Mass effect - Consequences [IN REVISIONE]

di Keeper of Memories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rebekha T'Soni ***
Capitolo 2: *** Edward Anderson ***
Capitolo 3: *** Selius Victrilius ***
Capitolo 4: *** Tuchanka ***
Capitolo 5: *** Uriyah ***
Capitolo 6: *** Palaven ***
Capitolo 7: *** Noveria pt.1 ***
Capitolo 8: *** Tikkun ***
Capitolo 9: *** Noveria pt. 2 ***
Capitolo 10: *** I condotti d'areazione ***



Capitolo 1
*** Rebekha T'Soni ***


Nos Astra, Illium, 2246 EC

«Per la Dea, si può sapere cosa diavolo hai combinato Rebekha?»
Liara entrò trafelata nella stanza degli interrogatori, dove una poliziotta asari stava provando a ottenere informazioni da sua figlia, con scarsissimo successo.
«Calmati madre» rispose questa, tenendo lo sguardo fisso sull’agente seduta davanti a lei, «Sono qui solo perché ho fatto il lavoro della polizia meglio di questi incompetenti.»
«Dottoressa T’Soni, sua figlia ha sparato ripetutamente a un mercante» disse l’agente, alzandosi dalla sedia «è ricoverato all’ospedale in condizioni gravi.»
«Tu hai fatto cosa?» sibilò Liara, piantando uno sguardo infuriato su Rebekha.
«Era un trafficante» rispose la giovane Dama, roteando gli occhi color ocra «l’ho beccato mentre faceva affari.»
«Il suo compito signorina era riportare l’accaduto alla centrale, non ucciderlo» ribadì l'agente.
«Se avessi voluto ucciderlo sarebbe già morto.»
«Rebekha!»
«Che c’è? Ho mirato alle gambe.»
Liara sospirò esasperata. «Mi scuso per il comportamento di mia figlia. Non accadrà più.»
«Le scuse non basteranno, signora, sua figlia-»
«Non si preoccupi agente, ho già sistemato la faccenda con il suo superiore» la interruppe Liara, in un tono che non ammetteva repliche. L'agente sembrò capire.
«Capisco. Se è così, potete andare.»
 
Le due asari uscirono dalla sede della polizia e imboccarono una delle animate vie di Nos Astra, in silenzio.  Rebekha però sapeva che la madre si stava solo trattenendo.
«Credo tu mi debba delle spiegazioni.»
«Un viscidissimo volus mi ha chiesto se “volessi divertirmi con i miei poteri biotici”.»
«Sicura che-»
«Riconoscerei la puzza di Minagen ovunque, ed era palese fosse un rivenditore non autorizzato.»
«Okay, va bene» sospirò la Dama più anziana «Speravo solo di fare qualcosa di più interessante dello sbrogliare la burocrazia per tirarti fuori dai guai. È la prima licenza che ti prendi in vent’anni.»
Rebekha strinse le labbra. «Non sono qui per una vacanza. Dobbiamo parlare» disse, indicando un locale.
 
«Sono stanca di fare la cacciatrice» esordì Rebekha, sollevando lo sguardo dal bicchiere mezzo vuoto. Liara non disse nulla, si limitò a fissare la figlia per qualche istante.
«Non è passato neanche un anno dalla tua promozione.»
«Già»
«Vuoi darmi una spiegazione?»
Rebekha abbassò di nuovo lo sguardo sul bicchiere. «Lavoro meglio da sola.»
«Le Cacciatrici non lavorano da sole?»
«Io in coppia, per ora. Vogliono “tenermi d’occhio”» Rebekha roteò gli occhi «In ogni caso, nessuno vuole far coppia con la figlia di un krogan.»
«Ma tu non sei figlia di un krogan.»
«Ma non mi dire! E di chi sarei figlia, allora?»
Senza accorgersene, Rebekha aveva alzato la voce, attirando gli sguardi scocciati di alcuni avventori del locale.
«Abbassa la voce» sibilò Liara stizzita «Ne abbiamo già parlato.»
«Non abbastanza, madre. Ho il diritto di sapere chi fosse mio padre, soprattutto se è ancora vivo.»
Liara si fece sfuggire un sospiro esasperato. «Tuo padre non vuole farsi trovare.»
«È vivo?»
Liara non rispose, limitandosi a fissare la figlia.
«Lo sapevo! Puoi anche dirmi perché sono di questo colore?» chiese l’asari più giovane, indicandosi il volto color menta, un colore più che insolito per le asari. Liara però rimase muta.
«No? Va bene.»
Cadde un silenzio teso tra le due asari, silenzio che durò pochi minuti ma che a Rebekha parve un’eternità.
«Penso farò la mercenaria» disse infine, alzandosi dalla sedia «per qualche decennio almeno. Pensavo di mettermi in proprio, non mi piace l’idea di unirmi alle Eclipse o a qualche altro gruppo.»
«Hai detto che ti piace lavorare da sola, quindi…»
«Quindi?»
«Fai come meglio credi. Non sei più una bambina.»
«Molto bene» Rebekha svuotò il contenuto del bicchiere in un sorso e fece per uscire. «Arrivederci madre.»
«Abbi cura di te» rispose Liara, guardando la figlia uscire, un sorriso appena accennato in volto.
 
Rebekha si aggirava per il mercato di Nos Astra da quasi un’ora, spulciando con scarso interesse le liste delle merci delle varie compagnie, quando il suo factotum l’avvisò di una chiamata in arrivo.
«Rebekha?» la chiamata era criptata ma la voce dall’altro lato era inconfondibile.
«È un piacere risentirti, Quilla» salutò la sua vecchia amica drell «Ti prego, dammi delle buone notizie.»
«Ho dato un’occhiata agli archivi dell’Ombra, si. È una fortuna che si fidi di me.»
«Altrimenti non ti avrebbe scelto come sua agente» aggiunse Rebekha, come se il soggetto della loro discussione non fosse affatto sua madre.
«Mio zio Feron è stato un buon insegnante. Ora, se vuoi ascoltarmi…»
«Hai la mia totale attenzione.»
«Ho ottenuto l’accesso agli Archivi dell’Alleanza e scaricato i file sull’equipaggio della Normandy. Ho evidenziato quelli presenti nel periodo in cui la dottoressa T’Soni si trovava a bordo. Dovrebbero esserti arrivati.»
Il factotum di Rebekha confermò le parole della drell. «Sei stata splendida, come sempre! Ti devo un favore Quilla.»
«Me ne devi già parecchi» ridacchiò «Però…»
«Però?»
«Due membri dell’equipaggio della Normandy erano krogan. Guerrieri del clan Urdnot, precisamente.»
A Rebekha non sfuggì il tono preoccupato dell’amica. Era sempre così, fin da piccole, quando lei combinava qualche guaio o aveva qualche problema, Quilla si premurava sempre di aiutarla, ricucendo le sue ferite sia fisiche che emotive. Questo almeno finché la differenza di specie non portò Quilla a diventare adulta, molto prima di lei; da allora, Quilla divenne agente dell’Ombra a tempo pieno e i contatti tra le due amiche divennero sporadici. Rebekha non l’avrebbe mai ammesso, ma le mancava molto.
«Non preoccuparti, so badare a me stessa» la rassicurò.
«Ho seguito i tuoi progressi da cacciatrice, non è la tua difesa personale a preoccuparmi.»
«Mi hai spiata?»
«Sono un’agente dell’Ombra, ricordi?»
«Giusto. Cosa ti preoccupa allora?»
«Quello che troverai su Tuchanka, quando arriverai lì.»
Rebekha si lasciò sfuggire un sorriso. «Mi leggi nel pensiero, adesso?»
«Ci conosciamo da una vita, Reb.»
«Allora immagino che tu sappia anche come farmi arrivare lì?»
Ci fu un attimo di pausa, prima che Quilla rispondesse. «Un mercante d’armi krogan parte tra qualche ora per Tuchanka. Lo troverai allo spazioporto mentre litiga con un volus.»
«Splendido. Non so come farei senza di te.»
«Rebekha?»
«Mh?»
«Se dovessi…»
«Si?»
«Chiamami se hai bisogno di me. Per qualunque cosa.»
«Me la caverò. Davvero.»
«Tu chiamami.»
«Va bene, ti chiamerò. A presto.»
«A presto.»
Come Quilla le aveva detto, Rebekha trovò il mercante krogan allo spazioporto. Stava discutendo animatamente con un volus e solo la presenza dell'agente di polizia accanto a lui sembrava frenarlo. Sentì qualcosa riguardo a una truffa, ma nulla che le interessasse. A discussione conclusa, l’asari avvicinò il mercante.
Due ore dopo si trovava sul mercantile, direzione Tuchanka.
 

Urdnot, Tuchanka
«Sparisci asari. Non puoi entrare qui» ringhiò il krogan davanti a lei, stringendo la presa sul fucile a pompa.
«Devo parlare con il tuo capo, Urdnot Wrex. Digli che la figlia di Liara T’Soni vuole parlargli.»
«Se Urdnot Wrex dovesse ascoltare le richieste di tutti i pezzenti che si presentano alla sua porta non gli basterebbe la sua vita krogan! Ora sparisci.»
In una frazione di secondo, la guardia krogan si ritrovò la canna di un Acolyte sotto il mento e il volto furioso di Rebekha a pochi centimetri di distanza dal muso.
«Dimmi bestione ti sembro un fottutissimo pezzente?» sibilò la dama.
«Che cosa sta succedendo qui?»
Una voce femminile particolarmente autoritaria costrinse Rebekha a rinfoderare la sua pistola. Dietro di lei, un salarian abbastanza anziano e due femmine krogan la scrutavano con sospetto.
«Spero abbiate un buon motivo per puntare un’arma alla guardia del Palazzo dei Clan, giovane asari» continuò la più anziana delle krogan, avvolta nei variopinti abiti della sua gente.
«Urdnot Bakara, questa asari si inventa storie per parlare con Urdnot Wrex» intervenne la guardia.
«Non mi sto inventando niente, bestione.»
«Basta così» li zittì Bakara «Dicci chi sei e perché sei qui, giovane asari.»
«Il mio nome è Rebekha T’Soni, figlia di Liara T’Soni. Sono qui per parlare con Urdnot Wrex e Urdnot Grunt.»
«Inaspettato, davvero inaspettato» mugugnò il salarian.
«Puoi provarlo?» chiese l’altra krogan, più giovane di Bakara e armata fino ai denti.
«E come dovrei provarvelo?»
Bakara si avvicinò a Rebekha ed abbassò la voce. «Data la professione di tua madre, dovresti avere delle informazioni su di me, giusto?»
Rebekha ripensò ai dossier che Quilla le aveva fornito e che si era premurata di leggere durante il viaggio. Da quello che aveva appena detto, dedusse che Bakara era stata a bordo della Normandy, quindi le tracce del suo passaggio dovevano esserci per forza. Ma dove?
Alle spalle della krogan, il salarian la guardava incuriosito. Ma certo, il salarian, pensò quello che ha curato la genofagia ha usato una femmina krogan!
«Ditemi Urdnot Bakara, sessant’anni fa qualcuno vi chiamava Eva?»
Gli abiti femminili krogan coprivano parte del muso, eppure dalla luce che illuminava gli occhi di Urdnot Bakara, Rebekha poteva quasi giurare che stesse sorridendo.
«Benvenuta su Tuchanka, Rebekha T’Soni. È un piacere conoscere la figlia di Liara.»
«Uhm, piacere di conoscerti Urdnot Bakara. Posso parlare con Urdnot Wrex?»
«Ehi» intervenne la krogan più giovane «mia madre è saggia e in quanto figlia di Liara T'soni ti ha offerto ospitalità. Non abusarne.»
«Rilassati Mordin, le dame asari sono note per la loro impulsività» intervenne Bakara, quindi si rivolse a Rebekha «Urdnot Wrex e Urdnot Grunt sono impegnati, ma puoi attenderli assieme a noi se può farti piacere.»
«Va bene, accetto.»
Bakara annuì appena, quindi fece cenno alla guardia di farli entrare. Il Palazzo dei Clan, il luogo gestito dal clan Urdnot in cui tutti i capi dei clan si riunivano per discutere del futuro dei krogan, era un grosso edificio quadrangolare su tre piani, di cui il primo serviva da sala d’attesa, per grossi gruppi di persone a giudicare dalle dimensioni. È qui che Bakara li portò, accomodandosi per prima su una panca marmorea, imitata immediatamente dal suo seguito.
«Giovane Rebekha, ti presento la mia primogenita, Urdnot Mordin» disse indicando la krogan più giovane «nonché figlia di Urdnot Wrex.»
«Piacere» mormorò Mordin.
«Questo invece è l’ambasciatore salarian Jehort Solus.»
«Mordin… Solus? Come quel Mordin Solus?»
«Bisnonno, precisamente. Unico salarian accettato dai krogan, unica discendenza ben accolta su Tuchanka» spiegò Jehort.
«Il dottor Mordin Solus è un eroe qui, per questo ho chiamato la mia primogenita col suo nome. La più forte della cucciolata non poteva chiamarsi altrimenti.»
«Urdnot Bakara!» urlò qualcuno dall’altra parte della porta, poco prima che un massiccio krogan la sfondasse senza troppe cerimonie. Ad una seconda occhiata, Rebekha si accorse degli squarci sulla corazza e delle ferite sporche di sangue misto a sabbia e sporcizia del nuovo arrivato.
«Grunt?»
«Abbiamo un problema, Urdnot Bakara.»
«Di cosa si tratta?»
«Razziatori.» A parlare era stato un giovane salarian che faceva capolino dai resti della porta «Urdnot Grunt li ha identificati come Bruti.»
«Eheh ne ho fatto fuori più del salarian! Come ai vecchi tempi.»
«Mio figlio è scaltro, non getta sua vita come bestia arrabbiata» ribatté l’ambasciatore salarian, riferendosi a quello che Rebekha intuì essere suo figlio.
«Mordin, raduna la tua squadra» ordinò Bakara.
«Subito madre» rispose questa, alzandosi e uscendo immediatamente dall’edificio con passo rapido.
«Giovane Solus, puoi fare da guida a mia figlia e alla sua squadra?»
«Certamente» rispose il salarian più giovane «le mie ferite sono superficiali.»
«Verrò anch’io» aggiunse Grunt.
«Lo sconsiglio, Urdnot Grunt. Sei arrivato qui solo grazie all’uso sconsiderato di stimolanti.»
«Taci salarian. Se voglio combattere, combatterò.»
«No Grunt. La tua corazza è distrutta e hai bisogno di cure mediche.» Lo sguardo e il tono di Bakara non ammettevano repliche.
«Se permettete» s’intromise Rebekha, alzandosi «vorrei unirmi alla squadra.»
Ci fu un attimo di silenzio, in cui tutti i presenti fissavano stupiti l’asari.
«E perché un’asari vorrebbe far parte di una spedizione krogan?» grugnì Grunt.
«Nulla di che» rispose Rebekha con un mezzo sorriso «pensavo di mettermi in proprio, un po' di pubblicità mi farebbe comodo.»
 

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Capitolo 2
*** Edward Anderson ***


Sistema Osun, Nebulosa Hourglass 2246 EC

Ed era stanco, molto stanco.
Su richiesta del Consiglio, in quanto Spettro, aveva preso parte a tre missioni diplomatiche in tre giorni. “Diplomatiche” era una parola grossa: in pratica, si era limitato ad eseguire tutte le richieste che le colonie capricciosamente gli avevano posto, nel tentativo di ingraziarseli a nome di un Consiglio ancora percepito come lontano.
Aveva appena tolto la corazza, sporca del sangue e delle interiora di un qualche animale di cui non ricordava il nome, quando la spia dell’intercom si accese.
«Capitano Anderson, una richiesta di comunicazione urgente» annunciò la voce del tenente Taylor, il suo pilota.
«Chi è questa volta?» rispose esasperato.
«Ammiraglio Markus Vega, Marina dell’Alleanza»
A Ed quasi cadde il casco di mano per lo stupore. Perché uno dei pezzi grossi dell’Alleanza lo stava chiamando proprio ora?
«Passamelo nella cabina, immediatamente» disse, recuperando al volo una maglietta pulita.
«Capitano Anderson.»
«Ammiraglio Vega, signore!» disse mettendosi sull’attenti e facendo il saluto al suo superiore «come posso servirla, signore?»
Lo sguardo glaciale del veterano era puntato su di lui, quasi volesse leggergli nella mente.
«Ho bisogno di qualcuno di fidato per un incarico importante» disse, infine con tono serio.
«Farò tutto ciò che è in mio potere, signore!»
«Riposo, Capitano. Non mi ha nemmeno chiesto quale fosse l’incarico.»
Ed sospirò, poggiandosi appena sulla scrivania. «Non mi avreste chiamato solo per tenermelo segreto.»
L’ammiraglio aggrottò le sopracciglia. «Giusta osservazione. Ho bisogno che verifichiate la fondatezza di una voce che, sinceramente, spero sia infondata.»
«Quale voce?»
«Il ritorno dei razziatori.»
Un po' per la stanchezza, un po' per lo stupore, Ed rimase a fissare il volto olografico dell’ammiraglio per alcuni istanti prima di riuscire ad elaborare l’informazione.
«Non può essere. Il Comandante Shepard li ha cacciati dalla Galassia sessant’anni fa»
«Ci sono stati degli avvistamenti nei sistemi Terminus, dei mutanti per la precisione. I Quarian sono già all’erta e si sono offerti di collaborare. Potrebbero essere i razziatori o solo qualcuno che usa la loro tecnologia. In ogni caso, vanno fermati.»
«Capisco. Può contare su di me.» Sinceramente preferirei una doccia e una bella dormita, pensò.
«Eccellente. Ho accordato un incontro con i Quarian tra quattro ore.»
«Mi scusi, come faceva a sapere che avrei accettato?» Lo sguardo inquisitorio dell’Ammiraglio si piantò nuovamente su di lui, severo.
«I miei genitori mi hanno cresciuto con le storie degli eroi della battaglia di Sol. Come non potevano, visto che l’avevano vissuta? Ho semplicemente sperato che foste almeno la metà dell’uomo che era vostro nonno, di cui portate il nome.»
«Capisco.» Come sempre, mi considerano solo per le imprese di mio nonno, realizzò Edward.
«C’è dell’altro» aggiunse l’ammiraglio Vega.
«Di cosa si tratta?»
«Ho bisogno che al vostro equipaggio si aggiunga un nuovo membro.»
«Non sarà un problema. Chi è, se posso chiedere?»
«Sottotenente Michelle Vega.»
«Come scusi?»
«Ha capito bene. Voglio che mia figlia si aggiunga al suo equipaggio.»
 

Edward si svegliò con la voce del tenente Taylor nelle orecchie.
«Sveglia Capitano! Siamo a meno di mezz’ora dall’orbita di Rannoch» annunciò il giovane pilota, scuotendolo con forza.
«Mmmm…»
Ed aprì un occhio e sbirciò la sveglia sul comodino: aveva dormito per ben tre ore.
«Sono sveglio, Alex» mugugnò, mettendosi a sedere e stropicciandosi gli occhi «Mi do una sistemata e arrivo»
«Fai in fretta» rispose Alex usando i suoi poteri biotici per sollevare Ed dal letto e metterlo in piedi.
«Non farlo mai più.» Fu Ed questa volta ad usare i suoi poteri biotici per spingere il suo giovane sottoposto verso la porta della cabina. «Ora vattene!»
Ed si chiuse in bagno, non lasciandogli il tempo di rispondere. Aprì il rubinetto del lavandino e ci mise la testa sotto, sperando che l’acqua fredda lo svegliasse a sufficienza. Un vecchio trucchetto che ancora una volta funzionò.
Dovrò dare una sistemata ai capelli, appena ho un momento, pensò mentre cercava di appiattire un accenno di ricciolo scuro, SE avrò mai un momento.
Uscì rapidamente dal bagno e recuperò la corazza dall’armadietto, pulita e lucida. I passaggi per indossarla gli erano fin troppo familiari: in venti minuti appena, Ed era davanti il portellone della sua nave, la SSV Aster, in attesa di attraccare su Rannoch.

Keelah, Rannoch 2246 EC

Ed fu accolto da un quarian, chiuso ermeticamente in una tuta ambientale e armato di quello che sembrava uno scanner.
«Capitano Anderson» disse, facendo il saluto.
«Precisamente. Voi siete?» chiese Ed, ricambiando il saluto.
«Nitor Rel’hon vas Rannoch, divisione ingegneri, signore. Sono qui per accertarmi delle vostre condizioni di salute e scortarvi alla sede dell’Ammiragliato.»
«Capisco. Procedete.»
Il quarian passò rapidamente lo scanner su Ed e controllò i risultati sul suo factotum.
«Secondo il geth installato nella mia tuta non avete malattie infettive o debilitanti per la specie quarian» disse, premendo un tasto a lato del casco che ne rimuoveva la parte superiore e lasciando scoperto il viso pallido e gli occhi bianchi. «Benvenuto su Rannoch, capitano. È un piacere conoscerla. Il suo nome è famoso anche qui, signore.»
Nonostante i progressi degli ultimi sessant’anni, il sistema immunitario della maggior parte dei quarian era ancora notevolmente debole, per cui era quasi impossibile vederne uno a volto scoperto o quasi al di fuori di Rannoch.
«Davvero? Mi conoscete?»
«Certo. Vostro nonno è un eroe.»
«Ah, capisco» Certo, mio nonno, di nuovo. Non valgo proprio nulla all’infuori di esso, uh? «Volete farmi strada?»
«Sissignore.»
 
La sede dell’Ammiragliato era poco più grande degli altri edifici del pianeta quarian, un blocco squadrato all’esterno con un arredamento minimale e funzionale all’interno, proprio come l’avrebbe progettato un geth. I colori però erano incredibilmente vivaci, sia all’interno che all’esterno, una caratteristica presente in tutti gli edifici che facevano sembrare le parti abitate del pianeta alla palette di un artista.
I cinque ammiragli quarian lo stavano evidentemente aspettando, radunati attorno a una mappa galattica, presumibilmente gestita da un geth. Tranne per una di loro, priva di casco, gli altri indossavano un respiratore simile a quello di Nitor.
«Benvenuto, capitano Anderson» annunciò la più anziana «il mio nome è Tali’Zorah vas Rannoch»
«Aspettate, quella Tali’Zorah?» Ed era a dir poco stupefatto.
«Proprio quella, capitano» rispose Tali’Zorah «permettimi di presentarti molto velocemente gli ammiragli qui presenti. L’ammiraglio Jona’Hazt vas Rannoch»
«Molto piacere capitano» lo salutò un quarian poco più giovane di Tali’Zorah.
«Piacere» rispose Ed con un sorriso.
«L’ammiraglio Maer’Gaar vas Kaddi»
Il quarian non disse nulla, limitandosi a un cenno del capo a cui Ed rispose allo stesso modo.
«L’ammiraglio Neela’Waem vas Rannoch»
«Piacere» disse la quarian senza respiratore, i corti capelli corvini e i lineamenti delicati lasciavano intendere che fosse più giovane di Ed.
«Piacere mio» rispose Ed.
«L’ammiraglio Gato’Vorah vas Rannoch»
«Benvenuto, capitano» lo salutò l’ultimo quarian.
«La ringrazio, ammiraglio.»
«Ammiraglio Waem, in quanto responsabile delle forze armate quarian, potete riassumere brevemente la situazione al capitano Anderson?» chiese Tali’Zorah.
«Certamente» rispose la quarian senza respiratore. La mappa galattica cambiò immagine, mostrando il Velo di Perseo nel suo complesso. «Io e l’ammiraglio Gaar ci stiamo occupando dell’espansione economica quarian, attraverso missioni di ricognizione nei pianeti vicini congiunte con l’insediamento di avamposti di tipo industriale ed estrattivo. Il pianeta Kaddi è un nostro recente successo in tale impresa.»
L’ammiraglio Waem fece un attimo di pausa, guardando brevemente Ed per capire se la stesse seguendo o meno. Ad un cenno di comprensione, la quarian riprese.
«Il nostro obiettivo successivo si trovava qui, nella cintura degli asteroidi del sistema Tikkun» la mappa cambiò istantaneamente, mostrando il luogo indicato «Il nostro obiettivo era uno degli asteroidi maggiori Uriyah, già in precedenza sito minerario quarian. Nulla d’insolito, se non fosse che la mia squadra di ricognizione è scomparsa.»
«Che cosa?»
«Avete sentito bene, capitano. Quattro ricognitori quarian, scomparsi senza lasciare traccia. Uno di loro però è riuscito a mandare qualcosa.»
Un breve filmato venne proiettato, immagini confuse viste da qualcuno chiaramente in fuga. Un fermo immagine, però, inquadrò alla perfezione le creature da cui esso fuggiva: delle creature umanoidi dalla pelle grigia, percorsi da venature blu.
«Si chiamano mutanti» disse Tali’Zorah, anticipando l’ovvia domanda di Ed «creature oganico-sintetiche ottenute a partire da un organico. Costituivano parte dell’esercito di terra dei razziatori.»
«Non è possibile…»
«Non è tutto» aggiunse l’ammiraglio Waem. Il video proseguì per qualche secondo per poi fermarsi nuovamente e zoomare su dei lunghi spuntoni sottili.
«So che gli umani li chiamavano denti di drago» spiegò Tali’Zorah «venivano usati per trasformare gli umani in mutanti.»
«L’esperienza e le informazioni dell’ammiraglio Zorah sono state preziose» osservò l’ammiraglio Vorah.
«Cosa dice il Consiglio a proposito?»
«Il Consiglio non lo sa. Siete qui in quanto umano, non in quanto spettro. Un favore personale che ho chiesto all’ammiraglio Vega.»
«È una follia! La situazione è grave, potremmo essere di fronte al ritorno dei razziatori!»
«Potrebbe anche essere qualche pazzo in possesso di una tecnologia simile» osservò l’ammiraglio Hazt.
«Ma…»
«L’ultima volta che Shepard ha cercato di avvertire il Consiglio di una minaccia catastrofica non l’hanno ascoltato» lo interruppe Tali’Zorah «Gli hanno dato del pazzo esagerato, assieme a qualche osservazione razzista verso gli umani. Finché non fu troppo tardi.»
«Comprendo la vostra sfiducia, ammiraglio Zorah, ma il Consiglio adesso è diverso da quello di allora.»
«L’unica differenza, capitano Anderson, è che i membri sono sei invece di quattro. Restano comunque dei politici.»
Anche voi lo siete, pensò Ed, non v’interessa la sicurezza del vostro popolo ma solo il vostro orgoglio di quarian. Decise di non ribattere, non gli sembrava una buona idea mancare di rispetto a un ammiraglio.
«In ogni caso, prima di informare il nostro consigliere dobbiamo assicurarci che non sia l’azione di un singolo. Abbiamo bisogno di prove» disse l’ammiraglio Waem, chiudendo quella parte del discorso «A tale scopo, la sua squadra e la mia collaboreranno in un’operazione mirata.»
«Molto bene ammiragli. Se non c’è altro, comunico le coordinate dell’asteroide al mio pilota.»
«Per ora, è tutto. Ci vediamo su Uriya tra qualche ora per delineare un piano d’azione.»
 

Nitor scortò nuovamente Ed allo spazioporto e, durante il breve viaggio, Ed decise di dare un’occhiata allo stato di servizio del nuovo membro dell’equipaggio. Quello che vide non gli piacque molto: nonostante Michelle Vega fosse uscita con il massimo dei voti dall'accademia, la quantità di note disciplinari degli ultimi anni non facevano ben sperare.
Non appena mise piede nello spazioporto, una lite abbastanza animata attirò la sua attenzione. Due quarian con addosso le loro tute ambientali stavano trattenendo un’umana.
«Signorina, non può entrare su Rannoch senza i dovuti accertamenti medici.»
«Non m’interessa coso, devo parlare con il capitano Anderson! So che è qui, c’è la sua nave.»
«Se entra con qualche agente patogeno, metterà in pericolo l’intera popolazione quarian.»
«Si si, bla bla, ora fammi entrare.»
«Non ce ne sarà bisogno» intervenne Ed, scongiurando probabilmente una catastrofe diplomatica «Capitano Anderson, Marina dell’Alleanza. Mi scuso per i disagi creati dal nuovo membro del mio equipaggio. Ce ne stiamo andando, in ogni caso.»
I quarian fecero un cenno d’assenso e tornarono alle loro postazioni e Michelle gli lanciò un’occhiataccia che non sfuggì a Ed. Era molto carina: poco più bassa di lui, due enormi occhi scuri e un caschetto color magenta ad incorniciare il viso abbronzato. Non aveva però dimenticato quello che aveva letto sul suo dossier.
«Andiamo, ti faccio vedere la nave.»
«L’ho vista da fuori. Perché un capitano ha a disposizione un Modello N e non una semplice fregata?»
«Perché sono anche uno Spettro del Consiglio. La Marina ha voluto fornirmi un Modello N per congratularsi soprattutto, dato che è una serie basata sulla vecchia Normandy.»
«Capisco.»
Ed fece salire a bordo la sua nuova sottoposta e la presento al resto dell’equipaggio. Quindi chiamò Alex per aggiornare i due giovani sulla loro prossima missione.
«Non possiamo sbrigarcela da soli?» chiese Michelle.
«Siamo in spazio quarian, stiamo solo fornendo supporto.»
«Se fossero veramente capaci non avrebbero bisogno di supporto.»
«Non sottovalutare una missione, solo perché sembra semplice…» osservò Alex, corrucciato.
Michelle sollevò un sopracciglio. «E tu saresti?»
«Tenente Taylor. Molto piacere, sottotenente Vega.»
«Come fa un ragazzino della tua età a essere tenente? Ma quanti anni hai, quindici?»
«Ventitré, che sono comunque meno dei tuoi, sottotenente
«Dateci un taglio, immediatamente» li zittì Ed, squadrandoli severo «Gli ordini sono chiari, se non vi piacciono cambiate lavoro. Sono stato chiaro?»
«Sissignore» scattò Alex.
«Si, signore» mormorò Michelle a denti stretti.
«Molto bene, tenente fate rotta per Uriya.»
 
 
 
 










 
 
Nota dell’autrice: a differenza della società krogan, su quella quarian ho dovuto in gran parte lavorare di fantasia, non essendoci nemmeno delle referenze visive. Ho immaginato un’architettura che sintetizzasse l’essenzialità di una specie sintetica come geth (perdonate il gioco di parole) e il lato poetico, festoso e gioviale dei quarian. Anche la capitale Keelah è inventata, ho scelto questa parola per il significato positivo che le viene dato nel gioco. Ho anche mantenuto l'accezione politica dei titoli e degli organi politici quarian (nonostante un ammiraglio quarian, qui, potrebbe non avere una flotta).L’ispirazione per tutto questo proviene dal gioco e in particolare dal codex.

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Capitolo 3
*** Selius Victrilius ***


Dipartimento di Polizia di Cipritine, Palaven, 2246 EC

Era ormai sera tardi quando Selius congedò Arkalius, l’IV che gestiva il dipartimento di polizia di Palaven, dove il turian lavorava presso la sezione informatica. Stava per uscire dall’edificio, quando il suo factotum segnalò un messaggio criptato in arrivo.
Come si era alzato, Selius tornò alla scrivania, riaccese il computer e scaricò il messaggio da decrittare, sperando non fosse un semplice scherzo. Ad uno sguardo più attento, però, capì che non poteva esserlo: l’algoritmo usato per la crittazione era di tipo militare, usato dagli ufficiali di rango elevato, decisamente troppo avanzato per un cittadino. Il turian lo riconobbe abbastanza in fretta, ma dovette chiamare il capo dipartimento per ottenere la chiave di decrittazione, non avendone accesso in quanto semplice agente. Come al solito, il capo brontolò un po', dandogli dell’idiota per essersi fermato fino a quell’ora in ufficio, ma alla fine Selius ottenne la chiave.
Quello che lesse, però, lo lasciò abbastanza perplesso.


Caro padre,
ti scrivo per comunicarti, con estrema soddisfazione la mia promozione a capo reparto. Il mio nuovo lavoro è fantastico e mi piace molto.
Dimmi, sei più riuscito ad aggiustare l’astroauto di Veltus? Sarebbe pericoloso lasciarlo sfrecciare per i cieli di Palaven con il motore difettoso.
Spero che quel controllo che mamma ha fatto dal medico non sia stato troppo costoso e che tutto si sia risolto per il meglio, non vorrei si sentisse in colpa per aver speso troppi crediti per sé.
 Ammetto che mi mancano un po' i vecchi tempi e le lunghe chiacchierate in ufficio, ma la mia vita adesso è migliore e non potrei esserne più grato, così come lo sono a te che mi hai messo su questa strada. Saluta la mamma e Veltus da parte mia.
Con affetto,
Quivius


Quivius, l’unico membro ancora in vita della squadra di cui faceva parte da giovane e prestava servizio nell'esercito, gli aveva mandato una richiesta d’aiuto. Non poteva essere altrimenti, il padre di Quivius era morto anni fa per cause naturali e non aveva alcun fratello, in più quelle parole sottolineate non lasciavano ben sperare.
Selius si alzò dalla sedia e fece qualche passo per la stanza, pensoso. Perché quel messaggio? Perché quel livello di criptazione?
«Arkalius, ho bisogno del tuo aiuto» disse ad alta voce, attivando l’IV che aveva appena aggiornato. L’ologramma di un giovane turian apparve presso il terminale, fissandolo con sguardo vacuo.
«Salve agente DI26579, il mio nome è Arkalius. Come posso aiutarti?» disse con voce atona.
«Voglio sapere lo stato di servizio di un agente.»
«Connessione con il database riuscita. Indicare nome o codice dell’agente cercato.»
«Quivius Dexiril»
«Attendere… Sono spiacente, le informazioni da lei richieste sono strettamente confidenziali.»
«Cosa?» Selius si alzò di scatto dalla scrivania «Cosa significa che sono confidenziali?»
«Sono spiacente, le informazioni da lei richieste sono strettamente confidenziali. La preghiamo di rivolgersi a un suo superiore per ottenere l’accesso.»
«Maledizione» mormorò a denti stretti, lasciandosi nuovamente cadere sulla sedia. Cosa poteva fare? Svegliare il capo non sembrava una buona idea, ma poteva davvero permettersi di attendere fino al giorno seguente?
Selius fece alcuni respiri profondi, per calmarsi. La fretta non avrebbe salvato il suo amico, si disse. Doveva pensare attentamente. Rilesse il messaggio, soffermandosi sulle parole sottolineate: “estrema” e “pericoloso” avevano un chiaro significato, ma delle altre due, “controllo” e “ufficio”, non ne era sicuro: significava che era controllato e aveva lasciato qualcosa nel suo ufficio? O forse che il suo ufficio era controllato da qualcuno?
Guardò distrattamente l’orologio e, notando l’ora tarda, decise di rimandare quei dilemmi al giorno dopo.
 

«Ehi, Victrilius! Vieni a pranzo con noi?» un giovane turian, di cui non ricordava il nome, occupò il suo campo visivo, imponendosi tra lui e il computer che stava usando. Era giovane, appena entrato nella divisione informatica e quando aveva scoperto che entrambi erano nativi di Digeris, grazie allo stesso tatuaggio cremisi che entrambi portavano sul volto, aveva come deciso di prenderlo in simpatia. Selius non lo sopportava: parlava troppo e aveva la pessima abitudine di interromperlo sempre quando era più impegnato.
«No, ho da fare.»
«Eddai, dovrai pur mangiare.»
«Ho affari da sbrigare» lo sguardo torvo che gli lanciò gli venne del tutto spontaneo.
«Come ti pare» rispose, alzando i tacchi e uscendo dall’ufficio assieme ad altri suoi colleghi. Gli parve di sentire un “Sempre molto socievole, uh?” ma non gli interessava.
Attese qualche minuto ancora, poi, quando il dipartimento era ormai vuoto, uscì e prese l’ascensore, diretto alla sezione di polizia ordinaria dove Quivius lavorava. L’ufficio era deserto, fatta eccezione per una turian, che Selius riconobbe essere il capo dipartimento Naela Vartis.
«Lei sarebbe…?» chiese, lanciandogli uno sguardo inquisitorio.
«Selius Victrilius, divisione informatica» rispose, mettendosi sull’attenti come da protocollo.
«Riposo. Cosa ci fate qua?»
«Sto cercando un vecchio amico, Quivius Dexiril.»
«L’agente Dexiril è stato trasferito cinque giorni fa in via non definitiva»
«Signora! Chiedo il permesso di accedere alla sua postazione.»
«Per quale ragione?»
«Un disco di memoria di mia proprietà»
«Sbrigati» gli ordinò, non perdendolo di vista mentre si avvicinava alla postazione dove Quivius lavorava. Una manciata di datapad, a prima vista contenenti vecchi rapporti, e un computer dallo schermo olografico malfunzionante era tutto ciò che si trovava su quella scrivania.
Selius spostò i datapad, fingendo di cercare qualcosa tra di essi, gli occhi della turian fissi sulle sue creste mentre con discrezione fissava un minuscolo dispositivo sul computer.
«Ho trovato quello che cercavo, Signora!» disse, raggiungendo Vartis e facendo nuovamente il saluto.
«Molto bene, vai pure.»
Selius superò Vartis e imboccò le scale, diretto nuovamente alla sezione informatica.
 

Distretto abitativo di Cipritine, Palaven, 2246 EC

Dopo una lunga giornata di lavoro e un pasto minimale, Selius si lasciò andare sulla sua amata poltrona verde, l’unica nota di colore del suo monolocale polveroso. Accese il factotum, attivando il dispositivo che era riuscito a nascondere nel computer del suo collega, una sua piccola invenzione creata a partire dalle comuni cimici che gli permetteva di accedere in remoto al sistema operativo della macchina. Dopo una scansione per cercare ulteriori brecce esterne, oltre alla sua, una schermata con pochi caratteri apparve, assieme a una barra per l’inserimento del testo.
“Ti ricordi dove la squadra ha iniziato a chiamarmi Meteora?”
A Selius sfuggì un sorriso. Certo che lo sapeva, si trovavano su Omega alla ricerca di un fuggitivo particolarmente pericoloso, catturato grazie a Quivius, che, armi in mano, si lanciò da un condotto di areazione posto sul soffitto urlando come un ossesso e finendo dritto in testa al malcapitato. Quivius sapeva che solo lui conosceva questo dettaglio, come sapeva che avrebbe letto quel messaggio e sarebbe andato a cercarlo.
Selius digitò rapidamente “Omega”.
I pochi file salvati sul computer erano tutti racchiusi in una cartella criptata di cui, fortunatamente, possedeva la chiave. Dentro la cartella, due file e un’ulteriore cartella.
Il primo file, denominato “nomi” era un elenco di nomi di personalità di spicco, alcune di queste le conosceva ma cosa li legasse non seppe dirlo.
Il secondo file lo lasciò basito, a partire dal nome con cui era stato salvato: “Adoratori delle Antiche Macchine”. Lo aprì, trovandosi davanti l’immagine olografica di un logo, un razziatore stilizzato chiuso dentro un cerchio.
D’istinto chiuse il file e aprì la cartella, dove si susseguivano centinaia di file audio e video. Aprì il primo dell’elenco, un video in cui una dalatrass mostrava un ciondolo a un altro salarian, con lo stesso logo dell’immagine precedente. Non aveva bisogno di aprire gli altri file per sapere cosa contenessero.
Senza pensarci due volte, scaricò la cartella principale sul suo factotum, prendendo misure di sicurezza aggiuntive per proteggere i file da intrusioni esterne.
Quivius, quindi, stava indagando su questa organizzazione, anzi setta, indubbiamente pericolosa, altrimenti un messaggio d’aiuto non sarebbe stato necessario. Cosa doveva farne delle informazioni che aveva ottenuto? Parlare con le autorità era fuori discussione: per quel che ne sapeva, l’elenco poteva non essere completo e questi Adoratori delle Antiche Macchine potevano benissimo nascondersi anche tra i livelli più alti della Gerarchia.
Gli rimaneva un’opzione sola. Opzione che prevedeva un giorno di assenza dal lavoro per malattia.
 

Distretto commerciale di Cipritine, Palaven, 2246 EC

Selius vagò a lungo tra gli stalli dei vari mercanti che popolavano la piazza, finché non trovò ciò che stava cercando. Una drell abbastanza in là con gli anni stava parlando con un cliente turian.
«Sono spiacente, il proprietario dello stallo, il signor Kalod, si è dovuto assentare per una questione urgente. Per qualunque problema, sono a vostra disposizione signore» disse, rivolgendo al cliente un sorriso cordiale.
Selius si finse interessato alla lista merci, sbirciandola di tanto in tanto. Era abbastanza sicuro che da giovane fosse stata una gran bellezza, tra i suoi simili perlomeno.
Il cliente turian si congedò con un cenno del capo.
«Signore, se ha bisogno del mio aiuto vorrei che me lo dicesse, senza la necessità di spiarmi da dietro un terminale merci» disse, mantenendo il suo sorriso ma senza mai voltare lo sguardo.
«Perdonatemi, ma le merci che cerco non sono in questo terminale» esordì, avvicinandosi alla drell.
«Se mi dice cosa cerca, forse posso aiutarla»
«Informazioni» le sussurrò a bassa voce «so dei vostri contatti con l’Ombra.»
«Molto bene, signor Victrilius»
«Come…»
«Non appena vi siete avvicinato» lo interruppe «Selius Victrilius, quarantacinque anni, vent’anni di carriera nella sezione d’infiltrazione e sabotaggio dell’esercito turian. Due onorificenze conseguite per il lavoro svolto. Attualmente impiegato nella sezione informatica della polizia di Palaven.»
«Sembra che io non abbia bisogno di presentazioni, signora…?»
«Potete chiamarmi Quilla. Solo Quilla.»
«Molto bene Quilla, torniamo agli affari.»
«Certamente. Spero sappiate che tali merci che andate cercando hanno un costo.»
«Ne sono consapevole. Sono qui per proporre uno scambio.»
«Cosa vorreste scambiare?»
«Altre informazioni. Sono in possesso di un elenco di nomi, personalità di spicco di una setta nota con il nome di Adoratori delle Macchine, oltre a delle prove audio e video.»
La drell non reagì in alcun modo a quelle parole, non all’apparenza perlomeno, limitandosi a sbattere le due serie di palpebre.
«Posso chiedervi come siete venuto in possesso di tali informazioni?»
«Un mio collega stava indagando su di loro. È scomparso.»
«E vi ha lasciato queste informazioni, immagino.»
«Esattamente.»
«Quali sono le informazioni che volete in cambio?»
«I file sul mio collega, Quivius Dexiril, sono diventati top secret. Voglio sapere dove si trova.»
«Molto bene, ne parlerò con l’Ombra» la drell armeggiò rapidamente con il suo factotum «vediamoci a queste coordinate all’ora di pranzo.»

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Capitolo 4
*** Tuchanka ***


Zona desertica, Tuchanka, 2246 EC

Seduta sulla navetta, Rebekha stava regolando il calibratore del suo Disciple, immersa in un silenzio tombale.
«Quella non è certo un’arma comune, nemmeno per un’asari» osservò il salarian seduto accanto a lei.
«No, non è in dotazione alle comuni cacciatrici» rispose, lapidaria.
«Oh ma vedo che lo avete modificato!» Il salarian si sporse verso di lei, poteva vedere le sfumature aranciate sulla pelle chiara.
«Si, l’ho modificato a mio piacimento» rispose allontanandosi, gesto che non sfuggì allo sguardo sveglio del salarian.
«Perdonate l’intrusione. Non mi sono nemmeno presentato. Il mio nome è Zerum Solus»
«Rebekha T’Soni» disse, riportando l’attenzione sul suo fucile a pompa.
«Ehi capo, se non fai stare zitto quel salarian lo faccio stare zitto io.»
A parlare era stato uno dei due membri della squadra di Mordin, un krogan particolarmente grosso e dalla placca bluastra, la presa stretta sul suo fucile d’assalto.
«Risparmiati per i bruti, Tral» rispose Mordin, quindi si rivolse a Zerum «Io e la mia squadra siamo abituati a tacere durante i trasporti. Aumentiamo la tensione e la scarichiamo in battaglia.»
«Oh, ma è una tattica molto intelligente, sfrutta alla perfezione la forza bruta di-»
«Solus» lo interruppe Rebekha, lanciandogli un’occhiataccia.
«Giusto.»
 
«Ehi, siamo quasi arrivati» grugnì a un certo punto il secondo membro della squadra di Mordin, seduto alla guida del trasporto corazzato su cui si trovavano «Sempre che il salarian non ci abbia portato nel posto sbagliato.»
«È il posto giusto. Lasciaci dietro quelle alture» disse Zerum, indicandole al krogan alla guida «proseguiremo a piedi.»
«C’è un motivo per tutto questo astio?» chiese Rebekha a Mordin, dopo essere scesa dal veicolo.
«Tral e Vork sono tra i guerrieri più anziani degli Urdnot, ricordano ancora i tempi della genofagia. Hanno bisogno di tempo, come ne hanno bisogno tutti i krogan.»
«Capisco. E com’è possibile che una krogan con meno di un secolo sia a capo di una squadra di veterani?» chiese, accennando alla placca rossiccia di Mordin non ancora del tutto saldata.
«Stolta ragazzina» grugnì Tral «i krogan seguono solo i più forti.»
Rebekha ebbe l’impulso di lanciare lontano il krogan con i suoi poteri biotici ma forse, rifletté, litigare prima di scendere in campo non l’avrebbe aiutata a farsi pubblicità.
«Siamo arrivati» annunciò Zerum, in testa al gruppo. Avevano camminato in mezzo ad alcune formazioni rocciose chiuse ad anello, trovandosi quasi in cima ad una di esse. Sotto di loro, il terreno scendeva ripido fino a uno spiazzo di piccole dimensioni. Lì, attorno all’ingresso di un bunker sotterraneo, si trovavano delle colossali creature informi, un amalgama di tessuti organici che ricordavano a volte un krogan, a volte un turian. Rebekha ne contò sei.
«Quelle creature sono i cosiddetti bruti, giusto?» chiese Mordin.
«Precisamente. Urdnot Grunt ne ha uccisi tre, ma ce ne sono ancora troppi» rispose Zerum.
«Se vogliamo capire cosa ci fanno qui, dobbiamo arrivare a quel bunker. Quindi» Rebekha imbracciò il suo fucile a pompa, sorridendo «facciamo a chi ne uccide di più?»
«Ah! Non mi farò battere da un’asari» annunciò Tral, prima di buttarsi lungo il pendio.
«Aspettate!» tentò di fermarli Zerum, ma Mordin e Vork lo stavano già seguendo. «Per favore T’Soni, non fare nulla di…»
Con i suoi poteri biotici, Rebekha concentrò un campo di forza sulle sue gambe e, presa la rincorsa, saltò, atterrando sulle massicce spalle di uno dei bruti.
«… avventato.»
Zerum prese dalla cintura una minuscola sfera metallica, che premette appena tra le dita sottili, e la fece scivolare lungo il pendio, attendendo qualche secondo mentre questa ghiacciava il terreno al suo passaggio. Quindi seguì tale percorso, slittando sul ghiaccio, e arrivò in fondo al pendio quasi contemporaneamente alla squadra krogan.
 
Rebekha era in equilibrio precario sulla spalla del bruto, mentre questo cercava di scuotersela di dosso in maniera goffa. Per tutta risposta, l’asari attivò la lama del factotum con cui trafisse il bestione all’altezza del torace. Non aveva mai visto nulla del genere: masse di pelle grigiastra tenute insieme da impianti e strutture cibernetiche, quello più esteso collegava una minuscola testa turian a un massiccio corpo krogan, che di krogan aveva ben poco poiché la stazza era almeno il triplo rispetto a quella dei nativi di Tuchanka.
Dopo una rapida occhiata, fu proprio il “collo” a sembrarle la parte più vulnerabile di quel bestione. Fece un respiro profondo, concentrandosi in quella baraonda prima per creare un campo biotico non troppo forte ma sufficientemente esteso in quel punto, poi per farlo variare repentinamente in intensità in alcuni punti, disgregando in parte i fragili circuiti a causa dell’improvviso cambiamento della massa. (*)
Il bruto smise di dimenarsi ed emise un verso stridulo, prima di sollevare un poderoso braccio e lasciarlo cadere sopra Rebekha, che ebbe pochi secondi soltanto per disattivare la lama factotum e schivare la manata lasciandosi cadere a terra.
Sbuffò, usando di nuovo i suoi poteri biotici per spiccare un salto verso il braccio del bruto, fisso a terra mentre si metteva in posizione per caricarla. Non ci impiegò molto ad arrivare ad una delle protuberanze ossee che proteggevano il fragile collo sintetico, alla cui base si accavallò. Quindi strinse le braccia attorno al collo, appena sopra i cavi che poco prima aveva danneggiato, puntò i piedi alla base e spinse con tutte le forze che aveva, modificando il campo di forza attorno alle sue gambe per avere più spinta.
Tra urla inumane, Rebekha schizzò lontano, assieme alla testa del bruto che stava saldamente abbracciando.
«Ehi Tral, ne ho ucciso uno da sola» gridò verso la squadra di krogan che poco più in là aveva appena abbattuto uno dei bruti, crivellato di colpi.
«Beh anche noi, come vedi!» rispose il krogan più anziano.
«Certo, siete in tre! Ci avete anche messo troppo.»
«T’Soni!» la chiamò una voce acuta alle sue spalle.
Rebekha si voltò di scatto, appena in tempo per vedere uno dei bruti caricarla.
«Oh, per la Dea…»
Ci furono esattamente quattro spari, due per ogni gamba del bruto, prima che questo cadesse rovinosamente a terra ad alcuni metri da Rebekha, gli arti inferiori totalmente coperti di ghiaccio.
«Tutto bene?» chiese Zerum, accorso al suo fianco imbracciando un lanciagranate.
«Tutto bene» rispose Rebekha, con il fiatone.
«È una buona idea sfruttare la debolezza strutturale del collo come hai appena fatto. Tuttavia, non sei stata abbastanza efficiente.»
«Ma davvero? E allora illuminami, genio» commentò sarcasticamente, poco prima che il bruto rompesse il ghiaccio e si rialzasse «Maledizione.»
Zerum però non si scompose, puntò invece il lanciagranate e sparò, centrando alla perfezione il collo del bruto. «Usa i tuoi poteri biotici sul ghiaccio, presto!»
Istintivamente, Rebekha eseguì, ricoprendo il ghiaccio con un campo di forza che, di nuovo, fece variare rapidamente. Il ghiaccio si disgregò con facilità, staccando di netto la testa del bruto.
«Beh, siamo a quota due.»
Con questa tattica, Rebekha e Zerum eliminarono un altro bruto, arrivando a contendersi il quarto con la squadra krogan in una disputa che avrebbe determinato il pareggio o la vittoria per Rebekha.
Fu la giovane Mordin a prendere tutti alla sprovvista: attese che Zerum usasse il suo lanciagranate, poi, prima che Rebekha potesse agire, lanciò una granata che fece esplodere il ghiaccio in migliaia di schegge taglienti, decretando il pareggio di quella gara improvvisata.
Rebekha si lasciò cadere a terra, ansimante, assieme ai tre krogan. L’unico che non mostrava segni di fatica era Zerum, che invece si sedette compostamente.
«Non combatti male, per un’asari» commentò Vork, il krogan che li aveva condotti fin lì.
«Neanche tu combatti male per un krogan» rispose Rebekha, ridacchiando.
«Assurdo, la selezione naturale ha chiaramente operato sui krogan per renderli i predatori perfetti su un pianeta selvaggio e inospitale come-»
«Solus.»
«Ah. Era una battuta vero?»
«Tu piuttosto, combatti bene per un salarian» osservò Rebekha.
«Mandare su Tuchanka un ambasciatore incapace di difendersi è sciocco quanto pretendere affetto da un varren a digiuno. I membri della famiglia Solus che vogliono intraprendere la carriera dell’ambasciatore vengono addestrati assieme alle reclute della Squadra Operazioni Speciali.»
«Capisco.»
«Faremmo meglio a sbrigarci. Dobbiamo entrare in quel bunker» osservò Mordin, rimettendosi in piedi.
«Prima di andare, vi suggerisco di prendere uno di questi» disse Zerum , prendendo dalla cintura degli stimolanti e offrendoli ai presenti «Non sappiamo cosa affronteremo là dentro, meglio essere pronti.»
D’accordo con il salarian, tutti ne presero uno, Rebekha prima di tutti poiché l’uso prolungato dei suoi poteri biotici l’aveva sfiancata.
Non ci volle molto per aprire il bunker, il protocollo che gestiva l’apertura delle porte era facilmente hackerabile anche con programmi reperibili su extranet, a dimostrazione che chiunque abitasse quel bunker aveva ritenuto sufficienti i bruti come difesa.
L’interno non era particolarmente spazioso, due stanze appena, la più ampia adibita a laboratorio mentre la seconda ad alloggio. Fu la prima però ad attirare l’attenzione di tutti. Il laboratorio sembrava perlopiù intatto, tutti gli analizzatori e gli scanner puliti e in ordine, le provette e i vetrini mai usati.
L’unica nota stonata era quello che a prima vista sembrava un sistema di contenimento di qualche tipo, simile a quelli comunemente usati per analizzare oggetti irradianti nei laboratori. Non aveva nessuna marca, quindi non era stato prodotto da nessuna industria nota, ma era troppo ben fatto per essere un lavoro artigianale.
«Solus, hai idea di cosa sia questo?» chiese Mordin, osservando attentamente l’oggetto ignoto.
«Mai visto in vita mia. È chiaramente un sistema di contenimento di qualche tipo ma posso avere indizi su cosa contenesse solo dopo un’analisi approfondita.»
«Molto bene. Informeremo Urdnot Bakara e l’ambasciatore, prenderanno i provvedimenti necessari.»
«Ho trovato qualcosa d’interessante» annunciò Rebekha, facendo capolino dagli alloggi. Mordin e Zerum la raggiunsero subito.
«Di cosa si tratta?»
«Ci sono tre posti letto, quindi non più di tre persone vivevano qui. Nella dispensa ho trovato scorte alimentari sia destrogire che levogire, con una prevalenza di quest’ultime.»
«Probabilmente per un turian. Non si vedono molti quarian in questa zona» osservò Mordin.
«Ho pensato la stessa cosa» rispose Rebekha, annuendo «non è tutto. C’è anche un dispensatore di medigel che permette di selezionarlo nella sua formulazione classica o in quella specifica per hanar.»
«Quindi abbiamo un gruppo di tre ricercatori, tra cui un turian e un hanar» disse Zerum.
«Avete un buon spirito di osservazione T’Soni Rebekha» osservò Mordin, prima di volgere nuovamente l’attenzione verso il laboratorio «Ehi, Vork! Trovato nulla in quel computer?»
«Non molto capo» rispose il krogan anziano «Hanno provato a fare pulizia, ma andavano di fretta. Sono riuscito a recuperare qualche file.»
Vork ne aprì uno: un’immagine tridimensionale di un simbolo apparve sullo schermo olografico. Rebekha non ne aveva mai visto uno ma perfino lei sapeva che quella era la rappresentazione stilizzata di un razziatore.
«Sembra che la preoccupazione di Urdnot Bakara fosse fondata dopotutto» osservò Zerum.
«Avremo bisogno di una squadra di tecnici per recuperare le informazioni da quel computer e analizzare gli strumenti. Andiamo, non abbiamo altro da fare qui» concluse Mordin.
«Aspettate» li fermò Rebekha «posso avere i file recuperati finora? Conosco qualcuno che potrebbe saperne di più»
«E sia. Vork trasferisci i dati sul factotum di T’Soni. Vi attendiamo al mezzo di trasporto.»
«Subito capo.»
 
«Ehi Quilla?»
Rebekha stava raggiungendo il resto del gruppo assieme a Vork, quando decise di non perdere tempo e chiamare subito l’amica.
«Rebekha! Ci hai messo poco. Hai già trovato quello che cercavi?»
«Non proprio. Ho aiutato una squadra krogan in una missione e recuperato qualche video di sorveglianza dove faccio fuori un bestione a mani nude da far circolare su extranet. Sai com’è, pubblicità.»
«Interessante, ma non è questo il motivo per cui mi hai chiamata vero?»
«No infatti.» Rebekha inviò alla drell i dati ottenuti dal computer, aggiornandola brevemente sugli eventi accaduti.
«Curioso» commentò Quilla «ho appena congedato un turian con dei file interessanti su un gruppo noto come Adoratori delle Antiche Macchine. Il simbolo che li identifica era lo stesso che mi hai appena mandato.»
«Perfetto! Riusciresti a dirmi di più?»
«Dammi qualche ora, ma fai attenzione. Questa setta ha membri anche tra i rappresentanti politici, scegli con cura le persone con cui condividere queste informazioni.»
«Capisco, farò attenzione.»
«E non caricare quei video su extranet! Potrebbero venirti a cercare.»
«Va bene» sbuffò Rebekha. Tanto lavoro per niente.
«Ti chiamo appena ho i dati. A presto»
«A presto»
 
 
(*) non è nulla di trascendentale, Rebekha ha solo usato deformazione sul bruto. Vedere il codex per approfondimenti.

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Capitolo 5
*** Uriyah ***


Cintura di Asteroidi, Sistema Tikkun, 2246 EC

La MSV Aster era arrivata nel punto di rendez-vous da meno di mezz’ora quando l’intercom della cabina del capitano suonò.
«Capitano Anderson, l’ammiraglio Waem chiede il permesso di attraccare» annunciò Taylor.
«Concesso. Informa il sottotenente Vega, ci vediamo nella sala briefing tra cinque minuti.»
«Subito capitano.»

L’ammiraglio Waem entrò rapidamente nella fregata umana assieme a due suoi uomini, dove venne accolta dal giovane pilota.
«Il capitano mi ha incaricato di scortarvi alla sala briefing» annunciò Taylor, facendo il saluto «Seguitemi.»
Con un cenno di assenso, i quarian seguirono l’umano.
«Questa nave è davvero notevole» commentò uno dei quarian, osservando con interesse la sala tattica.
«È una fregata molto avanzata, degna di uno spettro» rispose Taylor «l’umanità va molto fiera dei successi del Capitano Anderson.»
«Ciò che ci si aspetta da qualcuno che si chiama Anderson» commentò lo stesso quarian. Taylor strinse le labbra.
«Con tutto il rispetto» rispose «ma il capitano Anderson si è guadagnato il suo posto lavorando duramente e dimostrando a tutti le sue capacità.»
«Ah certo, non intendevo…» si scusò il quarian, poco prima che Taylor aprisse la porta della sala briefing.
«Siamo arrivati.»

Ed e Michelle li stavano già attendendo all’interno.
«Ammiraglio Waem, benvenuta a bordo della SSV Aster» salutò Ed, notando che questa volta tutti e tre i quarian erano totalmente coperti dalla tuta ambientale.
«Grazie capitano Anderson. Immagino abbiate già conosciuto Nitor vas Rannoch, della sezione ingegneri» disse la quarian, accennando a uno dei suoi uomini.
«Brevemente» rispose Ed, mentre Nitor faceva il saluto.
«Vi presento dunque il tenente Yur’Heemos vas Rannoch» aggiunse, accennando al quarian che poco prima Taylor aveva ripreso, ora anche lui sull’attenti.
«Molto piacere, tenente. Permettetemi di presentarvi i miei uomini dunque. Il mio pilota, il tenente Alexander Taylor…» disse Ed, accennando ad Alex.
«Piacere di conoscervi!» salutò Alex, sull’attenti.
«… e il sottotenente Michelle Vega» concluse accennando a Michelle, che salutò senza dire nulla.
«Molto bene, ora che le presentazioni sono concluse è il caso di discutere della missione. Nitor?»
«Si, signora» rispose Nitor, facendosi avanti ed armeggiando brevemente con il suo factotum «abbiamo già provveduto a fare una scansione accurata del planetoide. Le sto inviando i dati dello scanner e del LADAR, capitano.»
Alex verificò le parole del quarian al terminale della sala briefing. L’immagine olografica di Uriyah apparve, in scala.
«Molto bene, dov’è il nostro obiettivo?» chiese Ed.
«Qui, signore, dove lo scanner ha rilevato una concentrazione di esseri viventi» rispose il quarian, indicando un punto su cui Alex zoomò.
Ed si grattò la corta barba nera, osservando attentamente l’immagine che aveva davanti. «Possiamo stabilire a grandi linee quanti sono?»
«Dalle informazioni in nostro possesso, almeno una sessantina di elementi» rispose l’ammiraglio Waem.
«Sessanta! Va bene, cosa sapete dirmi di queste creature?» Ed ebbe difficoltà a mantenere un contegno.
«Non sono particolarmente forti. Un colpo di fucile a pompa ben assestato è sufficiente. La loro forza sta nella velocità e, soprattutto, nel numero.»
«Capisco.»
«Non è tutto» intervenne Nitor «lo scanner a lungo raggio ha individuato l’ingresso a una struttura sotterranea, proprio in mezzo a quelle creature.»
«La nostra missione è recuperare informazioni su questi mutanti, quella struttura potrebbe avercele» osservò l’ammiraglio Waem.
Ed fissò i puntini luminosi che indicavano quei mostri sulla mappa per alcuni minuti, in silenzio.
«Avrei un piano» disse infine, rivolgendosi all’ammiraglio «è semplice, ma mi sembra la soluzione migliore. Sempre se non ne avete già uno.»
«Vi ascolto.»
«Ci divideremo in due squadre. La prima farà da diversivo mentre la seconda si occuperà d’infiltrarsi nella struttura.»
«Come pensate di attirarli precisamente?»
«Abbiamo un veicolo adeguato. È abbastanza veloce e armato. Il signor Taylor è molto abile nel pilotarlo.»
«Molto bene. Come pensa di dividere le squadre.»
«Taylor e i suoi due uomini per la squadra esca, io, lei e Vega nella squadra d’infiltrazione.»
La quarian sembrò pensarci un attimo. «Secondo quale criterio ha scelto le squadre?»
«Il sottotenente Vega è un’aggiunta recente alla squadra, per cui vorrei osservare il suo comportamento in missione. Inoltre, ammiraglio, immagino sia interessata quanto me ad entrare in quella struttura di persona e potremmo aver bisogno di qualcuno con conoscenze tecnologiche là sotto. Un geth per esempio.»
«Faremo come dice lei, allora» concluse, posando una mano sul fianco.
«Posso contare sull’abilità dei suoi uomini?»
«Il tenente Heemos è uno dei nostri cecchini migliori e l’ingegnere Rel’hon potrebbe smontare la sua navetta e rimontarla in un’ora.»
«Mi fido delle sue parole.» A Ed sfuggì un sorriso.
«Se è d’accordo, lascerei a Nitor e a lei il comando delle due squadre.»
«Ne è sicura, ammiraglio? Il suo grado è superiore al mio.»
«Non so quanto i gradi quarian e umani possano sovrapporsi, capitano, ma è evidente che dei due lei è quello con più esperienza.» (*)
«E sia. Atterreremo tra venti minuti, qui, a 3 km dalla destinazione» concluse Ed, indicando il punto della mappa «fatevi trovare pronti.»
 
Uriyah, Cintura di Asteroidi, Sistema Tikkun, 2246 EC

Ed, Michelle e l’ammiraglio Waem scesero dal veicolo, su cui rimasero solo Alex e i due quarian.
«Vega, vieni con me» ordinò Ed, facendo cenno ai rilievi che si frapponevano tra loro e l’obiettivo della missione «Faremo una breve ricognizione.»
«Si signore.»
Uriyah era un asteroide abbastanza grosso da poter essere considerato un pianeta nano. L’atmosfera quasi inesistente e la temperatura di -33°C lo rendevano però del tutto inabitabile, ma comunque buono per delle strutture estrattive, in quanto ricco di eezo. Un’altra difficoltà era rappresentata dalla bassa gravità, circa il 16% di quella terrestre, che richiedeva particolare cautela con le armi da fuoco.
«Trovato qualcosa?» chiese Ed alla sua sottoposta, mentre regolava lo zoom del visore del suo casco.
«Cosa… cosa sono quei cosi?» chiese Michelle quasi schifata. Delle creature umanoidi dalla pelle grigia e nera si aggiravano come zombie a pochi chilometri da lì.
«Mutanti. La nostra missione è trovare un ingresso a una base sotterranea, entrarci e raccogliere informazioni» puntualizzò Ed, che non aveva dimenticato le note di cattiva condotta sul file di Michelle.
«Credo di aver trovato l’ingresso. È circondato.»
Ed guardò nella stessa direzione di Michelle e la trovò, una struttura circolare alta mezzo metro circa che affondava nel terreno roccioso.
«Trasmetti le coordinate a tutti. Entreremo in azione tra dieci minuti esatti.»
 
L’ M-72 Mongoose, il veicolo da trasporto fanteria in loro possesso, era il diretto discendente dell’ M-44 Hammerhead, con diverse migliorie, tra cui una migliore resistenza alle temperature estreme, un cannone singolo che può ruotare orizzontalmente e una capacità minima di viaggio iperluce che la rendevano adatta anche agli sbarchi planetari. Nonostante non fosse l’ultimo modello disponibile, il tenente Alexander Taylor lo aveva richiesto specificatamente, poiché particolarmente adatto al suo stile di guida che faceva uso dei suoi poteri biotici come ausilio.
Ed ricordava ancora molto bene quando, tre anni prima, aveva deciso di assistere agli esami finali dei piloti dell’Accademia, su insistenza di un suo superiore. Le reclute erano tutte promettenti, tuttavia la commissione voleva bocciare il cadetto Taylor, in quanto aveva usato i suoi poteri biotici durante le manovre. A Ed sembrò assurdo. Possedeva anche lui poteri biotici ed era fermamente convinto che fossero un dono e una risorsa da sfruttare. Inoltre, l’uso che ne faceva Taylor derivava da un attento studio del velivolo che maneggiava, tutt’altro sconsiderato come continuavano a ripetere alcuni pomposi membri della commissione.
Non solo Ed aveva insistito affinché Alexander Taylor fosse promosso ma anche chiese espressamente che fosse assegnato alla MSV Aster. Pensava che quel giovane così ingegnoso meritasse una possibilità e mai, in quei tre anni fianco a fianco, Alex gli aveva mai dimostrato di essersi sbagliato. Per questo non disse molto quando ripartì, assieme ai due quarian, sapeva di potersi fidare.

Ed ricontrollò le sue armi, una mitragliatrice Tempest e un fucile Eviscerator, scegliendo d’imbracciare quest’ultimo. Michelle lo seguiva, pistola Suppressor in mano e un fucile Widow fissato sulla schiena. Fu la scelta delle armi dell’ammiraglio Waem, anzi Neela Waem come insistette per farsi chiamare, a lasciare tutti basiti: oltre a una mitragliatrice al plasma, la giovane quarian aveva con sé un lanciagranate.
«Non sai mai quando può servirti un lanciagranate» commentò con tono divertito e a Ed sfuggì un altro sorriso.
Avanzarono sul suolo roccioso, oltre le alture ma tenendosi a debita distanza. Il Mongoose fece una curva ampia, per poi sfrecciare in mezzo ai mutanti, tranciandone alcuni e attirando l’attenzione degli altri. Come membri di un unico branco, buona parte dei mutanti inseguì il Mongoose, il cui cannone iniziò ben presto a far fuoco.
Non tutti i mutanti si erano dati all’inseguimento però, la metà rimase presso l’ingresso, un po' troppi rispetto a quello che Ed si aspettava. Osservò brevemente i dintorni, si trovavano a circa un chilometro dalla destinazione e oltre alle alture alle loro spalle, non c’era alcun riparo.
«Vega, fuoco di copertura da qui. Sorveglia la zona mentre siamo dentro, voglio essere aggiornato su ogni granello di polvere che si muove.»
«Si, signore» rispose Michelle, assicurando la pistola ed estraendo il fucile da cecchino.
«Waem, dentro con me, vado avanti io.»
«Ti seguo.»

Grazie ai suoi poteri biotici, Ed concentrò un campo di forza attorno alle gambe e puntò il nemico più vicino, caricandolo. In pochi minuti, il mutante era a terra, lontano da dove si trovava prima, un ammasso di materia spappolata. Al secondo e al terzo non andò meglio, trovandosi di punto in bianco il fucile di Ed alla testa, che non lasciò molto di loro. Ne lanciò in aria altri due prima che Neela lo raggiungesse.
«Capitano, l’obiettivo è davanti a lei, dobbiamo avanzare!» le disse attraverso il comunicatore del casco, mentre scaricava una raffica di proiettili ai mutanti più vicini.
«Ricevuto» rispose, mentre un paio di mutanti accanto a lui venivano seccati dai proiettili di Michelle.
«Capitano, abbiamo un problema» annunciò la voce di Nitor «i mutanti sembrano aver perso interesse e stanno tornando indietro. Il tenente Heemos se ne sta occupando ma aspettatevi comunque un’altra decina almeno entro pochi minuti.»
«Dannazione. Sbrighiamoci Waem, Vega dovrai occuparti anche dei nuovi arrivati in nostra assenza» ordinò Ed, creando un campo di forza che sollevò i pochi nemici che si frapponevano tra lui e l’ingresso.
«Permette, Capitano?» chiese Neela, indicando i controlli d’apertura «Haueal ci metterà un attimo.»
«E chi sarebbe Haueal?» chiese Ed, sparando ad un altro mutante.
«Il mio geth.»
«Giusto. Domanda sciocca. Quindi quant’è un attimo per Haueal?»
«Adesso.»
Ci fu un rumore metallico, quindi il portellone si aprì, lasciando il posto alla piattaforma di un ascensore.

«Scendiamo, presto!» disse Ed, salendoci sopra, imitato da Neela subito dopo. Dovettero liberarsi di qualche altro mutante, prima che il portellone sopra di loro si chiudesse.
«Haueal non trova segni vitali» lo informò Neela, mentre l’ascensore si fermava con un cigolio davanti a una porta.
«Brutto segno» rifletté, precedendo la quarian nella struttura.
La struttura comprendeva quattro stanze ampie e luminose, adibite a laboratorio, più due più piccole, adibite ad alloggio e mensa per gli scienziati che vi lavoravano.
Neela si diresse a passo sicuro verso la prima postazione computer che trovò, mettendo immediatamente al lavoro Haueal. Il primo laboratorio appunto, dove Neela si era fermata, sembrava dedicato alla raccolta e all'elaborazione di dati di qualunque cosa stessero ricercando, con alcune postazioni informatiche ma soprattutto i server, che il geth di Neela stava già esaminando.
Ed però non si fermò lì ma proseguì. Dai posti letto disponibili, dedusse che lì lavoravano una decina dieci scienziati, ma non seppe dire altro. Il secondo laboratorio era diviso in due parti, quella accessibile dall’ingresso, che conteneva banchi da lavoro con microscopi e vetrini, e l’altra separata da un vetro elettrificato e una porta a tenuta stagna, dove Ed individuò tre di quei spuntoni che l’ammiraglio Zorah aveva chiamato “denti di drago”.

Non va bene. Non va bene per niente.

I quarian avevano ragione, qualcuno stava riproducendo le armate dei razziatori. Ma com’era possibile? Il Comandante Shepard aveva sacrificato la sua umanità per diventare la mente dei razziatori e allontanarli dalla Galassia, o così aveva comunicato a tutti, prima di dirigersi nello Spazio Oscuro assieme alla Cittadella e a quelle macchine terrificanti. Se anche fossero degli elementi rimasti indietro, quei mutanti non avrebbero dovuto possedere nessun tipo di raziocinio o essere comunque inermi.

Potrebbe essere tornato. Magari è giunto alla stessa conclusione dei razziatori, cioè che le forme di vita superiori vadano periodicamente eliminate, prima di una guerra tra una razza sintetica e organica.

 Quel pensiero, per un attimo, gli gelò il sangue nelle vene. Era davvero finita? L’ultima guerra con i razziatori aveva eliminato più di un quarto degli organici della Galassia e questa volta non c’era nessun Shepard a salvarli. Costruire un congegno come il Crucibolo non aveva senso, non essendoci la Cittadella a fare da catalizzatore, sarebbe stata soltanto una lunga e inesorabile carneficina.

Non ha senso, realizzò, non c’è nessuna guerra tra organici e sintetici. Quarian e geth vivono in pace. Tutti vivono in relativa pace, dalla fine della ricostruzione.

Decise di rimandare quelle congetture a dopo e proseguire nella stanza successiva. Non aveva tempo da perdere.
Ciò che saltava all’occhio nel terzo laboratorio erano delle capsule cilindriche che a Ed ricordavano molto dei sistemi di contenimento. La più piccola, poggiata su un banco da lavoro, era alta meno di mezzo metro mentre la più grande troneggiava al centro della stanza e ne superava i due. Erano tutte vuote e nessuna di queste portava marchi di produttori conosciuti.

L’ultimo laboratorio, realizzò Ed, non era affatto un laboratorio ma una prigione, con sei celle ai due lati maggiori della stanza. Per scrupolo le controllò e trovò cinque di esse vuote. Nell’ultima però trovò qualcosa, i resti di quattro tute ambientali quarian, lacerate in più punti.
«Waem, raggiungimi al quarto laboratorio. C’è una cosa che devi vedere.»
Neela raggiunse Ed pochi minuti dopo.
«Che succede?»
«Ho trovato ciò che resta della tua squadra di ricognizione.»
«Cosa?! Oh Keelah… sono le loro tute.»
«Credo li abbiano trasformati in mutanti. Mi dispiace.»
«Dobbiamo trovare i responsabili.»
«Lo faremo, ma prima lasciamo questo posto. A che punto è il tuo geth?»

Neela non ebbe il tempo di rispondere che un acuto rumore metallico arrivò alle loro orecchie, annunciando la messa in funzione dell’ascensore. Ed imbracciò il fucile e fece cenno alla quarian di seguirlo all’ingresso.
Ed era già pronto ad usare i suoi poteri biotici quando la sagoma di Michelle Vega varcò la porta.
«Vega? Che cosa diavolo ci fai qui? I tuoi ordini erano di sorvegliare l’area dalla distanza!»
«Non si preoccupi capitano! Me ne sono già liberata.»
«Cosa?»
«Ho eliminato i mutanti superstiti, signore! Ho pensato di contribuire alle ricerche qui.»
«Ti rendi conto di aver disubbidito a un ordine di un superiore, vero?»
Michelle non rispose e Ed non poté intuire la sua espressione, avendo il volto coperto dal casco. Non ci fu però il tempo per le risposte poiché la terra prese a tremare all'improvviso.
«Capitano, mi sente? Abbiamo un problema e questa volta è decisamente grosso.»
«Ti sento. Cosa diavolo sta succedendo?»
«Mutanti, signore. Almeno una trentina, diretti verso di voi.»
«Non è possibile» esclamò Michelle «ho appena sgomberato l’area dai mutanti!»
«Perché lo scanner non li ha individuati?» chiese Ed.
«Perché non c’erano, signore. Sono arrivati dall’orbita.»
«Merda. A che punto è il tuo geth, Waem?»
«Ha finito, capitano.»
«Molto bene, signori. Ritirata! Taylor, la nave.»
«Si, signore. Vi stiamo aspettando fuori!»

Ed, Neela e Michelle salirono, trovando la Mangoose ad attenderli. Salirono tutti a bordo del veicolo, ma ormai i mutanti erano troppo vicini. Inaspettatamente, fu Neela a risolvere la situazione con il suo lanciagranate, che fece saltare in aria i primi quattro mutanti, dando tempo a Taylor per partire.
«Avevo detto che un lanciagranate sarebbe servito» concluse Neela con tono divertito mentre il Mangoose planava nell’hangar dell’Aster.



 


(*) ci tengo a ricordare che nella società quarian del tempo, il titolo di ammiraglio ha principalmente una connotazione politica. Ciò non vale, ovviamente, per gli ammiragli dell’Alleanza.

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Capitolo 6
*** Palaven ***


Blue Hollow, Cipritine, 2246 EC

Il locale era gremito di persone a quell’ora, soprattutto turian, anche se non si poteva certo dire che le altre specie mancassero. Selius si guardò attorno con attenzione, fatta eccezione per le brevi occhiate che lanciava all’orologio del factotum. La drell era in ritardo di almeno un’ora. I ritardi lo irritavano, ma non sapeva dire se era sempre stato così o stava semplicemente diventando vecchio.
Mentre quei pensieri facevano il loro corso nella sua mente, la porta del locale si socchiuse e Quilla entrò, dirigendosi a passo rapido non appena lo individuò, seduto al suo tavolino.
«Mi rendo conto di avervi fatto aspettare, me ne scuso» esordì, una volta preso posto sulla sedia davanti a lui.
«Spero ci sia un buon motivo…»
«Un buonissimo motivo. Mentre il mio capo recuperava le informazioni che avete chiesto, ho dato un’occhiata a quelle che mi avete fornito.»
«E…?»
La cameriera del locale li interruppe, chiedendo se avessero già provveduto a ordinare da bere dal terminale al loro tavolo. Selius si spazientì ma, per fortuna, Quilla rispose per entrambi con un molto educato “Mi dispiace, sono appena arrivata e non ho ancora scelto”. La cameriera si allontanò senza dir nulla.
«Prima le informazioni che avete chiesto» disse Quilla, scorrendo l’elenco delle bevande e selezionandone una analcolica «Il vostro amico Quivius lavora come agente sotto copertura.»
«Dove?» chiese Selius, selezionando invece qualcosa di più forte nel terminale delle bevande.
«Noveria.»
«Noveria?» Selius iniziava a capire perché il suo amico fosse in pericolo. Dopo la dipartita dei Razziatori, le grandi Corporazioni non ci misero poi molto a riprendersi, inclusa la Corporazione per lo Sviluppo di Noveria, che dopo pochi decenni mise nuovamente a disposizione i suoi laboratori di ricerca a chiunque avesse abbastanza soldi per permetterselo. In breve, Noveria era tornata ad essere il posto legalmente più pericoloso della Galassia. Certe cose non cambiano mai, uh?
«I dettagli sono tutti nel vostro factotum.»
La stessa cameriera di prima arrivò con le bevande che avevano ordinato, le posò davanti a loro in silenzio e Quilla la ringraziò.
«Molto bene. Ora immagino mi spiegherete il motivo per siete arrivata in ritardo.»
La drell chiuse gli occhi qualche istante, quindi gli fece cenno con la mano di avvicinarsi. Selius si sporse verso di lei, le teste abbastanza vicine da potersi sussurrare all’orecchio.
«Scusate l’intromissione, per favore reggetemi il gioco» bisbigliò Quilla, posando la mano sulla sua. Selius si lasciò sfuggire un sospiro. Non siamo un po' vecchi per fingerci una coppietta?
«Se serve a tenere lontane orecchie indiscrete…» mormorò, intrecciando le dita con quelle della drell.
«Ho esaminato i file che mi avete mandato, uno per uno. Non vi dirò le congetture che ho fatto, mi limito ad esporvi le informazioni che ho ottenuto. Circa il quaranta per cento delle personalità di spicco, segnate come membri di questa setta sono morti per cause naturali
«E questo toglie valore alle informazioni che vi ho portato?»
«Affatto, soprattutto in relazione al secondo dato che ho ottenuto. Il cento per cento delle persone presenti nei file audio e video ma non elencate nella lista dei membri sono morte o scomparse.»
Involontariamente, Selius strinse convulsamente la presa sulla mano della drell. «State dicendo…»
«Traete voi le vostre conclusioni» lo interruppe, rimettendosi seduta e lasciandogli la mano «Volevo solo farvi capire a cosa andate incontro.»
Selius bevve alcuni sorsi del suo drink, quindi cercò le informazioni che Quilla le aveva mandato. Un dato particolare gli saltò all’occhio, ovvero il nome dell’azienda in cui il suo amico si era infiltrato: la Typhoon Tecnologies.
La Typhoon Tecnologies era una corporazione nata pochi anni dopo la guerra contro i Razziatori e faceva dell’inclusività il suo slogan. “Non importa chi tu sia o da dove provenga, se hai una buona idea la Typhoon Tecnologies ti accoglierà a braccia aperte” diceva una suadente asari, più o meno in metà dei cartelloni pubblicitari del distretto commerciale. La loro produzione comprendeva molti settori, spaziando dagli elettrodomestici all’industria bellica, dalla bioingegneria all’industria aerospaziale. Riusciva a comprenderne l’attrattiva, soprattutto per i più giovani, ma perché mai la Gererchia Turian avrebbe dovuto mandare un agente sotto copertura su Noveria? Spionaggio industriale o meno, non era certo compito del governo di Palaven indagare.
Amenochè…
«Mi faccia indovinare. Il mio amico non è stato l’unico, vero?» chiese, fisando insistentemente il contenuto del bicchiere.
Quilla sorrise. «Vedo che siamo arrivati alle stesse conclusioni.»
«La Gerarchia Turian è uno dei governi più rigidi e selettivi. Il nostro sistema è fatto in modo tale che favoreggiamenti e corruzione non esistano.»
«Mi sembrate abbastanza intelligente da rispondervi da solo.»
Selius fissò Quilla, che non aveva perso il suo sorriso. Gli occhi della drell erano però spenti e freddi.
No, non possono essere ovunque.
«Quindi questi Adoratori-» mormorò, ma venne interrotto.
«Non ne ho le prove ora. Ci vorrà un bel po' ma posso controllare. Fino ad allora vi suggerisco di non parlarne ad alta voce.»
«Ne parlate come se sapeste già cosa voglio fare.»
Quilla rise di gusto, lasciando Selius spiazzato.
«Perdonatemi, ma non siete poi così difficile da leggere, Victrilius. Senza contare che non sareste certo venuto da me in primo luogo se non aveste avuto l’intenzione di agire.»
«Perspicace. Intendete dunque aiutarmi? Magari fornendomi i mezzi per fare breccia nella sicurezza di Noveria…?»
«Potrei farlo» la drell tornò seria «avrei un favore da chiedervi, però. Dopotutto le informazioni costano…»
«Parlate.»
«Ho motivo di credere che qualcun’altro sia arrivato alle nostre stesse conclusioni. Una mia amica avvezza ai gesti avventati. La riconoscerete sicuramente, è un’asari dal colore di pelle inusuale.»
«Perché non la controllate voi stessa?»
«Non credo gradirebbe una mia intromissione, in più, dato il mio lavoro, non posso seguirvi su Noveria. Vi chiedo solo di fare in modo che non si uccida.»
«Non mi sembra una richiesta eccessiva… accetto.»
«Molto bene, mi metto al lavoro» Quilla finì la sua bevanda e si alzò «Non contattatemi per nessuna ragione, lo farò io a tempo debito. Il drink è offerto dall’Ombra.»
«Va bene» rispose, facendo un cenno d’assenso con il capo. Quilla uscì dal locale.
Selius si perse nuovamente nei suoi pensieri. Possibile che questi Adoratori delle Antiche Macchine fossero veramente ovunque, in tutti gli strati della società? Veneravano veramente i Razziatori come suggeriva il nome o c’era dell’altro? Ma soprattutto, che ruolo aveva la Typhoon Tecnologies?
Svuotò il contenuto del bicchiere in un sorso e si alzò, imboccando l’uscita del locale.
Credo che avrò bisogno ancora di qualche giorno di malattia.

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Capitolo 7
*** Noveria pt.1 ***


Sala principale del Palazzo dei Clan, Urdnot, Tuchanka 2246 EC

«Problematico» disse l’ambasciatore Jehort Solus, osservando con preoccupazione l’immagine del Razziatore stilizzato.
«Mordin, i tuoi uomini non sono riusciti a recuperare altro dal computer nel bunker?» chiese Urdnot Bakara alla figlia.
«Non molto, madre, solo lunghe liste di dati raccolti totalmente privi di contesto. Non ci resta che aspettare che il contatto di T’Soni Rebekha ci dica di più.»
Sei paia di occhi fissarono contemporaneamente Rebekha, che si limitò a fare spallucce.
«Se Quilla ci sta mettendo tanto è per una buona ragione, non preoccupatevi. Piuttosto, avrei qualcosa da chiedere a Urdnot Wrex e Urdnot Grunt. Così passiamo il tempo mentre aspettiamo.»
«Cosa vuoi sapere, piccola Pyjak?» le chiese Wrex.
«Sto cercando mio padre e mia madre si rifiuta di dirmi chi sia. Non è che per caso… avete “abbracciato l’eternità” assieme a lei?»
I due Krogan si guardarono brevemente prima di scoppiare in una fragorosa risata.
«Bastava un no…» disse stizzita l’asari.
«Ahah scusaci piccola Pyjak, solo che ahahahah»
«No, niente asari per me. Senza offesa» rispose Grunt, che aveva smesso di ridere molto prima di Wrex.
«Liara ahah no, no per niente ahah»
«E immagino non abbiate idea di chi possa essere? Non ditemi che mio padre è il comandante Shepard…»
«Nah… Shepard era fissato con la quarian» le rispose Grunt «il suo odore cambiava drasticamente quando visitava la sala macchine. Eh eh eh»
«Capisco.»
«C’era qualcuno, però» intervenne Bakara.
«Uh?» Wrex guardò la compagna, confuso.
«Si, passava molto tempo con quel prothean…»
«Prothean? Sono abbastanza sicura che mia madre non si sia mai data alla necrofilia.»
Wrex e Grunt scoppiarono nuovamente in una sonora risata, ma Bakara proseguì con la sua spiegazione.
«Giovane T’Soni, tua madre non ti ha mai raccontato del prothean vivo che lei e Shepard trovarono in una capsula vitale su Eden Prime?»
«No… io e mia madre non parliamo molto. Non c’era nessun prothean nell’elenco dei membri dell’equipaggio della Normandy.»
«Davvero quel Javik non c’è da nessuna parte?» chiese Wrex tornato serio.
«Non c’è nessun Javik...»

La conversazione venne interrotta dall’arrivo di un messaggio sul factotum di Rebekha.
«Il vostro contatto vi ha risposto?» chiese Zerum, che fino a quel momento era rimasto a guardare in disparte.
«Si, è lei. C’è un videomessaggio, devo farvelo vedere, dice.»
Rebekha armeggiò rapidamente con il factotum e un ologramma con le fattezze di Quilla apparve a mezz’aria.
«Buongiorno a voi, permettetemi di presentarmi» iniziò Quilla con voce pacata «Il mio nome è Quilla e sono un’agente dell’Ombra. Rebekha mi ha parlato di ciò che avete trovato su Tuchanka e chiesto aiuto in proposito. Per tale motivo, le informazioni che vi fornirò questa volta sono gratuite. Per ulteriori richieste in futuro però dovrò chiedervi un compenso, come a tutti i clienti ordinari dell’Ombra.»
«Innanzitutto, parliamo del simbolo che avete trovato. Appartiene a una setta nota con il nome di Adoratori delle Antiche Macchine. Il loro credo e/o il loro scopo è attualmente ignoto ma abbiamo la certezza che i loro membri si trovino in tutti gli strati della società, dai cittadini comuni agli alti gradi della politica. Vi consiglio di esercitare cautela già da adesso visto che, per quello che ne sappiamo, potrebbero essere tra di voi, in questa esatta stanza.»
«Veniamo agli affari. Sono riuscita ad ottenere il profilo di due scienziati su tre, dalle informazioni sugli spostamenti principalmente. Scegliete con cura le persone a cui mostrare tali informazioni. Buona giornata.»

«Non mi piace» esordì Wrex «questi adoratori puzzano di guai.»
«Già. Mi piace ancora meno quando qualcuno insinua che io sia uno di loro» aggiunse Grunt, fissando con astio il punto in cui prima si trovava l’olomessaggio di Quilla.
Rebekha ignorò i due krogan, preferendo rivolgersi a Bakara visto che le sembrava la persona più autorevole lì dentro, nonché quella con più sale in zucca.
«Quindi? Mostro o non mostro le informazioni che mi ha dato Quilla?» le disse e la krogan annuì.
«Procedete pure.»
Dopo alcuni minuti, il volto di uno scienziato hanar e di un ingegnere turian comparvero sullo schermo del computer al centro della sala, corredati di opportune informazioni personali.
«Ma che coincidenza, sono scomparsi…» osservò Rebekha, indicando la dicitura “status” di entrambi.
«Non è unica cosa in comune, giovane T’Soni» intervenne l’ambasciatore Solus «guarda impieghi passati. Lavorato per Typhoon Tecnologies, in stesso periodo.»
«Non solo nello stesso periodo» osservò Zerum «ma anche nello stesso posto, i laboratori della Typhoon su Noveria, e sono stati licenziati di recente… nello stesso giorno!»
«Sarà il caso di indagare. Non ci sono molte prove oltre a questa, ma preferirei togliermi il pensiero» intervenne Mordin.
«Mordin ha ragione» commentò Wrex «quel posto era già esageratamente losco già quando ci andammo io e Shepard, più di sessant’anni fa. Chissà che cosa si nasconde al giorno d’oggi.»
«Già. Mai dare le spalle a un potenziale nemico» aggiunse Grunt.
Jehort e Bakara si guardarono brevemente, preoccupati.
«Ufficialmente, non possiamo chiedervi né farvi fare alcunché. Non come rappresentanti politici» disse Bakara, rivolta alla figlia.
«Quindi non faremo nulla? Niente di niente?» disse Mordin, incapace di nascondere l’irritazione nella sua voce.
«Urdnot Bakara non dice questo» intervenne Jehort «Vai su Noveria se lo desideri Urdnot Mordin, non lo impediamo.»
«Se le cose dovessero mettersi male, però» riprese Bakara «non potremo aiutarvi, in nessun modo. Anzi, saremo costretti a negare ogni nostro coinvolgimento.»
«Maledetta politica» sbuffò Grunt.
«Io avrei un piano» disse Zerum, guadagnandosi l’attenzione di tutti.
«Parla, Zerum» lo esortò Mordin.
«Posso fingermi un investitore e chiedere di vedere i laboratori. Basta promettere una cifra a sei o sette zeri e mi faranno entrare.»
«Tu vuoi mandare famiglia in bancarotta, figliolo!» strillò Jehort.
«Ho detto promettere, padre, non donare. Il nome Solus non desterà sospetti in tal senso.»
«Sei sicuro giovane Solus? È una missione rischiosa.»
«Mia madre ha ragione. In più saresti quasi sempre impegnato a stordire la tua guida con le chiacchiere» osservò Mordin «Quindi verrò con te. Posso fingermi una guardia del corpo.»
«Mmmmm… una guardia krogan darebbe nell’occhio. Senza contare che non sono permesse armi dentro i laboratori.»

Mordin stava per ribattere ma Rebekha la interruppe.
«Zerum ha ragione, Mordin» disse, mentre un sorriso si allargava sul suo volto «sembra proprio una missione d’infiltrazione, sapete? Quelle di cui le cacciatrici asari sono tanto esperte. Chissà dove potreste trovare una cacciatrice asari…»
«Vieni, al sodo T’Soni» disse Mordin secca.
«Una guardia del corpo asari non provocherebbe scalpore, in più questa ex cacciatrice è stata addestrata per questo genere di missioni.»
«Ma…? Perché c’è un ma, vero?» chiese Zerum.
«Come ho detto sono un ex cacciatrice. Ora faccio la mercenaria.»
«Giusto. Beh, vorrà dire che io e Zerum bastere-»
«Non rifiutare così in fretta il supporto di qualcuno come Rebekha, Mordin» la interruppe Zerum «l’ho vista sul campo, è un ottimo elemento. In più le sue considerazioni tattiche sono corrette.»
«L’ho vista anch’io sul campo, non metto in dubbio le sue capacità. Solo che ti faccio notare che i nostri genitori hanno appena detto che non ci daranno mezzo credito.»
«Hai ragione Mordin, tuttavia possiamo supportarvi con altro» intervenne Bakara, che quindi si rivolse a Rebekha «Non possiamo pagarti in crediti ma possiamo fornirti clip termiche, un trasporto per la tua prossima destinazione e anche delle razioni alimentari se ne hai bisogno.»
Rebekha rimase un attimo in silenzio, sfregandosi i palmi delle mani con aria pensierosa.
«Considerando che sono agli inizi e che la ricompensa che mi offrite è ciò che comprerei usando i crediti… accetto.»
«Eccellente, inizio ad elaborare i dettagli del piano» disse Zerum, entusiasta.
«E sia, ma…» aggiunse Mordin «Considerazioni tattiche o meno, vengo anch’io. Sono una krogan, non ho bisogno di un fucile per uccidere.»

Port Hanshan, Noveria, 2246 EC

«Benvenuto su Noveria, signor…?» chiese il turian che li accolse, lo stemma grigio e verde della Controllo Rischi Elanus ben visibile sull’uniforme scura.
«Jaron Solus» rispose Zerum, aggiustandosi il completo elegante che indossava per l’occasione.
«Benvenuto signor Solus, la stavamo aspettando» riprese la guardia «tuttavia devo chiedere alle sue accompagnatrici di consegnarmi tutte le armi.»
Alle spalle di Zerum, Rebekha e Mordin erano ferme a braccia conserte. Indossavano entrambe un’armatura grigio scuro adeguata alla rispettiva razza, nel tentativo di sembrare due guardie del corpo.
«Queste non sono semplici accompagnatrici, sono la mia scorta armata. Non potreste fare un’eccezione?»
«Mi dispiace signore, le armi non sono ammesse su Noveria, garantiremo noi per la sua incolumità» ribadì la guardia, indicando lo stemma sul braccio.
«E sia. Se mi capiterà qualcosa vi riterrò direttamente responsabili.»

Lasciate le armi all’ingresso, i tre arrivarono alla piazza della città.
Città è una parola grossa, pensò Rebekha, guardando aldilà del pesante vetro, dove l’ennesima bufera di neve bloccava la visuale.
Noveria è sempre stato un pianeta inospitale, troppo distante dalla minuscola stella rossa attorno a cui orbita, troppo freddo e con decisamente troppe precipitazioni. Port Hanshan, che era indicata come la capitale di Noveria, era di fatto un basso e ampio edificio squadrato, di certo molto lontano dal concetto comune di città. Non che la Corporazione per lo Sviluppo di Noveria intendesse abitare il pianeta, ovviamente, si era limitata a costruire grossi laboratori qua e là tra le montagne e a darli in affitto a qualunque compagnia volesse sperimentare in segreto, godendo della lontananza del Consiglio e delle sue regolamentazioni sulla ricerca. Non c’era da stupirsi se su extranet circolavano le teorie e i complotti più bislacchi.
«Signor Solus, benvenuto» li accolse un’affascinante asari non appena misero piede nella piazza «Il mio nome è Tasha Calis e sarò la vostra guida per questa giornata. Prego, vogliate seguirmi.»

Il passato aveva uno strano modo di prendersi gioco di Rebekha.Quel giorno, ironia della sorte, aveva deciso di riportarla davanti a uno dei membri del gruppetto di bulle che fino a vent’anni prima, quando andava a scuola, non avevano fatto altro che prenderla in giro, deriderla.
Rebekha non andava particolarmente bene a scuola, tranne forse nelle lezioni di biotica, e aveva un aspetto strano, con quella carnagione color menta che virava naturalmente al verde acqua sullo scalpo.  Erano motivi sufficienti per essere presa in giro, certo, ma la sua colpa più grande era quella di essere sola. Per qualche ragione, non aveva legato con nessuno in particolare, diventando immediatamente il bersaglio preferito dei bulli. Così i corridoi della scuola si riempivano di bisbigli e risolini al suo passaggio e le pause pranzo a digiuno (perché “faccia sbiadita” non aveva bisogno di mangiare) erano sfide per tenersi lontana dai guai. Sua madre non sapeva nulla, troppo impegnata nel suo lavoro di Ombra, e lei non le aveva detto niente. L’unica a cui raccontava ogni cosa era Quilla, che cercava di tirarla su di morale come meglio poteva, incapace di intervenire direttamente in una scuola asari.
Erano passati vent’anni e lei non era più fragile e indifesa. Aveva avuto il tempo di superare la cosa, grazie soprattutto all’addestramento da cacciatrice che aveva ricevuto su Thessia. Gli scontri, sia armati sia corpo a corpo, si erano rivelati l’antistress perfetto. Tuttavia, rifletté, forse poteva sfruttare la situazione a suo vantaggio e sgusciare via senza destare sospetti.

Così, mentre prendevano posto sulla navetta che li avrebbe portati alla Vetta 17, dove si trovavano i laboratori della Typhoon Tecnologies, finse di sentirsi a disagio. Fece scorrere lo sguardo sulle pareti della navetta, cercando di non incrociare quello di Tasha, si stropicciò le mani fingendo imbarazzo e irrequietudine. Sapeva che Tasha l’aveva riconosciuta e la stava osservando.
Così, non appena entrarono nei laboratori, mentre Zerum riempiva di domande Tasha, mormorò a Mordin un “vado a cercare il bagno” e sgattaiolò via.
«Che fine ha fatto l’altra vostra guardia del corpo, signor Solus?» chiese Tasha con finto stupore alcuni minuti dopo.
«La mia collega non si è sentita bene. È andata in bagno.»
«È così difficile trovare guardie del corpo competenti ultimamente…» si lamentò Zerum.
«Sembrava un pochino sopraffatta…» osservò Tasha, mentre cercava di nascondere un’espressione stranamente soddisfatta che a Mordin non sfuggì.
«Beh, al suo ritorno le farò sapere che la sua paga è dimezzata! Non la pago per farsi sopraffare. Vogliamo continuare, signorina Calis?»
«Certo. Da questa parte, prego.»
Alcuni metri più in là, un inserviente indicava a Rebekha il bagno, l’unico luogo in cui la sorveglianza aveva dei punti ciechi. L’asari entrò in un cubicolo, dove la telecamera di videosorveglianza non poteva guardare e alzò gli occhi sul suo obiettivo, posto sul soffitto: il condotto di aerazione.

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Capitolo 8
*** Tikkun ***


Cintura d’Asteroidi, Sistema Tikkun, 2246 EC

Conclusasi la missione su Uriyah e preso le distanze dall’asteroide, Ed aveva fatto appena in tempo a togliersi la corazza e cambiare la fasciatura sul braccio che la voce allegra di Taylor lo raggiunse attraverso l’intercom della sua cabina.
«Capitano, una chiamata urgente dall’ammiraglio Vega. Richiede anche la presenza dell’ammiraglio Waem.»
«Passalo in sala briefing» disse, abbottonandosi l’uniforme da ufficiale e uscendo alla ricerca della quarian.
 

«Ammiraglio Vega» disse Ed facendo il saluto non appena l’immagine tridimensionale del suo superiore apparve.
«Capitano Anderson. Vedo che è in compagnia dell’ammiraglio Waem come le avevo richiesto» osservò, notando la quarian alle sue spalle.
«Si, signore.»
«Ammiraglio Vega» disse Neela facendo qualche passo avanti e imitando il saluto che Ed aveva appena fatto «Posso chiedervi perché sono qui?»
«Non appena l’ammiraglio Tali Zorah ci raggiungerà vi spiegheremo la situazione. Deve contattare una sua vecchia conoscenza, ma non ci vorrà molto.»
«Pensavo di dover fare rapporto, signore» aggiunse Ed.
«La situazione è più complessa di quanto ci aspettassimo, capitano.»
«Capitano! Mi dispiace interromperla, ma ha due chiamate in arrivo» li interruppe la voce di Taylor all’intercom «Una viene da Rannoch, ma l’altra è criptata.»
«Passamele entrambe qui.»
«Subito!»
L’ologramma di due figure femminili apparve accanto a quello dell’ammiraglio Vega. Una di queste, come si può immaginare, era Tali Zorah. La seconda era un’asari molto bella, dalla carnagione blu e gli occhi dello stesso colore.
«Perdonate l’attesa» esordì Tali.
«Nessun problema ammiraglio Zorah, abbiamo appena cominciato.»
«Molto bene. Ammiragli, Capitano, vi presento la dottoressa Liara T’Soni, cara amica e agente dell’Ombra.»
«Molto piacere» disse l’asari, facendo scorrere lo sguardo gentile sui presenti.
«Liara, questi sono il Capitano Edward Anderson, l’Ammiraglio Neela Waem e l’Ammiraglio Markus Vega» proseguì la quarian.
«Molto piacere» disse Neela mentre Ed si limitò ad un cenno del capo. L’ammiraglio Vega stava per dire qualcosa, ma venne anticipato dall’asari stessa.
«Markus Vega? Per la Dea, sei il piccolo Markus!»
«Ehm! Perdonatemi dottoressa T’Soni, ma non credo di conoscervi» disse l’anziano ammiraglio, cercando di nascondere l’imbarazzo.
«No, certo, l’ultima volta che sono andata a trovare James e Ashley eri molto piccolo. Come stanno?»
«Si godono la pensione.»
«Porta loro i miei più cari saluti, appena possibile.»
«Certamente. Possiamo procedere?»
«Sicuramente faremmo meglio ad ascoltare cos’hanno da raccontarci i nostri sottoposti, Ammiraglio Vega» intervenne Tali, con tono pacato.
«Concordo. Capitano Anderson, procedete.»
A turno, prima Ed e poi Neela fecero rapporto, raccontando nel dettaglio ciò che era accaduto su Uriyah e cosa avevano trovato nella base. Ed omise volutamente qualunque dettaglio sul comportamento di Michelle, voleva prima parlarne con la sua sottoposta.
«Se me lo permettete, il mio geth può farvi avere le informazioni contenute nei server» disse Neela, concludendo il suo resoconto «dice che le ha già parzialmente elaborate, sono perlopiù dati biometrici di alcune cavie. I dati restanti sono corrotti e hanno bisogno di più tempo per essere recuperati.»
«Se permetti ammiraglio Waem, vorrei avere quei dati, corrotti e non» intervenne Liara.
Neela guardò brevemente Tali Zorah e ad un cenno d’assenso di questa rispose affermativamente.
«Credo sia il mio turno di mettervi al corrente della situazione» disse l’asari «ascoltate con attenzione, perché per ragioni di sicurezza mia e vostra non mi ripeterò.»
Liara fece una pausa, assicurandosi di avere l’attenzione dei suoi interlocutori, quindi riprese.
«C’è un’organizzazione segreta, o meglio una setta, dietro a tutto questo. Si fanno chiamare “Adoratori delle Antiche Macchine” e questo è il simbolo che usano.»
Liara mosse rapidamente le dita sul factotum e un’immagine apparve davanti a tutti loro. Il logo rappresentava un razziatore stilizzato all’interno di un cerchio. Non era poi così difficile immaginare i loro intenti.
«Haueal, il mio geth, dice che è riuscito a recuperare un file simile a quello nei server del laboratorio su Uriyah» aggiunse Neela, confermando i sospetti di tutti.
«È ridicolo. Come può un’organizzazione del genere esistere? Hanno dimenticato cos’hanno fatto i razziatori?!» tuonò Vega.
«Possiamo passare la giornata a fare congetture ammiraglio, tuttavia le informazioni vere e proprie in possesso dell’Ombra sono decisamente troppo scarne per la diffusione e il peso politico che questa organizzazione possiede. Sappiamo per certo che ha rappresentanti in quasi tutti i governi delle principali specie, perfino nella Gerarchia. Le informazioni sono recenti, non sappiamo da quanto sono in circolazione, ma solo di recente i politici appartenenti a questo culto hanno iniziato a usufruire della loro influenza, meno di cinque anni secondo l’Ombra.»
«Come operano?» chiese Ed. Era rimasto in silenzio fino ad allora, ascoltando attentamente le parole dell’asari e la sua mente stava già riflettendo sul da farsi.
«Rapimenti, sparizioni…»
«Un metodo non esattamente nuovo.»
«No certo, ma molto efficace se usato con criterio. Chi ne sente parlare ma non abbraccia la causa sparisce, così da non poterne parlare. Oltre a figure politiche e religiose, sembrano interessati anche a scienziati, ingegneri e tecnici di ogni tipo. Penso possiate immaginare il perché.»
«Perché stanno cercando di riprodurre le armate dei razziatori, certo» osservò Ed «Sappiamo altro? Dei laboratori così ben forniti non si finanziano dal nulla.»
«Il sospetto principale è la Typhoon Tecnologies, ne avrete sicuramente sentito parlare.»
«La Typhoon? È una corporazione grossa, non sarà facile» osservò Tali.
«Vero, ma a uno Spettro vengono aperte molte porte» rispose Liara, spostando lo sguardo su Ed «Il Consiglio tende a dare certi titoli come contentino, ultimamente, ma ciò non significa che non possiate sfruttare la vostra posizione.»
«Da dove inizio?» Le parole dell’asari ferirono Ed, ma non lo diede a vedere. Nulla faceva male quanto la verità.
«Noveria. Vi manderò le informazioni necessarie a breve» rispose l’asari.
«Perfetto, se non c’è altro…»
«Ammiraglio Zorah?» li interruppe Neela «Vorrei unirmi all’equipaggio del Capitano Anderson per questa missione.»
Ci fu un attimo di silenzio, i due ammiragli quarian si studiarono a lungo prima che Tali rispondesse.
«Se il Capitano Anderson è d’accorda, puoi unirti al suo equipaggio.»
«Un attimo» intervenne Vega, rivolgendosi a Ed. «Ragazzo, non serve che ti dica che questa situazione puzza di guai.»
«No, sicuramente quello che sappiamo è solo la punta dell’iceberg, Ammiraglio.»
«Allora sappi che ti puoi rifiutare, Capitano. I rischi sono tanti, non intendo imporre una missione del genere a nessuno. Troverò dei volontari tra gli N7.»
«Con tutto il rispetto ammiraglio, ma è troppo tardi. Questa stessa riunione ci ha reso vulnerabili, sappiamo già troppo di questa setta e la dottoressa T’Soni ha fatto chiaramente capire che sono infiltrati ovunque. L’Alleanza l’Ammiragliato quarian non sono da escludere. Dovremo tutti guardarci le spalle d’ora in poi, anche voi ammiragli. Meno persone sanno, meglio è.»
«Molto bene, non ho nulla da obiettare allora.»
«Se è tutto, imposto la rotta per Noveria.»
«Manteniamo i contatti al minimo d’ora in poi» osservò Tali «e aumentiamo la sicurezza dei canali di comunicazione.»
«Giusta osservazione. Anche dormire con una pistola sotto il cuscino può aiutare» con grande stupore di Ed, l’ammiraglio Vega si esibì in un sorriso smagliante.
«E sia. Stabilirò una connessione sicura con la nave e procederemo con lo scambio di informazioni, ammiraglio Waem. A presto» li salutò Liara, chiudendo la comunicazione.
«Abbi cura di te, Neela» disse Tali prima di congedarsi.
«Vega, chiudo.»
 

Ed rimase alcuni istanti a fissare il punto in cui le tre figure erano appena scomparse. Un rumore di passi alle sue spalle gli fece distogliere lo sguardo.
«Ammiraglio Waem?» chiamò la quarian, che stava uscendo dalla stanza.
«Solo Neela o Waem, Capitano. Sono una sua sottoposta ormai.»
«Va bene, Neela. Perché hai deciso di restare a bordo della mia nave?»
«Per questioni di sicurezza, come hai fatto notare.»
«Tutto qui?»
La quarian rimase in silenzio vicino alla porta della sala briefing. Ed notò che si stava stropicciando le mani, doveva essere imbarazzata.
«Avvicinati, Neela. Non intendo farti il terzo grado» aggiunse, sedendosi su una delle sedie della sala briefing e facendo cenno alla quarian di fare lo stesso. «Vorrei solo conoscere meglio il nuovo membro del mio equipaggio e sapere perché ha voluto essere assegnata alla Aster mi sembra un buon inizio.»
La quarian inizialmente esitò, ma infine seguì l’esempio di Ed e si sedette sulla sedia accanto alla sua.
«Ecco, non so se l’hai notato Capitano, ma sono molto giovane» iniziò Neela con voce incerta.
«L’ho notato.»
«Anche per essere un ammiraglio, ho ventisei anni.»
«So che anche Tali Zorah è diventata ammiraglio da giovane, o così dicono le leggende.»
«Si, ma Tali Zorah ha compiuto il suo pellegrinaggio sulla SSV Normandy assieme al Comandante Shepard, affrontato Saren, la Sovereign e i Collettori, prima di diventare ammiraglio.»
«Le biografie degli eroi della Normandy sono piuttosto accurate. Cosa ti manca, Neela?»
«Io…» la quarian ci mise un attimo a trovare le parole, anche con il casco della tuta ambientale era evidente la difficoltà.
«Sono diventata ammiraglio per via di mio padre» disse infine. Ed sollevò un sopracciglio, dubbioso. I quarian non erano certo noti per fare favoritismi nei loro ranghi.
«Spiegati meglio.»
«Se Tali Zorah è l’eroina quarian della Normandy, mio padre Kel è stato l’eroe di Rannoch. È stato il primo ambasciatore quarian del Consiglio, un ottimo diplomatico e stratega che tutti i quarian ricordano come colui che ha ricostruito il pianeta natale. Letteralmente. Si è fatto in quattro per riaprire i commerci con le altre specie, far arrivare aiuti dal Consiglio e riorganizzare i quarian, dando vita alla società che vedi oggi. Per non parlare della spinta alla ricerca in campo medico che ha dato, anche grazie all’aiuto dei geth, nel miglioramento del sistema immunitario della nostra specie.»
«Capisco, sembri ammirarlo molto. Ma stai parlando al passato…»
«È morto due anni fa a causa di una malattia. Non tutti i quarian riuscirono ad adattarsi alla vita su Rannoch fin da subito, non le prime generazioni, di cui mio padre faceva parte appunto.»
«Mi dispiace, dev’essere stato difficile. È bastato essere la figlia di un eroe per farti diventare ammiraglio, quindi?»
«Esatto. Ero appena uscita dall’accademia militare, con il massimo dei voti certo, ma avevo fatto appena qualche missione di ricognizione. L’ammiragliato aveva bisogno di un simbolo, temo, più che di un politico in gamba.»
A Ed sfuggì una risata. «Beh Neela, benvenuta! Sia nell’equipaggio della MSV Aster che nel gruppo dei pargoli con parenti importanti.»
«Ah si, ho fatto qualche ricerca…» disse la quarian, lievemente imbarazzata dall’ammissione,
«Immaginavo, mio nonno era David Edward Anderson, eroe della resistenza sulla Terra ai tempi dei Razziatori, di cui porto il nome ma con ordine invertito. Forse però non sai che il sottotenente Vega è nipote di Ashley Williams e James Vega, altri due eroi della Normandy, e il signor Taylor in cabina di pilotaggio è pronipote di un certo Jacob Taylor, anche lui ex membro della Normandy. Ammetto che quella con quest’ultimo è stata una coincidenza, quando gli ho chiesto di unirsi al mio equipaggio non sapevo chi fosse.»
«Che coincidenze interessanti… chissà se ci saranno altre aggiunte famose in futuro» scherzò Neela, rilassandosi un po'.
«Sarebbe sicuramente divertente. Ma torniamo a noi, ti sei unita al mio equipaggio per fare esperienza?»
«Voglio meritarmi il mio ruolo da ammiraglio. Data la missione che ci aspetta, mi sembra l’occasione giusta. Questa setta è una minaccia anche per i quarian.»
«Allora non ho nulla da obiettare. Benvenuta a bordo, Neela Waem vas Rannoch.»
«Grazie, Capitano Edward David Anderson. Se posso permettermi, visto che questa conversazione serve a conoscerci meglio…»
«Cosa vuoi sapere?»
«Ho cercato informazioni su extranet sul Capitano Anderson, ma secondo alcuni articoli dovresti essere morto.»
Ed rimase stupefatto dall’affermazione, ci volle un attimo per capire dov’era il malinteso.
«Ah, non sono io quello ma mio fratello!»
«Avevate un fratello?»
«Beh, un gemello tecnicamente. I miei genitori ebbero solo un figlio, attorno ai quarant’anni. Si chiamava David come mio nonno ed era un ingegnere. Morì in un incidente sul lavoro quand’era poco più che ventenne.»
«Ma è terribile! Aspetta, ma se hanno avuto un solo figlio…»
«Sono un suo clone, si. I miei genitori furono colpiti duramente dalla notizia e ci volle loro un po' per elaborare il lutto. Nonostante ormai l’età media per un umano sia di circa centovent’anni, l’età fertile è rimasta invariata, nonostante il progresso tecnologico. A quasi sessant’anni non potevano avere altri figli, così optarono per la clonazione.»
«Capisco, spiega anche la vostra età.»
«Esatto, ho solo trent’anni. Se fosse vivo, mio fratello ne avrebbe più di cinquanta. Ora, se è tutto, ho un altro discorso da fare, a un'altra mia sottoposta» disse, alzandosi dalla sedia e muovendo qualche passo verso l’uscita.
«È tutto» disse Neela, alzandosi a sua volta «grazie, Capitano.»
«Non ringraziarmi» rispose Ed con un sorriso, imboccando l’uscita della sala briefing «Da quello che ho vist, sei un buon elemento, sarò felice di averti a bordo.»
Sotto il casco della tuta ambientale, Neela sorrise.

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Capitolo 9
*** Noveria pt. 2 ***


Port Hanshan, Noveria, 2246 EC
 
Selius strinse convulsamente la valigetta che teneva in mano, a disagio nel suo abito elegante. Aveva passato l’ultimo giorno ad elaborare un piano per introdursi armato nei laboratori della Typhoon Tecnologies, grazie anche all’aiuto di Quilla.
«Il tuo amico lavorava nel dipartimento bellico» gli aveva detto, dopo averla accolta nel suo monolocale «basterà presentarti come un venditore di armi di una compagnia più piccola.»
«Un’ottima idea, ma quale compagnia?»
«Questo sarà il mio lavoro. Fabbricherò un’identità e un’azienda fittizia, con tanto di resoconti finanziari e fatturato.»
«Quindi devo solo prenotare un appuntamento?»
«Vorrei fosse così semplice. Per introdurre quelle armi è necessario che siano scariche.»
«Beh, un’azienda che produce armi, verosimilmente potrebbe produrre anche proiettili.»
«Certo, ma resta il problema delle clip termiche.» 

Selius ebbe un lampo di genio e ora, davanti alla sicurezza di Noveria, stava pregando gli Spiriti che andasse tutto liscio.
«Signor… Falsum Nomen, dico bene?» chiese l’agente della Controllo Rischi Elanus all’ingresso dell’area d’attesa.
«Esattamente. Sono qui per conto della Turma Bellifera.»
«Capisco che questo sia il suo lavoro, ma le armi non sono ammesse su Noveria.»
«Conosco il regolamento, dice che non sono ammesse armi cariche» rispose, porgendogli la sua valigetta nera «Come può vedere le armi in mio possesso sono scariche e le clip termiche vuote.»
L’agente prese con circospezione la valigetta ed esaminò attentamente il contenuto, scoprendo che le parole di Selius erano vere. Le quattro clip termiche sistemate a fianco delle due pistole erano vuote, rendendo impossibile il raffreddamento dell’arma, nonché il loro normale funzionamento.
«Sono solo a scopo dimostrativo» aggiunse.
«Molto bene, può entrare. Buona permanenza, signor Nomen» gli rispose, restituendo la valigetta e facendo cenno con il capo verso la porta.
 
Selius attraversò la soglia e si diresse verso il bagno, dove un enorme specchio occupava metà parete, sopra ai lavabi.
«È andata bene» disse, sapendo che Quilla poteva sentirlo dall’auricolare che indossava.
«Per ora si» confermò questa «non mi hai ancora detto come intendi caricare quelle clip termiche.»
«Beh, se controlli tra gli eventi odierni, capirai» rispose, indossando le lenti a contatto che l’agente dell’Ombra gli aveva fornito «riesci a vedere?»
«Affermativo» rispose Quilla, divertita dall’immagine allo specchio del turian che ora vedeva attraverso uno schermo «questi abiti ti donano.»
«Ma per favore…» disse stizzito, sbattendo un paio di volte le palpebre «abbiamo altro a cui pensare.»
«Dico davvero. Comunque sia, oggi c’è solo una fiera in uno dei livelli inferiori di Port Hanshan.»
«Esatto.»
«Quindi?»
«So che tra gli espositori ci saranno anche alcune compagnie umane. Gli umani adorano pubblicizzarsi con degli oggetti che chiamano palloni aerostatici, o qualcosa di simile.»
«Palloncini a elio? Potrebbe funzionare se non fosse che quell’elio è gassoso, mentre quello che compone le clip termiche è liquido.»
«Una mera differenza di performance. Non è la prima volta che lo faccio, funzionerà.»
«Questa poi… la Gerarchia punta al risparmio?»
«La Gerarchia apprezza l’intraprendenza dei propri soldati» sottolineò Selius, chiudendo gli occhi per impedire alla drell di vedere, lievemente seccato «ero in missione. Ho improvvisato.»
«Se lo dici tu» rispose, con un sorriso che Selius non vide.
 
Il turian uscì dai bagni e salì sull’ascensore che l’avrebbe portato ai piani inferiori, un lungo viaggio di poco meno di venti minuti ma che sembrò un’eternità a causa delle continue fermate a cui la gente entrava e usciva.
All’arrivo dei Razziatori più di sessant’anni prima, Noveria era rimasta intoccata dalle macchine sterminatrici, diffondendo la credenza che fosse il luogo più sicuro e protetto della Galassia. Ovviamente nessuno dei membri della Corporazione per lo Sviluppo di Noveria aveva fatto alcunché per smentire la cosa, anzi aveva ampliato i complessi abitativi sotterranei e messi a disposizione a tutti coloro che se lo potevano permettere, non mancando mai di ricordare a chi si lamentasse del prezzo, che nemmeno Cerberus era riuscito ad arrivare oltre il primo livello.
La fiera in questione si trovava in una piazza dei livelli intermedi, nulla di particolarmente grande o rinominato, ma una buona occasione per chiunque volesse ricevere finanziamenti dalla CSN e i suoi membri. I moduli abitativi che contornavano la piazza quadrata erano decisamente più belli rispetto a quelli che si potevano vedere nelle colonie, ma nessuno dei suoi raffinati abitanti era interessato all’evento, che contava a malapena una decina di espositori e probabilmente una cinquantina scarsa di curiosi che vagavano tra gli stand.
«Trovato» mormorò, individuando uno stand minuscolo dove un’umana stava spostando degli oggetti imballati.
«Non vedo quei palloncini» osservò Quilla.
«Perché non sai dove guardare» osservò Selius, prima di avvicinarsi alla donna con un disinvolto «Ha bisogno d’aiuto?»
La donna, molto giovane da quello che poteva dedurre dall’aspetto, gli rivolse un caloroso sorriso.
«La ringrazio, signore. Mi sarebbe d’aiuto» rispose, indicando un mezzo parcheggiato non lontano da lì con altri tre imballaggi voluminosi. Su uno di questi, c’era in bella mostra un sacchetto con dei “palloncini”. Selius si mise in tasca il sacchetto e trasportò fino allo stand uno degli imballaggi.
«Quindi… quale società rappresentate?»
«Sono una rappresentante della Benning Food Solutions.»
«Non ne ho mai sentito parlare, mi spiace.»
«Siamo una compagnia nata da poco con sede sul pianeta Benning, il nostro obiettivo è trovare soluzioni innovative per produrre cibo e integratori per tutte le specie della Galassia…»
La donna si lanciò in una lunga orazione che elogiava la compagnia per cui lavora, finché Selius non “finse” di notare la bombola di elio.
«Se producete cibo, perché avete una bombola di elio?»
«Questa? Servono per i palloncini.»
«Cosa… cosa sono?» chiese, fingendosi confuso.
«Aspetti, glieli faccio vedere» disse, correndo verso il mezzo. Non appena le diede le spalle, Selius prese tre clip termiche dalla valigetta, le riempì con l’elio della bomboletta e caricò una delle pistole che nascose in una tasca della giacca elegante. Lasciò i “palloncini” sullo stand e, senza attendere il ritorno dell’umana, se ne andò.
 
«L’appuntamento con la Typhoon Tecnologies è tra mezz’ora» gli fece notare Quilla mentre Selius, tornato al livello principale si avviava verso i trasporti per i laboratori.
«Mi farò trovare pronto. Suggerimenti per sembrare un buon venditore?»
«Mi hanno detto che immaginarsi le persone in mutande funziona.»
«È imbarazzante.»
 
La navetta per la vetta 17 arrivò in pochi minuti e Selius era l’unico passeggero. Si accomodò in un posto sul fondo. Alla guida non c’era nessuno, affidata probabilmente ad una IV.
«Sei nervoso?» La voce di Quilla si era fatta stranamente dolce.
«Nervoso? Non direi, non è la prima volta che faccio qualcosa del genere.»
«Ma…?»
«E se fossi arrivato troppo tardi?»
Ci fu un interminabile attimo di silenzio, poi la voce di Quilla, molto più seria di quello che Selius si sarebbe mai aspettato.
«Se così fosse, come vorresti agire dopo?»
«Stanerei uno per uno i responsabili e li eliminerei» rispose, senza la minima ombra di esitazione.
 
Con un segnale sonoro, la navetta annunciò l’arrivo ai laboratori della Typhoon Tecnologies. Una volta sceso, ad accoglierlo c’era un’umana, una splendida donna sulla trentina in abito formale, i lineamenti delicati accentuati dal caschetto rosso e lo sguardo acuto e sveglio.
«Petra Fierman, responsabile della divisione armi da fuoco. Molto piacere» gli disse, porgendogli la mano.
«Falsum Nomen, della Turma Bellifera. Il piacere è mio» rispose, stringendo la mano che gli stava porgendo.
«Prego, mi segua. Vorrei discutere alcune cose nel mio ufficio» disse, imboccando uno dei corridoi a vetri, dove si affacciavano gli uffici di quasi tutti gli impiegati.
L’ufficio di Petra non era particolarmente grande e l’arredamento era piuttosto minimale: una scrivania in vetro trasparente, un computer, alcuni scaffali con vecchi datapad e due sedie bianche, nulla di più.
L’umana si sedette immediatamente al computer e con gli occhi fissi su di esso, fece raggelare il sangue nelle vene di Selius con poche semplici parole.
«Mi vuole dire, signor Falsum Nomen, chi ha intenzione di uccidere?»

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Capitolo 10
*** I condotti d'areazione ***


Laboratori della Typhoon Tecnologies (bagni), Noveria, 2246 EC

Rebekha chiuse a chiave il cubicolo in cui si trovava e si liberò della sua armatura da guardia del corpo, rivelando un abbigliamento abbastanza inusuale: una calzamaglia aderente nera che copriva busto e arti, o così sembrava a prima vista a un occhio disattento. Con l’aiuto dei suoi poteri biotici, spiccò un salto, ringraziando che i cubicoli fossero alti fino al soffitto, ed ispezionò le pareti.
Individuò immediatamente ciò che stava cercando: i sensori, posizionati ad intervalli regolari lungo il condotto. Avrebbero rivelato la sua posizione non appena avesse provato a intrufolarsi lì in mezzo, probabilmente misurando la sua temperatura corporea, una misura di sicurezza comune nei laboratori di qualunque corporazione abbastanza grossa.

Rebekha era arrivata preparata ma, per sicurezza, decise comunque di fare una prova: prese un rotolo di carta igienica e lo fece passare lungo parte del condotto, prima con un semplice lancio, poi facendolo levitare con i suoi poteri biotici. Ridacchiò tra sé e sé quando notò che i sensori non si attivavano se la carta igienica era circondata dal suo campo biotico.
La spiegazione era piuttosto semplice: l’energia oscura che compone i campi biotici, è totalmente invisibile a qualunque tipo di sensore o apparato di rivelazione, rendendo invisibile così anche l’oggetto che racchiude. (1)

Confermate le sue ipotesi, indossò ciò che restava del suo insolito abbigliamento, un paio di guanti neri e un passamontagna dello stesso colore, fece un respiro profondo e circondò il suo corpo con uno spesso campo biotico. A causa dell’estensione e della concentrazione necessaria, nessuna asari riusciva a mantenere un campo del genere per più di quindici minuti, nemmeno le commando migliori, ma non con la tuta che indossava. Era un prototipo fornito alle cacciatrici per essere testato sul campo e, in teoria, lei non doveva nemmeno averlo con sé. Ma nessuno se ne sarebbe accorto, giusto?

Premette un punto specifico della manica e la calzamaglia nera s’illuminò di una tenue luce blu, rivelando delle minuscole venature che correvano lungo essa, contenenti piccole quantità di eezo che, percorso da corrente, assumeva quella colorazione. Con l’ausilio dell’eezo, lo sforzo per mantenere tale campo era molto minore e Rebekha poté entrare nel condotto con facilità, scivolandovi come se la gravità non esistesse, invisibile agli occhi di chiunque.

Nonostante l’equipaggiamento avanzato, Rebekha sapeva di doversi sbrigare, non poteva mantenere quel campo all’infinito. Dopo pochi minuti a velocità sostenuta, arrivò all’apertura successiva del condotto d’areazione, individuando sotto di lei Zerum che chiacchierava con Tasha, anche se forse “stordire con un sacco di chiacchiere” era la descrizione più adeguata. Proseguì oltre.

L’asari arrivò alla grata successiva, che le permetteva un’ampia visuale su un laboratorio. Non riuscì a vedere chiaramente cosa stessero studiando gli scienziati ma sentì due di loro chiacchierare, dei salarian dall’espressione decisamente preoccupata.
«Sono abbastanza sicuro che siano solo dicerie» disse il primo.
«Ah, sì? Hai più sentito nulla di Ishen?» chiese il secondo con aria preoccupata.
Rebekha aguzzò le orecchie. Un salarian scomparso era decisamente il tipo di informazione che stava cercando.
«No, ma per quel che ne sai potrebbe non voler farsi trovare.»
«Non essere ridicolo, abbiamo inizia questo lavoro tutti e tre insieme, perché dovrebbe sparire nel nulla così?»
«Come faccio a saperlo? Magari si è stufato delle tue chiacchiere!»
«Ti dico che gli è successo qualcosa e come lui anche a quell’hanar il mese scorso» sibilò il salarian preoccupato, abbassando di molto il tono di voce.
«Il signor Enort Umnora?» chiese una voce femminile fuori dal campo visivo di Rebekha. Entrambi i salarian si voltarono nella direzione da cui proveniva.
«Sono io» disse il salarian preoccupato.
«Il capo del dipartimento di ricerca vuole vederla.»
«Io, ehm, arrivo, mi dia un attimo» rispose, lanciando un’occhiata terrorizzata al collega. Rebekha lo osservò meglio, cercando di memorizzarne i tratti somatici, la pelle viola, i due corni tempestati da macchioline più scure, gli occhi leggermente più grandi della media della sua specie. Avrebbe contattato Quilla appena uscita da lì e chiesto di tenere d’occhio quell’Enort.
Quest’ultimo seguì la voce femminile, uscendo anch’esso dal campo visivo di Rebekha. L’asari imprecò tra sé e sé, scivolando ancora più rapida lungo il condotto, sperando di aver intuito bene la posizione del corridoio, attraverso i bivi e le diramazioni del sistema d’areazione.

Furono cinque minuti di panico quelli che seguirono, cinque minuti lunghi ore in cui Rebekha temeva seriamente di aver sbagliato strada, non era nemmeno più sicura di dove si trovasse, finchè Enort non riapparve. Il salarian era seduto su una poltrona scomoda, nell’ufficio ordinato e splendente di un volus grassoccio.
«Signor Umnora» iniziò il volus, cadenzando le frasi con il tipico ansimare della sua razza, causato dalla tuta ambientale in cui vivono, «ci dispiace informarla che stiamo ridimensionando il personale del laboratorio e, a causa della sua recente performance, siamo costretti a licenziarla dalla Typhoon Tecnologies.»
Il volto del salarian si rilassò un poco, quasi fosse sollevato dal sapere che non sarebbe stato rapito e torturato a morte dai suoi datori di lavoro, ma quel sollievo non rimase a lungo.
«Mi scusi, ma com’è possibile? Faccio parte di ben tre squadre, tutti e tre operative, non…»
«Capisco lo sconforto» lo interruppe il volus «per questo l’ho chiamata nel mio ufficio, per proporle delle alternative presso le nostre aziende partner.»
«Oh, ben!» rispose allegro il salarian «Quali sarebbero queste alternative?»
«La Takra Weaponry su Gellix, oppure la Aminos&Co su Erinle.» (2)
«Scelgo la Aminos! Le mie ricerche non hanno molto a che fare con gli armamenti krogan, dopotutto.»
«Eccellente. Predisporrò la documentazione per il suo trasferimento.»
Rebekha decise di aver sentito abbastanza. Era passata almeno mezz’ora da quando si era intrufolata nel condotto e la stanchezza dovuta all’uso prolungato dei suoi poteri iniziava a farsi sentire.

Tornò indietro, sperando in cuor suo di riuscire a ricordare dove fossero i bagni. Le ci volle più tempo del previsto e una volta arrivata si lasciò cadere a terra, esausta, producendo un tonfo appena toccato il pavimento. Si prese alcuni minuti per riprendere il fiato, facendo dei respiri profondi, poi lentamente si rivestì, nascondendo di nuovo il suo insolito equipaggiamento sotto la finta divisa da guardia del corpo, e addentò una delle barrette energetica che si era procurata all’inizio del suo viaggio per riprendere le forze. Decise che sarebbe rimasta lì a riposare ancora per un po', dopotutto aveva già ciò che cercavano, il suo aiuto non sarebbe stato necessario.
Stava scartando la terza barretta energetica, quando la porta dei bagni si aprì con un sonoro click e dei passi leggeri annunciarono l’arrivo di qualcuno.
«Quindi è questo che fai ora, Faccia Sbiadita?»



  1. È un’informazione facilmente reperibile anche su wikipedia: l’energia oscura ha tale nome proprio perché non rilevabile, se non dagli effetti che produce sulla gravità.
  2. Il primo pianeta attualmente fa parte delle colonie krogan, mentre il secondo è abitato dai salarian. Entrambe le compagnie sono di mia invenzione.

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