I vicini di casa peggiori della storia

di _Cthylla_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I vicini di casa peggiori della storia ***
Capitolo 2: *** Capitolo ### ***
Capitolo 3: *** Capitolo ### (possibile numero #. Ancora da definirsi) ***



Capitolo 1
*** I vicini di casa peggiori della storia ***


Neppure io so dire con certezza se e quanto questa oneshot in cui il povero, giovane Damus si trova ad avere a che fare con i vicini di casa peggiori della storia, sia collegata al resto. Diciamo che è a libera interpretazione, come io ho liberamente modificato russo e altre lingue slave il poco che serviva per adattarle al settore chiamato Kostrobna.
Il Megatron presente qui è quello di Armada (una sua versione giovane prima di diventare un Decepticon) e c'è, come al solito, una OC di mezzo. C'è anche tanto disagio ma non è da prendere sul serio xD






Memorie, capitolo [numero ancora da definirsi]:  I vicini di casa peggiori della storia














Anno XXXXX.
 
Quando socchiudo gli occhi la tonalità rossastra dei raggi del sole artificiale che è stata scelta per questo settore mi suggerisce che sia mattino presto. Lunghe ombre dei miei pochi averi si proiettano su di me come artigli ma da tempo non è più una visione che trovo inquietante.
Mi rigiro nella cuccetta godendomi la quiete. Non è facile trovarla in questo posto se non, appunto, al mattino presto, mentre quasi tutti dormono o cercano di trascinarsi a dormire tra un “blyat” e un passo sghembo dovuto all' ubriacatura.
 
Per un attimo ho perfino l'illusione di poter tornare in ricarica, ed è allora che sento il rumore della porta del bagno nell'appartamento dei vicini aprirsi e la mia cara quiete viene squarciata dal suono di un gong e una fisarmonica, al quale poco dopo si aggiunge quello di... un flauto? Non sono del tutto certo ma, se lo è, è forse il peggiore che abbia avuto la sfortuna di ascoltare.
Torno a rigirarmi, in pieno stadio di negazione, nascondendomi nella spessa coperta ricamata. Potrebbe funzionare se non conoscessi i miei vicini di casa abbastanza bene perché il mio processore riesca a immaginare la scena che sta certo avendo luogo in quel bilocale che al momento, oltre a ospitare tre pessimi musicisti e due gemelli, è divenuto patria di molteplici specie fungine tecnorganiche.
Odo passi pesanti trascinarsi sul pavimento in direzione del bagno e la porta spalancarsi con violenza. I pessimi musicisti protestano col dire che sono stati loro (i gemelli, i miei amabili vicini) a rapirli, chiuderli in bagno e intimare loro di suonare ogniqualvolta avessero spalancato la porta, il che è estremamente probabile; quel che ignorano è che venire defenestrati sia un destino divenuto altrettanto probabile, per non dire certo, nel momento in cui la ricarica del Kostrobnese recante il nome di "Megatron" (non è il solo a portare una simile designazione, derivata nientemeno che dal nome di uno dei Tredici Prime originari) è stata interrotta.
Crogiolo ancora nella negazione udendo il rumore dei vetri della finestra distrutti per l'ennesima volta. L'allarme di un veicolo di qualche natura colpito dai musicisti in caduta libera si sostituisce al loro grido, una volta giunto il tonfo assieme ai frammenti di vetro tintinnanti.
Il susseguirsi di molteplici colpi di cannone sparati verso l'esterno mi porta a sobbalzare.
 
«Se io sono sveglio a quest'ora non vedo perché gli altri devono dormire! Blyat».
 
Tipico buongiorno a Kostrobna per chiunque viva sufficientemente vicino a questo palazzo da poter essere vittima del rispetto, della discrezione e della sopraffina, invidiabile, assolutamente ineccepibile educazione del mio vicino -la cui voce decisa e vagamente graffiata risuona molto chiara qui, causa pareti troppo sottili; tipico buongiorno per me.
 
Il mio nome è Damus.
Mi sono trasferito a Kostrobna per ragioni di svariati generi, principalmente economiche, che in questa sede non intendo approfondire... e anche oggi, come ieri, devo accettare il fatto di trovarmi ancora qui.
 
«Daaaamusss».
 
Conosco la voce femminile dal timbro scuro localizzata decisamente troppo vicino ai miei recettori audio, eppure dopo pochi istanti di istintiva fissità -oh, la fissità! La prima reazione di una povera preda, pia illusione pensare che sia realmente utile a qualcosa!- scatto in piedi per autodifesa, sempre in modo istintivo, e il mio braccio è teso, il pugno è chiuso, la coperta a terra. La mia mano va nella direzione giusta e il bersaglio è ora davanti alle mie ottiche, ma un suo fluido spostamento all'indietro fa sì io colpisca solo aria, sbilanciandomi.
La mano aperta di Wraith, gemella del vicino di casa peggiore della storia -e vicina di casa peggiore della storia anch'ella, meritevole del titolo anche solo per il fatto di trovarsi nel mio appartamento senza essere stata invitata a entrare- raggiunge il mio pugno. Il debole attrito è sufficiente a salvarmi da una caduta e in parte dall'imbarazzo.
 
«Come incubo doveva fare proprio schifo».
 
«Prego? Guarda che ero del tutto sveglio! Il contrario era impossibile dato che tuo fratello, non pago di aver rotto la finestra, ha pensato bene di mettersi a sparare cannonate».
 
«Quindi avevi sentito».
 
«Come chiunque non sia sordo!»
 
La vedo annuire solennemente. Solo ora riesco a far caso al particolare del cubo di energon extra forte nella sua mano sinistra.
 
«Di già?»
 
«Fino a poco fa non avevamo cibo in casa... e comunque non si mangia asciutto, eh! Vieni a fare colazione con noi, vicino!»
 
«Non sono certo che sia-»
 
La porta d'ingresso del mio appartamento viene spalancata con una spallata che non lascia dubbi sull'autore di un simile gesto, irrispettoso a una tale quantità di livelli al punto di rendere impossibile quanto inutile cercare di elencarli tutti.
 
«Wraaaith!» sbraita Megatron «Lo stai svegliando o lo stai costruendo daccapo?! Datevi una mossa, è ora di mangiare!»
 
«Sveglio lo era da prima che arrivassimo... come al solito!»
 
«Ecco, allora poche chiacchiere».
 
Megatron e Wraith, i vicini di casa peggiori della storia.
Giunti qui dalla campagna di questo disgraziato settore che è Kostrobna, si sono impossessati del bilocale vicino al mio defenestrando quelli che fino ad allora erano stati i proprietari. Per essere più precisi, Megatron li ha scaraventati fuori dalla finestra mentre Wraith si presentava al sottoscritto sorridendo, augurandosi che saremmo stati buoni vicini e chiedendomi se avevo dell’energon extra forte.
I precedenti proprietari erano persone tutto sommato tranquille col solo difetto di sparare musica ad alto volume tutta la notte e che, in confronto a ciò che vedo ora, a volte riesco perfino a rimembrare con affetto. 
 
«Hai di nuovo rotto la finestra» dico a al mio vicino, tanto per rompere il silenzio creatosi nella brevissima camminata tra gli ingressi dei nostri appartamenti.
 
«Quello che suonava il flauto non meritava altro».
 
Sì, sono costretto ad ammettere a me stesso che tutto ciò mi ha giovato in alcune cose (il mio pugno ha mancato Wraith ma, prima dell’inizio quasi obbligato della frequentazione tra me, lei e il fratello, non sarei riuscito a cercare di darlo e tantomeno sarebbe stato tra i miei istinti. Quale orribile fase della mia esistenza! Trascorsa a essere poco meno indifeso di una protoforma!) ma il fatto di trovarmi quasi a concordare con Megatron causa una certa inquietudine nel mio animo al pensiero di star diventando talmente avvezzo a loro e a Kostrobna da iniziare non solo a sopportarlo, ma a anche mescolarmi.
 
«Era abbastanza stonato, sì».
 
La presenza del mio vicino risulta particolarmente imponente nell’ambiente angusto che ci circonda, tanto nel corridoio, quanto nel bilocale. Ad andar di similitudini lo descriverei alto e grosso come una torre di guardia, più resistente di un armodrillo, forte come tre jurassanoidi e con un brutto carattere che, pur non avendo avuto modo di conoscere quelle creature, immagino fosse analogo; inoltre è dotato di un cannone, procuratosi non oso immaginare dove e come, di due lunghe corna dai molteplici utilizzi che svettano fieramente sulla sua testa e di uno sguardo rosso brillante -unica nota di colore acceso in una corazza viola scuro, verde cupo e più d’un grigio- che afferma, anzi urla, “Ho voglia di spaccare la faccia a qualcuno e posso riuscirci facilmente”. In altre parole, Megatron è molto somigliante al tipo di persona che cercavo in modo disperato di evitare quando vivevo ancora a Tarn, purtroppo senza riuscire nei miei intenti e con conseguenze negative da qualsiasi punto di vista fisico e mentale -argomento che in questa sede rifiuto di approfondire.
 
I raggi di luce carminio che si fanno strada nella stanza vengono divorati dall’insolenza del cubo verde brillante che di sera e di notte costituisce la sola fonte d’illuminazione del bilocale, mentre di giorno può diventare un poggiapiedi, un poggiatesta, una sedia, uno strumento utile per lo yoga, un punto rialzato sul quale ballare, un’arma impropria nel caso sia Megatron a prenderlo in mano e infine, nel caso attuale, un tavolo… sul quale è stato apparecchiato il cibo che fino a poco fa, sono sicuro, era nella mia dispensa.
 
Megatron sbuffa scocciato. «Tutto qua?»
 
Invitare a fare colazione il proprio vicino di casa dopo avergli rubato il cibo e lamentarsi perfino della quantità: assurdità o avanguardia pura? Questo è il dilemma. Ciò che dilemma non è, è il mio desiderio di prendere a schiaffi uno, l’altra o tutti e due.
 
«Ora che ci penso non ho guardato sotto la cuccetta, vado a vedere» replica Wraith con tutta la nonchalance del cosmo «Voi intanto iniziate pure senza di me, no problem!»
 
«Mi raccomando, fate come se quella fosse casa vostra e non si trattasse del mio cibo!» esclamo.
 
Sono conscio che il mio sarcasmo cadrà nel vuoto -non perché manchino di comprenderlo, quanto perché a loro non importa- attraversando senza colpo ferire i loro processori da una parte all’altra esattamente nel modo in cui Wraith in questo momento sta attraversando la parete che divide casa mia da casa loro.
 
Nel caso ve lo stiate chiedendo, no, non avete sbagliato alcunché nella lettura. Conosciuta come alterazione di fase o “transfase” a voler essere marcatamente gergali nell’abbreviare, l’abilità della quale Wraith è portatrice le consente di attraversare pareti, oggetti, persone e qualche altro trucco; è comoda -ancorché limitata sia per l’essere a tempo sia per altri motivi- specie per una femme che è sì molto alta ma anche abbastanza sottile e leggera perché il suo gemello possa, se mai volesse, stringere il suo punto vita con una mano e spezzarla in due.
 
«Ora però è il nostro cibo!» dichiara Megatron, con un ampio cenno del braccio che include anche il sottoscritto.
 
Da una radiolina inizia a risuonare l’inno di Kostrobna mentre Wraith, recante con sé nulla di nuovo avendo già razziato in precedenza tutto il poco che avevo, attraversa di nuovo la parete con testa alta e pugno destro premuto all’altezza della Scintilla. Megatron la imita subito dopo.
 
 
“Soy’uz neurjshimy sectorj svobodnykh
Splotila naveki Kostrobna Velij!...”
 
 
Il patriottismo è uno dei pochi tratti dei miei vicini riguardo cui non mi sento di obiettare.
Nella vita è importante avere uno o più punti fermi, un qualcosa a cui credere ciecamente, che sia la patria, che sia una famiglia (non necessariamente con CNA simile) o un Dio, una filosofia, se stessi. Una persona senza punti fermi è una foglia tecnorganica morta sbattuta dal vento in ogni direzione, senza possibilità di esercitare alcun controllo sulla propria esistenza: un destino tra i peggiori che possano capitare, in cui si può solo pregare per un colpo di vento fortunato che spinga la foglia sulla strada giusta verso la stabilità.
 
Il rispetto verso l’amor di patria dei gemelli e verso quello che, per disastrato che sia, è il settore che mi ha temporaneamente adottato, è quel che mi spinge a imitarli a mia volta. Megatron e Warith non lo farebbero con l’inno di Tarn, ammetto che io stesso non riuscirei a mostrare affetto per quel posto, ma cosa mi vieta di avere più riguardi di loro, se è quel che desidero?
 
«E comunque noi ti offriamo sempre da bere, quindi poche chiacchiere» mi rimprovera Megatron finito il momento patriottico.
 
«Questo perché sapete benissimo che io non bevo affatto! Se lo facessi non credo proprio che sareste altrettanto generosi».
 
«Oooh no, al contrario» mi contraddice Wraith, accovacciandosi accanto al cubo verde «Sarei disposta a dare via tutto l’energon extra forte che abbiamo pur di vederti di nuovo portare a spasso un cane da te rapito calandolo giù dalla finestra per poi, nell’ordine, provarci con il divano, slinguarti il mio cuscino e infine-»
 
«Tentare di palpeggiarmi una chiappa chiamandomi “bella signora” e finendo a terra con una testata della quale ti darò il bis se non ci decidiamo a mangiare» completa Megatron, guardandomi con evidente biasimo «…che pervertito».
 
 

 
[ Nota dell’autore: censurare questa parte dell’opera in fase di editing. È bene che simili memorie giovanili rimangano acquattate nei più bui meandri del mio processore. Conto di procedere limitandomi a dire che “ero solo un po’brillo” senza aggiungere dettagli. ]
 
 

 
 Mi accovaccio accanto al cubo verde proprio come Wraith prima e Megatron poi hanno già fatto. Sulle prime non faccio caso all’attenzione con cui mi stanno osservando ma poi la noto e, nello stesso istante, comprendo.
 
«Hai imparato ma a chi non è kostrobnese serve allenamento costante. Costante!» ribadisce Megatron, puntando un indice contro di me.
 
«L’hai fatto in modo istintivo! Sono commossa!» esclama Wraith, con le ottiche lucide più per un vago sentore di sbronza che per commozione reale. Spero.
 
Dovete sapere che accovacciarsi mantenendo la parte posteriore dei piedi attaccata al terreno, pavimento o superficie in genere, è pratica tipica delle genti nate e cresciute in questo settore e viene chiamata “squat”. È una posizione che a detta loro garantisce massima stabilità, massimo comfort e la possibilità di scattare nuovamente in piedi con facilità qualora la situazione lo richieda. Ogni luogo e ogni occasione sono buoni: sei in attesa perché arrivi il tuo turno di entrare in un qualsiasi luogo? Squat. Ti sei stancato di restare in piedi ma non ci sono sedie attorno? Squat. Stai mangiando assieme ai tuoi amici o sei in giro assieme a loro e vi siete fermati da qualche parte? Squat. Sei abbastanza fortunato da possedere uno schermo grazie al quale poter godere di film e serie? Guardali facendo squat. 
State pensando che quanto ho detto finora sembra recitato a memoria? Sappiate che è così. A detta dei miei vicini sarebbe stato più facile per me imparare il loro squat aggiungendo la teoria a un costante allenamento e al “partire avvantaggiato grazie al mio non essere una western spy, blyat” -ove per western spy s’intende dire chiunque provenga da città quali Cybercity, Iacon, eccetera e qualsivoglia settore non si trovi nel lato est di questo pianeta.
 
 «Se mi sono accovacciato in questo modo è per evitare a una maggior porzione della superficie del mio corpo di venire in contatto con il vostro pavimento, il vostro divano o qualsiasi cosa diversa dal cubo verde! Ci sono funghi in tutti gli angoli!» ribatto, conscio di avere un alleato se si tratta di rimarcare cose simili.
 
«Shì» annuisce Wraith, con la bocca piena «Le montagnole di scorze di semechki di energon a volte fanno nascere qualcosa. Mai come in bagno però».
 
«Tutta colpa di una certa DISGRAZIATA, Wraith, che aveva il compito di pulire questo mese e invece non ha ancora toccato uno straccio, Wraith!»
 
Debbo ammettere che se Megatron avesse guardato me nella maniera in cui sta guardando la sorella mi sarei sentito abbastanza propenso ad alzarmi e impegnarmi nelle pulizie, tuttavia lei non è me, purtroppo per il loro bilocale.
 
«Abbiamo uno straccio?»
 
«Sì! Quella cosa bianca che è in bagno!»
 
«Quella dove sono nati i funghi che ho barattato ieri con l’energon extra forte facendoli passare per allucinogeni?»
 
«Quella!»
 
Mangia, non incrociare lo sguardo di uno o dell’altra e taci, Damus.
Mangia, non incrociare lo sguardo di uno o dell’altra e taci.
Mangia…
 
«Aaah… sì beh se vuoi usalo pure, io non me la prendo».
 
«No, blyat, non esiste! Pulire tocca a te, quindi tu pulisci, perché io non intendo muovere un dito fino a quando toccherà a me! Chiaro?!»
 
Una presa di posizione che sarebbe comprensibile se solo servisse davvero, cosa che invece non è. Sono sempre stupito di come due persone tutto sommato ben messe riguardo l’igiene personale (anche se spaccare tubature all’esterno del palazzo per fare la doccia è peggio che discutibile) possano riuscire a vivere in qualcosa di molto simile a stalla di porcineacon anche quando spetta a Megatron pulire. Nonostante la mancanza di funghi quando è lui a occuparsi dei lavori di casa possa essere considerata un netto miglioramento, resta un esempio da non imitare.
 
«Cercherò di inventarmi qualcosa in questi giorni».
 
«L’hai detto anche una settimana fa! Disgraziata!»
 
Smetto di ascoltare il battibecco, che pure continua, decidendo di concentrare i miei pensieri sul lavoro che mi spetterà durante la giornata.
Non che ci sia molto su cui riflettere per un operaio qualunque di una fabbrica qualsiasi destinato a ripetere meccanicamente lo stesso gesto per otto ore al giorno, cinque giorni alla settimana, il tutto per una paga che naturalmente è misera dato che il compito non richiede particolari requisiti se non riuscire a sopportare l’alienazione che il tutto comporta.
Le cose sono migliori solo per i responsabili del reparto, tanto che dopo milioni di considerazioni e ripensamenti ho perfino trovato la forza di fare domanda per quella posizione nel momento in cui si è liberato un posto: lo stipendio è più alto e, riuscendo ad accumulare shanix più in fretta, magari riuscirei ad andarmene da qui prima.
Non è andata bene.
 
 
“Ho visto come ti muovi e come lavori, sei veloce, sei competente e sei organizzato ma, detta in modo molto schietto, ti mancano gli attributi per trattare con quelli che sarebbero i tuoi sottoposti. Sono stupito già solo del fatto che tu abbia fatto domanda. Cerca di imparare a essere più deciso e poi forse ne riparliamo”.
 
 
Pensare al lavoro è stata una pessima idea.
La radiolina, che in tutto questo tempo non era stata mai spenta e continuava a trasmettere l’inno di Kostrobna, inizia a emettere una serie di statiche per poi morire. Il mal di testa atroce che giunge dal nulla subito dopo mi fa desiderare di essere morto a mia volta, inizio a sentire tutto in modo ovattato, chiudo per un istante i sensori ottici e…
 
«… aver rotto la finestra prima non è stato male, almeno non devo farlo per buttare fuori il cadavere. Ehi! Di’ un po’, vuoi darti una mossa a svegliarti?!»
 
Non capisco cosa intenda Megatron, sono sveglio, ho solo chiuso le palpebre un attimo.
Non comprendo perché mi succeda, non comprendo il motivo per cui c’è sempre qualche oggetto che fa la fine della radiolina poco prima che arrivi il mal di testa. So di possedere un’abilità che mi permette di paralizzare parti corporee altrui e spegnere le macchine ma non la utilizzo per più d’una ragione (una delle quali è il mio fisico che ne subisce i contraccolpi) e, soprattutto, non ha alcun effetto a distanza.
 
«Ormai sono tre minuti... Wraith! Hai trovato o no quel coso con la roba che prende?!»
 
«Ho solo due mani, gli scomparti sono tanti e non è in quello in cui lui lo mette di solit- semechki! Ha dei semechki! Aveva. Eeee… eccolo! L’ho trovato!»
 
«Non so se prenderlo a sberle per svegliarlo o aprigli la bocca e sbattere dentro tutto».
 
«Sarebbe una perdita di tempo, gliela metto io direttamente nel serbatoio assieme all’energon extra forte, almeno fa effetto prima».
 
I discutibili approcci medici dei vicini peggiori della storia riescono a darmi la forza di riaprire gli occhi. Il mal di testa è ancora pulsante ma il suono non è più ovattato e la visuale diventa man mano meno annebbiata, mostrandomi due paia di occhi dall’indentica gradazione di rosso.
 
«C-che… diamine…»
 
«Cerca di evitare di andare offline in casa mia, con tutto il sudicio che c’è manca solo un morto e siamo a posto. Si può sapere che ti è preso?!» sbotta Megatron.
 
«Probabilmente è lo stress. Si ostina a lavorare otto ore al giorno, come altro deve finire?»
 
«Invece di perdere tempo in fabbrica potrebbe stare in giro con noi, trovare quel che gli serve e imparare a darle quando è in rissa invece di bloccarsi e prenderle come quattro giorni fa!» esclama Megatron, per poi rivolgersi al sottoscritto «Idiota. Se ci avessi seguiti da quando siamo arrivati qui saresti diventato una macchina da combattimento, non come me, ma dignitosa».
 
«Sai che non apprezzo la violenza e ancor meno la violenza inutile, in caso contrario ti avrei già preso a ceffoni, la voglia c’è» dico, ancora a terra, mordendomi la lingua troppo tardi.
 
Megatron fa un sorrisetto malevolo. «Come la volta in cui abbiamo avuto quella breve discussione che è finita con lo sfondamento della parete che divide i nostri appartamenti? Per quel che mi riguarda possiamo rifarlo anche ora! Forza, alzati!» mi invita, facendo cenno di avvicinarmi «Hai avuto abbastanza coraggio con le chiacchiere, dimostrane altrettanto con i fatti!»
 
Ho davvero voglia di farlo, per un attimo riesco persino a immaginare il rumore del suo naso che si rompe contro il mio pugno e le sue corna a seguire, solo che poi torno bruscamente alla realtà ricordando che la mia inesperienza è pari alla sua abilità di incassare. Non serve che qualche istante per riuscire a fare due conti e capire che attaccare non sarebbe una grande idea.
 
«Perché invece di rompergli le scatole non gli proponi di nuovo di allenarvi a fare a botte insieme quando starà meglio? Faresti prima» commenta Wraith, lanciandosi in bocca quelli che erano i miei semechki.
 
È frustrante la mia incapacità di comprendere dove finiscano le azioni dettate puramente dalla natura di attaccabrighe di Megatron e dove inizi quello che, dal loro punto di vista, forse è perfino una mano tesa in un atto d’aiuto, perché pur vivendo nello squallore e nel disagio è difficile che qualcuno decida di rompere loro le scatole ed è ancor più difficile che suddetto “qualcuno” ne esca bene, dunque si sentono più tranquilli e sicuri di molti; sia come sia, mentre prendo il solito antidolorifico penso che farei volentieri a meno tanto delle provocazioni quanto dell’ “aiuto”, anche perché (come il loro interesse verso la mia salute con tutto ciò che implica) è più dannoso che altro.
 
«Non lo faccio perché questo idiota direbbe di no come al solito, ecco perché» replica Megatron alla sorella, per poi guardarmi «Riesci ad alzarti in piedi?»
 
«Anche per forza, tra neanche mezz’ora devo partire per andare al lavoro».
 
«Ancora?! Warith, leghiamolo».
 
«Non abbiamo corde!»
 
«Allora lo stendo con una testata, è per il suo bene».
 
«Non ci provare nemmeno!» esclamo «Mal di testa ne ho già abbastanza senza il tuo aiuto. Il lavoro non è faticoso, ce la faccio, da qui all’arrivo in fabbrica sarà passato tutto… e domani, come dopodomani, sono giorni liberi».
 
«Perché invece non vieni con noi a nord del settore?» mi propone Wraith, svuotando un cubo e mezzo di energon extra forte e offrendo l’ultima metà al fratello «C’è una partita di Cube nel pomeriggio».
 
Avrei anche potuto prendere in considerazione l’idea di accettare se fosse stata una giornata in cui non lavoro e, soprattutto, se non sapessi perfettamente che Megatron va allo stadio tanto per sostenere la squadra di Kostrobna quanto per dare inizio a risse spaventose che, complice il fatto che questo settore sia pieno di teste calde, di solito coinvolgono tutta la curva.
L’ultima volta, reo di aver accettato, sono finito mio malgrado coinvolto nello scontro e ho paralizzato per errore la gamba di qualcuno che, come ho scoperto poi, stava fuggendo da Megatron; il “Grandissimo!” che ho ricevuto da quest’ultimo, seppur fosse un complimento, non mi ha fatto piacere.
 
«No, grazie, sarebbe molto più faticoso della fabbrica. Vado alla fermata…»
 
«Veniamo con te!» esclama Wraith.
 
«Il match di Cube non era nel pomeriggio? Perché partite ora?»
 
«Qualcosa da fare nell’attesa c’è sempre. Lì poi ci sono case un po’meglio delle nostre e ieri sera ragionavamo sul fatto che è ora di prenderci un televisore nuovo, blyat, ormai è un po’ che siamo senza per… com’è che è successo?»
 
«Se non erro, Megatron era ubriaco l’ha usato per buttare giù il vostro vicino del piano di sopra quando si è calato qui e ha bussato alla finestra per chiedergli se aveva una sigaretta di energon».
 
Perché?
Perché eventi simili sono diventati la normalità nelle mie cronache ascoltate da Kostrobnesi troppo ubriachi per ricordare?
 
Wraith solleva le sopracciglia. «Sai che non lo ricordavo proprio?»
 
«Questo perché quella stessa sera avete bevuto al punto che siete usciti a cercare voi stessi a vicenda, il tutto trascinandomi dietro».
 
«Non ci aiuta granché, è successo un paio di volte in queste due settimane» sbuffa Megatron.
 
«Sei. È successo sei volte e io parlo della penultima».
 
«Aaaah».
 
 

 
[ Nota dell’autore: con mio enorme rammarico debbo notare che l’intermezzo tra questo e il mio ritorno dalla fabbrica è andato perso. La mia ipotesi è che sia andato a finire in certi punti dei miei appartamenti dei quali io stesso ignoro parzialmente il contenuto. Chiedendo a Lord Megatron (quale ironia che il mio ex vicino di casa e Lui portino la stessa designazione pur essendo due persone totalmente diverse!) di darmi la forza di tuffarmi in una ricerca che si preannuncia ardua, per il momento continuo la prima rilettura di quanto ho scritto. ]
 
 

 
Quando giungo alla fermata la pioggia è diventata fortissima e non resta altra luce se non quella delle insegne e quella dei pochi lampioni giallo sporco ancora miracolosamente sani.
Alzarmi è quasi difficile, non sono riuscito a sedermi che cinque minuti fa dopo un viaggio fatto costantemente in piedi che oggi, forse a causa di quant’è accaduto stamattina, ho trovato un po’stancante. Megatron e Wraith forse sono ancora a nord a far danni o forse sono già tornati, non so dirlo (girano molto per il settore ma solitamente finiamo a incrociarci nei mezzi pubblici, specie di sera) quindi ho potuto dimenticarmi del posto in fondo che, se sono presenti anche loro, mi è riservato. Quando salgono sui mezzi pubblici l’espressione di Megatron fa sì che si crei il vuoto attorno a lui, alla sorella e a me, con conseguenti posti liberi.
 
La pioggia che inizia a battere sul mio corpo quando scendo dovrebbe irritarmi o far sì che mi affretti per raggiungere casa ma non è così. La sensazione che provo non è di fastidio, è quasi un massaggio che riesce a lavar via la stanchezza e i brutti pensieri per qualche minuto, prima che il mio processore ponga un quesito quale “Dove saranno finiti quei due?”
 
Il colpo di un cannone a neanche cento metri di distanza, dal rumore che ormai mi è ben conosciuto, mi porta a trasalire.
 
«EEEEEEEE- DYUREDE’DANJE!»
 
Megatron, perché di lui si tratta, canta (urla) il verso di una tipica canzone del luogo prima di sparare un altro colpo.
 
«AJANI’SAM!»
 
Colpo di cannone numero tre.
Forse è colpa mia che, se in orari simili non sono ancora in vista, mi chiedo ancora dove siano invece di limitarmi a essere sollevato all’idea di non dover assistere a simili sfoggi di kostrobnesitudine.
 
«SON OMKO JU VOLYM!»
 
Alle tre cannonate sparate in fila una dietro l’altra si aggiunge il rumore dei colpi sparati dalle persone che a quest’ora sono abbastanza ubriache da mettersi a cantare a loro volta, applaudendo tra un “blyat” e un “cyka blyat” (quel loro intercalare il cui significato cambia a seconda del contesto, in questo caso d’approvazione, ma resta sempre alquanto volgare), alias… tutta la strada.
Questo è il posto in cui vivo al momento.
 
Incontro Megatron, visibilmente ubriaco, all’ingresso del palazzo. «Quando ci sei, si sente…»
 
«AH! Vicino!» esclama, dandomi una pacca sulla schiena che mi avrebbe fatto crollare a terra se fossi stato più esile «Dovevi venire allo stadio, razza di ssss… zozzone! La rissa più bella del mese! E il Kostrobna ha vinto!»
 
Ciò conferma quel che temevo e quanto ho detto stamattina, nulla di sorprendente.
Il desiderio staccare i recettori audio, coricarmi e stare tranquillo fino a domani mattina diventa sempre più grande ma inizio a intuire che non verrà soddisfatto nel momento in cui, giunti al piano in cui si trovano i nostri appartamenti, odo la musica tipica del posto sparata a un volume tale da far tremare le pareti. Inutile chiedersi da quale delle topaie qui presenti provenga di preciso.
 
«Ecco dov’era andata a finire la deesHgraziata» commenta Megatron, fermandosi davanti all’ingresso del suo bilocale e aprendo la porta.
 
«CYKA BLYAAAAT!»
 
Questo è il grido con cui Wraith e le oltre venti persone presenti nello stretto bilocale ci accolgono e, fosse solo questo, non sarebbe nulla che non abbia già visto. A essere sconcertante è ciò che realizzo negli istanti che seguono.
Dalla finestra che Megatron ha rotto questa mattina entra la pioggia ma Wraith, invece di fare un tentativo per tamponare il danno, ha lasciato entrare l’acqua e ha utilizzato la transfase per mettere dei pezzi di lamiera come barriere tra essa, la porta d’ingresso e la stanza in cui c’è la cuccetta sua e di suo fratello, creando dunque una piscina (ormai il livello dell’acqua è notevole e continua a salire); come se ciò non fosse stato sufficiente ha svuotato nell’acqua almeno due flaconi di detergente profumato, sopra il cubo verde che galleggia pigro c’è un il televisore che lei e Megatron devono aver rubato oggi e… sto pregando inutilmente divinità di vario tipo che quello che penzola dal soffitto e si tuffa parzialmente nell’acqua non sia un grosso insieme di serpentine arroventate prese da chissà dove per scaldare l’acqua.
Forse è solo  un sogno. Forse è ancora mattina e io sono ancora svenuto, perché se così non fosse staremmo rischiando di saltare tutti in aria.
 
Kostrobnesi ubriachi marci, alcuni dei quali aggrovigliati da fili di lucine, ballano, saltano, bevono, ridono e gridano. Il tuffo che fa Megatron nella piscina casalinga urlando “Finalmente un po’di sapone in questo posto” causa un’onda anomala che raggiunge la mia faccia.
 
Io sono sveglio, l’acqua è effettivamente calda e se avessi un briciolo di autocontrollo o dignità in meno, sarei in lacrime.
 
«…e tu vieni qua!»
 
Vengo sollevato e gettato in mezzo all’acqua saponata e alle persone dal peggior vicino della storia.
Temo di poter dire con sicurezza che, anche questa notte, dormirò la notte successiva.

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Capitolo 2
*** Capitolo ### ***


Memorie, capitolo [numero ancora da definirsi]:  I vicini di casa peggiori della storia














Una cosa che mi accade sovente e mi accadeva anche prima del trasferimento in quel di Kostrobna è, per una ragione o l’altra, svegliarmi all’alba o ancor prima dell’inizio di essa, come oggi.

 
Non sempre è colpa del rumore prodotto dalle genti ubriache, dai veicoli vecchi e malconci che passano sferragliando in modo detestabile lungo la strada o dalle tubature nelle pareti intente, forse, a protestare a loro modo per essere state montate in questo condominio da costruttori sadici; a volte -spesso. La maggioranza. Sono le mie memorie, posso essere onesto con me stesso?- a destarmi sono i miei stessi pensieri. Il mio processore ne è pieno, lo è sempre stato. Penso al passato, al presente, al futuro: nulla di allegro. Non lo è praticamente mai.
Penso anche a me stesso, e quando penso a me stesso diventa tutto ancor più cupo. Rievoco in maniera costante i fatti occorsi nei giorni precedenti, le conversazioni, le parole degli altri, le mie in risposta, quando ci sono state, e immagino scenari differenti. “Avrei potuto dire”, “avrei dovuto fare”… non mi lasciano in pace, insieme alla sensazione di non aver mai agito nel modo corretto e il dubbio di non esserne in grado, non abbastanza, mai abbastanza, perché io non sono abbastanza.
In questi momenti mi sento perso, senza prospettive. D’altra parte quali prospettive può avere una persona come me?
Il mio obiettivo momentaneo è raggranellare abbastanza shanix da poter lasciare Kostrobna e tornare a vivere in una parte migliore della mia città natale, con un tenore di vita migliore grazie a quel che sto risparmiando e all’esperienza acquisita che dovrebbe permettermi di trovare un lavoro migliore, più sicuro, ma certe volte ho il dubbio che non riuscirò neppure in questo. Sono abile ma non mi promuovono: non ho l’atteggiamento giusto. Non sono giusto.
 
Non abbastanza, mai abbastanza… è il leitmotiv di sempre.
 
Il dubbio poi diventa certezza, la certezza diventa una sensazione di ansia così opprimente che restare sdraiato sulla cuccetta in questo buco di appartamento diventa insopportabile. Capisco di aver bisogno di uscire all’aperto quando il mio sistema di ventilazione inizia a lavorare male. Sotto questo punto di vista ci sono stati dei miglioramenti, non mi accade più così spesso come quando vivevo a Tarn -il che è paradossale considerando l’ambiente e le persone caotiche che mi circondano qui a Kostrobna- ma lo fa ancora, certo che lo fa ancora: è l’ennesimo aspetto di me che non va.
 
Esco, percorro il corridoio quasi di corsa, salgo le scale tre a tre. Il mio obiettivo è il tetto del palazzo, in alto, lontano dalla strada, dalla gente che a quest’ora risulta comunque poca e nulla, lontano da miserie in cui resto sempre e comunque invischiato come ad aver fatto un bagno nell’olio guasto. Arrivo alla porta, riesco ad aprirla nonostante la resistenza prodotta dalla corrente d’aria. Il vento freddo è come uno schiaffo in pieno volto, ma non mi dispiace, perché ho sempre apprezzato molto più il freddo del caldo, e la neve ancor più del solo freddo.
 
Mentre mi trascino lentamente a un paio di metri dal bordo del tetto, rigorosamente privo di parapetto -d’altra parte questa è Kostrobna, le misure di sicurezza sono un’opinione. Per la precisione un’opinione che a nessuno interessa ascoltare- mi accorgo del leggero tremore delle mie mebra. Vorrei che c’entrasse la temperatura ma è la mia solita maledettissima debolezza.
Ho voglia di urlare e allo stesso tempo di non parlare mai più, di prendere a pugni qualcosa o qualcuno e di sdraiarmi a terra restando inerte. Odio questo settore, odio la vita, la galassia e l’Universo tutto perché non riesco a trovare un posto in esso, vagolando in un’esistenza miserevole carico anche di una solitudine “interna” che percepisco in maniera pressoché costante.
 
 
[Mentre le memorie fluiscono dalla mia testa al datapad mi sorprendo sia della quantità di dramma inutile, sia di quanto i ricordi siano vividi. Anche troppo per i miei gusti. Ero così giovane e così sciocco… sono oltre ormai, ho trovato il mio scopo, il mio posto. È tutto sotto controllo. Va tutto bene.]
 
 
«Vicino!»
 
Lo strillo che mi sale spontaneo alle labbra è poco virile ma pienamente giustificato dalla stramaledetta mossa della mia stramaledetta vicina di appartamento che ha avuto la stramaledetta idea di spuntare fuori dal nulla senza avvisare, come del resto succede molto spesso. Come possa una persona chiassosa come Wraith essere così silenziosa, quando le pare -in perfetto accordo con la sua abilità, che la rende impalpabile, e il suo stesso nome, che rievoca uno spettro- risulta tutt’oggi un mistero per me.
 
«M-ma che diam- COSA ci fai TU qui a quest’ora?! E piantala di arrivare di botto! È insopportabile, capito?!... nemmeno prima dell’alba si può stare in pace, nemmeno adesso, maledizione!»
 
«A dire il vero ero qui da prima di te, ti ho visto uscire» rivela lei «Io e Megatron siamo tornati una mezz’ora fa: lui è a duecento metri da qui con un paio di ragazze, sai come va, e io non avevo ancora voglia di andare a dormire».
 
Le mie angosce e la mia rabbia dirette al tutto diventano un grumo di collera diretto a una persona molto precisa, alias la femme che mi sta davanti con un cubo di energon extra forte semivuoto -e poi vuoto, dopo un sorso, e poggiato a terra- in mano, l’espressione più serena del mondo e che si azzarda perfino a sorridere.
Ed è una cosa insopportabile.
Vive in una topaia poco più grande della mia, non ha uno straccio di lavoro, non ha colleghi e superiori di cui curarsi perché lei e quel bel tomo del suo gemello trovano comunque di che campare, la sua vita è un susseguirsi incessante di disagio, bevute, feste, risse in cui si trova coinvolta insieme al fratello -…che le crea- pensa solo al “qui e ora” senza mai preoccuparsi del futuro, cos’ha da sorridere? Cosa?!
 
Il mio pugno parte da solo, diretto al volto di questa “disgraziata” -come Megatron la definisce spesso senza per una volta avere torto- maledettamente tranquilla che inclina la testa da un lato in un movimento tanto rilassato da avere dell’irreale; in ciò non cambia espressione, la mia rabbia le scivola addosso come olio sul piano inclinato del suo totale menefreghismo, il che mi fa solo infuriare di più.
 
«Dunque, come mai sei qui a quest’ora?» mi domanda mentre il secondo pugno che le sferro passa a un paio di centimetri di distanza dal suo naso «Sei stato in giro tutta la notte anche tu?»
 
«Fatti» un altro pugno a vuoto «Gli» e un altro ancora, l’ennesimo, e il risultato non cambia «Affari» mi porto in avanti, tento di afferrarla, le mie mani stringono il nulla e quasi perdo l’equilibrio «TUOI!»
 
La rabbia e tutto il resto risultano più sopportabili ora che ho qualcuno contro cui dirigerli. Il senso di oppressione che mi ha portato quassù inizia ad attenuarsi leggermente, il sistema di ventilazione torna a funzionare in modo regolare, man mano i miei colpi acquistano vigore e velocità, e la mia immane frustrazione si sposta tutta sul fatto di non riuscire a dare a questa dannata ficcanaso quel che si merita, sia per la sua invadenza continua, sia per tutto l’assoluto disagio che sono costretto a subire da parte sua e di suo fratello.
 
«Si vede che Megsha ti sta facendo allenare insieme a lui più spesso» commenta, e schiva un mio affondo che va a finire contro la porta dalla quale sono uscito poco fa «Il modo in cui dai i diretti è molto simile al suo».
 
Sì, sono costretto a subire gli allenamenti con a quel grosso cafone tamarro di Megatron,
 
 
[L’effetto dato dall’associare il Suo nome a simili aggettivi è così profondamente sgradevole!... perché, perché quel disgraziato del mio per fortuna ormai ex vicino di casa doveva avere l’onore di portare proprio il Suo stesso nome?]
 
 
non ho altra scelta considerando che se non gli do corda continua a provocarmi fino a farmi innervosire abbastanza da scatenare una discussione che, potenzialmente, potrebbe finire con me sbattuto contro la parete che divide i nostri due appartamenti e con la parete in questione sfondata.
Un’altra volta.
Meglio non parlare del modo in cui abbiamo tentato di ripararla finendo soltanto per sfondarla ancora di più, rei di non aver ricordato di avere a disposizione una transfasica che, tornata a casa, avrebbe potuto infilare nell’apertura lamiere su lamiere con immensa facilità. In mia difesa, e anche di Megatron, posso solo dire che comunque non saremmo stati sicuri del suo essere abbastanza sobria da portare a termine il compito.
 
«Taci! Nessuno ve l’ha chiesto, nessuno vi ha chiesto niente!» esclamo, tornando all’attacco dopo essermi massaggiato brevemente le nocche «E smettila di muoverti!»
 
«Quando sei abituata a cercare di evitare il mestolo di babushka Valka, a volte con successo ma molto più spesso purtroppo no E anche quando hai successo finisci col beccare il triplo delle mestolate appena ti ha a portata di mano, il tuo corpo si mette a schivare le botte da solo! È il trauma, blyat!» blatera Wraith mentre cammina all’indietro «E aggiungo che quando sai che babushka è sulle tue tracce anche farti ospitare da un ursanokor per nasconderti non pare una brutta idea».
 
«Peccato solo che l’ursanokor non ti abbia mangiata!»
 
«Naaah, Vladsha non l’avrebbe mai fatto, da piccoli era uno dei nostri migliori amici».
 
Megatron e Wraith avevano un ursanokor come migliore amico quando erano piccoli.
Un ursanokor come migliore amico.
D’altra parte siamo a Kostrobna ma dettagli allucinanti come questo rientrano tra le cose delle quali non riesco proprio a capacitarmi, anche se mi riesce più difficile pensare che sia una bugia piuttosto che pensare che sia vero.
 
«Io, lui e Megatron giocavamo spesso alla lotta, solo che babushka per qualche motivo che ignoro non voleva che ci frequentassimo, quindi quando ci beccava insieme fuggivamo tutti e tre nella sua tana… o comunque ci provavamo».
 
Ne ho abbastanza di starla a sentire, ne ho abbastanza di lei, del fratello, di tutto. Sono esasperato, sono arrabbiato. “Se solo potessi strapparle via la testa!”, penso perfino: d’accordo, non so quanto sia seria la mia voglia di fare davvero qualcosa di tanto violento, ma quella di prendere a pugni questa disgrazia con le corna c’è tutta.
 
Scatto in avanti, stavolta sono stato particolarmente veloce, riesco a sentire vagamente il calore del corpo di Wraith...
E succede di nuovo, come all’inizio: si sposta di lato con fluidità e il mio pugno colpisce solo l’aria, ma stavolta sento sul braccio un tocco leggero che devia completamente la traiettoria del mio colpo, del mio braccio e dell’intero me stesso, completamente senza equilibrio e decisamente troppo vicino al ciglio del tetto.
La paura di finire col cadere mi impedisce di capire bene cosa succede negli istanti successivi, so solo che il braccio sinistro di Wraith è attorno alla mia vita e di dà una leggera spinta all’indietro, la sua mano destra preme sulla schiena alla stessa altezza, e mentre lei mantiene saldamente l’equilibrio per tutti e due io sono fermo a guardare la strada sotto di noi.
 
«Ti tengo» la sento dire vicino a uno dei miei recettori audio «Tranquillo».
 
Alle mie gambe non manca nulla per essere stabili se non la consapevolezza di esserlo. Riprendo l’equilibro. Lo stupore e la paura hanno fatto svanire completamente la rabbia, anche se la mia scintilla pulsa in modo fastidiosamente forte a causa di essi. Anche l’ansia e il senso di costrizione nel mio sistema di ventilazione, ossia quel che mi aveva spinto quassù, sono scomparsi. Sto meglio. Oserei perfino dire che sto molto meglio, il tremore è molto più ridotto.
Il braccio di Wraith, lungo e sottile quanto saldo, è ancora attorno alla mia vita.
 
«È tutto ok, a volte ci sta sfogarsi un po’».
 
Realizzo che, se Wraith era già sul tetto al mio arrivo, probabilmente aveva notato le condizioni in cui versavo e tutte le sue successive azioni sono state fatte di proposito.
È invadente, è chiassosa, è alcolizzata, è -assieme al fratello- la personificazione di tutto il meglio e il peggio del disagio profondo che aleggia a Kostrobna, ma nella mia permanenza in questo settore ho avuto modo di comprendere che, per fortuna o purtroppo, né lei né Megatron sono due stupidi, e che dunque i difetti elencati in precedenza derivano semplicemente dall’essere stronzi; e nonostante questo è riuscita a farmi stare meglio.
 
Non so come sentirmi a riguardo.
Non sapere come sentirmi riguardo certe loro azioni nei miei confronti è qualcosa che accade spesso.
 
Rendermi conto di tutto questo mi porta a pormi domande stupidi quali “Se l’avessi colpita davvero, Damus? È più alta di te ma è sottile, non ha la struttura fisica del fratello. È una femme profondamente esasperante ma tutta quella rabbia non era rivolta a lei per davvero, è con te stesso che ce l’avevi e lo sai benissimo. Potevi…”
 
«… uccidere qualcuno che voleva solo aiutare».
 
Non l’ho detto ad alta voce, vero?
Non mi sono lasciato sfuggire certi pensieri per davvero, giusto?
 
(nota dell’autore: ahimè l’avevo fatto, ennesimo inaccettabile atto di debolezza. In quel frangente, pur non essendo nel torto nella parte riguardante la struttura fisica, avevo dimenticato un fondamentale dettaglio qual era la sua natura di kostrobnese. I kostrobnesi sono una piaga pressoché impossibile da estirpare, più o meno come la tendenza dei Phase Sixers alla ribellione.)
 
«Io sono transfasica, ricordi?»
 
«N-non è automatica. La transfase. Non scatta da sola quando sei in pericolo».
 
«Vero, Dasha, ma tu non sei babushka e non hai un mestolo. Anche per paralizzarmi una parte del corpo avresti dovuto toccarmi».
 
Tra i vari difetti snervanti delle genti di Kostrobna c’è anche questo modo di storpiare i nomi delle persone facendoli terminare con la desinenza “-sha”, ragion per cui “Damus” diventa immancabilmente “Dasha”, ma del nomignolo mi curo ben poco stavolta, ho il processore impegnato con ben altri pensieri.
Lei poggia le mani sulle mie spalle. Il fatto che io percepisca il gesto come tranquillizzante risulta quasi fastidioso all’inizio e so che dovrei almeno voltarmi a guardarla, ma al momento sapendo che ha assistito a tutta quella scena patetica non ci riesco.
 
«E non ci sono andato vicino» mormoro.
 
«Njet» conferma, facendo poi una breve pausa «Hai voglia di narrarmi i tuoi disagi? Sono quasi sobria al momento».
 
«No. Non era niente di importante, solo… pensavo. E alla fine mi sono ritrovato quassù».
 
Non mi va di spiegarlo, non alla mia vicina molesta con addosso la perenne “fragranza” dell’energon extra forte, e in ogni caso non capirebbe. O forse sì, e in un certo senso sarebbe perfino peggio.
 
«È anche per questo che spesso reagisci in ritardo, e non solo quando si tratta di darle o prenderle in una rissa. Hai il processore sempre troppo pieno, vicino!»
 
Purtroppo non posso darle tutti i torti, ma non glielo dirò. «E tu e tuo fratello ce l’avete perennemente vuoto» borbotto «O pieno di energon extra forte, che poi è la stessa cosa».
 
La sua assurda risata simile al verso di un gabbianocon pugnala i miei recettori uditivi. Trovo sempre incredibile che qualcuno con un timbro di voce caldo e scuro come il suo, possa emettere un rumore così stridulo. Per fortuna non dura molto.
 
«Hai notato che oggi col vento l’aria è bella pulita quassù?» mi domanda, non so perché, e inspira profondamente «Prova anche tu, il tuo sistema di ventilazione ringrazierà».
 
Inizialmente borbotto qualche protesta, ma riconosco che la cosa non può far danni, dunque l’assecondo. Qualsiasi cosa pur di non guardarla in faccia.
Dopo vari respiri profondi il tremore passa del tutto.
 
«Forse già lo sai, vicino, ma io amo particolarmente i luoghi alti. Conosco i tetti bene quanto le strade. Il mio posto preferito in assoluto è la torre laggiù» dice Wraith, indicando una torre che si riesce a distinguere chiaramente nonostante la distanza «Ma qualunque cosa sia in alto è ok. Qualsiasi posto ti permetta di osservare più parti di questa meraviglia di settore è ok…»
 
Mi permetterei di dissentire se non fosse che lasciarla parlare, insieme ai respiri, contribuisce a rilassarmi.
 
«E qualsiasi eventuale problema diventa più piccolo o sparisce. Tu sei qui, il resto è laggiù, e va tutto bene. Nulla ti tocca, Damus. Ripeti dopo di me: nulla ti tocca».
«Nulla mi tocca…»
 
«”Va tutto bene”».
 
«Va tutto bene…»
 
«“Se hai fame prendi tutti i semechki che ho nello scomparto”…»
 
«Se hai fame prendi tutti i semechki che ho- ma CHE DIA-»
 
«Sei il miglior vicino del mondo, blyat!» esclama la disgraziata, e mi giro di scatto solo per vederla andare di corsa verso la porta  «E direi che dovremmo andare in ricarica tutti e due, Megatron parlava di non so quale idea che aveva per oggi pomeriggio e che coinvolge anche te. C’è stato un allagamento verso ovest, mi sa che c’entrava quello…»
 
No. No, no e poi no. Non so cos’abbia pensato Megatron ma qualsiasi cosa sia non voglio farne parte, né mai né tantomeno oggi. «Qualunque cosa sia sappi che io non intendo minimamente-»
 
«Non intendi minimamente perdertela, ci credo!» annuisce lei «A dopo, vicino!»
 
«WRAITH
 
È scomparsa nel pavimento, da buona transfasica nonché da buona vicina di casa peggiore della storia: certe cose non cambiano mai e lei e il suo gemello sono una piaga sempre e comunque, anche se… anche se
 
 
 
 
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°°° CANCELLAZIONE FILE “CAPITOLO #####” ESEGUITA °°°
 
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Capitolo 3
*** Capitolo ### (possibile numero #. Ancora da definirsi) ***


Memorie, capitolo [numero ancora da definirsi]:  I vicini di casa peggiori della storia















Il panorama che si scorge guardando fuori dal finestrino del bus in cui mi trovo è desolante e al contempo brulicante di vita. Davanti ai miei sensori ottici passano grossi casermoni tristi di colore grigio, torbidi canali di scolo che si snodano tra le vie, alcune larghe e alcune strette ma sempre malmesse, piazzali nei quali gruppi di persone più o meno fitti sono radunati a improvvisare l’ennesima follia alcolica della giornata mentre si “salutano” a suon di schiaffi, bidoni che vengono fatti esplodere e volare in aria come missili -sembra essere uno degli “sport” più apprezzati del posto insieme alle risse e alle discese su “veicoli” improvvisati ai quali sono state attaccate delle ruote, non ultimo il divano dei gemelli ieri- tavoli, sedie e avventori che volano magicamente fuori dalle porte e dalle finestre dei locali a causa delle, ahem, comuni discussioni pacifiche che intercorrono tra questi assoluti barbari alcolizzati incapaci di mostrare civiltà gli abitanti del settore; tutto uguale e tutto diverso, come sempre.
 
Eccetto per le fauci dell’alloygator che schioccano accanto al mio braccio un attimo dopo che la bestia è stata tirata abbastanza indietro da impedirle di fare un aperitivo con un pezzo di me.
 
«Katyusha! Non si morde il vicino. Non si fa!... ma chi èèèèè la alloygator più carina del bus? Ma sei tu! Ma sì che sei tu!»
 
Già in condizioni normali la maggioranza degli abitanti tende  a tenersi lontana dai sedili in fondo quando vede che Megatron e Wraith ne hanno preso possesso, e oggi se il bus fosse stato meno pieno me ne sarei tenuto lontano io stesso dato che il cucciolo -tendente all’adolescenza- di alloygator lilla in braccio alla mia vicina di casa mi sta fissando con l’aria di chi sta giudicando se sarei un pasto buono oppure no.
 
«Non provare a portare in casa quella cosa, te lo dico» dice Megatron, e qui provo perfino del sollievo «Non voglio bestiacce a ciancicare il divano nuovo!»
 
Il divano nuovo, per la precisione quello che Megatron la lanciato in modo poco urbano sui due sedili davanti a me. Non so dove se lo siano procurato e non sono certo di volerlo sapere ma immagino che venga dalla parte più a nord del settore, messa meglio di quella dove vivo. A dir dei gemelli ci sono perfino delle case che presentano una discreta opulenza al proprio interno, peccato appartengano a gruppi di spacciatori e associazioni a delinquere che la milizia di Kostrobna non riesce ancora a debellare. La maggioranza degli abitanti del settore fa “soltanto” uso e abuso di energon extra forte ed è gente un po’troppo semplice per darsi alla criminalità organizzata, ma questo non significa che non esista affatto, come del resto esiste ovunque. Agli abitanti della parte di Kostrobna dove vivo va reso onore almeno per una cosa: respingono con particolare violenza i tentativi degli spacciatori di mettere radici anche lì, alcuni perché non apprezzano, altri perché cercano solo una buona ragione per menare le mani.
 
«Katyusha è una signorina, non una bestiaccia. E comunque a breve scendo e la riporto dai suoi fratelli al canale…»
 
«Basta che poi lei e loro ci restino anche, al canale» ribatte Megatron.
 
«Quella della settimana scorsa è stata un’emergenza! Tu come ti sentiresti se fossi un alloygator e ti prosciugassero casa così di botto senza senso?»
 
«Non lo so, ma so per certo che quando loro sono tornati a stare dove dovevano stare e abbiamo prosciugato camera nostra mi sono sentito molto felice. Una colonia di alloygator in casa, cazzo!»
 
«Avevi detto che andava bene, Megsha».
 
«Ero ubriaco fradicio! Disgraziata!»
 
«E io pure se è per questo, siamo ubriachi sempre!»
 
«Ah già, è vero».
 
Come potete aver intuito dal delirante discorso ivi riportato, la settimana scorsa i gemelli hanno accolto in casa una famiglia di alloygator in difficoltà causa prosciugamento del canale dove vivevano. Credo possiate immaginare l’espressione sul mio volto quando, entrato in casa dei gemelli, ho notato la barriera di lamiera tra il soggiorno e la camera da letto, l’acqua all’interno di essa e gli occhi di un paio di alloygator a fare capolino sulla superficie.
Dare rifugio a della fauna selvatica nell’attesa di ripristinare il loro ambiente naturale -cosa che i miei vicini hanno fatto un paio di giorni fa con una tecnica mista tra cannonate e pseudo ingegneria kostrobnese deviando un canale poco lontano, e chi se ne importa del danneggiamento e modifica di strutture pubbliche- potrebbe anche essere considerato… encomiabile, di per sé.
Quasi. Se fossero stati cuccioli di cybergatti.
Ma vedere Megatron eseguire una tomb stone acquatica sul capo della colonia di alloygator al grido di “CYKA BLYAT!” per stabilire una volta per tutte chi fosse l’alfa dell’appartamento, il tutto mentre Wraith piazzava scommesse con tutti i vicini del pianerottolo accorsi in blocco a osservare la battaglia, era qualcosa di cui avrei fatto a meno volentieri.
 
Cielo, che periodo.
 
Wraith, come aveva anticipato, scende dal bus poco dopo con Katyusha. Resto solo con Megatron, che sta svuotando un cubo di energon extra forte, e il suo divano nuovo. Nessuno dei due pare avere qualcosa da dire all’altro ma il silenzio non risulta pesante né imbarazzante.
 
Giunti alla fermata scendiamo dal bus e Megatron non mi chiede di aiutarlo col divano, che trasporta senza fatica. Arriviamo fin sotto al nostro condominio in relativa tranquillità, se si esclude il vedere kostrobnesi che hanno attaccato con un cavo una lamiera a un bus così da farsi trascinare su di essa come fosse uno slittino, ma con varie scintille in più.
Inizio a essere avvezzo a simili scene. È grave.
 
«Stasera esci con noi, Dasha».
 
Mai che quella del mio vicino sia una domanda. «Veramente stasera pensavo di leggere un po’, sai…»
 
«Sempre a leggere! L’hai fatto ieri sera, ci hai anche spiegato il pensiero di quel filosofo…»
 
Vero. Ieri sera, in un tentativo di unire la mia intenzione di leggere alla compagnia non propriamente cercata dei miei vicini, ho deciso di provare a parlar loro del saggio di filosofia che stavo rileggendo per la terza volta. Mi ero rassegnato in partenza all’inutilità di quel tentativo, scoprendo con una certa sorpresa di sbagliare. Non solo si sono mostrati tutto sommato interessati, ma hanno perfino capito quel che ho spiegato e, incredibile ma vero, sono riusciti a spiegarlo anche ad altri loro amici arrivati in seguito.
Avevo addirittura iniziato a sentirmi soddisfatto del risultato -al di là dell’irritazione dovuta all’ennesima conferma che il loro essere esasperanti non venga dalla stupidità, ma dall’essere stronzi- e dall’essere riuscito a infilare nelle loro teste dure concetti più “alti” dei soliti, peccato che poi una discussione tra Megatron e uno degli altri sul pensiero di questo filosofo abbia fatto degenerare tutto in una rissa con tanto di defenestrazione finale. I frammenti di vetro sono ancora qui per strada, brillanti a causa della luce.
 
«L’ho fatto… e l’avete anche compreso».
 
«Credi di avere a che fare con dei deficienti, vicino?»
 
«No. Ma è anche per questo che mi chiedo… non siete stupidi. Tu e tua sorella potreste fare parecchio, ognuno a modo suo, se voleste potreste fare carriera-»
 
«Dove?»
 
«Dove volete. Letteralmente dove volete» al contrario di me, bloccato dove sono sempre e comunque «Se solo-»
 
Il divano viene lanciato da Megatron attraverso la finestra già rotta dopo pochi attimi spesi a prendere la mira.
Ora al terzo piano del condominio c’è una finestra con un divano incastrato.
 
«E così non devo fare le scale con quello in spalla!» esclama, compiaciuto del gesto «Dicevi, vicino?»
 
«Niente. Assolutamente niente».
 
Per la mia salute mentale credo sia meglio non aggiungere altro.
 
Saliamo le scale, Megatron mi parla di come lui e Wraith si sono procurati il divano ma io ascolto solo a metà. Arriviamo all’appartamento, mi lascio trascinare dentro per inerzia e noto che Wraith è già qui. Dev’essere tornata poco fa e aver raggiunto casa saltando da un cornicione all’altro, come fa d’abitudine: “Si fa prima”, dice, e almeno su questo ha ragione. Il divano ovviamente non l’ha ostacolata, potendo passare attraverso le pareti.
 
Una volta portato dentro il divano ci sediamo e accendiamo il televisore. Grazie al cielo sembrano voler stare buoni per un po’prima di uscire e andare chissà dove con me a traino.
 
«… basketrek. Ieri uno dei ragazzi non aveva detto a tutti e tre qualcosa riguardo l’andare a giocare stasera, prima che finisse fuori dalla finestra?» domanda Wraith.
 
Me la cavo discretamente a basketrek, i miei tiri dal centro del campo sono molto precisi. Io mi occupo dei tiri dal centro, Megatron delle schiacciate a canestro e Wraith ruba la palla agli avversari come ruba il cibo al mondo: la formazione funziona. Forse la serata non sarà necessariamente un disastro da subito.
È esattamente quando inizio a pensare così che il rumore nella strada inizia di botto ad aumentare. Kostrobna, e questa strada ancor meglio, non è mai propriamente silenziosa ma la quantità di caos che sentiamo non è normale.
 
«Wraaaith… che succede la fuori?» domanda Megatron scrocchiando le dita delle mani.
 
Pregusta già la rissa, lo vedo, e vedo anche il modo in cui verrò trascinato dentro a mia volta. “Addio all’illusione di una serata tutto sommato decente”, sospiro nel mio processore, mentre Wraith si avvicina tranquillamente alla finestra, si sporge verso l’esterno per più di metà e…
 
«CYKA BLYAT!»
 
Mai, in tutto il periodo trascorso in questo posto, avevo visto così tanto allarme nella mia vicina di casa, la quale dopo quel grido scompare con un salto attraverso la soffitta; nulla di tutto questo è normale e sia io sia Megatron, in risposta, siamo scattati in piedi come se il divano avesse iniziato a bruciare.
 
«Cos...»
 
Si ode l’eco di un altro strillo di Wraith -ormai giunta sul tetto, presumo- e Megatron, dopo aver urlato un “dr’mo” che in kostrobnese indica l’energon esausto, mi solleva di peso mentre sfonda la porta d’ingresso con un calcio e si lancia nel corridoio.
 
«Ma che dia-?!...»
 
«DOBBIAMO ANDARE, VICINO!» esclama, scendendo le scale a gruppi di cinque con dei salti che fanno tremare tutta la gradinata.
 
Megatron che fugge via come se lo inseguisse Unicron in persona è qualcosa che getterebbe nell’angoscia più pura qualsiasi essere senziente che lo conosca anche solo di vista, e io non faccio eccezione. «Mettimi giù! Si può sapere che succede?!»
 
«Il disastro, BLYAT!» ribatte il mio vicino, sfondando la porta sul retro.
 
«Cosa-»
 
«Le dieci piaghe di Altheix tutte insieme, BLYAT!»
 
«Megatron-»
 
«BABUSHKA, BLYAT! Babushka Valka è qui!»
 
Babushka Valka, alias la nonna dei gemelli, alias la stessa persona alla cui furia, a dir loro, è preferibile la tana di un ursanokor, nonché la stessa persona che, quando loro erano troppo lontani per essere colpiti dal mestolo, nel futile tentativo di disciplinarli lanciava loro i piedi per poi inseguirli correndo sulle caviglie in caso di lanci a vuoto.
Ora comprendo meglio, anche se tutto questo continua a sembrarmi eccessivo.
 
«Le avevamo detto che stavamo smettendo di bere, blyat, ma l’energon extra forte che abbiamo in corpo si sente da lontano, cyka blyat!» impreca senza interrompere la sua folle corsa «Cosa CAZZO ci fa qui adesso?!»
 
«Ma più che altro io che c’entro?! Cerca voi, non m-»
 
«E cosa pensi che avrebbe fatto trovandoti nell’appartamento se non cercare di farsi dire da te la nostra posizione a suon di mestolate, dybil?! E tanto tutti quelli che vivono in questa strada per lei meritano la loro dose già solo per quanto bevono! Un motivo valido per una mestolata lo trova sempre! Sempre!»
 
«Ma se io sono-»
 
Il  “pressoché astemio” che avrei voluto dire si perde nell’etere quando ai nostri recettori uditivi giunge l’eco di uno “SCAPPA, MEGSHA! SCAPPAAAAA” insieme a quella che inizio a temere sia una serie di colpi di mestolo.
 
«Wraith! L’ha presa!...» esclama Megatron, fermando la sua corsa solo per un attimo per mettermi finalmente giù prima di riprendere con ancor più disperazione nel corpo e un “blyat” a ogni passo «Non c’è più niente da fare per lei ma forse se riusciamo a trovare una cantina-»
 
«Come ha fatto a prenderla?! La transfase-»
 
«È transfasica anche babushka, ecco come, lo sai come funziona!»
 
Tra gli svariati limiti dell’abilità in questione c’è anche quello di essere inutilizzabile su un altro transfasico, quindi ha senso, ma che Wraith sia stata presa così alla svelta la dice lunga su questa babushka che ormai immagino poco meno grande di suo nipote e sulle nostre tracce come un segugio.
 
«Cantina! Cantina!» esclamo, avvistandone una appena svoltato l’angolo.
 
«Cantina! Infiliamoci dentro, prima che-»
 
Qualcosa sul tetto vicino fa sì che una larga ombra scura cada su di noi prima il “qualcosa” in questione spicchi un salto spaventoso e atterri davanti a noi sollevando un gran polverone e distruggendo l’entrata per la cantina.
 
Sento il mio vicino imprecare tanto alla svelta da non riuscire a distinguere una parola dall’altra e lo vedo cercare di allontanarsi, ma tre dita di una grande mano rossastra afferrano una delle sue corna e la stringe in una morsa dalla quale è impossibile sfuggire, mentre pollice e indice stringono saldamente un grosso mestolo.
 
«“Stiamo smettendo di bere, babushka”, dicevano».
 
Forse dovrei provare ad andarmene ma la voce cavernosa, ancorché riconoscibile quale femminile, e il bagliore dei sensori ottici rossi brillanti che riesco a intravedere mi bloccano sul posto, mentre la polvere si dirada e il mio volto si solleva a guardare con una certa sensazione di panico una dei transformers più grossi che abbia mai visto.
Munita di quattro corna principali, due dentellate verso l’interno e due verso l’esterno, massiccia, con spalle “alte” sebbene non lo siano quanto i cingoli del nipote -che supera in altezza di almeno cinque metri, il che è tutto dire- , un cannone sulla schiena che svetta verso l’alto e una combinazione di colori composta di rosso scuro, viola desaturato e nero, la sensazione che si prova è quella di avere davanti un titano sconosciuto dei tempi antichi che sta trattenendo e sollevando Wraith per il punto vita con una sola mano.
 
«Te l’avevo detto di fuggire, bl…in» si corregge Wraith, la quale avendo già avuto la sua parte di mestolate non dà minimamente mostra di voler provare a liberarsi ma cade in piedi quando, pochi istanti dopo, Valka la lascia e fa passare il mestolo nella mano ora libera.
 
«Ci ho provato, blya- AHIO!» esclama Megatron dopo una mestolata della quale ho avvertito lo spostamento d’aria «Mollami subito brut- AHI! Idi nahuy cyka
 
Ormai le mestolate volano quasi da sole e io non so se il mio vicino continui a sbraitare un’imprecazione dietro l’altra perché è masochista, perché è incosciente o perché è coraggioso E incosciente, al di là del fatto che io non comprenda come a Megatron e Wraith possa essere mai saltata in mente l’idea di contrariare babushka, dato che questa è babushka.
 
«“Stiamo mettendo la testa a posto, babushka”» continua Valka «“Stiamo cercando un lavoro, babushka”» e giù, mestolate intense come una grandinata di Tarn «“Abbiamo smesso di usare brutte parole al posto delle virgole, babushka”-»
 
«Quello non l’ho mai detto, blya- argh! Mollami!» sbotta Megatron, inascoltato, cercando di stringere il braccio di babushka. Lei naturalmente usa la transfase, dunque le due dita afferrano solo aria «Non sono più una protoforma! Babushka! Babuskhaaaaa
 
«Non sarete più delle protoforme ma non siete cresciuti nemmeno un po’ da quando siete andati via di casa, questo è certo!» altra mestolata da far tremare la terra. Inizia a sembrarmi una sorta di gradevole sinfonia «Dovrei venire a controllare più spesso-»
 
«Non c’è bisogno! No! Ma poi, si può sapere che ci fai quAHI- che ho detto stavolta?!»
 
«È andata in un po’di città per delle faccende sue e già che c’era è passata. Gliel’ho chiesto quando mi ha beccata» risponde Wraith, massaggiandosi una leggera ammaccatura sull’elmo «Devo imparare a correre più veloc-»
 
«Devi imparare a non stare solo a mangiare e bere di continuo, Àisha!» la interrompe Valka appena prima di assestare a Megatron un’ultima, dolorosa mestolata «Disgraziati!»
 
«Scappa» mi sussurra Wraith.
 
«Cos-»
 
«Scappah».
 
«Ma-»
 
La grande e terribile arma impropria di babushka Valka ora è a pochi centimetri dal mio naso.
 
«Il mestolo dice che ne spetta una anche a te» commenta la femme, avanzando mentre io indietreggio molto, molto lentamente.
 
«Ahem io- io non c’entro con- sono solo quel povero disgraziato del loro vicino di casa trascinato ogni santo giorno in una delle loro faccende assurde, sono anche astemio» sono a mani giunte, e per una volta non riesco a biasimare del tutto me stesso per la cosa «Mi sono ubriacato solo quando loro mi hanno fatto bere di nascosto, lavoro otto ore al giorno, mi piace leggere non sono un teppista GIURO-»
 
Il mestolo si abbatte sulle mie mani giunte e, anche se l’ammaccatura è leggera, per un attimo scorgo l’intero firmamento passare davanti ai miei sensori ottici insieme a tutta la misera esistenza vissuta finora.
 
«Non solo non sei in grado di farti rispettare ma non ci provi neanche sul serio… il mestolo aveva ragione. Prima che lo dimentichi: una conoscenza in comune che abbiamo nella tua Tarn» sottolinea, indicandomi «Mi ha chiesto gentilmente di mandarti i suoi saluti».
 
«N-non credo di comprendere-»
 
«Oh nooo, un’altra di quelle cose, non è possibile» sbuffa Megatron quando Valka, da uno scomparto, tira fuori una bambola di piccole dimensioni «Hai ancora quella bruttissima casa delle bambol- ahio!»
 
«La mia splendida casa delle bambole si è ingrandita e occupa buona parte di quella che era la vostra camera da letto, Megsha, e devo dire che come inquiline sono molto meno problematiche di qualcuno che sfondava i mobili a testate. Disgraziato!»
 
 
[N.d.A: sono costretto ad ammettere con un certo fastidio che ricordare il mestolo e il colpo subìto sta causando un certo “dolore fantasma” a entrambe le mani. Molto ironico se si considera che le mani colpite dalla babushka di quei disgraziati sono diventate metallo fuso molto, molto tempo fa. Non credo che per oggi andrò avanti oltre nel narrare le vicende di Kostrobna. Mi limito a dire che in seguito, dopo il ritorno nella “mia” Tarn (devo ancora comprendere il motivo di quella sottolineatura, come se fosse esistita più d’una Tarn) ricordo di aver chiesto lumi a Scylla riguardo la sua bizzarra conoscenza con quella femme: pare che quando Scylla era molto piccola Valka fosse già una cliente abituale del negozio. Ricordo anche di essere rimasto sia stupito, sia perplesso per ragioni che allora come adesso non saprei dire. Quel che invece so dire, e con certezza, è che forse già da allora avrei dovuto iniziare a notare il modo in cui fatti e persone della mia vita fossero (e tuttora si rivelino) bizzarramente intrecciati.]

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