Take Yourself Home

di Asmodeus
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Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Happy Little Pill ***
Capitolo 2: *** Heaven ***
Capitolo 3: *** Lost Boy ***
Capitolo 4: *** Take Yourself Home ***



Capitolo 1
*** Happy Little Pill ***


Rating: Arancione

Personaggi: Draco Malfoy

Pairing: nessuno

Disclaimer: i personaggi di questa fanfiction e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K. Rowling.

Nota dell'Autore/1: Buonasera popolo di EFP! Dopo secoli di assenza (8 anni. 8. ANNI. Madonna quanto sono vecchio!) ho ripreso a scrivere.

Dubito che qualcuno qui mi conosca o si ricordi di me, visto tutto il tempo che è passato dalla mia ultima storia, per cui benvenuti a tutti coloro che mi leggeranno per la prima volta. E soprattutto, un grazie immenso per questo gesto!

Questa storia nasce un po' per caso, e ha come complici la quarantena, la nuova maratona di Harry Potter delle scorse settimane, la mancanza di voglia nello scrivere la mia tesi e soprattutto un ascolto ossessivo delle canzoni di Troye Sivan, che ho riscoperto dopo anni di abbandono - un po' come è successo con la scrittura.

Rivedendo Draco dopo tanti anni mi sono domandato come potesse essersi sentito durante i momenti salienti del suo settimo anno ad Hogwarts, nonché che tipo di lotta interiore debba aver provato, davanti alla sua vita che sembrava solo una profezia autoavverante. Ad ognuno di quei momenti ho finito per legare una canzone di Troye, che dà il titolo al capitolo corrispondente, e alla fine ne è uscito questo.

Spero che ciò che ho scritto renda giustizia a questo personaggio così complesso, che possa intrattenervi nonché ovviamente piacervi! Buona lettura!

 

 

1. Happy Little Pill

 

«Ti sei posto delle domande, Draco?»

Anche a distanza di mesi, la voce di Silente continuava a tormentarlo la notte, affollando i pochi sogni che riusciva a fare senza che essi si tramutassero in incubi.

Il risveglio al mattino seguente, comunque, era sempre lo stesso.

Ormai aveva dimenticato cosa significasse riuscire a dormire bene.

O forse anche solo dormire.

«Draco, tu non sei un assassino.»

Sempre le stesse frasi, notte dopo notte, sogno dopo sogno.

Cambiavano i momenti del giorno o dell’anno: a volte era giorno e il sole primaverile splendeva alto in cielo; altre volte, i sanguigni raggi dei tramonti autunnali colpivano la sua faccia distorta dalla paura; qualche volta era l’alba invernale con le sue dita rosate ad accarezzare la barba del vecchio Preside, tingendo di tristezza il suo volto stanco. Poche volte, invece, cambiavano i luoghi: le rive del Lago Nero, i sotterranei del castello o addirittura le cime delle scale in movimento. Aveva parlato e riparlato per mesi con Silente, rivivendo il loro ultimo dialogo innumerevoli volte.

«Draco, anni fa conobbi un ragazzo che fece tutte le scelte sbagliate.»

Eppure, la fine era sempre la stessa.

Un lampo di luce verde sotto un cielo notturno invaso dal Marchio Nero. Il suo cuore che mancava un battito mentre il vecchio moriva davanti ai suoi occhi. Il tonfo sordo e lontano del cadavere precipitato dalla Torre di Astronomia. Il gelo che penetrava all’interno del castello nonostante fosse quasi luglio, mentre sua zia distruggeva le vetrate della Sala Grande. Piton che lo spingeva lontano da Hogwarts, prima di fermarsi a combattere contro Potter. Le lacrime che rigavano il suo volto mentre si smaterializzava, e un sordo crack! che precedeva il suo immediato risveglio.

«Ti prego, lascia che ti aiuti.»

Anche quella notte, per l’ennesima volta, non aveva ascoltato davvero le parole di Silente.

Ancora una volta, aveva fatto la scelta sbagliata.

Silente non l’aveva aiutato, era morto come tutte le altre notti, e lui si era svegliato in un bagno di sudore e di lacrime.


In the crowd alone
And every second passing reminds me I'm not home
Bright lights and city sounds are ringing like a drone
Unknown, unknown


Quella mattina, come sempre quando sognava la morte di Silente, si attardò a letto, lasciando asciugare in silenzio le lacrime che gli rigavano il volto mentre si perdeva a scrutare l’enorme baldacchino che sovrastava il suo grande e nobiliare letto. Poi si trascinò a forza fuori dal suo morbido abbraccio, per concedersi una doccia e rimettersi in qualche modo in sesto.

Odiava dormire a causa di tutti quegli incubi, così come parimenti odiava stare sveglio.

La sua vita era diventata un continuo incubo ad occhi aperti, e solo i sogni riguardanti quel discorso notturno con Silente erano per poco preferibili ad essa.

All’inizio aveva provato a riprendere il sonno dopo di essi, nella speranza che quelle notti fossero buone e totalmente prive di incubi. Così non era, purtroppo. Dopo aver ucciso per l’ennesima volta il vecchio Preside, la sua mente si divertiva a riproporgli scenari ben più raccapriccianti: quando era fortunato, si rivedeva torturare Rowle su ordine del Signore Oscuro; molto più spesso, gli incubi riguardavano orrori come l’omicidio della professoressa Burbage.

Così aveva finito per abbandonare l’idea di riprendere sonno, anche dopo le notti “buone”: le profonde occhiaie sotto i suoi occhi ne erano l’evidente prova, dopotutto. Si concedeva solo quell’attesa senza fine nel letto, in attesa di ritrovare quella flebile speranza che gli permetteva di alzarsi e continuare a vivere.

La speranza che ogni nuovo giorno che lo attendeva non avrebbe potuto essere peggiore dei precedenti, ecco cosa lo muoveva ormai.

Era diventato poco più che un guscio di dolore e rimorso, soprattutto fuori da Hogwarts. Là le notti erano più tranquille, spesso senza sogni né incubi; le lezioni gli occupavano la mente quasi tutto il tempo, e al di fuori delle attività scolastiche riusciva a mantenersi occupato continuando a vessare gli altri studenti insieme a Tiger e Goyle. Non tanto per scelta, quanto trascinato dai suoi due “amici”, ormai fin troppo autonomi e desiderosi di sfogare la propria violenza sugli altri studenti con la benedizione dei Carrow.

Ma nonostante tutto, qualunque luogo era migliore di casa sua, ultimamente.

Almeno ad Hogwarts non c’erano possibilità di incontrare il Signore Oscuro.


 

Terminata con calma la sua routine di bellezza per non apparire poco più di un cadavere ambulante, si vestì con cura come sempre, anche se ormai le mani gli tremavano troppo spesso nell’annodare al collo la cravatta color smeraldo. Ci mise più del solito per aggiustarla, prima di prendere un profondo respiro e decidersi di scendere di sotto.

Da quando era rientrato al Malfoy Manor per le vacanze di Pasqua, qualche giorno prima, era stato sempre fortunato. Il Signore Oscuro sembrava essere impegnato in un viaggio di qualche tipo, e la magione di famiglia era finalmente libera dai numerosi Mangiamorte, Ghermidori e altri seguaci di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.

Forse era per quello che non aveva avuto ancora incubi. Si trovava in famiglia e basta, al sicuro.

Ma ogni ora che passava, le probabilità che Lui tornasse aumentavano, e con esse anche la sua tensione e la paura.

Diede un’ultima occhiata allo specchio, poi si diresse verso la porta e l’aprì.

Una preghiera silenziosa senza alcun destinatario, sperando che il Signore Oscuro gli concedesse un ulteriore giorno di tregua dalla sua presenza.

La porta si chiuse dietro di lui, seppellendo definitivamente Silente e le sue parole.

Almeno fino alla prossima notte.


Oh, glazed eyes, empty hearts
Buying happy from shopping carts
Nothing but time to kill
Sipping life from bottles
Tight skin, bodyguards
Gucci down the boulevard
Cocaine, dollar bills
And…

My happy little pill
Take me away
Dry my eyes
Bring colour to my skies
My sweet little pill
Tame my hunger
Light within
Numb my skin

 

La giornata passò tranquilla come le precedenti. L’Oscuro Signore non si era ancora fatto vivo, e dubitava sarebbe tornato, vista l’ora ormai tarda.

Aveva trascorso la maggior parte del pomeriggio a leggere nell’ampio giardino insieme alla madre, che raramente lo lasciava solo quando tornava al Manor.

Dietro la sua ieratica tranquillità, lui lo sapeva bene, si celava una donna preoccupata per la sua sicurezza.

Da qualche mese sua madre aveva cominciato a rifornirlo di Whisky Incendiario di nascosto, nel tentativo di rincuorarlo e dargli un po’ di coraggio. Sempre poco alla volta, servito direttamente nei calici di cristallo personali riservati ai soli membri della famiglia Malfoy, e camuffato in modo che nemmeno suo padre potesse notarlo.

Apprezzava quell’attenzione da parte della madre, per quanto fosse praticamente inutile. Ad Hogwarts aveva provveduto più volte a mescere di nascosto la Bevanda della Pace per tranquillizzarsi, ma i suoi effetti ormai erano insufficienti per lui: nessun alcolico avrebbe avuto successo là dove le pozioni stesse fallivano.

Altro segnale più preoccupante in merito all’irrequietezza di sua madre era il libro che si era trovato sul comodino al suo arrivo al Manor.

A prima vista si trattava di una rara copia di Moste Potente Potions di Phineas Bourne, ma in realtà era una copia Trasfigurata del libro di protezione dalla Legilimanzia di Franciscus Fieldwake, visibile solamente da lui e dalla madre. Un libro non troppo sospetto da trovare in una casa piena di Occlumanti di talento come sua madre e sua zia, la cui lettura era però divenuta pericolosa col Signore Oscuro in casa.

Per questo si era impegnato a finirlo il prima possibile, senza soffermarsi troppo sul motivo di quel gesto materno.

Il volume di Fieldwake gli era sembrato facilmente comprensibile e lo terminò in fretta, chiudendolo con un leggero sospiro mentre il sole pomeridiano moriva annegando tra le chiome degli alberi del giardino.

Si stiracchiò pigramente prima di alzarsi per andare a riporre nella biblioteca della villa il libro appena terminato, ma Narcissa provvide a Smaterializzare il volume con un inaspettato colpo di bacchetta, ponendo fine alla questione senza nemmeno una parola.

La guardò per un attimo accigliato, chiedendosi in cuor suo cosa e quanto sapesse sua madre dei suoi pensieri, dei suoi sogni: l’occhiata che ricevette in risposta, comunque, zittì anche quella silenziosa domanda. Si ripromise silenziosamente di tornare ad allenarsi nell’arte occlumantica, sperando che la madre agisse semplicemente d’istinto e che i suoi pensieri non fossero così intuibili.


Like a rock I float
Sweat and conversations seep into my bones
Four walls are not enough
I'll take a dip into the unknown, unknown


Si accinsero a rientrare in casa con calma, mentre il pavone albino svolazzava via, verso l’ingresso della villa, a controllare l’accesso principale. Da che ne aveva memoria, il regale uccello era sempre stato presente nella sua vita, silenzioso e mai troppo lontano da lui. La figura del bianco volatile era spettrale, quasi spaventosa, ma si ritrovò a sorridere brevemente nel vederlo volare via. Era il suo guardiano personale, lo avrebbe protetto come quando era bambino. Come sua madre e come il Manor, lo faceva sentire al sicuro, a casa.

Poi per uno scherzo della mente, gli venne in mente Hogwarts e un altro guardiano bianco che, senza rendersene conto, lo aveva protetto e fatto in qualche modo sentire a casa per sei anni. Le parole di Silente risuonarono nuovamente nella sua mente.

«Passa dalla parte giusta, Draco. Possiamo nasconderti meglio di quanto tu possa immaginare.»

Per una frazione di secondo fu catapultato nuovamente nel sogno.

«Ti prego, lascia che ti aiuti.»

«Draco? Tutto bene?»

La voce di sua madre lo riportò alla realtà. Lo guardava preoccupata, fissandolo intensamente con i suoi occhi azzurri.  

“Assomigliano a quelli del vecchio”: il pensiero fu per lui automatico in maniera preoccupante. Una singola lacrima sfuggì dal suo occhio senza che lui potesse fermarla.

Annuì senza dire una parola, passandosi il dito sulla guancia per rimuovere quell’affronto al suo autocontrollo.

Era furente.

Quella notte avrebbe tagliato la testa al toro: approfittando dell’assenza del Signore Oscuro e del Manor praticamente deserto, avrebbe preparato la Pozione del Sonno Senza Sogni, in quantità sufficiente per mettere a tacere definitivamente Silente e gli altri incubi che lo tormentavano.

Tutte cazzate, vecchio. Non hai mai potuto aiutare nessuno, e ora sei morto. Lasciami in pace.” pensò mesto, mentre seguiva la madre all’interno della villa verso la sala da pranzo e la cena che li aspettava.

 

Glazed eyes, empty hearts
Buying happy from shopping carts
Nothing but time to kill
Sipping life from bottles
Tight skin, bodyguards
Gucci down the boulevard
Cocaine, dollar bills
And...

My happy little pill
Take me away
Dry my eyes
Bring colour to my skies
My sweet little pill
Tame my hunger
Light within
Numb my skin

 

Note dell'Autore/2: Grazie infinite a chiunque sia arrivato a leggere fin qui. Se vi va, lasciate una recensione: mi aiuterà a capire come migliorare dopo anni di inattività e aiutera il povero Draco a dormire meglio stanotte!

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Capitolo 2
*** Heaven ***


Note dell'Autore/1: Grazie mille per l'accoglienza di questa short, mi ha fatto molto piacere che sia stata apprezzata! Vi lascio al capitolo, che come tutti quelli di questa fanfic porta lo stesso titolo di una canzone di Troye Sivan. Anche in questo caso, ascoltandola ho rivisto Draco nel testo, ed ecco il risultato. Buona lettura!

 

 

2. HEAVEN


Non era mai stato una persona fortunata, e quella era l’ennesima dimostrazione dell’astio che la Dea Bendata doveva provare nei suoi confronti.

Aveva sperato di potersi ritirare nel laboratorio di pozioni di famiglia per trascorrere la serata in perfetta calma e solitudine, fingendo di volersi esercitare per i M.A.G.O. di fine anno. Durante la cena si era pregustato mentalmente quelle ore di tranquillità lontano da tutto e tutti, e grazie a quel pensiero era persino riuscito a sentirsi sicuro di sé dopo troppo tempo. A tavola era sorridente e di buonumore, forse anche grazie a sua madre e a tutto il Whisky Incendiario che aveva corretto ogni sua bevanda della giornata, fin da colazione.

Si era sentito a un passo dal concludere la giornata nel migliore dei modi, ma poi la sfiga aveva deciso di riportarlo alla realtà, in maniera alquanto irritante a dire il vero.

Sopportare sua zia e il suo continuo incensare il Signore Oscuro era ormai facile: bastava lasciarla parlare a ruota libera annuendo di tanto in tanto, attendere l’inevitabile intervento di sua madre e il conseguente cambio di argomento della conversazione, e il gioco era fatto.

Quanto alla presenza scomoda di Codaliscia al Manor, il viscido ometto non osava cenare col resto della sua famiglia in assenza del suo padrone, e se ne stava quasi sempre confinato in un’altra ala della villa.

Quella sera, però, Bellatrix aveva sollevato un argomento scomodo quando erano ormai arrivati al dolce, scatenando l’ira di suo padre e mandando il suo programma all’aria.

L’incarcerazione ad Azkaban e la trasformazione del Malfoy Manor nel quartier generale dei Mangiamorte avevano reso suo padre poco più di un’ombra malsana dell’uomo che era stato un tempo, rendendolo praticamente incapace di reagire alla maggior parte delle provocazioni dei suoi “compagni”.

Sua zia era riuscita però a catturare la sua attenzione e il suo sdegno, recriminando il cognato come l’unico colpevole per il fallimento dell’uccisione di Harry Potter l’estate precedente, vista l’inutilità della sua bacchetta “donata spontaneamente” al Signore Oscuro. Suo padre le aveva scoccato un’occhiata più che torva, ma lei aveva continuato ad insultarlo, rivangando la battagli all’Ufficio Misteri come “un’altra prova della tua completa inutilità, Lucius”, con un’arroganza che aveva disgustato sua madre e portato suo padre a reagire furiosamente. Lucius si era alzato di scatto imprecando, e se n’era andato in salotto sbattendo la pesante porta con forza, mentre sua madre aveva “vivamente consigliato” alla sorella di andare a “schiarirsi la mente” da qualche altra parte, lasciando in pace il marito così provato. Bellatrix era uscita dalla sala da pranzo lamentandosi di essere “l’unica che si sta rendendo utile alla Causa” e annunciando che avrebbe passato la serata nella biblioteca per “cercare una qualche nuova maledizione da far conoscere ai nostri cari ospiti di sotto”.

Quelle parole avevano fatto precipitare il morale di Draco, che aveva sperato di recuperare una copia di Pozioni Avanzate di Borrage prima di scendere al laboratorio. La Pozione del Sonno Senza Sogni era complessa da eseguire, e nonostante la sua abilità nella materia avrebbe preferito poter controllare ingredienti e preparazione sul volume, piuttosto che andare a memoria.Si era dunque avviato mesto verso i sotterranei del Manor, ignorando la madre che aveva appena borbottato qualcosa circa l’andare a consolare suo padre, ma una volta sulle scale si era reso conto che il suo piano per la serata era completamente naufragato.

Il viscido Codaliscia se ne stava proprio al centro della scalinata che conduceva ai sotterranei, intento a giocare con un grosso ratto nero sbucato fuori da chissà dove. Appena percepita la presenza di Draco, l’ometto aveva nascosto l’animale tra i vestiti, scrutando con gli occhi acquosi ma sospettosi il giovane Malfoy.

«Qualche problema?», aveva sussurrato la sua faccia da topo irrispettosa, mentre i suoi occhi acquosi scattavano velocemente da Draco alla porta del sotterraneo principale, dov’erano rinchiusi i prigionieri.

«Nessuno. Buonanotte.», era stata la sua risposta asciutta ma pur sempre educata, sebbene trattenesse a stento il disgusto per quell’essere viscido.

Codaliscia non si era nemmeno preso la briga di rispondergli, ma l’aveva fissato finché lui non era tornato sui suoi passi.

Spero che quel topo ti morda alla gola”, aveva pensato mentre si avviava verso il salotto, la sua serata perfetta definitivamente naufragata, l’umore più a terra che mai.

Aveva ricacciato indietro le lacrime di rabbia, si era fatto forza e poi aveva raggiunto i genitori in salotto, chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarsi quella vita.


The truth runs wild
Like a tear down a cheek
Trying to save face, and daddy heart break
I'm lying through my teeth

This voice inside
Has been eating at me
Trying to replace the love that I fake
With what we both need

 

I ritratti dei suoi progenitori lo fissavano dalle pareti, mentre faceva oscillare distrattamente il contenuto del suo calice di cristallo. Suo padre stava ringhiando maledizioni al mondo intero, ma lui aveva smesso di ascoltarlo e fissava il camino come se dovesse gettarvisi dentro da un momento all’altro. Il fuoco scoppiettava allegro, e lui invidiò la vivacità e la vitalità delle fiamme. Probabilmente avrebbe potuto spegnerle annegandole con le lacrime che continuavano a provare a fuggire dai suoi occhi, se solo lo avesse voluto.

Il naufragio dei suoi piani lo stava provando più di quel avrebbe mai pensato. Dopo una giornata positiva, era nuovamente nel pieno dello sconforto e della rabbia.

«Mi auguro che Potter si faccia uccidere presto. Così tutto questo sarà finalmente finito.» sibilò suo padre con rabbia.

L’udire quelle parole lo riportò alla realtà come una scudisciata.

Fu scosso da un tremito, mentre levava lo sguardo preoccupato verso suo padre. Anche Lucius Malfoy stava scrutando le fiamme dell’imponente camino, ma i suoi occhi scintillavano di un’ira stanca e rassegnata. Non lo aveva mai visto così arrabbiato e al tempo stesso sconfitto.

Soprattutto, non l’aveva mai sentito accostare le parole “uccidere” ed “Potter”.

Ma è sempre stato questo l’obiettivo finale, non è vero?

La domanda retorica lo colpì nel profondo della sua coscienza.

Fu come se per la prima volta avesse davvero compreso cosa stava succedendo nella sua vita.

Chi fosse davvero suo padre, e dunque chi era destinato a diventare lui stesso.

Squadrò l’uomo stanco seduto a qualche metro da lui, su una poltrona estremamente lussuosa ma che aveva conosciuto certamente tempi migliori, come il resto del Manor. La faccia di suo padre era dimagrita vistosamente negli ultimi due anni, e la pelle dall’aspetto malsano si stendeva come su un teschio. Profonde occhiaie gli circondavano gli occhi, ombre di sofferenza che non sarebbe probabilmente più andate via. Anche i suoi un tempo splendidi capelli avevano pagato un duro prezzo negli ultimi mesi, virando verso il bianco e assottigliandosi. Da qualche mese aveva preso a farsi crescere una corta barba, dandogli un aspetto trasandato e per nulla nobiliare come un tempo. Forse un uomo come quello avrebbe potuto uccidere per il potere; sicuramente lo avrebbe fatto per sopravvivere: sembrava non avere quasi nulla da perdere ormai. Ma suo padre al culmine del successo, uno dei maghi più ricchi e potenti, vicino al Ministro della Magia in persona, a capo dei Consiglieri di Hogwarts… eppure i due erano la stessa persona. Anzi, per quanto fosse duro ammetterlo, l’uomo trasandato al suo fianco probabilmente era meno pericoloso della sua versione un po’ più giovane e decisamente più potente.

Che una persona come sua zia potesse essere una criminale di prima categoria, capace di ogni delitto, era ovvio: la sua mente dopo Azkaban era poco equilibrata e perfetta per renderla un’assassina letale. Anche gli altri Mangiamorte che conosceva bene avevano tutte le carte in regola per essere gente pericolosa: Rodolphus Lestrange, marito di sua zia, era un folle quanto lei, così come suo fratello Rastaban; Rookwood, Dolohov, Travers, pure loro avevano passato gli ultimi 15 anni ad Azkaban. Per non parlare di gentaglia come il mannaro Greyback e i suoi scagnozzi, assassini mostruosi per natura. Ognuno di loro era profondamente diverso da suo padre, che era sempre stato un gran lord, raffinato, elegante, cortese, aristocratico, potente. Aveva sempre avuto ogni cosa che avesse potuto desiderare, che bisogno c’era di uccidere?

Già Draco, che bisogno c’era di uccidere Silente? Avevi accettato di farlo. Sapevi a cosa andavi incontro.

La voce nella sua testa lo tradì di nuovo, mettendo a nudo pensieri che non aveva mai osato formulare in maniera completa.

Era vero. Due anni prima lui aveva accettato di uccidere Silente.

Non ferire, non imprigionare, non corrompere, non mutilare: uccidere.

Se non avessi accettato, papà sarebbe ancora in galera. Anzi, saremmo tutti morti probabilmente.

Cercò di giustificarsi con sé stesso, ma si trovò mancante di armi adatte a combattere quella battaglia con la sua coscienza.

Da quando la paura è una giustificazione? Silente ti aveva offerto la sua protezione.”

Maledisse per l’ennesima volta il defunto Preside di Hogwarts e i suoi sogni, perché avevano risvegliato qualcosa dentro di lui che non ricordava nemmeno di avere.

Lo odiava, anche adesso che era morto.

Mors tua, vita mea. Il vecchio sarebbe morto comunque per mano di qualcun altro. Che cambia?

Che cambia? Eri pronto a ucciderlo tu, Draco!” La sua coscienza stava praticamente urlando nella sua testa. Da dove saltava fuori? E perché proprio ora?

Ma non l’ho fatto. L’ha ucciso Piton. Io non ho colpe.

Tentò di difendersi da sé stesso, senza successo.

Perché Silente aveva ragione: tu non sei un assassino.

Era nuovamente, per la terza volta in quella giornata, sulla Torre di Astronomia. Il vecchio preside lo stava guardando addolorato, implorandolo di lasciarsi aiutare.

Lui ti aveva già protetto, evitando di affrontarti. Ti stava dando una seconda possibilità.

Ancora una volta non riusciva a reagire davanti alle parole di Silente, anche se filtrate attraverso la sua stessa coscienza.

Si sentiva bloccato, in un limbo terribile e senza via d’uscita.

 

The truth runs wild
Like kids on concrete
Trying to sedate my mind in its cage
And numb what I see

Awake, wide eyed
I'm screaming at me
Trying to keep faith and picture his face
Staring up at me

 

Per quanto fosse assurdo, si rese conto di non aver mai riflettuto prima sulle varie implicazioni dell’essere un Mangiamorte, del servire il Signore Oscuro e di ciò che tale destino comportasse.

Di cosa aveva scelto di diventare, pur di sopravvivere.

Aveva vissuto la cosa quasi senza pensarci, spinto dalla difficile situazione in cui si era trovato due estati prima: suo padre ad Azkaban, il Signore Oscuro e i suoi ordini da eseguire, la gloria e il potere che sarebbero potuti derivare dall’essere dalla parte giusta, una volta finita la guerra…

Accettare era stato semplice: dopotutto l’alternativa era comunque la morte.

Ma in tutti quei mesi la realtà delle cose si era spiegata davanti ai suoi occhi in maniera palese, sebbene lui avesse scelto di non guardare. I suoi fallimenti ad Hogwarts contro Silente, e la paura costante di morire. La battaglia al castello la notte della morte di Silente, e la distruzione che aveva provocato con le sue azioni. La morte della professoressa Burbage davanti ai suoi occhi terrorizzati. Le torture che aveva dovuto infliggere a tutti coloro che deludevano il Signore Oscuro. Le continue umiliazioni a lui, a suo padre, alla famiglia intera. E ora, gli incubi continui, l’ansia, il terrore che lo attanagliavano e lo stavano riducendo come suo padre, l’ombra del ragazzo affascinante che era sempre stato.

E poi c’era la questione Potter.

Che si odiassero l’un l’altro era sempre stato palese. Non vi era un’oncia del suo essere che pensasse qualcosa di positivo dello Sfregiato, era la sua nemesi e non si era mai trattenuto dall’ostacolarlo o insultarlo o picchiarlo.

Aveva persino usato una Maledizione Senza Perdono contro Potter… o meglio, aveva tentato, prima di essere squarciato dall’incantesimo di Potter. Era passato circa un anno dal duello nel bagno del sesto piano, e ricordava ancora benissimo il dolore che aveva provato in quel momento. Se non fosse stato per Piton probabilmente sarebbe morto dissanguato, tra l’altro. Avrebbe inflitto volentieri la stessa sofferenza all’occhialuto.

Eppure, suo padre aveva usato parole ben diverse.

Anche i piani del Signore Oscuro erano ben diversi.

Potter doveva morire.

Senza possibilità d’appello.

Se gli fosse stato chiesto di uccidere lo Sfregiato, ne sarebbe stato capace? Lo odiava molto più di quanto avesse odiato Silente, ma…

«Draco, tu non sei un assassino» ripeté la voce del preside nella sua testa.

Stavolta sulla Torre di Astronomia al posto di Silente c’era Potter. Ma anche lo Sfregiato non reagiva con violenza al suo tentativo di assassinio. E lui era incapace di pronunciare l’incantesimo. Si concentrò sul ricordo dello scontro in bagno nel tentativo di Cruciare l’occhialuto, ma l’unica cosa che ottenne fu sentire la voce preoccupata di Potter ora inginocchiato al suo fianco che ripeteva «No… Io non…», mentre lui crollava a terra, il petto squarciato e grondante sangue.

Come davanti a Silente, anche stavolta abbassò la bacchetta.

Non ce l’avrebbe mai fatta.

Forse non era un assassino. Nemmeno suo padre lo era stato, probabilmente. Ma sua zia e gran parte delle persone che lo circondavano lo erano. E restava il fatto che sia lui che soprattutto Lucius erano ormai Mangiamorte. Conosceva bene il destino che spettava a chi provava a sfuggire al Signore Oscuro: la sorte finale di Karkaroff era ben impressa nella sua mente.

Le sue alternative, usando le parole di Silente, erano in realtà inesistenti.

Non vi era via d’uscita da quella situazione, se non cercare di sopravvivere il più a lungo possibile.


Without losing a piece of me
How do I get to heaven?
Without changing a part of me
How do I get to heaven?
All my time is wasted
Feeling like my heart's mistaken, oh
So if I'm losing a piece of me
Maybe I don't want heaven?

 

«Draco? Va tutto bene?» domandò con una nota di preoccupazione suo padre, riportandolo alla realtà.

Si accorse di star piangendo solo dopo qualche attimo di confusione, vedendo lo sguardo interrogativo del genitore. Sembrava quasi deluso da quella reazione, ma più probabilmente era solo la stanchezza che pesava sul suo volto.

Si asciugò in fretta il volto con un fazzoletto ricamato con le sue iniziali, posando il calice ormai vuoto su un basso tavolino e annuendo in silenzio. Era ormai ora di andare a dormire, si rese conto tremando al pensiero di dover affrontare un’altra notte di sogni.

Fece per alzarsi e congedarsi dal padre, ma si fermò quando una campana risuonò grave nella sua mente.

Era l’allarme sonoro legato al cancello del Malfoy Manor, udibile solamente da lui e dai genitori.

Chi poteva essere a quell’ora così tarda?

 

La campana smise di rimbombare nella sua testa, segno che sua madre doveva essere andata a vedere di chi si trattava. Avrebbe potuto approfittare di quell’interruzione per sgattaiolare via, senza dover per forza dare spiegazioni a suo padre, ma al tempo stesso voleva scoprire chi fossero i nuovi arrivati. Non potevano essere Mangiamorte, o peggio, il Signore Oscuro, in quanto Lucius aveva dovuto disattivare per loro le numerose protezioni magiche a guardia del Manor, ed essi se ne andavano e venivano in completa libertà. La curiosità lo spinse a rimanere seduto, mentre udiva rumori indistinti provenire dall’esterno.

Poi, una voce latrante troppo familiare si fece largo tra le pareti e i corridoi dell’antica villa, completamente fuori posto in quel luogo così nobile.

Greyback doveva trovarsi di sotto insieme ai suoi scagnozzi Ghermidori e ad alcuni prigionieri, poiché lo sentì ululare ordini con ferocia, seguiti da proteste e rumore di botte e spintoni. La prospettiva di rivedere il mannaro poco prima di andare a dormire lo nauseò, e si chiese come mai fosse piombato a casa loro in piena notte, invece che andare al Ministero.  

Si alzò insieme a suo padre per accogliere gli sgraditi ospiti, trattenendosi dal vomitare quando il puzzo di Greyback inondò la sala, anticipando l’arrivo del mannaro. Il volto di sua madre era una maschera di pietra nello scortare il gruppo di Ghermidori all’interno della villa, e lui si chiese come potesse sopportare il fetore dell’individuo che la tallonava. L’orrenda e fetida figura di Greyback proiettava lunghe ombre sul pavimento, e Draco ebbe un’immediata repulsione nel vederlo insozzare con i suoi stivali lerci il marmo lucido della sala. Dietro di lui arrancavano quattro Ghermidori, che squadrò trattenendo il proprio disappunto.

I suoi occhi si spostarono poi sui prigionieri.

Sgranò gli occhi incredulo e il suo cuore saltò un battito.


The truth runs wild
Like the rain to the sea
Trying to set straight the lines that I trace
To find some relief
This voice inside
Has been eating at me
Trying to embrace the picture I paint
And colour me free

 

«Cosa succede?», chiese suo padre.

«Dicono che hanno preso Potter» fu la risposta fredda di sua madre. «Draco, vieni qui».

Il mondo intorno a lui stava cadendo a pezzi, il pavimento gli sprofondava sotto i piedi, e lui si sentiva pietrificato. Non riusciva a staccare gli occhi di dosso dai prigionieri, perché erano le ultime persone che si sarebbe aspettato di vedere lì. Le ultime persone che avrebbero dovuto essere lì, che avrebbe voluto fossero lì.

Non aveva idea di chi fosse il folletto, ma gli altri quattro erano volti fin troppo familiari. Thomas e Weasley avrebbero normalmente svettato in mezzo ai Ghermidori, non fossero stati legati al resto del gruppo e obbligati dunque a stare chini in una posizione sicuramente dolorosa. Il volto di Weasley era coperto di sangue, le labbra spaccate che ogni tanto gocciolavano sul marmo tingendolo di rosso scuro. Thomas sembrava messo relativamente meglio, ma i segni della violenza subita svettavano sulla sua pelle scura. La Granger era schiacciata tra di loro, una massa di capelli che si confondeva con le corde che li legavano schiena contro schiena. Non riusciva a vederne il volto con chiarezza, ma era innegabilmente lei.

E poi c’era Potter.

Il suo volto era gonfio, la pelle tesa e lucida sopra grossi bubboni che avevano ridotto i suoi occhi a due fessure, come se fosse stato preda di una grave reazione allergica. I capelli gli erano cresciuti quasi fino alle spalle, e aveva una barba incolta, ma solamente Potter poteva indossare quegli occhiali ridicoli. Per un attimo si chiese cosa gli fosse successo, per avere il viso così deforme, ma poi intuì. “Fattura Pungente. Sempre stata sveglia la Granger” ammise silenziosamente.

Non avendo accennato ad avvicinarsi ai prigionieri, Greyback avanzò lungo la sala, trascinandoseli dietro per poi spingere Potter verso di lui, proprio sotto al lampadario che inondò di luce la sua faccia deforme.

«Allora, ragazzo?» osò latrare il mannaro, permettendosi di dargli ordini persino in casa sua. Il fetore che emanava era disgustoso, e lui rifiutò di muoversi, finché non fu spinto improvvisamente in avanti da suo padre.

«Allora, Draco?» lo incitò ansioso, trascinandolo vicino a Potter. «È lui? È Harry Potter?».

La sua bocca era più arida del Sahara, e cercò prendere tempo, resistendo alla spinta del padre e tenendosi il più lontano possibile da Greyback e dunque da Potter. Dal canto suo il Grifondoro teneva la testa bassa, evitando di incrociare il suo sguardo. Sapeva che lui sapeva.

«Io non… io non sono sicuro» rispose, infine, nel tentativo di prendere ancora tempo.

Non riusciva a guardare Potter in volto, e non solo per le deformità dovute alla Granger. Il suo cuore aveva accelerato dal terrore, come sulla Torre di Astronomia l’anno prima. Di nuovo nel limbo, di nuovo con la possibilità di condannare o salvare la persona che aveva davanti. Doveva ragionare in fretta, ma il terrore lo stava artigliando con ferocia, impedendogli di pensare. Impedendogli di scegliere.

«Ma osservalo bene, dai! Avvicinati!» continuò suo padre, eccitato.

Gli poggiò una mano sulla spalla, avvicinandosi per parlargli quasi all’orecchio.

«Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto sarà perdonato, tutto sarebbe come prima, capisci?»

La sua voce vibrava di impazienza, i suoi occhi scintillavano davanti alla speranza di dare un colpo di spugna agli ultimi mesi sacrificando Potter.

«Non ci vorremo dimenticare chi è stato a catturarlo, spero, signor Malfoy» lo interruppe Greyback minaccioso.

Sentì la rabbia di suo padre montare attraverso la stretta che diede alla sua spalla, ma in qualche modo Lucius trovò il modo di trattenersi dall’assaltare il mannaro per l’affronto.

«Certo che no, certo che no!» ribatté impaziente, per poi avvicinarsi in maniera preoccupante a Potter.

Suo padre lo conosceva bene, anche se non quanto lui, e l’avrebbe sicuramente riconosciuto se non fosse stato per il colpo di genio della Mezzosangue.

«Che cosa gli avete fatto? Come si è ridotto così?» chiese infatti immediatamente al mannaro, e davanti al diniego di Greyback, suo padre intuì anche lui la verità.

«Pare una Fattura Pungente» commentò Lucius.

Vide la sua mano scorrere sul volto deforme di Potter, spostandogli i capelli dalla fronte.

La cicatrice. Maledizione!” Non riusciva a pensare, o a rallentare il battito del suo cuore impazzito. Suo padre avrebbe capito, e a quel punto non avrebbe potuto far altro che confermare i suoi dubbi. Condannando Potter. Uccidendo Potter.

«C’è qualcosa lì. Potrebbe essere la cicatrice, molto tirata… Draco, vieni qui, guarda bene! Che cosa ne dici?»

L’eccitazione di suo padre era al limite, e lo costrinse ad avvicinarsi al volto di Potter. Da quella distanza riusciva a vedere lo scintillio verde degli occhi del Prescelto, nonostante le palpebre gonfie a dismisura. Ne sentiva il respiro agitato e pesante, poteva quasi sentire il terrore pulsare attraverso le vene del moro, contorte sulla faccia deforme. Non erano mai stati così vicini, nemmeno durante i loro infiniti scontri ad Hogwarts, e si chiese cosa stesse pensando, nascosto dietro tutti quei bubboni.

Che cosa vuoi che pensi? Sta per morire!

Quel pensiero lo sconvolse.

Tra pochi attimi tutto sarebbe stato chiaro. Che lui lo volesse o meno, Potter era comunque condannato, e non poteva farci nulla. Anche qualora suo padre non avesse notato la cicatrice, prima o poi l’incantesimo della Granger sarebbe terminato, e tutti a quel punto l’avrebbero riconosciuto.

Ma perché preoccuparsi? Perché allungare quella sofferenza invece che ammettere che sì, avevano tra le mani il Prescelto, e permettere alla sua famiglia di tornare agli antichi fasti consegnandolo al Signore Oscuro? Non vi era via d’uscita per i prigionieri, mentre loro ne avevano solo da guadagnare. Una grande, definitiva vittoria su Potter, senza possibilità di rivincita. Non sarebbe stata nemmeno colpa sua, si erano messi loro nei guai da soli capitando lì…

Eppure, questo non lo consolava affatto.

C’era una differenza tra lasciare che le cose facessero il proprio corso e condannare Potter senza appello. La stessa che c’era stata un anno prima tra l’uccidere Silente e lasciare che fosse Piton a farlo. Lui non aveva lanciato l’incantesimo. Lui aveva abbassato la bacchetta…

«Draco, tu non sei un assassino.»

Stavolta la voce nella sua testa non era più solo quella di Silente. Era un misto tra quella del preside…e la sua.

Ormai ne era convinto, lui non avrebbe mai lanciato quell’incantesimo.

Nemmeno contro Potter.

La sua bacchetta non poteva far altro che abbassarsi.

Non avrebbe salvato in quel modo il prestigio della sua famiglia, non a quel prezzo così alto.

Se Potter fosse dovuto proprio morire lì, al Manor, non sarebbe certo stato lui a macchiarsi le mani col suo sangue.

Aveva camminato in equilibrio sull’orlo dell’Abisso per quasi due anni, in quel Limbo orribile che era la sua vita da quando era diventato un Mangiamorte.

Ma nessuno poteva obbligarlo a cadere giù, ad andare fino in fondo.

Uccidere richiedeva coraggio. Per quanto potesse far schifo, lui non era mai stato coraggioso, o virtuoso. E nemmeno crudele.

Altri avrebbero scelto il dipanarsi del destino, non lui.


Non avrebbe salvato nessuno, quella notte, poiché era impossibile e non avrebbe portato niente di buono.

Non avrebbe ucciso nessuno, quella notte e nemmeno le notti future. Perché non era un assassino, e non lo sarebbe mai stato.

Guardò un’ultima volta il volto terrorizzato di Potter.

«Non so» dichiarò infine, cercando di essere il più inespressivo possibile, e se ne andò verso il camino, dove stava sua madre.

Ripensò per l’ultima volta a Silente che parlava di “considerare le alternative” che avevano davanti in quel frangente drammatico, mentre una singola lacrima invisibile gli rigava delicatamente il volto.

Oggi come allora, la sua scelta era stata non scegliere.

Oggi come allora lui, almeno, sarebbe sopravvissuto.


Without losing a piece of me
How do I get to heaven?
Without changing a part of me
How do I get to heaven?
All my time is wasted
Feeling like my heart's mistaken, oh
So if I'm losing a piece of me
Maybe I don't want heaven?

The truth runs wild
Like a tear down a cheek

 

 

Note dell'Autore/2: Grazie mille per chiunque sia arrivato a leggere fino a qui, sto giro il capitolo era bello corposo, siete stati coraggiosi! Se vi fermerete a recensire lasciandomi la vostra opinione, poi, farete invidia a Godric Grinfodoro stesso! Alla prossima settimana!

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Capitolo 3
*** Lost Boy ***


Note dell'Autore: in onore del 22° anniversario della Battaglia di Hogwarts anticipo la pubblicazione del capitolo a questa sera, visto che è ambientato proprio durante la Battaglia stessa proprio come il successivo (che sarà anche l'ultimo). Come sempre, le recensioni sono stra apprezzate! Buona lettura a tutti!

 

 

3. LOST BOY

 

 

 

«Bene bene. Cosa ti porta qui Potter?»

La sua domanda ruppe il silenzio che regnava nella Stanza delle Cose Nascoste, pietrificando Potter sul posto con ancora la mano tesa verso una catasta di cianfrusaglie a qualche metro da lui. Sorrise all’idea di aver colto di sorpresa lo Sfregiato in un momento evidentemente delicato, come era accaduto a parti invertite qualche mese prima.

«Potrei chiederti la stessa cosa» ebbe il coraggio di rispondergli il moro.

Probabilmente era un pazzo, se non si rendeva conto di essere finito in trappola, davanti alla tana del lupo. Il Signore Oscuro era là fuori, pronto a penetrare nel castello per ucciderlo, e Potter gli rispondeva come se fossero ancora al secondo anno, pronti ad affrontarsi ad armi pari davanti a Piton ed Allock. Ma non erano più bambini, e quella sarebbe stata una delle loro solite zuffe.

«Hai una cosa che mi appartiene» osservò. Prima la cosa più importante. «La rivorrei indietro.»

Strinse forte la bacchetta di sua madre: continuava a sembrargli poco adatta, e sempre sul punto di scivolargli fra le dita. La puntò contro Potter. Tiger e Goyle gli stavano appiccicati ai fianchi, ed erano più imponenti di lui, come due bodyguard. “Puoi farcela, Draco. Un passo alla volta” si ripeté mentalmente. Cercò di mostrarsi minaccioso.

«Cos’è che non va quella che hai?» ansimò l’altro, il volto forzatamente calmo.

Ormai lo conosceva bene, soprattutto dopo “l’incidente” al Manor. Sentiva nuovamente l’agitazione di Potter, anche a metri di distanza. Stava prendendo tempo, e lui conosceva bene quella tattica. Silente aveva fatto lo stesso sulla Torre, la Granger quando Greyback li aveva catturati...

«È di mia madre» rispose, spostando lentamente lo sguardo dalla bacchetta che teneva in mano alla sua bacchetta tra le grinfie di Potter.

«È potente ma non è… la stessa cosa. Non riesce… a capirmi» spiegò, sicuro che l’altro capisse cosa intendesse.

Al Manor aveva sottratto le bacchette al Trio, e Potter stava usando una bacchetta di prugnolo. Non aveva idea di che cosa fosse successo alla bacchetta originaria del Grifondoro, ma avevano combattuto troppe volte perché potesse scordarsi l’aspetto di quella bacchetta in agrifoglio.

«Sai cosa intendo» concluse, lasciando aperto uno spiraglio per l’altro.

In qualche modo, stava prendendo anche lui tempo. Avrebbe riavuto la sua bacchetta: per quanto abile fosse Potter, non ce l’avrebbe fatta in un duello tre contro uno. Ma una volta che avesse riottenuto ciò che era suo… Tiger e Goyle erano lì per portare il Prescelto al Signore Oscuro. Al Manor aveva dovuto decidere da solo, in preda alla paura, ma non avrebbe commesso quell’errore una terza volta. Con loro al suo fianco avrebbe portato a termine la missione, in qualche modo… Quello era probabilmente il loro ultimo scambio di parole, prima dello scacco matto e della chiusura della partita.

Potter rise, anche se la situazione era tutt’altro che divertente.

«Perché non glielo hai detto? A Bellatrix. Sapevi che ero io. Non hai detto niente».

La risposta di Potter lo colpì come un ceffone inaspettato in pieno volto.

Era proprio una creatura di Silente: il vecchio preside doveva aver insegnato molto più di quello che pensava al suo pupillo. Potter era all’angolo, davanti alla sconfitta e alla morte, eppure perdeva tempo a colpirlo nell’animo, invece che provare a scappare o a morire combattendo.

Come sulla Torre di Astronomia, si sentì paralizzato. Incapace di agire, incapace di pensare. Come a marzo al Manor, la sua mente grippò, il suo cuore saltò un battito.

No, ti prego. Non di nuovo. Non posso, non un’altra volta” supplicò a sé stesso. Il Signore Oscuro li aveva puniti severamente. Anche se ormai non aveva più ordini diretti da tempo, davanti a Tiger e Goyle non poteva fallire di nuovo. Era una condanna a morte. Ma la sentiva, quella voce dentro di sé. Stava cercando di tornare in superficie, di sfuggire alla gabbia interiore in cui l’aveva rinchiusa.


Yeah, the truth is that I'm sorry
Though I told you not to worry
I'm just some dumb kid
Trying to kid myself
That I got my shit together

So go get runnin', won't you hurry?
While it's light out, while it's early
Before I start to miss any part of this
And change my mind, whatever


«Avanti Draco!» sibilò nel suo orecchio Tiger, riportandolo alla realtà. «Non fare lo scemo». Poteva vedere i suoi occhi scintillare ferini, un serpente pronto ad attaccare la preda in trappola. Lo stava incitando a colpire a sua volta, letali come cobra senza alcuna esitazione.

«Siamo rimasti indietro per te, Potter. Abbiamo deciso di non andare. Abbiamo deciso di consegnarti a Lui» chiosò Vincent sorridendo feroce.

«Bel piano. Come avete fatto a entrare?» chiese Potter, prendendo altro tempo. Aveva finalmente staccato i suoi occhi da lui, per controllare Tiger. Non poteva reggere il suo sguardo, stava facendo impazzire la vocina dentro di lui.

«Ho praticamente vissuto tutto l’anno scorso nella Stanza delle Cose Nascoste» spiegò. «So come si entra» concluse nervoso, la voce che gli tremava più di quanto avesse pensato. Ripensare all’anno precedente sarebbe stato un suicidio per il loro piano, una manna per la sua coscienza. La vocina dentro di lui ormai stava cominciando a urlare per farsi sentire. Si obbligò a chiudere quella parte della sua mente come in un compartimento stagno, disciplinando i suoi pensieri per quanto possibile.

Potter lo stava guardando di nuovo, sempre controllando Tiger e Goyle al suo fianco mentre indietreggiava lentamente. Udì a malapena Gregory accennare al diadema che il Grifondoro stava cercando, troppo concentrato sul cancellare i suoi pensieri e a resistere all’assalto emotivo che quegli occhi verdi stavano compiendo contro di lui. La vocina era ormai quasi libera…

Sentì Tiger urlare un incantesimo, e ciò lo svegliò dalla sua lotta interiore. Potter puntò la bacchetta verso la catasta di cianfrusaglie alla sua destra, bloccandone la caduta. Sentì la Granger urlare da qualche parte, anche se non poteva vederla. Vincent frustò l’aria con la bacchetta, pronto a lanciare un nuovo incantesimo, e lui si fiondò a bloccargli il braccio. «No!» urlò. «Se distruggi la stanza, rischi di seppellire anche quel diadema!»

«E allora? Il Signore Oscuro vuole Potter, chissenefrega del diadema!» protestò Tiger, liberandosi dalla sua presa con forza.

«Potter è entrato qui per quello» cercò di spiegare velocemente, impaziente davanti alla stupidità del compagno. «Quindi deve voler dire…»

«”Deve voler dire”? Me ne sbatto di quello che pensi! Non prendo più ordini da te, Draco. Tu e papino siete finiti!» Tiger si rivoltò contro di lui con ferocia, urlandogli in faccia. Rimase pietrificato da quella reazione inaspettata.

Tutto stava precipitando, e lui si sentì impotente un’altra volta.

Tiger scagliò la Maledizione Cruciatus contro Potter, ma mancò il bersaglio e colpì il busto di pietra su cui era appoggiata la tiara; la statua volò in aria, mentre il diadema schizzò in alto e poi cadde scomparendo nella catasta di oggetti sulla quale fino a un attimo prima era posato il busto.

«BASTA!» urlò, la sua voce che rimbombava nella stanza enorme. «Il Signore Oscuro lo vuole vivo…» ricordò, cercando di fermare la follia del compagno, agguantandolo come poteva.

«E allora? Non l’ho mica ammazzato!» protestò ancora una volta Tiger, liberandosi dalla sua presa. Era sempre stato più forte di lui, e lo strattonò con violenza. «Però se ci riesco lo faccio, il Signore Oscuro vuole che muoia, no? Che diff…»

Smise di ascoltare i deliri di Tiger e si buttò sul compagno, spostandolo dalla traiettoria dello Schiantesimo della Granger, apparsa dal nulla dietro a Potter.

Non doveva andare così!” si lamentò con sé stesso, cercando un modo per fermare quella follia.

Tiger si riprese con straordinaria velocità, e tentò di uccidere la Granger con un Avada Kedavra. Draco inorridì davanti al gesto del compagno, vedendo la ragazza schivare fortuitamente il colpo letale. Non riusciva più a far nulla, e si trovò la pesante mole di Tiger addosso pochi istanti dopo, mentre Potter cercava di Schiantarli. Perse l’equilibrio e per poco non finì a terra, mentre la bacchetta di sua madre gli scivolava dalle dita e rotolava lontano, al di sotto di un cumulo di mobili e altre cianfrusaglie.

«Non uccidetelo! NON UCCIDETELO!» urlò terrorizzato ai compagni, che stavano puntando entrambe le bacchette contro Potter.

Erano di nuovo tre contro tre come ai vecchi tempi, ma stavolta la posta in gioco era la vita. Un prezzo che Draco non era disposto a pagare. Un prezzo che nessuno avrebbe dovuto pagare, quella notte. La sua coscienza si era ormai liberata dalle gabbie dentro cui l’aveva imprigionata, e ormai aveva preso il sopravvento su di lui.

Le sue urla distrassero a sufficienza i compagni da permettere a Potter di Disarmare Goyle, mentre Tiger schivava un colpo di Weasley, apparso all’improvviso da un passaggio laterale. Si riparò dietro a un armadio per schivare gli Schiantesimi della Granger, mentre Goyle veniva colpito e crollava a terra.

I Grifondoro combattevano per disarmare o schiantare e basta, si accorse con stupore. Tiger invece continuava a lanciare Anatemi Che Uccidono a destra e a manca, in un letale turbine di morte e lampi verdi.

Vincent si lanciò all’inseguimento di Weasley, mentre anche Potter e la Granger sparivano dal suo campo visivo. Draco si fiondò su Gregory, collassato a terra. Lo trascinò al riparo da possibili altri incantesimi, poi cercò di farlo rinvenire. La sua mente frullava impazzita, mentre il mondo intorno a lui controllava a crollare.

Un boato infernale lo riempì di terrore. Era come se una moltitudine di Bombarda Maxima fossero esplose in un sol colpo, da qualche parte tra i corridoi di oggetti dimenticati della Stanza delle Cose Nascoste. Vide un lampo di luce illuminare il soffitto, e poi sentì Weasley urlare lontano. Sollevò Goyle come poté, rischiando di crollare sotto il suo peso morto. Uscì allo scoperto in mezzo a uno dei corridoi, ma non era pronto per quello che vide.

Fiamme di altezza anomala avevano inondato i corridoi della Stanza, inseguendo Weasley e Tiger che fuggivano da quell’inferno. I due si separarono: mentre il rosso spariva in un corridoio sulla destra Tiger continuò a correre verso di loro, ma non si fermò ad aiutarlo con Goyle e li sorpassò nella sua corsa impazzita.

Più lontano, le fiamme lambivano le mura di cianfrusaglie, incenerendole al semplice tocco e facendo precipitare i corridoi della Stanza delle Cose Nascoste dritti all’inferno. Le lingue di fuoco si tramutarono in un branco gigantesco di bestie feroci: chimere, draghi, pantere e serpenti fiammeggianti sorgevano da quell’inferno vivente, distruggendo ogni cosa al loro passaggio e inseguendo tutti gli occupanti della sala. Tiger doveva aver invocato l’Ardemonio, ma ne aveva perso il controllo: ora l’incantesimo letale aveva preso di mira tutti loro.

Nessuno era più al sicuro.

Maledisse il suo compagno, sparito nei meandri della Stanza, e dopo aver constatato l’inutilità di correre con appresso il peso morto di Goyle, cominciò a issarsi sopra a una precaria torre di sedie e scrivanie. Sapeva che non sarebbe servito a nulla, perché prima o poi l’Ardemonio li avrebbe presi e uccisi entrambi, ma trascinò su con sé il compagno svenuto. Salì sempre più in alto sulla torre pericolante, senza fermarsi. Le belve infuocate erano ancora lontano da loro, intente a distruggere secoli di storia e di oggetti di proprietà di generazioni di studenti del castello. Presto però sarebbero arrivate anche da loro: da quell’altezza poteva vederle avvicinarsi velocemente. Era una questione di minuti.

Si issò più in alto che poté, Goyle adagiato appena sotto di lui. Cercò con lo sguardo Tiger, Potter e gli altri Grifondoro, ma il fumo riempiva l’aria e la tempesta di fuoco imperversava tutt’intorno a loro. Non vi era alcun segno di vita, nessun rumore che superasse il crepitare spaventoso delle fiamme infernali. Il suo cuore batteva all’impazzata, terrorizzato e impotente, mentre cominciava a tossire per il fumo.

Si maledisse mentre cercava di proteggersi la bocca dal fumo, i suoi polmoni che anelavano l’ossigeno come un uomo che sta annegando. Sarebbe morto lì, dentro quell’inferno, e insieme a lui sarebbero – o probabilmente già erano – morti sia i suoi amici che Potter e compagni.

Alla fine avrebbe fatto il gioco del Signore Oscuro, liberandolo della sua nemesi, ma ciò non sarebbe bastato a salvarlo.

Sperò che quel gesto potesse significare almeno la salvezza della sua famiglia, l’unica cosa per cui aveva continuato a combattere in quei mesi, l’unico motivo per cui era finito lì quella sera invece che fuggire.

Questa volta la sua incapacità di prendere una posizione certa, di scegliere la strada che aveva già tracciata davanti, si era rivelata letale.

Niente più Torre di Astronomia, niente più Malfoy Manor. Le possibilità di riscatto e di salvezza di Silente sarebbero state incenerite dall’Ardemonio, così come il percorso di gloria e potere che suo padre aveva tracciato per lui già da prima della sua nascita entrando nei Mangiamorte.

Nessuna strada era ormai percorribile, nessuna fuga da qualunque responsabilità era possibile.

Hai sempre saputo dove ti avrebbe portato tutto questo, Draco” sussurrò la sua coscienza mesta. Alla fine aveva vinto la battaglia per il controllo del suo cuore, ma anche lei stava per essere dissolta fra le fiamme. Calde lacrime si vaporizzarono sulle sue guance infuocate, mentre il fuoco era sempre più vicino e il ruggito dell’Ardemonio lo rendeva sordo. Alzò lo sguardo un’ultima volta su quella drammatica devastazione, urlando a qualunque essere superiore esistente di farlo svenire in quell’istante, per risparmiarsi ulteriore sofferenza.

Fu allora che lo vide.

Potter, Weasley e la Granger stavano volando alti al di sopra delle fiamme, in mezzo al fumo e alle bestie infuocate. Dovevano aver trovato due scope in mezzo a tutti quegli oggetti inutili, e stavano planando velocemente verso di loro.

Alzò un braccio in aria, cercando di afferrare la mano del Prescelto, ma il peso di Goyle sotto di lui e il sudore in cui stava annegando gli fecero perdere la presa.

Il Trio passò oltre, ma non li abbandonò al loro destino.

Virarono a mezz’aria, schivando una chimera ardente per un soffio, e la Granger riuscì a issare sulla scopa di Weasley il peso morto di Goyle. Il rosso prese quota, sparendo in mezzo al fumo, mentre Potter si avvicinava nuovamente a lui.

Si lasciò andare, afferrando il braccio del suo nemico, arrampicandosi sulla sua scopa. Un istante dopo, un serpente infuocato piombò sulla catasta di sedie e scrivanie su cui si trovava, distruggendola tra le fiamme.

Gettò le braccia intorno al torso di Potter, stringendolo con forza, deciso a non mollarlo per nessun motivo al mondo.


I don't care much for locks on the window
To keep me at bay
I'll leave you one last kiss on your pillow
'Fore I fly away

Yeah, we knew from the beginning
That this wasn't never ending
Shouldn't stay too long
'Cause we're both too young
To give into forever


«La porta, vai alla porta, la porta!» gli urlò nell’orecchio, cercando di sovrastare i ruggiti delle fiamme. Potter accelerò e ritrovò i compagni sull’altra scopa, avvolti da fumo nero e denso: si accodarono, fiondandosi a tutta velocità verso la porta. Poi Potter impazzì, e sterzando improvvisamente si lanciò in picchiata verso le fiamme.

«Cosa fai, cosa fai? La porta è di là!» urlò con tutto il fiato che aveva, ma l’altro non lo stava ascoltando. Artiglio il busto di Potter, stringendo così forte da fargli sicuramente male, mentre il Prescelto recuperava col polso il diadema, che un attimo prima stava precipitando fra le fiamme.

Draco annegò il suo volto nella schiena del Grifondoro, le lacrime che cadevano copiose e impossibili da fermare.

Potter virò nuovamente, raggiungendo in pochi istanti gli altri, e la Granger riuscì ad aprire un varco fra le fiamme, proprio davanti a una macchia rettangolare nel muro: l’istante successivo i suoi polmoni si riempirono di ossigeno e aria pulita.

Un attimo dopo si schiantarono con forza contro la parete opposta del corridoio, e lui venne sbalzato dalla scopa, volando per terra a faccia in giù contro il pavimento. Potter crollò contro il muro, e udì un forte crack: la scopa si era spaccata per l’urto violento.

Alzò la testa tossendo, per poi mettersi a carponi e inalare quanta più aria possibile. I suoi occhi erano pieni di lacrime, rossi per il fumo e il pianto; la sua bocca arida come un deserto.

Eppure, era vivo.

Grazie a Potter, si era salvato.

E così Goyle, che vide riverso a terra poco distante dalla Granger e da Weasley, nelle sue stesse condizioni.

«T-Tiger» tossì non appena riuscì a parlare. «T-Tiger…» domandò ancora, temendo la risposta.

«È morto» confermò rauco Weasley.

La notizia fu un pugno nello stomaco, anche se atteso. Riprese a tossire con dolore, e pianse lacrime di gioia per la salvezza miste al dolore per la perdita e alla rabbia per il gesto sconsiderato di Tiger, che gli era costato la vita.

Si voltò verso Potter, continuando a tossire. I vestiti del Prescelto, come i suoi, erano neri per il fumo; i capelli una matassa scura aggrovigliata, gli occhiali sghembi per l’urto e i continui colpi di tosse. Ma in quel momento gli sembrò un angelo salvifico, un inviato da qualche mondo superiore.

Potter si era alzato in piedi a fatica, insieme agli altri due. Goyle era ancora svenuto sul pavimento, lontano da lui. Si mise in ginocchio, osservando il Trio con aria spaesata.

Al polso di Potter pendeva ancora il diadema, annerito dalla fuliggine. Una sostanza simile a sangue, scura e densa, colava dal diadema; notò anche alcune scritte scintillanti intorno all’oggetto, ma era troppo distante per leggerle. All’improvvisò l’oggetto vibrò violentemente, poi si spezzò tra le mani del moro. In quel momento, gli parve di udire un debolissimo, lontano urlo di dolore, che non veniva dal castello ma dalla cosa che si era appena frantumata tra le dita di Potter.

I tre confabulavano tra loro dell’accaduto, e Draco cercò di captare alcune parole dai loro discorsi concitati. Una parola in particolare attirò la sua attenzione, provocandogli un istantaneo brivido lungo la schiena: Horcrux. Non conosceva quel tipo di magia, ma doveva essere sicuramente molto potente e molto oscura. Evidentemente il diadema che Potter aveva recuperato, rischiando la sua oltre che la propria vita, doveva essere un Horcrux, e a quanto pareva la sua distruzione era molto apprezzata dal Trio.

Weasley pronunciò il nome di Tiger, e il pensiero dell’amico e della sua orrenda fine riportò le lacrime sul suo volto.

«Se non avesse cercato di ammazzarci tutti, quasi quasi mi spiacerebbe per lui» continuò il rosso.

Per un attimo fu sdegnato dalle parole di Weasley, che osava infangare così il nome di un morto, ma poi si rese conto che il rosso aveva ragione: Vincent aveva cercato di uccidere tutti e tre i Grifondoro, e non aveva esitato a mettere in pericolo la vita sua e di Goyle nel farlo.

Improvvisamente si chiese se conoscesse davvero i due ragazzi che lo avevano affiancato per ben sette anni. Tiger aveva dimostrato poco prima di essere senza scrupoli, la facilità con cui aveva lanciato Anatemi Che Uccidono era davvero terribile. Goyle non aveva fatto nulla di tutto ciò, ma Draco era davvero sicuro che non avrebbe avuto altre sorprese dall’amico, prima della fine di quella notte?

La Granger parlò proprio in quell’attimo un serpente da prendere, e lui non ebbe dubbi su quale rettile stesse nominando. Un nuovo brivido, come accaduto poco prima con la parola Horcrux, saettò lungo il suo corpo, e in un’istante intuì il legame tra diadema, Horcrux, Nagini e il Trio.

I tre si voltarono proprio in quell’attimo, attratti da urla e l’inconfondibile fragore di un duello magico, più in là lungo il corridoio. Alcuni Mangiamorte erano penetrati nel castello, e due dei Weasley stavano combattendo contro di loro. Riconobbe in loro uno dei due gemelli, mentre l’altro era stato Prefetto qualche anno prima. Il Trio accorse in loro aiuto, lasciandolo solo con Goyle, ancora svenuto.

Approfittò di quel momento di distrazione per sollevare il compagno privo di senso e sgattaiolare via. Senza bacchetta avrebbero potuto far poco in combattimento, e comunque doveva mettere al sicuro Gregory. E poi sarebbe corso a cercare un qualche Mangiamorte nel mezzo della battaglia, doveva avvertire il Signore Oscuro che Potter sapeva…

 Udì il rumore di un’esplosione molto vicina, tanto potente da scuotere il pavimento e fargli perdere l’equilibrio. Complice il peso di Goyle, cadde a terra. Udì il rumore di un crollo poderoso, e anche il corridoio dove si trovava fu investito da una nube di polvere. L’esplosione doveva essere avvenuta proprio nel corridoio dove si trovavano fino a poco prima. Si rialzò e per un attimo pensò di andare a controllare cosa fosse successo. Sentiva delle urla disumane provenire dal corridoio del settimo piano, e si ricordò di essere senza bacchetta. Riconobbe la voce di Potter tra le grida, e non poté che provare un moto di sollievo nell’udirla.

«Al diavolo tutto» sibilò, maledicendosi per quella decisione appena presa. Dei colpi di tosse risuonarono poco lontano da lui, a livello del pavimento. «Draco?» domandò con un filo di voce Goyle, che si era finalmente ripreso, e tossiva per la polvere e il fumo ancora presente nei suoi polmoni.

«Forza, rialzati!» lo incitò, aiutandolo a rimettersi in piedi. «Dobbiamo trovare un posto dove nasconderci, al sicuro».

Goyle lo guardò pieno di dubbi, ma non lo contraddisse. Si avviarono lungo il corridoio, mentre la battaglia imperversava al di là delle mura, nel cortile interno, ovunque intorno a loro.

Al diavolo i Mangiamorte. Al diavolo il Signore Oscuro. Al diavolo quella guerra assurda e senza significato.

Non avrebbe più messo in pericolo la sua vita al servizio di quella follia omicida.

Per quella notte e per tutte quelle a venire.

Si sarebbe nascosto, aspettando l’alba, aspettando che il dado fosse tratto da qualcun altro, decretando la vittoria dell’uno o dell’altro fronte.

Lui aveva chiuso.

I loro passi vennero soffocati dalla cacofonia della battaglia, mentre la sua testa bionda svaniva nell’oscurità dei meandri del castello.


I say I wanna settle down
Build your hopes up like a tower
I'm giving you the run around
I'm just a lost boy
Not ready to be found
Not ready to be found
I'm just a lost boy
Not ready to be found

["LOST BOY", di Troye Sivan]

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Capitolo 4
*** Take Yourself Home ***


Note dell'Autore/1: E dunque, dopo un mesetto siamo arrivati alla fine, con l'ultimo capitolo di questa short. Il titolo come avrete notato è lo stesso della raccolta, perché in realtà è tutto partito da questo momento, andando poi a ritroso: la fine di un percorso che è però, anche, un inizio per qualcosa di nuovo. Rispetto ai tre precedenti è un po' più particolare per alcune scelte che ho fatto, ma rimando altre spiegazioni a dopo. Come tutte le altre volte, anche qui una canzone fa da leitmotiv per la storia: TAKE YOURSELF HOME, sempre di Troye Sivan; se vi va, ascoltatevela prima di leggere, per entrare nel mood "giusto". La smetto di cianciare per ora e vi lascio al capitolo! Buona lettura!

 

 

4. TAKE YOURSELF HOME


I'm tired of the city
Scream if you're with me
If I'm gonna die
Let's die somewhere pretty

Sad in the summer
City needs a mother
If I'm gonna waste my time
Then it's time to go
Take yourself home


«Harry Potter è morto!»

Quelle quattro parole squarciarono con crudeltà l’aria pesante e pallida di quell’alba insperata.

Il silenzio del mattino era già stato rotto dai passi trionfanti della processione di maghi oscuri e Mangiamorte al seguito del Signore Oscuro, un fiume di malvagità che penetrava nel cortile del castello.

Non poteva che esserci un’unica spiegazione per quell’audacia da parte loro, eppure sentire uscire da quella bocca senza labbra quelle parole era tutta un’altra cosa.

Quella che prima era solo un’orribile possibilità si cristallizzava in dura realtà.

La storia della lotta tra il Prescelto e il Signore Oscuro trovava infine il suo compimento, e le conseguenze di tale finale in quell’attimo colpirono tutti.

La Weasley urlò in modo disumano, facendogli accapponare la pelle.

Fu come essere trafitti da parte a parte da una lancia crudele, e il suo cuore saltò per l’ennesima volta un battito. Più di uno, in effetti.

Era ormai totalmente parte del gruppo indistinto di studenti, professori, Auror e altri oppositori del Signore Oscuro che si erano affollati in silenzio dall’altro lato del cortile in macerie, nel tentativo di capire cosa fosse successo, del perché Lui fosse entrato infine al castello.

Come tutti gli altri, si sentiva pietrificato. Incapace di agire, di pensare, persino di respirare.

Il suo sguardo continuava a rimanere fisso sulla sagoma piangente di Hagrid e sull’orrido carico che teneva tra le braccia. Il cadavere pareva minuscolo tra le braccia del Guardiacaccia, una bambola rotta nelle mani di un gigante.

Sembrava non esistesse nient’altro in quel momento, a parte il corpo senza vita di Potter.

«Harry Potter è morto!» ripeté quella voce crudele, estasiata e folle. «Da oggi riporrete la vostra fiducia in me.» Gli occhi serpentini fissavano la Weasley, ma anche lui si sentì osservato nel profondo.

Si costrinse a guardare il volto serpentino gongolante.

La lancia ruotò all’interno del suo petto, riducendo in brandelli il suo cuore. Come le vetrate del castello distrutte durante la battaglia, si infransero completamente anche le sue speranze. Sentiva dentro di sé i taglienti cocci di vetro che lo dilaniavano in ogni punto del suo essere.

Un dolore pervasivo, che non aveva mai provato prima. Che non pensava fosse possibile provare.

«HARRY POTTER È MORTO!» urlò per la terza volta, ridendo in maniera oscena. Lo stuolo di Maghi Oscuri al Suo seguito rise sguaiatamente con lui.

«E adesso è il momento di dichiararvi! Venite avanti e unitevi a noi!» formulò la voce crudele, senza rispetto per nessuno. «O morirete.» aggiunse, gli occhi da serpente che saettavano sulla folla immobile e silenziosa.

Il dolore continuava a pulsare nel suo petto, le sue membra diventate come marmo, lo sguardo fisso tra il vuoto e quel volto che aveva incarnato la sua paura più grande.

Ma ora anche la paura se n’era andata, insieme a quella speranza che non sapeva nemmeno di aver mai provato realmente.

In un altro momento sarebbe stato uno shock assoluto scoprire di aver sperato per davvero nella vittoria di Potter. Un cambiamento inaspettato, la cui origine e spiegazione era difficile da rintracciare e si dipanava nel corso degli ultimi due anni della sua vita. Tutto si era infine realizzato quella stessa notte, solo poche ore prima, nella Stanza delle Necessità: la rivoluzione copernicana della sua vita, i suoi punti di riferimento nella vita completamente stravolti e trasformati.

Eppure in quel momento speranza, paura, sorpresa non erano più importanti.

Sentiva solamente una profonda stanchezza addosso, che nascondeva un mix di altre emozioni che non riuscivano ad emergere con chiarezza. Sapeva di condividerle col resto degli astanti a quel macabro sfoggio di potenza e malvagità, forse per la prima volta in vita sua. Ma tutto aveva comunque perso di significato.


Talk to me
There's nothing that can't be fixed with some honesty
And how it got this dark is just beyond to me
If anyone can hear me switch the lights


«Draco» il richiamo si era levato flebile dallo schieramento opposto, dalla figura distrutta che era suo padre. Non sapeva se avesse combattuto quella notte, ma occhiaie profonde e scure cerchiavano i suoi occhi, rendendolo quasi cadaverico con quelle orbite violacee in contrasto con la pelle pallidissima. «Draco» ripeté, unica voce a rompere il silenzio che stava dividendo i due schieramenti.

Sentì gli occhi di tutti su di lui, in particolar modo quegli occhi da serpente, che captavano ogni sua singola mossa. Non mosse un muscolo, limitandosi a fissare quell’uomo ombra di sé stesso, guardando dove tutto quello schifo lo aveva portato.

«Draco. Vieni.» La voce di sua madre si unì al richiamo paterno, ferma e decisa. Non ammetteva repliche.

Sentì il giudizio di tutti trafiggerlo come frecce, eppure non gliene importava più niente. Aveva smesso di giocare al gioco in cui tutto il resto del mondo sembrava volerlo costringere, incasellandolo in questa o quella mossa sulla scacchiera.

Fissò la madre, ignorando anche lo sguardo da serpente, e concentrandosi su di lei mosse i primi passi verso di loro.

Attraversò il cortile distrutto dai combattimenti, passando da uno schieramento all’altro attraverso cumuli di detriti, eppure il suo animo era quasi privo di emozioni.

La partita per il resto del mondo, lui compreso era ormai finita. I pensieri delle altre persone non importavano più, perché non ci sarebbe stato più niente ad importargli.

Ormai era arrivato dall’altro lato del cortile, dopo aver superato Weasley e la Granger, e poi Paciock e la rossa disperata. Non si voltò indietro né guardò il vincitore, anche se si stagliava proprio davanti a lui.

Finì tra le braccia dell’uomo col volto da rettile, che lo avvolse in una ridicola imitazione di un abbraccio senza nemmeno toccarlo, sorridendo maligno e complimentandosi con lui. Un gesto inusuale per quell’uomo, ma non ci fece nemmeno caso. Riprese a muoversi, scavalcando il serpente gigantesco ai piedi del mago oscuro, e solo quando fu al fianco della madre riprese a respirare.

Mentre Narcissa gli cingeva il busto con un braccio, come per proteggerlo, inspirò profondamente, prima di voltarsi verso il resto della scuola.

Non guardò nessuno degli studenti o dei professori, anche se era consapevole delle occhiate furenti che gli stavano lanciando. Il suo sguardo si concentrò invece sulla figura del Guardiacaccia, in particolare sui resti di Potter che teneva ancora amorevolmente fra le braccia.


And happiness
Is right there where you lost it
When you took the bet
Counting all the losses that you can't collect
Got everything and nothing in my life


Sapeva di avere la sua parte di responsabilità per ciò che era avvenuto quella notte. Anzi, in quegli anni.

Dopo il combattimento nella Stanza delle Necessità aveva provato a nascondersi tra i meandri del castello, in attesa della fine dei combattimenti. Si era separato da Goyle che era andato in cerca degli altri Serpeverde, e aveva vagato tra i corridoi deserti in cerca di un angolo in cui rintanarsi.

Mentre si trovava su un pianerottolo lungo le tante scale del castello era stato scoperto da un Mangiamorte, intenzionato ad ucciderlo nonostante le sue immediate suppliche di essere risparmiato. In quell’esatto momento il suo nemico era stato Schiantato da un salvatore misterioso e invisibile, che gli aveva assestato anche un sonoro pugno sul mento facendogli sanguinare la bocca. Pur non potendo vederli, aveva udito le voci di Potter e di Weasley: per la seconda volta in pochi minuti, il Prescelto lo aveva salvato da morte certa.

Quel gesto lo aveva colpito nel profondo, e aveva trascorso tutto il resto della notte a riflettere su quello che era successo, in particolare negli ultimi mesi. E qualcosa doveva essere cambiato dentro di lui.

Per questo era scivolato di nascosto nella Sala Grande durante la tregua nella battaglia, là dove i combattenti di Hogwarts stavano riprendendo fiato e piangendo i loro morti. Riconobbe tra i caduti uno dei gemelli Weasley, oltre a numerosi altri studenti che aveva conosciuto nel corso degli anni; anche il professor Lupin era tra i morti, così come sua moglie.

In mezzo a quella distruzione e a quel dolore forse per la prima volta sentì davvero di essere a casa. Hogwarts non era solo una scuola o un castello, era una parte fondamentale della sua vita che fino ad allora aveva negato. Anche quei morti che magari conosceva appena erano stati parte della sua quotidianità per anni, e non poteva più ignorare tutto ciò. Le stesse ferite inflitte al castello erano come sfregi a un qualcosa a cui era legato a livello profondo.

Si era dunque messo a cercare Potter, sperando di vederlo da qualche parte, senza nemmeno sapere il perché. Ma ovviamente non lo aveva trovato, e il motivo era ora davanti a lui.

Per qualche assurdo motivo, si trovò ad aspettare un qualche gesto da quelle membra senza vita, un qualcosa che facesse sparire in un colpo il dolore e ricomponesse il mosaico di speranze infrante che aveva nel cuore. Ovviamente nessun gesto arrivò.

È già tutto finito” si rammaricò. Aveva perso l’alternativa che Potter gli aveva offerto in qualche modo, così come aveva perso quella di Silente sulla Torre di Astronomia. Non ce ne sarebbero state altre, purtroppo. Ma questo in qualche modo lo consolava: se era tornato sui suoi passi riprendendo posto tra la sua famiglia nonostante la novità che aveva sentito dentro al petto, era semplicemente per proteggere le ultime persone che gli erano rimaste.

Aveva sempre agito nell’interesse della sua famiglia, era diventato anche Mangiamorte per proteggerla, ma questo lo aveva sempre reso una pedina nelle mani di qualcun altro. Ora quella scelta era consapevole, assoluta e definitiva. Non appena possibile, avrebbe fatto in modo di Smaterializzarsi insieme a sua madre e possibilmente suo padre. Li avrebbe portati lontani, dove nemmeno l’uomo serpentino li avrebbe potuti trovare. Avrebbe spezzato almeno quelle catene, in maniera definitiva.

Aveva smesso di perdere, ora le regole le avrebbe dettate lui.

Who you really tryna be when they see your face?
Is it worth it trying to win in a losing game?
Well it's all waiting for you
And, boy, I know you're eager
But it just might destroy you
Destroy you, yeah


Concentrato così com’era nei suoi pensieri e nel guardare le membra immobili di Potter, quasi non si accorse della bacchetta che sua madre gli aveva appena messo in mano. Non aveva bisogno di guardarla per riconoscerla: conosceva troppo bene la sensazione del biancospino tra le sue dita, ed esse si mossero a stringere l’impugnatura come sempre avevano fatto negli ultimi sette anni. La sensazione nel riavere nuovamente con sé la sua bacchetta lo riempì per un attimo di calore: era come ritrovare un migliore amico che credevi sparito per sempre. Eppure, qualcosa nella bacchetta era diverso, sebbene non riuscisse a capire cosa.

Il gesto della madre lo distrasse a sufficienza per rendersi conto che qualcosa era cambiato, nel cortile.

Paciock si era fatto avanti, avvicinandosi al gruppo di Mangiamorte e Ghermidori. Era coperto di sangue e ferite per la battaglia, e reggeva in mano un vecchio cappello sgualcito. Si trovava proprio di fronte all’uomo che aveva ucciso uno dei suoi migliori amici, e stava parlando.

«Non importa che Harry sia morto» stava dicendo il Grifondoro, la voce ispirata e incoraggiante. Qualche protesta si levò tra i suoi compagni di Casata, preoccupati per l’amico in pericolo, ma lui continuò la sua arringa.

 «La gente muore tutti i giorni. Amici, famigliari. Sì, abbiamo perso Harry stanotte, ma lui è ancora qui. Qui dentro!» Paciock si indicò il petto con grinta e coraggio. Si stava condannando a morte davanti al più pericoloso mago oscuro di tutti i tempi, eppure non temeva di sfidarlo apertamente. L’uomo dagli occhi di serpente rise davanti a tanta sfacciataggine, eppure non lo fermò.

«E così Fred, e Remus, Tonks, tutti loro. Non sono morti invano! Ma tu lo sarai, perché ti sbagli! Il cuore di Harry batteva per noi, per tutti noi! Non è finita!» Il Grifondoro terminò il suo discorso con un tono di voce potente e incoraggiante, che sembrò spazzar via l’aura di rassegnazione che aleggiava prima sulla folla. In qualche modo, lui stesso sentì ardere qualcosa di diverso dentro il petto, come se qualcuno avesse acceso di nuovo la luce all’interno del suo cuore.

E poi, il tempo sembrò quasi congelarsi, mentre tutto si muoveva come al rallentatore.

Paciock estrasse una spada argentea dal Cappello Parlante, l’elsa ricoperta di rubini dal colore acceso. Era pronto a combattere, e l’attenzione di tutti si concentrò sul folle gesto del ragazzo.

Negli stessi istanti, il cadavere di Harry Potter si mosse, saltando giù dalle braccia di Hagrid e mettendosi in piedi. Draco fu il primo ad accorgersene, mentre Voldemort e gli altri Mangiamorte tardarono a reagire per lo shock e la confusione.

Il Prescelto portava i segni della battaglia, eppure era vivo e vegeto, pronto a combattere contro il suo nemico che non era riuscito ad ucciderlo nemmeno questa volta.

Era una questione di pochi attimi, prima che Voldemort rispondesse a quel doppio affronto, ed essi significarono tutto per Draco.

Il gioco non era ancora finito, e lui stavolta non era più una pedina nelle mani di qualcun altro. Non avrebbe perso un’altra occasione per gestire la partita come voleva lui.

Si mosse fluido, come durante le partite di Quidditch in cui la velocità e la decisione erano tutto.

«POTTER!» urlò, attirando l’attenzione del Prescelto mentre con un rapido gesto del braccio gli lanciava la propria bacchetta per permettergli combattere.

Accadde tutto così velocemente che Voldemort nemmeno si accorse del gesto, mentre Harry scagliava immediatamente un incantesimo contro Nagini e gran parte dei seguaci del Signore Oscuro fuggivano in preda al panico.

Non sapeva chi avrebbe vinto stavolta, ma nemmeno gli importava. Sapeva da che parte stare.

Aveva finalmente preso una decisione, scegliendo di uscire dal Limbo che era sempre stata la sua vita.

Non sarebbe più potuto tornare indietro da quella scelta, ne era ben consapevole.

Ma aveva deciso di tornare a casa. Ed era finalmente felice.


I'm tired of the city
Scream if you're with me
If I'm gonna die
Let's die somewhere pretty (Oh-oh-oh)
(Oh-oh-oh-oh-oh-oh)

Sad in the summer
City needs a mother
If I'm gonna waste my time then it's time to go
Take yourself home
Take yourself home
Take yourself home

 

 

Note dell'Autore/2:

Allora, da dove cominciare per concludere nel modo migliore questa storia? Qualche idea? Va bene, facciamo così, cominciamo coi ringraziamenti che non fa mai male!

Vorrei ringraziare tutti voi di cuore per aver letto questo mio piccolo lavoro, dopo tanti anni che non scrivevo nulla. Riprendere a scrivere dopo quasi un decennio (madonna quanto sono diventato vecchio!) è stato strano, ma sono felice di averlo fatto, anche e soprattutto grazie all'accoglienza e le recensioni che avete dato a questa mia piccola storia. Che è nata un po' per caso, tra questa canzone di Troye uscita proprio a inizio quarantena e un video che mi ha ispirato per scrivere proprio questo capitolo, e da cui sono usciti poi a ritroso gli altri tre.

Mi ha fatto molto piacere sfidarmi nel vestire i panni di Draco e cercare di capire la sua evoluzione durante l'ultimo capitolo nella saga. Ho sempre pensato che fosse un personaggio che meritava un po' più di "giustizia" alla fine, visto che credo che gli eventi dei Doni della Morte gli abbiano fatto capire molte cose su di sé, sulla sua famiglia e su chi vuole davvero essere come persona. La Rowling lo ha lasciato però in un Limbo, senza permettergli alla fine di dimostrare davvero che parte aveva infine scelto di prendere.

Con questo lavoro, ho provato a porre rimedio a questa cosa, convinto che Draco alla fine abbia davvero scelto la parte "giusta". Nei tre capitoli precedenti ho sempre cercato di attenermi alla descrizione degli eventi data nei libri, ma per quanto riguarda la battaglia finale, credo che la resa cinematografica risulti migliore. Lo stesso discorso di Neville è molto più convincente, per non parlare dell'interpretazione di Tom Felton che ci regala davvero un Draco finalmente diverso. Anche se non è poi arrivata nella versione finale, esiste difatti questa scena in cui vediamo appunto Draco lanciare la propria bacchetta ad Harry, non appena lui scivola dalle braccia di Hagrid, per permettergli di combattere contro Voldemort. Nei film, a differenza dei libri, Harry non ha più con sé la bacchetta dopo essere "morto", in quanto gli cade a terra dopo l'Avada Kedavra e la si vede in mano a Narcissa più volte durante il discorso di Voldemort, e poi anche in mano a Draco. La scena è stata poi eliminata in quanto considerata "out-of-character" per Draco, creando un errore di continuity nei film, ma la si può ritrovare anche solo spulciando su youtube.

Con questo mio piccolo lavoro ho voluto in parte risolvere quell'errore e concludere l'arco di cambiamento interiore di Draco. Spero di esserci riuscito e che il risultato vi sia piaciuto.

Ancora grazie a tutti per la vostra pazienza, e come sempre, le recensioni sono stra apprezzate.

Ci vediamo presto con qualcos'altro che ho in cantiere ;) Tante belle cose a tutti! :)

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