Dernier Espoir

di Matagot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolore e Onore ***
Capitolo 2: *** Sfacciataggine e Schieramenti ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni e Nuove Rotte ***
Capitolo 4: *** Lettere di Addio ***
Capitolo 5: *** Segreti e Collaborazioni ***
Capitolo 6: *** Dalla Francia ***
Capitolo 7: *** Desolante o Divino ***
Capitolo 8: *** Incontri e Scontri ***
Capitolo 9: *** Reazioni Esagerate ***
Capitolo 10: *** Non devo essere violenta ***
Capitolo 11: *** Lealtà e Complicazioni ***
Capitolo 12: *** Thestral e Furetti ***
Capitolo 13: *** Attenta ai Nargilli ***



Capitolo 1
*** Dolore e Onore ***


Chissà cosa direbbero queste mura, s’ils pourrait parler. 1

 
Buio.

Tutto intorno a lui era buio, più nero del nero assoluto, non sapeva nemmeno lui come descrivere quel colore, che pareva vorticare scintillante e inghiottire l’anima.
Christophe si stava mordendo le labbra così nervosamente da farle ormai sanguinare. Stava spremendo le meningi più che poteva, cercando di trovare un’idea brillante, magari qualcosa di cui aveva letto o sentito parlare in gioventù al durissimo addestramento per entrare nell’esercito elitario de La Plume Blanche.

Le mani legate dietro la schiena e l’essere costretto a stare bendato e in ginocchio non lo avrebbero demoralizzato in altre occasioni, perché anche un soldato de La PB novello avrebbe saputo come liberarsi tramite incantesimi non verbali senza l’uso di un canalizzatore come la bacchetta, ma al momento non riusciva a trovare in lui la lucidità per domare la sua forza magica.

Christophe però continuava a lottare perché la sua mente non venisse divorata da quell’oscurità, quella magia antica quanto oscura, il Plaga Cerebrum. Era riuscito ad identificare la maledizione che gli era stata scagliata contro, a cui purtroppo nessuno aveva mai trovato una protezione, un modo di spezzare la fattura o di difendersi da tanta malvagità. Il suo destino era segnato, a breve il suo cervello sarebbe imploso a causa di quella malignità convogliata tramite bacchetta contro di lui.
 
Pensa, pensa, ragiona! Imbécile! 2 Torna in te!
 
L’Occlumanzia non era in grado di calare una coltre a scudo della sua mente perché agiva come barriera mentale e non fisica sulla materia cerebrale, ma Christophe aveva compreso che rallentava il progredire di quella piaga, che stava inducendo ogni neurone del suo cervello a sopprimere quelli a lui più prossimi, una sanguinosa guerra civile all’interno del suo cranio. Da lì a poco si sarebbe sentito dilaniare e non sarebbe nemmeno più stato in grado di muoversi, parlare o persino di pensare, i suoi due emisferi avrebbero fatto harakiri. Aveva senso guadagnare del tempo per trovare una soluzione ad un rompicapo che non ne aveva una? Eppure lui continuava a resistere.

L’uomo stava combattendo quella tortura con dignità e un che di nobile nei modi, in silenzio, come si era sempre prefissato di morire. L’addestramento al limite della follia che era la sua quotidianità da quando ne aveva memoria gli aveva instillato una tempra d’acciaio, grande disciplina e soprattutto un elevatissimo potere magico, combinazione che lo aveva condannato ad una vita di sforzi e pericoli, una vita che sarebbe terminata a momenti, ma non per questo si sarebbe piegato, avrebbe lottato per liberarsi con ogni fibra del suo essere.
 
Ou je vais mourir honorablement, comme tous mes compagnons! 3
 
Il ricordo di tutte quelle vite spezzate, le vite dei suoi compagni d’armi, vissute intensamente ma per breve periodo, lo riscosse e Christophe vi si aggrappò con una tenacia disumana, doveva sopravvivere, doveva liberarsi e avvertire il quartier generale.
Sentì la risata del suo carnefice, fredda e senza alcuna traccia di emozione, come se fosse un semplice espediente per aumentare la drammaticità del momento.

“Un avversario degno il nostro Moreau, non trovate?”

La voce si abbinava perfettamente alla sua risata, accarezzava le parole con un che di lascivo e pericoloso, come il tocco sinuoso delle spire di un boa prima che soffocasse la sua preda a morte. Christophe udì qualche bassa voce maschile in lontananza concordare con l’affermazione del suo carnefice e addirittura un paio di risate di scherno.

“È un peccato versare sangue puro come il tuo, sicuro di non voler rivelare ciò che custodisci tramite Incanto Fidelio?”

Christophe Moreau si sentì gelare nell’anima, la maledizione stava prendendo più corpo dentro di lui, scavando millimetro dopo millimetro dentro il suo cervello, ma non diede segni di cedimento, non un solo gemito gli scivolò via dalle labbra, lo stesso contegno che aveva tenuto sin dall’inizio della sua tortura.
In ginocchio sul freddo pavimento di marmo bianco, legato e con le forze che stavano per abbandonarlo, si sforzò di alzare il viso verso il punto in cui doveva trovarsi il suo aguzzino, la direzione da cui sentiva provenire la voce.

Vinceremo… Noi… POUR LA PLUME BLANCHE!” 4

Mise tutto sé stesso in quel grido di battaglia, come se fosse un combattente vichingo pronto ad affrontare la morte a testa alta, conscio del suo prossimo ingresso nel Valhalla. Ormai era pronto e rassegnato, sapeva cosa stava per accadere, non sarebbe riuscito a scappare.
Un anno prima, alla vigilia della sua missione speciale sotto copertura, era stato informato dei rischi che avrebbe corso, ma non si era tirato indietro. Aveva accettato con un formale inchino l’onore di quella missione catalogata di livello ED+, extremement dangereuse plus. La probabilità di cadere al servizio non solo della sua patria, ma anche di tutta la comunità magica, era altissima e lui ne era perfettamente conscio. Mentre riceveva il fascicolo con tutti i dettagli del suo incarico, Guillaume aveva stimato che il rischio di morte dovesse avvicinarsi al 96%. Si erano scambiati un intenso, interminabile sguardo, pregno dell’addio straziante che non avrebbero potuto esprimere a parole o a gesti, dato che all’interno del corpo militare non era concesso nessuno tipo di relazione amorosa, tantomeno tra Doubles5
 

Il vuoto.
E il dolore.
Sta esplodendo tutto. Non posso farci nulla.
Se morirò, lui non saprà mai dell’ultimo membro attivo, non lo sa nessuno.
Uccidimi e incastrati da solo, maledetto terrorista!
 
L’urlo di Lord Voldemort squarciò la notte, mentre imprimeva ancor più potere nell’incanto. Il dolore non era quantificabile, ogni singola fibra dell'essere di Christophe anelava alla morte ormai.

Si udì un suono strano ma decisamente inquietante, poteva assomigliare al rumore che avrebbe fatto un budino spiaccicato con forza per terra. Dai dotti lacrimali dell’ormai deceduto Christophe Moreau, Spia di decimo livello de La Plume Blanche e Generale d’Armata della Division International de la PB, iniziò a sgorgare del sangue con fredda lentezza.
 

 
A più di novecento miglia di distanza, all’interno di una base militare segreta nei pressi di Nizza, una lacrima solitaria sgorgò silenziosamente dagli occhi di Guillaume Boulevardier. L’amore della sua vita era appena stato ucciso, sacrificandosi per il bene superiore, una pace che non avrebbe mai potuto vivere e lui non avrebbe nemmeno avuto il tempo di vivere il lutto perché doveva muoversi in fretta, noblesse oblige o in questo caso travail oblige 6. Volse lo sguardo verso il muro di fronte alla scrivania del fu Generale Moreau. Vi era una bacheca, sormontata da una targhetta in oro massiccio recante la scritta ‘Équipe Spéciale Thestral’ 7. All’interno della bacheca c'erano cinque ritagli di pergamena, firmati col sangue da ognuno dei componenti della migliore task force dell’Intelligence francese, La Plume Blanche.
 
I nomi François Dupont, Odette Bourgeois, Marie Lucille Lefévre e Antoine Duplessis erano vergati con quello che ormai sembrava inchiostro ormai sbiadito, mentre l’ultima pergamena, riportante la firma di Christophe, stava mutando ora colore, da sangue a pece. Il Tenente Generale Boulevardier, Direttore della branca Intelligence de La PB, inspirò per tentare di riprendere il controllo delle sue emozioni. Sapeva che il suo Chris era venuto a mancare quando aveva avvertito di essere diventato lui stesso il Custode Segreto dell’Incanto Fidelio stipulato con il suo amato quattro anni prima e ciò poteva significare solo che il pluripremiato Generale d’Armata Moreau era caduto, ma constatare che anche la sua Firma della Vita si stava scurendo fu una devastante ulteriore conferma.
 
Aprì con lentezza un cassetto della sua scrivania ed estrasse un piccolo cartiglio, che si affrettò ad inserire nella bacheca dei migliori agenti segreti della loro organizzazione, pregando Circe, Merlino e chiunque gli venisse in mente che la valutazione azzardata fatta a suo tempo da Christophe si rivelasse l’arma vincente.
 
 
La firma, svolazzante e piena di ghirigori, apparteneva ad Olivia Robin.

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*
1. Se potessero parlare
2. Imbecille
3. O morirò con onore, come tutti i miei compagni!
4. Per la Piuma Bianca!
5. Doppio - Ad ogni ricercatore dell'Intelligence viene abbinato un soldato a fine addestramento. L'abbinamento vale per la vita. Il soldato agisce sul campo, connesso e coadiuvato dal ricercatore.
6. La nobiltà comporta obblighi - il lavoro comporta obblighi 
7. Squadra Speciale Thestral

Ciao!
Spero di avervi incuriosito almeno un po', o almeno di non avervi annoiato.
Credo di aver inserito tutte le traduzioni necessarie, ma se dovesse essermene sfuggita qualcuna segnalatemelo, provvederò ad inserirla.
Voglio tranquillizzare tutti i non francofoni, i prossimi capitoli conterranno meno termini in francese e comunque inserirò sempre delle note esplicative.

 

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Capitolo 2
*** Sfacciataggine e Schieramenti ***


Il discorso di Dolores Umbridge, sottosegretario anziano niente di meno che del Ministro della Magia inglese Cornelius Caramell, risuonava ancora nelle orecchie di Olivia Robin la mattina del due di settembre.
 
Alas! Une maudite complication! 1 Quella stupida vecchia potrebbe complicare davvero tutto.
 
Stava aggiungendo come d’abitudine delle fette di banana e del miele al suo porridge, mentre con aria pensierosa rimuginava sulle affermazioni udite la sera precedente. Il Ministero della Magia inglese aveva quindi adottato una dura linea negazionista, basata sulla diffamazione per convincere le masse che nulla di maligno sarebbe tornato a tormentare il quieto vivere della popolazione.

Anche tra i suoi compagni di casata, nonostante Corvonero avesse la fama di raccogliere le menti più brillanti di Hogwarts, serpeggiava quest’idea retrograda, alimentata dai media con un fare così finto che si sorprese davvero di non vedere schiere di persone mandare gufi alla redazione de La Gazzetta del Profeta lamentandosi del prezzo spropositato per un giornale pieno di menzogne qualunquiste.

L’avvento della professoressa Umbridge come docente però era uno sfacciato guanto di sfida e il discorso della sera precedente era una palese presa di posizione. Un modello di insegnamento e un programma scolastico definito da linee guida ministeriali non sarebbero state una cattiva idea in teoria, sempre che la politica ministeriale non fosse un insulto all’intelligenza comune come lo era in quel momento.

 
Les britanniques et leur cécité! 2
 
I gufi planarono in quel momento sopra alle tavolate, portando lettere e pacchi con cose dimenticate a casa dagli studenti e Olivia fu sorpresa nel constatare che un piccolo allocco aveva appena fatto cadere sul tavolo una busta color carta da zucchero indirizzata a lei.
Anthony Goldstein sibilò irritato poiché qualche piuma di volatile cadde giusto sul libro che teneva aperto davanti a lui, facendogli perdere il segno. Stava mangiando senza nemmeno dare a vedere che sentisse i sapori o avesse coscienza di cosa ingurgitasse da tanto che era concentrato nella lettura.

“Insomma, qualcuno sta ripassando qui, la smettiamo con questo chiasso? Ah scusa, non avevo visto che era arrivata della posta per te Ollie.”

Il tono stizzito era frutto della nuova spilla da Prefetto che portava, sembrava che gli avesse iniettato nell’animo bile, pomposità e una malsana attitudine a dare ordini.
Olivia afferrò la busta, aveva le mani tremanti, sapeva che quel colore non prometteva nulla di buono. Inspirò dal naso, come se potesse infondersi coraggio, e aprì simulando noia e indifferenza la missiva appena recapitatale.
 
Cara sorellina,

Sentiamo già la tua mancanza qui a casa, sembra che tu sia partita una vita fa!
Ieri sera ho avuto notizie del cugino Chris, sembra che il suo anno sabbatico sia terminato. Dovresti proprio darmi qualche dritta per organizzare una bellissima festa di bentornato, non ti preoccupare delle spese, le coprirò io.
Mi raccomando, non spezzare troppo cuori quest’anno ad Hogwarts, sai che non vorrei dover pestare alla Babbana qualche Serpeverde o chiunque osi avvicinarsi a te, le voci girano e scoprirei tutto, non farmi passare per il fratello geloso.

Ti voglio bene
Tuo fratello
William
 
Fu un pugno allo stomaco. Si accorse di aver trattenuto il fiato tutto il tempo solo quando dovette inspirare per tentare di ricacciare indietro le lacrime che si erano affacciate prepotentemente. Non vedeva nulla se non la lettera cifrata, era come sospesa in una bolla silenziosa.

Christophe era caduto.

Christophe, il suo mentore, il migliore agente segreto di tutta la Francia, era morto. Christophe, colui che l’aveva accolta quando lei aveva soli due anni, colui che l’aveva allevata, accudita e cresciuta. Christophe, colui che non era suo padre, ma probabilmente era anche di più.

Morto.

Guillaume le stava affidando la missione che non avrebbe mai voluto vedersi assegnata. Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, il giorno in cui tutti i migliori, la Squadra Speciale Thestral, sarebbero caduti, era inevitabile e l'avevano avvertita. Solo allora lei, membro segreto e dormiente dell’operazione, avrebbe dovuto continuare la battaglia contro l’Oscuro Signore, con Guillaume come Double.

Solo, non credeva che sarebbe avvenuto così presto.

E non credeva nemmeno che avrebbe fatto così male.
 
**
 
Harry Potter era finito in punizione dopo aver affermato, davanti alla professoressa Umbridge durante la sua primissima lezione ad Hogwarts, che Voldemort era tornato.
 
Gesto coraggioso e condivisibile, ma decisamente stupido, Potter. Ti sarebbero proprio servite le lezioni di Strategia Militare che mi sono sorbita per anni.
 
La voce era corsa tra gli studenti veloce come un Billywig 3 impazzito e l’opinione dei più rifletteva quella del Ministero della Magia, cioè che Harry Potter fosse una persona in costante ricerca di attenzioni e che si sarebbe scottato se avesse continuato a cercare i riflettori utilizzando bugie e terrore, mentre Silente era il solito vecchio stravagante a cui iniziavano davvero a saltare le rotelle grazie un po’ all’età, un po’ ad un malsano attaccamento, forse anche di tipo amoroso, verso un ragazzino così giovane.

Vi era tuttavia una ridotta fetta del corpo studentesco, i più fedeli a Harry, a Silente e i più vicini al povero Cedric Diggory, che non concordavano con la versione ufficiale. Il numero di alunni che dimostrava di avere tutti i neuroni funzionanti era esiguo, ma ancora di più lo era quello di chi aveva il coraggio di affermare ad alta voce tale convinzione e a ragion veduta, secondo Olivia.

Dopo la lezione di Storia della Magia in cui la nenia del professor Rüf era riuscito a far perdere il filo anche a lei, aveva deciso di trascorrere l’ora buca nel parco della scuola. Il suo posto preferito era un piccolo spiazzo nei pressi di un mastodontico ciliegio, dove spesso si rifugiava per studiare fuori dalla polverosa biblioteca o anche solo per godersi il sole.

La Gran Bretagna era decisamente piovosa e non si raggiungeva mai la calura che era solita assalire il sud della Francia nei mesi estivi, perciò la Corvonero spesso sfruttava le giornate di sole per lasciarsi accarezzare dal tiepido venticello che presto avrebbe lasciato spazio alle consuete piogge scozzesi. Per raggiungere il ciliegio dovette passare vicino alle serre di Erbologia, dove non le sfuggì uno stralcio di conversazione.

“…che non sono solo gli strambi a crederti. Personalmente ti credo al cento per cento. La mia famiglia è sempre stata dalla parte di Silente, e io anche.”
Olivia alzò gli occhi e intravide un pomposo Ernie Macmillan, Prefetto di Tassorosso, famiglia Purosangue ma con inclinazioni progressiste, voti medio-alti e fedele a Silente, che assicurava la sua lealtà al famigerato Harry Potter, il Prescelto, famiglia Mezzosangue, voti discreti, Cercatore, testa calda, anche lui fedele a Silente.
 
Allora c’è effettivamente qualcuno con un po’ di sale in zucca.
 
D’altro canto Olivia ci avrebbe scommesso, ad Hogwarts qualcuno che sapeva ragionare in autonomia ci sarebbe sempre stato. Era parecchio informata sulle vicende accadute alla scuola e aveva un’idea accurata praticamente su coloro che da lei erano state catalogate come ‘personalità di spicco’. Guillaume le aveva inculcato in testa durante l’infanzia che l’informazione era potere e che delle orecchie ben tese sono spesso un efficace strumento per salvarti la pellaccia.

Per questo, negli ultimi quattro anni aveva raccolto più informazioni di chiunque altro nell’intera agenzia governativa francese. A suo tempo il Generale d’Armata Moreau ci aveva visto lungo e, nonostante in molti gli avessero dato dello strambo, nulla lo aveva fermato dal piazzare la sua petite lapine nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, perché i ragazzi di oggi sono lo specchio dei genitori e, soprattutto, sono i maghi del domani.
 
**
 
“Perché è più di una settimana che sei come assorta, Ollie? Sei nervosa per i G.U.F.O.?”

Olivia Robin si riscosse da quella trance riflessiva in cui si era calata da quando, mezz’ora prima, aveva aperto il libro di Pozioni nella Biblioteca scolastica. Sorrise alla ragazza seduta di fronte a lei e annuì mestamente.

“Sì, non so come sia andata finora a lezione a te, ma a noi i professori continuano a ribadire quanto il nostro futuro dipenda dagli esami finali.”

Hermione Granger annuì, come a confermare che la stessa sorte fosse toccata anche a loro.

“Poi non so voi, ma le lezioni si sono fatte decisamente più impegnative. Io personalmente penso di essere riuscita a ricreare una Bevanda della Pace abbastanza precisa, ma temo che scoprirò il verdetto quando il Professor Piton valuterà le fiaschette. Ha detto che le valuterà come sarebbero valutate agli esami, quindi credo di strappare almeno un Oltre Ogni Previsione, non pretendo certo un Eccellente al primo colpo. A te è venuta Olivia?”

“Credo di sì, consistenza e colore mi parevano esatti, ma si sa che Piton favorisce sempre i Serpeverde. A proposito di insegnanti… Avete già avuto la Umbridge? Terribile quella donna. Ed è inaccettabile che ci sia vietato praticare degli incantesimi in una scuola, cioè è assurdo.”

Per la seconda volta, Hermione Granger, Prefetto di Grifondoro, Nata Babbana, media altissima di voti tranne che alle lezioni di volo e a Divinazione, mente acuta del Golden Trio, annuì mestamente.

Era in buoni rapporti con la Grifondoro dal primo anno, da quando avevano entrambe capito che probabilmente erano le uniche due studentesse di Hogwarts a passare più tempo in biblioteca che in Sala Comune. Si sarebbero potute anche definire ‘amiche’, se non fosse stato per il fatto che Hermione era indubbiamente più legata ai suoi compagni di Grifondoro e per il fatto che Olivia stessa fosse a tutti gli effetti una specie di talpa all’interno della scuola, tuttavia trovavano serenità nella reciproca e piacevole compagnia.
 
“È per questo che sto finendo di leggere tutto il libro di Slinkhard. Muoio dalla voglia di scoprire cosa si inventerà per tenerci buoni dopo.”

Hermione aveva un cipiglio tenace nell’asserire ciò. Dopo uno sguardo d’intesa, risero sommessamente per non turbare la quiete della biblioteca.

“Io stavo pensando di fare pratica da sola o con qualcuno. Cioè, alla fine la Traccia non mi può dar problemi qui nella Scuola, quindi se dovessi chiedere ad Anthony di esercitarci in segreto in Sala Comune, non dovrei avere problemi! Nelle aule o nei corridoi sarebbe decisamente troppo sotto al naso di quella tirapiedi di Caramell. Oh oddio, è vero che sei un Prefetto adesso. Facciamo che non hai appena sentito quello che ho detto, eh Hermione?”

Le parole di Olivia fecero breccia tra i pensieri di Hermione, tanto che tolse il naso da ‘Teoria della Magia Difensiva’ e la scrutò con curiosità. Aveva gli occhi assottigliati, come se un’idea stesse prendendo lentamente corpo nella sua mente e lei stesse aspettando il momento in cui avrebbe potuto contemplarla nella sua interezza.

“No Olivia, stai tranquilla, la trovo un’idea interessante in realtà. Dovremo comunque essere in grado di difenderci da soli tra non molto tempo, temo.”

Hermione sospirò, ancora persa nel turbinio di pensieri che le parole di Olivia avevano acceso in lei, per poi riscuotersi velocemente.

“E poi scommetto che Anthony accetterebbe, è cotto di te almeno dall’anno scorso!”

Hermione Granger aveva un sorrisino malizioso nell’alludere alla preferenza che il ragazzo sembrava mostrarle ogni volta che gli era possibile e Olivia roteò gli occhi, simulando un lieve fastidio subito sbugiardato da un risolino.
 
“Povero ragazzo, mi dispiace per lui perché sembra davvero non capire che non mi interessano quei tipi di legami.”

“Gli spezzerai il cuore, credo che ormai abbia scelto anche il nome dei vostri figli e dello Kneazle 5 che adotterete!”
 
Altre risate sommesse. Hermione Granger era sempre piaciuta ad Olivia, era abbastanza sveglia da non risultare mai banale o prevedibile.
Olivia Robin conosceva le regole, gliele avevano instillate sin dalla tenera età, eppure concedersi di provare sentimenti di affetto o complicità, anche solo per una ragazza come Hermione Granger, non le pareva proprio la fine del mondo, checché ne dicesse La PB.
 
**
 
“Severus, ho deciso. Devi eseguire i miei ordini. Devi iniziare ora a gettare le basi per il futuro.”

Nonostante Albus Silente fosse sempre circondato da un alone di calma reverenziale, qualcosa ora era incrinato nel suo tono di voce. Forse era l’inflessione che dava alle parole, forse la forza con cui rimarcava le sillabe alternando pause ad effetto, forse lo scintillio dei suoi occhi che baluginavano minacciosi nel buio.

“Lei mi sta chiedendo troppo. Io mi rifiuto.”

Severus Piton parlava in modo piccato, come offeso dalle oltraggiose affermazioni del vecchio dinanzi a lui.

“Severus! Non puoi rifiutarti, lo sai perché bisogna agire così.”

“Lei mi sta chiedendo di condannare qualcun altro alla vita che sto vivendo. Quante volte farò il lavoro sporco per lei, Silente? Quante altre cose orribili dovrò compiere? L’odio e la diffidenza che mi è riservata da entrambe le parti, crede che sia facile? Per lei lo è, il grande Albus Silente, il benvoluto, l’amato, lo stimato, l’immenso Silente! Nessuno sa che lei è il burattinaio dietro ai sacrifici degli altri!”

Le iridi scure del professore di Pozioni si erano infiammate d’ira e sembravano due luccicanti diamanti neri su una maschera contratta.

“Non esserne stupito Severus. È solo questione di tempo prima che quella scelta venga presa, tanto vale prendere il controllo della situazione.”

“Non corromperò un’anima pura, Silente! Non condannerò nessuno a questa vita in solitudine e piena di rischi, nessuno rischierà l’osso del collo a causa mia!”

Piton si voltò verso l’uscita dell’ufficio del Preside, intenzionato ad abbandonare quella conversazione prima di perdere ulteriormente le staffe, ma le parole di Silente lo fermarono, o meglio, forse il tono di voce, decisamente arrabbiato.

TU! Tu sei venuto da me, tu mi hai cercato, tu mi hai implorato di far sì che Lily Evans rimanesse in vita dopo che i tuoi amici avevano deciso di porre fine alla sua vita! Tu, Severus, tu hai scelto questa vita e ora non puoi venire a scaricarla su di me! Se ora vuoi andare, vattene, ma avrai un nuovo nemico, Severus. Non credevo che la sopravvivenza del figlio di Lily Evans fosse meno importante di un integerrimo codice etico che tu sei imposto negli ultimi cinque minuti!”

Il labbro di Piton tremò. Tutto in lui fu come scosso, invecchiato d’un colpo. Le guance erano scavate e pallide come i raggi lunari, le rughe d’espressione marcate e gli occhi abbandonati ad un momento di sofferenza nel sentir pronunciare quel nome, quel nome che era per lui l’unica ragione per andare avanti.
“Tenterò Albus, ma è tutto ciò che posso prometterti. Sono solo studenti, pensavo che di loro ti importasse.”

Con un fruscio del lungo mantello nero, Severus Piton si ritirò nelle sue stanze, lasciando il preside di Hogwarts a contemplare il Pensatoio che aveva di fronte a lui, valutando se utilizzarlo o meno.


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1. Ahimè, una maledetta complicazione!
2. I britannici e la loro cecità!
3. https://www.potterpedia.it/?v=Billywig
4. Piccola coniglietta.
5. https://www.potterpedia.it/?v=Kneazle 

Ciao a tutti!

Mi dispiace per chi sperava diversamente, ma Olivia Robin sembrerebbe essere una studentessa di Corvonero, dello stesso anno del trio protagonista.
Il suo background verrà esplorato decisamente meglio nei prossimi capitoli. Scusate se questo può sembrare un po' vuoto di trama, ma mi serviva per contestualizzare tutto ciò che devo andare a sviluppare. 


A presto!

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Capitolo 3
*** Rivelazioni e Nuove Rotte ***


“Mademoiselle Robin, grazie di aver accettato il mio invito. Si sieda pure.”
 
Olivia sollevò un sopracciglio. Si trovava nello studio del Preside, di fronte ad Albus Silente, Preside di Hogwarts, Ex Stregone Capo del Wizengamot, Ordine di Merlino Prima Classe, Supremo Pezzo Grosso, colui che ha sconfitto Gellert Grindelwald, che l’aveva chiamata con il suo effettivo cognome, pronunciato Robén, alla francese.

“Robin, signor preside. Si pronuncia Robin.”

Olivia sorrise gentilmente, per nascondere il turbine ansioso che quel richiamo alla sua vita passata le aveva generato dentro. Si accomodò sulla poltroncina in chintz indicatale dal preside e attese. Non aveva idea del perché fosse stata mandata a chiamare nel bel mezzo di una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, anche se si era rallegrata nell’osservare la reazione leziosa ma stizzita della professoressa Umbridge.

“Posso offrirle un ghiacciolo al limone?”

“Un cosa?”

“Un ghiacciolo al limone. È una prelibatezza Babbana e io ne vado matto.”

La ragazza declinò l’offerta. Iniziò ad avvertire le prime reazioni fisiologiche che avrebbero di lì a poco tradito il suo nervosismo, stava sudando freddo e nonostante i suoi sforzi per regolarizzare la respirazione, un orecchio allenato avrebbe distinto il lieve affanno.
 
Andiamo, scopri le carte, dimmi perché sono qui e come fai a sapere che sono francese.
 
“L’ho convocata nel mio ufficio per farle le mie condoglianze. Il Generale Moreau era una persona straordinaria, un eroe, ed è stata un’immensa perdita per il Mondo Magico, anche se i più non ne sono a conoscenza.”

Aveva tentato con tutte le sue forze, ma Olivia non riuscì più a sostenere lo sguardo del preside.
 
Non lasciarti sopraffare. I sentimenti non sono ammessi Olivia, ricomponiti!
 
Eppure non ci riuscì, le parole di Silente riecheggiavano prepotentemente nel suo cuore, poiché era esattamente ciò che lei pensava e sentirlo dire ad alta voce, sentir riconoscere il valore di un uomo che aveva dato la vita nel tentativo di evitare al mondo il ritorno del Signore Oscuro senza che nessuno ne sapesse nulla, l’aveva smossa.

“Temo di non capire a cosa stia alludendo.”

La voce era lievemente incrinata, ma si sforzò di reprimere il moto di disperazione che si agitava del suo petto e lottava per uscire.
Non aveva ancora pianto dalla notizia della morte di Christophe, non se l’era permessa e non avrebbe saputo come giustificarsi nel caso le avessero domandato il motivo. Non era riuscita a reprimere il pensiero costante rivolto a colui che l’aveva cresciuta, era come una presenza fissa nei suoi pensieri, un alone tetro che ricopriva le sue giornate. Si era sforzata di nascondere la cosa, ma anche i professori erano riusciti, per la prima volta a memoria d’uomo, a coglierla disattenta o impreparata, lei che da sempre si contendeva il titolo di So-Tutto-Io con Hermione Granger.

“Christophe non si era sbagliato dunque, lei, Olivia, è davvero forte come suo padre l’ha sempre descritta.”

Il tono che Silente aveva assunto era sì greve, ma aveva mantenuto la naturale gentilezza che il preside irradiava.

“Christophe non era mio padre.”

Ecco, ci era riuscita, si era ripresa. Era riuscita a domare il lutto struggente e si era ricomposta, anche se la voce mancava della naturale calma.

“Converrà però con me che l’appellativo padre non è diritto esclusivo di chi ci ha generati, Mademoiselle Robin.”

“Professore, perché sono qui?”

Gli occhi azzurri di Silente scintillarono da dietro gli occhiali a mezzaluna.

“Lei non è sola, Olivia, volevo farglielo sapere. Ho avuto modo di conoscere Christophe una trentina d’anni orsono e abbiamo avuto modo di godere della reciproca collaborazione, anche se non è cosa nota. Posso affermare con molto orgoglio di aver trovato in lui una persona leale, un mago coraggioso e capace, un amico.”

Olivia scrutò Silente con aria incuriosita. Christophe non le aveva mai parlato di lui.

“Non ne sia sorpresa, mademoiselle. È il destino degli uomini straordinari di ogni epoca di incontrarsi, perché riconoscono che insieme possono generare più cose buone nel mondo che da soli. Io e Christophe abbiamo condiviso molte battaglie e altrettante vittorie e, data la nostra amicizia di lunga data, quando mi chiese di accettarla nella mia Scuola come membro inattivo della Squadra Speciale Thestral, ho acconsentito. Sapevo che non avrebbe mai permesso che la sua adorata figlia frequentasse una scuola senza la protezione di qualcuno che lui reputava degno e fui onorato di constatare quanta fiducia avesse riposto in me.”

Nulla poté fermare il pianto di Olivia, nulla. Niente di ciò che aveva appreso durante il addestramento speciale riuscì a reprimere l’ondata di affetto misto a perdita che la fece annegare in un silenzioso e composto pianto. Si era chiesta più e più volte come mai Christophe l’avesse spedita in un altro Stato, lontano da lui e dalla casa in cui era cresciuta, affibbiandola alle cure di una famiglia di fiducia e creandole una nuova identità ad hoc. Si era anche chiesta se l’affetto che lei provava fosse a senso unico, se lui avesse preso a cuor leggero l’eventualità di dirle semplicemente addio più di quattro anni prima, se cancellare la sua identità francese per appioppargliene una inglese fosse stato facile. Da quando si era stanziata nel Wiltshire, qualche mese prima di iniziare a frequentare Hogwarts, non lo aveva più rivisto. Aveva ricevuto qualche messaggio cifrato da Guillaume e qualche regalo fatto arrivare in sicurezza per Natale e per il suo compleanno, ma Olivia non aveva più rivisto il Generale Moreau, il suo cipiglio severo o i baffi curati che tremolavano quando mangiava.

Eppure Christophe l’aveva nuovamente sorpresa. Qualcuno incaricato da suo padre aveva vegliato su di lei in quegli anni, qualcuno che ora sedeva di fronte a lei.

Silente aveva volontariamente fatto una pausa per permettere alla ragazza di metabolizzare tutte le informazioni e riuscire a sfogare parte del dolore che aveva incessantemente represso per tutta la scorsa settimana.

“L’ho convocata qui perché era volontà di Christophe farle avere una lettera nel caso lui non fosse riuscito a portare a termine il suo compito. Colgo l’occasione anche per ricordarle che un aiuto verrà sempre dato a Hogwarts, a chi lo richiederà. Combattiamo la stessa battaglia e nell’unità noi ci riscopriamo più forti, Olivia, lo ricordi sempre.”
 
Pensa.
Prima di sbugiardarti ancora di più, devi appurare questa storia. Christophe non mi ha mai parlato di Silente. Quella lettera è davvero stata scritta da lui? E se fosse una trappola?
Certo, la PB e Silente si schieravano, parlando di ideale, dalla stessa parte, ma poteva davvero fidarsi?
 
“Se non ha domande, le lascerò il resto dell’ora libera così potrà leggere gli ultimi pensieri di Christophe, tanto non credo che si perderebbe una lezione spettacolare di Difesa Contro le Arti Oscure.”

Olivia si soffiò il naso prima di sollevare nuovamente lo sguardo verso il preside e vedere che aveva lasciato una busta di fronte a lei. Le afferrò con mani tremanti, accarezzando la pergamena come se fosse il viso del Generale Moreau, con morbidezza e affetto. Represse l’impulso di portarsela al petto e stringerla, cosa che si sarebbe concessa di fare solamente in privato.
 
**
 
 
Caro William,

Anche voi mi mancate molto, davvero.
Sono lieta di aiutarti nell’organizzazione della festa a sorpresa per Chris di ritorno dal triangolo delle Bermuda, ti prego di farmi avere il prima possibile il denaro per acquistare ogni genere di decorazione, provvederò a fare compere a fine Settembre, durante il primo sabato ad Hogsmeade. Non vedo l’ora di acquistare anche qualche scherzo nel negozio di Zonko, dicono che sia una forza, è sempre pieno!
Per quel che concerne la mia vita amorosa, ti invito a starne fuori, Serpeverde o Grifondoro che sia l’oggetto delle mie mire, o dovrai vedertela con me durante le vacanze di Natale!
Quest’anno risulta davvero pesante, dopo solo una settimana siamo sommersi di compiti ed esercitazioni da fare, i professori non stanno lesinando sul carico di lavoro, ho come la sensazione di aver bisogno di due cervelli ogni tanto, perché uno sicuramente non basta.
Ah, sono stata convocata nell’ufficio del preside, ma nulla di grave. Ti prego, non dirlo alla mamma!

Ti penso e ti voglio bene
Tua sorella
Olivia
 
 
La ragazza rilesse un paio di volte la lettera, tentando di vedere più in là delle solite ciance da quindicenne che battibecca col fratello e giunse alla conclusione che nessuno ci avrebbe ricavato nulla di particolare.
Aveva trascorso tutta la notte a pensare, scribacchiare e modificare la risposta alla lettera di Guillaume per comunicargli le sue necessità in modo che potessero essere cifrate nelle risposte di senso compiuto ai quesiti della precedente missiva. Il Prefetto Lisa Turpin, sua compagna di dormitorio, era scesa un paio di volte in Sala Comune a controllare che non si fosse addormentata sul divano e invitandola a ritirarsi a letto, minacciandola anche di toglierle dei punti in quanto stava infrangendo il coprifuoco, ma nulla aveva smosso Olivia. Lisa si era poi arresa e, dopo aver appurato che Olivia non avesse intenzioni alcune se non quella di stare tranquillamente a scrivere una lettera senza disturbare la sua compagna di stanza, andò definitivamente a dormire.
Quando Olivia terminò di scrivere stava ormai albeggiando e decise di salire alla Guferia per consegnare la lettera ad Archibald, il barbagianni che aveva ricevuto come dono di compleanno due anni prima da Guillaume.

“Signorina, faccia attenzione, ho sentito che Pix vuole scaraventare il mezzobusto di Paracelso addosso alla prossima persona che si addentrerà in quel corridoio. Ho sentito mentre lo definiva ‘uno spasso assicurato’ per la vittima. Strano senso dell’umorismo che ha quel Poltergeist.”

Nick-Quasi-Senza-Testa, fantasma di Grifondoro, le si era parato davanti per salvarla dall’infausto scherzo di Pix.

“Grazie mille Sir Nicholas, mi ha salvata da un triste destino.”

Olivia gli rivolse un genuino sorriso prima di imboccare la via più lunga per raggiungere la Guferia.
Appena entrata Archie volò giù da un trespolo, e si posò sulla sua spalla, becchettandola affettuosamente. Lei lo accarezzò con affetto, prima di allungargli un biscottino gufico.

“Ciao Archie bello, anche tu mi sei mancato.”

Archibald bubolò compiaciuto e si allungò verso la mano che lo accarezzava come fosse stato un gatto.

“Ho una consegna per te, però torna presto e non farmi stare in pensiero, intesi?”

Archie si fece legare docilmente la pergamena sigillata prima di spiccare il volo. Lei lo guardò allontanarsi e ben presto divenne un puntino bianco e beige stagliato contro il cielo sereno di quella mattina. Un Thestral volò leggiadro nel chiarore mattutino. Lei li vedeva, li vedeva da sempre, da prima che Christophe l’accogliesse. Christophe.

Era sola, il silenzio era interrotto dai pigolii e i fischi dei rapaci addormentati sopra di lei, la mattina era serena e Olivia si concesse di perdersi nei ricordi che la legavano indissolubilmente a Christophe Moreau e viverne il lutto a pieno. Non aveva ancora avuto la forza di leggere la lettera che Silente le aveva consegnato il pomeriggio precedente, ci aveva provato, ma non era pronta, doveva abbandonarsi alla sua disperazione e vivere la perdita nella sua interezza o non sarebbe mai riuscita ad andare avanti senza esplodere e sbugiardare lei e tutta l’organizzazione segreta.

Era rimasta così, immobile a perdersi nello schiarirsi di un nuovo giorno, lasciando che le lacrime scorressero silenziose a delineare i suoi zigomi alti, quando avvertì un suono di passi avvicinarsi.

La manica della sua felpa corse veloce ad asciugare il volto e, con un lungo sospiro, tentò di ricomporsi.

“Eccoti qui.”

Sbiancò. Si voltò istintivamente per controllare a chi appartenesse quella voce.

“Cercavi me?”

Ma Harry Potter non stava parlando con lei, a discapito di ciò che si era immaginata. Vide la sua civetta delle nevi posata sulla sua spalla, lui che le dava un buffetto sulla testa con sguardo amorevole e comprese il malinteso.

“Oh! Ciao Olivia. Non pensavo di trovare qualcuno qui su così presto.”

Aveva il respiro accelerato, come se avesse corso a perdifiato per arrivare in cima alla torre il prima possibile e nulla sul suo volto pareva voler nascondere la sorpresa di trovarla lì. Lui legò velocemente una lettere alla zampa della sua fedele Edvige, prima di avvicinarsi ad una delle grosse finestre della guferia e augurarle buon volo.

“Ciao. Già, mi sono appena ricordata che oggi è il compleanno di mio fratello, ho spedito una lettera in fretta e furia.”

La ragazza evitò lo sguardo del Grifondoro e mosse qualche passo per raggiungere la scalinata. Sapeva di avere ancora gli occhi lucidi e non voleva attirare l’attenzione su di sé in quel momento.

“Ho capito. Bella giornata vero?”

Lui aveva accennato con il mento verso l’enorme finestra a cui era affacciata solo qualche attimo prima. La curiosità prese il sopravvento e non poté fare a meno di osservarlo.
Durante i quattro anni precedenti aveva avuto modo di parlare con Potter, se per parlare si potesse intendere qualche battuta spiccia mentre raggiungeva Hermione Granger per discutere di un libro o alcuni convenevoli durante le lezioni che Corvonero e Grifondoro condividevano, ma questo era quanto. Conosceva la storia e tutte le avventure che il ragazzo aveva vissuto tramite qualche racconto di Hermione, ma non si erano mai effettivamente rivolti la parola.
 
Plot twist. Pensa veloce, petite lapine.
 
“Condizioni perfette per il Quidditch, immagino. Non so, non sono molto brava a volare.”

Tentò di abbozzare un sorriso, incoraggiandolo a continuare la conversazione. Guillaume sarebbe stato trepidante, le avrebbe sicuramente detto di sfruttare l’occasione e continuare la conversazione, magari tentando di coltivare un’amicizia. D’altronde si trovavano sullo stesso fronte, poteva rivelarsi fondamentale avere un qualche tipo di rapporto di fiducia con lui.

“Già, non vedo l’ora di allenarmi con la nuova squadra, è tutta settimana che non esco.”

“Ah già, la punizione vero? Sei stato coraggioso a tenerle testa. Certo, un po’ avventato, ma hai fegato, Potter.”

Si morse subito la lingua, non era riuscita a tener per sé quella frecciatina sull’avventatezza di Harry e probabilmente il suo maledetto orgoglio da Grifondoro stereotipato lo avrebbe indotto a vedere solo il lato accusatorio di quello che voleva essere un complimento.
 
Guarda come me la sono giocata male, probabilmente dovevo mostrarmi adorante, una cheerleader. Ora si sentirà attaccato e giudicato, perché tanto tutti lo stanno attaccando e giudicando al momento. Bella pensata Ollie.

Difatti, Harry la stava scrutando con un’espressione di difficile interpretazione, mentre si grattava nervosamente l’avambraccio sinistro da sopra la tunica. Che la volesse picchiare alla Babbana? Sapeva come difendersi con e senza bacchetta, ma non le sembrava il modo migliore per farsi un alleato.
Olivia stava per scusarsi con Harry, ma fu interrotta da un tonfo forte. La porta si spalancò con velocità inaudita e in un battibaleno furono raggiunti da Gazza, il custode. Pareva essersi precipitato lì in fretta e furia, dato che aveva la chioma scompigliata, il fiatone e un lieve strato di sudore ad imperlargli la fronte.

“AHA!”

Il suo tono non lasciava presagire nulla di buono, gli occhi lampeggiavano avidi verso Harry, come se pregustassero di già la punizione corporale che avrebbe voluto infliggergli, catene e appendici corporee appese, cose del genere.
Gli puntò il dito indice contro, come se l’avesse colto in flagrante nell’atto di infrangere ogni singola legge magica.

“Ho ricevuto una soffiata, vuoi spedire un grosso ordine di Caccabombe!”

Harry incrociò le braccia e scrutò il custode, mentre Olivia inarcava un sopracciglio, totalmente perplessa. Gazza non pareva nemmeno averla notata, tanto era sicuro della colpevolezza del Grifondoro.

“Chi le ha detto che sto ordinando delle Caccabombe?”

Nel tono di voce di Harry non vi era traccia di sfida o arroganza, ma fu tenace nel tener testa al vecchio Magonò.
 
Quindi ci vuole ben più di un’accusa nei suoi confronti mossa da un superiore per spaventare Potter. In effetti, poteva arrivarci anche Gazza, dopo la notizia del teatrino inquisitorio che il Wizengamot ha messo su contro di lui quest’estate.
 
“Ho i miei informatori. Ora consegnami la roba che stai spedendo.”

Olivia sbarrò gli occhi incredula. Le labbra si incurvarono in una smorfia sdegnata e stava per ribattere acida, quando Harry la precedette.

 “Non posso, è partita.”

 “Partita? E come faccio a sapere che non ce l’hai in tasca?”

L’espressione di Gazza era imbestialita, ogni ruga contratta in una maschera d’odio, odio che sudava anche dal tono di voce che stava iniziando ad usare.

“Perché l’ho visto io.”

L’ossimoro tra il volto angelico della brava ragazza, studiosa e diligente, in contrapposizione al tono fermo e perentorio della sua voce, quasi militaresco, lasciarono Gazza in un dubbioso limbo per qualche attimo.

“Tu hai visto…?”

“Sì, esatto. L’ho visto.”

Aveva inconsapevolmente assunto un tono imperioso, come quello che era solita sentire da bambina dagli addestratori quando le impartivano duri comandi durante gli allenamenti. Il Magonò sembrò sul punto di esplodere dalla furia, ormai convinto di aver fallito nella sua missione.

“Se sento una sola zaffata di Caccabombe…”

Il custode lasciò aleggiare le parole nell’aria fresca del mattino, una vuota minaccia nel vento, prima di lasciare la torre con passo pesante e tempestoso.

“Quello non era un ordine di Caccabombe, o sbaglio?”

Olivia aveva ripreso il suo cipiglio perplesso, mentre continuava a lanciare occhiate fino a dove un secondo prima c’era la figura di Gazza.

“No, chissà come mai ne era convinto. Forse Malfoy gli ha fatto una finta soffiata per cercare di mettermi nei guai.”
 
Potter, andiamo, ti prego! Certo, non sei un Corvonero, ma mi hanno detto che eri più sveglio di quel che sembravi.
 
“Io non conosco Malfoy, ma non credo che lui sia interessato a leggere la tua corrispondenza.”

Aveva tentato di mantenere un tono neutro, anche se l’unica cosa che avrebbe voluto fare era condividere con lui i suoi sospetti. Le sue parole sembrarono mettere in moto un qualche tipo di ragionamento confuso negli occhi del Grifondoro, ragionamento che sembrava essere ancora in corso quando si ritrovarono al bivio dopo la scalinata.

“Beh, io vado da questa parte. Grazie per prima.”

“A tua disposizione, se Gazza dovesse ancora accusarti ingiustamente.”
 
Il sorriso che Harry Potter le concesse era incerto e luminoso quanto il sole in quella tiepida mattina di settembre.
 
**
 
Guillaume sbatté violentemente il pugno sulla scrivania dell’ormai ex ufficio di Christophe Moreau, ora sostituito da un giovane pedante, altezzoso e dai modi pomposi.

“Ce n’est pas possible!” 1

La voce era animata da un fervore indignato, atteggiamento piuttosto insolito per il calmo e riflessivo del Tenente Generale Boulevardier. Percorreva l’ufficio per il lato lungo ormai da un paio di volte, con passi nervosi e scattanti.

“Tenente Generale, la prego, si calmi.”

“Calmarmi? Lei è ridicolo, non so che meccanismi ha unto per occupare quella poltrona!”

Arnaud Renard accennò ad un sorriso compiaciuto. Con estrema lentezza unì i polpastrelli delle sue mani, portandole davanti al suo petto, mentre con i gomiti poggiati sulla scrivania, ne rimarcava il possesso.

“Guillaume, mi dispiace, so che perdere il tuo Double deve essere stato devastante e non sono qui a giudicare la condotta sconveniente che avete tenuto, ma probabilmente ora saresti più lucido se non vi foste abbandonati a quella storiella d’amore da quattro soldi che tenevate tanto segreta. Il Generale Moreau è stato un grande uomo e un grande agente segreto, ma questa è un’organizzazione governativa di massimo livello e non possiamo stare qui a farci le trecce mentre piangiamo i nostri cari.”

Se Guillaume fosse stato colpito con una Maledizione Cruciatus, probabilmente avrebbe sofferto di meno, perché tutto in quella frase era atto a sbeffeggiarlo, a partire dal rimarcare la morte di Christophe fino alla svalutazione del loro amore.

“Sono quindi qui ad invitarla nuovamente a prendere un periodo di congedo a tempo indeterminato. Ogni tre mesi le verrà eseguito un test psico-fisico per stabilire se effettivamente lei è in grado di lavorare, anche senza guidare l’Intelligence de La PB, ma fino a che i suoi risultati non eguaglieranno quelli antecedenti alla morte di Christophe Moreau, può coltivare qualsiasi hobby lei abbia.”

Guillaume Boulevardier lanciò un grido rabbioso e straziante, prima di picchiare nuovamente il pugno sulla scrivania ora appartenente al Generale Renard e lasciare in fretta e furia quell’ufficio che tanto aveva amato.
Arnaud arricciò le labbra sottili in un sorriso compiaciuto. Con qualche colpo di bacchetta fece sparire ogni decorazione appartenente al precedente proprietario. Si soffermò velocemente su una semplice cornice in argento, posta sulla scrivania. Conteneva una fotografia in bianco e nero ritraente una bimbetta di non più di quattro anni, con un paio di trecce disordinate che le correvano lunga la linea sottile del collo. Rideva gaiamente nel rincorrere e tentare di scoppiare grossi palloncini galleggianti, probabilmente Gomme Bolle Drooble.

“Evanesco!”

La fotografia scomparve. Arnaud si trovò a contemplare il suo viso all’interno del vetro vuoto, una replica sbiadita, il cameo del più giovane Generale d’Armate che la PB avesse mai avuto.

Quanti sacrifici, quante azioni desolanti e quante decisioni crudeli aveva dovuto prendere, ma finalmente era riuscito a compiere il suo destino, la politica internazionale francese sarebbe cambiata a breve.

Finalmente, con tutti gli agenti della Squadra Speciale Thestral fuori combattimento, Christophe Moreau morto in battaglia e Guillaume Boulevardier fuori dai giochi, La PB poteva finalmente abbracciare una nuova era, l’era di una nuova squadra speciale, gli Ankou. 2

____________________________________________________________________________________________________________________________
*
1. Non è possibile!
2. Nella mitologia bretone, l'Ankou è la personificazione della morte. Viene rappresentato come uno scheletro che indossa un cappello a falde larghe, armato di falce. Analogamente al Gramo, si crede che lo si incontri poco prima della propria dipartita.

Ciao a tutti!

Beh, che dire? Silente era informato di tutto, ma ce ne stupiamo davvero? D'altronde in gioventù ha viaggiato sicuramente in Francia (dove ha anche incontrato e lavorato con Nicholas Flamel), quindi era del tutto plausibile che conoscesse il Generale Christophe Moreau e
La PB.

Grazie a tutti coloro che mi hanno recensito o scritto, siete come il sorriso che Harry rivolge a Olivia dopo che lei lo ha salvato da Gazza.
Alla prossima!

 

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Capitolo 4
*** Lettere di Addio ***


Ma petite lapine,

Se ti venisse mai recapitata questa lettera, purtroppo significherà che io sarò morto.
Avrò tentato in tutti i modi, credimi, avrò lottato per rimanere in vita, per te e per Guillaume, ti prego di perdonarmi se non ci sono riuscito.
Mi manchi Olivia, mi sei mancata da subito, da quando ho preso la decisione di spedirti lontana dalla Francia e forse non rivederti mai più.
So che, accogliendoti con me quando eri solo una bambina con le trecce, probabilmente ti ho condannato ad una vita difficile e piena di sacrifici e ciò mi duole.

Mi dispiace di non averti dato un’infanzia più spensierata, più giocosa, ma dovevo prepararti, addestrarti, dovevo essere un genitore coscienzioso e scegliere tra come avrei voluto trascorrere serenamente il tempo con te o insegnarti, anche duramente, ciò che ti avrebbe potuto un giorno salvare la vita, perché io stesso, accogliendoti, ti avevo messo in pericolo mortale. Avrei voluto far sapere al mondo che eri la mia bambina, lo avrei urlato ai quattro venti con orgoglio, se ciò non ti avesse reso un bersaglio per i miei nemici. Mi dispiace per la segretezza che ti abbiamo imposto da sempre.

Sei stata un’allieva perfetta, ma petite lapine, caparbia e capace. Tu eri, se possibile, ancora più motivata di me, facevi di tutto pur di imparare ad imbrigliare la tua enorme ed instabile energia magica, anche tu avvertivi che ti sarebbe sfuggita di mano con conseguenze nefaste altrimenti.
L’Incanto Fidelio che ti proteggeva è ancora attivo e il Custode Segreto ora è Guillaume. Lui custodisce tutto, le tue origini, i tuoi poteri, i tuoi anni trascorsi con noi in Francia e l’intera missione.

Spero che nel momento in cui ti riceverai questa lettera, Guillaume sia ancora in vita. Se così non fosse, ho rivelato una parziale verità ad Albus Silente (è anche lui ora Custode Segreto, ma solo di ciò che gli ho rivelato), il preside di Hogwarts, che dovrebbe averti consegnato questa lettera. Puoi fidarti di lui, ma petite lapine, è un mago estremamente capace, mosso dalla volontà di rendere questo posto migliore, non ti avrei affidato a nessuno di meno degno. Ho comunque ritenuto prudente non rivelargli le tue origini, le tue capacità o l’eredità che ti spetta.

Se qualcuno, oltre a Guillaume o Albus Silente, dovesse farsi vivo, ti prego di stare all’erta e non fidarti, bambina mia, nemmeno se si presentasse come membro de la PB. Stai sempre con gli occhi ben aperti, non potrei mai perdonarmelo se ti succedesse qualcosa.

Guillaume dovrebbe incontrarti a breve, nel giro al massimo di un mesetto. Lui ti proporrà di lavorare insieme e portare avanti l’operazione, ha la mia benedizione nel far ciò, perché io sono sicuro che se qualcuno possa aiutare a mettere fine a questo conflitto, saresti decisamente tu. Ti prego però, bambina mia, di non accettare se non è ciò che ogni fibra del tuo essere vuole. Non accettare se hai dei dubbi o anche solo la più piccola remora, perché questa vita è tutto o niente e io non ti giudicherò se non vorrai iniziare questo cammino.

Il mio unico pensiero sei tu e il mondo che vorrei che tu vivessi.
 
Ti voglio bene infinitamente, sempre e per sempre.
Papà
 
 
Olivia vide che le parole, così come erano apparse al suo tocco, scomparvero non appena posò la lettera sul tavolo. La tentazione di conservare quella lettera sempre e per sempre era micidiale, ma lei sapeva che non poteva, sarebbe stata una prova schiacciante che poteva tradire tutto il suo passato. Conosceva il codice, l’avrebbe dovuta bruciare, ma nulla al mondo l’avrebbe convinta a distruggere le ultime parole che Christophe voleva fargli avere.
 
D’altronde lo scritto appare solo al mio tocco.
 
Un lieve tocco di bacchetta e trasfigurò la pergamena in un anonimo fermaglio per capelli celeste, che ripose con cura all’interno del suo baule.
Celeste, come le pareti di camera sua nella casa in cui era cresciuta.
Celeste, come il colore preferito di Guillaume.
Celeste, come gli occhi di Christophe.
 
**
 
I bagni delle ragazze erano sempre affollati, un po’ perché la fila comprendeva sempre almeno tre o quattro persone, un po’ perché erano utilizzati come salotti per la condivisione degli ultimi, scottanti gossip.
Calì Patil e Lavanda Brown, Grifondoro, quinto anno, informate sugli ultimi gossip, nient’altro di rilevante, stavano intrattenendo una frivolissima conversazione su chi fosse il ragazzo più carino di Hogwarts. Starnazzavano come ochette da passeggio, mentre controllavano il trucco davanti allo specchio e non si curavano nemmeno di abbassare il tono di voce.
“Oh, Roger Davies ha messo su proprio due belle spalle quest’estate, hai visto? Potessi essere un Animagus, diventerei la sua divisa da Quidditch!”
Olivia alzò gli occhi al cielo. Non condivideva troppo la verve civettuola che molte ragazze del suo anno stavano adottando, figurarsi poi se faceva dire loro delle sciocchezze del genere.
 
Insomma, un Animagus si trasforma in un animale, Maledetto Salazar! Lo dice la parola stessa! E poi non si può scegliere ciò in cui ci si trasforma, dipende dalla natura intrinseca della persona! Non mi sorprende che vadano sempre in giro in coppia, probabilmente una riesce a lanciare Lumos e l’altra Nox!
 
Ma Olivia Robin tenne per sé tutte quelle considerazioni. C’era solo una ragazzina del primo anno in fila davanti a lei, ormai quel supplizio fatto di risatine e cicalecci stava per terminare.
“Beh, poi c’è sempre Zabini. Peccato che sia uno stronzo e un Serpeverde, perché è davvero un bel ragazzo, l’altra notte ho sognato che io e lui…”
Altre patetici risolini riecheggiarono tra le pareti del bagno, ma non durarono a lungo. Pansy Parkinson, Purosangue, Prefetto di Serpeverde, quoziente intellettivo mediocre, bulla e si vocifera ex ragazza di Draco Malfoy, entrò in bagno accompagnata da alcune amiche e subito si avvertì il gelo calare. Fu come se qualcuno avesse scagliato un Silencio ad ampio raggio, dato che i chiacchiericci allegri si dispersero subito. Insieme a lei entrò il suo profumo preponderante, un aroma misto di zucchero filato e fragola che riempiva le narici di chiunque fosse a meno di tre metri da lei.
 
Potrebbe essere l’occasione giusta, mi chiedo solo come… Come posso fare?
 
“Oh ti prego Brown, continua a deliziarci con le tue fantasie erotiche su Blaise, ne sarà disgustato.”
 
Il sorriso si spense sulle labbra di Lavanda. Nonostante si fosse appena spalmata in faccia tonnellate di trucco, sbiancò visibilmente e per un attimo sembrò sul punto di svenire.
“Lasciala perdere Lav, probabilmente Zabini non lo sentirà mai, perché nemmeno lui riuscirà a tollerare la puzza di caramella avariata in cui si avvolge la Parkinson.”
Calì Patil tentò di consolare la sua amica e nello stesso tempo minare l’autorità da bullo che Pansy Parkinson e la sua faccia da carlino si erano arraffate negli anni.
“Cinque punti in meno a Grifondoro per la tua insolenza Patil. E cinque in meno anche a te Brown, per le zozzerie che vai cianciando su un Purosangue come Zabini, maledetta traditrice del tuo sangue che non sei altro.”
Millicent Bulstrode e Daphne Greengrass ridacchiarono come matte nel vedere le reazioni delle Grifondoro, a metà tra il boccheggiante e l’indignato. Il bagno era gremito, ma nessuno osò fiatare, la sentenza di Pansy Parkinson era calata veloce come una ghigliottina affilatissima.
“Se avessi letto il regolamento scolastico, sapresti che quei cinque punti sottratti a Lavanda verranno reintegrati poiché sottratti senza cognizione di causa Parkinson, ma effettivamente bisognerebbe essere in grado di leggere.”
 
Speriamo che funzioni. Speriamo che sia riuscita a capire che le ho dato della stupida e che faccia scoppiare un pandemonio. Andiamo, Parkinson! Andiamo!
 
Olivia mostrava il solito viso da brava ragazza, quello che aveva addolcito anche i professori più pregni di rancore verso gli studenti, e sorrideva in modo gentile. Alcune ragazze sgranarono gli occhi, altre trattennero il fiato. Le risatine della Bulstrode e della Greengrass si spensero come un incendio sotto un acquazzone.
“Robin, non hai alzato la mano prima di rispondere e non c’è quella Sanguemarcio della Granger con cui contenderti il titolo di Fastidiosa Secchiona dell’anno, perché ti sei disturbata a parlare?”
La Serpeverde fece una breve e grottesca imitazione di Robin in classe, saltellando sul posto con la mano alzata per rispondere. La porta del cubicolo si aprì e Pansy Parkinson, incurante della fila, spinse di lato la bambina del primo anno che sarebbe dovuta entrare. Sghignazzando, mosse qualche passo verso la toilette, ma un braccio le sbarrava la strada.
“È inutile che fai la bulla solo per sfogare la tua frustrazione amorosa, a tutte capita di prendere delle palate in faccia, anche se quella che ti tira Malfoy da più di sei mesi è pesante, ma non per questo ci comportiamo come degli scimmioni con le Pluffe girate.”
 
Ecco, l’hai detto, brava, hai tirato fuori Malfoy, che salta da una ragazza all’altra dal Ballo di Ceppo e torna da lei solo quando si è stufato. Incrociamo le dita, arrabbiati Parkinson, andiamo!
 
“TACI E FAMMI PASSARE, MALEDETTA FRIGIDA! FURUNCULUS!”
 
Pansy Parkinson aveva estratto le bacchetta in modo fulmineo e l’aveva puntata contro Olivia. Poche scintille verdi brillarono dalla punta della bacchetta del Prefetto, ma l’incantesimo non sortì l’effetto desiderato. La scena si svolse così velocemente che le ragazze intorno a loro ci impiegarono qualche secondo a realizzare cosa fosse successo. Lo sguardo di tutte era posato sulla Serpeverde.
Un’isterica Pansy Parkinson fu accompagnata dalle sue amiche in infermeria, ululando e lanciando imprecazioni contro Olivia Robin, mentre il viso, le braccia e il petto le si riempivano di pustole e bolle giallastre. Pansy si lagnava, piangeva e urlava di come quella secchiona l’avesse aggredita alle spalle alludendo ad un interesse verso il suo ragazzo, millantando di farla espellere nel giro di qualche ora grazie alle conoscenza dei suoi genitori e all’influenza che esercitavano sul consiglio studentesco.
Olivia era totalmente illesa, non pareva nemmeno essersi mossa.
 
“Penso che sia il tuo turno.”
La Corvonero sorrise alla bambina del primo anno che la precedeva nella fila, accennando con il mento alla toilette. La ragazzina, che la stava guardando con gli occhi spalancati e la bocca che disegnava una piccola O meravigliata, la ringraziò sotto voce prima di fiondarsi in bagno.
Olivia Robin alzò lo sguardo e vide che tutti gli occhi delle presenti, anche quelli di Mirtilla Malcontenta che le aveva raggiunte pochi secondi prima, attirata dal baccano, la fissavano.
“Oh insomma ragazze, non guardatemi così! Era solo un Sortilegio Scudo non verbale, riflette la fattura che tenta di colpirlo, non l’ho aggredita io! Su avanti Lavanda, riprendi a fare la classifica dei più carini di Hogwarts!”
 
**
 
Guillaume sapeva cosa fare.
Avevano sempre temuto, lui e Christophe, che qualcosa del genere potesse capitare. Spesso Guillaume si era ritrovato a pensare che ogni tanto il suo Double si lasciasse prendere un po’ troppo la mano, che gli fosse stata instillata la segretezza fin troppo in fondo, che ormai la paranoia iniziasse a prendere il sopravvento.
Era fermamente convinto che il duro addestramento, sia psicologico che fisico, avesse ‘rotto’ le anime di troppi giovani, li avesse condotti alla pazzia e al delirio, condannandoli a vivere la vita con il sentore che qualcosa stesse sempre tramando nell’ombra. Tanti, alla soglia dei quarant’anni, si erano ritirati a vita privata a causa della sindrome di stress post-traumatico e sapeva che la PB aveva istituito un reparto segreto presso l’Ospedale Jeanne D’Arc, dedicato totalmente alla riabilitazione e all’eventuale soppressione dei soggetti troppo problematici per ritirarsi autonomamente dal lavoro e vivere sotto copertura nel programma di protezione testimoni.
Non condivideva il metodo che la PB utilizzava per gestire il suo personale, con troppa razionalità ai limiti dello spietato, ma si era poi sempre convinto che tutto ciò avvenisse per uno scopo più alto, la stabilità socio-politica europea valeva sicuramente questo sacrificio, come il Presidente dell’organizzazione ripeteva sempre.
 
Guillaume era a casa sua, una piccola villetta in legno dipinto di bianco e celeste, con vista sulla spiaggia. Stava contemplando placidamente il tramonto spettacolare che si rifletteva sul mare, screziando di arancione l’acqua che danzava implacabile al ritmo della corrente.
I suoi occhi accarezzarono tutto il panorama, come se tentasse di imprimersi quella visione nella mente, per dirgli addio.
Quel panorama era stata la cosa che li aveva colpiti di più, l’elemento che aveva convinto sia lui che Christophe ad acquistare quella piccola villetta.
 
Era il momento. Adagiò una lettera di addio in cui spiegava le motivazioni del suo suicidio nella cassetta delle lettere all’inizio del vialetto che lo avrebbe condotto alla sua abitazione. Si era espresso con sincerità, aveva riversato tutto sé stesso in quelle parole, così intrise di dolore per la perdita dell’amato, della sua incapacità di reagire a questa situazione terribile e dello sconforto vergognoso che gli aveva generato l’essere congedato dalla sua organizzazione. Non riusciva più ad esistere, semplicemente. Aveva ammesso di sentirsi inutile, usato e ferito, terminando con una frase rivolta ai suoi compagni ricercatori, in cui li esortava a combattere per il bene superiore e in cui li pregava di perdonare il suo ultimo, estremo gesto.
 
Aveva un’aria spettrale Guillaume, pesanti occhiaie nere davano al suo sguardo una parvenza tetra e folle, non mangiava da qualche giorno e non si lavava da altrettanto. Chiunque, vedendolo, avrebbe asserito che si trattasse di un vecchio clochard che doveva averne viste tante e di molto brutte. Giunse in salotto con passo lento e strascicato, come se gli costasse tutta l’energia che ancora poteva serbare in corpo. Barcollò, ormai stremato.
 
Rise.
Gli uscì un riso come un latrato, il suono grattava in modo strano contro le pareti secche della gola. Rise in modo malato, maniacale, sinistro, prima di alzare in aria la sua bacchetta e sussurrare compiaciuto una sola parola.
Ardemonium.
 
Il Fuoco Maledetto avvolse istantaneamente la casa in legno. Corse veloce, come animato da una coscienza senziente che lo pilotava verso i punti della casa da attaccare. Pezzi di soffitto iniziarono a cadere dopo qualche secondo, ormai tizzoni ardenti che alimentavano le fiamme, avvolgendo tutto ciò che circondava l’uomo. Tutto brillava di fiamme, tutti i ricordi, tutte le foto, tutto l’arredo, tutto stava bruciando.
Tutta la loro vita sarebbe stata cancellata da lì a non molto.
 
Lui rideva, continuava a ridere, Guillaume non era scosso dai singulti di risa da così tanto tempo che ben presto tutti quegli spasmi gli avevano fatto venire i crampi all’addome.
 
 
Il lunedì mattino i giornali Babbani annunciavano la morte di Guillaume Boulevardier, cinquantanove anni, celibe, docente di Epigrafia Greca alla Université Lumière Lyon 2, a causa di un incendio scatenato da una fuga di gas all’interno della sua casa al mare vicino a Nizza. A darne il triste annuncio nessuno dei familiari.

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Capitolo 5
*** Segreti e Collaborazioni ***


La colazione del lunedì mattina fu una cacofonia di voci, urlanti o sibilanti, pareva proprio che nessuno fosse intenzionato a godersi trenta secondi di silenzio.
Molti ragazzi stavano discutendo del Decreto Didattico Numero Ventitré, che istituiva ad Hogwarts la figura dell’Inquisitore Supremo, una figura teoricamente super partes, incaricata della valutazione del metodo di insegnamento dei docenti e dell’idoneità di questi ultimi alla cattedra della prestigiosa scuola, con la facoltà di metterli in verifica ed eventualmente imporsi per licenziarli.

Olivia era indignata da quest’ultimo colpo di coda ministeriale, uno scandalo a tutti gli effetti. Molti ragazzi stavano già facendo scommesse su come gli altri professori avrebbero gestito la figura dell’Inquisitore Supremo all’interno delle lezioni e quasi tutti morivano dalla voglia di assistere allo scontro titanico tra la professoressa McGranitt e la Umbridge.

La Corvonero aveva lo sguardo insolitamente assonnato quella mattina, perché le sue compagne di dormitorio l’avevano assillata tutta sera per farsi raccontare per filo e per segno cosa avesse fatto a Pansy Parkinson e congratulandosi per essere riuscita in un incantesimo non verbale. Le avevano detto che per i corridoi girava già la voce di un duello epico in stile Silente-Grindelwald, con gente che giurava che Pansy Parkinson era svenuta dopo chissà quale brillante incantesimo scagliatole contro, altri invece asserivano che le fosse spuntato un terzo braccio che aveva tentato di strangolarla a morte. Olivia dovette ripetere la sua versione dei fatti innumerevoli volte, almeno una decina nella Sala Comune dei Corvonero, ove fu trattenuta fin oltre le undici e mezza, e successivamente anche nel dormitorio, fino alle due di notte.
Olivia odiava la confusione in generale, ma nulla era peggio di quel frastuono di mattina e soprattutto prima del suo solito caffelatte, un’imitazione blanda del golosissimo café au lait.
 
“Ollie, non per spaventarti, ma la Parkinson continua ad additarti e a guardarti in cagnesco.”
Padma Patil e Lisa Turpin indicarono un punto indefinito alle spalle di Olivia, in direzione del tavolo di Serpeverde, generando così nei Corvonero lì vicini la necessità di voltare lo sguardo per appurare se ciò che era appena stato detta fosse vero.
Olivia moriva dalla voglia di voltarsi e controllare lo stato della rabbia di Pansy Parkinson, ormai ritornata normale grazie alle pronte cure di Madama Chips, e si appellò ad ogni briciolo di autocontrollo per riuscire ad ignorarla, anche se non riuscì a trattenersi del tutto.
"Con la faccia da carlino che si ritrova, mi stupirebbe che mi guardasse in modo diverso."

Terminò in fretta la colazione per non dover più sopportare il ciancicare mattutino degli studenti ed insieme ad Anthony, Padma e Lisa si avviò verso i Sotterranei, anche se in netto anticipo rispetto al suono della campanella, perché non aveva voglia di far perdere ulteriori punti alla sua Casa.
Il professor Vitious la sera precedente, nonostante avesse inteso benissimo il contesto in cui tutto aveva avuto luogo, sotto le pressioni della professoressa Umbridge aveva dovuto a malincuore togliere dieci punti ad Olivia per i danni causati al Prefetto di Serpeverde e le aveva assegnato una punizione con lui il sabato sera. Olivia non si curò molto di quei punti persi, in quanto sapeva che li avrebbe recuperati nel giro di qualche lezione, ma trovava decisamente ingiusto sapere che a Pansy Parkinson, che aveva sfoderato la bacchetta per prima, non era stato sottratto nemmeno un punto.
Oltre a ciò, probabilmente Piton, notoriamente protettivo con tutti coloro che appartengono alla sua Casa, probabilmente avrebbe preso di mira Olivia ora.

“Comunque il lunedì che inizia con doppia ora di pozioni dovrebbe essere reso illegale, mi svilisce per tutta la settimana.”
Anthony Goldstein non eccelleva in Pozioni e il professor Piton gli era decisamente ostile, come con chiunque non appartenesse alla sua Casa del resto. Spesso chiedeva ad Olivia di copiare i suoi appunti o di poter ripassare insieme per riuscire a strappare qualche Accettabile, o alcune volte addirittura degli Oltre Ogni Previsione, e lui si ostinava a dare il merito dei suoi voti all’aiuto che la ragazza gli dava, cosa del tutto inspiegabile in quanto lei non prendeva appunti, mai.
 
Forse Hermione ha ragione. Peccato per lui, è un caro ragazzo, ma le relazioni interpersonali sono bandite, oltre che inutili.
 
Si sedettero al solito tavolo nell’aula di Pozioni, lezione che condividevano con i Serpeverde, cosa di cui Anthony si lamentava sempre poiché nonostante Olivia e Padma fossero davvero brave e preparate, non riuscivano mai ad ottenere nemmeno un punto dal professor Piton che era deciso ad assegnarne solamente ai suoi studenti.

“Silenzio!”
Severus Piton aleggiava nella buia aula di Pozioni come un pipistrello in una caverna. Il suo volto era una maschera di disgusto puro e la sua voce metteva i brividi alla maggior parte degli studenti. Tra i Serpeverde girava la voce per cui qualcuno una volta lo avesse visto sorridere, ma nessuno dava credito a quella diceria.
Piton teneva in mano una pila di pergamene e con un colpo di bacchetta le fece volare per l’aula, alla ricerca del proprietario del tema sulla pietra di luna.
“Il livello generale della prova è stato penoso. Se questo fosse stato l'esame, la maggior parte di voi sarebbe stata bocciata. Confido in uno sforzo molto maggiore nel prossimo tema sulle diverse varietà di antidoti ai veleni o dovrò cominciare a dare punizioni a quei somari che hanno preso una D.
Olivia guardò sull’angolo in alto a destra della pergamena a lei restituitale e notò con soddisfazione una grossa O+ (89/100) scarabocchiata con grafia spigolosa. Arricciò le labbra compiaciuta.

“Oggi ci sarà una piccola novità. Mi trovo costretto a seguire le indicazioni della direzione scolastica secondo cui noi insegnanti dobbiamo essere portatori di un messaggio di collaborazione e fraternizzazione tra studenti di diverse Case, nessuno escluso, purtroppo.”
La voce di Piton era strascicata, il tono pieno di noia e ribrezzo e le ultime parole erano state accompagnate da un’occhiata malevola in direzione di Anthony, che deglutì rumorosamente, e poi di Neville Paciock, che emise un suono flebile, pareva quello di un palloncino che si sgonfia.
Molti sguardi interrogativi esortarono il professore a chiarire le modalità di interazione tra studenti.
“Ritengo questa misura una perdita di tempo, ma sono costretto ad applicarla. Oggi dovrete preparare la Soluzione Corroborante in coppia. Le coppie…”
Piton fece un lieve cenno col mento verso una pergamena che apparve prontamente di fianco alla lavagna.
“Sono estratte a sorte, non modificabili e segnate su quella pergamena. Non tollererò nessun tipo di obiezione. Le istruzioni…”
Piton agitò velocemente la bacchetta verso la lavagna.
“Sono scritte alla lavagna. Troverete gli ingredienti nella dispensa. Il voto verrà assegnato alla coppia. Cominciate!”

A turni i ragazzi si avvicinarono alla pergamena indicata dall’insegnante, su cui erano state magicamente vergate in inchiostro verde tutte le coppie. Tutti erano stati abbinati in modo più o meno fortuito ad appartenenti alle altre Case e, nonostante il richiamo iniziale dell’insegnante, la classe si riempì subito di un borbottio diffuso su quanto fosse ingiusta la vita, “per di più nell’anno dei G.U.F.O.” come aveva specificato Lisa.
Anthony sbuffò contrito nel raggiungere Seamus Finnigan, il suo compagno di lavoro. Se aveva lottato duramente per mantenere la media in Pozioni appena più che sufficiente, poteva decisamente salutarla ora che era abbinato ad uno studente noto per far esplodere qualsiasi cosa avesse intorno. Padma fu più fortunata nell’aver come compagno Ernie MacMillan, che almeno era in grado di preparare autonomamente le pozioni di base, mentre a Lisa toccò quell’insopportabile bulletta di Pansy Parkinson.

Olivia si stava avvicinando alla pergamena, quando ricevette quella che doveva sembrare un’involontaria spallata dalla Parkinson, frutto di una svista. Il colpo le fece cadere di mano il libro di Pozioni con un tonfo sul pavimento dell’aula.

“Ops, che sbadata.”
Il tono mieloso e ingenuo di Pansy e il suo sorrisetto erano più falsi di un galeone verde. Olivia si era chinata per raccogliere il libro senza ribattere e Pansy non si lasciò sfuggire l’occasione, si abbassò a sua volta per simulare una specie di aiuto e mormorò velenosa.

“Tocca il mio ragazzo e sei morta, Robin.”
Olivia posò gli occhi sulla faccia da carlino della Serpeverde e lo sguardo interrogativo trovò subito risposta.

“Robin, ti serve tutta la giornata per raccogliere i libri o hai intenzione di venirmi ad aiutare con questa pozione?”
Draco Malfoy, Prefetto di Serpeverde, Purosangue con idee estremiste, figlio di un noto Mangiamorte, bullo, aveva parlato, con la sua solita voce strascicata e il tono annoiato.
 
**
 
 
“Siete sicuri di aver setacciato ovunque?”

Il Generale Renard era nervoso, al limite dell’isteria. Il suo celebre contegno solenne lo aveva abbandonato con una velocità allarmante.
Tre giovani ragazzi, al massimo venticinquenni, annuirono marziali. Indossavano una divisa nero lucido e avevano il volto coperto da un cappuccio ampio calato oltre la linea degli occhi. Il loro aspetto era letale e i loro modi spersonalizzati. Sembravano armi più che persone, meri strumenti di guerra dotati di intelligenza, ma senza la capacità di valutare le situazioni.
Arnaud Renard lanciò un grido furioso e calciò con violenza la sedia di fianco a lui, mandandola a gambe all’aria con un gran baccano.

“Imbecilli! Incompetenti! CRUCIO!”

Aveva puntato la bacchetta contro uno di loro, che iniziò a contorcersi sul pavimento con movenze sinistre, ricordava quasi una cimice capovolta sulla schiena, durante un attacco epilettico. Il corpo del ragazzo si accartocciava, tremava e si contraeva con un ritmo frenetico, la sola vista delle angolature innaturali che le due giunture assumevano fece rabbrividire i suoi due compagni. Il dolore era tangibile e talmente incontrollabile che all’Ankou sfuggì un grido lacerante, da far venire la pelle d’oca. Continuò a gridare per interminabili secondi, eccezion fatta per i brevi attimi che gli servivano per riprendere fiato e urlare di nuovo.

Arnaud ritrasse la bacchetta, lasciando il giovane soldato a terra. Era paonazzo, imperlato di sudore freddo e con evidenti difficoltà a respirare, ma tentando di scomporsi il meno possibile, si rimise sull’attenti di fianco ai suoi colleghi. Stringeva le labbra ritmicamente, uno spasmo dovuto allo shock appena vissuto, ma nessuno osò fiatare.

“Aprite bene le orecchie, maledetti scansafatiche! Deve pur essersi dimenticato qualcosa, un indizio, un file, qualsiasi cosa! Avete ventiquattr’ore per portarmi delle informazioni utili, o sarò costretto a punirvi ancora più duramente. E ORA, FUORI DI QUI!”
Il Generale Renard aveva il tono duro e inflessibile sporcato di rabbia, che gli induriva anche la linea della mascella e gli sgranava le narici. I tre ragazzi si dileguarono prontamente dall’ufficio del Generale d’Armata de la PB, lasciandolo solo. Arnaud trasse un lungo respiro che sapeva di stanchezza, si massaggiò velocemente le tempie e poi puntò la sua bacchetta verso la porta di ingresso al suo ufficio.

“Colloportus.”
 
Aprì il cassetto della sua scrivania e ne tirò fuori un piccolo specchio, con la cornice in argento intarsiato con un motivo di serpenti. Lo scrutò con l’aria di chi piuttosto si sarebbe trasfigurato la faccia in un maiale, ma si fece forza.

“Sebastian Nott.”
Un viso apparve nello specchio. Era un uomo di circa cinquant’anni, dalla calvizie incipiente e i capelli ormai sale e pepe. Aveva gli occhi vispi e lucidi, mentre le labbra erano talmente sottili da far sembrare la sua bocca una semplice linea storta circondata da una folta barbara grigiastra.

“Cugino, hai buone nuove?”
Il suo tono era trepidante, ma dopo una breve occhiata al suo interlocutore, capì che la situazione non era stata gestita come previsto.
“Mi dispiace Sebastian, entro ventiquattr’ore avrò qualcosa. Quel Boulevardier si è suicidato, sicuramente perché era diventato lui il Custode Segreto, ma non può aver portato la cosa nella tomba con sé… Sicuramente avrà lasciato il compito a qualcun altro, ne sono sicuro, sarebbe proprio da lui.”
Arnaud aveva la fronte umida di sudore freddo, ma si era sforzato di suonare fermo e fiducioso, totalmente in contrasto con la violenta sfuriata di cui era stato attore poco prima. Fissò lo sguardo in quello del parente, cercando si simulare più sicurezza di quella che in effetti riusciva a provare.
“Speriamo Arnaud, il Signore Oscuro non è famoso per la sua pazienza. Contattami appena sai qualcosa.”

Quando lo specchio tornò a riflettere il semplice viso del Generale Renard, quest’ultimo prese a massaggiarsi le tempie. Con un colpo di bacchetta evocò un bicchiere colmo di Pastis su cui si tuffò avidamente con le labbra. Il sapore dell'anice ebbe un effetto risvegliante sulla mente di Arnaud, che tornò in sé e riprese a ragionare lucidamente. Sicuramente Moreau e Boulevardier non erano arrivati a sacrificare le loro vite portandosi la loro ultima missione nella tomba, senza rivelare la cosa a nessuno, ma di chi si erano potuti fidare?
Nessuno dei due era noto per intrattenere nessun tipo di relazione, amichevole o meno, al di fuori di quella clandestina che li vedeva come protagonisti e questo era un problema. Renard doveva, doveva capire e poi riferire a Lord Voldemort come mai Christophe si era recato in un piccolo villaggio chiamato Little Hangleton, dove era stato successivamente catturato dai Mangiamorte, e quanti erano a conoscenza di questa informazione.
La sua vita sarebbe dipesa dall’esito delle prossime ventiquattr’ore.
 
Maledetto Guillaume Boulevardier, possa la tua anima bruciare per sempre all’inferno.
 
 **
 
“Polverizza questo artiglio di grifone intanto che spremo le salamandre.”

Draco Malfoy aveva già indossato i suoi guanti in pelle di drago e stava estraendo le salamandre dal barattolo che aveva preso dalla dispensa. Olivia aveva notato quanto fosse padrone della materia dai suoi gesti e dalla minuziosità con cui controllava ogni dettaglio, ispezionava metodicamente l’intensità della fiamma sotto al calderone e buttava ogni tanto occhiate furtive verso il suo operato.
 
Quindi i tuoi voti in Pozioni sono effettivamente guadagnati.
 
Lei afferrò il mortaio dove inserì un artiglio e con il pestello iniziò a triturarlo. Stava però faticando, dato che l’unghia era come ricoperta da un guscio rigido.
“Oddio, ci metterai una vita di questo passo, sei una mollacciona! Lo polverizzo io, solo se mi racconti questa storia secondo la quale tu sei devotamente innamorata di me e hai sfidato Pansy a duello per vincere il mio eterno amore.”
La Corvonero strabuzzò gli occhi e smise di pestare l’ingrediente, interrompendo così il ritmo cadenzato dei colpi.
 
Cosa? Maledetta oca bugiarda!
 
Malfoy aveva usato un tono divertito e la sua espressione era particolarmente compiaciuta, evidentemente era talmente tronfio e pieno di sé che questa assurdità doveva essergli sembrata plausibile.
Olivia sentì un familiare calore sulle guance e si maledisse. Ogni volta che si innervosiva particolarmente le gote le si imporporavano, ma lo sguardo di Malfoy lasciava intendere che stesse attribuendo quel rossore a tutt’altra ragione.

“No, sono perfettamente in grado di polverizzarle, tu pensa al sangue di salamandra, stai facendo un macello!”
Non era vero, non stava facendo un macello. Estrarre il sangue di salamandra era da sempre un’operazione particolarmente cruenta in quanto ne andava ovunque e Draco era riuscito, incredibilmente, a raccoglierne la maggior parte in una fialetta, disperdendo giusto qualche goccia, ma Olivia aveva ribattuto stizzita lo stesso. Mise più impegno nel pestare l’artiglio e finalmente riuscì a scalfire il guscio rigido. Serrò la presa sul pestello e iniziò a picchiare più forte, immaginando che il viso di Pansy Parkinson si trovasse sul fondo del mortaio. La tattica funzionò, perché nel giro di un paio di minuti il mortaio era pieno di una polvere finissima.
Malfoy avvicinò il viso per controllare con occhio critico il suo operato e, non ricevendo nessuna critica, nemmeno una lieve, Olivia intese di aver fatto un lavoro eccellente.

“Comunque lei mi ha scagliato contro una fattura, ma quella sciocca si è evidentemente dimenticata che esistono i Sortilegi Scudo.”
Olivia aveva parlato con tono noncurante mentre aggiungeva a pioggia la polvere di artigli di grifone alla pozione che Draco stava mescolando in moto orario.
“Un Sortilegio Scudo non verbale notevole, secchiona. Chi l’avrebbe mai detto che fossi talmente innamorata di me da dover conciare per le feste la mia ragazza?”
“Ti piacerebbe, Malfoy. E comunque quel pettegolezzo secondo cui abbiamo duellato per te… Non per sminuire il tuo ego, ma la Parkinson stava semplicemente facendo la stronza con la persona sbagliata.”

Erano perfettamente sincronizzati, Malfoy stava mescolando il calderone sei volte in senso orario e due in senso antiorario e Olivia aggiungeva gli ingredienti precedentemente pesati e sminuzzati nell’ordine corretto e nel momento opportuno, una macchina ben oliata che lavorava senza sosta.
“No Robin, ti prego, così mi spezzi il cuore.”
Olivia strinse le labbra per non ridere al tono tragicomico che Malfoy aveva usato.
“Ah, ne hai uno? Credevo ti mantenessi in vita per puro dispetto.”

Il botta e risposta era serrato, ma ciò non intaccò la preparazione della Soluzione Corroborante. Draco aveva, nel frattempo, passato il compito di mescolare la miscela ad Olivia, mentre lui misurava l’esatta quantità di essenza di Purvincolo da aggiungere al dodicesimo giro in senso antiorario.
Qualche banco più in là si sentì uno scoppio e un odore acre si sollevò dal calderone condiviso da Pansy Parkinson e Lisa Turpin, che avevano il viso lievemente annerito dallo scoppio e i capelli increspati dai densi vapori che si erano levati dalla pozione prima che esplodesse.
“Diamine Parkinson, ti ho detto che dovevi aggiungere solamente quattro gocce di essenza di Purvincolo, non tutta la fiala!”

Lisa Turpin aveva appena lanciato un Tergeo sui suoi occhiali sporchi di fuliggine e stava cercando di riparare al danno compiuto dalla Serpeverde, che stringeva la fiala ormai vuota come se la volesse strangolare. Lanciava continue occhiate a Malfoy e a Olivia, smaniosa di sentire cosa dicessero e decisamente contrariata nel constatare che non si stavano azzuffando.
Olivia lanciò uno sguardo incoraggiante alla sua compagna di casata. Si alzò dal suo banco, dirigendosi verso la dispensa degli studenti come per cercare un ingrediente e, quando fu abbastanza vicina alle due, bisbigliò pianissimo.

“Spegni il fuoco e non mescolare, l’essenza di Purvincolo ha il punto di fusione a ventidue gradi, quindi se la raffreddi abbastanza in fretta si dovrebbe solidificare e riaffiorare in superficie, poi puoi rimuoverla con una schiumarola. Quando riprendi, aumenta la fiamma in modo graduale, prenditi anche una decina di minuti, perché se no bruceresti tutta la miscela.”
Lisa le lanciò uno sguardo adorante, antitetico rispetto a quello che aleggiava sul volto della Parkinson.
Olivia afferrò un barattolo di ali di pipistrello e tornò al suo banco con nonchalance. Draco l’aveva osservata e le rivolse uno sguardo titubante.

“Sai che Pansy ti odia a morte e tu probabilmente le hai appena salvato il voto, vero?”
“Io ho salvato Lisa dall’incompetenza della tua ragazza, è diverso.”
Malfoy aveva le labbra arricciate in un sorrisetto divertito, nulla di troppo palese, ma ciò collimava con l’idea di Olivia che non fosse un tipo troppo espansivo o comunque facile da leggere.

“Robin, tu mi devi decisamente un favore.”
“E perché, di grazia?”
Olivia alzò lo sguardo al cielo prima di sporgersi verso il calderone consultando il libro di testo, per controllare che la pozione stesse assumendo la precisa sfumatura turchese descritta.
“Perché stasera Pansy, come ieri sera tra l’altro, mi farà venire due bolidi enormi con una scenata di gelosia di proporzioni epiche a causa tua. Direi che quella di ieri te la abbuono, ma quella di stasera finisce sul tuo conto.”
Olivia cedette ad una smorfia divertita che non riuscì a celare e vide la stessa espressione sul volto di Malfoy.
“Ah, non ci provare. Tu te la fai con mezza scuola e la colpa delle sue scenate di gelosia la appioppi a me? Scordatelo.”
“Sei parecchio informata sulla mia vita amorosa… Un po’ gelosa anche?”

Olivia scoccò uno sguardo a metà tra l’esasperato e l’omicida al Serpeverde e stava per ribattere in tono acido, ma fu interrotta dalla voce del professor Piton.
“Ormai le vostre Soluzioni Corroboranti dovrebbero essere terminate. Riempite un flacone da mezzo litro e consegnatelo alla cattedra, dopo averlo contrassegnato con i vostri nomi. Come dovreste già sapere se siete in possesso di un intelletto medio, a questo punto la soluzione va lasciata fermentare, proseguirete con il completamento della stessa la prossima lezione. Potete andare.”

L’aula nei sotterranei fu subito animata dal grattare confuso di parecchie sedie contro il pavimento e dall’allegro ciarlare degli studenti che abbandonavano la classe. Anthony Goldstein raggiunse Olivia velocemente e iniziò ad interrogarla con un po' troppo interesse sulla collaborazione con il Serpeverde durante la lezione di Pozioni.

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Capitolo 6
*** Dalla Francia ***


“Non posso credere che Vitious ti abbia davvero messo in punizione, è stata tutta colpa della Parkinson!”

Hermione era assolutamente disgustata dal racconto di Olivia, sussurrato tra i banchi dell’aula di Aritmanzia. Erano compagne di banco dal terzo anno e non avevano mai perso quell’abitudine. Hermione tenne gli occhi fissi su un paragrafo intitolato ‘La sezione aurea e il suo utilizzo negli incantesimi di base’ per non destare l’attenzione della professoressa Vector, ma in effetti era tutt’orecchie.

“Mi è andata bene, la Umbridge voleva che la passassi con lei, ma Vitious si è imposto. Non so, mi è sembrato pure un po’ scocciato, ha insistito tanto perché fosse lui a punirmi in quanto sono una studentessa della sua Casata.”
Gli occhi di Hermione tradirono un lampo di orrore quando sentì che la Umbridge si era proposta come carceriera. Si mordicchiò il labbro in modo pensieroso, poi scosse impercettibilmente la testa, facendo ondeggiare appena i capelli crespi.
“Meno male, quella donna è orribile, Vitious ha fatto decisamente bene.”

Olivia annuì comprensiva. C’era qualcosa di assolutamente inquietante nel mondo in cui Dolores Umbridge aveva usato la sua voce leziosa e il suo sorriso zuccherino per suggerire che lei fosse la responsabile della punizione inflittale. Gli occhi grandi e tondi le erano brillati di piacere al solo pensiero di punire e, nonostante Olivia si fosse sempre reputata una persona a sangue freddo, un brivido le aveva percorso la schiena dalla base fino alle spalle quando vide l’espressione di quella donna. Il piccolo professor Vitious, nonostante fosse sempre apparso a tutti come una persona giusta e gentile, era intervenuto prontamente e con un po’ troppa foga, decretando piccato che martedì sera Olivia avrebbe dovuto lucidare tutti gli ammennicoli nella Sala dei Trofei, ovviamente senza l’utilizzo della magia, sotto la sua supervisione attenta. Dolores Umbridge aveva accolto la notizia con un falso sorriso, asserendo che non avrebbe scavallato il ruolo di Vitious in quanto non ne aveva in effetti l’autorità ed aveva abbandonato l’ufficio del professore di Incantesimi con cipiglio pensieroso.
Olivia aveva ancora gli occhi puntati sulla porta che la professoressa Umbridge aveva appena attraversato quando le parole di Vitious la ridestarono.
“Robin, devi stare più attenta. Lo so che ti sei solo difesa e la cosa ti si è ritorta contro, ma tu sai chi è quella donna.”
Lei aveva fatto cenno di assenso con la testa e il professore abbandonò il tono greve a favore di un radioso sorriso, prima di assegnare cinque punti a Corvonero per la prontezza di riflessi che aveva dimostrato nel duello.
 
Il grattare di una decina di piume nella classe di Aritmanzia riusciva a coprire discretamente il bisbiglio appena udibile di Hermione Granger.
“E per fortuna oggi non sei stata abbinata alla Parkinson, anche se credo che probabilmente ora ti odi pure di più. Com’è andata la collaborazione col furetto?”
 
Un vero colpo di fortuna, a saperlo non avrei scatenato tutto quel pasticcio.
 
“Non è un idiota in Pozioni, almeno non ha fatto esplodere niente, penso che potremmo quasi strappare una ‘O’ a Piton.”
“Beh si sa che Malfoy è il cocco di Piton e che i suoi genitori sono decisamente legati a lui, non mi stupirebbe la cosa.”
Olivia si morse il labbro pur di non rispondere. Lei sapeva che il giudizio di Hermione Granger era quasi totalmente accurato, perché la ragazza da sempre si basava su fatti oggettivi prima di lasciarsi andare a tali conclusioni, ma qualcosa l’aveva come punta sul vivo.

La famiglia Malfoy, da sempre Purosangue, facoltosi e influenti, elitari e affini al Signore Oscuro era effettivamente legata a Severus Piton da un’amicizia di lunga data e il militare nella stessa schiera aveva sicuramente rinsaldato il già forte legame, espresso ormai da anni anche attraverso un trattamento di preferenza verso Draco Malfoy anche tra gli stessi Serpeverde, eppure ad Olivia la frecciata della Granger aveva dato fastidio.
Malfoy le aveva dato prova di sapere come muoversi di fronte ad un calderone, sfatando così il mito della sua media in Pozioni grazie al legame con Piton e per quel che riguardava l’allusione ai genitori…
 
Chissà cosa direbbe se sapesse chi è mio padre.
 
Quella consapevolezza la trafisse rapida, con la potenza e la cattiveria di una pugnalata alle spalle. Si riscosse dai suoi pensieri, non si sarebbe abbandonata a rimuginare troppo su un passato che ormai appariva sfocato, grazie a Circe, nella sua mente. Soffocò anche tutti i sentimenti negativi che quei ragionamenti le avevano fatto nascere verso la Grifondoro, perché in cuor suo sapeva che inviperirsi così era prima di tutto sbagliato nei confronti della sua amica all’oscuro di una storia che doveva tenere segreta e poi un probabile grave errore, perché non avrebbe davvero saputo spiegare come mai se la potesse prendere per una dichiarazione del genere. Olivia dissimulò, ma aveva le guance ancora rosee e la mascella leggermente contratta quando Hermione parlò di nuovo.
 
“Non che tu non ti possa meritare una ‘O’, mi dispiace se hai pensato che volessi sminuirti.”
 
Si scambiarono uno sguardo fugace e la lieve ruga preoccupata sulla fronte di Hermione Granger venne dispianata da un sorriso della Corvonero.
Tranquillizzare Hermione era necessario, perché quella ragazza era davvero brava a far luce su verità nascoste e Olivia doveva agire in modo da non creare nessun sospetto, ma si stupì da quanto il suo sorriso sgorgò genuino e spontaneo dopo lo sguardo di intesa con la ragazza.

“Harry mi ha detto che vi ha visti parlare tanto, pensava che Malfoy ti stesse infastidendo, si è distratto per controllarvi e l’ho fermato appena in tempo, avrebbe causato un putiferio versando del succo di melograno nel calderone.”
Olivia le lanciò uno sguardo accigliato.
“Hermione, hai lo stesso tono di voce che di solito usi quando mi parli di Anthony Goldstein, quindi immagino che non ti stupirai nel vedermi ignorare quest’ultima frase.”
Ma Hermione stava sorridendo compiaciuta e da prima ancora che Olivia iniziasse a rispondere.
 
**
 
 
Dal tavolo di Grifondoro, una ragazza di colore del settimo anno stava sbraitando contro Potter, probabilmente era la Angelina Johnson, il Capitano della Squadra di Quidditch, che doveva aver appreso la notizia della nuova settimana di punizione inflitta al suo Cercatore.

Potter aveva sfidato nuovamente Dolores Umbridge e ne era uscito, ancora una volta, apparentemente sconfitto. Tutto e tutti gli suggerivano di piegarsi ai modi e al disprezzo della nuova professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure, ma Harry sembrava non riuscire ad assimilare a pieno il significato di tale suggerimento. La seconda settimana di lezioni era appena iniziata e lui era riuscito a cacciarsi nei guai già due volte, di questo passo avrebbe stabilito un record scolastico, non che per Potter ciò avesse importanza. Sembrava del tutto incurante del carattere e della posizione ministeriale di Dolores Umbridge, vinto dal suo desiderio di dire la verità, di combattere il discredito gettato ingiustamente su lui e Silente, una reazione da vero Grifondoro.

Doveva essere frustrante per Potter vivere in questo modo: un giorno bambino che ha sconfitto Lord Voldemort, il giorno dopo il fantomatico erede di Salazar Serpeverde, poi il mitico Cercatore che salva sempre ogni partita e infine colui che ruba la gloria a Cedric Diggory nel Torneo Tremaghi.
Ogni gesto, ogni passo, ogni errore che Harry Potter faceva aveva un’eco che rimbombava poderosa e distorta e l’opinione dei suoi compagni su di lui mutava così velocemente da un antipodo all’altro che Olivia non si stupiva di quanto quel ragazzo fosse frustrato dalla cosa.

Olivia sedeva al tavolo di Corvonero, ingollando del porridge senza davvero degustarlo tanto era concentrata sulla lettera appena consegnatale da un piccolo gufo. Aveva riconosciuto subito il mittente dalla calligrafia, tutti quei riccioli potevano essere stati scritti solamente da Fleur Delacour.

 
Cara signorina Robin,
mi chiamo Fleur Delacour e sono al momento una stagista della Banca dei Maghi Gringott, dove ho avuto il piacere di conoscere suo padre, Ernest Robin. Mi sono trasferita di recente da Parigi e il signor Robin mi ha suggerito, data la ridotta differenza di età, di contattarla e magari iniziare un’amicizia di piuma o addirittura scambiare quattro chiacchiere davanti ad una Burrobirra, così da poter migliorare il mio inglese.
Spero che accetterà, molte persone si rifiutano di parlare con me, penso che il senso dell’umorismo francese sia un po’ troppo diverso da quello dei britannici, sembrano tutti decisamente molto prevenuti sul mio conto.
 
Fleur Delacour
 
 
 
Il baccano del tavolo rosso e oro attirò presto l’attenzione della professoressa McGranitt e sia ringraziata Morgana, adesso li farà stare un po’ tranquilli, c’è gente che tenta di leggere qui.
Inspiegabilmente la professoressa di Trasfigurazione non riuscì a sedare la confusione al tavolo della sua casata ma anzi, vi prese parte unendo i suoi rimproveri a quelli della Johnson, sottraendo ulteriori punti ad un già abbastanza afflitto Potter e rimbeccando la ragazza con le treccine.
 
Davvero, Minerva? Davvero?
 
Olivia sbuffò spazientita prima di tuffarsi vorace su una tazza piena di caffelatte. Avrebbe risposto molto volentieri a sua cugina Fleur e non credeva davvero di doversi guardare le spalle anche da lei, ma le parole di Christophe le risuonarono nella mente con tono accusatore, non si sarebbe dovuta fidare di nessuno tranne che di Guillaume e Silente.

Fleur però l’aveva contattata tramite Ernest, il mago inglese che l’aveva accolta in casa sua quattro anni prima e che aveva il compito di proteggerla. Ernest Robin e la consorte Jane, nata McKinnon, erano a tutti gli effetti i genitori adottivi di Olivia, persone di fiducia che Christophe aveva trovato “su consiglio di un caro amico britannico”. Erano una formidabile coppia di maghi scaltri e capaci, Olivia ne era assolutamente convinta, ma il fatto che Ernie l’avesse messa in contatto con la cugina non era una prova abbastanza forte per far sì che lei si fidasse. Stimava i coniugi Robin, credeva fossero persone eccezionali e con gran capacità di giudizio, ma nulla sarebbe riuscito a farle ignorare le parole di Christophe, nulla.
 
Io e Fleur siamo praticamente cresciute insieme, ci vogliamo bene da sempre, non credo che mi tradirebbe mai intenzionalmente. Suo padre fa parte de la PB, ma è sempre stato fedele a Christophe e Guillaume, sono legati dal sangue oltre che dagli ideali.
Diamine, se solo potessi parlare con Guillaume e chiedergli se Fleur è dei nostri, aspettare fino alla gita ad Hogsmeade mi sembra una tortura.
 
“Terra chiama Ollie, sei sveglia?”
Olivia alzò gli occhi dal tavolo e vide che Anthony e Padma che le facevano dei cenni, invitandola a seguirli.
“Ollie muoviti, abbiamo Trasfigurazione, meglio arrivare in orario, immaginati se poi dovessimo pure beccarci l’ispezione della Umbridge!”
 
 
**
 
Un gabbiano volava alto nel cielo. Tirava un po’ di vento in senso contrario, ma non si perse d’animo, continuò nel suo percorso. C’era qualcosa di davvero elegante nei suoi movimenti, un modo di dispiegare le ali e accarezzare con esse il vento che lo distingueva dagli altri volatili.
Il gabbiano stridette quando avvistò in lontananza le torri del castello e fece per abbassarsi un po’ di quota, ma avvertì l’attaccatura delle sue piume tremare leggermente. Tentò nuovamente di scendere, ma percepì improvvisamente una resistenza diversa da quella del vento, come se tentasse senza successo di valicare una copertura in plexiglass.
 
Ovviamente, Silente ha messo delle protezioni.
 
Era riuscito ad intuire la Tracciatura di quegli scudi magici e prima di tentare di terminarli, conscio che probabilmente sarebbe stato impossibili, si aprì una breccia larga quanto la sua apertura alare proprio di fronte a lui, che si richiuse non appena fu passato. Immaginò che Silente avesse avuto il sentore di qualcosa che volesse entrare nella bolla-scudo che avvolgeva il castello e, una volta identificatolo, lo aveva lasciato passare.
Planò verso un’alta torre con ampie finestre, le ali ormai gli dolevano per lo sforzo, ma non cedette, era quasi arrivato.
Quando finalmente riuscì a posare le sue zampe palmate sul pavimento della guferia era allo stremo delle forze e, sotto gli sguardi incuriositi dei rapaci appollaiati sui trespoli, si sdraiò su un fianco. Il cuore gli stava per scoppiare dallo sforzo compiuto, non sapeva nemmeno quantificare per quanti chilometri o per quanti giorni avesse volato. Inspirava ed espirava velocemente, ma non bastava, sembrava che l’aria intorno al gabbiano non fosse abbastanza ricca di ossigeno. Tentò di calmare e regolare la respirazione, ma invano perché non passarono molti secondi prima che il volatile si accasciò sul pavimento, privo di sensi.
 
“Reinnerva.”
 
Quando Guillaume Boulevardier riaprì gli occhi, trovò davanti al suo viso il sorriso rassicurante di Albus Silente. Il francese si issò in piedi ancora malfermo sulle gambe e abbracciò con sincero affetto il vecchio amico. Immaginò di aver riacquistato le sue sembianze umane quando era svenuto.
“Vorrei dire di essere molto felice di vederti Albus, e lo sono davvero, ma purtroppo i motivi che mi portano a farti visita sono catastrofici. Ti devo dire così tante cose.”
Guillaume aveva ancora il fiato corto e la voce con marcato accento francese risultò claudicante, raschiava sulle pareti della sua gola dalla disidratazione, ma doveva parlare, sentiva dentro di lui la necessità di avvertire il preside della scuola. Guardò con aria grave il viso di Albus, decisamente invecchiato dall’ultima volta che si erano incontrati.

“Guillaume, non qui. Se non ti dispiace, ti chiedo di riassumere le tue sembianza da Animagus e lasciarti scortare nel mio ufficio, dove ti potrai scaldare e rifocillare in sicurezza e lontano da orecchie indiscrete, Hogwarts è un po’ cambiata dall’ultima volta che sei stato qui.”
Guillaume annuì docilmente e riprese la forma di gabbiano. Volò con grazia sulla spalla dell’anziano amico e si lasciò trasportare senza obiezioni. La sua mente vorticava ancora veloce, felice per la prima volta dopo tanto tempo.
 
Ce l’ho fatta, ho finto la mia morte e sono volato via, da Nizza alla Scozia.
Sono arrivato ad Hogwarts, qui c’è Silente.
Rivedrò la mia Olivia. Andrà tutto bene.

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Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Mi scuso per l'aggiornamento a rilento, ma questo periodo è decisamente denso di cose da fare e molto stancante.
Spero che questo capitolo vi piaccia e, se volete, lasciatemi una piccola recensione, avere dei feedback è sempre stimolante.
Un abbraccio!
Matagot

 

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Capitolo 7
*** Desolante o Divino ***


“Allora?”

La voce era fredda come le sere invernali, appena udibile sopra all’ovattato vociare dei suoi seguaci nella stanza attigua.
“Mio… Mio Signore… Ho contattato Arnaud, ma mi ha riferito di non aver trovato niente… Nessun indizio e nessuna traccia…”

Sebastian Nott deglutì rumorosamente, facendo ballonzolare il pomo d’Adamo. La sua voce trasudava terrore, perché Nott aveva abbastanza esperienza come Mangiamorte da sapere che Lord Voldemort, se colto dall’ira, non si faceva problemi a punire anche i messaggeri. Aveva lo sguardo puntato verso i piedi del suo signore, non osava nemmeno guardarlo in faccia da tanto che era spaventato.
Lord Voldemort arricciò il naso con fare disgustato davanti a tanta codardia.

“Vedi Sebastian, scoprire cosa ci faceva un vecchio amico di Silente davanti a quella casa è di vitale importanza. Per quanto avere tuo cugino a capo dell’esercito meglio addestrato d’Europa possa essere stato un suggerimento da me molto apprezzato, ora mi aspetto che il signor Renard faccia l’unica cosa che gli ho chiesto di fare in cambio della posizione che ha raggiunto anche grazie a me. Lord Voldemort è giusto con chi gli è fedele, ma questa attesa è troppo per la mia pazienza. Sectumsempra!”

Un rantolo sfuggì dalle labbra sottili di Sebastian Nott. Si era afferrato la mano sinistra con forza per contenere l’emorragia, ma il sangue sgorgava troppo velocemente e presto formò una pozza ai piedi dell’uomo che, nonostante tutto, non osò muoversi finché Lord Voldemort non gli fece cenno di abbandonare la stanza. Stringeva ancora con forza la mano che perdeva una quantità spropositata di sangue ormai, in netto contrasto con il colorito pallido che Nott aveva ormai assunto.

“Non ti preoccupare Nott, perdere due dita non ti complicherà troppo la vita. Ora va’ e fai in modo che Arnaud Renard non mi irriti più di quanto abbia già fatto.”

Le narici ormai serpentesche si dilatarono quando il Signor Oscuro inspirò profondamente. Lo sguardo screziato di rosso guizzò sulla sua fedele compagna Nagini, acciambellata come un docile Border Collie ai suoi piedi. La testa del serpente si alzò per scorgere il viso del suo padrone e la lingua biforcuta fendette l’aria un paio di volte.
“No Nagini, non l’ha trovato, ma non può essere stato un caso che Moreau capitasse davanti alla casa di quello schifoso bastardo di Tom Riddle Senior.”
 
**
 
La punizione non era stata un disastro, anzi Filius Vitious si era dimostrato un interessante compagnia. Il professore di Incantesimi aveva raccontato ad Olivia un paio di cose sul suo passato da campione di duelli prima di prendere la cattedra nella prestigiosa scuola di magia che anche lui aveva frequentato. Ebbero anche una lunga discussione sulla tattica e sulla posizione migliore da adottare di fronte ad un avversario che non si conosce, in cui Vitious sosteneva la necessità di partire in guardia difensiva lievemente laterale per offrire una minore superficie di bersaglio all’altro contendente, mentre Olivia credeva che fingersi sprovveduti e simulare una guardia distratta tenendo pronto un Sortilegio Scudo fosse meglio. Erano tanto presi da quell’avvincente discorso che si accorsero di quanto fosse tardi solo quando Olivia cercò un’ulteriore oggetto da pulire senza trovarne alcuno. Ogni targhetta, medaglia, trofeo o distintivo era stato lucidato a dovere e la Sala dei Trofei era pervasa dal puzzo pungente del Solvente Magico di Nonna Acetonella che Olivia aveva utilizzato.

“Oh accidenti quanto è tardi! Robin, credo che tu debba filare subito in Dormitorio, è quasi mezzanotte!”
Vitious la congedò con un sorriso bonario e Olivia uscì dalla Sala dei Trofei con passo veloce. Non vedeva l’ora di andare a coricarsi perché ormai sentiva le palpebre calare inesorabili e voleva cogliere quell’attimo per riuscire a garantirsi un’intera notte di meritato riposo, cosa che nei primi dieci giorni trascorsi nel castello non era riuscita a godersi a causa della morte di Christophe, della scoperta del ruolo di Albus Silente nel suo trasferimento in Gran Bretagna e tutto ciò che concerneva tale argomento, non ultima la lettera di sua cugina e l’attesa dell’incontro con Guillaume. Camminava silenziosamente per i corridoi del castello, del tutto persa in quei pensieri, quando svoltò in un corridoio e urtò qualcuno.

“Ah, ciao.”
Sbatté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco meglio chi l’avesse appena salutata e vide un ragazzo dai capelli scuri decisamente spettinati, con gli occhi verdi contornati da un paio di occhiali da vista tondi.
“Ciao Harry, scusami, non ti ho visto. Sono stata in punizione con Vitious fino ad adesso e sto crollando dal sonno.”
“Non ti preoccupare. In effetti, hai l’aria un po’ stanca, Vitious deve averti spremuto bene.”

Gli occhi di Olivia, ormai del tutto desti, guizzarono veloci sulla sciarpa che Harry aveva avvolto intorno alla mano destra, macchiata di quello che sembrava decisamente sangue. Harry notò la sua espressione corrucciata divenire inorridita e, quando si accorse cosa fosse l’oggetto dei pensieri della ragazza in quel momento, spostò con noncuranza la mano dietro la sua schiena e abbozzò un grottesco sorriso di circostanza.

“Non è niente, sono scivolato intanto che le scale si muovevano.”
Sul volto di Harry Potter era dipinta la consapevolezza di quanto fosse debole quella bugia e la vergogna dell’essere stato scoperto.

Orgoglioso, certo, è un Grifondoro.

Olivia scrutò intensamente il viso del ragazzo, aveva gli occhi stretti in due fessure e sembrava la rappresentazione fedele di una giovane Minerva McGranitt.
“Forse dovresti riferire al professor Silente che le scale si muovono un po’ troppo, magari è venuto il momento di fare dei lavori di ristrutturazione.”
“Non è niente, davvero, devo solo fare più attenzione, non credo di dover disturbare Silente per questo.”
“Ho capito. Se allunghi il braccio, provo a darti una mano.”

Harry parve esitante e lievemente infastidito, continuava a nascondere la mano dietro alla schiena come un bambino colto in flagrante con le mani dentro ad un vasetto di miele, mentre il suo sguardo dardeggiava a metà tra la vergogna e la rabbia.

Decisamente un po’ troppo orgoglioso. Ma cos’è tutto quel sangue? Perché non dice nulla a nessuno? Viene dalla punizione con la Umbridge, lo avrà torturato? Hermione lo sa, quando le ho detto che la Umbridge voleva punire me si è rabbuiata.

“Scusami. Probabilmente ci sto dando troppa importanza, ma almeno prendi questo.”
 La ragazza estrasse un fazzoletto dalla tasca della sua divisa e lo porse ad Harry, sempre scrutandolo con sguardo circospetto. Lui afferrò quel quadrato di tela bianca con la mano sinistra senza dire nulla.

“Prova a lanciare un Epismendo, almeno finché non ci metti su qualcosa d’altro. Buonanotte Harry.”
Olivia accennò un sorriso e riprese a camminare verso la Torre di Corvonero dove la aspettava il suo morbido letto a baldacchino, lasciando un pensieroso Harry Potter a fissarsi il punto della sua mano che aveva sfiorato quella della ragazza nell’afferrare il fazzoletto.
 
**
 
“Credi di averli convinti? Anche Renard?”

Lo sguardo di Albus Silente era gentile come sempre, anche se dietro agli occhiali a mezzaluna Guillaume Boulevardier colse un filo di preoccupazione. Il francese annuì convinto, d’altronde non c’era possibilità alcuna che Arnaud Renard e i suoi scagnozzi fossero a conoscenza del fatto che fosse un Animagus.

“L’Ardemonio disintegra ogni cosa, quindi non potrebbero davvero immaginare che in quella casa possa essere cresciuta anche una bambina e non possono trovare nessun documento riguardante la missione di Christophe. Penso ti abbia comunicato su cosa stesse lavorando e che sospetti avesse.”
Silente annuì mesto.
“Purtroppo coincidono con alcune stranezze avvenute sotto al mio naso. Ricordi il diario?”
Fu il turno di Guillaume di annuire. Aveva lo sguardo tinto di orrore e paura.
“Non crederai… Silente, non crederai che ce ne sia più di uno?”
Un lungo silenzio lasciò presagire a Guillaume che la risposta del preside non gli sarebbe stata gradita.
“Purtroppo ho solamente teorie e, nonostante spesso le mie teorie si rivelino azzeccate, non mi sbilancerei ancora a condividerle apertamente, perché ogni tanto mi capita di sbagliarmi e spero vivamente che questo sia uno di quei casi. Dovrò indagare.”

Guillaume allungò la mano destra verso la scrivania del professor Silente, su cui torreggiavano un paio di bicchieri, ognuno dei quali conteneva del liquido amaranto. Afferrò il suo e lo portò alle labbra, lasciando che il sapore di ippocrasso gli pizzicasse le labbra.
“Silente, dovrò stabilirmi qui in Scozia. Devo vedere Olivia e capire se è disposta a farsi carico di qualcosa del genere, è una cosa molto grossa e ne andrebbe della sua stessa sicurezza.”
“In un paio di giorni potrei trovarti un posto in cui vivere, un’identità e qualcuno disposto a confermarla, ma fino ad allora ti invito a rimanere nascosto nel mio ufficio, occasionalmente anche in forma di Animagus, non vorremmo che Dolores noti la tua presenza al castello.”
Guillaume fece un breve cenno di assenso, continuando a sorseggiare il vino aromatizzato.

“E Olivia come sta?”
La voce gli era tremata appena nel pronunciare il nome della giovane, lo aveva accarezzato con la voce con l’affetto infinito di un genitore purtroppo separato prematuramente dai figli. Silente abbozzò ad un sorriso bonario e rassicurante.
“Ha preso tanto della forza di Christophe e i suoi voti ti potranno provare che ha una mente arguta quanto la tua. Di recente ha avuto la sfortuna di essere attaccata di sorpresa da una ragazza di Serpeverde per questioni amorose e lei, con prontezza di riflessi, ha evocato un Sortilegio Scudo non verbale, senza nemmeno estrarre la bacchetta, ha dei riflessi eccezionali.”
Il francese ridacchiò compiaciuto sotto i baffi.
“È già arrivato il momento dei duelli per le cottarelle? Per il sinistro floscio di Merlino, crescono così in fretta.”
“Guillaume, mi dirai mai in che circostanze avete adottato Olivia?”

Guillaume squadrò il preside con un cipiglio indagatore. Certo, si sarebbe potuto fidare di Silente perché nel preside era stata riposta la piena fiducia di Christophe e questo a lui bastava, ma proteggere la sua bambina era decisamente più importante.
“Non fraintendermi Albus, io mi fido di te come si fidava Christophe, ma non vorrei mettere in pericolo Olivia più di quanto non lo sia già anche solo per il fatto di essere stata cresciuta da noi. Credo che per il momento questo segreto debba rimanere tale.”
Silente annuì comprensivo, continuando a sorseggiare il vino speziato alla luce fioca delle candele.
 
**
 
“Si può sapere di cosa stavate confabulando tu e la Granger? Ci hai impiegato una vita a sbarazzartene, pensavo di dover badare da solo a questa Soluzione Corroborante.”
“Come ti servisse il mio aiuto per andare a recuperare una fiaschetta con i nostri nomi dalla cattedra, a meno che tu non abbia qualche problemino a leggere, Malfoy.”

Olivia si era appena avvicinata al calderone che condivideva con Malfoy, tutta trafelata. Hermione Granger l’aveva fermata davanti alla porta dell’aula di Pozioni prima dell’inizio delle lezioni e le aveva riferito che se era ancora intenzionata ad apprendere davvero delle nozioni di Difesa Contro le Arti Oscure, forse la Grifondoro aveva trovato una soluzione. Alla richiesta di spiegazioni di Olivia, Hermione aveva risposto con un sorrisetto nervoso e aveva aggiunto solamente che doveva solo convincere chi di dovere, ma che si sarebbe fatta viva lei nel caso l’intera pensata fosse andata in porto.

“Silenzio! Ora che avete recuperato tutti le vostre pozioni fermentate, potete mettervi all’opera. Le istruzioni sono alla lavagna, al lavoro!”
Olivia attizzò la fiamma sotto al calderone con la bacchetta finché non ottenne un fuoco vivo e si alzò per recuperare dalla dispensa degli studenti le radici secche di panax ginseng, dove si mise in fila dietro a qualche altro studente davanti agli scaffali in legno. Recuperate un paio di radici, si voltò per tornare al suo posto, trovandosi faccia a faccia con un imbarazzato Paladino del Mondo Magico.

“Hey Olivia… Volevo scusarmi per l’altra sera, sono stato un po’ brusco. L’Epismendo ha funzionato.”
L’illuminazione tetra dell’aula e il riverbero verde che colpiva ogni superficie all’interno della stessa davano all’espressione già contrita di Harry Potter un aspetto mortifero.
“Non ti preoccupare, immagino che tu fossi abbastanza su di giri per altre cose.”
Si scambiarono un accenno sorriso di circostanza, prima che Olivia tornasse al proprio posto.

“Potter e Robin che si scambiano sorrisini ebeti? In effetti da una smorfiosa come lei non mi sarei aspettata gusti migliori.”
Pansy Parkinson non aveva precisamente sussurrato e lo scherno fu udito distintamente da tutti, tranne che dal professor Piton, troppo impegnato per ascoltare qualcuno della sua Casa provocare un altro studente. Olivia lanciò un’occhiata malevola alla Parkinson e si sedette velocemente al banco, lanciando un’occhiata preoccupata a Potter, perché lui non è proprio uno che non raccoglie una provocazione, ma fu piacevolmente stupita dal contegno del ragazzo.

Sminuzzò in modo preciso le radici sull’assicella di fronte a lei mentre Draco pestava con troppo vigore delle formiche testa rossa nel mortaio, per poi versare la poltiglia all’interno del calderone.
“Si può sapere cosa ti hanno fatto quelle formiche in salamoia? Sembra che tu voglia disintegrarle.”
“Quindi prima confabulavi con la Granger per rimediare un appuntamento al buio con Potter? Pansy ha ragione, hai gusti pessimi.”
Olivia lanciò un’occhiataccia al suo compagno di banco.
“Non penso che Pansy abbia abbastanza autorità da giudicare i miei eventuali gusti.”

Le labbra di Malfoy si arricciarono in un ghigno beffardo che non lasciò presagire nulla tranne una frecciatina e Olivia non fu sorpresa dal tono della rimbeccata che ne seguì.
“Quindi non lo neghi? Potresti puntare più in alto Robin, credevo fossi una che aspira sempre all’Eccellente, accontentarsi di una misera T… mi sarò sbagliato sul tuo conto.”
Il viso del Serpeverde era compiaciuto, gustava quella schiacciante vittoria con gli occhi bramosi di chi ha appena messo il suo avversario nell’angolo. Il bollore della Soluzione Corroborante faceva sì che dal calderone si alzasse un vapore caldo e perlaceo, che non bastò a celare le guance arrossate dalla rabbia di Olivia.

“Draco inizia con la D di Desolante, no? Èil massimo a cui Pansy ha mai aspirato nella vita.”
Olivia agitò la bacchetta con un movimento a spirale per abbassare la fiamma sotto al calderone.
“Anche Divino inizia per D, non scordarlo.”
Olivia roteò gli occhi, quando Malfoy si impuntava era davvero una persona che riusciva a far perdere le staffe a chiunque, riuscendo sempre a trarne il maggior divertimento.
“Egocentrico.”
“Suscettibile.”

Il botta e risposta si stava facendo serrato esattamente come durante l’ultima lezione e, come l’ultima volta, solo un rumore sordo li fece voltare. Dal calderone di Harry Potter si levò un fumo acre color pece, che copriva interamente l’enorme grumo arancione che cinque minuti prima era un’accettabile Soluzione Corroborante. Severus Piton si avvicinò al banco di Potter con un’andatura strascicata come il tono della sua voce.
“Un’altra D, Potter. Evanesco! Tutti coloro che sono riusciti a terminare la pozione sono pregati di lasciarne una fiaschetta sulla scrivania, contrassegnata dai vostri nomi. Per la prossima settimana voglio un rotolo di pergamena sulle proprietà della bile di armadillo e la precisa funzione che esercita nella Pozione Aguzza Ingegno.”

Olivia afferrò una fiaschetta dalla sua borsa e iniziò a versarci dentro la pozione della precisa tonalità di turchese splendente descritta sul libro di testo, prima di notare che Draco Malfoy la stava osservando con espressione furba.
“Te l’ho detto Robin, D a volte sta per Desolante e a volte per Divino.”
 “Sai che prima o poi mi darai tanto sui nervi che sarò costretta a schiantarti, vero?”

Era il turno di Olivia di sbeffeggiare il Serpeverde e si stupì di quanto quel mezzo sorriso le venisse spontaneo. Le avrebbe incurvato in modo malandrino le labbra in ogni caso, anche se non fosse stata costretta ad interagire con il figlio di Lucius Malfoy.
 
**
 
“Professor Silente, la ringrazio per avermi ricevuto, sono qui per avere alcuni chiarimenti sul personale.”

Il tono lezioso di Dolores Umbridge fece arricciare le piume ad un gabbiano nascosto dietro la scrivania di Silente. Si stava impegnando per rimanere perfettamente immobile e nascosto, ma c’era qualcosa di talmente stridente nella voce della professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure da generargli un brivido.
“Professoressa Umbridge, è sempre un piacere. Se potrò darle dei chiarimenti, sarò lieto di farlo.”

Silente si accomodò sulla sua poltrona dopo che la sua ospite si fu seduta di fronte a lui. Il preside aveva l’aria serena e fissò educatamente lo sguardo sul viso da rospo della sua interlocutrice, come se morisse dalla voglia di ascoltare. Le fiamme delle candele sparse per tutto l’ufficio danzavano creando uno sgraziato gioco di luci sul volto di Dolores Umbridge, a tratti pareva che gli occhi brillassero di un rosso maligno.

“Volevo comunicarle che metterò in verifica la professoressa Cooman, in quanto non ha superato la mia prima ispezione e non raggiunge gli standard ministeriali. Oltre ad avere un metodo poco convenzionale di gestire una lezione, ho ragione di credere che non possieda un briciolo della Vista della sua antenata. Se non dovesse redimersi agli occhi del Ministero durante le mie visite di verifica, temo di doverle dire che Sibilla Cooman dovrà abbandonare la cattedra di Divinazione, come immaginerà.”

Gli zigomi di Dolores Umbridge apparvero ancora più sporgenti a causa del sorriso compiaciuto che rivolse al preside. Pareva a tutti gli effetti una bambina di cinque anni che entra per la prima volta a Mielandia e a cui è stato detto di prendere tutto ciò che desidera, non fosse stato per le visibili rughe d’espressione e la pettinatura pomposa tipica delle signore di mezz’età.
“Capisco. Sono sicuro che Sibilla si impegnerà al massimo per dimostrare il suo talento ed è l’unica cosa che penso di poter dire, non è vero professoressa? Il Ministero si è riservato la facoltà di valutare l’idoneità degli insegnanti da me scelti, non mi vedrà intervenire per evitare il licenziamento di qualcuno, nonostante io lo voglia.”
Silente era circondato da un’aura placida e decisa, non vi era alcuna traccia di fastidio e ciò fece, se possibile, stirare ulteriormente il sorriso della Umbridge. Gli occhi le lampeggiarono come se volesse raccogliere quella sfida, voleva vedere Silente piegarsi disperato sotto alla forza governativa di cui lei era rappresentante.

“Devo inoltre chiederle chiarimenti sull’assenza del professor Hagrid, non ho trovato alcuna documentazione firmata da un Guaritore del San Mungo per giustificare la sua assenza a causa di motivi di salute, devo insistere perché lei mi spieghi come mai non è qui, sicuramente le avrà dato una giustificazione.”
I quadri dei precedenti presidi appesi alle pareti dell’ufficio di Silente stavano fingendo di dormire per origliare la conversazione, ma ad uno sguardo più attento si poteva vedere che molti iniziavano ad indignarsi per il tono che Dolores Umbridge riservava al preside. Alcuni contrassero appena la mascella, alcune narici si dilatarono e altri strizzarono increduli gli occhi, mentre il ritratto di Armando Dippett tradì addirittura una poco lusinghiera espressione irritata.

“Devo purtroppo dissentire, professoressa. Il professor Hagrid mi ha comunicato che necessitava di qualche settimana di permesso all’inizio dell’anno e io, dopo aver trovato un supplente, ho ritenuto corretto concedergliele. Non è mia abitudine pretendere di conoscere ogni singola sfaccettatura delle vite del corpo docenti, soprattutto se questi si sono sempre dimostrati persone di fiducia. Credo che Hagrid potrà darle le dovute spiegazioni al suo rientro.”
“Oh sicuramente andrò a chiedergliele, professor Silente, e questo ritardo non lo salverà dalle mie ispezioni.”

Dolores Umbridge si alzò dalla poltroncina di chintz mantenendo la postura rigida e il petto in fuori. Dopo un ultimo, melenso, falso sorriso al preside della scuola, abbandonò l’ufficio accompagnata dal rumore di un paio di spessi tacchi.
Con un frullare di piume e una piroetta, Guillaume Boulevardier tornò alla sua forma umana, accanto al vecchio amico. Entrambi guardavano ancora la porta da cui la professoressa Umbridge, Guillaume con malcelato disprezzo e Silente inspirando pazientemente. Un lieve borbottare infastidito si levò dai quadri degli ex presidi, oltraggiati dai modi che una professoressa osa mantenere con l’attuale preside, ma che modi!

Alas, ti è capitata una bella spina nel fianco, Albus.”

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Angolo Autrice
Ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di raggiungere la fine del capitolo. Da questo punto della storia in avanti la narrazione andrà decisamente più veloce, scusatemi ma sto cercando di mantenere lo stesso ritmo di Harry Potter e l'Ordine della Fenice e i primi dieci giorni ad Hogwarts risultano davvero densi di avvenimenti.
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito, preferito o ricordato la storia e in particolar modo chi mi ha recensito, è sempre molto bello sapere cosa pensate.

 

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Capitolo 8
*** Incontri e Scontri ***


Il primo incontro per chi era interessato ad imparare della vera Difesa Contro le Arti Oscure stava per terminare. La Testa di Porco non aveva mai visto al suo interno così tante persone a volto scoperto, cosa testimoniata anche dallo sguardo incredulo del barista, che aveva passato tutto il tempo a fissarli accigliato mentre cercava di asciugare dei bicchieri sporchi con uno straccio color cemento, probabilmente ancora più lercio.

Olivia era rimasta in silenzio, seduta tra Luna Lovegood e Ronald Weasley, per quasi tutto lo svolgimento dell’incontro. I suoi timori si erano personificati in Zacharias Smith, Tassorosso, Mezzosangue, Cacciatore, media scolastica appena sufficiente, cerchia di amici ristretta ed appartenenti solo alla sua Casa. Per quanto il suo intervento fu ritenuto scortese e becero, in realtà si era semplicemente fatto portavoce dell’opinione inespressa di molti presenti, dato avvalorato dal silenzio attento che seguì le sue domande al giovane Potter. Olivia aveva immaginato che la maggior parte dei presenti, esclusi i più vicini al Golden Trio, sarebbero venuti per cercare di carpire ulteriori informazioni riguardanti la morte di Cedric Diggory la scorsa estate o per appurare con i loro occhi l’instabilità mentale di colui che era stato dipinto dai media come un ragazzo disturbato e con una fervida immaginazione utilizzata per giustificare in modi assurdi le sue malefatte da delinquente.

Harry però non si era tirato indietro e aveva ribattuto con tono fiero e acido, mettendo a tacere le remore che il Tassorosso aveva espresso e subito fu seguito dal vociare trepidante di chi si era messo ad elencare i suoi meriti, dal salvataggio della Pietra Filosofale al primo anno al Patronus che aveva evocato per proteggersi dai Dissennatori.

“E mi sembra di ricordare che tutti voi foste presenti alle prove del Torneo Tremaghi. Qualcun altro qui ha affrontato draghi, Maridi e Sfingi?”
L’intervento di Olivia parve spostare l’equilibrio della discussione a favore di Harry, i cui occhi spalancati testimoniavano sorpresa nel vedere che in così tanti credevano in lui. Discussero brevemente della frequenza e del luogo in cui si sarebbero dovuti trovare per esercitarsi, ma non riuscendo a trovare una soluzione immediata, fu deciso che non appena si fosse trovata sarebbe stato comunicato. A questo proposito, un’esitante Hermione Granger invitò tutti i presenti a firmare la pergamena che teneva in mano, per avere un elenco di persone da contattare. La reazione generale, a parte quella entusiasta dei gemelli Weasley, fu tentennante, porre la propria firma su quella pergamena aveva un sapore ufficiale, definitivo e compromettente.

Hermione Granger è abbastanza sveglia da ricordarsi tutti i presenti e comunque potrebbe prendere nota lei dei nomi, deve per forza aver stregato la piuma o la pergamena. L’Incanto Fidelio non si esegue in questo modo, quindi… Hermione, che incantesimo hai fatto? Se firmiamo, acconsentiamo a non raccontarlo alla Umbridge o a chicchessia, ma effettivamente cosa succederebbe? Glielo devo chiedere.

L’atteggiamento reticente diffuso si dissolse, forse perché dopo le prime firme gli altri iniziarono a provare vergogna o timore di essere additati come codardi, forse perché il fatto di essere così in tanti li faceva sentire più forti, ma ognuno a turno afferrò la piuma e pose la firma sulla pergamena di Hermione.
Ad incontro terminato, si alzarono dalle sedie grattando contro il pavimento polveroso, rompendo il silenzio che aleggiava alla Testa di Porco. La porta del locale si aprì per far passare gli studenti in uscita, illuminando così la polvere sollevata dai loro piedi. Anthony, Padma, Lisa e Olivia uscirono dal locale in direzione di Mielandia e, raggiunta la destinazione, fecero per entrare. Olivia disse di aver dimenticato il borsellino alla Testa di Porco e, dopo aver dribblato parecchi tentativi di Anthony di accompagnarla, li rassicurò che li avrebbe raggiunti dopo averlo trovato, dato che non ci avrebbe messo troppo tempo.

Si strinse appena nella sciarpa con i colori di Corvonero per proteggersi dalle improvvise folate di vento freddo che sferzavano l’aria e, con dopo aver gettato un ultimo sguardo alla vetrina di Mielandia per assicurarsi che i suoi compagni di Casa fossero effettivamente entrati all’interno del negozio, si fiondò all’interno dell’affollatissimo Zonko.

Il tepore all’interno del locale era decisamente piacevole, così come l’allegro ciarlare di tutti gli studenti e la musica stile Paese dei Balocchi che risuonava all’interno del negozio. Olivia iniziò a guardarsi intorno come se stesse ponderando cosa comprare, studiando quali e quanti volti riconoscesse all’interno della bottega e mon Dieu, non poté fare a meno di spalancare la bocca dallo stupore quando vide un commesso che stava sistemando alla bell’e meglio, su uno scaffale piuttosto alto, dei vivaci Frisbee Zannuti. Il cuore perse un battito, prima di iniziare a galoppare furioso, mentre fissava un uomo sulla cinquantina, con il naso affilato e morbidi ricci biondo scuro mischiati a sprazzi grigi, pettinati di lato in modo da lasciargli il viso ben scoperto. La divisa del negozio era ben stirata e indossata impeccabilmente, con la camicia giallo canarino abbottonata fino al colletto e infilata senza pieghe all’interno del pantaloni lilla, coperta da un panciotto coordinato alle braghe.

Guillaume era dimagrito e aveva cambiato pettinatura, ma Olivia sarebbe riuscita a riconoscere quel viso tra mille.
“Buongiorno, stavo cercando della Polvere Ruttosa, ma non riesco a trovarla.”
Dovette usare un tono di voce limpido e mediamente alto per sovrastare il caos che regnava all’interno del negozio e, nonostante tutto, suonò come esitante.
Il commesso si girò verso Olivia e lei poté scorgere, nonostante abilmente camuffata, l’enorme emozione che Guillaume stava provando, gemella della sua. I loro occhi faticavano a staccarsi gli uni dagli altri, era davvero difficile simulare l’indifferenza che si prova in un cortese dialogo con un estraneo in quella situazione.

“Sì signorina, dovremmo averne, se vuole seguirmi.”
Guillaume aveva una voce diversa, più baritonale e con un forte accento del Somerset che le ricordò in tutto e per tutto la voce di Hagrid. Lui si svoltò l’angolo dietro ad uno scaffale e, dopo una rapida occhiata al negozio, si infilò dentro la porta che avrebbe sicuramente condotto in magazzino. Olivia lo seguì e non appena varcò la soglia del retro del negozio, sigillò la porta e scagliò un Incantesimo Imperturbabile su di essa, mentre Guillaume lanciava un Muffliato.

Si abbracciarono forte, stringendosi così a lungo da non sembrare volersi scollare mai l’uno dall’altra. C’era calore e amore puro in quel contatto, una sensazione che Olivia non avvertiva da anni e che la sommerse totalmente, causandole delle lacrime commosse. Guillaume aveva cambiato acqua di colonia e Olivia non poté quindi inspirare il familiare odore di cedro e sandalo, ma ciò non intaccò la sensazione di essere a casa, nonostante tutto.
Ma petite lapine, tu as grandi! Et tu es devenue une jolie jeune femme, mais trop belle! Je vais être jaloux de tous les garçons qui s’approchent de toi!1
Papa, tu m’as tellement manqué, je pensais que je te n’aurais jamais revu.” 2

Avevano entrambi la vista offuscata dal luccichio di un pianto trattenuto a fatica, eppure non smettevano di guardarsi in faccia, studiando i segni del tempo sul viso che un tempo erano abituati a vedere quotidianamente. Guillaume fece una carezza affettuosa sulla guancia di Olivia, asciugandole le lacrime che ormai le rigavano le gote.

“Come stai, piccolina?”
Aveva lo sguardo e la voce pieni di affetto e continuava ad accarezzarle il viso, le mani, i capelli, come se avesse bisogno di una prova tangibile della presenza di sua figlia in quel magazzino degli scherzi. Continuava a guardarla, studiare il suo volto, immaginando di vedere giorno dopo giorno quel viso affilarsi sempre di più, perdendo le forme rotonde tipiche dei bambini.

“Meglio, ora che tu sei qui.”
Si erano concessi troppi minuti per salutarsi e abbracciarsi, lo sapevano entrambi, eppure non riuscivano a fare altrimenti, i cinque anni di separazione avevano lasciato un vuoto talmente grande all’interno dei loro cuori che il momento del ricongiungimento non poteva che protrarsi così tanto.
Guillaume disse alla figlia che aveva una nuova identità, si chiamava Ulrich Hagrid, veniva dal Somerset ed era cugino di terzo grado di Rubeus Hagrid da parte di padre. Aveva lasciato la sua casa e la sua attività, un piccolo negozio di libri e giocattoli per bambini, perché gli affari non gli erano andati granché bene e quindi il Custode delle Chiavi di Hogwarts gli aveva fatto il favore di trovargli un impiego presso Zonko.

Olivia raccontò sommariamente a suo padre gli ultimi anni ad Hogwarts e, nonostante lei parlò prevalentemente delle vicende che coinvolgevano Harry Potter, Albus Silente e le varie avventure che il castello aveva ospitato negli ultimi anni, Guillaume provava sempre a riportare la conversazione su di lei, sulle sue amiche e sui voti a scuola.

“Mi hanno anche detto che hai vinto un duello per un ragazzo, piccolina.”
Olivia sgranò gli occhi incredula, boccheggiando un attimo. Non si era aspettata di affrontare un discorso sulla gelosia paterna così presto.
“Dovevo attirare l’attenzione di Draco Malfoy, me l’hai detto tu nella lettera! Era lui il Serpeverde, no?”

Sembrò essere pizzicata sul vivo e la sensazione fu acuita dal sorrisetto del padre.
Lei spiegò quindi di come aveva scatenato l’ira di Pansy Parkinson per riuscire ad avere un contatto con il figlio di Lucius, che entrambi sapevano essere stato marchiato con il Marchio Nero, e che la cosa aveva funzionato, complice anche una fortuita collaborazione obbligata durante le lezioni di Pozioni.
Olivia parlò anche della riunione appena tenutasi alla Testa di Porco, dove Harry Potter aveva intenzione di creare un gruppo di studio di carattere sovversivo per resistere alle tentate intrusioni del Ministero della Magia inglese nella formazione dei futuri maghi e streghe dello Stato. Nonostante lei non avesse mai avuto particolari problemi a duellare o a difendersi, grazie agli insegnamenti dei suoi due padri, aveva deciso di fingersi interessata e prendere parte in prima linea in quell’iniziativa. Guillaume annuì soddisfatto nell’udire il racconto di sua figlia, prima di complimentarsi.

“Quindi ora sei legata sia ad un gruppo di studenti che si ribellano alla dittatura della professoressa Umbridge che al figlio di Malfoy? Brava piccolina, sei stata furba. Per quanto ti è possibile, credo che dovresti mantenere la relazione con entrambe le parti, per scoprire quanto più possibile.”

Fu il turno di Guillaume di raccontare poi ad Olivia come si erano svolti i suoi ultimi cinque anni. Le disse che, come ben sapeva, Christophe stava lavorando sulla pista top secret che la madre di Olivia aveva portato alla luce prima di morire.

“Siamo quasi sicuri che quanto scoperto da tua madre fosse corretto o, se così non fosse, decisamente sulla buona strada. Christophe è riuscito a rimanere in vita abbastanza a lungo da scoprire qualcosa in più, tipo dove fosse collocato uno di essi. Quella sera era in ricognizione nel villaggio Babbano dove abitava il padre di Tu Sai Chi, Christophe era convinto di dover cercare in casa del padre o della madre di Lord Voldemort, ma purtroppo è stato assalito da otto Mangiamorte durante la sua ricognizione. Ha combattuto valorosamente, ma loro erano troppi. È stato portato direttamente da Voldemort, che ha usato il Plaga Cerebrum. La nostra connessione è andata persa quando è stato colpito dall’incantesimo.”

La voce era affaticata dal dolore, le parole sembravano spezzare l’animo di Guillaume per l’ennesima volta. Oliva lo abbracciò ancora, affondando nella sua camicia il volto per asciugare le lacrime silenziose che le bagnavano il viso. Ad entrambi servì un attimo per ricomporsi.

“Ho parlato con Silente, anche lui crede che ce ne sia più di uno. Dobbiamo scoprire quanti sono, trovarli e distruggerli. Non possiamo più contare sull’aiuto della Plume Blanche perché Renard, che non è riuscito ad occultare totalmente la sua parentela con il Mangiamorte Sebastian Nott, è palesemente schierato con loro. Credo addirittura che sia implicato nel riconoscimento e nella cattura di Christophe.”

Si guardarono a lungo. Guillaume stava scrutando il volto della figlia per esaminare il suo stato d’animo e le sue intenzioni, ma non riusciva a capirle, Olivia era una maschera imperturbabile di cera ormai.

“Piccola, se non te la senti, nessuno ti giudi…”
“Marchiami, papà.”

Guillaume guardò sua figlia. Era bella, fiera e con espressione risoluta, sembrava pronta a combattere. Cercò nei suoi occhi tracce della bambina spaurita che aveva raccolto dalle macerie di casa Robin tredici anni prima, ma non ne trovò. Strinse le labbra, appena contrariato. Lo avrebbe riempito di orgoglio vedere che sua figlia accettava il Vinculum, soprattutto con lui, eppure la consapevolezza di ciò che sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi lo terrorizzava. La stava condannando e lo sapeva, quella piccola runa azzurra sulla pelle della ragazza l’avrebbe portata ad una morte violenta e prematura, aveva visto troppi giovani maghi lasciare la terra per quella causa, eppure sapeva di non aver scelta.

“Allunga il braccio.”
Le sollevò la manica sinistra della giacca di jeans e porse l’avambraccio nudo al padre, mantenendo lo sguardo impassibile. Pareva una guerriera pronta, consapevole e forte.
Guillaume puntò la bacchetta appena sotto all’incavo morbido dell’avambraccio e mormorò ‘Aeternum Vinculum’. Qualche scintilla turchese spizzò dalla punta del canalizzatore e un lieve sentore di carne bruciata gli riempì le narici. Olivia non batté ciglio quando provò quella sensazione che i suoi padri le avevano raccontato più volte, come di un coltello che taglia la carne laddove è già stata ferita, dilaniata, aggiungendo dolore al dolore. Guillaume stava disegnando con la bacchetta una specie di lettera, come una F maiuscola con i due trattini orizzontali storti, che tendevano verso il basso, e Olivia riconobbe la runa celtica Ansuz 3. Quando ebbe finito, Guillaume porse a sua volta l’avambraccio alla figlia, che ripeté la procedura. Guillaume non staccò mai lo sguardo dal suo viso e l’ennesima lacrima fece capolino, non per il dolore, quanto per la consapevolezza di ciò che stava facendo. Quando anche la runa di Guillaume fu ultimata, entrambe presero ad emettere un bagliore luminescente, come se sentissero la vicinanza della loro gemella.

“Sai come funziona?”
“Sì papà, non ti preoccupare. Adesso devo andare, ti troverò qui il prossimo mese?”
Quella domanda le era sfuggita dalle labbra con un po’ troppa fretta, ma era innegabile che avesse paura. Non era certa che Guillaume fosse venuto per restare e quella poteva essere effettivamente l’ultima volta che si incontravano. Una scintilla gioiosa animò lo sguardo del padre, che annuì bonariamente.

“Ah papà… Fleur? Mi ha scritto chiedendomi di vederci. Da che parte sta?”
Gli occhi di Guillaume si strinsero appena, cercando di trovare una risposta.
“No lo so, lapine. Ma non ti preoccupare, la vedrò e la scoprirò.”
Olivia lo abbracciò un ultima volta e, dopo aver mormorato Finite Incantatem, lasciò il magazzino e il negozio.
 
**
 
Olivia aveva appena abbandonato il dolce tepore all’interno del negozio di scherzi e si strinse nella giacchetta di jeans che aveva indossato quel giorno, sistemando alla bell’e meglio la sciarpa della sua Casata. Rimpiangeva di non aver preso su le sue lunghe e calde vesti da strega, ma i pomeriggi ad Hogsmeade facevano parte dei pochi momenti in cui non erano costretti ad indossare la divisa scolastica e tutti gioivano nel poter indossare qualcosa che non andava di moda ai tempi di Merlino, insomma, come ripeteva sempre Padma con sua sorella.

“Come mai eri con Potter prima?”
Olivia gettò uno sguardo al suo lato destro e vide che Draco Malfoy le stava camminando di fianco, alla sua stessa velocità. Lei si fermò e lui fece altrettanto, esibendo un’espressione di scherno.
“Mi stai seguendo, Malfoy?”
 
Per Godric, fa che non mi stia seguendo davvero, perché avrebbe dovuto? Avrà notato la mia lunga permanenza da Zonko senza gli altri Corvonero?
 
“Non proprio, però ho visto che Potter è andato alla Testa di Porco, non che mi aspettassi niente di più pulito da lui, ma poi ho notato che lo hai raggiunto. Perché?”
C’era una certa insistenza nei suoi modi, ben celata dal suo atteggiamento beffardo, ma ormai Olivia sapeva gestire il comportamento strafottente di Malfoy e non ci badò molto.

“Io ho incontrato Hermione, Harry era semplicemente con lei.”
Malfoy inarcò un sopracciglio e le lasciò intendere di non essersela bevuta. Lei, nonostante il silenzioso invito ad aggiungere dettagli, evitò il suo sguardo e non disse altro, timorosa anche di far scattare il meccanismo della fattura che Hermione poteva aver lanciato sulla pergamena. In ogni caso fu lieta che il Serpeverde non aveva accennato alla sua visita in solitaria al negozio di scherzi.

“Quindi non era un appuntamento al buio?”
“Ma sei serio?”
Non ci poté fare nulla, la voce si era alzata di un’ottava, una piccola riga di incredulità le increspava lo spazio tra le sopracciglia e arrossì appena.
“Bingo! La Testa di Porco comunque è davvero squallida, non che ci sia molto qui ad Hogsmeade, ma almeno io ti avrei portato, che ne so, da Madama Piediburro. Devi avere degli anticorpi eccezionali per non aver contratto il Vaiolo del Drago solo avvicinandoti a quel pub!”

Olivia roteò gli occhi ed espirò sonoramente, come se volesse soffiare fuori dal suo corpo il fastidio che Malfoy le stava dando.
“Non serve provocarmi per parlare con me, Malfoy, ti parlerei anche se non sentissi l’impellente bisogno di Schiantarti.”
Lei approfittò del momentaneo silenzio del ragazzo per riprendere a camminare in direzione di Mielandia, ma lui la seguì, affiancandola prontamente, e quando riprese a parlare apparve brillante e pungente come d’abitudine.
“Lascio l’onore di essere Schiantati da te a Pansy, aspetto con ansia il round numero due.”
“Ti importa così poco di lei?”

Olivia era tagliente come sempre, ma ciò parve divertire ancora di più il Serpeverde, che diede una scrollata di spalle.
“Non ho detto questo, però so quanto possa essere fastidiosa, soprattutto perché è un po’ di tempo che lo è con me e la cosa sta iniziando a stufarmi. Però non la scaricherò.”
“Sei meschino, dovresti semplicemente dirglielo. Ma immagino che a te piaccia avere qualcuno che ti striscia sempre dietro e che gonfi il tuo smisurato ego, anche se è quella stupida della Parkinson.”

Quell’affermazione, nonostante fossero abituati a battibeccare praticamente la totalità delle volte che si rivolgevano la parola, sembrò turbare il viso di Draco Malfoy, la cui espressione si scurì di botto. Anche il suo incedere si bloccò di botto, cosa che fece voltare Olivia.
Lei lo scrutò curiosa, non riusciva ad identificare la causa di quel repentino cambio di umore. Lo stava ancora fissando, quando sentì in lontananza una voce familiare chiamare il suo nome.

“Ollie, hai un secondo? Ti posso parlare?”
Una quindicina di metri più avanti sulla High Street di Hogsmeade, uno spettinatissimo Harry Potter stava correndo verso di lei, agitando nella mano destra un fazzoletto bianco. C’era qualche pozzanghera in terra, residui della pioggia battente che era calata la sera prima, ma la cosa non parve importare troppo al ragazzo, che ad ogni passo schizzava gocce di acqua tutto intorno a sé. Aveva stampato in faccia un sorriso imbarazzato che si spense quando riuscì a mettere a fuoco con chi stesse parlando Olivia. Decelerò in prossimità della ragazza, che gli fece un cenno con la mano, indicandogli di attendere un secondo.

Olivia si girò nuovamente verso Draco, che pareva ancora stizzito dalla loro conversazione.
“Sì, Robin. È bello avere qualcuno, anche se non è quel pallone gonfiato di Potter.”
Lui non le diede nemmeno il tempo di ribattere, girò sui tacchi e si avviò con falcata decisa verso i Tre Manici Di Scopa, lasciando un’incredula Olivia a guardarlo andare via.
 
Qu’est-ce qui vient de passer? 4
 
“Mi è venuto in mente che non ti avevo ancora restituito il fazzoletto.”

Harry Potter sorrideva beato nel porgerle il piccolo quadrato di stoffa bianca e lei, nonostante fosse ancora pensierosa, cercò di tornare padrona di sé stessa e sorrise di rimando. Si accorse che Harry stava parlando, ma lei non lo sentiva davvero, annuiva ogni tanto giusto per sembrare presente. La sua mente la riportava all’espressione di ghiaccio di Draco Malfoy, come un girasole confuso che seguiva la luna.

____________________________________________________________________________________________________________________________
*
1. Mia piccola coniglietta, sei cresciuta! E sei diventata una giovane donna carina, ma troppo bella! Diventerò geloso di tutti i ragazzi che ti staranno intorno!
2. Papà! Mi sei mancato così tanto, credevo che non ti avrei più rivisto!
3. Ansuz. Runa appartenente al Fuþark, generalmente associata alla comunicazione.
4. Ma cosa è appena successo?

 

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Capitolo 9
*** Reazioni Esagerate ***


“… Qualsiasi studente che costituisca, o appartenga, a un’organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo che non siano stati approvati dall’Inquisitore Supremo sarà espulso.
Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero Ventiquattro.
Firmato: Dolores Jane Umbridge, Inquisitore Supremo”

 
Il chiacchiericcio nervoso che pervadeva la Sala Grande durante la colazione del lunedì mattina lasciò intendere ad Olivia che il Decreto Didattico Numero Ventiquattro era stato affisso in ogni Sala Comune. La preoccupazione serpeggiava, dato che la maggior parte dei ragazzi apparteneva a qualche club o circolo scolastico, ma alcuni Corvonero erano decisamente su di giri, come Michael Corner e Terry Boot, che si stavano dirigendo stupidamente verso il tavolo di Grifondoro, ma dopo bruschi cenni di Hermione Granger, presero posto ai lati di Lisa Turpin.

“Qualcuno deve aver cantato e se salta fuori che esiste una lista con tutti i nostri nomi, non ci attende altro che un mucchio di guai. Credo che la Granger desisterà ora e convincerà Potter a fare lo stesso.”
Il tono di Lisa era scoraggiato, avevo lo sguardo basso sui pancake ricoperti di sciroppo d’acero e con la forchetta li stuzzicava come per controllare che fossero vivi. Anche Anthony e Padma erano dubbiosi sulla fattibilità di quel gruppo di studi, mentre Olivia era convinta che Harry non si sarebbe tirato indietro solo perché la Umbridge si era messa in mezzo. Comunque tutti loro erano concordi sul fatto che Dolores Umbridge sapesse, perché quel nuovo Decreto Ministeriale e il suo tempismo sarebbero stati del tutto privi di senso altrimenti.

“Non ha senso sciogliere ogni gruppo o circolo, l’unico motivo per farlo è avere informazioni su quali e che tipo di incontri che si svolgono tra gli studenti qui ad Hogwarts e il potere di decretare la loro fine o no, il che collima esattamente con l’idea di Potter, quella per cui Caramell crede che possiamo essere manipolati da Silente contro di lui.”

I Corvonero del quinto anno fecero dei cenni di assenso dopo la frase di Olivia e si concentrarono nuovamente sulla colazione, perché erano sicuri che la professoressa Umbridge stesse osservando ogni ragazzo che tentava di comunicare con lo studente prediletto da Albus Silente.
Ginevra Weasley, Grifondoro, numerosa famiglia Purosangue in difficoltà economica e filo-Babbana, per questo rinnegata dalle altre con lo steso Status di Sangue, posseduta da Voldemort tre anni fa, discretamente popolare a causa del suo aspetto e della sua abilità nello scagliare fatture a chi la disturba, si sedette nel posto libero vicino al suo ragazzo, Michael Corner, che le rivolse subito uno sguardo interrogativo. Lei gli passò le braccia intorno al collo in un goffo abbraccio da seduti, che sfruttò per sussurrargli all’orecchio ‘Lo facciamo lo stesso, dillo agli altri Corvonero senza farti beccare’. Quando lui annuì, lei gli stampò un veloce bacio sulla guancia e tornò al suo tavolo, sotto lo sguardo inquisitore del fratello più grande.

Olivia nel frattempo stava scrutando la Sala Grande, localizzando i volti di tutti coloro che erano stati presenti alla Testa di Porco, ma nessuno di loro sembrava lamentare alcun tipo di effetto indesiderato o malessere, perché ne era convinta, se Hermione Granger aveva deciso di stregare la lista, sicuramente un eventuale traditore sarebbe stato facilmente individuabile.
 
A questo punto deve essere stato qualcuno degli altri avventori a riferire tutto alla Umbridge, a meno che la Umbridge stessa non fosse presente sotto mentite spoglie. Probabilmente ci saremmo dovuti incontrare in un posto decisamente più rumoroso.
 
 
**
 

Il generale Arnaud Renard pareva aver assunto regolarmente la Pozione Invecchiante negli ultimi giorni. Si guardò allo specchio del bagno personale e non riconobbe il suo riflesso. Le guance risultavano scavate e dal colorito insalubremente grigiastro, come se non vedesse la luce del sole da giorni e da altrettanto tempo soffrisse la fame. Intorno ai suoi occhi si era formato un accennato reticolo di pieghette, soprattutto in prossimità degli angoli esterni, ben visibili sopra alle borse scure con gli congestionavano ormai i lati del naso. Sembrava avere almeno vent’anni in più.
 
Dupont, Bourgeois, Lefévre, Duplessis, Moreau.
 
Portava la camicia azzurra fuori dai pantaloni, d’altronde era ormai piena di pieghe, tanto valeva che la indossasse in modo comodo, come la cravatta che aveva allentato ore prima. Si passò la mano destra tra i capelli, quelli più vicini alla fronte si erano appiccicati ad essa a causa del sudore freddo. Aveva decisamente bisogno di una doccia, una dormita, un pasto decente e litri di caffè, ma sapeva che i suoi desideri non potevano realizzarsi, aveva già deluso il Signore Oscuro due volte, ormai non aveva più possibilità di sbagliare.
 
Dupont, Bourgeois, Lefévre, Duplessis, Moreau.
 
Si lavò ancora il viso con acqua gelata, lo shock termico lo aiutava a mantenersi sveglio e vigile. Aveva ripetuto quel gesto innumerevoli volte durante la notte appena trascorsa in ufficio, davanti ad una lavagna larga almeno un paio di metri.
 
Dupont, Bourgeois, Lefévre, Duplessis, Moreau.
 
Perché non riusciva a scoprire nulla? Aveva ottenuto innumerevoli riconoscimenti durante il suo addestramento, era sempre stato il primo, il più veloce, il più intuitivo, il migliore tra tutti i migliori. Gli era stato offerto un Double e lui aveva rifiutato perché preferiva lavorare da solo e aveva dimostrato di esserne in grado, risultando così il primo de la PB a non necessitare di collaborazione e aiuto, cosa che non mancava mai di ricordare a tutti gli altri agenti.
 
Dupont, Bourgeois, Lefévre, Duplessis, Moreau.
 
Incrociò le braccia al petto, mentre sollevava per l’ennesima volta lo sguardo sulla lavagna ormai piena dei suoi appunti, delle sue congetture e teorie. Su di essa erano state appese cinque fotografie, i primi piani di due donne e tre uomini che lo scrutavano con aria incuriosita o ostile.
 
François Dupont, caduto nel 1979 in missione segreta. Corpo mai ritrovato, morte accertata tramite Firma della Vita. Missione non presente in nessuno degli archivi de la PB, sicuramente ED+. Gli Ankou hanno trovato indizi di un suo viaggio in Europa dell’Est, ma le sue tracce si perdono in Kosovo.
 
Odette Bourgeois, morta suicida nel 1982 nella sua casa di Cannes, trovata in macerie. La data coincide con quella di una cartella clinica senza nome al Jeanne D’Arc che parla di una strega tenuta in ostaggio per 12 mesi, torturata (fisicamente e psicologicamente) e seviziata senza sosta. Ha successivamente sviluppato attacchi di paranoia sfocianti in aggressioni e autolesionismo a causa dell’instabilità del suo potere magico in tali occasioni.
 
Marie Lucille Lefévre, inviata in missione speciale in Gran Bretagna nel 1980 insieme ad Antoine Duplessis per sopprimere la minaccia dilagante dell’espansione dell’ideologia di Lord Voldemort anche in Francia. Morti combattendo contro il Signore Oscuro e i suoi Mangiamorte a Londra.
 
Christophe Moreau, caduto nel 1995 per mano di Lord Voldemort. Trovato nel piccolo villaggio di Little Hangleton e catturato dai Mangiamorte. Missione ignota ED+.

 
Arnaud Renard inspirò forte, contemplando il frutto delle sue ricerche. Su Moreau, oltre alle informazioni fornitegli dal cugino, non era riuscito a trovare nulla e il fatto che Guillaume avesse optato per il suicidio non lo aveva certo agevolato. Rilesse nuovamente tutti i suoi appunti, ma quel fil rouge era ancora qualcosa di arcano per lui.

Doveva assolutamente far luce sui piani di Moreau, o le minacce di Lord Voldemort sarebbero presto state mantenute. Di recente le comunicazioni con Sebastian Nott erano divenute più rade, come se fossero passate in secondo piano, ma Renard era sicuro che il momento di render conto al Signore Oscuro sarebbe presto arrivato.

 
**
 

Il Professor Piton aveva appena sottratto dieci punti a Grifondoro, perché aveva sorpreso Potter e Weasley che strattonavano e tenevano saldamente Paciock, scambiando la scena per il principio di una rissa. Nessuno degli altri studenti osò fiatare e rivelare che, con enorme stupore di tutti, la provocazione che Malfoy aveva appena indirizzato ad Harry e Ron aveva scatenato in Neville un reazione talmente violenta da fargli perdere il controllo e indurlo a cercare di attaccare il Serpeverde.

“Avrete notato che oggi abbiamo un ospite.”
Piton indicò con il mento un angolo buio nella già poco illuminata aula di Pozioni e gli studenti poterono scorgere il profilo basso e tarchiato dell’Inquisitore Supremo, seduta su uno sgabello con il blocco per gli appunti appoggiato sulle ginocchia grassocce.

Il pensiero di ogni studente fu lo stesso ‘due ore con Piton E la Umbridge?!’ e si manifestò tramite fronti aggrottate, sguardi spaventati e bocche spalancate, il tutto in religioso silenzio perché nessuno osò fiatare davanti ai due insegnanti in lizza per il trofeo del meno amato ad Hogwarts.
I ragazzi presero posto davanti ai calderoni condivisi dopo aver recuperato ancora una volta le fiale e attesero che il docente di Pozioni facesse apparire con una stoccata della sua bacchetta le istruzioni sulla lavagna dietro alla cattedra.

Olivia afferrò la sua copia di Mille Erbe e Funghi Magici, sfogliandola fino a pagina duecentoventi, dove era spiegato il corretto modo di estrarre il succo dal topinambur che aveva di fronte. Azzardò a lanciare un’occhiata verso il suo compagno di banco e vide che Malfoy evitava accuratamente di guardare nella sua direzione. Aveva la mascella rigida e gli occhi talmente fissi sulla pozione che stava portando ad ebollizione che sembrava che la stesse scaldando lui con lo sguardo, se sono questo non fosse stato di ghiaccio.

“Carino quel tentativo di affermarti come maschio dominante del nostro anno.”
Malfoy non diede segno di averla sentita. La pozione aveva già raggiunto il bollore richiesto e, dato che lei si stava occupando dell’estrazione del succo dal tubero, lui si mise a pesare su una piccola bilancia di precisione tre ottavi di oncia di scaglie di Petardo Cinese.
Olivia scosse il capo infastidita, ancora non era riuscita a dare una giustificazione a quella reazione del tutto fuori luogo del Serpeverde. Si era ripromessa di parlarne con lui per capire quale fosse il problema, ma il ragazzo le stava sbattendo in faccia con grazia che non aveva minimamente intenzione di rivolgerle la parola, cosa che non sfuggì anche ad altri studenti.

Qualche postazione più indietro, Pansy Parkinson sfoggiava un sorrisetto compiaciuto che la faceva sembrare ancora più simile ad un cucciolo di carlino con la parrucca. Aveva le labbra tinte di rosso incurvate in una smorfia vittoriosa e le lunghe ciglia scure che sbattevano civettuole in direzione di Malfoy.
“Uuuh, a quanto pare qualcuno non è più nelle grazie di Draco.”
Il bisbiglio di Pansy Parkinson raggiunse il modo chiaro le orecchie di Olivia, anche se fu abbastanza basso da non essere udito dai professori, che al momento stavano discutendo del programma valutato dal Ministero della Magia come troppo avanzato e complesso.
La Corvonero, che impugnava un coltello utilizzato per affettare finemente il topinambur, si girò di scatto e lanciò un’occhiata truce alla Serpeverde, risultando inquietante. Con lentezza misurata, tornò al tubero che doveva affettare alla svelta, o non avrebbe estratto il succo in tempo.

“Non avevo capito che aveste fatto pace, è per quello che sei scattato così ad Hogsmeade? Mi dispiace, io non cred… Hey, lo stavo facendo io, ma che ti prende?”
Draco le aveva tolto il coltellino di mano e aveva iniziato ad affettare con minuziosità certosina il resto del tubero, usando poi il lato della lama per applicare pressione sulle fette e facendone scaturire del fluido biancastro.
“Ti credevo più sveglia di così.”
Erano trascorsi quaranta minuti dall’inizio della lezione e quelle erano state le uniche parole che Malfoy le aveva rivolto, parevano anche avere un sapore amaro data l’espressione che le aveva rivolto prima di pronunciarle. Lei lo scrutò con sguardo stizzito.
Io sono abbastanza sveglia da non mettere le mani a tiro di coltello quando qualcuno sta affettando qualcosa.”
Lui diede una scrollata di spalle con aria indifferente e Olivia sentì la familiare sensazione di fastidio che i battibecchi con Malfoy le generavano trasformarsi in irritabilità, imporporandole le guance.

Una risatina di scherno partì da un punto indefinito alle spalle della Corvonero, che riconobbe come l’ennesima provocazione di Pansy Parkinson e Olivia roteò gli occhi al cielo per ritrovare la calma durante una lezione che si stava rivelando decisamente più fastidiosa del previsto.
“Vuoi fare questo gioco? Perfetto, Mr Maturo. Io volevo scusarmi e magari risolvere questo malinteso, ci sto pensando da quando mi hai risposto male ad Hogsmeade, ma ti prego di continuare con questa spassosissima farsa, la Parkinson sembra godersela e sai benissimo che il suo buonumore è una mia priorità. E ora ridammi il mio coltello, prima che ti schianti!”

Forse erano stati gli occhi lampeggianti di rabbia o forse il tono acido che aveva usato, ma qualcosa sembrò far breccia nella maschera di marmo che Draco Malfoy le aveva riservato per tutta la lezione, o forse poteva essere stato anche il fatto che nel pronunciare la fine dell’ultima frase non era riuscita a mantenere il tono di voce abbastanza basso e che ora il professor Piton, la professoressa Umbridge e alcuni dei ragazzi intorno a lei la stessero fissando per capire quale fosse il problema.

“Ti sembra di essere ad una conferenza stampa, Robin?”
La voce di Piton era indagatoria e strascicata come d’abitudine. Il professore le lanciò lo sguardo di rimprovero che riservava d’abitudine ai Grifondoro, ma che per la prima volta in assoluto lanciava ad Olivia Robin.
“No professore, mi scusi.”
La sua voce risultò dispiaciuta e sommessa, le costò un enorme sforzo. Aveva ancora le sopracciglia corrucciate e le guance arrossate, segno evidente che non era ancora stata capace di imbrigliare le sue emozioni.
“Allora deliziaci per favore con un po’ di silenzio. La prossima volta che ti sentirò minacciare un altro studente, ti assegnerò una punizione. Per ora tolgo cinque punti a Corvonero.”

Ehm ehm.”
Severus Piton aveva ancora la bocca semi-aperta quando fu interrotto dalla fastidiosa finta tosse dell’Inquisitore Supremo e non si premurò di nascondere il fastidio causato da tale interruzione. Con lentezza esasperante voltò lo sguardo verso la collega, invitandola ad esprimere qualsiasi parere avesse in serbo per la classe.

“Professor Piton, credo che Robin meriti una punizione. Si è già rivelata una persona rissosa, addirittura violenta, e se non estirpiamo quest’inclinazione bruta sul nascere, temo che possa solamente peggiorare con il tempo. Suggerisco una punizione con me stasera dopo cena.”
 
Ma ho solamente parlato! Certo, ho detto a Malfoy che l’avrei schiantato, ma non l’ho fatto!
 
L’espressione del professor Piton era gelida, stizzita e contrariata, ma le sue parole furono un pugno nello stomaco per Olivia.
“Come ritiene opportuno.”

Olivia spalancò gli occhi e le labbra con aria incredula, così come altri studenti in quell’aula. Fissò il viso di Dolores Umbridge e rimase scioccata dall’espressione malignamente gioiosa che aleggiava sul suo volto, era grottesca. Un brivido percorse la schiena di Olivia, memore del suo incontro con Harry Potter dopo una serata di punizioni con la Umbridge.
Trascorse il resto della lezione di Pozioni con la testa china sul calderone, evitando accuratamente lo sguardo del suo compagno di lavoro, che ora sembrava decisamente più incline a rivolgerle la parola, ma Olivia non poté fare altro che ignorarlo a sua volta, vittima della preoccupazione di ciò che le sarebbe accaduto quella sera.
 
Che se ne vadano al diavolo tutti, Malfoy e le sue scenatine da bimbo capriccioso, la Parkinson con il suo maledetto muso da carlino, quella sadica della Umbridge e Piton che non mi ha nemmeno riassegnato i cinque punti tolti!

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Capitolo 10
*** Non devo essere violenta ***


Non devo essere violenta.

Olivia fece cadere la piuma che le aveva consegnato la professoressa Umbridge. Nell’attimo in cui aveva scritto quelle parole, vergate con una strano inchiostro rosso scuro, aveva avvertito un lancinante dolore all’avanbraccio destro e istintivamente aveva mollato la presa. Abbassò lo sguardo e vide che le parole, con la sua grafia, erano state intagliate sulla pelle morbida del braccio, ma la ferita si rimarginò velocemente, lasciando un violento rossore laddove aveva percepito il dolore.

Lo sguardo di Dolores Umbridge era compiaciuto e perverso, faceva raggelare il sangue.
“Qualche problema cara?”
Olivia la fissò con aria di sfida, furente e indignata. Quella era violenza fisica. Quella era decisamente violenza su uno studente minorenne e Olivia pensò che sicuramente non rientrava negli alti standard ministeriali imposti sulla scuola da quell’anno.
 
Quindi tu sei una sadica amante dell’ordine e delle regole che non si cura di infrangerle pur di ottenere un risultato. Maledetta megera.
 
“No, professoressa Umbridge.”
Il tono di voce era piatto e prontamente abbassò lo sguardo sulla sua pergamena. Non avrebbe fiatato, non si sarebbe lamentata, Dolores Umbridge non avrebbe avuto la soddisfazione di vederla lamentarsi.

Non devo essere violenta.
Non devo essere violenta.


Ogni volta che vergava quelle parole sulla pergamena, sentiva la sensazione di un bisturi che le penetrava l’epidermide, incidendo parole che prontamente scomparivano.

Non devo essere violenta.

Tentava in tutti i modi di non mostrare il dolore lancinante che stava vivendo, in effetti la sua espressione ricordava proprio quella indifferente di Draco Malfoy durante la lezione di Pozioni.

Non devo essere violenta.

Contraeva appena le labbra ad ogni parola, stringeva di qualche millimetro le palpebre e inspirava silenziosamente. Non le sarebbe certo bastato un Epismendo quella sera, probabilmente si sarebbe dovuta procurare qualcosa. Le sovvenne la volta in cui aveva incontrato Potter con la mano avvolta in una sciarpa insanguinata ed ebbe la conferma che la professoressa Umbridge era la causa di tutto ciò.

Non devo essere violenta.

Harry Potter non aveva fiatato però, nonostante lei gli avesse ingiunto di riferire tutto al preside, era sicura che lui non avesse detto nulla, perché orgoglioso com’era non avrebbe confidato quella cosa a nessuno, tranne probabilmente ai suoi due amici. Olivia cercò di capire il motivo di quell’atto omertoso, sicuramente Albus Silente si sarebbe frapposto tra il suo prediletto e la necessità di Dolores Umbridge di appagare quel bisogno malvagio di punire, piegare, controllare.

Non devo essere violenta.

Olivia arrivò a pensare che l’omertà di Potter era volta, secondo il suo profilo psicologico, a preservare il preside da uno scontro diretto con il Ministero della Magia, con cui era già ai ferri corti, evitando così di farlo cacciare dalla scuola.

Non devo essere violenta.

Un fischio acuto ruppe la quiete dell’ufficio di Dolores Umbridge. La professoressa alzò lo sguardo in direzione della sonda anti-intrusione posizionata tra due piattini in ceramica adornati di gatti e fiori, disposti vicino al camino, e con un colpo di bacchetta la silenziò.
“Penso che possa bastare, signorina Robin. Speriamo che il messaggio sia penetrato abbastanza a fondo.”
Dolores Umbridge aveva cinguettato allegra con la solita voce acuta di quando riusciva ad averla vinta. Olivia ringraziò mentalmente l’allarme e si congedò dall’ufficio della docente, non prima di aver notato che la professoressa si era inginocchiata vicino al focolare e aveva infilato un braccio attraverso le fiamme smeraldine, come se stesse cercando di afferrare qualcosa.

Olivia aveva il fiato corto ed era ancora sconvolta da quell’abuso gratuito perpetrato da chi deteneva una posizione di potere, quindi percorse velocemente il corridoio fino alla fine e svoltò l’angolo. Le torce lungo i corridoi erano già accese, dovevano essere le undici inoltrate e gli studenti si erano già ritirati nei loro dormitori, quindi si concesse di appoggiarsi con le spalle al muro e chiudere gli occhi. Tentò di regolarizzare il respiro, impedendo che la sua emotività intrisa di paura e rabbia prendesse il sopravvento. Aveva ancora la fronte imperlata di sudori freddi, che tentò di asciugare con la manica sinistra della veste, avendo la destra impregnata del suo stesso sangue.
 
Iuncturam Double!
 
Olivia avvertì un lieve solletico nell’incavo del gomito sinistro ed era sicura che, se avesse sollevato la manica, avrebbe visto comparire in azzurro una piccola runa. Doveva parlare con Guillaume, ne aveva bisogno, doveva chiedergli come fare a curare quella ferita e il solo sentire la sua voce probabilmente l’avrebbe calmata tanto da evitarsi l’attacco di panico che sentiva montare dentro di lei. Sapeva che avrebbero avuto pochissimo tempo, ma le sarebbe bastato oppure se lo sarebbe fatto bastare.
 
Papà, ci sei?
Ciao Olivia. Oddio, cos’è quel sangue? Sei ferita?
No papà, una punizione con la Umbridge.
Dimmi solo cosa metterci su.
Dittamo. Dovresti metterci su del Dittamo.
Dovrebbe averne un po’ Lisa, gliela chiederò.
Vuoi dirmi cos’è successo?
Mi ha fatto scrivere ‘Non devo essere violenta’ almeno una cinquantina di volte.
Non sono stata violenta, te lo giuro papà.
Mi devi chiamare se hai bisogno, intesi? Un Double serve a questo, siamo in due.
Non sei sola.
Sento dei passi, ti contatterò più avanti, ciao papà!
Ciao, petite lapine.
 

Olivia interruppe il contatto mentale con il Double, quello per cui riusciva telepaticamente a scambiarsi informazioni con lui e grazie al quale Guillaume riusciva a vedere stralci di ciò che lei vedeva. Era ancora con le spalle al muro e richiuse gli occhi, respirava profondamente e cercando di mantenere un ritmo lento e costante. Aveva sempre la fronte sudata, ma ora che era riuscita a reprimere il panico stava decisamente meglio.
 
“Robin, stai bene? Perché sei in giro a quest’ora?”
Olivia aprì gli occhi lentamente e le ci vollero un paio di momenti prima di mettere a fuoco di chi fosse quella voce. Sentì un tocco gentile sulla spalla, qualcuno la stava scuotendo lievemente per farla riprendere, un Draco Malfoy con gli occhi sbarrati fissati sul suo volto pallido come un cencio. Gli rivolse un lieve sorriso e d’istinto si portò la mano destra dietro alla schiena, con fare decisamente più noncurante di quando lo aveva fatto Potter, ma agli occhi di Malfoy quel gesto non era passato inosservato. Senza troppi complimenti le afferrò il polso e se lo tirò davanti per esaminarlo. Sulla pelle chiara torreggiavano dei tagli ancora sporchi di sangue, che formavano le parole ‘Non devo essere violenta’ in una calligrafia ordinata e regolare. D’istinto Olivia si ritrasse, ma non abbastanza velocemente da nascondere il misfatto. Non disse nulla, eppure fu abbastanza sicura che il suo sguardo duro facesse intendere a Malfoy che lei non aveva assolutamente voglia di discutere della cosa.

“Se allunghi il braccio ti posso aiutare, tu faresti sicuramente un macello, so che non sei mancina.”
La voce del Serpeverde simulava un composto distaccamento, eppure sembrò mettere Olivia a suo agio tanto da fidarsi. Con un colpo di bacchetta lui richiuse i tagli e con uno stretto movimento circolare rimosse i rimasugli di sangue ormai coagulato. Entrambi fissarono l’opera compiuta e, sebbene la pelle avesse decisamente un aspetto migliore, si poteva ancora scorgere l’alone più roseo che andava a comporre le parole scritte così tante volte.

“Una parola con qualcuno e divento davvero violenta, Malfoy.”
“Sono commosso da questo tuo atteggiamento da piccola ingrata.”
Olivia roteò gli occhi al cielo con fare scocciato, eppure l’accenno di un’espressione finalmente rilassata la tradì. Girò sui tacchi e si incamminò verso la sua Torre di Corvonero e non fu stupita di sentire che anche Malfoy, pochi passo dietro di lei, si era incamminato.

“Diciamo che ti accompagno alla tua torre solo perché hai preso una punizione per aver minacciato me, i professori non hanno capito che è così che esprimi la tua ammirazione nei miei confronti.”
“Diciamo che mi accompagni alla mia torre solo perché è proprio compito tuo in quanto Prefetto, o sbaglio? In ogni caso, non dovreste essere in due a fare la ronda? Dov’è la Parkinson?”

Draco diede una veloce alzata di spalle e sul suo viso si intravide indifferenza pura per il nome appena udito.
Malfoy la seguiva qualche passo indietro rispetto a lei e Olivia provò una punta di fastidio, la stava facendo sentire debole, ma non osò fiatare. Imboccò la scala a chiocciola che portava all’ingresso della Sala Comune di Corvonero con passo fermo e regolare, per dimostrare che riusciva a reggersi sulle gambe.
“Le ho detto di andare in ronda con quegli idioti di Tassorosso, non la piantava di assillarmi per sapere come mai non ti ho parlato a lezione oggi.”
L’irritazione passò velocemente come era venuta, poiché l’ultima frase di Malfoy aveva catturato l’attenzione della ragazza. Era ormai davanti al batacchio bronzeo a forma di corvo che permetteva l’ingresso solo a chi forniva la giusta risposta ai suoi quesiti, ma lo ignorò totalmente.

“Allora credo che dovrò raggiungerla con i Tassorosso, perché anche io volevo chiedertelo.”
Lui inarcò un sopracciglio e accennò al solito sorriso beffardo che le riservava durante i battibecchi.
“So che vorresti farmi vedere la tua collezione di farfalle, ma penso che i miei compiti da Prefetto includano solo l’accompagnarti fin qui per controllare che tu non svenga. Fai qualcosa per quella faccia comunque, è terribile, sembra che tu sia lì lì per tirare le cuoia.”
“Se avessi una collezione di farfalle sarei più felice di mostrarla alla Piovra Gigante che alla tua brutta e fastidiosa faccia!”
Olivia non fece nemmeno in tempo a concludere la risposta piccata che Malfoy aveva imboccato la scala a chiocciola, sparendo dalla sua vista.
 
**
 
La mattina seguente Ginny Weasley si fiondò come al solito al tavolo dei Corvonero per salutare Michael Corner durante la colazione e sfruttò nuovamente quell’escamotage per riferirgli che quella sera si sarebbe tenuta la prima riunione del gruppo incontratosi alla Testa di Porco.
Cinque minuti prima delle otto di sera, il gruppetto di Corvonero del quinto anno si trovava davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll e, senza evitarsi un marcato atteggiamento scettico, seguì le direttive comunicate da Ginny Weasley percorrendo tre volte il corridoio mentre si concentravano su una stanza dove potessero esercitarsi in segreto. Con sommo stupore di tutti, dopo i tre vai e vieni, comparve una lucida porta in mogano.
Padma Patil la aprì, rivelando al suo interno un’ampia stanza con scaffali zeppi di libri sugli incantesimi di difesa, una moltitudine di detector oscuri e parecchi cuscini foderati di seta. Anthony, Lisa e Olivia si guardarono intorno con sguardo avido di particolari, asserendo tutti che quella stanza aveva un potere straordinario.

La riunione iniziò dopo una breve spiegazione di Harry sul funzionamento della Stanza delle Necessità. Elessero all’unanimità Harry in qualità di capo di quel gruppo che pochi secondi dopo fu ribattezzato Esercito di Silente, in breve ES, così da poterne parlare senza destare troppi sospetti. Si divisero a coppie per esercitarsi nell’Incantesimo di Disarmo e Anthony Goldstein fece di tutto pur di essere abbinato ad Olivia.

“Avanti, fai del tuo meglio, ti prometto che ci andrò piano con te.”
“Expelliarmus!”
Mezzo secondo più tardi, la bacchetta di Anthony volò alta nella stanza, finendo dritta in testa a Dean Thomas, che si trovava a quasi quattro metri da loro. Olivia sorrise compiaciuta nel vedere quanto poco ci aveva messo a cancellare il sorriso bonario ma canzonatorio del suo amico. Anthony era attonito, completamente colto alla sprovvista, e arrossì violentemente prima di andare a recuperare la sua bacchetta. Fortunatamente per l’orgoglio ferito di Anthony, la sua défaillance non fu notata da troppe persone, dato che proprio quando la sua bacchetta era stata scagliata via, almeno un’altra mezza dozzina di altre erano volate per la camera.

Tutto intorno a loro vi era un vociare vivace, chi scandiva la formula ad alta voce ma con una pronuncia sbagliata, chi mormorava sommessamente e con poca convinzione oppure chi come Ron Weasley sembrava implorare la sua bacchetta di riuscire a compiere l’incantesimo senza danni. Olivia si guardò in giro e notò che, nonostante le proteste causate dal ripasso di un incantesimo basico, la stanza era piena di gente che sbagliava il movimento da eseguire oppure che scandiva male la formula. Incrociò lo sguardo con quello di George Weasley, che se la stava ridendo a crepapelle con il gemello, dato che a turno puntavano di nascosto la bacchetta verso un confuso Zacharias Smith e disarmandolo proprio quando toccava a lui lanciare l’incantesimo su Ernie MacMillan.

Era il turno di Anthony di disarmare Olivia e, dopo un primo flebile tentativo, riuscì finalmente a levarle la bacchetta di mano, anche se non andò lontano quanto la sua.
“Però Anthony non strizzare gli occhi prima di lanciare l’incantesimo, si capisce che stai per attaccarmi!”
Anthony arrossì di nuovo e proferì un borbottio confuso ed alle sue spalle Hermione Granger lanciò un’occhiata pregna di significato ad Olivia, ricordandole quella teoria secondo cui Goldstein fosse cotto e stracotto di lei.

Harry Potter reggeva un fischietto in mano e aveva abbandonato il suo compagno, Neville Paciock, per aggirarsi tra i compagni di scuola e correggere o aiutare chi riscontrava qualche difficoltà. Olivia assunse una guarda laterale e puntò la bacchetta con un movimento fluido verso Anthony prima di disarmarlo per l’ennesima volta. Era sicura che sarebbe riuscita ad eseguire l’incantesimo anche in forma non verbale e addirittura in movimento, ma fare sfoggio delle sue abilità non avrebbe fatto altro che incrementare un’attenzione che lei stessa non voleva.

Anthony si chiese come mai Potter sembrava girare per tutte le coppie evitando accuratamente loro e ipotizzò che dovessero essere quelli con meno difetti di tutto il gruppo, un’evidente bugia dato che gli servivano almeno due tentativi prima di scagliare la bacchetta di Olivia lontano dalle sue mani.
Come se Goldstein lo avesse chiamato, Harry Potter si avvicinò a loro due per osservarli. Olivia disarmò senza difficoltà il suo compagno, come del resto aveva fatto durante tutta la lezione e Harry sorrise genuinamente quando vide con che potenza la bacchetta di Goldstein volò per l’aula, atterrando dietro un’alta pila di cuscini.

“Poverino, gli avrai fatto fare almeno una tre miglia in un’ora per andare a recuperarla!”
Olivia ricambiò il sorriso di Harry, accennandogli al fatto che Anthony le aveva detto di non risparmiarsi, ma che lui ci sarebbe andato piano con lei.
“Penso che se ne sia pentito quasi subito, sei una bomba. Sul serio, non so chi sia riuscito a padroneggiare meglio l’incantesimo tra te ed Hermione.”
“Grazie Harry, ma credo che ti debba prendere un po’ di merito come insegnante. E comunque non fare il modesto, il vero campione di Difesa Contro le Arti Oscure sei tu.”

Anthony tornò al suo posto e assunse la posizione di attacco. Dopo una lesta occhiata imbronciata ai due che ancora parlavano, puntò la bacchetta verso Olivia e lanciò l’incantesimo, facendo volare via però la bacchetta di Harry invece che quella della ragazza.
Dopo un’ora dall’inizio dell’allenamento, Potter annunciò che la lezione era terminata e che si sarebbero tutti dovuti recare nelle proprie Sale Comuni per evitare di infrangere il coprifuoco, intimando loro di uscire in gruppi di tre o quattro per volta dopo il suo via libera. Olivia si era fermata a scambiare qualche parola con Hermione e di conseguenza fu una delle ultime a lasciare la Stanza delle Necessità insieme ad un altro paio di Corvonero, dando la buonanotte a Harry, Ron ed Hermione.

Quando si chiusero la porta alle spalle, Padma Patil scoppiò in una risata frivola e si chiese come mai Harry Potter li avesse appena salutati agitando la mano con fare impacciato, come se avesse cinque anni, e Lisa si aggiunse alle risate cinguettanti della sua compagna di Casa.
All’interno della Stanza delle necessità, Harry si schiaffeggiò la fronte con il palmo della sua mano, mentre Ron rideva di lui e della sua goffaggine ed Hermione tentava invano di convincerlo che non aveva fatto nulla di imbarazzante, anche se la smorfia sul suo viso asseriva tutto il contrario.

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Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Ringrazio tutti quelli che sono riusciti ad arrivare alla fine di questo capitolo, che mi recensiscono o che seguono la storia, vi si vuole bene!
Ho trovato un po' difficile descrivere come Draco potesse in qualche modo aiutare Olivia in questo capitolo, rimanendo comunque fedele al suo personaggio durante il quinto libro e spero di esserci riuscita abbastanza bene.
Se vi va, vi invito ad andare ad ascoltare delle playlist molto carine che ho trovato su Spotify, sono create da KIWIMANGO9 e ne ha fatta una per ogni casa di Hogwarts (al momento sono ossessionata da quella di Serpeverde, che è anche quella che ho ascoltato più di tutte quando non riuscivo ad immaginarmi le reazioni di Draco).

Ciao a tutti!

 

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Capitolo 11
*** Lealtà e Complicazioni ***


“Sebastian, non vedo l’ora di rivelarti le mie scoperte!”

Una scintilla folle riverberava negli occhi gioiosi di Arnaud Renard mentre guardava all’interno dello specchio gemello che condivideva con il cugino Mangiamorte. Doveva aver passato un’altra notte insonne in ufficio, se non più di una, perché i capelli avevano iniziato a prendere una piega strana e sparata verso l’esterno, la barba era cresciuta sporcandogli il viso e gli occhi erano iniettati di sangue. Sembrava malato.

“Taci Arnaud, il Signore Oscuro ha cambiato le sue priorità.”
Il sorriso agghiacciante che stiracchiava la faccia scarna del Tenente Generale Renard si afflosciò con la velocità di un palloncino che si sgonfia a causa di un foro. Era deluso, affranto e scioccato.

“Ma come? Ho passato giorni a cercare informazioni, ho dovuto anche uccidere uno dei miei Ankou per invogliare gli altri ad essere più efficienti… Sebastian, non mangio da settantadue ore per risolvere questa cosa, ora devi ascoltarmi!”
La voce era un tripudio di emozioni, variava dalla rabbia più feroce al panico perfettamente udibile, ma ciò non parve smuovere il cipiglio distaccato del signore di mezza età che era riflesso all’interno dello specchio.

“Il Signore Oscuro ha cambiato i suoi piani e ha bisogno di un altro tipo di informazioni ora. Non tediarmi con la tua isteria e ascoltami bene. Lui ha bisogno di sapere cosa sai degli Indicibili e se ne conosci qualcuno. Se non ne conosci nessuno, devi trovare il modo di farne cantare uno, nel minor tempo possibile aggiungo io. Non sarò ancora così magnanimo da pagare ancora per i tuoi fallimenti, incapace che non sei altro.”

Sebastian Nott aveva concluso la frase abbandonando il suo contegno nobile, era palese che non aspettasse altro che vendicarsi sul parente, tant’è che aveva alzato la mano sinistra per mostrare al francese che gli mancavano l’anulare e il mignolo, recisi di recente dal Signore Oscuro.

Dopo un’ultima occhiata carica di odio, Nott interruppe la comunicazione e Arnaud si trovò a fissare il suo stesso viso nel piccolo rettangolo riflettente.
Faceva spavento, distolse subito lo sguardo per evitare di posare gli occhi su ciò che era diventato. Ripose lo specchio in un cassetto della scrivania e portò nuovamente gli occhi su un pezzo di pergamena consegnatagli da uno dei suoi scagnozzi.
 
Rilevata la marchiatura di una nuova coppia di Double non autorizzata.
Scozia, 30 settembre 1995.
 
Nessun agente de la PB era stanziato in Scozia al momento e a nessuno era stata concessa l’autorizzazione a prendere un Double. Qualcuno aveva utilizzato un incanto brevettato e utilizzato solamente dagli agenti francesi e questo voleva dire solo una cosa.
 
Guillaume Boulevardier era vivo.
E aveva appena stretto il legame di Double con qualcuno.
Ma al Signore Oscuro questa informazione non interessava più.
 
 
**
 

Fleur Delacour stava passeggiando per le vie di Diagon Alley a braccetto con un ragazzo dai lunghi capelli rossi e uno stravagante orecchino a forma di zanna perfettamente intonato ai jeans strappati e alla giacca in pelle di drago.

Guillaume avrebbe riconosciuto sua nipote ovunque, aveva quel modo leggiadro di camminare che l’avrebbe fatta spiccare anche in mezzo ad una folla di modelle e i suoi capelli mandavano continui bagliori dorati anche in quella nuvolosa mattina di novembre.
Lei rideva eterea alle parole di quel ragazzo e non ne abbandonava mai il braccio, come se stesse custodendo la cosa più preziosa che avesse mai avuto. Continuava a lanciargli sguardi persi e nonostante lui le indicasse ogni tanto qualcosa nelle vetrine, lei non sembrava prestarci davvero attenzione.

“Bill, che ne disci se invesce andassimo a bere una sciocolada calda, sì? Qui a Londra scé sompre troppo fredo.”
Nonostante Fleur Delacour si trovasse in Inghilterra già da qualche mese, non era riuscita a perdere minimamente il suo marcato accento francese, ma ciò sembrava solamente aggiungere una punta di mistero e classe all’innegabile fascino di cui al momento Bill era vittima. Lui le indicò una piccola caffetteria e vi si diressero velocemente.

Guillaume Boulevardier, all’anagrafe britannica ormai registrato come Ulrich Hagrid originario del Somerset, non perse tempo e li seguì all’interno del locale. Loro si erano già seduti ad un piccolo tavolino in legno, uno di fronte all’altra, e Bill teneva la mano della ragazza in modo del tutto naturale, come se fosse ormai abituato al contatto e al trascorrere del tempo con Fleur, eppure non sembrava meno suscettibile ai suoi modi e alla seducente magia da Veela di cui lei era pregna.

Guillaume si sedette qualche tavolo più in là alle spalle del ragazzo, così da poter avere una perfetta visuale sulla nipote e ordinò un the caldo per giustificare la sua presenza nella caffetteria. Non si premurò nemmeno di nascondere le continue occhiate che lanciava alla bionda, perché ogni individuo di sesso maschile all’interno del locale non poteva far altro che osservare quella meravigliosa ragazza e probabilmente sarebbe parso strano il contrario. Guillaume continuava a fissare il tavolo di Fleur per cercare di fare contatto visivo con lei, nella speranza che lo riconoscesse e che fosse disposta a parlare con lui, ma lei era persa nella contemplazione di quel bel ragazzo.

Dopo una decina di minuti di attesa, Guillaume fece cadere la tazza di the dal tavolo. Il rumore della ceramica che andava in frantumi fece voltare qualche testa nella sua direzione, tra cui quella della barista che si affrettò a ripararla e a promettere a Guillaume un’altra tazza di the fumante in arrivo. Lui si scusò per la sbadataggine con fare bonaccione, ispirandosi a Rubeus Hagrid come per avvalorare la loro parentela.

“Credo che andrò un attimino in bagno, sa, per asciugarmi e rimettermi un po’ in ghingheri.”
Il tono bonario gli fece guadagnare un sorriso gentile dalla strega a bancone e lui si diresse verso una porta di mogano contrassegnata da una targhetta in ottone recante la scritta ‘Toilet’. Prima di aprire la porta, guardò sfuggevole verso Fleur Delacour, che lo stava fissando con gli occhi socchiusi, la mascella tirata e l’aria di chi ha appena visto un fantasma.

Non passò molto tempo prima che il piano di Guillaume andasse a buon fine e circa un paio di minuti dopo il suo ingresso nell’antro del bagno, Fleur lo raggiunse. Aveva l’aria guardinga e la mano destra saldamente infilata nella tasca destra del jeans, sicuramente avvolta attorno alla sua bacchetta.
Non parve stupita quando Guillaume sigillò e insonorizzò magicamente la porta del bagno, tuttavia continuava a guardarlo con diffidenza.

“Qual è il soprannome che mi ha dato Christophe quando ero bambina?”
Lei parlò in francese, guardandolo fisso negli occhi per scorgere in essi la verità.

“Jolie princesse 1. Qual è il mio piatto preferito?”
Lei sorrise a trentadue denti quando sentì la risposta alla sua domanda e stava ancora sorridendo prima di rispondere a sua volta.
“I macarons panna e fragole che preparava Odette. Mi era giunta voce che fossi morto zio, è una gioia vederti vivo e qui vicino a noi.”
Si strinsero in un breve abbraccio, prima di iniziare una fitta conversazione nella loro lingua madre.

Fleur raccontò allo zio della volontà del padre che lei si stanziasse in Inghilterra perché, nonostante lei non facesse parte de la PB, a suo padre avrebbe fatto comodo sapere cosa stava succedendo al di là della Manica e mandare una figlia tanto capace a Londra era parsa la cosa più sensata da fare. Il padre di Fleur, Léopold Delacour, aveva spesso collaborato con la Plume Blanche durante tutto il corso della sua vita e se ne era completamente tirato fuori solamente dopo l’omicidio di Christophe Moreau, suo primo cugino. Fleur raccontò che da allora il padre, la madre e la sorellina si erano nascosti in un luogo sicuro protetto da Incanto Fidelio per evitare di essere rintracciati da Renard e dai suoi Ankou.

“E papà aveva ragione, anche tu hai cercato di sparire dalla circolazione per evitare che ti trovassero! Lo sanno che siamo sempre stati fedeli a Christophe e che, se abbiamo preso parte ad alcune operazioni, è stato solo merito dello zio Chris.”

Fleur era stata inviata a Londra per uno stage alla Gringott, ufficialmente per migliorare il suo inglese, ma lei raccontò che grazie alla conoscenza di Bill Weasley e all’appoggio che era riuscita a trovare in Ernest e Jane, i fantomatici genitori di Olivia, era venuta a conoscenza dell’Ordine della Fenice di Albus Silente e che aveva intenzione di collaborare con loro.

“Ma naturalmente tu zio la conosci, no? Papà ha detto che tu e Silente vi siete conosciuti tantissimi anni fa e che siete sempre stati ottimi amici.”
Guillaume rispose affermativamente, confermando che anche lui era lì per aiutare l’Ordine nella lotta contro il Signore Oscuro, perché quello era l’ultimo desiderio del suo amato Chris.

Parlarono poi brevemente di Olivia e Fleur raccontò che le aveva scritto perché voleva starle vicino durante la perdita di suo padre.
“Però secondo me l’avete addestrata bene, non mi ha risposto perché sicuramente non sapeva se fidarsi… Quindi penso che tu sia qui per verificare la mia lealtà, vero zio?”

Guillaume annuì con un sorrisetto, Fleur era sempre stata una ragazza sveglia e capace nonostante tutti pretendessero di giudicarla come una bambolina innocua.

“Ti dispiace? I tempi sono bui, non sappiamo di chi poterci fidare in questi giorni.”
Lei annuì prontamente e allargò le braccia in segno di resa, mentre Guillaume alzava la bacchetta e la puntava contro di lei.

“Legilimens!”
 
 
**

 
La prima partita di Quidditch della stagione sportiva nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era terminata, Grifondoro aveva battuto Serpeverde grazie ad una magnifica manovra di Harry Potter che era riuscito a soffiare il Boccino d’oro dalle grinfie di Draco Malfoy. La fortuna aveva sorriso alla fine a Grifondoro, perché l’esordio del nuovo Portiere rosso e oro non era andato nel migliore dei modi.

Ronald Weasley era un giocatore nervoso, impacciato e discontinuo, si era lasciato scappare alcuni tiri decisamente parabili causando applausi nei tifosi Serpeverde. La folla in verde e argento si era sgolata per tutta la partita, mostravano delle spille a forma di corona e cantavano un motivetto orecchiabile che era però atto a far perdere le staffe all’anello debole della squadra di avversaria e questa si sarebbe dimostrata la tattica vincente, se solo Harry Potter non fosse riuscito ad acchiappare il Boccino d’Oro, causando l’ira di una squadra che anelava a sconfiggere Grifondoro da troppo tempo. Quando Tiger vide che Harry era riuscito a salvare il collo del suo amico ancora una volta, fu colto dalla rabbia e gli spedì contro un violento Bolide, nonostante la partita fosse già conclusa.

Da lì a poco, insegnanti e studenti avevano potuto osservare dagli spalti una scena terribile. Draco Malfoy sdraiato a terra che subiva colpi alla Babbana da parte di Harry, che lo colpiva allo stomaco con ancora il Boccino stretto tra le dita, e Fred Weasley, che lo prendeva a pugni sul naso. L’altro Weasley, George, era trattenuto da tre sue compagne di squadra, ma la sua espressione lasciava intendere che avrebbe ridotto anche lui Malfoy ad una polpetta se non fosse stato fermato.

Il tutto era stato risolto con una squalifica a vita dal gioco del Quidditch per Potter e i due gemelli Weasley e la conseguente confisca delle loro scope, una punizione per Tiger a causa di quel Bolide scorretto e un soggiorno gratuito nel regno di Madama Chips vinto da Draco Malfoy.
 

Malfoy era sdraiato su un letto dell’Infermeria, dietro una tendina tirata. Era già in pigiama, perché Madama Chips aveva insistito per tenerlo in osservazione una notte a causa dei traumi che i calci tiratigli allo stomaco e i pugni in faccia.

Olivia lo trovò con un aspetto decisamente migliore, il naso era stato aggiustato in modo impeccabile e il labbro non presentava più la spaccatura di quel pomeriggio, eppure Draco sembrava un po’ provato dalla cosa.

“Te l’avevo detto che a forza di fare lo sbruffone, qualcuno te le avrebbe suonate… Pensavo che sarei stata io però la prima.”
Lo sguardo del ragazzo lampeggiò minaccioso in direzione di Olivia, che si sedette con nonchalance a bordo del suo letto. Lui si tirò sui gomiti e assunse la solita posa fiera e con il mento lievemente puntato in alto, era evidente che non gli andava di farsi vedere in un momento di debolezza.

“Se sei venuta per tediarmi con le tue inutili considerazioni da fan di Harry Potter, puoi anche levarti di mezzo Robin.”
L’acidità di quella risposta non sembrò tediare la ragazza, sembrava aver imparato a vedere più in là delle frecciatine che Malfoy le riservava. Gli poggiò una mano sulla caviglia a lei più vicina e la strinse lievemente con atteggiamento rassicurante.

“Ma perché devi tirare sempre in mezzo Potter lo sai solo tu, io sono qui per vedere come sta il tuo brutto muso! La Parkinson va dicendo a tutti che tu sei in bilico tra la vita e la morte, ma dovevo immaginare che quell’ochetta non ha il dono della capacità di giudizio.”
Il solito sorriso beffardo arricciò le labbra del Serpeverde, assumeva quell’espressione ogni volta che gli pareva di averla vinta.

“E quindi tu sei corsa al mio capezzale per darmi un ultimo e romantico addio? Non sopportavi che il mio cuore fosse stato consolato solo da Pansy, vero? Mi lusinghi, però ti facevo meno crocerossina e più indomabile.”
Olivia alzò gli occhi al cielo e sbuffò platealmente.

“Sai che conosco almeno quattordici modi per tapparti quella boccaccia? Non sei insopportabile quando eviti di dire scemenze, non capisco perché ti impegni tanto a passare per stupido.”
Lui ridacchiò, ormai quel continuo beccarsi tra di loro li divertiva e, come Olivia aveva già potuto notare, la sua assenza la tediava e non poco.
“E io invece conosco quindici modi per darti sui nervi, direi che vinco anche questa volta.”

Olivia non rimase molto, poiché Madama Chips le aveva concesso una decina di minuti che puntualmente diventarono quindici date le continue lamentele del Serpeverde, ma alle nove di sera Madama Chips non volle più udire nessuna scusa e Olivia dovette abbandonare l’Infermeria. Indugiò un attimo sull’uscita per gettare uno sguardo veloce al Serpeverde, che aveva sul volto un’espressione serena, la stessa che si accorse di avere lei.
 
Ma è solo perché devo farmelo amico. Complicazioni di questo genere non sono ammesse quando si ha una missione.

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1. Principessina
 

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Capitolo 12
*** Thestral e Furetti ***


Gli studenti del quinto anno si stavano addentrando nella Foresta Proibita, seguendo il da poco rientrato in servizio professor Hagrid, Custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts, mezzo gigante, accusato ingiustamente di aver aperto la Camera dei Segreti e per questo espulso dalla scuola e privato della bacchetta, fedelissimo ad Albus Silente, con un’innata passione per tutte le creature più pericolose esistenti sulla Terra, che camminava con la sicurezza di chi entra a casa sua, o di chi forse non aveva una gran capacità di valutare i pericoli.

Hagrid aveva la faccia piena di lividi e tagli e portava sulle spalle qualcosa che sembrava proprio una mezza mucca morta grondante ancora sangue, che macchiava il terreno segnando una terrificante scia da seguire. Raggiunse una piccola radura all’ombra, alzò il capo verso l’alto e lanciò un breve grido stridulo, come se stesse eseguendo una specie di richiamo per qualche atroce rapace con problemi di udito. Aveva portato una mano vicino alle labbra per amplificare e direzionare il suono che riecheggiò più volte.

“Venite, venite avanti! L’odore della carne li attirerà, ma ad ogni modo gli do una voce, perché a loro ci piace sapere che sono io.”
La classe non aveva molta fiducia nelle parole di Hagrid e il sorriso bonario che il professore rivolse agli studenti apparve terrificante a causa del suo aspetto malconcio. Eppure, probabilmente più per amicizia che per vera e propria fiducia in Hagrid, qualche Grifondoro accennò ad avvicinarsi a lui.

I ragazzi si stavano innervosendo e sussultavano impauriti e ad ogni richiamo di Hagrid, quando ad un certo punto Olivia scorse una macchia scura farsi largo tra le piante.

Quel cavallo era di una bellezza spaventosa. Era scheletrico e ricoperto di un folto manto nero lucido, che riluceva di un bagliore verdastro sotto alla poca luce che filtrava nella foresta. Il muso era anch’esso scarnificato e ricordava quasi quello di un drago, gli occhi erano lattiginosi e privi di pupille. All’altezza delle scapole si trovavano un paio di eleganti ali in tutto e per tutto uguali a quelle dei pipistrelli, ma proporzionate alla grandezza di quelle meravigliose bestie.
 
Thestral. Ovvio che in tanti appaiano confusi, sicuramente non li vedono.
Thestral. La Squadra Speciale Thestral. Christophe e Odette ne facevano parte. Non pensarci, Olivia. Non pensarci.
 

Aveva lo sguardo fisso sulla creatura che si stava avvicinando tranquillamente alla carcassa, il che contrastava parecchio con le espressioni nervose dei suoi compagni di classe, che continuavano a guardare di qua e di là, perlustrando l’area boschiva intorno a loro. Erano confusi ma stranamente contenti di non aver ancora incontrato qualche creatura potenzialmente letale.

“Ma come mai non arriva nulla? Siamo sicuri che esista una specie che può rispondere a quel verso atroce?”
Anthony parlò con fare scettico, esattamente l’atteggiamento della quasi totalità della classe, eppure Olivia non osò fiatare, era ancora troppo preda dei suoi pensieri mentre fissava quella meravigliosa creatura.

 “Bene… alzi la mano chi riesce a vederli!”
Con sommo stupore di Olivia, a parte lei e ovviamente Harry Potter, altri due ragazzi alzarono la mano. Uno era un Serpeverde dall’aria disgustata e l’altro era un tremante Neville Paciock.

“Mi scusi, ma cos’è esattamente che dovremmo vedere?”
Malfoy aveva il solito tono beffardo da sbruffone e per tutta risposta Hagrid indicò con il suo indice grosso come un piede la carcassa divorata da ormai due Thestral.

Padma Patil cacciò un urlo spaccatimpani e Olivia convenne che doveva essere inquietante vedere stralci di carne muoversi e sparire dalla vista delle persone, lasciando le ossa della povera bestia in bella vista. Hagrid spiegò brevemente che l’argomento della lezione di quel giorno erano i Thestral e che quelli che vedevano (o non vedevano) erano probabilmente gli unici addestrati in tutta la Gran Bretagna. Hogwarts ne aveva un branco intero e solitamente venivano utilizzati per trascinare le carrozze tra il castello e la stazione di Hogsmeade.

Calì Patil e Lavanda Brown furono scandalizzate dalla presenza di quegli animali che portavano così tanta sfortuna, ma Hermione Granger chiarì subito che la loro fama da iettatori veniva solamente da quella particolarità che li rendeva unici nel loro genere, cioè che potevano essere visti solo da coloro che avevano visto la morte.

Con il solito tossicchiare finto, Dolores Umbridge fece il suo ingresso all’interno della lezione. Quel giorno indossava un cappotto di tweed verde che accresceva ulteriormente la sua somiglianza con un vecchio rospo grasso. Hagrid, che ancora non aveva imparato ad associare quel ‘hem hem’ ad un’imminente disgrazia, si voltò preoccupato verso le bestie che attorniavano la carcassa, per controllare che nessuno di loro si fosse beccato qualche malanno.

Dopo un altro colpetto di tosse della Umbridge, lui la vide e la accolse con il suo solito fare semplice e bonario, in nettissimo contrasto con la superiorità e il disgusto che la professoressa non si degnava nemmeno di smorzare. Il suo atteggiamento fu infatti inaccettabile, poiché passò l’intera lezione a commentare la spiegazione e l’operato di Rubeus Hagrid in modo da farlo sembrare un troll ritardato con la passione per le creature pericolose, scatenando l’ilarità nei Serpeverde presenti.

Pansy Parkinson e Draco Malfoy credevano che Natale fosse arrivato in anticipo e sfruttarono l’occasione per screditare ben oltre il limite della maleducazione un insegnante con il benestare di Dolores Umbridge, guadagnandosi da parte di quest’ultima occhiate bonarie di indulgente comprensione.
Hermione Granger era livida e osservava l’intera scena con delle lacrime di rabbia che minacciavano furiosamente di sgorgare. Olivia comprendeva perfettamente il suo stato d’animo, d’altronde il Golden Trio era da sempre legato ad Hagrid da una solida amicizia. Olivia non era così legata al professore, nonostante lo considerasse bizzarro ma di buon cuore, eppure anche lei faceva fatica a tollerare la campagna denigratoria di Dolores Umbridge. Non detestava la professoressa così visceralmente come era palese che facesse Harry Potter, ma anche lei aveva avuto un assaggio di ciò che voleva dire non rientrare nelle grazie del Ministero della Magia e ciò aveva per forza temprato il suo giudizio. Sapeva che dietro alla maschera di perfezione vi era del marcio e in ogni caso il trattamento che era riservato ad Hagrid era ingiusto e meschino.

“Anche lei riesce a vedere i Thestral, Robin?”
La professoressa Umbridge si era rivolta ad Olivia interrogandola su quale lutto avesse vissuto, senza tatto alcuno. Olivia, come Neville prima di lei, fu presa in contropiede da quella domanda incautamente diretta, ma dissimulò decisamente meglio.
“La mia prozia. È morta fulminata durante un temporale estivo.”
Aveva aggiunto qualche informazione in più con sicurezza, per stroncare eventuali nuove domande sul nascere.

“Magari morisse fulminata anche lei, così la smetterebbe di sbavare dietro a Draco, quella piccola patetica Sanguemarcio.”
Pansy Parkinson aveva parlato a voce abbastanza alta, ma la professoressa Umbridge fece finta di non aver sentito. Tuffò il naso sul suo quaderno per gli appunti per evitare di esprimersi, lasciando libero sfogo alle risatine del gruppo di ragazze di Serpeverde. Hagrid era troppo concentrato a non perdere il filo del discorso per evitare un altro commento malevolo da parte dell’Inquisitore Supremo e anche lui parve non udire quelle parole.

Olivia assottigliò gli occhi mentre fissava lo sguardo sulla Parkinson in preda ad una risata isterica. Sentì il battito cardiaco accelerare, un leggero fischio nelle orecchie e un familiare pizzicore sui polpastrelli, come se fossero carichi di elettricità statica. D’istinto strinse la mano destra sulla bacchetta infilata nella tasca della divisa scolastica e dilatò le narici, sentiva che stava per perdere il controllo, Pansy non aveva smesso di bersagliarla con le sue cattiverie dall’episodio nel bagno delle ragazze, ma quel giorno aveva toccato dei tasti dolenti.

Era dalla sera della punizione che pensava ogni giorno a sua madre, non poteva smettere e forse non voleva. La consapevolezza di cosa si potesse provare a soffrire davanti ad un aguzzino, l’averlo provato sulla pelle per qualche ora, l’aveva fatta riflettere sui mesi di prigionia e tortura che Odette Bourgeois aveva subito prima di metterla al mondo e quanto questo l’avesse spezzata come persona. Il suo cuore e la sua mente erano insozzate da giorni da questo risvegliato sentimento di rabbia misto a dolore e per quanto cercasse di reprimerlo e sedare la sua emotività, Olivia non stava ottenendo grandissimi risultati.
La visione dei Thestral le aveva riportato i pensieri su quel percorso doloroso fin troppo battuto e l’attacco della Parkinson, anche riguardante le sue origini da parte materna, era stata la goccia che avrebbe fatto traboccare un vaso pieno di frustrazione rabbia da lì a breve.
 
Sanguemarcio? Piccola arrogante, impallidiresti di paura se solo sapessi.
 
Sentiva che stava per perdere il controllo, aveva le palpitazioni tipiche di quando tentava di reprimere il suo potere magico, ma questa volta stava facendo decisamente fatica, di lì a poco sarebbe stata sommersa da esso, lo sentiva crescere lento e implacabile come uno tsunami. Mise la punta della lingua dietro agli incisivi e soffiò irritata.

Qualcuno toccò un braccio ad Olivia e ciò parve riscuoterla.
“Olivia… La bacchetta… Stai emettendo scintille rosse, mettila via. Non ne vale la pena.”
Harry Potter aveva parlato sottovoce e aveva lo sguardo fisso su di lei. I suoi occhi verdi la squadrarono seri, ma anche perplessi allo stesso tempo. Arrossì violentemente per l’imbarazzo, stava per compiere un errore da stupida novellina, solo perché un’ochetta qualunque la provocava centrando per puro caso i tasti giusti che sarebbero serviti a farla scattare. Sperò che la confusione generale avesse coperto il suo sibilo e che Potter, che spesso non si dimostrava il più sveglio tra i quindicenni di quella scuola, non si sarebbe fatto troppe domande.

“Grazie. Prima o poi l’appendo per gli alluci alla Torre di Astronomia, lo giuro.”
Harry le rivolse un sorriso complice, subito interrotto da una voce mielosa.
“Direi un’altra sera di punizione con me servirà a placare la sua indole violenta, signorina Robin.”

Olivia si sentì sprofondare sentendo le parole della professoressa Umbridge.
 
 
**
 

Olivia stava tornando a passo svelto verso il castello, ma arrancava a causa della spessa coltre di neve che ricopriva il prato intorno al castello. Alla fine della lezione di Cura delle Creature Magiche era schizzata via da sola, voleva mettere più metri possibili tra lei e il gruppetto di Serpeverde. Si affrettò a raggiungere la Sala Comune di Corvonero per levarsi il mantello invernale e cambiarsi calze e scarpe zuppi e lerci a causa della neve e della fanghiglia. Aprì il baule per procurarsi degli indumenti puliti e asciutti e l’occhio le cadde sulla lettera di suo padre trasfigurata in fermaglio. Lo guardò un secondo e lo strinse velocemente al cuore come se fosse un piccolo peluche. Quel gesto servì a calmarla ulteriormente e a riportarla un po’ di più alla realtà. Non poteva lasciarsi abbindolare così da quelle sciocchezze da quindicenne, se avesse perso il controllo avrebbe attirato decisamente troppa attenzione su di sé e tutto a causa di quella stupida della Parkinson.
 
Iuncturam Double!
 
Papà?
Ciao Olivia, ho ottime notizie.
Io no. Oggi ho quasi perso il controllo.
Ti va di mostrarmi come mai?
 
Olivia ripercorse con la mente l’episodio appena vissuto, lasciando che Guillaume avesse libero accesso ai suoi pensieri e alle sue emozioni e si vergognò un po’ per lo scatto d’ira e di orgoglio per il suo status di sangue. Combatteva da sempre contro quella parte altera del suo carattere perché era ciò che probabilmente l’avrebbe potuta fregare, come Christophe le ripeteva spesso, ed oggi era quasi successo. Si ripromise di reprimere ancora più durante quell’indole innata, ereditata dalla madre.
Capisco. Ricordati che non puoi rivelare chi sei, è pericoloso.
Non sappiamo cosa potrebbe succederti se l’informazione
finisse nelle mani sbagliate. E ricordati anche che Harry Potter
parla e capisce il Serpentese. Stai più attenta.
Lo so, papà. Mi dispiace, ero su di giri. Quella Parkinson
mi ha colta in un momento che non dovevo concedermi.
Stai tranquilla. Sono orgoglioso perché sei riuscita a dominarti
e lo sono anche per tutto l’affetto e la stima che provi ancora per
quella meravigliosa strega che è stata tua madre.
 Sai, non credo che riuscirò ad essere amica sia di Malfoy
che di Potter ancora a lungo. Penso che sarò messa davanti
ad una scelta a breve. Dimmi cosa fare, seguirò il piano.
Quando succederà, dovrai schierarti con Potter. Dovremo
fare in modo di aiutarlo nella sua lotta. Rimani con il piede in
due scarpe quanto ti è possibile, ma prima o poi la guerra si
combatterà e lì potrai smettere di nasconderti.
Io non ne sono convintissima però.
Ha il sessantatré percento di possibilità di sconfiggere Lord Voldemort
con te al suo fianco e tu il quarantasei percento di possibilità di
sopravvivere. Con Malfoy le probabilità si riducono drasticamente.
Capisco. Le tue buone notizie invece papà?
Fleur è dalla nostra parte. Anche lei è intenzionata ad aiutare Silente.
Siate attente però, lei crede di essere sorvegliata da qualcuno del
Ministero Inglese o da Renard. Parlando di cose più serie, il prossimo
fine settimana ad Hogsmeade passa dal negozio. Ho un incarico.
Sicuro. Ci sentiamo papà.
 

 Olivia ripose il fermaglio nella tasca segreta del suo baule e si avviò verso la Sala Grande per il pranzo.

 
**


“Meno male che San Potter ti ha benedetto con il suo tocco oggi a lezione.”

Olivia ruotò gli occhi al cielo, come ogni volta che Draco Malfoy usava quel tono di superiorità e disgusto con lei, ma stavolta c’era qualcosa di diverso nell’atteggiamento della ragazza. Quel giorno pareva non terminare mai.
Erano le undici e mezza di sera, stava tornando nel suo dormitorio dopo un’altra sessione di punizione con Dolores Umbridge che tentava di inculcarle nella mente di non essere violenta, aveva il braccio in fiamme e la giornata non era stata una delle più emotivamente rilassanti.

“Ti metterai a pattugliare i corridoi tra l’ufficio della professoressa Umbridge e la Torre di Corvonero ogni volta che sarò in punizione per avere una scusa per parlarmi? Te l’ho già detto, sono propensa a scambiare quattro chiacchiere con te anche senza questo teatrino.”

Draco Malfoy sbarrò lievemente gli occhi e il poco colore che gli animava le guance sparì. Olivia era sempre acida con lui, ma stasera più che velenosa sembrava iraconda. Gli occhi balenarono sul braccio destro, per controllare se fosse nello stesso stato della volta precedente. Sembrò convincersi che la ferita aperta potesse essere la causa della rispostaccia di Olivia e le fece cenno di allungare il braccio per aiutarla nuovamente.

“Sei in quel periodo del mese? Sembri un lupo mannaro pronto a saltarmi alla gola.”
Olivia scosse la testa, ma accennò ad un mezzo sorriso. Draco Malfoy l’aveva aspettata laddove lui sapeva di trovarla e, complicanza o meno, non riuscì a negare a sé stessa che quel gesto le faceva piacere. Lui le richiuse meticolosamente le ferite e pulì il resto dell’epidermide con un paio di movimenti stretti e precisi, rivelando la scritta ‘Non devo essere violenta’, stavolta più marcata rispetto alla precedente.

“No, solo una giornataccia, ma credo di non doverti spiegare perché.”
Olivia si girò verso il corridoio del quarto piano e riprese a camminare, sicura che Malfoy l’avrebbe affiancata. Le sue aspettative non furono deluse e subito si trovò a camminare di fianco al ragazzo, che la precedeva di una decina di centimetri, non si sarebbe lasciato seminare.

“Pensavo che lo Sfregiato avesse risolto tutto con l’imposizione delle sue sante mani oggi a lezione.”
Lei si fermò bruscamente.
“Mi vuoi spiegare perché devi sempre tirare in ballo l’argomento Potter usando quel tono di voce offeso? Sembra quasi che tu stia incolpando me per qualsiasi cosa lui faccia!”

Malfoy inclinò lievemente la testa di lato per guardarla da un’angolatura diversa, senza levare lo sguardo dal suo viso. Inarcò un sopracciglio con teatrale lentezza.
“Perché ti ronza sempre attorno e tu sembri proprio goderti questo suo interesse. Ho visto come oggi ti ha sorriso dopo averti praticamente abbracciata. Te l’ho detto, non credevo che ti interessasse quel genere di persona.”

Olivia spalancò letteralmente le labbra. Quella conversazione aveva dell’assurdo e per quanto solitamente passava sopra ad alcune assurdità o cattiverie che Draco Malfoy non mancava mai di dire, quel giorno la sua pazienza era già stata messa un po’ troppo alla prova.
“Abbracciata? Dici quando mi ha semplicemente fermato dal pietrificare quell’amore di ragazza che ti porti appresso?”
“Beh, lei è sempre meglio di quel megalomane e del suo fan club.”

Lei strinse le labbra tremolanti, come se volesse trattenersi dal dire qualcosa. Lo scrutò imperturbabile negli occhi e sembrò decidersi a vuotare il sacco, stavolta con un tono di voce decisamente più basso.
“Tu non le hai detto niente. Non le hai detto niente quando alludeva al fatto che io ci stessi provando con te, non le hai detto niente quando mi ha dato della patetica e non le hai detto niente quando mi ha chiamata Sanguemarcio. Non puoi prendertela con me se qualcuno, Potter o non Potter, ha deciso di essere una persona decente e schierarsi dalla mia parte.”

“Beh, Robin… Probabilmente sei abbastanza sveglia da provarci con me, patetica non lo sei e sicuramente non appartieni ad una famiglia Purosangue, ma era necessario che le dicessi qualcosa? Voglio dire, Potter non ha perso tempo ed ha ritenuto doveroso venire a salvarti, il mio intervento era necessario?”

Il tono beffardo e l’atteggiamento borioso che stava mostrando il Serpeverde furono come uno schiaffo in pieno viso per Olivia. Tutta l’emotività repressa durante la giornata tornò a riaffiorare in lei, ribollente come magma puro.
“Sì, sarebbe stata decisamente cosa gradita. La Parkinson mi sta facendo saltare i nervi e mi becco addirittura delle punizioni grazie a lei, mentre tu fai finta di niente e ti bei di questo spettacolino che va ad appagare il tuo immenso ego.”
Olivia alzò l’avanbraccio destro per rimarcare la cosa.
“Però se qualcuno osa prendere le mie parti, imbastisci questa stupida sceneggiata tirando sempre in mezzo Potter e mi tratti come se fosse colpa mia. Smettila di fare il capriccioso, inizia a diventare noiosa questa storia.”

“Beh, credo che Potter non ti faccia mai annoiare, vero? Ti ho vista un paio di volte al settimo piano con lui poco prima del coprifuoco, mentre pattugliavo i corridoi. Cosa stavate facendo?”
Malfoy sembrava aver modulato quelle parole perché gli uscissero come un ringhio basso e vibrante. Per la seconda volta, Olivia aveva spalancato la bocca con aria incredula.
 
Meno male che Harry durante le ultime riunioni ha deciso di farci uscire dalla Stanza delle Necessità a coppie e non più a gruppetti, per non destare sospetti nel caso ci vedessero. Che gli dico? In realtà mi ha già suggerito lui come uscirne. Devo essere risoluta e brutale, non posso lasciargli scoprire dell’esistenza dell’ES, chissà cosa mi capiterebbe.
 
Lei sbatté un paio di volte le palpebre. Si avvicinò pericolosamente a lui, arrivandogli a pochi centimetri dal naso. Dovette alzare il mento per continuare a fissarlo negli occhi impassibile, dato che lui era una decina di centimetri più alto di lei.
Aveva un’espressione dura e feroce, lo sguardo fiero e un cipiglio quasi arrogante. Draco non era arretrato nonostante l’atteggiamento aggressivo lei gli stava riservando, così come non arretrò quando lei gli soffiò le parole in faccia, con gelo e ostilità. Lui rabbrividì appena nell’avvertire l’accenno del suo alito tra il mento e il collo, non erano mai stati così vicini.

Studiavamo.
Olivia aveva fatto una pausa volutamente allusiva. Sondò il viso del Serpeverde per vedere quale effetto avesse su di lui questo nuovo scenario, ma lui era una statua di alabastro.

“E non sognarti di tirar fuori quella storia del Desolante o del Divino, non dirmi che avremmo studiato meglio io e te, perché mi hai dimostrato che vediamo le cose in modo diverso. Durante la partita ero sulle tribune di Serpeverde, invece di andare alla festa di Grifondoro per la vittoria ho deciso di passare la sera in Infermeria con te, quando ti chiamano ‘furetto’ io li zittisco. Tu invece cosa mi dici?

Rimase un secondo a fissarlo, osservando le sue reazioni. Vide che lui aveva le pupille dilatate e il fiato trattenuto, la fissava con sguardo stupito.
Olivia arretrò di un passo, ripristinando la normale distanza interpersonale che di solito tenevano e finalmente abbassò lo sguardo, così come il volume della voce. Conscia di essere riuscita a spiazzarlo, si girò e riprese impettita a camminare verso la Torre di Corvonero, sicura che questa volta lui non l’avrebbe seguita. Era all’imbocco delle scale a chiocciola quando udì la voce di Malfoy.

“Tu li zittisci?”
Lei non si girò nemmeno.
Io li zittivo.
 
 
Aveva seguito le indicazioni di Guillaume, era stata brava. Suo padre le aveva detto chiaro e tondo che non avrebbe avuto possibilità di successo, se non addirittura di rimanere in vita, se avesse scelto di aiutare la causa rimanendo nella fazione dei Malfoy.

Sapeva che il Serpeverde l’avrebbe presto messa davanti al bivio, se lo sentiva dopo tutte quelle continue allusioni e il suo continuo competere con Potter e, nonostante fosse conscia del fatto che lui fosse semplicemente il figlio di Lucius Malfoy e lei quella che avrebbe dovuto tenerlo d’occhio, non poté trattenere una lacrima silenziosa. Se la asciugò in malo modo con la manica della divisa e strinse le labbra meccanicamente.

Non mi parlerà più. Lui voleva che scegliessi e io gli ho fatto capire che ho scelto Potter.

Chi l’avrebbe mai detto che schierarsi con i buoni avrebbe fatto così male.

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Capitolo 13
*** Attenta ai Nargilli ***


“Crucio!”


La stanza da letto si riempì delle urla strazianti di una donna. Lei si contorceva per terra come se fosse in preda a forti convulsioni, i muscoli rigidi continuavano a contrarsi insalubremente e a sbattere contro la moquette.

Levina Monkstanley non era mai stata bella, ma al momento faceva spavento. Era ricoperta da capo a piedi di tagli, la caviglia destra aveva assunto un’angolatura strana, le mancava una mano e la camicia da notte era quasi completamente coperta del suo stesso sangue e dalla polvere. I suoi capelli corti e biondi erano ormai insozzati di sangue che li appiccicava alla testa.

L’uomo distolse la bacchetta dalla signora Monkstanley con fare impaziente.
Alors? Ora ti sei decisa a parlare, imbecille?”
Quando l’uomo incappucciato aveva smesso di infliggerle dolore, Levina si era semplicemente abbandonata sul pavimento, stremata di tutto. Fissava impassibile il soffitto, respirava a fatica, il suo petto di alzava e abbassava con movimenti ampi e veloci, senza davvero riuscire a trattenere ossigeno all’interno del suo corpo.

“Mi hai torturato per ore e non ti ho rivelato niente, credo che tu sappia come la penso. Perché la Francia manda i suoi agenti a torturare gli Indicibili? Sì, lo so che sei un Ankou.”
La voce della donna era gracchiante, raschiava contro le pareti della gola, sicuramente ormai talmente secche da provocare dolore per la contrazione necessaria a parlare. Lui, con un altro gesto impaziente, mosse nuovamente la bacchetta e la appese a testa in giù per gli alluci ad una corda invisibile, lasciandola a penzolare in modo sinistro. Si avvicinò a lei con misurata lentezza e, sempre tramite la bacchetta, iniziò ad infliggerle dei tagli sulla pelle già malamente martoriata. Sembrava un esperto macellaio perché i suoi movimenti misurati scuoiavano il ventre della donna, esponendo la carne nuda.

Levina urlò ancora, non riuscì a trattenersi. Non sarebbe mancato molto alla sua dipartita, continuava a ripetersi di tenere duro, a breve sarebbe finito tutto. Non era mai stata una sciocca la signora Monkstanley, Indicibile all’Ufficio Misteri dopo essersi diplomata con il otto M.A.G.O. Eccezionali e due Oltre Ogni Previsione, sapeva che quell’assassino non le avrebbe risparmiato la vita anche se avesse confessato le informazioni che le richiedeva. La sua condanna era già stata firmata ed era improrogabile, tanto valeva custodire gelosamente i segreti del suo lavoro.

“Dimmi come fare per prenderla, sciocca puttana!”
Lui urlò per sovrastare le grida disperate della donna, ma lei lo ignorò ancora una volta. L’uomo avvolto nel lungo mantello nero fece schioccare la lingua impaziente e, colto da un raptus d’ira, sollevò il corpo a testa in giù di qualche decina di centimetri, così da avere la testa della signora Monkstanley all’altezza delle sue spalle. Le rivolse un ultimo disgustato sguardo prima di afferrarle il capo con entrambe le mani e ruotarle il cranio con violenza.

Tutto il rumore si interruppe con il crack delle ossa del collo di Levina Monkstanley che si rompevano e il tonfo attutito di un corpo esile e senza vita che cade scompostamente su una soffice moquette color lavanda.
L’assassino si ripulì frettolosamente le mani dal sangue della donna riversa nella sua stessa camera da letto.

Anche questa volta aveva fallito, gli Indicibili inglesi si erano rivelati un osso più duro di quel che aveva immaginato. Agitò un ultima volta la bacchetta per ripulire il luogo e il cadavere da tutto ciò che avrebbe potuto ricondurre a lui, ma questa volta avrebbe evitato di far esplodere l’abitazione, tre case di Indicibili che prendono fuoco nel giro di pochi giorni sarebbe stato un invito ad indagare sul suo operato. Decise di lasciare la brutale scena del crimine così com’era, avrebbe chiesto a Renard di concordare con Nott e i suoi amici influenti una storia per giustificare il ritrovamento di quella donna, magari appioppando la colpa a quel Sirius Black di cui Nott spesso di faceva beffe.

Con il rumore tipico della materializzazione, decisamente meno inquietante di quello di ossa che si spezzano, abbandonò l’abitazione di quella donna, con in volto l’espressione già contrita per la punizione che Arnaud Renard gli avrebbe riservato per il suo terzo insuccesso consecutivo.

 
All’esterno la notte era buia e senza stella, l’aria era sferzata da un vento gelido che faceva venire la pelle d’oca e l’unica fonte di luce erano i lampioni che fiochi illuminavano la via di quel paesino del Sussex.

Una figura incappucciata, avvolta in un pesante mantello nero, fissava immobile l’ingresso di una casetta di legno dipinto di bianco. Doveva essere una casa graziosa, eppure c’era qualcosa di sinistro nel gioco di ombre che gli alberi spogli proiettavano sulla facciata, qualcosa che si intonava perfettamente all’elegante porta scardinata che penzolava senza equilibrio o al vetro rotto di una finestra al piano di sopra.

Era arrivata con una passaporta non autorizzata appena gli incantesimi rileva intrusi che lei e Guillaume avevano posto vicino alle abitazioni degli Indicibili. Quella settimana ne erano già periti misteriosamente due e, per quanto il Ministero della Magia avesse insabbiato il tutto etichettandolo come ‘disgrazia’, solo uno sciocco non sarebbe riuscito a capire che qualcuno era sulle tracce dei più misteriosi tra i dipendenti del Ministero della Magia. Guillaume aveva riconosciuto il modus operandi degli Ankou e insieme avevano deciso di sorvegliare le papabili future vittime per capire come mai Renard fosse così interessato a quella categoria di persone.

Fleur Delacour aveva udito il suono di qualcuno che si smaterializzava e in quell’attimo aveva capito che era arrivata troppo tardi. Celata agli occhi del mondo dal suo mantello nero, imprecò a bassa voce e si allontanò dalla casa.
 
 

**
 

 
“Olivia, mi aspetteresti? Devo parlarti di una cosa.”

Anthony Goldstein roteò gli occhi al cielo, come aveva preso l’abitudine di fare ogni volta che Potter alludeva ad una qualsiasi debole scusa per fare in modo di lasciare la Stanza delle Necessità per ultimo insieme ad Olivia. Nelle ultime settimane aveva lasciato trapelare un minimo di irritazione quando, nella Sala Comune di Corvonero o al loro tavolo nella Sala Grande, si accennava a Potter e questo aveva mutato l’atteggiamento che teneva nei confronti della sua ormai ex cottarella. Lei non ne era dispiaciuta, perché dagli ultimi scontri astiosi con Draco Malfoy aveva iniziato a farsi più pressante nelle sue non troppo velate richieste di passare del tempo insieme, ma la predilezione che Potter le stava riservando sembrò far rassegnare quasi del tutto il Corvonero.

L’ultima lezione dell’ES prima delle vacanze di Natale era terminata da pochi minuti e dopo un augurio di buone feste collettivo, i ragazzi iniziarono ad abbandonare la stanza a coppie dopo il via libera di Harry, che controllava scrupolosamente quella meravigliosa mappa che rivelava il punto preciso di Hogwarts in cui si trovavano le persone.

Olivia si era accomodata a gambe incrociate su un voluminoso cuscino in seta, appena sotto ad un ramo di vischio decorati da festoni recanti la scritta ‘Buon Natale Harry Potter Signore!’, aspettando di conoscere l’argomento di conversazione che Harry aveva in mente.
Quando anche Ron e Hermione, che mimò con le labbra ‘domani parliamo’ ad Olivia dopo un occhiolino, abbandonarono l’aula, Harry si avviò con fare impacciato verso il cuscino posto di fianco alla Corvonero.

Era decisamente buffo nel suo nervosismo, teneva lo sguardo sui suoi piedi come se avesse paura che potessero scomparire da un momento all’altro e ondeggiava la braccia goffamente. Anche lui si sedette con le gambe incrociate, ma la sua postura non era rilassata come quella della ragazza. La scrutò in volto per qualche secondo, prima di prendere la parola.

“So che mi capisci.”
Harry, che fino ad allora era sembrato abbastanza titubante, mutò il suo atteggiamento e fissò gli occhi della ragazza con intensità.
 
L’ha capito. Tanto vale essere quasi sincera con lui, non è il tipo che tradirebbe gli amici.
 
Lei abbassò lo sguardo con aria contrita, si era accorta di aver inteso perfettamente la frase di Harry, nascosta dietro quei sibili modulati e sputacchianti. Si sentiva le guance rosse e il respiro le accelerò appena, alla fine lui era riuscito a capire.

“Non dirlo a nessuno, ti prego.”
Aveva ancora lo sguardo puntato verso le sue mani intrecciate all’altezza del grembo e la voce pentita di chi è appena stata sbugiardata, quando sentì un tocco leggero sotto il mento che la invitava ad alzare lo sguardo.
Harry Potter aveva un’aria comprensiva dietro ai suoi occhiali tondi e annuiva pacificamente. Se qualcuno poteva capire lo stigma che i Rettilofoni subivano non appena veniva scoperta questa loro dote, quello era sicuramente il ragazzo seduto di fronte a lei.

“Pensavo di essere il solo. Stavo diventando pazzo a causa di quella storia della Camera dei Segreti, sarebbe stato bello poterne parlare con qualcuno che poteva capirmi.”
Lei si portò un indice all’attaccatura del naso, massaggiandoselo mentre espirava rumorosamente.
“Non ci parlavamo molto all’epoca, ricordi? Avevo paura e mi sono protetta, mi dispiace. Posso chiedermi se hai detto di me a qualcuno? Per esempio Ron o Hermione.”

Harry fece cenno di diniego e le rivolse uno sguardo sincero e un sorriso e Olivia comprese che si poteva fidare del ragazzo con la cicatrice a forma di saetta.
“L’ho sempre tenuto nascosto, la gente dà sempre un po’ di matto quando si parla di Rettilofoni, non capisce che è qualcosa che abbiamo dalla nascita e che non c’entra nulla con ciò che si è come persone. Ma credo che tu questo lo abbia già vissuto, vero Harry?”

La stava ancora guardando serenamente e quando avvertì il tono contrito della ragazza, le poggiò una mano sulla spalla con fare incoraggiante.
“Sì. Non è stato bello, capisco che tu avevi la possibilità di tenerlo nascosto e hai fatto così per proteggerti. Devo ammettere però che è bello sapere che qualcuno mi può capire ed è fantastico sapere che sei tu.”

Olivia vide Harry sporgersi un poco in avanti verso di lei, la guardava ancora negli occhi con quell’aria incantata e bonaria. La ragazza sentì come un formicolio alla testa e con le mani fece per spostare qualsiasi cosa fosse che le causava quella sensazione, senza però afferrare nulla.
“Scusami, mi sembrava di aver sentito qualcosa sopra alla mia testa.”
“Potrebbe essere a causa del vischio, deve essere pieno di Nargilli.”

Harry aveva accennato alle decorazioni appese sopra di loro e Olivia sentì la bocca improvvisamente secca. Inarcò un sopracciglio con aria confusa e parlò nuovamente. Si rese conto di essersi sporta in avanti a sua volta solo quando parlò.
“Ma che cosa sono i Nargilli?”
“Devi chiede a Luna, me l’ha detto lei.”

L’impatto tra le loro labbra fu lento ed esitante, come quello che fu per entrambi il primo bacio, tra un groviglio confuso di pensieri.
 
 
**
 

Olivia aveva il baule già pronto la mattina del ventitré dicembre.  Dopo la colazione in Sala Grande, in cui aveva notato l’assenza sospetta di Potter e di tutti i Weasley, si recò nuovamente nella Sala Comune di Corvonero per indossare il mantello da viaggio ed una cuffia di lana. Il tempo era stato particolarmente inclemente quell’anno, regalando alla Scozia folte nevicate già da novembre e queste non erano terminate durante tutto il corso dell’ultimo mese dell’anno. Quando anche le sue compagne di dormitorio furono pronte, trascinarono i bauli giù dalla scala a chiocciola che le avrebbe condotte fino all’ampio ingresso della scuola, dove avrebbero preso le solite carrozze per la stazione di Hogsmeade trascinate dai Thestral di Hagrid.

Lisa, Padma e Olivia salirono sopra una di esse, raggiunte poco dopo da Luna Lovegood con la sua solita aria trasognata. Lisa e Padma storsero appena il naso nel vedere la ragazza più stramba della scuola prendere la carrozza con loro, ma Olivia non ne fu particolarmente dispiaciuta. Trovava decisamente interessante la personalità singolare della ragazza e il suo modo di riuscire a vedere le cose in una prospettiva diversa da quella di chiunque altro, anche se questo andava a discapito della sua credibilità o della sua popolarità, ma era cosa nota che i Corvonero non fossero proprio dei campioni in socializzazione.
Fu grata a Luna quando iniziò a raccontare dei suoi eccentrici piano per trascorrere le vacanze di Natale con il padre, poiché poté godersi un momento tra ragazze senza il pericolo costante di ricevere domande indiscrete sulla sua lunga permanenza con Harry Potter nella Stanza delle Necessità dopo l’ultima riunione dell’ES da parte di Padma, fomentata a ricavare informazioni da quella pettegola di sua sorella Calì.

Le due compagne di stanza l’avevano attesa con agitazione nel loro dormitorio due sere prima, pronte ad un interrogatorio spietato sulle motivazioni che avevano spinto Harry a chiederle di restare, ma Olivia aveva deciso di tenere per sé quel momento. Da allora continuava a ribadire che Harry le aveva semplicemente chiesto della sua punizione con Dolores Umbridge e che avevano passato mezz’ora a sparlare della professoressa, ma qualcosa di involontario nella sua espressione doveva averla tradita, Lisa e Padma avevano annusato la verità su cosa li avesse effettivamente trattenuti e si erano profuse in stupide risatine. La bombardavano da due giorni con allusioni e trabocchetti così da poterla fare confessare, ma Olivia si era attenuta alla storia di base e non aveva cambiato la sua versione di un millimetro.

Sulla banchina della stazione ferroviaria di Hogsmeade Olivia fu affiancata da Hermione Granger, anche lei faceva parte del gruppo di studenti che tornava a casa durante le vacanze natalizie. Cercarono una carrozza tutta per loro come da richiesta di Olivia, che le aveva appena raccontato di quanto potessero essere assillanti la Patil e la Turpin quando si trattava di questioni amorose.

“Beh, in realtà anche io volevo chiederti cos’era successo, Harry quando è tornato nel Dormitorio aveva un po’ la testa tra le nuvole. Mi ha raccontato del bacio.”
Il sorrisetto malizioso di Hermione le fece guadagnare un’occhiataccia complice da Olivia, che si prese tutto il tempo del mondo per sistemare il baule sulla rastrelliera prima di rispondere.
In realtà, Olivia non era ancora riuscita a riflettere davvero sull’accaduto. Era rimasta abbastanza spiazzata dal tocco gentile delle labbra di Harry, ma non aveva mai pensato a lui in quel senso, o almeno, non aveva mai pensato a nessuno in tale senso.
 
L’esperienza che aveva vissuto l’aveva mandata in confusione, perché era qualcosa che non riusciva a comprendere totalmente e, soprattutto, qualcosa a cui non era preparata. Aveva trascorso tutta la sua vita prima di Hogwarts a sentirsi dire che essere preparata per ogni evenienza e riuscire anche ad improvvisare un piano che la facesse uscire da situazioni impreviste era la chiave per la sopravvivenza. Guillaume le aveva quindi instillato una vena calcolatrice e sveglia che, unita al pragmatismo scaltro di Christophe, l’avevano resa sempre molto abile a destreggiarsi nelle situazioni spinose che i padri simulavano durante le sessioni di addestramento.

Quel bacio era qualcosa di inaspettato, Olivia non sapeva in che modo affrontare la situazione. Da una parte custodiva nel cuore quel ricordo con feroce gelosia, uno dei pochi momenti che non poteva essere toccato dalla sua doppia vita e dalle responsabilità di cui si era fatta carico, qualcosa di finalmente e totalmente solo suo. D’altro canto, questo nuovo scenario la poneva di fronte a varie difficoltà. Quel bacio rientrava in effetti nella categoria che lei tanto detestava, ovvero le complicazioni.

“Non me lo aspettavo, è stato del tutto imprevisto.”
Olivia aveva finalmente risposto. Aveva atteso fino a quando il silenzio tra le due amiche stava per tramutarsi in imbarazzante. Il fischio del treno rimbombò deciso e le carrozze iniziarono a muoversi verso la stazione di King’s Cross a Londra.

“Beh, com’è stato?”
“Bello, credo. Non lo so, è stato il mio primo bacio. Cioè è stato bello, ma strano. Poi ha fatto tutto lui, stavamo parlando e ad un certo punto me lo sono trovata ad un palmo dal naso.”
Olivia era diventata tanto rossa quanto i famigerati capelli dei Weasley nel pronunciare le ultime parole. Non sapeva nemmeno lei come mai confidarsi con Hermione Granger risultasse decisamente meno spaventoso che con le altre ragazze, ma si sentì più sollevata nel discutere dell’accaduto, come se l’aiutasse ad analizzare meglio la situazione. Hermione se la stava ridendo sotto i baffi con l’aria di chi la sa lunga.

“Volevo parlargli il giorno dopo, ma ho visto che né lui né i Weasley sono più a scuola.”
Olivia lanciò uno sguardo ad Hermione per valutare la reazione della ragazza. La Grifondoro strinse appena le labbra con fare indeciso.
“Hermione, non pretendo che tu mi dica per filo e per segno cosa sia successo, ma ho sentito la Umbridge dire a Malfoy che gli erano sfuggiti da sotto al naso e di scoprire se tra gli studenti circolassero voci, volevo solo sapere se stanno bene.”

Il tono di Olivia era sinceramente preoccupato. Raccontò all’amica che la sera prima era stata in biblioteca fino a tardi, si era avviata verso il suo Dormitorio che mancava poco al coprifuoco, ma che si era scordata degli appunti e che aveva fatto una corsa per andare a recuperarli, origliando casualmente la conversazione tra i due.

In realtà Olivia, dalla sera della litigata con Malfoy, dimenticava in giro le sue cose e che casualmente passava per i corridoi che sapeva che lui avrebbe dovuto pattugliare, ma tenne per sé questa informazione. Non era nemmeno lei in grado di dare una spiegazione alla cosa, anche perché se era abbastanza fortunata da incontrare il Prefetto in ronda, non lo affrontava mai, né tantomeno si faceva vedere.

“Il professor Silente mi ha detto che il papà di Ron è stato ricoverato al San Mungo per un motivo abbastanza grave. I Weasley sono stati mandati tutti a casa così da poterlo andare a trovare e credo che Harry sia andato con loro perché avrebbe comunque dovuto trascorrere il Natale alla Tana.”
 
Questo è uno di quei momenti.
 
Spesso facevano quella cosa, lei ed Hermione. Quando una delle due non poteva rivelare qualcosa, l’altra lo intuiva ma non aggiungeva molto altro, consce del fatto che insistere non sarebbe servito, sapevano entrambe che alcune cose era meglio mantenerle segrete, per l’uno o per l’altro motivo.

“E comunque, che mi dici di Malfoy? Non vi parlate ancora?”
Olivia scosse il capo, improvvisamente scura in volto, ma non aggiunse altro stavolta. Hermione recepì il messaggio e aprì la Gazzetta del Profeta, nascondendo il viso dietro ad essa.
“Peccato, era decisamente meno odioso quando vi parlavate.”

Olivia benedisse Hermione Granger e il fatto che le stesse regalando un momento per arrossire in santa pace, nascosta dietro la prima pagina del Profeta.

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