The Song of the Lamb

di alchimistadibudino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oh, the skies ***
Capitolo 2: *** Tumbling from your eyes ***



Capitolo 1
*** Oh, the skies ***


Blu.
La prima cosa che aveva visto una volta riaperti gli occhi, era stata il blu. 
Un blu scuro, quasi nero. 
Sentiva gli occhi pizzicare, forse a causa dell'acqua dell'Atlantico, alcune gocce ancora incastrate tra le sue ciglia. Strizzò le palpebre, nel tentativo di scacciare quel fastidioso bruciore e di mettere a fuoco l'ambiente circostante. 
Non riusciva a capire se il blu che vedeva difronte a sé fosse acqua o il cielo e le sue condizioni fisiche non lo aiutavano di certo. Si sentiva pesante e leggero allo stesso tempo, dolorante e stremato. 
Richiuse gli occhi, forse consapevolmente o forse a causa della stanchezza. Prese un respiro pronfondo, con grande sforzo, la cassa toracica doleva terribilmente. Una serie di colpi di tosse lo colsero alla sprovvista, il diaframma che si contraeva mandava scariche di dolore a tutto il corpo, mentre sputava quella poca acqua che gli era rimasta nei polmoni.

Un lamento alla sua destra attirò la sua attenzione, improvvisamente conscio di non essere solo, ovunque si trovasse. Aprì stancamente gli occhi e con enorme fatica girò la testa quanto bastava per individuare la figura che gli era accanto, che giaceva inerme proprio come lui.

Strizzò nuovamente gli occhi per metterla a fuoco e appena la vide, si sentì mancare il respiro, come se i suoi polmoni si fossero riempiti nuovamente d'acqua.

Hannibal.

In un attimo tutti i ricordi gli riaffiorarono alla mente: Dolarhyde, il piano escogitato con Jack, la fuga con Hannibal. La morte del Grande Drago Rosso, per mano sua e del Dottor Lecter.

L'abbraccio. La caduta dalla scogliera.

Tutto si fece più chiaro nella mente di Will. Il blu che aveva visto era il cielo, il terreno su cui i due uomini giacevano era sabbia. Il rumore che sentiva erano le onde che si infrangevano sui loro corpi, quasi cullandoli, come se il mare li richiamasse a sé. 
Will tentò di parlare, di pronunciare il nome dell'uomo a pochi centimetri da lui, ma dalla bocca uscì solo un debole rantolo. La faccia gli faceva malissimo a causa della pugnalata di Dolarhyde. Non riusciva neanche ad aprire la bocca per parlare, poteva solo gemere ed emmettere suoni. Deglutì, tentando nuovamente di attirare l'attenzione di Hannibal, immobile accanto a lui. Respirava, notò Will e questo fu motivo di sollievo per lui. Non avrebbe dovuto esserlo, ma in quel momento non riusciva a pensare lucidamente. In quel momento Will voleva solo che Hannibal si svegliasse, che aprisse gli occhi e lo guardasse. Voleva che stesse bene. Che vivesse.
Mentre tentava nuovamente di chiamarlo, affondò una mano nella sabbia bagnata sotto di lui e improvvisamente realizzò come i due fossero finiti lì, salvi, al sicuro dall'acqua, dall'FBI, scampati alla morte. 
Hannibal era riuscito a trascinarli entrambi su quella riva, nonostante fosse ferito, nonostante fosse stato Will stesso a spingerli giù.

Emise un altro lamento, un po' più acuto, mentre usava tutte le sue forze per girarsi su un fianco, allungando una mano verso Hannibal. Riuscì finalmente e girarsi, anche se non completamente, e a posare la mano sinistra sul petto del dottore, stringendo convulsamente la sua maglia, in un ulteriore tentativo di risvegliarlo.

"Will..."

Will alzò di scatto la testa, un movimento che pagò con un lancinante dolore alla mandibola e al collo, ma decise di ignorarlo per il momento. Strinse la maglia di Hannibal con più forza, la poca che gli era rimasta, e provò a scuoterlo, riuscendoci debolmente.

"Will, sta calmo", sussurrò con tono paziente, la voce rauca, ma sicura e calma. Will sentì gli occhi pizzicare, stavolta non per l'acqua salata dell'oceano. Era impressionante come anche in una situazione simile, Hannibal riuscisse a rimanere lucido, calcolatore, composto. Era persino ferito, un colpo d'arma da fuoco su un fianco, ma sembrava quasi che la cosa non lo turbasse minimamente. 
Hannibal posò una mano sopra quella tremante di Will, chiedendogli tacitamente di lasciarlo.

"Adesso proverò ad alzarmi...", la stretta sulla maglia di Hannibal si fece più stretta e Will scosse la testa, improvvisamente nel panico. Non voleva che se andasse, non voleva rimanere da solo, sdraiato lì, sotto quel cielo scuro, incapace di muoversi e di parlare. Aveva bisogno di Hannibal, della sua sicurezza, della sua calma.

"Will. Non me ne andrò, non ti lascerò qui. Ti porterò in un posto sicuro, te lo prometto".
Will alzò lo sguardò, incrociando i suoi occhi per la prima volta da quando gli aveva aperti. Un lamento scappò dalle labbra di Will, una supplica, forse una scusa. Poi, sentì delle lacrime scendere dai suoi occhi. Non sapeva se stesse piangendo per il dolore, o per quello che Hannibal gli aveva detto. Forse piangeva per quello che avevano fatto a Francis Dolarhyde.

Hannibal si mise seduto, non senza difficoltà, ma in qualche modo riuscì a spingersi in piedi, una mano premuta sul fianco, dove il Drago gli aveva sparato. Fece qualche passo, testando il suo equilibrio e fu sollevato di non avere alcun capogiro. Per il momento.

Si girò verso Will, che nel frattempo aveva richiuso gli occhi, stremato e senza forze. Probabilmente era svenuto di nuovo. 
Hannibal si guardò intorno, cercando di studiare velocemente l'ambiente. Sembrava desolato, quasi certamente non vi era nessuno nel raggio di chilometri.

Facendo appello a tutta la sua forza, Hannibal riuscì a caricarsi Will sulle spalle, ignorando le terribili fitte di dolore che si scaricavano dal suo fianco. 
Dopo i primi passi incerti, riuscì a mantenere una camminata abbastanza stabile, se pur precaria. Era un uomo con una grande forza fisica e nonostante Will non pesasse poi così tanto, in quel momento durava un'enorme fatica. Sentiva il debole respiro dell'uomo che gli accarezzava il collo, la testa di Will abbandonata sulla sua spalla. Girò leggermente la testa per guardarlo, solo per un attimo, ammirandolo sotto le prime luci dell'alba, coperto di sangue, ferito e vulnerabile.

Hannibal prese un profondo respiro, sistemò meglio Will sulle sue spalle, aiutandosi poggiando le mani sotto le sue cosce, e riprese a camminare.

▪︎□▪︎□▪︎

Si svegliò all'improvviso, a causa di uno dei suoi soliti incubi e per un attimo credette di trovarsi nella sua piccola casa a Wolf Trap, circondato dai suoi cani. Naturalmente, non era così. Non si trovava nemmeno più sulla spiaggia, però. Non sentiva più l'acqua bagnarli la schiena, nè la sabbia tra le dita. Tuttavia sentiva ancora le onde, in lontananza. Sopra di lui non c'era più il blu del cielo, ma un soffitto di legno e adesso il suo corpo era sdraiato su un letto, la sua testa riposava su un cuscino. Aggrottò le sopracciglia. Era la seconda volta che si svegliava in un posto senza sapere come ci fosse arrivato e, stavolta, nonostante si sforzasse, non riusciva proprio a ricordare che cosa lo avesse portato in quella casa. 
Quanto meno adesso si sentiva più riposato, più in forze e i dolori, seppur sempre presenti, si erano decisamente attenuati. Portò una mano alla guancia destra e sentì una fasciatura che copriva la ferita. Provò ad aprire la bocca e, sebbene sentisse un certo fastidio, non gli doleva più tremendamente come prima. Si mise seduto, posando la schiena sulla testiera del letto. Era quasi completamente nudo, addosso aveva solo i suoi boxer. Anche la spalla destra era fasciata e la sentiva leggermente indolenzita. 
Si guardò attorno, la stanza era piccola, ma ordinata. Accanto al suo letto c'era una sedia, sopra la quale erano stati posati i suoi vestiti sporchi di sangue. Le pareti erano in legno, spoglie. C'era solo una finestra chiusa, dalla quale filtravano i raggi del sole attraverso le tende chiare.

Sentì dei passi avvicinarsi alla porta della stanza e si irrigidì, puntando gli occhi in quella direzione, stringendo il lenzuolo tra le mani. La porta si aprì e, quando vide Hannibal entrare con in mano un vassoio, sentì tutta la tensione dissiparsi.

"Will. Sei sveglio", gli sorrise e si avvicinò al letto, posando il vassoio sulle sue ginocchia.

"Come ti senti? Riesci a parlare?"

Will abbassò lo sguardo sul vassoio, imbandito con un piatto di zuppa vegetale e un bicchiere d'acqua.

"Dove siamo?" Chiese infine, spostando lo guardo sul petto di Hannibal, evitando i suoi occhi. Non gli era mai piaciuto il contatto visivo, anche se con Hannibal era sempre stato diverso. In quel momento, però, per qualche motivo, non riusciva a sostenere il suo sguardo.

"Una baita di fortuna, vicino al mare" rispose con tono paziente e clinico. "Non molto distante dalla riva su cui ci siamo svegliati".

Will annuì debolmente.

"I proprietari?"

Hannibal sorrise, sapendo a cosa Will alludesse.

"Non li ho uccisi. Non erano qui quando siamo arrivati e non credo che torneranno per un bel po'. È una casa sul mare e siamo in pieno inverno", Hannibal prese il cucchiaio posato sul vassoio e lo mise nella zuppa, girandolo verso Will. "Mangia, ne hai bisogno".

Will prese il cucchiaio e iniziò a mangiare, in silenzio, godendosi la sensazione di calore che gli regalava il pasto caldo. 
Hannibal sedeva accanto a lui, guardando fuori dalla finestra, indossava abiti diversi, asciutti, puliti dal sangue. Gli andavano un po' corti, notò Will, le maniche si fermavano poco sopra i polsi.

"Non stavo cercando di ucciderci".

Hannibal si girò verso di lui, in attesa che continuasse a parlare, pazientemente. 
Will rimase in silenzio ancora per un po', finendo la zuppa e bevendo il bicchiere d'acqua tutto d'un fiato.

"L'FBI sarebbe arrivata, avrebbero trovato il cadavere di Dolarhyde...", Will puntò di nuovo lo sguardo sul petto del dottore, "e poi avrebbero ucciso anche te".

Hannibal annuì. Lo sapeva già, sapeva che se fossero rimasti su quella scogliera lui sarebbe morto. Oppure, gli piaceva pensare che sarebbero morti insieme. L'FBI avrebbe fatto credere a tutti che fossero morti a causa della Fatina dei denti e la storia del famigerato Hannibal the Cannibal e del suo "marito assassino" si sarebbe conclusa in modo tragico e poetico.

Will si decise a spostare lo sguardo verso l'alto, incontrando gli occhi dell'altro e sottovoce ripetè: "Non stavo cercando di ucciderti".

Will strinse con forza le lenzuola e si lasciò scappare una risata nervosa, che si spense subito a causa del taglio sul volto.

"Non volevo ucciderti, non lo voglio neanche adesso e non capisco perché". Hannibal lo guardava, dritto negli occhi, un'espressione imperturbabile. "Ho tutte le ragioni per volerti morto, ma allo stesso tempo non posso sopportare l'idea di vivere senza di te. Sento che se tu morissi, una parte di me ti seguirebbe nella tomba. Una parte alla quale ormai sono così legato da non poterci più rinunciare".

Will si rilassò di più sul materasso, lasciando cadere indietro la testa contro il muro dietro di lui. Hannibal lo osservò, fece vagare lo sguardo sul suo corpo, controllando che le bende non si fossero sporcate troppo di sangue.

"Perché, Hannibal? Perché mi sento così?"

Hannibal sorrise, prendendo il vassoio dalle ginocchia di Will e si alzò.

"Se te lo dicessi io non mi crederesti. Quando lo capirai - e sono sicuro che lo farai, un giorno - deciderai cosa fare", Will corrugò la fronte. Quella risposta era servita solo a confonderlo di più.

Hannibal si diresse verso la porta, con passo zoppicante ma sicuro, come suo solito. Prima di chiudere la porta si voltò di nuovo verso Will e, con un sorriso che non riuscì ad interpretare, aggiunse:

"Io ti aspetterò. Sempre".

La porta si chiuse.

▪︎□▪︎□▪︎

Hannibal aveva un'impressionante soglia del dolore, per questo Will non si sorprese nel non vederlo neppure sussultare mentre gli cambiava la fasciatura sul fianco. 
Hannibal era riuscito, grazie alle sue abilità chirurgiche a medicare anche la sua stessa ferita e, nonostante le scarse risorse, aveva fatto un ottimo lavoro. Avrebbe sicuramente dato problemi in futuro, ma per il momento era riuscito ad evitare eventuali infezioni. 
Erano passati un paio di giorni da quando si erano rifugiati in quella baita e per il momento nessuno era venuto a cercarli o a reclamare la proprietà.

"Va bene così?" Chiese Will quando ebbe finito, aspettando il giudizio finale del dottore. Hannibal gli dette un'occhiata veloce, passandoci distrattamente e con delicatezza la mano sopra. Poi, annuì.

"Perfetta". Will gli offrì una mano per alzarsi e lui la accettò.

"Non c'è rimasto molto da mangiare, solo qualche cibo in scatola di bassa qualità, ma farò del mio meglio".

Will sorrise, scuotendo il capo ancora fasciato. Anche in una situazione come quella, Hannibal non sapeva rinunciare al buon gusto. Gli piaceva questo lato di lui: lo umanizzava, in un certo senso. 
Will si diresse verso il frigo, esultando internamente quando vide che erano rimaste ancora un paio di birre. Ne prese una e si avviò fuori, verso il piccolo terrazzino della baita che dava sul mare, coprendosi le spalle con una coperta. Era sera e il cielo era dello stesso blu scuro che aveva visto quando si era risvegliato un paio di giorni prima. Si appoggiò al davanzale con i gomiti e iniziò a sorseggiare la sua birra, godendosi il fresco della sera. In quei giorni non aveva avuto molto tempo per pensare, entrambi gli uomini erano presi dal prendersi cura delle ferite dell'altro nel miglior modo possibile. Non aveva pensato a cosa fare dopo, a dove sarebbero andati, dove si sarebbero nascosti. Non aveva avuto modo di pensare neppure alla vita che aveva lasciato, sua moglie, Jack, Alana, i suoi cani. L'unica cosa che era certa, nella mente di Will Graham, era che voleva rimanere con Hannibal. Non sapeva ancora spiegarsi perché, non capiva perché non riuscisse ad odiarlo dopo tutto quello che Hannibal aveva fatto. Sapeva solo di non riuscire a rinunciare a lui. Questo, ormai, lo aveva accettato.

Sentì le assi di legno scricchiolare dietro di lui e poco dopo Hannibal comparve al suo fianco, birra alla mano. Rimasero in quel silenzio confortevole per qualche minuto, perdendosi ognuno nei propri pensieri, soli, sotto quel cielo scuro.

"Non posso prometterti di non provarci di nuovo", Will ruppe il silenzio.

Hannibal annuì, intuendo a cosa si riferisse:

"Immagino sia difficile accettare questa parte di te. Sarebbe più facile uccidermi e sperare di vederla morire con me".

"Sei la mia epifania, Hannibal. Posso anche uccidere te, ma non cancellerà ciò che sono diventato".

"Ma non ti impedirà comunque di provarci".

Will sorrise e si voltò verso di lui, annuendo debolmente:

"La vecchia tazza da thè si è frantumata, ormai. È a terra, in mille pezzi e non oserà mai più ricomporsi".

Hannibal distolse lo sguardo dagli occhi blu dell'uomo accanto a lui, posandoli sulla Luna, non ancora piena, che brillava nel cielo.

"Ma una tazza da thè in meno non rovina un servizio pregiato", continuò Will, seguendo lo sguardo di Hannibal e fissando gli occhi sulla Luna. 
In quel momento, fianco a fianco, gli sguardi di entrambi verso l'alto, verso il cerchio d'argento sopra le loro teste, si sentirono completi. Erano una sola persona, si erano incastrati come due pezzi di un puzzle, completandosi a vicenda. L'uno senza l'altro erano come una tavolozza priva di colori; assieme davano vita alla Primavera.

Rimasero lì fuori ancora per qualche minuto, in silenzio. Le parole in quel momento risultavano superflue, insignificanti, orpelli inutili aggiunti solo per distrarre dalla bellezza dell'opera. In quel momento esistevano solo loro due, più in alto del tempo e dello spazio.

C'erano solo loro due e il cielo sopra di loro.

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Note d'autore: 
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Capitolo 2
*** Tumbling from your eyes ***


"A seguito dell'evasione del pluriomicidia Hannibal Lecter, visti i dubbi che l'FBI nutre sulla sua morte, si consiglia caldamente a tutti gli abitanti del Maryland di non rimanere fuori casa fino a tarda notte. Spostatevi sempre in gruppo e chiud-"

Le parole della giornalista vennero bruscamente interrotte dallo spegnersi del televisore. Jack Crawford lasciò cadere il telecomando sulla sua scrivania e scivolò sulla sedia con un sospiro frustrato. Si passò una mano sulla faccia e tentò di prendere dei respiri profondi, nel vano tentativo di calmarsi. Non ci riuscì e sbattè un pugno sulla scrivania di legno, facendo sussultare sulle loro sedie Zeller e Price, che si scambiarono uno sguardo spaventato e preoccupato.

"Prendiamoci un secondo per ricapitolare ciò che è successo quella sera", disse in fine. Il suo tono di voce era basso e calcolato, pieno di risentimento.

Passarono alcuni secondi di silenzio prima che Jimmy e Brian si riscuotessero e capissero che Crawford li stava interpellando.

"Dolarhyde ha rubato un'auto della polizia, ha fatto fuori tutta la scorta e ha aiutato Lecter ad evadere", cominciò Price.

"Sì, ha fatto fuori tutti, tranne Lecter e... Will".

"A questo punto diventa tutto ipotetico. Non sappiamo se Dolarhyde abbia portato Lecter e Graham personalmente alla villa sulla scogliera del dottore o se i tre ci sono arrivati in momenti diversi".

"Considerando che nella villa sono stati trovati i vestiti che indossavano il dottore e Will, probabilmente i due si sono cambiati, il che ci fa credere che la seconda ipotesi sia la più corretta", continuò Zeller, incoraggiato da un segno di assenso del suo collega.

"In oltre, la data del decesso del Drago la possiamo collocare tra le dieci e la mezzanotte. Pensiamo quindi che Graham e Lecter stessero aspettando l'arrivo di Francis".

"Esattamente, hanno attesa insieme nella villa che la notte giungesse per uccidere il Drago".

Crawford li ascoltò attentamente, il rapporto di quella teeribile serata era aperto sotto i suoi occhi. Le fotografie di Hannibal e Will sembravano ricambiare il suo sguardo, quasi come se lo stesso sbeffeggiando, ridendo di lui e della sua stupidità.

Come hai potuto credere che un piano come quello potesse funzionare?

Come hai potuto fidarti, nonostante ciò che sapevi?

Jack chiuse con un movimento irritato il fascicolo, nascondendo quelle due paia di occhi derisori dalla sua vista.

"Chi ha ucciso il Drago?" Chiese, alternando lo sguardo da Price a Zeller.

I due si scambiarono un'enessima occhiata, decidendo silenziosamente chi dei due avrebbe dovuto dare la notizia.

Zeller si fece coraggio e prese la parola:

"Beh sul coltello sono state rinvenute diverse impronte e due diversi gruppi sanguigni: un gruppo 0 positivo e un AB negativo".

Crawford annuì e attese il continuo del referto.

"Le impronte appartengono a Francis Dolarhyde, William Graham e Hannibal Lecter", la voce di Zeller tradiva una scomoda incertezza, il tono era basso e attento ad ogni singola parola. Finse di aver bisogno di leggere il suo rapporto, una mera scusa per abbassare lo sguardo e non incrociare quello del suo temibile capo.

"Il sangue 0 positivo appartiene a Graham e al dottor Lecter. Abbiamo fatto un confronto con i prelievi fatti durante le indagini su di loro", Zeller girò pagina e Price sospirò, abbassando a sua volta lo sguardo. "Sul collo di Dolarhyde è stato trovato il segno di un morso e le impronte dentali, per quanto parziali, sembrano corrispondere a quelle di Lecter".

"E il taglio sull'addome?", incalzò Crawford, guardandolo con insistenza.

"Beh, ehm, viste le impronte, il sangue, il morso sul coll-".

"Zeller, arriva al dannato punto".

Brian annuì, cercando con lo sguardo un po' di sostegno dall'amico che sedeva accanto a lui. Price incrociò i suoi occhi e strinse con forza i pugni.

"Sospettiamo che sia opera di Will Graham".

Jack fece un segno di assenso con la testa. Si maledisse per l'ennesima volta, dandosi la colpa di tutto quel disastro. 
Quando Will gli aveva proposto quel piano folle per catturare il Drago, Jack aveva subito capito che qualcosa sarebbe andato storto. Le sue paure aumentarono quando Hannibal chiese espressamente che fosse Will stesso a chiedergli aiuto. Jack lo sapeva. Sapeva che non avrebbe mai funzionato, non come avrebbero sperato. Era stato stupido a farsi convincere ad accettare, ne era consapevole.

"Lo hanno fatto insieme", esordì improvvisamente Crawford, attirando l'attenzione dei due scienziati di fronte a lui. "Si sono diretti verso la scogliera, hanno atteso il Drago, lo hanno ucciso e sono scappati. Insieme".

Price corrugò la fronte:"Perché ne è così sicuro? Lecter potrebbe aver preso Will in ostaggio, potrebbe averlo costretto ad uccidere insieme a lui, potrebbe averlo costretto a seguirlo nella sua fuga".

Zeller annuì:"Magari chiederà un riscatto". 
Price fece un cenno con la mano verso il collega, approvando la sua ipotesi.

"Non siamo neanche sicuri che siano vivi, capo", sussurrò Brian, chinandosi leggermente verso la scrivania. Jack gli lanciò un'occhiata carica di scetticismo.

"L'ipotesi più probabile è che siano precipitati giù dalla scogliera. Sopravvivere ad una caduta come quella, nelle condizioni in cui erano... è molto improbabile, Jack", constatò razionalmente Jimmy. "Hanno ucciso il Drago assieme, non è da escludere che si siano anche tolti la vita di comune accordo".

Jack sapeva cosa Jimmy e Brian stavano tentando di fare. Volevano rassicurarlo, toglierli quel pesante senso di colpa dalle spalle, fargli credere che anche se il piano era fallito, sia il Drago che Lecter erano scomparsi per sempre e il povero Will con loro. Jack voleva davvero credere che tutto questo fosse vero, voleva poter dire a Molly che suo marito era un eroe e che sarebbe stato sempre ricordato come un brav'uomo; voleva poter rassicurare Alana e Margot che non avevano nulla da temere, che Il Mostro era finalmente sconfitto. 
Eppure non riusciva a credere ad una singola parola. Neppure Brian e Jimmy sembravano convinti delle loro stesse parole: sapevano che non poteva essere così semplice, era come se tutti quegli anni passati accanto al dottor Lecter avessero donato loro una specie di sesto senso. Avevano imparato a non sottovalutare quell'uomo, a non dare niente per scontato.

Crawford riaprì la sua copia del rapporto, quasi distrattamente, come un automa. Rilesse alcune parole in modo sparso: impronta, gruppo sanguigno, arma del delitto, agente speciale. Poi, i suoi occhi ricaddero inevitabilmente sulle foto dei due uomini scomparsi. Ricambiò il loro sguardo stavolta, le osservò con attenzione, come se li avesse davanti in persona. Avevano ucciso il Drago insieme, si erano buttati insieme, Will aveva seguito Hannibal alla villa di sua sponte. Erano complici, l'uno dell'altro.

Complici.

Jack alzò lo sguardo e lo posò nuovamente sui due uomini dinanzi a lui.

Complici.

Il volto di una donna comparve davanti ai suoi occhi come un fulmine in una giornata di sole. Una donna dai tratti orientali, con un fucile da cecchino in mano.

"Hai ragione, Jimmy", affermò ad un tratto Jack, guadagnandosi un'occhiata curiosa da entrambi gli scienziati. "È improbabile che siano sopravvissuti... da soli".

•□•□•□•

"Ho una casa nel North Carolina".

Will ed Hannibal sedevano a pranzo, ai capi opposti del tavolo. Non parlavano molto, solo lo stretto indispensabile e interagivano tra di loro solo per cambiarsi le bende e prendersi cura in generale delle ferite dell'altro. Trascorrevano le giornate in modo lento e silenzioso, sempre in guardia e pronti ad affrontare qualsiasi minaccia. 
I due erano sicuri che in molti li credevano morti, ma conoscevano anche Crawford e la sua squadra e sapevano che non si sarebbero arresi tanto facilmente. Avrebbero fatto di tutto per trovarli, li avrebbero dato la caccia fino a quando una delle due parti non si fosse arresa o non fosse morta.

Will alzò il capo dal suo piatto, sospreso di sentire la voce dell'uomo davanti a sé. Era quasi irriconoscibile, Hannibal, con quei vestiti mondani e la barba ispida, non curata.

"Come?" Chiese confuso Will. Hannibal sorrise.

"Restare qui è rischioso. Ci stanno sicuramente cercando e ci troveranno sicuramente se non ci spostiamo".

Will annuì, girando distrattamente il cucchiaio nella sua zuppa, osservando con sguardo vuoto il liquido agitarsi nel piatto.

"Sei sicuro che voglia venire con te?" Chiese in un sussurro Will. La voce era così bassa che credeva che Hannibal non lo avesse neppure sentito. In tal caso non sarebbe importato: la domanda era più rivolta a se stesso che al dottore.

"Puoi anche restare qui, se è quello che desideri. Puoi tornare a Quantico e consegnarti a Jack. Potresti dire che ti ho preso in ostaggio, che quella verso il Drago è stata legittima difesa. Prometto che confermerei qualsiasi versione tu voglia raccontare. Sarebbero clementi con te: saresti una vittima anziché un carnefice".

Will corrugò la fronte, ascoltando con attenzione le parole di Hannibal. Sapeva di potersi fidare di lui, nonostante tutto. Se avesse agito come Hannibal gli aveva suggerito, sarebbe tornato a casa sua, da sua moglie, suo figlio, i suoi cani. Tutto sarebbe tornato alla normalità, intorno a lui. 
Il problema era che niente era più normale dentro di lui. Anche se fosse tornato a Wolf Trap a riparare motori, non si sarebbe mai più sentito a casa. Sapeva che qualcosa gli sarebbe sempre mancato, che non sarebbe mai stato completo.

"È stata legittima difesa". Hannibal lo guardò, l'ombra di un sorriso si dipinse sul suo volto.

"È stato molto di più, Will. Non lo abbiamo ucciso, lo abbiamo cambiato. E lo abbiamo fatto insieme".

Hannibal si accorse, guardando gli occhi di Will, che l'uomo stava ripercorrendo ogni attimo di quella sera. Dallo sparo, alla pugnalata sul viso, allo sguardo che i due si erano scambiati prima di affondare lama e denti nel corpo di Francis. Era stato un momento idialliaco, un battesimo di sangue, il tanto atteso divenire. Ed Hannibal non poteva esserne più fiero. Aveva assistito alla rinascita della fenice, alla metamorfosi dell'agnello e il fatto che tutto ciò era anche merito suo, non faceva che aumentare il suo orgoglio.

Will alzò lo sguardò e incastrò i suoi occhi blu in quelli del dottore. Non riuscì a reprimere il sorriso che si disegnò sulle sue labbra, sebbene ostacolato dal cerotto sulla sua guancia.

"Ed è stato bellissimo", non potè fare a meno di ripeterlo, ricordando il sangue caldo che macchiava le sue mani, i suoi vestiti, le sue labbra. Will aveva combattutto fino alla fine contro il demone che viveva dentro di lui.
Per anni era riuscito a tenerlo docile, dormiente, innocuo. Per anni si era comportato come una brava persona, aveva costruito muri attorno a sé per proteggere se stesso e gli altri da ciò che cresceva al suo interno. Aveva messo la sua strana dote, la sua eccessiva empatia, che lui stesso considerava una maledizione, a servizio della giustizia, per catturare quei mostri che popolavano la terra. Perché infondo Freddie Lounds aveva ragione: per catturare uno psicopatico, ne serve un altro identico. 
Solo adesso, però, Will stava imparando ad accettare chi era davvero. Stava imparando ad amare la bestia che viveva in lui, adesso risvegliata e terribilmente affamata.

"Dovresti essere grato a Francis", esordì Hannibal. "Così come lo eri verso Randall Tier, anche se il sentimento non era sincero".

"Era sincero. Sono sempre stato grato a Randall Tier e lui sarà sempre riconoscente nei miei confronti". Will lasciò andare il cucchiaio, lo guardò affondare nella zuppa fino a metà manico, la sua mente viaggiò indietro di tre anni, alla notte in cui aveva ucciso a mani nude il giovane Tier. Un brivido scese lungo la sua schiena e un lampo attraversò i suoi occhi. 
Hannibal si accorse che le pupille di Will si era dilatate, il blu dei suoi occhi quasi totalmente scomparso a favore di un nero intenso, ammaliante, assetato. Persino nostalgico. 
Il dottore amava guardare gli occhi di Will. 
Non solo perché gli reputava esteticamente piacevoli, con quel loro blu dall'intensità variabile a seconda della luce, ma soprattutto perché molto spesso parlavano al posto suo. Si illuminavano o si scurivano in base al suo stato d'animo, riflettevano i suoi pensieri in modo limpido, potevi quasi vedere le immagini che passavano per la mente di Will se sapevi come guardare. E Hannibal sapeva esattamente come guardarlo. Aveva disegnato quegli occhi innumerevoli volte, in tutte le loro sfumature, dalle più luminose alle più oscure; dalle più innocenti alle più pericolose.

"Verrai in North Carolina con me, dunque?" Chiese Hannibal, seguendo il lento movimento degli occhi di Will, che lentamente si spostarono verso i suoi. Non appena i loro sguardi si incrociarono, Hannibal lesse la risposta che cercava:

"Oh sì".

•□•□•□•

"Quindi tu stai insinuando che Hannibal e Will sono stati tratti in salvo da una donna giapponese, possibile complice di lunga data di Lecter e che adesso li sta aiutando a coprire le loro tracce in un tentativo di farceli credere morti?"

La voce di Alana era carica di scetticismo e lo sguardo che aveva sembrava lo stesso riservato ai suoi pazienti in stato confusionale. Jack annuì, fermo e autoritario, mentre sistemava lo schermo del pc per vedere meglio l'immagine della psichiatra, in videoconferenza.

"Ho visto questa donna a Firenze, tre anni fa. Mi ha salvato dai poliziotti corrotti che hanno consegnato Will e Hannibal a Mason Verger. Ha detto che conosceva il dottore e mi ha chiesto dove li stessero portando", spiegò Jack.

Alana abbassò lo sguardo per un attimo al ricordo di Mason e della fattoria. Provava ancora una forte vergogna per aver chiesto aiuto ad Hannibal quella sera, nonostante sapesse che era l'unico modo per uscire da quell'incubo.

"E ha un nome questa donna?"

Jack scrollò le spalle:"Ci sto lavorando".

Alana sospirò e, nonostante si fosse ripromessa di non volere avere più niente a che fare con tutta questa faccenda, chiese:

"Posso aiutarti in qualche modo, Jack?"

Crawford ci pensò un momento, valutando se fosse il caso o no di immischiare la dottoressa Bloom in un'altra caccia spietata.

"Devi proteggere la tua famiglia", disse infine.

"Lo so. Lo sto facendo. Ma finché non sono sicura che quel bastardo è morto non potremo tornare a vivere".

"Quei bastardi", precisò Jack. Alana lo guardò confusa, corrugando la fronte. "Credo che dovremmo iniziare a temere Will tanto quanto temiamo Lecter, se non perfino di più".

Alana lo guardò stupita, ferita, ma allo stesso consapevole e determinata. Aveva sempre saputo cosa vivesse in Will, ma aveva sperato fino all'ultimo di sbagliarsi. Si era illusa di poterlo aiutare, standogli vicino nel modo che riteneva più opportuno. Ma, infondo, è impossibile eludere la vera natura di una persona troppo a lungo, figurarsi di poterla persino cambiare. 
Alla fine della favola, lo scorpione punge sempre la rana, anche se quest'ultima sta tentando di aiutarlo.

"Se vuoi renderti utile potresti iniziare facendo qualche telefonata a delle vecchie conoscenze di Lecter. Dobbiamo scavare nel suo passato, scoprire da dove viene, chi ha frequentato, dove è cresciuto", Alana annuì, attenta e iniziò a prendere appunti su quello che Jack le stava riferendo. "Scopriamo quando ha incontrato questa donna. Magari in un viaggio all'estero. Troviamo la giapponese e ci avvicineremo ai due fuggiaschi".

Alana fece qualche altra domanda, per essere sicura di svolgere il suo compito nel migliore dei modi.
Alla fine della cambiata, prima di scambiarsi i saluti, Jack fece un'ultima raccomandazione alla dottoressa:

"Cerca di mantenere un profilo basso, Alana. Nell'ipotesi in cui Lecter sia vivo, non deve sospettare che stiamo indagando su di lui. Non voglio che succeda niente a te e alla tua famiglia, non posso sopportare altre perdite a causa di quel dannato".

"Lo farò, Jack. Conta su di me".

Il collegamento si chiuse.

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