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Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle,
cercando di fare meno rumore possibile. Si lasciò sfuggire un profondo sospiro,
come se non avesse più preso fiato da quando era uscito da quella stanza, e si
buttò sul letto a peso morto, di faccia. Prima che qualcuno potesse turbare
quel momento di pace, allungò alla cieca una mano verso il comodino, afferrò le
grosse cuffie, le mise sulle orecchie e fece partire la musica.
Finalmente
qualcosa di piacevole da ascoltare.
Non la voce della mamma che lo sgridava
perché non studiava abbastanza.
Non quella del papà che lo sgridava perché
non si allenava abbastanza.
Nessuno a ricordargli che lui non era il
figlio prediletto.
La
situazione era davvero precipitata da quando Gohan
era andato a vivere con Videl, ma Goten
non ce l’aveva con lui, anzi. Il suo
fratellone era una delle sole due persone che lo capivano. Solo che Gohan era indubbiamente un genio, in grado di eccellere in
tutti i campi, se si impegnava, mentre lui era il figlio imperfetto, incapace
di reggere il confronto. Il suo fratellone alla sua età aveva già salvato il
mondo ed era riuscito ad entrare da privatista in una scuola prestigiosa; lui
aveva a malapena la sufficienza in tutte le materie, e la cosa poteva pure
essergli perdonata se, almeno, fosse stato un bravo guerriero come suo padre.
Già, ma loro non sapevano e, peggio ancora,
si rifiutavano di ascoltare...
Il
cellulare squillò. Goten alzò la testa pigramente,
afferrò il telefono e guardò lo schermo.
Trunks.
Sorrise. L’unica altra persona che lo capiva.
«Yo, Trà!»
«Yo, Got! Com’è?»
«Uno
schifo come sempre. Tu?»
Goten sentì Trunks sospirare dall’altra parte del telefono.
Evidentemente aveva sperato in un’altra risposta, e il ragazzo sapeva benissimo
perché.
«Tranquillo,
non sono così giù da non poter venire per quello,
se ti serve.»
«Sicuro?»
«Sicurissimo.»
«E tua
madre?»
Goten alzò le
spalle: «Se dovessi sommare tutte le punizioni che mi dà, credo che finirei
intorno alla pensione, quindi una più, una meno... ho bisogno di uscire di qua
o soffoco. Solito posto?»
«Ok, a
tra poco.»
In un
lampo, Goten si cambiò la maglia e aprì la finestra.
Controllò l’aura di sua madre, giusto per evitare che lo scoprisse prima ancora
di partire, ma essendo dall’altra parte della casa, mise tranquillamente un
piede sulla finestra e si diede la spinta necessaria a prendere il volo.
Ringraziò mentalmente che sua madre non sapesse fare lo stesso e che suo padre
fosse fuori, o sarebbe stato ancora più nei guai.
L’aria
fresca gli fendette il viso e Goten sorrise. Aveva
smesso completamente di allenarsi nel combattimento da anni, ma non aveva
voluto assolutamente rinunciare a volare. Ricordava ancora con dolcezza e
nostalgia quando il suo fratellone glielo aveva insegnato, tanti anni prima, in
compagnia di Videl, e galleggiare nell’aria era un
po’ come essere ancora bambino e ritrovarsi in uno dei suoi abbracci dolci e
forti, di quando oltre che da fratello gli faceva anche un po’ da padre, di
quelli che a sedici anni non avrebbe più avuto il coraggio di chiedere.
Allontanando
quei pensieri, il ragazzo scese. Trunks era già lì
che lo aspettava, con il pugno teso per il saluto.
«Yo!»
Goten rispose
al saluto battendo il pugno: «Yo. Allora, pensi
davvero di essere pronto a battermi?»
«Mi sono
allenato un sacco, vedrai.»
«E allora
fatti sotto, ti aspetto!»
Goten allargò
le braccia e il suo corpo venne avvolto da una sfera violetta. Trunks iniziò subito a tempestarla di colpi, senza
infliggere alcun danno all’amico.
Goten fece
finta di sbadigliare: «Tutto qui?»
Trunks sorrise:
«Questo era il riscaldamento.»
In attimo
si trasformò in Super Sayan e riprese l’attacco.
«Ecco,
così va meglio.»
Goten sospirò.
Quanti anni erano passati dall’ultima volta che si era trasformato? Tanti,
forse non ricordava più nemmeno bene come si facesse. Questa era una delle
critiche che gli rivolgeva più spesso suo padre, ovvero che la sua “pigrizia”
avesse tolto alla Terra una delle armi migliori che potessero avere, Gotenks. Su una cosa aveva ragione: la differenza di forza
tra lui e Trunks ormai era tale che la fusione
sarebbe stata quasi impossibile. Ma sulla
sua presunta pigrizia...
L’ultimo
pugno di Trunks fece per un attimo vacillare la
barriera. Goten lo guardò sorpreso: «Ehi, non
scherzavi, ti sei allenato sul serio!»
«Sulla
nostra sfida non scherzo mai, dovresti saperlo.»
Passò al
Super Sayan di secondo livello e continuò ad
attaccare senza sosta.
Era nata
anni e anni prima come una promessa, si era trasformata in una divertente sfida
fra loro due. Perché Goten non era così
irresponsabile come credevano i suoi genitori, anche se non se la sentiva più
di allenarsi non aveva intenzione di lasciare la Terra indifesa in caso di
nuove minacce aliene. Così, se non poteva fare altro, aveva promesso al suo
migliore amico che lo avrebbe sempre supportato nei suoi allenamenti. E, a modo
suo, aveva continuato a farlo, fornendo a Trunks uno
stimolo per continuare a sopportare gli estenuanti allenamenti di Vegeta.
«Prova a
colpire più in alto, di solito è lì che la mia barriera è più debole.»
«Non
accetto suggerimenti.»
Goten sorrise
della testardaggine dell’amico. Erano ormai almeno sette anni che cercava di
sfondare quel muro, senza riuscirci, eppure non si era mai arreso.
Nella
foga e nella frustrazione, Trunks lanciò un colpo
energetico nel punto suggerito da Goten.
«NO!»
La sfera
di energia rimbalzò come una pallina da tennis sulla barriera e si diresse
verso un albero. Trunks, rendendosi conto
dell’errore, sbarrò gli occhi e si precipitò per intercettarla, ma Goten fu più veloce: con un rapido movimento della mano
avvolse anche l’albero in una barriera energetica simile alla sua, e il colpo
rimbalzò nuovamente verso di lui, che spense la sua difesa per ricevere il
colpo in pieno petto.
«Goten!»
«Sto
bene, non preoccuparti.»
«Mi
dispiace, scusami...»
«Ti ho
chiesto più volte di non usare colpi energetici durante il nostro allenamento.»
«Lo so,
mi dispiace, non...»
Goten sospirò,
guardando la sua maglietta bruciacchiata: «Vabbè, non importa. Comunque questo
non conta ai fini della sfida, la barriera l’ho disattivata io.»
Trunks lo
guardò perplesso. Ma chi ci stava più
pensando alla sfida!
«Dai,
vieni da me, ti disinfetto e ti do una maglietta nuova.»
Goten guardò
l’orologio: «Non faccio in tempo, devo essere a cena tra poco. Qualcosa
m’inventerò. Ci sentiamo più tardi.»
E volò
via senza lasciargli il tempo di replicare. Trunks
rimase lì, imbambolato per un po’. Si avvicinò all’albero e lo osservò con
attenzione.
Si era sbagliato, o Goten
aveva davvero...
Un’idea
prese forma nella sua mente e sorrise, prendendo in mando il telefono. Forse
avrebbe avuto qualcosa di meglio per farsi perdonare di una semplice maglietta
nuova...
Quella
sera, mentre Goten era ancora chiuso in camera con le
cuffie sulle orecchie, il telefono squillò di nuovo. Come poche ore prima, il
ragazzo guardò lo schermo e sorrise.
Gohan.
«Pronto?»
«Ciao,
fratellino, come stai?»
«Insomma...
e tu?»
«Bene,
dai... senti, domani vieni a pranzo qui?»
«Dipende
da...»
«Mamma è
già stata avvisata e hai tutti i permessi del caso.»
Goten sbarrò
gli occhi: «Come hai fatto??? Mamma è furiosa con me!»
Gohan
ridacchiò: «Ho chiesto un desiderio a Shenron!»
Goten scosse
la testa sospirando: «Solo tu ci riesci...»
«Allora,
vieni? Videl fa gli spaghetti di soia con le verdure
saltate...»
Il
ragazzo avrebbe abbracciato il fratello con tutte le sue forze, se lo avesse
avuto a disposizione. Stava proprio facendo di tutto per tirargli su il morale.
«Come
faccio a dire di no a quegli spaghetti?»
«Dai, ti
aspetto domani.»
«Grazie.
A domani.»
Gohan chiuse
la chiamata con un sospiro gigante. Solo allora notò il sopracciglio alzato
della moglie.
«Sei
arrabbiata?»
Videl scosse
la testa: «No, sai che mi fa piacere quando viene Goten,
ormai è anche un po’ il mio fratellino, e Pan è solo felice quando può giocare
con suo zio. Sempre che domani ce ne sia il tempo, visto quello che state
tramando alle sue spalle...»
Gohan sorrise:
«Allora è quello che ti dà fastidio!»
La donna
annuì: «Non mi piacciono i segreti, lo sai.»
«Ma
questo non è un segreto!»
Videl lo
guardò di storto.
«È più...
una sorpresa!»
«Una
sorpresa di cui non sei per nulla sicuro, a giudicare dalla tua faccia.»
«Questo è
vero, ma spero che possa sbloccare una situazione in stallo da troppo tempo.»
Videl si
arrese: «Non ci resta che aspettare e vedere... ma almeno una curiosità me la
togli?»
«Se
posso...»
«Perché Goten è così appassionato dei miei spaghetti saltati?»
Gohan guardò
la moglie. Come poteva spiegarle che il suo adorato fratellino aveva tentato
per un periodo di diventare vegetariano, ma senza riuscirci a causa della sua
fisiologia mezza sayan, che richiedeva più calorie di
quanto qualunque vegetale da solo potesse fornirgli, senza metterlo in ridicolo?
«Questo
invece sì, è un segreto.»
E ridendo
schivò una ciabatta lanciata dalla moglie.
Erano tanti anni che non scrivevo una storia su Dragon Ball, ma
mi sono ritrovata a riflettere su una questione: purtroppo Goten
è un personaggio sprecato. Trunks, soprattutto grazie
alla sua versione dal futuro, ha una sua collocazione nella trama, mentre Goten non ha un vero ruolo, se non quello di essere una fotocopia
in piccolo di suo padre. Ho provato a inserire un piccolo cambiamento (che
leggerete per bene nel prossimo capitolo) e partendo da quello a dargli una
caratterizzazione diversa per trasformarlo in un personaggio un po’ più reale.
La storia è ambientata alla fine di Z, più o meno nel periodo di
quell’ultima puntata con Ub al torneo e, ovviamente,
ignora completamente gli avvenimenti di Super.
Un’ultima nota: il titolo mi è stato suggerito da un amico, è in
greco e significa “scudo”.
Spero che questo esperimento vi abbia incuriosito e vi invito al
prossimo capitolo.
Il bambino dai capelli
scuri, accompagnato dal suo inseparabile fratellone, saluta il suo migliore
amico. Sorride, è felice, perché quel piccolo incontro al limitare del bosco è
solo una piccola anticipazione della festa del giorno dopo. È l’ultimo giorno
in cui può dire di avere la stessa età di Trunks, poi
l’amico compirà dieci anni.
«A cosa giochiamo?»
I due bambini si guardano
con complicità, poi alzano i pugni al cielo e urlano in coro: «Allenamento!»
Gohan sorride, mentre sfoglia distrattamente un
libro. E cos’altro potevano fare quei due? Avevano iniziato ad allenarsi nel
combattimento da piccolissimi, e quello era rimasto il loro gioco preferito. Da
un certo punto di vista, meglio così, non avrebbe augurato a nessuno
un’infanzia come la sua...
I due bambini iniziano a
combattere, a calci, a pugni, a colpi energetici, normali e trasformati in
Super Sayan. Gohan li
sorveglia distrattamente, hanno molta esperienza e non è preoccupato.
Un pugno diretto al volto.
Goten lo schiva con facilità e ricambia con una sfera
energetica potente diretta al fianco dell’amico. Trunks
lo schiva con altrettanta facilità e il colpo sfugge al controllo del bambino.
«NO!!!»
La sfera di energia
colpisce gli alberi alle loro spalle e innesca un incendio.
«Goten,
Trunks!»
Il ragazzo afferra
entrambi i bambini e li allontana in volo. A Goten
non rimane che osservare con sgomento cosa il suo colpo ha provocato: alberi in
fiamme, uccelli che volano via, animali che tentano di fuggire e che, in parte,
non ce la fanno.
L’odore di rami e carne
bruciati si diffonde nell’aria, riempie i polmoni dei tre mezzi Sayan, innesca i sensi di colpa di Goten,
che si guarda le mani tremando come una foglia.
Cosa aveva provocato?
Gli avevano detto che la
sua forza doveva servire a salvare la Terra, e lui cosa aveva fatto?
L’aveva distrutta.
I combattimenti per lui
erano stati sempre un gioco, ma solo in quel momento capisce davvero la potenza
che si nasconde dentro di lui, e cosa può provocare.
E ne ha paura.
Gohan e Trunks assistono
inermi. Non importa che uno abbia più di vent’anni e l’altro neanche dieci, in
quel momento entrambi capiscono.
Niente, per Goten, sarà più come prima.
Goten suonò il
campanello e attese la piccola vocina che, puntualmente, venne.
«Zio Goten, zio Goten! È arrivato lo
zio Goten!»
Il
ragazzo sorrise mentre la porta si apriva e una bambina di cinque anni gli si
buttava fra le braccia.
«Zio Goten!»
Il
ragazzo l’afferrò e le fece fare il giro sopra la sua testa: «Eccola qua, la
mia nipotina preferita!»
Pan rise
e Goten abbassò lo sguardo per salutare il fratello o
la cognata. Tuttavia ad accoglierlo c’era un altro ragazzo, dai capelli viola e
con un sorriso beffardo e divertito dal suo spaesamento.
«Yo, Got!»
Goten sbarrò
gli occhi: «Trunks! Che cosa ci fai qui?»
«Se ti dà
così fastidio me ne vado.»
«No, no,
certo che no! Solo… non ti aspettavo.»
Il
ragazzo allargò le braccia: «Sorpresa! Allora, che fai, entri? Altrimenti i
tuoi spaghetti me li pappo io!»
Pan rise
nel vedere la faccia sconvolta e divertita dello zio: «Ma se a te neanche
piacciono!»
E chiuse
la porta entrando in casa. Dal fondo del corridoio si udirono altre voci.
«É
arrivato?»
«Penso di
sì.»
Goten sorrise:
«Gohan, Videl, sono qui!»
La
padrona di casa, ancora indaffarata con la cucina, fece capolino dalla porta:
«Benvenuto! Ancora cinque minuti e ci sono!»
«Fai con
calma.»
Gohan, invece,
arrivò ad accogliere gli ospiti e a prendere in braccio la figlia: «Ciao, fratellino.
Tutto bene?»
Goten gli
sorrise porgendogli la bambina: «Sì, certo. Mi hai fatto proprio una bella
sorpresa, chi si sarebbe aspettato anche Trunks?»
Il
ragazzo aprì la bocca, come per rispondere, ma Gohan,
con nonchalance gli mise una mano sulla spalla: «Era un bel po’ che non lo
vedevo e ho pensato che a te non sarebbe dispiaciuto. Che ne dite di metterci a
tavola? Pan, hai fame?»
«Sì!!!»
Solo Trunks si accorse della stretta sulla sua spalla, ferma e
decisa, con cui il giovane padre aveva fermato il suo discorso sul nascere. Il
messaggio non verbale era chiaro.
Dopo.
Il pranzo
si svolse nel migliore dei modi, fra chiacchere, buon cibo, risate e smorfie
della piccola Pan, a cui Goten rispose in ogni
maniera, perdendosi in questo modo le occhiate serie che gli altri componenti
della tavolata, a volte, si scambiavano. Solo al momento del caffè Videl fece un cenno a Gohan, che
annuì in risposta. Con un sospiro, la donna prese la figlia.
«Su, dai,
Pan, lasciamo tranquilli gli uomini e andiamo a fare qualcosa “da femminucce”.»
«Uffa,
mamma!»
Goten sorrise:
«Guarda che non dà alcun fastidio.»
Videl gli
rispose semplicemente con un sorriso triste e uno sguardo materno e protettivo,
che sorprese non poco il ragazzo. Poi si rivolse nuovamente a Pan: «Dai, dà un
bacio allo zio e andiamo.»
Con una
smorfia di grande delusione, la bambina salì sulle ginocchia dello zio e gli
schioccò un grosso bacio sulla guancia. Il ragazzo ricambiò afferrandola per la
vita, mettendola a testa in giù e facendole le pernacchie sul pancino. Pan rise
con tutto il fiato che aveva in corpo e solo allora Goten
si ritenne soddisfatto e la lasciò raggiungere la mamma, salutandola con la
manina. Poi sospirò.
«Che
succede?»
Gohan rimase
tranquillo: «Deve per forza succedere qualcosa?»
Goten lo
guardò di storto: «All’inizio ci sono cascato con tutte le scarpe, ma
ripensandoci… il pranzo con i miei piatti preferiti, Trunks,
Pan… sembra tutto organizzato per mettermi a mio agio prima di darmi una
qualche notizia che non mi piacerà.»
Trunks rispose:
«Be', non è detto che non ti piaccia, ma sai… meglio premunirsi…»
Gohan
ridacchiò e cominciò a spiegare: «Devi scusarci, ma ci servivi abbastanza
rilassato.»
«Per
cosa?»
«Per
questo.»
E con una
compostezza ineccepibile, senza neanche guardare, Gohan
allungò il braccio e fece partire una piccola onda energetica verso la stanza
di Pan. Goten non riuscì nemmeno a pensare, non
appena sentì l’energia di Gohan concentrarsi nella
mano, d’istinto allungò la sua e creò una barriera violetta che coprì tutto il
muro della stanza e contro cui il colpo ribalzò perfettamente. Trunks scattò, prendendo il colpo in pieno, ma non subendo
alcun danno.
Goten rimase
per un momento senza fiato, poi, quando riuscì nuovamente a pensare e a
riformulare cosa era appena accaduto, sbottò: «TU SEI TUTTO MATTO!!! LE ORE SUI
LIBRI DEVONO AVERTI FATTO IMPAZZIRE!!! ATTACCARE SENZA PREAVVISO NELLA
DIREZIONE DELLA TUA FAMIGLIA!!!»
Gohan rimase
calmo e sorrise: «Però non è successo nulla.»
«MA CHE
MODO DI RAGIONARE È???»
Lo
sguardo dell’uomo rimase fermo sul fratello: «Tu hai bloccato il colpo.»
«E MENO
MALE!!!»
«E quindi
Trunks aveva ragione.»
Goten si calmò
un attimo: «Ragione su cosa?»
Gohan gli
sorrise: «Siediti un attimo e parliamone, ti va?»
Il ragazzo
guardò Trunks, che annuì incoraggiante, e ubbidì, ma
tenendo ogni nervo del suo corpo pronto a reagire a qualunque gesto inconsulto
del fratello.
«Tranquillo,
non ho intenzione di lanciare altri colpi, rilassati. Sul serio.»
Goten sospirò,
ma non riuscì a rilassarsi del tutto.
«Ti sei
almeno reso conto di cosa hai fatto?»
«Ho
parato il tuo colpo.»
Gohan sospirò.
Sapeva che il suo fratellino poteva essere davvero testone, a volte.
«Quando
sette anni fa è successo “l’incidente” che ti ha portato a smettere di
allenarti…»
Goten
s’irrigidì e abbassò lo sguardo. Odiava parlarne, ma dal tono aveva capito che
il fratello non si sarebbe fermato.
«… tu sei
andato da Junior e gli hai chiesto di insegnarti a creare una barriera.»
«Era
l’unico modo in cui potevo aiutare Trunks negli
allenamenti senza rischiare di distruggere niente.»
Trunks
s’intromise: «Sinceramente, calcolando che avevi nove anni all’epoca, l’ho
sempre ritenuta una genialata!»
Gohan sorrise
nel vedere il fratello arrossire. Sapeva bene che tra i due amici il genio era
considerato sicuramente più il figlio di Bulma che
non quello di Goku.
«E da
allora, tutte le settimane, ti sei allenato con Trunks
nella tua barriera.»
Goten scosse
la testa: «Ti sbagli, io ho fatto solo allenare Trunks.
Qualcuno doveva pur rimanere a proteggere la Terra se non ci fossero stati papà
o Vegeta…»
«No, sei tu che ti sbagli! Tu ti sei allenato!»
«Eh?»
Trunks rise:
«Credi davvero che la barriera che creavi a nove anni potrebbe reggere i miei
colpi di adesso?»
Gohan continuò:
«Forse non te ne sei reso conto, l’hai presa come un gioco, ma tu sei diventato
più forte in tutto questo tempo, e la tua barriera con te. E questo tuo potere
straordinario sta continuando a crescere. Guarda!»
Indicò il
muro che poco prima aveva cercato di colpire.
«Qualche
tempo fa, se fosse successo qualcosa del genere, ti saresti buttato tu stesso
verso il colpo, rischiando di non fare in tempo e di farti male, e avresti
creato una barriera che avrebbe coperto anche
il muro, oltre che te stesso. Oggi sei stato più veloce di un lampo, non
avevo neanche lanciato il colpo e la tua barriera era già là, mentre tu eri
scoperto. Non solo la tua barriera, ma anche la tua capacità di percepire le aure
è aumentata, a forza di controllare di continuo dove siano mamma e papà per
sgattaiolare fuori casa! Il tuo potere sta cambiando, Goten,
si sta evolvendo!»
Il
ragazzo rifletté ad alta voce: «Come ieri, con l’albero…»
Trunks esultò:
«Esatto! Ne ho parlato con Gohan, e ci è venuta
un’idea!»
Goten iniziò
seriamente a preoccuparsi: «Sentiamo…»
L’amico
continuò: «Tu hai smesso di combattere per “proteggere la Terra da te stesso”,
parole tue. Ma se invece potessi proteggere la Terra… senza combattere, solo
con quello che sai fare meglio?»
Gohan riprese:
«Quello che vogliamo proporti è un allenamento speciale, per te e per noi, per
rinforzare la tua barriera, così che tu possa usarla per proteggere la Terra, o
la popolazione di una città, in caso di emergenza, mentre altri si occupano di
combattere. Una sorta di arma segreta.»
Trunks lo
incalzò ancora: «Hai sempre detto che ti dispiaceva non potermi più aiutare a
salvare il mondo, così potresti ancora farlo, a modo tuo!»
Goten era in
imbarazzo, rosso in viso e con le mani che non stavano un attimo ferme:
«Grazie, quello che mi state dicendo è… incoraggiante, e ve ne sono grato, ma…
e se fallissi anche questa volta?»
Trunks
ridacchiò: «E allora? Cosa cambierebbe da adesso?»
Gohan sospirò:
«Se quello che ti preoccupa è la pressione di mamma e papà, possiamo mantenere
il segreto, continuare come abbiamo sempre fatto e far loro una sorpresa al
momento opportuno. E se proprio andrà male, avrai aiutato noi a tenerci in
allenamento, come fai di solito.»
Il
ragazzo sorrise timidamente. L’idea di potersi riscattare agli occhi dei genitori
lo allettava parecchio.
«Dai,
cos’hai da perderci?»
Goten sospirò,
forse già pentendosi della sua scelta prima ancora di averla veramente presa.
«Cosa
avete in mente?»
Trunks esultò:
«Così ti voglio! Abbiamo già pensato a tutto!»
«Trattandosi
di due cervelloni come voi, non avevo dubbi.»
Gohan si alzò
dalla poltrona: «Allora, se avrai la bontà di seguirci, ti illustreremo il
nostro progetto.»
Goten si alzò,
per poi fermarsi.
«E se non
ci fossi riuscito? Avresti davvero colpito Videl e
Pan?»
L’uomo
gli sorrise, avvicinandosi alla finestra e scoprendo la tendina: «Guarda tu
stesso.»
Goten si
avvicinò al vetro. Videl era in tuta da allenamento
e, con la scusa di far fare un po’ di ginnastica alla bambina, era pronta a
prendere Pan e a volare via dalla porta lasciata appositamente aperta.
«Tu
dimentichi che mia moglie è la più forte guerriera terrestre, e che Pan è per
un quarto Sayan. Credi davvero che non sarebbero
riuscite a schivare l’attacco?»
Trunks
aggiunse: «E poi io ero pronto a mettermi in mezzo e a ricevere il colpo.»
«Tutto
organizzato, eh?»
Il
ragazzo rise: «Siamo due cervelloni, lo sai!»
Gohan, dalla
finestra, fece un sorrisone alla moglie alzando il pollice. Lei, per tutta
risposta, gli rifilò un’occhiataccia e fece un segno inequivocabile sul collo per
dirgli che dopo avrebbero fatto i conti. L’uomo rabbrividì e si scostò dal
vetro.
«Ehm,
come stavo dicendo… possiamo andare.»
Goten osservò
ancora per un attimo Videl, che non appena vide che
il marito si era allontanato, gli rivolse un grosso sorrisone, gli lanciò un
bacio d’incoraggiamento e incrociò le dita. Il ragazzo sorrise di risposta. Suo
fratello si era scelto una moglie fantastica.
«Allora,
si può sapere dove mi volete portare?»
«Non sarò
un cervellone, ma sto iniziando a farmi un’idea del vostro piano...»
Trunks
ridacchiò mentre con la mano salutava Dende e Mr. Popo nel Santuario del Supremo.
Gohan si
rivolse al namecciano: «Sapete già perché siamo qui?»
Dende annuì:
«Mi piace osservare i vostri allenamenti. Quassù la vita a volte è noiosa...»
Goten si
guardò intorno: «Ma davvero non arriva il segnale della TV qua sopra?»
Il
Supremo sorrise: «Te la sentiresti, allora, di sottoporti a questo
allenamento?»
«Diciamo
che ci posso provare, ma non assicuro nulla sui risultati.»
Mr. Popo intervenne: «Io invece sono fiducioso.»
Goten sospirò:
«Vi prego, non caricatemi di aspettative...»
Mentre si
avviavano all’interno del palazzo, Trunks gli mise
una mano sulla spalla: «Sei pronto a tornare nella Stanza dello Spirito e del
Tempo?»
Il
ragazzo fece una smorfia. Non entrava là dentro da quando si erano allenati per
affrontare Majinbu, tanti e tanti anni prima, e in
realtà là dentro si era pure divertito, all’epoca, quando era però un altro Goten, uno
fanatico degli allenamenti.
Cercò di
scherzarci su: «Finché non c’è Junior, forse...»
«E se
invece ci fossi?»
Goten trasalì.
Come se lo avesse evocato con un desiderio di Shenron,
Junior uscì proprio dalla Stanza dello Spirito e del Tempo.
«J-J-Junior?»
Dende sorrise:
«L’ho chiamato io. Dopotutto è lui che ti ha insegnato a fare le barriere, no?»
Goten annuì,
decisamente più preoccupato. Un allenamento con Trunks
e Gohan era una cosa, ma con quel dittatore di
Junior...
Il namecciano si rivolse a Gohan:
«Allora, qual è il programma di allenamento?»
«Avevo
pensato a un’ora al giorno. All’interno della Stanza corrisponde a quindici
giorni, tempo più che sufficiente per alternare allenamento e riposo.»
Junior lo
guardò di storto: «Sei troppo buono.»
«Sono
prudente. Non riuscirò a rapirlo da nostra madre per più di un’ora al giorno
senza destare sospetti, e potrebbe anche non riuscirmi tutti i giorni. Vuoi
davvero metterti contro di lei?»
Junior
soppesò bene pro e contro e si arrese.
Gohan sospirò:
«Dunque, ricapitoliamo: la nostra proposta è di venire qui un’ora al giorno,
che come dicevo all’interno della Stanza saranno quindici giorni, per allenarti
a turno con uno di noi... tre, a
questo punto?»
Junior
annuì: «Tre.»
Goten deglutì
rumorosamente.
Gohan
continuò: «La scusa ufficiale con mamma e papà sarà di darti ripetizioni. Cosa
che durante il mio turno di allenamento non escludo neanche di fare davvero,
giusto per reggere meglio la copertura.»
«Ehi,
questo non era nei contratti!»
Trunks rise di
gusto. Goten però si era rabbuiato, e il ragazzo se ne
accorse.
«Vieni
con me.»
Lo prese
per un braccio e, lasciando tutti interdetti, se lo trascinò all’interno della
Stanza dello Spirito e del Tempo e chiuse la porta.
«Trà, cosa stai facendo?»
Trunks, prima
di tutto, si avvicinò al tavolo della cucina, posò il telefono, poi si voltò e
lo guardò serissimo: «Voglio dimostrarti che sbagli a sottovalutarti. Avanti!»
Si
allontanò di qualche passo e si mise in una posa che Goten
conosceva benissimo.
«Stai
scherzando.»
«Ho
l’aria di uno che scherza?»
Il
ragazzo accennò un mezzo sorriso: «In quella posizione...»
Ma Trunks rimase serio: «Fuori non passeranno che un paio di
secondi, non possono aprire la porta perché siamo già in due, non potranno
sentire la nostra aura in ogni caso... che
hai da perdere?»
L’illusione di potercela ancora fare, pensò Goten, ma non ebbe il coraggio di dirlo all’amico che
attendeva, ancora in posizione.
«MUOVITI!
Togliamoci questo dubbio una volta per sempre!»
Con un
sospiro così profondo che sembrò togliergli tutto il fiato che aveva in corpo, Goten si avvicinò all’amico.
«Non so
se mi ricordo ancora come si fa, è passato così tanto tempo...»
«Possiamo
fare più tentativi. Anche se impiegassimo qualche ora, fuori non passerebbe
neanche un minuto.»
Goten sorrise
tristemente: «Non ti convincerò a rinunciare, eh?»
«No. E
ora datti una mossa, non so per quanto tempo resisterò ancora in questa posa
scema.»
Già,
quando erano bambini non si rendevano veramente conto di quanto fosse
imbarazzante quel balletto...
Goten chiuse
gli occhi, prese un profondo respiro, ritornando con la mente a quando aveva
quattro anni e Junior li allenava disperatamente per quella mossa. Poi stese le
braccia, guardò Trunks e annuì con lui.
«FU...»
Il
ragazzo sentiva il cuore accelerare come un treno. Quanto aveva temuto quel
momento? Eppure non poteva concedersi distrazioni, ricordava bene quanto fosse
una questione di precisione.
«...
SIO...»
Un
istante di dubbio. I loro indici avrebbero coinciso come allora?
C’era
solo un modo per scoprirlo.
«...
NE!!!»
Non ci fu
il tempo per altre incertezze. Una forza che entrambi avevano quasi dimenticato
li strattonò all’altezza dell’ombelico portandoli uno verso l’altro, una luce
accecante li avvolse e quando si spense rimase una sola persona. Si guardò le
mani, poi, con estrema calma, si avvicinò al tavolo, prese il telefono di Trunks, andò davanti all’unico specchio presente nella
stanza e, con le migliori boccacce di un tempo, si fece un selfie.
Guardò il risultato e rise di gusto, sistemandosi meglio il ciuffo nero e viola.
«Questo è
per te, fifone di un Goten. Credevi davvero che
bastasse così poco per uccidere il grandioso Gotenks?»
E, con un
grosso sorriso, si coricò nel letto e attese pazientemente lo scadere dell’ora.
Gohan li
guardò uscire con estrema preoccupazione: «Allora?»
Goten teneva
il telefono di Trunks in mano e aveva un’aria
mortificata: «Quanto siamo stati dentro?»
Junior
rispose: «Poco meno di un minuto.»
Il
ragazzo annuì pensieroso. Trunks, con un sorriso, gli
diede una gomitata.
«Allora?
Ti ho convinto?»
Goten guardò
ancora una volta quella foto che una parte di se
stesso gli aveva lasciato.
«D’accordo.
Ci posso provare.»
E rieccoci qua. Gohan e Trunks hanno deciso di dare una bella spinta a Goten, aiutati da Junior… ci riusciranno?
Fu molto,
molto meno stressante di quanto Goten si sarebbe mai
aspettato. Certo, le giornate di allenamento con Trunks
erano molto più divertenti di quelle con Junior, ma dovette ammettere con se stesso che, stanchezza a parte, quello stile di vita gli
piaceva: qualche ora di scuola, e poi una sorta di vacanza dallo studio e dai
suoi genitori di ben due settimane da passare ad allenarsi, sì, ma anche a
chiacchierare, a scherzare e a divertirsi. E poi quell’allenamento per lui non
era così faticoso, almeno fino a quel momento. Doveva limitarsi a tenere la
barriera più a lungo possibile e aveva scoperto di poterlo fare per qualche ora
senza problemi, anche subendo i tanto temuti attacchi energetici, che dentro la
camera potevano essere lanciati senza rischiare danni. Di solito erano i suoi
avversari che dovevano fermarsi a riposare.
Con una dovuta eccezione.
«Alzati.»
Goten alzò la
testa, esausto: «Sono due giorni che non mi siedo, almeno quello. Posso creare
la barriera anche da seduto.»
Junior
gli lanciò una sfera di energia: «Ho detto ALZATI!»
Goten non ebbe
neanche la forza di guardare. Una barriera viola in miniatura comparve
direttamente attorno alla sfera di energia, trasformandola in un’innocua
pallina che gli rimbalzò in testa, dopodiché, semplicemente, crollò dal sonno.
Junior, apparentemente indifferente al ragazzo addormentato, prese la pallina
viola in mano e osservò in trasparenza il suo colpo, perfettamente attivo e
funzionante ma cristallizzato. Provò a sfondare la piccola barriera, ma non ci
riuscì. Si voltò verso Goten, che russava debolmente,
e sorrise soddisfatto.
«Eccellente.»
Gohan guardò
di storto il vecchio maestro, mentre Goten fuggiva a
gambe levate dalla Stanza per raggiungere Trunks.
«Hai
esagerato.»
«Neanche
un po’.»
Il
giovane uomo sospirò: «Se fai passare a Goten la
voglia, tutto questo lavoro andrà in fumo, lo sai, vero?»
Junior si
limitò a lanciargli la pallina viola: «E tu lo sai che tuo fratello dà il
meglio di sé sotto pressione, vero?»
Gohan guardò
la pallina controluce, impressionato. Il namecciano
aggiunse: «È là dentro da quattro giorni e la barriera non dà segni di
cedimento. Se ci si mette, Goten è il degno figlio di
Goku quando si allena, anche migliore di te. Sarebbe un guerriero fantastico.»
«Lui è un guerriero fantastico. Un guerriero
specializzato in difesa. Ci mancava nella squadra uno così, no?»
Junior
sospirò: «Certo, ma se superasse quel blocco, sarebbe ottimo anche in attacco.»
«Cominciamo
così. Comunque, quanto ci hai messo a fargli fare questo?»
«Due
giorni.»
«Non interi, vero?»
Il namecciano si limitò ad annuire e Gohan
fece una smorfia: «Oh mamma...»
Si rigirò
la pallina fra le dita: «E di questa cosa ne facciamo?»
Goten, che era
tornato indietro a recuperare il fratello, intervenne: «Posso tenerla io? Solo
fino a stasera!»
«Che vuoi
farne?»
«Smaltirla
in modo ecologico. Stasera devo venire a cena da te, no?»
Gohan annuì
perplesso: «Sì...»
«Allora
ci penso io.»
Goten si
allontanò con la sua sferetta in mano, lasciando Gohan
e Junior perplessi.
«Fammi
indovinare. Stai per autoinvitarti a cena.»
«Mi basta
giusto un bicchiere d’acqua.»
L’uomo
sospirò, pensando a cosa avrebbe detto Videl. Quante
ne doveva sopportare, per il suo fratellino...
Alla fine
della cena, Goten prese sulle spalle la sua nipotina
e la portò fuori, in cortile, seguito da Gohan, Videl e Junior.
«Sei
pronta per la sorpresa?»
Pan
esultò: «Sììì!»
Goten sorrise:
«E allora non staccare gli occhi dal cielo.»
Detto
questo, prese dalla tasca la sua pallina viola e con uno scatto la lanciò in
alto con tutte le sue forze, per poi prendere la mira, con un occhio chiuso, e
lanciare un colpo energetico dall’indice, netto e preciso, diretto solo alla
sua piccola barriera e a quel minuscolo punto debole che forse solo lui era in
grado di individuare. Il colpo cristallizzato di Junior esplose in un turbinio
di luci e colori.
«I fuochi
d’artificio!!!»
Goten sorrise:
«Sei felice?»
«Sììì! Grazie, zio Goten, è
bellissimo!»
«Prego,
Pan.»
Alle loro
spalle, Gohan era con gli occhi sbarrati, con più o
meno la stessa faccia con cui, anni prima, aveva assistito alla prima
trasformazione di Goten in Super Sayan.
«Non. Ci.
Credo. Erano anni che non sparava un colpo!»
Junior
sorrise: «Che ti dicevo? Se vuole, è un genio. Sprecato, ma un genio.»
Gohan scosse
la testa: «No, non sprecato. Solo... pacifico.»
«Che, in
un mondo di guerrieri, è un po’ sprecato.»
«Ma in un
mondo in pace, è perfetto. Lui potrebbe davvero capire come usare quello che ha
imparato per combattere in modo pacifico. Sarebbe fantastico.»
«In un
mondo in pace.»
Gohan sorrise:
«Per quello ci siamo io, te e tutti gli altri, no?»
«Vuoi
troppo bene a tuo fratello.»
«Gli vuoi
bene anche tu, o non ti impegneresti così tanto. E a te non piacerebbe un mondo
di pace?»
Junior
sospirò: «I figli del più grande guerriero dell’universo pacifisti, che
ironia.»
Ma anche
lui rimase per un po’ a guardare rapito ciò che il suo colpo distruttivo e un
genio pacifista avevano prodotto, insieme: uno spettacolo in cielo e la risata
di una bambina.
«Sinceramente,
inizio ad essere un po’ stanco…»
Trunks,
trasformato in Super Sayan, fece una smorfia
imbarazzata. Goten non aveva tutti i torti, per
cercare di stimolarlo avevano deciso, per quella sessione di allenamenti, di
alternarsi a turni di venti minuti nella Stanza, e quindi il ragazzo aveva
dovuto sostenere i colpi a piena potenza sia di Junior che di Gohan prima di lui. Trunks
indugiò. Avrebbe dovuto fermarsi o continuare?
Goten,
all’interno della sua barriera, sbadigliò vistosamente, con la bocca
completamente spalancata. Trunks decise di testare
l’amico un’ultima volta, e poi fermarsi: lanciò un colpo energetico proprio
nell’istante in cui gli occhi dell’amico erano chiusi, tenendosi pronto, se
necessario, ad acchiapparlo al volo e a buttarlo a terra.
Un
istante prima che la sfera di energia colpisse la barriera, questa cambiò
colore, passando da viola a verde acqua, e, non appena il colpo venne a
contatto con essa, per un attimo assunse quella tonalità d’oro che Trunks era abituato ad associare al Super Sayan. Goten sussultò, sbarrando
di colpo gli occhi, e dalla sorpresa lasciò cadere la barriera.
Trunks corse da
lui: «Got, che succede?»
Il
ragazzo si fissò le mani perplesso: «Io… io non lo so. L’ultimo colpo… invece
che stancarmi mi ha dato una botta di adrenalina. Come se avessi bevuto una
tazza di caffè.»
«Questo è
strano… pensi di poterlo rifare?»
«Non lo
so. Possiamo provarci.»
Trunks caricò
il colpo, mentre Goten cercò di rifare quel che aveva
creato poco prima. Il primo risultato però fu la solita barriera violetta.
Trunks, prima
di lanciare l’onda energetica, gli disse: «Prima era di un altro colore.»
«Lo so,
dammi un momento.»
Non aveva
mai provato a cambiare la tecnica di base della sua barriera prima di allora,
ma chiuse gli occhi e si concentrò sull’energia proveniente dal corpo di Trunks, un’aura che conosceva benissimo. Poteva avvertirne
la concentrazione nelle dita, nella mano, nel braccio e ancora più su, nel
tronco… Non era semplice, ma provò a concentrare la propria aura non per respingere, ma per accogliere quella dell’amico.
Trunks, ben
concentrato a non far partire il colpo per errore, notò come la barriera
intorno a Goten iniziasse a cambiare colore, passando
dal viola al rosso, dal rosso al blu dal blu al verde; soprattutto, però, notò
l’espressione del ragazzo, che da corrugato dallo sforzo, lentamente, si
rilassò, aprendo appena la bocca, cambiando il ritmo del respiro, fino a
sembrare in uno stato di concentrazione mistica. Il ragazzo dai capelli viola
quasi si spaventò, non aveva mai visto Goten
comportarsi in quel modo e soprattutto non aveva mai avvertito la sua aura
modificarsi in quella maniera, cambiando repentinamente frequenza, quasi non
fosse più lui, per poi diffonderla con un tocco leggero delle dita attraverso
la sua barriera, che si stabilizzò nel colore verde acqua di poco prima.
«Ora.»
Fu un
sussurro leggero, ma detto con una tale convinzione che Trunks
sentì un brivido lungo tutta la schiena e obbedì all’istante, lanciando il
colpo. L’onda energetica impattò sulla barriera e ne venne completamente
assorbita, facendo cambiare a quest’ultima il colore in oro e, quasi come se
fossero una cosa sola, facendo trasformare all’istante Goten
in Super Sayan, come non faceva da anni. Trunks, dallo spavento, cadde a terra tornando normale,
mentre Goten, ancora concentrato, cercava gestire
quella quantità improvvisa di energia. Aveva adattato la propria barriera, la propria
aura a quella di Trunks; ora doveva fare l’opposto,
adattare l’energia dell’amico alla sua…
Lentamente,
la barriera si spense, tornò verde acqua e poi violetta. Goten,
invece, continuò a risplendere ancora per un po’ della luce del Super Sayan, ma poi anche lui, in qualche modo, si spense e tornò
il solito. Tolse la barriera, ma ancora per qualche istante rimase in quella
fase di concentrazione assoluta, per poi crollare definitivamente a terra di
fronte all’amico con un leggero fiatone. Non aveva ancora riaperto gli occhi.
«Got…
C-che è successo?»
Di tutta
risposta Goten ridacchiò e si costrinse a riaprire
gli occhi. Trunks sussultò leggermente: erano di un
colore strano, non più blu da Super Sayan ma neanche
ancora scuri come al suo solito.
«Non ne
ho idea, Trà, ma è stato fantastico! Non so come, ma
in qualche maniera sono riuscito a prendere la tua onda energetica e… a farla
mia. Per un attimo mi sono sentito forte e combattivo come quando ero bambino!»
Trunks scosse
la testa: «Non ti sei sentito… lo
eri! In tutto e per tutto! Sei diventato Super Sayan,
cavolo!»
Goten sussultò
dalla sorpresa, e solo allora l’amico si rese conto che era tornato davvero il
solito: «Eh? Sul serio?»
«Non te
ne sei neanche accorto?»
Goten arrossì
leggermente: «No… vedi, ho cercato di concentrarmi sulla tua energia e quando
mi è arrivata… per un attimo mi sono sentito come te. Come se non avessi mai
smesso di allenarmi.»
Trunks si alzò
e si diresse verso la porta. Era contemporaneamente spaventato ed eccitato:
«Questa dobbiamo raccontarla a Gohan e Junior.»
Goten si
agitò: «No! No, aspetta! Poi Junior mi torturerà finché non riuscirò a rifarlo
e non so neanche come ho fatto!»
«Sei tu
che non ti rendi conto! Hai appena fatto qualcosa di straordinario, che non ho
mai visto fare a nessun altro! Per un attimo sei diventato un altro Goten, uno potentissimo!»
Goten
ridacchiò: «Solo perché sono riuscito a trasformarmi in Super Sayan dopo sette anni…»
Trunks gli
sorrise: «Neanche lontanamente, l’hai fatto prima di quello. E sono sicuro che quel Goten che
si nasconde dentro di te potrà fare cose straordinarie!»
Goten,
incapace di replicare, sospirò: «Continuo a ripeterlo, ma nessuno mi ascolta:
non caricatemi di aspettative, non le reggo…»
Goten non
guardò mai in faccia né Junior né Gohan durante tutto
il racconto di Trunks. Aveva paura delle loro
espressioni, e delle loro aspettative. Quando Trunks
finì di parlare, Gohan era pronto a intavolare una
discussione, ma Junior non gliene diede il tempo e si rivolse direttamente a Goten.
«Vieni
con me. È ora di cambiare tipo di allenamento.»
Il
ragazzo fece una smorfia: «Lo sapevo…»
Demoralizzato,
fece per tornare dentro la stanza, ma il namecciano
gli mise una mano sulla spalla.
«No, non
lì.»
«Eh?»
Gohan
intervenne: «Ma Junior, se non siamo all’interno della Stanza dello Spirito e
del Tempo, il tempo scorrerà!»
Il namecciano sbottò: «E tua madre dovrà farsene una ragione!
Avevi ragione, Gohan, tuo fratello è un guerriero
completamente diverso, e io ho sbagliato a volerlo allenare come ho fatto con
te. Ha bisogno di un allenamento apposito, e su questo pianeta sono fra i più
esperti a poterglielo impartire. Ma ci serve una cosa che nella Stanza non c’è,
purtroppo.»
Goten era
confuso, intimorito e incuriosito allo stesso tempo. Junior se ne accorse e lo
guardò negli occhi: «Tu lo sai, i miei allenamenti non sono per pappamolla. Tu
ne hai timore, lo so bene, ma credimi, il racconto di Trunks
mi ha fatto capire di cosa hai davvero bisogno. Seguimi, e ti garantisco che
non dovrai più avere paura di quello che sei. Se superi questa tua paura, non
so se sarai il guerriero più forte, ma di sicuro sarai una persona migliore,
più serena e non avrai più quella faccia da topolino terrorizzato. Allora,
vieni con me o rimani a rintanarti per sempre nella tua cameretta a sentire le
persone che non capiscono il tuo potenziale ripeterti che sei un fallito?»
Goten sospirò:
«Non ci sei andato per il sottile, eh?»
«Ti ho
sottovalutato e ti ho lasciato sottovalutare per troppo tempo, è il momento di
recuperare.»
«Per
quanto mi scocci ammetterlo, se non ci riesci tu non ci riuscirà nessuno.»
«E allora
andiamo.»
E rieccoci qua! Gli allenamenti di Goten continuano senza sosta e qualche effetto
evidentemente lo stanno producendo… ma quali bisognerà ancora scoprirlo! Una
cosa ve la posso assicurare, Junior cambierà stile di allenamento ma non ci
andrà leggero neanche in questo caso.
Ringrazio tantissimo bulmasanzo
per il suo incoraggiante commento e le auguro il mio più sincero bentornata
sulle mie storie.
Per Goten quella landa desolata non aveva alcun significato, ma
era ben diverso il discorso per Junior. Ritornare lì, dove aveva abbandonato Gohan per sei mesi prima di allenarlo da bambino, fece
salire al namecciano un mix di emozioni,
immediatamente represse.
«Sei
pronto?»
Goten fece una
smorfia: «Dipende per cosa…»
Junior
gli indicò il terreno: «Seduto a gambe incrociate.»
Il
ragazzo rimase ancora più perplesso, ma obbedì: «O-ok…»
«Chiudi
gli occhi e dimmi: cosa senti?»
Goten rispose confuso: «La roccia
spigolosa su cui sono seduto…»
Junior
gli diede una botta in testa: «Non fare lo sciocco! Parlavo delle aure!»
Il
ragazzo arrossì leggermente: «Ah, non avevi specificato!»
Si
riconcentrò: «Sento la tua.»
«E
poi?»
Goten corrugò la fronte: «Ci sono
delle persone nella città più vicina.»
«Quante?»
«Eh?
Ma che ne so!»
«Allora
rimarrai qui fino a quando non lo saprai.»
Il
ragazzo spalancò gli occhi: «EH???»
«Mi
hai sentito. Il tuo allenamento sarà concluso quando saprai dirmi quante
persone vivono in quella città. Fino ad allora non potrai muoverti da qua.»
Goten sbottò: «Ma è impossibile!
Neanche papà o Gohan hanno quel livello di precisione
nell’avvertire le aure!»
Junior
si mise nella stessa posizione di Goten, a gambe incrociate
di fronte a lui, e gli chiese: «Concentrati su di me per un momento. In quale
parte del corpo sto concentrando la mia energia?»
Il
ragazzo rispose senza esitazione: «Piede sinistro.»
«Ti
assicuro che né Goku né Gohan avrebbero saputo dirlo
con così tanta rapidità o precisione. Tu hai sviluppato una capacità unica, ma
è ancora acerba. Sei un adolescente troppo preso da pensieri e preoccupazioni…
devi imparare le giuste tecniche di rilassamento e meditazione. È quello che
hai cercato di fare d’istinto con Trunks, io posso
insegnarti i metodi più corretti.»
Goten rimase pensieroso per un po’: «È
questo che non hai insegnato a Gohan?»
«Lui
aveva bisogno di scatenare la sua rabbia. Tu hai il problema opposto, non
scateni il tuo potenziale perché sei troppo agitato, dai il meglio di te solo
se sei rilassato o sul punto di addormentarti. Se le persone intorno a te ti
agitano, devi imparare come isolarti e ritrovare la tua calma.»
Goten fece una smorfia: «È una parola,
non ricordo di esserlo più stato da anni…»
«Appunto,
è il momento di imparare.»
Per
un’oretta Junior gli spiegò le posizioni più adatte e le tecniche di
rilassamento del corpo e del respiro, poi, semplicemente, si mise di fianco a
lui e iniziò a meditare fluttuando in aria. Goten,
con un sospiro mezzo rassegnato, chiuse gli occhi e cercò di imitarlo,
chiedendosi se ci sarebbe riuscito senza addormentarsi. Dopo qualche momento di
perplessità, però, dovette ammettere che stare lì, a sentire il calore del sole
sulla pelle, lontano da tutto e da tutti, era davvero rilassante: nel silenzio
che lo circondava poteva udire bene gli uccellini cantare, e quasi gli sembrò
di sentire il fruscio delle foglie, seppure si trovassero in una zona per la
maggior parte deserta. Più riusciva a rilassarsi, più il nodo allo stomaco di
tensione e imbarazzo si scioglieva, più i suoi sensi si allargavano. Oltre
all’energia di Junior al suo fianco, gli sembrava ora quasi di poter avvertire
meglio gli animali intorno a loro, dai grossi dinosauri alle piccole zanzare
che giravano attorno a loro. Era quasi come se riuscisse, seppure a occhi
chiusi, a vedere cosa lo circondasse
attraverso l’energia emanata.
Junior,
sorpreso, aprì un occhio per osservare il ragazzo: in meno di un’ora e senza
allenamento era entrato in uno stato di meditazione molto profonda, simile a
quello che Trunks gli aveva descritto. Si era
leggermente sollevato da terra, con la bocca semiaperta, un respiro
leggerissimo, quasi come se non volesse davvero turbare il mondo con la sua
presenza, e la sua aura era completamente cambiata, divenuta d’un tratto più
tranquilla, regolare, mutevole come il soffio del vento. Nel giro di un’altra
ora Junior dovette fare affidamento solo sui suoi occhi per poter constatare la
presenza del ragazzo: l’aura di Goten era diventata
indistinguibile da quella di un comune albero o filo d’erba e una parte di lui,
irrazionalmente, temette quasi che se avesse perso di vista il ragazzo anche
solo per un istante lui sarebbe potuto scomparire.
Il
namecciano era combattuto. Goten
stava andando decisamente oltre le sue aspettative, il rischio che lo stato di
meditazione in cui si stava immergendo fosse così profondo da non poterlo più
svegliare era alto, ma la tentazione di vedere dove il ragazzo potesse arrivare fu più forte del buon senso. Quasi
come se gli avesse letto nella mente, Goten
improvvisamente parlò, con un sussurro che risuonò profondo e imperioso.
«Ventitremilasettecentocinquantasei.»
Junior
sobbalzò: «C-cosa?»
Goten, imperturbabile, rispose: «Gli
abitanti della città a ovest, come mi avevi chiesto. Sono ventitremilasettecentocinquantasei.
Anzi, no, aspetta…»
Il
namecciano osservò con timore reverenziale Goten concentrarsi ancora più profondamente per un istante,
fino a che un piccolo sorriso comparve sul suo volto: «Ventitremilasettecentocinquantasette.
Qualcuno è nato in questo istante a sud della cittadina. Una bimba, credo… la
sua aura è piccola ma bellissima, sembra una piccola stella…»
Poi,
come se si fosse reso conto di Junior solo in quel momento, esclamò,
spalancando gli occhi: «Stai bene? Ti sento agitato e…»
Goten piantò un urletto. Era sollevato
da terra di più di un metro e l’improvvisa luce del sole e l’impatto dei colori
a cui si era disabituato durante la meditazione lo intontirono al punto da
perdere l’equilibrio e crollare rovinosamente a terra.
Junior
tornò a respirare. In quel secondo di confusione, l’aura di Goten
era tornata normale, come se nulla fosse successo.
Il
ragazzo si massaggiò la schiena: «Ahia… l’avevo detto che c’era un sasso
spigoloso, qui, guarda che roba… mi sono fatto malissimo…»
Junior,
all’apparenza severo come al solito, chiese: «Come ti senti?»
«Te
l’ho detto, mi sono fatto male alla schiena…»
Il
namecciano alzò gli occhi al cielo, maledicendo i
geni di Goku nel DNA di Goten: «A parte quello, parlavo della meditazione!»
Il
ragazzo arrossì leggermente: «Ah, sì, quello! Bè, è stato… non so neanche come
descriverlo.»
«Sforzati
un pochino.»
Goten ci rifletté un secondo:
«Bellissimo. Mi sono sentito una cosa sola col mondo intero! Mi sembrava di
poter viaggiare lontanissimo pur rimanendo fermo, sentivo e… vedevo cose straordinarie!»
Junior
annuì: «Bene. Quello è lo stato in cui puoi dare il meglio di te. Te la sei
cavata molto bene, ma devo metterti in guardia.»
«Da
cosa?»
Goten era sinceramente sorpreso:
poteva una cosa così bella nascondere dei pericoli?
«Concentrarti
così profondamente come hai fatto prima senza allenamento è pericoloso, la tua
aura tende a concentrarsi in un unico punto e a rimpicciolire fin quasi a
sparire… potresti non riuscire più a svegliarti da una meditazione troppo
profonda, ci sei andato molto vicino.»
Il
ragazzo sbiancò, rendendosi conto del pericolo appena corso: «Ah.»
«Inoltre
devi svegliarti più gradualmente, un risveglio troppo brusco può portare
problemi.»
Goten ridacchiò, toccandosi ancora la
schiena: «Notati, grazie!»
Junior
fece per aggiungere che i problemi di cui parlava riguardavano principalmente
la salute mentale, ma decise all’ultimo di tenerlo per sé.
«Se
riesci a soddisfare queste due condizioni, l’ultimo passo da fare sarà riuscire
a muoverti mantenendo almeno uno stato parziale di meditazione.»
Il
ragazzo fece una smorfia: «Questo suona come difficile…»
«Un’ultima
cosa. Riesci a rifare quella barriera che hai fatto contro Trunks?»
Goten annuì: «Ci posso provare.»
Chiuse
gli occhi, prese un piccolo respiro e creò subito la barriera color verde
acqua. Il ragazzo sorrise soddisfatto: «Avevi ragione, Junior! Ora che sono
rilassato mi è venuta subito!»
Se
fisiologicamente avesse potuto sbiancare, il namecciano
lo avrebbe fatto.
Davanti
alla sua casa, Gohan, ancora in compagnia di Trunks, sussultò.
Il
ragazzo gli chiese: «Che succede?»
L’uomo
balbettò per un momento: «L-la senti questa energia? Vicino a quella di
Junior?»
Trunks annuì: «Sì… è strana: è nuova,
ma allo stesso tempo è molto familiare. La conosci?»
Gohan annuì lentamente, sudando
freddo: «È una copia identica della tua, Trunks.»
Il
ragazzo lo guardò di storto: «Cosa?»
«Un
attimo fa lì c’era Goten, ora sembra esserci una tua
copia.»
«Q-questa
sarebbe la mia aura? È la stessa che Goten aveva
emanato quando stava facendo la barriera per assorbire il mio colpo.»
Gohan sbarrò gli occhi. Non aveva mai
sentito di niente del genere, c’era un’unica creatura che ricordava in grado di
fare qualcosa di simile, e il ricordo non era affatto piacevole.
Anche
Junior per un momento pensò a Cell, ma evidentemente quello che stava facendo Goten era del tutto diverso. Stava imitando alla perfezione
l’aura di Trunks per ricevere senza subire danni un
suo eventuale colpo e trasformarlo in energia. Geniale quanto complesso, e
richiedente un’abilità di controllo dell’aura che non aveva mai visto in alcuna
altra creatura.
Goten, ancora col sorriso e non
rendendosi minimamente conto di cosa stesse passando per la testa al suo
allenatore, alzò gli occhi al cielo, rendendosi conto che era il tramonto. Non
appena il pensiero gli balzò in mente, la sua barriera tornò viola e la sua
aura tornò ad essere la solita.
«Accidenti!
È tardissimo! Mamma mi uccide, altro che un’ora, qua sono stato via tutto il
pomeriggio!»
Junior,
cercando di rimanere impassibile, disse: «Domani puoi continuare nella Stanza
dello Spirito e del Tempo.»
Goten gli fece un cenno con la mano,
prendendo già il volo: «Va bene, grazie di tutto!»
Nonostante,
volando come un razzo, fosse riuscito ad arrivare a casa giusto in tempo per
cena, una strigliata da parte di Chichi non gliela
tolse nessuno, ma questa volta Goten non se ne
preoccupò troppo. Invece che litigare o sbuffare, andò senza fare storie in
camera sua, prese le cuffie, le indossò, si mise a gambe incrociate sul letto e
provò nuovamente a meditare. Forse con la musica avrebbe evitato di
concentrarsi troppo ed avrebbe evitato i rischi a cui accennava Junior. Si
sollevò appena dal lenzuolo, si concentrò sulla sua respirazione e cercò di
isolarsi. Ecco, ora avvertiva le aure a lui più familiari, quelle di sua madre
e di suo padre. Chichi era in cucina, a lavare i
piatti, ne avvertiva i movimenti circolari delle mani mentre strofinava le
stoviglie; Goku, invece, con un pizzico di sorpresa da parte del ragazzo, si
trovava davanti alla porta della sua camera, con il braccio alzato come per bussare,
ma stranamente immobile. Sentiva dalla sua aura che qualcosa lo aveva sorpreso.
Forse…
forse avvertiva la sua meditazione?
Non
lo seppe mai, perché Goku, inaspettatamente, fece dietro front e tornò in
salotto. Seppure la cosa lo incuriosisse, Goten
mantenne la concentrazione e non uscì dalla sua piccola meditazione. Odiava
dare ragione a Junior, ma in quello stato si sentiva decisamente più a suo agio.
«Allora,
cosa ne pensi?»
L’uomo
sospirò: «Non so… va bene il controllo dell’aura, ma qua siamo ben oltre! Goten può trasformarla completamente… e neanche se ne rende
conto!»
Junior
sorrise: «Non esageravo, tuo fratello è un genio ai livelli di tuo padre, forse
anche un po’ di più, se si mette d’impegno. Oggi sembrava quasi essere un
tutt’uno con la natura.»
Gohan ridacchiò: «È dall’incidente che
non desidera altro che non nuocere alla Terra.»
Il
namecciano insistette: «Finora ho rispettato la
privacy di Goten e quando venne da me a chiedermi di
quella barriera non feci domande… ma per favore, ora sapere cosa ha cambiato
tuo fratello potrebbe essere fondamentale per guidarlo nella maniera più
corretta.»
L’uomo
sospirò, per poi raccontare, per la prima volta dopo sette anni, di quel
pomeriggio di allenamenti finito con un bosco in fiamme. Junior ascoltò in
religioso silenzio, per poi commentare solo alla fine.
«Interessante…»
Gohan si tolse gli occhiali e si
strofinò gli occhi: «Non so se lo sia… io al momento sono solo preoccupato. Se
prima lo ero per i suoi continui sensi di colpa, ora lo sono di questo
allenamento. Avrò fatto bene a spingerlo a tanto?»
Junior
gli mise una mano sulla spalla: «Assolutamente. Sprecare tanto potenziale
sarebbe stato un peccato non solo per lui stesso, ma per il mondo tutto. Oggi
ho visto in lui l’ombra di un grande saggio, di un condottiero, di un sovrano.»
Gohan ridacchiò: «Ha sedici anni, non
esagerare.»
«Tu
a dodici avevi già sconfitto Cell. Lui a quattro, in qualche modo, affrontava Majinbu. Non sottovalutare quel sangue sayan
che vi scorre nelle vene e che vi rende dei terrestri speciali. Quel cuore puro
di bambino in un genio di quel calibro potrebbe essere la chiave per quel
futuro pacifico di cui mi parlavi tempo fa.»
Gohan lo sguardò con un sorriso
furbetto: «Tu hai in mente qualcosa.»
Junior
rispose con un’espressione beffarda: «Non lo negherò.»
«Ma
non me lo dirai.»
«Non
è qualcosa che dipende solo da me, ma vedo del potenziale per rimettere le cose
nel loro ordine naturale.»
Gohan lo guardò perplesso: «E cioè?»
Junior
sorrise: «Per restituire la Terra ai terrestri a cui spetta.»
E rieccomi qua. Non so se fosse esattamente l’allenamento
a cui pensavate, ma sembra abbia prodotto degli effetti imprevisti non solo su Goten, ma anche su Junior. Se vi state chiedendo quando
arriva un po’ d’azione sarete abbondantemente accontentati nel prossimo
capitolo.
Ringrazio bulmasanzo
per il suo commento e vi aspetto al prossimo capitolo, dove finalmente vedremo
se questi strani allenamenti avranno dato i loro frutti!
Goten continuò ad allenarsi, sia nella
Stanza dello Spirito e del Tempo che al di fuori di questa, pian piano
scoprendo vantaggi e limiti delle tecniche che stava ideando.
Capì
presto che la barriera con cui poteva assorbire i colpi dei suoi avversari
doveva essere adattata all’aura, che avrebbe cambiato colore per ognuno di loro
e, come scoprì affrontando contemporaneamente Trunks
e Gohan, non funzionava con più di un avversario per
volta. In compenso, scoprì di poter mettere più di una barriera alla volta e
diventò così abile a imprigionare gli attacchi energetici che Pan per molte
sere ebbe a disposizione fuochi d’artificio più spettacolari che a capodanno.
In
famiglia le cose migliorarono, anche solo per il suo atteggiamento, decisamente
meno ostile di qualche mese prima. I suoi voti a scuola si alzarono
leggermente, ma soprattutto Goku smise totalmente di sgridarlo. Non gli era
chiaro cosa stesse succedendo, ma vedeva Goten più
sereno e sapeva che c’erano di mezzo Gohan e Junior,
quindi non se ne preoccupò più di tanto.
Non
aveva idea di quanto quel allenamento sarebbe potuto durare ancora, ma a Goten non importava. In cuor suo sperava solo che quel
momento di pace potesse durare il più possibile.
«Sei
proprio sicuro che non ti dispiaccia? Potremmo lasciare Pan alla mamma…»
Goten sorrise: «Ma figurati! Non
capita mica tutti i giorni di poter andare a fare un giro turistico su Namek!»
Videl fece una smorfia: «Appunto, non
vorresti venire anche tu?»
Il
ragazzo fece una smorfia: «Ma no, se proprio ne avessi voglia potrei chiedere a
papà di teletrasportarmi lì in qualsiasi momento…
invece, riuscire a coordinare i vostri impegni di lavoro, quelli di Bulma e quelli di Crilin è una
cosa davvero eccezionale! Andate e divertitevi a fare la rimpatriata.»
Gohan annuì: «E va bene, allora.»
L’uomo
prese la figlia, la sollevò in aria, la baciò e le disse: «Mi raccomando, fai
la brava con lo zio Goten!»
Pan
sorrise: «Sì, papà!»
Poi,
mentre la posava nuovamente a terra, si rivolse al fratello: «E fai il bravo
anche tu.»
Goten, fintamente offeso, dichiarò con
tono da attore melodrammatico per far ridere la nipotina: «Come osi avere dei
dubbi sul sottoscritto? La cosa mi confonde e mi offende persino!»
Poi
ridacchiò: «Rilassati, al massimo pizza da asporto da mangiare insieme a Trunks, se finisce i compiti in tempo, e serata cartoni
animati. Tranquilla Videl, poi pulisco tutto.»
La
donna ridacchiò: «Va bene. Allora noi andiamo!»
«Divertitevi!
Ciao!»
La
giornata passò tranquilla, tra un gioco con la cucina finta e qualche piccolo
allenamento, il tutto condito dalla risata allegra e cristallina di Pan che
riempiva il cuore di Goten di gioia e serenità.
Verso
metà pomeriggio, lo zio chiese: «Hai voglia di fare merenda?»
La
bambina esclamò: «Sì!!! Con i biscotti!»
«Quelli
al cioccolato?»
«Quelli
con le stelline! Così è come se sono vicina a mamma e papà che sono fra le
stelle!»
Goten schioccò un bacio sulla fronte
della bambina: «Mi sembra giusto. Dai, vado a prenderli, arrivo subito.»
«Ok!»
Il
ragazzo si diresse in cucina. Prima di aprire lo sportello dell’armadio, chiuse
un attimo gli occhi, fece un respiro profondo e provò a cercare di entrare in
semi meditazione. Era un esperimento che aveva concordato da qualche giorno con
Junior, per imparare a muoversi anche se completamente concentrato, e in quel
momento gli era comodo per continuare a controllare Pan a distanza. Riuscì ad
avvertire senza difficoltà la sua piccola aura e i suoi movimenti: stava
tenendo qualcosa con la mano sinistra, mentre la destra andava su e giù in un
movimento regolare. Quasi sicuramente stava ancora cercando di pettinare la
bambola con i capelli rossi che si arruffavano sempre. Riaprì gli occhi e,
cercando di tenere in un angolo della sua mente l’attenzione per la bambina,
aprì finalmente l’anta e prese la scatola dei biscotti.Sbuffò.
«Vuota,
ovviamente. Dove avranno messo quella di riserva?»
Fece
per prendere il telefono, ma poi lo posò. Che stupido, i telefoni mica
prendevano fin su Namek… doveva semplicemente
guardarsi un attimo intorno per trovarli.
Goten cominciò ad aprire ante e
armadi, cercando dove Videl avesse messo la scorta di
biscotti. Fu però quando mise la testa dentro l’armadio più basso che il suo
sesto senso gli diede un violento segnale di allarme, così improvviso da fargli
sbattere la testa contro il ripiano.
Qualcosa si stava
avvicinando a Pan, qualcosa dotato di un’aura strana, innaturale, potente.
La
bambina si avvicinò alla nuova arrivata con un sorriso: «Ciao!»
«Ciao!
Vuoi giocare con me?»
Pan
sorrise: «Sì, certo! Ti piacciono le bambole?»
«Un
sacchissimo!»
Pan
si avvicinò alla bimba porgendole una bambola, ma dopo un passo fu costretta a
bloccarsi.
«Uh?»
Allungò
una mano, appoggiandola contro la parete violetta che era appena spuntata dal
nulla. Non era spaventata, solo incuriosita. Conosceva bene quell’effetto.
«Zio…
Goten?»
In
un lampo, il ragazzo spalancò la porta con un calcio, con ancora in mano la
scatola di biscotti vuota: «PAN!»
Nella
cameretta della sua nipotina, quest’ultima ora protetta e isolata da una delle
sue barriere, era comparsa un’altra bambina dall’aspetto innocuo e innocente,
con indosso quella che sembrava una consunta camicia da notte vecchio stile e
dei capelli a boccoli turchini. Lo guardava sorpresa, con gli occhi violacei
spalancati dallo stupore. Il ragazzo invece sembrava solo preoccupato.
«Stai
lontana da lei!»
Pan
era confusa: «Ma Zio Goten, lei voleva solo giocare…»
Il
ragazzo stava sudando freddo: «No, non credo…»
La
bimba dai capelli turchini gli sorrise: «Vuoi giocare anche tu?»
Goten rispose freddamente: «Cosa sei?»
La
creaturina rispose titubante: «Una… bambina umana?»
Il
ragazzo fece una smorfia: «Le bambine umane non hanno la coda.»
Da
sotto la veste da notte sbucò una lunga e sottile coda grigia. La bimba sorrise
imbarazzata: «Non sapevo se dei sangue impuri avessero o meno la coda.»
Pan,
confusa, ripeté: «Sangue impuri?»
La
bimba sorrise ancora: «Voi.»
Goten afferrò il discorso: «Tu cerchi
dei Sayan, vedo.»
La
bambina sbatté le mani: «Esatto! Siete diventata merce rara nello spazio,
ultimamente, e ammetto che avere a che fare con gli esemplari puri è un po’
problematico…»
Il
ragazzo commentò: «In ogni caso, coda sbagliata. Non è quella di un gatto.»
La
bimba si afferrò la coda, sorpresa: «Oh, davvero? Avevo poche informazioni e
poco tempo, l’ho speso quasi tutto per imparare la vostra lingua e un minimo
della vostra cultura.»
«Cosa
vuoi da noi?»
La
bimba mosse i capelli come se fossero degli arti, tirando fuori un timbro: «Oh,
molto semplice. Mi piacerebbe potervi mettere questo segno. Ai bambini di
questo pianeta piacciono i timbrini sulle mani, mi
pare di aver capito.»
Goten posò la scatola di biscotti su
un mobile: «E a che cosa servirebbe?»
«Semplicemente
a segnalare che sareste di mia proprietà.»
«Spiacente,
noi non siamo in vendita.»
La
bimba sorrise: «Per ora. Come dicevo, i Sayan sono
merce estremamente rara nell’universo, solo due esemplari puri, tre impuri e
una ancora più impura… avete un’idea del vostro valore sul mercato nero? I
collezionisti pagherebbero bene, e inoltre…»
La
bimba iniziò a deformarsi in maniera inquietante. Goten
fece giusto in tempo ad attivare una barriera anche intorno a sé, mentre i
capelli turchini si allargavano e si ingrossavano, diventando simili a petali
di una grossa pianta tropicale con al centro il corpicino della bimba, che
ormai non era più nient’altro che un fantoccio senza vita, sbattuto di qua e di
là a seconda dei movimenti della pianta, quasi come se fosse stato impiccato.
Il corpo si era ingrandito tanto da stare a malapena nella stanza.
«…
anche a me non dispiacerebbe una goccia del vostro sangue…»
Pan
gridò terrorizzata, ma Goten s’impose di mantenere lo
stato di semi meditazione e, semplicemente, creò una terza barriera con la
quale spinse la creatura fuori dall’edificio, spaccando un muro.
«Non
ho intenzione di lasciartelo fare, vampiro spaziale.»
Trunks, concentrato sulle disequazioni
di secondo grado, si fermò giusto per prendersi un bicchiere d’acqua.
«Uffa…
quanto vorrei essere con Got, ora…»
Per
curiosità, cercò di sentire l’aura dell’amico. Era anche molto facile, ora che
i guerrieri più forti del pianeta erano assenti. Quando la sentì, ridacchiò.
«Goten sta facendo due barriere? Mentre fa da baby sitter? Ma non era lui quello che odiava gli allenamenti?»
Rimase
in allerta ancora per un po’, poi un brivido, all’improvviso, gli attraversò la
schiena, mentre lasciava cadere il bicchiere a terra, il quale andò in frantumi.
Qualcosa di strano era comparso, e Goten aveva intensificato la sua aura e aumentato il numero
di barriere. Immediatamente Trunks si lanciò da una
finestra e spiccò il volo.
«Vadano
a quel paese i compiti! Got non si sta allenando proprio per niente! Arrivo!!!»
Dall’alto
del Santuario, un’altra persona stava osservando la scena e malediceva il fatto
di essere stato lasciato da solo.
«Ma
proprio oggi Dende doveva andare a salutare i
parenti?»
Mr.
Popo corse più veloce che poté dentro il Santuario,
cercando disperatamente un quadernino che secondo quanto ricordava era stato
lasciato vicino a un vecchio telefono, un modello a muro degli anni ’20, ma che
in quel momento, ovviamente, non riusciva a vedere.
«Eppure
la rubrica delle emergenze era qui, ne sono sicuro…»
Goten si morse un labbro. Non era
affatto semplice mantenere lo stato di meditazione con un mostro in
trasformazione davanti a sé e Pan che continuava a piangere disperata di fronte
a quella scena da film horror. Il massimo che riusciva a fare era mantenere un
minimo di controllo per non andare completamente nel panico e sostenere le sue
barriere, ma non aveva idea di cosa dovesse fare. Abbassare la barriera e
attaccare era fuori questione, il rischio era troppo alto. L’aliena per ora ce
l’aveva solo con loro due, ma non poteva escludere che se non fosse riuscita ad
attaccarli avrebbe cercato di prendersela con altre persone. Era in grado in
quella situazione di creare abbastanza barriere da coprire potenzialmente
l’intera popolazione mondiale?
Poi,
in un lampo, Goten smise di pensare. Un’aura
familiare si avvicinò a velocità elevata e lì, in un istante, si rese conto del
rischio potenziale e agì d’istinto. Prima ancora che Trunks
lanciasse il suo colpo energetico, una barriera verde acqua era sul terreno per
proteggerlo dal colpo e immediatamente dopo che il ragazzo l’ebbe lanciato, Goten lo avvolse con una delle sue barriere viola e, con un
colpo violento della mano sinistra, la mosse verso quella di Pan, unendole in
una sola.
«Got,
che stai facendo?»
«Ti
salvo la pelle, Trà! La tizia qua non ha buone
intenzioni con i Sayan! Ti prego, calma Pan, non
riesco a concentrarmi con lei che piange!»
Trunks fece per replicare, ma osservò
che il colpo che aveva lanciato, pur essendo andato a buon fine, staccando due
petali alla creatura, non era stato molto utile. Nel giro di pochi secondi questi
si erano rigenerati senza alcuno sforzo.
«Brutta
storia…»
Il
fiore gigante si agitò: «Oh sì! Sì! Un altro Sayan
impuro! Caccia grossa, oggi!»
Trunks, continuando ad abbracciare Pan
per calmarla, rispose: «Ok, mi sa che avevi ragione…»
Il
fiore cambiò aspetto, assumendo quello di un’altra bestia strana, dal pelo
rossiccio, vagamente simile a una volpe, ma con quattro teste e una saliva
acida.
Trunks impallidì: «Got, qua la piccola
avrà gli incubi per qualche decennio… e-e-e pure io…»
L’aliena
continuò a parlare, sempre più eccitata: «Il sangue namecciano
mi ha donato la rigenerazione, quello kurukkan questa forma… se avrò
anche il vostro sarò molto più forte!»
Il
ragazzo dai capelli viola deglutì, sempre cercando di non far vedere a Pan le
orribili trasformazioni della creatura che avevano davanti. Qualunque cosa
fosse quella davanti a loro, evidentemente, poteva prendere il DNA di varie
specie aliene e combinarlo. Se davvero fosse riuscita a mettere le mani sul
loro il rischio sarebbe stato davvero elevato: trasformarla in super Sayan o uno scimmione in grado di decuplicare la propria
forza, oppure, peggio ancora, donarle la capacità di diventare più forte ogni
volta che avesse messo a rischio la propria vita suonavano tutte come brutte
opzioni. Rimanere dentro la barriera era sì la cosa più sicura per loro e per
il mondo, ma impediva loro anche di attaccare. Oltre che proteggere Pan non
sapeva cosa fare.
Goten, dal canto suo, ora che Pan non
piangeva più così forte, aveva cercato di isolarsi nuovamente dal mondo e di pensare
a un piano. La creatura poteva rigenerarsi, e questo complicava ulteriormente
le cose. I ricordi dell’unico avversario in grado di farlo che avesse
affrontato, a distanza di anni, erano ancora lucidi nella sua mente. Per un
attimo valutò l’opzione della fusione con Trunks, ma
era rischiosa. Se nell’agitazione avessero sbagliato, il Gotenks
malconcio che poteva uscirne avrebbe potuto servire su un piatto d’argento il
loro sangue all’aliena. Senza contare che non aveva idea dell’effetto del
sangue di un doppio mezzo Sayan…
Un
ricordo si fece nitido nella sua mente. Non era meno rischioso della fusione,
non aveva mai provato niente del genere, ma era l’unico modo che conoscesse per
distruggere un cattivo in grado di rigenerarsi e poteva tentare anche rimanendo
dietro la barriera.
«Trà, se tutto va storto e la barriera crolla scappa con
Pan. Io ci provo.»
«A
fare cosa?»
Ma
Goten non rispose più, chiuse gli occhi, si mise a
gambe incrociate e iniziò a meditare profondamente. Non reagì neppure quando la
creatura a quattro teste iniziò a cercare di azzannare la barriera dentro cui
si trovava. Pan fece per gridare di terrore, ma Trunks
le mise una mano sulla bocca.
«Tranquilla,
tesoro, lo zio Goten sa quello che fa, basta solo non
disturbarlo e vedrai che risolverà tutto…»
Ma
non sapeva se lo stava dicendo più alla bimba o a se
stesso.
Goten, intanto, si era immerso nella
meditazione più profonda, quella che Junior gli aveva sconsigliato dopo quel
primo esercizio nel deserto. Non sentiva più i rumori, era tornato in quello
meraviglioso stato mistico in cui poteva avvertire il mondo solo attraverso le
aure. Sentì quella dell’aliena, con le sue quattro bocche, cercare di
azzannarlo attraverso la barriera, ma non se ne preoccupò minimamente, sapeva che la sua barriera avrebbe
retto. Sentì l’aura di Trunks, dentro la barriera,
continuare ad abbracciare quella di Pan e, attraverso il movimento delle sue
labbra, riuscì a leggere cosa stesse dicendo alla bimba, parole di
rassicurazione e di fiducia nei suoi confronti. Sentiva però anche la loro
paura crescente e fu grato all’amico della fiducia che stava riponendo in lui.
Poi si immerse ancora di più, fino a sentire nuovamente l’energia delle piante,
dei fili d’erba, degli animali e delle persone che, giustamente, avevano notato
il mostro in mezzo alla città e scappavano spaventate.
Si
sentì immerso e protetto da quell’energia, così tanto da permettersi una
piccola richiesta. Allungò la mano destra di fronte a sé, con il palmo rivolto
verso l’alto.
Solo un pochino…
Nel
suo pianetino tranquillo, Re Kaio stava proprio
passando un bel pomeriggio rilassante, comodamente sdraiato in giardino. La
lettura del libriccino di barzellette che gli avevano regalato per il
compleanno l’aveva così coinvolto da non sentire il telefono squillare in
continuazione dentro la casa.
Fu
solo quando una sensazione familiare gli fece pizzicare le antenne che alzò la
testa dal libro.
«Uh?
Goku sta usando la mia tecnica?»
Si
alzò dalla sedia e diresse la sua attenzione verso la Terra.
«E
lo sta facendo pure male! Che…»
Non
appena però vide la situazione, la sua espressione cambiò.
«Dov’è
Goku quando serve?»
Il
diretto interessato, nel frattempo, era su Namek a
raccontare le loro imprese contro Cell, quando un grido mentale gli fece venire
un’improvvisa e dolorosa fitta alla testa.
«GOKU CHE HAI FATTO??? SEI
IMPAZZITO???»
Il
Sayan saltò sulla sedia, tenendosi la tempia: «Urrrka! Oh, buongiorno Re Kaio!
Qual buon vento?»
«Ma che vento e vento! Chi ti ha
autorizzato ad insegnare l’Energia Sferica a tuo figlio???»
Goku,
sempre più confuso, rispose: «Io non ho insegnato proprio nulla a Gohan!»
Il
diretto interessato, sentendosi chiamare in causa ma non potendo udire la
discussione, rivolse uno sguardo preoccupato a Junior.
«Ma non a lui, all’altro! Al
piccolo!»
«A
Goten? Ma assolutamente no! Non ne sarebbe neanche
capace!»
«Bè, allora qualcosa non va,
perché c’è una mercenaria mutaforma che sta cercando
di azzannarlo e lui di risposta sta cercando di fare l’Energia Sferica!»
Goku
cadde dalle nuvole: «Goten sta facendo cooosa???»
Gohan gli mise una mano sulla spalla:
«Papà, torniamo a casa.»
Junior
fece lo stesso sull’altra spalla: «Ora.»
Trunks non stava capendo assolutamente
cosa stesse cercando di fare Goten, ma aveva imparato
che quando era in quello stato era meglio non disturbarlo. Sul palmo della sua
mano stava accumulandosi dell’energia, ma era strana, instabile e sembrava
quasi non appartenergli. L’aliena, però, a quel punto si era fermata e guardava
la fonte di energia ammirata e rapita, come una falena davanti a una fonte di
luce in piena notte.
Il
ragazzo prese un mezzo sospiro di sollievo. Non aveva ancora capito cosa stesse
facendo, ma stava funzionando e tanto gli bastava.
«E-ehi! Figlio di Vegeta! Mi
senti?»
Trunks strizzò gli occhi e rispose: «Mi
chiamo Trunks.»
«Ok, Trunks,
allora! Sono Re Kaio e ti sto parlando
telepaticamente!»
Il
ragazzo trasalì, ricordando chi fosse dai racconti della madre, mentre Pan gli
rispose: «Lo so come ti chiami.»
Trunks scosse la testa: «Un attimo, Pan,
sto ricevendo una telefonata mentale… e non è neanche la cosa più assurda di
oggi!»
«Mantieni la calma ragazzo, ho
bisogno di sapere un paio di cose. Che sta combinando il tuo compagno di
merende?»
«Goten?»
«Sì, lui! Il figlio piccolo di
Goku! Ragazzi, vi riproducete troppo velocemente, non riesco a stare dietro ai
nomi di tutti… comunque, volevo contattarlo telepaticamente ma non ci riesco,
trovo la linea occupata!»
Trunks rispose imbarazzato, immaginando
il segnale occupato nella testa di Goten: «C-credo
che stia meditando profondamente, altro non so, non riesco a capire cosa stia
combinando, ha detto che tentava un esperimento...»
«Sta cercando di fare l’Energia
Sferica!»
Trunks ebbe un flash dalla sua
infanzia: «Quella cosa che alzavamo tutti le mani al cielo e con cui Goku ha
distrutto il Majinbu cattivo?»
«Sì, quello! Chi glielo ha
insegnato?»
«N-nessuno,
non mi pare nemmeno che Goku l’abbia più utilizzata da allora…»
Re
Kaio per un momento non rispose: «Allora o è un pazzo o è un genio, suo padre
aveva impiegato mesi per apprenderla, e ha dovuto lavorarci anni per
perfezionarla… che non gli sia ancora esplosa fra le mani è un miracolo.»
Trunks iniziò a sudare freddo: «Ah…»
Pan,
preoccupata, chiese: «Tutto bene?»
Il
ragazzo annuì: «Alza le manine al cielo, aiutiamo lo zio Goten…
e prega con me che sia un genio e non solo un pazzo…»
Goten non poteva avvertire nulla delle
discussioni mentali che avvenivano attorno a lui, semplicemente si rese
vagamente conto che Trunks si stava agitando. Tutta
la sua concentrazione era dedita all’energia che aveva in mano, che ribolliva
come una pentola sul fuoco. Aveva cercato di prendere un pochino di energia da
ciò che lo circondava, ma far andare d’accordo, per esempio, l’aura delle
piante con quella degli animali che di esse si cibavano stava diventando più
complesso del previsto. Eppure era riuscito, in qualche occasione, a
trasformare l’energia degli altri in sua. Forse erano semplicemente troppe aure
e troppo diverse da armonizzare…
In
quel momento Pan alzò le sue manine e fu come se un frammento della sua aura
venisse spontaneamente da lui. Era un’aura che conosceva bene e che facilmente
si adattò alla sua, a cingere e contenere quell’ammasso di energia che stava
per sfuggirgli. Anche Trunks fece lo stesso, un frammento
ben più grande di energia che però Goten sapeva
manipolare e controllare perfettamente, dopo mesi di allenamenti.
Non
sapeva perché i due l’avessero fatto, ma gli diedero un’illuminazione: fino a
quel momento aveva cercato di costringere
le diverse energie a unirsi, quando invece dovevano donarsi spontaneamente…
Goten si concentrò ancora di più sul
suo respiro, fino quasi ad annullarlo, per diventare tutt’uno con la natura.
Non aveva ancora cercato di comunicare usando
la sua aura, ma era il momento di provare. Doveva spiegare alle piante e agli
animali perché stava prendendo la
loro energia, doveva convincerli ad
aiutarlo… suo padre, alla fine, aveva fatto così contro Majinbu,
con l’aiuto di Mr. Satan, se l’era quasi dimenticato…
«Incredibile! Stava perdendo il
controllo dell’Energia Sferica e invece adesso la sta stabilizzando!»
Trunks, sempre con una mano alzata,
l’altra occupata a tenere Pan in braccio, aggiunse: «È buono, vero?»
«È semplicemente sbalorditivo!»
Il
ragazzo però non riusciva a rilassarsi: «Perché la mutante non lo sta più
attaccando?»
«Lei è una nisansayam, la sua specie
è attratta dal sangue alieno… credo che un concentrato di così tante aure
diverse sia quasi ipnotico, per loro. Come fosse davanti al menù di un
banchetto! E Goten sta continuando ad aggiornarlo e
cambiarlo, così la sua attenzione è sempre occupata.»
Trunks annuì poco convinto: «Ah,
bello…»
«Comunque tranquillo, ho chiamato
i rinforzi.»
«Ah,
grazie!»
Poi
rifletté meglio sulla frase.
«Aspetta,
hai fatto cosa?»
Finalmente
l’energia che stava manipolando iniziava ad essere regolare, quasi sferica. Non
c’era ancora del tutto, ma stava iniziando a capirne il funzionamento.
In
un angolo della sua coscienza, però, avvertì un flusso di energia familiare,
che se non fosse stato in quello stato di meditazione l’avrebbe mandato in
panico. Prima ancora che Goku si materializzasse insieme a tutta la compagnia, Goten mosse la mano libera alle sue spalle, dove creò una
nuova barriera abbastanza grande da contenere tutti, e con un altro gesto la
unì nuovamente a quella di Trunks e Pan. Fatto
questo, prima che gli venisse una crisi d’ansia all’idea di essere giudicato da
tutti quelli a cui finora aveva nascosto le sue abilità, annullò quasi
completamente la sua coscienza e tornò sulla sfera di energia da armonizzare.
Goku
si teletrasportò da Goten,
portandosi dietro tutti coloro che lo avevano accompagnato su Namek: Gohan, Videl,
Junior, Dende, Vegeta, Bulma,
Crilin, C18, Majinbu e Mr. Satan. Invece che atterrare in casa, come si aspettava,
però, si ritrovò rinchiuso in una bolla viola ovale.
«Uh?
Che succede?»
«MAMMA!!!
PAPÀ!!! NONNO GOKU!!! NONNO SATAN!!!»
Pan
scivolò dalle mani di Trunks e si gettò fra le
braccia dei suoi familiari. Goku osservò il mostro di fronte a sé ed esclamò: «Urka, che ci siamo persi?»
Vegeta
guardò malissimo il figlio: «E soprattutto, perché tu non stai combattendo?»
Prima
di venire sommerso da mille domande, Trunks si
affrettò a zittire tutti: «Vi prego, non adesso, se perde la concentrazione è
la fine!»
«Chi?»
«Cosa?»
«Perché?»
Una
voce mentale fece trasalire tutti: «Il
ragazzo ha ragione, è fondamentale che manteniate la calma e la tranquillità.
Pensate alle vostre conversazioni, farò io da ponte mentale!»
Goku
sorrise: «Oh, grazie, Re Kaio!»
Ma
in tutto questo una persona, da quando era arrivata, non aveva fatto altro che
attaccarsi alla parete violetta con ansia.
«Trunks, da quanto è in quello stato?»
Il
ragazzo rispose a Junior: «Abbastanza.»
Il
namecciano fece una smorfia: «Non va bene, sta esagerando, rischia di non svegliarsi più…»
Solo
a quel punto Goku, lasciando andare la nipotina, si avvicinò a Junior: «È… è Goten? È
davvero lui?»
«Sì.»
Vegeta,
alle loro spalle, commentò: «Bè, questa è
una sorpresa.»
Goku
lo ignorò: «Era questo che stavate
facendo?»
Junior
alzò un sopracciglio: «Te ne eri accorto?
E non hai detto nulla?»
Il
Sayan sorrise imbarazzato: «Non sono bravo a capire e a trattare i miei figli, mi pare che lo
avessimo stabilito proprio io e te al torneo di Cell… ho capito che tu e Gohan stavate facendo qualcosa per lui e mi sono fidato.»
Junior
si mise una mano sugli occhi, facendo appello a tutta la sua pazienza per non
ucciderlo, mentre Vegeta si fece nuovamente avanti: «Tu invece non hai ancora risposto. Com’è che stai facendo il pappamolla
qua dentro a questa gabbia?»
Trunks sbuffò: «Papà, la tizia poteva potenziarsi con il sangue Sayan
non appena l’avessi sfiorata, ti sembrava il caso di rischiare?»
Vegeta
lo guardò scandalizzato: «Certo! Io lo
avrei fatto!»
C18
ridacchiò: «Sicuro, e abbiamo visto tutti
com’è finita con Cell…»
Ma
prima che partisse l’ennesima discussione, Mr. Satan
interruppe tutti con un grido mentale: «ADESSO
BASTA!»
Tutti
si voltarono verso di lui. L’uomo, insieme a Gohan, Videl, Pan, Majinbu, Bulma, Crilin e Dende, aveva le mani al cielo.
«Ci siamo già passati da questa storia, e
sappiamo che si vince solo se tutti collaborano! Re Kaio,
se serve sono pronto a convincere di nuovo tutti gli abitanti del pianeta!»
C18
si unì subito a loro, mentre Goku esitò un momento. L’idea di mettere nelle
mani di Goten una quantità eccessiva di energia, che
non fosse poi in grado di gestire, lo spaventava. Era l’unico, fra loro, a
conoscere i rischi di quella tecnica.
Junior
gli mise una mano sulla spalla, alzando l’altra al cielo: «Può farcela. Tuo figlio è un genio, se si concentra a dovere, e non
potrebbe essere più concentrato di così, al momento.»
Gohan aggiunse, con un sorriso: «Si è allenato tanto, fidati di lui, sta
mettendo in gioco tutto se stesso. Ti prego, di me ti
sei fidato anche troppo in passato, fai lo stesso con lui, per questa volta…»
Goku
sorrise, rassicurato, e alzò le mani al cielo: «Certo che mi fido di lui!»
Bulma diede un calcetto al marito: «Vegeta…»
Il
Sayan alzò un sopracciglio: «Mi stai seriamente chiedendo di affidare la mia energia a un ragazzino
che non si allena da quasi dieci anni?»
Bulma gli sorrise: «Ti sto chiedendo di fidarti di me.»
Vegeta
fece una smorfia e girò il palmo della mano verso l’alto: «Questo però era un colpo basso.»
Goten, che non poteva sentire cosa
stesse avvenendo nella sua barriera, avvertì invece improvvisamente tanta
energia che gli veniva donata e, per la prima volta, ne sentì quasi il
sentimento: la fiducia di Videl, Bulma,
Crilin, C18, Pan, Majinbu e
Dende; l’affetto fraterno di Gohan
e Trunks; il sostegno preoccupato ma orgoglioso di
Junior; la gratitudine e l’ammirazione totale e incondizionata di Mr. Satan; la preoccupazione di Vegeta e, forse i sentimenti
più inaspettati di tutti, l’orgoglio, l’affetto e il sostegno di suo padre. La
sfera si ingrandì di colpo a dismisura, ma Goten ne
mantenne perfettamente il controllo: conosceva quelle aure e quell’energia non
solo gli era stata data spontaneamente, gli era stata donata, con tutto il cuore. Si sentì pronto, come mai in vita sua.
Fu
un attimo.
In
una frazione di secondo disattivò la sua barriera, rimanendo sollevato in aria
a gambe incrociate, alzò la mano destra carica di energia e la lanciò verso la
creatura, che al contatto iniziò a disintegrarsi senza fare rumore, senza
gridare, ancora ipnotizzata da quella luce. Con la mano libera Goten creò un’ultima barriera, cristallizzando aliena e
Energia Sferica in un’unica, enorme, sfera violetta. Se l’energia non fosse
stata sufficiente, sarebbe bastato bloccarla al suo interno per sempre.
Subito
dopo, con la stessa mano, liberò i suoi compagni e cercò di compiere
l’operazione più difficile: liberare se stesso dalla
prigione in cui si era rinchiuso.
Non
appena tutti toccarono terra, molti cercarono di correre verso Goten, ma Junior li fermò.
«Ha
bisogno di tempo per uscire da una meditazione così profonda.»
Gohan si avvicinò al suo vecchio
maestro: «Ci riuscirà, vero?»
Il
namecciano rispose con aria seria: «Non ci avevamo
più riprovato dall’altra volta, e non era arrivato così lontano…»
Gohan sembrò impassibile alla notizia,
ma Junior, che lo conosceva meglio di tutti, si affrettò ad aggiungere: «… ma
se qualcuno può farcela, quello è tuo fratello.»
Rimasero
tutti lì, in attesa. Goten planò verso terra, sempre
con gli occhi chiusi e in stato di meditazione, sforzandosi di respirare
profondamente con il naso e con la bocca. Appoggiò le mani all’ultima barriera
che aveva creato e rimase lì, immobile, per un tempo che parve infinito, a
testa china. Poi un rumore improvviso fece sussultare tutti, e poi un altro, e
un altro ancora. Le mani di Goten scivolarono fino a
terra, dove si sedette e, appoggiando la testa sul muro da lui stesso creato,
si sentì libero di passare dai singhiozzi soffocati a un pianto vero e proprio.
Gohan guardò Junior, e dopo aver ricevuto da lui un
sorriso e un segno di assenso, corse dal fratello e lo abbracciò.
«Sono
uno stupido, ho rischiato di far scoppiare tutto…»
Gohan lo strinse più forte: «Ma non
l’hai fatto, sei stato bravissimo!»
Junior
tirò un sospiro di sollievo. Ancora una volta Goten
era riuscito a uscire dalla meditazione senza rischiare il coma.
«Io
la dovevo proteggere, la Terra, non rischiare di farla saltare in aria…»
Trunks si avvicinò all’amico, dandogli
una pacca sulle spalle: «Siamo ancora tutti qua, e sei stato un grande, Got! Io
mi sarei buttato a capofitto e avrei…»
Vegeta
da lontano urlò: «Avresti fatto bene, diavolo! Sei mio figlio, ma dopo questa ti
sto per disconoscere, Trunks!»
Il
ragazzo, dopo essere diventato rosso, cercò di continuare come se nulla fosse:
«… e avrei fatto un casino.»
Bulma diede una gomitata al marito:
«Meno male che il cervello l’ha preso da me.»
Anche
Goku si avvicinò al figlio, indeciso se fosse meglio abbracciarlo, dargli una
pacca o dire qualcosa di bello, ma nel frattempo, in tutto quel caos, la
piccola Pan si era avvicinata alla barriera, e aveva cominciato a prenderla a
calci e a pugni come le avevano insegnato mamma e papà.
«Prendi
questa, e questa, e questa!»
Goten alzò la testa dal petto del
fratello: «P-Pan?»
La
bimba continuò a fare le boccacce alla parete viola: «Così impari a far
piangere il mio zietto! E se lo rifai ti picchio più forte!»
Gohan sospirò, alzando gli occhi al
cielo: «E qua si vede tutto il suo spirito Sayan…»
Goten, invece, scivolò dall’abbraccio del
fratello e corse ad abbracciare la nipotina.
«Grazie,
non ho dubbi che saresti bravissima a difendermi.»
Una
voce che Goten non conosceva lo fece trasalire, e gli
fece stringere più forte la bimba a sé.
«Lo
sei stato anche tu.»
La
maggior parte dei presenti, invece, lo riconobbe e gli sorrise: «Kaioshin!»
Dende immediatamente s’inchinò
imbarazzato: «Cosa ci fate qui, o Superiore?»
La
divinità sorrise divertita: «Dato che nessuno
ha risposto al primo numero utile per le emergenze, Mr. Popo
ha chiamato un po’ più in alto…»
Re
Kaio, improvvisamente
e misteriosamente, smise di farsi sentire telepaticamente.
Kaioshin continuò: «Ma direi che anche se
non serve più il mio intervento per rendere innocua la creatura, posso sempre
far sparire questo ingombrante rifiuto in maniera che non possa più nuocere a
nessuno.»
Goten, ancora col viso bagnato di
lacrime, ridacchiò: «Sarebbe fantastico, effettivamente non sapremmo bene dove
metterlo.»
La
divinità annuì e si voltò verso Junior: «Sappi che, comunque, noi Kaioshin approviamo a prescindere il tuo piano e hai la
nostra benedizione… e credo anche quella di Dende e
Mr. Popo.»
Junior
trasalì dalla sorpresa, mentre quasi tutti si voltarono a chiedere al namecciano di cosa stesse parlando.
Kaioshin ridacchiò: «Temo di aver parlato
troppo presto, eh?»
Junior
sbuffò: «Avrei aspettato ancora un paio d’anni almeno…»
La
divinità sorrise: «Se vuoi posso toglierti questo onere, il ragazzo mi pare
pronto.»
Junior
chinò la testa, incapace di ribellarsi, e il Kaioshin
si avvicinò a Goten.
«Son
Goten…»
E
si inginocchiò. Il ragazzo divenne tutto rosso.
«E-ehi!
Ehi! Cos’è, una proposta di matrimonio? Mi dispiace, ma non sei il mio tipo!»
Kaioshin ridacchiò: «Non esattamente, non
da parte mia, per lo meno…»
Goten era sempre più confuso: «Eh?»
«Non
c’è un anello, come usate voi, ma è comunque una proposta da parte di tutta la
Terra. Una Terra che hai dimostrato di amare, di voler proteggere con tutto te
stesso, a costo di rischiare il tuo corpo, la tua mente, la tua vita. Se sei
ancora disposto a dedicare tutto te stesso in queste cose, Son Goten…»
Kaioshin gli sorrise: «… vorresti essere
il prossimo Supremo della Terra?»
E con questo domandone chiudiamo qua il penultimo capitolo. So bene
che è molto più lungo dei precedenti, purtroppo non scrivendo da un po’ sono
ricascata nell’errore che facevo tempo fa, quello di fare i capitoli molto
sproporzionati… ma conto di riprenderci la mano al più presto. Curiosità: in
questo capitolo ho nascosto riferimenti a una favola molto famosa, sapete
riconoscerla?
Intanto ringrazio Millo_Pippo_Jo per
il commento e vi aspetto al prossimo, ultimo capitolo.
Vendendolo
già con la spazzola in mano, intento a risistemarsi i capelli, Dende ridacchiò: «Vedo che te ne sei già accorto.»
L’uomo
sorrise: «Arrivo tra poco.»
Dende chiuse la porta. Non ricevevano
molte visite lassù, ma quando capitava la cosa più difficile per lui era sempre
sistemarsi i capelli. Non aiutava affatto che avesse smesso di tagliarli da
tempo e che ormai fossero lunghi fino ai piedi, ma era rimasto troppo
impressionato quando, circa una quindicina d’anni prima, le ciocche, una volta
tagliate, erano diventate improvvisamente bianche fra le sue mani. Preferiva
tenerli scuri e ben attaccati alla sua testa, visto il dono che gli era stato
fatto di un invecchiamento rallentato.
Sistemata
finalmente la chioma, Goten si guardò un momento allo
specchio e sorrise. Il volto era indistinguibile da quello di suo padre, come
sempre, e gli abiti che indossava erano, seppur cerimoniali, molto più comodi di
quelli dei Supremi che lo avevano preceduto. Quando ritenne di essere a posto,
prese il bastone e si avviò verso l’ingresso, travolto per un momento dalla
nostalgia.
Quante
cose erano cambiate in quegli anni!
La
Terra viveva il suo più lungo periodo di pace, da quando gli alieni avevano
smesso di tentare di invaderla. Oh, ci avevano provato a lungo, ma la barriera
di Goten, ormai abbastanza grande e robusta da
avvolgere tranquillamente il pianeta, li aveva fatti desistere tutti, uno
dietro l’altro. Gli umani vivevano un momento di prosperità tecnologica, anche
grazie alle scoperte di Gohan, che, ispirato dal suo
fratellino, era riuscito effettivamente a sostituire i nuclei delle centrali
nucleari con forme di energia pulita e quasi infinita, delle Energie Sferiche
cristallizzate in barriere infinite. Se anche, a distanza di secoli, si fossero
esaurite, sarebbe bastato alzare tutti le mani al cielo e ricrearle, con
l’unico difetto che tutta la popolazione mondiale avrebbe avuto un gran sonno e
sarebbe andata a dormire presto, per quel giorno.
Anche
Crilin, Tensing e Videl si erano dati da fare finché avevano potuto, creando
delle scuole modello per il controllo dell’aura aperte a tutti. In quel momento
la quasi totalità degli umani sapeva controllare la propria aura per usi
civili, come volare, creare una piccola forma di illuminazione o bruciare le
foglie in giardino. Potevano persino donare un po’ della loro energia vitale
alla natura, e infatti foreste e varie zone selvagge del pianeta erano tornate
a prosperare. I tornei di arti marziali erano diffusi e Dende,
che ormai aveva sostituito Mr. Popo andato
meritatamente in pensione, presenziava ad ognuno di essi, selezionando a volte
dei futuri guerrieri che venivano addestrati da lui e Goten
lì al santuario come forze di difesa della Terra, in caso di emergenza. Poteva
sentire i loro allenamenti anche passando semplicemente nel corridoio, e
l’unica vera preoccupazione che gli davano era quella di distruggere le mura.
Certo, si poteva sempre chiedere a Shenron di
riparare tutto, ma odiava disturbarlo per queste sciocchezze. Le Sfere del
Drago erano ancora create da Dende, ma non per molto,
Goten era convinto di aver quasi affinato la tecnica
per poterle creare lui stesso, e, soprattutto, per poterla insegnare a un suo
successore. Aveva ancora un po’ di tempo, però, e aveva intenzione di
prenderselo tutto.
Si
risollevò dai suoi pensieri solo quando giunse nell’ingresso. Dende, d’aspetto ormai tremendamente simile a Junior, lo
attendeva al fianco di una figura minuta, inginocchiata, con i capelli grigi e
le rughe. Goten, vedendola, corse subito verso di lei
preoccupato.
«Ma
cosa fai? Alzati, dai!»
La
signora alzò il volto sorridendo: «Volevo rendere omaggio al Supremo della
Terra.»
Goten, lasciando per un attimo il
bastone a Dende, subito sollevò la donna di peso:
«Piantala, lo sai benissimo che per te sono sempre e solo lo zio Goten! E poi hai una certa età, la tua schiena non regge
più questi sforzi.»
Pan
ridacchiò mentre Goten la sollevava in aria come
quando era bambina e le faceva fare mezzo giro, per poi riposarla a terra con
estrema delicatezza.
«Lo
so, ma non riesco a resistere all’idea di prenderti un po’ in giro.»
Il
Supremo rise: «Sei sempre la solita burlona! Allora, parliamo di cose serie…»
Con
il volto più entusiasta di un bimbo di fronte alle giostre, Goten
aggiunse: «… quand’è che mi porti il mio nipotino?»
Pan
ridacchiò: «Ehi, è il mio nipotino!»
«Prego,
tu sei sua nonna! Io sarei il pro-pro-pro… quanti pro ci vogliono? Oh, insomma,
sono lo zio e quindi è anche il mio nipotino!»
Sia
Pan che Dende risero di gusto. Sempre preso dagli
incarichi istituzionali era raro rivedere quel lato più infantile e giocoso di Goten, ma quando accadeva era sempre una gioia constatare
che nonostante gli anni non era cambiato di una virgola.
«Presto,
promesso. Sai, ha preso i capelli dal nonno!»
Goten alzò un sopracciglio: «Nonno
Goku o nonno Satan?»
Pan
rise: «Nonno Goku!»
L’uomo
si portò la mano al petto, in un finto sospiro di sollievo: «Meno male! Avete
idea della fatica di pettinare tutti quei riccioli?»
La
donna gli prese una ciocca dei lunghi capelli: «Tu dovresti proprio prendere
una parrucchiera, i capelli sono diventati una tua ossessione.»
«E
dove la trovo una parrucchiera disposta a venire fin quassù, senza nemmeno la
televisione? Oh, incredibile che dopo più di novant’anni non siamo ancora riusciti
a risolvere questo problema, Dende!»
Il
namecciano rise: «Dovremmo chiedere a Shenron, un anno o l’altro.»
Goten annuì: «Mettilo in agenda, sono
almeno cinquant’anni che rimandiamo.»
Pan
annuì con un gran sorriso: «Ora però devo tornare a casa.»
L’uomo
la guardò un po’ deluso: «Di già? Non vuoi fermarti per pranzo?»
«Mi
aspetta già mia figlia e non voglio farla preoccupare.»
Goten alzò le mani in segno di resa:
«La famiglia prima di tutto. Vai, ti aspetto la prossima volta!»
Pan
annuì, alzandosi in volo: «Alla prossima, zietto! Ciao, Dende!»
Goten e Dende
si affacciarono al bordo del santuario e la guardarono allontanarsi. Poi, Goten, tornato serio, aggiunse: «Dovrò seriamente tenerlo
d’occhio, il mio nipotino.»
Dende scosse la testa: «Immagino che fosse
inutile nascondertelo, tu sei molto più bravo di me a sentire le aure.»
«Quel
ragazzino non ha solo i capelli di papà, ma pure l’aura è tremendamente simile!
Nel dubbio, le prime notti di luna piena io lo sorveglio, non si sa mai…»
Un’esplosione
risollevò entrambi dai loro pensieri. Dende trasalì,
ma Goten, imperturbabile, si limitò a sospirare.
«L’hanno
fatto di nuovo.»
Il
namecciano ridacchiò: «I nostri ultimi allievi sono
un po’ turbolenti, a volte…»
«Ripassami
il bastone, se hanno di nuovo distrutto la cucina a ora di pranzo è la volta
buona che ritiro fuori un po’ del mio spirito Sayan.»
Dende glielo porse: «Prego, tutti
tuoi.»
Goten, sorridendo e tirando fuori
nuovamente quel suo lato da attore consumato, rientrò nell’edificio urlando:
«ALLORA??? CHI È CHE DEVO MALMENARE STAVOLTA? L’HO GIÀ DETTO, LA CUCINA È
SACRA!!! DIAMINE, QUESTO È UN SANTUARIO, È TUTTO
SACRO QUA, MA LA CUCINA IN PARTICOLARE!!!»
Il
namecciano rise di gusto. Sì, forse il santuario,
dopotutto, era meno tranquillo della Terra, ma era certo che la serenità che
regnava ovunque sarebbe durata ancora e ancora a lungo, almeno finché Goten avrebbe avuto la forza di prendersi cura del mondo
che tanto amava.
Ed eccoci qua. Stavolta è finita davvero, con una citazione all’ultimo
episodio speciale di GT. Non so se fosse il finale che vi aspettavate, ma a me
questo Goten è piaciuto molto. Difficilmente con
questo finale lo riprenderò, ma è stato divertente.
Ringrazio come sempre alla fine delle mie storie:
·Chi ha messo la storia fra le
preferite: bulmasanzo
·Chi ha messo la storia fra le
ricordate: Esmirildindina
·Chi ha messo la storia fra le
seguite: bulmasanzo e LadyTsuky
·Chi ha commentato: bulmasanzo e Millo_Pippo_Jo
In attesa della prossima storia, vi saluto, alla prossima!