Once upon a time

di Eltanin Adelaide Malfoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo 

Alice Hannah Paciock era conosciuta in tutta Hogwarts per diversi motivi: era la figlia del professor Paciock, che ormai insegnava Erbologia da almeno una decina d’anni; era una strega estremamente dotata e un’abile combattente, chiunque avesse mai assistito a un suo duello al Club dei Duellanti non avrebbe potuto che confermarlo; se non era sola, o con suo fratello Frank, girava sempre con qualcuno del Clan Weasley-Potter, solitamente Lucy Weasley; infine, molti la descrivevano una ragazza estremamente tranquilla e pacata, che non era solita perdere la calma.
Poche cose riuscivano a farle perdere la pazienza, la quale però negli ultimi anni era stata messa a dura prova da un Grifondoro sfrontato, ribelle e sprezzante delle regole.
“POTTER! IO TI UCCIDO, RAZZA DI AMEBA!”
Un urlo spaventa dei primini che guardano terrorizzati la ragazza che cammina a passo di marcia per il corridoio, soprattutto a causa dei suoi capelli o, a voler essere precisi, dei serpenti che avevano preso il posto della sua adorata chioma rossa.
“Alice, Alice ti prego, fermati!”
Poco dietro di lei Lucy Weasley cercava di raggiungere la sua amica, senza però riuscirsi. Stava quasi per farcela quando Alice si fermò di colpo, rischiando che la mora le cadesse addosso. La rossa infatti si era fermata di fronte ad un gruppetto di ragazzi, da cui si alzò qualche risata sommessa e poi una voce con un ben nascosto accento francese, quasi impercettibile.
 “Paciock, i tuoi toni soavi si saranno sentiti per tutta la Scozia”
“Weasley biondo, faresti meglio a stare zitto, perché se dici un’altra parola giuro che ti do in pasto alla piovra gigante!”
 Louis Weasley stava per risponderle, spalleggiato dal cugino Fred, quando venne interrotto dalla cugina.
“James, falla tornare normale.”
Solo allora il ragazzo dai capelli scuri le rivolge l’attenzione, che prima era concentrata unicamente sul suo bersaglio di scherzi.
“Perché dovrei?”
“Non vorrai che lo dica a zia Ginny, vero? Dopotutto sai meglio di me quanto ci tiene alla sua figlioccia.”
Ginevra Weasley aveva battezzato Alice Paciock ormai quindici anni prima, su richiesta del caro amico Neville, e nel salotto di casa Potter è possibile anche vedere una giovanissima signora Potter con in braccio un fagottino, in quella che sembrerebbe una chiesa.
James Potter continuava a essere abbastanza reticente nell’annullare l’incantesimo, gli era venuto dannatamente bene e, in più, adorava vedere la piccola Paciock arrabbiarsi.
“James, per favore, prima che ti affatturi.”
A parlare, senza nascondere una nota di ilarità, era stato un altro degli amici di Potter, Frank, nonché fratello della povera malcapitata che, tra l’altro, stava respirando molto profondamente per evitare ulteriori scenate.
Solo allora il ragazzo decide di annullare l’incanto, ritrasfigurando i capelli della ragazza, che tirò un sospiro di sollievo.
Alice Paciock decise che aveva perso fin troppo tempo, e non volendo perdere più tempo di quanto non ne avesse già perso, ritornò sui suoi passi, non degnando nessun altro se non la sua migliore amica della sua attenzione.
Fu un colpo di tosse a fermarla e a farle guardare negli occhi quello che ormai era diventato il suo tormento.
“Nemmeno mi ringrazi?”
Nessuno dei presenti riuscì a capire quando esattamente Alice fosse riuscita a prendere la sua bacchetta dalla sua divisa, fatto sta che un altro urlo riecheggiò in quel corridoio.
STUPEFICIUM!”
Lo schiantesimo che colpì Potter in pieno petto fu perfetto, così da forte da far volare il ragazzo per un paio di metri e tremendamente veloce: nessuno dei presenti riuscì a evitare che James venisse colpito e che finisse, privo di sensi, sul pavimento.
§§§
 
La Sala Comune quel mercoledì pomeriggio era vuota, fatta eccezione per Alice che, china su una delle scrivanie vicino alla finestre, terminava il suo tema sul Distillato di Morte Vivente, che avrebbe dovuto consegnare al professor Lumacorno durante la prossima lezione. Le mancava solo qualche centimetro quando dal ritratto entrò un tornado rosso, che le fu addosso in poco tempo.
Lilian Luna Potter, completamente diversa dai fratelli, sia caratterialmente che fisicamente, stava guardando la sua amica quasi fosse in attesa di qualcosa, senza però sapere esattamente cosa.
“Lily, hai bisogno di qualcosa?”
Fu Alice a interrompere il silenzio che aleggiava nella stanza.
“Ehm, sì, io devo parlarti…”
“Me ne ero accorta, sto aspettando che tu trovi le parole per farlo.”
Alice non riuscì a nascondere un tenero sorriso rivolto alla giovane Potter e aspettò che si confidasse.
“C’è questo ragazzo che è molto, molto carino, ma lui sembra non vedermi neanche.”
Nel dire questa frase, sbuffò, per poi prendere la sedia più vicina e sedersi vicino alla scrivania.
Il sorriso sulle labbra della rossa più grande si allargò, per poi canzonare un po’ la sua amica.
“Di chi stiamo parlando?”
All’inizio Lily balbettò un nome, ma lo disse a così bassa voce che fu costretta a ripeterlo alzando un po’ il tono. Fu allora che Alice comprese: Scorpius Hyperion Malfoy.
“Credo sia normale avere una cotta per il migliore amico del fratello, soprattutto se questi è tra i ragazzi più popolari di Hogwarts. Comunque – Alice ci pensò per qualche istante, per poi ricominciare a parlare – se può esserti d’aiuto, la sera di Halloween ci sarà una festa. Sono ammessi solo studenti dal quinto anno in su, ma per te si potrebbe fare un’eccezione. Basterà parlarne con Macmillan, mi deve ancora un favore da quando gli ho dato una mano con l’ultima festa dell’anno scorso.”
“E cosa dovrei venirci a fare a questa festa?”
“Ti farai notare, – le ammiccai – mi sembra ovvio.”
La piccola Potter non sembrava ancora del tutto convinta. Non riusciva a capire come questo potesse aiutarla.
“Lils, – le spiegò pazientemente la sua compagna – non puoi pretendere che da un giorno all’altro Scorpius cada ai tuoi piedi: devi avere pazienza. E soprattutto – e qui il suo sguardo divenne leggermente più serio – devi assicurarmi che sai a cosa stai andando in contro, e non parlo solo di tuo fratello e della sua gelosia.”
Lily interruppe velocemente Alice.
“Questi non sono affari suoi, ‘Lice! E poi ho quasi sedici anni1, io…”
Questa volta fu Alice a fermare l’altra rossa.
“Parlo anche della reputazione di Malfoy.”
“Non voglio sposarlo, – Lily aveva smesso di usare il tono concitato di prima, utilizzandone uno più serio – voglio solo fare nuove esperienze.”
“E vuoi fare queste nuove esperienze con il migliore amico di Albus?”
Lily alzò gli occhi al cielo.
“Beh, è un bel ragazzo: prendo due gufi con uno zuccotto!”
Alice sospirò.
“Parlerò con Macmillan appena ne avrò l’occasione, stai tranquilla.”
La Potter la fece appena finire di parlare, per poi stringerle le braccia al collo, riempiendola di complimenti e ringraziandola. Solo dopo qualche minuto si staccò da lei e si diresse nel suo dormitorio, saltellando ad ogni passo e canticchiando una canzone babbana.
Quando la ragazza non si vide più, Alice riportò la sua attenzione al tomo di Pozioni Avanzate che aveva ancora davanti.
 
 
 
 
1La storia comincia nel settembre del 2022, quindi Alice, nata alla fine dell’agosto del 2005 ha compiuto 17 anni da poco più di una settimana, mentre Lily, nata a dicembre del 2006 compirà 16 anni fra un paio di mesi
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO UNO


Alice si buttò sul suo letto a baldacchino, sfinita dalla mattinata appena trascorsa ma soprattutto dalla nottata passata a ripetere Antiche Rune: la nuova professoressa, la Lewis, pretendeva molto dai suoi studenti, come se la sua materia non fosse già complicata.
Quel venerdì Alice sarebbe stata sola, Lucy l’avrebbe raggiunta per l’ora di cena: avrebbe impiegato tutto il pomeriggio in biblioteca a cercare di salvare la sua media in Pozioni con suo cugino Albus. Lucy ci avrebbe scommesso, un altro Desolante e suo padre Percy le avrebbe inviato una strilettera.
Quel giorno un bel sole illuminava tutta Hogwarts, quasi a non voler far ricordare agli studenti l’arrivo di ottobre, che ormai era alle porte.
Conscia che nel dormitorio si sarebbe annoiata e avendo terminato anche il suo tema per il professor Ruf sui processi alle Streghe del 1692, Alice decise che sarebbe uscita per godersi quel sole che sembrava quasi estivo.
Stava per raggiungere il cortile quando cambiò idea, decidendo di entrare nella Foresta Proibita. Erano anni che lo faceva, spesso sola, ma qualche volta ci aveva portato anche la sua migliore amica, per permettere anche a lei di godere di quella che le sembrava natura incontaminata nonostante si trovasse a qualche centinaio di metri dalla scuola.
Stava camminando sul sentiero che ormai conosceva a memoria quando, da un cespuglio, sbucò un gattino nero.
“Ciao piccolino, ti sei perso?”
Appena Alice tento di avvicinarsi, però, il gatto scappò via, seguito subito dalla ragazza. Solo dopo una decina di minuti Alice si accorse di essersi allontanata troppo dalla strada.
Cercò di ritornare indietro, per ritrovare il sentiero, ma si ritrovò in un piccolo prato pieno di quelli che sembravano fiori di campo. Allora Alice si fermò, si sdraiò, dopotutto aveva ancora l’intero pomeriggio per tornare a scuola e, mentre guardava quelle poche nuvole in cielo, si addormentò.
 



Quando si svegliò il sole doveva essere tramontato da un bel po’. Le gambe e le braccia erano indolenzite, probabilmente a causa dell’aver dormito in una posizione scomoda.
Lumos.”
L’incantesimo illuminò parte del prato in cui Alice si trovava, ma gli alberi erano così alti da non farle vedere la direzione da prendere per tornare a scuola. Fu allora si sentì un ululato e la ragazza riuscì a scorgere la luna piena.
Alice sembrò essere stata pietrificata.
Cominciò così a camminare, velocemente e cercando di non fare rumore, verso la direzione che le sembrava essere quella giusta per ritornare al castello.
Ma Hogwarts non si riusciva scorgere oltre le chiome degli alberi.
Quando avvertì qualcosa avvicinarsi, si fermò di colpo. Il silenzio rotto solo dal rumore dell’erba secca che si schiacciava sotto il peso di qualcosa, poi da un ululato molto vicino, fin troppo.
Alice stava ormai tremando sia dal freddo sia dalla paura, ma riuscì a girarsi quanta bastava per vederlo.
Un lupo mannaro.
Anche lui la stava guardando, in attesa.
Allora Alice, con ancora la bacchetta alla mano, gli lanciò uno schiantesimo. Ma il lupo era così veloce che riuscì a evitarlo e con gli artigli le strappò la gonna della divisa. Allora volò un’altra fattura e, questa volta, Alice riuscì a colpirlo. Fu in quel momento di confusione che la ragazza usò un incantesimo di levitazione su se stessa, avvicinandosi a un albero fino a sedersi su un ramo così robusto da sostenerla e alto abbastanza da non essere attaccata ancora.
Il lupo, dopo essersi ripreso e non vedendo più la sua preda, iniziò ad annusare l’aria intorno, per poi dileguarsi dopo qualche secondo.
Solo allora Alice tornò a respirare, non essendosi neanche accorta di aver trattenuto il respiro.
Prima di scendere dall’albero la Grifondoro aspettò una buona mezz’ora, per paura di scontrarsi di nuovo con il lupo mannaro, pensando a un modo per tornare al castello.
Quando arrivò a terra, Alice si accorse di non essere stata colpita di striscio dal lupo: aveva tre tagli orizzontali sulla parte esterna della coscia, abbastanza profondi visto quanto sangue stava perdendo. Evidentemente, però, l’adrenalina doveva aver ridotto notevolmente il dolore.
Camminò zoppicando un po’ per qualche minuto, fino a che non sentì qualcuno chiamarla. Gridò di conseguenza, sperando che chiunque fosse, l’avesse sentita.
Dopo una manciata di secondi sentì arrivare qualcuno, lo riconobbe subito: James Potter.
Neanche Alice seppe bene il perché, ma appena lo vide, sfregandosene del dolore, si lanciò letteralmente su di lui. Fortunatamente la prese al volo, gli allenamenti di Quidditch dovevano aver migliorato molto i suoi riflessi nel corso degli anni, e iniziò ad accarezzarle i capelli.
Solo dopo essersi calmata si staccò la lui, che solo in quel momento vide la ferita ancora sanguinante.
“Come è successo?”
“Un lupo.”
Lo sguardo già preoccupato di James divenne ancor più serio.
“Dobbiamo tornare, devi andare da Madama Chips.”
Si avvicinò a me e, senza dire una parola, la prese di peso e si incamminò nella direzione da cui era venuto.
“No, Potter, – provò a protestare Alice – riesco a camminare!”
“Non mi interessa, sei ferita e ci rallenterai. E il mannaro potrebbe tornare da un momento all’altro. Quindi evita di fare tante storie. – disse tutto questo guardando davanti a sé – E poi – solo allora abbassò lo sguardo verso Alice –Frank avrebbe fatto lo stesso per Lily.”
La Grifondoro non seppe cosa rispondergli, né volle farlo.
“Passami la bacchetta, io non riesco ad arrivarci con te in braccio.”
Alice fece come le disse, poi con la mano ancora dietro la sua schiena, evocò il suo Patronus, un leone, e gli disse di dire agli altri di averla trovata e di ritornare al castello.
Era la prima volta dopo anni che stavano insieme senza litigare.
Dopo un’ora buona arrivarono al confine della foresta, e James la rimise a terra.
“Ce la fai?”
Lei annuì in risposta.
Vide Lucy correrle incontro, seguita da Frank, entrambi pallidi e agitati. La sua migliore amica l’abbracciò. Dietro di lei c’erano Louis, Fred, Albus, Roxanne, Hugo e Lily. Anche loro l’avevano cercata.
Appena le due ragazze si staccarono, suo fratello cominciò a farle la ramanzina, come se lui non avesse mai trasgredito le regole della scuola.
“Sei impazzita?! Sparire così, senza avvisare nessuno! Eravamo tutti preoccupati quando non ci hai raggiunti a cena! Sai che ore sono?! – Alice poteva benissimo vedere la vena del collo di Frank pulsare – Ti poteva accadere qualsiasi cosa, e mentre noi ti stavamo cercando tu che facevi? Una passeggiata nella Foresta Proibita! Mamma ti ritiene la più responsabile, ma se venisse a sapere di quello che hai fatto cambierebbe idea! Una cogliona! Ecco cosa sei.”
Aveva detto tutto questo d’un fiato, gesticolando e guardandola negli occhi. Solo dopo si accorse che la sorella era ferita e stava faticando a rimanere in piedi da sola.
“Cosa ti sei fatta? Stai bene? Sono graffi quelli? Ti hanno aggredita? Come…”
“Frank, calmati, è frastornata, sanguinante e scommetto anche stanca, evitiamo di farle accumulare ulteriore stress.”
Fu Roxanne a interrompere lo sproloquio di Frank.
Intanto mentre Potter raggiungeva Louis, Fred si avvicinava all’orecchio di Alice per sussurrarle un “Complimenti sorella, un’altra gita notturna nella foresta e lo farai morire d’agitazione! Quando Lucy gli ha detto che non eri neanche in camera per poco non sveniva.”
La Grifondoro fece per ridere, immaginandosi la scena quando non si sentì più le gambe, la testa iniziò a girarle e l’ultima cosa che vide fu Lucy che, con sguardo spaventato, cercava di farle evitare la collisione col pavimento.
 


 
Sentiva qualcuno parlare, ma erano parole molto confuse. La testa le scoppiava, era un dolore insopportabile. L’ultima cosa che ricordova era il suo corpo a contatto con qualcosa di caldo e un profumo che avrebbe riconosciuto ovunque, arancia e fumo. Frank.
 


 
Quando riescì ad aprire gli occhi, la cosa che più colpì Alice fu il colore delle pareti della stanza in cui si trovava. Bianco. Tutto così tristemente bianco. Era nell’infermeria di Hogwarts.
Probabilmente era l’alba. Accanto al suo letto c’era una sedia vuota, qualcuno le aveva fatto visita, ma ora era sola. Sentì la stanchezza addosso, così si rigirò nel letto e si riaddormentò.
 


 
Questa volta al suo risveglio il sole era alto, lo vedeva dalle finestre. Madama Chips le era vicino, le stava sistemando le garze alla gamba.
“Finalmente ti sei svegliata, hai dormito per una settimana. Hai molti amici, guarda quanti regali hai ricevuto.”
E a conferma di quello che aveva appena detto, indicò il tavolino accanto al letto, pieno di dolciumi di ogni tipo: calderotti di cioccolato, zuccotti di zucca, api frizzole, montagne di lumache gelatinose e i dolci preferiti della ragazza, le penne d’aquila di zucchero filato.
Non era la prima volta che Alice veniva ricoverata qui. Accadde anche al primo anno, era una bambina di 11 anni, con gli stessi capelli rossi ma estremamente più timida. Cadde dalla scopa, all’indietro, sbatté la testa e venne portata qui. Era sempre stata abbastanza goffa, ma una scena del genere, quando da primini, avrebbe voluto evitarla.
Se la cavò senza neanche un punto, ma, a suo dire, la ferita peggiore era quella all’orgoglio.
“Perché sono rimasta incosciente così a lungo?”
“I tagli che avevi alla gamba erano infetti e i batteri sono arrivati al sangue. – parlava meccanicamente, senza smettere di medicarla. – Quando il sangue infetto ha cominciato a diffondersi sei svenuta. Se fossi stata una babbana avremmo dovuto amputarti la gamba, ma fortunatamente sei una strega, ti rimarrà solo qualche cicatrice, ritieniti fortunata. – poi cambiò argomento – I tuoi amici e i tuoi familiari erano in pensiero per te, sono stati qui per molto tempo, ho dovuto spesso cacciarli via con la forza. Il professor Paciock ti farà visita tra poco, voleva avere tue notizie non appena saresti stata sveglia. – a quel punto mi guardo e nella voce Alice riuscì a scorgere sia un rimprovero, sia una tono di ilarità – Hai fatto quasi svenire quel brav’uomo di tuo padre quando ha visto i tagli alla coscia. Ma adesso devi riposare, se tutto andrà come previsto ti dimetterò tra un’altra settimana. Buona giornata.”
E ritornò nel suo studio.
Alice la guardò allontanarsi, per poi allungarsi per raggiungere le piume di zucchero e si rese conto che c’erano anche alcuni biglietti. Prese il più vicino, era di Lucy.
Il pacco aperto di lumache gelatinose è colpa mia, ma so già che non ti arrabbierai perché sono la tua migliore amica e perché a lezione sto prendendo appunti anche per te. Non vedo l’ora di risentire le tue urla per il castello, è tutto noioso senza di te: anche i Malandrini sono depressi, l’aura nera che avvolge tuo fratello da quando sei in infermeria deve averli contagiati.
Rimettiti presto,
L.A.W.
P.S. forse mi sono mangiata anche qualche cioccorana, ma sai quanto sono golosa
Stova per rimettere a posto il biglietto quando le porte dell’infermeria si aprono, facendole vedere un Neville Paciock arrabbiato come poche volte lo avevo visto in vita mia.
“ALICE HANNAH PACIOCK! ORA IO E TE FAREMO I CONTI!”
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO TRE

“Coraggio signorina Paciock, questa sera può ritornare nel suo dormitorio!”
Per Alice fu una liberazione sentire le parole dette da Madama Chips: quei giorni erano stati tremendamente noiosi per la Grifondoro.
Iniziò a mettere in ordine le mie cose, era quasi ora di pranzo e Lucy sarebbe andata a farle visita per portarle da mangiare. Durante la sua permanenza in infermeria molti dei suoi amici erano passati a trovarla, anche solo per un veloce saluto. Il giorno prima era andato suo fratello Frank e quel giorno sarebbe venuta Lucy.
La ragazza era accanto al lettino quando sentì il portone aprirsi, così si voltò ma al posto della chioma liscia e ordinata della mia migliore amica, vide un ammasso di ricci color rosso carota.
Rose Weasley aveva appena varcato la soglia dell’infermeria.  
Alice e Rose non erano mai andate d’accordo: due ragazze estremamente intelligenti ma con caratteri completamente diversi. La Grifondoro sapeva di avere innumerevoli difetti, con molti ormai ci aveva imparato a convivere.
Ma Rose Weasley… Alice l’avrebbe descritta con una sola parola: perfida.  Sarebbe stata in grado di vendere anche sua madre per raggiungere i suoi scopi, ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Poteva ingannare la sua famiglia, con la sua facciata da innocente ragazza. Ma, a detta di Alice, di innocente ormai aveva ben poco.
 “Alice, tesoro, come stai? – la Grifona non neanche il tempo di risponderle – Bene sicuramente, dopotutto le cure di Madama Chips le migliori!”
La Corvonero la guardò con quel suo strano sorriso, anche abbastanza inquietante a detta di Alice.
“Che vuoi Rose?”
“Perché devi essere sempre così scortese? Sono solo venuta per una visita di passaggio, non ci vediamo da così tanto tempo.”
“E per fortuna…”
Alice lo disse a voce bassa, ma era sicura che Rose fosse riuscita a sentirla.
“Oh, andiamo, noi due dovremmo essere amiche, sul serio, siamo così simili. Cosa ti spinge ad essere così ostile con me? Lo sappiamo tutte e due che sono una compagnia migliore di quell’insulsa di mia cugina, perché ti ostini a venirmi contro?”
La Grifondoro sbuffò, iniziando a perdere la pazienza.
“Rose, te lo ripeto per l’ultima volta, che vuoi da me?”
Lei diventò seria in volto e le si avvicinò di qualche passo.
“Lily non verrà alla festa di Halloween.”
Alice trattenne una risata, e non spostò il suo sguardo dal quello della Corvonero.
“Perché?”
“Lei non è adatta a Scorpius – oh, che carina, pensò ironicamente Alice, si preoccupa per la cugina – Io lo sono di più. Insieme saremo una coppia perfetta!”
Era questa la vera indole della figlia di due dei Salvatori del Mondo Magico, la Grifona lo sapeva, ma Rose riusciva a nasconderlo fin troppo bene.
“Senti, non so cosa tu abbia in mente, né lo voglio sapere, ma lascia perdere. Non sei tu a poter decidere, e io di certo non ti aiuterò a sabotare tua cugina.”
Lo sguardo di Rose si fece, se possibile, più duro e poco prima di uscire dall’infermeria si voltò un’ultima volta verso Alice.
“Ti sei fatta una nemica.”
E se ne andò, con il rumore del portone sbattuto come unica prova del fatto che fosse effettivamente passata di lì.




Lucy alla fine non era venuta. Avrebbe dovuto portarle il pranzo, quel delizioso e succulento pranzo preparato con tanto amore dagli elfi, e invece Alice si dovette accontentare della minestrina insapore che la Chips le aveva rifilato.
Era pomeriggio e l’unica visita, quel giorno, era stata quella di Rose.
E mentre imprecava mentalmente, Madama Chips uscì dal suo studio e si diresse verso la Grifondoro per toglierle le ultime bende rimaste.
“Madama, mi potrebbe ripetere che M.A.G.O. bisogna avere per iniziare l’accademia per i guaritori?”
 Fino all’anno prima Alice non sapeva cosa avrebbe fatto dopo Hogwarts, continuando a ripetersi che avrebbe avuto ancora tempo per pensarci.
Le cose cambiarono a metà luglio…

“Alice tesoro, vieni a darmi una mano con i piatti!”
Augusta Paciock, nonostante gli anni, era ancora una vecchietta arzilla e sorprendentemente saggia e severa.
“Raccolgo ancora qualche altra pesca e arrivo, nonna!”
Alice era solita passare qualche giorno al mese da sola con sua nonna, nella sua piccola villa di campagna, godendo del sole estivo, facendo compagnia all’anziana signora ormai sola e aiutandola con le faccende domestiche ma soprattutto occupandosi del giardino sul retro.
Fu un fragore proveniente dall’interno della casa a mettere in allarme la ragazza che, lasciando cadere il cesto di frutti per terra, iniziò a correre verso la porta.
In cucina, accasciata per terra, trovò l’anziana signora, con gli occhi sbarrati e la mano destra che premeva sul cuore.
I soccorsi non arrivarono in tempo e lei lasciò questo mondo stringendo la mano della nipote, ripetendole, non senza difficoltà, quanto le volesse bene e di non agitarsi troppo.
Non fu né la Prima né la Seconda Guerra Magica a stroncare la vita di Augusta Paciock, fu un infarto.

“Devi avere almeno un Oltre ogni previsione in Pozioni, Erbologia, Trasfigurazione, Difesa contro le Arti Oscure e Incantesimi. Il resto è relativamente importante. Ovviamente dopo l’Accademia dovrai prendere la specializzazione… ma per questo è ancora presto. Sei ancora convinta di diventare guaritrice?”
“Sì, ne sono ancora convinta”
Madama Chips non le rispose, ma Alice riuscì a vedere che stava trattenendo un sorriso.
Finito il suo lavoro, le lanciò un’occhiata tra il curioso e l’orgoglioso, per poi ritornare nel suo studio. E la Grifona ritornò nuovamente da sola.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
Alice era appena uscita dall’infermeria, diretta nella Sala Comune, pronta per chiedere spiegazioni a Lucy sul perché avesse passato il suo ultimo giorno di ricovero da sola.
Era quasi arrivata al ritratto della Signora Grassa, quando si accorse di qualcuno appoggiato a una colonna.
Alice riconobbe la chioma scura e spettinata e proprio mentre cercava di sgattaiolare via, una risata femminile riecheggiò nel corridoio.
Se credeva che James Potter fosse solo, evidentemente si era sbagliata.
Riuscì, solo dopo aver sentito la risata, a scorgere anche una cascata di capelli castani, leggermente arricciati verso la fine.
I due non si erano accorti della ragazza che, inspiegabilmente, dopo aver visto quella scena, si diresse verso la Torre di Grifondoro con un umore più nero di quanto le fosse concesso.




“Signorina Paciock! Non la vedevo da giorni, è stata poco bene?”
La Signora Grassa, quella sera, era stranamente socievole, al contrario di Alice.
“Sono stata in infermeria per un po’, Nimbus.”
Appena le disse la parola d’ordine, il ritratto la lasciò passare, permettendole di avere una buona visuale della Sala Comune.
Alice rimase stupita da ciò che si trovò davanti.
La stanza era piena di studenti e, sopra la bacheca degli avvisi, era stato appeso un enorme striscione con su scritto Bentornata Alice.
Su un tavolo un’alticcia Roxanne Weasley improvvisava un balletto, che sarebbe sfociato in uno spogliarello se non fosse stato per il fratello che, non appena la vide iniziare a sbottonarsi la camicia della divisa, la tirò giù di peso.
“Alice! Alice! Vedo che ti sei ripresa alla grande!”
“Si, sto molto meglio, grazie Dom.”
Dominique Weasley era completamente diversa dal gemello.
Certo, entrambi erano incredibilmente intelligenti e fisicamente erano molto simili, anche se con un’evidente differenza d’altezza, ma caratterialmente erano quanto più diversi possibile.
Mentre Louis era un malandrino per eccellenza, Dominique preferiva di gran lunga la tranquillità della biblioteca. Spesso infatti potevi trovarla lì, oppure, nelle giornate in cui il tempo lo permetteva, all’ombra della grande quercia alle spalle del Lago Nero.
“Perché non prendi un po’ di burrobirra? Tuo fratello si è messo d’impegno per farla arrivare qui senza essere scoperto.”
“Preferirei qualcosa di più forte.”
La bionda guardò Alice con aria perplessa, alzando un sopracciglio.
“Qualcosa ti turba, piccola ‘Lice?”
Alice sorrise.
“Sono anni che nessuno mi chiama più così. Hanno tutti smesso dopo il mio terzo anno.”
L’espressione che aveva assunto la bionda faceva intendere ben altro, però.
“Vorresti dire dopo che tu e James avete deciso di dichiararvi guerra a vicenda. Me lo ricordo sai, quel giorno, ai Tre Manici di Scopa. ”
Il sorriso della Paciock le morì sul volto, ricordando quello che successe ormai tre anni prima.
“Lui non avrebbe dovuto…”
“Sì, hai ragione, – Dominique non le fece neanche terminare la frase – ma non gli hai neanche permesso di difendersi. Hai preferito credere a Flint senza neanche dargli la possibilità di spiegarsi. Questo James non te l’ha mai perdonato, anche se ora le cose tra di voi stanno andando meglio.”
“Ti sbagli, Dom, – le disse la rossa – le cose tra me e James non andranno mai meglio.”
“Quando due persone sono legate come lo eravate voi due – Alice provò a interromperla, ma l’occhiata ammonitrice della Corvonero la fermò – le cose non posso far altro che andare meglio.”
La rossa sbuffò.
“Allora, qui c’è solo burrobirra o mio fratello è riuscito a far entrare anche altro?”
Dominique le sorrise, notando il repentino cambio d’argomento della Grifondoro.
“Nel terzo cassetto di quella scrivania – le disse la bionda, indicando il tavolo posto nella parte opposta al camino –dovrebbe esserci ancora una bottiglia di whisky incendiario, ma non farti vedere né da Roxanne né da mio fratello. Sono sicura che domani andranno da Albus a chiedergli una Soluzione Corroborante.”
Alice le fece un cenno per salutarla e mentre si dirigeva verso la scrivania indicatale dalla Corvonero, venne intercettata da Lucy.
“Ehi, sfregiata! Piaciuta la sorpresa?”
“Chiamami ancora così e ti faccio evanescere la lingua!”
Lucy rise.
“Dai, lo sanno tutti che le cicatrici sono eccitanti!”
Alice la guardò di traverso.
“Se sono così eccitanti aspetta che te ne procuro un paio io. – nel parlare con la sua migliore amica Alice le si avvicinò – Ma quanto hai bevuto?”
Il sorriso colpevole che spuntò sulle labbra di Lucy le bastò come risposta.
“Un pochino. – rise – Perché?”
La sua risata contagiò anche Alice.
“Puzzi di whisky incendiario, Lucilla.”
Nel frattempo la rossa aveva recuperato la bottiglia dal cassetto della scrivania.
“Non chiamarmi Lucilla! E già che ci sei, versa anche a me un bicchiere: stasera si festeggia!”




La Sala Comune era ormai vuota, fatta eccezione per Alice, che se ne stava accoccolata sulla poltrona vicino al camino.
La festa per il suo ritorno in società, come l’aveva chiamata un ubriaco Frank Paciock, era terminata da un po’, ma lei, dopo la settimana passata nel letto dell’infermeria, non aveva proprio voglia di dormire.
Così, dopo aver aiutato Lucy a spogliarsi e a mettersi il suo pigiama, era ritornata in Sala Comune.
Stava guardando lo scoppiettare del fuoco, quando una voce interruppe i suoi pensieri.
“Posso?”
“Da quando chiedi il permesso?”
Fred rise e si sedette sul divanetto di fronte al fuoco.
“Eri così assorta che se non ti avessi parlato neanche ti saresti accorta di me.”
“Come mai sei sveglio?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
“Sì, ma te l’ho fatta prima io.”
Il Grifondoro si spaparacchiò meglio.
“La mia stanza puzza di vomito. – disse con una smorfia Fred – Frank l’ho lasciato per terra, addormentato, mentre Louis si era buttato sul letto vuoto di James.”
Questa volta fu la ragazza a ridere.
“Non ti invidio per niente.”
Fred le ricordava molto suo fratello Frank: da George Weasley aveva ereditato l’essere un battitore formidabile, la passione per gli scherzi e la geniale inventiva, ma per il resto era la copia sputata di Angelina Johnson. Alice aveva notato infatti, durante i pranzi e le cene alla Tana a cui era stata invitata, che l’ironia e il sarcasmo nella voce della cacciatrice delle Holyhead Harpies quando si rivolgeva al marito erano gli stessi toni che il Grifondoro amava usare con i suoi amici. La madre, poi, spesso si ritrovava a rigirare la fede nuziale quando pensava, cosa che aveva ulteriormente trasmesso al figlio che, nei momenti di noia, giocava con l’anello che portava sempre all’indice.
Lo stava facendo anche in quel momento.
“Domani mattina – continuò poi la ragazza – passo io a svegliare Frank.”
“Gli chiederai di nuovo dove ha messo le chiavi del – Fred si sforzò per ricordare la parola giusta – ridigibile?”
“È dirigibile, comunque no, credo che gli chiederò dove ha nascosto il ceppo ghignante1.”
“Magari – le disse il Grifondoro, cercando di trattenere le risate – ti risponderà come l’ultima volta.”
Alice scoppiò a ridere, per poi prendere la bacchetta dalla tasca interna della felpa2 e lanciarsi un incantesimo per dissimulare la voce addormentata di suo fratello.
Non è colpa mia, mamma! È stata un’idea di James!
Allora il ragazzo cominciò a ridere, accompagnato dalla rossa.
I due, troppo presi dalle risate, non si accorsero neanche del Grifondoro appena entrato che, dopo averli guardati in modo strano, si diresse verso il suo dormitorio, completamente ignaro delle condizioni pietose in cui l'avrebbe trovato.




1Riferimento alle Fiabe di Beda il Bardo.
2La divisa scolastica è obbligatoria solo durante le lezioni e in Sala Grande (non durante le vacanze natalizie e pasquali).

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