Di attimi perduti, mai avuti

di EsterElle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il più prezioso al mondo ***
Capitolo 2: *** Cugini, nemici, amanti ***
Capitolo 3: *** L'ultimo lume ***
Capitolo 4: *** La cura ***
Capitolo 5: *** Costumi di scena ***
Capitolo 6: *** Confessioni ***
Capitolo 7: *** Culla, stanotte, la mia malinconia ***
Capitolo 8: *** Di fervidi candori e salvezze illegittime ***
Capitolo 9: *** Tutte le mie promesse ***



Capitolo 1
*** Il più prezioso al mondo ***




 

Il più prezioso al mondo
 


 
 
 
“Buonasera”
“Buonasera a lei”
Il Signore e la Signora siedono l’uno di fronte all’altra: intorno, solo un gran bianco, grandi pieghe, puzza, bisbigli.
“Mi scusi Signore… ci siamo già visti da qualche parte, non trova?”
“Eccome, Signora. Ha un non so che di familiare”
Lei strizza gli occhi: è un po’ in ansia, non sa perché.
“Beh, ho vissuto a Londra. Potremmo esserci incontrati casualmente?”
“Forse. Eppure, Signora, dubito di averla vista in città…”
“Oh, giusto: così grande, così tanta gente. No, deve essere stato da qualche altra parte”
Il Signore liscia il lenzuolo sul quale è seduto. La Signora mangia una Gomma Bollente.
“A undici anni sono partito per Hogwarst. Lei c’è stata?” riprende il Signore.
“Ovviamente. Ero anche piuttosto brava, sa?”
“Una Corvonero?”
“Oh, non così brava” ridacchia.
“Tassorosso?”
Scuote la testa, volto sfiorito, capelli spenti.
“A questo punto … Gridfondoro!”
“Ha indovinato”
“Buffo, era anche la mia Casa”
“Davvero, Signore?”
“Certo. Ci saremo conosciuti lì … ”
“Oh, è possibile. In che anni è stato laggiù?”
“Mi sono diplomato nel ‘75”
“Per Merlino, proprio come me! Eppure, Signore, non ho un ricordo chiaro di lei …”
“Ero giovane, più forte, più bello…”
“Oh no, no! Lei è proprio ben fatto anche adesso… nel senso, è un bel l’uomo. Affascinante, intendo”.
“La ringrazio” sorride lui. “Nemmeno io, dopotutto, la ricordo a scuola”
“Che ha fatto dopo Hogwarts, quindi?”
“Frequentai l’Accademia Auror”
“Non mi dica”
“Glielo giuro!”
“E poi lo divenne, un Auror?”
“Ebbene sì. È stupita, Signora?”
“Non ci crederà, ma io stessa ho frequentato quell’Accademia”
“No! Che incredibile coincidenza”
“Ci saremmo per caso incontrati lì?”
Le ginocchia del Signore e della Signora sono vicinissime ma non si toccano, non ancora. Al di là delle pieghe bianche, i rumori appartengono ad un altro mondo.
“La prego, non se la prenda… Io non ne sono del tutto sicuro”
“Capisco. Sa, la mia testa ogni tanto non … beh, nemmeno io riesco a ricordare esattamente”
“Mi dica, Signora: dov’è che vive?”
“Nei pressi di Burford, Oxfordshire”
“Cielo! In una casa intonacata d’azzurro?”
“Esatto … come lo sa?”
“Sul retro c’è una serra?”
“Per Merlino, si! È la mia passione, in verità …”
“E possiede un vecchio gufo e un gatto arancione?”
“È un veggente, Signore?”
“No, ma anch’io vivo in una casa azzurra, con una grande serra e un bel barbagianni”
“Un barbagianni!”
“Le dirò di più; si chiama Timmy”
La Signora si alza e con un mezzo passo siede sullo stesso letto del Signore.
Si sorridono.
“Sa, inizio a ricordarmi di lei …”
“Lo ammetto: anch’io”
Il Signore prende la mano della Signora.
“Lei ha un figlio, non è vero?”
“Oh si, un bellissimo bambino”
“Anch’io”
“Le manca molto?”
“Quanto a lei, immagino”
“Quanto ha, Signore?”
“Un anno”
“Anche il mio. È paffuto, il mio bimbo: lo copro di baci sulle sue guance tonde tonde”
“Mio figlio ha lo stesso viso pieno e roseo di sua madre: amo il fatto che le somigli tanto”
Si guardano negli occhi.
“Neville, giusto?”
“Neville” conferma.
La Signora stringe fortissimo le mani del Signore. Lo guarda attentamente: ben rasato, qualche capello grigio, bello nonostante gli anni, il pigiama e il maglioncino.
“Buonasera Frank” sussurra.
Oh, vorrebbe quasi piangere.
“Buonasera Alice”
La nebbia sale, loro si ritrovano. Non come prima, ma più di prima: se si ha a disposizione un solo istante, quell’istante è il più prezioso al mondo.
Un abbraccio, un bacio. Prima che il tempo scada.
 
“Arrivederci”
“Arrivederci, Signora”
 
 
[500 parole con Utelio]
 
 
 
 
 







 


 
Note
 
Benvenuti lettori!
Mi rendo conto che scegliendo una coppia così tradizionale e generalmente considerata poco interessante, ho fatto un grande azzardo. Pur sapendolo, non ho cambiato protagonisti perché l’idea per la storia è nata in questo modo, legata ad una coppia un po’ banale ma di certo parecchio dimenticata, una coppia modesta, che sta nell’ombra ma che ha una storia tristissima.

Ho immaginato di ambientare la flash nei mesi immediatamente successivi alla tortura o al massimo nei primissimi anni di ospedale. Vorrei spiegare in questo modo la distanza tra questi miei personaggi e quelli presentati nel 5 libro della serie. Si potrebbe pensare, leggendo le pagine della Rowling, che Alice non riesca a parlare né a ricordare i dettagli della sua vita passata, che non sia abbastanza lucida per portare a termine una conversazione di senso compiuto. Ho immaginato, quindi, uno stadio precoce della loro pazzia, in cui sono presenti ancora sprazzi di lucidità. Tutti i dettagli (tipo la casa e la città dove abitano) li ho inventati, cercando di mantenere comunque una certa verosimiglianza.

Tutta la flash è liberamente ispirata ad un frammento dell’opera di Ionesco, “La cantatrice clava”, che è appunto un’opera teatrale; infatti è fortemente incentrata sul dialogo. Nelle 700 e più parole di cui era composta inizialmente questa storia la presenza di parti narrative/descrittive era maggiore ma ho dovuto sacrificarle, purtroppo.

Bene, mi sembra di aver detto tutto ... vi ringrazio per aver letto e lo farò ancor di più se vorrete condividere i vostri pareri nelle recensioni ^^
Alla prossima,
Ester

[Questa storia partecipa al contest "Sai chi sei" indetto da Mary Black sul forum di Efp ... che ovviamente ringrazio!!]









 

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Capitolo 2
*** Cugini, nemici, amanti ***


 
 

Cugini, nemici, amanti


 
 
Vorrei che aprissero il mio cuore per guardarci dentro.
Davvero non lo sanno, quanto grande possa diventare e quanto amore possa contenere. Capirebbero che solo una parte gli appartiene? Che quella parte è grande come il tutto ma purtroppo il tutto non contiene?
Vorrei, ma non posso, rinnegare ogni mia, loro parola e cancellargli dalla mente la convinzione che sia lo sciocco nome di famiglia a creare questo stallo tra di noi.

 
Cugini, nemici, amanti, nulla vale. La verità è una sola ed è sepolta nel mio cuore.
Non possiamo scegliere chi amare.

 
***

 
Il temporale sferza le finestre. Ho allontanato tutti, vorrei soltanto loro in questa notte. Non esiste alcun conforto per queste assenze che bruciano il mio cuore più che la malattia. Cado sfatta tra i cuscini, eppure non le piume, ma due braccia mi sorreggono e mi stringono. I miei battiti contati diventano ancor meno.
“Jamie” sussurro tremante alle sue labbra.
Non riesco a sostenere quell’abbraccio, James deve posare la mia testa sul cuscino. Scorgo Scorpius alle sue spalle e non posso fare altro che reclamarlo più vicino. Temo possa andarsene, invece afferra le mie mani e le blocca tra le sue. Oh, se avessi ancora lacrime...
Indico la culla: la mia Vera dorme serena. I suoi padri esitano, incapaci di sfiorare anche con lo sguardo quella creatura che potrebbe appartenere all’uno come all’altro.
“Vi prego…”
Scorpius la solleva e le sostiene la testolina rossa. Me la porge e non capisce che non posso, non riuscirei a cullarla, né a regalarle l’ultimo abbraccio della mamma. La posa sul mio letto e si allontana in fretta.
“Lei è nostra. Di noi tre” un mormorio.
Non sembro più nemmeno io, la Rose indomita e perduta, la folle sognatrice, la traditrice che hanno abbandonato entrambi quasi due anni fa. Quel giorno, quando Vera era solo un incubo, l’atroce verità calata su noi tre come una maledizione. Quel giorno, quando alle spine del mio mondo, infine, mi sono punta anch’io.
“Rose, non chiedermelo…”
Supplica a parole, James, e Scorpius con lo sguardo. Non lo chiederò, già conosco la risposta.
“Dei nomi non mi importa nulla, lo sapete, ma il suo dev’essere speciale” dichiaro invece. “Per lei li voglio tutti e tre, questi stupidi cognomi. Me ne sto andando e dev’essere al sicuro”
Lo so, la lasceranno, come hanno abbandonato me per tutti questi anni. Cugini, nemici, amanti, nulla vale quando il tarlo del dolore ha perforato un cuore.
“Weasley, Potter, Malfoy, tutti. E tutti loro la proteggeranno. Tutti, se non voi” sono lacrime di sale.
Lo faranno perché lei è frutto del mio amore perduto, rinnegato. Perché ho voluto troppo e non ho saputo scegliere, perché ho creduto di poter aver entrambi, ho intessuto inganni, una fitta rete che, oramai, ha soffocato me. Tutti loro la proteggeranno, perché la famiglia è grande, pronta a perdonare ogni vergogna e a tenere sotto l’ala ogni pulcino col suo nome.
L’ameranno al posto dei suoi padri, che ho privato del futuro, dell’amore, dell’affetto di una figlia.
L’ameranno al posto mio, perché io…
Io non ci sono più.










 
Note
Stranamente non ho molto da aggiungere...
Dopo ave chiarito nella mia mente la trama e i suoi sviluppi, sono stata a lungo indecisa su quale momento raccontare in queste 500 parole: il gioco d'inganni organizzato da Rose, il tradimento svelato oppure la scoperta da parte di Vera della sua identità? Infine mi sono decisa per l'epilogo tragico della storia tra Scorpius, Rose e James perchè mi è sembrato più adatto al limite di parole. Spero si riescano ad intuire, a grandi linee, quali eventi hanno portato i tre protagonisti nella situazione descritta.
Aggiungo solo che per il titolo mi sono ispirata a un racconto di Alice Munro "Nemico, amico, amante...", che stavo leggendo nei giorni in cui ho scritto la storia ^^

 
***
La storia partecipa al contest “All together contest – IV edizione” indetto da Mary Balck sul forum di Efp. Ho sviluppato le indicazioni contenute in un suo pacchetto:

Coppia: Scorpius Malfoy/Rose Weasley/James Sirius Potter
Indicazione: C'è chi dice sia impossibile amare due persone nello stesso momento, con la stessa intensità. Rose non è d'accordo, Rose sa fin troppo bene cosa significhi amare due uomini, non riuscire a rinunciare a nessuno di loro.
Giorno dopo giorno Rose tesse una ragnatela di bugie e inganni. Solo che alla fine ci si ritrova impiccata.
Obbligo: bad ending.

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Capitolo 3
*** L'ultimo lume ***





L'ultimo lume



 

Un unico lume rischiara la sala echeggiante di lievi fruscii, di fiati, di brina. Spigoli aguzzi d’oro purissimo risplendono al tocco della luce gentile, acute punte di pietre preziose balenano cupe sotto il panno bianco di cera. La professoressa è colta dal sonno dei vinti; i ragazzi, l’un contro l’altra, distanti, di spalle, lustrano gli antichi trofei, scontando ugual pena per crimine opposto.

“Dovevi lasciarmi raggiungere gli altri” serpeggia il mormorio roco di Regulus Black.

“Non l’ho fatto per te” si rintana, Lily, nell'antro sicuro dell’arroganza.

“Bugiarda” lui la stana ogni volta.

“Non sembravi amica di Sirius, un tempo”.

“Nemmeno tua”.

“Non ti facevo così…” insinua, beffardo

Sospira, lei.

“…volubile” sussurra, lui.

Lily poggia il panno sul banco. Si volta, osserva la sua nuca nascosta dalle maglie verdi e d’argento della sciarpa: “Lo sono” ammette, frantumando l’aria di marmo tra loro.

“E anche tu. Siamo così simili: nulla ci appare più giusto che percorrere strade sbagliate”.

Lo scruta; può immaginare la durezza che screzia il suo sguardo.

“Sei una maledetta idealista, Lily Evans” giunge l’atteso ringhio. “Non ho bisogno d’essere salvato, capisci?” ferocemente si volta.

I suoi occhi d’argento, riflessi di luce dorata e di rosso, agiscono come mille incantesimi: le bloccano il passo, le accendono il volto.

“Redimere me non libererà lui. Severus ha fatto una scelta… e anch’io” le sue labbra sgusciano crudeli l’una sull’altra.

Fin nell’ossa si diffonde il tremore, il desiderio e la voglia di lui, cupo, imbrattato d’ombre. Così delicato il suo aspetto, così fragile il volto, l’anima, il cuore; solo ciò che è effimero può possedere tanta, struggente bellezza, lei crede. La fiamma del lume gli danza negli occhi e rischiara il suo oscuro segreto.

“Severus” lei scandisce.

Cadenza quel nome, l’antico dolore.

Avanza, un passo, un fiato: “Un demone del passato, un rimpianto, qualcosa che ho perduto per sempre”.

“Ma tu…” sussurra quando finisce il cammino.

Nulla le sembra più giusto dell'accostarsi a quelle labbra di gelido blu.

“Tu non vuoi questa vita, non sei come loro” Lily soffia sul volto di pietra.

Alito di vita, che muta e rigenera quel gelo fasullo: lui s’anima di fiamma, l’afferra la vita con rabbia, violentemente la bacia.

L’ennesimo bacio d’addio.

“Lasciami andare, Lily” la sua disperata supplica, unita a contraddittorie mani che miseramente stringono. “Non c’è scampo per me, ma tu... Tu devi andare avanti”.

Quel grigio di dubbi e dolore sommerge ogni traccia di verde speranza; soffoca, Lily, e ancora agogna il suo abbraccio, la sua delicata bellezza, il fascino della rovina.

È sbagliato stargli vicino a quel modo, lasciarsi trascinare nell’abisso fondo dove risiede la lacera anima di un Mangiamorte novizio e pentito, Lily lo sa.

Ci vuole tanto, troppo coraggio per intraprendere questa strada con te.
 

***

L’alba bagna i volti dei due giovani amanti mentre l’ultimo, inutile, lume muore in una pozza di cenere fredda. È grigia la luce che scalda la sala, grigio lo sguardo di lui, la pelle di lei.

“Va’” la esorta in un soffio, le stringe la mano, la nuca, spinge la fronte contro la sua, il naso, le labbra.

Lui non la lascia, non può, non ancora.

Solo Lily possiede il coraggio che serve ad alzarsi e fuggire lontano.

 

 

 

 

 

Note 

Ho scelto di andare subito a nocciolo della questione, sacrificando molto dell’antefatto. Lily e Regulus sono finiti entrambi in punizione perché beccati fuori dai dormitori durante la notte. Lily voleva impedire a Regulus di raggiungere i suoi compari Mangiamorte in una delle loro riunioni/affari loschi: si sente attratta da lui, sente di comprenderlo e vuole provare a proteggerlo. Il segreto di cui parla è appunto il fatto che il giovane Black non è un Mangiamorte convinto e già cova molti dubbi sulla sua scelta.

Lily dice: Nulla ci appare più giusto che percorrere strade sbagliate. Ho pensato che questa frase potesse riferirsi ad entrambi: a Regulus, per quel che riguarda il suo percorso al seguito di Voldemort, e a Lily, che non riesce a lasciarsi alle spalle questo ragazzo pieno d’ombre e problemi.

Spendo ancora due parole per il titolo: temo che suoni un po' banale, ma mi piaceva l’immagine del lume, coi suoi riflessi rossi e oro, perché ho sempre immaginato Regulus un po’ come Piton, ovvero personaggi che da un’iniziale propensione al Serpeverde maturano molti atteggiamenti eroici, da veri Grifondoro. Inoltre, il sottile legame con Lily poteva rappresentare una sorta di prematura salvezza, per Regulus, un “lume” verso strade più sicure. Sul finale, però, il lume muore. Come sappiamo la Rowling non ha riservato scorciatoie a questo personaggio, così come a Piton: la loro redenzione è completa e si sublima solo con il sacrificio estremo. Un sacrificio che, nella finzione di questa flash, viene ispirato ad entrambi dalla stessa ragazza che, pur non sapendolo, li ha salvati.

***
La storia partecipa al contest "All together contest - 2.0" indetto da Mary Black sul forum di Efp. Ringrazio moltissimo lei e Quelia, autrice del mio bellissimo pacchetto:

Coppia: Regulus Black/Lily Evans
Indicazione: Regulus è un tipo silenzioso, schivo, con gli occhi iniettati d'odio, ma Lily sa che nasconde qualcosa di più. Sotto quel marchio che gli corrode l'anima e la pelle, cova un segreto... e a Lily Evans i segreti sono sempre piaciuti. [Note: vorrei vedere Lily come una donna forte che sa che sta sbagliando nell'avvicinarsi a un Mangiamorte, ma persiste per curiosità e attrazione fisica (non ci deve essere per forza del sesso, ma Lily deve trovare fin da subito Regulus molto bello). E vorrei che si capisse il perchè Regulus alla fine della giostra tradisca Voldemort.]

 

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Capitolo 4
*** La cura ***





La cura

 

 

Quando le mani tremarono troppo per proseguire, Dominique lasciò le forbici, impugnò la bacchetta e tagliò ancora; lunghe ciocche di capelli d’argento caddero lente, come piume o pioggia d’estate.

Quando la furia omicida cessò, non rimasero che sparuti sbuffi di lanugine bianca sul suo capo. Lo specchio rifletteva l’immagine esatta, netta e crudele, di lei: bianca, pelata, coperta di serpi cremisi che correvano giù, lungo il collo, il petto, le spalle. Striature di sangue tracciate da unghie ferine, solchi vermigli utili a dare sollievo alla gola riarsa, ai canini dolenti.

Dominique anelava boschi, campi aperti: si strappava la pelle di dosso, desiderandone un’altra. Dannata in quel suo piccolo corpo di donna, rigettava ogni umana bellezza, agognava la carne e l’odore del mostro che le abitava la mente: così potente, libero e incompreso.

Dominique vagava di notte, dimentica del sonno, conscia che l’incubo vero l’attendeva al mattino, odoroso di dittamo e menzogne.
 

***


Quell'estate Dominique trascorse molte ore alla spiaggia, lasciando che l’aria salmastra le asciugasse la pelle, le labbra, le guance. Di tanto in tanto, affondava i denti in quella patina di sale e veleno, succhiandone il sangue dolciastro. Altri giorni, invece, desiderava di poter seccare del tutto, di sbriciolarsi e disperdersi, per spegnere, dunque, gli ardenti desideri della notte e quell’assurda voglia di morte.

“Dominique?” un giorno le giunse una voce.

Teddy indossava il celeste, quel pomeriggio, puro, schietto, pulito; il suo sguardo azzurro strideva con il rosso violento del giorno morente, stonava il suo volto sereno con la tempesta del vento. A lei sola sembrò di scorgere la verità sotto la maschera.

“Dominique, ti cercano tutti…” le disse, accennando un sorriso.

Il rombo di un’onda s’infranse ai suoi orecchi: “È il compleanno di Vic, ricordi?”.

“Non posso andare là dentro” supplicò tra le labbra ferite dai suoi stessi denti.

“Devi aiutarmi” sussurrò.

“Devi aiutarmi!” gridò, mentre lui fuggiva lontano.
 

***
 

Si svegliò al primo morso.

Annaspò, cercando l’origine del dolore improvviso: trovò solo lei, bianca, folle, traslucida al tocco della luna morente, lanuginosa, insanguinata, ridente.

“Se mi nutro di te sarò come te. Sarai cura, benedizione” gli bisbigliò, sfiorando la ferita aperta e dolente del collo.

Lo baciò sulle labbra, macchiandole di purpurea colpa, leccando il sangue sparso sulla pelle e il cuscino.

“Vic non ha bisogno di te quanto me, non è lei che la maledizione ha colpito” disse e di nuovo le pretese, quelle labbra livide e sporche, esitanti e sconvolte.

E Teddy non si ritrasse.

 

***

 

Mai morbo fu così fatale.

Quando sono con te, quando sono come te, non posso non odiarti. Per quello che mi hai reso, per la condanna che marchia il nostro amore, per la morte che infetta i tuoi baci, la pena di questa nostra condizione.

Quando la mia pelle brucia e la tua pure, quando quella smania e il richiamo del sangue grida nella carne, non posso non amarti. Perché hai cancellato ogni bugia, hai liberato il mostro che mostruoso è solo agli occhi di chi non può comprendere.

Ti amo, ti odio, Dominique.
Per come mi hai salvato, per tutto quello che hai distrutto.

 

 

 

 

 

Note

Ammetto di aver fatto molta fatica a scrivere questa storia, a caratterizzare i personaggi, a dare quella nota oscura che il pacchetto richiedeva. Non sono soddisfatta del risultato ottenuto, insomma. A parte questa ammissione di colpe, non ho moltissimo da aggiungere. Il titolo vuole riprendere il desiderio di Dominique di placare la sua crescente sete di sangue, di arrestare la sua anomala trasformazione, cercando in Teddy una possibilità di tornare normale. Inutile dire che non ha funzionato e che ha infettato anche il giovane Lupin, che già covava i sintomi di questa “malattia” (e qui sta il riferimento alla maschera). 
Nell’ultima parte ho voluto precisare come lui si senta vittima ma anche beneficiario di questa situazione, che in un certo senso gli ha permesso di portare allo scoperto la sua vera natura.


***
La flash partecipa al "All together contest - special edition" indetto da Freya Crescent sul forum. L'ho scritta sviluppando le indicazioni del pacchetto numero 6, nato dalla fantasia di JulyChan:

Coppia: Dominique Weasley/Teddy Lupin
Indicazione: Dominique ha 17 anni quando sente qualcosa risvegliarsi dentro di sè, qualcosa che graffia e scalpita dal profondo, la rabbia che sale e il sapore del sangue che la fa fremere. Nonostante in suo padre il gene del lupo mannaro sia dormiente, in lei sembra si sta pian piano scatenando. Le notti trascorrono insonni, la sua situazione peggiora, e l'unico appiglio cui riesce a pensare è il ragazzo di sua sorella Victoire: figlio di lupo mannaro e Metaformagus, ai suoi occhi Teddy è l'unico che può capirla, l'unico che può aiutarla, l'unico che può comprendere la sua condizione di "diversa". Teddy è l'unico.
(OBBLIGHI: rating arancione o rosso: devono essere presenti almeno due dei seguenti generi/avvertimenti: erotico, horror, lemon, lime, contenuti forti, tematiche delicate) - 

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Capitolo 5
*** Costumi di scena ***





Costumi di scena

 

 

Tu scendi dalle stelle, oh Fierobe-e-cco*

Sembra una danza, fatta di sguardi, odorosa di resina, costellata di scintillii d’oro e d’argento. Tu avanzi, mi porgi un nastro. Sei ridicolo, con quella coccarda rossa in testa e quel sorriso sconsiderato in volto. Tuttavia, scorgo da giorni un’incredibile malinconia nei tuoi occhi, portatori di un messaggio che non voglio ascoltare.Là fuori c’è una guerra, tacciono le tue labbra mentre reinventano antiche carole. Chi festeggerà con noi il prossimo Natale?
Come ho potuto, sinora, non scorgere l’atroce verità che vai gridando ad ogni burla e infantile scherzo? L’infanzia sta finendo, il mondo sta crollando. Tu, armato di quel sorriso che ho persino odiato, di quei giochi tanto sciocchi che, puntualmente, ho denunciato, cerchi di cogliere una luce nel nero più assoluto che ci si è annidato dentro.

E vieni qui da Kreacher col go-o-nnelli-i-no!

Mi sfiori con le dita, mi tendi una sfera perché l’appenda in cima all’albero. Salgo sullo sgabello, di spalle, eppure sento che tu mi stai guardando. M’intriga la sensazione del tuo sguardo su di me. Mi sento fragile, alle soglie della vita che m’attende, ma ora so che questa fragilità appartiene anche a te.
Cammino intorno a questo abete, ti spio tra i rami, gli aghi, i nastri colorati e le candele. M’appaiono incredibilmente tenere le lentiggini sul tuo volto, così fragili le tue spalle aguzze che se ne stanno curve sotto il peso di un dolore che per poco non ha travolto tutti. Scopro lentamente che mi piace studiarti da lontano. Mi piace chiudere gli occhi e, per una volta, sognare d’essere meno che responsabile e posata, d’essere capace di gettarmi a capofitto nella vita e non pensare più a tutto il nero che ci assale.

 

***

 

M’avvicino. Le nostre labbra si sfiorano.

“Hermione”.

Resto impietrita nella cucina deserta e semibuia.

Posi le mani sulle mie spalle e mi allontani leggermente. Mi guardi, calmo, lo sguardo di ferro.

“Fred, io non…”

“Tranquilla. L’avevo già capito: questa faccenda dell’agguato a papà ti sta dando alla testa” ribatti. “Non preoccuparti”.

Con la bacchetta spegni le ultime braci nel camino e la stanza piomba nell’oscurità. Nel buio si fa chiara una verità che prima nemmeno sospettavo: follia e razionalità s’oppongono, si scambiano e, tuttavia, non s’avvicinano. La mente e il cuore s’attraggono, si confondono, eppure restano ancora maledettamente distanti: io così imprudente, tu così dolorosamente serio.

Improvvisamente, avverto le tue labbra sull’orecchio.

“Non funziona così, non per me” sussurri. “Nella vita si recitano ruoli d’eroi perché si è vigliacchi o ruoli da giullari per nascondere il dolore. Si recita, Hermione, per non diventare pazzi**”.

“Quindi rivestiti, indossa di nuovo il tuo costume e faremo come se non fosse mai accaduto nulla” le tue mani scivolano sulle mie spalle. “Calca le scene, fa l’eroina, la ragazza saggia, e vedrai che andrà tutto bene”.

Ti sento, mentre ti allontani con le spalle curve, col dolore che ti taglia le labbra e lo sguardo, privo anche tu dei tuoi colorati abiti di scena.

 

 



Note

Ho scritto questa storia per l’All together contest 2.0 – IV edizione, indetto da Mary Black sul forum, ispirandomi a questo pacchetto scritto da lei:

Coppia: Fred Weasley/Hermione Granger.
Indicazione: Hermione è una delle poche ragazze in tutta Hogwarts a non impazzire per Fred Weasley. Non lo trova simpatico, non lo trova brillante, non lo trova nemmeno poi così carino. Per lei altro non è che un incosciente senza il minimo senso della decenza.Certo non si sarebbe mai aspettata di arrivare a conoscerlo meglio, durante l’esilio a Grimmauld Place. Certo non si sarebbe aspettata di desiderare di saperne di più – di più di quelle spalle aguzze e il sorriso franco, di più del dolore che gli taglia il volto quando suo padre rischia la vita per il morso di un serpente. Hermione ne vuole di più, sempre di più, ma Fred non è mai stato un ingenuo – e a giocare con i gatti non ti puoi lamentare se poi finisci graffiato.

Come previsto dal pacchetto, la storia è ambientata nel quinto volume della saga, durante le vacanze di Natale, poco dopo l’attacco di Nagini al signor Weasley. Temo di non aver centrato in pieno il pacchetto e forse nemmeno la coppia, di cui scrivo qui per la prima volta. La trama ha preso, nel finale, una piega un po’ diversa rispetto a quella che avevo in mente all’inizio, senza considerare i passaggi che ho dovuto eliminare per rientrare nel numero di parole. Di certo non sono queste le premesse per una storia di cui essere pienamente soddisfatti, ma sono comunque curiosa di leggere pareri su questo primo tentativo di Fred/Hermione. Purtroppo, mi rendo conto che c’è anche una chiara sproporzione tra i due protagonisti, visto che di Hermione conosciamo i pensieri per tutto il corso del racconto, mentre lo spirito di questo Fred caustico e fatalista è sintetizzato in poche battute. Al di là di tutto, ho cercato di costruire questa flash intorno all’idea di un’Hermione leggermente fuori di sé, travolta dal senso di morte che agli eventi appena accaduti in casa Weasley hanno portato con sé; un’Hermione che viene riportata bruscamente alla realtà da un Fred rassegnato e più maturo di quel che vuol far credere, un Fred che si rifiuta di mostrare le sue debolezze, capace di ricordarle che certi muri non sono fatti per essere infranti.

 

*citazione da Harry Potter e l'ordine della Fenice, di JK Rowling. Ho aggiunto alla canzone un secondo verso di mia invenzione, cercando di restare sullo stesso stile della traduzione italiana del primo originale ^^’

**citazione di Vittorio Gassman, rivista e adattata al contesto. Questa è la sua forma originale: Si recitano ruoli di eroi perché si è vigliacchi, ruoli di santi perché si è delle carogne. Ma, più di tutto, si recita perché altrimenti si diventerebbe pazzi.

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Capitolo 6
*** Confessioni ***





 

Confessioni


 
 
Per anni ho addossato la colpa dei miei fallimenti ai miei genitori.
Sono una Greengrass e meritavo che la buona sorte di famiglia proteggesse anche me, oltre che la cara Daphne. Tuttavia, non fu così, non ai tempi della scuola perlomeno: lei, Serpeverde, le amicizie giuste, una bella, sana popolarità. Io, quella strana, la Corvonero col cuore di serpe, l’ombra silenziosa, la spia.
Ho sempre incolpato mia madre per non aver saputo forgiare il mio carattere, non averlo reso solido, capace d’incutere rispetto, timore. Le lunghe notti insonni, i pasti solitari, i piagnistei nei bagni: ho sempre odiato tutto questo.
Mi sono sempre odiata.
   Oggi comprendo che, dopotutto, la mia non è stata un’adolescenza normale. C’era la guerra, la gente era sospettosa, tesa, schierata. C’erano fazioni, ad Hogwarts, ed io ero l’intrusa, quella senza colori, senza bandiera, senza patria. Non assomigliavo a Daphne e al suo gruppetto di prepotenti, non avevo l’anima del Mangiamorte, era evidente. Tuttavia, c’era qualcosa in me che non permetteva a nessuno di riconoscermi come una dei buoni. Ripensandoci, sospetto che l’insistita solitudine, lo sguardo affilato, il sarcasmo pungente non siano stati gli strumenti migliori per farsi benvolere.
Ma tu tutto questo lo sai, ovviamente.
   Abbiamo frequentato la scuola negli stessi anni e, per quanto io possa esserti stata indifferente, di certo non ignori ogni cosa. Immagino, quindi, che quest’affare ti ripugni alquanto. No, davvero, per me non c’è problema, puoi dirlo. Dobbiamo parlare, ci hanno chiuso in questa stanza proprio perché ci conoscessimo meglio. Io voglio essere sincera con te, Draco, non ho paura. Questa cosa del matrimonio mi trova piuttosto indifferente, spero tu non ti offenda. Ci sono dei risvolti molto positivi – i soldi, il prestigio, quella bella biblioteca che avete – ed altri piuttosto negativi, come la fama di Mangiamorte, la caduta in disgrazia della casata, certe idee razziste a cui voi Malfoy siete affezionati. Tuttavia, credo che il bilancio sia positivo: la guerra è finita e noi ripartiremo da zero.
Non m’interessa altro.
   Non m’importa se sotto la facciata Malfoy hai un cuore puro, non m’interessano le tue spiegazioni per gli errori del passato né la loro giustificazione, nel caso non fossi pentito. Non voglio innamorarmi né cerco un marito devoto. L’unica cosa che ti chiedo è di rendermi quella stessa libertà che io ti concedo e di non trascinarmi in sciocche guerre.
Se c’è una cosa che ho imparato, Draco, è proprio questa: se non ti schieri, vinci sempre.
 
***
 
La ragazza era piccola e senza coscienza.
Seduta sul divano celeste, in tinta coi suoi occhioni blu, parlava senza sosta e senza veli.
Gli piacque, gli piacque immensamente.
Lui, che di guerre e di fazioni ne aveva avuto abbastanza per un’intera vita, pensò che avrebbe potuto persino amarla, un giorno; lei, che al minimo accenno di tempesta l’avrebbe seguito in ogni crepa, ogni caverna della terra, fuggendo alla storia, al giudizio, scampando la morte.
 
La ragazza era bruna, semplice, furba.
Non era buona, nemmeno cattiva.
Era bassa, smorta, fluida.
Era perfetta.
 





 
 
Note
La storia partecipa al contest Nella mia libreria indetto da Blackjassamine sul forum di Efp. Ho scelto di sviluppare il pacchetto Nothomb, ideato dalla giudice, che prevedeva l'utilizzo del promt Nè di Adamo nè di Eva e di Asteria Greengrass come protagonista].
 

Era da molto che volevo scrivere di Asteria, e finalmente sono riuscita a portare a termine qualcosa!
All’inizio non mi aspettavo una storia del genere, né di descrivere una ragazza così indifferente e apatica, dal momento che di solito immagino Asteria come un personaggio piuttosto positivo. L’ispirazione è venuta dal pacchetto: ho considerato quel “Né di Adamo né di Eva” come un’affermazione di ignavia, un desiderio di non prendere parti, non schierarsi, non parteggiare né per l’uno né per l’altra, non per un ideale, non per una fazione. Ho immaginato, quindi, una ragazza schiva, non cattiva – infatti non viene mai associata ai Serpeverde o ai Mangiamorte – ma nemmeno buona. Proprio a causa di questa sua non-bontà ho deciso di affiliarla a Corvonero: è intelligente e furba, come tutti gli appartenenti a questa casa, ma non sempre queste caratteristiche sono associate alle brave persone, anzi. Asteria vede il suo interesse, in questa storia, e il suo interesse è, principalmente, quello di portare a casa la pelle e non essere convolta direttamente nelle grandi questioni del suo tempo. Un po’ un Walder Frey il Ritardatario dell’universo potteriano, per spiegarla con una metafora a tema Game of Throne… tranne per il fatto che non credo lei arriverà mai ad uccidere qualcuno ^^’
 
Per quel che riguarda Draco, appare molto, molto poco, mi rendo conto. Tuttavia, credo che già nel settimo libro si affacci in lui e nella sua famiglia l’idea di abbandonare la causa e defilarsi, di mettersi al sicuro, non esporsi più. Aggiungo poi che, a mio parere, un tratto distintivo della personalità del Draco semi-adulto sia proprio un filo di vigliaccheria. Per questi motivi nella storia lui appare felice di sposare Asteria; sono uguali, se non per il fatto che Asteria elabora fin da bambina questo atteggiamento, mentre Draco ci arriva più lentamente.
 
Detto questo, non mi viene in mente molto altro da aggiungere… se non che spero che la storia piaccia, che l’impianto a monologo non disturbi troppo e che si capisca il contesto!
Grazie mille per aver letto ^^

 

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Capitolo 7
*** Culla, stanotte, la mia malinconia ***


Culla, stanotte, la mia malinconia

 
 
Io e Lily abbiamo sempre condiviso la stanza; i lettini erano vicini e allungando un braccio potevamo sfiorarci.
Quand’era una bambina, Lily aveva un problema alle tonsille, russava forte. Le mie notti sono state tormentate dai suoi rantoli per anni, fino a quando i nostri genitori non si convinsero a sottoporla ad un’operazione. Tuttavia, la prima notte dopo l’intervento pianse talmente forte che a un certo punto rimpiansi il suo frastornante russare; decisi d’intrufolarmi nel suo letto e la strinsi forte, asciugandole le lacrime.
Infine, smise di piangere e si addormentò.

 
 
***

 
 
Hai sentino, terribile bambino? Tua madre si addormentò, alla fine.
Quanto ancora vuoi essere cullato, quanto ancora tormenterai la quiete di Privet Drive? Guarda Duddley come dorme sereno, com’è dolce la sua espressione e beato il suo sonno!
Harry Potter, sei un estraneo per me. Il tuo viso, il tuo pianto sottile ma incessante, questi occhi grandi e chiari con cui mi guardi pieno di domande, di incubi e fantasmi, ogni cosa in te mi pare aliena.
Harry caro, che poi tanto caro non sei.
Cosa mi costringe qui in piedi alla finestra a stringere un figlio che figlio mio non è?

 
***
 
 
Nell’età in cui bambini sono soliti avere incubi, anch’io li ebbi. Spesse volte la notte mi svegliavo urlando, troppo impaurita per riprendere a dormire. Nostra madre non mancava di raggiungermi e rassicurarmi, fino a quando, una sera, la stanchezza non la vinse. Disperatamente sola, stavo per sprofondare in una paura ben peggiore di quella dei miei incubi – l’abbandono – quando Lily mi si avvicinò. Era davvero piccola, avrà avuto poco più di sei anni.
“Giochiamo” mi disse, salendo sul mio letto.
Quella notte non dormimmo, né russammo, né piangemmo. Fu talmente bello che quando la mattina dopo a scuola mi addormentai sul banco, non ebbi alcun rimpianto.

 
***
 
 
Non ho bisogno di tenerti tra le braccia per ricordarmi di lei; la conosco anche meglio di te, bambino benedetto. Non le somigli affatto, Harry Potter, lasciatelo dire.
Resterà per sempre giovane e bella, la cara Lily, sempre così speciale per te, che di lei non saprai altro se non quello che un’immagine muta potrà dirti. Non vedrai tutte quelle sfumature, tutto quell’odio e tutto quell’amore che sapeva generare intorno a se. Non sperimenterai sulla tua pelle i suoi sbalzi d’umore, quell’istante indefinito in cui la gioia dei suoi occhi mutava in pianto o in furia, senza preavviso. Non conoscerai la straziante, esasperante fedeltà che nutriva per coloro che amava.
Cosa ne sai, tu, dei ricordi che tormentano la notte, che invadono il tuo letto senza che nessuno venga a consolarti? Il pensiero che tutto ciò che lei era non esiste più.
Smettila, ti prego, smettila con questo pianto sconsolato, ti prego!
 
 


 
Ti manca, lo so.
So che vorresti le sue braccia, il suo profumo, la sua voce a cullarti nella notte.
Lo vorrei anch’io e non sai quanto.
 

 
 



 
 
 
 
Note
Ho scritto la storia in occasione del contest organizzato da Rosmary sul forum, "Citazioni in cerca d'autore (Oscar edition)", ispirandomi ad una sua citazione che riporto più avanti. Si tratta di una flash breve in cui ho cercato di mettere al centro Petunia nei due aspetti più conosciuti di lei: il suo legame infranto con la sorella e la sua mancanza di amore per Harry.
Uno degli obiettivi era evidenziare come lei non sia stata sempre tanto arida e crudele come appare nei ricordi di Harry, volevo mostrare la sua infanzia “normale”, in una famiglia come tante, con una sorella come tante. Inoltre, nella mia idea del personaggio, la bambina che Petunia è stata non sparisce sotto l’odiosa “zia Petunia”, ma resta lì, sommersa, pronta a tormentarla, a sviarla dal suo progetto di vita ormai così ben avviato. Io credo che lei non avrebbe voluto piangere la morte di Lily, ma che non abbia potuto farne a meno, perché la sorellina era stata estremamente importante per lei prima che le venisse portata via. In questo contesto ho scelto la citazione “C’erano giorni in cui a malapena s’alzava, erano quelli in cui la mancanza pulsava prepotente”: Petunia vuole restare coerente con Vernon, con la sua famiglia, coerente soprattutto a se stessa, alla battaglia che ha combattuto, alla netta rottura che ha creato tra sé e tutto ciò che Lily rappresenta,  e quindi non può fare altro che vivere il suo dolore di nascosto, di notte, camuffandolo anche a se stessa, costellandolo di pensieri duri destinati a Harry, un bambino di poco più di un anno che deve accudire alzandosi nella notte di malavoglia. Vive il dolore con la durezza tipica della Petunia adulta, ma non può controllare gli sprazzi di memoria e di affetto che appartengono invece alla bambina sommersa.
Per quel che riguarda il legame Petunia-Harry, ho voluto concentrarmi sul senso di estraneità che lei prova verso il bambino. La “sua” Lily è quella dell’infanzia, della stanzetta condivisa, dei giochi, di quando erano unite o ancora provavano a salvare il loro rapporto. Non trova un legame, dunque, tra Harry e la sorella dei suoi ricordi, che amava.
In conclusione, Petunia si ritaglia la notte per vivere il dolore della perdita, ma ciò che lei piange, io credo, è l’infanzia perduta e la fine di ogni possibilità di riconciliazione con Lily.
 
Bene, temo di aver detto troppo nelle note: spero di aver trasmesso abbastanza anche con la storia! Mi fermo qui, a presto!
 
P.S. Il titolo è ispirato ad un verso di Ungaretti: “Balaustra di brezza/ per cullare stasera/ la mia malinconia” – Stasera, in Allegria di naufragi.







 

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Capitolo 8
*** Di fervidi candori e salvezze illegittime ***





Di fervidi candori e salvezze illegittime
 



 
Illegittima, bastarda, meticcia!

 
Conservo radi ricordi della fanciullezza: una manciata di parole guaste, un groviglio di emozioni malfatte, il disprezzo per lei, Rowena, donna ripudiata, madre senza marito, creatura senza dio. Tuttavia, rammendo assai bene le visite domenicali di padre Joseph. Mentre mia madre si muniva di ceste e alambicchi per poi dileguarsi nel folto della boscaglia, io trascorrevo il pomeriggio avvolta dalla voce pastosa del prete, assetata di quella salvezza così dolcemente promessa.
 
 
Feccia, vergogna, abominio!
 

Ricordo il giorno in cui decisi di recarmi al villaggio per partecipare alla funzione pasquale. Raggiunsi il sagrato e mi mescolai con gioia alla moltitudine in festa, senza immaginare che la mia sola presenza potesse agire tra folla come scintilla sulla stoppia. 
Dapprima scagliarono insulti.
«Padre Jospeh!» chiamai, atterrita.
Lui era sulla porta della chiesa.
«Padre, vi supplico!» esclamai, quando fui raggiunta dalla ghiaia, dai sassi.
Avevo nove anni e temetti di morire. Dubitai della salvezza, ma quella discese dal cielo, scura e pesante. Su di me calò una notte morbida, odorosa di cuoio e cavallo; avvolta in quel manto scuro, fui sollevata da braccia sconosciute. Eravate voi, signore, giunto a salvarmi.

 
***
 

«Potete aprire gli occhi, Helena»
Annebbiata dal lungo buio, scorgo il suo volto, la barba folta spruzzata di grigio, gli occhi seri. Gli sfioro una guancia – avevo temuto di non rivederlo mai più.
«Restate, Salazar» sussurro alle sue labbra.
Il suo sguardo brucia come ferro coperto di brina. «Guardatevi intorno», m’ignora.
È una cattedrale, quella che ci sovrasta. Marmo, pietra e colonne, un altare ben strano, decorato con le insegne della casa dei Serpeverde.
«Per voi, mia cara. Nessuno vi scaccerà mai da questo posto».
La mia cattedrale, scavata nelle viscere di Hogwarts.
«Signore, io…».
«Lo sapete, Helena, mi siete cara come sangue del mio sangue» fiacca ogni mio slancio.
Una logora menzogna quella di fingersi un padre per me. Che gioco spregevole, ignorare il fuoco che consuma entrambi, la brama, l’amore! L’ingenua fanciulletta d’un tempo giace esanime ai nostri piedi, morta dal giorno in cui lui venne a salvarci, attratto dall’illustre discendenza e dalla fama di Rowena.
Per un attimo – un così fragile attimo – lo vedo annaspare nei miei occhi furenti: «La decisione è definitiva. Non resterò tra ignoranti e villani, incapaci di cogliere la bellezza di ciò che è puro».
Il suo volto è serio, ma lo sguardo trema mentre mi sfiora il mento.
«Nemmeno per amor vostro» dichiara, con ritrovata asprezza.
«Restate, vi prego» supplico. «Vi prego, signore, abbiate fede. Parlerò con mia madre, intercederò a vostro favore».
Nelle sue mani, ora, accoglie entrambe le mie.
«Vorrei avere il vostro fervido candore, Helena. Vorrei saper pregare con le mie dita scure: potrete farlo voi per me, se vi conforta».
Mi sfiora le labbra e subito i suoi passi risuonano nella chiesa di marmo, lontani. Resto sola nella luce salmastra, mentre le spire del basilisco mi si avvolgono dolcemente intorno alla gonna.
 

 
Non pregai oltre né trovai alcuna salvezza.
Non in vita.
Non in morte.
 
 
 



 
Note
 
L’unico motivo che mi ha spinto a scrivere di questa coppia – ben lontana dalla mia comfort zone – è stato il contest ideato da Mary Black (a cui la storia partecipa - sul forum, Al together contest - VII edizione) e la citazione che ho scelto, che mi ha colpito fin da subito e ha riempito la mia mente di idee e suggestioni! Quindi, grazie Mary! E grazie Liberty_Fede per aver elaborato il pacchetto a cui mi sono ispirata per scrivere qusta flash: 

Coppia: Helena Corvonero/Salazar Serpeverde
Indicazione: "Vorrei saper pregare con le mie dita scure: forse, puoi farlo tu per me" - Subsonica, Tra le labbra


Vivendo questi personaggi tra l’Inghilterra e la Scozia del X/XI secolo, ho cercato di contestualizzarli in un ambiente cristiano cattolico, dal momento che la riforma anglicana è di molto successiva. Ho attribuito ad Helena una fede un po’ insolita, a mio parere, non ortodossa, basata su quelle che ho immaginato potessero essere le suggestioni, le superstizioni e le credenze dell’epoca. Per questo motivo ho lasciato che il tema della salvezza – dell’anima, in questo caso, ma in fondo per la mia Helena è un concetto malleabile che tende a prestarsi a diverse letture – tornasse più e più volte (i medievali ne erano ossessionati).  Inoltre, non ho volutamente evidenziato il suo essere una strega, in particolare nei frammenti relativi all’infanzia: la mia idea era quella di caratterizzarla in opposizione a sua madre, di lasciarla imbevuta nella cultura del suo tempo, a tratti ingenua, decisamente desiderosa di essere accettata e in pieno rifiuto della sua identità. Per quel che riguarda invece il frammento in età più adulta, ammetto che mi è mancato la spazio fisico in parole per dare voce ad altri dettagli.

Probabilmente mi sono presa qualche libertà per quel che riguarda lo svolgersi dei fatti, anche perché non sono certissima di cosa considerare canon per quel che riguarda i fondatori. Per questa storia, in ogni caso, ho immaginato una Rowena ripudiata dalla sua nobile famiglia a causa della gravidanza illegittima, costretta a vivere ai margini della società ma non per questo meno dedita ai suoi studi o meno brillante. Deus ex machina della flash è proprio Salazar, che scova Rowena con l’intenzione di renderla partecipe della costruzione della scuola, conducendo lei e la figlia alla futura Hogwarts – salvandole, in un certo senso. Infine, nella seconda parte, ho sfiorato il momento in cui Salazar lascia la scuola e “inaugura” la Camere dei Segreti, che a me ha sempre ricordato per struttura una cattedrale e che qui ho inserito più in questa veste “sentimentale” che altro.

Infine, per quel che riguarda il rapporto Helena-Salazar non so bene nemmeno io come descriverlo e cosa pensare… Indubbiamente ho considerato tra loro una buona differenza d’età, nella mia mente nell’ordine della ventina d’anni, dal momento che i maghi hanno sempre vissuto più a lungo degli uomini del loro tempo. Volevo che all’infatuazione di Helena contribuisse una certa visione del mondo e una fede incrollabile nel suo “salvatore”, con degli aspetti che trascendono, forse, l’effettiva materialità della loro relazione. Per quel che riguarda Salazar, non ho ecceduto in una caratterizzazione negativa perché, narrando dal punto di vista di lei, mi era difficile. Ho voluto insinuare che, nonostante sia attratto dalla donna che Helena è diventata, la sua ossessione per la purezza fa di lei quasi un cimelio intoccabile, mette un freno a quello che la loro relazione potrebbe diventare. Tutto sommato, un tema appena abbozzato e che potrebbe essere approfondito in una storia più lunga! Di certo, ho voluto credere e raccontare in ultima battuta che l’abbandono da parte di Salazar abbia scosso tutto il sistema di valori di Helena, conducendola agli atti estremi – soprattutto nei confronti della madre – che conosciamo.
 
Bene, dopo aver scritto le solite note più lunghe della storia – chiedo perdono! – mi congedo!
A presto!
Ester

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Tutte le mie promesse ***


  
Tutte le mie promesse
 
 
 
Alice non sapeva come fosse entrato in casa. Tuttavia, trovarselo lì, sulla porta del bagno, con Neville tra le braccia, le sembrò quasi naturale – almeno per un secondo.
“Va via, Sirius”.
“Neville stava piangendo”.
Le piastrelle su cui era rannicchiata erano gelide.
“Cosa fai qui dentro?”
“Vai via, ti prego. Va da Mary, va da chi vuoi, ma vattene” quasi gridò.
Sirius restò immobile sulla soglia, mentre Neville singhiozzava allo stesso ritmo della madre.
“Beh, tieni il bambino, almeno…” mormorò, sconfitto.
Avanzò, si chinò sul pavimento. Il suo profumo lo colpì per primo; oh, quel profumo. No, non era affatto dolce, intenso piuttosto, lo fece tremare. D’un colpo, gli occhi tristi di lei e la sua bocca furono a un passo da lui, mentre Alice tendeva le braccia per afferrare il bambino.
Si sfiorarono.
“Alice…”
Lei affondò il viso sul corpo caldo di Neville e lì soffocò un urlo.
“Ti prego” supplicò in affanno, quando riemerse.
“Io non…”
Tu non, Sirius, hai detto bene. Non dovresti essere qui, non sei mio marito, non sei nemmeno il mio miglior amico” lo interruppe.
Il ragazzo indietreggiò, ferito. Ancora sul pavimento, posò le mani su un pezzo di carta accartocciato: una lettera. La lesse e quando sollevò gli occhi dal foglio incontrò quelli di lei, terrorizzati.
“Verrà a prenderci” gli spiegò. “Verrà da tutti noi, capisci?”
Lui non reagì subito, sconvolto al pensiero che Gideon e Fabian non avrebbero più rallegrato nessuno con le loro assurde battute e quell’esasperante ottimismo. Erano morti e Molly aveva avvisato sua cugina nella maniera più dolce e straziante possibile.
L’attimo dopo, però, era già al suo fianco, per stringerla tra le braccia.
Alice non riuscì a trattenere oltre lo struggimento che le abitava dentro; sospirò di sollievo e desiderio, come se avesse trovato un fuoco caldo dopo la tormenta. Nascose il viso sulla sua spalla e se lo strinse forte addosso. Restarono abbracciati a lungo, così stretti da imprimersi i segni dei vestiti e dei bottoni sulla pelle. Persino Neville, cullato da quei corpi caldi e familiari, si quietò.
“Andrà tutto bene, Alice” le mormorò, infine, all’orecchio, carezzandole una guancia.
Si soffermò un secondo troppo a lungo sull’angolo destro della bocca, quasi a ricordarle quel segreto che era solo loro. Si chinò piano a baciarla, sfiorando quelle labbra umide prima piano, poi con smania.
Fu in quel momento che qualcosa andò storto.
Se la colpa fu del bacio o di quel pugno di parole piene di speranza, Alice non seppe dirlo, ma l’incantesimo ormai era rotto. Il mondo reale l’attendeva e suo figlio era piccolo, caldo e concreto tra le sue braccia.
Posò una mano sul volto di Sirius e lo allontanò dolcemente.
No, le cose non sarebbero andate per il verso giusto; solo un ragazzo giovane e incosciente come lui poteva crederlo. Tuttavia, lei aveva scelto di combattere – e di morire, anche – ed era pronta a farlo, fino in fondo.
Avrebbe rispettato tutte le sue promesse.
“Vai a chiamare Frank, per favore” mormorò, prima di andarsene.

 
 





 
Note
 
Ho scritto questa storia per la challenge "All together Challenge", indetta da Mary Black sul forum Feriscelapenna. Ho scelto di ispirarmi al pacchetto ideato da Rosmary, che riporto integralmente: 

Coppia: Sirius Black/Alice Paciock.
Indicazione: Sirius aveva la malia tipica dell’età più spregiudicata – così giovane e ingordo da credere che il mondo gli dovesse ogni cosa –, Alice aveva pochi anni in più sulle spalle ma pesavano quanto un macigno – il mondo era già riuscito a sfiancarla. Erano binari di terre diverse e non avrebbero dovuto incrociarsi mai, eppure…
Da ambientare post Hogwarts.

Nell’esasperazione di dover scrivere questa storia in sole 500 parole, mille volte ho preso e cancellato tutto, riscrivendo da capo quest’unico episodio della storia di Sirius e Alice. Spero che il contesto si capisca: Alice è sconvolta dalla morte di Gideon e Fabian, fratelli di Molly e – per quanto mi riguarda – suoi cugini. Ha un cedimento, ha paura, e Sirius la trova in questo stato. Resta sottointesa la passata relazione tra i due, segreta e rifiutata da Alice, che rimane ligia al suo dovere fino alla fine. Il titolo vuole fare riferimento alle sue promesse in generale, quelle fatte all’Ordine, così come quelle scambiate con Frank il giorno del matrimonio. 
Grazie, 
Ester 




 

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