mummia!” Osservò Sara divertita. Aranel la guardò e sorrise.

 

*

 

C’era qualcosa di diverso. Azrael si trovava sulla banchina, la nave di Eraclio stava giungendo in porto, ma una strana sensazione aveva avvolto l’elfo da quando li aveva visti partire.

Poi comprese cosa! Le battute penose di Sanus! Perché non era tornato con i pirati?Non stava rispettando i piani concordati!

Appena vide Spartacus arrivare gli corse incontro e gli afferrò un braccio avvicinando il viso al suo orecchio “C’è qualcosa che non va!” Gli sussurrò.

“Non è il momento di farsi prendere dall’ansia!” Lo riprese il trace.

Odiava essere ignorato! Perciò sfoderò il pugnale mettendosi allerta.

“Ce qui se produit?”(Che succede?) 

“Une sensation!”(Una sensazione!)

“Par expérience, je sais que ces "sensations" de la vôtre sont correctes la plupart du temps, alors merci que ma femme et les autres soient déjà parties et je vais tirer mon épée!”(Per esperienza so che queste tue “sensazioni” sono corrette la maggior parte delle volte, quindi ringrazio che la mia donna e le altre siano già partite e sfodero la spada!)

“Eraclio è arrivato in ritardo!” Osservò Spartacus irritato.

“I cilici mostrano disprezzo per le regole, per le buone maniere e per la pulizia!” Descrisse Gannicus sprezzante.

“Perdonate l’attesa, un fato avverso mi ha trattenuto oltre il necessario!” Si scusò il pirata.

“Dov’è Sanus?” Chiese Spartacus facendo agitare ulteriormente l’elfo ed il figlio che gli si trovavano alle spalle.

“Ha lasciato questo mondo!” Rispose Eraclio fingendosi dispiaciuto.

Gannicus e Spartacus si scambiarono un’occhiata d’allarme “Per mano dei romani?” Chiese il trace che finalmente sembrava non fidarsi.

“Per loro volontà e per un ingente quantità di monete d’oro che neppure un re può offrire!” Rispose Eraclio scostando il mantello e mostrando un medaglione con sopra impressa l’aquila romana. 

Voltandosi verso la nave vide il telone che copriva la stiva venire rimosso mostrando un gruppo di soldati nascosti ed altri si tolsero i mantelli con sguardi sprezzanti e vittoriosi.

Attico alzò la spada urlando di rabbia volgendo la propria attenzione verso i romani e facendo qualche passo in avanti. Azrael si mosse con lui, ma decise subito di fermarsi, con i sensi allerta aspettando che fosse il nemico a fare la prima mossa.

“Perdonami fratello, non ti auguravo questa fine!” Disse Eraclio con soddisfazione.

Le sue orecchie captarono dei passi decisi sorpassarlo e si voltò appena in tempo per bloccare il pugnale indirizzato alla schiena di Spartacus!

Gannicus reagì un secondo dopo colpendo in volto colui che aveva l’aria di essere uno schiavo ribelle come loro, ma che aveva rivelato la sua vera natura: Liciscus!

Spartacus si mise a combattere contro Eraclio e lo atterrò appena in tempo prima che i romani gli fossero addosso.

Azrael e Attico si misero a combattere e con loro sorpresa Milo saltò da sopra un tetto atterrando tre romani con il suo peso piuma.

“Chiamate rinforzi!” Ordinò Spartacus ed il celta afferrò il corno che portava alla cintura soffiandoci dentro con forza.

“Seguitemi! Dobbiamo alzare la porta e riprenderci la città!” Il traditore non venne udito da Spartacus ma per sua sfortuna dall’elfo si.

“Attico, Milo! Allez protéger la porte ouest!” (Attico, Milo! Andate a proteggere la porta a ponente!) urlò teso. Tutti si trovavano all’entrata a monte, nessuno aveva pensato ad un attacco improvviso sia dal mare che da terra!

I due fecero come gli era stato detto correndo a rotta di collo dietro ai romani per portare rinforzi ai pochi uomini che si sarebbero trovati contro quella legione.

Come previsto, solo Agron, Saxa e Donar si trovavano al portone!

Si gettarono nella mischia con entusiasmo, impazienti di combattere. Più romani massacravano più ne agognavano.

“Donar la fune!” Il grido di Agron li riscosse dalla loro euforia e videro due romani che si apprestavano a girare l’argano per sollevare la pesante porta.

Donar corse verso il suo obbiettivo, ma nonostante l’appoggio di Attico, i romani erano troppi perché potessero raggiungere la porta prima che venisse aperta.

Milo tese la corda e rilasciò una freccia così velocemente che si chiese se veramente non fosse il figlio bastardo di Azrael.

La freccia recise di netto la corda facendo richiudere completamente il portone, per quel poco che si era sollevato.

Si unì subito alla mischia e con sollievo i romani smisero di aumentare di numero, perendo sotto i loro colpi. Ma il sollievo durò poco appena il traditore, conosciuto come Liciscus, scaraventò sulla porta la pece che sarebbe servita a Crisso sulla Melia. Non riuscirono ad impedire che gli desse fuoco e questo li fece dubitare per la prima volta, se fosse il caso di ritirarsi.

Altri romani dovevano essere già dall’altra parte!

“Qualunque sia il tuo piano, creperà assieme a te!” Disse Agron appena riuscì ad atterrare il traditore.

Ma il rombo di un tuono li fece sobbalzare e passati tre colpi il legno cedette rivelando una possente costruzione in legno. I ribelli rimasero fermi ad osservare, troppo scioccati ed impegnati a capire cosa stesse accadendo.

“Vi consiglio di andarvene!” Disse Liciscus rialzatosi, con un sorriso in volto.

“Chi sei tu per dirci cosa fare?” Urlò Agron furioso.

“Io sono Gaio Giulio Cesare! E voi siete degli uomini morti!” Rispose l’altro pieno di soddisfazione.

“Dobbiamo presidiare la porta!” Tentò di riscuoterli Donar appena i romani iniziarono ad uscire dalla breccia aperta nella porta.

Ma il numero di nemici non faceva che aumentare ora che si era aperto un varco e poco dopo la porta emise un ultimo cigolio assordante prima di essere completamente abbattuta.

“Quale porta?” Chiese Milo comprendendo che ormai avevano perso. I romani erano troppo numerosi per essere fermati o contenuti!

“Sono troppi!” Urlò Saxa trovandosi costretta a retrocedere.

“Arretriamo!” Ordinò Agron e Milo ed Attico obbedirono senza fiatare.

Nel frattempo Azrael si trovava in difficoltà. La nave poteva portare più romani di quanti pensasse ed essendo solo in cinque, con Lugo e Nasir che si erano uniti per caso, erano in un’inferiorità numerica troppo debilitante.

“Spartacus!” Il grido di Crisso lo annunciò mentre era già a mezz’aria, saltando dalla banchina sopra al nemico.

Fortuna volle che non fosse solo. I romani vennero circondati ed alcuni bloccati sulla nave. In poco tempo tutti i soldati erano morti!

“Crisso! Sei arrivato quando ne avevo più bisogno!” Lo ringraziò Spartacus “Tu l’hai fatto molte volte per me!” Gli rispose il gallo prima di stingere una stretta di mano.

“Spartacus!” Gannicus richiamò l’attenzione generale guardando verso il mare aperto.

Decine di navi romane si apprestavano ad entrare in porto!

“Tutti sui monti!” Ordinò Spartacus.

Ma com’era successo con gli abitanti della città, le strade vennero invase dai nemici che trucidarono i pochi schiavi ancora al loro interno.

Attico e Milo correvano veloci, consapevoli che contro un esercito sarebbero morti di sicuro.

“Dobbiamo avvertire gli altri!” Urlò Milo “Credo che se ne accorgeranno prima con le urla ed il rumore di spade!” Gli rispose Attico.

Si diressero verso una grande piazza passando per uno stretto cunicolo.

“Dobbiamo trovare un modo efficace per avvisarli subito!” Milo riuscì a malapena a finire l’ultima parola prima di schiantarsi contro qualcuno.

Cadde in terra rotolando all’indietro a causa della forza dell’urto. Sentì Attico ridere “L’hai trovato!” Disse il fratello che si sentiva stupido a ridere a quel modo in un momento del genere.

Milo, ripresosi, alzò lo sguardo e vide che in terra, poco distante da lui, c’era....Azrael!

Si, un elfo molto incazzato!

“Ma....non mi hai sentito arrivare? Non ti hanno prurito le orecchie?” Chiese prima di ridere anche lui a crepapelle.

“Si può sapere come hanno fatto a entrare?” Chiese Crisso indicando i corpi dei soldati romani distesi in terra.

“Attraverso la porta! Siamo stati traditi!” Rispose Agron.

“Maledizione!” Ringhiò Gannicus conscio che la città era perduta.

“Non mi perdonerò mai di essermi fidato di Eraclio!” Disse Spartacus affranto.

“Eraclio? È Liciscus che ha fatto il doppio gioco!” Rivelò Agron.

Azrael, una volta in piedi, sorrise, aveva visto bene! Poi si adombrò, se l’avesse ucciso al porto non avrebbe potuto condurre i romani alla porta della città permettendogli di aprirla!

“È un romano quel bastardo!” Disse Saxa “Cane miserabile!” Lo insultò Crisso “Era per questo che aiutava i Cilici!” Osservò Naevia “Ci hanno tradito anche loro?” Chiese Donar cadendo dalle nuvole.

Azrael sospirò alzando gli occhi al cielo. Gli umani avevano il brutto vizio di perdersi in chiacchiere oziose quando era il momento di agire e pensare ad una strategia.......

“Dov’è Nasir?” Il germano fece una domanda alquanto fuori luogo “A dare l’allarme insieme a Lugo!” Rispose Spartacus.

“Io devo trovarlo!” Disse Agron facendo la parte dell’innamorato in pena.

“Raggiungete tutti la porta Nord! Che i superstiti si mettano in salvo sulla montagna!” Decretò.

“Vuoi fuggire?” Chiese Crisso contrario a quella decisione.

“Voglio che restiamo in vita!” Rispose Spartacus stufo di dover sempre rispondergli.

“Dobbiamo combattere e affrontarli faccia a faccia! Qui!” Insistette Crisso.

“Crasso ci ha colto di sorpresa, non siamo preparati a difenderci!” Lo fece tacere il trace.

“Anche uscire dalla porta nord non sarà facile! I romani ci piomberanno addosso!” Fece notare Crisso.

“Creerò un diversivo e guadagneremo tempo!” S’intromise Gannicus “In che modo?” Chiese Spartacus sorpreso e preoccupato “Qualche cosa m’inventerò!” Rispose Gannicus.

“No! Muovetevi io trattengo i romani!” Lo bloccò Spartacus “È un comportamento sconsiderato!” Lo riprese Gannicus. Ma che andassero d’accordo di tanto in tanto no?!

“Tu sei il comandante! La tua caduta sarebbe fatale, la mia morte avrebbe meno conseguenze!” Confessò “Gannicus!” Disse il trace non trovando niente con cui rispondere.

 “Pazzo bastardo!” Commentò Crisso guardandolo con ammirazione.

“Non farti ammazzare!” Gli disse la sua compagna.

“Ti aspetteremo quanto più a lungo possibile!” Gli promise Spartacus.

“Andate, io vi raggiungerò dopo!” Urlò Gannicus prima di avviarsi, ma si fermò voltandosi verso Azrael.

I due si scambiarono un sorriso consapevole e pieno di rispetto, consci che forse era l’ultima volta che si vedevano!

 

*

 

Corsero veloci, uccidendo i pochi romani che incontrarono durante il cammino.

“Qualunque diversivo abbia in mente Gannicus il nemico non ci cascherà!” Disse Azrael a Spartacus mentre raggiungevano la porta nord.

“Tu sei grande nel tirare su di morale!” Lo ammonì il trace.

“Presto uscite!” Urlava Crisso “Ordinatamente!” Spartacus tentava di placare la paura. 

“Un miracolo! Un miracolo te ne prego!” Ed Azrael odiava la superstizione!

“Camminate più in fretta!” Urlò Spartacus.

“Chi è in grado di combattere resti indietro per coprire le spalle agli altri!” Ordinò Spartacus con insolita calma “Fate in fretta, e che nessuno si volti indietro!”.

Delle urla accompagnarono l’arrivo dei romani ed i pochi civili presenti si fecero prendere dal panico iniziando a spingersi l’un l’altro e scavalcare o calpestare coloro che cadevano in terra.

“Nasir, Lugo aiutate la ritirata!” Urlò Spartacus prima di mettersi in posizione di fronte al nemico. Agron, Crisso ed Azrael lo affiancarono. 

I due schieramenti si fissarono per una manciata di secondi, prima che l’ordine di un romano desse il via allo scontro “All’attacco!”

“Blocchiamo la porta dietro di noi!” Urlò il trace ed Azrael fu veloce a lanciare della pece sull’argano aiutato da Agron che le diede fuoco prima di ritirarsi. 

Appena le fiamme avvolsero il meccanismo, una parte della corda cedette ed il portone si abbassò di colpo, non chiudendosi completamente ma solo di metà.

“No, Crisso!” L’urlo spaventato di Naevia spinse il gallo a ripiegare.

Solo Spartacus ed Azrael fronteggiavano il nemico!

“È l’uomo che cerchi!” La frase e la voce fecero voltare l’elfo subito dopo aver tagliato la gola ad un soldato e vide colui che guidava i romani: Crasso!

Con accanto il traditore!

Si fissarono qualche secondo con odio, prima che l’imperatore volgesse la sua attenzione al capo della ribellione “Spartacus!” Premurandosi di urlare il suo nome.

Anche loro due si osservarono attentamente, come se un’occhiata potesse bastare a conoscere il nemico.

“Prendetelo!” Appena arrivò quell’ordine Spartacus ed Azrael corsero alla porta.

L’elfo scivolò sotto di essa mentre il trace decise di rotolare. 

Appena in tempo perché la corda cedette subito dopo il loro passaggio bloccando i romani e permettendo loro di raggiungere le montagne.

 

*

 

Crasso rimase in città per godersi a pieno quella vittoria iniziale. Un’avvisaglia del destino che avrebbe travolto ogni schiavo ribelle!

“Cesare....è bello vedere che hai finalmente un’aspetto umano! Un piacere per gli occhi!” Disse Crasso raggiungendo il suo secondo che si trovava in compagnia del senatore Metello.

“Stavo giusto congratularmi con lui l’abilità mostrata nel mescolarsi in un branco di bestie selvagge!” L’accolse il senatore.

“Cosa che poteva sembrare sconsiderata, se non fosse stata per la lungimiranza di Crasso!” Lo adulò Cesare.

“Non mi resta che rammaricarmi per averla messa in dubbio. In senato saranno entusiasti alla notizia della liberazione di Sinuessa!”  Disse Metello.

“Non avere fretta di tornare a Roma, ho in mente di celebrare la vittoria con una carneficina!” Lo informò Crasso “Esecuzioni?” Chiese sorpreso il senatore.

“Questa sera stessa. Ti ho riservato una delle ville più grandi e comode dove potrai fare un bagno e prepararti adeguatamente per una celebrazione così importante!” L’accolse l’imperatore.

“Un gesto inaspettato, ma molto gradito, te ne sono grato!” Lo ringraziò Metello prima di uscire dalla stanza.

“Maledetto tronfio pavone!” Lo insultò Cesare appena fu sufficientemente lontano da non poterlo sentire.

“Mi ritrovo in accordo con il tuo parere! Ma è la voce e le orecchie del senato. Soddisfare la sua vanità farà in modo che tornando a Roma gonfi le nostre gesta!” Spiegò Crasso sedendosi a rimirare delle carte.

“Tu parli di vittoria, ma Spartacus è ancora in vita ed il suo esercito è numeroso e potente!” Lo avvertì Cesare.

“Non si può fuggire sulla dorsale! È invalicabile!” Gli ricordò l’imperatore.

“Parole già pronunciate da quello sprovveduto di Glabro! Quando si illudeva di averlo intrappolato sul Vesuvio!” Insistette l’altro.

“Sarei uno sprovveduto?” Chiese Crasso piccato.

“No, sei un uomo dalle mille risorse che riesce ad ordire trame più aggrovigliate di chiunque altro!” Lo adulò Cesare.

Crasso sorrise “Mi onorano i tuoi elogi, ora abbandona i dubbi che ti assalgono e rilassati. La ribellione non può riprendersi da uno smacco del genere! Alla celebrazione farò in modo di renderti omaggio per il tuo contributo!” Disse muovendosi per uscire.

“Aspetta!” Lo chiamò Cesare “C’è un fatto alquanto inaspettato di cui gradirei metterti al corrente!” Lo informò.

“Cos’è che riesce a togliere il sorriso al potente Cesare poco prima delle celebrazioni in suo onore?” Chiese l’imperatore divertito ma guardingo.

“Una scoperta! Fatta durante la mia permanenza in città!” Rispose lui.

“Smettila di infittire di mistero le tue parole e parla apertamente!” Lo riprese Crasso.

“Azrael, l’angelo della morte è uno dei generali di Spartacus!” Iniziò a dire Cesare.

“Di questo né ero già al corrente!” Rispose infastidito l’imperatore andandosene.

“Ma non è solo!” Precisò Cesare. Crasso tornò sui suoi passi allarmato “Cosa vuoi dire?” Chiese comprendendo l’importanza di quelle informazioni.

“Ho visto......” tentennò l’altro non sapendo come rivelarlo “Cos’è che ti ha terrorizzato a tal punto da farti tremare le ginocchia?” Chiese Crasso impaziente di sentire la risposta.

“.....ha una figlia! Partorita dal ventre di una delle sue amanti!” Svelò Cesare.

Crasso sgranò gli occhi inorridito “Ne sei sicuro?” Chiese.

“Quale altro neonato ha le orecchie a punta? Le orecchie di un elfo! Uno degli schiavi presenti alla battaglia del Vesuvio mi ha confidato tali dettagli! Lui nasconde i caratteri peculiari della sua razza, costringendo la piccola ad indossare una ridicola cuffia!” Gli rispose Cesare.

“Voleva celare al mondo la sua esistenza!” Realizzò Casso.

“È ancora giovane?” Domandò l’imperatore speranzoso.

“Parla a malapena!” Gli confidò l’altro.

“Questa è un occasione unica!” Annunciò Crasso “Cosa vuoi dire?” Chiese Cesare confuso.

“Avevo in mente di mettere in catene quell’elfo, come simbolo della vittoria, e per spegnere qualsiasi desiderio di ribellione in tutti gli schiavi della Repubblica!” Disse Crasso illustrando il suo piano originario “Mi sembra la giusta punizione!” Lo appoggiò l’altro.

“Ma una bestia selvaggia è difficile, se non impossibile da domare.....e potrebbe fuggire di nuovo!” ammise l’imperatore “......mentre una giovane vita è facile da plasmare a proprio piacimento!” Meditò con oscura soddisfazione.

“Vuoi rapire la figlia di Azrael?” Chiese Cesare scioccato.

“Un padre disperato farebbe di tutto per la sua progenie! Se riusciamo a prenderla la vittoria sarà assicurata!” Disse Crasso.

“Azrael non è un uomo!” Lo ammonì Cesare “Tutti gli schiavi erano terrorizzati all’idea di pensare solo di sfiorarla!” Lo informò.

“Noi non siamo degli inutili schiavi!” Rispose l’imperatore “Anche se sul campo di battaglia non fa la differenza dato che il senato di Roma trema.....al nome di uno schiavo!” Constatò.

“L’elfo diventa feroce come non mai se si tratta di proteggere la figlia! Ho potuto constatarlo con i miei occhi!” Raccontò Cesare cercando di far desistere l’altro dalle sue intenzioni “Quella bambina, ha un intero esercito a proteggerla! Qualunque schiavo si getterebbe stoltamente in suo aiuto pur di guadagnarsi il favore dell’angelo della morte!” Cercò di dissuaderlo, prima che un rumore li facesse voltare.

“Perdonate, non volevo interrompere.....” disse Leta giunta dopo un bagno ristoratore.

“Vai Cesare! Desidero parlare da solo con la moglie dell’edile” Lo congedò Crasso “Continueremo questo discorso dopo le celebrazioni!”.

 

*

 

Tra i pendii ghiacciati dei monti si facevano strada gli ultimi ribelli che avevano ripiegato coprendo la fuga degli altri. Il vento e la neve avrebbero fatto perdere loro la strada se un certo elfo non avesse udito le migliaia di voci ferme in mezzo alla nebbia, guidandoli verso di loro.

“Vedo Aegnor!” Urlò Attico correndo verso il cavallo che si guardava attorno a testa alta e le orecchie diritte. Facendosi largo tra la folla con poderose spinte a destra e a sinistra, i fratelli raggiunsero la meta.

Azrael si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Temeva che il nemico avesse attaccato da entrambi i lati, invece sembrava che coloro andati sulle montagne stessero tutti bene.

Avvicinandosi al cavallo notò Sara ed Hanna con Aranel in braccio strette vicine sia tra di loro che all’animale nel tentativo di scaldarsi.

“Azrael!” Lo chiamò Hanna correndogli incontro gettandosi fra le sue braccia.

“Che succede?” Chiese Attico abbracciando Ariadne.

“Perché siete rimasti fermi qui?” Domandò Milo godendo anche lui di una calda accoglienza da parte della sua donna.

“Qualcosa di impossible si è avverato!” Si presentò Nasir ricoperto di neve dalla testa ai piedi prima di venire travolto dal suo amato. Agron era felice come un bambino la notte di Natale nel scoprirlo sano e salvo.

“Azrael!” Lo chiamò Spartacus. Loro due, Agron e Crisso avanzarono rispetto a dove si trovavano tutti gli altri.

Non una parola venne pronunciata appena i loro occhi si posarono su ciò che avrebbe segnato la loro fine: un enorme muraglia si ergeva coprendo l’intera larghezza del passo!

“Crasso!” Sussurrò Spartacus furioso e preoccupato.

“Pensiamo prima a ripararci dal freddo!” Disse Azrael voltandosi ma venendo bloccato da Crisso “Ti si stanno congelando le orecchie?” Chiese provocatorio.

“Vai!” Ordinò Spartacus contento quando lo vide obbedire senza proferire parola, per poter riprendere il gallo per il suo comportamento.

“Dobbiamo farcela prima che si alzi il vento!” Urlò Attico mentre a stento teneva la tenda in piedi. Sara non riusciva a smettere di sorridere dato che continuava a sentirsi un pinguino. Per tenersi al caldo, lei e le altre si erano strette vicine tenendo la schiena rivolta contro il vento....come l’abitudine di quegli uccelli, nell’attesa che le uova si schiudessero.

“Il terreno è ghiacciato!” Protestò Milo ritrovandosi a fare una piroetta che Hanna non potè fare a meno di ammirare.

“Chiudi la bocca e tira!” Lo richiamò Tigris pronto a fissare il chiodo di legno nel terreno appena l’elfo avesse rotto il ghiaccio.

“Presto la bufera sarà su di noi così come Crasso!” Constatò Agron nervoso, osservando come tutti si affrettavano a creare un riparo per il freddo.

“Marcerà contro di noi con il suo potente esercito. E quando arriverà, la morte sarà il nostro unico destino!” Ammise Spartacus afflitto.

 

I contrasti aiutano a rafforzare i legami, una volta superati, no?

Crisso si è guadagnato un posto nella lista nera di Thranduil e tremo al pensiero di come si evolverà il loro rapporto!

Vi è piaciuta la scena con Aranel?

Il piano di Spartacus sembrava buono, peccato che non si fosse reso conto delle carte messe in tavola dal nemico. Una spia romana fra i ribelli.

E non una qualunque, ma il grande Giulio Cesare!

Crasso viene a conoscenza dell’esistenza di Aranel! Ed ha già dei piani in mente per la bambina!

L’imperatore aveva pianificato tutto fin dal principio. Come reagiranno i ribelli bloccati in mezzo a neve e ghiaccio?

Commenti e consigli sono i benvenuti!

A presto,

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Capitolo 15
*** Dividi e comanda ***


Sulle montagne, tra la neve ed il gelo, i ribelli avevano eretto un ampio accampamento di fortuna nella speranza che una tenda li potesse proteggere contro le gelide raffiche con cui la montagna li minacciava.

“È la prima volta che mi ritrovo ad apprezzare una buona zuppa calda!” Confessò Sara prima di soffiare sul cucchiaio per evitare di mandare giù un liquido rovente.

“Ti rendi conto di ciò che hai solo quando l’hai perso!” Disse Hanna mentre serviva gli altri.

“Dici così perché tu adoravi la zuppa di mia madre!” Ricordò Sara.

“Non era di tua madre, ma del supermercato!” La contraddisse l’amica.

“La smetti di fare la saputella?” La implorò Sara, troppo infreddolita per riuscire a risponderle in modo adeguato.

“Non sono una saputella, solo una persona che conosce molte cose ed a cui piace, per tua sfortuna, correggere gli altri quando sbagliano!” Rispose Hanna.

“Ma è la definizione di saputella!” Fece notare Sara esasperata.

“Se alla bufera aggiungiamo pure le polemiche, non ne usciamo davvero più!” Le riprese Cassia seduta tra calde coperte accanto ad Ariadne.

Fuori la situazione non era migliore. Il fuoco attorno a cui si erano riuniti era piccolo e debole a causa delle forti raffiche di vento.

“Non possiamo restare qui!” Protestò Crisso.

“E cosa dovremmo fare? Levarci in volo verso le calde coste baciate da Apollo!?” Chiese Agron che tremava come una foglia al vento.

Anche Thranduil risentiva del freddo. Non si era fermato da quando erano arrivati e lo stomaco vuoto unito alla mancanza di sonno, stavano iniziando a fargli avvertire un senso di spossatezza.

“Ditemi che non sto sognando! Oppure non svegliatemi!” Disse Agron felice di vedere Gannicus, tornato sano e salvo dalla città assediata.

“Dovrai dirmi come sei riuscito a prevalere dove altri hanno fallito!” Lo accolse Azrael, grato di constatare che fosse vivo e senza ferite gravi. Riconobbe subito la schiava seduta dietro di lui a cavallo. Sibilla, colei che era diventata la sua ombra dato che lo venerava come un dio da quando il celta aveva ucciso il suo padrone, salvandole la vita.

“Credevo di essere l’unico impossibile da uccidere!” Scherzò Spartacus anche lui contento.

“C’è una prigioniera?” Chiese Tigris vedendo Spartacus tirare giù dal secondo cavallo colei che riconobbe come la moglie dell’edile. Aveva una ferita al fianco, forse procurata durante la fuga, anzi per certo!

“Leta ora è come noi! Perseguitata dalla Repubblica!” Spiegò Gannicus mentre abbracciava Saxa “Gli dei sono stati mossi a pietà se hanno deciso di risparmiarci una fine orribile!” Azzardò.

“Temo che l’abbiano solo differita!” Lo contradisse Spartacus prima di guidarlo in un punto sufficientemente elevato per osservare la muraglia eretta da Crasso al fine di bloccarli al gelo.

“È impossibile!” Disse Gannicus scioccato.

“Aveva in mente di bloccarci quassù fin dall’inizio!” Ammise Spartacus preoccupato per il destino riservato alle tante vite innocenti che aveva promesso di proteggere anche a costo della sua stessa vita.

 

*

 

Il giorno seguente portò solo sventura e morte.

Numerosi corpi erano disseminati sul terreno freddo, di fronte alla muraglia ed ancora di più si trovavano all’interno del fossato costruito davanti ad essa per rendere sicura la disfatta dei ribelli.

“Gli dei ci hanno fatto vedere la via per la salvezza solo per sfotterci dall’alto!” Disse Gannicus abbattuto, come tutti.

“Ci avevi avvertito che era una pazzia.....avrei dovuto darti retta!” Ammise il trace rivolto all’elfo. Azrael era stato contrario ad attaccare il muro in pieno giorno senza aver prima studiato a fondo il territorio, ma alla fine aveva seguito il trace rimanendo illeso.

Il dubbio dell’elfo si era rivelato giusto quando un fossato si era aperto sotto i piedi di molti facendoli precipitare verso la morte. Una trappola nascosta alla vista, com’era costume di Crasso!

 “Voglio il numero esatto dei caduti!” Ordinò il trace a Gannicus.

“Spartacus!” Lo chiamò Nasir “L’esercito di Crasso sta oltrepassando il valico!” Lo informò.

“Donne e feriti rimanghino a distanza di sicurezza! Tutti gli altri mi seguano!” Disse Spartacus.

Azrael fece un cenno con la testa verso Felix, Proximo, Tigris ed Hagen i quali lo seguirono con le spade sguainate.

Raggiunsero un’altura vedendo una parte dell’esercito avanzare verso di loro.

Tutti i ribelli gridavano pieni d’entusiasmo in vista della battaglia.

“La neve perderà il suo candore, diventerà rossa macchiandosi di sangue romano!” Crisso era tra coloro che fremevano per andare contro una morte certa.

“O del nostro! Versato eroicamente!” Continuò il gallo.

“Inutilmente!” Lo corresse Thranduil. I mortali non avevano molto a cuore i brevi anni di vita che caratterizzavano la loro esistenza.....traevano piacere nel rischiare di morire e sembravano agognare la morte.

“Silenzio! Placate gli animi!” Li fece tacere Spartacus.

“Siamo a pochi passi dal nostro nemico! Dobbiamo muoverci subito così da coglierli impreparati!” Rispose Crisso impaziente come un bambino.

Azrael si pentì di aver lasciato Milo ed Attico con le ragazze perché ora era impossibilitato a rispondergli per le rime. C’erano troppe orecchie in ascolto.

Attaccare significava lasciare indifesi donne, vecchi e bambini!

“Non hanno intenzione di avanzare!” Meno male che Spartacus condivideva la sua idea di non dare battaglia.

“Ora sei in grado anche di prevedere il futuro?” Chiese Gannicus infastidito e sorpreso di vedere l’esercito romano arrestarsi subito dopo le parole del trace.

“No, sfrutto l’esperienza acquisita in passato! Quando facevo parte delle forze militari romani in tracia. Le cinture non sono disposte in formazione d’attacco!” Spiegò Spartacus. 

“Ma hanno la superiorità numerica! Perché dovrebbero temporeggiare?” Chiese Crisso riconoscendo che il compagno aveva ragione.

“Stanno aspettando il loro comandante!” Disse Spartacus.

Azrael comprese che non era quello il motivo principale. Crasso si era mostrato molto astuto ed estremamente imprevedibile. Era un uomo che giocava d’astuzia ed anche se Spartacus l’aveva fatto in passato, il trace tendeva a ripetere le sue tattiche, mentre il romano era sempre pronto ad idearne di diverse e nuove.

Mentre tornavano all’accampamento Thranduil si avvicinò al portatore di pioggia “È prioritario concentrarsi sulla muraglia! Sfuggire al gelo è la prima cosa da fare!” Gli fece notare.

“Tu pensi alla tua famiglia....” “E se sei il grande condottiero che penso, dovresti fare altrettanto. Agisci per il bene della tua gente e non seguendo desideri di vendetta o pensando solo alla guerra!” Lo interruppe l’elfo.

“Siamo in guerra!” Fece notare Spartacus.

“Abbiamo subito una sconfitta molto dura! Questa non è più una guerra per la vittoria, ma una lotta per la sopravvivenza!” Disse Azrael contrito.

 

*

 

Marco Licinio Crasso poteva essere descritto in tanti modi, ma sprovveduto non era un aggettivo che gli si addicesse.

Per questo Azrale fu sorpreso nel vedere, poche ore dopo, la tenda dell’imperatore, costruita sul margine del campo, fin troppo vicina alla loro posizione e pericolosamente esposta.

“Crasso ha fatto erigere una tribuna imperiale come se combattessimo ancora per il suo piacere nell’arena!” Protestò Agron offeso.

“Imparerà a sue spese quali prodigi è in grado di compiere un gladiatore!” Si fece sentire Crisso spavaldo.

“Magari fossimo tutti gladiatori!” Sospirò Gannicus sapendo che oltre ad avere la superiorità numerica, ora i romani disponevano di una tecnica di combattimento migliore di molti dei fuggitivi.

“Li abbiamo addestrati noi! Molti sono diventati macchine da guerra!” Rispose Crisso come se lo avesse appena insultato.

“Troppo pochi per fare la differenza contro le forze che ci sovrastano!” S’intromise Milo che condivideva la preoccupazione del compagno.

“Eppure Crisso sta dicendo la verità! Spesso siamo stati capaci di fare l’impossibile!” Ed ecco l’arroganza degli uomini “Però appellandoci alla tattica! Non alla forza bruta!” Spartacus credeva di poter raggirare Crasso, ritenendo che il suo intelletto fosse migliore di quello del nemico.

“Dicci qual’è il tuo pensiero!” Lo spronò Crisso.

“Crasso si è fatto sempre più spavaldo inebriato dal vantaggio! Ha fatto piazzare il pretorium troppo in avanti è una posizione sbagliata! Vuole godersi la vittoria in prima fila!” Lo criticò il trace “Dovrebbe ricevere una nostra visita, per comprendere il loro errore!” Suggerì malevolo.

“Una posizione così avanzata avrà sorveglianza doppia!” Osservò Agron dando voce a ciò che era ovvio.

“Con l’approssimarsi della bufera il vento aumenta. Con il buio della notte attutirà gli altri suoni. La sorpresa compenserà il nostro numero esiguo!” Decise Spartacus.

“Quanti saremo?” Chiese Crisso inebriato dalla vittoria non ancora ottenuta.

“Un manipolo dei più abili! Veloci e diretti! Se Crasso muore, le sue legioni si sfalderanno senza una guida!” Rispose Spartacus certo di avere il coltello dalla parte del manico.

“Un piano già collaudato con Cossinio e Furio!” Disse Gannicus ricordando le teste dei due senatori impalate sulle lance che aveva fatto fuggire terrorizzati i loro uomini.

“Preferisci mandare nell’aldilà un uomo dormiente, ignaro delle sofferenze che infliggeremo al suo esercito?” Chiese Crisso insoddisfatto.

“Se ci muoviamo in forze, verremo scoperti e la sorpresa risulterebbe inutile!” Rispose Spartacus ed il Gallo non potè fare altro che abbassare la testa capendo che era la cosa migliore da fare. Altri romani sarebbero venuti dopo Crasso!

“Gannicus ha ragione!” Una voce interruppe il litigio “Hai già usato questa tattica contro i romani. Crasso non è un uomo qualunque e non commetterebbe una leggerezza del genere! Vuole spingerci ad attaccare!” Disse Azrael cercando di aprire gli occhi ai compagni accecati dalla presunzione data dalle vittorie passate.

“Ogni uomo può sbagliare! E questo sarà l’unico errore che commetterà!” Lo ingorò Spartacus “Quando Crasso lascerà questo mondo, anche le sue legioni seguiranno il suo stesso destino!” Disse imperterrito.

“Io non verrò!” Decretò l’elfo “Sei tanto codardo?” Lo denigrò Crisso furioso.

“Attento a come parli!” Ringhiò Hagen facendo un passo avanti, minaccioso.

“Le mie parole si perdono nel vento della bufera! Preferisco combattere per proteggere coloro che amo, piuttosto che fare il gioco del nemico!” Disse voltandosi e camminando a grandi passi verso l’accampamento seguito dai suoi quattro uomini fedeli.

 

*

 

Le parole dell’angelo della morte risultarono veritiere ed Attico non fu così sorpreso nel vederli tornare con Naevia ferita in spalla. Attaccando la tenda dell’imperatore, all’apparenza troppo esposta, erano caduti in una trappola!

Il temperamento di Crisso era esploso come la bufera che di lì a poco li avrebbe travolti.

“È così che stanno le cose?” Domandò il trace irato “Dobbiamo dunque continuare ad avventarci l’uno contro l’altro come quando eravamo schiavi nella casa di Batiato?” Chiese Spartacus.

“Giorni ormai dimenticati quando tu possedevi un animo più ardimentoso!” Rispose a tono Crisso “Se avessimo attaccato Crasso come io avevo proposto...” “Vuoi sapere il risultato?” Lo provocò il portatore di pioggia “Avremmo compiuto una scelta in vista di un fallimento sicuro!” Urlò Spartacus cercando di far ragionare l’amico.

“Il terreno non si sarebbe impregnato del sangue di Naevia!” Gridò Crisso senza celare il dolore presente nelle sue parole.

“Ne il suo nel quello di migliaia di altri!” Tentò di nuovo Spartacus.

“Io preferisco combattere!” Urlò Crisso furioso.

“Non capisce che così facendo il sangue di Naevia bagnerà nuovamente il terreno?” Si chiese Azrael che stava assistendo al litigio divertendosi di fronte a coloro che sembravano due bambini capricciosi.

“Abbattere le barricate!” Continuò Crisso “Il tuo geniale piano contro Crasso è andato in fumo!” Disse come se nessuno l’avesse notato “Stavolta ti ha battuto una mente più contorta della tua!” Lo accusò Crisso con una vena di soddisfazione provata nello sminuire il grande condottiero.

“Dovremmo mettere una spada in ogni mano ancora in grado di sollevarla e piombare sui soldati romani!” Disse il gallo svelando i suoi proposito.

“Siamo bloccati in una gola! Tra pareti rocciose non c’è spazio per una manovra di accerchiamento!” Tentò di farlo tornare alla ragione Spartacus “Sono superiori numericamente! Meglio armati di noi e più disciplinati!” Continuò ad elencare “Ci sterminerebbero dal primo all’ultimo!” Ammise giù di morale.

“Vedrebbero con quanto eroismo sappiamo andare incontro alla morte!” Rispose Crisso ostinato.

“E stupidità!” Aggiunse Azrael mentalmente sorridendo.

“Come quando combattevamo nell’arena!” Ricordò Crisso cercando di fare appiglio al passato per smuovere il fratello.

“Continui ad insistere su quest’argomento! Pochi fra noi sono gladiatori! E gli altri non implorano di andare incontro ad una morte gloriosa!” Disse Spartacus avendo pienamente ragione.

“No, ma implorano di avere una guida!” Gli urlò contro Crisso.

“Non sarò io a scegliere di mandare la mia gente nell’oltretomba!” Decretò Spartacus voltando le spalle al Gallo stufo di quell’inutile sbattere contro sl muro rappresentato dalla testa dura di Crisso.

“E non sarò io a morire con un gladio romano conficcato nella schiena!” Annunciò Crisso non volendo concedergli di avere l’ultima parola “Radunerò tutti quelli che la pensano come me e ci butteremo all’attacco di Crasso!” Decise Crisso provocandolo.

“Tu obbedirai ai miei ordini!” Ringhiò Spartacus avvicinandosi a grandi passi al Gallo fino ad arrivargli ad un palmo di naso.

Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Crisso lo colpì con la brocca che stava riempendo mandandolo in terra in ginocchio. Azrael si mise allerta. Non avrebbe esitato ad aiutare il trace se fosse stato necessario.

“Adesso la smetterai di crederti un dio!” Lo denigrò Crisso arrabbiato.

“Da che pulpito!” Pensò l’elfo accennando un piccolo sorriso. Colui che si crede invincibile contro colui che pretende di essere obbedito!

“Sono stufo di obbedire ai tuoi ordini come se mi trovassi al cospetto di una divinità!” Continuò Crisso.

Questa volta fu Spartacus ad attaccare, iniziando a tempestarlo di pugni.

Il Gallo, passata la sorpresa iniziale, rispose mandando a segno un colpo tanto forte da far voltare il trace, costringendolo ad indietreggiare per guadagnare posizione.

Spartacus avanzo velocemente e menò un fendente, bloccato da Crisso che gli tirò un pugno in pieno stomaco. L’armatura proteggeva il portatore di pioggia, ma essendo costituita solo da un metallo poco pregiato sottile, non assorbì completamente il colpo.

Gli schiavi presenti si guardavano spaesati, consci di non essere nella posizione di intervenire. L’unico in grado di farlo non sembrava intenzionato, mentre si godeva la scena con le braccia incrociate al petto.

Crisso mandò a segno un’altro potente colpo di ginocchio sul mento del trace che stordito, non riuscì ad opporsi alla presa dell’altro ne alla conseguente spinta che lo fece rotolare per terra.

Spartacus si rialzò subito, uno sguardo deciso in volto, e decise di rispondere.

Si abbassò schivando un pugno e dandone uno a lui, il gallo sobbalzò a causa del dolore ed il trace, cogliendo quell’apertura, lo colpì in pieno viso.

Crisso tentò di ignorare la confusione dovuta alla botta e gli afferrò un braccio spostandosi alle spalle del trace così da potergli fare male, ma una gomitata in viso inaspettata lo fece crollare in terra stordito.

Si rialzò a fatica e caricò di nuovo come un caprone infuriato. Essendo i suoi colpi, guidati dalla rabbia, ne mandò a segno meno di quelli voluti lasciandosi talmente scoperto che Spartacus riuscì ad atterrarlo dopo pochissimo, approfittandone per far ricadere sul gallo una pioggia incessante di pugni.

Azrael sospirò. Il risultato era prevedibile. Il Gallo era un buon combattente, ma si lasciava dominare dalle emozioni troppo facilmente quando combatteva contro i fratelli. Fortuna che con i romani era in grado di mantenere la mente lucida, altrimenti sarebbe perito sul campo di battaglia tempo fa!

“Crisso!” Agron chiamò l’amico avvicinandosi ai due correndo bloccandolo appena Gannicus gli tolse Spartacus di dosso.

“Avete perso il senno? Che è successo?” Chiese il germano arrabbiato.

Il portatore di pioggia non rispose, tanto era impegnato nel tentativo di liberarsi dalla presa di Gannicus che stava faticando non poco.

“Fattelo dire da colui che sa tutto! Il tuo comandante!” Lo derise il Gallo.

“Crisso!” Ringhiò Spartacus agitandosi tra le forti braccia del celta.

“Rimanda le dispute a momenti migliori!” Tentò di calmarlo Agron “La tenda dei feriti è stata strappata dal vento!” Riferì riuscendo a distrarre Spartacus che smise subito di lottare, sgranando gli occhi pieni di preoccupazione.

“La bufera si avvicina. Rifugiamo sotto le tende chi non ha ricovero!” Stabilì Gannicus rilasciandolo, senza venire contraddetto.

 

*

 

All’interno di una calda tenda, i malanimi esterni non sembravano turbare l’allegria presente. “No, ti sbagli, Imladris è poco più a Nord, mica appiccicato a Rohan!” Protestò Hanna ritrovandosi a cancellare per l’ennesima volta quel foglio ormai diventato grigio.

“Chiamalo Gran Burrone, è molto più facile!” Disse Sara che con i nomi non era una cima “L’importante è capirsi!” Chiuse il discorso Hanna.

“Cosa stanno facendo?” Chiese Hagen appena rientrato, ricoperto di neve.

“Disegnano una mappa per potersi orientare nelle terre in cui intendiamo andare!” Rispose Tigris offeso dal non poter sbirciare a causa delle ragazze che l’avevano allontanato in malo modo, rifugiandosi in un angolo della tenda.

“Volete venire con noi?” Chiese Sara attirata da quella risposta.

“Noi seguiremo Azrael, ovunque egli intende dirigersi!” Disse Proximo con decisione e gli altri annuirono in risposta.

Hanna e Sara ammutolirono imbarazzate, non sapendo cosa rispondere.

La situazione venne salvata da Cassia e Ariadne che entrarono con una faccia fin troppo conosciuta.

“E lei cosa ci fa qui?” Chiese Milo ostile. Ed anche non benvoluta.

“Spartacus cercava una tenda dove metterla! Le abbiamo offerto il nostro aiuto!” Rispose Cassia fissando il compagno con uno sguardo di sfida.

Sara nascose la mappa in gran fretta mentre Hanna coprì con una coperta la figlia che dormiva pacificamente tra le pellicce sistemate in terra.

“Come se non fossimo abbastanza!” Si lamentò Atticus sedendosi accanto alle ragazze.

Azrael entrò dopo quell’esclamazione sembrando che volesse smentirlo.

Si tolse la pelliccia fradicia, mettendola ad asciugare accanto ad un piccolo fuoco posto al centro della tenda. Si accorse subito della romana ed in automatico girò la testa in direzione di Hanna. Solitamente era lei l’anima caritatevole del gruppo!

Sempre pronta ad aiutare gli schiavi in difficoltà e bisognosi....

Lei rispose con un alzata di spalle prima di infilarsi sotto le coperte accanto alla figlia, imitato subito dopo dall’elfo.

“Vi ringrazio!” Sussurrò Leta rincuorata di non essere stata cacciata, sistemandosi anche lei in vista di quella notte che la bufera sembrava non far passare mai.

“Fate attenzione!” Li fece fermare Leta guardando in direzione di Aranel “Ho sentito Crasso....per caso....” negli occhi della donna si dipinse un terrore limpido come nell’acqua cristallina che fece tremare tutti “....ha delle mire sulla bambina!” Svelò.

Hanna sospirò sorpresa, accarezzando la testa della figlia come a volersi rassicurare di averla ancora con sé.

“Liciscus!” Sibilò Milo.

L’elfo tremò di rabbia “Se prova a toccarla lo ammazzo, mi uccido e lo perseguito anche nell’aldilà!” Ringhiò Attico facendo ridere i compagni.

“Sa che è molto piccola. Se cresciuta come schiava è convinto che non proverà a ribellarsi!” Continuò Leta.

“Ha ragione!” Disse Tigris “Io ero uno degli schiavi più fedeli del mio padrone!” Confidò “C’è stato un tempo in cui avrei dato la vita per lui senza esitare un’istante!” Disse disgustato dal se stesso di qualche mese prima.

“I tuoi simili ci hanno ingannato con false promesse e menzogne!” La accusò Hagen contrito, ripensando al suo passato.

“Quella non è più la mia gente!” Ammise Leta “Sono stata marchiata come una schiava....come voi una volta!” Confessò mostrando il marchio ancora fresco impresso sull’avambraccio destro.

“Chi ti ha comprato?” Chiese Sara curiosa “Eraclio!” Rispose lei turbata al ricordo di quel porco. 

“Cilici canaglie schifose!” Ringiò Milo al pensiero che era solo colpa di quei topi di città se si erano ritrovati in mezzo al gelo. Certo, Gannicus li aveva uccisi liberando la romana, ma il solo pensarci lo mandava in bestia!

Senza che nessuno glielo chiedesse, Tigris decise di fare il primo turno di guardia facendo un cenno a Proximo che sembrava essere dello stesso avviso e che decise di dormire un poco nella speranza di ripartire il giorno seguente, lasciandosi alle spalle quella pianura desolata piena di ghiaccio e morte.

All’alba Azrael si affacciò dalla tenda vedendo che nessuno si era ancora destato. Un sole rosso dipinse il cielo mattutino presagendo la morte che doveva aver colpito con il favore delle tenebre.

Rientrò per vestirsi adeguatamente e diede un calcio a Felix che si era addormentato durante il suo turno di guardia, destandolo nel peggiore dei modi.

“Scusa, scusa, scusa!” Sussurrò il ragazzo di colpo lucidissimo e senza il minimo senso di sonno addosso.

Hanna e Sara risero, destate dal rumore, comprendendo subito a cos’era dovuto.

Ma Azrael, prima di uscire, venne fermato dalla compagna “Protesta quanto vuoi ma questo protegge dal freddo, fidati!” Gli disse mettendogli in testa un cappello di lana munito di paraorecchie.

“Oh, ma guarda....l’elfo non c’è più!” Scherzò Sara.

“Bastasse questo a nascondere la sua natura!” Si fece sentire Leta. Chi l’avrebbe detto che avrebbe avuto l’ardire di esprimere la sua opinione.

“Cosa intendi dire?” Chiese Sara incuriosita. Lei aveva a che fare con un elfo da tempo ormai, la incuriosiva non poco l’opinione di chi ci interagiva per la prima volta.

“Guardate come si muove, come combatte! Si capisce che è diverso anche senza vedere i capelli o le orecchie! Come mai sono a punta?” Chiese Leta lasciandosi sopraffare dalla curiosità.

Azrael rispose con uno sbuffo “Ada!” Lo chiamò Aranel allungando le braccia verso di lui che la prese in braccio bloccandosi di colpo.

“Quelque chose de grave est arrivé!”(È accaduto qualcosa di grave!) disse Azrael prima di posare la figlia in terra ed uscire velocemente dalla tenda, seguito dagli altri uomini meno Tigris che decise di restare con le ragazze.

 

*

 

Era giunta la pace dopo la tempesta. Ora non c’erano più le nuvole a coprire il cielo blu e batteva un sole che non era abbastanza forte da sconfiggere il gelo.

Era la calma presente fra i cadaveri ad essere agghiacciante!

Molti, anzi troppi, erano periti a causa del freddo. I più deboli o coloro che si erano rifiutati di mettersi al riparo, erano spirati.

Spartacus si inginocchiò accanto a quella che sembrava una statua per quanto fosse immobile, fredda e bianca come il marmo.

“Quanti morti?” Chiese devastato.

“Un migliaio senza contare i dispersi!” Gli rispose Agron altrettanto giù di morale.

“Un migliaio!” Sussurrò il trace distrutto chiudendo gli occhi nel tentativo di contenere il dolore che una tale notizia gli procurava.

Si sentì sollevato quando scorse Gannicus camminare al fianco dell’elfo, avvicinarglisi. Il celta era stato dato per disperso, ma per la seconda volta era riuscito a sopravvivere!

Azrael comprese che qualcosa era accaduto con Sibilla, la schiava che stava nuovamente al fianco dell’amico che la stringeva a se come aveva fatto con Saxa. Dall’altra parte la germana apparve ferita, ma contenuta nel dolore di fronte ad una tale rivelazione, forse ancora troppo contenta di saperlo vivo. 

Gannicus le lanciò uno sguardo di scuse, ma lei si allontanò senza rivolgergli una parola.

“Nella loro crudeltà può darsi che gli dei abbiano voluto illuminare i sopravvissuti!” Disse Spartacus avviandosi verso la muraglia.

Quelle parole criptiche costrinsero l’elfo a seguirlo.

Non fu entusiasta nel rendersi conto che il trace si stava dirigendo da Crisso.

“Mi hai convinto! Muoveremo contro Crasso!” Si presentò Spartacus.

“Certo! Ora, non quando avevamo mille uomini in più!” Protestò il Gallo altrettanto abbattuto per quelle numerose perdite “Adesso persi per sempre!”.

“Come faremo con l’esercito posto al di là del muro?” Domandò Crisso preoccupato.

“Crasso è in grado di agire nell’ombra! Celando le sue mosse con l’inganno ha infiltrato Cesare fra di noi, ha comprato il favore di Eraclio, ci ha attirato in una trappola dentro la sua tenda! Con lui niente è mai come sembra!” Disse il trace attirando l’attenzione dei due guerrieri.

“La trincea costruita era già sufficiente a bloccare la nostra fuga!” Constatò Azrael avvicinandosi e sussurrando quelle parole.

“Perché ha costruito una fortificazione?” Chiese il Gallo comprendendo finalmente ciò a cui pensavano i compagni.

“Per nascondere quello che non c’è. Pochi uomini nei punti chiave danno l’illusione di essere migliaia! Usare trucchi è tipico del suo modo di agire!” Disse Spartacus con euforia. 

“E se ti sbagliassi?” Chiese Hanna che dalla tenda aveva sentito tutto.

“In quel caso affronteremmo una morte gloriosa!” Rispose Spartacus deciso.

Azrael e la compagna si scambiarono uno sguardo per poi voltarsi verso il trace ed annuire, segno che erano con lui.

 

*

 

Una freccia sibilò nel buio della notte colpendo un romano alla gola e facendolo precipitare nel fossato. Gli altri romani presenti si misero allerta, ma l oscurità non permise loro di capire da dove venisse il pericolo.

Appena le vedette furono tutte morte, i ribelli si arrampicarono sul muro grazie a delle corde. Altre guardie giunsero allertate dal rumore dei corpi che cadevano in suolo privi di vita.

Hanna usava solo l’arco, mentre Sara s’impegnò in qualche corpo a corpo.

Il primo scontro non durò molto e poterono osservare bene il campo nemico.

“La tua intuizione era giusta, non sono che poche centinaia!” Disse Crisso rincuorato, indicando le tende costruite dall’altra parte.

“Scaldiamo la notte col loro sangue!” Spartacus diede il via alle danze con quella frase. Sara rotolò giù dal muro prendendo una grande botta ma rassicurando tutti con un “Non mi sono fatta niente!” Detto con voce sofferente.

Hanna decise di discendere per le scale di legno appoggiate al muro, senza provare nemmeno ad imitare gli altri che saltarono o scivolarono giù per la parete leggermente in pendenza. Non era molto alto, ma era meglio non rischiare!

I romani corsero loro incontro, ma non fu difficile sterminarli. Non erano molti, ed i ribelli che avevano varcato il muro erano quasi tutti gladiatori ben addestrati contro cui dei soldati non avrebbero avuto alcuna speranza di vittoria.

“Attico, Lugo, prendete degli uomini ed aprite una braccia nel muro!” Ordinò Spartacus nel bel mezzo dello scontro.

Il portatore di pioggia mostrò il suo ingegno quando ordinò che i cadaveri di coloro periti a causa del freddo venissero gettati nel fossato. All’inizio nessuno comprese le sue intenzioni, ma quando i corpi, ammassati gli uni sugli altri, arrivarono alla loro altezza, fu tutto chiaro: un ponte creato con ciò che avevano!

Furono veloci ed alle prime luci dell’alba i ribelli avevano già oltrepassato la muraglia diretti verso la salvezza. Se i cavalli li avevano rallentati mentre la superavano, permisero di velocizzare l’avanzata una volta dall’altra parte.

Ma il trace ed i suoi generali rimasero in agguato sulle mura, con l’intenzione di mandare un potente messaggio all’uomo più ricco di Roma.

Appena Crasso giunse presso il muro, frecce e lance uccisero molti soldati, mancandolo per un pelo.

“Ecco il potente Crasso che volta le spalle al nemico e fugge come un coniglio!” Lo derise Crisso mentre l’imperatore si ritrovava costretto ad indietreggiare per recuperare una posizione meno svantaggiosa.

“Ritornerà presto! Portando arieti e balestre!” Disse Agron mentre guardava soddisfatto i romani che correvano come lepri.

“E scoprirà che il suo monumentale inganno è stato dato alle fiamme! Dandoci l’opportunità di aumentare la distanza fra noi!” Rispose il portatore di pioggia non togliendo lo sguardo dalla schiena del nemico, troppo lontana per essere trafitta da una lancia.

“Allontaniamoci il più possibile! Onoreremo i nostri caduti, con vittorie future!” Disse Spartacus rincuorato di essere sfuggito alle fredde montagne che avevano reclamato così tante vite in così poco tempo.

 

*

 

La ritirata, anche se era più preciso chiamarla “fuga precipitosa” procedeva veloce grazie ai cavalli, ma comunque lentamente a causa del loro gran numero e la presenza di numerose donne, vecchi e bambini che rallentavano la marcia.

Hanna, Sara, Leta, Ariadne e Cassia avevano un cavallo ciascuno, ma non tutti li possedevano ed il passo era rallentato dalle pause fin troppo brevi a causa della premura di mantenere una certa distanza dall’esercito romano.

Ma la fretta non sembrava aver risparmiato loro i guai.

L’elfo camminava nervoso, troppo agitato per stare in sella andando a quel ritmo esageratamente lento! Aegnor era come il padrone, impaziente ed agitato, praticamente trottava sul posto, nel tentativo di scaricare un po’ di tensione.

“Crasso ha attaccato due volte in un giorno!” Disse Gannicus sorpreso.

“Ma con un pugno di uomini!” Sottolineò Agron facendo intendere che anche lui non capiva le intenzioni dietro le mosse del nemico.

“Quattro giorni ci separano da Crasso! A muoversi velocemente sono solo delle piccole legioni!” Osservò Attico “Però i soldati, una volta che ci sono addosso sono stremati!” Disse Milo anche lui confuso.

“Vuole accorciare la distanza fra noi! Sa bene che con noi ci sono donne e bambini che ci rallentano e che li difenderemmo in caso di attacco!” Rispose Spartacus allarmato.

“Spartacus, hanno attaccato la retroguardia!” Lo chiamò Proximo ed il trace si avviò di corsa verso i compagni posti in difesa dell’ultimo gruppo.

“No, resta qui! Se dovessero comparire dei romani sei l’unico a cui chiunque obbedirebbe!” Disse ad Azrael allontanandosi di corsa prima che l’elfo potesse rispondere.

Con l’arrivo del buio i ribelli si fermarono in un tratto del bosco e molte tende vennero costruite in mezzo alla vegetazione. Spartacus, Agron e Crisso camminavano in mezzo al campo controllando che fosse tutto a posto.

“Dobbiamo essere pronti a partire senza preavviso! Abbassare la guardia sarebbe un errore!” Disse Spartacus notando con amarezza, il sollievo presente sul viso di molti, in vista di qualche ora di risposo.

“Non mi piace fuggire come una lepre che che teme l’arrivo del cacciatore!” Protestò Crisso che ardeva dal desiderio di combattere, dando importanza solo ai suoi desideri, nella sua impazienza.

“Neppure a me, tuttavia è necessario mantenere il vantaggio su Crasso!” Lo calmò Spartacus sapendo che il compagno comprendeva le sue ragioni.

“Parole sagge! Anche se preferirei mozzare qualche testa!” Agron appoggiò l’idea del Gallo per la prima volta dopo aver lasciato le montagne.

“La mozzeranno a noi se abbandoniamo la cautela!” Rispose Spartacus agitato che l’impazienza potesse far commettere loro degli errori pericolosi.

“Un tempo non avresti mai parlato così!” Lo riprese Crisso.

“Oggi il mio pensiero è rivolto anche ai più deboli tra di noi!” Gli tenne testa il trace.

“I quali si riempono la pancia come coloro che impugnano la spada!” Continuò a farsi sentire Crisso.

“In questo non ha torto! Le scorte scarseggiano, presto l’inedia rallenterà il nostro passo!” Agron ed il Gallo sembravano improvvisamente migliori amici, con il primo che aveva iniziato a dargli ragione ogni volta che l’altro apriva bocca.

“Gannicus, tu e Lugo andate in avanscoperta, alla ricerca di grano e selvaggina!” Ordinò Spartacus sapendo che non ne avrebbero trovata a sufficienza per tutti.

“Non potremo fuggire per sempre, un giorno molto presto, dovremmo rialzare la testa e combattere!” Disse Crisso di malumore.

“Un giorno....” sussurrò Spartacus prima di allontanarsi.

“Sai che è la scelta giusta!” Gli disse Agron che in cuor suo, non avrebbe mai negato il cibo ai più deboli, anche se non in grado di combattere.

“Io so che non esistono certezze, in tempo di guerra!” Rispose Crisso prima di dirigersi verso la tenda.

“Riusciremo a sfuggire alle fauci di Crasso?” Chiese Sara a Thranduil mentre montavano la tenda.

“Farò si che non ti ghermiscano!” Le rispose Proximo.

“Ma farti gli affaracci tuoi no, eh?” Domandò lei infastidita allontanandosi da lui ed andando a mettersi al fianco dell’elfo.

Stare vicino ad Azrael era una garanzia. Nessuno avrebbe osato contraddirle, attaccarle o solo rivolgere loro la parola.....a parte i pochi uomini fedeli!

“Aiuto, mi serve aiuto!” La voce concitata li fece voltare in direzione di una schiava che correva in mezzo al campo.

Hanna non perse tempo e dopo aver dato la bambina ad Attico, corse verso quella persona in cerca di aiuto.

“Che succede?” Chiese agitandosi di fronte al turbamento evidente negli occhi dell’altra. “Una donna sta partorendo!” Rispose la sconosciuta afferrandola e trascinandola verso una tenda. Sara le corse dietro assieme a Leta e Spartacus che avevano ascoltato la breve conversazione.

Una nascita, com’era stata quella Aranel, per i ribelli era un segno di speranza, di buon auspicio. Una nuova vita dava un senso a quel futuro che a causa dei romani, appariva molto incerto.

“È una fortuna venire al mondo assistiti da mani tanto esperte! L’avevi già fatto altre volte?” Chiese Spartacus elogiando la schiava che li aveva chiamati e sembrava essere la più esperta e capace ad aiutare la neo-mamma.

“Molte volte, con le schiave del mio padrone!” Rispose lei sorridendo davanti al neonato.

“Come si chiamava?” Domandò Leta “Può darsi che io l’abbia conosciuto!” Disse tranquilla al ricordo di quella che sembrava una vita passata molto lontana, ma che in realtà non lo era.

“Pompo!” Rispose la sconosciuta velocemente “Un mercante!” Aggiunse.

“E tu come ti chiami?” Chiese Sara “Core!” Rispose lei “Piacere io sono Hanna, mentre lei è Sara.....” “Le amanti dell’angelo della morte!” Realizzò Core immobilizzandosi a causa dello stupore.

“Non mi abituerò mai a tanta fama!” Si lamentò Sara però divertita.

Spartacus si mosse di scatto ed afferrò con forza Core per un braccio facendo sussultare Hanna e Sara.

“Lei dice Pompo! Ma il suo braccio reca il marchio di un’altro padrone!” Svelò trascinandola fuori dalla tenda.

“Eri una schiava di Marco Licinio Crasso?” Chiese spingendola contro un’albero.

“Si!” Rispose la schiava terrorizzata conscia che mentire non sarebbe servito a niente.

“Un’altra spia! Insinuata tra di noi....” comprese Agron sia stufo che arrabbiato.

“Che abbandona le sue trame per aiutare una donna a partorire?!” Chiese Leta esterrefatta raggiungendoli.

“L’ha mandata l’uomo che vuole sterminarci!” L’aggredì Agron che ancora non si fidava completamente.

“No, non mi manda lui! Sono fuggita dal campo sulla Melia!” Tentò di difendersi la schiava.

“Eri motivata tal punto, da preferire una tormenta? Rispondi! Parla ora o taccerai per sempre!” L’avvertì Spartacus risentito.

“La donna è una fuggitiva come noi, che importanza ha chi fosse il suo padrone?” Chiese Hanna avvicinandosi al trace. In quella ragazza rivedeva se stessa. Quella giovane ragazza messa in catene, terrorizzata di fronte ad un nebuloso futuro.

“Ha bisogno di protezione, non di velate minacce!” Le diede man forte Leta sorprendendole.

“Le mie intenzioni sono chiare, contrariamente a chi porta il marchio del mio nemico!” Disse Spartacus che non poteva permettersi di abbassare la guardia, anche se solo davanti ad una giovane donna, all’apparenza vittima innocente.

“Crasso in verità non mi ha mai fatto nulla di male!” Confesso lei facendo aumentare la rabbia del trace “È stato il suo erede ad infliggermi la più dolorosa delle ferite! .....E so che lo avrebbe fatto di nuovo!” Rispose la schiava il cui terrore era chiaramente visibile negli occhi sgranati.

“Anche la mia sposa fu vessata......da coloro che si definivano i suoi padroni.....” ricordò Spartacus lasciandola andare.

“Ne sei responsabile Leta! Occupati di lei! E se dovessi scoprire che non ha detto la verità......allora dovrai pagare il suo tradimento con la vita!” La minacciò sapendo bene che anche la più piccola leggerezza li avrebbe portati alla rovina.

“Ci penso io!” Rispose Leta, contenta nel vedere che anche Hanna e Sara erano disponibili ad offrire asilo alla schiava.

“Io non sono convinto!” Disse Agron osservando il gruppetto allontanarsi.

“Leta dice il vero...non posso rifiutare chi cerca la libertà....” realizzò Spartacus afflitto di fronte a quei dolorosi ricordi.

“Si, la libertà di morire di fame come tutti noi!” Disse Agron dando voce all’atroce realtà.

 

*

 

Hanna si sedette tra le calde pellicce, accanto alla figlia che riposava distrutta dal viaggio, in braccio al padre.

“Se mi avessero chiesto: dove ti vedi tra dieci anni? Non mi sarei mai immaginata di rispondere...diretta verso le montagne per evitare di essere trucidata da un fossile romano!” Scherzò lei.

“Ho sempre pensato che sarei caduto a causa del male proveniente da Dol Guldur, o per mano di Sauron. Devo ammettere che sarebbe molto più interessante dell’essere crocifisso da alcuni insulsi mortali!” Riflettè Thranduil.

Aveva sempre avuto la consapevolezza che la morte avrebbe potuto strapparlo dal fianco di Legolas in qualsiasi momento, ma il passare dei secoli unito allo stare rinchiuso nel suo regno avevano offuscato quella raggelante alternativa.

“Stai messo peggio di quanto pensassi!” Ammise Hanna ridendo.

“Sai.....certo volevamo la libertà, ma tutto questo è iniziato per vendetta!” Iniziò a dire lei “Spartacus, voleva vendicare la sua donna, noi....ci siamo vendicati di Barahir!” Continuò per essere interrotta “Quella era giustizia! Chi uccide la mia gente lo merita!” Disse Thranduil adombrandosi.

“Si, ma....da un’altro punto di vista apparirebbe come una vendetta....” pensò ad alta voce Hanna “Comunque....” Tentò di riprendere il discorso appena vide che l’elfo era sul punto di controbattere “.....volevo dire......abbiamo iniziato guidati dal rancore ma non pensavo che tutto sarebbe cambiato in così poco tempo!” Disse.

“La ribellione si è evoluta! Da schiavi ribelli siamo diventati i protettori, i portatori di speranza! Ci battiamo non solo guidati dalla rabbia, ma per persone innocenti che in noi vedono una possibilità di essere liberi!” Ragionò Hanna commuovendosi da sola.

“Perché i romani ci temono tanto? Non per il numero, non per i saccheggi.........

Noi che eravamo solo una proprietà abbiamo rotto le credenze attuali per le quali le nostre vite non valgono niente! Abbiamo trovato qualcosa più prezioso della vendetta: la libertà!” Dopo essere stata ad un passo della morte, imprigionata in mezzo al gelo, Hanna aveva compreso che quella non era una semplice “guerra civile”, o “ribellione”, come cavolo volevano chiamarla!

“La libertà ti spinge a lottare contro ogni ostacolo, ogni pregiudizio, ogni nemico, pur di tornare a casa! Non consiste nell'avere un buon padrone che ti permette di scegliere, ma nel non averne affatto!

È la condizione per cui una persona può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni!” Era come se l’illuminazione fosse arrivata in quel momento.

“È quello che facciamo anche noi!” S’intromise Thranduil “L’oscuro signore vuole conquistare Arda e dominare la mente e la volontà di tutti i suoi popoli!” Spiegò.

“Quindi la vita di ogni essere vivente si riassume in una lotta per la libertà e per ciò che è giusto!?” Si chiese Hanna ancora più confusa. C’erano molte più rassomiglianze di quante credesse!

“Il tuo secondo punto varia per ogni individuo! Io ho sempre combattuto per proteggere il mio popolo, le persone a cui tengo, la mia famiglia!” Disse Thranduil accarezzando dolcemente la testa della figlia. 

Hanna appoggiò la schiena contro il suo petto “Sai...mi sono appena resa conto che non ti ho mai ringraziato!” Confessò imbarazzata.

“Per cosa?” Chiese Azrael sorpreso.

“Per questa vita fantastica! Certo, soldati armati da combattere ogni giorno che cercano di uccidermi non sono il massimo, ma posso dire di poter sopportare qualche imperfezione!” Disse sorridendo, godendo a pieno del caldo abbraccio dell’altro.

“Nessuno può scegliere quale vita condurre. Non devi ringraziarmi!” Rispose lui.

“Sbagliato!” Insistette lei “È vero che non avevo programmato d’incontrarti....ma....

mi hai sempre protetto! Grazie a te ho avuto dei privilegi che mai mi sarei potuta sognare!” Disse come se lui non lo sapesse.

“Ti saresti fatta strada anche da sola!” Dicendo questo sembrava che Thranduil non volesse fare complimenti, ma dire una semplice verità.

“Forse si. Ma non avrei avuto un tesoro come questo!” Fece notare Hanna prima di dare un tenero bacio a sua figlia.

“Possiamo concludere che è merito di entrambi!” Decise l’elfo prima che si baciassero.

“Azrale! Gannicus e Lugo sono tornati. Spartacus vuole parlarci!” La voce di Agron proveniente da fuori la tenda, rovinò quel momento, ma Azrael non se la prese più di tanto e si avviò.

“Hanno avvistato un’ampia valle, ci saranno venti fattorie e anche di più!” Illustrò Spartacus che aveva già in mente un piano di attacco per rifornirsi di scorte.

“Molte mandrie di capre e greggi al pascolo!” Specificò Gannicus.

“Che aspettiamo? Attacchiamole!” Disse Crisso impaziente.

Spartacus sospirò, cambiando completamente discorso “Alle prime luci dell’alba......marceremo verso Nord! Andremo in direzione delle alpi!”.

“Hai intenzione di accamparti sulle montagne?” Chiese Crisso non capendo le intenzioni del compagno.

“No, voglio valicarle!” Rispose il trace “Una volta di là, ognuno andrà per la sua strada!” Svelò guardando il Gallo come se stesse aspettando il suo dissenso.

“Ha perso completamente la ragione!?” Che non tardò ad arrivare.

“Secondo noi Crasso si aspetta una formazione compatta!” Disse Gannicus.

“Migliaia di schiavi che si disperdono oltre i confini della Repubblica, neanche Crasso ha le risorse per rintracciarli, se disseminati in terra straniera!” Spartacus concluse la spiegazione.

“Tutto ciò che abbiamo fatto....e che abbiamo perduto.....tutto vanificato se adesso ci diamo alla fuga!” Crisso non avrebbe ceduto stavolta.

“Se restiamo Crasso attaccherà di nuovo....” Tentòdi farlo ragionare Spartacus “Ci difenderemo! Lo abbiamo già battuto!” Per venire interrotto da Agron.

“Potremmo batterlo di nuovo ma quale sarà il costo? Quanti di noi ancora dovranno cadere? Quante donne che non sanno usare le armi? Quante creature innocenti? Io voglio che sia i liberi! Lontani dall’ombra crudele della Repubblica!” Dichiarò Spartacus sorpreso che il germano fosse dalla parte del Gallo.

“Tu c’entri qualcosa?” Chiese Crisso guardando malissimo Azrael “Se hai pensieri reconditi esprimili!” Disse Gannicus facendo un passo in avanti minaccioso.

“Abbiamo mordicchiato le zampe della bestia....ma azzannarla al collo!” Cercò di distrarli Spartacus sapendo per certo, che attaccare Roma era solo il sogno di uno schiavo accecato dalla vendetta!

“E allora trafiggiamola al cuore, dissolviamo per sempre la sua ombra. L’esercito di Crasso preme da sud. Se pieghiamo ad occidente, giungeremo alle porte di Roma molto prima che le sue legioni siano in grado di difenderla!” S’impose Crisso.

“Voglio vedere Roma tremare! Come quando l’uomo che eri un tempo, decretò la fine della casa di Batiato!” Il Gallo sembrava aver deciso!

“Lasciateci!” Ordinò Spartacus e gli altri tre obbedirono senza fiatare, uscendo dalla tenda. Gannicus ed Azrael, prima di uscire, non riuscirono a trattenersi dal lanciare uno sguardo risentito verso il Gallo.

“Sai perfettamente che siamo in grado di farlo! Quanti romani abbiamo strappato a questo mondo? La Repubblica trema al nome di Spartacus e dell’esercito dei suoi schiavi ribelli!” Disse Crisso una volta da solo con il fratello nella speranza di poterlo fare ragionare.

“Rischiamo troppo!” Spartacus comprese che stavolta sarebbe stato impossibile fargli cambiare idea!

“Il portatore della pioggia......colui che ha sconfitto l’ombra della morte ha paura...”

“Non per me stesso! No! La mia angoscia è aumentata assieme al nostro numero!” Il trace interruppe il Gallo riuscendo a zittirlo.

“Io sono stanco di fuggire!” Per poco.

“E dunque, fermati! C’è Naevia al tuo fianco!” Anche Spartacus era ostinato.

“La mia donna non vuole abbandonare la causa ed io con lei! Combatteremo finché Roma non sarà ai nostri piedi!” Decise Crisso puntando un dito sul tavolo come a voler specificare il punto della questione.

“Vuoi condurre tutti verso una morte certa!?” Chiese Spartacus abbattuto.

“No, verso la libertà! La vera libertà! Credi davvero che Crasso si fermerà davanti alle montagne? Che la Repubblica lascerà che sfuggiamo ai loro artigli? Abbiamo svelato le loro debolezze, abbiamo dato prova che una mano tremante può divenire un pugno! Abbiamo osato sfidare l’idea, che uno schiavo debba stare al suo posto ed accettare il bastone e la catena perché così è sempre stato! Abbiamo edificato la Repubblica con le nostre mani, il nostro sangue e le nostre vite! E allo stesso modo, possiamo farla crollare! Fosti proprio tu ad aprire i miei occhi, Spartacus! E non accetto che ora tu mi chieda di chiuderli!” Disse Crisso non arrabbiato, ma deluso.

“Un tempo era tutto più facile, quando era l’odio a legarci!” Spartacus si rese conto che non poteva negare la libertà di scelta ai suoi fratelli, anche con il rischio di perderli per sempre!

“Quei giorni sono lontani ormai. Con o senza di te, io marcerò alla volta di Roma! Con tutti coloro che nutrono ugual desiderio di vendetta!” Disse Crisso anche lui affranto di vedere le loro strade dividersi.

“Ci siamo battuti, per poter forgiare il nostro destino! Non ti posso impedire di scegliere la tua strada!” Decretò Spartacus sorridendogli.

“Alle prime luci dell’alba, le nostre strade si separeranno!” Annunciò Crisso porgendo la mano al fratello segno che niente avrebbe mai potuto realmente dividerli!

“Crisso......” disse Spartacus fermandolo dall’uscire dalla tenda “Ti chiedo un’ultimo sforzo prima di andartene!” Disse consapevole che quello sarebbe stato l’ultimo scontro con lui al fianco!

 

*

 

La quiete che sopraggiunge dopo la tempesta dovrebbe rassicurare e far rilassare, ma Hanna poteva dire per certo che questo non era il caso.

Crasso li aveva braccati per mesi durante la loro fuga verso le montagne ed improvvisamente era sparito.

Forse Crisso e i suoi l’avevano attirato verso di loro mentre lasciavano un’evidente scia di sangue sul loro cammino, oppure stava ideando una trappola nel quali farli cadere ora che si trovavano in inferiorità numerica.

Era stato Thranduil a metterle tutte quelle paranoie in testa. Lui ed i suoi presentimenti! Gliel’avrebbe fatta pagare presto!

Nel frattempo sfogarsi trucidando una staffetta in avanscoperta poteva rivelarsi estremamente benefico!

“Questa è gente che viene dal nord! Quali sono le intenzioni di Crasso?” Chiese Gannicus sorpreso di notare che gli uomini del nemico si spostassero più in fretta di quanto pensasse.

“I suoi soldati hanno l’emblema del toro!.....Non sono i suoi uomini!” Realizzò Spartacus rimirando l’armatura di quello che ormai era un cadavere.

Fortuna per loro, una donna un tempo figura di rilievo nella società romana, era più he felice di dare il suo contributo.

“L’aquila e i delfini. Mi è già capitato di vedere quest’emblema! Credo che appartenga a Gneo Pomeo Magno!” Disse Leta intimorita.

“Pompeo?” Chiese Spartacus anche se non sembrava molto interessato ad ascoltare la risposta.

“Combatte sia per mare che per terra. Il mio sposo ne parlava con ammirazione. Tutti a Roma lo ritengono il più grande guerriero....” “Si anch’io ne ho sentito parlare delle sue gesta. E del fatto che lo chiamino il giovane macellaio!” Spartacus interruppe la donna esprimendo a pieno la propria preoccupazione.

“E noi macelleremo uccelli e pesci!” Si fece sentire Milo desideroso di saperne di più.

“Credevo che fosse bloccato in Iberia contro il rinnegato Sertorius. È per questo motivo che Crasso ha armato un esercito!” Disse Gannicus allerta.

“Se quella era una staffetta dell’esercito di Pompeo non facciamoci illusioni, presto le sue legioni incroceranno il nostro cammino!” Constatò Spartacus capendo che i guai stavano solo cominciando a palesarsi all’orizzonte, fra una fitta nebbia che li rendeva sconosciuti ed imprevedibili.

 

*

 

Una mattina apparentemente come tutte le altre, l’agitazione era palpabile nell’aria e palese di fronte agli schiavi che correvano da una parte all’altra del vasto campo, per portare notizie o per prendere posizione nei punti di vedetta.

“Si avvicina un uomo a cavallo!” Quella notizia giunta da Attico aveva scatenato il panico. Poteva essere un avvisaglia dell’esercito nemico, oppure un’altra spia inviata da Crasso.

“Potrebbe essere un diversivo, state pronti per una possibile manovra di accerchiamento!” Disse Spartacus dirigendosi ai margini del campo per guidare un piccolo gruppo di guerrieri in caso di uno scontro.

“Sembra il mantello dei legionari di Crasso!” Osservò Gannicus quando il cavallo fu abbastanza vicino da poter distinguere alcuni tratti del cavaliere.

“Quello non è un romano!” Disse Azrael che con un’occhiata veloce riconobbe l’esile corpo con in grembo qualcosa di simile ad un’anfora, ma celato alla vista da una coperta.

Naevia era tornata!

Ferita, sola e con un orribile dono, pallida ombra di un amore spezzato!

“È morto.....come aveva sempre sognato? Nella gloria della battaglia?” Chiese Gannicus quando Spartacus riuscì a togliere la testa mozzata di Crisso dalle mani di Naevia.

“In battaglia si, ma senza gloria.....” sussurrò lei ferita sia nel corpo che nell’anima.

“Dopo la nostra partenza avevamo mietuto vittorie su vittorie, nelle terre che attraversavamo scorrevano fiumi di sangue....nessuno riusciva a resisterci! Eravamo convinti di avere Roma in pugno! Ma non avevamo fatto i conti con Crasso e le sue legioni!” Ricordò Naevia iniziando a piangere.

“È stato lui in persona che ha tolto la vita a Crisso?” Chiese Spartacus distrutto per una tale perdita. Lui e Crisso erano sempre stati in conflitto, ma erano uniti come veri fratelli!

“Lui aveva messo a terra il traditore Cesare, quando un ragazzo, poco più che un bambino......l’ha trapassato com la lancia!” Raccontò Naevia soffrendo al ricordo.

“Che destino infame!” Ringhiò Gannicus ripensando alla prima volta che aveva visto il Gallo. Una recluta scadente che ardeva dal desiderio di diventare campione!

“Che ne è di Agron? Ha condiviso la sorte di Crisso, o è ancora di questo mondo?” Nasir lo chiese timoroso di essere maleducato nell’ignorare l’indomito Gallo, per l’uomo a cui aveva donato il cuore e che forse, non avrebbe più stretto fra le braccia!

“Crasso mi ha risparmiato per scherniti con la visione della tua fine!” Disse Naevia rivolta a Spartacus prima di stendersi sulla branda dandogli le spalle e sfogandosi con un pianto silenzioso.

“Crasso vuole spingerti a reagire d’impulso....” lo fece ragionare Azrael una volta fuori dalla tenda.

“Se si trattasse solo della mia vita, forse risponderei alla provocazione! Ma cerco di restare lucido....dobbiamo prepararci in vista di un nuovo pericolo!” Spartacus tentò di calmarsi rivolgendo la sua attenzione su altri problemi.

“Pompeo!” Concordò Azrael.

“Li ha spediti a sud verso Crasso, ma non vedendoli tornare, ne manderà altri!” Ragionò Spartacus. Forse poteva trarre vantaggio da una situazione che ad occhi inesperti, poteva risultare sfavorevole su tutti i fronti.

“Noi non possiamo rischiare di ritrovarci schiacciati tra due eserciti!” Disse Gannicus ansioso di scoprire i piani del compagno.

 

*

 

Tiberio era il primogenito di Marco Licinio Crasso. La spavalderia data dalla gioventù l’aveva spinto ad offrirsi di incontrare il potente Pompeo in vista di un’alleanza per catturare i ribelli.

Era certo di riuscire nel compito affidatogli dal padre e sarebbe tornato a Roma con allori meritati che gli avrebbero spianato un glorioso futuro in senato.

I cavalli si avvicinarono al campo al trotto, con uomini che li seguivano di corsa.

La vittoria era ormai vicina. Stavano sfiancando i ribelli in una corsa contro il tempo da qualche mese, e gli dei li avrebbero sostenuti per la gloria di Roma.

Tiberio, gonfio d’orgoglio, scese da cavallo dirigendosi verso la tenda di colui che sarebbe potuto diventare un valido alleato, se fosse stato in grado di giocare bene le sue carte.

Si avviò all’interno della tenda del macellaio per palesare le sue intenzioni, come un fanciullo smarrito, per spingere l’altro ad abbassare la guardia “Illustre Pompeo, mio padre si rammarica di non aver potuto...” “Il rammarico è mio!” Disse Spartacus voltandosi lentamente, soddisfatto nel vedere lo sguardo sicuro, venire sostituito da uno smarrito, con un pizzico di paura “Avevo sperato di ossequiare l’imperatore in persona. Ma il destino mi pone di fronte una pallida ombra del nome di Crasso!” Lo derise. 

Tiberio perse ogni premura e si voltò, correndo a più non posso per la sua vita.

Uscì dalla tenda vedendo i suoi uomini circondati dai ribelli. Saltò su di un cavallo spronandolo al galoppo, ma neanche fatti tre passi, una forza sconosciuta lo fece cadere all’indietro fino sul terreno.

Azrael aveva afferrato il mantello del giovane osservando con gioia la sua caduta.

Una volta in terra, gli puntò la spada alla gola, non dandogli la possibilità neanche di provare ad afferrare la spada. 

L’arma venne subito presa da Spartacus!

“È la spada....grazie alla quale hai privato Crisso della vita?” Chiese furioso.

“Disarmateli, legateli e che si preparino a marciare!” Ordinò reprimendo la rabbia.

“Vuoi mantenerli in vita?” Chiese Gannicus deluso di spedire il nemico nell’oltretomba.

“Voglio che rendano onore alle spoglie di un eroe, prima di raggiungerlo nell’aldila!” Gli rispose Spartacus prima di tramortire il figlio di Crasso con un colpo del manico della spada.

Tiberio riprese conoscenza una volta giunti al campo dei ribelli.

Gli schiavi erano agitati ed arrabbiati, scossi dalla recente perdita di molti, mariti, figli, amanti, cugini, periti al fianco dell’indomito Gallo.

“Non voglio che siano vittime di una rabbia incontrollata! Il loro sangue deve servire a più alti scopi!” Li calmò Spartacus lasciandoli con un’avida curiosità.

“Combattimenti?” Chiese Naevia una volta che il trace le rivelò le sue intenzioni, nella tenda.

“Per onorare i caduti e confortare chi ancora veglia il loro ricordo!” Rispose Spartacus sapendo e volendo assecondare i desideri di vendetta dei suoi uomini. Porse all’amica un arma.

“Ho già visto questa spada, nelle mani di Crisso! Quella con cui quel ragazzo lo ha privato della vita!” Disse Naevia rimirando la lama con terrore.

“Si chiama Tiberio, è nostro prigioniero assieme ad un manipolo dei suoi!” Svelò il trace. “Devo ucciderlo!” Sussurrò Naevia senza risentimento, ma come se fosse una certezza che aveva appena compreso.

“C’è un’anfiteatro qui dietro! Faremo finta che sia un arena.....e tributeremo gli onori all’indomito Gallo! Così lo ricordo e sempre lo ricorderò!” Disse Spartacus ancora addolorato da quella perdita.

“C’è stato un momento, non molto lontano, in cui ti ha vessato ed io per prima lo istigavo!” Si accusò Naevia.

“Il passato è raramente come lo volevamo, il futuro è un salto nel buio. Abbraccia il presente e cancella ogni zavorra dai tuoi pensieri!” La incoraggiò Spartacus.

“Traspare molta saggezza dalle tue parole!” Disse Azrael entrando nella tenda.

Hanna, Sara ed Naevia uscirono assieme pronte a confortarsi a vicenda.

“Ti ringrazio!” Disse Spartacus grato “Vorrei chiederti di combattere. Daresti molta.....” il trace venne interrotto dalla mano dell’elfo che lo bloccò subito.

“Temo di non poterlo fare!” Rispose “Per quanto sia concorde con la tua decisione, non permetterei mai a mia figlia di assistere ad uno spettacolo del genere!” Spiegò “Resterà nella tenda ed il mio posto è al suo fianco! Non è mia intenzione sminuire Crisso attraverso le mie azioni. Era una testa calda, ma pur sempre un’alleato con cui abbiamo iniziato questa ribellione!” Finì di dire.

Spartacus sorrise all’idea di quel tesoro che tanto aveva sperato di avere e che poi i romani gli avevano distrutto uccidendo la sua amata “Comprendo le tue ragioni! Lascerò anche alcuni dei miei uomini a guardia!” Si offrì venendo ben accolto dall’elfo.

 

*

 

Le grida gioiose degli schiavi erano tanto numerose ed acute da coprire tutti gli altri suoni. Questo non valeva per un certo elfo che percepì chiaramente il pericolo avvicinarsi.

I loro cavalli erano legati e lasciati a riposare in diverse tende, perciò il rumore di zoccoli in avvicinamento apparteneva a qualcuno al di fuori dell’accampamento.

Azrael chiamò i suoi uomini, andando incontro all’uomo a cavallo che si avvicinava con troppo timore. L’elfo sobbalzò interiormente sfoderando la spada appena riconobbe l’armatura rossa dei romani.

Inizialmente, non possedendo la sua formidabile vista, Attico e gli altri non reagirono, limitandosi ad osservarlo con sorpresa. Ma quando lo sconosciuto fu vicino abbastanza anche loro agirono allo stesso modo.

“Vengo in....” Cesare non riuscì a dire altro prima che una padella lo colpisse in testa facendogli perdere l’equilibrio per cadere in terra come un sacco di patate.

“Che grande soddisfazione!” Disse Hanna stiracchiandosi e facendo ridere molti degli schiavi presenti. 

“Di che parlate?” Chiese Spartacus andando incontro a Gannicus ed Attico in cima ai gradini dell’arena, sorpreso di vedere quest’ultimo in quel luogo invece che accanto al padre.

“Di uno che voglio morto da tempo!” Disse Gannicus seguendo l’altro con un’ira a stento trattenuta. Il celta atterrò il romano con un pugno appena se lo ritrovò davanti.

“Offro uno scambio equo! Cinquecento dei vostri uomini, da noi catturati nella battaglia contro Crisso, in cambio della vita di Tiberio!” Si sbrigò a dire Cesare temendo per la propria vita.

Attico, Milo e Gannicus lo presero a calci a più riprese. Si sarebbero uniti anche Proximo e Tigris ma vennero bloccati prima di poter soddisfare la loro sete di vendetta.

“Fermi, sentiamo cos’ha da dire!” Li riprese Spartacus.

“È vivo allora....il ragazzo!” Disse Cesare sorridendo sollevato.

“Può darsi....ma ancora per poco!” Rispose Spartacus anch’egli furioso.

“Spero che tu non ti faccia incantare da questo serpente!” Ringhiò Gannicus che come Azrael, non credeva ad una sola parola.

“Mi sembra evidente che non parlo a nome mio. Non crederete che sia così stupido da venire qui, nella tana del lupo di mia iniziativa!” Questo era vero!

“Crasso sarebbe disposto a fare questo scambio?” Chiese Spartacus comprendendo che la vita di molti dei suoi dipendeva da questo.

“Vi offrirebbe perfino il trono di Giove, pur di riavere indietro quello scherzo di natura, quello sciagurato figlio degenere!” Rispose Cesare mostrando antipatia nei confronti di Tiberio.

“Oppure tu stai mentendo e questa è un’altra delle sue maledette trappole!” Ragionò Milo rimirando la sua spada come se volesse assicurarsi che fosse affilata a sufficienza.

“Nessuna trappola! Quell’uomo stravede per suo figlio, su questo non è in grado di ragionare!” Disse Cesare prima di tremare quando la lama della spada di Azrael venne puntata sulla sua gola.

“Cinquecento?” Chiese Spartacus ancora incerto.

“Se mi toglierai la vita, cosa che di certo desideri, decreterai anche la loro fine!” Lo avvertì Cesare guardandolo, consapevole che ragionare con l’elfo sarebbe stato infruttuoso.

Alla fine, Naevia aveva acconsentito a rinunciare alla sua vendetta, nella speranza di liberare realmente i sopravvissuti che l’avevano seguita con tanta lealtà sul campo di battaglia.

“Ti consegnamo l’ostaggio, come d’accordo!” Disse Spartacus spingendo Tiberio, ferito e per un pelo non ucciso durante lo scontro contro Naevia che sarebbe dovuto essere l’ultimo prima della morte.

“A malapena lo riconosco! È ben diverso dall’uomo che ricordo!” Lo derise Cesare

“Rallegra il cuore, vedere che sei ancora di questo mondo!” Lo accolse con finta allegria.

“Non mi incantano queste parole, ipocrita! Tu avevi capito perfettamente che erano uomini di Spartacus!” Lo accusò Tiberio che già meditava vendetta.

“Affermazione incauta!” Lo avvertì Cesare sapendo di trovarsi in una posizione vantaggiosa.

“Sono sicuro che mio padre la riterrà di un certo interesse!” Disse il ragazzo caparbio.

Grandioso, i romani si facevano guerra anche tra di loro. Ma non dove a sorprendersi, la loro cupidigia era tale da rendere un risvolto del genere prevedibile.

“Il viaggio per ricondurti fra le sue braccia presenta molti pericoli, soprattuto per uno che non ha ancora imparato chi è il migliore fra di noi!” Lo minacciò Cesare consapevole di potersi esprimere liberamente in mancanza dell’imperatore.

Azrael sgranò gli occhi e chiamò a gran voce Spartacus appena vide una schiava scattare verso il figlio di Crasso con un pugnale in mano.

Ma nemmeno il suo avviso servì ad evitare il disastro. La pugnalata colpì a fondo ed il ragazzo si accasciò in terra ansimando qualche secondo a causa del dolore, prima di spirare.

“Maledetta cagna! Tu non sai quello che hai fatto!” Urlò Cesare pieno di rabbia mentre Gannicus coglieva al volo la scusa per tirarli un’altro pugno.

“Ho finalmente pareggiato i conti!” Rispose Core soddisfatta.

“Cinquecento miei fratelli pagheranno per questo! Il ragazzo non vale più niente adesso!” Sibilò Spartacus rendendosi conto che la ragazza aveva detto la verità.

“E ancora meno la vita di Cesare!” Disse Atticus sfoderando un pugnale e ponendo la lama sulla gola del romano assaporando già il momento......

“Aspetta!” Lo fermò Core “Crasso terrà fede al patto. Se gli darai un’altra cosa a cui il suo cuore tiene!” Disse rivolta al trace, risoluta e decisa.

 

*

 

“Ti sembra questo il momento di raccogliere le more?” Chiese Hanna allibita vedendo Sara intenta nel racimolare qualsiasi cosa fosse commestibile.

“È poco, ma già qualcosa!” Rispose lei.

“Ce ne vorrebbero troppe per riempire lo stomaco....perdi solo tempo!” La riprese Cassia.

“Per una volta ti do ragione!” Disse Hanna sorpresa e divertita.

“Non potranno servire a noi, ma per Aranel!” S’intromise Ariadne mettendosi anche lei a raccogliere i frutti.

Si trovavano fra la fitta vegetazione e la fila di gente in marcia era ancora lunga, senza contare che nella retroguardia c’erano molti validi guerrieri tra cui Proximo e Hagen.

“Una volta fuori dalla Repubblica vi cucinerò una crostata con la marmellata di more!” Promise Sara.

“L’ho potuta assaggiare. È una delizia per il palato!” Disse Cassia chinandosi a raccogliere le more anche lei.

“Non ti addentrare troppo!” La chiamò Hanna.

“Ti ringrazio per la premura ma so badare a me stessa! Qui ce ne sono molte e belle grandi.....ti ricordo che lo sto facendo per tua figlia!” Disse Cassia dando inizio all’ennesima litigata.

“E nessuno te l’ha chiesto!” Rispose Hanna.

Un urlo svelò la posizione di un romano nascosto nella vegetazione che caricò scatenando il panico generale.

Cassia gli dava le spalle e non fece in tempo a voltarsi ne a sfoderare l’arma, prima che la spada colpisse. Una grave ferita sul fianco venne aperta e lei cadde in terra senza emettere un rumore.

Sara afferrò Ariadne, che presa dalla disperazione si era lanciata in soccorso dell’amica non prestando attenzione ai soldati. Entrambe caddero assieme in un cespuglio evitando un’altro romano. Sara riuscì ad ucciderlo prima di spingere bruscamente Ariadne “Così non l’aiuti! Combatti! Devi combattere se vuoi salvarla!” Le disse riuscendo a riscuoterla dall’incubo nel quale era caduta.

Anche Hanna si era ritrovata in mezzo. Non era riuscita a scappare ed ora stava combattendo nel tentativo di proteggere sua figlia dai colpi.

Non sarebbe mai fuggita abbandonando le sue amiche, in circostanze normali, ma ora che la priorità era diventata proteggere Aranel agiva più d’istinto, senza seguire il cuore!

I romani erano troppi!

Uno riuscì a ferirla ad una gamba e lei cadde in terra tentando di proteggere la figlia con il suo corpo.

La sorpresa fu grande quando si ritrovò impegnata in un corpo a corpo con un’altro soldato che tentava di sottrarle Aranel.

Liberò una mano e colpì più volte il bastardo al collo con un coltello riuscendo a liberare la figlia dalla stretta mortale. Aranel piangeva, essere maneggiata in modo così rude l’aveva spaventata!

Ma non era finita!

Questa volta furono in due che si avventarono sulla madre e la figlia!

Mentre il primo prese la bambina, il secondo era in procinto di uccidere la madre! Hanna aveva perso la presa sul coltello...non aveva niente con cui difendersi!

Thranduil si trovava in avanscoperta con Milo ed Attico, per valutare quali strade fossero sicure! L’avrebbe deluso! Ma peggio ancora avrebbe deluso sua figlia, permettendo al nemico di catturarla e metterla in catene!

Proximo trafisse colui che la minacciava e si avventò sull’altro che da codardo com’era usò la bambina come scudo. Il gladiatore si bloccò cercando di capire come uscire da quella situazione, ma questa esitazione si rivelò fatale.

Altri romani piombarono su di loro e riuscirono a dividerli, molti perirono sotto i colpi del nemico.

Proximo combatteva nel tentativo di raggiungere Aranel che si allontanava sempre più, Hanna cercava di uccidere più romani possibili per aiutare l’amico, ma la ferita alla gamba la rallentava e non le permetteva di cambiare la posizione difensiva assunta.

Nonostante questo il gladiatore era ben addestrato ed in poco tempo riuscì a sovrastare quello stolto romano con in braccio la figlia dell’angelo della morte.

Ma quando era pronto ad assestare un colpo mortale, una lancia gli attraversò l’addome facendolo immobilizzare per la sorpresa.

I romani scomparvero nella fitta vegetazione accompagnati dall’eco delle urla e del pianto di Aranel che invocava a gran voce la mamma “Nana! Nana! Manke naa lle?”(Mamma! Mamma! Dove sei?).

“Tua amin!”(Aiuto!) Aranel scalciava, mordeva e tentava di colpire gli uomini cattivi che avevano fatto male alla sua mamma, ma inutilmente!

Il suono di un corno precedette l’arrivo di Azrael assieme agli altri suoi uomini, ma era ormai tardi.

Tigris corse da Proximo prendendolo al volo mentre cadeva in terra.

“M-mi dispiace!” Esalò Proximo con le ultime forze “Ho fallito!” Disse prima di cadere nell’oblio della morte.

“Noooo!” L’urlo straziato di Milo che correva al fianco della sua amata ferita, si propagò per l’intero bosco attirando l’attenzione generale mentre Hanna urlava “Aranel! Hanno preso Aranel!” A chiunque incontrasse.

Thranduil partì al galoppo e Gannicus, dopo aver preso in prestito il cavallo di Milo, lo seguì con Attico, rassicurato nel vedere che la moglie ne fosse uscita illesa anche se era distrutta e preoccupata per la sorte dell’amica, gravemente ferita.

Appena fuori dalla vegetazione videro i romani a cavallo troppo lontani perché potessero essere raggiunti prima che si unissero al resto dell’esercito.

Thranduil percepì una tenaglia afferrargli il cuore appena sentì il pianto di Aranel che urlava disperata “Ada tua amin!” (Papà aiutami!)“Ada manke naa lle?”(Papà dove sei?) “Ada avo awartha nîn!” (Papà non abbandonarmi!).

Gannicus e Attico bloccarono Azrael appena in tempo. Gli saltarono addosso facendolo cadere da cavallo ed un urlo primordiale provenne dall’elfo assordandoli per qualche secondo.

Aegnor si era impennato, percependo l’ira del suo cavaliere, reagendo saltando e scalciando imbizzarrito.

“Calmati!” Gli urlò Gannicus che faceva sempre più fatica a tenerlo in terra “È quello che vogliono!” Gli diede man forte Attico “Se abbocchi alla loro trappola li lascerai vincere ed Aranel sarà perduta per sempre!” Insistette Gannicus.

Thranduil parve calmarsi ed i due lasciarono la presa, restando comunque allerta.

“Se provano a farle qualcosa io.....” l’elfo s’irrigidì di colpo ed i due uomini indietreggiarono spaventati, non avendolo mai visto così furioso.

 

I conflitti con Crisso si risolvono appena si presenta l’occasione di dare battaglia.

I ribelli fuggono nel tentativo di trovare una posizione dove recuperare lo svantaggio acquisito dopo la strage avvenuta tra le montagne.

Crisso, e molti dei suoi, si separano a causa della sete di sangue ed inebriati dalla presunzione di poter conquistare Roma!

Crisso troverà la morte per mano del figlio di Crasso.

Tiberio viene catturato ed usato come merce di scambio al posto di vittima sacrificale!

Core decide di tornare nel luogo che le ha inferto molto dolore con la speranza riposta nella potenza dell’amore!

Va bene lo confesso: questo colpo di scena è stata un’idea lampo!

Aranel è caduta nelle grinfie di Crasso, cosa succederà adesso?

Commenti e suggerimenti sono i benvenuti!

A presto,

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Capitolo 16
*** Contro ogni speranza ***


L’esercito di Crasso era allo stremo.

L’accampamento appena costruito era solo l’illusione di un momento di riposo che non ci sarebbe mai stato dato che presto, l’imperatore, avrebbe impartito l’ordine di riprendere la marcia per accorciare la distanza che li divideva dai ribelli.

Cesare camminò a testa alta lungo l’intero tragitto che lo avrebbe condotto da Crasso. Una legione in avanscoperta aveva portato novità fresche e rassicuranti.

“Porto una notizia che allieta il cuore!” Si annunciò Cesare al cospetto dell’imperatore.

Crasso si voltò con evidente curiosità e non potè non sgranare gli occhi quando vide in braccio ad un’altro soldato una bambina con lunghi capelli biondi, occhi celesti e.......orecchie a punta!

La piccola teneva il muso ed aveva il viso rigato dalle lacrime ma non sembrava spaventata.

“Abbiamo trionfato.....” iniziò a dire Crasso “...in qualcosa ritenuto impossibile!” Disse soddisfatto.

“Come ti chiami?” Chiese avvicinandosi alla bambina “Merda!” Ottenendo una risposta assai deludente.

Core comparve all’entrata in quel momento e come tutti non riuscì a staccare gli occhi dalla bambina.

“Non sei stata richiesta!” Le disse Crasso con un atteggiamento freddo.

“Chiedo venia, ma al campo dei ribelli ho potuto interagire con lei!” Mentì “Potrei occuparmene io, per farla sentire al sicuro....” “Il suo benessere non mi preoccupa!” Urlò Crasso “Portatela via!” Sputò l’ordine e le guardie obbedirono trascinando la schiava nella tenda riservata ai servi.

Si voltarono appena le grida di Aranel diventarono assordanti. Si agitava come una animale selvatico ed alla fine la guardia perse la presa facendola cadere per terra.

“Prendetela!” Urlò Cesare e tre uomini furono rapidi ad obbedire.

Il primo riuscì ad afferrarla per un braccio ma un morso gli fece perdere la presa.

Gli altri due le si lanciarono contro, ma la piccola gattonò sotto al tavolo per poi arrampicarsi sulla sedia, subito dopo sul mobile, dove afferrò una mela presente su di un grosso vassoio pieno di cose con un profumo buonissimo. 

“Riposo! Vuole solo mangiare!” Li calmò Crasso, sbalordito di fronte ad un’incredibile dimostrazione di agilità da parte di una bambina così piccola.

Aranel ignorò la mela, infilandosela dentro alla tunica come scorta, mettendosi a quattro zampe ed abbassando la testa per annusare la carne con carote e patate presente nel piatto. Faceva un buon odore!

Prese la forchetta ed infilzò la carne sollevando l’intera fetta che le cadde subito, facendo schizzare salsa su di sé ed ovunque.

Crasso si avvicinò lentamente, la piccola indietreggiò allarmata e dopo aver preso delle altre posate iniziò a tagliare la carne in piccoli pezzetti.

“È mio!” Protestò Aranel afferrando il vassoio per un manico, iniziando a sollevarlo leggermente e sbatterlo sul tavolo con un gran fragore. Ripetè il gesto più volte, ignorando il sugo che era strabordato, sporcando il tavolo.

Cesare fece per avvicinarsi ma venne bloccato da un cenno di Crasso che aveva smesso di tagliare la carne ed aspettava paziente che la piccola smettesse, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.

Appena la bambina si calmò Crasso finì di tagliare la carne, avvicinando il piatto alla piccola, cercando di restare ad una certa distanza. Aranel iniziò a mangiare dicendo parole incomprensibili tra un boccone e l’altro mentre fissava l’imperatore “Lanter!” (Vecchio!) Aranel annuì dopo averci riflettuto “Usquener!”(Puzzolente!) era vero “Saurar!”(Pazzo!) era così che la mamma chiamava Milo quando faceva il cattivo.

“Che lingua parla?” Chiese Cesare stupito, suonava melodiosa ed elegante e poteva giurare di non averla mai sentita.

“Non vorrei dire il falso. Ma credo sia quella degli schiavi!” Rispose Crasso iniziando a camminare per la stanza.

“Hai detto che il suo benessere non era di tuo interesse, perché hai agito diversamente?” Domandò confuso.

“Perché un cane non lo si rende docile con la frusta. Il fluire del tempo allontana l’uomo dalle semplicità della vita, abbiamo la possibilità di conquistare la sua fiducia senza pregiudizi ed è nostro dovere coglierla!” Disse Crasso con entusiasmo.

Cesare venne distolto da tanta saggezza quando una carota gli finì in volto sporcandolo con l’unto del sugo.

“Sana sina!”(Prendi questo!) urlò la bambina ridendo mentre usava il cucchiaio come catapulta. Milo le aveva insegnato a farlo con le persone antipatiche!

Aranel scoppiò a piangere appena vide quell’uomo grosso e cattivo avvicinarsi minaccioso.

“Non la toccare!” Urlò imperioso Crasso.

Cesare si bloccò emettendo un grugnito infastidito per poi chinare la testa in direzione dell’imperatore per scusarsi.

Una risata lo fece voltare e vide che Aranel lo guardava con un sorriso soddisfatto.

Il romano alzò gli occhi al cielo e disse mentalmente tutte le imprecazioni conosciute, stringendo le mani a pugno fino a farsi sbiancare le nocche.

 

*

 

Nel fitto del bosco numerosi occhi ed orecchie erano allerta.

I ribelli si erano accampati per riprendere fiato durante quella fuga precipitosa durata mesi, ma sembrava che non tutti riuscissero a rilassarsi.

Thranduil era finalmente tornato e Sara non sapeva come dire ad Hanna che non aveva visto Aranel con lui.

Camminava sconsolata in una piccola radura, accanto alla tenda dove si trovava l’amica. Osservò quella accanto dove Cassia lottava fra la vita e la morte.

Sapeva bene cosa rischiavano, almeno l’aveva sempre creduto. Lei ed Hanna avevano combattuto in molte guerre, ucciso nemici, rischiato la vita, eppure sembrava che non avessero compreso a pieno il pericolo, come fossero ancora delle ragazzine appena fatte schiave.

Erano sempre state allegre impegnate a cazzeggiare la maggior parte del tempo, ovvero quando non dovevano combattere o occuparsi della piccola.

Insomma, Sara si era resa conto che non erano ancora cresciute nonostante l’esperienza acquisita sul campo di battaglia.

Cassia aveva detto la verità con una semplice battuta: a volte Aranel si era mostrata più matura di loro!

Non sapeva dire se era nella sua natura di elfo, ma ricordava bene che nei momenti antecedenti ad ogni battaglia, fin da quando aveva imparato a gattonare, la bambina diventava estremamente silenziosa e svogliata nel fare qualsiasi cosa tranne che stare tra le braccia della madre o del padre. Come se percepisse che qualcosa stesse per accadere, al contrario, lei ed Hanna ridevano e scherzavano anche durante il tragitto che le seperava dal campo di battaglia!

Era il loro modo di....godersi la vita? L’idea di un’eterna esistenza le aveva illuse che tutto potesse durare all’infinito?

Perché poteva giurare che il pensiero di perdere Aranel mai aveva sfiorato le loro menti. Un momento! Si, una volta, quando Leta le aveva avvisate del pericolo.

Il problema era che una volta messa un po’ di distanza fra loro e l’esercito di Crasso avessero subito liquidato la cosa come se fosse da poco conto.

Eppure anche Thranduil sembrava averlo fatto, andando in avanscoperta e lasciandole sole. 

Tralasciando l’elfo, Sara si rese conto che era arrivato il momento di crescere.

Di aprire gli occhi, quella non era una favola. Per quanto assurda era la loro nuova vita e poteva scommetterci....se non l’avessero presa sul serio ci sarebbero rimaste secche!

Ed avrebbe fatto di tutto per salvare la piccola Aranel! Era sua nipote, una bambina innocente che non meritava di crescere credendo che tutto quello fosse normale!

Vide l’elfo entrare nella tenda e non la rassicurò scorgere subito dopo, gli altri uscire.

 

*

 

Hanna era silenziosa, stesa su quel giaciglio improvvisato mentre sembrava non prestare più attenzione al mondo che la circondava.

Thranduil si sedette a fianco e sentì un misto di emozione agitarglisi nel petto quando lei scostò il braccio al suo tocco.

“Mi dispiace!” Disse tristemente riferendosi a ciò che era successo fin troppo tempo fa. A quest’ora la loro amata figlia era sicuramente finita fra le grinfie di Crasso verso un futuro incerto.

“Ti dispiace.....” Ripetè Hanna con un tono pieno d’ira “Sai all’inizio ho pensato fosse stata interamente colpa mia!” Rivelò.

Si voltò verso il compagno e lo guardò con odio, sorprendendolo.

“Ma poi le tue azioni...” sputò furiosa “....quelle colui che si crede un grande sovrano...” parlò lentamente con tono denigratorio “...mi hanno aperto gli occhi!” Finì.

Hanna si mise seduta di scatto e trattenne un lamento a causa del dolore che la ferita alla gamba le provocò.

“Hanna....” “Era nei tuoi piani sacrificare la tua progenie?” Chiese con le lacrime agli occhi che a stento riusciva a trattenere “Oh certo! Essendo una piccola bastarda non era sufficientemente importante per te! Tanto c’è Legolas a tenere le redini del tuo regno!” Lo derise lei con voce incrinata.

Thranduil sospirò, la furia traspariva da ogni suo gesto e lineamento del viso, ma stranamente parlò con inaspettata calma “Erano troppo lontani. Inseguendoli sarei caduto in trappola facendo il loro gioco!” Disse.

“Ah quindi ora è un gioco?” Chiese Hanna allibita.

“Sai ho sempre creduto che fossero stati i Valar a farci incontrare, nella speranza che il nostro amore unificasse due popoli che per secoli si erano guardati con diffidenza!” Disse sapendo che questo Thranduil già lo sapeva “Ma ora credo che i Valar abbiano voluto punirti mandandoti qui!” Disse con una risata piena di scherno.

“Il potente Re di Bosco Atro ridotto ad essere un misero schiavo, la cui morte sarebbe stata priva di onore e gloria!.....uhm si, forse se fossi perito nell’arena le avresti avute, ma secondo la mentalità dei poveri mortali!” Lo sbeffeggiò.

“Potrei dire la stessa cosa di te!” Rispose Thranduil a tono “Una povera orfanella che finalmente si ritrova nel luogo dove l’avrebbero trattata come merita!” Anche lui ci andò giù pesante “Se ti lasci sviare così facilmente significa che mi sono illuso. Non hai compreso quanto sia potente un sentimento come l’amore ed io ho commesso l’errore di concederti il mio!” Disse tramutando subito il dolore in ira.

“Ma poverino, ho ferito i tuoi sentimenti?” Chiese Hanna fingendosi pentita “Lo trovo molto divertente....” Dichiarò soddisfatta “...specialmente da uno che priva la madre di sua figlia!”.

“È anche la mia!” Ricordò lui.

“E di cui hai mostrato che non t’importa un’accidente!” Rispose lei.

“Ho preferito ritirarmi per poterla liberare in sicurezza! Non capisci che avrebbero potuto minacciare la sua vita vedendomi arrivare?” Thranduil tentò di stracciare il velo di rabbia che momentaneamente la accecava.

“Ora sei uno stratega. Be’ con la tua cara figlia morta, l’ingegno non ti sarà molto utile!” Senza molto successo visto che Hanna non aveva deposto l’ascia di guerra.

“Non è ancora morta!” Ringhiò Azrael irrigidendosi maggiormente.

“Come fai a saperlo? I tuoi sensi di elfo sentono il suo cuore battere?” Chiese lei sempre più furiosa.

“È difficile da spiegare, ma si!” Rispose Thranduil ignorando la rabbia.

“Aspetta, aspetta! Quindi se la uccidono, muori anche tu? Hai presente quei racconti fantasy dove se uccidi un drago anche il suo cavaliere muore? Siamo a quei livelli?” Lo derise Hanna.

“Non so di cosa parli, ma tra padre e figlio si crea un legame forte, se fossi un elfo sapresti di cosa parlo. La sento e so che è ancora viva!” Disse Thranduil arrabbiato per il fatto che lei non stesse facendo il minimo sforzo per capire.

“Wow! Sai forse a Narwain avrei dovuto chiedere anche le orecchie a punta oltre che l’immortalità!” Affermò Hanna consapevole di rigirare il coltello nella piaga.

“Lascerai che i romani ci dividano?” Chiese Azrael con un’ultimo tentativo.

“Sei stato fu a farlo, lasciandoci sole nel bosco!” Rispose a tono lei.

“Non ti sei opposta alla mia decisione!” Fece notare lui “Stavo tornando da voi...appena ho percepito il pericolo! Ma gli uomini di Pompeo ci hanno colti di sorpresa, non sarebbero dovuti trovarsi così a nord! È per questo che non sono arrivato in tempo! Crasso a sfruttato questo vantaggio!” Raccontò sapendo di non avere possibilità di aprirle gli occhi.

“No, non l’ho fatto, ma una creatura millenaria dovrebbe mostrare maggiore discernimento!” Appunto.

“Non sono in grado di prevedere il futuro!” Affermò l’elfo.

“Allora dovrò rivolgermi ad Elrond la prossima volta!” Era come parlare con un nano!

“Sai, ho sempre ammirato la tua forza e la vitalità presenti in te, ora mi rendo conto di essermi sbagliato! Ti sei lasciata distruggere senza combattere!” Decise di dire alla fine “Mi vuoi veramente lasciare a combattere da solo?” Domandò conoscendo già la risposta.

“Tu mi hai abbandonato nel momento del bisogno! Non hai protetto nostra figlia!” Urlò lei accusandolo.

“Non abbiamo! Mi fidavo di te e ti sei mostrata una bambina incapace e piagnucolosa che si arrende davanti al primo fallimento!” La attaccò lui.

“Mi chiedo se l’abilità di circondarti di gente tanto insignificante sia un tuo talento!” Scherzò lei con un finto sorriso.

“Silenzio!” Ringhiò Thranduil stringendo i pugni e respirando affannosamente nel tentativo di ritrovare il controllo sull’ira che lo stava travolgendo.

“Mi dispiace o grande Re, ma sei caduto dal piedistallo. Inoltre io non sono un elfo, quindi non sono costretta ad obbedirti!” Disse Hanna agitando una mano e sdraiandosi, appurandosi di dargli le spalle.

“Bene! Resta pure qui a nutrirti d’odio e risentimento! Puoi continuare la tua esistenza annegandoci dentro per quanto mi riguarda!” Urlò Thranduil accecato dalla rabbia e dal dolore.

“Ho perso mia figlia! La mia unica ragione di vita! Niente ha più importanza!” Disse Hanna con voce ferma ma con calde lacrime che le rigavano il volto.

“Hanna....” tentò Azrael capendo di aver sbagliato ad aggredirla mentre soffriva così tanto.

“Sai forse ti abbiamo veramente salvato dallo svanire....” lo interruppe lei “..e tu da bravo egoista pensi solo a come tornare nel tuo stramaledetto regno, ignorandone i costi!” Thranduil uscì dalla tenda come una furia, per evitare di dire altro di cui si sarebbe potuto pentire.

 

*

 

“È pronta la zuppa? Muoio di fame!” Queste furono le ultime parole di un romano seduto accanto al fuoco in attesa della cena prima che una freccia gli trapassasse la trachea.

Gli altri dieci uomini si allertarono subito, ma non poterono fare niente contro il gruppo di guerrieri che li circondarono, disarmarono e costrinsero in ginocchio.

Un silenzio intriso di terrore calò appena gli occhi dei romani si posarono sull’angelo della morte, che avanzava verso di loro con estrema calma.

L’elfo afferrò il primo soldato per la gola sollevandolo di peso come fosse stato un fuscello. 

“Dov’è la bambina elfo?” Chiese Gannicus facendo cozzare le sue due spade come a voler dare maggiore enfasi alla propria domanda e per far capire a quei vermi viscidi che facevano sul serio!

“N-non....so d-di cosa p-parli!” Boccheggiò il romano sospeso in aria.

“Allora sei inutile!” Disse Attico annuendo verso il padre che non perse tempo e trapassò l’uomo al ventre con la sua spada, lasciandolo schiantare ormai cadavere a terra.

“Riflettete attentamente, prestate attenzione e rispondete alle nostre domande.....se non volete condividere il suo destino!” Disse Tigris camminando tra i romani in ginocchio, con passi pesanti.

Gannicus afferrò un romano per l’armatura trascinandolo davanti ad Azrael.

“Dov’è la bambina elfo che Crasso ha catturato?” Chiese Milo inginocchiandosi davanti all’uomo tremante.

“È con l’imperatore! Con l’imperatore!” Rispose il soldato con concitazione.

“Ci sono molti accampamenti disseminati su questo territorio. Ed inoltre Crasso l’ultima volta non era dove apparentemente sembrava essere! Rispondi alle domande e non ti ucciderò!” Disse Attico puntando la spada sulla gola del romano riferendosi alla trappola attuata dal nemico sulle montagne.

“Fottiti lurido schiavo!” Gridò un altro. Thranduil fu veloce a farlo cadere supino in terra con un calcio prima di colpirlo con una mazza alla gamba, spezzandogli il femore. L’urlo di agonia fu musica per le sue orecchie. Mille sussurri chiedevano sangue e morte! I romani dovevano pagare!

Un’altro grido si levò dal soldato che si trovava di fronte a Milo quando quest’ultimo affondò un coltello nella sua gamba, muovendo la lama nella ferita per convincerlo a parlare.

Nel frattempo nel campo dei ribelli Spartacus stava studiando la mappa per capire come muoversi velocemente ed in modo tale da riuscire ad aumentare il vantaggio senza stremare i suoi.

“Spartacus....” Agron entrò nella tenda con il fiatone ed avendo un espressione angosciata, ma non riuscì a dire altro che Nasir entrò dalla parte opposta apparendo devastato.

Fu il siriano il primo a parlare “Cassia....” sussurrò non riuscendo a dire altro, ma nei suoi occhi si poteva leggere l’orrenda verità. La compagna di Milo non era sopravvissuta alle ferite!

“Di quale notizie sei portatore?” Chiese Spartacus rivolto al germano cercando di ignorare la sofferenza che una tale notizia gli provocava. Conosceva bene Cassia, una donna forte e piena di carattere. Aveva accolto Leta come una vecchia amica che non vedeva da tempo, permettendole di integrarsi con facilità.

“Azrael e Gannicus sono andati via! Loro ed una manciata di uomini si sono dileguati nella notte, marciando contro Crasso!” Disse preoccupato che i loro movimenti potessero svelare la posizione al nemico.

“La bambina!” Realizzò Spartacus. Il padre non era riuscito ad aspettare ed aveva disubbidito ai suoi ordini. Non capiva che era quello che Crasso sperava?

Stavano facendo il gioco del nemico e doveva assolutamente trovare una strategia con cui correre ai ripari nel tentativo di arginare ulteriori morti!

 

*

 

La figlia dell’angelo della morte era bellissima, già da così piccola.

Pensare per lei ad un destino come il suo la faceva soffrire.

Core si rivolse agli schiavi davanti a lei. Doveva smetterla di tremare e mostrarsi per chi era veramente: una donna resa forte dagli spiacevoli eventi della vita che non aveva potuto scegliere!

“So che avete paura. Ma sono stanca di sopportare in silenzio! Sono stata umiliata, violentata, ignorata e calpestata! Spartacus mi ha aperto gli occhi ed Azrael mi ha fatto sentire protetta!” Dei sussulti provennero dal gruppo di schiavi che la stavano ascoltando.

“Spartacus credeva che fosse stato Crasso a mandarmi, temeva per la vita di tutti coloro che lo seguono. Donne, bambini, vecchi e uomini che hanno spezzato le catene per essere liberi! La moglie di Azrael mi ha dato protezione, assieme a lui!” Core era intenzionata a percorrere la strada scelta senza costrizioni. Meglio morire che vivere come schiavi!

“La figlia dell’angelo della morte è in grave pericolo! Ora che posso realmente fare qualcosa...non ho intenzione di restare a guardare! Crasso non è diverso! Nessuno lo è! Basterà il minimo sospetto su ognuno di voi e verrete crocifissi! Volete vivere una vita nella paura, o scegliere da soli di combattere perché alle vostre vite venga dato un giusto valore?” Chiese ottenendo dei sussurri di assenso.

“La bambina elfo è in una tenda circondata dalle guardie! Come potremo riuscire in una simile impresa?” Chiese uno che non si fidava affatto.

Core esitò. Sapeva che li stava conducendo a morte certa, ma doveva convincerli che era un sacrificio necessario!

“Manderemo un messaggio...” iniziò un’altra schiava “....a tutti gli altri! Se persino noi, gli schiavi di Marco Licinio Crasso, possiamo ribellarci a lui, allora tutti possono!” Disse alzando un pugno al cielo. Era l’amica di Cantara, la meretrice brutalmente uccisa dal figlio di Crasso.

“Non dobbiamo farlo per noi, ma per tutti gli altri schiavi. Io ho un sogno: che nessuno debba più morire per puro divertimento dei romani! Non voglio lasciare questo mondo come Cantara! Ma combattendo!” Questo fu sufficiente a convincere anche i più scettici. Si conoscevano tutti fra loro ed erano convinti di poter dare un potente significato alla loro morte!

 

*

 

Core si appostò con l’amica di Cantara accanto alla tenda dove veniva tenuta prigioniera la piccola elfa.

Dovevano sbrigarsi! I romani non ci avrebbero messo molto a notare la loro assenza assieme a quella della guardia davanti alla loro tenda, sostituita da un servo camuffato.

Uno schiavo si mise a litigare con un altro attirando l’attenzione generale.

Gli altri attaccarono le guardie all’istante mentre la compagna di Core ne approfittò per correre dentro la tenda e liberare dalle catene la piccola con la chiave sottratta ad una delle guardie.

L’allarme fu immediato!

Core vide arrivare un’altro alleato in groppa ad un cavallo che incitava dieci cavalli a galoppare veloci. Li bloccò davanti alla tenda e la ragazza corse dentro per vedere perché l’amica ci mettesse tanto.

Entrò e si irrigidì di fronte alla scena che le si presentò. L’amica stava combattendo contro un romano, o meglio, stava venendo punita con calci e pugni. La guardia era talmente concentrata su di lei che non vedendo arrivare Core, le diede la possibilità di tagliargli la gola con un coltello sottratto ad un’altro soldato.

La ragazza prese la chiave dalla sua compagna morente e si accinse a liberare la bambina. La piccola si tirò indietro dicendole qualcosa di incomprensibile e facendo tendere la catena.

“Sono qui per aiutarti!” Tentò Core sentendo le voci avvicinarsi sempre di più “Sono tua amica!” Cercò di nuovo senza successo “Voglio riportarti dalla tua mamma e dal tuo papà! Sono come loro, vedi?” Chiese mostrando il marchio presente sull’avambraccio destro “Sono una schiava!”.

Il viso della bambina si illuminò nel vedere il marchio di schiavitù e le saltò fra le braccia. Core non perse tempo ed una volta fatta scattare la serratura del collare di ferro stretto attorno al collo della piccola, corse fuori.

I romani erano a pochi passi da loro. Vide Crasso dietro ad una prima linea di guardie e si mise a correre. 

Praticamente lanciò la bambina fra le braccia del compagno, prima di salire su un cavallo e partire al galoppo.

I romani erano ovunque e la situazione sembrava non avere soluzione. Ma il fuoco appiccato da altri schiavi, aggiunto ad ulteriori cavalli liberati e messi in fuga, distrasse i soldati abbastanza da permettere loro di scappare.

Appena superarono i confini dell’accampamento, il compagno venne trafitto da una lancia e Core riuscì per un soffio a prendere la bambina prima che cadesse in terra con il cadavere, solo perché correvano l’uno al fianco dell’altro.

Si abbassò, nel tentativo di proteggere la bambina ed schivare i colpi di frecce e lance ogni volta evitate per un soffio.

Spinse il cavallo in mezzo al gruppo e quando vide la macchia degli alberi avvicinarsi sembrava fatta, ma una freccia le trapassò la spalla facendola ansimare per il dolore.

Furono gli dei a tenerla salda in groppa, perché la vista le si offuscò più volte e fu il cavallo a decidere il percorso da prendere.

 

*

 

Azrael ed i suoi uomini erano rimasti appostati poco lontano dall’accampamento romano per giorni, nella speranza di trovare una breccia nell’organizzazione del nemico, ma niente sembrava attuabile!

Poi una sera, la confusione iniziale li aveva mossi.

Avevano attaccato i margini del campo bruciando ed uccidendo chiunque, i romani sembravano distratti dal caos all’interno da non preoccuparsi di loro.

L’elfo aveva visto la mandria imbizzarrita uscire di gran corsa dall’accampamento e si era aggrappato ad uno dei primi cavalli, imitato dagli altri.

Vedere Aranel salva fra le braccia di uno schiavo, segno evidente erano i vestiti poveri e lo sguardo terrorizzato in volto, era stato un sollievo.

La paura lo aveva bloccato nel vedere l’uomo venire ucciso e cadere in terra con la figlia. Ma una mano gentile aveva afferrato all’ultimo Aranel, traendola in salvo.

Tigris ed Hagen lo avevano coperto in quella manciata di secondi, senza esitare un momento quando aveva loro ordinato di concentrarsi a proteggere la ragazza.

Una pioggia di frecce e pece era caduta sui romani, che colti di sorpresa si erano preoccupati di mettersi sulla difensiva permettendo alla fuggitiva di raggiungere e superare i confini del campo.

Molte frecce li avevano sfiorati nella loro fuga precipitosa e molti ribelli erano caduti.

Azrael aveva affiancato la ragazza riuscendo a stabilizzara e tenerla in sella quando la poveretta era stata colpita.

Aranel era estatica nel rivederlo e lui lo era altrettanto!

Galopparono per molto tempo, Aegnor e gli altri cavalli li seguirono obbedienti quando li raggiunsero e superarono, consci che fermarsi avrebbe potuto significare morire.

Ma una volta nel fitto del bosco, i romani si erano ritirati, o meglio un attacco a sorpresa da parte di Spartacus e dei suoi uomini nascosti nella vegetazione, li aveva fatti desistere.

Avevano cavalcato fino all’alba, prima di fermarsi.

Aranel dormiva tranquilla fra le braccia del padre, assopitasi nonostante il movimento continuo del cavallo.

“La ragazza è morta! Ha perso troppo sangue!” Lo informò Milo appena smontarono.

Azrael sospirò. Avrebbe voluto ringraziarla almeno, ma non era riuscito a fare nemmeno quello. 

Fermarsi per curarla non era stato possibile e lei non era stata abbastanza forte da resistere così a lungo!

 

*

 

L’elfo era sorpreso dall’intervento del trace, non credendo che l’avrebbe mai fatto.

“Ti ringrazio! Senza di voi, temo che l’esito sarebbe stato ben diverso!” Disse Azrael chinando il capo in segno di rispetto.

Il portatore di pioggia sorrise “Sono stato un folle a temporeggiare! Dubito che l’avrei fatto se si fosse trattato di mia figlia e per questo ti chiedo scusa!” Ammise sincero.

“Il passato non si può cambiare. Ma hai fatto ammenda e per questo hai la mia gratitudine!” Rispose l’elfo facendo intendere che il risentimento era sparito.

Sua figlia era salva, nient’altro aveva importanza!

Spartacus, inoltre, aveva informato subito Azrael delle ultime novità e l’elfo gli aveva proibito di rivelare una tale notizia a Milo. Almeno fino a quando si fossero trovati così vicini al nemico, temendo una sconsiderata reazione data dal dolore nell’apprendere che l’amore della sua vita era perso per sempre.

Come aveva previsto, una volta tornati all’accampamento Hanna gli aveva strappato Aranel dalle braccia senza proferire parola, continuando ad ignorarlo e mostrarsi incollerita. Decise di ignorarla sapendo che ci sarebbe voluto del tempo perché la rabbia sbollisse.

Avevano ripreso il cammino subito dopo il loro ritorno e Milo, devastato, si era portato dietro il corpo dell’amata volendo bruciarlo su di una pira con tutti gli onori.

Quella sera vennero allestite le cerimonie in omaggio a Crisso e Cassia.

Spartacus si mise al centro di quella che sembrava una piccola arena parlando di fronte a tutti gli schiavi riuniti in un rispettoso silenzio.

“Questa notte, il nostro cuore esulta ricongiungendosi a coloro che ritenevamo perduti. Padri, fratelli e sorelle, figli e amanti!” Disse riferito ai cinquecento uomini barattati con la vita della coraggiosa Core “Abbracciamoli stretti, perché l’ombra di Roma incombe su di noi. Andremo incontro al nostro destino insieme. Costi quel che costi! Ma nel frattempo non dimenticheremo coloro che ci sono stati strappati dalle braccia. Gli uomini e le donne che hanno sacrificato la vita perché tutti potessero vivere liberi!” Disse porgendo una torcia a Naevia, il cui viso era rigato dalle lacrime.

“Per Crisso!” Disse lei sollevandola in aria, prima di dare fuoco in contemporanea con Milo che però accese la pira dell’amata, dicendo a gran voce “Per Cassia!”.

“Per Sura! Per Varro e per Mira!” Gridò Spartacus così che tutti potessero sentirlo e ricordare quei fratelli caduti.

“Per Enomao!” Disse ad alta voce Gannicus scandendo il nome.

“Per Narwain!” Urlò Hanna “Per Galdor!” Le si accodò Sara senza trattenere le lacrime.

“Per Thalion!” Disse Thranduil risvegliando la memoria di quel guerriero spirato durante il viaggio.

“Per Diotimo!” Disse Sibilla ricordando l’amico che non era riuscita a ritrovare. Ucciso durante la conquista di Sinuessa.

“Per Rascos!” Erano molti i caduti da ricordare “Per Sanus!”.

“Per Donar!” Urlò Lugo omaggiando l’amico.

“Per Duro!” Gridò Agron soffrendo al ricordo del caro fratello.

“Per Acher!” “Per Fortis!” “Per Barca!” Hanna non riuscì a non voltarsi a quel grido. E chi cavolo era a ricordarsi di quel gladiatore, morto nel più angoscioso dei silenzi?!

“Per Nemetes!” Era stato una testa calda, ma sempre uno di loro.

“Per Liscus!” “Per Arcadio!” “Per Mannus!” “Per Prizius!” “Per Druso!”

“Per Crisso!” Ed il nome dell’indomabile Gallo riempì l’aria come ad infondere coraggio ai sopravvissuti.

Crisso! Crisso! Crisso! Crisso! Crisso!

“Si squarcino i cieli al suono del suo nome! Che esso raggiunga Crasso e Pompeo! Come un rombo di tuono che preannuncia una tempesta di sangue! Tutti quelli che sono in grado combatteranno un’ultima battaglia contro Roma!” Gridò il trace trasformando il dolore in rabbia.

Poi si voltò verso la sua gente “Io vi faccio una promessa: vivremo da uomini liberi o raggiungeremo i nostri fratelli nell’aldilà!” Decretò Spartacus ricordando un alleato, un amico, un fratello......... morto gloriosamente in nome della libertà!

 

*

 

Se l’intento dei romani era distruggere il loro spirito combattivo, ne sarebbero rimasti delusi.

I ribelli si rianimarono, spinti da un desiderio di rivalsa e determinazione nel salvare i loro cari. Numerose ville vennero assediate e le provviste per il lungo viaggio furono radunate. Ma per evitare di rivelare i propri movimenti, conscio che Crasso mirasse a privare i ribelli della sua guida, Spartacus ordinò a Gannicus, Lugo e Nasir di urlare a gran voce, davanti ai superstiti dei saccheggi “Io sono Spartacus!” così da celare la sua esatta posizione.

Sei ville vennero attaccate in poco meno di tre giorni e sarebbe stato impossibile per il trace percorrere tali distanze in così poco tempo permettendo al piano di funzionare alla perfezione.

Ma nonostante l’euforia, i ribelli erano consci che presto, avrebbero affrontato i romani in un ultimo, grande scontro.

“Mi hai stupito molte volte con le tattiche partorite dalla tua mente delirante, ma quest’ultima le batte tutte!” Gannicus elogiò il trace mentre passeggiavano per il campo.

“Abbiamo spinto Pompeo a Nord, ma Crasso preme da meridione con una moltitudine di uomini. L’unica nostra speranza è decidere il campo di battaglia!” Disse Spartacus ignorando le lodi.

“E legare insieme questi rami serve allo scopo?” Chiese il celta non comprendendo a pieno i pensieri dell’altro.

“Servirà a rallentarli, così gli altri sfuggiranno alle milizie!” Rispose Spartacus.

“Auguriamocelo! Eccomi qui, voglio offrire il mio contributo per fermare Crasso!” Agron era tra coloro che aveva marciato al fianco di Crisso contro Roma. I romani lo avevano impalato su di una croce una volta fatto prigioniero. Con la vita di Tiberio in pericolo era stato curato affinché le tremende ferite, non diventassero mortali.

Ma era ben lontano dall’essere guarito completamente e forse non lo sarebbe mai più stato!

“Prendi la spada, e vediamo come va!” Gli ordinò Spartacus paziente.

Il germano, sebbene con esitazione, obbedì. Ma la mano, il cui palmo era stato attraversato da un chiodo provocando danni irreparabili, non era in grado di far stringere le dita attorno al manico e tremava come una foglia al vento.

La spada cadde a terra e venne calciata da Agron per pura rabbia “Mi hanno portato via tutto!” Sibilò afflitto.

“Avrai il ruolo che ti compete nella battaglia. Condurrai alle montagne quelli che non sono in grado di combattere. Torna ad aiutare Nasir, e preparati a marciare!” Gli disse Spartacus evitando di guardarlo direttamente così che l’altro non cogliesse la compassione che traspariva dai suoi occhi.

“Agron è più morto che vivo, eppure darebbe la vita per la tua causa!” Realizzò Gannicus vedendo il germano allontanarsi.

“La mia causa? Non la consideri ancora tua, dunque?” Chiese Spartacus sorpreso.

“Non voglio finire inchiodato su di una croce, non sono il martire che da la propria vita affinché altri possano vivere!” Affermò il elfa.

“Adesso riposati. Riscalda il tuo cuore prima della partenza!” Liquidò la cosa il trace.

Thranduil era impegnato a costruire numerose frecce con Milo ed Attico quando Hanna si avvicinò. Era sola ed i due uomini compresero che era meglio allontanarsi.

Dopo qualche momento di esitazione e vedendo che l’elfo la stava ignorando di sana pianta, Hanna si decise a parlare “Per quanto io appaia forte, non credo che riuscirei a perdonarmi se ci lasciassimo con gelida distanza!”.

Azrael alzò lo sguardo e si voltò lentamente verso di lei, incuriosito.

“Se tu dovessi morire in questo scontro, rimpiangerei per tutta la vita la mia testardaggine e stupidità che ci ha allontanati!” Confessò lei.

“Non morirò!” Rispose Thranduil secco.

“Ma una piccola possibilità c’è! Siamo in inferiorità numerica e Spartacus stesso ha ammesso che scenderete sul campo di battaglia solo per dare tempo ai più deboli di scappare!” Disse Hanna preoccupata.

“Mi dispiace!” Sospirò “Avevi ragione, non sono stata abbastanza forte!” Ammise “Quando mi è stata tolta mia figlia, ho riversato le mie colpe su di te! La mia rabbia...ed ho detto cose che non penso!” Disse tristemente.

“Hai consegnato Aranel ai romani?” La domanda di Thranduil apparve molto fuori luogo ed Hanna si ritrovò a rispondere con un “No, certo che no!” Con confusione evidente sia nella voce che nell’espressione del viso.

“Allora non hai colpe per quello che è successo! Smettila di angustiarti!” Le disse lui facendola sedere sulle sue ginocchia ed avvolgendola in un caloroso abbraccio.

Hanna sorrise, le era mancato! Mannaggia a lui se le era mancato!

“Mi sono comportata da stupida! Avrei dovuto restare al tuo fianco invece di lasciarti da solo!” Ammise vergognandosi del suo modo infantile di agire.

“Nessuno reagirebbe bene davanti alla possibilità di perdere ciò che ha di più prezioso!” Disse Thranduil sinceramente.

“Tu l’hai fatto!” Fece notare lei “Anch’io ho avuto paura!” Confessò lui “Ma non le ho permesso di fermarmi! Sarai anche caduta, ma ti sei rialzata più forte di prima!” Le disse prima di darle un bacio.

“Spero tu abbia ragione!” Disse Hanna sorridendo di fronte a tanta fiducia ed ammirazione. Da parte dell’elfo erano sempre più che meritate!

“Sempre!” Rispose lui “Senti te che modestia! A parte il mio pessimo umorismo, volevo chiederti come cavolo riusciremo ad andare nella Terra di Mezzo!” Disse Hanna dando voce a dei dubbi che l’aveva perseguitata fin dalla morte di Barahir.

“Quell’escremento di orco ha parlato di una grotta! Quando la troverai non avrai dubbi!” Le disse lui convinto.

“E come cavolo la trovo? Per grazia divina?” Chiese Hanna scettica.

“Sono stati i Valar a farci incontrare. Credo in loro e sono certo che ci guideranno ad essa!” Disse Thranduil osservando le montagne che si ergevano in lontananza.

“Ed io credo in te! Quindi vedi di tornare dal campo di battaglia perché non credo che gli elfi di Bosco Tetro mi accoglieranno a braccia aperte solo grazie a qualche racconto!” Scherzò Hanna.

“È Bosco Atro!” La corresse lui e lei rispose sbuffando. Ecco perché andava tanto d’accordo con Sara!

Felici si diressero verso la loro tenda, per godersi quelli che avrebbero potuto essere, le ultime ore assieme.

“Sembra passata una vita, da quando anch’io potevo stare tra le braccia di Crisso!” Disse Naevia vedendo i due finalmente riappacificati, allontanarsi.

“Ci hanno portato via tutto. Ma presto affronteremo le milizie romane....e posso assicurarti che pagheranno il loro debito!” Promise Spartacus però contento di vedere che quella brutta esperienza non aveva fatto altro che rafforzare il legame fra Azrael ed Hanna.

 

*

 

Aranel dormiva serena fra le braccia del padre che per la prima volta si chiedeva se fosse giusto scendere in battaglia, rischiando di abbandonarle a loro stesse.

Si riscosse ricordandosi che Hanna e Sara erano donne sveglie e delle temibili guerriere, nessuno avrebbe potuto proteggere Aranel meglio di loro.

Thranduil adagiò la figlia su delle calde pellicce e andò dall’altra parte della tenda per prendere qualcosa che avrebbe potuto fare la differenza.

Da un sacchetto di sporca stoffa tirò fuori una piccola testimonianza della sua vita passata. L’ultimo dei suoi anelli, l’unico che i romani non erano riusciti a sottrargli per distruggerlo nel fuoco assieme ai cadaveri dei compagni caduti e che aveva custodito come il più prezioso dei segreti.

Con la nascita di Aranel si era reso conto che fosse l’unica testimonianza del loro legame e della sua legittimità a richiedere asilo a Bosco Atro.

Era protetto da un potente incantesimo: se non fosse stato lui a consegnarlo, la persona che glielo sottraeva sarebbe rimasta uccisa dal suo antico potere.

Era appartenuto a suo padre e soffriva al pensiero di doversene separare, ma se Hanna fosse riuscita a tornare nella Terra di Mezzo, avrebbe potuto crescere la loro figlia al sicuro tra gli elfi.

Hanna e Sara rientrarono ridendo allegramente. Godendo di quegli ultimi momenti di pace. “Hai sentito le nuove?” Chiese Sara contenta.

Lo sguardo interrogativo dell’elfo fu una risposta sufficiente “Ariadne è incinta!” Disse come se fosse stata lei ad aspettare un figlio.

“Presto vedremo un piccolo Attico correre assieme ad Aranel!” Immaginò Hanna felice.

“Attico 2! No, secondo!” Neanche Sara sembrava capire cosa stesse dicendo. “Seh......la vendetta!” Scherzò Hanna.

Thranduil decise che era arrivato il momento di affrontare il discorso e porse alla compagna il suo anello.

“E questo dove lo hai preso?” Chiese lei esterrefatta, non trattenendosi dal guardarlo con ammirazione ma allontanandosi come se non si sentisse degna di poterlo solo toccare.

“È uno dei tuoi anelli?” Chiese Sara. L’elfo non si sorprese più di tanto, conoscevano fin troppe cose del suo mondo.

“Apparteneva a mio padre Oropher. Un incantesimo lo protegge, nessuno potrà sospettare che me l’hai rubato, con questo Legolas ti lascerà entrare a Bosco Atro!” Spiegò lui risoluto.

“Ecco...parlando di questo! Noi...secondo le vostre tradizioni, non siamo sposati!” Era buffo vedere che, per la prima volta, Hanna desse realmente importanza a qualcosa che per anni aveva ignorato.

“Aranel è una figlia illegittima....” disse Sara preoccupata.

“Non potrà mai sedere suo trono, ma vivrà fra la sua gente e sarete al sicuro!” Le rassicurò Thranduil.

“Se Legolas la tratta male, ci penserò io!” Disse Sara con un entusiasmo, era certo, sarebbe scemato una volta di fronte a Legolas. Però quell’affermazione lo portò a riflettere su un’eventualità mai presa in considerazione.

“Tutto bene? Ricorda che hai affrontato un drago! Una manciata di umani non dovrebbero essere un problema!” Tentò di alleggerire la tensione Hanna.

“È meglio se prima andate a Rivendell!” Riflettè Azrael ad alta voce.

“Ma...e Bosco Atro?” Chiese Sara delusa.

“In caso perissi, preparatevi al rancore che Legolas senz’altro vi porterà. Elrond vi proteggerà e grazie a lui potrete rendervi conto se Bosco Atro è sicuro!” Spiegò Thranduil nella speranza di venire ascoltato.

“Perché? Cosa potrebbe mai farci?” Domandò Hanna con aria di sfida.

“Rinchiudervi nelle segrete per l’eternità!” Rispose Thranduil alzando gli occhi al cielo, però sorridendo di fronte ad un carattere che aveva imparato ad apprezzare.

“È veramente tanto tempo!......Farebbe prima a ripensarci!” Scherzò Sara affatto preoccupata.

“Perché lo pensi?” Chiese Hanna curiosa. Non si sarebbe lasciata intimidire da un Principino elfico, non dopo aver tenuto testa al padre per molti anni!

“Perché è ciò che farei io!” Rispose l’elfo sincero.

“Allora è proprio un vizio di famiglia!” Commentò Sara.

“Non....non sembri preoccupato di morire!” Hanna cambiò completamente discorso!

“Ho vissuto a lungo e sono pronto! Pregherò i Valar affinché Legolas possa comprendere il mio sacrificio e vi accetti in caso della mia prematura dipartita!” Rispose Thranduil sincero.

Era una creatura che mirava all’eternità ritrovatasi a fare i conti con ciò a cui mai avrebbe dovuto pensare!

“Io non voglio perderti!” Disse Hanna trattenendo a stento le lacrime.

“Non succederà. Continuerò a vivere nei tuoi ricordi e nei nostri figli!” Sussurrò lui abbracciandola dolcemente.

“Farò tutto il possibile per tornare! Ti amo!” Era sincero Thranduil.

Hanna e Sara gli avevano insegnato molto. Quegli anni fatti di guerre e morti erano stati i più belli, lunghi ed allo stesso tempo, brevi della sua lunghissima vita.

Aveva imparato a vivere godendosi ogni momento e guardando il mondo con l’ingenuità di un fanciullo, specialmente quando era stato loro allievo sia in cucina che con altre faccende.

Hanna lo aveva aiutato a superare l’oscurità che senz’altro avrebbe preso possesso del suo corpo dopo così tanti patimenti. Per anni lui aveva tenuto gelide distanze dal mondo, persino da suo figlio. Lei aveva rotto quelle barriere facendolo sentire amato, dandogli una seconda possibilità per essere un padre migliore.

Grazie a lei aveva combattuto per ciò che era giusto. Per coloro che amava si era gettato nella mischia invece di restare indifferente di fronte ad una guerra fra genti che passato qualche decennio, sarebbero morte se non per spada, per cause naturali. Aveva imparato a dare valore alla più piccola forma di vita che, nonostante tutto, rimane grande per chiunque la viva.

E l’odio per i romani era scemato grazie al suo sorriso. Hanna non provava rancore per il rapimento della figlia e stranamente neanche lui, il passato non aveva importanza ora che Aranel era fra le loro braccia.

E Thranduil aveva imparato ad apprezzare quella complicità che legava i ribelli, i loro modi così rozzi e diversi da quelli del suo popolo ma che segretamente erano la prova dei profondi sentimenti presenti fra i fratelli che per orgoglio, mai avrebbero detto a voce.

I ribelli, apparentemente guidati solo dall’odio, erano riusciti a dargli il più grande degli insegnamenti: che una vita non si misura in anni, ma nell’amare senza misura!

Ed Aranel era stata quella speranza che mai sarebbe appassita, per quegli umani maestri nel riuscire a vivere così poco ma intensamente.

 

*

 

Dopo poco tempo Spartacus si diresse verso la sua compagna più che deciso a convincerla ad andare.

“Una volta in marcia, dividetevi in due gruppi! Avrete più possibilità di sfuggire a Pompeo!” Le disse una volta raggiunta.

“Sarei molto più rassicurata se fossi tu a guidarci!” Confidò Leta la cui incertezza la si poteva vedere in ogni suo movimento.

“Crasso deve essere fermato, così che tu e gli altri possiate allontanarvi!” Disse il trace deciso.

“Ti aspetteremo là, ai piedi delle montagne!” Decretò lei.

“È meglio di no, io non voglio!” Insistette Spartacus.

“Io sono libera.....di fare le mie scelte!” Protestò lei.

“Me lo ricordi fin troppo spesso! Ma non devi rischiare la tua vita, nella speranza che io non perda la mia!” Disse il trace con un sorriso. Era una donna tenace.

“So che tu non cadrai in battaglia contro Crasso!” Confessò lei, anche se sembrò più un augurio.

“Riesci a vedere oltre al velo di incertezza del futuro?” Chiese Spartacus rincuorato dalla fiducia mostrata.

“Ripongo fiducia in un uomo che è come nessun’altro!” Lo adulò lei con sincerità, credendo in quello che diceva.

“Ti ringrazio, per le tue parole. E per il grande conforto della tua presenza!” Disse lui prima di scambiare un veloce bacio per poi dirigersi ad organizzare la partenza.

La velocità era essenziale se voleva dare qualche possibilità ai suoi uomini.

“Sai qual’è il tuo compito?” Chiese Spartacus ad Agron per controllare che non facesse di testa sua.

“Oggi come non mai, io e Nasir non marceremo con gli altri verso le montagne!” Senza successo purtroppo.

“Abbiamo già affrontato questo argomento. Non puoi combattere....” tentò nuovamente di dissuaderlo il trace “Si, il modo c’è, forgiato da amorevoli mani!” Venendo interrotto da un’affermazione inaspettata da parte di Nasir il quale mostrò uno scudi in cui era incastonata una spada. Perfetta sia per difendersi che per attaccare e se fissata al braccio, la mano non avrebbe potuto perdere la presa!

“Non puoi chiedermi di sottrarmi alla battaglia!” S’impose Agron.

“Ho dovuto assistere alla caduta di molti dei miei fratelli. Tu sei uno degli ultimi rimasti! Tu che eri con me quando annientammo la casa di Batiato. Tu, mi onori... Restando ancora al mol fianco nel conflitto finale!” Alla fine Spartacus si arrese. Aveva sempre combattuto per la libertà di scelta e non avrebbe potuto andare contro i suoi ideali anche se questo avesse significato perdere un amico.

“Sono pronti a partire!” Naevia gli si avvicinò con aria soddisfatta. Aveva aperto gli occhi anche lei, mettendo il benessere degli altri davanti al suo desiderio di vendetta, offuscato da un velo di dolore che mai sarebbe scomparso.

Spartacus annuì e si rivolse agli schiavi radunatisi davanti a lui con in mano i pochi oggetti personali posseduti e qualche provvista per il viaggio.

“Amici miei....è giunto il tempo di separarci. Voi tutti sarete nei nostri pensieri, quando affronteremo le legioni di Crasso. Molti di noi cadranno. Non esiste tattica o strategia che possa alterare un fato ineluttabile. Ma ricordate che il nostro sangue darà a tutti voi la possibilità di raggiungere le montagne, al riparo dalle fauci di Roma che ci hanno inflitto soltanto dolore e morte!” Disse Spartacus felice di essere riuscito a liberare quei pochi che gli stavano di fronte e triste al pensiero di quelli che avrebbe guidato verso una fine certa!

“Separiamoci, e siate liberi!” Urlò cercando di contenere l’emozione provata. Non avrebbe voluto separarsi da coloro che considerava come una famiglia, come il suo popolo! Ma doveva farlo! Per un bene più grande!

“Ti sono grata, per tutto ciò che hai fatto per noi!” Gli disse una schiava avvicinandoglisi e stringendogli una mano con gli occhi colmi di gratitudine.

“Grazie fratello!” Disse un’altro.

“Tu ci hai salvato!” Urlò qualcuno in mezzo alla folla. E subito dopo, gli altri si misero in fila, per salutare di persona il loro salvatore. Colui che per primo si era opposto ai romani ed era riuscito a convincere ed unire molti uomini sotto al proprio comando.

“Grazie Spartacus!” “Ti dobbiamo la vita!” “Non ti dimenticheremo!”.

Ma quel momento venne interrotto ricordando loro l’urgenza della partenza.

“Spartacus!” Azrael giunse al galoppo fermando il cavallo poco distante dal trace.

“Siamo stati avvistati da un’avanguardia romana!” Disse Attico che si trovava dietro all’elfo.

“Hai visto il loro emblema?” Chiese Spartacus pregando che non si trattasse di Pompeo.

“Avevano un toro sul petto!” Rispose Tigris facendo lasciare al trace un sospiro che non era consapevole di aver trattenuto.

“Crasso!” Disse Naevia sapendo che quell’emblema apparteneva al loro nemico giurato.

“È il momento della gloria!” Affermò Lugo per niente spaventato all’idea di morire.

“Mettetevi in marcia. E non voltatevi indietro! Andate!” Ordinò Spartacus e la moltitudine di schiavi obbedì senza fiatare e con la tristezza nel cuore cominciarono il viaggio che li avrebbe condotti verso le montagne.

“Non sempre siamo andate d’accordo...” disse Hanna rivolta a Naevia “...ma non ti dimenticheremo!” Promise cercando di non commuoversi.

“Ucciderò i romani anche per voi! Vi auguro una vita felice!” Rispose Naevia accarezzando la paffuta guancia di Aranel che nascose il viso nei capelli della madre.

“Sei stata una delle nostre prime amiche! Assieme abbiamo affrontato numerose battaglie, perdonaci se non ti seguiamo in questa!” Disse Sara consapevole che forse erano le ultime parole che si scambiavano.

“Solo se proteggerete questo prezioso tesoro e le insegnerete come si stacca di netto una testa!” Naevia non sembrava scherzare....

“Sulla prima ti do la mia parola......sulla seconda non saprei....” rispose Hanna incerta.

“Faremo del nostro meglio, promesso!” Promise Sara con un’occhiolino.

“Pregherò gli dei. Invocherò la caduta di Crasso ed il trionfo del grande Spartacus!” Leta salutò Spartacus cercando di fargli e farsi coraggio fino all’ultimo.

“Ne ho abbastanza di parole, di lacrime e addii. Voglio vedere il sangue, udire le grida del nemico!” Disse Gannicus scrollandosi di dosso tutta quella tristezza. Certo che se doveva morire, preferiva farlo per proteggere coloro che amava invece di venire ucciso mentre fuggiva per salvarsi la vita!

 

*

 

I due schieramenti si trovavano l’uno di fronte all’altro.

Azrael aveva una visione completa dell’esercito romano dalla groppa di Aegnor che si agitava nervoso. Un romano a cavallo avanzò verso di loro.

“Lancia!” Ordinò Spartacus.

Il cavallo del romano s’impennò appena l’arma si conficcò sul terreno di fronte a lui. “Non cerco lo scontro. Ho un messaggio da parte dell’imperatore Crasso!” Disse il cavaliere con evidente paura che traspariva dalla sua voce tremante.

“Parla! E prega i tuoi dei che il messaggio sia importante!” Ringhiò Spartacus che nel frattempo aveva preso un’altra lancia in mano pronto ad ucciderlo.

Con grande sorpresa di tutti, il portatore di pioggia si allontanò dal campo di battaglia, seguito dai suoi generali. Giunsero su di una collina che affacciava sulla pianura dove si trovavano i due eserciti, potendo finalmente parlare faccia a faccia con l’acerrimo nemico.

“Hai mai visto niente di simile? Tanti cuori protesi verso una fine ineluttabile!” Chiese Crasso prima di voltarsi.

“Perché mi hai mandato a chiamare Crasso!?” Spartacus non era in vena di fare conversazione.

“La ragione è la stessa per cui tu sei qui!” Rispose l’imperatore voltandosi di scatto per studiare l’elfo “La curiosità!” L’imperatore osservò l’elfo con avidità. 

Non era l’animale descritto nelle storie ascoltate quando era un fanciullo, ma una persona acuta e implacabile, glielo poteva leggere in quegli occhi feroci e profondi come il mare.

“Curiosità che hai appagato?” Chiese il trace irritato quando il romano cominciò ad osservarlo con troppa attenzione.

“Ci rincorriamo da svariati mesi. Uno sforzo costato profonde ferite ad entrambi! Ma non ci siamo mai parlati!” Crasso parlò come se si stesse rivolgendo ad un vecchio amico che non vedeva da tempo.

“A questo punto parlare non serve!” Ringhiò Spartacus per niente influenzato dalle buone maniere dell’altro.

“Forse hai ragione tu!” Crasso sfoderò la spada “Ciò nonostante voglio farlo!” Gannicus, Azrael e gli altri reagirono mettendosi in posizione difensiva, ma si sentirono smarriti quando il romano la porse al suo secondo in comando.

“Lasciateci!” Ordinò sorprendendo tutti ancora una volta.

“Imperatore!” Cesare esitò di fronte a quell’ordine.

“Fate come vi ho detto!” Urlò Crasso non distogliendo lo sguardo da Spartacus.

Al trace bastò un cenno del capo ed i suoi uomini si allontanarono obbedienti.

“È cosa assodata che non sei nelle condizioni di vincere questo conflitto!” Cominciò il discorso Crasso.

“Non sei il primo a crederlo. Dicevano la stessa cosa anche gli altri romani che ho mandato nell’aldilà!” Lo contradisse Spartacus con una nota di soddisfazione nella voce.

“Mio figlio con loro!” Ringhiò Crasso sentendo quel dolore sordo risvegliarsi.

“Imperatore perdona se non provo alcun rammarico per la morte del soldato che ha tolto la vita a Crisso!” Gli rispose Spartacus.

“Il gallo è caduto sul campo di battaglia! Onore che è stato negato a Tiberio!” Protestò ulteriormente Crasso.

“Non ho dato io l’ordine di ucciderlo! Ma la donna era stata duramente colpita dal tuo erede! Il suo cuore chiedeva vendetta!” Rispose il trace calmo.

“Mentre il mio sanguina nel ricordo di mio figlio! Ed il tuo di una sposa che ti è stata strappata!” Disse Crasso toccando una ferita ancora aperta e sanguinante.

“Le nostre perdite non sono minimamente equiparabili!” Ringhiò Spartacus “Tuo figlio combatteva per la Repubblica! Quella stessa Repubblica che ha strappato la mia donna innocente alla sua terra, condannandola a schiavitù e morte!” Gli ricordò.

“E ora a migliaia la seguiranno, in virtù del tuo folle piano!” Lo accusò Crasso.

“Qualunque sia il loro destino. Sarà frutto di una libera scelta!” Puntualizzò Spartacus con orgoglio “Noi decidiamo del nostro fato. Non tu, o le legioni romane....e neppure i vostri dei!” Disse esponendo il suo pensiero.

“Scegliete solo il luogo ed il tempo della vostra disfatta!” Gli rispose il romano.

“Molto meglio morire in battaglia, che vivere con la catena al collo!” Controbatté Spartacus.

“E questo lenirebbe il dolore della ferita? Se il portatore di pioggia compisse il prodigio e sconfiggesse Crasso e le sue legioni, lascerebbe in pace la Repubblica? Pago di aver reso giustizia agli schiavi che sono morti per mano dei romani!” Chiese l’imperatore curioso.

“Non esiste la giustizia.....non in questo mondo!” Ammise Spartacus.

“Dopotutto.....su una cosa siamo d’accordo!” Disse Crasso alla fine, voltandosi verso di lui e porgendogli la mano in segno di rispetto.

“La prossima volta, sappi che ti ucciderò!” Lo minacciò il portatore di pioggia.

“No, diciamo che ci proverai!” Rise l’imperatore.

“Non è questo che fanno gli uomini liberi?” Chiese Spartacus ansioso di scontrarsi con lui sul campo di battaglia.

 

*

 

Con il sorgere del sole i loro destini sarebbero stati decisi.

Azrael e Gannicus entrarono nella tenda di Spartacus notando che anche lui era stato mattiniero.

“È una grande responsabilità essere a un passo dalla fine della guerra e soppesarne i costi!” Iniziò a parlare Gannicus.

“Non credi che si possa sconfiggere Crasso?” Chiese Spartacus come a volersi levare un dubbio.

“Uno dei tuoi molti talenti è realizzare l’impossibile, punterei senza dubbio su di te nella battaglia finale..tuttavia....i pronostici non ti favoriscono!” Rispose il celta.

“No, sono d’accordo!” Ammise Spartacus agendo tranquillo, di fronte ad una morte certa imminente.

“Una coppa potrebbe sollevarci lo spirito! Ma ultimamente cerco di evitare!” Ammise Gannicus.

“Evento degno di grande nota! Anch’io avevo placato il mio temperamento quando conobbi i turbamenti del cuore!” Iniziò a raccontare il trace.

“Stai parlando di tua moglie Sura?” Chiese Azrael incuriosito.

“La prima volta che dormii con lei, mi disse di come gli dei le inviassero oracoli attraverso i sogni. Le avevano predetto che io non avrei amato altre donne!” Svelò Spartacus.

“E la profezia si è avverata?” Chiese Gannicus ansioso di sentire la risposta.

“Ho trovato conforto a tratti! Tuttavia c’è un vuoto che mai potrà essere colmato! Un baratro che si trova dove un tempo batteva il cuore. Quando Sura era vicino a me!” Confessò Spartacus con gli occhi velati dal dolore.

“Anche tu hai perso la tua sposa!” Disse Gannicus rivolto all’elfo.

“Ho passato secoli sopravvivendo grazie al suo ricordo ed alla presenza di mio figlio. Hanna non la sostituisce, ma con lei ho potuto sentire il cuore battere di nuovo!” Confidò Azrael.

“Sarebbe bello provare di nuovo quelle emozioni!” Ammise Spartacus “Un giorno mi chiedesti di definire la vittoria. Ero certo che fosse la morte dei romani!” Disse cambiando discorso e volgendo lo sguardo verso Gannicus.

“La pensi diversamente oggi?” Chiese lui.

“Solo la vita, può essere una vittoria! Non la morte dei romani, la nostra o quella di chi si batte con noi, ma la vita di Sibilla, di Leta, Hanna, Sara, dei deboli! Tutti loro sono Sura. Ed io desidero che vivano!” Disse determinato.

“Causa che persino io condivido!” Riconobbe Gannicus.

“Se vogliamo dare agli altri una speranza contro Crasso non basta che tu la condivida. Devi avere un ruolo!” Disse il trace ed Azrael si trovò a concordare.

“Vecchia questione Spartacus!” Rispose il celta lanciando un occhiataccia all’elfo. Ci si metteva pure lui adesso?

“Che ora o mai più va appianata! Non posso farcela se tu non assumi un ruolo adeguato! Che nessuno qui merita più di te!” Decretò Spartacus.

“Che cosa vuoi che faccia?” Alla fine Gannicus si arrese, riconoscendo che l’amico avesse ragione.

“L’impossibile!” Rispose Spartacus.

 

*

 

Sara si agitava tra le coperte. Dormire era escluso!

Però il corpo necessitava di riposo, per questo si era distesa dentro la tenda.

“Dio, è la notte più lunga della mia vita!” Urlò per poi tapparsi la bocca ricordando che Aranel non era preoccupata dato che spesso il padre si assentava per alcuni giorni, in battaglia o avanscoperta e dormiva beata fra lei ed Hanna.

Quest’ultima le aveva rifilato un’occhiataccia, ma la sua reazione immediata le fece capire che era nelle sue stesse penose condizioni.

Ariadne invece dormiva profondamente distrutta dal calvario che l’agonia di Cassia le aveva procurato. Felix russava, ma non era sorpresa, quel ragazzo sarebbe stato in grado di dormire persino sul campo di battaglia, mentre gli scontri imperversavano.

Ma la loro vita non si concludeva abbandonando la Repubblica!

Era doloroso, ma la morte di Milo, Attico, Thranduil, Gannicus e molto probabilmente Spartacus, non doveva tarpare loro le ali.

La possibilità che qualcuno di loro tornasse era irrisoria, ma quella piccola speranza persisteva ed aveva dato loro la forza di comportarsi normalmente.

In caso, la loro perdita sarebbe stata devastante, ma il pensiero che l’avessero fatto per loro la commuoveva e faceva sentire in dovere di vivere a pieno per non sprecare quella seconda opportunità pagata cara e così generosamente offerta.

Thranduil era stato un caro amico che mai avrebbe dimenticato. Altero ed autoritario, però premuroso, cordiale, coraggioso, sincero......in poche parole, insostituibile!

Gandalf aveva ragione, come sempre: molti di quelli che vivono meritano la morte e molti di quelli che muoiono meritano la vita.

Avrebbe scommesso e probabilmente vinto sul fatto che Crasso ne sarebbe uscito vivo!

Anche se riflettendoci bene, sarebbe stato fondamentale per la storia! Solo così si sarebbe creata la Roma che conosceva lei.

E poi i numerosissimi film che aveva visto le avevano insegnato che cambiare la storia avrebbe portato solo nefaste conseguenze. Anche se avrebbe preferito il contrario, Crasso doveva vivere, per stringere quel famosissimo accordo passato alla storia come il primo Triumvirato.

Sara aprì un disegno fatto qualche mese prima che ritraeva tutti loro assieme.

Lei, Hanna, Aranel, Thranduil, Milo, Cassia, Attico, Ariadne, Proximo, Felix, Hagen e Tigris. Sorrise, erano stati mesi felici anche se erano stati in guerra con i romani.

Forse era irrispettoso verso coloro che non avrebbe più rivisto, ma Sara già pensava e creava mille fantasie e storie sulla loro prossima avventura che avrebbero vissuto una volta nella Terra di Mezzo!

 

*

 

Il momento era giunto.

“Ma sono moltissimi!” Non tutti i ribelli riuscivano a mascherare la paura.

“Come quando Crisso ha abbandonato questa vita!” Come Naevia che nonostante tutto era impaziente di combattere. Quando aveva conosciuto Crisso odiava i combattimenti, mentre ora erano la cosa per cui viveva!

“Ci viene offerta una grande opportunità: nuotare in un oceano di sangue romano!” Urlò Agron riuscendo ad infondere un po’ di coraggio nei più incerti.

Spartacus si fece avanti e parlò quasi urlando, così che tutti potessero sentirlo “Presto, Crasso impartirà l’ordine e affronteremo le sue legioni sul campo di battaglia! Ci troviamo di fronte ad una grande potenza. La Repubblica che allarga la sua ombra sulla vita di ogni uomo, di ogni donna, e di ogni bambino, condannandoli alle tenebre della schiavitù! Costretti a sudare e a soffrire, solo perché i ricchi ed i potenti possano accrescere le loro fortune ben oltre i propri bisogni!” Gridò prima di alzare entrambe le spade “È tempo che imparino, che tutti gli esseri umani, hanno il medesimo valore! E coloro che pensano di poter calpestare il diritto di scelta di altri uomini verranno travolti.....dal grido della libertà!” Le urla degli schiavi fecero intendere che anche se pochi, sarebbero rimasti uniti fino alla fine.

Il suono di un corno precedette l’avanzata della prima legione romana.

“Avanti!” Anche Spartacus diede l’ordine ed essendo tutti gli uomini senza un cavallo, corsero verso il nemico euforici.

“Avanzare, che la ribellione si sciolga come neve al sole!” Ordinò Crasso comodamente seduto su di un cavallo posto centralmente, fra tutti i suoi soldati.

“Prendere posizione!” Urlò Spartacus fermando bruscamente la veloce avanzata, gli scudi vennero posizionati e le lance alzate.

I romani, credendo fosse un momento di esitazione corsero verso di loro sguainando le spade.

“No!” “No!” “No!” Il trace si ripeteva per evitare che qualche sprovveduto si facesse vincere dall’ansia attaccando prima del tempo.

Milo tese la corda dell’arco e la freccia partì veloce e letale. Ma non verso la gola di qualche romano, ma pronta a recidere una sottile corda, visibile solo agli occhi di chi era a conoscenza della sua presenza. Appena venne spezzata, il fragile equilibrio si ruppe, facendo aprire sotto ai piedi dei romani una profonda voragine, alla cui base erano state poste numerose lance per uccidere chiunque ci cadesse.

“Arcieri! Adesso!” Urlò Spartacus cogliendo l’attimo di confusione ed uccidendo i soldati rimasti ad osservare la scena atterriti, non pensando di levare gli scudi sulle teste per proteggersi.

“Lo schieramento che aspettavamo!” Disse Naevia impaziente, appena li vide mettersi a testuggine.

“Mostriamo loro qualcosa di imprevedibile! Adesso!” Spartacus, aiutato dai suoi tirò fuori da un sottile strato di sabbia, una lunga rampa creata per poter superare la trappola da lui stesso costruita.

Le costruzioni in legno atterrarono sugli scudi dei romani, permettendo ai ribelli di penetrare quella formazione creduta invincibile, sorpassando i primi che chiudevano il passaggio.

Crasso mostrò la cieca ambizione del suo popolo, ordinando di fare fuoco con le catapulte pure sui suoi uomini, pur di uccidere i ribelli.

“Non sospendere l’avanzata, spingersi in avanti!” Gridò Spartacus quando le prime palle infuocate iniziarono ad uccidere i suoi compagni.

Lugo fu uno dei tanti a morire arso vivo, ma questo spinse i superstiti ad avanzare, facendosi guidare da una ceca furia nata nel vedere i fratelli morire in modo così atroce.

“Cavalieri in avvicinamento! Dietrofront!” Quel grido fece alzare la testa a Spartacus che sorrise nel vedere gli aiuti giungere nel momento prestabilito.

Azrael, Attico, Milo e Gannicus caricarono i romani a cavallo con numerosi uomini.

Il loro piano era impadronirsi delle catapulte e tutte le altre armi in grado di fare molti danni in poco tempo. 

“Bisogna ruotare le balestre, veloci!” Urlò Gannicus saltando giù dal cavallo mentre Azrael lo copriva andando incontro al primo gruppo di soldati giunti per fermarli.

“Cesare, prendi il comando delle retrovie, che non cedano al panico!” Ordinò Crasso vedendo che l’angelo della morte recideva gole e teste come fossero stati dei fiori strappati dal prato.

“È meglio retrocedere!” Disse un Generale romano appena le baliste aprirono il fuoco su di loro.

“No, è quello che si aspettano! Iniziare l’avanzata!” Lo fermò Crasso deciso a rischiare tutto senza fuggire come un codardo.

Nel frattempo, i romani erano riusciti a fermare i ribelli e le catapulte diventarono solo degli oggetti dietro cui nascondersi o da usare come slancio per saltare sopra le teste dei romani.

Azrael aveva lasciato il cavallo, abituato ad un combattimento corpo a corpo, si muoveva agile e letale, in una specie di danza con le sue due spade che ad ogni movimento, recidevano una vita.

Gannicus combatteva poco lontano e dovette coprirlo quando lo vide chinarsi per soccorrere Saxa, la sua prima compagna, ferita a morte.

Questo lo distrasse a sufficienza da notare anche Naevia in difficoltà solo quando era troppo tardi. La giovane guerriera era stata ridotta in ginocchio dal traditore Cesare, che forse aveva tentato di affrontare per vendicare la morte del suo amato.

Gannicus ed Azrael si erano fatti strada fra i numerosi soldati romani che li separavano da loro e che stavano lentamente sterminando i ribelli grazie alla superiorità numerica.

Arrivarono giusto in tempo per vedere Naevia emettere l’ultimo respiro, dopo essere stata trapassata dalla spada del traditore.

“Cesare!” Urlò Gannicus colmo d’ira sfidando il romano ad uno scontro due a due.

“Ero ansioso di affrontarti in battaglia!” Disse Cesare spavaldo.

“Io ero ansioso di tagliarti la testa e darla da mangiare ai porci!” Rispose Gannicus agitando le due spade. 

Ma prima che lo scontro potesse iniziare, il celta voltò la testa verso l’elfo “Vai ad aiutare Spartacus!” Gli intimò ed Azrael chinò il capo in un silenzioso saluto, voltandosi e cominciando a farsi strada verso il suo obbiettivo, uccidendo chiunque gli si parasse davanti.

Spartacus era corso su di un altura, seguendo Crasso che tentava una frettolosa ritirata. Azrael gli andò dietro sgranando gli occhi con ammirazione quando il trace riuscì ad uccidere tutti e dieci i romani che lo separavano dall’imperatore.

Crasso non era intimorito, ma ansioso di misurarsi in uno scontro alla pari.

L’elfo rimase a distanza per poter sia intervenire che fermare eventuali pericoli giungessero alle spalle dell’amico. Amico? Si ritrovò a sbuffare, quegli umani lo avevano rammollito!

L’imperatore non sembrava estraneo allo stile di combattimento del gladiatore e riuscì persino a mandare a segno un colpo, ferendo il grande condottiero al fianco.

In risposta, Spartacus gli aprì uno squarcio sulla coscia.

Passato un primo momento di furia, entrambi si ritrovarono costretti a fermarsi per riprendere fiato. Erano esausti, ma essendo alle ultime fasi dello scontro, non era loro intenzione cedere.

Durante l’ultimo scambio Spartacus riuscì a disarmare il nemico, che rotolò all’indietro per guadagnare una posizione migliore. Il trace affondò la spada, ma di fronte al pericolo, Crasso fermò la lama a mani nude a pochi centimetri dal suo ventre.

La sorpresa del trace venne usata contro di lui, e tenendo salda la dolorosa presa, Crasso tolse l’arma dalle mani dello schiavo girando su se stesso per dare forza al colpo. Sembrava un gioco, perché questa volta fu Spartacus a bloccare la lama nel medesimo modo e l’imperatore lo guardò confuso e deluso di fronte ad una vittoria che credeva di avere in pugno ma che non arrivava!

La confusione aumentò con un colpo di testa da parte del trace che fece finire Crasso in ginocchio. Spartacus aveva vinto!

Azrael si avvicinò quando lo vide esitare dal dare il colpo di grazia. Perché gli umani si perdevano in ozi nei momenti meno opportuni?

Entrambi i guerrieri erano troppo esausti per parlare ed il trace si limitò a caricare il colpo mortale. L’elfo fu sorpreso nel notare che il potente Crasso si fosse rassegnato a morire per mano di colui che aveva giurato di distruggere.

Fu l’istinto a farlo agire e salvare le loro vite. Thranduil si voltò di scatto deviando con la spada una grossa lancia diretta nella sua schiena, ma una seconda andò a segno, conficcandosi nel torace di Spartacus!

Azrael corse contro i romani giunti in soccorso del loro imperatore distogliendo l’attenzione dai due guerrieri. Crasso si alzò lentamente, con un sorriso beffardo in volto. Gli dei l’avevano favorito!

Prese lentamente la spada da terra e si rivolse al trace in ginocchio davanti a lui, ignorando del tutto l’angelo della morte che sterminava i suoi uomini.

Non fece neanche in tempo a sollevare l’arma che un rumore di zoccoli lo fece voltare prima di essere travolto da un grosso cavallo nero in corsa. L’imperatore rotolò giù dalla collina, troppo debole per riuscire a fermarsi.

L’elfo sorrise in direzione del fedele animale, giunto appena in tempo e notò con stupore Agron avvicinarsi al fratello e sollevarlo delicatamente in piedi prima che Nasir lo aiutasse ad issarlo su di un cavallo.

Azrael si voltò verso il campo di battaglia che si estendeva davanti ai suoi occhi, fissando con dolore ed ira, i pochi ribelli superstiti circondati dalle legioni romane.

Sentì chiaramente Cesare giungere in aiuto di Crasso e conscio di non avere scelta, salì sul cavallo spronandolo a galoppare veloce per allontanarsi da una guerra ormai perduta.

 

*

 

In molti vennero fatti prigionieri ed i romani decisero di dare un potente significato alla loro morte, senza onore e gloria!

Lungo la via che portava a Roma cominciarono ad essere posti gli schiavi ribelli crocifissi, come monito per tutti coloro che agognavano una vita priva del bruciore della frusta sulla schiena.

Gannicus ansimava a causa del dolore. La rabbia per non essere riuscito ad uccidere il traditore Cesare lo teneva vigile ma era consapevole che la sua fine fosse vicina.

Oltre all’impazienza di rincontrare i suoi fratelli caduti, c’era anche amarezza al pensiero di abbandonare coloro che ancora erano in vita, mista a felicità pensando che Sibilla e molti altri lo avrebbero raggiunto a causa del passare del tempo e non a causa di una morte prematura per mano dei romani.

Alla fine era morto nella gloria della battaglia, non proprio visto che i romani si erano dimostrati spietati nell’ucciderlo, crocifiggendolo ed osservando come minuto dopo minuto, la vita defluisse dal suo corpo. Ma almeno aveva lottato fino all’ultimo!

Spartacus avrebbe portato tutti al sicuro ed Azrael forse poteva veder realizzato il desiderio di tornare dai suoi simili!

Gannicus lanciò un grido pieno d’orgoglio, come per far sapere al nemico che non avrebbero mai realmente vinto, perché è impossibile uccidere un ideale!

È quella fu l’ultima volta che la voce del celta risuonò nel mondo dei vivi, mentre Gannicus si dirigeva a testa alta sulle sponde dell’averno, non dovendo espiare alcuna colpa o rimpiangere niente!

Attico e Milo si erano ritrovati assieme pure quando le catene vennero nuovamente strette sui polsi e sulle caviglie.

“Ariadne e mio figlio vivranno liberi! Dovrò aspettare molto prima di poterli accogliere....sulle sponde dell’averno! È quello che spero!” Disse Attico che nonostante tutto si sentiva felice con la consapevolezza che loro si fossero salvati.

“Azrael si prenderà cura di loro!” Disse Milo guardando verso la collina sulla quale erano spariti i loro compagni “Mi dispiace solo non poter veder crescere la piccola Aranel!” Confessò prima che i romani iniziassero a trascinarlo di peso.

Venne fatto sdraiare sul legno appena tagliato, costringendolo a distendere le braccia, tenendole ben ferme, così che il chiodo non si potesse muovere.

Milo iniziò ad ansimare e serrò la mascella, fissando il martello con odio, intenzionato a non emettere alcun suono.

Ma quando il chiodo venne spinto dal martello, in profondità nel suo polso, urlò in agonia arrendendosi a quel dolore immane.

Attico venne issato sul palo accanto al suo poco dopo.

La strada era ornata da migliaia di croci ed il vento trasportò le loro urla fino alle porte di Roma.

Ci volle parecchio affinché tutti fossero appesi ai pali, i primi erano già spirati.

“Muoio da uomo libero!” Urlò Attico prima di abbandonarsi completamente alla forza di gravità.

Milo aveva abbassato la testa, stremato. Fu grazie alla forza di volontà che riuscì ad alzarla quando sentì le voci di Crasso e Cesare raggiungerlo e superarlo.

Poi la vide. Cassia!

Si ergeva in tutta la sua fierezza davanti a lui. 

Bella come una dea e felice come l’aveva vista molte volte, quando godevano l’uno dell’abbraccio dell’altro.

“Insieme per sempre....” sussurrò Milo con un piccolo sorriso che gli comparì sulle labbra “In questa vita o nell’altra!” Disse prima di spirare accanto a suo fratello.

 

*

 

Appena i ribelli sopravvissuti raggiunsero gli altri sulle montagne, la notizia si sparse ancora più velocemente di quanto fosse mai successo ed Hanna e Sara corsero nella direzione dove sapevano esserci i guerrieri, fuggiti di fronte ad una tremenda disfatta.

Aranel rimase ferma dove si trovava, appena la madre la posò in terra, confusa da tanto entusiasmo. Il suo Ada era solo tornato!

Hanna e Sara abbracciarono Thranduil di slancio, saltandogli addosso e caddero tutti e tre in terra quando lui, sia per la sorpresa che per il peso combinato delle due, non riuscì a restare in piedi.

Ridevano e piangevano le due ragazze, ripetendo all’infinito la parola “Grazie!”.

L’elfo si mise a sedere ed accolse fra le braccia la figlia che sembrava alquanto smarrita mentre guardava la madre come se non la riconoscesse.

Ma la loro felicità durò poco appena Spartacus venne adagiato su di una coperta ed alcuni schiavi esperti iniziarono a medicargli le gravi ferite.

Vedendo il trace in quello stato, Hanna si riscosse dalla trance in cui era caduta e si guardò attorno, ma tra i pochissimi guerrieri tornati, non vide coloro che cercava. L’occhio le cadde su un Ariadne che girava in tondo, nella speranza di scorgere anche lei qualcuno in particolare. Poi i loro occhi si incrociarono e quasi contemporaneamente si voltarono verso Azrael.

L’elfo sospirò ed abbassò lo sguardo ed Hanna potè vedere una singola lacrima scivolargli sul viso per la prima volta, mentre una tenaglia le stringeva il cuore quando comprese l’orrenda realtà: Attico, Milo e Gannicus non c’erano e non sarebbero tornati mai più!

Ariadne cadde in ginocchio, poggiando entrambe le mani sul ventre, trattenendo un grido di disperazione. Sara le fu subito accanto, piangendo assieme a lei.

Hanna fu bloccata dal fare altrettanto dalla voce di Agron che urlò “È vigile!” Riferito a Spartacus.

“Siamo sulle montagne!” Il germano informò il fratello che si guardava attorno allerta.

“Ti abbiamo aspettato, come promesso!” Disse Leta con le lacrime agli occhi.

“Sono tutti salvi?” Chiese il trace con voce sofferente.

“Pompeo ha attaccato l’altro gruppo. Molti sono morti!” Rispose sinceramente Agron.

“Dobbiamo avviarci o l’esercito romano ci piomberà addosso!” Ricordò Leta.

Agron e Nasir afferrarono l’amico per le braccia, ma un suo lamento li fece desistere subito.

“No, devo riposare!” Il portatore di pioggia fermò il loro secondo tentativo.

“Non possiamo restare qui!” Tentò di convincerlo Agron.

“No! Andate!” Ammise il trace chiudendo gli occhi.

“Spartacus....” sussurrò Leta distrutta.

“Spartacus, lei non mi chiamava così!....dopo tutti questi anni sentirò pronunciare il mio vero nome....dalla mia amata sposa!” Disse lui sorridendo felice.

Agron si arrese, trattenendo il pianto, realizzando che non c’era niente che avrebbe potuto fare stavolta.

“Non versate lacrime......non esiste vittoria più gloriosa di abbandonare questo mondo da uomo libero!” Appariva sereno il trace ed Azrael gli si avvicinò comprendendo ciò che di lì a poco sarebbe accaduto. Fu proprio a lui, che il portatore di pioggia si rivolse “Azrael....guidali....proteggili......li affido a te.....amico mio!” Quelle furono le ultime parole di Spartacus, lo schiavo il cui nome aveva fatto tremare Roma, dato speranza a coloro che credevano di essere perduti e che mai sarebbe stato dimenticato.

Agron pianse in silenzio e chiuse gli occhi dell’amato fratello. 

“Verrà il giorno in cui Roma si perderà nell’oblio, mentre tu, tu vivrai per sempre....nel cuore di coloro che lottano per la libertà!” Agron diede un piccolo bacio sulla fronte di Spartacus chiaro segno dell’affetto che lo legava al grande condottiero e che mai si sarebbe spento.

Bruciare il corpo con tutti gli onori avrebbe rischiato di farli scoprire, così decisero di seppellirlo. Furono veloci e seppur tristemente, ripresero la marcia appena completato il lavoro.

Verso sera, sorprendendo tutti, il germano si rivolse ad Azrael “Ho sempre creduto in Spartacus, a lui avevo affidato la mia vita!” Disse sincero “Mi aveva confidato tempo fa, la sua certezza nel lasciare il comando a te, in caso della sua dipartita!” Confessò e Thranduil sgranò gli occhi per la sorpresa, tornando stoico in meno di un secondo.

Agron si inginocchiò di fronte all’elfo, imitato da Nasir, Hagen, Tigris, Felix ed tutti i guerrieri rimasti in vita che anche se pochi rispetto a prima, rimanevano numerosi.

“Rispetterò il suo volere e resterò sempre al tuo fianco sul campo di battaglia. Ti seguirò sempre! Mi fidavo ciecamente di Spartacus e sono certo che non si sia sbagliato su di te!” Disse Agron e gli altri annuirono in accordo.

“Ti sono grato per la fiducia che riponi in me! Non è mia intenzione deludervi! Vi aiuterò a cercare un posto da chiamare casa....ma una volta adempita la mia promessa tornerò dal mio popolo da cui manco da troppo tempo!” Disse Thranduil porgendo una mano ad Agron. Gli altri guerrieri sussultarono sentendolo parlare nella loro lingua, ma la calma del germano li tranquillizzò quasi subito.

Lui sorrise e l’afferrò venendo tirato in piedi “Ti ringrazio!” Sussurrò felice.

“Dovrai farlo solo quando saremo al sicuro!” Lo riprese Azrael dirigendosi verso Aegnor.

Avevano subito gravi perdite, ma non per questo si sarebbero arresi!

 

Ed alla fine ce l'ho fatta!

Ho sempre tifato per i ribelli ed alla fine, Spartacus è riuscito a risparmiare a molti le sofferenze inflitte dai romani.

Alt, stop, dove andate? So che è un capitolo triste, anch'io ho sofferto molto per la morte di Gannicus, Attico e Milo!.....

Ma la storia non finisce qui!

No, ho molte idee per la testa! Voi, cari lettori, vi aspettate qualcosa in particolare?

A presto, 

X-98

 

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Capitolo 17
*** La fortuna aiuta gli audaci ***


“Aaaah! Sono aracnofobica!” 

“Uccidili e non rompere!”

“Più facile a dirsi che a farsi!”

Una volta sulle alte vette delle montagne, si erano resi conto che i romani non li inseguivano più. Forse credevano di averli sterminati attaccando il secondo gruppo, ma era meglio così!

Come se volessero sostituire i romani, dei ragni giganti li avevano attaccati a sorpresa. Fortunatamente l’avanguardia era stata in grado di difendersi senza subire alcuna perdita.

Ma quello era, per quanto assurdo, un segno di buon auspicio!

Si trovavano in un luogo inospitale, dove la vegetazione diminuiva a causa dell’altitudine, e dove gli umani mai avrebbero costruito qualche insediamento.

Per questo nessuno si era reso conto di quei nuovi ospiti, sicuramente passati per la grotta che li collegava con la Terra di Mezzo!

Il problema più grande, a parte i ragni, erano le numerose insenature nella roccia presenti che rendevano arduo trovare ciò che stavano cercando.

Hanna uccise l’ultimo ragno ancora vivo e si preoccupò di pulire accuratamente la sua spada sull’erba, schifata da quelle orrende creature che anche da morte davano problemi.

“Non avevo mai visto qualcosa del genere!” Ammise Nasir che invece era molto sorpreso ed incuriosito da una minaccia che non lo preoccupava più di tanto.

“E ti conviene non farlo più! Quelli che abbiamo incontrato erano pochi, se ci trovassimo di fronte un gran numero di loro diventerebbero un serio pericolo, fidati!” Lo riscosse Hanna mentre si guardava attorno. Dividersi per cercare la grotta non era stata proprio una bella idea....

“E per quale motivo?” Chiese il siriano curioso.

“Il loro veleno ti uccide all’istante!” Rispose Hanna senza tanti giri di parole.

“Mi hai convinto!” Si arrese Nasir allontanandosi dal cadavere di uno di loro come se potesse essere colpito.

“Bugiarda! Però visto che non abbiamo l’antidoto forse è meglio evitare le punture letali!” La contraddisse Sara che non poco distante, aveva sentito l’intero scambio.

“Quindi io avevo ragione, non abbiamo l’antidoto, ergo il loro veleno è mortale!” Contrattaccò Hanna volendo restare nella ragione, come sempre.

“Si, ma non ti uccide all’istante!” Fece notare Sara.

“No hai ragione! Ti fa cadere in un sonno profondo non facendoti risvegliare più! Perdona se non mi sono dilungata nei dettagli!” Protestò Hanna.

“Nono! Shelob, il ragno più famoso di Arda, era si, in grado di iniettare una dose di veleno non letale, ma solo per mantenere la carne delle sue vittime fresca! Credo che il veleno dei ragni ti uccida lentamente, facendoti soffrire le pene dell’inferno!” Ragionò ad alta voce Sara.

Nasir, abituato a seguire la metà delle loro conversazioni, le ignorò, accingendosi ad accendere una torcia prima di addentrarsi in una nuova caverna, consapevole grazie alle numerose ragnatele, che ci sarebbero potuti essere ulteriori pericoli in agguato.

Come previsto si ritrovarono a combattere con ulteriori ragni e Tigris giunse appena in tempo per bloccarne uno che li aveva sorpresi alle spalle.

“Ehi Gallo come ti va la vita?” Chiese Sara contenta di essere ancora viva cercando di distogliere l’attenzione dalle carcasse che la terrorizzavano a morte.

Cioè, solitamente scappava anche di fronte ad un ragno grosso come uno spillo!

“Vabbe’ che fanno schifo! Ma vomitare mi sembra esagerato!” Commentò quando vide Hanna rimettere la magra colazione fatta poco prima di iniziare la ricerca.

“Avrò preso freddo durante queste notti!” Si giustificò lei bevendo un po’ d’acqua per sciacquarsi la bocca.

“Ma se hai dormito nella tenda con Aranel?! Si sarebbe dovuta ammalare anche lei!” Puntualizzò l’altra.

“È per metà elfo!” Ricordò Hanna.

“E per metà umana!” Sara non demorse.

“Va bene! Andrò dal medico più esperto e mi farò visitare, così che non debba più sentire la tua voce tediosa assillarmi!” La rassicurò Hanna stufa di litigare.

“Armoniosa! Ma che gentile che sei!” Disse Sara ironica.

“Ma va....” “Ragazze!” Hanna venne interrotta da una voce in lontananza. Era Nasir, giunto dall’altra parte della grotta in un batter d’occhio.

“Ci sono degli alberi qui!” Disse il siriano.

“Ed altri ragni!” La voce di Tigris venne accompagnata dal cozzare di spade e dai lamenti di quelle immonde creature.

Le amiche si guardarono euforiche, trattenendosi miracolosamente dall’iniziare a festeggiare con gridolini e salti, consapevoli che forse, si trattava solo delle alpi e non per forza di ciò che da giorni cercavano ardentemente!

 

*

 

A quanto pare non si erano sbagliate! Thranduil aveva tolto ogni dubbio e la notte era giunta con la consapevolezza che la loro meta era vicina. Presto avrebbero abbandonato l’ombra opprimente di Roma!

Hanna e Sara erano talmente eccitate che non riuscirono a chiudere occhio.

“Mannaggia a me, domani sembrerò uno zombie!” Sussurrò Sara all’orecchio dell’amica “Il primo giorno nella Terra di Mezzo sarò impresentabile! È terribile, ti rendi conto?” Chiese distrutta.

“La vita è breve....non posso sprecarla a sentire le tue stronzate!” Le rispose Hanna voltandosi su di un fianco per far intendere che non voleva più parlare.

“Notizia dell’ultima ora: siamo immortali!” La contraddisse Sara.

“Ti darei cinque minuti di intelligenza per farti capire quanto sei idiota!” Disse Hanna voltandosi verso di lei “Non ti seguo!” Ammise Sara per niente offesa.

“Non invecchiamo, ma questo non significa che l’immortalità ci rende invulnerabili alle ferite! Potremmo morire sul campo di battaglia!” Tentò di svegliarla Hanna.

“Ma guardare il bicchiere mezzo pieno proprio no, eh?” Chiese Sara per niente abbattuta di fronte a qualcosa che sapeva già ma a cui non aveva mai dato troppa importanza.

Hanna si rimise su di un fianco e sorrise nel vedere Aranel dormire tranquilla tra le braccia di Thranduil. La bocca dischiusa di lui ed il respiro lento le fecero capire che dormiva profondamente.

Doveva essere distrutto. Dalla morte di Spartacus aveva preso il comando e si erano ritrovati a stare insieme solo quando era il momento di dormire. Anzi, a volte, dato che supervisionava tutto e tutti, lui non era accanto a lei nemmeno in quei momenti.

Però non le importava, erano insieme, vivi e felici!

Certo, ripensandoci, credeva che la sua vita era stata distrutta alla morte dei suoi genitori, doppiamente quando era stata mandata dai suoi zii.

Per poi triplicarsi quando era stata catturata dai romani come schiava.

Invece aveva incontrato un elfo, chiariamoci un elfo. All’inizio credeva che avessero messo chissà quale sostanza nel brownie o nel Pumpkin Spice Latte preso da Starbucks quella mattina e che il suo cervello allucinato avesse messo insieme personaggi a caso, ambientazioni assurde e si era semplicemente chiesta quando sarebbe passato l’effetto. Se l’era goduto, ma con l’aggressione si era rivelato tutto fin troppo vero.

Certo, se una chiaroveggente le avesse detto che si sarebbe ritrovata, nel giro di tre anni, con una figlia mezzelfo ed un compagno elfo l’avrebbe fatta rinchiudere in un manicomio, per quanto potesse sembrare assurdo.....eppure ora si trovava dentro l’assurdo ma perfetto mondo nel quale la sua vita aveva subito una svolta!

Leopardi aveva ragione nel dire che la vita è piena di probabilità, non di certezze!

Sua figlia era stata rapita, non era certa che l’avrebbe rivista, eppure era accaduto. In molti erano morti, altri erano sopravvissuti ed ora, contro ogni pronostico, si stavano dirigendo nella Terra di Mezzo!

Guardò il volto di Thranduil che, anche se non ufficializzato da nessuna cerimonia, era suo marito e lo amava con tutta se stessa. Aveva un carattere impossibile, austero, testardo ed iracondo eppure ai suoi occhi perfetto. Sapeva essere dolce, protettivo e sincero. La faceva sentire al sicuro e la guardava con ammirazione ed orgoglio, come nessuno aveva mai fatto....a parte i suoi genitori.

Hanna si mise a sedere di scatto appena si rese conto che Sara aveva ceduto al sonno.

Si avvicinò andando a mettersi alla sinistra dell’elfo che era disteso sulla schiena, dalla parte opposta di Aranel.

Lo osservò a lungo, ricordando il terrore che l’aveva paralizzata, arrivando quasi a spegnere la fiamma del suo amore nel tentativo di non soffrire quando l’aveva lasciato partire per il campo di battaglia, credendo di non rivederlo più.

Gli accarezzò dolcemente una guancia spostando la testa verso di lei, ridendo quando lui fece un grande sospiro. Doveva essere molto stanco se non si era svegliato!

Poggiò le labbra su quelle dormienti di lui, scambiando un piccolo bacio prima di poggiare la testa sul suo petto ed addormentarsi cullata dai battiti del suo cuore.

 

UN ANNO DOPO 

 

Rohan, anche chiamata terra dei cavalli, confinava con Gondor ed era abitata principalmente da pastori e agricoltori.

Il loro Re si chiamava Thengel, saggio e benvoluto dai suoi sudditi aveva ben accolto il gruppo di ribelli ai suoi occhi capeggiato da Agron, ma segretamente comandato da Thranduil. Con una promessa di un ulteriore commercio di materie prime, come grano e legna, ed ulteriori uomini da impiegare contro gli orchi, i ribelli si erano accattivati la simpatia del sovrano.

L’elfo aveva deciso si rimanere nascosto consapevole che la sua presenza avrebbe potuto attirare attenzioni indesiderate ed era imperativo mettere la loro sicurezza avanti a tutto.

I ribelli erano un popolo irrequieto. Sempre alla ricerca della battaglia.

La maggior parte dei guerrieri, sia esperti e non, si gettavano in numerosi scontri con gli orchi che avevano la malaugurata idea di attraversare il territorio nei pressi del villaggio.

Questo tratto del loro carattere poteva farli sembrare spavaldi eppure erano molto schivi e riservati con gli estranei ed evitavano i contatti con gente esterna, limitandoli solo per il commercio necessario alla loro piccola economia.

Col passare dei mesi, le tende erano state sostituite da casa fatte in legno e pietra e finalmente, la costruzione del villaggio era da poco terminata ed essendo numerosi, si erano divisi i compiti fondamentali che caratterizzavano la quotidianità.

Le guardie che pattugliavano l’alta muraglia, eretta lungo l’intero perimetro e non del tutto completa, in quanto c’era ancora una parte ancora interamente in legno, erano fra i guerrieri più esperti per garantire la sicurezza.

Un gruppo di cacciatori si occupava di procurare sia carne che pesce e spesso tornavano dopo molti giorni. I giovani uomini, oltre che aiutare le donne nella coltivazione dei campi al di fuori delle mura, venivano addestrati dai pochi gladiatori sopravvissuti, così da assicurare un’istruzione di prim’ordine.

Sotto consiglio di Sara, era stata costruita una scuola per i più piccoli di loro, ma frequentata dai pochi adulti volenterosi di imparare a leggere. Fra gli schiavi erano pochi coloro in grado di farlo!

Oltre che “popolo dei cavalli” potevano essere chiamati “popolo guerriero” perché le lezioni dei bambini comprendevano persino i rudimenti del combattimento, con spada, pugnali, lancia, rete ed arco oltre a lezioni di equitazione.

Per molti bambini poco sopra al primo decennio di vita era fondamentale imparare a difendersi. In quanto orfani dovevano cavarsela da soli ed anche se un pasto caldo ed un tetto sulla testa erano assicurati, la curiosità li spingeva ad allontanarsi in piccoli gruppi per esplorare il bosco.....che con il passare dei mesi era diventata una specie di prova per mostrare agli altri di non essere degli incapaci.

Come se vivessero ancora in catene, combattere era ciò che più bramavano. 

Stavolta non era un’imposizione, ma un desiderio inculcato nella mente dei gladiatori trasmesso a coloro che addestravano.

Le donne si occupavano di cucinare ed accudire i monelli a cui serviva sempre una raddrizzata dato che ne combinavano di tutti i colori, anche se molte erano altrettanto temibili se veniva data loro in mano una spada. 

Forse era stata la vita da nomadi, sta di fatto che i ribelli in poco tempo si erano stabiliti nel nuovo territorio adattandosi perfettamente al nuovo stile di vita in quanto gli orchi permettevano loro di sfogarsi combattendo e mostrando il proprio valore sul campo di battaglia. Erano nate delle nuove feste, si erano soliti fare grandi bevute e mangiate ogni sera, ma quelle in particolare coinvolgevano tutti e ricorrevano alla data nella quale, secondo il loro calendario, corrispondeva al loro arrivo nel nuovo territorio in cui potevano finalmente vivere in pace.

Questa ricorrenza era molto vicina alla cerimonia per ricordare Spartacus, il loro salvatore ed anche tutti i cari persi per mano dei romani. Un giorno triste, ma durante il quale festeggiavano con gioia al pensiero che tanti sacrifici non fossero stati vani e come a voler mostrare ai loro defunti quanto preziosa fosse la libertà che si godevano a pieno!

 

*

 

In quell’atmosfera di pace, l’elfo leggendario era diventato la loro guida. 

Non più visto come portatore di morte, ma un capo saggio e forte.

Era affiancato dai suoi generali, come Spartacus prima di lui, dato che i ribelli erano divisi in gruppi fedeli ai sottoposti dell’elfo.

Agron, Tigris ed Hagen si erano guadagnato il rispetto di diversi uomini e la loro complicità permetteva di mantenere la pace fra i gruppi in generale, ma soprattutto di sedare i conflitti fra i Galli ed i Germani.

C’era una maggioranza fedele solo ad Azrael, ma a lui non dava fastidio questa divisione, anzi, la trovava utile per gestire meglio i tremila uomini presenti in quel villaggio, compresi anche donne e bambini.

Poco dopo il loro arrivo, un lieto evento aveva aumentato l’entusiasmo già presente: erano nati i fratellini di Aranel!

Elanor (stella) e Galador (signore degli alberi) erano venuti alla luce il giorno in cui l’ultimo chiodo veniva fissato e la loro casa era finalmente completata, come se volessero nascere in un posto caldo e sicuro.

La piccola Elanor aveva ereditato molti tratti della madre, mentre Galador sembrava un piccolo Legolas. I neonati avevano a malapena quattro mesi e nonostante Thranduil ardesse dal desiderio di tornare nel suo regno, non si sarebbe mosso fino a quando i suoi figli non fossero stati abbastanza forti per affrontare il viaggio.

Un pomeriggio Hanna si era buttata sul divano del salone crollando in uno sfinito sonno profondo. I due gemelli le avevano fatto prosciugare ogni grammo di energia!

Thranduil la trovò così una volta tornato a casa, con Aranel che non vedeva l’ora di far vedere i suoi progressi con la spada alla madre.

L’elfo non fu sorpreso nel vedere che Sara si era addormentata sul loro letto, accanto alle culle dei bambini. Lei era andata a vivere con loro, i due neonati erano stati la conferma di una decisione presa tempo prima senza che fosse stato interpellato!

Alla fine si era rivelata fondamentale perché Aranel aveva preso molto male quella novità!

Parlando appunto di lei, Thranduil la cercò per tutta la casa finché non si convinse di guardare anche fuori. Si diresse sicuro verso il nascondiglio preferito di Aranel, un barile vuoto rovesciato in terra che usava spesso per giocare.

“Naa rashwe?”(C’è qualche problema?) chiese calmo.

“Kela!”(Vattene!) gli urlò contro lei piangendo.

“Man presta le?”(Cosa ti turba?) domandò sicuro di conoscere la risposta.

“Amin delotha lle!”(Ti odio!) forse si era sbagliato.

“Mani marte?”(Cos’è successo?) chiese paziente.

“Nana mi odia!” Urlò Aranel piangendo nascondendosi fra le sue braccia appena le vide tese e pronte ad accoglierla.

Thranduil l’accolse con un sorriso. Aveva previsto fin da subito una gelosia così forte. Aranel era cresciuta in mezzo agli umani e l’attenzione generale era sempre stata solo su di lei, senza contare che dopo il rapimento la situazione era peggiorata.

Ma sua figlia era molto sveglia, anche se piccola avrebbe compreso quanto tenevano a lei.

“Vieni con me!” Le disse alzandosi in piedi e porgendole una mano. Lei la prese e si avviarono verso un ampio recinto dove si trovavano i puledri con le madri.

I cavalli più grandi venivano portati al pascolo assieme a mucche e capre anche se erano più numerosi.

Thranduil prese Aranel in braccio facendole accarezzare una cavalla.

“Questa è una madre, vedi che ha un puledro appena nato accanto?” Chiese indicando con lo sguardo il cucciolo.

“È carino!” Commentò la figlia.

“Ha anche un figlio più grande!” Disse Thranduil indicando con un dito un giovane stallone “Ma questo non significa che non gli voglia meno bene! Il più giovane ha bisogno del latte quello più grande mangia l’erba, il piccolo non sa che uscire dal recinto è pericoloso, il grande si! I tuoi fratelli devono mangiare spesso e la mamma non riesce a dormire mai abbastanza per poter giocare con te, anche se sono certo che le manchi!” Spiegò il padre con pazienza.

“Ma tu riesci a giocare con me!” Protestò Aranel.

“Questo perché io non posso dare il latte ai tuoi fratelli!” Rispose Thranduil tornando verso casa.

“Anch’io bevo latte però! E la mamma non pensa mai a me!” Singhiozzò la piccola.

“Non quello della mamma!” Specificò il padre “No! Quello fa schifo!” Chiarì la figlia ricordando quando una volta, per curiosità, aveva voluto assaggiarlo.

Thranduil si abbandonò ad una grossa risata coinvolgendo anche Aranel ed allegri si diressero verso una grande quercia vicino casa.

L’elfo afferrò un ramo con la mano libera e si diede una spinta con le gambe da sopra una grande radice, saltando sopra al primo ramo, con Aranel che rideva felice.

Come lui, la connessione con la natura era forte e sua figlia amava salire sugli alberi, stando al sicuro fra le sue braccia.

Era giunto il momento che cominciasse ad imparare.

“Prova da sola!” Le disse aiutandola a salire su di un ramo sopra di lui. Lei, dopo un momento di incertezza, iniziò a camminare decisa in equilibrio e ad arrampicarsi su altri rami non troppo lontani. Thranduil, tornato a terra, la seguiva restando sotto, così da poterla afferrare al volo in caso di una caduta.

Come previsto, Aranel non si fece attendere ed il padre la prese per un pelo.

“Non è un gioco! Devi fare attenzione Lelig(Figlia mia). Se desideri migliorare la concentrazione è fondamentale!” Le disse senza rabbia. Essendo stata la sua prima volta era durata anche fin troppo.

 

*

 

Thranduil si abbassò, così che i suoi capelli non fossero notati prima del tempo.

Aegnor, assieme agli altri cavalli perfettamente addestrati, rimase fermo come una statua, come se una preda lo stesse braccando.

Erano nascosti dietro un grosso cespuglio, gli altri attendevano il segnale con trepidazione. Gli arcieri nascosti sugli alberi non avevano ancora incoccato le frecce, consapevoli che più tardi avrebbero rivelato la loro posizione, più orchi sarebbero caduti in trappola.

Era un grosso branco, composto da almeno venti mannari, ma non destava preoccupazione dato che li superavano in gran lunga con i numeri.

Appena i primi mannari sbucarono dalla vegetazione i cavalli si innervosirono e Thranduil urlò “Sterminiamoli!” Spingendo ad attaccare prima che il loro odore venisse fiutato. Erano sottovento, gli orchi sentirono le loro grida, ma li notarono solo quando molti di loro iniziarono a morire, colpiti da frecce e lance.

L’effetto sorpresa aveva funzionato!

Il cavallo di Tigris cadde quando un mannaro si avventò sulla sua gola, ma il gallo usò lo slancio per saltare in groppa al lupo per trafiggerlo alla schiena con la lancia.

Appena terminata quell’uccisione si unì alla mischia di altri guerrieri che combattevano contro gli orchi a piedi.

Grazie al suo incredibile udito, Thranduil sentì delle grida in lontananza e spronò il cavallo per raggiungerle e capire cosa stesse succedendo.

Non gli risultava che i cacciatori fossero fuori, probabilmente erano uomini di altri villaggi.

Giunse ad una grande strada sterrata solo per vedere corpi disseminati ovunque, dilaniati dalle lame degli orchi, accanto ai carri contenenti merci o i pochi beni appartenuti a quella gente.

Sentì il rumore degli zoccoli e vide Hagen raggiungerlo.

“Prendete tutto quello che trovate!” Trovava orribile derubare i morti, ma l’inverno si avvicinava e non poteva permettersi di rischiare di rimanere senza scorte come avvenuto gli anni precedenti. 

Gli umani erano molto festaioli ed ignoravano i problemi fin quando non divenivano debilitanti. Cioè mangiavano e bevevano senza rendersi conto che non c’erano scorte sufficienti messe da parte per l’inverno per permettere loro di fare festa tutte le sere.

Thranduil emise un verso di dolore quando un mannaro balzò contro di lui facendo cadere Aegnor che si era impennato.

Gli artigli lo colpirono ad una gamba ma fu veloce a sgozzare i canide prima che avesse il tempo di sbranarlo.

Il cavallo si alzò velocemente, consapevole che rimanere in terra equivaleva ad una condanna a morte. Azrael tentò di imitarlo ma si ritrovò a ricadere in terra quando la gamba non resse il suo peso.

“Non posso morire! Non adesso!” Si riprese mentalmente.

Un mannaro sbucò dalla vegetazione caricandolo, ringhiando e sbavando e Thranduil lanciò un grosso pugnale nella pupilla dell’animale, venendo travolto dal suo cadavere. Cadde in terra sbattendo la testa e tutto divenne nero.

Si risvegliò mettendosi a sedere di colpo, accorgendosi di non trovarsi più nella foresta ma nel suo letto.

“Fammi prendere un’altro colpo del genere e gli orchi saranno l’ultimo dei tuoi problemi, perché ti uccido con le mie mani!” Sibilò Hanna entrando nella stanza con un grosso vassoio di legno in mano.

Molta della mobilia e dei servizi erano in legno, essendo la merce principale che commerciavano.

“Ada!” Urlò Arnel entrando correndo, saltando sul letto e gattonando fino al padre “Hai ucciso molti orchi?” Chiese curiosa “Soprattutto mannari!” Rispose lui sorridendo.

“Che bello! Sei un grande guerriero!” Disse Aranel guardandolo con ammirazione e Thranduil si ritrovò a sorridere malinconico. Tempo addietro era Legolas a rivolgergli quello sguardo.

“Si, che viene ferito nel primo scontro! Sarai anche un guerriero forte e coraggioso, ma riesci a ferirti sempre in maniera grave!” Hanna non riuscì a trattenersi.

“Ma Nana....sei stata tu a dire che le ferite peggiori se le fanno i guerrieri più forti!” Si fece sentire Aranel.

“Touché!” Ammise lei arrossendo.

“Hanna! C’è qualcuno alla porta!” L’urlo di Sara la fece voltare verso l’entrata della stanza “Aprilaaaa!” Gridò in risposta.

“Non possoooo, sto cambiando i bambiniiii!” La imitò Sara.

“Che quello entri, tanto è aperta!” Hanna urlava come una straccivendola.

“La balia dei bambini è arrivata!” Disse Hagen tutto contento entrando nella stanza.

Sapendo che Azrael era stato ferito era giunto con l’intento di dare una mano con i marmocchi. Anche se di bambini sapeva poco e niente non avendo mai dovuto occuparsene......

Thranduil sbuffò, gli umani appena presa confidenza sapevano essere molto invadenti!

Hanna, in risposta, spinse un germano confuso fino all’uscio di casa e gli sbatté la porta in faccia senza troppi complimenti.

 

*

 

Passarono i giorni ed Azrael si riprese piuttosto in fretta.

“Mi è sparito un figlio!” Ecco come cominciare una giornata nel peggiore dei modi.

“Come sparito? L’avrà Sara con sé!” Rispose Thranduil alzandosi dalla sedia su cui si era seduto a riposare, sul portico.

“Io...sono innocente!” Si difese l’interpellata sbucando dalla porta con in braccio Elanor.

Poco lontano, i pastori si stavano preparando ad uscire dalle mura e fu alquanto insolito vedere la figlia dell’angelo della morte passare loro davanti con un neonato in braccio.....diretta verso una mucca.

Fortuna volle che Agron giungesse proprio in quel momento, per controllare che tutto fosse in ordine, riuscendo a fermare la bambina ed avendo sufficiente confidenza da toglierle dalle mani il neonato senza che facesse storie.

“Perché avevi tuo fratello in braccio?” Chiese scorbutico.

Aranel, abituata al suo carattere scrollò le spalle rispondendo “Volevo dargli da mangiare!” Indicando una mucca.

Nasir rise e le si inginocchiò davanti “È ancora troppo piccolo per il latte di mucca!

“Io lo bevo! E lui è un elfo!” Specificò Aranel come se un elfo di quell’età potesse fare già tutto.

“Si avvicina una burrasca!” Osservò il siriano vedendo l’elfo procedere a grandi passi verso di loro.

Thranduil si fermò di fronte al germano e sorprendentemente non sembrava arrabbiato, solo confuso. Prese Galador e si rivolse alla figlia “Torniamo a casa!”.

“Ardo dal desiderio di sapere cos’ha fatto quella piccola peste questa volta!” Confessò Nasir curioso.

“Sei il solo! Togliti quel sorriso scemo dal viso!” Lo riprese Agron allontanandosi.

Appena a casa, Hanna ritrovò la serenità stringendo il piccolo Galador a sè e chiese ad Aranel perché avesse preso il fratellino senza avvisare nessuno 

“Ada ha detto che sei stanca perché dai da mangiare ai fratelli! Volevo aiutarti!” Spiegò la figlia.

Hanna lanciò uno sguardo omicida al compagno “Ma bravo, le hai pure suggerito il rapimento?” Chiese furiosa.

“Affatto!” Rispose Thranduil stufo di essere stato messo in mezzo di nuovo.

“Mamma tu mi odi?” Quella domanda innocente riuscì a sedare la litigata imminente ed Hanna si voltò verso la figlia con uno sguardo inorridito.

“No, mai! Io ti amo più della mia stessa vita!” Disse Hanna inginocchiandosi di fronte alla piccola “Come ti è venuta in mente un assurdità del genere?” Chiese esterrefatta.

“Perché non giochi più con me e non cucini tu!” Rispose Aranel triste “Stai dicendo che la mia cucina è cattiva?” Chiese Sara sorridendo, nel tentativo di tirare tutti un po’ su di morale e riuscendoci dato che risero.

“No zia! Tu sei bravissima. Ma sembra che la mamma voglia più bene ai miei fratelli...” ammise Aranel guardando di sfuggita il padre come se temesse che si arrabbiasse perché non gli aveva creduto.

Hanna prese le mani della figlia sospirando delusa da se stessa. Non avrebbe mai voluto che arrivasse a pensare una cosa del genere!

“I tuoi fratelli sono molto piccoli! Pensare a loro è molto impegnativo, ti chiedo scusa se ti ho ignorato, prometto che mi impegnerò a stare di più con te!” Disse baciandole la fronte “Ma se sto di meno con te, questo non vuol dire che io ti voglia meno bene di quanto ne voglia a Galador e Elanor, hai capito?” Chiese guardandola negli occhi.

“Si nana!” Rispose Aranel “Ti voglio tanto bene anch’io!” Disse a bracciando la madre.

 

*

 

Agron galoppava veloce seguito da una decina di uomini.

Mosse un braccio infastidito. Perché doveva vestirsi in maniera tanto ridicola ogni volta che incontrava colui che si definiva il loro Re, ma che non aveva fatto niente per meritarsi il loro rispetto?

Per far fiorire i loro commerci e mantenere buoni rapporti, dato che il villaggio era molto isolato e la sua gente evitava il più possibile i contatti con l’esterno, era costretto una volta al mese, a partecipare a sfarzosi banchetti che gli ricordavano molto quelli romani, a cui tempo addietro, aveva assistito in catene.

La mano di Leta si poggiò sul suo braccio ed il suo sguardo paziente e caloroso lo calmò oltre a metterlo in imbarazzo.

Era una donna forte e sveglia, ora capiva perché Spartacus tenesse molto a lei.

Da quando si erano stabiliti nel nuovo territorio Leta aveva cominciato a lavorare a maglia come molte donne, producendo, sia vestiario che coperte ed altre decorazioni per la casa da vendere ai mercati di altri villaggi.

Ma oltre a questo si era mostrata un ottima leader per molte donne e spesso lo affiancava negli incontri con il Re che sembrava apprezzare ed ammirare la sua intelligenza e l’intraprendenza in campo politico.

Il suono di un corno proveniente dalla fitta boscaglia anticipò l’arrivo di Azrael.

Non erano mai andati d’accordo, ma con la morte di Spartacus sentiva che qualcosa era cambiato! Gli aveva giurato fedeltà, ma solo ultimamente avrebbe realmente ubbidito ad ogni suo ordine. 

L’elfo era stato molto utile dato che sembrava conoscere bene il territorio ed aveva fatto sorgere il villaggio in un posto molto sicuro e ben protetto dalle colline.

Si era mostrato giusto e saggio nel sedare i piccoli conflitti interni e nel consigliarlo su come comportarsi con il Re. Questo aveva portato molte ricchezze in poco tempo, permettendo che nessuno morisse di fame durante l’inverno. C’erano stati dei problemi si, ma erano riusciti sempre a giostrarsi abbastanza bene da poterli risolvere.

Grazie a lui gli arcieri erano migliori persino della città chiamata Rohan.

Azrael fermò il cavallo appena gli si ritrovò davanti “Quale notizie porti?” Chiese impaziente.

“Il banchetto era ottimo!” Come a voler dare enfasi alla sua frase, qualcuno dietro di lui, emise un sonoro rutto.

“Ci concederanno altri capi di bestiame in cambio del cibo e della legna?” Chiese l’elfo non troppo scandalizzato da un comportamento che conosceva bene.

“Si, ma hanno richiesto più di quanto precedentemente stabilito!” Rispose Nasir preoccupato. Se fosse stato per lui, non avrebbe accettato, glielo si leggeva in faccia.

“Quanto?” Domandò Azrael contrario.

“Non abbastanza da crearci problemi con il prossimo inverno! Avendo una scusa ho potuto far aggiungere qualche capra in più!” Disse il germano soddisfatto, voltandosi appena sentì i campanacci raggiungerlo.

Aveva preceduto le bestie per controllare l’eventuale presenza di orchi che avrebbe potuto far perdere loro tutto.

“Sembra che tu abbia finalmente compreso come manipolare un Re sciocco!” Lo adulò Azrael.

“La cosa ti spaventa?” Chiese Agron divertito.

Dopo aver messo le nuove capre nella stalla, Thranduil entrò in casa intenzionato a prendere gli strumenti per marchiarle, si bloccò vedendo Hanna con le mani poggiate sui fianchi che batteva un piede per terra nervosa.

“Sei convinta di poterla passare liscia?” Sibilò Hanna con occhi ridotti a fessure.

“Confessa e proverò ad essere clemente!” Minacciò con sguardo intimidatorio.

“Hai mangiato i muffin al cioccolato?” Chiese rivolta ad Aranel che la guardava con una finta faccia da angioletto. La punta del naso sporca di cioccolato era una prova inconfutabile!

“Si!” La madre sorrise con uno sguardo trionfante in volto “Questa mattina a colazione!” L’espressione diventò nera come gli abissi più profondi del mare.

Thranduil non riuscì a trattenere una risata. Era tutta sua madre e trovava divertente vedere come questo mandasse Hanna su tutte le furie.

Hanna guardò male pure lui.

“Non ti sembra di esagerare?” Chiese non riuscendo a togliersi il sorriso.

“Ah, ora sono io che esagero!?” Gridò Hanna esasperata.

“Prima d’ora non ha mai potuto mangiare fuori pasto, perché i viveri scarseggiavano. Lasciale godere queste nuove libertà! La riprenderemo se farà cose più gravi!” Rispose Thranduil con calma.

“Non cercare di ammansirmi ricordandomi cos’abbiamo passato! Il cibo non c’entra!” Ringhiò Hanna “Ma non capisci che se le permettiamo di mentire su cose così banali, è come se le dicessimo che può sempre dire il falso!” Fece notare come se stesse sgridando pure lui.

L’elfo sospirò “Ci penso io!” Disse arrendendosi. Si sedette su di una sedia di fronte alla figlia e le parlò dolcemente.

Lelig dire le bugie può proteggerti, ma altri soffriranno se non ti assumi le tue responsabilità!” Disse consapevole dell’altruismo di Aranel “Sono spariti dei muffin. Io e Nananon li abbiamo mangiati, Sara non li ha mangiati. Sei stata tu?” Chiese guardando negli occhi la figlia.

“Si. Scusami Ada!” Rispose Aranel abbassando lo sguardo colpevole.

Hanna andò in bestia! Si mise a sussurrare cose incomprensibili agitando le mani sopra la testa, prima di uscire curandosi di sbattere la porta più forte che mai.

Thranduil fece una smorfia. E poi si preoccupava di ciò che veniva concesso ad Aranel. L’esempio dato avrebbe potuto fare molti più danni, e reagire a quel modo non era qualcosa che la loro figlia dovesse vedere!

 

UN ANNO DOPO

 

Aranel mosse i piedi nervosa.

Teneva la mano del suo Ada ed avrebbe voluto non lasciarla mai!

Tutte le persone la stavano fissando! Era abituata a sentirsi osservata, ma da quando aveva lasciato la sua casa che si trovava tra le abitazioni di Tigris, Felix ed altri che conosceva bene, le occhiate erano diventate fastidiose!

Si fermarono vicini al portone della scuola e suo padre le rivolse un caldo sorriso “Tollen i lû. Mae marth…!”(È arrivato il tempo. Buona fortuna…!).

Aranel rimase a fissare i bambini che la guardavano curiosi. Sembrava così bello cominciare ad andare scuola....ora non era più così sicura!

“Naa rashwe?”(C’è qualche problema?) la voce del padre la riscosse e convinse ad avviarsi. Se voleva diventare una grande guerriera non poteva avere così tanta paura!

Appena entrata in classe andò a sedersi nell’unico banco vuoto, con tutti che continuavano a fissarla!

Quando entrò la Maestra Fabia tutti si alzarono e lei li imitò.

“Buongiorno bambini! Sedetevi grazie!” Disse la Maestra e loro obbedirono.

“Oggi abbiamo una nuova compagna di classe. Il suo nome...è......Aranel!” Sussurrò l’insegnante, tenendo il registro in mano, fissando la piccola a bocca aperta.

La figlia dell’angelo della morte! Ne aveva sentito parlare, ma non l’aveva mai vista di persona!

“D-diamole il benvenuto!” Tentò di riprendersi. Non doveva allarmare i bambini con la sua sorpresa!

“Va bene!” Disse “Allora bambini, oggi studiamo la lettera p! Qualcuno conosce una parola che inizia con la lettera p?” Chiese.

“Pane!” “Padella!” “Pugnale!” “Padre!”

Arrivò il momento della ricreazione ed una volta uscita in giardino, Aranel si sedette sull’erba tirando fuori il muffin cucinato da sua madre.

Vide gli altri andarle incontro e si alzò di scatto con un grosso sorriso. Si sarebbe fatta molti nuovi amici!

Ma gli altri bambini cominciarono a spingerla e ridere di lei chiamandola “Orecchie a punta!” Uno le calpestò il dolcetto dicendo “Il cibo degli elfi è velenoso!”.

Aranel corse ad arrampicarsi su di un albero, dove gli altri non poterono seguirla.

Era per questo che Attico e Milo non erano tornati? Forse sapeva perché suo padre era sempre serio! Gli umani trattavano male anche lui?

Il fiume di domande che le ronzò in testa per svariati minuti si fermò quando una voce la distrasse.

“Vuoi un pezzo della mia pizza? Per me è troppo grande!” Una bambina con i capelli ricci e con la pelle scura agitava un involucro di carta con entusiasmo.

Aranel scese, cauta ed accettò l’offerta.

“Perché sei così felice? Non hai paura?” Chiese sospettosa.

“Io e la mia mamma scappavamo, ma i romani erano più veloci!” Cominciò a raccontare l’altra “Mi sono nascosta in un cespuglio. Credevo che la mia mamma sarebbe morta...lei non è una guerriera!” Ammise “Ma un elfo con i capelli biondi ha ucciso il romano, l’ha salvata!”.

Aranel sorrise “Il mio papà è un grande guerriero!” “È anche coraggioso! Ed è stato molto gentile con noi!” Disse l’altra “Io mi chiamo Lucilla! Ma la mia mamma mi chiama Lucy!” Si presentò.

“Io sono Aranel!” Rispose lei “Perché non stai con gli altri bambini?” Chiese curiosa.

“Mi prendono in giro!” Ammise Lucy “Perché?” Domandò Aranel sorpresa.

“Dicono che i miei capelli sono brutti!” Rispose lei.

“La mia mamma dice che non ci sono cose brutte! Solo uniche e bellissime!” Disse Aranel facendo sorridere la sua nuova amica.

“Dici che è stata una buona idea mandarla a scuola?” Thranduil sospirò “Sei stata tu ad insistere! Non dovresti avere tanti ripensamenti!” Sbuffò.

“Si però.......avevi ragione! È un elfo! E gli umani non sono proprio accoglienti con chi è diverso! Senza contare che fin’ora non ha interagito con altri bambini dato che eravamo impegnati a tenerla nascosta!” Ragionò Hanna mentre sellava un cavallo, per andare a caccia di orchi con lo scopo di allontanarli dal villaggio.

“Se la caverà! È più forte di quanto pensi!” Disse Thranduil fiducioso.

“E se qualcuno racconta in giro della sua esistenza?” Chiese Hanna preoccupata “Anche se lo facessero, le storie che inventano su di me sono talmente fantasiose che  ad orecchie inesperte sembrerà veramente che stiano parlando di leggende!” Scherzò “Dovresti essere contenta! Sei riuscita a convincermi! Era mio desiderio mandarla a scuola solo una volta giunta fra i suoi simili!” Disse serio.

“Hai ragione! Senza contare che Sara ed Ariadne la terranno d’occhio!” Si rasserenerò Hanna.

 

*

 

“Aranel....sto per perdere la pazienza!” Disse Hanna mentre camminava avanti ed indietro. Se non fosse stata incapace di salire su di un’albero senza scendere cadendo come un frutto maturo, non ci avrebbe pensato due volte a riportare la figlia giù di peso.

“Perché devo andare a scuola per imparare a combattere se poi non posso uscire!” Urlò Aranel da sopra al ramo contro il quale si era avvinghiata come a voler far capire che niente e nessuno l’avrebbe fatta scendere di lì.

Hanna sospirò. I bambini orfani erano diventati un pessimo esempio ed essendo più grandi lei li guardava con interesse, imitandoli in molti comportamenti sbagliati.

Per un pelo l’avevano fermata dall’uscire con loro a caccia di orchi!

Sapeva che Aranel aveva avuto dei problemi ad integrarsi, ma non credeva che potesse fare una cosa del genere!

Nel gruppo c’erano ragazzi fra gli undici e sedici anni, i più grandi avevano maggiore esperienza, ma non tornavano mai tutti da una spedizione del genere.

“Perché se vuoi uscire devi andare a scuola. Quando sarai più grande ed esperta potrai avventurarti da sola nel bosco!” La voce di Thranduil fece saltare ed emettere un gridolino ad Hanna e ridere la figlia.

“Piantala di comparire alle mie spalle e farmi prendere i peggio spaventi della mia vita, altrimenti mi costringi a metterti un campanellino al collo!” Ringhiò Hanna puntando un dito contro l’elfo.

“Aranel! È ora di andare, stiamo aspettando tutti te!” Disse Ariadne avvicinandosi all’albero seguita da venti bambini fra i cinque ed undici anni, ordinatamente in fila, mentre teneva per mano suo figlio Attilio. Fotocopia del padre.

Il piccolo corse verso l’elfo agitando le braccia per farsi prendere in braccio.

Normalmente Thranduil non avrebbe mai dato confidenza ad un bambino che non fosse suo figlio, ma essendo l’ultimo legame con uno degli umani che considerava dei cari amici, con Attilio faceva un eccezione.

Appena il piccolo iniziò ad accarezzargli i lunghi capelli sentì Aranel avvinghiarsi contro una gamba. Sorrise ripensando a quanti dubbi Legolas avesse avuto da bambino. Appena, a causa del suo ruolo, non si presentava a pranzo o cena, nasceva il timore che non lo amasse più, dato che dava più importanza ad altro invece che al tempo prezioso passato assieme.

Aranel glielo ricordava tanto, avendo dei fratelli poteva essere anche gelosia, ma la sua voglia di uscire dalle mura del villaggio, di libertà, la caparbietà data dal desiderio viaggiare, erano sempre una caratteristica della famiglia.

Anche lui in gioventù, si era lasciato guidare dall’inesperienza e dalla presunzione di poter tornare a casa a testa alta con grandi storie da raccontare. Ma l’onore e la gloria hanno un caro prezzo, pagato con il fuoco del drago. Ed era suo desiderio che Aranel aprisse gli occhi il più tardi possibile.

Come Legolas che però l’aveva odiato per averlo confinato fra le mura del palazzo....

“Aranel, obbedisci a tua madre e va con Ariadne!” Disse Thranduil porgendo Attilio alla madre.

“Va bene Ada!” Rispose la figlia unendosi ai suoi coetanei, venendo accolta da un caloroso abbraccio di Lucilla.

 

*

 

A pomeriggio inoltrato Thranduil tornò da un giro di ricognizione, sorprendendosi di vedere Ariadne che bussava con concitazione alla porta di casa torcendosi le mani ansiosa.

I loro figli stavano crescendo assieme e durante molti pomeriggi lei, Hanna, Sara e Leta avevano trascorso il tempo in compagnia, aiutandosi a vicenda con i bambini.

Quindi perché era sola, tesa e preoccupata?

“Tutto bene?” Chiese scendendo da cavallo.

“Aranel è sparita!” Quella semplice risposta cancellò ogni traccia di calma sostituendola con una gelida ira mista a paura.

“Com’è possibile?” Sibilò “Durante la lezione di tiro con l’arco uno dei bambini si è fatto male, io e Sara ci siamo occupati di lui ed una volta tornati al campo c’erano tutti tranne lei! Gli altri bambini non hanno saputo dirci dov’è andata o se qualcuno l’ha presa con sé!” Rispose Ariadne muovendosi nervosamente sul posto.

“Chi cercavi?” Chiese Thranduil notando grazie al buio all’interno che la casa era vuota.

“Hanna, credevo che a quest’ora fosse tornata a casa!” Disse Ariadne.

“No, doveva discutere con Agron e Leta alcune questioni burocratiche sul commercio con Rohan! Vorrà dire che è ancora a casa di Agron!” Ragionò Azrael salendo a cavallo prima di issare su anche lei.

La casa del germano era dall’altra parte del villaggio e dovevano fare in fretta: ogni minuto era prezioso!

Aranel si mise in piedi sul ramo di un albero per poter vedere meglio il villaggio.

Uscire era stato molto difficile, ma passare per le ampie stalle si era rivelata un idea geniale. C’erano soprattutto cavalli che non avrebbero potuto dire a nessuno dove andava, invece nelle varie case qualcuno l’avrebbe sicuramente vista!

Era riuscita ad uscire dalle mura attraverso la parte in legno non ancora ultimata, dove i suoi amici le avevano fatto vedere un passaggio segreto scavato nella terra da dove si poteva passare senza che le vedette potessero avvistarla.

Sbucava sotto un ampia radice, fra la fitta vegetazione, così da potersi allontanare indisturbati.

Avrebbe mostrato ai suoi genitori che era già abbastanza grande e forte da potersela cavare nella foresta, come i suoi amici.

No, lei avrebbe fatto meglio. 

Aveva deciso di camminare fino al villaggio vicino e mandare loro una lettera raccontando la sua gloriosa impresa.

Perché la sua Nana aveva detto che il commercio di riso lo tenevano con un villaggio non molto lontano, quindi vicino.

Sarebbero stati molto orgogliosi e sarebbe finalmente potuta uscire con gli altri bambini dopo una prova di coraggio come quella!

Lei era grande, l’aveva detto il suo Ada! Galador e Elanor erano piccoli, lei non più!

 

*

 

Aranel sentì le lacrime pungerle gli occhi quando per l’ennesima volta si ritrovò di fronte allo stesso albero verso cui era tornata almeno dieci volte.

Era tutta colpa degli alberi, alti e con molti rami sottili sulla cima, oscuravano la vista quanto bastava per non permetterle di capire da dove venisse il sole, grazie al quale si sarebbe dovuta orientare. Per tornare a casa sarebbe bastato andare nella direzione opposta rispetto dove sorgeva. Lei poteva vedere sempre l’alba dalla finestra della sua camera!

Rohan sembrava molto vicino visto sulle mappe, eppure erano ore che camminava senza essere riuscita a venir fuori dalla foresta che si estendeva fra il suo villaggio e le immense valli pianeggianti vicino a Rohan.

Aranel ricacciò dentro le lacrime “Sono un elfa! Gli elfi hanno un perfetto senso dell’orientamento!” Si ripetè per farsi coraggio.

Non seppe dire per quanto camminò ma ad un certo punto le parve di sentire delle voci. Si mise a correre felice. Era tornata al villaggio! E se fosse stata fortunata, forse nessuno si era ancora accorto della sua scomparsa.

Smise di correre appena comprese che era solo una la voce che parlava con concitazione......da sola!

“Oh Elbereth! Come ho potuto essere tanto stupido!” “Che lo divorino gli orchi a quel lestofante e pusillanime!” “È quello che succederà a me se non trovo il modo di liberarmi!”.

Aranel si nascose in un cespuglio ed avanzò a carponi.

Un uomo! Non sembrava tanto vecchio! Ma era stupido! Neanche lei era mai caduta nelle trappole con i denti di metallo!

I suoi genitori le avevano sempre detto di non parlare con gli sconosciuti, ma anche di aiutare chi si trova in difficoltà! Cosa doveva fare? Se faceva una cosa avrebbe infranto l’altra regola!

Alla fine decise di aiutarlo! Forse avrebbe trovato un nuovo amico, altrimenti suo padre l’avrebbe trovata e salvata.

Appena l’umano la vide sobbalzò, ma la paura venne subito sostituita con sorpresa ed un briciolo di curiosità. Gli elfi erano molto protettivi con i loro bambini, quindi cosa ci faceva uno di loro in giro da solo, in una foresta piena di ragni ed orchi?

“Ciao, mi sono persa, mi puoi aiutare?” Chiese Aranel mettendo le mani dietro la schiena, guardandolo con un gran sorriso.

“E tu chi saresti?” Domandò lui confuso.

“Ada ha detto che non posso dire il mio nome!” Rispose Aranel sincera.

L’umano, avendo avuto qualche interazione con gli elfi, sapeva bene che Ada significava padre e che i capelli di quell’elfa erano tipici degli abitanti di Lorien appartenenti alla stirpe dei Sindar!

Era strano trovare una discendente così lontana dai regni abitati dai suoi simili e così vicina agli insediamenti umani!

“Perché?” Chiese curioso. Gli elfi non erano mai stati troppo aperti, ma con lui che era un giovane stregone, si erano mostrati molto cordiali. Va bene che quella era solo una bambina, ma trovava interessante che nascondesse il suo nome.

“È troppo importante!” Rispose la bambina generica.

“Mi aiuti a liberarmi dal meccanismo che mi sta uccidendo la caviglia, per favore? Devi cercare un bastone lungo e spesso!” Decise di cambiare discorso.

“Se ti aiuto tu mi riporti a casa?” Quella richiesta lo colse di sorpresa. Quella bambina sapeva il fatto suo. Sembrava avere otto anni, ma era già molto sveglia!

“Primo non so dove vivi!” Rispose onesto “Secondo non ho tempo! Facciamo che ti lascio nel primo villaggio che incontriamo ci stai?” Tentò di evitare il problema lui.

“Se non mi riporti a casa io non ti libero!” Ecco questa non se l’aspettava!

Il ragazzo sorrise, quando credeva di avere un vantaggio, la piccola era riuscita a capovolgere la situazione con un semplice capriccio!

Sospirò , prima di arrendersi “Va bene! Però dovremo passare per forza per un villaggio, solo così potrò capire da dove vieni!”.

 

*

 

La mattina seguente la fitta nebbia fra gli alberi, presagendo una bella giornata, li aveva nascosti agli occhi di qualche cacciatore. Verso l’ora di pranzo giunsero alla meta.

Thranduil frenò il cavallo appena in tempo per evitare di essere avvistato dagli abitanti del villaggio che gli si parava davanti.

Era piccolo e povero, abitato da agricoltori ed allevatori. Ma essendo il primo insediamento vicino al loro c’era qualche possibilità che Aranel si trovasse lì.

Purtroppo sua figlia, avendo vissuto tutta la vita fra loro, si trovava a suo agio tra gli umani!

“Ricordate, siamo qui per vendere legna! Siate discreti e forse riusciremo a passare inosservati!” Disse Agron superando lui, Tigris ed Hagen.

“Non avere paura! Ti guarderò io le spalle!” Lo derise Tigris.

“Provaci e saranno le tue spalle a dover essere protette, caprone!” Ringhiò il germano.

“Tanto non l’avrei mai fatto!” Disse Tigris sogghignando.

“Allora vedi di chiud.....” “Ragazze, ragazze, siete molto attraenti quando vi arrabbiate, ma anche litigare attira l’attenzione!” Li riprese Sara frapponendosi fra i due con il proprio cavallo.

Hanna guidava il carro con sopra la merce che avrebbe fornito loro una copertura, ma anche lei aveva un cavallo legato dietro. Persino in questo mondo, dire apertamente che avevano smarrito la figlia poteva rivelarsi una lama a doppio taglio.

Forse avrebbe velocizzato le ricerche, ma era probabile che avrebbe anche aumentato i rischi per Aranel!

Entrarono nel villaggio e già così, tutti gli sguardi si posarono su di loro, degli estranei!

“Sapete cos’è che scioglie la lingua?” Chiese Nasir fissando la locanda.

“Il tuo amante è sveglio!” Hagen lodò Agron seguendoli all’interno con Hanna ed Azrael, mentre Sara e Tigris si occupavano del carico.

Thranduil una volta dentro si rese conto come fosse incredibile che la miriade di odori e rumori che travolsero i suoi sensi, non lo sorpresero più di tanto. Non era passato molto tempo, eppure si era facilmente abituato a quel popolo rozzo e confusionario!

Presero un tavolo ed ordinarono da bere.

Finite quattro bottiglie Hanna si alzò intenzionata a parlare con il barista.

Per essere certa di avere la sua piena attenzione lo afferrò per un braccio parlandogli ad un palmo di naso “Vorrei delle informazioni! Un uomo sveglio come te avrà mille occhi....e niente potrebbe sfuggirti, giusto?” Chiese con un sorriso scemo in volto.

“I miei occhi sono abbastanza acuti da vedere quale prezioso bocconcino sei!” Rispose lui “E sarebbe da sciocchi rifiutare una gentile offerta! Ti dirò tutto dopo che mi avrai fatto entrare!” Disse avvicinandosi al volto di Hanna intenzionato a baciarla.

“Flertare con il barista? Mi aspettavo qualcosa di meglio!” Sara fece bloccare i due che si voltarono verso di lei confusi.

“Hai un amichetta!” Disse l’uomo osservando le forme della ragazza, sotto ai vestiti attillati, con avidità.

“Forse so dove cercare informazioni senza dover per forza aprire le gambe!” Disse Sara afferrando per il polso l’amica ubriaca, decisa ad allontanarsi.

“Dove state andando?” Chiese il barista uscendo da dietro il bancone e ponendosi sulla loro strada.

“Credevo stesse cercando delle informazioni! Perché vi siete ubriacati?” Chiese Sara allibita.

“In vino veritas!” Rispose Hanna che se non fosse stata per l’amica che la sosteneva per un braccio, sarebbe capitolata al suolo.

“Si, ma in questo caso non ci aiuta! Quelli a cui abbiamo chiesto non sapevano niente! E temo che dopo le nostre domande inopportune la voce si spargerà presto lo stesso!” Disse Sara amareggiata.

“Io so tutto quello che accade in questo villaggio, ma per le informazioni pretendo un pagamento e rispetto!” Disse l’uomo avvicinandosi alle due con evidenti intenti sudici.

“Per favore non interrompermi mentre ti sto ignorando!” Gli rispose Sara che neppure si degnava di guardarlo.

“La tua amica mi ha promesso un giro! Se non vuoi unirti a noi sparisci!” Insistette lui.

“Facciamo un gioco: io chiudo gli occhi e tu ti levi dal cazzo!” S’intromise Hanna capendo, nella sua poca lucidità, che quel porco non sapeva neanche che indossava la maglietta al contrario.

“È lei che se ne deve andare! Non ti scoperei manco se mi pagassero!” Attaccò l’uomo.

“Non ti piaccio? Siediti pure con gli altri che aspettano che me ne freghi qualcosa!” Rispose Sara spostando un ciuffo di capelli con un gesto plateale.

“La vita mi ha insegnato che alcune persone bisogna saperle prendere.....a calci nel sedere!” Disse Hanna tirando un gancio destro sul viso del barista che si ritrovò a barcollare all’indietro.

“Lurida....” sibilò avvicinandosi alle ragazze che indietreggiavano allarmate “..puttana!” Urlò caricando un colpo.

Qualcuno afferrò l’uomo per un braccio facendoglielo ruotare in una posizione innaturale ed il rumore dell’osso che si spezzava risuonò in tutta la sala nonostante la confusione già presente, oltre alle urla del poveraccio.

Il barista cadde in terra stringendosi l’arto leso ed Hanna non riuscì a trattenersi “Sei uno stramaledetto guastafeste!” Urlò verso l’elfo.

Un’altro si intromise in difesa dell’uomo, ma Sara fu felice di fargli lo sgambetto ed ammirarlo mentre si schiantava contro un tavolo pieno di gente, distruggendolo.

Questo fece partire la rissa. In poco tempo cominciarono a volare sedie e bottiglie.

Nel villaggio erano diventate rare, per questo, Agron, Tigris ed Hagen si unirono alla festa con entusiasmo.

Thranduil, abituato da anni di combattimenti nell’arena, dove tutto è permesso per restare in vita, stese molti uomini, facendo attenzione a non ucciderli.

Una scia di cadaveri avrebbe attirato troppo l’attenzione, oltre che condurre da loro chiunque fosse bramoso di vendetta!

L’elfo lanciò un umano oltre il bancone e si girò appena in tempo per osservare con assoluta calma Sara che lottava contro due uomini senza trovarsi minimamente in difficoltà, riuscendo ad atterrarli con poche mosse.

Quando anche l’ultimo tavolo venne distrutto puntò diritto verso il barista, ancora disteso in terra.

Fuori la quiete regnava sovrana, disturbata solo dalle grida e dai rumori di oggetti distrutti che provenivano dall’interno della locanda.

Improvvisamente un uomo aprì la porta con il suo corpo, trovandosi a rotolare tra il fango ed altro che i cavalli legati lì davanti, avevano lasciato.

“Va bene! Va bene! Vi dirò tutt.....” non finì la frase che lo sconosciuto lo colpì nuovamente in viso con un poderoso calcio.

Appena si riprese abbastanza da sollevare la testa vide cinque uomini e le due donne di prima osservarlo ostili.

“Non sapevo stessero con voi! Cercavo solo di divertirmi! Con due bocconcini così non puoi biasimarmi!” Si giustificò tremando come una foglia al vento stringendo l’arto leso.

“Hai visto una bambina elfo?” Chiese Agron inginocchiandoglisi di fronte “Non mentire, lui sa chi mente!” Disse indicando l’elfo che poteva osservare nonostante l’ampio mantello ed il cappuccio.

“Si, si.....” rispose il barista contento di avere la risposta credendo che potesse salvargli la vita “È venuta qui! Aveva i vostri stessi capelli, mio signore!” Disse indicando Thranduil.

“Dov’è?” Chiese Hanna facendosi avanti, sollevata.

“Non lo so!” Pianse l’uomo Agron sfoderò la spada puntandola alla gola “Bugiardo!” Sibilò.

“Lo giuro, non lo so! Era con quel ragazzo che cercava un villaggio di elfi! Lui non sembrava felice di averla con se!” Piagnucolò il barista portandosi le mani alla testa.

“Quale ragazzo?” Domandò Hagen curioso “Non era molto alto, aveva i capelli corti, castani, così come gli occhi e portava un grosso bastone con sé! Indossava un mantello verde!” Lo descrisse l’uomo.

“Dove sono andati?” Chiese Tigris “Non lo so! È la verità lo giuro!” Supplicò tremando come una foglia.

“In quale direzione? Li hai visti? Erano a piedi o a cavallo?” Domandò Sara sapendo che quelle poche informazioni sarebbe potute essere vitali.

“Erano a piedi...qui hanno comprato un cavallo. Marrone con una chiazza a forma di stella in fronte, e quattro calzini bianchi! Sono spariti in quella foresta!” Rispose l’uomo indicando un punto, sempre più spaventato.

“Rohan!” Sussurrò Hanna capendo che forse, lo sconosciuto, era alla ricerca di una ricompensa. Ma come aveva fatto a sapere che nel loro villaggio si trovavano dei mezzelfi? Com’era riuscito a prendere Aranel se era a piedi?

“Di qualcosa ad anima viva......bhe non c’è bisogno che ti dica il resto giusto?” Chiese Agron. Quando il barista rimase a fissarlo terrorizzato premette la lama sul suo collo con più forza “Giusto?!” Sibilò furioso.

“N-non so di cosa parli!” Quasi urlò l’uomo alzando l’unico braccio sano in segno di resa.

Il germano sorrise e si alzò affrettandosi a salire a cavallo visto che gli altri già galoppavano veloci.

“Non avrei mai creduto che potessi cercare informazioni in modo tanto sciocco e pericoloso!” Disse Sara ad Hanna una volta che furono abbastanza lontane dal villaggio per poter parlare liberamente.

“A dir la verità stavo per colpirlo prima che tu ci interrompessi!” Confessò Hanna con un sorriso.

“Si, lo so! Ho visto il tuo gancio destro sulla rampa di lancio!” Disse Sara prima che scoppiassero a ridere.

 

*

 

“La sella è scomoda!” Quella bambina non doveva essere abituata a viaggiare. Non faceva altro che lamentarsi dall’inizio del viaggio. Oltre che insultarlo nella sua lingua.

“Rohan è vicina! Tra poco saremo arrivati e potrai capire dov’è casa tua!” Cercò di incoraggiarla.

“No è lontana! Io non vivo lì! Mi hai mentito!” Iniziò a piangere e dimenarsi Aranel.

“N-non è vero! Ti ho detto che saremmo dovuti passare per un insediamento umano per capire da dove vieni!” Si lamentò il ragazzo faticando nel tenerla in sella.

Ad un urlo della bambina il cavallo si arrestò di colpo facendoli cadere in terra.

“Tu sei cattivo!” Lo accusò Aranel additandolo arrabbiata.

“Sembra proprio di si!” Ammise lui alzandosi in piedi dolorante.

Si stava togliendo il fango dai pantaloni, quando un rumore di zoccoli attirò la sua attenzione. Cavalieri al galoppo. O forse briganti! Meglio non restare lì a chiederselo.

“Dobbiamo andare!” Disse afferrando le redini del cavallo ed avvicinandosi alla bambina.

“No, io voglio andare a casa!” Pianse Aranel.

“Ti prometto che ci andrai! Ma arriva della gente e se sono dei briganti io non potrò proteggerci! Sali! Andremo a chiedere dei tuoi genitori al Re di Rohan!” Insistette il ragazzo.

Ma un uomo a cavallo spuntò dalla vegetazione e sebbene il ragazzo lo avesse notato da un pezzo, non riuscì ad impedirgli di tagliare le redini e fargli così perdere la presa sulla sua unica via di fuga che corse via.

Venne circondato da un gruppo di loro. La piccola si era nascosta dietro una radice accanto a lui, doveva attirare la loro attenzione per permetterle di fuggire!

Non la conosceva, ma era pur sempre una bambina innocente!

“Presto sali su un albero....” sussurrò sapendo che l’elfa l’avrebbe sentito lo stesso, grazie al suo portentoso udito “Tigris!” Urlò Aranel contenta, correndo fra le sue braccia “.....che ti proteggo io!” Finì di dire la frase il ragazzo alquanto smarrito.

Gli umani sembravano felici di vederla.....

Erano tutti uomini robusti, armati fino ai denti e con sguardi non troppo amichevoli.

Il rumore di ulteriori zoccoli gli confermò che non erano tutti lì.

Ma questa volta a sbucare in quella piccola radura, furono due donne a cavallo.

Entrambe con lunghi capelli, ma mentre una li aveva lisci e neri, l’altra li aveva leggermente mossi e castani. 

Se credeva di essere sorpreso della loro presenza in mezzo a quegli uomini burberi che parevano dei tagliagole, rimase a bocca aperta quando vide che l’ultimo di loro era un elfo.

Biondo con gli occhi azzurri, caratteristica dei Sindar, ma i suoi occhi erano antichi, molto di più dei pochi elfi che aveva incontrato durante il viaggio!

“È stato lui a rapirla!” Quell’accusa fatta da colui che sembrava essere il più giovane, risvegliò il ragazzo dalla tranche nella quale era caduto “Non l’ho rapita, l’ho trovata!...anzi devo ammettere che mi ha salvato la vita!”

“Lei? Una bambina di sei anni?” Chiese Hanna che non riusciva a smettere di stringere la figlia a sé.

“Definirti una donnicciola sarebbe un insulto a loro!” Lo derise Tigris.

“Ero finito in una trappola! Lei mi ha solo aiutato ad uscirne! Avrei trovato lo stesso un modo anche senza incontrarla!” Tentò di difendersi il ragazzo.

“Dove la stavi portando?” Chiese l’elfo studiandolo attraverso lo sguardo.

Il ragazzo tremò. Sapeva bene, grazie a numerose storie, che caratteristica degli elfi era essere molto protettivi con la loro prole ed estremamente aggressivi quando si trattava di difenderli.

“A Rohan! Credevo che il Re potesse sapere.....sicuramente avrebbe saputo cosa fare meglio di me!” Raccontò il ragazzo “Soprattutto perché il mio viaggio è molto pericoloso e non potevo portarmela dietro....” finì di dire non sicuro se ammettere che fosse estremamente fastidiosa fosse una buona mossa.

“Allora ti ringrazio!” Disse l’elfo chinando il capo “Hai salvato e protetto mia figlia, sono in debito con te!” Lo ringraziò.

“Come ti chiami?” Chiese Sara curiosa.

“Kalos! E voi mia signora?” Domandò di rimando lui.

Sara rise sguaiatamente “Non sono una Lady, mi chiamo Sara! Mentre loro sono Tigris, Hagen, Felix, Hanna la simpaticona ed Azrael!” Li presentò indicandoli con un dito e con lo sguardo.

Kalos corrucciò la fronte. Azrael? Ma non era un nome da elfo!

Forse si trattava di un elfo bandito dai regni dei suoi simili? Se così fosse stato poteva essere molto pericoloso! Anche se di pericoloso non sembrava avere proprio niente mentre stringeva calorosamente fra le braccia la figlia.....

“Per sdebitarci ti offriamo di venire con noi, riposarti e rifocillarti al nostro villaggio!” Disse Sara chiedendo, con lo sguardo, troppo tardi, il permesso all’elfo.

Lui annuì e lei sospirò sollevata.

“Molto volentieri!” Rispose Kalos pregustando già un letto asciutto ed un pasto caldo.

“Purtroppo si trova ad un giorno di viaggio. Forse è un occasione per conoscerci meglio!” Il tono usato da Hanna fece intendere a Kalos che non si fidavano di lui.

Ma in vista di cibo ed un caldo focolare decise di rischiare chiedendo ad uno degli uomini se riusciva a recuperare il suo cavallo.

 

*

 

La mattina seguente erano pronti per partire. A parte Kalos ancora intento a pescare.

“Perché fare delle scorte se stiamo andando a casa?” Chiese Felix mentre legava le bisacce alla sella.

“La mente di un mago è un mistero!” Rispose Hagen ridendo. Avergli visto fare qualche piccola magia per accendere il fuoco era bastato per etichettarlo.

Thranduil si voltò verso il ragazzo. Non era un umano con qualche rudimento magico, no, doveva essere stato istruito da qualche Istari. Anche se aveva più volte negato, ostinato a non dire niente su quella conoscenza, Thranduil era certo di quello!

Kalos si trovava in mezzo al torrente, in un punto dove l’acqua non era particolarmente alta e gli arrivava alle ginocchia. Sembrava sussurrare qualcosa con sempre più insistenza, agitando il suo bastone con impazienza.

“Allora, ci diamo una mossa o no? Vorrei essere a casa per l’ora di pranzo!” Si lamentò Hanna ancora in terra ma che aveva appena messo la sua figlia in groppa al cavallo.

“Rinunciaci! Lui se lo sta procurando il p....” Sara non riuscì a terminare la frase che un violento spostamento d’aria seguito da un boato la fece finire di faccia in terra.

Thranduil si alzò quasi subito, in guardia, notando che la forza era stata tale da far cadere persino i cavalli.

“Scusate, scusate, scusate! È stato un incidente!” La voce di Kalos calmò tutti i presenti facendo capire che non erano stati attaccati. Ma solo delle vittime di un mago imbranato.

“Ma cosa ci trovate da ridere?” Chiese Hagen seccato alzandosi in piedi ma sentendo il bisogno di grattarsi a causa delle ortiche su cui era caduto.

“Non saprei! Forse nel vederti grattare come se avessi le pulci!?” Chiese Sara che poco prima aveva avvertito tutti di stare lontani da quei cespugli in particolare.

Hanna smise di ridere appena il cavallo, rialzatosi, le toccò la fronte con il muso.

Si alzò in piedi in preda al panico “Oh merda, non c’è assolutamente niente da ridere! Aranel! Dov’è Aranel? Kalos se hai fatto del male a mia figlia giuro che....” “Hanna!” Thranduil la interruppe e lei sentì l’ansia scomparire quando la vide per mano al suo fianco. Aveva qualche rametto in testa, segno che era caduta in terra, ma era sorridente, resa felice dalle risate di Sara, fin troppo contagiose.

“Kalos, la magia è un dono da usare non per gioco!” Lo riprese Azrael severo ed intimidatorio. Sua figlia avrebbe potuto farsi male!

“Lo so!” Si difese il ragazzo “Volevo guarire un pesce ferito!” Ammise arrossendo visibilmente.

“Kalos...” Sibilò Hanna furiosa “...ignorerò questa tua patetica scusa solo perché ti devo la vita di mia figlia! Ma tenta ancora di ucciderla e non sarò così magnanima!” Disse lasciando Aranel a Sara mentre seguiva Tigris ed Hagen alla ricerca dei cavalli che erano scappati.

 

*

 

Ritrovare i cavalli aveva richiesto molto tempo, per questo arrivarono nei pressi del villaggio quando ormai era sera. Mancavano ancora una decina di minuti per avvistare le mura quando Thranduil arrestò il cavallo di colpo costringendolo ad impennarsi per poi scalciare verso gli altri che gli erano inevitabilmente venuti addosso.

“‘Tacci tua! Ma che ti prende?” Hanna per poco non era caduta appena il cavallo aveva scartato di lato.

“C’è odore di fumo nell’aria.....” rispose l’elfo la cui postura era diventata improvvisamente rigida e tesa.

“E urla.....” disse Azrael e prima di spronare Aegnor al galoppo ordinò alle ragazze qualcosa di insolito “Arrampicatevi su di un albero. Restate nascoste, mostratevi in caso di necessità o se non avete alternative!”.

Solo una volta in cima Hanna ebbe l’illuminazione “Vanno verso il villaggio!” Disse affrettandosi a scendere.

“Aspetta!” A bloccarla fu Kalos “Lasciami il braccio o ti tiro un pugno!” Lo minacciò lei.

“Se vai ti metterai in pericolo!” Disse il ragazzo “Allora vieni con me e proteggimi con la tua magia!” Rispose Hanna divincolandosi dalla stretta.

“Io devo incontrare Gandalf, non farti da scorta!” Protestò Kalos rivelando la sua meta senza riflettere.

“Sei un Istari?” Chiese Sara “Cosa no?” Si difese lui intenzionato a tenere la bocca chiusa “Allora questo spiega perché sai usare male, la magia!” Continuò la ragazza.

“Già ora capisco perché tu sia un codardo!” Lo punzecchiò Hanna.

“Se non sei un Istari, allora dove hai imparato la magia?” Chiese Sara curiosa.

“Voi non vi fidate di me....” iniziò a dire Kalos per essere interrotto da Hanna “Corretto!” “Allora spiegami perché io dovrei fidarmi di voi?” Chiese stufo dell’insolenza di quelle due che gli dovevano la vita della bambina.

“Perché sei un mago! I maghi.....sono saggi.....ora che ci penso solo quelli vecchi lo sono!” Ragionò ad alta voce Sara.

“Già! Quelli giovani oltre ad essere incapaci sono inclini a lasciarsi tentare dal lato oscuro!” Osservò Hanna.

“Sei un servo di Sauron?” Chiese Sara spaventata afferrando il pugnale ancora nel fodero ma pronto per un eventuale attacco.

“Preferirei morire!” Ribatté Kalos oltraggiato.

“Meno male!” Sara tirò un grosso sospiro di sollievo “Bene allora io vado!” Disse Hanna capendo che da lui non dovevano temere niente, a parte il suo bastone difettoso.

“Ferma! Per quanto non trovi piacevole farlo...devo dargli ragione! Se vai T....ti metterai in pericolo! Puoi fare qualcosa, aiutarci a difendere Aranel!” Hanna sbuffò ma si ritrovò ad ammettere che Sara aveva ragione e risalì i pochi rami discesi.

“Io so combattere!” “Avrei messo una mano sul fuoco che rispondevi!” Disse Sara alzando gli occhi al cielo. Ovviamente Aranel doveva dire la sua.

“Ada ha ragione! Dici cose strane!” Le disse la piccola.

“Glielo do io lo strano a tuo padre quando torna!” Sibilò Sara pensando a cos’avrebbe fatto a quello stramaledetto elfo, pur di riuscire a tenere la testa occupata con altro per non pensare a cosa potesse essere successo al villaggio.

 

Ce l’ho fatta! 

Date il benvenuto a Elanor e Galador!

Si, anche loro li avevo in mente fin dall’inizio!

Nonostante le numerose perdite, i ribelli riescono a rifarsi una vita! Non sanno di essere nella Terra di Mezzo, ma forse è meglio così!

Su Thengel non mi sono dilungata molto, mi piace molto di più il figlio Théoden!

Ovviamente la vita non sarà mai rosa e fiori, ma sono un popolo guerriero, quindi adatto a vivere con gli orchi!

Aranel viene mandata a scuola! È stata un idea lampo! Cosa ne pensate?

Avete qualche sospetto? Chi sarà Kalos?!

Ringrazio tantissimo Klo89 per il sostegno e spero di non deludere le aspettative!

Commenti e consigli sono i benvenuti! Ditemi se vi aspettate qualcosa in particolare!

A presto,

X-98

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Capitolo 18
*** Vivere è combattere ***


Ai margini di uno stretto meandro del fiume Bruinen, ben nascosto nelle brughiere tra le pendici delle Montagne Nebbiose, sorgeva Gran Burrone, anche conosciuta come Imladris in lingua Sindarin.

Il coraggioso, nobile e gentile signore di queste terre era Elrond.

Capelli scuri, occhi grigi splendenti, con indosso un cerchietto d’argento era un elfo antico la cui saggezza rivaleggiava con quella di un istari.

L’elfo in questione passeggiava tranquillo fra le mura del palazzo. La quiete veniva disturbata solo dalle grida gioiose di un bambino che correva per i corridoi in un’infinita acchiaparella con Elrohir, più chiassoso e ribelle se paragonato al calmo e tattico Elladan.

Estel l’aveva accolto sei anni prima, in quanto discendente di suo fratello Elros e soprattuto perché credeva che potesse essere l’unico, in futuro, a poter reclamare i troni di Gondor e Arnor. Il bambino si era mostrato molto interessato ad imparare nuove lingue ed entusiasta ad apprendere come seguire le tracce dai gemelli.

Estel era il nome datogli per tenere segreti il suo lignaggio a Sauron.

Fino a quel momento era stata una giornata come altre, ma nel pomeriggio Elrond era impegnato a rimirare alcuni documenti quando la vide.

Una bambina. Correva felice, orecchie a punta e....capelli biondi!

Si gettò fra le braccia di una donna. Un’umana! Capelli castani mossi, occhi verde smeraldo......

Appena la visione terminò Elrond rimase a fissare il vuoto per qualche minuto.

Appena si riprese cominciò a camminare per la stanza avanti ed indietro come un’anima in pena.

Cosa significava? I capelli biondi erano una caratteristica dei Sindar, ma non gli risultava che nessuno di sua conoscenza si fosse unito con una mortale. Un’unione del genere non sarebbe passata inosservata.

Dopo cena si mise a camminare osservando le stelle. Quella visione l’aveva turbato molto. Non ne capiva il significato!

Perché renderlo consapevole di una futura mezz’elfo senza rivelare qualcosa di tanto importante com’era l’identità del padre?

Rientrò nelle sue stanze nella speranza che l’alba portasse chiarimenti, ma prima di coricarsi l’occhio gli cadde su uno dei suoi gioielli. Una spilla, donata come regalo di nozze da Thranduil.

Il suo caro amico, misteriosamente scomparso circa duecento anni prima all’interno dei confini del suo regno......la bambina!

Quella bambina gli somigliava moltissimo! Per quale motivo non ci era arrivato prima?!

Era ancora vivo? Dov’era stato tutti quegli anni? Perché non era tornato? Aveva trovato una nuova compagna?

Una miriade di domande gli affollarono la mente, impedendo al sonno di raggiungerlo. Ricordava bene la cerimonia allestita da Legolas nel tentativo di alleviare il suo cordoglio.

Una tomba vuota era stata chiusa, come quelle degli elfi che facevano parte della sua guardia, scomparsi, caduti per mano dell’oscurità e che avrebbero rivisto la luce sulle sponde di Valinor.

Un giovane Re aveva indossato la sua corona nei suoi occhi un dolore che mai sarebbe scomparso. Ma ora Elrond sapeva che Legolas non era ancora solo!

Thranduil era vivo! Bisognava aspettare e vedere cos’avevano in mente i Valar per lui!

Quella bambina era un segno!

 

“Elenion ancalima, tegitha  i  hîdh  a  i  veleth,  mas  orthernir  auth  a naeg.

Vanimle sila tiri, naa belegohtarnaa curucuarCormlle naa tanya tel’raa.

Silivren penna miriel,  ir  i  teve unque chûn.  

Ir  êl  en  aduial  annatha  i  ant  vedui  o  meleth, Auta i lóme Aurë entuluva!”

(La più luminosa delle stelle, riporterà  la  pace  e  l’amore,  dove  dominavano  dolore  e  guerra. La sua bellezza risplenderà intensamente, un valente guerriero, un abile arciere, il cuore come quello di un leone. 

Lucente e brillante come pietre preziose, porterà  il  conforto, quando  l’odio avvelena il  cuore. Quando  la  stella  della  sera farà un’ultimo dono d’amore, la notte avrà fine e il giorno sorgerà!)

 

*

 

Leta corse nella stalla. Non poteva prendere un cavallo, gli orchi erano ovunque, l’avrebbero uccisa dopo appena due falcate.

Ed i bambini che stringeva fra le braccia non aiutavano. 

Ariadne glieli aveva dati prima di correre a cercare il suo. 

I figli di Azrael, che magicamente non piangevano di fronte a tutta quella confusione.

Si nascose dentro al recinto di un grosso cavallo bianco. I suoi potenti zoccoli avrebbero fermato qualsiasi orco!

Gli accarezzò il muso cercando di calmarlo, ma le urla fuori non aiutavano.

Non era mai stata addestrata a combattere, nemmeno una volta unitasi ai ribelli. Sapeva difendersi, ma contro gli orchi doveva fuggire!

All’entrata spuntò una donna che correva, appena superata la soglia una freccia le trapassò la gola ed il corpo affondò nella paglia sparsa sul pavimento.

Il silenzio che seguì veniva rotto solo dalle urla degli altri abitanti e dal cozzare di spade dei guerrieri che coraggiosamente si opponevano alla minaccia.

Un ringhio seguito da verso orcheschi fece capire a Leta che non era più sola!

Tentò di uscire, ma appena si affacciò dal recinto un orco le si parò davanti ringhiando. Fu la paura a farla indietreggiare in tempo da evitare la lama mortale ed il cavallo, imbizzarrito, colpì il nemico con un potente calcio dei posteriori, mandandolo a sbattere contro alcuni utensili.

Leta tagliò la corda che impediva all’animale di fuggire evitando di essere schiacciata per sbaglio. Uscì in contemporanea con il cavallo, ma prendendo un’altra uscita.

Come previsto l’animale imbizzarrito attirò l’attenzione degli orchi, dandole un leggero vantaggio.

Corse il più velocemente possibile tra i campi ancora non arati, così da celare in parte, i suoi spostamenti. Ma quelle immonde creature le stavano alle costole!

Una volta fuori dai campi, saltò la staccionata che ne delimitava il perimetro e si buttò in terra, strisciando attraverso uno stretto passaggio d’emergenza costruito nella parte della muraglia ancora in legno ed aperto da qualcuno che era stato più veloce di lei a fuggire.

Una volta fuori sistemò meglio le coperte che avvolgevano i bambini che pendevano dalle sue braccia come fossero state un mantello.

Si bloccò vedendo la foresta che le si parava davanti. Sara le aveva raccontato molte storie, ma principalmente voleva metterla in guardia su quanto fosse pericolosa.

Solo guerrieri ben armati ed i ragazzi più intrepidi osavano entrarvi e non sempre facevano ritorno.

Un ringhio di quelle bestie le fece cambiare idea. Riprese a correre, veloce come prima grazie all’adrenalina.

Appena si rese conto che gli orchi le stavano con il fiato sul collo cominciò a zigzagare fra gli alberi nel tentativo di seminarli.

Ma non servì, anzi, più correva, più gli orchi che la seguivano aumentavano!

Si sarebbe arrampicata su di un albero, ma i bambini che portava le impedirono di tentare anche quell’ultima via di fuga!

Improvvisamente si fermò. I suoi occhi avevano trovato la soluzione. Il vento muoveva le foglie mostrando un tronco cavo, abbastanza in alto da non essere facilmente visibile!

Si arrampicò su di una grossa radice e poggiò in terra Galador per poter sollevare Elanor senza pericolo e metterla all’interno di quel nascondiglio di fortuna.

Ebbe un ripensamento all’ultimo e decise di infilare prima una mano, al posto della bambina. C’erano solo delle foglie secche!

Una volta sicura mise Elanor all’interno notando con gioia che era abbastanza profondo perché non fossero visti e per evitare che cadessero accidentalmente.

Riuscì appena in tempo, a mettere Galador e scendere dalla radice che la voce di uno di loro fin troppo vicino, la spingesse a riprendere la sua sfrenata corsa.

Fece in modo di rimanere visibile ai loro occhi, fingendo di inciampare e correndo più lentamente, volendo allontanarli il più possibile prima di trovare un nascondiglio pure per lei!

 

*

 

La gente urlava. Scappava. Combatteva.

Alcuni avevano tentato di chiudersi in casa, ma il fuoco li aveva costretti ad uscire e tentare di correre lontano da quel massacro o nascondersi e pregare di non essere trovati.

Gli orchi erano numerosi ed avendo attaccato da diversi lati avevano sorpreso gli abitanti riuscendo persino a penetrare all’interno delle mura.

“Hanno sfondato la parte in legno! Uno di loro...era enorme...l’ha abbattuta come se fosse stato un ramoscello!” Fu uno dei sottoposti di Agron il primo a parlare.

“Attirateli lontano dalle catapulte così da potergli dare un benvenuto come si deve!” Ordinò Agron.

“Portare le donne i vecchi ed i bambini sulle alture rocciose....” “No!” Thranduil fermò il siriano con un gesto della mano “Un gran numero di loro è al di fuori delle mura! Uccidete gli orchi e bloccate il passaggio!” Ordinò.

“Così saremo in trappola!” Contestò Nasir.

“Fate come ho detto!” Ringhiò Thranduil spronando Aegnor a galoppare veloce.

Nei pressi della parte crollata c’erano molti cadaveri, di orchi principalmente, segno che le sentinelle fossero riuscite ad opporre una strenua resistenza.

Le assi di legno erano distrutte e la struttura giaceva contorta in terra, l’elfo non si fermò costringendo il cavallo a fare un ampio salto per evitare alcune travi troppo basse per poterci passare. Saltati altri ostacoli terminò evitando la recinzione dei campi, senza preoccuparsi di passare sopra al raccolto.

Uccise parecchi orchi lungo la strada verso casa ed appena arrivato non lo rassicurò affatto trovare la porta sfondata che giaceva in bilico, sostenuta solo da un cardine.

I mobili erano stati rovesciati, c’erano tracce di sangue!

Un rumore lo mise allerta ed estrasse un pugnale, caricando il colpo.

Sfondò la porta della stanza con un calcio, si bloccò quando vide molte facce spaventate e sollevate che lo fissavano.

“Ariadne!” Disse notando la donna con in braccio Attilio ma senza i suoi figli.

“Mi dispiace!” Pianse lei tremando violentemente.

“Dove sono?” Chiese fissandola con una promessa di morte nello sguardo.

“Leta! Li ho dati a lei! Io.....Attilio era in pericolo!” Si giustificò Ariadne.

“Sprangate la porta!” Disse Azrael prima di uscire. Adirarsi con lei non sarebbe servito a niente. Un rapido movimento del braccio destro fece sferzare la lama della spada nell’aria, prima di recidere il braccio di un’orco.

Sapeva bene dove viveva la donna, ma non poteva essere certo che fosse rimasta a casa. Ruotò il polso, rivolgendo la lama del pugnale verso l’alto, prima di conficcarlo nella gola di un’altro orco.

Doveva accertarsene! Se si era nascosta era più importante eliminare gli orchi penetrati oltre le loro difese. Si abbassò di scatto evitando una lama avvelenata e trapassando l’orco con la sua spada.

Agron era sempre stato sveglio quando si trattava di combattere, senza contare che il suo mentore era stato il grande condottiero della ribellione. Sarebbe riuscito a sbarazzarsi degli orchi. Non erano tanti, ma cosa ci faceva un branco nelle terre di Rohan?

Thranduil decapitò un’ultimo orco prima di salire in groppa ad Aegnor e spronarlo a correre veloce, nella speranza che non fosse troppo tardi.

Non aveva mai perso un figlio e non doveva accadere!

 

*

 

Fangorn, era una foresta oscura e silenziosa, talmente intricata che sembrava che vi regnasse un inverno eterno!

C’erano leggende che parlavano di alberi che camminavano e prendevano vita. Alberi che sussurravano, parlavano fra loro!

Queste storie intimorivano persino i più audaci, per questo nessun viaggiatore osava avventurarvisi. Solo i ribelli avevano osato farlo e per i più giovani si trattava di una sfida. Molti abili guerrieri non erano tornati, segno che non fosse un posto sicuro.

I piccoli Elanor e Galador erano tanto che tentavano di uscire, ma non ci riuscivano.

Stavano in piedi, appoggiando le manine sulla corteccia, ma era troppo alto per poterlo superare!

Un suono li ammutolì. Il loro Ada li avrebbe chiamati!

Dei passi pesanti si avvicinavano sempre più. Il frusciare dei rami contro cui l’estraneo si imbatteva erano sempre più vicini!

Un verso profondo e potente precedette la comparsa di due occhi marroni, picchiettati di luci verdi, profondi, lenti e solenni, ma molto penetranti che osservarono con insistente curiosità i due elfi.

“Non sono frutti o animali, ma due piccoli elfi. Non esiste una maledizione in elfico, entese o nelle lingue degli Uomini per una tale perfidia!” Disse la voce bassa e profonda. 

Dei rami morbidi e delicati presero Galador e Elanor che erano troppo curiosi per piangere o ridere mentre con le manine tastavano il ramo su cui stavano.

“Venite piccoli elfi, andiamo a sud! Lo stregone bianco saprà cosa fare!”

“Albero!” Lo chiamò Elanor indicandolo con un dito.

“Albero? Io non sono un albero, sono un ent!” Rispose lui.

“Albero!” Insistette Galador.

“Barbalbero mi chiamano alcuni!” Si presentò.

“Barb!” Decretò Galador.

“Gli alberi sono cresciuti selvaggi e pericolosi. La rabbia avvelena i loro cuori, vi faranno male se potranno! Vi porterò nella mia casa, nel profondo della foresta, lì sarete al sicuro progenie degli elfi grigi!” Disse Barbalbero mentre faceva ampie falcate nel bosco.

“Domani andremo ad Isengard!” Decise, consapevole di un temporale in arrivo.

 

*

 

Thranduil camminava nel bosco seguito dal fedele Aegnor. C’erano molte impronte, dopo essere riusciti a scacciare gli orchi ci si era concentrati nel curare i feriti e cercare i dispersi.

Ai margini del bosco ne avevano trovati molti, feriti o illesi, si erano addentrati guidati dalla paura, la stessa che non gli aveva permesso di andare avanti per poi essere facilmente ritrovati.

Ma alcuni, più disperati, non si erano fermati, correndo anche fino nel cuore del bosco. L’elfo ne aveva trovati molti, ma i suoi occhi erano solo per una persona: Leta!

Sentiva in lontananza le grida di Hanna e Sara che urlavano “Marco!” Nella speranza che Galador o Elanor rispondessero con “Polo!” Un gioco inventato da Sara.

L’elfo si bloccò, alzando lo sguardo. Catturato da un particolare troppo luminoso in quella tetra foresta.

“Quale pazzia l’ha condotta fino a qui?” Si chiese Thranduil che grazie alla sua portentosa vista aveva colto il rosso delle sue vesti che pendevano da un albero.

Una volta portata a terra le fasciò il fianco, dove c’era una grave ferita. Leta era svenuta, molto probabilmente a causa della perdita di sangue.

Le tracce della donna portavano fino a lei, ma dei suoi figli neanche l’ombra.

Vedendo che era arrivata fin là, Thranduil era certo che avesse nascosto i bambini in un posto sicuro e doveva trovarli prima che lo facessero gli orchi superstiti che ancora si aggiravano per il bosco.

Un rimbombo in lontananza lo mise in allerta. Sollevò Leta per metterla in groppa ad Aegnor ed assicurarla alla sella con delle corde prima di farlo correre al villaggio. Si nascose dietro un albero sguainando la spada.

“Vengono con il fuoco. Vengono con le asce, rosicchiando, mordendo, rompendo, tagliando bruciando. Distruttori e usurpatori! Maledetti!” Disse una voce profonda con evidente odio.

Thranduil rimase a fissare il nuovo arrivato con meraviglia. Ogni elfo delle Terre selvagge aveva inneggiato agli antichi Onodrim, ma erano sempre stati solo un ricordo. Non credeva di poterne incontrare uno di persona!

“È passato tanto tempo da quando un elfo ha messo piede in questa foresta!” Lo accolse l’ent che chissà da quanto l’aveva notato.

“Che una stella brilli sull’ora del nostro incontro Fangorn! È un onore per me incontrare l’essere più antico che ancora cammina sotto il sole della Terra di Mezzo!” Disse Thranduil con un’inchino notando solo allora i suoi figli tra i rami del guardiano.

Le spalle si rilassarono e l’angoscia sparì in un attimo appena i loro occhi si incrociarono. Galador e Elanor sorrisero salutando il padre, allungando le manine verso di lui, felici di vederlo.

“Mi domandavo cosa ci facessero due elfi nel mio bosco. Ora conosco la risposta! Le loro voci erano diverse da quelle degli orchi!” Raccontò Barbalbero.

“Ma ora chiedo, cosa ti ha spinto a commettere un’azione tanto meschina?” Chiese l’ent con uno sguardo accusatore.

“Non ho mai avuto l’intenzione di abbandonarli. Un’umana li ha nascosti credendoli al sicuro. Ti sarò eternamente grato per averli tenuti al sicuro!” Rispose Thranduil con calma.

“Mi sorprende che sia riuscita ad entrare, da molti anni non entravano estranei, eppure non è la prima. Ho udito voci allegre e simpatiche e non erano piccoli orchi che non avrei esitato a calpestare!” Disse Barbalbero apparendo allegro.

Thranduil alzò gli occhi al cielo. Gli umani avevano una vita breve, eppure non sembravano essere interessati a preservarla, agendo come degli sciocchi e stupidi facendosi guidare dalla cieca curiosità!

“Raccontami la tua storia elfo, con calma!” Disse Barbalbero con, l’elfo ci avrebbe potuto giurare, un pizzico di curiosità in quegli occhi profondi.

Parlarono molto e Thranduil, dopo avergli detto di essere stato molti anni lontano dal regno a cui apparteneva, riuscì a convincerlo che gli uomini che si erano stabiliti ai margini della foresta non avessero cattive intenzioni. Non gli disse da dove veniva o dov’era diretto ma l’ent non fece domande, limitandosi ad ascoltare.

“Sta per accadere qualcosa di molto importante, un giorno saprò cos’è, per ora mi limiterò ad andare per la mia strada. Prendili e torna alla tua foresta elfo!” Disse Barbalbero porgendo i piccoli al padre “Gli orchi sono vicini!” Lo mise allerta.

“Ti ringrazio. Possano le tue strade essere verdi e possa il vento accompagnarti!” Si congedò Thranduil.

“Ciao Barb!” Lo salutò Galador con una manina, poggiandosi sul petto del padre, rassicurato ora che si trovava fra le sue braccia.

Barbalbero si fermò un momento “Siamo diventati amici in così poco tempo che mi pare di essere diventato frettoloso! E pensare che il mio motto è: niente fretta!” Detto ciò scomparve tra gli alberi della foresta.

 

*

 

L’attacco aveva scosso molti, mentre riempito d’orgoglio coloro che si erano fatti valere sul campo di battaglia. Oltre a mostrare che Agron era pronto per detenere il comando.

Era diventato prioritario completare la costruzione della muraglia, concentrando i commerci al fine di avere la pietra necessaria.

“In un mese sarà completata!” Disse Nasir muovendosi nervoso a causa della tensione che percepiva provenire dal compagno.

“È troppo tempo!” Ringhiò Agron “Non bisogna avere fretta in un lavoro di questa importanza!” Disse Thranduil mentre rimirava la mappa. Sara ed Hanna avevano fatto un lavoro niente male.

“Perché non aspettate la fine dei lavori per partire?” Chiese Hagen che era l’unico rilassato comodamente seduto su di una sedia con le gambe poggiate al tavolo.

“Abbiamo esaurito il tempo. Troppo a lungo sono stato lontano. È giunto il momento!” Rispose Azrael.

“Per quanto detesti ammetterlo, è stato un onore combattere al tuo fianco!” Disse Agron porgendogli la mano. Azrael la strinse con forza “Sei un umano come ce ne sono pochi, non soccomberai al male che avvelena queste terre! Il sole splenderà sul tuo cammino!” 

“Ci dirai mai il tuo nome?” Chiese Agron ostile ma curioso “Per la vostra sicurezza questo non accadrà!” Rispose l’elfo serio.

“Spartacus ti ha mai detto il suo di nome?” Lo sfotté Tigris.

Thranduil uscì dalla casa prima che si scatenasse il litigio. Quella mattina il cielo era limpido e le persone erano impegnate nelle attività quotidiane.

Aveva chiesto al germano di non informare gli altri della loro partenza dato che non apprezzava i modi umani troppo emotivi ed esageratamente festaioli, con i quali accoglievano ogni novità.

Raggiunta la casa vide Sara che allenava Aranel, impaziente di apprendere tutto il prima possibile.

“Devia il colpo, non bloccarlo!” Disse Sara invitando la piccola a riprovarci.

“Rispondi!” La incitò nuovamente prima di urlare quando venne colpita al polpaccio.

“Piano, accidenti!” Aranel rispose ridendo.

Appena dentro casa, Thranduil fu sollevato nel vedere che era tutto pronto per la partenza. L’indomani mattina si sarebbero messi in marcia.

Leta e Ariadne si erano offerte di aiutare e visto che la prima stava ancora guarendo era impegnata a preparare le scorte di cibo per il viaggio.

La conversazione che le quattro stavano avendo, attirò la sua attenzione.

“È assurdo che il Re non abbia inviato nessun tipo di aiuto!” Protestò Sara.

“Ho conosciuto i nobili di queste terre! Boriosi e avidi. Non si interessano al loro popolo!” Si lamentò Leta.

“Noi non lo siamo!” Specificò Ariadne.

“Viviamo nel suo regno! Re Thengel ci ha permesso di stare nelle sue terre! E partecipiamo alle riunioni necessarie all’economia.......i nobili vivono avendo tutto, imparando ad ignorare il mondo che li circonda, troppo impegnati a vivere nel loro fatto di lussuria e..” “Ma tu non eri una nobile?” Chiese Sara che non riuscendo a non infierire.

“Ero una patrizia! In quanto moglie dell’edile, quindi si. Ma non mi fido dei Re. Coloro che si ergono sopra tutti senza sapere guardare oltre i propri desideri. Roma ha avuto dei Re. Tarquinio il Superbo ha infierito contro la plebe, contro i senatori, rivolse verso la sua patria tutta la sua ferocia, che non mi sembra molto diverso dall’ignorare il popolo e lasciarlo morire, sia per fame che per mano degli orchi!”

“Oh si!! Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il superbo....dal 750 avanti cristo al 500 circa......?” Si chiese Sara incerta “Ci sono pessimi Re ma anche Re giusti e forti!” Disse Hanna riferendosi a Théoden.

“Ci sono delle differenze fra Re dei Nani e i Re degli Elfi?” Domandò Ariadne incuriosita.

“Sono nobili! Li accomunano l’arroganza e la cupidigia!” Sibilò Leta. Sara non riuscì a non lanciare uno sguardo a Thranduil il quale non sembrava affatto contento di quel commento.

“Se ti metti a fare paragoni stai certa che scatenerai l’ira di entrambi i popoli!” Affermò Hanna non riuscendo a reprimere una risata.

“Quindi è reale l’antico odio presente fra le razze!?” Domandò Ariadne.

“Già!” Rispose Hanna “Come fai a dirlo se come noi, non hai mai incontrato un nano?” Le chiese Leta scettica.

“Perché mi basta pronunciare la parola nano per ridurlo così!” Disse Hanna indicando l’elfo che aveva in viso una smorfia disgustata.

 

*

 

Sara aprì la porta della stanza creando un piccolo spiraglio di luce. 

Aranel e Lucilla dormivano profondamente una con la testa ai piedi del letto e l’altra con la testa sul cuscino.

“Sara....” Va bene, non dormivano “Aranel è tardi, domani ci aspetta un lungo viaggio sussurrò lei per essere zittita subito “Nana non mi ha raccontato la favola della buona notte!” Si lamentò Aranel mettendosi a sedere.

“Quale? Io non l’ho mai sentita!” Disse Lucilla con in grosso sbadiglio che si era svegliata sentendo l’amica muoversi.

Sara sospirò ma non esitò a prendere una candela e sedersi in terra a canto al letto delle bambine “Quale storia vuoi sentire?” “La sconfitta di Sauron!” La ragazza sussultò “E quando mai l’avresti sentita?” Chiese con sgomento.

“Nana me l’ha raccontata poche sere fa per la prima volta! È vero che anche il mio Ada ha lottato?” Domandò Aranel con speranza.

Sara ci rifletté, quella non era una storia per bambini......ma se era stata Hanna ad iniziare la frittata era fatta.

“Hranel, tuo padre e tuo nonno erano sul campo di battaglia quel giorno!” Rispose Sara sorridendo “Hai conosciuto mio nonno?” Chiese Aranel incredula “Cielo no!” Rispose Sara scioccata “Quella di tuo nonno è un’altra storia! Te ne parlerà tuo padre!” Riuscì a salvarsi così dato che Aranel non fece più domande.

“Quale battaglia?” Domandò Lucilla confusa “Quella contro il più cattivo e potente signore oscuro che esiste nel mondo!” Rispose Aranel enfatizzando la frase agitando le braccia.

“Tuo padre è un guerriero molto forte allora!” Disse Lucilla con uno sguardo adorante.

“Tutte le creature viventi vi presero parte, gli Elfi seguirono Gil-galad Re supremo degli Elfi.......” “Non la stai raccontando bene!” La protesta di Aranel fece bloccare Sara. Era proprio una peste! Ma un’idea le risollevò il morale.

Annuì e sorridendo chiese “Volete sentire la storia raccontata come si deve?” Le bambine risposero sedendosi e facendosi attente. Aranel si mise a gambe incrociate, mentre Lucilla le dispose a forma di w.

“Tutto ebbe inizio con la forgiatura dei grandi anelli!” Cominciò Sara, guardandosi attorno e decidendo di prendere tre sassolini da disporre in fila.

“Tre furono dati agli elfi, gli esseri immortali, più saggi e leali di tutti. Sette ai Re dei nani, grandi minatori e costruttori di città nelle montagne. E nove, nove anelli furono dati alla razza degli uomini che più di qualunque cosa, desiderano il potere! Perché in questi anelli erano sigillati la forza e la volontà di governare tutte le razze” disse indicando i tre gruppi di sassolini con la mano.

“Ma tutti loro furono ingannati.....” il tono della voce di Sara divenne grave “...perché venne creato un’altro anello. Nella Terra di Mordor, tra le fiamme del Monte Fato, Sauron, l’Oscuro Signore forgiò in segreto un anello sovrano, per controllare tutti gli altri!” Prese un sassolino più grande e uno sgabello che facesse la parte della montagna.

“E in questo anello riversò la sua crudeltà, la sua malvagità e la sua volontà di dominare ogni forma di vita! Un Anello per domarli tutti. Uno a uno, i paesi liberi della Terra di Mezzo caddero sotto il potere dell’Anello, ma alcuni opposero resistenza!” Da una cesta prese tanti omini di legno, cominciando a disporli in file ordinate.

“Un’ultima Alleanza di uomini ed elfi marciò contro le armate di Mordor e sui pendii del Monte Fato combatté per la libertà della Terra di Mezzo!”.

Fece cadere i pupazzi presenti sullo sgabello “La vittoria era vicina.......ma il potere dell’anello, non poteva essere sopraffatto!” Disse cominciando a guardarsi attorno.

“Fu in quel momento, quando ogni speranza era svanita.....” chi o cosa poteva rappresentare qualcuno di così terrificante e malvagio?!

Oh giusto....un piccolo candelabro, che se paragonato ai piccoli omini, appariva gigante “....che Isildur, figlio del Re, afferrò la spada di suo padre Narsil, la fiamma della luna...” un piccolo bastoncino raccolto assieme ai giocattoli da fuori venne trovato al momento giusto “......e la lama spezzata inflisse il colpo fatale!” Spezzò il legnetto in due e con la parte più grande colpì il candelabro “Sauron, il nemico dei popoli liberi della Terra di Mezzo, venne sconfitto!” Terminò il racconto.

“Siiii!” “Evviva!” Grida ed applausi accolsero la sua formidabile memoria ed elogiarono il vizio di rivedere quel meraviglioso film, talmente tante volte, dall’averlo imparato a memoria! La maggior parte delle battute almeno!

“Mi piace di più come la racconta Nana, ma anche tu non te la cavi male!” Disse Aranel sistemandosi sotto le coperte.

“Grazie....” disse Sara sconcertata. Figurarsi se non aveva qualcosa da ridire!

Certo, citando Tolkien sono tutti migliori!” Pensò prima di uscire dalla stanza.

Appena chiusa la porta, Sara sbatté contro qualcosa di estremamente solido. 

Alzando lo sguardo si rese conto di chi fosse, non cosa! Thranduil che tanto per cambiare, non sembrava felice. Era sempre serio, ma lo conosceva abbastanza da capire che stavolta c’era dell’altro.

Lo seguì fino in camera sua per notare e ricambiare lo sguardo sorpreso di Hanna.

L’elfo chiuse la porta e passò qualche minuto a spostare lo sguardo dalla sua compagna a Sara.

“Esigo sapere la verità! Sapete troppe cose!” Decretò con tono glaciale.

“Che cosa hai fatto? Anzi cos’hai detto? E soprattuto a chi!?” Sibilò Hanna alzandosi dal letto e fronteggiando l’amica con rabbia.

“Ehi! Non sono stata io a raccontare per prima la storia sull’ultima Alleanza alle bambine!” Si giustificò Sara alzando le mani in segno di resa.

“Invece si, perché a Lucilla mai l’avrei detta!” Ringhiò l’amica.

Sara emise un brontolio irritato “Mai una volta che ti assumi le tue responsabilità!”.

“Silenzio!” Sibilò Thranduil.

“Come fate a sapere così tanto del mio mondo se è la prima volta che lo visitate? Conoscete la sua storia!” Chiese curioso. Hanna aveva la fronte corrugata e lo osservava come se lo stesse studiando. Era lo stesso sguardo che gli aveva riservato la prima volta che si erano incontrati. Sara era molto insicura e spostava lo sguardo da una parte all’altra come se cercasse qualcosa con cui cambiare discorso.

“Che anno è?” Chiese alla fine Sara, capendo che non c’erano scappatoie.

“Come faccio a saperlo?” Domandò l’elfo di rimando ricevendo un occhiata annoiata dalle ragazze. Sapevano che si era informato, come era un mistero.

“2939 della Terza Era!” Rispose Thranduil.

“Richard Armitage! Incontreremo Richard Armitage!” Esultò Sara saltando sul posto.

“Spero proprio di no! Non sembrava di buon umore nel film!” Ricordò Hanna.

“O bhe certo! Se anch’io venissi trattata come un orco sarei un tantino incazzata!” Osservò l’amica.

“Chi?” Chiese Thranduil a cui quel nome non diceva proprio niente. Era la prima volta che lo sentiva.

Le ragazze risposero dandosi spintarelle e riprendendosi fra loro “Shh!” Era Hanna

“Bocca cucita!” Stavolta Sara.

“Un tizio molto famoso nel nostro mondo!” Si arrese alla fine Hanna sostenendo lo sguardo penetrante del compagno senza problemi.

“E come si sarebbe guadagnato tanta popolarità?” Domandò Thranduil sorridendo, conscio che le stesse mettendo in difficoltà.

“No, ma fa con comodo! Vuoi che li raccontiamo tutto per filo e per segno?” Urlò Sara prima di tapparsi la bocca sperando di non aver svegliato i bambini.

“Sei stata tu a dire il suo nome!” L’accusò Hanna che non sembrava affatto preoccupata.

“Ma era quello finto, non quello vero!” La risposta di Sara fece sollevare un sopracciglio dell’elfo.

“Credo sia il contrario!” Si sollevò anche l’altro.

“Ti ricordi dove siamo! Qui l’opposto di lì è la realtà!” Chiarì Sara. 

Thranduil sollevò gli occhi al cielo. Due sorelle bisbetiche, certe cose non sarebbero mai cambiate!

“La prima volta che ci siamo incontrati ti avevo dette le cose divagando parecchio!” Cominciò a parlare Hanna “Poco meno di cento anni fa, uno scrittore del nostro mondo ha cominciato a scrivere racconti e libri sulla Terra di Mezzo!” Fu costretta a spingere Sara sul letto per evitare che le mettesse una tappasse la bocca con una mano “Ha avuto un grande successo, talmente grande che ormai tutti sanno qualcosa della vostra storia! Per esempio, sappiamo chi era tuo padre, chi è tuo figlio e che tu odi i nani a causa dell’assassinio di Thingol, Re del Doriath!” Disse sincera.

“Siete a conoscenza di ciò che avverrà in futuro?” Chiese Thranduil con avido interesse.

“No, ma che assurdità vai dicendo!” Sara era meno convincente di un bambino colto a rubare biscotti.

“Sappiamo solo quello che ha scritto lui, ma non possiamo essere certe che sia la verità! Conoscere il futuro è pericoloso!” Hanna doveva in tutti i modi convincerlo, ne andava della sicurezza dell’intera Terra di Mezzo.

“Rischieremo di cambiare le cose irrimediabilmente!” L’appoggiò Sara.

“Come?” Elfo testardo.

“Non lo sappiamo, ma credo sia meglio non dirti niente!” Insistette Hanna.

“Non dire niente! A nessuno! Anche i più saggi possono sbagliarsi!” Ricordò Sara.

“Conoscete Elrond?” Domandò Thranduil sorpreso.

“Solo grazie a molte storie! Ci racconti qualcosa?” Chiese Hanna sedendosi dalla sua parte del letto.

“No!” Le ragazze sgranarono gli occhi di fronte a quella risposta.

“Ma non ci stai raccontando il futuro!” Protestò Sara.

“Voi mi avete lasciato con molte domande ed è mia premura fare lo stesso!” Disse Thranduil con soddisfazione.

“Ti sei offeso?” Chiese Hanna lanciando l’amo.

“Ma non capisci che è pericoloso!” Tentò di farlo ragionare Sara.

“Capisco perfettamente! Non criticate qualcosa che ho sempre fatto!” Ricordò l’elfo

“Mi sono sempre astenuto dal parlare dei miei simili!” Finì di dire.

“Si è offeso!” Sussurrò Sara all’orecchio di Hanna, consapevole che l’elfo potesse sentirla, prima di correre in camera sua.

 

*

 

La mattina seguente la porta di casa venne chiusa con un sospiro ed Hanna si chiese se avrebbe mai più rivisto quel villaggio con coloro che conosceva ancora in vita.

“Questo era ciò che Spartacus voleva!” Disse Agron contento.

“Lacrime di commozione?” Chiese un sottoposto vedendo le donne che si salutavano.

Sarà si asciugò il volto con un fazzoletto prima di riprendere la lista e leggerla per la quarantesima volta certa che qualcosa se lo sarebbe dimenticato di sicuro.

Gli investigatori, indagando sulla loro scomparsa, avrebbero potuto tracciare tutti i suoi spostamenti dato che lasciava sempre qualcosa.

Un costume comprato, una spazzola, lo spazzolino, una maglietta, il vecchio cellulare!

“La smetti di far venire l’ansia?!” La riprese Hanna che stava controllando per la decima volta se la sella fosse stata legata bene.

“Non voglio dimenticare niente!” Rispose Sara.

“Dove andiamo potremmo trovare tutto ciò di cui abbiamo bisogno!” Ricordò Hanna.

“Non voglio avere privilegi!” Protesto Sara.

“Li avrai, fattene una ragione! O dimentichi di trovarti al fianco di uno dei più potenti elfi della Terra di Mezzo?” Il sarcasmo era un’arma letale.

“Non è che non mi fidi di lui!” Si giustificò Sara.

“Sembra proprio così!” Le rispose Hanna.

“Potrebbe sembrare che ce ne approfittiamo!” Fece notare l’amica.

“Da quando ti importa? Assieme a Milo facevi scherzi a destra e a manca sapendo che lui ti avrebbe guardato le spalle contro chiunque!” Non c’era niente da fare, Hanna aveva sempre la risposta pronta.

“Sono elfi per Giove! Cercherò di comportarmi al meglio con loro!” Sara era molto nervosa all’idea di incontrare gli elfi.

“Buona fortuna!” La derisa Hanna.

“Datevi una mossa! Avrete tutto il tempo di litigare una volta in viaggio!” Le riprese Hagen. Si era deciso che anche lui, Tigris e Felix li accompagnassero, per maggior sicurezza per i bambini. Di Kalos non si fidavano, era sempre stato per i fatti suoi, come se avesse qualcosa da nascondere!

“Noi non torneremo mai nelle nostre terre d’origine visto che la grotta è stata distrutta! Mentirei se non dicessi che mi solleva sapere che per te sarà diverso!” Disse Agron osservando l’elfo con le braccia incrociate.

“Agron, sei stato un prezioso alleato. Anche se non posso definirti un amico, ti ringrazio per la lealtà mostratami!” Disse Azrael chinando il capo.

“Fate attenzione!” Sussurrò Nasir non riuscendo a reprimere qualche lacrima mentre abbracciava Sara la quale rispose “Piantala di piangere come una femminuccia!” Sorridendo.

“Sara...” Hanna le si avvicinò con uno sguardo che non prometteva niente di buono “..hai perso di vista la cosa più importante!” Ora cosa c’era?

“Cosa?” Chiese Sara riprendendo la lista in mano ed osservandola con preoccupazione.

“Mia figlia!” Rispose Hanna.

“È una cosa?!” Stavolta fu Sara a servirsi del sarcasmo.

“Sai cosa intendo!” Ringhiò Hanna guardandosi attorno.

“Nana....” “Oh guarda, l’ho ritrovata subito la “cosa” da te smarrita!” Disse Sara guardando la bambina avvicinarsi tenendo per mano la sua amichetta.

“Aranel, saluta Lucilla, stiamo partendo!” Le disse Hanna mentre controllava che le staffe fossero della giusta lunghezza.

“Ma Nana, Lucy è sola ormai! Può venire con noi?” Chiese Aranel facendo l’espressione più tenera vista nell’intera Arda!

“Non sarà sola, noi ci occuperemo di lei!” S’intromise Ariadne indicando con lo sguardo Leta che rispose con un ampio sorriso.

“Ada ti prego! È la mia migliore amica!” Supplicò Aranel.

“Direi di si. Cavalcherà con Hagen!” La accontentò il padre.

“Cosa?” Hanna era esterrefatta.

“Non apprezzi la compagnia di Lucilla?” La domanda di Thranduil la prese in contropiede e dopo aver appurato con lo sguardo che l’avrebbe pagata cara, Hanna salì sul cavallo.

 

*

 

Il viaggio fu relativamente calmo e piacevole. Hanna e Sara fremevano all’idea di incontrare un ent, ma non accadde, lasciandole molto deluse.

Valicare le montagne nebbiose si rivelò arduo a causa delle basse temperature che li rallentarono notevolmente. Ma la sorpresa nel vedere l’elfo che non affondava nella neve fu sufficiente per trovare un elemento di conversazione protagonista di molti dibattiti e teorie. Il loro passo pesante non poteva essere l’unico colpevole!

E le ragazze si sorpreso di loro stesse per averlo notato solo allora!

Si erano da poco accampati per fare una breve sosta.

Un gruppo di rocce aveva offerto un luogo più appartato al posto dell’immensa pianura. I cavalli brucavano tranquilli, abituati alle due bambine che correvano fra le loro gambe.

“Sono due settimane che siamo in viaggio!” Si lamentò Felix.

“Quelle montagne maledette hanno risvegliato ricordi spiacevoli!” Hagen era sempre stato di pessimo umore come se il freddo avesse influito sul suo stato d’animo.

“La zuppa è pronta!” Sara che agitava il mestolo spargendo il contenuto ovunque aiutò a ritrovare il buon umore.

“Aranel, lascia stare i tuoi fratelli!” La riprese la madre vedendo che la figlia tentava di farsi dare del pane in più.

“Ma ho ancora fame!” Protestò la piccola.

“Tra qualche ora arriveremo al fiume Bruinen e potrai mangiare del pesce!” La consolò il padre prima di alzarsi.

“Bruinen anche detto fiume ruggente.....” “Non ci interessa la tua lezione!” Kalos attirò su di sé sguardi diffidenti e offesi.

Mettendo via le scorte, Hanna si rese conto che un pezzo di pane era rimasto fuori e dato che non potevano permettersi di sprecare niente, decise di recuperarlo.

Al tocco poteva sembrare normale, ma si rese subito conto di una cosa!

“Questo pane è.....” lo sbatté contro una roccia facendo solo incrinare la crosta “......un’arma impropria!”. Forse non era stato impacchettato bene finendo per indurirsi prima del dovuto......o forse era passato troppo tempo perché si conservasse adeguatamente!

“Credo che ormai resisteranno solo le gallette!” Osservò Sara.

“Siete le persone più strane che abbia mai incontrato! Definire del cibo un’arma è da sciocchi!” Il povero Kalos dovette ripensarci quando venne colpito in testa da quello che avrebbe potuto scambiare per un sasso, scatenando l’ilarità generale.

Hanna raggiunse Thranduil che silenzioso, osservava la pianura.

“Devi imparare a controllarti! Gli elfi non apprezzeranno i modi rozzi dei nani e Aranel non deve crescere pensando che la forza fisica sia l’unica possibilità per farsi valere!” Disse con tono solenne.

“Più ci allontaniamo dal villaggio più diventi saggio!” Sbuffò Hanna, incrociando le braccia al petto come una bambina offesa.

“Vuoi dire che non lo sono stato?” Scherzò lui facendo passare il suo braccio destro sopra al suo fianco, avvicinandola a sé.

“Non a questi livelli!” Era incredibile, ma Hanna amava che Thranduil riservasse l’ironia e la sua risata, solo a loro. Poteva dire con certezza che Hagen, Tigris e Felix non l’avessero mai sentito ridere. Sorrise al pensiero.

 “Se la vizi incondizionatamente crescerà credendo di poter avere tutto quello che vuole! Non voglio che diventi arrogante!” Decise di farsi valere.

“Non succederà. Ho pensato che uno in più non avrebbe fatto grande differenza. Sono convinto che Lucilla possa farla sentire meno sola ora che dovrò occuparmi del regno e tu dei gemelli!” Altra saggezza, ma negli occhi dell’elfo la ragazza riuscì a cogliere una certa malinconia.

“Ovvio che vuoi tornare ad essere Re!” Hanna sospirò, comprendendo a pieno cosa significhi ritrovarsi lontani da casa per tanto tempo. Forse lei non sarebbe riuscita ad apparire così calma!

“È diverso, desidero proteggere la mia gente e tenere fede al voto che feci il giorno della mia incoronazione!” Specificò Thranduil.

“Giusto......è per questo che sei più cupo da quando abbiamo oltrepassato le montagne?” Chiese Hanna volendosi togliere quel dubbio.

“No. Ho una strana sensazione. Un brutto presentimento!” Ammise l’elfo.

“Riguardo a cosa? Non sarai solo paranoico di fronte ad eventuali pericoli?” Chiese lei allarmata.

“È della sicurezza dei miei figli che mi preoccupo!” Rispose lui voltandosi leggermente, per osservare i figli giocare.

“Sei giustificato........anche se continui ad essere paranoico!” Rise Hanna.

Venne interrotta dagli sbuffi improvvisi dei cavalli. 

Avevano alzato le teste, piegato indietro le orecchie e battevano gli zoccoli in terra, nitrendo nervosi.

“Dobbiamo andare!” Ordinò Azrael prendendo in braccio Galador e salendo in groppa ad Aegnor “Hagen, Tigris, copriteci! In caso venissimo divisi, dovete seguire il fiume andando controcorrente!” Sara gli porse anche Elanor, consapevole che al galoppo lei avrebbe rischiato di farla cadere.

Galopparono veloci attraverso la pianura e non ci volle molto perché i mannari cominciassero ad ululare inebriati dall’odore di nuove prede ed in vista di un’eccitante caccia.

Thranduil osservò Hanna alla sua destra rigida ed agitata, Aranel, seduta davanti a lei sulla sella, era terrorizzata ed aveva gli occhi chiusi.

Sara galoppava alla sua sinistra, calde lacrime le rigavano il volto mentre tremava come una foglia.

Gli orchi cominciarono a tallonarli poco prima degli alberi che si estendevano lungo le rive del fiume.

“Più avanti c’è un ponte!” La voce di Kalos ruppe la tensione con quella piccola speranza che avrebbe potuto farli uscire tutti vivi da quella pericolosa situazione.

Azrael vide che Felix, seduto al contrario, scoccava frecce nel tentativo di abbattere quanti orchi più possibili, Hagen lanciava coltelli e Tigris si stava impegnando in un corpo a corpo con un orco in groppa ad un mannaro e Kalos guardava la scena terrorizzato.

Non c’era tempo per discutere. Decise di ascoltare il ragazzo!

Iniziarono a zigzagare fra gli alberi abbastanza da mascherare le loro intenzioni ed appena il ponte fu in vista spronarono i cavalli.

Thranduil non vedeva più i tre uomini, ma fermarsi si sarebbe rivelata come una condanna a morte. Diede gambe ed Aegnor accelerò al massimo la sua andatura.

Poco prima del ponte, dai lati della strada, sbucarono Felix, Hagen e Tigris, alquanto malconci. I primi due cavalcavano lo stesso animale, dato che quello di Felix era stato  sicuramente abbattuto.

L’elfo era in testa ed appena suo peso si trasferì sul ponte sentì il legno creparsi ed emettere dei gemiti che annunciavano il suo cedimento imminente.

Bastò che l’ultimo cavallo salisse, per farlo cadere!

Aegnor spiccò un poderoso salto ed i suoi anteriori toccarono terra, i posteriori inciamparono per la mancanza di sostegno, ma riuscì a pilotare la caduta ritrovandosi seduto in terra.

Passò un momento, prima che si rimettesse in piedi.

Thranduil si voltò e vide la corrente impetuosa del fiume che trascinava via gli altri.

Girò il cavallo per seguirli, ma una freccia gli volò davanti al viso, andando a conficcarsi sul tronco di un albero e vide i mannari usare il tronco di un’albero come ponte per raggiungerlo.

Thranduil spronò Aegnor al galoppo, comprendendo quanto fosse sciocco cercare di aiutare gli altri senza pensare alla protezione dei figli.

Il terreno era accidentato ed avendo le mani occupate a sorreggere i bambini e le loro fragili teste, dovette affidare il controllo del cavallo unicamente alle gambe, mentre con il busto si voltava e piegava cercando di mantenere l’equilibrio.

Aegnor correva veloce ed all’improvviso un mannaro si parò davanti a loro con in groppa un orco armato di frecce, costringendolo a sterzare di colpo. Thranduil si accucciò sul dorso del cavallo nel tentativo di proteggere i figli con il corpo e funzionò.

Ansimò per la mancanza d’aria e per il dolore quando una freccia lo colpì al costato facendolo cadere in avanti. Cercò di poggiare gli avambracci sul collo di Aegnor per non schiacciare i bambini.

Ma appena riuscì a raccogliere abbastanza forze per raddrizzare la schiena, una seconda freccia lo colpì alla spalla e per poco non fece cadere Elanor quando il braccio gli si irrigidì a causa del dolore.

Da lì in poi divenne tutto confuso. Con la vista annebbiata percepiva ancora i ringhi dei mannari e le orrende voci degli orchi in lontananza, eppure non era sicuro se fosse a causa del veleno, o se si fossero realmente allontanati.

Aegnor non cedette l’andatura e continuò a galoppare disperato.

Thranduil usò le poche forze rimaste per guidarlo verso la via che conduceva a Gran Burrone. Dopo un lasso di tempo che non riuscì a definire, cominciò a vedere la foresta a tratti, appena gli occhi gli si chiudevano si costringeva a sollevare la testa per evitare di svenire.

Il cavallo stanco, correva più lentamente e non seppe dire quanto tempo lottò per restare cosciente. Alla fine Aegnor iniziò a camminare ed i suoi movimenti risvegliarono le ferite di Thranduil che si destò di colpo.

Alzò lo sguardo e vide Gran Burrone.

Ce l’aveva fatta!

Oscillava da una parte all’altra, impegnato in una durissima lotta per restare sveglio!Si trovavano ancora sul sentiero quando il corpo cedette e si accasciò completamente sul cavallo, i bambini riusciva a tenerli a stento i quali si lamentarono per quella presa scomoda.

Fu l’ultima cosa che sentì, prima di perdere conoscenza.

 

*

 

Il fiume era ribelle, agitato e forte.

L’acqua gelida strinse i corpi in una morsa, Hanna non sentiva più le dita delle mani!

Venne sbattuta contro qualcosa, che si dimenò quando venne urtata, un cavallo!

Si allontanò per evitare di essere colpita per errore dai potenti zoccoli dell’animale imbizzarrito.

La ragazza riemerse. Riuscì a tenere la testa fuori dall’acqua quanto bastava per vedere Aranel aggrappata alla sella che piangeva e chiamava il padre.

Kalos si trovava dalla parte opposta dell’animale, teneva le redini ed ogni tanto lo spingeva dandosi lo slancio sul bordo per evitare che colpissero qualche roccia presente lungo il percorso. Con l’altra mano il mago teneva la bambina, come se non si fidasse della sua forza e temesse che i flutti potessero inghiottirla!

Hanna venne trascinata sott’acqua da una forza invisibile, la stessa che la sbatté contro una roccia. Il colpo le paralizzò il braccio destro e si diede uno slancio poggiando i piedi sul fondale, sentendo di non riuscire a stare sotto ancora per molto.

Una volta fuori tossì più volte, mentre i tre arti ancora funzionanti tentavano di tenerla a galla.

Un urlo le fece voltare la testa. Lucilla piangeva e si aggrappava ad un grosso braccio che la teneva sollevata fuori dall’acqua dal busto in sù. Solo Hagen portava i parabracci.

Come a voler confermare la sua idea, il germano sbucò dai flutti prendendo grosse boccate d’aria e lottando per non far cadere la bambina in acqua.

Hanna vide più avanti un cavallo solo che combatteva contro la corrente, ma i margini del fiume erano troppo ripidi per permettergli di uscire e lo vide ricadere più volte in acqua.

Sembrò passare un eternità prima che qualcuno le afferrasse il braccio destro facendola urlare di dolore. Quando aprì gli occhi si rese conto che era stato Kalos. Il giovane mago la guardò tremando come una foglia al vento, la sua mano non lasciava andare il suo polso.

Aranel si aggrappò alla madre piangendo e lei la prese con il braccio sano.

Un rumore dei sassi li fece voltare verso la riva, dove un cavallo era uscito dall’acqua, la sponda è meno ripida!

Come fosse un segnale, tutti lo seguirono.

Kalos tirò le redini del cavallo per indirizzarlo verso la giusta direzione e non passò molto prima che l’animale riuscisse a toccare terra frenando la corsa data dalla corrente.

Il destriero inciampò più volte, ma Hanna sentì di avere a malapena la forza di aggrapparsi a lui e tenere la figlia, per questo non lo lasciò andare.

Mollò la presa una volta sulla terraferma e si sdraiò a riprendendo fiato, mentre strinse a sé Aranel tentando di calmarla attraverso quell’abbraccio dato che non aveva forze per parlare.

“Sara dammi la mano!” Hanna diresse lo sguardo verso la voce di Tigris e lo vide mentre tirava fuori l’amica dall’acqua evitandole di venire calpestata dal cavallo che aveva più voglia di loro di uscire.

Felix gattonò fuori dal fiume imitando Hanna nell’accasciarsi in terra ansimando per lo sforzo. Loro si trovano più avanti, erano usciti tutti in punti diversi.

“Dov’è Azrael?” La domanda di Kalos fece sedere Hanna di scatto. Si guardò attorno notando solo allora che mancava persino Aegnor!

Quando il ponte era crollato si trovava poco più avanti, ma non poteva dire con certezza se fosse riuscito a passare dall’altra parte! La paura le aveva fatto chiudere gli occhi che si erano riaperti a causa dello shock dato dall’acqua gelida.

“Elanor! Galador! Li avete visti?!” La domanda di Sara, intrisa di disperazione, fece congelare Hanna ancora di più di quanto non lo fosse stata.

Thranduil era annegato nel tentativo di salvare i suoi figli? Erano riusciti a passare e gli orchi li avevano catturati? Erano morti sbranati dai mannari?

“Non c’è tempo per questo!” Urlò Hagen afferrando Sara le spalle per poi scuoterla nel tentativo di farla tornare in sé “Gli orchi potrebbero essere vicini! Dobbiamo nasconderci!” Disse trascinandola di peso.

Hanna restò qualche secondo ferma. Era già successo! Aveva perso Aranel arrendendosi all’idea di non rivederla più!

Le sue paure non avrebbero spento la speranza che fossero ancora vivi e di poterli riabbracciare! Non di nuovo!

“Non possiamo fare niente per loro! Non in questo momento!” Disse Hanna alzandosi in piedi. Sara la guardò come se fosse stata la più crudele delle madri.

“Mi fido di T.....Azrael!” Affermò agitando la mano sana quando dovette correggersi “Terrà al sicuro i nostri figli! Io devo pensare a loro!” Disse indicando Aranel e Lucilla.

 

*

 

Le guardie erano state previdenti ed avvicinandosi cautamente a quel cavaliere in difficoltà riuscirono ad afferrarlo per un soffio appena cadde.

Notando i due bambini che portava con sé li presero, dimenticandosi dell’estraneo che colpì il terreno con un tonfo sordo.

Lindir ordinò loro di occuparsi dei piccoli e tremante si inginocchiò accanto a quello che gli sembrava tanto un cadavere. Un respiro debole e quasi inesistente colpì il suo orecchio e percepì sotto le dita un battito accelerato. 

Straordinariamente era ancora vivo!

Il suo sollievo durò poco appena il cavallo si impennò con un nitrito che non faceva presagire niente di buono! Dovette chiamare altre guardie per tenerlo sotto controllo e portare al sicuro lo sconosciuto.

Elrond stava ispezionando alcune carte quando Lindir entrò senza neanche bussare.

Heruamin, (Mio Signore!) un elfo moribondo è appena giunto. È grave, necessita della vostra attenzione!” Disse ansimando a causa della corsa.

Il suo signore non se lo fece ripetere e si avviò a grandi passi verso l’infermeria.

Una volta dentro si immobilizzò riconoscendo il vecchio amico.

Thranduil era più magro di quanto ricordasse, vestito con abiti poveri giaceva immobile sul letto e solo il petto che si alzava ed abbassava leggermente ad occhi attenti, testimoniava che fosse ancora in vita!

“Mellonamin, mani marte?”(Amico Mio, cosa ti è successo?) chiese più a se stesso.

Con un coltello squarciò la maglietta e si mise subito a tastare il torace vicino alla ferita sul fianco, in cerca di lesioni interne. Ne trovò, la costola era rotta e per grazia dei Valar non aveva ancora perforato il polmone.

Con questa consapevolezza girò Thranduil con delicatezza, concentrandosi sulla ferita più grave alla spalla da cui fuoriusciva molto sangue.

La pelle era diventata nerastra e l’alone si era espanso attorno alla ferita.

“Mettete dell’athelas a bollire, subito!” Gli assistenti ubbedirono veloci.

“Da quanto è in queste condizioni?” Chiese Lindir pallido come uno spettro avendo riconosciuto l’antico Re grazie al quesito del suo signore.

“A giudicare dallo stadio del veleno, poco meno di due ore. Mi sorprende che sia ancora vivo!” Rispose Elrond senza mascherare la propria preoccupazione.

Non si rasserenò affatto quando, nel togliere la punta della freccia dalla spalla, Thranduil non si mosse e non emise neanche un lamento.

Una volta finito, pulì la ferita con un panno imbevuto d’acqua di athelas e la cosparse con un unguento per aiutare la cicatrizzazione, bendandola affinché non rischiasse di infettarsi.

Ripetè l’operazione con la ferita al costato prima di coprirlo con una coperta.

Elrond sospirò affranto quando sentì il cuore fin troppo debole sotto le dita e si sedette accanto all’amico per vegliarlo.

Dei rumori esterni lo costrinsero ad abbandonare la sua posizione ed uscì dall’infermeria rischiando di essere travolto da un cavallo in corsa.

Vide il grosso animale investire due guardie e proseguire la sua folle corsa verso i giardini e curioso lo seguì.

Il cavallo appariva provato anche se aveva ancora forze sufficienti per scalciare ed agitarsi. Il mezz’elfo gli si avvicinò “Im avo goston o le! Telin le thaed, lasto beth nîn! Sedho! (Non ho paura di te! Sono venuto ad aiutarti, ascolta mie parole! Calmati!) disse alzando una mano verso il muso dell’animale che agitava la testa su e giù.

Aegnor annusò quella mano gentile e sembrò percepire che era l’unico dei presenti ad essere calmo riuscendo a tranquillizzarsi.

Lindir raggiunse il suo signore per niente sorpreso.

“È questa la cavalcatura con cui Thranduil è giunto fino a noi?” Chiese toccando la sella e trovando la risposta visto che era intrisa di sangue.

“Si, mio signore! Portava con se pure due bambini!” Quella notizia fece voltare Elrond verso l’infermeria. La bambina delle sue visioni esisteva realmente! Ma dov’era?

Entrò nella stanza e venne accolto dai pianti dei due bambini che le levatrici stavano tentando di calmare ma senza successo.

Uno dei due somigliava tantissimo al padre, avendone ereditato gli occhi azzurri ed i capelli dorati mentre l’altro aveva sicuramente preso dalla madre i capelli scuri con gli occhi di un verde smeraldo. Uscì subito dopo conscio di dover agire in fretta.

“Mandate fuori una pattuglia! Ci sono un umana ed una mezz’elfa in pericolo, trovatela e portatela da me!” Ordinò ad una guardia prima di tornare da Thranduil.

 

Ok, va bene, ho deciso di aggiornare per tutti coloro che mi hanno scritto in privato incoraggiandomi, mostrando sostegno e più curiosità di quanto immaginassi? Un grazie speciale a Klo89, la tua curiosità è stata soddisfatta! ;-)

Temo che anche per il prossimo ci vorrà un po’.

Barbalbero è stata un’idea lampo!

Aranel sta cominciando a conoscere la storia di Arda ed Hanna e Sara sono  impazienti di incontrare gli elfi! 

Finalmente il viaggio è iniziato ed il pericolo è sempre in agguato!

Commenti e consigli sono i benvenuti.

A presto, 

X-98

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Capitolo 19
*** Non smettere mai di amare ***


Il sole stava cominciando a tramontare, presto sarebbe arrivato il freddo della notte.

“Come vanno i vestiti?” Chiese Hanna sporgendosi da dietro la coperta dove si era rifugiata assieme alle bambine e Sara.

“Sono quasi asciutti!” Rispose Hagen che se ne stava comodamente seduto sull’erba con solo un piccolo pezzo di stoffa a fungere da mutande.

“Be’, almeno di freddo non moriremo!” Disse Sara allegramente.

“Se gli orchi non si sono ancora fatti vivi, forse hanno inseguito Azrael?” Chiese Felix alquanto perplesso.

“Spero di no! Erano troppo numerosi per farlo uscire vivo dallo scontro!” Meditò Tigris.

“Grazie, sei di grande aiuto!” Disse Hanna con sarcasmo.

“Nessuno li ha sentiti seguirci lungo la sponda del fiume?” Domandò Tigris.

“No, mi spiace! Sai com’è, ero impegnata a non morire affogata!” Ammise Sara.

La mattina seguente ricominciarono a muoversi, tentando di ritrovare l’orientamento perduto.

“Vediamo....se quelle sono le montagne nebbiose.....allora Gran Burrone dovrebbe trovarsi....di là! Più o meno!” Disse Sara indicando un punto imprecisato davanti a sé mentre si reggeva con forza al ramo con l’altra mano per non cadere come un frutto maturo.

“Sicura di non indicare Lorien? Guarda che la casa di Elrond sta più a Nord!” Si fece sentire Hanna, in equilibrio precario accanto a lei.

“Senti, Lorien dovrebbe trovarsi dall’altra parte delle montagne....quindi se continuiamo a costeggiarle dovremmo trovare ciò che cerchiamo! E poi T...Azrael ha detto di andare controcorrente!” Tentò di tirarsi su di morale Sara.

“Si, ma l’entrata per gran Burrone non sarà ornata di cartelli! Non penso sia sufficiente solo “seguire il fiume”!” Si lamentò Hanna.

“E se chiedessimo informazioni?” Chiese Kalos da sotto l’albero.

“Perché credi che l’abbiano chiamata “La valle nascosta” perché tutti conoscessero la sua posizione?” Urlò Hanna di rimando “Mannaggia a Thranduil che è scomparso!” Protestò iniziando a scendere.

“Che hai detto?” Chiese Hagen non avendo sentito interamente l’affermazione.

“Malediceva Azrael per essere sparito nel nulla!” Salvò la situazione Sara vedendo che Hanna sembrava troppo impegnata a cercare di capire se il germano avesse sentito il nome che aveva pronunciato in un’attimo di distrazione.

“Non mi sorprenderei se sbucasse fuori all’improvviso!” Le accolse Tigris ridendo.

“Nana!” “Che c’è Aranel?” Chiese Hanna vedendo la figlia che si agitava fra le braccia di Hagen “Ho fame!” Si lamentò lei “Anch’io!” Le si accodò Lucilla.

“Io in acqua non entro!” Tentò Kalos essendo abituato ad essere ignorato.

“Grazie per esserti offerto volontario!” Lo ignorò Hanna.

I tre uomini lo fissarono a lungo prima che Tigris parlasse “Facci qualche scherzo e ti uccido senza che te ne accorga!” Minacciò.

“Ma le mie raccomandazioni sulla buona educazione?” Domandò Sara esasperata “Da qui entrano e da lì escono!” Commentò indicandosi le orecchie.

“La fiducia deve essere guadagnata!” Puntualizzò Hagen guardando male il ragazzo.

“Si, ma bisogna pure darla!” Insistette Sara.

Tigris e Hagen decisero di fare una gara, giusto per rendere la pesca un po’ più interessante. Kalos e Felix furono più impegnati a lottare contro le reti e mancarono gli obbiettivi ad ogni affondo, con un bastone appuntito costruito sul momento.

Mentre le ragazze si mostrarono sveglie usando le frecce vicino alla riva, dove l’acqua era meno profonda.

I pesci cotti, anche se insipidi erano buonissimi.

“Colazione fatta!” Disse Sara entusiasta.

“Hanna, lo mangi quel pesce?” Chiese Kalos indicando il cibo nel piatto.

Lei lo guardò. Era tentata di rispondergli male, ma ci ripensò all’ultimo “No, prendilo pure!”.

Non si meravigliò più di tanto quando ricevette degli sguardi scioccati dagli uomini.

“Ha salvato Aranel!” Spiegò riuscendo a zittire qualunque protesta.

Avevano appena finito di sellare i quattro cavalli superstiti quando Hanna si sentì osservata. Era una sensazione fastidiosa con la quale aveva dovuto farci l’abitudine in quanto “amante” dell’angelo della morte, e questo aveva acuito i suoi sensi.

Essere osservata era qualcosa che detestava!

“Sara...” sussurrò, sgranando gli occhi pieni di sorpresa.

“Si?” Chiese lei non guardandola direttamente, troppo impegnata ad assicurare le coperte asciutte alla sella del cavallo.

“C’è un elfo che ci guarda!” Disse Hanna non riuscendo a distogliere gli occhi.

“Thranduil? Aranel?” Chiese Sara facendo voltare un’amica esasperata verso di lei.

“Se sei intelligente lo nascondi molto bene!!” Protestò Hanna.

Hagen, Tigris e Felix sguainarono le spade, mettendosi in posizione difensiva, mentre Kalos agitò il suo bastone.

“Salve umani! È Lord Elrond di gran Burrone che ci manda!” Si presentò una delle guardie elfiche a cavallo.

“Giù le armi idioti!” Li calmò Sara.

“Come cavolo sapeva del nostro arrivo?” Chiese Hanna dimenticandosi le buone maniere.

“Re Thranduil è giunto fino a noi gravemente ferito!” Rispose l’elfo facendo sobbalzare le ragazze.

“Sta bene?” Chiese Hanna preoccupata da morire.

“È ancora vivo!” Rispose l’altro sbrigativo.

“Allora cosa sti....” “Potreste guidarci dal vostro signore per favore? Thranduil è un nostro caro amico!” Chiese Sara più garbatamente.

La guardia osservò la piccola Aranel attentamente ed alla fine annuendo, girò il cavallo. 

Tigris non riuscì a trattenersi e pose la fatidica domanda “Chi è questo demente ferito di cui parlano?” Facendo ridere solo Sara dato che Hanna percepiva una morsa al cuore aumentare sempre più.

La promessa di future spiegazioni fece tacere gli uomini che silenziosi seguirono gli elfi.

Le previsioni di Sara si rivelarono corrette in quanto la loro metà risultò non troppo a nord rispetto a dove si trovavano.

 

*

 

Hanna e Sara non riuscirono a non aprire la bocca di fronte all’imperitura bellezza di quella valle. Un piccolo pezzo di paradiso.

Hanna notò con piacere che era proprio come Peter Jackson l’aveva immaginato, un luogo puro dove poter scacciare paura e tristezza.

C’erano diversi edifici in legno e pietra collegati tra loro da tortuosi corridoi e disposti su molti livelli. Sembrava che gli elfi fossero stati capaci di costruire senza disturbare minimamente il fiume, com’era invece prassi del suo mondo che per costruire un nuovo Hotel veniva deforestata una parte di bosco.

Ma quel posto era magico e la faceva sentire al sicuro!

Sara nel frattempo, sentiva chiaramente nella sua testa la colonna sonora di Howard Shore che rendeva il tutto ancora più fico!

Il loro arrivo doveva essere atteso, dato che Elrond si trovava in cima ai gradini di una scalinata che portava allo spiazzo principale.

“Benvenuti cari visitatori. Il mio nome è Elrond, sono il signore di queste terre! Da tempi antichi non era più accaduto che a un’elfo ed un umano fosse concesso un dono tanto prezioso!” Disse l’elfo guardando Aranel che si aggrappò al braccio della madre.

“Che una stella brilli sul nostro cammino Lord Elrond, il mio nome è Sara, mentre lei è la mia migliore amica Hanna!” Cominciò a presentarsi Sara “Loro sono Hagen, Tigris e Felix, dei cari amici!” Disse indicando i tre uomini sospettosi.

“E lui è Kalos, un compagno di viaggio trovato lungo il cammino!” Finì indicando il ragazzo di cui ancora non si fidava completamente.

“Chi sono le due piccole ospiti?” Chiese Elrond avvicinandosi a Hanna una volta che fu scesa da cavallo.

“Aranel e Lucilla!” Rispose Sara vedendo l’amica incerta.

“Dov’è?” Chiese Hanna all’improvviso “Dov’è lui?” Uno sguardo implorante convinse il Lord di Gran Burrone a farle subito strada.

Si guardò un’ultima volta dietro vedendo Sara, impegnata a tenere calme le bambine, lanciarle uno sguardo preoccupato.

“I due bambini stanno bene. Sono usciti incolumi dall’imboscata degli orchi!” Elrond riuscì a togliere molta della tensione che faceva sentire Hanna pesante come un troll di montagna.

“Devo avvertirti, è fortemente sedato quindi non preoccuparti se non reagirà alla tua presenza!” Disse Elrond prima di fermarsi davanti ad una porta.

“Quanto è grave?” Chiese Hanna puntando i piedi.

“È sopravvissuto alla notte, contro le mie aspettative. Ha un percorso arduo da fare per guarire, ma sono certo che si riprenderà!” Rispose l’elfo sincero aprendo la porta.

Thranduil giaceva immobile sul letto. 

Hanna lentamente gli si avvicinò e si sedette al suo capezzale non riuscendo a reprimere le lacrime “Sono qui!” Sussurrò prima di dargli un piccolo bacio in fronte.

Era così inusuale vederlo con indosso vestiti elfici, anche se sapeva che non sarebbe dovuto essere così.

Dopo un tempo che non avrebbe saputo definire, Hanna si voltò verso Elrond con un sorriso grato “Ti ringrazio. Senza di...voi, non sarebbe sopravvissuto!” Poi ovviamente c’erano gli incidenti di percorso, dando del tu e correggendosi all’ultimo.

“Thranduil ha una tempra d’acciaio, l’ho visto sopravvivere al fuoco del drago...” l’elfo venne interrotto dallo sbattere della porta per quanto bruscamente era stata aperta.

“Scusate, sono ancora abituata alle nostre pesanti porte in legno!” Si giustificò un’imbarazzatissima Sara facendo sorridere l’amica.

“Come sta?” Chiese avvicinandosi all’amico.

“È vivo!” Rispose Hanna prendendo una sua mano inerme fra le sue, pregando affinché quelle lunghe dita stringessero le sue, ma ciò non accadde.

Sara si sedette su di un sedia dal lato opposto di Hanna per poi ripensarci ed alzarsi per porre una domanda all’elfo presente “Mi scusi, voleva sedersi lei?” Erlond rispose sorridendo e negando con il capo, perciò Sara non dovette spostarsi.

L’elfo si avvicinò ed Hanna non fu poi tanto sorpresa quando pose una domanda “Hai dei figli bellissimi.....quanto ha la più grande?”.

“La ringrazio molto! Aranel ha sei anni!” Rispose Hanna atona.

“Cosa gli è successo?” Continuò il Lord di Gran Burrone guardando il vecchio amico.

“A parte essere stato inseguito da un branco di orchi affamati?” Hanna ricevette un verso di disapprovazione da parte di Sara per quest’alzata di spalle.

“Dov’è stato per tutto questo tempo?” Chiese Elrond estremamente serio.

Sara si allarmò, non volendo mentire ma non essendo nemmeno certa di ciò che avrebbe potuto dire. Thranduil diventava estremamente cupo e furioso anche quando il nome Batiato veniva pronunciato per puro caso.

“Glielo chiederete una volta che si sarà ripreso visto che siete tanto sicuro del suo risveglio!” Rispose Hanna come se fosse normale mancare di rispetto in modo così sfacciato una creatura millenaria e saggia come Elrond!

L’elfo in questione sembrò sorpreso dalla risposta e Sara decise saggiamente di correre ai ripari “Quello che voleva dire la mia amica.....cerca di controllarti...” ringhiò verso Hanna con uno sguardo di fuoco “...è che non sappiamo cosa lui voglia far sapere e cosa no! È un passato difficile quello che abbiamo vissuto!...che c’è? Non ho detto niente!” Sara dovette tornare sulla difensiva appena fece l’accenno agli anni di schiavitù, quando fu Hanna a guardarla male.

“Nana, nana....” la vocina di Aranel precedette la sua entrata, seguita da Hagen che non la smetteva di guardare per aria, forse troppo ammaliato dall’architettura elfica.

“COSA......ci fate qui?” Sibilò Hanna rendendosi conto che Thranduil non doveva svegliarsi.

“Mi è sfuggita di vista e l’ho inseguita fino a qui!” Rispose tranquillo il germano non trattenendosi dallo sgranare gli occhi davanti ad una scena che non credeva avrebbe mai visto: l’angelo della morte, colui che instillava il terrore nel cuore dei romani solo pronunciandone il nome, giaceva più pallido della morte stessa, su di un letto!

Aranel si avvicinò al letto ma venne intercettata da Elrond il quale si inginocchiò alla sua altezza ed allungò le braccia nella sua direzione “Non dovresti essere qui. Tuo padre necessita di riposo....” l’elfo s’interruppe quando Aranel si scostò bruscamente dal suo tocco con un urlo, scappando fra le braccia della madre.

Hagen si parò di fronte all’elfo con fare difensivo e Sara fu veloce ad alzarsi subito e spingerlo indietro “Stammi bene a sentire ottuso che non sei altro. Quest’elfo ha salvato la vita a.......lui!” Disse indicando Thranduil, omettendo all’ultimo il nome affibbiatogli dai romani “E anche se così non fosse, gli elfi non sono esseri tanto spregevoli da ammazzarsi fra loro o uccidere una bambina innocente su due piedi! Pensa anche solo di aggredire un’elfo e ti assicuro che l’ira dell’angelo della morte sarà niente se paragonata alla mia!” Disse Sara a denti stretti.

“Ho giurato la mia fedeltà a...lui!” Si corresse intuendo che Sara stesse evitando quel nome di proposito “Ciò che voglio è proteggervi e se vi fidate di loro...” disse guardando male l’elfo “....allora lo farò anch’io! Grazie a te mi hanno accolto ed istruito, permettendomi di sopravvivere fino a questo punto e dandomi la libertà tanto desiderata!” Hagen mise il pugno sopra al cuore, piegando la testa in segno di rispetto.

“Nana perché Ada dorme?” Aranel attirò l’attenzione generale con una semplice domanda.

“Perché è molto stanco! È importante che dorma molto perché si riprenda in fretta!” Hanna tentò di dirlo senza che la sua voce si incrinasse ed altre lacrime le rigassero il viso, per evitare di spaventare la figlia e ci riuscì, ma fu dura.

Era sollevata nel sapere che si sarebbe ripreso, ma vederlo ridotto così vulnerabile le provocava dolore. Era sempre stato lui il più forte, temerario e caparbio. 

Dimostrazione palese, la sua sortita nel campo di Crasso per liberare la figlia.

“Vieni Aranel, andiamo dai tuoi fratelli, non vuoi assaggiare i cibi tipici della tua razza!?” Fu facile per Sara riuscire a convincere la piccola ad uscire, seguita da un mite Hagen.

Alla sera ci fu la felice riunione con Elanor e Galador ma dopo cena Hanna sentì il bisogno di tornare da Thranduil e non perché gliel’aveva ordinato un padrone, ma perché si faceva guidare dal suo cuore.

 

*

 

Hanna inzuppò la benda nell’acqua per l’ennesima volta, per poi strizzarla e poggiarla sopra alla fronte rovente di Thranduil.

La febbre era aumentata durante la notte ed il povero elfo tremava come una foglia al vento nonostante le numerose coperte nelle quali era stato avvolto.

Elrond stava medicando la ferita al costato che per il continuo muoversi, si era riaperta.

“Il veleno è stato a lungo nel suo corpo. Sta combattendo i residui, ci vorrà del tempo, ma migliorerà!” Tentò di rassicurarla o rassicurarsi?! Poteva giurare che alcune volte sembrasse che quell’elfo parlasse da solo!

Sara entrò in quel momento e l’amica potè notare che al contrario di lei, si era cambiata ed ora indossava uno splendido vestito verde di fattura elfica.

Se non fosse stata troppo bassa per la media, sarebbe potuta sembrare un elfo, elfa!

“J'ai l'air d'avoir un déjà vu, n'est-ce pas?”(Mi sembra di avere un déjà vu, a te no?) chiese commuovendosi.

Hanna sentì il fiato bloccarsi in gola appena la sentì parlare quella lingua che per anni aveva dato loro un po’ di privacy, ma comprese che l’aveva fatto per evitare che l’elfo comprendesse.

“Si hai ragione, peccato che gli orchi non abbiano avuto lo stesso trattamento di quel pezzo di sterco!” Rispose Hanna sorridendo leggermente.

“Io mi ritiro, ci sono questioni che richiedono la mia attenzione!” Si congedò Elrond non sembrando infastidito da quella ulteriore mancanza di rispetto.

“Dove sono gli altri?” Domandò Hanna sorpresa di non aver visto Aranel entrare.

“Stanno giocando vicino alla fontana. Credo Aranel cominci a sospettare qualcosa, fortuna che Lucilla la distragga a sufficienza da non darle tempo di starci a pensare!” Confessò Sara sistemando un’ulteriore coperta su Thranduil.

“Ci penso io, tu torna da loro!” Disse Hanna saltando sul letto ed infilandosi sotto le coperte.

“Non mi permetterei mai di interrompere un momento tanto....tenero!” Commentò Sara affrettandosi ad uscire affinché il cuscino non la colpisse.

Arrivò il pomeriggio ed Hanna era uscita solo per pranzo da quella stanza. 

Trovandosi sola e con Thranduil che stava leggermente meglio in quanto la febbre era calata, trovò un momento per riprendere a fare qualcosa che le era mancato più della sua vita precedente, di suo padre, o degli amici periti in battaglia.

Si alzò, si tolse le scarpe e si mise al centro della stanza, cominciando a fare un po’ di stretching e riscaldamento.

Passato un po’ decise che era pronta.

Decise di cominciare con un semplice Pas de bourré caratterizzato dallo spostamento del peso da una gamba all'altra. Passando subito dopo ad un passè sfiancato, tenendo mano e braccia destra diritte, perpendicolari al pavimento, con il braccio sinistro a formare un angolo di novanta gradi, mentre la gamba sinistra era piegata permettendo alla pianta del piede di poggiarsi comodamente sull’altra piantata in terra.

Non perse tempo e fece una rapida piroetta, per accucciarsi subito in terra e mettersi seduta. Fece un ventaglio con le gambe, poggiandosi sui gomiti, tirando su prima la gamba destra, seguita dalla sinistra. 

Quel movimento le riportò in mente i mulini a vento che da piccola osservava dalla casa dei nonni.

Non perse tempo andando a poggiarsi sul braccio sinistro, la gamba del medesimo lato poggiava sul ginocchio, mentre gli altri due arti si univano puntando verso l’alto, formando un piccolo triangolo. Quello che la sua insegnante aveva sempre chiamato gamba in mano in ginocchio.

Si rialzò con eleganza e grazia aprendo le braccia per mantenere l’equilibrio.

Sollevò leggermente il ginocchio destro lasciando poi che fosse la punta del piede a toccare per prima il pavimento, seguita dal tallone.

In contemporanea mandò la testa all’indietro ed inarcò la schiena come se il suo corpo fosse stata un’onda di un mare calmo e cristallino, perfettamente consapevole della sua meta.

Fece altre due giravolte lasciando che questa volta fossero le braccia a dare lo slancio, poteva sentire nella sua mente il ritmo e le parole di Don’t Let me Down dei The Chainsmokers.

Teneva ancora le braccia alzate, quando la porta venne aperta e nonostante la sua rapidità nel riassumere un contegno e far finta di niente, non fu certa che Elrond non avesse colto quella che ai suoi occhi poteva sembrare una strana posizione.

L’elfo sorrise “Puoi andare a lavarti, ho del tempo libero ed intendo passarlo al fianco di un caro amico!”.

“Perché dovrei andarmene?” Chiese Hanna non cogliendo, come al solito, le buone intenzioni dell’altro.

“Perché sei esausta, lo vedo. Ti ordino di prenderti un po’ di tempo per te! Lui sarà ancora qui quando avrai finito!” Rispose Elrond indicando la porta.

Hanna puntò i piedi in terra, imprecando mentalmente quando si ricordò di non avere le scarpe solo grazie al male cane provato. 

Incrociò le braccia al petto e decise di far capire ad Elrond con chi aveva a che fare “Non sono un elfo. Quindi non sei il mio Re, quindi non devo obbedirti!” S’impose.

“I miei ordini sono nel tuo interesse!” Insistette l’elfo.

“Io non mi piegherò mai più davanti a nessuno, mai più!” Sibilò Hanna reagendo d’istinto alla parola “ordine”.

“E chi è stato colui a costringerti ad abbassarla?” Chiese Elrond mortalmente serio.

“T-tu! V-voi!” Hanna comprese di essersi tradita. Doveva correre ai ripari!

“Se avessi agito così, avrei fatto intervenire le guardie!” Tentò di calmarla lui.

“Oh, allora non mi stavate minacciando?” Fingersi una perfetta ingenua avrebbe funzionato?

Elrond scosse la testa. Centro!

“Perfetto! Allora io vado!” Disse Hanna uscendo allegramente.

Il Lord di Gran Burrone la guardò uscire e comprese che quelle umane nascondevano molto più di quanto prima avesse creduto.

Hanna si bloccò e maledisse allo stesso tempo quando sbatté contro qualcuno, notando con sgomento che era solo un bambino.

“Nana, nana, Ada si è svegliato?” Chiese Aranel gettandosi fra le braccia della madre appena la vide.

“Non ancora, ma lo farà presto! Aspetta un secondo che aiuto il tuo amichetto a...” “Non fa niente Nana, Estel va sempre contro le persone!” A quell’affermazione Hanna non riuscì a non sgranare gli occhi e fissare scioccata il bambino.

Non doveva avere più di dieci anni ed era assolutamente adorabile, con un piccolo arco in mano e nessuna freccia.

I capelli erano leggermente più lunghi di come era solita vedere portarli un bambino, gli occhi grigi, lucenti e curiosi e.....era spiccicato a come darebbe diventato una volta adulto!! I tratti del viso erano ancora tondeggianti e carnosi, ma lo avrebbe riconosciuto anche senza sapere il suo nome.

Sara spuntò da dietro un’angolo in quel momento maledicendo la velocità di bambini con gambe tanto corte. 

Dovette fermarsi appena vide Hanna che fissava Estel con un espressione impagabile in viso. Oh quanto avrebbe dato per avere una macchina fotografica in quel momento!

Decise saggiamente di fare dietrofront consapevole che l’aver omesso un’informazione del genere, anche se a fin di bene, avrebbe avuto nefaste conseguenze.

Ma non fu abbastanza veloce perché l’urlo di Hanna la raggiunse dopo appena due passi “Sara!” Si voltò preparandosi alla medesima sfuriata.

“Per quale motivo non mi hai detto una cosa così......” L’amica non completò la frase e spalancò la bocca per la sorpresa. 

Sara si voltò per scoprire cosa potesse aver fatto distrarre in modo così efficace Hanna così da poterlo riusare in caso di necessità, quando ebbe la medesima reazione.

Due elfi identici le stavano fissando.

Le ragazze riuscirono a riprendersi solo quando Estel corse incontro ai due elfi.

“Elladan, Elrohir siete tornati!” Gridò il bambino contento.

Lucilla e Aranel si nascosero dietro le gambe delle due donne, intimorite dalla presenza degli sconosciuti.

“Elrohir!” Disse Sara indicandone uno “Elladan!” Continuò indicando l’altro.

Questa volta lo shock si manifestò sul volto dei due elfi.

Com’era riuscita quell’umana a riconoscerli?!

Ovviamente non potevano sapere che Sara aveva sparato a caso avendo una fortuna fuori dal comune dato che per caso, aveva azzeccato i nomi!

Ed incredibilmente fu Hanna a ricordare le buone maniere “Che una stella brilli sul nostro cammino, io sono Hanna mentre la maleducata accanto a me è Sara!”.

“Ma maleducata sarai tu!” Rispose Sara parlando a un’ottava sopra del normale.

Notando la confusione dei gemelli le ragazze si bloccarono, lanciandosi sguardi preoccupati.

“Ho qualcosa fra i capelli?” Chiese Sara che era già diventata rossa come un peperone quando la cara amica aveva deciso di descriverla con un aggettivo che non le si addiceva affatto “Guarda se ho qualcosa fra i capelli, dannazione!!”.

“Una testa vuota!” Rispose Hanna con un sorriso sornione in volto.

“Stai insinuando che sono stupida?” Sara non poteva lasciarsi insultare davanti a Elladan e Elrohir senza reagire.

“Il tuo cervello è come l’isola di Peter Pan. Non c’è!” Affermò Hanna con convinzione.

“Sembra di guardare in uno specchio, non trovi?” Chiese uno.

“Per la prima volta siamo d’accordo, fratello!” Rispose l’altro.

 

*

 

All’alba, il sole svegliò Hanna che si preparò in tutta fretta per andare da Thranduil.

Hanna sbuffò, quel vestito era decisamente stretto se paragonato ai meno pregiati che indossava al villaggio. Ma doveva ammettere che il blu era come piaceva a lei, scuro ma splendente allo stesso tempo.

I gemelli si erano mostrati molto cordiali e Sara non aveva perso tempo ad accettare l’invito a passare la mattinata assieme a loro. Invito che lei aveva declinato senza troppo dispiacere.

Thranduil dormiva da due giorni e lei stava cominciando a preoccuparsi!

Aprì la porta e Elrond si voltò verso di lei con un ampio sorriso in volto. Hanna ricambiò con uno sguardo neutro, ma quando i suoi occhi si incontrarono con i due cristalli di ghiaccio percepì tutte le preoccupazioni scivolare via: Thranduil la stava osservando confuso!

Hanna reagì d’istinto. Gli si gettò praticamente addosso piangendo e ringraziando.

Il momento venne interrotto da Elrond che l’allontanò con inaspettata forza.

La ragazza si maledì appena vide la smorfia di dolore sul volto del compagno, il suo affetto era stato troppo esagerato!

“S-scusa, non volevo! È che ci speravo da troppo tempo!” Disse sedendosi su di una sedia di fianco al letto.

Thranduil, appena ebbe ripreso fiato, sorrise ed aprì gli occhi “Sono passati appena due giorni!” La sua voce era resa roca dalla stanchezza, dal dolore e dal tempo trascorso senza usarla.

“Per un umano due giorni sono un’eternità!” Rispose Hanna afferrandogli una mano.

“I....i bambini....” Thranduil non riuscì a dire altro, ma dallo sguardo, lei comprese la domanda.

Sorrise “Stanno bene! Mi dirai come hanno fatto ad uscire incolumi se tu sei ridotto così?” Chiese esterrefatta.

Mellonamin(Amico mio) non dovresti sforzarti, hai bisogno di riposo!” Intervenne Elrond.

“Hanna...” la ragazza fissò Thranduil negli occhi “..Elrond è un amico, puoi fidarti!” Disse come se quei due giorni non li avesse passati incosciente su di un letto.

“Detesto non essere di parola. Per questo non prometto niente!” Disse Hanna con un sorriso impertinente in viso.

 

*

 

“Devo confessarti che come molti, ero convinto di rincontrarti a Valinor. Ed invece, dopo due secoli, distruggi le mie certezze!” Disse Elrond con un sorriso.

Lui e Thranduil stavano pranzando assieme. Gli umani erano andati a cavalcare assieme ai figli del Lord di Gran Burrone ed i bambini stavano riposando.

Thranduil stava guarendo bene ed era la prima volta che si trovava fuori dalla stanza dentro cui si era ritrovato relegato suo malgrado.

“Lo dici come se ti dispiacesse....” rispose Thranduil con un mezzo sorriso, ricordando quei momenti di puro terrore, vissuti non molto tempo prima.

“Affatto! La tua sopravvivenza porta speranza, specialmente per gli elfi di Bosco Atro!” Ammise Elrond osservando la reazione dell’amico.

“Perché dici questo? Non hanno mio figlio che li guida?” Lui rispose dando voce alle sue preoccupazioni.

“È così. Ma la morte riesce a squarciare i veli. Ho assistito in prima persona alla sofferenza che la tua scomparsa ha portato!” Svelò Elrond.

“Non ti riferisci a nessuno in particolare?” Thranduil pose la domanda anche se conosceva bene la risposta.

“Il tuo popolo ha sofferto molto. Specialmente Legolas!” Ammise Elrond.

“Non so per certo se a terrorizzarlo di più fosse non l’averti più accanto o il dovere che spetta a un Principe...ma non ha mai perso la speranza!” Confessò.

“Per mesi ha lottato affinché le ricerche non venissero interrotte. Per mesi il popolo l’ha seguito e sostenuto....” Cominciò a raccontare, esitando un momento.

“Ma il tempo logora gli spiriti. È giunto il periodo del lutto, seguito da un nuovo inizio!” Continuò “Io gli ho posato la corona sul capo. Ho partecipato alle ricerche ed ho scorto le potenzialità di un grande Re. Se per la sua famiglia era disposto a fare tanto, dal momento che il regno lo era diventato, ero certo che avrebbe fatto altrettanto!” Concluse con un pizzico d’orgoglio.

Thranduil assottigliò gli occhi.

Se li ricordava bene i primi mesi. Quelli che comprendevano l’estenuante viaggio durante il quale la giovane guardia era spirata.

L’ira dovuta alla sua morte aveva alimentato il suo spirito per mesi, dandogli la forza di combattere anche quando era sfinito a causa delle torture.

Quando gli umani gli avevano mostrato la loro vera natura.

Quando credeva di morire.

Elrond si rese conto che gli occhi dell’amico avevano raggiunto un livello di profondità tale da non fargli rendere conto di ciò che lo circondava o di lui che lo fissava.

Thranduil era perso nei suoi ricordi che non dovevano essere molto piacevoli dato il velo di dolore che si era posato su di essi.

Improvvisamente parve riprendersi ed Erlond distolse lo sguardo, fingendo di essere impegnato a mangiare. Thranduil fece lo stesso, come se nulla fosse accaduto questo fece capire all’altro di porre le successive domande armato di cautela.

Non perché lo temesse, ma non gradiva riportare a galla i brutti ricordi ed a giudicare dalle reazioni dell’altro, non si trattava solo di quello!

“Far soffrire in questo modo mio figlio è l’ultima cosa che desidero. Eppure, dalla morte di sua madre, sembra che io non abbia fatto altro!” Riconobbe Thranduil con amarezza.

“Non angustiarti in questo modo amico mio. Sei tornato dopo molto tempo. Questo mi fa capire che se avessi potuto farlo prima, non ti saresti attardato!” Tentò di calmarlo Elrond.

“Legolas si è dimostrato un buon Re nonostante la sua giovane età e l’inesperienza!” Affermò con ammirazione. L’elfo sospirò, decidendo di procedere con calma “Le nuove cicatrici che porti sono la causa del tuo ritardo?” Chiese osservando attentamente la reazione dell’altro.

“Fai domande stupide. Ti credevo più sveglio!” Lo derise Thranduil.

“La cicatrice sull’avambraccio....” Elrond vide l’intero corpo dell’altro irrigidirsi di colpo e per un momento gli parve di scorgere la paura, negli occhi di Thranduil, ma fu talmente breve che si chiese se non fosse stato frutto della sua immaginazione.

“.....quella sulla spalla. Sono numerose. Tu sei un abile guerriero. Mi domando chi sia riuscito a......” “Abbiamo finito!” Disse Thranduil alzandosi di scatto “Ti ringrazio per la compagnia e per le notizie su Legolas, ma necessito di riposo!”.

Elrond decise di lasciarlo andare consapevole che insistere non avrebbe portato a nulla.

Ma i rami di un grosso cespuglio avevano celato una presenza che aveva ascoltato quasi tutta la conversazione ed una sola domanda affollava i pensieri dell’estraneo.

Chi era Legolas?

Aranel non aveva mai sentito quel nome!

 

*

 

Hanna aprì un occhio infastidita. La luce del sole era troppo forte perché fosse l’alba.

Si mise a sedere allargando ed allungando le braccia emettendo un verso mentre stiracchiava la schiena e le spalle.

Era la cosa più gratificante della mattina!

Sbadigliando gettò un occhiata a Thranduil e non fu molto sorpresa nel vedere Arnel rannicchiata fra le sue braccia.

Era tornata nel loro letto. Fin da piccola aveva dormito con loro, non perché fosse viziata, ma per la sua sicurezza.

Saperla vicina all’elfo scoraggiava chiunque dall’avvicinarsi anche se quest’ultimo dormiva. Ma ora, senza la guerra ed il pericolo costante di morte, era diventato un problema.

Era stata una sfida convincerla a dormire nella sua stanza in quanto non era abituata a non averli accanto. E nonostante il fatto che alla fine ci fossero riusciti, lei, approfittando del fatto che dormissero, tornava sempre.

Quando Lucilla era andata a vivere con loro, dopo la morte della madre, i capricci prima di andare a dormire erano diminuiti, ma ora, trovandosi in un luogo sconosciuto erano tornati punto e a capo.

Hanna alzò le spalle. Tempo due anni ed avrebbe smesso e poi, per quanto severa volesse essere, non sarebbe mai stata in grado di cacciare sua figlia.

Rimase di sasso quando, scostando la coperta vide che anche Lucilla si trovava nel letto, nascosta sotto le coperte. Sorrise, commossa nel notare quanto velocemente avesse preso confidenza.

Si, poteva dire con certezza di avere quattro figli e non tre!

Si alzò dirigendosi verso le due culle sistemate ai piedi del letto e delle risate l’accolsero. Ad un anno e mezzo Elanor e Galador erano già molto svegli e tranquilli.

Sussultò involontariamente quando le sua spalle vennero afferrate all’improvviso, facendo ridere i gemelli.

Riconoscendo il tocco delicato e caloroso di Thranduil piegò la testa leggermente all’indietro per poggiarla sul petto dell’elfo abbandonandosi all’abbraccio.

“Buongiorno!” Disse Hanna voltandosi per guardarlo negli occhi.

Quello sguardo pieno d’amore lo amava e non perché era riservato solo a lei, ma perché distruggeva ogni dubbio e la faceva sentire al sicuro.

Era amata, era apprezzata e si sentiva completa al suo fianco!

Un urlo li fece voltare verso la porta.

“Era.....” no, Hanna doveva aver sentito male! “...era Sara?” Come a voler rispondere, l’amica in questione entrò nella stanza pochi secondi dopo, come un uragano, con indosso la camicia da notte bagnata fradicia!

Sembrava che avesse fatto il bagno vestita!

“Sei seria?” Chiese Sara ansimando furiosa “Di cosa stai parlando?” Domandò Hanna non capendo a cosa si riferisse.

“Ti ho detto mille volte che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda!” Esplose Sara “Potresti vincere l’oscar per questa tua interpretazione, ma stai in guardia, perché cercherò vendetta!” Disse puntando un dito contro all’amica.

“Sara....” la interruppe Hanna “...qualunque film ti sia fatta, o doccia in questo caso, io non ne so niente!” Sara sospirò rumorosamente cominciando a camminare in tondo nervosa “Mi sono appena svegliata! Ci siamo...appena svegliati!” Disse Hanna indicando lei e Thranduil.

“Quindi tu con lo scherzo più vecchio del mondo non c’entri niente?” Chiese Sara capendo di essersi sbagliata non vedendo alcuna reazione alla sua rabbia.

“Parla chiaramente!” Le ordinò Thranduil che detestava non comprendere di cosa si stesse parlando.

“Entrando in bagno....mi è caduto in testa un secchio pieno d’acqua....NON....” ringhiò verso Hanna che aveva appena ansimato “...RIDERE!”.

Thranduil non aveva mai visto le labbra della sua compagna tremare così tanto. Si stava sforzando molto per accontentare l’amica!

“Come ho fatto a non capirlo subito!” Bisbigliò Sara tra sé “Cosa?” Chiese Hanna cercando qualcosa per distrarla dagli abiti bagnati dell’amica.

“Sono stati loro!” Chiarì le idee Sara “A quanto pare Elladan non ha gradito le uova fresche sui suoi bei capelli....eppure fanno molto bene, lo sapevi?”.

“Si, nutrono, danno vigore, lucentezza ed ammorbidiscono! Quindi hai intenzioni serie con loro!” La prese in giro Hanna.

“Elrohir mi ha incastrato! Avrebbe dovuto avvertirmi ed invece niente!” Si lamentò Sara.

Hanna le si avvicinò con uno sguardo meditante in viso “Allora vediamo di ripagarli con egual moneta!” Dichiarò prima di trascinarla fuori dalla stanza.

“Ada! Possiamo fare colazione?” Aranel si era svegliata al suono dello sbattere della porta.

Gli eventi erano stati così rapidi ed inaspettati che Thranduil si rese conto solo in quel momento di essere rimasto solo con i bambini.

Anche se era bello vederle così rilassate, Hanna non l’avrebbe passata liscia!

 

*

 

Arrivò il pomeriggio e Thranduil si ritrovò a passeggiare per i grandi giardini di Gran Burrone.

Se prima il silenzio era portatore di sventura in quanto precedeva un’attacco a sorpresa da parte dei romani, ora appariva pacifico e rilassante.

Dei passi pesanti degni di un nano precedettero l’arrivo di Hanna.

“I bambini?” Chiese guardandosi attorno.

“Stanno dormendo!” Rispose Thranduil senza voltarsi.

“Okay, sputa il rospo!” Disse Hanna fermandosi al suo fianco con le braccia incrociate al petto.

“Come?” Domandò l’elfo disorientato. Gli umani erano troppo generici con le domande ed erano in grado di spaziare molteplici argomenti diversi in una sola conversazione, perdendo sempre il filo del discorso,

“Questo sguardo lo avevi sempre prima di una battaglia!” Fece notare lei “Non stiamo andando in guerra! Cosa c’è che non va?” Thranduil sorrise, Hanna era sempre stata molto intuitiva ed era certo che avesse compreso cosa lo preoccupasse.

“Elrond mi ha raccontato cos’è accaduto durante la mia assenza!” Rispose senza giri di parole.

“Legolas è un buon Re come avevi previsto?” Domandò Hanna curiosa.

“Ho sempre avuto fiducia in lui, anche se non l’ho mai mostrato......e non mi ha mai deluso!” Rispose Thranduil con orgoglio “Ma com’era prevedibile, nessuno crede che io sia potuto sopravvivere!” Disse amareggiato.

“Non posso dare loro torto. Non avrei dovuto attendere così a lungo per fuggire!” Ammise.

“Ed invece si!” Affermò Hanna “Eri in catene! I primi anni mi hai detto che non riuscivi neanche a reggerti in piedi per come ti avevano ridotto! Ti sei alimentato d’odio per decenni, sono parole tue!”.

“Quando hanno iniziato a farmi combattere ci sono state numerose occasioni per fuggire!” Specificò l’elfo.

“Ma...non eri in catene?” Hanna si era persa forse una parte della storia?

“Quelle limitazioni non erano sufficienti a fermare un elfo determinato!” No! Ma Thranduil non avrebbe mai perdonato i romani “Forse...avrei potuto salvare anche loro!” Hanna capì subito a chi si riferiva ed emise un sospiro triste.

“Da quanto rimpiangi il passato?” Chiese consapevole che niente poteva essere cambiato “Da ora!” Rispose Thranduil continuando a guardare davanti a sé.

“Bene. Piantala! Se fossi fuggito solo, sai quale sarebbe stato il tuo destino?” Hanna non si sarebbe arresa “Morte!” Doveva convincere quell’elfo testardo. Se era riuscito a fuggire con loro doveva esserci per forza un motivo!

“La mia esitazione ha fatto soffrire Legolas! Sono stato io ad imporgli il mio stesso destino: una pesante corona che i suoi pochi anni non potevano sopportare!” Disse Thranduil ricordando con dolore la battaglia di Dagorlad, dove suo padre aveva perso la vita.

“Ma è un grande Re!” Insistette Hanna.

“Non mi ha deluso, ma io l’ho fatto! Anch’io mi sono ritrovato con il peso si un regno da governare troppo presto! Non era quello che volevo per Legolas!” Thranduil sentì quell’ira mai sopita ripresentarsi. Gli umani, avidi e crudeli, gli avevano fatto fare qualcosa di orribile!

“Lo avresti deluso se fossi morto!” Lo contradisse Hanna “Thranduil! Hai resistito ad anni di torture solo per tornare da lui!” L’elfo la guardò. Sembrava sorpreso che lo stesse chiamando per nome. Quel nome che non aveva sentito per anni....e che nonostante ciò definiva chi realmente fosse!

“Non era quello a cui pensavo all’inizio!” Ammise, vergognandosi di essersi abbassato ai livelli dei comuni mortali, in cui vivono l’intera esistenza lasciandosi governare da emozioni che avvelenano l’animo.

“Non importa prima! Importa adesso! In questi ultimi anni hai combattuto per tornare da lui!” C’era un fondo di verità nelle parole di Hanna.

L’odio era una cosa, non se ne sarebbe mai andato. Ma il passato....avrebbe potuto esserne schiavo o usarlo come monito!

“Non sono nemmeno certo che mi accolga!” Ammettere questa fragilità non fu facile per Thranduil e si costrinse a guardare la compagna negli occhi per non sentirsi troppo impotente.

“Non dire così! È tuo figlio, sei suo padre! Questo vale moltissimo!” Lo sguardo di Hanna era pieno di speranza. Incredibile pensare quanto una creatura tanto giovane, in certe occasioni si mostrasse più forte!

Ma forse la forza proveniva dall’inesperienza. Thranduil aveva visto come i torti potessero distruggere le famiglie. 

“Se il mio allontanamento è stato intenzionale oppure no, non avrà importanza per lui!” L’elfo fissò gli splendidi smeraldi di Hanna quando lei, con una mano gentile, gli fece voltare la testa.

“Gli ci vorrà del tempo, questo è sicuro. Dipenderà da te! Fai cadere le barriere e lascia che il tuo amore per lui sia ben visibile, se ne accorgerà!” Disse Hanna sorridendo “Le piccole cose hanno un significato enorme. I tuoi sorrisi, i tuoi abbracci, il tuo sguardo mi riscalda il cuore. Anche quando sei di cattivo umore, perché con me non mascheri le emozioni! Legolas capirà. Dovrai essere paziente!” Mentre parlava si era avvicinata sempre più al viso di Thranduil e lui si era abbassato.

Le loro labbra si sfiorarono un momento prima che un lungo bacio li unisse, scacciando via ogni preoccupazione.

L’amore era potente! Niente avrebbe potuto scalfirlo! La sua fiamma era eterna!

“Hanna....” Thranduil sussurrò il nome ansimando senza fiato, appena le loro labbra si staccarono “Si!” Rispose lei poggiando la testa sul suo petto, calmandosi sentendo i battiti del suo cuore.

“Vuoi sposarmi?” Hanna si staccò da lui di scatto, indietreggiando di qualche passo, guardandolo attonita.

Rimasero a fissarsi per un tempo lunghissimo.

Gli occhi di ciascuno pieni di domande ed alla ricerca di risposte in quelli dell’altro.

Alla fine Hanna emise un grido di gioia gettando le braccia sulle spalle di lui, abbracciandolo stretto.

Si sentiva leggera come una piuma, ed il fatto che i piedi non toccassero terra accentuava questa sensazione!

“Voi umani interagite molto attraverso il contatto fisico, questo sarebbe un si?” Chiese Thranduil senza lasciarla andare.

Hanna si districò dalla presa e lo guardò negli occhi con lacrime di felicità che minacciavano di uscire “Si! Io ti amo Thranduil!” Quell’affermazione fece sorridere lui come poche volte aveva fatto nella sua lunga vita.

“Lo affermo a voce alta, con un tono deciso e pacato...” Hanna stringeva con forza e delicatezza le sue mani, perdendosi nel blu dei suoi occhi, mentre continuava a parlare “....con la più intima convinzione, con nessuna probabilità che io possa ripensarci!”.

Si scambiarono un’altro bacio prima di osservare il panorama stretti l’uno nell’abbraccio dell’altro.

“C’è qualcosa che ti infastidisce?” Chiese Thranduil vedendo quanto Hanna fosse diventata improvvisamente silenziosa.

“Solo vedere come la fedeltà di Elladan cambia in base a chi è la vittima degli scherzi!” Rispose Hanna divertita per poi adombrarsi di nuovo “Odio come mi trattano!” Ammise.

“Ti hanno fatto del male? Mancato di rispetto, forse?” Domandò Thranduil sentendo l’indignazione crescere.

“No! È quello che non fanno!” L’elfo tirò un sospiro di sollievo, ascoltando interessato “Mi trattano come se fossi di vetro! È come se non si sentissero liberi di prendermi a pomodori in faccia come fanno con Sara!” Spiegò Hanna.

“Non devono permettersi di offenderti in questo modo! Sei la mia compagna e presto moglie. Colpire te equivarrebbe a colpire me!” Le ricordò Thranduil.

“Grandioso!” Hanna sorrise al pensiero di ufficializzare la loro unione “Ora si è smorzata, ma ho sempre avvertito quella distanza tra me e le persone solo perché ero la tua compagna! Non mi piace, è come se le persone recitassero tutto il tempo!” Confessò “Non sono una Principessa, non provengo da una famiglia ricca, benestante si. Vorrei solo che fino a quando non sarà ufficiale, le persone anzi gli elfi, mi trattino normalmente!”.

“Troverai un modo per farlo capire ai gemelli. Se invece di sentirti diversa agissi, sono certo che quella distanza sparirebbe! Anche se io trovo infantile il vostro modo di comportarvi, non normale, come lo definisci tu!” Ed era tornato a fare la predica.

“Sei stato anche tu giovane una volta, giusto!?” Hanna lo incalzò “Bene, quindi capirai che fino a quando non avrò una corona sulla testa vivrò la vita nel modo più sfrenato ed eccitante possibile!” Disse convinta ed allegra al pensiero.

“Abbiamo idee differenti sulla definizione di vita frenetica!” Chiarì Thranduil “Anch’io mi sono divertito da giovane, ma senza esagerare...” cominciò a raccontare.

“Ah davvero? Del tipo!?” L’elfo sorrise vedendo come era riuscito ad averla in pugno con una semplice affermazione.

“C’era una ragazza a palazzo...” Hanna sobbalzò “La madre di Legolas?” Thranduil sgranò gli occhi ricomponendosi a tempo record.

“No. Lei non è stata la prima!” Affermò con un sorriso compiaciuto vedendo Hanna serrare il busto e la mascella “Sei gelosa per caso?” Chiese Thranduil con un ghigno soddisfatto.

“Tutti sempre di fretta, ma il tempo per rompere le scatole lo trovano sempre!” Biascicò Hanna distogliendo lo sguardo.

Thranduil sorrise trionfante, raramente la costringeva a strascicare le parole.

“Non è che con il tuo super udito potresti dirmi dove si trovano gli altri?” Chiese Hanna cambiando completamente discorso.

“Ed i bambini?” Chiese l’elfo, anche se suonava più come un rimprovero.

“Oh sei sopravvissuto fino ad adesso! Se per una volta sono io a scomparire la mattina e presentarmi la sera per cena, non credo cascherà il mondo!” Rispose Hanna contenta di metterlo in difficoltà “Almeno questa è la speranza!” Si corresse riuscendo eroicamente a non ridere.

Ma non servì l’udito elfico per capire dove fossero Sara ed i gemelli.

Un urlo li fece voltare.

“Aaaaaah!” Sara correva come se fosse inseguita da un troll “Il kaarmaaa!” Ed invece era solo un elfo interamente ricoperto di farina con in mano delle munizioni.

 

*

 

Passarono i giorni.

Per Hanna e Sara furono piacevoli e veloci grazie alla compagnia dei gemelli, con cui si addestrarono ed appresero qualche rudimento Sindar, destreggiandosi fra loro in quanto Hanna si era rifiutata di lasciare Galador e Elanor ad una balia.

Tigris, Hagen e Felix avevano accettato di allenarsi con la guardia, desiderando migliorarsi sempre di più. Kalos agiva in modo schivo e riservato, mascherando ancora le sue vere intenzioni.

Aranel e Lucilla si comportavano come sorelle ed insieme andavano alle lezioni decise dal padre. Imparare a scrivere era il loro primo obbiettivo, ma anche erbologia e storia erano molto interessanti per le bambine.

L’umore di Thranduil oscillava da pessimo a sereno. E solo i suoi figli riuscivano a calmarlo nei momenti peggiori.

Una mattina decise di accettare l’invito di Elrond e si unì a lui per colazione.

Il Lord di Gran Burrone appariva allegro, con un sorriso onnipresente in viso.

“Era da tempo che non vedevo i miei figli così sereni!” Disse Elrond una volta finito il pasto.

“Posso dire lo stesso di Hanna e Sara!” Riconobbe Thranduil.

“Non devo dirti che la nascita dei vostri figli non è un caso!” Decise di far notare Elrond.

“Eppure lo fai!” Lo riprese Thranduil.

“Sono certo che il loro destino sia già stato scritto!” Disse riferendosi alla profezia “Bisogna lasciar andare tutto come deve andare, qualunque sia il tuo passato, loro sono un dono dei Valar!” Era passato molto tempo dall’ultima unione fra le loro razze e non poteva essere una coincidenza.

“Ho compreso fin da subito che incontrare quelle ragazze non è stata una casualità. I miei figli hanno confermato i sospetti, anche se confesso di temere di scoprire quale ruolo avranno nella storia del mondo!” Si ritrovò costretto ad ammettere il sovrano di Bosco Atro.

“Sarà loro dovere scoprirlo da soli. Dovrai lasciargli commettere errori!” Disse Elrond.

Il silenzio che seguì quel consiglio fece capire a Thranduil che Elrond aveva solo cercato un argomento con cui iniziare a parlare, il suo obbiettivo era un’altro.

“Gli uomini che vi accompagnano sono molto abili in combattimento!” Il suo vecchio amico era sempre stato molto circospetto nei suoi confronti, riuscendo sempre a prenderlo per il verso giusto. Ma non in quell’occasione.

Thranduil doveva fargli capire che non gli avrebbe mai raccontato per intero ciò che aveva passato. Ne andava della sua reputazione e del suo orgoglio!

Almeno, quello che rimaneva.

“I migliori!” Confermò Thranduil.

“Un’abilità necessaria per la guerra!” Il commento di Elrond poteva sembrare innocente, ma non lo era.

Il Lord di Gran Burrone si sporse in avanti sulla sedia fissando l’amico negli occhi “Parlare del passato....” “...è solo un fastidioso modo per riportare a galla ricordi non graditi!” Ringhiò Thranduil.

Il sovrano di Bosco Atro prese un grosso respiro, costringendosi a calmarsi.

Elrond gli aveva salvato la vita, gli doveva almeno questo!

“Sappi solo che sono stato profondamente offeso dagli umani, ma ho compreso che non tutti sono sciocchi, avidi e deboli. Lungo il mio cammino per tornare a casa ho incontrato coloro che mi hanno dato una speranza. Sono stato testimone della loro forza, ho visto coraggio, altruismo e determinazione, doti che non avrei mai creduto di poter scorgere il loro!“ disse con serietà.

“Gli uomini sono deboli!” Dichiarò Elrond adombrandosi “È a causa loro se il male persiste ancora!” Ricordò.

“Non tutti! Sono convinto che ci creda anche tu!” Lo provocò Thranduil.

“Tremila anni fa ho assistito alla fine della nostra alleanza a causa della loro arroganza!” Disse Elrond non riuscendo a celare la rabbia nella sua voce.

“Ed allora perché hai accolto colui che potrebbe riunirli?” Domandò il sovrano di Bosco Atro.

“Lo sai perché!” Rispose Elrond che non riponeva fiducia in un futuro così incerto.

“Non dobbiamo perdere la speranza!” Affermò Thranduil con decisione.

“Da quando sei diventato così ottimista!” Elrond sembrava apprezzare questo cambiamento.

“Ho imparato degli umani. Ironico vero?” Chiese divertito “Delle creature mortali, dei bambini, mi hanno insegnato che il timore non cancellerà la speranza. Non dobbiamo perderla, non per noi stessi, ma per i nostri figli! È per loro che combatterò il male con tutte le mie forze!” Thranduil sorrise. Aveva sempre trovato inutile legarsi a creature mortali.

Il lento sfacelo del tempo sarebbe stato portatore di morte.

Loro erano solo delle stelle su di un cielo immenso, troppo primitivi ed inclini a vivere una vita tesa alla ricerca di beni e piaceri materiali, per avere la fiducia di creature eterne.

Ed invece, ora, doveva molto a quegli umani che aveva sempre e solo giudicato.

“Vivi ogni giorno come se fosse il primo, così quando arriva l'ultimo giorno hai ancora tutta una vita da vivere!” Una voce li fece voltare. Hanna era appena arrivata, in tempo per ascoltare l’ultima affermazione del compagno.

“C’è molta saggezza nelle tue parole!” Constatò Elrond con meraviglia, trovando un barlume di verità nelle parole di Thranduil.

“Non ci faccia l’abitudine! La mia saggezza è rara come i mezz’elfi!” Rispose Hanna sedendosi su di una sedia in modo non proprio aggraziato.

“Vostra figlia ha un grande destino che l’attende!” Li informò Elrond attirando la loro attenzione con una semplice affermazione.

“Cosa intendi?” Chiese Thranduil diffidente. Il suo amico possedeva il dono della preveggenza. Che avesse visto qualcosa?

“C’è una profezia. E credo si riferisca proprio a lei!” Disse Elrond prima di recitarla in elfico ““Elenion ancalima, tegitha  i  hîdh  a  i  veleth,  mas  orthernir  auth  a naeg.

Vanimle sila tiri, naa belegohtarnaa curucuarCormlle naa tanya tel’raa.

Silivren penna miriel,  ir  i  teve unque chûn.  

Ir  êl  en  aduial  annatha  i  ant  vedui  o  meleth, Auta i lóme Aurë entuluva!”

(La più luminosa delle stelle, riporterà  la  pace  e  l’amore,  dove  dominavano  dolore  e  guerra. La sua bellezza risplenderà intensamente, un valente guerriero, un abile arciere, il cuore come quello di un leone. 

Lucente e brillante come pietre preziose, porterà  il  conforto, quando  l’odio avvelena il  cuore. Quando  la  stella  della  sera farà un’ultimo dono d’amore, la notte avrà fine e il giorno sorgerà!).

“Molto inquietante!” Commentò Hanna cominciando a credere che forse i romani sarebbero stati meglio di.....questo! Qualunque cosa significasse!

“Se in futuro Aranel contribuirà a combattere il male che avvelena Arda, sarà una sua scelta. Ti ringrazio amico per avermi informato lo stesso!” Thranduil non sembrava molto preoccupato....questo aiutò Hanna ad allentare la tensione.

“Quando sarà grande le lasceremo vivere la vita che vorrà!” Riconobbe Hanna “Per ora concentriamoci sul presente!” Disse.

“Cosa intendi dire?” Domandò Thranduil.

Hanna lo fissò per un momento prima di rispondere “Oggi mi ha chiesto chi è Legolas!” Svelò con un velo di preoccupazione.

 

*

 

Una spinta improvvisa fece ritornare Hanna nel dormiveglia e rispose istintivamente con un calcio. Sara riusciva a rompere pure mentre dormiva!

Un colpo successivo, al braccio stavolta, la svegliò abbastanza da ricordarle che non si trovava a casa dell’amica ma nella Terra di Mezzo, a Gran Burrone per la precisione!

Si mise a sedere guardandosi attorno confusa ma comunque abbastanza presente a se stessa. L’abitudine delle levatacce nei campi dei ribelli le permise di non svegliarsi in preda al panico.

Alla fine individuò l’origine del suo risveglio. Thranduil si agitava nel sonno, artigliando le coperte come se fosse nel bel mezzo di una lotta.

Rimase a fissarlo per un po’, troppo stupita per riuscire ad agire subito.

Lui non aveva mai avuto incubi prima d’ora!

Cosa lo turbava?! Legolas? La profezia? Il suo regno?

C’era l’imbarazzo della scelta.

Improvvisamente Thranduil si mise a sedere spalancando gli occhi. Lo spavento fu tale che Hanna cadde di schiena sul materasso, le gambe sollevate in aria, tese nel tentativo di ritrovare l’equilibrio.

La ragazza si tirò sui gomiti “Che succede?” Domandò non sicura che l’elfo fosse improvvisamente diventato sonnambulo.

“Perché sei sveglia?” Domandò Thranduil dopo essersi guardato attorno confuso.

Hanna si sedette ed alzò le spalle “I tuoi incubi mi hanno influenzato!” Disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Tutto bene?” Chiese spostando una ciocca di capelli dal viso di Thranduil sorridendo di quei capelli così femminili.

“Ho visto il regno in fiamme!” Rispose l’elfo fissando un punto davanti a sé.

“Tu non hai il dono della preveggenza?!” Osservò Hanna non sapendo se classificarlo come incubo o sogno premonitore.

“No. La poca magia che possiedo l’ho sempre usata per proteggere il mio regno!”

“Hai la magia?” Aveva letto qualche fanfiction “Cioè, la sai usare?” Specificò.

“Ora stai cambiando discorso!” La ammonì lui.

“Mi lascio influenzare troppo facilmente, non farci caso!” Tentò di nascondere la delusione lei. Thranduil era un genio ad evitare cose di cui non voleva parlare.

“Credo sia la manifestazione delle tue paure più profonde!” Tirò ad indovinare Hanna “Non sai cos’è successo al Regno o a Legolas e......non era quello non è vero?!” Uno sguardo risentito si posò sul suo viso.

“Non so di cosa parli!” Rispose Thranduil sembrando annoiato e confusi.

“La pianti di spacciare bieche menzogne per la verità?” Chiese Hanna sospirando infastidita.

“Un Re non mente mai!” Balla colossale! Era meglio rispondere a tono “L’hai appena fatto!”.

“C’è una prima volta per tutto!” I pochi momenti di ironia di Thranduil erano solo irritanti.

“Credevo che con me sarebbe stato diverso!” Protestò Hanna delusa.

Thranduil rimase in silenzio per un po’, rimanendo sorpreso quando Hanna dimostrò di essere sufficientemente paziente da concedergli tutto il tempo necessario per rispondere.

“Non saprei dire se era la guerra contro i romani a tenere la mente impegnata, ma da quando abbiamo attraversato il varco è come se quegli insulsi mortali tengano imprigionata una parte di me! Forse l’hanno imprigionata per l’eternità!” Ammise non provando vergogna nel mostrare debolezza. Non davanti a lei!

“Sogni....le torture?!” Hanna andò diritta la punto.

“No!” Rispose lui “Sono le persone a me care che loro torturano. Io li vedo....e non posso fare niente per fermarli, per salvarvi!” La sua voce s’incrinò leggermente prima che ne riprendesse il controllo.

“Thranduil.....” “Il passato mi ha incatenato solo una volta!” La interruppe lui “Con il drago, credevo non sarebbe andato via!” Ricordò “Ed ora invece sono degli inutili mortali!” Esplose Thranduil.

“Senti...ehi ascolta!” Hanna gli si avvicinò afferrandogli la testa e costringendolo a guardarla negli occhi “Il drago se ne è andato?” Chiese.

“A volte ritorna!” Ammise lui.

“Ma non è più come quando eri stato appena ferito!” Fece notare lei “Hai resistito, per Legolas. Hai dimostrato di essere un elfo incredibilmente forte!” Riconobbe.

“Non credo che i ricordi se ne andranno, ma non devi permettere che abbiano la meglio!” Era la sua stessa battaglia. Non aveva dimenticato le botte che suo zio le dava appena commetteva il minimo errore e per molto tempo aveva vissuto con l’incubo del suo fantasma. Certo, un drago era tutt’altra storia, ma valeva per entrambi: dovevano lasciare il passato dov’era, alle loro spalle, per essere padroni del loro futuro!

“Intendi dire che altrimenti avranno vinto loro?!” La provocò lui.

“Altrimenti....non ti renderai conto di ciò che hai fatto!” Accusò il colpo Hanna “Aranel cresce forte e felice, abbiamo tre bambini meravigliosi!” Rammentò “Io non penso mai ai miei cugini! Non meritano neanche un grammo del mio tempo!” Ammise con soddisfazione “Un giorno me ne parlerai....” disse seriamente “..fino ad allora” Thranduil tentò di finire la frase per lei ma glielo impedì “....fino ad allora affronteremo un problema alla volta!”.

 

*

 

Kalos sedeva sconsolato sul parapetto in marmo che affacciava su di un laghetto.

L’uso della magia era ancora una scommessa e se Gandalf era in viaggio avrebbe rischiato di inseguirlo tutto il tempo senza incontrarlo mai.

Contando che il percorso sarebbe stato pieno di pericoli e che lui era negato con la spada, comprese che non avrebbe potuto raggiungere l’obbiettivo del suo viaggio.

Il ragazzo si irrigidì quando vide Lord Elrond avvicinarglisi.

“Ho sentito che non partirai! Sei il benvenuto a restare fino a quando lo riterrai necessario!” Disse l’elfo in modo cordiale.

“Non dovrei trovarmi con loro!” Kalos sentì una strana necessità di confidarsi. Forse una creatura immortale avrebbe avuto le risposte che tanto disperatamente cercava.

“Davvero?” Domandò Elrond apparendo divertito,

“Li ho incontrati per caso! Ho accettato la loro ospitalità perché era l’alternativa ad una morte certa!” Rispose Kalos tentando di ignorare il senso di disagio che aumentava sempre più.

“Nessuno ha idea di dove la vita lo porti, ma bisogna lasciarla fare. Probabilmente conosce la strada meglio di te!” La saggezza di quell’elfo era ben meritata.

“Cosa significa?” Chiese Kalos sentendosi ancora più smarrito.

“Significa che il vostro incontro non è un caso fortuito!” Rispose Elrond calmo.

“Perché?” Domandò di nuovo il giovane mago.

“Questo sta a te scoprirlo!” Rispose il Lord di Gran Burrone per poi allontanarsi.

“Non è saggio ascoltare i consigli degli elfi, perché al posto di dare risposte fanno aumentare i dubbi!” Si lamentò Kalos.

Quando raggiunse gli altri vide che Hagen e Tigris stavano litigando, cosa assolutamente normale. Meno nella norma era lo scontro fisico in corso.

“Cane rognoso!” Tigris tentava con tutte le sue forze di colpire un germano sfuggente.

“Giuro che t’amazzo!” Gridò Hagen schivando un pugno ed assestando un colpo.

“Non sai cosa dici!” Tentò di farlo ragionare il Gallo indietreggiando intontito.

“Ah perché tu invece Si?!” Lo prese in giro l’altro.

“Sei più idiota di quanto pensassi!” Si ritrovò a dover riconoscere Tigris.

“Hai proprio ragione! Sono veramente un’idiota.....ad aver creduto che tu avessi un briciolo d’onore!” Urlò Hagen tirando un calcio stavolta, colpendo il Gallo allo stomaco.

“Se ti lanci contro un nemico sconosciuto, la tua sarà una lenta marcia verso la morte!” Disse Tigris piegato in avanti a causa del dolore.

“Tutti marciamo in quella direzione. Ci distingue solo la lunghezza del viaggio!” Rispose Hagen mostrando una saggezza mai sentita prima di allora.

“Per Giove! Quando la finirai di vomitare merda!” Ringhiò Tigris alzando i pugni, pronto ad un nuovo scontro.

“Fino a quando non presterai ascolto!” Urlò Hagen esasperato.

“Silenzio!” Thranduil era giunto sin lì attirato dalle urla e non tollerava che mancassero di rispetto ad Elrond comportandosi come degli animali.

“Che diavolo succede?” Hanna non era poi così sorpresa. I ribelli aveva sempre comunicato facendosi valere con i muscoli piuttosto che con la mente.

Ma questo perché erano degli ignoranti di prima categoria, non sapendo articolare un discorso come si deve. Ed a causa del loro addestramento che prevedeva trovassero fama e gloria solo grazie alla forza bruta!

“Siamo pronti a seguirti in guerra!” Disse Hagen abbassando la testa in segno di rispetto.

“Parla per te!” Sibilò Tigris imitandolo.

“Di cosa state parlando?” Ora Hanna era veramente smarrita. Era troppo presto se prendeva in considerazione i racconti di Tolkien.

“Mostreremo a quegli insulsi orchi che non devono scherzare con guerrieri forti e valorosi come noi!” Hagen si mostrava felice come un fanciullo il giorno della maggiore età, quando una battaglia era imminente.

Hanna e Thranduil scambiarono uno sguardo divertito.

“Che giove mi....ti strafulmini!” Lo maledisse Tigris incrociando le braccia al petto.

“Siamo gladiatori! Il sangue e la battaglia sono la nostra vita!” Ricordò Hagen e questo non piacque affatto all’elfo.

“Vorresti che in quattro marciassimo contro un’esercito di orchi?” A Thranduil lo avevano sempre infastidito l’arroganza con cui gli uomini gli si rivolgevano e più di una volta aveva desiderato di rivelare la sua vera identità pur di metterli al proprio posto.

Ci era riuscito sempre, ma detestava usare la forza bruta per farsi rispettare. Era un comportamento da nano!

“Non in quattro! Al villaggio disponiamo di tremila uomini!” Hagen sembrava aver pensato a tutto.

“Li sacrificheresti per una scaramuccia?” Chiese l’elfo contrariato.

“Ti hanno quasi ucciso!” Urlò il germano come se fosse passato chissà quanto tempo da quella brutta avventura.

“Perché ero il loro obbiettivo! Gli orchi odiano più gli elfi rispetto agli uomini!” Rispose Thranduil sentendo la rabbia aumentare.

“Io gli mostrerò il mio valore!” Gli umani erano degli stolti!

“La morte rende tutti uguali!” Non tutti a quanto pare. Tigris aveva i suoi momenti in cui mostrava una notevole intelligenza e saggezza.

“Davvero? Allora prima fammi vedere se ce l’hai lungo abbastanza!” Lo provocò Hagen avvicinandoglisi minaccioso.

“Basta!” Thranduil non ne poteva più! “In questi anni gli orchi ci hanno dato non pochi problemi, per quale motivo cerchi vendetta adesso?” Chiese tentando di capire le ragioni di fronte a quell’assurda idea.

“Perché devono capire che ci devono lasciare in pace!” Rispose Hagen voltandosi verso di lui.

“Non capiscono a parole davanti ad un té...” ragionò Tigris tornando ad un livello intellettuale penosamente basso “È per questo che dobbiamo combattere!” Lo sovrastò il germano.

“No!” Disse Thranduil apparendo calmo all’esterno.

“Ti tiri indietro? Vuoi veramente restare per il resto della tua vita in questa valle della noia?” Chiese Hagen allibito.

“Ora è noioso?” Thranduil poteva giurare che allenarsi con gli elfi fosse molto più istruttivo e stimolante di farlo con ragazzi alle prima armi.

“Ignorano il mondo esterno! Non credevo che gli elfi fossero dei bastardi egoisti bravi solo....” “Pretendi di conoscere gli elfi solo perché hai vissuto fra loro!” Ringhiò Thranduil non sopportando una critica da una creatura che aveva solo una manciata di anni di vita.

“Abbiamo combattuto al tuo fianco! Grazie a te ho potuto migliorare allora ed ora! Sei un grande generale! Mi aspetto che tu ci guidi in guerra!” Ecco cos’era. Hagen doveva realmente credere in lui se trovava difficile separarsi dalla sua guida.

“Rimarrai deluso! Non andrò in guerra!” Rispose Thranduil risoluto.

“Non intendi....” “Mettere in pericolo numerose vite per il tuo stupido orgoglio!” Finì la frase per lui.

“È te che hanno ferito!” Insistette Hagen “Per questo non ti deve importare!” Rispose l’elfo “Un giorno mi occuperò degli orchi e li caccerò dalle nostre terre!” Tentò di chiudere il discorso.

“E noi restiamo fregati a grattarci il culo!” Protestò Hagen. Quel germano era più cocciuto di un Gallo!

“Voi vivrete la vita libera per la quale avete combattuto!” Ricordò Hanna prendendo finalmente parola.

“Fin da quando abbiamo annientato la scuola di Batiato ho deciso che sarei tornato a vivere con i miei simili. E non corrucciarti, gli orchi non scompariranno se gli dichiariamo guerra sterminandoli. Sono molto più potenti di quanto credi!” La grande oscurità che avvelenava i regni liberi ci avrebbe messo del tempo per essere sconfitta.

“Preferisci combattere per difendere il villaggio o sprecare la tua vita mortale in una guerra che il nemico può vincere senza problemi?” Chiese Thranduil sapendo di tastare un punto dolente. Il germano teneva molto al suo nuovo popolo, niente lo avrebbe allontanato da esso com’era successo a Crisso.

“Difendere il villaggio!” Si arrese Hagen per riscuotersi subito “Speravo di convincerti a tornare, ma forse è meglio così!” Disse.

“I tuoi figli cresceranno in un posto sicuro ed in mezzo ai loro simili!” Riconobbe Tigris guardandosi intorno.

“Finalmente ci capiamo, vecchio caprone!” Lo sbeffeggiò Hagen.

“Vecchio? Ma se ho visto meno inverni di te!” Rispose Tigris offeso. 

Arrivò il giorno della partenza. 

Aegnor scalpitava impaziente. Era stato abituato a muoversi molto fin da quando lo aveva preso e sembrava aver sofferto nel periodo di quiete passato a Gran Burrone.

Dopo aver dato un bacio ai figli minori, Thranduil rivolse la sua attenzione verso la più grande e vivace.

“Ada, tornerai presto? Quando potrò conoscere Legolas?” Aranel, da quando il padre le aveva cominciato a raccontare storie su suo fratello, era sempre stata impaziente di poterlo incontrare.

“Presto Lelig(Figlia mia), promettimi che farai la brava mentre sarò via!” Disse Thranduil prendendola in braccio.

“Solo se tu mi prometti di tornare presto!” Era proprio una piccola peste.

“Azrael......” Felix fu il primo a farsi avanti quando poggiò la figlia in terra.

Thranduil sorrise, quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe sentito quell’odioso nome affibbiatogli dai romani.

“È stato un onore combattere al tuo fianco! È solo grazie a te se sono diventato un grande guerriero, sopravvivendo alla terribile guerra che abbiamo scatenato!” Disse con gratitudine porgendogli un piccolo pugnale “Questa è stata l’arma con cui ho cominciato a lottare, te la cedo non in quanto preziosa, ma perché sia un monito a ricordare che mai più nessuno ci sottometterà con la forza!” Era cresciuto il ragazzo, diventando un giovane uomo.

Hanna non riuscì a trattenere una risata di fronte alla vista di Elrond che, tutto storto, sbirciava tentando di scorgere quel piccolo dono.

La curiosità degli elfi non aveva eguali!

“Sono stato il primo a seguirti...” disse Hagen avvicinandosi all’elfo “...e lo rifarei altre cento volte!” Disse battendosi un pugno sul petto in segno di stima.

“Essere campione è niente in confronto alla libertà! Ti sarò sempre debitore per avermi aperto gli occhi!” Lo ringraziò Tigris porgendogli la mano che Thranduil strinse con forza.

Elrond si avvicinò con un ampio sorriso “Fai buon viaggio Mellonamin(Amico mio), e ricorda che la più grande eredità che puoi lasciare ad un figlio è la memoria del tuo amore. Legolas capirà! Pregerò affinché il tuo viaggio verso casa sia privo di pericoli!” Lo salutò.

“Possa la pace perdurare nella valle di Imladris e su tutti i suoi abitanti!” Rispose il sovrano. Ma prima che Thranduil potesse salire in sella una vocina lo fermò “Scusa...” era Lucilla “Ti posso chiamare Ada?” Chiese e Thranduil dischiuse leggermente le labbra sorpreso. Hanna e Sara erano troppo impegnate a parlare con i tre uomini per sentire quella singolare domanda.

Ma poi un sorriso illuminò il volto del sovrano “Si, figlia mia!” Aveva già cresciuto due umani ed avendo accettato anche lei si era ripromesso di non farla mai soffrire.

Non avrebbe mai offuscato quell’innocenza giovanile finché sarebbe stata presente in Lucilla!

Una volta a cavallo Thranduil alzò lo sguardo, vedendo che Kalos si era nascosto ad osservare la sua partenza. Un giorno avrebbe capito chi realmente fosse, ora questioni più importanti richiedevano la sua attenzione.

“Noro lim Aegnor!”(Corri veloce Aegnor!) sussurrò Thranduil partendo al galoppo.

 

*

 

Aegnor s’impennò appena giunsero al limitare del bosco.

Era una tarda mattinata quando finalmente Thranduil, dopo duecento anni, potè rivedere qualcosa di familiare.

Gran Burrone, per quanto abitata da elfi, non lo era. Lui aveva sempre vissuto per il suo popolo e la foresta era una parte di sé.

Quando, anni prima, gli era stata strappata, l’agonia che aveva provato non aveva parole sufficienti per descriverla!

Thranduil spronò la sua cavalcatura a proseguire ed una volta che si ritrovò in mezzo agli alberi, i suoi alberi, sentì una forza sconosciuto travolgerlo.

Si irrigidì di colpo facendo innervosire ancora di più il cavallo e lo shock provato fu tale da costringerlo a chiudere gli occhi e serrare i denti.

Passato il momento di confusione prese grande boccate d’aria per calmarsi sentendosi forte come non si sentiva da anni. Poteva dire di essere sempre stato stanco in confronto.

Ora li sentiva! Era come se gli alberi si fossero risvegliati dopo un lungo sonno.

Una colpo di vento potente lo investì, facendo muovere i rami degli alberi con le foglie che caddero e volarono attorno all’elfo.

Almeno la foresta l’aveva riconosciuto!

Thranduil tirò le redini bloccando la fuga di Aegnor. Aveva ragione ad essere così spaventato. Da quando la malvagità dell'Oscuro Signore si era diffusa, quel luogo era diventato malsano, infestato da ragni, orchi e altre mostruose creature.

Ed ora poteva sentire che l’oscurità era diventata più forte. Lo percepiva dall’energia negativa che alleggiava sulla foresta.

L’elfo riprese ad inoltrarsi nella foresta sentendo un senso di turbamento crescere ad ogni passo. L’oscurità era più forte di quanto si aspettasse, nella fitta vegetazione, fra i rami degli alberi, potè scorgere numerose ragnatele.

I rami spezzati erano recenti, segno che i ragni fossero vicini.

Più si avvicinava al territorio degli elfi, più divenne difficile evitare quelle orrende creature. Perché i ragni erano stati lasciati vagare nei pressi della reggia?

Perché Legolas non aveva provveduto a proteggere, almeno, i confini del regno?

Improvvisamente il silenzio divenne fin troppo teso e Thranduil fermò bruscamente Aegnor, interrompendo il trotto veloce che stavano mantenendo da quando si erano addentrati nel bosco.

L’elfo si guardò attorno, sistemandosi al meglio il cappuccio sopra la testa, i sensi allerta. Non erano elfi, no, gli elfi avrebbero fatto meno rumore! Thranduil si girò in tempo per lanciare un coltello fra gli occhi di un grosso ragno che l’aveva attaccato alle spalle.

Aegnor fece un salto in avanti, partendo al galoppo ad una velocità pazzesca e Thranduil riuscì a compensare la spinta in avanti senza cadere all’indietro e finire per terra.

Si voltò appena per scorgere un gruppo numeroso di ragni che li inseguivano.

Tentò di mantenere il cavallo su un sentiero non troppo scosceso per evitare di affaticarlo con inutili salti e come previsto, vide in lontananza i portoni della reggia.

Erano chiusi!

Mentre rifletteva su come agire, raggiunsero il ponte che divideva l’entrata dalla foresta e fu lì che almeno venti figure nascoste, uscirono dai loro nascondigli scoccando numerose frecce.

I ragni non cedettero subito ed alcuni ingaggiarono un combattimento sguainando le spade. Aegnor s’impennò quando uno di loro gli saltò addosso, nel tentativo di sgrullarselo di dosso. 

Ma la velocità, unita al movimento improvviso lo fecero cadere su di un fianco e scivolò sull’ultimo tratto di ponte. Fortunatamente l’aggressore non era finito sotto al cavallo, ma questo gli aveva dato una posizione vantaggiosa e non perse tempo a puntare la spada alla gola dell’intruso.

Thranduil rimase in terra, senza mostrare l’intenzione di voler combattere.

“Mani uma lle merna Taur’ohtar?”(Cosa vuoi Ramingo?) chiese l’elfo aggressivo.

“Ú manen i nauth lîn!”(Non è come credi!) tentò di calmarlo Thranduil.

“Mani naa essa en lle?”(Qual è il tuo nome?) non cedette l’arciere.

“Ya auta yeste’?” (Chi comanda?) domandò il sovrano, certo che un generale lo avrebbe senz’altro riconosciuto.

Altre voci sopraggiunsero ed Aegnor si alzò di scatto allarmato, costringendo l’arciere ad indietreggiare. Thranduil si mise in piedi parandosi di fronte ai potenti zoccoli dell’animale imbizzarrito che si era alzato sui posteriori, per fermarlo dall’attaccare coloro che per lui erano solo estranei.

“Sedho, mellonamin!”(Calmati, amico mio!) gli sussurrò accarezzandogli il muso, una volta che si fu abbassato.

“Mankoi naa lle sinome?”(Perché sei qui?) domandò un’altro elfo. Gli altri lo avevano circondato, con le armi sguainate, pronti a combattere.

E fu allora che Thranduil lo riconobbe. A capo di quel gruppo di novizi c’era il generale di cui si era sempre fidato maggiormente: Feren!

“Ú renich manen im estannen?” (Non ricordi più il mio nome?) chiese abbassandosi il cappuccio.

“Na min ôl?”(È un sogno?) Feren perse la presa sull’elsa della spada attirando su di sé sguardi confusi.

“Nae saian luume’! Oio naa elealla alasse’!“ (È passato troppo tempo! La tua vista è sempre una gioia!) Lo salutò il sovrano poggiando la mano destra sul petto e piegando leggermente la testa in avanti.

Feren non era certo di trovarsi di fronte ad un’illusione creata dal nemico al solo scopo di tormentarlo. Ed il dubbio venne spazzato via quando il suo sguardo colse il luccichio dell’anello appartenuto ad Oropher, brillare al dito di quel ramingo che era colui che per anni era stato dato per morto!

“Man presta le, mellon nîn?” (Cosa ti turba, amico mio?) il sovrano sembrava divertito anche se in realtà era nervoso. Come avrebbero reagito gli elfi?

L’idea di essere sbattuto nelle segrete non lo entusiasmava tanto, anzi per niente!

“Heruamin!” (Mio Signore!) sembrò passare un’eternità prima che Feren gli si inginocchiasse davanti dandogli l’accoglienza che sperava.

“Mani naa lle umien?” (Cosa stai facendo?) chiese il più temerario degli arcieri.

“Daro!”(Fermo!) Thranduil si mise fra il capitano ed il giovane elfo “Baw!”(Non farlo!) quando lo vide alzarsi e scattare furioso verso il poveretto.

“Im Thranduil Oropherion!”(Io sono Thranduil figlio di Oropher!) Si presentò facendo sussultare tutti gli elfi presenti.

“Gwennin in enninath....” (Lunghi anni son passati...) sospirò Feren mentre un enorme sorriso gli illuminava il viso.

“Ed’ i’ear ar’ elenea!”(Per il cielo e le stelle!) sussurrò una guardia comprendendo solo allora chi si era ritrovato davanti.

“Na i Belain!”(Per i Valar!) esclamò il giovane arciere che per primo aveva puntato una freccia contro il proprio Re.

Thranduil venne subito mandato verso la sala del trono e notò con sollievo che il palazzo non era cambiato più di tanto. L’unica differenza era che molti degli elfi che lo incrociavano non gli prestavano attenzione.

Non se ne preoccupò più di tanto dato che si era tirato su il cappuccio, chiedendo a Feren che fosse lui stesso a farsi vedere per primo dal figlio.

Le pesanti porte si aprirono, Thranduil chiuse gli occhi e prese un grosso respiro, prima di oltrepassarle.

Si avvicinò al trono ammirando suo figlio per un momento.

Legolas era un sovrano splendido, gli somigliava moltissimo nel portamento e sembrava trovarsi perfettamente a suo agio seduto sul trono.

 

Buona vigilia a tutti voi! Pronti per la mangiata colossale di due giorni!?

Ok, scusate, ma c’erano troppe cose da dire, per questo il risultato finale è il capitolo più lungo che abbia mai scritto!

Finalmente uno degli obbiettivi viene raggiunto!

Lord Elrond nella sua saggezza comprende che è meglio lasciare il passato dove si trova e concentrarsi sul presente.

I dubbi e le domande su Kalos saranno presto rivelati e le risposte date!

Sara è la più vivace del gruppo, mentre Hanna si dimostra più riflessiva e diligente.

Confesso che con Elrohir e Elladan mi sono divertita parecchio! Arwen da quello che mi ricordo, si trova a Lorien mentre il piccolo Estel è ancora un bambino!

È arrivato il momento di dire addio anche per Hagen, Tigris e Felix che presto torneranno al luogo a cui appartengono, il loro villaggio!

Thranduil è preoccupato di fronte a ciò che ha desiderato per anni e finalmente il momento è arrivato! Come reagirà Legolas?

Io tengo in conto di ciò che Tolkien ha scritto, ma attingo anche dal film di Peter Jackson! La storia continuerà fino alle vicende della Battaglia delle Cinque Armate, vi informo per non illudere nessuno!

Commenti e consigli li apprezzerei molto!

A presto e buona serata,

X-98

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Capitolo 20
*** È stupido temere ciò che non si può evitare ***


L’urlo acutissimo di Sara si levò dai cespugli. Ma a cosa era servito nascondersi?

Hanna si avvicinò alla siepe e con uno sguardo più attento si rese conto che le foglie erano spinose, simili all’agrifoglio, con i bordi meno pungenti, ma abbastanza da sentirli in caso qualcuno ci si fosse gettato in mezzo.

L’ilarità la travolse e costrinse a poggiare le mani sullo stomaco quando la pancia cominciò a farle male per il troppo ridere.

Fu costretta a trovare rifugio dietro un’albero quando vide Elladan ed i piccoli gemelli sbucare da dietro una colonna.

Galador aveva ereditato l’intelligenza del padre e gli somigliava mentre Elanor aveva molti tratti della madre.

Hanna sorrise nel vedere come l’elfo fosse attento e gentile con i bambini. L’aveva riconosciuto solo perché aveva un modo differente nel rapportarsi con loro rispetto al gemello, che al momento le stava cercando.

Con l’inganno, erano riuscite a spiaccicargli la faccia su di uno splendido dolce, immolato per una giusta causa!

Ma anche se era più calmo rispetto al chiassoso Elrohir, sapeva bene che Elladan gli era fedele, per questo si nascose pure alla sua di vista. 

Anche se non l’avrebbe sorpresa se già avesse saputo dove si trovava. Gli elfi avevano dei radar incorporati ed anche se usavano la scusa del suo respiro pesante, era certa che li usassero per individuarla pure quando trovava dei nascondigli perfetti e a detta sua, introvabili.

Si stavano prendendo una pausa prima del pranzo, che ahimè, sarebbe stato privo del dolce!

“Non sei stanca di fingere tutto il tempo?” Hanna si prese un colpo. Kalos era diventato più furtivo. Stare con gli elfi gli stava facendo bene!

“Sarei un’attrice?” Chiese lei non volendo realmente parlargli.

“Attrice?” Ripetè lui confuso.

Hanna rise. Doveva proprio spiegare tutto! 

“Una che finge di provare i suoi sentimenti!” Chiarì le idee.

“Allora lo sei!” Affermò il giovane mago.

“Dici che mento?” Chiese lei curiosa di sentire la risposta. Negli anni i romani avevano inventato storie assurde pur di trovare una spiegazione al fatto che Azrael non l’avesse mai uccisa, che apprezzasse la sua presenza!

“Ho compreso che quello non è un comune elfo silvano da come Lord Elrond gli si rivolgeva!” Disse Kalos guardandola diritto negli occhi.

“Hai intuito!” Hanna era veramente brava a recitare dal momento che riuscì a rimanere impassibile.

“So a cosa miri!” Più che un’affermazione pareva un’accusa!

“Oh, lui sa!” Disse Hanna ridendo ancora una volta “Illuminami!” Lo esortò.

“Hai dato i figli all’elfo solo per avere con lui un legame inscindibile! Chi è realmente? A quale tesoro o potere miri?” Domandò Kalos mettendosi allerta.

“Io sono per la libertà di parola, ma tu dici stronzate!” Rispose Hanna irrigidendosi. 

Non le era mai piaciuto! Ma poteva essere pericoloso quel maghetto da due soldi? 

“Le mie stronzate, sono vere!” Ammise il giovane mago sorridendo vittorioso.

“Tu non sai niente!” Esplose Hanna “Non sai come ci siamo conosciuti, cos’abbiamo passato! Non ci conosci nemmeno come persone!” Gli urlò contro.

Sara, si avvicinò dolorante, attirata dalle grida.

“Allora dimmelo!” Rispose lui con altrettanto impeto.

“Oh lui fa tanto il misterioso ma poi pretende che gli altri si aprano e gli raccontino ogni singolo segreto!” Hanna era stufa di tanta irriverenza....nei suoi confronti!

Non si fidava del ragazzo ed il fatto che tentasse di estorcerle la verità lanciando accuse assurde la fece andare in bestia!

“Io sono stato introdotto alla magia da Alatar e Pallando!” Kalos comprese, dalle facce delle ragazze che lo guardavano come fosse un’emerito idiota, che non sapevano di chi stesse parlando.

“Gli stregoni blu! Gli altri Istari presenti oltre Gandalf, Radagast il Bruno e Saruman!” Si spiegò il giovane mago.

“Questo pezzo di storia me lo devo ripassare!” Ammise Sara “Però è vero che esistono altri Istari! Sapevo, anzi la loro sorte era ignota!” Ragionò sperando che il giovane potesse dissipare i dubbi.

“Lo è! Sono scomparsi. Per questo sono partito alla ricerca di Gandalf, lui è l’unico che può aiutarmi, insegnarmi!” Speranza vana!

“Bene, ora tocca a te!” Sara guardò Hanna, da cui il mago malefico pretendeva delle risposte.

“Ma chi ti ha mai detto che in cambio ti avrei raccontato la storia della mia vita!?” Si difese lei.

“Cerchi Gandalf, giusto?” S’intromise Sara, lui annuì continuando a guardare male l’altra “Bene, allora vieni con noi a Bosco Atro, il Re potrà senz’altro aiutarti!” Lo invitò.

“Scusa, ma a questo punto perché Houdini non chiede aiuto a Elrond?” Domandò Hanna che voleva toglierselo dai piedi.

“Perché ai confini di Bosco Atro vive Radagast il Bruno e lui, oltre che aiutarlo con la magia, credo possa rintracciare Gandalf!” Sara non ne era proprio certa.

“Credi?” Le chiese Kalos esterrefatto.

“Oh ma è troppo chiedere un po’ di gratitudine?” Sbottò Hanna la cui pazienza si era esaurita da un pezzo.

“Perché? Non avete fatto ancora niente!” Sara con uno sguardo bloccò l’amica dal rispondergli per le rime.

“Vogliamo aiutarti però!” Disse Sara incrociando le braccia al petto “E se proprio vuoi conoscere la nostra storia....” cominciò a dire, rallentando appena vide un sorriso di pura soddisfazione allargarsi sul viso del mago “.....potrai chiederla all’elfo che secondo te sto manipolando, una volta che saremo a Bosco Atro!” Terminò per lei Hanna con un tono vittorioso.

 

*

 

“Sei lento Estel!” Rise Aranel mentre correva veloce attraverso i giardini di Gran Burrone.

“Nel, aspettami!” La chiamò Lucilla che aveva perso terreno inciampando su di un gradino.

Quando arrivarono a destinazione videro Estel che le aspettava comodamente seduto per terra “Non è giusto! Tu sei più grande!” Si lamentò Lucilla mentre Aranel decise di ignorarlo per non dover ammettere la sconfitta.

Entrarono nelle stalle contenti, decisi a mettere in pratica il loro piano: far vedere ad Estel che Aranel sapeva realmente cavalcare un cavallo!

“Sei sicura Nel, questi cavalli sono molto alti!” Lucy era la più piccola e timorosa, ma questo le dava un po’ di accortezza che mancava agli altri due.

“Ada mi ha fatto cavalcare Aegnor! Sono esperta con i cavalli grandi!” Si vantò Aranel.

“Anche Elrohir e Elladan mi hanno insegnato molto, vieni che ti aiuto a sellarne uno!” Disse Estel aprendo un recinto.

Il cavallo ignorò il piccolo cavaliere uscendo allegro, trottando veloce verso un pasto fresco e sicuro all’esterno.

“Questo non l’hai previsto?!” Chiese Aranel divertita dalla faccia stupita dell’amico.

“Nella mia testa veniva diverso!” Ammise Estel.

“Ma se prendiamo il cavallo di tua madre?” Chiese Lucilla sperando di aver avuto una buona idea.

“No!” Rispose secca Aranel “Perché? Hai paura?” La stuzzicò Estel.

“Perché la mia Nana non l’ha addestrato bene! I cavalli degli elfi sono meglio!” Disse Aranel dirigendosi verso un’altro recinto.

“Mani marte?”(Cosa è successo?) una voce all’esterno li fece scappare all’istante.

Fecero in tempo a nascondersi in dei cespugli per vedere un’elfo che portava dentro il cavallo che era scappato.

“Volete allenarvi?” Chiese Estel come se non fosse successo niente.

“Va bene, ma domani ti farò vedere che non sono una bugiarda!” Rispose Aranel prima di correre verso il campo d’addestramento.

Lo trovarono occupato, così si rifugiarono in una radura.

“Gamba, braccio....” elencava Estel mirando nei punti indicati mentre Aranel parava agilmente “...testa!” “Testa? Ahi!” Si lamentò Aranel quando lui colpì il grosso elmo preso come protezione che le si calò davanti agli occhi a causa della botta.

“Sei molto brava con la spada!” Disse Estel agitando la piccola spada di legno.

“Non abbastanza! Al villaggio c’erano bambini più piccoli molto più pericolosi!” Ricordò Lucilla.

“Da quale razza di villaggio venite?” Chiese Estel stupito.

“Guerrieri!” Rispose Aranel “Prima impari a combattere e prima puoi uscire dalle mura!” Spiegò.

“Tuo padre è un grande guerriero!” Disse Estel ricordando quanto timore incutesse quell’elfo alto e serio.

“Si, il migliore! Ma anche mio fratello è molto bravo!” Riconobbe Aranel ricordando i racconti del padre.

“Hai un’altro fratello?” Domandò Estel incuriosito.

“Si, si chiama Legolas!” Rispose Lucilla che per la prima volta, riusciva a pronunciare bene quel nome difficile.

“Legolas? Il Re di Bosco Atro?” Quella domanda mandò le due bambine nella confusione più totale.

“Legolas è il Re di Bosco Atro...quindi prima era un Principe, quando tuo padre era Re! Tu sei una Principessa?!” Estel era rimasto esterrefatto. Non assomigliava affatto ad una Principessa!

“Davvero?” Chiese Lucilla euforica.

“Io non voglio essere una Principessa!” Peccato che Aranel non condividesse il loro entusiasmo.

 

*

 

Thranduil si tolse il cappuccio senza distogliere lo sguardo da quello del figlio.

Si osservarono a lungo, prima che Legolas interrompesse quello scomodo silenzio con un tono glaciale.

“Che cosa vuoi straniero!” Quelle parole cancellarono il piccolo sorriso che si era formato sulle labbra di Thranduil.

“Quando un familiare torna a casa non lo si saluta come un qualsiasi mercante!” Lo ammonì più sorpreso che arrabbiato.

“Tu non sei un parente. Anche se sembri averne assunto forme e movenze!” Rispose Legolas.

“Mostra rispetto, ed inchinati al cospetto di Re Legolas!” Gli disse una giovane guardia di cui non conosceva il nome che lo fissava con odio e con la spada sguainata.

Thranduil bloccò le emozioni, lasciando che una maschera d’indifferenza calasse sulla sua espressione. Con Hanna aveva disimparato a farlo, non gli appariva più familiare qualcosa che lo aveva caratterizzato per secoli, dopo la prematura scomparsa di sua moglie.

Chinò la testa e leggermente la schiena. Inginocchiarsi aveva assunto un significato diverso per colpa dei romani!

“Conducetelo nelle sue stanze. Non ho tempo da perdere!” Ordinò il Re.

Thranduil decise di assecondare i suoi desideri e seguì le guardie che gli aprirono la strada.

Sembrava che il tempo si fosse fermato, lasciando le cose identiche a come le aveva viste l’ultima volta. Camminando per i corridoi del palazzo vide molti servi guardarlo e fuggire terrorizzati. La notizia si era diffusa in fretta, ma odiava essere guardato come se lo considerassero Azrael, l’angelo della morte.

Si bloccò appena notò di non trovarsi negli appartamenti reali, ma quelli riservati agli ospiti. Va bene che Legolas era il re e doveva accertarsi che lui non fosse il burattino di Sauron, ma questo era oltraggioso.

Ingoiò il boccone amaro e non riuscendo ad impedire che la rabbia trasparisse dai suoi lineamenti, entrò nella stanza.

Una volta chiusa la porta si mise in ascolto. Le guardie erano rimaste appostate fuori!

Era un bene che i bambini fossero a Gran Burrone. Non sarebbe stato giusto spaventarli inutilmente!

Gli venne servito il pranzo, ma a parte questo, non gli fu prestata attenzione.

Thranduil trovò il modo per ingannare l’attesa. Fece un lungo bagno, scrisse una lettera che presto avrebbe inviato a Gran Burrone e si mise a leggere.

Più che leggere si perse nei propri pensieri. Rivedere il figlio dopo così tanto tempo gli aveva scaldato il cuore. Legolas era un buon Re, testimone era la lealtà del popolo.

Ma avrebbe potuto riavvicinarsi a lui? 

Nemmeno prima il loro rapporto era stato stretto, mentre cresceva si era allontanato a causa dell’austerità che gli aveva mostrato. Lo avrebbe mai perdonato?

Così arrivò la sera e l’incontro con il figlio venne annunciato.

“Il Re ti aspetta!” Gli disse gelido un elfo dopo aver aperto la porta di scatto senza neanche bussare.

Venne condotto nella sala da pranzo e vide che un posto si trovava dalla parte opposta rispetto a dov’era Legolas.

Si sedette ed iniziò a mangiare il cibo già presente in tavola e nel suo piatto.

Alcune pietanze lo riportarono ad episodi della sua infanzia e mangiò più del dovuto.

Duecento anni nella vita di un elfo non sono molti, ma ritrovandosi a sopportare l’indicibile, gli erano apparsi millenni!

Legolas rimase in silenzio per tutto il tempo, riservandogli qualche occhiata fugace.

Parlò solo a pasto finito “Cosa ti porta nel regno degli elfi?” Chiese.

“Il desiderio di rivedere mio figlio. Un figlio che credevo perduto per sempre!” Rispose sincero Thranduil.

“Mio padre era un elfo nobile. Non un vagabondo! Non avrebbe mai abbandonato il suo popolo con tanta leggerezza!” Puntualizzò Legolas acido.

“Le cose spesso non sono come appaiono. E non penso che tu creda realmente che mi sia allontanato di mia spontanea volontà!” Tentò di nuovo Thranduil.

“Sarai libero di girare per il regno domani, ma dovrai informarmi cosa intendi fare così che io ti dia il permesso e le guardie non si ritrovino costrette a rinchiuderti in un angusta cella!” Disse il Re con una vena di soddisfazione ignorando ciò che aveva appena sentito, prima di ritirarsi senza neanche congedarsi.

 

*

 

A Gran Burrone la vita scorreva tranquilla.

Gli abitanti si godevano la brezza che soffiava leggera e calda annunciando la fine dell’inverno. Nessuno sapeva che di lì a poco, il caldo li avrebbe travolti....ma non come ci si aspettava!

“Nel, Lucy!” Estel sbucò da un cespuglio correndo verso le amiche “Dobbiamo riportare tutto nello studio di Elrond! Sta tornando!” Le avvisò per paura di brutte conseguenze per essersi introdotti nel suo studio senza permesso.

Lucy mise in terra il suo cubo gonfiabile fatto con i fogli dei documenti trovati nella stanza. C’erano anche una gru, una rana, un cigno, un cane....il coniglio le era venuto male. Sembrava più una specie strana di ragno!

Le piacevano davvero tanto gli origami. Da quando Sara le aveva insegnato come farli non perdeva occasione!

Tanto le scritte su quei fogli erano incomprensibili, invece di buttarli li aveva utilizzati per farne qualcosa di bello!

“Uffa di già?” Si lamentò Aranel ubbidendo, però, al maggiore.

Ma solo lei decideva quando il gioco era realmente finito, così dopo aver rimesso a posto tutti gli oggetti trafugati dalla scrivania di Elrond, prese solo una lente d’ingrandimento per poter avere qualcosa da fare durante quel momento di pausa.

“Le formiche sembrano giganti!” Lucy esultò quando vide il prezioso oggetto intagliato in argento e oro, brillare alla luce del sole.

“Volete vedere qualcosa di veramente forte?” Chiese Estel porgendo una mano verso Aranel in una muta richiesta.

Lei non esitò e gli porse la lente. Corsero dietro ad un grosso cespuglio, così se Elrond si fosse accorto del furto ci avrebbe messo molto più tempo a trovarli.

L’amico la puntò su di una foglia secca in terra e questa cominciò a bruciare fino a scomparire del tutto.

“Fooorte!” Lucy era la più impressionabile, anzi era quella che lo dava a vedere con la voce, raggiungendo ottave mai scoperte dalla voce umana.

Aranel, come sua madre, usava il corpo per trasmettere il proprio stato d’animo ed in quel momento si era messa a saltare sul posto.

Subito dopo cominciò un litigio fra Aranel e Lucy che volevano entrambe provare a fare ciò che aveva fatto Estel. L’amico sospirò avendo previsto ciò e si affacciò dal cespuglio per vedere se Elrond li stesse cercando.

Mentre Lucy riusciva nell’impresa, Aranel fece finire sulla foglia altre foglie secche per dispetto. Queste invece, presero fuoco contemporaneamente e Lucilla, d’istinto, le colpì con la lente facendole finire su di una radice.

“Mi hai spaventato!” L’accusò Lucilla “È colpa tua che non mi hai lasciato provare!” Rispose Aranel offesa.

Entrambe si girarono appena il crepitio del fuoco si fece più forte.

Estel fece appena in tempo per voltarsi per tornare nascosto nel mezzo del cespuglio quando venne travolto dalle sue amiche.

Aranel tornò subito indietro e lo tirò per una mano trascinandolo per poco, prima che riuscisse a tornare in piedi e si facesse trascinare via.

Elrond li aveva trovati?

Si fermò quando un rumore attirò l’attenzione ed aprì la bocca per la sorpresa quando vide il loro ex nascondiglio avvolto dalle fiamme.

Gli elfi reagirono in fretta e riuscirono ad arginare il danno solo a poche piante, ma quando al centro venne trovato un oggetto appartenente al loro signore, le cose si complicarono.

Estel seguì le amiche che straordinariamente, mostrarono molto coraggio a dirigersi da Elrond per affrontare la punizione. Lucilla piangeva in silenzio, più per lo spavento che per altro.

Aranel era cresciuta con la convinzione che un guerriero non si tira mai indietro e sapeva bene che suo padre si sarebbe arrabbiato ancora di più se lei si fosse nascosta.

Poteva solo sperare che Elrond fosse più buono e meno severo del suo Ada!

Anche se a spaventarla di più era la sgridata della sua Nana appena avesse saputo ciò che avevano combinato!

 

*

 

Thranduil camminava per i giardini guardandosi attorno con curiosità.

Gli atteggiamenti umani lo aveva influenzato a tal punto che come loro viveva momento per momento, come faceva una creatura mortale.

Ma questo gli permise di distrarsi di fronte alla gelida freddezza di suo figlio, trovando una distrazione in ogni luogo che rivedeva dopo tanto tempo!

Sospirò infastidito quando percepì di nuovo una presenza nascosta e costante che non l’aveva abbandonato da quando aveva lasciato le sue stanze.

Decise di inoltrarsi nel bosco nella speranza di seminarla e poter stare finalmente solo per riflettere con calma su come riuscire a convincere il figlio che lui non era un artificio malvagio, ma suo padre, finalmente tornato a casa!

Appena fatte perdere le sue tracce salì su di un albero percependo i suoi sussurri, i cui rami venivano mossi dal vento, contenti del suo ritorno. Eppure si lamentavano, la sofferenza era data dalla minaccia costante dei ragni che portavano rovina e distruzione, uccidendo tutti gli abitanti della foresta.

Invece di tormentarsi per qualcosa che non poteva risolvere tornò a concentrarsi sul problema presente.

Legolas era come lui, testardo e diffidente. Convincerlo sarebbe stato arduo.

Parlare della madre non era una grande idea, avrebbe potuto infastidirlo e portarlo a credere che mentisse dato che non l’aveva mai fatto prima.

Ricordare i momenti passati assieme era un’opzione più plausibile.

Si alzò dal ramo su cui era seduto ma prima che potesse scendere, delle voci annunciarono l’arrivo di un gruppo di elfi.

Un verso orrendo accompagnò la comparsa di un gruppo di grossi ragni che attaccarono famelici, alla ricerca di carne fresca con cui banchettare.

Thranduil si mise in posizione, pronto ad intervenire.

Quando la prima guardia cadde in terra, priva di sensi a causa del letale veleno, decise di scendere.

Gli elfi avevano indietreggiato, formando uno scudo protettivo attorno al compagno caduto ed aspettavano che i ragni attaccassero.

Thranduil atterrò fra di loro, richiamando a sé l’antica magia con cui proteggeva il suo regno.

“A Elbereth Gilthoniel, Lasto beth nîn. Lacho  calad!  Drego  morn! Gurth an glamhoth!”(O Elbereth, che accendesti le stelle, ascolta la mia voce! Fiammeggia luce. Fuggi notte! Morte alle creature malvagie!) con quel grido una potente luce si espanse dall’antico elfo ed un’onda d’urto l’accompagnò, scaraventando lontano le mostruose creature che fuggirono veloci.

Thranduil cadde in ginocchio, ansimando a causa dello sforzo, non essendo più familiare per lui usare quel tipo di protezione. Quando alzò la testa vide il possente cervo bianco con cui, tempo addietro, controllava ogni singolo angolo del suo regno.

Svanì appena la voce di ulteriori guardie li raggiunse, distogliendo la sua attenzione dalla magia. Thranduil si alzò, voltandosi verso coloro che avevano appena combattuto e che lo guardavano con gli occhi sgranati.

“Vi dobbiamo la vita Sire!” Disse uno prima di inginocchiarsi. Gli altri lo imitarono senza esitare.

“Alzatevi!” Li esortò Thranduil con un sorriso. Essi obbedirono.

“Il vostro amico necessita di cure!” Ricordò fissando con preoccupazione l’elfo svenuto.

“Che tu sia benedetto!” Lo salutò una guardia prima di mettersi in spalla l’amico e correre verso l’infermeria.

“Boe ammen veriad lîn!”(Abbiamo bisogno della tua protezione!) disse l’unico elfo che ancora stava in ginocchio.

Il primo che gli aveva mostrato gratitudine ignorò le altre guardie appena giunte e disse “Amin khiluva lle a’ gurtha ar’ thar!”(Ti seguirò fino alla morte ed oltre!) mostrandogli la stima ed il rispetto che si devono ad un Re.

 

*

 

Thranduil venne condotto verso le stanze reali. Non aveva più timore, era sua intenzione abbattere quel muro presente fra lui e Legolas. Aspettare era diventata una tortura!

“Mankoi lle irma sint?”(Cosa desideri sapere?) chiese restando calmo una volta in presenza del Re.

“Mani naa essa en lle?”(Qual’è il tuo nome?) domandò Legolas timoroso, guardandolo come se fosse una creatura alquanto bizzarra.

“Thranduil Oropherion, sovrano di Bosco Atro!” Rispose lui evitando quello sguardo.

“Mankoi naa lle sinome?”(Perchè Sei qui?) Il Re continuò l’interrogatorio.

Thranduil si voltò, fissando il figlio diritto negli occhi “Per te!” Disse con sincerità.

“Mankoi lle uma tanya?”(Perchè lo hai fatto?) perdurò Legolas.

“Mani?”(Cosa?) domandò Thranduil non capendo a cosa si stesse riferendo.

“Perché sei tornato? Se sei veramente tu, perché hai aspettato così tanto per mostrarti? Perché hai abbandonato il tuo popolo? E dove sono gli elfi che erano con te?” Quelle domande confermarono un orrenda verità.

Non avevano trovato i corpi bruciati e fatti a pezzi delle guardie reali, gli umani si erano mostrati molto bravi se erano stati in grado di farli sparire senza lasciare traccia!

Thranduil chiuse gli occhi tentando di scacciare i ricordi. Dei corpi che venivano dilaniati, l’odore della carne bruciata.......

Sentì Legolas studiarlo con lo sguardo “Sono morti!” Rispose.

“E tu sei l’unico sopravvissuto? Non ci credo!” Rispose il figlio freddo, dandogli le spalle.

Legolas si voltò “Cosa sono quei segni sui tuoi polsi?” Thranduil si irrigidì non riuscendo nemmeno a respirare, mettendo in automatico, le mani dietro la schiena.

No! Quello no! La sua disattenzione aveva permesso che vedesse i segni delle catene......! Erano uno degli innumerevoli marchi che mai se ne sarebbero andati, cicatrici e pelle più scura tracciavano l’impronta dei polsini di ferro contro cui aveva combattuto per decenni.

Se non si fosse stancato con l’incantesimo appena usato, avrebbe messo un’illusione per celarli alla vista!

“Mio padre aveva numerose cicatrici, ma nessuna come quelle!” Insistette Legolas.

L’elfo prese una grossa boccata d’aria ed incurvò la schiena, lasciando che i capelli nascondessero il suo volto, nel vano tentativo di celare la vergogna che provava.

“Loro hanno vinto!” Sussurrò distrutto. 

Non sarebbe dovuto succedere! Suo figlio sicuramente sapeva a cosa erano dovute quelle cicatrici così particolari. E se lo considerava ancora un nemico, molto probabilmente, l’ostilità nei suoi confronti sarebbe aumentata se non avesse risposto!

“Loro chi?” Chiese Legolas curioso ma restando allerta.

Thranduil non rispose massaggiandosi con una mano il polso.

Legolas sbuffò ed aprì la porta con l’intenzione di uscire e non tornare sui suoi passi.

“Ricordo che da piccolo ti eri arreso dopo il primo fallimento! È incredibile come certe cose non cambino con il passare del tempo.” Quell’affermazione fece bloccare Legolas. Chiuse la porta, restando però di spalle.

“Ti eri convinto che non ce l’avresti mai fatta che forse eri più portato per la spada come me!” Continuò Thranduil alzando lo sguardo, spostando lo sguardo sul figlio “Non hai ascoltato nessuno, tranne me!”.

“L’esercitazioni con il tiro con l’arco sono stati uno degli ultimi momenti passati assieme. Ti permettevo di andare nel bosco ad ogni traguardo raggiunto, ogni centro segnato!” Thranduil abbassò la testa affranto “Perdonami è colpa mia se la distanza fra noi è cresciuta a tal punto.....che non sei più in grado di riconoscermi!”.

Legolas rimase in silenzio avvicinandosi lentamente, fissandolo con sospetto.

“Non mi hai deluso Legolas! Anche se hai sempre sostenuto che non desideravi diventare Re, perché temevi che questo avrebbe comportato la mia morte.......ti sei dimostrato all’altezza! Ne ero certo!” Gli occhi di Thranduil si posarono su di lui “Un vero Re fa ciò che è giusto per il suo popolo!” Disse il padre guardandolo con un affetto che da molti secoli ormai non aveva più mostrato a suo figlio “Elrond ha visto giusto!” Ammise.

“Sei stato a Imladris?” Chiese Legolas sorpreso sia dall’ultima affermazione che da quella notizia.

Thranduil annuì “Lì ho cercato rifugio. Gli orchi mi hanno attaccato lungo la strada!” Raccontò ricordandosi quei momenti terrificanti in cui credeva che il nemico si sarebbe preso la vita dei suoi figli.

“Ada!” La voce di Legolas gli ricordò della sua presenza e si congelò nel sentirlo così vicino “Ada, solo tu potevi sapere quella frase che mi hai ripetuto fino allo sfinimento, anche solo per infastidirmi: un Re fa ciò che è giusto per il suo popolo!” Disse il figlio con una voce affettuosa che gli era mancata fin troppo.

“No! Colui che conoscevi è morto tempo fa!” Rispose Thranduil indietreggiando ed abbassando la testa per non far vedere il dolore che traspariva dai suoi occhi.

Non poteva illuderlo di essere fino in fondo lo stesso elfo di duecento anni prima. Non ne era certo nemmeno lui!

“Non è vero! Hai parlato dell’ultimo momento passato assieme. Durante la litigata che ci ha separato prima del tuo viaggio anch’io l’ho fatto, accusandoti di essere distante e ricordandoti quanto ero piccolo quando ancora dimostravi di preoccuparti per me!” Insistette Legolas. Sembrava essersi convinto!

“Ada, guardami!” lo pregò il figlio “Ora sono certo che sei realmente tu!”.

“No, sono un mostro! Partorito da eventi infausti. Che ha preso vita per necessità!” Continuò Thranduil riuscendo ad assecondare la sua richiesta.

“Im avo goston o le!”(Non ho paura di te!) ammise Legolas “Riguarda forse le nuove cicatrici?” Chiese “Cosa ti è successo? Chi ti ha fatto questo?” Domandò afflitto.

Thranduil non rispose, voltando lo sguardo. 

Non avrebbe dovuto saperlo! Non tutto almeno! Come poteva evitarlo?

“Ada!” Lo chiamò preoccupato “Sedho!”(Calmati!) gli sussurrò.

Rimasero in silenzio per un tempo infinito prima che Thranduil prendesse coraggio e cominciasse a parlare “Thalion, Narwain e Galdor!” Elencò.

Legolas aspettò paziente che continuasse.

“Solo loro erano sopravvissuti......all’attacco degli umani!” Svelò.

Il figlio sussultò e sul suo viso si dipinse l’orrore misto alla rabbia.

“È solo grazie all’aiuto di alcuni prigionieri umani, che sono riuscito a fuggire!” Confessò. L’esercito creato da Spartacus era più numeroso di “alcuni umani” però era un dettaglio che al momento, non aveva importanza.

“E gli altri?” Chiese Legolas agitato all’idea che alcuni elfi appartenenti al loro popolo fossero ancora prigionieri. Ma fu sufficiente osservare l’espressione del padre per comprendere che erano andati nelle aule di Mandos!

Thranduil chiuse gli occhi lasciando che la stanchezza ed il sollievo prendessero il sopravvento “Figlio mio, non sai quanto ho pregato i Valar per poter vedere questo giorno! Mi dispiace davvero di averti causato tanta angoscia!” Disse poggiando delicatamente una mano sulla spalla del giovane Re.

Legolas sentì una lacrima attraversargli una guancia. I Valar avevano ascoltato anche le sue di preghiere! Anche se ferito e spezzato, suo padre era ancora vivo!

“Ho compreso che eri tu quando mi hanno detto cos’hai fatto, ma una parte di me temeva ancora di illudersi. Non scusarti per aver suscitato emozioni che solo l’amore più profondo che un figlio prova per suo padre può evocare!” Disse Legolas poggiando entrambe le mani sulle spalle del genitore.

“Grazie alla misericordia di Elbereth questo dolore è cessato. Sei qui davanti a me, come più non speravo potesse accadere. La più preziosa di tutte le benedizioni!” Legolas lo abbracciò stringendolo forte a sé ed iniziando a piangere di gioia sentendo la tensione sparire del tutto, quando un singhiozzo sfuggì dalle labbra del padre.

Tempo addietro avrebbero esitato a lasciarsi andare a manifestazioni d’affetto, mostrando chiaramente l’amore che provavano l’uno per l’altro. 

Ma dopo gli anni di angoscia e dolore, Legolas compì quel gesto senza esitazione e suo padre lo accolse subito, dando l’impressione di averlo aspettato e sperato.

“Im melithon le an i uir!” (Io ti amerò per l’eternità!) disse grato di poterlo avere di nuovo accanto.

 

*

 

Quella mattina Hanna e Sara erano impegnate a cucinare vero cibo.

Non che quello degli elfi fosse male, ma quando Elrond aveva dato loro il permesso, avevano deciso di fare omelette ripiene di carne salata e formaggio o carne salata e pancetta.

I bambini sembravano essere impazziti. Doveva essere la loro parte umana a farli reagire così, dato che anche i tre uomini non furono da meno.

Kalos sembrava molto più scettico.

“Ma perché non preparavate questo cibo degli dei pure al villaggio?” Chiese Hagen trangugiando la sesta omelette quasi intera.

“Perché non avevamo gli ingredienti!” Rispose Sara mentre portava il terzo vassoio in tavola, seguita da alcuni elfi che avevano lo stesso cucinato la loro parte.

“Chiamarlo così non è un po’ esagerato?” Domandò Kalos che alla fine aveva rifiutato    la loro cucina per ripiegare su quella elfica.

“Le stai criticando?” Domandò Tigris minaccioso.

“Stavo solo esprimendo la mia opinione!” Aveva una bella faccia tosta quel maghetto.

“State a vedere che so fare!” Li interruppe Sara mentre metteva un po’ di frittata sul cucchiaio prima di lanciarla in aria.

Non serve dire che quel pessimo esempio venne visto sotto tutt’altra luce!

“IO...TI....ODIO!” Sibilò Hanna quando i tre bambini la imitarono ed i gemelli, non riuscendo a tenere i cucchiai, adoperarono direttamente le mani.

Elanor si agitava tra le braccia della madre e Sara riprese Galador prima che Felix perdesse la presa, spaventato dall’energia che un bambino così piccolo era in grado di mostrare.

Hanna cominciò ad inveire verso Sara “Io non ho quattro figli, ma cinque! Possibile che dopo tutto quello che abbiamo passato ti comporti ancora come......” s’interruppe di colpo voltandosi verso Felix “Mi hai lanciato della marmellata nei capelli?” Chiese incenerendolo con uno sguardo che esigeva vendetta.

“Per addolcirti un po’!” Rispose il ragazzo. 

“Per la Terra di Meeezzoooooo!!!!!” L’urlo di Sara diede inizio ad una lotta ed uno spreco di cibo mai visto nella storia di Arda.

Gli elfi presenti scapparono mostrandosi dei gran codardi, oppure saggi, dipendeva dal punto di vista.

Kalos commise l’errore di lanciare una mela intera che fece capitolare Sara al suolo quando cadde nel suo piatto facendola saltare per lo spavento.

Tigris rispose come se avesse colpito sua figlia e per il mago non fu sufficiente proteggersi con un piatto per quanto fu forte il colpo.

Il Gallo gli lanciò contro una mela con talmente tanta forza che si frantumò contro il piatto, strappandoglielo dalle mani e mandandolo al tappeto.

Galador stava comodamente seduto sul tavolo e batteva le mani ridendo di fronte alle buffe facce che facevano i guerrieri. Elanor, in braccio alla madre, tentava inutilmente di raggiungere il fratello al centro dell’azione.

Hanna intercettò un muffin volante, decise che era troppo buono per rispedirlo al mittente e lo fece sparire in tre bocconi.

Hagen che nonostante la stazza era molto agile, riuscì a schivare molti dei colpi.

Felix approfittò della momentanea distrazione per afferrare la brocca piena di succo e svuotare l’intero contenuto addosso al germano, solo per essere lanciato dall’altra parte della stanza.

Aranel all’inizio aveva preso le parti degli uomini, ma stufa di fare da scudiero si era impegnata in una lotta personale contro Estel.

“Smettila di muoverti! Così non posso colpirti!” Gridò correndo dietro all’amico che salì persino sul tavolo pur di avere un vantaggio.

Peccato che si ritrovò circondato, con Lucilla che gli si aggrappò ad una gamba urlando “Ce l’ho! È mio prigioniero!” Mentre la guerra attorno a loro continuava ad imperversare.

“Cosa sta succedendo?” Elrond era sorpreso che quegli umani mostrassero un’indole che aveva sempre attribuito ai nani. Rumorosi e confusionari.

Lindir alle sua spalle appariva terrorizzato dal trovarsi sul campo di battaglia.

“Scambi di opinioni!” Rispose Sara rimettendosi seduta composta a tavola come se l’uragano non fosse mai passato per poi ricordarsi all’ultimo del bambino che aveva lasciato sul tavolo.

Rimase interdetta a fissare il Lord di Gran Burrone quando gentilmente allungò le mani verso Galador “Posso tenerlo?” Chiese.

Istintivamente Sara si volto verso la madre e ricevendo da parte sua un cenno nervoso con un “Cosa aspetti stupida!”riflesso negli occhi, decise di ubbidire.

Il piccolo non sembrò spaventato tra le braccia di un’estraneo, ma forse perché in quel periodo aveva visto il padre interagire più volte con lui.

“È splendido!” Si complimentò Elrond andando a sedersi al suo posto. Stranamente o fortunatamente quella parte del tavolo era stata risparmiata.

Lindir rimase in piedi al suo fianco.

“Estel posa quelle uova!” Ordinò Elrond ad un imbarazzatissimo ragazzo che aveva tentato inutilmente di defilarsi senza essere visto.

Hanna si sedette cercando di mostrarsi il più rilassata possibile. Lo era in realtà, ma la rigidità assunta da Hagen e Tigris influiva negativamente sulle sue intenzioni iniziali.

Possibile che allenandosi con gli elfi, non si fidassero ancora del loro signore?

“Avete intenzione di partire per Bosco Atro?” Chiese Elrond interrompendo quel silenzio scomodo che era calato.

“Appena Thranduil ci darà il permesso!” Rispose Sara giocando con ciò che rimaneva della colazione.

Elrond sospirò “Per quanto sia felice nel vedere un’amore che da tempo era scomparso, non posso nascondere la mia angoscia!” Disse l’antico elfo.

“Voi siete creature mortali. Presto la vostra natura vi consumerà ed avvizzirete di fronte al passare delle stagioni!” Elrond sospirò “Che i Valar lo proteggano! Thranduil, per la seconda volta, dovrà soffrire la perdita!” Riconobbe. Galador rise, come a voler rallegrare il triste elfo, afferrando le lunghe ciocche castane per attirare l’attenzione su di sé.

Le ragazze si guardarono a lungo prima di iniziare la medesima litigata, accusandosi a vicenda “Non gliel’hai detto?” Chiese Sara arrossendo per l’imbarazzo.

“Cosa?” Hanna non....ora si che aveva compreso a cosa si riferisse!

“Lo sai bene!” A Sara sembrava di rivivere la stessa discussione avuta con Thranduil anni addietro.

“Cosa?” Chiesero in coro Hagen e Tigris smarriti. Avevano vissuto assieme per anni, cos’era loro sfuggito?

“Ma deve sempre essere compito mio?!” Protesto Hanna in difficoltà, non era mai facile svelare un segreto del genere!

“Cosa?” Felix non credeva che le sue amiche gli avrebbero mai nascosto qualcosa.

“Ragazzi, potreste lasciarci?!” Chiese alla fine Hanna capendo che quell’argomento doveva essere trattato con le pinze.

“Perché?” Chiese Hagen guardingo.

“Perché non ci farà del male e dobbiamo parlare di cose molto personali!” Tentò di farli tacere Sara.

“Perché con lui si e noi no?” Ora ci si metteva pure Tigris.

“Vuoi parlare del sangue mensile con il guaritore?” La classe di Hanna era tornata.

“Si, se questo vuol dire tenervi al sicuro!” Pure la testardaggine del Gallo.

“Gli elfi...non ci faranno del male!” Hanna aveva imparato ad incutere timore con lo sguardo, proprio come Thranduil....aveva avuto un buon maestro!

“Aspetteremo qui fuori. Pronti a combattere!” Minacciò Tigris alzandosi lentamente.

“Lindir per favore, occupati dei bambini!” Ordinò Elrond indicando i tre più grandi che erano ricoperti di cibo dalla testa ai piedi.

L’elfo si inchinò di fronte al suo signore in segno di rispetto ma un’espressione di chi viene punito crudelmente, gli apparve in volto.

“C’è qualcosa che dovete dirmi?” Chiese Elrond una volta che furono soli. Be’ senza orecchie che potessero comprendere.

“Siamo immortali!” Sara si strozzò con il succo facendo ridere i gemelli.

“Che c’è?” Chiese Hanna quando le rivolse un’occhiata costernata.

“È troppo chiedere un po’ di tatto?” Ringhiò Sara appena ebbe abbastanza fiato per parlare.

“Come volevi dirglielo?” Chiese Hanna come se fosse la cosa più normale del mondo lanciare bombe del genere nella vita delle persone, senza il minimo scrupolo.

“Non così!” Rispose Sara agitando le mani.

“Certe volte sei incontentabile!” L’accusò Hanna.

“Chi è stato?” La domanda di Elrond fece terminare il primo round.

“Prego continua!” Disse Sara facendo un ampio gesto della mano per invitare Hanna a spiegare tutto. Lei prese una grande boccata d’aria mentre riordinava i pensieri.

“Quando siamo state fatte prigioniere dai nostri simili....abbiamo scoperto che Thranduil....” Hanna si rese conto di essersi cacciata in un bel guaio “..be’...che anche lui era un prigioniero!” Disse.

Fortunatamente Elrond non era impaziente ed aspettò educatamente che continuasse da sola, senza spingerla in alcun modo “Dopo poco tempo, abbiamo visto altri due elfi. Più giovani che facevano parte della guardia reale che scortavano Thranduil quando era stato catturato!” Ora doveva procedere cauta “Lui sapeva che erano stati imprigionati, ma erano rimasti separati per molti anni!” Circa centocinquant’anni, era molti per gli elfi? Forse per quelli in catene si.

“Quando li hanno condannati a morte, ci hanno fatto dono della loro immortalità!” Svelò alla fine.

“Perché mai fare una cosa del genere? Li conoscevate?” Domandò Elrond confuso.

“Non benissimo!” Ammise Hanna.

“Hanno detto che noi potevamo aiutare il loro Re!” Specificò Sara.

“In che senso?” Elrond comprese che la vitalità di quelle ragazze doveva aver giovato al suo amico, ma non era abbastanza da giustificare l’azione delle due guardie!

“Mah....forse avevano visto che lei era già cotta di lui....cristo santo!” Si lamentò Sara quando Hanna le rovesciò addosso l’intero contenuto del bicchiere.

“Voi sapevate chi era?” A quella domanda le amiche si scambiarono uno sguardo cercando di apparire scocciate.

“Certo che no!” Altro che architettura, Hanna aveva la stoffa da attrice.

Sara rise impastando assieme menzogna e verità “All’inizio non capivamo perché Narwain e Galador si scandalizzavano quando eravamo troppo informali o maleducate con lui!”.

“Poi una volta capito ci siamo date una calmata!” Spiegò Hanna riempendosi di nuovo il bicchiere.

“Thranduil era solo un prigioniero?” Domandò il Lord.

“Lui che vi ha detto?” Hanna non avrebbe abboccato, non era stupida.

“Che gli umani lo avevano fatto soffrire ma altri gli avevano dato speranza!” Rispose pacato l’elfo.

“Già è proprio così!” Confermò Sara sperando che Elrond terminasse l’interrogatorio.

“È curioso, a parlare delle cose belle si fa in fretta, senza ripensamenti. Invece da cose gravose o spaventose si può trarre una buona storia, o comunque un lungo racconto!” Alle parole di Elrond compresero che era un invito educato a parlare, ma entrambe rimasero con la bocca cucita.

“Come sono morte le giovani guardie?” L’elfo non demorse.

“Trucidate dagli umani!” Era vero! Hanna non mentiva, solo non diceva tutta la verità!

“Perché anche voi eravate prigioniere?” Elrond sentiva che quelle ragazze avevano qualcosa di speciale. Ne aveva avuto la conferma quella mattina: i piatti da loro cucinati non li aveva mai visti, dovevano venire da molto lontano!

“Ci siamo allontanate troppo da casa!” Rispose Sara sentendosi in pace con se stessa ora che non mentiva.

“Non desiderate tornare? Anche solo per salutare le vostre famiglie?” Chiese l’elfo con sincera preoccupazione.

Sara abbassò lo sguardo tentando di nascondere i suoi occhi pieni di tristezza “Non possiamo! Gli umani.....” quale scusa poteva inventarsi?

“Hanno sterminato le nostre famiglie!” Rispose Hanna asciutta.

Sara ci pensò su. Effettivamente era stato il trovarsi in un’altro mondo ed un’altra epoca a separarle dalla loro famiglia. Però era meglio non dare all’elfo altri appigli su cui poter indagare.

“Cosa volevano gli umani da Thranduil? A nessuno dei regni elfici sono arrivate richieste di riscatto!” L’espressione di“Oh, merda!” Si dipinse sul volto di Hanna.

“Perché lo hanno marchiato con il fuoco?” Chiese Elrond indicandosi l’avambraccio destro.

“Perché si divertivano così?!” Finse di ipotizzare Hanna, ricordando ciò che aveva ignorato e cercato di dimenticare “Senta...” disse sedendosi diritta “..non so cos’abbia passato Thranduil prima che lo incontrassimo. Ma non ho mai insistito perché so, dalle cicatrici che porta, che non è qualcosa che ama ricordare!” Chiarì.

“Quello che importa è che siamo riusciti a scappare e che ora lui sta tornando da suo figlio!” Disse Sara senza nascondere il sollievo provato nel dirlo.

“Siamo il risultato di ciò che ci è stato fatto. Possiamo soccombere o uscirne più forti!” Ripetè Hanna più a se stessa che agli altri.

“Sei saggia giovane umana. Confesso che quando ve ne andrete, questo posto sembrerà privo di vita se paragonato al tempo in cui ci avete onorato della vostra compagnia e del vostro buon cibo!” Disse Elrond servendosi un omelette mentre Galador osservava attentamente ogni suo movimento.

 

*

 

La notizia in poco tempo aveva raggiunto ogni angolo del Regno così come l’eccitazione scaturita nel ricevere una tale gioiosa ed a lungo sperata notizia.

Con una sontuosa cerimonia gli elfi silvani avevano festeggiato il ritorno del Re perduto e per lui la festa era stata fin troppo noiosa. 

Niente schiamazzi, risate scomposte o risse.....solo musica!

“Siamo qui per festeggiare un evento inatteso ma a lungo sperato! Il nostro amato Re da tempo perduto, è tornato! Mostriamo la gioia nel riaverlo con noi! Cormamin lindua ele lle!”(Il mio cuore canta al vederti!) disse Legolas piegando il capo in direzione del padre, sorridendo nel ricevere come risposta grida di gioia da parte del popolo.

Thranduil alzò le braccia per avere silenzio “Vi ringrazio per questa magnifica accoglienza. Troppo a lungo ho sognato di tornare e ringrazio i Valar per aver esaudito le mie preghiere!” Disse con voce potente così che tutti potessero sentirlo.

Camminò in mezzo al suo popolo, finalmente felice di stare tra di loro e non sentendo il solito fastidio provato quand’era stato costretto a presidiare a festeggiamenti che non gli interessavano.

“Aa’ lasser en lle coia orn n' omenta gurtha!”(Che le foglie del tuo albero della vita mai appassiscano).

“Aa’ i’sul nora lanne’lle!”(Possa il vento gonfiare le tue vele!).

“Aa’  menle  nauva  calen  ar’  ta  hwesta  e’  ale’quenle!”(Possano  le  tue  strade  essere  verdi  e  possa  il  vento accompagnarti).

“Aa’ menealle nauva calen ar’ malta!”(Possa il tuo cammino essere verde e dorato!)

Molti apprezzamenti e auguri di felicità gli furono rivolti a cui rispose sorridendo con un cenno del capo o ringraziando. Venne richiamato vicino al trono da Legolas.

“In questi anni mi sono impegnato per essere un buon Re!” Iniziò a parlare “Ma converrete con me, che sarebbe un’onta imperdonabile voltare le spalle al vero ed unico sovrano di Bosco Atro!” Thranduil dovette fare uno sforzo enorme per contenere al massimo la sorpresa. Deglutì nel tentativo di mantenere la calma. 

“Colui che ha combattuto contro i suoi aguzzini per anni e con determinazione pur di tornare da noi! Colui che ha dimostrato la vera tempra di un elfo silvano!” Il popolo lo appoggiò pienamente, senza il minimo dubbio, con applausi ed esclamazioni come “Aran Thranduil!” O “Hir nîn Thranduil!” Aumentarono sempre più.

“M’inchino e porgo la corona al sovrano di Bosco Atro: Thranduil Oropherion!” Disse Legolas inchinandosi di fronte al padre e dopo aver tolto dal capo la corona fatta di rami e foglie, la porse al padre.

Thranduil esitò un solo istante. Chiedendosi se ne era ancora degno.

Dopo aver vissuto come un reietto per anni, essendo stato umiliato, essendosi inginocchiato davanti a Batitato.......ma è il popolo che sceglie il proprio sovrano!

Se si fosse tirato indietro sarebbe stato veramente un vigliacco ed avrebbe lasciato che i romani vincessero, oltre ad insultare la memoria di suo padre e tutto ciò che gli aveva insegnato!

Era suo dovere provvedere e proteggere gli Elfi Silvani. Non ne sarebbe mai venuto meno, romani o non.

Prese delicatamente la corona fra le mani e si voltò verso il popolo alzandola e gli applausi quasi lo assordarono per quanto furono forti.

Se la pose sul suo capo con sicurezza.

Forse avrebbero parlato di ciò, ma a lui non importava.

Thranduil abbracciò Legolas non riuscendo a reprimere una lacrima.

Era a casa ed aveva ritrovato suo figlio!

 

*

 

L’insegnante si mise di fianco alla scrivania osservando i tre studenti “Buongiorno ragazze, oggi riprenderemo la lezione di elfico sindar!” Disse aprendo il suo libro.

Il Maestro era un elfo dai capelli castani, gli occhi verdi. Paziente ma severo era riuscito ad accattivarsi la simpatia delle bambine solo perché erano entrambe impazienti di migliorare nel parlare la lingua degli elfi.

Un rumore la fece voltare verso la finestra ed una smorfia si dipinse sul suo viso.

Aranel alzò la mano “Abbiamo appena iniziato, è impossibile che tu debba andare in bagno!” La riprese pacatamente.

“Volevo solo chiedere cosa succede!” Spiegò Aranel facendo la faccia più innocente che potesse mostrare.

“Gli umani sono in partenza! Ora, potresti leggere....dove stai andando?” Chiese il Maestro guardando con sgomento Aranel uscire in tutta fretta senza chiedere alcun permesso “Torna qui!” La chiamò inutilmente.

Aranel si fermò in cima alle scale per rendersi conto di avere ragione: Hagen, Tigris e Felix se ne stavano andando!

“Nel, aspettami!” La voce di Lucy non la fermò e riuscì a raggiungerli prima che partissero al galoppo, costringendoli a fermare i cavalli.

“Per gli dei!” Si sorprese Hagen “E tu che ci fai qui?” Chiese Felix guardandosi intorno “Dovresti essere a lezione!”.

“Dove state andando?” Chiese Aranel poggiando le mani sui fianchi.

“A fare un giro!” Mentì Tigris.

“Con il cibo, le coperte e le armi?” Va bene, ora Aranel si era trasformata in una specie di Hanna in miniatura!

Tigris scese da cavallo accovacciandosi di fronte all’elfa “È arrivato il momento per noi di partire!” “A me sembra più scappare questo!” Commentò Aranel.

“È appena giunta la notizia che orde di orchi infestano Rohan. È nostro dovere proteggere il villaggio e dobbiamo partire il prima possibile!” Le disse Hagen inginocchiandosi anche lui davanti alla piccola.

“Ma....voi non restate con noi?” Domandò timida Lucilla.

“No, mi spiace. Gli umani devono vivere con i loro simili!” Rispose Felix amareggiato. Conosceva la figlia dell’angelo della morte da molto tempo ed anche se ci aveva interagito poco soffriva nel doverle dire addio.

“Anch’io sono un umana!” Protestò Lucilla.

“Anche la mia Nana lo è!” Le diede man forte Aranel.

“Si, ma tuo padre ha promesso di prendersi cura di lei e di te!” Disse Hagen indicando Lucilla “Per questo voi dovete restare!” Tentò di convincerle.

Le sarebbe mancata quella piccola peste.

“No, non andate!” Inaspettatamente Aranel gettò le braccia al collo di Tigris che si irrigidì sorpreso.

“Aranel, dobbiamo!” Tentò di calmarla il Gallo “Siamo dei guerrieri, è nostro dovere combattere per difendere...” “Attico e Milo non sono più tornati!” Gridò Aranel cominciando a piangere.

I tre uomini si guardarono perplessi. Credevano che a quattro anni, fosse troppo piccola per ricordarsi dei suoi “fratelli”!

Il mondo di Aranel era cambiato completamente in pochissimo tempo.

Avevano smesso di vivere in tenda, i due fratelli erano scomparsi senza alcuna spiegazione, così come Cassia, Ariadne non aveva voluto seguirli ed ora gli amici di suo padre avrebbero fatto lo stesso!

“Aranel....” Tigris non era mai stato bravo con i bambini, ma vedere il padre rapportarsi con lei gli dava un vantaggio “...non è tua intenzione lasciare Ariadne e Attilio soli e indifesi, giusto?” La bambina si staccò da lui ed asciugandosi le lacrime sussurrò un “No!” Appena udibile tra i singhiozzi.

“Allora noi dobbiamo andare! Forse un giorno ci rivedremo, ma il nostro posto è al villaggio!” Disse Tigris non sapendo come farla smettere di piangere, guardandosi attorno nervoso, temendo che gli elfi potessero pensare che le stesse facendo del male! 

“Questo non vuol dire che ti dimenticheremo!” Arrivò in soccorso Felix.

“Ma....noi siamo una famiglia!” Protestò Aranel.

“E lo saremo sempre!” Disse Hagen senza la minima convinzione.

“Senti...” cominciò a parlare Felix “...noi saremo felici al villaggio! Come tu lo sarai con i tuoi genitori e Lucilla! Resteremo sempre una famiglia! Ti manderemo una lettera appena imparerò a scrivere!” Promise incerto. Odiava l’idea di doversi mettere ad imparare l’alfabeto.

“Noi ribelli saremo sempre uniti! Anche con coloro che sono periti in battaglia!” Disse Hagen battendosi un pugno sul petto.

Dopodiché i tre uomini ritornarono in sella lanciando sguardi convinti alle bambine.

“Aranel..” La chiamò Hagen “Una volta grande, uccidi quanti più orchi possibili! Così potremmo sentire il tuo nome diventare leggenda!” La incoraggiò pensando a come il nome di Spartacus incutesse timore nei romani al solo pronunciarlo.

“Sei sicuro che sia una buona idea?” Di fronte alla domanda di Felix Hagen rispose con uno sguardo interrogativo.

“Andarcene senza salutare!” Spiegò il ragazzo.

“Siamo guerrieri! Non femmine che devono salutare i loro amanti che vanno in guerra!” Gli rispose brusco Tigris.

“Voglio solo risparmiare questo dolore alle ragazze! Ricordi quanto erano distrutte quando Attico, Gannicus e Milo non sono tornati?” Domandò Hagen che mai avrebbe ammesso di essere abbattuto per quella inevitabile separazione.

“Va bene!” Si arrese Felix prima di spingere il suo cavallo al galoppo.

“Buona fortuna!” Li salutò un’allegra Lucilla che conoscendoli da poco, non ne avrebbe sentito la mancanza.

“Ada....torna presto!” Pianse Aranel continuando a fissare il sentiero dov’era sparita una parte della sua famiglia.

 

*

 

Una leggera brezza soffiava fra i rami degli alberi di Bosco Atro.

Nonostante l’oscurità presente, il bosco sembrava essere rinato dal ritorno del Re.

Legolas si sentiva felice, come non succedeva da anni ormai. A causa dei silenzi e delle numerose incomprensioni, non aveva compreso quanto profondo fosse il legame con suo padre fino a quando non l’aveva perso.

Il lutto per la sua presunta morte era stato duro da superare, ma la presenza di Tauriel gli aveva permesso di credere che non tutto fosse perduto.

Ora doveva spiegare al padre la natura della loro relazione prima che la scoprisse da solo. Al sovrano non erano mai piaciute le sorprese!

“Le pattuglie a nord hanno eliminato altri nidi di ragno! Quelle a est si sono scontrate contro degli incauti orchi che hanno osato valicare i confini...” Legolas non stava prestando attenzione a ciò che il padre stava dicendo.

“Legolas!” Thranduil non riusciva a comprendere il motivo di tanta disattenzione.

“Cosa c’è?” Finalmente.

“C’è qualcosa che ti turba iôn nin(figlio mio)?” Chiese Thranduil intuendo che Legolas dovesse dirgli qualcosa.

“Sono stato un irresponsabile!” Ammise Legolas.

Il re alzò lo guardo verso il figlio, con aria divertita “Davvero?”

“Indubbiamente un grande sciocco!” Gli rispose “Ho omesso di informarti su di una questione di grande importanza!” Confessò.

Thranduil si fece attento. Il nervosismo di suo figlio non faceva altro che aumentare la sua curiosità.

“Poco dopo la tua scomparsa, ho cominciato a frequentare una compagna!” Disse Legolas cercando di comprendere se il padre approvasse o meno, dalla sua espressione.

Un sorriso illuminò il volto del sovrano “Perché tanta riluttanza ad informarmi su una così bella notizia?” Chiese contento che Legolas avesse avuto qualcuno accanto durante la sua assenza. In risposta ricevette un silenzio teso e vide come il figlio stesse ponderando attentamente le parole da usare.

“Chi è la fortunata?” Chiese facendosi attento.

“Tauriel!” Legolas decise che ormai non poteva più sfuggire e mai avrebbe mentito sull’amore che lo legava a lei.

“Il capitano della guardia?” Il Re appariva scioccato. Conosceva Tauriel fin da quando era piccola, avendola presa sotto la sua ala, crescendola come una guerriera.

“So che non è di nobile lignaggio. Ma, padre......se vedessi cosa è in grado di fare! È forte ed efficiente. Si è guadagnata la stima dell’intera guardia ed è sempre riuscita a mitigare il mio carattere che non è stato dei migliori da quando mi sono seduto sul trono!” Raccontò Legolas teso come l’aveva visto al loro primo incontro.

Il Principe assunse un aria confusa quando vide nuovamente un piccolo sorriso farsi largo sulle labbra del sovrano. Poteva definirlo un miracolo: sorridere sembrava essere diventata una cosa normale per lui!

“Non posso ne voglio criticare o ostacolare le scelte del tuo cuore Legolas. Hai la mia benedizione ed apprezzo la tua sincerità, tanto che ho deciso di ricambiare!” Il Principe prese posto su di una sedia di fronte al padre, curioso e deciso ad ascoltare.

“C’è qualcosa che devo dirti!” Incominciò Thranduil mentre ancora pensava come introdurre un argomento così delicato. 

“Non sei il tipo da confidarti! In cosa ho sbagliato?” Chiese Legolas divertito. Vedere il padre in difficoltà era un’occasione rara.

L’euforia dovuta al suo ritorno non si era ancora smorzata, neanche dopo pochi mesi.

“Durante la mia prigionia....” cercò di iniziare il padre pensando alle parole giuste da usare. Legolas si fece attento. Non aveva mai insistito su questo discorso, per evitare di farlo soffrire, ma il desiderio di sapere non l’aveva abbandonato. 

“Non so come spiegarlo!” Era una rarità vedere il Re di Bosco Atro a corto di parole e quel giorno era già la seconda volta che accadeva.

“Dillo e basta!” Lo esortò il figlio.

“Mi sono innamorato!” Legolas rimase di sasso “Non credevo potesse più accadere!” Aggiunse il Re con gli occhi che rivivevano i momenti felici passati assieme ad Hanna.

“Lei è ancora in vita?” Chiese Legolas interrompendo quel flusso di ricordi. Lui annuì.

“Se mi stai chiedendo il permesso di farla venire, come figlio te lo do, come Re non ne hai di bisogno!” Disse Legolas apparendo più calmo di quando il padre si fosse aspettato.

“Non permetterò che torni quella distanza fra noi e ti ringrazio per il tuo appoggio!”

Legolas si avviò alla porta dello studio ma sua padre lo fermò “Legolas!”.

“Si, padre!” Disse riuscendo a nascondere un sorriso prima di voltarsi.

“Se questo amore dovesse dare dei frutti inaspettati, tu li accetteresti?” Chiese sembrando molto preoccupato.

“Certo! Ma....è un elfa?” Domandò inorridito. Quanti della loro razza erano stati catturati dagli umani?

“No!” Rispose subito Thranduil.

“Allora è alquanto improbabile, padre!” Gli ricordò lui.

“No!” Ripetè il Re. Legolas lo guardò confuso.

“È successo.....” sussurrò abbassando la testa “Aranel è stata la benedizione dei Valar!” Se l’argomento non fosse stato così delicato, Thranduil avrebbe riso della reazione del figlio che si era irrigidito di colpo.

“Stella del Re!” Bisbigliò Legolas incredulo “Dov’è?” Chiese sembrando eccitato “Eri solo quando sei arrivato!” Ricordò.

“Non sapevo se mi avresti accolto! Non potevo esporla ad un viaggio tanto pericoloso senza avere la certezza.....” Thranduil non riuscì a finire la frase. Quella terribile alternativa lo dilaniava. Pensare di venire cacciato dal suo stesso popolo, da suo figlio, era struggente!

“Tu ami i tuoi figli più della tua stessa vita!” Si rese conto Legolas avvicinandoglisi.

“Dov’è? Dove sono lei e la donna che ha sciolto il tuo cuore?” Chiese curioso.

“Hai tre fratelli Legolas!” Rispose Thranduil sorseggiando il suo vino come se parlassero di affari.

“Come?” Se Legolas pensava che il ritorno del padre avesse scosso la sua vita, era niente in confronto ad una rivelazione del genere.

“Appena tornati......in un luogo a me familiare. Sono nati due gemelli! Galador e Elanor!” Gli disse Thranduil mal celando una risata di fronte allo sbigottimento del figlio.

“C’è altro?” Chiese Legolas allibito “No, puoi ritirarti per metabolizzare ciò che ti ho appena detto!” Lo congedò il padre.

Aveva sempre desiderato un fratello o una sorella e pieno di gioia si diresse a svolgere i suoi doveri.

Purtroppo la felicità non perdurò e quella sera l’entusiasmo di Legolas venne smorzato dalle parole di Tauriel “Che interesse possono avere gli umani per noi? Sospetto un motivo molto più prosaico! Temo che l’umana possa rappresentare una minaccia per il regno!”.

 

*

 

Le ragazze fissavano il foglio trovato sulla scrivania della stanza di Hanna con occhio critico, divertimento e rabbia.

Quel pomeriggio l’insegnante dei bambini era andato da loro per lamentarsi della condotta di Aranel e Lucilla. Come se la loro nei confronti dei gemelli fosse di poca importanza! Meno male che erano partiti a caccia di orchi.

A quanto pare Aranel non aveva bisogno del cattivo esempio per comportarsi male!

E se all’inizio Hanna le avesse dato retta, alla notizia che gli uomini fossero partiti aveva dimenticato il vero motivo per cui l’insegnante fosse arrabbiato.

Dopo averli cercati per tutto il regno, avevano incrociato Elrond che aveva confermato la loro partenza.

Furiose per averlo dovuto scoprire senza essere state avvisate, ed anche deluse a causa della speranza che potessero rimanere più a lungo con loro, erano tornate alle loro stanza, per cambiarsi per la sera.

Solo per trovare un’ulteriore sorpresa sotto forma di una lettera di poche righe.

“Potevano anche non lasciarci qualcosa!” Osservò Sara.

“Potevano venire di persona, senza lasciarci questo obbrobrio!” Disse Hanna incrociando le braccia al petto.

“Sono guerrieri Hanna! Cosa ti aspettavi? Una cerimonia sontuosa piena di saluti cordiali e rispettosi?” Le ricordò Sara.

“Sono dei pappamolli se non riescono a dire addio!” Rispose Hanna “Ma chissà....forse un giorno li rivedremo!” Disse felice nonostante tutto.

Hagen, Tigris e Felix erano dei grandi guerrieri. Avrebbero combattuto e vissuto una vita libera al villaggio, ciò che Spartacus aveva sempre desiderato!

“Comunque sono d’accordo con te: Hagen non imparerà mai a scrivere, manco dovesse vivere cento vite!” Osservò rileggendo quella lettera che avevano faticato a tradurre.

 

“Scuza, masagio di masima impotansa. Vilago in periclo. Noi corere a cobatere tronco orci!

Ahi belisima familia, li dei sano con te!”

 

“Sono sempre stati tosti. Curioso che abbiano mostrato il loro lato debole proprio quando le nostre strade si dovevano separare!” Criticò Sara ricordando con affetto gli anni passati.

Non li conosceva bene, nonostante il tempo passato assieme.

L’orgoglio non aveva permesso loro di rafforzare il legame d’amicizia, anche se a quanto pare un segno l’aveva lasciato, dato che non erano riusciti a dire addio.

Aveva memorizzato ogni momento, quando lei aveva permesso loro di entrare nella cerchia ristretta di Azrael.

Hagen lo aveva invitato ad unirsi a loro perché, vedendo con quanta insistenza cercasse di mostrarsi degno di seguire l’angelo della morte, aveva deciso di dargli una possibilità. Orgoglioso, ambizioso e testardo, si era mostrato un buon amico anche se come tutti, tendeva a stare con gli uomini per mostrare continuamente la sua forza.

Tigris le aveva salvato la vita. Era molto aggressivo e violento, ma fedele e cordiale con coloro che reputava amici.

Felix era quello con cui si era ritrovata più volte a fare squadra ed il cui carattere era sufficientemente giovane, inesperto e per certi versi, infantile, da riuscire a stringere amicizia quasi all’istante.

Sara sospirò. Loro c’erano sempre stati per proteggerle ed era arrivato il momento che vivessero la vita libera per cui a lungo si erano battuti!

Non li avrebbe mai dimenticati!

 

*

 

La primavera era vicina. Eppure non sembrava così all’interno del reame boscoso.

L’aria che si respirava fra gli alberi era pesante e le ragazze avevano la scomoda sensazione di essere osservate tutto il tempo.

Anche se la scorta che Elrond aveva mandato con loro era formata da numerosi elfi, si sentivano nervose e spaventate come non succedeva da tempo, quando erano impegnate a scappare dai romani!

Ma sapevano bene che in caso di cattura, il loro destino sarebbe stato ancora più doloroso!

Erano passati poco più di due mesi dalla partenza di Thranduil e finalmente era arrivata la lettera tanto attesa. Gli elfi silvani lo avevano riaccolto con grandi feste, ringraziando i Valar per la sua sopravvivenza.

Ora era di nuovo il Re ed Hanna evitava di pensarci troppo, per non doversi soffermare su ciò che sarebbe inevitabilmente successo una volta che gli elfi avrebbero appreso dell’esistenza di lei e dei loro figli.

Diffidenza? Odio? L’avrebbero ritenuta responsabile dell’allontanamento del loro sovrano? Si, era meglio non pensarci!

Dopo poco più di dieci giorni di lungo viaggio si erano addentrate nel bosco comprendendo che i racconti di Tolkien per quanto incredibili e ben fatti, non rendessero onore alla realtà.

Le montagne nebbiose erano splendide, il problema maggiore era rappresentato dai goblin. Un gruppo di loro stanziava sotto all’alto passo e per evitarli avevano dovuto essere molto cauti per evitare di attirare la loro attenzione.

Attraversare l’Anduin aveva fatto perdere molto tempo dato che il ponte in pietra era crollato. Le ragazze avevano percepito una strana sensazione durante il tragitto attraverso il bosco.

Si sentivano confuse e stanche ed erano certe che non fosse dovuto al lungo viaggio.

Una volta dentro le mura del palazzo degli elfi silvani la tensione era sparita, sostituita dalla pura meraviglia.

Il regno degli elfi era immenso, in tutte le direzioni scorgevano, corridoi, cunicoli e caverne, decorati con l’unica ed ineguagliabile architettura elfica. 

Era illuminato da un grande numero di torce e lampade, che rendevano il tutto molto più accogliente. Piccoli punti di luce sparpagliati ovunque, come un piccolo paesino di montagna. Tutte le altre caverne erano collegate tra loro fa ampi corridoi illuminati da torce, ed ogni insenatura aveva la sua funzione precisa. 

Camminando fra quelle mura, anche se si trovavano solo all’entrata, le ragazze notarono con stupore che, incastonate nella roccia, c’erano delle pietre bianche, in grado di riflettere la luce. 

Migliaia di elfi andavano e venivano affaccendati in chissà quali compiti.

Il loro viaggio era concluso. 

Erano finalmente arrivate nel luogo che avrebbero potuto chiamare casa! 

 

Sorpresa per il nuovo anno! Un aggiornamento molto anticipato!

Kalos ha finalmente svelato chi è! Alatar e Pallando sono gli ultimi Istari approdati nella Terra di mezzo e non si sa che fine abbiano fatto. 

Mi piaceva l’idea che avessero fondato culti segreti trasmettendo tradizioni magiche!

Aragorn stringe una forte amicizia con Aranel che durerà per sempre. Mi ha stuzzicato fin dall’inizio quest’idea!

Il momento è arrivato! Thranduil è finalmente tornato nel suo regno dopo circa, duecento anni! L’incontro con Legolas non è stato facile, lo ammetto!

Ma alla fine riescono a riavvicinarsi. Come non potrebbero?!

Mi è sempre piaciuta l’idea che Thranduil possegga il dono di poter creare illusioni. Altrimenti come potrebbe celare la sua cicatrice?!

Il passato di Thranduil rimane ancora avvolto nel mistero per Elrond e Legolas, e le ragazze rispetteranno questo suo desiderio!

È arrivato il momento di dire addio a Tigris, Hagen e Felix e proprio loro, dei valorosi guerrieri, velocizzano tutto, andandosene di nascosto. Troppo orgogliosi per riconoscere di essersi affezionati alle ragazze ed ai bambini.....

Legolas sembra prendere bene la nuova notizia bomba! Cosa pensate?

Ovviamente Tauriel è pronta a mettergli molti dubbi!

Hanna e Sara arrivano a Bosco Atro! 

Si, cari miei, ne vedremo delle belle!!

Commenti e consigli sono attesi!

A presto,

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Capitolo 21
*** Cogli l’attimo ***


Sara non riuscì ad evitare che il suo sguardo si posasse sui volti sotto agli elmi elfici.

Sorrise al pensiero che visi apparentemente giovani appartenessero a creature millenarie!

Aranel e Lucilla si guardavano attorno meravigliate, facendosi  trascinare per mano, grazie alla quale riuscirono a restare con la madre. 

La mezzelfa stringeva la mano di Hanna, mentre Lucilla quella di Sara dato che ognuna di loro teneva uno dei gemelli in braccio, con l’altra.

“Benvenute mie signore! È per me un piacere fare la vostra conoscenza. Il Re vi sta aspettando!” Un’elfo dai lunghi capelli castani le accolse dopo aver superato la prima schiera di guardie.

Gli elfi di Gran Burrone si allontanarono con Kalos dopo un rispettoso saluto e le ragazze si ritrovarono a seguire l’elfo gentile.

Non lo era solo nei modi, ma anche l’espressione del viso non celava la felicità e la curiosità che provava nel vederle.

“Dici che è lui? Il conseiller(consigliere)?” Chiese Sara sussurrando nell’orecchio dell’amica, cambiando l’ultima parola appena si ricordò che con loro non serviva parlare a bassa voce.

“Oppure il capitano della guardia!” Azzardò Hanna.

“Improbabile! Dovrebbe essere impegnato a fare altro invece che venirci ad accogliere!” Ragionò Sara scettica.

“Scommettiamo?” La sfidò Hanna.

“Cosa?” Domandò l’amica più che propensa ad accettare. 

“Lo decidiamo in seguito!” Rispose Hanna meditando se fosse la scelta giusta.

Spaventata dall’eventualità di perdere e doversi pentire di aver lasciato campo libero, ignara di ciò a cui andava incontro, Sara decise che valeva la pena rischiare “Ci sto!” Disse alla fine.

“Nana, dov’è Ada?” La domanda di Aranel spaventò la madre più del dovuto.

Avevano messo ai gemelli delle cuffie di cotone e le bambine indossavano dei mantelli muniti di cappuccio per proteggerle dal vento, quindi i tratti peculiari degli elfi per il momento erano celati.

Era una precauzione. Non sapeva se Thranduil li avesse informati dell’esistenza dei bambini e la parola papà in Sindarin le fece lanciare un’occhiata all’elfo che apriva loro la strada.

Tremò quando lo vide voltarsi, lanciare un occhiata curiosa alla figlia per poi girarsi di nuovo.

“Lo vedremo presto!” Rispose Hanna prima di sistemare meglio il cappuccio di Aranel per non far vedere i lucenti capelli biondi.

Il maggiordomo, Capitano o meglio, lo sconosciuto, li condusse verso quelli che avevano l’aria di essere gli appartamenti reali. Colonne e pareti decorate apparvero davanti a loro e le guardie si trovavano ai lati di ogni porta.

Aranel si strinse al braccio della madre e persino i gemelli nascosero il viso nel petto delle donne, intimiditi da quel nuovo ambiente.

Hanna sentì un leggero fastidio di fronte agli sguardi curiosi che le guardie lanciavano verso di loro, mentre Sara era entusiasta e rivolse ad ognuno un grosso sorriso, solo per rimanere delusa quando li vedeva distogliere lo sguardo o chinare il capo appena i loro occhi si incrociavano.

L’elfo si fermò accanto a delle grandi porte in legno scuro che due guardie aprirono e richiusero appena le ragazze ebbero varcato la soglia.

“Ada!” Aranel si staccò subito dalla madre correndo verso il padre.

Hanna sorrise contenta, non aveva mai visto Thranduil così felice mentre sollevava in braccio la figlia, dandole un tenero bacio in fronte.

Una presa ferrea al braccio la fece voltare verso Sara e vide che si era immobilizzata e tremava con uno sguardo emozionato sul volto. Solo allora lo notò.

Legolas sembrava davvero Orlando Bloom con una bella parrucca in testa! Era leggermente più basso del padre, ma la postura e l’espressione seria che aveva gli davano l’aria da bel tenebroso che la metteva parecchio in soggezione.

Forse non era più morbido ed aperto rispetto al padre.....sicuramente questo elfo era diverso da quello di cui avevano letto, essendo stato costretto a regnare per molti anni in assenza del genitore.

“Legolas!” La voce di Thranduil fece rilassare le ragazze che lasciarono andare un grosso sospiro, inconsciamente trattenuto “Loro sono Sara ed Hanna!” Le presentò indicandole con un gesto fluido della mano.

“È un onore per me fare la vostra conoscenza. Sono Legolas, Principe di Bosco Atro!” Disse Legolas accennando un inchino.

“L’onore è nostro, vostra altezza!” Rispose Sara facendo una riverenza distogliendo lo sguardo adorante dall’elfo solo per pochi secondi.

“È un piacere poterti finalmente conoscere Legolas!” Disse Hanna guardandolo negli occhi ed avvicinandosi al compagno. 

“Aranel, questo è tuo fratello!” Disse Thranduil alla figlia notando la curiosità presente nei suoi occhi mentre fissava Legolas.

“Aranel è un nome stupendo. E sei molto più bella di quanto pensassi!” Si complimentò il Principe avvicinando il viso a quello della sorellina.

Aranel nascose la faccia nell’incavo del collo del padre, intimorita da quello sconosciuto grande e grosso.

“Leas!” Una vocina attirò l’attenzione generale. Elanor, scesa dalle braccia di Sara, si avvicinò all’elfo per niente intimorita.

“Aaye!”(Ciao!) disse la piccola agitando una manina.

Legolas le si inginocchiò davanti e la bambina corse vicino al padre, aggrappandosi alla sua ricca veste.

“Lei è Elanor!” La presentò Hanna “Nostra figlia!” Disse cercando di restare impassibile di fronte allo sguardo sorpreso di Legolas che distolse subito l’attenzione della sorellina fissandola.

Il Principe si alzò e la osservò attentamente. Non era rimasto sorpreso quando le aveva viste. 

Il padre l’aveva avvisato della presenza di un’altra umana ed aveva trovato strano che riferendosi a lei, l’avesse definita una “cara amica”.

 Aveva atteso con impazienza di sapere chi fosse delle due la madre dei suoi fratelli e fino ad allora era rimasto deluso. Sembrava solo una bambina sola e spaurita. 

Com’era riuscita a conquistare il cuore gelido di suo padre?

“Lui è Galador!” Disse Lucilla urlando ad un ottava sopra del normale quando Hanna aveva dato il figlio al padre che lo prese senza problemi anche se aveva già in braccio Aranel.

“E tu chi sei?” Chiese Legolas sorpreso nel notare che era una bambina umana con nessun tratto in comune con le ragazze con cui stava.

Aranel scese dalle braccia del padre e corse al fianco dell’amica mettendole un braccio sopra le spalle “Lei è la mia migliore amica, si chiama Lucilla!” Disse con un grande sorriso.

“Legolas, saresti così gentile da mostrare il palazzo a Sara?” Domandò il Re facendo quasi svenire la ragazza.

“Come desideri padre!” Rispose il Principe chinando il capo, venendo interrotto da due bambine piene di entusiasmo “Si! Veniamo anche noi!” Disse Aranel saltando sul posto “Aspettaci Sara!” Urlò Lucilla correndo verso di lei, imitata da Elanor.

Sara ringraziò tutte le divinità fino a quel momento conosciute per averla salvata da quella situazione imbarazzante e dal malefico sguardo di Hanna che non aveva fatto niente per aiutarla!

“Prendi Galador!” Le disse Thranduil porgendole il figlio “Credo che anche a lui farebbe piacere!” Il Re tolse la buffa cuffia al piccolo elfo, facendo capire alle ragazze che non c’era alcun pericolo.

Dopo che anche le bambine e Sara ebbero posato i mantelli, uscirono spinti dall’entusiasmo dei bambini.

Hanna sorrise nel vedere Legolas porgere la mano ad Aranel che la prese senza problemi mentre Lucilla corse avanti spinta dalla curiosità.

“Non sembri felice di vedermi!” La provocò lui.

“Non volevo fare la sdolcinata davanti a Legolas!” Chiarì Hanna “Mi sembra l’abbia presa bene!” Disse avvicinandosi ancora di più.

“È un giovane di buon cuore. E credo che abbia sempre desiderato dei fratelli!” La tranquillizzò Thranduil prima di chiudere la distanza ancora presente fra le loro labbra.

Hanna gli accarezzò la schiena, stringendolo a sé con forza ed approfondendo quel bacio che le era mancato come fosse stata una pianta privata del sole.

Persero il controllo per un momento, andando a sbattere contro un mobile.

Hanna rise “Hai cancellato ogni dubbio, mio signore?” Chiese felice.

“Non ne ho mai avuti e mai ne avrò!” Rispose lui cercando di baciarla ancora.

Lei lo fermò mettendogli il dito indice sulle labbra “Era Galion l’elfo che ci ha accolto?” Domandò non riuscendo a contenere la curiosità e l’impazienza presenti nella voce.

Un leggero bussare li interruppe “Mio signore, tra poco il pranzo sarà pronto!” Li avvisò l’elfo in questione come se avesse saputo che stavano parlando di lui.

“Questo devi dirmelo tu!” La provocò lui guardandola malevolo.

 

*

 

Hanna sorrise nel vedere il grande Re degli elfi venire sconfitto da un bambino di un anno. Il padre tentava inutilmente di sottrarre le sue preziose ciocche bionde alla presa del figlio.

Elanor, molto più tranquilla del fratello, cercava di farsi allungare qualsiasi cosa da Sara che era molto più facilmente corruttibile della madre.

L’atmosfera presente nella sala da pranzo era....strana.

Si, Hanna trovava che  definirla così era corretto.

Tauriel era tornata da un lungo pattugliamento del confine sud e le brevi occhiate che lanciava non facevano presagire niente di buono.

Inoltre non doveva essere una coincidenza che fosse rientrata proprio il giorno del loro arrivo.

Legolas appariva teso, come non dargli torto, ma sembrava intento a parlare mentalmente con l’elfa, attraverso il suo sguardo penetrante, con il capitano che pareva impegnata ad ignorarlo.

“La joie de vivre!“(La gioia di vivere!) disse Sara indicando l’elfa con la testa.

“Essayez de vous contenir!“ (Cerca di contenerti!) la riprese Hanna.

“La maternité vous a rendu ennuyeux!“(La maternità ti ha reso noiosa!) si lamentò Sara.

“Même celui-là ne pouvait pas le faire!“(A te neanche quella potrebbe farlo!) le tenne testa l’amica.

“La reale bellezza di questo posto impallidisce di fronte ai racconti che ho ascoltato! Re Thranduil vi ringrazio sinceramente per la calorosa ospitalità!” Disse Kalos chinando leggermente il capo.

“Non è solo per il debito che ho con te ragazzo, che ti ho permesso di soggiornare nel mio palazzo!” Lo frenò il Re “Desidero sapere chi realmente tu sia! La magia di cui ti servi credevo fossero solo tre persone che in tutta Arda potessero adoperarla!” Disse riferendosi ai tre Istari presenti nella Terra di Mezzo “È potente, ma pericolosa se non usata correttamente!” Lo redarguì l’elfo.

“Desiderio esaudito!” Si fece sentire Sara “Sono stati gli Istari Alatar e Pallando ad istruirlo. Credevo fossero semplicemente scomparsi! Non che avessero aperto una scuola di magia e stregoneria!” Commentò ad alta voce.

“È impossible! Sapevo che erano caduti, mancando la loro missione!” La interruppe Legolas.

“Missione?” Sussurrò Hanna all’orecchio di Sara.

“Sono stati inviati da Valinor per aiutare i popoli liberi della Terra di Mezzo nella loro lotta contro Sauron......” Sara si bloccò di fronte ad un occhiata di fuoco da parte di Tauriel.

“Che c’è?” Chiese fingendosi innocente. Quell’elfa era forse peggio del Balrog di Morgoth “Elrond mi ha fatto una lezione di storia durante il nostro soggiorno a Gran Burrone.......mio signore...” Sara decise saggiamente di cambiare interlocutore “Mi è permesso accedere alla biblioteca?! È mio grande desiderio poter ampliare le mie conoscenze!” Lo pregò.

“Permesso accordato!” Le rispose Thranduil riportando l’attenzione sul giovane.

“Gli stregoni blu non hanno terminato il mio addestramento perché.....sono scomparsi!” Iniziò a raccontare “Sono partito alla ricerca di Gandalf, il più grande e saggio, perché sono consapevole che se non controllato, questo potere potrebbe uccidermi!” Confessò.

“E cosa farai, una volta acquisita tale conoscenza?” Il Re non cedeva, continuando a flagellarlo di domande.

“È un mio grande sogno, poter aiutare le persone!” Rispose Kalos sinceramente “Non ho obbiettivi precisi. Viaggerò e vedrò dove mi porta il vento!” Disse, ricordando all’antico elfo, quanti pochi anni avesse vissuto. L’esuberanza giovanile era ancora forte in quel giovane mago e l’inesperienza traspariva da ogni sua parola.

“Desideri incontrare Radagast?” Thranduil conosceva bene il mago ed anche se era un vecchio amico non era certo potesse essere un buon insegnante.

“Si mio signore! Anche lui potrebbe dare risposta a molte delle mie domande e dissipare alcuni dei miei dubbi!” Rispose Kalos con gioia, come se avesse appena offerto un dolce ad un fanciullo.

“Lo manderò a chiamare. Nel frattempo sarai mio ospite!” Disse il Re alzandosi in piedi, tenendo fra le braccia il figlio, prima di congedarsi dalla sala.

C’erano solo due possibilità per quel ragazzo: sarebbe potuto essere un valido alleato, o diventare il più terribile dei nemici!

 

*

 

Quella sera, dopo che i bambini furono messi a letto e Sara si era ritirata nelle sue stanze, Hanna si ritrovò a seguire un sovrano elfico che si divertiva a fare il misterioso.

“Cosa volevi farmi vedere?” Chiese Hanna coprendosi con lo splendido scialle donatele da Thranduil al suo arrivo.

Il fresco della sera era più freddo di quanto fosse abituata.

“Seguimi!” Hanna sorrise. Ad altri avrebbe potuto dare fastidio quell’aurea di mistero che ammantava ogni gesto e parola dell’elfo, invece lei ne era sempre stata attratta.

Forse perché sapeva che niente le avrebbe nuociuto fin quando lui le sarebbe rimasto accanto.

Anche quando non stavano assieme, in quella cella fredda e buia, si sentiva protetta e a casa!

Al momento, invece, era impegnata a farsi trascinare da un’elfo che andava di fretta verso una meta sconosciuta. 

Entrarono in un’insenatura di roccia calcarea, alcune torce erano sparse per la grotta creando un atmosfera calda ed accogliente.

Il gioco di luci ed ombre era mozzafiato ed alzando lo sguardo potè scorgere il soffitto irregolare in cui parevano essersi incastrati dei minerali che brillavano come pietre preziose.

Sembrava di stare in riva al mare, ed invece quell’acqua faceva parte del torrente che attraversava il regno, il fiume della foresta. 

Hanna si inginocchiò sul bordo come una bambina che vede per la prima volta l’acqua e si sorprese nel sentire il calore dell’acqua che la invogliava sempre più a tuffarsi persino con tutti i vestiti ancora indosso.

“Questa insenatura raccoglie l’acqua, che si scalda durante il giorno grazie alle proprietà della roccia di trattenere il poco calore presente nell’aria. La sera è perfetta per sciacquare via tutte le preoccupazioni!” Le disse Thranduil abbracciandola per rubare un veloce bacio prima che una guardia li interrompesse richiedendo l’attenzione del Re.

Hanna rimase in quel luogo magico ed il rumore dell’acqua riportò a galla ricordi che non credeva di avere.

 

Il rumore di un grande tuffo fu la spinta necessaria per togliersi le vesti, lasciare la sottoveste e seguire Milo cercando di superarlo in bravura.

Hanna non si era mai cimentata nei tuffi, ma volle comunque provare riuscendo a fare una mezza capriola a causa del poco slancio e della vicinanza con l’acqua.

Sara diede una panciata micidiale!

Il caldo torrido estivo poteva finalmente essere affrontato con un bel bagno rinfrescante. Era da troppo tempo che Hanna e Sara non potevano godersi un tale privilegio!

Thranduil si sedette sull’erba non perdendo di vista Aranel che avendo imparato da poco a camminare, si muoveva incerta sulle gambe. 

Rifilò un’occhiataccia a Proximo che aveva osato avvicinarsi troppo. L’uomo decise saggiamente di fare dietrofront, consapevole che l’elfo potesse scattare in qualsiasi momento. 

Fremeva dalla voglia di confrontarsi nuovamente con lui, ma sapeva che provocarlo, avvicinandosi alla bambina, era una pessima idea!

L’unico che poteva osare tanto era Hagen, ma il guerriero non si era mai azzardato a prenderla in braccio di sua spontanea volontà, lasciando che fosse una delle amanti a porgergliela. 

Aranel corse fra le braccia di Attico che rise, sollevandola in aria, girando in tondo.

La piccola era felice quando si trovava così in alto, capace di vedere molto lontano.

Ariadne si tuffò nell’acqua limpida del mare sparendo fra le onde, prima di raggiungere Cassia che era impegnata in una lotta di schizzi assieme a Sara ed Hanna. La costa sulla quale si trovavano era per la maggior parte rocciosa, ma più internamente c’era una bassa vegetazione perfetta per mimetizzarsi in caso avessero avvistato delle staffette romane.

Hanna mise un piede non trovando più il fondale roccioso ma un anfratto dove probabilmente vivevano molte creature marine e scomparve sotto la superficie, per ricomparire quando mise l’altro piede sopra quel gradino naturale.

La voce di Aranel che la chiamava la fece tornare verso riva ed arrampicandosi sugli scogli, facendo attenzione a non rompere l’ennesimo paio di sandali, ammirò silenziosamente il sale ed i minerali che trasparivano fra le rocce bagnate dall’acqua marina.

 

Durante una guerra, momenti di pace come quelli erano rari ed ora era certa che non li avrebbe mai dimenticati.

Decise di vagare ancora un po’ fra i suoi ricordi, aspettando che Thranduil tornasse, non volendo essere troppo egoista e cominciare quel bagno caldo da sola.

 

*

 

La mattina seguente Hanna si svegliò trovando molto soddisfacente stiracchiarsi da appena sveglia.

Thranduil dormiva ancora, la veste da notte non era neanche stropicciata, eppure lui si muoveva molto nel sonno! Maledetti elfi perfetti!

Hanna si alzò ed uscì dalla stanza pronta a curiosare. Appena arrivata aveva passato tutto il tempo in giro per il castello, per concludere la splendida giornata con un bagno rilassante con il Re.

Questo le aveva impedito di osservare attentamente le stanze di Thranduil.

Ricordava che durante la guerra era sempre molto ordinato, e con il passare del tempo aveva appreso molte cose. Cucinare, lavare i vestiti, sbucciare la verdura....

Insomma, era diventato un bravo elfo domestico, come li chiamavano i maghi, solo che nella Terra di Mezzo era un nobile.

Sulla scrivania c’era una pila non invidiabile di documenti ed alcuni erano scritti in sindarin.

L’aveva visto scrivere solo recentemente, quando era tornato a Bosco Atro si erano scambiati un’animata corrispondenza.

Prima non era stato mai necessario dato che la maggior parte dei ribelli non erano istruiti. Ed anche perché erano sempre uniti, non c’era motivo di scrivere lettere, senza contare che potevano rappresentare un pericolo in caso di intercettazione.

La sua calligrafia era elegante e decisa, come la sua voce ed assomigliava molto ad uno dei caratteri che office word ti offre come possibilità.

Nel soggiorno c’era una grande libreria, piena di libri che apparivano vecchi, ma lo stesso in buono stato. Purtroppo erano anche quelli in Sindarin, quindi sarebbe stato fondamentale imparare bene quella lingua, come il francese.

I mobili erano tutti ben lavorati, con disegni nel legno complessi, ma meravigliosi.

Forse era perché gli elfi riuscivano a muoversi senza fare il minimo rumore, ma c’era una quiete soprannaturale ed in un momento di pace come quello, decise di esprimere la felicità e tutti i sentimenti provati con il corpo.

Riprese a fare dei passi di danza decisi, aggraziati ed eleganti.

Se gli elfi erano a loro agio sugli alberi, lei si sentiva viva quando poteva esprimersi attraverso la danza.

Fece una giravolta lasciando oscillare la braccia su e giù mentre girava, per poi abbassarsi e piegare leggermente le gambe, facendo lavorare i bicipidi che si ritrovarono a sostenere il peso.

Lasciò che il busto ondeggiasse come le fronde del salice che aveva ammirato la sera prima dalla finestra e le braccia seguivano il movimento.

Sentiva chiaramente in testa un’altra canzone di Sia, Unstoppable. Molto azzeccata: incoraggiante, motivazionale e perfetta per iniziare quella giornata che sarebbe stata molto faticosa!

Prese una leggera rincorsa per fare una spaccata in aria ed atterrare per mettersi subito sulle punte.

Thranduil il giorno del loro arrivo, che incredibilmente era solo ieri, era stato quasi sempre con loro, a parte quel tempo passato ad intrattenere i bambini. Ma oggi doveva tornare ai suoi doveri! Quindi aveva a disposizione l’intera giornata per capire se stava simpatica oppure no agli elfi.

Piegò la schiena all’indietro, frenando la caduta con gli addominali, trovandosi nella posizione del ponte. Sollevò una gamba, facendola seguire subito dall’altra, mandando le gambe in aria per poi riatterrare completando la capriola.

Legolas le era apparso molto cordiale, ma le sarebbe servito del tempo per capire se tra loro fosse stato possibile creare un rapporto d’amicizia.

Tirò su completamente una gamba, facendo una spaccata da ferma, aggrappandosi a quella che puntava contro al soffitto.

Rimase in quella posa quando l’istinto la portò a voltarsi e notare solo allora tre elfi che la fissavano con gli occhi sgranati.

 

*

 

Thranduil si era sentito deluso quando al suo risveglio, aveva trovato l’altra metà del letto vuota. Ma era normale che Hanna fosse curiosa! Poteva anche chiudere un occhio!

La ragazza in questione entrò di corsa saltando sul letto e mentre ci rimbalzava sopra tirò le coperte su, nascondendosi velocemente.

Forse doveva chiudere entrambi gli occhi....cos’era successo?

Hanna nonostante il caldo provato, decise di restare sotto le coperte. Il viso era incandescente ed era certa che Thranduil l’aveva notato!

Quando erano arrivati? Perché non avevano bussato?

Hanna sussultò interiormente. Quanto avevano visto? Senza contare che era in camicia da notte!

Il Re sollevò entrambe le sopracciglia quando uscito dalla stanza da letto, vide Galion che si reggeva ad una sedia mentre rideva sotto i baffi.

La colazione era poggiata su di un vassoio sul tavolo e c’erano anche le porzioni per i bambini, come aveva ordinato per poter passare un po’ di tempo assieme.

Aveva notato che le guardie mettevano i suoi figli in difficoltà e per quella prima mattina potevano fare un’eccezione senza dover mangiare nella sala da pranzo.

Galion, che aspettava il permesso del Re per andare a prendere Aranel ed i suoi fratelli, tentava inutilmente di contenersi e quando lo vide evitò il suo sguardo, aumentando la curiosità del sovrano.

Galion era stato il consigliere e maggiordomo di suo padre. Erano sempre stati amici, e solo lui aveva il coraggio di mostrarsi sfrontato e di sfidarlo.

Era sempre stato molto sicuro, vederlo tentennare era una novità per Thranduil.

“Mi risponderai se ti chiederò cos’è accaduto o dovrò scoprirlo da me!?” Chiese divertito.

“Se Lady Hanna mi darà il permesso, risponderò ad ognuna delle vostre domande Sire!” Rispose il maggiordomo che aveva ritrovato il contegno perso.

Una voce fermò Thranduil dall’insistere “Non ti azzardare!” Nonostante le coperte Hanna aveva sentito tutto.

“Vi ha fatto uno scherzo?” Domandò il Re preoccupato. Milo non aveva il vizio di fare scherzi. Aveva avuto delle buone insegnanti che venivano coperte dal suo entusiasmo ed energia messa in ogni piano.

“Ciò che ha fatto non ha nuociuto a nessuno, ma era.....unico! Qualcosa che non avevo mai visto!” Ammise il maggiordomo.

Il Re comprese perfettamente di cosa stava parlando. Aveva pensato le stesse identiche parole di Galion la prima volta che aveva potuto vedere le ragazze ballare in quel modo scatenato, privo di ogni controllo.

“Ho compreso amico mio!” Disse Thranduil mentre il suo labbro si arricciava in un sorriso, per poi cedere ad una piccola risata “Gli umani non smetteranno mai di stupire, persino creature millenarie come noi!” Riconobbe il Re compiaciuto.

Anche Galion sorrise, ma non era la ragazza a fargli provare una tale felicità....

“Mio signore, non ricordo più il giorno in cui avete riso. Onestamente non speravo più di potervi assistere! Sono contento di poter dire di essermi sbagliato!” Il maggiordomo si trattenne da alzare gli occhi al cielo quando Thranduil cambiò discorso mandandolo a prendere i Principini.

Testardo ed orgoglioso! Quell’elfo non sarebbe cambiato mai!

 

*

 

 Hanna rimase di stucco vedendo Thranduil mettersi la corona in testa.

Aveva sempre avuto un portamento regale, si qualcosa che intimoriva gli umani, sia nello sguardo che nelle movenze, ma vederlo finalmente per chi era davvero poteva definirlo spettacolare.

“Un Re deve sempre mostrarsi al meglio davanti al suo popolo. Sono la loro guida, devono vedermi forte e sicuro. Una minima incertezza può distruggere l’intero regno!” Le disse cingendole i fianchi con le mani.

“Tu hai un talento nel mettere le persone a loro agio!” Scherzò Hanna trovando che fosse assolutamente stupendo anche se doveva ammettere che quella corona avesse qualcosa di buffo. Eppure guardandolo, a nessuno sarebbe mai venuta la voglia di ridere. No, chiunque avrebbe abbassato lo sguardo intimorito dalla sola presenza di lui.

“Devo andare a presenziare ad una riunione del consiglio!” La informò Thranduil dopo averle dato un bacio in fronte “Manderò una persona che ti aiuti!” Disse consapevole che Hanna avesse ancora qualche difficoltà nell’indossare i preziosi vestiti elfici.

Il Re si fermò davanti alla porta, notando la tensione nel corpo della compagna che stava rigida che in piedi, guardando per terra, persa in chissà quali pensieri.

“C’è qualche problema?” Chiese Thranduil guardingo. 

“Affatto! L’entusiasmo di Sara renderà la giornata interessante!” Rispose Hanna recitando a perfezione la parte ed apparendo felice e rilassata.

La ragazza si costrinse a mascherare le proprie emozioni, era la compagna del Re e doveva mostrare di esserne all’altezza!

Inoltre era sempre stata sincera con Thranduil e questo andava a suo vantaggio. 

Era certa che con il passare del tempo se ne sarebbero andate anche queste insicurezze e paure che la facevano sentire tesa.

Poco dopo Hanna si stava rimirando nello specchio mentre l’ancella le allacciava il vestito. 

Hanna si sentiva a disagio. Mai prima di allora aveva avuto un’ancella o servitori che ubbidivano ad un suo minimo cenno.

Essere servita e riverita poteva essere molto appagante, ma le provocava solo un grande disagio. Sentì la tensione diminuire quando si ritrovò nei giardini reali seduta in terra, con i bambini che giocavano allegri tra i cespugli.

Anche Sara appariva tesa, anche se forse era più l’emozione di trovarsi in un luogo che aveva sempre sognato ed ammirato, essendo una semplice ospite del Re.

Kalos non si vedeva, ma forse perché gli era proibito l’accesso agli alloggi reali.

Hanna, si alzò dalla sedia su cui si era seduta per godersi il profumo dei fiori, rivolgendosi a Galion “Potresti tenerli d’occhio mentre faccio un giro?!” L’elfo le rispose con un sorriso ed un cenno d’assenso, abbassando il capo.

Hanna esitò un momento. C’erano due guardie più lui a controllare i figli, oltre a tutte quelle sparse in giro, quindi decise di lasciarsi guidare dalla curiosità.

Fu in grado di imprecare mentalmente e non verbalmente quando inciampò per l’ennesima volta nella sua enorme gonna verde, riuscendo a non finire distesa per terra.

Sara, come sempre non d’aiuto, emise una risata soffocata per replicare la stessa identica scena pochi secondi dopo. Il karma aveva un certo stile nel presentarsi!

La loro curiosità non aveva obbiettivi precisi, facendole perdere più volte nel loro girovagare.

 

*

 

“Mio signore!” Una voce lo distolse dai suoi pensieri “Mi avete fatto chiamare?”.

“Tauriel. Sono lieto nel vederti forte e sicura come non era mai accaduto!” La accolse lui voltandosi verso la giovane.

“Ed il mio cuore è più leggero da quando siete tornato, contro ogni aspettativa!” Disse lei sollevando il capo.

“Com’è la situazione ai confini est?” Si premurò di chiedere il Re.

“Gestibile! Piccoli gruppi di orchi ci danno modo di tenerci in forma!” Rispose Tauriel con un sorriso soddisfatto.

“Legolas ha fatto bene a nominarti come capitano. Sapere che aveva te al suo fianco ha alleggerito le mie preoccupazioni e le mie colpe!” Disse Thranduil voltandosi verso il laghetto che si trovava alla sua destra.

“Voi sapete?” Domandò Tauriel intimorita.

“Si. Legolas mi ha informato!” Rispose il sovrano con una calma glaciale.

“Mio signore, non era mia intenzione mancarle di rispetto....” disse Tauriel sapendo bene come il Re fosse attento al lignaggio.

“Non devi. Ho una mente più aperta ora e sono convinto che se è amore, non è mio diritto ostacolarlo!” Tauriel si irrigidì a quelle parole. Come poteva fare una cosa del genere?

Il sovrano sembrava tenere realmente all’umana. Realizzare che lei stesse giocando con i suoi sentimenti sarebbe stato un duro colpo. Come poteva fargli una cosa del genere quando lui le aveva mostrato tanta gentilezza!?

“C’è qualche problema?” Chiese Thranduil notando come si fosse persa nei suoi pensieri. Era strano, perché pregio di Tauriel era essere molto attenta e sempre vigile.

“Gli estranei non sono i benvenuti nel regno. Così è sempre stato!” Osò dire Tauriel senza distogliere lo sguardo dal suo Re.

“Le cose cambiano Tauriel!” Rispose Thranduil per niente piccato.

“Non l’avreste mai detto duecento anni fa!” Il sovrano si bloccò e le lanciò uno sguardo penetrante pieno di rabbia.

“Come ho appena detto, le cose cambiano! Sai bene che detesto dovermi ripetere!” Ringhiò Thranduil.

“Mio signore, perdonatemi se mi permetto. Quell’umana sta usando i vostri figli per avere un legame con voi che le permetta di restare! Quelli della sua razza sono avidi e bugiardi. Potrebbero essere delle spie. Lei non vi ama, mente.....” “Solo perché ti ho cresciuta, non significa che ti è permesso usare questo tono con me e fare insinuazioni del genere!” Esplose il Re indignato davanti a certe assurde supposizioni.

“Vi sto avvisando!” Tentò di nuovo Tauriel scioccata nel rendersi conto che convincerlo sarebbe stato arduo.

“Ed io ti suggerisco di non parlare di cose che non sai!” La ammonì il sovrano.

“È una mortale! Arriverà il suo tempo!” Si consolò l’elfa.

“Silenzio!” Tuonò Thranduil “Mi hai offeso Tauriel. È questa la riconoscenza che mostri dopo che ti ho dato la mia benedizione?” Chiese furioso.

“Lo faccio per il bene del regno! Proteggerlo è mio dovere!” Rispose Tauriel chinando il capo ancora una volta in segno di rispetto.

“È altrettanto importante ubbidire al tuo signore. Cessa di vedere pericoli dove non ce ne sono!” La avvisò Thranduil.

“Mi è impossibile farlo, senza esserne sicura!” Quell’elfa era molto ostinata.

“Sei il capitano della guardia Tauriel, dobbiamo fidarci l’uno dell’altro altrimenti il dubbio potrebbe portare il regno alla rovina!” Le ricordò il Re.

“Non è di voi che non mi fido!” Non demorse l’elfa.

“Ed invece è cosi. Quelle ragazze sono sotto la mia responsabilità. Non credi nella mia parola se ti dico che non rappresentano una minaccia?” Domandò Thranduil curioso di sentire la risposta.

“Io non credo in loro!” Ammise Tauriel senza timore.

“Allora non mi lasci altra scelta!” Thranduil fece un cenno alle guardie “Nelle nostre prigioni avrai modo di riflettere, comprendere i tuoi errori e pensare a come porvi rimedio!” Disse dandole le spalle “Comprendo che con Legolas potevi permetterti di dire certe cose, ma ora sono tornato, non hai più questa possibilità!” Sussurrò un’attimo prima che l’elfa scomparisse, trascinata dalle guardie verso le prigioni.

 

*

 

Il sole non era abbastanza forte, da scaldare il clima freddo mattutino.

Aranel strinse la mano di Lucy quando si ritrovarono di fronte all’ingresso della scuola.

Galion, il maggiordomo di suo padre, stava composto davanti a loro.

Passata una settimana dal loro arrivo, era arrivato il fatidico momento!

Moltissimi altri bambini stavano entrando e gli sguardi curiosi erano più per Lucilla che per lei, cosa che tranquillizzò un po’ Aranel, che nella sua breve vita aveva sempre avuto gli occhi degli umani addosso!

Galion le condusse lungo un’ampio corridoio e si fermò di fronte ad un’elfa che all’apparenza sembrava essere più severa del loro precedente insegnante di Gran Burrone.

Nella Valle Nascosta avevano avuto un tutore privato su richiesta del padre ed Aranel non capiva perché il suo Ada non avesse voluto farle continuare le lezioni con Lucilla...

“Aranel, Lucilla lei è Khalan, la vostra insegnante di Sindar!” Le presentò Galion.

“È un vero piacere poter fare la vostra conoscenza Principessa...” Aranel arricciò le labbra in una smorfia molto rassomigliante al padre “Ed anche vostra!” Disse l’elfa voltando lo sguardo verso Lucilla con gli occhi che brillavano di curiosità.

“Vi prego di seguirmi in classe!” Le invitò Khalan.

La scuola era stata edificata da Re Oropher quando era stato incoronato Re, all’inizio della seconda Era. Vi erano lezioni sia teoriche che pratiche ed anche se gli elfi crescevano più lentamente degli umani, c’era la tendenza ad esigere di concludere gli studi entro un certo lasso di tempo e con il massimo dei voti.

C’erano varie classi divise per età. Alcune erano formate da pochi studenti, a causa delle poche nascite avvenute nei periodi più bui e con attacchi da parte di orchi e ragni più frequenti. Fortunatamente la loro classe era numerosa.

Dopo essere state presentate, la lezione cominciò e con orgoglio, Aranel riuscì a rispondere correttamente a molte delle domande che vennero poste, costringendo l’insegnante a chiamare altri per non far rispondere sempre e solo lei.

Verso metà mattinata vennero condotti fuori per la lezione di tiro con l’arco.

L’insegnante, Alyon si rivolse loro molto garbatamente, prima di cominciare ad illustrare l’esercizio del giorno.

“È vero allora! Quello di cui si parla da giorni! Tu sei la Principessa Aranel!” Disse un’elfo dai capelli castani chiari avvicinandosi alle compagne, mentre l’insegnante era impegnato a correggere uno studente.

Lucilla sorrise entusiasta, Aranel tentò di ignorarlo, ma fu impossibile dato che con quella semplice frase, tutti si erano voltati a guardarla.

“Il mio nome è Fanon. Mio padre è una delle guardie del Re, mi aveva detto che eri molto simpatica....” cominciò a dire il compagno ed Aranel gli sorrise, questi ragazzi erano molto meglio degli studenti del villaggio!

“...ma non mi aveva detto che sei un arrogante saputella!”.

Lucilla scattò subito “Non prendere in giro la mia migliore amica!” Per poi ritrovarsi a chiedere confusa “Cosa significa saputella?” Avendo capito solo dal tono che non fosse un complimento.

“Credo che sia solo invidioso perché so molte più cose di lui!” Rispose Aranel prima di prendere freccia ed arco ed accingersi a provare a colpire il bersaglio più lontano, non dando il tempo a Fanon di rispondere.

Dopo aver fatto molti centri Aranel era impegnata ad aiutare Lucy che per lo sconforto di non riuscire neanche a scoccare una freccia si era messa seduta per terra a braccia incrociate con il broncio. Il fatto che il Maestro la ignorasse non aiutava...

“Perché ti sei arresa?” Chiese un elfo dai capelli scuri.

“Non sono un elfo! Non sarò mai brava come voi!” Rispose Lucilla fissando l’erba.

“Si ma puoi diventare la migliore tra gli umani!” Tentò di incoraggiarla il nuovo arrivato.

“Qui non ci sono gli umani!” Urlò Fanon ridendo della sua affermazione assieme ad alcuni suoi amici.

“Quando tornerai da loro!” Tentò di rimediare il compagno.

“Tornerà da loro?” Domandò Aranel abbassando l’arco “Te ne vai?” Chiese spaventata.

“No mai!” La rassicurò Lucy.

“Intendevo quando sarai grande!” Si corresse l’elfo.

“Ma io non so cosa voglio fare quando sarò grande! Tu hai qualche consiglio?“ si lamentò Lucilla.

“Io diventerò capitano della guardia!” Rispose il compagno facendo sorridere Lucilla che lo guardò con una sguardo pieno di ammirazione, urlando un “Che forte!” Estremamente potente.

“Ma tu chi sei?” Chiese Aranel infastidita da ciò che aveva detto il compagno. Lucy non l’avrebbe mai lasciata sola!

“Ti chiedo scusa, il mio nome è Annael. Anche mio padre è una guardia, ma non una qualunque, fa parte della guardia reale!” Disse con orgoglio.

“Cos’è la guardia reale?” Chiese Lucilla anticipando l’amica.

“Sono gli elfi che proteggono il Re!” Rispose Annael sorpreso che non lo sapessero.

“Tu sai molte cose!” Osservò Aranel. Annael annuì.

“Posso farti delle domande?” Domandò la Principessa.

“Siamo amici?” Chiese Annael timoroso.

Aranel e Lucilla si scambiarono uno sguardo prima di sorridere e rispondere “Si!” In coro.

Sul viso di Annael si aprì un enorme sorriso “Puoi chiedermi tutto quello che vuoi! Ma prima, ti va di conoscere la mia amica Lothìriel?!” Chiese euforico.

“Ragazzi, ho detto tutti in classe!” Li riprese l’insegnante.

 

*

 

Quella giorno finalmente, Hanna e Sara avrebbero cominciato ad allenarsi sotto la rigida guida di Elros, il generale dell’esercito di Bosco Atro!

Il miglior combattente del regno, dopo Legolas ovviamente.

Appena sveglia Hanna non fu sorpresa di notare che Thranduil era già uscito. Le sue giornate erano sempre piene di impegni. Dal mattino presto fino alla sera tardi, eppure non mancava di approfittare di ogni momento libero per stare con lei ed i figli.

Con Legolas i rapporti non erano idilliaci, ma dovevano dargli il tempo di abituarsi al cambiamento.

“Buongiorno mia signora!” La voce di Calien la fece scattare in piedi. Quell’elfa che pareva avere meno di vent’anni l’aveva incontrata per la prima volta la mattina seguente al suo arrivo. Era la sua ancella e si premurava di non farle mancare mai niente.

“Avete dormito bene?” Chiese Calien con un sorriso “Come potrei dormire con il Re se non bene?!” La provocò Hanna con un ghigno.

“Avete ragione mia signora, le mie sono domande stupide!” Si scusò.

Hanna sospirò. Calien aveva lo stesso sguardo adorante di Sara ogni volta che si parlava del sovrano. Lo stimava, su questo non ci pioveva, ma come per la sua amica, adorava metterla in difficoltà!

“No affatto! Sono io che sono scortese!” Tentò di rimediare Hanna.

“No mia signora! Il nostro signore non sarebbe contento nel sentirvi parlare così!” Disse Calien che sembrava spaventata come se fosse stata lei a darle della scortese.

“Quando ci siamo incontrate la prima volta mi hai detto che saremmo state amiche!” Cominciò a dire Hanna. 

“Certo mia signora!” La rassicurò Calien sorridendo all’idea di poter creare un buon rapporto d’amicizia con lei.

“Allora piantala con questo mia signora!” Disse Hanna facendole sgranare gli occhi.

La prima volta era stata pochi giorni prima, ma per Hanna sembrava essere stato tantissimo tempo fa “Quando il Re non c’è puoi chiamarmi Hanna e dire apertamente ciò che pensi! Se l’amicizia deve essere vera devo sapere cosa stai pensando!” Chiarì mentre Calien l’aiutava a domare i suoi capelli.

“Penso che non dobbiate insistere sull’andare con la prossima pattuglia!” Si fece coraggio Calien.

“Ti ci metti anche tu?!” Chiese Hanna stanca di non avere nessuno che la incoraggiasse ad impugnare le armi.

“Chiedo scusa mia signora!” Disse Calien abbassando la testa con uno sguardo colpevole.

“Chi è questa mia signora che continui a nominare?!” Domandò Hanna cercando di alleggerire la tensione che si era creata.

“È vero che il Re non approva, ma non intendo restare ad oziare solo perché Thranduil lo considera pericoloso. È mio dovere combattere per proteggere il luogo che considero casa ed il futuro dei miei figli!” Tentò di convincerla.

“Ben detto sorella!” Sara entrò senza neanche bussare seguita dalla sua ancella.

Luthien era più antica di Calien, per questo rispettava molto l’etichetta e si mostrava sempre rispettosa con Sara e lei.

Anche se Sara, dato che si erano frequentate più a lungo rispetto ad Hanna e Calien, le aveva espressamente detto più volte che poteva chiamarle per nome.

Si comportava come una madre apprensiva, appurandosi che imparassero i modi dei nobili con cui in futuro avrebbero avuto a che fare. Specialmente Hanna se fosse diventata la moglie del Re e regina di Bosco Atro.

Non mancavano rimproveri per Calien che la giovane dimenticava ogni volta che si ritrovava sola con le ragazze, come in quel momento.

“Dovete sbrigarvi, la vostra lezione comincerà tra poco!” Le riprese Luthien.

Non era stato difficile convincere Thranduil a farle allenare con la guardia.

Erano sempre state delle guerriere molto capaci ed indipendenti sul campo di battaglia e migliorarsi era ciò che desideravano. Ed il Re aveva compreso che era essenziale per poter stare tranquillo. La loro curiosità le avrebbe sicuramente cacciate in molti guai!

“Non sto più nella pelle!” Esultò Sara facendo pochi passi di corsa prima di fermarsi, cercando di emulare il contegno elfico.

“Non si nota per niente!” La prese in giro Hanna fermandosi ad ammirare alcuni elfi che si allenavano. I loro movimenti erano delicati, ma ad occhi attenti risultavano letali. Come una danza elegante e precisa.

“Benvenute mie signore! È un onore potervi fare da insegnante!” Le accolse Elros nel campo d’addestramento.

“L’onore è nostro!” Rispose Sara entusiasta “Speriamo solo di non farti perdere tempo!” Le si accodò Hanna.

“Impossibile! Il Re mi ha informato che possedete qualche rudimento del combattimento!” Disse Erlos osservandole attentamente.

“Più di qualcuno! È stato lui ad insegnarci!” Lo informò Sara ricevendo una gomitata nel fianco da parte dell’amica.

Il generale sgranò gli occhi, ma fu in grado di riprendersi dalla sorpresa piuttosto in fretta.

“Allora temo che il mio compito avrà una durata molto esigua!” Disse con un sorriso.

“Dipende! È da un po’ che non combattiamo seriamente!” Ammise Sara.

“Ed il Re si aspetta il massimo da noi!” Ricordò Hanna prima di prendere una spada e sfidare apertamente il capitano.

Si era già allenata con Thranduil. Elros le sarebbe sembrato sicuramente meno impegnativo!

Quella sera Aranel, Annael, Lothìriel e Lucilla erano impegnate in una gara per vedere chi era il più veloce. Galion sorrise, felice di vedere che Aranel si fosse ambientata bene nonostante i primi anni vissuti con gli umani.

Hanna gli aveva parlato di un villaggio nella terra di Rohan, ma non si era dilungata in dettagli, facendogli intendere però che i primi anni della Principessa fossero stati vissuti fra gli umani.

Il maggiordomo si irrigidì quando vide la Principessa correre verso il Principe Legolas che passava per la via diretto probabilmente, a controllare uno dei punti di guardia.

“Fratellone!” Legolas sussultò sentendosi chiamare così ma soprattutto quando la piccola si aggrappò ad una sua gamba sorridendogli.

Si era impegnato ad evitare i suoi “fratelli” ma a quanto pare era più difficile di quanto pensasse.

“Non ho tempo adesso!” Disse allontanandola ed aumentando l’andatura.

Non aveva mai percepito un forte attaccamento per i fratelli. Forse perché era a causa loro che il padre aveva ritardato a tornare. O perché temeva che Hanna li avesse concepiti con il solo scopo di manipolare il Re!

Non poteva permettersi di affezionarsi, altrimenti sarebbe stato anche lui una vittima degli inganni delle umane, i cui scopi erano ancora avvolti nell’oscurità!

 

*

 

Il giorno seguente Thranduil notò con amarezza che il figlio aveva atteso che le ragazze andassero all’allenamento, prima di raggiungerlo nello studio e parlargli.

“Come osi!” Anzi, iniziare una discussione.

“Buongiorno Legolas!” Lo salutò atono.

“Perché hai fatto rinchiudere Tauriel?” Legolas aveva scoperto il fatto solo perché aveva cercato la compagna per molto tempo prima di scoprire dove fosse, solo una volta tornato dal pattugliamento. 

Vedendosi costretto a tornare ai suoi alloggi a causa del divieto di vederla imposto dal Re.

“Chiedilo a lei!” Rispose Thranduil non riconoscendo il figlio in quel giovane aggressivo e sospettoso.

“Voglio prima ascoltare la tua di risposta!” Thranduil sbuffò.

“Deve imparare che non tollero alcun tipo di scortesia e mancarmi di rispetto è qualcosa che non lascio correre tanto facilmente. Neanche con lei!” Chiarì il Re sentendo la rabbia tornare al ricordo delle assurde insinuazioni fatte dal Capitano.

“Il tuo modo di agire è una grave mancanza di rispetto nei miei confronti!” Lo accusò Legolas.

“Non ho rinchiuso te e mai lo farei!” Precisò Thranduil dopo aver alzato gli occhi al cielo.

“È come se l’avessi fatto!” Insistette Legolas.

“Non fare di un venticello un uragano!” Lo ammonì il padre.

“Bene, dato che non è grave, allora vado a liberarla!” Lo sfidò il figlio.

“Fermo!” Da quando era tornata Tauriel, Thranduil stentava a riconoscerlo. Era diventato molto più impulsivo!

“Non se tu a parlare ma quell’umana!” L’accusò Legolas con evidente preoccupazione che gli traspariva negli occhi.

“Tauriel ha mancato di rispetto a me, non a lei!” Precisò il sovrano.

“Ha solo cercato di aprirti gli occhi! Gli umani sono deboli e corrotti!” Thranduil non riuscì a trattenere un sorriso. Non c’era da stupirsi se aveva influenzato il figlio con le convinzioni di quando guardava le altre razze dall’alto, senza neanche preoccuparsi di dare giudizi prima di averle conosciute.

“Vedo che ti ha contagiato con i suoi futili sospetti!” Lo riprese, ricordando che Tauriel aveva detto pressoché parole simili.

“Non lo sono se c’è in gioco la tua vita!” Thranduil si bloccò, fissando il figlio negli occhi con sgomento. Lo credeva davvero?

“Ada....” Legolas gli si avvicinò ed il Re il senso di colpa tornare nel vedere negli occhi tormentati del figlio enorme sofferenza “...le hai dato troppe libertà!”.

“Cosa ti turba così?” Chiese Thranduil facendosi attento.

“Per molto tempo ho rimpianto ciò che non ci eravamo detti, i nostri silenzi e le incomprensioni erano diventati dei fardelli con cui avevo imparato a convivere.....” il Re maledisse i romani per aver inflitto così tanto dolore alla sua gente, in particolare a colui che amava più di tutti!

“....ma il pensiero di vederti morire.....senza che faccia niente per impedirlo, sapendo che il pericolo c’è sempre stato, potrebbe spezzarmi!” Sussurrò Legolas voltandosi come se si vergognasse “Non posso perderti! Non di nuovo!”.

“Non succederà! Nessuno potrà farmi allontanare, non lo permetterò!” Lo rassicurò Thranduil mettendogli una mano sulla spalla nel tentativo di calmarlo.

“Legolas...” la voce del padre fece voltare l’elfo “....un amore del genere non può essere frutto di un’inganno! Io ed Hanna l’abbiamo scoperto dopo molto tempo passato vicini. Aranel, Elanor e Galador sono un segno: era destino che le nostre strade si incrociassero!” Tentò di convincerlo.

“Perché è dovuto accadere in questo modo?” Chiese Legolas dando voce ad una domanda che mai si era azzardato a porre. Un mezz’elfo era un dono dei Valar, non poteva e non doveva sminuire questa realtà.

“Nessuno comprende il modo di agire dei Valar, ma non dobbiamo perdere la fede. Nonostante tutto ci siamo ritrovati!” Thranduil sorrise facendo sorridere pure il figlio.

“Ti credo Ada!” Disse Legolas adombrandosi subito dopo “Ma se farà qualcosa per farmi dubitare, non esiterò a reagire di conseguenza!”.

Il Re usò tutte le forze che aveva per celare il terrore provato nel sentire quelle parole.

Sapeva che suo figlio lo amava, ma temeva che la diffidenza nei confronti dei mortali lo stesse accecando, tormentandolo con sospetti a cui normalmente, non avrebbe dato importanza.

Prima che Legolas uscisse la voce del padre lo fece esitare un momento sulla soglia “Non lasciare che la tua diffidenza verso gli umani mi privi di qualcuno a cui tengo più della vita…..”.

 

*

 

“Maledetto elfo!” Sibilò Hanna quella mattina. Avevano appena concluse un’allenamento e la ragazza non era ancora riuscita a battere il suo avversario.

“L’amore è nell’aria stamattina!” La prese in giro Sara, alla quale non servivano parole per capire per cosa Hanna, era arrabbiata.

“Dove sono i gemelli!?” Chiese Kalos prima di addentare un’altro dolcetto.

“Se ne sta occupando Luthien. Credo che apprezzi più la loro compagnia della mia!” Ammise Sara.

“Non puoi reggere il confronto!” Rise Hanna.

“Grazie sei di grande conforto!” Disse Sara con un sorriso. Anche lei avrebbe preferito i gemelli a sé stessa.

“Quell’elfa è molto riservata, ma con i bambini si comporta in maniera diversa! Sai se ha figli?” Chiese Hanna di nuovo curiosa.

“Ma la conosco si e no da poco più di una settimana! Ti pare che mi metto a fare domande del genere?” Domandò Sara chiedendosi perché l’amica volesse trovare risposte ai propri interrogativi attraverso di lei.

“Si. Perché la tua curiosità è più potente di Sauron!” La derisa Hanna.

“Piantatela di nominarlo come fosse un vecchio amico!” Protestò Kalos che si era soffocato sentendo pronunciare quel nome.

“Te la fai sotto?” Lo provocò Sara.

“Reagireste come me se aveste posato gli occhi su un’intero esercito di orchi che marcia a pochi metri da voi!” Rispose il mago rabbrividendo al ricordo.

Il divertimento venne spazzato via da quella affermazione, sostituito da timore misto a curiosità.

“Esercito di orchi? Dove?” Chiese Sara allibita.

“Risponderò se anche voi risponderete alle mie di domande!” Decretò il giovane sveglio.

“Va bene....moccioso impertinente!” Si arrese Hanna. Ormai si fidava di lui. Era giunto il momento di rafforzare quel legame di amicizia, forse era meglio definirlo sopportazione da parte sua, che era nato in quei mesi.

“Moccioso? Ma se sono più grande di voi!” Si vantò Kalos.

“Fidati, siamo molto più vecchie di come appariamo!” Scherzò Sara consapevole di dover proteggere il proprio segreto, persino da coloro che considerava amici.

“Com’è possibile?” Domandò il mago confuso.

“Ce li portiamo bene i nostri anni!” Salvò la situazione Hanna. Sara aveva la lingua troppo sciolta!

“Ripetilo tra trent’anni! Vedremo se sarà ancora così!” Disse Kalos ignorando la realtà.

Le ragazze non poterono ribattere. Con un occhiata si scambiarono lo stesso pensiero: loro non sarebbero mai invecchiate, non avrebbero mai provato ciò che era normale per la gente della loro razza!

Era sia alienante che emozionante!

“Si ho visto l’esercito....” iniziò a raccontare Kalos distogliendo le ragazze dai loro pensieri “...soni i responsabili della distruzione del mio villaggio!” Svelò.

Sara corrugò la fronte confusa “E come sei riuscito a sopravvivere?” Chiese sempre più curiosa.

“Non ero lì quand’è successo!” Confessò il ragazzo “Ho visto gli orchi allontanarsi. Sono rimasto nascosto per molte ore e quando sono tornato al villaggio....” nella voce del mago si percepiva la lampante vergogna nell’ammettere di essere stato bloccato dalla paura.

“Dov’eri andato? Hai lasciato la tua famiglia a combattere? Sapevi già usare la magia?” Domandò Hanna con la speranza che non fosse rimasto completamente solo come temeva. 

“È richiesto un po’ di tatto!” La rimproverò Sara.

Kalos emise un sospiro che sapeva molto di pianto. Non le guardò, lasciando che gli occhi vagassero attraverso la stanza “Ero un novizio fra gli apprendisti degli stregoni blu! Appena ho saputo della presenza degli orchi sono tornato a casa....ma era troppo tardi!” Disse con rammarico.

“Hai fatto bene a non intervenire. La tua magia è potente, ma se allora eri solo agli inizi, non avresti potuto fare niente!” Sara decise di essere sincera non sapendo come confortarlo di fronte alla perdita di tutti coloro che amava.

“Non voglio la tua pietà!” E per la prima volta Kalos si mostrò aggressivo, facendo intendere che in lui c’era di più di quanto vedessero.

“Non è pietà ma ammirazione!” Rispose Sara sgranando gli occhi ma sorridendo nel vedere l’ingenuità della fanciullezza svanire per pochi secondi in quegli occhi tempestosi.

“Come prego?” Chiese in coro Hanna e Kalos meravigliati dalla risposta.

“Se qualcun avesse sterminato la mia famiglia non so se potrei essere in grado da dominare le emozioni e ragionare lucidamente! Se ti fossi gettato in un attacco rabbioso in cerca di vendetta, saresti sicuramente morto e non avresti mai potuto trovare Aranel, incontrarci ed essere qui oggi.....Elrond aveva ragione!” Riconobbe Sara. Alla morte di Attico e Milo era certa che se si fosse trovata di fronte dei romani, avrebbe dato libero sfogo alla rabbia ed il dolore che le avevano inflitto! 

Occhio per occhio! Anche se Thranduil le aveva fatto capire che la vendetta non risolve niente, in quanto, con essa non puoi riavere le persone care! 

Ma un conto e saperlo e l’altro è crederci abbastanza da reagire con la testa, senza lasciarsi accecare dai sentimenti.

“Quindi anche a te ha parlato di ciò!” Rise Kalos ricordando le parole criptiche dell’elfo riguardo alla sua presenza.

“Intendi dire che mi ha scombinato il cervello aumentando i miei dubbi e le mie domande?! Già!” Ammise Sara con un sorriso.

“È bello constatare che andiamo d’accordo su qualcosa!” Scherzò Kalos per poi ridere apertamente.

“Perché hai scelto di diventare apprendista?” Kalos si adombrò alla successiva domanda di Hanna.

Ed eccolo, il tocco magico nel portare cattivo umore! Il suo talento!

“Con mio sommo disappunto, non sono in grado di rispondere a questa tua domanda!” Kalos decise di non mentire. Quelle ragazze avevano dimostrato di essere diffidenti, creando un muro attorno a loro per difenderle dal mondo esterno, ma una volta trovata la serratura per aprire la porta, si erano dimostrate leali e sincere.

“Ma a T....Re hai detto che volevi aiutare le persone!” Ricordò Hanna guardandolo con sospetto.

“Stavi mentendo!” Disse Sara allibita.

“Osservazione arguta! Sei sempre stata idiota, ma con il tempo ti stai perfezionando!” La derise Hanna.

“Ho espresso il mio pensiero! Ma se lo ordina la smetto subito, mia signora!” Rispose a tono Sara.

“Non chiamarmi così!” Urlò Hanna non sopportando quel titolo che ancora non le apparteneva.

“È la risposta che mi sono dato, ma non ne sono sicuro!” Chiarì i dubbi Kalos.

“È un enigma?!” Domandò Hanna decidendo di alleggerire la tensione scherzando i sù.

“Be’ non hai potuto difendere le persone a te care, ora potrai evitare che altri facciano la loro stessa fine!” Tentò di consigliargli Sara.

“Hai ragione!” Kalos dovette ammettere che aveva ragione. Lo sentiva dentro di sé che era ciò che voleva.

“Voi siete i sovrani delle ovvietà!” Li criticò Hanna che sembrava infastidita da tanta complicità.

“Allora battiti con me e vediamo se il risultato è scontato!” La provocò Sara che non perdeva occasione per fronteggiarla.

“Sfida accettata!” Abboccò all’amo Hanna, piena d’entusiasmo al pensiero dell’ennesima vittoria.

“Vi piace proprio combattere! Non è che mi potreste istruire sulle basi?!” Decise di tentare Kalos.

“Non devi neanche chiederlo! Hanna potresti dire a Galion di venirmi a chiamare tra un’ora per l’allenamento?!” Domandò Sara alzandosi in piedi.

“Perché non glielo dici tu?!” Chiese di rimando l’amica.

“Perché tu vieni presa più in considerazione data la tua posizione!” Disse Sara avviandosi verso la porta.

“Dove vai?” Kalos, inconsciamente interruppe sul nascere il litigio.

“In biblioteca! Sono ancora molto lenta a tradurre l’elfico e devo finire di leggere i racconti della battaglia di Dagorlad!” Rispose Sara con gli occhi che brillavano dall’eccitazione.

“Vengo con te!” Disse Kalos scattando in piedi.

“Vuoi incollarti davanti ad un libro? Sai leggere l’elfico?” Andò all’attacco Hanna.

“No, ma ho un’occasione di poter accedere alle biblioteche reali di uno dei più grandi e potenti regni elfici di Arda, non mi lascerò sfuggire un’occasione del genere!” Rispose Kalos calmo.

“Sarò felicissima di tradurre per te! Unirò l’utile con il dilettevole!” Disse Sara entusiasta.

“Utile sarebbe l’esercitarmi con la traduzione, e il dilettevole, aiutare un’amico!” Rispose allo sguardo interrogativo di Hanna prima di uscire seguita da un maghetto sorridente.

 

*

 

Thranduil sorrise vedendo Galador correre verso di lui nell’ampio corridoio.

Le guardie si mossero nervose quando il bambino cadde di faccia in terra, ricordando che era per metà umano e Galion si affrettò a metterlo in piedi.

“Nte!” Disse il bambino che sapeva dire solo poche parole.

Thranduil sorrise. I gemelli benché fossero ancora piccoli, gli ricordavano Sara.

Il sovrano prese in braccio suo figlio stupendo le guardie che non si aspettavano si mostrasse tanto affettuoso in pubblico.

Una spinta e lo scatto delle guardie fecero voltare l’elfo che si ritrovò davanti una Sara confusa “So che può sembrare che menta, ma non lo faccio apposta!” Si scusò diventando rossa in viso.

“Mio signore!” Feren raggiunse il sovrano fermandosi ad una rispettosa distanza e facendo un’ampio inchino.

“Che notizie mi porti?” Domandò Thranduil non lasciando che la nuova presenza spegnesse il sorriso che gli illuminava il viso.

“Radagast è finalmente giunto!” Sara sussultò. Erano mesi ormai che attendevano il mago.

Le guardie non l’avevano trovato nella sua piccola casa ed erano rimaste allerta in caso di qualche avvistamento.

“Porta Galador a Luthien!” Ordinò il Re a Galion per poi rivolgersi a Sara “Dov’è Hanna?” Domandò.

“Credo si stia allenando con Kalos!” Rispose lei sentendo la paura crescere al pensiero di poter finalmente trovare delle risposte che non era più così certa di volere.

“Dovrà essere presente!” Dichiarò il sovrano incamminandosi.

“Per cosa?” Sara si irrigidì sentendo la voce del Principe provenire dal corridoio alla sua destra.

“Non sono questioni che necessitano la tua attenzione!” Gli rispose il padre ammonendolo attraverso lo sguardo.

La ragazza si mise di fianco al Re abbassando gli occhi, ustionata dallo sguardo di fuoco che il Principe le rivolse.

“Non sono d’accordo! Se ritieni necessario l’intervento di Radagast devo essere messo al corrente per potermi esprimere a proposito!” Affermò Legolas con sicurezza.

“Ho dato forse l’impressione che la tua opinione mi interessasse?!” Il Principe sgranò gli occhi di fronte alla risposta gelida del padre, non accorgendosi che aveva reagito solo una volta notato l’odio evidente rivolto alla fanciulla.

“Non puoi essere così ceco.....non vedi quanto è nervosa?! Tauriel diceva il vero, sta tramando qualcosa! E giurerei che il mago è immischiato nei loro piani oscuri!” Ringhiò Legolas fermandosi quando il padre si mise di fronte a Sara come a volerla proteggere. La ragazza si nascose dietro al Re, sentendo il terrore di quando era stata appena fatta schiava tornare, facendola sentire vulnerabile anche ad un’occhiata feroce.

Padre e figlio si fronteggiarono per pochi minuti prima che Legolas si voltasse per sparire nei corridoi stravolto dalla rabbia e dalla delusione.

“Non dovresti dirgli la verità? Placherebbe i suoi timori!” Disse Sara quando arrivarono al campo d’addestramento.

“Perché dovrebbe reputare veritiere le mie parole se non crede nemmeno all’amore che lega me ed Hanna? No Sara. Mio figlio vede nemici ovunque. Potrebbe credere che le mie parole siano il frutto di una vostra menzogna! Inoltre, sono convinto che informarlo dell’esistenza del vostro mondo lo confonderebbe maggiormente di quanto non lo sia già!” Disse Thranduil afflitto dalla distanza che stava tornando a crearsi fra loro.

Radagast, fedele alle storie sul suo conto, apparve molto strano agli occhi divertiti delle ragazze.

Pararono molto, raccontando al mago le loro avventure, tralasciando la maggior parte dei dettagli riguardanti gli anni vissuti tra Pompei e Capua e la risposta di Radagast apparve sia rassicurante che misteriosa “Mie signore, la storia raccontate è unica, ma farò quanto in mio potere per svelare il mistero che l’avvolge!”.

 

*

 

Legolas uscì dalle sue stanze presto quella mattina.

Aveva dormito poco e male ed era più che deciso a non sprecare ulteriore tempo a rigirarsi nel letto.

Appena fuori dalle sue stanze incontrò Tauriel che dallo sguardo che aveva in viso, lo stava cercando.

“Quando agiremo?” Chiese l’elfa nervosa. 

Legolas sospirò, aveva compreso di non poter agire direttamente contro le umane per paura di ferire suo padre nello spirito. Doveva fargli intendere quella consapevolezza colta quando aveva mostrato a suo padre le paure che non lo facevano riposare.

“Lui la ama!” Disse tentando di far leva su qualcosa che Tauriel aveva sempre rispettato.

“È stato ingannato!” A parte quando era convinta che quel sentimento forte e profondo non fosse reale.

“Si fida di lei!” Insistette Legolas.

“Si sbaglia!” Non demorse Tauriel.

“Se agiamo, rischiamo di ferirlo! Dobbiamo essere cauti!” Legolas decise di parlare chiaro.

"Direi che dovremmo prenderci una pausa!" Disse Tauriel sorprendendolo.

"Come? Perché?" Domandò Legolas che non credeva a ciò che aveva appena udito.

"Perché non ci capiamo più! Sento che qualcosa è cambiato! Non fraintendermi, non è ciò che desidero ma è ciò che è più giusto!" Disse Tauriel con tono glaciale, celando magnificamente le proprie emozioni.

"Non siamo mai andati d'accordo su tutto. Perché questa volta è diverso?" Chiese Legolas che non capiva come mai, tutti coloro che amava gli stavano voltando le spalle.

"Perché non voglio essere presente quando ti ritroverai ricoperto dal sangue del Re." Rispose Tauriel con un pizzico di dolore che attraversò i suoi occhi. Ma l’attimo fu così breve che Legolas si chiese se l’aveva immaginato.

"Bene, quindi lo stai abbandonando!" La attaccò tentando di nascondere la propria sofferenza.

"Non oserei mai. Dato che non vuoi collaborare, dovrò arrangiarmi da sola." Spiegò calma lei.

"Se farai del male all’umana, che tu sia nella ragione o nel torto, mio padre non gli darà peso!" Rivelò il Principe.

"Ne sono consapevole. Ma parliamo di colui che mi ha cresciuta e protetta. Forse non ho sofferto quanto te, ma anch'io ho faticato ad accettare la sua scomparsa. E metterò tutta me stessa, affinché non riaccada!" Disse Tauriel prima di andarsene lasciando un Legolas sorpreso nel sentire tali parole.

Il Principe rimase fermo a riflettere un momento. 

La freddezza di Tauriel lo faceva dubitare dei suoi buoni propositi. E dall’altra parte era terrorizzato, sapendo che il padre durante gli anni della sua scomparsa aveva vissuto orribili esperienze, non potesse avere la forza per affrontare sia un tradimento che un’ulteriore perdita, quando il tempo avrebbe spento la vita mortale della ragazza.

Passò davanti alle stanze del padre ed avrebbe tirato dritto, se un urlo avesse fermato i suoi passi. 

Era la voce di una donna!

Reagì d’istinto, scattando verso l’origine delle grida.

Non gli venne in mente di bussare o comportarsi come gli era stato insegnato, l’urgenza di accorrere in aiuto di chiunque fosse in difficoltà gli fece spalancare le porte delle stanze del Re con troppa forza, facendole sbattere contro il muro.

La sua entrata, improvvisa e la sua presenza resa minacciosa dai pugnali sfoderati, non turbò minimamente gli occupanti della stanza, abituati a molto peggio.

Legolas, cercò di mantenere al minimo la propria sorpresa, non riuscendo a non sgranare gli occhi quando vide Aranel cercare di sottrarre un cuscino al padre con troppa forza. Il tessuto cedette ed una nuvola di piume oscurò il sovrano.

Al Principe tornarono in mente i ricordi della sua gioventù, quando sua madre era ancora in vita ed illuminava ogni giorno facendo sorridere il Re.

Legolas si rivide nella piccola Aranel mentre gettava le braccia al collo del padre in un tenero abbraccio venendo accolta da Thranduil che mostrava apertamente l’amore che lo legava alla figlia.

“Giuro che questa me la paghi!” La voce di Hanna fece muovere le pupille del Principe, mentre il resto del corpo era congelato.

La ragazza cominciò a solleticare la pancia di Lucilla che iniziò ad emettere gridolini e dimenarsi nel vano tentativo di sottrarsi a quella tortura.

Hanna si rese conto della quinta presenza solo in quel momento, facendo del suo meglio per ignorarla, maledicendosi per non essersene accorta prima.

Legolas doveva averla sentita urlare quando le bambine l’avevano svegliata saltandole addosso. Avrebbe dovuto esserci abituata, ma l’istinto la faceva ancora reagire come quando vivevano come nomadi, sempre allerta per un’eventuale attacco. Ed urlare era essenziale per allertare gli altri e chiedere contemporaneamente aiuto.

Effettivamente era stati attaccati, ma erano avversari a cui poteva benissimo tenere testa da sola!

Non sapeva cosa ci facesse ancora lì il Principe, fermo come un baccalà a fissarli come se stesse assistendo ad un miracolo. Ma quella era sempre stata casa sua e non era suo desiderio portare ulteriori cambiamenti di quanti non avesse già fatto.

Il Principe stava fissando Thranduil ed Aranel, che avevano ripreso ad rotolarsi sul letto, colpendosi con i cuscini e per la prima volta da quando era arrivata, Hanna poté vedere un sorriso comparire sul volto di Legolas.

 

*

 

Hanna continuava a sperare che con il passare degli anni il suo corpo acquisisse una buona automaticità da permetterle di muoversi senza costringersi a dover chiedere indicazioni ogni due metri. Speranza vana dato che da quando era piccola, si confondeva ancora con gli interruttori della luce, trovandosi costretta a premerli tutti per trovare quello giusto!

Svoltò un angolo e decise di rischiare pur di ignorare l’elfa dai capelli rossi.

“Umana!” A quanto pare il mondo la odiava “Buongiorno Tauriel, è un piacere incontrarti!” Balla assoluta “Spero che vada tutto bene!” Essere sinceri in quel regno era difficile “Come posso esserti d’aiuto? Non disturbarti a chiedere pure, è un piacere!” No, impossibile.

“Ti reputi speciale?” Il sorrisetto sul viso di Belzebù la convinse a procedere con cautela “Dipende. È vero che mi sono ritrovata in un regno elfico, cosa che molti reputano un onore, ma la strada per arrivarci è stata tutta in salita!” Ragionò ad alta voce.

“Credi di essertelo meritato?” Chiese l’elfa “Sei convinta che ciò che provi per il nostro Re sia reale?” Ogni parola era affilata come i coltelli che portava con sé.

“Ma che domande fai?” Bene. Ora si era ritrovata catapultata nell’adattamento cinematografico di Jackson, solo che l’ambientazione era differente.

“Noi elfi amiamo una sola volta. Ma essendo un umana questo non potevi saperlo!” Disse Tauriel vittoriosa.

“Ti sorprenderesti di quante cose so!” Rispose Hanna soddisfatta. Sara era molto più ben informata essendo una fan sfegatata di Tolkien, ma anche lei con il tempo poteva dire di esserlo diventata.

“Non siamo volubili come voi umani. Il Re amerà sempre e solo la nostra regina!”

Hanna si irrigidì resa nervosa da una questione che si era sempre rifiutata di affrontare.

L’elfa sorrise “Ama il ricordo di lei! Tu sei molto simile alla regina. Testarda e ribelle!”

Tauriel le si avvicinò, sussurrandole nell’orecchio “Sei solo l’ombra di un ricordo, lo spettro di un amore che non sarà mai realmente rivolto a te!” C’era crudele malizia nella sua voce.

“Posso non andarti a genio, ma non puoi parlarmi in questo modo!” Decise di farsi valere Hanna.

“Perché? Ti nasconderai sotto al mantello del re?” Chiese Tauriel sbeffeggiandola.

“Sei impertinente! Sarò anche non sposata, ma sono la compagna del tuo re! Se manchi di rispetto a me manchi di rispetto a lui! Hai improvvisamente deciso di dimenticare ciò che ti è stato insegnato?!” Attaccare l’onore elfico poteva rivelarsi un’arma vincente.

“Non redarguirmi, quando tu, perfida umana, hai sedotto il nostro sovrano in un momento di debolezza. Ed ora usi dei bambini innocenti per i tuoi scopi!” Esplose Tauriel fronteggiandola piena di furia.

“Parliamo dello stesso elfo?!” Chiese Hanna perfettamente a suo agio avendo avuto a che fare per molto tempo, con le sfuriate di Thranduil.

“Non prenderti gioco di me! Conosco meglio di te il nostro Re!” Allora anche gli efli erano presuntuosi.

“Non sto giocando! quando lo capirai?!” Le tenne testa Hanna “Anch’io lo conosco bene!” Ammise.

“Ah davvero? Quanti secoli ci hai passato? Hai visto com’era lui con la prima moglie? No. Quindi non puoi avere una conferma che io stia mentendo!” Rispose Tauriel con soddisfazione, nel vedere come la defunta regina mettesse a disagio quella patetica umana.

“Non sai neanche tu, però, come si comporta il Re quando siamo soli!” Disse Hanna prima di girare i tacchi verso una meta sconosciuta, ma il più lontano possibile da quella testa calda.

 

*

 

Passarono i mesi.

Hanna e Sara si erano abituate alla routine al palazzo, la piccola Aranel cominciò a sentire di appartenere a quel posto mentre padre e figlio si muovevano in una silenziosa guerra.

In questo periodo di pace Elanor e Galador portarono gioia cominciando a parlare e mostrando una complicità che presagiva grossi guai una volta che fossero cresciuti abbastanza da muoversi liberamente nel palazzo.

Ed infine arrivò il giorno tanto atteso.

Radagast giunse accompagnato dal giovane apprendista. 

Kalos era partito assieme a lui dopo il loro primo incontro e con sorpresa, Hanna e Sara dovettero riconoscere di aver sentito la mancanza di quel giovane pieno d’energia.......non che loro fossero da meno!

Il mago riuscì ad irretirle appena cominciò a parlare, confidandosi su ciò che aveva scoperto “Le leggende narrano di un mondo parallelo, una terra simile alla nostra, con i suoi conflitti e le sue zone di pace, in cui gli uomini sono la razza prevalente. Si dice che fossero un popolo pacifico. Anche se nessuno vi è mai stato. Fino ad ora non c’era nulla che confermasse o smentisse la sua esistenza!” Disse Radagast.

“Incoraggiante!” Si lamentò Hanna. Le leggende sono sempre troppo vaghe per trovare indicazioni chiare o verità in esse.

“Mio signore....” il mago tentennò un momento di fronte al sovrano elfico prima di farsi coraggio e continuare “...temo che non sia un caso la vostra prigionia. Era destino che vi incontraste!” Era lo stesso pensiero di Elrond.

“Si, ma sarebbe stato più semplice se fosse stato catapultato nel nostro di mondo, non nel passato!” Protestò Sara, ricordando gli anni di prigionia.

“Così è stato deciso! Non sono in grado di comprendere l’agire dei Valar. Può essere che abbiano fatto smarrire tutti voi perché vi ritrovaste insieme!” Radagast ricominciò a pronunciare frasi criptiche.

“Suona ancora più inquietante!” Riconobbe Hanna. 

“La gente si conosce in così tanti modi interessanti! Ma nel nostro caso è doveroso cambiare aggettivo!”Pensò Hanna rimpiangendo di non aver incontrato un elfo confuso nell’orto dietro casa.

“Quindi è la magia che ha permesso ai due mondi di collegarsi?” Domandò Kalos emozionato e curioso quanto le amiche.

“Scusa, ma tu non eri con lui?” Domandò Sara chiedendosi perché condividessero tale ignoranza.

“Si, ma ha preferito condividere le sue scoperte solo in vostra presenza!” Rispose Kalos sembrando offeso dalla sfiducia mostratagli.

“Si mio giovane amico. La magia di questo mondo. Piegare lo spazio qualcosa di molto complicato, ma il tempo lo reputavo impossibile!” Disse il mago sembrando non notare lo stato del suo giovane apprendista “Gravi danni possono essere inflitti se si manipola il tempo! Non si può cambiare il passato, riscriverlo.....no, no! Dal passato si può solo imparare!” Ricordò.

“Ed ora siamo nel paese delle meraviglie!” Scherzò Sara cercando du rilassarsi.

“Già! Ora è troppo tardi per gli avvertimenti!....intende dire che il nostro mondo è cambiato?” Chiese Hanna spaventata dal fatto che, inconsciamente, avrebbero potuto condannare ad un futuro diverso, sia i genitori di Sara ma anche migliaia di persone innocenti.

“Ma che dici, alla fine i romani hanno vinto....” sussurrò Sara guadagnandosi una gomitata quando pronunciò il nome di un popolo finito nel dimenticatoio.

“Non so rispondere a questa domanda mia signora!....ma forse potreste trovare voi le risposte!” Disse Radagast come se avesse ignorato quel piccolo scambio o non se ne fosse minimamente accorto.

“Cosa?” Chiese Hanna sentendosi smarrita.

“Come?” Le si accodò Sara sentendo la speranza riaccendersi dentro di lei.

“È stata la magia ad aprire il portale. Credo.....forse un’incantesimo sufficientemente potente potrebbe aprirlo! Sarebbe solo una piccola ed avrebbe una breve durata.....” disse Radagast che sembrava confuso dalle sue stesse parole.

“Vuoi dire che potrei andare a vedere come stanno i miei?!” Sara sentiva di poter saltare dalla gioia. Anche la sola speranza le aveva donato una felicità immensa.

“Ma questo è magnifico!” Esultò Hanna abbracciando l’amica con entusiasmo.

“Si mie signore. Farò il possibile per farvi tornare a casa!” Promise Radagast smorzando l’allegria con quell’affermazione.

“Non ti seguo!” Dovette riconoscere Sara.

“Una volta attraversato, il portale si richiuderà dietro di voi!” Chiarì i dubbi Radagast.

“Cosa?” Hanna non voleva crederci. La scelta era netta. Non esisteva grigio, solo nero o bianco!

“Resteranno intrappolate per sempre?!” Domandò Thranduil come se fosse appena giunto.

“Mio signore, è stato un caso fortuito che il varco fosse aperto quando l’avete raggiunto! Siete riuscito a tornare....con o senza magia, presto questa increspatura nello spazio sparirà e non ci sarà più ritorno. C’è solo questa possibilità ed io farò in modo da renderla possibile!” Disse Radagast, non sapendo che una tale rivelazione cambiava tutto.

“No grazie! Per quanto desideri rivedere i miei non rinuncerei mai a tutto questo! La mia....” Sara si corresse “....la nostra vita si trova qui ormai! Grazie lo stesso per la piccola speranza e per la disponibilità!” Disse devastata sentendo le possibilità incenerirsi e scomparire sotto al peso di poche parole.

“Mie signore, voi non siete di questo mondo! È pericoloso! Pericoloso giocare con......non so come definirlo!” L’insistenza e l’insicurezza deo mago non era di buon auspicio.

“No, però ho capito cosa intendi!” Ammise Hanna giù di morale.

“Dobbiamo tornare? Per forza?!” Domandò Sara come una bambina che deve andarsene dal parco giochi.

“No!” Tuonò Thranduil “Se questo non fosse il loro posto non sarebbero mai inciampate attraverso il portale!” Riportando speranza con una semplice frase.

“Così è umiliante! Anche sé vero!”Pensò Sara sorridendo.

“Mio signore la loro presenza è pericolosa!” Disse il mago indicando le umane con il grosso bastone.

“Hai parlato con Tauriel per caso?!” Hanna non ne poteva più di sentire quella tiritera.

“No!” Disse decisa “I nostri figli non sono pericolosi! Esiste una profezia e mi rifiuto di credere che i Valar ci abbiano fatti incontrare solo per sperarci nuovamente!” Urlò esprimendo a pieno la propria rabbia e frustrazione data da una notizia così terribile.

“I bambini svolgeranno un ruolo importante nella storia della Terra di Mezzo, questo è certo. Ma forse......forse il vostro compito è giunto al termine mia signora!” Si ritrovò ad insistere il mago.

“Mi stai dando della fattrice?” Chiese Hanna che non avrebbe mai lasciato i suoi figli. Neanche di fronte a Sauron in persona!

“Come ho detto in precedenza, non sono in grado di comprendere il volere dei Valar!” Chiuse il discorso Radagast.

 

Ed ecco il tanto atteso incontro con Legolas! 

Riguardo la scuola mi piace pensare che Oropher abbia apportato delle modifiche una volta sul trono per farsi ben volere e dimostrare di essere un buon Re. Una di queste è la scuola “pubblica”, per intenderci.

Ho letto in molte storie che i bambini degli elfi non nascono nei periodi bui, o almeno, ne nascono dimeno. Ma ho deciso che la scuola, mentre la frequenta Aranel, sarà piena di studenti con cui dovrà confrontarsi. 

Per questo le ho messo un rivale ed altri due amici al fianco!

Anche Hanna e Sara fanno nuove conoscenze e non essendo abituate all’etichetta si comportano in modo inusuale con le loro ancelle!

Con Tauriel è guerra aperta! Come molti elfi di Bosco Atro non si fida degli estranei, specialmente se si tratta di deboli umane!

Legolas è perso! La sua compagna alimenta la confusione con dubbi e sospetti! Ed il rapporto padre figlio raggiunge un punto di rottura!

Ma Hanna non si lascerà intimorire.....spero!

Con Kalos, nel giro di pochi mesi, il rapporto di amicizia si fortifica.

E puntuale abbiamo Radagast che porta con sé domande, dubbi e paure!

Ragazzi, mi spiace che il capitolo sia uscito così lungo!

Ma non riesco mai a fare ciò che decido...mi sa che aumenteranno persino i capitoli programmati!

A presto,

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Capitolo 22
*** La gioia di incontrarsi di nuovo ***


Hanna sospirò amareggiata. Thranduil non le rivolgeva la parola da giorni ed era certa che non fosse un caso che uscisse la mattina presto e tornasse nelle loro stanza la sera tardi.

Di una cosa era sicura: non avrebbe mai abbandonato i suoi figli!

I gemelli erano troppo piccoli. Non si sarebbero nemmeno ricordati di lei in caso se ne fosse andata.

Ma avrebbe messo davanti i suoi desideri mettendoli in pericolo con la sua sola presenza?! E se gli attacchi al villaggio e durante il viaggio fossero stati provocati da ciò?!

Hanna uscì dalla stanza appena si rese conto che i gemelli dormivano profondamente. Fece cenno a Calien di rimanere e decisa, si avviò verso la sala del trono.

Fortunatamente a quell’ora della notte non c’era nessuno, a parte le guardie.

Thranduil sedeva composto sul trono, il suo sguardo si perdeva nell’immensità delle caverne. 

Hanna non voleva litigare....

Lo conosceva bene, sarebbe scoppiato un litigio, e solo perché non avevano controllo sulla situazione!

“Hai intenzione di rimanere lì ferma in eterno?” La voce potente del Re si fece sentire maestosa e la ragazza si chiese come facessero le guardie a rimanere impassibili.

“Dobbiamo parlare!” Disse Hanna senza mezzi termini.

“Sono impegnato!” Le rispose brusco lui senza guardarla negli occhi.

“Impegnato a fare niente! Richiede molte energie!” Hanna stranamente non si sentiva affatto in soggezione, neanche quando era seduto sul suo magnifico trono e sovrastava tutto e tutti con la sua minacciosa presenza.

Quella minaccia l’aveva sempre vista come protettiva e mai pericolosa per sé o per i loro figli.

Le guardie diedero prova di essere vive muovendosi sul posto a disagio.

“Come osi rivolgerti a me in questo modo!?” Ringhiò il Re lasciando che la rabbia trasparisse dai lineamenti del viso.

“Non hai mai prestato attenzione a sciocchezze del genere!” Ricordò Hanna “Sono venuta per dirti che purtroppo...non che a me faccia piacere, ma forse Radagast ha ragione!” Dichiarò sapendo di aver appena acceso una miccia.

“Ora sono il tuo Re! Esigo che mostri rispetto!” Disse Thranduil alzandosi in piedi lentamente “La tua giovinezza ed inesperienza permettono a chiunque di influenzarti fin con troppa facilità. Non sai nulla degli stregoni. Sono come un vento tempestoso, rimbombano da lontano, ingigantendo l’allarme. Ma talvolta, una tempesta è solo una tempesta!” Disse mentre scendeva i gradini del trono avvicinandosi a lei come a volerla calmare e costringerla a non controbattere.

“E cosa porterà questa...semplice tempesta, mio signore!?” Hanna non poteva, non doveva evitare questo discorso. Ne andava della sicurezza del regno!

“Solo dubbi e paure fugaci. Se tutto ciò avesse rappresentato il pericolo che descrive, niente sarebbe mai accaduto!” Rispose il Re cominciando a camminarle intorno.

Hanna strinse i pugni nervosa. Non era una prigioniera, eppure si rese conto come fosse cambiato l’atteggiamento di lui nei suoi confronti.

Va bene che doveva mostrarsi regale di fronte alle proprie guardie, ma la maschera che poneva in viso era così spessa che la ragazza si chiese se Legolas avesse mai conosciuto veramente suo padre.

“Ti hanno quasi ucciso! E lo reputi privo di pericolo?” Urlò Hanna cercando il più possibile di ignorare l’ennesimo sussulto delle guardie.

“Tu non sei pericolosa! Prova sono i nostri figli. Se i Valar ci hanno concesso dei doni.....” “Ti hanno concesso! Se a casa sarà cambiato tutto, la storia come la conosco, anche qui la mia presenza potrebbe provocare gravi ripercussioni! Non voglio che voi soffriate per colpa mia!” Disse Hanna sentendo la voce incrinarsi al pensiero di doversene andare.

“Non interrompermi!” La sgridò il Re sovrastandola con la voce e con l’altezza “Sei astuta nel creare scuse inesistenti. Il tuo mondo pacifico e ricco ti manca a tal punto da farti abbandonare e dimenticare ciò che hai vissuto? Ciò che mi avevi promesso!” 

“Non osare!” Sibilò Hanna livida “Io amo te ed i nostri figli più della vita stessa! Ma ho già rischiato di perdervi, a tutti voi! Se vi accadesse qualcosa a causa mia perché ho ignorato i rischi e degli “innocui” avvertimenti, non me lo perdonerei mai!”.

“Se te ne vai.....” l’elfo venne interrotto dalla sfacciataggine prorompente di Hanna “Cosa? Non potrò più tornare neanche se il varco si riapre? Non parlerai di me ai gemelli come hai fatto con Legolas?” Chiese sentendo la rabbia sparire appena si rese conto di ciò che aveva detto.

Thranduil camminò lentamente, come se non avesse fretta. Ma la tempesta che si rifletteva nei suoi occhi presagiva un discussione imminente.

Il Re la superò uscendo dalla sala del trono senza degnarla di uno sguardo.

Hanna comprese dove stesse andando e lo seguì fino agli appartamenti reali.

Tentò di mascherare il senso di colpa che l’attanagliava “Scusa, ho esagerato! Non intendevo...” “Dare voce alla verità!?” Dannazione. Non che lui aiutasse!

“Non so cos’accadrebbe se ti perdessi....mi terrorizza anche solo pensarci! Non sono nella posizione di criticare, solo di usare le mie conoscenze contro di te!” Confessò Hanna. Sperava che lui comprendesse i suoi timori....

“Con Legolas ho commesso molti errori a causa del mio dolore. Non desidero che sia lo stesso con Aranel, Elanor e Galador!” Disse Thranduil ed Hanna potè scorgere un bagliore di rimpianto negli occhi dell’antico elfo.

“No! Ti conosco, ora che sai di aver sbagliato farai del tuo meglio e sono certa che, in caso io parta, tu ci sarai per loro!” Hanna non avrebbe mai preso in considerazione una soluzione del genere se non si fosse fidata ciecamente, come poteva non comprenderlo?!

“Saresti disposta a privarti dei tuoi figli pur di saperli al sicuro? Se resti potresti proteggerli!” Insistette il Re.

“Proteggerli da pericoli da me causati! Sarebbe doloroso lo ammetto, ma anche tu hai atteso di rivedere Legolas per amor nostro!” Ricordò Hanna, la cui speranza, che le divergenze fra loro si appianassero, era ancora forte.

“Si, ma l’avrei rivisto. Se attraversi il portale questa occasione ti sarà preclusa per sempre!” Thranduil diede voce all’orrenda realtà.

“Ma loro saranno al sicuro!” Tentò di convincersi Hanna.

“Non sarà mai definitivo senza la sconfitta di Sauron!” Dannato elfo! Perché doveva avere sempre ragione?

“Potranno prepararsi in vista della guerra senza preoccupazioni!” Hanna cercò di arrampicarsi sugli specchi.

“Hai sempre l’ultima parola! Ammiro questa forza che traspare nelle tue parole!”

Hanna rise, per poi rabbuiarsi appena le tornò in mente un particolare che aveva ignorato “Cosa volevi dire dopo ?” Chiese.

Thranduil distolse lo sguardo e se all’inizio sembrava stesse riflettendo sulla risposta, Hanna comprese dallo sguardo perso che era immerso nei suoi pensieri.

Accarezzandogli dolcemente la guancia riportò la sua attenzione su di sé.

“Se te ne vai......” sussurrò lui non riuscendo a finire la frase. Ma ad Hanna non servì sentire il resto, perché sapeva cosa voleva dire!

“.....svanirai?!” Chiese sussultando a causa della paura che le fece provare dei brividi di freddo.

“Temo di si!” Sussurrò Thranduil senza guardarla.

“Mi stai legando le mani!” Hanna sentì la sua voce incrinarsi. La sua presenza avrebbe portato sventura in qualsiasi caso!

“Potrei resistere quanto basta per far fare ai nostri figli i primi passi nel mondo ma....ho sopportato troppo Hanna. Sono stanco! La tua vitalità ed il tuo amore mi danno la forza di andare avanti!” La ragazza si raccomandò di farsi raccontare almeno una volta ciò che aveva passato. Non per compatirlo, ma per tentare di comprenderlo meglio. Ma era la soluzione migliore?! 

“Tu sei la ragione per cui io esisto!” Quell’affermazione le scaldò il cuore, ma il dubbio la fece tentennare di nuovo “Vi metterei tutti in pericolo!”.

“Non permetterò a nessuno di separarci!” Disse lui perentorio “Non sapremo se ciò che dice il mago è la verità, non prima di controllare nel vostro mondo! Ed è impossibile accertarsene, prima di ciò il collegamento sarà distrutto!” Affermò avvicinandosi a lei come a volerla intimorire.

“E se è cambiato tutto nel mio mondo? Se la ma partenza ha inflitto danni al mio mondo non oso pensare cosa potrebbe succedere qui!” Hanna lo conosceva bene e la parte del “Re dal cuore di ghiaccio” non attaccava con lei.

“Non vuoi combattere per noi?” Ora andava sul personale.

“Ma il tuo regno sarebbe in pericolo! Gli elfi....” Hanna ricambiò la cortesia solo a metà  “Gli elfi sanno cavarsela! Ed il regno è sempre in pericolo!” Disse Thranduil riferendosi a tutte le creature del male che infestavano la foresta.

“Non lasciare che la paura guidi i tuoi passi!” Sussurrò cingendole i fianchi con le mani.

Ed Hanna decise di fare la sua scelta. 

Una decisone guidata dalla speranza e non dalla paura. Se non avesse preso posizione avrebbe rischiato di perdere sé stessa.

“Ti amo ed amerò per sempre!” Mormorò poggiando la testa sull’ampio petto dell’elfo “È stato il mio cuore a sceglierti!” Sentì le forti braccia avvolgerla “Qualunque siano le difficoltà che proveranno o ci divideranno.....” il fiato di lui le scaldò la guancia “...troverò sempre la strada per ritrovarci!” Disse alzando lo sguardo, perdendosi in quegli occhi profondi come l’oceano.

“Intendi dire.....che resti?” Chiese apparendo pieno di speranza.

Hanna sorrise e rispose “Radagast dovrà stordirmi con un incantesimo per allontanarmi da te!” Prima di baciarlo come a voler dare forza alle proprie parole.

“E vedersela con me se oserà anche solo pensarlo!” Hanna rise a quell’affermazione non trovando difficile immaginare Thranduil rendere reali tali minacce.

Poteva dire che metà della sua vita fosse stata piena di pericoli e combattere i prossimi per il resto della propria esistenza avrebbe spazzato via la noia, anche se con Thranduil sarebbe stato molto difficile annoiarsi!

Lui aveva ragione, doveva combattere per coloro a cui teneva, era lei padrona del suo destino e dato che le loro strade si erano incontrate nel più assurdo dei modi, era impossibile che ora risultasse sbagliato!

 

*

 

Radagast non si fece attendere e pochi giorni dopo venne accompagnato negli appartamenti reali. Questa volta numerose guardie rimasero fuori, pronte ad intervenire.

“Mie signore.....” le salutò il mago chinando il capo, loro risposero con un cenno teso “Mio signore?” Radagast si rese immediatamente conto che definire il temperamento del Re temporalesco era un eufemismo.

“Vattene!” Ordinò il sovrano perentorio.

“Mio signore....” Radagast si fermò, ragionando cautamente sulle parole da usare.

“Non riuscirai a convincerle ad andarsene!” Ringhiò il Re battendo il bastone in terra.

Sara trattenne una risata. Hanna l’aveva aggiornata ed anche lei era ferma sulla decisione di restare. L’aiuto del Re era un vantaggio!

“Mio signore, siete sempre stato giusto e saggio......” Hanna sospirò chiedendosi perché il mago avesse tentato quella strada inutile.

“Silenzio!” Ordinò il sovrano “Adularmi non servirà a farmi cambiare idea!” Appunto!

“C’è più tempo!” S’intromise Kalos per fare un passo indietro quando il Re indirizzò la sua furia su di lui.

“Kalos, che bello vederti!” Sara tentò inutilmente di smorzare la tensione.

“Dipende!” Hanna tornò in posizione di difesa. L’influenza di un mentore è molto forte ed anche se il maghetto era loro amico si chiedeva se avrebbe preso le loro parti.

“Ho appreso tanto nonostante il poco tempo.....posso aiutare Radagast, posso darvi più tempo!” La compagnia dell’Istari aveva fatto male a Kalos...parlava per enigmi dopo appena pochi mesi.

“Piantala di girarci intorno!” Lo incitò Hanna sentendosi divorare dalla curiosità.

“Ho fatto molte ricerche! E sono arrivato ad una conclusione: potrete attraversare il varco ma avrete un arco di ventiquattr’ore umane prima che si richiuda per sempre!” Radagast riuscì di nuovo a farle rimanere senza parole.

“Cosa?” Domandò Sara incredula.

“Potremmo tornare indietro?!” Hanna sembrava fiduciosa, se potevano andare e tornare l’idea l’allettava parecchio.

“Se niente sarà cambiato, vorrà dire che la vostra presenza non potrà portare nefaste conseguenze neanche qui, se non per coloro con cui vivrete!” “E se qualcosa sarà cambiato non te lo diremo, per restare ugualmente! È stato il destino a farci incontrare senza darci la possibilità di opporci, significa che la vita assieme era scritta!” Pensò Hanna.

“Ti hanno mai detto che hai una bella faccia tosta!” Decise di farsi sentire Hanna.

“Mia signora, noi maghi siamo sempre stati temuti e guardati con sospetto. Posso dire che voi rimanete cordiale!” La ragazza rimase sorpresa dalla saggezza che traspariva da quelle parole. Sperava di stuzzicarlo, ma comprese che con un Istari è sempre incerto ciò che potrebbe accadere!

“Tra quanto aprirai il portale?” Chiese Thranduil apparendo più rilassato, allentando persino la tensione presente nella voce.

“Anche subito mio signore!” Rispose Radagast  come se non vedesse l’ora di provare una magia mai compiuta.

“Aspetterai fino a domani!” Ordinò Thranduil incuriosendo il mago.

“Perché?” Domandò Sara non capendo il perché di questa improvvisa pazienza “...mio signore!” Si corresse ricordandosi che non si trovava più nel villaggio.

“Perché verrò con voi!” Disse Thranduil facendo congelare le due amiche.

“Assolutamente no, è troppo pericoloso!” Decretò Hanna agitando le braccia.

“Non ti stavo chiedendo il permesso!” Chiarì Thranduil con la sua solita calma glaciale ed irritante. Per gli altri poteva intimorire, ma per le ragazze che lo conoscevano bene, non funzionava più.

“Ed il mio non era un suggerimento!” Si fece sentire Hanna.

“Mi avete raccontato che il vostro popolo è pacifico, o dicevate il falso?” La stuzzicò Thranduil con un sorriso.

“Dai Han, basterà raccontargli qualcosa in più per prepararlo a ciò che vedrà, ma non credo ci siano problemi se la magia ci permetterà di tornare!” Sara ardeva dal desiderio di vedere quell’elfo controllato ed apparentemente privo di emozioni, costretto ad avere a che fare con la tecnologia del ventunesimo secolo.

“Va bene!” Cedette Hanna sapendo che con lui sarebbero sia state al sicuro, e sarebbe tornate senz’ombra di dubbio “Ora non ci rimane che sperare che non sia cambiato nulla!” Pregò.

“Ma perché saremmo dovute giungere fin qui se rappresentiamo una minaccia? Non ha proprio senso!” Si interrogò Sara dando voce ai pensieri di tutti.

“Sembra un simpatico giochetto commesso dal fato!” Ironizzò Radagast.

“Il fato ha un pessimo senso dell’umorismo!” Si lamentò Hanna. 

 

*

 

“E loro non hanno battuto ciglio?!” Sara non riusciva a capacitarsi di ciò che aveva appena scoperto.

“Perché avrebbero dovuto?” Domandò Thranduil alzando un sopracciglio.

“Non so, forse perché sei il Re?” Chiese indicando la corona che ancora indossava “Puoi veramente sparire senza far sapere a nessuno dove vai?!” Sara aveva imparato che la curiosità per gli elfi era una forma di irriverenza, ma facendo completo affidamento sul loro sovrano si sarebbe aspettata un minimo di apprensione da parte loro.

“Sono il Re non devo dare spiegazioni a nessuno!” Protestò Thranduil dando sfogo al proprio sdegno nel vedersi costretto a indossare nuovamente abiti di fattura umana.

“Oh!” Sospirò delusa Sara.

Thranduil si costrinse alla calma. Non era colpa sua se dei semplici oggetti rievocavano ricordi sgradevoli....

“Perdona le mie maniere. Non lasciarti condizionare dal mio aspetto, prima d’ora non hai mostrato disagio per la mia posizione! Dai voce ai tuoi pensieri liberamente!” Disse l’elfo apparendo allegro.

“Ma tu sei il Re!” Il sovrano annuì “Potrei offenderti!” Sara si rilassò completamente al suono delle risate di Thranduil, così rare e preziose!

“Non l’hai mai fatto e non lo faresti intenzionalmente, ne sono certo!” Il Re vide la sorpresa mista a imbarazzo manifestarsi in Sara sentendolo affermare una cosa del genere. Eppure si conoscevano da anni, come poteva dubitare che lui non la conoscesse abbastanza......

“Solo Milo ha osato tanto!”Pensò Sara sapendo bene di non dar voce a pensieri del genere in grado di togliergli il sorriso.

“Sara, sei una dei pochi umani che si è guadagnata la mia piena fiducia ed amicizia, in caso di fraintendimento non saresti mai trattata come un semplice suddito!” La tranquillizzò.

“Solo......” “Solo?” La incoraggiò lui.

Sara alzò lo sguardo, fissandolo intensamente negli occhi “Come possono lasciarti andare da solo ed in un posto sconosciuto quando, l’ultima volta, che conoscevano la tua destinazione e ti reputavano protetto, sei scomparso e ti hanno dato per morto?!” Chiese lei finalmente.

Thranduil sorrise nel vedere quanto la ragazza fosse ancora fragile, nonostante dovesse riconoscere che era cresciuta e maturata molto dalla prima volta che aveva posato gli occhi su di lei.

“Hanno fiducia in me!” Disse con voce solenne “Sono il loro sovrano. La loro guida, colui che li protegge. Come potrei esserne degno se non riesco a proteggermi da solo?!” Chiese Thranduil.

“Lo pensi veramente oppure lo chiedi pensando all’ultima volta?!” Chiese soprappensiero per ritrovarsi a doversi correggere abbassando la testa nel tentativo di nascondere il proprio imbarazzo “Scusa, non avrei dovuto!”.

“Il passato non condiziona il mio presente!” Disse Thranduil irritato “Queste mie parole non nascono dai ricordi. Ma dall’esigenza di rivelare l’esistenza del varco solo ai pochi necessari!” Hanna entrò in quel momento.

“Lasciamo i pensieri cupi per il momento!” Disse Thranduil “Mi avete parlato molto poco del vostro mondo!” Fece notare sapendo quanto piacesse alle amiche raccontare e descrivere ciò che mancava loro.

“Giusto! Allora noi non abbiamo Re o Regine, almeno non nel mio paese. Quelli che voi chiamate guardie noi le chiamiamo “Forze dell’ordine” anche se il loro compito è lo stesso! Proteggere le persone e mantenere l’ordine!......”.

Parlarono molto della storia del loro mondo, spiegando senza troppi dettagli la cosiddetta rivoluzione industriale che aveva accorciato le distanze fra le varie nazioni e portato innovazioni in molti campi.

Thranduil era affascinato dai racconti delle ragazze. E trovava incredibile sapere che senza l’influenza oscura di Sauron, gli umani fossero progrediti così velocemente.

Non credeva possibile che le conoscenze scientifiche dei mortali potessero permettere loro di trovare agevolazioni per arricchire un regno.

Per molti secoli era stato convinto che esistesse la sola energia meccanica muscolare degli uomini e animali. La magia, essendo un dono, non veniva usata per scopi egoistici.

Invece adesso, più Hanna e Sara parlavano maggiore era la curiosità che aumentava dentro di lui.

Il desiderio di visitare il loro mondo cresceva ad ogni parola!

 

*

 

Il Re di Bosco Atro frenò il cavallo a pochi passi dai due stregoni.

Aegnor sbuffò impaziente. La cavalcata era stata fin troppo breve per lui.

Radagast era calmo e rilassato, perso chissà in quale mondo interiore, mentre Kalos sembrava eccitato quanto le due amiche.

Dopo dei brevi saluti ed aver legato i cavalli, si incamminarono su di una ripida salita piena di ciottoli. Serviva una determinata pietra per aprire il varco, ma la felicità delle ragazze le fece camminare veloci nonostante la pendenza.

Ad un certo punto il mago si fermò di fronte ad una grotta e dopo aver tastato la roccia con il suo bastone, cominciò a parlare in una lingua sconosciuta.

Se all’inizio sembravano parole, successivamente si trasformarono in lamenti.

Kalos si unì al proprio mentore senza esitazione.

Una luce simile al riflesso del sole appena sorto sull’acqua, o per le ragazze, quella di un flash appartenente ad una macchina fotografica, costrinse i tre a chiudere gli occhi e proteggersi alzando le mani.

Rimasero stupiti nello scorgere degli alberi dove prima c’era solo l’oscurità. L’immagine si muoveva, come se la stessero osservando da sott’acqua.

Hanna e Sara non sentirono le ennesime raccomandazioni del mago ma videro il suo cenno che diceva loro di poter andare e non se lo fecero ripetere......

Se il bagliore emanato dal varco era luminoso, si dimostrò niente in confronto al sole che le colpì in pieno viso ad un certo punto.

La prima cosa di cui Sara si rese conto era di trovarsi con la testa poggiata su qualcosa di morbido. Si mise a sedere di scatto appena si rese conto che era Thranduil a farle da cuscino.

“State bene?” Chiese l’elfo mettendosi seduto.

Hanna si alzò incerta sulle gambe, guardandosi attorno “Uhm, questo non è il bosco dietro casa!”.

“Grande spirito d’osservazione! Muoviamoci!” Disse Sara agitando una mano “Dobbiamo raggiungere la strada per capire dove ci troviamo!”.

“Se hai finito di dire cose ovvie, lascia che sfrutti a pieno una creatura magica!” Cominciò Hanna puntando un dito contro Thranduil.

“Prego?” Chiese lui infastidito.

“Potresti salire su di un albero ed usare la tua portentosa vista per individuare un.....o lei è diventata sorda, o io sono invisibile!” Protestò vedendo l’amica che aveva già attraversato un enorme cespuglio davanti a loro, ignorarla di sana pianta.

“Dai muovetevi!” Li chiamò Sara.

“Se ci chiama un’altra volta, la do in pasto a un ragno!” Si lamentò Hanna cercando di non far impigliare i capelli nei rami.

“Forz.....fermi!” Sara sentì l’entusiasmo scemare, sostituito da sensazioni sgradevoli.

“Che succede? Hai perso l’orientamento?!” Domandò l’amica raggiungendola per perdere il senso dell’umorismo appena posò gli occhi sul paesaggio circostante.

Hanna rimase basita nel vedere, oltre il grande cespuglio, molte persone intente a passeggiare e godersi quella bella giornata di sole.

Ma ciò che la colpì di più fu il notare numerosi grattaceli che interrompevano la distesa di vegetazione. Come aveva fatto a non accorgersene.

“Hanna......ricordo ponti magnifici in irlanda, corsi d’acqua, ma sui grattacieli ero all’oscuro!” Osservò Sara non riuscendo a dire altro a causa della confusione nella quale era precipitata.

“Di cosa parlate?” Domandò Thranduil cingendo le mani dietro alla schiena studiando curioso quegli umani vestiti con abiti così diversi.

“Ricordi che ti avevamo detto che nel nostro mondo eravamo aumentati di numero in maniera esponenziale!?” L’elfo annuì.

“Bene, per far fronte a questo problema abbiamo iniziato a costruire case sempre più alte, fino ad arrivare....” Hanna indicò con le braccia i grattacieli “....a questo!”.

“A dir la verità, molti sono uffici!” Puntualizzò Sara.

“Ignorala quando straparla!” Disse Hanna agitando una mano con un gesto sprezzante nella sua direzione.

“In verità stavo specificando un dettaglio...” insistette lei “.....Irrilevante! Ignorala quando è pignola!” Si corresse Hanna, intenta a seguire l’amica attraverso la vegetazione fin troppo curata.

“Oh, no! No! No! No! No!” Sara ebbe la conferma di non trovarsi dove credeva di essere. Le aiuole che vide una volta superato un albero dissiparono i dubbi, ma mai quanto ciò che lesse quando alzò lo sguardo.

“Sei uscita di senno?” Scherzò Hanna che studiava i dintorni non sentendosi particolarmente allarmata sapendo che erano tornate nel loro mondo.

“Maledetto......mago.....da.....strapazzo!” Sibilò Sara pestando i piedi per terra.

“Che stai facendo?! Te la prendi con un cartello? E l’essere invisibili lo butti a mare?” La riprese Hanna che seguendo il suo sguardo, aveva colto la medesima verità.

“Central park!” Urlò Sara indicando l’insegna con una mano.

“Si, ti ricordo che anch’io so leggere!” Disse Hanna incrociando le braccia al petto.

“I miei non vivono a New York!” Urlò Sara facendole notare quel minuscolo particolare.

“Eh cosa cavolo ci facciamo qui?!” Chiese Hanna più in generale che a qualcuno in particolare.

“È tutto inutile! Ci metteremmo un’eternità solo per il viaggio......e non abbiamo i soldi per l’aereo, o i documenti! Per non parlare che potrebbero essersi trasferiti! Mio padre ha sempre viaggiato molto!” Ragionò Sara tenendosi la testa con entrambe le mani e girando in tondo come un anima in pena.

“Calmati! Guarda che in certe situazioni il panico non aiuta!” Tentò di calmarla e calmarsi Hanna.

“Ma non capisci? Significa che è stato tutto inutile! Neanche tu potrai rivedere tuo padre!” Si disperò Sara.

“Ti ho già detto che non era nei miei piani rincontrarlo. È stato un punto di riferimento durante la mia adolescenza, lui è rimasto un buon amico!” Si spiegò Hanna tentando di spostare l’attenzione dell’amica.

“Sono ancora la stupida ragazzina che straparla sugli elfi da dietro le sbarre! Sono una vera.....ma dov’è Thranduil?!” Chiese appena sollevò lo sguardo verso l’amica, non vedendo l’elfo al suo fianco.

“COSA?!” Domandò Hanna guardandosi attorno senza riuscire a notare la figura slanciata e corpulenta da nessuna parte “Ma io l’ammazzo!” Ringhiò sentendo il terrore travolgerla come un fiume in piena. Perché aveva assecondato i suoi capricci facendolo andare con loro?!

Corsero a perdifiato, girando in tondo più volte, non avendo dimestichezza con quel parco fin troppo grande.

Trovare un’elfo con abiti non moderni poteva sembrare facile, ma non lo era!

Hanna si guardò attorno un’ultima volta, con l’intenzione di spostarsi nuovamente verso un’altra zona, ma appena fece il primo passo, si scontrò con qualcuno.

“Mi scusi, oggi ho proprio la testa fr.....TU!” Ringhiò contro Thranduil che la guardava spaesato.

“Siamo in pericolo?” Chiese lui stando allerta.

“Si, a causa della tua stoltezza! Ma come ti viene in mente di girovagare senza di noi!” La voce di Hanna si fece squillante per poi ridiventare profonda alla parola noi, marcandola per far capire al compagno che separarsi era qualcosa di proibito.

“Girovagare? Siete state voi a mettervi a correre per tutta la foresta!” L’accusò Thranduil alzando un sopracciglio, oltraggiato.

“Ma.....” non doveva ridere “....cosa....” effettivamente tutti quegli alberi potevano sembrare un piccolo bosco “....stai....” Hanna non resistette scoppiando in una fragorosa risata.

“Hanna....” in quel momento arrivò Sara, troppo impegnata a guardarsi attorno per notare l’elfo “Andiamo allo zoo! Gli elfi peccano di curiosità e credo che quello potrebbe attrarlo come le falene con la.....li mortacci tua! Ma hai idea della paura che ci siamo prese?” Thranduil sorrise. La loro apprensione era quasi commovente.

Si erano dimenticate che era un abile guerriero? Ma nonostante questo, sapeva bene che girovagare da solo poteva rivelarsi pericoloso in quel mondo sconosciuto, anche per un combattente come lui.

“Perché ridi?” Chiese Sara furiosa “Non c’è niente da ridere!”.

“Siamo.....siamo in un parco!” Riuscì a dire Hanna fra le risate.

“Cos’è un parco?” Anche Sara si mise a ridere.

“È......” Hanna si costrinse alla calma “....un grande.......giardino!” Si, era una descrizione giusta e che lui avrebbe potuto capire “Si, un giardino pubblico, percorso da viali. Molto spesso abbellito con piante ornamentali e aiuole fiorite. È un luogo di ricreazione e di passeggio!” Spiegò.

“Mettendo da parte la cultura generale....” si riprese Sara “Dove caspita eri finito?! Voi elfi potete diventare invisibili!?” Domandò.

“Ero salito su un albero per capire dove ci trovassimo. E anche per curiosità, lo riconosco. Non credo di aver mai visto tanti umani in tutta la mia esistenza!” Confessò Thranduil ricominciando a guardarsi intorno.

“Va bene. Se ci trovassimo dove credevamo di essere allora poteva andare bene, ma qui non puoi salire sul primo albero che vedi!” Disse Hanna come se stesse rimproverando uno dei suoi figli.

“Ti chiedo scusa. Non ho pensato che per voi umani potesse essere inusuale!” Thranduil ignorò il tono della compagna, capendo di aver sbagliato. Non si comportava in maniera avventata da anni. Ci erano voluti un varco magico ed i racconti di due umane provenienti da un mondo differente per fargli perdere ogni controllo!?

“Da quello che ho potuto dedurre, siete sorprese di trovarvi qui! I tuoi genitori abitano in un altro regno?” Chiese riportando la propria attenzione sulle due amiche.

“Piantala....di usare....termini vecchi dei secoli!” Disse Sara cercando di trattenere le risate “Loro abitano....in un’altra terra, molto lontano da qui!” Ritrovandosi però a doverlo assecondare affinché capisse.

“E perché ci siamo ritrovati così distanti?” Thranduil diede voce alla domanda che tutti si erano posti, non trovando alcuna risposta, a parte quella più elementare.

“Perché il mago ha fatto cilecca!” Rispose Sara furibonda “Avevo sperato con tutta me stessa...” “Aspetta!” La interruppe Hanna “Posso deprimermi in santa pace?” Protestò Sara che si stava spremendo le meningi nel tentativo di trovare una soluzione.

“No! Ricordi che lavoro fa tuo padre?” Hanna si sentiva in colpa per aver dubitato del mago. Era stato più sveglio lui di loro.

“Fai domande sciocche!” L’aggredì Sara una volta esaurita la pazienza.

“E tu ti lasci sopraffare dalle emozioni senza prima ragionare attentamente!” L’accusò Hanna offesa.

“Questo è vero!” Sara si calmò riconoscendo quella verità e cercando di capire cos’avesse intuito l’amica “Intendi che anche in questo caso ho......loro viaggiano molto!” Realizzò di colpo.

“Mi è venuta un’idea!” Disse Hanna avviandosi verso una meta precisa, nota solo a lei.

 

*

 

Thranduil camminava lentamente ricordando di aver visto la vegetazione incolta solo nelle campagne dove si erano accampati durante gli anni di guerra.

Gli umani erano svogliati e sciatti in molte cose ed essendoci abituati, non risentivano dell’aver lasciato quel giardino abbandonato e privo di ogni cura.

Storse il naso e con stupore li osservò passeggiare spensierati come non li aveva mai visti.

Molto diversi fra loro in quanto a tratti del viso, apparivano tutti ben nutriti, cosa che lo stupì anche sapendo, dalle ragazze, che avevano appreso una tecnica per conservare il cibo, che permetteva loro di avere scorte per tutto l’anno.

Esitò un momento quando vide la vegetazione scomparire di colpo, interrotta da una strada dove circolavano quelle che Hanna e Sara gli avevano presentato come “macchine”. Dei carri di ferro che gli umani usavano per spostarsi, delle carrozze che, sicuramente, si muovevano grazie alla magia.

Appena superarono l’ultimo albero l’elfo si fermò, irrigidendosi.

Hanna gli afferrò un braccio tentando di calmarlo quando lo vide guardarsi intorno nervosamente. Voltava la testa da una parte all’altra apparendo confuso e pronto a reagire.

Se gli elfi di Bosco Atro erano poco accoglienti, niente era paragonabile alle loro reazioni di fronte al pericolo. Se si sentivano minacciati diventavano letali!

Rispetto agli umani, che reagivano per pura disperazione o guidati dal panico, loro erano micidiali perché rimanevano perfettamente lucidi!

Una miriade di suoni raggiunsero le orecchie di Thranduil contemporaneamente.

In sottofondo c’erano rumori che non riusciva a distinguere, forti che coprivano i deboli e voci di timbri differenti anch’esse a volumi diversi.

Percepiva numerose presenze dentro agli edifici!

Gli umani erano sempre stati chiassosi e numerosi, ma questo era sempre stato per lui inconcepibile, oltre a reputarlo impossibile.

Ogni persona possedeva un odore pungente tutto suo e l’odore di cibo caldo appena cucinato riempiva l’aria permettendogli di individuare i vari banconi dove erano esposte tali pietanze.

Thranduil strinse i pugni. Sentiva la frustrazione aumentare, non sapeva se più per quello sconvolgimento dei sensi, o per il fatto che non capiva la lingua parlata dai mortali.

“Ehi! Guardami!” Lo chiamò Hanna afferrandogli le mani per attirare la sua attenzione “È tutto a posto! Non ci sono pericoli, solo confusione!”.

Hanna lo sentiva irrigidirsi a scatti, e dall’espressione corrucciata che aveva comprese qual’era il problema che non aveva minimamente considerato: l’udito elfico!

Non era teso per il gran numero di persone, ma per la miriade di suoni che riusciva a captare.

“Bhe credo fosse impossibile prepararlo a questo! In una città del genere ci sono milioni di persone!” Disse Sara sollevata nel vedere che l’amica stesse facendo un ottimo lavoro nel calmare l’elfo.

“C’è un pericolo, ce ne sono molti!” Le informò Thranduil prendendosi la testa con le mani come a volersi tappare le orecchie e alleviare il mal di testa “Posso percepire persone urlare e chiedere aiuto, altre arrabbiate......questi umani  non mascherano affatto le emozioni!”.

“Diciamo che non abbiamo perso l’abitudine di ingannare e farci del male a vicenda, ma avendo vissuto l’infanzia in questo mondo, sappiamo dove sono eventuali pericoli e siamo in grado di evitarli, per questo ti ho detto di non preoccuparti!” Gli disse Hanna tirando un sospiro di sollievo nel vederlo leggermente più rilassato.

“Vuoi che torniamo nel parco, tanto di tempo ne abbiamo!” Sara ricambiò l’occhiataccia di Hanna con una finta faccia innocente. Sapeva bene che l’elfo odiava mostrarsi debole e rallentare qualsiasi cosa stessero facendo.

Per questo Thranduil abbassò le mani e rispose deciso “Possiamo procedere!” Inclinando la testa verso Sara, invitandola a fargli strada.

L’elfo era ancora allerta e voltava la testa a scatti appena percepiva qualcosa, sicuramente lontano alcuni metri dato che le amiche non sentivano niente che potesse allarmarle.

“Se ammazza qualcuno la colpa è interamente tua!” L’aggredì Hanna.

“Mi avete chiesto di non uccidere nessuno ed io ho promesso di rispettare i vostri desideri!” Ricordò Thranduil.

Sara sorrise trionfante ed Hanna alzò gli occhi al cielo.

L’elfo focalizzò la propria attenzione su ciò che lo circondava, riuscendo dopo soli pochi minuti di camminata, ad ignorare o eliminare dalla sua testa, i suoni troppo lontani da dover essere ascoltati. Gli Uomini se da una parte avevano prosperato, per altre le cose erano rimaste invariate.

Vide persone rubare, altre litigavano senza alcun ritegno, anche se aveva vissuto molto in mezzo a quelli della loro razza, era consapevole di non conoscere gli uomini del suo mondo.

Lui aveva visitato le loro città in veste di sovrano, dove l’etichetta nascondeva in parte il loro reale modo di rapportarsi.

Un riflesso di luce catturò la sua attenzione e si fermò completamente assorbito da ciò che stava osservando.

Un oggetto piccolo e lungo, si muoveva veloce su di una piccola e stretta base nera. All’apparenza sembravano tanti piccoli carri legati fra loro in fila indiana, un meccanismo unico presente nel primo, li faceva camminare.

Era incredibile, neanche la cera migliore rendeva il legno così luminoso. Allora cos’era?!

Avvertì i passi delle ragazze fermarsi quasi subito e tornare indietro. Erano molto più vigili del solito.

“Quale materiale usate per realizzare tali invenzioni?” Domandò osservando tutti gli altri oggetti semoventi presenti in quella che loro chiamavano, vetrina, dove venivano esposti gli articoli in vendita.

“Plastica! Non l’hanno ancora inventata da voi!” Rispose Hanna sorridendo immaginando Aranel che giocava con un trenino elettrico.

“È resistente?” Chiese l’elfo curioso.

“Non quanto il legno, ma si, molto resistente!” Cominciò a parlare Sara, mettendosi nella posizione da “lezione”: spalle rilassate, mani in alto per mimare l’argomento in questione, occhi che fissavano il cielo mentre ricordava cose teoriche studiate tempo addietro “È una fibra artificiale creata dall’uomo. È bastato unire dei polimeri....” “Non è un’interrogazione!” La fece smettere Hanna.

“Si ma l’orgoglio dato dalla mia memoria eccezionale l’ha resa tale!” Si ritrovò a dover ammettere Sara.

Hanna fu costretta a chiedere delle indicazioni, più a gesticolare a causa dell’ansia ed impazienza che le facevano sbagliare disposizione di parole.

Conosceva bene l’inglese, ma interagire con qualcuno del proprio mondo di provenienza, era come essere ad un’interrogazione.

Comunque riuscirono a trovare un negozio di elettronica, uno all’altezza dell’euronics che conoscevano. 

“Best Buy! Nome azzeccatissimo!” Disse Sara prima di entrare.

Dopo aver riso per mezz’ora nel sentire l’elfo chiamare i televisori “specchi magici”, Sara, dopo una ricerca accurata, riuscì ad appropriarsi di un computer in vendita ma perfettamente funzionante, con cui cercare ciò che le interessava. 

“Bingo!” Esultò riconoscendo il logo che aveva visto fin da bambina “L’azienda di mio padre ha una sede vicino all’Empire State Building, sulla trentaquattresima strada!”.

“Perfetto! Lungo la strada ci fermiamo in un posto!” Annunciò Hanna trascinando Thranduil verso l’uscita.

“Quale?” Chiese Sara delusa. Perché perdere tempo?!

“Te lo dico mentre camminiamo!” Disse l’amica senza voltarsi per guardarla.

“Hanna!” Protestò Sara impaziente.

“Tranquilla! Non andiamo nel covo di una gang criminale!” La placò Hanna.

 

*

 

“Solo tu in momenti del genere puoi pensare a tutt’altro!” Si fece sentire Sara.

“Piantala di lamentarti! Se vogliamo rimanere nell’anonimato dobbiamo trovare qualcosa di più convincente! Per quanto siano abiti umani, sembriamo uscite dal retroscena di un film storico!” Disse Hanna indicandosi i vestiti. Celando il fatto che avesse veramente molto freddo.

“Non mi stavo lamentando, solo illustrando una verità!” Rispose Sara piccata “Questa grande idea del momento doveva venirti proprio adesso? Perché non dieci minuti fa? Le tue idee geniali hanno un modo tutto loro di presentarsi!” Disse nervosa, per quanto dovette riconoscere la verità nelle parole dell’amica.

“Sei la persona più sparagiudizi che conosca!” Si sentì in dovere di sottolineare Hanna.

Venendo puntualmente ignorata “A proposito dell’anonimato......Dove stiamo andando?! Ci saremmo dovute muovere tempo fa!” Chiese Sara sentendosi improvvisamente molto scoperta ed osservata. Anche se, gli abiti poveri che indossava, non attiravano la minima attenzione.

Entrarono in una piccola chiesa ed Hanna, dopo aver chiesto qualche informazione, andò diritta da un prete in particolare.

“Good morning, are you Father John?”(Buongiorno, siete voi padre John?) Domandò.

“Welcome dear girls and welcome to you sir! What can I do for you?”(Benvenute care fanciulle e benvenuto a lei signore! Cosa posso fare per voi?) Chiese l’uomo con una gentilezza disarmante.

“We would need some warm clothes if it doesn't bother her too much!”(Ci servirebbero dei vestiti pesanti se non le è di troppo disturbo!) Disse Hanna a cui tornarono in mente gli anni di catechismo.

“Not at all! You are always welcome in the lord's house! And it is my duty to help the needy! Please, this way!” (Affatto! Si è sempre benvenuti nella casa del signore! Ed è mio dovere aiutare i bisognosi! Prego, da questa parte!) Le accolse padre John con un gesto della mano, per avviarsi verso la stanza dove tenevano il vestiario.

Per non destare sospetti, si vestirono separatamente, le ragazze in un bagno, Thranduil nell’altro, con la raccomandazione di non toccare niente.

Rivelatasi inutile dopo che era tornato con in mano la manopola del water e si era scoperto che aveva aperto la piccola cisterna dietro al gabinetto, forse per scoprire come funzionasse.

Sara si fermò ad osservare l’oratorio. Le ricordava tantissimo gli anni in cui frequentava quello della chiesa sotto casa “Is everything okay?”(È tutto a posto?) Le chiese padre John avvicinandosi. La ragazza non rispose consapevole di avere una lingua fin troppo sciolta.

“Peaceful, professional secrecy. Everything you say in confession stays between the two of us! Even if you killed ten people I couldn't tell!”(Tranquilla, segreto professionale. Tutto quello che dici durante la confessione rimane fra noi due! Anche se tu avessi ucciso dieci persone non potrei dirlo!) La rassicurò il padre.

“And does it seem right to you?”(E a lei sembra giusto?) Domandò Sara deviando il discorso, non avendo voglia di confidarsi.

“I can not do anything about it!”(Non posso farci niente!) Ammise padre John “I can make a great cappuccino, but now we have a new coffee machine, maybe you could teach me how to use it!”(So fare un ottimo cappuccino, ma ora abbiamo una nuova macchinetta per il caffè, forse potresti insegnarmi come si usa!) “You seemed very thoughtful!” (Mi sei sembrata molto pensierosa!) Il tentativo era molto goffo, ma il padre era sicuro di ciò che offriva “Sure you didn't want a coffe?”(Sicura di non volere un caffè?).

“Another time father!”(Un'altra volta padre!) Rispose Sara con un sorriso.

“If you don't have a place to stay....” (Se non avete un posto dove stare....) la fermò padre John “...I could offer a solution. Temporary, but you could stop here for tonight!”(...potrei offrire una soluzione. Temporanea, ma per questa notte potreste fermarvi qui!).

Thranduil si era legato i capelli rimettendo subito il cappello al suo posto, non volendo far vedere quella caratteristica peculiare che avrebbe attirato fin troppa attenzione.

Hanna dopo un’occhiata sorpresa, sembrò avere lo stesso pensiero perché disse “Il cappello tienilo, non si sa mai!”.

Hanna non riusciva ad essere arrabbiata con lui più di tanto, per l’incidente del bagno. Anche lei aveva avuto la medesima curiosità una volta nel regno, volendo scoprire ogni minimo particolare della vita degli elfi.

Ora che si trovava davanti a nuove invenzioni era normale tale desiderio di conoscenza.

Sentiva Sara parlare con padre John e si chiese cos’avesse in mente.

Le pareti amplificavano il suono non permettendo neanche all’elfo di comprendere cosa dicessero e non solo per un problema di lingua.

“Ragazzi!” Un’euforica Sara corse loro incontro “Ho risolto il problema di stanotte!” Rivelò orgogliosa.

Rispose subito agli sguardi interrogativi dei due “Padre John ci ha offerto un letto per tutti noi! Per una notte ha detto che va bene!”.

“Sono sorpresa! Per una volta non hai combinato un disastro!” Disse Hanna scegliendo una giacca imbottita con il pail.

“Per non farci perdere tempo, mi asterrò a rispondere a questa frecciatina!”

Thranduil si bloccò un momento e prima di uscire ruotò leggermente il capo.

L’uomo lo fissava di rimando.

L’espressione del volto non lo tradiva, gli occhi invece erano pieni di sospetto e percepiva di essere osservato a fondo da quell’umano.

 

*

 

“Eccolo!” Sara improvvisamente perse tutta la vivacità e spensieratezza che l’avevano sempre caratterizzata. Subito dopo un pranzo offerto da padre John erano corse verso la loro meta.

Thranduil alzò lo sguardo. L’edificio era fatto interamente in vetro e si chiedeva come potesse non cedere, senza contare che non riusciva ancora a capacitarsi che gli umani fossero stati in grado di costruire qualcosa di così imponente.

“Come intendete agire?” Domandò l’elfo guardando con interesse un negozio pieno di luci ed  oggetti in movimento.

“Aspettando di intravedere chi cerchiamo!” Rispose Sara.

“Abbiamo intrapreso questo pericoloso viaggio solo per concluderlo con te che sbirci da dietro un lampione?” Chiese Hanna non capendo l’esitazione dell’amica.

Se avesse potuto rivedere i suoi gli sarebbe saltata addosso, soffocandoli in un caloroso abbraccio. Giusto per far capire quanto gli erano mancati....

“Vuoi insultarmi?!” Protestò Sara offesa.

Hanna per la prima volta, sembrò capire di non dover dire altro “Io entro in quel negozio mentre fai l’appostamento!” Li informò trovando interessante girare per i negozi anche se non poteva comprare niente.

Thranduil distolse l’attenzione da tutti quegli stimoli.

Nonostante la sua curiosità mista a allerta, percepiva bene l’incertezza di Sara.

“Stai bene?” Domandò inclinando di lato la testa, incoraggiando la ragazza ad alzare lo sguardo.

Sara ci mise un po’ a rispondere e quando lo fece appariva più tesa di prima.

“Se fossi stato costretto a tornare nel mondo dei romani....ti saresti mostrato a Legolas un’ultima volta?” Chiese mentre sembrava cercare disperatamente una risposta al proprio dilemma.

“Per abbandonarlo una seconda volta?” Domandò Thranduil capendo quale lotta interiore stesse combattendo l’amica.

“Ma la prima non è stata intenzionale!” Disse Hanna che era appena risbucata da chissà dove.

“Non importa cosa pensiamo, lui l’ha vissuta come tale!” Precisò Thranduil sentendo i sensi di colpa tornare per il dolore che aveva inflitto al suo stesso figlio.

“Non posso riappacificarmi con i miei?” Domandò Sara impaurita. Se non poteva a cos’era servito quel viaggio? Ma dato che poteva, era proprio la cosa giusta da fare?

“Avevate litigato l’ultima volta che vi siete visti?” Domandò l’elfo continuando a scrutare i volti delle numerose persone che entravano ed uscivano dall’enorme entrata dell’imponente edificio.

“No, ma facendo quella passeggiata abbiamo mentito loro!” Si confidò Sara raccontando qualcosa di cui si era sempre astenuta di parlare. Almeno non nei dettagli.

Thranduil arricciò le sopracciglia in un espressione smarrita.

“C’era brutto tempo, loro sarebbero tornati solo a tarda sera e ci avevano raccomandato di restare in casa!” Cominciò il racconto Sara “Abbiamo deciso di ingannare l’attesa cucinando, ma mancavano alcune cose, così siamo uscite...” proseguì Hanna per lei.

“Prendere una scorciatoia per il bosco si è rivelata una pessima idea. Ho visto uno scoiattolo ed inseguendolo per fargli una f....beh, seguendolo sono inciampata....” disse Sara decidendo di non parlare di dettagli irrilevanti e all’elfo, sconosciuti.

“Io ho tentato di afferrarla, ma il suo peso era troppo da sostenere ed ho finito per cadere con lei! Abbiamo rotolato lungo una discesa finendo nella fitta vegetazione!” Rivelò Hanna facendo sorridere Thranduil che non trovava difficile immaginarsi una scena del genere.

“Devo aver colpito qualcosa, un tronco o un sasso, perché la cosa successiva che ricordavo erano le voci di quelli che poi abbiamo scoperto essere romani, avvicinarsi sempre più!” Ricordò Sara vedendo il passato scorrerle davanti agli occhi come fosse stato la scena di un film.

 

“Solo noi siamo patite di musica al punto da accendere delle minicasse persino mentre camminiamo!” Commentò Sara continuando a guardarsi attorno per accertarsi che nessuno fosse in giro. A causa della pioggia la cassa stava sotto alla mantellina e le onde sonore si propagavano sotto di essa così che le poche persone incrociate, guardassero lei strano, ignorando l’amica che aveva avuto quella splendida idea.

“Non criticare Sia!” Disse Hanna protettiva.

“Sto solo esprimendo un opinione sulla nostra originalità!” Si difese Sara.

“Senti, ma vuoi veramente metterci il baccello di vaniglia nel sugolo? Da così poco sapore che mi pare indifferente!” Domandò Hanna che pur essendo molto brava a cucinare, preferiva non seguire la ricetta passo passo.

“Mio padre mangia solo il sugolo migliore! Ed ogni componente, per quanto insignificanze o piccolo, è fondamentale!” Disse Sara agitando l’indice per aria, come per volersi far ascoltare, o valere. Non era ben chiaro....

“Altro che medico, tu saresti stata un ottima politica! Oppure avvocato, sai farti valere.....” “Tu che fai complimenti?! Lo yogurt di oggi era avariato?” “......quando non ci sono ragazzi con cui fare la svenevole!”

“Ora ti riconosco! E non faccio la.....quella cosa là, sono solo molto timida!”

“Lo dici come se saperlo aiutasse!” Sbuffò Hanna.

“La consapevolezza è il primo passo verso il migliorarsi!” Urlò Sara con troppa spavalderia.

“Per potersi migliorare, semmai! Quando ti impanichi usi un linguaggio tutto tuo!” La prese in giro Hanna.

“Basta, da ora in avanti ti ignoro!” Decretò Sara arrabbiandosi per non aver vinto quella battaglia dialettica.

“Sara.....” la chiamò Hanna con un tono sorpreso.

“Non mi hai sentito?!” Chiese Sara accelerando il passo.

“Guarda! Uno scoiattolo!” Questo la fece fermare di colpo.

“Cosa!?” Chiese voltandosi, aprendo la bocca a forma di O e sgranando gli occhi per la meraviglia “Shh! Fai silenzio! Stavolta lo prendo!” Disse tirando fuori il cellulare per mettere pausa la musica e scattare una foto.

“Scommetto cinque euro che uscirà mossa, sfocata e tutto quello che di peggio tu possa fare per renderlo irriconoscibile!” Scherzò Hanna avanzando lentamente dietro all’amica, parlando a bassa voce.

“Se succede sarà solo ed unicamente colpa tua!” Rispose l’altra infastidita.

“Ovviamente!” Hanna alzò le spalle ricordando quanto Sara non credesse a tali parole dato che era poco superstiziosa.

Seguirono l’animale per poco, prima che si addentrasse nella vegetazione.

“Sara non vorrai seguirlo! Potrebbero esserci dei serpenti lì in mezzo!” La riprese l’amica nervosa.

L’altra si sporse in cima alla ripida discesa aggrappandosi ad un ramo “Ho visto dov’è la sua tana!” Esultò entusiasta.

In quel momento il ramo cedette parzialmente ma fu sufficiente per far perdere l’equilibrio alla ragazza che si aggrappò completamente ad esso, sentendo la gravità tirarla verso il basso.

“Hanna!” Chiamò disperata l’amica che l’afferrò per la giacca nel vano tentativo di tenerla. Ma la pioggia aveva resto il terreno fangoso e l’asfalto non dava una solida base.

Le scarpe di Hanna scivolarono sempre più, facendo diminuire la forza della presa con cui impediva all’amica di cadere. 

Appena il ramo cedette il peso di Sara trascinò giù entrambe che riuscirono ad urlare prima che l’impatto con il terreno le zittisse, facendole sparire silenziosamente nella fitta vegetazione.

 

*

 

Arrivò la sera e Sara sentiva la morsa allo stomaco aumentare all’idea che il tempo stava scorrendo troppo velocemente.

Se non fossero riusciti non ci sarebbe stata una seconda possibilità.

Ma riusciti in cosa?!

Ora metteva in dubbio la sua idea iniziale. Come aveva fatto una notizia tanto gioiosa a trasformarsi nell’origine di tanti dubbi e domande?!

Hanna e Thranduil sembravano molto più rilassati, lei interessata a mostrargli quante più cose possibili del loro mondo, lui curioso che ascoltava come un bambino a cui racconti una nuova favola della buonanotte.

Poteva rendersi conto che con Hanna aveva molto in comune, compresa una brusca separazione con i loro genitori.

Ora che lei aveva la possibilità di rivederli si sentiva smarrita come quando si erano rese conto, una volta che le catene erano state chiuse per la prima attorno ai loro polsi, che la loro vita sarebbe cambiata senza la minima possibili di scelta.

Cos’avrebbe fatto una volta ritrovati i suoi? Loro come avrebbero reagito?!

Cosa poteva riparare tutti quegli anni di lontananza?

Grazie a Thranduil la loro possibilità di una nuova vita all’infuori della schiavitù era stata meglio di quanto avessero mai potuto sperare, ma se lui non aveva abbandonato suo figlio perché lei lo avrebbe fatto con i suoi.

Nel ventunesimo secolo aveva ancora dei legami, persone che la amavano e che lei amava. Hanna sarebbe rimasta con i suoi figli, di questo avevano discusso e lo sapeva ancora prima di sentirglielo dire.

Aveva persino optato per l’assurda idea di convincere i suoi a seguirla attraverso il portale. Ripensandoci appena si era resa conto di quanto potesse essere egoista un idea del genere.

Ma pensare di rimanere era altrettanto assurdo.

Il destino, gli dei, non sapeva grazie a cosa o chi, ma si era ritrovata davanti la possibilità di avere una vita meravigliosa e non se la sentiva di rinunciarci.

Eppure avrebbe dovuto lasciare andare per forza qualcosa.

Qualcosa che non avrebbe rimpianto.

Ripensandoci e riflettendoci attentamente le era tornato in mente quel minuscolo particolare chiamato immortalità, che l’aveva obbligata a prendere la sola scelta di tornare nel mondo di Arda.

Ora si rendeva conto che per quanto meraviglioso e sperato, quest’incontro sarebbe stato molto breve.

Era meglio optare per un discorso introduttivo procedendo lucidamente e con calma o buttarsi a razzo e sperare che i suoi genitori avrebbero creduto alla sua assurda storia?!

Più ci pensava e più Sara malediceva il mago Bruno di aver aperto lo stramaledetto varco!

 

*

 

La mattina seguente, dopo rapidi saluti, tornarono alla loro postazione, ma con grande sorpresa, si resero conto che erano in corso delle celebrazioni.

Sembrava molto un evento promozionale ideato dall’azienda a fini commerciali.

Grandi palloni volteggiavano nel cielo sulla piazza antistante alla sede, sotto di essi vi erano pubblicità e la maggior parte degli slogan più usati.

Thranduil scrutava la scena con interesse. Molte persone vestite con abiti elaborati, per cui bastava un’occhiata per capire che la stoffa con cui erano fatti fosse pregiata, parlavano tranquillamente fra loro con modi molto simili all’alta borghesia.

Gli altri indossavano abiti davvero bizzarri che non sapeva definire.

Un sorriso gli si accennò appena vide un accalcamento di persone. A prima vista non aveva compreso cosa le attirasse, ma vederle allontanarsi solo quelle con in mano pietanze mai viste aveva cancellato ogni dubbio.

Hanna e Sara gli avevano accennato che nel loro mondo avevano inventato vari modi per “conservare” il cibo. In questo modo durante l’inverno nessuno moriva di fame ed anche se, da una piccola parte, lo trovava ingegnoso, dall’altra gli veniva il voltastomaco al pensiero di mangiare pietanze vecchie di giorni.

Per quanto potessero conservarle bene, non erano fresche!

Ma tale notizia non lo sconvolse più di tanto. Quegli umani passavano la maggior parte del tempo a mangiare. Non gli era mai capitato di trovare una taverna vuota o non notare qualcuno passeggiare senza avere del cibo in mano.

Come a volergli dare ragione, Sara tornò la suo fianco con un piatto pieno di cibo fra le mani.

Dando il cambio ad Hanna che aveva giustificato la fame improvvisa dicendo “L’ultimo ricordo del nostro mondo lo preferisco così, invece di noi due che rotoliamo nel fango!” Prima di gettarsi verso quello che chiamavano buffet, come se non toccasse cibo da giorni.

L’elfo si mosse sul posto inquieto. In mezzo a quella moltitudine si sentiva nervoso. 

E come a volerlo distrarre, un uomo attirò la sua attenzione.

Furono i suoi occhi, fin troppo familiari, a farlo risplendere in mezzo a quella moltitudine. Azzurri come il mare, anche se leggermente opachi, come velati dalla tristezza, erano identici ad un’altro paia che avrebbe riconosciuto senza difficoltà.

“Sara.....” “Si, che c’è?” Chiese lei mentre cercava di togliere i pezzi più grossi di cipolla “Credo tu abbia finalmente trovato ciò che per anni potevi solo desiderare!” Le parole di Thranduil le fecero alzare la testa e seguì lo sguardo dell’elfo.

L’intero piatto cadde a terra. La fame dimenticata.

La sua memoria era stata formidabile, perché la persona che si ritrovò a fissare era cambiata veramente tanto.

Essendo suo padre non fu difficile riconoscerlo, anche se di spalle.

Sentì qualcosa dentro di lei muoversi. Non sapeva definirlo, ma era certa che una parte di sé avesse riconosciuto quella presenza che per anni era stata la sua guida ed il suo guardiano.

Si trovava dall’altra parte della strada, ma per lei era come stargli accanto.

Quando si voltò sperò e sognò che i suoi occhi la guardassero con l’affetto che era sopravvissuto nei ricordi, solo per immaginare il dolore che li avrebbe riempiti appena saputo che non poteva restare.

Sara si mosse sul posto incerta.

Il tempo a disposizione era troppo breve. Forse i suoi sarebbero stati sereni sapendola al sicuro, avrebbero perdonato la sua fretta, per la gioia provata nel rivederla.......

Un tremore la fece sobbalzare, come se la persona appena comparsa nella sua visuale l’avesse sorpresa alle spalle.

Sua madre, con indosso un vestito verde zucchina, i capelli ordinati in una messa in piega appena fatta, ed un enorme borsa che sembrava contenere il suo intero guardaroba. La sua stravaganza non era affatto mutata nel tempo.

Si salutarono felici ed a braccetto, si incamminarono verso una meta nota solo a loro.

Apparivano spensierati, allegri......felici.

No, era meglio così.

Era una sua necessita saperli al sicuro.

Forse loro la credevano morta, pregavano ogni giorno che ovunque fosse stesse bene, qualunque cosa poteva essere accaduta, stavano bene ed erano rimasti uniti.

Mentre cominciava ad allontanarsi, ignorò lo sguardo stupito di Hanna e quello consapevole o orgoglioso di Thranduil, era difficile decifrarlo....

La camminata verso un’ultima meta decisa da Hanna fu silenziosa e Sara si accorse che l’amica era entrata in un negozio, solo quando Thranduil la fermò con un gesto gentile.

Hanna aveva ripreso a smanettare sulla tastiera di un computer. Gli anni passati lontani dalla tecnologia non avevano influenzato la sua dimestichezza.

Questa volta aveva cercato il suo nome ed il video mostrava una fiaccolata.

Hanna and Sara are our two stars who now that shine in heaven!(Hanna e Sara sono le nostre due stelle che ora brillano in paradiso!) sotto il titolo dell’articolo lessero “Uno squilibrato, Jerry Bones, si trovava a Magheracar, quartiere Irlandese che è sempre stato un’ambita meta turistica, nei pressi del paesino di Bundoran, in Irlanda. Il signor Bones ha confessato di aver ucciso ed occultato i cadaveri delle due giovani ragazze, parole risultate vere grazie a numerose prove trovate dagli agenti, tra cui molti oggetti personali. È stato condannato all’ergastolo a causa del suo coinvolgimento in altri due omicidi. Il padre e tutore delle due vittime ha ammesso ai media di aver perdonato il brutale omicida, affermando che da una tale tragedia non possa scaturire solo l’odio. Ha fondato un’organizzazione che aiuti le vittime di tali crimini chiamata Sister Forever, a memoria delle giovani i cui sogni sono stati spezzati troppo presto, così come le loro vite!”.

Sara prese una grossa boccata d’aria, ascoltando la traduzione di Hanna come se non avesse appena letto l’articolo e glielo stesse dicendo a voce per la prima volta.

“Almeno è scaturito qualcosa di buono da questa avventura!” Tentò di tirarla su Hanna. Era legata ai genitori dell’amica, ma non sarebbe mai stato come se fossero stati i suoi.

“Soffro al pensiero di tutto il dolore che ho inflitto loro.....” si voltò guardando Thranduil con occhi lucidi “....per questo capisco che è meglio non riaprire vecchie ferite!” Disse.

“Torniamo a casa!” Sussurrò Thranduil con un calore tale da far concordare entrambe le amiche.

Bosco Atro era la loro casa, e nonostante le sfide che avrebbero dovuto affrontare, compresero che più che appartenere ad un posto, l’importante è restare con chi ami.

Lo stesso amore che spinge a fare scelte dolorose, ma necessarie.

 

*

 

Sara si allontanò dalla grotta correndo felice giù per il pendio riuscendo miracolosamente a non fare l’ultima parte rotolando.

Thranduil si guardò attorno, chiedendosi perché il ritorno fosse stato meno complicato vedendo che non si erano ritrovati per terra come all’andata.

Incrociando gli occhi di Radagast, che si trovava in fondo alla discesa, lo vide meravigliato quanto lui, anche se probabilmente per ragioni opposte.

Scese con calma aiutando Hanna nei punti più scivolosi per salutare i maghi una volta raggiunti i cavalli.

“Perché siete tornati così presto?” Kalos diede voce alla domanda che il mago bruno non riusciva a porre nella confusione in cui si era ritrovato, incrociando le pupille mentre era perso nei suoi pensieri.

Hanna alzò lo sguardo e vide che la luna era ancora altra in cielo. Condivise la sorpresa dei maghi quando si rese conto che sarebbero dovuti tornare a mattina inoltrata e non la notte.

Il tempo scorreva in maniera diversa nei due mondi?!

“Quanto è passato?” Domandò Thranduil non sembrando particolarmente allarmato.

“Solo poche ore! Cioè, di meno di quanto ne avreste dovute passare dall’altra parte!” Si corresse Kalos cercando riparo da un’eventuale scatto d’ira del Re.

“Che strano!” Si fece sentire Sara che si trovava già in groppa al suo cavallo “Da noi è passato il tempo previsto! Dodici ore. Pensa che eravamo molto puntuali quando abbiamo raggiunto il varco!” Lo informò per niente turbata.

“Alquanto curioso!” Commentò Radagast uscendo dal proprio silenzio riflessivo.

“È curioso....” cominciò Hanna che appena aveva rivisto il mago aveva deciso di volere delle risposte “...che ci siamo ritrovate in un posto diverso rispetto a quello in cui siamo scomparse anni fa!”.

“Già, è vero che poi abbiamo avuto una botta di fortuna incredibile.....ma che è successo?!” Chiese Sara più curiosa che arrabbiata come l’amica.

Radagast batté il bastone in terra molte volte, come se stesse cercando le parole giuste per rispondere “Il vostro mondo è vasto, per questo ho usato un particolare incantesimo che vi facesse apparire non in un luogo casuale, ma vicino a coloro che desideravate incontrare!” Disse dissolvendo tutti i dubbi.

“Ma dircelo prima, no eh?” Chiese Sara esasperata appena si ricordò il terrore provato quando aveva scoperto dove si trovavano.

“Infatti! Ci siamo prese un colpo!” Protestò Hanna trovando irritante la pacatezza del mago nel rispondere a quel quesito.

Thranduil sorrise nel vedere le ragazze mettersi a litigare con Kalos appena si era messo in mezzo difendendo il mago che appariva anch’egli divertito.

L’ombra di dolore che le aveva sempre accompagnate era rimasta dall’altra parte del varco. Quelle fanciulle, così giovani ed ingenue erano riuscite a lasciarsi alle spalle il passato che per molto tempo le aveva fatte soffrire. 

Cambiarlo era impossibile e come gli umani, erano concentrate a vivere la vita presente.

Il Re di Bosco Atro si promise che avrebbe fatto tutto il più possibile per renderla meravigliosa e piena di felicità.

 

Chiedo scusa per il ritardo.

Tra lo studio, un piccolo blocco e la difficoltà riscontrata nello scrivere questo capitolo, ho tardato la pubblicazione!

Questa è una parentesi molto importante per Sara e divertente sotto molti punti di vista! (Ho risposto a molte delle domande sul passato delle ragazze!).

Trovando serenità con i dubbi e le domande irrisolte Hanna e Sara ora potranno vivere libere e felici a Bosco Atro. 

Il prossimo capitolo sarà un preludio dell’attesissima Battaglia delle Cinque Armate! Non dico altro.

Sarà dopo il prossimo capitolo che ci catapulteremo completamente nel capolavoro di Jakson ed anche lì ne vedremo delle belle.

Seguirò la storia è vero, ma mi sono presa la libertà di modificare qualcosina data la presenza dei miei personaggi!

A presto,

X-98

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Capitolo 23
*** Il ricordo di un’antica rabbia ***


In una bella giornata soleggiata i bambini stavano comodamente seduti di fronte al Maestro che spiegava accuratamente la particolare proprietà di ogni pianta che prendeva in mano.

Aranel mal sopportò quella lezione, sbadigliando ogni cinque minuti, ma si rianimò appena cominciarono le prove di tiro con l’arco.

Quando il Maestro li richiamò, decise di non tornare in classe, le lezioni di sindarin erano molto interessanti, ma se il Maestro la zittiva in continuazione come poteva capire se stava sbagliando o no?

Quindi decise che le lezioni di tiro con l’arco sarebbero state molto più utili, soprattutto perché adesso era il turno dei grandi.

Poco prima di entrare in classe, intercettarono la fila di studenti che si stava dirigendo in giardino ed Aranel fu veloce a mettersi dietro all’ultimo.

Il suo Maestro era già entrato in classe e questa leggerezza aveva giocato a suo favore.

Una volta fuori si nascose in un cespuglio per assistere alla lezione.

I ragazzi grandi svolgevano lezioni molto più interessanti. I loro obbiettivi si muovevano, o dovevano colpirli correndo, saltando, insomma, nessuno stava mai fermo!

Aranel rimase a lungo nascosta ad osservare ed appena l’occasione si presentò, si fece avanti ed una volta afferrati arco e frecce rilasciò la corda.

Un enorme sorriso le si aprì in volto appena colpì il bersaglio che si muoveva. Non aveva fatto centro, anzi la freccia era conficcata al di fuori dall’anello più esterno, ma era comunque un ottimo risultato, secondo la sua opinione!

“E tu chi saresti?” Chiese il ragazzo di cui aveva preso il posto.

“Perché vuoi sapere il mio nome se non mi dici il tuo?!” Domandò Aranel di rimando avendo percepito l’ostilità nella voce del ragazzo.

“Non è questo il tuo posto. Torna in classe prima di costringermi a chiamare il Maestro!” La minacciò lui.

“Vai, intanto io mi alleno!” Aranel non aveva paura dei maestri.

“Non mi hai sentito? Non puoi stare qui!” Insistette lui.

“E chi lo dice?” Chiese Aranel che aveva deciso che quel ragazzo gli stava decisamente antipatico.

“Io!” Rispose lui incrociando le braccia al petto e rifilandole un sorriso soddisfatto.

“Va bene, allora non ti ascolto!” Disse Aranel incoccando un’altra freccia.

“Sei una piccola impertinente!” Sibilò il ragazzo strappandole l’arco dalle mani. 

Non fu difficile, grazie alla differenza di statura, ed Aranel riuscì a riprendere solo l’arco, per far capire che non l’avrebbe accontentato.

“Neanche tu sei molto simpatico!” L’accusò Aranel per dimenarsi quando lui l’afferrò per un braccio.

“Vieni e prega i Valar che i Professori siano indulgenti con la tua punizione!”

Aranel colpì il ragazzo sullo stomaco con la punta dell’arco facendolo piegare per il dolore. Si allontanò con un balzo e prese una spada di legno.

“Ne vuoi ancora?” Chiese con aria di sfida.

“Sottrarsi ai propri doveri non è mai una scelta intelligente!” Disse il ragazzo con soddisfazione, come se aspettasse una provocazione del genere.

La guardò in cagnesco e lei fece roteare l’arma per fargli vedere che non scherzava, anche se le sfuggì quasi dalla presa. 

Ci riuscì perché gli occhi di lui si sgranarono per la paura ed abbassò lo sguardo.

Solo dopo un momento si rese conto che non erano rivolti a lei, gli occhi terrorizzati.

Si voltò e vide suo padre, con molte guardie al seguito.

Era molto arrabbiato!

Fortunatamente il Re la prese da parte lasciando che gli studenti riprendessero la pratica degli esercizi.

“È vero ciò che mi è stato detto? Sei scappata dalla classe?” Aranel inclinò la testa di lato perplessa, la paura sostituita dalla sorpresa...come era riuscito a saperlo in così poco tempo?!

Per quanto fosse arrabbiato, Thranduil era curioso di vedere se la figlia gli avrebbe detto la verità o mentito. Fino ad allora non gli aveva mai disubbidito, era sempre stata rimproverata per futili motivi e forse lui aveva anche esagerato nel riprenderla.

“Sono in una classe, solo non la mia!” Rispose Aranel tranquilla dondolando il busto avanti e indietro.

“Aranel!” La bambina tremò sentendo il tono severo del padre “Sei una Principessa. Devi comportarti come tale! Questo vuol dire seguire le regole e assolvere i tuoi doveri!” Disse il sovrano autoritario.

“Torna in classe!” Ordinò, per aggiungere appena la vide saltellare allegra “Stasera deciderò la tua punizione!”.

Aranel cominciò a trascinare i piedi, seguendo la guardia che la scortava di malavoglia, cercando di ignorare le frasi di scherno ed i commenti poco piacevoli dei ragazzi che sussurravano fra loro.

 

*

 

Aranel girò su sé stessa facendo espandere la gonna del vestito. Non era potuta uscire a giocare per una settimana, fortuna che Lucilla le aveva fatto compagnia mentre era confinata a palazzo. Ed ora, finalmente avrebbe rivisto i suoi amici, partecipando alla sua prima festa!

Thranduil sorrise nel vederla. Gli ricordava molto lui da giovane, non solo perché le somigliava, ma anche perché ricordava bene il medesimo entusiasmo provato prima di grandi feste e banchetti, quando era un giovane inesperto, ingenuo e spensierato.

Da Re aveva presenziato alle cerimonie solo per dovere e la presenza di sua moglie rendeva tutto molto piacevole. Dopo la sua prematura scomparsa aveva evitato il più possibile qualsiasi banchetto, dove per i suoi gusti le persone erano troppo spensierate e felici, o forse perché erano un promemoria di ciò che aveva perso.

Ora invece, percepiva chiaramente l’eccitazione di Hanna e Sara e dei bambini ed incredibilmente si sentiva contagiato da essa!

“Cappaaaa! Cappaaaa!” Elanor stava incoraggiando una piccola cavalletta ad allontanarsi dal fratello che tentava inutilmente di afferrarla. 

Le ragazze li presero in braccio non preoccupandosi affatto di rovinare i vestiti.

Poco dopo le pesanti porte che li dividevano dal resto del popolo si aprirono, rivelando uno spettacolo magnifico agli occhi delle ragazze.

Sembrava di vivere un sogno! Era tutto mozzafiato: ovunque posassero gli occhi c’erano dei fiori, gli elfi erano perfetti in vestiti elaboratamente cuciti, si prospettava un festa perfetta!

Il silenzio calò appena il Re fece la sua entrata anche se questa volta l’attenzione era rivolta alle misteriose ospiti di cui si vociferava da mesi, e dai mezzelfi che nelle fattezze toglievano ogni dubbio sull’essere oppure no, imparentati con il sovrano.

La giovane umana il cui nome era Hanna, appariva forte e sicura. 

Il suo viso esprimeva tutta la solarità, la purezza, e la bellezza di quella candinda fanciulla che era. I capelli castani leggermente mossi erano raccolti secondo la loro tradizione, ma la cosa che più colpiva, bloccava il respiro e catturava, erano i suoi occhi. Color smeraldo, come pochi elfi del regno.

Era lei la madre dei bambini e si diceva che avesse una determinazione senza eguali, anche se la domanda di come fosse riuscita a sciogliere il cuore gelido del sovrano, persisteva. 

Oltre a quelle riguardo a come fosse avvenuto l’incontro fra i due!

L’altra ragazza era molto simile a lei fisicamente, solo leggermente più esile. I capelli neri le incorniciavano il viso dove due occhi azzurri come il mare più puro saettavano scrutando ogni minimo particolare li attirasse.

Quelle iridi piene di riflessi trasmettevano solo gioia e curiosità, alleggerendo l’umore a chiunque incrociasse il suo sguardo.

Ma il cambiamento che tutti desideravano e a cui non speravano di poter mai assistere riguardava il loro signore.

Il sorriso era tornato ad illuminargli il viso sciogliendo la maschera di ghiaccio che per troppo tempo aveva indossato. Mentre avanzava tra la folla i saluti erano pieni di calore, testimoniando come una semplice umana, potesse aver alleggerito il suo animo tormentato.

Hanna rispose rigidamente ai numerosi inchini che gli elfi le rivolsero, tentando di mascherare il nervosismo con un un sorriso rilassato e sicuro.

Galador si agitava fra le sue braccia, percependo forse, l’ansia della madre.

Si mise a giocare con la grossa spilla che adornava il petto di Hanna e lei si sentì sollevata nel vedere che l’attenzione del figlio fosse passata dalla folla a lei.

Elanor era più timida e nascose il viso nel petto di Sara.

Lucilla si sentiva a disagio con tanti occhi addosso. Cercò di distrarsi seguendo Aranel, che precedeva suo padre guardandosi attorno, rapita da tutte quelle novità.

Il percorso era chiaro, delineato dalla folla ed Aranel non sembrò farci caso, abituata fin da piccolissima a ricevere sguardi curiosi e occhiate insistenti.

Aranel non poteva saperlo, ma se per i ribelli aveva rappresentato la speranza, per gli elfi non era da meno. La nascita di un bambino fra due razze incompatibili era un segno importante per le creature immortali.

Raggiunsero una specie di palchetto d’onore dove il Re le fece cenno di accomodarsi al suo fianco. La ragazza notò quando si sedette che gli elfi non sembravano scandalizzati, forse troppo curiosi per farci caso.

Sara venne fatta accomodare poco lontano, con gli altri nobili e non sembrò allarmarsi di quell’improvvisa distanza messa tra lei ed Hanna.

Calien, spuntata da chissà dove, raggiunse Hanna alle spalle, reggendo delicatamente fra le braccia Elanor che conoscendola, se ne stava tranquilla.

Con un cenno del Re la musica riprese a suonare.

Aranel era rapita dalla quantità di cibo presente su di un piccolo tavolo davanti al seggio reale ed Hanna dovette richiamarla quando la vide in procinto di infilarsi qualcosa in tasca.

La Principessa, presi alcuni biscotti, si diresse verso il padre che la fece sedere sulle sue ginocchia. Lucilla si sedette in grembo alla madre.

In quel momento la musica cambiò ed iniziarono i balli. Gli elfi erano incredibili mentre mettevano la loro forza ed agilità nei movimenti di danza, muovendosi perfettamente a ritmo con la musica.

Hanna si irrigidì appena vide Legolas inchinarsi di fronte al padre prima di prendere posto accanto a lui, dalla parte opposta rispetto a lei.

Certo, era il Principe, era suo dovere presenziare ad un evento del genere.

La ragazza notò una punta di gelosia in Legolas quando lui voltò appena lo sguardo, osservando meravigliato Aranel comodamente seduta in grembo al Re e lasciò che un sorrisino soddisfatto le si dipingesse in volto.

Passarono pochi minuti prima che Hanna decidesse che quel posto era decisamente troppo lontano dai festeggiamenti.

Si voltò verso Thranduil sentendosi più come una figlia che chiede il permesso al genitore “Posso andare laggiù? Desidero godermi a pieno i festeggiamenti!” Chiese cercando di non apparire troppo implorante, sapendo che al compagno non piacevano le suppliche.

Thranduil sembrava aspettarselo, perché rispose con un cenno di assenso prima di guardare Galion che le fu subito accanto.

Bastò uno sguardo, per far alzare Sara, ma essendo in posti differenti, si unì alla folla in un punto diverso dal suo, per fortuna Luthien era con lei anche se dubitava che in quel clima gioioso si aggirasse qualcuno con brutte intenzioni.

 

*

 

La guardia camminava contro voglia lungo il suo punto di osservazione.

Poteva consolarsi al pensiero che neanche la propria sposa, a causa della gravidanza, potesse partecipare alla sontuosa festa organizzata in onore alle ospiti del Re.

Una volta terminato il suo turno si diresse verso l’armeria per posare l’armatura e dirigersi verso casa.

Il rumore del meccanismo che scaricava i barili nel fiume lo fece voltare e dopo un’occhiata veloce si girò per riprendere a camminare.

Non prestando particolare attenzione, non si rese conto che il meccanismo della botola era stato bloccato prima che potesse richiudersi.

Delle figure minute e tozze passarono attraverso l’apertura non senza qualche difficoltà, ma restando il più possibile in silenzio per non attirare attenzioni indesiderate. Cosa resa difficile dal loro numero.

Una volta dentro, gli intrusi si mossero veloci ed irrequieti, alla ricerca di un buon nascondiglio.

I mantelli nascondevano le loro fattezze e gli permettevano di mimetizzarsi nelle ombre delle caverne.

“Shazara!”(Silenzio!) sussurrò uno quando un mormorio agitato si sparse fra i compagni dopo aver evitato due guardie per un soffio.

Se fossero stati fortunati, le guardie al confine sarebbero state scambiate come vittime degli orchi, avendo usato le armi di quelle abominevoli creature per ucciderle.

“Nê ikrid alfer!” (Mai fidarsi di un Elfo!) aveva detto il loro capo quando ai più giovani era venuto in mente di risparmiare le guardie sopravvissute.

Era da mesi che lavoravano al piano, progettando ogni minimo passo con meticolosa cura ed attenta precisione.

Non avrebbero lasciato che dei novellini mandassero in fumo la missione con della semplice, dannosa ed inutile pietà.

L’intruso si abbassò, tornando dietro ai barili dove gli altri si erano rifugiati.

Poggiò in terra la spada assieme alle altre armi sottratte ad un gruppo di orchi massacrati da loro giorni prima.

“Lomil ghelekh kevha!”(Buona notte elfi!) sussurrò con malvagia soddisfazione, sapendo bene che il sangue versato quella notte li avrebbe fatti passare alla storia. 

Canzoni su di lui ed i suoi compagni, sarebbero state cantante per decenni, narrando l’eroica impresa ed il sacrificio necessario per renderla possibile.

 

*

 

Hanna si muoveva veloce fra la folla. Finalmente gli elfi sembravano aver smesso di notarla, oppure non volevano farla sentire a disagio con inchini e domande scomode, lasciando che passasse loro accanto senza fermarla.

Camminando alzò lo sguardo ed i suoi occhi si incrociarono con quelli del Re che nonostante la distanza, erano ancora fissi su di lei.

Sedeva regale e nonostante la bambina in braccio, la sua postura, il suo sguardo, tutto di lui emanava una forza incredibile e trovandosi in alto sembrava essere distante da tutto e da tutti.

Il guardare per aria non le giovò e si maledisse quando urtò qualcuno.

Un elfo con lunghi capelli castani ed un sorriso che mal celava il suo interesse le rivolse un profondo inchino “Non è un mistero di come siate riuscita a conquistare il nostro Re!” La sua voce era elegante e leggera.

“La vostra bellezza rende questa notte luminosa come se fosse tornato il sole!” Hanna sorrise, non per il complimento, ma per la sfacciataggine dell’elfo. Sé Thranduil fosse stato presente, dubitava che le avrebbe mai rivolto la parola.

“Perdonatemi, sono un villano, il mio nome è Aduial, sto studiando per diventare guaritore. E chi è questo piccino?” Chiese rivolgendo al bambino un dolce sorriso.

Hanna si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo. Sicuramente già conosceva la risposta, come tutti gli elfi del regno, aveva solo un modo goffo nel trovare un buon argomento di discussione.

“Lui è Galador! Il figlio del Re!” Rispose restando guardinga.

“Signore degli alberi. Mi sembra un nome appropriato!” L’elfo si mostrò abile nel nascondere la propria sorpresa.

“Osate contestare una decisione del sovrano?” Lo stuzzicò lei.

“Non mi permetterei mai, stavo esprimendo la mia opinione! Vi ho visto al campo d’addestramento, siete molto abile con la spada!” Lui riuscì a salvarsi avendo l’accortezza di cambiare discorso.

“Vi ringrazio!” Ricevere un complimento del genere da un’elfo era motivo d’orgoglio.

Gli elfi erano combattenti eccezionali e raramente si congratulavano con i soldati, forse per ottenere il massimo?!

“E chi è l’altra umana? L’ho vista e ne ho sentito parlare, ma converrete con me che conoscerla potrebbe essere molto più fruttuoso!” Chiese cercando Sara con lo sguardo.

“Perdonate la mia curiosità, ma la vostra è semplice cortesia?” Hanna non riuscì a trattenersi.

“Non fraintendetemi mia signora! Ma essendo ospite del Re è mio dovere essere accogliente e spero di trovare in lei un’amica come voi!” Va bene che era giovane, ma Hanna aveva perfettamente compreso le reali intenzioni dell’elfo e sperava solo che l’amica non sarebbe scappata a gambe levate.

“Sempre che lo vogliate!” Gli occhi di lui pieni di speranza fecero breccia.

“Certo!” Ed Hanna non resistette “Siete certo di voler corteggiare la compagna del Re?” Su tutti i fronti.

L’elfo sbiancò “C-come? A-avevo inteso.....no, io non volevo affatto corteggiarla! È mio dovere e-essere ospitale!” Aduial perse quel poco colore che aveva in viso oltre al leggendario controllo elfico.

Hanna rise “Stavo scherzando! Non sei in errore, sono io la compagna del Re e credo che Sara potrebbe trovare interessante la vostra compagnia, ha studiato medicina fra i nostri simili!” Disse cercando di ricomporsi.

Gli occhi di Audial brillarono di intensa curiosità “Sentire che la sua conoscenza è vasta mi spinge a parlarle il prima possibile! Le persone colte sono sempre le più interessanti!” Riconobbe l’elfo.

“Mi segua Audial, Sara sarà entusiasta di conversare sulla passione della sua vita. Sono certa che se fossimo rimaste con gli umani, lei sarebbe diventata una dottoressa!” Disse Hanna dando voce alla verità.

 

*

 

Lasciando che Calien e Luthien mettessero a letto i bambini, le ragazze erano potute restare fino a tarda sera nel clima calmo, sereno e gioioso della festa.

Avevano conosciuto Audial, avendoci passato assieme la maggior parte della sera, con cui si prospettava una bella amicizia.

Hanna si era addormentata felice come non mai fra le braccia del suo amato sentendosi al sicuro in quella che ormai era diventata casa sua.

Nonostante i dubbi instillati da Tauriel la facessero pensare, continuava a sperare che nessuno la svegliasse da quello splendido sogno che stava vivendo e nel quale si era ambientata......

Il tintinnare del metallo sul marmo destò Hanna all’istante.

Quel rumore improvviso seguito da un silenzio di tomba l’allarmò a sufficienza da tirarla fuori dal letto, accurandosi di prendere il pugnale che Thranduil nascondeva sulla testata del letto.

Esitò solo un momento prima di risalire sul materasso e scuotere il Re per una spalla “Thranduil....ehi!” Rimase perplessa, non ricordando che avesse mai avuto un sonno così pesante “Terra chiama Thranduil!” Hanna gli accarezzò insistentemente una guancia, ma l’elfo non si mosse.

Smise di insistere, alzandosi in fretta. Se c’era un pericolo doveva pensare ai suoi figli. Per il Re c’erano sempre le guardie.

Questa idea venne distrutta quando, una volta fuori dalla stanza, vide che degli intrusi erano penetrati negli appartamenti reali.

E le guardie? I suoi sensi non l’avevano ingannata c’era un serio pericolo!

Ebbe un tremore quando notò che gli estranei erano molti di più di quanti si aspettasse!

Erano molto bassi, ma robusti. E sotto i cappucci poteva vedere delle folte barbe e nasi enormi.

Per tutti i Valar!.......Ora imprecava come gli elfi! 

E quelli erano le peggiori creature che chiunque, nella Terra di Mezzo, avrebbe volentieri fatto a meno di provocare: nani!

Passarono il momento di stallo a fissarsi, sorpresi di vedere esseri di razze diverse che non avrebbero dovuto trovarsi nel regno degli elfi.

Anche se le spade dei nani erano più piccole di quelle degli elfi Hanna decise saggiamente di schivare invece che parare con la sua ridicola lama.

La sua piccola ed esile statura le permise di gettarsi di lato e sorprendere il nano, sfruttando la velocità aumentata dallo slancio. Lo pugnalò al fianco ed appena cadde a terra si ritrovò gli altri addosso.

Evitò un’ascia e si ritrovò bloccata da uno di loro che l’afferrò per le spalle.

Diede un calcio a quello che le si trovava davanti, riuscendo a cadere di schiena assieme al maledetto nano che non mollava la presa.

Una volta a terra sollevò le gambe in aria, usando il suo peso per far fare al corpo una capriola, costringendo l’intruso a mollare la presa.

Si rialzò subito per sbattere con la schiena contro la parete ed una lama le venne puntata al collo.

Non erano niente male i nani! 

La voce di uno di loro attirò il suo sguardo, ma non comprese ciò che stava dicendo!

“Che succe....” Sara rimase a bocca aperta una volta varcata la soglia. Era suo desiderio incontrare i nani, ma non in quelle circostanze!

Dietro di lei comparve Legolas e questo fece reagire i nani.

“Fermi!” Disse uno afferrando Hanna che non potè fare niente a causa della lama premuta sulla gola, velocemente sostituita da colui che l’aveva bruscamente tirata a sé.

“Fermi!” Fece eco Sara facendo cadere la spada ed alzando le mani in segno di resa.

Sul viso del nano si aprì un grosso sorriso e la ragazza comprese di aver fatto loro capire che tenevano all’amica, grosso errore.

Il nano che teneva Hanna fece cenno agli altri e due di loro si staccarono dal gruppo per entrare nelle stanze del Re.

“Fa qualcosa!”Lesse Sara nello sguardo di Hanna, ma per il momento non sapeva come agire.

L’elfo non fu dello stesso avviso e con un magnifico salto evitò i nani scomparendo oltre la soglia per andare a proteggere il padre.

Altri tre di loro seguirono il Principe dopo poco e i rimanenti cinque uscirono indisturbati lasciando una ragazza confusa dietro di loro. Sara voleva correre dietro all’amica, ma sapeva che era più importante aiutare Legolas.

Una volta dentro il Principe lanciò una brocca in testa al nano che gli corse incontro e si gettò su quello in procinto di pugnalare il padre.

Caddero in terra e l’elfo non riuscì a pilotare bene la caduta ritrovandosi sotto al nemico.

Il nano torreggiava sul Principe che era riuscito ad afferrare il manico dell’ascia impedendo all’altro di infliggere un colpo mortale.

Spingevano entrambi con tutte le sue forze e Legolas, con i piedi, si diede una spinta sul bordo letto per destabilizzare il nano, riuscendo poi, a colpirlo in volto con l’ascia. Essendo la lama rivolta verso di lui, non lo uccise, ma lo stordì abbastanza da essere in grado di toglierselo di dosso.

Si alzò in piedi ed i suoi occhi vennero catturati da quelli del padre che scattò subito a sedere.

Entrarono altri tre nani a cui si aggiunse il primo colpito da Legolas che aveva avuto il tempo di riprendersi.

Il Principe ingaggiò una lotta con due di loro, Thranduil sollevò le coperte gettandole addosso ai rimanenti due che vennero trafitti dalle lance delle guardie sopraggiunte assieme a Sara.

Legolas uccise uno dei suoi avversari e si avvicinò al padre appena vide l’altro nano essere afferrato dalle guardie.

“Dove sono i tuoi fratelli?” Alla domanda del Re fece una smorfia.

“Uuma dela. Im i Varna!”(Non preoccuparti. Sono al sicuro!) rispose il Principe osservandolo per vedere se erano riusciti a ferirlo.

“Las bedich?”(Dove stai andando?) chiese confuso appena lo vide sottrarre la spada ad una guardia e correre fuori dalle stanze.

 

*

 

Hanna si maledì. Tempo addietro, prima di trovarsi al servizio di Batiato, aveva trovato intrigante la parte della damigella in pericolo.

Ora si rendeva conto che erano solo i sogni di una bambina che credeva ancora alla favola della buonanotte.

Tentò di sottrarsi ai nani dimenandosi, insultandoli e persino costringendoli a trascinarla di peso, ma senza successo.

Primo perché erano molto forti, ma probabilmente perché avevano compreso di poterla usare come scudo per uscire vivi dal regno degli elfi.

Illusi! Gli elfi di Bosco Atro erano i più pericolosi fra i loro simili. E se Azrael era stato un esempio mancato di cui fare tesoro, allora avrebbero presto avuto un’altra lezione.

Un lampo di genio la colse e decise di partire a manetta.

“Avete almeno un piano? Oppure devo sorbirmi i vostri modi rozzi solo per vedervi morire trafitti dalle frecce elfiche?” Domandò fingendosi annoiata.

Il più giovane di loro, segno la barba nettamente meno folta degli altri, sbiancò di fronte ad una tale eventualità.

“Stai zitta! Oppure dicci come si esce da qui!” Le rispose un’altro che le ricordava molto Dwalin in quanto a gentilezza. Quello del film!

“E come faccio a saperlo?!” Protestò dando voce all’amara verità. Anche se fosse riuscita a scappare, sicuramente si sarebbe persa in quel labirinto di corridoi.

“Vivi qui!” Hanna alzò gli occhi al cielo. Magari fosse stato così facile!

“Il fatto che ci viva non comporta che conosca a memoria questo posto!” Fu sincera, ma rimase ostile.

“Allora sei inutile!” Disse uno agitando la grande ascia che teneva in mano “È più preziosa di quanto tu possa credere!” Lo fermò un’anziano.

“Perché mai dovrebbe! È un umana!” Protestò quello che sembrava impaziente di ucciderla. 

“Che deficiente!” Commentò Hanna fingendosi esasperata. Lo era, ma provava più terrore ben mascherato che altro.

“Insultami ancora e ti aggiusto questo bel faccino che ti ritrovi!” Dwalin, si un suo parente di sicuro.

“Non ti ho insultato, ti ho descritto!” Hanna doveva far capire a quei guerrafondai che non era una damigella in pericolo, ma gli avrebbe tenuto testa a parole ed anche con i fatti, se avessero commesso l’errore di liberarla.

“Era nelle stanze del Re! Possiamo usarla come garanzia per uscirne vivi!” Disse il più sveglio del gruppo.

“Io non voglio scappare come un codardo, ma uccidere quello stramaledetto Re!” La lingua lunga di Dwalin svelò il loro obbiettivo ed Hanna si chiese perché volessero uccidere un Re che probabilmente non aveva fatto loro niente dato che era sparito per molto tempo.

Ma poi si ricordò. Come gli elfi, anche i nani erano capaci di portare rancore in eterno. Solo, non essendo immortali, veniva tramandato di generazione in generazione....

“Non ci riuscirai da morto!” Tentò di dissuaderlo uno dei più anziani.

“Meglio morire provandoci che colpiti alle spalle!” Orgoglio nanico.

“Tu...cara ragazza, potresti convincere il Re a risparmiarci? Ti daremo qualsiasi cosa!” Chiese il più giovane che sembrava l’unico ad aver compreso quale sarebbe stato il loro destino.

“Ma a cadere così in basso non ti sarai fatto male?” Hanna percepì una minuscola ondata di pietà per lui, così giovane da non credere in pieno in quello che faceva. 

Ma minuscola, perché la rabbia la sommerse quasi subito, facendola sparire del tutto.

“No! Siamo nani per la barba di Durin! Non supplichiamo! Se anche fosse necessario, uccideremo senza pietà fino all’ultimo elfo di questo regno pur di non arrenderci!” Dwalin sembrava credere veramente in ciò che diceva, peccato che l’orgoglio avesse prevalso sul buon senso.

“Di te ammiro la coerenza. Brutto fuori e brutto dentro!” Si fece sentire la ragazza.

“Taci se non vuoi che ti costringa!” Lo minacciò mister simpatia.

“Oh e che ne sarà di me!?” Si finse disperata Hanna unendo le mani in una finta preghiera con falsa disperazione nella voce.

“Credi veramente che gli elfi ti salveranno? Pensi che la tua posizione possa salvarti? Se moriamo farò in modo di portarti con noi!” La ragazza si innervosì. Doveva fare qualcosa! Ma dov’erano gli elfi? Li avevano già circondati?!

Un sussurro terrorizzato rispose alle sue domande “Gli elfi stanno arrivando!” Ecco la risposta, portata da uno che stava spiando la situazione mentre gli altri litigavano beatamente fra loro.

“Usiamola come merce di scambio!” Dwalin era sveglio, ma troppo sciocco credendo che funzionasse. Primo perché lei si sarebbe battuta fino all’ultimo per non costringere Thranduil a mettere in pericolo altri elfi, secondo, perché se avessero incontrato le guardie, non era certa che si sarebbero tirate indietro.

Lei non era nessuno per loro! Perché esitare di fronte ad una vittoria sicura?!

“Pensate a qualcosa, crepare trafitto da una freccia elfica non è il modo in cui desidero abbandonare questa vita!” Disse un nano che condivideva le idee di Dwalin.

“Umana, pagheremmo qualsiasi cifra....” “Parla per te!” Dwalin interruppe un’altro giovane che stava cominciando a cedere al panico “....se convincerai gli elfi a risparmiarci! Lascia che torniamo alle nostre famiglie! Stavamo solo eseguendo ordini!” Tentò di dissuaderla lui.

“Più ti guardo più mi sale l’autostima!” Decise di dire Hanna “Se eseguivate gli ordini vuol dire che non volevate davvero farlo!” Ragionò “Quindi perché obbedire?” Chiese curiosa di sentire la risposta.

“Erano ordini!” Che giustificazione del cavolo!

“Ma voi eravate liberi di dire di no! I Re per essere obbediti devono capire che la paura non è l’arma con cui ottenere la lealtà!” Tentò di farli ragionare.

“Non si tratta di lealtà, ma di ciò che è giusto!” Rispose uno senza troppa convinzione, facendo capire ad Hanna che, almeno con loro, era lei ad avere il controllo della situazione.

“È cosa lo è? Quale torto vi ha fatto il Re per guadagnarsi un’ascia nella schiena?!” Indagò cercando di non darlo a vedere.

“Non lo sai?” Domandò uno dei giovani sorpreso.

“Se non me lo dici non lo saprò mai!” Si finse offesa, sentendo l’interesse crescere, ma costringendosi a non mostrarlo.

“Il tuo Re è solo un mezzo! Colui che vogliamo colpire è il Principe!” Svelò il giovane nano.

“Legolas?” Ok, ora si era persa!

“Ci ha abbandonato! Per colpa della sua codardia ho visto molti miei simili morire di stenti!” Hanna sgranò gli occhi, ricordandosi solo allora del drago che dormiva nella montagna mentre parlavano.

“Quindi volete infliggergli una punizione peggio della morte!” Anche Legolas aveva voltato loro le spalle?! Era stato costretto a causa della grave minaccia dato che non aveva mai affrontato un drago?! Oppure c’erano dei trascorsi fra lui ed i nani?!

Perché lei e Sara non si erano mai fatte domande su questo? Su tutto ma non su questo!!!?

“Basta parlare!” Li zittì un’anziano “Abbiamo deciso: si va giù!” Decretò.

“Come?” Il giovane nano era confuso quanto Hanna. 

“Se raggiungiamo il fiume possiamo scappare attraverso l’apertura da cui siamo entrati, quella che usano per scaricare i barili! Fidati, sarà facile come cavalcare un maiale! Presto rivedrai la tua famiglia!” Li incoraggiò Dwalin avviandosi con sicurezza verso la meta designata.

“Complimenti! Non ho mai sentito così tante stronzate tutte in una volta!” Si fece sentire Hanna, dovendo riconoscere però che era un buon piano!

“Adesso basta!” Urlò Dwalin scagliandosi contro di lei avendo esaurito la pazienza e dovendo scaricare la tensione accumulata.

Hanna alzò i pugni per proteggersi il volto quando il primo pugno la colpì sullo stomaco.

 

*

 

Il Re fermò il suo incedere di colpo.

Le guardie si guardarono confuse, potevano sentire i passi pesanti dei nani discendere i gradini che stavano loro di fronte, perché esitare?

Thranduil si sentiva confuso quanto loro, non capendo perché il suo copro avesse reagito da solo. 

Rimase in piedi monolitico, sforzandosi di comprendere le proprie azioni.

E lo percepì, una strana sensazione lo costrinse a voltarsi a sinistra, verso un corridoio che portava da tutt’altra parte.

Qualcosa gli diceva prendere quella strada ed una strana urgenza lo incitava a non perdere tempo.

“Soorata”(Seguiteli!) Ordinò imperioso.

“Heru en amin....”(Mio signore....) protestò una guardia per essere zittita dallo sguardo di fuoco del sovrano che tolse ogni incertezza portandolo ad obbedire.

Il Re capiva la loro esitazione, ma c’erano guardie ovunque, lui non era affatto indifeso e quei nani dovevano essere catturati o uccisi.

Seguì il suo istinto, ma poco dopo se ne pentì desiderando di non averlo mai fatto!

Thranduil si bloccò sentendo una stilettata al cuore alla vista che gli si parò davanti appena ebbe voltato un’angolo.

Hanna era riversa in terra, ricoperta di sangue, immobile.

Rilasciò un singhiozzo, trattenendosi per eventuali altri, vedendo la vista offuscarsi a causa delle lacrime che non riuscì a fermare.

Non aveva pianto per sua moglie, ma allora sapeva bene che il rischio era reale. In guerra niente è certo.

Aveva celato con tutte le forze il dolore nel vederla cadere, trafitta dalle spade degli orchi, sperando che ignorandolo avrebbe cessato di farlo soffrire.

Invece era riuscito solo a mascherare i propri sentimenti persino a suo figlio, oltre che mentire a sé stesso.

Con Hanna aveva compreso dove fosse la linea sottile fra controllo e finzione.

Non avrebbe più mentito, non avrebbe finto che era abbastanza forte da sopportarlo!

Cadde in ginocchio accanto al corpo non ricordandosi di essersi avvicinato.

Hanna sarebbe dovuta essere perfettamente al sicuro al suo fianco....ed invece proprio perché era lì, l’avevano usata come scudo.....

La sollevò dolcemente fra le braccia, cullandola come se stesse dormendo.

Perché non l’aveva lasciata andare? Perché il suo egoismo aveva avuto un tale prezzo? Perché a pagare era stata solo lei?

Non percepì il calore del suo corpo o il fiato sul collo, vide soltanto il sangue sulle sue vesti e gli occhi chiusi.

Un timido spettatore avanzò silenzioso vedendo nel Re una facile preda.

L’elfo l’avrebbe sentito in circostanze normali, ma ora un dolore inimmaginabile lo stava distruggendo lentamente non permettendogli di percepire il pericolo esterno.

 

*

 

Hanna tornò alla coscienza lentamente.

La prima cosa che percepì fu il dolore.

La seconda i ricordi che la stordirono per un momento.

Dwalin che si sbagliava contro di lei furioso.

Il suo disperato tentativo di proteggersi, il primo colpo.

I due nani che la tenevano apparvero più terrorizzati di lei e la lasciarono quasi subito.

Ma Hanna non era riuscita a reagire perché Dwalin non le aveva dato il tempo di registrare nemmeno il primo pugno!

Hanna ansimò sentendo il fiato mancarle per il colpo allo stomaco seguito subito dopo da innumerevoli altri.

Non aveva potuto fare altro che rannicchiarsi su se stessa e tentare di protteggersi il più possibile.

Un vociare aveva fermato i colpi per poco tempo, sufficiente per permetterle di riorientarsi. 

Anni vissuti in guerra e gli insegnamenti di Thranduil l’avevano ridotta a questo?! Restare inerme a terra lasciando a quell’infido il tempo di fare i suoi comodi?

Spostò un braccio e vide che alcuni nani stavano tentando di bloccare la furia omicida di Dwalin. Non a parole, non era più tempo di parlare!

Ma lui li scartò ed Hanna reagì più d'istinto che ragionando lucidamente.

Quando il nano tornò all'attacco si diede una spinta schivando i poderosi pugni strisciando in terra. 

Sfruttò lo shock dei giovani per sottrarre ad uno di loro un coltello, appurandosi di farlo inciampare per confonderlo. 

Non aveva abbandonato i suoi figli attraversando il varco, non sarebbe successo a causa dei nani!

Quando Dwalin si voltò deciso a non demordere, nascose la lama tenendola rivolta verso l'alto stretta nella sua mano, nascosta dal braccio.

Appena quelle forti mani la afferrarono il coltello perforò la gola del nano.

Hanna rimase ferma un momento, quanto bastava per vedere accendersi la realizzazione negli occhi del nano, prima di estrarre la lama e sentire il calore del sangue che, fuoriuscendo come acqua di un rubinetto aperto, le inzuppò la veste oltre che il viso ed i capelli.

Sputò del sangue, suo, che le inondò la bocca, sicuramente a causa dei colpi di Dwalin.

Altri due nani partirono all'attacco ed Hanna comprese che non ce l'avrebbe fatta!

Quando cadde a terra colpita da un bastone in fronte, vide i restanti nani ritirarsi.

Rimase immobile ad osservare il corpo di uno dei due che la stava attaccando, colpire il marmo senza rialzarsi.

Era debole! Non aveva la forza di combattere, nemmeno per i suoi figli! 

Sentì a malapena il rumore delle spade e le voci degli elfi, prima di perdere conoscenza.

 

*

 

Hanna si sentì sollevare ed anche questa volta fu l'istinto a farla muovere.

Ignorò le fitte di dolore che le attraversavano il ventre e la testa, provocandole un mal di testa allucinante, e lottò.

Forse come aveva fatto Thranduil durante i primi anni di prigionia, o come avrebbe fatto un animale ferito, cominciò a dimenarsi e lottare.

Ma la presa del nemico esitò un momento, prima di rafforzarsi e diventare formidabile.

Hanna aprì gli occhi di scatto ringhiando per la frustrazione e la rabbia ed il suo sguardo venne catturato da due occhi che la calmarono all'istante anche se pieni di paura e incredulità.

“Hanna!” La voce di Thranduil suonava strana alle sue orecchie.

Lei richiuse gli occhi nella speranza che la nausea passasse e sprofondò nuovamente nell’oblio.

L’elfo rimase a fissare il vuoto per un po’, sentendosi stordito.

Appena la confusione passò la strinse di nuovo a sé. Persino la sua mente giocava con i suoi sentimenti.

Sentirla muoversi era ciò che desiderava, vedere i suoi meravigliosi occhi lo bramava, ma non sarebbe accaduto.

“Edro hin le! Tiro na nin!”(Apri gli occhi! Guardami!) sussurrò sapendo che le suppliche sarebbe rimaste inascoltate. Thranduil decise di lasciare andare tutto quel dolore ed alle lacrime si unirono dei deboli lamenti.

“Ù dartha estel! Mornie utulie!” (Non rimane speranza! L'oscurità è arrivata!) riconobbe sentendo il corpo che iniziava a cedere. La forza cominciò ad abbandonarlo, curvò la schiena e chiuse gli occhi. Si chiese se l’avrebbe mai più rivista. Una volta svanito si sarebbero ritrovati nelle aule di Mandos? I Valar gli avrebbero fatto la grazia di riunirli?

La mente di Hanna cominciò a sentire nuovamente i suoni che la circondavano e con la coscienza venne anche la consapevolezza di essere tra le braccia di qualcuno.

Ma la voce, anche se diversa da come l’aveva sempre sentita, sapeva bene a chi appartenesse.

“Mi hanno usato come una maracas!”Si lamentò mentalmente Hanna ed avendo la testa poggiata sul suo petto lo sentì ansimare. Sforzandosi al massimo aprì leggermente gli occhi chiedendo “Thranduil stai bene?” preoccupata.

Finalmente se ne rese conto. Il Re tremava, la stringeva forte a sé ed appariva disperato perché credeva che fosse stata ferita. Era distrutto al solo pensiero di rischiare di perderla! 

Tauriel si sbagliava! Ed Hanna si diede della cretina per aver permesso a Mefistofele di arretirla con dei banali dubbi.

Vide che le belle vesti da notte erano zuppe del sangue nanico, ricordando il momento in cui gli aveva tagliato la gola e capì solo in quel momento che l’elfo non la credeva ferita, ma morta!

“Thranduil!” Urlò, ormai completamente sveglia, prendendo il viso di lui con entrambe le mani costringendolo ad aprire gli occhi e guardarla “Sto bene! Questo sangue è del nano morto. Abbiamo lottato, per questo sono dolorante, ma sto bene!”

L’elfo trasse un profondo respiro che sapeva molto di pianto.

“È stato il mio cuore a sceglierti!” Gli sussurrò avvicinando le proprie labbra alle sue orecchie “Qualunque siano le difficoltà che proveranno o ci divideranno.....” Thranduil la stringeva come se temesse potesse scomparire da un momento all’altro “...troverò sempre la strada per ritrovarci!” Disse prima di dargli un piccolo bacio.

“Na min ôl?”(È un sogno?) Hanna sorrise alla sua domanda. Tra le sue braccia anche il dolore delle ferite sembrava scomparire.

“Darthon mae?”(Stai bene?) chiese l’elfo sembrando aver notato la sofferenza che traspariva sul suo viso. Attraverso gli occhi e la fronte corrugata.

“Miqula amin!”(Baciami!) Tentò di calmarlo lei, usando i pochi vocaboli che fino ad allora aveva imparato.

Ci riuscì, dato che dopo il secondo bacio lui le disse “Melin le!” (Ti amo!) facendole accelerare i battiti del cuore.

“Im gelir le mae!”(Sono contento che tu stia bene!) Hanna non aveva afferrato tutte le parole, ma il senso l’aveva capito. Poggiò la testa contro al suo petto, confortata dalla sua presa delicata ma forte e sicura, pregando che niente e nessuno riuscisse mai a dividerli.

“Dartho na nin…!”(Resta con me…!) la pregò lui.

“Be iest lin…!”(Come desideri...!) lo rassicurò Hanna sapendo di aver quasi esaurito il proprio vocabolario elfico.

Sentì dei passi ed alzò la testa, guardando oltre la spalla di lui, pronta ad inveire contro un’inopportuna Sara che aveva il potere di rovinare i loro momenti anche ora che l’elfo aveva riacquistato il suo titolo.

Ma non fu l’amica che vide.

Era uno dei giovani nani!

Il ragazzino spaurito era scomparso, sostituito da un adulto pieno di furia, intenzionato a riversarla su di loro.

Ed improvvisamente il tempo rallentò, come se fosse costretta a cogliere ogni minimo particolare che l’avrebbe tormentata per il resto della vita.

Vide la lama dell’ascia brillare minacciosa ed abbracciò Thranduil come a volerlo difendere anche se nella loro posizione, sarebbe stato lui a proteggerla con il proprio corpo.

Tentò di urlare, ma riuscì solo a spalancare la bocca.....nessun suono uscì dalle sue labbra!

Era troppo tardi.......

Aveva rischiato spesso di perderlo, perché quello stramaledetto elfo aveva la pessima abitudine di spingersi al limite pur di proteggerle!

Ma se l’idea di venire divisi era devastante, non era niente a confronto dell’angoscia dovuta all’incertezza che avrebbe travolto il futuro dei loro figli. Senza di lui cosa sarebbe accaduto? Legolas li avrebbe cacciati, o peggio li avrebbe separati?!

Un attimo prima che il colpo fatale andasse a segno la lama di una spada si mise in mezzo, andando a spezzare il manico dell’ascia, facendo volare la lama da tutt’altra parte.

Thranduil si voltò di scatto e con un ringhio quasi animalesco, strinse a sé la compagna indietreggiando allerta.

Hanna sorrise nel vedere l’amica appena giunta. Solitamente il suo tempismo era sempre stato pessimo, e poteva dirsi soddisfatta che questa volta ci fosse stata l’eccezione.

Sara ed il nano si fissarono storditi. La ragazza era giunta da un’altro corridoio che per caso aveva imboccato dopo essersi persa in quel labirinto.

Non era affatto il momento di perdere l’orientamento, ma in questo caso, poteva dire che non era successo, anche se doveva ammettere che era giunta lì solo grazie alla fortuna. Avvertì una sensazione di euforia crescere dentro di lei, per il colpo andato a segno che si aggiungeva all’eccitazione nata dalla paura dell’aver assistito ad una situazione molto pericolosa e quasi letale.

Il nano fissò più il legno spezzato che l’umana, come se non riuscisse a capacitarsi che la sua arma micidiale fosse stata distrutta con una semplice mossa.

Sembrò un’eternità, ma questo momento di stallo durò solo un’istante prima che il giovane nano estraesse un coltello nascosto, attaccando Sara, forse per lenire l’orgoglio ferito.

La ragazza si irrigidì di fronte all’attacco e le prime parate furono molto goffe.

Appena ebbe preso confidenza tentò qualche affondo, senza successo dato che la paura la faceva indietreggiare ad ogni parata.

Trovava strano provare tanto terrore di fronte ad un nano quando si era già trovata faccia a faccia contro una moltitudine di orchi, riuscendo a trucidarne a decine.

“Sta vincendo?” Chiese Hanna preoccupata mentre tentava di sedersi più dritta, ma fallendo a causa del dolore dato dalle ferite.

“Non sta perdendo, c’è una netta differenza!” Le rispose il Re.

Thranduil poggiò delicatamente Hanna contro una parete per andare in aiuto di Sara.

L’amica se la stava cavando bene, ma le emozioni non le permettevano di combattere al cento per cento e contro un nano era pericoloso avere delle distrazioni.

Il Re recuperò la spada abbandonata in terra e bloccò un colpo che avrebbe inflitto una brutta ferita se fosse andato a segno.

Incoraggiata dalla presenza dell’elfo, Sara passò dalla difesa all’attacco, menando fendenti con l’intento di sfiancare l’avversario.

Ma il nano, nonostante fosse robusto era agile e veloce. Parò ogni colpo, tentando di colpirla più volte, appena trovava un’apertura.

Andarono avanti per un po’, il nano era intimorito dall’elfo e confuso nel vederlo intervenire solo quando la sua lama si avvicinava troppo all’umana, non capendo quell’alleanza fra delle razze che si erano sempre guardate con sospetto.

Ci fu un’altro momento di stasi e fra tutte le decisioni che potesse prendere, il nano, scelse la peggiore.

Fece una finta e Sara ci cascò, parando un colpo che non arrivò mai.

Il nano si voltò, rivolgendo la sua attenzione su Hanna, sfoderando un’altro coltello e lanciandosi in un attacco mortale.

Ma si era sopravvalutato, forse a causa dell’euforia data dall’idea reputata da lui geniale o della paura.

L’elfo fu così veloce a reagire che il terrore intaccò i lineamenti del nano, solo quando la spada l’aveva già trapassato, per ricadere in terra morto appena la realizzazione di ciò che era successo arrivò alla mente del giovane combattente.

“La presunzione di conoscere le mosse dell’avversario può rivelarsi fatale!” Disse Thranduil mentre tirava via la spada dal corpo.

Appena si inginocchiò accanto ad Hanna la strinse in un abbraccio “Non farmi mai più preoccupare così!” Disse con apprensione.

“Questo è il colmo! Sarebbe colpa mia?” Hanna decise di calmare il suo temperamento solo perché il Re appariva ancora scosso.

“Hanna....” Sara praticamente cadde addosso ad entrambi cadendo in ginocchio.

“Sto bene!” La calmò l’amica lanciandole un occhiata per farle intendere di dare loro spazio.

Quando Thranduil si staccò da lei appariva ancora scosso e non reagì allo sguardo scrutatore di Sara, permettendole di controllare che non avesse ferite.

“Ho visto alcuni nani fare un bel volo dalle scale del piano superiore! Sono certa che non possano essere sopravvissuti ad una caduta del genere!” Raccontò 

tentando di nascondere il disagio provato nel sentire, più che vedere, il rumore dei corpi che si schiantavano sul duro marmo sottostante.

Il Re sorrise soddisfatto, ma si ricompose appena giunsero le guardie e Sara sorrise al pensiero che fosse così aperto anche in sua presenza. 

Hanna lasciò che Thranduil la prendesse in braccio per portarla nelle sale di guarigione. Si sentiva talmente dolorante che dubitava di riuscire a stare in piedi sulle proprie gambe. 

Durante il tragitto Sara la rassicurò dicendole che aveva pensato lei a mettere al sicuro i bambini.

Ricordando ciò che era accaduto poteva dire di sapere di aver giocato con il fuoco ed anche se aveva provato terrore in quei bravi attimi, era orgogliosa di sé stessa per la finta aria spavalda che era riuscita a mostrare a quei maleducati e spocchiosi nani!

 

*

 

Hanna si svegliò urlando.

Respirava come sé avesse appena corso quattro chilometri ed era bagnata di sudore.

Una volta che si fu calmata non si trattenne e sbuffò infastidita.

Durante la guerra contro i romani non aveva mai avuto incubi, nemmeno dopo aver ucciso la prima persona.....forse, avendolo fatto per necessità e non per puro piacere, la sua coscienza non provava rimorso, ma trovava assurdo che la paura si manifestasse nel suo inconscio proprio quando era più al sicuro!

Tirò le coperte fin sotto al mento, godendo del calore trattenuto che riuscì a farla rilassare.

Perché dei semplici nani le davano tanto pensiero quando romani, orchi e mannari non l’avevano mai turbata?!

Quando Aranel era stata rapita non aveva avuto tempo per gli incubi. Da una parte perché la preoccupazione la teneva sveglia, dall’altra perché Thranduil era stato molto rapido a liberarla.

Ma forse era lui la risposta che cercava.

Di fronte ad ogni pericolo che le si era parato davanti c’era Thranduil, pronto a proteggerla. Mentre con i nani si era ritrovata sola, impotente come non si sentiva dagli anni di schiavitù.....

Sussultò quando la porta della camera da letto venne aperta, ma eresse una facciata di calma piatta, appresa proprio dall’elfo di fronte a lei che la scrutava preoccupato.

Le sua sopracciglia enormi erano tese, unico segno del disagio che provava. Hanna sorrise, Thranduil riusciva sempre a mostrarle i propri sentimenti attraverso piccoli gesti del corpo o occhiate. 

Non sapeva se lo facesse apposta quando era con lei, o se gli veniva naturale abbassare parte delle difese in sua presenza, ma scoprì che non le importava.

Conosceva il vero elfo sotto la maschera e questo bastava!

Lui le si avvicinò, posando il vassoio che portava. Anche se era abituata vederlo in quel contesto, ora, con la corona che gli adornava il capo, trovava strano osservarlo mentre si serviva da solo.

“Non dovresti fingere di non provare paura!” Disse Thranduil sedendosi delicatamente sul letto, al suo fianco.

“Dice colui che indossa una maschera ventiquattr’ore al giorno!” Cercò di ribattere Hanna.

“Con te mai!” Obbiettò lui.

“Touché!” Dovette riconoscere lei.

“Come ti senti?” Domandò l’elfo studiandola con gli occhi.

“Annoiata!” Rispose Hanna con sincerità.

“Hanna......” “Si, lo so che non dovrei muovermi per far guarire le costole rotte, restare sdraiata per non sforzare troppo i lividi che fanno sembrare la mia carnagione a pois......ma è un giorno intero che sono a letto! E sai bene che non sono affatto abituata a starmene in panciolle tutto il tempo....per quanto questo letto sia comodo ed invitante!” Si lamentò.

“Ora dici cose senza senso!” Protestò lui.

“Posso andare a fare colazione con gli altri?“ domandò lei che, pur conoscendo la risposta, voleva provarci lo stesso.

“Non è ancora il momento! Il guaritore ha detto che devi riposare!” Hanna alzò gli occhi al cielo. Queste due frasi erano diventate un mantra!

“Se vuoi faccio venire i bambini.....” “Si e per cosa? Per farli preoccupare?! Hai visto come mi guardava Aranel? Era spaventata perché non mi ha mai visto in queste condizioni e tantomeno confinata in un letto!” Protestò lei tentando il tutto per tutto.

Thranduil sospirò. Odiava che facesse leva sulla figlia per convincerlo!

“Ti accompagno a fare colazione.....” “Un punto per me!” Esultò Hanna “..se prometti di restare il resto della giornata a letto senza tentare fughe ed alzandoti solo per le cose necessarie!” Finì lui. 

“Ed un punto per te!” Disse atona Hanna, avvilendosi. Ma era meglio di niente!

Una volta che si sedette a tavola Thranduil si avviò a svolgere i propri doveri, ma Hanna scorse un caldo sorriso comparirgli in viso vedendo la gioia e l’affetto che i bambini le mostrarono.

“Poi devi dirmi come sei riuscita a convincerlo!” La informò l’amica riprendendo a mangiare.

Hanna sorrise soddisfatta ma fu costretta a smettere poco dopo, quando Sara sputó l'intero contenuto del bicchiere "Dannazione!" Urlò Hanna vedendo le ciambelle rovinate ed immangiabili.

Poteva fare tutto, anche perseguitare Galion affinché la invitasse a fare una stupida passeggiata, ma quello era troppo.

La colazione era il pasto più importante della giornata ed anche se sapeva di poterne richiedere ancora, buttare tutte quelle ciambelle era uno spreco che le faceva ribollire il sangue!

Tutta la rabbia venne dimenticata appena notò Legolas seduto a capotavola. 

Quando era arrivato? 

Mannaggia agli elfi che riuscivano a muoversi senza fare il minimo rumore.

Ma non fu quello a farle sgranare gli occhi, no, ci era abituata.

Due grossi baffi erano stati disegnati con la vernice nera sul viso di Legolas che imbronciato e perso in chissà quali pensieri, sedeva regale a tavola!

Hanna tentò di ridere silenziosamente, ma il suo corpo venne scosso violentemente e fu costretta a poggiarsi con gomiti al tavolo quando sentì il fiato mancarle, il viso in fiamme ed i lividi uniti alle costole, protestare per lo sforzo.

Sara era ancora troppo scioccata per divertirsi.

A quanto pare vedere un proprio idolo in tale pietose condizioni era stato troppo.

“Cos’avete da fissare?” Chiese burbero lui.

Hanna sentì un fastidio interiore che però non la fece smettere di ridere.

La rabbia ed il risentimento erano le uniche emozioni che gli aveva visto manifestare, oppure era ciò che riservava a loro!

Quando anche Sara cominciò a ridere lo sguardo le cadde su Aranel.

Forse fu l’istinto di madre a farle muovere gli occhi, qualunque cosa fosse non la tradì. Il sorrisetto che sua figlia aveva in faccia doveva riconoscere a malincuore che fosse identico al suo e lo odiava perché voleva dire che era stata lei!

Osservando Aranel, Hanna perse il movimento fulmineo di Legolas che si specchiò in un vassoio vuoto, sgranando gli occhi appena si rese conto del motivo dell’ilarità delle due umane.

“Siete state voi!” Ringhiò sentendo la vergogna bruciare come un tizzone rovente sul proprio petto.

“Non è opera mia!” disse Hanna.

“E neanche mia!” Si difese Sara che aveva smesso di ridere a causa del disagio improvviso provato. Era ancora il Principe dopotutto e non poteva ridere di lui così apertamente!....oppure si?!

“Voi mentite! Ma se credete che basti così poco per farmi commettere azioni o dire qualcosa che mi sminuirebbe agli occhi di mio padre e del mio popolo, vi sbagliate di grosso!” Le credeva veramente così meschine? E perché avrebbero dovuto prendere provvedimenti se non aveva per niente ostacolato il loro rapporto con Thranduil?!

Non ancora almeno.

 

*

 

Nelle cucine reali, talmente grandi da potersi perdere, gli elfi erano immersi nelle attività quotidiane. 

Chi puliva, chi cucinava, chi aveva il compito di coordinare ogni specifico lavoro.

Le guardie pattugliarono anche quell’ala del castello, allerta per eventuali attacchi o intrusioni.

Aranel si affacciò nel corridoio che portava verso le cucine riuscendo ad evitare per un soffio la pattuglia. Fece cenno a Lucilla, che era molto meno furtiva di lei, costringendola ad andare in avanscoperta per avere la certezza di non essere scoperte.

Entrarono nella cucina annusando l’aria con avidità. Sul grande tavolo al centro della sala c’erano dei biscotti appena sfornati!

Le piccole ma esperte ladre, si infilarono sotto al tavolo appena delle voci annunciarono l’arrivo di testimoni. La lunga tovaglia dava loro un netto vantaggio.

Entrarono tre elfe, che si misero subito a lavoro, pulendo e tagliando verdure e ortaggi.

Il battito ritmico dei coltelli sui taglieri diede il via libera ad Aranel, che stando dalla parte opposta rispetto alle cuoche, si affacciò dal suo nascondiglio afferrando e passando quanti più biscotti possibili a Lucilla.

Accurandosi di sistemare i rimanenti per non far notare che ne mancassero alcuni.

“Aranel! Lucilla!” La voce di Sara le fece tremare. Doveva essersi accorta che erano uscite dalla stanza senza avvisarla.

Ma i sospiri sorpresi delle bambine non erano passati inosservati alle elfe che si trovavano nella stanza con loro e quando Sara si affacciò dalla porta, una di loro indicò il tavolo.

La ragazza comprese subito quel semplice gesto, anche se la infastidiva che molti degli elfi le dessero corda solo quando c’era di mezzo la Principessa.

Aranel sentì il passo pesante della zia avvicinarsi sempre più e con il bottino ancora fra le mani, sgusciò fuori dal suo nascondiglio correndo lontano dal pericolo, seguita dall’amica fedele.

“Se vi prendo!” Sibilò Sara riprendendo la corsa. Le avrebbe raggiunte subito, se non fosse che la grossa gonna limitasse i suoi movimenti, minacciando di farla cadere in caso avesse tenuto un’andatura troppo spedita.

Ad un incrocio ebbe un momento d’incertezza prima di ricordarsi che il posto reputato più sicuro da quelle pesti, fossero le loro stanze.

Ma svoltando troppo di fretta un angolo, andò a sbattere contro qualcuno.

“E anche la figuraccia di oggi è fatta!” Pensò prima di alzare lo sguardo.

“Mi scu.....” le parole le morirono in gola appena vide il Re che la osservava sorridente.

Aveva preso la brutta abitudine di divertirsi con le sue sventure!

“Se non sei in grado di fermare quelle ladruncole, dubito fortemente che ti permetterò mai di prendere parte ad una pattuglia nel bosco!” Commentò il sovrano prima di riprendere a camminare.

Un sorriso illuminò il volto di Sara “La sfida è stata accettata!”Disse emulando uno dei suoi personaggi preferiti della sitcom più amata durante l’adolescenza.

 

*

 

Hanna ringraziò Calien quando quest’ultima le porse le frecce recuperate dai vari bersagli. Ormai guarita, non perdeva occasione per esercitarsi.

Parlando con Thranduil erano venute a conoscenza dei fatti di Erebor. Gli eventi si erano svolti come sapevano e Legolas si era saggiamente tirato indietro una volta giunto troppo tardi sul campo di battaglia.

Il Principe ribolliva di rabbia al pensiero che i nani avessero ricambiato gli aiuti inviati, dagli elfi di Bosco Atro negli anni a venire, con il freddo ferro delle lame.

Era stato uno sciocco a mostrarsi tanto debole di fronte a quella razza priva di onore.

Thranduil aveva elogiato i suoi sforzi, rassicurandolo che non lo riteneva responsabile.

Le ragazze, parlando fra loro avevano aumentato il ritmo d’addestramento consapevoli che presto altri nani si sarebbero presentati ai confini del regno.

Hanna poggiò l’arco, decidendo di rafforzare l’abilità con la spada.

Come Milo, era sempre stata molto portata con le frecce, fin dall’inizio, quando avevano difeso le mura del tempio dall’attacco dei romani.

Con la spada, aveva ancora molto da imparare.

Si concentrò nel ripassare la tecnica di base, impaziente che Feren arrivasse per cominciare la lezione.

“Umana!” Dovette sforzarsi nel rimanere impassibile di fronte a quell’epiteto che solo una certa elfa impertinente ancora usava con lei.

Tauriel era furiosa. Hanna poteva giurare di non averla mai vista in quello stato.

“Mi appello al tuo onore! Ti sfido!” Rivelò stupendo ancora di più la ragazza mentre sfoderava la spada.

“Perché?” Hanna non capiva dove volesse andare a parare con quella assurda dimostrazione di forza. E poi che onore c’è nello sfidare qualcuno di nettamente inferiore come lei. Contro i romani era un eccellente guerriera, ma con dei guerrieri centenari non aveva scampo!

“Hai ammesso di non aver mai approfittato della tua posizione. Dimostra ciò che affermi ed accetta la sfida!” La provocò Tauriel con un sorriso sapiente.

“Dipende dai punti di vista, ma da quando sono nel regno, ti do la mia parola che non ho mai osato offendere il Re con un azione tanto abbietta!” Le diede ragione Hanna riaffermando ciò che aveva detto in precedenza.

“Preferisci una sfida a tiro con l’arco o.....” “Pugnali! Credo che la spada sia troppo per una fragile umana!” La derise l’elfa sussurrandole quelle perfide parole passandole accanto.

“Ti sto trattando senza il minimo riguardo, ti invito a fare altrettanto. Sono un abile guerriera, non trattenerti o rischieresti di mancarmi di rispetto!” Continuò a punzecchiarla Tauriel mentre sfoderava le lame.

Hanna rimase sorpresa quando vide Feren porgerle due splendidi pugnali “Ricordate, la vista non è essenziale. Fissare le lame vi metterebbe solo in difficoltà. Spesso gli occhi anticipano gli attacchi!” La incoraggio con un sorriso accogliente.

La fiducia acquisita da Hanna si spense come la fiammella in mezzo al temporale quando notò che l’intero campi di addestramento si era fermato, tutti concentrati su quello scontro.

“Bene, ora sono al cinema! Diciamo più teatro, ma detesto essere la protagonista!” Hanna rimpianse la propria decisione, ma ormai non poteva più tirarsi indietro.

Tauriel le lasciò campo aperto per l’attacco d’apertura.

La ragazza non eccelleva con i pugnali, ma imparava in fretta. Per questo decise di iniziare con grande stile. Avanzo quanto più velocemente possibile, infliggendo un colpo di taglio che venne subito deviato.

L’impugnatura delle loro armi rivelava anticipatamente le mosse da poter utilizzare, per questo, quando Tauriel abbassò un braccio comprese che le stava servendo un montante micidiale ed opto per creare una difesa alzando entrambi i pugnali, schivando contemporaneamente, per sicurezza.

Il successivo fu un diritto ridoppio cioè un colpodiagonale dal basso che chiude dall'esterno verso l'interno, sullo stesso lato del braccio che regge l'arma.

Questo lo parò non riuscendo ad evitarlo.

Si lamentò rimproverandosi mentalmente. Era meglio deviare o schivare un colpo del genere!

“Come ci sei riuscita?” Chiese l’elfa costringendola sulla difensiva grazie alla propria agilità.

Per non farsi cogliere alla sprovvista e nel tentativo di disorientare l’avversario Hanna decise di smettere di continuare a difendersi. 

Cominciò a muoversi costantemente. Ilcoltello, invece di tenerlo accanto al fianco lo pose come barriera fra loro due. Come se ci fosse stata  una calamita che manteva la lama puntata verso l’avversaria.

“Non so di cosa tu stia parlando, ma ti informo.....che non tutto avviene.....per causa mia!” Hanna non aveva mai trovato difficile parlare mentre combatteva, ma in questa caso la concentrazione doveva essere alta.

Sapeva che non le avrebbe mai fatto del male, non avrebbe osato spingersi così oltre, ma era meglio non fare troppo affidamento sulla sua posizione.

Non voleva fare brutta figura. Era la compagna del Re e Mefistofele le stava dando l’opportunità di mostrare di esserne degna.

“Mi hai messo contro il Re!” Sibilò Tauriel menando un colpo “Ora anche il Principe!” Un’altro “Mi hai tolto tutto ciò che avevo!” Al terzo l’elfa fece collidere le due lame e con una rotazione del polso fece perdere la presa alla ragazza.

Hanna si costrinse alla calma. Ritrovarsi con una lama era uno svantaggio dal quale dubitava di riuscire a cavarsela. Ma doveva resistere, non poteva darle la soddisfazione di farla sentire forte mettendo in mostra la propria paura.

Si ritrovò costretta a cambiare più volte e decisamente velocemente l’impugnatura dovendo parare entrambi i colpi delle lame.

Il fendente successivo fu dal basso verso l’alto.

Hanna si mosse simultaneamente con l’elfa e fece un passo indietro e subito dopo di lato pronta per colpire l’avambraccio o la zona del polso con l’intento di far perdere la presa alla sfidante. Privandola di una lama, voleva riportarle sullo stesso piano.

Tauriel la destabilizzò con un affondo inaspettato e potente, permettendole di menare un fendente decisivo.

 L’arma venne strappata dalla presa di Hanna e dopo pochi volteggi per aria, cozzò contro al pavimento di marmo provocando un frastuono assordante nel silenzio che era caduto fra i presenti.

“Complimenti!” Disse Tauriel facendo un inchino sbilenco, irrispettoso, impertinente........insomma, Hanna comprese che fosse il tocco finale del perfido piano messo in atto per umiliarla.

Una volta che l’elfa sparì dalla sua vista decise che la cosa migliore da fare fosse fingere che non fosse successo niente e riprese ad allenarsi.

Funzionò, dato che l’addestramento proseguì senza problemi fino a quando Feren non l’accompagnò alle proprie stanze.

Ma Hanna poteva dire con certezza di non avere conquistato ancora il rispetto degli elfi e si chiedeva se sposare il Re sarebbe stata la cosa giusta da fare se loro non la ritenevano degna......

 

*

 

Quel giorno l’ira del Re aveva travolto chiunque ebbe la sfortuna di incontrarlo.

La voce di ciò che era accaduto si sparse a macchia d’olio e presto divenne chiara una cosa: Tauriel era scomparsa!

Era stata vista uscire poco dopo la sfida con l’umana, si era addentrata nella foresta e non aveva fatto ritorno.

Thranduil aveva mandato una pattuglia alla sua ricerca, non perché lo preoccupasse la sua incolumità, ma per rinchiuderla nelle prigioni e probabilmente, buttare la chiave fino a quando gli fosse passata la rabbia scaturita da un azione tanto ignobile.

Nel discorso fatto al campo d’addestramento il giorno successivo, ribadì tutti i valori propri di un eflo dei boschi, specificando che non c’era alcuna gloria nello sfidare qualcuno meno abile per lenire l’orgoglio ferito o qualsiasi oltraggio ricevuto.

In poche parole, gli elfi compresero che l’umana poteva non essere di sangue nobile, ma la sua posizione doveva essere riconosciuta e rispettata.

Inoltre in molti avevano ammirato il coraggio mostrato nell’accettare una sfida persa in partenza e numerosi cadetti si ritrovarono a fermarsi una volta terminati gli allenamenti, per osservare meravigliati la dedizione agli allenamenti di Hanna ed i suoi progressi.

Una mattina Hanna e Sara stavano emulando un combattimento all’ultimo sangue.

Erano passati alcuni mesi da quella incresciosa vicenda ed ora, i pugnali, erano diventati come un prolungamento dei loro arti.

Si muovevano agili e veloci, intenzionate a disarmare e porre fine a quello scontro il prima possibile.

Thranduil assisteva tranquillo seduto su di una maestosa sedia ai margini del campo, con Galador fra le braccia. Elanor doveva essere cambiata e Calien si era preoccupata di soddisfare le esigenze della piccola, dato che la madre era impegnata e per non disturbare il Re da quella breve pausa dai doveri reali.

“È una fortuna che non sia cambiato niente nel nostro mondo!” Affermò Sara dovendo fare alcuni passi indietro per evitare due affondi in successione da parte di Hanna “Possiamo dire di essere pronte a ciò che sta per accadere!” Si vantò, decidendo di ricambiare tale cortesia con due fendenti opposti, l’uno dietro all’altro.

“Non fare troppo affidamento su ciò che conosci!” La redarguì Hanna che faceva tesoro delle esperienze passate “Se ti lasci guidare dalla presunzione finirai inevitabilmente per pentirtene!” Disse bloccando entrambi i pugnali di Sara con i suoi, cominciando una gara di forza con lo scopo di spingerla all’indietro.

“Ora sei pure filosofa!” La prese in giro Sara con il notevole sforzo che traspariva dal suo tono “Mentre io pattuglio la foresta tu stai imparando la famosa arte dell’argomentazione! Ti sarà molto utile!” Riconobbe Sara non riuscendo a trattenere una piccola risata anche se si vide costretta a cedere terreno all’avversaria, venendo spinta all’indietro.

“Una sola uscita e ti ritieni membro effettivo?!” Disse Hanna prendendola in giro. 

Come a voler dare enfasi alla propria frase, cominciò a menare fendenti opposti in successione tentando di mettere in difficoltà l’amica.

“Dovresti migliorare le tue abilità prima di gettarti in missioni suicide non credi?” La riprese, quando la vide costretta ad indietreggiare.

“Dovevi dirmelo prima della ribellione. Oramai ci ho fatto l’abitudine!” Risposte Sara cominciando a fare un gioco abile di piedi, cercando di sfruttare l’agilità a proprio vantaggio.

“Ora fingi disinteresse quando prima sei morta di preoccupazione!” Le due coppie di lame cozzarono fra loro. Le ragazze le abbassarono ritrovandosi faccia a faccia “Manco fossi stata Aranel!” Rise Sara prima di allontanarsi di colpo per riprendere il controllo della situazione.

“Non ci crederesti, ma ci tengo che tu torni tutta intera!” Disse Hanna anche se il colpo orizzontale dall'esterno all'interno sullo stesso lato del braccio che reggeva l'arma, dava un diverso messaggio.

“Infatti non ci credo!” Affermò Sara indietreggiando e stando in posizione difensiva per maggiore sicurezza “Dov’è la sola?” Chiese decidendo che era il suo turno di attaccare.

“Con chi passerei le mie giornate? Chi mi tradurrebbe le migliaia di righe che mi mancano per terminare il libro sulle antiche battaglie?” Hanna bloccò il colpo con una lama e con una giravolta cambiò posizione d’attacco, ma Sara, conoscendo quella mossa, riuscì a non abbassare la guardia rimanendo sulla difensiva.

“Trovata!” Disse Sara tentando due affondi con scarso successo “Mi sa che devo cominciare a farmi pagare!” Ragionò mentre riprendeva a muoversi attorno all’avversaria, concentrata nell’individuare eventuali aperture da sfruttare.

“Hai trovato la tua vocazione finalmente! Diventerai interprete!” Finse di esultare Hanna assumendo una posizione d’attacco.

“Ma va.....” Sara non concluse l’insulto quando colse con lo sguardo una guardia correre al fianco del Re con una certa concitazione. La notizia che portava fece immobilizzare anche Hanna “Mio signore, un gruppo di nani ha oltrepassato i confini del regno!”.

 

Finalmente i sudditi del Reame Boscoso hanno potuto vedere quelle misteriose umane di cui si parlava da tempo! Audial è un apprendista guaritore, chissà cosa succederà tra lui e Sara!

La Battaglia delle Cinque Armate è alle porte ormai!

Thranduil avendo assistito alla distruzione del Doriath ed all’assassinio di Re Thingol da parte dei nani prova un forte astio nei loro confronti, ma essendo stato assente durante la caduta di Erebor, ho deciso di mettere qualcosa di inaspettato che risvegliasse quella rabbia mai scomparsa!

Questa sventura fa aprire gli occhi ad Hanna permettendole di distruggere i dubbi sorti a causa di Tauriel.

Aranel si è abituata alla vita di corte e ne combina una dietro l’altra!

Tauriel se ne è andata, Legolas è sempre più perso.....

In mezzo a questa confusione giunge finalmente Thorin Scudodiquercia!

Fatemi sapere cosa ne pensate!

A presto,

X-98

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Capitolo 24
*** Se vuoi la pace prepara la guerra ***


Quindi, gli elfi cadono in una specie di sonno profondo per due ore?! È per questo che la notte dell’attacco Thranduil è stato vulnerabile?!” Sara si diede della cretina per non averlo notato fino a quel momento.

“Effettivamente credo che non sia la prima volta che assisto a quel particolare momento!...” disse ricordando gli anni della ribellione “Solo che pensavo fosse a causa della stanchezza se a volte dormiva così profondamente!” Svelò per poi ridere di se stessa “Che idiota sono stata!”.

“Suvvia, non potevi saperlo! Ricordi che eravamo sorprese pure del suo super udito?” Hanna ricordava bene quanto fosse tornata utile quell’abilità di Thranduil durante la guerra, ma se conosceva bene l’elfo non poteva dire altrettanto della razza a cui apparteneva.

Erano affascinanti la cultura e le tradizioni elfiche e se non fosse stato per le occhiate che molti le lanciavano, essendo immortale, si sarebbe sentita completamente una di loro.

Ma la vita non è mai tutta in discesa!

Aveva vissuto un sogno fino ad allora. Era giunto il momento di crearsi il futuro con le proprie forze!

Per il momento si concentrò sul cambiare Elanor.

I gemelli avevano tre anni e mezzo e crescendo diventavano sempre più esuberanti.

Sorrise nel vedere Lucilla ed Aranel giocare contente con Galador che imitava ogni movimento della sorella maggiore.

Il loro affiatamento si era rafforzato. I gemelli vedevano le sorelle maggiori come un punto di riferimento ed un modello da imitare e alle due non dispiacevano tali attenzioni.

“Non lo toccare!” Aranel tolse dalle mani di Galador la sua bambola preferita facendolo cadere seduto in terra. Il piccolo non parve dispiacersi o intimorirsi di fronte allo sfogo della sorella e tentò di riprendersi il maltolto.

Hanna finì di vestire Elanor per poggiarla su di una calda coperta accanto a Lucilla che stava finendo di fare una corona di fiori, ignorando completamente il litigio.

“Smettetela di litigare altrimenti vi tolgo la bambola!” Fu sufficiente quello per sedare le grida infastidite dei fratelli.

Hanna si rese conto solo allora che Sara era scomparsa.

Calien che era in grado di seguire ogni loro mossa anche se non era fisicamente presente, le disse che aveva un appuntamento con Audial per assistere al suo primo giorno di lavoro.

Non capiva se Sara volesse diventare guaritrice o se si fosse perdutamente innamorata di quell’affascinante elfo alle prime armi.

 

*

 

Quel giorno non c’erano lezioni da seguire per i bambini e si sedettero a tavola contenti di vedere il padre che sembrava essere molto più impegnato da quando avevano cambiato casa.

Aranel si avvicinò a Legolas timidamente, tentando di nascondere la sorpresa dietro la schiena. Cosa inutile dato che era un pezzo di pergamena fin troppo grande perché passasse inosservato.

“Fratellone.....” Hanna si irrigidì più del Principe non nel sentire quella parola, ma nel vedere l’indifferenza di lui davanti alla sorellina.

“Ti ho fatto un regalo!” Disse Aranel porgendogli il disegno fatto in cui era ritratta l’intera famiglia.

“Non ho tempo per queste sciocchezze!” Hanna sentì la rabbia esplodere dentro di lei e l’avrebbe tirata fuori se una mano non si fosse posata sulla sua.

Thranduil la calmò con lo sguardo e finalmente realizzò cosa intendesse.

Erano fratelli, dovevano rapportarsi da soli tra di loro. Se il Re avesse preso le parti della figlia la situazione già delicata, sarebbe precipitata.

E se Legolas voleva ignorarla e trattarla male, a parte un rimprovero, Thranduil non avrebbe potuto fare molto, era un elfo adulto ormai......

Sul dolce viso di Aranel si dipinse una grande delusione e prima che piangesse il padre la chiamò “Cos’hai lì in mano Lelig(figlia mia)?”.

I complimenti e l’appoggio del padre fecero dimenticare subito la delusione data dal fratello e dopo pranzo, Lucilla ed Aranel corsero in giardino per vedere chi avrebbe fatto la corona di fiori più bella. Luthien e Calien le seguirono portando per mano i gemelli.

“Perché sei stato così duro con lei iôn nin(figlio mio), è solo una bambina!” Disse il padre contrariato dal comportamento del figlio.

“È tua figlia. Deve imparare presto il suo posto, non ho tempo di insegnarglielo!” Rispose il Principe gelido.

“È tua sorella!” Affermò deciso il sovrano come se il figlio non l’avesse ancora compreso “Hai dei doveri nei suoi confronti e cerca di controllare il tuo temperamento con lei!” Lo riprese severamente.

“Tu non l’hai mai fatto con me!” L’accusò Legolas sfogandosi “Mi hai negato il tuo amore perché stavi soffrendo! Per colpa loro ho perso la mia compagna, perdona se non riesco ad essere gentile con coloro che mi hanno negato la felicità!” Disse riferendosi alle ragazze che non avrebbe esitato a cacciare se non fosse stato per il Re.

Thranduil assottigliò le labbra, gli occhi che lampeggiavano di una cieca furia.

Si alzò ed uscì dalla sala, forse per evitare di dire cose che non pensava solo a causa del proprio temperamento.

Hanna e Sara si guardarono confuse. Non avevano ancora terminato il pasto, troppo concentrate sui bambini, ma era saggio restare?!

“I tuoi genitori sarebbero orgogliosi nel vedere dove sei arrivata!” Incredibilmente fu Legolas a rompere il silenzio.

“Cosa ne sai tu?!” Contrattaccò Hanna che non avrebbe mai superato il trauma. Parlare dei suoi non era la migliore scelta.

“Niente, io non so niente di te…” strano, occhio di falco sembrava deluso mentre affermava la semplice verità!

“Io invece sono molto di te!” Disse Hanna ricordando con affetto i momenti in cui gli occhi di Thranduil si illuminavano quando le parlava del figlio perduto che desiderava ardentemente ritrovare.

“Ammetti che sia quindi sospetto, il fatto che viviamo nello stesso posto ma io non sappia niente di te?” Legolas era abile rigirare i discorsi a suo favore.

“Perché dovrei raccontarti?! Non ti sei già fatto le tue idee! Come Tauriel!” Si difese Hanna decidendo di andarci giù pesante.

“Illuminami e lascia a me i miei pensieri!” Rispose lui atono.

“Non c’è molto da dire. I miei familiari non sono più in vita e sono partita in cerca di un futuro migliore!“ Hanna sorrise leggermente sapendo che non aveva cercato niente, era stata solo la fortuna a farle incontrare l’anima gemella, la sfortuna a farla finire in catene.

“Vedo che l’hai trovato un futuro migliore!” La canzonò Legolas sfacciato.

“Si hai ragione, sono stata molto fortunata!” Riconobbe lei sapendo bene quali pensieri frullassero nella testa del Principe.

Credeva che volesse approfittarsi della posizione del padre. Anche se aveva sempre conosciuta la vera identità dell’elfo, non si era mai preoccupata di cos’avrebbe fatto una volta tornati nel regno degli elfi. 

Come suo solito, si preoccupava dei problemi solo quando ci andava a sbattere contro di faccia......

“Peccato che non tutti abbiano avuto una tale fortuna!” Continuò Legolas rigirando il cibo nel piatto senza avere l’intenzione di mangiarlo. Gli era passato l’appetito.

“A chi ti riferisci?!” Si arrese a chiedere Hanna non capendo a cosa stava alludendo.

“Alle guardie reali che sono perite per mano dei tuoi simili!” Hanna percepì Sara irrigidirsi. Ecco un’altro argomento delicato e dovette ringraziare i Valar che Thranduil non fosse presente.

“Simili in quanto umani, perché le somiglianze finiscono lì!” Rispose a tono, odiando come gli elfi la considerassero priva di ogni onore solo per la reputazione di altri.

“Tu sai di chi parlo!” Non era una domanda, ma una dichiarazione quella di Legolas.

“Li conoscevi?!” Chiese improvvisamente attento e desideroso di sentire la risposta.

“Sì, ma non bene!” Questo era vero. Gli elfi erano molto riservati. Le ci erano voluti anni per ammorbidire Thranduil!

“Cosa intendi?!” Legolas appariva sospettoso. Una persona la conosci bene oppure per niente. Non esiste la via di mezzo!

“Che li ho solo visti!” Disse Hanna infastidita, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.

“Dove?” Le amiche si guardarono chiedendosi se quello fosse stato fin dall’inizio l’obbiettivo del Principe. Far commettere loro un errore perché rivelassero qualcosa di troppo!

“In faccia!” Rispose Hanna con un sorriso soddisfatto indicandosi il viso.

“Mio padre ti ha concesso fin troppo. Io non sono come lui. Non prenderti gioco di me o le conseguenze non ti piaceranno!” La minacciò Legolas visibilmente offeso.

“Sai che differenza c’è tra te e uno specchio? Lo specchio riflette senza parlare e tu parli senza riflettere!” Continuò a punzecchiarlo Hanna con Sara che la colpiva a ripetizione il braccio nel vano tentativo di farla smettere “Se ci tratti da stupide non aspettarti che ti lasci fare, o le conseguenze non ti piaceranno!”.

Sara si mise le mani in faccia ricordandosi vagamente la discussione avvenuta con Thranduil anni addietro. Anche allora era terrorizzata dall’esito di quello scontro!

Fortunatamente, in questo caso, il bacio finale era escluso.......

“Sembri sveglia.....dimostrami che lo sei ascoltando quello che ti ho appena detto!” Le ringhiò contro Legolas.

“Ostenti un comportamento spudorato nei nostri confronti e ti aspetti che ci vada bene? Dovresti imparare a controllarti perché io non rimarrò in silenzio a subire la tua irriverenza!” Protestò Hanna non avendo paura, decisa a far capire una volta per tutte al Principe con chi aveva a che fare.

“Posso dire lo stesso di te. Se avessi tenuto a freno la tua insolenza, forse i nani sarebbero stati più indulgenti!” Disse Legolas sfoderando un’arma a doppio taglio.

Sapeva bene che quella traumatica esperienza turbava ancora Hanna!

“Se lo fossero stati non sarebbero nani!” Fece notare lei “Sono abituata alle ferite fisiche, tanto da poterli definire gentili!” Si vantò anche se sapeva bene di star mentendo a se stessa. Le ferite ricevute durante la guerra non erano mai state tanto gravi. Ed era sempre stata circondata da amici pronti a sostenerla e proteggerla, senza essersi mai ritrovata sola di fronte al nemico.

“Se ci sei abituata non dovresti essere così sconvolta!” La derise Legolas.

“Oh....” finse di sorprendersi Hanna. Le doti di attrice si erano rafforzate negli anni.

“Oh, credi che sia quella la causa dei miei incubi!?” Si, Hanna si stava proprio divertendo “Voi elfi peccate di eccessiva superbia, credete sempre di conoscere le risposte a tutto!” Riconobbe.

“Sei convinto che Tauriel se ne sia andata a causa nostra.....” Legolas strinse i pugni serrando in contemporanea la mascella “....ma ricorda che sono state unicamente le sue azioni a portarla dove si trova adesso!” Concluse Hanna.

“Se ti sto dando fastidio dimmelo che continuo!” Decise di aggiungere prima di uscire con fare spavaldo.

Lei non era una ragazzina con desideri egoistici, ma una donna forte e combattiva. Legolas doveva essersene reso conto ormai.

 

*

 

Thranduil si ritrovò a sorridere suo malgrado. 

Legolas, dopo lo scherzo dei baffi si era ritrovato le uova negli stivali, il miele nella vasca da bagno, il sale nel caffè e sicuramente erano accaduti altri fatti di cui era rimasto all’oscuro.

Aprì le porte dello studio incitando sua figlia a precederlo.

Lei era allegra, ignara del rimprovero imminente.

Thranduil sospirò e si sedette di fronte alla figlia che era diventata nervosa, forse intuendo le sue intenzioni “Aranel, perché continui a fare dispetti a tuo fratello?” Chiese con calma.

“È molto divertente!” Rispose Aranel assumendo l’espressione soddisfatta della madre.

“Non lo è più se lo fai in continuazione!” Decise di illuminarla rimanendo serio.

“Va bene.....” disse timidamente la figlia abbassando lo sguardo, rialzandolo subito con una luce birichina negli occhi “....posso farne un’ultimo alla Mereth-en-Gilith?!”.

Thranduil alzò gli occhi al cielo anche se era buono che l’avesse chiesto

“Aranel....” “Va bene, non lo faccio più!” Si corresse la piccola affranta.

“C’è un’altra questione di cui vorrei parlare!” Riprese il padre diventando più serio.

“I tuoi insegnanti mi dicono che litighi spesso con Fanon...” Thranduil alzò una mano bloccando la protesta della figlia che rimase con la bocca aperta un secondo prima di richiuderla offesa “...non mi interessa se ti provoca. Devi controllare il tuo temperamento!” Le disse senza ammettere repliche.

“Ma non posso lasciare che mi prenda in giro senza fare niente!” Protestò Aranel per sentirsi in dovere di aggiungere “A volte bisogna combattere!”.

“Davvero? Chi lo dice?” Chiese il Re esasperato nel vedere che la figlia avesse ereditato i difetti peggiori della madre.

“Milo lo diceva sempre!” Thranduil si irrigidì, sgranando gli occhi dalla sorpresa.

Aranel....ricordava?!

Gli elfi hanno una buona memoria fin da piccoli, ma non parlando mai di loro, era convinto che fosse andata persa!

“E a volte bisogna anche non farlo!” Rispose tentando di nascondere la propria sorpresa. Milo continuava a creare problemi pure da morto.

Sorrise, rivedendo la sfrontatezza del giovane nella figlia. Quel ragazzo l’aveva sempre affrontato di petto, privo del timore che a volte aveva potuto scorgere negli occhi di Attico.

“Ma tu non hai mai smesso di combattere!” Insistette Aranel.

“Ora non lo sto facendo!” Cercò di calmarla il padre.

“È per questo che i nani hanno fatto del male a Nana?“ Thranduil fece una smorfia. Sua figlia era troppo sveglia perché potessero riuscire a nasconderle un fatto tanto grave....

“No! Pensa a svolgere i tuoi compiti. Proteggere Nana è un mio compito!” La rimproverò cambiando discorso.

“E quali sono?” Domandò Aranel cominciando a far esaurire la pazienza del genitore.

“Le lezioni!” Rispose lui secco.

“Mi annoio! Non posso allenarmi a combattere?” Il sovrano sorrise, ricordando quando anche lui trovava prive di senso molte delle lezioni che era stato costretto a seguire.

“No, sei solo una bambina. Devi imparare il tuo posto nel mondo!” Decise di farle capire il suo pensiero, invece di far sembrare lo studio una regola che avrebbe potuto benissimo infrangere!

“Voglio essere una guerriera!” Ed ora rivedeva Legolas. La sua piccola foglia che ardeva dal desiderio di vedere l’orgoglio nei occhi del padre, brillare per lui.

“Per combattere ci vuole disciplina...” Disse il Re venendo interrotto “Non è vero! Solo allenamento! Milo si allenava molto, me lo ricordo bene!” Thranduil si adombrò. I gladiatori si allenavano continuamente perché o combattevano o morivano, non c’erano altre opzioni.

“E infatti è morto!” Si pentì subito della risposta data piena di rabbia a causa dei ricordi che erano riaffiorati, appena vide quanto avesse scioccato sua figlia.

“BUGIARDO!” Urlò Aranel con le lacrime agli occhi.

Thranduil sgranò gli occhi oltraggiato.

Ogni desiderio di porre rimedio a quell’errore, sfumò appena sentì la figlia usare quel tono di voce irrispettoso contro di lui “Non osare rivolgerti a me con questo tono!”.

“Attico e Milo mi hanno promesso che torneranno!” Disse Aranel cominciando a piangere.

“Non succederà! Aranel.....” Thranduil si chiese perché quei due avessero fatto una promessa tanto idiota se erano consapevoli di stare andando contro ad una morte certa! E si domandò come avesse fatto a non accorgersene!

“Non è vero!” Urlò Aranel prima di uscire di corsa dalla stanza.

 

*

 

Thorin scalciò come una furia quando le guardie lo trascinarono di peso su per le scale.

Quando era giovane i rapporti con il Reame Boscoso erano tesi ma per il bene dei regni entrambi i sovrani mostravano un apparente calma durante gli incontri ufficiali.

Anche se da entrambe le parti sapevano che era solo una facciata.

Però il giovane Principe percepiva chiaramente rabbia oltre al disprezzo nelle due guardie che lo stavano portando al cospetto del Re.

Non avendo un appoggio stabile, appena i due elfi lo lasciarono, cadde a carponi sul freddo marmo della sala del trono.

Si rialzò subito con un ringhio. Non avrebbe dato a quello stramaledetto Re la soddisfazione di stare in una posizione che lo faceva apparire debole.

Thorin, suo malgrado, non riuscì a contenere il proprio stupore quando sotto la corona che conosceva bene, non vide l’elfo che si aspettava e contro il quale era pronto a scaricare tutta l’ira che sentiva bruciare dentro.

Fortunatamente le lezioni del vecchio Balin, oltre ad essere state fondamentali per la sua formazione, spaziavano molto anche sulla storia degli elfi, essendone lui curioso. 

Questa suo interesse, Thorin non l’aveva mai compreso, ma gli era tornato utile dato che ora era certo di sapere chi fosse quell’elfo.

Poco prima di intraprendere questo lungo viaggio gli era giunta voce che fosse tornato un elfo dato per morto. 

Molti sentendo tali notizie le avevano liquidate come fantasticherie ed essendo nani, non importava loro niente che riguardasse gli elfi.

A Brea, mentre tornava da un viaggio d’affari, gli umani, essendo attratti ed ammirando gli elfi, non perdevano occasione per parlarne.

Il Re elfo passeggiava tranquillo, come se la sua presenza in movimento, potesse intimorire il nobile nano.

“Qualcuno immaginerebbe che una nobile impresa sia imminente, impresa per riavere una terra natia e annientare un drago. Personalmente, sospetto un motivo molto più prosaico!” Appena si voltò Thorin lo fissò negli occhi senza alcun timore.

“Tentativo di furto o qualcosa di quel genere. Hai trovato una via per entrare. Cerchi ciò che farebbe convergere sopra di te il diritto a regnare, il gioiello del re. L’Arkengemma!” Il nano distolse lo sguardo tentando di evitare che anche il minimo segno di incertezza potesse essere colto nel suo sguardo.

Come faceva a conoscere le intenzioni della compagnia?

Thorin fece una smorfia sentendo la spiacevole sensazione di smarrimento farsi strada dentro di lui. Doveva essere cauto.

Sul viso dell’elfo comparve un sorriso consapevole “E’ preziosa per te oltre ogni cosa. Lo capisco questo. Ci sono gemme nella montagna che anch’io desidero, gemme bianche, di pura luce stellare. Io ti offro il mio aiuto!” Benché il cuore di Thranduil fosse tornato a battere aveva deciso di tentare di riprendere qualcosa che gli era stato ingiustamente tolto anni addietro.

Memore della vicenda di Thingol era consapevole di dover usare molta cautela.

“Ti ascolto!” Rispose Thorin sfoggiando un sorriso deridente. Lo credeva uno sciocco! Povero illuso!

“Sarete liberi di proseguire, se restituisci quello che è mio!” Gli occhi del Re erano gelidi e penetranti, ma il nano non distolse lo sguardo.

“Con quale diritto il Re degli Elfi reclama un simile gioiello? Se si trova nelle nostre sale allora ci appartiene e solo un generoso compenso potrebbe farmi riflettere su un’eventuale scambio!” Benché in catene, Thorin non avrebbe lasciato che quel damerino elfico lo corrompesse. 

Thranduil rimase impassibile. Il nano non era diverso dai suoi simili.

Avidi e spietati, non avrebbero suggellato un patto nemmeno se significava salvare i propri simili. 

Il sovrano, consapevole di avere il pieno controllo, parlò con aperto disprezzo “Come osi tu, membro di una razza di nomadi, esigere qualcosa da me, Thranduil Oropherion, Signore di Bosco Atro, la cui vita si è iniziata nel Beleriand ora bagnato dal grande mare, innumerevoli anni prima che i padri del tuo popolo rachitico si destassero!” Ringhiò percependo la collera data dall’attacco di pochi mesi prima, ancora profonda e spietata.

Thranduil chiuse gli occhi, tirando un grosso sospiro, costringendosi alla calma.

“Ti lascerò andare. È questo il mio pagamento!” Decise di spiegare ad una mente troppo inetta per capire.

“Lasciarci andare!?” Urlò Thorin livido di rabbia “È forse un crimine perdersi nella foresta, avere fame e sete, essere intrappolati dai ragni?“.

Il Re elfico non parve affatto turbato dal tono usato e questo fece infuriare Thorin più di quanto non lo fosse già.

“È un crimine vagabondare per il mio reame senza permesso. Dimentichi forse che eravate nel mio regno, e che vi servivate della strada fatta dal mio popolo? Avete eccitato i ragni con il vostro chiasso, mettendo in pericolo la mia gente!” Lo accusò alzando il mento con fare altezzoso.

“Dopo tutti i fastidi che avete dato ho il diritto trattenervi!” Disse il Re riprendendo a camminare “Vi terrò in prigione finché non mi darete una buona ragione per farvi uscire!”.

“Non avrai niente da noi o grande Re Thranduil!” Urlò Thorin cocciuto.

Il sovrano parve divertito da una reazione che avrebbe dovuto offenderlo.

Il Principe nanico non poteva sapere che gli si parava davanti colui che aveva assistito in prima persona alla rovina di Menegroth. 

Consapevole che i nani ragionassero in un solo ed unico modo.

“Avete perso la possibilità di raggiungere il vostro obbiettivo!” Decise di chiudere il discorso il Re.

Con un cenno le guardie afferrarono nuovamente il prigioniero, trascinandolo verso le celle buie dove la sua ostinazione si sarebbe smorzata col tempo.

“Resta qui se vuoi e marcisci. Cento anni non sono che un mero battito di ciglia nella vita di un elfo. Io sono paziente. Posso attendere!” Lo salutò Thranduil sedendosi comodamente sul trono.

 

*

 

Quella sera le stanze reali erano vuote quando vi giunse.

Appena Hanna entrò, dal suo sguardo, Thranduil comprese che aveva parlato con Aranel.

“Non pensavo ricordasse!” Anche lei appariva turbata da quella scoperta. Si era diretta nelle sue stanze volendo parlare dei nani appena catturati, ma incontrare sua figlia in lacrime, le aveva fatto dimenticare quel primo obbiettivo.

“Noi elfi abbiamo una buona memoria!” Rispose il sovrano mentre si toglieva la corona dal capo, posandola delicatamente sul comò.

“Quindi.....Legolas ricorda sua madre?” Domandò Hanna dovendosi arrendere dal togliersi quell’elaborato vestito, accettando l’aiuto di Thranduil.

“No. Le era molto legato ma era troppo piccolo!” Rispose lui mentre disfava i nodi dello splendido abito “Non l’hai mai nominata. Chi te ne ha parlato?” Chiese quando Hanna si fu tolta il vestito, restando solo con la sottoveste.

“È vero che la rincontrerai a Valinor?” Domandò lei evitando di dover rispondere, spostando la sua attenzione sulla veste da notte.

“No!” Disse Thranduil perentorio “Perché me lo chiedi?” Chiese mentre tiravano indietro le coperte del grande letto “Io non andrò lì!” Decise infine di dire.

“Come?” Hanna si era appena distesa che dovette rimettersi seduta a causa della sorpresa.

“Ho fatto una scelta! Ho promesso che non ti avrei mai abbandonato!” Le rispose lui mentre si infilava la veste da notte.

“Ma.....” “Sono certo che capirà! Ha sempre avuto un gran cuore!” La interruppe Thranduil stendendosi al suo fianco “Ti hanno paragonato a lei?” Chiese incitandola ad avvicinarsi. Temeva che sarebbe successo e non poteva ignorarlo.

Hanna si sdraiò fra le sue braccia, esitando nel rispondere “Tauriel....”.

Come previsto sentì il compagno irriggidirsi alla menzione di quel nome “...ha detto che la ricordo!” Sussurrò sentendo l’impazienza di conoscere la risposta crescere velocemente.

“Una parte di me l’amerà per sempre. Ma ora, sei tu ad essere qui accanto a me ed ho scelto di aprirti il mio cuore!” Rispose Thranduil stringendola in un caloroso abbraccio “Anche lei era energica, ma aveva altri modi per tenermi testa! Non ho mai fatto paragoni e mai ne farò!” Disse tranquillamente “Sono due amori diversi, ma entrambi forti e reali!”.

Thranduil voltò leggermente la testa verso la porta. Gli sembrava di sentire dei passi nel corridoio, furtivi e leggeri. Sorrise pensando quando era Legolas a sgattaiolare fuori dalla stanza per andare a prendere qualcosa di nascosto in cucina, convinto di passare inosservato. 

Per quella volta, avrebbe lasciato campo libero ad Aranel sentendo che Hanna aveva bisogno di lui.

Uno spostamento d’aria fece voltare la guardia che controllava l’ingresso delle stanze reali. Il corridoio era poco illuminato, ma questo non impediva alla sua portentosa vista di individuare eventuali intrusi. 

Sospirò esasperato. Sarebbe passato molto tempo prima che la Principessa potesse muoversi inosservata per il palazzo....

Bilbo riprese a camminare appena certo che la guardia non gli prestasse più attenzione. 

Celato dall’anello si era affidato troppo all’incantesimo che lo rendeva invisibile ed aveva rischiato di essere scoperto dall’udito raffinato degli elfi.

Sbuffò infastidito, sapendo che il riposo doveva aspettare.

Era fondamentale che imparasse ad orientarsi se voleva avere anche la minima possibilità di far scappare i suoi amici. Ed il perdersi continuamente non era un buon inizio. 

Avanzando lentamente decise di puntare verso il basso. La propria curiosità era stata soddisfatta ed ora, sapeva bene dove non dovevano assolutamente andare!

 

*

 

Un’altra mattina di allenamenti si era conclusa.

Hanna stava finendo di prepararsi dopo aver vestito i bambini, fortunatamente Calien era arrivata accompagnata da altre ancelle, consapevole di dover controllare che i Principini non sporcassero gli abiti eleganti appena indossati ed aiutarla ad indossare un vestito impossibile da mettere senza aiuto.

“Nana, dove stiamo andando?” La curiosità di Aranel non aveva eguali e voleva sempre avere il controllo della situazione, caratteristiche ereditate da suo padre.

“Nella sala del trono Lelig. Dobbiamo incontrare degli ospiti per la festa di stasera, quindi vedete di comportarvi bene!” Disse indicando entrambe le bambine che si scambiarono sguardi complici.

Una volta giunte a dedtinazione ed aver salutato rispettosamente il sovrano, rimasero alla base impazienti di scoprire chi fossero questi ospiti di riguardo.

Thranduil era stato vago quando le aveva informate di questo incontro necessario.

Il divertimento impresso nei suoi occhi non prometteva niente di buono!

Le grandi porte si aprirono, facendo sussultare le ragazze, ma era solo un frettoloso Galion.

“La delegazione elfica di Lorien è giunta mio signore!” Annunciò il maggiordomo inchinandosi, per ritornare sui suoi passi quando il Re gli ordinò cenno di far entrare gli ospiti.

Hanna e Sara sgranarono gli occhi. 

La prima ricordava bene che Thranduil aveva intrattenuto una corrispondenza con il cugino Celeborn di Lorien ma era stato molto vago nel rispondere alle sue domande su quel regno che avrebbe voluto visitare.

Quando le porta si riaprirono un gruppo di elfi armati di tutto punto, fece il suo ingresso e le ragazze rimasero a bocca aperta fissando l’elfo che precedeva tutti: Haldir!

Il capitano di Lorien fece un profondo inchino davanti al trono del Re “Porgo i miei omaggi al Re di Bosco Atro!” appena ebbe rialzato la testa, proseguì “È un giorno gioioso, quando un elfo nobile come voi ricompare portando speranza in questa sanguinosa guerra!” Disse con voce ferma, eppure i suoi occhi esprimevano a pieno i propri sentimenti, confermando tali parole.

“Il mio signore si rammarica di non aver potuto presenziare alla Mereth-en-Gilith. Incontrarvi di persona è un onore che ho accettato con gioia!” Haldir scrutò il sovrano, notando quanto non fosse cambiato nonostante la sua lunga assenza.

“Siete i benvenuti. Il vostro signore mi aveva già avvisato della propria assenza. Potrete informarlo che non è un illusione ciò che avete davanti!” Un sorriso si dipinse sul volto di Hanna, Thranduil non perdeva occasione per riprendere qualcuno. Anche lei aveva notato lo sguardo sorpreso del capitano. La risposta del Re era segno che la sorpresa fosse stata mal celata e lo avesse infastidito.

“La mia signora non è apparsa stupita quando ci sono giunte notizie del vostro ritorno e per noi tutti è stato un segno di speranza. Non che i nostri cari siano vivi, ma che questo male può essere sconfitto!” Haldir era abile a districarsi dalle situazioni spiacevoli.

“Abbiamo questioni più serie da discutere, ma forse sarebbe meglio attendere il mattino. Domani festeggeremo Mereth-en-Gilith. Galion vi mostrerà i vostri alloggi!” Concluse l’incontro il sovrano indicando il maggiordomo con un gesto della mano.

Prima di ritirarsi, Haldir notò solo allora le due umane ai piedi del trono, chiedendosi perché non l’avesse fatto prima.

La presenza dei bambini non fece che aumentare le domande, ma essendo stato congedato, seguì il maggiordomo celando la propria meraviglia.

 

*

 

La festa era sorprendete agli occhi di Sara. 

Doveva ancora abituarsi alle varie tradizioni elfiche, anche se forse non avrebbero mai smesso di stupirla.

Camminava nei giardini ammirando le varie piante che vi crescevano. Nonostante fosse inverno, i colori erano numerosi.

“Gradisce qualcosa da bere mia signora?!” Le chiese Audial sbucando da dietro un cespuglio.

“Molto volentieri grazie!” Accettò Sara prendendo il calice che l’elfo le porse.

“Avete riflettuto su ciò che ho detto?” Chiese dimostrandosi molto determinato.

“Si, l’ho fatto!” Rispose Sara non volendo veramente tirare fuori quell’argomento “Eppure continuo a vedermi più adatta come guerriera che come guaritrice!” Disse Sara amareggiata. La medicina umana moderna e quella elfica erano due mondi completamente diversi tra i quali si sentiva persa...

“La nostra è un diverso tipo di battaglia!” Disse Audial saggiamente.

“Per cui mi sento inadatta!” Insistette lei.

“Non conosco il motivo che ci ha fatto incontrare, ma non penso che sia un caso. Le tue conoscenze potrebbero aiutarci!” Sara si diede della stupida. All’inizio credeva che lui provasse qualcosa per lei, ma più ci stava assieme più si rendeva conto che era solamente attratto dalle sue conoscenze.

“Anche su questo avrei da ridire!” Sara decise di non demordere “Non siete sospettoso di come sia possibile che io possa conoscere così bene il corpo umano?!” Lo stuzzicò.

“Non se questo può aiutarmi a salvare vite!” Rispose Audial ammirando la tenacia che traspariva da ogni parola di quell’umana.

“Hai sempre l’ultima parola!” Rise Sara, non cogliendo lo sguardo dell’elfo. 

“Perdonami ma adesso devo andare a cercare Hanna! È giunto il momento di mettere a letto i Principini!” Decise di salvarsi Sara, trovando la scusa perfetta.

“Non avete un ancella?” Chiese Audial sembrando dispiaciuto che svesse tanta fretta di ritirarsi.

“Non ci siamo abituate e non trascureremo mai i bambini solo perché abbiamo tali privilegi!” Disse Sara incamminandosi.

Audial rimase da solo nel giardino, crucciandosi su cosa fosse più giusto fare.

Chiedere al Re la mano di Sara finendo col costringerla a stare insieme non essendo certo che lei provasse lo stesso, o dichiararsi rischiando l’ira del sovrano ed un eventuale rifiuto?!

Sara camminava veloce, con mille pensieri per la testa.

Come da prassi, andò a sbattere contro qualcuno e sorrise nel pensare che ultimamente si incontravano solo a quel modo.

“Cercavo proprio te......” le parole le morirono in gola quando alzando lo sguardo, vide i capelli biondi, gli occhi azzurri, ma si rese conto che non era chi credeva che fosse.

“Vedi di guardare dove vai umana!” Sara alzò le sopracciglia stupita. I modi di fare del capitano di Lorien le ricordavano molto Thranduil le prime volte che l’aveva incontrato. Lo sguardo di sufficienza era molto simile.

“Beh hai perso la capacità di parlare?” Con quella domanda Haldir la distolse dai suoi pensieri.

“Non dimentico mai una faccia ma nel tuo caso sarei felice di fare un eccezione!” Affermò Sara chiedendosi perché quell’elfo le ricordasse tanto il Legato Claudio Glabro.

“Una vera signora non risponde a tono!” Le rinfacciò lui facendola arrossire.

“Se vi avessi risposto a tono ve ne sareste reso conto!” Sara riuscì a riprendersi abbastanza da riuscire a controbattere.

“Non ho tempo di giocare con le bambine, ho un incontro a cui presenziare!” Disse lui allontanandosi da lei.

Sara incrociò le braccia al petto. Solo Crisso era sempre stato in grado di darle così tanto sui nervi “Per un elfo potrò essere una bambina, ma tra i miei simili sono una donna adulta!” Dichiarò stufa di come la trattassero gli elfi “Non mancatemi più di rispetto, siete stato voi il primo ad essere scortese!” Lo riprese prima di girarsi ed andarsene, soddisfatta di aver avuto l’ultima parola.

 

*

 

“Aranel, torniamo indietro! Se le guardie ci trovano Ada si arrabbierà moltissimo!” La chiamò Lucilla guardandosi attorno spaventata. 

Quella mattina Aranel l’aveva svegliata molto presto per renderla partecipe di una scoperta. 

Ciò l’aveva entusiasmata, fino a quando non aveva scoperto che dovevano andare alle prigioni. Le segrete le incutevano timore.

“Se hai paura torna tu! Non volevi vedere i nani?” Le chiese Aranel tentando di spronarla.

Lucilla annuì. La paura, vinta dalla curiosità. 

“Allora seguimi!” Le disse la sorella prendendola per mano.

“Sei sicura? L’ultima volta che sei uscita ti sei persa!” Ricordò Lucilla che solo alla sera aveva capito che l’amica era scomparsa.

“Ma questa volta so dove si trovano!” Le rispose Aranel fermandosi un momento per accertarsi che non incrociassero le guardie.

“Come fai ad essere così sicura?!” Sussurrò Lucilla non credendole.

“Perché li ho già visti!” Disse Aranel riprendendo a camminare.

Lucilla si oppose quando la sorella la tirò per una manica trascinandola dalla parte opposta rispetto alla strada presa del bivio davanti al quale si erano ritrovate.

“Perché ti f....” una mano sulla bocca le impedì di terminare la sua protesta e sgranò gli occhi quando vide quattro guardie salire ignorando la loro presenza.

Continuarono su quel percorso appena la Principessa si rese conto che altri elfi stavano andando verso di loro.

L’acchiapparella durò qualche minuto ed alla fine Aranel si arrese a tagliare per le cantine, ma delle voci attirarono la sua attenzione a metà strada.

Erano lontane dalle guardie di pattuglia ed il tono era troppo profondo per appartenere agli elfi.

“Chi è che parla? Ci siamo perse vero?!” Chiese Lucilla curiosa quanto la sorella.

“Sono i nani!” Realizzò Aranel contenta che nonostante il cambio di strada, fosse riuscita a trovarli lo stesso.

Appena giunte alle celle si fermarono di colpo trovandosi davanti ad un nano che era riuscito ad uscire. La sorpresa aumentò quando videro che non era il solo ad essere libero.

Uno in particolare attirò la loro attenzione.

La bambine si fissarono e lo osservarono stranite. Quello era un nano molto strano.

Un semplice dettaglio lo rendeva diverso: non aveva la barba!

Eppure era basso come i nani!

L’intruso ricambiò lo sguardo sorpreso, interrompendo ciò che stava facendo.

Aranel vide che stava liberando i prigionieri. Ma chi era?!

Un’amico di suo padre dato che aveva le chiavi......?!!!!

 

*

 

Bilbo si sentì contagiato dall’euforia dei suoi compagni man mano che apriva tutte le celle.

 Il sussultò di un nano gli fece alzare lo sguardo e rimase di sasso nel vedere due bambine fissarlo con altrettanta curiosità.

Forse erano attratte da lui perché era diverso dai nani. 

Un presentimento gli fece fare un passo avanti sentendosi in dovere di convincerle ad andarsene “Tornate dai vostri genitori!”.

“Io sono una principessa, non puoi darmi ordini!” Rispose Aranel “È stato il mio papà a darti le chiavi?” Chiese facendo voltare i due verso di lei.

“Il tuo papà?” Domandò Bilbo confuso guardando Thorin finalmente libero che aveva in volto uno sguardo che non riusciva a decifrare.

“Si, il nostro Ada è il Re! A lui i nani non stanno simpatici!” Disse Lucilla ed Aranel  indicò Thorin con un dito, accusandolo “E tu sei pure maleducato!” Ricordando di quando quel nano aveva urlato contro suo padre e lei aveva assistito restando nascosta ad origliare.

“Dove credi di andare?” Ringhiò il nano vedendola dirigersi verso le scale.

“Torno dal mio Ada! Così ti punirà!” Rispose Aranel prima di sentirsi afferrare malamente.

Bilbo si mise in mezzo, ma riuscì a liberare solo la bambina chiaramente di razza umana, incitandola ad andarsene “Scappa, presto!” Fu sufficiente questo per far sparire la piccola in cima alle scale.

“Lasciami! Las....” Thorin tappò la bocca all’elfa con una mano e strappò le chiavi dalle mani di un hobbit sconvolto.

“Che stai facendo?” Chiese inorridito. Ma l’amico afferrò saldamente la bambina impedendogli anche solo di tentare di liberarla.

“Cosa stai facendo tu? Ora quella bambina avvertirà gli elfi! Non avresti dovuto lasciarla andare!” Lo rimproverò Thorin tenendo una presa salda sulla piccola.

“Sono solo delle bambine! Lasciala andare!” Disse Bilbo tentando nuovamente di liberare la piccola dalla stretta dell’amico, senza successo.

Molte proteste si levarono dai nani e qualche morso dalla bambina che però non bastarono a far desistere il Principe.

Bilbo li condusse fino alle cantine e sospirò di sollievo scorgendo degli elfi, che si tramutò in amarezza quando si rese conto che dormivano profondamente.

“Thorin ci condanni a morte certa se non la lasci andare!” Sibilò Dwalin tentando inutilmente di smuovere la coscienza dell’amico.

“Al contrario, mi sono procurato la chiave per uscire dal regno!” Sogghignò Thorin spingendolo dentro una botte con una spallata.

Aranel si agitò impedendogli di entrare ed il nano perse la pazienza “Smettila di piangere ed agitarti se non vuoi che ti dia io un buon motivo per farlo!” Ringhiò afferrandole un polso e stringendo tanto forte da farla piangere dal dolore.

Con quella minaccia la bambina si agitò ancora di più obbligandolo a tapparle la bocca con una mano, sollevarla di peso e spingerla all’interno con forza prima di entrarci anche lui.

“Ora....ora che facciamo?” Chiese incerto Gloin.

Bilbo rimase fermo in piedi, riservando uno sguardo duro a Thorin.

“Che stai aspettando!? Ci siamo fidati di te, ora tiraci fuori!” Lo riprese il nano dalla sua botte.

“Lascia andare la bambina e vi tirerò fuori!” Si impose Bilbo decidendo di tentare un’ultima volta.

“Adesso basta!” Ringhiò Thorin mettendo una mano sul collo della bambina.

“Facci uscire o la uccido!” Minacciò facendo trasalire tutti i membri della compagnia.

“Ma cosa fai?!” Urlò Balin inorridito.

“Non mi ha lasciato scelta!” Si giustificò Thorin puntando un dito accusatorio contro lo hobbit.

“Nella vita si ha sempre una scelta! Ma a volte è più facile credere che non ci sia!” Disse Balin furioso di fronte al comportamento di quello che aveva sempre pensato, essere un buon Re.

“A causa degli elfi ho visto morire molti innocenti! La colpa è del loro Re che ci ha voltato le spalle, ignorando la nostra sofferenza!” Ricordò Thorin sentendo una rabbia prorompente montargli dentro.

“Ma lei non c’entra niente! È stato Legolas....” “Non mi interessa! Riconquisterò la montagna e gli elfi non potranno impedirmelo!” Sibilò Throin interrompendo Dwalin “Grazie a lei potremo uscire dal regno ed evitare che ci attacchino fino a quando lo scopo non sarà raggiunto!” Disse guardando la piccola come fosse stata una pietra preziosa da scambiare.

“Quindi la libererai?!” Bilbo sentì una piccola speranza accendersi dentro di lui.

“Dipende...” disse Thorin, dopo un lungo momento di silenzio, facendo una smorfia.

“Promettimi che la libererai!” Insistette lo Hobbit.

“Lo prometto!” Ma Bilbo non si fidava più di Thorin. Quello non era il nano con cui aveva lasciato la contea. 

Più si avvicinavano alla montagna, più aveva cominciato a cambiare ed il rapimento di un innocente era la conferma delle suoi timori peggiori.

Bilbo si ripromise che avrebbe fatto tutto il possibile per riportare a casa la Principessa.

Dopo ciò tirò la leva.

Caddero in acqua ed urlarono tutti, nessuno escluso!

“Per la barba di Durin Thorin! Lascia andare quella bambina innocente!” Urlò Bofur pieno di angoscia vedendo come la piccola tentasse inutilmente di sottrarsi alla sua presa.

“Ti ci metti anche tu?” Gli ringhiò contro l’altro.

“Si, fino a quando non ritorni a ragionare!” Rispose il nano inorridito di fronte ad un’azione tanto meschina.

“Questa bambina ci rallenterà!” Sibilò Balin contrario a quell’assurda idea, cercando un motivo che spingesse il suo pupillo a lasciarla andare. 

Aveva studiato e letto molto su quella razza ed era consapevole dell’attaccamento degli elfi verso i loro figli e della furia che li avrebbe travolti appena si sarebbero resi conto di ciò che avevano osato fare.

A parte questo, trovava che fosse un azione ignobile e priva di ogni onore, prendersela con un giovane indifeso pur di raggiungere il loro scopo.

“Ti sbagli!” Disse Thorin con un sorriso tronfio in viso “Gli elfi non ci toccheranno se desiderano che viva!” Riconobbe rafforzando la presa sulla bocca della piccola per evitare che urlasse attirando attenzioni indesiderate.

Thorin ignorò le opinioni di tutti, iniziando a remare con un braccio verso l’uscita.

Più volte tentarono di sottrarre la bambina al loro Principe ma lei aveva paura pure di loro e con Thorin che la teneva saldamente per un braccio, risultò impossibile.

Appena fuori dalle mura le acque si fecero agitate sbalzandoli da una parte all’altra del barile, il pianto della bambina sovrastava il rumore dell’acqua.

Il suono di un corno elfico anticipò l’avvistamento del confine dove il fiume veniva controllato da un gruppo di elfi. Il cancello venne chiuso non interrompendo lo scorrere dell’acqua ma bloccando la compagnia.

Gli elfi sguainarono le spade riconoscendo la Principessa Aranel ed una di loro si accinse a chinarsi verso i barili per toglierla dalle grinfie di Thorin, ma una freccia morgul lo colpì alla schiena facendolo cadere morto nel torrente.

Una trentina di orchi attaccò all’improvviso e Kili approfittò della momentanea distrazione per salire sugli ampi gradini che lo separavano dalla leva che avrebbe permesso loro di scappare.

Venne colpito da una freccia alla gamba proprio quando era in procinto di abbassare la leva e la morte sarebbe stata immediata se l’orco che si avventò su una così facile preda, non fosse stato ucciso da una freccia elfica.

Numerosi elfi sopraggiunsero in aiuto, ma troppo concentrati su quelle immonde creature non fecero in tempo a bloccare il giovane nano dall’aprire il passaggio ai suoi compagni che precipitarono nelle successive rapide.

“Legolas!” L’urlo pieno di angoscia di Feren costrinse il Principe ad osservare attentamente il gruppo di fuggitivi e sentì il sangue gelarsi nelle vene quando il suo sguardo incrociò quello della sorellina.

Aranel appena lo vide allungò le mani verso di lui urlando disperata“Muindor! Muindor tua amin!” (Fratellone! Fratellone aiutami!).

Legolas si sorprese di se stesso quando saltò nel fiume e sulle teste di molti nani con l’unico intento di tirare fuori dal fiume sua sorella, ma appena le si avvicinò Thorin la nascose dietro di sé ed agitò un’ascia sottratta ad un orco.

Il Principe tornò sulla riva a mani vuote ma colmo d’ira. 

I nani avrebbero pagato!

 

*

 

Solo un’orco fu portato al palazzo e dopo un breve interrogatorio raggiunse i suoi simili trucidati dagli elfi come monito per qualunque bestia che avesse osato varcare i loro confini.

“Detesto i nani! Sono proprio dei gran maleducati, non c’è che dire!” Commentò Hanna mescolando lo zucchero nella tisana appena presa.

Quella mattina la fuga dei nani li aveva buttati giù dal letto. 

E diversamente dal solito aveva deciso di seguire il Re e restargli accanto per poter controllare la situazione e vedere se i fatti si sarebbero svolti come li conosceva lei.

Per il momento non era rimasta delusa o sorpresa!

“Ada!” Sussurrò Legolas, appena giunto, non trovando un modo semplice per dirlo. Non esisteva!

“Che le porte rimangano chiuse!” Disse Thranduil alzandosi dal trono ed iniziando a scendere. Hanna lo accolse alla base porgendogli un bicchiere di vino ed iniziando a bere il suo.

“I nani hanno preso Aranel!” Disse Legolas tutto d’un fiato.

Hanna, con una sonora pernacchia, sputò tutto il contenuto del bicchiere in terra e tossendo vigorosamente, guardò il giovane come se avesse appena detto che Marte esisteva anche nella Terra di Mezzo.

“Che cosa hai detto?” Chiese il sovrano stordito.

“Ho visto Thorin nel fiume! Aveva Aranel con se, la usava come scudo!” Raccontò affliggendosi per non essere stato in grado di fare niente.

“Galion!” Urlò Thranduil livido di rabbia. Il maggiordomo si fece avanti timoroso.

“Che l’esercito si prepari a marciare subito!” Ordinò “Mio signore, è impos...” “Il prima possibile!” Tuonò il Re prima di uscire dalla stanza come una furia seguito dalla moglie la quale non era riuscita ad articolare una sola parola.

Hanna stava rivivendo come un dejavù e come se non volesse rassegnarsi corse verso le stanze della figlia trovandole vuote. 

Non contenta si diresse verso quelle dei gemelli sospirando di sollievo e prendendo Elanor in braccio come a volersi accertare di non avere un miraggio.

Ma un’ulteriore domanda aumentò l’angoscia: dov’era Lucilla?! 

Lei e la sorella erano inseparabili! Perché Legolas non l’aveva menzionata quando aveva parlato dei nani?!

Calien, sorrise ed uscì evitando inconsciamente l’uragano che si sarebbe presto abbattuto.

“Oh, oh. Qualcuno è mancato molto alla mamma!” Scherzò Sara, ma il sorriso le si spense appena vide Thranduil entrare con altrettanta concitazione con una Lucilla piangente tra le braccia.

“L’hanno trovata le guardie. Si era nascosta vicino alle segrete!” Spiegò lui.

Hanna non riuscì ad articolare una parola e si limitò a prendere la piccola dalle braccia del padre stringendola a sé, accarezzandole dolcemente la schiena tentando di fermare i singhiozzi che facevano sussultare la bambina.

“Chi c’era con Aranel e Lucilla?” Chiese il sovrano furioso. 

Sara lo guardò confusa, c’era?

“Io, ma si erano messe a giocare e ne ho approfittato per controllare i gemelli! Calien è andata a prenderle per portarle a scuola!” Rispose incerta. Spesso le sorelle giocavano da sole in stanza, non c’era alcun problema con le guardie che giravano nel palazzo e loro erano sempre state molto ubbidienti restando nella propria cameretta tutto il tempo.

“Mi spiegate cosa sta succedendo?” Chiese percependo chiaramente la tensione aumentare ogni secondo.

“Succede che Richard Armitage è ufficialmente nella mia lista nera!” Urlò Hanna uscendo, con una Lucilla dormiente in braccio, curandosi di sbattere la porta il più forte possibile.

“I nani hanno preso Aranel durante la fuga!” Spiegò Thranduil prima di dirigersi verso le sue stanze per mettersi l’armatura.

Sara fu estremamente veloce e coordinata nel chiamare un’ancella per i bambini, ordinare a due guardie di presidiare la porta e non perdersi dirigendosi verso la sua stanza intenzionata a rimediare a quel disastro che in parte aveva creato!

Ubbidienti o non Aranel e Lucilla erano ancora delle bambine ed era stato da irresponsabile lasciarle sole in una stanza sapendo bene che la compagnia dei nani sarebbe presto fuggita!

 

*

 

Aegnor galoppava veloce.

Il cavallo era energico sentendo di potersi finalmente sfogare non essendo più confinato dentro una piccola stalla.

Eppure la rabbia del suo padrone lo fece irrigidire. Sentiva l’urgenza provenire dal proprio cavaliere non capendo se volesse andare più veloce oppure sé non dipendesse da lui.

Frenò di colpo impennandosi a causa della sorpresa e della poca delicatezza usata dall’elfo.

Un silenzio innaturale era calato nella foresta e a parte qualche corpo di orco che incontrarono lungo il cammino, le sponde del fiume non sembravano essere state il luogo dello scontro mortale avvenuto poco prima tra elfi, nani e orchi.

Thranduil, per una volta, dovette dare ragione alle ragazze, stava vivendo un déjà vu.

Ricordava bene i romani che si ritiravano a rotta di collo con Aranel.

E la stessa identica furia provata nel vedersi privato di uno dei tesori più preziosi che possedeva.

La sua nascita aveva portato speranza, oltre a spronarli a combattere per la libertà, ma specialmente per il suo futuro.

E se credeva che non esistesse onta peggiore, ora un nano aveva osato rapirla.

Aranel, la Principessa di Bosco Atro, era stata usata come scudo per facilitare la fuga di esseri che avevano la faccia tosta di proclamarsi coraggiosi, fedeli e chissà con quali altri aggettivi pretenziosi erano soliti usare per pavoneggiarsi.

Thranduil ricordava bene. Ricordava tutto. Aveva visto Menegroth cadere per mano di quella razza che con fin troppa facilità si era resa artefice delle peggiori nefande e spietate azioni.

Erano solo una massa infida, scaltra, e pessima da cui tenersi alla larga.

E con la loro stoltezza ed avidità avrebbero risvegliato il drago, portando fuoco e morte su tutti loro!

Dando gambe, spronò Aegnor a tornare indietro.

Ignorò completamente la guardia reale che incrociò a metà del percorso, dovevano armarsi per la guerra.

Non poteva impedire ai nani di risvegliare la bestia, il loro vantaggio era notevole, ma avrebbe salvato sua figlia. 

Anche a costo della vita!

 

*

 

“Ma ti senti quando parli?!” Sara non poteva credere alle proprie orecchie.

“Mi senti quando parlo?” Le rigirò la domanda Hanna.

“Ascolta, prima era tutto completamente diverso!” Cominciò a parlare Sara camminando per la stanza come una furia.

“Su questo concordo!” Disse Hanna rimanendo comodamente seduta sulla ricca poltrona ricamata come se l’argomento fosse decidere che tipo di servizio usare a cena.

“Hai reagito in maniera diversa!” Ricordò Sara agitando l’indice della mano destra per aria.

“Lo riconosco!” La compostezza dell’amica non faceva che aumentare il suo malumore.

“Ed ora hai una posizione tale da non poterti permettere di fare delle sciocchezze!” Cercò di farla ragionare.

“Sciocchezze?! Ma stai scherzando!?” Con scarso successo purtroppo.

“Parla con lui. Si sta già muovendo!” Tentò Sara di nuovo.

“Non abbastanza in fretta!” Hanna non capiva perché Sara esitasse tanto. Non si era mai preoccupata di prendere parte a spedizioni pericolose.

“Che ne sai? Non sai niente di ciò che intende fare!” Sottolineò l’mica.

“Qualunque cosa decida, il tempismo è fondamentale!” Rispose Hanna ricordando che la prima volta, Aranel era tornata sana e salva solo perché Thranduil aveva agito, invece di lasciare che la paura e lo sconforto prendessero il sopravvento.

“Si ma agire alle sue spalle non farà altro che portare nefaste conseguenze!” Dichiarò Sara esasperata.

“È vero, su questo hai ragione!” Dovette riconoscere Hanna.

“Ti ringrazio!” Disse Sara contenta che l’amica avesse compreso le ragioni dietro alla sua esitazione.

“Ma ti chiedo comunque di appoggiarmi!” I versi che Sara fece, portandosi entrambe le mani strette a pugno sulla fronte, espressero chiaramente la frustrazione provata davanti ad una testardaggine contro la quale aveva sbattuto più volte.

“D’accordo...va bene!” Cedette Sara abbassando le braccia “Iniziamo.......dobbiamo dare loro un’alternativa...” disse incrociando le braccia sul petto.

“Non ti seguo!” Si ritrovò ad ammettere Hanna.

“Credi che lui non si accorgerà della nostra assenza!? Sei convinta che Calien accetti di mentire pur di coprirci?!” Hanna si maledì per non aver pensato a delle cose così importanti.

“Lei è l’unica che potrebbe farlo. Luthien è troppo vecchia, troppo fedele!” Ragionò ad alta voce.

“Antica!” La corresse Sara.

“Non cambiare discorso!” Ringhiò Hanna non potendone più della sua mania di correggere le persone.

“Bene, allora vai a convincerla! Io mi preparo a partire......” Hanna sorrise, accingendosi ad ultimare i preparativi per la loro missione segreta “.....al seguito del Re!” L’affermazione la fece bloccare.

“Tu....” si voltò lentamente, non capendo perché Sara lo stesse facendo “..non hai mai avuto l’intenzione di aiutarmi!” Disse sentendosi per la prima volta ingannata da colei che considerava una sorella.

“Tradendo la fiducia del Re?!” Le chiese Sara guardandola come se fosse uscita di senno “Mai!” Disse furiosa.

“Siamo sempre state complici!” Le ricordò Hanna “Perché mi abbandoni nel momento del bisogno?!” Gridò sentendo di doversi sfogare.

“Perché è la paura a farti agire così! Non ragioni lucidamente!” Rispose Sara.

“Tu invece sei padrona di te stessa!” La canzonò l’amica.

“Insultarmi non mi farà cambiare idea!” Disse Sara senza cedere “Hanna....ci ha accolto e ci tratta come regine! Io....non me la sento di agire alle sue spalle!” Dovette riconoscere Sara sentendosi lacerata.

Non voleva andare contro Thranduil, ma se Hanna fosse uscita da sola rischiava grosso. Come poteva non rendersene conto?!

La prima volta che era uscita in pattuglia aveva rischiato di morire tra le zampe di un ragno, e si trovava con altri venti elfi!

Sara era consapevole dei rischi che Hanna non sembrava in grado di valutare a causa dell’apprensione per la figlia.

“Lui con Spartacus l’ha fatto!” Hanna si stava arrampicando sugli specchi.

“E si è ritrovato da solo a farlo!” Sara si irrigidì appena si rese conto di quello che aveva detto.

“Quindi ora mi stai punendo per le mie scelte passate!” Si infuriò Hanna.

Pessima scelta di parole! La coscienza di Sara si fece sentire duramente.

“Perché distorci le mie parole!?” Disse Sara tentando di rimarginare i danni.

“Al contrario, ora ho le idee chiare!” Le urlò in faccia Hanna prima di uscire con passi pesanti dalla stanza.

 

*

 

Una volta approdati sulla riva Thorin aveva perso la presa sulla bambina e lei era corsa ad arrampicarsi su di un albero.

Il nano non era altrettanto agile e dopo un paio di tentativi falliti aveva deciso di rimanere alla base insultandola in Khuzdul.

Alla fine era intervenuto Bilbo con modi decisamente più gentili.

“Piacere, io mi chiamo Bilbo Baggins, il tuo nome qual’è?” Chiese cercando di mostrarsi accogliente. Senza successo dato che come risposta venne un silenzio assordante.

“Io desidero fare amicizia! Tu non vuoi trovare nuovi amici?” Chiese ridendo come a voler allentare la tensione.

“Lui è cattivo e mi fa paura!” Finalmente ottenne una risposta. Non quella sperata, ma era un inizio.

“Si, no....è solo......molto arrabbiato, per questo fa paura!” Spiegò Bilbo incerto.

“Anche il mio Ada quando è arrabbiato fa molta paura!” Disse Aranel attirando l’attenzione generale.

“Esatto! Però in realtà è buono, giusto!” Bilbo decise di cogliere la palla al volo.

“No, Ada è il migliore di tutto il mondo!” Lo corresse la piccola.

“Bene!” Disse lo Hobbit incerto su come rispondere “Vuoi scendere così cerchiamo insieme un luogo sicuro dove aspettare il tuo papà?” La piccola lo guardò ma sembrava ancora insicura.

“Ti prometto che non ti faremo del male!” Aggiunse.

“Lui mi ha fatto molto male!” Disse la bambina indicando Thorin che sembrava spazientirsi sempre più.

“Si è vero! Ma...non sapeva che sei una Principessa! Ora che lo sa si comporterà bene!” Gli venne in aiuto Balin.

“Ma se gliel’ho detto tantissime volte!” Protestò Aranel singhiozzando.

“Non l’ha capito!” Tentò di recuperare Bilbo “Eravamo troppo impegnati a combattere gli orchi!” Lo giustificò.

“Al mio Ada non stanno simpatici i nani!” Puntualizzò Aranel.

“Io non sono una nano, ma uno Hobbit!” Specificò Bilbo.

Aranel scese veloce come una mela matura, atterrando però con grazia in terra.

“Un Hobbit della contea?” Chiese felice. La sua mamma le aveva raccontato molte storie sugli Hobbit.

Bilbo rimase sbigottito a fissarla. Se avesse saputo che bastava quello per farla scendere, l’avrebbe detto subito!

“Esatto! Vengo da una rispettabile famiglia e siamo soliti offrire agli ospiti un tè caldo accompagnato da biscotti!” Si vantò lui.

“Dove sono?” Chiese Aranel battendo le mani con gioia.

“Cosa?” Domandò Bilbo confuso “I biscotti!” Rispose lei cercandoli con lo sguardo.

“Oh bhe.....non...non li ho qui con me!” Tentò di spiegare lui pentito di non aver saputo tenere la bocca chiusa.

“Ma hai detto che li dai agli ospiti! Ed io sono una Principessa!” Puntualizzò come se non l’avesse ripetuto abbastanza.

 

*

 

Hanna frenò di colpo la camminata veloce fingendo di essere impegnata a passeggiare.

Nonostante tutto, la sua posizione le dava sufficienti libertà per passare inosservata la maggior parte del tempo.

Gli elfi si erano abituati a lei e forse sarebbe potuto riuscire nell’intento di raggiungere le stalle per correre dietro ai nani, impedendo che la figlia si ritrovasse faccia a faccia con un drago.

Dei passi veloci la fecero innervosire e dovette costringersi a fermarsi per evitare il panico crescente. Poteva solo sperare che non fossero delle guardie!

Sgranò gli occhi quando venne quasi travolta da un giovane in corsa.

“Kalos, cosa ci fai tu qui?” Era meravigliata credendo che fosse con il mago o fosse partito per qualche meta sconosciuta.

Il ragazzo sgranò gli occhi appena la vide “Potrei farti la stessa domanda!” Disse accennando un piccolo sorriso.

Hanna lo fece allontanare dalle guardie che lo scortavano per avere una parvenza di privacy.

“La tua visita è molto gradita, anche se non ti aspettavamo!” L’accolse Hanna.

“Tu no di certo! Dove vai di bello?” Chiese Kalos notando come fosse vestita e le armi che portava con sé.

“È accaduta una disgrazia....” rispose lei affranta. Appena pensava alla figlia sentiva una morsa allo stomaco e si sforzava di sperare che stesse bene. Che almeno lo Hobbit la proteggesse!

“Il Re ti ha cacciata!” Azzardò il giovane mago inorridito.

“Ma che sciocchezze vai dicendo......?!” Domandò Hanna ritrovando il buon umore grazie alle assurde supposizioni dell’amico “Dei nani sono evasi.....e hanno preso Aranel per avere un biglietto d’uscita!” Raccontò adombrandosi.

“Ma.....se serviva loro per uscire.....perché non l’hanno liberata una volta raggiunto lo scopo?!” Si interrogò Kalos.

“Non so se l’avrebbero fatto...ma si sono ritrovati addosso sia orchi che elfi, non credo che ci abbiano nemmeno pensato. A questo punto spero che l’abbiano portata con loro, senza abbandonarla nella foresta!” Disse Hanna riprendendo a camminare.

“Comunque sono nani. Non dovrebbe sorprenderci il loro modo di agire e non dovremmo perdere tempo inutile nel tentare di capirli!” Si sentì costretta ad aggiungere.

“Allora vengo con te!” Affermò Kalos come se lo avesse deciso in quel momento.

“Guarda non credo sia necessario! I nani sono a pontelagolungo e conosco alcune persone che saranno disposte ad aiutarmi!” Disse pensando solo ed unicamente a Bard.

“Quando uno rifiuta un aiuto è il momento in cui ne ha più di bisogno...” “La compagnia di Radagast ti ha influenzato fin dall’inizio!” Lo interruppe Hanna con un osservazione elementare.

“Ora è il mio turno di fare un’osservazione: credevo che anche Sara sarebbe stata al tuo fianco in questo salvataggio!” Disse guardandosi intorno come per volersi accertare che l’altra fosse in giro.

“Ho appena scoperto che rispetta una corona di legno più dell’amicizia!” Rispose Hanna mascherando la delusione con la rabbia.

“Quindi il Re non è d’accordo?!” Dedusse Kalos voltandosi inconsciamente verso le guardie.

“Lui non sa niente! In questi casi la tempistica è decisiva e non potevo aspettare di essere ricevuta per chiedere un permesso!” Hanna sperava che Thranduil avrebbe capito. Si, una volta riavuta la figlia l’avrebbe perdonata.

“E come credi di fare con loro?!” Chiese Kalos indicando le due guardie che li scortavano, aspettando pazientemente di poterlo condurre al cospetto del sovrano.

“Ci penso io!” Decise Hanna avvicinandosi alle guardie.

“Il mago ed io dobbiamo recarci alle stalle, scortateci fin là, poi potrete congedarvi!” Disse cercando di apparire autoritaria.

“Mia signora, abbiamo l’ordine di scortare l’intruso al cospetto del Re!” Rispose una guardia non nascondendo il proprio fastidio.

“Non è un intruso, ma un ospite. Devo forse ripetermi!” Hanna non ne poteva più. In presenza del Re la guardia non avrebbe osato mostrarsi infastidita.

Le guardie si scambiarono uno sguardo, prima di voltarsi e dirigersi verso le stalle.

Hanna aveva appena raggiunto la stalla di Aegnor, quando il suono degli zoccoli precedette l’entrata del cavallo, non dandole il tempo di realizzare che la stalla era vuota.

“Hanna, cosa ci fai qui?” La voce di Thranduil si fece sentire forte e decisa.

 

*

 

Sara fu più stupita del temperamento burrascoso che adombrava il viso di Hanna, invece che nel vederla tornare poco dopo, segno inequivocabile che aveva fallito nei suoi propositi suicidi.

Non che le dispiacesse!

Hanna era furiosa per la freddezza mostrata da Thranduil nei suoi confronti e per come l’aveva trattata. Rispedendola nelle proprie stanze come fosse stata sua figlia!

“Devo riconoscerlo. Il mio piano era difettoso!” Disse Hanna dopo un lungo momento di silenzio. Si sedette sul letto con un sospiro di pura sconfitta.

“Ok, per la cronaca, questa è la prima volta in assoluto che mi dai ragione. È orribile!” Osservò Sara.

“A volte, ci tocca fare cose di cui non andiamo fieri!” Disse Hanna capendo che l’amica stesse tentando di tirarla su di morale anche se avevano appena litigato di brutto.

“Si, ma....questa non può diventare un abitudine per noi!” Quella frase attirò l’attenzione di Hanna che si vide costretta ad alzare lo sguardo.

“Si, lo so!” Ammise sincera.

“Le dobbiamo prendere insieme le decisioni. Siamo una squadra!” Hanna si chiese se si riferisse a loro due oppure se stesse considerando il Re di Bosco Tetro membro del club.

“Mi sono fatta trascinare, mi spiace!” Si scusò ancora Hanna.

“Perdonata!” La tranquillizzò l’amica.

“Allora?” Domandò Hanna come se non avessero mai discusso.

“Dunque.....” cominciò Sara “....se tu avessi avuto la pazienza di aspettare...” disse adorando come Hanna stesse aspettando il continuo della frase trattenendo il respiro “...avresti scoperto che non siamo in partenza perché l’esercito si sta ancora preparando!” Concluse Sara facendo sgranare gli occhi dell’amica a causa dello stupore.

“Esercito?! Ma quanti ne servono per correre dietro ai nani?!” Si lamento Hanna allibita mettendosi le mani in testa come a volersi strappare i capelli.

“L’esercito che combatterà per la Principessa!” La calmò Sara “Converrai con me che se succederà quello che sappiamo, è meglio per noi essere i più numerosi possibili?!” Tentò di farla ragionare.

“Giusto! Ci credi che mi era passato di mente?!” Hanna perse la voglia di ridere quando si ricordò del drago che dormiva nella montagna.

“Non fatico a farlo!” Sorrise Sara.

“Desidero solo liberare nostra figlia!” Disse l’amica che stava valutando le opzioni che le permettessero di allontanare la figlia dalla carneficina imminente.

“Il Re è pronto a dichiarare guerra!” Svelò Sara, anche se era prevedibile.

“I nani risveglieranno il drago!” Hanna decise di dare voci alle sue peggiori paure.

“Ed il Re vuole essere sicuro di non andare contro morte certa!” Disse Sara che era preoccupata che l’amica potesse commettere altre sciocchezze.

“Aranel non può entrare in quella montagna!” Si rammaricò Hanna.

“Non lo farà! Non credo che Bilbo lo permetterebbe!” Sara si riprese mentalmente. Non ci credeva neanche lei a questa remota possibilità. Se non aveva fermato Thorin prima, perché avrebbe dovuto farlo adesso?!

“Come fai ad essere così sicura?” Fortunatamente l’ansia da madre di Hanna non le permise di vedere la preoccupazione dell’amica.

“Possiamo solo pregare!” Questa volta Sara disse la verità “L’esercito ci serve! Andare allo sbaraglio non aiuterà Aranel!”.

“Da quando sei diventata così saggia?!” Chiese Hanna che aveva deciso di tentare di non perdere la testa. Non poteva fare niente per il momento. Era dura, ma aspettare le avrebbe permesso di avere la situazione più chiara e ragionare con una mente lucida. Almeno sperava.....

“È l’influenza degli elfi?” Si chiese Sara “Comunque c’è qualcosa di importante che devi fare!” Disse sollevata di non esserselo dimenticata.

“Cioè?” Hanna era curiosa. Il tono di Sara presagiva qualcosa di importante.

“Convincere il Re a portare provviste per gli abitanti di Pontelagolungo!” Dissipò i dubbi Sara.

“Ma arriveremo prima dell’attacco del drago! Credo, penso, spero!” Si corresse Hanna.

“Se tutto andrà come sappiamo stanotte il lago brillerà e dato che sappiamo cosa sta per accadere sarebbe imperdonabile far finta di niente!” La riprese Sara.

“Se Thorin porta mia figlia nella montagna......se il drago la uccide.....” Hanna sentì la paura dentro di lei, rafforzarsi.

“Thranduil non lo permetterà! Fidati di lui! Ha sempre protetto i suoi figli!” Le ricordò Sara.

“Devo trovare un modo per farmi perdonare!” Decise Hanna. Aveva agito alle sue spalle, rischiando pure grosso. Oltre a riconquistare la sua fiducia era suo dovere farsi perdonare.

“Si. Opterei per dei cioccolatini.....” le consigliò Sara “Ma Thranduil preferisce il vino!” La interruppe Hanna non capendo la ragione di quel suggerimento.

“Guarda che un pensiero che accompagni le scuse lo pretendo!” Entrambe le ragazze scoppiarono a ridere.

 

*

 

Un’ombra allertò Kili impegnato a medicarsi la ferita il quale fu rapido a lanciare un sasso contro all’intruso che però deviò con una freccia, Dwalin afferrò un bastone nel quale si conficcò un’altra freccia.

“Fatelo di nuovo...e siete morti!” Li minacciò l’uomo. Con un rapido cenno di Thorin, gli altri nani si ammucchiarono attorno alla bambina, con l’intento di coprirla fintanto che fossero stati a portata di tiro.

La sua morte avrebbe condannato pure loro.

“Mi scusi, lei viene da Pontelagolungo?” Chiese Balin avvicinandosi con le mani alzate in segno di resa.

“Cosa vi fa pensare che vi aiuterò?” Chiese l’uomo mentre recuperava i barili per caricarli sulla sua chiatta appena si rese conto che erano disarmati.

“Sospetto che tu abbia delle bocche da sfamare! Ti pagheremo bene!” Tentò Balin.

“Smettiamola di perder tempo con chiacchiere inutili!” Protestò Dwalin impaziente.

“Perché tanta fretta?” Chiese lo sconosciuto “Perché ti interessa?” Contrattaccò il nano.

 “Vorrei sapere chi siete! .....e cosa ci fate in queste terre con un elfo?” Chiese l’uomo notando la bambina che lo guardava con un sorriso a trentadue denti.

“Siamo dei semplici mercanti delle montagne blu, in viaggio per vedere i nostri parenti sui colli ferrosi!” Spiegò Balin ricordandosi solo dopo la presenza di troppo.

“Semplici mercanti? Credi che me la bevo? Cosa ci fa un elfo con dei nani?” Domandò l’uomo non distogliendo gli occhi dalla bambina che si nascose dietro lo Hobbit.

“Necessitiamo di riparo, cibo e armi. Puoi aiutarci?” S’intromise Thorin.

“So da dove vengono questi barili. E non so quali affari avevate con gli elfi, ma non credo sia finita bene!” Rispose l’uomo.

“Nessuno entra nella città senza il permesso del governatore! Tutte le sue ricchezze vengono dagli scambi con il Reame Boscoso, ti metterebbe ai ferri prima di rischiare l’ira di Re Thranduil!” Continuò mentre sembrava valutare come agire. Per quanto inusuale la piccola sembrava essere a suo agio con i nani.....

Bilbo fece cenno ad Aranel di stare zitta, mettendosi un dito davanti alla bocca appena vide il suo sguardo illuminarsi nel sentire il nome del padre.

“Offrigli di più!” Insistette Thorin rivolto a Balin.

“Scommetto che ci sono altri modi per entrare non visti!” Disse il nano.

“Certo, ma per quello...vi ci vorrebbe un contrabbandiere!” Ragionò l’uomo ad alta voce.

“Per il quale pagheremmo....il doppio!” Affermò Balin fermandolo a valutare bene l’affare. 

“Perché c’è un elfo con voi?” Chiese come a volersi togliere quel fastidioso dubbio.

“È la figlia di un conoscente! Viene da un regno lontano!” Si affrettò a rispondere Thorin prima che qualcuno o la piccola stessa rispondesse.

“E perché gli elfi vi hanno attaccato nonostante la sua presenza?” Si ostinò l’uomo.

“Perché sono degli incivili anche fra loro!” Ringhiò Thorin.

“Che una luce brilli sul momento del nostro incontro, io mi chiamo Aranel, chi sei tu umano?” Si presentò la piccola.

“Mi chiamo Bard!” Rispose lui ricambiando il buffo inchino “Sono tuoi amici?” Chiese sospettoso. 

“Tutti tranne lui!” Rispose Aranel indicando proprio Thorin, facendo ridere gli altri.

 

Scusate il ritardo. C’erano dei dettagli da mettere a posto e ci ho messo più del previsto!

I rapporti con Legolas sono ancora tesi.

Hanna prende posizione, Sara è confusa.

Aranel è sempre stata vivace nonostante i primi anni d’infanzia difficili e penso che sia da lei trovare altri modi per tentare di farsi notare dal fratello maggiore.

I nani sono stati catturati ed ho cambiato qualcosa nel discorso fra Thorin e Thranduil dato che gli eventi si sono svolti diversamente da come li conoscevamo.

Haldir è un'aggiunta che ho messo di mia iniziativa.

Ed il colpo di scena finale è anche una mia idea.

Cosa succederà ad Aranel?! 

Il tesoro che Thranduil reclamerà ha veramente un valore inestimabile!

A presto,

X-98

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Capitolo 25
*** La speranza non è mai così persa da non poter essere ritrovata ***


Hanna si bloccò di colpo.

Tornò sui suoi passi affacciandosi nel corridoio.

Non si sbagliava, era proprio Thranduil colui che era appena entrato nella stanza dei gemelli.

Lo seguì e per poco non andò a sbattere contro Calien che stava uscendo dalla stanza in tutta fretta.

“Mi perdoni mia signora!” Si scusò lei terribilmente imbarazzata.

Hanna fece una smorfia nel tentativo di nascondere un sorriso. La sola presenza del Re metteva i suoi sudditi in soggezione!

L’ancella era sparita prima che potesse rispondere, così decise di entrare.

Thranduil osservava i gemelli che giocavano tranquilli.

Era seduto su di una grande poltrona, indossava una ricca veste scura ed un diadema d’argento ornava il suo capo.

Osservandolo Hanna potè cogliere un velo di malinconia nei suoi occhi, cosa che la turbò. Decise di ignorare le paure date dalla situazione, dai suoi errori e da tutto ciò che avrebbe potuto distoglierla dal suo obbiettivo. 

Se dovevano andare in guerra, la guerra che aveva visto, quella predetta da Tolkien, desiderava fosse diverso.

Senza litigi a dividerli anche se era certa che questo non avrebbe ostacolato la complicità che avevano sempre avuto sul campo di battaglia!

“Ancora arrabbiato?” Chiese avvicinandosi sapendo che l’aveva sentita entrare e per niente sorpresa di essere stata ignorata.

Lui non rispose, come se distogliere l’attenzione dai figli li avrebbe potuti mettere in grave pericolo.

“Lo prendo per un si!” Sospirò Hanna “Scusa, ma dovevo farlo!” Disse sedendosi in terra dalla parte opposta del compagno, per non allarmare inutilmente i bambini con la propria postura rigida.

“Potevi dirmelo! Invece mi hai mentito.....ed io ti ho creduto!” Affermò Thranduil con biasimo.

“Ora sei ingiusto!” Come previsto gliela stava facendo pesare “È vero! Hai ragione...dovevo dirtelo!” Dovette riconoscere a malincuore Hanna.

“E perché non l’hai fatto?” Chiese lui alzando lo sguardo, facendo incrociare i loro occhi.

“Temevo....che avresti....detto di no!” Appariva ferito ed Hanna maledì Sara perché aveva sempre ragione. Aveva agito avventatamente, lasciando che i sentimenti prendessero il sopravvento.

La lezione, a quanto pare non l’aveva imparata!

Non voleva arrendersi e deprimersi come la prima volta, ma agire come una madre isterica era molto peggio!

“Era certo!” Disse lui gelido.

“Non stiamo parlando dei romani! Ma di nani! E hanno nostra figlia! Perché temporeggi?!” I nani ormai avevano sicuramente raggiunto le rive del lago.

“E perché ti dai delle risposte invece di chiederle?” Chiese lui ricordandole il piccolo particolare che rappresentava la corona che portava sul capo.

Se quello le dava la certezza che stava facendo tutto il possibile, le diede anche un arma a doppio taglio.

“Perché il Re non ha tempo per un inutile umana! Mi hai escluso dai preparativi, celandomi le tue mosse, lasciandomi annegare nella preoccupazione!” Lo accusò spiegando con un sussurro ciò che l’aveva più ferita.

“Non lo pensi davvero!” Affermò lui.

“Cosa te lo fa dire!?” Ringhiò lei.

“Ti conosco!” Rispose Thranduil con irritante calma “Credi veramente che era mia intenzione tenerti all’oscuro? Ero intenzionato a parlarti prima di incontrarti nelle scuderie!” Svelò.

“Se fossimo partiti subito forse avremmo impedito che la portassero fino a pontelagolungo!” Disse Hanna più a sé stessa che a lui.

“Hanno seguito il corso del fiume. Non c’era modo di fermarli!” Disse lui pacato.

“Vanno a risvegliare un drago....” la voce di Hanna si incrinò quando l’immagine di pontelagolungo che aveva visto migliaia di volte sullo schermo della sua televisione, le balenò davanti agli occhi, risvegliando solo una grande paura. 

Consapevole che stavolta non si sarebbe trattato di effetti speciali. 

“Hanna!” Aprendo gli occhi vide che lui le si era inginocchiato accanto, accogliendo Galador che era corso fra le sue braccia.

“Farò tutto ciò che è in mio potere per liberare Aranel! Te la riporterò!” La rassicurò prima di darle un tenero bacio in fronte per poi rivolgere l’attenzione su suo figlio.

“Ti credo! Ma ho ugualmente molta paura!” Ammise Hanna mentre Elanor, desiderosa di riceve le stesse attenzioni del fratello, le si sedette in grembo.

I bimbi erano silenziosi, consapevoli della sofferenza dei genitori.

“Nessuno conosce il futuro!” Sussurrò Thranduil mentre Hanna si poggiava contro il suo petto “Possiamo solo goderci il tempo che abbiamo con le persone che amiamo e fare le nostre scelte contando sulla forza, non sulla paura!”.

Rimasero uniti per qualche minuto, desiderando entrambi che quel momento di pace durasse in eterno.

Ecco come Thranduil era andato avanti durante gli anni di guerra. Mentre lei aveva compreso il reale pericolo solo quando sua figlia aveva rischiato la vita.

“Devi preparati. L’esercito è pronto a partire.....” quella frase, apparsa dal nulla la fece sussultare e drizzare, piena di nuova e forte speranza.

“Aspetta.....” “Il desiderio di riabbracciare tua figlia si è improvvisamente affievolito?” La schernì lui leggermente irritato.

“Vorrei chiederti un’ultima cosa prima di andare!” Rispose lei felice di non essersene dimenticata.

 

*

 

Una fitta nebbia calò sul lago oscurando la visuale. L’umore non era dei migliori, la diffidenza era reciproca e la bambina piangeva silenziosa seduta in un angolo della barca.

“È tutto a posto?” Chiese Fili essendosi reso conto di quanto si fosse adombrata la piccola.

“Quando posso tornare a casa?” Chiese Aranel con le lacrime agli occhi.

Fili sospirò non sapendo dare una risposta, ma volendo tanto farlo. Si rendeva sempre più conto, che nonostante la situazione pericolosa, era stato crudele, meschino e da codardi rapirla.

“Ho visto una luna di fuoco una volta!” Cominciò a raccontare Kili, sorridendo quando vide in quegli occhi profondi come il mare, pieni di tristezza ed angoscia, accendersi una piccola scintilla di curiosità.

“Davvero?!” Chiese Aranel con voce rotta, asciugandosi le lacrime con una mano.

“Si era levata su un passo vicino a Dunland. Enorme, rossa e dorata, riempiva il cielo.

Scortavamo alcuni mercanti, loro scambiavano l’oro con pellicce...prendemmo il verde cammino a sud, tenendo la montagna a sinistra. E poi è apparsa....” Kili alzò una mano indicando il cielo “Un enorme luna di fuoco, illuminava il sentiero....”.

I nani sussurravano fra loro insoddisfatti dato che non si fidavano affatto dell’arciere.

“E basta con questo sfrontato uomo di lago, gettiamolo dalla barca e facciamola finita!” Si lamentò per l’ennesima volta Dwalin.

“Bard! Il suo nome è Bard!” Precisò Bilbo.

“Come lo sai?” Chiese Bofur cercando di capire quando si potessero essersi incontrati se lo hobbit non era mai uscito dal giardino di casa.

“Aah, gliel’ho chiesto!” Bilbo diede l’ovvia risposta frenando i pensieri dell’amico.

“Non mi interessa come si chiama, quello non mi piace!” Disse Dwalin che aveva la tendenza naturale a non fidarsi di chiunque non fosse un nano.

“Non mi piace!” Sussurrò Dwalin diffidente.

“Non ci deve piacere per forza. Dobbiamo soltanto pagarlo! Su forza ragazzi, svuotate le tasche!” Urlò Balin spazientito.

“Io pago la parte della mia nuova amica!” Disse Bilbo sorridendo in direzione di Aranel che però era troppo presa dal racconto del giovane nano per prestargli ascolto.

“Non serve!” Bard fermò le buone intenzioni del mezz’uomo guadagnandosi ancora più sfiducia da parte dei nani.

“Come sappiamo che non ci tradirà?!” Domandò Dwalin rivolto a Thorin.

“Non lo sappiamo!” Gli rispose il nano guardando l’uomo come se i propri sospetti aumentassero ad ogni domanda.

“C’è solo un piccolo problema.....ci mancano dieci monete!” osservò Balin dopo aver contato più volte il denaro.

“Glóin! Avanti, dacci tutto quello che hai!” ordinò Thorin incrociando le braccia al petto appena notò che fosse lui il più agitato di tutti.

“Non guardate me!” gridò in difficoltà l’interpellato “Io sono stato dissanguato da quest’avventura! E cosa ho ottenuto dal mio investimento?! Nient’altro che miseria, dolore e…”.

La sua esitazione venne interrotta da una vista che lo fece desistere da ogni attaccamento materiale che ancora possedeva: la Montagna Solitaria apparì dinanzi a loro!

“Per la mia barba...… Prendi! Prendi tutto quanto!” Sussurrò Glóin commosso, dando a Balin tutte le monete che ancora possedeva.

“Il denaro, presto datemelo!” Disse Bard raggiungendoli con concitazione.

“Ti pagheremo quando avremo le nostre provviste, non prima!” Ringhiò Thorin.

“Se apprezzate la libertà farete come vi dico!” Rispose l’uomo stranamente calmo di fronte alla sfiducia dei nani ma apparendo teso mentre osservava il profilo della città stagliarsi nella nebbia.

“Ci sono guardie più avanti!” Riuscì a convincerli alla fine.

Thorin si affacciò dal barile quando lo vide nascondere Aranel sotto di un telo vicino alla prua, e la bambina, più a suo agio con gli uomini che con i nani, obbedì senza protestare. Il nano fu costretto a nascondersi appena avvistò le vedette appostate vicino ad una casa sul lago.

“Che sta facendo?” chiese Dwalin sospettoso, dall’interno di una botte.

“Parla con qualcuno!” rispose Bilbo sussurrando, sbirciando attraverso il piccolo foro della botte dentro la quale si trovava.

“E che succede?” Insistette il nano.

“Sta puntando il dito verso di noi!” Rispose nuovamente lo Hobbit.

“Si stanno stringendo la mano!” Disse Bilbo, vedendo Bard attuare il gesto e temendo che fossero condannati.

“Cosa?!” Ringhiò Thorin.

“Che canaglia!” esclamò Dwalin pieno d’ira “Ci ha belli che traditi!” Concluse.

Ma prima che chiunque potesse anche solo pensare a cosa fare, qualcosa di strano venne versato all’interno dei barili, senza che la loro presenza venisse notata.

I nani si ritrovarono coperti di pesci morti e a giudicare dall’odore, non dovevano essere freschi!

La chiatta riprese a muoversi lentamente.

“Silenzio!” sibilò Bard interrompendo i loro lamenti dando un calcio ad una delle botti “Siamo alla barriera per il pedaggio!” li informò.

“Alt. Ispezione merci!” Venne una voce, anticipando l’apparizione dell’uomo “Documenti per favore. Ooh sei tu Bard!” Si meravigliò scorgendo il chiattaiolo.

“Giorno Percy!” Salutò Bard.

“Niente da dichiarare?!” Chiese Percy amichevole.

“Niente, se non che sono inghirizzito e stanco. Ed ho voglia di casa!” Rispose Bard sincero.

“Io uguale a te!“ rispose Percy ponendo il timbro sui documenti “Ecco fatto. Tutto in ordine!” Disse contento porgendolo all’amico.

Ma una mano bloccò il gesto a metà.

“Non così di fretta!” Era arrivato Alfrid, il fedele consigliere del Governatore di Pontelagolungo. Avido, codardo, crudele ed arrogante.

“Consegna di barili vuoti....dal reame boscoso...” lesse come se non conoscesse le abitudini del suo concittadino.

“Solo che....non sono vuoti...non è vero Bard?” Chiese osservando i barili con disgusto a causa del forte odore del pesce “Se mi rammento bene, tu hai la licenza di chiattaiolo, non di pescatore....” puntualizzò, provando soddisfazione nel creare problemi.

“Non sono affari tuoi!” Sibilò Bard sentendo l’ansia aumentare.

“Sbagliato. Sono affari del governatore pertanto sono affari miei!” Non demorse Alfrid.

“Oh avanti Alfrid, abbi cuore la gente deve mangiare!” Tentò di nuovo Bard.

“Questo pesce è illegale!” Precisò lui facendo un cenno alle guardie.

“Svuotate i barili fuori dalla barca!” ordinò, divertito nel dare fastidio all’onesto concittadino. 

Le guardie obbedirono agli ordini e una di queste atterrò sulla barca scostando di poco il telo sotto il quale era nascosta la bambina che fece capolino curiosa.

Bard si mosse veloce, il movimento poteva essere vista come un inutile tentativo di fermare la guardia. 

“La gente in questa città fa fatica. I tempi sono duri. Il cibo scarseggia!” Cominciò a parlare fissando Alfrid negli occhi, così da impedirgli di indugiare su cose che non avrebbe dovuto vedere, mentre con una mano faceva un gesto dietro alla schiena per intimare alla bambina di rimanere nascosta.

“Non è un problema mio!” Rispose Alfrid non cedendo di fronte alla gara di sguardi.

“Ma quando la gente scoprirà che il governatore ributta i pesci nel lago...” Bard puntò tutto sulla codardia del consigliere, sapendo bene di avere un terreno fertile dove disseminare paure e dubbi “.....quando inizierà la rivolta...sarà un problema tuo allora!” Sussurrò con soddisfazione.

“Fermi!” Ordinò l’altro “Sempre il benefattore del popolo, eh Bard?” mormorò Alfrid, sprezzante “Il protettore della gente comune. Avrai anche il loro favore come chiattaiolo, ma non durerà!” Promise con malizia.

“Alza la chiusa!” Urlò Percy meno teso nel vedere che l’amico fosse riuscito a cavarsela con il tedioso consigliere.

“Il Governatore ti tiene sott’occhio, farai bene a ricordartelo. Noi sappiamo dove vivi!” Continuò Alfrid affatto contento.

“È una piccola Città Alfrid!” rispose Bard remando “Tutti sanno dove vivono tutti!”.

Pontelagolungo era una Città degli Uomini interamente costruita su palafitte in legno poste sul lago. Grazie alla sua posizione favorevole, era divenuta un centro dedicato al commercio di alimenti, oro e altri materiali.

Ma il commercio più importante era intrattenuto con gli Elfi Silvani di Bosco Atro.

Passato un lungo momento di silenzio, disturbato solo dai flebili rumori degli abitanti, Bard svuotò i barili uno dopo l’altro.

Kili e Dori caddero sul pavimento assieme al pesce, mentre Bifur uscì furente. Contenendo il proprio sdegno solo perché rischiavano di essere scoperti.

“Non t’azzardare a toccarmi!” Ringhiò Dwalin uscendo di scatto da sotto ai pesci.

Bilbo timido fece capolino, con in viso una smorfia disgustata di fronte allo stratagemma ideato dal chiattaiolo per farli entrare.

“Tu non li hai visti, non sono mai stati qui!” Disse Bard pagando il guardiano di quel molo che accettò di buon grado quel determinato prezzo per il proprio silenzio.

“Il pesce puoi averlo gratis!” Aggiunse Bard per essere certo di avere la sua simpatia.

“Statemi vicino! Seguitemi!” Disse poi rivolto ai nani.

Vedendo Aranel tremare le mise addosso il suo mantello, coprendole quei capelli troppo riconoscibili e le orecchie a punta, prima di farla entrare in un cesto che si mise in spalla.

“Seguitemi!” disse a bassa voce “Statemi vicino e datevi una mossa!” Ordinò guidandoli verso la propria casa.

 

*

 

Hanna salì agilmente in groppa ad Aegnor dopo aver aiutato a liberare la strada da alcuni fastidiosi ragni. 

Voleva apparire più sicura di quanto non si sentisse.

Quel cavallo era testardo e fin troppo vivace per lei. Però non aveva trovato nulla da obbiettare quando Thranduil aveva deciso che doveva cavalcarlo.

Era il cavallo che il Re stesso aveva addestrato.

Intelligente, forte e veloce, era il miglior compagno potesse desiderare sul campo di battaglia. 

A dimostrazione di ciò era l’unico destriero a parte il Megacero del Re, ad aver puntato gli zoccoli di fronte ai ragni.

Mentre quello di Sara si era impennato, facendola capitolare in terra.

La guerra di cui lei sapeva, sarebbe presto giunta.

Gli elfi erano agitati. Si vedeva dalle posture rigide ma lo stesso eleganti assunte sia dai fanti che dai cavalieri.

Mai nella loro storia un bambino, ciò che consideravano più sacro, era caduto in mani naniche. L’affronto nei confronti di Re Thingol impallidiva in confronto.

Un azione tanto vile e crudele oltre a rappresentare una grave offesa al Re, rischiava di renderli vulnerabili ai nemici, mostrando debolezza e inettitudine alla protezione del regno.

Il viaggio si rivelò una vera e propria tortura.

Le ragazze erano abituate a cavalcare, per molti giorni di fila persino. 

Ma per la prima volta, un silenzio scomodo era calato fra le due.

Sara continuava a meditare se fosse saggio rivelare la presenza dell’esercito di Bolg, no Azog, sapendo che avrebbe dovuto dare delle spiegazioni su quella inusuale conoscenza.

Hanna era in pena per la figlia e nonostante le parole del compagno trovava estremamente difficile fare finta di niente e nascondere i sentimenti che potenti, creavano una gran confusione nella sua testa.

Stranamente la vasta foresta, che nonostante fosse pieno giorno era ancora imprigionata nel buio, la riportò a molti anni prima, quando il peso delle sue scelte non era così pesante da farla esitare.

 

Hanna menava fendenti uno dietro l’altro nel tentativo di cercare una breccia nella difesa dell’avversario.

Aveva provato varie tecniche, ma fino ad allora aveva fallito contro Azrael.

Si erano accampati in un boschetto ed approfittavano sempre dei momenti di tregua per allenarsi.

Gli alberi fornivano un buon nascondiglio ed un vantaggio alle vedette che grazie all’altezza, potevano scorgere pericoli distanti alcune miglia.

Hanna fece un affondo, ma non avendo ancora molta dimestichezza con la spada, calcolò male la forza, ritrovandosi ad inciampare in avanti nel tentativo di non cadere a causa di un suo attacco.

Azrael ne approfittò e le fece uno sgambetto, rendendo inutili i suoi sforzi.

“Vous essayez de vous débarrasser de votre tête!“ (Tu cerchi di staccare la testa dal collo!) Disse porgendole la mano.

Hanna la accetto sentendosi impaziente e nervosa sapendo che era la terza volta che finiva in terra nel giro di pochi minuti.

 “Mais il y a des barres obliques qui tuent avec moins d'effort!“ (Ma esistono fendenti che uccidono con meno sforzo!)

“Eh alors apprends-moi!” (E allora insegnameli!) Gridò Hanna ripartendo all’attacco.

Poco dopo, delle voci entusiaste fecero terminare l’allenamento.

“I romani piagnucolavano come femmine mentre tutt’intorno il loro sangue bagnava la terra!” A parlare era uno dei gladiatori che assieme a loro, aveva fatto cadere la casa di Batiato.

Solo gli ex gladiatori di quella dannata casa, osavano avvicinarsi tanto alla tenda dell’angelo della morte, dove un prezioso tesoro era custodito, la cui esistenza veniva celata con morbosa cura.

“ll vento sicuramente ha trasportato quel tanfo di fumo e morte, fin nel cuore marcio di Roma!” Disse l’uomo con macrabo entusiasmo sollevando una bottiglia di vino, incurante che tale gesto, ne avesse spinto una gran quantità fuori.

“Ce sont des gens très bruyants!” (È gente molto chiassosa!) riconobbe Thranduil intento ad affilare la sua spada. 

“Parfois un peu de vin et quelques rires aident ..... à fortifier les amitiés!” (A volte un po’ di vino e qualche risata aiutano.....a fortificare le amicizie!) Spiegò Hanna.

“Ce n'est pas le moment de se laisser distraire!” (Non è il momento per distrarsi questo!) fece notare l’elfo.

“Azrael! Spartacus vous demande!” (Azrael! Spartacus chiede di te!) Lo chiamò Attico avvicinandosi di corsa.

“Attico, Milo, restez sur vos gardes!” (Attico, Milo, restate di guardia!) disse Azrael alzandosi sapendo di dover fare in fretta.

“Vous venez avec moi!” (Voi, venite con me!) chiamò i due uomini sopraggiunti assieme al figlio.

“Dobbiamo...” “Muovi il culo!” Urlò Tigris rivolto a Proximo “Sei sempre di ottimo umore!” Lo prese in giro l’altro.

“Sarà un onore! Un piacere!” Sottolineò Hagen con il capo abbassato.

“Ehm, leccaculo!” Ci tenne a precisare Milo.

 

Haldir cavalcava fiero dietro alle ragazze che affiancavano il Re. 

Certe cose non erano cambiate!

L’elfo, appresa la triste notizia, non aveva perso tempo ad offrirsi volontario per seguirli nel viaggio verso la montagna solitaria.

Non mostrando esitazione, decidendo di partire senza attendere la risposta del proprio signore, il capitano di Lorien aveva rafforzato il rapporto fra i due regni grazie al proprio senso del dovere e coraggio.

Un corno elfico annunciò l’arrivo di ulteriori problemi.

Thranduil fermò l’avanzata del proprio esercito cominciando a nutrire dei sospetti.

La strada scelta era la più veloce. 

Evitare le insidie e l’oscurità che avvelenava il Bosco era l’unico modo per raggiungere i nani e tagliar loro la strada.

Eppure una strana sensazione non l’aveva abbandonato da quando avevano lasciato le mura del castello.

“Tutto bene?” Chiese Hanna notando il disappunto sul viso del sovrano.

“Procediamo!” Ordinò lui fingendo di non sentirla.

“Tutto bene?” Domandò Sara vedendo l’amica guardare il terreno abbattuta.

“Devo imparare a riconoscere il sovrano!” Disse Hanna abbattuta.

“Suvvia.....dovrà pur mantenere la sua reputazione?!” Sussurrò l’amica cercando di tirarla su.

Hanna sapeva che Sara aveva ragione, ma non per questo faceva meno male.

 

*

 

Bilbo fece capolino da un angolo osservando il luogo con paura mista a confusione e curiosità “Cos’è questo posto?!”.

“Questo, Mastro Baggins, è il mondo degli uomini!” Rispose Thorin senza particolare entusiasmo, segni che ci aveva vissuto più di quanto un nano avrebbe dovuto fare.

“Testa bassa e muovetevi!” Li riprese Bard “Fate presto!” Li sollecitò ulteriormente.

“Alt! Ehi!” Gridò una guardia appena li vide. Troppo numerosi e diversi per passare inosservati.

“Forza! Muoviamoci!” Sussurrò Thorin spintonando diversi compagni.

“In nome del governatore vi ho detto alt! Alt! Alt! Fermateli!” Insistette la guardia venendo ignorata.

“Voi!” I nani tornarono sui loro passi appena un’altra guardia comparve sul loro cammino.

I cittadini osservavano curiosi senza far nulla per intervenire, apparendo divertiti nel vedere le guardie del governatore in difficoltà.

“Indietro!” Li richiamò Thorin frenando la loro corsa a stento.

“Da questa parte!” Chiamò qualcuno, non identificabile nella confusione creatasi.

“Che succede qui?!” Chiese il capo delle guardie cittadine apparendo invisibile agli occhi dei cittadini che ripresero a fare ciò che avevano interrotto, incuriositi da tutta quell’agitazione 

“Rimanete dove siete! Nessuno si muova!” Ordinò l’uomo venendo ascoltato solo dalle guardie che l’accompagnavano.

Ma Alfrid aveva ragione. Bard era benvoluto fra la sua gente e nessuno si tirò indietro dall’aiutarlo anche senza conoscere le motivazioni dietro alle sue scelte, nascondendo le guardie prive di sensi e permettendo ai nani di allontanarsi.

“Pa! La nostra casa....è sorvegliata!” Bain, il figlio maggiore del chiattaiolo fece cambiare ancora una volta percorso ai nani.

Bard salì le scale che portavano alla sua casa guardandosi attorno senza trovare alcuna difficoltà nell’individuare le spie che la circondavano.

Con un fischio attirò l’attenzione del più vicino “Di al governatore che per oggi ho finito!” Lanciandogli un frutto come gentile pagamento.

“Pa, dove sei stato?!” Tilda lo accolse calorosamente in casa.

“Eccoti qua! Ero preoccupata!” Le si accodò la sorella maggiore Sigrid.

Il padre posò in terra il grande cesto che portava sulla schiena e quando tirò fuori la bambina, tutti i figli sgranarono gli occhi rapiti nel poter vedere un elfo tanto giovane e così da vicino.

“Ma tu sei un elfo!” Bain disse solo un ovvietà, lanciando però al padre uno sguardo interrogativo. Ma nani ed elfi non si odiavano?

Lo sguardo dell’elfa si mosse con timore su ognuno dei membri della famiglia, per fermarsi poi sulla più giovane.

“Tu chi sei?” Chiese Tilda alla piccola.

“Io mi chiamo Aranel! Tu come ti chiami?” Domandò l’elfa timidamente. Sentendosi a più suo agio nel parlare con una bambina, anche se poco più grande di lei.

“Sono Tilda, e loro sono i miei fratelli maggiori, Sigrid e Bain!” Li presentò Tilda.

“Un momento per favore!” Disse Bard inginocchiandosi davanti alla bambina.

“Aranel, dove sono i tuoi genitori?” Chiese cercando di essere il più gentile e rassicurante possibile.

“Dov’è Bilbo?” Chiese l’elfa spaventata. I ragazzi sembravano simpatici, ma i nani non si fidavano dell’uomo misterioso. Anche se erano i nani ad averla allontanata da casa. Quell’uomo l’avrebbe aiutata a tornare dal suo Ada?!

Nella testa della piccola c’erano molti dubbi e domande, ma aveva troppa paura per dare loro voce.

“Falli entrare!” Cedette Bard, decidendo di darle il tempo di ambientarsi così da potersi aprire ed in caso, aiutarla.

Bain scese nel sottoscala e diede un forte colpo al gabinetto posto sopra al lago.

“Se ne parli con qualcuno...” si annunciò Dwalin appena fece capolino con la testa “...te le strappo quelle braccia!”.

Bain gli porse una mano costringendosi a ricordare le buone maniere, anche se doveva riconoscere che era arduo con quel nano.

“Levati di mezzo!” Dwalin rifiutò l’aiuto, trovando la situazione fin troppo imbarazzante senza che un moccioso ci si mettesse di mezzo con un invadente ed inutile atto di gentilezza.

“Lassù!” Indicò il ragazzo per mandarli dentro casa, lontano da occhi indiscreti.

“Pa, perché i nani escono fuori dal nostro gabinetto?!” Chiese Sigrid che a disagio, si era affacciata dalla cima delle scale.

“Ci porteranno fortuna?” Domandò Tilda osservando l’entrata degli ospiti con l’elfa.

“Vuoi giocare?” Chiese Tilda eccitata “Alla lotta?” Domandò Aranel con entusiasmo.

Che morì appena notò i numerosi occhi perplessi che la fissavano, di nani ed umani.

“Voglio diventare una grande guerriera come il mio papà! Per questo devo allenarmi duramente!” Spiegò con naturalezza e sorprendente orgoglio.

“Chi è tuo padre?” Chiese Bard cogliendo l’occasione di chiarire i suoi dubbi.

“Non sono affari tuoi!” Ringhiò Thorin frapponendosi fra i due ed Aranel corse a nascondersi sotto al tavolo.

“Dato che vi sto offrendo asilo, credo proprio che lo siano!” Rispose a tono l’uomo.

“No invece!” Chiuse il discorso Thorin.

Bard si costrinse alla pazienza, decidendo di fare altro per distrarsi dalla rabbia che sentiva ribollire dentro “Non vi staranno a pennello, ma vi terranno caldo!” Disse porgendo varie coperte ai nani.

“Una lancia del vento nanica!” Sussurrò Thorin scorgendo l’antica arma dalla finestra.

“Sembri uno che ha visto un fantasma!” Osservò Bilbo, spinto dalla curiosità.

“È cosi! L’ultima volta che abbiamo visto una tale arma. Una città andava a fuoco!” disse Balin con voce tetra.

“Fu il giorno in cui arrivò il drago. Il giorno in cui Smaug distrusse Dale!” Annunciò con tono malinconico.

“Girion, il signore della città, radunò i suoi arcieri per colpire la bestia. Ma la pelle del drago è dura. Più dell’armatura più resistente!” Narrò “Solo una freccia nera, partita da una lancia del vento, poteva trafiggerne la pelle. E poche di quelle frecce furono realizzate. La scorta si andava riducendo, quando Girion tentò l’ultima resistenza!” Disse ricordando bene le grida della città degli uomini mentre veniva distrutta.

“Se la mira degli uomini, fosse andata a segno...” Thorin si voltò lentamente “Molte cose sarebbero andate diversamente!” Dovette riconoscere.

“Parli come se ci fossi stato!” Disse Bard stupito e sospettoso.

“Tutti i nani conoscono il racconto!” Rispose subito Thorin come se fosse la cosa più ovvia.

“Allora saprai che Girion colpì il drago. Gli allentò una squama sotto l’ala destra!” s’intromise Bain con fervore, volendo difendere l’onore dei suoi antenati “Ancora un colpo ed avrebbe ucciso la bestia!” Raccontò.

“Quella è una favola giovanotto! Niente di più!” Disse Dwalin beffardo, ridendo.

Tutti in quella stanza, fatta eccezione per Bilbo ed Aranel, conoscevano la leggenda del Signore di Dale che molti anni prima aveva opposto l’ultima resistenza contro Smaug e che era morto arso vivo dal fuoco del drago.

“Hai preso il nostro denaro! Dove sono le armi?” Thorin cambiò un’altra volta discorso.

“Aspetta qui!” Bard ordinò loro di aspettare e scomparve.

“Domani comincia l’ultimo giorno d’autunno!” disse Thorin ai compagni informandoli.

“Il dì di Durin comincia dopodomani!” Si rese conto Balin “Dobbiamo raggiungere la Montagna prima di allora!” Annunciò.

“E se non ci riusciamo?” Domandò Kili dubbioso “Se falliamo a trovare la porta prima di quel momento? Allora…” “L’impresa sarà stata inutile” concluse Fili al suo posto.

“Questo non succederà, ne ho la certezza!” Li rassicurò Thorin.

Le armi, che Bard diede loro erano strani attrezzi che avrebbero usato dei contadini infuriati. 

L’uomo rispose che le armi migliori forgiate in ferro si trovavano soltanto nell’armeria della città e, date le circostanze, l’unica scelta ricadeva su quelli.

“Direi di muoverci adesso!” Disse Balin ma Bard li fermò, sempre più convinto che quella bambina non dovesse trovarsi lì.

“Non andrete da nessuna parte. Spie sorvegliano questa casa e forse ogni molo e banchina della Città!” li avvertì, avendo modo di fermarli senza insospettirli piùdi quanto non lo fossero già “Attenderete il calare della notte....è più sicuro!”.

Detto questo Bard condusse Bain sull’uscio di casa “Trattienili! Non devono mettere piede fuori! Temo che quella bambina sia in grave pericolo, vedo cosa riesco a scoprire!” Disse prima di avviarsi. Ma non era solo l’elfa a preoccupare l’arciere. Aveva sentito uno dei nani chiamare il loro capo Thorin e giurava di aver già sentito quel nome!

 

*

 

“Come ti chiami?” Chiese Bain rivolto alla bambina che stava ascoltando attentamente Tilda mentre le presentava i vari utensili con cui aveva da poco imparato a cucire.

“Bain, è la terza volta che ripeti la medesima domanda!” Lo riprese Sigrid.

“Ne sono consapevole, ma che colpe ho se il suo nome non è comune ed io ho una pessima memoria!” Scherzò lui.

“Aranel!” Rispose l’elfa controvoglia.

“È vero che nella lingua degli elfi ogni nome ha un significato?” Chiese Bain curioso.

“Si, il mio significa stella del Re!” Rispose Aranel, rivolgendosi però a Tilda, come se fosse stata lei a porre la domanda.

“Quindi......Sei una Principessa!” Si stupì Bain “È per questo che ti chiami così!”.

“Io non dico bugie!” Disse Aranel con tono lamentoso fissandosi le mani.

“Tuo padre.....è il Re?!” Bain dovette riconoscere che l’intuito del padre si era rivelato corretto anche stavolta “Ma di quale regno!?” Si sentì in dovere di chiedere.

“Perché vuoi saperlo?! E perché hai paura di me?” Domandò Aranel spaventandosi anche lei vedendo l’espressione scioccata sul viso dell’umano.

“Non è paura......è incredulità!” Le spiegò Bain.

“Non mi credi?” Chiese Aranel offesa.

“Non è riferita a te....voi.....Principessa!” Si corresse Bain.

“Sorella, ho fame!” Tilda interruppe la discussione al momento opportuno.

Sigrid parve riscuotersi assieme al fratello e fece per accontentare la sorellina, per poi cambiare idea “Bain andresti dal fornaio a prendere del pane fresco?”.

“È tardi ormai. E il pane l’abbiamo!” Rispose Bain non capendo perché facesse tante storie per un pezzo di pane.

“Si, però non è fresco!” Discutendo con il fratello, Sigrid non si avvide della sorella minore che aveva deciso di procurarselo da sola “Tilda!” la riprese quando era in procinto di tagliare una fetta della pagnotta di qualche giorno prima.

Cosa resa difficile proprio dal fatto che l’impasto fosse vecchio e quindi più duro di quello appena fatto.

“Cosa c’è?” Rispose la bambina innocentemente mentre l’elfa reggeva il piatto impaziente di fare un buon pasto.

L’ora di cena era passata da un pezzo e lei non aveva ancora mangiato niente.

La calma presente venne spazzata via dall’entrata di un nano furioso.

“Dobbiamo andare!” Disse Thorin cominciando a raccogliere le giacche ancora umide e distribuirle per esortare i suoi compagni ad affrettarsi.

“No! Pa ha detto che non potete uscire!” Si oppose Bain.

“Credi che mi importi qualcosa di ciò che dice il chiattaiolo?” L’attaccò Thorin, odiando che un moccioso umano gli si opponesse.

“Vieni!” Ringhiò contro la bambina.

Aranel si allontanò protestando “Ma io voglio restare con Tilda!”.

“Obbedisci!” Insistette il nano avanzando, ma vedendola sfuggire alla sua presa chiamò rinforzi “Bilbo!”.

“No!” “Come?” Il nano non sembrava offeso, solo furioso di fronte alla risposta negativa dello hobbit.

“Stiamo andando in una montagna abitata da un drago!” Rispose Bilbo cercando con lo sguardo l’appoggio di qualcuno “Sarò solo uno scassinatore, ma sono consapevole che non sia il posto adatto per una bambina!”.

“Tieni le tue considerazioni per te!” Urlò Thorin tentando di afferrare Aranel che riuscì ad evitare la presa correndo dalla parte opposta del tavolo.

Sigrid scambiò uno sguardo veloce con il fratello e si misero fra il nano e la bambina.

“Perché è con voi?” Chiese un’altra volta Bain, ormai consapevole che la Principessa non avrebbe dovuto trovarsi lì.

“Non sono affari tuoi ragazzo!” Rispose Dwalin minaccioso.

“Lei non vuole venire con voi!” Rispose Sigrid senza indietreggiare.

“Lei non decide cosa fare o non fare...sono io!” Detto ciò Thorin spinse i ragazzo da parte e senza tante cerimonie afferrò e trascinò fuori l’elfa di peso, ignorando i calci e le proteste che fece nell’essere maneggiata così rudemente.

 

*

 

Bilbo non aveva voglia di stare insieme agli altri, soprattutto di trovarsi di nuovo faccia a faccia con Thorin. 

Prima era stata la curiosità a spingerlo a rivolgergli la parola ma dopo l’ultima discussione, era svanita.

Si erano appostati sotto alla casa, in attesa di agire indisturbati e rubare vere armi con cui poi si sarebbero subito diretti verso la montagna.

Lo hobbit ripercorse mentalmente l’intero viaggio da Bosco Atro, non capendo come la situazione fosse potuta diventare tanto critica.

Non era l’ira del Re che temeva, ma dover assistere impotente!

Essendo l’unico contrario al rapimento, non c’era molto, al momento, che potesse fare.

Sussultò teso, quando qualcuno gli si sedette accanto, ma si rilassò vedendo Bofur.

L’amico porse un pezzo di carne essiccata alla bambina che lo guardò diffidente, accostandosi maggiormente all’hobbit.

Il nano sospirò rassegnato. Perché la piccola avrebbe dovuto fidarsi dei suoi rapitori?!

“Che ti è successo? Non sei mai stato così silenzioso!” gli chiese decidendo di andare diritto al punto.

Lo hobbit non riuscì a trattenere un’occhiata ostile “Non sono dell’umore giusto per fare conversazione!”.

“Nemmeno io sono d’accordo con le ultime decisioni di Thorin, ma non è solo questo, vero?” Chiese Bofur apparendo sincero e desideroso di ascoltare, opposto al nano chiassoso ed esuberante che si era sempre mostrato.

“Non mi crederesti!” Rispose Bilbo timidamente.

“Questo lascia che sia io a deciderlo. Che cosa è successo, Bilbo?” gli chiese ancora Bofur.

“Non credo, anzi sono certo che il nano che ho incontrato alla contea non avrebbe compiuto un azione tanto meschina!” Rispose lo hobbit senza mascherare la propria ansia.

“Ha sbagliato, ma ricorda che è un nano d’onore, non farà mai qualcosa a questa bambina!” Disse Balin non sembrando che ci credesse, ma che ci sperasse.

“È troppo tardi! Rapire qualcuno, da dove vengo io non è una cortesia!” Disse lo hobbit arrabbiato.

“Per la barba di Durin, avevamo gli stramaledetti archi elfici mirati nel didietro! Per non parlare degli orchi!” Esplose Gloin per poi guardarsi attorno allarmato, ricordandosi solo allora che erano scoperti e muoversi cautamente senza fare rumore, che includeva lo sbraitare, era l’unico modo per non essere individuati.

“Questo non lo giustifica affatto!“ sentenziò Bofur, e lo hobbi si sentì sollevato di essere appoggiato da qualcuno.

Biblo sospirò smarrito “Come dovrei comportarmi con lui, adesso? L’ho visto nelle segrete e non sembrava più lui...... Aranel ha bisogno d’aiuto!”

“Chi?” Domandò Bofur smarrito.

“La bambina!” Rispose lo hobbit rassegnato “Oh!” Si illuminò il nano.

“Smettetela di complottare alle sue spalle!” Li riprese Balin “Ricordate che una maledizione grava su tutto quel tesoro. Ho paura per lui!” Confessò afflitto “Non ha bisogno di tutto questo baccano ma che restiamo uniti!”.

“Thorin ha bisogno di tanti calci in culo!“ esplose Bofur sussurrando furioso “Mai l’avrei creduto capace di una cosa del genere!”.

Bilbo fece l’ennesimo sospiro, prima di alzarsi in piedi deciso.

“Farò del mio meglio per fargli cambiare idea…” disse, indicando la piccola con lo sguardo.

“Che? Non vorrai davvero andare a parlare con Thorin? O non ricordi com’è finita l’ultima volta?!” Gli chiese l’amico stupito e preoccupato.

”Non ho altra scelta! Se posso fare qualcosa per arginare i danni di questa tragedia è mio dovere farlo. Non voglio che ci vada di mezzo una bambina innocente!” Disse Bilbo deciso.

Nel frattempo il nano in questione riapparve con dei vestiti in mano. 

Dove li avesse presi era un mistero.

“Cambiati d’abito!” Ordinò alla bambina “Nessuno deve vedere che sei un elfo!” Spiegò. 

Vedendo che la piccola restava immobile stringendosi a Bilbo, si rivolse a lui “È per la sua sicurezza!” Insistette.

“Thorin....stiamo andando tra le fauci di un drago!” Tentò di ricordargli lo Hobbit.

“Falla vestire come dico io o il drago sarà l’ultimo dei suoi problemi!” Sibilò il nano lanciandogli contro i vestiti.

“Ti prego...” insistette Bilbo non sapendo come convincerlo.

Il nano si fermò, fissandolo stranito e un attimo dopo uno sguardo colmo d’ira travolse lo hobbit “Perché ci hai messo tanto a liberarci? Comincio a credere che tu non voglia aiutarci!” Gli sibilò contro.

“Ma cosa dici....?!” Chiese lo Hobbit, non capendo.

“NON MENTIRMI!” urlò ancora il nano, avventandoglisi contro. 

Aranel cominciò a piangere e Kili la prese da parte tentando di calmarla accarezzandole dolcemente la schiena.

I nani si guardarono attorno allarmati che quel litigio potesse attirare attenzioni indesiderate.

Thorin con violenza tirò in piedi lo hobbit “Come puoi farci questo, dopo tutto quello che abbiamo passato! Dopo che ti ho concesso la mia fiducia! Cosa ti ha promesso?!” lo accusò, non riuscendo a vedere altro che nemici ovunque.

“Chi?” Riuscì a chiedere Bilbo angosciato.

“Quell’elfo spocchioso!” Quella risposta non confuse solo lo hobbit, ma tutto il resto della compagnia.

Avevano rapito la Principessa, anche se Bilbo avesse fatto un qualsiasi tipo di accordo, si era dissolto come polvere al vento.

“Niente.....come puoi solo pensare.....” “Allora fai come ti ordino perché non risparmierò chiunque intralci il mio cammino e tu mio caro scassinatore mi stai tediando con il tuo buon cuore e le buone maniere da bravo casalingo!” Gli ringhiò contro Thorin per poi voltarsi intenzionato a continuare con i suoi piani.

“Avrai il mio appoggio. Solo se la lasci qui!” Quella frase, benché detta con voce tremante, lo fermò all’istante.

“Mi credi crudele?” Chiese con oscura soddisfazione “Bene, Mastro scassinatore, sappi che esistono persone molto peggio di me!” Disse battendosi i pugni sul petto.

“Tu non hai idea di cosa altri avrebbero fatto con lei! O cosa...le avrebbero fatto!” Thorin fece una smorfia vedendo che anche se impaurito, Bilbo non si era mosso e nonostante il corpo lo tradisse, i suoi occhi erano pieni di determinazione.

“Bene!” Cedette alla fine “Resterà con Kili e Oin!” Decretò. 

“Lascio a voi il compito di riportarmela una volta che il pericolo sarà passato!” Ordinò “Fate in modo di non deludermi!” Disse con una voce che non prometteva niente di buono.

Oin, era perplesso, ma essendo un nano, si fidava del suo Principe e credeva che volesse solo essere certo che avrebbero obbedito ai suoi ordini.

“Cosa?” Protestò il nipote dolorante, ma comunque testardo.

“Sei troppo debole!” Disse Thorin che aveva notato solo allora il pallore del suo viso “Non rischio la missione per un singolo nano!”.

“Allora resto anch’io!” S’intromise Fili andando verso il fratello ma venendo intercettato dallo zio.

“No, il tuo posto è con la compagnia!” Lo fermò.

“Il mio posto....è accanto a mio fratello!” Disse Fili ostinato, spingendo lo zio da parte.

Thorin decise di non insistere, ma volle mettere ulteriormente alla prova lo Hobbit “E tu Mastro Baggins?” Chiese guardandolo “Ti nasconderai in un buco?”.

Bilbo non volendo dire cose spiacevoli, rispose scuotendo il capo.

 

*

 

Bard non si era sbagliato! Quel nano era un discendente del Re sotto la montagna!

E la sua presenza voleva dire solo che l’antica profezia rischiava di avversarsi: “Il Signore delle Argentee Fonti, il Re delle Rocce Scavate, il Re che sta sotto il Monte riavrà le cose a lui strappate, e la campana suonerà di allegrezza quando il Re della Montagna tornerà; ma tutto si disferà con tristezza, e il Lago brillerà e brucerà!”.

Comprendendo a pieno il rischio che il villaggio correva e l’intenzione dei nani di portare con loro una bambina così piccola che probabilmente avevano rapito, lo fece correre veloce verso casa.

Dopo essersi divisi, cauti e silenziosi, i nani si muovevano fra le case, intenzionati a rubare armi più decenti per poi puntare diritti alla montagna. 

L’oscurità li celava alla vista di eventuali guardie ma le armi, costruite a grandezza umana, furono troppo per i nani ed uno di loro ne fece cadere poche creando lo stesso un gran rumore, rivelando la loro posizione.

I nani vennero trascinati in uno spiazzo davanti al Governatore dietro cui stava Alfrid. Il primo non era affatto contento che la sua cena fosse stata interrotta. 

Come se non bastasse, una folla di curiosi si era radunata attorno agli inusuali intrusi: vecchi, uomini, donne e bambini che bisbigliavano fra loro chissà quali teorie e storie per spiegare quell’assurda presenza! 

Le voci su di un possibile adempimento della profezia della gente di Durin, nate dalla ricerca frettolosa di Bard, avevano fatto il giro della Città in pochissimo tempo.

“Che cosa significa questo?! Chiese il governatore infastidito dall’essere stato scomodato a quell’ora.

“Li abbiamo sorpresi a rubare armi signore!” Rispose il capo delle guardie.

“Ah, nemici dello stato… eh?” Li sbeffeggiò il Governatore, in piedi in cima alle scale dell’ingresso della sua casa.

“Un disperato mucchio di mercenari come mai nella vita, signore!” Lo appoggiò come sempre il suo consigliere.

“Frena quella lingua!” lo zittì Dwalin facendo un passo avanti, sempre pronto a prendere le difese del suo Principe “Tu non sai con chi parli. Lui non è un criminale qualunque. Lui è Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thrór!” Urlò così che tutti potessero sentirlo chiaramente.

Il Governatore lo fissò con la bocca aperta, incredulo.

La folla sussurrò ancora più di prima, anche se i toni restarono bassi come se temessero di infastidire l’erede di Durin.

“Noi siamo i Nani di Erebor!” proclamò Thorin con fierezza, posando una mano sulla spalla di Dwalin ed avanzando verso il suo interlocutore “Siamo venuti a reclamare la nostra terra natìa!” Disse con decisione.

“Ricordo questa Città al tempo della sua grandezza!” Continuò Thorin, voltandosi verso gli uomini radunati attorno alla compagnia. 

“Flotte di navi attraccate al porto, colme di sete e gemme preziose… Questa non era una Città abbandonata sul Lago, questo era il centro di tutto il commercio del Nord!” Ricordò risvegliando l’antico orgoglio degli uomini.

“Io garantirei il ritorno di quei giorni!” Promise Scudodiquercia voltandosi verso il Governatore, conscio che fosse un uomo avido di potere e tesori preziosi. “Riaccenderei le grandi fornaci dei Nani, e farei fluire benessere e ricchezza di nuovo dalle sale di Erebor!” Continuò vedendo gli occhi dell’uomo illuminarsi davanti alla promessa di montagne d’oro.

Anche gli abitanti di Pontelagolungo esultarono, ma non tutti condividevano lo stesso entusiasmo.

“Morte! Ecco che cosa ci porterai!” disse una voce levandosi potente al di sopra delle altre.

Gli abitanti si ammutolirono. Bard si fece largo tra le guardie fermandosi davanti a Thorin “Fuoco di drago e rovina. Se risveglierai quella bestia, distruggerà tutti noi!” Disse non celando il proprio timore.

“Potete dare ascolto a questo oppositore, ma io vi prometto una cosa....” insistette Thorin “...se riusciremo, tutti condivideranno le ricchezze della Montagna. 

“Avrete abbastanza oro....” disse agitando le mani “...per ricostruire Esgaroth per dieci volte almeno!” Gridò entusiasmando la folla.

“Perché dovremmo crederti sulla parola? Eh?” domandò Alfrid, placando nuovamente l’euforia generale “Noi non sappiamo niente di te… chi può garantire per la tua onestà?” Chiese sospettoso.

Il silenzio venne rotto da una voce timida ed esitante “Io!” Disse Bilbo, alzando incerto la mano “Garantirò per lui. Ho viaggiato a lungo con questi Nani, affrontando gravi pericoli. E se Thorin Scudodiquercia dà la sua parola, la manterrà!” Disse e per la prima volta non era sicuro che stesse facendo la cosa giusta.

Non era certo che Thorin avrebbe mantenuto tale promessa, ma la priorità ora, era tenerlo il più possibile lontano dalla Principessa! La coscienza di Bilbo continuava ad aggrapparsi a quella scusante per mentire spudoratamente. 

“Tutti voi, ascoltatemi!” gridò Bard furioso, rivolgendosi alla gente che aveva ripreso a gioire “Dovete ascoltarmi! Avete dimenticato quello che è successo a Dale?! Dimenticato quelli che sono morti nella tempesta di fuoco?! E per quale motivo?” Si voltò verso Thorin guardandolo con disprezzo “La cieca ambizione di un Re della Montagna, così preso dall’avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio!” Ricordò facendo calare un silenzio di tomba, interrotto solo da una voce “Io l’ammazzo! L’ammazzo!” Un Dwalin fuori di sé veniva trattenuto a stento dai suoi compagni.

“Suvvia!” S’intromise il Governatore “Non dobbiamo essere troppo frettolosi a dare la colpa!” Disse sapendo bene da aver una carta vincente da mettere in tavola “Non dimentichiamo che è stato Girion, Signore di Dale, tuo antenato, che fallì nell’uccidere la bestia!” Disse puntando il dito contro l’arciere.

“E’ vero, signore. Tutti conosciamo la storia....” lo assecondò Alfrid cogliendo al volo l’occasione per deriderlo “Freccia dopo freccia ha scoccato, ognuna ha mancato il bersaglio!” Raccontò.

Bard strinse i pugni furente e lanciò a Thorin un gelido sguardo.

“Non hai alcun diritto, alcun diritto a entrare in quella Montagna!” mormorò.

“Io sono l’unico ad averlo!” rispose Thorin con orgoglio. 

“Mi rivolgo al governatore degli uomini del lago. Vuoi vedere la profezia avverarsi? Vuoi condividere la grande ricchezza del nostro popolo?! Cosa rispondi?” Chiese Thorin non dubitando della risposta.

“E io dico a te! ....benvenuto!” La folla, per la prima volta dopo tanto tempo, si trovò in accordo con il governatore. Il primo contento di soddisfare la propria ingordigia e gli altri convinti di non dover più mendicare del pesce puzzolente, vivendo infreddoliti e affamati.

Tutti convinti che la distanza che li separava dalla montagna sarebbe stata sufficiente a proteggerli.

 

*

 

La porta si aprì di scatto ed il chiattaiolo che appariva già nervoso, si infiammò di rabbia alla vista dei nani che sperava di non rivedere mai più.

“No! Ho chiuso con i nani, andate via!” Disse cacciandoli senza tanti complimenti.

“Ehi, no no!” Bofur, disperato, bloccò la chiusura della porta con tutto il corpo, facendosi un gran male “Ti prego!” Ansimò “Nessuno ci darà una mano. Kili sta male!”.

L’uomo aprì la porta per constatare con i propri occhi “Sta molto male!” Insistette Bofur con uno sguardo supplichevole. 

Si erano riuniti ai loro amici appena il pericolo era passato e tra i grandi festeggiamenti di quella sera, passare inosservati non era stato difficile, trovando un posto dove riposare. Ma quando la compagnia era partita, erano stati cacciati come fossero stati dei lebbrosi.

Bard sembrava sul punto di non cedere quando una vocina lo fermò “Che cos’ha?” Chiese sua figlia spaventata.

Tilda, nonostante la sua giovinezza, era molto sveglia e doveva aver percepito l’ansia nella voce del nano.

L’uomo si rese conto che anche i suoi figli si erano preoccupati nel sentire ciò e per quanto li odiasse, in cuor suo sapeva di non poter voltare le spalle di fronte a qualcuno in difficoltà, elfo o nano che fosse.

Riportando lo sguardo sui nani, mentre era ancora indeciso, i suoi occhi caddero sulla piccola elfa che, assonata, si stropicciava gli occhi.

Suo figlio gli aveva rivelato la scoperta fatta la sera prima!

L’arciere vide un’altra opportunità per aiutarla e decise di coglierla.

Arrivò la sera e le condizioni del nano non facevano che peggiorare.

Nonostante le grida strazianti del nano, Aranel si era addormentata sfinita dalla notte precedente passata quasi insonne.

“Pa, cosa intendi fare con lei?” Chiese Bain che aveva messo al corrente il padre su ciò che aveva scoperto in sua assenza.

“Dobbiamo riportarla fra la sua gente! È in pericolo qui!” Disse avvicinandosi per osservarla intenerito.. 

“Inoltre la sua presenza rischia di provocare una guerra!” Rifletté incerto su come muoversi.

“Ma non siamo stati noi a rapirla!” Osservò Bain offeso.

“Non ha importanza!” Lo zittì il padre “Dobbiamo agire cautamente. O l’ira di Re Thranduil potrebbe distruggerci!”.

Come se l’idea di un imminente scontro con gli elfi non fosse già abbastanza a cui pensare, la terra tremò, agitando le acque e facendo oscillare ogni centimetro dell’abitazione.

“Mani marte?” (Cosa è successo?) chiese Aranel che si era svegliata di colpo, guardandosi attorno impaurita.

“Pa!?” Sigrid era forse più spaventata di lei mentre stringeva a sé la sorellina.

“Viene dalla montagna!” Si rese conto Bain con terrore.

Bard sospirò teso. I suoi timori peggiori si erano avverati.

“Dovresti andartene!” Disse Fili con concitazione “Prendi i tuoi figli e vattene via!” Lo esortò.

“E andare dove?! Non c’è un posto dove andare!” Rispose Bard consapevole che fosse troppo tardi per trovare un riparo sicuro.

“Stiamo per morire Pa?” Chiese Tilda con le lacrime agli occhi.

“No tesoro!” Bard si sforzò di apparire sicuro, ma la domanda successiva della figlia gli fece comprendere di non esserci riuscito “Il drago, ci ucciderà?”.

L’arciere sentì qualcosa dentro di lui muoversi. 

No, non avrebbe lasciato che quella bestia facesse del male alla sua famiglia senza fare niente!

Alzò uno mano e con un gesto rapido tirò fuori una freccia enorme.

Non era solo la mole a farla apparire resistente, ma anche il materiale di cui era fatta: acciaio nanico!

Una freccia nera.

“Non se lo uccido io prima!” Li rassicurò Bard deciso.

 

*

 

La notte pareva essersi calmata.

Il freddo era pungente ed oltre alle luci delle case, una luna illuminava il cielo nero.

Approfittando dell’oscurità alcune figure delle tenebre si fecero largo fra i tetti della città.

Sigrid osservava i moli circostanti nella speranza di scorgere la figura di suo padre che tornava da loro, ma non accadde. 

Se il governatore l’aveva fatto arrestare non c’era molto che potessero fare per dargli una mano.....

Si sentiva smarrita. Sapeva di doversi occupare della sorellina, e sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa per aiutare l’elfa. 

Ma se il governatore li avesse scoperti con quella bambina chissà cos’avrebbe potuto farle, avendoli privati della protezione del padre.

Un rumore riaccese la speranza “Pa, sei tu Pa?!” Chiese Sigrid scrutando l’oscurità.

Un Orco saltò sul balcone accanto a lei e Sigrid reagì rientrando urlando, chiudendo per un pelo la porta.

Bain e Tilda si alzano spaventati mentre Aranel si nascose sotto al letto.

Ma Sigrid non era stata abbastanza veloce!

La spada di quell’abominevole creatura aveva bloccato la porta prima che potesse essere chiusa del tutto, ed ora la bestia spingeva con tutte le forze, affamata di sangue e morte.

La ragazza cedette dopo poco e venne scaraventata in terra. Non perse tempo, strusciando sotto al tavolo, nel disperato tentativo di mettere qualcosa fra lei e l’orco.

I nani erano impreparati di fronte all’attacco improvviso, privi di armi ed inferiori numericamente.

Fili si scaraventò sull’orco appena entrato, cercando di sottrargli la lunga spada.

Un’altro della sua razza entrò dalla porta sul retro, ricevendo come accoglienza, vario pentolame lanciatogli diritto in faccia. 

Tilda imitò Oin, prima che suo fratello la spingesse sotto al tavolo accanto a Sigrid.

Come se non fosse abbastanza, un’altro Orco sfondò il tetto, ringhiando di piacere alla vista di un prelibato pasto da gustare.

Bain interruppe la sua gioia scaraventandogli contro la panca del tavolo.

Uno degli intrusi, non avendo avversari, potè concentrarsi completamente sull’odore che aveva fiutato per tutto il giorno. Non era un nano o umano, ma bensì un elfo, la piccola creatura che scorse rannicchiata sotto al letto dove giaceva un debole nano, che tremò appena si rese conto di essere stata individuata.

Un sorriso sorto si dipinse sul viso dell’orco ed emise un verso di apprezzamento. 

Gli elfi giovani ed inesperti erano facili da catturare, la loro carne aveva un sapore migliore di quella dei nani ed avrebbe potuto divertirsi sentendola gridare in agonia.

Aranel urlò quando l’orco mosse il letto sotto al quale era nascosta, attirando l’attenzione di Oin, che impotente potè solo urlare “La Principessa!” sapendo bene che la sua morte avrebbe condannato pure tutti loro!

Kili, nonostante la debolezza fu veloce a buttarsi di peso sull’orco per evitare che le facesse dal male.

Gli Orchi ribaltarono il tavolo, ma quando tutto sembrata perduto, un misterioso guerriero apparve sulla porta, uccidendo l’orco che era in procinto di entrare.

Tauriel sfoderò i pugnali. Avanzò lentamente studiando il numero di nemici e la loro posizione.

Gli orchi non esitarono nell’attaccare e morirono uno dietro l’altro.

Muovendosi in una danza mortale, Tauriel non ebbe problemi nello scontro e fu veloce a lanciare un pugnale, privandosi così di un arma, ma liberando Kili da una presa mortale.

Altre di quelle creature entrarono nella casa, finendo col fare la stessa terribile fine dei loro simili. Spaventati sia dall’elfo che dai cadaveri che andavano ad accumularsi, i restanti orchi si diedero alla fuga.

Non volendo morire e capendo che il loro obbiettivo non fosse lì, furono veloci a ripiegare.

Kili usò il pugnale elfico per uccidere un’orco alle spalle di Tauriel che rimase colpita dal gesto prima di finire l’ultimo rimasto. 

Il giovane nano venne trascinato in terra dal cadavere di quell’abominevole creatura, urlando in agonia quando la botta coinvolse pure la gamba ferita.

Un orco raggiunse il capo che osservava la scena da sopra un tetto, di fronte alla casa “Scudodiquercia non è qui!” Bolg ringhiò pieno di collera, la rabbia triplicò appena vide che solo tre nani erano rimasti, gli altri dovevano essere già sulle pendici della montagna! 

“Ma l’elfo è qui! È una Principessa!” Quell’informazione fece tornare di buon umore l’imponente orco che si fermò a osservare la preda.

L’occhio destro si assottigliò quando rivide il giovane elfo che aveva scorto durante lo scontro sul fiume.

Bain fece vagare lo sguardo nella stanza “Li hai uccisi tutti!” Disse sbalordito.

“Ce ne sono altri!” Lo mise in guardia Tauriel, come se il proprio aiuto fosse stato da poco conto.

“Aranel!” Sigrid si affacciò sotto al letto “Gli orchi se ne sono andati puoi uscire!” La esortò senza rimanere sorpresa quando la piccola scosse la testa ritirandosi contro al muro.

Tauriel guardò la scena con repulsione. La mezz’elfo stava macchiando il buon nome del Re con la sua codardia. Un elfo avrebbe agito in modo diverso.

Lei avrebbe agito in maniera diversa. 

Si stava pentendo di averla protetta, ma era stata la fedeltà al suo Re a spingerla ad agire.

La madre non si era mostrata migliore. Anzi, riflettendoci, forse era a causa sua se il Re non era tornato prima. 

Per quanto potesse essere doloroso, forse la sua morte avrebbe allontanato l’umana, facendola desistere dai suoi piani di prendere potere su un reame elfico.

Fece per andarsene, più che decisa ad ignorare la Principessa quando un nano le si parò davanti “Lo stiamo perdendo!” Disse disperato.

Tauriel, per la prima volta, esitò. Aveva assistito allo scontro avvenuto al confine, decidendo di inseguirli appena si era resa conto di quale affronto avessero recato all’elfo venerabile che l’aveva cresciuta.

Ma quel nano le sembrava diverso......

Aveva messo a rischio la propria vita per salvare i suoi simili. E l’aveva aiutata....

Mentre rifletteva su come agire, venne raggiunta da un quarto nano che era appena rientrato.

Gli tolse dalle mani ciò che portava, stupita che fosse riuscito a trovare quella pianta così rara in una città degli uomini “Athelas!” Sussurrò prendendola dalle mani di Bofur.

“Che stai facendo?” Chiese lui troppo stupito della sua presenza da ricordarsi l’antico odio presente fra le loro razze.

“Io sto per salvarlo!” Svelò Tauriel che aveva deciso.

 

*

 

Nella casa sul lago era tornata la quiete.

Il pericolo per Kili sembrava essere ormai solo un brutto ricordo ed il fratello, assieme all’amico erano sollevati nel vederlo smettere di contorcersi per il dolore ed il colore tornare sul suo viso. 

Tauriel medicò accuratamente la ferita, riservando occhiate veloci al giovane nano.

Sembrava diverso rispetto ai suoi simili.

Era molto alto per essere un nano e i lineamenti del viso erano decisi ma morbidi al tempo stesso.

“Avevo sentito delle meraviglie della medicina elfica. È stato un privilegio assistervi!”

Tauriel ignorò i complimenti del nano. Non si aspettava ne voleva niente da loro!

“Posso sapere il nome di colei di cui sono debitore della vita?” La voce del giovane fu in grado di placare il suo animo inquieto.

Confusa, reagì freddamente, non volendo che le sue azioni venissero fraintese “Non mi devi niente. Sono io che ho agito, restituendo un aiuto che non era assolutamente necessario!”.

“In questo caso ti ringrazio!” Disse Kili ignorando il tono scortese dell’elfa.

“Non ho bisogno della tua gratitudine!” Rispose Tauriel seccata.

“Hai molto ardore dentro di te!” Per bloccarsi di fronte all’ennesima gentilezza. Perché quel nano si ostinava a mostrarsi amichevole se lei aveva mostrato di essere di tutt’altro avviso.

“Uno può avere un focolare ardente nell’anima e tuttavia nessuno potrebbe scorgerlo, ma vedere solo un filo di fumo che si alza dal camino!” Tauriel si bloccò sentendo una saggezza inaspettata manifestarsi nelle parole del nano. 

Cosa rara fra i suoi simili.

O forse no?

Tauriel si rese conto che l’odio presente fra le loro razze non aveva mai permesso a nessuno di instaurare un rapporto privo di sospetto o disprezzo.

“Sai, nei miei lunghi viaggi ho incontrato poche persone come te!” Cominciò a raccontare Kili.

“Attento nano, non mettermi al livello degli avidi umani!” Ringhiò Tauriel sentendo il suo orgoglio ferito protestare per quel paragone del tutto inappropriato.

“Non parlo di razze. Non hai molta stima del popolo degli uomini, vero?” Chiese Kili che sembrava divertito dall’audacia di quella splendida creatura.

“No, in realtà io apprezzo la tua perspicacia!” Rispose Tauriel mentre un sorriso le illuminava il viso. 

Il primo dopo tanto tempo!

 

*

 

Bilbo non avrebbe mai creduto a ciò che aveva visto e sentito se qualcuno gliel’avesse narrato.

Il drago era in grado di parlare! Si era mostrato intelligente e superbo.

Sapendo di non poter sfuggire alla fame che senz’altro quel serpente avesse avuto dopo anni passati nella montagna, aveva giocato d’astuzia, provando a lusingarlo il più a lungo possibile, mentre tentava di avvicinarsi ad un’uscita o un riparo sicuro.

Il drago sembrava apprezzare la conversazione enigmatica cominciata dallo scassinatore.

Ma a distrarre l’istinto di sopravvivenza dello Hobbit era stata una pietra bianca e luminosa che apparve dinanzi a lui nel momento meno opportuno: l’Arkengemma!

Il drago ci aveva messo poco a scoprire il suo inganno e lo Hobbit era stato veloce a ricorrere ad un aiuto che avrebbe sempre custodito con possessiva gelosia.

Smaug si era mostrato furioso di fronte all’eventualità di vedersi privato anche di un singolo gioiello. 

Avendo una grande familiarità con ciascuno dei beni custoditi nel suo gigantesco tesoro, poteva accorgersi del furto del pezzo più piccolo o poco pregiato!

I nani avevano bloccato la sua fuga e Thorin, per l’ennesima volta, si era mostrato cambiato. E non in bene!

Il Principe che gli era piombato in casa era riservato, freddo e diffidente, ma lo trovava più confortante di quello con uno sguardo vuoto e al limite della pazzia.

Forse lo avrebbe ucciso se Smaug non fosse giunto in tempo per distrarlo. 

Non voleva pensarci!

Assieme alla compagnia, grazie ad uno stratagemma, erano riusciti a rifugiarsi nelle fucine, convinti di avere un piano per abbattere la bestia.

“Tu...credi di potermi ingannare, cavalcabarili!?” Chiese Smaug bloccando la fuga dello Hobbit.

“Siete venuti da pontelagolungo!” Quella frase piena di consapevolezza fece congelare Bilbo.

“Questo...è uno squallido complotto ordito da questi luridi nani e quei miserabili uomini del lago!” Rifletté il drago “Quei piagnucolosi codardi con i loro lunghi archi....e le frecce nere!” Smaug parve meditare attentamente sulla prossima mossa ed alla fine decise.

Fece la scelta peggiore.

“Forse è il momento...” iniziò a parlare volgendo lo sguardo verso l’entrata della montagna “...che io faccia loro...una visita!” Disse aumentando l’andatura.

“Oh no....!” Si disperò Bilbo decidendo di uscire dal suo nascondiglio “Ma non è colpa loro!”.

“FERMO!” Non poteva pensare a se stesso di fronte ad un eventualità così disastrosa “Non puoi andare a pontelagolungo!” Bilbo non riusciva a trovare una soluzione per evitare l’imminente tragedia....

Il drago si fermò, voltandosi velocemente “Oh tu tieni a loro....non è vero!?” Chiese con malvagia soddisfazione “Bene....allora puoi guardarli morire!”.

Con sollievo di Bilbo, Thorin aveva distratto il drago dalle sue intenzioni distruttive, provocandolo perché cadesse in trappola.

Il piano ebbe successo. La bestia venne travolta da una cascata di oro fuso, emettendo un ringhio sorpreso.

I nani esultarono. Contenti della riuscita di un impresa creduta impossibile.

Ma l’entusiasmo ebbe breve durata.

Con un verso terrificante, Smaug emerse dal liquido bollente, agitandosi furioso.

Nonostante la mole, fu veloce ad uscire e vibrarsi in volo, dirigendosi verso la città.

Bilbo gli corse dietro, tormentato, solo per vedere che il drago era già a metà strada.

“Che cosa ho fatto..?” bisbigliò affranto, dandosi la responsabilità della devastazione che di lì a poco si sarebbe abbattuta su centinaia di innocenti “Mi perdonerete, grande Re?”.

 

Eccomi! 

Vi avverto che il prossimo aggiornamento arriverà, probabilmente, anche quello in ritardo!

Finalmente ci stiamo dirigendo verso un momento fondamentale per ciascuno dei personaggi!

Hanna e Thranduil si sono riappacificati e Sara comincia ad orientarsi.

Aranel è terrorizzata, cosa le accadrà?!

Kili e Bilbo sono gli unici due a non fare caso alle differenze e sembrano averla presa a benvolere!

Ma ora arriva Smaug!

Spero che la storia stia continuando a piacere, opinioni e osservazioni sono benvenuti!

A presto,

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Capitolo 26
*** Non esiste separazione per chi ama con il cuore ***


Sara si voltò leggermente mentre l’esercito proseguiva l’avanzata verso il lago.

Gli occhi del generale di Lorien, privi di ogni emozione, si fissarono ai suoi solo pochi secondi prima che lui distogliesse lo sguardo.

“La pianti per favore! Sono già nervosa di mio!” Sibilò Hanna avvicinandosi.

Cavalcavano dietro il Re, retrocedere un poco era ciò che serviva loro per cercare di allentare la tensione.

“Tanto lo ammiravo nel film...ora non fa che inquietarmi!” Sussurrò Sara sporgendosi dalla groppa per dirlo all’orecchio dell’amica.

“Davvero? Non si direbbe vedendo che non gli stacchi gli occhi di dosso!” Rispose Hanna atona.

“Sai bene chi potrebbe essere il candidato!” Si infastidì Sara.

“Non hai la mia approvazione!” Disse Hanna non sicura che Audial ricambiasse tale sentimento.

“Come se la cercassi!” Scherzò Sara. 

“Temevo fosse ieri notte che.....sarebbe avvenuto, tu sai cosa!” Confessò Hanna sussurrando quella verità conosciuta solo da loro due.

“Ragionando a mente fredda mi sono resa conto che i nani non avrebbero potuto percorrere una distanza tanto lunga in così poco tempo!” Le disse Sara “Quindi, si. Ho dichiarato il falso!” Dovette ammettere.

“Noi dovremmo! Avremmo dovuto!” Si corresse Hanna.

“Se non ci fossimo ritrovate improvvisamente a Mordor!” Fece notare l’amica “Nonostante qualche attacco sporadico alle pattuglie, non ricordavo ci fossero così tanti problemi con gli orchi!” Disse Sara anche se aveva preso parte ad una sola pattuglia.

“Dici che gli orchi sanno di lei?” Domandò Hanna percependo lo stomaco contorcersi per l’ansia.

“Mi fai domande a cui non posso rispondere. Probabilmente sono gli orchi di Bolg. Ricorda che non siamo le uniche sulle tracce dei nani!” Le rispose Sara non sapendo come smorzare le sue paure o dare anche il minimo conforto.

“Stai diventando tediosa nella tua immensa saggezza!” La attaccò Hanna sentendo l’urgenza crescere. Aranel era solo una bambina, perché farle vivere un esperienza del genere?!

“Conoscenza!” La corresse Sara sorridendo nel tentativo di tirarla sù, vedendo che il suo umore stava tornando ai minimi storici. 

“Ecco la città! Dobbiamo sbrigarci! Da quanto sappiamo avverrà stasera!” Si agitò Hanna che però aveva solo visto il lago in lontananza.

“Siamo in tempo solo se Aranel è in città. O Valar, speriamo che l’abbiano lasciata indietro!” Sara si rimproverò per aver dato voce ai suoi pensieri. Anche se il suo dubbio era comprensibile: i nani avrebbero osato tanto?

Thorin si, ma gli altri? Bilbo?

“Non sconoscere gli eventi è la cosa peggiore che possa accadere!” Si torturò Hanna consapevole che nella storia conosciuta Aranel non esisteva, e quindi, ciò che era accaduto non avevano neanche potuto avere il minimo sospetto che si avverasse.

“Non ti montare la testa! Prima o poi Tolkien topperà e le cose andranno diversamente da come sappiamo!” Tentò di scherzare Sara. Ma il pensiero che molti degli elfi che marciavano con loro, non sarebbero tornati, la fece vacillare.

Come poteva non dire niente? Forse era meglio non conoscere gli eventi futuri!

Anche se le loro erano solo supposizioni. Non tutto si era svolto come sapevano!

“Crediamo di sapere!” Disse Hanna interrompendo quel fastidioso accumulo di domande.

“Puntualizzatrice!” La prese in giro Sara riconoscendo che l’amica aveva seguito la sua stessa linea di pensiero.

“Che intendevi con quest’ultima affermazione?!” Chiese Hanna dopo che ebbe passato un momento a ripensare alle parole di Sara.

“Niente!” Ci mancava che Hanna si preoccupasse pure di altro.

“Vuoi dire che dei guerrieri millenari rischieranno di più di due mortali in questa battaglia?!” Chiese Hanna ben sapendo di andare contro una guerra diversa da quelle combattute fino a quel momento. 

“Parli del drago oh....” “Battaglia!” La interruppe Hanna.

“Sarà difficile e tu lo sai!” Sara tentò di sviare la domanda.

“Non so niente! Quel verme putrido sarebbe dovuto impazzire solo una volta visto il tesoro!” Si sfogò Hanna, sentendosi in colpa per non averlo potuto evitare.

“Ma avendo noi conosciuto la loro razza, sappiamo che non è così! Tolkien li ha addolciti troppo i nani!” Disse l’amica che era memore dei lividi e della lunga convalescenza di Hanna dopo quella traumatica esperienza “No, Jakson! Sai non ricordo....”.

“Non mi curo di ciò che è scritto, ma di quello che ho potuto constatare di persona! Sono meschini, avidi e spietati!” Hanna continuò a insultare i propri nemici, dubitando per la prima volta, se sarebbe riuscita a perdonarli.

“Stai diventando razzista! Potrebbero diventare sopportabili se ci passassimo del tempo insieme!” Disse Sara ricordando quanto sembravano divertenti e sopportabili nel film di Jackson.

“Tu lo faresti dopo quello che hanno fatto?!” Hanna fu veloce a riportarla con i piedi per terra.

“Se la metti così, la risposta che otterrai sarà senz’altro negativa!” Il bisticcio fra le ragazze venne interrotto dall’ennesimo gruppo di orchi che attaccarono l’esercito in marcia.

Erano vicini alla destinazione, ma a quanto pare avrebbero tardato ulteriormente.

 

*

 

Tauriel aiutò le ragazze a indossare vestiti pesanti, consapevole che gli umani avessero meno resistenza contro al freddo rispetto a lei.

“Non c’è tempo. Dobbiamo andarcene!” Disse Tauriel dopo aver osservato attentamente i dintorni dal balcone.

“Coraggio, alzati fratello!” Fili incitò Kili venendo respinto dall’orgoglio dell’altro “Sto bene! Posso camminare!” Si lamentò Kili che non voleva mostrarsi più debole di quanto non fosse già.

“Il più in fretta possibile!” Insistette Tauriel sorprendendosi di quanta cura Sigrid stesse mettendo nell’aiutare Aranel.

Forse erano a conoscenza della sua identità....

“Noi non ce ne andremo. Non senza nostro padre!” Disse Bain cercando di apparire autoritario, nonostante la soggezione provata di fronte ad un elfo.

“Se restate le tue sorelle moriranno. È questo che tuo padre vorrebbe?” Tauriel usò le parole giuste, perché appena udite il ragazzo cominciò a coprirsi.

Scesero le scale, salendo velocemente sulla chiatta.

“Dammi la mano, svelti dobbiamo andare!” Fili aiutò le ragazze a salire, e Bain passò la piccola elfa a sua sorella, temendo potesse cadere in acqua.

“Svelti!” Li riprese Tauriel osservando il cielo con angoscia.

Erano appena partiti, quando un violento spostamento d’aria fece tremare le case circostanti e la figura possente del drago si librò in cielo terrorizzando tutti i cittadini.

Sigrid strinse a sé le bambine, sentendosi inutile nel non trovare alcuna parola di conforto. 

Le piccole nascosero il viso nel suo petto, stringendosi a lei tremanti di paura.

Smaug, creato da Morgoth come essere malefico portatore di morte e distruzione, era decisamente era immenso.

Se le zanne grandi come spade non avessero incuito sufficiente terrore, gli occhi gialli pieni di malvagia oscurità avrebbero fatto immobilizzare chiunque, consapevole di non avere scampo di fronte ad una tale mostruosità.

Quando la prima fiammata colpì, la situazione precipitò. Coloro che si erano nascosti in casa, uscirono correndo, capendo solo allora che non esisteva un posto sicuro dall’ira del drago.

Una bestia avida, convinta che niente e nessuno potesse scalfirla. Di essere onnipotente e di poter disprezzare chiunque si trovasse sul suo cammino.

La gente urlava e scappava. Alcuni, saliti sulle proprie barche tornarono sul molo nel vano tentativo di sfuggire alla fiammata che riduceva in cenere chiunque ne fosse travolto.

Le possenti ali creavano correnti d’aria talmente forti da far cadere in terra le persone al suo passaggio, smuovere le acque e far tremare le abitazioni.

Tauriel non potè fare niente vedendo il ragazzo mentre afferrava una fune e tornava indietro, correndo verso il padre che tentava di abbattere la bestia.

Impedì ai nani di far girare la barca per tornare a prenderlo, consapevole che la minima esitazione avrebbe potuto costare loro la vita.

Il petto della bestia sembrava accendersi poco prima che dalle fauci fuoriuscisse una nube di fuoco.

Volteggiava in aria non come un faro di speranza, ma come una torcia premonitrice di morte.

In mezzo alle urla strazianti ed agonizzanti di coloro che ancora vivevano, l’elfa riuscì ad uscire dalla città, desiderando che i ricordi di quella notte scomparissero col sorgere del sole, consapevole che mai sarebbe successo.

 

*

 

“Che succede?” Chiese Sara rivolta all’amica quando per l’ennesima volta, l’esercito bloccò l’avanzata. I gesti del Re erano talmente lievi che finivano sempre col sorprendersi appena gli elfi obbedivano senza che loro potessero accorgersi di qualcosa.

“Perché ci siamo fermati?!” Domandò Hanna alzando la voce spazientita.

Fra l’apprensione per la Principessa e la tensione a causa della presenza continua degli orchi sentiva che era sul punto di cedere.

Improvvisamente i cavalli scattarono come se l’intento fosse quello di fuggire.

I cavalieri li bloccarono, mentre il Re non esitò ad afferrare le redini di Aegnor che era in procinto di impennarsi.

Sara gridò, memore del dolore che causava una caduta all’apparenza tanto insignificante. E si ritrovò ad avvampare di vergogna quando, aprendo gli occhi che involontariamente aveva chiuso aggrappandosi d’istinto alla criniera, vide che era stato il generale di Lorien a calmare il suo cavallo.

“Il drago è uscito dalla montagna!” L’affermazione di Thranduil fece tremare Hanna.

Aumentarono l’andatura ed accadde appena giunsero sulle rive del lago.....

Quando la prima fiammata colpì la città, Sara non fu in grado di articolare una parola. 

Hanna abbassò la testa incurvando la schiena, rimproverandosi quando sentì le prime lacrime bagnarle le guance.

Sospirò sorpresa appena un braccio le si posò sulle spalle, avvolgendola con un gesto rassicurante.

Gli orchi avevano attaccato più volte l’esercito in marcia, riuscendo persino a bloccare la strada abbattendo alcuni alberi.

Per Thranduil tanta premura era segno che sapessero del rapimento della Principessa e stessero tentando di appropriarsi della piccola che vedevano solo ed unicamente come una merce di scambio.

Questo li aveva portati a raggiungere la riva solo quel pomeriggio per ritrovarsi a bloccare altri orchi che cercavano di raggiungere Esgaroth.

Non essendo muniti di barche, girare attorno al lago era stata l’unica opzione ed ora erano costretti ad assistere imponenti alla furia del drago.

Le grida che si levavano dalla città in fiamme erano agghiaccianti.

Nonostante avessero assistito passivamente a numerosi massacri, le ragazze percepirono chiaramente che quell’orrore fosse diverso ed ancora più terrificante dell’assedio di una città.

Hanna alzò lo sguardo pentendosene quando vide il volto del compagno.

Il viso era impassibile, ma i suoi occhi attenti, notarono la mascella serrata e gli occhi tormentati.

“Mio signore....” Galion sembrava avere più paura del proprio sovrano che del drago.

Hanna vide chiaramente che il turbamento pareva aver fatto estraniare il Re da tutto il resto e fu veloce a ad afferragli la mano che teneva le redini del megacero.

Thranduil non parve sentirla ed Hanna sentì una nuova paura crescerle dentro.

Era sopravvissuto all’impossibile, sopportando per anni torture di ogni genere. 

Le aveva confidato che il suo eventuale allontanamento potesse avere delle conseguenze orribili, ma cos’avrebbe provocato la perdita di una figlia?

Non osava pensarci perché il solo pensiero atterriva anche lei, ma lui sarebbe stato in grado di sopportarlo?!

“Andiamo a Dale...” sussurrò Sara avvicinandosi ai due “......probabilmente è lì che gli umani troveranno rifugio!” Si corresse sperando di smuoverli dalla trance nella quale sembravano essere caduti, ignorando gli sguardi di disappunto da parte degli elfi, per la propria mancanza di rispetto.

Si conoscevano da troppo e Sara sentiva di averne anche lei abbastanza, nel vedersi costretta ad agire e parlare, temendo sempre il giudizio degli elfi.

“Thranduil....” Hanna poggiò la testa contro la sua spalla, rafforzando la presa sulla sua mano “Ho bisogno di te!” Sussurrò illuminandosi appena lui si voltò a guardarla, interrompendo l’abbraccio.

Il suo sguardò la rapì ed improvvisamente era come se fossero soli al mondo.

Lui ricambiò la stretta, usando l’altra mano per accarezzarle dolcemente una guancia.

Hanna arrossì violentemente rendendosi conto che la guardia reale stava assistendo, ma il Re non parve curarsi di tanti occhi puntati su di loro.

Sara accennò un sorriso triste. Era chiara l’angoscia dei due, ma era bello vederli continuare a sostenersi a vicenda.

“Domani mattina alle prime luci del sole giungeremo in città!” Disse Thranduil facendo muovere il Megacero.

 

*

 

Sigrid accarezzò dolcemente la schiena della bambina che teneva in braccio.

Aranel era crollata per la stanchezza mentre navigavano verso la salvezza.

Una volta scesi dalla barca non si era svegliata e non si era sentita in dovere di destarla, chiedendosi come riuscisse a dormire nonostante la confusione che si era creata sulla riva a causa dei superstiti che vi giungevano, sempre più numerosi.

Non poteva sapere che fin dai primi giorni di vita, Aranel aveva vissuto in mezzo a quella confusione che solo gli umani erano in grado di fare.

Abituata a ignorare le grida, le risate ed i numerosi rumori, grazie al caldo abbraccio della madre e la protezione del padre.

Sigrid vide l’elfa parlare con il giovane nano e poteva dirsi piacevolmente sorpresa nel vedere due razze aver stretto un legame tanto profondo in così poco tempo.

Il nano non nascondeva minimamente il proprio sguardo adorante, come se volesse provocare l’elfa, mentre lei continuava a mostrarsi distante e fredda anche se rimaneva ad ascoltare ciò che lui le diceva.

“Dici che il suo papà arriverà presto a prenderla?” Chiese Tilda che si era seduta sul grosso masso dove avevano deciso di riposare.

Appena messo piede a terra non si erano fermate, cercando disperatamente una qualche traccia del fratello o del padre, senza successo.

“Certo! Non la abbandonerebbero mai!” Rispose Sigrid cercando di non far tremare la voce. I superstiti continuavano a giungere, non doveva perdere la speranza!

“Neanche nostro padre lo farebbe?” La domanda della sorellina le fece più paura del drago stesso. Si costrinse a mostrarsi forte e sicura, era lei la più grande!

“Oh Tilda!” Disse accarezzandole una guancia “Se è sopravvissuto ci troverà, ne sono sicura!” Per darle una piccolo bacio in fronte.

“E se il drago l’ha ucciso?” Aveva sempre ammirato la spiccata intelligenza di sua sorella, ma ora Sigrid si ritrovò a condannarla.

“Allora sarò io che mi prenderò cura di te!” Rispose, non trovando altre parole confortanti da dirle.

“Lo prometti?” Chiese Tilda apparendo ancora più spaventata nell’attendere la risposta.

“Lo prometto!” Promise Sigrid con un sorrise triste.

“Penserai anche a lei?” Chiese Tilda sorprendendola. 

Sigrid sospirò. La sorellina era sempre stata molto generosa e altruista. Non poteva dirle di no, così rispose con un “Certo!” Non molto convinto.

Osservò la riva ancora per un po’, lasciando che lo sguardo vagasse sia sulle persone che piangevano i cari morti, sia su coloro che si davano da fare per dare una mano.

“Ehi, noi dobbiamo andare!” La voce del nano biondo la ridestò da quell’orribile spettacolo a cui stava assistendo “Spero ritroviate vostro padre!” Tentò di rassicurarle lui, più per cortesia che per affetto.

Ma quando lo vide allungare le braccia verso di lei, comprese cosa voleva fare.

Sigrid non seppe cosa la spinse a farlo, ma istintivamente si scostò, alzandosi in piedi, indietreggiando lentamente, non volendo accettare qualcosa che sarebbe di certo accaduto, senza la presenza autoritaria del padre.

“Mio padre ha detto che devo prendermi cura di lei!” Tentò di opporsi.

“È nobile da parte tua rispettare il suo desiderio, ma anch’io ho fatto una promessa!” Insistette il nano incrociando le braccia al petto, infastidito dalle lamentele di una ragazza “Devo riportarla al mio Re!”.

Sigrid era in procinto di cedere quando la voce della sorellina la fermò “Non puoi farlo! Lei vuole tornare a casa, me l’ha detto!”.

“Ce la riporteremo noi! Thorin la riconsegnerà agli elfi, te lo prometto!” Quel nano era gentile, ma faceva comunque parte del gruppo che li aveva minacciati nonostante l’aiuto che avevano offerto loro.

“No, non puoi! Il Re si arrabbierà!” Tilda era ferma nel proteggere le proprie convinzioni, cosa sorprendente, considerando avesse solo dodici anni.

Il nano parve stufarsi e senza la cortesia di prima, prese la piccola dalle braccia della ragazza.

Aranel era troppo esausta per svegliarsi e nonostante fosse deciso, il nano biondo barcollò leggermente sotto il suo peso. 

Fili era in grado di portarla, solo che si era preparato ad una diversa sensazione, si aspettava pesasse di meno. Però per la prima volta si ritrovò a dubitare delle proprie scelte. Era di suo zio che si fidava ed a cui aveva giurato fedeltà, ma era giusto ciò che faceva?

C’era onore nell’approfittarsi di una creatura indifesa ed innocente? 

Si chiese il nano mentre si avviava verso la barca.

“No, sorella fermalo!” Sigrid afferrò la sorellina che si dimenava disperata “Sorella hai promesso!” L’accusò Tilda la quale, convinta di aver perso sia il padre che il fratello, non voleva perdere anche quell’amica che aveva appena conosciuto.

“Mi dispiace Tilda!” Sigrid faticava nel trattenerla “Tilda ascoltami....” le chiese gentilmente aspettando che smettesse di agitarsi e la guardasse con gli occhi pieni di lacrime “....andrà tutto bene, ci sono io!”.

La sorellina scosse la testa piangendo “Tilda....” “Non farai niente anche se i nani prendono me?” Le chiese lei piena di rabbia.

“Farei di tutto per proteggerti!” Rispose Sigrid senza esitare “È per questo che ho dovuto lasciarla andare! Il Re nanico si sarebbe arrabbiato se non l’avessi fatto!” Tentò di convincerla.

“Quel nano è cattivo!” Sussurrò Tilda piangendo “Perché l’hai lasciata andare!?”.

 

*

 

Un grosso mannaro correva a perdifiato lungo una landa desolata.

L’orco sulla sua groppa era impaziente di riferire le importantissime novità.

“Una bambina elfo....” Ringhiò “Un elfo sindar!” Il mannaro frenò all’improvviso, esausto “Lei era lì a Pontelagolungo!” Disse Bolg entusiasta di portare buone notizie.

“E perché torni a mani vuote?” Ma l’orco pallido era pronto a distruggerlo, pezzo dopo pezzo “Ti sei fatto sfuggire i nani nel fiume e ora hai fallito di nuovo!” Lo rimproverò Azog furioso.

“È la figlia del signore degli elfi Thranduil!” Bolg finse di non sentire il rimprovero, lasciando come sempre che fosse il padre a decidere del destino della loro preda.

“Se è quello che dici, lui apprezzerà un tale dono!” Riflettè Azog “Con lei distruggeremo il regno e gli elfi sarebbero impotenti!” Affermò godendo immensamente all’idea di aver una tale arma da poter usare. 

Una volta nelle sue mani. Ma lo sarebbe stata presto!

“Un elfo femmina l’ha presa....” Bolg esitò nel dare quest’ulteriore informazione “....sono fuggiti, urlando come codardi!” Li prese in giro.

“Sciocco! Ritorneranno!” Si infuriò il padre “Con un esercito!” Azog si fermò lasciando che la furia lo dominasse. Non poteva far sembrare che avesse paura degli elfi!

Non che l’avesse. Presto sarebbe stato quello spocchioso e vanesio elfo a temerlo!

“Un esercito! Un esercito di elfi si muove verso la montagna!” Un orchetto corse verso di loro spingendo il mannaro al limite pur di fare in fretta “Li abbiamo attaccati come ordinato!” Disse chinando la testa una volta arrestata la corsa “Ma sono troppo forti. Eravamo pochi contro la feccia elfica! Siamo riusciti a rallentarli!” Balbettò timoroso sotto lo sguardo di fuoco che ricevette da parte di Azog.

“Volevo del tempo per prendere la bambina!” Rispose Bolg alla muta domanda del padre.

“Eppure sei tornato a mani vuote!” Azog si chiese se non dovesse farlo di persona, per non perdere una tale occasione.

“Cavalca verso Gundabad...” Ordinò “Fai avanzare le legioni!”.

Ma prima che Bolg potesse muoversi, gli si avvicinò con un espressione feroce “La voglio!” Un verso profondo di oscuro piacere precedette il suo oscuro desiderio “Portamela viva!” Sibilò Azog.

L’orco pallido si voltò verso il suo impressionante esercito urlando a gran voce “Elfi, uomini, nani, la montagna sarà la loro tomba!”.

 

*

 

Kalos si nascose appena sentì dei rumori, solo per tranquillizzarsi appena riconobbe lo strusciare della slitta.

Radagast frenò i grossi conigli, osservando stupito l’amico che si alzava con rinvigorita energia.

“Mi serve quel cavallo!” Disse Gandalf rivolgendo lo sguardo ad un grosso cavallo marrone.

“Cosa?” Chiese smarrito il mago, per confondersi ulteriormente quando vide il giovane ragazzo uscire di corsa dalla sua capanna.

“Tu che ci fai qui? Gandalf, dove vai?” Domandò il mago non capendo a chi rivolgersi per primo.

“Chi sarebbe questo giovane?” Chiese Gandalf frenando la sua corsa.

“Le mie istruzioni erano chiare. Dovevi tornare a palazzo!” Lo rimproverò subito Radagast temendo di dimenticarsene.

“Voi avevate avvertito le ragazze di andarsene!” Kalos sapeva bene chi fosse lo stregone che non conosceva, ma aveva bisogno di risposte, per questo era tornato alla capanna nella speranza che il mago tornasse presto.

“Si ma fintanto che saranno sotto la protezione del Re non potrò fare niente!” Rispose Radagast sollevato di vederlo incolume, rimproverandosi di essere partito avvisandolo solo dopo, con un biglietto.

“È un mio apprendista!” Spiegò di fronte all’urgenza di Gandalf.

“Una pazzia del genere non me la sarei aspetta nemmeno da te!” Disse il mago grigio rifilandogli uno sguardo pieno di disapprovazione.

“Aranel è stata presa dalla compagnia di Thorin scudodiquercia!” Kalos, inconsciamente, interruppe una litigata che avrebbe fatto perdere a tutti del tempo prezioso.

“Stanno combattendo fra loro. È il momento che il nemico attendeva!” Si rese conto Gandalf sempre più agitato.

“Dove vai?” Domandò nuovamente Radagast.

“Ad avvertire Erebor! Non sanno cosa sta per arrivare!” Rispose Gandalf afferrando le redini del cavallo.

“Cosa sta arrivando?” La domanda venne dal ragazzo, ma il viso di Radagast rifletteva un quesito identico.

“Le ho viste con i miei occhi! Schiere su schiere di orchi di Moria! Convoca i nostri amici. Uccelli e bestie. La battaglia per la montagna, sta per iniziare!” Affermò Gandalf con concitazione.

“Aspetta! Prendi questo! Se quello che dici è vero, ne avrai più bisogno di me!” Disse Radagast porgendogli a malincuore il proprio bastone.

“Grazie!” Sospirò Gandalf sapendo quanto sforzo stesse facendo l’amico.

“Ti devo avvertire può....fare cilecca qualche volta, devi soltanto giostrare con la sommità! Bhe immagino te la caverai!” Tentò di rasserenarsi Radagast.

“Gandalf....” lo fermò un’ultima volta “...prendi il ragazzo con te!”.

“Per quale ragione?” Chiese il mago che era già in groppa all’animale.

“Già perché?” Gli si accodò Kalos che aveva altri piani in mente invece di seguire quello stregone, prima a Erebor e poi forse in qualche roccaforte nemica, come avevano appena fatto.

“I Valar parlano attraverso modi misteriosi....” disse Radagast avvicinandosi all’amico “....lui è stato il primo a incontrare l’antico Re....” Gandalf sgranò gli occhi “.....ed inoltre ha salvato Aranel!”.

“È stato un caso!” Commentò Kalos non capendo cosa ci trovassero di speciale nel sapere che era caduto in una trappola come un povero ingenuo.

“Mi hai convinto!” Disse Gandalf capendo che il cammino di Re Thranduil doveva aver incrociato il percorso di quell’apprendista, per un motivo a lui ancora oscuro.

 

*

 

I quattro nani raggiunsero la compagnia quel pomeriggio. Kili era abbattuto, ma non per la stanchezza dovuta alla sua veloce ripresa, ma perché sperava che l’elfa sarebbe rimasta con loro, ora che non aveva nessun posto dove andare.

È vero che la sua natura avrebbe portato tutti a diffidare di lei, ma forse, se l’avessero conosciuta meglio avrebbero potuto apprezzarla, come faceva lui.

Ed invece ora era diretta a Gundabad. Gli orchi che li inseguivano portavano il marchio di quella roccaforte che si pensava fosse abbandonata.....

Erano stati accolti con gioia, specialmente lui, in fase di ripresa.

Solo un componente della compagnia non riusciva a sorridere ed essere allegro. Troppa l’angoscia che gli cresceva dentro!

Bilbo camminava avanti e indietro lungo uno stretto corridoio.

Balin sospirò amareggiato nel vederlo così angosciato.

“Vorrei anch’io poter fare qualcosa! Mi fa male vederlo così!” Sussurrò tristemente “Ma so che nel profondo non è cambiato! È più forte di suo nonno!” Tentò di convincerlo.

Bilbo si grattò la testa nervoso “L’amore per lui ti acceca!” Disse scontento.

“Mi stai accusando!” Balin parve molto offeso nel sentire ciò.

“Affatto! Non è una colpa!” Si corresse lo Hobbit alzando le mani.

“E tu invece Mastro scassinatore hai un cuore troppo tenero!” Disse Balin sospirando, capendo dove volesse arrivare con quel discorso.

“Non sembra una cosa tanto brutta!” Bilbo era confuso. Da quando le sue buone maniere e i suoi principi morali erano diventati un problema.

“In guerra non va bene essere gentili d’animo!” Lo riprese il vecchio nano, guardandolo come avrebbe fatto un padre con suo figlio.

“È una bambina!” Quasi gridò Bilbo, ricordandosi all’ultimo dello spiacevole eco che caratterizzava quel posto “Non posso restare fermo a guardare! Anzi, l’ho fatto, ma ora non resisto più!” Confessò con concitazione.

“Credi forse che suo padre ti accoglierà a braccia aperte? Che ti ricompenserà?” Tentò di farlo desistere Balin, conoscendo bene l’antico Re.

“Non lo faccio per questo!” Gli rispose lo Hobbit facendolo sentire impotente. Come poteva fargli cambiare idea?

“È una garanzia. Non credere che sia la prima Principessa che viene rapita!” Tentò di illuminarlo.

“Lo so. Ma prima non è successo sotto al mio naso!” Bilbo ostinato, non voleva trovare scuse per fare ciò che andava fatto.

Thorin era peggiorato in quelle ultime ore e lo scassinatore non si sentiva nemmeno lui al sicuro in quella montagna, avendo assistito di persona alla malata paranoia dell’amico che lo aveva portato a sospettare e guardare con odio la propria gente.

“Se vai li fuori, la morte sarà ciò che riceverai in cambio di tanta gentilezza!” Disse Balin con amarezza.

“Preferisco morire trafitto dalle frecce elfiche piuttosto che mostrarmi cieco e sordo dinanzi a tutto questo!” Ammise Bilbo prima di avviarsi, contento che l’amico avesse provato a fermarlo solo con le parole.

 

*

 

Bard scese i gradini in automatico. La sua mente era divisa fra l'emozione di incontrare colui di cui aveva solo sentito storie ed il dovere di provvedere alla sua gente.

Non avevano fatto in tempo ad entrare in città che un esercito di elfi era giunto in contemporanea fra le rovine.

Le vedette elfiche erano andate loro incontro, annunciando l’arrivo del loro signore e Bard non aveva perso tempo a mettersi in prima linea per parlare a nome di tutti.

Un'enorme megacero trottò attraverso un arco del piazzale e l'arciere non ebbe dubbi su chi fosse l'elfo sulla sua groppa.

"Mio signore Thranduil, non pensavamo di vederti qui!" Bard decise di optare per apprezzamento misto a sorpresa, nel tentativo di celare il proprio interesse.

"Ho sentito che avevate bisogno d'aiuto!" Rispose il signore elfico voltando lo sguardo.

Bard percepì un grande peso scivolargli dal cuore appena scorse le scorte che gli elfi portavano con loro.

Avevano portato la speranza e questo lo avrebbe fatto essere grato loro per sempre. 

"Ci avete salvati! Non so come ringraziarvi!" Disse sinceramente.

"La tua gratitudine è mal riposta!" Lo contraddisse gelidamente il sovrano elfico "Non sono venuto nel tuo interesse. Sono venuto a rivendicare qualcosa che mi appartiene!" Thranduil ebbe la conferma che l’umano avesse incontrato la figlia vedendo il panico nei suoi occhi.

"Mi è stato sottratto il più prezioso dei tesori e non me ne andrò senza!" Disse il Re incitando il grosso animale a muoversi.

"Aspetta..." urlò Bard correndogli dietro "Ti prego, aspetta!" Nonostante l’urgenza, l’arciere sapeva di dover ponderare attentamente le prossime parole.

"Si tratta della strana bambina che ho visto?” Domandò detestando anche il minimo dubbio.

“Cosa sai di lei?” Chiese l’elfo rifilandogli un’occhiata tagliente.

“Che i nani l’hanno portata all’interno della montagna!.......non sono riuscito a fermarli!” Tentò di scusarsi.

"Non hai voluto fermarli. Sappi che non rinuncio con legerezza!" Disse il sovrano perentorio.

"Siamo alleati in questo...." Bard tornò alle priorità, doveva pensare al suo popolo.

"Se è come dici...." l’elfo lo interruppe dimostrandosi ancora più diffidente "..perché non hai liberato mia figlia dalla stretta dei nani?".

L’arciere rimase senza parole, non sapendo come rispondere.

Aprì la bocca per parlare, ma la voce fredda del sovrano lo precedette "Elfi e nani si combattono da ere, qualunque storia avessero preparato tu ci hai creduto!" Thranduil sapeva bene che quell’umano non era lo sprovveduto che voleva sembrare.

Forse avrebbe guidato bene i suoi simili ma non era certo potesse mantenere buoni rapporti tra i due regni se lo offendeva a quel modo, credendolo tanto ingenuo.

"Non posso cambiare il passato, ma siamo alleati contro i nani. Anche la mia gente ha dei diritti sulle ricchezze di quelle montagne! Fammi parlare con Thorin!” Bard decise di ammettere e prendersi a pieno la responsabilità dei suoi errori, sapendo bene che qualunque storia gli avesse raccontato sarebbe potuta apparire come un modo per mostrarsi migliore ai suoi occhi.

Aveva fallito nell’intento di proteggere la Principessa, ora non era più un suo compito.

Doveva pensare al futuro della sua gente e inimicarsi il Re elfico non era il miglior inizio!

“Vuoi provare a ragionare con un nano?” Chiese il sovrano voltandosi a guardarlo come se gli avesse appena proposto di fare qualcosa di orrendo.

“Per evitare una guerra?! Si.....” insistette ricordando che nonostante tutto, alcuni nani avevano protetto i suoi figli in sua assenza.

 

*

 

Tauriel aumentò l’andatura del cavallo appena si rese conto di essere seguita.

Non credeva che il Re le avrebbe dato la ciaccia, almeno ci sperava.

Voltandosi più volte per controllare la posizione dell’inseguitore, si ritrovò a fermare il cavallo appena notò che non era altro che il suo Principe.

“Tauriel!” La salutò lui, apparendo divertito dalla corsa appena fatta.

“Temevo non ti saresti fermata!” Confessò Legolas non sapendo cosa dire nel vederla dopo tanti mesi.

Nella vita di un elfo erano irrisori, ma per lui erano stati i più lunghi della propria esistenza.

“Perché non avrei dovuto?” Chiese lei impassibile “Non sei tu il nemico!” Affermò con decisione.

“Dove stai andando?” Domandò Legolas, scioccato nel vederla allontanarsi dal loro Bosco “Avevi detto che avresti protetto mio padre, il tuo Re!” Le ricordò.

Sul viso di Tauriel si dipinse un’espressione di paura “Cosa gli è successo? Cos’hanno fatto?!” Chiese mentre il timore veniva sostituito dalla cieca furia.

“Lui sta bene. Ma i nani hanno rapito Aranel!” La aggiornò Legolas “La stanno portando o l’hanno già portata alla montagna solitaria!” Tauriel fissò stranita il comportamento nervoso dell’amico.

Era preoccupato? In sua assenza si era affezionato ai bambini?

“Legolas....” Lo chiamò attirando la sua attenzione “....per quanto crudele possa apparire, la loro morte allontanerà il pericolo!” Gli disse.

“No!” Si riscosse Legolas inorridito nel sentire ciò “Proteggeremo mio padre. Ma non così!” Decretò.

“Deduco che il Re non sia più nel regno!” Si rese conto Tauriel irrigidendosi.

“È andato a riprenderla!” Le rispose lui.

“C’è un nuovo pericolo!” Decise di informarlo.

“Sai, comincio a dubitare delle tue parole!” Si confidò Legolas “Parli di pericoli, eppure non ho trovato legami fra le ragazze e altri regni. Ho indagato a fondo e temo che mio padre avesse ragione. È solo l’odio a farci vedere pericoli dove non ce ne sono!” Realizzò il Principe amareggiato.

La amava e odiava doversi mettere contro di lei.

“Gli orchi che hanno attaccato Aranel portavano il marchio di Gundabad!” Svelò Tauriel facendo tentennare il Principe.

“La roccaforte degli orchi. Ti stai dirigendo lì?” Chiese lui non capendo.

“Ti conviene tornare indietro e ignorare me e il mio odio che aumentiamo solo futili preoccupazioni ed inutili paure!” Gli disse Tauriel facendo muovere il cavallo.

“Ti chiedo scusa!” Legolas si parò sul suo cammino apparendo pentito.

“Cosa fai?” Domandò Tauriel quando lo vide mettersi in marcia verso la sua meta.

“Vengo con te! Non puoi inseguire un esercito di orchi da sola!” La rassicurò.

“Ma io non sono sola!” Gli sorrise lei, non volendo ammettere quanto gli fosse mancato e che era felice che lui non l’avesse abbandonata.

 

*

 

Thorin camminava sull’ampia distesa d’oro ammirandone lo splendore come se lo vedesse per la prima volta, ma sentendo già di essere legato ad ogni singolo pezzo di esso.

La sua eredità, ciò che gli era sempre spettato.

“Un tesoro come questo.....deve essere protetto!” Sussurrò fra sé e sé con un sorriso avido in volto “Si, non condividerò niente. Non è loro! È MIO!” Urlò colmo d’ira.

Riprese a camminare, sentendo l’urgente desiderio di scoprire quali meraviglie, la montagna avesse celato al mondo esterno, custodendole solo per lui.

Una luce, un bagliore splendente, lo fece entrare in una delle sale che si stagliavano alla sua destra e i suoi occhi vennero catturati da qualcosa che fece riaffiorare vecchi ricordi “Le  bianche gemme di Lasgalen!” Sussurrò, facendo volteggiare la propria mano su di esse, preoccupato che il minimo tocco potesse rovinarle anche di poco.

Un’illuminazione lo fece ridere di avido piacere.

“Conosco un signore elfico che pagherà un buon prezzo per queste!” Disse con malvagia soddisfazione.

Thorin prese in mano la lucente collana, e parlò come se quel monile fosse l’odiato elfo che desiderava stringere fra le mani fino a quando la vita non avesse abbandonato il suo corpo.

Augurava una morte lenta e dolorosa a colui che l’aveva tenuto lontano da ciò che gli aveva restituito la vita ed un titolo persi anni addietro.

“Quanto vale la vita di tua figlia?” Chiese mentre un sorriso minaccioso gli fece incurvare le labbra.

“E cosa mi darai in cambio?” Domandò cercando di immaginarsi il piacere che avrebbe provato nel costringere quel pomposo damerino elfico che si credeva superiore a tutto e tutti, a implorarlo in ginocchio, se desideravano veramente ciò che chiedevano.

“Dov’è l’arkengemma?” Chiese avendo sentito qualcuno avvicinarsi, ma avendogli dato importanza solo quando era abbastanza vicino da portargli quelle notizie che urgeva di ricevere.

“Potrebbero volerci giorni per trovarla!” Disse Bofur, rimpiangendo di aver scelto quella strada, non avendo la minima voglia di parlare con lui.

“È troppo tempo! Mettetecene di meno!” Disse Thorin secco.

“Ma...siamo solo in tre! Gli altri si stanno occupando del muro come hai....” “Io sono il tuo Re! Come osi andare contro i miei ordini!” Bofur suo malgrado sobbalzò non aspettandosi quella sfuriata.

“Ce la stiamo mettendo tutta.....” Tentò di difendersi.

“La prossima volta che mi rivolgerai la parola, sarà per dirmi che avete trovato l’arkengemma. E ricorda...” Thorin gli si avvicinò lentamente, uno sguardo malato impresso in volto “Se qualcuno la tiene per sé, lo ucciderò con le mie stesse mani!”

Bofur tornò sui suoi passi, sconsolato e afflitto. Era impegnato a rimuginare sugli ultimi eventi, quando un rumore lo fece bloccare.

Era un passo veloce e furtivo, lo conosceva bene!

Si affacciò ad un corridoio scorgendo Bilbo che lo fissava parzialmente nascosto dietro una colonna.

“Hai trovato un modo per passare il tempo?” Chiese divertito dal comportamento dell’amico che sembrava un fanciullo che si nascondeva da una spiacevole ramanzina.

“Mi hai spaventato a morte!” Confessò Bilbo, abbassando le spalle mentre rilasciava un grosso sospiro che aveva trattenuto.

“Perché ti nascondi Mastro scassinatore?” Domandò Bofur non capendo per quale motivo stesse agendo furtivamente. 

Non certo per dare credibilità al suo nomignolo.

“Avete trovato l’arkengemma?” Bilbo fu abile ad intercettare la scomoda domanda.

“So che non stavi giocando! Perché ti nascondevi?” Non si fece raggirare l’altro.

“Devo portarla fuori!” Lo Hobbit decise che con lui, che l’aveva sempre sostenuto, doveva essere sincero.

“Chi?” Non che fosse facile.

“La bambina!” Lo illuminò alzando gli occhi al cielo.

“Oh!” Comprese Bofur.

“Non è più tempo di aspettare! Ma l’unica uscita è bloccata!” Disse Bilbo cominciando a camminare nervosamente in tondo.

“E l’entrata usata da noi?” Domandò Bofur sapendo bene cosa avesse in mente l’amico.

“È troppo impervia!” Si giustificò lo hobbit “Che cos’hai in mente!?” Chiese notando l’espressione corrucciata dell’altro.

“Ho deciso che ti darò una mano!” Affermò Bofur con un enorme sorriso.

“Cosa? No! Non mi piace l’idea di metterti contro i tuoi fratelli per...me!” Bilbo frenò l’entusiasmo.

“Troppo tardi, ormai ho deciso!” O almeno ci stava provando. Senza successo purtroppo!

“Ma non sono un nano! E Thorin è il tuo Re!” Disse Bilbo come se non fosse evidente.

“Thorin al momento è pazzo come un cavallo. Re o no, io non devo niente a questo nano!” Si confidò Bofur incrociando le braccia al petto.

“Va bene....” Bilbo non era del tutto convinto, ma dovette riconoscere che doveva accettare tutto l’aiuto possibile per riuscire nell’impresa “Come procediamo?!”.

 

*

 

Sara una volta finito di distribuire le coperte si era messa a distribuire i pasti.

Sentiva che doveva distrarsi, e per farlo, tenersi impegnata era la migliore opzione.

Cercò di ignorare gli sguardi curiosi e sorpresi di tutte le persone che incontrava, ma i suoi abiti erano vistosamente elfici e riccamente ricamati, quindi era normale che la guardassero a quel modo.

Prima di continuare si sedette a rimirare il cielo pregando perché la piccola tornasse a casa.

“Ero certo di trovarti qui!” Disse Audial facendole prendere un colpo.

E lui cosa ci faceva lì?!

Sara lanciò un’occhiata mortale al viso divertito dell’elfo “Avrai capito che ho bisogno di stare sola!” Si lamentò.

“Estraniarsi dai problemi non vuol dire che smettano di esistere!” Le rispose l’elfo pacato.

Non richiesta ed inopportuna saggezza elfica!

“Perché indossi l’armatura, non sei un guaritore?” L’intento di Sara non era cambiare discorso, anche se voleva farlo, ma il notare la sua presenza unita all’abbigliamento, la mandò nella più completa confusione.

“Apprendista. Mi sono offerto io di combattere. L’onta recataci dai nani non deve rimanere impunita!” La ragazza non era sorpresa. Sapeva bene che gli elfi erano furiosi. Per non parlare del loro Re!

Un ricordo improvviso la fece scattare “Non puoi andare a combattere!”.

“Per quale motivo? Siamo numericamente superiori ed ho qualche secolo in più di esperienza!” Chiese l’elfo sedendosi sul muretto, accanto a lei.

Sara si diede della cretina, conscia di non poter dar voce ai suoi sospetti, così si limitò ad attaccarlo “Sbruffone!”.

“È bello vedere che apprezzi anche i miei lati negativi!” Disse Audial facendola sorridere.

“Ora fai dell’umorismo? Che hai, sei ubriaco?” Lo prese in giro lei.

“Lo sai che noi elfi abbiamo un eccellente resistenza al vino!” Le ricordò lui.

“Certo! Come so che anche voi potete ubriacarvi come noi comuni mortali!” Fece notare Sara, memore dei pochi elfi ubriachi che aveva scorto durante qualche festa.

Sempre guardie o servi, i nobili, a quanto pare, erano più controllati e riservati in questo!

“Sara....” la ragazza si sorprese di quanto impacciato appariva Audial. E per un elfo c’era da preoccuparsi dato l’estremo controllo di cui erano solitamente dotati.

“Qualunque cosa tu voglia dire parla, tanto non ho niente da fare!” Tentò di alleggerire la tensione creatasi.

“Ti amo!” Audial decise di buttarsi. Non era mai stato impulsivo, ma con quell’umana stava scoprendo un lato di se stesso che non conosceva.

Sara tremò visibilmente, sentendo ogni singolo muscolo del corpo irrigidirsi.

Non poteva aver sentito quello che credeva di aver sentito! Incredibile come l’avesse desiderato ed ora che era accaduto, sperava non fosse mai successo......

“Tutto bene?” Il panico nella voce di Audial era frenetico “Se ti ho offeso chiedo scusa!” Disse distrutto.

Sara non riuscì a rispondergli. Cosa doveva dire? Cosa doveva fare? Si conoscevano da così poco! E se dopo qualche anno l’amore fosse cessato?

Sapeva che gli elfi da creature immortali che erano, provavano sentimenti nettamente più profondi che lei, una comune mortale, non avrebbe mai potuto neanche lontanamente comprendere!

“N-no, si, cioè.....devo andare!” Scappare fu l’unica cosa che riuscì a fare.

Sa Hanna sbatteva di faccia contro i problemi, lei era abituata ad evitarli con saggezza.

“Così come con Proximo Sara! Non saprai mai se sarebbe potuto nascere qualcosa!” La rimproverò la sua coscienza, o quel che ne rimaneva, distrutta dall’istinto.

Sara corse a perdifiato per le rovine della città.

Cosa doveva fare? Le aveva confidato qualcosa di meraviglioso, ma lo conosceva troppo poco. Non poteva accettare! 

Hanna e Thranduil ci avevano messo anni per dichiararsi! Vabbè che poteva benissimo dipendere dal loro carattere.......

Ma era pronta per una cosa del genere? Non si era mai impegnata con nessuno perché ciò che la maggior parte degli uomini cercavano era uno svago, non una relazione stabile.

E cosa più importante, nessun umano l’aveva mai corteggiata a causa della sua posizione! Infatti Proximo doveva essere proprio cotto da rischiare così apertamente....

Sara si sedette sulla branda della tenda mettendosi la testa fra le mani.

Si era sempre sentita attratta da Audial, ma non era certa di essere pronta per cominciare qualcosa di più serio!

 

*

 

Gandalf era furioso. 

Il ragazzo era scomparso appena avevano messo piede in città e ora aveva scoperto che la situazione era peggio di quanto si fosse aspettato.

“Accantonate i vostri irrisori rancori contro i nani. La guerra è in arrivo! Le fogne di Dol Guldur sono state svuotate!” Urlò agitando le mani per la frustrazione.

“La vostra rabbia è più che giustificata, ma è in arrivo qualcosa di molto più spaventoso!” Lo stregone tentò di calmarsi per far ragionare il Re.

“Quando arriverà me ne premunirò, ora ho altre priorità!” Rispose lui testardo.

“Lord Elrond mi ha informato! So quanto lei sia importante e del ruolo che svolgerà nella storia....” “Sono indifferente alle vostre teorie e complotti che ordite già ora. Mia figlia è importante per me e la proteggerò anche da voi che state decidendo del suo futuro persino quando la sua vita è in pericolo!” Sibilò Thranduil mal sopportando la presenza del mago. 

“Correte tutti un pericolo mortale!” Tuonò ancora Gandalf.

“Ma di che stai parlando?” Chiese Bard che saggiamente, non si era intromesso nella discussione.

L’elfo si alzò camminando lentamente nella tenda “Vedo che non sai nulla degli stregoni. Sono come i tuoni d’inverno con un vento tempestoso, rimbombano da distanza, ingigantendo l’allarme!” Versò del vino in un calice, offrendone un secondo all’umano, ignorando volutamente il mago “Ma talvolta, una tempesta è solo una tempesta!”.

“Non questa volta!” Si oppose lo stregone, ignorando l’intimidazione presente persino nei gesti del sovrano “Armate di orchi sono in movimento. Questi sono combattenti sono preparati alla guerra! Il nostro nemico ha raccolto tutta la sua forza!” Disse cercando di essere convincente.

“Perché mostra le sue carte ora?” Chiese Thranduil voltandosi per guardarlo contrariato.

“Perché lo abbiamo obbligato!” Rispose Gandalf prontamente “Quando la compagnia di Thorin Scudodiquercia è partita per reclamare la loro terra natia!” Disse rimproverandosi solo in quel momento, per aver appoggiato una simile impresa.

“I nani non sarebbero mai dovuti arrivare a Erebor. Azog, il profanatore, fu mandato a ucciderli!” Raccontò.

“Il suo padrone, vuole il controllo della montagna. Non solo per il tesoro all’interno, ma per dove è situata. Per la sua posizione strategica. Quella è la porta per reclamare le terre di Angamar, al nord, se quel regno malvagio dovesse risorgere.....Gran Burrone, Lorien, la contea, perfino Gondor stessa cadrebbero!” Li mise in guardia pregando affinché non si fingessero sordi davanti ai suoi avvertimenti.

“Queste armate di cui parli Mithrandir.....dove sono?!” Chiese il Re, ancora scettico.

 

*

 

Legolas e Tauriel si appostarono su di un’altura, sufficientemente nascosta, ma adatta per permettere loro di osservare l’area circostante.

Il silenzio teso venne interrotto dalla voce di Tauriel “Temevo avresti ceduto senza di me!” Disse con una nota delusa nella voce.

“Allora perché te ne sei andata?” Domandò Legolas cercando di contenere l’emozione nel tono, mantenendo una facciata di calma piatta.

“Volevo accertarmi di una cosa e questo mi ha portato ad offendere il sovrano!” Gli rispose lei.

“Che cosa? Sappiamo entrambi che sono ottime guerriere, solo non ancora alla nostra altezza!” Legolas la osservò, guardò quel viso che gli era tanto mancato.

“Contano esclusivamente sulla sua protezione. Questo rende il Re vulnerabile persino in battaglia!” Disse Tauriel muovendosi tesa sul posto.

“Stai insinuando...” Legolas non poteva, non voleva crederci “....che lo distrarranno appositamente?” Chiese sgranando gli occhi.

“Non ne ho idea. Spero di sbagliarmi!” Lo calmò lei senza guardarlo.

“Perché agire in maniera tanto avventata, facendoti guidare dall’orgoglio?” Esplose Legolas vedendo che lo teneva distante, quando poco tempo prima erano stati una cosa sola “Ora potresti essere al suo fianco per proteggerlo!”.

“Potrei dire la stessa cosa di te!” Gli rispose a tono lei.

Tra loro tornò un silenzio teso interrotto solo dagli ululati del vento.

“Dovevo trovarti!” Sussurrò Legolas più a sé stesso.

Tauriel girò appena la testa, curiosa “Non potevo permettere che il sovrano mi rinchiudesse impedendomi di proteggerlo!” Si giustificò sapendo bene che l’aveva già fatto soffrire e nessuna scusa avrebbe cancellato quella sofferenza.

“Dandolo na nin! E gohenatha!”(Torna indietro con me! Ti perdonerà!) le suggerì lui lanciandole uno sguardo comprensivo e pieno d’affetto.

“Ú-’ohenathon. Cí dadwenithon, ú-’ohenathon im!”(Io non perdonerò. Se ritornerò indietro, non mi perdonerò!) Tauriel tornò a guardare la roccaforte.

“Ho perso la sua fiducia. Se torno rischio che quelle viscide e avide umane sfruttino questo vantaggio!” Confidò sentendo la rabbia aumentare.

Rimasero nascosti per un po’, fino a quando l’elfa non decise che avevano aspettato abbastanza “Se vogliamo entrare, dobbiamo muoverci!” Disse.

Dei versi terrificanti precedettero l’apparizione di numerosi grandi pipistrelli che uscivano proprio da quella roccaforte che si pensava abbandonata da tempo.

“Stanno sciamando!” Osservò Tauriel cercando di controllare la propria paura.

“Quei pipistrelli sono allevati per un solo scopo!” Disse Legolas guardandoli con più calma.

“Per quale scopo?” Chiese Tauriel osservandolo spaventata.

“La guerra!” Le rispose lui nervoso.

Il suono di un corno avvenne in contemporanea con l’apertura di un grosso portone, da cui cominciarono a fuoriuscire legioni di orchi.

Bolg, davanti all’imponente esercito, diede un segnale, urlando nella disgustosa lingua nera.

Legolas sentì l’urgenza di muoversi diventare disperata “Dobbiamo avvertire gli altri!” Disse Tauriel seguendolo, cominciando a scendere.

“Forse è troppo tardi!” Si preoccupò lui “Andiamo!” La chiamò, più per abitudine dato che lei gli era venuta dietro appena si era mosso.

 

*

 

Hanna camminava nervosamente nella tenda reale.

La preoccupazione non faceva che aumentare, nonostante il sollievo provato nel vedere che sua figlia non era tra i feriti di pontelagolungo.

Il fruscio delle tende la fece voltare per notare Thranduil che era appena entrato.

Fu sufficiente uno sguardo, per vedere lo scudo di ghiaccio spesso e duro che rendeva il viso del sovrano impassibile e i suoi occhi freddi più dell’aria che li circondava.

Hanna gli corse incontro, sentendosi meglio quando lui la accolse in un caloroso abbraccio.

“Legolas non è tornato!” Sussurrò Thranduil accarezzandole dolcemente i capelli.

“Continuo ad essere convinta che sia andato a cercare Tauriel!” Rispose lei senza particolare interesse.

Non sapeva se i due avrebbero intercettato l’esercito di Bolg, ma al momento l’unica cosa di cui veramente le importava si trovava all’interno della montagna e tutto perdeva importanza di fronte ad essa.

“Tauriel ha sempre visto solo il peggio della tua specie!” Disse Thranduil “Avidi commercianti, falsi e ingannevoli. Per questo non ho reagito di fronte al suo odio nei tuoi confronti!” Le spiegò, aggiungendo alla fine “Ma ha superato il limite!”.

“Perché mi dici questo?” Chiese Hanna non volendo parlare di quel l’elfa che non stimava affatto. 

“Volevo che la comprendessi prima di appoggiarmi nella scelta di bandirla!” Rispose lui tranquillo.

“I suoi genitori sono stati uccisi dagli orchi. Diventa chiaro perché sia così motivata a combattere il male, perché sia diventata una macchina da guerra!” Raccontò ricordando quei giorni oscuri.

“Vuoi bandirla?” Domandò Hanna cercando di apparire sorpresa “Perché eri certo che ti avrei appoggiato?” Chiese lanciandogli uno sguardo sospettoso.

“Non sei ancora brava nel mascherare le emozioni e celare i tuoi pensieri!” Rispose lui riferendosi alla finta sorpresa, ma rispettando lo stesso la sua scelta di non dare ulteriori spiegazioni.

“Ti ho promesso di non nasconderti niente. E sapevo che mi avresti appoggiato dopo aver saputo che Bard ha incontrato nostra figlia a Pontelagolungo!” Le confidò Thranduil facendola congelare “Vuoi dire che....” “Si!” Confermò lui.

“È stata lei a salvarla?” Domandò incerta Hanna percependo una miriade di sentimenti stordirla.

“L’ha consegnata ai nani!” Ringhiò il sovrano facendo intendere alla ragazza che l’ultimo gesto aveva distrutto il perdono che senz’altro si sarebbe guadagnata nell’aver portato a riva la Principessa sana e salva.

Per questo comprese la scelta dell’esilio.

“Hai fatto bene a dirmi qualcosa di lei. Cercare di mettermi nei suoi panni dovrebbe evitare che la uccida con le mie mani la prossima volta che la vedrò......sempre sperando che sia fra qualche secolo!” Disse Hanna staccandosi leggermente per guardarlo negli occhi.

“È per lei che Legolas non è qui!” Sospirò lui affranto “Entrambi condividono la voglia di spensieratezza e l'impulsività. Credevo che mio figlio fosse maturato, ma devo riconoscere che il cuore può offuscare i pensieri!” Disse Thranduil alzando nuovamente i muri ma facendole cenno di andare con lui.

Hanna lo guardò uscire addolorata, nel percepire la sua sofferenza.

Per poi seguirlo, con la promessa di trovare un modo per far ragionare quell’irresponsabile del figliastro che faceva soffrire il padre cercando amore altrove, quando era lui a non cogliere quello di Thranduil che mai era venuto meno.

 

*

 

Bilbo sbirciò da dietro una colonna. Kili e Fili stavano chiacchierando con Aranel.

Era il loro turno e forse la sua occasione.

“È questa è un ascia nanica! Un arma molto usata dai nani!” Finì di dire Fili agitando l’arma con maestria.

“Quindi....siete tutti dei taglialegna!” Affermò Aranel con sicurezza, certa di aver capito la lezione.

“Che assurdità vai dicendo?! Questa è un ascia da guerra!” Disse Kili indignato.

“L’ascia si usa per tagliare gli alberi!” Puntualizzò la piccola con un cipiglio molto simile a quello del padre.

“La superbia degli elfi! A quanti pare è una dote innata!” Si lamentò Fili.

“Devi ammettere che è molto dolce!” Rise Kili.

“Vedrai quando tra qualche anno scoccherà delle frecce sul nostro didietro!” Gli ricordò il fratello, uccidendo l’allegria.

“Ragazzi....” i due nani si voltarono verso lo hobbit, mentre Aranel studiava con uno sguardo diffidente l’ascia che era grande quasi quanto lei “Ho delle notizie!” Annunciò il mezzuomo.

“Bilbo!” Lo accolse Kili, con un tono contento “Belle o brutte? Se sono le seconde evita di aggiornarci, grazie!” Gli disse.

“L’arkengemma è stata trovata!” Bilbo si sforzò di sembrare almeno sollevato nel dare una tale attesa notizia.

I due fratelli gioirono, abbracciandosi per condividere la felicità e senza indugi, corsero verso le scale, dove senz’altro, gli altri li stavano aspettando per il lieto evento.

“Un momento!” Si bloccò Fili frenando pure il fratello “Perché non vieni con noi?” Chiese sospettoso.

“Io....mi devo occupare di lei!” Rispose Bilbo, forse con troppa fretta “Già.....ricordate che me ne sono preso la responsabilità?” Tentò di salvarsi.

“Lo sai, voi hobbit siete tanto gentili quanto sinceri!” Fece notare Fili.

“Credi che ce la beviamo?” Chiese Kili incrociando le braccia al petto, offeso.

“Devo riportarla da suo padre!” Bilbo si chiese cosa l’avesse spinto a dire la verità, non il buonsenso, questo era certo!

“Vuoi suicidarti?” Domandò Kili sorpreso e inorridito.

“Proprio ora che siamo riusciti nell’impresa?” Chiese Fili che non poteva credere a ciò che sentiva.

“Voglio fare la cosa giusta!” Li interruppe lo hobbit.

Passò qualche minuto di silenzio, in cui i pensieri correvano veloci nelle menti dei tre amici.

“Va bene!” Decretò alla fine Kili, lanciando un’occhiata al fratello per vedere se aveva fatto la sua stessa scelta.

Fili lo guardò con uno sguardo di rimproverò quando non lo seguì, mentre si allontanava, non volendo mettersi contro lo zio.

“Qual’è il piano?” Chiese Kili non lasciandosi scoraggiare.

“Cosa?” Chiese Bilbo scioccato “Vuoi aiutarmi?” Domandò osservando preoccupato il punto in cui Fili era scomparso. Avrebbe dato l’allarme?

“Mio zio pensa che la giovinezza mi renda sciocco e impulsivo!” Disse Kili mostrandosi infastidito da una tale insinuazione “Dimostrerò che ha ragione!”.

Bilbo lo osservò stranito, aprendo e chiudendo la bocca più volte ripensando a quello che avrebbe potuto dire.

“Bilbo, so bene che con lei qui rischiamo di essere sterminati se il Re decidesse di portare un esercito!” Disse Fili con sincera preoccupazione “Cosa che ha fatto!” Si ricordò in un secondo momento “Ed anche se mio fratello è troppo orgoglioso per ammetterlo, nostro zio non è in sé e dato che lui non vuole agire, lo farò io!”.

“Non sai quanto significa per me.....” si commosse Bilbo.

“Non vorrai mica abbracciarmi?” Chiese Kili divertito ma con uno sguardo schifato “Sarebbe imbarazzante!”.

“No, io...uhm. C’è Bofur che darà un falso allarme sulla pietra permettendomi di dileguarmi!” Decise di svelare lo hobbit.

“Quella viscida canaglia! È meno stupido del previsto!” Disse Kili divertito.

“Bhe questo cambia a seconda del punto di vista!” Ragionò subito dopo.

“Scusate, mi dispiace interromperti, ma dovremmo......” Bilbo si interruppe guardandosi attorno, per accertarsi di non essere ne osservato o ascoltato “.....attuare un piano!” Disse agitando le mani nervoso.

“Sempre gentile e cordiale....” sussurrò Kili “...anche quando si tratta di inganno e tradimento!”.

 

*

 

Bard entrò nella tenda del Re cercando di mascherare il proprio nervosismo.

I numeri erano dalla loro parte, ma questo non cambiava il fatto che molti dei suoi era la prima volta che impugnavano una spada!

Si voltò di scatto percependo una presenza e si inchinò di fronte al sovrano non riuscendo a non sgranare gli occhi quando vide quelle due fanciulle di cui si parlava tanto.

Gli uomini di pontelagolungo non capivano come due umane si fossero ritrovate in un reame elfico. Soprattutto come avessero fatto ad entrarci e restarci.

Era inusuale.

Non avendo delle risposte se le erano inventate. Ad essere nate erano più le ipotesi fantasiose di quelle al limite della credibilità.

L’arciere comprese quanto fossero vicine al Re, potendo presenziare a un incontro del genere, essendo ubbidite dagli elfi e dalla ricchezza dei ricami presenti sugli abiti.

Eppure Bard notò, nei movimenti, nelle espressioni, tutto di loro diceva che non fossero nobili, e questo non faceva altro che aumentare le domande!

“Arciere, loro sono Hanna e Sara, due mie ospiti che ci affiancheranno sul campo di battaglia!” Le presentò il sovrano prima di sedersi sull’alto seggio.

“Mie signore, è un piacere fare la vostra conoscenza.....” tale gentilezza venne rovinata dall’entrata burrascosa di un individuo alquanto singolare.

“Cosa significa tutto questo?” Tuonò il mago “Da quando il mio consiglio conta così poco!? Cosa credi che io cerchi di fare?” Gandalf si scaldò ancora, agitando le braccia in aria.

Bard fu sollevato di notare che le ragazze erano sorprese quanto lui, invece il sovrano rimase calmo, sembrando divertito dallo sfogo.

“Credo che tu cerchi di salvare i tuoi amici nani!” Rispose l’antico Re “E io ammiro la tua lealtà verso di loro.....” il cordiale e poco accennato sorriso scomparve, sostituito da una gelida furia “...ma questo non mi dissuade dal mio percorso!” Disse l’elfo con un tono della voce decisamente più minaccioso.

“Tu hai dato inizio alla cosa Mithrandir...” disse il sovrano alzando lentamente dal suo imponente seggio “....mi perdonerai, se la finisco io!”.

“Gli arcieri sono in posizione?” Chiese dando le spalle al mago per rivolgersi ad una guardia.

“Si, mio signore!” Rispose l’elfo.

“Da l’ordine. Se qualcosa si muove su quella montagna, uccidetela!” Disse il Re perentorio, per poi sussurrare “I nani hanno esaurito il tempo!”.

 

*

 

Bilbo si fermò appena fu sufficientemente lontano dalla montagna da sentirsi il sicuro.

Sorrise nel vedere la Principessa inciampare più volte nella mantella decisamente troppo grande per lei. Aveva trovato alcuni accessori tra le macerie della montagna solitaria e con questo freddo, era meglio del non avere niente.

Lo Hobbit era già nervoso di suo, ma una strana sensazione lo portò a nascondersi.

Fortunatamente la prospettiva di rivedere i genitori aveva reso la bambina piuttosto mansueta, dopo un’iniziale esplosione di eccitante gioia.

Qualcuno si stava dirigendo verso di loro.

Non era molto furtivo e il rumore di un bastone che accompagnava i passi l’aveva fatto insospettire che potesse trattarsi del mago, ma affacciandosi da dietro il suo nascondiglio aveva scorto una figura decisamente troppo bassa per poter essere Gandalf.

Bilbo fece cenno alla piccola di restare ferma e in silenzio, anche se l’agitazione data dall’impazienza di rivedere i genitori, gli fece temere che non l’avrebbe ascoltato.

Pregò affinché, una volta tornato indietro, lei non si fosse mossa!

Sfoderò pungolo e avanzò silenziosamente solo come un hobbit era in grado di fare.

Si parò davanti allo sconosciuto puntandogli contro la piccola spada “Fermo” Gridarono in coro bloccandosi un momento per studiarsi a vicenda.

Era un uomo quello in cui si era imbattuto. Un giovane ragazzo che però non aveva l’aria di essere un sopravvissuto di Pontelagolungo...

“Vuoi ricamarmi un vestito con quell’affare?” Lo prese in giro lui.

“T-ti avverto, stai indietro o te ne pentirai!” Disse Bilbo cercando di fare la voce grossa.

“Cos’hai in mente Hobbit? Mi tirerai una pigna?” Continuò l’estraneo senza cambiare la posizione difensiva.

“Una pigna?” Chiese Bilbo non capendo. Temendo che lo sconosciuto volesse solo distrarlo.

“Non è il gioco comune che voi mezzuomini fate per passare il tempo?” A quanto pare l’umano conosceva quelli della sua specie.

“È tira la castagna e non è un passatempo!” Protestò Bilbo facendo un passo avanti “È tradizione!” Gli disse cercando con lo sguardo eventuali ulteriori intrusi che temeva potessero coglierlo alle spalle.

“Fammi passare hobbit!” Gli ordinò l’uomo. 

Bilbo l’avrebbe lasciato fare, ma c’era il serio pericolo che si imbattesse nella bambina, quindi non si spostò.

“Dove siete diretto, se posso chiedere?!” Chiese tentando di non farlo sembrare un ordine.

“Sempre gentili voi hobbit, poi quando uno meno se lo aspetta, lo colpite con una scopa!” Disse Kalos mimando il gesto con il bastone.

“Sei stato tra la mia gente?” Chiese Bilbo con nostalgia.

“E me ne sono pentito! Ora, non lo ripeterò una terza volta, fammi passare!” Disse il mago facendo un passo avanti deciso.

“D-dove...siete diretto?!” Persistette Bilbo.

“Non sono affari tuoi!” Gli rispose l’altro infastidito.

“C’è una guerra alle porte, mi perdonerete se non mi fido!” Lo attaccò ancora lo hobbit.

“Perdonato. Ora spostati!” Kalos fece un passo avanti, riuscendo a schivare il primo attacco di Bilbo.

Notò che il piccolo hobbit aveva coraggio, ma era troppo spaventato per fare degli attacchi decenti.

Uso il bastone per deviare la lama e parare i timidi colpi dell’avversario, fino a quando non riuscì a fargli perdere la presa dell’arma.

Kalos sorrise soddisfatto, puntando a farlo finire per terra con un colpo di bastone.

Ma al suo primo affondo Bilbo afferrò l’altra estremità cogliendolo di sorpresa.

“Che fai! Molla!” Protestò il giovane mago non capendo come l’altro riuscisse a restare saldo sulle gambe solo puntando i piedi se era alto la metà di lui.

“Non posso!” Sibilò Bilbo “Ho una missione da portare a termine!”.

Si mossero con strattoni decisi e il ragazzo non si accorse che lo Hobbit lo stava guidando presso il punto dove giaceva la sua spada.

“Che strano, potrei affermare lo stesso!” Disse Kalos gracchiando a causa dello sforzo.

Bilbo lasciò andare il bastone, ma proprio in quel momento Kalos diede un energica spinta, portandolo a colpire la faccia dello Hobbit che cadde in terra con un verso sorpreso.

“Lasto beth lammen....” (Ascolta la parola nella mia lingua....) cominciò a dire Kalos raccogliendo poco potere, non volendo realmente ferire quello strano Hobbit che sapeva essere un membro della compagnia di Thorin.

Ma il giovane doveva sbrigarsi, la notte avrebbe favorito maggiore copertura, permettendogli di prendere la Principessa ed evitare una guerra che si sarebbe scatenata nel momento meno opportuno in caso le parole di Gandalf si fossero rivelate vere.

Non potè prevedere il colpo di Bilbo con la spada, che chissà quando aveva recuperato, che mandò il suo bastone a colpire il terreno.

Uno spiraglio di magia fuoriuscì da esso e una piccola onda d’urto fece finire i due distesi per terra.

Kalos fu veloce a rialzarsi e evitò per un soffio, una grossa pietra, osservandone i dettagli mentre gli sfiorava il viso.

Il mago si ritrovò a schivare e deviare i sassi che Bilbo gli lanciava contro.

“Ma che....stiamo giocando per caso!” Disse indignato.

“C-cosa credi! Io non lancio le pietre per divertirmi!” Protestò lo Hobbit non sapendo come uscire da quella situazione.

“Ciao Kalos!” Aranel sbucò all’improvviso facendo trasalire entrambi.

Passato l’iniziale momento di sorpresa, Kalos si riprese abbastanza da chiedere “Aranel! Cosa ci fai qui?”.

“Stiamo andando da Ada! Bilbo lo vuole conoscere!” Rispose la Principessa saltando sul posto eccitata.

Kalos lanciò un’occhiata verso lo Hobbit vedendo quanto fosse diventato nervoso all’apparizione della bambina “Sei scappata di nuovo?” Domandò riportando la propria attenzione su di lei.

“No, un nano mi ha preso.....” Raccontò Aranel tremando al pensiero di Thorin “....e il mio amico mi sta aiutando a tornare a casa!” Disse ritrovando la felicità al solo pensiero della promessa di Bilbo.

“Presentarti con la.......bambina dagli elfi è una condanna a morte certa lo sai questo?” Domandò Kalos, correggendosi per un pelo.

Doveva restare all’erta. Non conosceva le reali intenzioni dello Hobbit. Solitamente quelli della sua specie erano pacifici, ma non poteva conoscere gli effetti dati dallo stare in compagnia dei nani.

“Tieni alla mia incolumità?” Domandò Bilbo allibito, abbassando finalmente la spada.

“Affatto! Non ti conosco, perché dovrebbe importarmi?!” Gli il ragazzo rispose ostile.

“Kalos!” “Si?” Rispose dolcemente alla Principessa.

“Fai una magia!” Disse Aranel agitando le braccia.

“Aranel, io non faccio magie quando me lo ordinano!” Kalos sentì l’orgoglio bruciare a quella richiesta.

“Per favore, fai una magia ......non te lo sto ordinando!” Specificò lei quando lui le lanciò un cipiglio infastidito. Kalos alzò gli occhi al cielo...

Tale e quale alla madre!

“Tu....” Bilbo sbiancò davanti ad una tale richiesta “...lo conosci?” Chiese ad Aranel stupito da tanta confidenza.

“La conosco da molto più tempo di te e sappi che se deciderai di addentrarti nel campo con lei, morirai prima di rendertene conto!” Rispose Kalos per lei.

“Non mi interessa cosa rischio!” Si puntò Bilbo “C’è troppo in gioco! Devo proporre un accordo! Uno scambio. Per i miei amici!” Disse ancora incerto se fidarsi.

“Allora ti conviene fare a modo mio!” Lo incalzò l’altro.

“Perché dovrei?” Chiese lo hobbit sempre più sospettoso.

“Oh sai, la morte spinge molti a scegliere in fretta!” Scherzò Kalos con soddisfazione.

“Non ho paura!” Disse sicuro Bilbo “E non è me che devi temere!” Gli rispose l’altro.

“Senti, tu entri e fai l’accordo, io ti raggiungo con lei! Se la porti con te, dubito che Re Thranduil ti ascolterà!” Kalos tentò di farlo ragionare.

“C-come faccio a sapere che non sparirai con lei?” Chiese lo hobbit alzando nuovamente pungolo.

“La conosco!” Rispose Kalos come se fosse un ovvietà.

“Non è abbastanza!” Protestò Bilbo.

“Sono un mago!” Tentò di nuovo Kalos chiedendosi solo dopo averla detta, come tale informazione potesse aiutarlo.

“E questo che.....conosci Gandalf?” Una nuova speranza nacque in Bilbo, forse non si trattava di un nemico!

“Sono venuto con lui, ma era troppo impegnato a litigare con il Re per fare caso a me!” Si vantò il ragazzo.

“Non so se posso fidarmi!” Confessò lo hobbit ancora incerto.

“Entriamo insieme, poi attenderò che tu abbia parlato con il Re. Tu non ti fidi, ma il tempo stringe e non esiterò a colpirti per riportarla dai suoi genitori!” Decise Kalos, stufo di quell’interminabile battibecco.

 

*

 

Gandalf raggiunse l’ammazadraghi nella speranza di poter convincere almeno lui.

“Tu arciere!” L’uomo si voltò “Sei d’accordo su questa cosa? L’oro è così importante per te! Lo compreresti con il sangue dei nani?” Gli chiese tentando di appellarsi al senso dell’onore.

“Non si arriverà a questo! È una battaglia che non possono vincere!” Gli ricordò Bard.

“Ma questo non li fermerà! Pensate che i nani si arrenderanno? No, combatteranno fino alla morte per difendere ciò che è loro!” Disse Bilbo sorprendendoli.

“Bilbo Baggins!” Lo accolse Gandalf contento. 

Lo Hobbit sorrise, gli era mancato il vecchio amico.

“Se non vado errato, costui è il mezz’uomo che ha rubato le chiavi delle mie segrete sotto il naso delle mie guardie!” La voce del Re fece sudare freddo il povero Bilbo.

“Si....mi dispiace!” Sussurrò muovendo gli occhi alla ricerca di Kalos, ma trovandosi nella tenda non avrebbe potuto scorgerlo....

“Sono venuto...a darvi questa!” Disse ricordandosi il proprio obbiettivo, mentre poggiava sul tavolo lo straccio che celava un prezioso tesoro.

“Il cuore della montagna!” Sussurrò il sovrano alzandosi lentamente dal proprio seggio “Il gioiello del Re!”.

“E vale il riscatto di un Re!” Anche Bard era ammaliato dallo splendore della pietra “Come mai è tuo diritto donarlo?” Chiese rivolto allo sconosciuto.

Entrambi lo fissarono, ma Bilbo sentì la tensione allentarsi quando rispose con sincerità “È la mia quattordicesima parte del tesoro!”.

Gandalf fece una smorfia compiaciuta. Silenziosamente orgoglioso di quanto fosse cambiato lo hobbit.

“Perché questo gesto? Non ci devi alcuna lealtà!” Chiese Bard sospettoso.

“Non lo so facendo per voi!” Disse Bilbo interrompendo l’uomo “So che i nani possono essere ostinati e capoccioni e...difficili....Sono sospettosi e riservati, hanno le maniere peggiori che si possono immaginare, ma sono anche coraggiosi e gentili.....e leali fin troppo!” Disse Bilbo pregando che l’ira di Thorin non li travolgesse, una volta scoperto cos’aveva fatto.

Gandalf sorrise, percependo il conflitto di Bilbo, dispiaciuto di non poter fare niente per aiutarlo.

“Mi sono affezionato a loro e vorrei salvarli se posso!” Confessò Bilbo nella speranza che questo fosse sufficiente a convincere i due signori.

“Thorin tiene a questa pietra più che ogni altra! In cambio della sua restituzione io credo che vi darà quello che vi spetta! Non ci sarà alcun bisogno di guerra!” Disse Bilbo innervosendosi ad ogni momento che passava senza che l’umano facesse la sua entrata.

Gandalf osservò i due signori, sapendo che per uno, questo pagamento non sarebbe stato abbastanza.

Bard guardò il signore elfico, non sapendo se accettare o no una tale offerta.

Ma prima che qualcuno potesse parlare, una voce ruppe quel silenzio scomodo.

“Ada!” Aranel corse verso il padre, aggrappandosi alla ricca veste mentre calde lacrime le bagnavano le guance.

 

Ok, è uscito un’altro papiro infinito.

Come tutti sapete Smaug è stato ucciso e, stranamente, per quanto assurdo possa essere.....Aranel si è salvata grazie all’aiuto di Tauriel!

Come se non bastasse, Azog ha scoperto della Principessa!

E Kalos non è scomparso né è finito divorato da un ragno. Che ci crediate o no, questo giovane mago giocherà un ruolo fondamentale in ciò che sta per accadere!

Bilbo finalmente decide di fare qualcosa invece di guardare tutto passivamente....

Il primo incontro tra uomini ed elfi non procede come previsto.

Legolas è andato dietro a Tauriel......si, è un classico!

Sara riceve una rivelazione bomba! Come reagirà?! 

Gandalf arriva con un pessimo tempismo, senza essere in grado di farsi ascoltare....

Bard incontra le due misteriose giovani, Kalos e Bilbo si incontrano per la prima volta e Aranel torna da suo padre.

Insomma, si sono succeduti numerosi eventi inaspettati e improvvisi, saranno pronti per la guerra?!

Commenti, osservazioni, suggerimenti e critiche sono attese e benvenute!

A presto,

X-98

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Capitolo 27
*** Uno stregone arriva precisamente quando intende farlo ***


Hanna spinse via Sara mentre tentava di darle un abbraccio rassicurante.

“No! Piantala di dirmi di calmarmi!” Sibilò contro l’amica.

“Hanna per favore! Forse potresti provare a....” “Ideare un piano? Spingere il Re ad attaccare? Andare io stessa?!” Esplose non volendo realmente sfogarsi su di lei, ma non riuscendo a controllarsi.

“....stavo per dire parlare con lui, ma fai come vuoi!” Sara perse la pazienza, non ne poteva più degli scatti dell’amica.

Si voltò intenzionata a starle lontano fin quando non si fosse calmata e andò a sbattere contro qualcuno.

“Guarda, guarda....quando parli dell’elfo più importante di tutti.....” disse contenta del suo provvidenziale arrivo.

Solo che quando alzò lo sguardo, trovò nuovamente l’elfo sbagliato.

“Devo dedurre che non tutti gli umani possiedono tali capacità!” Disse Haldir facendo qualche passo indietro per mettere maggiore distanza fra loro.

“Esattamente come allora......” sussurrò Sara alzando un dito “.....credevo di avere qualcun’altro davanti!” Chiarì.

“Allora?” Chiese Hanna intromettendosi, non capendo a cosa si stesse riferendo l’amica “Mi scusi capitano, andavamo tanto di fretta da non prestare attenzione!” Disse chinando il capo.

“Siete perdonata mia signora!” Le rispose lui ricambiando il gesto rispettoso “Sono stato convocato dal Re, da quel che ho sentito volevate incontrarlo! Desiderate unirvi a me?” Domandò facendo un rapido movimento con la mano per incitarle ad avviarsi.

“Conosciamo la strada grazie!” Disse Sara praticamente correndo altrove.

“Perdonatela. Non regge tutta questa tensione!” Si scusò Hanna parlando però di sé stessa.

“Avete intenzione di andare sul campo di battaglia?” La domanda del generale di Lorien la prese contropiede bloccando il primo passo che stava per fare.

“Contro tredici nani non dovrebbero esserci problemi!” Disse ben sapendo di stare mentendo, ma optando di fingersi ingenua.

“Voi siete molto vicina al Re. Potrebbero ferirvi per colpire lui!” Haldir espresse le proprie preoccupazioni con la solita snervante calma elfica.

“Cosa state insinuando? Che devo rimanere qui a girarmi i pollici!?” Non capì lei.

“Mia signora, voi siete molto giovane. Una guerra del genere ha sempre dei risvolti inaspettati. I nani potrebbero aver chiamato rinforzi. Non potete ignorare un tale pericolo per orgoglio!” È vero i nani avrebbero chiamato rinforzi, ma credeva che fosse lo stupido orgoglio ad averla spinta a seguire Thranduil in battaglia?!

“Perché sembrate tanto interessato alla mia incolumità?” Domandò volendo dissipare quel dubbio sovrano di tutti gli altri che le ronzavano in testa.

“La mia signora ha visto della grandezza in voi!” Hanna cominciò a sudare freddo, pentendosi immediatamente della sua sfacciata curiosità “Le vostre scelte ed azioni saranno determinanti nella storia di Arda. L’alleanza fra uomini ed elfi potrebbe rinascere grazie alla vostra presenza, non fate in modo di rendere tutto inutile!” Le disse Haldir prima di allontanarsi.

Hanna rimase imbambolata a fissare il nulla, non sapendo come reagire di fronte a quella rivelazione. 

Galadriel sapeva di lei? Cosa? Che intendeva Haldir riferendosi alla “grandezza in lei”?

L’universo aveva un malato senso dell’umorismo, pronto a capovolgere il suo intero mondo appena sentiva di avere il controllo e sapere cosa fare nella vita.

Lei non si era mai tirata indietro di fronte ad una battaglia. E Thranduil era sempre stato al suo fianco. 

Una promessa reciproca fatta all’inizio della ribellione.

Ma ora che non combattevano più i romani, era cambiata?

Come poteva mettersi in disparte e non combattere per quella che, data la sua posizione al fianco del sovrano, era diventata la sua gente?!

 

*

 

Thranduil rimase immobile, troppo impegnato a tenere sotto controllo la marea di emozioni che si agitavano dentro di lui per ricambiare il gesto della figlia.

Fortunatamente anche l’arciere era troppo confuso, non potendo notare lo stato del sovrano, mentre Gandalf riuscì a cogliere con una sola occhiata, il sollievo presente nello sguardo dello Hobbit, segno che fosse complice di quel risvolto positivo.

Kalos credeva di aver pensato minuziosamente a tutto nei dettagli, ma con una bambina era impossibile fare piani! No, sbagliato, con quella bambina imprevedibile era impossibile decidere qualcosa!

Per questo aveva approfittato della sorpresa delle guardie, nel vedere la Principessa sbucare da dietro di lui e correre verso la tenda reale, per superarle e seguirla all’interno.

Ma con il giovane mago giunsero anche le sentinelle puntando le lance affilate contro i presenti.

Bard continuò a fissare la Principessa, come se pensasse fosse frutto della sua fantasia.

Il generale Feren avanzò per prendere la Principessa e portarla da un’altra parte per poterla accudire, ma si ritrovò a tremare, quando la mano del sovrano gli impedì di agire, accarezzando dolcemente la schiena della bambina.

“Kalos, qualunque desiderio tu esprima, sarai accontentato!” Sussurrò l’antico Re fissando un punto imprecisato davanti a sé.

Kalos percepì un senso travolgente di euforia divampargli nel petto, ma passato un primo momento, si costrinse a pensare alle priorità “Vi chiedo....” disse inchinandosi “...di ascoltare ciò che questo hobbit ha da dire!”.

Lo sguardo del sovrano si spostò sul piccolo ospite e le sue labbra divennero sottili, come se si stesse trattenendo dal dare ordini.

Kalos aspettò con timorosa pazienza. Thranduil non era uno sprovveduto, doveva aver colto il collegamento fra l’apparizione dello Hobbit e il ritorno della figlia.

“Perché dovrei? Lui non sarà la causa principale, ma ha contribuito mettendosi contro il reame!” Disse glaciale.

“Lo so....mi dispiace!” Mormorò Bilbo il cui senso di colpa era diventato insopportabile.

“Le scuse non cancelleranno ciò che è accaduto!” Ringhiò il sovrano, facendo indietreggiare gli elfi appena entrati e risvegliando l’arciere dalla sua estasi.

“Ne sono consapevole!” Bilbo cercò lo sguardo di Gandalf, volendo un aiuto, un suggerimento, qualsiasi cosa, ma vide solo il mago che teneva gli occhi bassi.

La delusione impressa sui lineamenti del viso!

Se un orco lo avesse trapassato da parte a parte, avrebbe fatto meno male!

“Credi che ti ricompenserò per questo? È a causa tua se mia figlia è caduta nelle mani di quel lurido nano!” Lo attaccò di nuovo Thranduil ricordando i rumori da lui sentiti e ignorati.

“Non chiedo alcuna ricompensa!” Si difese Bilbo sollevando le mani, non osando alzare lo sguardo.

“Perché agisci solo ora?” Domandò Bard ricordandosi, del racconto dei suoi figli su come quel nano meschino li avesse minacciati pur di raggiungere i propri scopi.

Bilbo decise di ignorarlo, temendo di più il sovrano elfico “Mio signore, ciò che ha fatto Thorin è crudele. Ma gli altri nani non meritano di morire a causa dei suoi errori!” Disse facendo un coraggioso passo avanti nato dalla sola disperazione.

Il ritorno della Principessa era una benedizione, ma anche uno scomodo ricordo.

“Non hanno mosso un dito! Perché chiudi gli occhi di fronte all’evidenza? Si sono finalmente mostrati per ciò che sono!” Lo attaccò Bard sapendo bene che se rischiavano una guerra e se la sua gente stava soffrendo era a causa delle bugie di Thorin.

“Balin, il suo mentore....poteva fermarmi, ma ha deciso di lasciarmi andare!” Cominciò a raccontare Bilbo “Bofur mi ha aiutato senza che glielo chiedessi. E Kili...suo NIPOTE....” Evidenziò scandendo la parola “...lo ha distratto permettendomi di allontanarmi con la Principessa!”.

“Vi prego, vi supplico, mio signore!” Gridò Bilbo cingendo le mani in una muta preghiera, cadendo in terra sulle ginocchia “Prendete me al loro posto se cercate un collo per la scure!” Si offrì.

“Cosa pensi farà Thorin? Verrà da me come hai fatto tu?” Ringhiò il sovrano.

“Thorin non è in sé! Appena si renderà conto di ciò che ha fatto.....” “Si inginocchierà davanti a me come stai facendo tu? Un accordo di pace verrà stipulato con il suo consenso? No, mezzuomo, non vivere nei tuoi sogni. Questo non accadrà mai!” Lo redarguì il Re.

La scomoda atmosfera creatasi, piena di sospetto e rabbia, venne distrutta da una timida vocina proveniente dalle ricche vesti del sovrano “Ada, il nostro ospite può cenare con noi stasera?” Chiese Aranel facendo timidamente capolino per guardare il genitore.

Thranduil sentì il proprio cuore stringersi quando abbassò lo sguardo e vide il delicato visino bagnato da lacrime fresche, conscio di esserne responsabile.

Crescerla senza restrizioni durante i primi anni di vita era stato un errore di cui si sarebbe sempre pentito. Anche se allora stava combattendo una guerra, era sempre suo padre ed aveva trascurato i doveri di un bravo genitore, non imponendo delle regole che l’avevano fatta ritrovare sul cammino di Thorin.

Ma passati i brutti momenti pieni di angoscia, ora sua figlia era al sicuro, mostrando di non essere cambiata nonostante la traumatica esperienza.

Il lato buono, accogliente e comprensivo era forte! Era come sua madre.

“Mia figlia ti considera un ospite.....” osservò Thranduil spostando lo sguardo sullo hobbit, ritrovando la calma necessaria per soppesare attentamente le parole di Bilbo.

“Mi hai mostrato di essere un hobbit d’onore! Hai rischiato molto venendo qui, ma lo hai fatto per una giusta causa!” Decise alla fine “Il tuo attaccamento per quei nani è genuino, avresti veramente sacrificato la vita per loro!” Si rese conto, provando pietà per quell’inutile devozione.

“Non sei tu colui che ha fatto false promesse e agito con l’inganno!” Disse rivolgendo uno sguardo verso l’arciere, il quale sembrò comprendere, riuscendo a mettere l’orgoglio ferito dietro le necessità del suo popolo.

“Sei il benvenuto mezzuomo. Mangia e riposa, ma ricorda.....” lo ammonì il Re per evitare di illuderlo troppo “......se scopro che questo è un complotto ordito da quei luridi nani, scatenerò la più terribile delle vendette!”.

 

*

 

“Aranel....” una volta congedati gli alleati, Thranduil non riuscì più a trattenersi, sollevando e stringendo al petto la figlia.

Le guardie si scambiarono sguardi allegri, sollevate e felici nel vedere ciò. 

Il sorriso era tornato sul viso del sovrano ed ora si sarebbero potuti concentrare sullo scontro imminente.

Una piccola scorta seguì il Re nella passeggiata che fece non riuscendo a staccarsi dalla figlia.

Aranel si era aggrappata alle vesti del padre, come se temesse che qualcuno potesse dividerli di nuovo, nascondendo il viso nell’incavo del collo del genitore, godendo a pieno del caldo abbraccio che le era mancato tantissimo.

Thranduil si fermò solo quando qualcuno si scontrò con lui, colpendolo al fianco.

L’elfo sorrise. L’aveva sentita arrivare.

Sara si profilò in una raffica di scuse e inchini, prima di rendersi conto che fosse lui e di notare il prezioso tesoro che stringeva fra le braccia.

Il sovrano colse una nota di disagio nell’espressione della ragazza. Era molto particolare e non ricordava di averne più viste di quel tipo, almeno da quando avevano fatto cadere la casa di Batiato.

Tutto si dissolse nella pura gioia e non sembrò affatto sorpresa, quando lui le impedì di prendere la figlia dalle sue braccia, facendo in modo che si appoggiasse a lui per riempire di baci la piccola.

“Aranel, oh che siano benedetti gli dei!” Disse Sara tra le lacrime di gioia.

Poi, improvvisamente, come se l’incantesimo fosse stato spezzato, gli occhi dell’amica divennero grandi come piattini da tè mentre fissava le guardie al seguito del sovrano, prima di fare un salto all’indietro e arrossire piena di vergogna.

Thranduil sorrise divertito. Sara era sempre molto naturale con lui, ricordandosi l’etichetta di continuo con leggero ritardo.

Chiunque avrebbe trovato la sa confidenza inadeguata, lui no. Sara era una cara amica, anni addietro gli aveva dato la speranza necessaria per continuare a combattere e si era mostrata una sincera e leale amica. Assieme avevano vissuto e superato numerose situazioni, per questo poteva perdonarle certe sviste.

Mentre Sara si allontanava fingendo che nulla fosse mai accaduto, non notò l’amica correre verso il Re ad una velocità pazzesca e strappargli dalle braccia con forza e possessività, la figlia tanto amata.

Hanna non aveva mai stretto Aranel a quel modo, neanche dopo il primo rapimento!

Il sovrano le accompagnò alla tenda, volendo godere della privacy necessaria in un momento tanto delicato.

Una volta coricati Hanna notò con divertimento che si erano disposti per dormire come non facevano da tempo, con Aranel in mezzo a loro.

Il letto su cui stavano era enorme ed incredibilmente comodo, e invece di chiedersi come avessero fatto gli elfi ad averlo portato con loro, la ragazza si godette quel meraviglioso momento che aveva desiderato e per cui aveva tanto pregato.

 

*

 

All’alba del giorno seguente, gli eserciti vennero schierati.

Hanna e Sara colsero la sorpresa dei nani quando la loro presenza fu notata, ma non gli diedero peso.

Thorin scoccò una freccia poco distante dal megacero del nemico “La prossima ve la conficco negli occhi!” intimando di non avanzare.

L’offesa era ancora fresca ed a un cenno del Re, le file elfiche incoccarono in contemporanea centinaia di frecce, uccidendo la spavalderia dei nani con coordinazione e precisione. 

Ad un gesto del sovrano, rinfoderarono le armi soddisfatti.

“Siamo venuti a dirvi che il pagamento del vostro debito è stato offerto e accettato!” Cominciò a parlare il Re con una voce ferma e potente.

“Quale pagamento?” Chiese Thorin infastidito nel non capire “Io non vi ho dato nulla! Non avete nulla!” Disse con cupa soddisfazione.

Bard espose alla luce il proprio tesoro “Abbiamo questa!” Permettendo ai presenti di ammirare il lucente gioiello sotto i raggi del sole.

“Hanno l’arkengemma...ladri...come avete ottenuto il cimelio della nostra casata?Quella pietra appartiene al Re!” Li attaccò Kili non capendo come potesse essere accaduta una tale disgrazia dopo il loro gesto di compassione.

“E il Re può riaverla....” Disse Bard divertito del fastidio che percepiva provenire dai nani. Lanciò in aria il gioiello con soddisfazione, aggiungendo “.....con la nostra benevolenza!”.

Una volta rimessa in tasca, l’uomo alzò la testa, tornando mortalmente serio “Ma prima, deve onorare la sua parola!”.

“Ci considerano stupidi! È un’astuzia!” Balin era inorridito mentre osservava la vena di pazzia manifestarsi nello sguardo di Thorin “Una lurida menzogna! L’arkengemma è in questa montagna! È un trucco!” Urlò a gran voce il nano.

Ma una voce esitante lo interruppe “N-non è un trucco. La gemma è vera! Gliel’ho data io!” Bilbo, timidamente, si fece largo fra i suoi amici, sapendo di non potersi tirare più indietro, accettando qualsiasi conseguenza delle proprie scelte e azioni.

Thranduil era scioccato. Bard lo guardò preoccupato, non capendo perché lo hobbit avesse azzardato una mossa tanto pericolosa. 

Hanna e Sara si guardarono nervose, consapevoli che la situazione fosse più pericolosa di quanto sapessero.

“Tu....” Thorin era solo arrabbiato e non deluso come molti si aspettavano.

“Era la mia quattordicesima parte!” Ricordò Bilbo non trovando di meglio da dire.

“Tu mi deruberesti...” lo accusò Thorin.

“Derubarti? No, sarò uno scassinatore ma mi piace pensare di essere onesto!” Sorrise imbarazzato lo hobbit “Sono disposto a lasciare che sia la mia unica pretesta!” Aggiunse con sincerità.

“La tua unica pretesa......la tua pretesa....non hai alcuna pretesa su di me, miserabile mezza tacca!” Gli ringhiò contro Thorin sbattendo un pugno sul muro.

Thorin rimase immobile e se il suo sguardo avesse potuto incenerire, il povero hobbit avrebbe cessato di esistere. 

Come se non bastasse, qualcosa agitò maggiormente il nano che cominciò a guardarsi attorno, facendo correre lo sguardo su ogni componente della compagnia.

Quando i loro occhi si incrociarono nuovamente, Bilbo comprese la realizzazione che aveva colto il Principe.

Nonostante l’eco potente, Thorin sussurrò la seguente domanda “Dov’è la bambina?” Lo Hobbit ingoiò un boccone amaro, abbassando gli occhi quando nessuno volle sostenerlo.

“DOV’È!?” Gridò Thorin diventando paonazzo in viso “LEI NON TI APPARTENEVA!”.

“È dove deve stare!” Sussurrò Bilbo non trovando di meglio da dire.

“Così come la pietra del Re. La MIA pietra!” Thorin stringeva i pugni con talmente tanta forza da farsi sbiancare le nocche.

Bilbo indietreggiò intimorito, ritrovando il coraggio nella speranza di poterlo fare ragionare “Avevo intenzione di dartela! Molte volte volevo farlo, ma...” “Ma cosa? Ladro!” Lo aggredì nuovamente Thorin.

“Tu sei cambiato Thorin. Il nano che ho conosciuto a casa Baggins non si sarebbe mai rimangiato la parola. Non avrebbe mai dubitato della lealtà dei suoi familiari! Non avrebbe rivolto il proprio rancore verso una bambina innocente e indifesa!” Si fece valere il piccolo hobbit.

“Tu non venirmi a parlare...di lealtà!” Bilbo sospirò frustrato, capendo che non poteva fare più niente per aiutare l’amico.

“Gettatelo giù dal bastione!” L’ordine di Thorin fece immobilizzare tutti i presenti.

Bilbo era senza parole, così come i nani. Bard, le ragazze e Thranduil erano scioccati.

Tutti trattenero il fiato, non volendo vedere cosa sarebbe accaduto.

I nani esitarono, riconoscendo nello hobbit uno di loro.

“Non mi avete sentito!?” Gridò Thorin afferrando Fili come per spronarlo ad obbedire, ma venendo intercettato da Balin che si mise in mezzo, facendogli perdere la presa sul nipote.

“Lo faccio da solo!” Disse Thorin riuscendo ad avere la meglio davanti alla resistenza dei suoi uomini che tentavano inutilmente di opporsi alla sua furia.

“Maledetto te! E maledetto lo stregone che ti ha inserito in questa compagnia!” maledisse Thorin mentre sollevava Bilbo sul muretto che li separava dal precipizio.

“Se non ti piace il mio scassinatore, ti prego di non danneggiarlo. Restituiscilo a me!” La voce potente di Gandalf fece tremare l’aria, riuscendo a distrarre sufficientemente il nano, da permettere allo hobbit di mettersi in salvo.

“Non stai facendo davvero una splendida figura come Re sotto la montagna, dico bene, Thorin, figlio di Thrain?!” Lo rimproverò l’istari.

“Mai più farò accordi con gli stregoni! O i vermi della contea!” Gli urlò contro Thorin non notando Bilbo che si calava lentamente verso la salvezza.

“Abbiamo risolto?” Chiese Bard non volendo perdersi in ulteriori inutili chiacchiere “La restituzione dell’arkengemma per ciò che è stato promesso!”.

Throin furioso guardò su un ripido pendio dove stava sorgendo il sole, come se si aspettasse qualcosa. Non vedendosi accontentato cominciò a camminare furioso.

“Perché dovrei ricomprare, quello che era mio di diritto!?” Urlò pieno d’ira.

“Tieni la pietra, vendila!” Disse Thranduil capendo che non avrebbero ottenuto niente “Ecthelion di Gondor pagherà una bella somma per quella!” Disse all’umano.

“Vi ammazzo! Lo giuro! Vi ammazzo tutti!” Gridò Thorin non sapendo come uscire da quella scomoda situazione.

“Il tuo giuramento non vale niente!” Gli rispose Thranduil alludendo alle menzogne raccontate “Ho sentito abbastanza!” Affermò rivolto a Bard. Il sovrano si voltò verso gli elfi e con un cenno della mano fece rincoccare le frecce.

“Wow! Questa deve essere una scena inedita!” Sussurrò Sara sporgendosi dalla sella verso l’amica.

“Ma ti sembra il momento!?” La riprese Hanna.

Gandalf scosse la testa sconsolato “Thorin, deponi le armi. Apri queste porte! Questo tesoro comporterà la tua morte!” Tentò di farlo ragionare.

“Thorin...non possiamo vincere questa battaglia!” Gli si accodò Balin pregando affinché lui ritrovasse la ragione e li ascoltasse.

Gandalf aspettò speranzoso, assieme a tutti coloro che volevano evitare inutili spargimenti di sangue.

“Dacci la tua risposta...” Bard decise di finirla “Avrai pace, o guerra?!” Chiese impaziente.

In quel momento un corvo atterrò sui bastioni e bastò quello a Thorin per trovare la sua risposta “Avrò guerra!”.

Il rumore di armature e scudi divenne sempre più forte, finché un esercito non fu completamente visibile. Hanna e Sara sentirono l’agitazione aumentare, consapevoli di ciò che sarebbe accaduto.

“Piediferro!” Sussurrò Gandalf per niente tranquillo.

“Ehi Thorin!” Salutò allegramente Dain.

“Quello chi è?” Chiese Bilbo non conoscendo ne avendo sentito mai parlare di altri nani oltre a quelli della compagnia “Non sembra tanto felice!”.

“È Dain, signore dei colli ferrosi! Cugino di Thorin!” Gli rispose Gandalf con un tono cupo.

“Si somigliano?” Chiese Bilbo speranzoso.

“Ho sempre trovato Thorin il più ragionevole dei due!” Disse Gandalf distruggendo le sue aspettative.

“Buongiorno! Come andiamo tutti?” Salutò Dain con arroganza “Ho una piccola proposta se non vi dispiace concedermi qualche momento del vostro tempo. Potreste, considerare, di andarvene in malora?! Tutti voi! Ora, ora!” Urlò agitando l’ascia da sopra al maiale da guerra che cavalcava.

“Non reagite!” Urlò Bard mostrandosi calmo davanti ai suoi simili sempre più nervosi.

“Oh avanti, Lord Dain!” Si fece avanti l’istari.

“Gandalf il Grigio!” Lo riconobbe il nano osservandolo mentre gli porgeva un’inchino.

“Di a questa marmaglia di andarsene, o innaffierò il terreno con il loro sangue!” Avvertì.

“Non c’è bisogno di una guerra fra nani, uomini ed elfi. Una legione di orchi giace sulla montagna. Ritira la tua armata!” Tentò di farsi valere il mago.

“Non mi ritirerò davanti a un elfo qualsiasi. Tanto meno a questo indifferente folletto dei boschi. Non desidera altro che sfortuna per il mio popolo. Se sceglie di mettersi fra me e i miei familiari......gli spacco quella testolina in due!” Urlò Dain infastidito dalla sola presenza degli elfi.

Thranduil sorrise, godendo nel non dover trovare alcuna scusa nel cominciare una battaglia contro i nani.

“Vediamo se dopo ghigna ancora!” Ringhiò Dain offeso girando il maiale per impartire ordini al suo esercito.

“Dain, aspetta!” Gandalf non trovò le parole adatte per districarsi da una situazione tanto complicata.

“Che avanzino. Vediamo fin dove arrivano!” Li provocò Thranduil.

“Credi che mi importi un cane morto delle tue minacce, Principessa dalle orecchie appuntite?” Gli rispose il nano “Sentito ragazzi?! Ci siamo! Diamo a questi bastardi una bella batosta!” Disse Dain impaziente anche lui di combattere gli elfi.

“Fa ritirare i tuoi uomini. Ci penso io a Piediferro e la sua marmaglia!” Disse Thranduil facendo avanzare l’esercito, Hanna e Sara al seguito.

Bard fece un cenno ai suoi, mascherando la propria ansia.

“Thranduil, questa è una pazzia!” Lo riprese Gandalf quando vide i nani caricare in groppa ad una carica di capre.

Vennero lanciate le lance naniche, le roteanti piroettanti e le ragazze si strinsero una mano nel tentativo di farsi forza.

Ma un qualcosa di improvviso spinse le lance nella direzione di partenza, facendole schiantare sulla testa dei nani.......!

Seguendo con lo sguardo la traiettoria di quell’energia potente ed improvvisa, le ragazze ed il Re rimasero senza parole nel vedere il giovane mago che esultava del proprio operato, agitando le braccia ed il bastone per aria, emettendo dei gridi di gioia privi di alcun controllo.

“Se sopravvive, ricordami che devo ammazzarlo con le mie mani!” Sibilò Hanna chiedendosi cosa ci facesse lì Kalos.

“Hanna, invece di proteggere Aranel, lui è molto più utile qui sul campo di battaglia! Più elfi sopravvivono, maggiori sono le probabilità di vittoria!” Tentò di convincerla Sara sorridendo piena di soddisfazione per la “batosta” inflitta ai nani.

“Per il tuo bene fingerò di non aver sentito ciò che ho appena sentito!” Disse Hanna agitando una mano furiosa.

Ma prima che i nani potessero rispondere a quel colpo, i mangiaterra annunciarono l’arrivo di qualcosa di molto peggiore.

Un enorme esercito di orchi, formato da migliaia di individui, si riversò nella vallata, caricando i due eserciti ad una velocità assurda.

I nani non esitarono a mettersi in prima linea ed alla fine cedette anche il sovrano elfico.

Ma ad Hanna non sfuggì l’occhiata che lui le riservò.

Si stava chiedendo se lei lo avesse saputo?!

Distolse lo sguardo. Lo sapeva, ma forse era meglio così.

Non avrebbe cambiato irrimediabilmente gli eventi come li conosceva, lasciando che l’arroganza la convincesse di poter decidere cosa sarebbe accaduto.

 

*

 

“Tangado haid! Leithio i philinn!”(Tenete le vostre posizioni! Lanciate le frecce!) ordinò Thranduil alzando la spada verso il cielo.

La battaglia infuriava anche se erano i nani ad essere in prima linea.

“Azog. Sta cercando di tagliarci fuori!” Urlò Gandalf mentre tutti poterono vedere un fiume di orchi dirigersi verso la città.

“Tutti voi!” Urlò Bard rimproverandosi per aver lasciato i più deboli indifesi “Ritirarsi a Dale! Subito!”.

“In città! Bilbo, da questa parte!” Lo chiamò Gandalf seguendo gli umani.

“Aranel...” sussurrò Hanna osservando con orrore le possenti mura venire sbriciolate come fosse pane, da enormi troll.

“Galion, prendi venti elfi e tornate in città!” Ordinò Thranduil venendo immediatamente ubbidito.

“Ma Aranel!” Disse Sara dandosi della cretina per non aver avvertito il Re del pericolo imminente.

“Dobbiamo bloccare gli orchi!” Le fece ragionare lui.

“Io torno in città....” Insistette Sara “....per favore!” Per ricordarsi all’ultimo con chi stesse parlando.

Thranduil annuì, non potendo costringerla a fare qualcosa che l’avrebbe resa vulnerabile sul campo di battaglia. Se voleva proteggere Aranel doveva farlo di persona per potersi concentrare al meglio.

Finalmente l’odio fra i vari popoli sembrava dimenticato.

Di fronte ad un nemico tanto potente quanto malvagio, i conflitti che avevano tenuto divise le razze avevano perso improvvisamente valore, portando i nemici a supportarsi sul campo di battaglia.

La guerra è indispensabile per difendere la vita da un distruttore che avrebbe altrimenti divorato ogni cosa. 

La consapevolezza che il futuro delle persone care dipendesse dall’esito di quella battaglia infondeva determinazione nei guerrieri.

Per questo non veniva prediletta la spada per la sua lama tagliente, né la freccia per la sua rapidità, né il guerriero per la gloria acquisita.......ma si rimaneva concentrati su ciò per cui si stava combattendo! 

Thranduil tornò in città. Vedendo il gran numero di orchi comprese che un perimetro avrebbe potuto crearlo solo fra le rovine di Dale.

Menò fendenti sterminando gli orchi sul suo cammino osservando con orgoglio la destrezza di Hanna che si muoveva anche lei in una danza letale al suo fianco..........rischiando più volte di cadere da cavallo.

La guardò con orgoglio notando che in più di un occasione colpiva per difendere elfi in difficoltà, rinunciando ad eventuali attacchi contro al nemico.

Il Re abbandonò la cavalcatura una volta fra le mura della città, sapendo di essere troppo vulnerabile in presenza di numerosi punti cechi da dove gli orchi avrebbero potuto attaccare.

 

*

 

Sara, consapevole dell’accoglienza che l’avrebbe travolta appena passato l’imponente arco dell’entrata, riuscìa deviare molte delle frecce scoccate per bloccare la sua avanzata, ma commise l’errore di abbassare la guardia dopo il primo attacco, ed un orco colpì di striscio la gamba del suo cavallo, mandandolo a cadere su un mucchio di macerie ricoperte di neve.

Sara si rialzò dolorante, maledicendo la poca neve presente che non aveva attutito la caduta. 

Il cavallo era ferito ed impossibilitato a proseguire, ma fu per un solo momento che soffrì per l’animale fedele, l’ultimo legame con la ribellione.

Si riscosse, ricordandosi le priorità che l’avevano spinta a separarsi dai suoi amici ed entrare in città ben sapendo che l’esercito puntava a raderla al suolo.

Un verso agonizzante la fece voltare di scatto, per vedere Galion che aveva appena ucciso un orco, probabilmente salvandole la vita.

“Tutto bene?” Domandò lui apparendo sinceramente preoccupato.

Sara gli rivolse un sorriso tirato “Sono stata meglio. Dobbiamo sbrigarci!”.

Corse al fianco del consigliere e per loro fortuna, gli orchi non erano ancora penetrati in quella zona, permettendo di non perdere ulteriore tempo.

Una volta giunti al centro dell’accampamento elfico videro che purtroppo gli orchi erano arrivati. 

Inseguivano gli indifesi e combattevano contro chi faceva resistenza.

Alcune persone scappavano e si nascondevano dietro agli elfi, nella speranza di essere protetti.

Sara non esitò e corse all’interno della tenda reale.

“Ehi calma!” Disse alzando le mani, quando un giovane elfo le puntò un freccia contro “Sono io!” Per abbassarla appena si rese conto del proprio errore.

Aranel era seduta sul grande seggio del Re. Raggomitolata in una palla tremante.

Fin dalla prima volta che li aveva visti, aveva sempre avuto molta paura degli orchi e forse, si stava chiedendo dove fossero i suoi genitori che fino ad allora erano sempre rimasti al suo fianco a proteggerla.....e prima del rapimento...

Un verso orribile accompagnò un duro colpo che spezzò alcune travi della tenda, facendone crollare una parte. 

Sara non perse tempo a chiedersi cosa fosse la mostruosità che incombeva su di loro, prima di afferrare Aranel e correre fuori, evitando per un soffio di essere travolta dal ricco tessuto che veniva sbattuto in terra alzando un alone di neve.

 

*

 

I combattimenti infuriavano.

Quella vallata, al mattino desolata e silenziosa, si era riempita di odori pungenti, grida agonizzanti e rumori metallici.

Thorin sembrava aver ritrovato il senno, scendendo in battaglia affiancato dai membri della compagnia, rianimando le truppe che stavano subendo gravi perdite non avendo il Re che combatteva al loro fianco.

In mezzo a tutto quel caos, un cavallo bianco si fece strada fra le strade della città.

“Gandalf!” Una voce attirò l’attenzione del mago, sul cui viso si dipinse un sorriso pieno di gioia.

“Legolas! Legolas Verdefoglia!” Lo salutò contento di veder giungere sul campo di battaglia un guerriero preparato e letale come lui.

“C’è una seconda armata! Bolg guida una forza di orchi di Gundabad. Sono quasi su di noi!” Lo avvertì lui, confermando i peggiori timori dell’Istari.

“Gundabad! Era il loro piano fin dall’inizio!” Pensò ad alta voce.

Tauriel, una volta scesa da cavallo, osservava inorridita la carneficina. Non avendo mai assistito di persona ad una guerra di quelle dimensioni.

“Azog impegna le nostre forze poi Bolg sopraggiunge dal nord!” Continuò a ragionare Gandalf.

“Come dal nord!” Bilbo si guardò attorno non capendo “Dov’è il nord, esattamente!?” Chiese spazientito.

“Colle corvo!” Gli rispose Gandalf istintivamente, troppo perso nei suoi pensieri.

“Colle corvo?! Ma c’è Thorin lassù. E Fili e Kili, sono tutti lassù!” Si disperò lo hobbit volgendo lo sguardo verso le antiche rovine sopra di loro.

“Tauriel...” la chiamò Legolas notando solo allora l’apprensione dell’amata alla notizia che dei nani fossero in pericolo.

“Devo andare!” Affermò lei caparbia.

“Dove?” Chiese Legolas furente “Hai promesso di difendere il Re!” Le ricordò lui basito.

“È mia intenzione mantenerla!” Rispose lei voltandosi verso di lui con rabbia.

Mai avrebbe ammesso che lo stomaco le si era rivoltato quando aveva udito il nome di quel nano così diverso da suscitare il suo interesse.

“Va bene!” Si arrese Legolas non capendo, ma conscio di avere altre priorità “Controllo la situazione e ti raggiungo!” Le disse avviandosi.

“Legolas.....” “No! Ti ho detto che non ne prenderò parte!” Le urlò contro lui inorridito capendo dal suo sguardo che non approvava la scelta presa senza il bisogno di parole.

“Mi abbandoni per proteggere un umana?” Tauriel era scandalizzata. Come poteva essere tanto debole?! Doveva trovare un modo per fargli cambiare idea!

“No. Per difendere mia sorella!” Legolas si stupì nel sentire che intendeva davvero ciò che aveva appena detto.

“È ciò che farai!” Disse Tauriel fermandolo nuovamente “Se blocchiamo l’esercito in arrivo eviteremo altre morti. È ciò che deve essere fatto!” Spiegò lei con improvviso affetto.

Legolas la guardò orgoglioso e lei gli sorrise “Te l’ho detto, difendere il Re è ciò che voglio!”.

 

*

 

Thranduil camminava fra i cadaveri dei suoi soldati.

L’antico Re si ricordò della Battaglia di Dagorlad innanzi al Cancello Nero di Mordor, dove la vittoria, dopo la morte del padre e le pesanti perdite subite dal suo popolo, era stata a fatica conquistata.

Quella fu probabilmente una delle più grandi e sanguinose battaglie della Terra di Mezzo combattute tra la Seconda e la Terza Era e si rivelò essere lo scontro decisivo della Guerra dell’Ultima Alleanza.

Anche se portava il nome di "Alleanza tra Uomini ed Elfi", ad essa presero parte praticamente tutti i Popoli Liberi della Terra di Mezzo.

Thranduil ora osservava coloro che aveva giurato di proteggere, giacere nel loro letto di morte perenne. 

Rivide l'orrore di Mordor, quello che mai avrebbe dimenticato!

Esseri immortali, la cui vita avrebbe dovuto essere eterna, erano periti per proteggere creature mortali che dopo qualche decennio avrebbero lo stesso ceduto alla loro natura.

Le sue paure erano state confermate: quell'orrore non era stato vinto per sempre, sarebbe presto risorto, anzi, lo stava già facendo! 

Quel giorno era giunto e lui aveva infranto la promessa, facendosi trovare impreparato di fronte ad un dispiegamento di forze nemiche potente e inaspettato.

Galion giunse da una stretta via, osservando l’amico con malcelata preoccupazione, facendo un piccolo sospiro sollevato quando si rese conto che era incolume.

“Richiama la compagnia!” Ordinò il sovrano continuando a fissare il cadavere di un giovane elfo.

Al suono del corno i soldati risposero prontamente.

Thranduil sentì un peso scivolargli dal cuore quando vide Sara giungere con in braccio Aranel. 

Hanna arrivò poco dopo seguita dal fedele destriero.

Thranduil si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo quando vide Sara indicare con anticipo l’arrivo del mago, ancora prima che lui stesso potesse sentirlo.

Quanto sapevano quelle due?

“Mio signore, invia questa forza a Colle corvo, i nani stanno per essere sopraffatti. Thorin deve essere avvertito!” Lo pregò Gandalf apparendo provato dallo scontro.

“Avvertilo tu se vuoi. Ho speso sufficiente sangue elfico in difesa di questa maledetta terra. Ora non più!” Disse il Re superandolo.

“Thranduil!” Lo chiamò inutilmente l’istari.

Il sovrano avanzò fra le rovine, trafiggendo i pochi orchi spavaldi ed incoscienti che tentarono di attaccarlo.

“Non passerai oltre!” Hanna e Sara saltarono sul posto scorgendo la figura dell’elfa in mezzo al viale.

Tauriel si stava dirigendo a Ravenhill ma una volta scorto le due umane al seguito del Re, non era riuscita a ritrovare il controllo. Più che decisa a dividerli!

“Ho agito sempre in virtù del vostro bene, mio signore!” Disse Tauriel abbassando il capo con rispetto.

“Avresti dovuto agire per il bene del regno!” Sputò Thranduil velenoso.

Fece per proseguire ma dovette fermarsi notando che l’elfa rimaneva impudentemente al centro della via per bloccare la sua avanzata.

“Togliti di mezzo!” Le ringhiò sentendo la pazienza diminuire di secondo in secondo.

Tauriel, non riuscendo a sostenere lo sguardo di fuoco del sovrano, si concentrò su altro e non fu per caso, che i suoi occhi incontrarono quelli di Hanna.

“Sono stati gli umani!” Gridò l’elfa furiosa, rafforzando la propria presa sull’arco “Sono stati loro a catturarvi!”.

Hanna alzò gli occhi al cielo. Figurarsi se l’uomo....elfo della sua vita non avrebbe condiviso con lei delle informazioni non necessarie senza avere la minima idea di togliere il blocco a una bomba a mano.

Non avrebbe mai definito Legolas ingenuo, ma non poteva riconoscere che in questo caso era stato molto sciocco e avventato nel rivelare ciò, sapendo oppure no della sua diffidenza.

“Come potete sopportare di averli al vostro fianco? Vi hanno allontanato dal regno, da tutto e tutti!” Sibilò Tauriel svelando il segreto dietro al suo odio.

Non si fidava degli umani, ma la rivelazione di Legolas doveva averla spinta ad agire in maniera tanto sconsiderata, priva di ogni razionalità.

Thranduil serrò la mascella irrigidendosi.

Non voleva parlarne. Come osava lei credere di sapere come si sentiva e pretendere di conoscere la giusta reazione?!

“Gli uomini sono deboli! Lei non è diversa!” Lo sguardo che Tauriel le rivolse fu difficile da sostenere “Presto mostrerà la sua vera natura e il regno sarà in grave pericolo!”.

“Il regno è già in pericolo!” Disse Hanna a gran voce.

Con la coda dell’occhio vide Thranduil muovere leggermente la testa, segno che ascoltava attentamente e con una vena di aspettativa.

Hanna avanzò decisa, oltrepassando il sovrano, per far vedere quanto fosse forte senza approfittare dell’autorità del Re.

“Rispetto le tue convinzioni riguardo la mia razza, ma ora che siamo in guerra dobbiamo cooperare!” Sara corrugò la fronte. Praticamente le stava dando il permesso di odiarla!

“È nostro dovere pensare al bene del regno!” Hanna tentò di essere morbida con quell’ultima affermazione, cercando di appellarsi al senso del dovere dell’elfa.

Perché era estremamente faticoso stare lì e fissarla negli occhi per convincerla a fare quello che era giusto. Le sembrava di avere a che fare con una bambina gelosa. Invidiosa di colei che chissà come si era messa tra lei e colui che l’aveva protetta e allevata.

“È tutta colpa tua!” Hanna sussultò al volume e al puro veleno della voce di Tauriel “Non vedi come la tua presenza sia dannosa?!” Le sibilò contro avvicinandosi.

Hanna rimase ferma, fissandola con tanta energia quanta ne sentiva provenire da lei.

“Radagast doveva spedirti a forza da dove sei venuta!” Un ansimare sorpreso venne da Sara, ma nessuno si voltò a guardarla “Rovini la memoria della nostra cara Regina e mini la relazione con il Principe!” Hanna sbuffò “E di nuovo la vecchia arma del lei è migliore di te....”.

“Dici che ti odio....è vero! Perché sei talmente egoista da fingere di non vedere la sofferenza che diffondi con la tua sola presenza!” La attaccò Tauriel imperterrita.

“Ma forse le mie parole sono inutili!” Disse parendo più calma dopo lo sfogo “Probabilmente morirai oggi, sul campo di battaglia e il mio odio potrà finalmente placarsi!” Rifletté sembrando sollevata al solo pensiero.

Thranduil fece un passo avanti sentendo di aver esaurito la pazienza, ma la voce di Hanna lo fermò “Ci speri vero?” La rabbia della ragazza si era dissipata nel sentire quelle parole e ora non riusciva a provare altro che una gran pena “Come riesci ad essere tanto insensibile!?” Le chiese inorridita “Ogni vita ha un enorme valore!” Affermò con vigore.

Tauriel incoccò una freccia con velocità fulminea. Tanto che Hanna credette di aver visto due foto differenti, perdendosi quello che avrebbe potuto scorgere solo a rallentatore. 

“Tu credi che la tua vita valga più della loro?!” Sibilò Tauriel con la mani che le tremavano di rabbia “Quando in essa non c’e amore!” La bocca di Hanna si dischiuse leggermente, la fronte aggrottata in evidente confusione.

“Si, non c’è amore in te!” L’accusò l’elfa piena di risentimento.

Hanna stava per rispondere, quando un rumore metallico distrasse sia lei che Tauriel.

La cosa successiva che vide era l’arco spezzato che colpiva il terreno.

Maledetta super velocità elfica.

“Che ne sai tu dell’amore?” Ringhiò il sovrano “Niente!” La spada del Re ora era puntata alla gola dell’elfa irrispettosa e sfacciata.

“Quello che provi per mio figlio, non è reale!” disse con voce glaciale “L’amore non è qualcosa che va e viene!” Hanna accennò un sorriso, capendo finalmente perché lui non l’avesse lasciata andare.

Il tono divenne basso e profondo, assolutamente terrificante “Credi che sia amore? Sei pronta a morire per quello?”.

Legolas frenò la corsa fissando per un momento la scena davanti a sé.

Le parole di Tauriel acquisirono un senso. Vederla lì, una guerriera potente e coraggiosa come lei, impossibilitata a reagire a causa della relazione di quell’umana con il proprio sovrano...minacciata da colui che avrebbe dovuta proteggerla.......a causa di una mortale....

Il Principe vide la soddisfazione negli occhi dell’umana e finalmente si rese conto che era stato l’amore per il padre a renderlo cieco e sordo.

Tutti gli umani erano avidi e crudeli e finalmente Hanna aveva ciò a cui aveva sempre ambito: l’appoggio incondizionato del Re ed il suo potere!

Osservò inorridito suo padre sostenerla e puntare egli stesso la lama della spada verso la sua guerriera più devota. 

Ciò che Tauriel aveva predetto e temuto si era avverato!

Sfoderò la spada e corse a fermare il Re “Se le fai del male...” sibilò quando suo padre si voltò indispettito “...dovrai uccidermi!”.

Thranduil apparve ferito dinanzi al suo attacco e abbassò lo sguardo.

“Vengo con te!” Le disse, capendo che per il momento avrebbero dovuto arrangiarsi da soli contro l’esercito in arrivo.

Tauriel furiosa e abbattuta si avviò verso Ravenhill più che decisa a non vacillare per il bene del regno.

 

*

 

Thranduil, diede delle direttive per tenere al sicuro la Principessa e subito dopo si voltò per avviarsi verso la prossima destinazione, fermandosi appena percepì l’eco dei propri passi.

Si voltò, vedendo Hanna dietro di lui che lo fissava a braccia conserte, non si era accorto che non fosse andata con la figlia.

“Torna alla tenda!” Le ordinò “No!” Venendo bloccato dal suo rifiuto.

Si voltò furente “Non c’è tempo per questo!” Le sibilò contro “Io vengo con te!” Si puntò lei vedendo chiaramente il dolore negli occhi del compagno.

“Aranel ha bisogno di te!” Le ricordò.

“Aranel sta benissimo! C’è Sara con lei, assieme ai tuoi elfi migliori!” Hanna era testarda quanto un nano quando ci si metteva d’impegno.

“Devi proteggerla!” Non cedette lui.

“Lo farà Sara. È un ottima guerriera, l’hai addestrata tu stesso!” Disse Hanna facendo un passo verso di lui.

“Va bene. Tanto non ci vorrà molto!” Cedette alla fine il Re.

“Ma....dove vai?” Hanna aveva dei sospetti, ma voleva esserne certa.

“Bisogna creare un perimetro!” Rispose lui senza guardarla.

“Devi trovare tuo figlio!” Si preoccupò lei.

“Lui starà bene!” Disse secco il Re.

“Thranduil....” sussurrò lei attirando la sua attenzione “...c’è un esercito in arrivo! Non pensare ai nani, ma a lui!” Lo incoraggiò.

“Credi che combatterei al fianco di coloro che ci hanno fatto questo?!” Thranduil parve cogliere il suo dubbio, reagendo con rabbia di fronte ad un interrogativo che mai avrebbe dovuto essere posto.

“No!” Rispose sinceramente lei “Credo che non abbandoneresti tuo figlio. E non ignorerai un esercito di orchi in arrivo!” Chiarì.

Thranduil parve rifletterci, per voltarsi verso i pochi elfi rimasti al suo seguito e dare degli ordini in elfico.

Appena le guardie scomparvero alla vista guardò Hanna “Vieni con me?”.

“Ma che razza di domande fai!?” Le domandò lei offesa “Non avrò fatto i voti nuziali, ma il mio sempre era vero!” Hanna si fermò come se avesse appena dimenticato cosa doveva fare “Loro....sono andati a chiamare i rinforzi?” Chiese incerta.

“Ho detto loro di ritirarsi!” Rispose lui con estrema ed insolita calma “Non rischio altre vite immortali costringendoli a fronteggiare il nemico quando siamo numericamente inferiori! In due attireremmo meno attenzione facendo più veloce!” La rassicurò.

“Da soli contro un esercito?” Rifletté Hanna ad alta voce “Non sei più nell’arena, ricordi?” Riuscì a scherzare non avendo altre orecchie appuntite in ascolto.

“Legolas è lassù! Non lo abbandono!” Rispose mortalmente serio lui.

“Ma gli elfi.....ti seguirebbero!” Tentennò lei sapendo che in caso qualcuno li avesse seguiti, sarebbe stata una sua responsabilità.

“Non approfitterei mai della loro lealtà!” La illuminò lui.

“Quindi prendiamo Legolas e torniamo qui? E l’esercito in arrivo?” Si arrese lei.

“Lo accoglieremo una volta tornati. Avremo un vantaggio fra queste mura!” Le svelò il sovrano prima di avviarsi.

 

*

 

Hanna scese dall’alce con un balzo, non risentendo troppo dell’altezza dell’imponente animale.

Thranduil le fu subito dietro e dopo aver fatto un cenno con il quale il megacero si era allontanato, cominciarono a salire verso il punto più alto delle rovine.

La ragazza, un volta in cima, dovette fermarsi per riprendere fiato. 

Il peso dell’armatura stava aumentando con il passare del tempo, ma era essenziale per proteggersi da eventuali frecce avvelenate, spade e altro.

Bastò salire di poco perché venissero travolti da numerosi goblin.

Thranduil le aveva detto più volte che spesso venivano mandati come distrazione prima che il vero esercito attaccasse. Questo voleva solo dire che avevano poco tempo!

Il problema era che gridare il nome del Principe per attirare la sua attenzione era un opzione da escludere perché avrebbe significato attirare anche i nemici.

Hanna percepì l’adrenalina spingerla a muoversi e dovette sforzarsi nel non saltare o fare mosse troppo sofisticate per guardarsi dal consumare le energie rimaste.

I pugnali fendevano l’aria prima di scontrarsi con le armature dei goblin o affondare nella loro carne, ma non erano avversari pericolosi.

La ragazza lo percepì più simile a un allenamento che a uno scontro vero e proprio....

Rilassarsi si rivelò una mossa sbagliata, perché quando il primo orco sbucò all’improvviso fra i goblin, venne colta completamente di sorpresa.

Un fendente la privò di uno dei pugnali, ma il colpo successivo venne parato da un certo elfo. 

La foga del combattimento era tale che Hanna perse l’orientamento sul terreno di scontro e un passo falso, fatto per dare spazio al compagno, la fece cadere all’indietro, nel vuoto.

Colpì il terreno con forza più volte, prima di fermarsi.

Appena si fu ripresa a sufficienza alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Thranduil finire l’orco che l’aveva attaccata.

La discesa non era molto ripida, permettendo alla sua caduta di non essere troppo violenta e veloce e di scorgere il Re elfico sulle rovine.

Si mise in piedi sentendo chiaramente ogni livido che la caduta le aveva procurato, benedicendo l’armatura che l’aveva protetta da gravi lesioni.

Bastò un’occhiata d’intesa perché riprendessero entrambi a combattere.

Hanna vide l’elfo muoversi in una direzione e lo seguì, intenzionata a raggiungerlo per combattere al suo fianco, non volendo che fossero entrambi soli e vulnerabili.

 

*

 

Legolas correva veloce.

Desiderava sfogarsi, ne sentiva la necessità e il numero di orchi da affrontare gli concedeva una bona possibilità.

Il suo occhio attento vide un piccolo gruppo di orchi muoversi furtivamente fra le rocce a metà strada tra Dale e Ravenhill.

Non volevano essere visti e Legolas si vide costretto a fermare la propria corsa, sentendo un tremendo sospetto stringergli il petto.

Poi i suoi occhi scorsero l’enorme figura di Bolg che avanzava come se fosse inseguito da un drago sputafuoco.

Erano in guerra, perché agire all’ombra.

Quegli orchi puntavano a un obbiettivo preciso!

Per quanto fosse arrabbiato, non avrebbe abbandonato il proprio Re e decise di tornare da dove era venuto sulle tracce degli orchi.

Fece in modo di essere il più silenzioso possibile, premurandosi di nascondersi alla vista di quegli orchi sospetti, non notando il grosso megacero che galoppava verso Ravenhill.

Una volta in città agì troppo frettolosamente con il risultato di allertare Bolg e spingerlo a nascondersi per fargli perdere le tracce.

Ma conoscendo il suo obbiettivo, il Principe non si lasciò distrarre dalla pista appena persa.

Una volta raggiunta la piazza principale notò con sgomento che la tenda reale era stata rasa al suolo e del padre non c’era traccia.

Decise di concentrarsi sui luoghi dove gli elfi erano radunati, desiderando di scorgere il padre fra di loro.

Sara notò il Principe spiando dall’interno delle mura di una casa diroccata e si chiese cosa diavolo ci stesse facendo lì, per poi ricordarsi che il copione era stato modificato dalla sua sola presenza.

Legolas sembrava posseduto mentre correva da una parte all’altra della città, ma cercò di non preoccuparsi troppo di quell’elfo tedioso appena lo vide scomparire in un vicolo.

Trafisse l’ennesimo orco che tentava di neutralizzarla per arrivare alla Principessa, ma notando quanti fossero, erano veramente pochi coloro che riuscivano a sfondare le linee elfiche.

Quel momento di quiete, o meglio controllo, venne sbriciolato come il muro della casa, colpita da un enorme mazza.

Un gigantesco troll la costrinse ad uscire e correre dietro agli abitanti in fuga nel tentativo di distrarre l’enorme bestia, cosa resa difficile dal prezioso tesoro che portava in braccio.

Gli elfi furono rapidi nel frapporsi fra lei e il pericolo, ma questa fuga frettolosa la vide costretta a correre in mezzo al fiume di gente che cercava riparo, impossibilitata a cambiare strada per il rischio di essere travolta dalla foga con cui le persone correvano e si spingevano.

Fu così che si ritrovò sola in una parte della città che non conosceva.

Invece di restare con i suoi simili, con il rischio di metterli in pericolo, Sara si nascose in una strada fin troppo silenziosa. Anche sentendo i rumori della battaglia in lontananza, senza il pericolo immediato, non stava tranquilla.

Cominciò a camminare, sperando di vedere sbucare un’armatura elfica dorata, sapendo bene che chiamarli era la scelta peggiore che potesse prendere.

Saltava appena percepiva un rumore, ma incrociò solo uomini terrorizzati.

Un verso profondo e gutturale, rotto da passi pesanti la costrinse a nascondersi dietro ad un vecchio carro, osservando con orrore un troll farsi strada guidato dall’olfatto, falciando e lanciando in aria pochi contadini che tentavano di bloccarlo.

Quando anche l’ultima persona venne schiacciata, lasciò Aranel sperando che avrebbe obbedito e andò incontro al nemico, sapendo bene che avrebbe potuto fare poco se si fosse avvicinato troppo.

Decise di usare un arma più grande, sguainando la spada e di puntare tutto sulla propria agilità, evitando i colpi di mazza potenti ma decisamente lenti per i suoi standard, puntando ad avvicinarsi per infliggere quante più possibili ferite.

Ma non si era mai trovata da sola in combattimento e trovò estremamente difficile controllare che Aranel fosse al sicuro. 

Sceglieva sempre il momento sbagliato per abbassare la guardia, vedendosi costretta a concentrarsi unicamente sullo scontro se voleva avere qualche possibilità.

Alla fine riuscì ad infliggere un unico colpo mortale, trafiggendo lì dove la carne era morbida, ma un ultimo contrattacco la prese sul fianco, sbattendola in terra.

Rimase stordita a terra un momento, ansimando dolorante e sforzandosi ad alzarsi o almeno rivolgere nuovamente l’attenzione verso l’avversario, per non essere troppo vulnerabile.

Ma alzando la testa, potè osservare con soddisfazione il troll mentre crollava nel mezzo del viale.

Il sollievo durò l’attimo di un respiro, perché quando girò la testa per guardare Aranel notò Bolg che a grandi passi le si avvicinava.

La bambina era troppo spaventata ed il primo istinto la fece restare immobile di fronte al pericolo imminente, credendo erroneamente che mettersi sotto al carro la potesse proteggere.

“Non ti azzardare!” Sara venne colta da una scarica di adrenalina e scattò, alzandosi in piedi per correre verso il nemico, tentando di attirare l’attenzione dell’imponente orco, senza successo.

Si mise fra predatore e preda appena in tempo ma a lui bastò un calcio per farla rovinare dolorante in terra.

Era stato troppo forte, troppo veloce e inaspettato!

“Noo!” Un grido acuto si levò dalla ragazza quando vide quella creatura immonda sollevare il carro come se non pesasse niente e la Principessa indietreggiare con il viso bagnato di lacrime.

L’orco parve gongolare nel vedere una preda indifesa alla sua mercé e questo fu sufficiente perché qualcosa travolgesse lui e i suoi uomini appena giunti.

Sara ansimò, faticando non poco nel sollevarsi sugli avambracci per vedere cosa li avesse travolti.

Fu con sollievo che vide Kalos prendere Aranel per mano e correre verso di lei.

“C’è mancato...v-veramente poco!” Il giovane mago era impaurito, ma sembrava che lo stesse gestendo bene.

Bolg non ci mise molto a rimettersi in piedi, furioso che un momento del genere fosse stato interrotto da un ragazzo.

Con un ringhiò annunciò la propria carica, affiancato da altri grossi orchi, piccoli se confrontati a lui.

Sara si costrinse ad alzarsi dolorante e Kalos si mise in posizione sperando che la magia non venisse meno proprio nel momento del bisogno.

Ma questa volta a fermare Bolg fu il verso agonizzante di un sottoposto che emise prima di cadere in terra esanime.

Legolas comparve dal nulla, togliendo l’arco per sfoderare due pugnali lucenti.

L’orco apparve attratto dallo scontro e urlò qualcosa agli altri che si concentrarono sul mago e la ragazza.

Sara ingoiò un boccone amaro. Anche con Legolas a proteggerli, la loro sopravvivenza si reggeva ad un filo di seta!

 

*

 

Thranduil arrivò in cima alla scalinata e dovette riprendere fiato a causa della corsa.

Hanna non si trovava nemmeno lì!

Una volta giunti fra le rovine, i goblin li avevano accerchiati e nella confusione, erano stati divisi!

La preoccupazione era peggio della lama di un orco nella gamba.

L’elfo venne distratto da un combattimento brutale che attirò la sua attenzione.

Azog e Thorin stavano affrontando una battaglia mortale.

Il nano indietreggiava e schivava i potenti colpi dell’avversario, usano la sua statura minuta per avere maggiore velocità rispetto alla mole dell’orco.

Thorin tentò più volte di affondare un colpo mortale fra le aperture dell’armatura di Azog, ma le grosse spade dell’avversario fungevano sia da scudo che da armi di morte.

Thranduil si sarebbe volentieri voltato per non dover più posare gli occhi su quell’essere meschino, ma il suo avversario, se sconfitto, poteva decidere le sorti della guerra.

Sospirò furioso e corse verso i due per poter tagliare la testa al comandante così da disperdere e finire le sue truppe.

Thorin parò un colpo, ritrovandosi a dover fare un gioco di forza per evitare che la lama avversaria lo tagliasse in due. Sbarrò gli occhi quando vide l’elfo andare in suo soccorso.

Anche Azog lo notò, in tempo da riuscire a schivare il fendente diretto al suo collo, indietreggiando per averli entrambi davanti a sé.

Il nano non riuscì a dire niente perché il Re degli elfi partì subito all’attacco ingaggiando uno scontro a due con Azog. 

Thorin comprese sentendo la rabbia tornare: era l’orco che gli interessava, non la sua incolumità! 

Come poteva un pensiero tanto assurdo essergli passato per la testa? Doveva essere da molto che combattevano, la stanchezza gli faceva dare i numeri!

Ma era un suo dovere uccidere Azog in quanto assassino di suo nonno!

Quel damerino perfetto non poteva rubargli l’avversario!

Thorin decise di ignorare la presenza del Re elfico cercando un buon punto da dove sferrare l’attacco successivo.

L’elfo costrinse l’orco ad indietreggiare fra le rovine di Ravenhill optando per un’attacco rapido ed aggressivo, ma l’avversario sembrava divertito e questo suo comportamento costrinse Thranduil a fermarsi. 

Azog lo attaccò ma l’elfo non cadde nella trappola.

Il Re acuì al massimo i sensi, consapevole che altri orchi fossero nelle vicinanze e si voltò appena in tempo per intercettarne uno. Riuscì solo a deviare la lama, venendo travolto dal grande orco e ritrovandosi a terra con la schiena dolorante.

Il rumore della sua spada che cozzava con la roccia divenne sempre più distante.

Mentre bloccava le pugnalate con le protezioni in acciaio poste sugli avambracci, Thranduil vide con la coda dell’occhio, Azog avvicinarsi lentamente, pronto a staccargli la testa.

Ma prima che lo potesse anche solo sfiorare Thorin gli si lanciò contro, facendo cadere entrambi verso un piano più in basso.

Il sovrano elfico afferrò il pugno che teneva l’arma e fece affondare la lama nel collo dell’orco che emise un verso di dolore agitandosi in agonia, permettendo al Re di toglierselo di dosso.

Thranduil non perse tempo e dopo aver ucciso altri orchi venuti in soccorso dell’orco pallido, vide che lo scontro si era spostato sul lago ghiacciato.

Corse verso di loro e quando era a pochi passi di distanza, la lama attaccata all’arto mancante di Azog, affondò nel petto di Thorin facendo sussultare e spalancare la bocca al nano per il dolore.

Il Re attaccò perdendo subito la presa sull’unica spada rimasta quando la mazza dell’avversario lo colpì alla mano facendola aprire e scivolare fuori.

Questo non destabilizzò l’elfo, abituato a combattere con molto meno.

L’attenzione di Azog si spostò completamente su di lui.

L’orco menò numerosi fendenti con l’intento di porre fine allo scontro il prima possibile. Si affidava alla forza bruta e nonostante il peso dell’armatura che lo rallentava, Thranduil riuscì ad evitare ogni colpo.

Dal cadavere di uno dei sottoposti di Azog, ignorando il dolore della mano lesa, sottrasse una spada facendola cozzare con quella dell’orco pallido.

Thranduil cominciò una specie di danza, fatta di fendenti e schivando i colpi dell’avversario, costringendolo a girare in tondo. 

Una tecnica usata nell’arena contro avversari imponenti che vedevano nella loro stazza, l’arma vincente.

L’occhio dell’elfo cadde sulla lunga catena fissata al pesante masso usato come arma da demolizione e tirandola con forza unita ad un fendente preciso, spezzò la catena per poterla usare contro il nemico.

Fungeva solo da elemento di distrazione, ma l’orco restava comunque vigile su ogni movimento della spada. Questo non gli fece notare la catena in terra ed appena ci posò un piede sopra, il Re tirò con forza, facendolo cadere sul ghiaccio di schiena.

L’elfo gli fu subito addosso, bloccandogli l’arto mancante con un piede mentre con la mano libera gli afferrò il polso, tentando di allontanare l’altra spada che aveva parato il colpo mortale diretto alla gola di Azog.

“AZRAEL!”.

Quella voce fece tremare il Re e l’orco pallido approfittò di quel tentennamento liberando la mano dalla sua presa e colpendolo in testa con l’elsa della spada.

Stordito, l’elfo cadde di lato e non riuscì a schivare un calcio che lo fece scivolare sul ghiaccio fino a finire di schiena contro la parete rocciosa.

Anche se l’armatura aveva attutito il colpo, Thranduil l’aveva sentito!

Azog si rialzò con una rapidità sorprendente considerata la sua mole, ringhiando di piacere nel vedere l’elfo a terra.

L’elfo si alzò a fatica parando a stento un affondo, trovandosi costretto a mettersi sulla difensiva a causa delle due spade del nemico che sferzavano l’aria cercando di spezzare la sua vita.

“Dove sei?” La voce era più vicina. 

Non poteva rischiare di coinvolgerla nello scontro.

Il Re afferrò una lama con la mano poco prima che l’orco la rialzasse e la tirò a sé sfruttando la velocità per girare su se stesso e recidere l’atro ancora presente all’altezza del polso.

Azog urlò di dolore ed accecato dalla rabbia menò dei fendenti imprecisi e che lo destabilizzarono a causa della troppa forza utilizzata.

Ma l’orco lo sorprese, mettendo in un attacco due colpi di spada. Il secondo era inaspettato ed aprì un profondo squarcio nella coscia destra dell’elfo.

Thranduil emise un verso di fastidio, non volendo dare all’orco la soddisfazione di sentirlo gemere di dolore.

L’elfo vide poco distante sul ghiaccio, accanto alla parete rocciosa, la sua spada!

Approfittò della sicurezza del nemico per passare all’attacco, facendo indietreggiare l’avversario. Potevano sembrare un tentativo disperato, ma i colpi erano ben mirati e poco dopo la lama della seconda spada dell’orco, venne spezzata.

Il Re non perse tempo, prendendo la spada elfica ai suoi piedi sfruttò quell’apparente vulnerabilità che spinse l’orco ad un attacco immediato, e girandosi di scatto, affondando la lama nel petto di Azog.

L’orco reagì colpendolo con il nuovo arto monco, con talmente tanta forza, da farlo sbattere violentemente contro la parete rocciosa.

L’elfo era stanco, indebolito dal veleno della lama e non riuscì a frenare o attutire il colpo, cadendo subito dopo sul ghiaccio privo di sensi.

Azog, allontanatosi dall’elfo di pochi passi, si schiantò in terra agonizzante, agitandosi ed urlando in preda ad un dolore atroce, come se tentasse di scappare dalla morte che veloce lo stava raggiungendo.

Colpì il ghiaccio più volte, crepandolo, con le forze che diminuivano ad ogni pugno, ed infine, quando si spezzò emise un’ultimo sospiro. 

A sprofondare nelle acque gelide fu il suo corpo, ormai privo di vita.

Il silenzio che seguì veniva rotto solo dal vento che imperterrito soffiava sul campo di battaglia disseminato di cadaveri.

Thorin aveva assistito all’intero scontro sentendo un peso scivolargli dal cuore quando la lama elfica aveva squarciato le carni del nemico.

Era riuscito a trascinarsi sulla terra ferma avvicinandosi di più ai due combattenti, desiderando di poter infliggere il colpo mortale. Ma la perdita di sangue era abbondante e le forze gli erano mancate, inchiodandolo al terreno.

Il ghiaccio sul quale era stata combattuto lo scontro, stava cedendo. 

Le spaccature si intensificarono attorno al corpo privo di sensi del Re degli elfi e Thorin sapeva che non sarebbe riuscito ad arrivare in tempo. La sua ferita era mortale e nonostante l’elfo non si trovasse molto distante da lui, lo era fin troppo.

Il Re dei nani gemette in terra digrignando i denti a causa del dolore e ruotò la testa verso il più improbabile degli alleati. Ricordava come ore prima avesse puntato l’arco contro quel Re borioso, avendo voglia di porre fine alla sua vita per la sofferenza che la sua razza aveva inflitto ai nani di Erebor.

Più che deciso a vendicarsi di Re Legolas invece di rendersi conto di segnare il destino della sua compagnia se quella freccia avesse colpito il sovrano elfico.

Al contrario, quel nemico, puntando al nemico comune, era inconsciamente venuto in suo soccorso sul campo di battaglia. 

Cambiando anni di storia quando, finalmente, un’elfo ed un nano avevano combattuto fianco a fianco, dopo secoli di odio e disprezzo.

Il ghiaccio cedette all’improvviso ed il corpo dell’elfo sparì sotto la superficie.

Thorin sorrise di fronte al destino beffardo.

Thranduil aveva vinto lo scontro, ma perso la battaglia.

 

*

 

Sara odiava scappare!

Le ricordava i primi mesi di ribellione, quando erano troppo pochi per affrontare faccia a faccia le legioni di Glabro ed erano costretti a muoversi di Villa in Villa per ottenere viveri e restare nascosti.

Ma ora da questo dipendeva la vita di Aranel. Non credeva che per caso avessero incrociato la strada di Bolg che era proprio il figlio di Azog.

E le veniva difficile credere che l’orco avesse perso tempo nel giocare con la preda se l’intento fosse ucciderla.

Fortunatamente erano passati pochi minuti e Galion era giunto appena in tempo per recidere il braccio di un orco che si era avvicinato troppo alla Principessa.

Il consigliere le copriva le spalle ed un’altra guardia prese in braccio la Principessa che non la smetteva di chiamare a gran voce il padre.

Aranel aveva sempre avuto un rapporto speciale con Thranduil.

Forse perché era l’unico elfo che avesse mai visto da sempre, o forse gli anni di guerra avevano spinto il genitore ad essere aperto e non restio a mostrare il proprio amore.

Sara sussultò appena vide Aegnor impennarsi davanti ad un’orco e colpirlo con i suoi potenti zoccoli. Dov’era Thranduil? Il fedele destriero era sempre la sua ombra sul campo di battaglia!

Si, anche se fino a poco prima c’era Hanna sulla sua groppa.

E dov’era la sua amica?

Vedendo tornare gli elfi all’accampamento credeva che avrebbe scorto anche loro, ma non era stato così.....

Solo dopo si era ricordata di Ravenhill ed aveva pregato affinché andasse tutto bene.

Vide Kalos ingaggiare uno scontro con un enorme troll e vedendo che Aranel era al sicuro, andò in suo soccorso.

Aveva sempre avuto paura dei troll, a causa della loro stazza. Ma forse la fortuna l’avrebbe assistita così come con il primo!

Kalos combatteva più per restare vivo che per annientare il nemico.

Una volta all’interno delle mura aveva ingaggiato molti scontri senza obbiettivi precisi, ma quando l’occhio era caduto su una Sara in difficoltà prigioniera degli abitanti in fuga, aveva agito consapevolmente.

Cosa che gli era mancata vedendo Bolg in procinto di catturare la Principessa.

Kalos non sapeva cosa fosse successo, solo che una magia inconsapevole ma potente avesse neutralizzato momentaneamente il pericolo.

Era una fortuna che Sara fosse corsa in suo aiuto contro a un troll gigante, perché il mago era troppo distratto nel cercare una risposta ai propri dubbi, notando a malapena l’azione combinata di alcuni elfi e l’amica per abbattere l’orrenda bestia.

Sara urlò quando uno squarcio sul polpaccio la fece cadere in ginocchio sulla gamba sana, cercando disperatamente di non perdere la presa sulla spada.

L’uccisione del secondo troll l’aveva resa troppo spavalda ed ora questo era il prezzo che si vide costretta a pagare......

Ma il suono di una lama che tagliava qualcosa la fece voltare. 

L’orco che fino a pochi istanti prima tentava di approfittare della sua debolezza era immobile, con la punta di una spada che spuntava dal suo collo.

Cadde in terra privo di vita e la ragazza si salvò per un pelo dall’essere schiacciata.

Legolas la osservò sorpreso di trovarla sola.

“Ma...ma....” lo spavento impediva a Sara di esprimere i propri pensieri!

“È tutto finito! Sei al sicuro adesso!” La calmò lui aiutandola ad alzarsi.

“Tu non dovevi essere a Ravenhill?” Chiese Sara ritrovando la propria voce.

“Che domande fai? Mi hai visto che combattevo contro Bolg!” Rispose lui apparendo più cordiale di quanto non fosse mai stato con lei, nonostante la confusione che tale domanda aveva provocato.

“Infatti è da allora che desidero chiedertelo!” Specificò Sara.

“Perché sei sola?” Domandò il Principe gettando un occhiata ai combattimenti che infuriavano poco distanti.

“Lunga storia!” Rispose lei agitando una mano con noncuranza.

“Perché non sei a Ravenhill?” Ripropose il quesito lei.

“Lunga storia!” Le fece eco lui non imitando saggiamente, il suo gesto.

“Non sapevo fossi tanto permaloso!” Lo stuzzicò lei, nervosa una volta capito che non poteva immaginare dove fossero quei due se il Principe era con lei.

“Dov’è mio padre!?” Domandò Legolas, anche se a Sara parve più un ordine nonostante all’inizio mancasse il “dimmi”.

“È andato a cercarti!” Rispose sperando di avere ragione.

“Devo andare!” Disse Legolas credendo di sapere dove si fosse diretto il Re.

“Aspetta! C’è un esercito in arrivò lì! Tuo padre ti voleva qui! A proteggere Aranel!” Si impanicò Sara vedendo il numero di orchi non diminuire e sentire la testa cominciare a pulsare. La lama che l’aveva colpita doveva essere avvelenata....

“L’ho fatto! Ora è il mio Re ad avere bisogno della mia spada!” Affermò lui senza voltarsi.

“Ma Aranel....” “Mio Principe!” La voce di Galion interruppe la protesta “Gli orchi si ritirano! Attendiamo vostre istruzioni!” Disse confondendo l’umana.

“Create un perimetro sicuro all’interno della città e attendete il ritorno mio e del Re!” Ordinò Legolas incamminandosi prima che qualcuno dei due potesse dire solo una parola.

 

*

 

Hanna corse come se stesse camminando su dei carboni ardenti.

I polmoni bruciavano a causa dell’aria fredda ed il peso dell’armatura non aiutava affatto!

Si fece strada fra le rovine e giunse appena in tempo per vedere......che la battaglia era conclusa!

Le rovine erano disseminate di cadaveri.

Il non incontrare più avversari avrebbe dovuto illuminarla, ma gli orchi erano imprevedibili, quindi dovette sforzarsi nel non abbassare la guardia di fronte ad eventuali superstiti.

Vide le aquile avvicinarsi e sorrise, prima che la preoccupazione facesse passare quell’attimo di quiete.

Un gemito la fece voltare verso il nano alla sua destra, riverso in terra. 

Ma vederlo non placò la sua disperazione. Osservò il campo dicendosi che Thranduil doveva trovarsi da un’altra parte, forse stava combattendo contro qualche orco mentre era sceso a cercarla?!

“Dov’è?” Urlò in preda ad un angoscia tremenda.

Il nano la guardò smarrito, confuso a causa della grande perdita di sangue.

“Dov’è Thranduil!?” Il nome risvegliò la memoria di Thorin che sgranò gli occhi al ricordo voltandosi verso destra, fissando un punto dove il ghiaccio aveva ceduto.

Hanna sentì il suo stomaco contrarsi appena riconobbe la spada di Thranduil sul bordo intatto del ghiaccio e i deboli gesti del nano che indicava verso il basso, non migliorarono il suo stato d’animo.

Corse verso quel punto e si inginocchiò sul bordo del giaccio spezzato.

Osservò lo specchio d’acqua, vedendo la propria faccia!

Era talmente limpida che rifletteva il paesaggio circostante, non permettendole di scorgere niente oltre la superficie.

Sospirò frustrata ed afferrò un pugnale per tagliare le cinghie dell’armatura, togliendosela velocemente. 

Esito un momento, per poi tuffarsi nelle acque gelide.

Percepì a malapena il freddo, la sua mente era concentrata su altro.

I brividi la fecero tremare, i piedi le facevano male e le mani stavano diventando insensibili........quando lo vide.

Thranduil aveva gli occhi chiusi come se dormisse profondamente, i capelli venivano mossi dalla corrente, le braccia erano sostenute dall’acqua.

Il peso dell’armatura l’aveva fatto adagiare sul fondale.

Hanna urlò, le bolle d’acqua le offuscarono la vista, nascondendo l’orrore che era costretta a guardare e dovette risalire per prende una boccata d’aria.

L’aria fredda le arrivò sulla fronte come mille chiodi di ferro e la gola bruciava come fosse in fiamme.

Ansimò per qualche secondo, costringendo i polmoni ad incamerare più aria possibile nonostante il dolore provocato dall’aria gelida, prima di immergersi di nuovo.

Afferrò Thranduil per un braccio e si diede una spinta sul fondale per combattere il peso di un corpo che a stento riusciva a sostenere.

Fu in grado di uscire dall’acqua non perdendo la presa sul braccio dell’elfo ed una volta fuori fece emergere prima la testa e le spalle per poterlo tirare dalle braccia e far uscire completamente dall’acqua.

Stranamente, il suo cervello si chiese perché fosse tanto debole senza riflettere che era la persona ad essere molto pesante!

Una volta disteso Thranduil sul ghiaccio, si accasciò per terra mettendosi a quattro zampe, ansimando per lo sforzo.

Alzò lo sguardo verso di lui. 

Era pallido e le labbra avevano assunto una sfumatura bluastra.

Era ancora svenuto......Hanna sentì l’urgenza crescere ogni secondo!

Gli schiaffeggiò insistentemente una guancia nel tentativo di ottenere una qualche reazione, chiamandolo “Thranduil! Ehi, riesci a sentirmi?”.

Tremò, ma non di freddo, quando mettendo la guancia sopra alla sua bocca non percepì l’aria raggiungere la sua pelle bagnata.

Sentì Bilbo raggiungere Thorin pregandolo di resistere, ma li ignorò.

Una delle poche cose che ricordava delle lezioni che Sara inconsciamente le dava ripetendo le cose studiate, era che il cervello non poteva resistere per più di cinque minuti senza ossigeno! O forse erano tre?

Tremando inclinò la testa all’indietro ed aprì leggermente la bocca.

Una volta tappato il naso poggiò le labbra su quelle di lui e soffiò energicamente.

Il petto di Thranduil si sollevò facendo muovere l’armatura, ma le due dita sulla carotide non percepirono alcun battito, confermando una terribile verità!

“No, no, no, no, no, no!” Sussurrò terrorizzata, singhiozzando.

Non ottenne alcuna reazione come sperava, quindi tagliò i lacci degli spallacci e gli tolse l’armatura per potergli fare il massaggio cardiaco.

“Si, posso farlo.....” disse per niente convinta. Sara le aveva ripetuto la lezione di primo soccorso seguita, con un entusiasmo ed una precisione tali, da permetterle di sapere cosa e come farlo. Almeno sperava!

Una volta cominciate le compressioni non si trattenne ed urlò in preda alla disperazione “Andiamo respira!”. 

Era inutile urlare ma il panico aveva preso il sopravvento.

Era tutt’altra cosa rianimare una persona, ma non doveva cedere al panico.

Non sapeva da quanto tempo Thranduil fosse in acqua né per quanto fosse rimasto cosciente!

Fece nuovamente la respirazione bocca a bocca all’elfo, cercando di ignorare quanto fossero fredde quelle labbra che avevano sempre ricambiato con amore i suoi baci, ora gelide e bianche quanto la neve che li circondava.

“Thranduil! Non farmi questo!” Gridò scuotendolo per le spalle.

Soffiò di nuovo nei suoi polmoni sentendo il sapore delle proprie lacrime che scendevano copiose bagnandole le guance. Percepì dei movimenti ma decise di non prenderli in considerazione.

Se fossero stati orchi sarebbero stati molto più rumorosi, quindi decise di ignorare il nuovo arrivato non distogliendo l’attenzione da Thranduil.

Se Hanna si fosse voltata non avrebbe potuto fare molto per placare l’angoscia che attanagliava Legolas.

Vedere il padre in quelle condizioni era sempre stato uno dei suoi incubi. Lì, per terra, privo di vita....il giovane elfo non lo credeva più possibile da quando, contro ogni aspettativa, era tornato dopo molti anni. 

Ma ora rischiava di perderlo nuovamente e stavolta per sempre!

Eppure la determinazione che Hanna mostrava mentre tentava di svegliarlo gli infuse un po’ di coraggio.

Legolas si sentiva uno stupido ad aver dubitato di lei. Si erano dovuti trovare in quella disperata situazione affinché il velo del dubbio fosse reciso?!

Hanna percepiva la disperazione aumentare man mano che il tempo passava.

Mentre faceva il massaggio osservò il viso di Thranduil calmo e rilassato....

Poggiò di nuovo le labbra sulle sue respirando per lui. Quando si staccò, vide il petto abbassarsi lentamente per poi restare fermo e cominciò a piangere.

“Forza Thranduil!” Soffiò di nuovo “Svegliati!” Questa volta gli diede uno schiaffo.

“Combatti........” sussurrò poggiando la fronte sulla sua, accarezzandogli le guance con entrambe le mani  “....andiamo respira!” Spinse di nuovo l’aria nei suoi polmoni e si staccò per osservarlo, ma i suoi occhi non si aprirono, celando quelle sfere azzurre e profonde come il mare.

“Per m-me! P-per i nostri figli!” Singhiozzò, rubando un’ultimo piccolo bacio.

Non c’era più niente da fare!

“Thran.......duil!” Pianse accarezzandogli il viso, detestando la sensazione delle mani fredde a contatto con la pelle gelida. 

“Thranduil!” Urlò disperata, piangendo e chiamandolo, desiderando che fosse tutto un terribile incubo dal quale potesse svegliarsi!

Legolas cadde in ginocchio comprendendo l’orrenda realtà. 

La speranza li aveva abbandonati! 

Era tornata assieme a suo padre. Se lui era riuscito a sopravvivere così a lungo, allora anche il popolo di Bosco Atro avrebbe avuto la forza necessaria per opporsi alla crescente oscurità! 

Ma ora, un enorme dolore aveva preso il suo posto.

 

Mi dispiace! Mi dispiace tantissimo credetemi!

Lo so, odiatemi pure, ma è così che sono andate le cose!

Cosa farà Hanna adesso?

Quale sarà il destino di Aranel ora senza la protezione di suo padre?

Le ragazze potranno restare?

Legolas come reagirà diventando Re nuovamente?

Eh si, tutte queste domande troveranno risposta solo nel prossimo capitolo!....che verrà pubblicato solo i primi di settembre......

Commenti, ed eventuali insulti li accetto consapevolmente.

A presto,

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Capitolo 28
*** Gli occhi di chi ne ha passate tante, il sorriso di chi le ha superate tutte ***


Sara serrò i denti e strinse i pugni quando un unguento maleodorante le venne applicato sulla ferita dopo un’accurata pulizia.

Non conosceva il guaritore che la stava medicando, neanche di vista dato che era un elfo di Lorien.

Il suo capitano aveva insistito affinché le venissero subito offerte delle cure mentre gli altri si accingevano a recuperare i feriti dal campo di battaglia.

La ragazza sorrise nel vedere Aranel gesticolare mentre parlava e Haldir ascoltare attentamente ciò che la piccola stava dicendo in elfico.

Gli elfi potevano apparire freddi e distaccati, ma se si trattava dei bambini, cambiavano atteggiamento.

Sara si alzò e zoppicante, li raggiunse.

“Aranel vieni, devi metterti vicino al fuoco!” La chiamò, trovando quella scusa patetica.

“Siete abile nel combattimento!” Si complimentò l’elfo stupendola. Non credeva che la sua lingua tagliente fosse capace di ammorbidirsi.

“Non abbastanza a quanto pare!” Rispose Sara indicandosi la gamba fasciata.

“Questo spiega come siate riuscita ad attirare l’attenzione del sovrano!” Affermò Haldir lanciandole uno sguardo saccente.

Sara si bloccò, per voltarsi e guardarlo furiosa “Ciò che corre tra me e il Re non è affar vostro!” Gli urlò contro.

“Non volevo essere inopportuno. Solitamente noi elfi non diamo confidenza agli umani!” Disse con non troppo interesse.

Sara si chiese se ci trovasse gusto nel provocarla “E perché state discutendo con un umana?” Chiese sperando di farlo tacere.

“Voi non siete un umana qualsiasi. Era scritto che le vostre strade si incrociassero!” Rispose lui lasciandola senza parole.

“Di cosa state parlando?” Chiese una volta ripresasi. Non le piaceva l’ombra di mistero che avvolgeva le sue parole.

“Chiedete a Re Thranduil quando tornerà!” Rispose lui enigmatico facendo ribollire il sangue di Sara.

Dama Galdriel sapeva di loro?

Thranduil aveva tenuto una corrispondenza con Lorien, sapeva qualcosa su di loro?

È per questo che non le aveva fatte andare via?

Sara si promise di cercare queste risposte, perché non le piaceva che da quando erano tornati, i segreti fossero aumentati.

 

*

 

Hanna osservò Thranduil che giaceva ancora immobile a terra.

Non doveva andare così! 

La sua presenza aveva cambiato irrimediabilmente gli eventi? Perché era stata tanto egoista da restare?

Non voleva un amore così. Lacerato, distrutto da qualcosa di terribile e potente come la morte!

Aveva lottato e sofferto così tanto che si meritava qualcosa di complesso, intenso....indistruttibile!

Sentì una tristezza opprimente invaderla, insieme ad un immenso senso di solitudine.

Non poteva finire così!

Era arrabbiata con Thranduil, la stava lasciando sola, in un mondo a lei sconosciuto!

Lasciandosi guidare dall’ira sollevò una mano e tirò un pugno all’altezza dello sterno dell’elfo urlando disperata “SVEGLIATI!”. 

Il corpo si mosse leggermente sotto la forza di quel colpo, per poi tornare ad essere immobile. 

Hanna abbassò lo sguardo cominciando a singhiozzare, accasciandosi sul petto dell’amato.

Triste e sola, privata di quella dolce carezza piena d’amore o di solo un conforto, che non sarebbe mai bastato.

Passarono forse due secondi, prima che Thranduil sussultasse ed iniziasse a sputare acqua, facendole prendere un colpo!

Hanna fu veloce a girarlo su di un fianco “Thranduil!” “Ada!” Lo chiamarono entrambi sconvolti.

Hanna gli accarezzò dolcemente la schiena sentendo l’eccitazione crescere ad ogni respiro di Thranduil. Stava boccheggiando, ma era molto meglio del silenzio gelido e della figura immobile davanti a lei di pochi secondi prima.

“Ti ringrazio!” Se la situazione non fosse stata così critica, Hanna avrebbe riso in faccia a Legolas per l’espressione che aveva.

“Non devi!” Ammise “Se non fosse stato per me, non si sarebbe trovato su questa montagna!” Disse tirando un grosso sospiro di sollievo in contemporanea con Thranduil, il cui respiro si stava calmando.

“Mio padre non si è mai lasciato convincere da nessuno! È stata una sua decisione!” Precisò Legolas “Un’ottima decisione!” Affermò guardando Hanna con ammirazione.

“Ci voleva tutto questo perché la smettessi di essere un irritabile rompiscatole?” Domandò Hanna sollevata che Legolas finalmente le mostrasse delle emozioni differenti da rabbia, diffidenza ed odio.

Legolas poggiò una mano sul braccio del padre, sistemandosi dietro di lui.

Thranduil era sdraiato lateralmente ed il respiro lento e irregolare indicava che fosse ancora incosciente. Ogni tanto tossiva, ansimando subito dopo per lo sforzo.

Il ghiaccio cominciò a creparsi, costringendoli ad afferrare il corpo del Re e trascinarlo sulla terraferma.

“So che vuoi delle risposte!” Fu Hanna a rompere il silenzio scomodo calato fra loro “Ma sappi che nemmeno io so con precisione cos’ha passato prima che lo incontrassi!” Ammise.

“Dove vi siete conosciuti?” Chiese Legolas con uno sguardo pieno di speranza.

La ragazza esitò un momento, guardandosi attorno nel tentativo di trovare una scusa per non affrontare quel discorso, ma alla fine si arrese “Eravamo entrambi prigionieri!” Cominciò a raccontare Hanna “Siamo scappati. Per noi donne conveniva restare con gli uomini. Allora non sapevo combattere!” Era consapevole di stare tradendo Thranduil, anche se in piccola parte dato che aveva omesso la maggior parte dei particolari.

“Da quando siamo fuggiti il suo unico desiderio è stato tornare.....” Hanna esitò “...da te!” Legolas emise un sospiro che sapeva molto di pianto.

“Digli che lo perdono!” Disse lui alzandosi di scatto.

“Come?” Hanna sentì il panico afferrarla, cosa voleva dire?!

“E che tornerò a casa un giorno!” Concluse Legolas avviandosi.

“Aspetta....” Hanna gattonò poco prima di fermarsi ed alzarsi in piedi “..non puoi lasciarlo così!” Protestò “Ti prego!” Hanna odiava le suppliche, perché le ricordavano molto la scuola di recitazione, ma si costrinse ad attingere alle emozioni di Legolas nel tentativo di convincerlo.

Ci riuscì dato che l’elfo tornò sui suoi passi.

Vide in lontananza le guardie e controllò un’ultima volta i segni vitali del compagno prima di alzarsi e sbracciarsi per esortare gli elfi ad essere veloci.

Faceva un freddo cane!

 

*

 

L’elfa camminava trascinando i piedi.

La polvere sollevata, piena di nevischio, veniva trasportata via del vento.

L’armatura era imbrattata di sangue, ma non aveva importanza.

Per la prima volta dopo secoli risentì un antico dolore travolgerla.

Era sola.

Privata di tutto, di nuovo.

Stavolta però erano state le sue azioni a portarla dove si trovava.

Aveva assistito impotente alla morte di colui che sarebbe potuto diventare di più, forse il suo cuore già lo considerava tale.

Non aveva trovato la forza per vendicarlo, l’aveva deluso su tutti i fronti.

Se quel dolore sembrava impossibile da sopportare, vedere il Re privo di vita accanto all’umana era stato troppo.

Percepiva appena la ferita sul fianco, provocatale da Bolg, che sanguinava copiosamente.

L’agonia dell’anima era straziante se paragonata a quella del corpo.

Era pronta a chiedere scusa, ma ora colui che l’aveva cresciuta e protetta, che le aveva fatto credere che la sua vita non fosse finita con la morte della sua famiglia, non c’era più.

Se non fosse corsa dietro a Kili, forse avrebbe potuto proteggere il Re. Se Legolas fosse venuto con lei le avrebbe ricordato il suo giuramento, non permettendo ai dei sentimenti acerbi di controllarla.

C’erano troppi se in una singola frase.

L’elfa barcollò a causa della perdita di sangue, ma riuscì a rimanere in piedi.

Bordi neri cominciarono a comparire nella vista già appannata.

Si nascose dietro una colonna quando intravide Legolas giungere, o forse era già lì?Sentì il senso di colpa crescere nel vedere l’amico d’infanzia vivere per la seconda volta quell’esperienza traumatica. 

E questa volta non c’erano dubbi, solo certezza!

Non volendo morire accanto al suo Re, sentendo di non meritarlo, tornò sui suoi passi e riuscì a raggiungere il corpo del nano prima che le forze venissero meno e l’incoscienza la reclamasse.

Sapeva che non si sarebbe svegliata più, ma era meglio morire che vivere con quel dolore!

 

*

 

Hanna ansimò, poggiando le mani sulle ginocchia. Si sentiva sfinita, ma muoversi la aiutava con il freddo.

Andava così veloce che precedette l’arrivo degli elfi all’accampamento, il che fu una fortuna, perché intercettò Sara che teneva Aranel per mano.

Sembravano stare bene, nonostante il pesante bendaggio alla gamba che poteva vedere spuntare dai pantaloni strappati.

Ma sua figlia era illesa e si sentì in colpa percependo il sollievo che credeva inappropriato.

La figlia si illuminò vedendo la madre e nonostante lei volesse prenderla, abbracciarla e non lasciarla più andare, sapeva che presto le guardie sarebbero giunte.

“Aranel.....” sussurrò quando la piccola corse fra le sue braccia “....ora Sara ti porta a fare un giro a cavallo! Ti va?” Chiese fissando l’amica che la guardò stranita.

“Ma io voglio restare con te!” Si lamentò la figlia, facendo sorgere dei dubbi alla madre. Non si trovavano nella tenda, anzi, osservando con attenzione era stata parzialmente abbattuta. Cos’aveva visto della guerra? Cos’era successo in sua assenza? Perché non era rimasta lei a proteggerla?

Hanna ingoiò il groppo in gola e scelse accuratamente le prossime parole “Se fai come dico ti prometto che stanotte potremmo dormiremo insieme!” Disse ricordando quanto a sua figlia piacesse nonostante stesse diventando un po’ grande per certe attenzioni.

“Davvero!?” Chiese Aranel eccitata “Aegnor!” Chiamò con entusiasmo vedendo il cavallo poco lontano che attendeva paziente.

Hanna per anni aveva odiato la guerra, ambiente nel quale sua figlia era stata costretta a crescere. 

Più volte si erano ritrovate a camminare fra corpi senza vita e lei, essendo troppo piccola per parlare non aveva posto domande.

Ma ora, vedendola correre verso il grosso cavallo nero, fra i cadaveri, senza il minimo timore, benedì ciò che prima condannava.

“Di cosa parli? E per quale assurdo motivo sei bagnata dalla testa ai piedi? Ti prenderai un accidente!” Chiese Sara con il tono del “Non me la bevo!”.

“Tienila lontana dalla tenda dal Re!” Disse Hanna con concitazione voltandosi per vedere il gruppo in arrivo “Fino a quando io in persona non ti vengo a chiamare!” Le ordinò senza voltarsi a guardarla.

“Ora mi spaventi!” Si innervosì Sara, capendo che se voleva la figlia lontano non desiderava vedesse qualcosa.

“Spaventati dopo, ora va!” Insistette Hanna fulminandola, sospirando di sollievo quando la vide ubbidire.

Sara aveva messo Aranel in groppa al grosso cavallo e a passo veloce e zoppicante, era sparita dietro un angolo assieme ad un gruppo di guardie, appena in tempo perché il panico si scatenasse a causa dell’arrivo del Re.

I guaritori scattarono senza nemmeno conoscere la gravità della situazione.

Un sollievo dato che era disperata.

Hanna era così concentrata sulla scena che si stava svolgendo davanti a lei che non degnò della minima attenzione chiunque le avesse messo addosso una pesante coperta.

Si commosse nel vedere il Principe che portava suo padre fra le braccia assieme ad un altro elfo che però sosteneva solo le gambe del sovrano.

L’angoscia negli occhi di Legolas era struggente e nonostante procedesse a passo veloce, non staccava gli occhi dal Re.

Thranduil era pallido come la morte, ma l’urgenza nei movimenti di Legolas e la sua cura nel sostenerlo, mandavano il messaggio contrario!

I guaritori quasi lo travolsero, strappandogli il padre dalle braccia senza protestare davanti alla leggera resistenza del loro Principe.

Il sovrano venne portato velocemente nella sua tenda. La ragazza aveva rischiato di essere cacciata fuori, ma grazie a Legolas era potuta restare.

“È rimasto sott’acqua a lungo!” Il Principe non perse tempo ad informare i guaritori “Non respirava quando è stato tirato fuori!”.

Un guaritore aveva squarciato la stoffa preziosa senza tante cerimonie auscultando prima il cuore, poi i polmoni, apparendo ancora più spaventato quando il Re cominciò a tossire.

Hanna era ancora molto inesperta con l’elfico e mai prima di allora avrebbe tanto voluto saperlo parlare correttamente, non capendo cosa si stessero dicendo gli elfi.

Fu costretta a schivarli per quanto erano concentrati sul loro lavoro da non prestare attenzione a nessuno.

La ragazza si fece avanti per aiutare in qualsiasi modo, ma ricevette un rimprovero che non comprese.

“Fermi!” Com’era possibile che Legolas da tormentatore si fosse trasformato in protettore?!

“È stata lei a rianimarlo!” Svelò facendo diventare Hanna più rossa di un pomodoro “È grazie a lei se il Re vive!” Bastò questa frase perché gli elfi, lanciandole sguardi curiosi e sorpresi, le permettessero di fare qualunque cosa senza guardarla male o rimproverarla.

 

*

 

Sara camminava tristemente fra le rovine.

Alla fine salì in groppa pure lei, non riuscendo a sforzare la gamba più di tanto.

Si preoccupò di stare alla larga dai luoghi dove si trovavano i feriti o i cadaveri venivano allineati, per evitare un qualsiasi esperienza traumatica alla Principessa, ma anche per sé stessa.

I ribelli affrontavano ogni battaglia pieni di spirito ed anche in caso di numerose perdite, nonostante il dolore, riuscivano a mantenere un certo controllo, almeno apparente.

Erano guerrieri che si battevano per un ideale che si gonfiavano di orgoglio di fronte ad una morte sul campo di battaglia.

Invece gli abitanti di Dale non cercavano fama o gloria. 

Non bramavano la guerra, fatta di sangue e morte, ma tentavano di sfuggire all’oscurità che si faceva sempre più forte nel loro mondo.

Per questo un silenzio era calato nella città, rotto solo dai pianti o dai lamenti dei feriti.

Alla fine decise di tornare all’accampamento elfico. Aranel le si era poggiata sul ventre, cercando un abbraccio rassicurante, cercando con lo sguardo qualcuno. Probabilmente i genitori.....

Intenzionata a capire cosa stesse succedendo, abbandonò il cavallo, la affidò ad una guardia e si diresse verso ciò che restava della tenda reale, o meglio, ciò che gli elfi erano riusciti a recuperare.

Ma venne distratta da un’orrenda visione.

I corpi degli elfi venivano allineati e preparati per il trasporto. Avrebbero riposato nel loro bosco....erano centinaia.....

Una lampadina si accese nella sua mente e sentì l’urgenza crescere, spingendola a controllare ogni corpo, scostando i pochi teli usati su alcuni di loro.

Audial le aveva detto che avrebbe combattuto!

Fra i guaritori che correvano nell’accampamento non l’aveva ancora individuato.

Forse era stato ferito, oppure......

Decise di scartare la seconda opzione e corse verso la tenda dei feriti, ignorando tutto e tutti, alla ricerca dell’amico.

Ma più il tempo passava e minori erano le possibilità......

Alla fine si arrese e cominciò a chiedere ai guaritori se l’avessero visto.

“Audial.....qualcuno l’ha visto? Audial!” Chiamarlo a gran voce fu l’ultimo disperato tentativo, prima che un elfo la avvicinasse con uno sguardo cupo.

“Mia signora, il giovane è fra i caduti!” Quella semplice affermazione mandò in frantumi anche l’ultima speranza fino ad allora rimasta.

Sara sentì le lacrime bagnarle il viso, maledicendolo per averle confidato qualcosa di così potente prima della battaglia......

Perché le aveva confessato di amarla per andare a morire in battaglia subito dopo? E perché lei non gli aveva risposto?

Forse era meglio, forse non averlo detto a voce l’avrebbe fatta soffrire di meno.

Eppure il suo cuore sembrava non essere d’accordo mentre sanguinava sapendo che non l’avrebbe mai più rivisto....

“Lo vuole vedere.....” a quanto pare quell’elfo non odiava quelli della sua razza, perché sembrava capire il suo dolore e rispettarlo.

Sara scosse la testa. 

Già era difficile così. Desiderava ricordarselo vestito nella sua armatura dorata, mentre impacciato tentava di dichiararsi.

 

*

 

Arrivò la sera. Hanna camminava tesa per il campo. 

Aveva litigato a lungo con Galion, ma alla fine l’elfo era riuscita a staccarla dal fianco del Re e trascinarla in un’altra tenda per toglierle i vestiti bagnati di dosso.

La ragazza si guardò intorno con tristezza.

C’erano molti feriti, ma a preoccuparla era il comportamento degli elfi. Gli sguardi che le lanciavano ed i profondi inchini che le rivolgevano quando passava loro accanto.

La sua natura umana li aveva sempre fatti agire in modo diffidente nei suoi confronti ed invece ora potevano finalmente vedere che non era al potere, che la posizione al fianco del Re le avrebbe dato, a cui mirava!

Hanna entrò nella tenda senza esitare o essere fermata e si sedette su di una sedia accanto a Thranduil ignorando lo sguardo di Legolas.

I vestiti fradici erano stati sostituiti ed era seppellito sotto numerose coperte di lana.

“Cos’hanno detto i guaritori?” Domandò sentendo quanto fosse ancora freddo, toccandogli una mano.

“Non ti hanno informata?” Chiese Legolas di rimando “Non farei questa domanda se mi avessero già aggiornato!” Rispose lei. Cielo, trattenersi era dura!

“Trovano sorprendente che sia ancora vivo. I polmoni si sono indeboliti a causa dell’acqua, anche se era poca. Ha bisogno di molto riposo!” La informò Legolas.

Come a voler contraddire il figlio, Thranduil si mosse leggermente prima di aprire a fatica gli occhi.

“Ada?” Lo chiamò Legolas sollevato e preoccupato dalla confusione del padre.

“Siano ringraziati gli dei!” Lo accolse Hanna che ancora non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di lui immobile e pallido sdraiato su una distesa di ghiaccio.

“Vado a chiamare il guaritore...” disse Legolas per essere fermato da un debole “No..” da parte di Thranduil.

Il Principe si rimise a sedere, muovendo le gambe impaziente.

Il Re ci mise qualche minuto per orientarsi e la prima cosa che chiese fu “Cos’è successo?”.

“Azog è riuscito a metterti fuori combattimento!” Rispose Legolas “Sei caduto in acqua e sei annegato!” Raccontò senza esitazione.

“Come posso essere ancora in vita?” Domandò Thranduil con un sussurro confuso.

Legolas sorrise. Il primo vero sorriso, no secondo, che Hanna gli vedeva fare!

“Perdonami Ada, mi sono comportato in maniera egoista. Non ho mai pensato alla tua felicità, vedevo la sua presenza come una minaccia!” Disse Legolas indicando Hanna con un gesto del capo.

“Io minacciosa?! È un’aggettivo che non userei mai per descrivermi!” Ragionò Hanna “A parte quando qualcuno mi provoca, allora è un’altra storia. Ma direi che sono più prorompente! È lui che riesce ad incenerire le persone con uno sguardo!” Affermò riferendosi al Re con un sorriso.

“È stata lei a salvarti!” Svelò Legolas lanciandole uno sguardo pieno di gratitudine.

Anche il Principino aveva imparato ad ignorarla in quei momenti di auto critica.

Thranduil strinse con forza la mano della compagna e lei ricambiò lo sguardo sussurrando “Adesso stai bene! È tutto ciò che conta!” Con le lacrime agli occhi.

“Aranel?” Chiese il sovrano con il viso deformato dalla preoccupazione.

“È illesa!” Rispose Hanna tirando su col naso.

Il Principe si alzò con l’intenzione di uscire per dare un po’ di privacy quando il padre lo fermò nuovamente “C’è qualcosa che mi devi dire iôn nin(figlio mio)!”.

Il giovane si avvicinò al letto, incerto su come rispondere.

Il silenzio era interrotto solo dai respiri ansimanti del Re.

“Io vado da Aranel!” Disse Hanna alzandosi, ma incredibilmente fu Legolas a fermarla con un gesto della mano.

“Sento di dover partire, padre!” Rispose il Principe unendo le mani dietro la schiena.

Thranduil sospirò ed Hanna ebbe il sospetto che non fosse rassegnato, ma consapevole. Come faceva a conoscere già le intenzioni del figlio? 

Lei non aveva detto niente!

“Dove andrai?” Chiese il Re non sembrando contrariato dalle scelte del Principe.

“Non lo so!” Rispose Legolas sincero.

Si sentiva smarrito, perseguitato da un passato doloroso e diretto verso un futuro incerto. 

“Vai a Nord. Trova i Dúnedain, presto uno di loro con il suo coraggio distruggerà l’ombra. E diventerà ciò che è nato per essere!” Hanna si voltò nel sentire quelle parole, nascondendo un sorriso. Stentava a credere che quel birbante sarebbe diventato un grande Re.

E trovava buffo che Thranduil con presto intendesse una ventina di anni! Forse addirittura un po’ di più considerato che adesso aveva dieci anni.

Gli elfi avevano una percezione del tempo sfalsata. 

“Mio signore...” Legolas fece un passo in avanti esitante “....chiedo clemenza per Tauriel! Desidero che torni nel regno. So che non lo merita, ma chiedo che le venga concessa una seconda possibilità!” Implorò chinando il capo.

“Tutti meritano una seconda possibilità!” Disse Hanna ancor prima di pensarlo, sgranando gli occhi stranita quando il Principe la fissò incredulo.

Non sapeva dire chi fosse più sorpreso!

Il Re sorrise, acconsentendo con un cenno del capo.

“Legolas....” la smorfia di dolore che si dipinse sul volto del Re allarmò entrambi.

“Ada!” Il Principe afferrò una mano del padre preoccupato.

Thranduil aprì gli occhi apparendo incredibilmente stanco “Tua madre ti amava!” Hanna voleva assolutamente possedere il potere dell’invisibilità, anche solo per dieci secondi sarebbe andato benissimo!

Parlare con lui era un conto, davanti al figlio un’altro!

“Più di chiunque altro. Più della vita!” Disse Thranduil stringendo con forza la mano del figlio prima di assopirsi nuovamente.

Legolas prese una grossa boccata d’aria per poi abbassarsi e dare un delicato bacio sulla fronte del padre “Im melithon le an i uir. Tollen i lû nîn si boe bedin!”(Ti amerò per l’eternità. È giunto il mio momento, devo andare adesso!) disse alzandosi.

“Fai buon viaggio Legolas!” Lo salutò Hanna.

“È in ottime mani! Grazie Hanna, ti devo molto!” Disse Legolas voltandosi a guardarla “Spero di riuscire a ripagare questo debito un giorno!”.

“L’hai fatto oggi! Accettando la nostra relazione!” Rispose Hanna sentendosi rilassata come non lo era mai stata in presenza del Principe.

Gli corse dietro appena un’idea che reputava geniale, si fece largo nella sua testa.

“Legolas aspetta!” Se voleva attirare l’attenzione del Principe ci riuscì in pieno, dato che inciampando fece involontariamente lo sgambetto ad un elfo con il corpo, mandandolo di schiena in terra.

Hanna avrebbe riso se l’imbarazzo non l’avesse paralizzata.

Il Principe la raggiunse porgendole una mano per aiutarla a rialzarsi “Tutto bene?” Chiese divertito. 

Ora ci si metteva pure lui!

“Chiedilo a quel poveretto!” Rispose Hanna vedendo l’elfo ripulirsi i vestiti e trattenendo a stento lo sdegno. Essere la compagna del Re aveva i suoi vantaggi!

“Cosa volevi dirmi?” Domandò Legolas.

“Oh giusto...” Hanna si mise una mano in bocca facendo un fischio acuto e non passò molto prima che un nitrito rispondesse.

Aegnor si impennò davanti a loro una volta giunto.

Molti elfi si fermarono ad osservare lo splendido animale, consapevoli che fosse la cavalcatura del Re.

“È in ottima forma, come sempre!” Disse Hanna accarezzando il collo del cavallo “Ha visto molte battaglie e si è mostrato un amico fidato, anche se è testardo e irrequieto!” Raccontò la ragazza ricordando con soddisfazione Aegnor che prendeva a calci i soldati romani.

“È la cavalcatura del Re!” Ammise Legolas, ricordando bene la prima volta che suo padre gliel’aveva presentato.

“È vero. Ma ora tuo padre ha l’alce e lui non si è mostrato adatto per una vita sedentaria!” Disse Hanna porgendogli le redini “Prendilo. Che ti accompagni nel tuo viaggio. E forse un giorno ti riporterà a casa, come ha fatto con Thranduil!”.

 

*

 

Sara si era rifugiata dietro una tenda. Nascosta alla maggior parte dei presenti.

Coloro che la incrociavano, fingevano saggiamente di non vederla o cambiavano strada.

Fu così che Hanna la trovò. Tremante e distrutta.

Non servì chiedere niente, uno sguardo equivalse a un intero discorso.

Le si sedette accanto.

Si era cambiata i vestiti bagnati, anche se i capelli testimoniavano ancora che chissà come avesse fatto un bagno.

“Lui.....” Sara non volle insinuare qualcosa di così terribile, ma Hanna fu veloce a rassicurarla “Vive, ma è debole!”.

Sara voleva chiedere cosa fosse successo, ma si rese conto che ormai non importava.

Loro erano sopravvissuti, questo contava!

“Aveva detto di amarmi ed io sono scappata e ora è morto!” Disse Sara con voce rotta.

“È morto combattendo per il suo Re. Facendo ciò in cui credeva!” Le rispose Hanna per poi aggiungere tristemente “Mi dispiace!” Avendo capito fin da subito di chi stessero parlando. Non c’erano segreti fra loro.

“Sapevo cosa sarebbe successo, forse è per questo che non gli ho risposto....” disse Sara cominciando a singhiozzare.

“Sai forse non lo amavo nemmeno!” Ragionò Sara tirando su con il naso “Lo ammiravo molto, questo si!” Riconobbe “Ma se ami una persona, al ti amo dovresti rispondere con un anch’io....o un’altro ti amo....” si chiese per riprendere a piangere.

“Non è la regola!” Sospirò Hanna non avendo la forza di consolarla.

“Oh certo! Tu hai saltato il romanticismo baciandolo direttamente!” Ricordò Sara con rabbia facendo arrossire Hanna.

Dopo un momento cominciarono a ridere senza alcun controllo avendo risvegliato la memoria di ciò che non avrebbero mai creduto le avrebbe portate dove si trovavano ora.

Ma quel momento durò poco, prima che le risate di Sara si tramutassero in singhiozzi.

Per un amore che non esisteva, per un amico perso, per tutto quell’orrore a cui aveva assistito.

Le mancavano i ribelli che nonostante l’ignoranza, l’arroganza e l’orgoglio, riuscivano a godersi a pieno la vita. Forse sapere che il giorno seguente sarebbe potuto essere l’ultimo dava loro una forza sconosciuta, o una consapevolezza necessaria per poter sopravvivere.

O semplicemente erano solo degli sciocchi!

Mentre gli abitanti di Arda non avevano scelto di andare in guerra, di fronteggiare quel male. Non ancora almeno...

Probabilmente l’euforia data dalla libertà dava un’arma in più ai ribelli.

Sara avrebbe tanto voluto tornare in mezzo a quella confusione, invece che restare davanti a tutta quella sofferenza e quello sgomento, di fronte a un’eventualità che sempre avrebbe potuto colpire ognuno di loro.

Hanna le permise di sfogarsi, mentre osservava con tristezza il gran numero di corpi recuperati dal campo di battaglia.

Improvvisamente si alzò in piedi, con determinazione.

“Vieni, c’è bisogno di aiuto!” Sara osservò la mano che le porgeva con confusione.

“Hai intenzione di rimanere lì per terra, tutto il giorno? Possiamo aiutare, quindi muoviamoci!” La incitò.

Era dura, ma doveva farsi forza!

Sara le permise di aiutarla, costringendosi a rimandare il lutto a dopo.

Non era esperta, ma aveva le basi sufficienti per rendersi utile.

Ma prima di fare un solo passo, Hanna le afferrò una spalla “Io non riesco a tornare là....” ammise mentre le si spezzava il fiato “....ti prego. Potresti andare a vedere come sta il Re?”.

Quella semplice domanda parve scuotere Sara “Cosa gli è accaduto?” Chiese non capendo.

“È quasi annegato!” Sussurrò Hanna per poi scuotere la testa nel tentativo di togliersi quelle immagini dalla mente.

“Va bene andrò a controllarlo. Tu dove vai?” Chiese Sara preoccupata ma capendo che l’amica non sarebbe stata in grado di dirle di più.

“Devo aiutare i feriti, rendermi utile. Se resto ferma ho tempo per pensare e non voglio!” Ammise Hanna prima di avviarsi.

 

*

 

Sara raggiunse Galion aspettando che finisse di parlare con il capo guaritore.

“Come sta il Re?” Chiese appena l’elfo si allontanò.

“Mia signora è meglio che stiate con la Principessa!” Deviò discorso lui.

“Desidero vederlo!” Insistette guadagnandosi un sospiro esasperato.

“Solo pochi minuti!” Raccomandò prima di accompagnarla.

La ragazza si sedette su di una sedia al capezzale del Re, sentendo le lacrime arrivare, ma cercando con tutte le forze di bloccarle anche con la vista annebbiata.

Thranduil sibilava ogni volta che prendeva aria ed i respiri erano corti e veloci.

Sapeva bene che le prime ventiquattr’ore erano quelle decisive e vedendo che l’elfo era cianotico e in uno stato di sonnolenza, sentiva la paura aumentare.

“È vivo! È vivo! È vivo!”Ciò che la sua coscienza urlava non serviva a molto, specialmente quando, toccandogli la fronte sentì che era fredda al tatto.

“Presto, facciamolo distendere sul ventre!” Disse Sara scostando le pesanti coperte.

Si bloccò quando voltandosi vide Galion muoversi nervoso sul posto “Mi dai una mano o no!?” Chiese impaziente.

“Voi non siete ancora una guaritrice!” Affermò l’elfo puntando i piedi a terra.

“No, ma ho abbastanza conoscenze da sapere che in questa posizione rischia di soffocare! Dammi una mano!” Gli urlò, riuscendo finalmente a convincerlo.

Thranduil era molto pesante, ma con l’aiuto riuscì nel suo intento e ne uscì vittoriosa.

Sorrise al pensiero che forse, nonostante gli studi fatti in medicina, probabilmente non sapeva niente dell’anatomia elfica.

“Cosa gli è accaduto?” Chiese con un fil di voce.

Notando nuovamente la riluttanza del maggiordomo aggiunse “Riconosco i segni dell’annegamento. È grave e temo possa solo peggiorare!”.

“Il Principe Legolas ci ha informato che Lady Hanna lo ha salvato tirandolo fuori dall’acqua. Ha parlato di rianimazione, ma non conosco alcuna tecnica!” Raccontò Galion senza guardarla.

“Merda!” Disse Sara chinandosi sul sovrano.

“Cosa fate?” Chiese Galion indignato.

Aprendo gli occhi dell’elfo Sara si agitò ancora di più notando una debole risposta pupillare. Mise una mano sulla giugulare percependo un polso accelerato facendole venire in mente una sola parola “Tachicardia!”e tastò il busto sentendo due costole rotte.

Probabilmente l’ultimo danno lo aveva inferto Hanna con la rianimazione cardiopolmonare, ma vedendo le condizioni in cui versava il sovrano, comprese che l’aveva ripreso per un pelo, e non era sicura che ne fosse valsa la.....no!

Thranduil era forte! Non doveva, non poteva perdere la speranza!

“Avete imparato più di quanto pensassi in così poco tempo!” Si meravigliò Galion ricordando solo allora che lei aveva assistito eccellenti guaritori.

“Non è stato grazie agli elfi! Loro non mi hanno insegnato nulla nonostante la raccomandazione del Re!”Pensò Sara decidendo di rimanere in silenzio.

“Quando verrà riportato a palazzo?” Domandò consapevole che per la sopravvivenza del Re era fondamentale un posto caldo e sicuro.

“Solamente una volta che potrà essere spostato. Ora devo chiedervi di uscire!” La ragazza comprese che il maggiordomo non avrebbe condiviso informazioni tanto delicate, così decise di uscire e aiutare chi aveva bisogno.

 

*

 

Il mattino seguente Hanna decise di non evitare un incontro casuale.

Non aveva chiuso occhio, ma dato che continuavano a tenerla all’oscuro, decise che doveva sapere.

Bard si fermò di colpo nel vedere una delle due ospiti del sovrano elfico avvicinarsi.

“Mia signora, desiderate qualcosa?” Chiese Bard inchinandosi.

“Mio signore, perdonate eventuali mancanze da parte mia, ma non ho mai vissuto a corte prima d’ora e di politica so ben poco!” Si presentò Hanna ricambiando l’inchino.

“Non vi angustiate! Ho parlato con il Generale ed il consigliere per stabilire i termini della nostra alleanza!” Disse Bard cercando di rassicurarla.

“E quali sono?!” Chiese Hanna curiosa di sentire le risposta.

“Non credo che dovrei.....” “Vi ho fatto una domanda! Mancare di rispetto a me equivale a offendere il Re!” Hanna decise di giocarsi la carta migliore.

“Egli vive?” Domandò l’arciere con una luce di speranza che gli illuminava gli occhi.

Gli elfi erano impeccabili quando si trattava di celare informazioni.

“Non cambi discorso!” Lo rimproverò.

“Non esiteremo a darvi appoggio militare in caso di pericolo. Il commercio da parte nostra non sarà fiorente, ma basteranno pochi anni per estinguere il debito che accumuleremo questo inverno!” Rispose Bard guardandosi attorno come se stesse tradendo qualcuno, ma consapevole di chi avesse di fronte.

“Non avete un esercito e siete degli sfollati! Quale garanzia abbiamo, oltre a promesse dette a voce?” Hanna decise di metterlo alla prova, apparendo fredda e distaccata, come se non stessero discutendo del futuro di centinaia di vite.

“Abbiamo stipulato un accordo.....” Tentò di farsi valere Bard “Dobbiamo accertarci di avere degli alleati forti...” Hanna poteva giurare che l’esitazione dell’uomo fosse dovuta alla sua posizione al fianco del Re “....per questo lascerò degli elfi con voi per aiutarvi nella ricostruzione e ristrutturazione!” Decise di cedere “Inoltre questo debito farò in modo che venga parzialmente coperto!” Promise con un sorriso.

“Non capisco!” Bard apparve molto confuso dopo che aveva fatto di tutto per difendere la sua gente e cercare di convincere la signora che gli stava davanti.

“Devo essere certa di non prendere un impegno che ci farà solo perdere dei fondi inutilmente!” Chiarì le idee lei “E non sono un ingrata! Aranel mi ha parlato molto bene di voi, questo mi spinge a credervi e costringe a porgevi delle sincere scuse!” Ammise piena di gratitudine.

“Sono io che devo fare ammenda. Non ho impedito ai nani di portarla via!” Disse Bard con sguardo colpevole.

“Avete saggiamente compreso le priorità, come farebbe qualsiasi buon signore per la propria gente! Uccidendo il drago avete salvato innumerevoli vite e quella di mia figlia!” Lo tranquillizzò Hanna.

Il passato non poteva essere cambiato, ma sua figlia stava bene, questo importava!

Gli occhi di Bard raggiunsero il diametro dei piattini da tè ma il brav’uomo riuscì a tenere le mandibole unite.

Invece Hanna dovette fare un notevole sforzo anche solo per non sorridere.

Il divertimento passò in secondo piano quando la sorpresa dell’arciere le fece sorgere dei dubbi. Non credeva che lei potesse essere la madre? Pensava che il Re avesse avuto una figlia e subito dopo si fosse trovato l’amante? Hanna cominciò ad irritarsi.

“Vostra Maestà!” Disse inchinandosi.

Hanna, ignorò i suoi dubbi e sorrise “Non mi chiami così!” Ci avrebbe messo un po’ ad abituarsi una volta, bhe, se fosse diventata ufficialmente la compagna del Re.

“Mia Regina!?” Tentò di nuovo l’arciere.

“Non siamo ancora sposati!” Disse lei sinceramente.

“Da quel che ho sentito, lo sarete presto!” Affermò Bard riferendosi alla storia del lago. Hanna rimase spiazzata, non sapendo come e sé fosse il caso di rispondere.

“Mi scusi, sono stato inopportuno!” Tentò di rimediare l’uomo notando lo sgomento impresso sul volto della ragazza.

“Non mi offendo per certe cose. Ho sentito di peggio, credetemi!” Rispose automaticamente Hanna ancora immobile. Avrebbe dovuto saperlo. Anche il più prezioso dei segreti, sarebbe stata la prima notizia a spargersi in un accampamento!

“Lo avete salvato!” La illuminò lui come se non se ne fosse resa conto.

“Lui ha salvato tutti noi uccidendo il capo degli orchi!” Rispose Hanna riprendendosi.

“E voi lui!” Insistette l’arciere.

“Perdonatemi, ma ho una riunione a cui presenziare!” Bard interruppe il silenzio scomodo calato, prima di ritirarsi.

Hanna sbatté le palpebre un paio di volte. L’aveva veramente avvisata?

 

*

 

All’alba Sara camminava nervosamente davanti alla tenda del Re, agitando le due guardie poste all’entrata.

“Solitamente si è soliti trovare un’altro impiego se si vuole distogliere l’attenzione da pensieri sgraditi!” Una voce molto familiare la fece fermare.

Haldir aveva combattuto con valore e ne era uscito immacolato da quel conflitto.

“Generale, si tratta di un problema troppo grande per liquidarlo solo per avere un po’ di pace!” Gli rispose Sara riprendendo a camminare.

“Questo vorrà dire che deciderò io come distrarvi!” Disse lui lanciando un’occhiata a due guardie che compresero l’ordine silenzioso.

“Come prego?” Chiese Sara fermandosi a fissarlo seccata.

“Non è vostro compito occuparvi della salute del Re!” La redarguì lui.

“Ascoltatemi bene!” Esplose Sara, la cui pazienza era al limite a causa dell’ansia “È grazie all’elfo in questa tenda se sono sopravvissuta per anni sul campo di battaglia!”  Urlò senza pensare “Non avete alcun diritto di dirmi cosa fare o di chi preoccuparmi!” Lo attaccò.

“Preferite accompagnare il Re, che sarà assistito dal capo guaritore, assieme a me o occuparvi della Principessa?” Chiese Haldir ignorando ciò che gli aveva appena confidato.

“Ma siete sordo per caso?” Sara era basita. Continuava ad essere indisponente e irrispettoso! Infastidendola a morte!

“Partiamo fra poco. Non avete molto tempo per decidere!” Sara vide gli elfi entrare e portare il Re su di una carrozza che era appena giunta, mentre alcuni si accingevano a cambiare i cavalli.

Corse verso la direzione opposta, dove si trovava Aranel vedendo che un’altra scorta si preparava a partite.

Era strategico dividersi. In caso di attacco non avrebbero colpito contemporaneamente due membri della famiglia reale.....

E la scelta era già fatta.

Thranduil le aveva più volte salvato la vita e protetta senza che lei lo chiedesse.

Se doveva decidere se stare con lui o con la figlia avrebbe scelto la seconda opzione.

Ma perché non le avevano informate della partenza imminente? Forse era normale che non si preoccupassero di lei, ma della compagna del Re....

Già. Sara si guardò intorno, non trovando Hanna da nessuna parte!

Dov’era finita? Perché non era stata chiamata!

Lei era lì! Non avrebbe permesso ad Aranel di partire da sola.

 

*

 

Galion e Feren sembravano complottare chissà quale attentato, perdendo ogni dignità elfica, mentre silenziosi e furtivi uscivano dall’accampamento seguiti da un gruppo di soldati.

Hanna andò loro dietro fermandosi quando da lontano vide Dain attenderli con una piccola scorta. Era presente pure Bard assieme ad alcuni uomini.

Aveva sempre presenziato agli incontri fra Spartacus e i suoi. Molto spesso almeno e detestava restare all’oscuro, perché, in caso di una sua assenza, Thranduil la aggiornava, tenendola sempre al corrente di tutto.

Consapevole di non aver alcun diritto di presenziare, decise di osare al pensiero che una razza aveva commesso nei confronti degli elfi un grave torto, per capire cosa stava realmente succedendo.

Avvicinandosi notò che Dain discuteva, o meglio, insultava i due elfi ed il povero Bard si muoveva nervosamente sul posto.

Appena la sua presenza venne notata, tutti gli occhi si spostarono su di lei, che si fermò al fianco di Galion incrociando le braccia al petto.

Uno degli uomini di Dain gli sussurrò qualcosa all’orecchio e il suo sguardo confuso si trasformò in un ghigno pieno di superbia “Guarda un po’, la cagna della vostra Principessa è venuta per tediarci con inutili pretese!” Rise Dain facendo irrigidire ancora di più gli elfi.

La ragazza si avvicinò comportandosi come se stesse facendo una semplice passeggiata, volendo calmare gli elfi già nervosi.

“Trovo pittoresco che la nobiltà nanica sia così abile nell’imprecare!” Osservò Hanna fingendosi sorpresa.

“Mio signore Bard, sono lieta di rincontrarvi!” Salutò “Gli accordi presi saranno rispettati?” Domandò.

“Si mia signora! Ma pretendono di darci la metà di quanto promesso!” Rispose l’uomo esasperato, senza tentare di nascondere il proprio disappunto.

“Io non ho promesso un bel niente!” Protestò Dain soddisfatto.

“Non so se ricordate che io non ero presente, quando tale accordo è stato stipulato. E non mi sembra abbiate alcuna prova per dimostrarmi che non affermate il falso!” Disse il nano gonfiando il petto con orgoglio di fronte alla propria astuzia.

Bard strinse i pugni con furia “È forse un tentativo per venir meno alla parola data?“ ringhiò.

“L’arroganza di trarre conclusioni affrettata e una caratteristica degli inetti......come posso venir meno a qualcosa che non ho mai detto!? L’oro all’interno di questa montagna sarà molto, ma è mio dovere per prima cosa provvedere alla mia gente. Moderate le vostre parole perché decideranno se morire di fame o accettare ciò che offro!” Disse Dain con macrabo piacere nel ritrovarsi con tanto potere.

“Thorin Scudodiquercia ci ha promesso oro sufficiente a ricostruire Esgaroth per dieci volte. Vi conviene concederci quel che chiediamo, o questa non vi verrà mai restituita!” Minacciò Bard, tirando fuori l’Arkengemma.

“Tenente quella cosa lontano da me vile canaglia. Non mi serve per essere degno della corona che porto!” Si vantò Dain, ma Hanna potè notare un accenno di disagio nella postura del nano.

“Finitela con l’insultarmi o vorreste cominciare un’altra guerra con coloro che potrebbero diventare dei potenti alleati?” Contrattaccò Bard.

“Ciò che dici potrà avvenire solo se mostrerai un po’ di buonsenso!” Rispose il nano.

“Ma la parola di vostro cugino deve avere un qualche valore!” S’intromise Hanna cercando di mantenere la calma di fronte all’arroganza del nano.

“Non intendo sprecare risorse preziose per la mia gente. Questo mio generoso contributo basterà per far passare loro l’inverno!” Decretò il nano con testardaggine.

“Se volete avere più monete, dovete investirle!” Disse Hanna alzando le spalle, come se fosse un’ovvietà.

“Ora vi intendete persino di politica?” Chiese Dain apparendo offeso da ogni singola parola da lei pronunciata.

“Molto meno di voi. Per questo sono certa che troverete un modo per non creare dissapori con gli uomini!” Rispose Hanna per niente intimorita dall’umore crescente del nano.

Con un grugnito degno di un maiale, Dain mostrò tutto il suo disappunto “Non ho fatto tutta questa strada per essere sommerso dalle stronzate di una lurida sgualdrina che è brava solo ad aprire le gambe per avere una posizione decente!”.

Hanna fermò Galion con un cenno della mano, sentendo l’offesa bruciare meno di quanto si aspettasse. Non che fosse la prima volta, aveva sentito di peggio da parte dei ribelli.....

“Se non ricordo male...” disse Hanna riportando alla memoria la conversazione avvenuta alla base delle mura di Erebor “...Re Thranduil vi aveva suggerito un acquirente interessato a quel gioiello?”.

“Ecthelion di Gondor!” Annuì l’arciere.

“L’arkengemma è il simbolo del potere del Re dei nani, sono certa che saprà dargli il giusto valore...” “Come osate!” Urlò Dain livido di rabbia.

“Rispettate l’accordo e la pietra è vostra!” Disse Bard con uno sguardo torvo “Ci sono gli elfi a testimoniare la mia promessa affinché venga mantenuta!”.

“E sia!” Cedette Dain furibondo “Ma ricordate non dimenticherò l’offesa di oggi!”. Un’attimo prima di girare la sua cavalcatura, Dain rivolse l’attenzione verso l’umana “Una mocciosa in erba come voi dovrebbe imparare cosa sia l’assennatezza o non vivrete troppo a lungo per riuscire a godervi l’oro che la fatina dei boschi è venuto a reclamare dal cadavere fresco di mio cugino!”.

 

*

 

Una figura si muoveva indisturbata per l’accampamento.

Era in pensiero per il destino del Re degli elfi. La sua morte avrebbe fatto cadere un’intero regno, favorendo il nemico prima del tempo.

Eppure al momento era poco quello che poteva fare.

Gandalf si fermò scorgendo con la coda dell’occhio una figura che tentava di celarsi in mezzo agli elfi, non riuscendoci in quanto apparteneva a tutt’altra razza.

Quel ragazzo insicuro e timido la cui presenza era stata decisiva, mangiava avidamente una zuppa fumante. Il bastone poggiato al suo fianco appariva come autentico. Sicuramente frutto di mani esperte.

Ma perché mettere un giovane sulla strada del grande Re invece che uno di loro. Un’istari con maggiore esperienza.

Era un giovane talentuoso per riuscire a padroneggiare incantesimi potenti in così giovane età.

Aveva sentito delle voci, ma mai le avrebbe credute veritiere. Eppure ecco lì qualcuno capace di appurare quella verità così assurda per poterla credere reale.

Il bianconsiglio andava informato di ciò.

E forse avrebbe fatto meglio a tenerlo d’occhio.

Era un pupillo di Radagast, ma Gandalf sentiva che c’era di più in quel ragazzo. 

Se istruito li avrebbe aiutati molto nel loro compito.

Si era appena conclusa un’avventura perché un’altra facesse capolino.

“Ragazzo...” Lo chiamò avvicinandoglisi “Kalos!” Si presentò lui leccando il cucchiaio con gusto.

“Perché sei sceso sul campo di battaglia?” Domandò con una certa aspettativa.

“Perché era la cosa giusta da fare!” Rispose secco il ragazzo.

“Per te, per i tuoi amici, o per la tua coscienza?” Chiese Gandalf assottigliando lo sguardo.

Il giovane mago si ritrovò spiazzato di fronte a certi quesiti che non gli avevano minimamente sfiorato la mente “Non saprei!” Rispose Kalos sincero “Ma potevo dare una mano e l’ho fatto!” Ammise.

“L’altruismo può essere una dote di cui andare fieri!” Disse lo stregone “Ma anche una condanna se si sbaglia!” Avvertì.

“Ho sbagliato?” Chiese Kalos confuso di fronte a quelle parole prive di senso.

“Sei molto abile, ma hai bisogno di una guida!” Affermò Gandalf appoggiandosi al bastone.

“Per questo ti ho cercato a lungo. E Radagast si è mostrato un buon maestro, che a volte dice cose meno sensate delle tue!” Raccontò Kalos felice di aver raggiunto l’obbiettivo che aveva fatto cominciare il suo viaggio.

“Io posso insegnarti a padroneggiare la magia. Ma solo tu potrai decidere cosa farne e chi guidare!” Lo avvertì Gandalf colpito nel sentire tali parole.

“Guidare? Io non voglio guidare nessuno!” Protestò il giovane incrociando le braccia al petto.

“È il nostro compito. Il tuo l’hai assolto salvando la vita alla Principessa e chissà....” Gandalf si lisciò la barba pensieroso “.....forse il tuo ruolo ancora non è terminato!”.

“Ruolo? Ho solo difeso coloro che mi sono cari!” Sentì di doversi giustificare.

“Chi ti ha iniziato alla magia?” Chiese Gandalf volendo togliersi quel tremendo dubbio.

“Alatar e Pallando dicevano che ci avrebbero aiutati e protetti. Ci avrebbero difeso e istruito. Ma alla fine ci hanno riempito di false speranze per abbandonarci nel momento del bisogno!” Gli rispose Kalos rammaricato. La rabbia risvegliata dal ricordo.

Gandalf strinse il bastone contrariato.

Quei due avventati avevano davvero fondato culti segreti e trasmesso tradizioni magiche, dimenticandosi dei propri obblighi!

“Perché hai voluto imparare la magia?” Domandò non volendo perdere tempo con questioni prive di soluzione.

“Non è stata una scelta. Nel mio villaggio molti bambini sono stati mandati ancora in fasce nei luoghi dove gli istari istruivano gli umani. Io sono sempre riuscito in quel che mi insegnavano. La mia famiglia credeva che li avrei protetti. Alator e Pallando li avevano convinti che condividere il loro sapere ci avrebbe salvati!” Disse Kalos mostrando a pieno una sfiducia inaspettata.

“E così non è stato!” Realizzò Gandalf “E se loro ti hanno tradito, come mai sei partito a cercare un’altro stregone?” Domandò sempre più curioso.

“I miei vedevano la magia come un dono. Era mia dovere non sprecarla ed usarla per il bene. Ma senza di loro non sarei mai progredito!” Rispose Kalos cauto, temendo che anche quello stregone potesse abbandonarlo.

Era impacciato, ma non stupido. Sapeva bene che la magia era potente ma pericolosa. E il desiderio di agire era troppo forte per non provare a convincere il mago ad istruirlo sicuramente meglio di quanto avesse fatto Radagast fino ad allora.

Gandalf rimuginò osservando attentamente il giovane.

Lo aveva visto parlare confidenzialmente con le umane ospiti del Re degli Elfi ed anche se non sapeva che tipo di rapporto avesse con il Re, era chiaro che un legame con il regno era stato creato lo stesso, in quel breve tempo.

Era un umano, ma forse con una guida ferma e giusta, avrebbe potuto compiere grandi imprese “Mi seguiresti nel mio viaggio?”.

“Non c’è altro che desideri di più!” Rispose Kalos rianimato da tale quesito.

“Obbedirai senza fare domande?” Lo provocò ulteriormente lo stregone.

“Dipende da ciò che chiederete!” Si fece cauto lui.

Gandalf rise nel cogliere un carattere forte sotto tutta quella insicurezza “Sei sveglio e un po’ arrogante, ma mi piaci ragazzo!” Gli si avvicinò poggiandogli una mano sulla spalla “La magia non deve essere la tua prima risposta, ma ci aiuterà contro il male che cresce nell’ombra!”.

“Sconfiggeremo Sauron?” Chiese Kalos speranzoso.

“Questo non posso dirlo ma so per certo che gli resisteremo!” Rispose il mago invitandolo a seguirlo.

“Partiamo subito?” Sembrò incupirsi lui.

“Desidero riaccompagnare a casa un vecchio amico!” Si confidò l’istari sorridendo al pensiero del piccolo scassinatore.

“E Re Thranduil?” Chiese Kalos guardandosi attorno alla ricerca dell’antico Re.

“Non c’è altro che possa fare per lui. Rammenta, in questo viaggio non sempre potrai seguire il tuo cuore!” Quell’animo giovane, energico e altruista sarebbe mutato con il tempo. Ma Gandalf era convinto di aver preso una buona decisione.

Non era un caso che le loro strade si fossero incrociate e non avrebbe permesso all’oscuro signore di impadronirsi di un giovane con il suo talento.

Almeno, ci avrebbe provato con tutte le sue forze.

 

*

 

Hanna tornando alla tenda reale si prese un colpo quando notò la mancanza del Re.

Fermò il primo elfo che incontrò cercando di mostrarsi calma e decisa “Dov’è il Re?”.

“Lo stanno riportando al palazzo!” Rispose la guardia apparendo a disagio nel dare informazioni che probabilmente erano riservate.

“Perché non sono stata avvertita?” Hanna sapeva bene che il poveretto non c’entrava niente, ma era furiosa di essere stata ignorata.

L’improvviso rispetto maturato nei suoi confronti si era dissolto come cenere al vento?!

“Il capo guaritore ci ha vietato di diffondere questa informazione per proteggere sua maestà!” Rispose l’elfo con un sussurro.

“Come ti chiami?” Chiese cercando di non farla suonare come una minaccia.

“Felagund mia signora!” Disse con un inchino.

“Se vi è stato vietato, perché hai condiviso con me questa informazione?!” Domandò curiosa.

“Non mi permetterei mai di mentire alla futura regina!” Hanna maledisse nuovamente la sua curiosità.

“Di cosa diavolo stai parlando?” Domandò a denti stretti “Io non sono la vostra regina! Sono un umana!” Gli ricordò.

“Mia signora, con tutto il rispetto, vi siete comportata come tale. Durante la battaglia e nel campo. Senza parlare del fatto che avete salvato il Re!” Spiegò Felagund “È un titolo meritato!”.

“Ho capito! Basta, smettila!” Lo fermò lei a disagio “Ciò che desidero adesso è stare al fianco del Re!” Chiarì chiudendo gli occhi e alzando una mano.

“Vi posso scortare!” Si offrì Felagund.

“Vi ringrazio. Andiamo a prendere la Principessa e Sara!” Disse Hanna avviandosi.

“La Principessa è partita con una scorta circa un’ora fa!” La bloccò lui.

“COSA?!” Urlò Hanna girandosi di scatto.

“La vostra amica era con lei!” Continuò lui abbassando la testa come se fosse stata colpa sua.

“COME?” Hanna strinse i pugni abbassando la voce “Perché non sono stata avvertita?” Domandò furibonda.

“Il capo guaritore....” “Mi ha messa nella lista nera ho capito!” Disse Hanna incrociando le braccia al petto.

“Mia signora, desiderate che vi scorti al palazzo?” Chiese rispettosamente la guardia.

“Il più in fretta possibile!” Ordinò Hanna più che decisa a non farsi mettere i piedi in testa.

 

*

 

Hanna sorrise quando appena entrata a palazzo, vide Aranel, Lucilla e i gemelli correrle incontro. Era sera ed aveva temuto di trovarli addormentati.

Li strinse a sé con forza sentendo le lacrime pungerle gli occhi, ma non permise loro di cadere per non spaventarli inutilmente.

Erano lacrime di gioia!

“Nana posso venire anch’io con voi nel prossimo viaggio?” Chiese la voce innocente di Lucilla con occhi speranzosi, pieni di curiosità.

“Vedremo!” Rispose Hanna non volendo fare false promesse.

“Ti ringrazio per i tuoi servigi!” Disse voltandosi verso Felagund e i suoi uomini “Puoi ritirarti!” Ordinò.

L’elfo lanciò un occhiata a Galion ancora preoccupato per la sicurezza della sua signora, ma un cenno d’assenso lo convinse di potersi ritirare con tranquillità.

“Mia signora...” si fece avanti Galion “Per ora mi ritirerò nelle mie stanze con i bambini, ma presto desidero andare dal Re!” Lo interruppe lei gelida.

“Come desidera!” Chinò il capo lui.

Hanna si fermò appena fatti tre passi “Inoltre, desidero essere tenuta al corrente sulla salute del sovrano!” Disse con un tono d’avvertimento nella voce.

Ricevendo un cenno affermativo andò nelle stanze dei bambini.

“Dov’è Ada?” Domandò Aranel “Non ci ha salutato quando è tornato!” Si lamentò Lucilla.

Hanna chiuse la porta dietro di loro prima di farli sedere sul grosso tappeto in cerchio, cercando di capire cosa e come dirlo.

“Ada è molto impegnato al momento!” Decise di mentire “Voi vi siete comportati bene mentre ero via?” Chiese rivolgendosi ai gemelli e alla sorella.

“Bravissimi!” Disse Elanor con la sicurezza del padre.

“Solo due capricci!” Le si accodò Galador, preparandola sicuramente, con una parte di verità.

“Io neanche uno!” Alzò la mano Lucilla piena d’energia.

“Non ci credo!” Disse Aranel dando una leggera spinta alla sorella che a gambe incrociate, vacillò pericolosamente dalla parte opposta.

“Perché tu invece dove sei stata? Ti hanno messo in punizione?” Contrattaccò Lucilla che era stata volutamente tenuta all’oscuro e fortunatamente non aveva collegato la brutta esperienza con i nani, alla sparizione della sorella.

Aranel incrociò le braccia al petto “Io ho combattuto una guerra!” Disse alzando il mento orgogliosa.

Hanna alzò gli occhi al cielo. Si chiedeva da chi avesse ereditato tanta superbia....

Thranduil....senz’ombra di dubbio!

“Dato che siete stati così bravi vi meritate un premio!” Annunciò divertendosi notando tutti quegli occhi simili ai suoi e quelli del padre, accendersi pieni di curiosità.

“Domani niente scuola!” Non serve dire che i bambini gioirono di fronte a quella notizia, che avrebbe reso estremamente arduo metterli a letto.

Anche Hanna sorrise, ma per una ragione assai diversa.

Con quella decisione si era assicurata che nessuna notizia sulle condizioni del Re, sarebbe giunta alle orecchie dei suoi figli!

 

*

 

C’erano voci attorno a lui. Tutti quei rumori e quella luce erano fastidiosi!

Thranduil richiuse subito gli occhi aperti a fatica e si mosse irrequieto.

L’elfo percepì chiaramente il dolore che attanagliava ogni fibra del suo corpo, ma quello maggiore era al petto. Ansimava, tentando di prendere aria, ma più ci provava più gli mancava!

Lottò per un po’ contro quella spiacevole sensazione, fino a quando non si arrese, troppo confuso e stanco per anche solo tentare di regolarizzare il respiro.

Era come se stesse affogando!

Aprì leggermente gli occhi e vide Sara entrare nel suo campo visivo. Era molto preoccupata, ma non aveva fiato per parole rassicuranti.

Le voci erano confuse, gli arrivavano solo dei suoni amplificati, senza che comprendesse le parole. In quel momento un colpo di tosse lo fece quasi soffocare e sentì il suo corpo tremare mentre, avidamente, prendeva brevi boccate d’aria.

Inarcò la schiena ansimando per il dolore, percependo appena le mani che tentarono di tenerlo fermo.

Thranduil cercò di parlare, ma dalla sua bocca uscì solo un debole verso e dovette subito riprendere fiato, come se avesse tentato di tenere un discorso mentre correva.

Più combatteva più le forze diminuivano.

Odiava sentirsi impotente specialmente di fronte alla sua gente. Ed ora percepiva chiaramente il suo corpo dolorante che si contorceva senza che lui lo volesse.

Avvertì un peso posarsi sul suo petto e vide Sara poggiarci un orecchio, imitando ciò che Alyon aveva appena fatto. Ma quando si spostarono la sensazione rimase.

Sentì le palpebre farsi pesanti e l’oscurità che lo chiamava, eppure una parte di lui gli diceva di non chiudere gli occhi come se avvertisse un pericolo!

Improvvisamente si ricordò dello scontro con Azog. L’aveva ferito! Era ancora vivo?

Era stato quella maledetta creatura di Mordor a ridurlo così?

Stava cercando Hanna prima di imbattersi in Thorin e l’orco! Dov’era?

Tentò di muovere la testa, ma riuscì solo a spostare appena lo sguardo. Il suo corpo dolorante non obbediva!

E Legolas? Suo figlio l’aveva preceduto verso le rovine di Ravenhill assieme a Tauriel!

Si erano imbattuti nel secondo esercito di Azog? 

Smise di combattere, lasciando che la spossatezza prendesse il sopravvento. Sentiva la testa pesante, la vista era sfocata, prese un’ultimo dolorante respiro prima di cedere all’incoscienza.

 

Quando riaprì gli occhi si ritrovò in una stanza buia. 

Conosceva quel posto, quegli odori, quelle voci.

Serrò la mascella e strinse i pugni, trattenendo il fiato per non permettere al minimo suono di lasciare la sua gola, quando la frusta colpiva le sue carni.

Percepiva il sangue colare sulla sua schiena martoriata dopo ore di frustate.

Probabilmente aveva perso conoscenza, perché la cosa successiva che vide fu il lungo corridoio lungo il quale veniva trascinato per essere condotto nella sua cella.

I primi giorni riusciva a stare in piedi dopo le torture, dando dimostrazione della forza che ancora possedeva.

Ora non aveva più forze. Dopo mesi di notti passate insonne, con pochissimo cibo ed acqua, il suo corpo era stremato!

Giorni, mesi, anni?!

Non sapeva quanto tempo fosse passato. Potevano essere mesi, come anni!

Venne lanciato sopra una coperta sudicia e riuscì solo a rimirare la crepa nel muro dove aveva celato alla vista l’unico oggetto che poteva ancora definire di sua proprietà. L’anello di suo padre!

L’unica testimonianza di ciò che era stato!

Non era più un Re. Solo un prigioniero. Ma forse era meglio così, il suo popolo non avrebbe sofferto a causa di pericolosi ed inutili ricatti.

Sentì lo schiavo muoversi sopra di lui e cominciare a medicargli le ferite.

Era un ragazzo, senza le conoscenze adatte per curarle tutte.

All’inizio non lo lasciava avvicinare, l’aveva anche attaccato una volta, ora non era più padrone di ciò e coloro che lo circondavano.

 

*

 

Il Re si agitava, eppure non sembrava pienamente cosciente.

Vederlo in quelle condizioni preoccupò gli elfi ancora di più di quando aveva dormito per ore, senza reagire alla presenza del Principe.

“Avo bresto. Gerim ad lû!”(Non preoccuparti. Abbiamo ancora tempo!) Alyon tranquillizzò Auredhir che nervoso controllava il polso del sovrano.

“Perché non fate niente?” L’elfo sbuffò. Alyon sopportava quell’umana solo per il rispetto che, non si sa come, si era guadagnata da parte del Re.

Altrimenti non ci avrebbe pensato due volte a cacciarla dalla stanza!

“Stiamo aspettando Curunìr, è il guaritore più esperto. Solo lui è in grado di aiutare il Re!” Spiegò Alyon, auscultando il torace del Re ed infastidendosi quando la ragazza lo imitò.

Sara vide lo sguardo di Thranduil diventare assente, prima che i suoi occhi si richiudessero e capì che doveva fare qualcosa!

Persino con il suo udito non da elfo, sentiva i rantoli ad ogni respiro.

“Dobbiamo, cioè dovete fare qualcosa!” Si corresse Sara. 

“Aspetteremo Curunìr. L’operazione da fare è troppo complicata ed in caso di errore i rischi sono enormi!” Tentò di farla ragionare l’elfo.

“Di quale operazione parli?” Chiese sempre più nervosa, se non agivano in fretta il Re sarebbe soffocato!

“Con questa siringa dobbiamo togliere l’acqua accumulata nel polmone!” Rispose Auredhir indicando l’oggetto che era di dimensioni notevoli. La ragazza comprese subito ciò a cui si riferivano!

Il Re era cianotico e vedere le sue labbra diventare blu fece diventare l’urgenza di Sara disperata!

“Lo faccio io!” Urlò sporgendosi verso la siringa con una mano.

“È troppo pericoloso!” Disse Alyon scuotendo il capo.

“Se non agiamo subito il Re morirà!” Insistette la ragazza “In questi casi la tempistica è vitale! Abbiamo aspettato anche troppo!” Disse Sara strappando la siringa dalle mani dell’elfo.

Alyon si parò di fronte alla ragazza con fare minaccioso e cominciarono una gara di sguardi.

Il silenzio che seguì veniva rotto solo dal respiro ansante e rauco del Re.

Fortunatamente, di fronte alla sua caparbietà, alla fine Alyon cedette, permettendole di aiutare il sovrano.

Sara osservò la siringa, stringendola con forza e notando allora, quanto le stessero tremando le mani. 

Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro: sgombrare la mente e concentrarsi sulla procedura era la prima cosa da fare!

“Mettetelo seduto!” Straordinariamente anche Alyon obbedì al suo ordine, raddrizzando maggiormente il Re. Sara mise la siringa a portata di mano, mettendo in pratica per la prima volta ciò che aveva studiato.

Dopo aver tirato su la maglietta di Thranduil, poggiò l’indice e il medio, uniti, sulla parte destra della schiena del sovrano ed iniziò a picchiettarvi sopra con il medio dell’altra mano.

Auredhir si era avvicinato, da vero galant......elfo, aveva afferrato la maglietta per farla lavorare meglio.

Il primo era vuoto. Scese di uno spazio intercostale e ripetè l’operazione. 

Ancora vuoto. Scese fino a quando si ritrovò all’ottavo spazio intercostale. Pieno.

“Versamento trovato!” Esultò Sara sorridendo, cercando di farsi forza.

Si spostò verso la siringa non trovando ciò che cercava. 

“Avete qualcosa per segnare sulla pelle?” Chiese voltandosi verso gli elfi.

Auredhir le allungò una boccetta con dentro una pasta scura. Valar, adorava quell’elfo!

Sara ci intinse un dito e segnò il punto in cui avrebbe inserito l’ago.

Doveva posizionarlo al di sopra della costola, per evitare di danneggiare i nervi, questo lo ricordava bene!

Prese la grossa siringa, pronta a farlo!

Non sapeva quanto liquido ci fosse tra polmone e pleura, ma doveva cercare di aspirarne il più possibile. Posizionò l’ago al di sopra del segno e si preparò ad affondarlo nella pleura.

Era un procedimento doloroso, quindi avrebbe dovuto essere il più veloce possibile!

Iniziò a premere, perforando la pelle con la punta affilata dell’ago percependo chiaramente Annael irrigidirsi.

Sara aumentò la pressione. Non credeva che ci volesse tanta forza! 

L’ago era entrato quasi del tutto, quando sentì un cambio di consistenza.

Era all’interno del versamento!

Piano piano tirò fuori lo stantuffo della siringa. Il liquido che ne uscì era torbido, chiaro segno d’infezione.

Non che la febbre avesse lasciato molti dubbi in proposito!

Riempì quasi del tutto la siringa e poi estrasse l’ago con cautela, in modo da non far sanguinare niente.

“Ora che abbiamo fatto questo cosa bisogna fare?” Chiese Alyon bruscamente guardando il liquido schifato.

“Aspettare!” Rispose Sara tirando un sospiro di sollievo “Il polmone è di nuovo libero. L’infezione deve passare e a meno che voi non abbiate degli antibiotici, dobbiamo sperare che si risolva da sé!” Spiegò con calma.

“Cos’è un antibiotico?” Chiese Alyon guardandola stranito.

Forse era stata la necessità di scaricare la tensione accumulata a farla reagire così, forse la realizzazione che lì erano molto antiquati in quasi tutto quello che facevano.......Sara scoppiò in una risata sfrenata tenendosi i fianchi quando gli addominali cominciarono a dolerle.

 

*

 

“Dove vivono i tuoi simili?” “Sei disposto a servire il padrone?”

Gli uomini non ottennero risposta, se non il silenzio.

“Venite qui, portatelo nella sala delle torture! Allora canterà la canzone che vogliamo sentire!” L’elfo venne condotto per dei corridoi bui. Camminava zoppicando, ma aveva di nuovo le forze per reggersi in piedi da solo.

Thranduil non credeva che Narwain e Galador potessero sopravvivere. Non a tutto questo!

Temeva che gli umani lo torturassero fino a distruggerlo, spegnendo la luce degli Eldar che aveva brillato da sempre dentro di lui.

Avrebbe potuto lasciarsi svanire e morire, ma il suo orgoglio gli diceva di resistere. 

Per suo figlio, per il suo popolo, doveva resistere! 

Doveva avvertirli del pericolo!

Era suo compito aggrapparsi a quella piccola speranza, anche se con il passare dei mesi diventava sempre più il sogno di un fanciullo!

 

Hanna entrò nella stanza del Re vedendo gli elfi più ombrosi del solito.

Era rimasta con i figli fino a quando non si erano addormentati, e si aspettava di trovare un’altra atmosfera, o meglio, sperava!

Vide Sara prendere una ciotola e riempirla con acqua fresca in cui inzuppare un panno per rinfrescare la fronte del sovrano ed appena si sedette, i guaritori uscirono, lasciando riposare il loro signore.

“Mi avete lasciato indietro!” Si rivolse all’amica con talmente tanta rabbia che sobbalzò per lo spavento.

Sara si voltò verso di lei afferrandola in un abbraccio.

Hanna guardò Thranduil che finalmente sembrava dormire pacificamente.

Era ancora pallido, ma il respiro appariva più regolare e rilassato.

“Scusami tantissimo! Il generale mi ha ordinato di stare con Aranel per accompagnarla a casa. Diciamo che sembra avermi scambiato per un ancella, ma ora che sono al sicuro nel palazzo, posso passare sopra alla sua mancanza di rispetto!” Disse apparendo molto più rilassata del previsto.

Questo influì sul temperamento di Hanna che appena vide il Re si rilassò, andando a sedersi al suo capezzale.

“Ho fatto qualcosa di incredibile!” Disse all’improvviso Sara.

“Cosa?” Chiese Hanna con non troppo interesse.

“Gli ho aspirato l’acqua dai polmoni!” Si vantò l’amica.

“E come?! Non ci sono tecnologie del nostro mondo qui!” Sbiancò Hanna voltandosi di scatto, per poi tastare il busto del Re come se potesse trovare ferite mortali.

“Con una siringa!” Disse Sara alzando le spalle, non capendo l’agitazione dell’amica.

“E loro ti hanno lasciato fare?” Si chiese Hanna “Sapevi cosa stavi facendo?!” Domandò quando vide l’amica distogliere lo sguardo.

“Si. Solo che non l’avevo mai fatto, solo letto sui libri!” Confessò Sara con voce titubante.

Sapeva di aver rischiato, ma era meglio aver agito invece di aspettare che il Re smettesse di respirare!

“Hai deciso di cominciare la pratica su mio marito?!” Hanna era scandalizzata.

“Non è tuo marito!” Si difese Sara cercando di deviare la discussione.

“Non cambiare discorso!” La riprese Hanna puntandole un dito accusatore contro.

Thranduil le distrasse, colpito da un attacco di tosse.

“Mettilo su un fianco!” Disse Sara avvicinandosi.

“Piantala di darmi ordini!” Si lamentò Hanna ubbidendo.

Avevano appena girato l’elfo quando una voce fece prendere loro un terribile spavento “Cosa state facendo?” Chiese Curunìr il capo guaritore, appena entrato nella stanza, con uno sguardo che non prometteva niente di buono.

 

*

 

Al mattino Hanna percorse i corridoi velocemente, riuscendo ugualmente a pestare i piedi.

Così ogni elfo del palazzo avrebbe percepito la sua presenza!

Si fermò dietro la porta della sala da pranzo quando sentì frasi in lingua elfica venire pronunciate con troppa concitazione.

Prima che potesse provare a capire, le due guardie ai lati delle porte le aprirono senza chiedere, rivelando la sua presenza.

Gli elfi in questione erano Galion, Feren e Curunìr il capo guaritore.

Due di loro li stava cercando, il terzo sarebbe stato meglio non trovarlo!

“Cosa sta succedendo?” Chiese stupita dall’animata discussione.

Curunìr disse qualcosa che non riuscì a capire, ma lo sguardo mortale che le rivolse fece da interprete.

“Mia signora, il Re ha contratto un’infezione. Come se non bastasse il cuore è già provato dalla mancanza d’aria...” cominciò a spiegare Galion.

“Cosa significa?” Domandò la ragazza odiando come girassero intorno al punto.

“La situazione è grave! Se il Re non sopravvive non ci sarà nessuno a capo del regno ora che il Principe è partito senza riferire i suoi spostamenti...” “Morire.....” Hanna aveva sentito solo quello di ciò che Feren tentava di dirle “Rischia di morire?” Sussurrò con gli occhi sgranati.

“È ancora presto per dirlo! Ma se le sue condizioni non cambiano....” Galion venne interrotto da Curunìr che però parlò in elfico.

Hanna cedette “Mi stia bene a sentire! Potrò anche non piacerle a causa della mia natura, ma non le permetto di trattarmi così!” Sibilò avvicinandosi al capo guaritore.

“Non ho bisogno del vostro permesso!” Si decise a farsi capire lui.

“Faccia attenzione a ciò che dice! Potrebbe pentirsene!” Lo avvisò Hanna.

“È una minaccia?” La provocò lui.

“Una promessa!” Chiarì lei.

“Quando sarà regina me la farà pesare!?” Chiese l’elfo senza arretrare.

“Oh tranquillo! Non ho bisogno di una corona per farmi rispettare!” Disse Hanna poggiando le mani sui fianchi per dare l’impressione di essere rilassata.

“Non l’avrete mai! Siete solo una misera mortale!” Ed ecco il razzismo in tutto il suo patetico splendore.

“Allora perché perdete il vostro tempo a discutere con me?” Chiese Hanna fingendosi confusa, corrugando la fronte.

“Stavate infastidendo il Re!” Le ringhiò contro lui arrivando a sovrastarla.

“Di cosa parlate?” Domandò Feren visibilmente smarrito avvicinandosi ai due.

“Lei e l’altra umana hanno alzato le mani sul sovrano!” Li accusò Curunìr.

Galion e Feren le lanciarono uno sguardo sospettoso che fortunatamente non la scoraggiò minimamente.

“Davvero? A me pareva che gli stessimo salvando la vita!” Disse Hanna fingendo di non capire.

“Sono io il guaritore!” Le ricordò lui sempre più alterato.

“E io la sua compagna!” Rispose lei  “Potrà non essere ufficiale....” “Ma se è per questo, mi sono permessa di fare questo e altro con lui!”Hanna comprese che quel tipo di risposta non andava bene per degli elfi nobili.

“Volevate dire qualcosa?” Guadagnò terreno lui, approfittando di quell’esitazione.

“Visto che sei dotato di orecchie a punta che ti conferiscono un super udito, non ti sarà difficile ascoltare attentamente.....” cominciò a dire Hanna con voce bassa e minacciosa “....dubita pure del nostro amore, mancami di rispetto e parla male di me.....” fece un gesto con la mano per dare maggiore enfasi alle sue parole “...alle mie spalle, mi raccomando perché potrei risponderti......” la voce della ragazza si ridusse a un sussurro “...ma se sono impegnata a salvare il tuo ben amato sovrano....” per aumentare gradualmente fino a esplodere piena di rabbia “...non mi devi tediare con l’odio e il disprezzo che provi per la mia razza!”.

“Curunìr....” Tentò di frenarlo Galion.

“È una disgrazia ma anche una fortuna che voi siate un insulsa mortale!” Lo ignorò lui.

“Illuminami!” Lo provocò Hanna.

“Presto non sarò costretto a ricordarvi la vostra posizione!” Affermò ignorando la verità.

“E quale sarebbe?” Chiese Hanna godendo a pieno di quel segreto che in pochi conoscevano.

Il capo guaritore forse credeva di aver avuto l’ultima parola perché non gli piacque la perseveranza della ragazza “Un umana mortale non è in grado di comprenderci. Non deve criticarci, non vale niente in confronto alle migliaia di anni vissuti da noi. Noi che siamo i portatori della conoscenza. È stata la nostra razza ad istruire voi mortali che nonostante l’offerta di una tale conoscenza e saggezza, è caduta mostrandosi debole cedendo all’avarizia e alla lussuria!” Si vantò lui tentando di farla sentire inferiore.

“Curunìr....” stavolta fu Galion a riprenderlo.

“Ho dato voce alla verità! Non mi scuserò!” Rispose lui prima di uscire senza guardarsi indietro, imitato dalla ragazza, lasciando il consigliere e il capo delle guardie senza la possibilità di dire o fare qualcosa.

 

*

 

Sara si torturò le mani nell’attesa che venisse un guaritore a trattarle la ferita.

Probabilmente erano tutti al capezzale del loro sovrano, forse sarebbe stato meglio tentare più tardi!

Stare ferma non era una buona idea!

Si alzò promettendosi di tornare più tardi, ma appena scostò la tenda della branda su cui si era seduta, incrociò nuovamente lo stesso elfo.

Com’è possibile che colui che non vuoi vedere è la persona che finisci per incontrare sempre più spesso? Doveva esserci una legge fisica che lo rendeva possibile!

Quella degli opposti che si attraggono le sembrava fin troppo romantica al momento.

“Mia signora che piacevole sorpresa incontrarla!” La salutò lui con la solita educazione elfica.

Sara strinse gli occhi non capendo se fosse sincero o per semplice educazione che le rivolgeva sempre frasi così accomodanti.

“Stavo uscendo! Ho molte cose da fare!” Tentò di fuggire.

“Se vi serve un guaritore posso chiamarne uno dei miei!” Si offrì lui.

“No grazie. Sto benissimo!” Tagliò corto lei.

“Se fosse così non credo ci saremmo incontrati!” Dannato intuito elfico.

“L’errore è stato mio! Sono arrivata con troppo anticipo!” Tentò di giustificarsi.

“Posso rimediare!” Disse Haldir indicando la branda con un gesto della mano.

“Non serve!” Rifiutò Sara ancora “Ma grazie lo stesso!” Disse all’ultimo ricordandosi la buona educazione.

“Siete sempre così indisponente con chi offre il proprio aiuto?” Chiese lui non apparendo però offeso.

“Non se ho altri impegni che richiedono urgentemente la mia attenzione!” Rispose lei voltandosi mentre si affrettava ad uscire.

“Lo eravate anche con il Re anche quando vi salvava la vita sul campo di battaglia!” Questo fermò Sara all’istante.

La ragazza tornò sui suoi passi come un uragano, la ferita non protestò minimamente per lo sforzo “Non osate!” Disse puntandogli un dito contro.

“Cosa? Siete stata voi a confidarvi con me!” Si giustificò lui.

“E ora state usando quelle informazioni contro di me!” L’accusò lei sentendo il tradimento bruciare dentro di lei.

“Si perché ho compreso che solo provocandovi ho la vostra completa attenzione!” Haldir appariva divertito dal battibecco.

“Siete un invadente opportunista!” Dichiarò lei parlandogli faccia a faccia, per niente intimorita dalla sua stazza.

“E voi una testarda gentile!” Rispose l’elfo.

Fu lui ad annullare la distanza fra loro poggiando delicatamente le labbra su quelle di Sara, come a voler essere certo che lo volesse anche lei.

La ragazza sentì una scossa attraversarle persino i capelli.

Cosa assurda dato che l’elettricità non era ancora stata inventata......

Ma non le parve sbagliato, anzi....percepì migliaia di emozioni mai provate prima. 

Lo stomaco le andò sottosopra, la fronte a fuoco, ma niente la fece staccare, spingendola ad approfondire quel contatto.

L’elfo le afferrò la nuca e il fianco, lei si aggrappò alle sue ampie spalle, tirandolo ancora più a sé.

Quando l’incantesimo terminò, si staccarono per riprendere fiato, fissandosi negli occhi.

Una voce interruppe il contatto visivo, facendo voltare Haldir e Sara ne approfittò per darsela a gambe.

 

*

 

La mattina seguente dopo colazione, le due amiche si ritirarono per poter finalmente discutere sole.

“Si sono comportati bene?” Domandò Hanna riferendosi ai gemelli.

“Si. Fanno i capricci solo quando devo vestirli!” Rispose Sara.

Le sorelle più grandi non avevano dato problemi fino a quel momento, mentre Galador e Elanor erano stati fermati nel tentativo di andare nelle stanze reali.

Per sicurezza, Sara si era offerta di dormire nella loro stanza per controllarli ed evitare brutte sorprese ed a tenere d’occhio le due più grandi ci pensavano le ancelle.

“Perché non c’erano gli elfi di Lorien?” Domandò Sara che si era sentita estremamente sollevata nel non trovarseli a tavola, ma restando guardinga davanti ad un cambio così inaspettato.

Erano loro ospiti ed era abitudine del Re intrattenersi con loro. Questo voleva dire che in sua assenza si erano ritrovate sole in un tavolo pieno di elfi sconosciuti.

“Perché volevo stare con i miei figli! Hai fatto per caso amicizia con qualcuno di loro? Dovevi parlarci?” Chiese Hanna percependo l’agitazione dell’amica.

“No, ero rimasta sorpresa da questo cambio di programma, tutto qui!” Rispose Sara con troppa fretta.

“Sento che c’è altro!” Insistette Hanna.

Sara rimase in silenzio a meditare su come districarsi, quando l’illuminazione venne proprio dal generale avvenente “Haldir....” “No, ti prego, che film ti sei fatta stavolta? No, non sono per niente in vena!” La interruppe Hanna non potendone più del piagnisteo dell’isterica fan che colpiva l’amica ogni volta che si parlava di qualche personaggio del signore degli anelli che ancora non avevano incontrato o conoscevano poco.

“Ah, va bene! Allora mi sono immaginata che abbia svelato che Galadriel ci ha visto arrivare!” Tagliò corto Sara.

Hanna la fissò a bocca aperta. 

Scuotendosi disse “A me ha detto che è a conoscenza del “ruolo” che svolgerò nella storia di Arda!” Disse mimando le virgolette.

“Dovevamo immaginare che sapessero qualcosa!” Si arrese Sara.

“Non così tanto! Anche Elrond ha avuto una visione, ma è stato poco prima del nostro arrivo....” ricordò  “E non ci ha detto niente sul nostro futuro!” Sottolineò.

“Giusto!” Le diede ragione Sara, per poi chiedere “Ma Thranduil non ha avuto una corrispondenza con Lorien?”.

“Si, ma per parlare con suo cugino del fatto del non essere morto!.....vuoi dire che...” “...potrebbero averglielo detto!” Concluse Sara per lei.

“Lui lo sapeva? E perché non ha detto niente!?” Si chiese Hanna più confusa di prima.

“Forse non voleva che ci riducessimo come ora?” Ipotizzò Sara non trovando una risposta migliore.

“Allora non doveva tuffarsi nel lago!” Esplose Hanna battendo un pungo sul tavolo.

Calò il silenzio dopo quell’affermazione ed entrambe continuarono a ragionare mentalmente nel tentativo di trovare delle risposte.

“Ma certo!” Urlò Hanna facendo sobbalzare Sara.

“Cosa?” Chiese lei aspettando che l’illuminazione fosse condivisa.

“Noi conosciamo la storia di Arda ma non l’abbiamo condivisa con Thranduil....per il pericolo rappresentato nel conoscere il futuro....un ipotetico futuro!” Si corresse Hanna.

“Quindi?” Domandò Sara sempre più curiosa e piena di aspettative.

“...quindi ci ha tenuto all’oscuro per punirci!” Concluse Hanna piena di sdegno.

“Oh!” Realizzò Sara delusa.

“Sapeva qualcosa di cui noi non eravamo a conoscenza. Un pareggiamento di conti perfetto! Dannato elfo! Se sopravvive lo ammazzo io con le mie mani!” Si imbestialì nuovamente Hanna.

“L’amore è un sentimento misterioso!” Disse Sara alzando il calice per brindare ad esso con un succo di frutta.

L’atmosfera venne alleggerita dalle calde risate dei bambini che entrarono accompagnati da Calien e Luthien.

“Nana posso fare un pupazzo di neve?” Chiese Elanor aggrappandosi alla gonna della madre con occhi imploranti.

“Faremo la gara a chi lo fa più bello!” Le rispose lei accarezzandole la testa con un sorriso.

“Bene!” Disse Sara alzandosi di scatto giungendo le mani con decisione per essere fermata dalla domanda di Aranel.

“Dov’è Ada?” Chiese la bambina che ancora non aveva visto il genitore una volta conclusa la battaglia.

“Ada è ancora impegnato!” Rispose Hanna lanciando sguardi di ammonimento alle due ancelle confuse, che distolsero i loro a disagio.

Il silenzio venne spezzato quasi subito “Chi è pronto per un umiliante sconfitta?” Chiese Sara con voce profonda e uno sguardo furbo.

“Te!” Le risposero in coro Aranel e Lucilla scambiandosi sguardi complici.

“Ah davvero? Staremo a vedere!” Colse la sfida Sara.

Il sorriso di Hanna vacillò notando Galion avvicinarsi con passo deciso ma uno sguardo cupo in viso.

 

Vi chiedo scusa se ho saltato la pubblicazione del mese scorso, ma lo studio mi ha travolto e non ce l’ho fatta!

Sono crudele. Ho raggiunto questa consapevolezza di fronte allo shock di quasi tutti voi, cari lettori, quando ho fatto credere che per Thranduil non ci fosse più niente da fare!

E invece no! È sopravvissuto.

C'è un'altro colpo di scena! Giustamente se Elrond ha visto qualcosa, Dama Galadriel avrà fatto altrettanto?! Vedremo in seguito!

Tauriel non sopravvive al combattimento contro Bolg ma vi confesso che non è che mi sia dispiaciuto molto!

Legolas sembra aver accettato la presenza di Hanna, ma non ce ne darà dimostrazione dato che parte.

Audial è morto in battaglia e questo porterà ancora più confusione in Sara che non riesce a capire quale sia il suo posto. Anche se le due amiche rimangono lo stesso molto unite!

Il conflitto fra Haldir e Sara terminerà mai? Piaciuto il colpo di scena?

Kalos trova ciò che stava cercando ed inizia un percorso tutto nuovo.

Hanna mostra attitudine al comando e non ne può più di alcuni elfi irrispettosi.

Di quali notizie sarà portatore Galion?

A presto,

X-98

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Capitolo 29
*** Se la tempesta non passa, impara a ballare sotto la pioggia ***


“Mia signora, dovrà rimandare. I consiglieri si riuniscono tra poco!” Disse Galion bloccando la loro uscita.

“Questo che significa? Io non ho mai presenziato!” Hanna non capiva. Il maggiordomo non l’aveva mai avvisata per cose del genere.

“È vero. Ma sono stati loro a richiedere la vostra presenza!” Confidò Galion muovendosi nervoso “E non potete tardare. Sarebbe molto irrispettoso di fronte ad una concessione del genere!”.

Hanna si congelò, prima di rivolgere lo sguardo a Sara in cerca di consiglio.

“Che aspetti? Muoviti!” La incitò lei.

“È troppo presto! Lui voleva prepararmi! Non mi ha mai istruito su come....” “Gli hai tenuto testa! Ce la puoi fare....ce la può fare?” Chiese Sara voltandosi verso Galion il sorriso spento dall’incertezza.

“Io sarò al vostro fianco mia signora, ho dato la mia parola!” Disse il maggiordomo cupo.

Hanna tentò inutilmente di mantenere la calma. Ma senza successo!

Uscì e rientrò nella stanza almeno cinque volte, perché si era dimenticata qualcosa. Le scarpe, i gioielli, spazzolare i capelli.....doveva essere al meglio!

Sapeva bene che gli elfi, membri del consiglio ristretto con cui il Re prendeva accordi per il regno, erano tutti molto antichi. Alcuni avevano persino servito Oropher!

Quindi era più che giusto che avesse i nervi a fior di pelle.

Sapeva bene che c’erano molti problemi e voleva evitare di diventare colei che magicamente poteva risolverli....a causa dell’assenza del Re il lavoro in arretrato aumentava sempre più. Approvare gli accordi commerciali con gli altri popoli, firmare i trattati ed organizzare i turni di pattuglia era il compito del Re!

Era Galion che si era visto travolgere dal lavoro in arretrato, ma non possedeva capacità in grado di rivaleggiare con il sovrano.

Lo stesso si poteva dire dei consiglieri. Nonostante il lavoro extra attendevano con impazienza il Re.

Senza Legolas a sostituirlo, al momento nessuno si stava occupando delle questioni fondamentali per mandare avanti il regno e di certo non voleva essere lei a sostituirli.

Ma Hanna aveva tenuto testa a Thranduil! Certo, non si era mai rivolta al Re e forse questo le avrebbe messo i bastoni fra le ruote, ma non l’avrebbe fermata!

Appena entrò nell’enorme sala, gli elfi presenti si alzarono in segno di rispetto.

Avere tutti quegli occhi puntati su di sé la fece sentire impotente com’era quando il padrone la esibiva come una creatura rara. Si fece forza ed andò a sedersi sulla sedia indicatagli da Galion.

Era accanto a quella vuota del Re.

Appena Hanna prese posto i consiglieri la imitarono.

“Le buone maniere Han, e niente figuracce!”Le disse la sua coscienza.

“Vi sono grata per avermi concesso un onore così grande, anche se confesso di non capire la motivazione dietro a questa scelta!” Disse sforzandosi di avere un tono solenne, non troppo squillante, ma sicuro.

“Siamo noi e l’intero regno a dover mostrare gratitudine per aver salvato il nostro Re!” Disse un elfo dai lunghi capelli castani.

Certo, indiscrezione sembrava essere la parola d’ordine degli elfi!

“Abbiamo discusso e volevamo rendervi partecipe della nostra scelta dato che per ora, il Re non sarà presente!” Rivelò un’altro folletto.

Che voci melodiose avevano. Ammalianti, come se cantassero tutto il tempo.

Un elfo che non aveva ancora preso parola si alzò, dirigendosi verso l’umana lentamente. Hanna cercò di rimanere impassibile, ma la paura trasparì lo stesso dai suoi lineamenti, tanto che Galion l’affiancò per mostrare a lei e a tutti che l’avrebbe protetta.

Non aveva mai avuto paura di Thranduil. Erano entrambi in catene e non c’era mai stato un motivo per farle del male. Ma sapeva che gli elfi di Bosco Atro erano più pericolosi dei loro simili di Gran Burrone, molto più aperti ed accoglienti e senza Thranduil, si sentiva smarrita!

“Quando ci è giunta la notizia che Re Thranduil fosse vivo contro ogni aspettativa, la gioia è stata immensa. Tuttavia, la vostra presenza ha creato nuove ombre, dubbi laceranti su quali fossero le vostre reali intenzioni!” Disse l’elfo studiandola con lo sguardo “Gli umani sono sempre stati avidi ed opportunisti!” Gli elfi cantavano sempre la stessa canzone “Ma il vostro gesto ha stracciato il velo dell’incertezza!” Rivelò.

“Il popolo vi vede sotto una luce diversa, ora!” Specificò un’altro.

“E noi, comprendendo la lungimiranza che il nostro sovrano ha avuto scegliendovi, abbiamo deciso di accettare le sue decisioni. Benché vadano contro le tradizioni del nostro popolo!” Disse un’elfo infastidito con lunghi capelli castani, più scuri rispetto all’altro gentile.

“Mai umani ed elfi si sono uniti!” Lo appoggiò un’altro.

“Mai un essere umano ha rischiato la sua vita per salvare uno di noi!” Dopo questa affermazione gli sguardi di tutti cambiarono, come se cercassero di cogliere in lei qualcosa che spiegasse le sue azioni.

“Mai il popolo ha acclamato una mortale come regina!” Aspetta..... che cosa?

“Ormai tutti in questo regno, noi compresi, vi vedono come la compagna del Re. Colei a cui ci rivolgeremmo in caso dell’assenza del sovrano!” Disse colui che aveva parlato per primo.

“Aspettate!” Disse Hanna alzandosi in piedi di scatto e mettendo le mani avanti come a volersi difendere “Io so poco di politica! E molto meno su quella degli elfi! Non posso sostituire il Re. Manderei questo regno in rovina!” Tentò di fargli cambiare idea.

“Noi ci occuperemo degli aspetti burocratici!” La calmò un’elfo che sembrava essere il più anziano di tutti. I suoi occhi erano antichi!

“Voi dovrete esprimere la vostra opinione per il momento. Non avendo ancora il titolo ufficiale non avete alcun potere esecutivo!” Disse con un sorriso appena accennato.

“Ma questo non vuol dire che vi tratteremo con meno rispetto!” Sottolineò.

“Il popolo ha bisogno di una guida. Dovrete essere al corrente di ciò che accade all’interno del regno in qualità di rappresentante della famiglia reale! Questo è di vitale importanza, in modo particolare, per la cerimonia funebre di stasera!” Svelò un’altro.

“Vi ringrazio molto per la fiducia e la lealtà mostratami. Farò del mio meglio, ve lo prometto!” Disse Hanna chinando il capo riconoscente.

Le era giunta notizia che i corpi di tutti i caduti fossero finalmente tornati alle loro famiglie e sapeva che era solo una questione di tempo prima che gli abitanti di Bosco Atro rendessero loro omaggio.

“Come sta il Re?” Quella domanda fece calare nuovamente il suo animo nel caos.

“Il sovrano non sta bene....” disse maledicendosi per aver lasciato spazio a debolezze. Non poteva divulgare la minima informazione!

“Ma l’ho visto riprendersi da situazioni peggiori......” Hanna si fermò nuovamente, ricordandosi che non stava consolando o rassicurando nessuno e non era nella posizione di fare false promesse!

“Voi eravate con lui!” Disse improvvisamente un elfo alzandosi lentamente ed Hanna si irrigidì, temendo volesse accusarla di aver abbandonato il Re sul campo di battaglia “Sapete chi è stato a farlo prigioniero?” Questo fu anche peggio!

Hanna rimase immobile, fissandolo con gli occhi sgranati, sentendo il conflitto interiore aumentare.

“Ora basta!” Intervenne Galion “Lady Hanna è molto provata dalla malattia del sovrano. Potrete soddisfare queste curiosità con sua maestà!” Disse incitando la ragazza ad uscire.

“Se il Re muore la Principessa Aranel prenderà il suo posto!” Affermò mister simpatia. Doveva essere un’alleato di Curunìr.

Quella frase fece da miccia risvegliando Hanna di colpo “Aranel è ancora una bambina!” Ringhiò.

“Esatto, ma la sua istruzione verrà cambiata in modo tale che al raggiungimento della maggiore età sia pronta a prendere il posto di suo padre!” Si fece sentire un’altro elfo restando comodamente seduto.

“Statemi bene a sentire!” Disse Hanna con voce potente facendo un deciso passo in avanti.

Poggiò le punte delle dita al tavolo, ergendosi orgogliosa, sapendo di dover combattere il doppio per i propri figli “Thranduil...” sorrise nel vedere il disagio degli elfi nel sentire la confidenza con cui pronunciava il nome del Re, privo di titolo “...si è battuto a lungo affinché nessuno decidesse della vita di sua figlia!”.

Prendendo spunto dall’angelo della morte, prese a camminare intorno al tavolo “Nostra figlia avrebbe avuto un infanzia felice, priva di preoccupazioni. Sarebbe cresciuta libera di poter scegliere cosa fare nella vita e nessuno le avrebbe imposto niente!” Hanna vide un elfo accingersi a parlare e continuò, ben sapendo di essere scortese “L’ho visto uccidere, mutilare e torturare coloro che volevano farle del male. Vi risparmierò il racconto del triste destino toccato a coloro che anni fa, la rapirono portandola nel loro accampamento solo perché era una creatura rara....” disse stringendo i pugni per la rabbia.

Alla fine era tornata al suo posto “So che ora è cambiato tutto! Ma prima di prendere decisioni affrettate, rammentate che lei non è la prima in linea di successione e che mi batterò per rispettare la volontà di Re Thranduil!”.

“La successione al trono deve essere rispettata, altrimenti il regno potrebbe cadere nel caos! Con il Principe assente è inevitabile non rivolgersi alla Principessa!” Insistette l’elfo facendo leva su qualcosa potente come il sangue reale.

Hanna lo fulminò con lo sguardo “Avete chiesto la mia opinione, eccola!”.

“Lady Hanna ha ragione!” La appoggiò Galion “Il Principe Legolas si è mostrato un sovrano saggio e giusto. Ed il fatto che lei lo appoggi nonostante le loro divergenze è segno che confidi realmente nella sua attitudine al comando!” Hanna rimase impassibile non sapendo se Galion pensasse che lei credesse veramente nel Principino.

Il maggiordomo mise le mani dietro la schiena cercando di non apparire teso “Sua maestà sta combattendo la malattia. Siamo in un momento troppo delicato per poter dare informazioni certe, confido possiate perdonarci se rifiutiamo di essere inopportuni, diffondendo notizie che potrebbero rivelarsi false. Se una disgrazia dovesse avverarsi, prenderemo decisioni una volta passati i giorni di lutto!” Disse per poi praticamente trascinare via Hanna.

 

*

 

Non poteva crederci!

Era convinta che un errore come quello fatto con Proximo non si sarebbe ripetuto mai più!

Eppure se così fosse stato non si sarebbe ritrovata a correre zoppicante evitando di scontrarsi con gli elfi che incrociava.

Sara era corsa alle porte del regno appena appresa la notizia da Luthien.

Discutendo mentre tornavano dai giardini reali era uscito fuori che gli elfi di Lorien erano in partenza.

Chissà per quale motivo, ma una parte di lei credeva che avrebbero atteso che le condizioni del Re migliorassero prima di andarsene.

Senza esitazione era scattata e per un pelo vide Feren inchinarsi di fronte al generale di Lorien probabilmente augurandogli il meglio.

Haldir alzò la testa osservando l’enorme gradinata che conduceva al palazzo.

Lo schieramento di soldati del regno dei boschi era perfeto, disposti per mostrare gratitudine di fronte al loro aiuto sul campo di battaglia.

Si voltò passando fra i suoi uomini per avviarsi ai cavalli e tornare al regno a cui apparteneva.

Sara fece capolino da dietro la colonna appena sentì i passi di marcia ampliati dal rumore delle armature. 

Non sapeva spiegarlo, ma appena l’aveva visto, tutto il desiderio di parlargli era scemato, sostituito dal puro terrore.

Cosa avrebbe potuto dire per giustificare il proprio comportamento? Ma era lei a doversi scusare?

La gamba pulsava per lo sforzo, un fastidioso ricordo del motivo che l’aveva portata nelle sale di guarigione giorni prima.

Era rimasta negli appartamenti reali per aiutare Hanna, ma anche per nascondersi.

Una parte di lei era rammaricata per quanto accaduto.

Era ancora in lutto per la morte di Audial e si odiava per ciò che aveva fatto.

Già. Che poi era stata l’unica cosa buona accaduta con quell’elfo perché appena apriva bocca le veniva voglia di strangolarlo.

Sara sospirò infelice, rimpiangendo ciò che sarebbe potuto essere se si fosse fatta coraggio.

Tornò sui suoi passi non potendo dirsi sorpresa quando si sorbì una sfuriata di Hanna che ne aveva per ogni singolo elfo che faceva parte del consiglio ristretto reale.

 

*

 

Le due guardie che sorvegliavano l’entrata agli alloggi reali, si scambiarono occhiate stupite nel vedere due piccoli elfi, avvicinarsi timidamente.

“Chiedo scusa, sono Annael, un amico di Aranel e Lucilla...” si presentò, cercando di non osservare con irrispettosa incredulità la ricchezza del castello “Non sono venute a scuola e volevo sapere se stanno bene!”.

“Annael, cosa ci fai qui?” Una voce che il ragazzo conosceva bene lo fece pentire di aver assecondato le richieste dell’amica Lothìriel.

“Ada io....” “È la terza volta che te lo ripeto, vai a casa e non tornare più qui!” Lo riprese il padre scusandosi con un gesto del capo con i suoi compagni d’armi.

Da quando la Principessa Aranel era stata rapita, suo figlio era venuto a cercarla più volte. Era un esempio di lealtà, ma era importante che i bambini rimanessero all’oscuro di cosa fosse successo. Non erano argomenti adatti a loro.

“È vero che il Re sta male?” Chiese Lothìriel mostrando un’audacia insolita ed ammirevole, per una bambina della sua età.

Il padre del suo amico assottigliò lo sguardo irrigidendosi “Dove l’hai sentito?” Chiese cauto.

“Mio nonno dice che il Re è morto. Per questo non l’abbiamo ancora visto dopo la battaglia. Mia madre invece pensa che sia solo ferito perché altrimenti ce l’avreste detto vero?” Chiese con l’innocenza data dalla giovinezza.

Duinhir, il padre di Annael, sapeva bene che la cara amica di suo figlio apparteneva a una classe sociale più bassa ed era consapevole quanto fosse urgente placare e smentire certe voci, per non rischiare di compromettere la stabilità del regno.

“Ciò che fa il Re non vi riguarda...” “Annael!” Duinhir alzò la testa di scatto mettendosi sull’attenti appena vide la Principessa Aranel correre verso di loro.

“Aranel!” La accolse Lothìriel gioiosa di poterla finalmente rivedere.

“Cosa ci fate qui?” Chiese l’amica che ancora non li aveva rivisti da quando era tornata.

“Ti cercavamo! Dove sei stata?” Domandò Annael abbassando la testa quando suo padre si schiarì la gola con fare minaccioso.

“Aranel, questi sono amici tuoi?” Chiese Sara contenta di poter conoscere alcuni compagni di scuola delle ragazze, ma capendo l’urgenza della guardia.

“Si. Possono fare merenda con noi?” Supplicò Aranel aggrappandosi alla gonna di Sara.

Lei alzò gli occhi al cielo rispondendo con un “Va bene!” Che fece urlare di gioia i bambini “Ma solo per poco che dovete finire di fare i compiti!” Raccomandò.

“Mia signora non serve....” “E invece trovo che sia un ottima idea passare un pomeriggio con gli amici. La ringrazio per averli accompagnati fin qua, una distrazione e la compagnia faranno bene alla Principessa!” Sara interruppe Duinhir, non capendo che la guardia reale non c’entrasse niente con l’apparizione dei due amichetti.

 

*

 

Era una limpida notte, la luna faceva risplendere la neve appena caduta, che come un tappeto cerimoniale, aveva ricoperto le strade.

La radura era piena di elfi, eppure il silenzio era assordante.

Hanna e Sara si stringevano la mano, volendo farsi forza a vicenda, mentre i gemelli si aggrappavano alle loro gonne, confusi da tutti gli occhi puntati su di loro.

Aranel e Lucilla stavano al fianco delle ancelle, con la testa bassa, abbastanza grandi da sapere come comportarsi.

Hanna sentì una fitta al cuore nel vedere la figlia, solitamente esplosiva, così composta. Più il tempo passava, più la madre poteva scorgere la vena reale di Aranel farsi sempre più evidente.

Aveva cominciato a cambiare fin da subito, ma ora, i sorrisi gentili che rivolgeva a chi si inchinava davanti a loro le ricordavano il padre.

A distrarla dai suoi pensieri fu una melodia. Appariva più come un lamento, ma era qualcosa di magico.

Pur non capendo le parole, riusciva a percepire la potenza del messaggio che voleva trasmettere.

Galion le condusse sotto un grosso albero, per permettere loro di poter assistere più da vicino ed essere viste da tutti i presenti.

Hanna serrò la mascella nel vedere madri, mogli, padri e figli disperarsi davanti al corpo dei loro cari. 

Si sentiva un verme al pensiero di aver maledetto la sua fortuna. Aranel era stata rapita, vivendo esperienze terribili, ma era sempre tornata da lei. Altri non avevano goduto di questo minuscolo ma splendido miracolo.....

Una bambina dell’età della Principessa corse verso di loro, il viso rigato da lacrime. Aranel e Lucilla non esitarono ad abbracciarla.

Hanna si rivide in quella piccola elfa. Aveva poco più della sua età quando quel terribile incidente l’aveva resa orfana...

Conosceva quella bambina, era Lothíriel, compagna di classe delle ragazze che era andata a trovarle proprio quel pomeriggio, mostrandosi molto più composta in presenza di Sara. Il padre era fra i caduti. Una guardia semplice, ma comunque parte dell’esercito che aveva combattuto contro l’esercito di Azog.

Il nonno paterno invece, era sopravvissuto senza riportare ferite importanti. A volte il futuro sapeva essere molto beffardo!

“La madre di Lothíriel partirà presto per le terre immortali!” Le sussurrò nell’orecchio Calien ricevendo un ammonimento da parte di Luthien.

“E lascia la figlia?” Chiese Hanna sbalordita voltandosi appena.

“Se resta svanirà comunque. Lothíriel rimarrà con il padre di suo padre, ma è comune che dopo una perdita così ingente molti bambini rimangano orfani!” Le spiegò Calien ignorando l’altra ancella.

Hanna abbassò la testa, sperando di avere la forza sufficiente per poter superare questo periodo buio in vista di giorni migliori.

 

*

 

Era come se non si divertissero quando non urlava. Era svenuto più volte, ora era sveglio, ma attorno a lui i suoni erano distanti, la sua vista sfocata. 

Chiuse gli occhi nella speranza che il sonno lo proteggesse dalla prossima tortura.

“Sai cos’è questo?” Sapevano che era cosciente, avevano imparato a riconoscere il suo stato di veglia anche se teneva occhi chiusi.

“È un’alleato che ci aiuterà a sciogliere quella tua lingua biforcuta!”

Quella notte, al chiaro di luna luna crescente, il silenzio cullato dal canto dei grilli, venne rotto da urla strazianti. 

 

Hanna si svegliò al suono della porta che veniva chiusa.

Passato pochi secondi sentì Aranel arrampicarsi sul letto e sdraiarsi tra di loro.

Era sorpresa di averla sentita arrivare, ma nonostante la stanchezza riconobbe che il suo sonno era agitato e leggero.

Thranduil era stato molto male i giorni successivi alla battaglia. Era la prima notte che potevano dormire assieme, essendosi la sua febbre abbassata, senza dover avere la presenza costante di un guaritore. 

Per questo aveva deciso di permettere ai figli di vederlo quella sera, fingendo che stesse dormendo dopo un’intensa giornata di lavoro.

Soprattutto per placare la più grande. Aranel aveva vissuto male l’assenza del padre!

Ed era troppo sveglia perché riuscisse a mentirle ancora a lungo....

Hanna sospirò sfinita.

I consiglieri l’avevano informata su una cerimonia imminente a cui avrebbe dovuto presenziare con i Principini, consegnandole un discorso che avrebbe tenuto per rassicurare il popolo il quale, di fronte al silenzio, avrebbe potuto agitarsi credendo il Re trapassato.

Non bisognava dire che lo stress non faceva che aumentare e lei era ormai esausta dalla quantità di impegni che improvvisamente le erano stati imposti.

Hanna richiuse gli occhi, ma quando li riaprì, svegliandosi di soprassalto, avrebbe scommesso che non era passato molto tempo. Stava facendo un sogno che non riusciva a ricordare, ma non era certo qualcosa di allegro. 

Doveva assolutamente darsi una calmata, non poteva continuare a trovarsi in balia della sua ansia. 

Aranel dormiva tranquilla, tra le braccia del padre che era sdraiato su di un fianco.

Vedendoli così rilassati l’uno accanto all’altro li invidiò, ma allo stesso tempo le tornò in mente un ricordo che il tempo avrebbe già dovuto cancellare.

Sua madre le aveva consigliato di imitarla quando si sentiva agitata ed agire come lei prima di un concerto. Fare esercizi di respirazione calmanti per rilassare i muscoli e distendere i nervi.

Non aveva funzionato allora. Forse adesso, con un po’ di fortuna, l’avrebbe aiutata.

Si mise seduta sul letto a gambe incrociate, ed iniziò a fare dei respiri profondi. Inspira, espira, inspira, espira. Fai una smorfia infastidita.....

Starnutì più volte avendo inalato profondamente i fumi delle erbe posti ai lati del letto allo scopo di combattere l’infezione ai polmoni del sovrano.

Non sembrava funzionare granché, così la mente della ragazza vagò attraverso i suoni della stanza. 

La cascata all’interno della reggia era un suono che fin dall’inizio del suo soggiorno aveva trovato quasi fastidioso, ma ora si poteva dire che le stesse facendo compagnia. 

Si sdraiò nuovamente accostandosi di più ai due e chiuse gli occhi cercando di prendere sonno.

Li aprì di scatto quando il suo udito colse un dettaglio allarmante.

Thranduil respirava in modo strano!

Hanna iniziò a contare i respiri del compagno, ma quello che notò non era certo rassicurante: il ritmo del respiro di Thranduil era almeno tre volte superiore al suo. 

I primi giorni lei e Sara avrebbero messo la mano sul fuoco che l’elfo soffriva di polmonite, ma senza conoscenze sulla medicina eflica si erano viste costrette a fidarsi del capo guaritore.

Anche con le sue poche conoscenze mediche, Hanna sapeva che quello non era un buon segno. 

Mandò al diavolo le tecniche di rilassamento e si precipitò fuori dalla stanza.

Sbatté contro la pesante porta del salottino di faccia, ritrovandosi a barcollare all’indietro massaggiandosi la parte lesa con una mano, mentre l’altra contribuiva a non perdere l’equilibrio.

Tempo due secondi e si riprese, aprendo la porta con tanta energia da farla sbattere contro la parete nonostante il suo peso.

Uscì dalla stanza come un uragano nel pieno della propria potenza distruttiva e si guardò attorno freneticamente.

Per molto tempo aveva maledetto i guaritori trovandoli davanti alle stanze del Re, sentendo la propria privacy violata a causa del loro super udito. Ora che era stata accontentata si ritrovava a maledirli doppiamente, capendo quanto le sue lamentele fossero state inappropriate.

Si voltò verso le due guardie che vegliavano le stanze e rimase basita nel vederle sussultare prima di mettersi sull’attenti. 

Ma che avevano tutti! Aveva salvato il Re, mica minacciato di morte qualcuno!

Si fissarono per qualche minuto.

I due poveretti erano sempre più agitati, man mano che il silenzio si dilungava. 

Hanna, in camicia da notte, con i capelli spettinati e per niente presentabile.

Ma non le importava! Le priorità erano cambiate!

“Cosa fate li impalati!” Esplose Hanna non riuscendo a non scaricare la propria frustrazione avendone l’occasione “Andate a chiamare i guaritori, ADESSO!”

L’elfo, dopo aver sussultato, sfatando ogni mito sul controllo elfico, corse via, accingendosi ad ubbidire.

Hanna tornò nella stanza e rimase a fissare Thranduil sentendo il terrore provato sul lago, travolgerla.

Strinse i pugni percependo la rabbia aumentare. Gli elfi erano creature immortali, perché lei doveva penare tanto?!

Vide la figlia ancora profondamente addormentata fra le braccia del padre, ma aveva troppa paura di rischiare, muovendolo.

Un vociare anticipò l’ingresso di Galion che si fermò sulla soglia. Il suo sguardo, stranamente, cadde subito su di lei.

“State bene?” Chiese il maggiordomo preoccupato. Hanna scosse la testa.

Lui si avvicinò al sovrano, lentamente, ma appena notò la Principessa non esitò un secondo.

Fece distendere il Re sulla schiena accompagnando il movimento con le braccia.

Un sorriso triste illuminò il volto cupo di Hanna quando vide la delicatezza usata da colui che sapeva essere un caro amico per Thranduil.

“Mellon, devi lottare!” Sussurrò Galion sapendo che il suo signore non poteva sentirlo “Per loro!” Disse dandogli una stretta di mano decisa.

Il maggiordomo raccolse Aranel, invitando Hanna ad uscire appena giunsero i guaritori.

 

*

 

“Sapevamo che poteva accadere!” Tentò di consolarla Sara.

“Rischia di morire soffocato!” Pianse Hanna stringendo con più forza il cuscino.

“No, i guaritori si stanno occupando di lui!” Si fece sentire Sara che a malapena combatteva il nervosismo nato appena era venuta a conoscenza della crisi.

“Avrei dovuto aiutarlo?” Chiese Hanna sedendosi di scatto “Avrei potuto...” “Fare niente! Il fisico è troppo provato. Chiamare i guaritori è stata una scelta saggia!” La fermò Sara.

“E se non mi fossi svegliata? Al mattino avrei avuto accanto un cadavere!” Disse Hanna guardandosi le mani “Mia figlia si sarebbe svegliata fra le braccia di suo padre....” lo sguardo che rivolse all’amica era di assoluto terrore e Sara fece un profondo respiro, per riprendere le forze e calmarsi.

“Non è accaduto!” Disse soltanto alla fine.

“No!” Urlò Hanna scuotendo violentemente la testa “Sai perché non è accaduto?” Le chiese “Perché resto sveglia per sentire il suo respiro nel caso......dovesse fermarsi.....sento la necessità di controllarlo.....” Hanna non terminò la frase coprendosi il volto con le mani per potersi disperare in pace.

“Hanna...” la chiamò Sara poggiandole le mani sulle spalle.

Aspettò fino a quando l’amica non alzò la testa “Hai agito come nessuno sarebbe riuscito. Hai mantenuto la mente lucida, quando avresti avuto tutto il diritto di disperarti.....” “Io sono disperata!” Le urlò contro Hanna.

“Allora ritrova la calma che avevi mentre gli hai fatto ripartire il cuore!”.

Il silenziò calò nella stanza e Sara si preoccupò vedendo la rabbia di Hanna aumentare sempre più.

“Calma?” Sussurrò lei furiosa “Gli urlavo di non abbandonarmi!” Gridò piangendo “Gli orinavo di respirare!” Disse spingendo l’amica “Lo supplicavo di tornare da me!”.

“E lui l’ha fatto!” Le ricordò Sara alzando le mani per proteggersi da eventuali colpi successivi.

“Come posso mantenere la calma quando ho dovuto praticare la respirazione bocca a bocca a mio marito?” Gridò Hanna spingendola di nuovo “Quando ho dovuto saltargli sul petto perché era morto?!”.

“Dimmi come!” Gridò Hanna fuori di sé.

“Non hai idea di come sia! Non sai che ho paura di addormentarmi perché continuo a vederlo morto!” Sara la lasciò urlare, piangere e disperarsi, aspettò fino a quando non si fu calmata, per farla alzare e accompagnarla nelle stanze reali.

Hanna non disse o fece altro, seguendola come fosse un automa.

Fortunatamente i guaritori se ne erano andati, così si sedette al fianco del sovrano con Hanna, prendendole una mano per accompagnarla a distendersi sul petto del Re.

Il respiro di Thranduil era tornato regolare e sembrava solo dormire pacificamente.

“Che fai?” Chiese Hanna senza opporsi.

“Lo senti?” Domandò Sara con ammirazione “Un cuore pulsante forte e costante.....” le sussurrò all’orecchio “....che batte grazie a te!”.

La ragazza sorrise quando l’amica l’abbracciò di slancio, commossa.

 

*

 

“Ti piegheremo elfo! Ti inginocchierai davanti a noi chiamandoci padroni!”

Attesero una risposta, ottennero solo silenzio.

I polsi vennero legati con catene di ferro, le braccia sollevate. Era troppo in alto per permettere ai piedi di toccare il terreno umido della cella. Ogni centimetro del suo corpo mandava fitte di dolore.

La parete fredda della cella su cui la schiena poggiava gli dava un leggero sollievo alle ferite in via di guarigione, mentre strusciava contro quelle gonfie ed infette.

Era solo, poteva alzare leggermente la testa e vedere il cielo azzurro oltre le sbarre, o le stelle che illuminavano il cielo scuro. 

Aspettare la morte, aspettare un conforto che mai sarebbe arrivato!

Non aveva paura di morire, presto avrebbe incontrato i suoi avi, i suoi amici uccisi in battaglia, la sua sposa....

L’unica cosa di rimpiangeva era il dover morire come un prigioniero. 

Solo, indifeso, spezzato. 

Il suo popolo avrebbe eletto suo figlio come re, questa era l’unica certezza che faceva apparire il fantasma di un sorriso sul suo volto, quando nessuno guardava.

 

Hanna si svegliò di colpo, agitando gambe e braccia in un gesto involontario dato dallo spavento, percependo di stare cadendo quando il materasso sparì da sotto di lei.

Si ritrovò in terra, confusa e dolorante, ancora assonnata.

Quella notte sembrava non finire mai.

Aveva inveito contro Curunìr quando lui, asciutto, le aveva spiegato che la crisi era dovuta alle erbe ed era previsto che si sarebbe mostrata una terapia difficile.

Avevano atteso qualche giorno perché si riprendesse dalla prima operazione effettuata da Sara, ma questo non aveva scongiurato eventuali problemi.

Hanna tremò assieme all’urlo angosciante che la raggiunse dal letto.

Ormai sveglia si alzò in piedi per vedere Thranduil agitarsi in preda ad un incubo.

L’elfo alternava grida di rabbia ad altre di dolore non cessando mai di muoversi, sembrava stesse lottando contro qualcuno....

L’elfo esausto che le si era parato davanti agli occhi dopo la crisi era sparito, sostituito da uno in piene forze ed estremamente combattivo.

Sentire quella voce melodiosa e potente incrinarsi e spezzarsi le lacerò il cuore.

Le porte si aprirono di scatto mostrando il capo guaritore che accorse verso il letto ed assieme ad altri due elfi tentarono di bloccare il Re.

Si rivelò una pessima idea, perché Thranduil reagì malissimo all’essere toccato.

Come se fosse stato un animale ferito messo all’angolo, si agitò ancora più di prima lottando contro coloro che identificava come nemici.

Gli elfi vennero sbalzati come bambole di pezza e caddero per terra doloranti.

Hanna osservò il sovrano, la fronte era corrugata in una smorfia piena di dolore, ansimava come se stesse facendo una corsa e il sudore gli bagnava la fronte.

Fermò Alyon dal tentare una seconda volta di calmare il Re sapendo che avrebbero ottenuto l’effetto contrario.

Guardò negli occhi il guaritore, cercando di far trapelare un po’ di autorità dalla sua voce “Dobbiamo aspettare che si calmi!”.

Quando lo sguardo tornò sul Re Hanna sentì una stilettata al cuore nel vedere i suoi occhi aperti da cui traspariva solo disperazione. Continuava ad agitarsi e non sembrava affatto consapevole di ciò che lo circondava.

“Thranduil!?” Hanna lo chiamò dolcemente ma lui sembrava non vederla o sentirla.

Hanna comprese, mettendogli una mano sulla fronte e togliendola subito appena lui reagì violentemente, che era in preda ad allucinazioni febbrili.

Aveva sempre lottato contro i suoi aguzzini? Oppure dopo un po’, li aveva lasciati fare nella speranza di porre fine a tutto?!

Cosa gli avevano fatto per renderlo insensibile al dolore?! Se ferito soffriva, ma la sua soglia di sopportazione era molto alta!

Quante cicatrici continuava a celarle grazie alla magia?!

Com’era riuscito a resistere per così tanti anni? Come poteva lasciare che lei lo toccasse? Non si era mai spostato al suo tocco, nemmeno quando si erano appena conosciuti! 

Come faceva ad essere così forte?!

Hanna percepì una lacrima solcarle la guancia appena Thranduil crollò in un sonno sfinito, perdendo i sensi e rilassando i muscoli.

“Dategli qualcosa per la febbre!” Ordinò. Vedendo l’esitazione di Alyon decise di chiarire qualsiasi dubbio “Non osate fare parola di ciò che è accaduto con anima viva!” Sibilò prima di riportare la sua attenzione su Thranduil.

 

*

 

Al mattino Hanna dormiva ancora, così come il sovrano.

Aprì un occhio sentendo le voci dei guaritori, ma lo richiuse rifiutandosi di muoversi.

Fortunatamente non venne ulteriormente disturbata e sentì a malapena gli elfi uscire.

Quando si risvegliò per prima cosa fissò Thranduil, alzando la testa dal suo petto che le aveva fatto da cuscino.

Dormiva profondamente, come se poche ore prima non fosse accaduto niente.

Hanna abbassò la testa cullata dal dolce respiro dell’elfo.

Delle voci lontane la convinsero finalmente ad alzarsi. Rubò un bacio a Thranduil prima di scendere dal letto ed andare a vestirsi.

Una volta pronta si sedette al fianco del Re. 

Il materasso si abbassò sotto al suo peso, ma l’elfo non parve accorgersi della sua presenza.

“Mi considerano già la loro regina.....” sussurrò Hanna fissando diritto davanti a sé.

“Era quello che volevo, cioè speravo!” Si corresse “Ma non così! Non doveva essere qualcosa di immediato e travolgente!” Disse agitando le mani per il nervosismo “Avrei guadagnato la loro fiducia piano piano, avrei fatto le cose giuste e con calma....” ragionò da sola.

“Forse credono che sia adatta, ma non so niente, niente di come gestire un regno, cosa fare in caso di pericolo, anche solo dare ordini è nuovo!” Elencò contando con le dita.

“Bhe non proprio...i ribelli mi ubbidivano perché tu li terrorizzavi....comunque...” disse sorridendo ripensandoci “Ora è cambiato tutto!”.

“Thranduil....” pianse accarezzandogli una guancia “Sei un elfo, quindi dovresti essere molto più forte di noi umani!” Disse afferrandogli una mano.

“Non so se posso.....” disse prendendo una grossa boccata d’aria “No, non posso! Non posso farlo senza di te!” Strinse al petto la mano, come se con quel gesto potesse tenerlo con sé “Torna da me! Svegliati!” Lo Supplicò.

“Intendeva dire...” Hanna urlò appena una voce risuonò nel silenzio della stanza “..che senza di lui non potrà ottenere il titolo a cui aspira!” Era certa che Curunìr facesse apposta a non bussare prima di entrare.

Hanna aprì la bocca per rispondere “Ha frainteso le mie parole!”Solo per rendersi conto che non gli doveva alcuna spiegazione.

Si alzò, ma rimase ai piedi del letto, conscia quanto la sua presenza infastidisse il capo guaritore.

Con una gentilezza che sembrava impossibile possedesse, Curunìr mise una mano sotto la testa del suo Re, sollevandola leggermente per fargli bere il contenuto poco invitante nel bicchiere che aveva portato.

Una volta finito, uscì.

“Ho paura di farmi vedere in giro perché so che Galion è in agguato, ma devo andare!” Disse Hanna dando un bacio al Re addormentato.

Non si avvide dello sguardo stanco che la seguì fino a quando non sparì oltre la porta.

 

*

 

Il consigliere aspettò che il maggiordomo accompagnasse fuori l’ospite d’onore per poter esporre i nuovi problemi riscontrati, ma una confusione inaspettata fece voltare tutti verso le grandi porte che si aprirono poco dopo rivelando un intruso inatteso.

Il capo guaritore scansò le guardie, andando diritto dal capo del consiglio.

“Cosa ci fate qui?” Chiese lui acido. Non gli era mai accaduto, nei suoi lunghi secoli di carica, una situazione analoga.

“Non avete alcun diritto di presenziare!” Protestò un’altro.

“Ho sentito che volete conoscere le condizioni di sua maestà. Chi meglio di me può trovare una risposta alle vostre domande?” Chiese l’intruso mellifluo.

“I pettegolezzi?” Scherzò qualcuno guadagnandosi qualche risata contenuta.

“Siamo stati informati che il Re è in ripresa e speriamo possa presto unirsi a noi!” Gli rispose Mìnaothon, il capo del consiglio.

“Che tristezza. La lunga vita concessaci dai Valar non ripara alcune lacune laddove domina la superbia!” Sospirò Curunír fintamente affranto.

“Dovete uscire!” Lo riprese un’altro.

“Siete ciechi davanti alle imminenti disgrazie e sordi agli avvertimenti!” Rispose piccato il capo guaritore.

“La smetta di parlare con la lingua di un serpente e ci illustri le calamità che teme stiano per travolgerci!” Ennòn, il più giovane in carica, si mostrò molto poco paziente di fronte a una tale insolenza.

“Trovo divertente dover dire che è già accaduto!” Disse Curunír non badando a trattenere una sonora risata.

“Questo è troppo!” Si indignò Mìnaothon “Guardie!”.

“Sua Maestà non era andato a Ravenhill solo!” Dichiarò potente voce del capo guaritore mentre i due soldati tentarono di trascinarlo fuori “Quel giorno sulla montagna c’era solo Lady Hanna!” L’ultima frase fece calare un silenzio di tomba e fermò le guardie che accorreva per dare una mano.

“Cosa vorrebbe insinuare?” Chiese Mìnaothon non capendo perché tale informazione dovesse avere una tale importanza.

“Non credevo di dovermi spiegare!” Rispose Curunír offeso, districandosi dalle prese invadenti dei soldati.

“Il Principe Legolas ha rilasciato un rapporto molto dettagliato!” Ricordò qualcuno.

“Esatto. E potete constatare con i vostri occhi che scrive di essere giunto dopo la disgrazia!” Non si arrese l’intruso.

“Non potete credere che un umana possa aver sconfitto il sovrano!” Lo riprese Ennòn non capendo, come tutti.

“No?” Chiese Curunír facendosi avanti “Ho trovato i segni di una commozione celebrale sul lato destro della testa di sua maestà. Significa che era incosciente quando le acque lo hanno inghiottito!” Disse sapendo bene di avere finalmente la piena attenzione dell’intero consiglio.

“Re Thranduil si è svegliato, se fosse come affermate con tanto ardore, avrebbe agito di conseguenza!” Affermò con convinzione Amdir che aveva servito persino il grande Oropher.

“Il sovrano è ancora molto debole e confuso. Gli ho chiesto se ricordava e purtroppo il danno alla testa ha cancellato una parte degli eventi dalla sua memoria, come temevo!” La verità, poteva essere usata come arma a doppio taglio.

Il capo del consiglio si alzò in piedi con la grazia della propria razza, chiedendo silenzio con un semplice gesto della mano.

“Ci sono argomenti di cui dobbiamo discutere. Non darei mai poca importanza alla sicurezza del Re, perciò esigo che sia ben sorvegliato. Curunír, domani tornerete e vedremo di trovare un comune accordo per decidere il destino di Lady Hanna, ma ricordate.....se la memoria di sua maestà non tornasse, ai suoi occhi potrebbe essere tradimento!” Disse Mìnaothon venendo appoggiato da tutti i presenti.

Curunír si inchinò mostrando per la prima volta di non essere un barbaro e un leggero sorriso gli si dipinse in volto.

Ma non per la gioia di essere stato ascoltato, solo per il piacere di ciò che avrebbe provocato.

 

*

 

Quel pomeriggio Hanna rifletteva su alcuni argomenti intriganti. 

Era molto stimolante assistere alle riunioni fra i consiglieri oltre ad aiutarla ad apprendere i loro modi di agire. L’ultimo incontro era finito prima di quanto pensasse ed erano stati così gentili da congedarla per non tediarla con le questioni di tipo economico.

Entrò nello studio del Re volendo riflettere in pace.

“Una civetta ha portato un messaggio di Kalos!” La accolse Sara raggiante, sventolando il pezzo di carta, distruggendo i suoi piani.

“Ci credi che mi ero dimenticata di lui?” Chiese Hanna corrugando la fronte ma decidendo comunque di restare.

“Diciamo che hai avuto molto da fare!” La giustificò lei.

“Hai ragione. Devo trovare un modo per rabbonire il capo guaritore!” Cominciò a riflettere Hanna.

“Non hai intenzione di dirglielo?” Domandò Sara sgranando gli occhi.

Hanna alzò gli occhi al cielo. Anche se era scontato che Thranduil sarebbe corso in suo aiuto una volta ripreso, era strano che Sara credesse potesse essere la sua prima ed unica arma difensiva.

“Non è mio padre e so badare a me stessa!” Chiuse il discorso.

“Ma...” “Senti, se appena trovo un ostacolo approfitto della mia posizione sarei molto peggio di lui!” “O gli darei ragione che è anche peggio!”Pensò Hanna.

“Non ti rispetta, ti odia e temo stia manovrando contro di te!” Tentò di illuminarla l’amica.

“Saprò accusare il colpo!” Rispose Hanna per niente allarmata.

“No, tu credi di poterlo fare! Ma non capisci che se ti mette in cattiva luce davanti al popolo metterai in pericolo pure i tuoi figli!” Decise di smuoverla Sara.

“Non azzardarti a tirarli in mezzo!” Reagì Hanna d’istinto.

Sara finse di riflettere “Aaah.....credo siano in mezzo da quando hanno cominciato a crescere nel tuo ventre!”.

“Ascoltami bene.....” sussurrò Hanna cercando di restare calma “....quell’elfo imparerà a rispettarmi o temermi, senza l’aiuto del Re!” Decretò. 

“E se lo scoprisse?” Infierì ancora Sara che conoscendo bene il Re, dubitava che non avrebbe notato o avuto un’informazione del genere.

“Non accadrà a causa mia......o tua!” Aggiunse Hanna quando vide un sorrisetto furbo farsi largo sul viso dell’amica.

“COSA?” Sussultò Sara ritrovandosi in trappola.

Hanna sorrise vittoriosa.

“Ti odio!” Ringhiò Sara infastidita da tanta superbia.

“Non quanto lui!” Rispose Hanna.

 

*

 

Thranduil cadde sulla sabbia a carponi. La porta dietro di lui venne chiusa facendo un gran rumore che risuonò per i corridoi bui.

Il fragore del metallo e le grida di molte persone offuscarono i suoi sensi per lunghi minuti. 

Un luccichio gli fece sollevare la testa. Una lama. La lama di una spada.

Un’arma! 

Era lì a pochi passi da lui. Era di pessima fattura, i bordi smussati, chissà da quanto non veniva affilata.

La prese in mano e l’idea di porre fine alla sua esistenza con essa, venne distrutta appena la sua pelle entrò in contatto con l’elsa.

Era un guerriero! Un elfo! Non si sarebbe arreso! Codardo è colui che dice addio quando la strada si fa buia.....e lui non era un vigliacco!

No, dalle ceneri sarebbe divampato il fuoco e dall’ombra nella quale era stato confinato sarebbe scaturita la scintilla indomabile che avrebbe fatto pentire gli umani di ciò che gli avevano fatto!

Uno di loro gli si parò davanti impugnando anch’egli una spada.

Gli rivolgeva lo sguardo fiero e sprezzante comune a quelli della sua razza.

Il suo attacco venne interrotto a metà ed il corpo senza vita cadde in terra con un tonfo sordo.

Thranduil sorrise. Un sorriso audace e minaccioso.

Sarebbe tornato nel suo regno! Sarebbe tornato da suo figlio!

 

Thranduil aprì gli occhi ritrovandosi a sbattere le palpebre con forza per mettere bene a fuoco ciò che lo circondava.

Hanna era seduta al suo fianco sul letto, mentre Sara era in piedi dalla parte opposta. Non era più in una cella!

Sospirò sentendosi uno sciocco ad aver confuso i sogni con la realtà.

Ma quella realtà era stato il suo mondo per anni, fortuna che niente di ciò che aveva vissuto fosse stato un sogno.

L’elfo socchiuse gli occhi soffrendo nel sentire il tono alto usato dalle ragazze.

Stavano litigando.....

“Per me ci sta, ma che tu non possa stare da sola con lui è assurdo!” Si lamentò Sara “Fidati! È solo la punta dell’iceberg. Appena scoprirà che abbiamo disubbidito inventerà altre.....restrizioni!” Disse mimando le virgolette sull’ultima parola.

“Come sei riuscita a farci entrare a proposito?” Chiese poi.

“Una guardia di nome Felagund ha un debole per me!” Hanna fece una smorfia divertita nel vedere la sorpresa sul viso dell’amica “È solo fedeltà! Come me la sia guadagnata è un mistero. In caso lo scopra vorrei poterlo usare contro quel porco infame!” Scherzò sentendo la rabbia ribollire.

Si costrinse alla calma “Dimostreremo a noi stesse che siamo superiori!” Affermò Hanna che ad occhi chiusi, prendeva grandi respiri per calmarsi.

“Noi saremo superiori!” Affermò Sara cingendo le mani sui fianchi con orgoglio.

“La sicurezza del Re non è messa a rischio dalla mia presenza!” Ripetè Hanna con voce profonda per convincersi del contrario rispetto a quello che Curunìr aveva ribadito con convinzione.

“Per la sua sicurezza?! Ha detto per la sua sicurezza!” Esplose Sara spalancando la bocca basita.

“Non ti intromettere! Io sono superiore....” “SUPERIORE UN CORNO! Io lo ammazzo quell’elfo!” Urlò Sara offesa a morte.

“Io sono superiore.....” Hanna aprì un occhio “Non voglio essere interrotta mentre mi elevo!” La ammonì “Perché questo mi renderebbe uguale a lui! E io non sono come lui!” Ricordò per poi riprendere l’esercizio di rilassamento.

“No, lui è un elfo molto raro. Un predatore solitario che da bravo codardo, cerca l’anello debole per poter gongolare una volta che.....” Hanna aprì gli occhi appena sentì la voce di Sara vacillare, convinta che il soggetto del discorso fosse apparso senza bussare come suo solito.

Ma lo sguardo dell’amica la portò a voltarsi dalla parte opposta rispetto alla porta ed il suo cuore fece i salti mortali appena incrociò quegli splendidi occhi blu che le erano mancati fin dal primo giorno!

“Thranduil!” Urlò piena di gioia saltandogli praticamente addosso “Sapevo che ti saresti svegliato! Ne ero certa!” Disse prima di guardarlo negli occhi e scambiare un lungo bacio.

Sara si sedette accanto ai due appena si divisero, non riuscendo a smettere di sorridere.

Finalmente vedeva la luce alla fine del tunnel!

“Di quale elfo parlavi Sara?” Le ragazze si immobilizzarono per poi scambiarsi un’occhiata incerta.

 

*

 

“Fate silenzio!” Sussurrò Sara tenendo i gemelli per mano, con le altre due che ridevano complici.

Le guardie finsero di non vederli, ma aprirono ugualmente la porta lasciando entrare i Principini.

Non serve dire che una volta nella stanza padronale, i piccoli si fiondarono sul letto tra grida e salti.

“Ada!” Urlò Aranel superando i fratelli riuscendo ad essere la prima a gettarsi fra le braccia del padre, battendo Lucilla per pochi millesimi di secondo.

Thranduil era seduto contro la testata del letto. Enormi cuscini sostenevano il sovrano, facendolo apparire solo stanco.

Hanna, seduta al fianco del compagno, accolse i gemelli che gattonarono verso di lei, per mettersi in mezzo ai genitori.

Sara si sedette sul bordo del letto, ringraziando silenziosamente gli dei per poter godere nuovamente di quel momento di pace.

“Ada stai bene?” Chiese Aranel abbracciando il padre con insolita apprensione.

Thranduil scambiò un’occhiata con le ragazze prima di chiederle “Perché non dovrei?” Corrugando la fronte.

“Annael e Lothìriel hanno detto che sei malato. Ma gli elfi non si ammalano, giusto?” Chiese visibilmente preoccupata a confusa.

Hanna strabuzzò gli occhi. Aranel non era andata a scuola. Se ne era accertata personalmente. E allora dove aveva incontrato i suoi amici?

Notando il disagio di Sara comprese chi avesse infranto la barriera da lei eretta nel tentativo di proteggere i figli, trattenendosi eroicamente dal lanciarle uno sguardo di morte.

Thranduil sospirò rassegnato. Presto o tardi sua figlia l’avrebbe scoperto. Era troppo sveglia perché le si potesse nascondere qualcosa.

“Sono stato male. Ma ora sto guarendo!” La consolò circondandola con le sue possenti braccia in un caldo abbraccio.

Lucilla si gettò su di loro e con una tecnica da sfondamento degna di un ariete, trovò anche lei uno spazio dove potersi sdraiare fra le braccia dell’elfo.

Aranel rispose spingendola via in un impeto di gelosia, ma Thranduil fu veloce a sedare la rissa stringendole entrambe, prima che crollassero tutti e tre per la stanchezza.

Anche i gemelli si erano addormentati così Hanna e Sara poterono ingaggiare solo una lotta di sguardi, sufficienti a far nascere una diatriba che si protrasse fino a quando Sara non cedette, uscendo dalla stanza furiosa, ma il più silenziosamente possibile.

 

*

 

Sara mise il broncio nel tentativo di far capire a quell’elfo che non le piaceva che se ne approfittasse in quel modo.

Hanna era riuscita a cambiare discorso immediatamente appena dopo il suo primo risveglio e le poche forze che aveva avevano costretto il sovrano ad assopirsi poco dopo.

Ma quella mattina, Sara aveva maledetto ciò che considerava una benedizione dato che Thranduil l’aveva costretta a raccontarle tutto.

“Grazie al tuo ordine ora le guardie non ci stanno più con il fiato sul collo.....se vuoi aiutarci devi riposare per riprendere le forze.....” Sara si scansò non riuscendo comunque ad evitare che il contenuto del bicchiere le finisse addosso.

Il Re era sempre stato imprevedibile, ma sapeva bene come usare le poche forze di cui disponeva......

“Come osa il consiglio mettere in dubbio la mia lungimiranza!” Ringhiò stringendo i pugni per poi accasciarsi esausto sul cuscino.

“Non credo sia così.....” Sara esitò vedendo lo sguardo di fuoco che le riservò lui. Non aveva più paura, ma sapeva bene di non dover tirare troppo la corda.

“Probabilmente Curunír avrà raccontato una storia di sua invenzione....solo mi chiedo come sia riuscito a convincere tutte le guardie.....quasi tutte.....” rifletté la ragazza non trovando risposta “Aspetta....hai detto consiglio?” Realizzò di colpo.

“Solo il consiglio ha il potere di dare ordini alle guardie. Nemmeno il capo guaritore verrebbe ascoltato per simili assurdità!” Il Re scostò le coperte con un colpo secco “È prioritario che vada....” “Da nessuna parte!” Lo bloccò Sara “Vado a chiamare Galion, ma per quanto odi dare ragione a Curunír, non sei ancora in grado di presenziare al consiglio!” Disse dirigendosi verso la porta della stanza.

Sara sussultò nell’udire un forte tonfo dietro di sé.

Per colpa del passato, si voltò di scatto sfoderando il pugnale, unica arma che lei e Hanna avevano concordato di portare appresso, in caso di un’imprevisto.

Erano troppo vicine al Re per poter essere infastidite, ma intrusi sgraditi come i nani le avevano convinte a non dare tutto per scontato.

Emise un verso strozzato, rinfoderando l’arma, quando vide il Re riverso in terra prono. 

Doveva aver tentato di alzarsi, esattamente come gli era stato sconsigliato di fare.....incredibile come la minima provocazione lo mettesse in moto......

Sara alzò gli occhi al cielo e dopo aver controllato che stesse bene, forse solo un po’ ammaccato, chiamò le guardie perché l’aiutassero.

Una volta rimesso a letto prese una bacinella e la riempì d’acqua, volendo dare un po’ di sollievo al suo viso, sicuramente dolorante.

Appena il panno bagnato toccò la fronte del sovrano, lui aprì gli occhi.

“Sara....” sussurrò confuso, sbattendo gli occhi con forza come se non riuscisse bene a mettere a fuoco ciò che lo circondava.

“Per quale motivo ti viene la brillante idea di agire senza pensare!?” Ringhiò frustrata.

“Non credevo di essere rimasto privo di energie. Stare sdraiato ha offuscato le mie percezioni!” Disse Thranduil muovendo gambe e braccia come se stesse testando le proprie forze.

“Un consiglio mio signore!” avvertì Sara con voce profonda “Datti il tempo di guarire!” Avvisò puntandogli un dito contro.

“Si, hai ragione!” Rispose lui, ridendo di fronte alla dimostrazione del vero carattere dell’amica, presente sotto uno spesso strato di insicurezze.

“Ho un dono speciale anch’io elfo! Un brutto carattere non mi scompone mai!” Affermò Sara alzando la testa orgogliosa, ricambiando il suo sorriso.

La ragazza uscì appena entrò il capo guaritore e l’umore del Re peggiorò ulteriormente.

 

*

 

Hanna sedeva in biblioteca, avvolta da un pacifico silenzio.

Le figlie erano a scuola e i più piccoli con le ancelle. Lei e Sara si erano godute il pranzo prima che sparisse chissà dove ed aveva deciso di rilassarsi.

La speranza era che Galion non la trascinasse da qualche parte così da poter rassicurare il popolo o semplicemente per farsi vedere indaffarata anche se in realtà non faceva niente a parte seguire il maggiordomo.

Leggere aveva il potere di calmarla, oltre a fornire una distrazione e il lato positivo era che le aveva permesso di progredire con il sindarin.

Aveva letto della battaglia di Dagorlad potendo solo immaginare quanto fosse stato difficile per Thranduil dover reagire freddamente di fronte a un lutto come quello.

Ora era presa dalla Battaglia delle mille caverne, trovandosi a leggere un fantasy estremamente dettagliato, difficile da immaginare come reale dato che era da poco entrata a far parte del mondo degli elfi....

“Mia signora...” lo spavento fu tale, che il libro le cadde di mano, ma riuscì a non urlare “Chiedo perdono, ritengo doveroso informarla di un consiglio straordinario!” La avvertì il maggiordomo con un rispettoso inchino.

Lei annuì, raccolse il libro ed uscì a passo svelto.

“Ha preparato una scaletta degli argomenti su cui si discuterà come avevo chiesto?” Domandò frenando di colpo quando l’elfo le si parò davanti.

“Mi segua!” Questo cambiamento nei modi rispettosi dell’elfo la fece esitare, ma alla fine fece come richiesto, non riuscendo a non mettere una mano sull’elsa del pugnale abilmente nascosto fra i suoi ricchi vestiti.

La vita coi ribelli la spingeva a stare di guardia, specialmente ora che sapeva che qualcuno si stava muovendo contro di lei.

Entrarono nello studio del Re e dopo aver richiuso la porta, Galion unì le mani, apparendo non convinto di quanto stesse facendo.

I campanelli di allarme sembravano impazziti nella testa di Hanna e i nervi erano tesi, pronti a captare anche il minimo spostamento d’aria che l’avrebbe avvertita di un’ulteriore presenza.

“Il consiglio si è già riunito, mia signora!” Disse alla fine il maggiordomo.

“Come?” Hanna non poteva crederci, le avevano mentito!

“Mi pareva che la mia presenza fosse stata richiesta dal popolo!” La ragazza tentò di non farlo sembrare un lamento di una bambina viziata e dubitò fortemente di esserci riuscita....

“Hanno deciso di educare privatamente la Principessa e mandarvi a Lorien per darvi l’istruzione adeguata che serve a una regina!” Confessò Galion nervoso come se fosse stato lui a suggerire il tutto.

Hanna rimase a fissare il nulla davanti a sé per qualche secondo prima di contrattaccare “Non mi separeranno dai miei figli!” Minacciò.

“Feren ha l’ordine di scortarvi, partite domani!” Galion le fece prendere un colpo con quell’ulteriore delucidazione.

Il povero elfo parve esitare nuovamente, ma aggiunse “Ribellarsi al consiglio non è un saggio.....” “E al Re?” Urlò Hanna “Credete che Thranduil sarà entusiasta quando scoprirà della mia partenza?”.

“Al sovrano è stato dato un potente sedativo. Non si sveglierà prima di molte ore. Temo che Curunír possa aver detto il falso per convincere velocemente il consiglio, considerando quanto fossero propensi ad appoggiarvi solo pochi giorni fa!” Sussurrò l’elfo sempre più visibilmente agitato.

“Cosa significa?” Domandò Hanna temendo di conoscere la risposta.

“Disobbedire al consiglio vi metterebbe in cattiva luce di fronte al popolo che vi ammira tanto. E gli oppositori potrebbero aumentare. In assenza del Re è nostro dovere rispondere agli elfi del consiglio ristretto!” Precisò Galion torcendosi le mani per il nervosismo.

“Ho capito!” Affermò Hanna meditando “Curunír ha giocato bene le sue carte! Ma se una guerra non ha potuto dividerci, allora non ci riuscirà nemmeno un elfo!” Disse incrociando le braccia al petto.

Fissò intensamente il maggiordomo non avendo capito da che parte si fosse schierato “Perché avvisarmi di tutto ciò?” Chiese guardinga.

“Mia signora, io credo nell’amore che lega voi al Re. Sono certo che una volta riacquistate le forze vi richiamerebbe subito, ma temo che ciò possa ferirlo e onestamente, vorrei evitarlo!” Disse Galion rilassandosi mentre parlava del suo amato sovrano “Inoltre, abbiamo subito gravi perdite in battaglia e non riusciremmo a fornirvi una scorta adeguata per il viaggio. Se vi accadesse qualcosa....” l’elfo si fermò decidendo saggiamente di non terminare la frase.

“Thranduil ha sofferto più di quanto voi ed io possiamo immaginare......prima che le nostre strade si incrociassero. Temevo potesse succedere una cosa del genere, anche se speravo di poterla evitare....se mi rifiuto di partire cosa succederà?” Chiese sapendo bene di doversi muovere con cautela.

“Il popolo potrebbe credere alle storie di Tauriel e i suoi sostenitori, vedendo che non rispettate le nostre tradizioni, facendo ciò che decidete per conto vostro......come la vostra gente, che agisce solo guidata da brama di potere e lussuria!” Le spiegò Galion asciutto.

“Ottima mossa!” Si complimentò Hanna “Sapete chi mi appoggerebbe nonostante questa mia trasgressione?” Domandò sapendo di dover avere quella vitale informazione.

“Io mia signora. Anche il capitano Feren si è visto contrario e credo che le vostre ancelle possano convincere molta della servitù a coprirvi!” Disse il maggiordomo poggiando una mano sul cuore “Come volete che agiamo? L’esercito è numeroso, ma prima dovrete convincere il popolo....” l’elfo smise di parlare quando la ragazza alzò la mano.

“Farò quello che il consiglio ha deciso!” Svelò Hanna facendo sgranare gli occhi al fedele maggiordomo “Ma successivamente ritornerò sui miei passi il più velocemente possibile così da poter conferire con il Re!” Decise.

“Non credo di capire!” Ammise Galion perplesso.

“Mettere in pericolo i miei figli non è ciò che voglio ed anche se ho più volte affermato di non voler approfittare della mia posizione, temo che Thranduil sia l’unico che possa ricordare al popolo il mio posto. Se mi devo impegnare al massimo per diventare una buona regina, allontanarmi dal regno che dovrò governare, non mi sembra una mossa saggia!” Disse prima di uscire seguita da un nuovo alleato.

 

*

 

Lorien o Lothlórien, con questi nomi era conosciuto il regno elfico a est delle Montagne.

Nella terra di Rhovanion, tra il fiume Anduin e Celebrant, al lato delle Montagne Nebbiose, si trovava il la casa di Dama Galadriel e Lord Celeborn.

Pochi mortali avevano veduto quest’antica terra, su di essa esistevano solo storie fra la gente comune.

Elfi Sindar si erano uniti ai loro cugini Nandor che già vi vivevano. 

Alcuni, come Oropher, intrapresero un viaggio verso est, volendo fondare un regno per i Sindar.

Attraversando le Montagne Nebbiose seguito dal suo popolo, giunse a Boscoverde, allora abitato da una numerosa popolazione di Nandor, suoi consanguinei in quanto appartenenti alla stirpe dei Teleri, divenendo il sovrano di Boscoverde il Grande.

A Lorien Dama Galadriel custodiva e proteggeva la sua gente grazie al potere del suo anello elfico, Nenya. 

A Lothlórien si potevano trovare gli alberi più grandi della Terra di Mezzo. 

Mallorn era il più imponente di tutti, sede del palazzo di Celeborn e Galadriel. 

L'albero d'oro, donato agli Elfi da Tar-Aldariondurante la Seconda Era, era un sempreverde, molto simile alle betulle. 

Le sue imponenti dimensioni gli facevano raggiungere l’altezza di sessanta metri.

La corteccia era liscia ed argentea e le foglie diventavano dorate in autunno. 

Le nuove foglie erano verdi sul lato superiore e d’argento sotto.

Durante l'inverno, restavano sui rami e cadevano in primavera, ricoprendo interamente il suolo.

Caras Galadhon (città degli alberi) era l'unica città del regno di Lórien. 

Era priva di edifici, gli elfi vivevano in abitazioni ricavate nei mallorn chiamate talan. Tutti i sentieri che si delineavano sulla collina su cui sorgeva Caras Galadhon portavano in vetta dove sorgeva il palazzo dei signori elfici. 

Il famoso giardino di Galadriel si trovava accanto ai confini meridionali della città, a ridosso della cerchia di mura. 

Tali fortificazioni non erano in pietra, ma costituite principalmente da terra, ed era presente, come ulteriore difesa, anche un piccolo fossato.

Haldir si inchinò profondamente davanti ai suoi signori “Sono rammaricato nell’essere portatore di angosciose notizie!” Disse il generale con evidente preoccupazione.

“Io so cos’hai visto!” La voce solenne di Galadriel non sorprese Haldir che ascoltò in silenzio.

“La mezz’elfa è viva, così come la madre!” Disse Celeborn sembrando che stesse riflettendo ad alta voce “Mi chiedo fino a quando la loro sicurezza non verrà spezzata. Gli abitanti di Bosco Atro rischiano di precludere l’unica possibilità donataci dai Valar!” Disse con voce scura.

“Hai conosciuto l’umana?” Domandò Lady Galadriel con l’accenno di un sorriso in volto.

Haldir chinò la testa annuendo “Sono ancora delle bambine. Avventate, arroganti e smarrite, senza la guida di un genitore!” Affermò con brutale sincerità.

“La razza degli uomini è debole. Sono divisi, dimentichi dei propri ideali...Eppure qualcosa ha fuorviato il giudizio di mio cugino!” li giudicò severamente Celeborn, parente del sovrano di Bosco Atro.

Galadriel strinse la mano del compagno nel nome di quell’affetto eterno che li avrebbe sempre legati “I Valar ci hanno portato qualcuno di diverso!” Disse ricordando l’esile figura che le era apparsa dinanzi agli occhi anni addietro.

“L’umana ha una storia, un passato e un futuro, ma nella storia non è sola. È ancora un seme, ma presto avverrà il passaggio dal buio alla luce e guiderà i suoi simili verso di essa!”.

 

Eccomi! Si, come sempre in ritardo!

Mentre Hanna comincia a capire come potrebbe essere la futura vita da regina, Sara si perde sempre più!

Aranel ha trovato delle amicizie che dureranno per sempre, a quanto pare!

Finalmente, dopo una dura convalescenza, Thranduil è sulla via della guarigione!

Ma ci mancava qualcuno che si opponesse e che decida di palesarsi quando la posizione di Hanna sembra essere confermata........come andrà a finire questa storia?! Qualche idea? Sospetto? Aspettativa?

Per fortuna Hanna scopre degli alleati nascosti che non esita o a schierarsi al suo fianco!

Quale significato è celato nelle parole di Lady Galadriel?!

Purtroppo a causa della laurea, del molto lavoro da fare e di un blocco, sono in arretrato con il lavoro, ma spero di rispettare la scadenza mensile con il prossimo aggiornamento!

A presto, 

Girl98x

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Capitolo 30
*** Il mio niente ***


“Vittoria! Vittoria!” Thranduil si svegliò destato da urla di gioia.

Elanor e Galador saltavano allegri sul letto.

Probabilmente Calien li stava cercando in quel momento.

Avendo molte più libertà della sorella maggiore, vivendo in un palazzo, erano diventati delle vere pesti, riuscendo a scomparire al primo momento di distrazione.

Appena notarono che si era svegliato, gli saltarono addosso ancora più contenti.

Thranduil sorrise e trattenendo una smorfia infastidita, si mise a sedere nonostante il corpo fosse dolorante per il mancato movimento quotidiano.

“Ada, Nana quando torna?” Quella domanda lo spiazzò completamente.

Ce ne voleva per farlo rimanere senza parole e solo i suoi figli avevano quella capacità!

“Si, ci manca tanto!” Disse Elanor poggiando la testa sul petto del padre.

“Galion!” Chiamò il Re con voce potente, per dover soffocare un colpo di tosse subito dopo.

Il maggiordomo entrò di corsa rimanendo di stucco nel notare quei due ospiti inattesi.

Gli erano davvero passati davanti al naso senza che se ne accorgesse?!

“Convoca Lady Hanna, le devo parlare urgentemente!” Ordinò con calma glaciale.

“Temo che ciò non sia possibile mio signore...” si scusò il maggiordomo apparendo molto in difficoltà, distogliendo lo sguardo quando vide il temperamento del sovrano cambiare radicalmente.

“Cosa significa?” Domandò Thranduil furioso di non capire.

“Mio signore, forse sarebbe meglio se i Principini....” “Cosa significa?” Il sovrano scandì maggiormente le parole nel ripeterle, un’oscura luce negli occhi.

“Lady Hanna è partita ieri per Lorien!” Galion si spaventò quando vide il sovrano in procinto di alzarsi.

“No mio signore, ve lo sconsiglio....” “Non mi importa dei tuoi consigli!” Tuonò Thranduil “Sono il tuo Re! Come può essere stata presa una decisione del genere senza interpellarmi?!” Urlò mentre tentava di issarsi sulle gambe poco collaborative.

Un singhiozzo fermò il Re all’istante.

Voltando lo sguardo vide i gemelli che apparivano terrorizzati davanti al suo scatto d’ira. I bambini corsero fuori spaventati, tenendosi per mano.

“Elanor, Galador, aspettate...” tentò inutilmente di richiamarli il padre.

Thranduil si alzò, ma riuscì a fare solo pochi passi prima di cadere. 

I riflessi del maggiordomo lo salvarono in parte dal farsi male, dato che il suo cuore doleva per ciò che aveva fatto.

Mellon nin, calmati!” Lo tranquillizzò Galion riaccompagnandolo a letto.

Thranduil fissò il soffitto abbattuto “Cosa sono diventato Galion....” sospirò “.....terrorizzo i miei figli, scaccio la loro madre....” disse sconfitto.

“Lady Hanna non se ne è andata di sua spontanea volontà!” Lo riscosse il maggiordomo.

Lo sguardo del Re parve riaccendersi “Cosa vuoi dire con questo?” Chiese sentendo nascere la speranza.

“Mio signore, lascia che ti spieghi.....”

 

*

 

Sara entrò nelle stanze reali con un cipiglio teso. Non voleva fare quello che doveva, in quel momento desiderava aver ignorato Hanna ed essere partita con lei.....

Sussultò, troppo per i suoi gusti, quando vide la pallida figura del Re seduta sull’ampio letto che ansimava come se avesse corso per un’ora di seguito.

Il sudore ricopriva le tempie del sovrano, ma ciò nonostante scostava i servitori che tentavano di pulirlo.

“Andate....fuori!” Per quanto autoritario volesse essere, dalla voce roca del Re, traspariva la stanchezza ancora presente ed evidente.

Sara abbassò la testa sentendo un peso scivolarle via dal cuore, rimandare era la soluzione più semplice!

“Sara....” la ragazza si bloccò di colpo. Maledetti elfi, sempre a mettere alla prova i suoi nervi!

Non poteva tirare un sospiro di sollievo che tutto veniva nuovamente sconvolto.

Gli elfi finsero di non sentire e quando le porte vennero chiuse, Sara sentiva lo sguardo del Re sulla propria schiena, oltre al silenzio assordante che era calato, fatto  inusuale fra loro due.

Thranduil tossì appena tento di alzare nuovamente il tono della voce e questo smosse  Sara che si voltò, andando diritta verso il grande comò, per porgli subito un bicchiere d’acqua.

Una volta ristorato, l’elfo la sorprese ulteriormente, afferrandola per un braccio, impedendole di posare il bicchiere ormai vuoto.

Thranduil sembrava essersi calmato, ma la stanchezza stava nuovamente prendendo il sopravvento, così Sara, vedendo gli occhi di lui in procinto di chiudersi, si chinò vicino al suo orecchio “Lei è al sicuro!” Disse solamente.

Il Re le sorrise, abbassando la presa, permettendole di prendergli la mano “Chiama Galion.....” sussurrò alla fine.

Quando il maggiordomo arrivò, non sembrò turbato nel notare che anche nelle sue condizioni, Thranduil era riuscito a cacciare tutti dalla stanza, anzi, appariva solo divertito.

“Sara si occuperà dei miei figli....” disse il Re stringendo le coperte con la poca forza rimasta “...proteggila, te ne prego! Le sarà permesso starmi accanto e avrà libero accesso.....ad ogni angolo del palazzo!” Decretò il sovrano facendo arrossire la ragazza.

“Eh Galion....” il maggiordomo alzò il capo chinato in segno di assenso “Se il guaritore drogherà nuovamente ciò che bevo, trascorrerà il prossimo secolo nelle prigioni!” Minacciò Thranduil prima di assopirsi.

“Gli hanno dato un sonnifero?” Chiese Sara con un enorme sorriso sul volto. Raggirare il Re non era semplice e se per caso accadeva, non riusciva a trattenersi dal ridere.

Galion alzò gli occhi al cielo, sapendo di dover portare pazienza con quella bambina, cresciuta con usanze e tradizioni ben differenti dalle loro.

Solitamente non avrebbe tollerato chi rideva del sovrano “Mia signora, il Re ha rischiato seriamente e conoscendolo non si sarebbe riposato minimamente, sopratutto dopo aver appreso della partenza di Lady Hanna!” Ammise con riluttanza “Il capo guaritore mi ha informato che oggi stava decisamente meglio, e andando avanti così, riuscirà a guarire completamente in meno di due settimane. Se lo lasciassimo fare, ci metterebbe mesi per riprendersi, anche grazie alla forza della nostra razza!” Disse osservando la figura addormentata con uno sguardo di rimprovero.

 

*

 

Hanna ammirò i disegni sulla neve appena fatti.

Si ricordava quando da bambina andando in montagna con i suoi, li creava sempre sul portico di casa, adorando la morbidezza della neve, in contrasto con la sua temperatura gelida.

La camera dove si trovava era veramente lussuosa. Nonostante le guardie elfiche, era servita e riverita da tutta la servitù del palazzo. 

La sua camera era al primo piano, una delle poche ad essere abitabile.

Dale non era ancora stata ricostruita completamente, ci sarebbe voluto del tempo, ma il palazzo reale sarebbe stato il primo ad essere ultimato.

La parte sotterranea era stata ripulita ed adibita per la corte, fintanto che la ricostruzione non fosse stata completata. Era veramente immensa, una rete interminabile di corridoi si snodava sotto le macerie di quella città ed era il rifugio ideale con il freddo che imperversava.

Coloro che ancora non avevano una casa, alloggiavano lì, ed era il centro principale delle attività della città.

La sera stessa in cui aveva discusso con Galion aveva riconosciuto a malincuore che dividere gli elfi mettendo alla prova la loro fedeltà era una mossa meschina.

Non aveva perso tempo, scrivendo una lettera a Bard, il nuovo signore di Dale, nella quale chiedeva aiuto, annunciando nello stesso tempo, il proprio arrivo.

Aveva pensato di andare a Lorien aspettando che il Re si riprendesse a sufficienza da riprendere in mano le redini del regno, ma il timore che la sua partenza potesse avere delle nefaste conseguenze l’aveva spinta a non allontanarsi troppo. Inoltre, non smaniava all’idea di incontrare Dama Galadriel, consapevole, che avrebbe potuto metterle ancora più dubbi sulle proprie scelte.

Inoltre, seppur breve, la permanenza in un regno umano sarebbe stata un’esperienza di cui fare tesoro.

 

Sara l’aveva fissata in silenzio per parecchi minuti dopo la spiegazione dettagliata del suo messaggio “Te ne vai? Cos’è un’altra fuga nata dalla tua leggendaria impazienza?” Protestò non riuscendo a trovare niente di meglio da dire.

“È più di questo e lo sai!” La ammonì Hanna puntandole un dito contro.

“Si va bene....ma....Lorien? Vai a Gran Burrone da Erlond che ci conosce e sicuramente ti proteggerà!” Rifletté Sara insicura.

“Il consiglio ha espresso il verdetto! Anche se tornassi di nascosto dividerei il regno e non posso chiedere loro questo!” Specificò Hanna.

“Questo è vero, ma non è un tribunale. E non possono ignorare il Re...” Sara non completò la frase quando si ricordò in quale situazione si trovavano “Cioè ora si...ma cosa credi farà Thranduil quando lo scoprirà?” Domandò cercando di darle speranza.

“Non ne ho idea. Non mi ero mai chiesta ne resa conto di quanto potere avesse questo stramaledetto consiglio!” Su rimproverò Hanna stringendo i pugni lungo i fianchi.

“Bene....allora....” Sara sapeva cosa l’avrebbe aspettata se avesse dato voce ai propri pensieri, ma l’amicizia di Hanna veniva prima, costringendola a ignorare le sue paure “....vengo con te!”.

“Ma che stai dicendo?” Chiese Hanna presa completamente alla sprovvista.

“Vai in un regno sconosciuto! Non ti lascio da sola!” Si impose Sara con un enorme sorriso in volto, cercando di non pensare ad un certo generale.

“No, tu rimani qui!” Hanna non perse tempo ad infrangere i suoi progetti.

“Quando sarai regina.....no, nemmeno in quel caso potrai comandarmi!” Scherzò Sara non volendo cambiare idea.

“Non era un’ordine!” Si corresse Hanna alzando le mani.

“Allora regola il tono perché non si è capito!” La riprese Sara ancora divertita.

“Sara....” il cambio di tono mutò l’umore della ragazza “....se vado voglio essere certa che i miei figli siano al sicuro!” Facendole realizzare quel dettaglio non meno importante.

“Primo, ti ricordo che io non sono nessuno....” ammise Sara a malincuore “......secondo, c’è Thranduil....” “Per il momento non possono vedere il padre e di questo sono contenta, ma non siamo mai stati separati!” Le ricordò Hanna, sentendo uno strano senso d’angoscia divampare al solo pensiero di doversi allontanare dai suoi figli “Non voglio che piangano per me. Tu sei sempre stata presente nella loro vita e sarai al fianco di Thranduil quando scoprirà tutto!”.

“Ma....” per quanto non le piacesse, Sara sapeva che Hanna aveva ragione, ma una parte di lei realizzò che nemmeno loro erano mai state separate dall’inizio di tutto “...anche noi siamo sempre state insieme! Non posso lasciarti andare verso un’avventura da sola!”.

“Fallo per i miei figli....per favore!” A malincuore Sara aveva ceduto. Consapevole che Hanna se la sarebbe cavata, mentre i bambini avrebbero sofferto nel vederle andare via, come era successo alla maggior parte delle persone che avevano incontrato durante gli anni di guerra.

“Solo per loro!” Puntualizzò Sara “Non vorrei doverli andare a riprendere di nuovo in una città sconosciuta....” Hanna sgranò gli occhi quando un’idea le svolazzò davanti al viso come a volersi prendere gioco di lei “Ma tu sei un genio!” Urlò prendendo carta e penna.

“Trovo la tua affermazione corretta ed estremamente lusinghiera, ma quale idea ha scatenato?” Domandò Sara curiosa.

 

Aveva percorso l’intero tragitto con un peso enorme sulle spalle.

Temendo la reazione del consiglio e le eventuali ripercussioni sul popolo.

Ed invece, intravedere la città di Dale dai confini di Bosco Atro aveva avuto tutt’altro effetto su di lei, spingendola a dare gambe al cavallo confondendo terribilmente il capitano e le guardie che la scortavano.

Stringere il rapporto con Dale era una buona strategia e conoscere meglio i suoi simili che abitavano Arda, poteva rivelarsi molto istruttivo.

 

*

 

Sara corse nei corridoi silenziosi della reggia, allertando le guardie che le lanciavano sguardi confusi nel vederla tanto agitata.

Era andata a controllare i gemelli e non trovandoli nei loro letti si era presa un terribile spavento. 

Fortunatamente il suo cervello era riuscito a non cedere al panico, portandola a controllare che non fossero andati nelle stanze del padre.

Sapeva che i guaritori avevano vietato l’accesso ai Principini, ma prima di lanciare l’allarme, era meglio accertarsene.

Sorrise nel trovarsi di fronte ad una scena che le fece scogliere il cuore.

Nonostante l’esagerata grandezza del letto, i bambini si stringevano l’uno accanto all’altro per stare il più possibile vicino al padre. 

Anche Aranel e Lucilla si erano unite, nonostante cominciassero ad essere un po’ grandi per certi comportamenti.

Vedere Thranduil dormire pacificamente fece bruciare d’orgoglio il petto di Sara.

Lo osservò silenziosamente per molto tempo. 

Era completamente rilassato, fatta eccezione per quella ruga che gli solcava la fronte, come se anche nel sonno qualcosa lo turbasse.

Sara sospirò, stendendoglisi accanto, per niente a disagio grazie agli anni di guerra dove solo la sua vicinanza, le aveva garantito protezione.

Gli prese delicatamente una mano, sentendo il cuore stringersi di fronte alla trasformazione avvenuta davanti ai suoi occhi.

Era molto più irascibile e sempre di cattivo umore. 

Nemmeno i figli riuscivano a far apparire il fantasma di un sorriso sul suo volto ed ogni volta che lo raggiungeva nello studio, lo coglieva nell’interrompere l’abitudinaria camminata nervosa che faceva mentre rifletteva.

Alzando lo sguardo vide quei cristalli blu fissarla intensamente.

Ormai non servivano parole, i suoi occhi gridavano a gran voce “Hanna!”, ma quando le tracce del sonno scomparirono scorse il rimpianto in essi e la stretta venne interrotta, come se il sovrano non volesse permettere a nessuno di oltrepassare le barriere da lui erette.

 

*

 

Dale era ancora una città in rovina. Prova erano le abitazioni temporanee usate anche se gravemente danneggiate. Gli spifferi erano ovunque nonostante il lavoro instancabile degli uomini.

Hanna entrò nella grande sala, seguita da Luthien, tutti gli occhi vennero puntati su di lei e non sugli elfi.

La ragazza cominciò a provare un leggero fastidio. Era abituata a certe occhiate, essendo stata la compagna dell’Angelo della Morte, nei campi ribelli, ma sperava che almeno in questa città di uomini, l’interesse sarebbe scemato con il tempo.

Non fu così.

Essendo gli elfi creature millenarie, vi erano molte storie sul grande Re degli elfi Thranduil e conoscendo il suo astio nei confronti degli umani, tutti erano curiosi di scorgere la particolarità presente in lei che aveva fatto cambiare idea all’elfico sovrano.

Bard le sorrise calorosamente invitandola a prendere posto accanto a lui.

Hanna fece cenno a Luthien che la ignorò, fedele al suo ruolo, rimanendo in piedi dietro di lei.

Durante il banchetto in molti le si avvicinarono per renderle omaggio, ma un uomo in particolare attirò la sua attenzione.

Sembrava avere cinquant’anni, se non di più, e le ricche vesti che indossava sottolineavano l’appartenenza a un ceto alto nella società.

“Mia signora è una gioia poterla incontrare! Ho sentito talmente tante storie su di voi che mi sembra di conoscervi da sempre!”“Frase fatta!”Pensò Hanna trattenendosi eroicamente dall’alzare gli occhi al cielo. Abitudine presa da un certo elfo...

“L’onore è mio, è gradevole trovare una così calorosa accoglienza!” Disse, cercando di distendere il più possibile la voce per farla suonare calorosa.

“Per la futura signora di Dale questo e altro!” La incalzò lui facendola sudare freddo.

“Come prego?” Chiese rimproverandosi per aver abboccato alla provocazione.

“Non siete qui per prendere marito?” La falsa confusione sul viso dell’uomo le fece ribollire il sangue, ma rispose a denti stretti “Affatto!”.

“Perdonate, ma avendo abbandonato il regno elfico credevo....” “...ciò che pensate non mi riguarda. Sono in visita diplomatica per conto del Reame Boscoso e credo che mancarmi di rispetto nuocerebbe a qualsiasi accordo debba essere discusso!” Sibilò Hanna ricordando che anche trovandosi fra persone della sua razza, non era una di loro.

Bard, attirato dal suo cambio di tono si voltò verso i due assottigliando gli occhi nel cogliere quella sgradita figura “Déor, puoi ritirarti!”

“Mio signore, non intendevo nuocere a nessuno, volevo solo confermare delle voci che ho udito con queste mie orecchie!” Si scusò lo sconosciuto con un profondo inchino, allontanandosi prima che il suo Re potesse dire altro.

“Hai fatto abbastanza!” Lo rimproverò Bard “Ora vai!” Disse, non troppo stupito nel vederlo dileguarsi dopo aver seminato discordia, senza ascoltarlo.

Fece un grosso sospiro, rimpiangendo la sua vita tranquilla sul lago “Vi chiedo perdono per l’inconveniente di oggi! Déor è una vile canaglia, pronto a insinuare dubbi anche in argomenti irrilevanti. Non mi stupirei che sia stato lui a mettere in giro certe voci!”.

“Non vi preoccupate, ho già incontrato uomini del genere!” Disse Hanna ricordando bene tutti gli intrighi amorosi, di odio e vendetta, che si erano susseguiti nella casa di Batiato.

 

*

 

Thranduil odiava sentirsi impotente. 

Aveva deciso di non affrontare il capo guaritore direttamente sapendo bene che non fosse una scelta saggia. Doveva prima conferire con il consiglio e capire come si era mosso l’elfo ostile. Solo avendo un quadro completo della situazione, poteva agire di conseguenza.

Si alzò cautamente dalla grande poltrona del salone, valutando minuziosamente ogni reazione del suo corpo. Non si era ancora ripreso completamente: si stancava velocemente, troppo per i suoi gusti.

Ma era prioritario parlare con il consiglio. Uscì dalle stanze a testa alta, un fuoco pericoloso negli occhi che avvertiva chiunque dell’imminente burrasca.

Le guardie lo seguirono più silenziose del solito, come se temessero di essere travolte dalla sua ira.

Appena le grandi porte della sala del consiglio si aprirono, rivelando la sua maestosa figura, tutti al loro interno ammutolirono. Un sorriso appena accennato si dipinse sul volto del sovrano, ma era niente se paragonato alla soddisfazione di averli colti di sorpresa.

Con tutta la calma del mondo, entrò e prese posto. I pochi elfi che ancora non si erano sistemati lo fecero, il più velocemente e silenziosamente possibile.

Il silenzio perdurò per molti minuti. Thranduil sentiva una malcontenta soddisfazione crescere nel petto e fissò negli occhi ciascun membro del consiglio, curioso di vedere se qualcuno avrebbe avuto il coraggio di parlare prima di lui.

Ogni elfo abbassò lo sguardo appena gli occhi ardenti del sovrano incrociavano i loro ed il Re aspettò che il disagio di ciascuno aumentasse, per poter finalmente scaricare la sua ira.

“Devo confessare.....” cominciò, poggiando le spalle sullo schienale, mostrandosi rilassato, in netto contrasto con il tono della voce “....che sono deluso!” Thranduil rise internamente di gioia nel cogliere lo sgomento sui volti di numerosi membri del consiglio, che si chiedevano cosa lo avesse turbato tanto, anche se forse conoscevano la risposta.

“Mi aspettavo un’accoglienza calorosa. Non avrò affrontato un drago, ma la battaglia è stata ugualmente dura!” Andando contro l’ordine del guaritore, sorseggiò un calice, dopo averlo richiesto con un semplice gesto di un dito.

“Potete immaginare il mio stupore.....” disse facendo muovere il liquido all’interno del calice, osservandolo “...quando al mio risveglio, ho scoperto che la mia futura moglie.....” il piedino sbatté violentemente sul tavolo, ma persino il liquido si rifiutò di uscire, pur di non mettere alla prova ulteriormente il temperamento del Re “....è stata cacciata dal regno!”.

“Mio signore....” Mìnaothon si sporse sul tavolo tentando un approccio amichevole.

“COME OSATE OFFENDERMI A QUESTO MODO!” La voce potente del sovrano sovrastò persino i pensieri dei presenti, ammutendoli di colpo, così come il capo del consiglio.

Thranduil ansimò sentendo il petto dolente, costringendosi alla calma se voleva evitare di svenire davanti all’intero consiglio.

“Mi credete tanto inetto da mettere a rischio il regno?” Ringhiò rivolgendosi direttamente a Mìnaothon “O la mia stessa vita!” Sibilò.

“Mio signore, temiamo che l’incidente al lago, possa essere....” il capo del consiglio si raggelò sotto allo sguardo del proprio sovrano, abbassando gli occhi, senza trovare il coraggio di terminare quell’assurda affermazione.

Thranduil rise, come non faceva da tempo, confondendo maggiormente gli elfi presenti “Avete veramente creduto che lei fosse in grado di compiere un gesto tanto crudele?” L’umore del Re mutò nuovamente “Non avete visto quanto ama i nostri figli? Siete convinti che li ferirebbe in maniera tanto meschina, privandoli del loro padre?” Ma quella di Thranduil non era una domanda....

“Mio signore....l’umana...” il Re non degnò di uno sguardo l’elfo che parlò, non gli importava delle loro patetiche scuse “Lei lo ha sempre saputo!” Affermò quasi urlando, prima di sedersi nuovamente.

Passato un attimo di silenzio, i consiglieri cominciarono a sussurrare fra loro, azzardando delle ipotesi.

“Hanna sapeva tutto. Fin dal primo momento che ci siamo visti, conosceva il mio nome elfico e la mia identità. Sapeva che ero un Re, uno dei più potenti sovrani elfici della Terra di Mezzo!” Mìnaothon corrugò, la fronte, non capendo cosa significasse tutto ciò.

“Eppure non mi ha mai trattato come un Re. Non le è mai importato.....” disse mentre l’ombra di un sorriso gli illuminava il viso.

“Mio signore, sembrava apprezzare fin troppo la ricchezza del palazzo!” Specificò un’altro elfo, guadagnandosi un’occhiataccia.

“Questo perché non ha mai vissuto nell’agio ed essendo un regno elfico, differisce molto da ciò che ha potuto solo vedere!” Affermò ricordando gli abiti poveri con cui l’aveva vista la prima volta.

“E se le mie parole non sono sufficienti per convincervi, forse lo saranno i nostri figli!”

Gli elfi sussultarono alla menzione dei Principini, sapendo bene quanto fosse protettivo il Re.

“Non è un caso che le nostre strade si siano incrociate. Sapete bene che umani ed elfi non possono procreare, e come crediate sia stato possibile?” Li sgridò il Re trovando assurdo che dovesse spiegarsi “Esiste persino una profezia su mia figlia! I Valar hanno un piano per lei e voi state qui a perdere tempo parlando di complotti e tradimento!” Esplose Thranduil alzandosi in piedi di scatto, sbattendo le mani sul tavolo. I membri del consiglio raggelarono, capendo all’istante di aver commesso una leggerezza imperdonabile.

“Ma perché farlo a questo modo!” Rispose Admir con un tono troppo alto. Thranduil attese paziente che l’antico consigliere di suo padre proseguisse.

“Perché far soffrire il regno e vostro figlio, mandandovi lontano?” Chiese sapendo bene che trovare una risposta sarebbe stato difficile, se non impossibile.

“Ha ragione!” Lo appoggiò Mìnaothon “Cosa vi ha trattenuto così a lungo? Perché siete stato lontano secoli, perché lei non è stata mandata da voi se era destino che vi incontraste?” Chiese, irrigidendosi vedendo che l’umore del Re stava nuovamente peggiorando.

Thranduil abbassò la testa, lasciando che i lunghi capelli gli coprissero il viso, stringendo i pungi con tanta forza da farsi sbiancare le nocche. Prese dei grossi respiri che non lo calmarono affatto ed alzò la testa “Volete sapere cosa mi è stato fatto......” si spostò, avvicinandosi al capo del consiglio che osava continuare a sfidarlo  “Devo forse mostrare le mie cicatrici per provare che il mio allontanamento non è stato consenziente? Che sono stato lontano secoli, perché non sono riuscito a fuggire prima!.......Desiderate forse compatirmi?” L’elfo saggiamente, evitò lo sguardo del suo Re, riuscendo solo a scuotere il capo.

“Esigo Hanna nel regno entro tre giorni!” Ordinò prima di voltarsi e uscire a grandi passi dalla sala.

 

*

 

Sara si alzò bruscamente quando un bussare concitato la strappò dai pacifici sogni che stava facendo e che puntualmente non ricordava.

Si alzò, ricordandosi all’ultimo la vestaglia ed andò ad aprire la porta del salottino delle sue enormi stanze. 

“Galion?” Chiese corrugando la fronte.

Il maggiordomo esitò, notando le tracce di sonno ancora presenti nell’umana. La loro razza necessitava di molto riposo e non erano molto reattivi appena svegli, fatto che si rivelava fatale per coloro che viaggiavano e  disgraziatamente si imbattevano in gruppi di orchi vagabondi.

“Mia signora, il Re ha bisogno di voi!” La esortò lui. 

Sara si svegliò all’istante “Sta male?” Domandò uscendo di corsa dalla stanza ed avviandosi frettolosamente verso gli alloggi reali.

“No!” Ammise Galion “Ma è da questo pomeriggio che si è rinchiuso nei suoi alloggi per adempiere ad alcuni compiti. Calien mi ha detto che non ha messo a dormire i Principini, ma loro dormono nel suo letto....e ha appena ordinato due bottiglie di vino....” Sara sentì l’umore crescere nel venire a conoscenza di ciò.

Era questo che Legolas aveva vissuto per anni? No, probabilmente molto peggio considerando che la regina era morta.....

“Si sta ancora riprendendo......” continuò il maggiordomo apparendo molto in pena per il suo signore “....se va avanti così rischia una ricaduta!”.

Svelato l’arcano. Il maggiordomo era preoccupato per il suo signore. Perché se con Hanna si era creato un buon rapporto, l’elfo ancora non la apprezzava, forse perché non aveva compreso quale fosse la sua posizione....

Nonostante tutto, lo ringraziò ed entrò nelle sale del Re. 

Thranduil si stava riempendo il calice e gli occhi della ragazza catturarono la prima bottiglia, ormai vuota.

L’elfo si voltò verso di lei e sorrise. Un sorriso che non aveva mai visto sul suo viso...

“Desideri farmi compagnia?” Domandò afferrando un calice pulito.

Sara gli si avvicinò di scatto afferrandogli la mano che reggeva il bicchiere pieno, abbassandola con delicatezza.

“No...” disse, mentre toglieva il calice dalla stretta del sovrano senza incontrare la minima resistenza “Non stasera, grazie!” Poteva vedere la stanchezza trasparire dai suoi occhi e cercò di convincerlo gentilmente.

“I bambini ti aspettano. Perché non andiamo....” “No!” Sara tremò nel sentire il tono della voce e sussultò nel vederlo prendere la bottiglia ed attaccarsi al collo ingoiando grossi sorsi. Il comportamento, sebbene diverso con lei, era sempre stato contenuto e rispettoso, trovava agghiacciante vederlo ignorare ogni etichetta.

In poco tempo anche la seconda bottiglia fu svuotata.

La ragazza la afferrò prima che si infrangesse contro qualcosa, mentre l’elfo oscillava pericolosamente da una parte all’altra.

Sara lo prese per un braccio, tentando di sostenerlo, anche se a causa della sua stazza, era un compito arduo. Lo guidò verso il grosso divano presente nella stanza e caddero sopra ai cuscini.

L’elfo affondò la testa nei cuscini, rilassandosi all’istante.

Thranduil sembrava che stesse dormendo, così Sara cominciò a mettere un po’ d’ordine, o meglio, a nascondere le bottiglie così che i bambini non le vedessero e con amarezza, ne scovò altre, capendo quali fossero stati i suoi impegni quel pomeriggio.

Prese una coperta e gliela sistemò addosso, sedendosi al suo fianco, sapendo che necessitava di qualcuno accanto, non importa cos’avrebbe detto.

“Lei è in pericolo!” Si prese un colpo nell’udire quel sussurro. Thranduil non si era mosso, ma ora era sveglio.

“È con Feren a Dale. Saprà cavarsela!” Tentò di rassicurarlo.

L’elfo scosse la testa prendendo un’improvvisa boccata d’aria che sembrava tanto un singhiozzo “L’ho lasciata sola......” ansimò “....esattamente come è accaduto alla madre di Legolas! La perderò di nuovo!”.

Sara percepì una gelida stretta al cuore nel sentire il paragone, ma si fece forza....se avesse sempre visto il bicchiere mezzo vuoto, non sarebbe mai sopravvissuta agli anni di guerra.

Notando il dolore che traspariva dagli occhi del sovrano non volle più trattenersi e lo abbracciò, per poi sistemarsi accanto a lui poggiando la fronte sul suo petto “Ci hai insegnato bene. Siamo sopravvissute alla nostra prima guerra riportando solo ferite lievi. Credo che l’esperienza a Dale possa rivelarsi molto utile ad Hanna, conoscere gli umani di questo mondo le permetterà di comprendere meglio l’astio degli elfi...almeno spero!” Ragionò “Ma tornerà. Non disperare per ciò che non è ancora accaduto!” Disse, meravigliandosi delle sue stesse parole.

Thranduil fece un grosso sospiro “Sono terrorizzato Sara....” ammise “...non riesco a controllarmi, sento di non averne la forza!” Disse stringendo di più a sé l’amica.

“Sei il Re. Per la sicurezza dei tuoi figli troverai la forza necessaria per proteggerli!” Tentò di consolarlo, sentendosi commossa nel vedere quanto si fosse aperto con lei, non credendolo possibile.

Percepì l’elfo rilassarsi contro di lei ed il suo respiro, lento e regolare, le comunicò che si era finalmente addormentato. Non ci volle molto prima che Morfeo accogliesse anche lei.

 

*

 

La nebbia aveva inghiottito la città quella mattina e Hanna rimase alla finestra corrucciata, fissando con quanta disinvoltura, gli abitanti camminavano fra le strade dove si vedeva poco e niente.

Le sagome andavano e venivano velocemente e solo l’eventuale voce o rumore che provocano, testimoniavano che non fossero svaniti nel nulla.

Si preparò, con l’aiuto prezioso di Calien con gli scomodi vestiti di Dale. 

Rimpiangeva quelli, seppur facili da indossare, riccamente decorati e ricamati degli elfi.

Bard la accolse calorosamente, segno che non si era ancora abituato al proprio ruolo, e discorsero molto di politica. Durante la riunione a cui partecipò successivamente si rese conto di come erano subdole certe persone. 

Alcuni membri del consiglio erano irriverenti, credendo che l’assenza del Re permettesse loro di trattarla con sufficienza, pensando che fosse una povera contadina ritrovatasi per pura fortuna, a corte.

Ma forse poteva dire di trovarli migliori di quelli melensi, che con fin troppa gentilezza, tentavano di chiedere favori, o più di quanto pattuito, mettendo in gioco ogni calamità che si era abbattuta su di loro, pur di far leva sulla sua compassione.

Era incredibile quanto velocemente cambiavano le carte in tavola. Se prima era una semplice ospite del Re, ora la sua posizione era riconosciuta e gli umani forse peccavano, attribuendole fin troppo potere.

La discussione si spostò sui tavoli del ricco banchetto, non per quanti fossero gli argomenti di cui discutere, ma per l’insistenza di alcuni membri del consiglio.

Bard, come sempre si mostrò un valido alleato, frenando e ricordando antichi valori che gli altri conoscevano, ma sembravano non ricordare, riuscendo a non cambiare nessuno degli accordi presi, tranne uno.

“In fondo cosa sono pochi mesi in più per delle creature millenarie? Vi pagheremmo per questo tempo in più imprevisto, ma cercate di capire, il drago e la guerra hanno dimezzato di molto le nostre forze e se non ci rialziamo in fretta, altri regni potrebbero cogliere questa nostra debolezza, oppure il nemico!” Disse un uomo particolarmente ben vestito, che continuava a mangiare nonostante il pasto fosse finito da tempo.

“Mi porgete una domanda a cui non posso rispondere!” Rispose Hanna pacata “Ma ricordate che non siete scesi suo campo di battaglia da soli. Gli elfi non resteranno oltre il tempo stabilito, è desiderio del Re che tornino nel regno quanto prima!” Precisò.

“Quindi gli elfi sono indifferenti di fronte alla nostra richiesta?” Chiese lo stesso tedioso individuo come se non gli importasse.

“Lord Arrin...” lo riprese Bard con un tono pericoloso, anticipando di poco Feren che seduto accanto ad Hanna era diventato più rigido di un manico di scopa, davanti a quell’insulto “Gli elfi sono stati fedeli alla loro parola!” Riconobbe l’ammazzadraghi “E molti uomini giungono da ogni dove, facendo aumentare il nostro numero di giorno in giorno. Se il popolo soffrirà, sarà solo nostra, la responsabilità!”.

 

*

 

Sara trattenne uno sbadiglio mentre vestiva la piccola Elanor a sua volta impegnata a sistemare un suo peluche legandogli dei nastri alle zampe. Quello che doveva essere un megacero, aveva delle corna decisamente troppo piccole per Sara che continuava a pensare potesse trattarsi di un cervo, ma l’entusiasmo della piccola di avere qualcosa del padre la frenava dal dare la sua opinione.

“Ada, il Maestro Alyon porta i più bravi nel bosco, posso andare anch’io?” La domanda di Aranel le fece rizzare le orecchie, curiosa più della bambina di sentire la risposta.

“No Aranel, non sei ancora abbastanza grande. Ora senza fare storie vai a prendere la cartella altrimenti farete tardi!” La esorto il padre senza esitare.

“Ma i miei amici hanno tutti la mia età e ci vanno lo stesso!” Si lamentò Aranel facendo come le era stato detto, ma con passi pesanti e lenti.

“Quale parte del “senza fare storie” non hai capito?” La riprese il padre la cui pazienza, quella mattina, era molto poca.

Il viso di Aranel si rabbuiò, ma obbedì, uscendo in fretta dalla stanza.

Sara sperava che le passasse presto e nel frattempo andò in un altra stanza, volendo scegliere i vestitini da mettere ai gemelli per la cena, quando una mano la fermò.

“Thranduil, cosa ci fai qui? Credevo dovessi.....” Sara si bloccò, sapendo che non era nessuno per rimproverare il Re.

Anche se era convinta di vederlo sparire come la mattina precedente. Poteva dire con certezza che l’aveva evitata appositamente e ne era grata, il loro rapporto era sempre stato molto profondo, ma non si erano mai spinti oltre.

Il confidarsi era qualcosa che accadeva solo con Hanna e Sara era contenta che l’imbarazzo non fosse solo suo.

L’elfo la fissò intensamente per un po’, prima di chinare lo sguardo “Ti ringrazio per ieri notte....” “Ricordi?” Chiese Sara sentendo le guance scaldarsi.

L’elfo annuì “Non era una quantità d’alcool che non potessi reggere. Solo il berla così di fretta ha reso i suoi effetti più debilitanti del solito!” Si scusò l’elfo, prima di diventare stoico “Ti chiedo però, di dimenticare ciò che hai visto!”.

“Se posso chiedere, perché?” Osò Sara sentendo l’umore crescere. 

“Perché io sono il Re e non posso mostrarmi debole....” gli occhi dell’elfo si alzarono, mostrando una scintilla di rimpianto, prima di tornare impassibili “...neanche con te!”.

Sara sbuffò “Ammettere di stare soffrendo non è debolezza. E sono commossa che tu ti sia aperto con me. L’imbarazzo è normale...credo....non ci siamo mai confidati!” Aprirsi poteva avere effetti positivi.

Thranduil si voltò, rivolgendole le spalle, forse per dare enfasi alle proprie parole “Non posso più farlo!” Oppure no.

“Perché?” Domandò non capendo. Il loro rapporto stava crescendo, perché l’orgoglio doveva mostrarsi tanto nocivo?

”Non posso mettere a rischio la tua reputazione!” “Come?” Quell’affermazione la sbalordì. Cosa c’entrava?

“Non ti sei chiesta per quale motivo nessuno provi a corteggiarti? Credono che a causa dell’assenza di Hanna, io stia cercando conforto con te!” Era una fortuna che l’elfo non la stesse guardando, perché il viso di Sara assunse di un bel colorito acceso. 

“Non ti è mai importato delle opinioni altrui!” Tentò di ricomporsi.

“È vero. Ma ora non sono più uno schiavo in fuga. Sono il Re!” “E piantala!” Sibilò Sara furiosa scioccando l’elfo che la guardò offeso “Non lo sei mai stato per me e Hanna. E se non siamo in pubblico gradirei che continuassi così!” Puntualizzò lei.

“Thranduil....” lo chiamò quando lui evitò il suo sguardo “...sei il Re, ma sei pur sempre un elfo. Con i tuoi sudditi devi mostrarti forte....ma confidarti con me non ti rende debole. Sono molto commossa che tu l’abbia fatto. Ti ringrazio per la fiducia che hai mostrato!” Affermò.

Il sovrano vide solo affetto e sincerità negli occhi della ragazza. Non c’era compassione e questo lo convinse a crederle.

“Hai ragione....” “Grazie!” Esultò Sara esausta alzando le mani al cielo “Posso mostrarmi per ciò che sono con te......la più cara amica che abbia mai potuto incontrare in un mondo tanto crudele!” Disse l’elfo.

Sara si pietrificò. Era ovvio, che dopo tanti anni, il legame instaurato fra loro due fosse speciale, ma lui non aveva mai dato un nome al loro rapporto.

Uscì dalla stanza quasi saltando, sentendosi più che mai a casa.

 

*

 

Hanna si girò di scatto quando ad un falegname cadde di mano un attrezzo, non allarmando affatto gli elfi.

Bard appariva divertito dalla sua reazione e non faceva niente per nasconderlo.

“Perdonatemi, mi devo ancora ambientare. Non che la vostra ospitalità non sia stata deliziosa, ma a quanto pare mi sono abituata al silenzio e alla calma degli elfi!” Si scusò Hanna imbarazzata.

“Se posso chiedere, da dove venite?” Domandò curioso Bard capendo in parte la sfiducia nei confronti di persone che non conosceva, data anche dalla sua posizione.

“Da una terra molto lontana!” Rispose Hanna rimanendo molto vaga, guardandosi attorno con urgenza per trovare qualcosa con cui sviare il discorso.

“Dalla regione di Harad?” Chiese Bard diventando improvvisamente molto serio.

Hanna lo fissò altrettanto sospettosa, le sopracciglia corrugate e le labbra tese.

“Dove avete detto?” Si arrese alla fine.

“L’estremo sud!” Specificò Bard rilassandosi. 

Non sapeva molto degli uomini che abitavano quella regione, ma le poche voci non erano affatto rassicuranti.

Harad era una terra popolata da diverse tribù nomadi di Haradrim e all’arciere era venuto il sospetto che potesse essere una di loro in quanto non si fidava dei suoi simili ed il suo non era un nobile lignaggio.

Come Lady Sara, avevano capelli neri ed erano particolarmente aggressivi e capitava spesso che combattevano tra loro o con gli altri popoli. Inoltre ciò che lo preoccupava era aver saputo da Gondor, che alcuni erano alleati dell'oscuro Signore.

Nell'Harondor, dove era possibile imbattersi negli olifanti, però sopravvivevano valorose comunità guerriere nemiche dei servi di Sauron. 

L’altra ipotesi era che le due umane provenissero dall’estremo est.

Rhûn, la regione orientale, dove avevano preso vita le stirpi degli uomini e degli elfi nei Tempi Remoti, abitato dagli Esterling, spesso alleati di Sauron.

Oppure erano figlie di contadini, cresciute in un villaggio povero ai confini di uno dei grandi regni degli uomini.

“Dubito che abbiate mai sentito parlare della terra da cui provengo, è pressoché sconosciuta!” Affermò, decidendo di raccontare parte della verità. Adorando come Luthien e Feren fossero attenti ad ogni parola. Il pettegolezzo dovevano averlo inventato gli elfi, non c’era altra spiegazione!

“E come avete incontrato Re Thranduil?” Domandò Tilda che fino ad allora era rimasta in disparte.

Il padre la riprese senza esitare “Scusatemi se è stata inopportuna!” Disse rammaricato “Mia figlia deve ancora imparare come comportarsi!” L’occhiata che lanciò a Tilda fu sufficiente a farla desistere ed allontanarsi.

“Non vi preoccupate, so cosa vuol dire essere giovani ed impulsivi. Mi ci è voluto del tempo per imparare!” Lo tranquillizzò Hanna “Ma temo di non potermi dilungare ulteriormente su questo argomento....” la ragazza provò una vena di soddisfazione nello scorgere la delusione negli occhi dell’arciere “.....è una questione personale, nota solo a chi gode della confidenza del sovrano elfico. Mi perdonerete quindi, se non ne parlo!”.

“Non mi permetto di insistere. Vi porto a vedere gli ultimi lavori che stanno prendendo il via per far rinascere la città!” Propose lui.

Camminarono in un silenzio teso per pochi minuti, prima che la curiosità di Hanna divampasse “È passato molto poco dalla battaglia. Come potete avere già tante provviste?” Domandò ben sapendo che alcuni prodotti in certi periodo dell’anno, fossero delle rarità che solo la nobiltà poteva permettersi.

“Altri regni ci hanno mostrato il loro appoggio. E per quanto lo detesti, devo mostrarmi al meglio e forte, perché chiunque potrebbe approfittare di questa situazione precaria!” Riconobbe l’ammazzadraghi guardandosi attorno come ad accertarsi che nessuno stesse origliando.

“Non vi seguo!” Protestò Hanna amando la semplicità di quell’uomo. Magari tutti i nobili fossero stati come lui. Umili.

“Molti delle entrate vanno in fumo per sfarzosità che potremmo risparmiarci, ma le esigenze dei consiglieri di Gondor e Rohan non devono essere ignorate. Le loro parole condizioneranno i rapporti fra i due regni!” Le spiegò Bard non mascherando il disprezzo verso quella gente arrogante e permalosa.

Hanna comprese la posizione dell’arciere e non la invidiò affatto.

Per tirarlo su di morale, criticò ogni consigliere nel quale si era imbattuta e risero nel rendersi conto di condividere alcune opinioni.

 

*

 

“Ada!” Thranduil abbassò lo sguardo dall’alto del suo trono e il suo viso si distese in un sorriso nel vedere Aranel avanzare verso di lui senza alcun timore.

Non sapeva dire se era la lontananza con la madre o l’esperienza da poco vissuta, ma sua figlia era cresciuta tanto nel giro di poco tempo.

“Dov’è Milo?” La domanda cancellò il sorriso sul suo volto, riportando a galla vecchi ricordi, sia sgradevoli che belli.

Strinse i pugni, irrigidendosi sul grande seggio. Aranel era per metà elfo e per questo la sua portentosa memoria era spiegata, ma anche se i ricordi dei bambini svanivano in fretta, secondo i tempi elfici, era comunque sbalorditivo che quel ragazzo non fosse sbiadito in quasi cinque anni.

Sul volto della figlia poteva scorgere paura nell’attesa della risposta, per questo discese, decidendo di andare nei suoi alloggi privati.

Percepì il petto scaldarsi, quando le porse la mano e lei la prese senza la minima esitazione, rimproverandosi di non avere avuto la stessa cura con Legolas.

Una volta giunti nel salottino si sedette su un’ampia e comoda poltrona, invitando sua figlia ad accomodarsi sulle sue gambe. Aranel era ormai grande per certe attenzioni, ed anche se non le ricercava, se offerte le accettava all’istante.

La Principessa poggiò la testa sull’ampio petto del padre, venendo cullata dal battito del suo cuore, sentendosi protetta fra quelle forti braccia.

“Cosa ricordi di lui?” La domanda ruppe il silenzio e Aranel chiuse gli occhi. 

Il viso le appariva sfocato, circondato dai ricci scuri che indomiti si lasciavano trasportare dal vento, ma la sua voce e le sue risate contagiose erano nitide come se gli fosse stato accanto.

 

“Aaah.....soldati a me!” Urlò Milo fingendo di correre veloce, inciampando più volte a causa del panico, per dare il tempo alla sorellina di raggiungerlo.

Da quando la sua compagna era perita per mano dei romani, dedicava ad Aranel molto più tempo, cercando di farsi distrarre dal suo dolore.

Aranel corse nell’erba alta, sbucando fuori, trovandosi a passare sotto ad Aegnor che si era fermato di colpo. Aveva in mano una spada di legno mal costruita, ma che per lei era perfetta.

“Milo, ce n'est pas le moment de jouer!“ (Milo, non è il momento di giocare!) il celta si bloccò sentendo un tono pericoloso nella voce dell’elfo, ma venendo subito distratto dalla sorellina che una volta raggiunto, aveva cominciato a colpire il suo scudo in un attacco ferocemente dolce e gentile. Niente da attribuire ad una temibile guerriera insomma!

“Vieni Aranel!” Disse Milo prendendola in braccio “Andiamo a giocare dove tuo padre non può vederci....” sussurrò consapevole che l’elfo poteva sentirlo.

Thranduil scosse la testa rassegnato, sorridendo nel vedere la figlia poggiare la testa sulla spalla di Milo, esausta. Si avviarono silenziosi verso la loro tenda, attendendo pazienti lo scontro finale.

 

“Mi faceva ridere. Era buono e sorrideva sempre!” Rispose Aranel dopo che quei ricordi ancora integri, la fecero sorridere.

“Ti voleva bene....” riconobbe il padre con un sorriso.

“Lui era mio fratello vero?” La domanda prese contropiede il genitore che rispose incerto “Si, come Legolas!” Aggiunse senza capirne bene il motivo.

“Perché non aveva le orecchie a punta come me?” Domandò Aranel indicando quella caratteristica solo degli elfi.

“Lui era un umano come tua madre!” Le rispose il Re.

“Quindi Nana ha avuto un’altro fidanzato prima di te?” Thranduil sbatté le palpebre cercando di trattenersi. Poteva essere anche successo, ma era meglio non pensarci, anche se non capiva perché fosse tanto infastidito al solo pensiero.

“No, i genitori di Milo e Attico sono morti quando loro erano molto giovani. Sono stato io a crescerli, successivamente abbiamo incontrato tua madre! Non è il sangue a delineare le famiglie Lelig (Figlia mia)!” 

Aranel nascose il viso nel petto del padre “Però Legolas non è mai stato buono con me...” non capendo perché anche se avevano lo stesso padre, lui fosse stato sempre freddo con lei “...sono una sorella cattiva?” Azzardo un’ipotesi.

Thranduil sentì la ferita bruciare. Sapere che Legolas se ne era andato nonostante fosse in gravi condizioni faceva male. Ma comprendere quanto sua figlia avesse realmente sofferto era peggio.

“No, sei una bravissima sorella maggiore!” La consolò “Legolas soffriva molto, per questo non è mai stato gentile con te!” Come sempre aveva lasciato suo figlio a vedersela da solo con l’accettare la presenza di Hanna e della sorellina, dando per scontato che, essendo adulto, avrebbe gestito bene la novità.

Ma doveva riconoscere che, forse, lo scoprire che era vivo e tutto il resto in così poco tempo, non doveva essere stato facile e lui non c’era stato per lenire il dolore e la confusione che ne erano derivati.

“Per questo se ne è andato?” Aranel lo distolse dai suoi pensieri ponendo un ulteriore domanda.

“No. Temo che quello sia accaduto per colpa mia!” Thranduil non sapeva se suo figlio l’avesse ignorato per evitare di dover fronteggiare la sua eventuali dipartita o perché aveva colto l’occasione per andarsene senza dover dare spiegazione alcuna, o per una ricerca personale, ma era consapevole di essere in parte la causa della sofferenza di suo figlio e della sua improvvisa partenza.

Il loro rapporto era diverso e più distante rispetto a quello con Aranel e si malediceva per le sue passate debolezze e gli innumerevoli errori fatti con lui.

“Anche Milo se ne è andato per colpa tua?” Non c’era accusa nella voce di sua figlia, solo un disperato bisogno di sapere.

“No. Lui ha scelto di andarsene per proteggerci!” Spiegò Thranduil prima di scuotere la testa per scacciare l’immagine della via piena di croci e le grida agonizzanti che lo travolsero.

“E Nana?” Thranduil rimase in silenzio a lungo, scegliendo con cura le parole da usare.

“Nana deve discutere importanti questioni con gli uomini del lago!” Decise di dire infine.

“Non potevi farlo tu? Stai tanto male?” Thranduil diede un lungo bacio sulla fonte della figlia, stringendola in un abbraccio rassicurante.

“Sono quasi guarito. E tua madre è molto brava a far ragionare gli uomini!” Affermò più che convinto.

“Perché è umana!” Si illuminò Aranel. 

“Esatto!” Sorrise il padre. Sicuro che fosse al sicuro con Feren accanto a lei pronto a proteggerla, ma temendo che il suo spirito gentile e libero potesse venire danneggiato.

Non che con i ribelli fosse stato meglio, ma quelli erano uomini che non avevano nulla da perdere, meno colti e calcolatori della ricca e nobile società.

Forse la donna che era, non sarebbe mai stata la stessa.....

 

*

 

Le prime notte dopo la battaglia gli incubi erano stati terribili, ma Hanna credeva di averli superati una volta ricominciato a dormire al fianco del suo amato.

Si sbagliava.....a parte quella notte da incubo che aveva riacceso tutti i suoi timori, i brutti sogni venivano scacciati dalla presenza di Thranduil accanto a lei.

Le bastava aprire un occhio e tranquillizzarsi alla vista dell’elfo accanto a sé, invece, ora che non erano più assieme, dormire era diventato molto difficile.

Era assurdo che non avesse notato questo particolare!

O era più strano che nonostante sapesse che lui stava bene, continuasse a sognare ciò che non era accaduto, le sue paure più grandi........

Nell’incubo prendeva forma la raccapricciante figura di Azog, che le compariva alle spalle, finendo ciò che aveva lasciato a metà....dopo che lei credeva di averlo salvato!

Un’altro scenario era svegliarsi tossendo nel letto mentre l’acqua nella stanza non faceva che aumentare e vedere il suo viso pallido sprofondare negli abissi più profondi, senza che lei potesse fare qualcosa per fermarlo.

Quello peggiore si presentava con la sua resa. Lei, che rinunciava, si arrendeva, credendolo morto....e Legolas, un figlio privato del padre, la rinchiudeva in una cella buia e angusta ricordandole le sue colpe, per quell’eternità concessale e così brutalmente sprecata!

Era ciò che stava vivendo, quando un bussare concitato la riportò nella realtà.

“Mia signora...” Hanna nascose la testa sotto al cuscino, non volendo uscire dal caldo tepore presente sotto le coperte.

“Sono rammaricato di svegliarla a quest’ora del mattino!” Insistette Feren e la ragazza mise pure le coperte sopra al cuscino, desiderando di dormire ancora, se fosse possibile un sonno senza sogni. Non sapeva l’ora, ma a giudicare dalla poca luce presente, anzi, che fuori fosse ancora notte, doveva essere quasi l’alba.

“È giunta una missiva da Bosco Atro, il Re ordina il nostro immediato ritorno!” Questo la fece saltare giù dal letto e correre verso la porta.

Feren indugiò un momento, non essendosi abituato alle reazioni imprevedibili dell’umana, prima di distogliere lo sguardo rispettosamente, dato che era in vesti da notte senza nemmeno una camicia da notte indosso.

Hanna riconobbe subito la scrittura del compagno e un sorriso le sfuggì al pensiero di quei poveri sudditi che avrebbero incorso nella sua ira.

La velocità con qui si preparò non aveva eguali e ringraziò infinitamente i figli di Bard e l’arciere per tutti i doni che si era ritrovata a dover portare nel regno elfico al suo rientro.

“È stato un piacere avervi come nostra ospite. Spero sia stata un’esperienza sia piacevole che istruttiva!” La salutò Bard.

“Molto. Ora sono certa che non avrete di che annoiarvi e che ogni giorno porta nuovi insegnamenti!” Scherzò Hanna.

“Dovrei ringraziare Déor, mi tiene in allenamento!” Rise Bard assieme a lei.

Feren dovette caricarla di forza sul cavallo, quando ci mise troppo a salutare i figli del nuovo Re di Dale.

“Saluti la Principessa!” Salutò Sigrid con Tilda che le si accodò “Spero riesca a venire a trovarci!” Con tutta l’energia ed entusiasmo che non l’avevano abbandonata, nonostante la guerra passata.

“Non era solo una visita diplomatica, mi sbaglio forse?” Domandò con un sussurrò Bard facendole intuire che niente sfuggiva al suo occhio attento.

“Sono stata giudicata in base al mio aspetto e ho accettato la decisione di provare a cambiare. Ma grazie a voi ho compreso che restare se stessi è la scelta più saggia!” Gli rispose la ragazza con uno sguardo pieno di gratitudine, prima che il capitano afferrasse le sue redini per convincerla a partire.

“Forse pecco ancora di buon cuore che non si addice ad un Re!” Gridò Bard salutandola da lontano “Allora siamo in due, io diventerò Regina!” Urlò Hanna volendo avere l’ultima parola.

La ragazza agitò la mano fino a quando il cavallo non partì al galoppo, ansioso di scaricare le energie accumulate in quel lungo soggiorno e Hanna fu contagiata dalla sua impazienza, sapendo che stava tornando a casa.

 

*

 

Curunír stava a testa bassa davanti al trono del Re.

Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, ma con il consiglio ad appoggiarlo il sovrano si sarebbe ritrovato con le mani legate.

Ad un leggero cenno di Thranduil, le porte si aprirono con gran fragore e il guaritore sorrise nel vedere i membri del consiglio entrare.

Una volta che tutti si furono sistemati, all’elfo venne un sospetto, non capendo perché fossero stati convocati nella sala del trono e non in quella del consiglio.

Nonostante ciò rimase fermo, trasmettendo sicurezza su ciò che stava per accadere.

“Curunír....” la voce potente del Re ruppe il silenzio teso e il capo guaritore fissò Ennòn, il più giovane in carica che appariva molto nervoso, con un cipiglio confuso.

“Sei accusato di tradimento!” Gli occhi dell’elfo giudicato si allargarono, mentre il respiro gli si bloccava in gola “Per aver agito di nascosto, complottando una rivolta. Mettendo in pericolo la madre dei miei figli, nonché la mia compagna, e i Principi stessi!”.

Curunír si mosse nervoso. Avendo parlato solo dell’umana non aveva preso in considerazione quella mossa da parte del sovrano. L’accusa di attaccare un bambino era estremamente grave per il popolo degli elfi. Erano preziosi, più dell’oro, e la loro sicurezza veniva osservata con feroce attenzione. 

“Mio signore ho solo.....” “Hai una valida spiegazione per questo?” Lo fermò il Re.

“Il mio principale compito è proteggervi! Ho solo riferito ciò che ho visto e sentito. Una minaccia alla vostra persona non può essere ignorata!” Disse cercando di riportare attenzione sulla persona appartenente a quella vile razza che aveva osato mettere piede nel regno.

Il Re si voltò verso la sua destra, dove una guardia, dopo un rispettoso inchino, parlò “Ho ricevuto ordine esplicito dal consiglio, in presenza di questo elfo, di non permettere a Lady Hanna di restare sola in vostra presenza!” Raccontò.

“Per quale motivo?” Domandò il sovrano gelido.

“Sosteneva che potesse attentare alla vostra vita!” Rispose la guardia esitando un momento, prima di dare la risposta.

“Quanti hanno creduto alle sue parole?” Chiese Amdir comprendendo con rabbia quanto l’odio di quell’elfo fosse evidente, ma nessuno di loro fosse riuscito a coglierlo.

“Molti mio signore. Non saprei dare un numero preciso!” Si rammaricò il giovane interpellato.

“Riferisci al consiglio il tuo nome e ciò che ti ha portato ad accettare di testimoniare!” Lo incalzò il Re.

“Felagund, mio signore!” Si presentò la guardia “Lady Hanna ha combattuto al mio fianco durante la battaglia. Ha coperto le spalle a me e molti guerrieri in più di un’occasione. Alcuni le devono la vita. È una grande combattente!” La elogiò il giovane “Sono certo che oltre agli oppositori, ci sono numerosi elfi pronti a sostenerla!” Si permise di dire.

“No non capite!” Curunír non resistette oltre “Era tutto pianificato. Ho conosciuto gli umani, sono subdoli e manipolatori....” “Come te?” Lo interruppe il Re “Quando hai sussurrato a più orecchie che conoscevi le intenzioni di Lady Hanna?” Chiese glaciale.

“Anche il Principe Legolas....” “Mio....figlio, ha compreso il suo errore. Galion mi ha riferito che si è riconciliato con Lady Hanna prima della sua partenza, benedicendo la nostra unione!” Thranduil si tratteneva a stento. La soddisfazione di poter bloccare ogni accusa non era sufficiente.

“L’esilio da tutti i regni elfici è una punizione adeguata!” Affermò Admir trovando consenso fra gli altri membri del consiglio.

“Se ha messo discordia fra i propri simili, i Valar ci proteggano da cosa potrebbe fare negli altri regni se gli fosse permesso l’accesso!” Si intromise un’altro seguito da numerose frasi di appoggio.

Thranduil non condivideva il loro entusiasmo. Rimase a osservare l’elfo imputato di un crimine tanto grave che appariva come un animale in gabbia. Privato di ogni libertà e allontanato dai suoi simili, una vena di rimpianto intaccò i suoi lineamenti e sembrò arrendersi, con l’intero corpo che si rilassava, fissando i membri del consiglio con delusione e sofferenza. 

Quell’immagine fece sfumare la rabbia che agitava il suo spirito.

“Il tuo odio per gli umani nasce a causa di un episodio avvenuto secoli addietro!” La voce potente del Re fece calare il silenzio “Quando una pattuglia andò in soccorso di un contingente umano attaccato da un branco di mannari!” Il capoguaritore si irrigidì, non volendo ricordare.

Thranduil inclinò la testa di lato, comprendendo “Non ricambiarono il favore. Pur di salvarsi abbandonarono gli elfi facendo perdere loro il vantaggio numerico...” il Re non ricordava quell’episodio in particolare. Nel corso dei secoli, prima della sua cattura, erano stati talmente tanti gli scontri con gli umani e gli orchi che sarebbe stato impossibile.

Thranduil abbassò il capo. I volti dei giovani elfi che erano periti per mano degli umani  senza che lui potesse fare niente, continuavano ad assillarlo.

“Tuo fratello era fra loro!” Non era stato difficile scoprire la ragione di tanto odio. E capiva bene quanto fosse difficile perdonare. Avrebbe agito allo stesso modo se si fosse trattato di un Romano.

“Posso capirti più di quanto sarai mai in grado di comprendere!” Riconobbe “Non vedo rammarico nei tuoi occhi per le tue azioni e non ho udito pentimento alcuno. Per questo....” Curunír rimase con il capo chino, ormai rassegnato alla sentenza, qualunque essa sarebbe stata “....la tua punizione sarà essere scortato ai Porti per prendere una nave per Valinor!” I membri del consiglio si trattennero dal voltarsi a fissare sgomenti il Re, ma molti segni di protesta e lamentele sussurrate arrivarono all’orecchio del sovrano, che decise di farli tacere “È mio desiderio che tu riesca a trovare pace e guarire da ciò che avvelena la tua anima, in quel luogo dove un giorno tutti gli elfi dimoreranno!” Spiegò azzittendo i pochi ancora contrari a quell’atto di clemenza.

“Mio signore...” Curunír appariva sorpreso e molto sospettoso “Mi hai servito bene per molti secoli, lo riconosco, per questo non ero in grado di spiegarmi le ragioni dietro al tuo comportamento. Lascia il passato alle spalle e non voltarti mai più indietro!” Il capo guaritore si inchinò prima di permettere alle guardie di scortarlo fuori dalla sala del trono, mentre lanciava un’occhiata malinconica a quelle sale che per molti secoli erano state la sua casa.

 

*

 

Ora capiva. 

Forse non completamente, ma sapeva cosa si aspettavano gli elfi da un umano. Le rivoltava lo stomaco credere che facessero il paragone fra lei e alcuni degli altezzosi e rivoltanti nobili con cui si era ritrovata a dover discutere a Dale.

Fino a quel momento si era goduta la nuova vita, sembrava quasi un sogno dopo tutto ciò che aveva passato. Ma ora, comprendeva che per guadagnarsi il favore degli elfi, avrebbe dovuto metterci dedizione e impegno.

“Mia signora!” Feren riscosse Hanna dai suoi pensieri, ma troppo tardi per fermare il cavallo in tempo.

Travolse entrambe le guardie presenti all’ingresso e qualche altro sfortunato elfo di passaggio, quando il cavallo non riuscì a frenare sul marmo liscio, dove i suoi zoccoli avevano una presa minima.

Ringraziò i Valar della posizione di prestigio che possedeva accanto al Re, unico dettaglio che poteva proteggerla dalla più che giustificata, ira degli elfi.

“Le entrate sono sempre state il tuo forte!” Una voce che conosceva benissimo la fece voltare e vide Sara che dopo aver mantenuto l’espressione seria per un tempo record, si lasciò andare ad una risata piena.

“Solo per tua gioia, temo!” Disse scendono da cavallo prima che qualcuno si accingesse ad aiutarla, come se non ne fosse capace. Forse erano troppo occupati con gli elfi che aveva centrato......

Fortunatamente nessuno sembrava essersi fatto male e mentre Feren riprendeva le povere guardie che aveva travolto, chissà per quale motivo......gli altri si erano già dileguati, come se fossero stati loro a mettersi sul suo cammino.

“C-che vestito porti?” Domandò Sara appena si riprese un poco.

“È un regalo di Bard!” Si vantò Hanna facendo un giro su se stessa per permetterle di vederlo bene.

“Il barcaiolo non vive più n una stamberga dunque!” Dedusse Sara ammirando il meraviglioso ricamo a mano finemente decorato.

“Come stanno i bambini?” Chiese Hanna impaziente.

“Vous ne le croyez peut-être pas, mais ce ne sont pas eux qui ont souffert de votre absence!” (Forse non ci crederai, ma non sono stati loro a soffrire per la tua assenza!) le confidò Sara guardando altrove, massaggiandosi la nuca con una mano.

Entrambe si voltarono notando Feren che si stava avvicinando, guardando Sara come se fosse stata un piccolo goblin.

“Il Re vi attende!” Le informò tornando stoico.

“Eh certo. Figurati se non lo sa. Forse solo quando sarò Regina non sarà impossibile fargli una sorpresa!” Protestò Hanna agitando le mani.

“Mai che le mie innumerevoli doti vengano apprezzate....che dici scusa?” Chiese Sara non capendo quell’improvviso cambio di idea.

 

*

 

Thranduil rimase interdetto, osservando la sua amata entrare con passo leggero e un gran sorriso in volto che illuminava i suoi occhi verde smeraldo.

Era ormai sera e temeva che si fossero accampati per non dover viaggiare con il buio.

Invece lei era lì. La notizia del suo imminente arrivo gli aveva dato la scusa perfetta per congedarsi dal consiglio.

Il suo portamento, la gioia che traspariva dal suo viso, tutto gli diceva che era contenta di essere tornata e sentiva una vena di rabbia nel pensare che fosse stata costretta ad andare via.

Hanna ammirò Thranduil che sedeva su quell’enorme trono con innata naturalezza. Tanto in alto da sembrarle irraggiungibile, ma cogliendo il calore del suo sguardo, la lontananza divenne solo fisica.

Il capitano si fermò al suo fianco, leggermente dietro, inchinandosi profondamente davanti al proprio Re.

“Feren, ti sono grato per i tuoi servizi, domani disporrai di un’intera giornata per riposarti e rimetterti in forze!” Lo congedò il sovrano, non mancando di mostrare la propria gratitudine. 

L’elfo comprese e si allontanò dopo dei brevi ringraziamenti.

La ragazza sentì la gioia vacillare quando vide quell’imponente elfo discendere i gradini con una rigidità che non gli aveva mai visto addosso, nemmeno durante le settimane più dure nell’accampamento ribelle.

Erano passati numerosi giorni dalla sua partenza, per un elfo era un tempo sufficiente affinché potesse riacquistare le piene forze.....

“Sei tornata!” Sussurrò lui, arrivando ad un pollice da suo viso, senza neanche chinarsi.

Hanna gli rivolse un sorriso provocatorio “Dubitavi forse?” Per vedere il suo divertimento distrutto dallo sguardo severo dell’elfo.

“Si pensava che la pretendente consorte di Re Bard non rinunciasse così presto!” La canzonò lui.

Hanna fece una smorfia “Possiamo parlare in privato?” Chiese cercando di trattenersi.

“No!” Tuonò il Re “Perché eri stata mandata a Lorien e non in mezzo a gentaglia tanto opportunista e avida da approfittare di ogni momento di debolezza in un monarca!”.

Hanna cedette e scoppiò a ridere, scandalizzando l’antico elfo. Era a quel modo che accoglieva le sue preoccupazioni? Che si difendeva da simili accuse?

“Thranduil....” lo chiamò Hanna notando che presto non avrebbe più potuto ragionare con l’elfo geloso “...non hai vissuto abbastanza con quelli della mia razza da riconoscere le loro manipolazioni?” Domandò Hanna sapendo bene di dover essere cauta. La gelosia dell’elfo lo accecava e rischiava di distruggere ciò che avevano creato in quegli anni.

“Quindi sei stata costretta a proporti a Re Bard!?” Insinuò l’elfo con uno sguardo di scuse finto.

“Lui mi ha accolto come sua ospite. Ero in visita diplomatica e si è mostrato un alleato e amico in un momento critico!” Disse capendo di aver sbagliato la scelta dei termini quando alla parola amico il viso del Re si era infiammato di rabbia “Melin le!" (Ti amo!) sussurrò avvicinandoglisi “Lo affermo a voce alta, con un tono deciso e pacato...” la bocca di Thranduil si dischiuse nel risentire la vecchia promessa “....con la più intima convinzione, con nessuna probabilità che io possa ripensarci!” Disse Hanna mettendoci tutta la convinzione possibile “Ti amo ed amerò per sempre!” Si avvicinò e approfittando dell’immobilità dell’altro, mormorò poggiando la testa sull’ampio petto dell’elfo “È stato il mio cuore a sceglierti!”.

Sentì le forti braccia avvolgerla “Qualunque siano le difficoltà che proveranno o ci divideranno.....” il fiato di lui le scaldò la guancia “...troverò sempre la strada per ritrovarci!” Concluse il Re.

Hanna percepì Thranduil fare un grosso sospiro, tremando leggermente e questo la spaventò “Stai bene?” Chiese stringendo la presa.

“Ora si!” Le rispose lui “Perdonami per aver dubitato!” Si scusò discostandosi leggermente per poterle accarezzare il viso.

 

*

 

A malincuore, Hanna aveva accettato di vedere i figli la mattina seguente, sapendo bene che svegliarli avrebbe significato fargli passare una notte in bianco.

Era distesa accanto all’elfo che sembrava dormire ed anche se era entrata in dormiveglia, il sonno non aveva ancora preso il sopravvento.

Si alzò sui gomiti, in posizione prona, osservandolo da vicino.

I lineamenti ben marcati ma delicati, la pelle luminosa e morbida, il naso sottile le labbra carnose erano rilassati, dando all’elfo un aspetto più giovane.

Gli diede un bacio, sorprendendosi nel sentire una risposta, discostandosi di colpo.

Due occhi blu come il cielo la osservavano curiosi “Da quanto sei sveglio?” “Abbastanza da sentire il tuo sguardo su di me!” Rispose lui mettendole una mano dietro la nuca per chiedere un’altro bacio.

Questa volta fu più profondo, aggressivo, le loro lingue si scontrarono, e Hanna sospirò di piacere quando lui scese sul suo collo.

Un colpo di tosse pose fine a tutto. Solo in quel momento vide che Thranduil appariva esausto.

“Sto bene!” Disse l’elfo cercando nuovamente le sue labbra “Solo un’altro po’!” L’avvertì lei “Sono stanca e tu non ti sei ancora ripreso!” Ricordò ad entrambi.

“Sto bene!” La liquidò lui adombrandosi.

“Forse era meglio andare a Lorien, così avrei potuto chiedere a Dama Galadriel come sconfiggere la tua testardaggine!” Si chiese Hanna ridendo, mentre si scambiavano un’altro bacio.

“Perché non sei andata? Perché non sei rimasta al mio fianco?” Lei rimase immobile nel notare un velo di rimpianto negli occhi del compagno.

“Disubbidire al consiglio non sembrava un idea saggia. Sono un ingenua ad essermi ritrovata con le spalle al muro quando era troppo tardi per fare qualcosa....” si auto criticò “Ma temevo che andare là mi avrebbe cambiato....” era meglio non riferire ciò che aveva sentito sul suo presunto destino.

Ci ripensò un attimo e si convinse che la grandezza che la Dama vedeva in lei, le scelte determinanti che doveva fare e l’alleanza fra uomini ed elfi potevano aspettare!

“È stato più rischioso stare fra i tuoi simili. Alcuni sono capaci di cose terribili!” Thranduil la riportò alla realtà con un semplice rimprovero.

“Mi sono ritrovata con più potere del previsto e Bard mi ha fatto conoscere molte tradizioni e usanze umane della Terra di Mezzo. È stato utile conoscere bene i miei simili!” Dichiarò Hanna chiedendosi come sarebbe stato vivere in mezzo a loro.

“Tu non hai niente in comune con loro!” Protestò l’elfo sistemandosi meglio sul materasso.

“A parte la razza. No, questo mi sarà utile in futuro. Conoscerli potrebbe aiutarmi a comprenderli!” Disse sperando si rivelasse vero.

“Come?” Chiese Thranduil corrugando la fronte e le sue folte sopracciglia “Sono un umana. Mi guardavano in modo diverso, ma potevo sentirli molto più a loro agio con me che con gli elfi!” Rispose Hanna ricordando quanti particolari era riuscita a cogliere durante il suo soggiorno a Dale.

“Questo è vero!” Ammise l’elfo con uno sbuffo contrariato.

“Perché non sei guarito completamente? Sono passate due settimane!” Cambiò discorso lei.

“Sono guarito!” La contradisse lui “Va bene, ci riprovo!” Hanna alzò gli occhi al cielo “Perché non sei al pieno delle forze?” Thranduil le riservò un’occhiata tanto ostile che credette di non ricevere alcuna risposta.

Invece dopo un lungo silenzio lui parlò “Non mi hai scritto!”.

Hanna abbassò lo sguardo. Aveva sentito molto la sua mancanza e ora si sentiva in colpa per aver dato per scontato che lui fosse tranquillo “Bard reputava troppo pericoloso spedire un messaggero nella foresta e non c’erano commercianti che dovevano fare quel tratto di strada. Non me la sono sentita di mandare un’elfo esponendolo a rischi inimmaginabili......c’era Feren con me...” tentò di giustificarsi.

“Non ti sto accusando!” La tranquillizzò Thranduil, trascinandola giù, sul proprio petto, stringendola in un abbraccio “Ho risentito molto della tua lontananza!” Riconobbe.

Hanna lo strinse fra le braccia, capendo che non avrebbe potuto nascondergli ciò che il generale di Lorien le aveva detto, troppo a lungo.

 

*

 

“Nana!” “Nana!” “Sei tornata!” Non c’era da stupirsi della gioia che divampò fra le mura della reggia la mattina seguente.

Hanna si sentì regredire all’età scolare, ritrovandosi a rotolarsi fra le coperte con i suoi figli fra risate allegre e urla di gioia. Saltarono sul letto, sulle sedie e subito dopo cominciò un acchiapparella.

Hanna aprì di scatto la porta delle stanze del Re per ritrovarselo davanti!

Lo aveva sentito uscire ma non aveva previsto che si sarebbe fermato a parlare con le guardie.

Con una giravolta accompagnata da una risata, lo evitò per un soffio, correndo verso le stanze dei bambini seguita da questi ultimi.

Thranduil sorrise, ricordando con malinconia quando erano le risate di Legolas a riempire quei corridoi.

Chinandosi evitò a Galador di cadere di faccia sul marmo, dopo che era inciampato nel suo mantello e come se niente fosse successo, il piccolo elfo seguì il gruppo rumoroso continuando a ridere.

Il Re ignorò Luthien e Calien che ridevano anche loro seguendo i Principini tentando di mantenere un contegno, ricordandosi di dover trovare un modo per ringraziare l’ancella di Hanna per essere stata semplicemente impeccabile.

Con un largo sorriso in volto si girò per andare nella sala del trono avendo la giornata piena d’impegni, bloccando Sara dallo sbattergli contro.

“Oh cielo! Scusami....cioè mi dispiace, cioè....” “Potresti calmarli? Non vorrei che facciano scappare tutti sembrando una mandria di goblin impazziti!” La interruppe lui, stupendola nel vederlo così contento nonostante un comportamento che sicuramente disapprovava.

“Certo!” Rispose per avviarsi più confusa che mai. Da quando Re Thranduil faceva umorismo?

L’elfo in questione andò nella sala del trono sentendosi rigenerato. Galion lo attendeva ed era talmente euforico da non notare lo sguardo soddisfatto del suo consigliere ed amico, nemmeno quelli della servitù e delle guardie, che finalmente potevano constatare con i loro occhi che le storie messe in girò da Curunír erano il frutto di un odio personale che non avrebbe mai dovuto contagiarli.

Il Re era tornato a sorridere e il regno avrebbe prosperato assieme a lui.

 

Chiedo di nuovo scusa per il ritardo! Ho dovuto preparare gli esami e il programma aumenta di settimana in settimana, trovare il tempo per scrivere è una specie di sfida!

Il titolo fa riferimento a una frase di Frida Khalo “Niente è per sempre, per questo voglio che tu sia il mio niente!”Sono una romanticona, che volete farci?

Ci stava proprio una prova per questi due innamorati, no? Anche se la maggior parte delle persone che incontro continuano a ripetermi di non preferire le relazioni a distanza....

Hanna doveva uscire dall’ombra del Re, per una crescita personale, e vivere, anche se per poco, fra gli umani della Terra di Mezzo. Su questo sono convinta possa essere un’esperienza fondamentale!

Nel frattempo Sara, appoggiata da Thranduil, riesce a sentirsi a casa e la loro amicizia evolve.

Bard parla delle regioni di Harad e Rhûn, di cui mi sono documentata ma chiedo scusa per eventuali errori.

Thranduil è sempre iracondo, ma considerato ciò che ha vissuto, riesce ad essere un buon Re e per quanto desiderasse punire l’elfo traditore, alla fine ha preso una decisione spiazzante! È stata un’idea lampo, dato che a Valinor ci vanno gli elfi spezzati, in lutto, forse anche uno che non trova pace, può andare a cercarla.

Aranel parlerà per l’ultima volta dei ricordi che la legano a quel passato che ha fatto incontrare i suoi genitori, ma in futuro le verrà detto cosa ha significato la sua nascita per loro.

Il Re è geloso! Questo è risaputo e state certi che non dimenticherà facilmente le voci che ha sentito su Bard! Povero barcaiolo!

La pace e la serenità sono tornate a Bosco Atro, ma sono pronta a stravolgerle!

Nel prossimo capitolo farò un salto temporale e temo sarà il penultimo di questa storia che tra poco compirà due anni dal suo inizio!

Commenti e suggerimenti li aspetto con trepidazione e non so quando riuscirò a pubblicare, con l’università che limita il mio tempo di scrittura...

A presto,

X-98

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Capitolo 31
*** Le cicatrici più profonde ***


Passarono i mesi. Bosco Atro si stava lentamente riprendendo da quella terribile battaglia che aveva provato lo spirito di molti.

Nella reggia il clima era pacifico e sembrava che sarebbe rimasto tale, fino a quando un corno annunciò una novità.

Thranduil inclinò la testa di lato sollevando un sopracciglio per mostrare quanto fosse sospettoso nel vedere giungere nuovamente il generale di Lorien, senza avviso alcuno della visita.

“I miei omaggi Re Thranduil!” Lo salutò Haldir inchinandosi profondamente davanti al trono “Lieto di vederti vivo oltre ogni aspettativa!” Disse innervosendo il sovrano.

Le notizie sulle sue condizioni non erano trapelate ed anche se si era mostrato al popolo, Dale non aveva ancora avuto contatti con l’antico Re.

“Era me che cercavi, o notizie sul destino avverso che credevi mi avesse travolto?” Domandò Thranduil accavallando le gambe per far capire al generale che non si trovava più nel regno di Lorien ed era prioritario mostrare il rispetto che si deve ad un sovrano.

“La mia signora desidera incontrarvi!” Rispose Haldir ignorando la provocazione “Richiede urgentemente la vostra partenza!” Insistette.

“E perché dovrei essere io a scomodarmi, lasciando il mio regno incustodito?” Domandò Thranduil tollerando ben poco la sfacciataggine mostrata da Dama Galadriel che lo convocava come fosse un semplice paggio.

“Non conosco i motivi dietro la sua convocazione. Solo l’urgenza che ha nell’incontrarvi!” Si scusò il capitano di Lorien chinando il capo.

Thranduil strinse lo scettro che teneva nella mano destra. Lady Galadriel non aveva fatto altro che far nascere nuovi dubbi e timori.

Il fatto che volesse incontrarlo di persona non andava a suo favore.

Una parte di lui temeva fossero cattive notizie riguardo alle ragazze, l’altra tremava al pensiero di una minaccia ancora più oscura.

Sara attraversò le grandi porte della sala del trono, rimanendo di stucco nel sentire quando fosse assordante il silenzio al loro interno.

Questo era l’orario in cui il sovrano riceveva i suoi sudditi per aiutarli a risolvere qualsiasi tipo di problema o richiesta. Ci sarebbe dovuta essere parecchia gente che andava a veniva....

Si bloccò di colpo notando solo dopo aver fatto parecchi passi, un certo elfo che sperava di non rivedere più, che attendeva la risposta del Re con il capo chinato.

Si voltò ed a passo veloce uscì, cambiando subito in corsa appena ebbe passato le pesanti porte.

Per caso vide Hanna che andava nella direzione opposta alla sua ed anche se non conosceva la sua destinazione, la strattonò per il braccio con un “Corri!” concitato, costringendola a seguirla in quella fuga precipitosa.

Corsero fino agli alloggi reali, barricandosi dentro.

“Okay.....” ansimò Hanna non trovando affatto comodo il vestito che indossava, ne adatto alla corsa “Perché corri come se un Balrog ti stia alle costole?“ domandò notando l’espressione sconvolta dell’amica.

“Ho visto Haldir!” Rispose Sara tutto d’un fiato.

“Ma non era tornato a Lorien? E perché correvi? Ho rischiato una figuaccia con questo vestito!” Domandò Hanna chiedendosi inoltre perché il fatto la scioccasse tanto, ma non trattenendosi dal lamentarsi.

“A quanto pare no, visto che è nel tuo regno!” Sibilò Sara agitando le braccia come se fosse stata lei ad invitarlo.

“Okay. E allora?” Hanna non era convinta. C’era di più!

“Allora....?!” Sara cominciò a camminare in tondo, passandosi nervosamente la mani fra i capelli.

Alla fine di una specie di meditazione interna, la guardò apparendo estremamente a disagio “Ci siamo baciati!” Svelò, correggendosi subito “Lui mi ha baciata....” Se non fosse stata tanto sconvolta Sara avrebbe riso di fronte all’espressione di Hanna.

“È stata una cosa stupida!” Si difese agitando una mano davanti al viso dell’amica nel tentativo di farla riprendere.

Hanna non riusciva ad articolare un parola. Non c’erano mai stati segreti fra loro, ma questo era peggio di una bomba!

“Perché non me l’hai detto?” Sussurrò con un fil di voce.

“Perché.....” Sara si rese conto che nulla avrebbe potuto giustificare la sua mancanza di fiducia che si era trasformata in menzogna “Niente. È stato una cosa stupida!” Si corresse parlando da sola.

“Non pensi che lui creda che fosse una cosa stupida?!” Chiese Hanna sollevando le sopracciglia, andandoci giù pesante. Gli elfi non si lasciavano andare ad effusioni fisiche tanto facilmente quanto gli umani!

“Mi ha baciato e poi è sparito senza dire una parola! Cosa dovrei pensare?” Domandò Sara non sapendo come agire.

“Sento che c’è altro!” Hanna la mise all’angolo con uno sguardo che esigeva la verità.

“Potrei essere scappata e nascosta subito dopo......” Confessò Sara con aria innocente.

“Sara......molto maturo da parte tua!” Il rimprovero di Hanna si trasformò in un osservazione divertita.

“Per quale motivo mi sei venuta dietro? Solo per torturarmi?” Si esasperò Sara.

“Quando la tua migliore amica ti dice di correre, corri e basta!” Asserì Hanna come se fosse stato ovvio.

Le labbra di Sara si piegarono in un timido sorriso nel sentire quelle parole, ma durò un attimo prima che riprendesse a camminare nervosamente “Ovviamente gli piaccio....” affermò con occhi sognanti, per risvegliarsi immediatamente “No che dico, con gli elfi niente è ovvio!” Si infuriò.

“Ed ora è tornato....” realizzò sentendosi ancora più confusa “Perché è tornato?!” Le fece eco Hanna.

“Ehi, ricordi che Thranduil ha avuto una corrispondenza con Lorien?” Sara annuì.

“Forse Lady Galadriel ha portato un messaggio. Forse non c’entra niente con te....” Dallo sguardo “Sei seria?”dell’amica, Hanna comprese di non aver sconfitto i dubbi con quell’assurda ipotesi “Ma con gli elfi niente è ovvio....” si arrese.

“Vedo che cominci a capire....” brontolò Sara.

“Non sarà che abbia lasciato il suo regno per te, sarebbe da maniaco!” La prese in giro Hanna.

“Non mi farò coinvolgere da un altro elfo!” Annunciò Sara facendo alzare gli occhi al cielo ad Hanna di fronte a quella balla colossale “Via libera?!” Domandò temendo che Haldir si stesse improvvisamente dirigendo verso di loro.

Hanna aprì uno spiraglio controllando meticolosamente, riuscendo pure ad ignorare le guardie che la guardavano come se fosse appena uscita di senno.

Al suo segno affermativo Sara scivolò fuori e corse il più velocemente possibile a rifugiarsi nelle proprie stanze.

 

*

 

Aranel raggiunse la sua postazione.

Fanon la guardò male, ma dato che le coppie erano state scelte dal Professore, non poteva in alcun modo opporsi.

Nemmeno dare fastidio alla sua rivale era una buona idea, perché se volevano uscirne vittoriosi erano costretti a collaborare.

Arrivarono di soppiatto alle spalle degli avversari, pronti a colpire.

Ma essendo elfi sapevano che un’imboscata probabilmente si sarebbe evoluta in uno scontro frontale.

Fu uno della squadra rivale a scattare ed Aranel saltò agilmente su un albero con lo scopo di disorientarlo, mentre Fanon ingaggiava una lotta con spade di legno.

La Principessa essendo per metà umana, era cresciuta in fretta i primi anni di vita, fortunatamente sembrava aver rallentato dopo i cinque anni, ma era sufficiente perché entrasse nelle prime classi di addestramento.

I suoi compagni avevano molti più anni di vita dal punto di vista di un umano, questo poteva dare un vantaggio di fronte allo sviluppo rapido di Aranel che a differenza loro era ancora un po’ goffa nel muoversi agilmente.

Ma per gli umani, la rapida crescita andava di pari passo fra corpo e mente e la metà elfica sembrava esserne stata influenzata.

Aranel cadde su del muschio fresco, quando l’avversario la colse di sorpresa tagliandole la strada.

Si rialzò subito aggiungendo alla caduta una capriola. Sua madre le aveva detto che cadere poteva rivelarsi fatale solo in base a come si reagiva. 

Anche se imparava in fretta, Aranel non avrebbe potuto eguagliare un’elfa più grande di lei.

Era normale mettere alla prova i giovani. Per gli elfi di Bosco Atro sviluppare uno stile di vita basato sull’adattamento era essenziale dato che la foresta riservava sorprese anche a distanza di secoli.

Fanon trattenne a stento un grugnito di dolore quando l’avversario lo colpì alla mano facendogli perdere la presa sull’arma. In molti avrebbero ceduto, ma Fanon era molto orgoglioso.

Facendo parte di una famiglia nobile era suo dovere tenere alto il nome.

Raccolse il primo pezzo di legno che gli sembrò sufficientemente resistente per potersi difendere e deviò i colpi successivi, affidandosi esclusivamente alla propria agilità.

Aranel nel frattempo gioiva nel vedere l’altra arretrare di fronte al suo attacco imperterrito. Menava fendenti su fendenti, cercando di trovare un’apertura per poter colpire l’avversaria almeno una volta.

Sbucarono in una radura e con la coda dell’occhio vide altre numerose coppie che si erano date battaglia. Solo che a differenza loro, combattevano come fossero una sola persona, in un perfetto lavoro di squadra.

“Ora basta!” La voce potente di Alyon, l’insegnante, fu il via libera per permettere ai più grandi di atterrare i giovani con pochi o un colpo soltanto.

Come se niente fosse accaduto, gli studenti si misero in fila davanti all’insegnante.

Il supervisore passò accanto ad ogni coppia illustrando gli errori per correggerli, per questo Aranel fu sorpresa quando parlò con Fanon senza dirle niente.

“Fanon, imparare a fare lavoro di squadra è fondamentale. Il numero il più delle volte è decisivo!” Lo riprese ben consapevole dell’astio presente fra lui e Aranel.

“Ora in classe!” Ordinò Alyon con un gesto del braccio, venendo ubbidito immediatamente.

Mentre i ragazzi tornavano alla scuola, prese da parte la Principessa, attendendo che non ci fosse nessuno che potesse sentirli.

“Voi ascoltate quando vi si da un’indicazione precisa?” Chiese irritato.

“Si signore!” Rispose la Principessa sentendosi in difficoltà ma sforzandosi di non mostrarlo.

“Allora perché avete attaccato quando vi avevo raccomandato di lavorare sulla difesa?” Domandò l’insegnante unendo le mani dietro la schiena.

“Lei era sulla difensiva! Ero in vantaggio!” Si giustificò Aranel.

“Volete diventare una guerriera di prim’ordine?” Chiese Alyon ignorando quell’affermazione.

“Si signore!” Rispose Aranel chinando il capo.

“Allora imparate ad obbedire. Siate diligente, perché facendo di testa vostra finirete presto in pasto a un ragno!” La rimproverò indicandole la scuola.

 

*

 

Thranduil rientrò negli alloggi reali a tarda sera.

Hanna era intenta nel finire il capitolo designato di un libro quando l’elfo mandò in fumo i suoi piani. 

Abbassò il libro osservando i movimenti tesi del compagno e sbuffando lo gettò da parte senza cura “Che succede?” Domandò non sopportando i suoi silenzi carichi di rabbia repressa.

“Chi si crede di essere!?” Esplose il Re prendendo il primo soprammobile che poteva afferrare e lanciandolo contro al muro.

“Uno sbruffone saccente!” Affermò Hanna puntando un dito al soffitto.

“Come osa darmi ordini nel mio regno!” Si sfogò ancora il sovrano prendendosela con una sedia.

“Probabilmente crede di farlo, ma non è così!” Gli fece notare lei.

La furia di Thranduil venne spazzata via da un dubbio. Si voltò verso la ragazza alzando un sopracciglio scettico “Non sai nemmeno di cosa sto parlando!”.

 Hanna sgranò gli occhi fingendo di tirare a indovinare “Haldir?”.

Allo sguardo scrutatore di lui decise di chiarire “Sara voleva chiederti della pattuglia, ma l’unica cosa che è riuscita a fare è stata trascinarmi nelle nostre stanze!”.

“Perché ha rinunciato? Non avrà paura di me forse.....” si incupì il Re, solo un momento dato che un’altro pensiero gli fece cambiare idea “È successo qualcosa con Haldir?” Il silenzio che calò dopo tale domanda lo fece innervosire.

“Hanna!” La esortò a rispondere. 

Lei rimase impassibile, riprendendo il libro con estrema calma “Si, so cos’è successo, ma credo che non sia giusto che te ne parli io!” Si giustificò.

Thranduil sorrise, togliendosi gli stivali, i pantaloni e la tunica con lentezza. Si sporse sul letto e camminando carponi, fece capolino da dietro il libro che Hanna aveva messo fra loro nella speranza di evitare altre scomode domande.

“Impazzisco quando fai la misteriosa!” Disse afferrando il libro per lanciarlo lontano.

Hanna vide che indossava solo la maglietta e sorrise consapevole.

Si lasciò togliere la camicia da notte, non permettendo ai loro sguardi di distogliersi.

Thranduil torreggiava su di lei, potente e perfetto. Anche senza una corona appariva regale.

Lui si tolse la maglietta, permettendole di ammirare il suo busto scolpito, prima di unire le loro labbra con fervente passione.

Hanna lo accolse non temendo più quel contatto. 

Dopo il suo ritorno gli incubi erano diminuiti e lui era sempre stato presente per placare le sue preoccupazioni e confortarla. Il Re si era ristabilito completamente in poco tempo, facendole comprendere quanto fosse importante il loro legame.

Thranduil godette a pieno di quel momento di intimità, riuscendo a dimenticare i problemi appena insorti.

Di una cosa era certo. Qualunque notizia avrebbe dato la Dama di Lorien, non avrebbe permesso a niente e nessuno di dividerli.

 

 

*

 

Annael era giunto nella sala da pranzo notando fin da subito che l’attenzione generale era rivolta verso qualcuno in particolare.

“Io non lascerei mai che dei puzzolenti nani mi catturino!” Si atteggiò Fanon alzando il mento con orgoglio.

“Non erano dei nani qualsiasi, Thorin Scudodiquercia era il loro capo!” Gli tenne testa Lothìriel, provocando risatine derisorie dagli amici del bulletto.

“Questo non cambia niente! Erano nani!” Rispose uno di loro.

“Smettila Fanon!” “Oh guarda, il tuo fidanzato è venuto a proteggerti!” Rise Fanon osservando con appagamento la rabbia dell’altro.

“Lui non è il mio fidanzato!” Si difese Aranel che fino a quel momento aveva finto di non sentire ne vedere il suo rivale.

“Certo!” Finse di credere Fanon guardando i suoi spettatori con uno sguardo divertito, provocando l’ilarità generale.

“Sei geloso?” Lo provocò Lucilla sperando di metterlo con le spalle al muro.

“Zitta mortale!” Il sorriso scomparve dal volto del ragazzo, ma non mollò la presa.

“Non chiamarla così!” Aranel scattò all’istante, odiando a morte quel nomignolo.

“Perché?  Sto dicendo solo la verità lei è un umana, quindi mortale....come tua madre!” Lo sguardo di Fanon si illuminò nel trovare una breccia così facile e scontata “Tra pochi anni il suo corpo sarà fragile e debole. Mio padre dice che è questo che succede agli umani!” Infierì senza pietà.

Il silenzio calò nella sala, come se tutti non osassero neanche prendere fiato, aspettando la risposta prima di farlo.

“Sei un bugiardo!” Sibilò Aranel. Sapeva cosa accadeva agli umani, ma fino a quel momento non aveva minimamente pensato al coinvolgimento di sua madre e questo l’aveva terrorizzata.

“È la verità, gli umani sono mortali e non vivono molti anni rispetto a noi!” Asserì Fanon giocherellando con il cibo che aveva nel piatto.

“Ora sei tu il saputello!” Si fece avanti Lucilla non volendo concedergli l’ultima parola, per accorgersi che la sorella non si trovava più al suo fianco, e nemmeno Annael.

“Sei un maledetto!” Lucilla decise di continuare nonostante ora si trovassero in inferiorità numerica.

“Ho solo detto la verità...” affermò Fanon, per allontanarsi soddisfatto.

Nel frattempo Annael aveva seguito l’amica che pur di non parargli, si era chiusa in una stanza, fortunatamente, senza dare il giro di chiave.

“Aranel....” Annael si affacciò timidamente dalla porta, notando che l’amica si era nascosta dietro l’attrezzatura per l’addestramento “Dobbiamo andare a lezione!” Sussurrò nervoso.

“Lasciami in pace!” Sussurrò aggressiva la Principessa.

Il ragazzo obbedì, capendo di doversi fare coraggio.

All’interno del palazzo, il grande Re dei Boschi non si fermava mai. I compiti giornalieri erano numerosi ed estenuanti, ma non per questo doveva venirne meno.

Thranduil fermò il suo incedere, spostandosi sul bordo del corridoio che affacciava su un’ampia porzione dell’ala nord del palazzo.

Agli occhi di tutti poteva sembrare che stesse ammirando la reggia, troneggiando su tutto e tutti, ma le guardie individuarono ciò che il loro Re da tempo aveva notato: un piccolo elfo nascosto malamente dietro una colonna che sbirciava incerto.

“Hai intenzione di seguirmi tutto il giorno o ricorderai le buone maniere che si devono ad un Re?” Domandò Thranduil facendo sussultare il piccolo intruso.

Annael si fece avanti, timido e impaurito. Le guardie lo fissarono con disapprovazione.

Era consapevole che presto la voce sarebbe giunta a suo padre, ma non sapeva cos’altro fare.....

Thranduil abbassò la testa, osservando attentamente il piccolo ospite “Tu sei il figlio di Duinhir!” Non che ci fossero dubbi in quanto i tratti del viso tra padre e figlio fossero praticamente identici.

Annael annuì continuandosi a guardarsi i piedi. Era una pessima idea, ma a parte quella non gli era venuto in mente altro.....

“Rispondi al Re!” Lo riprese una guardia la cui pazienza si era esaurita.

“Si, mio signore!” Si corresse Annael con timidezza.

“Perché mi seguivi?” Chiese il sovrano apparendo calmo.

“Non avevo scelta, mio signore!” Si affrettò a rispondere il ragazzo.

“Annael!” In quel momento giunse l’ultima voce che il giovane elfo avrebbe mai voluto sentire. Perché da quando aveva conosciuto Aranel, si ritrovava in quelle scomode situazioni?!

Scappare era escluso, avrebbe peggiorato la situazione facendo credere a tutti che fosse un codardo, ma restare voleva dire confrontarsi subito con il padre, nessuna delle due era una buona opzione!

“Cos’è successo?” Domandò il Re ignorando la guardia appena giunta.

“Aranel....” sussurrò Annael facendo irrigidire il Re “Mi scusi mio signore, sono veramente....” “Silenzio!” Lo ammonì il sovrano elfico incenerendolo con lo sguardo.

Duinhir abbassò la testa, sentendosi avvampare di vergogna. Suo figlio non l’avrebbe passata liscia!

“Cosa stavi dicendo?” Chiese Thranduil, cercando di rimanere calmo per non spaventare ulteriormente il giovane.

“Aranel si è chiusa in un ripostiglio. Tra poco abbiamo lezione ma lei è molto triste....” Annael si sentiva bloccato, era un’impresa titanica provare a parlare, senza cercare anche di organizzare i pensieri.

Il Re fece un passo in avanti “Portami da lei!”.

Era inusuale, se così si può definire, vedere il sovrano elfico seguire il ragazzino all’interno della reggia e al di fuori di essa.

“Attendete qui!” Il Re non esitò minimamente nell’entrare nel luogo indicatogli da Annael, il quale poteva solo sperare che l’amica fosse ancora dentro.

Dopo uno sguardo veloce, abbassò gli occhi, terrorizzandosi davanti al viso furioso di suo padre, che però si sforzava a trattenersi in presenza del sovrano.

Sembrò passare molto tempo prima che la porta venisse riaperta.

Thranduil appariva contrariato mentre osservava la figlia allontanarsi con il suo amico al fianco.

“Duinhir!” Il richiamo scosse la guardia che si affrettò a rispondere “Mio signore!” Chinando il capo, accettando qualsiasi punizione gli sarebbe stata inflitta.

“Non posso ordinarti come agire con tuo figlio, ma si è mostrato un buon amico, come sempre. Mia figlia è fortunata ad averlo!” Disse il Re prima di avviarsi.

Duinhir sospirò sollevato, convincendosi a ridimensionare il rimprovero di quella sera.

 

*

 

Thranduil osservò con occhi stanchi il documento che doveva approvare. Il lavoro accumulato era stato recuperato, ma non per questo si era del tutto bloccato.

Sospirò, passando a diminuire la quantità di lettere a cui rispondere.

Ma la scritta che i suoi occhi catturarono lo fecero esitare.

“Lady Hanna di Bosco Atro”

Quella lettera veniva da Dale. 

E il mittente era Bard. Il primo istinto fu quello di gettarla nel camino, per ricordarsi delle parole di Hanna “Si è mostrato un alleato e amico in un momento critico!”.

Thranduil dovette riconoscere la propria gelosia e decise di tenerla a freno infilando la lettera nel mucchio così da poterla dimenticare.

Dei rumori lontani si fecero più assordanti e Thranduil sorrise, permettendo al suo corpo di rilassarsi sapendo a chi appartenessero le voci che man mano si facevano sempre più nitide.

La porta dello studio si aprì ed i gemelli entrarono come uragani, seguiti dalle sorelle maggiori decisamente più tranquille.

I figli più piccoli si sedettero sulle gambe del padre, mentre le altre due curiosavano in giro. Erano grandi, ma non per questo certe cose dovevano cambiare...

“Ada oggi a scuola sono stata la migliore nel riconoscere tutti i tipi di piante!” Raccontò Elanor gonfiando il petto d’orgoglio “Io invece sono arrivato secondo!” Si vantò Galador con ambizioni decisamente ridotte.

“Complimenti. Tra poco dovrò ritirarvi dalla scuola se imparate così in fretta!” Sorrise Thranduil accarezzando la testa di Elanor e baciando la fronte di Galador.

“Davvero?” Chiesero in coro i gemelli con gli occhi che brillavano.

Thranduil alzò un sopracciglio “Non vi dispiacerebbe smettere di apprendere?” Li stuzzicò.

I due sembrarono percepire la trappola perché si zittirono immergendosi in una conversazione fatta di sguardi e smorfie.

“Smettetela è ora di andare!” La voce di Aranel fece aggrappare i gemelli alla tunica del padre che le lanciò una domanda silenziosa.

La Principessa alzò gli occhi al cielo facendo notare al Re quanto gli assomigliasse.

“Luthien li sta cercando e lei si è offerta per aiutare!” Lucilla la guardò male sentendo che la stava incolpando.

“Ce la faccio da sola!” Rispose Lucilla incrociando le braccia al petto.

“Ma se ti perdi sempre nel palazzo!” L’accusò Aranel.

“Ragazze, non litigate davanti a me!” Le avvertì il padre. Entrambe si fissarono caparbie, per poi distogliere gli sguardi in contemporanea.

“Andate con loro!” Disse facendoli scendere gentilmente da sopra le sue ginocchia “E non scappate più da Luthien!” Decise di aggiungere.

“Ma quando si arrabbia fa paura!” Si giustificò Galador facendo sorridere il padre.

“Fa paura a tutti! Ora andate...” “Anche a te?” Thranduil venne preso contro piede da quella domanda inaspettata, ma il divertimento negli occhi di sua figlia gli fece ricordare che era una vera peste “Elanor, se oserai insinuare un’altra volta che il tuo Re e padre è impaurito, ti accompagnerò personalmente a scuola!” La minacciò con un ghigno, consapevole che l’unica volta che l’aveva supplicato, fonti interne gli avevano rivelato che i compagni di classe non avevano parlato d’altro tutto il giorno, facendo apparire i gemelli molto a disagio.

“No, no!” Rise la figlia correndo fuori dalla stanza. Era imbarazzante che suo padre la accompagnasse a scuola, per il semplice fatto che poi i suoi amici non facevano che parlare del Re per ore, facendo spesso insinuazioni cattive.

“Non vieni?” Chiese Lucilla vedendo che Aranel non si era mossa verso la porta.

“Non ancora!” Thranduil comprese e annuendo a Lucilla, la convinse ad andare.

Qualche giorno prima aveva tranquillizzato sua figlia nel sentirla condividere le paure sulla sorte della madre. Thranduil odiava mentire, così le aveva assicurato che avrebbe fatto in modo di far restare Hanna. 

Parlarle di ciò che era avvenuto anni addietro, cambiando la natura delle ragazze, non era per orecchie così giovani.

“Tu sei il Re....” sussurrò Aranel senza muoversi “È così!” Confermò il padre preoccupato.

“Non ti da fastidio?” Thranduil trovò la domanda strana, ma rispose comunque “Non è un compito facile!”.

“Non hai risposto alla mia domanda!” Si lamentò la Principessa con rabbia.

Il Re sospirò, vedendo molto di sé nella figlia “È un sacrificio poter passare poco tempo con voi, e con vostra madre, ma ho fatto un giuramento quando questa corona è stata poggiata sul mio capo....proteggere gli elfi di Bosco Atro, e non né verrò mai meno!” Aranel fece saettare gli occhi da una parte all’altra, come se volesse evitare lo sguardo del genitore.

Thranduil sospirò e si decise a chiedere “È successo qualcosa?”.

“Vogliono sempre il massimo!” Tirò fuori Aranel “Mi giudicano sempre!” Pianse rifugiandosi fra le braccia del padre che come sempre l’accolse.

“Chi?” Domandò il padre capendo che stava cominciando a sentirsi diversa.

“Tutti!” Singhiozzò la figlia.

“Aranel, essere la Principessa è un compito oneroso, ma non devi permettere loro di cambiarti o condizionarti in alcun modo!” La tranquillizzò e allertò.

“Come?” Chiese lei tirando su con il naso.

“Ricordando che l’unico parere a cui devi dare importanza è il tuo! Se credi di aver dato il massimo non c’è soddisfazione più grande!” Le fece notare “Anche la mia opinione e quella di tua madre devono essere aggiunte alla lista!” Thranduil rifletté ancora un po’ prima di aggiungere “Ed i tuoi fratelli. Spesso il loro giudizio ti sarà d’aiuto!”.

Aranel arricciò il naso confusa e sospettosa “È una lista molto corta!”.

“Non detestavi quella lunga?” Le chiese il padre divertito. La piccola annuì rasserenata.

Thranduil sospirò “Nonostante ciò che ti ho appena detto, quello che pensano gli elfi di Bosco Atro è molto importante...” “Ma Ada...” il padre la zittì con lo sguardo “Perché è solo ascoltandoli che sarai una grande Principessa!” Rivelò “Ma non permettere a nessuno di farti dubitare di te stessa!”.

Aranel lo trovò estremamente difficile il dover ascoltare tutto ma non proprio tutto. Però il suo Ada era ammirato e stimato in tutto il regno, forse un giorno anche i suoi amici avrebbero smesso di lanciarle sguardi critici, vedendola non solo come una Principessa.

 

*

 

Thranduil entrò nella sala da pranzo con nervosismo “Comincio a mal sopportare la tua sfacciataggine!” Disse andando diritto verso i calici sistemati su un vassoio d’argento che sembravano aspettarlo.

“Mio signore, non posso attardarmi ulteriormente, e non desidero deludere la mia signora....” cercò di farsi valere il capitano di Lorien “Il soggiorno non sarà lungo, ma è necessaria la vostra p....” Thranduil alzò una mano per zittirlo “Conosco a memoria le parole dietro alla tua ostinazione!” Disse avendo ormai esaurito la pazienza.

“Il mio popolo è ancora provato dalla battaglia. Una mia eventuale assenza in questo momento sarebbe catastrofica!” Chiuse il discorso il Re versandosi da bere.

“Rafforzare i rapporti tra due regni è una lieta notizia che potrebbe giovare al morale del vostro bosco!” Thranduil strinse il calice, ammirando in silenzio la scaltrezza nell’argomentare dell’altro.

Lo sguardo del sovrano si illuminò vedendo Hanna raggiungerli con un espressione divertita. Probabilmente l’intero palazzo stava ascoltando il battibecco.

“E l’avranno....” disse lasciando che la ragazza si avvicinasse “Prenderò moglie!” Hanna sbiancò, fissandolo a bocca aperta. Non molto differente fu la reazione del generale.

Questo momento durò un attimo, prima che Hanna gridasse di gioia, gettandogli le braccia al collo, con un salto spinto dall’euforia.

“Temevo che non me l’avresti mai chiesto!” Pianse di gioia.

Thranduil rise “Te l’avevo già proposto ricordi?”.

“Era una promessa, ora si avvererà!” Entrambi risero, per scambiarsi subito dopo, un bacio passionale come se volessero pronunciare i voti in quel momento.

Un gorgogliare ricordò loro che non erano soli.

“Torna dalla tua signora e riferiscile che non è mia intenzione mostrarmi irrispettoso, ma devo denigrare la sua richiesta. Appena mi sarà possibile lasciare il regno in sicurezza non tarderò a partire!” Spiegò Thranduil ben sapendo che non era saggio ignorare la Dama bianca.

Haldir si inchinò, sentendo una parte di lui sgretolarsi, travolta dalla sconfitta.

“Mio signore, si tratta del destino della vostra promessa, Lady Galadriel deve condividere informazioni vitali. Non posso accettare un rifiuto!” Disse infine.

“Hai affermato di non conoscere i motivi dietro la mia convocazione!” L’atmosfera cambiò di colpo e la serenità del Re venne spazzata via in un’istante.

Haldir ci mise un po’ a ritrovare la voce “Non avrei dovuto informarvi!” Confessò.

“Eppure l’hai fatto. Hai mentito e tradito la fiducia della tua signora!” Lo accusò il Re come se il torto fosse stato fatto alla sua persona.

“È della loro sicurezza che bisogna decidere. Non potete tardare!” Lo ignorò l’elfo di Lorien.

“Vi interessa? Conosco bene il disprezzo che gli elfi del bosco dorato hanno nei confronti dei mortali, voi saresti l’eccezione!” Lo derise il Re ancora più sospettoso.

Hanna si irrigidì, sentendo le sue guance scaldarsi mentre le tornava in mente la fuga di qualche giorno prima.

“Mio signore, vi prego. Desistete e seguitemi nel mio viaggio! E nel suo interesse!” Haldir cambiò completamente approccio smuovendo leggermente la coscienza del Re.

Hanna osservò il compagno. L’elfo era teso, sembrava che una lotta interiore stesse avendo luogo dentro di lui, perciò decise di intromettersi “Vai!” Sussurrò poggiando le mani sulle sue braccia rigide.

“Hanna....” “Io organizzerò la cerimonia, ma tu non puoi ignorare una notizia del genere!” Insistette sperando di non pentirsene.

“Non mi muovo!” Si piantonò lui. La ragazza sospirò. Ricordava bene quanto la sua assenza l’avesse svantaggiata ed era normale che fosse suo desiderio proteggerla.

“Sono la tua promessa. Nessuno oserà farmi niente! Ma se un pericolo si profila all’orizzonte vorrei essere preparata!” Tentò nuovamente di convincerlo.

Thranduil la osservò per interminabili minuti, soppesando attentamente le sue parole.

Alla fine si arrese e rispose “Sarò veloce! È mio desiderio mettere l’ultima parola sull’organizzazione del matrimonio!” Rassicurandola il più possibile.

“Non ne avevo alcun dubbio!” Rise Hanna sentendo l’euforia tornare.

 

*

 

Thranduil fermò il megacero una volta raggiunta la destinazione.

I suoi soldati aspettarono rispettosamente che discendesse dalla cavalcatura per poi imitarlo.

Si avviò, non riuscendo ad attendere di essere accolto, costringendo i suoi elfi a lasciare i cavalli e corrergli dietro.

“Sei qui....”una voce, anzi la voce nella sua testa lo fermò “Mostrati!”Ordinò furioso.

“Sapevo che non ti saresti tirato indietro!”Thranduil tremò di rabbia. Odiava sentirsi prevedibile e quindi vulnerabile.

Una figura si palesò davanti a lui, cogliendolo di sorpresa. Non l’aveva sentita arrivare.

“Calmati Thranduil Oropherion, non siamo nemici!” Lo placò Lady Galadriel avanzando con calma e sicurezza.

“Questo è da vedere!” Disse Thranduil più che deciso a mostrare solo rabbia e disprezzo.

Ma se l’umore del Re era un preludio di un imminente perturbazione, si scatenò a pieno durante la riunione tenuta solo poche ore dopo.

“Mi stai dicendo che Hanna è comparsa nelle tue visioni anni prima della mia scomparsa?” Il Re di Bosco Atro non poteva credere alle proprie orecchie. Suo cugino non gli aveva mai accennato uno scenario del genere.

Thranduil era spaventato, Lady Galadriel poteva vederlo chiaramente, sentendosi impotente davanti a quell’antico Re che aveva resistito contro un destino avverso ed era sopravvissuto contro ogni probabilità.

Scambiò uno sguardo preoccupato ma deciso con il marito che si affrettò a rispondere “Esatto!”.

“Perché hai taciuto allora? Perché tediarmi ora, quando è oramai troppo tardi?” Thranduil percepì i dubbi di Mìnaothon, il capo del consiglio del suo regno e Amdir, diventare improvvisamente parte di lui, odiandosi per quello.

Perché si erano incontrati in quel modo? Non avrebbe mai rimpianto il momento in cui i suoi occhi si erano posati su di lei, ma erano necessarie frusta e catene?

“Non avevo idea che le vostre strade fossero intrecciate, i Valar non condividono molti dettagli proprio per impedirci di intervenire rischiando di cambiare irrimediabilmente ciò che è scritto!” La signora di Lorien frenò i pensieri del Re di Bosco Atro, che strinse i pugni, cercando di ritrovare il controllo e fermare il tremore che lo stava attraversando.

“Thranduil....” Celeborn parve capire che qualcosa non andava, cercando di attirare l’attenzione del cugino.

“Nulla accade per caso!” Thranduil sollevò lo sguardo, assottigliando gli occhi verso l’antica Dama “Tu sai!” Affermò consapevolmente, portando d’istinto una mano sull’avambraccio destro, dove un segno imperituro era stato impresso nella carne. 

Galadriel annuì. Non c’era bisogno di spiegare cosa.

“Non hai ceduto alla vendetta, sei riuscito a cogliere qualcosa che noi credevamo perduto negli uomini!” Disse Lady Galadriel cercando di fargli vedere ciò che aveva potuto osservare lei.

Il respiro del Re accelerò, gli occhi erano spalancati, fissi ad osservare qualcosa che solo lui poteva vedere. Si passò una mano in testa come se stesse tentando di scacciare via un ricordo “Ho smarrito me stesso!” La accusò d’improvviso.

“Sarebbe stato più semplice mollare!” Le diede man forte il marito con cui non aveva segreto alcuno.

“Un mostro partorito da eventi infausti ha preso vita dentro di me!” Urlò Thranduil alzandosi di scatto.

“Il male ha contagiato la tua anima tempo fa!” Rispose calma Lady Galadriel, percependo quella vena di oscurità che il Re era sempre riuscito a tenere sotto controllo, farsi potente.

“Il fuoco del drago è un evento dimenticato!” Sussurrò Thranduil più a se stesso che ad altri.

“Ma ha permesso al male di corromperti. Un’elfo sarebbe semplicemente svanito se fatto prigioniero per decenni!” Gli ricordò il cugino.

Thranduil gli rivolse uno sguardo di fuoco “E cosa sarei io?”.

“Non distorcere mie parole!” Si difese Celeborn irato.

“Non lo faccio. Posso scorgere i tuoi pensieri nitidi!” Disse Thranduil inclinando la testa indietro con uno sguardo di disprezzo.

“Quell’umana potrebbe essere l’anello di congiunzione che stavamo cercando!”

Thranduil afferrò il proprio calice per scaraventarlo contro un muro con tutte le forze “Non la userete per il vostro divertimento!” La voce, unita al rumore del vetro in frantumi, allertò le guardie.

“Thranduil, ognuno di noi dovrà svolgere il proprio ruolo nella guerra che sta arrivando!” Tentò di ricordargli Lady Galadriel mentre il consorte scacciava i soldati attirati da un discorso che stava degenerando.

“Non mi interessa!” S’impose il Re, non volendo sentire ragioni.

“I tuoi pensieri non sono determinanti. Abbiamo bisogno che sia lei a decidere!” Gli spiegò Celeborn cauto.

“Mai! Non si tirerà indietro anche se voi voleste condurla verso morte certa!” Thranduil contrattaccò con inaudita ferocia appena il discorso tornò sull’umana.

“Non spetta a te decidere!” Ammise Lady Galadriel affranta di vederlo tanto fragile.

“Se le accadesse qualcosa svanirei! Complotterete condannando un regno alla sconfitta?” Gridò Thranduil furioso che non capissero.

“Tua figlia prenderà il posto che le spetta!” Rispose Celeborn tentando di riportare la calma.

“Non osare nominarla.....e Legolas?” Chiese atterrito il Re. Era il primo in linea di successione, cosa gli sarebbe accaduto di tanto infausto, da impedirglielo?

“Lui avrà un’altro compito!” Disse Lady Galadriel senza mezzi termini.

“Thranduil....” lo chiamò sapendo che non avrebbe ascoltato “Hanna ricucirà vecchie alleanze. Questo la allontanerà da te, ma per il bene della Terra di Mezzo non la dovrai fermare!”.

Come previsto, il Re si alzò e ritirò con un comportamento che poco si addiceva ad un sovrano. 

Celeborn sospirò rammaricato. I due sposi si scambiarono un occhiata d’intesa annuendo. Haldir comparve nella sala pochi secondi dopo essere stato convocato “Non possiamo rischiare. Lady Hanna deve essere informata!” Il generale si inchinò, più che propenso a non deludere nuova ente i suoi signori.

 

*

 

La mattina di qualche giorno dopo Hanna andò in biblioteca volendo trascinare Sara agli allenamenti essendosi resa conto che si stava nuovamente nascondendo. Ma essere la compagna del Re aveva i suoi vantaggi e trovarla fu una passeggiata.

“Sara....” sussurrò non volendo disturbare gli elfi già presenti.

L’amica tremò, cominciando a sfogliare le pagine di fretta, come se cercasse qualcosa in particolare e non stesse fissando il vuoto fino a pochi secondi fa.

“Si sono qui da qualche parte......” riuscì a dire solo per alzare lo sguardo e trovare lo sguardo annoiato dell’amica “Hanna non penso più a lui!” La tranquillizzò, facendole corrugare la fronte in modo offensivo “Eh invece tu non mi credi!”.

“Bhe ti crederei se non ti avessi trovata a spulciare libri che lo riguardano!” Disse Hanna vedendo che molti dei tomi si riferivano al regno di Lorien.

“Ti sbagli di grosso!” Balbettò l’altra agitando una mano.

Hanna la ignorò, trascinandola di peso fuori dalla biblioteca “Scusami tanto se sono qui a ricordartelo, ma lui è scomparso, ricomparso per ignorarti e poi è nuovamente andato via!”.

“Devi migliorarti nel dare sostegno morale!” Sara era a disagio nel vedersi forzata ad affrontare un discorso che si era impegnata ad evitare.

“E tu continui a struggerti per lui dando prova di non avere rispetto per te stessa!” La riprese Hanna rattristata dalla situazione.

“Apprezzo molto il tuo tatto!” Sbuffò Sara comminando con passo lento per i corridoi.

“Tu vivi....nel passato! È tempo di guardare avanti....è acqua passata, basta!” Cercò di convincerla l’amica.

“Sono piena di impegni. Lavoro molto...” disse Sara affettandosi verso la prima meta che le si sarebbe palesata davanti.

“Siamo le pupille de Re. Lavoro è una parola a noi sconosciuta!” Affermò Hanna rendendosene conto per la prima volta.

“Bhe io voglio tenermi impegnata! Devo fare bella figura in caso un pretendente si faccia avanti!” Tentò di convincersi Sara. Senza successo....

“Okay. Questo deve finire. Adesso noi ci alleniamo. Vuol dire che tireremo con l’arco, ci affronteremo con spada e pugnali......e faremo anche molto tardi!” Le disse Hanna mentre la trascinava verso la sua stanza per farla cambiare con abiti consoni all’allenamento.

“In realtà non so se me la sento di allenarmi...ho studiato la storia di Arda fin dall’alba!” Tentò di svignarsela Sara.

“Quanto sei ingenua, tu pensi che ti stia dando un'alternativa!” Disse Hanna spingendola nella stanza dopo aver aperto la porta.

Una volta pronte corsero per i corridoi ridendo e scherzando, ritrovandosi il cuore nel petto vedendo improvvisamente il generale Haldir.

L’elfo, più deciso che mai, saltò i convenevoli “Lady Hanna, voi sarete colei che farà rinascere le vecchie alleanze, e vi ritroverete in prima linea con i vostri simili sul campo di battaglia della guerra che tra poco imperverserà per tutta Arda rischiando di far cadere il nostro mondo nelle tenebre!”.

Passato il primo momento di shock, Hanna scosse la testa e chiese “È una profezia?” Poi un ricordo la fece sospettare che ci fosse sotto qualcosa “Ma tu non eri quello che non sapeva niente?”.

“Mia signora, Lady Galadriel richiede la tua presenza!” Haldir si comportò come se non avesse udito nulla.

Hanna alzò gli occhi al cielo, ed anche se aveva paura, decise che era arrivato il momento di smetterla di nascondersi “La ringrazio molto. Vado a prepararmi, partiremo appena sarò pronta!”.

Avrebbe raggiunto il suo compagno.

“Thranduil non apprezzerà che lasci il regno mentre è via!” La sua coscienza, ovvero Sara, non tardò a farsi sentire.

“Chiudi la bocca!” La liquidò nervosa che condividessero le stesse preoccupazioni.

“Lady Sara, voi potete restare. Il Re sta tornando!” Ma entrambe le ragazze si resero conto che quello non era un consiglio. E Thranduil stava tornando, perché doveva andare da sola? Uno sguardo pieno di dubbi precedette lo sfogo della brunetta.

“Mi state prendendo in giro!?” Esplose Sara che fino a quel momento era riuscita a trattenersi per il bene di Hanna. Ma sopratutto perché quell’argomento la incuriosiva non poco.

“Credo di no!” Sorrise internamente Hanna.

“Voi andate in girò a baciare e illudere tutte le dame del regno?” Attaccò Sara facendo centro nel puntare all’onore dell’elfo.

“Vi sbagliate!” Rispose lui stoico “Ah mi sbaglio?” La ragazza si irritò ancora di più.

“Sara 1 .....generale Lorien 0!” Calcolò Hanna tutta contenta di sé stessa.

“Ho commesso un errore, non ricapiterà!” Sara avvampò sia di rabbia che di vergogna. Come si permetteva di sminuirla in quel modo?!

“Come quando avete mentito al Re?” Hanna non riuscì a trattenersi, andando in soccorso della sua migliore amica.

“Un errore? Ma si fregatevene, tanto di me non vi importa nulla, voi volete solo lei!” Sara non ragionava più, livida di rabbia. Hanna si sentì male per lei, anche se lo evitava, era chiaro che provasse qualcosa per quell’elfo meschino e scortese.

“Dobbiamo andare mia signora!” L’esortazione di Haldir fu l’ultima goccia.

“Io non mi muovo! Dite alla vostra signora che non hanno fatto un gran lavoro insegnandovi le buone maniere!” La fedeltà alla loro amicizia prevalse e Hanna si allontanò a testa alta, seguita dall’amica.

Sara sentì le lacrime pungerle gli occhi quando con un’occhiata, vide l’elfo voltarsi senza la minima esitazione.

 

*

 

“Sara!” Un leggero bussare alla porta venne interrotto dalla voce imperiosa del sovrano.

Sara si trascinò fuori dal letto dentro al quale aveva provato a sprofondare, lontano da tutto e tutti.

Aprì la porta e vide Thranduil sentendosi libera di sbeffeggiarlo “Voi elfi avete un pessimo tempismo!......” Sara ammutolì appena scorse le due guardie che scortavano il Re “Posso rimangiarmelo?” Chiese incerta.

“Desidero parlati, in privato!” La ragazza annuì, facendo accomodare il sovrano nelle proprie stanze.

Un cipiglio sorpreso le fece alzare le sopracciglia “Sei appena tornato!” Si rese conto notando che il Re indossava ancora gli abiti da viaggio.

“Haldir sta mettendo a dura prova la mia pazienza!” Thranduil la ignorò e senza perdere tempo cominciò la camminata nervosa appena la porta venne chiusa.

“Chi l’avrebbe mai detto che fosse tanto impulsivo!” Cercò di scherzare Sara per ammutolirsi nello scorgere lo sguardo indagatore del Re su di sé.

“Che....cosa succede?” Chiese esitante.

“Non ti ha fatto del male?” Domandò Thranduil avvicinandosi a lei con uno sguardo penetrante.

Sara trovò le sue mani improvvisamente molto interessanti, resistendo eroicamente dallo scappare di corsa da quella stanza seduta stante.

Doveva riconoscere che non si limava le unghie da troppo tempo, aspettare avrebbe voluto dire vedere una spezzarsi....

“Me lo diresti vero?” Con un occhiata fuga vide sincera preoccupazione negli occhi dell’elfo e si chiese cosa poteva aver mai fatto perché fosse riuscita a trovare un amico del genere.

Sorrise leggermente. La parola amico la rendeva ancora euforica al solo pensiero!

Sara esitò, per balbettare indecisa “C-ci sono cose che devono rimanere s-solo fra donne!”.

L’espressione delusa sul viso del Re la convinse a smettere di evitare quell’aiuto sincero “Mi confiderei senza la minima esitazione!” Aggiunse poi.

L’elfo non appariva rasserenato, anzi, l’ultima frase lo fece adombrare ancora di più “Ho dato disposizioni alle guardie di tenerlo lontano da voi!”.

“Cos...perché?” Si scandalizzò Sara, anche se una parte di lei era molto sollevata.

“Osare agire in questo modo. Ti chiedo perdono per ciò che hai dovuto passare!”

Certo che lo sapeva, dopotutto era il Re.

Sara sospirò sentendosi sollevata “Grazie....sai dopo Audial credo sia troppo presto. E inoltre il suo comportamento non fa che confondermi....” “Audial?” Thranduil aveva già sentito quel nome e non gli ci volle molto per ricordare.

“Si, il soldato morto.....te ne avevo parlato!” La ragazza non stava guardando l’elfo, altrimenti i sarebbe resa conto che qualcosa non andava.

“Che c’entra lui?” Per quanto si sforzasse, il sovrano non riusciva a capire perché la ragazza avesse messo in mezzo quel soldato.

“È l’altro elfo con cui speravo potesse nascere.....tu non parlavi di quello?” Comprese infine Sara notando il suo smarrimento.

“Hanna mi ha detto di come si è rivolto a voi, facendo sembrare che la tua presenza sia inutile......” illustrò le sue argomentazioni l’elfo, insospettito.

“È successo qualcosa tra voi prima di questo fatto? È per questo che sei scappata quando l’hai visto al suo arrivo a Bosco Atro?” Chiese tentando di controllare la rabbia.

“Come fa a sapere della fuga.....giusto Hanna!”Si chiarì le idee Sara non sapendo come eludere quelle domande.

Appena scorse gli occhi sfuggenti dell’amica e la vide irrigidirsi, l’elfo decise di chiarire a gran voce “Sara! Voglio solo proteggerti!”.

“Forse non devi. Forse è quello giusto!” Balbettò Sara, parlando più con se stessa.

Thranduil assottigliò gli occhi, non comprendendo come fossero arrivati a parlare di un consorte “E come potresti saperlo?” Chiese muovendosi cautamente.

“N-non è stato scortese!” Asserì Sara gettando le mani in avanti, come a proteggersi dall’umore dell’elfo che non faceva che peggiorare.

“Ti ha aggredito?” Domandò serio e preoccupato.

“Bhe.....possiamo dire che è stata un’aggressione molto....piacevole!” Sara sorrise al ricordo, arrossendo un po’ troppo. Ma venne tirata fuori dalle fantasticherie dall’espressione sconvolta del Re.

“N-no, aspetta....lascia che ti spieghi....” tentò di placarlo, mai ormai era troppo tardi....Thranduil uscì come un uragano, quasi sbattendole la porta in faccia. “Dannazione!....è peggio dell’avere un padre iperprotettivo!” Si disperò. 

Tempo due secondi ed uscì alla ricerca di un Re infuriato.

 

*

 

Duinhir marciava fra i corridoi del palazzo, l’atmosfera era tranquilla, ma avendo dei Principini da sorvegliare, le guardie stavano allerta, cambiandosi spesso di posto, per poter avere un maggior controllo di ogni angolo del palazzo.

Il Re in persona svoltò l’angolo comparendo nella sua visuale, lo seguivano Amroth e Cùthalion rispettivamente un elfo Sindar e l’altro Silvano, suoi grandi amici.

Apparentemente il sovrano si stava dirigendo verso il prossimo impegno a lui richiesto, ma Duinhir aveva servito quell’elfo per molti secoli prima della sua scomparsa e comprese che qualcosa non andava!

Decise di seguirli, preoccupato dell’incolumità del Re.

Si diressero verso l’ala dove alloggiavano gli ospiti e sussultarono nel vedere il sovrano afferrare rudemente il generale di Lorien.

“Vieni accolto con tutti gli onori nel mio regno, metto a disposizione il mio tempo per ascoltare le richiese della tua signora....” Thranduil scosse l’altro elfo con ferocia “Ed è così che mi ripaghi?”.

Haldir lo studiò attraverso lo sguardo e il Re riuscì a spiegarsi nonostante l’ira divampasse indomabile “Hai importunato Lady Sara e cercato di manipolare la futura regina. Lo neghi forse?”

“Perdonate.....” comprese l’altro “Non sapevo che l’umana fosse già impegnata con voi!” Decise di deriderlo, sentendo l’orgoglio bruciare a causa di quella posizione che lo faceva apparire debole.

“Hanna è la mia compagna!” Lo corresse subito il sovrano “Sara è la mia più cara amica e sei uno stolto se pensi che lascerò correre....” gli occhi del Re ardevano come bracieri.

“L’attenzione della mia signora è per la futura regina, nessun’altro. Era mia intenzione informarla per permetterle di fare la scelta giusta!” Si giustificò il generale.

Purtroppo il Re abboccò alla provocazione “Credi sia così facile separarci?”.

“Ha un anima pura. Dobbiamo evitare che sia impreparata quando....” “...non lo sarà. Io la proteggerò!” Dirigere il discorso verso quell’argomento fu una decisione sbagliata, ma Haldir non demorse “Lei deciderà del suo futuro!”.

“Non parlare di questo! Non sei nessuno per lanciare sentenze!” Lo avvertì non volendo dilungarsi ulteriormente su quell’argomento “Hai approfittato di una nobile fanciulla...” Thranduil abbassò il tono della voce all’improvviso, come se si fosse reso conto solo in quel momento di stare urlando “...mi hai offeso!” Sibilò con un tono profondo, cambiando discorso.

“Lei non era la vittima, e non è una bambina, sapeva bene di cosa si trattava!” Thranduil ringhiò, voltandosi di scatto per lanciarlo sul pavimento, lasciandosi controllare dall’ira, senza sentirsi in difficoltà come quand’era alla presenza fastidiosa della Dama di Lorien.

Le guardie rimasero impietrite ad osservare la scena. Non comprendendo la motivazione dietro all’agire del sovrano, trovandolo troppo aggressivo ma non riuscendo a interferire.

Una voce lontana, oppure era un ricordo, ma Thranduil risentì quel nome che per più di un secolo aveva rischiato di fargli perdere l’identità.

Voleva ferirlo, desiderava sentirlo urlare, non solo perché era la cosa giusta da fare.

“Thranduil!” La voce di Sara lo riscosse e sentire le sue mani sul suo petto spezzarono ciò che lo stava riportando indietro.

“Non farlo!” Gli occhi di Sara catturarono i suoi, con uno sguardo supplichevole “Ti prego!”.

La ragazza vide un pizzico di paura colorare quegli splendidi occhi, prima che la maschera di gelida compostezza calasse al suo posto, ma lo sguardo si perse in immagini che solo il Re vedeva.

Sara lanciò un occhiata indagatoria verso Haldir, notando come si fosse messo in piedi e osservasse la scena con preoccupazione.

Senza preoccuparsi della presenza degli altri, la ragazza lo abbracciò forte per fargli percepire la sua presenza. Thranduil si aggrappò a lei, il viso impassibile, ma i suoi gesti trasmettevano un messaggio opposto.

Improvvisamente il Re interruppe quel contatto ed ignorando Duinhir si avviò verso le proprie stanze, portando però, Sara con sé, stringendo la sua mano come un ancora di salvezza.

 

*

 

Hanna si era precipitata nella stanza quando una giovane cameriera l’aveva praticamente placcata per informarla che la sua presenza era richiesta con urgenza dal Re.

L’aveva incontrato poco tempo prima, riferendogli della presenza sgradita e lui era corso da Sara appena terminato il racconto, seminandola. 

Si era messa a cercare nei soliti posti dove Sara si rifugiava dato che dopo lo spiacevole incontro si erano divise, volendo rimuginare in pace.

Ma non aveva fatto in tempo a trovarli che la serva l’aveva fermata.

La paura era andata via nel vedere il Re illeso, ma lo sguardo di Sara che si torceva le mani in un angolo del salottino, le fece capire che qualcosa non andava.

“Thranduil!” Lo chiamò osservandolo attentamente nel vederlo curvo sul tavolo, con entrambe le braccia che sembravano non essere abbastanza forti da sostenerlo.

“Vai via!” Una specie di ringhio si levò dal sovrano, ma nessuna delle due diede retta a quel principio di burrasca.

La futura regina poggiò la testa sul braccio del compagno, dandogli leggere carezze, contenta di rivederlo a casa, ma testarda ed irremovibile sulla richiesta di lasciarlo solo.

“Non lo farò!” Hanna venne spinta con forza lontano dalle braccia che fino a quel momento l’avevano sempre accolta con amore.

Nonostante lo shock dato da quel gesto, tentò di ignorarlo con tutte le proprie forze, cercando di mantenere la calma “Sei appena tornato, che è successo?”.

Rispose solo il silenzio.

“Cosa ti ha detto Lady Galadriel?” Stavolta il tono della voce era più concitato preoccupata che le notizie non fossero buone. Eppure le era apparso calmo al loro primo incontro.

“Niente!” La zittì lui. 

“Conosco i tuoi silenzi! Cosa non mi stai dicendo?” Chiese Hanna caparbia.

“L’avrei ucciso!” Quel sussurro la disorientò ancora di più...

“Ma non è successo!” Per non parlare dell’intervento di Sara.

“Ti sembra il momento?” Le sibilò contro Hanna, ricevendo un cenno affermativo dall’amica.

“Potrei ferire la mia gente!” Protestò Thranduil fracassando un oggetto contro al muro.

“.....non dire assurdità!” Lo contraddisse Sara dopo un millisecondo di esitazione.

“Cos’è successo?” Domandò Hanna capendo che doveva essere successo qualcosa fra loro.

“Io volevo ucciderlo. L’avrei fatto....” disse il Re osservando un punto imprecisato del pavimento “No. Non è vero!” Lo bloccò subito Sara.

“Si invece! Ho rischiato di perdere il controllo!” Si infuriò maggiormente il sovrano.

“Ma non è successo!” Tentò di contenerlo la bruna.

“Dovremo aspettare che ferisca qualcuno?” La derise l’antico elfo.

Hanna fissò Hanna e lei comprese la muta domanda “Ehm, ha aggredito Haldir per il nostro bacio...” “Non sarebbe stato meglio informarlo...” Hanna posizionò le mani con i palmi rigidi davanti a sé “....una volta che il generale fosse stato al di fuori del regno?!” Chiese muovendo le mani verso destra alla parola “fuori”.

“E non hai perso il controllo!” Insistette Sara, non badando a quel rimprovero “In battaglia avresti ucciso senza pensarci due volte. Veloce e letale ricordi?” Tentò di tirarlo su.

“Volevo farlo....” sussurrò Thranduil sentendo un brivido gelido percorrergli la schiena al ricordo “Potrei ferire qualcuno dei miei sudditi....” realizzò, sapendo che non poteva, non doveva rischiare!

“Haldir non è un elfo di questo regno....” precisò Sara assottigliando le labbra sotto gli sguardi penetranti che i due le riservarono “.....solo per dire!” Biascicò.

“Ma è un parente. È abominio uccidere un nostro simile!” Rimase ben fermo il sovrano, rimproverandosi tale debolezza.

“Siamo abominevoli!” Affermò Hanna offesa, incurvando le labbra all’ingiù in una smorfia di irritazione mista a incredulità.

“No. La nostra era sopravvivenza, era guerra!” La attaccò Sara non volendo che quella discussione si trasformasse in litigio “E comunque non parliamo di noi!” Ricordò.

“Già, tu non faresti mai del male alla tua gente!” Si riscosse Hanna sapendo che sarebbe stata un impresa ardua tranquillizzare il Re.

“Come pretendi di esserne certa?” Esplose lui indignato “Tu non mi conosci completamente!”.

Un’espressione sconcertata trasparì dal volto di Hanna che si sentì ferita nell’udire tali parole “Ora è colpa mia!?”.

“Hanna....” “Stai zitta!” Sara obbedì riluttante.

Perché doveva distorcere le parole dell’elfo?!

“C’è un motivo per cui non ti ho mai parlato di ciò che è avvenuto prima che ci incontrassimo!” Disse Thranduil rifiutandosi di incontrare il suo sguardo, ma ergendosi fiero ed elegante come se niente fosse.

“Sul serio?” Finse di sorprendersi Hanna, sempre più arrabbiata.

“Mi vedresti diversamente.....” Affermò Thranduil “Oggi ho perso il controllo.....e devo fare in modo che non riaccada!” Decretò, non sapendo come avrebbe fatto....

Hanna si infuriò, capendo il significato di tali parole “NO! NON TI AZZARDARE! Non.....tenermi fuori!”.

Vedendo che il discorso era cambiato, vertendo sulla loro relazione, Sara tentò di scivolare via, come una foglia trasportata dal vento “Io vado eh.....”.

“Non ti muovere!” La bloccò Hanna “Thranduil io e lei ti abbiamo visto combattere....” con un grosso sospiro, tutta la tensione venne rimossa e parlò con una voce più calorosa “Contro i romani era diverso dall’ultima battaglia combattuta. Ho visto che eri diverso! Ma hai passato l’inferno! Secoli bui, incatenato nell’oscurità....voi elfi siete creature della luce, puoi permetterti di perdere il controllo!” Disse cercando di confortalo.

Con uni sguardo, Sara comprese che l’amica le chiedeva un’aiuto “Ma non faresti mai del male alla tua gente...” iniziò “...in questi anni il regno ha prosperato grazie a te! Hai pagato un caro prezzo per la vittoria, ma nessuno ti condanna per quella guerra inaspettata!” Non sapendo bene dire di fronte alle terribili perdite che avevano subito.

“Se sentirai di perdere il controllo....cercami, non ti allontanerò!” Salvò la situazione Hanna.

“Che poi non credo non ti sia contenuto......tra i ribelli hai sempre reagito così quando qualcuno si avvicinava a noi.....o osava solo guardarci....” ragionò ad alta voce Sara.

“Oh, ora sarebbe normale?” La fulminò Hanna per quel commento non necessario.

“Stavo dicendo....” Sara, nel tentativo di proteggersi, venne interrotta “Tra gli elfi non deve accadere. Seguirò il vostro consiglio, ma se dovesse riaccadere......” “Cercami!” Hanna finì per lui la frase. Avvicinandoglisi, certa che questa volta non sarebbe stata scacciata.

“Non sarà facile se tu partirai.....” disse il Re sconvolgendo le ragazze.

“Cosa?” Chiese Hanna.

“Che?” Domandò Sara fissando l’amica come se si aspettasse che sapesse più di lei.

Thranduil sospirò. 

Avevano iniziato una ribellione, non avrebbe tenuto all’oscuro Hanna, non le avrebbe impedito di scegliere. L’amava, e non poteva incatenarla a sé.

“La dama di Lorien afferma che grazie a te saremo uniti in guerra. Ma dovrai lasciare questo regno affinché ciò sia possibile!” Le disse accarezzandole una guancia, come se temesse di vederla partire all’istante.

“Perché non volevi dirmelo?” Chiese Hanna sconvolta.

“Vogliono il tuo aiuto solo perché sospettano qualcosa. Non gli importa della tua incolumità, tu sarai un’altra delle loro pedine che sacrificheranno in una guerra che deve ancora sopraggiungere!” Le spiegò con un velo di odio nel tono.

“Non è così. Se devo convincere e lottare contro i miei simili, sono pronta!” Prese posizione Hanna con fervore.

“E che ne sarà di me? Dei tuoi figli?” Chiese il Re, ma il suo tono non celava un accusa, solo tristezza.

Sara osservava in silenzio, volendo sia sentire la risposta, che uscire lasciandoli alla loro privacy.

“Ehi! Ogni volta che andavi a combattere lasciandomi sola non ti ho fatto pesare la tua scelta!” Si lamentò Hanna.

“Era diverso!” Ribatté Thranduil.

“Davvero?” Hanna non la vedeva allo stesso modo.

“Non avevamo alcuna possibilità di scegliere....” le ricordò lui.

“Perché ignorare tutto e tutti è una scelta saggia invece!” Non si arrese lei.

“Potrei perderti!” Hanna esitò, per stringere le proprie mani con le sue e guardarlo intensamente negli occhi “Rischio anche qui. Se mi ami davvero, smettila di mentirmi e tenermi all’oscuro!” Lo supplicò.

Thranduil sciolse il contatto con un rapido gesto ed uscì dalle stanze senza dire una parola.

 

*

 

Quella mattina Calien entrò nelle stanze di Lady Sara non essendo preparata nel trovarci le due amiche che sembravano nel corso di un’accesa discussione.

Ascoltando attentamente la conversazione non fece che confondersi maggiormente.

Sara si alzò dalla sedia, sbattendo le mani sul tavolo “E lui se ne è andato! Mi ha dato le spalle e se n'è andato!” Concluse la frase risedendosi senza la minima grazia.

“Lui non riesce neanche a guardarmi dopo la crisi di ieri!” Disse Hanna mescolando il tè con nervosismo “Cioè non gli ho detto che parto adesso....e saprei cavarmela benissimo, gli umani sono sia prevedibili che imprevedibili, saranno dei match interessanti!” Si entusiasmò.

“Poteva finalmente affondarmi e adesso non ci riesce!” Affermò con una vena di delusione Sara. Un’ultimo confronto avrebbe messo la parola fine alla loro battaglia che durava da troppo tempo.

“Mi crede un fragile fiorellino? È chiaro no?” Si chiese Hanna, per ritrattare subito dopo “No! Sono indomabile come una tempesta!” Disse indicandosi con un dito in un momento di euforia.

Thranduil come poteva pensare che sarebbe scappata se avesse scorto la sua paura del passato? Non avevano vissuto quell’incubo assieme? Bhe, almeno una parte....

“No, sono io ad essere meravigliosa!” La contradisse Sara, contagiata dal suo temperamento “Lo farei senza problemi! Gliene direi quattro!” Disse Sara offesa dal comportamento del generale “Non scapperei!”.

“Lui scappa! Forse scappare è la soluzione!?” La mise in dubbio Hanna.

“Non è una cosa emotiva! È scienza! Si sente attratto da me, la chimica ha funzionato! Io ho ragione!” Sara esitò, chiedendosi perché allora litigassero ad ogni scambio di parole. E come se non bastasse, se era convinta di aver compreso i sentimenti di Haldir, ciò che provava per lui era ancora troppo confuso e nuovo per poterlo definire.

“Si dottoressa!” La prese in giro Hanna.

“Quindi vuoi stare con lui oltre a dirgliene quattro?” Chiese non capendo che c’entrasse la chimica in quel discorso se voleva urlargli contro, soprattutto perché era stato tanto scortese e insensibile.

“Non lo so!” Si lamentò Sara.

“Nemmeno io. Forse lui ha bisogno di spazio, o forse lasciarlo solo e la scelta peggiore che possa prendere....è un enigma! Sarebbe più facile fingere che niente sia successo!” Si torturò Hanna.

“Se hai un problema non ignorarlo!” Le consigliò Sara, pur di frenare i propri pensieri sul suo problema.

“Dipende, se ti scappa la pipì lo ignori e ti passa!” La contraddisse Hanna con la sua solita eleganza.

Una risata fermò quell’animato scambio, rendendo evidente una terza presenza all’improvviso.

Calien non aveva seguito l’intero discorso, ma questo non importava “Siete divertenti! Ma voi avete sentito quello che ha detto lei?” Domandò a Sara “E voi quello che ha detto lei?” Chiese all’altra “State trattando argomenti completamente differenti!”.

“Nonostante l’evidente confusione dei nostri pensieri, so perfettamente a cosa si riferiva Sara!” Disse Hanna cercando di nascondere la vergogna. Possibile che non la sentissero mai arrivare.

“Ed io di cosa parlava Hanna!” Le si accodò l’amica.

“Solo che non sappiamo come reagire!” Si avvilì Hanna.

“Così inganniamo il tempo lamentandoci!” Spiegò Sara come se fosse la cosa più normale del mondo.

 

*

 

Thranduil si irrigidì sul grande seggio. Qualcosa non andava!

Non era quella che gli umani chiamavano sensazione, non si trattava di istinto....la foresta!

Gli alberi erano agitati.

Da quando l’oscurità era calata numerose creature del male avevano portato morte e distruzione nel bosco una volta rigoglioso e pieno di vita, ma quel giorno era diverso.

Si affrettò verso le stalle, durante il tragitto mandò a chiamare Feren ma non potendo aspettarlo, lasciò che solo sella e briglie venissero messe sul poderoso megacero prima di spingerlo al galoppo.

La guardia reale non riuscì a stare dietro a quella portentosa cavalcatura e presto Thranduil intravide l’edificio dove si tenevano le lezioni sentendo gli zoccoli dei cavalli della sua guardia personale sempre più lontani.

Antico ma ancora bellissimo, la costruzione era imponente ma riccamente decorato, riuscendo a mimetizzarsi nell’ambiente grazie a piante ed alberi che ne rendevano difficile l’individuazione se non per qualche colonna scolpita.

Numerosi giovani elfi si stavano allenando con le armi e tutti si ritrovarono ad interrompere qualsiasi cosa stessero facendo per sgranare gli occhi e dischiudere la bocca al passaggio del loro Re che sembrava avere un insolita fretta.

Una volta superata la parte sorvegliata, Thranduil riconobbe Alyon che osservava la foresta apparentemente deserta con tanta attenzione da accorgersi di lui solo quando gli fu praticamente addosso.

Alyon era il fratello minore di un caro amico del Re, perito in una delle numerose battaglie avvenute nei secoli precedenti. Era stato doloroso per Thranduil tornare e scoprire di aver perso uno dei suoi amici più cari, per questo aveva apprezzato la notizia della decisione di insegnare ai giovani i rudimenti del combattimento.

Ma questa volta, tutto l’apprezzamento e la stima del Re erano sfumate mentre costringeva l’elfo a spostarsi per non essere travolto.

Aranel saltò sul ramo successivo, cercando riparo fra le grandi foglie, nella speranza di poter riprendere fiato.

Perché aveva accettato la sfida lanciatale da Fanon nell’addentrarsi nella foresta e prendere quanta più athelas riuscissero approfittando della loro prima uscita, solo per dimostrare che non era più la Principessa in pericolo?

Trattenne un singhiozzo guardando verso il basso dove il corpo privo di vita di Fingon giaceva immobile tra le foglie secche. La gola squarciata dalle potenti mandibole di un ragno enorme e sul viso impresso il terrore che doveva aver vissuto nei suoi ultimi attimi di vita.

Delle grida la fecero voltare e vide Annael scoccare delle frecce contro l’imponente bestia nel tentativo di vendicare la morte del suo migliore amico.

Il ragno si ritirò di fronte quell’attacco, ma appena cessò, tornò alla carica più furioso che mai.

Annael tentò di togliersi di mezzo, imprecando per non aver contato le frecce a disposizione, trovandosi senza nel momento cruciale.

Aranel tornò a terra appena vide l’amico cadere dall’albero e rimanere immobile a terra.

Si avvicinò a Fanon che era svenuto, vittima di una puntura di quell’orrenda creatura, prendendogli l’arco ed alcune frecce dato che il suo era stato distrutto al primo attacco.

Il ragno colse il movimento e perdendo ogni interesse per la sua preda, puntò la Principessa, aprendo le mascelle con un sibilo raccapricciante.

Aranel tremava, ma si costrinse ad incoccare la freccia, volendo tentare lo stesso di proteggere i suoi amici.

Era pronta a scoccare quando qualcosa travolse il ragno, mandandolo a sbattere contro il tronco di un albero, facendolo ribaltare sottosopra, con le grosse zampe che si agitavano per aria mentre tentava di rimettersi diritto.

Il megacero agitò le potenti corna, per nulla intimorito di fronte ad una creatura grossa quasi quanto lui.

Il Re era spaventoso. Con la spada sguainata ed uno sguardo che prometteva solo morte scese dalla cavalcatura, andando contro al nemico con una ferocia mai vista.

Schivò le pericolose tenaglie e menò due fendenti, tranciando due zampe, facendo urlare la creatura dal dolore prima di affondare la spada tra gli otto occhi dell’aracnide uccidendolo all’istante.

Thranduil si voltò subito verso la figlia controllando che non avesse ferite, Aranel lo lasciò fare, ancora troppo spaventata per parlare.

Il sovrano sentì l’ira accrescere nel notare il cadavere di un giovane poco distante ed appena vide altri due volti affacciarsi timidi da un cespuglio.

Sei elfi erano sfuggiti all’attenzione dell’insegnante ed uno era morto. Era accaduto anche con Legolas, solo che quella volta la guida aveva molti meno giovani sotto supervisione e si era reso conto della loro assenza quasi subito.

Un nitrito in lontananza avvertì il Re che stavano arrivando i rinforzi, ma il suo delicato udito non percepiva niente oltre allo scalpitio degli zoccoli sempre più vicino e si avvicinò ad uno dei due giovani privi di sensi.

Si trattava di Annael, il caro amico di sua figlia. Ad una prima ispezione sembrava solo aver battuto la testa durante la caduta.

Chiuse gli occhi poggiando il palmo della mano sopra la fronte del giovane, richiamando a sé l’antica energia“Annael telin le thaed, lasto beth nîn, tolo dan nan galad!”(Annael sono venuto ad aiutarti, ascolta la mia voce, torna alla luce!).

L’elfo gemette e dopo poco riuscì ad aprire leggermente gli occhi, ma era ancora troppo confuso per capire dove fosse e ricordare cosa fosse successo.

Con il cuore pesante, Thranduil si avvicinò al corpicino disteso in terra poco distante.

Poggiò entrambe le mani, una sul petto l’altra sul viso sporco di sangue, sussurrando con malinconia“Nai tiruvantel ar varyuvantel i Valar!”(Possano i Valar proteggerti!)con due dita chiuse quegli occhi un tempo pieni di vita“Lasto beth daer. Hiro hyn hîdh ab wanath!” (Ascoltate la mia nobile parola, lasciate che trovi pace dopo la morte!).

“Amin hiraetha....” (Mi dispiace!) la voce spezzata e timida di Aranel gli fece rendere conto che fosse alle sue spalle. Gentilmente la allontanò, non apprezzando che vedesse più di quanto non avesse già fatto. 

La strinse in un abbraccio rassicurante, sentendosi un egoista nel gioire sapendola viva e al sicuro“Ú úgarth lîn!”(Non è colpa tua!).

Tornarono al palazzo silenziosi, Thranduil desiderava restare con la figlia, ma dovette mettere la corona nuovamente prima della famiglia e lasciò che Luthien la portasse dalla madre.

Anche gli altri ragazzi vennero fatti accompagnare dalle loro rispettive famiglie ed il Re si diresse nella sala del trono, senza sedersi sopra al grande seggio.

Rimase alla base, uno sguardo spento in viso, ma che non lasciava trapelare la minima emozione.

I bambini erano preziosi per gli elfi soprattutto dopo quell’orribile guerra che aveva strappato molti ai loro cari.

La coppia che venne fatta entrare appariva benestante gli occhi dell’antico Re e nel notare la sorpresa nei loro occhi comprese che non erano stati avvisati dell’incidente avvenuto durante le lezioni.

“Aran nín!”(Mio re!) disse il marito inchinandosi assieme alla moglie al suo cospetto.

“Come vi chiamate?” Chiese il sovrano impassibile.

I due si scambiarono un occhiata preoccupata per rispondere subito dopo “Io sono Amlach e lei è mia moglie Cuinie!” Rispose Amlach inchinandosi nuovamente.

Cuinie si agitava sempre più, guardandosi attorno nervosa, ma il sovrano sospettava che non fosse per la sua presenza.

“È con rammarico che vi informo di un incidente avvenuto nell’odierna giornata, vicino alla scuola di Oropher!” Enunciò il Re avvicinandosi alla coppia.

“Fingon!” Espirò Cuinie portandosi le mani alla bocca, non riuscendo neanche a respirare per la paura.

“Cos’ha combinato stavolta? Si è fatto male?” Chiese il marito malcelando la propria irritazione.

Thranduil osservo l’elfa, intuendo che aveva compreso senza bisogno di parole.

“No....” il sussurro spezzato della madre confuse il compagno che spostò lo sguardo da lei al sovrano più volte.

“No, non ditelo! Vi prego non parlate!” L’elfa si scagliò contro il Re, dandogli delle spinte guidate dalla disperazione. Il marito la afferrò subito non potendo credere a ciò che aveva appena visto.

Thranduil aveva fermato le guardie in procinto di intervenire, lasciando che quella madre in lutto scaricasse tutto il proprio dolore, anche se il marito l’aveva bloccata quasi subito.

“Non osate dirlo!” Urlò Cuinie disperata “Sei impazzita forse?” Amlach sembrava imbarazzato e preoccupato solo per lei, così il Re decise di chiarirsi.

“Un ragno ha attaccato il gruppo di Fingon!” Anche sul volto del padre del ragazzo si dipinse l’orrore quando sembrò finalmente capire.

Thranduil serrò la mascella, sforzandosi di far suonare la propria voce come neutra “Non siamo giunti in tempo per salvarlo!”.

Quella sera Thranduil giunse nelle stanze di Aranel e vide Hanna seduta sul letto con in grembo la figlia ed accanto Lucilla.

La piccola umana era troppo giovane ed inesperta per poter partecipare a quelle lezioni ed eventuali escursioni nel bosco, mentre la parte elfica di Aranel le aveva permesso di progredire in fretta. Se prima si era opposto, Thranduil aveva ceduto nell’essersi reso conte la figlia avesse ormai l’età giusta per cominciare.

Sul viso della figlia erano visibili delle lacrime fresche e Thranduil si rimproverò che fosse stata una lezione tanto dura ad aprirle gli occhi sul pericolo della foresta.

“Mi dispiace tanto!” Sussurrò Hanna con uno sguardo triste, cosciente che non fosse il momento adatto per ritirare fuori il discorso lasciato in sospeso.

“Sono insensibile nel ringraziare i Valar e provare sollievo nel vedere risparmiata nostra figlia?” Chiese avvilito, sedendoglisi accanto facendo attenzione a non svegliare le due.

“Sei un padre....” rispose semplicemente Hanna “Come hai fatto ad arrivare in tempo?” Domandò curiosa nonostante la paura si riflettesse ancora nei suoi occhi.

“La foresta. Il legame che mi lega ad essa è profondo!”

Hanna non seppe replicare di fronte ad una tale affermazione.

 

*

 

Hanna era di pessimo umore quel giorno. Più si avvicinava la data prevista per la cerimonia, più lei sentiva la pressione crescere.

Oltre al fatto che la situazione di stallo con Thranduil non fosse ancora stata risolta.

“Dannazione! Perché ogni mia decisione deve essere vista come strana!” Protestò riducendo in poltiglia un foglio di carta con una sua idea sulle decorazioni.

“Sono più i tuoi desideri....” tentò di correggerla l’amica “È lo stesso!” Venendo liquidata all’istante.

Erano passati alcuni mesi da quel nefasto giorno e sebbene l’organizzazione del matrimonio avesse subito dei rallentamenti, ormai sembrava imminente.

“Tra poco è ora di pranzo. Ti andrebbe andare in giardino e provare il nuovo piatto che...” “No non posso!” L’entusiasmo di Sara si spense come un fiammifero gettato nell’acqua “Prego? Se tu non mangi devo temere che ti abbia contagiato un male incurabile!” Disse sconvolta. Il suo stomaco brontolò in segno d’appoggio.

“Il matrimonio! Sei veramente tanto nervosa da non riuscire a mangiare...giorni prima dell’evento?” Sghignazzò sorpresa.

“Stai ridendo solo tu!” Rispose Hanna tetra come una notte nella quale infuria una tempesta.

“Come ci entro nel vestito secondo te? Per grazia divina?” Chiese indicandosi il busto con impazienza.

Sara alzò le spalle non capendo il grande problema che vedeva l’amica “Fattelo allargare se è troppo stretto!”.

“Così che il popolo parli solo di questo il giorno delle nozze? Uccidimi e risolviamo così!” La zittì Hanna sempre più agitata.

“Mia signora, siete richiesta per il ritratto!” Le ragazze sobbalzarono quando la voce di Luthien rese evidente la sua presenza.

“Ritratto?” Chiese Sara dopo essersi ripresa “Aaah, la foto di nozze! Ma li spedite? A Thranduil non basta agitare una mano per convocare gli elfi?” Chiese mimando il gesto.

“È tradizione!” Rispose Hanna come se fosse ovvio.

“Quindi se mi sposo anch’io dovrò posare?” Si disperò Sara non volendo sapere quanto tempo sarebbe stato necessario per un lavoro del genere.

“Avverrà fra cinquant’anni, forse le cose saranno cambiate per allora!” Disse Hanna con nonchalance con un ghigno stampato in faccia.

“Disse colei che ci aveva messo un decennio per fidanzarsi!” Contrattaccò Sara alzando le sopracciglia soddisfatta della propria risposta.

“Che problema c’è?” Domandò Hanna provocando Sara.

“E lo stesso tempo per sposarsi!” Infierì maggiormente l’amica.

“Ho capito! Starò zitta!” Si arrese la futura regina.

“Lady Sara, è meglio vi sbrighiate a trovar marito, fra gli umani l’età per sposarsi è molto breve!” Disse Calien a cui le ramanzine di Luthien sull’etichetta entravano da un orecchio per uscire dall’altro.

“E allora? Viviamo fra gli elfi, ci siamo abituate alle vostre tradizioni!” Rispose Hanna apprezzando molto l’essere trattata come un’amica da colei che era addetta ad occuparsi dei suoi bisogni. Quel tipo di rapporto rendeva piacevole la compagnia di Calien.

“Ma rischierete che la vostra natura vi faccia perire senza aver conosciuto il vero amore!” Affermò Calien ricordando alle amiche un’adolescente agli inizi.

“La mia natura.....è la tua natura!” Persino ad Hanna parve contorta come osservazione.

“Cosa volete dire?” Chiese Calien non capendo.

“Sto solo dicen.....oh...!” Hanna raggiunse un’importantissima realizzazione solo in quel momento.

“Giusto, non lo sanno!” Realizzò Sara.

“Sapere cosa?” Domandò Calien sempre più impaziente.

“Nessuno ne è a conoscenza!” Si rese cinto Hanna.

“Di cosa state parlando” si disperò l’ancella.

“Culien!” La pacifica atmosfera venne interrotta dalla terrificante e tediosa Luthien “Come osi essere tanto sfrontata!” Sibilò contro la giovane che abbassò il capo afflitta.

“Non è niente Luthien!” Disse Hanna alzando gli occhi al cielo, interrompendo tale azione quando l’elfa la fulminò con lo sguardo. Per salvarsi la vita accennò un timido sorriso che venne ignorato. Luthien uscì dalla stanza, dopo aver recuperato alcuni oggetti per motivi a loro sconosciuti. Culien la seguì, con l’aria di una condannata a morte.

“Dici che quando sarai regina ti farà meno paura?” Si divertì Sara ugualmente intimidita.

“Impossibile!” Affermò Hanna prima che scoppiassero entrambe a ridere “Comunque.....Aranel ha risollevato questo discorso poco tempo fa!” Le raccontò.

“Non ti seguo!” Riconobbe Sara.

“L’immortalità!” Specificò Hanna.

“Cos’ha chiesto?” Domandò Sara più curiosa che mai.

Hanna sospirò tristemente “Temeva potessi lasciarla presto!”.

“Presto?” Sara continuava a non capire.

“Secondo i tempi elfici!” Hanna alzò gli occhi al cielo, stufa di dover spiegare tutto.

“Le hai detto di loro....” Sara si bloccò a metà frase “Oh cavolo....” urlò capendo.

“Stai pensando anche tu....” “Alle famiglie di Narwain e Galador....” completò la frase dell’amica ed assieme annuirono con timore e un po’ di paura.

“Come abbiamo potuto dimenticarlo?” Si rimproverò Hanna.

“È qualcosa che ormai diamo per scontato!” Disse Sara vergognandosi delle proprie parole.

“È orribile da dire!” L’appoggiò Hanna.

“Lo so! Gli umani danno troppe cose per scontato!” Ragionò Sara, pensando al brusco cambiamento di vita avvenuto dal loro mondo all’antica Roma.

“Anche gli elfi!” Disse Hanna.

“Prego?” L’amica non poteva crederci.

“Combattono contro al male da secoli. Il rischio di morire per loro è alto....si può dire che hanno a che fare con la mortalità ogni volta che scendono sul campo di battaglia!” Spiegò Hanna.

“Ma la loro natura rimane immortale!” La corresse l’amica “Dovrebbero capire cosa rischiano!”.

“Sono guerrieri con secoli d’esperienza, ed amano in maniera completamente diversa dalla nostra....non possiamo criticarli per questo!” La riprese Hanna.

“Se hanno così tanta esperienza...perché ne muoiono tanti?” Chiese Sara stufa di quel battibecco.

“Anche Thranduil ha rischiato di morire nell’ultima battaglia!” La zittì Hanna “Il male si rafforza di giorno in giorno, e gli elfi nonostante la loro natura immortale mettono a rischio questo splendido dono per i loro figli. Perché possano crescere in un mondo libero dall’ombra di Sauron!” Disse con ammirazione “Ed io intendo fare la mia parte in questa guerra....adempirò al destino che mi spetta!” Proclamò, cominciando a sistemare del materiale sul tavolo, essendosi ricordata di essere stata chiamata per il ritratto molto tempo prima.

“Tu sei pazza!” Sussurrò Sara scuotendo il capo con rassegnazione.

“Scusa.....sono triste arrabbiata e confusa....non so cosa mi sia preso!” Disse Hanna dopo un veloce riordinamento “Cos’hai detto?!”.

Quella sera Thranduil si sedette in tavola desideroso di rilassarsi dopo una giornata tanto impegnativa.

Tener testa al consiglio mentre tutti i membri, nessuno escluso, davano voce ai dubbi riguardo alla futura nomina di Hanna non era un problema, venire contagiato da quella incertezza era snervante...

Hanna non aveva mai mostrato interesse per ricoprire un ruolo di guida, anche se aveva dato prova di possedere una buona attitudine al comando....con i suoi simili.....

Il suo rimuginare venne interrotto dall’arrivo di Hanna e Sara ma colse subito qualcosa di diverso.

Dallo sguardo sui volti delle ragazze comprese che erano in arrivo domande spiacevoli.....

E lui che desiderava un po’ di pace......

Hanna esitò, optando infine, per andare diretta al punto “Desideriamo conoscere le famiglie di Galador e Narwain!”.

 

Scusatemi ancora per il ritardo, sono in sessione e benché avessi già scritto molto, non trovavo mai il tempo di rileggere......così invece di studiare mi sono imposta di sistemare il nuovo capitolo per la pubblicazione, altrimenti avrei finito per pubblicarlo a Pasqua!

Che ci posso fare se le idee migliori vengono quando devo studiare?!

Ok, questo doveva essere un capitolo conclusivo, ma si sta allungando sempre più....tanto da spingermi a dividerlo in due parti, forse tre! 

Spero non vi dispiaccia!

A quanto pare Haldir non ha bisogno di scuse per tornare a Bosco Atro!

Aranel sta crescendo e si rende conto di cosa comporti essere una Principessa. E un antagonista credo possa spronarla nel dimostrare il suo valore. Oltre a un caro amico che le copra le spalle!

A Lorien le cose non vanno bene. L’astio con Bosco Atro non fa che aumentare e Thranduil si sente maggiormente tradito dai suoi parenti. Vecchie ferite vengono riaperte.....

Il Re non ha mai apprezzato gli umani o confidato in loro, ma pochi gli hanno dimostrato di essere migliori. Guerrieri come Spartacus, Gannicus, Attico, Milo e Agron, sono stati la prova che una possibile alleanza futura possa venire sancita.....

Hanna cosa comporterà? Quale sarà il suo ruolo?

Haldir e Sara? Sono aperte le scommesse su questa coppia che scoppia!

Thranduil che si mette in mezzo era prevedibile, non credete?

Ahahahahahah! Scusate, mi sono divertita troppo a scrivere a scena fra Thranduil e Sara. L’elfo oltre ad essere un campione di gelosia è molto protettivo!

È questo che mi piace di lui. Nonostante appaia freddo, sa essere gentile e premuroso.

Ed ecco un piccolo promemoria. Lui sarà anche il Re, ma è comunque un elfo, le cicatrici che ha riportato sono profonde, e l’incontro a Lorien gli fa capire di non essere completamente guarito. Ma essere Re comporta sacrifici, anche negare ciò che agli altri è evidente. Meno male che al suo fianco c’è Hanna.

Come la vedete come regina?

Vi chiedo scusa per la scena cruenta. Aranel apprende la prudenza nel modo peggiore possibile ed aprirà gli occhi del Re che sembra volersi rinchiudere nuovamente nel regno ignorando tutto e tutti.

E un’ultimo colpo di scena! 

All’inizio non era nel programma. Era mia intenzione lasciare che Thranduil si fosse già occupato di tutto al suo ritorno, ma alla fine ho realizzato che Hanna e Sara avrebbero fatto domande, o prima o dopo!

Diciamo prima, dato che le due migliori amiche si rendono finalmente conto, o meglio ricordano, di qualcosa di non poca importanza. Verranno soddisfatti i loro desideri?

Thranduil non ama parlare di quel passato, come la prenderà?

A presto,

X-98

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